Nine Phases di Arkadio (/viewuser.php?uid=2618)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First: Pain ***
Capitolo 2: *** Second: Rejection ***
Capitolo 3: *** Third: Acceptance ***
Capitolo 4: *** Fourth: Fear (Challenge) ***
Capitolo 5: *** Fifth: Fatigue ***
Capitolo 6: *** Sixth: Torment ***
Capitolo 7: *** Seventh: Freedom (?) ***
Capitolo 8: *** Eighth: ? (Impotence) ***
Capitolo 9: *** Final: Awareness ***
Capitolo 1 *** First: Pain ***
Eccomi tornato con una nuova fic.
Molti di voi si staranno chiedendo il
perché di questo prologo. È necessario, per spiegare la
struttura della stessa.
Prendete questa fiction come un
esorcismo personale a seguito di un mio infortunio, ed è di
questo che tratta.
Ragionando sui famosi cinque stadi del
malato terminale, ho notato che anche negli infortuni, nelle
eventuali operazioni e nella riabilitazione si hanno alcuni punti
comuni più o meno a tutti, e me li sono annotati.
Ogni capitolo sarà dedicato a
uno di questi stadi, e saranno tutti flashfic, chi più e chi
meno. Non mi sono mai ancorato ai buoni propositi.
Per me questo è un lavoro
davvero molto importante... spero di essere in grado di trasmettervi
qualcosa.
La dedico a tutti quelli che mi sono
stati vicino.
In particolare a una certa volpe,
che oggi compie gli anni, e che mi è stata vicina più
di altri. Grazie di cuore. Forse ne sarei uscito lo stesso. Ma con te
è stato più facile. E bello.
Ma grazie davvero a tutti.
La mia storia parlerà al mio
posto.
Nine Phases.
First: Pain
Apro e chiudo gli occhi. Immagini
sfocate davanti a me.
Tavolo, panchina, caffè,
cane, scuola.
Parole a caso, per non pensare, per
resistere.
Per continuare a esistere.
Dolore, dolore sordo(muto): da non
sentire le urla attorno a te, da non sentire nulla escluso lui, da
impedirti persino di urlare.
Ma utile, abbastanza per mantenerti
sveglio pensando a esso quando mi sento svenire. Gli dedico la mia
mente come solo un masochista sarebbe in grado di fare. E quando mi
sento attivo penso ad altro.
Staccionata, albero, granoturco,
maiale, cane.
È tutta questione di equilibrio.
Precario, inesistente, a cui mi aggrappo come un naufrago, anche se
non è mai stata la mia migliore prerogativa. Prima esisteva
solo bianco o nero. Solo estremi. Ora agogno una giusta tonalità
di grigio. E devo trovarlo in fretta, prima di impazzire. Cosa che,
tra l'altro, credo sia già successa.
La vista si annebbia nuovamente, e
allora prima di cadere mi gusto il dolore. Lo accolgo come una
splendida terapia.
Alle mie orecchie arrivano parole
strane: “atleta” “carriera” “schiena”
“uscire”.
Non mi piacciono. Non le capisco e non
voglio capirle.
Il mio posto è qui. Insieme a
loro. Con o senza schiena. Senza, forse, starei meglio.
E poi, le mie parole, sono più
belle.
Gatto, gallina, lupo, libro.
A questo calvario ci penserò
domani con calma. Sperando di avere oggi abbastanza forza per
sopportarlo.
Gorilla, nonno, nano, baciapiselli.
Volpe.
Sì, le mie lo sono decisamente
di più.
To be Continued...
Per la cronaca: è
volutamente psicotica e disconnessa. Il dolore, datemi retta, non fa
ragionare troppo lucidamente...
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Capitolo 2 *** Second: Rejection ***
Nine Phases.
Second: Rejection
“No, non mi fa male...”
un mantra. Che devi ripetere, come ogni
buon religioso ripete la sua preghiera.
Per crederci.
Tu hai bisogno di
crederci.
Come un viandante
nel deserto ha bisogno di acqua.
Come un condannato
ha bisogno di un istante in più.
Per questo aiuti
più spesso tua madre, per questo porti pacchi più
pesanti di prima, per questo vai ancora al campetto ogni sera. Anche
se non salti, non corri troppo forte, riesci a malapena a tirare e
passi le nottate in bianco, quasi piangendo per il dolore che sale.
Anche se, ogniqualvolta sei solo, metti il ghiaccio sulla schiena
sperando che il dolore passi, almeno il tempo necessario per
dimostrare che non sei cambiato. Che sei sempre tu, il solito idiota
che corre, salta, ride e gioca.
“No, non mi
fa male...”
Lo ripeti come una
macchina, stessa intonazione di voce, un automa. Ripeti che devi
allenarti per i campionati invernali. Così avvisi che dopo le
vacanze tornerai. Sicuro, che senza di te non possono farcela.
“No, Non mi
fa male...”
Ma una volpe a caso
non crede alla tua nenia. Non è mai stata una persona che
ascoltava le parole. Per questo adesso è lì, al tuo
fianco. In uno dei vostri “casuali” incontri al campetto.
“Fai uno
scatto.”
il suo è un
ordine, che riecheggia nel parchetto, quella sera.
E tu, indossando la
tua splendida maschera rispondi a tono.
“E perché
mai il tensai dovrebbe regalare un suo fenomenale scatto a una volpe
qualunque?”
lui continua a
fissarti.
E tu hai paura. Ha
fiutato qualcosa, ha l'odorato fine, lui.
Il sudore scende
lento sulla tua fronte. Mentre preghi tutto ciò che conosci,
mentre speri che non continui. Perché tu, ora, uno scatto non
sapresti nemmeno come si fa.
“Allora
schiaccia.”
Un altro ordine.
Che tu non esegui, da cui scappi, con una sparata. Insultandolo e
mugugnando qualcosa sull'ora tarda.
