L'arcobaleno siamo noi due

di _BadWolf_9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dfferenze ***
Capitolo 2: *** Perdersi nell'anima ***
Capitolo 3: *** Poiché il soldato può essere medico ***
Capitolo 4: *** L'angelo nero ***
Capitolo 5: *** La verità nascosta in una lettera ***
Capitolo 6: *** Perchè? ***
Capitolo 7: *** Pioggia e lacrime ***
Capitolo 8: *** Il complotto del Re ***
Capitolo 9: *** La trappola nella trappola ***
Capitolo 10: *** La tortura e il Gufo messaggero ***



Capitolo 1
*** Dfferenze ***



Ebbene, vi racconterò la storia di come una splendida creatura creò l'arcobaleno....

 

 

 

C'era una volta, in un reame lontano lontano di nome Arcadia, una ricca famiglia molto particolare, gli Holmes. In effetti nel regno tutti gli esseri viventi eran particolari, ma loro si distinguevano per la sorprendente intelligenza, che il più delle volte non veniva compresa dalla restante popolazione. Fu così che un giorno vennero confinati al limite della foresta magica poiché reputati pericolosi, ma nessuno considerò l'imminente catastrofe che incombeva col loro allontanamento.

Gli uomini comuni non erano a conoscenza del meraviglioso regno poco a nord dell'attuale Londra, nascosto da un campo illusorio, ma giravano leggende le quali narravano di creature mostruose che abitavano al di là della foresta in grado di mutar forma e di controllare gli elementi; per questo da anni nessuno osava oltrepassare la pianura a nord-est del piccolo paesino di Neradon. A capo degli Arcadiani regnavano da generazioni i Moriarty considerati dal popolo grandi sovrani per aver risollevato e riorganizzato la società. Difatti, in principio, tutti gli abitanti erano costretti a vivere in un unica immensa città causando innumerevoli disordini per colpa dei differenti poteri e dei tipi di carattere che contraddistinguevano ognuna delle specie. Alla morte di re Belsemor salì al trono William Moriarty, un lontano cugino, che con l'aiuto degl'Holmes, divise il regno d'Arcadia in 7 fazioni: Forah per coloro che controllavano il fuoco, Neen per i dominatori dell'acqua, Waytia per quelli dell'aria, Kemen per i controllori della terra, Ilmen e Linque per i viaggiatori dello spazio e del tempo ed infine Kelva per i mutaforma. Negl'anni seguenti le due famiglie condivisero il potere, ma mano a mano che il tempo passava i Sovrani allontanarono palesemente sempre più gli Holmes fino a convincere il popolo a confinarli ai limiti del regno. Quell'anno la regina diede al mondo colui che causerà la rovina d'Arcadia, il principino James.

 

                                                                                                                                                                                                     Qualche settimana dopo

 

 

Ai limiti della foresta si ergeva una modesta villetta con uno splendido giardino di violette che circondavano un gazebo in marmo bianco. Al suo interno, Aurora sorseggiava il suo tè al bergamotto in maniera semplice ma estremamente elegante, mentre con l'altra mano si carezzava delicatamente il pancione ormai vicino alla scadenza. Poco lontano Charles si curava del bellissimo e unico cespuglio di rose rosse appena di fianco ad una splendida casetta per i pettirossi e con fare intellettuale spiegava a loro figlio più che intelligente di 7 anni, il ciclo di vita della povera pianta che stava torturando (per l'appunto uno stupendo acero rosso). La sera stessa la giovane signora partorì un meraviglioso bambino dalla pelle bianca come la neve e dagli'occhi indaco che risaltavano con la matassa già presente di riccioli corvini; il bambino, che chiamarono Sherlock, pareva crescer in buona salute e come il fratellino Mycroft si scoprì assai intelligente e pieno di iniziativa.

All'età di 10 anni compaiono i primi poteri che determineranno la fazione di appartenenza e Mycroft fu emozionato nel scoprire la sua capacità di controllare lo spazio, ma non solo, poiché la famiglia Holmes da secoli era conosciuta e temuta per la loro attitudine nel manipolare più elementi, fu in grado di dominare anche l'acqua. Suo malgrado non potè fare niente per entrare in almeno una delle tante scuole di specializzazione in modo da controllare e sviluppare al meglio i propri poteri dato che esiliato dall'intero reame. Charles decise, che per tirargli su il morale, avrebbero campeggiato per tre giorni nel Bosco delle Betulle ad ovest della prateria, a patto che il piccolo torturatore di aceri seguisse alcune delle sue lezioni di legge e studiasse i 7 libri sulla politica arcadiana. Ovviamente al giovane Holmes bastò molto poco per apprendere le nozioni e ne fu entusiasta, così chiese al padre di insegnargli il più possibile sul governo e sugl'obblighi che un sovrano deve avere verso il popolo. Alla fine del mese, come promesso, partirono per la loro piccola grande avventura.


Aurora, dopo aver salutato parte della sua amata famiglia e avergli fatto le solite raccomandazioni, decise che avrebbe passato quei giorni con Sherlock in giardino sul suo adorato dondolo a parlargli del cielo e della sensazione di libertà che si prova immaginando di volare. Sherlock senza dubbio sarebbe stato ancora troppo piccolo per comprendere tutto quello che sua madre gli diceva, ma lei era fiduciosa e sperava che il più piccolo degl'Holmes diventasse come lei un giorno.

Fu proprio alla fine del terzo giorno che successe l'impensabile......


Padre e figlio non erano ancora tornati e la dolce Aurora stava riposando, dopo aver preparato la merenda per Sherlock, quando questi, cadendo in giardino, si mise ad urlare e dalle sue innocenti manine uscirono enormi lingue di fuoco che presero in pieno la villetta facendola bruciare. La povera Aurora si accorse troppo tardi dell'accaduto e pensando che il piccolo fosse ancora in casa, si mise a cercarlo rimanendo bloccata. Nel frattempo Charles, che nel tornare si era accorto del fumo, corse immediatamente nell'immenso giardino dove trovò Sherlock in lacrime per lo spavento e, dopo essersi assicurato di aver messo in un posto sicuro entrambi i figli, entrò in casa spalancando la porta con ferocia alla ricerca dell'amata moglie.

 

È vero che gli Holmes erano le persone più intelligenti che tutti abbiano mai conosciuto, ma quando ci sono di mezzo i sentimenti, si diventa, talvolta, irrazionali.

 

Questo fu il grande errore di Charles, che spalancando la porta, alimentò involontariamente l'incendio e finì investito dalll'esplosione.

I due bambini aspettarono invano il ritorno dei genitori, finché, spento l'incendio nel tardo pomeriggio a causa di una copiosa pioggia, Mycroft capì non sarebbero mai tornati e decise di portare il fratellino lontano da quel posto pieno di ricordi.

Si addentrarono nella foresta e il più grande decise che sarebbe stato meglio dormire al coperto, così tirò fuori la tenda che aveva utilizzato sino alla sera prima col padre e senza esitare la montò, dopo di che accese un fuoco e fece asciugare con cura Sherlock ancora terrorizzato.

 

- fratellone-  disse con esitazione Sherlock, poi continuò. - mamma e papà non torneranno...quindi rimarrai tu con me? -

Mycroft restò in silenzo per un attimo guardando un punto indefinito della foresta poi rispose - si, stai tranquillo - lo rassicurò. - ora andiamo a dormire che ormai si è fatto tardi -

A quel punto il piccolo annuì prontamente con un flebile sorriso sulle labbra che nascondeva una tristezza infinita e si rannicchiò nel sacco a pelo.

 

Con il passare del tempo Mycroft perfezionò i suoi poteri e assieme a suo fratello, pezzo per pezzo, costruirono una casa grande abbastanza per ospitarli entrambi, ma più crescevano e più diventavano freddi, insensibili a qualsiasi emozione e molto molto più intelligenti di quanto si potesse realmente essere.

Oltre al carattere, un altro enorme problema sussisteva e il più grande dei due lo aveva capito da tempo; Sherlock. Difatti con gl'anni sviluppò non due ma bensì quattro dei sette poteri. Divenne in grado di trasmutare sembianza, di controllare fuoco e aria, e in parte di viaggiare nel tempo. Questo non era un buon segno, Mycroft doveva stare molto attento che nessuno lo venisse a sapere, altrimenti il sovrano Moriarty l'avrebbe fatto rinchiudere in apposite gabbie o persino uccidere.

 

buongiorno fratellino- azzardò Mycroft senza nessun'apparente emozione sul volto e con un eleganza da far paura.

-cosa vuoi Mycroft- ghignò l'altro infastidito dalla presenza del maggiore. -non saresti qui senza un motivo valido e presumo che tu voglia qualcosa da me. Ah hai preso qualche chilo? Sei ingrassato -continuò schizzando in piedi.

Ignorò l'offesa e disse: -perspicace come sempre vedo, si comunque sono venuto per dirti che è..- cercò di terminare la frase quando Sherlock gli saltò sulla voce continuando al posto suo -che è finito il cibo...sei così prevedibile e pigro. Sei venuto a chiedermi di andare a caccia e di certo non ci vado perché me lo hai chiesto TU sia chiaro- contestò per poi aggiungere: - ci vado solamente perché mi annoio a morte a non fare niente,  ma voglio che ti levi dai piedi appena torno in modo da non disturbarmi per almeno due giorni. Caccerò cervo stasera, ne è passato uno qualche ora fa diretto verso la pianura di Neradon e si, non mi farò vedere dagli umani-.

-ottimo, cervo... adoro mangiare cervo. Comunque fa attenzione-  disse con espressione fuorché preoccupa ed un piccolo sorrisetto finto sulle labbra.

Entrambi amavano atteggiarsi a signori di alto rango come si poteva notare guardando i loro abiti che parevan sempre impeccabili come da cerimonia, ma dopo tutto avevano origini più che nobili anche se ormai dimenticate. 
Nessuno dei due dava a vedere un minimo di amore fraterno ed effettivamente era poco il loro, li legava soltanto il DNA. Tra loro era una sfida continua poiché entrambi troppo intelligenti per provare qualunque tipo di sentimentalismo. Erano due pezzi di ghiaccio per quanto riguarda l'emotività ed il rapporto con gli altri. Infatti , da secoli, la famiglia Holmes si riconosceva per una piccola voglia appena sotto l'orecchio destro impossibile da coprire, che li accomunava tutti. Per questo motivo Mycroft e Sherlock non potevano rischiare di entrare nelle città,  evitando così il pericolo di essere scoperti e condannati a morte e non avendo, in questo modo, mai creato nessun rapporto sentimentale con alcun essere umano.

 

Sherlock allora si trasformò in un enorme lupo dal manto grigiastro e si addentrò nella foresta in direzione della pianura sotto occhio vigile del fratello.

 

 

Intanto a meno di 5 kilometri....

 

- Joooohn!- urlò a gran voce una fanciulla poco lontano dal giovane e basso uomo. Questi si girò di scatto e si illuminò vedendo la sorella correre verso di lui con enfasi.
- Harry che ci fai a Neredon? Pensavo fossi con la tua ragazza oltre la Cascata delle Stelle per un pic-nic romantico>>” disse abbassando sempre più la voce con l'avvicinarsi della donnina. Subito dopo lei gli saltò al collo urlando con la stessa emozione di prima: - Auguriiiii fratellino. Buon ventitreesimo compleanoooo!!!- e riprendendo fiato continuò: - te lo abbiamo fatto credere così da lasciarci il tempo di preparare la tua festa anche se molto molto in famiglia. Adesso devi seguirmi fino alla radura fuori da questa cittadella infernale dove io, te e Clara ci divertiremo un mondo!- concluse la ragazza con uno splendido sorriso.

John guardò la sorella allarmato e fece per aggiungere qualcosa, ma lei non gliene diede il tempo tirandolo dal colletto di quel maglione color caramello che tutti i paese non avevano il coraggio di dirgli fosse orribile.

Arrivati fuori dal paesino, John ebbe l'occasione per rivolgersi ad Harry:”<<non ti è mai piaciuto questo posto, sei sicura di voler stare qua solo per me? Lo so che credi alle leggende e magari ti senti a disagio. Solo perché mi piace da impazzire la foresta, non dobbiamo per forza festeggiare qui>>” riuscì a dire prima di esser spinto dalla dolce Clara appena giunta alle sue spalle. Dopo di che le vide sorridere e parlottare così si rassicurò e sedendosi con poca eleganza sulla coperta di lana arancione appena posizionata a terra con attenzione dalla sorella, incominciò ad abbuffarsi facendo ridere a crepa pelle la coppietta di giovani amanti.

Alla fine della merenda preparata da Clara, Harry scattò in piedi e si diresse correndo verso un piccolo fienile abbandonato da dove tirò fuori un pacchetto verde dal sontuoso fiocco rosso e tornò ad affiancare la fidanzata, poi dissero all'unisono: - Auguri John!-  e gli porsero il regalo.
Le due ragazze sapevano della passione di John per la medicina, così gli regalarono un kit all'avanguardia del pronto soccorso avvolto da un nuovo maglione azzurrino che al sole sembrava di ghiaccio, sperando buttasse quello orrendo e ormai sgualcito color caramello.
Gli occhi blu oceano del povero John si spalancarono lucidi per la sorpresa, poi si provò immediatamente il nuovo indumento esaltato come un bambino quando mangia caramelle e si avvicinò alla coppietta dando un dolce bacio sulla fronte alla sorella e stritolando in un morbido abbraccio Clara. - Graziegraziegrazie....è tutto stupendo e..e il kit n-non me lo aspettavo proprio! Davvero ragazze......bel compleanno- finita la frase le abbracciò entrambe ed infine dopo essersi schiarito la voce aggiunse in tono malinconico: - mi fermerò qui ancora un pò....potete lasciarmi la coperta? Ve la porto a casa io stasera -.
La sorella sapeva che John avrebbe passato il pomeriggio a pensare alla loro "situazione", ma decise comunque di lasciarlo fare e di annuire semplicemente con un lieve movimento del capo, poi mano nella mano, lei e Clara tornarono a Neradon.


 

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Capitolo 2
*** Perdersi nell'anima ***


John è sempre stato un ragazzo tranquillo e generoso, considerato e amato da tutti per la sua purezza d'animo, ma nessno pareva accorgersi della sua solitudine...

Era rimasto solo oramai, a parte Harry, nessuno lo faceva sentire amato ne parte di una famiglia, soprattutto dopo la morte improvvisa della madre avvenuta l'inverno scorso a causa di una brutta polmonite mentre lui era a combattere con la milizia inglese in territorio scozzese.


                                                                                                      ≈-≈-≈-≈-≈-≈

Appena Harry e Clara se ne furono andate, il giovane si distese sulla morbida coperta e rimase a guardare il cielo fino al suo imbrunire rimuginando e sognando di poter librarsi nell'aria ad ogni tramonto, guardando il sole scomparire all'orizzonte lasciando posto alla luna e alle stelle che tanto amava osservare.

Immerso nei suoi pensieri com'era, si rese conto solo in quel momento di strani rumori provenienti dalla foresta, ma invece di tornare a Neradon, s'avvicinò cautamente riuscendo a distinguere degli ululati che sembravan voler essere una richiesta d'aiuto.

John era un ragazzo per bene, ma ogni volta che si presentava davanti a lui qalcosa di pericoloso, non riusciva a trattenersi e questa non fece eccezione. Decise così di entrare in quell'immenso insieme di alberi, portando con se la coperta, che successivamente mise nel suo zainetto, e il kit di pronto soccorso in caso gli fosse servito.

 

 

Qualche ora prima....

 

 

Una figura grigiastra correva veloce e agile nel folto del bosco inseguendo la sua preda, uno splendido cervo adulto, spingendola verso la pianura in modo da bloccargli qualsiasi tentativo di fuga. Ad un tratto la creatura si arrestò percependo l'avvicinarsi di quattro lupi e cercò di sviare la sua cena verso un'altura così da non esser assalita dal branco, ma il cervo sembrò pensarla diversamente continuando a correre sfrenatamente nella stessa direzione di prima.

In un attimo, il cacciatore divenne preda; i lupi gli si avvicitanoro srcutandolo attentamente, dopo di ché decisero di attacarlo, anche se due volte più grande di loro, lasciando andare l'erbivoro. L'enorme creatura non riuscì a contrattaccare come si deve dato lo svantaggio numerico e fu laciata agonizzare con uno taglio profondo appena sopra la palpebra e una lacerazione sul fianco sinistro.

Appena rinvenne, qualche ora più tardi, iniziò ad ululare nel tentativo di trovar aiuto, un qualsiasi tipo di aiuto, anche se probabilmente nessuno avrebbe udito la richiesta di soccorso.

Si fece così sera.

 

 

 

John, intanto, procedeva con calma nel tentativo di non inciampare negl'arbusti e nella speranza di non ritrovarsi un orso rabbioso a mordergli il fondoschiena. Oramai non si vedeva quasi niente anche utilizzando la piccola lampada a olio che si portava sempre appresso e il freddo non aiutava di certo l'avanzata, ma l'intrepido ragazzo continuò imperterrito seguendo gli ululati, passo dopo passo, fino a raggiungere una piccola radura che pareva al centro della foresta. Doveva esser vicino, pensò, i rumori sembravan poco lontani, quindi decise di fermarsi un momento e riempire la borraccia nel piccolo torrente che scorreva a qualche metro da lui. Mentre si rialzò, intravide qualcosa oltre il fiumiciattolo, un piccolo animaletto pensò, ma non riuscì comunque a rassicurarsi, portando istintivamente una mano alla fida spada che portava sempre al fianco destro e si rimise in marcia.

Ora poteva dire di avere il batticuore; si era lanciato in una foresta, al calar del sole con una lampada, un kit medico e una coperta, senza avvertir nessuno e seguendo degli ululati che provenivan certamente da qualcosa che avrebbe potuto sbranarlo. Tutto questo era assurdo e immensamente eccitante, un'altra delle sue solite cazzate era riuscito a farla...

Fece in tempo a fare una ventina di passi, che intravide un qualcosa di indefinito moversi stancamente a terra e ululare, lo stesso ululato basso ma deciso che lo aveva guidato fino a li, e si immobilizzò.

Pensò se fosse stato il caso di avvicinarsi o di scappare. Cosa avrebbe potuto fare avvicinandosi? Probabilmente quella creatura lo avrebbe attaccato, ma non poteva lasciarlo lì, era troppo buono per abbandonarlo morente senza fare niente.

Decise di avvicinarsi almeno un po', lasciando a terra la lunga spada per evitare di allarmare la creatura e capendo che non sarebbe riuscita ad alzarsi, distinguendo così la sua figura: un enorme lupo dal corpo sottile, ma potente con delle zampe altrettanto enormi su gambe magre e muscolose. Il muso era sporco di quello che John pensava, ed effettivamente era, sangue, ma aggrazziato e lungo, studiato per essere aerodinamico. Il pelo era scuro, ma di un colore non distinguibile con tale buio, era folto e anche quello sporco di sangue.

