Basil l'Investigatopo 2: loving and fighting di Bebbe5 (/viewuser.php?uid=57006)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coming back from hell ***
Capitolo 2: *** Happiness and despair ***
Capitolo 3: *** Memories ***
Capitolo 4: *** Love ***
Capitolo 5: *** New game ***
Capitolo 6: *** Quarrels ***
Capitolo 7: *** Let's get the party started ***
Capitolo 8: *** I'm afraid ***
Capitolo 9: *** Let's fight ***
Capitolo 10: *** The end (first act) ***
Capitolo 11: *** Healing ***
Capitolo 12: *** Reunions and.... ***
Capitolo 13: *** A new case ***
Capitolo 14: *** The bank ***
Capitolo 15: *** Troubles ***
Capitolo 16: *** The end (second act) ***
Capitolo 17: *** Note dell'autrice ***
Capitolo 18: *** Scoperte ***
Capitolo 19: *** Meeting B.B ***
Capitolo 20: *** A little chat ***
Capitolo 21: *** Confidenze ***
Capitolo 22: *** Finally ***
Capitolo 23: *** what's happening? ***
Capitolo 24: *** Misteri ***
Capitolo 25: *** Scontro al locale ***
Capitolo 26: *** Ricerche ***
Capitolo 27: *** Luce e ricordi ***
Capitolo 28: *** E ora? ***
Capitolo 29: *** Libertà ***
Capitolo 30: *** Un'idea ***
Capitolo 31: *** Altre rivelazioni ***
Capitolo 32: *** Si parte ***
Capitolo 33: *** Moving ***
Capitolo 34: *** I found you ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 1 *** Coming back from hell ***
Note
dell’autrice: mentre stavo navigando su fanfiction.net, mi sono soffermata a
leggere delle storie su Basil l’investigatopo, una passione mai morta che ho da
quando avevo 4 anni. Sono venuta a cercare delle fanfiction sull’argomento anche
qui, ma sono rimasta delusa. Allora ho deciso di scriverle io, anche se non
verranno quasi sicuramente mai lette, figuriamoci recensite. Almeno mi sarò
tolta lo sfizio.
A
tutti gli avventurosi che si apprestano a leggere un grazie infinito, a tutti
quelli che addirittura recensiranno una ola grande come il mondo.
Spero
comunque che piaccia.
Capitolo
1
Il
Big Ben stava suonando la mezzanotte, per le strade non c’era anima viva, o
almeno nessun’anima “umana” viva. Due roditori infatti camminavano lungo il muro
di un’imponente casata.
“Brrr,
mi mette i brividi il suono di quel maledetto orologio”disse
uno.
“Già,
anche io li sento da quando il nostro capo è morto”disse l’altro ”Chissà che
volo poveretto”.
“E
quel miserabile detective se l’è cavata lo stesso. Che rabbia, se ora l’avessi
tra le mani io….. io….”
“Sì,
ci ha fatto passare tre anni in galera quel verme. Ma come accidenti avrà fatto
a fuggire dalla trappola?! Era perfetta, da ogni punto di
vista.”
“Non
lo so, sembra sempre un passo avanti a noi.”
“Se
il capo fosse ancora vivo io non esiterei a riunirmi a lui, pur di farla pagare
a Basil.”
“Io
non esiterei nemmeno a fare un patto col demonio stesso, se mi garantisse la sua
morte.”
“Sareste
davvero disposti a farlo?” li interruppe una voce che i due non sentivano più da
ormai tre anni. Tremanti, si guardarono intorno, certi di aver sognato, ma dalla
foschia che avvolgeva la strada spuntò la sagoma di un topo enorme, un ratto
(anche se quest’ultimo nome, se pronunciato, veniva seguito subito dalla morte
di colui che, tanto sconsideratamente aveva osato aprir bocca), vestito con dei
pantaloni e una giacca nera, dalla quale spuntava un foulard viola e rosa. Sulla
testa c’era una tuba, anch’essa nera, e in mano un lungo bastone con un pomo
d’oro in cima.
Sulla
faccia quel ghigno che aveva sempre terrorizzato tutti, nemici e
alleati.
“C-
capo?”chiesero esitanti i due “Ma dovresti essere morto.”
“Vero,
sono tornato dall’inferno apposta per quello stupido che ha osato tentare di
uccidermi.” rispose Rattigan con un tono calmo, in cui si percepiva però una
grande rabbia. “Ho sentito che sareste disposti a seguirmi di nuovo pur di
fargliela pagare.”
“MA
CERTO!!!!” risposero i due esultanti.
“Benissimo,
allora venite con me, andiamo nel mio covo. Il resto del gruppo ci aspetta
là.”
I
due erano increduli, come increduli erano tutti quelli che si trovavano già sul
posto.
Però,
quando Rattigan parlò, ogni dubbio svanì, lasciando il posto ad una sorta di
gioia malvagia, assetata di vendetta.
“Amici
miei, sono felice di vedervi tutti qui presenti ad accogliermi. Lasciate intanto
che vi presenti il mio nuovo socio, Moriarty”.
A
questa frase un enorme ragno (almeno così lo vedevano i topi), grande quasi
quanto Rattigan, si avvicinò al topo, tra gli applausi e le grida dei
presenti.
“Sapete
perché siamo qui vero?”
“SI’.”
“Vogliamo
uccidere Basil.”
Urla
sempre più concitate si sentivano tra la folla.
Rattigan
li guardò tutti e poi mormorò: “Lo faremo, state tranquilli, ho già in mente un
piano. Siete con me?”
“Sì.”
“Siete
con me?” ripeté alzando un po’ la voce.
“SI’.”
“SIETE
CON ME?” stavolta lo chiese gridando.
“SI’!!!!!!!!!!!!!!!!!”
e con questo la folla cominciò ad urlare, a saltare, a festeggiare.
Rattigan
li guardava fiero. “Basil, sarai mio!” sussurrò.
FINE
DEL CAPITOLO
Sì,
è proprio così, ho deciso finalmente di riaggiustare questa mia fiction, anche
in vista di un’eventuale traduzione per fanfiction.net. A parte la questione
delle date, riadatterò un po’ la sintassi e cambierò alcuni nomi (per esempio
quelli degli attori amici di Cornelia). Buffo come mi appaiano infantili i
primissimi capitoli, ma non temete, non li cambierò totalmente, così come non
cambierò i commenti ai vari capitoli, sono dei ricordi troppo belli. Buona
lettura.
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Capitolo 2 *** Happiness and despair ***
Nota
dell’autrice: eccomi qua, pronta a scrivere un altro capitolo.
Sinceramente
non pensavo che questa storia venisse letta, né tanto meno recensita.
Ringrazio
quindi di tutto cuore Hikary. Credo di aver già detto che vado matta per questo
cartone e, sta’ tranquilla, ho intenzione di finire questa storia. Il problema è
che non so come. Ho un milione di idee e assemblarle mi sembra difficile.
Comunque farò del mio meglio per accontentarti, la tua recensione mi ha fatto un
piacere immenso.
Spero
che il capitolo ti piaccia.
Capitolo
2
Un
lampo squarciò il cielo di Londra, seguito da un fortissimo tuono e da uno dei
più violenti temporali di quell’autunno. Per le strade la gente si affrettava a
raggiungere le proprie abitazioni o, quanto meno, una carrozza.
In
tutta quella confusione, chi mai si sarebbe potuto accorgere del topolino che,
strisciando contro i muri, si dirigeva in tutta fretta verso Baker Street? Era
piuttosto corpulento, rispetto a quelli della sua specie, con due baffetti
proprio nel centro di un volto che mostrava affidabilità e dolcezza, ma anche
una gran forza d’animo. Aveva una bombetta e un cappotto neri e si riparava con
un minuscolo ombrello dello stesso colore:
“Fortuna
che l’ho preso prima di uscire.” pensò.
Arrivato
a destinazione, al 221B della via, si fermò un attimo per riprendere fiato
davanti alla porta:
“Forse..
anf…dovrei…anf ascoltare Basil e…anf.. fare un po’ più di moto” si disse
Topson (se non l’avevate ancora capito) prima di chiudere e scuotere l’ombrello
e di entrare in casa.
Non
riuscì a reprimere un sorrisetto divertito come, del resto, gli capitava ormai
da due anni a quella parte. La casa, che divideva con il suo grande amico
investigatopo, era molto cambiata dopo la morte del terribile nemico di Basil,
Rattigan. Quando vi era entrato per la prima volta, vi aveva trovato un
disordine immenso: ritagli di giornali attaccati un po’ dappertutto, senza una
logica apparente, strani aggeggi meccanici e diversi alambicchi sparsi un po’
per tutta la casa e persino delle piume sparse un po’ su tutto il pavimento
(frutto di esperimenti con pistole e fucili vari). La cosa strana era che, anche
allora, non c’era un granello di polvere in tutta casa, dato che la signora
Placidia, la cameriera, era una vera e propria maniaca dell’ordine e ciò aveva
portato a liti piuttosto accese tra lei e il padrone di casa (o meglio, chi
urlava era lei, mentre lui sembrava non considerarla affatto).
Con
la sparizione dell’ossessione di Rattigan, la cosa si era un po’ ridimensionata:
ora il disordine era tutto concentrato nella camera di Basil, etichettata dalla
governante come zona pericolosa e da evitare. Il resto della casa, invece, era
stato rimesso totalmente in ordine, il che non dava più l’impressione di essere
pigiati in un qualsiasi archivio cittadino, ma, al contrario, offriva una
piacevolissima sensazione di accoglienza a tutti coloro che vi entravano.
Topson
stava per appendere il cappotto e la bombetta all’attaccapanni nell’ingresso,
quando notò che, oltre a mancare quello del suo amico, ad uno dei ganci era
attaccata un bellissimo soprabito verde scuro, con dei bottoncini d’oro e un
semplice cappellino con lo stesso colore e gli stessi intarsi. In quel momento
la signora Placidia comparve nell’atrio, accigliata, ma un attimo dopo il suo
viso si addolcì, vedendo davanti a sé solo il migliore amico del suo peggiore
incubo.
“Oh,
buona sera dottore. Bentornato.” Cominciò lei.
“Buona
sera anche a lei signora. Mi dica: chi è la signorina che è venuta a farci
visita?” chiese gentilmente Topson.
“Non
si starà mica trasformando in uno come il signor Basil, vero?” chiese la donna
con un tono tra il divertito e il preoccupato. “Comunque posso dirle che è
un’amica di vecchia data del signore, un angelo se mi posso permettere. Non so
come faccia a sopportare quello là, ma si conoscono fin dalla tenera età e… Oh,
perdinci. Vada ad incontrarla e la intrattenga un po’. Saranno ormai quasi tre
ore che è seduta di là nel salotto, ci ho conversato un po’ ma sa.. le mie
mansioni…”
“Ma
Basil dov’è? Ah già, Scotland Yard”. Si era dimenticato che il detective, una
volta la settimana si recava alla stazione di polizia per dare una mano con i
casi che si presentavano.
“Sì,
e spero che torni il più tardi possibile” Disse la governante prima di tornare
in cucina.
Topson
appese i suoi effetti nell’ingresso e si avviò verso il salottino.
Quando
vi entrò, il fiato gli si mozzò in gola. Davanti a lui c’era una delle più belle
topoline che avesse mai visto. Aveva un lucidissimo pelo marrone chiaro, i
capelli dello stesso colore, forse più tendente al biondo, che le ricadevano in
morbidi ricci sulle spalle. Portava un vestito dello stesso colore del soprabito
e del cappello nell’ingresso e, come notò il dottore, un paio di guantini neri
era appoggiato sulla poltrona dove lei era seduta. Era talmente assorta nella
lettura del suo libro che non si era accorta dell’ingresso di Topson, il quale,
dopo non aver potuto fare a meno di notare che quell’aria così assorta gli
ricordava quella dell’angelo della Madonna delle Rocce nella National Gallery,
si schiarì leggermente la voce e la signorina alzò di scattò il volto e il
dottore vide che aveva due occhi azzurri, no grigi, no verdi, no… un colore
bellissimo ecco.
“Buonasera
signore, chi ho il piacere di incontrare?” chiese lei con una dolcissima vocina
da fata.
Dopo
un attimo di immobilità, l’interrogato si affrettò a
rispondere:
“Dottor
David Q. Topson, e qual è il suo nome signorina?”
“Cornelia
Blackwood, tanto piacere”.
Dopo
un rapido ma cortese bacia mano, i due si sedettero sulle poltrone del salotto
davanti al caminetto e cominciarono a chiacchierare. Il dottore apprese che
Cornelia conosceva Basil fin da quando i due avevano 5 anni, avevano frequentato
insieme ogni scuola, perfino il college ed erano sempre stati compagni di
classe. Dieci anni prima lei, su ordine della famiglia, era dovuta partire per
il Continente, qualche anno prima che Topson, arrivasse a Londra, ed era
diventata una famosa attrice, cantante e ballerina, molto rinomata e rispettata
da tutti. Topson si ricordò allora di aver visto la foto della ragazza su un
giornale una volta e gli pareva troppo bello e strano che la giovane fosse tanto
semplice (a giudicare dal soprabito e dal vestito) nonostante avesse molti
soldi.
I
due continuarono a conversare finché Basil tornò da Scotland Yard, quasi due ore
dopo. Anche il detective si soffermò a guardare il cappotto ma, diversamente
dall’amico, si fiondò immediatamente nel salotto e corse a salutare
l’amica:
“CORNELIA,
oh quanto tempo è passato. Come stai? Tutto bene?”
”
BASIL, già sono passati ormai dieci anni e tu sei cambiato tanto sai?”
“Davvero?
Non credevo: il colore degli occhi mi sembra lo stesso, quello del pelo pure,
non sono alzato, non sono ingobbito…”
”Non
parlo di qualità fisiche. Dove diavolo è finito il disordine di cui andavi
tanto fiero?”
“Ah,
quello, beh è tutto pigiato in camera mia”
“E
tu riesci a dormirci? Che fai, ora sei pure stregone e riesci a trasformarti in
un pezzo di intonaco per poterci dormire?”
“Ehi,
bada a come parli”
I
due litigavano ridendo, in una maniera che portò Topson a chiedersi se tra i due
non c’era più di una semplice amicizia.
“Sono
contenta di essere finalmente tornata.”.
“Sì,
anch’io e… ATTENTA!”
Con
uno scatto fulmineo, Basil si abbassò a terra trascinando con sé Cornelia,
mentre una pietra entrava a velocità fulminea nella stanza, fracassando il vetro
della finestra e andando a colpire l’armatura del detective che cadde in pezzi
sul pavimento.
“In
nome del cielo, CHE E’ SUCCESSO?” La voce della signora Placidia risuonò fuori
della porta, prima che la governante entrasse nella stanza, imbelvita a tal
punto che, Topson ne era certo, se fosse stata un leone avrebbe sbranato il suo
padrone senza troppi ripensamenti.
“Signor
Basil, avevamo deciso che il disordine, compresi vetri rotti e fracassamenti
vari si sarebbe limitato alla zona dei suoi appartamenti e… SIGNOR BASIL, MI STA
ALMENO ASCOLTANDO?” disse rivolta al detective che, dopo aver appurato che
nessuno dei suoi amici si era fatto male, si era avvicinato al proiettile.
Quest’ultimo era tutto pieno di ragnatele e, a ben guardarlo, ci si sarebbe
accorti che c’era qualcosa inciso sulla roccia.
Incurante
degli strepiti della sua cameriera, Basil raccolse il sasso e cominciò a
togliere le ragnatele. Cornelia e Topson, intanto, cercavano un po’ di calmare
l’ormai isterica governante, un po’ di seguire i movimenti del
detective.
Dopo
quasi cinque minuti, dalla bocca di Basil uscì un urlo tra il disperato e
l’irato.
“No,
no, no, non è possibile, è un incubo, solo un incubo” cominciò a
mormorare
“Cosa
è successo Basil?” chiese Topson ansiosamente mentre Cornelia osservava muta la
scena.
Per
tutta risposta, il detective gli lanciò la pietra e il dottore vide con orrore
che vi era incisa una “R”, allo stesso modo di quella che tanto avevano temuto
dieci anni prima.
Sembrava
impossibile, troppo orribile per essere vero, ma la prova era lì davanti ai loro
occhi.
Rattigan
era tornato.
Ecco
qua il secondo capitolo, dedicato a Hikary. Spero che ti piaccia, forse è un po’
lungo, ma altrimenti non tornava.
Che
ne pensi di Cornelia?
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 3 *** Memories ***
Nota
dell’autrice: so che “perseverare diabolicum est”, ma, ehi un impegno è un
impegno e io ho promesso di finire assolutamente questa
storia.
Se
poi non ci saranno recensioni, non importa: secondo me uno dovrebbe scrivere per
passione e non per ricevere commenti ecc. Questo è un messaggio per tutti coloro
che cominciano una storia e non la finiscono, lasciandola lì per mesi,
addirittura anni. Ognuno avrà i suoi problemi, ma io non lo sopporto.
Via,
dopo questo piccolo sfogo, diamo il via all’immaginazione e cominciamo a
scrivere.
Buona
lettura
Capitolo
3
Sembrava
impossibile, troppo orribile per essere vero, ma la prova era lì davanti ai loro
occhi.
Rattigan
era tornato.
Pochi
minuti dopo, Basil, Topson e Cornelia se ne stavano seduti sulle poltrone del
salotto. La signora Placidia, nonostante fosse l’ora di cena, dopo aver ripulito
la stanza dai vetri e aver rimesso a posto l’armatura con l’aiuto di Cornelia (a
questo proposito, la governante si era inizialmente ribellata per poi arrendersi
alla gentilezza della ragazza), aveva preparato del tè bollente al bergamotto,
servendolo in eleganti tazze di porcellana blu e accompagnandolo con le sue
deliziosissime focacce al formaggio.
Nessuno
dei tre, però, aveva toccato ancora niente. Topson era sconvolto e Cornelia
incuriosita, ma entrambi osservavano con attenzione Basil, che se ne stava muto
sulla sua poltrona, con le mani giunte e gli avambracci appoggiati sulle
ginocchia, lo sguardo assente, che però lasciava trasparire tanta
disperazione.
Il
silenzio e la tensione si tagliavano con un coltello. Topson decise di rompere
il ghiaccio che sembrava essersi impossessato delle loro
menti.
“Basil,
hai considerato l’ipotesi che possa trattarsi di uno scherzo? Rifletti, tutta la
Londra criminale ti odia, chiunque avrebbe potuto mandarti un messaggio
intimidatorio, spacciandosi per Rattigan e quindi tentare
di…”
“No,
Topson, non c’è alcun errore. Il tratto è lo stesso e, credimi, è
inconfondibile. Oh, dannazione! Sono di nuovo all’inizio di una storia che
speravo fosse conclusa”
Rispose
l’investigatopo con la voce tremante.
“Basil,
calmati, l’hai già sconfitto una volta, cosa ti fa pensare che
non…?”
“OH
ACCIDENTI, PERCHE’ NON CAPISCI?!” sbottò il detective, alzandosi di scatto e
facendo sobbalzare il dottore “neanche un volo dal Big Ben l’ha ucciso!! Neanche
quello. Dev’essere per forza un demonio o qualcosa del genere, nato per
perseguitarmi. Come diavolo faccio io ad uccidere uno come lui? Cos’altro devo
fare che non ho già fatto? Cosa….”
SCIAFFF!!!
Il rumore di uno schiaffo risuonò nel salottino e a quello seguì il
silenzio.
Cornelia
si era alzata e aveva colpito Basil con il dorso della mano. Sia il detective
che Topson la guardavano allibiti.
“Ora
ascoltami bene, Basil di Baker Street. Non esiste topo in tutta Londra che abbia
la tua determinazione, tanto meno la tua intelligenza.”
“Per
forza, più stupido di quello che sono..”
Sciaff!!
Un
altro schiaffo, stavolta sulla guancia opposta.
“Non
ti azzardare ad interrompermi, né a sminuirti. Il tuo comportamento non è di
umiltà,
ma di pusillanimità. Sai benissimo di essere in grado di affrontare questa
situazione, eppure ti tiri indietro, come un bambino che cade per la prima volta
dall’albero della cuccagna, quando è quasi arrivato in cima. Dov’è finito il
Basil che conoscevo, colui che non si tirava indietro neanche al più
irrisolvibile dei rompicapo del professore di matematica, colui che stava a
giornate a suonare il violino quando un brano non gli riusciva, colui che
risolveva anche la sparizione di una semplice penna d’oca di un ragazzino
disordinato del primo anno?”
“Quei
tempi sono passati, ero giovane e con l’idea di poter aiutare il mondo in
qualche maniera, Rattigan non c’era ancora”
“Ma
sentitelo, ha parlato Matusalemme!! E comunque Rattigan c’era eccome. Ti ricordo
che fosti tu ad aprirmi gli occhi su di lui, quando lo
frequentavo.”
La bocca di Topson si spalancò. Com’era possibile che un
simile angelo potesse essere stato legato in qualche modo a Rattigan?
“Se
poi non ricordo male” continuò Cornelia “io all’inizio nemmeno ti ascoltavo, ti
trattavo male, anche se eri il mio migliore amico, ma tu hai continuato a
provare a redimermi e, solo con la perseveranza per la quale sei tanto famoso,
ci sei riuscito.”
“Ma
dimmi un po’, tu chi saresti per venirmi a dire come mi devo comportare, eh? Ti
ripresenti dopo dieci anni, mi schiaffeggi e pretendi pure che io ti ascolti?”
sbottò Basil.
“Cerco
solo di aiutarti, tengo moltissimo a te.” Ribatté Cornelia
“Ah
davvero? E allora perché te ne sei andata per così tanto tempo invece di
restarmi vicina quando avevo più bisogno del tuo
appoggio?”
“E’
stata la mia famiglia a mandarmi in Europa”
“Ma
davvero? Beh, tu avresti potuto rifiutare, ma volevi fare carriera, avere tanti
soldi..”
“Non
sai quello che dici”rispose Cornelia con la voce che le tremava.per la
rabbia.
“Magari volevi
sedurre un ricco signore che ti avrebbe mantenuta e poi…” Basil non riuscì
mai a finire la frase, perché un pugno gli arrivò dritto dritto nel naso,
mandandolo a finire per terra.
Il
volto arrabbiato di Cornelia faceva paura a tal punto che Topson arretrò di
qualche passo.
“Non ti permettere mai più di darmi della “attricetta
da pub” chiaro? E se proprio vuoi saperlo, me ne sono andata perché
Rattigan minacciava di uccidere te e tutta la mia famiglia se non avessi smesso
di aiutarti. Me ne sono andata brutalmente, lo so, m era l’unico modo per
salvarli, per salvarti. Ho scelto di recitare per mettermi in mostra in modo che
Rattigan sapesse esattamente che non ero a Londra. Quando ho sentito della morte
di quel maledetto sono ritornata, sperando di ritrovare tutto com’era prima”. La
sua voce era cambiata, era diventata triste.
“Hai
ragione comunque, chi sono io per dirti cosa devi fare? Anzi, visto che si è
fatto tardi penso che sia il caso di tornarmene a casa.”
Detto
questo, ricacciando indietro le lacrime che spingevano per uscire, Cornelia si
avviò verso la porta.
“Sai,
speravo di trovare quel ragazzo determinato che tanto mi piaceva ai tempi del
college. Invece ho trovato un grande detective, rammollitosi dopo aver raggiunto
il suo obiettivo per una volta. Spesso mi sono sentita dire che dovevo crescere,
ora mi rendo conto che, forse, crescere è la cosa più brutta, almeno per uno
come te. Addio Basil, buona sera dottore.”
Con
queste parole, la ragazza uscì dalla porta. La sentirono mettersi cappello,
guanti e soprabito e uscire dalla porta.
Topson
guardò Basil che, ancora a terra, guardava sconvolto la porta dalla quale era
uscita l’unica persona per cui il suo cuore aveva sempre
battuto.
Il
dottore gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi, poi gli disse: “Sai, credo
che non avesse tutti i torti. Forse i suoi modi sono stati un po’ bruschi
ma..”
“No,
sono stati esattamente quello che ci voleva in una situazione del genere.
Accidenti, le devo chiedere scusa.”
Il
detective si avviò verso la porta, con tutta l’intenzione di correre dietro a
Cornelia, quando un urlo della ragazza lo bloccò.
“Oh
no” mormorò prima di uscire nella notte temporalesca.
Guardandosi
intorno non vide niente, eppure quell’urlo l’aveva
sentito.
“LASCIAMI,
BRUTTA BESTIACCIA, LASCIAMI!!”.
La
voce della ragazza veniva da un punto imprecisato alle sue spalle. Basil si
voltò e guardò in alto.
Ciò
che vide gli fece rizzare il pelo dall’orrore: appeso al cornicione stava il più
grosso ragno che lui avesse mai visto e tra le sue grinfie c’era Cornelia che si
divincolava, legata con quelle che, sicuramente, erano
ragnatele.
“Lasciala
andare immediatamente” urlò Basil.
“Uh,
ma guarda chi si è deciso a mettere il muso fuori casa! Il grande detective! Eri
un pochettino scoraggiato eh? Non ti attaccherò per il momento, ma la ragazza
viene con me. Sai, Rattigan mi ha chiesto espressamente di portargliela e…
AAAAH!”
Basil
aveva fulmineamente estratto un revolver che portava sempre con sé e aveva
sparato al ragno il quale, centrato in pieno in un occhio, aveva lasciato cadere
la ragazza.
Cornelia
cominciò a precipitare urlando, ma pochi secondi dopo, si trovò tra le braccia
di Basil che l’aveva prontamente afferrata.
“Stai
bene?” le chiese lui sorridendo.
“Credo
di sì, sai, con questa presa, potresti essere il mio Robin Hood a
teatro.”
“Uhm,
non credo di essere tagliato per recitare.”
Poi
rivolgendosi al ragno
“Tsk,
Rattigan ha peggiorato i suoi gusti in fatto di lacchè. Vampirello era patetico
e brutto, ma tu lo sei doppiamente”
“Grrr,
non avresti dovuto sfidarmi così. Ma non temere. I giochi sono aperti
investigatopo e presto avrò occasione di rifarmi”
Detto
questo sparì nella notte.
FINE
DEL CAPITOLO
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Capitolo 4 *** Love ***
Nota
dell’autrice: Ari-eccomi di nuovo. L’ispirazione (strano ma vero) mi è venuta
ieri mentre ero a scuola a fare il seggio. Nei momenti di stacco prendevo carta
e penna e cominciavo a scrivere, con il risultato di aver portato un bel po’
avanti questo capitolo.
X
Hikary: non ti preoccupare se non riesci sempre a recensire, capita spesso anche
a me di leggere e non avere tempo di lasciare un commentino. Comunque, la bella
recensione che mi hai scritto ha compensato la tua “assenza” nel secondo
capitolo.
Sì,
lo so che Rattigan e Cornelia non stavano bene insieme, ma mi serviva per dare
un minimo di trama. (Lo so, mia madre e mia sorella mi hanno riempito troppo la
testa con Beautiful, Centovetrine ecc.)
Sono
contenta che la storia ti piaccia, spero di continuare
bene.
Fammi
sapere che ne pensi del capitolo, ci tengo al tuo giudizio in
particolare.
Grazie
di tutto Bebbe5
P.S.
Perché non scrivi anche tu una fanfiction su Basil? Sarebbe divertente
no?
Capitolo
4
“Grrr,
non avresti dovuto sfidarmi così. Ma non temere. I giochi sono aperti
investigatopo e presto avrò occasione di rifarmi”
Detto
questo sparì nella notte.
“Tsk,
un altro psicopatico” commentò Basil “Allora, rientriamo in casa e vediamo di
toglierti questa roba di dosso, eh?” disse poi rivolgendosi a Cornelia che era
ancora in braccio a lui.
La
ragazza lo guardò stranita: dov’era finito il topo disperato e rassegnato di
pochi minuti prima? Ben presto, però, la confusione mutò in gioia: che si
perdesse nelle tenebre più oscure quel topo, dal momento che Basil, il Basil che
conosceva, era tornato alla luce.
“Però,
sei un pò volubile, eh Basil? Come mai hai cambiato idea così
rapidamente?”
“Beh”
rispose lui “diciamo che la ragione è finalmente tornata a farmi visita dopo
dieci anni”.
Stava
ancora piovendo a dirotto ma i due, benché bagnati fradici, non parevano
accorgersene. Era passato tanto tempo, da quando si erano trovati così vicini, e
quella conversazione, cominciate con le parole, si trasformò in un gioco di
sguardi. E’ risputo che a scuola non insegnano a leggere nella mente, ma non
c’era mai stato bisogno di libri per loro, perché i loro occhi si dicevano
tutto. Era sempre stato così fin dai tempi dell’asilo.
Esiste
un proverbio che dice: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Niente di più
falso, perché la lontananza aveva casomai acuito il sentimento che provavano
l’uno per l’altra.
Quasi
come un miope che ha dimenticato gli occhiali e avvicina il libro ai suoi occhi
per leggerlo meglio, i due avvicinarono i volti, come se volessero approfondire
la lettura, i nasi si sfiorarono per poi andare in direzioni diverse. Lo spazio
tra di loro si stava lentamente chiudendo quando…
“BASIL!
Scusami se non sono uscito prima, ma la signora Placidia era terrorizzata e non
mi ha lasciato uscire e… IN NOME DEL CIELO, COSA E’ SUCCESSO?!” esclamò
Topson.
Basil
e Cornelia erano ammutoliti. Erano stati colti in flagrante e la situazione era
a dir poco imbarazzante (NdA: ricordatevi che siamo nel 1906, un periodo in cui
si faceva ancora la corte alle ragazze).
“Miss
Blackwood, cosa ha fatto ai vestiti?” I due benedissero silenziosamente
l’oscurità e la fievole luce che illuminava la strada, grazie al quale erano
riusciti a celare il loro “crimine”, il rossore sulle loro guance ed il sospiro
di sollievo che era uscito dalle loro bocche.
“Ah..
questi…ehm…non è… niente, solo un po’ di ragnatele” rispose lei con la voce che
tremava.
“RAGNATELE?!”
ripeté allibito il dottore.
“Beh,
sì, credo che quel mostro di Moriarty le trovi più
agevoli.”
“Ah,
allora è così che si chiama quel ragno” si inserì Basil.
“Già,
fortuna che avevi un revolver e che i tuoi soliti riflessi pronti mi hanno
risparmiato una bella botta”.
“Oh,
dai, non ho fatto nulla di speciale”
“Sempre
a sminuirti! Odio quando fai così. Ringrazia il cielo che ho le mani legate e
che non posso mollarti un altro schiaffo”.
“Perché
non proseguiamo questa amabile discussione dentro al caldo, davanti ad
una tazza di tè e magari con degli abiti asciutti?” propose il
dottore.
“Ottima
idea dottore, fortuna che il vetturino che mi ha portata qui mi ha fatto
scaricare i bagagli prima di ripartire. Mi cambierò e poi tornerò a casa.” Disse
Cornelia.
“Non
ti è bastato quello che è successo? No, tu ti stabilirai qui per un po’, almeno
finché le acque non si saranno calmate in entrambi i sensi” disse Basil
indicando i nuvoloni neri.
“A
parte il fatto che hai sempre l’umorismo di un comico che riceve solo fischi, ti
faccio presente, signor investigatopo, che mi ha colto alle spalle. Credi che
non sappia badare a me stessa?” disse la ragazza leggermente
irritata.
“Guarda,
se riparti ora, ti do cinque minuti prima che tu venga
ricatturata”
“Ehi,
ti ricordo che io nella scherma e nella boxe…”
“Vogliamo,
per favore, entrare in casa?” disse Topson alzando un po’ la
voce.
I
due si zittirono e poi ubbidirono all’ordine del dottore senza ulteriori
esitazioni.
Era
raro vederlo arrabbiato ma, quando questo accadeva, era un evento degno di
essere visto, ma da una giusta distanza.
Appena
ebbero varcato la porta d’ingresso, la signora Placidia si avvicinò al terzetto
brandendo un matterello di marmo.
“Mi
illumini signora” disse Basil inarcando divertito un sopracciglio “sarebbe
quella l’arma di cui si sarebbe servita in caso di
attacco?”
“Fino
a prova contraria, signor Basil, questo matterello, se utilizzato propriamente,
può rompere la testa a qualcuno. Glielo dimostrerei provandolo sulla sua, ma è
talmente dura che neanche un matterello di bronzo potrebbe… OH SANTO CIELO!”
esclamò la signora troncando bruscamente l’ennesima sfilza di commenti carini
sul suo padrone. “Signorina, cosa le è successo?” disse poi rivolgendosi a
Cornelia, che Basil aveva ancora tra le braccia (per questo si meritò
un’occhiataccia dalla sua cameriera).
“Oh,
non si preoccupi signora, ho solo avuto un contatto ravvicinato con il nuovo
schiavetto di Rattigan. Se non ci fosse stato Basil io…”
“Non
lo dica nemmeno! E’ solo per causa sua che lei si trova in queste condizioni.
Sta sempre a ficcare il naso in cose che…”
“In
cose che mettono a rischio l’intera popolazione” la interruppe Basil, il cui
amor proprio l’aveva spinto ad intervenire. “Signora Placidia ci risparmi il
monologo. Piuttosto: la signorina resterà con noi per un po’ di tempo. Le
dispiacerebbe aprire la camera degli ospiti?”
“Oh…
oh certamente, subito, vado”. Detto questo la governante estrasse un mazzo di
chiavi da una tasca del grembiule e si incamminò verso le scale che portavano al
secondo piano della casa, seguita da Basil, Topson e
Cornelia.
La
stanza per gli ospiti era una cameretta provvista di letto, comodino e
abat-jour. Da un lato della stanza stava un armadio a tre ante e, alla destra di
esso, c’era una porticina che portava ad un bagno privato.
Benché
questa stanza non venisse mai usata, non c’era un granello di polvere, né sul
pavimento né sui vari mobili (“L’ossessione di una donna” aveva commentato
Basil).
Appena
entrati, l’investigatopo posò la ragazza sul letto ed estrasse un coltellino
svizzero da una tasca, cominciando poi a lavorare sui nodi che tenevano legata
la ragazza. La signora Placidia era andata nel bagno a riempire d’acqua calda la
vasca e Basil, premurandosi che il rumore dell’acqua corrente coprisse le sue
parole disse scherzando:
“Lei
però non la schiaffeggi quando mi offende eh?”
“Perché
in parte penso che abbia ragione, ma sono contenta che tu sia così, giusto
dottore?” Disse poi cercando di non far sentire il Topson escluso. “Sì,
signorina, ha proprio ragione.” Disse lui ridendo.
“Oh,
la prego, mi chiami Cornelia”
“Solo
se lei mi chiama Topson”
“Affare
fatto. Ma dimmi Basil, premesso che la signora Placidia è una persona ammodo,
come mai la tieni con te se non riuscite a sopportarvi?”
“Questione
di giustizia” borbottò il detective ancora impegnato con i
nodi.
“Che
tra parentesi” disse il dottore “significa che le è troppo affezionato e
credimi, Cornelia, se ti dico che per lei è la stessa
cosa”.
Basil
guardò Topson con uno sguardo omicida, che poi si sciolse in un
sorriso.
“Hai
ragione” disse dolcemente “si comporta quasi come una madre e sono sicuro che,
anche se girassi tutta Londra non ne troverei una uguale. Ecco, sei
libera.”
Disse
poi trionfante, mentre Cornelia rimuoveva il resto delle ragnatele
recise.
“Signor
Basil, ha sfatto i nodi? Bene, allora lasci in pace la signorina e vada a farsi
un bagno anche lei.”
“Hmm,
forse è un po’ troppo materna” mormorò Basil suscitando le risatine dei due
amici.
“Bene,
io vado a preparare la cena. Signorina mi chiami se la importuna
ancora.”
“Non
si preoccupi, le farò sapere se avrò bisogno di lei. Grazie di tutto
signora”.
E
con queste parole corse ad abbracciare la governante che, dapprincipio rimase
interdetta, poi ricambiò l’abbraccio.
“Ah,
bambina. Londra era vuota senza di te, vedi se riesci a redimere tu questo
scapestrato.” E, con un sorriso sulle labbra lasciò la
camera.
Cornelia
si voltò verso Basil e Topson.
“L’avete
sentita? Fuori da qui che ho veramente bisogno di un
bagno.”
“Va
bene” disse Topson “Basil andiamo” e uscì dalla porta.
“Allora,
tu non vai?”
“Non
riesco a capire ancora come fai a piacerle così tanto”
“Lascia
perdere, detective, ci sono misteri che non riuscirai mai a risolvere fattene
una ragione”.
“Ma
insomma”disse lui avviandosi alla porta “lavora per me da quasi venti anni e
non…” Basil si bloccò perché Cornelia, con una rapida mossa, l’aveva
baciato.
“Ora
ce la fai a stare zitto per un po’ e mi lasci fare quel benedetto bagno?” disse
lei ridendo prima di chiudere la porta.
Il
detective rimase fermo, inebetito, per circa due minuti davanti alla porta,
prima di avviarsi verso la sua camera con un sorriso che gli andava da un
orecchio all’altro.
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“Ma
bene, bravo, bell’inizio, complimenti.”disse Rattigan arrabbiato guardando
Moriarty, che aveva ancora l’occhio sanguinante.
“Che
ti devo dire, quella si è messa ad urlare e Basil è uscito esattamente come
volevi, ma non pensavo che avesse una pistola.”
“Almeno
Vampirello avrebbe portato a termine la sua missione. Quasi quasi rimpiango
quell’idiota.”
“Non
capiterà più, te lo prometto.”
“Sarà
bene, voglio Cornelia, devo farle capire il suo errore ad ogni costo”. Detto
questo si allontanò, lasciando il ragno a gemere di dolore nell’oscurità più
completa.
FINE
DEL CAPITOLO
Allora,
che ne pensate? Forse è un po’ lungo, ma non sono riuscita a scrivere meno. Come
capitolo, non c’è molta trama, ma ho voluto dare una definizione maggiore al
rapporto tra Basil e Cornelia.
Recensite
e fatemi sapere.
Baci,
a presto
Bebbe5
|
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Capitolo 5 *** New game ***
Nota
dell’autrice: Sono tornata con un nuovo capitolo. Il tempo per scrivere si sta
drasticamente riducendo. Comincia la parte calda del trimestre e devo
concentrarmi sullo studio. Comunque sto cercando di scrivere mentre la prof
interroga quelli sventurati dei miei compagni (altrimenti come faccio a
descrivere Rattigan senza un modello di diabolicità, comunemente detto
prof?).
No
scherzo, i miei prof sono dei grandi, non li cambierei
mai.
Allora….
Passiamo all’unica mitica recensitrice Hikary.
Sono
contenta che ti sia piaciuto, vedrai cosa combina Corny in questo chappy.
Non
vedo l’ora di leggere le tue creazioni. Io l’ispirazione l’ho trovata
riguardando il cartone e leggendo delle storie in inglese su
fanfiction.net.
Forse
questo ti può aiutare.
Via,
bando alle ciance e vediamo di concludere qualcosa.
Spero
che il capitolo ti piaccia.
Capitolo
5
Era
passata una mezz’oretta circa, da quando Basil, Topson e Cornelia si erano
ritirati nelle proprie camere per farsi un bagno e cambiarsi. Ora il detective e
il dottore si trovavano di nuovo nel salottino, in attesa di Cornelia e della
cena.
“Che
cara ragazza, eh Basil?” stava dicendo Topson.
“Bah,
è una delle tante” rispose Basil fingendosi indifferente.
“Sai,
dal modo in cui l’hai salutata, credo che per te non sia semplicemente una delle
tante. E poi, come la tenevi tra le braccia, come la guardavi….” Ribatté il
dottore con una punta di malizia nella voce.
“Beh,
come vuoi” disse il detective con la sua solita espressione di noncuranza,
arricchita però da un tenue rossore sulle guance che, questa volta, la,luce
tremolante del camino non nascose agli occhi del dottore.
Quest’ultimo,
benché morisse dalla voglia di mettere il suo amico in difficoltà per una volta,
si trattenne passando abilmente ad un altro argomento.
“Prima
Cornelia ha accennato ad una frequentazione con Rattigan. Ti va di parlarmene o
sono troppo indiscreto?”
Lo
sguardo di Basil vagò per qualche secondo, passando in rassegna ogni singolo
oggetto della stanza (tranne gli occhi indagatori di Topson), soffermandosi
infine sul libro di Cornelia, che era rimasto appoggiato sul
tavolino.
Lo
prese e lo osservò attentamente, finché la sua espressione si addolcì in un
sorriso.
“Cara
ragazza dici eh?” disse all’indirizzo del dottore “Quando la conoscerai meglio,
ti renderai conto che è il corrispettivo al femminile di Rattigan in quanto a
piani diabolici.”
Porse
dunque il libro a Topson che, dopo essersi messo gli occhiali, analizzò il
volumetto a sua volta: aveva la copertina foderata con del velluto rosso e il
titolo, elegantemente ricamato con del filo d’oro, introduceva una storia troppo
al femminile per poter far parte della sua biblioteca: Jane Eyre di Charlotte
Brönte.
Il
dottore guardò interrogativamente l’amico, che continuava a
sorridere.
“Non
noti niente di strano Topson?”
“No, mi sembra un libro
comune.”
“Se
ti sentisse Cornelia…. Quel libro è il suo preferito, Jane Eyre è la sua eroina,
il suo modello. Glielo regalai nel giorno del suo dodicesimo compleanno e, da
allora, lo porta sempre con sé, rileggendo ogni tanto i brani che più le
piacciono. Non ti sembra dunque strano che nell’andare via se lo sia
dimenticato?”
“Beh,
sai, nella fretta….”
“Credimi,
non se lo dimenticherebbe mai, piuttosto sarebbe rientrata nella stanza con gli
occhi bassi a riprenderselo. No, se l’è scordato di proposito insieme ai suoi
bagagli, perché sapeva che le sarei corso dietro a chiederle scusa e che l’avrei
fatta rientrare in casa.”
“Accidenti.
E’ un’attrice veramente bravissima.” Commentò ammirato
Topson.
“Già,
lo era anche ai tempi della scuola. E il bello è che dice cose vere quando
recita così, solo che lo fa nel modo più giusto per ogni occasione. E’ per
questo che lei piaceva e piace tanto a Rattigan, perché sono molto simili. Lei
però ha degli obiettivi nobili come ti ho già detto. Quando quel sorcio di fogna
le chiese di uscire per la prima volta, era già sulla buona strada per diventare
il criminale che è adesso. Lei, con quella relazione, sperava di fare qualcosa
per redimerlo. Quante volte le ho detto che tutto era inutile, che ormai era
perduto, lei ha continuato a provare per anni, anche trattandomi male, come ha
detto lei, e coinvolgendomi nei suoi piani da buona
samaritana.”
Basil
sospirò, riprendendo fiato e poi continuò:
“Io
e Rattigan ci siamo odiati subito: pensavamo entrambi che l’uno volesse
allontanare Cornelia dall’altro. Lei soffriva terribilmente per questa
situazione. Tante volte si è trovata a dover scegliere tra me e lui, perché noi
volevamo sentirci al primo posto per lei. Mpf mi viene in mente un episodio che,
al solo pensiero, mi fa ridere. Tu sai che io suono il violino giusto?” Il
dottore annuì “Ma non sai che anche Cornelia e Rattigan sanno suonare uno
strumento: il pianoforte lei, l’arpa lui. Lei frequentava un corso veramente
serio, in cui le veniva insegnata anche l’arte della composizione. Per un saggio
di fine anno, le venne richiesto di comporre un duetto per pianoforte ed un
altro strumento. Quando ce lo venne a dire, saltammo su entrambi, pretendendo di
essere noi lo strumento accompagnatore. Sai cosa fece quella poveretta per
metterci d’accordo? Compose uno splendido brano per arpa, violino e pianoforte e
ci costrinse a suonare insieme. Inutile dire che i nostri rapporti peggiorarono
però…”
“Scusa
se ti interrompo Basil, ma vorrei chiederti una cosa: cosa le ha fatto cambiare
idea su di lui? Cosa le ha fatto smettere di provare a
redimerlo?”
“Beh,
diciamo che una sera si è spinto troppo in là, ma per fortuna lei è anche
maestra di scherma e boxe, ed è riuscita a salvarsi.”
“Oh
mi dispiace, certo che è strano che una ragazza possa praticare questi
sport.”
“Beh,
diciamo che ha usato la scusa di doversi rinforzare i muscoli per la danza e la
musica. Non penso che qualcuno ci abbia mai creduto veramente, ma l’hai vista,
con quel bel faccino, farebbe sciogliere anche una statua di
marmo.”
“Chi
farebbe sciogliere cosa?” disse la diretta interessata entrando nel
salottino.
Sia
Basil che Topson restarono a bocca aperta: la ragazza si era messa un semplice
abito da casa bianco, che le fasciava morbidamente il corpo. I capelli, ancora
un po’ bagnati, le cadevano sulle spalle e, alla fievole luce che emanava il
caminetto, sembrava veramente un angelo.
“Buonasera
Miss.. ehm Cornelia. Non ci hai messo molto a prepararti” la accolse
Topson.
“Beh,
mica devo andare ad una serata di gala.”
“E
in quel caso quanto ti ci vorrebbe?” chiese malignamente Basil che era riuscito
a nascondere il rossore, che si era fatto più vivo sulle guance all’entrata
della ragazza.
“Di
sicuro meno di te quando devi sceglierti una cravatta.” Fu la pronta
risposta.
‘Ma
come diavolo fa a restare così impassibile dopo l’episodio di pochi minuti fa?
Ah
già,
è un’attrice’ si disse il detective.
Improvvisamente
un campanello risuonò nel salottino: la cena era pronta.
“Bene,
direi di avviarci in sala da pranzo. Sono proprio curioso di vedere cosa ha
preparato Mrs Judson per il tuo ritorno” disse Basil.
Mentre
attraversavano il corridoio che portava in sala da pranzo
però….
Toc
toc toc. Qualcuno aveva bussato alla porta d’ingresso.
“Ma
chi sarà a quest’ora?” Queste parole, uscite dalla bocca di Topson, descrissero
in pieno il pensiero del terzetto.
“Vado
a vedere chi è. Voi restate qui, non si sa mai” disse il detective avviandosi
cautamente verso la porta.
I
due rimasti indietro guardavano con attenzione ogni sua mossa. Lo videro aprire
la porte, guardarsi rapidamente intorno e poi raccogliere qualcosa dallo
zerbino.
“Cos’è
Basil?” chiese Cornelia, curiosa come al solito.
“E’
un messaggio” disse lui dopo un attimo di silenzio “Dice:
Caro
Basil, ti sono mancato vero? Non temere finalmente sono tornato e possiamo
riprendere i nostri giochi. Tanto per cominciare ti informo che domani sera,
alla festa in maschera a Buckingham Palace, ruberò una delle stelle
d’Inghilterra. Non riuscirai a fermarmi, io riesco sempre dove
voglio.
Cordiali
saluti
Rattigan.”
Tra
i tre cadde il silenzio.
“Beh,
mi pare poco originale come inizio no?” commentò Cornelia.
“Non
lo sottovalutare, sai anche tu di cosa è capace. Se solo potessimo andare alla
festa…”
“Beh,
io un modo ce l’avrei” Topson e Basil la guardarono
incuriositi
“Sapete,
è da anni che la regina mi rivuole a Londra e mi vuole incontrare. Non penso che
sarà difficile richiedere tre permessi.”
“Ma
è fantastico hai sentito Basil?” commentò il dottore.
“Sì,
per una volta stimo il tuo mestiere mia cara” disse il detective all’indirizzo
della ragazza notando, quasi con orgoglio, che era un po’
arrossito.
“La
partita si riapre.
FINE
DEL CAPITOLO
Fiuuu
ce l’ho fatta. Beh è un pò tardi, quindi dico solo che spero che il capitolo sia
piaciuto e che commentiate.
Grazie
a tutti coloro che leggono.
Baci
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 6 *** Quarrels ***
Note dell’autrice: Merry Christmas a tutti!!! Lo
so, manca ancora un pò, ma non ho proprio resistito. Qui, nella mia città, il
Natale si comincia veramente a sentire: addobbi, concerti (a cui io prendo
parte, come cantante e pianista), dolcetti di ogni sorta.
Ah,
che bel periodo il Natale.
Lasciando
perdere questi sentimentalismi, direi di passare alla storia, ma
prima…
ANGOLO
DELLE RECENSIONI (Finalmente posso allungarlo un po’):
X
GIULYCHAN: Non so perché qualcuno non dovrebbe leggere, ma, come vedi, sono
pochi a recensire. Grazie mille per essere una di quelli. Non ti preoccupare,
non sei l’unica ad essere considerata scema, Guarda io a 16 anni suonati cosa mi
trovo a scrivere. Sarà pazzia o passione? Mah.
Comunque
ecco qua il nuovo capitolo, spero che ti piaccia e che continui a recensirmi.
Grazie per avermi messo tra i preferiti.
X
TENSI: Grazie per i complimenti. Mi
fa molto piacere che tu, pur di recensirmi, mi abbia mandato una mail, mi sento
onorata. Spero di non averti fatto aspettare troppo il nuovo capitolo, ma ho
talmente tanti di quegli impegni che mi sono ridotta a scrivere le fanfiction
durante le interrogazioni in classe.
Spero
che questo ti piaccia.
Grazie
ancora.
X
YUM: Grazie per la recensione. Due parole che mi hanno resa felicissima. Spero
che continuerai a recensirmi.
Bye
E
ora, finalmente, cominciamo a scrivere.
Buona
lettura
Capitolo
6
Il
mattino seguente, il temporale si era placato, lasciando dietro di sé una
leggera coltre di nubi grigie, che il sole
si azzardava a perforare ogni tanto. Basil aprì gli occhi, ritrovandosi
nella familiare camera da letto. Aggrottò la fronte, confuso: c’era qualcosa di
diverso nell’aria quella mattina.
Si
mise a sedere e si guardò lentamente intorno: tutto sembrava a
posto.
Gli
alambicchi, le provette e gli aggeggi vari erano stati rimessi in funzione la
sera prima, dopo quasi dieci anni di inattività, e ticchettavano e sbuffavano
debolmente, ma insistentemente.
Le
foto e gli articoli di giornale, raccolti in tutti quegli anni di lavoro, erano
stati attaccati ad una bacheca, appesa ad una parete della stanza, in quello che
era stato uno dei pomeriggi più frustranti che il detective ricordasse (per
farla breve lui, Topson e Mrs Judson avevano raccolto tutto il cartaceo sparso
per la casa e avevano passato un’ora abbondante a discutere sulla sua
disposizione. Erano arrivati poi alla decisione di mettere tutto in ordine
cronologico, lasciando in primo piano la foto che ritraeva lui, il dottore e la
dolcissima Olivia Flaversham, appena scampati alla trappola mortale di
Rattigan).
Sulla
sua scrivania c’era il consueto disordine e, sul comodino, il libro che aveva
letto la sera precedente prima di addormentarsi.
Allora
cosa c’era di strano?
Il
suo istinto da investigatopo lo portò ad alzarsi. Dopo essersi vestito in
fretta, ma con cura e attenzione, uscì dalla camera e si diresse verso la sala
da pranzo dove, almeno secondo il suo orologio, in pochi minuti sarebbe stata
servita la colazione. Appena entrato fu accolto da un gaio “buongiorno” da parte
del suo amico dottore, che era tutto preso dalla lettura del suo
quotidiano.
“Buongiorno
a te Topson, mattiniero come al solito eh?” ricambiò Basil sedendosi ad un lato
del tavolo.
“Già,
del resto, il Times va a ruba e non potevo rischiare di…”
“Buongiorno
signor Basil, ha dormito bene?” disse la signora Placidia (*) con un grande
sorriso sulle labbra, mentre entrava nella stanza, con un vassoio carico di ogni
ben di Dio.
Il
detective la guardò allibito per qualche secondo, osservando i suoi movimenti
mentre si affrettava a servire la colazione. Poi, con una certa esitazione, si
decise a rispondere:
“Buongiorno
a lei signora, a cosa devo tutta questa gentilezza? Forse ho le allucinazioni
perché la morfina, finalmente per lei, sta facendo
effetto?”
“Farò
finta di non aver sentito questo assurdo commento” lo rimbeccò lei, un po’ rossa
in viso “Comunque, se per morfina intende Ms Blackwood allora le posso dare
ragione”. Aggiunse poi con un ghigno, vedendo che l’odiato datore di lavoro era
arrossito. “Che c’è, si trova in imbarazzo ad avere più di una donna in
casa?”
Basil
non rispose, cercando di trattenere un sospiro di sollievo: fortuna che né la
domestica, né il dottore conoscevano la vera ragione del suo
rossore.
La
signora Placidia sorrise compiaciuta: per una volta era lei la vincitrice di uno
dei loro piccoli litigi quotidiani. Ad un certo punto, un pensiero le attraversò
la mente:
“Signor
Basil, ora che ci penso: ieri non ho comunicato alla signorina l’ora della
colazione. Potrebbe andare di sopra a svegliarla, se non lo è
già?”
Nonostante
la coscienza gli dicesse che non era decoroso che un uomo andasse nella camera
di una donna per svegliarla, l’investigatopo, lieto di avere un motivo per
andarsene dalla sala, si alzò senza replicare e si avviò ai piani superiori.
(**)
Cornelia.
Ora capiva cosa c’era di strano e, con il pensiero di lei, tornò anche il
ricordo della sera prima.
Mentre
saliva le scale la sua mente rimuginava:
‘Perché
mi ha baciato? Per zittirmi? Per ringraziarmi di averla salvata? O per
qualcos’altro? Del resto, prima che Topson ci interrompesse stavamo per…. Ah,
perché sono così confuso? Perché la ragione mi abbandona? Perché lei mi fa
quest’effetto? Ammetto che non mi è mai stata indifferente, neanche ai tempi
della scuola e che, quando la relazione con Rattigan sembrò incrinare i nostri
rapporti, il mio cuore andò in pezzi. Possibile che un’amicizia sia così
profonda? Oppure..’
Il
flusso di quei pensieri si interruppe brevemente, quando Basil arrivò di fronte
alla camera della ragazza.
‘E
ora, come mi comporto? Per lei sarà stato importante quel bacio? Beh, lei è
un’attrice e, nel suo lavoro, deve baciare spesso altri attori. E se avesse
avuto una storia con qualcun altro? Accidenti, avrò tanta esperienza di menti
criminali, ma in amore faccio proprio pena. Cosa devo fare? (***)Va bene, farò
finta che non sia successo nulla, mi comporterò normalmente e serenamente ed è
la mia ultima parola!’ (per coloro che hanno avuto la fortuna di vedere il
cartone: ricordate queste parole e cos’è successo dopo?
Nda)
Poi,
dopo aver assunto un’aria quanto mai indifferente, bussò. Dall’interno non
provenne alcuna risposta. Basil bussò un’altra volta, dichiarando anche la sua
identità, ma, dopo non aver nuovamente ottenuto nessuna risposta, si decise ad
entrare.
La
sua preoccupazione, già salitagli per la mancanza di risposte, aumentò quando
vide che il letto, dove avrebbe dovuto trovarsi Cornelia, era vuoto e già
rifatto.
“Cornelia?”
provò a chiamare
“Sì?”
rispose finalmente lei dal bagno. Il detective riprese a respirare che, però,
ricordandosi il suo proposito, riprese il cipiglio serio ed inespressivo con cui
era entrato e disse:
“Sono
solo venuto a dirti che stiamo aspettando te per cominciare la
colazione.”
“Oh,
arrivo subito, aspetta un secondo.” Dopo pochi istanti la porta del bagno si
aprì e la ragazza uscì dal bagno, con un abito indaco, ricamato a motivi a
roselline viola lungo i bordi, le maniche e lo scollo. Basil fece uno sforzo
immane per non mostrare alcuna reazione alla vista della ragazza che, come lui
ben ricordava, riusciva ad apparire bellissima anche con i vestiti più semplici
e senza un minimo di trucco sul viso.
“Ben,
finalmente sei uscita” disse freddamente. Lei parve un po’ spiazzata davanti a
questo comportamento, ma si riprese optando per un
normalissimo:
“Buongiorno
anche a te Basil, ci siamo alzati con la luna storta vedo”
“Ti
sbagli, il mio umore non è cambiato di una virgola da ieri
sera”
“Sì,
e io sono la regina d’Inghilterra. Andiamo, siamo amici da anni, mi vuoi dire
cosa ti prende?”
“Nulla
che ti debba interessare. Ora andiamo a fare colazione”. Tagliò corto
lui.
Con
un borbottio che suonava vagamente come ‘uomini’, Cornelia uscì dalla stanza,
seguita a ruota da un Basil che cominciava a vacillare nella sua apparente
freddezza. Si era immaginato, anzi, aveva sperato che la ragazza gli facesse
capire cosa avevano significato per lei gli eventi della sera prima, ma si era
fatto prendere dal nervosismo ed era partito con il piede
sbagliato.
Una
parte di lui gli gridava di chiedere immediatamente scusa alla ragazza, ma lo
stupido orgoglio, tipico di tutti gli uomini, lo fece rimanere, vacillante,
nella sua posizione.
Quando
i due entrarono nella sala, Cornelia, dopo un caloroso “buongiorno” rivolto a
Topson, prese posto accanto a lui, ossia dalla parte opposta di Basil. Durante la colazione, i tre discussero
del più e del meno, ma con una certa cautela da parte del detective e
dell’attrice.
Ad
un certo punto il dottore disse:
“Allora,
come ci organizziamo per stasera?”
Calò
immediatamente il silenzio mentre gli altri due
riflettevano.
“Beh”
cominciò nuovamente Topson per smuovere la situazione “intanto ci dovremo
procurare i biglietti.”
“A
questo ho già pensato io” lo interruppe Cornelia
“Come
già vi ho detto, la regina sarebbe più che felice di avermi a corte per una
sera. Stamattina, dunque, mi sono alzata presto per incontrare il garzone del
latte. Per la modica cifra di cinque penny, e di una fotografia con autografo,
gli ho dato una lettera da consegnare a palazzo con la massima
urgenza”.
“Ah,
bene, ma…. Come facevi a sapere che noi..”
“Che
voi ricevete il latte fresco ogni mattina? Elementare mio caro Topson” disse lei
con un’espressione che fece sorridere il dottore e sbuffare il
detective.
“Ieri
sera, quando siamo andati a cena, ho visto la signora Placidia portare fuori una
cassa di bottiglie di vetro vuote e ho fatto due più due.”
“Ah…
beh, penso che dovrei cominciare a notare qualcosa di più anch’io” fece il
dottore rassegnato.
“Lasciando
perdere le stupidaggini, quali maschere ci darai?” chiese Basil,
brusco
“Prego?”
Cornelia lo guardò confusa.
“A
meno che non mi stia sbagliando di grosso, Rattigan ha parlato di una festa in
maschera, quindi si suppone che tutti e tre andiamo mascherati” rispose Basil
sempre più tagliente.
“Allora,
punto primo
io
ho solo maschere femminili perché, se non l’hai notato, sono una donna, punto
secondo
non
hai bisogno di una maschera, sei a posto così, credimi e punto
terzo….
Il
campanello suonò ed il terzetto si acquietò immediatamente. La signora Placidia
corse ad aprire la porta e, dopo due minuti che parvero un’eternità ai tre
amici, tornò indietro con una busta recante il sigillo reale, indirizzata a
Cornelia.
La
ragazza la aprì e la scorse in fretta. Man mano che i suoi occhi scorrevano
sulla carta, un ghigno divertito le si formava sul volto.
“Punto
terzo”, riprese ad un certo punto ”io non mi dovrò assolutamente mascherare”
concluse ridendo.
“COSA??!”
gridò Basil “PERCHE’?”
“La
regina mi chiede di cantare e sottolinea che non avrò bisogno di maschere, tanto
mi conoscono tutti.”
“Ah”,
Basil non sapeva più cosa rispondere. La ragazza l’aveva totalmente azzittito.
Trionfante,
lei si rilassò sulla sedia di velluto verde, guardando il detective rimasto
senza parole.
“Scusate”
fece ad un certo punto Topson “come agiremo? Voglio dire, sappiamo che Rattigan
sarà alla festa e che ruberà qualcosa, ma cosa intendeva per stella di
Inghilterra?”
“Potrebbero
essere svariate cose” gli rispose Basil che sembrava essersi
ripreso.
“Potrebbero
essere i gioielli della corona, che il Times ha definito ‘più brillanti delle
stelle’, potrebbe essere uno dei numerosi diademi della regina, potrebbero
essere mille cose diverse.”
“Lo
sapremo comunque stasera” fece Cornelia “ora è il caso di andare a fare un po’
di spese per vedere di procurarvi dei costumi. Coraggio
andiamo!”
Ciò
detto, la ragazza uscì quasi a passo di danza dalla sala, per andare a
recuperare un soprabito che si intonasse con il suo
vestito.
Gli
altri due, un po’ riluttanti, si alzarono per andare a prendere i propri
cappotti.
“Lo
sai vero Topson, che ci aspetta un lungo, lunghissimo
pomeriggio?”
“Eh,
del resto è una donna ed è logico che le piaccia questo genere di cose. Tu
piuttosto, perché la trattavi così? C’è qualcosa di cui mi vuoi
parlare?”
“Ah,
caro amico, non sai di quante cose di vorrei parlare, ma non ora e non qui.
Anche i muri hanno orecchie in questa casa e Cornelia sta per
arrivare:”
“Va
bene, se hai bisogno sono qui”
“Grazie”
Dopo
pochi secondi, come previsto da Basil, la ragazza scese dalle scale con un
soprabito color prugna, che si intonava con una discordante dolcezza
all’abito.
I
tre uscirono.
Ci
misero quasi tutta la giornata a trovare delle maschere e dei vestiti adatti,
dato che né Topson, né tanto meno Basil, erano mai stati ad una festa in
maschera.
Alla
fine trovarono per Basil una sottile maschera dorata, che gli copriva la parte
superiore del volto, abbinata ad un completo blu notte, stile principe
medioevale.
Per
Topson invece, scelsero un abito bordeaux, completo di casacca nera bordata
d’oro e cappello, stile Galileo Galilei, il tutto completato da una maschera
nera, che copriva anch’essa mezzo volto.
La
signora Placidia, quando vide il suo padrone conciato a quel modo, rimase un po’
allibita (l’abito gli stava proprio bene), un po’ divertita (Basil non si
sarebbe mai messo una cosa del genere, se non costretto da Cornelia). Riuscì
comunque a trattenersi dal commentare, riservando i suoi commenti per le amiche
del circolo del bridge.
Cornelia
invece scelse un ampio abito bianco, senza maniche, con una rossa anch’essa
bianca al centro dello scollo.
I
capelli erano raccolti in una complessa e alta acconciatura, tenuta ferma da un
fermaglio con motivi floreali, con una ciocca che le cadeva sulla spalla
destra.
Sulla
carrozza, che quella sera li portò a Buckingham Palace, il silenzio regnava
sovrano.
Tutti
e tre rimuginavano sugli eventi che avevano sconvolto le loro vite in nemmeno 24
ore, su cosa sarebbe potuto accadere, su come fare pace, su cosa potesse
nascondere il detective.
Quando
la carrozza arrivò, i tre scesero, Basil e Topson con le rispettive maschere, e
si avviarono all’interno.
Un
lacché si fece incontro al terzetto, richiese gli inviti e annunciò agli altri
invitati l’arrivo dei nuovi ospiti.
Mentre
Basil, Topson e Cornelia scendevano le scale, un pensiero comune attraversò le
loro menti
“Ecco,
ci siamo”
FINE
DEL CAPITOLO
Allora,
che ne dite? Lo so, come capitolo è un po’ lungo, ma è di allacciamento con il
prossimo. Spero comunque che vi abbia soddisfatto. Una cosa importante: mi scuso
per i vari errori di ortografia che ho riscontrato nel rileggere la storia. Il
fatto è che riesco a controllarli meglio scrivendo a mano.
Scusatemi.
Ecco
a voi
Note:
(*)
Grazie a mio fratello, che l’altra sera ha voluto rivedere Basil, ho scoperto
che il nome italiano della governante è Signora Placidia. Ora vi chiedo: volete
che prosegua a scrivere usando questo nome o Mrs Judson? Fatemi sapere.
(**)
Per chi non accetta che la vincitrice sia la signora Placidia, ecco una
possibile risposta di Basil:
“Comunque”
disse Basil fermandosi un attimo sulla porta “la mia emozione potrebbe essere
dovuta al fatto che, per la prima volta in dieci anni, c’è una vera donna in
casa” poi uscì con un sorrisetto sulle labbra, lasciando la governante a
sfogarsi con il povero Topson.
Mi
sembrava un po’ esagerata come risposta, quindi ho preferito non
postarla.
(***)Allo
psicologo hai pensato?
Se
c’è qualcuno che adora l’inglese, come me, gli consiglio di andare su www.fanfiction.net,
perché ci sono ben 26 fiction su Basil in inglese e ce ne sono un paio veramente
carine.
Via
spero che ve lo siate goduto.
A
presto
Ciao
ciao
Bebbe5
|
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Capitolo 7 *** Let's get the party started ***
Note
dell’autrice: Sì sì lo so, ci ho messo un bel po’ ad aggiornare. Purtroppo tra
le feste, impegni vari e traduzioni da fare, il tempo, anche in vacanza, è
veramente poco.
Comunque
non crediate che abbia oziato. Anzi, mi sono documentata meglio sul personaggio.
Ho trovato un bel libretto (1244 pagine) con tutti i racconti di Sherlock Holmes
e sto ampliando la mia cultura per questa storia. Va bene, non esitiamo oltre,
se non per, ovviamente:
L’ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
TENSI:
sì, anch’io pensavo che la battuta fosse coerente, ma il lato femminista che è
in me, mi ha impedito di postarla. Grazie 1000 per la recensione, ci tengo
veramente tanto.
Spero,
con questo capitolo, di meritarmene un’altra.
GIULYCHAN:
Sì, ha una bella personalità. Del resto, per un testone come Basil credo che
serva solo questo no?
Fammi
sapere se sto procedendo bene.
Un
ringraziamento anche a tutti coloro che hanno letto e a:
eilinn;
giulychan;
hikary.
Che
hanno messo la mia storia tra i preferiti.
Bene,
possiamo cominciare.
Capitolo
7
La
sala era molto grande e già molto affollata. I colori prevalentemente usati per
adornare la sala erano il rosso e l’oro: rosse erano le tende che circondavano
le finestre, rosse erano le rose negli enormi vasi di pietra ai lati della
stanza. D’oro erano i cordoni delle tende e le decorazioni sui vasi di rose.
D’oro erano anche i vari drappi di seta che attraversavano il soffitto La stanza
era illuminata da un enorme lampadario di vetro e da alcuni candelabri di
bronzo, appesi alle pareti della stanza.
La
gente portava le maschere più disparate: tutte rigorosamente molto eleganti, ma
anche, in certi casi, inquietanti. Si potevano vedere sorrisi grotteschi, quasi
demoniaci, profili arcigni, fatti di sopracciglia aggrottate e di nasi
adunchi.
Non
c’era alcuna maschera che copriva il volto per intero. La maggior parte copriva
solo la parte superiore del volto, ma c’erano alcuni rari esemplari che
coprivano solo una guancia e un occhio. Il tutto sarebbe stato veramente
spaventoso, se non fosse stato per l’atmosfera di accoglienza, di benessere e di
amicizia, che aleggiava nella sala.
I
tre scesero l’ampia scalinata, provvista di tappeto rosso, Cornelia davanti e
Basil e Topson che le stavano dietro.
La
ragazza si muoveva con disinvoltura, del resto quello era il suo ambiente,
mentre i due si sentivano un po’ spiazzati. Fortunatamente lei se ne accorse e,
benché parte di lei godesse nel vedere il detective in difficoltà, il suo
buonsenso la spinse a prendere la mano a lui e al dottore e a portarli verso il
tavolo delle vivande che era, in un certo senso, un po’ meno popolato rispetto
al centro della sala dove la gente chiacchierava
amabilmente.
Una
volta arrivati al tavolo, Basil e Topson tirarono un sospiro di sollievo.
Cornelia li guardò divertita: neanche per lei era stato facile all’inizio
trovarsi in quella calca di gente, ma dopo un paio di volte ci si era
abituata.
“Oh
santo cielo” stava appunto dicendo Topson con il fiato corto “ma come fanno a
respirare, tutti pigiati lì nel mezzo?”
“E’
una cosa normale a queste feste” gli rispose prontamente la ragazza “la cosa che
mi stupisce è che nessuno ancora balli: va bene che siamo appena all’inizio, ma
non vedo nemmeno l’orchestra.”
“Oh
ma l’orchestra c’è.” Disse ad un certo punto una voce alla destra del gruppetto
“Stanno solo aspettando che arrivino i cantanti e suppongo che tu sia una di
loro.”
La ragazza si voltò, riconoscendo la
voce, e si trovò davanti ad un tipo senza maschera, poco più grande di lei, con
il pelo ramato e due profondi occhi ambrati.
“Rudyard!
Che piacere rivederti” esclamò lei felice. L’affascinante individuo le prese la
mano
e la baciò con dolcezza, gesto che fece innervosire non poco il detective.
“E’
passato tanto tempo da quando ci siamo visti l’ultima volta” proseguì lui con la
sua bellissima voce.
“Beh,
non esagerare, solo pochi mesi. Bene, passiamo alle presentazioni: amici miei,
questo è Rudyard Patericke, ha interpretato insieme a me Dracula di Bram
Stoker.”