Scappi da lui,
forse.
Scappi da una
conferma.
Ma tu stai bene.
Tu lo sai.
Ma la tua schiena?
To be continued
Note dell'autore
Fase due. Difficile
da accettare, ancor più da scrivere. Grazie a chi ha letto.
Grazie ancor di più a chi ha commentato. Ricordate, i commenti
sono la linfa di chi scrive fanfiction...
quindi vi prego,
commentate
See you soon
Arka
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Capitolo 3 *** Third: Acceptance ***
Nine Phases
Third: Acceptance
Te lo sei sempre chiesto. Il perché
quasi tutti gli studi medici siano bianchi; e tu ne hai girati
parecchi, nella tua onorevole e onorata carriera da teppista.
Forse perché è il colore
del candore, della pulizia.
O forse perché è quello
della rinascita.
A te in genere piaceva il bianco, anche
perché non ti erano mai piaciuti i compromessi o le vie di
mezzo. Erano un modo per scappare, ti dicevi. La vita è bianca
o nera, o vincenti, o perdenti.
Perlomeno, te lo dicevi una volta,
perché ora è tutto cambiato. Il basket ti ha insegnato
che si può perdere da vincenti e vincere da perdenti. È
questione di priorità. È questione di punti di vista. E
così hai cambiato il tuo modo di pensare, ma il bianco ti
piace ancora.
Anche se oggi, in questa occasione, il
bianco ferisce i tuoi occhi. Sarà per la luce eccessiva che
emana. Sarà perché questo bianco non l'hai cercato tu.
Ti ci ha trascinato una volpe a caso,
dopo la scuola, con il consenso e il benestare dell'intera squadra,
segno che loro, forse, ci vedono meglio di te. O ci vogliono vedere
più chiaro. O semplicemente cercano di fartelo ammettere.
Ed è quindi per questo, perché
sei annoiato, che rispondi a mezze sillabe e male al medico, non
perché hai paura. Non perché una diagnosi ti
costringerebbe ad accettare la cosa.
Forse hai risposto in maniera anche
eccessivamente scortese, perché Ru ti redarguisce con un
buffetto in testa. E tu gli bestemmi a mezza voce, sperando di essere
pronto a ricevere il fiume che sta per travolgerti.
“Sai cos'è un ernia del
disco Sakuragi?”
Scuoti la testa. Ma già la
parola ti spaventa. E non poco.
“Il disco è una sorta di
cuscinetto fibroso con centro polposo posto tra una vertebra e
l'altra, utile ad attutire pressioni, colpi e torsioni. Si dice ernia
quando il centro polposo del disco fuoriesce, lesionando i nervi e
provocando dolore.”
Rukawa deve ascoltare, o per lo meno,
dovrebbe. Perché non lo vedi, non lo percepisci. Non senti
null'altro. Né il pendolo che fino a qualche istante fa ti
infastidiva così tanto, né il rumore delle macchine in
strada. Solo il grido del tuo cuore, che tra l'altro è
straziante.
“Il fatto che provi dolore
solamente alla schiena mi fa ben pensare, non posso dirlo con
certezza senza esami specifici, ma credo che non sia necessario
intervenire chirurgicamente.”
alle tue spalle senti un sospiro di
sollievo. Tu non ti muovi. Sei immobile. Ciò che succede in
quella stanza ti appartiene, ma è come se ne fossi solo
spettatore.
“E cosa si può fare
dottore?”
Incredibile che sia proprio lui a
preoccuparti per te. Incredibile come la tua verve, il tuo carisma e
la tua voglia di fare sia necessaria, basilare in questa occasione, e
tu non sei in grado di reagire. Ti senti vuoto. E la tua schiena
ride. Di te.
“Beh, con cortisonici e
antiinfiammatori ridurremo l'infiammazione nervosa, poi con ozono o
manovre chiropratiche atrofizzeremo e ridurremo l'ernia. I tempi
di...”
Ma tu non lo ascolti più. Tu hai
chiuso il tuo cervello ermeticamente. La tua testa è
totalmente insonorizzata.
Perché, se no, saprebbero che
ora stai urlando.
Perché, forse, la schiena ti fa
davvero male.
To be Continued...
Nda
Tutte le
informazioni sull'ernia del disco vengono da Manuela, la
fisioterapista dei miei genitori. Io non sono un medico, sono un
biotecnologo, e comunque la schiena non è il mio campo
infortuni. Quello è la caviglia... è_é
Spero di non aver
fatto errori (orrori) di sorta con terapie, definizioni o altro. È
stato un capitolo difficile, spero vi piaccia.
Come al solito sono
ben accette le recensioni, che fanno molto piacere a noi scrittori in
erba^^
Avviso, per un po'
non sarò in grado di scrivere causa esami. Non vogliatemene.
Al più presto il quarto.
Stay tuned
Arka
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Capitolo 4 *** Fourth: Fear (Challenge) ***
Nine Phases
Fourth: Fear (Challenge)
Il vento sferza
il tuo viso, stasera. Occhi verso terra, mente che vaga. Uscito
dall'ambulatorio non hai fatto altro che camminare. Muovere in
sequenza le tue gambe da quel luogo bianco di verità verso un
nero d'incertezza, che sta catturando le tue movenze lente, che ti
sta imprigionando.
Destra, sinistra,
destra. Dondolio lento, senza meta. La testa vuota, ma pesante. E non
per aria fritta. Ti lasci guidare da qualcosa più grande di
te. Sia esso un dio o il caso assoluto. O forse sono solo le tue
gambe a guidarti. E quando ti accorgi dove hanno portato le tue
doloranti membra, ti viene da sorridere.
Davanti a te, in
tutta la sua magnificenza si staglia il campetto. Gli anelli rossi
splendono grazie alla luce dei lampioni, le retine frusciano e poche
foglie silenziose fanno da spettatrici al tuo passaggio.