John inciampò, distratto dal guardare il lupo, e la creatura alzò di scatto il muso aprendo gli occhi. Il ragazzo rimase senza fiato. Non per paura ne per il dolore al ginocchio causato dalla caduta, ma bensì per i meravigliosi occhi della bestia che si incatenarono ai suoi. Mentre quelli di John erano blu notte, quelli del lupo erano di un indaco particolare, freddo, e sembravan due pezzi di ghiaccio. Lo studiavano attentamente, nel profondo.

Il giovane cercò di descriverli nella sua mente, ma talmente belli che qualsiasi parola li avrebbe sminuiti. Rimasero a guardarsi fino nell'anima per quello che sembrò un tempo infinito, poi il lupo, esausto, abbassò il muso in segno di resa.

Fu così che John decise di intervenire convinto da quegl'occhi e si avvicinò cautamente cercando di non fare movimenti bruschi per non spaventare l'animale.

- i-io sono John e-e non so p..perché sto parlando a-ad un.....un lupo? No ad un e-enorme lupo- balbettò il ragazzo confuso- ho visto parlare u-un mio amico al suo c-cane per tranquilliz-zarlo, m-magari funziona anche con te-. Poi si avvicinò ad un palmo dal muso della bestia e disse a bassa voce: - ora tiro fuori una garza e vedo che posso fare per le tue ferite-. Si sentiva più calmo e aveva persino smesso di balbettare anche se il lupo non smetteva di osservarlo.

- ....bene, ho anche dell'acqua ossigenata. Questi.....- disse mostrandoli lentamente alla creatura – mi servono per curarti le ferite- e si avvicinò al costato - cercherò di pulire la ferita, ma brucerà un po'....cerca di stare tranquillo e di non muoverti-. Il lupo distolse allora lo sguardo come per dire di continare e John gli posò delicatamente la mano sl fianco. Fu un attimo e il giovane, dopo un ringhio della bestia, se lo ritrovò a denti scoperti sopra di lui e pensò di essere spacciato, fino a quando, il loro sgardo non si riincatenò. Passò qualche minuto e John fu di nuovo libero, ma non si diede pervinto e si riavvicinò con cautela. - p-posso andarmene se vuoi, ma se non le pulisco, faranno infezione....- il lupo continava a fissarlo, poi, inaspettatamente si ridistese sul fianco. - pronto?- disse questa volta per essere sicuro. Come risposta ricevette un leggero e corto grugnito. Procedette nuovamente sulla ferita, ma questa volta l'animale si limitò a lanciare piccoli ululati dal dolore fino a che il ragazzo non gli fasciò come poteva la parte lesa. Si spostò dunque davanti al lupo per pulirgli anche il taglio sul “sopracciglio”, ma quest'ultimo non sembrava fidarsi a pieno e fece per ritrarsi, quando John parlò – calmo, non ho intenzione di farti del male. Dovrei pulire anche quella, ma non mi dovrai mordere, ok?- e abbozzò un leggero sorriso. Prese un altro pezzo di garza con una mano e con l'altra cercò lentamente di toccare il muso dell'animale, che sembrava alquanto restio. Poi successe ancora. Quello sguardo....la bestia sembrava quasi fidarsi di quegl'occhi color del mare e di istinto avvicinò leggermente il grande muso, facendo così affondare la mano di John nel suo folto pelo.

Il ragazzo rimase momenteneamente interdetto dall'accaduto, ma si riprese rendendosi realmente conto di quella magnifica morbidezza che provava la sua mano e gli venne voglia di abbracciare l'enorme carnivoro come fosse un peluches. Al solo pensiero gli si dipinse sul volto un tenero sorriso, seguito da una piccola risata. Poi, avvicinò anche la mano con la garza e iniziò a sfregare piano, mentre l'altro lo scrutava attentamente. Alla fine del difficile lavoro, era notte inoltrata e John decise di riposare un pò. Tirò fuori la coperta dalla sacca e aspettò qualche istante, poi la mise sopra al lupo e si distese poco lontano rassicurato dal fatto che se la creatura non lo aveva attaccato sino ad ora, non lo avrebbe fatto di certo durante la notte, o almeno sperava.



- John -
- John, svegliati -
il ragazzo aprì lentamente gli occhi sentendosi chiamare e gli ci volle un momento per abituarsi al buio. A quanto pare era ancora notte fonda.
Appena riuscì a vedere almeno ad un palmo del suo naso, s'accorse d'esser solo. Oltre a lui e al suo grande "amico" non c'era nessuno, ma era convinto di aver sentito il suo nome come fosse stato portato dal vento, distante e delicato. Poi di nuovo - John - disse una voce femminile e soave che pareva fatata - John, dovete andarvene da qui....non è sicuro e lui sta male - dopo una leggera pausa, la sconosciuta voce concluse - sta arrivando e se non fai qualcosa lo ucciderà, sbrigati -.



                                                                                                                                                                     Contina

 

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Capitolo 3
*** Poiché il soldato può essere medico ***


 

-John sbrigati non hai molto tempo – ricominciò la voce. Il ragazzo, allora, indeciso se fidarsi o meno, si tirò in piedi e con fare militaresco, la affrontò: - chi sei? Mostrati. - poi aggiunse – come posso fidarmi di te che nemmeno ti conosco?...come so che non mi farai cadere in una trappola o che non vuoi uccidermi? -

Conclusa la frase, John vide apparire da dietro un albero a circa 20 metri la lui, una figura non molto alta e circondata da un alone azzurro che pareva una giovane fanciulla sui diciotto anni dai capelli lunghi castani. - ciao John – cominciò questa con calma – il mio nome è Chiara e sono la Ninfa dei Boschi, ti seguo da quando sei entrato nella foresta....sai, nessun umano vi entra mai e ho aiutato il lupo a farti giunger fino a qui. Ora, vorrei ti prendessi cura di lui. Vedrai che diventerete molto amici. - terminò indicando la bestia. A quel punto John, sbalordito come non mai nel vedere un essere fatato, disse – allora eri tu la strana creatura che ho intravisto oltre il fiume qualche ora fa e-e sei magica? – concluse alzando le sopracciglia sgranando sempre più gl'occhi rendendosi conto solo in quel momento davvero di chi aveva davanti. - Si ero io e si ho dei poteri anche se non molto sviluppati. Dopotutto sono solo una Ninfa – rispose Chiara abbozzando un piccolo sorriso. - ......m-ma come faccio a-a spostare q-quel coso enorme da qua e portarlo, oltretutto non so dove, fuori pericolo? - ammise il giovane con agitazione, continuando ad ammirare la fanciulla incantato. Passò qualche istante e aggiunse incuriosito – da chi è in pericolo? -

Appena John finì di parlare, la Ninfa alzò il braccio destro sussurrando parole che risultavan incomprensibili al pover uomo e d'incanto, in un guizzare di luci, comparve una piccola scatolina poggiata su due coperte ben piegate. Poi ella parlò – ascoltami attentamente John.... queste coperte serviranno per coprirvi quando giungerete alla grotta a circa quattro chilometri a nord della tua attuale posizione, mentre, nella scatolina, troverai una piccola pillola verde, segno del potere della foresta. Prendila, ti servirà per portare il lupo in salvo. In molti lo stanno cercando, ma il più pericoloso è il Sovrano di queste terre ed è molto vicino. Quindi, sbrigati ad assumere la pillola e partite. - e diede lui le spalle, ma prima di sparire aggiunse – non dimenticarti la tua fedele spada, ti servirà.......e fidati di lui, è un pò brusco e viziato, ma sarà un'ottima spalla -. Al ragazzo non bastò il tempo di girarsi verso l'animale che Chiara era già sparita, lasciandolo scosso e affranto.

Si sedette un momento per riflettere e riprendersi dallo shock pensando se fosse o no il caso di prendere la pillola datagli poco prima. Doveva ammetterlo, aveva paura. E se fosse veleno? Se lo trasformasse in un orribile mostro?

Ma oramai era li, nella foresta, solo, e costantemente in pericolo. L'avrebbe presa, dopotutto, da quando aveva lasciato la milizia, si sentiva morto dentro. Non gli importava poi molto di come sarebbe finita la sua vita. Prese così coraggio e ingerì la pastiglia.

 

 

 

 

Si rialzò da terra una decina di minuti dopo rendendosi conto di esser svenuto.

Gli faceva male la testa e sentiva un qualcosa di non definibile dentro, come se gli stesse scoppiando una granata nelle viscere; ad un tratto, i muscoli iniziarono a crescere assieme alla statura.

-oh merda! Sto crescen...ooooooh! - non fece in tempo a finire la frase che cadde a terra per lo sbilanciamento. Non credeva ai suoi occhi. Era letteralmente più grande.

Si ridestò non appena sentì lontane voci provenire da ovest.

Tirandosi in piedi, raggiunse velocemente la spada e la rinfoderò, poi si girò verso la bestia – bene, ora dovrò portarti in spalla fino alla grotta se non ho capito male.. – e tirò un lungo sospiro avvicinandosi lentamente all’ammasso di peli. Quest’ultimo, dolente, era ancora avvolto dalla coperta di John ma sembrava comunque fremere dal freddo, e all’avvicinarsi dell’uomo, tirò su la testa dignitosamente per indicare la sua disapprovazione. – non è possibile….se avessi voluto farti del male, te lo avrei fatto appena giunto qui, no? Sarai anche una bellissima creatura, ma sei proprio cocciuto eh! – e si portò le mani alla faccia con fare stanco. Appena le riportò ai fianchi, trovò il lupo che lo scrutava con fare attento e altezzoso. Rimasero entrambi immobili per minuti fino a quando l’animale abbassò la testa e divise maggiormente le zampe anteriori da quelle posteriori per poter essere preso da John. A quel punto, il giovane abbozzò un tenero sorriso e si inginocchiò per poterselo caricare, con attenzione e senza fargli del male, sulla spalla sinistra. L’operazione non risultò delle più semplici, ma dopo poco, si misero in cammino col lupo sempre meno lucido e un John preoccupato e alquanto disorientato.

Arrivarono ad un bivio e il ragazzo posò momentaneamente la creatura per riposarsi e decidere la direzione da prendere: una era stretta e piena d’arbusti ma lineare, l’altra più larga ma sinuosa e molto più buia. Ancora girato verso il bivio, tirò fuori la borraccia dalla sacca pensando che il suo nuovo amico potesse essere assetato, ma giratosi, la fece cadere dallo stupore. L’enorme lupo aveva fattezze leggermente diverse da prima; difatti era più piccolo e magro con il muso meno aerodinamico e tremava maggiormente. – oddio!- fu l’unica parola che John riuscì a far uscire dalla sua bocca, poi lo riprese velocemente sulla spalla – ti giuro che non so cosa sei, ma non ti lascerò qui a morire quindi…sbrighiamoci a trovare la grotta che devo cambiarti le medicazioni. Stai incominciando a sanguinare di nuovo.- e imboccò la strada più stretta.

Passarono 40 minuti e John iniziò a perdere la speranza di uscire da quell'umido bosco, fino a che non intravide un piccolo esserino azzurrognolo/blu fluttuare a pochi centimetri da terra – ooooh...u-un fuoco fatuo?- disse stupito, quasi sussurrando. A quel punto, spuntarono una miriade di fuocherelli color del cielo, come a segnar il sentiero migliore da prendere e John, oramai stanco, decise di intraprenderlo.

Dopo poco più di dieci minuti, arrivarono in una radura e i fuochi erano tutti spariti a parte uno che si vedeva appena dall'altra parte all'entrata di un gigantesco albero cavo.

John fece per proseguire, quando iniziò a cedergli una gamba. Cadde a terra assieme al lupo che tirò un latrato di dolore, ma mentre tentava di rialzarsi, si accorse di esser tornato come prima e quindi di non poter sopportare per molto il peso dell'altro.

Il giovane si girò di scatto nel sentire alcune voci molto vicine e con poca delicatezza, si mise la creatura sulle spalle e iniziò a correre come poteva. Mancava poco e sarebbero stati al sicuro. Finalmente entrati, John posò l'animale e s'accorse del suo continuo mutare. Ora sembrava quasi umano. Fece appena in tempo a posare una coperta sul corpo dell'altro, che svenì sfinito.

Quando si svegliò, pioveva e gli doleva la testa, quindi d'istinto si portò una mano alla tempia – ahia...che male- sussurò e notò che aveva addosso una delle coperte donatagli dalla Ninfa, poi si zittì nell'udire le stesse voci che prima li insegivano e come di soprassalto, si ricordò della creatura. Ora dov'era? Con lo sgardo cercò in quella piccola grotta fino a scorgere una coperta arancione che avvolgeva qualcosa di indefinito. Cercando di nascondersi dai loro inseguitori, arretrò e si avvicinò al bozzolo arancione, che alzò lievemente per osservare lo stato generale della bestia. Sconvolto. Tutto ciò che traspari dal suo volto. Era letteralmente sconvolto. Sotto alla coperta dormiva un uomo dalla carnagione candida e dalla pelle liscia come la seta, con una chioma riccia e corvina che gli ricadeva sul viso. Gli zigomi che più alti non potevano esistere, gli donavano un'aria altezzosa, mentre le sorprendentemente rosee labbra a cuore, lo facevan sembrar una divinità greca. Il corpo appariva magro, ma con muscoli appena definiti, sotto ad una camicia viola di seta aderente infilata nei pantaloni anch'essi aderenti e classici da cerimonia che coprivan buona parte delle scarpe nere eleganti. John rimase forse un pò troppo a osservarlo, ma non riusciva proprio a staccargli gli occhi di dosso; lo trovava semplicemente...perfetto. - wow – fu l'unica cosa che riuscì a dire, poi allungò la mancina per spostagli i ricci ribelli dal volto. Prima che potesse toccarlo, l'uomo a terra, spalancò di colpo gli enormi occhi indaco e si catapultò lontano dal povero John, che per poco non moriva d'infarto. I due si fissarono negli occhi per parecchio tempo e l'ex soldato riconobbe in quella tonalità quasi glaciale, l'enorme creatura che solo qalche ora prima aveva trovato nella foresta, però non poté fare a meno di assicurarsene – tu s-sei il lupo di prima, non è così?- balbettò un pò stranito dall'accaduto. - ciao John – rispose l'affascinante ragazzo dalla voce baritonale ( che Jhon trovò straordinaria e adatta ad una creatura di tal bellezza)

-presumo tu sia alquanto scosso- continò. - ora, parla piano altrimenti l'incantesimo non servirà a nulla -

John stava esplodendo, aveva una miriade di domande, ma chiese semplicemente – quale incantesimo? -. l'altro sbuffò irritato e rispose – secondo te come hanno fatto a non vederci poco fa quel mucchio di idioti che son passati? Elementare no! Una barriera magica. Ogni tanto mi stupisco ancora di essere l'unico a saper usare il proprio cervello-.

Il biondo, si trattenne dall'alzarsi e tirargli un pugno in faccia. Appena conosciuto e già faceva fatica a sopportarlo; cercò di cambiare discorso – bene, l'importante è che siamo giunti sino a qui. Prima sanguinavi, vorrei dare un occhio alle tue medicazioni e cambiare le garze -.

La risposta, non molto cortese, non tardò ad arrivare – perché dovresti- e mostrò i denti con fare minaccioso. - non ti fidi ancora di me? Garda che eri tu l'enorme coso spaventoso mica io! -

- io so tutto di te, lo so che non mi farai del male, sei troppo generoso per approfittarti degli altri. E poi... non riusciresti a farmi neanche un graffio – insistette sempre più irritato l'altro.

ooh, il signorino sa tutto di me... e allora perché? - continuò John imperterrito – non mi sono fatto un mazzo così per portarti sino a qui e vederti morire perché sei troppo cocciuto per farti curare da me! - urlò quasi.

-calmati, è che non vado d'accordo con le persone, ok? Quindi, vattene, sei libero di tornartene a casa – termonò la creatura e si girò arrotolandosi nella coperta, dando le spalle al povero John.

nonononononono, non mi puoi liquidare così, dopo tutto quello che ho fatto per te! - non fece in tempo a finire, che d'istinto gli corse in contro e lo immobilizzò. L'altro, che non si aspettava minimamente una reazione così diretta, rimase a occhi sgranati e completamente in balia del biondo.

John lo inchiodò a terra poi gli disse con fare tagliente – oh, il signorino è stato battuto....peccato, pensavo mi sarei divertito di più. Ora, che si fa aaaaaaaaaah – distrattosi, la situazione si capovolse e John si ritrovò a schiena a terra con lo sconosciuto a dosso. Si guardarono negli occhi, tutti e due rapiti dallo sguardo dell'altro. Sentirono qualcosa simile al fuoco scaldargli le viscere, poi, la creatura si alzò, tese una mano a John spostando lo sguardo sulla coperta arancione e disse con un effettivo sforzo – grazie, John -. quest'ultimo, afferrò titubante la sua mano pensando a come suonasse bene il proprio nome pronunciato da quello strambo essere, poi abbozzò un flebile sorriso. Come diavolo poteva pensare a cose del genere di un uomo, oltretutto in una situazione del genere?

quindi? Mi permetti di darti una pulita alle ferite? - riprovò. - si – disse questa volta l'altro avvicinandosi e togliendo la maglia dai pantaloni. Solo in quel momento John si accorse della sconvolgente differenza d'altezza, e d'istinto, drizzò la schiena come per affievolirla. - ok, dovrò disinfettarla di nuovo. Questa volta gradirei non mi saltassi alla gola, per favore – e osservò quasi a bocca aperta che, a quanto pare, la coagulazione della strana creatura è molto più veloce di qualsiasi altro essere vivente. Poi aggiunse – qual'è il tuo nome? -

uno sbuffo uscì dalla bocca dello spilungone seguito da:- perché dovrei dirtelo comune essere umano? -. John non sapeva se graffiargli il fianco ferito per vendetta o assestargli un bel gancio sinistro sul naso, poi optò per una via più diplomatica – bhé, hai detto che sai tutto di me, anche se non ne sono per niente convinto, mentre io non so niente di te. Vorrei sapere almeno il to nome.- concluse un pò irritato.

io so che ti chiami John, sei di Neradon dal tuo accento, ma di recente sei stato fuori dal territorio, presumo in scozia e sei abbronzato oltre il collo e i polsi,quindi, non per vacanza. Sei un ex soldato, l'ho capito dalla postura, se non sbaglio capitano, molto bravo oltretutto dato che hai si e no 23-24 anni, eri in territorio scozzese a combattere. Congedo presumo per la morte di un tuo caro, no, di tua madre. Porti la spada, di conseguenza non ti fidi di nessuno e anche per abitudine. Hai un fratello, anzi sorella alcolista che ti ha regalato il maglione che porti ed è fidanzata con un'altra donna, hai due odori femminili a dosso di cui uno è di alcool, e no l'altro non può essere della tua ragazza perchè altrimenti non saresti qui. Quindi è la fidanzata di tua sorella. Oggi è il tuo compleanno perché il maglione è nuovo e dalla tua gentilezza e conoscenza deduco vuoi specializzarti in medicina -

John era letteralmente immobilizzato, riuscì a farfugliare solo – f-fantastico...davvero straordinario -. il biondo non si aspettò l'espressione dell'altro che sgranò gli occhi alzando ambe le sopracciglia  e disse: - davvero?-.

si certo, assolutamente -

bhé, non è quello che di solito mi dicono le persone..... quelle poche che ho incontrato -

e cosa ti dicono? – azzardò incuriosito l'ex soldato

fuori dai piedi – concluse la creatura, poi si guardarono e scoppiarono a ridere entrambi.