“Già,
la più attraente Miss Mina che io abbia mai incontrato” replicò lui, facendo
sorridere la ragazza “Comunque molto piacere, signor…” disse porgendo la mano a
Basil.
“Non
penso che rivelare la mia identità faccia parte di una festa in maschera signor
Patericke.” Rispose seccamente il detective, ignorando la mano tesa dell’altro
che, dopo essere rimasto per un attimo interdetto,
rispose:
“Ha
pienamente ragione signore, mi scuso per la mia dimenticanza e…. si sente
bene?”
Chiese
poi vedendo la faccia di Basil contrarsi in una smorfia di dolore (Cornelia
aveva infatti provveduto a pestargli accuratamente un piede con il tacco della
scarpa, in modo da evitare un’altra rispostaccia da parte del
detective)
“Sì,
sì, non si preoccupi, tutto a posto.” Disse lui sforzandosi di
sorridere.
“Oh,
bene, sono contento. Allora Cornelia, volevo proporti di fare uno spettacolo
e…..”
“Qual
luce sfolgora vicino a quel tavolo? Altri non può essere che la dolce Cornelia
Blackwood.” Una voce da attore shakespeariano li raggiunse, seguita dal suo
padrone. Un bellissimo giovanotto dal pelo scuro, anche lui senza maschera e con
il fisico di un atleta, si avvicinò all’ormai quartetto.
“Owen,
anche tu qui.” disse Cornelia, mentre il ragazzo si affrettava a farle anche lui
il baciamano.
“Bene,
lasciate che vi presenti anche Owen Blessington; come avrete già capito dalla
sua entrata, con lui ho recitato in Romeo e Giulietta.”
“Eh
sì, ricordo che su quel balcone di carta crespa eri una visione, mia
cara.”
“Oh,
il solito esagerato.”
La
faccia di Basil, benché protetta in parte dalla maschera stava diventando sempre
più rossa, o almeno questo vedeva Topson.
E
proprio quando il dottore stava per trascinare via l’amico, onde evitare una
pericolosa esplosione nervosa, un altro individuo, stavolta con la pelliccia
bionda, si avvicinò al gruppetto:
“Cornelia,
cherìe, sei in forma per il ballo di stasera? Perché sai che ti trascinerò in
tutte le danze” disse il ragazzo facendo a sua volta il
baciamano.
“E
questo è Lionel Gresham, con lui ho avuto una parte nello Schiaccianoci di
Tchaikovskij”
“Ti
confesserò che non ho mai visto una Clara più leggiadra.”
Ora
il detective non solo era rosso, ma cominciava anche a tremare, tanto che un po’
del vino, che il dottore si era premurato di versargli per cercare di calmarlo,
cadde sul tappeto.
Topson
se n’avvide e si affrettò a cercare un argomento di conversazione che non li
facesse sentire esclusi:
“Ah,
ti sei occupata anche di balletti, mia cara?”
La
ragazza lo guardò un po’ interrogativa: ricordava perfettamente di aver
raccontato al dottore tutta la sua carriera, la sera in cui aveva fatto la sua
conoscenza, ma quando gli occhi di quest’ultimo le indicarono Basil, lei capì le
sue intenzioni e si affrettò a rispondere:
“Oh,
sì, certamente. Oltre che alla recitazione sono stata educata anche alla musica
ed è una gioia infinita, quando riesco a fondere questi due ambiti
artistici.”
“Allora
non ti sarai certo dimenticata di me vero?”
Cornelia
alzò brevemente gli occhi al cielo, conscia che forse quella era la goccia che
avrebbe fatto traboccare il vaso, poi si voltò per accogliere un topo con il
pelo scuro e due penetranti occhi azzurri.
“I feel you, Cornelia… Ti ricordi?”
canticchiò lui, sorridendo.
“Anche
se le parole non erano proprio quelle, come potrei scordarmi di te
Jerome?”
Rispose
lei offrendogli la mano per l’ennesimo baciamano. Poi, rivolgendosi al
gruppo:
“Permettetemi
di presentarvi Jerome Laughton, il più grande Sweeney Todd che le scene abbiano
mai incontrato.”
“Troppo
buona, mia cara, allora che dici, ci avviciniamo al
palco?”
Lei
lo guardo confusa:
“Prego?”
“Ma
come, non lo sai? Tutti noi senza maschera ci esibiremo a turno, o meglio, noi
uomini ci esibiremo a turno, mentre tu ti esibirai a turno con
noi.”
“Nonostante
il discorso fosse un po’ contorto, credo di aver capito.” Rispose lei
ridacchiando. “Comunque sono dell’opinione che dovremmo aspettare che sia la
regina a chiamarci.”
“Sì,
hai proprio ragione” disse Lionel.
“Allora,
che ci racconti di questo periodo?” chiese Owen.
“Già,
sei ancora libera o hai finalmente trovato…” cominciò
Rudyard.
“Perdonate
l’intrusione.” Si inserì Basil che aveva perso la pazienza e che era trattenuto
per un braccio da Topson. Non che il dottore avrebbe potuto fare qualcosa se il
suo amico avesse scatenato la sua ira, ma serviva appunto per ricordare al
detective di mantenere la calma.
“Cornelia,
ti posso parlare un secondo?” proseguì poi, allontanando con un colpo secco la
mano dell’amico.
“Va
bene, ci vediamo dop…” La ragazza non riuscì neanche a terminare la frase,
perché Basil l’aveva presa con forza a braccetto e la stava trasportando
via.
I
quattro artisti, più Topson, guardarono la coppia
allontanarsi.
“Ma
che gli è preso a quello?” chiese confuso Lionel, all’indirizzo del dottore, che
scossa la testa, mentre un cattivo presentimento si insinuava in
lui.
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
“Lasciami
Basil, so camminare da sola” gli intimò Cornelia seccamente, ma con voce
moderata, perché erano ancora nella sala.
Il
detective non dette però segno di averla sentita e continuò a trascinarla. La
condusse attraverso una splendida porta a vetri, fin su di una terrazza che dava
sui giardini del palazzo.
A
quel punto Cornelia decise di ribellarsi:
“Lasciami,
MI FAI MALE!” Stavolta gridò proprio, non riuscendo più a trattenersi e, con uno
strattone, liberò il braccio.
“Chi
di loro?” le chiese Basil a voce bassa.
Lei
lo guardò confusa e anche un po’ spaventata. Il braccio le doleva veramente e lo
sguardo dell’amico le faceva paura. Riuscì comunque a mantenere la
calma.
“Cosa
intendi?” gli chiese con lo stesso tono di voce usato da
lui.
“Me
lo vuoi dire, sì o no?”
“Non
capisco a cosa tu ti stia riferendo.”
“Secondo
me invece lo sai benissimo. A chi di quei quattro damerini incipriati sei
promessa?”
Lei
lo guardò, non sapendo se ridere o restare seria.
“Cosa
stai dicendo? Cosa credi che io… loro.. ah ah ah, sei proprio un comico nato ah
ah ah.”
“Guarda
che non sto scherzando, l’ho ben visto come ti giravano intorno, tutti quei ‘mia
cara’, ‘dolcezza’, ‘cherìe’… dai, non puoi pensare che io pensi che loro sono
solo dei semplici colleghi.”
“Che
fai, ti arrotoli come Jarvis ora?” gli chiese lei freddamente, capendo
finalmente dove l’amico voleva andare a parare.
“E
RISPONDIMI ACCIDENTI!!” Urlò lui facendola sobbalzare.
L’attimo
di sconvolgimento fu però breve, perché lei rispose
subito.
“Sono
solo degli amici. E comunque, come fai a dire che il loro corteggiamento sia
corrisposto?”
“Non
mi pare che tu abbia fatto molto per fermarli o sbaglio?”
“E
cosa dovevo fare scusa? Gli ho già detto che non mi interessano, ma loro si
divertono a continuare. Non voglio trattarli male, mi hanno sostenuto in tutti
questi anni di solitudine.”
“E
vuoi anche che ti creda? Andiamo, ormai la so riconoscere una bugia, sono un
detective.”
“Allora,
detective, devi essere veramente molto stupido per non accorgerti
che…..”
Uno
squillo di trombe bloccò la conversazione e, dall’interno della sala, si sentì
la voce squillante della regina:
“Cari
amici, sono contenta che siate intervenuti a questa festicciola. Tanta era la
mia gioia che mi sono sentita in dovere di farvi una sorpresa. Pregherei ora
tutti coloro che non hanno la maschera di avvicinarsi al
palco.”
“Bene”
disse Cornelia “per ora la nostra conversazione finisce qui. Riflettici un po’ e
giudica se hai torto o ragione.”
Così,
in un brillio bianco, la ragazza si voltò e si diresse verso la sala, lasciando
il detective sulla terrazza, sempre fermo nella sua
convinzione.
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
“Mhm,
bene bene. Si sono appena rincontrati e già litigano. Bravo Basil, continua a
facilitarmi le cose” disse una figura ammantata di nero, appollaiata su una
delle guglie del palazzo, quasi come un gargoyle di
pietra.
“Signore,
noi siamo pronti, quando cominciamo?” chiese un topo alle sue
spalle.
“Tra
un po’. Lasciamo a Cornelia il suo momento di gloria e a Basil il tempo di
rendersi conto del grossolano errore di valutazione che sta
facendo”
Detto
questo, riprese a guardare il detective che, con passo lento stava rientrando
nella sala.
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
“E
ora” disse la regina, già tutta su di giri “lasciate che vi presenti una
meravigliosa artista. Ha fatto il giro del mondo e, in dieci anni di carriera,
ha già guadagnato i più prestigiosi riconoscimenti della critica. Signore e
signori, Cornelia Blackwood.”
Ci
fu uno scroscio di fischi e applausi, mentre la ragazza saliva sul palco, sicura
come una veterana, ma eccitata come la prima volta.
O
almeno, questo vedeva Topson. Notava però che, nel presunto sorriso felice della
ragazza, c’era anche qualcosa di più. Rabbia? Tristezza? Forse Basil avrebbe
potuto rispondere a quegli interrogativi.
“Bene,
e ora con cosa ci diletterà la nostra artista?” stava chiedendo la
regina
“Con
quello che voi desidererete, Maestà.” Rispose prontamente Cornelia con una
profonda riverenza.
“Perché
non le chiedete un Can can?” Questa domanda era stata posta in un sussurro, ma
abbastanza forte perché Topson lo sentisse. Voltandosi indignato, per vedere chi
potesse avanzare una simile proposta, seppur sussurrata, si trovò davanti il suo
migliore amico, imbronciato e tremendamente serio.
“Giusto
te” fece il dottore “ti stavo per venire a cercare fuori. Cosa è successo tra te
e Cornelia? Mi sembra molto turbata, che le hai detto?”
Prima
che Basil potesse rispondere, un dolce pianoforte cominciò a diffondere le sue
note, in una tonalità che Basil riconobbe come Sib
maggiore.
“Ecco”
pensò “ora mi dovrò ascoltare l’Ave Maria di Schubert da una come
lei”
Invece
la ragazza intonò una dolce melodia che parlava di tempi
passati.
Atteggiandosi
a vecchia signora, cominciò a narrare di un periodo in cui era bella, in cui
ogni giorno per lei aveva un significato, mentre ora tutto era buio, tutto aveva
perso il suo fulgore. (Per chi lo volesse sapere, mi sono ispirata a Memory da
Cats ndme)
La
sua voce era dolce, bellissima, tanto che non volava una mosca per la
sala.
Alla
fine del brano, la folla scoppiò in un’esclamazione fortissima. Cornelia si
inchinò.
Topson
applaudiva con entusiasmo, mentre Basil, o era rimasto incantato, o non voleva
saperne di battere le mani.
“Creatura
deliziosa eh?” disse ad un certo punto una voce alle loro spalle. I due si
voltarono e si trovarono faccia a faccia con Rudyard, Lionel, Owen e
Jerome.
“Dipende
dai punti di vista” replicò Basil.
“Eh,
ormai sono cinque anni che cerco di conquistarla, ma senza risultato.” Disse con
un sospiro Lucas.
“CINQUE?
Io addirittura da otto!” esclamò Rudyard.
“Allora
non sono il solo.” Disse Jerome.
“Scusatemi,
vorreste spiegarmi il motivo per cui quattro aitanti giovani come voi non
riescono in una così semplice impresa?” chiese sferzante il
detective.
“Ce
lo siamo detto anche noi e, all’ennesimo rifiuto, l’abbiamo chiesto direttamente
a lei. Sa cos’ha risposto, mio caro signore? Che le dispiaceva, ma che il suo
cuore apparteneva a Londra e ad un londinese.” Rispose
Owen.
“Mhm,
beato lui, ad avere una così fedele amante, che non l’ha mai tradito in dieci
anni.”
Lo
sguardo di Topson volò a Basil, sul cui volto si era dipinta un’espressione
orripilata.
Allora
Cornelia non aveva mai avuto una relazione. E lui l’aveva trattata come… come…
Oh, non riusciva nemmeno a pronunciare quella parola.
“Volete
scusarmi un momento?” disse con una voce piccola piccola.
Si
avviò dunque verso il palco, con la chiara intenzione di gettarsi ai piedi di
lei ed implorarne il perdono.
Era
già a metà strada e lei l’aveva scorto dal palco, quando la regina riprese a
parlare.
“Oh,
mia cara, sei proprio bravissima.”
“Grazie
vostra Maestà.” Rispose Cornelia con un’altra riverenza.
“E
ora, vediamo come la stella più brillante d’Inghilterra continuerà ad
incantarci, che ne dite?”
In
mezzo alle esclamazioni di gioia dell’intera sala, tre paia di occhi si
sgranarono con orrore.
Basil
guardò Cornelia che ricambiò il suo sguardo, disperata, mentre, nello stesso
tremendo istante, che la stella, oggetto del desiderio di Rattigan, altri non
era che…… Cornelia stessa.
FINE
DEL CAPITOLO.
Allora,
che ne dite? Ho cambiato i nomi degli attori che c’erano all’inizio, perché,
tutto sommato, è più bello inventarseli i nomi che tirare in causa dei poveri
innocenti che hanno avuto la sfortuna di finire tra i miei
preferiti.
Fatemi
sapere che ne pensate.
Buon
2009
Bebbe5
|
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Capitolo 8 *** I'm afraid ***
Note
dell’autrice: Salve a tutti!!! Lo dico e lo ripeto: adoro Sherlock Holmes. Wow,
ho appena finito di leggere tutte le sue storie, dalla prima all’ultima e sono
stupende. Ok, passando a cose più serie: il capitolo. Prima però, lo
sapete:
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
X
GIULYCHAN: Ti dirò, è stata una mossa molto azzardata la mia: portare personaggi
del futuro, direttamente nell’ormai secolo scorso. Però mi sono detta: “Ci sono
tanti pazzi al mondo e se ti comporti così anche tu, che vuoi che se
ne’accorga?”
Sono
comunque contenta che ti sia piaciuto il capitolo e che tu mi abbia recensito.
Spero che continui a piacerti la storia.
X
HIKARY: Finalmente ti risento. Sono contenta che ti sia innamorata della
fiction.
Sì,
lo stuolo di colleghi è saltato fuori in un momento di follia e le parti che gli
ho affidato, quando ormai deliravo. Diciamo che mi sono ispirata ai ruoli che
hanno fatto nei film e, ambientati propriamente nel 1906, ecco che saltano fuori
le loro interpretazioni. Sì, sarebbe bastato un secondo, ma ehi, la suspence
dopo dove finisce?
Ok,
spero che continuerai a seguirla e che continui a piacerti.
Bene,
e ora che ne dite, cominciamo?
Buona
lettura
Capitolo
8
Basil
guardò Cornelia che ricambiò il suo sguardo, disperata, mentre, nello stesso
tremendo istante, che la stella, oggetto del desiderio di Rattigan, altri non
era che…… Cornelia stessa.
Il
tempo parve fermarsi.
Tutto
sembrò sparire.
Non
c’erano più la sala, i drappi, gli ospiti, la regina con i suoi elogi, ma solo
un orrore profondo, riflesso nei loro occhi. Come avevano fatto a non capirlo
prima? E adesso, come avrebbero agito?
Basil
continuava a fissare Cornelia che, sempre più disperata, sembrava chiedergli con
lo sguardo una soluzione, il più presto possibile.
Per
quel che ne sapevano, Rattigan poteva essere nascosto dietro una di quelle
maschere intorno a loro. Magari li stava osservando proprio in quel momento. Un
terrore selvaggio prese il cuore del detective ed il suo sguardo si staccò dal
volto della ragazza, per rivolgersi a quelli della sala, scrutandoli con
attenzione, cercando quel ghigno che l’aveva tormentato nella realtà e negli
incubi. Le maschere presero a girargli intorno e, dietro ognuna di esse, vedeva
i giganteschi occhi gialli di Rattigan. Era intrappolato in quel tremendo
carosello dell’orrore da vari secondi (o erano minuti?), quando qualcuno gli
toccò il braccio facendolo trasalire e quasi gridare. Voltandosi, vide il volto,
seppur in parte coperto dalla maschera, del suo migliore amico,
Topson
“Basil,
va tutto bene?”chiese questi con una certa preoccupazione per la reazione
dell’amico.
“No,
accidenti, no! Perché non l’abbiamo capito subito?”
“Già,
forse avremmo dovuto aspettarcelo” mormorò il dottore tra sé e sé.
“Cosa?”
gli chiese Basil, un po’ bruscamente.
“Beh,
lo conosciamo e sappiamo che non si ferma davanti a nulla, pur di raggiungere il
suo obiettivo.”
“Sì,
lo conosciamo e….. un momento! Noi lo conosciamo. Sì, sì è vero, lo conosciamo”
esclamò il detective, poi cominciò a ridere con gli occhi che gli brillavano per
l’eccitazione.
Se
Topson non l’avesse conosciuto bene, avrebbe detto che il suo amico era
impazzito. Con il tempo, però, aveva imparato ad associare quei “raptus”
(*) ad un’improvvisa idea che era
balenata nella mente dell’investigatopo.
“Devo
parlare con Cornelia. Immediatamente.” Disse quest’ultimo, avvicinandosi al
palco.
Frattanto,
la regina stava proseguendo il suo discorso:
“Bene,
mia cara, dato che abbiamo cominciato con la musica, che ne dice di continuare
su quest’onda?”
“Certamente,
vostra maestà.” Rispose Cornelia, cercando di mascherare la sua
agitazione.
“Perfetto.
Dunque, mi è giunta della sua collaborazione e della sua partecipazione in
un’opera musicale del nostro sir Webber (**). Ovviamente mi riferisco al
“Fantasma dell’Opera”. Ho sentito che ha avuto un discreto
successo.”
“Sì,
un discreto successo” confermò la ragazza, cominciando a preoccuparsi
veramente.
“Vorrebbe
allora, per piacere, eseguire per noi l’aria “Pensami” ed il tema
principale?”
“Oh,
io non so se è il caso….”
“Suvvia,
non faccia la modesta. Signor Leto, la accompagna lei, vero?”
“Con
immenso piacere vostra maestà.” Rispose felice l’interpellato, avvicinandosi al
palco.
Ora
Cornelia era al culmine della disperazione. Restare sul palco era un suicidio
bello e buono. Da lassù, Rattigan non avrebbe avuto problemi a portarla via. Se
poi, come immaginava, la regina avesse fatto abbassare le luci, allora non ci
sarebbero state chance. Il suo sguardo si rivolse alla sala, alla ricerca del
suo amico e non lo trovò: dove diamine era finito Basil? Non era più dove
l’aveva visto pochi minuti prima: al suo posto era rimasto Topson che, per
quanto la ragazza poteva vedere, aveva un’aria piuttosto confusa. Che cosa aveva
in mente il detective?
Ad
un certo punto, i suoi occhi furono attirati da una mano, che veniva agitata
nella sua direzione dalla base del palco. Guardando meglio, riconobbe Basil, con
la maschera dorata e l’abito blu notte, che le faceva cenno di scendere giù dal
palco. Lei annuì leggermente, poi si rivolse alla regina, che stava appunto
chiedendo ai servi di abbassare le luci.
“Vostra
maestà, vorreste scusarmi un momento? Torno subito.”
“Certamente
cara, qui mi occupo io di tutto.” Rispose la regina, tutta presa dalle
preparazioni per l’esecuzione di quei brani, che lei prediligeva.
Cornelia,
allora, scese le scale del palco e cercò Basil.
Il
suo cuore perse un battito quando qualcuno, tappandole la bocca ed afferrandola
per un braccio, la trascinò tra le assi sotto il palco.
Stava
per rifilare allo sconosciuto uno dei suoi famosi destri quando, voltandosi, si
accorse che questo altri non era che Basil in persona.
“Ma
dico” disse quanto più aspramente possibile, parlando comunque sottovoce “vuoi
farmi prendere un colpo?”
“Ti
vedo un po’ agitata, mia cara” replicò lui, sempre sottovoce,
canzonandola.
“E
tu sei troppo calmo. Cosa facciamo adesso?”
“Vai
sul palco e continua la tua esibizione” rispose serissimo il
detective.
La
ragazza lo guardò dritto negli occhi, sbalordita:
“Stai
scherzando vero? Hai idea di cosa accadrà se ci torno?”
“Elementare:
Rattigan è un grande esibizionista e non resisterà a salire sul palco a cantare,
soprattutto se ci sei tu come protagonista.”
“Non
può essere così cretino”
“Crede
molto nel terrore che riesce ad esercitare sulle persone. Non sarà un cretino,
ma è abbastanza arrogante da credere che nessuno muoverà un muscolo alla sua
vista.”
“Va
bene, ma una volta che sarà sul palco, cos’avresti intenzione di
fare?”
“Semplice,
lo catturerò.”
“Tu
sei tutto matto! E come vorresti farlo, genio?”
Basil
rimase muto per un secondo, poi rispose tranquillamente:
“Ancora
non lo so, ma qualcosa mi verrà in mente, non temere.”
“Devi
esserti rimbambito se pensi che io vada lassù a fare da esca, con una
possibilità su un milione di venire salvata. Giammai! Anzi, sai che ti dico? Me
ne vado!”
E
con questo la ragazza girò sui tacchi e fece per andarsene, ma Basil le afferrò
un polso.
“Lasciami”
sibilò lei.
“Sai,
se non ti conoscessi bene, sarei tentato di dire che hai paura, anzi che sei
terrorizzata dall’idea di incontrarlo di nuovo. Non sei forse tu quella che,
quando lui le è saltato addosso, l’ha messo a stare?”
Il
detective aveva detto quello parole per scherzo ma, guardando l’amica, si rese
conto che c’era qualcosa che non andava in quegli occhi tristi che rifiutavano
il contatto con i suoi.
“Cornelia?”
chiese preoccupato.
La
ragazza alzò finalmente lo sguardo poi, con voce incerta, confessò:”Era
ubriaco.”
Basil
sgranò gli occhi: “Cosa?!”
“Ho
glissato su un particolare, ecco.” Rispose lei “E’ stato facile batterlo perché
non era nel pieno delle sue facoltà mentali e a stento si reggeva in
piedi.”
“Perché
non me l’hai detto?”
“Che
ne so?!?!” esplose alla fine lei, con le lacrime che le sgorgavano libere dagli
occhi.
“Ero
confusa e costernata da quell’episodio. La mia mente era come
svuotata.”
Fece
poi un profondo respiro, tentando inutilmente di frenare il pianto, ma riuscendo
almeno a regolare il volume della voce.
“Forse non te
l’ho detto perché, se avessi pensato che ero riuscita a fermarlo mentre era a
mente lucida, allora non avresti fatto niente di insensato, perché lui non
sarebbe sembrato tanto pericoloso.
Forse
non te l’ho detto perché volevo che pensassi che me la sapevo cavare da
sola. Non lo so"
Il
detective ora guardava, con un'espressione indecifrabile, quella creatura
tremante e singhiozzante, che era l'ombra di quella che era stata la sua amica e
compagna d'avventure, forte, coraggiosa, leale. Lo faceva soffrire molto vederla
così disperata, così indifesa, così distrutta. E tutto, ancora una volta, a
causa di quel sorcio di fogna (perché diversamente non si sarebbe potuto
definire). Il dolore che aveva provato in quei dieci anni di lontananza,
probabilmente non equivaleva nemmeno alla metà di quello che doveva aver provato
lei, in quell'esilio forzato dalla sua terra, dalla sua famiglia...da
lui.
Senza
ulteriori indugi, la abbracciò dolcemente, ma con fermezza: era un abbraccio che
emetteva protezione e sicurezza.
Cornelia,
dopo un attimo di confusione, si rilassò un pò, lasciandosi cullare da quelle
braccia.
Accidenti
quanto le erano mancate!! Ricordava l'ultima volta che l'avevano stretta, ma
allora erano fredde, distrutte, le dicevano addio.
"Sei
arrabbiato?" chiese dopo un pò.
Basil
la guardò per un secondo stupito: "Ma come, tu chiedi a me se sono arrabbiato?
Sei tu quella che lo dovrebbe essere dopo quelle cose che ti ho
detto."
Lei
scosse la testa sorridendo "Ho capito che ti sentivi ferito e non sono mai stata
veramente arrabbiata."
"Bene"
rispose lui. Ci fu un attimo di silenzio poi il detective proseguì:
"Tornerai
sul palco?" lei lo guardò e bastò il suo sguardo come risposta: non era per
nulla sicura di volerci tornare.
"Ti
fidi di me?" le chiese ancora
"Non
lo so" rispose lei "vorrei dirti di sì con tutto il cuore, ma sarebbe una bugia
e..."
Non
riuscì a finire la frase, perché il detective l'aveva baciata. Non era un bacio
violento, passionale, ma semplicemente uno che ispirava sicurezza, dolcezza e,
forse.....amore.
Dopo
un po’ si staccarono e Basil ripeté la sua domanda: "Ti fidi di me?"
Lei
parve riflettere per un pò poi, alzando gli occhi e sorridendo dolcemente,
rispose:
"Certamente.
Ma guarda te se dovevi baciarmi per rendermi sicura."
"Quindi
tornerai sul palco?"
"Sì,
tutto pur di riuscire a prenderlo."
Il
detective sorrise. Accidenti, aveva aspettato e temuto tanto il momento in cui
avrebbe dovuto ricambiare il bacio datogli dalla ragazza, la sera in cui si
erano ritrovati, e invece si era risolto tutto in una frazione di secondo. Era
bastato lasciarsi andare a quella sorta di istinto razionale che lo
caratterizzava e che lo aiutava sempre.
"Però"
aggiunse Cornelia, maliziosa "Non sono ancora tanto tranquilla."
"Ehi,
ti do una mano e tu mi prendi il braccio?" replicò lui ridendo " E va
bene"
Si
avvicinarono nuovamente, felici finalmente di aver rivelato i propri sentimenti
l'uno per l'altra quando....
"Basil,
Cornelia ma che comb.... OH SCUSATE!!" Topson era venuto ad avvertirli che tutti
li stavano cercando e li aveva trovati così.
"Tranquillo
Topson, non è niente. Cosa c'è?" chiese il detective il più tranquillamente
possibile, anche se le sue guance erano lievemente rosse.
"Ero
solo venuto a dirvi che tutti stanno cercando Cornelia. Scusatemi
ancora."
"Ehi
non è niente. Va bene sarà meglio che vada." disse Cornelia
sorridendo.
Stava
per risalire sul palco, quando, fermandosi a metà strada, si rivolse a Basil
chiedendo:
"E
quando lui arriverà, io cosa dovrò fare?"
Lui
la guardò e rispose:
"Continua
a cantare normalmente. Conosco quel brano e so che alla fine dovresti cadere tra
le braccia del fantasma. In questo caso ti do carta bianca."
"Va
bene. Mi fido di te." concluse lei salendo sul palco e venendo accolta
nuovamente da uno stuolo di applausi e dalle domande della regina e di
Jared, su dove fosse stata.
"Basil,
cosa hai intenzione di fare?" gli chiese il dottore, mentre Cornelia si
accingeva a cantare il primo brano.
"In
genere non rivelo subito i miei piani, ma, questa volta, è di vitale importanza
che lo faccia: Rattigan è un grande esibizionista e, se lo conosco bene, salirà
sul palco per recitare con lei e tenterà di rapirla. Tutto quello che Cornelia
deve fare è continuare a recitare, in modo da darmi il tempo per preparare un
piano per catturarlo. L'unico intoppo potrebbe essere quel Moriarty, ma in quel
caso......"
E
toccò una delle tasche della giccca in cui, Topson lo sapeva, c'era il revolver
del detective.
"Mi
sembra un bel piano" rispose il dottore "Ah, Basil?"
"Sì?"
"Era
ora che vi deste una smossa." concluse il dottore.
Basil
sorrise, veramente felice, poi si voltò ad ascoltare quella che ormai si poteva
definire, la sua fidanzata.
Nonostante
il nervosismo, Cornelia riuscì a completare la prima aria, facendo perfettamente
anche il complicato gorgheggio finale. Uno scroscio di applausi si levò
dalla sala e sia la ragazza che Jerome, si inchinarono al pubblico. Quando
il rumore scemò, l'organista dell'orchestra attaccò il brano successivo.
Nell'atmosfera buia della sala, quella musica sembrava terribilmente
spettrale.
Cornelia
avanzò in mezzo, fino a portarsi in mezzo al palco. Basil, che la guardava con
attenzione, un po’ per la sua bellezza, un po’ per badare che tutto andasse come
previsto. Osservando meglio il palco, si rese conto che Jerome era sparito,
probabilmente pronto a fare la sua entrata da dietro le quinte. Sorrise tra sé e
sé, pensando alla faccia della gente quando, al posto del bel roditore, sarebbe
comparso un enorme, brutto ratto, creduto morto da quasi dieci anni.
Un
mormorio sommesso, levatosi nella sala, lo costrinse a riportare la sua
attenzione al palco, portandolo a pensare che la sua nemesi non avesse perso
tempo.
L'unica
cosa che vide però, fu Cornelia. Il mormorio era stato causato dal nervosismo
eccessivo che lei mostrava. Le mani le tremavano e dondolava sulle gambe, come
se fosse in procinto di svenire.
"Povera
cara, guarda com' è emozionata." mormorò una signora accanto a lui.
"Già,
probabilmente l'enorme successo che ha avuto la mette in difficoltà ogni
volta."
Basil
sospirò: se solo avessero saputo....
I
suoi pensieri furono interrotti dalla voce della ragazza che, al contrario di
tutte le aspettative, era forte, serena, bella come al solito.
Il
detective la guardò ammirato: riusciva a mascherare benissimo il terrore che
provava, anche in una situazione del genere. L'unica traccia della sua paura, la
si poteva leggere negli occhi di lei, ma solo chi la conosceva bene, avrebbe
potuto vederla. Continuando a guardarla, si mise ad ascoltare quella voce
incantevole, che entrava nel cuore, proprio come le parole della
canzone:
In sleep he sang to me, in dreams he came
that voice which calls to me and speaks my name
and do I dream again for now I find
the phantom of the opera is there inside my mind.
Proprio
quando la parte della ragazza finì, il pubblico trattenne il
respiro.
Cornelia,
che aveva chiuso gli occhi per cercare di concentrarsi sulla musica, li riaprì
al sentire quel rumore. I suoi sensi scattarono in allarme. Alle orecchie le
giunse un suono, come di un'enorme coda che venisse strascicata ed un pungente
odore di acqua di colonia usata in eccesso e probabilmente scaduta di qualche
anno le entrò nel naso.
Fece
una rapida piroetta, incrociando il tanto temuto sguardo, coperto per metà da
una maschera bianca del suo ex e, attualmente, neo-nemico:
Rattigan.
Fece
per correre via, ma lui la afferrò per un braccio e la strinse a sé. Fortuna che
la scena, anche nella realtà sarebbe dovuta essere così e la ragazza era sicura
che, se tra il pubblico ci fosse stato il suo regista, avrebbe detto che era la
sua migliore interpretazione, tanto era reale il terrore che
provava.
Basil
la vide tentare di scappare e venire riafferrata. Nonostante sapesse che la
ragazza stava facendo il gioco di Rattigan, non poté fare a meno di sentire un
groppo allo stomaco.
"Bene
Topson, è ora di agire. Raduna più guardie che puoi e raggiungimi dietro le
quinte."
"Va
bene"
Rattigan
intanto stringeva a sé Cornelia. Diavolo quanto le era mancata quella ragazza.
Approfittò di un momento di stacco per affondarle il naso tra i capelli ed
aspirare un po’ del profumo di lei, poi cominciò a cantare, con la sua voce
bassa e un pò roca:
Sing one again with me, our strange duet
my power over you grow strongere yet
and though you turn from me to glance behind
the phantom of the opera is there inside your mind.
Finito
di cantare la sua strofa, le fece fare una giravolta e la fece fermare davanti a
lui, tenendo il pubblico alla sua destra.
Cornelia
lo guardò: se prima si sentiva svenire, ora era sicura che era una questione di
secondi. Si sforzò comunque di continuare la sua parte e di restare lucida. Non
poteva permettergli di vincere così, non poteva.
Frattanto
Basil si stava dando da fare giù dal palco.
"Sì
e poi sbuchiamo da dietro e gli saltiamo addosso, capito?"
"Certamente
signor Basil, faremo il possibile." rispose il capitano delle guardie,
avviandosi dietro il sipario.
"Bene
Topson, siamo pronti all'azione: andiamo." e si avviò anche lui dietro il palco,
senza perdere mai di vista Cornelia, che intanto aveva ripreso a
cantare.
Those who have seen your face
La
ragazza allungò la mano destra, come per accarezzare il volto del ratto che
le stava di fronte
Draw
back in fear
La
ritrasse rapidamente portandosela al petto.
I am the mask you wear
Allungò
la sinistra, come per toglierli la maschera.
It's
me they hear
Intervenne
Rattigan prendendole il polso e allontanandolo
Your spirit and my voice in one combined
the phantom of the opera is there inside my mind.
Conclusero
insieme.
Cornelia
cominciò allora il gorgheggio finale, accompagnata dalla voce di Rattigan che
continuava a ripetere:
Sing
my angel of music
Sulla
nota più acuta, Cornelia fece roteare le pupille all'indietro fingendo di
svenire, ma invece di attenersi al copione e di cadere tra le braccia del suo
fantasma, cercò di cascare in avanti.
Rattigan
però aveva altri piani: la afferrò e se la caricò tra le braccia.
A
quel punto l'acuto si trasformò in un grido vero e proprio.
"METTIMI
GIU' IMMEDIATAMENTE!!!! LASCIAMI ANDARE!!!! COME OSI?!"
"Non
sei affatto cambiata mia cara. Sempre forte e battagliera vero? Che ne
dici, ti va un bacio di benvenuto?"
La
stava per baciare davvero quando, da un punto imprecisato dietro le quinte
si levò una voce:
"ALL'ATTACCO!!"
E,
tanto fulmineamente che ci volle un pò alla gente per capire cosa stava
succedendo, Basil uscì da dietro una tenda, con il chiaro intento di
scagliarsi su Rattigan.
Il
ratto però, fece come per saltare giù dal palco, con Cornelia in braccio. Solo
che a metà strada rimase sospeso.
La
gente lo guardò attonita. Che sapesse anche volare?
Ma
Basil, che non ci aveva creduto nemmeno un istante, continuò la sua corsa e si
attaccò ad uno dei piedi di Rattigan, che cominciò ad oscillare. L'inganno era
svelato: a tenere su il sorcio era un filo di ragnatela e colui che la teneva
tra le zampe era...
"MORIARTY!!!
FAMMI ROTEARE!"
Senza
farselo ripetere, il ragno cominciò a far roteare il filo, sempre più
velocemente. Basil cercava di restare attaccato al piede, ma diventava
sempre più difficile. Erano ormai a diversi metri da terra. quando
Rattigan, con un calcio particolarmente forte, riuscì a liberarsi del detective,
mandandolo a sbattere sontro un drappo ed una colonna. La botta fu
violentissima.
Basil
cadde malamente a terra, avvolto nel drappo dorato e l'ultima cosa che sentì, fu
qualcuno che gridava il suo nome, poi tutto divenne buio.
Note:
(*)
E pensare che Basil i “ratti” li odia, ih ih (scusatemi, è saltata fuori durante
l’ora di matematica. Tanto ormai è acclarato che sono pazza e che tale pazzia
salta fuori durante le ore peggiori di scuola.
(**)
sto parlando del mitico Andrew Lloyd Webber. Guai a chi non lo
conosce!!
Allora,
che ve n'è parso? Mi ci è voluto un bel po’ a scriverlo, ma penso che ne sia
valsa la pena.
Aspetto
le recensioni.
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 9 *** Let's fight ***
Note
dell’autrice: oh, finalmente rieccomi qua (o no?), pronta per scrivere un altro
capitolo. Allora, prima di cominciare, ho un paio di comunicazioni per voi: la
prima arriva dai media, che annunciano l’uscita a novembre di un nuovo film su
Sherlock Holmes con Robert Downey jr. (Iron man) e Jude Law; la seconda invece
arriva dalla carissima Tensi, la quale, durante uno scambio di mail, mi ha detto
che, probabilmente, nel 2012 uscirà un sequel di Basil, sottoforma di cross-over
con altri cartoni Disney (Tensi, correggimi se sbaglio). Io lo spero
sinceramente.
Un’ultima
cosa prima di cominciare:
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
TENSI:
Già, veramente una bella botta. Grazie per i complimenti, spero che questo ti
faccia trattenere il fiato ancora di più (non mi morire però eh? Mi
raccomando).
Spero
di non aver tardato troppo e spero che continuerai a seguirmi.
GIULYCHAN:
Già, tutto sommato bisogna essere un po’ grati a Rattigan, no? Senza di lui che
incombe, col cavolo che si dichiaravano. Comunque chi ti dice che sia riuscito a
svignarsela? Basil è svenuto, questo è vero, ma Cornelia è ancora sveglia, così
come Topson e gli altri. Chissà cosa succederà?
ASHLEY
SNAPE: Addirittura tra i preferiti? Wow, mi sento onorata. Anch’io adoro Basil
e, benché non avessi amici che lo apprezzavano tanto quanto me, in compenso, da
piccola, avevo una zia e una sorellina che giocavano sempre con me (io ero
Basil, mia sorella Olivia e mia zia Rattigan): che risate che ci facevamo! Vedi
che non sei l’unica pazza? Come avrai letto nell’introduzione, probabilmente ci
sarà il due, ma se così non fosse sai che c’è? Facciamo una bella petizione e la
spediamo alla Disney: del resto è o no il primo cartone in cui è stata usata la
tecnologia del computer?
Ok,
grazie per i commenti, mi ha fatto piacere (un’ultima domanda: chi interpreta la
tua amica? Topson?)
HIKARY:
Addirittura sciolta? Wow, sono contenta. Io che di solito sono una fredda
insensibile (testuali parole dei miei familiari) riesco a farti sciogliere. E’
un traguardo.
Ti
perdono per questa volta, ma non ti azzardare a scambiare Webber con uno del
Grande Fratello ok? Ti dirò, la scena della risata l’ho ripresa più che altro
dal momento in cui sono legati alla trappola e lui decide di far saltare il
meccanismo.
Spero
che il capitolo ti piaccia.
Bene,
direi che possiamo cominciare: Calliope, vedi di darti ‘na mossa perché ho
bisogno di un po’ d’ispirazione (lo so che è la Musa della poesia, ma a chi
dovevo chiedere, a Conan Doyle? Beh, potrebbe essere un’idea).
Buona
lettura
Capitolo
9
Basil
cadde malamente a terra, avvolto nel drappo dorato e l'ultima cosa che sentì, fu
qualcuno che gridava il suo nome, poi tutto divenne buio.
Lo
vide sbattere contro la colonna, impigliarsi nel drappo e cadere a terra. Lo
vide sollevare leggermente la testa, per poi farla ricadere pesante a
terra.
“BASIL!!!”
gridò Cornelia, ma lui non rispose: era quasi sicuramente svenuto.
La
ragazza guardò la sua forma accasciata a terra con le lacrime agli occhi.
Provava paura, ma non per sé stessa, nonostante fosse ancora intrappolata tra le
braccia di Rattigan, bensì per il detective: quanto grave poteva essere la sua
ferita? Vide Topson correre verso l’amico e controllare le sue condizioni, ma
non riuscì a capire l’esito della sua indagine, perché il ratto la fece voltare
prendendole il mento con la mano e dicendole:
“Cosa
fai ora? Piangi? Non devi essere triste per quello smidollato, non fa per te.”
Ridacchiò alla vista del suo operato.
Quelle
parole risvegliarono qualcosa in lei. La paura cominciò a fare spazio ad un
sentimento più grande e più terribile, un sentimento con il quale una donna
diventa più forte di un uomo, con il quale anche il più grande dei problemi può
essere superato: la rabbia.
“Non
osare chiamarlo così, chiaro? Tu non sei nemmeno la metà di lui!!”
“Ah
no, così non va bene. Ti ricordo che sei in mio potere a quasi venti metri da
terra. Potrei anche decidere di lasciarti andare lo sai?”
Cornelia
guardò giù. Effettivamente erano molto in alto. Non soffriva di vertigini, ma
l’altezza, mista al continuo movimento rotatorio, le fece girare la testa. La
vista le si annebbiava quando, improvvisamente, qualcosa catturò la sua
attenzione: l’enorme lampadario. Era un’idea folle, senza speranza, ma l’unica
che avesse.
“Cosa
c’è ancora, mia cara?” la voce di Rattigan la risvegliò dai suoi pensieri “Non
vuoi concedermi questo vorticoso ballo?” le chiese un po’
maliziosamente.
Lei
lo guardò e sorrise prima di rispondere:
“Sai,
mio caro, ora come ora l’unico ballo
che potrei concederti è una Toccata e Fuga.”
“Ah
davvero? E in che senso?” le domandò lui, guardandola un po’
confuso.
I
due si trovavano nuovamente vicino al lampadario e la ragazza aveva pochi
secondi per agire.
“Così”
rispose “Toccata…” e gli sferrò una ginocchiata tra le gambe “…e Fuga, bye bye.”
Detto questo, si arrampicò sulle spalle di Rattigan, ancora paralizzato da
dolore e spiccò un salto verso il lampadario con tutte le sue forze.
La
sala trattenne il fiato e Cornelia con essa. Stava per riuscire ad afferrare uno
dei bracci del lampadario quando Rattigan si riscosse e afferrò il vestito e….
STRAAAAAP!!!!!!!
Il
rumore dello strappo fu fortissimo. Rattigan si trovò con la candida gonna della
ragazza in mano. Guardò rapidamente prima il pezzo di stoffa, poi lei, poi il
pezzo di stoffa, poi lei, che intanto era riuscita ad arrampicarsi sul
lampadario, sotto gli occhi un po’ meravigliati, un po’ indignati del resto
della sala.
Lo
stupore fu però ancora più grande perché…
“Tu
porti i…pantaloni?” boccheggiò Rattigan guardandola dalla ragnatela ed
esprimendo il pensiero di tutti i presenti.
Lei
guardò prima lui, poi il resto della sala, poi i suoi aderenti pantaloni
bianchi, il cui bordo era chiuso dentro un paio di eleganti stivali bianchi alti
con un po’ di tacco, poi riportò il suo sguardo su di lui.
“Beh,
cosa c’è, forse non mi stanno bene?” chiese, con un po’ di faccia tosta: la
situazione era effettivamente molto imbarazzante.
Rattigan
la guardò a bocca aperta annuendo meccanicamente: quante sorprese gli riservava
ancora quella? Prima aveva fatto un salto di tre metri ad un’altezza di venti,
poi le scopriva dei pantaloni addosso. Ma che diavolo le avevano fatto in
Europa?
Vabbè
che aveva sempre praticato sport maschili e spesso si era trovata a portare
degli abiti maschili (come nel caso della scherma), ma che li portasse anche
nella vita di tutti i giorni… questo era veramente strano.
“Ma…perché….?”
Gli uscì solamente questo dalla bocca.
“
Uff, perché ci deve essere una ragione precisa?” gli rispose lei, un po’
sprezzante.
“Comunque
se lo vuoi sapere, ci sono almeno tre motivi: primo,
pensavo
che mi sarebbero serviti in caso tu fossi arrivato; secondo,
dammi
una buona spiegazione, a parte le buone maniere, per cui una donna non se li
potrebbe mettere; terzo, sono troppo comodi.”
Rattigan
era rimasto senza parole, troppo stupito per parlare, così come il resto della
sala.
Cornelia
decise di sfruttare quel momento e, prima che Rattigan si svegliasse e provasse
a saltare anche lui sul lampadario.
Cavò
un fazzoletto da una tasca, lo fece passare sopra uno dei drappi che
congiungevano il lampadario ad una delle colonne, lo afferrò bene e cominciò a
scivolare verso la colonna.
Sembrava
filare tutto liscio, ma Rattigan, vedendo la sua preda che gli sfuggiva, decise
di agire. Afferrò il pugnale che teneva nella tasca interna della giacca, prese
la mira e lo scagliò verso il capo annodato alla colonna.
La
stoffa si strappò e Cornelia si sentì cadere nel vuoto. Senza pensarci troppo
su, afferrò la stoffa su cui scivolava fino a pochi secondi prima e cominciò ad
arrotolarsela intorno al polso destro, come aveva sempre visto fare dalle grandi
equilibriste circensi. Sapeva bene di non essere lei stessa un’artista di quel
genere, ma non aveva altre possibilità.
La
stretta attorno al suo polso aumentava… aumentava… finché….
Crack!!!!
A
stento riuscì a trattenere un gridò quando il polso le schioccò, slogandosi.
La
tortura durò ancora pochi secondi che parvero essere eterni. Quando i piedi le
toccarono terra, cadde in ginocchio, afferrandosi il polso e digrignando i
denti.
Accidenti
se faceva male!!! Pulsava come un martello. Chissà quante volte se lo erano
slogato le ragazze che aveva tanto ammirato al Circo. Loro però avevano sempre
perseverato per imparare quell’arte così terribile e stupenda, e così doveva
fare lei se voleva salvare la sua vita e quella dei suoi amici.
Un
rumore, un sibilo quasi impercettibile alle sue spalle. Si rotolò via appena in
tempo, prima che Rattigan la afferrasse con le sue zampacce.
Altro
che finita, la sfida era appena ricominciata.
Lo
vide ricompiere il giro della sala a tutta velocità, sempre legato a quel
benedetto filo di ragnatela.
Si
rialzò, tenendosi il polso stretto al busto, e corse verso le colonne. Riuscì
appena in tempo a nascondersi dietro una di esse, dato che sentì il fruscio di
una delle zampe del nemico sfiorarle i capelli.
Si
appoggiò alla colonna per riprendere fiato e valutare la situazione. Nella sala
la gente urlava: diamine, non sapevano fare altro quelli!! Eppure c’era un altro
rumore che sembrava come un clangore di… spade. Guardò al di là della colonna e
vide una cosa che la sorprese, ma che avrebbe dovuto aspettarsi: la sala era
piena di scagnozzi di Rattigan, che stavano mettendo a dura prova le guardie.
Facendo vagare ancora lo sguardo per la sala, cercò di individuare la colonna
contro cui aveva sbattuto Basil: la vide, proprio dalla parte opposta della
sala. Aveva pochi secondi prima che Rattigan ricompisse il suo giro, così si
decise ad uscire dal suo nascondiglio e a buttarsi sotto un tavolo poco
lontano.
Sempre
con il polso stretto al petto, corse disperatamente verso la sua meta e la
raggiunse di nuovo per una questione di attimi, prima che Rattigan la
ricatturasse.
Balzò
sotto il tavolo e si mise a camminarci a gattoni, lanciando ogni tanto
un’occhiata fuori, per capire dove stesse andando.
“Cornelia!!!
Che sorpresa!! Allora sei riuscita a scappare?”
Una
voce la sorprese e la ragazza si trovò faccia a faccia con Lionel, Owen, Jerome
e Rudyard.
“Ragazzi!!
Ma che ci fate qui?” chiese lei sorpresa
“Come
che ci facciamo?! Ci nascondiamo, mi pare ovvio” le rispose Rudyard.
“Bontà
divina!!! Cornelia, ma tu porti i pantaloni!!!” esclamò Owen.
“Già,
non trovi che mi donino?” rispose lei sarcastica “Ora, se non avete altre
domande cretine da pormi, vogliate scusarmi ma devo andare.”
Concluse.
“No,
resta con noi. Qui è più sicuro.” La implorò Jerome.
“Sentite,
non c’è un solo angolo sicuro in tutta Londra, quando Rattigan è in libertà.”
Replicò lei “Ci sono persone in questa sala che rischierebbero la vita per me.
Ci sono persone che ho appena ritrovato. Non le posso perdere. Devo fare
qualcosa e non potrò se me ne starò qui sotto rintanata come un
coniglio.”
“Con
quel polso?” le chiese Lionel, che aveva notato la strana angolazione
dell’arto.
“Anche
con una mano tagliata. Ora, vogliate scusarmi.” Tagliò corto lei, prima di
proseguire la sua gattonata sotto i tavoli.
“Sapete”
disse Owen “credo che non abbia tutti i torti.”
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
Continuò
a gattonare sotto i tavoli, tenendo la sua mente concentrata sulla colonna che doveva raggiungere. Doveva fare in
fretta se non voleva che Rattigan….
Che
stupida!!! La sua mente era
talmente concentrata su Basil che si era scordata che quel pazzo era ancora in
circolazione. Non poteva neanche sperare che se ne fosse rimasto appeso alla
ragnatela, sicuramente era sceso e ora magari stava andando verso lo stesso suo
obiettivo: il detective svenuto.
Decise
di fare l’unica cosa sensata che le venne in mente in quel momento: prese un bel
respiro ed uscì da sotto il tavolo.
Rimase
ferma per un attimo a guardarsi intorno, per capire un po’ com’era la
situazione. Dappertutto le lotte infuriavano: gente che si prendeva a pugni, o
che combatteva con le spade. La ressa era tale che le parve di essere di nuovo
in quel pub in Germania in cui….
Scosse
la testa, doveva restare concentrata sul presente, non sulle gozzoviglie
passate.
Volse
lo sguardo verso la colonna che aveva precedentemente suscitato il suo interesse
e vide che i suoi peggiori sospetti erano fondati: Rattigan si stava
pericolosamente a Basil con qualcosa di scintillante in mano, forse un pugnale o
una spada, mentre tre dei suoi scagnozzi tenevano fermo Topson. Doveva fare
qualcosa e subito.
Con
la coda dell’occhio, vide un calice che sembrava esserle spuntato davanti come
uno dei cofanetti magici di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Lo
afferrò con la mano sinistra e si preparò a scagliarlo, pregando con tutto il
cuore che, anche se tirando con la sinistra, il suo colpo non
fallisse.
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
Era
suo, finalmente.
Era
lì, inerme, davanti a lui.
Strinse
con più forza l’elsa del pugnale nella mano.
Quanto
aveva atteso quel momento.
“Vigliacco!!!!”
gli urlò qualcuno da dietro, presumibilmente Topson.
Beh,
a sua difesa poteva dire di non essere un ipocrita: agiva sempre nel buio,
circondato da fedeli alleati, tutte cose che, effettivamente, sono un po’ da
vigliacchi ma, che ci poteva fare? Lui era così, lo era sempre stato.
Perché
al mondo non poteva andare bene? Perché Basil continuava a mettergli i bastoni
tra le ruote? Ma ora tutto stava per cambiare, solo pochi istanti ed il suo
regno sarebbe cominciato, senza più nemici ad ostacolarlo.
Vide
Basil cominciare a muoversi e decise di affrettare le cose:
“Finalmente
ci siamo eh? Al capolinea. Non puoi sfuggirmi Basil e questa volta per davvero.
Sai, non pensavo che Cornelia ti avrebbe abbandonato così, ma del resto, credo
di averla spaventata a morte. Non temere comunque. Quando tu non ci sarai più,
la prenderò con me e avrò cura di lei. ADDIO BASIL DI BAKER
STREET!!”
Dopo
queste parole sollevò l’arma e…..
FINE
DEL CAPITOLO
MUAHAHAHA
Mi sento cattivissima a stoppare
qui il capitolo, ma avevo paura che, a farlo troppo lungo, poi vi venisse a
noia. Magari però lo faccio sotto l’influsso di quel meraviglioso thriller a cui
mi sto appassionando: Criminal minds. Non è stupendo?
La
storia è bellissima, ma soprattutto c’è Matthew Gray Gubler.
Va
bene, dopo questo sclero passiamo alle cose serie: cosa succederà a Basil? Si
salverà? E Cornelia?
Aspetto
le vostre recensioni.
Un
abbraccio ed un bacione
Bebbe5
|
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Capitolo 10 *** The end (first act) ***
Note
dell’autrice: Finalmente ce l’ho fatta a postare. Chiedo scusa a tutti voi, ma
ho dovuto partecipare ad un concorso (tra l’altro ho vinto un viaggio a Istanbul
con questo) e mi ha tenuta impegnatissima (pensate che, in piena sessione, ho
dormito 7 ore in tre notti). Però, eccomi qua, tenace e pronta per:
L’ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
HIKARY:
Beh, al massimo ce lo possiamo dividere XD XD. Sai che Matthew Gray Gubler ha
doppiato Alvin and the chipmunks? E’ un grande, io l’ho sempre detto. Sì,
Criminal è una serie stupenda, peccato che l’abbiano interrotta. Spero che tu ce
l’abbia fatta a riprendere un po’ di fiato prima di questo capitolo. Beh, ti
dirò che hai trovato la metafora laddove non avevo intenzione di metterla. Il
fatto è che sto riprendendo molto dal film e la frase di Corny è ripresa da
quello. Guarda, per quanto riguarda Webber ti considero una causa
persa.
Grazie
per la recensione, spero che il capitolo ti piaccia.
ASHLEY
SNAPE: Beh, non pensavo di essere a livello “adorazione”, comunque grazie.
Domanda: ti piace l’inglese? Se sì, fammelo sapere che ti do il link di un sito
pieno zeppo di fiction su Basil, duemila volte più belle della mia. Non è molto
strano che Basil e Rattigan siano “amici”, almeno a scuola, molte fiction li
fanno diventare acerrimi nemici proprio tra i banchi (sempre colpa della Società
Che Uccide Ogni Libero Alunno). Spero tanto che ci sia un due, ma non m’importa
se è innamorato o meno, mi basta che lo facciano. Buona lettura.
Bene,
finalmente si può cominciare. Cosa sarà successo? Se lo stanno domandando tutti
e… ho capito ho capito, basta ciacciare e via col capitolo.
Capitolo
10
“Finalmente
ci siamo eh? Al capolinea. Non puoi sfuggirmi Basil e questa volta per davvero.
Sai, non pensavo che Cornelia ti avrebbe abbandonato così, ma del resto, credo
di averla spaventata a morte. Non temere comunque. Quando tu non ci sarai più,
la prenderò con me e avrò cura di lei. ADDIO BASIL DI BAKER
STREET!!”
Dopo
queste parole sollevò l’arma e…..
CLANG!!!
Un
calice dorato atterrò vicino al piede di Rattigan e rotolò un po’ più in là. Lui
lo osservò un po’ incuriosito, con il pugnale, puntato al cuore di Basil, ancora
sospeso a mezz’aria.
Un
attimo dopo, sentì un dolore lancinante alla nuca e la prima cosa che vide,
voltandosi, fu il gemello del calice che poco prima gli era rotolato accanto,
cadere a terra con un tonfo, poi, alzando lo sguardo, vide Cornelia, il braccio
destro stretto al petto, che lo guardava con un’espressione di gioiosa
incredulità.
“Sei
stata tu?” le chiese, irato,massaggiandosi la parte offesa. La ragazza (che, se
era spaventata, non lo dava a vedere) parve riflettere un attimo e poi
rispose:
“Posso
dire a mia discolpa che volevo colpirti solo la prima volta, ma purtroppo,
essendo destrorsa, i miei tiri sinistri sono scarsi. Quando ti ho mancato mi
sono innervosita, ho tirato un calcio alla prima cosa che mi è capitata a tiro
e.. beh, il resto l’hai visto, o, meglio, sentito.”
Rattigan
era infuriatissimo: come osava colpirlo così, alle spalle e per di più per un
puro colpo di fortuna? Riuscì però a controllarsi, ricordandosi della preda
semisvenuta che si era prefisso di uccidere.
“Cara
mia” disse con una voce mielosa che fece rabbrividire Cornelia “se volevi la mia
attenzione non avevi che da chiedermelo. Finisco un attimo di sistemare questa
spina che mi attanaglia da sempre il fianco e sono subito da te.”
Poi
si voltò per infliggere il colpo di grazia al detective.
La
mente della ragazza cominciò a lavorare frenetica, alla ricerca di un altro
modo, più efficiente, per distrarre il ratto che si preparava a terminare la sua
opera. Una lampadina le si accese nella testa e, benché continuasse a ripetersi
che era una cosa veramente infima e meschina (ma, per l’amor del cielo,
un’offesa per una vita era un prezzo più che ragionevole) disse:
“Sai,
mi stavo dando dell’idiota per averti mancato al primo colpo.”
Rattigan
non si voltò a guardarla, ma drizzò un orecchio nella sua direzione.
“Insomma,
anche con un ‘tiro mancino ’ avrei dovuto colpire un ratto così grosso” proseguì lei
sottolineando con cura le ultime tre parole.
Il
pugnale calò e Basil, che si stava riprendendo proprio in quel momento, non poté
fare a meno di trattenere un urlo, quando la lama lo trafisse.
Cornelia
si portò le mani alla bocca, trattenendo il fiato e sbarrando gli occhi,
orripilata:
non
era possibile,
non
era successo.
Altre
lacrime amare stavano per uscirle dagli occhi (l’aveva appena ritrovato e già lo
stava perdendo), quando Rattigan estrasse il pugnale e lei vide Basil portarsi
una mano alla spalla sinistra sanguinante: il criminale l’aveva solo ferito, per
fortuna. Cornelia tirò un lungo sospiro di sollievo, ma la frase che Rattigan
disse due secondi dopo all’orecchio del detective la fece inspirare
bruscamente:
“Per
ora sei salvo, ma non preoccuparti, sistemo quella….. maleducata laggiù, che tu
hai così abilmente plagiata e torno. Chissà che non decida di farvi morire
insieme. Ti piacerebbe?”
Basil,
ancora con la mente un po’ annebbiata per la botta alla testa e per la ferita
appena riportata, cercò di socchiudere gli occhi per guardare in cagnesco il
nemico, che gli sorrideva spavaldo con i suoi denti gialli.
“Non….
osare.” riuscì a dire a mezza voce.
Il
ratto scoppiò a ridere.
“Ma
guardati, riesci a malapena a parlare e vorresti anche intimidirmi? Arriva un
momento nella vita in cui bisogna rendersi conto dei proprio limiti, caro mio,
ma pare che tu non ne voglia sapere. Comunque non voglio che tu ti riprenda
troppo presto, altrimenti la mia caccia rischia di durare troppo a
lungo.”
Detto
questo, sferrò un forte pugno a Basil che, già debole di per sé, perse
nuovamente conoscenza. Poi si voltò verso i suoi scagnozzi che ancora
trattenevano Topson e disse:
“Legatelo
bene e andate a dare una mano agli altri. Io mi occupo della
ragazza.”
‘Ahia,
andiamo bene ’ pensò Cornelia ‘se non mi chiama più per nome sono veramente nei
guai .‘
Intanto
Rattigan si stava avvicinando a lei, raccogliendo una spada da terra lungo il
tragitto.
‘Accidenti,
devo inventarmi qualcosa. Se non altro ho distolto la sua attenzione da Basil.
Speriamo che si riprenda in fretta sennò… è la fine.’
“Allora,
mia cara” cominciò Rattigan
minaccioso “penso di essere stato fin troppo paziente con te. Ti ho dato una
seconda chance e l’hai gettata al vento, colpendomi ed insultandomi per di
più.”
“Se
per seconda chance intendi farmi rapire da un ragno” rispose Cornelia, alzando
gli occhi al soffitto, solo per vedere Moriarty che stava osservando la scena
dall’alto e poi proseguendo “strapparmi dal palco, tentare di uccidermi
facendomi cadere nel vuoto beh… comprenderai che avevo i miei motivi per
rifiutare. Per quanto riguarda la maleducazione sono stata sincera: cos’è, la
verità fa male?”
‘Dannazione,
questo non lo dovevo dire ’ si disse, schiaffeggiandosi mentalmente.
La
reazione del ratto fu, infatti, terribile. Con un urlo tremendo si scagliò
contro la ragazza che riuscì appena in tempo a scansarlo, per poi cominciare a
correre a perdifiato con lui dietro.
Purtroppo,
se mai avete provato, correre con una mano sola, e per di più non fasciata, non
è per nulla semplice. E Rattigan era molto veloce, tanto che, in pochi secondi,
aveva raggiunto Cornelia, l’aveva presa per la gola e sbattuta contro la colonna
più vicina.
“Credevi
di riuscire ancora a sfuggirmi? Credevi di poterlo fare a lungo? Sei proprio
uguale a lui, sempre con l’idea di
poter riuscire a fare tutto” le sibilò a pochi centimetri dalla faccia “Beh,
pare che stavolta abbia vinto io, ma sarò buono, farò sì che la tua morte sia
dolce.”
“Cosa
vuoi fare?” chiese lei con un filo di voce, a causa della stretta sulla sua
gola.
“Speri
che ti faccia morire con lui? E’ questo che speri? Eh? Beh, potrei anche farlo,
ma di certo il colpo fatale te lo infliggerò qui, così non potrai più
contrastarmi. Penso anche che ti darò un bacio, ma sarà uno
d’addio.”
Con
queste parole, cominciò a baciarla con violenza mentre puntava la lama
all’addome di lei.
Cornelia
aveva già cominciato a farsi una ragione di quello che stava per accadere,
quando improvvisamente Rattigan si staccò da lei urlando dal dolore e
lasciandola cadere a terra.
La
ragazza tossì, cercando di riprendere un respiro regolare, ed osservò stupita la
scena che le si parava davanti: Rudyard, Owen e Lionel erano saltati addosso al
ratto, mentre Jerome gli tirava indietro la coda.
“RAGAZZI!!”
riuscì ad urlare.
“Avevi
ragione… Cornelia.” Riuscì a dirle Rudyard nella lotta.
“Non
avremmo… concluso… nulla standocene rintanati.. sotto il tavolo” aggiunse Owen
mentre cercava di bloccare un braccio di Rattigan.
“Così
abbiamo.. deciso.. di aiutarti.. come potevamo.” Rincarò Lionel, aggrappato al
collo del ratto.
“Forza,
corri dal tuo amico finché riusciamo a.. trattenerlo.” Soggiunse Jerome che,
mentre con un braccio tratteneva la coda di Rattigan, con l’altro si aggrappava
al gambo di uno dei tavoli, cercando disperatamente di non farsi sbalzare via
dallo scodinzolare furioso di quest’ultima.
“Grazie
mille, siete unici.” Disse lei, che intanto si era ripresa, e, alzatasi in
piedi, cominciò a tornare di corsa alla colonna dove era rimasto
Basil.
“COSA
FATE IDIOTI?!?! AAARGH, FERMATELA!!!!” gridò Rattigan e subito due scagnozzi si
pararono davanti a Cornelia con due randelli. La ragazza aspettò che i due
scagliassero i loro colpi, per poi abbassarsi rapidamente, facendo sì che i due
si colpissero a vicenda. Subito un altro brutto ceffo le si parò davanti, ma
lei, abbassandosi, gli sferrò un calcio alle caviglie, facendolo cadere a terra,
poi lo colpì con un pugno della mano sinistra, facendolo svenire.
Era
comunque troppo stancante fare così e allora decise di prendere la via lunga e
salì una rampa di scale proprio alla sua destra: la sua intenzione era quella di
raggiungere un’altra rampa, più vicina alla colonna dove si trovava il
detective.
Un
intero squadrone si gettò al suo inseguimento e lei, nella disperazione, vide un
pianoforte a coda, piuttosto malmesso, appoggiato da una parte. Con un certo
sforzo lo spinse fino all’orlo delle scale poi, dopo aver mormorato “Scusami” lo
scagliò giù contro i topi che, per scansarsi, dovettero saltare giù dalla
balaustra.
Vedendo
la strada libera d fronte a sé, riprese a correre quanto più velocemente
poteva.
Ad
un certo punto un topo le balzò alle spalle, afferrandole le braccia.
Lei
urlò e si dimenò, ma non sarebbe mai riuscita a scappare se una mano, che
stringeva una bottiglia, non fosse sbucata fuori da dietro un viso lì vicino,
colpendo la testa dell’aggressore.
Cornelia
si fermò un attimo per vedere chi l’avesse salvata e scorse, con stupore, la
regina.
“Vostra
Maestà, ma cosa…”
“Non
mi pare il momento per le spiegazioni figliola, e me ne devi tante. Forza,
correte da Sir Basil (*) e fate qualcosa.”
“Agli
ordini” rispose prontamente Cornelia e riprese a correre.
Finalmente
arrivò alla rampa agognata e, scesala in fretta, si affrettò prima di tutto a
slegare Topson, che era stato lasciato a terra dagli scagnozzi di Rattigan,
sapendo che, in quella situazione, era l’unico a poter fare qualcosa per aiutare
Basil.
“Cara
mia” disse lui non appena fu libero “Stai bene?”
“Sì,
abbastanza. Coraggio, non c’è tempo da perdere. Andiamo da..”
“ATTENTA!!”
Gridò Topson afferrandola per il polso destro e tirandola giù.
Il
dolore era stato fortissimo, ma Cornelia non ci aveva quasi fatto caso, vedendo
Jerome sbattere contro la colonna accanto alla quale poco prima stavano lei e
Topson, e rimanere lì: Rattigan si era liberato anche degli altri ragazzi, che
stavano distesi a terra, e si stava dirigendo verso di loro.
La
ragazza stava per correre da Basil quando notò una cosa strana: Jerome aveva gli
occhi semi-aperti, come se fosse sveglio, ed in effetti respirava normalmente.
Provò a toccarlo, ma non ci fu alcuna reazione.
“Topson,
che gli succede?”
Lui
la guardò e rispose:
“Mentre
venivi qui, Moriarty è sceso ed ha aiutato Rattigan a scappare, poi si è
dileguato di nuovo. Spero solo che non torni,”
“Va
bene, occupati di lui, mentre io vado da Basil.” Ordinò lei, per poi mettersi a
correre verso il detective, mentre Rattigan si avvicinava
inesorabilmente.
All’ultimo
secondo si tuffò a terra, si affiancò a Basil e cominciò a scuoterlo nella
speranza di svegliarlo. Quando vide che questo non provocava alcuna reazione,
frugò nelle sue tasche ne estrasse il revolver.
Immediatamente
si voltò, tenendolo in mano e puntandolo verso Rattigan che ormai era a meno di
due metri da loro.
Lui
si fermò all’istante, sorpreso. Poi sorrise:
“Tesoro,
non vorrai spararmi per davvero.” Le disse.
“Se
farai un altro passo sì, quindi non costringermi a farlo.”
“Non
ne avresti il coraggio.”
“Vogliamo
provare?”
Tra
i due cadde il silenzio. Passarono alcuni minuti, durante i quali i due
continuarono a guardarsi negli occhi, l’una con un’espressione decisa, l’altro
un po’ incerto.
Ad
un certo punto, però, gli occhi di Rattigan saettarono ad un punto imprecisato
alle spalle di lei, che però non si voltò, sapendo benissimo che poteva essere
un trucco.
Lui,
riportando lo sguardo su di lei, disse:
“Senti,
perché non proviamo a discuterne?”
“Discuterne?
Dopo tutto il male che mi ha fatto? E’ un po’ tardi, non ti pare?.”
“Lo
dico per il tuo bene. Non hai chance. Mi basta un piccolo gesto per
neutralizzarti.”
“Non
ti credo.”
“Davvero?”
“Davvero.”
“L’hai
voluto tu.”
Detto
questo, Rattigan fece schioccare le dita. Un dolore attraversò a schiena di
Cornelia che, per istinto, premette il grilletto.
Mentre
la vista le si annebbiava, vide Rattigan accasciarsi a terra, dolorante,
reggendosi un fianco. Poi, fu il buio.
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
Basil
riprese lentamente conoscenza. La testa gli faceva un male tremendo e la spalla
gli pulsava senza poso.
Sbattendo
più volte le palpebre, riuscì finalmente a mettere a fuoco la vista e, con molta
cautela, si levò a sedere.
La
sala era praticamente distrutta. C’erano parecchi soldati a terra, alcuni di
essi gravemente feriti. I drappi erano stracciati, uno in particolare
congiungeva il pavimento al lampadario. I tavoli erano o rotti o rovesciati,
così come i vari elementi degli eleganti serviti da cena utilizzati.
Sembrava
che fosse passato un uragano e, più o meno, era stato così.
A
proposito: dov’era finito Rattigan? E Moriarty? E Topson? E….
Cornelia?
Il
suo sguardo vagò per tutta la sala, fino a soffermarsi su una figura interamente
vestita di bianco, con lunghi capelli ricci, che stava stesa a terra con gli
occhi semi-aperti.
“No..
no…” mormorò Basil trascinandosi verso il corpo (che, ormai l’avrete capito, era
quello di Cornelia) e lo prese tra le braccia, stringendolo forte.
Lacrime
amare gli scendevano sulle guance, mentre chinava la testa sulla fronte di
lei.
“Cornelia,
ti prego, rispondimi.” Singhiozzò “Non puoi essere morta, non puoi.”