Cammini lento,
con riverenza totale, con il rispetto che si porta solo a qualcuno
(qualcosa) che ti ha donato tanto, cercando di stare in equilibrio
sulle linee del perimetrali, né dentro, né fuori.
Ancora nella più
totale incertezza, indeciso se varcare la soglia di casa tua.
E c'è
malinconia nei tuoi occhi, a pensare di aver perso qualcosa che una
volta non consideravi minimamente.
In fondo si
cambia...
Una volta avresti
sfogato il tuo dolore picchiando, soffrendo e facendo soffrire,
urlando. Ti saresti sfogato.
Sei cambiato,
Sakuragi.
La tua schiena lo
dimostra, urlando, implorandoti di allontanarti da un luogo che la
porta solo verso ricordi dolorosi. E tu stai per ascoltarla,
sottomesso come non lo sei mai stato, tornando sui tuoi passi.
E solo ora che ti
giri, noti Rukawa di fianco a te. Solo ora noti che ti è stato
vicino, come una lanterna a forma di volpe. Rimanendo al tuo fianco,
forse, ti sta impedendo di perderti..
Ti ha seguito,
senza proferire parola. Come suo solito, ma con mille frasi mai
pronunciate nell'aria. Con mille domande a cui non è mai stata
data risposta. Anche se alcune, oggi, forse l'hanno trovata.
“Dove credi
di andare?”
Buffo. Non l'hai
mai sentito parlare tanto. E oggi ha detto più parole che in
tutto l'anno. E le ha dette per te.
“Non credo
che ti riguardi Kit...”
Fai per
allontanarti. Scappi l'ennesima volta da una realtà scomoda.
Come eri scappato quando era morto tuo padre.
“E invece
mi riguarda.”
La sua voce è
aspra. Dura. Come se l'avessi offeso dicendo che la vita è
tua. Non sua.
“E perché,
di grazia?”
La tua è
una provocazione. E lo sai. Vuoi stuzzicarlo. La danza pericolosa che
state intraprendendo ha un che di violento. Di rivelatore. Lascerà
strascichi. Lo sai già prima di iniziare.
“Perché
odio la gente che si butta via.”
“Ma per
favore! - sbotti – mi hai sfottuto tutto questo tempo per poi
ammettere capacità mai realmente esistite? Perché ti
faccio pena Rukawa? Solo perché non potrò più
giocare?”
Urli. Per
sfogarti. In faccia a lui. E i suoi occhi si assottigliano. Solo ora
ti accorgi di non averlo mai visto arrabbiato.
“Il medico
ha detto che potrai riprendere dopo quattro mesi gli allenamenti –
prosegue gelido – e poi non credo che Akagi, Anzai e gli altri
avrebbero speso così tanto tempo ad allenarti, se fossi stato
una sega. Forse sei solo un codardo.”
I tuoi muscoli
fremono di rabbia. Non puoi credere che ti stia parlando in quel
modo, LUI. Non può capirti, LUI. Non è tuo amico, LUI.
Non è
niente, LUI.
“Sì...
forse hai ragione – ridi istericamente – forse hai
proprio ragione. Sono un perdente, un codardo, un vigliacco. Scappo,
come ho sempre fatto. Perché non sono come te! Non sono
l'algido e intoccabile principe dei ghiacci! Non posso farcela! Non
posso! Fa male, diavolo, non sai quanto! Io non posso farcela...”
Senti le guance
bagnate. Non ricordi quando è successo l'ultima volta. Forse
con Anzai, quando è stato male. E prima?... prima ti viene in
mente solo tuo padre.
E non hai il
coraggio di alzare gli occhi. Tieni la testa bassa, a fissare il
terreno. Sai che ti sta per arrivare un pugno... Kaede Rukawa non è
mai stato uno che le manda a dire o che fa sconti sulle cattiverie
che gli si dicono. Così quando le sue scarpe entrano nel tuo
campo visivo non puoi far altro che chiudere i tuoi occhi, aspettando
il colpo. E invece quando le sue braccia ti toccano, lo fanno in un
modo del tutto inaspettato.
Ti abbraccia.
Come solo un compagno, un amico, un fratello saprebbe fare. E tu fai
la cosa più imbarazzante che avresti mai potuto pensare fino a
ieri. Scoppi a piangere. Un pianto rotto. Sordo. Lui in silenzio ti
lascia sfogare.
“Puoi
farcela. Tu ce la puoi fare.”
Nei singhiozzi
senti queste sue parole. Sussurrate al vento.
“Ho paura
che il dolore non passi...”
Lui continua a
tenere la tua testa sulle sue spalle.
“Ce la
farai sicuramente, Sakuragi.”
Sei sbalordito.
Non lo avevi mai visto parlare così. Con nessuno, figurarsi
contro il nemico (amico) giurato.
“Come puoi
esserne sicuro?”
Si morde le
labbra. Credi stia per dire qualcosa che non vuole. E non ti saresti
mai aspettato di sentire parole così pronunciate da lui.
Sussurra la sua
risposta al tuo orecchio. Tu sorridi, perché non puoi
impedirti di farlo. Ma non fai sparate, nonostante la sua
affermazione. Ti stacchi semplicemente da quell'abbraccio che sapeva
di casa, di amicizia, voltandoti poi verso il campo.
E una luce
illumina la tua via.
Non stai più
brancolando nel buio.
Ce la farai
sicuramente, Sakuragi.
“Perché
tu sei un genio.”
To be
continued
Nda
Più
lungo degli altri vero? Non credo nemmeno sia una flash... vi avevo
detto che con me non funzionano i buoni propositi...
Vi
è mai successo di essere fieri di quello che scrivete? Questa
è la mia prima volta.
Ho
passato 3 notti insonni, visto che ho mandato la preparazione di un
esame a puttane per problemi familiari. E ci ho pensato. E sputato
sopra, riscrivendolo quattro volte da capo e correggendo e cambiando
un'infinità di cazzate.