Mentre John finiva di bendare lo spilungone, questo disse – Holmes, Sherlock Holmes-

 

 

 

 

 

                                                                                                                                   Continua

 

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Capitolo 4
*** L'angelo nero ***


 

come scusa? -

- non amo ripetermi – sputò aspro e irritato il riccio – mi chiamo Sherlock, John-

Il biondo rimase basito dal nome alquanto bizzarro, dopotutto, doveva aspettarselo. Un uomo a dir poco insolito con un nome altrettanto stravagante, ma estremamente azzeccato che non faceva altro che intrigare e affascinare sempre più il povero John. Oltretutto non poteva fare a meno di osservarlo perchè aveva la parola perfezione scritta ovunque e quel suo fare aggressivo e diretto lo faceva sentire bene, non come tutte le persone false che di solito gli giravan intorno.

 

 

Dopo qualche minuto di silenzio quasi imbarazzante, l'ex soldato riprese a parlare – dunque...Sherlock, stravagante e originale....siamo al sicuro qui? - e posò gli occhi zaffiro in quelli dell'altro. - il mio nome sarà anche stravagante e originale, ma è stupendo, il tuo invece è banale....comunissimo e come avrai capito, io sono tutt'altro che comune. No dobbiamo andarcene al più presto, l'incantesimo durerà ancora una mezz'oretta, dopodichè dovremmo sloggiare. Tornerai a Neradon ed io, se ne ho voglia, a casa – concluse osservandolo con superiorità. John, d'altro canto, non si fece intimidire da quello sguardo tanto gelido quanto bello e cercò di aggiungere che non sarebbe riuscito a tornare quello stesso giorno a casa poiché stremato, quando, svenne cadendo in avanti sopra il riccio.

 

 

Sherlock lo prese al volo e se lo adagiò cautamente addosso un po' scosso, ma stranamente non infastidito. Si mise in ginocchio con la testa del biondo sulle coscie e l'osservò per molto tempo. Pensò a lungo a quale strano effetto gli faceva quel semplice uomo dal cuore puro. Aveva una voglia incredibile di toccargli i capelli che parevan argentati alla luce della luna, ma si limitò a studiarlo; poi s'accorse che la coscia su cui era appoggiata la testa di John, era sporca di sangue e si allarmò.

Era ferito? John era ferito e si era comunque preso cura di lui? Nessuno si era mai preso cura di lui! Sembrava abbastanza grave, cosa avrebbe fatto? Cercò per qualche minuto se nel suo immenso palazzo mentale, si trovava qualche nozione valida alla situazione, ma era tutto fuorchè utile.

C'era solo una soluzione....Mycroft! Si maledisse di star per cadere così in basso da chieder a suo fratello. Ma John....John era diverso, si disse. Che fosse importante?

 

 

mmmmmmhh – mugugnò leggermente John cercando di alzare le pesanti palpebre.

John, riposati. Sei al sicuro con me -.

She-Sherlock dove siamo? Fa freddo... – riuscì a dire richiudendo gli occhi.

- tranquillo stiamo volando, John.- disse spostando lo sguardo all'orizzonte e tenendolo più stretto per scaldarlo maggiormente - stiamo volando... - concluse.

 

 

 

Quando John si svegliò, notò la fasciatura che gli circondava la testa e si rese conto di non trovarsi nella grotta, ma bensì, sdraiato su un comodo letto. Aveva una strana sensazione di calore addosso e qualche frammento di ricordo della sera prima, ma nulla di definito. Cercò di mettersi seduto, ma le gambe erano bloccate da qualcosa, anzi da qualcuno. Dopo poco, riuscì a distinguere distintamente Sherlock addormentato sui suoi arti inferiori, ma.....cosa aveva attacchate alla schiena?

- ...oh mio Dio... -. riuscì a pronunciare il biondo un po' scosso e intimorito, poi decise di aspettare ancora qualche istante prima di alzarsi muovendosi il meno possibile. - John...- sussurò lo spilungone -...Jawn...grazie-. John riuscì a liberarsi dal dolce peso dell'altro, ma non potè fare a meno di pensare come suonasse bene il proprio nome pronunciato in quella maniera e sistemò al meglio Sherlock sul letto dove precendentemente c'era sdraiato lui. Ebbe non poche difficoltà nel sistemare le immense ali nere che spuntavano dalla schiena dell'altro, ma a quanto pare quest'ultimo era talmente sfinito, da non accorgersi che qualcuno lo stava spostando. Sistemato l'amico, l'ex capitano, decise di uscire dalla stanza per un sopralluogo, ma giunto davanti alla porta, questa si aprì mostrando chi stava per entrare. - buongiorno signor Watson – iniziò questi. John l'osservò per qualche istante e drizzò la schiena alzando la testa. Era alto quanto Sherlock, aveva l'aspetto di un nobile e un viso quasi familiare e freddo. - buongiorno, ci conosciamo?- chiese corrugando la fronte.

-  io la conosco molto bene Capitano, prego mi segua – disse lo sconosciuto indicando le scale che scendevano. Arrivati al piano di sotto, si accomodarono al tavolo nella bellissima sala. Ma dove si trovavano? Chi era questo uomo che diceva di conoscerlo? Perchè Sherlock ha le ali? Cos'è tutto questo sfarzo? Le domande di John erano molte e non finivano di attanagliargli la mente.

non si preoccupi Capitano, ora le spiegherò tutto quello che ha bisogno di sapere. Bene, mi presento, mi chiamo Mycroft Holmes e sono il fratello maggiore di Sherlock- il biondo spalancò la bocca incredulo alla notizia e l'altro continuò – io e mio fratello, come avrà capito, non facciamo parte della popolazione comune, infatti siamo Arcadiani. Lei è già ad Arcadia se se lo sta chiedendo. Superata la foresta dove a trovato mio fratello, c'è il confine che pochissimi umani hanno osato oltrepassare, e separa il nostro mondo dal vostro. John lei ha visto i poteri di Sherlock e per questo non posso lasciarla andare senza assicurarmi che non ne farà parola con nessuno. Sono disposto a pagarla purchè se ne vada e non torni a cercarci -.

no aspetti...i-io non ho intenzione di andarmene finché suo fratello non starà meglio e non voglio denaro, assolutamente. Non ha bisogno di comprarmi per mantenere il segreto.-

non ce ne sarà bisogno, ora è solo sfinito, ma si riprenderà presto. Quindi, può tranquillamente tornare a Neradon. – terminò Mycroft. - no! Devo occuparmi di lui. È mio dovere.- disse John guardando fuori dalla finestra. - Aspettate, ma se siamo nella leggendaria Arcadia, perchè non ci troviamo nei dintorni di una qualsiasi città? Siamo completamente isolati! Ho letto alcune storie su questi posti e la descrivevando come sette immense città collegate, non come una casa nella foresta! -

- vede John, la nostra nobile famiglia non è come tutte le altre. Fummo allontanati e esiliati ai confini del Regno dal re Moriarty, poiché ritenuti pericolosi. Come ti avrà dimostrato mio fratello, siamo molto intelligenti, ma non è tutto, infatti, diversamente dalla popolazione arcadiana che comanda uno dei sette poteri, gli Holmes sono in grado di controllarne due. L'unica eccezione è Sherlock che ne controlla quattro. Per questo eravate seguiti stanotte; vogliono ucciderlo. La ringrazio per averlo aiutato.-

il povero Watson era completamente allibito e confuso, ma riuscì a domandare curioso – quali poteri ha suo fratello? E lei?-. Mycroft si aspettava la domanda del Capitano, dopotutto sia per lui che per Sherlock, il biondo era come un libro aperto. Gli si leggeva tutto in faccia. - lui è in grado di mutar forma e come avrà notato, non solo in lupo, ma in qualsiasi cosa voglia diventare a patto che gli basti l'energia vitale. Ha il controllo sia del fuoco che dell'aria e, in parte, può saltare nel tempo. Io, invece, posso controllare l'acqua e sono in grado di teletrasportarmi-.
- fantastico...semplicemente fantastico – sussurò. Poi aggiunse – ma le ali che ha adesso? Sono dell'ultima trasformazione?-. L'altro l'osservò un istante e rispose: – si, stavi sanguinando e anche se stanco, ha fatto crescere due ali senza trasformarsi del tutto per poterti reggere e ti ha portato da me per curarti, poi è svenuto esausto sulle tue gambe – concluse Mycroft passando al tu. - grazie, ora penso che andrò a vedere come sta e.... ti devo un favore. Tranquillo che non gli farò alcun male.- disse John alzandosi e dirigendosi verso le scale.
- So che non gliene farai. Se vuoi puoi preparare del tè... a Sherlock piace e pure a te presumo.- concluse Mycroft con un piccolo sorriso sul volto freddo e distaccato. - vorrà dire che ne preparerò un po'-.

 

 

John lasciò una tazza di tè su quella che doveva essere la scrivania del maggiore degli Holmes e una affianco al corpo tornato quasi del tutto normale di Sherlock. Poi si avvicinò maggiormente per sverstirlo e controllargli le ferite, soprattutto quella al fianco. Iniziò a togliergli le scarpe e i pantaloni, quindi passò alla maglia e lo coprì con le bianche lenzuola aggiungendo una coperta per paura che avesse freddo. Non riuscì a trattenersi e gli accarezzò con la mancina la pallida guancia, mentre con l'altra mano, gli spostava i ricci ribelli che gli cadevan sul viso. Fece per scorrere la mano sul sottile collo, quando Sherlock aprì lentamente gli occhi e li posò su quelli zaffiro dell'altro. - tè al bergamotto....il mio preferito. Te l'ha detto quell'odioso di Mycroft, non è così? – disse girandosi di più verso John. Quest'ultimo abbozzò un sorriso, felice che l'altro si fosse ripreso. - il tè l'ho scelto io perchè mi piace, però devo ammetere che tuo fratello mi ha dato l'idea. Come stai? Fammi dare un occhio al fianco e....e grazie, davvero, non dovevi, cioè non ne eri obbligato.- passò qualche minuto poi il riccio disse – mi sento meglio e il fianco è quasi guarito del tutto -.cambiando discorso quasi imbarazzato, poi lo osservò meglio: - Cosa ti ha detto Mycroft?- continuò con voce irritata cogliendo l'espressione affranta del biondo. John, d'altro canto, non voleva mentirgli, quindi incominciò a parlare col minore degli Holmes del lungo discorso che aveva avuto con fratello. Alla fine, Sherlock era furente. Come si permetteva Mycroft di corrompere John col denaro? Non sapeva spiegarselo, ma da quando i loro occhi si incontrarono per la prima volta, tra loro si era creato come un collegamneto che non riusciva a comprendere e ciò lo innervosiva. Lui che era sempre stato distaccato da tutti i sentimentalismi, si stava facendo trasportare da quel comune umano dal sorriso sincero senza rendersene conto. - avrei una proposta da farti e scommetto che l'accetterai – sorrise quasi maliziosamente Sherlock. John fece un cenno col capo come per dire che lo ascoltava, quindi il riccio continuò – ho attestato personalmente che sei bravo a combattere ed eri un capitano, quindi vorrei diventassi il mio aiutante – il biondo lo guardò un momento, poi parlò – aiutante per cosa? -. lo spilungone sbuffò quasi divertito e si mise a sedere continuando – mi aiuteresti a liberare il mio popolo dalla tirannia del re Moriarty? -.

John era un unomo tranquillo, ma gli mancava l'avventura da quando era tornato dalla guerra e questo Sherlock l'aveva capito, quindi sorrise al pensiero di averlo già al suo fianco. Neanche un secondo dopo arrivò la risposta – si! Ne sarò più che onorato- pronunciò alzando il mento con fare militaresco.
- ottimo! - disse l'altro scattando in piendi con una smorfia di dolore e aggiungendo – potevi anche accettarlo il denaro di mio fratello ...di certo non ci avrebbe fatto schifo. Dobbiamo andare nel mio appartamento a Baker Street per poter indagare meglio. Si trova al confine tra i nostri mondi, a Forah. In questo modo non verremo scoperti e li ho persone di fiducia per poterci far dare un aiuto -. John sgranò gli occhi poi annuì e parlò – come farai a non essere riconosciuto? Mycroft mi ha detto della vostra voglia che vi distingue anche se non l'ho ancora vista.... e poi, sicuro che posso entrare a Forah anche se non ho poteri?-

bhè come ti ho detto siamo molto intelligenti ed io e mio fratello abbiamo creato una crema che nasconde la macchia, mentre tu basta che non ti cacci nei guai e non verremo scoperti.- concluse Sherlock ammiccando e abbozzando un mezzo sorriso.

I due si catapultarono di sotto e Sherlock non degnò di uno sguardo il fratello uscendo di casa, mentre John salutò cortesemente e seguì a ruota l'altro.

 

- ho un metodo per recuperare le forze, con questa! - disse il riccio mostrando al biondo una boccietta con del liquido giallo. - è un estratto che mi permette di reintegrare velocemente energia così potremo arrivare velocemente dei dintorni di Forah – aggiunse esaltato

 

 

Intanto a Neradon....

 

aiutatemi per favore! - gridò in lacrime la giovane Harry – la prego Lestrade, lei che è amico di John, lo trovi – continuò lanciandosi in ginocchio hai piedi del capo di Scotlan Yard. - va bene, va bene signorina Watson, si calmi. Andrò a cercarlo. Dove lo ha visto l'ultima volta? - disse il Detective.

era vicino alla foresta, aveva detto che sarebbe tornato ieri sera. L'ho lasciato li da solo – singhiozzò la fanciulla.

- partirò da li allora. Lo troveremo. -.

Lestrade arrivò ai margini di Neradon e notò che per terra c'era il vecchio maglione caramello di John e si avvicinò svelto. Poco distanti, intravide delle orme che si dirigevano verso il bosco e il Detective decise di seguirle. Dopotutto John era un suo grande amico, non poteva abbandonarlo e disse quasi tra se
dannato Watson...sempre nei guai ti cacci eh! -.


                                                                                                                                                                        Continua

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Capitolo 5
*** La verità nascosta in una lettera ***


Il detective s'addentrò nella foresta agilmente fino ad arrivale al fiume dove John riempì il giorno prima la sua borraccia, poi si guardò per qualche istante intorno. - Chiara! Sono Greg – ùrlò senza ricever risposta, ma decise comunque di continuare. - lo so che ci sei, quindi dì al tuo capo che devo assolutamente vederlo -. Detto ciò, si sedette su una roccia poco distante e aspettò che la Ninfa si facesse vedere.

- seguimi Gregory...ti porterò da lui – pronunciò con voce soave la fanciulla spuntando da dietro un albero e porgendogli una mano che lui afferrò prontamente. Camminarono per una decina di minuti arrivando in un piccolo spiazzo dove trovarono un tavolino e due sedie ad aspettarli.

- bene Greg, lui arriverà a breve. Se hai bisogno, chiamami ed io comparirò – pronunciò la giovane con un lieve sorriso sul volto prima di dematerializzarsi.

Non fece in tempo a girarsi per salutarla, che davanti a lui, con immensa grazia, apparì Mycroft con un ombrello e il solito vestito elegante. - Buongiorno Gregory a cosa devo la tua presenza ad Arcadia? Sei venuto a cercare il giovane John? Lo sai che non può restare qui. Rischia di rovinare tutto ciò che è stato fatto per permettergli di vivere -.

-Ciao Myc, sono felice di vederti – pronunciò il Detective abbassando lo sguardo per non mostrare l'evidente rossore sulle guance. - so che non dovrebbe essere qui, dopotutto, sono venuto per riportarlo a casa. Sai dov'è? Meno sta qua e meglio è per tutti...- concluse sbuffando sonoramente. - per il momento è al sicuro con mio fratello e si stanno dirigendo a Baker Street, ma Sherlock non penso sappia chi lui sia veramente. E...è meglio che non lo venga a sapere. Non so se John possa segnare l'inizio della sua salvezza o la sua distruzione definitiva....Comunque, anche io sono felice di vederti Gregory- concluse con un leggero sorriso. Si guardarono per quello che sembrò un tempo infinito, poi Mycroft allungò la propria mano verso quella del Detective e la strinse osservando attentamente la reazione di questo. - pronto?- disse Holmes che ricevette un deciso movimento del capo dell'altro come risposta. - bene, ti porterò alle porte di Forah, ma come tu sai non posso andar oltre. Quindi, fa attenzione per favore-. Sconparvero in un istante, mano nella mano, ricomparendo a circa due chilometri da Forah dove pioveva copiosamente. - ecco a cosa serviva l'ombrello...- disse Greg scoppiando a ridere seguito dal maggiore degli Holmes. - non so come tu faccia a sapere sempre tutto, ma è strabiliante e disarmante, talvolta-.

-ora vai, sicuramente loro sono già in città. Cerca di stare attento e porta via Watson prima possibile. Quando avrai finito, vieni da me per favore -. concluse serio Mycroft; poi si sistemò per tornare alla casa nella foresta, ma prima che si potesse teletrasportare, venne bloccato dal brizzolato.
- Myc....aspetta...- disse avvicinandosi imbarazzato al nobile. Fu questione di pochi secondi. Il Detective tirò verso di se l'ombrello dell'altro facendo avvicinare le loro faccie e, come caduto in trans, poggiò le proprie labbra su quelle di Mycroft. Entrambi rimasero imbambolati per parecchio tempo, fino a che Holmes non approfondì il bacio. Respiri che si fondono, pioggia che cade e mani che si congiungono...

Appena di staccarono, un leggero rossore apparve sulle gote sempre fredde e distaccate di Mycroft -penso....be ecco...grazie. Quando hai finito con John, passa che parlerei anche di...di questo-. Concluse ricomponendosi un po' confuso, ma compiaciuto dell'accaduto.

Si fermò a guardare il capo di Scotland Yard anche lui rosso come un peperone. Quest'ultimo, aspettò ancora qualche minuto a guardare di nuovo in faccia l'altro, ma prima che potesse rispondere, si ritrovò a prendere una sigaretta dalla mano di Mycroft, gentilmente offertagli per smorzare la tensione creata.
- grazie...va bene, ora vado – sorrise e s'allungò poggiandogli un casto bacio sulle labbra, poi si girò e iniziò a camminare, accaldato, verso la cittadella del fuoco, mentre Mycroft scompariva per tornare alla radura.

 

 

Nel frattempo Sherlock e John arrivarono al 221 B di Baker Street senza troppi problemi e riuscendo anche a raccogliere qualche informazione sull'attuale sovrano.