“Ed
infatti non lo è.” Disse una voce alle sue spalle, facendolo leggermente
sobbalzare.
Voltandosi
vide il suo migliore amico.
“Topson,
stai.. stai bene?” chiese.
“Sì,
io sì, tu?”
“Solo
un po’ di mal di testa.” Disse Basil sospirando e riportando lo sguardo sul
volto di Cornelia. Mentre le scostava alcune ciocche di capelli dal viso
chiese:
“Se
non è morta, cosa le è successo?”
“La
storia è lunga e avrà tempo di raccontartela lei. Per farla breve si è fatta
inseguire da Rattigan, poi è tornata qui mentre lui veniva bloccato da quei suoi
amici artisti. Quando è riuscito a liberarsi, lei ha preso il tuo revolver e
gliel’ha puntato addosso. Sembrava che avesse la situazione sotto controllo, ma
Moriarty le è sbucato da dietro e l’ha colpita con il suo veleno paralizzante.
Come vedi, infatti, respira.“
Basil
guardò di nuovo la ragazza e si accorse che effettivamente
respirava.
“Ma…
allora Rattigan?”
“Lei
gli ha sparato di riflesso quando è stata colpita e l’ha beccato al fianco
destro. Non sembrava una bella ferita, perché sanguinava abbastanza
copiosamente. Comunque lui ha ordinato la ritirata e questo è successo circa
venti minuti fa.”
Il
detective non riusciva a crederci: era una storia che aveva dell’inverosimile.
Cornelia doveva essere stata veramente fantastica e, sicuramente, gli aveva
salvato la vita, cosa che lui non era stato in grado di fare.
“Oh
Topson, lei mi ha salvato, lei ha ferito Rattigan. Dove andrà a finire questo
mondo se le donne cominciano a far meglio degli uomini? Guarda, porta anche i….
PORTA I PANTALONI!?!?” esclamò poi vedendo cosa indossava la
ragazza.
“Eh
sì, ma questo è il caso che te lo faccia spiegare da lei. Coraggio, chiamo
na carrozza e torniamo a Baker Street dove potrò rimettervi in sesto
eh?”
“L’ho
già chiamata io.” disse un’imperiosa voce femminile.
Alzando
lo sguardo, i due videro la regina.
“Vostra
Maestà, vi ringrazio.” Si affrettò a dire Basil.
“Sa,
Sir Basil” aggiunse poi la regina “dopo quello che ha fatto questa ragazza
stasera, penso proprio che lei abbia trovato la sua degna compagna insieme al
dottor Topson naturalmente.”
“Troppo
gentile vostra Maestà.” Disse Topson alzandosi per baciare la mano
regale.
“Ora
forza, andatevene a casa e prendetevi un periodo di riposo. Tanto, con Rattigan
ferito, penso che potremo stare tranquilli per un po’. Arrivederci”
E
così il trio (Basil appoggiato a Topson e Cornelia in braccio ad una delle poche
guardie rimaste sane) furono scortati in carrozza e poi a Baker Street, dove
avrebbe avuto luogo la loro convalescenza.
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
“Mi
ha sparato!! Mi ha sparato!!! Capisci? Mi ha sparato!!”
“Signore,
è ormai la decima volta che lo ripete, penso di aver capito ormai.”
Rattigan
(che si stava fasciando il fianco) e Moriarty stavano avendo una discussione nel
loro covo.
“Ah,
ma sono disposto a perdonarla. L’ha fatto per istinto, non certo perché lo
voleva fare.”
Il
ragno alzò gli occhi al cielo: quel tipo era proprio senza speranze.
“Ah,
ma aspetta che guarisca e vedrai cosa combino: ucciderò Basil e mi prenderò
Cornelia. Aspetta che guarisca…”
Rattigan
continuava a fantasticare e Moriarty colse l’occasione per andarsene
via.
“Aspetta
di vedere cosa combinerò io invece. Ah ah ah.” Disse tra i denti,
sghignazzando.
FINE
DEL CAPITOLO
Note:
(*) nel cartone, alla fine, la regina nomina cavalieri sia Basil che Topson, da
qui l'appellativo Sir.
Allora,
cosa ve n’è parso? E’ valsa la pena aspettare? Spero che vi sia
piaciuto.
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 11 *** Healing ***
Note
dell’autrice: ammettetelo, una rapidità d’aggiornamento simile non l’avevate mai
vista. Beh, è anche vero che non è tanto difficile battere l’ultima lunghezza di
tempo che ho impiegato no? Senza ulteriori indugi passerei subito a:
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
TENSI: Grazie per gli incoraggiamenti.
Purtroppo la fine della scuola si avvicina ed i compiti piovono, Stavolta,
comunque, spero di essere riuscita ad aggiornare abbastanza presto. Te lo dico
io dove hanno trovato il coraggio di aiutarla, anzi, te lo diranno loro in
questo capitolo.
GIULYCHAN:
Beh, per il “dopo” dovrai aspettare ancora un po’. La fine l’ho già in mente, ma
voglio divertirmi un po’ con questa fiction, stando ben attenta a non tirar via.
Grazie per i complimenti, spero di non averti fatto attendere
troppo.
HIKARY:
Se sei la presidentessa io sono l’addetta alle relazioni con gli interessati.
Pensare che tra pochi giorni uno di loro verrà a girare a pochi chilometri da
casa mia il seguito di Twilight…. Beh, spero di poterlo andare a trovare. Ganzo
il paragone con Grisù, non ci avevo per nulla pensato XD. Grazie per aver
contattato la Disney, chissà, magari tra un paio di giorni mi chiamano per il
contratto XD XD XD. Per quanto riguarda la frase della regina, sono
stra-convinta che ci sia un’anima gemella per tutti, beato chi la trova
subito.
Grazie
ancora per la recensione.
Bene,
ora possiamo cominciare ok?
Capitolo
11
Il
mattino seguente, al 221B di Baker Street, Basil si risvegliò faticosamente
nella sua camera da letto. Aprì gli occhi con cautela, eppure troppo
velocemente, perché la vista della luce di mezzodì, che penetrava dalla
finestra, gli fece venire un mal di testa tale da pensare di avere un’incudine
al posto del cervello e che un sadico fabbro lo martellasse incessantemente.
Benché
dubitasse delle proprie capacità motorie, decise di alzarsi per porre fine a
quella sofferenza chiudendo le tende.
Tenendo
la zampa destra alzata a fare da schermo agli occhi, con la sinistra tentò di
sollevarsi, dimenticandosi della ferita che aveva riportato la sera prima.
Perciò quando tutti i muscoli del suo braccio furono in tensione, un gemito di
dolore gli uscì dalla bocca e lui ricadde pesantemente sul letto.
Richiuse
gli occhi per ripararsi almeno un po’ dalla luce e, benché anche il solo pensare
fosse una fonte di dolore, si sforzò di ricordare cosa gli fosse capitato per
essersi ridotto in quello stato. Piano piano e a fatica, riuscì a ricostruire
tutto o quasi: il colpo contro la colonna, la spada che calava su di lui e… la
figura di Cornelia svenuta tra le sue braccia, poi tra quelle di una guardia che
la portava in una carrozza, sulla quale lui stesso veniva issato da Topson. La
sua memoria, poi, si fermava alla vista della ragazza,portata nella sua camera,
e di sé stesso, steso sul letto,, mentre Topson lo addormentava con
un’iniezione, ignorando le proteste con le quali gli veniva chiesto di visitare
prima Cornelia.
‘Chissà
come sta’ pensò. ‘Beh, spero meglio di me. Ah, che mal di testa. Spero che
Topson arrivi presto con una qualunque delle sue medicine per aiutarmi a star
meglio.’
Come
se i suoi pensieri avessero attraversato le pareti, il dottore entrò nella
stanza, portando un vassoio con la colazione (che ormai faceva le veci del
pranzo) per l’amico, mentre al braccio aveva attaccata la sua fedele borsa
medica.
“Ah,
buongiorno, vecchio mio, vedo che sei sveglio. Come ti senti?” chiese
“Mi
sentirei meglio se quelle tende fossero chiuse” fu la secca risposta del
detective.
Senza
farselo ripetere, Topson posò il vassoio su uno dei pochi spazi liberi della
stanza e la borsa accanto ad esso, poi andò a fare quanto richiesto. Dopo di che
accese l’abat-jour sul comodino accanto al letto, coprendola immediatamente con
un pezzo di stoffa per far sì che l’amico non soffrisse troppo.
“Ah,
ora va meglio” disse Basil “Grazie Topson e buongiorno anche a te. Come sto?
Beh, come se la testa mi sbattesse senza soste contro un muro. In più ci si è
messa anche la spalla a farsi sentire. Mi sembra anzi che pulsi più della
testa.”
Topson
lo guardò un po’ confuso prima di dire:
“E’
naturale che ti faccia un po’ male, ma mi pare strano che ti dolga più della
testa, a meno che…” si interruppe riflettendo un po’, per riprendere con un tono
leggermente intimidatorio: “Non avrai
mica provato ad alzarti vero?”
“Volevo
chiudere le tende.” Rispose semplicemente Basil. Cercando di non distogliere gli
occhi da quelli minacciosi dell’amico il quale, dopo questa risposta, alzò gli
occhi al cielo esasperato:
“Ma
riesci a combinare guai anche quando se i bloccato a letto?” esclamò “Fortuna
che Cornelia è veramente a terra, altrimenti non ce la farei a badare a tutti e
due contemporaneamente.” Poi, calmandosi un po’, aggiunse: “Coraggio, fammi
controllare e speriamo che no siano saltati i punti.”
Detto
questo, prese la sua borsa e, appoggiato un cuscino allo schienale del letto,
fece mettere a sedere il detective. Poi gli scoprì con cautela la spalla
sinistra e cominciò ad esaminarla. Dopo un paio di minuti un sorriso gli dipinse
il volto:
”Per
fortuna non è successo nulla di grave, ti sei solo sforzato un po’. Ora resta un
attimo così e vediamo se riesci a buttar giù qualcosa eh?” disse e, dopo aver
posato la borsa medica, si affrettò a recuperare il vassoio e a portarlo sul
letto.
Basil
si sistemò un po’ meglio sul cuscino e, quando Topson gli mise il vassoio sulle
gambe, cominciò a mangiare in silenzio, cosa che sorprese non poco il dottore,
abituato a vedere l’amico rimanere a digiuno per giorni quando c’era un caso di
mezzo.
‘Forse
sta pensando a qualcos’altro.’ Si disse ed infatti era proprio così. Dopo aver
finito la ciotola del porridge, Basil disse:
“Hai
detto che Cornelia è a terra, in che senso?”
C’era
una certa preoccupazione nella sua voce e questo Topson lo avvertì, nonostante
il detective cercasse di mascherarlo. Si affrettò dunque a rispondere
all’amico:
“Nulla
di grave, credimi, solo un po’ di febbre, probabilmente una reazione allergica
al veleno. Va tenuta sotto controllo, ma non mi preoccupa più di
tanto.”
“Ma
è sveglia?”
“Quando
l’ho lasciata dormiva profondamente. Ti ho detto che va tenuta sotto controllo
perché stanotte, quando si è svegliata un’ora dopo il nostro ritorno, ha avuto
una sorta di crisi, delirava, si agitava e, in un paio di occasioni, ha
rischiato di farsi del male. Io e la signora Placidia siamo comunque riusciti a
calmarla e l’abbiamo vegliata tutta la notte.”
“E’
stata una crisi così terribile?” chiese Basil con la voce che
tremava.
“Ti
basti sapere che non è stato piacevole. Nel delirio aveva delle visioni, una per
tutte è scoppiata in lacrime credendo di vederti morto.”
Qui
si interruppe, sorridendo dell’improvviso rossore sulle guance
dell’amico.
“Ah,
quasi dimenticavo: per poco non ha strangolato la signora Placidia scambiandola
per Rattigan.” Disse poi strappando una risata (contenuta per via del mal di
testa) all’amico.
“Mi
raccomando, non dirle che te l’ho detto.” Si affrettò poi ad aggiungere
“A
chi? A Cornelia o alla signora Placidia?” chiese Basil con un
ghigno.
“A
entrambe, le metteresti in imbarazzo.”
“E
va bene” rispose il detective, con un tono che preoccupò non poco il dottore.
Preoccupazione, la sua, più che lecita perché, quando dieci minuti dopo la
signora Placidia entrò nella stanza per recuperare il vassoio (e, facendolo
passare per obiettivo secondario, controllare lo stato di salute del padrone),
Basil sgranò gli occhi e, con un’espressione di puro terrore sul volto,
gridò:
”Oh
no!! Rattigan!! Topson svelto, corri di là, prendi Cornelia e la signora Pacidia
e portale via, io cerco di trattenerlo!!” poi cercò di alzarsi per scagliarsi
addosso alla donna che, impaurita, si ritrasse verso la porta.
Topson
però lo riprese e lo respinse verso il letto, prima che uno dei piedi del
detective potesse toccare terra.
“Ehm,
lo scusi signora Placidia, la botta in testa deve essere stata più tremenda del
previsto. Ora ci penso io eh?”
La
governante alzò gli occhi al cielo sospirando:
“Oh
mamma, prima Ms. Blackwood, ora il mio padrone. Ma che cosa mai avrò io in
comune con quel depravato? Mah…”
“Ma
nulla signora, non si preoccupi, è solo che non stanno molto bene.”
“Va
bene, allora me ne vado” e, preso il vassoio, uscì dalla stanza.
Topson
aspettò che fosse uscita e poi si voltò verso Basil che stava soffocando le
risate nel cuscino.
“Ma
tu, il rispetto per gli altri lo conosci?” chiese cercando di sembrare
arrabbiato.
“Mhm…
ah ah, credo di aver bruciato il biglietto da visita ah ah.”
A
questo punto anche il dottore non poté più trattenersi, ma scoppiò a ridere
anche lui.
“E
comunque non si deve lamentare.” Disse Basil con le lacrime agli
occhi.
“Perché?”
chiese Topson asciugandosi i suoi con un fazzoletto.
“Sono
stato buono, l’ho inclusa nella lista delle persone da salvare.”
E
giù ancora a ridere come matti.
Stavano
ancora ridendo insieme di gusto, come non gli capitava più da tempo, quando
sentirono bussare alla porta. Riuscirono a ricomporsi appena in tempo, quando la
signora Placidia entrò. Li guardò un po’ con sospetto, notando i segni del riso
sui loro volti, poi disse:
“Dottore,
volevo dirle che Ms. Blackwood si è
svegliata, quindi se la vuole visitare…”
“Oh
certo, certo subito. Grazie signora.” Rispose subito Topson. Con un’ultima
occhiataccia, la governante uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle
spalle.
Il
dottore allora recuperò la sua borsa medica e disse:
“Beh,
io la vado a visitare. Tornerò per riferirti le sue condizioni.” Poi si avviò
verso la porta.
“Non
è che, magari, potrei venire con te?” chiese Basil speranzoso. Topson si voltò a
guardarlo per un momento, poi gli si rivolse con il tono che potrebbe avere un
genitore rivolto ad un bambino:
“Basil,
sinceramente preferirei che tu non venissi. Non tanto perché temo che ti possa
attaccare la febbre, quanto per il fatto che tu non riusciresti ad andare di là
senza farti del male.”
Basil
sospirò.
“Forse
hai ragione. E va bene, me ne starò qui ad aspettare. Non farmi stare in ansia
però eh?” disse sdraiandosi nuovamente sul letto.
“Tranquillo,
sarò veloce. Tu, però, cerca di riposare va bene? Con la spalla e la testa
ridotte così, l’unica cosa che tu possa fare è stare calmo per un po’ e vedrai
che presto la potrai rivedere.”disse Topson, conscio di stare sfoderando la sua
carta vincente per convincere Basil a restarsene buono.
“Touché,
amico mio.” Rispose prontamente il detective “Vai ora, non farla aspettare,
altrimenti si riaddormenta. Ah, grazie di tutto.”
“Di
niente. A dopo.” E, con un sorriso, Topson uscì chiudendo la porta.
Basil,
sempre coerente a sé stesso, decise di riposarsi solo a metà, aspettando il
ritorno del dottore senza però muovere un muscolo dal letto. Non si aspettava
però che un avversario più potente di Rattigan, Morfeo, aveva deciso di
incrociare la sua strada per condurlo nel suo mondo e, dopo cinque minuti di
vana resistenza, il detective dormiva profondamente.
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Topson
entrò nella camera che, al contrario di quella di Basil, era immersa nel buio.
“Entra
pure Topson, sono sveglia.” Disse Cornelia dal letto, con una voce un po’
stanca.
“Eccomi”
rispose il dottore, mentre la ragazza accendeva la lampada sul comodino, per
stendersi di nuovo, tremando leggermente.
“Come
ti senti?” le chiese lui.
“A
pezzi” rispose lei “Oh, che maleducata, scusami, non ti ho ancora augurato il
buongiorno.”
“Beh,
se è per quello neppure io l’avevo ancora fatto.”
Lei
gli sorrise dolcemente e lui ricambiò. Poi, aprì la sua borsa e
disse:
“Allora,
vediamo di controllarti la temperatura eh?” e, dopo aver estratto un termometro
aggiunse: “Mettilo sotto il braccio.”
Lei
ubbidì e tra i due cadde il silenzio. Dopo poco, però, fu Cornelia a
romperlo:
“Volevo
scusarmi per stanotte.”
Topson
la guardò stupito:
“Perché?
Non è mica successo nulla di grave.” Chiese.
“Non
credo che la signora Placidia sia dello stesso parere.” Replicò lei
“Che
ti ha detto?”
“Lei
nulla, ma ho capito, da come mi ha guardata quando le ho augurato il buongiorno,
che sembrasse contenta che io la riconoscessi. Deliravo così tanto?”
Topson
era stupito, ma si risolse a pensare che ci avrebbe dovuto fare l’abitudine al
fatto di avere un’altra persona dalla mente pronta a dedurre a giro per casa.
Non per nulla la regina l’aveva definita “degna compagna di Basil.”
“Abbastanza
cara mia.” Quando lei gli rivolse un’occhiata incuriosita, aggiunse: ”Hai
scambiato la signora Placidia per Rattigan.”
Dopo
un attimo di incredulità, Cornelia sospirò sorridendo:
“Povera
signora Placidia, mi dispiace tanto.”
“Almeno
tu deliravi davvero.” Replicò Topson “Quando Basil l’ha saputo, ha fatto finta
di delirare anche lui, per prenderla in giro.”
La
ragazza scoppiò a ridere:
“Sempre
il solito eh?”
“Già,
su, fammi vedere il termometro.”
La
ragazza passò lo strumento al dottore che lo controllò.
“Bene,
pare che sia scesa” disse dopo un paio di minuti. “Non è sparita ma è scesa. Hai
mangiato qualcosa?”
“Certo,
mi ha costretta la signora
Placidia.”
Tra
i due ricadde il silenzio e fu di nuovo Cornelia a romperlo:
“A
proposito, Basil come sta?”
“Bene”
rispose il dottore “ha solo un forte mal di testa ed una spalla dolorante. Con
un po’ di riposo si riprenderà completamente in quattro o cinque
giorni.”
“Bene,
mi fa piacere. Sai, è fortunato ad avere un amico come te, che lo segue e si
prende cura di lui. Da solo non so quanto potrebbe durare.”
“Oh,
dai, non esagerare. Saprebbe cavarsela benissimo anche senza di me” Replicò
Topson arrossendo leggermente.
“Ne
dubito. E comunque è sempre bene avere qualcuno vicino in ogni momento e io ne
so qualcosa.” Disse lei, con lo sguardo perso in chissà quale
pensiero.
Topson
rimase in silenzio, chiedendosi a cosa si stesse riferendo la ragazza, la cui
aria tranquilla era ora velata di tristezza. Probabilmente pensava a Basil e
agli anni della sua giovinezza, anche se gli sembrava un po’ strano. Non si
azzardò comunque a chiedere niente dato che, essendo lei ancora febbricitante,
forse stava attraversando un’altra fase di delirio un po’ più lieve ed indagare
sarebbe stato quanto mai invadente. Se poi di delirio si trattava, poteva anche
darsi che stesse farneticando.
“Chissà
come sta.” Mormorò lei ad un certo punto.
Il
dottore la guardò preoccupato: le aveva già detto che Basil stava
bene.
“Basil
sta bene mia cara, te l’avevo già detto.” Disse con dolcezza.
Lei
lo guardò stupita e poi disse, ridendo:
“Anche
se sono malata, ricordavo perfettamente ciò che mi aveva detto di Basil. Infatti
non mi stavo riferendo a lui, ma ad un’altra persona che non vedo da molto
tempo, ossia la mia migliore amica Elizabeth Morstan.”
Topson
si fermò a riflettere. Aveva già sentito quel nome, ma non riusciva a ricordare
dove. Ci pensò Cornelia a dargli la risposta che cercava:
“Vedo
che questo nome non le suona nuovo e la cosa non mi sorprende. E’ possibile che
l’abbia letto sui giornali non più di due settimane fa. Sa, la mia amica si è da
poco laureata in medicina, guadagnandosi il titolo di prima donna medico in
Inghilterra.”
Ecco
dove l’aveva sentito. Ma sì, ora gli tornava in mente non solo quello, ma anche
la foto della ragazza stampata sul giornale. Ricordava di averla ammirata
tantissimo, dato che ci voleva una grande forza per raggiungere un simile
traguardo, soprattutto da parte di una donna.
“Dunque
è la sua migliore amica?”
“Sì,
anche se non so ancora se posso considerarla tale, dopo tutti questi anni di
assenza.”
“Se
c’è una cosa che ho imparato è che l’amicizia è eterna. Stai tranquilla, vi
ritroverete presto.”
“Ah,
lo spero tanto Topson.”
“Ora
però devi pensare solo a riposarti e vedrai che ti rimetterai
presto.”
“Sì,
hai ragione. Solo così potrò rivedere Basil, lei e, magari, risuonare il
pianoforte.”
Disse
lei accarezzandosi dolcemente il polso destro fasciato con la mano
sinistra.
“Non
ci sono proprio possibilità che lei mi porti di là a vedere Basil eh?” aggiunse
poi.
“Come
ho già detto a lui, preferirei di no. Farò io da tramite, non ti preoccupare.
Ora cerca di dormire un altro po’ va bene?”
“Agli
ordini dottore.” Rispose lei rimettendosi sotto le coperte.
Topson
gliele rimboccò e, spenta l’abat-jour, uscì dalla stanza.
Mentre
camminava lungo il corridoio che portava al piano di sotto, pensò a quante cose
erano successe nel corso di due giorni:
l’arrivo
di Cornelia, il ritorno di Rattigan, il primo scontro, l’innamoramento di Basil
(che, fra tutte, era certamente la cosa più strana e meravigliosa).
Ora
era pure venuto a sapere che Cornelia conosceva benissimo uno dei medici che lui
avrebbe voluto moltissimo conoscere non solo per parlare di
medicina.
Le
sue guance arrossirono, ma lui non se ne dette tanta cura dato che era solo nel
corridoio. Quante sorprese c’erano state e chissà quante ne aveva in serbo per
loro il futuro.
Preso
da un’improvvisa eccitazione, si decise a mettere per iscritto, come già aveva
fatto altre volte per altri casi risolti dal suo migliore amico, tutto quello
che era avvenuto: aveva l’impressione che, presto o tardi, sarebbe saltato fuori
un altro bel romanzo per il pubblico. Andò dunque nella sua stanza e, sedutosi
alla scrivania, prese la penna e si mise a scrivere.
FINE
DEL CAPITOLO
Ah,
che bello ce l’ho fatta. E’ stato un po’ difficile scrivere questo capitolo,
specialmente la parte di Cornelia. Comunque non credo che sia venuto molto bene,
spetta a voi giudicare. Chi sarà questa nuova amica di Cornelia? Avrà anche lei
una sua parte nella storia? Aspettate e vedrete: intanto vi dico che Morstan è
il cognome della moglie di Watson nella saga originale di Conan Doyle (a buon intenditor….). Per quanto
riguarda il nome ringraziate la mia amica lucy-chan che me lo ha
suggerito.
Attendo
le vostre recensioni con ansia.
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 12 *** Reunions and.... ***
Note
dell’autrice: Eccomi tornata. Scusate il ritardo ma ero ad un campeggio
antirazzista a Cecina (tra l’altro ho conosciuto ed abbracciato
Luxuria).
Vabbè,
lasciamo perdere ed cominciamo con:
L’ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
TENSI:
Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Ti dirò, sto esaurendo le idee
per gli scherzi da poter far fare a Basil ma, se il cielo lo vorrà,
qualcos’altro vedrò di trovare.
Grazie
per la recensione, per sapere chi è Elizabeth credo che dovrai aspettare almeno
un altro capitolo. Buona lettura.
ASHLEY
SNAPE: Grazie per i complimenti, condivido in pieno la tua ammirazione per Basil
(anche se penso che si fosse già capito XD). Per sapere chi è l’amica di
Cornelia dovrai attendere un altro po’, mi spiace.
Buona
lettura
Ok,
possiamo cominciare.
Capitolo
12
I
giorni, come tutti sanno, passano con una lentezza incredibile quando si è
costretti a letto. Così era stato per Basil e Cornelia, tanto più che, quando
anche il mal di testa e la febbre erano passati, Topson aveva insistito affinché
se ne restassero a riposo almeno per un’altra settimana e c’era da dire che,
quando voleva, sapeva essere molto convincente: la frase “A costo di usare il
cloroformio…” era stata quella che li aveva convinti totalmente.
Erano
comunque riusciti a strappare il dottore il permesso di potersi vedere e così,
per due volte al giorno, a turno, venivano accompagnati l’uno nella stanza
dell’altra e viceversa per chiacchierare un po’.
Inizialmente
Topson, dopo aver accompagnato uno dei due, aveva tentato di uscire dalla stanza
per lasciarli un po’ da soli (nonostante tutte le regole dell’etichetta) ma i
due avevano continuato a pregarlo di restare e, alla fine, si era deciso a fare
loro compagnia.
In
quelle ore di divertimento (alle quali spesso e volentieri si univa anche la
signora Placidia, che arrivava sempre con un vassoio pieno zeppo di leccornie),
il dottore venne a conoscenza di tanti episodi della prima giovinezza dell’amico
che non aveva mai scoperto in dieci anni di convivenza: aneddoti di ogni genere,
avventurosi, tristi, ma soprattutto, divertenti. Topson notava anche che, dietro
alle risate e all’apparente spensieratezza, si nascondeva un’ombra che ognuno di
loro cercava di celare, di non nominare. Non ci voleva certo Basil per capire di
cosa, o meglio, di chi si trattava:
Rattigan.
A
parte alcuni articoli pubblicati nei giorni immediatamente successivi
all’attacco a Buckingham Palace, non se n’era più saputo nulla. I giornali
raccontavano lo stupore ed il terrore generale, causati dal ritorno di un
criminale creduto morto e raccontavano il suo attacco a corte. Come al solito
c’erano diverse versioni del fatto, la più mirabolante delle quali sosteneva che
c’era stata una lotta tremenda, completa di spade, asce e colpi di boxe, tra il
grande investigatopo ed il Napoleone del crimine per la conquista della bella
attrice, prigioniera del ragno scagnozzo di Rattigan: la scena finale
comprendeva poi, ovviamente, la fuga del ratto (“Volevi che facessi Robin Hood?
Eccoti servita” aveva commentato Basil dopo aver letto l’articolo, rivolgendosi
a Cornelia).
Comunque,
pensava Topson, anche se tutti sapevano che il “problema Rattigan” era
tutt’altro che risolto, per il momento non avrebbe causato molti danni, essendo
il ratto stesso ferito e poi, avevano preoccupazioni ben peggiori: i fan e, in
un secondo momento, la stampa.
Uno
stuolo di gente, un po’ curiosa ed un po’ seriamente preoccupata per il grande
difensore della giustizia si appostava quotidianamente davanti al 221/b di Baker
Street, correndo il rischio di richiamare l’attenzione degli umani e, di
conseguenza, della disinfestazione. Incuranti di ciò, cercavano di carpire
informazioni sulla salute del loro beniamino. Alcuni, più arditi, avevano
addirittura tentato di suonare al campanello e di farsi ricevere, ma la signora
Placidia che, dopo aver raccolto i loro biglietti da visita, li portava al
padrone per farsi dire se doveva accoglierli o meno in casa, li respingeva il
più delle volte.
La
povera donna stava cominciando ad andare in escandescenze, ma il peggio doveva
ancora arrivare. Una bella mattina si presentarono alla porta quattro distinti
signori, che chiesero della signorina Blackwood. Dopo aver portato i biglietti
da visita alla diretta interessata ed aver ricevuto il via libera dalla ragazza,
la signora Placidia li aveva fatti accomodare.
Avrete
probabilmente già capito che si trattava di Rudyard, Owen, Lionel e Jerome,
venuti a sincerarsi della salute della loro amica. Il pomeriggio fu piacevole,
pieno di risate e di chiacchiere: per dirne una, Cornelia volle sapere dove
avessero trovato il coraggio per venire a salvarla ed Owen, con aria molto
teatrale, si era inginocchiato accanto al letto della ragazza, le aveva preso la
mano ed aveva detto:
“Per
questo dolce paio di occhi,
per
queste lunghe ed affusolate dita,
non
darei solo la mano
ma
anche la vita”
“Ah,
e semplicemente per come sono non l’avresti fatto eh? Ma guarda tu questi cosa
vanno a guardare in una ragazza: gli occhi li posso anche capire, ma le mani…”
aveva risposto scherzosamente lei.
“Allora”
si era introdotto Lionel “alla fine ce l’hai fatta, l’hai
ritrovato.”
“A
chi ti riferisci?” aveva chiesto Cornelia, già temendo la risposta.
“Ma
al tuo lui, ovvio” aveva risposto il biondo “Finalmente!! Lo volevo vedere e
capire cosa avesse di più rispetto a noi.”
“Anch’io”
aveva aggiunto Jerome “Ma francamente non ci ho trovato niente di molto diverso.
Dicci un po’, cos’ha di speciale?”
“Beh”
aveva risposto lei giocherellando con le lenzuola “Lo conosco fin da quando ero
piccola, ho sempre potuto contare su di lui e poi…”
“E
poi..?” l’aveva incitata Rudyard, ghignando.
“E
poi… è semplicemente il mio tipo,
non mi annoio mai con lui, ogni giorno rischio la vita e questo mi piace un
sacco. Poi sa essere dolce se pr4eso per il verso giusto, è protettivo, forse un
po’ geloso e…”
“Di
chi state parlando?”
Basil
aveva scelto proprio quel momento per entrare nella stanza accompagnato da
Topson. Tutti si erano azzittiti per un momento, Cornelia era arrossita e teneva
gli occhi bassi.
“Lupus
in fabula.” Mormorò Jerome.
“Ah,
allora si parlava di me.” Disse Basil ridendo, mentre si sedeva su una sedia
accanto al letto “Spero che non fossero cattiverie.”
“Assolutamente
no.” Rispose Cornelia con sincerità, ma forse troppo in fretta, perché il
detective la guardò un po’ di traverso.
“Sei
sicura?” le chiese alzando un sopracciglio.
“Sì,
certo, non ti fidi forse di me?”
“Beh,
sai, è difficile fidarsi di una che non vedevo da dieci anni e che, anche se a
fin di bene, mi ha raccontato qualche bugia.”
“Ma
sentitelo!! Me lo rinfaccerà per tutta la vita.” Aveva detto lei, passata dalla
vergogna all’ira in pochi secondi.
“Mi
pare il minimo no?” aveva risposto lui.
Lei
allora aveva tossicchiato un po’, ma fra i colpetti di tosse, si era potuta
udire la parola “sentiero”.
Gli
altri, che fino a quel momento se n’erano stati zitti, non sapendo se essere
divertiti o meno da quel battibecco, lanciarono occhiate curiose prima alla
ragazza, che aveva un sorrisetto stampato sulla faccia, al detective che la
guardava meravigliato, stupito da un simile colpo basso.
“Avevi
promesso di non parlarmene più.” Aveva detto poi a voce bassa.
“Mi
hai costretta, peggio per te caro mio.” Aveva risposto lei.
“Ehm,
scusate, ma di cosa stiamo parlando?” aveva chiesto Topson.
“Nulla,
nulla, solo che, da ragazzi, ci piaceva andare in montagna. Una volta, una
signora poco abituata a camminare, ci aveva detto di voler venire con noi, ma
che dovevamo scegliere un sentiero adatto. Lui allora, si è puntato dicendo di
voler fare tutto da solo per organizzare la gita. E’ andata a finire che ci
siamo persi su un sentiero roccioso particolarmente ripido e scosceso. Non ho
mai sentito qualcuno mandargli tante offese quante gliene mandò quella signora
durante quella passeggiata.” Aveva raccontato Cornelia ridendo.
Anche
gli altri erano scoppiati a ridere, perfino Basil aveva sorriso. Tra storielle
simili e battute varie, i quattro attori se n’erano andati, facendosi promettere
da Cornelia di raggiungerli per un nuovo spettacolo il prima
possibile.
Purtroppo,
l’arrivo dei quattro ragazzi non era passato inosservato alla stampa che, dopo
aver fatto qualche ricerca, era venuta a sapere che Cornelia non alloggiava più
nel suo albergo. Non era stato difficile fare due più due e così, la mattina
dopo, quando la signora Placidia aveva tentato di uscire per fare la spesa, si
era ritrovata davanti un’orda di giornalisti inferociti. Con una calma
sorprendente, era rientrata in casa, si era rassettata un po’ e poi, munita di
matterello, era di nuovo uscita nella calca, minacciando di dare l’arnese di
marmo in testa a qualcuno.
Ciò
poteva essere servito per aiutare la povera donna a sbrigare le sue commissioni,
ma non era bastato a far sloggiare la stampa. Così, la permanenza di Cornelia in
casa dell’amico si era dovuta prolungare ulteriormente.
Per
i primi tempi, la cosa non fu tanto tragica: i due, uniti a Topson, non
mancavano certo di fantasia e si erano così inventati vari modi per passare le
giornate, come ad esempio mettersi ad accordare un vecchio pianoforte trovato
nello scantinato del 221/B, in modo che Cornelia potesse suonare qualcosa. Dopo
qualche giorno, però, tutti bramavano un po’ di aria fresca e la noia aveva
cominciato a farsi sentire. Fu proprio in uno di quegli uggiosi pomeriggi che la
soluzione al loro problema suonò alla porta. Quando la signora Placidia andò ad
aprire, non fece in tempo a chiedere i biglietti da visita che una signora,
seguita da uno stuolo di gente, si catapultò in casa, aiutando poi la cameriera
a richiudere fuori i giornalisti.
“Ci
scusi per l’intrusione signora” disse asciugandosi la fronte con un fazzoletto.
“Volevo
solo vedere come sta mia figlia e si è unito anche il resto della famiglia.”
Aggiunse poi indicando le persone intorno a lei.
“Signora
Blackwood?” chiese stupita la donna.
“Mamma?!”
giunse dal salotto la voce altrettanto stupita di Cornelia.
Sentendo
la voce, la signora, seguita dagli altri, si recò nella stanza dove trovò la
figlia, insieme a Basil e a Topson.
La
ragazza si alzò e corse ad abbracciare la madre.
“Tesoro
mio, come stai?” le chiese la donna, accarezzandole i capelli.
“Sto
bene mamma, sto ancora meglio ora che vi vedo tutti.”disse poi riferendosi al
resto della “truppa”.
“Piccola
mia.” Disse un uomo dai capelli neri con l’aria seria.
“Salve
papà.” Rispose la ragazza abbracciando anche lui.
“Credo
che da qui in avanti diventerebbe complicato abbracciare tutti vero?” disse una
topolina con dei corti capelli castani lisci e gli occhi scuri.
“Ti
ringrazio per avermelo risparmiato, sorellina” rispose Cornelia.
“Buffo,
non si direbbe che…” cominciò Topson.
“…..Siamo
sorelle?” Completarono Cornelia e la giovane.
“Già,
a quanto pare ve lo dicono tutti.” Disse il dottore.
Effettivamente
le due ragazze non si somigliavano per nulla e, come Topson avrebbe scoperto in
futuro, differivano parecchio anche nel carattere.
Notò
anche che la più piccola delle sorelle Blackwood aveva ragione: i parenti venuti
a trovare Cornelia erano veramente tanti. Ce n’erano una decina nella stanza e,
a quanto gli disse Basil, ce n’erano all’incirca un’altra ventina, tutti di
primo grado.
“La
famiglia di Cornelia è una delle più grandi del paese: in un certo senso, sua
nonna ha dato una grande zampa alla situazione, mettendo al mondo la bellezza di
sette figlia, mentre una sua zia ne ha avuti sei.”
“Accipicchia!!
Mi immagino quanti siano tra cugini allora.”
“A
proposito cara” disse la signora Blackwood, sentendo quella parte di
conversazione
“Sapevi
che siete arrivati a quindici?”
“Sì,
come hai detto che l’ha chiamata lo zio, Vera?”
“Brava,
ti sei ricordata bene.”
“Scusate,
a quindici di cosa?”chiese Topson.
“Cugini.”rispose
prontamente la madre di Cornelia “Anzi, mia cara, lascia che te la presenti.
Gerald, perché non le porti la piccola?” chiese poi ad un uomo seduto vicino al
camino con un fagotto in braccio.
“Certo.”
Disse lui, alzandosi ed avvicinandosi alla ragazza. Cornelia, seduta sulla
poltrona, si sporse un po’, quanto bastava per vedere il dolce musetto di una
creaturina addormentata.
“Mamma
mia, quanto è bella. Complimenti davvero.” Disse lei, accarezzando i lineamenti
del piccolo viso.
“Prendila
in braccio.” Le disse l’uomo.
“Zio,
ma è da tanto che..”esitò lei
“Allora
mi pare proprio il momento di cominciare a rimettersi in pari. Dai tieni.” E,
detto questo, Gerald le mise la piccolina tra le braccia.
La
ragazza rimase per un attimo paralizzata. Era incredibile, dopo dieci anni,
poter tenere di nuovo una bimba tra le braccia. Vera, dal canto suo, guardava
l’attrice con il suo bellissimo paio di occhi nocciola.
Fu
un attimo, l’azzurro incontrò il marrone e la rigidezza di Cornelia fu solo un
ricordo. La piccolina, ad un certo punto, emise un versetto poi un altro ed un
altro.
La
ragazza allora cominciò a risponderle, nel tipico modo che noi tutti assumiamo
quando ci troviamo di fronte ad un neonato.
“Ah,
allora chiacchieri eh? Brava signorina, eh sì, sei proprio bella lo sai?” E così
via.
Basil
la guardava da un angolo, assorto. Topson gli si avvicinò e chiese:
“A
cosa pensi?”
Il
detective lo guardò e rispose sorridendo:
“Ti
parrà strano, ma, vedendola così, mi sembra quasi una madre con in braccio la
sua piccina.”
“Sì,
ora che me lo fai notare è vero. Fammi capire, questo significherebbe vederti
veramente sistemato?”
Basil
arrossì un po’.
“Beh,
che ci sarebbe di male?” chiese imbarazzato
“Assolutamente
nulla.” Rispose ridendo Topson.
Basil
riportò lo sguardo su Cornelia e sospirò.
“Mi
chiedo, però, quando sarà possibile sistemarsi. Il mio lavoro non me lo concede
e, penso, per ora nemmeno il suo.”
“Basterà
avere un po’ di pazienza vecchio mio, non ti preoccupare.”
Intanto
Cornelia aveva reso la piccola in braccio al legittimo genitore e stava
discutendo con la sorella.
“Allora,
sono dieci anni che sei a giro con gli attori più belli del mondo e non me ne
hai ancora presentato nessuno?” stava chiedendo la giovane.
“Cecil,
cara, non posso chiamarli a mio
piacimento.”le rispose Cornelia.
“Comunque
ora quattro di loro sono a Londra: magari riesco a combinarti un
appuntamento.”
“Uffa,
alle volte vorrei poter essere come te ed incontrarli spesso.”
“Non
sai quello che…” L’attrice si bloccò di botto, il suo sguardo volò a
Basil.
“Forse
ho trovato una soluzione al nostro problema con la stampa.”
Detto
questo, senza ulteriori spiegazioni, corse al piano di sopra e gli occupanti la
sentirono rovistare per la stanza. Quando la ragazza tornò giù, aveva tra le
braccia dei trucchi ed una parrucca che emulava molto fedelmente i suoi
capelli.
“Cecil,
stasera avrai l’onore di essere me.”
La
sorella la guardò confusa, poi capì.
“Va
bene, ci sto, però ad una condizione.”
“Ossia?”
chiese Cornelia un po’ preoccupata.
“Mi
farai incontrare Jerome?”
L’attrice
alzò gli occhi al cielo e poi disse:
“Andata.”
Dieci
minuti dopo, dalla porta del 221/b uscirono i familiari di Cornelia, insieme ad
una ragazza molto simile a lei, con un grosso cappello a coprirle il
volto.
I
giornalisti ci cascarono in pieno e si allontanarono per seguire colei che per
loro era l’attrice.
Da
dietro la finestra, Basil, Topson e Cornelia avevano osservato l’intera scena ed
avevano esultato.
“Bene,”
disse Basil “per un po’ staremo tranquilli.”
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“Ho
dato loro abbastanza tranquillità, non credi Moriarty? E’ giunta l’ora di
tornare in azione.” Disse Rattigan al suo tirapiedi.
“Sì,
ma stavolta cosa avete in mente?” chiese il ragno.
“E’
da un po’ che la banca di Londra non ha nostre notizie. Che ne diresti di
alleggerirla un po’?”
“Mi
pare una buona idea, ma non ti sembra un pò rischioso esporsi?”
“E
chi ti ha detto che agirò in prima persona? Ho sempre i miei fedeli scagnozzi
no? Sarai tu a dar loro una mano e, mi raccomando, non fallire.”
“Certo
capo.” Borbottò il ragno, legandosi mentalmente alla zampa il fatto di essere
stato paragonato ad uno scagnozzo e sparendo nell’ombra per andare a radunare le
truppe di Rattigan.
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“Certo
che Rattigan è da un po’ che non si fa sentire.” Disse Basil, dalla poltrona
dove stava comodamente fumando la sua pipa.
“Non
ti lamentare, io non ne sento la mancanza.” Replicò Topson alzando per un attimo
gli occhi dal Times.
“Per
carità, solo che non mi piace questo suo silenzio troppo prolungato.” Rispose il
detective.
“Tranquillo,
arriverà il tempo per le preoccupazioni. Ora pensa a riposarti.” Gli disse
Cornelia mentre leggeva il copione del suo prossimo spettacolo.
Ad
un certo punto suonò il campanello e la ragazza si alzò.
“Dove
vai?” le chiese Basil inarcando le sopracciglia.
“Ad
aprire, naturale.” Rispose lei.
“Lascia
che ci vada la signora Placidia.” Replicò il detective.
“E’
il suo giorno libero.”
“Ah,
comunque preferirei che tu non andassi, potrebbe essere pericoloso.”
“Ma
dai, che vuoi che succeda?” disse la ragazza poi, vedendo il cipiglio
preoccupato di Basil aggiunse:
“Facciamo
così: se succede qualcosa urlo va bene?”
“Non
sono ancora convinto.”
“Ti
ricordo che ho vinto il primo premio per l’urlo più terrificante di Londra
durante la festa di Halloween.” Replicò lei e, senza aspettare una risposta, si
avviò verso la porta.
“Ma
quanto è cocciuta!!!” esclamò Basil. “Giuro che se le succede qualcosa
io…”
Non
riuscì a completare la frase perché l’urlo altissimo di Cornelia si era levato
dall’atrio.
FINE
DEL CAPITOLO
Perché
Cornelia avrà urlato? Cosa sarà successo? Dovrete porvi questi interrogativi
fino al prossimo capitolo. Devo darvi una terribile notizia: avete visto che
esce il nuovo film di Sherlock Holmes a Natale? Avete visto il trailer? Se no,
vi dico che, tragica coincidenza, il cognome del cattivo è Blackwood. Che
tristezza!!! Vabbè, io vi allego il link del trailer sottotitolato in italiano.
http://www.youtube.com/watch?v=0R_OPwaxzV8&feature=PlayList&p=EA2FCF6DC712CD5E&playnext=1&playnext_from=PL&index=11
Buonanotte
e grazie per aver letto.
Baci
Bebbe5
|
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Capitolo 13 *** A new case ***
Note
dell’autrice: eccomi tornata, fresca fresca di montagna e di influenza
(accidenti agli sbalzi climatici). Comunque direi di cominciare subito senza
ulteriori indugi tranne:
L’ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
TENSI:
Intanto grazie per la recensione, mi fa piacere che ce ne sia sempre una tua per
ogni capitolo, mi fa sentire importante. Per la scena tra Vera e Cornelia ho
preso spunto da un mio episodio personale con la più piccola delle mie cugine,
non più tardi di un mese fa. Tra l’altro è reale anche l’episodio della gita
(una gaffe fatta da mio padre meno di un anno fa).
La
tranquillità non è dell’uomo e, in questo caso, nemmeno dell’animale. Curiosa di
scoprire cosa accadrà? Leggi, leggi.
Grazie
ancora, mia fan.
MIRISTAR:
Beh, anch’io lo adoro e sono contenta che la fiction ti piaccia. Ti dirò, non
sconfifferava tanto neanche a me lo spazio di dieci anni, ma ho fatto un paio di
ricerche in rete su forum e fanfiction anche internazionali ed è saltato fuori
che Basil è molto più giovane di quello che sembra. Grazie per la critica, mi ha
fatto piacere che tu abbia notato questo “errore” perché significa che leggi con
attenzione. Anche volendo, ormai, non credo che potrei cambiare nulla, però dai,
almeno così Basil ci resta giovane. Neanche io vedo l’ora che esca il film di
Sherlock, anche perché ci devo trascinare la mia migliore amica per farle una
cultura sull’argomento.
Grazie
per la recensione.
BELLIS:
Spero di non deludere le tue aspettative. Non sai quanto mi renda felice vedere
che mi segui attentamente, anzi, non sono sicura di meritare tutta questa
attenzione.
Grazie
mille.
E
ora, buona lettura.
Capitolo
13
Basil
e Topson erano rimasti pietrificati da quel suono agghiacciante, ma un istante
dopo erano balzati in piedi e si erano precipitati fuori dal salotto e
nell’atrio.
Immaginatevi
il loro stupore quando, invece di trovare Cornelia in balia di un gruppo di
malintenzionati, la trovarono tra le braccia di una figura ( che, a giudicare
dalla gonna che si intravedeva sotto un lungo soprabito, era femminile), che
rideva come una matta stringendola quasi convulsamente, poco ci mancò che le due
cadessero tante forte era la stretta.
I due
topi erano rimasti bloccati a guardare la scena, Topson semplicemente basito,
Basil con la mente che lavorava come suo solito: osservando l’abbraccio si
poteva dedurre molto, c’erano gioia, attesa di quel momento, voglia di non
separarsi più, paura che questo accadesse. C’era solo una persona in tutta
Londra (‘oltre a me stesso ’ si ritrovo a pensare, sorridendo) in grado di
suscitare nella ragazza tali reazioni:
“Buonasera
Elizabeth, è un piacere rivederti.” Disse poi facendosi avanti ad accogliere
l’ospite.
“Buonasera
Basil” gli rispose lei, con voce un po’ strozzata “Appena Corny mi molla vengo a
salutarti come si deve.”
Sentendosi
chiamata in causa, l’attrice si staccò finalmente
dall’abbraccio.
“E’
un piacere rivederti, Liz.” Disse poi con gli occhi che le
brillavano.
“Ma
dai, non si era capito. Via, fammi salutare il padrone di casa.” Rispose la
ragazza andando incontro a Basil e stringendogli la mano.
Topson
intanto era rimasto davanti alla porta del salotto: davanti a lui c’era
Elizabeth Morstan, la famosa dottoressa di cui aveva sentito tanto parlare e che
tanto aveva sperato di incontrare. Era lì, con i suoi capelli di un biondo
scuro, un paio di occhioni chiarissimi, simile a Cornelia per statura e
costituzione. Era lì, con quella voce bassa che lasciava trasparire molta
decisione e sicurezza.
Ad un
certo punto Basil, notando la mancanza del suo amico al suo fianco, si voltò e
lo vide ancora bloccato sulla soglia del salotto. Si affrettò dunque a
dire:
“Elizabeth,
permettimi di presentarti il mio caro amico e collega, il dottor David Q.
Topson.”
La
ragazza alzò gli occhi, rivolgendo lo sguardo al dottore.
“Elizabeth
Morstan, tanto piacere. Finalmente la conosco.” disse sorridendo. “Ho letto
tutti i racconti che ha pubblicato sul Times, li so praticamente a memoria.
Speravo da tanto di poterle fare i complimenti di
persona.”
“Grazie
signorina.” Rispose Topson arrossendo un po’ al complimento
“Da
parte mia, sono felicissimo di incontrare il primo medico donna di Londra.
Complimenti vivissimi.”
Stavolta
fu il turno della ragazza di arrossire.
“Beh,
mi sono forse dimenticato le buone maniere?” disse improvvisamente Basil.
“Cornelia, per piacere, porta Elizabeth in salotto. Topson, verresti in cucina
con me a prendere qualcosa da offrirle?” aggiunse poi.
“Certamente.”
Così
i quattro si separarono, le donne in salotto, gli uomini in
cucina.
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In
cucina.
“Dunque,
dunque, dunque, se non ricordo male le focacce dovrebbero essere in questo
scomparto e…. Bingo.” Stava dicendo Basil, frugando tra gli armadietti che
componevano la mobilia della cucina.
Topson,
intanto, controllava la cottura del thé ed il riscaldamento del
forno.
Era
incredibilmente silenzioso, si ritrovò a pensare Basil, e con lo sguardo perso
nel vuoto. Deciso ad indagare, come suo solito e non riuscendo a farne a meno
per natura, il detective terminò di sistemare le focacce su di un vassoio e si
avvicinò al forno, con un’idea talmente diabolica da fare invidia a
Rattigan.
“Allora,
che ne pensi?”
Topson
lo guardò un po’ confuso per due secondi e poi rispose:
“Beh,
che posso dire, mi sembra un tipo perbene, carismatico, di
bell’aspetto…”
“Wow”
lo interruppe Basil, soddisfatto dell’ esito dell’indagine “non pensavo che la
temperatura di un forno potesse avere tutte queste
qualità.”
“Come..?
Cosa…?” balbettò Topson confuso.
“Non
ricordi? Siamo in cucina, a preparare qualcosa da offrire ad
un’ospite.”
“Basil,
io…”
“Non
ti preoccupare” disse il detective, inserendo il vassoio con le focacce nel
forno ed immergendo le foglie di thè nella teiera di acqua
bollente.
“Penso
che sia una cosa normale. Insomma, è una bella ragazza, è intelligente, è un
medico….. cosa vuoi di più?”
“Ah”,
riuscì a dire Topson, che era arrossito vistosamente.
Tra i
due cadde il silenzio, Basil controllava la cottura di thè e focacce, mentre
Topson cercava un modo per far sparire il rossore sulle guance, prima del loro
ritorno nel salotto.
Frattanto,
nella suddetta stanza….
“Devi
raccontarmi tutto!!” stava dicendo Elizabeth eccitatissima, con le mani di
Cornelia tra le sue.
“Sono
curiosa di sapere cosa hai fatto in tutto questo tempo, quali relazioni hai
avuto e….”
“Ehi,
calmati, respira.” Replicò ridendo Cornelia “Anche perché ti ho già raccontato
tutto per lettera.” Sottolineò.
“Sì,
ma io non ho creduto neanche ad una parola di tutto quello che mi hai detto.
Dai, non vorrai farmi credere che con tutti quei belloni che ti giravano
attorno, non ne hai trovato neanche uno che ti calzasse a
pennello.”
“Ed
invece dovrai rassegnarti che questa è la pura e semplice verità. Sei la mia
migliore amica, perché avrei dovuto mentirti?”
“Cioè,
fammi capire, per tutto questo tempo sei rimasta da sola
perché…”
“…Pensavo
a qualcun altro.” Completò Cornelia.
“A…”
cominciò Elizabeth, puntando poi il dito in direzione della cucina per terminare
la domanda.
L’attrice
annuì, abbassando lo sguardo ed arrossendo.
“Ma
allora… voi due…” chiese eccitatissima la neo-dottoressa.
“
Beh, non è nulla di ufficiale, però…”
Cornelia
non riuscì a terminare la frase che si ritrovò ancora una volta avvinghiata alla
sua migliore amica.
“Lo
sapevo, lo sapevo, lo sapevo.” Continuava a dire Elizabeth. “Era dai tempi del
college che lo sapevo, anche da prima.”
“Sì,sì,
va bene ok, datti una calmata.” Rispose Cornelia dando delle pacche sulla
schiena dell’amica.
“Oddio,
finalmente.” Disse Elizabeth allontanandosi e passandosi le mani sul
viso.
“A
proposito, e tu?” chiese ad un certo punto l’attrice.
“Ed
io cosa?”
“Ti
sei sistemata?”
“Ti
avrei tenuta all’oscuro di un particolare così interessante nelle mie lettere?
No, per ora non ho nessuno. Il mondo della medicina è più pieno di cretini di
quel che tu possa immaginare.”
“Davvero?”
“Eh
sì, purtroppo. Sai, ora come ora, se dovessi per forza trovare qualcuno, non mi
interesserebbe tanto l’aspetto fisico, quanto l’interiorità di una
persona.”
“Ehm,
mi esprimeresti meglio “interiorità”?”
“Intelligenza,
dolcezza, galanteria..”
“Mi
pare che tu stia chiedendo la
Luna tesoro.”
“Lo
so, ci sarà pure qualcuno così.”
“Lo
spero per te.”
“Qualcuno
ha fame?” La voce di Basil le interruppe e le due si voltarono giusto in tempo
per vedere il detective ed il dottore entrare nel salottino con un vassoio a
testa.
Passarono
così un paio d’ore chiacchierando del più e del meno.
“Quelli
della commissione erano dei veri antipatici, non sopportavano il fatto che
entrassi a far parte del corpo medico e mi hanno messa sotto torchio per un’ora
e mezza.”
“Mi
dispiace.” Fece Topson.
“Oh,
mi creda dottore, a me no. Ho dimostrato loro quello che valgo
giusto?”
“Sì è
vero.” Le rispose subito il dottore.
Dall’altro
capo del tavolino posto al centro del tappeto, Basil e Cornelia guardavano i
loro amici discutere allegramente, non osando
interromperli.
Ogni
tanto, le loro mani si toccavano e rimanevano unite del qualche minuto, prima di
separarsi per il timore di essere visti dai loro amici (il perché di questo
timore era oscuro anche a loro).
Improvvisamente
la pendola prese a rintoccare ed Elizabeth alzò lo sguardo sulle
lancette.
“Oh
santo cielo, com’è tardi. Perdonatemi, ma devo proprio
andare.”
Così
dicendo si alzò e fece per recuperare il soprabito, ma Topson fu più veloce ed
afferrò l’indumento per poi aiutare la ragazza ad
indossarlo.
“Oh,
la ringrazio dottore.”
“Non
c’è di che, signorina.” Rispose lui.
Basil
e Cornelia si scambiarono un sorrisetto: qualcosa bolliva in pentola e non era
tanto difficile sapere cos’era e qual’era il suo stato di
cottura.
Intanto
la dottoressa, dopo l’ennesimo giro di saluti, era uscita.
“Bene”
fece Basil “Allora, dato che stasera Mrs. Judson non c’è direi
di…”
Toc,
toc, toc.
“Stavi
per dire andare ad aprire la porta, caro?” chiese Cornelia con aria
innocente.
“Ma
chi sarà? Insomma, è quasi ora di cena.” Commentò scocciato il detective,
andando ad aprire.
“Ah,
sei tu. Hai dimenticato qualcosa?” disse poi, aprendo maggiormente l’uscio per
lasciar passare Elizabeth.
“No,
volevo solo darti questo.” Rispose lei porgendo un foglietto a Basil che lo
guardò incuriosito.
“Me
l’ha dato un tizio proprio qui fuori.”
“L’hai
visto in faccia?” chiese il detective, prendendo il foglio e rigirandolo da ogni
parte per osservarlo bene.
“No,
aveva il volto coperto da una sciarpa e aveva un grosso cappello. Posso dirti
che aveva una voce parecchio strana.”
“Cioè?”
“Non
lo so, l’aggettivo che mi viene in mente è falsamente
bassa.”
“Uhm,
va bene, ci penso io grazie.”
“Di
nulla. Buonanotte a tutti.” Concluse Elizabeth prima di uscire nuovamente e di
richiudersi la porta alle spalle.
Basil
era rimasto immobile accanto all’uscio, lo sguardo perso su quel
foglietto.
‘Ha
ricominciato allora.’
“Basil,
cosa dice il biglietto?” La voce di Cornelia lo risvegliò dallo stato di trance
in cui si trovava.
Senza
una parola, aprì il biglietto e lesse:
‘A
mio modesto parere, la
Banca avrebbe bisogno di un paio di guardie in più domani sera.
A quanto pare non solo gli economisti si sono accorti del periodo di splendore
che essa si trova a vivere.
Buona
fortuna
B.
B’
Nell’atrio
cadde il silenzio. Come al solito, fu Topson a spezzarlo:
“Si
riferisce al nuovo piano di Rattigan?”
“Suppongo
di sì.”
“Come
fai ad esserne sicuro?” si inserì Cornelia “Insomma, non è l’unico criminale a
piede libero a Londra.”
“Lo
so, ma è anche l’unico di cui si interessa B.B.” rispose
Basil.
“E
chi sarebbe?” chiese la ragazza.
“Il
mio informatore di attività criminose a Londra. Erano dieci anni che non lo
sentivo.”
“Quindi
che si fa?” chiese Topson.
“Elementare,
ci prepariamo a riceverlo. Allora, vediamo un po’, avrò bisogno della mia
pistola, di una torcia e..”
“Anch’io
dovrò cercarle in fondo al baule.” Fece Cornelia.
“Cosa?
Ah no, questa volta no Cornelia.” esclamò Basil.
“Perché
no?”
“Perché
è troppo pericoloso e perché…”
“Abbiamo
bisogno di qualcuno che controlli la casa, mentre noi siamo via.” Completò
Topson prima che Basil ne avesse l’opportunità.
“Come?”
chiese Cornelia confusa.
“Pensaci,
mia cara. Se noi siamo tutti fuori, Rattigan potrebbe anche decidere di mandare
una sua squadra qui a fare piazza pulita dell’intero archivio di Basil e tu sai
quanto sia prezioso.”
“E’
vero, non ci avevo pensato. Ma allora, perché non chiamiamo la
polizia?”
“Figurati
se faccio entrare Scotland Yard in casa mia! In più ti ricordo che tu non
dovresti essere qui, ergo, sarebbe meglio se non uscissi.”
Cornelia
cercò disperatamente qualcosa che le potesse permettere di seguire Basil, ma
alla fine si rassegnò ed annuì debolmente.
“Ottimo”
esclamò Basil, dandole una leggera pacca sulla spalla. “Ora, che ne dite di
pensare alla cena?”
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Qualche
ora più tardi, Cornelia si trovava nel suo letto, tutta presa dalla lettura di
uno dei suoi libri. Ad un certo punto, qualcuno bussò alla
porta.
“Avanti”
fece lei senza alzare gli occhi dal libro.
“Posso?”
La testa di Basil fece capolino da dietro l’uscio.
“Prego”
rispose lei, chiudendo il libro ed appoggiandolo sul comodino.
Il
detective si avvicinò al letto e si sedette sulla sponda.
I due
si fissarono per qualche istante, poi Basil disse:
“Non
crederti che io sia tranquillo a lasciarti qui da sola.”
“E
allora perché non posso venire con te?”
“Te
l’ho già detto è troppo pericoloso. Senti, mi sono già trovato in situazioni
simili ed ho visto molte persone morire così, per puro caso, per una pallottola
vagante o un’esplosione. Ci sono troppi elementi a cui fare attenzione e questo
ti impedisce di difenderti come normalmente faresti.”
“Ah,
bene, perfetto, ora sono veramente
più tranquilla. Praticamente mi hai detto che vai a farti ammazzare e ti aspetti
che io me ne stia qui bella tranquilla a ricamare o a fare l’uncinetto, parlando
con le amiche di abiti e moda davanti ad una buona tazza di thè.” Rispose
Cornelia, il sarcasmo evidente nella sua voce.
“Cosa
ti ho detto? Che io ci sono già passato e so come cavarmela. Ho un paio di
giochetti in camera mia che dovrebbero rivelarsi piuttosto
utili.”
“Non
fidarti troppo dei tuoi giochetti e promettimi di stare attento.” Disse Cornelia
con gli occhi leggermente lucidi, abbracciandolo.
“Non
ti vorrei perdere proprio adesso.”
“Come
faccio a convincerti che non mi perderai? Ah ecco, forse ci sono.” Rispose lui
e, con un sorrisetto, le si avvicinò e la baciò.
Cornelia
si lasciò trasportare da quel momento e dopo un po’, anche se qualche brandello
di incertezza rimaneva in lei, riuscì a convincersi che sì, sarebbe sicuramente
tornato sano e salvo e che non poteva essere altrimenti.
Quando
i due si lasciarono dopo essersi augurati la buona notte, non c’era quasi
nessuna traccia di ansia, ma solo tanta, dolce
tranquillità.
FINE
DEL CAPITOLO.
Che
ve ne pare? So di essere perfida a continuare ad aggiungere personaggi nuovi e
ad aggiornare continuamente in ritardo ma ehi, continuano a venirmi nuove
idee.
A
proposito: come ho spiegato a Miristar, di recente mi sono informata in rete sul
nostro caro investigatopo ed ho trovato un mondo intero riferito a lui:
famiglia, avventure e persino il suo nome di battesimo. Molti di quelli/e che
scrivono fanfiction su di lui si sono posti questo problema scrivendo storie
relative alla sua vita privata e sembrano tutti concordi sul fatto che si chiami
Sherringford (alcuni azzardano anche che, per secondo nome, abbia
Constancius).
Scrivo
queste cose perché volevo informarvi che, probabilmente, più avanti comincerò ad
utilizzare anch’io questo nome. Fatemi sapere cosa ne
pensate.
Ah,
un’ultima cosa, il prossimo aggiornamento avverrà dopo il 12 settembre, perché,
ragazzi miei, parto sabato per due settimane in Sardegna
quindi…
BUON
PROSEGUIMENTO DELLE VACANZE, UN ABBRACCIO
Bebbe5
|
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Capitolo 14 *** The bank ***
Note
dell’autrice: Oh, finalmente riesco ad aggiornare. Accidenti a me e a quando
decido di farne duemila. Ma cosa avevo in mente?!
Lasciamo
perdere queste considerazioni da svitata e passiamo a…
L’ANGOLO
DELLE RECENSIONI
BELLIS:
Intanto grazie per la recensione. Per quanto riguarda il urto, un assaggio ti
verrà dato in questo capitolo, poi… si vedrà.
Spero
che ti piaccia.
ASHLEY
SNAPE: Scusami se aggiorno così tardi, ma veramente, c’era una fiction che mi
premeva aggiornare per prima e così ho perso tempo. Mi spiace. Grazie per la
recensione.
Che
dite, si comincia?
Capitolo
14
Il
giorno seguente, al 221/B di Baker Street, piano terra, ma proprio terra, fu
tutto un andirivieni per le varie stanze alla ricerca di attrezzature di ogni
sorta. Verso le cinque pomeridiane, il salotto era pieno di corde, pistole con
relative munizioni, cappotti imbottiti per avere un minimo di protezione dalle
pallottole, torce e quant’altro potesse servire per la pericolosa missione di
quella notte. Sul tavolinetto di fronte al camino, era stata spiegata una pianta
della banca di Londra e, attorno ad essa, stavano discutendo Basil, Topson ed un
ispettore di Scotland Yard, di nome Laroux.
“Dunque” stava dicendo quest’ultimo
“Stamani ho fatto entrare nella Banca una trentina dei miei uomini migliori in
borghese. Hanno l’ordine di nascondersi nell’edificio fino al nostro
arrivo.”
“Perfetto!”
rispose Basil “Ne piazzeremo due dietro le tende dell’ingresso, con l’ordine di
non muoversi se non in caso di fuga dei ladri. Altri due, li voglio al piano
superiore, nel caso che i criminali cerchino qualcosa di diverso dall’oro – con
Rattigan come mente del colpo, non si può mai sapere. Costoro avranno il compito
di fare un segnale ai due agenti nell’atrio, in caso di attacco agli uffici
situati ai piani alti, in modo che questi possano avvertire il resto del
contingente che si troverà nel seminterrato. Viceversa se ci sarà un attacco
troppo difficile da sostenere, saranno gli uomini nel seminterrato a dare
l’allarme.”
Ad
ogni disposizione, il dito del detective indicava un punto diverso sulla
carta.
“E
ora, arriviamo al suddetto seminterrato: voglio almeno quattro uomini per
stanza. Ah, e che facciano attenzione ad essere ben nascosti: se vogliamo
prenderli tutti, dobbiamo portarli ad un punto da cui non potranno uscire se non
con un bel paio di braccialetti. Tutto chiaro?”
“Certamente,
signor Basil, mi sembra tutto perfetto.” Commentò l’Ispettore.
“Basil,
noi dove staremo?” interloquì Topson.
“Amico
mio, noi ci nasconderemo direttamente nel caveau insieme all’Ispettore. Toccherà
a noi dare il segnale d’attacco.”
“Capito.”
“Mi
dica, signor Basil, c’è qualche possibilità che riusciamo a catturare quel
farabutto di Rattigan?” chiese Laroux.
“Ne
dubito fortemente Ispettore. Se lo conosco bene non si farà vivo. No, secondo me
questo è solo uno dei crimini sui quali rifonderà il suo impero del
terrore.”
“Noi,
però, saremo lì ad impedirglielo.” Aggiunse Topson.
“Poco
ma sicuro, dovremo però fare attenzione, non sappiamo con esattezza come
agirà.
“Questo
suo informatore misterioso non è stato molto preciso eh?” chiese Laroux con una
punta di ironia nella voce.
“Se
lo fosse stato, avrebbe certamente fatto insospettire Rattigan: non mi
fraintenda, lui è certamente al corrente del fatto che io abbia degli
informatori ma, fintanto che non ho notizie dettagliate, non può arrivare a
capire chi essi siano.”
“Giusto,
ma allora perché non farlo venire qui?”
“Per
due semplici motivi, uno gliel’ ho appena illustrato. Per farla breve,
Ispettore, non crederà mica che per scoprire tali complotti faccia affidamento
su persone per bene.”
“Sa
che, dopo queste parole, potrei arrestarla per occultazione di
crimine?”
“Non
le parrebbe vero eh?” mormorò Topson tra i denti.
“Prego?”
scattò l’Ispettore.
“Quello
che il mio collega voleva dire, caro Laroux, è che, se questo è il suo
atteggiamento, la prossima volta mi rivolgerò ad un’agenzia privata per una
missione del genere e mi prenderò tutto il merito: vuole questo? In più, mi
scusi, credo che ci siano abbastanza criminali per ogni cella di Londra, senza
bisogno di sbatterci dentro anche colui che si impegna per riempirle.”
L’altro
rimase in silenzio, combattuto tra il rispondere o meno. La sua decisione fu
però rinviata da un bussare improvviso alla porta dell’ingresso. I tre udirono
l’uscio aprirsi, qualche parola affrettata,poi la signora Placidia entrò nel
salotto.
“Signor
Basil? C’è un’anziana signora che chiede di conferire con lei.”
Annunciò.
“Le
dia una focaccina ed una tazza di thé, poi la mandi via. Ora sono
occupato.”
“Ma,
signore, è accompagnata dalla signorina Morstan.”
All’udire
quel nome, gli occhi di Topson saettarono verso la porta, per poi tornare a
rivolgersi rapidamente sulla cartina della Banca.
Basil,
a cui il gesto non era sfuggito, sorridendo fra sé e sé disse:
“E
va bene, la faccia entrare. Che sia una cosa rapida però.”
La
domestica fece la riverenza, uscì, e poco dopo fecero il loro ingresso nella
sala una vecchina vestita di scuro, un po’ ingobbita, che si appoggiava con un
braccio ad un bastone e, con l’altro, al braccio di Elizabeth Morstan, la quale
aveva una smorfia curiosa dipinta sul viso. Topson fece per offrire una sedia
alla donna, ma questa lo fermò con un gesto.
“Non
si preoccupi giovanotto.” Disse con una vocina roca, rivolgendo lo sguardo al
dottore, che poté così vedere un volto rugoso a fare da cornice ad una fila di
denti giallastri.
“Da
quanto ho capito, il signore qui presente è molto occupato, quindi sarò breve.”
“Signora.”
Intervenne Laroux “Sono un ufficiale di Scotland Yard. Mi permetta di dirle che
alla nostra stazione ci sono moltissimi validi agenti pronti ad ascoltare tutta
la sua storia con grande attenzione e …”
“e,
stava per dire, suggerirmi una casa di cura? Tanto per cominciare, Ispettore,
sono ancora una signorina nonostante l’età, e poi ne ho fin sopra i capelli di
quegli incompetenti dello Yard. Ora, Ispettore, vorrei conferire in privato
con il signor Basil se non le dispiace. Almeno lui, da quello che mi hanno
raccontato le amiche del circolo del cucito, ha un po’ di gentilezza e non
lascia mai deluse e insoddisfatte le persone.”