Ma
ne sono fiero. Perché sono riuscito a renderlo simile
(enfatizzando alcune cose e adattandole ai personaggi, s'intende) a
ciò che è successo a me. Non perché sia bella,
scritta bene o altre amenità... non ho le carte per dire una
cosa del genere. Ma perché sono riuscito a descrivere la mia
fuga, la mia sfida, in un modo decoroso.
Rukawa
è OOC? Per la prima volta non me ne frega un beneamato cazzo.
E poi non sappiamo se i due diverranno amici o meno appianando le
divergenze.
Alcuni
potranno leggerla in chiave Yaoi. Questa volta non era mia intenzione
inserire nulla del genere. Anzi... è solo amicizia.
E
dopo questo sfogo (scusate, ma ne avevo bisogno) passo ai
ringraziamenti: Desme, Elyxyz, Free, ladyhellsing, lucilla_bella e
Shinji... rigorosamente in ordine alfabetico. Non certo d'importanza.
Grazie dal cuore.
A
questo capitolo credo di essermici affezionato davvero.
Grazie.
Attendo
recensioni che, ricordate, sono la benzina di noi writers.
Stay
Tuned
Arka
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Capitolo 5 *** Fifth: Fatigue ***
Nine Phases
Fifth: Fatigue
Cammini affondando bene i piedi nella
sabbia tiepida, illuminata dal tramonto che si staglia nel cielo di
Kanagawa.
Le infradito affaticano leggermente i
movimenti, sollevando una piccola tempesta ogni volta che concludi un
passo. E non puoi fare a meno di osservare il sole che spegne
lentamente nell'acqua del mare. E stai li, semplicemente a osservare.
Cosa che, fino a poco tempo fa, non ti saresti mai sognato di fare.
Non era proprio adatta a te. Non ti sei mai soffermato a godere di
quei piccoli momenti che rendono bella una giornata.
Tu la vita la sbranavi, a grandi morsi.
A volte però, se il sapore di
una pietanza assume toni delicati, bisogna saperla gustare. Cosa che
stai imparando. Stai imparando nuovi ritmi, nuovi tempi.
Forse sei anche obbligato a farlo.
Probabilmente le infermiere ti staranno
cercando. Sei scappato, giusto qualche secondo. Giusto qualche
minuto.
Perché, per almeno qualche
minuto, di stretching e esercizi per rinforzare la schiena non ne
vuoi proprio sapere.
Perché è incredibile che
tu non conosca la fatica. Nel senso vero del termine. Nel senso più
vicino al dolore. La stanchezza durante un allenamento o una gara non
ti è nuova. Ma la fatica sì. Quella che ti fa sudare,
ti porta lentamente alla pazzia per il più piccolo movimento.
La schiena che si stira pigramente, vertebra per vertebra. E tu che
ascolti ogni suo più piccolo lamento, in attesa di una
qualsivoglia risposta, che in cuor tuo, speri non arrivi.
Ti siedi, sulla riva di quella tavola
ardente, permettendo ai flutti di raggiungere i tuoi piedi, godendo
del fresco dell'acqua.
I capelli scarmigliati si muovono nel
vento, mentre tu li sistemi con un gesto pigro. Poi una semplice
occhiata cade su braccio. I lividi nell'interno gomito e sul dorso
della mano erano uno spettacolo desolante.
Quante iniezioni? Quanti trattamenti?
Non lo sai.
Non lo immagini.
Però ora sai esserci un uscita,
da quel tunnel. Da qualche parte forse; non la vedi perché è
ancora lontana. Ma da qualche parte c'è.
E allora gli esercizi non sono poi così
faticosi, forse puoi resistere ancora a una puntura. L'ennesima, ma
puoi resistervi.
Anche se a volte fa così male da
piangere.
Anche se a volte, nonostante tutti
siano venuti a trovarti mille volte, ti senti davvero solo.
Ma Rukawa no, la Kitsune non si è
mossa.
Sai che è al ritiro della
nazionale. Sai che lui ha raggiunto un traguardo importante. A cui
vuoi arrivare anche tu.
Sai che lui non si è mai
scomodato con nessuno, figurarsi con te.
E, nonostante l'abbondante dose di
tempo concessa per la riabilitazione, non sei stato in grado di
sistemare i pezzi del mosaico di un rapporto che non sei nemmeno in
grado di definire. Che, forse, una definizione non può avere.
Compagni di classe, di squadra. Forse la parola amici è per
voi esagerata. O semplicemente non adatta a descrivervi.
Stai per alzarti, quando per l'ennesima
volta il karma vuole giocarti uno strano tiro. Vedi in lontananza
l'oggetto dei tuoi ultimi pensieri correre verso di te, fermarsi,
sventolare sotto il tuo naso la divisa della nazionale e andarsene.
Forse per farti capire che hai ancora da lavorare per raggiungerlo.
O forse per menarsela e basta.
Ma non puoi far altro che sorridere,
alzarti e dirigerti verso il centro, pregustando la fatica che
arriverà sulle tue membra tra poco, sapendo che, prima o poi,
lo raggiungerai.
E hai una sensazione di dejavù
quando l'infermiera ti chiede se ce la farai.
Sicuramente.
“Perché sono un genio.”
To be continued
Tutta colpa degli
esami eh, mica per altro...
...
Ecco, dopo un
capitolo di piena soddisfazione, uno che non mi piace per un cazzo.
Non è facile descrivere la fatica. Spero di aver dato un
risultato decente.
Vi ringrazio. Le
vostre recensioni mi hanno toccato il cuore. Vi ho sentiti vicini.
Grazie a elyxyz, a
gaara4ever, Bella07, lucilla_bella, free e Shinji, in rigoroso ordine
di apparizione. Grazie a tutti.