Lo spilungone prese la chiave ed aprì la porta blu d'ingresso del condominio. salendo poi velocemente i pochi gradini che portavan all'appartamento.
- d'ora in poi, ti spaccierai per il mio coinquilino per non destar sospetti. La padrona di casa, la signora Hudson, è a conoscenza della mia identità, quindi, non servirà chiamarmi con un altro nome e sa già del tuo arrivo-.

L'appartamento doveva esser stato molto elegante, ma con tutto quel disordine, sembrava più un grade magazzino: fogli sparsi ovunque, un enorme faccione stilizzato giallo sul muro, il tavolo della cucina pieno di strani aggeggi scientifici e un teschio sopra il camino. No aspetta un teschio?

-ah si, lui è Billy. Un mio amico. Il mio unico amico a dire il vero- rispose Sherlock mostrandosi orgoglioso per avergli letto nella mente. Di nuovo. Poi proseguì sedendosi sulla sua poltrona e indicando l'altra – siediti John. Abbiamo alcune cose su cui discutere -. Il capitano s'accomodò sulla poltrona di fronte a quella del riccio con un sopracciglio alzato e fece per parlare ma venne interrotto da l'altro – allora, le persone di prima hanno detto che Moriarty sta soggiogando tutte le città limitando i poteri degli altri come se....come se si stesse proteggendo da qualcosa, ma cosa...- disse scattando in piedi e scrutando fuori dalla finesta. - hai del tè per caso? Magari potrei prepararne un po' per entrambi – domandò a quel punto John. Oramai era pomeriggio inoltrato e iniziava ad avere un leggero languorino, così, anche se il tè di certo non lo avrebbe saziato, lo avrebbe calmato un po'. - fai come fossi a casa tua. Anzi, d'ora in poi questa è anche casa tua.- rispose distrattamente lo spilungone sdraiandosi sul lungo divano poco distante dalle poltrone.

Quando John tornò dalla cucina col tè, trovò l'amico sdraiato con le mani unite sotto il mento e gli occhi chiusi, posò quindi la tazzina sul tavolino a fianco e si sedette osservandolo. Poco dopo, sentì le scale scricchiolare e s'alzò di scatto pronto a proteggere entrambi, ma appena la porta si aprì, il biondo si tranquillizzò. Era solo la signora Hudson. - buonasera John caro!- squittì – sono salita a vedere come stavate e a portarvi due biscotti fatti in casa, ma badate, non sono la vostra governante -. aggiunse con un enorme sorriso sulle labbra. John sorrise di rimando, ma non fece in tempo a dire niente, che la donna riniziò – non ti preoccupare, Sherlock è entrato del suo palazzo mentale, o almeno così mi sembra che si chiami, e sfortunatamente ci resterà per un po'...non sta male, sta solo....come dire... pensando! Ah! nel caso vi servissero due camere da letto, quella di sopra è libera- terminò ammiccando.
- certo che ce ne serviranno due. Ma che...- sbottò rosso in viso per l'imbarazzo.
Salutò ringraziando la padrona di casa e si accomodò sulla poltrona sorseggiando la seconda tazza di tè e assaggiando qualche biscotto. Poi decise di andare a fare compere per la sera dopo aver coperto il coinquilino con una morbida coperta azzurra e aver avvisato la signora Hudson.

Tornò un'oretta dopo e stranamente non fu troppo sorpreso nel trovare il riccio nella stessa posizione di quando se n'è andato. Appese la giacca, svuotò la sacca e iniziò a preparar la cena. Avrebbe cucinato una zuppa di fagioli e patate. Ma sarebbe piaciuta a Sherlock? Anzi, cosa piace a Sherlock? Avrebbe dovuto chiederglielo, ma stupidamente non ci aveva minimamente pensato....non fa niente, pensò in fine, se lo farà andar bene. Passarono minuti e John stava per terminare il suo “nuovo” lavoro di cuoco immerso nei propri pensieri, quando sentì un respiro caldo dietro il collo.

Spalancò gli occhi e si girò di scatto ritrovandosi faccia a faccia con l'amico.

-Sh-sherlock....potevo morire d'infarto....-. Riuscì a dire l'ex soldato con il respiro mozzato. - tecnicamente si, ma era molto improbabile data l'età e lo stile di vita che hai...- sputò come una macchinetta lo spilungone. - Sherlock, era un modo di dire- lo zittì il capitano.

-oh-. Si guardarono intensamente e John notò che il riccio sembrava perplesso, ma non osò chieder niente per non far uscire quella sua maledettissima voce al momento malferma. - siediti, John - ordinò con la sua intensa voce baritonale e il biondo lo fece mestamente. - cos'è un...un palazzo mentale?- azzardò infine. - oh, ecco una domanda non propriamente stupita. È un sistema mnemonico utilizzato da pochissime persone al mondo, con il quale catalogo tutte le informazioni e per l'appunto è un enorme palazzo con numerose porte. Dietro ogni porta, analizzo una determinata cosa o persona. Mi permette di ricordare ed elaborare tutto distaccandomi da ciò che accade realmente fuori, come prima avrai notato-. Concluse frettolosamente lasciando di nuovo di stucco il povero Watson. - fantastico...sei in grado di fare molteplici cose e tutte stupende-.

Si capiva che Sherlock non era abituato ai complimenti; difatti, ogni volta che John gliene faceva uno, s'irrigidiva e lo fissava come fosse un dilemma irrisolvibile, ma avrebbe dovuto abituarsi, dopotutto, avrebbero condiviso l'appartamento per un po'.

Ad un certo punto, Holmes si rabbuiò fissando la sacca dell'altro- John, ho bisogno di sapere una cosa -.

-v-va bene, dimmi-

-tua madre è morta circa un anno fa, giusto? Mentre tuo padre è scomparso anni fa...John H. Watson, per cosa sta l'H.?- chiese Sherlock corrugando la fronte.

-no, no-non posso dirtelo, non posso dirlo a nessuno. L'ho promesso molto tempo fa a mia madre. Disse che per la mia salvezza non devo rivelarlo a nessuno...- sputò il biondo alzandosi e indietreggiando fino al tavolo della cucina seguito dall'altro sempre più vicino. Il respiro si era fatto più corto e sudava freddo, era terrorizzato. Sherlock sapeva che John era un uomo forte data la carriera e sapeva anche che non era per niente facile spaventarlo, quindi quello che gli aveva chiesto era davvero molto importante per lui. Comunque doveva sapere assolutamente la risposta.

-John, lo sai che ti puoi fidare di me. Non ti farò alcun male. Guardami, John, guardami...- disse avvicinandogli una mano al mento per tirargli su la testa.

Non potevano sfuggire uno dall'altro quando i loro occhi si incatenavano. Erano persi nell'osservarsi, nel scrutarsi dentro, si perdevano nella bellezza del mare e del cielo fino a calmarsi entrambi. - John – riprovò

-ok, ok.... il mio nome è John Hamish Watson...ma non devi dirlo a nessuno. Chiaro?-

Sherlock rimase di sasso, con gli occhi quasi fuori dalle orbite e rigido come un paletto. - She-sherlock stai bene? Cosa c'è che non va?- fece per avvicinarsi, ma fu anticipato dall'amico che lo prese per le spalle, girando assieme per qualche secondo. - ora mi è tutto chiaro...che stupido che sono stato! John!- esclamò fermando il loro roteare. - John sei...sei...magnifico- continuò sorridendo. La felicità però, finì subito lasciando posto all'orrore e il giovane spilungone si rabbuiò nuovamente. - John, tu non lo sai vero? Non conosci tutta la tua storia e il perchè il tuo nome deve rimanere segreto?...comunque sappi che con me sei al sicuro, sopratutto in questo appartamento. Nessuno che non sia desiderato riuscirà ad entrare, te lo prometto.-

-aspetta, in che senso la mia storia? Sherlock...così mi spaventi. Parla dannazione!- lo aggredì furibondo.

-prima prepara del tè, il discorso sarà lungo- decretò il riccio.

 

Quando il tè fu pronto e i due si sedettero uno di fronte all'altro, Sherlock iniziò – vedi John, il regno fu creato da persone chiamate "gli Arcani" (da cui il nome Arcadia), coloro dai poteri sproporzionati che crearono la barriera invisibile che attualmente divide il nostro dal vostro regno. Il problema principale fu che erano pochi, quindi decisero di riprodursi con gli esseri umani. La mutazione genetica della prole, portò alla suddivisione attuale dei poteri, ma pochissimi di loro naquero con i poteri arcani originali e mano a mano che la popolazione cresceva, furono sempre meno. Così i grandi sovrani, decisero di riprodursi tra loro finchè si poteva, intendo senza incesto ovviamente. In seguito ci furono rivolte che portarono il loro confinamento ai limiti del reame. Una sola famiglia sopravvisse alle numerose battaglie; coloro chiamati da tutti Hamish.-

A questo punto, John era totalmente spiazzato, tremava e sudava freddo. Aveva una crisi di panico in poche parole.

-il loro potere era strabiliante, ma non volevano andare contro il proprio popolo, i propri figli, così si nascosero, cambiarono identità e trascorsero la loro vita come semplici esseri umani. Gli Hamish erano la famiglia più importante degli Arcani e quindi ricercati da tutti. Fino a qualche anno fa, credevan tutti che foste morti, ma Moriarty scovò tuo padre e, a quanto pare, lo uccise. La stessa cosa accadde l'anno scorso a tua madre, facendovi credere fosse una semplice polmonite. Tu e tua sorella siete gli ultimi Arcani. Per questo tua madre non voleva rivelassi il tuo nome completo. Con la vostra morte, sarà segnata la fine degli Arcani.-

-no aspetta....tu mi stai dicendo che io sono come te?- urlò quasi il biondo, portandosi poi entrambe le mani al volto. - no, tu sei molto più potente di me, John, però, si, in pratica fai parte di questo regno-.

Non fece in tempo a terminare la frase, che John scattò in piedi e corse fuori dal condominio. Corse, corse per molto tempo, fino a ritrovarsi in un grande parco giochi dove una miriade di bambini giocavano felici e spensierati. Ma possibile che in quel dannato reame piovesse sempre? Anzi più che piovere stava diluviando, ma a quanto pare, tutti ci erano abituati perchè nessuno si mosse di un millimetro. John era confuso, non sapeva se quello che Sherlock gli aveva appena detto fosse la verità o un brutto scherzo. A quel pensiero si bloccò. No, Sherlock non scherza mai, lui dice sempre quello che pensa, quindi.....quindi dev'essere per forza la verità. Rimase molto tempo seduto su quella dannata panchina, fradicio come un pulcino e senza nessuna giacca, iniziava a far freddo.

-John- pronunciò quella stupenda voce baritonale oramai famigliare. D'istinto il biondo si voltò, trovando uno Sherlock fradicio e ansimante.

-John, andiamo a casa o prenderemo un accidente. Non ti preoccupare, finchè ci sarò io, non ti accadrà niente-.

-aspetta....sono certo che quello che mi hai detto non siano balle, dopotutto siamo amici no? Ma ci sono due o tre cose che non mi tornano...aaaaahhhh...ethcù!- pronunciò poi il capitano.

-non qui, John. Tieni, prendi questo- disse togliendosi elegantemente il lungo cappotto e passandolo all'altro.

-ma così prenderai freddo. Tienilo tu!-

-posso scaldarmi col mio potere in questa città, non mi serve a molto il cappotto. Fa solo....più elegante ecco-. Concluse il riccio con una smorfia. John indossò l'indumento, ovviamente troppo lungo per lui, tanto da far ridere di gusto lo spilungone, seguito subito dal fedele amico.

Nessuno dei due proferì più parola fino davanti al 221 B quando salutarono la signora Hudson salendo velocemente di sopra per un buon e caldo tè.

-davvero siamo amici?- chiese perplesso ad un certo punto Sherlock. - certo! Perchè non dovremmo scusa?- ribattè l'altro.

-io non ho amici- pronunciò il moro con tono profondo e freddo.

-bè...dovrai abituarti, ora hai me- concluse Watson con un caldo sorriso.

-ah, dimenticavo..in questa città sono un consulente investigativo, quindi dovrai seguirmi in alcuni casi-.

-nononono, io ti seguirò in TUTTI i casi- sottolineò il biondo eccitato all'idea dell'avventura. Poi aggiunse -se io e mia sorella siamo di questo reame, ecco.....che p-poteri abbiamo? Cioè io non ne ho neanche uno apparentemente e tanto meno mia sorella- chiese curioso come non mai John.

-ottima domanda, John. I tuoi poteri, teoricamente, consistono nel....- Sherlock fu interrotto da una brusca entrata dalla porta dell'appartamento di un uomo brizzolato e zuppo come loro (che non si erano ancora cambiati).

- Lestrade!?- dissero all'unisono i due giovani.



                                                                                                          Continua

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Capitolo 6
*** Perchè? ***


Ciao a tutti i miei carissimi lettori. Mi scuso per il ritardo, ma tra operazione e pc malfunzionante.....ho finito per deludervi superando la scadenza.
Spero vi piaccia il capitolo. Bacioni.


 

-cosa ci fai qui? Come....come, vi conoscete? - urlò quasi il povero John non capendoci più niente. Sherlock, alzandosi, si accostò al biondo senza staccar gli occhi di dosso dal Detective – rispondi alla sua domanda Lestrade. Che ci fai qui? - disse poi gelandolo con lo sguardo. Allora il brizzolato prese un bel respiro e – è una lunga storia....adesso però, devi venire con me. Harriet è preoccupata per te e comunque non puoi stare qui. Forza, non costringermi ad arrestarti per farmi seguire John – aggiunse avvicinandosi alla coppia.

-non ti avvicinare a lui – ringhiò lo spilungone, posizionandosi tra Greg e l'ex soldato. -lui è il mio nuovo coinquilino e aiutante investigativo. Con me non corre pericoli. - .Poi aggiunse in tono beffardo: - oh....noto che hai incontrato Mycroft. Hai il suo odore a dosso e dallo stato delle tue labbra, deduco ti sia finalmente deciso a fare il tuo passo. Bhè, digli che John resta con me.-.

-ah, ora ho capito.... lo hai scoperto allora. Tuo fratello me lo aveva detto che sarebbe stata un'impresa riportarlo a Neradon nel caso fossi venuto a conoscenza della sua vera identità. Sicuramente ti affascina la sua natura.-. Terminò con una risata isterica Greg. - cosa? Lo sapevi anche tu e non mi hai mai detto niente!? - scattò furibondo l'Hamish. - mi dispiace, ma ti dovevo tenere al sicuro. Sherlock ti avrà raccontato, no? Quindi, certo che non potevo dirti niente! - sbuffò in risposta.

La stanza calò in un silenzio tombale carico di tensione fino a che, il riccio, scostando la tenda della finestra, notò una giovane donna dai capelli lunghi color mogano.

-Sta per entrare Donovan. Arriva dal dipartimento della città, quindi ha bisogno di una consulenza per un caso. Probabilmente di omicidio considerando le occhiaie dovute dal poco riposo, anzi, serial killer. - constatò ritornando al fianco di John. I diciassette gradini, vennero saliti con passo svelto e non troppo leggero fino al pianerottolo. - Ehi geniaccio. Mi scoccia ma ci servi – disse la giovane entrando dalla porta e fece per aggiunger altro, ma fu anticipata dalla voce baritonale. - Sally, che piacere. No per niente a dire il vero. Comunque....Lestrade è venuto per il tuo stesso motivo suppongo, ma non mi ha ancora detto niente. Quindi, parla e in fretta che mi sta venendo la nausea per colpa del tuo deodorante. O dovrei dire per colpa di quello di Anderson.- ghignò divertito Sherlock. La ragazza lo squadrò con disgusto e irritazione, poi decise di lasciar cadere lo sguardo sul suo capo. - capo, non la trovavamo da nessuna parte in città. Abbiamo un'altra vittima, ma questa volta si trova a meno di 500 metri da qui e, come le altre, ha ingerito veleno. A quanto pare però, prima che quest'ultimo facesse effetto, è stata bruciata.- il Detective si sistemò la giacca zuppa e fece cenno a Sally di aspettarlo di sotto e così ella fece, poi si girò verso i ragazzi – continueremo il discorso più tardi. Grazie di avermi coperto,ora risolviamo il caso -. I tre si catapultarono fuori dal 221b con Sherlock troppo emozionato dal nuovo “ macabro passatempo” e un John confuso dalle troppe novità. Come poteva Greg essere capo detective di Scotland Yard e di Forah allo stesso tempo? Aveva per caso anche lui i poteri? E perchè aveva il permesso di stare ad Arcadia nel caso non ne avesse alcuno? Troppe domande. Decisamente troppe domande e altrettante poche risposte....

-Donovan, via? - s'affrettò lo spilungone appena uscito in strada. - scusa? -

-uhh che lenti che siete tutti nel capire...ok proviamo cosi, dove si trova il cadavere? - riformulò, questa volta con tono irritato. Si meritò lo sguardo accigliato della giovane e quello esasperato degl'altri due. - ….affianco al 38 di Northamberland Street, nel vicolo a sinistra...sei proprio un bastardo – sputò acida il sergente incamminandosi. - non così con calma...sta iniziando a piovere, si cancelleranno tutte le prove dannazione! John, noi due prenderemo una strada alternativa così arriveremo in tempo e non troverò Anderson ad innervosirmi. Pronto a correre?- terminò con un sorriso sgembo afferrando per un polso il pover'uomo.

Corsero per poco più di tre minuti ed arrivarono in un buio ed umido vicolo che sembrava persin peggio di una fogna. Tutt'intorno non c'era anima viva e nell'angolo di fianco all'uscita di uno squallido pub, era distesa a terra una figura apparentemente non umanoide, che si rivelò esser l'ultima vittima. Sherlock non perse tempo e, avvicinandosi al cadavere con lentezza, analizzò e catalogò ogni singolo dettaglio. - un'altro viaggiatore nel tempo...come sospettavo, ma questo, a quanto pare, era più forte o non lo avrebbero bruciato. Qui... - iniziò il consulente - ...ci sono dei pezzi di stoffa e del tabacco, ma questo cotone viene prodotto solo a Waytia, mentre il tabacco è fresco quindi è di questa località. È una donna sui 40 anni a giudicare dalla struttura dentale, sposata e con almeno due figli. Potente viaggiatrice nel tempo e, considerando che il veleno non ha fatto completamente il suo dovere, doveva lavorare in un laboratorio dove era a stretto contratto con la stessa tossina in modo da restarne immune quasi nella totalità. Le sue scarpe ci dicono che il laboratorio si trova al Bart's poiché è l'unico posto dove cresce il Borrago Officinalis dal fiore azzurro e lei ne ha una microscopica parte sotto la suola. - concluse rialzandosi e portandosi di fronte al Detective appena sopraggiunto. - fantastico...- esalò John seriamente colpito. Conosceva le sue capacità, ma non poteva fare a meno di stupirsi ogni volta che deduceva qualcosa. - l'hai detto ad alta voce- disse il consulente girandosi a fissarlo. - scusa – arrossì l'altro. - no, cioè....va bene, non mi da fastidio – concluse Sherlock girandosi di nuovo verso il brizzolato. Quest'ultimo guardò Sally e subito dopo riportò il suo sguardo sul genio: - bene, cosa hai capito?-

-l'assassino uccide solo viaggiatori del tempo, lavora per qualcuno di importante dato come si veste, fuma, abita in questa fazione e la pedinava. È molto potente, l'ha bruciata senza accendere alcun fuoco...le ha semplicemente poggiato una mano al ventre e l'ha, se si può dire così, cotta. Scommetto che è stato inviato dal sovrano data la natura della vittima e, l'unica persona di cui lui si fidi, secondo i miei informatori, è un certo Sebastian Moran- concluse soddisfatto. Superò il Detective e il sergente, facendo segno al biondo di seguirlo. Questo fece per passare, ma fu bloccato da Sally – ehi, non ti fidare di lui. Appena si stuferà di te, ti lascierà indietro e poi è uno psicopatico. In lui non c'è niente di giusto -. disse, ma venne interrotta dalla brusca risposta di John – Cosa stai dicendo! Lui è una brava persona, ma non è facile stargli vicino. Questo lo so, ma non lo abbandonerò solo perchè degli idioti lo considerano pazzo! - sfuriò liberandosi dalla presa e correndo verso l'oramai lontano Sherlock.