Il
volto di Laroux era diventato di uno sgradevole color prugna. Dopo un paio di
secondi, l’ufficiale afferrò il suo cappello e si avviò alla porta. Sulla soglia
si fermò per dire con voce secca:
“Allora,
signor Basil, stasera alle otto e mezza. Mi raccomando, sia
puntuale.”
Poi
uscì chiudendo la porta con forse un po’ più forza del dovuto.
Nel
salotto cadde il silenzio. Topson prese a guardare ogni tanto di sfuggita
Elizabeth, che continuava ad avere quella strana smorfia sul viso e che si
ostinava a guardare il soffitto, come se volesse impararne a memoria la
composizione. L’anziana signora, il cui nome era ancora sconosciuto, si guardava
intorno, scrutando ogni anfratto della stanza con i suoi occhietti curiosi.
Basil, invece, si era appostato accanto alla finestra per osservare la strada.
Dopo un paio di minuti chiuse le tende e disse:
“Va
bene, se n’è andato, ora finiamola con questa pagliacciata. Cornelia, levati
quella gobba dalla schiena e quella plastica dal viso, sei ridicola. Elizabeth,
ridi pure, tanto come attrice non sei per nulla convincente.
Topson
spalancò gli occhi, sorpreso, ma lo stupore si fece più intenso quando la
“vecchina” si raddrizzò liberandosi del suo costume, lasciando apparire Cornelia
Blackwood., mentre Elizabeth Morstan scoppiava in una risata che pareva aver
trattenuto per troppo a lungo.
Sul
volto dell’attrice, invece, non c’era alcun segno di gioia.
“Non
puoi sempre rovinarmi tutto così. Come hai fatto? Dimmelo, così la prossima
volta farò più attenzione.”
“L’ho
capito quando non sei scesa a salutare l’Ispettore che dovevi essere
sgattaiolata fuori. Carino da parte tua non dirmelo. Quando poi la signora
Placidia mi ha detto che c’era un’anziana signora con Ms. Morstan ho cominciato
ad avere dei sospetti. Ti ho scoperta quando hai alzato il volto per guardare
Topson. Ho riconosciuto i tuoi occhi.”
“Sarei
quasi contenta della cosa se non fosse per la delusione.”
“…
insomma.. ah ah… è stato un divertimento vedere la gente chiedere.. ah ah… gli
autografi solo a me mentre camminavamo e non a lei…”
Stava
raccontando Elizabeth a Topson, ridendo insieme a lui.
“Quindi
stasera si trattiene qui?” le chiese il dottore.
“Sì,
farò compagnia a Cornelia.”
Le
due coppie continuarono a discutere per un po’, anche intrecciando le loro
conversazioni, finché, verso le sette e mezzo, la signora Placidia annunciò che
la cena era pronta.
I
quattro mangiarono in fretta, dato che Basil e Topson dovevano uscire presto per
andare alla Banca.
Verso
le otto e un quarto Basil e Topson, vestiti di nero e attrezzati di tutto punto,
uscirono dal 221/B e salirono su Ugo, il cane preferito del detective, grande
fiutatore di piste, per recarsi all’appuntamento con Laroux.
Cornelia
ed Elizabeth rimasero sulla porta finché il suono dei balzi del cane non fu più
udibile per la strada.
“Tornerà,
vedrai.”disse il medico alla sua amica, cingendole le spalle con un
braccio.
“Oh,
questo lo so. Mi chiedo solo se tornerà tutto intero. Beh, ora è inutile stare a
logorarsi. Che ne dici di farci una bella partita a carte insieme alla signora
Placidia?”
“Sì,
ottima idea.” Le due rientrarono in casa, ignare dello sguardo penetrante e
maligno che, nascosto da un giornale, le aveva osservate per tutto il tempo
dall’altro lato della strada.
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Banca
di Londra, ore 24
Da
quanto tempo si trovassero lì, accovacciati dietro le sbarre del caveau,
nascosti dall’oscurità più totale, Topson non lo sapeva. Dovevano essere
all’incirca quattro ore, a giudicare dai rintocchi di una chiesa vicina. I
muscoli cominciavano a dolergli, a causa della posizione in cui ormai si trovava
da quando si era disposto insieme a Basil e a Laroux nel caveau. Inizialmente
l’adrenalina l’aveva un po’ aiutato a far fronte a questo problema, poi però
erano passate le ore, aveva cominciato a sbadigliare e a sentire i dolori. I
suoi occhi, ormai abituati all’oscurità, si puntarono su Basil, che stava
seduto, immobile, con gli occhi chiusi e che sembrava dormire.
Eppure
il dottore sapeva che, anche se le palpebre erano chiuse, il detective era
sveglissimo ed attento a cogliere ogni singolo rumore al di fuori dei loro
respiri.
Se
Topson però era a conoscenza di questi dettagli riguardo il suo amico,
altrettanto non si poteva dire per Laroux. Questi, infatti, cominciò a sbuffare
e, dopo un po’, non riuscì più a trattenersi:
“E
allora? Dove sono?”
“Shh,
shh” fu la risposta di Basil.
“Siamo
sicuri che il suo informatore non abbia toppato in pieno?”
“Shh,
shh” ripeté Basil, in quella maniera che risultava irritante a chi non era
abituato a sentirsi rispondere così.
Fu
infatti questa la reazione dell’Ispettore.
“Insomma,
se aveva intenzione di far perdere tempo prezioso a me ed ai miei uomini, c’è
riuscito, ma voglio una giustificazione per…”
“Ispettore,
silenzio.” Lo interruppe Basil, aprendo gli occhi ed avvicinandosi alle sbarre
del caveau.
“Ma
insomma, come si..?”
“Ispettore,
stia in silenzio ed ascolti.”
Nella
stanza cadde il silenzio. Inizialmente, né Topson né l’Ispettore udirono nulla e
quest’ultimo stava per riprendere a discutere con il detective quando,
all’improvviso, si sentì un leggero raschiare sotto il pavimento del caveau.
Laroux
non fece neanche in tempo a rivolgere un commento sorpreso a Basil, che, dalle
fessure di una delle piastrelle (piuttosto grandi) che componevano il pavimento,
uscì un fascio di luce.
Topson
guardò Basil: “E adesso?” mormorò con un filo di voce.
Basil
sembrava eccitato, in trance. Senza sollevare lo sguardo dalla luce sotto i suoi
piedi disse con lo stesso tono di voce usato dal dottore:
“Nascondiamoci
dietro le cassette di sicurezza, svelti.” Poi si affrettò, senza fare il minimo
rumore, a posizionarsi dietro uno degli scaffali del caveau.
Topson
e l’Ispettore fecero lo stesso e Laroux, fece un cenno che voleva dire:
“Tenetevi pronti” ai suoi uomini, nascosti fuori dalle sbarre.
Furono
i cinque minuti più lunghi della vita di Topson (a parte ovviamente l’episodio
della trappola di Rattigan, ma quello si aggirava intorno ai venti).
Lentamente,
chiunque si trovasse sotto il pavimento, cominciò a rimuovere la piastrella
sulla quale stava lavorando. Quando questa fu stata spostata, dal buco spuntò un
topo, completamente vestito di nero che, dopo essersi guardato intorno, anche
con l’aiuto di una torcia, fece cenno di salire a qualcuno sotto di lui.
Dopo
pochi istanti, nella stanza c’erano almeno sei topi, tutti della banda di
Rattigan (come la polizia fu in grado di constatare a seguito di alcune indagini
sulla loro identità).
Quello
che era uscito per primo e che, a quanto pare, svolgeva la funzione di “capo”,
disse:
“Bene
ragazzi, cerchiamo di fare un lavoretto veloce. Tu, comincia da quella parte; tu
invece ripulisci quegli scaffali. Scattare!!!”
I
ladri cominciarono la loro opera. Uno di essi, ad un certo punto, si diresse
verso lo scaffale dietro cui si era nascosto Basil. Topson osservò la scena con
il cuore che gli batteva a mille: i brutti ceffi erano sicuramente armati ed il
suo migliore amico era in pericolo. Cosa fare?
Incrociò
per un attimo gli occhi del detective, facendogli percepire il suo desiderio di
intervenire. Basil però, gli fece cenno di restare dov’era. Aveva in mente
qualcosa, e si vedeva benissimo.
Il
ladro, intanto, aveva quasi riempito la sua borsa con il contenuto della parte
anteriore dello scaffale. Soddisfatto, si diresse verso il lato posteriore per
completare l’opera. Arrivato dall’altra parte, sollevò la torcia, il cui fascio
di luce illuminò il volto del detective. Il criminale rimase pietrificato per
qualche secondo, prima di riuscire ad esclamare:
“Ehi,
che diavolo…?”
“ORA!!”
gridò Basil, avventandosi sull’altro che era ancora troppo sorpreso per reagire.
Laroux soffiò nel suo fischietto e, dalla porta del caveau, entrarono una decina
di uomini della polizia. Fu ingaggiata una lotta furiosa. Alla flebile luce
delle lampade (dato che nessuno, preso dalla foga della situazione, era stato
così intelligente da accendere le luci), era difficile discernere chi fosse il
proprio avversario.
In
più di un’occasione, un poliziotto o un criminale si era trovato a stringere la
gola di un proprio collega.
Basil,
intanto, aveva messo fuori gioco il suo avversario e si era diretto verso la
botola, unica vera via di fuga per i criminali. Era appena riuscito a
riafferrare la piastrella quando un click, che somigliava tanto a quello del
cane di una pistola quando viene caricato, lo congelò.
“Posi
quella piastrella, investigatopo, e forse le risparmierò al vita.”
Basil
si voltò e fissò negli occhi colui che lo minacciava: si trattava niente meno
che del capo della banda, un tale di nome Thurber, famoso scassinatore ed anche
assassino.
“BASIL!!!”
gridò una voce alle spalle dei due. Thurber si voltò per un secondo, distratto,
ma fu abbastanza per permettere a Basil di sferrare un calcio al polso che
stringeva l’arma, facendola cadere, e di saltare addosso al
pluricriminale.
I
due cominciarono a colpirsi, dando e ricevendo pugni, graffi e colpi vari quasi
in egual misura. Alla fine, Basil riuscì ad atterrare il suo avversario e a
sferrargli un colpo tale da fargli perdere i sensi. Quando risollevò lo sguardo,
uno dei poliziotti aveva acceso le luci e, così, poté vedere il risultato della
lotta: Tutti i malfattori giacevano a terra, privi di sensi oppure ammanettati,
o anche tutt’e due.
I
suoi occhi vagarono per la stanza, alla ricerca del suo amico dottore:
finalmente riuscì a scovarlo, intento a medicare provvisoriamente la ferita,
inferta quasi certamente da un pugnale, che uno dei poliziotti aveva
ricevuto.
“Topson
stai bene?” chiese avvicinandosi.
“Io
sì, e tu?” chiese a sua volta il dottore.
“Tutto
a posto, a parte qualche graffio. Ti devo la vita, se non avessi urlato,
probabilmente…”
“Non
mi devi ringraziare, è stato istintivo” rispose Topson, finendo di medicare
l’infortunato ed alzandosi per stringere la mano del suo amico e
collega.
“L’importante
è che sia finita bene.”
“Signor
Basil?” chiamò una voce da dietro di loro. Voltandosi, videro Laroux
avvicinarsi.
“La
ringrazio per averci aiutato ad acciuffare questi malviventi e vorrei chiederle
scusa per la poca fiducia che ho riposto in lei.” Disse.
“Non
si preoccupi, Ispettore. L’importante è che li abbiamo presi.” Rispose il
detective, allungando la mano destra che, prontamente, l’Ispettore afferrò
sorridendo.
“Bene,
è stata una nottata lunga. Ora li portiamo al fresco e poi, finalmente, un po’
di meritato riposo.”
“Già,
effettivamente è stato un po’ stancante.” Disse Topson.
Gli
uomini di Scotland Yard cominciarono a trascinare fuori i prigionieri, alcuni
dei quali erano ancora svenuti.
Basil
e Topson, dopo aver raccolto le proprie cose, seguirono il drappello fuori dalla
Banca. All’improvviso, il detective udì qualcosa che gli fece capire che la sua
serata non era ancora finita.
Uno
dei topi che venivano portati via mormorò ad un suo compagno:
“Speriamo
che agli altri sia andata meglio.”
“Sì
dai.” Rispose l’altro “Saranno sicuramente a metà lavoro.” Concluse poi,
fissando un punto imprecisato al di là degli edifici che accerchiavano la
Banca.
Basil
si bloccò sul posto. Topson scese qualcun altro dei gradini della scalinata al
di fuori dell’edificio, quando si accorse che il suo amico si era fermato e che
fissava un punto indeterminato nel cielo.
“Basil,
cos’hai? stai bene?” chiese preoccupato.
Per
alcuni secondi il detective non rispose. Poi, dalle sue labbra, uscì un
mormorio:
“Mi
ha ingannato di nuovo.” Come riprendendosi da uno state di trance,
gridò:
“UGO,
VIENI QUA!!!”
Il
cane obbedì immediatamente all’ordine. Il detective gli montò sul dorso e Topson
si apprestò a fare altrettanto, ma Basil lo fermò.
“Topson,
voglio che tu corra a Baker Street, subito. Non c’è un minuto da perdere.” E partì di gran carriera, attaccandosi
al collare di Ugo.
Topson
rimase basito per un attimo. A cosa poteva essere dovuta quell’azione così
repentina?
Poi
gli tornarono in mente le parole che Basil aveva mormorato pochi attimi
prima.
Risalì
i gradini della Banca (che aveva sceso per avvicinarsi ad Ugo) e rivolse lo
sguardo al punto cui si era fissato quello del suo amico poco prima. Con orrore
e sgomento, vide la Torre di Londra e, “parcheggiato” all’ultimo piano di
questa, un dirigibile invisibile ad occhio umano, con una R dorata, disegnata
sopra.
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Baker
Street, ore 24,30
“Yawn, Cornelia, che ne dici di andare a
letto?” chiese un’ Elizabeth stanca ed assonnata.
“Vai
pure, io non ce la farei a dormire.” Replicò Cornelia, seduta su una poltrona
accanto al fuoco a leggere.
“Signorina,
io concordo con la sua amica: di quale giovamento le sarebbe restare ancora
sveglia?” si inserì la signora Placidia.
“La
ringrazio per la premura, ma davvero, non credo che….”
Alla
porta risuonarono tre colpi. Le tre donne, incuriosite, rivolsero i loro sguardi
all’ingresso.
“Elizabeth,
aspettavi qualcuno?” chiese Cornelia.
“Stavo
per farti la stessa domanda.”
“E
io non ho invitato nessuno” aggiunse la signora Placidia “Magari è un cliente
del signor Basil.”
“A
quest’ora?”
“Mi
creda, Ms. Blackwood, non sarebbe la prima volta.”
“Sarà,
ma io non mi fido. Aspettate qui.”
La
ragazza si avviò alla porta e, una volta raggiuntala chiese:
“Chi
è?”
“Signorina,
siamo un gruppo di amici di una persona che lei conosce molto bene. Ci manda lui
a chiederle una cosa. Potrebbe cortesemente lasciarci entrare per chiarire la
cosa a quattr’occhi?” replicò una voce maschile, per nulla rassicurante.
“Conosco
molte persone: chi sarebbe questo signore che vi manda?”
“Oh,
se lo ricorderà sicuramente: il professor Padraic Rattigan(*).”
FINE
DEL CAPITLO
(*)
Il nome è quello originale, dato al nostro “amatissimo” personaggio da Eve Titus.
Allora,
come vi è sembrato? Spero che vi sia piaciuto e che abbia compensato l’attesa a
cui vi ho sottoposti. Sono diabolica è? Due cliffhanger in n solo
capitolo.
Dai,
cerco di aggiornare presto.
Fatemi
sapere cosa ve n’è parso
Bebbe5
|
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Capitolo 15 *** Troubles ***
Note
dell’autrice: allora, ci ho messo troppo? Ci ho messo poco? L’ultimo capitolo è
stato davvero così scadente? No perché, a parte l’aver notato un visibile calo
di lettori, mi sono anche accorta di aver ricevuto un’unica recensione per
questo capitolo. Può anche darsi che la gente non abbia tempo di lasciarmi una
recensione, però la cosa mi ha demoralizzato non poco. Vabbè dai, speriamo che
vada meglio con il prossimo.
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
BELLIS:
Fortuna che ci sei te a lasciarmi sempre un bel commento. Lo so, sono diabolica
a lasciare tutto così: evidentemente la mia idea non è stata molto gradita. Beh,
pazienza. Cosa succederà? Scoprirai tutto in questo capitolo (sempre che tu
abbia la pazienza di leggerlo).
Buona
lettura.
Capitolo
15
Un
uomo, con una bottiglia di sherry in mano e le guance rosse per la sbornia
appena presa, stava camminando tranquillamente per la strada che costeggiava il
fiume. Ogni tanto tracannava un sorso dalla bottiglia, certo che, a lui,
l’alcool non avrebbe dato più noie di un bicchier d’acqua.
All’improvviso
sentì uno scalpiccio poco lontano, lungo la strada nebbiosa alle sue spalle. Si
voltò, ma non vide nessuno.
Guardò
dubbioso la bottiglia di liquore che teneva in mano, non più tanto sicuro che
non avesse effetto sulla sua psiche.
Ad
un certo punto, vide correre lungo la strada a pochi metri da lui un bastardino
bianco e marrone. Non fu tanto quello a convincerlo dell’ effetto negativo che
lo sherry
procurava
sul suo organismo, quanto il fatto che, a cavallo, o meglio, alle redini
dell’animale, c’era quello che sembrava un topo vestito di tutto
punto.
Quella
visone durò pochi secondi, poi la strana coppia sparì nella
nebbia.
L’uomo
rimase stordito per qualche istante poi, dopo una veloce occhiata al contenitore
di vetro stretto tra le sue dita, lo gettò nell’acqua del Tamigi, decidendo
all’istante di smetterla con il vino e promettendosi di trovare un modo di
conoscere meglio la ragazza intravista la mattina stessa al
mercato.
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“Più
veloce Ugo! Più veloce!”
Per
quanto Basil continuasse a spronare Ugo e per quanto il cane cercasse di correre
il più velocemente possibile, all’investigatopo sembrava sempre che procedessero
troppo lenti e che la Torre di Londra fosse sempre più lontana.
Si
era lasciato accecare ancora una volta. La rapina alla Banca era solo un
diversivo per mascherare un furto ancora peggiore: quello dei gioielli della
corona, contenuti nella fortezza che un tempo era stata una prigione.
Spronò
ancora una volta il povero cane, che ormai stava esaurendo tutte le energie.
Finalmente, dopo aver svoltato un altro angolo, eccola lì, la Torre di
Londra.
Il
suo primo istinto fu quello di fiondarsi all’interno dell’edificio insieme ad
Ugo, ma invece, fece frenare bruscamente il cane e lo fece arretrare,
nascondendolo dietro l’angolo da cui era appena arrivato. Davanti alla Torre non
c’erano delle normali guardie come si era aspettato, ma degli scagnozzi di
Rattigan. Chiedendosi se all’interno dell’edificio avrebbe trovato proprio il
suo nemico in persona (ne era quasi certo, data la presenza del dirigibile che
galleggiava nell’aria sopra di lui), decise di scendere dal suo “mezzo di
trasporto” e di mormorargli:
“Ora
Ugo, stai qui seduto. Tornerò presto ed avrò ancora bisogno di te. Riposati.”
Dopo
di che, si avviò con fare tranquillo verso l’ingresso della Torre. Non aveva un
piano preciso e perciò aveva deciso di fidarsi del suo
istinto.
Quando
i topi (quattro per l’esattezza) lo scorsero, scattarono immediatamente in
piedi:
“Ehi,
tu! Gira a largo se non vuoi rogne!” gridò uno, brandendo un
bastone.
“Mi
dispiace di dovervi deludere signori, ma io entrerò, con o senza il vostro
permesso.” Rispose con calma Basil.
“Ehi,
ma io lo conosco!” esclamò un altro.
“Già,
è quel maledetto detective di Baker Street!” disse il
terzo.
“Avanti,
chi è il primo?” mormorò Basil con un sorrisetto stampato in faccia.
Cominciò
una lotta furibonda: in un paio di secondi, i primi due scagnozzi che
attaccarono l’investigatopo furono messi al tappeto, o meglio, si misero al
tappeto, poiché Basil si era abbassato mentre loro tentavano di colpirlo
contemporaneamente con i propri bastoni, sferrandoseli di conseguenza addosso a
vicenda.
Gli
altri due portarono via un po’ più di tempo all’investigatopo. Riuscì a
scagliare un pungo in faccia a ciascuno dei due, facendoli cadere a terra, ma
entrambi si rialzarono rapidamente. Uno afferrò il detective da dietro,
bloccandolo. L’altro tentò di colpirlo, ma Basil gli sferrò un calcio, facendolo
nuovamente finire a terra, poi fece una pressione sui polsi di colui che
l’assaliva da dietro, facendogli mollare la presa sulle sue braccia. Mentre
questi si preparava ad attaccarlo nuovamente, il detective afferrò uno dei
bastoni dei malviventi e lo scagliò sulla testa del suo assalitore, mettendolo
fuori combattimento. Fece poi la stessa cosa con il quarto assalitore, che aveva
recuperato la lucidità dopo il calcio ricevuto.
Quando
anche l’ultimo scagnozzo fu a terra svenuto, Basil rimirò il suo operato.
“Ah,
il buon vecchio baritsu! Torna sempre utile. Se solo si ubriacassero un po’ di
meno, ci avrei trovato anche più gusto.” Disse.
Volse
poi lo sguardo verso la cima della Torre:
“E
ora, a noi due.” Mormorò, prima di correre all’interno
dell’edificio.
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Intanto a Baker
Street
“Signore,
lasciateci entrare, rendiamo tutto più semplice.”
Mentre
gli scagnozzi di Rattigan tentavano di entrare al 221/b di Baker Street,
all’interno della casa Cornelia, Elizabeth e La signora Placidia stavano
cercando di barricarsi dentro meglio che potevano: oltre alla serratura a doppia
mandata, c’era una sedia sotto la maniglia, un catenaccio ed il peso delle tre
donne.
“Cornelia,
che facciamo?” chiese una terrorizzata Elizabeth.
“Ci
sto pensando, dammi un secondo.” Rispose l’attrice,
nervosamente.
“Non
per metterle fretta signorina, ma hanno appena sfondato la serratura.” Le fece
presente la governante.
“Va
bene, ho un’idea, procuratevi una qualche arma ed andate al piano di sopra. Di
corsa.”
Le
due donne si affrettarono ad eseguire. Proprio quando, munite la governante del
suo matterello di marmo ed Elizabeth di un attizzatoio, stavano salendo le
scale, Cornelia gridò:
“CORRETE
IN CANTINA, CHIUDETEVICI A CHIAVE.”
La
signora Placidia ed Elizabeth si fermarono a metà scala, stranite. Cornelia,
fece loro cenno di proseguire per la loro strada. Sempre più confuse, fecero
come l’attrice diceva. Una volta che furono sparite al piano superiore, Cornelia
lasciò perdere la difesa della barricata e corse accanto alla porta della
cantina. Tolse la chiave dalla porta e la chiuse semplicemente. Dopo di che si
nascose dietro un angolo vicino alla cantina ed attese.
In
pochi minuti, gli uomini che le avevano assediate fino a quel momento riuscirono
a sfondare la porta e a fare irruzione nella casa.
“Forza
ragazzi, giù in cantina! Prendiamole!”
Da
dietro l’angolo, Cornelia riuscì a vedere tre brutti ceffi, armati di corda, che
corsero verso la cantina, senza nemmeno darsi pena di controllare le altre
stanze.
‘Che
banda di idioti.’ Pensò Cornelia ‘Non si sono nemmeno chiesti perché la porta si
è aperta con tanta facilità.’
Si
aspettava che tutti e tre entrassero in cantina, ma il terzo rimase sulla
porta.
“Resterò
qui per evitare che scappino.”
‘Ah,
un briciolo di intelligenza c’è’ si disse Cornelia, avvicinandosi cautamente
all’individuo, portandosi alle sue spalle. Gli toccò leggermente la spalla e
questo fece appena in tempo a scorgere un accenno del volto dell’attrice, prima
di ricevere una forte spinta che lo fece capitombolare giù per la ripida rampa e
travolgere i suoi compagni.
Cornelia
non perse tempo a controllare quanto di intero fosse rimasto dei malviventi e
chiuse la porta a chiave, bloccandola anche con un’asse di
legno.
“Ecco
fatto, ora starete lì dentro fino a quando arriverà la polizia” disse battendosi
le mani compiaciuta.
“Oh,
loro staranno qui, ma lei signorina verrà con noi.” Cornelia si
raggelò.
Ora era lei l’idiota.
Non
aveva pensato che ci potessero essere altri scagnozzi in agguato, non le era
neanche passato per la mente.
Quando
si voltò, vide davanti a sé altri quattro topi, che la guardavano con aria
malevola.
“Beh,
che dire signori? Mi sento onorata ad avere una scorta così numerosa. Il vostro
capo forse riteneva che tre di voi non fossero sufficienti per una povera
ragazza indifesa?” replicò lei cercando di farli
innervosire.
“A
quanto pare aveva ragione, giusto?” rispose quello che le aveva parlato poco
prima.
“Forza,
ora venga con noi senza fare troppe storie e vedrà che nessuno si farà del
male.”
“E
se per caso rifiutassi?”
“Sarebbe
di certo la persona più stupida di questo mondo.”
“Qui
gli stupidi invece mi sembrate voi. ORA!!”
Dalle
scale spuntarono un mattarello di marmo ed un attizzatoio che colpirono
violentemente due dei malviventi.
Mentre
Cornelia parlava, la signora Placidia ed Elizabeth erano scese e,
silenziosamente, si erano portate alle spalle della banda ed avevano colpito con
tutta la loro forza.
Ciò
che seguì a quell’azione fu un vero e proprio putiferio: i due malviventi
rimasti in piedi rimasero intontiti per un secondo, al vedere i loro compari a
terra e Cornelia scelse di approfittare di quel secondo per saltare addosso ad
uno dei due, colpendolo, graffiandolo, mordendolo fino a farlo cadere a terra.
L’altro
non ebbe una sorte migliore, trovandosi a lottare contro due donne armate e per
di più molto agguerrite. Afferrò un bastone e cercò di difendersi come meglio
poteva. In pochi secondi era a terra anche lui a cercare disperatamente di
difendersi dai colpi che gli venivano inferti dalle due donne.
Quando
perse i sensi, Elizabeth e la signora Placidia si rialzarono da terra appena in
tempo per vedere Cornelia sferrare un ultimo colpo all’altro quasi-rapitore e
rialzarsi da terra.
“Abbiamo
fatto davvero un bel lavoro.” Disse ripulendosi la gonna dalla polvere.
“Mai
provocare delle donne, specie se munite di armi micidiali come il mio
mattarello.” Le rispose la governante.
“Ho
visto il colpo che ha sferrato. Spero solo che non abbia ucciso il poveretto che
l’ha ricevuto in… ELIZABETH, SPOSTATI!!!” gridò improvvisamente
l’attrice.
Durante
la lotta, la dottoressa era finita accanto alla porta della cantina. Porta che,
senza che le donne se ne accorgessero, si era aperta silenziosamente, lasciando
passare uno dei tre malviventi che Cornelia credeva di aver messo fuori gioco.
Il tizio era riuscito a forzare la serratura ed ora aveva afferrato Elizabeth,
puntandole un coltello alla gola.
“Bene,
bene, bene. Ora chi ha il coltello dalla parte del manico?” disse
ghignando.
“Lasciala
andare, farabutto.” Gli ordinò Cornelia con gli occhi che mandavano
scintille.
“Lo
farò, certamente, ma lei dovrà venire con me signorina, altrimenti….” Le rispose
lui, stringendo leggermente la presa attorno alla dottoressa.
La
mente dell’attrice lavorava frenetica, alla ricerca di una soluzione. Dopo un
po’, però, abbassò lo sguardo rassegnata e disse:
“Va
bene, ti seguirò.”
()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()()
FINE
DEL CAPITOLO
Eh
sì, termina proprio qui. Avevo paura che il capitolo venisse troppo lungo e che
vi stufaste di leggerlo. Non temete, aggiornerò presto, ho già pronta parte del
prossimo capitolo. Cosa succederà a Basil? E a Cornelia? Si accettano
scommesse.
Beh,
allora fatemi sapere cosa ne pensate, ma fatelo davvero.
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 16 *** The end (second act) ***
Note
dell’autrice: beh, cosa dire? Sono contenta che ci siano stati più commenti.
Grazie mille, a tutti. Pensavo di aver avuto un calo di stile (tra l’altro senza
blocco della scrittrice, il che sarebbe stato ancora più grave). Cominciamo
subito:
ANGOLO
DELLE RECENSIONI
BELLIS:
Guarda, per quanto riguarda le frasi che faccio dire ai miei personaggi, uso un
certo trucchetto, però non ridere ok? Mi metto davanti ad uno specchio
immaginandomi la scena e provo le battute. Mi diverto un sacco e in questo modo
trovo anche tante belle idee per i capitoli. Grazie per i complimenti sulle
scene (nel provare quella della lotta a Baker Street davanti allo specchio, tra
un po’ di rompo una gamba, ma va bè dai, i rischi del mestiere). Già, dove sarà
finito Topson? Spero che tu riesca a pazientare ancora un po’, il tempo di
leggere questo capitolo.
TENSI:
Sono lestofanti e per lo più uomini, cosa ti potevi aspettare se non un trucco
simile? Per quanto riguarda Basil, ho come l’impressione che in questa mia
storia esca un po’ dai canoni di Eve Titus, ma pazienza giusto? Se saprai
aspettare un po’, ti verrà svelato tutto quello che accadrà.
MIRISTAR:
Non ti preoccupare, anzi, mi sa che ho un po’ esagerato con quel lamento
dell’ultimo capitolo. Non posso mica pretendere che ci sia sempre una recensione
no? Se leggi mi basta ed avanza. Sai, ci avevo pensato di riscriverla in
inglese, ma non di mandarla ai disneyani. Magari un giorno lo farò. Grazie del
consiglio.
Grazie
a tutte per aver recensito. Buona lettura.
Capitolo
16
Basil
aveva salito le scale della Torre il più velocemente possibile, fino ad arrivare
all’ultimo piano, accanto alla cui finestra aveva visto galleggiare il
dirigibile. Una volta raggiunta la sua meta, si trovò un attimo spiazzato. Era
arrivato nella sezione più alta del museo (che consisteva in un ampio salone
pieno di teche contenenti dei gioielli di vario genere) e si trovò davanti al
resto della banda di Rattigan, più Rattigan stesso, ma si accorse di non avere
un piano. Mentre guardava i vetri delle teche, sparsi in frantumi sul pavimento
e gli scagnozzi del suo peggior nemico raccogliere gli oggetti preziosi e
portarli sul dirigibile, capì che, come spesso gli accadeva, avrebbe dovuto
improvvisare, ed anche alla svelta. Si nascose dietro una colonna e cominciò a
pensare.
“Dunque,
non posso uscire così allo scoperto, sarebbe da sciocchi. Non posso nemmeno
lasciarli partire, però. Devo trovare il modo di mischiarmi a loro
senza
farmi scoprire, ma
come?”
La
risposta gli arrivò in maniera del tutto inaspettata: restavano poche teche da
depredare e, quando il vetro di una di esse fu mandato in frantumi, una coppa
d’oro intarsiato gli rotolò vicino al piede.
“Ehi”
disse uno dei topi “vado a raccogliere quello là.”
Basil
non poteva sperare in un colpo di fortuna più grande. Quando il tipo si fu
avvicinato abbastanza e si fu chinato per raccogliere l’oggetto, il detective lo
afferrò, portandolo dietro la colonna e lo colpì con violenza dietro la nuca,
facendogli perdere i sensi. Dopo di che, estrasse un paio di manette di scorta
da una tasca e legò le mani del malvivente, passando la catena delle manette
intorno alla colonna. Provvide ad imbavagliarlo, poi gli rubò il berretto da
marinaio e la giacca, infilandosele.
Dopodiché
prese un bel respiro e, affidandosi ad ogni santo che conosceva, uscì dal suo
nascondiglio con il calice in mano.
Silenziosamente,
si avvicinò al dirigibile, vi montò sopra ed in quel momento, mentre si
ritrovava tra tutte quelle ricchezze, gli venne un’illuminazione.
Si
guardò intorno, per vedere se qualcuno lo stava osservando, poi prese un po’ di
gioielli e se li mise in una delle tasche della giacca.
Ritornò
poi nella sala, dove gli altri ladri stavano completando la loro opera e,
muovendosi con indifferenza, piazzò la refurtiva che aveva sottratto sotto
alcune delle teche già in frantumi, facendo in modo che non si vedesse. Tenne un
po’ dei gioielli per se, facendo finta di averli trovati solo in quel momento, e
li riportò al dirigibile, dove ne prelevò altri, che poi mise sotto un’altra
teca. Fece questo per quattro o cinque volte, riuscendo a riprendere buona parte
della refurtiva senza farsi scoprire.
Improvvisamente,
però, mentre si apprestava a ripetere l’azione, udì la voce di uno dei criminali
provenire dal dirigibile:
“Ehi,
perché mi sembrava che ci fossero più gioielli qui?”
“Ross,
quante altre volte devo bastonarti perché tu comprenda che non devi bere prima
di compiere una missione?” chiese Rattigan, avvicinandosi al topo con aria
minacciosa.
“Ma
glielo giuro signore, ce n’erano di più, ne sono sicuro.” Rispose l’altro,
spaventato.
“E
allora dimmi, vedi forse altri gioielli nella sala, tranne quelli laggiù che
dobbiamo ancora raccogliere?” domandò nuovamente il ratto, indicando un
mucchietto di preziosi attorno al quale stavano lavorando Basil ed altri quattro
malviventi.
Ross
scosse la testa, affranto e terrorizzato allo stesso tempo.
Rattigan
sospirò, fingendosi dispiaciuto.
“Sai”
disse “per ora ti risparmierò la punizione che meriti, perché mi sei utile, ma
quando torneremo alla base, stai tranquillo che…. “
Tutto
d’un tratto smise di parlare, ed il sospiro di sollievo che Basil stava per far
fuoriuscire dalla bocca, tornò bruscamente nella gola del detective, quando lui
vide che l’attenzione del suo nemico era stata catturata da qualcosa all’interno
del dirigibile.
“Eppure”
cominciò Rattigan “ero sicuro di aver già preso lo scettro di rubini della
nostra Regina.” Dopodichè, si chinò verso il fondo del dirigibile e cominciò ad
annusare il legno. Quando si rialzò e si voltò, i suoi occhi
fiammeggiavano.
Sembrava
veramente in collera, ma un ghigno che somigliava tanto ad un sorriso dimostrava
che, in realtà, era tremendamente felice per qualcosa.
“Basiiiiiil?
Dove sei? Alla fine ce l’hai fatta a trovarmi. Ma bravo, mi complimento con te.
Ora vieni fuori, basta giocare a nascondino. Non vorrai farmi arrabbiare sul
serio.” Mentre parlava, si muoveva per la stanza, ricordando al detective un
grosso segugio da caccia. Basil capì immediatamente che la sua unica possibilità
era l’attacco a sorpresa.
Si
mise dunque una mano in tasca ed afferrò un piccolo manganello che portava
sempre con sé. Quindi si preparò all’attacco, mentre Rattigan continuava a
parlare con quel su tono tremendamente scherzoso.
“Facciamo
così, conterò fino a tre e tu ti farai vedere, va bene? Uno…
due….”
“TRE!!”
gridò Basil e colpì immediatamente i due che gli stavano più vicino con il
manganello, facendoli cadere a terra. Dopodichè si voltò e corse a perdifiato
fino all’altro capo della sala dove, entrando, aveva visto una serie di spade
appese al muro. Ne scelse una e si preparò ad affrontare i suoi nemici che,
intanto, si erano messi a correre verso di lui.
Stavano
per raggiungerlo, quando Rattigan gridò:
“FERMI!!!!”
Tutti si bloccarono dov’erano, i topi nell’atto di afferrare il detective e
quest’ultimo con la spada sollevata.
“Mi
occuperò di lui io stesso. Voi andate sul dirigibile e preparatevi a
partire.”
“Ma,
signore e gli altri gioielli?” chiese uno dei criminali.
“Rubargli
la vita sarà un furto sufficiente per stanotte.” Rispose il ratto con un
ghigno.
“Mhm,
sono lusingato, da quando hai deciso di farmi i complimenti?” chiese Basil
ironico, nonostante ci fosse poco da scherzare in una situazione del genere.
“Su,
andate.” Ordinò nuovamente il ratto, ed i suoi scagnozzi, immediatamente,
obbedirono. Raccolsero i compagni svenuti e si affrettarono a salire sul
dirigibile.
Rattigan
si voltò dunque verso Basil.
“Tre
anni. Tre lunghi anni. Equivalgono al tempo in cui avrei voluto metterti le mani
addosso e rompere ogni singolo osso del tuo corpo. Fortunatamente sono riuscito
a frenarmi per attendere il momento propizio e la mia attesa sembra essere stata
premiata. Ti darò comunque una chance: combattiamo ad armi pari, che ne
dici?”
“Dico
che ho poca scelta.” Rispose Basil, afferrando un’altra spada e gettandola a
Rattigan che la afferrò e ne percorse la lama con le dita.
“Ah,
sembra di essere tornati ai tempi della scuola, quando tiravamo per
gioco.”
“Già.”
Rispose Basil toccandosi il fianco destro sul quale, nascosta dai vestiti, stava
una cicatrice provocatagli proprio dal suo nemico durante uno scontro. In
compenso, anche lui aveva lasciato un segno sul corpo del suo nemico, un bel
taglio sulla spalla sinistra.
“Cominciamo,
en guarde.” Disse Rattigan mettendosi in posizione, subito imitato da Basil.
Lo
scontro cominciò.
Inizialmente,
erano solo tocchi di lama, quasi timidi, come se entrambi volessero saggiarsi a
vicenda dopo tanti anni.
Poi,
così repentinamente che anche gli scagnozzi di Rattigan, che osservavano la
scena dal dirigibile, fecero fatica a vederlo, i due cominciarono a lottare su
serio.
Si
sferravano un colpo dietro l’altro, equivalendosi dal momento che Basil giocava
più sull’agilità, mentre Rattigan sulla forza.
Ad
un certo punto Basil, con una mossa velocissima, riuscì a far cadere Rattigan a
terra. Quest’ultimo, però, sferrò un colpo di coda al detective che cadde a
terra a sua volta e che riuscì ad evitare per un soffio la lama dell’avversario.
Si rialzò velocemente e riprese a combattere.
Lottarono
per diversi minuti, mancandosi per pochi centimetri ad ogni colpo che affondava
la loro difesa e, improvvisamente, si trovarono stanche ed ansimanti, l’uno di
fronte all’altro.
La
sala intorno a loro, era piena dei frammenti di vetro delle teche (che erano
state distrutte un po’ dagli scagnozzi di Rattigan) e dei pezzi di legno e di
stoffa dei vari arredi che Basil e Rattigan avevano distrutto tentando di
recidersi a vicenda le carotidi.
“Mhm…
non te la cavi… tanto male.” Commentò Basil, cercando di riprendere
fiato.
“Già…”
rispose Rattigan “neanche tu, per quanto mi costi ammetterlo.
Continuiamo.”
Stavano
per riprendere la lotta quando, dalla strada sottostante, si sentì il suono di
una campanella e la voce di uno degli scagnozzi di Rattigan che gridò agitato
dal dirigibile:
“Capo,
arrivano gli sbirri!”
Rattigan
si voltò verso i suoi uomini, poi riportò lo sguardo su Basil, con un ghigno
malevolo stampato in faccia.
“Ce
ne hanno messo di tempo eh? Credo che dovremo proseguire la nostra sfida
un’altra volta. Però…”
Senza
terminare la frase, si lanciò verso Basil con tutta la sua forza ed il
detective, senza avere il tempo di reagire, si ritrovò a sbattere con la schiena
nell’unica teca rimasta intatta, quella contenente la corona, mandandola in
frantumi. Minuscole schegge di vetro gli perforarono la pelle e lui si ritrovò
steso a terra, stordito. Rattigan gli si avvicinò lentamente, gettando via la
spada lungo il tragitto. Quando gli arrivò a pochi metri, lo fece voltare sulla
schiena con un calcetto nelle costole.
“Non
sai quale tentazione provo. Vorrei e potrei strangolarti qui e ora, ma sento che
ancora non hai sofferto abbastanza, che sentire la tua vita scivolare via sotto
le mie dita non appagherebbe a sufficienza il mio desiderio di vendetta. Per
ora, mi accontenterò di questa.” Disse ed afferrò la corona che era caduta a
terra insieme a Basil.
“Penso
che farà proprio una bella figura nella mia tesoreria. Arrivederci Basil.”
Concluse e si avviò verso il dirigibile. A metà strada si fermò e disse
malevolmente:
“Oh,
per la cronaca, questa non è l’unica cosa che ti porterò via questa sera. Vuoi
che ti saluti Cornelia?”
Basil
non seppe mai se quello che lo spinse ad alzarsi e a scagliarsi contro Rattigan
fosse rabbia o disperazione. Fatto sta che, con tutte le forze che aveva, riuscì
a rialzarsi e a correre verso il ratto il quale, stupito da un simile gesto, si
voltò e fece per montare sul dirigibile. Aveva già il legno sotto i piedi,
quando sentì un dolore lancinante alla coda. Voltandosi, vide ce Basil aveva in
una mano un piccolo pugnale e nell’altra un pezzo della sua
coda.
“BASIL!!!
PAGHERAI ANCHE QUESTA, E’ UNA PROMESSA!!” Gridò mentre il suo mezzo di trasporto
solcava il cielo di Londra.
L’investigatopo,
intanto, era rimasto alla finestra, ansimante, con il livello di adrenalina che
calava ad ogni secondo.
In
un lampo, la sua mente si riempì di mille pensieri:
Ho
fallito.
Ha
preso la corona.
Ha
preso Cornelia.
Ho
fallito.
“Non
sai cosa darei per vedere la sua faccia quando scoprirà che ha preso un
falso.”
Basil
si voltò di scatto al suono di quella voce inaspettata. I suoi occhi verdi ne
incontrarono un paio del colore del mare che non avrebbe mai creduto (né tanto
meno sperato) di incontrare in quel frangente.
“Cosa
ci fai qui?” chiese, forse un po’ bruscamente.
“Tornavo
a casa dal lavoro ed ho visto il dirigibile, tutto qua.” Fu la semplice
risposta.
“Ah…
dove hai messo la vera corona?”
“Uff,
non mi concedi neanche il gusto di spiegarti come sono andate le cose? Comunque
è là, dietro quella tenda in fondo.” Rispose
l’interlocutore.
“Non
è tanto difficile capire cos’hai fatto. Hai preso la corona mentre gli altri non
guardavano e l’hai sostituita con uno dei tuoi attrezzi. Comunque grazie.” Disse
Basil, andando a recuperare la bellissima corona dietro la colonna e
rimettendola al suo posto.
“Odio
il tuo mestiere, mi rovini sempre tutto.”
“Sì
sì, va bene. Ora sarà il caso che tu vada a casa. La polizia sarà qui a
minuti.”
“Eh
no, non ce la farai a liquidarmi così, Dobbiamo fare un discorsetto mio caro e
dobbiamo farlo subito. Vieni con me, usciamo da qui.” Disse la figura, aprendo
una porticina nascosta dietro un candelabro ed entrandovi, seguita poco dopo da
Basil.
I
due camminarono in silenzio per un po’, scendendo varie rampe di scale che, da
quanto il detective poteva dedurre, conducevano fuori dalla
Torre.
Una
volta fuori, la persona si voltò ed i suoi occhi
fiammeggiavano.
Basil
ne fu leggermente intimorito, ma mantenne comunque il
controllo.
“Che
c’è, che ho fatto?”
“La
prossima volta che ti trovi davanti ad un bivio, ti consiglio di scegliere
meglio e di considerare di più le tue priorità.” Sibilò
l’altro.
“Di
cosa parli?”
“Sapevi
che Cornelia era in pericolo, lo sapevi quando hai mandato Topson a Baker
Street. Invece di correre a salvarla, hai preferito cedere alla tentazione di
uno scontro con il tuo nemico. Quella ragazza merita di più e tu lo sai, non
puoi metterla in secondo piano per una sfida che, se vinta, ti darebbe gloria e
fama oltre ogni limite. Ho ragione o no?”
Basil
era rimasto totalmente senza parole. Si era dimenticato di Cornelia e questa
cosa lo faceva star male. Come un bambino che vede un pallone e non capisce più
nulla, così lui si era lasciato trasportare dalla sua voglia di lottare. Aveva
mandato inconsciamente Topson a Baker Street, sapendo che ci sarebbe stato
bisogno di aiuto, ma non aveva collegato al sua casa a Cornelia.
“Hai
perfettamente ragione. Sono stato un’idiota.”
“Sì,
un’idiota. Dai, ora corri a casa e vedi cosa puoi fare.”
“Vado
subito” disse Basil, fischiando per richiamare Ugo. Quando gli fu montato sopra
si rivolse un’ ultima volta al suo soccorritore.
“Grazie.
Cosa farei senza di te?”
“Saresti
totalmente spacciato, ora corri.” Rispose la figura, prima di sparire
nell’oscurità delle vie londinesi.
Basil
allora spronò il cane e partì alla volta di Baker Street.
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Topson
non ricordava l’ultima volta in cui aveva corso così tanto e fu quindi felice
quando, svoltato un angolo, si ritrovò a Baker Street. Raggiunse il numero 221/B
e si fermò di botto. La porta era spalancata.
O
mio Dio fu
il suo unico pensiero mentre, incurante della fatica e della pesantezza alle
gambe, correva all’interno della casa. Lo accolse uno spettacolo piuttosto
singolare. Nel salotto, ordinato come al solito, sedevano tranquillamente
Elizabeth, Cornelia e Mrs. Judson a sorseggiare del tè e a conversare
amabilmente. La cosa strana non stava tanto in quella normalità, quanto nel
fatto che, saldamente legati l’uno all’altro, poco lontani dal caminetto,
stavano non meno di sette individui
della peggior risma sociale.
“Oh
buona sera dottore, gradisce del tè?” chiese Elizabeth allungando una tazza a
Topson, che la prese automaticamente, sbalordito.
“Cosa
diamine è successo qui?” chiese.
“Beh,
questi gentili signori volevano portarmi a fare un giretto dalle parti del
porto, io mi sono rifiutata e… ne hanno subito le
conseguenze.”
Il
dottore azzardò un’altra occhiata ai criminali. Effettivamente, presentavano un
certo numero di contusioni, tale da far desistere il dottore dal desiderio di
provocare quel trio di donne che, tanto innocente all’apparenza, provocava poi
danni del genere.
“Signorina
Elizabeth l’azione migliore è stata la sua.” Disse ad un certo punto Mrs. Judson
“Sferrare una gomitata nelle costole al ceffo che le puntava un coltello alla
gola.”
“Già,
devo rendertene merito amica mia, hai fatto davvero un bel lavoro. Se non fosse
stato per te, a quest’ora chissà dove… un momento! Dottore, dov’è Basil?” chiese
all’improvviso Cornelia, rendendosi conto dell’assenza del
detective.
Topson
la guardò e scosse la testa.
“Ci
siamo separati dopo aver sventato la rapina. Credo che sia andato alla Torre di
Londra.”
“Alla
Torre?!?! E perché mai?” chiese l’attrice incredula e
preoccupata.
“Abbiamo
visto il dirigibile di Rattigan volteggiare accanto alle finestre di uno dei
piani più alti. “
“Cosa?!?
E voi non siete andato con lui?”
“No,
mi ha detto di correre qui, nel caso ci fosse stato bisogno di
aiuto.”
“Il
solito incosciente” borbottò Cornelia adirata alzandosi ed afferrando il suo
cappotto.
“Dove
va signorina?” chiese Mrs. Judson.
“A
cercarlo.” Rispose Cornelia avviandosi verso la porta ed uscendo di casa. Aveva
fatto pochi passi nel vialetto, quando vide qualcuno correre nella sua direzione
e, prima che potesse fare qualsiasi cosa, si accorse di essere tra le braccia
dello sconosciuto.
Il
suo primo impulso fu quello di colpirlo, poi si accorse che questi stava
mormorando qualcosa.
“Sei
salva grazie a Dio.”
“Basil?”
disse lei e, quando l’individuo annuì, ricambiò anche lei l’abbraccio con foga.
Fu però costretta a mollare subito la presa, quando il detective inspirò
bruscamente..
“Basil,
cos’hai, sei ferito?”
“Non
è nulla, davvero, solo un graffio.”
“Ma
dove sei stato? Perché ci hai messo tanto?”
“E’
una lunga storia. Tu piuttosto, come fai ad essere ancora
qui?”
“Tu
sapevi dell’attacco?!? E non sei venuto qui?!?”
“Cornelia, mi dispiace, non so cosa mi
sia preso. So che sarei dovuto tornare qui e mi rammarico di non averlo fatto.
Se non mi vorrai più vedere lo capirò, tranquilla.”
L’attrice
lo guardò furibonda, poi però la sua espressione si addolcì leggermente, pur
rimanendo seria.
“Senza
di me ti faresti ammazzare. Dai, rientriamo, così mi racconti tutto ed io
racconto tutto a te.”
I
due tornarono in casa, chiudendosi la porta alle spalle, o almeno provandoci.
La
serata fu molto lunga per Basil, sia perché dovette ascoltarsi la predica di
Cornelia e di Mrs. Judson, sia perché Topson dovette staccargli ogni singola
scheggia di vetro che gli era rimasta incastrata nella schiena dopo l’urto con
la teca.
Nonostante
la sofferenza, nonostante non ne potesse più di ascoltare ramanzine, era felice:
era riuscito a sconfiggere Rattigan.
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Frattanto,
nel covo di Rattigan..
“Ti
ho detto che quello è mio!!”
“No,
è mio, sono stato io a portare più gioielli sul
dirigibile.”
“Vero,
prima che quel detective li portasse via, quindi spetta a
me.”
Gli
scagnozzi di Rattigan, stavano discutendo piuttosto animatamente sul misero
bottino che avevano conquistato.
Il
ratto li osservava dal suo trono, con la corona della regina in testa,
soddisfatto:
aveva
sconfitto Basil. Era riuscito a portargli via la corona e presto, avrebbe avuto
anche Cornelia.
Come
mai, però, i suoi soci ci stavano mettendo così tanto a tornare da Baker
Street?
Era
così assorto nei suoi pensieri che non si accorse di un doblone d’oro che, nella
lotta scoppiata tra i ladri, era stato scagliato contro di lui. La moneta lo
colpì in testa, facendogli cadere la corono.
Immaginatevi
il suo stupore quando questa andò in pezzi. Nella sala cadde il silenzio, anche
gli scagnozzi avevano smesso di lottare, una volta accortisi di ciò che era
accaduto.
“Non
l’ho tirato così forte.” Mormorò uno di loro,
terrorizzato.
Rattigan
raccolse i pezzo e si accorse di avere in mano dei frammenti di resina colorata:
la corona era un falso. Tremante di rabbia, si accorse che, nell’urto,
dall’oggetto era uscito un biglietto.
Lo
raccolse e lo lesse:
“Stavolta ti è andata male. La ragazza è al
sicuro a Baker Street. Sarà per la prossima.”
Rosso
di collera, accartocciò il pezzo di carta, riducendolo a brandelli, ed i suoi
scagnozzi fecero appena in tempo a coprirsi le orecchie prima che lui
urlasse:
“BASIIIIIIIIIIIIIIIL!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
FINE
DEL CAPITOLO.
Allora?
Vi ha soddisfatti? Spero proprio di sì. Scusate se ci ho messo
tanto.
E
ora, cosa succederà? Chi sarà l’individuo misterioso che ha aiutato Basil? Lo
scoprirete presto, è una promessa.
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 17 *** Note dell'autrice ***
Note
dell’autrice: salve a tutti. Purtroppo questo non è un aggiornamento, ma una
comunicazione che mi premeva farvi. Vi chiedo di perdonarmi in anticipo se non
aggiornerò per un po’ di tempo, ma mi è stato chiesto di terminare in fretta il
racconto su Sherlock Holmes che sto scrivendo, “L’incredibile vicenda del vapore
Friesland”. Per un po’ i miei sforzi si concentreranno esclusivamente su questo,
quindi vi chiedo scusa di nuovo se l’aggiornamento tarderà ad
arrivare.
Grazie a
tutti coloro che seguono la storia e che lasciano dei
commenti.
Bebbe5
|
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Capitolo 18 *** Scoperte ***
Note
dell’autrice: Salve a tutti. Volevo farvi una comunicazione importante. Non
tiratemi il collo, ma penso che riscriverò l’intera storia. Non preoccupatevi,
non la cancello, cambio solo un paio di particolari sulle date, perché mi sono
resa conto che, andando avanti, mi ritroverei parecchio nelle peste. L’idea è
questa: Cornelia se n’è andata da dieci anni e qui ci siamo, ma Rattigan è
precipitato dal Big Ben solo tre anni prima degli eventi di questa fanfiction,
tutto chiaro?
Prima
che me ne dimentichi: http://thestrandmagazine.forumcommunity.net/.
Questo
è il link di un bellissimo forum su Sherlock Holmes al quale io e Bellis siamo
iscritte. Iscrivetevi anche voi, è divertente.
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
BELLIS:
Grazie per i complimenti. L’idea principale era proprio quella di non dare un
attimo di sollievo al lettore. Il duello di spade volevo farlo un po’ più lungo,
ma mi sono resa conto che, forse, l’attenzione del lettore sarebbe stata messa a
dura prova da dettagli troppo “romanticheggianti” (come direbbe Holmes). Come ti
avevo già anticipato, per scoprire l’identità del misterioso salvatore dovrai
attendere il prossimo capitolo (lì sì che ci saranno particolari più
romanzeschi, spero).
Grazie
per le note personali. Per quanto riguarda le prove davanti allo specchio ho
preso la precauzione di togliere da terra il tappetino che è stato la causa del
mio scivolone. Sì, Rattigan parla in modo molto minaccioso, ma mi sono resa
conto che non sono riuscita, né riesco, a renderlo malvagio e subdolo quanto
vorrei. Spero di riuscire ad ottenere questo risultato in
seguito.
TENSI:
Beh, cosa posso dire? Grazie per i
complimenti, sono contenta che tu gradisca il “mio” Basil così
com’è.
MIRISTAR:
Grazie per i complimenti, spero di non aver tardato
troppo.
123BABYDEVIL123:
Sono contenta che la fiction ti piaccia. Cornelia l’ho voluta ideare proprio
così, perché anch’io sopporto poco le “femminucce” (io in primis sono quella che
va a fare le scampagnate in montagna senza preoccuparsi di infangarsi un po’ o
di rompersi un’unghia). Come ho scritto a Bellis, per il personaggio misterioso
dovrai attendere il prossimo capitolo (eh, lo so, sono sadica, ma altrimenti
come facevo a descrivere Rattigan?). Credimi, non sei la sola ad essere
innamorata di Basil, io lo adoro da quando avevo 4 anni e quando ero piccola lo
impersonavo nei giochi con mia sorella. Non sei la prima a propormi di mandare
la storia a qualcuno, la mia domanda è: qualcuno chi? La Disney? Non credo che
accetterebbe, ma magari ci posso provare.
Grazie
a tutte per le recensioni che mi avete lasciato, mi fanno sempre un immenso
piacere.
Buona
lettura.
Capitolo
17
La
mattina seguente, Cornelia si svegliò nella sua camera. Dopo aver guardato la
pendola ed aver constatato che mancava poco alle nove, si alzò, si infilò una
vestaglia e scese al piano di sotto.
Stava
attraversando il corridoio che l’avrebbe portata in cucina, quando sentì il
suono di un violino provenire dal salotto. Si avvicinò alla stanza ed aprì la
porta. Sdraiato sulla sua poltrona a strimpellare lo strumento,con la sua veste
da camera color prugna indosso, stava Basil, con lo sguardo fisso davanti a sé
ed un’aria molto stanca.
“Buongiorno
Basil, stanotte non hai chiuso occhio vero?”
Il
detective sembrò riscuotersi dal suo stato di trance.
“Ah,
buongiorno anche a te Cornelia. No, non sono davvero riuscito a dormire.
Pensavo..”
“A
cosa?” chiese lei avvicinandosi ed abbracciandolo da
dietro.
“Al
fatto che Rattigan abbia saputo in anticipo quali sarebbero state le mie
mosse.”
“Dai,
cosa vuoi che sia? In fondo hai vinto, giusto? Io sono qui,la corona è al suo
posto, la Banca
è salva…”
“Sì,
ma se dovesse ricapitare? Stavolta abbiamo avuto fortuna, ma se la prossima
volta si organizzasse meglio?”
“Ci
organizzeremo meglio anche noi, su ora calmati dai.”
“No,
non ci riesco” sbottò lui, alzandosi di scatto dalla poltrona e lasciando cadere
il violino.
“E’
quasi riuscito a catturarti. Se fossi tornato qui invece di andare alla Torre di
Londra, non avrebbe nemmeno osato mandare i suoi uomini a bussare alla porta di
casa. Mi ha provocato, sapeva esattamente come avrei reagito e questo non riesco
a perdonarmelo.”
Cominciò
a camminare per la stanza, fermandosi poi davanti alla finestra.
“C’è
qualcosa che mi sfugge. Qualcosa di terribilmente ovvio.” Disse, fissando i
passanti per strada senza vederli veramente.
Cornelia
gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
“Tutti
commettiamo degli errori e non c’è nulla di poi così strano in questo. La nostra
forza sta nell’accettarli e nell’affrontarli al momento giusto. Ora però, devi
renderti conto che il pericolo di ieri sera è passato e che, almeno per un po’,
puoi rilassarti.”
Lui
si voltò e la guardò profondamente.
“Non
adirarti Cornelia, ma non penso che tu ti renda pienamente conto di come stiano
le cose. Quando ci si trova ad affrontarlo, si finisce per il ritrovarsi da un
alto di un’enorme scacchiera. Per vincere la partita bisogna sempre pensare tre
mosse avanti, con tutte le variabili che potrebbero scombussolare i tuoi
progetti. Se non agisco subito, se non trovo immediatamente la radice del
problema, ci ritroveremo tre mosse indietro rispetto a
lui.
Quando
te ne sei andata, i giochi erano appena cominciati. E’ riuscito a colpire più a
fondo di quanto tu possa immaginare.”
Cornelia
rimase in silenzio per qualche istante, poi si azzardò a
chiedere:
“Cosa
vuoi dire con ‘è riuscito a colpire più a fondo ’ ?”
“Nulla,
nulla, non farci caso.” Le rispose Basil evasivo.
“Beh,
comunque non credo che riuscirò a batterlo senza un po’ di cibo sullo stomaco.
Che ne dici, andiamo a fare colazione?”
Nonostante
la voglia di indagare su ciò che il detective aveva detto, l’attrice annuì e lo
seguì fuori dal salotto, nella sala da pranzo.
Per
tutta la durata del pasto, rimase per lo più in silenzio, rispondendo a
monosillabi quando le veniva posta una domanda che esigeva una risposta.
Pensava.
Pensava
a cosa poteva essere accaduto di così grave al suo detective in quegli anni in cui si
era dovuta tenere lontana dalla città.
Era
chiaro come il sole che Basil non voleva (o forse non poteva) parlargliene.
Doveva essere dunque una cosa molto grave. Guardandolo conversare con Topson, si
chiese se, in qualche modo, lei fosse coinvolta. No, non era possibile,
sicuramente l’avrebbe messa al corrente nel caso di una simile
eventualità.
Più
continuava a scervellarsi, più idee le nascevano nella mente, più si rendeva
conto di non stare arrivando da nessuna parte.
Stava
quasi per rinunciare, quando le venne un’idea: forse Basil non avrebbe parlato,
ma il suo biografo, nonché migliore amico, avrebbe fatto lo
stesso?
Subito
dopo colazione, i tre salirono nelle rispettive camere per vestirsi. Quando
Cornelia scese, trovò Topson da solo in salotto, tutto preso dalla lettura di un
giornale.
“Topson,
Basil è già sceso?” gli chiese.
“Oh
sì, e se n’è anche già andato.” Rispose lui, alzando brevemente gli occhi dalla
pagina di cronaca.
“Andato?
Dove?”
“Non
me l’ha detto, non mi mette mai al corrente di ciò che fa.” L’amarezza era
evidente nella voce del topo.
L’attrice
prese un bel respiro e si decise a chiedere:
“Da
quanto conosci Basil?”
Il
dottore alzò gli occhi dal giornale, stupito dalla
domanda.
“Da
tre anni, perché?”
“Sai
se sia successo qualcosa di terribile durante il periodo in cui io sono stata
assente dall’Inghilterra?”
“Moltissime
cose, per esempio…”
“No,
no, intendevo a Basil.”
Il
dottore ci rifletté brevemente per poi scuotere la testa.
“No,
mi spiace. Se è successo qualcosa dev’essere stato negli anni in cui è stato da
solo, perché io non ne so nulla. Come mai mi hai fatto questa
domanda?”
Cornelia
non sapeva se rispondere o meno, ma in fondo il dottore era stato sincero con
lei, quindi doveva ricambiare il gesto. Gli raccontò ciò che Basil le aveva
detto. Al termine del racconto, anche a Topson erano venuti un bel po’ di
grattacapi.
“Certo
che è strano.”
“Già,
Basil non è il tipo da farsi intimidire da…..”
Il
discorso fu interrotto bruscamente, dato che proprio il detective era appena
rientrato.
“Oh
salve Basil” disse Topson, forse con un po’ troppo entusiasmo “dove sei
stato?”
“A
riflettere” fu la risposta concisa dell’interpellato, che intanto si stava
accendendo la pipa.
“E…?”
lo incalzò Cornelia.
“E
niente!!!” sbottò lui “Non riesco a trovare la falla nel mio piano per tenerlo
sotto controllo.”
Camminò
avanti ed indietro per la stanza, quasi senza accorgersi della presenza degli
altri due. Quando ebbe terminato di fumare, ripose la pipa, afferrò il violino
ed andò a chiudersi nella sua stanza.
Topson
e Cornelia lo sentirono suonare per ore. Quando provarono a chiamarlo per l’ora
di pranzo, non ebbero risposta se non un prolungato acuto che poteva benissimo
essere interpretato come un ‘no grazie ’.
Il
giorno ormai stava per terminare e Basil non era ancora arrivato a capo del
problema. Dopo aver concluso che standosene chiuso in camera avrebbe risolto ben
poco, scese nuovamente nel salottino, si accese la pipa e si rimise a camminare,
incurante della presenza di Cornelia, che leggeva un libro rannicchiata su una
poltrona, e di Topson, che invece stava revisionando i conti dei suoi
pazienti.
Mentre
camminava, passò accanto allo scrittoio ed il suo sguardo cadde su un biglietto
di poche parole
A
mio modesto parere, la
Banca avrebbe bisogno di un paio di guardie in più domani sera.
A quanto pare non solo gli economisti si sono accorti del periodo di splendore
che essa si trova a vivere.
Buona
fortuna
B.
B’
Il
suo volto s’illuminò:
“Ma
certo, ci sono!!” esclamò e, senza che i due presenti nel salotto avessero
capito esattamente cos’era accaduto, si tolse la vestaglia, prese il suo
cappotto e si preparò ad uscire.
“Basil,
cos’è successo? Cos’hai capito?” gli chiese Cornelia.
“Ho
capito dov’è che devo andare a cercare la falla, tutto qua. Ora scusami, ma devo
andare.”
“Veniamo
con te?” chiese lei.
“Ehm…
no, meglio di no, visti gli ultimi eventi sarebbe piuttosto pericoloso. Restate qui.”
Detto
questo la baciò frettolosamente ed uscì in strada a passo
spedito.
Stupita,
Cornelia tornò allo scrittoio, alla ricerca di cosa poteva aver fatto accendere
una lampadina nella mente del detective.
Topson,
che nel frattempo era tornato ai suoi conti, sobbalzò quando la sentì
gridare.
“CHE
COSA?!?!”
Alzando
lo sguardo, la vide stringere convulsamente il biglietto che annunciava a Basil
il furto programmato per la sera precedente.
“Cosa
avete scoperto mia cara?”
“Non
c’è tempo per spiegare, forza, lo dobbiamo seguire.” Detto questo, lasciò cadere
il biglietto, corse fuori dalla stanza e si infilò il
cappotto.
Topson,
invece, si attardò per raccogliere il pezzo di carta e subito si rese conto di
cosa aveva indispettito la ragazza:
la
scrittura era di una donna.
FINE
DEL CAPITOLO
Ce
l’ho fatta, avete visto? Sono finalmente (?) tornata. Chi sarà questa
informatrice? Quale ruolo avrà nella vita di Basil? Sarà un ostacolo tra lui e
Cornelia?
Tutto
nei prossimi capitoli.
Grazie
per aver letto
Bebbe5
|
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Capitolo 19 *** Meeting B.B ***
Note
dell’autrice: eccomi, sono tornata or ora da Monaco (stanca morta,
febbricitante, ma viva). Sembrava impossibile, ma ce l’ho fatta. Allora, prima
di tutto volevo dirvi una cosa: in questo capitolo ci sarà una scena nella quale
vi verrà richiesto un certo sforzo mentale, ve la dovrete immaginare. Per
aiutarvi in questo, a parte l’utilizzo di descrizioni il più dettagliate
possibile, ho pensato di utilizzare un brano tratto dalla colonna sonora del
trailer di “La bussola d’oro”, eccolo qui:
http://www.youtube.com/watch?v=hSSnHCD6y4I
Si
intitola “To the rescue” e il compositore è James Newton
Howard.
Per
ora non vi dico nulla di più: conoscendomi, potrei rovinare la
sorpresa.
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
BELLIS:
innanzitutto volevo chiederti, se le 11.52 sono primo mattino per te, le 8 cosa
sono? Dai, a parte gli scherzi, grazie della recensione. Ti confesserò che
Cornelia era nata come mia emulazione, ma alla fine è cresciuta ed è diventata
un personaggio a sé (sigh, come passa il tempo), in poche parole è diventata
diversa da me. Per quanto riguarda il passato di Basil, ne verrai a sapere di
più con il seguito della storia. Anche per questo ho dovuto cambiare un po’ la
datazione. Eh sì, l’informatore è una fanciulla, chi sarà? Basil lo sa
benissimo, tranquilla. Grazie per le consuete annotazioni, mi fanno un gran
piacere.
MIRISTAR:
Sono contenta che la questione delle date non crei problemi, t’immagini
riscrivere tutto da capo? Già, di una donna. Chi sarà?
Grazie
per il commento.
GIUSTY54;
grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti
piaccia.
Basil
è un po’ il personaggio che mi ha avviata proprio a Sherlock
Holmes.
Bene,
ora direi che possiamo anche cominciare.
Capitolo
18
Topson
camminava rapidamente al fianco di Cornelia e, come lei, non perdeva d’occhio il
detective, che procedeva frettolosamente per le strade di Londra, pochi metri
davanti a loro. Sembrava che non si fosse accorto di essere seguito, perché
continuava ad avanzare a passo spedito senza guardarsi intorno. Improvvisamente
svoltò un angolo, scomparendo alla vista. Il dottore e l’attrice attesero
qualche istante prima di compiere la medesima azione ma, quando si decisero
finalmente ad avanzare, videro che, nella strada che il detective aveva
imboccato pochi attimi prima, non c’era traccia di lui.
Costernati,
si fermarono di botto, senza avere la più pallida idea di cosa fare. Si
guardarono intorno freneticamente, nella speranza di intravederlo da qualche
parte ma nulla: Basil sembrava essersi volatilizzato.
“Accidenti”
mormorò Cornelia tra i denti con rabbia.
“L’abbiamo
perso.” Disse Topson, prendendosi la testa tra le mani .
“Deve
essersi accorto che lo seguivamo ed ha fatto di tutto per
seminarci.”
Fece
lei.
“Ma
come diamine ha fatto a sparire così? Non ci abbiamo messo poi tanto a seguirlo
e lui non può essere così veloce.” Si chiese il dottore.
“Forse
non sarò così veloce, ma l’astuzia di certo non mi manca, caro
Topson.”
All’udire
quella voce alle loro spalle, i due sobbalzarono e, voltandosi, videro Basil
uscire dall’ombra di un vicoletto, con un ghigno divertito stampato sul
volto.
“Ah,
vecchio mio, non finirai mai di stupirci.” Esclamò Topson, affrettandosi a
stringergli la mano.
Cornelia,
invece, rimase al suo posto, chiaramente indecisa. Era felice che Basil non
avesse deciso di seminarli (cosa che sarebbe stato benissimo in grado di fare),
però era ancora irrequieta per quella lettera trovata sul
tavolo.
Sapeva
che dubitare di lui, essere gelosa, era un comportamento stupido, eppure non
riusciva a fare a meno di provare quelle sensazioni.
Mille
domande continuavano a frullarle nella testa: chi era quella donna? In quali
rapporti era con il detective? Perché lui gliene aveva mai parlato? Più ci
pensava, più sentiva il suo cervello andare in fumo.
“Stavo
aspettando il momento giusto e, involontariamente, l’ ho
trovato.”
Basil
aveva capito al volo i suoi pensieri, le aveva risposto e le si era
avvicinato.
Lei
abbassò lo sguardo imbarazzata e mormorando:
“Ti
odio quando mi leggi nel pensiero.”