Continuate a
seguirmi e a recensire.
Con voi, questo
esorcismo, sarà meno amaro.
See you Soon
Arka
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Capitolo 6 *** Sixth: Torment ***
Nine Phases
Sixth: Torment
La mano trema, il
sudore cola rapidamente sulla fronte. Lo specchio del bagno della
scuola ti restituisce un riflesso tutt'altro che rassicurante:
occhiaie profonde, viso tirato e occhi rossi.
Ormai hai perso
il conto delle ore di sonno. Poche, sicuramente troppo. Massimo un
paio a notte. Credi, perché non sei più nemmeno sicuro
di quello. Hai scoperto che la notte sa essere lunga, e buia.
Soprattutto per te, che la passi a stare attento a non compiere il
più piccolo movimento, nella paura che possa provocarti
dolore.
Dolore che non
sei nemmeno più sicuro di provare.
Le terapie, ti è
stato detto, stanno facendo effetto velocemente. L'ernia si sta
riducendo in tempi record. Un recupero rapido che nessuno si
aspettava, dato probabilmente dalla tua voglia di tornare in campo.
Ma ora.
Ora non sei
più lo stesso.
Cerchi
velocemente in tasca un punto fermo e, quando la tua mano si appoggia
su una superficie squadrate e liscia, il tuo cuore rallenta
rapidamente, trovando serenità. Apri la scatola, dal quale
estrai un blister di capsule di un arancione pieno, vivo. Noti che ne
sono rimaste poche. Sai che dovrai andare dal medico a chiedere una
nuova ricetta. E sai che ti farà storie. Ma non te le negherà.
Ormai ne hai chieste così tante, che sai come prenderlo. Ne
inghiotti una senza nemmeno accompagnarla con acqua. La tua gola la
avvolge, come per proteggerla, e tu ti senti subito meglio. Effetto
della medicina.
O della tua
mente.
Butti giù
antidolorifici come mentine per prevenire qualcosa che forse non
arriverà mai. Il dottore ti aveva chiesto di non abusarne, ma
tu non riesci. Fuggi, cerchi rifugio in una fuga chimica assoluta,
che ti dona qualche istante di insensibilità, di pace. Quelle
capsule di quel colore intenso sono diventate la tua panacea per ogni
male, non sai nemmeno se riusciresti ancora a farne a meno.
Sei diventato
debole. E lo sai.
Nemmeno il tuo
migliore amico ti riconosce più.
Chiedi scusa a
qualsiasi persona incontri per strada, nella paura che possa toccarti
male o voglia picchiarti, dati i tuoi trascorsi, rovinando tutto. Sei
insicuro, scappi da tutto e tutti. Ti muovi piano, e per quanto sia
possibile stai fermo.
Mito sa che il
basket è importante per te. Ma non sapeva che il dolore
potesse cambiarti. La tua non è paura.
È
paranoia.
Ma tu non puoi
farci niente. Continui a chiedere scusa, evitando qualsiasi contatto
umano.
E il tuo capitano
non può che provare paura per te.
Perché sa,
dopo la storia di Mitsui, che non è facile uscirne.
E non sa come
aiutarti.
Esci dal bagno e
ti dirigi lentamente in classe. Ma sulla tua strada un imprevisto.
L'unica persona
che ha provato qualcosa che si avvicina dannatamente a ciò che
è successo a te.
“Ehi
Sakuragi...”
“Mitsui...”
Lo scansi con
parecchio anticipo. Lui ne sembra quasi risentito. Poi ti guarda
negli occhi. E sai che ha capito. E te ne vergogni. Lo superi
rapidamente, sperando di poter fuggire l'ennesima volta.
“Quando la
finirai di scappare Sakuragi?”
La sua voce ti
raggiunge, come un soffio gelido, un vento che senti sulla tua pelle.
“Non sto
scappando da nulla.”
Lui sorride, di
scherno.
“Sì,
come no. Perché il blister che hai in mano non sono
antidolorifici vero?”
Una scossa ti
pervade. Diventi rosso, arranchi, cercando una risposta. Senti il
sangue salire velocemente. E non sai cosa dire.
“Faceva
male...”
Ti guarda, con
occhi gelidi. E penetra. Lui sa. Lo capisce. C'è passato prima
di te. Molto prima.
“Non è
vero. E smettila con le paranoie. Ascolta un po' di più il tuo
corpo, se sei ancora in grado di farlo...”
Ti mordi il
labbro, cercando risposte che non arrivano.
“Non è
facile...”
Lui sorride, poi
si gira e prosegue per la sua strada.
“Non lo
sarà mai.”
E tu non puoi che
vergognarti di te, della tua debolezza. E non puoi non cercare di
ascoltare nuovamente il tuo corpo, attendendo risposte. Forse
tarderanno ad arrivare. Ma tu sai aspettare.
E non puoi non
sperare che arrivino presto.
Perché,
di quell'arancione che ferisce i tuoi occhi, non ne puoi più.
To be
continued...
Nda
Capitolo pesante.
Davvero. Anche da scrivere... spero vi possa far riflettere. E non so
se avete notato che nemmeno questa è una flash... evviva i
buoni propositi...
Ritardo a causa
di un esame di statistica, passato! E andiamo! XD l'avevo bocciato 2
volte XD
Ringrazio tutti
quelli che hanno letto e recensito. E mi fa piacere vi sia piaciuto
il capitolo... nella speranza vi possa piacere anche questo... non
sapete quanto mi faccia piacere leggere le vostre recensioni...
Quindi mi
raccomando, continuate a farlo è_é
Stay tuned
Arka
|
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Capitolo 7 *** Seventh: Freedom (?) ***
Nine Phases
Seventh: Freedom (?)
Ponete una scimmia in una gabbia,
poi ponete la gabbia in una stanza molto vasta, ma chiusa.