 

AL 221B Baker Street...

 

 

-forse dovremmo asciugarci – ruppe il silenzio il capitano.

-concordo. Ah guarda che non sono uno psicopatico e ti ringrazio per esser rimasto al mio fianco- annunciò l'altro iniziando ad accendere il camino in sala.

-figurati e...lo so, sei.....sei...bhè una persona interessante e non penso minimamente quello che ha detto Donovan- sorrise sedendosi sulla poltrona il biondo. - infatti sono un sociopatico iperattivo – ghignò orgoglioso.

Si guardarono e scoppiarono a ridere di gusto iniziando a togliersi i vestiti fradici e sedendosi, uno accanto all'altro, davanti al camino scoppiettante. La sera era calata e il fuoco del camietto faceva sembrare la stanza calda, mentre le ombre ondeggiavan al ritmo lento delle fiamme. La sala pareva un'immagine fuori da qualsiasi tempo e spazio, come un quadro, senza rumori al di fuori dello scoppiettio della legna.

-perchè piove sempre? Cioè son solo due giorni che sono qui, ma la gente sembra abituata a tutta questa umidita -. chiese alla fine l'ex soldato.

-vedi John, da quando gli Arcani sono andati via dal regno portando con se il loro immenso potere, Arcadia si è indebolita. Non immagini neanche quali poteri straordinari potresti avere. Comunque, appena riuscirai a dominarli, tornerà il sole, ne sono certo, ma prima dovresti conoscere, anzi dovrei dirti, le tue vere potenzialità. A differenza di tua sorella, tu non hai nessun tipo di dipendenza quindi dovresti riuscire ad attivarli. Per noi è molto semplice perchè abbiamo scuole apposta e ci esercitiamo sin da piccoli, ma per te potrebbe esser più complicato. Devi controllare le emozioni forti però, altrimenti verrai sopraffatto.- concluse con estrema calma Sherlock alzandosi e porgendo una mano al biondo come aiuto.

-capisco....ma sono sicuro che tu mi nasconda qualcosa sui tuoi di poteri invece- si accigliò l'altro afferrando la mano e alzandosi per dirigersi in cucina. Poi aggiunse – io mi son fidato di te nel confidarti il mio nome, quindi....bhè ecco, fidati di me adesso.-

-non ho problemi nel fidarmi di te. C'è come qualcosa di poco chiaro, e questo mi irrita non sai quanto, che ci lega. Ogni volta che ci guardiamo succede qualcosa. C'è qualcosa in te che mi attira, nei tuoi occhi, come un vortice e mi ha colpito sin dal nostro primo incontro e penso te ne sia accorto anche tu. Quindi, non ne sono certo, ma penso che i miei poteri si amplifichino quando sono con te. Non ero mai riuscito a trasformarmi solo in parte e oltretutto ero sfinito e ferito. Mi hai dato la forza di compiere la mutazione.- concluse un po' confuso e leggermente rosso in viso. John non aveva mai visto l'amico in tale confusione, ma doveva ammettere che quello che diceva lo sentiva anche lui. - si anche io percepisco la stessa cosa. Ieri notte non mi sarei mai avvicinato a te se non ci fossimo fissati. -. Alla fine, il consulente, si decise a mettere al corrente John di quelli che potranno rivelarsi i suoi poteri, ma prima gli si avvicinò e fece ciò che aveva visto fare a lui la notte scorsa:- pronto?-. Di risposta ricevette un lieve movimento della testa. - bene, hai sicuramente ereditato i poteri dei tuoi predecessori, poiché per voi Arcani funziona così. Sei in grado di generare, controllare e assorbire particelle luminose o fotoni; quindi puoi ad esempio creare lame di luce o proteggerti da attacchi o ancora renderti invisibile grazie ai giochi di luce. Sei in grado di rigenerarti e, sviluppando il potere, potresti persino curare altri come hai fatto, in lieve misura, con me nella foresta- . Concluse osservando il continuo mutare dell'espressioni sul volto di John. - w-wow....io dovrei esser in grado di fare tutto ciò? Aspetta, allora tu non hai un qualche sistema curativo interno che ti ha permesso di guarire prima? Non capisco, quindi ho già i poteri, anche se li ho usati inconsciamente, no? - chiese fissando l'altro con aria smarrita che non tardò a rispondere.
- a dire il vero, oltre a questi poteri, ne possiedi un'altro che però non posso ancora rivelarti. È troppo pericoloso. E no, non ho nessun sistema particolare che mi permette la rigenerazione veloce delle ferite. Sei stato tu e il tuo cuore puro. Probabilmente grazie al mio potere che ha richiamato il qualche modo il tuo. -. Appena terminò, sentì le dita dell'altro stringersi sulla propria maglia e il suo viso prese una piega di terrore e ansia. Cosa si fa in questi casi? Non sono abituato a nessun tipo di relazione....come ci si deve comportare? Devo forse rassicurarlo? O sdrammatizzare con una battuta? Cosa....cosa! Dannazione. John ha bisogno di un supporto.

Mille pensieri fecero capolino nella sua geniale mente, ma improvvisamente, agendo d'istinto, gli portò una mano a sfiorargli la guancia e l'altra la intrecciò con quella più massiccia del coinquilino. Come rassicurato, John, abbozzò un leggero sorriso pronunciando un flebile grazie. Di tutta risposta, anche lo spilungone, un po' scosso per la sua stessa scelta di “rassicurazione”, ne abbozzò uno. Rimasero parecchio tempo a fissarsi, poi Sherlock, ancora mano nella mano con John, si accomodò sul proprio divano, facendo cenno all'amico di sedersi accanto a lui. - facciamo così. Dato che sono sicuramente uno dei pochi non idioti di questo pianeta, e fidati non siamo molti, domani ci alleneremo per svilupparli.-. A quelle parole, il biondo si agitò chiedendosi se sarebbe stato in grado di imparare a controllarli, ma venne interrotto dalla successiva frase del riccio. - ne sono certo, ti insegnerò bene. -.
- va bene, mi hai convinto, ma ora devi mangiare che non hai toccato cibo -. disse seriamente John. - no! Non ho fame.- lo fissò appena infastidito dalla richiesta dell'amico. Fece per aggiungere qualche altra parola, ma notò che il coinquilino aveva chiuso gli occhi e non sembrava intenzionato a riaprirli prima della mattina successiva.

 

John si addormentò poggiandosi involontariamente sulla spalla di Sherlock, che al contrario, non chiuse occhio pensando al perchè delle sue azioni compiute poco prima e osservando per parecchio tempo le loro mani ancora unite come in un abbraccio.
Il suo Palazzo Mentale stava in qualche modo modificandosi creando una nuova stanza tutta per John. Doveva analizzarlo, scomporlo, capirlo.
Una grande domanda si stava ponendo il grande Sherlock Holmes mentre vagava nella sua mente e passava di stanza in stanza: Perchè?
La più antica delle domande.


                                                                                 Continua

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Capitolo 7
*** Pioggia e lacrime ***


 

Appena John aprì gli occhi, capì a malapena di essere nel fienile della sera precedente. Al suo fianco c'era soltanto una sagoma disegnata sulla paglia sparsa, ma del suo alto compagno, non c'era traccia. In compenso, aveva dormito come solo poche volte era riuscito dalla fine della guerra. Stropicciandosi gli occhi, si alzò di poca voglia, uscendo poi, per andarlo a cercare.

 

-Sherlock! - urlò. - Sherlock, dove ti sei cacciato?-. Continuò senza però ricever alcuna risposta.

Oltrepassato il fienile, una sottile ed elegante figura ai limiti della foresta, che John riconobbe come quella del minore degli Holmes, appariva immobile e sembrava parlare con qualcuno di non visibile. Il biondo iniziò ad avvicinarsi per raggiungere l'amico, ma questi si girò verso di lui con uno sghembo sorrisetto -Ben svegliato, John. Tra poco dovremmo rimetterci in viaggio, quindi preparati.-.

Rientrarono assieme nel capanno dopo una decina di minuti nei quali nessuno dei due proferì parola, ma il soldato era sicuro di aver intravisto un'oscura figura aggirarsi attorno al coinquilino. - dimmelo....Sherlock, con chi stavi parlando? -.

-non stavo parlando con nessuno – rispose il riccio con le mani giunte sotto il mento immerso nei suoi pensieri.

-smettila di raccontarmi balle . Ti ho visto sai! Te ne stavi lì e bisbigliavi rivolto al bosco-.  - si, si parlavo al bosco.....- lo assecondò agitando la mancina per zittirlo, poi disse -ma ora fammi il piacere di prepararti e di smetterla con queste sciocchezze.-

John a stento riuscì a non strozzarlo allontanandosi per raccogliere le coperte, la spada e la sacca e decise di aspettarlo fuori.

Cavalcarono ancora per più di due ore, passando per piccoli paeselli e attraversando guadi, fino a giunger alle porte della bellissima Waytia abbastanza spossati, ma senza interromper mai, o quasi, il contatto psichico.

 

Ed ecco Waytia, la città più ricca e pericolosa del regno. D'ora in poi dovremo stare attenti a tutto e tutti, e ti ricordo che qui possono controllare liberamente l'aria. Non dobbiamo attirare l'attenzione e, dopo aver trovato la vecchia capanna, dovrai cambiarti. Questi vestiti sono...sono troppo umani. Tra meno di 10 minuti ci ritroveremo in una piazzola, quindi poco ad est, arriveremo dalla incantatrice.  –ok, starò attento. No, aspetta come fai a sapere tutte queste cose? Ci sei già stato?-. Ci fu un attimo di silenzio e un annoiato nitrito, poi Sherlock si decise a rispondere. Si, molto tempo fa. La mia mente, come ti ho già detto, utilizza un sistema mnemonico per catalogare, di conseguenza i luoghi del regno, li conosco tutti a memoria anche se dovrei aggiornare le mappe ogni tanto. Concluse poi, lasciando il povero John a bocca aperta. Certo John, proprio tutti.

Ecco, c’era riuscito ancora. Come fa a sapere sempre cosa sto per chiedere? Non è possibile che sia così prevedibile. Pensò il biondino distrattosi.

 

Dopo poco, giunsero in una piccola radura di pini apparentemente non frequentata, ma ugualmente stupenda grazie ai sempreverdi alti e robusti. Procedettero al passo sino al centro osservandosi attorno, poi s’avviarono verso est per incontrare la casetta della “strega” Martina. Non fecero in tempo a percorrer una ventina di metri, che spuntaron da dietro gli alberi, quelli che Sherlock dedusse esser 13 assassini scelti tra fazioni di fuoco e aria. John siamo caduti in una trappola, appena te lo dico corri! Corri il più lontano possibile mentre cerco di contrastarli. non ci pensare neanche, loro sono 13 e sono posizionati in modo strategico. Non riuscirai mai a cavartela da solo! Da qui non mi muovo hai capito?-. rispose l’ex soldato portandosi istintivamente la mancina all’elsa. E invece ti muovi eccome. Appena te lo dico scappa, è chiaro? Perlomeno ho i poteri, mentre tu e la tua spada non riuscireste manco ad avvicinarvi.Ma….ma, non posso abb…- fu interrotto dall’afflusso delle parole dell’amico nella propria mente. ….John, per favore. Sei troppo importante.

 

A capitolare la banda d’assassini, c’era il potente Sebastian Moran, che subito impartì l’ordine di attaccare. Il bellissimo cavallo nero, sgroppò il proprio cavaliere per iniziare a trasformarsi ed usare così i propri domini, ma come oramai anche John aveva capito, la mutazione inversa, poteva richieder alcuni minuti. Rialzatosi subito da terra, sfoderò lo spadone iniziando a volteggiarlo per difendere il coinquilino più che poteva e per guadagnare tempo. –Sherlock! Vedi di sbrigarti, qui sono tanti e senza il collegamento psichico non posso capirti. Dobbiamo continuare a muoverci così da non esser intercettati dai colpi in arrivo.- urlò il poveretto andando in contro ad un assalitore avvicinatosi al frisone. Schivò un colpo abbassandosi, girò su se stesso e colpì. Colpì il dominatore d’aria trafiggendolo in pieno petto. Uno in meno pensò eccitato e adrenalinico. –Sherlock! Spostati da lì!- gridò poi lanciandosi su un altro, questa volta di fuoco. La trasformazione era completata, ma lo spilungone aveva consumato molta energia e le bocchette d’ambra, le aveva il Capitano nella sacca. S’affiancò al basso amico e iniziò a lanciare lingue di fuoco. -sono tornato, ma non basterò da solo e sono debole. Probabilmente ci prenderanno.- ipotizzò il riccio continuando a colpire i nemici. Nel frattempo l'altro stava lottando contro due dominatori e non capì alla perfezione le parole appena uscite dalla bocca di Sherlock, ma si liberò dei due riaffiancandosi all'amico. - John, dobbiamo separarli altrimenti continueranno a proteggersi a vicenda. Ce la fai a tener impegnati quei tre laggiù? Io mi occuperò degl'altri-. Il soldato rispose con un cenno dell capo ed iniziò a spostarsi e a tirarsi dietro i tre assassini come avevano appena stabilito, ma non avrebbe retto a lungo e ne era consapevole. Sherlock riuscì ad atterrarne quattro grazie alla moltitudine di capacità dei domini, ma non si accorse, poiché dava le spalle al coinquilino, che quest'ultimo era stato colpito alla gamba sinistra e successivamente lanciato a terra. Si liberò degli assalitori per correre da John che, steso sull'umido terreno, stava per esser colpito da una fiammata. - No John!-. Fece in tempo a dire prima di scatenare una copiosa pioggia che spense le fiamme dell'aggressore . In seguito, guardò il cielo e le nubi artificiali prima di posare gli occhi sulle proprie mani e dire – non è possibile....un altro-. Scioccato dal nuovo evidente potere, non s'accorse di Moran che lo colpì violentemente in testa e lo catturò.

 

John, mi hanno preso. Non ho molto tempo prima che la mia mente si disabiliti completamente. Salvati John, salvati. Trova la capanna di Martina, vai. La confusione che si era creata con la pioggia magica, gli aveva permesso di colpire i tre dominatori del fuoco poiché disarmati del proprio potere, ma appena ricevette il messaggio psichico di Sherlock, si bloccò con un macigno di paura sul cuore che non gli permise di urlare. Cadde a terra in ginocchio oramai senza fiato, ma sembrava che nessuno dei nemici si accorgesse della sua presenza, né tanto meno lui si accorse d'esser divenuto invisibile ai loro occhi. Passaron minuti o forse ore prima che si decidesse di riprender il cammino alla ricerca della suddetta Martina, ma ora aveva un motivo valido per trovarla. Avrebbe acquisito i suoi poteri e avrebbe salvato Sherlock.

 

 

A pochi minuti dalla posizione di John

 

 

-bene bene, il piccoletto si è deciso a rialzarsi. Finalmente potrò divertirmi un po'. Amore? Dovrò richiuderti nello sgabuzzino magico per qualche minuto- pronunciò con divertimento la perfida Martina. - oh no, ancora quallo dannato sgabuzzino no! Uff....voglio uscire il prima possibile però eh – rispose facendo il finto offeso Stefano, poi si scambiarono un tenero bacio e lei aprì il varco pronunciando arcane parole.

Toc Toc

-arrivo subito!- gridò con la sua irritante vocina acuta, poi aggiunse tra se e se – non è possibile sia già arrivato...neanche correndo può raggiungere questo posto così in fretta-.

La donnina si avvicinò velocemente alla porticina in legno e, con fare poco deciso, l'aprì lentamente. - no....tu?!-.

-buongiorno Incantatrice Martina. Che piacere rivedervi.- terminò l'uomo alla porta che possedeva una freddezza e una compostezza tali da sottomettere la padrona di casa.

 

In mezzo agli alberi, sorgeva una piccola casupola cadente, ma abitata che, secondo John, poteva appartenere alla strega. Senza timore, s'avvicinò per andare in contro al proprio destino, oramai convinto a portare alla luce i propri poteri. Bussò una, due, tre volte quasi con frenesia prima di vedersi aprire la porticina. Drizzò la schieda con fare militaresco e posò un piede dentro la casa. - con permesso, sto cercando Martina l'incantatrice.- proferì serio e freddo.
- avanti straniero, o dovrei dire John Hamish Wotson. Accomodati anche se non hai molto tempo-. Lo invitò la giovane padrona indicando una delle sedie della cucina. Il capitano non si stupiva più di niente e aveva persino iniziato a non domandarsi più come certa gente sapesse cose che non avrebbero potuto sapere, come ad esempio il suo nome. -sono qui per sviluppare i miei poteri e, dato che sai il mio nome al completo, non hai bisogno di spiegazioni. Quindi, per favore, aiutami-. Impiegarono alcuni minuti per arrivare al sodo del discorso, ma alla domanda “come faccio a far scaturire i miei poteri”, John ricevette quella che sarà la risposta a tutto. - ingenuo John, a differenza dei normali bambini di Arcadia, tu non sei mai vissuto a contatto con la magia, quindi hai bisogno di forti emozioni e sentimenti per svilupparli. Proprio come è successo oggi.-

-come scusa? Perchè, che cosa è successo oggi?- chiese il biondo alzando un sopracciglio. -ooooh, non te ne sei accorto allora....secondo te perchè non sei stato catturato?- gli fece notare lei con sguardo furbetto.