Lui
ridacchiò e, rivolgendosi anche a Topson, disse:
“Ebbene
sì, alla fine mi vedo costretto a confessare e…” si interruppe per guardarsi
velocemente attorno, poi riprese:
“Forse
è meglio non parlarne qui in strada, non si sa mai chi potrebbe essere in
ascolto. Seguitemi e, strada facendo, vi anticiperò
qualcosa.”
Detto
ciò, prese a braccetto Cornelia e si avviò lungo la strada, con Topson al suo
fianco.
“Conosco
la signorina B.B da… beh, direi da una vita e non è solo un modo di dire. La
nostra collaborazione è cominciata all’incirca 8 anni fa, quando tu, Cornelia,
eri già in Europa e tu, Topson, non avevi ancora bussato alla mia porta con la
signorina…. Ehm… Flourisher?”
“Flaversham”
lo corresse il dottore, scotendo la testa: avrebbe mai
imparato?
“Sì,
come vuoi. ”replicò seccamente il detective.
“Quando
intendi collaborazione, vuoi dire…” cominciò Cornelia, incuriosita da quella
conversazione.
“Per
ora nulla, mia cara. Siamo troppo allo scoperto. Ve ne parlerò a breve, ormai
siamo quasi arrivati.” Poi, guardandola negli occhi, aggiunse: “Nulla per cui tu
debba riversarmi addosso le tue ire.”
Infatti,
dopo neanche un paio di minuti, svoltato un altro angolo, il detective condusse
i due di fronte ad un teatro tanto immenso per la loro statura, quanto minuscolo
per quella umana: all’esterno aveva una larga scalinata, con ai lati due colonne
in stile corinzio. La porta, altissima, era completamente di massiccio legno di
quercia, con borchie, battenti e cerniere di piombo. Era inoltre decorata da
intarsi raffiguranti le Muse ed alcuni personaggi delle antiche opere teatrali.
“Il Mousedom Theatre.” Disse
Cornelia, che ne aveva sentito parlare durante i suoi viaggi. Era infatti un
luogo di spettacolo molto famoso e rinomato per le novità che offriva
continuamente al pubblico, anche se lei non aveva mai avuto il piacere di
assistere ad una rappresentazione, in quanto la data di fondazione del teatro
risaliva a circa 7 anni prima.
“Come
mai ci hai portato qui?” chiese poi al detective.
“Mi
sembra abbastanza ovvio no? Dobbiamo entrarci.”
“Beh,
grazie per la poca stima delle mie facoltà mentali, ma non hai visto che c’è un
cartello con su scritto “CHIUSO PER PROVE” proprio lì davanti al tuo
naso?”
“Certo
che l’ ho visto, carissima, ma chi ti ha mai detto che saremmo entrati dalla
porta principale?” rispose lui. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li
stesse osservando, poi disse:
“Ora
seguitemi, veloci.” Con ciò, si avviò a passo spedito verso una viuzza poco
distante, con Topson e Cornelia alle calcagna.
Una
volta giunti lì, si ritrovarono davanti ad una porticina di legno
verde.
Su
una targhetta dorata al centro di essa, c’era scritto “INGRESSO
ARTISTI”.
Basil
bussò e, dopo pochi istanti, una voce dall’altra parte della barriera lignea
chiese, piuttosto bruscamente:
“Parola
d’ordine.”
“Il
tabacco migliore è quello indiano.” Rispose prontamente il
detective.
La
voce senza volto ridacchiò:
“Mi
dispiace signore. Quella era valida fino al mese scorso.”
Basil
sgranò gli occhi allibito. Il volto di Cornelia assunse un ghigno
divertito:
“Cos’è
che avevi detto? Che saremmo riusciti a non entrare dalla porta
principale.”
“Per
una volta, Cornelia, fammi il valore di stare in silenzio. Oh, se riesco ad
entrare mi sente, quella. Accidenti, non me la ricordo.”
La
sua frustrazione fu sostituita in pochi attimi da una nuova ondata d
sbigottimento: la porta, infatti, si era aperta.
“Ma
come… cosa..?” si ritrovò a balbettare il detective.
“Avete
appena detto la parola d’ordine, signore: non me la ricordo.” Gli rispose il
possessore della voce, un topo piuttosto alto e robusto, ridacchiando ancora più
forte.
“Prego,
entrate, ma fate piano, stanno ancora provando.”
Detto
ciò si fece da parte, lasciando passare il trio che, per la sorpresa, sembrava
aver perso il dono della parola.
Fu
ovviamente Cornelia a ritrovarlo per prima:
“In
che razza di covo di matti ci hai portato?” chiese al detective, mentre
camminavano lungo un corridoio tappezzato di velluto rosso ed illuminato dalla
luce di alcun lampade a gas.
“Me
lo stavo chiedendo anch’io. La signorina deve conoscerti molto bene Basil.”disse
Topson.
“In
che senso, caro amico?” chiese il detective, senza comunque fermarsi.
“Senza
offesa, ma hai l’orribile tendenza di scordarti cose che ti sembrano poco
importanti.”
“Non
è vero.” Replicò Basil, indispettito, ma continuando a
camminare.
“Qual
è la data del mio compleanno?” chiese Cornelia, introducendosi nella
conversazione.
“Ehm,
il 4 novembre?” rispose lui esitante.
“Sbagliato,
il 26 di quel mese. Spiacente di dovertelo dire, ma Topson e questa signorina
hanno proprio ragione. Ciò mi fa sorgere il dubbio su quanto profondamente vi
conosciate voi due.” Disse l’attrice con una punta di
amarezza.
“Non
c’è alcuna ragione di fare la gelosa, né ce n’è bisogno.”
“Da
che pulpito viene la predica.”
“Per
piacere, ora non mi sembra il caso di litigare, tanto più che ci è stato chiesto
di fare silenzio. Basil, fai strada, Cornelia, ogni cosa a suo tempo.” Disse
Topson, riuscendo a placare le acque.
I tre
percorsero in silenzio il resto del tragitto. Dopo alcuni minuti di brusche e
numerose svolte (“Siamo finiti in un labirinto, oltre che in un covo di matti?
E’ il Paese delle Meraviglie?” aveva commentato Cornelia), giunsero ad una
doppia porta in legno marrone. Basil la spinse, fece entrare i suoi due
compagni, poi la richiuse alle loro spalle.
Si
ritrovarono nel buio più totale, senza alcuna possibilità di discernere qualcosa
della stanza in cui si trovavano, tranne forse il fatto che era un luogo
enorme.
Avanzando
a tentoni, il detective riuscì a trovare una serie di poltroncine ed aiutò
Topson e Cornelia a sedersi. Per un po’ non accadde nulla, la sala era immersa
nel silenzio più totale. Improvvisamente, poi, sentirono un rumore che
assomigliava ad un sibilo e, alla debole luce che proveniva dalle fessure della
porta da cui erano entrati, videro che il luogo cominciava a riempirsi di
fumo.
Cornelia
e Topson cominciarono a sentirsi un po’ a disagio ma, prima che potessero fare
qualsiasi cosa, si sentirono quattro colpi ritmici. Dal fondo della sala
comparve un alone dorato che, in quell’atmosfera fumosa, dava l’idea di essere
finiti in un mondo sovrannaturale, quasi paradisiaco, ancorché
inquietante.
Udirono
una nota prolungata ed in crescendo giungere da dove era spuntata la luce.
Guardando meglio, riuscirono a scorgere un’orchestra, posizionata sotto un
palco. Strumenti e suonatori erano completamente bianchi.
La
musica esplose di colpo, intonando una melodia frenetica e
travolgente.
Dopo
i primi secondi, eseguiti alla perfezione dall’orchestra, cinque musicisti, tre
donne e due uomini, comparvero sopra il palco ed attaccarono un assolo ancora
più frenetico con i loro violini. Anch’essi erano vestiti di bianco, con abiti
di seta che ricordavano molto quelli che Topson aveva avuto modo di vedere in
India come modello, ossia quelli delle odalische, ma molto meno succinti, dato
che non lasciavano nulla di scoperto. Lo spettacolo era di per sé normale, se si
escludeva quell’ atmosfera surreale da Regno dei Cieli.
Il
dottore stava già cominciando a chiudere gli occhi per godersi la musica in
silenzio quando, improvvisamente, i cinque violinisti i misero a correre, sempre
suonando, verso il bordo del palco. Per un attimo, Topson temette che sarebbero
caduti giù ma, prima ancora che potesse gridare loro di fare attenzione, questi
spiccarono letteralmente il volo. Nulla sembrava trattenerli in aria e la cosa
era resa ancora più suggestiva dalle paia di ali comparse dietro le schiene dei
cinque suonatori. Mentre l’intera ensemble ripeteva il motivo ascoltato solo
pochi secondi prima, i violinisti compivano bellissimi e precisissimi movimenti
in aria, dapprima in totale sincronia, poi cominciando ad incrociarsi tra di
loro, in una danza mozzafiato. Ciò che stupiva di più il dottore, era il fatto
che fossero in grado di continuare a suonare i loro strumenti. Evoluzioni su
evoluzioni (una delle quali, consistente in un pericoloso avvicinamento tra il
piede di uno degli uomini e la testa di una delle ragazze) si susseguirono per
qualche secondo, dando l’idea a Topson che l’intera armata dei cieli si fosse
radunata in quel piccolo teatro per dare sfoggio del suo splendore
divino.
Dopo
pochi istanti, però, l’orchestra ripeté una nota lunga e crescente ed i cinque
violinisti atterrarono, staccando gli archetti dai violini e posando i piedi per
terra, proprio mentre l’orchestra terminava la sua melodia.
Nel
teatro cadde il silenzio. Nessuno fiatava, né i musicisti, né i tre spettatori
in fondo alla sala. Poi, la ragazza al centro, quella che si era quasi presa un
pedata in testa, abbassò le braccia, che aveva tenuto sollevate per dare
l’effetto finale, e disse:
“Bravi,
complimenti davvero. Come esecuzione era quasi perfetta.” Tutti i musicisti
lasciarono andare un sospiro di sollievo.
Evidentemente,
pensò Topson, la ragazza doveva essere un tipo piuttosto esigente in fatto di
spettacoli.
“Solo
una cosa.” Riprese lei “Percy, andresti a chiamarmi Andrew? Vorrei scambiare due
paroline con lui.”
Uno
dei violinisti sul palco annuì e si allontanò, ritornando pochi istanti dopo,
accompagnato da un topo dall’aria mortificata.
“Signorina,
non so davvero come sia potuto succedere. Tutte le corde erano al loro posto e
le ho manovrate esattamente come mi aveva detto lei.” Disse con voce
supplichevole.
“Certo
Andrew, certo. Dunque hai certamente abbassato la fune cinque mentre alzavi di
tre quarti la quattro, vero?” gli chiese con aria sarcastica la
ragazza.
“Io…
io… no.” Esalò lui, in preda al panico.
“Sapevi
che, a quella velocità, se Phil mi avesse colpito sul serio, ora la mia testa
sarebbe stata strappata dal collo, avrebbe colpito la colonna, sarebbe
rimbalzata sul palco e, infine, sarebbe finita nella buca dell’orchestra, dritta
nella canna del trombone?” Gli chiese lei, sottolineando volutamente ogni
macabro particolare di ciò che sarebbe potuto accadere con l’esattezza di un
discepolo di Pitagora.
Il
poveretto non riuscì a proferire verbo, limitandosi a tenere gli occhi
bassi.
Lei
lo guardò con tanto gelo da poter creare un secondo strato di ghiaccio
sull’intera Artide, poi, con una voce altrettanto gelida, gli
disse:
“Per
stavolta sei perdonato, anche perché, se ti concentri, sei un ottimo tecnico, ma
che non si ripeta mai più, va bene?”
Lui
annuì con forza, felicissimo.
“Bene,
allora direi che per oggi possiamo chiudere. Ci rivediamo domattina alla solita
ora, complimenti a tutti.” Disse e fece un applauso rivolto alla troupe che
ricambiò felice e cominciò a ritirarsi dietro le quinte. La ragazza,
evidentemente la regista e l’artefice del magnifico spettacolo a cui avevano
appena assistito, attese che tutti se ne fossero andati, poi, lanciando
un’occhiata verso il fondo della sala, più precisamente verso il trio, sospirò e
scese dal palco, dirigendosi verso di loro.
A
questo punto, sarebbe opportuno dare una descrizione della misteriosa giovane,
perciò, dato che non sarei capace di caratterizzarla al meglio, lascerò che sia
il dottor Topson ad illuminarvi: ecco qui un estratto del suo diario di
appunti.
“Nel vederla
scendere dal palco con un balzo, non potei fare a meno di pensare al cosiddetto
folletto dei boschi, per via della grazia e dell’agilità con cui aveva compiuto
l’azione. Eppure, mentre ci si avvicinava, notai che di quella creaturina aveva
ben poco. Il passo energico, reso elegante probabilmente dall’educazione
ricevuta sia nell’ambito domestico che in quello artistico, non poté non farmi
tornare alla mente la forza con cui si era librata nell’aria pochi attimi prima.
Quando si fermò
davanti a noi, fui in grado di dare un giudizio più accurato alla sua
persona:
era di una bellezza
tutta sua, ben diversa dai normali canoni che si utilizzano per valutare
l’aspetto di una signorina. Si sarebbe potuta definire un incrocio tra varie
culture: la composizione del volto faceva pensare all’ebrea Rebecca del romanzo
Ivanhoe, la fierezza dei modi
veniva dagli antichi Celti, e così il nome, come avrei scoperto in seguito. Gli
occhi azzurri con striature ambrate la facevano sembrare una italo - tedesca,
mentre i lunghi ricci di un castano tendente al ramato, resi crespi da Madre
Natura ed ancor più dalle acrobazie a cui avevamo assistito fino a pochi minuti
prima, erano quelli di un’amazzone tornata da una battaglia tra i selvaggi
arbusti delle sue terre. Era magra, ma non eccessivamente: del resto, vista la
particolare disciplina che si trovava a praticare, non avrebbe certo potuto
avere il fisico di una ballerina comune.
Questo
pensava Topson, mentre la ragazza si avvicinava a loro. Riusciva a scorgere
qualcosa di familiare nel volto terribilmente serio ed inquisitore di lei, ma
mai si sarebbe aspettato una simile rivelazione dal suo amico.
“Amici
miei, lasciate che vi presenti mia sorella maggiore: Brynna Anne – Marie
Basil.”
Il
dottore sbarrò gli occhi e così fece Cornelia, anche se per motivi
differenti:
Topson
non aveva mai pensato al fatto che Basil potesse avere una famiglia, eppure ora
notava i tratti in comune tra i due fratelli e, sotto quel paio di occhi freddi,
provava la stessa sensazione di lieve disagio che aveva sperimentato pochi anni
prima quando aveva conosciuto il suo collega.
Cornelia,
invece, era stupita di sé stessa per non essere riuscita a riconoscerla al primo
colpo. Avevano trascorso tanti anni insieme a scuola e a casa di Basil.
Sinceramente, non la sopportava molto. Brynna era sempre stata molto
particolare, chiusa in sé stessa e nel suo mondo, ben attenta a non lasciare
intravedere la sua vera personalità agli altri. Era fredda ed insensibile, per
quanto ne sapeva lei. Ne fu ancora più certa quando la giovane donna raggiunse
il terzetto e disse in tono secco al fratello, senza degnare di uno sguardo gli
altri due:
“Non
mi pare di averti permesso di portare degli amici, l’ hai forse
dimenticato?”
FINE
DEL CAPITOLO
Wow,
che tipetto curioso eh? Non sembra avere modi molto cordiali. Quale ruolo avrà
nell’intera vicenda? Leggere per scoprire.
Spero
che abbiate gradito
Bebbe5
|
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Capitolo 20 *** A little chat ***
Note
dell’autrice: scusatemi ancora una volta, ma l’unico e mio primo amore, la
musica, ha richiesto la mia presenza ad un ritmo così serrato che mi è stato
così impossibile anche solo pensare ad un nuovo capitolo. Anche questo che vado
a postare non mi convince fino in fondo, perché scritto in momenti diversi, in
cui anche l’umore stesso era diverso. Fatemi sapere, mi
raccomando.
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
BELLIS:
non ti preoccupare per quanto riguarda l’orario. Io stessa, riguardando la data
e l’ora in cui ho postato il capitolo, sto cercando di ricordarmi cosa avevo
ingerito o fumato. Infatti ero tornata da quattro lunghi giorni a Monaco di
Baviera e ricordo che ero distrutta. Grazie per il tuo come sempre ricchissimo
commento. Non so se mi sono divertita di più a descrivere lo spettacolo o la
traiettoria della testa staccata. Per quanto riguarda la caratterizzazione dei
personaggi, il mio terrore più grande è quello di fare la fine di Basil
Hallward, quello del ritratto di Dorian Gray, ossia di metterci troppo di me
stessa. Questo capitolo è stato un’ardua prova ed ancora sono incerta sul
risultato. Sono contenta che tu non abbia durato molta fatica ad immaginarti le
scene. Grazie per le tue splendide note personali e ti prego di perdonarmi se in
questo periodo non sono stata proprio la più fedele delle commentatrici.
Rimedierò quanto prima.
TENSI:
Sono felice che ti sia piaciuta l’entrata di Brynna. Il personaggio, però non è
mio, ma di Eve Tytus. Già stentavo a crederci anch’io quando ho trovato
quest’informazione su Internet. So che non è molto gentile, ma è così che deve
essere. Spero solo che non metta troppo in ombra Cornelia.
MIRISTAR:
Già, la sorella. Mi mancava un personaggio, te lo dico sinceramente, così l’ho
inserita. Non so se mandarlo alla Disney, perché, su fanfiction.net, ci sono
molte ragazze che stanno scrivendo dei seguiti stupendi, molto più belli di
questo.
Grazie
a tutte per le recensioni
Capitolo
19
Topson
era rimasto sconcertato. Sembrava che i gelidi venti delle regioni scandinave
avessero invaso la sala dove i quattro si trovavano, e tutto a causa del
commento della nuova conoscenza. Si era ormai abituato alla sgarbatezza che,
ogni tanto, Basil mostrava nei confronti del prossimo, ma sapere che al mondo
c’era un altro individuo, oltretutto, cosa ancora peggiore, una donna, con dei
modi così simili era alquanto sconfortante.
Cornelia,
dal canto suo, non si lasciò azzittire:
“Anche
per me è un piacere rivederti dopo tutti questi anni, Brynna. Hai un aspetto
divino.” Disse in tono ironico, lanciando occhiate eloquenti alla chioma
scarmigliata dell’altra.
“Lo
so Blackwood, è dai tempi del college che me lo fai notare. A quanto vedo, però,
tutti i tuoi sforzi per imitarmi non hanno dato frutto. Sei sempre la stessa,
arrogante, ragazzina viziata.” Replicò l’altra seccamente. Prima che l’attrice,
divenuta di tutti i colori per la stizza, potesse risponderle a tono, lei si
rivolse nuovamente al fratello:
“Che
fine ha fatto la tua tesi secondo cui meno gente è a conoscenza delle nostre
azioni meglio è?”
“Ho
avuto i miei buoni motivi per ricredermi.” Le rispose lui senza mai distogliere
lo sguardo dagli occhi di lei.
“Lasciami
indovinare, la tua bella qui ti ha fatto una scenata e tu hai deciso di mettere
tutto a rischio per sistemare le cose. Ci ho visto
giusto?”
Stavolta
Basil, colto sul fatto, dovette abbassare gli occhi. Brynna sospirò sorridendo
prima di continuare:
“Beh,
oramai siete qui quindi non c’è motivo di proseguire questa discussione. I tuoi
amici mi hanno vista Sherri, ora te ne puoi anche andare e lasciarmi chiudere il
Teatro. E’ stata una giornata lunga e sono attesa a casa.”
“No
Brynna, aspetta. Siamo venuti qui anche per un altro motivo.” Intervenne Basil.
La donna, che intanto si era incamminata in direzione del palco, si voltò a
guardarlo incuriosita. Il detective allora proseguì:
“Avevo
bisogno di parlarti dell’altra sera. Non riesco ancora a spiegarmi
come..”
“Taci!”
lo interruppe lei “Non vorrai certo che i muri di questo teatro imparino
qualcosa oltre agli spartiti ed ai copioni, vero? Venite tutti, andiamo in un
luogo più consono a questo tipo di discorsi.” Detto ciò, volse nuovamente le
spalle al terzetto e riprese ad andare verso il palco. Basil, Topson e Cornelia
la seguirono immediatamente.
“Sherri?”
chiese ad un certo punto il dottore a voce bassa e
divertita.
“Diminutivo
di Sherringford Constancius, il mio nome di battesimo, caro Topson. Mi spiace di
non avervelo mai rivelato, ma francamente non mi sembrava molto
importante.”
L’amico
lo guardò sconcertato.
“Non
ti sembrava molto importante?! Questa è proprio bella, condivido una casa con te
da quasi tre anni e non mi hai mai rivelato il tuo nome di
battesimo!”
“Tu
non me l’hai mai chiesto.”
Topson
ammutolì di colpo. Come al solito, Basil riusciva sempre ad averla vinta nei
loro dibattiti.
“E
nessuno ha chiesto a lei di essere così sgarbata, possibile che ce l’abbia
ancora con me dopo tutti questi anni?” borbottò Cornelia.
“Correggimi
se sbaglio, mia cara, ma tu hai aperto bocca per prima e, sempre per prima, hai
commentato il suo aspetto in un modo che non trasmetteva certo amicizia. E’
chiaro che anche tu sei risentita nei suoi confronti e questo potrebbe derivare
dal fatto che, al College, nonostante la parte della protagonista fosse sempre
affidata a te, era lei, come antagonista o personaggio secondario, a far venire
giù il teatro per gli applausi.”
“Mi
ritieni davvero così puerile? E comunque non è vero che faceva venire giù il
teatro: la gente applaudiva solo un po’ più energicamente. Inoltre ti faccio
notare che sono io quella che ha fatto carriera in giro per l’Europa e non
lei.”
“Potreste
rimandare le vostre discussioni da sposini alle quattro mura di Baker Street? La
testa mi fa già abbastanza male senza i vostri
battibecchi.”
La
voce di Brynna, che ancora camminava davanti a loro, li zittì immediatamente.
Dopo qualche metro, comunque, il gruppetto si fermò davanti ad una semplice
porta di legno lucido. Su una targa, affissa al centro di essa, c’era scritto:
“Brynna Basil”. La proprietaria spinse la porta senza molti indugi, lasciando
poi passare i suoi tre ospiti. Si ritrovarono tutti in una modestissima stanza,
poco illuminata, con un tavolo da toilette, munito ovviamente di specchio, un
attaccapanni, un paravento ed un piccolo tavolinetto con delle sedie foderate di
velluto verde scuro. C’era anche una lavagna di media misura ad un lato della
stanza, simile a quella che Topson aveva visto al 221/b solo che, al posto di
stranissime e quanto mai oscure, formule chimiche, a ricoprirla c’erano note e
complicati schemi musicali.
“Prego,
accomodatevi” disse Brynna, accennando alle sedie “scusatemi se sono così
scortese da non offrirvi un thè, ma è un po’ tardi.”
“Ma
si figuri signorina, piuttosto ci scusiamo noi per questa intrusione così
improvvisa. Mi permetta di presentarmi sono..”
“..
il dottor Topson” terminò per lui l’artista, che intanto aveva preso posto
accanto al tavolo da toilette. “Non c’è bisogno che vi presentiate. La vostra
penna vi precede. Sì Sherri, ogni tanto mi diverto anch’io a leggere un po’ di
letteratura romantica.” Concluse, indirizzandosi al fratello che le aveva
lanciato uno sguardo stupito.
“Ti
credevo più un tipo da opere pratiche, non da romanzi.” Le rispose
lui.
“E”
si introdusse Topson “mi permetta di aggiungere che non sono romanzi, ma
racconti della pura e semplice verità.”
“Questo
è vero, ma voi, dottore, riuscite sempre a renderla più straordinaria di quello
che è. Un estraneo penserebbe ad un topo con poteri
magici.”
Topson
si arrese. Del resto cosa poteva aspettarsi dalla sorella del suo socio fin
troppo realista?
“Un’ultima
cosa prima di risponderti Sherri: ti è piaciuta la nuova parola
d’ordine?”
“Come
no? Non mi sono mai divertito di più.” Ribatté il fratello, con la voce piena di
sarcasmo.
“Segno
che ti conosco bene. Facciamola breve, cosa c’è che non ti
quadra?”
“Come
ha fatto a capire in anticipo cosa avrei fatto? Rattigan
intendo.”
La
donna sembrò pensarci un po’ su prima di rispondere, con lo stesso tono
secco:
“Questo
lo dovresti chiedere ad uno psicologo, non a me. Comunque, penso che tu non sia
un tipo poi così imprevedibile.”
“Spiegati”
la incitò lui, con le punte delle dita unite di fronte al volto, per nulla
intimorito dall’atteggiamento della sorella a cui, secondo Cornelia, doveva
ormai essersi abituato.
“Sei
sempre stato una macchina nel tuo lavoro, ragion per cui, hai imparato a non
farti influenzare più di tanto dalle emozioni. Non sarai un asso in questo come
lo è l’umano la cui cantina è la tua dimora, ma sei bravino, questo te lo devo
concedere.” Basil chinò lievemente il capo per ringraziarla scherzosamente.
Brynna, dal canto suo, alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa, prima di
proseguire:
“Il
problema è che lo sa anche Rattigan. Ora, vediamo se riesco a spiegarti il
concetto con una piccola equazione, una di quelle che tanto ti
piacciono.”
Con
questo, si levò dalla sedia e si avvicinò alla lavagna, la girò di cento ottanta
gradi e si mise a scrivere sullo spazio vuoto. Mentre scriveva, Topson la
osservava in ogni suo movimento, ancora incerto se ritenerla piacevole o
decisamente antipatica. Certo era che aveva un particolare senso dell’umorismo,
tendente il più delle volte ad un tagliente sarcasmo. Non sopportava Cornelia,
non era difficile capirlo, anche se il perché gli rimaneva ignoto. Trattava
Basil come un topolino di sei anni, e forse, in alcune occasioni, poteva anche
darle ragione. Lui, invece, era stato trattato con un certa cortesia, se così si
potevano definire i suoi modi nei suoi confronti, ma era anche vero che, a parte
per le sue opere letterarie, le era perfettamente sconosciuto. Era difficile
comprendere il resto. Il nervosismo poteva essere tranquillamente attribuito
all’ora tarda, alla stanchezza, alla giornata di lavoro. Magari, in un altro
momento, l’avrebbe trovata estremamente amichevole e forse
anche…
“No
dottore, non createvi dei castelli in aria, sono esattamente come mi
vedete.”
La
voce di Brynna lo riscosse immediatamente dai suoi pensieri che, si rese conto
con stupore e quasi orrore, erano stati come un libro aperto per
lei.
“Come..?”
provò a chiedere.
“Sarebbe
lunga da spiegare e sono molto stanca.” Replicò lei con un mezzo sorriso, che
però le sparì subito dalla faccia. “Osservate attentamente la lavagna.” Proseguì
lei. I tre ospiti voltarono simultaneamente lo sguardo e videro scritte, bianco
su nero, queste parole:
‘Lavoro:
Rattigan = Emozioni: Blackwood’
“Direi
che più chiaro di così non potrebbe essere.” Commentò
Brynna.
“Ora
capisco meglio il discorso sulle priorità.” Fece Basil e gli sguardi di Cornelia
e Topson gli si puntarono immediatamente addosso. Dopo aver fatto capire, con un
gesto della mano, che ne avrebbero parlato più tardi, proseguì “Io ho scelto
Rattigan automaticamente, perché è
il mio lavoro, mentre ho, diciamo, messo da parte Cornelia, perché la mia
mente è abituata a fare questo, a scansare qualsiasi attaccamento
emotivo.”
“Precisamente
fratellino. D’ora in avanti, a seconda di ciò che sceglierai per la tua vita,
dovrai rivedere la tua categoria di doveri, altrimenti sarà una
catastrofe.”
“Ho
afferrato il concetto.”
“Sicuro?”
“Certo.”
“Bene,
allora vi prego di tornare a casa. Io devo cambiarmi e chiudere il
teatro.”
“No, aspetta, devo chiederti un’ultima
cosa.”
La
ragazza sbuffò vistosamente, ma rivolse comunque la sua attenzione al
fratello.
“Ci
sono nuovi sviluppi?”
Lei
guardò attentamente lui, poi Topson e Cornelia e disse:
“No,
attualmente nulla di particolare, sta ancora versando lacrime sulla ferita alla
coda.”
Basil
sghignazzò.
“A
proposito, non so se ti interessa, ma ho qui una cosa per te.” Continuò Brynna,
dopodiché andò dietro il paravento e ne riemerse con un pacchetto oblungo tra le
mani. Il detective lo prese e cominciò a scartarlo. Quando ne estrasse il
contenuto, Cornelia gridò e Topson impallidì, mentre lui guardò semplicemente il
“regalo” con aria attonita: era il pezzo di coda di Rattigan che aveva tagliato
la sera prima alla Torre.
“L’ho
presa e l’ho fatta imbalsamare. Magari le trovi un posto tra i tuoi trofei,
perché non accanto alla campanella di Lucrezia? (*)”
Il
fratello sembrava ancora sconcertato.
“Io…
non so che dire.”
“Che
ne dici di ‘grazie Brynna, sei la migliore, ma ora ti lascio perché sei stanca’?
Sarebbe assolutamente perfetto.” Rispose lei, andando alla porta ed
aprendola.
“Sì,
hai ragione. Grazie sorellina.” Le disse, baciandola sulle guance ed avviandosi
verso l’uscio.
“E’
stato un piacere conoscerla.” Disse Topson, con la sua caratteristica cortesia,
tentando di farle il baciamano. Lei però, scansò bruscamente la mano e chinò
lievemente il capo, in un elegante cenno di saluto, sebbene molto freddo e senza
sorrisi.
“Sempre
gentile, eh Brynna?” fece Cornelia, seguendo Basil ed il
dottore.
“Ogni
tanto faresti bene a guardare uno specchio Blackwood. Buona serata.” Fu la
risposta, prima che la porta si chiudesse del tutto, con una botta
secca.
“Basil,
hai visto cos’ha fatto?” Quando l’attrice indignata si accorse che la risposta
tardava ad arrivare, si voltò e vide che Basil si era già avviato verso
l’uscita. Insieme a Topson, si affrettò a raggiungerlo. Il resto del tragitto fu
percorso in silenzio, ma, una volta fuori, Cornelia ritornò
all’attacco.
“Non
è cambiata per nulla, vero? Sempre la solita antipatica. In fondo cosa ho
detto?” chiese con tono infastidito.
Ancora
una volta, lui non le rispose, ma continuò a camminare spedito verso
casa.
Cornelia
ora tremava per la rabbia. Si voltò a guardare Topson, che però le rispose con
un’alzata di spalle. Nemmeno lui sapeva cosa era preso al suo amico. Insieme,
cominciarono a seguirlo.
“Cosa
ne pensi Topson? Di Brynna intendo.” Chiese lei ad un certo
punto.
“Non
saprei. L’ho appena conosciuta e devo ancora capire che tipo
è.”
“Ti
assicuro che c’è poco da capire. E’ semplicemente così come l’hai conosciuta.
Sgarbata e antipatica. E’ in collera con il mondo da una vita, i motivi non li
ho mai capiti veramente nemmeno io. Probabilmente rimpiange di essersi trovata
sola alla fine, ma sai che ti dico? Se l’è cercata.”
Il
dottore era allibito. Sapeva che Cornelia era una ragazza parecchio energica e,
spesso, anche impulsiva, ma non si aspettava di trovare tutto questo odio per
qualcun altro in lei (calcolando ovviamente l’eccezione di
Rattigan).
Confuso,
si accorse che, finalmente, erano arrivati a Baker Street.
Una
volta entrati, Basil si voltò a guardare Cornelia, con occhi di
ghiaccio.
“Punto
primo, non posso darle torto se ti ha risposto male. Sai bene di non starle
proprio simpatica e, nonostante lei avesse scelto deliberatamente di ignorarti
per evitare inutili battibecchi, tu hai voluto commentare le sue
azioni.”
Lei
rimase attonita da quell’intervento improvviso, ma cercò comunque di
ribattere:
“Stavo
solo dicendo che..”
“Punto
secondo” la interruppe Basil, “ci tengo a ricordarti che lei è mia sorella e
che, in questi anni, mi è stata vicina come nessun altro avrebbe saputo fare,
sacrificando tutto ciò che aveva di più caro.”
L’allusione
alla fuga di Cornelia era più che lampante, ed infatti lei tentò di
difendersi:
“Sai
benissimo che..”
“Punto
terzo” ancora una volta il detective la interruppe “è da quando sei arrivata che
ti difende e ti protegge, nonostante tutto. Il discorso delle priorità a cui
accennavo prima è quello che lei mi ha fatto ieri sera, quando è corsa in mio
aiuto alla Torre di Londra. Mi ha detto che meritavi di più e che non potevo
continuare a posporti al mio lavoro, se non ti volevo perdere. Inoltre, non so
se te ne sei accorta, ma ieri sera c’era una sentinella qui davanti. Se non
foste riuscite a cavarvela da sole, sarebbe intervenuta un’intera squadra di
alleati.”
Stavolta
Cornelia era rimasta senza parole. Davvero quella donna che sembrava odiarla
oltre ogni limite, si era data tanto da fare per lei?
“Per
concludere” riprese Basil “Sono io il principale responsabile della sua
solitudine. E’ colpa mia se ora sembra odiare il mondo, anche se lei non lo
ammetterà mai ed ora, se volete scusarmi, me ne vado a letto. Ho bisogno di
riflettere.”
Con
queste parole, girò i tacchi e, con il suo macabro trofeo tra le mani, salì le
scale verso camera sua, fino a chiudercisi dentro, sbattendo la
porta.
Nell’atrio,
intanto, regnava il silenzio più assoluto.
Topson,
per l’ennesima volta in quella lunga giornata, era rimasto sconcertato, e ancora
incerto sui fatti. Quasi per trovare una risposta, si voltò verso Cornelia. La
ragazza si stava mordendo un labbro, nell’evidente tentativo di non
piangere.
“Io
non.. potevo sapere..” mormorò.
“Certo
che non potevate!” esclamò la signora Placidia, emergendo dalla cucina da dove,
evidentemente, aveva sentito tutto. “Siete stata lontana per troppi anni.” Il
tono era quasi di rimprovero.
“Ma
io dovevo andarmene!” ribatté lei “C’era il benessere della mia famiglia a
rischio.”
“Lo
sappiamo cara” disse Topson, cercando di confortarla.
“Ma
provate a riflettere per un momento. Se la vostra famiglia era a rischio, quella
del signor Basil in quale condizione doveva essere?”
Ancora
una volta Cornelia non tentò nemmeno di ribattere, spiazzata dalla retorica di
quella domanda.
“Mi
creda” riprese la governante “hanno sofferto tutti in quella famiglia, chi in un
modo, chi nell’altro e, forse, la signorina Brynna è quella che ha subito più di
tutti.”
“In
che senso?” chiese Topson.
“Non
spetta certo a me raccontarlo ma, signorina Blackwood, seguite il mio consiglio:
davanti al signor Basil, evitate discorsi offensivi nei confronti di sua
sorella. Tiene a lei più di quanto possiate immaginare e nutre per lei un
affetto che pare quasi impossibile da parte di un tipo come lui. Da quello che
ho capito, stavolta non si è intromesso nella discussione tra voi due ma, se un
giorno decidesse di farlo, non sarete voi quella che difenderà.” Concluse,
rivolgendo poi lo sguardo alle scale. Poi, con un sospiro, si voltò verso gli
altri due e disse.
“La
cena è pronta.”
FINE
DEL CAPITOLO
Note:
(*) ricordate? Quella che Basil aveva sottratto a Rattigan alla fine del
film.
Santo
cielo, mi sono dovuta frenare, altrimenti il capitolo sarebbe venuto di venti
pagine. Boh, non so cosa pensarne.
Spero
che abbiate gradito
Bebbe5
P.S.
Dedicato a Bellis che mi sopporta così come sono.
|
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Capitolo 21 *** Confidenze ***
Note
dell’autrice: wow, sono felicissima, sono riuscita nel mio intento. Ovviamente
non vi dirò quale, sennò addio sorprese, cliffhangers e tutto il resto.
Personalmente non ci speravo. Ok, direi di continuare con la storia, ma
prima:
ANGOLO
DELLE RECENSIONI
BELLIS:
Mi fa sempre un immenso piacere leggere le tue entusiaste recensioni. Sai, il
mio terrore è che non si tratti di abilità nel dare caratteri diversi ai
personaggi, ma di semplice e terribile schizofrenia. Boh, chissà quanti
scrittori lo sono e nessuno lo sa. Non so se te l’ho mai fatto capire nelle
nostre “chiacchierate”, ma per me la famiglia è la cosa più importante, per
questo ho fatto sì che Basil agisse in quel modo. Cornelia ovviamente si difende
da Brynna, chissà quante altre litigate ci saranno tra le due. Ne ho già in
mente una abbastanza accesa. Topson si sta rendendo conto in questo momento di
aver perso molto della vita del suo coinquilino, ma non temere, recupererà piano
piano, con l’avvicendarsi degli eventi (è anche un modo per far capire a voi
lettori cosa sta accadendo). Per quanto riguarda le “attenzioni” di Brynna per
Cornelia, non aspettarti nulla di che, le ho già espresse nel capitolo scorso.
Grazie per l’appoggio, ma davvero, non potrò mandarla alla Disney. Più avanti la
trama si incupirà e non credo che sarà propriamente adatta a dei bambini (nulla
di che, solo qualche colpetto qua e là).
TENSI:
Lo ripeto per l’ennesima e (spero) ultima volta, non abbandono le mie storie. Al
massimo posso prendermi delle lunghe pause per mancanza di ispirazione o per
motivi personali, ma non le lascio lì incomplete. Odio chi lo fa e non potrei
mai farlo io stessa. Ne vedrai ancora di battibecchi tra loro e spero che
potranno divertirti (almeno quanto mi sono divertita io a creare Brynna). No,
come posso chiamarti sadica, quando io sono stata chiamata “Moriarty” per via
dei continui cliffhanger? E comunque hai ragione, qualcosa a Brynna succederà. O
forse… è già successo? Ti lascio con questo interrogativo. Non so quanto potrai
trarre di nuovo da questo capitolo.
PICCOLA
LETTY: allora siamo in due, anch’io lo adoravo. L’idea di dargli una compagna
non la definirei tanto geniale quanto necessaria. Devi sapere che, quando ero
piccola, mi divertivo a far finta di essere Basil. Crescendo, però, chiaramente
non ho potuto continuare ad “interpretare” lui, in quanto donna. Così è nata
Cornelia. Forse Brynna esagera un po’. Il suo personaggio è di Eve Tytus, ma non
ho mai letto i racconti originali, quindi non so quale fosse il suo vero
carattere. Spero che la storia possa continuare a
piacerti.
JAN
ITOR 19: grazie per le molte recensioni che mi hai lasciato, mi hanno fatto un
grandissimo piacere. Sono pienamente d’accordo con te, la Disney non
l’accetterebbe come seguito, ma non so se lo paragonerei ad un anime.
Tranquilla, per quanto riguarda gli attori ho modificato tutti i nomi, era
troppo infantile come idea. Come darti torto su Rattigan? Il problema è che lui
ha la fissa di essere un topo. Sono felice che la storia ti piaccia e vorrei
proporti una cosa: ho indetto un concorso di fiction su Basil l’Investigatopo.
Perché non partecipi? Potremmo ingrandire il fandom italiano. Puoi anche
scrivere una fiction senza per forza partecipare. Trovi il link in
fondo.
Grazie
per le recensioni.
Buona
lettura
Capitolo
20
I
giorni che seguirono all’incontro con Brynna, furono caratterizzati da un clima
strano e teso. Basil si era chiuso in un mutismo praticamente totale, mangiava
poco, evitava di entrare a contatto con gli altri inquilini della casa, a meno
che non fosse strettamente necessario, e passava le ore suonando il violino, o
stando davanti alla finestra in attesa, o anche entrambe le cose
contemporaneamente.
Cornelia,
inizialmente, si era preoccupata ed aveva cercato di parlare con lui, temendo
che fosse arrabbiato con lei per via del battibecco con Brynna. Quando non aveva
ricevuto altro che risposte brusche ed irritati movimenti della mano, si era
decisa a fare i bagagli e a tornarsene a casa dei suoi genitori, ma Topson era
intervenuto prontamente, rassicurandola che quel modo di fare era ‘normale’ ogni
volta che il detective si trovava nel bel mezzo di un caso. Vedendola poco
convinta, aggiunse inoltre che, trasferendosi, avrebbe corso l’inutile rischio
di farsi catturare e di mettere in pericolo i suoi familiari. Quest’ultima
argomentazione l’aveva portata ad arrendersi completamente e a disfare
nuovamente le valigie. La situazione, tuttavia, era ben lontana dall’essere
risolta. La tensione, però, venne allentata quando Cornelia ricevette una
proposta di lavoro da una nota
compagnia londinese. Il teatro non era molto lontano da Baker Street quindi
anche Basil (che sembrava essersi risvegliato dalla sua ‘ trance lavorativa’
solo per opporsi alla decisione dell’attrice di tornare a lavorare) alla fine
dovette cedere e permetterle di uscire.
Tornare
all’aria aperta dopo quasi due mesi di prigionia le fece provare la sensazione
di essere libera. Scoprì poi con piacere che anche i suoi quattro amici,
Rudyard, Lionel, Owen e Jerome, facevano parte della compagnia. Trascorreva
dunque le giornate immersa nel suo lavoro, dimenticandosi del clima cupo che
trovava ogni volta che, a tarda serata, rientrava al 221/B di Baker Street.
Usciva presto la mattina e tornava il più tardi possibile la sera. Da una parte
si sentiva un po’ egoista a lasciare Basil da solo per tutto quel tempo,
dall’altra non aveva ancora completamente digerito la loro ultima discussione:
si sentiva in un certo senso tradita. Certo, forse aveva utilizzato dei termini
poco carini per rivolgersi a Brynna e, come Basil aveva sostenuto, era stata lei
a cominciare. Tuttavia, la sorella del suo detective non si era certo comportata
in maniera educata e lei si era aspettata che suo fratello la mettesse a tacere,
che prendesse le sue difese apertamente. Così non era stato, lui si era tenuto
fuori e anzi, come aveva detto la signora Placidia, se avesse deciso di
intervenire non avrebbe difeso lei, la ragazza che amava.
Si
rese conto, improvvisamente, di sentirsi non solo tradita, ma anche gelosa.
Gelosa del rapporto tra Basil (o Sherri, come Brynna amava chiamarlo) e sua
sorella, perché si accorgeva di trovarsi di fronte ad un affetto che lei non
avrebbe mai potuto ricevere da lui. In fondo al cuore si rendeva conto che era
una cosa stupida e che serviva solamente a rovinarle il fegato, ma non riusciva
a smettere di pensarci e di sentirsi sempre peggio. Quando sentì di non poterne
più, si decise a chiamare Elizabeth. In un nuvoloso pomeriggio invernale, le due
amiche si ritrovarono nel salottino al 221/B per prendere un tè e scambiare
quattro chiacchiere. L’attrice raccontò tutto alla dottoressa, tralasciando
ovviamente la storia delle informazioni: non era sicura che Basil avrebbe
gradito una simile indiscrezione da parte sua, nemmeno se si trattava della sua
migliore amica.
“Ma
sei davvero gelosa di Brynna?! Andiamo Cornelia, pensavo che fossi più matura.”
Commentò quest’ultima, una volta terminato il resoconto.
“Lo
so, lo so e credimi, è tremendamente frustrante. Più cerco di convincermi che è
un’idiozia, più mi sento montare la rabbia. Non so più come
fare.”
“Secondo
me dovresti parlarne con il diretto interessato.”
“Con
Basil? Ma se non mi rivolge la parola da quasi una
settimana!”
“Tu
hai provato a sollevare l’argomento?”
“Ehm..
no, non esattamente. Più che altro ho tentato di distoglierlo da quell’odiosa
routine quotidiana che segue ogni qualvolta è dietro ad un
caso.”
“Ah
ah, mossa sbagliata, mai distogliere un uomo dal suo lavoro. Dunque, tu mi hai
detto che la sera, di solito, lui si mette qui, vicino alla finestra, a fissare
fuori, giusto?” cenno di assenso da parte dell’attrice.
“Bene,
allora stasera prendi una tazza di tè e portagliela in silenzio. Sempre in
silenzio siediti su una poltrona, con un bel libro, e aspetta che sia lui a
parlarti.”
“Dici
che funzionerà?”
“Se
avrai tanta pazienza sì. L’importante è mantenere il silenzio. Cerca di
chiarirti in fretta con lui, altrimenti, tempo un’altra settimana e dovrai fare
le valigie.”
“Le
avevo già fatte, ma non mi hanno lasciata andare.”
“Se
ti servisse qualcosa, casa mia è a tua disposizione.”
“Ti
ringrazio.”
“Allora,
come ti è sembrata Brynna?”
“Antipatica
e scorbutica come sempre, non mi pare cambiata molto.”
“Davvero?
Curioso.” Commentò la dottoressa.
“Perché
dici questo?”
“Beh,
pensavo che, dopo la morte del marito, si fosse inacidita ancora di
più.”
“Più
acida di così mi sembra… un momento, la morte del
marito?!”
“Sì,
una tragedia avvenuta circa 8 anni fa, ma non ne sapevi
nulla?”
“No,
ero sul Continente allora ed era difficile reperire delle notizie
sull’Inghilterra, ma cosa è successo?”
“Basil
non ti ha raccontato nulla?”
“No,
niente.”
“Allora
non so se è il caso che.. oh, e va bene, cominciamo dall’inizio. Ti ricordi
Rupert Hayford?”
“Come
potrei dimenticarlo? Un bellissimo giovane, molto intelligente e galante non mi
dire che…”
“Sì,
aveva sposato Brynna.”
“Ma
come.. come..?”
“..è
possibile che qualcuno si sia innamorato di una come lei? Mistero. Comunque, si
sono fidanzati qualche mese dopo la tua partenza e, l’anno successivo, si sono
sposati. Hanno passato un periodo insieme, anche abbastanza felice se vuoi
saperlo, poi improvvisamente, una sera è morto.”
“Suicidio?”
chiese Cornelia, pentendosi immediatamente di quella cattiveria
sottintesa.
“Nessuno
l’ha mai veramente capito. E’ caduto dalla balaustra delle scale di casa, un
salto fatale di parecchi metri, sotto gli occhi della
moglie.”
L’attrice
era orripilata. Odiava Brynna, ma non le avrebbe mai augurato una cosa del
genere.
“Come
ha reagito lei?”
“Nel
suo modo usuale, chiudendosi in sé stessa ed allontanandosi dal mondo. Al
funerale non versato neanche una lacrima: sapevo che era fredda, ma non mi
aspettavo che lo fosse a tal punto.”
“Mio
Dio, è orribile. Ecco a cosa si riferiva la signora Placidia l’altra sera. Santo
cielo, ora mi sento ancora peggio.”
“No,
non devi. Le è successa una disgrazia, questo è vero, ma ciò non le permette di
essere scortese con gli altri. Secondo me hai fatto bene a
risponderle.”
“Può
anche darsi, ma ciò non toglie che deve aver sofferto
moltissimo.”
“Non
lo metto in dubbio, ma sarebbe stato peggio se tu le avessi mostrato di essere
impietosita. Penso che si sia anche divertita a battibeccare con
te.”
“Sì,
forse hai ragione.”
“Bene”
concluse Elizabeth, alzando poi gli occhi verso la pendola. “Oh cielo, si è
fatto tardi, devo proprio scappare.”
“Vuoi
che ti accompagni?”
“Non
offenderti, ma si è già offerto il dottor Topson ed io ho
accettato.”
“Per
questa volta non mi offenderò.” Scherzò Cornelia.
“Allora
a presto e ricordati: tè e silenzio.”
“Certo,
grazie di tutto.”
Le
due amiche si abbracciarono, poi Elizabeth uscì, accompagnata dal dottore che,
per tutto il tempo, l’aveva attesa in cucina.
Cornelia
rimase sull’uscio per un po’ ad osservare i due che si allontanavano.
Sospirò:
erano successe troppe cose durante la sua assenza. Era chiaro che Basil e Brynna
si erano avvicinati: quando avviene una simile tragedia, la famiglia è la
maggior fonte di sostegno che qualcuno possa avere. Era anche vero che la
sorella maggiore del detective non le era sembrata molto cambiata e, agli occhi
di un estraneo, la vicenda sembrava non averla nemmeno lontanamente toccata.
Chissà cosa stava provando a otto anni di distanza. Magari ci aveva messo una
pietra sopra ed era andata avanti per la sua strada, cosa che sarebbe stata
normalissima per lei. Magari ne avrebbe potuto parlare con Basil quella sera.
Già,
quella sera. Il solo pensiero le fece venire un groppo allo stomaco. Si decise a
rientrare e a prepararsi qualcosa da dire a Basil dopo i primi venti minuti di
tè e silenzio.
FINE
DEL CAPITOLO
Oh,
ce l’ho fatta. Capitolo drammatico eh? Ma non lasciatevi ingannare, Brynna
riserva molte sorprese ed una tragedia simile non basta certo a fermarla di
fronte a niente e a nessuno. Ops, forse ho detto troppo. Bene, spero che vi sia
piaciuto.
Già
che ci sono, vorrei pubblicizzare una mia iniziativa. Ho indetto un concorso su
Basil l’Investigatopo. Attualmente ci sono due iscritte, Bellis e Nonna Papera,
ma mi ce ne vogliono almeno altre due per dare ufficialmente inizio alla
competizione. Questo è il link http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9382908
Dai,
fateci un salto.
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 22 *** Finally ***
Note
dell’autrice: visto? Alla fine ce l’abbiamo fatta, abbiamo creato una sezione
sul nostro detective della Disney preferito. Era l’ora accidenti, vero?
Scusatemi per l’immenso ritardo, ho avuto una vera crisi della scrittrice. Non
sto a propinarvi i motivi, sono veramente stupidi.
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
PICCOLA
LETTY: tranquilla?! Per ora, mia cara. Molto presto le cose torneranno a
movimentarsi. Sono comunque contenta che la storia continui a piacerti e che,
anzi, ci sia un miglioramento nell’indice di gradimento.
TENSI:
sì sì, è esattamente come sembra (lo diceva Oscar in “Shark Tale”, giusto?). Che
dici, li faccio riappacificare quei due? Mhm, vedrai in questo capitolo. La
storia si incupirà e anche assai, ma ci vorrà ancora un po’, porta pazienza, te
ne prego. Adoro anch’io quelle storie su fanfiction.net, mi sono piaciute un
sacco.
BELLIS:
che dire? Grazie per le tue recensioni, sempre molto precise ed attente ai
particolari. Al di là dell’apprezzamento che mi rende felice e non sai quanto,
mi aiutano anche molto a livello di stile. Addirittura di gelo ti ha riempita la
storia di Brynna? Wow, tutto sommato me la cavo allora. Grazie.
JAN
ITOR 19: non ti preoccupare se non sei riuscita a partecipare, spero di fare
un’altra edizione l’anno prossimo, visto che questa è andata bene. Per quanto
riguarda l’html ti avevo già risposto. Invece, per quanto riguarda il nome, la
pronuncia dovrebbe essere “Brinna”. Rattigan rispunterà relativamente presto,
non so dirti esattamente quando, ma presto.
DEPPINADIPENDENTE90:
ciao, benvenuta, sono felice che ti piaccia la mia storia. E’ nata un po’ per
necessità, visto che non ce n’erano su efp ed è ancora qui. Scusa se hai dovuto
attendere molto.
Grazie
a tutte, buona lettura
Capitolo
21
La
sera, per Cornelia, parve arrivare fin troppo presto. Dopo una rapida cena,
consumata insieme ad un detective taciturno e ad un dottore quanto mai tra le
nuvole per via della passeggiata da poco compiuta con l’amica dell’attrice, i
tre si divisero: Basil si ritirò, come suo solito, in salotto, in compagnia del
violino e della pipa; Topson andò nella sua camera, probabilmente a scrivere
qualcosa; Cornelia, invece, rimase in ala da pranzo, a meditare ancora un po’
sul da farsi. Dopo qualche minuto, sentendo la signora Judson uscire dalla
cucina per portare del tè a Basil come tutte le sere, la raggiunse e le
disse:
“Signora,
se non le dispiace stasera vorrei portare io il tè in
salotto.”
Forse
i suoi occhi espressero più di quanto lei voleva fare, perché la governante,
dopo averla osservata un po’, le passò il vassoio e le
disse:
“Buona
fortuna cara, ne avrete bisogno.” Dopodichè, si ritiro in cucina per brigare le
ultime faccende.
La
ragazza si voltò verso la porta del salotto e, dopo aver preso il coraggio a due
mani, bussò e, sapendo che non avrebbe ricevuto risposta, entrò.
La
stanza era in penombra, illuminata unicamente dalle fiamme scoppiettanti del
caminetto. L’atmosfera, già di per sé un po’ cupa, era resa ancora più
inquietante dal ritratto di Rattigan che, maligno, ammiccava da sopra la mensola
del camino.
Basil
era sdraiato sulla poltrona, la testa appoggiata ad un bracciolo e le gambe che
pendevano dall’altro. Ogni tanto pizzicava una corda del suo violino, mentre con
lo sguardo vagava per luoghi che rimanevano sconosciuti alla ragazza.
Gli
si avvicinò e, senza una parola, come le aveva consigliato Elizabeth, gli porse
il tè. Senza incrociare il suo sguardo, Basil le prese la tazza dalle mani e,
distrattamente si mise a trarne piccoli sorsi.
Cornelia,
invece, si sedette con grazia sul tappeto davanti a lui ed aprì il libro che si
era portata per ingannare l’attesa. Lo aprì e cominciò a leggere. Solo dopo
pochi minuti, si accorse di stare leggendo la prima riga del volume per la
quarta volta, senza che le parole penetrassero veramente nella sua mente. Di
sottecchi, cominciò a sbirciare la figura di Basil, a tentare di capire quando
si sarebbe deciso a parlare, a….
“…a
dare una risposta alle tue domande?”
La
voce del detective, inaspettata, le fece quasi cadere il libro dalle mani.
“Cornelia,
ormai dovresti saperlo che sono in grado di capire cosa passa per la testa degli
altri. E’ solo un gioco di deduzione molto stimolante.” Aggiunse lui,
sospirando.
“Quello
che tu chiami gioco, mio caro, è definito dal mondo comune come violazione della
privacy.” Ribatté lei.
“Proprio
per questo è divertente e stimolante.” Fu la pronta quanto irritante
risposta.
La
ragazza stava per ribattere, quando si accorse di un particolare: stavano di
nuovo parlando, come prima dell’incontro con Brynna, e lo stavano facendo come
se nulla fosse…
“…
nulla fosse accaduto?” ancora una volta la voce di Basil completò il suo
pensiero.
“Vuoi,
cortesemente, farla finita? E’ frustrante.”
“Credo
che questa discussione ci stia allontanando dal motivo per cui tu sei entrata
qui stasera a portarmi il tè.” Le rispose lui, con una logica impeccabile,
dopodichè, lasciando il violino sulla poltrona, si sedette davanti a lei sul
tappeto.
“Temo
di averti confusa. Il mio silenzio non ha mai significato rabbia nei tuoi
confronti. In fondo, è una questione tra te e mia sorella, io ho una parte
marginale. No, il comportamento degli ultimi giorni è tipico della mia persona:
quando ho un caso e non riesco a venirne a capo, non posso permettere ad
influenze totalmente esterne di distrarmi. Per questo divento insopportabile e
taciturno. Credevo però che tu lo ricordassi.”
In
effetti, si ricordò Cornelia, Basil agiva così anche quando erano ragazzi. Come
aveva fatto a dimenticarlo? Forse, si era solo fatta prendere dagli eventi degli
ultimi giorni.
“Scusami,
ma sai, con tutto quello che è successo ultimamente….” Provò a
rispondergli.
“Capisco,
non ti preoccupare. Anch’io vorrei chiederti scusa, ma penso che sarebbe come
chiedere ad un goloso di stare lontano dalle pasticcerie: continuerò a
comportarmi così ogni volta che avrò un caso. E’ più forte di me. Se vorrai
restare, spero solo che non te la prenderai troppo.”
Lei
gli sorrise.
“Comprendo.
Chissà, magari, se resto qui, ti addolcirai un po’ anche durante i
casi.”
“Dovrai
rimanere a lungo allora.”
“Era
proprio quello che intendevo.”
I
toni delle loro voci si erano abbassati. I volti si
avvicinavano…
All’improvviso
però, qualcuno bussò alla porta.
Basil
spalancò gli occhi e, in un lampo, schizzò fuori dal salottino, precedendo e
quasi facendo cadere la signora Judson, che era andata ad aprire.
Incurante
delle proteste della malcapitata, socchiuse l’uscio e raccolse un foglietto da
terra. La calligrafia era quella di sua sorella.
“Ci
siamo… ci siamo… TOPSON! VIENI GIU’!!”
Senza
aspettare una risposta, tornò in salotto, eccitato come un bambino il giorno di
Natale, ignorando Cornelia che, ancora confusa ed indignata, si era alzata dal
pavimento. Quando Topson li raggiunse, Basil gli porse il
biglietto:
“Avanti,
leggi!” lo spronò.
Il
dottore si affrettò a mettersi gli occhiali e a leggere:
“Caso
strano nel Surrey. Chiedi ulteriori dettagli alla polizia. Attenzione, potrebbe
anche essere una trappola, scegli bene i tuoi accompagnatori. I miei omaggi a
te, al dottore, alla signor Judson e alla signorina.”
“Si
fa più audace. Bene, alla buon’ora.” Basil sembrava stare facendo uno sforzo
immane per trattenersi dal saltellare di qua e di là come un
grillo.
“Topson,
vedi se sui giornali dei giorni scorsi c’è qualche notizia su un evento accaduto
nel Surrey. Io domattina andrò da Laroux a sentire quali sono le novità. Oh,
finalmente.” Con queste parole, afferrò il violino, e si avviò verso la porta
del salotto, poi, come se avesse avuto un ripensamento, tornò indietro, baciò
Cornelia sulle guance, ed uscì infine dal salotto, quasi investendo la signora
Judson che stava tornando in cucina, dopo essersi ripresa dal precedente scontro
con il suo affittuario.
Topson
corse ad aiutarla, lasciando una Cornelia fumante di stizza, da sola nel
salotto.
La
giovane lanciò uno sguardo gelido al messaggio appena ricevuto, che era rimasto
sul tavolo, trattenendosi a stento dall’afferrarlo, ridurlo in mille pezzi e poi
lanciare i frammenti nel fuoco: ancora una volta, Brynna li aveva
interrotti.
FINE
DEL CAPITOLO
Oh
via, torna un po’ di azione, contenti? Spero di sì. Spero anche che il capitolo
vi sia piaciuto.
A
presto
Bebbe5
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Capitolo 23 *** what's happening? ***
ANGOLO
DELLE RECENSIONI:
PICCOLA
LETTY: vero che è tremenda Brynna? E’ un personaggio al cui sviluppo sto ancora
lavorando e non sai quanto mi ci diverto. Spero solo di non togliere spazio alla
povera Cornelia :p. Spero di soddisfare la tua curiosità a
sufficienza.
JAN
ITOR 19: non disperare mai, una storia iniziata è una storia che va sempre e
comunque finita a mio parere. Ci dovessero volere anche vent’anni, la terminerò
* vedendo l’espressione terrorizzata di Jan si affretta a rassicurarla *
ovviamente ci metterò molto meno, maturità permettendo. Grazie per i
complimenti.
RAGAZZAPSICOLABILE91:
wow, sono stra-felice che la storia ti sia piaciuta. Anche il mistero di
Rattigan verrà svelato, ma ogni cosa a suo tempo ^-^. Grazie, non sei la prima a
dirmi che dovrei inviarla alla Disney, ma, come mi facevano giustamente notare,
forse è un po’ troppo cupa per un pubblico di bambini (oddio, con tutto quello
che si vede oggi sarebbe anche possibile). La recensione mi ha fatto un immenso
piacere, grazie.
Capitolo
22
La
mattina seguente, una che portava i primi venti freddi dell’inverno, una
piccolissima carrozza si fermò davanti al piano terra del 221/b di Baker Street
di buon’ora.
Il
cocchiere stava per scendere ed andare a bussare, quando vide un movimento ad
una delle finestre dell’abitazione e, subito dopo, la signora Placidia sbucò da
dietro una tenda e gli fece un cenno.
Lui
allora scelse di rimanere a cassetta, imbacuccandosi ancora di più nel suo
pesante cappotto. Il tragitto da lì alla stazione non sarebbe stato lungo, ma
sperava comunque di non buscarsi un raffreddore.
All’interno
dell’abitazione, intanto, venivano ultimati gli ultimi preparativi per la
partenza. Nell’atrio erano state già portate due borse da viaggio ed i loro
proprietari, Topson e Cornelia, stavano terminando di allacciarsi i
cappotti.
“Allora,
vi è tutto chiaro?” chiese Basil ai due.
“Certo,
vecchio mio. Andiamo nel Surrey, prendiamo alloggio nella locanda dove starà
anche il barone e ti aspettiamo là.” Rispose il dottore.
“Prima,
però, passeremo a prendere Elizabeth a South Kensington.” Precisò Cornelia. Per
il rispetto delle regole della decenza, i tre avevano deciso che Topson e
Cornelia non potessero viaggiare da soli ed avevano deciso di invitare anche la
signorina Morstan.
“Ottimo”
esclamò il detective con un mezzo sorriso “ Io svolgerò alcune indagini da qui e
vedrò di raggiungervi quanto prima. E’ di vitale importanza che vi guardiate
bene intorno e che prendiate nota di ogni dettaglio. Ricordatevi che sarete i
miei occhi e le mie orecchie laggiù”.
“Ed
Elizabeth dovrà solo pensare che questa sia una bella villeggiatura del fine
settimana.”
“Esattamente.
Non dovete pensare che non mi fidi di lei, ma ritengo che sia meglio non
coinvolgerla.”
“Come
facciamo ad indagare e a fare in modo che lei non si accorga di nulla nel
contempo?” chiese Cornelia.
“Fate
a turno, mentre uno di voi distrae Elizabeth, l’altro indaga. Siete entrambi più
che validi nel campo dell’investigazione.”
A
queste parole, Topson lanciò un’occhiata attonita all’indirizzo di Basil, il
quale evitò accuratamente di incrociare il suo sguardo. Si rivolse invece a
Cornelia.
“Mi
raccomando, stai attenta.” Le disse in tono preoccupato, posando una mano
sull’avambraccio destro di lei. La giovane gli rispose con un sorriso, lo baciò
su una guancia, poi, afferrato il suo bagaglio, si affrettò ad uscire, seguita
dalla signora Placidia.
Topson,
invece, rimase indietro accanto all’amico, in paziente attesa. Aveva fiutato
qualcosa di strano nella frase di elogio detta da Basil. Alla fine, infatti,
questi sospirò e disse, in tono lievemente ironico:
“Caro
Topson, non ti sfugge proprio nulla.”
“Non
mi sfugge ciò che tu non vuoi che mi sfugga.” Fu la pronta risposta. “Hai sempre
detto che sono un caso perso per quanto riguarda le
indagini.”
“Mi
permetto di contraddirti, ho sempre detto che sei un ottimo conduttore per le
idee.”
“Tsk,
leggendo tra le righe però..”
“Ma
veniamo al dunque, dottore, o Cornelia si insospettirà. Prendi queste due
lettere” disse il detective, estraendo due buste dalla tasca della sua
vestaglia. Una è per te, c’è scritto tutto quello che devi sapere. L’altra è per
il gestore della locanda presso cui alloggerete, consegnagliela non appena
sarete arrivati a destinazione. Mi raccomando, né Cornelia né Elizabeth devono
leggerle. Ho scritto con una grafia un po’ diversa da quella che utilizzo
solitamente così da facilitarti il compito. Cerca di leggere la tua prima di
arrivare a destinazione, renderà le cose molto più semplici. Bene, detto questo
non posso far altro che augurarti buona fortuna.”
Con
queste parole, il detective concluse il suo lungo discorso e poggiò una mano
sulla spalla dell’amico.
“Buona
fortuna a te, Basil.” Rispose Topson, prima di uscire dalla casa con passo
incerto, per poi montare sulla carrozza che attendeva. Una volta che tutti i
bagagli furono caricati il cocchiere schioccò la frusta e la vettura si mise in
movimento. Basil la seguì con lo sguardo dal vialetto di casa, finché essa non
scomparve dietro un angolo.
Chiuse
gli occhi e sospirò.
Non
trasalì quando una voce improvvisa, ma comunque attesa, proveniente da un punto
alle sue spalle, disse:
“Buongiorno
fratellino, ho pensato di passare a farti una visita. Beh, non mi saluti?
Il
detective si voltò a guardare la sorella che, in quella fresca mattina,
sfoggiava un semplice abito nero, coperto da un pesante soprabito, ed un
cappello del medesimo colore con una retina che ricadeva sul volto: il tipico
ritratto della vedova, tranne forse per il fatto che la vedova in questione
sorrideva radiosa.
“Perdonami
Brynna, ero immerso nei miei pensieri.”
“Comprendo,
dove sono andati la Blackwood ed il tuo amico?”
“In
campagna, da alcuni parenti di lei. Per strada passeranno a prendere anche
Elizabeth. Ma prego, entriamo in casa, non è molto caldo
qui.”
“Non
posso far altro che darti ragione.” Rispose lei, prendendo il braccio che il
fratello le offriva e seguendolo all’interno del 221/B.
I
due entrarono in casa, dove Brynna fu accolta dalla signora
Placidia.
“Signora
Brynna, è un piacere vedervi, non attendevamo una nostra visita.” Disse la
governante con un gran sorriso.
“Il
piacere è mio signora, spero di non recare alcun disturbo.”
“Non
si preoccupi, anzi, perché ora non va a sedersi in salotto con il signor Basil?
Vi porterò un po’ di tè e delle focacce al formaggio.”
“Troppo
buona, signora. Accetto molto volentieri.” Rispose Brynna, togliendosi il
soprabito e seguendo il fratello in salotto.
I
due si sedettero sulle poltrone davanti al fuoco che era stato acceso da poco e
che emanava un bel calore. Cominciarono a conversare del più e del meno, delle
indagini di Basil, degli spettacoli di Brynna e così via, cercando comunque di
evitare commenti poco generosi verso gli assenti – cosa che richiese un grande
sforzo, soprattutto da parte di Brynna. Dopo che la signora Placidia ebbe
portato il tè e le focacce e si fu ritirata, passarono a discorsi più seri, dal
momento che erano nella certezza di che non sarebbero stati ascoltati né
interrotti da nessuno.
“Prima
o poi dovrò farmi dare la ricetta di queste focacce.” Stava dicendo Brynna “sono
buonissime, non le mangiavo da mesi e non posso aspettare tutte le volte
un’occasione in cui non ci sia la Blackwood o il tuo compare nei
paraggi.”
“Brynna,
per favore, sii seria. Cosa succede?” chiese Basil, con fare
spiccio.
“Hai
sentito parlare del ladro delle finestre?”
“Mhm,
può darsi che abbia letto qualcosa di sfuggita su giornali, ma ora come ora non
mi dice nulla.”
“E’
un ladro astutissimo, in poche parole entra nelle stanze delle vittime dalla
finestra della loro camera da letto, poi, non si sa bene come, le stordisce e,
infine….”
“Infine?”
chiese Basil protendendosi verso di lei in attesa.
“Non
ruba niente, o almeno nulla che abbia un vero valore. Piccoli oggetti che si
trovano sui comodini, sui tavolini. La cosa strana, e che sono riuscita a
notare, è che tutti gli oggetti hanno le iniziali o lo stemma della famiglia
scolpito sopra.”
“Mhm,
interessante, e perché me l’hai riferito? Non mi sembra che Rattigan abbia
qualcosa a che fare con questa vicenda.”
“Lo
pensavo anch’io, poi però sono andata a vedere le case delle vittime. Hai
presente l’abitazione dei Marley?”
“Certo
che sì e credo di sapere dove vuoi arrivare: il muro sotto la finestra della
camera da letto dei due coniugi è liscio, senza protuberanze o canale nei
pressi. Incredibile, come avrà fatto quel tizio ad arrivare fin
lassù?”
“Devi
ammettere che tutta questa vicenda ha un che di diabolico. Scommetto che hai già
qualche teoria.”
“Certo,
ma prima devo verificare di persona. Mai anteporre le teorie alle prove
concrete.”
“Giusto,
ti ho portato una lista delle case che sono state derubate, così potrai andare a
fare un sopralluogo.”
“Ti
ringrazio.”
“Non
c’è di che.” Concluse Brynna, alzando poi un attimo lo sguardo sulla pendola del
salotto. “Oh cielo, si è fatto tardi, devo proprio scappare. Grazie per
l’ospitalità.” Disse poi alzandosi e dirigendosi nell’atrio a recuperare il
soprabito ed il cappello.
“Grazie
a te per tutto l’aiuto che mi dai. Spero solo che un giorno tutto questo
finisca.”
“Sai
come sarebbe noiosa la vita? Tu moriresti per la mancanza di casi, esattamente
come è successo in questi ultimi anni in cui la tua nemesi pareva
morta.”