Dopo alcune settimane, in cui avete
tenuto la scimmia all'interno della gabbia, in cui ha anelato la
libertà, aprite la gabbia. Il primate, dapprima dubbioso, si
guarderà in giro, poi scorrazzerà via. Dopo essersi
accorto di essere passato semplicemente da una gabbia più
piccola a una più grande, tornerà nella prima, non
uscendone più.
Pochi passi fuori.
La brezza. È questa la prima cosa che noti. Un vento forte,
che spazza via ogni dubbio, che ti fa sentire vivo.
Che ti fa sentire
libero.
“Ancora un centimetro, solo
uno!”
“Pianopianopiano!
Cazzocazzocazzo!”
“Solo uno! Ancora uno!”
“Argh!”
Cominci a mettere a
fuoco la strada che hai percorso ogni giorno degli ultimi mesi. La
stessa strada che, fino a ieri, era grigia, oggi si è tinta di
mille colori.
Colori vivi.
Che non ricordavi
nemmeno esistessero.
“Cosa fai? Leggi ancora quelle
lettere?”
“Sì...”
“Sono dei tuoi amici? Della
tua ragazza?”
“Anche...”
“Ti mancano?”
“... può darsi...”
Un passo, poi un
altro. Attendi qualcosa che non arriva. Un dolore che oramai è
un solo ricordo. E non per merito di antidolorifici. Quelli hai
smesso di prenderli qualche mese fa, dopo il discorso con Mitsui. Ora
non hai un motivo per non sorridere.
E lo fai,
finalmente.
Col cuore.
“Sakuragi, sei a posto...”
“In che senso dottore?”
“Che sei guarito. Puoi tornare
a giocare. Con calma, senza sforzare ancora, ma ti dimetto. Ora sei
libero.”
Libero.
Un'altra cosa che
nella tua vita assume una nuova posizione. Una parola che ha sempre
avuto un significato strettamente legato a obblighi: sei libero da
compiti, da punizioni.
Mai libero da te
stesso.
E oggi, quelle tre
sillabe, ti suonano più dolci che mai.
Per questo cammini
velocemente verso i cancelli dello Shohoku, evitando tutti gli
scontri possibili e immaginabili, in cerca di Kaede, del capitano.
In cerca di
chiunque.
Per fargli sapere
che, finalmente, è tutto finito.
Puoi tornare.
Sei libero.
“Davvero
Hanamichi?”
“Esatto
Ryo-chan! Tornerò presto a calcare questo parquet. Manca poco
al rientro del genio!”
Rukawa ti guarda da
lontano. Ti fissa preoccupato. E a una tua battuta sulla sua prossima
sconfitta a opera tua, non risponde nemmeno. Torna ai suoi tiri. La
cosa stona: non avete più parlato dopo quella sera. Ma i muri
tra di voi sono caduti. Non ha motivo per starti lontano. Ti guarda
spaventato.
E non sai perché.
Allora prendi la
porta e esci, per andare a casa. Vuoi dirlo a tua madre, che ti è
stata vicina per tutti questi lunghi mesi. Per goderti un po'
d'affetto. Anche se non ne sai il motivo, ne hai voglia. E dici ai
tuoi compagni di aspettarti, che presto ricalcherai quel campo, con
loro. Perché quello è il tuo posto. Avresti voluto
dirlo anche al tuo capitano, ma ti hanno detto che ha una simulazione
d'esame.
Infatti passa
almeno un'ora da quando te ne sei andato prima che Akagi, insieme a
Mitsui, entri in palestra. E Miyagi non può tenersi dal
raccontar loro la buona nuova.
“Speriamo non
se ne accorga...” Conclude Hisashi.
“Cosa
intendi?” Miyagi non capisce.
“Dico solo
che speriamo non si butti giù” puntualizza.
“Perché
dovrebbe Mitsui? Non hai sentito? È tornato come prima...”
Akagi è dubbioso.
“Appunto.”
“Credo, anzi,
crediamo di non riuscire a seguirti...”
“... Sto
sperando non si accorga che è esattamente come prima. Di per
se non è cambiato nulla, può sempre infortunarsi in
qualsiasi momento. Solo che ora lo sa.”
Ora capiscono. E
sperano. Che tu non cada in una trappola così tremendamente
fatale. Sperano solo che tu non ti accorga che sei solo scappato da
una gabbia più piccola in una più grande: la
consapevolezza dei tuoi limiti.
To be continued...
Altro parto
lunghissimo XD è inutile cara lucilla_bella... aggiornare più
velocemente è impossibile... faccio fatica a scrivere senza
voglia e voi leggete i miei pezzi in tempo reale poiché li
posto appena pronti^^ ti sconsiglio vivamente anche lo scambio di
cervelli... ci guadagneresti ben poco.
Detto questo due
parole sul capitolo... l'intro è un esperimento realmente
eseguito che ho letto su un vecchio numero di Nathan Never... se
qualcuno conosce l'esperimento in questione mi faccia sapere...
il resto... è
stato difficilissimo scriverlo^^
Comunque -2 alla
fine...
Grazie a tutti
quelli che hanno commentato il sesto e, mi raccomando...
continuate... necessito il vostro appoggio ;_;
Elyxyz, free,
lucilla_bella, Bella07 e temarisan... grazie.
Stay tuned
Arka
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Capitolo 8 *** Eighth: ? (Impotence) ***
Nine Phases
Eighth: ? (Impotence)
Due settimane.
Quattordici giorni.
Trecentotrentasei ore.
Così tanto tempo è
passato da quando ti hanno dimesso.
Da quando hai chiesto ai ragazzi di
aspettarti.
E non sei più tornato.
Vegeti sul letto, anche stasera, in
attesa di qualcosa. Non sai nemmeno di cosa. Sai solo che non hai mai
corso. Mai, da quando ti hanno diagnosticato l'ernia.
Ne sei sicuro.