-non saprei, forse volevano solo Sherlock- concluse rattristato abbassando lo sguardo e sentendosi inutile quasi sino a piangere. - no caro mio, non possono catturare qualcosa che non si vede, e tu non potevi esser visto. Eri invisibile.- confessò con un sorriso a trentadue denti e sghignazzando divertita. Il poveretto era scioccato, ma doveva esser la verità. In quel momento aveva provato un'incontrollabile rabbia e inutilità tali da mozzargli il fiato. Gli era sembrato strano che non lo avessero catturato, eppure, in quel momento, non gli importava. Gli importava solo di Sherlock. - John, ricorda sempre questo: i sentimenti sono l'arma più potente, ma possono essere a doppio taglio, affezionarsi non è un vantaggio-. Poi aggiunse – ora, và. Vai a prenderlo e riporta la pace nel regno. Noi tutti contiamo su di te-.

 

 

Nel frattempo a palazzo reale

 

 

-mio signore, abbiamo preso Holmes, l'altro c'è sfuggito- s'inchino Sebastian al cospetto del Re. -com'è mai possibile farsi sfuggire un essere inutile come John Watson? Non fa niente, senza Holmes e con Martina, non riuscirà comunque a contrastarmi. Portatelo da me-. Ordinò Moriarty ridendo crudelmente.
- si, altezza – si congedò poi l'assassino. Dopo pochi istanti rientrò con due guardie e uno Sherlock distrutto dalle torture e dalle ultime trasmutazioni, ma perfettamente a suo agio.

-lasciateci soli, via, sciò! Uscite tutti da qui-. Sentenziò il Re. Tutti uscirono, lasciando lui e il minore degli Holmes, soli. - dovrei sentirmi onorato a esser convocato a corte dal re in persona. Ciao Jim, quanto tempo che non ci vediamo -sputò sarcastico il riccio. - oh sono io l'onorato Sherly....vedi, aspettavo anche il tuo nuovo giocattolino biondo, ma a quanto pare, è fuggito. Fa niente, mi divertirò a spezzare la tua inutile vita anche se sei l'unica persona a potermi tener testa e, sinceramente, senza di te mi annoierei a morte. Sherly caro, la vuoi sapere la cosa più divertente?- sghignazzò con faccia beffarda Moriarty, mentre girava intorno allo slegato ospite. - posso immaginare ciò che vuoi fare, dati i tuoi ultimi movimenti politici e militari, ma dimmi...come vorresti spezzarmi, Jim? Dovresti saperlo che tra noi due il gioco è alla pari. Non potresti mai uscirne illeso-. Intervenne Sherlock senza scomporsi minimamente. Dopotutto, non aveva paura e non provava niente. Lui non provava mai niente, tanto da venir considerato da molti un uomo senza cuore. - oooh Sherly Sherly Sherly, mi dispiace per te, ma adesso hai un punto debole....come sei caduto in basso. Povero il mio Sherlock. Me ne sono accorto sai? Ti ho sempre fatto seguire, eravate sempre sotto la mia attenta supervisione-. Disse Jim, facendo una finta faccia sconsolata e affranta. A quel punto, Sherlock lo prese per il colletto dell'elegante soprabito e – non osare definirlo il mio punto debole. Lui è il mio punto di forza e non provare neanche per un secondo a pensare di fargli del male, o giuro che ti ucciderò con le mie stesse mani-. Concluse stringendo sempre più il colletto e tremando d'ira e furore. Una lunga risata malvagia da parte del sovrano, investì l'intero palazzo insinuandosi nella mente dello spilungone. - tu pensi davvero che non sfrutterò questa occasione? Caro Sherly, come sei ingenuo. Io ti farò suicidare davanti a tutta Arcadia tra tre giorni, alla festa dell'Unione, e se non lo farai, farò uccidere le tre persone a cui tieni di più. Una di queste davanti ai tuoi occhi, così vedrai la sua disperazione, e tu sai bene a chi io mi riferisca. Bene, ora puoi tornare nei tuoi alloggi. Ah, mi raccomando, non provare a scappare o ad usare i tuoi poteri, qui sono inutili. Sebastian! Portalo nella sua stanza – concluse il potente sovrano prima di dare le spalle al riccio e sedersi sul proprio trono.

 

 

-tre giorni e il mondo sarà mio!-.




Molti di voi si staranno chiedendo chi siano Chiara, Martina e Stefano. Bhè, Chiara e Martina, sono le mie migliori amiche (e babbee). Stefano, è davvero il ragazzo di quella svampita di Martina xP. Se riesco, per Capodanno, pubblico una nuova ff. Bacioni ;*

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Capitolo 8
*** Il complotto del Re ***


Scusate il ritardo, ma ho avuto problemi nella pubblicazione. Ci saranno errori in quanto non pubblico da casa, ma appena posso aggiorno. Buona lettura :)



L'ora di pranzo era passata da un pezzo e i due, imperterriti, stavano cercando un metodo per far scaturire i poteri del Capitano, ma apparentemente non trovavan niente di valido. Sarebbe bastato svolger il giusto esercizio sia fisico che mentale per stimolare il processo; o almeno così la pensava Sherlock, fino a che....
-Oh...che stupido! Perchè non ci ho pensato prima? John! Fermati, so a chi possiamo chieder supporto- s'agitò lo spilungone, avvicinandosi all'altro.
-Oddio, devo aver paura? Hai intenzione di ridurmi in fin di vita o roba del genere? Non so....farmi mangiare da un drago o baciare un unicorno- ironizzò John cercando di tener fermo l'impaziente e agitato amico. Questo lo fulminò con un occhiataccia da spaventar persino un leone, ma non il forte soldato che era ancora presente e ben vigile nel biondo. - Uff...gli unicorni non esistono, John- sbuffò, poi aggiunse – vieni, dobbiamo tornare in città. Ricordi il caso di ieri?-. A quelle parole, John divenne paonazzo, nel ripercorrere mentalmente cosa successe nel loro nuovo appartamento. - Dai John, sforza il tuo piccolo e alquanto inutilizzato cervellino, ti ricordi? Ho detto che la signora lavorava al Bart's Hospital. Bhè, noi dobbiamo andare li- concluse spalancando gli occhi dalla felicità e dall'emozione. - come? Adesso? E come pensi di arrivarci scusa? Sono circa 30 minuti a piedi e ho fame...con tutto l'esercizio che ho fatto sono sfinito- protestò poco convinto. - se è questo il problema, non devi per forza esser a piedi. Ti faccio notare che sono un motaforma e pure bravo, quindi...non ci beccheranno- terminò ammiccando e allontanandosi prontamente dal coinquilino. Questi, si portò le mani al viso indeciso se ridere o fare la sua miglior faccia da esasperato, ma si tradì con una lieve risata, facendo capire all'altro che dopotutto era d'accordo con lui e non sarebbe stata una cattiva idea. Appena riaprì gli occhi, vide il corpo di Holmes mutare: era un misto tra allungarsi e inspessirsi, fino a raggiungere una più che conosciuta forma. Da perfetto essere umano ad un altrettanto stupendo Frisone occidentale. Un enorme ed elegante cavallo nero, che rispecchiava a pieno il suo essere, dai crini increspati e lunghi sino a terra e dagli stupendi occhi turchesi tendenti al grigio ghiaccio. Quelli che riuscirebbe a riconoscer tra mille, splendidi anche sotto forma animale. Una domanda sorse spontanea al biondo. Come avrebbero fatto a comunicare tra loro in caso di bisogno? Quindi azzardò titubante – quando sei trasformato, tu mi capisci vero? -. Dopo qualche secondo, stava per perder la speranza di ricever risposta, ma un leggero movimento verso il basso del muso dell'enorme cavallo, lo fece ricredere. - ok, presumento che tu mi abbia realmente capito, come faccio a capire cosa fare?- riflettè parlando più a se stesso. Il frisone si avvicinò con calma a John, che fece per spostarsi un po' impaurito, quando si ricordò chi aveva realmente di fronte. Il capitano tese una mano e l'appoggiò delicatamente tra gli occhi del cavallo abbozzando un tenero sorriso.

John. Si sentì chiamare il giovane. - chi è là? - urlò irrigidendosi. Ma fermi tutti. Sherlock? Quella era davvero la voce baritonale di Sherlock, ma....come?
John, stai calmo, sono io. Toccandomi, hai creato un contatto psichico che ci permette di comunicare. Non mi era mai riuscito con nessuno, che strano. Il pover uomo era esterefatto da tutto ciò che poteva succedere stando accanto a quello straordinario e pazzo essere umano dal nome bizzarro. Doveva ancora farci l'abitudine, anche se molto probabilmente sarebbe sempre e comunque riuscito a sorprenderlo. Bene, ora monta che abbiamo già perso fin troppo tempo e comportati il più normalmente possibile per non attirare attenzione. Soprattutto su di me che non potrei trasformarmi in questa fazione. Terminata la frase, il frisone s'inchinò di fianco a John, porgendogli la zampa per facilitargli la salita.

Montato a cavallo con non poche difficoltà dovute alla scarsa altezza, si sistemò nel miglior modo possibile poiché senza sella e poggiò una mano sul possente collo dell'animale – sono pronto, ma vai piano che non voglio cambiar sesso solo perchè sei iperattivo. I miei genitali vorrei tenermeli se non ti dispiace -. terminò sospirando in attesa di una qualsiasi risposta o cenno da parte del bestione nero.   
Come siamo delicati, John...Uff, se proprio vuoi andrò piano, ma sarà meno divertente.
Adesso però ascoltami attentamente. Nel caso ci fossero problemi di alcun tipo e la nostra copertura saltasse, scappa mentre li rallento. Non posso permettere che ti facciano del male. Hai capito, John? Per qualsiasi cosa scappa. Il sorriso sulle labbra del biondo, si spense lasciando posto ad un volto turbato e sofferente – non posso abbandonarti li a combattere da solo! Ti cattureranno e poi di sicuro ti...-
ma venne bruscamente interrotto da una voce bassa e rassicurante che avrebbe riconosciuto a miglia di distanza.
Non ti preoccupare per me John, io non sono importante e ho i poteri dalla mia. Più di quelli che si aspettano. Ma ora andiamo o non riusciremo mai a farti avere i tuoi poteri. Tieniti forte, il gioco ha inizio! Il cavallo, a quel punto, s'impennò con un nitrito potente e acuto, successivamente partì al galoppo, facendo quasi cadere il povero John. Non gliel'avrebbe fatta passare liscia questa volta pensò, dimenticandosi quasi della “conversazione” preoccupante avuta poco prima. Doveva ammetterlo, quell'uomo lo faceva stare bene e non voleva gli capitasse niente di male, si stava fidando di qualcuno che conosceva appena e provava qualcosa di indescrivibile.

Nel frattempo nella città di Waytia

-Sebastian- chiamò una voce beffarda che nascondeva un flebile sorriso soddisfatto.
Dal corridoio dell'immenso palazzo reale, apparve un uomo dai capelli castano chiari e dal fisico atletico. Ci mise non poco a giunger davanti dal sovrano che lo aveva chiamato poco prima, ma sembrava comunque a suo agio.
-caro Seb, ho bisogno tu faccia un piccolo lavoretto per me- terminò il Re con un ghigno divertito. -qualunque cosa desidera mio signore- pronunciò l'altro inchinandosi devotamente.
-il nostro caro amico non è venuto da solo questa volta. Con lui c'è un giovane uomo all'apparenza comune, ma che nasconde un grande potere. Lo voglio vivo qui da me, al mio cospetto. Non sarà facile catturarlo, per questo....dovrai chiedere aiuto a Martina. Ti lascio piena libertà nell'organizzare, ma non deludermi. È tutto, puoi andare.- concluse il sovrano dandogli una leggera pacca sulla spalla e tornando a sedersi sul trono. - sarà fatto vostra altezza- concluse Moran alzandosi e uscendo dall'immensa reggia.
-prima o poi, Sherlock Holmes, ti inchinerai a me e il tuo nuovo amichetto speciale, morirà come tutti i suoi simili. Nessuno riuscirà mai a fermarmi- urlò con sul volto un'espressione divertita ed eccitata Moriarty, oramai rimasto solo nella sala. 

 

L'uomo era giunto, dopo il breve discorso avuto col sovrano, alla porta di una capanna all'apparenza abbandonata, se non fosse stato per il fumo che ne fuoriusciva. Bussò con vigore alla piccola porticina in legno che poco dopo una bella ragazza bionda dagli occhi verdi/azzurrognoli aprì. -ohhh Seb, qual buon vento ti porta sino alla mia cadente abitazione? Prego, accomodati- indicò poi con la mano destra una vecchia poltrona polverosa, la giovine donnina. - ciao Martina, ti ringrazio, ma non ho tempo da perdere. Moriarty mi ha mandato per un lavoretto. - disse spiccio. - oh, capisco. Accetto a patto che non mi nascondiate informazioni come l'ultima volta. - terminò guardandolo attentamente per capire le vere intenzioni. - ci sto. Allora, Holmes è ad Arcadia e dobbiamo catturarlo. Devi arrivare al Bart's prima di lui e del suo nuovo compagno e devi condurli sino a qui, nella radura a 100 metri da casa tua, dove li cattureremo. Nel caso uno dei due ci sfuggisse, ci penserai tu. Intesi?-
-ok, ho capito perfettamente. Ho bisogno di qualche boccetta di incantesimi e di un passaggio fino al Bart's tramite teletrasporto o non ci arriverò mai in tempo. Tranquillo so a chi chiedere. - . Dopo qualche minuto, Sebastian se ne andò e Martina, iniziando a preparare l'occorrente, pronunciò una lunga filastrocca. Al termine di quelle strane parole, che nascondevan oscuri poteri, apparve con uno “swish” di colori rosati, una figura maschile e alta, dai capelli castani e lunghi più dello standard dell'epoca tenuti legati da un sottile elastico. La pettinatura era alquanto originale; difatti, sembrava avesse una palmetta sulla testa che lo rendeva buffo, ma allo stesso tempo più bambino. Si avvicinarono e si diedero un dolce bacio. - amore, mi hai tenuto chiuso nello sgabuzzino magico per più di dieci minuti lo sai? Me la pagherai cara. - disse il ragazzo iniziando a fare il solletico alla fidanzata. -nononono! Ahahah. No dai Ste, così muoio! E togliti quell'orrendo codino dalla testa che sembri un ananas.- si scostò lei per riprendere fiato dalla terribile punizione appena ricevuta. Poi aggiunse seriamente. - il capo mi ha affidato una missione. Avrei bisogno di un piccolo aiutino tesoro. -. -uff...dimmi tutto, se posso ti do una mano, ma dopo voglio una piccola ricompensa- ghignò malizioso lui. Martina alzò gli occhi al cielo e sbuffò divertita. - va ben, che ricompensa sia, ma prima portami al Bart's di Forah per favore. - e lo baciò.
Si diedero la mano e la giovane si mise in spalla la sacca con dentro le potenti polveri, poi, sparirono.


Eccoci John, puoi scendere. Siamo arrivati, ma dovrò ritrasformarmi dietro qella casa laggiù. - ok, ma sappi che se non ti farai perdonare, piuttosto, la prossima volta, me la faccio a piedi eh!- rise leggermente il soldato.
Dopo la ritrasformazione del riccio, entrarono nell'istituto e si diressero direttamente all'obitorio. Che ci facciamo all'obitorio? Oddio, proprio qui dovevamo andare? Pensò il povero John. Spalancarono le porte della grande camera bianca e fredda, e ci trovarono una minuta donna sui 25 anni dai capelli castani legati a coda di cavallo. - Molly, Molly Hooper, proprio te vercavamo!- esclamò Sherlock con affianco il biondo un po' confuso. -She-sherlock, che p-piacere-. La ragazza era evidentemente agitata e aveva una cotta spropositata per lo spilungone, constatò John. - oh, lui è il mio amico e coinquilino, John Watson- lo presentò infine Sherlock. Con educazione, si scambiarono la stretta di mano, poi il riccio spiegò la situazione in cui versavano. Evidentemente lei doveva essere una delle persone di cui ci si poteva fidare, ma le informazioni la scioccarono non poco, rendendola ancora più agitata. - bhè, ecco....ci sarebbe una persona che vi può aiutare, ma...- iniziò lei, torturandosi le dita indicando nervosismo. - ma il posto e la persona non sono sicuri, giusto? Scommetto che si trova a Waytia-la interruppe Sherlock, che ricevette in risposta un indeciso movimento del capo. - no scusate, hai intenzione di andare nella fazione più pericolosa dellintero regno? Dove si trova, da quello che ho capito, il sovrano?- ribattè sempre più confuso John, guardando i due sbalordito. - esatto, se è l'unico modo per farti avere i poteri, allora, quella sarà la nostra destinazione.- rispose prontamente l'altro. Poi si girò a fissare Molly, anzi più che fissarla, la stava scomponendo pezzo per pezzo con lo sguardo. C'era qualcosa che non andava. Quindi disse – Molly, cara dolce Molly,come va con Lestrade? Avete fatto progressi nel vostro rapporto?-. - si si, certo. È molto....simpatico-  terminò lei con un piccolo sorriso sulle labbra. - grazie per l'aiuto, a presto – pronunciò lo spilungone, scattando verso la ragazza per darle un bacio sulla guancia in segno di saluto. Dopo che anche il biondo salutò, i due uscirono dal reparto, dirigendosi al bar poco distante dall'Ospedale. - un caffè nero con due di zucchero e un tè al bergamotto senza niente – urlò il riccio al primo cameriere incontrato, senza neanche salutare e dirigendosi prontamente ad un tavolo. Arrivata l'ordinazione, Sherlock ruppe il silenzio – hai notato niente,John? - chiese con espressione glaciale. - perchè, avrei dovuto notare qualcosa?- rispose l'altro alzando un sopracciglio. - ho visto della polvere verdognola sul suo camice – disse allora, guardando fuori dalla finestra. - e quindi? Potrebbe benissimo essersi sporcata-.
- ragiona, John. Come avrebbe potuto sporcarsi di verde in un obitorio? Quando esce di li, non ha di certo il camice e, i cadaveri non lasciano nessun tipo di secrezione verde. Mi è sembrata strana sin da quando ti ho presentato. Sembrava quasi ti conoscesse già per il come si è stupita e ha anche affermato che il suo rapporto col Detective va alla grande.- disse, riportando lo sguardo sull'amico. - e quindi? Qual'è il problema? Se sta bene con Lestrade, beata lei no!-
-il problema, John, è che Lestrade è innamorato di mio fratello e Molly lo conosce appena. Non sono mai neanche rimansi soli!- scattò innervosito, poi aggiunse tranquillizzandosi – dati i miei dubbi, mi sono avvicinato per salutarla, non per una qualsiasi stupidaggine tu stia pensando, ma per annusare-.
-annusare? Ma che...-. Si sbalordì il biondo, che per tutta risposta, ricevette uno sbuffò tra il divertito e l'irritato. Sherlock doveva proprio ammetterlo, quel ragazzo riusciva a farlo divertire con il suo non capire. - si annusare, odorava di incantesimo. Quindi, potrebbe essere stata manipolata. Bene, ora andiamo,ma ti toccherà rimontare a cavallo- concluse con un sorriso sghembo. - o Dio, non puoi trovare un altro modo? Proprio il cavallo...- disse John, portandosi istintivamente le mani in mezzo alle gambe. - è l'unico animale che si usa comunemente, non posso di certo trasformarmi in un drago in mezzo ad una città.-.
-ok ok, vada per il cavallo.-. Giunsero in tarda serata ai confini tra Neen e Waytia, dove trascorsero la notte. Riuscirono, infatti, a trovare un piccolo fienile poco fuori la prima delle due fazioni, dove sarebbero stati al sicuro da occhi indiscreti.
Faceva freddo e aveva, come sempre, iniziato a piovere. Istintivamente, nel sonno John si era avvinghiato allo spilungone, stringendolo a se e respirandogli sul collo. L'altro, che come ogno notte, dormiva si e no due ore, si era ritrovato irrigidito e in totale confusione. Cosa faccio? Sicuramente avrà freddo, se lo stringo, ne avrà di conseguenza meno. E poi, ha in buon profumo. Una frase gli risuonava nei corridoi del suo palazzo mentale “affezionarsi non è un vantaggio, Sherlock”. Era quello che gli aveva sempre detto suo fratello, ma al diavolo suo fratello. John aveva bisogno di calore, e anche lui, ma non lo avrebbe mai ammesso. Si girò su un fianco e incastrò le proprie gambe con quelle del biondo ricambiando poi, l'abbraccio. Fu così che si addormentò. Quella sarebbe stata la prima notte in cui John non avrebbe fatto incubi.
- Sherlock...- fu l'unica parola che uscì dalla bocca del soldato quella notte.