“Ora
le cose potrebbero anche cambiare.” Le disse Basil, cercando di non incrociare
il suo sguardo.
Brynna
infatti lo squadrò con sincero stupore.
“Hai
davvero intenzione di sposarla? Oh santo cielo, io pensavo che fosse uno
scherzo.”
“Non
ti piace proprio a quanto vedo.” Le rispose lui in tono
secco.
“Per
niente Sherringford, ma suppongo che sarò costretta anche a fare buon viso a
cattivo gioco se veramente la porterai all’altare. Beh, per ora è inutile che ci
stia a rimuginare sopra, quel giorno non è ancora arrivato e tante cose
potrebbero capitare nel frattempo.” Concluse lei, uscendo dalla porta, poi, si
voltò di nuovo e disse al fratello con un ghigno divertito: “Però, ora come ora,
pagherei oro per vedere la faccia che farà quando scoprirà che non ha niente su
cui indagare.”
FINE
DEL CAPITOLO
Yes,
alla fine sono riuscita ad aggiornare. Molto probabilmente, quando leggerete
queste note, sarete in uno stato di confusione, dato che non ho fornito tutti i
dettagli per districare questa matassa. Stavolta ci vorrà un po’ perché
scopriate cosa sta effettivamente accadendo, mi sento in vena di trame
complesse, che ci volete fare?
A
presto
Bebbe5
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Capitolo 24 *** Misteri ***
Note
dell’autrice: in questo periodo nutro un profondo odio per me stessa. Blocco
della scrittrice? No, quite the contrary, my dears. Esatto, sto producendo
fiction, soprattutto song, a profusione. Cosa c’entra con questa storia?
Semplice. Questo capitolo era pronto già tre mesi fa poi, una bella mattina, mi
sono svegliata e mi sono accorta che volevo dare un’altra impronta al racconto e
svolgerlo in maniera opposta a come l’avevo pensato prima. Secondo me, è la
sindrome da università: troppe cose appassionanti tutte insieme. Chiedo dunque
venia.
CAPITOLO
23
Basil
si trovava sulla sua poltrona davanti al fuoco, la sua pipa preferita stretta
tra i denti. Il caso non era tra i più difficili che si fosse trovato ad
affrontare. Aveva infatti già dedotto il come ed il chi (in questo caso,
Scotland Yard e la stampa avevano preso, come al solito, un abbaglio colossale)
senza troppi problemi. L’inghippo stava nel capire dove ci sarebbe stato il
prossimo colpo, quando sarebbe avvenuto, e come impedirlo.
Spostò
lo sguardo su una cartina di Londra che, per l’occasione, aveva steso su un
tavolinetto lì vicino. Sopra vi aveva tracciato segni e numeri per indicare i
luoghi e l’ordine delle rapine così come glieli aveva presentati sua
sorella:
Abercroft, Brennan, Chester, Deaton, Ewan, Fresar, Graham, Hexton,
Ibsen, Johnson, Keaton, Lester ed infine Marley.
Ovviamente
non gli era sfuggito l’ordine alfabetico con cui erano avvenuti i furti e gli
elementi in comune erano più che lampanti: tutte ricche, con ascendenza
nobiliare e residenza vicina ai loro compagni di sventura.
Semplice,
eppure complesso.
Sfogliando
il suo catalogo dei nomi, aveva trovato circa dieci famiglie che potevano essere
prese in considerazione per il prossimo furto, e la lista si restringeva a
cinque se si contava la locazione della loro abitazione.
Sarebbe
stato semplice far appostare dei poliziotti di guardia ad ogni casa, eppure le
cose non gli quadravano. C’erano troppe domande ancora in sospeso: perché il
ladro (o i ladri, come lui era più propenso a
ritenere) rubavano oggetti dal valore materiale così trascurabile? Se c’era
davvero Rattigan dietro a tutto, cosa stava macchinando in realtà? Uno degli
interrogativi che lo assillava di più era questo: perché Brynna era venuta a
“reclutarlo” ormai al tredicesimo furto? Era davvero strano e non era che lui si
fosse scordato di chiederle una spiegazione. Aveva la sensazione che non avrebbe
ricevuto una risposta. Brynna era molto riservata sui motivi che utilizzava per
ottenere le informazioni che gli riferiva prontamente. Già una volta lo aveva
aiutato in quel modo, lui, per curiosità, aveva indagato un po’ e l’aveva messa
in un bel guaio. Quando aveva scoperto come faceva, aveva messo in moto una
serie di eventi che, in rapidissima successione, avevano quasi ucciso sua
sorella. Si era dunque ripromesso di lasciar perdere e di non indagare più al
riguardo. In fondo, i risultati erano eccellenti ed era questo ciò che
contava.
Riscuotendosi
da quei pensieri, tornò a concentrarsi sul suo lavoro. Gli elementi in suo
possesso erano relativamente pochi e l’idea di andare a fare un sopralluogo
nelle abitazioni delle vittime non sembrava così sbagliata. Decidendosi una
volta per tutte, trascrisse gli indirizzi su un pezzo di carta, prese il suo
inseparabile cappotto ed uscì.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Le
ombre della notte avvolgevano ormai Londra. Solo la luce fioca delle lampade a
gas illuminava le strade praticamente deserte.
Nascosto
dietro al tronco di una pianta d’alloro posta davanti all’abitazione degli
Abercroft, Basil, vestito completamente di nero, sorvegliava la casa, in attesa
di quello che, sapeva, sarebbe accaduto di lì a poco.
Ripensò
brevemente agli eventi di qualche mattina prima ed alla fortuna che aveva avuto:
si era recato innanzitutto alla casa dei Marley, l’ultima famiglia ‘derubata’, a
qualche isolato da lì. Non aveva fatto in tempo ad avvicinarsi all’abitazione
che, dal cancello principale della suddetta, era emerso quello che sembrava
essere il maggiordomo, o comunque uno del personale di servizio. Lo aveva
riconosciuto immediatamente come uno degli scagnozzi di Rattigan, persino sotto
quell’aspetto immacolato da topo che doveva stare a contatto molto spesso con
gente dell’alta società.
Ben
attento a non farsi scorgere, era tornato di corsa a Baker Street, si era
mascherato da perdigiorno ed era andato anche nei pressi delle altre case,
luoghi dei crimini. In ognuna di esse, aveva scoperto che un membro della
servitù era in realtà uno dei peggiori lestofanti in circolazione. Era poi
andato a controllare le cinque case in cui, presumibilmente, ci sarebbe stato il
furto successivo, ma tutto gli era apparso in perfetto ordine. Nessun individuo
più o meno sospetto era a contatto con le famiglie di quelle abitazioni.
Si
era trovato momentaneamente ad un punto morto, poi gli era venuto in mente che,
forse, quei furti potevano essere una farsa, un modo per distogliere
l’attenzione da quello che era il vero obiettivo: un furto più grande in una
delle case già ‘visitate’.
Secondo
l’ordine alfabetico, il nome della prossima famiglia a dover essere derubata
doveva cominciare con la ‘N’, quindi tutte le altre case avrebbero dovuto
sentirsi tranquille ed abbassare la guardia. Il punto stava nel capire quale
sarebbe stata quella delle vittime.
Era
dunque andato nella zona del porto dove, in genere, venivano reclutati i topi
per simili ‘imprese. Dopo qualche ora aveva scorto il ‘maggiordomo’ di casa
Abercroft parlare con altri tre tipi nel locale dove, tre anni prima, aveva
trovato il rifugio di Rattigan (forse avrebbe dovuto indagare al riguardo e
scoprire se il suo arcinemico si nascondeva ancora lì, ma, per il momento, era
stato costretto a rimandare).
Si
era seduto ad un tavolo ed aveva ordinato una birra e si era messo in ascolto
della gente intorno a lui. Era così riuscito a capire che al colpo avrebbero
partecipato non meno di sei topi, maggiordomo compreso, e che il tutto si
sarebbe svolto di lì a tre giorni.
Ottimo,
perché aveva giusto tre giorni di tempo prima che Topson, Cornelia ed Elizabeth
tornassero dal loro viaggio.
Mentre
si trovava vicino a casa Abercroft, in attesa degli eventi, in una posizione
tutt’altro che confortevole, gli venne da sorridere al pensiero di cosa sarebbe
capitato ai suoi amici. Sì, perché, proprio come aveva detto Brynna, non c’era
niente su cui indagare. La lettera che aveva dato a Topson spiegava tutto
all’amico dottore e gli dava alcuni suggerimenti per far credere a Cornelia e ad
Elizabeth di trovarsi nel bel mezzo di un mistero da risolvere o, nel caso della
dottoressa, di una bella vacanza di piacere. Se tutto fosse andato bene, forse
avrebbe persino scampato le ire di Cornelia. Sperava infatti che, su questo
punto, sua sorella si sbagliasse e che la ragazza non si accorgesse di nulla ma,
doveva ammetterlo, era una speranza molto lieve.
In
lontananza, un campanile batté le undici. Basil non perdeva d’occhio la porta
d’ingresso degli Abercroft, ben attento a scorgere il minimo movimento.
Dovettero passare altri venti minuti prima che la sua attesa venisse
adeguatamente premiata. Infatti, passato quel lasso di tempo, Basil scorse la
luce di una candela brillare attraverso una delle finestre della casa poi,
qualche minuto dopo, sentì un rumore metallico provenire dalla strada.
Voltandosi, vide che la grata di un tombino, non molto distante dall’abitazione,
era stato spostato per permettere ad alcuni individui di uscire. Gli occhi di
Basil si spalancarono un po’ per la sorpresa: c’era un altro topo rispetto a
quelli che si era aspettato, un po’ più minuto degli altri.
‘Poco
male, un altro futuro inquilino per la prigione’, pensò
l’investigatopo.
Il
gruppetto, dopo aver rimesso a porto la grata, si avvicinò alla porta della
casa, che fu prontamente aperta da nientemeno che il maggiordomo, proprio come
Basil aveva previsto.
La
banda entrò e l’ultimo chiuse la porta dietro di sé. Basil attese qualche
minuto, poi si avvicinò alla porta e vi appoggiò l’orecchio contro. Dall’altra
parte non si udiva alcun rumore. Provò a girare la maniglia e l’uscio s’aprì.
Molto probabilmente, i ladri si erano voluti lasciare una via di fuga.
L’investigatopo
udì una serie di rumori e scalpiccii provenire da alcune stanze vicino a lui ed
al piani superiore: evidentemente, la banda si era divisa per agire in fretta.
Perché i padroni di casa non stavano facendo nulla?
Il
più silenziosamente possibile, Basil andò verso la stanza più vicina e sbirciò
dentro. Si rivelò essere il soggiorno e c’era un topo solo, quello più minuto,
che sembrava intento a svuotare una vetrinetta della sua argenteria.
Gli
si avvicinò alle spalle e fece per colpirlo, ma questo, con uno scatto rapido,
si voltò e lo colpì allo stomaco. Probabilmente l’aveva visto nel riflesso
dell’anta della vetrinetta. Basil era rimasto senza fiato per via del colpo e
non poter fare niente per fermare il malvivente, che lanciò un fischio per
richiamare i suoi compari.
Un
istante dopo, la casa risuonò di passi affrettati, e la stanza si riempì degli
altri criminali, il maggiordomo in testa.
“Bene,
bene, bene” disse quest’ultimo “Cos’abbiamo qui? Ah, Basil di Baker Street. Ottimo
lavoro Gaspard” proseguì rivolgendosi evidentemente al topo che aveva colpito
Basil “Due piccioni con una fava. Il capo ne sarà molto felice. Ha fatto proprio
bene a mandarti con noi.”
Gaspard
fece un cenno d’assenso con la testa ma non aprì bocca.
Basil,
intanto, si era accasciato sulle ginocchia. Non si era aspettato tanta rapidità
né tanta forza da un ubriacone di porto. Soprattutto lo confondeva il fatto che
questi non avesse approfittato della sua temporanea impotenza per non colpirlo
di nuovo. Forse aveva ricevuto degli ordini particolari al riguardo.
Non
era comunque il momento di mettersi a fare simili congetture. Doveva trovare il
modo di uscire da lì e di farlo libero o vivo. Senza farsi vedere, infilò una
mano nella tasca della giacca che indossava e ne trasse fuori una
polverina.
Frattanto,
i criminali si stavano organizzando:
“Dick,
va’ a prendere la corda che troverai nel ripostiglio e legalo. Una volta finita
di ripulire questa casa, lo porteremo con noi. Chissà quanto
vale.”
Non
fece in tempo a dire altro, perché Basil aveva aperto il palmo della mano
davanti a sé e vi aveva soffiato dentro. La stanza era stata invasa da una
specie di denso fumo grigio e, sfruttando questa condizione, l’investigatopo
cominciò a sferrare colpi a destra e a sinistra, cercando di colpire quante più
persone poteva. In un’occasione, riuscì persino a far sì che due di loro si
colpissero a vicenda.
Ad
un certo punto, mentre la polvere si diradava un po’, vide che uno dei banditi
stava avanzando contro di lui con un coltello. Riuscì a disarmarlo e a
stordirlo. Fece appena in tempo a raccogliere quell’arma, che due braccia lo
presero da dietro. Senza pensarci troppo, prese il coltello e colpì il braccio
destro del suo aggressore.
Questi
urlò, producendo un suono acuto, troppo acuto, che fece fermare Basil per un
attimo. L’investigatopo si voltò per fissare il criminale che aveva colpito, il
quale si stringeva il braccio sanguinante.
Quando
il topo alzò gli occhi, Basil li guardò e gli sembrarono familiari.
Fu
un attimo però, perché subito dopo dovette tornare a concentrarsi sugli altri
che erano ancora in piedi e che cercavano di colpirlo. La lotta proseguì e Basil
dava e riceveva colpi. Quando ormai cominciava a chiedersi se sarebbe riuscito a
salvarsi, si udì uno sparo.
Tutti
si fermarono e si voltarono verso la porta. Lì, stava un poliziotto con il
revolver puntato in aria.
“Cosa
sta succedendo qui?” chiese, in tono imperioso.
Un
attimo dopo, il topo che Basil aveva ferito al braccio, afferrò un posacenere e
lo scagliò contro l’ufficiale colpendolo in pieno volto. Questi ululò dal dolore
ed i criminali contro cui Basil stava combattendo riuscirono a far cadere
l’investigatopo a terra, a spingere via il poliziotto dalla porta ed a fuggire
in strada, seguiti dal loro compagno ferito. Basil si rialzò rapidamente, e
corse dietro ai malviventi, solo per vederli dileguarsi in direzioni diverse tra
le strade di Londra.
Imprecando,
tornò indietro per aiutare il poliziotto con i malviventi
rimasti.
Circa
un’ora dopo, casa Abercroft pullulava di poliziotti accorsi un po’ per tenere
lontana la folla, un po’ dare una mano a capire cosa era stato portato via.
Quando, in una delle camere da letto al piano superiore, erano stati trovati i
coniugi Abercroft, profondamente addormentati, ed ogni tentativo di svegliarli
era stato inutile, era stato chiamato anche un medico. Costui aveva dichiarato
che i due erano stati pesantemente sedati, di modo che non si accorgessero della
rapina in corso.
Sulla
scena era intervenuto anche Laroux, il quale era subito andato da Basil per
congratularsi ma, soprattutto, per chiedere spiegazioni.
“Quindi
lei sapeva del furto e non mi ha informato? Per quale
ragione?”
“Elementare
Ispettore. Se le mie prede avessero sentito il rumore provocato dai suoi uomini,
non si sarebbero avvicinati. Inoltre, c’era il loro complice dall’interno che
controllava la strada. Dovevo agire da solo se volevo sperare di prenderli. Ho
solo sbagliato a calcolare un paio di dettagli.”
“Ah,
sì, vedo. Quel bel livido sulla sua guancia ne sarebbe il risultato,
vero?”
“Le
ho già detto che uno di loro sembrava diverso dai suoi compari. Non era un
ubriacone, il suo fiato non puzzava di alcool. Inoltre sapeva battersi ed aveva
una forza discreta nonostante la statura. Secondo me è un
benestante.”
“Un
benestante?! Ma non mi prenda in giro!! Per quale ragione un benestante dovrebbe
mischiarsi con una tale marmaglia?”
“Se
avessi una sfera di cristallo o se sapessi leggere nel pensiero, ora sarei in
grado di darle la risposta.” Replicò Basil tagliente.
“Ah,
buffo, lei che non sa qualcosa.” Disse Laroux, gongolante.
“Faccia
poco lo spiritoso, Ispettore. Era la prima volta che lo vedevo
inoltre…”
“Inoltre…”
lo incalzò l’ufficiale.
“No,
non credo che questo punto le possa interessare. Una quisquilia,
davvero.”
“Se
lo dice lei… comunque ha fatto un buon lavoro. Tre su sette è un buon risultato.
Potrebbe gentilmente suggerirmi come fare a prendere gli
altri?”
“Per
ora potremo fare ben poco, temo. Ma aspettatevi mie notizie entro
domani.”
“Sempre
tutti questi misteri! Arriverà mai
il giorno in cui comunicherà le sue intenzioni anche agli
altri?”
“E’
quello che mi chiedo anch’io, Ispettore!”
Quella
voce…
Basil
chiuse gli occhi e deglutì a fondo prima di voltarsi.
Cornelia
Blackwood stava camminando di gran carriera verso di lui, seguita da Elizabeth,
che aveva un’aria confusa, e da Topson, che invece aveva un’espressione
colpevole.
Era
chiaro che la ragazza aveva scoperto tutto.
Guardandosi
brevemente attorno, Basil si accorse che in molti, Laroux compreso, stavano
osservando la scena, aspettando gli eventi.
Mosse
dunque anche lui qualche passo verso Cornelia, cercando di fermarla prima che
scoppiasse.
“Cornelia,
io..” disse cercando di prenderle una mano.
“No”,
replicò lei, scostandosi bruscamente “Non sai quanto mi senta arrabbiata e…
messa da parte e…”
“Cornelia,
la gente guarda.”
“E
allora? Che guardino!”
“No,
ascolta… meglio se ne discutiamo a casa.”
“Perché?
Così la tua reputazione non si rovina?”
“E’
la tua quella che…” Basil si interruppe e prese un bel respiro “Cornelia, ti
prego, fidati.”
“E
come faccio? Spiegamelo! Dopo che…”
“Cornelia”
ora era stata Elizabeth a parlare “ha ragione e tu lo sai. Dai, torniamo a Baker
Street. Ne discuterete là.”
La
voce dell’amica sembrò calmare la ragazza che annuì rigidamente e, dopo
un’ultima occhiata gelida al detective, si incamminò verso Baker Street, a
qualche isolato di distanza.
Elizabeth
la seguì e la affiancò, mentre Topson rimase con
l’investigatopo.
“Basil,
io…” provò a spiegare.
“Non
fa niente dottore, davvero. Prima o poi l’avrebbe scoperto. Coraggio,
andiamo.”
Detto
ciò, i due si avviarono verso casa dietro alle due donne.
Lungo
il tragitto, nessuno parlò molto. Tutti preferivano rimandare le spiegazioni
all’intimità delle mura domestiche.
Ad
un certo punto, si trovarono a passare davanti alla casa di Brynna, che si
trovava in Paddington Road, una via perpendicolare a Baker Street, Cornelia la
superò, senza voltarsi a guardarla, ma Basil si fermò di colpo. Davanti a casa
di sua sorella c’era la carrozza del medico Ansmauser, l’unico medico da cui
Brynna si lasciava visitare, in quanto marito della sua migliore amica, la
signora Selena Ansmauser, Pelham da nubile.
Senza
pensarci due volte, deviò dal suo percorso e si affrettò a raggiungere la casa,
seguito poco dopo da Topson che, comunque, aveva prima avvertito le due
signorine che li precedevano.
Cornelia
sbuffò sonoramente: era evidente che Basil era preoccupato, e le dispiaceva,
certo, ma era possibile che tutte le volte sua sorella si mettesse in mezzo alle
loro questioni?
Oltretutto,
era abbastanza sicura che c’entrasse anche lei in quella farsa del
Surrey.
Si
avviò comunque verso casa di Brynna, seguita da Elizabeth.
Nel
frattempo, Basil aveva suonato alla porta.
Erano
passati alcuni minuti, che gli erano comunque parsi eterni, poi la cameriera di
Brynna, la signora Chivers aveva aperto la porta.
“Signor
Basil, cosa vi porta qui?”
“Buonasera
signora, ho visto la carrozza del dottor Ansmauser. Posso… possiamo
entrare?”
“Ma
certo, entrate, entrate pure.”
La
governante li fece accomodare nell’atrio e prese i loro
cappotti.
“Prego,
accomodatevi in salotto.” Disse, dopo aver riposto i cappotti in un armadio lì
vicino, ed avviandosi per mostrare la strada.
“Ad
essere sincero, preferirei andare a vedere come sta mia sorella.” Rispose Basil,
cercando di mantenere la calma: se era intervenuto il dottore doveva trattarsi
di qualcosa di serio, Brynna non si faceva visitare per un misero
raffreddore.
“Lo
capisco, ma il dottore ha chiesto di lasciarlo lavorare con calma e non so
quanto la vostra presenza potrà aiutarlo in questo. Le consiglio di aspettare
che esca dalla camera della signora.”
“Almeno
posso stare nel corridoio lì davanti? Senza entrare?”
La
donna sospirò.
“Suppongo
di sì. Conosce la strada. Io, intanto, mi occupo dei suoi amici. Vogliate
seguirmi, prego.”
Cornelia
stava per obiettare, ma le occhiate di Topson ed Elizabeth, che la supplicavano
di lasciar perdere, la convinsero a desistere. A malincuore, seguì la cameriera
ed i suoi amici in salotto.
Basil,
invece, salì le scale fino al piano superiore e si mise fuori dalla camera di
Brynna.
Dall’interno,
provenivano dei fruscii, la voce bassa del dottore, e qualche colpo di tosse
ogni tanto, molto probabilmente da parte di sua sorella.
Dopo
alcuni minuti, il dottore uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Quando si voltò, incontrò lo sguardo preoccupatissimo di Basil.
“Buonasera
dottore, come sta mia sorella?”
Ansmauser
sospirò lievemente, prima che le sue labbra si schiudessero in un
sorriso.
“Starà
bene entro pochi giorni, non vi preoccupate. Ha solo bisogno di riposo
assoluto.”
“Ma
cos’ha?”
“Ha
un po’ di febbre ed una lieve bronchite. A mio parere, o è venuta a contatto con
qualcuno già seriamente malato che l’ha contagiata, oppure ha lavorato troppo
ultimamente. Converrete che entrambi i casi sono più che
plausibili.”
Basil
annuì.
“Non
faccio che ripeterle di prendersi una vacanza, ma, voi la conoscete, fa orecchie
da mercante ad ogni suggerimento mio o di mia moglie.”
L’investigatopo
sorrise, poi disse:
“Posso
entrare?”
“Certo,
ma mi raccomando, non la agitate.”
“Sarà
fatto.” Rispose prontamente Basil.
“Allora
buona serata. Vado da mia moglie a rassicurarla. Voleva venire anche lei, ma
gliel’ho impedito.”
“Buona
serata a lei dottore, e porti i miei saluti a Selena.”
“Certo.”
Disse il dottore avviandosi giù per le scale. Si fermò però a metà rampa e
richiamò l’investigatopo:
“Vi
ha chiamato la signora Chivers?”
“No,
passavo di qua ed ho visto la vostra carrozza.” Rispose
Basil.
“Capisco.
Beh, vi lascio a vostra sorella allora. Ricordate quanto vi ho
detto.”
“Certamente
dottore.”
Dopo
questo scambio di battute, entrambi gli uomini presero la loro strada: il
dottore andò verso l’uscita e Basil entrò in camera di sua
sorella.
La
stanza era illuminata dal un abat-jour posta accanto al
letto.
Brynna
giaceva nel letto con la coperta tirata fino al collo, con gli occhi chiusi, il
respiro affannato e tremante, un’espressione un po’ dolorante sul volto. Quando
il fratello le si avvicinò, però, aprì gli occhi e gli
sorrise.
“E’
mai possibile che io non possa avere un piccolo svenimento senza che tu appaia
subito?”
“Sei
svenuta?!” esclamò Basil.
“Ah,
non te l’avevano detto eh? Beh, ora lo sai, siediti.” Gli rispose lei,
spostandosi un po’ per lasciare posto al fratello sul bordo del letto. Lui lo
occupò prontamente.
Per
un po’ cadde il silenzio tra i due. Pur nella sua stanchezza, fu Brynna ad
interromperlo.
“Che
faccia preoccupata, cos’è successo? Qualche problema con il
caso?”
“Scusa
sai, se mi sono preoccupato per te. Comunque il caso è risolto e, entro domani
notte, catturerò tutta la banda.”
“Tutta la banda? Vuoi dire che li hai
colti con le mani nel sacco e alcuni ti sono scappati?”
“Sì.
Erano in sette ed uno di loro è anche quasi riuscito a sopraffarmi. Era un
piccoletto, assai agile e, a giudicare dal timbro della voce quando l’ho colpito
con un coltello, doveva essere piuttosto giovane.”
Il
volto di Brynna si contrasse in una smorfia.
“Che
c’è? Hai dolore?” le chiese lui, preoccupato.
“No”
rispose lei secca “Tu avresti ferito un ragazzino?”
“Mi
aveva preso per le braccia, dovevo liberarmi in qualche
modo.”
“Correggimi
se sbaglio, ma non avevi imparato le arti marziali per non rischiare di ferire
seriamente qualcuno tranne, te lo concedo, in situazioni
estreme?”
“Ma
questa era estrema! Erano in sette ed io ero solo!”
“Allora
non avresti dovuto andare da solo e…”
La
donna cominciò a tossire violentemente, tanto che Basil tentò di avvicinarsi per
aiutarla a mettersi seduta, ma lei lo fermò, dicendo tra i colpi di
tosse:
“Faccio..
cough cough… da sola… cough cough… prendimi… cough cough… un po’ d’acqua… cough
cough… per favore…”
Basil
si affrettò ad eseguire, voltandosi verso il comodino dove c’erano una caraffa
d’acqua ed un bicchiere, e riempiendo il seconda con il contenuto della
prima.
Quando
si voltò di nuovo, Brynna era seduta, con una coperta, che aveva recuperato da
una sedia accanto al letto, avvolta intorno alle spalle. La tosse era calata un
po’, ma le aveva lasciato il respiro più affannato di
prima.
Basil
le porse il bicchiere, che lei afferrò con la zampa
sinistra.
‘Strano’
pensò l’investigatopo ‘lei è destrorsa.”
Quando
la donna ebbe svuotato il bicchiere, lo porse al fratello che lo rimise al suo
posto. Fatto questo, tornò al letto, dove trovò la sorella di nuovo sdraiata
sotto le coperte.
“Cambiamo
discorso, ti va? Temo che le mie prediche non siano così temibili quando sono in
questo stato.”
“Hai
ragione, anzi, scusa, avrei dovuto evitare l’accenno all’episodio. Ansmauser mi
ha raccomandato di non agitarti.”
“Il
solito. Allora, non hai qualcosa di più rilassante, o divertente, da
raccontarmi?”
“In
generale di no, anche se…”
“Sì?”
lo incalzò lei.
“Ecco,
so che questa ti piacerà tanto quanto ha agitato me.”
“Racconta.”
“Cornelia,
Topson ed Elizabeth sono al piano di sotto.”
Cadde
il silenzio, che durò per alcuni istanti nei quali Brynna assimilò la notizia e
cosa comportava.
“Vuoi
dire che ha scoperto tutto ed è tornata prima?”
“Proprio
così.”
Brynna
sospirò.
“Io
te l’avevo detto di lasciare che ci pensassero alcuni membri del mio cast.
Sarebbe stato perfetto.”
“Forse,
ma speravo che Topson la trattenesse abbastanza. Comunque, stasera me la sono
trovata davanti sulla scena del crimine dopo lo svolgimento dei fatti. Puoi
immaginarti com’era arrabbiata.”
“Ahia,
più che altro riesco ad immaginare il discorsetto che ti aspetta quando sarai
tornato a casa. Oltretutto, sei passato di qui, dando la tua priorità a me e non
a lei, e questo, di certo, non gioca a tuo favore.”
“Che
dovevo fare? Non passare nemmeno? Per quel che ne sapevo potevi essere in punto
di morte, dato che c’era Ansmauser in casa.”
“Esagerato.
Comunque mi fai sentire in colpa così. Senti, se vuoi puoi avvicinarti un po’ al
prossimo attacco di tosse, così magari ti ammali e lei sarà costretta a
rimandare la discussione, magari se la dimenticherà
persino.”
“Piano
ingegnoso, ma no grazie. Anzi, temo che dovrò andare, non ti dispiace,
vero?”
“Mi
dispiacerebbe di meno se tu stessi salendo sul patibolo,
credimi.”
Basil
rise e si chinò per baciare la fronte di sua sorella.
“Attento
a non farti vedere da Cornelia, potrebbe ingelosirsi.” Lo canzonò la
sorella.
“Di
chi? Di te? Assurdo.”
“Credi
che non lo sia già? Ti strappo sempre via da lei, in un modo o
nell’altro.”
“Sei
mia sorella e di questo dovrà farsene una ragione.”
Brynna
sospirò per l’ennesima volta.
“Sherringford,
ascolta bene ciò che ho da dirti, perché lo dirò una volta sola: se deciderai di
sposarla, dovrà essere lei la tua priorità, sempre e comunque, capito? Un
matrimonio non è come essere fratelli, bisogna impegnarsi ogni giorno per
mantenerlo vivo. Io ti voglio bene ed anche lei te ne vuole, ma questo non può
bastare. Lei ti deve amare e tu devi
ricambiare e darle buone, anzi ottime, motivazioni per
farlo.”
“Già,
perché tu, su questi principi, hai avuto un bel matrimonio,
vero?”
Troppo
tardi Basil si accorse di ciò che aveva detto.
Il
volto della sorella si rabbuiò.
“Sai
bene perché mi sono sposata con quel… non riesco nemmeno a definirlo, perciò non
te lo ripeterò. A buon intenditor poche parole, come si suol dire. Ora sarà
meglio che tu vada. Non vorrai aggravare ulteriormente la situazione. Lascia che
ti dica un’ultima cosa comunque. Non potrai allontanarla sempre come hai fatto
questa volta quando sarai immerso nelle tue indagini. Arriverà il momento della
scelta: rinuncerai alla tua professione o a lei. Ora va’.”
“Brynna,
io..”
“Grazie
per la visita, ora fammi il favore di uscire da qui.” Lo interruppe la donna,
voltandosi dall’altra parte rispetto al fratello.
Basil,
sospirando, si alzò e, dopo un ultimo sguardo rivolto alla figura della sorella,
uscì dalla stanza.
Quando
uscì di casa, insieme ai suoi amici, e l’aria fredda della notte lo investì,
pensò che quella era certamente una giornata da dimenticare, e che doveva
trovare il modo di scusarsi con sua sorella.
In
fondo, era per colpa sua che si era sposata con quel topo. Era colpa sua se
quella relazione l’aveva quasi uccisa.
Scosse
la testa e proseguì lungo la strada.
Dalla
finestra di camera sua, Brynna lo osservava stando in piedi, con una coperta
intorno alle spalle che lasciava intravedere appena la fasciatura al braccio
destro.
Una
singola lacrima le solcò la guancia, lacrima che lei si affrettò ad asciugare
con un gesto stizzito, prima di ritirarsi nella camera e di mettersi a
letto.
FINE
DEL CAPITOLO
Mamma
quanto è venuto lungo questo capitolo. E’ valso l’attesa? Spero di
sì.
A
presto con il prossimo.
Bebbe5
|
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Capitolo 25 *** Scontro al locale ***
CAPITOLO
24
L’alba
trovò Basil seduto sulla sua poltrona nel salotto.
La
sera prima Cornelia, o per uno slancio di magnanimità, o a causa della
stanchezza dovuta al viaggio di ritorno, si era ritirata subito in camera sua,
Elizabeth era rientrata a casa dopo una breve chiacchierata con l’amica e
Topson, dopo averlo medicato, era subito andato nella sua stanza senza dire una
parola.
Era
chiaro che si sentiva in colpa per non essere stato in grado di trattenere più a
lungo Cornelia, ma il detective non aveva tempo per pensare a come rassicurare
il suo amico.
Era
quindi rimasto a riflettere nella stanza, più per fare mente locale su cosa
avrebbe dovuto fare come mossa successiva, che per chiarire alcune incognite su
cui, comunque, aveva già un’idea precisa.
In
quel momento, mentre i primi raggi del sole illuminavano l’ambiente da dietro le
tende, due cose gli erano chiare: doveva tornare ad indagare con più accuratezza
nel locale sul fiume, nel quale si trovava l’accesso al vecchio covo di Rattigan
e, per quanto gli dolesse ammetterlo, stavolta avrebbe dovuto coinvolgere
Scotland Yard. Ovviamente, avrebbe agito quando avrebbe voluto lui, ma doveva
avere la certezza che ci fosse qualcuno in più che gli avrebbe parato le spalle,
dato che sarebbe stato sicuramente atteso. Avrebbe coinvolto anche Topson, poco
ma sicuro. Rimandando ad un momento successivo la ricerca di una soluzione per
Cornelia, spense la pipa, andò a prendere il suo cappotto ed il suo berretto ed
uscì di casa.
Giunse
nuovamente la sera e, con essa, un nuovo litigio al 221/B di Baker Street.
Incredibilmente, però, i protagonisti sembravano esserne Cornelia e Topson.
“Stasera
verrò con voi, è deciso.”
“Cornelia,
te l’ho già detto, è meglio di no, potrebbe essere
pericoloso.”
I
due si trovavano nella camera del dottore, insieme a Basil, che stava curando
gli ultimi dettagli del suo travestimento e di quello del dottore, prima di
partire alla volta del locale al molo.
Come
al solito, Cornelia avrebbe voluto accompagnarli e, come al solito, i due si
opponevano a viva forza.
“Posso
aiutarvi, voglio aiutarvi!” stava appunto dicendo la ragazza “L’ultima volta vi
ho persino salvato la vita, dopo che voi avevate messo a repentaglio la
mia.”
“E’
questo il punto, Cornelia” replicò Topson, cercando di non muoversi troppo per
dare modo a Basil di lavorare sul suo volto. “Noi mettiamo a rischio la tua
vita! Per questo devi restare qui. Basil, di’ qualcosa anche tu, te ne
prego.”
“A
che scopo dottore? Non mi ascolterebbe.” Replicò l’investigatopo, applicando un
lieve strato di cerone sul viso dell’amico.
“Esatto,
soprattutto perché non c’è niente da dire. Io vengo e
basta.”
In
quel mentre, Basil si alzò, annunciando che aveva completato la sua
opera.
“E
comunque mi vedo costretto a dare ragione a Cornelia, mio caro Topson.” Aggiunse
poi, cominciando a riporre i suoi strumenti. “Non c’è niente da dire. Lei non
verrà e questo glielo posso assicurare.” Detto questo, raccolse le sue cose ed
uscì dalla camera. Rossa in viso per la rabbia, Cornelia lo
tallonò.
“Non
puoi permetterti di dirmi cosa devo o non devo fare! Sappi che, anche se ancora
non ho detto niente, ciò non vuol dire che io abbia dimenticato lo scherzetto
del Surrey. Mi sono sentita delusa, quasi non volevo crederci
e…”
Lo
sfogo della giovane accompagnò i due per tutto il tragitto verso la camera di
Basil e continuò anche dopo che vi furono entrati.
“…
vorrei che tu capissi che ci tengo a stare al tuo fianco e… ma mi stai almeno
ascoltando?!” si interruppe Cornelia, vedendo che l’altro non l’ascoltava,
apparentemente tutto preso dal riporre sopra il tavolo di camera sua gli arnesi
che aveva utilizzato fino a poco prima
La
ragazza gli si avvicinò, furibonda, e gli si mise accanto, posandogli poi una
mano sulla spalla bruscamente per attirare la sua
attenzione.
“Perché
non mi ascolti mai? Perché lasci correre e non ne discuti? Basil ti sento
distante. So che sei in mezzo ad un caso, ed uno anche molto importante,
ma…”
“Mi
dispiace.”
Quelle
parole, appena mormorate, fecero tacere Cornelia.
“Come?”
chiese, incredula.
“Ho
detto che mi dispiace.” Ripeté lui, prendendole una mano.
La
giovane rimase in silenzio per un po’ poi, vedendo che lui non diceva altro, si
schiarì la voce.
“Beh,
mi sembra normale ed anche giusto che tu sia dispiaciuto per ciò che hai
fatto…”
“Non
ho detto di essere dispiaciuto per ciò che ho fatto.”
Ancora
una volta, Cornelia rimase senza parole.
“Ah
no?” disse un po’ incerta.
Basil
scosse la testa.
“No,
sono dispiaciuto per ciò che mi vedo costretto a fare.” Detto questo, con una
mossa velocissima, la ammanettò per il polso che le aveva preso ad uno dei gambi
del tavolo. “A mia discolpa, però, posso dire che non mi hai lasciato altra
scelta.”
Cornelia
guardò prima il polso, annichilita, poi, riprendendosi dallo shock, si mise a
gridare:
“Come
osi?! Vieni subito a liberarmi, o sarà peggio per te!”
“Come
minaccia non è molto efficace, se detta da una che è attualmente legata ad un
tavolo. Ora scusami, ma ti devo lasciare o farò tardi. Ah, dimenticavo, non
disturbarti a cercare l’aiuto della signora Placidia. Le ho dato precise
disposizioni e lei, per una volta almeno, si è mostrata più che felice di
seguirle alla lettera. Buona serata, mia cara.” Concluse poi l’investigatopo con
un breve cenno del capo, uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di sé,
soffocando le grida irose della ragazza rimasta
all’interno.
Ripercorse
la strada compiuta prima e tornò alla camera di Topson, dove trovò l’amico ad
attenderlo, già pronto per la partenza.
“Incredibile”
commentò quest’ultimo “Come hai fatto a convincerla?”
“Oh,
non ci è voluto poi molto.” Rispose Basil, sorridendo “Coraggio, andiamo, ci
aspetta una lunga nottata.”
I
due scesero le scale ed uscirono dal 221/B. Basil fischiò e Ugo comparve subito
davanti a loro. L’investigatopo e Topson, anche se quest’ultimo con una certa
riluttanza, montarono su di lui e partirono per la loro destinazione.
Frattanto,
nella camera di Basil…
Cornelia
ridacchiò.
“Bene,
va tutto secondo i piani.” Detto questo, estrasse un piccolo oggettino ricurvo
da uno dei suoi stivali e, con esso e con un po’ di pazienza, riuscì a liberarsi
dalle manette.
“Non
mi vogliono con loro?” si disse “Vorrà dire che farò da
sola.”
Uscì
dalla stanza di Basil e si diresse in camera sua, dove prese alcuni abiti
maschili dal suo baule. Si truccò un po’ il volto, scurendo il pelo e creando
delle cicatrici finte poi, cercando di fare il meno rumore possibile, aprì la
finestra e si calò giù. Dopodiché si fermò ad osservare la strada, cercando di
decidere sul da farsi. Sapeva di dover andare al porto e sapeva anche più o meno
il posto preciso dove si erano diretti Basil e Topson. Il problema stava nel
raggiungere il luogo in tempo utile.
Sospirando,
cominciò a camminare verso la zona del porto, sperando di trovare un qualcosa
che potesse aiutarla a percorrere quella distanza più rapidamente. Avrebbe
potuto chiedere ad Elizabeth, che aveva una carrozza personale, ma questo
avrebbe significato coinvolgerla e lei avrebbe preferito evitare.
Si
fermò di nuovo, mentre uno strano senso di indecisione la afferrava. Lei non
voleva coinvolgere la sua amica perché voleva proteggerla. Basil, lasciandola a
casa, voleva evidentemente fare lo stesso. Non riusciva a biasimarlo, ma voleva
anche stargli vicino. Del resto, la questione di Rattigan aveva interessato da
vicino anche lei.
Già,
erano giovani, molto giovani allora, e lei si era improvvisamente ritrovata ad
affrontare qualcosa di troppo grande. Era scappata, l’aveva
abbandonato.
Si
sentì un’ingrata ed un’immatura: chi era lei per tornare all’improvviso e
sconvolgere tutto? Aveva lasciato Basil da solo nel momento in cui aveva più
bisogno di aiuto, si era ripresentata alla sua porta come se niente fosse e lui
l’aveva accolta, comportandosi come quando erano ragazzi, aggiungendo anche
qualcosa in più.
Aveva
fallito là dove Brynna era invece riuscita.
Questo
pensiero la bloccò, mentre si stava già voltando per tornare a Baker Street.
Brynna.
Quel
nome riaccese la sua competitività. Se Brynna poteva aiutare Basil, cosa le
impediva di farlo a sua volta? Avrebbe aiutato il suo amato senza infastidirlo,
avrebbe trovato degli indizi utili che gli avrebbe mostrato al suo ritorno a
Baker Street.
Con
una nuova determinazione, si incamminò verso la sua meta. Ancora non sapeva come
vi sarebbe arrivata, né cosa avrebbe dovuto cercare. Quello che sapeva era che
voleva fare qualcosa.
Ancora
non sapeva che ci sarebbe riuscita, ma nel più tragico dei
modi.
Basil
e Topson, giunti al locale, vi erano entrati e si erano seduti con nonchalance
ad uno dei tavoli. Decisi più che mai a non farsi notare, oltre ad aver
modificato il loro travestimento, avevano ordinato due birre e se ne erano
rimasti fermi al loro tavolo, senza fare troppe domande.
Basil
si guardava intorno, cercando tra gli avventori i vecchi membri della banda di
Rattigan ed i criminali che gli erano sfuggiti la sera
prima.
Topson,
non sapendo cosa fare, sorseggiava la sua birra e lanciava occhiate nervose a
Basil. L’amico gli aveva semplicemente detto ‘Ce ne staremo seduti tranquilli
fino al momento giusto’, ma non aveva specificato quando si sarebbe verificato
questo momento, cosa che lo agitava parecchio. L’ultima volta che era stato in
quel posto, del resto, aveva rischiato di finire molto male. Quella sera, il
clima non sembrava diverso: i topi che si trovavano nel locale impiegavano il
loro tempo bevendo, giocando a carte o prendendosela con l’artista di turno che
si esibiva sul palco malandato situato da un lato del locale. Arrossì un po’,
ricordandosi della figura che aveva fatto quando, sotto l’effetto della droga
che gli era stata messa nella birra, era salito sul palco a ballare
maldestramente con le show girls. Voltandosi, vide che Basil lo guardava con un
sorrisetto stampato sul viso. Era ovvio che aveva capito tutto ciò che gli stava
passando per la testa. Topson, però, preferì non approfondire l’argomento,
limitandosi a sorseggiare la sua birra. Prese poi a guardarsi intorno anche lui
e rabbrividì quando riconobbe alcuni degli scagnozzi di Rattigan.
Si
voltò di nuovo verso il suo amico per farglielo notare, ma vide che
l’investigatopo aveva fissato lo sguardo su un punto vicino all’ingresso del
locale. Decise di non mettersi a guardare anche lui: ormai aveva imparato alcuni
dei metodi di Basil e sapeva che, voltandosi a sua volta, avrebbe potuto
insospettire chiunque fosse entrato nelle mire del suo amico.
Quest’ultimo
mosse lo sguardo seguendo il movimento dell’individuo su cui si era concentrato
e, dopo qualche istante, si allungò verso il dottore per
sussurrargli.
“E’
appena entrato il tipo che ieri mi ha messo k.o. e che io ho ferito ad un
braccio. Si è seduto al bancone ed ha ordinato una pinta. Ormai dovremmo esserci
Topson, tieniti pronto.”
L’investigatopo
fremeva di aspettativa ed anche il dottore cominciava a sentire l’adrenalina
invadergli il corpo. Entro poco sarebbero entrati in azione ed avrebbero risolto
anche quel caso.
“Dobbiamo
aspettare di scorgere anche il minimo indizio della presenza di Rattigan e poi
potremo chiamare i nostri amici di Scotland Yard che hanno già provveduto a
sistemare la sorveglianza intorno al locale.” Disse l’investigatopo a Topson,
ricordandogli il piano che avevano precedentemente ideato. Era talmente preso
dal nuovo arrivato, però, che non scorse un altro topo entrare nel locale,
guardarsi attorno, posare lo sguardo su di lui e su Topson e poi nascondersi in
un punto un po’ più buio.
Cornelia
osservava da lontano i suoi due amici seduti al tavolo, sperando di non essere
stata scorta. Era stata fortunata, lungo la strada era riuscita a saltare su due
carrozze di umani che l’avevano portata non molto lontana da lì. Aveva visto Ugo
sul ciglio della strada e si era affrettata a scendere fino al
locale.
Quando
si rese conto che non l’avevano notata, emise un sospiro di sollievo e si guardò
intorno. Il locale era davvero squallido, ma non poteva stare a fare simili
considerazioni. Doveva trovare qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutare Basil.
Più
facile a dirsi che a farsi. La stanza piena di fumo mostrava solo immagini
sfocate dei suoi occupanti, figuriamoci di ciò che li
circondava.
Si
accorse che l’uomo al bancone la stava guardando con sospetto e si decise ad
ordinare qualcosa. Andò da lui, prese posto su uno degli sgabelli ed ordinò una
birra. Cercando di non apparire troppo nervosa, sorseggiò un po’ la sua
ordinazione, reprimendo un’espressione di disgusto. Posò il boccale sul bancone
e si guardò un po’ intorno, ignorando i topi che la guardavano. Notò però che ce
n’era uno, non molto distante da lei, che la guardava con insistenza, quasi come
se stesse cercando di capire se le era familiare o meno.
‘Probabilmente
è solo ubriaco.’ Si disse, cercando di tranquillizzarsi. Si voltò quindi
dall’altra parte rispetto allo sconosciuto e, nel farlo, scorse un piccolo
corridoio da cui si accedeva passando accanto al bancone.
‘Chissà
dove porta.’ Si chiese. Per quel che riguardava poteva anche essere l’ingresso
per la servitù o per le ‘artiste’, ma era comunque un punto di partenza. Finì in
un sol sorso la sua birra, gettò qualche scellino sul bancone ed andò verso
l’uscita. All’ultimo, però, cambiò la sua direzione e si diresse verso il
corridoio, rapidamente ma non troppo, per cercare di non dare troppo
nell’occhio.
Giunta
all’imboccatura del corridoio, vide che su un lato c’era tutta una serie di
porte, le ultime delle quali erano molto vicine al palco e, perciò, con molta
probabilità, dovevano essere quelle dei camerini.
Aprì
la prima e si ritrovò in quello che doveva essere uno sgabuzzino per le scope.
Dietro la seconda, invece, trovò un magazzino che fungeva anche da cantina
(‘questo spiega in parte l’orribile qualità della birra che viene servita’
pensò).
Quando
provò ad aprire la terza porta la trovò chiusa. Lì per lì, pensò di lasciar
perdere e proseguire, poi però decise di tentare ad aprirla. Ormai era lì. Prese
il ferretto con il gancio in fondo che aveva utilizzato per liberarsi dalle
manette e cominciò a forzare la serratura. Dopo alcuni minuti, sentì uno scatto
e la porta si aprì.
Entrò
nella stanza, completamente immersa nell’oscurità. Fece scorrere una mano prima
sul muro a destra della porta, poi su quello alla sinistra per trovare la
lampada a gas ed illuminare così l’ambiente.
Quando
ci riuscì, vide che si trovava in un quello che doveva essere un archivio.
‘Bingo’
pensò.
Senza
avere un’idea precisa di cosa cercare, si mise a frugare un po’ dappertutto. Ad
un certo punto, mentre stava esaminando il contenuto di un cassetto, un rumore
la fece raggelare, un rumore che, purtroppo, conosceva bene: quello di una
pistola che viene caricata.
“Alza
le mani e voltati immediatamente.”
Quella
voce… Cornelia si voltò, con un’espressione stupita stampata sul
volto.
“Brynna?!”
esclamò. Davanti a lei c’era il tipo che l’aveva fissata con insistenza al
bancone ma, alla luce della lampada a gas e nell’aria molto più libera da fumi
del piccolo archivio, riusciva a distinguerne meglio i lineamenti: sotto un
travestimento semplice, ma molto efficace, vide il volto della sorella di
Basil.
“Buonasera
Blackwood, hai deciso di farti una giratina da queste parti?” disse Brynna,
continuando a puntarle la pistola contro, un ghignetto soddisfatto stampato sul
viso.
“Che
ci fai tu qui?!” le chiese di rimando Cornelia, ancora confusa per la piega
presa dagli eventi.
“Non
credo che ti debba interessare. Cosa credevi di fare qui
dentro?”
“Non
credo che ti debba in-“ cominciò Cornelia, cercando di scimmiottare l’altra, ma
Brynna la zittì in un modo che le ricordò tanto quello che utilizzava Basil per
lo stesso motivo.
“Non
fare l’arrogante, Blackwood. Ti sto puntando una pistola contro. Allora, cosa
credevi di fare, esattamente?”
“Io..
io.. cercavo indizi, ecco!” rispose Cornelia, ostentando una sicurezza che non
aveva.
“Mhm,
interessante. E cosa cercavi esattamente?”
“Io..
ecco..” stavolta Cornelia non sapeva cosa dire. Poi però si riscosse di colpo.
“Perché mi stai puntando contro una pistola?” chiese, con voce
sconcertata.
Brynna
la guardò con un’aria stranita.
“Beh,
perché lo trovo divertente e perché sono sicura che così sarai obbligata a fare
quanto ti dirò.”
“Ovvero?”
“Ovvero
uscire da qui. Andiamo, ti riporto a Baker Street prima che succeda il
finimondo.”
“Non
ci penso nemmeno. Non me ne vado senza prima aver trovato qualcosa che possa
essere utile a Basil.”
“E
per trovare un qualcosa di indefinito stai rischiando di mettere ancora di più
nei pasticci mio fratello. Sai che succede se ti trovano e ti catturano?
Andiamo, non fare storie. Non costringermi a spararti davvero e a trascinarti
fuori. Sei già fortunata ad essere arrivata fino qui, non sfidare ulteriormente
la sorte. Coraggio, prima che arrivi qualcuno.”
“Cosa
ti dice che mi farò catturare? Cosa ti dà il diritto di dirmi cosa devo fare?
Guarda che-“
Cornelia
non riuscì mai a completare la sua frase, perché Brynna le aveva messo una mano
sulla bocca. Lì per lì, la ragazza provò a divincolarsi, poi però comprese il
perché di quel gesto: aveva udito dei passi avvicinarsi dal corridoio.
Però
era strano, sembrava che il rumore provenisse non solo dal corridoio, ma anche
da dietro un quadro appeso ad un muro della stanza.
Sentì
la mano di Brynna tremare e la vide impallidire. La vide riporre la pistola in
una tasca, farle cenno di rimanere in silenzio e guardarsi freneticamente
intorno. Alla fine sembrò decidersi, perché le indicò un armadio, lo aprì e vi
entrò, invitandola a seguirla. Cornelia esitò solo un istante, ma quando sentì i
passi avvicinarsi entrò con Brynna nell’armadio. Le due fecero appena in tempo a
chiudersi dentro che Cornelia sentì aprirsi la porta che dava sul corridoio. Un
secondo dopo, però sentì anche il rumore di qualcosa che girava su dei cardini
provenire dalla parte opposta rispetto alla porta: probabilmente la stanza aveva
due ingressi. Ma come diavolo faceva Brynna a saperlo? Sapeva che era lei a
passare le informazioni a Basil ma pensava che le ottenesse mediante alcuni
‘collaboratori’. Quanto in fondo si era spinta per aiutare il fratello? Quelle
riflessioni furono interrotte quando udì la voce inconfondibile di uno di quelli
che erano entrati nella stanza.
“Buonasera,
mia cara, grazie per essere venuta. Quali notizie mi
porti?”
Rattigan.
Un
brivido le passò lungo la schiena al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se
avesse trovato lei e Brynna in quell’armadio. Al terrore, però,si sostituì lo
sconcerto quando sentì anche la voce dell’interlocutore, o meglio,
dell’interlocutrice.
“Buonasera
a lei, signore.”
‘Elizabeth?!’
pensò e percepì Brynna irrigidirsi accanto a lei. Evidentemente quella era stata
una brutta sorpresa anche per lei.
“Secondo
quanto sono riuscita a capire ieri sera, mentre Basil raccontava la sua
‘avventura’ con i vostri amici, stasera dovrebbe trovarsi qui insieme al
dottore. Con ogni probabilità, inoltre, ad un certo punto arriverà anche
Cornelia. Durante il nostro viaggio di ritorno dal Surrey, ha detto
esplicitamente che avrebbe trovato il modo di seguirlo e di aiutarlo con o senza
il suo consenso.” Lo informò la dottoressa. Cornelia era allibita: che diamine
stava facendo Elizabeth? Cosa significava tutta quella
storia?
“Eccellente”
rispose Rattigan. “Allora basterà tenere gli occhi aperti ed aspettare che
vengano da noi.”
Cornelia
era stravolta: cosa stava succedendo? Cosa aveva appena sentito? Da fuori
dell’armadio sentì il rumore di qualcosa che si apriva e poi un tintinnio di
bicchieri.
“Propongo
un brindisi.” Sentì dire da Rattigan. “Alla nostra imminente
vittoria.”
“Direi
anche agli ignari informatori.” Aggiunse Elizabeth.
“Già,
senza Cornelia non avremmo potuto sapere tante cose sui movimenti di Basil.
Ancora mi stupisco di come tu ci sia riuscita.”
“Sono
la sua amica del cuore dopotutto.” A quelle parole Cornelia si sentì gelare il
sangue: come era potuto accadere? Credeva che lei ed Elizabeth fossero davvero
amiche. Quanto cambiavano le persone in dieci anni.
Guardò
Brynna, ma non riuscì a distinguerne il volto nel buio di quell’armadio.
Probabilmente aveva assunto un’espressione di disprezzo, e non poteva
biasimarla: si impegnava tanto per aiutare il fratello e, in quel momento, aveva
visto sfumare molto del suo lavoro a causa di una ragazzina zelante. Sì, non
poteva auto-definirsi altrimenti. Aveva avuto la presunzione di immischiarsi in
qualcosa che non le apparteneva ed aveva rovinato l’opera di molte persone. Ed
ora si trovava in un armadio insieme a quella che per anni aveva visto come una
nemica, mentre lì fuori, a sbarrarle la strada per la salvezza, c’erano uno dei
criminali più pericolosi del mondo e colei che aveva creduto essere la sua
migliore amica.
Che
situazione complicata!
Quando
ormai pensava che non potesse andare peggio di così, accadde una cosa che le
fece trattenere il respiro per la paura:
“Elizabeth,
mia cara, hai per caso cambiato profumo?” chiese Rattigan ad un certo
punto.
“No,
assolutamente no, perché?”
Nella
stanza cadde il silenzio, interrotto solo dal rumore di un bicchiere posato su
una superficie lignea e dall’inspirare di un topo – anzi un ratto – che annusava
l’aria.
“C’è
stato qualcuno. Hai notato niente mentre venivi qui?”
“Solo
che la porta era aperta, ma non ho visto nessuno uscire o venire qui quando sono
arrivata.”
“Allora
chiunque fosse, o se n’è andato prima, o è ancora qui. Non ci metteremo molto a
scoprirlo.”
Cornelia
cominciò a tremare. Ora era certa che le avrebbero trovate e allora.. sarebbe
stata la fine.
Provò
a cercare lo sguardo di Brynna, ma, ancora, non vide niente. Sentì però che
l’altra non tremava. Era ferma, immobile, quasi..
risoluta.
Ad
un certo punto la sentì muoversi, senza fare troppa attenzione a mantenere il
silenzio. Sentì che si avvicinava e la udì sussurrare al suo
orecchio:
“Togliti
la giacca, fai presto.”
Cornelia
eseguì mentre, fuori dall’armadio, sentiva Rattigan bloccarsi e rimanere in
ascolto. Aveva ovviamente sentito i fruscii che provenivano dall’armadio.
“Ah,
allora sei ancora qui. Ti do tre secondi di tempo poi vengo a prenderti.
Uno…”
Ancora,
la voce di Brynna giunse alle sue orecchie.
“Passami
la tua giacca e mettiti la mia.” Le ingiunse e Cornelia eseguì senza replicare,
frastornata dalla rapidità con cui si stavano svolgendo gli
eventi.
“Due…”
proseguì Rattigan con spietatezza.
“Ora
resta qui, qualsiasi cosa accada. Esci solo quando sarai sicura di essere
completamente sola. Vai da Basil e cerca di portarlo via di qui o quantomeno di
non farlo intervenire. Digli che è un ordine da parte
mia.”
Senza
attendere una risposta, Brynna prese un bel respiro ed uscì dall’armadio,
chiudendo poi l’anta dietro di sé, proprio mentre Rattigan pronunciava il “Tre”.
“Gaspard?”
disse il ratto, allibito, al vedere chi usciva dall’armadio. “Cosa ci fai tu
qui?”
‘Gaspard?’
Cornelia non ci stava capendo più niente. In quel momento Brynna rispose con una
voce falsata.
“Mi
dispiace signore, mi ero perso. Cercavo i camerini delle ragazze per divertirmi
un po’ dopo il mio solito goccetto ed ho smarrito la
strada.”
“La
porta però era chiusa a chiave.”
“No
signore, era aperta quando sono arrivato.”
Ci
fu un momento di silenzio.
“Gaspard,
non mentirmi, sai che non mi piace. Per l’ultima volta, cosa stavi facendo
qui?”
Questa
volta Brynna non rispose. Cornelia sentì lo stomaco che le si aggrovigliava. Non
si metteva bene, per nulla.
“Sai,
Gaspard, da qualche tempo ho il sospetto che, tra le mie fila, ci sia una
miserabile spia. Ora, comprenderai bene che questo ti mette in una brutta
posizione, dato che sei l’ultimo arrivato. O mi dici cosa stavi facendo con le
buone, oppure sarò costretto ad usare le maniere forti.”
Ancora
una volta, Brynna non rispose. Da dentro l’armadio, Cornelia si trovò a pregare
che dicesse qualcosa, qualunque cosa, purché riuscisse a salvarsi.
“Non
rispondi? Bene, allora non mi lasci altra scelta.”
Dopo
questo, Cornelia udì un suono nauseante ed un gemito strozzato: Rattigan doveva
aver tirato un pugno in pancia a Brynna.
La
sentì accasciarsi a terra, boccheggiando, e si tappò la bocca per non gridare.
“Sai,
Elizabeth, non mi sembra giusto precludere lo spettacolo ai nostri
avventori.”
“Ma
potrebbe essere rischioso. Pensa a Basil.”
“Ah,
vedrai che se c’è se ne starà buono. Cosa vuoi che faccia da solo contro me e
tutti i miei uomini?” detto questo ci fu una pausa, poi Cornelia lo sentì dire:
“Panem et circensem. Con i romani
funzionava. Vediamo se è una pratica che serve ancora a
qualcosa.”
Con
queste parole, Cornelia lo sentì chinarsi per afferrare Brynna di peso e
portarla fuori dalla stanza, seguito probabilmente da
Elizabeth.
Restò
per qualche minuto nell’armadio, mentre le lacrime le scendevano copiose dagli
occhi. Cosa era appena successo?
Il
senso di colpa la divorava. Sentiva che avrebbe dovuto almeno provare a fare
qualcosa, ma il tono di Brynna era stato perentorio e deciso.
Le
venne quasi da ridere: prendeva ordini da lei, ma non da
Basil.
Già,
Basil. Doveva andare da lui.
Ancora
tremante, si azzardò a sbirciare fuori dall’armadio per vedere se anche
Elizabeth se n’era andata. La stanza era vuota.
Asciugandosi
gli occhi, uscì dalla porta ed imboccò il corridoio, tornando verso la sala
principale da cui provenivano delle grida concitate.
Basil
sapeva che avrebbe dovuto agire nel momento stesso in cui Rattigan era entrato
nella sala, trascinandosi dietro quel tale Gaspard che, poco prima, aveva visto
sgattaiolare in un corridoio di fianco al bancone.
Sapeva
che avrebbe dovuto chiamare i bobbies di Scotland Yard all’istante quando aveva
visto il suo acerrimo nemico chiedere a coloro che gli stavano davanti di farsi
da parte e gettare il poveretto ai suoi piedi.
Ma
era rimasto paralizzato quando Rattigan, nello scagliare il malcapitato sul
pavimento, aveva fatto rotolare via il cappello di quest’ultimo. Una cascata di
capelli ricci era ricaduta sulle spalle dell’individuo e l’intera sala si era
ammutolita.
Poi
il topo si era a fatica rialzato sulle braccia e si era voltato, facendo
spuntare un ghigno malevolo sul volto di Rattigan.
“Bene,
bene, bene, ma guardate un po’ chi ci ha fatto l’onore di essere con noi
stasera: Brynna Anne-Marie Basil.”
I
presenti ridacchiarono.
Un
fremito scosse in ugual maniera la donna stesa sul pavimento che Basil il quale,
in preda all’orrore, osservava la scena.
Sua
sorella lì? Era così allora che si procurava le informazioni, agendo di persona
come infiltrata?
Nel
frattempo, Rattigan si era avvicinato a Brynna a passi lenti, si era chinato
davanti a lei e le aveva preso il mento con una zampa.
“Pensavo
che ti fosse bastata l’ultima volta. Davvero il tuo fratellino vale così
tanto?”
Lei
non rispose, ma si limitò a fissarlo negli occhi.
“A
quanto pare sì, vero? Bene, allora temo di dover ricorrere a misure
drastiche.”
Detto
questo, la prese per il collo e, rimettendosi in piedi, la sollevò con sé.
Brynna, istintivamente e nel tentativo di migliorare la sua respirazione, gli
afferrò il polso con entrambe le mani, tentando di divincolarsi. Rattigan
strinse la presa, poi esclamò:
“Ascoltatemi
tutti. Vedete questo essere che ora tengo letteralmente in pugno? Costei è la
sorella del nostro caro amico, Basil di Baker Street.” La stanza fu sommersa da
fischi che si fermarono ad un cenno della mano del capo dell’organizzazione, che
poi continuò: “E non è tutto. Voi l’avete conosciuta con il nome di Gaspard, uno
pseudonimo di cui si è servita per infiltrarsi nella mia associazione. Oh, è
stata brava, questo le va riconosciuto. E’ riuscita a non farmi venire alcun
sospetto per tutto il tempo che è stata con noi. E’ venuta in missione, ha
portato a termine i suoi compiti.. uno scagnozzo perfetto. Buffo che l’abbia
scoperta in un modo così stupido.. sapete come?”
La
vista di Brynna si stava offuscando per la mancanza di ossigeno. Graffiò il
dorso della mano di Rattigan, facendogli solo aumentare la
presa.
Basil
osservava la scena, pensando freneticamente a cosa fare, ma era come se la sua
mente fosse in totale subbuglio. Mentre Rattigan spiegava come aveva scoperto la
sua preda, si sentì toccare il braccio da qualcuno. Voltò lo sguardo ed incrociò
degli occhi che conosceva bene.
“Tu?!”
sussurrò a Cornelia. La ragazza era pallida, tremava e sembrava aver pianto.
Annuì debolmente, poi si avvicinò a lui e gli bisbigliò
all’orecchio:
“Brynna
ha detto che non ti devi muovere, qualsiasi cosa accada, e che è un
ordine.”
Lui
la guardò stranito, mentre, dall’aspetto della topolina, dal fatto che indossava
la giacca che prima aveva visto indosso alla sorella e da alcuni stralci del
racconto del suo acerrimo nemico, cominciava a capire cosa doveva essere
successo. Per un attimo, il suo sguardo, sempre posato su Cornelia, si fece
iroso, ma poi le parole di Rattigan gli fecero riportare l’attenzione sulla
sorella.
“Signori,
siamo quindi in presenza di una spia, benché donna. Sapete bene cosa facciamo
noi alle spie.”
La
sala si riempì di mormorii di fremente attesa. Basil si preparò a scattare prima
che accadesse l’irreparabile, ma sentì che Topson gli posava una mano sul
braccio ed indicava con la mano dell’altro mimava l’atto di soffiare in un
fischietto.
L’investigatopo
capì all’istante: l’amico gli stava suggerendo di chiamare i bobbies appostati
fuori in attesa del suo segnale.
Proprio
in quel momento, però, udì un grido eccitato da parte della folla e vide Brynna
volare per la stanza e schiantarsi di schiena contro la struttura del palco. Le
ballerine che vi erano rimaste ad osservare cosa accadeva, fecero un salto
indietro, cacciando urletti spaventati.
Dal
canto suo, Brynna non riusciva ancora a respirare: non aveva più la mano di
Rattigan intorno alla gola, ma il colpo era stato fortissimo e le aveva tolto
quel poco fiato che aveva. Rimase a terra, in preda alle vertigini,
boccheggiando terribilmente.
Le
costole le facevano male ed aveva anche sbattuto la testa. Ebbe poco tempo di
preoccuparsi però, perché sentì una mano afferrarle la zampa posteriore destra,
conficcandoci dentro gli artigli.
Senza
nemmeno la forza di gridare, si sentì trascinare di nuovo verso il centro del
locale. Tutto le appariva ancora sfocato ma, quando finalmente si fermò, vide un
volto che, anche offuscato, avrebbe riconosciuto tra
mille.
Rattigan
le si avvicinò e le disse in modo che solo lei potesse
sentirlo:
“Sai
qual è la parte divertente? Tuo fratello è qui a guardare. Non vedo l’ora che
intervenga.”
Suo
malgrado, Brynna gli rivolse un sorrisetto e, con molta fatica, rispose, tra un
colpo di tosse e l’altro:
“Non
lo farà. Gli ho dato ordine di non muoversi.”
Rattigan
la guardò stupito, poi si mise a ridere.
“Ah
ah, Basil, hai sentito? Ha detto di averti ordinato di non muoverti. E tu
eseguirai da bravo fratellino, non è vero?” la stanza si riempì un’altra volta
di risate. “Bene, voglio proprio vedere quanto resisterai.” Detto questo,
schiaffeggiò Brynna con il dorso della mano, violentemente.
Poi,
rialzandosi, chiese ad uno dei suoi uomini di dargli la sua cinghia. Una volta
ottenutala, con un piede fece voltare Brynna sullo stomaco e cominciò a
colpirla.
Dapprima
lei emise dei gemiti che si trasformarono ben presto in grida strozzate di
dolore.
Rattigan
la colpiva ovunque, senza curarsi che si trattasse della schiena, di una gamba,
della testa.
Al
vedere Brynna ricevere quei colpi, Cornelia chiuse gli occhi e si voltò,
sperando vivamente che qualcuno le tappasse le orecchie. Topson e Basil
guardavano impietriti la scena, senza riuscire a muoversi.
Ad
un certo punto, Rattigan pensò averla colpita abbastanza, perché rese la cinghia
al topo che gliel’aveva data e poi tornò dalla donna, ormai ridotta ad un
ammasso tremante e sanguinolento. La afferrò per il bavero della giacca e le
disse:
“Ti
ripeterò la domanda che ti ho fatto prima: tuo fratello vale davvero così tanto?
Anche ora, dopo tutto questo?”
Lei
tossì debolmente, poi, guardandolo negli occhi, rispose:
“Sì.
L’avrei rifatto mille e mille volte.”
Rattigan
scosse la testa.
“E
non ti fa rabbia che lui sia qui e non venga a salvarti?”
Ancora
una volta, sempre più a fatica, Brynna rispose con
decisione:
“Si
comporta solo come io gli ho detto di fare. Mi sarei arrabbiata se avesse fatto
il contrario.”
Rattigan
annuì.
“Bene.
A questo punto, allora, non mi resta che una cosa da fare.” Il ratto estrasse il
suo revolver da sotto il mantello e lo puntò in direzione della sua vittima.
“Porterò a termine ciò che quell’idiota che ti ha sposata non è riuscito a fare.
Addio Brynna, è stato un piacere.”
Detto
questo, caricò il revolver. La donna, ancora stesa sul pavimento, chiuse gli
occhi e si preparò all’inevitabile..
..
ovvero all’intervento del fratello, che non si fece
attendere.
Poco
prima che Rattigan sparasse, Basil gli si gettò contro di peso, mentre Topson
correva da Brynna e Cornelia soffiava nel fischietto che le aveva dato
l’investigatopo con quanta più forza possibile.
Immediatamente,
gli uomini di Scotland Yard fecero irruzione da tutte le parti, dando il via ad
un fuggi-fuggi generale.
Brynna,
ancora distesa, riusciva a capire solo alcune delle parole che Topson le stava
rivolgendo. “Andrà tutto bene” le parve di sentire “E’
finita.”
Improvvisamente,
le parve di scorgere la sagoma di Basil e fu certa che fosse lui quando sentì
due braccia sollevarle il busto e la sua voce che le chiedeva: “Ce la fai a
camminare?” annuì debolmente e percepì il fratello aiutarla ad alzarsi e
mettersi un suo braccio sopra le spalle. Subito, Topson le prese l’altro ed i
tre cominciarono ad avvicinarsi all’uscita.
“Io
e te poi dovremo fare un bel discorsetto, Brynna.” Disse Basil, sovrastando le
grida all’interno del locale. La donna non ebbe nemmeno la forza di rispondere
ma si espresse con un sorrisetto.
Improvvisamente,
vide di riflesso in una teca posta vicino all’ingresso, un topo che puntava un
revolver contro di loro, anzi, più precisamente, contro Basil. Voltò leggermente
la testa per capire meglio la situazione poi, raccogliendo le sue ultime forze,
spinse il fratello fuori dalla traiettoria del proiettile appena
sparato.