Anche quando sei andato ad avvisare i
ragazzi, hai camminato velocemente, evitando tutti gli
scontri possibili. Quando sei tornato in palestra ricordi di aver
avuto bisogno di affetto. Ti ricordi anche che non sapevi
individuarne il motivo.
E nemmeno ora lo sai.
Pressione, nella gola, nel torace, nel
cuore. Sei guarito: puoi correre, saltare. Ma non lo hai mai fatto.
Qualcosa ti blocca. A un osservatore esterno potrebbe sembrare quasi
che tu non ne abbia voglia. Assurdo. Sai benissimo che non può
essere. Ogni volta che, in lontananza, senti una palla rimbalzare,
muori.
Soffri, ti viene da piangere. Vorresti
muoverti.
Null'altro importa.
Vorresti scattare.
Null'altro importa.
Vorresti volare.
Ma il tuo corpo non ricorda come si fa.
Il campanello suona. Stai per chiedere
a tua madre di aprire, ma il tuo cervello suggerisce che è
uscita a fare la spesa. Ti alzi controvoglia, attraversando la casa.
Apri la porta.
Rukawa.
Fermo, immobile. Ti guarda, anzi no...
ti scruta. Ti legge. Voleva capire, e ha capito. Chiedeva solo una
conferma.
“Seguimi.”
Di parole non ne ha mai dette troppe,
solo le strette necessarie. E questa volta non fa eccezione.
Senza risposta scompari da dietro
l'uscio e, dopo pochi minuti, ti trovi a chiudere casa, vestito con
un paio di pantaloni della tuta e una maglietta. Lo segui, a distanza
di sicurezza, senza guardare dove voglia portarti, senza nemmeno
interrogarti, perché la risposta già la sai. È
l'unico luogo in cui, voi due nemici (amici) giurati abbiate mai
parlato. Ma il campetto stasera non è vuoto. Ci sono altre
persone, sei o sette. Non le conosci, sembrano più grandi.
Intorno ai vent'anni.
Rukawa ti indica la panchina e tu ti
siedi docile, senza lamentarti. Si fanno le squadre e scoppia una
partita accesa da puro spirito agonistico. Non per vincere e andare
avanti in un torneo, ma per la semplice voglia di primeggiare. Per
pura competizione. Nessuno di loro è un campione assoluto,
nessuno è al livello di Kaede. Ma se la cavano.
In particolare il ragazzo marcato
dall'algida Kitsune si muove bene. Finte, palleggio, arresto e tiro.
Ha in mano delle buone carte.
Poi noti.
Una calza blu e una bianca.
No, quella blu non è una calza.
È una cavigliera.
Anche abbastanza rigida.
Infortunato.
Le tue gambe esplodono. Il tuo cuore
con loro. E tu non sai quanto riuscirai a trattenere le une a
l'altro. Vuoi alzarti, prendere un assist della Kitsune e
schiacciare.
Dio solo sa quanto lo vuoi.
Vuoi dimostrare al mondo, a chi ci
credeva, ma soprattutto a chi non credeva, che non sei stato meteora.
Che non sei finito, sei appena iniziato. Sei un foglio bianco con
qualche scarabocchio, a indicare un dubbio sull'incipit iniziale. Ma
con una storia meravigliosa, e un epilogo glorioso.
Vuoi, ma non riesci. Resti a fissare
fino alla fine della partita.
Impotente.
Rukawa ti si avvicina e tu gli passi
l'asciugamano.
“Volevi dimostrarmi che posso
comunque giocare abbastanza bene anche da post infortunio?” la
voce saccente, da chi crede di aver già capito tutto.
“Cosa?” Kaede è
seriamente incuriosito dalle tue parole.
“Il tuo marcatore – spieghi
– quello con la cavigliera...”
Il tuo compagno gira la testa e nota.
Poi si volge a te.
“Non me n'ero nemmeno accorto.”
Solo ora se ne accorge, perché
lui era fisso sul gioco. E solo ora ti accorgi che, nonostante tu
fossi a un campetto, il tuo primo impeto non è stato lo
scappare, ma il correre a giocare. Che la paura c'è, ma ha una
voce più bassa, non urla più. Sussurra solamente.
“Guarda che hai deciso tu da solo
che un giocatore che si è fatto male deve smettere... -
continua - Infortunato o meno, cavigliera o meno, un buon giocatore
resta un buon giocatore... Ti ho portato qui solo perché
pensavo che ti mancasse il gioco, Hana.”
Non sai come rispondere. Sai che non ha
tutti i torti. Tutti ti hanno sempre assicurato che con una buona
riabilitazione saresti potuto tornare sui campi. Ma forse, tu per
primo, non ci hai mai creduto. E registri con un sorriso la sua
gentilezza. Non sai come comportarti.
“Grazie, ma non credo sia servito
a molto...”
“Tu dici? - ti allunga il pallone
– palleggia.”
“Cosa?” sei stupito e
allarmato allo stesso tempo. Non ti aspettavi qualcosa del genere.
Non da lui. Dal Gori, o dal Nano. Ma da Rukawa...
“Tranquillo... intendevo da
seduto. La schiena non può farti male, no?”
Gli occhi sono spalancati a fissarlo.
Poi la tua attenzione è rapita da quella maledetta sfera
arancione. Croce e delizia delle tue notti insonni.
Forse tutti i torti non ha. In fondo
non è niente di pericoloso.
Già.
Palleggiare da seduto.
Male non può farti.
E allora riempi il silenzio del
campetto, con quel ritmico rimbombare. Non sai cosa succederà
dopo. Se ridarai la palla a Kaede, capendo che il tuo tempo è
finito e tornando sui tuoi passi, o se ti alzerai, prenderai la
rincorsa e schiaccerai come solo tu sai fare in tutta Kanagawa.
Sai solo che ora, il quel campetto, tra
le risa degli avventori e il vento che soffia dolcemente sulle tue
mani, sei a casa.