 

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Capitolo 9
*** La trappola nella trappola ***


 

Bella, grande e confortevole era la camera in cui fu portato Sherlock. Si trovava quasi alla fine dell'ala ovest del castello, di fianco alle cucine, ma non per questo meno lussuosa. Le doppie porte nascondevano la splendida stanza dalla tappezzeria vellutata e rossa che rendeva lo spazio caldo e accogliente, mentre un enorme letto a baldacchino si ergeva imponente alla destra, con ai piedi una cassettiera in legno d'acero. L'unica finestra, ricopriva quasi un'intera parete, mostrando il bellissimo giardino sottostante ed illuminando l'intera camera; dall'altra parte della stanza, si trovava un'elegante pendolo con affianco un largo scrittoio color vaniglia sfumato al marroncino miele.

Il prigioniero se ne stava seduto sul materasso osservando distrattamente l'immenso giardino senza accorgersi di cosa stava accadendo intorno a lui. La sua mente vagava per i bianchi corridoi dalle mille porte laterali del suo palazzo mentale, cercando l'unica porta importante in quel momento. Quella dedicata a John. Dopotutto, lo aveva abbandonato in una radura a lui sconosciuta e senza dargli un briciolo di indizio da seguire per trovarlo o per farlo tornare a casa. E se fosse stato in pericolo? No, di questo non doveva preoccuparsi, c'era Mycroft che l'avrebbe tenuto d'occhio, eppure.... non si sentiva affatto tranquillo. All'improvviso, si riscosse dai propri pensieri vedendo volteggiare, oltre la finestra, alcuni pezzi di terreno, che prontamente caddero a terra. - ma cosa....cosa mi sta succedendo?- sussurrò alzandosi di scatto per guardare il campo fiorito sottostante, oramai pieno di buchi e terriccio sparso ovunque. Iniziò ad analizzare e mettere insieme tutta la sua vita, portandosi involontariamente le mani giunte sotto il mento, come in preghiera, e chiudendo gli occhi cercando la maggior concentrazione possibile.

In pochi secondi fu di nuovo nella sua mente oltremodo funzionale e sveglia.

-Ben tornato fratellino, due volte in meno di 5 minuti.-

-non ti impicciare e vattene dai miei corridoi, lo sai che non mi piace che stai qui- lo sorpassò frettoloso il riccio. - e tu sai che sono frutto della tua mente e che puoi mandarmi via quando vuoi. Mi sembri turbato. Tu non sei mai turbato.-. Constatò l'altro, riavvicinandosi al fratello oramai fermo tra le porte 67 e 68. -infatti non sono turbato, Mycroft. Torna dal tuo amato Gustav – s'indignò alzando la voce, poi aggiunse con calma – mi scoccia, ma se sei qui è perchè ho bisogno di parlarti anche se sei un riflesso creato dal mio cervello con le sembianze di mio fratello e quindi, una qualsiasi riproduzione della mia mente in grado di pensare ed elaborare esattamente le mie stesse cose. In poche parole....se parlo con te, è come parlare a me stesso.-. Il maggiore, come suo solito, s'appoggiò all'ombrello che si portava sempre appresso. -bene,quindi...cosa ti turba mio caro fratellino? -. Nel frattempo, Sherlock, aveva spostato lui e l'irritante presenza, in un giardino con delle sedie e un tavolino bianchi. - mh, me lo ricordavo più colorato questo posto -. intervenne ironizzando Mycroft, sorseggiando del tè spuntato dal nulla. - questo posto lo ricordi meglio di me ed effettivamente non lo ricordo totalmente bianco, ma non mi provoca nessun tipo di sentimentalismo tale da pitturarlo. E poi, non ricorderei i colori originali- – protestò lo spilungone per chiudere il discorso.

-ho un problema – sputò poi.

-lo so, i tuoi poteri-

-esatto. Si stanno presentando più velocemente di quanto abbiano fatto i primi quattro. Due in un giorno. -

-si me ne sono reso conto e come saprai, il vero me ne sarà già al corrente. C'è anche un motivo ben preciso Sherlock -. disse il maggiore, posando la tazzina adesso vuota, sul tavolino.

-quale? -. lo guardò impassibile questi, con gli occhi che avrebbero congelato chiunque. Più freddi del ghiaccio e più taglienti di mille lame, ma attenti e profondi.

-oh Sherlock. Stai perdendo colpi o sei davvero così cieco. Le emozioni scatenano i tuoi poteri e lo hanno sempre fatto, sin dai primi quattro che hai controllato. Le emozioni ti danno forza. Pensa, Sherlock...pensa -.

Per qualche istante, il riccio, si distaccò completamente dal discorso, cercando l'ovvia risposta in tutto il palazzo; spalancando cassetti e armadi, fino a giunger davanti alla stanza numero 1. La stanza di Barbarossa, il suo unico vero amico per anni. Fino alla morte. Quello gli fece capire tutto.

-ho capito!- esclamò a gran voce. - John. John è la chiave ai miei poteri. Il mio inconscio li ha sbloccati per lui. Che stupido sono stato! - continuò poi arrossendo lievemente. I due si guardarono intensamente, seri e calcolatori. - ne sono obbligato anche se non mi piace, ma...grazie per il tuo aiuto – proferì arricciando il naso e girandosi per uscire dalla camera del giardino. - figurati fratellino. Ah...- aggiunse abbassando la voce, all'orecchio di nessuno a parte Sherlock, triste e sofferente – il giardino della mamma era più bello colorato, soprattutto le violette. Quelle erano le mie preferite.-

-cercherò di ricordarmelo- echeggiò lontana la voce dell'altro sul punto di uscir completamente dal proprio palazzo mentale.

 

 

 

Nel contempo, al centro di Waytia...

 

 

John passeggiava rigido e guardingo per la città, cercando di memorizzare le postazioni delle guardie, dei passaggi scoperti e cercando più informazioni possibili su carri che entravano e uscivano da palazzo. Aveva un mezzo piano per la testa, ma avrebbe dovuto aspettare la notte fonda. S'avvicinò ad una bancarella di tessuti e abiti, per potersi cambiare come gli aveva suggerito il suo stravagante e bellissimo amico. -buon pomeriggio signorina, vorrei acquistare del vestiario -. chiese gentilmente con un sorriso tirato sulle labbra. - buon pomeriggio a lei buon uomo. Allora siete nel posto giusto, mi dica....cosa desidera di preciso? -. rispose la deliziosa ragazza dai capelli biondi con entusiasmo. - cercavo dei pantaloni e una maglia possibilmente di seta e dai colori scuri, e una mantella più pesante da portarmi appresso-.

-ottimo! Queste le dovrebbero calzar a pennello. Per quanto riguarda il prezzo, non le farò pagare niente se mi offre da bere -. fece l'occhiolino maliziosa al povero soldato. -....e da bere sia -. accettò poco convinto e per nulla affascinato dalla ragazza. I suoi pensieri erano tutti, o quasi, diretti a come liberare il suo meraviglioso coinquilino. -allora, io sono Mary, Mary Morstan. Piacere di conoscerti.- sorrise lei, scivolando fuori dalla bancarella e raggiungendo quello che lei spera sia, la sua nuova conquista.

- mi chiamo John Watson, piacere mio. Dove vorresti andare bere qualcosa?-

-mi va benissimo la taverna qui dietro John Watson!- continuò esaltata avvinghiandosi al suo braccio destro. La serata trascorse abbastanza piacevolmente, bevendo e parlottando al piccolo baretto con Mary. Era proprio una bella ragazza e anche molto intelligente e scaltra, pensò John. Uscendo che oramai era buio pesto, la ragazza, tentò di portarlo a casa con se, ma senza alcuna possibilità di riuscita. La accompagnò per decenza e si salutarono, poi il biondo, iniziò a mettere in atto il suo piano presentandosi alle porte esterne del castello. Attese per almeno un ora il carro delle consegne che avrebbe trasportato viveri per le guardie e per i cavalli reali, accucciato e mezzo congelato dietro dei cespugli.

-come sta tua moglie?-

-bene, e tuo figlio? Ha ancora la tosse?-

-purtroppo si...ma va un po' meglio-.

Le voci sconosciute si facevano via via più vicine assieme allo scalpitio degli zoccoli. Ecco il carro che stava aspettando. Attese qualche minuto in modo da non rientrare nel campo visivo delle guardie, poi si lanciò tra le carote e le patate. Non ci sarebbero stati controlli per almeno una ventina di minuti, pensò John, nascondendosi meglio e sotterrandosi quel poco che bastava per non esser visto.

 

 

 

La stanza era fortunatamente ancora intatta all'ora in cui passò Sebastian, prelevandolo per portarlo a cena. A cena col nemico. Col suo più grande nemico, la sua nemesi. Riuscì a nascondere ciò che aveva fatto per tutto il pomeriggio grazie alla prontezza, ma Moran sospettava comunque un complotto dati gli strani rumori. Difatti, Holmes, dopo esser uscito dal suo palazzo mentale, iniziò il suo allenamento speciale.

 

 

Qualche ora prima

 

 

-Ehi! - urlò Sherlock, bussando convulsamente alle enormi porte chiuse a chiave. -qui mi annoioooo.....datemi dei libri, almeno 10, del tè e delle candele per leggere che sta diventando buio. Ohu! Ascoltatemi marea di deficenti. Sebastian! Dì ai tuoi stupidi subordinati leccapiedi di farmi avere queste cose. IMMEDIATAMENTE! - continuò imperterrito fino a far esaurire l'intero castello.

Gli fu portato tutto dopo una mezz'oretta da una delle cameriere reali, a parte i libri che arrivarono dopo, la signorina Adler. Bellissima giovane dai poteri misteriosi, ma molto potenti. Nei paesi girava voce fosse una donna scaltra e convincente....sicuramente, pensò Holmes, l'avevano mandata apposta per impressionarlo e farlo parlare. Nessuno aveva mai avuto l'onore di fregare il grande Sherlock Holmes, e di certo, non l'avrebbe avuto lei. - ehi bellezza, ricordati che sono dalla vostra parte e ho capito a cosa ti serve tutta quella roba- gli sussurrò lei all'orecchio, prima di posargli un leggero bacio sulle labbra e di congedarsi del tutto. Lui accennò appena un piccolo movimento col capo senza trattenerla oltre, capendo che non ci sarebbe stato motivo; avrebbe mantenuto il segreto.

Stette qualche minuto con gli orecchi tirati per captare un qualsiasi rumore proveniente da fuori in modo da non farsi scoprire, e iniziò il suo nuovo “passatempo”.

Prese dal vassoio d'argento, prima la candela ed il tè, poi i libri, posizionandoli a semicerchio attorno a se volto alla finestra. Chiuse gli occhi ripercorrendo l'ordine in cui comparvero i suoi poteri, decidendo poi, che sarebbe partito dal fuoco, seguito dall'aria, l'acqua e per ultima, la terra. Portò quindi le mani sotto il mento pensando alla rabbia e al dolore che provò molti anni addietro, alla morte della madre, all'incendio che divampò partito dalle sue ancora paffute e innocenti manine. Pensava che ogni potere era controllato dalla rispettiva emozione, ed effettivamente funzionava così, ma si sa che la rabbia ed il dolore, non portano da nessuna parte. Avrebbe dovuto pensare alla passione e all'energia, alla tenacia ed al coraggio, ne era cosciente. Fu così, che il primo tentativo, scatenò fiamme incontrollate che avrebbero bruciato tutto e lo avrebbero fatto scoprire.

Mi devo concentrare. Strizzò gli occhi pensando e cercando di concentrarsi.

Pensa Sherlock, pensa....cosa ti procura emozioni positive e forti allo stesso tempo? quando ho mai provato vere emozioni? chi le scatena?.

Si riscosse non appena arrivò alla risposta, spalancando gli occhi di colpo e sussurando -è John....-.

John

John

John, mi ha sorpreso sin dall'inizio. È passato pochissimo tempo, eppure mi fido ciecamente di lui. Lui è la mia energia, la mia passione. John è il mio coraggio e la mia spalla.

John

John

John

A poco a poco, le fiamme divennero lunghe fruste infuocate e facili da governare, che rendevano semplici e fluidi i movimenti di Sherlock. Quest'ultimo, sconvolto nell'esser finalmente riuscito a domare i propri poteri, arrestò l'afflusso d'energia spegnendo le fiamme e tornando a sedersi di fronte alla finestra. -John....sei fantastico anche quando non sei fisicamente con me -. disse alzando una parte della bocca in un tenero e sghembo sorriso. Poi aggiunse tra se e se un torniamo al lavoro.

Fu così tempo dell'aria.

Prese i libri e li impilò con cura davanti a se, facendoli diventare una colonna alta quasi quanto lui, poi iniziò a riscaldarsi facendo oscillare, senza mai far cadere, a destra e a sinistra, i libri con piccoli vortici d'aria. Finito il riscaldamento, salì in cima al più alto mobile della stanza e, pensando a John, si lasciò cadere cercando di restar sospeso. Sherlock Holmes era sempre stato un genio nel far praticamente tutto, a parte governare i propri sentimenti, di conseguenza non c'era da stupirsi se gli veniva tutto al primo colpo. Volare, non era mai stata una di quelle cose. Certo! volare con le ali delle trasformazioni, si, ma con il dominio dell'aria, non proprio....

Ce l'aveva fatta, grazie ad un unico pensiero, ci era riuscito senza stamparsi neanche una volta sul pavimento...era incredibile.

 

Dopo una decina di minuti di volteggi per imparare bene le tecniche, decise di provar a lanciare le temute “lame d'aria”, chiamate così dai paesani, in caso gli servisse attaccare con quel potere. Anche questo fu abbastanza facile, senza contare quei due o tre libri a fettine ormai giacenti sull pavimento. La stessa cosa successe nel provare a gestire l'acqua contenuta nel tè e con la terra del giardino oltre le mura (sempre tramite la trasparente finestra), che faceva separare e compattare, salire e scendere, fino a raggiungere la maestria adeguata. Poco prima di esser scortato a cena obbligatoria con il re Moriarty, si appuntò mentalmente le emozioni e le cose positive che avrebbero scatenato i poteri.

Fuoco – passione, tenacia, coraggio, energia = pensare al fisico di John.

Aria – libertà, spensieratezza (per quanto possibile), il vento = pensare al sorriso di John

Acqua – tranquillità, lasciarsi trasportare, il mare = pensare agli occhi di John

Terra – gioia, vita, istinto protettivo e il sole = pensare ai capelli di John.

 

P.S= riassunto....pensare John intensamente.

 

Chiuse i pensieri in una stanza speciale e colorata, poi si alzò con lentezza per raggiungere Sebastian e andare a cenare. Ripercorsero metà del castello, dato che la sala da pranzo non era mai vicino alle cucine, arrivando a destinazione esattamente 2 minuti e 52 dopo la partenza. -oh Sherly caro....ho una bellissima notizia per te – sorrise malvagio il sovrano, saltellando mentre veniva in contro all'ospite sopraggiunto nella sala. -non ho fame, gradirei tornare nelle mie stanze -. disse spiccio lo spilungone un po' agitato dalla frase di Jim. - giuro che ti piacerà. Bhè, io te la dico lo stesso ahahahah. Il tuo giocattolino è a casa di una donna di paese di nome Mary. Vedessi quanto è felice. Sai...hanno bevuto qualcosina e poi lui l'ha accompagnata a casa, è proprio un gentil ragazzo. Magari non verrà neanche a cercarti. Uff che noia però -. ridacchiò il sovrano intravedendo per un secondo nello sguardo dell'altro tristezza e gelosia. -non sono affari miei con chi si vede di notte John e neanche tuoi. E poi, se non verrà è meglio, no? -. constatò il riccio prima d'aggiunger – tutto qui? Posso tornare nei miei alloggi? -. un'altra crudele risata provenne dal re. -speravo mi facessi un po' di compagnia, ma se insisti....buona notte Sherly caro, e sogno d'oro. -.

Holmes uscì dalla sala come era entrato, con Moran alle calcagna, dirigendosi nuovamente nella sua stanza senza fiatare, rimuginando su quello che gli era stato detto da Moriarty. Sherlock sapeva che John aveva tutto il diritto di fare della sua vita quello che voleva, dopotutto, non erano legati da altro che semplice amicizia, ma la cosa lo distrusse. Si sdraiò non appena entrò nell'ormai fredda e apparentemente bianca camera  rimanendo sveglio per tutta la notte.

 

 

 

 

Il carro era dunque giunto al controllo appena dentro le mura che circondavano l'immenso castello, dove John, fortunatamente, non venne notato. Le guardie guidarono poi, fino al piazzale davanti alle stalle e scesero per andarsi a riposare. Nel frattempo, il biondo, ne approfittò per far sbucare la testolina e osservare la via più sicura da prendere per poter entrare finalmente e salvare il suo sociopatico preferito.