Basil
non capì immediatamente cos’era successo, pensò di essere stato spinto da
qualcuno della calca. Quando però udì lo sparò e vide sua sorella accasciarsi
accanto a lui con una mano all’altezza dello stomaco, tutto gli divenne
terribilmente chiaro.
“No..”
mormorò.
Senza
stare troppo a pensarci su, prese Brynna tra le braccia e corse fuori dal locale
con Topson al seguito. Raggiunse un vicoletto poco distante e vi si fermò,
poggiando la sorella a terra. Alla debole luce di un lampione sulla strada, vide
una macchia di sangue allargarsi sotto la mano di Brynna. Tolse dalle asole
alcuni bottoni della camicia, cavò un fazzoletto dalla tasca e lo premette sulla
ferita.
La
guardò in volto e vide che aveva gli occhi chiusi.
“Brynna?
No, non è il momento di dormire. Apri gli occhi, forza.”
Frattanto,
anche Topson li aveva raggiunti.
“Basil
che è successo?” chiese con il fiatone.
“Le
hanno sparato.” Rispose lui con voce tremante, senza staccare gli occhi dal viso
della sorella. Quest’ultima, alla fine, riuscì ad aprire gli occhi ed a fissarli
in quello di lui. Sorrise debolmente, ma si rabbuiò quasi
subito.
Con
una mano, afferrò la manica di Basil e cercò di tirarselo vicino. Quando lui
capì le sue intenzioni, si chinò verso di lei. La donna, allora, gli sussurrò
con un filo di voce: “Blackwood.”
Gli
occhi di Basil si sbarrarono. Si voltò subito verso
l’amico.
“Dov’è
Cornelia?” Il dottore ebbe la sua medesima reazione e si voltò verso il
locale.
“Non
lo so. Temo che sia rimasta là.” Rispose poi, in palese stato di
agitazione.
Basil
rimase frastornato: cosa doveva fare?
Ancora
una volta, la sorella gli venne in aiuto. Gli tirò di nuovo la manica della
giacca e lo guardò.
Lui
comprese al volo e non cercò nemmeno di discutere.
“Dottore,
prenditi cura di lei. Io vado a recuperare Cornelia.”
Ordinò.
Topson
non se lo fece ripetere e prese immediatamente il posto dell’amico accanto alla
ferita. Basil corse via verso il locale, cercando disperatamente Cornelia da
ogni parte. Non si azzardò a chiamarla, per paura che qualcuno potesse
scoprirli. Vide che i bobbies si stavano ormai radunando insieme ai topi che
erano riusciti a catturare. Tornò nel locale, ma non c’era più nessuno. Cercò un
po’ in giro, ma di Cornelia nemmeno l’ombra. Uscì di nuovo e provò a cercare nei
dintorni. Alla fine la trovò nascosta dietro alcune casse. Tremava ma, quando lo
vide, gli si gettò tra le braccia, cercando conforto. Lui ricambiò brevemente
poi disse: “Vieni, andiamo.” La prese per la mano e la condusse verso il luogo
dove aveva lasciato Topson e Brynna. Le lanciò qualche occhiata e vide che sul
volto aveva alcuni tagli ed un bel livido sulla guancia destra. Chissà che
spavento aveva preso! Le strinse un po’ la mano, per darle più sicurezza.
Avrebbe dovuto discutere anche con lei, ma in quel momento lasciò
correre.
Giunto
in vista del vicolo, allungò un po’ il passo ma, quando vi entrò, trovò una
brutta sorpresa: Topson era a terra, privo di conoscenza, e di Brynna non c’era
nemmeno l’ombra.
Corse
dall’amico e gli tirò alcuni schiaffetti per svegliarlo.
“Topson!
Topson su, sveglia! In nome del cielo, cos’è successo?”
Non
ci volle molto perché il dottore rinvenisse. Aprì gli occhi e si guardò intorno
confuso, portandosi una mano alla testa. Poi, un lampo di realizzazione gli
attraversò gli occhi e lui si voltò a guardare Basil,
disperato.
“Oh
Dio, è terribile.. Basil.. io..”
“Cos’è
successo?” chiese l’amico, incalzandolo.
“Io..
eravamo qui.. stavo cercando di fermare l’emorragia per quanto possibile. Ad un
certo punto le mi ha guardato, mi ha detto ‘dite a mio fratello che gli voglio
bene’, poi ha chiuso gli occhi. L’istante successivo ho sentito un dolore forte
alla testa e poi siete arrivati voi.”
Basil
era senza parole. Era chiaramente furioso con il suo amico, ma anche
preoccupato, molto preoccupato per la sorella. Con una nuova frenesia, cominciò
ad esaminare il terreno, in cerca di tracce.
“Erano
almeno due... topi direi.. uno alto e robusto, l’altro un po’ più
mingherlino..”
“Basil,
devo dirti un’altra cosa..”
“Si
sono avvicinati da là.. e.. e poi se ne sono andati di qua..” continuò
l’investigatopo.
“Basil,
dopo quella frase ha smesso di respirare..”
“Forza,
andiamo, forse li possiamo ancora raggiungere!” Esclamò Basil balzando in piedi
e facendo per mettersi a correre, ma il dottore lo afferrò per un
braccio.
“Basil!
Era morta.” Disse poi.
FINE
DEL CAPITOLO
|
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Capitolo 26 *** Ricerche ***
CAPITOLO
25
Dopo
un colloquio con l’Ispettore Laroux che, come Basil temeva, annunciò loro la
mancata cattura di Rattigan e di un numero non insignificante dei suoi
scagnozzi, l’investigatopo, Topson e Cornelia fecero ritorno al 221/B a bordo di
una carrozza della polizia. Basil aveva svolto alcune indagini nei dintorni, per
capire cosa ne fosse stato della sorella, ma aveva dovuto interrompere i suoi
sforzi quando le ricerche lo avevano condotto alla strada principale e ad una
serie di tracce di ruote di una carrozza in allontanamento: qualcuno doveva
averla portata via per una qualche ragione e tentare di seguire le tracce a
quell’ora della notte sarebbe stato un inutile spreco di energia. Il viaggio dei
tre era trascorso in silenzio, ma non un silenzio affranto, come il dottore si
sarebbe aspettato: era uno carico di tensione, fatto di occhiate furtive da
parte di Cornelia all’indirizzo dell’investigatopo, che però si ostinava a
guardare fuori dal finestrino, ignorando le lacrime che rigavano le guance della
giovane.
Topson
lo aveva osservato: il suo volto non lasciava trasparire niente, come al solito,
ma, almeno a lui che lo conosceva da un po’, sembrava che si stesse trattenendo
dal fare qualcosa. Non ci volle molto però perché capisse di cosa si trattava.
Quando arrivarono a destinazione e
furono entrati in casa, Basil, con un cenno che sembrava più un ordine a cui non
avrebbero osato disubbidire, invitò entrambi ad entrare nel salotto e poi si
sedette sulla sua poltrona preferita. Topson fece altrettanto. Cornelia, invece,
pallida in volto, esitò un po’ prima di prendere posto anche lei. Il dottore la
guardò: sembrava sull’orlo di una crisi isterica e certo l’atteggiamento
dell’investigatopo non la aiutava a calmarsi. Questi, infatti, la fissava
intensamente e, dopo alcuni minuti, le chiese:
“Vuoi
spiegarmi tu cos’è successo in quel locale, o devo farlo io,
Cornelia?”
Topson
spostò lo sguardo sull’amico, sorpreso da quel tono così freddo, tagliente, con
cui si era rivolto alla topolina. Quest’ultima impallidì ancora di più, ma non
aprì bocca.
“Molto
bene allora.” Riprese Basil “Ieri sera, dopo che io e Topson ti abbiamo pregata
più volte di non seguirci, hai voluto comunque fare di testa tua e ti sei recata
al locale. Lì, in un eccesso di
zelo quanto mai inopportuno, per non dire di peggio, ti sei messa a
giocare alla detective. Brynna ti ha vista e ti ha seguita per impedirti di fare
una sciocchezza, o quantomeno per aiutarti se ti fossi trovata in difficoltà.
Siete state colte di sorpresa dall’arrivo di Rattigan e vi siete nascoste
nell’armadio cui lui accennava prima. Probabilmente, molto probabilmente, ne
sareste uscite indenni se non fosse stato per il profumo che impregnava i tuoi
vestiti che, quasi sicuramente, non avevi mai utilizzato, se non sulla scena.
Rattigan ti ha fiutata e Brynna, per salvarti, ha preso la tua giacca, dandoti
in cambio la sua. Forse sperava di far credere a Rattigan di essere solo uno dei
suoi tirapiedi che si era divertito un po’ con una delle ballerine. Espediente
debole che, come sicuramente anche lei si aspettava, non ha funzionato. Poi è
successo quello di cui tutti noi siamo stati testimoni.”
Qui
fece una pausa, poi riprese con occhi minacciosi ed una voce altrettanto
inquietante: “La mia domanda è questa: chi c’era oltre a te, Brynna e Rattigan
in quella stanza?”
Cornelia
deglutì, poi abbassò gli occhi prima di rispondere con voce tremante:
“Nessuno.”
Basil
la guardò, incrociando le punte delle dita davanti a sé. “Ma davvero?” disse poi
con finta incredulità. “Allora saprai spiegarmi perché, se davvero è stato solo
Rattigan a sorprendervi, non siete riuscite a svicolare fuori. Brynna ci avrebbe
sicuramente provato. Doveva esserci almeno un’altra persona e, data la tua
reazione, posso escludere Moriarty o uno degli scagnozzi di Rattigan. Dev’essere
qualcuno che conosciamo e che, per qualche ragione, sta facendo il doppio gioco.
Te lo chiedo per l’ultima volta, Cornelia: chi è?”
Topson
guardava la scena standosene in silenzio. Se davvero le cose stavano come diceva
il suo amico, e, in cuor suo, anche a causa dell’esperienza, sapeva che era
proprio così, allora perché Cornelia taceva?
Ciò
che accadde dopo lo fece rabbrividire e desiderare di non essere presente nella
stanza: Basil, palesemente infuriato, si alzò lentamente dalla poltrona e,
altrettanto lentamente, si mise davanti a Cornelia.
“Io
ti accolgo nella mia casa, nella mia vita dopo che tu mi hai abbandonato per
dieci anni, senza darmi più notizie. Ti offro un rifugio sicuro e la possibilità
di continuare serenamente il tuo lavoro. Ti chiedo di non interferire con il mio
e tu non solo lo fai, ma vai anche in giro a spifferare come intendo muovermi in
un determinato frangente.”
“Non
ho detto tutto.” Provò a replicare Cornelia, pentendosi amaramente di quel
tentativo. “
“Ovvio
che no!” ribatté infatti Basil alzando il tono di voce. “Altrimenti Brynna
sarebbe già stata colpita da un po’ di tempo. So perché non hai parlato del suo
coinvolgimento: per quel tuo stupido complesso di inferiorità di fronte a
lei.”
“Ma
non è vero, io…” provò ancora Cornelia, solo per essere nuovamente zittita.
“E
ora ti rifiuti di collaborare. Mi aspettavo di più da te.” Concluse Basil, con
un’occhiata che avrebbe ghiacciato l’intera Londra.
La
topolina lo fissò per un istante, poi mormorò con voce atona: “Tanto sai già chi
è, vero? Sai sempre tutto.”
Basil
le si avvicinò ancora di più, in un modo che per poco non spinse Topson ad
intervenire per allontanarlo dalla giovane. Pose poi le mani sui braccioli della
sua poltrona, dandole l’impressione di non avere vie di fuga.
“Certo
che lo so.” Sibilò “ma volevo mettere alla prova la tua lealtà, il tuo affetto
nei miei confronti.”
Cornelia
lo guardò con occhi sbarrati.
“E
indovina un po’? Hai fallito la prova.” Continuò lui. “Beh, me lo merito. Brynna
mi aveva avvertito.”
“Cos’hai
intenzione di fare?” chiese lei, con voce tremante. Basil la guardò con un
ghigno stampato sul volto.
“Per
ora rimarrai chiusa in questa casa” rispose “farti uscire significherebbe
mettere a rischio la tua incolumità. Nel frattempo mi metterò alla ricerca di
Brynna e ti suggerisco di pregare affinché la trovi viva perché, in caso
contrario, finirai anche tu sul banco degli imputati. Magari ti verranno
concesse molte attenuanti, ma comprendi anche tu che sarebbe una bella macchia
sul tuo curriculum. Potresti anche non riuscire a lavorare mai
più.”
Cornelia
lo guardò, mentre nuove lacrime le solcavano il viso. Poi si alzò e si diresse verso la porta.
Prima di uscire, però, si voltò.
“Mi
dispiace.” Sussurrò “Mi dispiace. Io… non volevo..”
Basil
le volse le spalle, avvicinandosi poi al caminetto.
Lei
allora fece per dire qualcos’altro, ma Topson le fece cenno di lasciar perdere,
almeno per il momento: era necessario che le acque si calmassero un po’, prima
che i due potessero discutere e chiarirsi.
Cornelia
annuì ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Il dottore la sentì conversare
a bassa voce con la signora Placidia, che doveva aver sentito i toni alti
dell’investigatopo ed essere scesa a controllare. Sentì i loro sussurri per
alcuni istanti, poi le udì andare in cucina, probabilmente per una tazza di
tè.
Sospirò
e si voltò verso Basil, che si trovava ancora davanti al caminetto. Dopodiché si
azzardò a dire:
“Qual
è la prossima mossa?”
L’investigatopo
rispose, mantenendo comunque lo sguardo sulle fiamme:
“Riprenderò
le indagini domattina insieme a Ugo e sguinzaglierò degli esploratori. Non ci
vorrà molto per trovarla, spero.”
Topson
rimase in silenzio per un po’, poi, con tono esitante,
chiese:
“Non
pensi che chiunque l’abbia presa possa essersene… ecco…
sbarazzato?”
Vide
le spalle dell’amico incurvarsi un po’:
“Viviamo
in una città piena di ombre, dottore, e di certo non ho scartato questa ipotesi.
Solo il tempo saprà risponderci.”
Detto
questo, si voltò e Topson si rese conto di non aver mai visto un’espressione
così combattiva, e al contempo così affranta, sul volto di Basil.
“Non
doveva andare così.” Continuò infatti “Non doveva esporsi così tanto per me, e
non è nemmeno la prima volta.”
Il
dottore gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma non espresse la sua domanda ad
alta voce. Basil infatti ricambiò lo sguardo e sospirò.
“Avete
ragione dottore: parlo sempre per enigmi quando si tratta di Brynna e temo che
sarà così anche stavolta. Non parlerò di quanto accaduto e, anche se volessi,
non potrei.”
Topson
annuì.
“Tranquillo,
comprendo perfettamente.”
Basil
gli rivolse un sorrisetto di gratitudine, ma si rabbuiò
subito.
“Se
fosse.. se la trovassi… morta.. non
potrei mai perdonarmelo” si voltò di nuovo verso il
caminetto.
Il
dottore lo guardò, poi disse:
“La
colpa di quanto è avvenuto non risiede in una sola persona. Analizzando bene la
situazione, posso vedere quattro colpevoli: tu, tua sorella, Rattigan e anche
Cornelia. La mia opinione, però, è che ormai è una cosa accaduta e dobbiamo solo
fare il possibile per risolverla.”
Vide
Basil incurvare le spalle e poi rispondere con un tono pieno di amaro
divertimento:
“Non
mi dici che ho esagerato con i toni poco fa?”
Topson
sorrise.
“No,
stavolta avevi tutto il diritto di fare e dire quelle cose. Cornelia si è
comportata da incosciente ed ha causato un bel pasticcio.”
Basil
si voltò e guardò l’amico negli occhi.
“Il
fatto, dottore, è che non so davvero cosa fare. Tengo molto, davvero molto a
lei, ma non posso dover pensare anche alla sua sicurezza ogni volta che ho un
caso. Non credo di riuscire a seguire un’indagine con il pensiero che corre
sempre a lei ed alla speranza che se ne sia rimasta tranquilla a casa. Non posso
pregare ogni volta affinché non interferisca.”
“E
ritorniamo a quanto detto da tua sorella, temo. Alla fine dovrai
scegliere.”
“Già.”
Rispose cupo l’investigatopo.
“Comunque,
è una cosa che per ora va rimandata.” Disse il dottore “Hai altre priorità e,
inoltre, riflettere ti farà bene.”
“Forse
hai ragione.” Disse Basil, prendendo la sua pipa e caricandola con una presa di
tabacco. Topson lo prese come un segnale che l’amico aveva bisogno di essere
lasciato solo per riflettere, così gli augurò la buonanotte e si diresse verso
la sua camera da letto.
Quando
passò davanti alla stanza di Cornelia, sentì la giovane singhiozzare, ma preferì
non entrare. Non era il momento, perciò entrò nella sua camera, chiudendo la
porta dietro di sé.
I
giorni che seguirono furono molto intensi. Basil usciva molto presto e rientrava
molto tardi, alle volte con Ugo, alle volte da solo, camuffato in mille modi
diversi.
Topson
si era ben guardato dal chiedergli se poteva seguirlo. Conosceva il suo amico e
sapeva che, se avesse avuto bisogno di lui, glielo avrebbe chiesto. Preferiva
dunque rimanere in casa, quando non aveva qualche paziente da visitare, anche se
l’atmosfera era piuttosto opprimente.
Cornelia,
infatti, si era chiusa in un mutismo impenetrabile. Usciva dalla sua stanza solo
quando strettamente necessario e faceva molta attenzione a non trovarsi nella
stessa stanza con Basil.
Il
dottore cercava di distrarsi rimettendo in ordine i suoi appunti sui casi
dell’amico, ma era difficile concentrarvisi.
La
sera del quinto giorno dopo gli eventi, proprio nel momento in cui Basil era
appena rientrato dalla sua (ancora una volta) infruttuosa ricerca, qualcuno
bussò alla porta.
Dal
salotto, Basil e Topson sentirono la signora Placidia andare ad aprire,
conversare brevemente con qualcuno e poi bussare alla porta del
salotto.
“Signor
Basil, la signora Ansmauser chiede di poter parlare con
voi.”
Il
dottore vide l’amico impallidire, ma dare comunque alla governante il permesso
di far entrare l’ospite.
Dopo
alcuni istanti, nel salotto entrò una topolina che doveva avere all’incirca
l’età di Brynna, con il pelo color miele e due occhi chiarissimi e colmi di
malcelata preoccupazione.
“Mi
dispiace disturbarti Sherringford, ma dovevo vederti.” Disse, accomodandosi su
una delle poltrone ad un cenno di Basil. Solo dopo si accorse della presenza di
Topson.
“Mi
perdoni signore, mi presento, sono Selena Ansmauser, molto
piacere.”
“Il
piacere è mio, signora. Sono il dottor David Q. Topson.” Rispose il dottore,
baciandole la mano.
Lei
gli sorrise, poi si rivolse nuovamente verso Basil.
“Sono
due giorni che cerco Brynna. Ieri avevamo appuntamento a teatro, ma non si è
presentata. Ho aspettato che mi desse una motivazione e, quando non ne è
arrivata alcuna, sono andata a casa sua, non più tardi di qualche ora fa. Mi è
stato detto che non la vedevano da quattro, quasi cinque giorni. Sono molto
preoccupata. Dov’è, tu lo sai?” chiese, guardando speranzosa l’investigatopo.
Lui,
per tutta risposta, le si avvicinò, le prese le mani e le raccontò tutta la
storia.
Alla
fine, la topolina aveva le lacrime agli occhi.
“Non
tutta la speranza è perduta, Selena. Sono in molti che la stanno cercando, io
stesso non mi darò pace finché non l’avrò trovata.”
Lei
annuì e disse, con voce tremante:
“Posso
fare qualcosa?”
Basil
le sorrise.
“Va’
a casa. Ti farò avere notizie quando ci saranno. Lei è forte e tu lo
sai.”
Ancora
una volta, Selena annuì, poi si alzò.
“Lo
so e so che lo sei anche tu.” Disse, sforzandosi di non piangere, ma fallendo ed
abbracciando forte Basil “Ti prego, trovala e riportala da noi.”
L’investigatopo
ricambiò l’abbraccio con un po’ di incertezza. Dopo un po’, Selena si allontanò
da lui, si asciugò gli occhi con un fazzoletto e, dopo aver salutato il dottore,
uscì dalla stanza.
Nel
salottino calò il silenzio, rotto solo dal crepitare delle fiamme nel
caminetto.
Alcuni
minuti dopo, Basil prese posto sulla sua poltrona e si mise il volto tra le
mani.
Topson
lo guardò, decisamente preoccupato.
“Ancora
niente?” chiese.
“Niente
di niente!” rispose Basil, affranto. “E’ come se si fosse volatilizzata. Ho
indagato al porto e nessuno sa niente, nemmeno nella malavita. Ho portato in
giro Ugo, ma prima mi ha condotto a casa di Brynna, poi al teatro e infine al
porto. Inizio davvero a temere il peggio.” Sospirò.
Il
dottore gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
“Non
ti sei mai arreso e so che non lo farai mai. Sono sicuro che, anche stavolta,
troverai un indizio, un minuscolo particolare invisibile a noi comuni mortali
che ti aiuterà a risolvere il caso. Abbi pazienza e non ti
scoraggiare.”
Basil
lo guardò e gli sorrise.
“Caro
vecchio amico, sai sempre cosa dire.” Rispose alzandosi dalla poltrona e
prendendo la sua pipa. “Domani riprenderò le mie ricerche con ancora più
minuzia.”
“Ottimo!”
esclamò Topson, che, subito dopo, si trovò a soffocare uno sbadiglio. “Io mi
ritiro, buonanotte Basil.”
“Buonanotte
a te, dottore.”
Quando
Topson fu uscito dalla stanza, l’investigatopo spostò lo sguardo sulla finestra
e su quanto mostrava della strada davanti al 221/B. A dir la verità, c’era ben
poco da vedere, data l’oscurità che era calata, ma anche quello lo aiutava a
riflettere.
Mise
le mani nelle tasche della sua vestaglia e subito percepì qualcosa di insolito.
Ritrasse le mani e vide che, in una di esse, c’era un biglietto che prima, ne
era sicuro, non si trovava lì.
Incuriosito,
lo aprì e ne lesse rapidamente il contenuto.
Quando
fu giunto alla fine, riportò lo sguardo verso la finestra, ma i suoi occhi non
erano più affranti. Avevano anzi assunto una nuova luce.
Senza
riuscire a trattenersi, scoppiò in una risata.
FINE
DEL CAPITOLO
|
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Capitolo 27 *** Luce e ricordi ***
Note
dell’autrice: salve a tutti. Ci tenevo a fare alcune considerazioni su fatti che
mi hanno lasciato piacevolmente sorpresa. Dunque, per farla breve, di recente
sono stata quattro giorni a Parigi per un viaggio di maturità con un anno di
ritardo. Al ritorno ho aperto l’account EFP e cosa trovo? 10 recensioni fresche
fresche!! Davvero, non so che dire, grazie di cuore.
Come
penso avrete notato, ho tolto l’angolo delle recensioni, trovando più comodo il
nuovo sistema di risposta offerto dal sito, ma stavolta ci tenevo davvero a
ringraziarvi anche da qui. Grazie!!
CAPITOLO
26
Topson
era immerso nel mondo dei sogni quando si sentì scuotere con
insistenza.
Aprì
gli occhi di scatto, pensando: ‘Il terremoto!!’ prima di rendersi conto che a
scuoterlo era Basil.
“Dottore,
svegliati, forza, abbiamo un sacco di cose da fare ed ho bisogno di
te.”
Topson
lo guardò con occhi assonnati ed espressione confusa.
“Basil,
ma cosa..?” spostò lo sguardo sull’orologio che aveva sul comodino accanto al
letto. “Sono le sette, è ancora buio.” Si lamentò.
“Ottima
deduzione, stamani fai faville.” Commentò sarcastico l’investigatopo,
guadagnandosi un’occhiata torva da parte dell’amico. “Ah, suvvia Topson, alzati.
Dobbiamo andare di volata in un posto. Coraggio, vestiti, partiamo tra cinque
minuti.” E, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza.
Al
dottore non rimase altro da fare che alzarsi di malavoglia, vestirsi e scendere
al piano di sotto, felice in parte per l’atteggiamento dell’amico che, molto
probabilmente, aveva trovato una nuova pista che l’avrebbe condotto da sua
sorella. Viva o morta che fosse. Una volta arrivato, fu sorpreso di trovare
Cornelia all’ingresso, con il cappotto
ed il cappello già indosso, pronta per uscire.
“Buongiorno
Cornelia, come stai?” la salutò, prendendo la sua giacca e la sua bombetta
dall’attaccapanni.
“Buongiorno
Topson, ho avuto momenti migliori in effetti.” Disse lanciando un’occhiata al
salotto dove, dedusse il dottore, doveva trovarsi Basil.
Topson
la guardò, cercando di assumere un’espressione
incoraggiante.
“Sono
sicuro che tutto si risolverà” disse “Basta dare tempo al tempo. Già il fatto
che ti abbia chiesto di accompagnarci può essere considerato un passo in avanti,
non credi?”
“Forse
è così” rispose Cornelia, apparendo poco convinta da
quell’affermazione.
Dopo
alcuni minuti, Basil emerse dal salotto con tutta la sua ‘attrezzatura’ e, dopo
un secco “andiamo” rivolto a Topson e a Cornelia, uscì nel freddo invernale. I
due lo seguirono, domandandosi quale sarebbe stata la loro destinazione.
Trovarono
la risposta quando arrivarono davanti alla casa di Brynna. Senza indugi, Basil
bussò alla porta e fu nuovamente la signora Chivers ad aprire. Topson la osservò
con occhio clinico: come c’era da aspettarsi, date l’ora del mattino e
l’ingiustificata e prolungata assenza della sua padrona, la donna aveva un
aspetto smunto, stanco e, al contempo, teso. Quando vide l’investigatopo, però,
il suo volto si illuminò un po’, nella speranza di buone
notizie.
“Buongiorno
signor Basil, dottor Topson, signorina Blackwood. Entrate, entrate che fuori è
freddo.” disse, aprendo un po’ di più la porta per far entrare il terzetto e
richiudendola quando furono tutti dentro. “A cosa devo la vostra visita?” chiese
poi, dopo aver preso i loro cappotti.
“Temo
di non recare le notizie che sperate, signora Chivers.” Rispose Basil, facendo
immediatamente incupire la governante. “Ma ho una traccia e voi potete aiutarmi.
Ho ragione di credere che mia sorella abbia lasciato qualche indizio per me in
questa casa. Non so dirle di preciso cosa ma..”
“Ho
capito” lo interruppe la governante che, nel frattempo, aveva appeso i cappotti
all’appendiabiti dell’ingresso. “Seguitemi.”
Basil,
Topson e Cornelia furono condotti in una stanza al piano terra che aveva tutta
l’aria di essere uno studio. La signora Chivers li fece accomodare sulle sedie
che si trovavano lì, poi uscì e tornò alcuni minuti dopo, con una busta tra le
mani.
“Mi
ha sempre detto che, se le fosse successo qualcosa, avrei dovuto dare questa a
voi. Speravo di non farlo mai. Fatene buon uso, io vado in cucina a prepararvi
qualcosa per colazione, poiché credo che non l’abbiate fatta. Suonate se vi
serve aiuto.” Disse, prima di ritirarsi.
Senza
troppi indugi, Basil aprì la busta e ne estrasse un singolo foglio di carta.
Questo era il suo contenuto:
“Mio
caro fratello,
se
stai leggendo queste parole, significa che o non ci sono più o che sono
nell’impossibilità di continuare ad agire per conto tuo. Prevedendo tale
eventualità, ho preso l’abitudine di registrare i risultati di tutte le mie
scoperte e scommetto che vorrai sapere dove. Ovviamente non troverai la
soluzione qui, nero su bianco, dato che la lettera, per quanto mi fidi della
signora Chivers, potrebbe essere finita in mani sbagliate. Ti lasci un enigma in
mio ricordo. Ciò che cerchi è custodito da un guardiano. Trovalo ed avrai ciò
che cerchi.
Buona
fortuna e divertiti
Con
affetto
Brynna.
Basil
fissò la lettera per alcuni istanti dopo aver finito di leggerla, poi la passò a
Topson perché la leggesse a sua volta. Quando quest’ultimo l’ebbe terminata e
passata a Cornelia, commentò.
“Certo
che ti ha lasciato un bel rompicapo.”
“Era
furba Brynna, molto furba.”
“Sai
a cosa si riferisce?”
“Attualmente
ho diverse idee, una più inverosimile dell’altra. Ho bisogno di riflettere un
po’.” Detto questo, trasse la sua pipa dalla tasca, la riempì di tabacco e la
accese.
Topson
e Cornelia rimasero in silenzio per alcuni minuti, pensando a loro volta a come
decifrare quell’enigma.
“Non
potrebbe trattarsi di quel topo che ci ha chiesto la parola d’ordine a teatro?”
Azzardò l’attrice. Basil però scosse la testa:
“Troppo
palese, e, anche se penso che non sia del tutto estraneo ai fatti, non credo che
Brynna gli abbia affidato simili informazioni.”
“Magari,
potrebbe fornirci qualche indizio o..”
“No,
Cornelia, non è così.” Disse Basil con un tono che non ammetteva repliche. La
giovane dunque tacque. Dopo poco, entrò la signora Chivers portando un vassoio
con tre tazze, una teiera, del latte, dello zucchero, bacon, uova e formaggio.
Il dottore e la ragazza si servirono immediatamente, mentre Basil, come suo
solito, non toccò neanche una briciola di formaggio, tanto era immerso nei suoi
pensieri. Ad un certo punto, si tolse la pipa dalla bocca e
disse:
“Cominciamo
con l’esaminare camera sua.” E così, senza esitare, uscì dalla stanza e si
diresse verso la camera della sorella. Abbandonando a malincuore la colazione,
Topson e Cornelia lo seguirono. Salirono prima le scale e si ritrovarono in un
corridoio su cui si affacciavano diverse porte ed ai cui muri erano appesi
alcuni quadri. C’erano paesaggi e ritratti ed uno in particolare colpì Cornelia:
quello di Rupert Hayford, suo compagno di scuola e defunto marito di Brynna. Lo
ricordava come un bellissimo giovane ed il pittore era riuscito a rendergli
perfettamente giustizia. Era dipinto in piedi, con un bastone in mano, gli occhi
di un blu intenso scrutavano l’osservatore. Rimase imbambolata lì davanti per
alcuni minuti, finché non si sentì chiamare da Topson. I due ripresero la loro
strada verso la camera di Brynna.
Una
volta giunti nella stanza, videro che Basil stava rovistando tra alcuni fogli di
carta che si trovavano sulla scrivania della sorella.
“Basil,
cosa dobbiamo cercare?”
“Qualsiasi
cosa che abbia a che fare con l’enigma. Cercate tra i libri” ed indicò la
libreria che si trovava nella camera “sotto il letto, ovunque. Basta che
riusciate a trovare qualcosa.”
Immediatamente,
i due si misero all’opera, cominciando dagli scaffali della libreria. Basil
intanto continuava a scartabellare sulla scrivania e, una volta terminato, aveva
aperto i cassetti della stessa e si era messo ad esaminare anche quelli.
Nel
frattempo, Topson e Cornelia avevano esaminato una certa quantità di libri e la
topolina non poteva che dirsi sorpresa dalla varietà di argomenti dei volumi
presenti su quegli scaffali. C’erano saggi, romanzi, ovviamente le opere del
dottore riguardanti Basil e molte opere teatrali, in lingue diverse. Fu proprio
sfogliando una di queste ultime, scritta in una lingua di cui non sapeva
tradurre nemmeno i caratteri, che si imbatté in una fotografia, posta tra le
pagine a mo’ di segnalibro. Come non riconoscere quel volto? Era di nuovo lui,
Rupert Hayford. Era molto avvenente anche in fotografia e lei si trovò ancora
una volta a chiedersi perché avesse sposato Brynna e cosa avesse a che fare con
tutta quella faccenda.
Si
soffermò un attimo a pensare: Elizabeth le aveva detto che era morto cadendo
dalla balaustra delle scale; Rattigan, sul punto di uccidere la sorella di Basil
aveva dichiarato che avrebbe terminato ciò che Rupert non era riuscito a fare.
Molto probabilmente Elizabeth non le aveva riferito ogni cosa: che la caduta
fatale e quanto detto da Rattigan fossero collegati?
“Hai
trovato qualcosa, Cornelia?” la voce di Basil interruppe le sue riflessioni.
“No,
niente, solo ricordi.” Rispose, posando il libro sulla scrivania e rimettendosi
a cercare.
Dopo
aver messo a soqquadro l’intera stanza senza aver trovato niente, Basil sospirò
e disse:
“Avete
avuto fortuna?” sia Topson che Cornelia scossero la testa. “Allora siamo davvero
ad un punto morto.” Si mise a camminare avanti ed indietro per la
stanza.
“Perché
non proviamo al teatro?” propose la ragazza dopo un po’.
Basil
si fermò e la guardò in un modo che la intimorì. Dopodiché disse:
“Dubito
fortemente che troveremo qualcosa. Non credo che Brynna seminasse in giro i suoi
appunti. Ci dev’essere qualcosa che mi sfugge.” E riprese a camminare per la
stanza. Ad un certo punto, si fermò davanti alla scrivania ed i suoi occhi si
posarono sul volume che Cornelia aveva lasciato sul tavolo. Lo prese tra le mani
e lo aprì, sfogliando qualche pagina, fermandosi quando arrivò a quella in cui
c’era la foto del suo ex-cognato.
Topson
e la giovane lo videro irrigidirsi di colpo e cominciare a guardarsi
freneticamente intorno.
“Che
c’è Basil, che succede?” chiese il dottore, più incuriosito che preoccupato dal
comportamento dell’amico. La risposta non arrivò (non che Topson se la
aspettasse), ma il detective si diresse verso la libreria e ne estrasse un
grosso tomo. Sulla costola, Cornelia riuscì a leggere le parole “greco-inglese”,
prima che Basil lo posasse sulla scrivania con un tonfo e si mettesse a
sfogliarlo rapidamente.
Guardando
oltre la spalla del detective, riuscì a vedere dei caratteri che somigliavano a
quelli che aveva visto sul libro che ora Basil aveva tra le mani.
Alla
fine, lui si fermò ad una pagina, scorse un paio di colonne ed i suoi occhi si
illuminarono.
“Ah
ha, ci sono!” esclamò, poi corse fuori dalla stanza.
Topson
e Cornelia lo seguirono e lo trovarono fermo davanti al quadro del signor
Hayford, intento ad analizzarlo minuziosamente, aiutandosi con la lente
d’ingrandimento.
Dopo
un po’ lo videro schizzare in una delle stanze vicine ed uscirne con una sedia
tra le mani. La posizionò davanti al quadro e vi montò sopra per osservare bene
anche la parte superiore del dipinto.
Scese
pochi minuti dopo, un’espressione confusa sui suoi lineamenti.
“Allora,
Basil?” chiese Topson.
“Non
capisco. Ero convinto che fosse lui il guardiano.”
“Cosa
te lo faceva pensare?” chiese Cornelia.
“Il
libro che abbiamo trovato. Nella pagina in cui c’era la foto, si parlava di un
guardiano.”
I
tre rimasero in silenzio, pensierosi.
Improvvisamente,
a Cornelia venne un’idea.
“Non
potresti essere tu?”
Basil
la guardò attonito. “Come?” chiese.
“Ho
detto: non potresti essere tu?”
“E,
di grazia, come avrei fatto a non accorgermi del fatto che mia sorella mi
passasse delle informazioni?”
“Hai
detto tu che era furba. Magari ha trovato il modo di farlo senza che nessuno, tu
incluso, se ne accorgesse.”
Basil
parve riflettere un po’ su quell’affermazione, poi i suoi occhi
baluginarono.
“Cornelia,
ciò che hai detto non è esatto, ma ci sei comunque andata vicinissima. Torniamo
di corsa a Baker Street!” esclamò, correndo giù per le
scale.
Ancora
una volta, i due si affrettarono a seguirlo, entrambi con un sorriso sulle
labbra.
Quando
ebbero sceso gli ultimi gradini, videro che Basil si stava infilando il cappotto
e stava recuperando la sua borsa. Mentre anche Topson e Cornelia facevano
altrettanto, lui andò in cerca della signora Chivers. Il dottore e la giovane lo
sentirono dirle qualcosa a voce bassa, poi se lo videro sfrecciare davanti e
correre verso casa.
Senza
indugiare, lo seguirono.
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Quando
arrivarono al 221/B, Basil corse nel salotto e si inginocchiò davanti
all’armatura che gli era stata donata dalla regina. La aprì e, proprio come si
aspettava, dentro vi trovò una serie di buste, ciascuna con una data diversa
scritta sopra.
“Bingo!”
commentò l’investigatopo, prendendo i documenti tra le mani e tirandoli fuori.
“Ecco qua i resoconti di mia sorella.”
E,
sotto lo sguardo di Topson e Cornelia, aprì una delle buste e ne estrasse un
foglio scritto fitto fitto con caratteri strani, quasi dei
simboli.
“Fantastico,
un altro enigma.” Commentò Cornelia.
“Ah,
ma questo richiederà poco tempo per essere risolto, mia cara.” Disse Basil.
“Brynna ha usato un codice che conosco molto bene. Datemi qualche ora e saprò
dirvi di più.”
Ciò
detto, uscì di corsa dalla stanza e si chiuse in camera
sua.
A
Topson e Cornelia non rimase che mettersi ad aspettare per l’ennesima
volta.
Si
sedettero sulle poltroncine del salotto, poi la topolina
chiese:
“Secondo
te, come ha fatto Brynna a mettere gli appunti lì dentro? Insomma, se fosse
entrata l’avremmo saputo, no?”
“Temo
che la tua domanda rimarrà senza risposta per un bel po’. Ho l’idea che i Basil
siano una famiglia che difficilmente rivela i propri
segreti.”
“Già,
sembra incredibile.”
“Tutto
sommato, però, ritengo che non sia poi così terribile lasciare insoddisfatta la
nostra curiosità in materia.” Disse il dottore.
“In
che senso?” chiese lei, perplessa.
“Beh,
senza scendere nei dettagli, abbiamo visto a cosa ha portato l’aver cercato di
svelarne uno.” Rispose lui, guardandola in un modo tale da farle distogliere lo
sguardo.
“Sono
stata una stupida e non so come fare a rimediare.” Disse lei
abbattuta.
Topson
la guardò e, mai come allora, provò pietà per quella ragazza. Pietà per la
situazione in cui si trovava, pietà per le scelte che aveva fatto, pietà per la
perdita che avrebbe potuto subire di lì a poco.
“Vuoi
parlarne?” le chiese con fare incoraggiante.
Lei
lo guardò. Fino a quel momento aveva parlato soltanto con la signora Placidia,
ed era stato subito dopo gli eventi di quella terribile notte. Parlarne di
nuovo, ora che era più calma, poteva rivelarsi un ottimo modo per trovare un po’
di pace in se stessa.
Decise
quindi di raccontare tutto di nuovo e la conversazione impegnò lei ed il dottore
fino all’ora di pranzo e anche dopo.
Basil,
ovviamente, non si era visto, troppo preso dal suo lavoro di interpretazione
degli appunti di Brynna. Da ore ormai non sentivano rumori dalla sua
stanza.
Verso
le cinque, i due erano di nuovo nel salotto e a loro si era unita anche la
signora Placidia, su caldo invito del dottore.
Stavano
sorseggiando del tè accompagnato dalle deliziose focaccine al formaggio, quando
sentirono dei passi sulle scale e, alcuni istanti dopo, Basil, con gli occhi
rossi e gli abiti stropicciati per il troppo lavoro piombò nel
salotto.
“Stavolta
li abbiamo in pugno!” esclamò.
Topson
balzò in piedi e corse dall’amico, con un sorriso sul
volto.
“Allora
andiamo a salvare tua sorella, forza!”
Basil
lo guardò stranito per un attimo, come se non capisse cosa l’amico gli stava
dicendo, poi sembrò riprendersi.
“Ah,
sì sì, certo, assolutamente sì.”
Nella
stanza calò il silenzio, rotto subito dal dottore:
“Bene,
allora quando si parte? Tra cinque minuti?”
Basil
scosse la testa.
“No,
diciamo il tempo di preparare qualche cosetta. Tra un’ora fatevi trovare pronti
tutti e due.”
Gli
altri tre presenti nella stanza si guardarono.
“Tutti..
e due?” chiese Topson esitante.
“Sì,
certo. Cornelia verrà con noi.” Rispose l’investigatopo, come se fosse la cosa
più naturale del mondo.
Ci
fu uno scambio di sguardi allibiti.
“Che
cosa?!” chiesero Topson e Cornelia all’unisono.
Basil
li guardò, fece un sorrisetto, poi sparì al piano superiore, lasciando un
silenzio basito dietro di sé.
A
romperlo fu la signora Placidia.
“Quello
trama qualcosa, signorina, se fossi in voi non andrei.”
“Mi
ha chiesto di andare, non posso dire di no. Sarà bene che vada a prepararmi.”
Rispose Cornelia e corse anche lei di sopra.
“Dottore,
li affido a voi.” Disse la governante.
“Stia
tranquilla, signora Placidia. Ora però sarà meglio che vada anch’io.” E detto
così, uscì a sua volta dal salotto, lasciando sola la povera donna a scuotere la
testa e a mormorare:
“Dove
andremo a finire?”
FINE
DEL CAPITOLO
|
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Capitolo 28 *** E ora? ***
Note dell’autrice: salve a tutti e scusate per la lunga
attesa ma, stavolta, il motivo è validissimo. Uno dei miei racconti verrà
pubblicato ad anno nuovo ed ho dovuto dedicarvi tutto il mio tempo. Di quale si
tratta? Ve lo dico subito: è “L’incredibile vicenda del vapore olandese
Friesland” in una versione completamente rivisitata anche rispetto a quella che
era qui su EFP. Sono davvero elettrizzata. La pubblicazione avverrà a febbraio,
dato che ci sono alcune cosette burocratiche da sistemare, e sono davvero
impaziente.
Detto
questo, buona lettura.
CAPITOLO
27
Basil,
Topson e Cornelia, vestiti di scuro, si muovevano rapidi per le strade di
Londra, l’Investigatopo in testa. Come suo solito, non si era voluto sbottonare
sulla loro destinazione e gli altri due, benché morissero dalla curiosità, non
avevano fatto domande.
Ad
un certo punto, però, Cornelia si avvicinò a lui e gli
chiese:
“Basil,
dimmi una cosa, come mai ha voluto che venissi anch’io?”
Sperava
in una risposta che le desse un segnale positivo sulla loro situazione.
“Perché
non mi fido ancora a lasciarti da sola. Dopo le minacce dell’altro giorno, non
ti biasimerei se tentassi di scappare e temo che la signora Placidia non ti
tratterrebbe.” Disse lui senza guardarla negli occhi.
Delusa,
Cornelia si riaffiancò a Topson e non aprì più bocca.
Dopo
un po’ giunsero a destinazione, trovandosi davanti ad un condominio fatiscente
in una zona dell’East End, un posto pieno di ombre, spina nel fianco del
glorioso regno di Vittoria. Per strada non c’era anima viva ed il freddo
pungente, misto alla brutta sensazione di essere continuamente osservati, fece
correre un brivido lungo la schiena di Cornelia.
Dalle
finestre dell’edificio si vedevano brillare alcune luci fievoli, probabilmente
delle candele. Basil ignorò completamente la porta principale e si diresse verso
il retro della casa. Alla tenue luce dei pochi lampioni a gas presenti, i tre
riuscirono ad entrare in un piccolo cortile in condizioni non migliori
dell’edificio. Qui, l’investigatopo esaminò un po’ il terreno fino a che non
trovò ciò che cercava: un tombino.
“Basil,
dovremo scendere davvero lì sotto?” chiese Topson con voce
malferma.
“Temo
di sì, dottore. Non ho definito Rattigan ‘sorcio di fogna’ solo per
divertimento. Comunque, se volete,
potete rimanere qui fuori a fare i pali.”
“Non
sarebbe meglio chiamare dei rinforzi?” chiese ancora
Topson.
“Abbiamo
ormai appurato che il nostro amico riesce a svignarsela benissimo quando c’è
confusione. Non ho chiamato Laroux di proposito.”
“Quindi
qual è il piano?”
“Il
piano è aspettare che sia da solo, poi catturarlo in qualche modo e portarlo
alla polizia.”
“Tutto
qui?!” esclamò Cornelia “Ah, niente di più semplice!”
Basil
non le rispose, ma si mise a frugare nella borsa che si era portato appresso e
ne tirò fuori alcuni batuffoli di cotone.
“Metteteveli
nelle narici” disse, porgendoli ai suoi due compagni “renderanno più
sopportabile il tragitto.”
I
due eseguirono, dopodiché Basil, con l’aiuto di Topson, alzò la grata del
tombino e si calò nell’apertura. Una volta arrivato sul fondo, accese un
fiammifero e si guardò intorno mentre il dottore e Cornelia scendevano dietro di
lui.
“Bene,
secondo i miei calcoli dobbiamo andare.. a destra.” Ed imboccò il suddetto
corridoio. A Topson la strada sembrava infinita, piena di svolte, cunicoli
laterali. Si chiese come avrebbero fatto ad uscirne trascinandosi dietro
Rattigan. Se fossero riusciti a catturarlo, chiaramente.
C’era
qualcosa che non gli quadrava comunque: Basil sembrava troppo sicuro di sé ed il
piano troppo avventato, troppo pieno di incognite. Aveva una tremenda
sensazione, ma preferì non esternarla. Basil alle volte poteva sbagliare, ma era
comunque sempre riuscito a tirarsi fuori dai guai. Doveva fidarsi anche quella
volta.
Capì
solo più tardi che il suo presentimento non era poi così
sbagliato.
Dopo
quelle che parvero ore, i tre si trovarono di fronte ad una scaletta che
conduceva verso l’alto e Topson pensò che, finalmente, almeno il viaggio di
andata doveva essere terminato. Basil però la ignorò in favore di uno stretto
cunicolo che si apriva alla loro sinistra.
Dopo
averlo percorso, si ritrovarono in una sorta di ripostiglio, pieno di casse e
sacchi, con una porticina al lato opposto della stanza.
Mettendosi
l’indice destro sulla bocca, invitando così gli altri due al silenzio, Basil si
avviò lentamente verso la suddetta porticina e, dopo avervi appoggiato un
orecchio, per sentire se dall’altra parte proveniva un qualche rumore, spinse
l’uscio e sbirciò dall’altra parte.
Si
trovarono in una stanza molto più grande che doveva essere lo scantinato di una
delle vecchie case londinesi, con tanto di colonne e grate sul pavimento. A
Topson ricordò molto il luogo che Rattigan aveva scelto per il suo vecchio covo,
solo molto meno curato e, all’apparenza, completamente disabitato. I suoi sensi
erano tesi per cogliere ogni minimo rumore, odore, movimento fuori posto.
Si
voltò verso Basil e vide che anche lui stava facendo lo stesso. Dopo un po’,
l’Investigatopo fece cenno all’amico e a Cornelia di avvicinarsi a lui e
bisbigliò:
“Topson,
tu vai in quell’angolo laggiù.” Ed indicò al dottore il punto esatto. “Cornelia,
tu invece vieni con me. Dovremo attendere un po’ a quanto pare, ma almeno avremo
il tempo di prepararci a dovere. Coraggio.”
I
tre si divisero secondo le indicazioni di Basil e si misero in attesa.
Il
silenzio nella cantina era totale ed il freddo, ora che erano fermi, cominciava
a farsi sentire pungente. Cornelia, acquattata accanto all’Investigatopo, si
strofinò le braccia, nel tentativo di scaldarsi un po’. Quasi sobbalzò quando
sentì un altro braccio passarle intorno alle spalle e si accorse che Basil la
stava attirando a sé per trasmetterle un po’ di calore.
“Non
vorrei che il battito dei tuoi denti rivelasse la nostra presenza.” Commentò
secco, quando lei lo guardò con gratitudine. Questo le fece abbassare gli occhi
e mormorare:
“Sei
ancora tanto arrabbiato?”
“Tu
che dici?” rispose lui, voltandosi a guardarla.
“Non
potremmo parlarne?” chiese lei.
“Non
mi pare il momento più adatto.” Fu la secca replica.
“E
quando lo troviamo un momento adatto? In questi giorni non c’è stato
modo.”
“Sii
sincera ed ammetti che il modo ci sarebbe stato, ma che tu hai voluto evitare di
affrontare l’argomento.”
“Ero
spaventata e confusa! Inoltre volevo lasciar passare un po’ di tempo: eri
furioso quella sera.”
“Puoi
biasimarmi? Hai quasi fatto uccidere mia sorella!”
Topson,
da lontano, sentì che i due amici si erano messi a discutere e cercò di far loro
dei segnali per tentare di farli smettere, ma invano. Cosa diavolo stavano
facendo?
“Non
l’ho certo fatto di proposito, stavo solo cercando un modo per
aiutarti!”
“Potevi
farlo rimanendo a casa come ti avevo chiesto! Non bisogna mai esporsi quando non
si conoscono i rischi che si possono correre! Inoltre, non ho ancora ben capito
cosa volevi fare.”
“Te
l’ho detto, volevo trovare un qualcosa che ti avrebbe aiutato con il
caso.”
“Allora,
lascia che te lo dica, è stato un comportamento decisamente
stupido!”
“Anche
quello di Brynna se è per questo!”
“Ah,
su questo concordo. Se ti avesse lasciata fare senza intromettersi, a quest’ora
sarebbe sana e salva, magari a cercare di consolarmi per non essere riuscito a
tenerti fuori dai guai.”
“La
difendi sempre! Anche quando mi ha offesa tu non hai battuto
ciglio!”
“Non
vedo perché avrei dovuto farlo. Non c’era nulla di sbagliato nelle sue
conclusioni né tantomeno nelle sue azioni. E ti consiglio di moderare i termini
e di ricordare quanto ti ha detto la signora Placidia dopo la nostra visita al
Mousedom.”
Cornelia
fece per ribattere, ma le tornarono improvvisamente alla memoria le parole della
governante:
stavolta
non si è intromesso nella discussione tra voi due ma, se un giorno decidesse di
farlo, non sarete voi quella che difenderà.
Sbarrò
gli occhi: era quanto stava succedendo in quel momento!
“Ah,
vedo che te ne sei ricordata. Bene, allora credo che la discussione si possa
considerare chiusa!”
“Io
invece credo di no!” e, con queste parole, Cornelia afferrò Basil e lo costrinse
a voltarsi verso di lei. “Se non l’avessi ancora capito con quel bel cervello
che ti ritrovi, io ti amo. Ogni volta che esci, che vai in posti come quello
dell’ultima volta, io ho paura che ti succeda qualcosa e che io non sia lì con
te. Mi irrita che tu abbia invece permesso a tua sorella di fare ciò che ha
fatto.”
“Tanto
per cominciare, io non le ho permesso un bel niente. Nutrivo qualche sospetto
sul modo in cui si procurava le informazioni, ma non avevo idea che si esponesse
così tanto. L’avrei fermata, se avessi saputo.” Replicò lui, prima di aggiungere
“In secondo luogo, la mia vita non è così a repentaglio fintanto che ti so al
sicuro.”
Cornelia
lo guardò confusa, e lui si sbrigò a chiarire:
“Credi
veramente di essere l’unica a preoccuparsi? Quando so che sei in salvo e che
niente ti può capitare, la mia mente lavora meglio. Anch’io tengo molto a te,
sappilo, e questo influisce molto nelle mie indagini.”
La
topolina rimase in silenzio dopo quella confessione. Si rese conto di aver
frainteso tutto fino ad allora. Basil non voleva tagliarla fuori dalla sua vita,
ma semplicemente tenerla al sicuro dai pericoli che doveva affrontare ogni
giorno.
“Scusami..”
mormorò dopo un po’. Sentì che lui le stringeva appena la spalla.
“Non
fa niente.” Rispose “E’ solo che vorrei che non interferissi con il mio lavoro.
Sai che non posso concedermi distrazioni.”
Lei
sospirò: c’era una cosa che continuava ad assillarla. Quando ormai Topson,
dall’altro capo della sala, cominciava a sperare che avessero risolto tutto o
che, quantomeno, avessero deciso di darci un taglio e di rimandare la
discussione a più tardi, Cornelia
ruppe il silenzio:
“Però
Brynna può interferire.” Borbottò, guadagnandosi uno sbuffo da parte di
Basil.
“Ancora
con questa storia? Ti ho già detto che non sapevo cosa stava
facendo.”
“Hai
detto che lo sospettavi, però.”
“Infatti,
e più volte le ho detto di non esporsi troppo. In ogni caso, con lei è una cosa
diversa.”
“Dunque
lei può fare ciò che vuole e prendere
parte alle tue indagini, mentre io
devo starmene buona in casa ad aspettare il tuo ritorno?”
Topson
si sbatté una mano sulla fronte, poi riprese a fare gesti per cercare di farli
smettere. Lo stupiva soprattutto il comportamento di Basil: perché assecondava
Cornelia nella discussione, rischiando di farsi scoprire? L’orribile sensazione
di poco prima si fece nuovamente strada nella sua mente e lui si mise a
gesticolare con più foga prima di irrigidirsi di colpo e di drizzare le
orecchie: c’era qualcun altro nella sala, qualcuno che si muoveva furtivamente e
che sembrava avvicinarsi ai suoi amici. Cercò di farsi sentire, ma qualcuno lo
afferrò da dietro, tappandogli la bocca con una mano ed immobilizzandolo. Nel
frattempo, Basil e Cornelia, ignari di tutto, continuavano a battibeccare.
“Ma
ti senti quando parli?” stava dicendo lui “Stiamo parlando di mia sorella, non
di una tua rivale. La tua gelosia è stupida, quanto ingiustificata. E ora taci,
o ci farai scoprire!”
“Io
non sono gelosa, è solo che non voglio sentirmi esclusa dal tuo
mondo.”
“Non
sei esclusa dal mondo di nessuno, è solo che devi capire qual è il tuo posto per
far sì che le cose funzionino.”
“Non
mi sembra che, portandola qui, tu le abbia reso le cose più chiare, Basil.” Si
inserì una voce, che fece sobbalzare entrambi. Voltandosi, rimasero paralizzati
dallo spavento: Rattigan si trovava accanto a loro e, insieme a loro, c’erano
altri sei topi, due dei quali tenevano fermo Topson, che guardava Basil con aria
abbattuta.
“Basil,
Basil, pensavo che avessi imparato dall’ultima volta.” Lo canzonò Rattigan.
“Invece ti sei fatto sorprendere di nuovo. E in che modo! Battibeccando con la
tua ragazza!” A queste parole, gli scagnozzi scoppiarono a ridere. Basil, però,
rimase impassibile, mentre Cornelia gli si stringeva
contro.
Era
terrorizzata: non riusciva a vedere alcuna via di uscita da quella situazione di
cui, tra l’altro, era la maggiore responsabile. Cominciò a pensare che, forse,
Basil non aveva tutti i torti a volerla tenere fuori dai suoi affari, se poi
finiva sempre per rovinarglieli.
Le
sue riflessioni furono interrotte da Rattigan che, nel frattempo, aveva ripreso
a parlare:
“Stavolta,
però, non la passerai liscia. Niente macchine ingegnose per togliere di mezzo te
ed il tuo amico. Mi assicurerò personalmente che voi smettiate di respirare e
che il vostro cuore smetta di battere. Ovviamente mi prenderò il mio tempo, dato
che ho la serata libera da qualsiasi impegno. Ah, e non ti preoccupare per
Cornelia, mi assicurerò che abbia tutto ciò che le spetta. Non hai niente da
dire?”
“Per
ora, nulla di particolare. La mia opinione su di te la conosci già, quindi non
mi sembra il caso di ripeterla.” Rispose Basil, guardandolo negli occhi con
tranquillità, quasi con spavalderia, come Topson non mancò di notare. Ciò che
stava accadendo lo lasciava sempre più perplesso: loro due stavano per perdere
la vita e Cornelia sarebbe andata incontro ad un destino se possibile ancora più
tremendo, ma il suo amico non batteva ciglio. E ciò che lo sconcertava
maggiormente era che non sembrava che stesse recitando la parte dello sbruffone,
ma che fosse realmente sicuro di quanto diceva. In nome del cielo, che cosa
stava macchinando?
Rattigan,
però, parve non accorgersene, perché continuò a
sbeffeggiarlo:
“Non
ti servirà a niente fare il galletto adesso. Perché invece non chiedi pietà per
te e per il tuo grasso amico? Perché non mi supplichi di liberare Cornelia? Ah,
ho capito. Sei contento perché presto rivedrai la tua cara sorellina. Mi hanno
detto che non sei nemmeno riuscito a vederla esalare l’ultimo respiro perché eri
tornato a cercare la tua ragazza. Che fratello degenere! Lei si è adoperata
tanto per te e tu l’hai ripagata così!”
Cornelia
sentì Basil irrigidirsi ma, quando lo guardò in volto, vide solo calma sui suoi
lineamenti.
“Dimmi,
cos’hai provato a guardarla mentre si trovava alla mia mercé? Senti ancora le
sue grida di dolore? Ricordi la sensazione del suo corpo martoriato tra le tue
braccia?”
La
topolina sentì che l’Investigatopo aveva cominciato a prendere dei lunghi
respiri, come se cercasse di trattenersi e non poteva non capirlo: quella
crudeltà gratuita a cui Rattigan lo stava sottoponendo avrebbe messo a dura
prova l’autocontrollo di chiunque.
“Ed
ora eccoti qui: vuoi che ti riservi il suo stesso trattamento? Questo lenirà un
po’ il tuo dolore?” chiese il criminale, ghignando.
Basil
non rispose, il suo volto era una maschera indecifrabile. Quell’atteggiamento
sembrò infastidire Rattigan che, smettendo immediatamente di sorridere, si fece
serio.
“Moriarty?”
chiamò, ed il ragno si avvicinò, accompagnato da Elizabeth Morstan “Legali e
portali nella segreta.”
Il
compare fece un cenno di assenso e si mise all’opera, cominciando da Basil.
Cornelia, intanto, avendo visto l’”amica”, esclamò:
“Elizabeth,
perché? Io mi fidavo di te.”
“Hai
fatto male” rispose semplicemente l’altra. “Quando te ne sei andata, le cose per
me non sono andate bene come ti ho scritto nelle lettere. E’ vero, sono
diventata un medico, ma è dura per una donna-dottore farsi apprezzare da questa
città così diffidente. Questi signori mi hanno offerto di esercitare la mia
professione alle loro dipendenze e con ingenti guadagni. Potevo forse rifiutare?
Non ci sono stati ricatti, posso assicurartelo. Sono solo affari. Perciò, quando
mi hanno chiesto di spiare Basil mediante te per ricambiare la loro generosità
ho accettato. Devi concedermelo, cara, sono stata un’attrice eccellente.”
Concluse, sorridendo.
Cornelia
avrebbe voluto strangolarla. Peccato che le ragnatele con cui Moriarty aveva
cominciato a legarle i polsi le impedissero di farlo.
Quando
ebbe terminato l’opera, il ragno spinse Basil e Cornelia verso Topson, poi i tre
furono condotti verso un angolo della stanza. Qui c’era un buco dentro il quale
vennero spinti. Furono fatti camminare per un bel po’, attraverso tubature e
passaggi stretti con la sola luce di alcune lanterne ad illuminare il loro
cammino. Alla fine, si ritrovarono davanti ad una nicchia, chiusa da una grata
metallica. Basil e Topson vi furono spinti dentro in malo modo, dopodiché
vennero slegati, solo per essere nuovamente legati al muro mediante delle corte
catene appese ad esso da alcuni topi, che uscirono subito
dopo.
“Ti
piace come ho arredato la stanza, Basil?” disse Rattigan, entrando per rimirare
l’opera conclusa ed avvicinandosi all’Investigatopo.
“Gli
avrei dato un po’ più di colore, ma mi posso accontentare.” Replicò Basil
sarcastico. “Più che altro non capisco il senso di tenerci qui, non avevi detto
di volerci uccidere?”
Topson
guardò Basil con occhi sbarrati: perché ci teneva così tanto ad accelerare la
loro dipartita? Qual era il suo piano, sempre ammesso che ne avesse
uno?
Rattigan
ormai era vicino a lui e, con un ghigno orribile, gli
disse:
“Certo
che l’ho detto, ma non ho specificato quando. Per ora rimarrete un po’ qui, a
ripensare alle vostre misere vite. Eccoti comunque un assaggio di ciò che
accadrà.” Dopo queste parole, sferrò un violento pugno nello stomaco
dell’Investigatopo, che si trovò a boccheggiare, senza più
fiato.
Accadde
tutto in un istante, in un momento così rapido che Topson non riuscì a capire
cosa era esattamente successo.
Vide
un movimento rapidissimo alle spalle di Rattigan che, improvvisamente, sbarrò
gli occhi e si accasciò a terra, privo di sensi. Dietro di lui, c’era Moriarty,
il pungiglione ancora alzato ed uno sguardo trionfante sull’orribile
faccia.
“Finalmente”
mormorò soddisfatto. “Era da tanto che aspettavo questo momento e la mia
pazienza cominciava ad esaurirsi. Ragazzi, legatelo accanto
all’Investigatopo.”
Con
ancora più stupore, Topson vide che i “ragazzi” che Moriarty aveva chiamato non
erano gli scagnozzi di Rattigan, ma dei ragni, anche se più piccoli del loro
padrone. Voltandosi a guardare fuori dalla cella, vide che i suddetti scagnozzi
erano tutti legati con delle ragnatele e privi di sensi. I ragni eseguirono
l’ordine in silenzio, poi si ritirarono.
“Sai,
Basil di Baker Street” disse Moriarty “mi hai solo facilitato il compito. Senza
la retata di qualche sera fa sarebbe stato molto più difficile fare ciò che ho
fatto stasera. I tuoi amici poliziotti hanno dimezzato il numero di ruffiani al
servizio del mio cosiddetto “padrone”. Ti devo un favore.”
Basil,
ancora a corto di fiato, gli rispose con un sorrisetto ed un cenno del
capo.
“Ho
comunque intenzione di sdebitarmi subito. Capisci bene che non posso lasciarvi
liberi, per adesso,dal momento che ho intenzione di prendere per me il trono
d’Inghilterra. Potrei comunque scegliere di lasciarvi andare a cose fatte,
quando non potrete più mettermi i bastoni tra le ruote. Si
vedrà.”
“Lasciate
libera Cornelia, allora, che male può farvi lei?” provò
Topson.
“Attualmente
è una testimone, quindi non posso lasciare che avverta la popolazione.
Tranquilli, non le accadrà nulla. La signorina Morstan le terrà compagnia:
scommetto che hanno molto da dirsi.”
Da
fuori, Cornelia ascoltava tutto, inorridita. Le cose non si mettevano bene ma,
almeno per il momento, le loro vite non erano a rischio.
“Ora
temo di dovervi lasciare, signori. Ho un piano da finire di mettere a punto e
non posso perdere tempo a parlare con voi. Spero che la vostra permanenza qui
sia delle più gradevoli possibili. Buona serata.”
Detto
questo uscì dalla porta, e si avviò lungo il corridoio che avevano percorso
prima, seguito dai ragni, i ruffiani di Rattigan svenuti, Elizabeth e Cornelia.
Basil
alzò lo sguardo su di lei e vide che anche gli occhi della giovane erano puntati
su di lui.
Fu
un istante, poi la cella, non più illuminata dalle lanterne, piombò
nell’oscurità.
FINE
DEL CAPITOLO
Mamma
mia, quanti eventi eh? E adesso cosa succederà, a seguito del tradimento di
Moriarty? Come potranno salvarsi i nostri eroi? Spero di riuscire a darvi
qualche indizio prima di Natale.
A
presto
Bebbe5
|
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Capitolo 29 *** Libertà ***
CAPITOLO
28
La
cella era immersa nell’oscurità più assoluta.
Ogni
tanto, qualche goccia d’acqua colava lungo le pareti e cadeva a terra,
risuonando nella stanzetta.
Da
un po’ ormai, Topson aveva smesso di cercare di tenere il conto delle ore che
passavano. Stare legato alla parete gli aveva fatto venire dei crampi alle
braccia ed alle gambe, persino la sua vecchia ferita di guerra era tornata a
farsi sentire.
Odiava
trovarsi in una situazione del genere. Soprattutto, lo metteva a disagio
condividere quel momento con il criminale che aveva più volte tentato di
ucciderli. Se non altro, a giudicare dal suo respiro pesante, sembrava che
stesse ancora dormendo per l’effetto del veleno di
Moriarty.
Sospirò,
frustrato. Come avevano fatto a cascare così stupidamente in quella trappola? Un
momento… ci erano cascati fin troppo
stupidamente. Qualcosa non quadrava. Decise quindi di interrogare il suo
amico in proposito.
“Basil?”
provò a chiamare. In risposta, ricevette un mugugno proveniente dalla sua
sinistra. “Cosa facciamo adesso? Come ne usciamo?”
“Non
ne ho la minima idea” rispose l’Investigatopo, con una calma che lasciò il
dottore allibito.
“Stai
ancora elaborando un piano?” chiese di nuovo.
“No.”
Topson
era sconcertato: perché Basil sembrava così tranquillo, nonostante la situazione
disperata in cui si trovavano? Si sforzò di cercare una spiegazione a
quell’assurdità, utilizzando i metodi che il suo amico aveva cercato di
insegnargli. Gli venne in mente un’unica possibilità: doveva essere rimasto sconvolto da tutti
gli avvenimenti recenti.
“Mi
dispiace per il fatto che non siamo riusciti a trovare tua sorella, Basil, e mi
dispiace anche per il rapimento di Cornelia. Ma devi reagire, non devi lasciarti
abbattere da questi eventi.” provò a dire.
“Ma
io non sono abbattuto, dottore. Non lo sono nella maniera più assoluta, te lo
assicuro.”
Nella
cella ci fu qualche istante di sbalordito silenzio.
“Cosa
vuoi dire?” chiese poi Topson.
“Beh,
dal momento che dovremo restare qui ancora per un po’, se i miei calcoli non
sono errati, cercherò di spiegarti tutto.”
“Sono
tutto orecchi” rispose Topson, con un tono a metà tra il curioso ed il
seccato.
“Anche
io!” si inserì Rattigan che, nel frattempo, si era risvegliato e pareva
tutt’altro che di buon umore.
“Già
sveglio?” chiese Basil.
“A
volte, l’essere un topo più grosso ha i suoi vantaggi. L’effetto del veleno ha
una durata inferiore per me.” Rispose Rattigan.
“Vero,
ma l’essere un topo più grosso, come
dici tu, non ti aiuterà a liberarti da quelle catene.” Replicò Basil in tono
divertito.
“Ringrazia
di avere ragione, perché altrimenti sarei già lì a strozzarti con le mie mani.”
Ribatté Rattigan a denti stretti.
“Basil,
cosa stavi dicendo riguardo alle spiegazioni?” li interruppe Topson prima che la
lite potesse proseguire.
“Hai
ragione, dottore.” Rispose il detective “Ora che anche il nostro amico è
sveglio, posso risparmiarmi di spiegare tutto due volte.”
“A
me interessa solo una cosa.” Lo interruppe Rattigan “Da quanto sapevi di
Moriarty? Da quanto sapevi del suo desiderio di tradirmi?”
“Perché,
ora non dirmi che non lo sospettavi minimamente!” replicò Basil, non mascherando
la sua sorpresa.
“Io
sospetto sempre del fatto che qualcuno cerchi di ribellarsi,
ma…”
“Ma
non che qualcuno la faccia poi sul serio, giusto? Chi è l’idiota adesso?” lo
canzonò Basil. “Ti sei lasciato sorprendere come… ah sì, come un miserabile criminaluccio di
second’ordine .” concluse poi ridendo.
Il
suono delle catene che venivano scosse, accompagnato da un ringhio minaccioso,
fu il segno che le parole dell’Investigatopo avevano colpito nel
segno.
Anche
Topson non poté fare a meno di sorridere nel buio: Basil era riuscito in qualche
modo a rifarsi del tremendo smacco di qualche anno prima.
Ad
un certo punto, però, il ringhio fu sostituito da una
risatina.
“Se
sospettavi tutto questo, perché anche tu ed il tuo socio siete legati
qui?”
Era
una domanda più che lecita, pensò Topson, anche perché era quella che si poneva
più o meno dall’inizio di quella sera così movimentata. A lasciarlo a bocca
aperta, però, fu la risposta del suo amico.
“Faceva
tutto parte del piano. Vedete, io speravo in questo
risultato.”
“Speravi
di vederci tutti e tre legati assieme?! Basil, non capisco!” esclamò il
dottore.
“No,
non tutti e tre legati assieme, ma di vedere in particolare Rattigan legato e
pronto per essere consegnato alle autorità dopo che il suo più fedele alleato lo
avesse tradito uscendo allo scoperto. Ora non mi resta che catturare anche quel
ragnaccio e la vittoria sarà completa.”
Il
silenzio tornò a regnare sovrano per qualche istante, prima di essere rotto da
Rattigan in persona.
“Dunque,
fammi capire, tu ti sei volutamente fatto catturare da me per farmi abbassare la
guardia e dare a Moriarty il modo di mettermi fuori gioco?” Il tono che aveva
usato era un insieme di sentimenti contrastanti: curiosità, rabbia e…
ammirazione.