Si.
Non sai che succederà domani.
Ma stasera.
Casa.
A volte, il passo più
difficile che puoi fare, è il primo.
To be continued
Scritta di notte,
quindi perdonate errori/orrori, annessi e connessi. Questa volta
credo siano davvero tanti.
Capitolo
importante. Spero di aver reso bene il senso di pressione di
Hanamichi. In quei casi non sai dare un nome alle tue angosce.
Per la nona dovrete
aspettare un po'. Almeno una settimana, forse due...
Resistete.
Grazie a Bella07,
elyxyz, free, kuro e Shinji.
Miss one.
Stay tuned
Arka
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Capitolo 9 *** Final: Awareness ***
Nine Phases
Final: Awareness
La gola raschia. I conati di vomito ti
squassano. Senti un sapore acido in bocca, completamente asciutta. Ma
sai che non devi bere. Prima devi spezzare il fiato. E sai benissimo
che se ti fermassi a bere faresti una fatica tremenda a ripartire.
Allora rallenti solamente, guardandoti bene in giro per non pensare.
E non puoi che apprezzare il completo
silenzio della palestra. Dev'essere per questo che piace a una volpe
di tua conoscenza.
Il tuo cuore rallenta. Piccoli respiri
veloci, per portare alle tue gambe tutto l'ossigeno necessario. Anche
se, tutto sommato, stanno meglio di quanto ti saresti mai aspettato.
Quelli che scarseggiano sono i polmoni.
Ma tu stai meglio di quanto ti saresti
mai aspettato.
Sei cresciuto.
“Sei cresciuto Hana...”
Metti la testa fuori dal frigo,
attaccato al cartoccio di latte, guardando tua madre con due occhi
dubbiosi.
“Cosa mà? Non credo di
essermi alzato ancora negli ultimi due mesi.”
Lei sorride scuotendo la testa.
“Niente Hana, niente.”
Anche Haruko se n'è accorta. E
pure tu ne hai avuto il sentore quando ti si è dichiarata, e
tu ti sei tirato indietro, l'hai rifiutata. Hai sentito che qualcosa
non andava. Hai capito che lei è una cara ragazza. Ma con te
ha poco a che fare. Una volta non l'avresti nemmeno pensato.
Un'esperienza come quella che hai
passato ti cambia, ti rende nuovo, differente.
Strano.
Pensi di più alle cose. Ti
guardi di più in giro. Pensi prima di parlare.
La paura non è passata. Ogni
passo lo fai ancora con il cuore che sussulta, sperando di non
sentire più quel dolore.
Però lo fai. Non ti fai
spaventare. E a esso ne segue un altro. E un altro ancora. Ci metti
la testa. Perché ora sai cosa rischi di perdere, e non puoi.
Non vuoi.
Rallenti il passo e, mentre passi di
fronte alla panchina, raccogli l'asciugamano senza fermarti,
appoggiandolo in testa. Cammini, sciogliendo bene i muscoli. Poi
guardi l'orologio. Hai mezzora prima che arrivino i ragazzi, e tu
devi fare ancora stretching e ginnastica posturale. Hanno bisogno
tutto lo spazio possibile. Devono allenarsi per il campionato estivo,
loro.
Tu no. Non perché abbia mollato.
Ma devi recuperare la forma prima di
ripartire.
Per evitare soste di qualsiasi altro
tipo.
Forse, l'unica cosa che è
davvero cambiata in te è la consapevolezza.
Comprendi cosa hai perso. Comprendi
cosa tutto ha comportato. E vuoi solo evitarlo, ora. Conosci i tuoi
limiti e la tua forza. Conosci. Comprendi.
Cose che, una volta, non ti saresti
mai sognato di fare.
La porta si apre. Un ragazzo alto quasi
come te, moro, entra. Borsone in spalla, pallone in mano. Molla giù
tutto senza nemmeno farti un cenno. Poi, continuando a guardarti
scatta verso di te. Un paio di cambi di direzione, una finta,
sospensione e tiro. Al ciuffo torna a guardarti. Come per ricordarti
che lui è ancora lì. Che devi ancora pedalare per
raggiungerlo.
Che lui non rallenterà per
aspettarti.
Allora tu sorridi, prendi il pallone e
da fermo tiri.
Poi lo fissi.
E lui comprende.
“Ti raggiungerò, Kitsune.
Perché sono un genio.”
E Rukawa si volta senza guardarti.
Ma non può fare a meno di
sorridere.
Perché la persona che più
si avvicinava al suo concetto di amico, ce l'aveva fatta.
E tu guardi la sua schiena prima di
riprendere i suoi esercizi.
La strada è ancora lunga.
Ma sei finalmente rientrato in quella
lunga sequenza di eventi che tutti chiamano vita. Ci hai perso molto,
ma hai guadagnato altrettanto.
E allora sorridi.
Perché non puoi fare altro.
Owari
Finale scontato, forse. Difficile,
perché in questa fase io ci sono davvero da poco. E non è
facile comprenderla a pieno. Il rosso ha perso molto, ma credo che
qualcosa lo abbia guadagnato.
Un'altra cosa: le canzoni giuste con
cui leggere la fiction sono 3: Brothers dalla OST di Fullmetal
Alchemist, You and me dei Lifehouse e Another Day dei Dream Theater.
In particolare la seconda per il
capitolo quattro.
E ora? Che si fa alla fine di un
viaggio? Si ringrazia.
Tutti. Chi è solo passato, chi
mi ha commentato. Chiunque. Non mi sarei mai aspettato di essere così
seguito. E allora Grazie. A
Bella07, desme, elyxyz, free, gaara4ever, Gojyina, kuro, lady
hellsing, lucilla_bella, Luna11, Shinji e temarisan.
Spero di avervi
dato qualcosa.
Voi molto.
Al prossimo viaggio
Arka
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