Scese senza far rumore con la luna come complice, coperta da grigie nuvole, per dirigersi dietro a cumuli di fieno, cercando di trovar le scale che avrebbero portato alle cucine. Da lontano, un piccolo gufo, osservava la scena. Un passagio aperto fu addocchiato dal soldato che, prontamente, calcolato il percorso, ci si fiondò senza tante cerimonie. - oh cazzo...q-queste non sono le cucine...- un attimo indeciso sul da farsi, e scioccato dal fatto di trovarsi tra guardie dormienti, non vide subito che, oltre la marea di corpi orizzontali, c'era una porticina che portava certamente all'interno del vero e proprio palazzo. Si riscosse appena prima del risveglio di una delle guardie, sgattaiolando velocemente fino alla porticina. La richiuse delicatamente seguendola con lo sguardo, ma appena tornò a guardare la strada davanti a se.....- ciao, John. Di sicuro non mi conosci, ma io so tutto di te.- lo sorprese la figura parlante, alta ed elegante. -l'unica altra persona che ha detto così, ha finito per ricredersi -. sputò aspro Watson, con le scintille negli occhi e la schiena dritta in segno di sfida. - mi presento allora. Jim Moriarty, il tuo re, il re di tutto e tutti -. lo sguardo allibito e rabbioso che apparve sul volto di John, era indescrivibile. Fece per tirargli un pugno sul naso, ma si trattenne vedendo le guardie già pronte a freddarlo, ma chiarì -tu non sei il mio re! -.
Una malvagia risata sfuggì a Jim prima di impartire l'ultimo ordine della giornata -portatelo nelle mie stanze -.ghignò malizioso.






note
premetto che odio Mary e quindi farà una brutta fine muahahahah.
il bianco indica la freddezza, cioè triste o zero sentimenti.
grazie a tutti della lettura :)

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Capitolo 10
*** La tortura e il Gufo messaggero ***


L'ala est dell'immenso castello si presentava tetra e apparentemente decadente, eppure la stanza reale si trovava proprio tra quelle mura quasi disabitate. Il freddo che si faceva sentire anche con indosso i vestiti, era quasi uguale a quello esterno, con la differenza che la luna lì dentro, non poteva illuminare la via del povero John.

Quest'ultimo, con occhi furenti e cercando di mantenere il controllo, camminava circondato dalle guardie reali per quei bui e larghi corridoi con in testa il sovrano che faceva strada. Giunsero dunque davanti a due enormi porte grigie e tristi che s'apriron ad un unico cenno del loro re. - Johnny boy, ti presento le mie stanze – disse pimpante alzando le braccia come se gli avesse mostrato una montagna d'oro. Poi ghignò malvagio con quella sua faccia asciutta e inquietante. - si! Johnny boy mi piace come soprannome....chissà se piacerà anche al tuo lupacchiotto spelacchiato. Bhè, lo scopriremo presto. Ah, t’informo che questa notte rimarrai come ospite in un posto speciale speciale. Spero ti piacerà come piacerà a me -. concluse lasciandosi cadere sul lugubre letto. John fu spinto all'interno della camera con prepotenza e sbattuto violentemente alla parete di fianco al caminetto, scoppiettante e unica fonte di luce.

-dove si trova Sherlock? -. domandò scrollandosi di dosso i pesanti scimmioni al seguito del sovrano. Seguirono risate beffarde, ma nessuna risposta. - ti ho chiesto, dov'è Sherlock? Rispondimi Moriarty! - urlò quasi dalla rabbia e con tono autoritario, tanto da riportarlo per un attimo ai giorni della guerra. Oramai, non sapeva per quanto sarebbe riuscito a controllarsi. Si stava sforzando di mantenere il controllo, ma aveva talmente tanta voglia di prendere a calci quella sua faccia da schiaffi, che dovette stringer i pugni ai fianchi e respirar profondamente parecchie volte per non farlo.

-oh Johnny boy, perché questo tono con me? Non va bene così....eh….. dovrò punirti. Ma sappi che il lupacchiotto spelacchiato per il momento è vivo e vegeto. Se mi darai noie, potrei.....bhé ucciderlo davanti ai tuoi occhi. E non osar usare i poteri né tentar la fuga perché è del tutto inutile. Ci sono dei filtri in tutto il palazzo che assorbono i poteri e li incanalano all'interno di un ciondolo, lasciando colui che proverà a governarli, irrimediabilmente prosciugato. Ooooh, Johnny Johnny Johnny, caro e innamorato Johnny boy, correrai dal tuo amore impossibile?. - ammiccò Jim facendo imbarazzare il suo nuovo ospite. Mentre Moriarty parlava a vanvera, il biondo, ebbe modo di intravedere la cupa stanza: le pareti erano nude, senza tappezzeria, di conseguenza grigie e fredde, il letto a baldacchino appariva un’imponente fortezza al centro della camera ricoperto da pellicce di lupi e volpi, il camino acceso creava oscure ombre ovunque, mentre appena affianco a lui, inchiodate alla parete da lunghe catene, spuntavano delle manette. Proprio così, come quelle nelle celle o nei sotterranei e a John sorse spontanea un unica brutale domanda....a cosa servivano delle catene con delle manette alle estremità in una camera da letto, reale per giunta? - Johnny caro, ti si legge proprio tutto in faccia. Come abbia fatto Sherlock Holmes a non stufarsi di te, non me lo so spiegare....quelle serviranno per la tua punizione – puntualizzò indicando i freddi pezzi di metallo. Poi aggiunse con un sorrisetto sulle labbra

guardie, incatenatelo! Johnny boy...il gioco è iniziato -. A quell'affermazione, seguì un’unica incessante risata e il dimenarsi del Capitan Watson mentre veniva ammanettato alla parete.

 

 

Dall’altra parte del castello, in apparente stato di catalessi…..

 

Una lunga figura giaceva sdraiata, sul a dir poco enorme letto, con le mani giunte sotto il mento. Era dalla sua cattura che non toccava cibo, né tanto meno dormiva, ma il suo cervello non doveva esser disturbato poiché impegnato in un terrificante caso da risolvere, il più difficile caso che gli si sia mai presentato.

Non capisco…maledizione! Odio non capire. Tutta colpa di quella dannata porta che non ho voluto eliminare dal mio palazzo mentale…Se l’avessi fatto, non mi sentirei così…così, geloso? Non ho ragione ad esser geloso di quella Melissa, no aspetta, forse non si chiamava così. Bhè, irrilevante quale sia il suo nome. Devo trovare una soluzione per allontanarmi da John il prima possibile, altrimenti i sentimenti si insinueranno nella mia mente. Prima però, ho bisogno di capire una cosa”

Sebastiaaaan! Apri subito questa maledetta porta e vieni qui. IMMEDIATAMENTE!-. Urlò risvegliandosi dallo stato comatoso in cui versava da diverse ore.

Un più che irritato Moran giunse dopo alcuni minuti davanti alle porte della stanza del prigioniero. – aprite – ordinò alle guardie. Entrando, notò il corpo di Sherlock disteso, poi s’avvicinò con rigorosa calma. – finiscila di farmi correre a destra e a manca per i tuoi insulsi capricci. Non sono la tua servetta Holmes! -.

-Oh, e invece si che lo sei. A proposito, fammi avere il prima possibile un violino professionale e del tabacco. – disse il riccio scattando in piedi e raggiungendo in poche falcate la spaziosa finestra. Come unica risposta, ricevette un pesante sbuffo esausto. –bene, puoi andare – lo liquidò infine, agitando la mano sinistra ritornando subito dopo nei propri pensieri. Circa un quarto d’ora più tardi, ricevette ciò che aveva richiesto. Prese il tabacco e lo sistemò su di una pagina strappata del primo libro trovato, poi l'arrotolò senza tante cerimonie chiudendola con la saliva. Aveva proprio bisogno di una sigaretta per rilassare i muscoli del cervello e per tornare a pensare lucidamente ad una strategia. Se la portò alla bocca accendendola successivamente con un dito.

Dopo di chè, raggiunse la finestra scrutandone l'esterno per qualche secondo prima di chiuder gli occhi ed iniziare a suonare una malinconica e lenta melodia scaturita dal suo cuore, così freddo e da nessuno mai compreso, attraverso le sottili corde di un comune violino che grazie alla sua maestria, catturò l'attenzione ovunque s'udisse tale sospiro. Come il vento, le note si propagavan gentili e sofferenti, tra le pareti, le porte e le finestre, risuonando per quasi mezz'ora e raggiungendo l'orecchio di metà castello, ma il cuore di una sola persona all'interno di esso.

Mentre la malinconioca melodia riempiva stanza dopo stanza tutto il castello, il giovane Capitan Watson era alle prese con la sua brutale “punizione”. -dimmi Mon Capitaine, cosa potrebbe capitarmi se prendessi questo pezzo di ferro...- s'avvicinò con in mano un attizzatoio di quelli per marchiare i buoi, infilando poi la punta con lo stemma reale nel caminetto - ...e ti marchiassi come mio umile servitore? Il tuo nuovo coinquilino se la prenderebbe molto, vero? -.

-non ti preoccupare di cosa potrebbe farti Sherlock, preoccupati invece di quello che ti farò io appena riuscirò a liberarmi da queste insulse catene. Sei solo un vigliacco! - ringhiò il biondo cercando invano di liberarsi, ferendosi così i polsi. -oh, Johnny boy in questo modo ti stancherai e basta, oltre che a farti del male....mentre io ho altri progetti per te. Dopo averti torturato un pochino, mi piacerebbe farti passare un indimenticabile notte in mia compagnia – continuò estraendo il ferro dal fuoco e avvicinandolo pericolosamente al viso del soldato. Questi, si tirò verso il muro appena in tempo per non esser preso completamente, anche se quel minimo contatto a cui non riuscì a sfuggire, gli lasciò una lunga bruciatura sulla guancia sinistra. Il secondo tentativo di Jim fu più veloce e inaspettato, colpendolo sul fianco sinitro, proprio sotto l'ultima costola e lasciandolo senza respiro. -sarebbe più semplice Johnny boy se la smettessi di impedirmi questo divertimento. Ahahah, se farai quello che ti dico fino al giorno dell'Unione, ti prometto che non toccherò neanche con un dito il nostro geniale lupacchiotto.-.

-come so che....che non gli farai del male dopo che ne avrai fatto a me? -. tentò di ribattere John, ansimante e sudato a causa delle percosse subite. I suoi pensieri si fecero strada, mentre riconosciendo la melodia arrivatagli sino al cuore, tentava di riprendersi dignitosamente. “Non posso arrendermi così, sono o non sono un capitano dell'esercito? Dritta questa schiena soldato Watson! La rabbia che provo mi permetterà di resistere per salvarlo...ne sono certo. Anche se...dovrò assecondare questo verme. Resisterò per lui, oramai è inutile nascondere persino a me stesso la verità. Lo conoscerò da soli tre giorni e sarà pure un uomo, devo anche ammettere che è scontroso, melodrammatico, rompipalle, irritante, saputello, straordinariamente intelligente e bellissimo, ma tutte le sue caratteristiche lo rendono perfetto ai miei occhi. Ammiro le sue ingredibili doti deduttive e l'ingredibile intelligenza, ma più di tutto, i suoi occhi. Quegl'occhi dalle mille sfumature d'azzurro che d'un tratto posson sembrar tempesta e ghiaccio, mentre subito dopo, guardando attentamente, ci si trova tristezza e fragilità. Continuo a sostenere di non essere gay, ma penso di amarlo, solo lui, l'unica eccezione, e così com'è....penso sia stato quello che tutti definirebbero colpo di fulmine anche se non credo a queste cose. Sherlock, giuro su me stesso che ti proteggerò, e se proveranno a farti del male, ucciderò chiunque si avvicinerà a te! È una promessa.”

-mantengo sempre la mia parola Johnny caro – rispose infine il sovrano riportando l'attenzione di John su di lui.

-va bene, fai di me quel che vuoi, ma non osar toccarlo... -. A quel punto il corpo del capitano, cessò di dimenarsi inutilmente dando la possibilità al re di prenderlo per il collo con la mano libera e con l'altra, di bruciarlo sulla spalla sinitra. Questa volta non si era risparmiato, il ferro rimase sulla sua pelle per quelli che sembravan giorni, ed un urlo uscì dalla bocca di Watson che non riuscì più a trattenersi. - ooooh, questo rimarrà per un po', vero apprendista dottore? Mh, perchè non ti metti a piangere biondino? - lo sfottè poi lasciandogli il collo, ma il povero prigioniero non ebbe il tempo di mandarlo a quel paese, poiché ricevette una forte botta in testa che gli fece perder i sensi.

 

 

Nella casetta ai limiti della foresta, uno strano grigiastro gufo, si posò sulla finestra della cucina prima di entrarvi del tutto. - Ben tornato Greg, ti stavo aspettando con impazienza – la fredda e tranquilla voce accolse il rapace che immediatamentre trasmutò riappropriandosi del proprio aspetto originale. - Myc, ho delle novità. Ho seguito John come mi avevi chiesto ed è caduto nella trappola di Moriarty. Cosa facciamo ora che sono entrambi nel castello? -. spiegò il brizzolato, agitandosi. -calmati, era nei miei piani che venissero catturati tutti e due. Ora dovresti portare un messaggio a mio fratello. Appena ti ritrasformerai in quello splendido gufo, ti legherò questo biglietto magico capace di teletrasportarsi fino a 5 metri a piacimento. -. spiegò mostrandogli il pezzo di carta e avvicinandosi a meno di un metro dal amante.

-bhè, grazie per lo splendido, ma con John? Come lo avvertiamo del piano? -

-non saprà nulla, o potrebbe involontariamente far saltare il piano -.

Appena prima di trasmutare, il capo di Scotland Yard, fu afferrato da Mycroft per un polso e avvicinato lentamente a se. -ti sei meritato un premio, gufo Greg– e posò con calma le proprie labbra su quelle del compagno in un dolce e lungo bacio. -mi piace questo premio, dovrò cercare di meritarmelo più spesso o obbligarti con le manette -. ghignò divertito prima di dargli un altro bacio, questa volta veloce e casto. -bene, ora vado Myc, buona notte -.

-buona notte-.

Aspettò che la trasformazione fu completa per legargli il biglietto alla zampa destra, poi andò a sedersi sulla sua poltrona, guardando volare via il suo ragazzo tra la nebbia creatasi da poco.

Sbatteva lentamente le piumate e lunghe ali nel freddo della notte guardandosi cautamente in torno per assicurarsi di non esser visto da nessuno. All'orizzone apparve lo sfarzoso castello reale, grande abbastanza da sembrare una montagna ad occhio incapace di veder al buio, ma per Greg non fu quello il problema, bensì le guardie che sorvegliavan il perimetro. Decise così, di attirarle facendo rumore tra gli alberi, per successivamente apparire alla finestra del minore degli Holmes. “ottimo” pensò “sta suonando proprio davanti alla finestra... mi basterà picchiettare sul vetro che aprirà gli occhi”. S'avviò quindi, attuando il piccolo piano appena pensato. Picchiettò sul vetro col becco, anche se risultò più difficile di quello che pensava, sperando di esser sentito dal consulente investigativo; pochi istanti dopo, quest'ultimo, percependo un rumore di certo non proveniente dal violino, aprì di scatto gli occhi trovandosi di fronte il gufo.

-Lestrade, ti manda mio fratello?- come risposta ricevette un movomento deciso della testa. -e quella suppongo sia per me- di nuovo il gufo mosse il muso. -bene, mandamela. Mycroft ti avrà sicuramente spiegato come funziona -. passarono si e no cinque secondi prima che la lettera si dematerializzasse dalla zampa di Greg e riapparisse tra le mani si Sherlock. Sfilò il cordino che la teneva chiusa e lesse:

 

 

Caro fratellino,

hanno preso John ed è quasi sicuramente tenuto prigioniero nelle stanze di Moriarty nell'ala est del castello. Vi stò osservando dall'inizio di questo breve viaggio, ma son convinto che tu stia cambiando, comunque, veniamo al punto.

Ciò che Jim vuole è sconfiggerti del tutto facendoti soffrire, quindi saprai meglio di me che userà il capitan Watson. Non sono l'unico ad aver capito evidentemente che voi due siete legati da qualcosa a me sconosciuto, ma stai attento Sherlock perchè vuole i tuoi poteri per uccidere gli umani comuni e cercherà di portarteli via con ogni mezzo. L'Unione sarà salvata dalla compagnia della notte al richiamo popolare per eccellenza, ma l'incubo verrà ucciso da colui che distruttore non sa di essere.

Buona fortuna.

-grazie Lestrade, ho recepito il messaggio -. congedò infine il rapace stendendosi sul letto per tentare di concentrarsi sulla strategia da seguire.

 

 

Gli doleva la testa, ma riuscì comunque a schiuder gli occhi. Tentò d'alzarsi senza risultato, le braccia erano troppo pesanti e le gambe sembravan bloccate da qualcosa. No da qualcuno. Girò la testa verso destra capendo d'esser a pancia in giù sul lugubre letto di Jim, riuscendo poi a vedere le proprie braccia legate con delle catene al baldacchino. Gli occhi vedevano ancora sfuocato, ma capì che la figura che gli gravava addosso, era proprio Moriarty. -ben svegliato Johnny boy, ora possiamo iniziare a divertirci sul serio ahahah -. John, anche se non ancora del tutto lucido, realizzò in un istante cosa intendesse quel dannato essere. -Jim, no! Non ci provare neanche lurido verme schifoso. Levati di dosso! -. urlò.

-oh caro, ma allora mi toccherà graffiare quel bel candido faccino di Sherlock. Va bhè, Guardie! -

-no aspetta, lascialo in pace. Farò quello che vuoi, ma richiama i tuoi scimmioni -

-allora, possiamo iniziare Johnny boy. Scommetto mi divertirò da matti -.

Il re si fece lasciare le chiavi del proprio alloggio, chiudendosi all'interno col prigioniero. Si riavvicinò al proprio letto iniziando a denudarsi, per poi svestire anche il capitano. Rimase per parecchio tempo a fissarlo facendosi sfuggire di tanto in tanto un gridolino divertito. -chi l'avrebbe mai detto che sotto a quei larghi vestiti, si nascondeva un così tonico e abbronzato corpo? Ora capisco perchè Holmes ti ha tenuto con se....hai un bellissimo fisico sai? Bhà, magari potrei tenerti tutto per me -.

Ma John non aveva neanche la forza di rispondere tanta era la rabbia. - non mi guardare con quella faccia arrabbiata e da cane bastonato, lo sai che non potrai ribellarti. Sono eccitatissimo all'idea di vedere come reagirai -. ringhiò maliziosamente, mentre saliva a cavalcioni del biondo.

Quella notte, mentre il sovrano si divertiva col corpo di John, quest'ultimo, tra dolori lancinati, piangeva silenziosamente per la brutale umiliazione che stava subendo. Legato e stuprato, continuava a pensare. Fino a che, esausto, pensò a Sherlok.

Sherlock aiutami”

-John? John mi senti? John! -

-Sherlock? Sei proprio tu?-

-si John, ti ricordi il collegamento psichico? Il nostro legame può essere effettuato anche a distanza a quanto pare. Sei nelle stanze di Moriarty?-

-si-

-John, cosa sta succedendo?-

-niente-.

Mentre era in collegamento con Sherlock non riusciva a smettere di piangere per quello che Jim gli stava facendo. Gli stava portando via la dignità e l'orgoglio, gli stava portando via tutto. Il dolore poi era insopportabile.

-dannazione John, ti sta facendo del male?-

-n-no, tranquillo-

A quel punto, il collegamento si spezzò per una fitta di dolore lancinante che portò Watson a ringhiare per non urlare. Almeno quello non lo avrebbe fatto. Non si sarebbe arreso come soldato.

-John! Rispondi John!-




-aspettami John, stò arrivando a prenderti -

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