“Esatto.”
Rispose Basil, gongolante.
“…
Ingegnoso.” Mormorò infine il loro nemico.
“Ma
.. e Cornelia?” chiese Topson “Anche la sua cattura era
prevista?”
“Ovvio
che sì.”
“E
avevi previsto anche il fatto che ci avrebbero divisi?” continuò il
dottore.
“Speravo
che accadesse.”
“Perché?!
Sei un incosciente.” Esclamò Topson sconvolto.
“Ah,
così mi ferisci, amico mio. Rilassati, più al sicuro di così non potrebbe
essere.” Gli disse Basil, tranquillo.
“Cosa?”
“Come
ben sai, lei si rifiuta di restare fuori dalle mie indagini. La sua cattura mi
consente di sapere con certezza che non potrà commettere niente per disturbare
il mio operato.”
“Basil,
mi duole ammetterlo, ma stavolta hai superato te stesso.” Gli disse Rattigan.
“C’è solo un piccolo dettaglio che forse ti è sfuggito: noi come facciamo ad
uscire di qui? Hai studiato anche un modo per liberarci da queste
catene?”
“Ma
certo, il nostro modo per andarcene arriverà tra pochi minuti, abbiate solo un
po’ di pazienza.”
“Vuoi
dire che c’era qualcun altro al corrente del tuo piano?” chiese
Topson.
“Sì,
proprio così.” Rispose l’Investigatopo.
“E
chi è?”
“Per
ora non posso rivelarlo.”
“Quanti
misteri, Basil. Non ti sei ancora accorto che non portano niente di buono? Se
non ricordo male, tua sorella non ti aveva detto cosa faceva e guarda com’è
finita.”
“Chiudi
la bocca, sorcio, non sai di cosa
parli.” Replicò Basil a denti stretti.
“Come
mi hai chiamato?” gridò Rattigan.
Topson
alzò gli occhi al cielo, mentre i due continuavano a battibeccare. Fortuna che,
se Basil aveva ragione, di lì a poco sarebbero usciti da lì. Si soffermò qualche
istante a riflettere su quanto era successo, alla luce delle spiegazioni del suo
amico: avevano messo finalmente le mani sul Napoleone del crimine, su Rattigan
in persona.
Avevano
vinto.
Certo,
dovevano ancora consegnarlo nelle mani della polizia, ma ora che lo avevano in
pugno non se lo sarebbero lasciato scappare per nulla al mondo.
Una
volta che avessero compiuto anche l’ultimo passo sarebbe finito quel periodo
così tremendo, così pieno di insidie, così….
Sospirò.
Non
poteva negarlo, era stato un periodo molto emozionante. Si vergognava anche solo
a pensarlo, ma, con Rattigan in libertà, la sua vita era stata frenetica, piena
di adrenalina, eccitante. Quando l’avrebbero consegnato alle forze dell’ordine,
com’era giusto che facessero, sarebbe finito tutto. E cosa sarebbe successo
allora?
Non
che i tre anni senza Rattigan fossero stati privi di casi interessanti, ma
niente e nessuno poteva eguagliare l’acerrimo nemico del più famoso
Investigatopo di Londra.
Nel
periodo in cui pensavano che fosse scomparso per sempre, Basil inizialmente era
stato euforico, ma dopo poco era caduto in quello che il dottore avrebbe potuto
definire solamente come “attacco di noia”. Svolgeva ancora il suo lavoro con
tutto se stesso, ma non aveva più la grinta di quando Topson l’aveva conosciuto.
La cosa l’aveva fatto alquanto preoccupare e quasi sperare che Rattigan
comparisse di nuovo. La sua speranza era divenuta realtà, ma ora il criminale
stava per sparire nuovamente dalla circolazione.
Forse,
però sarebbe stato diverso questa volta.
In
fondo, dopo il loro ultimo scontro, l’avevano creduto morto mentre invece, in
quell’occasione, Basil avrebbe ottenuto ciò che voleva, ovvero metterlo in
galera. Forse, raggiunto il suo vero scopo, il suo amico avrebbe definitivamente
voltato pagina.
Sospirò
nuovamente e, per non lasciarsi nuovamente andare a quei pensieri, si mise ad
ascoltare i suoi due compagni di prigionia, che non avevano smesso di
battibeccare.
“Se
pensi che mi lascerò trascinare in prigione ti sbagli di grosso!” stava dicendo
Rattigan, furioso.
“Oh,
il modo lo troveremo, stanne certo. Certo, dovrò dire a Scotland Yard di portare
catene fatte su misura per i ratti, altrimenti temo proprio che ci sfuggirai.”
Replicò Basil sorridendo.
“Sarà
meglio per te che le trovino, altrimenti, appena mi libereranno, ti ridurrò in
poltiglia!”
“Oh,
sto tremando di paura!”
Topson
alzò gli occhi al cielo poi, all’improvviso, gli parve di scorgere un bagliore
nell’oscurità fuori dalla cella. Guardò di nuovo e vide che, effettivamente,
c’era un alone di luce in lontananza che si stava rapidamente facendo più
intenso, come se si stesse avvicinando.
“Basil?”
“..
e comunque hai ragione, non finirai in galera. Vedrò di farti fare un viaggio
diretto per la forca!”
“Basil?”
provò di nuovo Topson, alzando il tono di voce.
“Sembri
ancora convinto che io mi lascerò prendere facilmente!”
“Non
avrai possibilità di fuga, te lo assicuro.”
“Basil,
guarda fuori!” esclamò il dottore, con ancora più
decisione.
Il
litigio si interruppe e Topson si voltò verso il suo amico, cominciando a
discernere i suoi lineamenti grazie alla luce che, piano piano, rischiarava la
cella.
“Ah,
sembra che la nostra prigionia stia per terminare, amico mio.” Disse
l’Investigatopo con un sorriso sulle labbra.
Dopo
qualche secondo, infatti, davanti alla sbarre della cella si fermò un topo di
una certa stazza che Topson riconobbe come quello che aveva aperto loro la porta
di servizio del Mousedom Theater il giorni in cui aveva incontrato per la prima
volta.
“Buonasera
signori, serve aiuto?”
“Ah,
buonasera a lei, signor Figg, giusto in tempo.”
Il
signor Figg, come lo aveva chiamato Basil, entrò nella cella e cominciò ad
armeggiare con le catene dell’Investigatopo.
“C’erano
delle guardie?” chiese quest’ultimo, massaggiandosi i polsi dopo essere stato
liberato.
“Due,
ma sono riuscito ad eluderle.” Rispose Figg, mettendosi a lavorare per liberare
anche Topson “Penso che le tenga lì per scrupolo.”
“E’
quello che credo anch’io. Chi verrebbe mai a cercarci
quaggiù?”
“Aspetta
Basil” chiese il dottore “Vuoi dire che sapevi anche dove ci avrebbero portato?”
“Non
con esattezza, mio caro Topson, ma mi ero fatto un’idea precisa e non ho
sbagliato.” Rispose Basil.
Una
volta che anche Topson fu liberato, il signor Figg estrasse due revolver e li
dette ai suoi amici. Basil lo guardò confuso.
“E
questo cosa significa?”
“Ordini
superiori signore, deve venire anche lui.” Rispose l’altro, cominciando a
slegare Rattigan.
“Cosa?!
Per quale ragione, di grazia?” chiese Basil costernato.
“Ne
so quanto voi signore, ma mi è stato detto di riferire che ci sarà una proposta
vantaggiosa per tutti e che quindi non le conviene cercare di fuggire.” Rispose
il signor Figg, rivolgendosi a Rattigan, ormai libero.
Quest’ultimo
si massaggiò i polsi e sembrò riflettere su quanto detto.
“Vorrei
sapere chi è che ti manda, se non ti spiace. Non sono tipo da accettare offerte
da sconosciuti.”
“Allora
sarò costretto a trascinarla a Scotland Yard con la forza.” Rispose
Figg.
“Non
credo che lo farai mai. Vedi, ho la netta impressione che il tuo padrone
necessiti dei miei servigi, ragion per cui, mettermi dietro le sbarre non
sarebbe una mossa saggia.”
“Nessuno
ha detto di avere bisogno di te!” esclamò Basil, sempre più
frustrato.
“Signori!”
gridò Topson. “Intanto usciamo da qui, poi ne
discuteremo.”
“Il
dottore ha ragione, signori” concordò Figg. “Vogliate seguirmi.” Concluse,
estraendo poi il suo revolver e puntandolo contro Rattigan “Senza fare storie:
signor Basil, dottor Topson, vorreste stare dietro per aiutarmi a scortare il
professore?”
Dopo
queste parole, il gruppetto si mosse verso l’uscita, il signor Figg in testa,
seguito da Rattigan e poi da Topson e da Basil che aveva un’espressione alquanto
imbronciata sul volto.
Il
dottore avrebbe voluto far parlare il suo amico, cercare di capire di più, ma
sapeva che cominciare una discussione in quel momento avrebbe significato con
ogni probabilità riaccendere la lite tra l’Investigatopo e Rattigan.
Decise
quindi di pazientare, dal momento che aveva la netta sensazione che presto tutto
sarebbe stato svelato.
Il
tragitto per uscire gli parve ancora più lungo di quello che avevano percorso
fino alla cella e, quando finalmente furono usciti, inspirò a pieni polmoni
l’aria notturna, assaporando la sua appena riacquistata libertà.
Guardandosi
intorno, si rese conto di essere in un piccolo giardino immerso nell’oscurità.
Notò anche un cartello che segnalava la vicina Moxon Street. Questo significava
che non erano lontani da casa. Con un sorriso, si voltò verso Basil che, però,
sembrava non condividere la sua felicità. Aveva un’espressione irosa sul volto e
sembrava che fremesse dal voler fare qualcosa.
Anche
Rattigan, notò il dottore, sembrava in preda ad uno stato di mal controllata
agitazione. Lo stupiva il fatto che non avesse cercato di scappare. Chissà,
forse anche lui voleva scoprire chi era quel misterioso individuo che li aveva
convocati tutti al suo cospetto.
Queste
riflessioni, però, durarono pochi minuti, perché il signor Figg si rimise in
marcia. Dovettero seguirlo per un’altra mezz’ora circa, finché non si trovarono
in Cavendish Street, una delle vie più grandi e più belle di Londra. La
percorsero per un bel tratto, finché la loro guida non si fermò davanti ad una
bella casa, appartenente con ogni probabilità ad una famiglia umana
benestante.
Senza
esitare più di tanto, comunque, i quattro scivolarono tra le inferriate del
cancello d’ingresso e le foglie della siepe che circondava la casa, fino ad
arrivare ad una porticina. Alla tenue luce di una lampada che stava sopra
l’uscio, Topson poté leggere su una lucida targhetta d’ottone affissa a destra
della porta:
“Ambulatorio
medico, dottor Tobias Ansmauser”
Ansmauser…
Il
nome gli suonava familiare. Improvvisamente, si ricordò: era il medico che
avevano trovato a casa della sorella di Basil la sera dopo il tentativo di furto
a casa Abercroft.
Poteva
essere lui il mandante della loro liberazione? Cosa voleva offrire a
Rattigan?
Sempre
più confuso, vide il signor Figg bussare alla porta. Dopo poco, una voce
femminile proveniente dall’altra parte dell’uscio chiese i loro nomi ed
aprì.
Quando
furono tutti dentro, Basil fece per tirare dritto al piano superiore della casa,
ma una voce maschile lo fermò.
“Signor
Basil, non è di sopra.” Voltandosi, i quattro videro il dottor Ansmauser fermo
sulla porta di quello che, Topson suppose, doveva trattarsi del salotto. Il topo
era vestito di tutto punto nonostante l’ora tarda e guardava i nuovi arrivati,
posando più volte gli occhi su Rattigan.
“E
allora dov’è? Esigo una spiegazione.” Rispose Basil, che intanto era sceso dalle
scale e si era diretto verso il dottore.
“Ha
detto che voleva ricevervi giù, poiché si sentiva meglio. Vi avverto signor
Basil, mantenga la calma perché è ancora un po’ debole.”
“Dammi
qualcosa di più nutriente da mangiare, Tobias, e vedrai per quanto ancora sarò
debole.” Giunse una voce dal salotto che produsse effetti diversi su Basil,
Topson e Rattigan: l’Investigatopo sorrise, Topson spalancò occhi e bocca e
Rattigan impallidì.
“Non
è possibile…” mormorò debolmente.
Ignorandolo,
Basil andò in salotto, seguito da Topson, dal dottor Ansmauser e da Rattigan che
venne invitato ad entrare dal signor Figg.
La
prima cosa che Topson vide fu la signora Ansmauser, seduta sulla poltrona
accanto al fuoco: sorrideva, ridacchiando persino. Ma ciò che lasciò il dottore
senza parole fu che il divano di fronte era occupato dalla figura semi-sdraiata
e sorridente di Brynna Basil.
FINE
DEL CAPITOLO
Vi
giuro che sembrava impossibile, ma volevo assolutamente finire prima di Natale
per potervi fare i miei più sinceri auguri. Il capitolo è un po’ intenso per
quanto riguarda i vari eventi.
Spero
che vi sia piaciuto.
Buon
Natale e Felice Anno Nuovo
Bebbe5
P.S.
Pensavate che la uccidessi davvero? ^_^
|
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Capitolo 30 *** Un'idea ***
CAPITOLO
29
Topson
era allibito. Si voltò verso Rattigan e si rese conto che doveva trovarsi più o
meno nella sua stessa condizione. Anzi, a giudicare dalla sua espressione, stava
anche peggio. Girò poi lo sguardo verso la sorella del suo amico, ancora stesa
sul divano, e la osservò con calma: sorrideva, ma quell’espressione stonava
terribilmente con il resto di lei. Era dimagrita parecchio dall’ultima volta che
l’aveva vista e la camicia da notte bianca che indossava la rendeva in qualche
modo spettrale. Aveva uno scialle a coprirle le spalle e le braccia, ma queste,
da quel poco che poteva scorgere, erano fasciate con delle bende. Il suo viso
era segnato da lividi e croste ancora in fase di guarigione e il dottore,
ricordando la terribile ragione che le aveva causato quelle ferite, si chiese
come fosse ridotto il resto del corpo.
La
guardava con occhio clinico, osservando i dettagli delle cure che le erano state
prestate, l’alzarsi ed abbassarsi del suo petto a testimonianza del suo
respirare, a testimonianza del fatto che lei fosse viva. Eppure c’era una parte
di lui che non riusciva a spiegarsi come potesse esserlo. Nel buio di quel
vicolo spazzato dal gelo invernale, l’aveva sentita diventare ancora più fredda
della neve, aveva visto i suoi occhi chiusi ed il suo respiro spezzarsi… l’aveva
vista morire.
E
invece eccola là, serena, forse un po’ dolorante ma viva senza ombra di
dubbio.
Com’era
possibile?
“Ah,
non chiederlo a me, mio caro Topson.” Disse all’improvviso
Basil.
“Cosa
dici?” chiese il dottore, sorpreso da quell’intervento.
“Sapevo
che era viva, ma non ho idea di come diavolo abbia fatto a cavarsela e gradirei
che me lo spiegasse.”
“Oh,
anche io sono felice di vederti, fratellino, e sono lieta di constatare che
almeno uno della famiglia gode di buona salute.” Replicò Brynna con sarcasmo,
cercando poi di alzarsi dal divano, solo per essere spinta di nuovo giù dalla
signora Ansmauser. Questo provocò uno sbuffo da parte della maggiore dei
Basil.
“Selena,
suvvia, sto bene, ho persino sceso le scale con le mie
gambe.”
“Appunto”
replicò l’altra “hai già dato un’ottima dimostrazione di essere un soggetto in
via di guarigione, ora basta con gli sforzi. Sei ancora
debilitata.”
“Siete
voi che non mi nutrite a dovere!” Protestò Brynna.
I
coniugi Ansmauser si scambiarono uno sguardo d’intesa, ma non replicarono:
evidentemente, si immaginò Topson, quello scambio doveva far parte della routine
giornaliera da quando la sorella di Basil aveva preso alloggio in casa del
dottore.
Sospirando,
Brynna si appoggiò nuovamente ai cuscini del divano e rivolse uno sguardo di
puro disprezzo all’indirizzo di Rattigan.
“Sappi
che ti odio.” Gli disse, suscitando delle risatine tra i presenti, tranne il
diretto interessato, che sembrò riscuotersi dal suo stato di
trance.
“Sappi
che il sentimento è totalmente ricambiato. Come mai sono qui?” Rispose, facendo
spuntare un bel ghigno sul volto di Brynna, che lo
canzonò:
“Potrei
anche aver deciso di farti soffrire un po’, dandoti l’illusione di poter essere
di una qualche utilità e poi facendoti arrestare, sai.”
“Brynna,
ti prego, non divaghiamo, ci sono tanti interrogativi che necessitano di una
risposta e la giornata è stata abbastanza lunga.” Si inserì
Basil.
La
sorella lo guardò in tralice.
“Sempre
pragmatico tu, vero? E va bene. Dunque, direi di cominciare
da…”
“Brynna,
aspetta almeno che si siedano.” La interruppe il dottor Ansmauser.
“Il
padrone di casa sei tu, mio caro. Perché non hai ancora offerto loro delle sedie
su cui possano accomodarsi?” replicò Brynna, sorridendo al suo
indirizzo.
Borbottando
qualche parola, il giovane dottore si affrettò a sistemare delle sedie per gli
ospiti e a chiamare la governante che aveva aperto loro la porta affinché
portasse qualcosa da mangiare e da bere.
Quando
tutti si furono sistemati, Brynna cominciò il suo
racconto:
“Eviterò
i dettagli del mio arrivo qui, per adesso. Potrebbero tornarmi utili in futuro.”
Lanciò un’occhiata significativa a Rattigan, il quale rispose inarcando le
sopracciglia. “In ogni caso, sono riuscita a sopravvivere, grazie alle cure del
mio medico di fiducia.” E rivolse un sorriso all’indirizzo del dottor Ansmauser,
che ricambiò. “Nei lunghi giorni di convalescenza, in cui sono stata obbligata a
rimanere a letto, ho avuto modo di riflettere sull’intera situazione.
Ovviamente, quando sono stata in grado di farlo, mi sono subito premurata di far
sapere a mio fratello che ero viva e tutto sommato vegeta e gli ho riferito
alcune informazioni che ero riuscita a raccogliere prima di quella sera. Da qui,
il resto lo conoscete.”
Topson
si voltò di scatto verso l’amico, che però evitò il suo sguardo e
chiese:
“Brynna,
perché siamo tutti
qui?”
Lei
lo guardò, poi guardò Rattigan ed infine si decise a
rispondere:
“Date
le circostanze, l’unico modo in cui potete uscirne entrambi vincitori è allearvi
tra di voi.”
Tra
i presenti cadde il silenzio più totale, interrotto solo per qualche istante,
quando la governante entrò nel salotto con un vassoio su cui era stato posto uno
spuntino di mezzanotte: alcuni pasticcini ed un bel po’ di tè fumante. Nel
momento in cui la topolina serviva la bevanda Basil, sbarrando gli occhi mentre
le parole della sorella si facevano strada dentro di lui, esclamò, facendo
sobbalzare la poverina:
“Che
cosa?! Ma sei impazzita?!”
“Per
una volta sono d’accordo con lui.” Rincarò Rattigan alzandosi dalla sedia. “Non
sono disposto a collaborare con voi.” Fece per uscire, solo per essere bloccato
sulla porta dal signor Figg.
“Ah
davvero? Allora tu” disse Brynna, rivolgendosi prima al professore “spiegami
come farai a ritornare al potere quando tutti i tuoi uomini sono stati catturati
e tu” si rivolse al fratello “con quali forze speri di poterlo
fermare?”
“Ho
fermato lui” replicò Basil, puntando il dito contro il suo arci-nemico “perché
non dovrei riuscire a fermare Moriarty?”
“Ha
ragione lui.” Si inserì Topson.
Brynna
però scosse la testa.
“Dite
questo perché non sapete cos’ha in mente.”
“Ah,
e tu lo sapresti?” chiese Rattigan con sarcasmo, dopo essere tornato al suo
posto. “E come avresti fatto a scoprirlo?”
La
topolina gli rivolse un sorriso.
“Tu
ci hai messo circa cinque mesi prima di scoprirmi – e ciò non è neppure avvenuto
per colpa mia, vorrei sottolineare. Sai con quanta facilità sono riuscita a
muovermi nel frattempo?” Rattigan emise un ringhio basso, facendo allargare il
sorriso di Brynna, che continuò: “Sono stata in grado di captare ogni sorta di
informazione in quel lasso di tempo: piani, covi segreti e così via. Già che
c’ero, ho anche osservato molto da vicino il tuo nuovo cosiddetto lacchè e sono
persino riuscita ad entrare nella sua cerchia più ristretta. Quel Moriarty è
davvero astuto, ha progettato un piano niente male mentre tu giocavi a
vendicarti di mio fratello.”
“Smettila
di gongolare e vai al dunque.” Le disse Basil, non riuscendo comunque a
nascondere un sorrisetto.
La
topolina sospirò, poi, si spostò su un fianco con una smorfia di
dolore.
“Mi
si era informicolita una gamba” disse a mo’ di spiegazione, facendo sorridere i
presenti. “Ad ogni modo, il dunque è che vuole ottenere il
potere.”
“La
notizia del giorno!” esclamò l’Investigatopo.
“Ma
la Regina non verrà toccata stavolta.”
“Come?”
chiese Topson, sorpreso.
“Ci
sono molti di governare, dottore. Uno è soppiantare la regina ed assumere il
potere alla luce del sole, come ha tentato il nostro professore qualche anno
fa.” Rispose Brynna. “Oppure si può instaurare un impero nascosto, fatto di
alcuni uomini di fiducia messi in posizioni strategiche, all’interno del
Parlamento ad esempio. Ovviamente, questo richiede una grande organizzazione ed
un’attenta pianificazione, e lui ha avuto tempo di fare entrambe le cose mentre
tu non guardavi.” Continuò, rivolgendosi ancora una volta a Rattigan.
“Quindi
tu cosa proponi di fare?” le chiese quest’ultimo, con un po’ di
scetticismo.
“Per
assumere il potere deve comunque creare un po’ di caos, per far sì che i suoi
uomini entrino nella società e nelle alte sfere governative senza troppo
clamore.” Cominciò lei, solo per essere interrotta da
Basil.
“Aspetta,
hai detto che non colpirà la Regina, quindi questo significa che il suo
bersaglio sarà uno dei ministri, giusto?”
“In
parte. I bersagli saranno multipli. Non ho un’idea precisa del come e del quando
questo avverrà per adesso. L’intervento di quella testa calda della Blackwood mi
ha impedito di conoscere meglio i dettagli” disse Brynna con una smorfia. “Tu
cosa ne pensi?” chiese poi rivolgendosi a Rattigan, il quale la guardò con
un’espressione indecifrabile.
“Per
quanto riguarda il come ed il quando” si decise infine a rispondere “il suo
piano si semplificherebbe se avesse tutti i suoi obiettivi riuniti in un unico
luogo, ma non riesco a pensare come questo possa avvenire. Devo ammettere che è
ingegnoso, in effetti. Per quanto riguarda la tua proposta, chiedo una notte di
tempo per rifletterci, non un’ora di più.”
Quelle
parole furono accolte da un silenzio totale. Tutti gli sguardi erano su Basil e
Brynna, i quali fissavano alternatamente Rattigan e l’uno l’altra. Alla fine fu
proprio l’Investigatopo a sospirare e a dire:
“E
sia, una notte, non un’ora di più” con un’espressione abbastanza scocciata sul
volto.
Topson
lo guardò sbalordito.
“Ma
Basil!” protestò “Non puoi permetterlo, non puoi concedergli la tua
fiducia.”
“Tranquillo,
dottore, so quello che faccio.” Rispose l’Investigatopo, senza staccare gli
occhi da Rattigan, che ricambiò con un’espressione neutra.
“Bene”
esclamò Brynna “Direi che possiamo aggiornare la seduta a domattina allora. Sono
ancora tante le cose da dire e da valutare. Per adesso, perché non ce ne andiamo
tutti a letto?” E fece per alzarsi ma Basil si avvicinò rapido al divano e, dopo
un’occhiata d’intesa con il dottor Ansmauser, la prese in braccio, stando
attento a non farle male.
“Sherringford,
che fai?! Posso benissimo camminare da sola!” protestò lei, ma Basil la ignorò,
rivolgendosi a Selena Ansmauser.
“Potresti
mostrarci le nostre stanze, per favore?”
La
topolina sorrise di rimando.
“Ma
certo, seguitemi prego.” Rispose, prima di uscire dalla stanza seguita dal
marito e dagli altri occupanti. “Abbiamo preparato una stanza per ciascuno di
voi. Al suo interno troverete degli abiti per cambiarvi. Se avete bisogno di
qualcosa, basta che suoniate il campanello.” Spiegò poi, cominciando a salire le
scale.
“Sherri,
giuro che se mi fai cadere, ti taglio la coda e te la faccio mangiare.” Borbottò
Brynna imbronciata, aggrappandosi al collo del fratello, il quale sorrise sotto
i baffi, mentre posava con attenzione i piedi sui gradini.
I
coniugi Ansmauser fecero strada, mostrando le camere a tutti i loro “ospiti”.
Topson li guardava, non riuscendo a non ammirarli: nonostante tutto lo
sconvolgimento, non avevano battuto ciglio e si erano comportati come perfetti
padroni di casa; senza contare il fatto che stavano offrendo un rifugio ad uno
dei più pericolosi criminali di Londra, a colui che per anni aveva seminato il
terrore nella città.
Dovevano
riporre davvero tanta fiducia nei due fratelli Basil. Del resto, non era ciò che
anche lui faceva ormai da qualche anno?
Quando
gli fu mostrata la sua stanza, vi entrò e, dopo essersi chiuso la porta alle
spalle, senza neanche togliersi i vestiti, si buttò sul letto e crollò in un
sonno profondo.
Basil,
intanto, aveva raggiunto la sua destinazione: la camera della
sorella.
Si
fermò un po’ sulla soglia per vedere quale stanza sarebbe stata assegnata a
Rattigan.
“Sai
benissimo che non scapperà, puoi mettermi giù, per favore? Non sei un mezzo di
trasporto molto comodo.” Gli disse Brynna, seguendo il suo
sguardo.
“Scusami”
replicò lui, entrando nella camera dopo aver visto il professore entrare nella
sua “è vero, so che non scapperà, ma questo non mi rende più tranquillo.
Insomma, ha cercato di ucciderci quasi tutti.” Continuò, spostando le lenzuola
del letto e posandoci la sorella, prima di coprirla con
delicatezza.
“Questo
è pur vero” rispose lei, cercando una posizione confortevole, tra mille smorfie
di dolore “ma penso che sappia di avere bisogno di te, almeno per una volta.”
Sospirò e si rilassò sul materasso dopo aver trovato un modo per stare distesa
senza soffrire troppo. Basil la osservò.
“Fa
ancora tanto male?” le chiese.
“Diciamo
che potrebbe andare peggio” rispose lei sorridendo “Per lo meno, le ferite non
si sono infettate. Avevo un paio di costole incrinate che mi hanno provocato un
po’ di fastidio a respirare per i primi giorni, ma ora va molto meglio. Quello
che è stato davvero difficile da sopportare è stato il buco allo stomaco. In
senso letterale e figurato. Selena e Tobias mi hanno ridotta alla fame dicendo
che dovevo dare tempo alla ferita di chiudersi. Mi conosci, lo sai che non sono
mai stata particolarmente famelica, ma in questi giorni mi mangerei anche il
letto. Dico sul serio.”
Quelle
parole, dette con quel tono ironico, fecero spuntare un sorriso sul viso di
Basil. Sorriso che, però, non raggiunse mai i suoi occhi. Brynna se ne accorse
ed allungò una mano per posarla sulla guancia del
fratello.
I
due si guardarono a lungo, senza dirsi una parola.
Alla
fine, fu Basil a spezzare il silenzio.
“E
il braccio come ti sta?”
Brynna
lo guardò confusa, poi capì e rispose:
“Quello
è già quasi rimarginato. Certo che non ci sei andato leggero
eh?”
“Senti
chi parla, tu mi hai colpito per prima!”
“Sì,
ma non hai perso nemmeno una goccia di sangue, fratellino
caro.”
I
due si misero a ridere, poi Basil abbracciò forte la
sorella.
“Sono
felice di vedere che stai bene.” Sussurrò. Lei gli accarezzò la testa, poi
chiese:
“Tu
invece come stai?”
Lui
la guardò e, dopo un attimo di esitazione, rispose:
“Non
è il momento di parlarne. Sto cercando di lasciare tutto da parte per
adesso.”
“Ti
ammiro per il modo in cui ci stai riuscendo” rispose Brynna. “Ed ammiro anche il
fatto che tu abbia lasciato che la Blackwood fosse catturata per tenerla
maggiormente al sicuro. Sai che il vostro rapporto rischia grosso dopo un colpo
del genere.”
“Dal
mio punto di vista siamo pari” replicò Basil “dimentichi che ti ha quasi fatta
uccidere.”
Brynna
sbuffò.
“Ancora?
Lo ammetto, è stata stupida ed è vero che, a causa del suo gesto, ci ho quasi
rimesso la vita, ma non deve essere questa la ragione della vostra
rottura.”
“Tu
sei importante, Brynna. Molto. Inoltre, non mi è piaciuto il suo atteggiamento
al riguardo. Si è lasciata tutto alle spalle troppo
facilmente.”
“Io
non credo che sia così. Per quanto la disprezzi, sono convinta che il suo non
sia stato un lasciarsi tutto alle spalle quanto un voler andare avanti per
rimediare all’errore.” Rispose Brynna.
Basil
la fissò, stupito.
“La
difendi?”
“Assolutamente
no” rispose la sorella “cerco solo di spiegarti come deve aver
ragionato.”
L’Investigatopo
rimase in silenzio per qualche minuto, riflettendo su quanto gli aveva detto
Brynna. Alla fine sorrise.
“Grazie
di cuore” disse sinceramente.
“Non
c’è di che” rispose lei, facendogli l’occhiolino.
“Mi
togli una curiosità? Come hai fatto a sopravvivere? Sei mai morta davvero o sei
riuscita ad ingannare Topson?” chiese Basil.
“Non
sei molto carino a sottovalutare il tuo amico, caro fratello.” Lo riprese
Brynna. “Comunque, questa risposta dovrà attendere domani, anche perché devo
delle scuse al povero dottore e sarebbe meno faticoso raccontare tutta la storia
una volta sola.”
“Hai
ragione.” Rispose Basil “allora buonanotte.” Continuò, baciandole la fronte e
facendo per andarsene.
“Buonanotte
a te. Dormi bene, mi raccomando.” Rispose Brynna, mentre lui usciva dalla
stanza.
Dopo
aver chiuso la porta, si avviò verso la camera che gli era stata indicata in
precedenza da Selena. Quando passò davanti alla camera di Rattigan, vide un
chiarore fuoriuscire da sotto la porta. Evidentemente, il professore faticava a
prendere sonno. Gli venne da sorridere: anche per lui si prospettava una notte
insonne, le cose su cui riflettere erano tante.
Dormi
bene gli
aveva detto Brynna. Ma come sarebbe stato possibile?
Quando
entrò in camera sua, vide che sul comodino accanto al letto, vicino ad una
lampada accesa, era stata posata una pipa con un po’ di tabacco. Sorridendo,
caricò l’oggetto e lo accese, cominciando a fumare dopo essersi seduto sul
letto.
Spense
la lampada e, nel’oscurità più totale, si mise a pensare a tutti gli eventi,
cercando di fare ordine nella sua testa, accompagnato dal russare del dottore
che dormiva nella stanza accanto alla sua.
FINE
DEL CAPITOLO
|
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Capitolo 31 *** Altre rivelazioni ***
Note
dell’autrice: so di non aver aggiornato per un mostruoso lasso di tempo e chiedo
perdono. Volevo farcela circa un mese fa, ma alla fine il mio libro è stato
pubblicato ed ho dovuto seguirne i primi passi (promozione, eventi di
presentazione ecc). Mi scuso ancora e vi auguro una buona
lettura
CAPITOLO
30
Il
mattino seguente Topson si svegliò senza sapere se sentirsi davvero riposato
oppure completamente distrutto. Gli eventi e le emozioni del giorno precedente
lo avevano completamente spossato, tanto che, per un po’, ponderò seriamente
l’idea di restarsene a letto. Su quell’allettante alternativa, però, prevalse la
curiosità di sapere come si sarebbe conclusa la conversazione della sera prima,
così si alzò. Si accorse di avere ancora indosso gli abiti del giorno precedente
e che, avendoci dormito, erano tutti spiegazzati. Sospirando si guardò intorno
per trovare qualcosa da mettere indosso, una vestaglia quantomeno, quando si
accorse di una pila di vestiti di abiti, perfettamente piegati, lasciati sulla
sedia accanto al letto. Ad una seconda occhiata, si accorse con stupore che
provenivano direttamente dal suo guardaroba. Peccato che questo si trovasse in
Baker Street. Mise mentalmente quell’interrogativo nella lista dei chiarimenti
da chiedere al suo amico e, una volta finito di vestirsi, uscì dalla camera e si
diresse al piano inferiore. Entrò nel salotto dove erano stati fatti accomodare
la sera prima e vi trovò la signora Ansmauser, seduta al tavolo della colazione,
con una tazza di tè fumante tra le mani ed un libro aperto davanti agli occhi.
Era talmente presa dalla lettura da non essersi accorta dell’ingresso di Topson,
che si schiarì la voce per dichiarare la sua presenza.
L’effetto
fu immediato. La topolina alzò gli occhi e gli rivolse un
sorriso:
“Buongiorno
dottore, venga, venga, si sieda e favorisca pure.”
Lui
ricambiò il saluto e si sedette dalla parte opposta del tavolo, cominciando a
servirsi del cibo presente sul piano. Dopo essersi riempito il piatto, si
azzardò a chiedere:
“Dove
sono tutti?”
“Mio
marito ha già fatto colazione ed ora è su con Brynna per la medicazione
mattutina. Non ho ancora visto Sherringford e nemmeno il professore. Ho come
l’impressione che non abbiano intenzione di scendere, quindi dovremo portare il
cibo ad entrambi.”
“Concordo,
vorranno controllarsi a vicenda.” Commentò Topson imburrandosi una fetta di pane
tostato. La topolina sorrise e riportò gli occhi sul
libro.
Nella
stanza calò il silenzio: il dottore mangiava e Selena continuava a leggere
sorseggiando il suo tè.
Fu
ancora il dottore a parlare per primo: “Ho trovato i miei vestiti in camera
stamattina. Grazie per averli recuperati da Baker Street.”
Selena
alzò di nuovo gli occhi su di lui e, dopo aver chiuso il libro,
disse:
“Non
siamo andati a prenderli noi, dottore, è stato Sherringford a farli
recapitare.”
Topson
sbarrò gli occhi: “Che cosa?!” esclamò. “E quando?”
“Non
più tardi della tarda mattinata di ieri.” Rispose lei,
calmissima.
“Questa
è proprio bella! Quindi voi sapevate che saremmo venuti
qui.”
“Certamente,
dovevamo pur preparare le camere per gli ospiti.”
Il
dottore sbuffò e si appoggiò allo schienale della sua
sedia:
“Basil
e la sua mania di tenermi all’oscuro di tutto.” Borbottò contrariato, strappando
un sorriso alla signora Ansmauser, che replicò.
“Suvvia
dottore, non se la prenda. In fondo è andato tutto bene.”
Lui
le rivolse un’occhiata e commentò:
“Ammiro
la tranquillità e la fede cieca di lei e di suo marito. Avete deciso di ospitare
tre individui, uno dei quali è un pericolosissimo criminale, con un esiguo
preavviso, sulla base della parola di Basil.”
“Non
solo sulla sua. Ricordi che dietro a tutto questo c’è principalmente Brynna. E’
soprattutto questa la ragione per cui ho acconsentito.”
Topson
sorseggiò un po’ del tè che si era precedentemente versato in una tazza e non
aggiunse altro, ma rimase con lo sguardo fermo sul tavolo di fronte a lui.
Selena lo guardò poi disse:
“C’è
qualcos’altro che la turba dottore, vero?”
Lui
la ricambiò, sospirò, e rispose:
“Solo
sciocchezze, signora, non si preoccupi.”
Lei
gli sorrise.
“Dottor
Topson” cominciò “comprendo cosa sta provando: del resto anch’io frequento un
membro della famiglia Basil da parecchi anni. Le do un consiglio: si sbrighi a
finire la sua colazione e vada su da Tobias e Brynna. Sarà un’ottima occasione
per farsi raccontare come sono andate le cose.”
“Non
credo che risolverebbe il problema” rispose il dottore “Mi piacerebbe essere
informato prima degli eventi, non dopo. Come fa ad accettarlo con così tanta
serenità?”
“Non
lo accetto” replicò tranquillamente Selena “Ma lo prendo come un utile esercizio
per applicare i loro metodi e cercare di capire in anticipo cosa hanno in mente
di fare.”
“E
ci riesce?” chiese Topson alzandosi dalla tavola.
“Diciamo
che sto facendo dei progressi.” Rispose lei, sorridendogli, mentre lui si
chinava per baciarle la mano. “Buona giornata dottore.”
“Anche
a lei” fu la risposta di Topson che uscì dalla stanza. Dopo essersi chiuso la
porta alle spalle, salì al piano di sopra e, dopo essere giunto alla porta della
stanza di Brynna, bussò e si annunciò. La voce del dottor Ansmauser lo invitò ad
entrare e lui fece il suo ingresso nella stanza. Una volta dentro, vide Brynna
stesa sul letto con il dottore che stava terminando di fasciarle un
braccio.
“Come
si sente stamani?” chiese Topson rivolgendosi alla topolina.
“Tutto
sommato abbastanza bene, dottore, e potrei provarglielo se solo Tobias
acconsentisse a farmi camminare un po’.”
“Lo
sapevo, ieri ti ho dato una mano ed oggi ti prendi il braccio. Ne abbiamo già
discusso Brynna, non risollevare l’argomento o sarò costretto a legarti e sai
che non è una minaccia a vuoto.” Replicò il dottor Ansmauser, ultimando il suo
lavoro.
Brynna
sbuffò, suscitando un sorrisetto sul volto di Tobias che stava riponendo i suoi
attrezzi.
“Devi
pazientare ancora un paio di giorni” le disse “Le ferite sono quasi rimarginate,
dopodiché potrai cominciare ad alzarti da sola.”
Lei
sbuffò nuovamente e stavolta Ansmauser rise davvero.
“Starei
qui a tenerti compagnia, ma sai che ho delle visite da fare tra meno di
mezz’ora. Se vuoi ti mando Selena.”
“Non
credo che sarà necessario.” Rispose lei, lanciando un’occhiata a
Topson.
Ansmauser
seguì lo sguardo di lei, poi annuì leggermente con il capo ed uscì dalla stanza.
Brynna allora si rivolse a Topson che era rimasto ai piedi del
letto.
“Venga
dottore, si sieda.” Gli disse indicandogli una sedia accanto al
letto.
Lui
fece quanto gli era stato detto, quasi meccanicamente. Brynna lo osservò,
aspettando di sentirgli dire qualcosa, ma quando lui rimase in silenzio, con un
sospiro decise di parlare per prima:
“Immagino
che si aspetti una spiegazione su quanto è accaduto.”
“Non
aspettiamo Basil?” chiese il dottore.
Brynna
lo guardò in modo eloquente:
“E’
stato sveglio a rimuginare tutta la notte, pensa che non abbia capito come sono
andate le cose? Inoltre ho come l’impressione che lei abbia qualcosa in più da
dirmi e che la presenza di mio fratello potrebbe inibire la sua
intraprendenza.”
Topson
si trovò ad annuire.
“Bene.”
Disse lei. “Da dove devo cominciare?”
“Può
cominciare dal momento in cui è morta, sempre ammesso che lo fosse.” Il dottore
non riuscì ad evitare che ci fosse un po’ di irritazione nel suo tono di voce.
La topolina sorrise prima di rispondere:
“A
mia discolpa posso dire che non era stato tutto interamente previsto e che gli
ordini che avevo dato per simili evenienze sono stati seguiti fin troppo alla
lettera. Sappia che ciò che le riferirò mi è stato raccontato da altri, in
quanto non sono stata propriamente cosciente durante gli eventi. Intanto, le
posso dire che i suoi sensi di medico non l’hanno ingannata, avevo davvero
smesso di respirare e me ne stavo andando. Ora, lei comprenderà che prima di
intraprendere la mia missione dall’interno ho voluto coprirmi le spalle
facendomi sorvegliare continuamente da alcuni topi a me fedeli. Non sarebbero
dovuti intervenire se non in caso di estrema necessità, cosa che è avvenuta
quando mi hanno vista in serio pericolo. L’hanno stordita e mi hanno portata qui
a casa Ansmauser con una carrozza a bordo della quale sono stata temporaneamente
rianimata. Per farla breve sono stata curata tempestivamente da Tobias,
rimanendo comunque tra la vita e la morte per un paio di giorni, dopodiché ho
cominciato a svegliarmi. Non appena sono stata abbastanza in grado di intendere
e di volere ho cercato di mettermi in contatto con Sherringford. Ricorderà
sicuramente la visita di Selena circa quattro giorni dopo gli
eventi.”
Topson
annuì, mentre gli eventi cominciavano a farsi man mano più
chiari.
“Bene,
il vero scopo della sua venuta a Baker Street era la consegna di un messaggio da
parte mia. Tra una lacrima e l’altra ha infilato il biglietto nella vestaglia di
Sherri in modo da fornirgli il punto di partenza per
procedere.”
“Ecco
come ha fatto Basil a sapere che lei era sopravvissuta.” Disse Topson, sempre
con una punta di amarezza.
Brynna
gli sorrise:
“Non
se la prenda dottore, sa com’è fatto Basil.”
“Mi
sa che è un tratto di famiglia” fu la secca replica.
La
topolina rise.
“Vedo
che ha parlato prima con Selena. Avete lo stesso punto di
vista.”
“Signorina
Basil” riprese Topson “Per quale ragione sono stato tramortito? Non potevano
semplicemente dirmi che vi avrebbero portato qui? Perché farmi credere la sua
morte? Perché non portarla via prima, quando ci trovavamo al
locale?”
Brynna
tornò seria.
“Come
le dicevo prima” cominciò “mi dispiace che i miei ordini siano stati eseguiti
fin troppo alla lettera. Non che mi aspettassi diversamente, ma non volevo che
andasse a suo discapito. Vede, dottore, quando ho stabilito il piano di azione
ho chiesto ai miei aiutanti la massima segretezza, in modo da poterli
salvaguardare da qualsiasi azione punitiva da parte di Rattigan. Loro hanno
ovviamente acconsentito. Questo risponde praticamente a tutte le sue domande:
non mi hanno soccorsa al locale perché sarebbero stati immancabilmente notati e
riconosciuti. Per quanto riguarda il colpo in testa che ha ricevuto, e per il
quale le esprimo un’altra volta la mia mortificazione, la mia morte e tutto il
resto.. beh, può immaginarlo: lei non avrebbe saputo chi mi aveva presa e così
nemmeno Basil e Rattigan. Entrambi avrebbero creduto che il responsabile fosse
l’altro, un mezzo estremamente utile per nascondermi e riprendermi con calma. Mi
dispiace che lei abbia dubitato dei suoi sensi di medico, non era mia
intenzione: anche noi Basil facciamo degli errori qualche volta, sa?” concluse
poi, con un piccolo sorriso sul volto ancora segnato dai colpi di
Rattigan.
“Lo
so perfettamente” rispose Topson sospirando. “Sono felice che stia bene, Basil
era davvero affranto.”
“Posso
immaginare. E chissà che pazienza deve aver avuto lei per sopportare lui e la
Blackwood messi insieme.” Disse Brynna.
“In
effetti sono stati giorni un po’ tesi. Se posso chiederlo, perché c’è così tanto
astio tra lei e Cornelia?” domandò Topson
Brynna
fece spallucce.
“Vecchie
antipatie, suppongo. Non ci sopportiamo dai tempi della scuola e tale
inimicizia, se così si può definire, è rimasta negli anni. Se ci aggiunge poi il
fatto che io collaboro attivamente con mio fratello mentre lei resta esclusa la
maggior parte delle volte.. capirà che i rapporti non possono essere proprio
idilliaci.”
“Mi
sembra una guerra stupida.” Commentò il dottore.
“Condivido
la sua opinione ed ammetto parte delle mie colpe, ma avrà notato che ho cercato
di non aggiungere altri ceppi al focolare.”
“Sì,
ha ragione” ammise Topson. “Anzi, forse ha fatto anche più di quello che
doveva.” Aggiunse poi, strappando l’ennesimo mezzo sorriso a Brynna.
Incoraggiato da ciò, decise di esternare un’altra curiosità che aveva da un po’
di tempo: “E non è la prima volta che lo fa, vero?” chiese, notando che la
topolina aveva inarcato un sopracciglio con fare
interrogativo.
“Basil
mi ha accennato qualcosa riguardo a sua marito…” interruppe a metà la sua
domanda quando vide che il viso di Brynna si era rabbuiato in un modo improvviso
e, non gli venne in mente altro termine, pericoloso. “Come non detto.” Provò a
risolvere.
“A
titolo informativo” cominciò Brynna in tono cupo “non amo parlare di questo
argomento. Avrà sentito quello che ha detto Rattigan quella sera, provi a trarne
le sue conclusioni, ma per quanto riguarda i dettagli temo che rimarrà a bocca
asciutta e che non potrà pubblicare la mia storia in uno dei suoi raccontini sul
giornale.”
“Non
avevo intenzione di..” provò a difendersi Topson, ma fu interrotto da Basil che
aveva fatto il suo ingresso nella stanza.
“Lo
sappiamo che non ne aveva intenzione, caro dottore, ma deve capire che questo è
un nervo scoperto e che Brynna tende a reagire in modo un po’ brusco quando lo
si tocca.” Disse l’Investigatopo, avvicinandosi al letto per baciare la fronte
della sorella e per prenderle le mani che, il dottore notò, stavano tremando.
“Mi
scusi, dottore” mormorò Brynna.
“Sono
io che devo scusarmi, le prometto che non accennerò più
all’argomento.”
La
topolina annuì, poi si rivolse a Basil.
“Buongiorno,
cosa è successo?”
Una
smorfia comparve sul viso dell’investigatopo.
“Rattigan
ci vuole vedere tutti, lo faccio entrare?”
Brynna
scosse la testa.
“Andiamo
nella biblioteca qui al primo piano.” Disse tirandosi a sedere e facendo per
alzarsi in piedi, solo per essere fermata dal fratello.
“Mi
permetta, madame” disse lui, prendendola in braccio, guadagnandosi uno sbuffo da
parte della topolina, che poi si rivolse a Topson: “Dottore, potrebbe chiedere
alla cameriera di portare qualcosa da mangiare in
biblioteca?”
Neanche
cinque minuti dopo, tutti e tre insieme a Rattigan si trovavano nella
biblioteca, seduti sulle sedie lì presenti, tranne Brynna, che Basil aveva messo
su un divano in modo che potesse stare sdraiata.
Dopo
che la cameriera ebbe portato un vassoio su cui erano stati posti del cibo e del
tè e se ne fu andata, Rattigan si decise a parlare:
“Considerata
la situazione nel suo insieme, ho deciso di accettare la vostra
proposta.”
“Era
l’unica scelta logica” commentò Brynna. “Bene, stabilito questo, come
agiamo?”
“Qualcuno
è a conoscenza di raduni importanti o riunioni particolari delle Camere?” chiese
Basil. Gli altri scossero la testa. “Allora non possiamo fare altro che
aspettare.”
Le
cose però non andarono propriamente come si erano aspettati. Passarono i giorni,
Brynna recuperava lentamente ma costantemente, seguita passo passo da Tobias e
Selena, Rattigan e Basil passavano la maggior parte del tempo nelle loro
rispettive camere o a controllarsi a vicenda, mentre Topson cercava di
intrattenersi come meglio poteva: conversava con i coniugi Ansmauser e con
Brynna per lo più, oppure leggeva qualche libro preso dalla biblioteca della
casa.
Passò
così una settimana e gli animi cominciavano a surriscaldarsi. Basil era sempre
più in pensiero per Cornelia, Rattigan sembrava una tigre in gabbia ed in
generale la tensione si tagliava con il coltello.
“Ma
insomma, che aspetta?” esclamò una sera il professore.
“Vorrei
saperlo anch’io” rincarò Basil “ci sono stati almeno quattro incontri
importanti, abbiamo fatto fare degli appostamenti, ma niente. Brynna, comincio a
pensare che ti sia sbagliata.”
“Probabilmente
ci è sfuggito qualcosa” replicò lei, mentre camminava per la stanza
appoggiandosi al braccio di Selena.
“TI
è sfuggito qualcosa.” Precisò Rattigan, guadagnandosi un’occhiataccia dalla
topolina. “Comincio a chiedermi perché non vi ho ancora uccisi tutti e non me ne
sono andato. Inizio a seccarmi Brynna.” Continuò minaccioso.
“Forse
stavolta è quella buona” provò ad inserirsi Topson “il sorvegliante di turno non
ci ha ancora portato alcuna notizia.”
“Io
non credo che lo farà, come non lo farà nemmeno domani ed io mi sto seriamente
stancando.” Replicò Rattigan.
“Non
c’è problema” esclamò Basil “Se ti vuoi tirare indietro, professore, dillo
subito così possiamo mandarti in cella e chiudere questa ridicola
storia.”
“Ci
andrò non prima di averti fatto a pezzi.” Ribatté
Rattigan.
La
situazione si stava surriscaldando e Topson stava già pensando di andare a
prendere la pistola che aveva lasciato in camera sua quando il suono del
campanello fece scendere il silenzio nella stanza. I presenti sentirono la porta
di ingresso aprire e chiudersi, poi udirono un lieve bussare alla porta. Dopo
che Rattigan si fu nascosto dietro una tenda, la cameriera entrò nella
biblioteca, annunciando il topo che aveva appena finito il suo turno di ronda al
Parlamento.
“Ebbene?”
chiese Brynna senza troppi giri di parole.
“Tutto
tranquillo signora, niente di insolito, niente riunioni speciali, niente
decisioni, niente rapimenti, nulla.”
L’atmosfera
di silenzio pregnante di tensione causata da quel momento fu disturbata da
Tobias, che deposto il giornale che stava leggendo,
commentò:
“Niente
riunioni speciali, niente decisioni… alle volte mi chiedo cosa ci stiano a fare
là.”
“Beh
signore” rispose il topo “per quel poco che ne so, non possono prendere
decisioni se non sono al completo o quasi.”
Basil
drizzò le orecchie.
“Vuoi
dire che mancava qualcuno all’appello e non ce l’hai
riferito?”
“Non
l’ho riferito perché sono tutti in qualche modo giustificati. Da quello che ne
so, sono fuori città per le vacanze di Natale.”
“Il
che spiega l’assenza di alcuni, ma non di un numero tale da non permettere ai
Parlamentari di prendere delle decisioni.” Commentò Brynna “Ce la fai a farmi
avere un elenco di tutti quelli che sono fuori città?”
“Ci
provo signora” rispose il topo, uscendo dalla stanza.
I
due fratelli si guardarono.
“Forse
abbiamo fatto un errore di calcolo.” Commentò Brynna.
“Già”
fece Basil.
“In
che senso?” chiese Topson, che ancora non aveva ben capito la
situazione.
“Quello
che vogliono dire i fratellini” rispose Rattigan che era uscito da dietro la
tenda “è che con ogni probabilità Moriarty non ha mai avuto intenzione di
prelevarli tutti insieme: lo sta facendo uno alla volta.”
FINE
DEL CAPITOLO
|
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Capitolo 32 *** Si parte ***
Note
dell’autrice: risparmiandovi le solite inutili scuse sulla mancanza di tempo –
anche se purtroppo è così – vorrei dedicare questo capitolo a due persone: a
Twilight 2006 che ogni tanto mi ricorda di aggiornare; a Ashley Snape a cui,
dopo tanti anni, ho finalmente dato un volto.
Buona lettura.
CAPITOLO
31
Cornelia
se ne stava seduta nella sua stanza, presumibilmente al secondo piano di un
qualche abitato forse fuori, forse dentro Londra. Aveva ormai rinunciato a
cercare di scoprirlo. Quella stanza aveva le finestre, certo, peccato che
fossero tutte sbarrate con grosse e pesanti assi di legno. Non poteva mai uscire
e l’unico contatto che aveva con l’esterno era Elizabeth. Ancora non riusciva a
credere agli eventi di quell’ultimo periodo, nonostante avesse avuto molto tempo
per rifletterci sopra: Moriarty aveva preso il posto di Rattigan a capo
dell’organizzazione, portandosi dietro i suoi personali scagnozzi; Basil, il
Professore e Topson erano ancora probabilmente intrappolati nelle fogne dove si
erano calati e, vista la situazione, ci sarebbero rimasti per un bel po’;
Brynna, l’unica che avrebbe potuto salvarli, era scomparsa, forse
definitivamente, dalla circolazione.
E questi non erano i soli problemi: da un po’ di tempo a quella
parte aveva sentito un certo via vai al piano inferiore. Aveva cercato di
indagare e, seppur con scarsissimi risultati, aveva in qualche modo intuito che
qualcosa di grosso stava bollendo in pentola. Era frustrante però essere lì, in
quella che doveva essere la base operativa e non poter fare nulla di
nulla.
C’era
inoltre da considerare quella snervante, logorante sensazione che ogni cosa
fosse in qualche modo successa per causa sua. Brynna era stata scoperta per via
della sua intrusione, Basil probabilmente era stato catturato perché distratto
dalla sua presenza. Si prese il viso tra le mani, sospirando di
frustrazione.
“Suvvia, Cornelia, non è necessario fare tutte queste
scene, non cambieranno di certo la tua situazione.” Disse Elizabeth, entrando
nella stanza, portando la cena su un vassoio.
“Io
mi chiedo con quale faccia tosta tu mi rivolga ancora la parola.” Replicò
l’altra, guardandola torva.
“Ma
per farti un po’ di compagnia, mia cara, mi pare ovvio.” Le rispose la
dottoressa, posando il vassoio su letto. “Un tempo apprezzavi conversare con
me.”
“Sì,
quando credevo che fossi una persona dalla solida integrità morale.” Disse
Cornelia, cominciando a mangiare.
“Integrità morale! Non farmi ridere,
cos’è in fondo l’integrità morale? Chi è che la possiede davvero? Anche il più
onesto dei topi ha i suoi lati oscuri. Se io avessi seguito le convenzioni a
quest’ora non sarei certo quello che sono diventata.”
“Devi esserne
davvero molto orgogliosa.” Borbottò l’altra.
“No, non lo sono.” Replicò
Elizabeth asciutta. “Non avrei voluto dovermi legare a questa gente. Ma non ho
avuto scelta, Cornelia. Tu sei stata fortunata, ma fai anche un lavoro diverso,
uno che le donne possono fare pur con tutti i pregiudizi del caso. Io invece non
sarei mai riuscita a coronare il mio sogno a causa del pregiudizio maschilista
che ancora alberga in questo paese. Quando il Professore mi ha offerto
l’opportunità di farmi valere in cambio di passargli delle informazioni su di te
non mi sono tirata indietro.”
“E lo confessi così, senza un minimo di
rimorso?” chiese Cornelia, allibita. “Credevo che fossimo amiche.”
“Ma
lo siamo, mia cara.” Rispose l’altra con un sorriso. “Lo siamo, altrimenti ti
assicuro che saresti stata trattata molto diversamente: non avresti una stanza
per te e saresti importunata di continuo. Dovresti ringraziarmi in
effetti.”
Cornelia sbuffò, indispettita. Aveva un bel coraggio a dire
quelle cose! Decise comunque di trattenersi: fare una sfuriata, benché fosse
un’opzione appagante, non avrebbe certo risolto la situazione. Continuò così a
mangiare senza rivolgere la parola a Elizabeth e chiedendosi come avrebbe potuto
riguadagnare la libertà e rimediare a tutti i guai che aveva
causato.
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Frattanto,
in casa Ansmauer, il clima da nervosamente frustrato era diventato
freneticamente frustrato. Dalla notizia che qualcosa si stava finalmente
muovendo – o meglio, che l’aveva fatto a lungo sotto il loro stesso naso – Basil
e Rattigan erano diventati piuttosto intrattabili. Rassegnatisi ormai all’idea
di dover stare dalla stessa parte per quella volta, passavano le giornate ad
attendere di sapere dove venissero condotti i Lord del Parlamento. Il tempo
stringeva, quando le vacanze fossero giunte al termine sarebbe stato troppo
tardi per intervenire. Sembrava però che si fossero tutti volatilizzati senza
lasciare alcuna traccia, la qual cosa era impossibile. Sembrava inoltre
incredibile che nessuna delle famiglie si fosse fatta avanti per far notare la
scomparsa del proprio caro.
Dopo
alcune estenuanti sessioni di riflessione in comune, i due, insieme a Brynna,
erano arrivati alla conclusione che ci doveva essere qualcuno che faceva la
prima parte del lavoro dall’interno. Il tutto stava nell’individuarlo, un
compito tutt’altro che semplice. Mediante una conoscenza di Basil erano riusciti
a farsi recapitare l’elenco dei Parlamentari e, dopo aver scartato i nomi di
coloro che erano già “andati a casa per le vacanze”, erano rimasti con una lista
di all’incirca un centinaio di nominativi. Si erano allora messi a controllarli
tutti, a confrontarsi su quanto sapessero circa ogni individuo e, soprattutto,
se tra questi figurasse qualcuno che già in precedenza aveva avuto a che fare
con il mondo della criminalità organizzata, tenendo conto delle sparizioni che
continuavano ad avvenire: un lavoro tutt’altro che semplice e che aveva causato
parecchi mal di testa e liti accese. Topson, nel suo piccolo, aveva cercato
di presenziare il più possibile e di sedare quegli inutili battibecchi.
Alla
fine, circa una settimana prima di Natale, erano riusciti a ridurre la lista a
cinque nomi di probabili sospettati. Non che questo migliorasse molto le cose:
ciascuno di questi cinque poteva essere il loro topo, ma anche se fossero
riusciti a trovarlo, era chiaro che questo individuo faceva solo da tramite e
poteva anche non sapere dove venissero condotti i suoi colleghi. La
situazione era davvero complessa e soprattutto molto delicata: se avessero
commesso anche un solo, minuscolo passo falso sarebbero stati scoperti. Tutto
ciò che potevano fare era continuare a cercare qualcosa o aspettare una buona
notizia dagli informatori di Brynna che, frattanto, continuavano a sorvegliare
la situazione.
Quel pomeriggio si trovavano ancora una volta tutti e
quattro nella biblioteca al primo piano, intenti a spulciare ciò che avevano
raccolto. La stanza, nonostante le continue proteste degli Ansmauser, era
immersa nel fumo proveniente dalla pipa di Basil e dalle sigarette di Rattigan.
Brynna, che si era ormai praticamente ristabilita, se si faceva eccezione per
qualche cautela che usava in alcuni dei suoi movimenti, stava seduta al tavolo
centrale a scribacchiare qualcosa su un foglio di carta. Topson, invece, si
trovava su una delle poltrone intento, o almeno così sembrava, a leggere i
risultati che avevano ottenuto nelle ultime settimane. L’impazienza impregnava
la stanza alla pari, se non addirittura di più, della coltre di
fumo.
“Avrei una proposta” disse Brynna ad un certo punto, alzando lo
sguardo sugli altri occupanti.
“Dimmi che comprende l’uscire da questa
casa.” Commentò Rattigan dalla sua posizione davanti ad alcuni scaffali.
“Non
esattamente.” Replicò lei. “Pensavo che potremmo cominciare ad organizzarci su
come agire una volta che sapremo il luogo esatto dove vengono trattenuti i
Parlamentari.”
“Credo che questo spetti a chi dovrà agire in prima
persona, Brynna.” Le disse Basil, scendendo dal davanzale della finestra ed
avvicinandosi a lei. La topolina lo guardò, poi gli rivolse un sorriso
ironico.
“Ah sì, certo, le donne restano a casa.” Commentò
sarcastica.
“Signora Basil, cerchi di ragionare, non è ancora pienamente
in condizione di muoversi normalmente, non sarebbe saggio mettere a rischio la
sua vita.” Le disse Topson, in un tono che cercava di esser convincente,
ottenendo solo un cenno di diniego.
“Di
questo ne riparleremo poi.” Disse Brynna. “Ora è necessario stabilire come fare
a risolvere tutto in una volta sola. Ho fatto una lista degli obiettivi”
aggiunse, alzando il foglio su cui aveva scritto fino a pochi istanti prima.
“Sarà necessario liberare i Parlamentari facendo sì che escano incolumi, inoltre
bisognerà catturare Moriarty prima che lui si renda conto di ciò che sta
succedendo e prima che riesca a scappare.”
“Mi sembra piuttosto
difficile.” Commentò Rattigan. “Non ha topi, ma ragni al suo servizio. Sarà
praticamente impossibile riuscire a neutralizzarli.”
“Obiezione accolta”
commentò Brynna appuntandosi qualcosa. “Allora, forse, sarà meglio prima trovare
un modo per neutralizzarli e poi liberare i prigionieri.”
“E
Cornelia?” chiese Topson. Brynna lo guardò come se volesse rispondergli qualcosa
che, il dottore ne era sicuro, sarebbe stato poco piacevole, poi pensò di
trattenersi.
“Lei rientra nella categoria dei prigionieri, dottore,
quindi nella seconda fase del piano.” Gli rispose infine, tornando a
concentrarsi sul suo foglio.
“Brynna, hai detto cose abbastanza scontate
fino ad ora.” Intervenne Basil. “L’intento di distrarci è nobile ma stupido,
lasciatelo dire.”
“Concordo con lui” disse Rattigan, sorprendendo tutti e
guadagnandosi una fulminata da parte di Brynna.
“E allora fuori le vostre
idee, signori, sempre che ne abbiate” replicò stizzita, tornando a concentrarsi
sul suo foglio.
Topson sospirò, preoccupato: l’intera situazione sembrava
un ordigno sul punto di esplodere e le conseguenze rischiavano di essere
disastrose. Si ritrovò a sperare con tutto se stesso che accadesse qualcosa,
qualsiasi cosa in modo che quella vicenda si potesse finalmente risolvere.
Le sue preghiere furono esaudite con una rapidità sorprendente: pochi
minuti dopo, mentre nella stanza si svolgeva l’ennesimo litigio tutti contro
tutti – di recente, infatti, anche Basil e Brynna avevano cominciato ad
aggredirsi – arrivò Tobias Ansmauser ad annunciare che uno degli informatori era
tornato e che sembrava avere delle notizie urgenti.
Il topo fu fatto
entrare e Topson non poté che provare compassione per quel poveretto, il quale
venne immediatamente messo sotto pressione dagli sguardi degli altri tre
occupanti della stanza, simili a predatori con gli occhi puntati sulla
preda.
“Ebbene?” chiese Brynna, rompendo il silenzio con meno delicatezza
di quanto il dottore avrebbe auspicato. Il topo torceva il proprio cappello con
le mani, in preda al nervosismo, ma dopo un po’ trovò il coraggio di
rispondere:
“Signora, io credo di aver scoperto qualcosa, ma non ne sono
sicuro, io…”
“Spero per te che tu non sia venuto a fami perdere del
tempo, altrimenti…” lo minacciò Rattigan. L’altro deglutì e scosse la
testa.
“No, signore, non è questa la mia intenzione. Il fatto è che credo
di sapere dove sono stati portati i Lords.”
“Diccelo allora, avanti.” Lo
incalzò Basil. Il topo annuì.
“Sono ancora al Parlamento, signori.”
Annunciò, affrettandosi poi a spiegare prima che gli altri potessero
interromperlo. “Il fatto è che abbiamo deciso di cominciare a sorvegliare tutte
le entrate e le uscite, prendendo nota dei topi e facendo attenzione ai nostri
spostamenti. Ci siamo resi conto che quelli che sparivano erano quelli che non
varcavano più la soglia dopo aver fatto il loro ingresso. Ragion per cui, devono
essere ancora lì.”
Basil, che aveva ascoltato tutto con attenzione, si
prese il mento con una mano, cominciando a riflettere:
“Certo che è
davvero strano, anzi, quasi insensato direi.”
“E perché mai, Basil?” si
intromise Rattigan, con un ghigno. “A me pare una strategia logica: rapire i
membri del Parlamento fuori dalle sue mura sarebbe più difficile che non farlo
al suo interno, dove c’è più confusione e dove è più semplice trovare una
ragione per l’assenza di qualcuno.”
“La mia perplessità era rivolta ad un
altro elemento: dove li tengono? Ormai gli scomparsi saranno parecchi, non si
potrebbero non notare.” si domandò l’investigatopo.
“Non è detto che
debbano tenerli lì” gli rispose Rattigan “Esistono dei cunicoli collegati alla
rete fognaria sotto il Parlamento. Possono condurre in molti posti diversi, non
sarebbe poi così impossibile farli passare da lì per portarli da un’altra
parte.”
“Il che non ci fornisce molti elementi nuovi.” Commentò Topson.
“Sapevamo già che il Parlamento era il punto di partenza, non è una
novità.”
“Questo è pur vero dottore, ma confido che il nostro professore
qui, una volta trovato il cunicolo giusto sappia seguire le tracce fino alla
nostra destinazione, dico bene?”
“E’ una possibilità” rispose Rattigan
dopo aver ascoltato l’osservazione. “Direi di metterci in marcia stanotte
stessa.”
“Non vi sembra di correre troppo?” Intervenne Brynna. “Dovremmo
prima organizzarci su come agire e su cosa fare: sarebbe da stupidi andare a
vedere dove li tengono senza sapere come farli uscire, non vi pare?”
“Parli sempre come
se volessi unirti a noi, Brynna: non hai capito che non succederà?” le disse
Rattigan, con un ghigno, guadagnandosi un’occhiataccia che ebbe il solo
risultato di far scoppiare a ridere il criminale. Topson le si avvicinò, osando
metterle una mano sulla spalla. Stava giusto per cercare di dirle qualcosa
quando lei, con un gesto stizzito, aveva scansato la mano dalla sua spalle e,
con passi lenti, era uscita dalla stanza e si era diretta nella sua camera. Il
dottore si rivolse verso Basil, che fece spallucce.
“Le passerà. Ora
dobbiamo pensare ad andare là dentro e…”
“E cosa, Basil? Tua sorella ha
ragione, non abbiamo un piano.” Lo interruppe Topson. “Non sappiamo cosa ci
aspetta una volta arrivati: non ha senso andare là e farsi catturare di nuovo,
ti pare? Inoltre siamo solo in tre, non sappiamo quanti avversari ci troveremo
contro.”
“Sono obiezioni giuste, dottore. O almeno lo sarebbero e noi
fossimo effettivamente in tre. Credo che il nostro professore, qui, abbia ancora
delle leve su cui fare affidamento.” Rispose il detective, rivolgendosi a
Rattigan, il quale gli rivolse un mezzo sorriso.
“Non mi ci vorranno che
pochi minuti per radunare tutti, una volta che saremo nelle fognature.” Replicò.
“Ora, se volete scusarmi, vorrei andare a prepararmi.” Concluse, prima di uscire
anche lui dalla stanza. Udirono i suoi passi in corridoio e, quando sentirono la
porta della sua stanza aprirsi e richiudersi, Topson si avvicinò
all’amico.
“Basil, sei sicuro di voler correre questo rischio? Noi, da
soli, contro i topi di Rattigan? E se decidessero di rivoltarsi?”
“Oh, è
ovvio che lo faranno.” Gli rispose l’Investigatopo, andando a sedersi in
poltrona, lasciando il dottore allibito.
“Se è tanto ovvio, perché ci
andiamo?” chiese, sedendosi di fronte a lui. Basil gli rivolse un
sorrisetto.
“Perché, benché l’obiettivo finale sia lo stesso, Rattigan
lotterà per vendicarsi di Moriarty e dei suoi. Facendo così, noi avremo una
maggiore possibilità di liberare i Parlamentari nella confusione generale. E’
rischioso, lo so, ma probabilmente è la cosa migliore da fare.”
“E perché
non potremmo intervenire in un secondo momento? Perché non potremmo lasciare che
si scannino tra di loro e poi intervenire con l’aiuto di Scotland Yard?” chiese
di nuovo Topson.
“Perché i Parlamentari costituiscono un ottimo punto di
partenza per chiunque voglia mettere in atto il piano di Moriarty. Anche
Rattigan si è accorto che è una bella idea e non esiterà a metterla in pratica
se e quando riuscirà a battere il suo rivale. Un intervento secondario potrebbe
rivelarsi tardivo.”
Il dottore cercò qualcosa per poter ribattere, ma
alla fine si arrese: in effetti, Basil aveva ragione ed il suo piano poteva
anche funzionare. Sospirando, fece un cenno di assenso. “D’acccordo. Suppongo
che dovremmo andare a prepararci allora.” Disse, alzandosi in piedi.
L’investigatopo annuì. “Direi di sì. Vai avanti, io passo a salutare
Brynna poi vengo a prepararmi.”
Topson lo salutò con un cenno del capo
ed uscì, imitato poco dopo dall’amico che si diresse verso la stanza della
sorella. Giunto davanti alla porta, bussò e, ricevuto il permesso per entrare,
fece il suo ingresso. Brynna era seduta alla scrivania, presa da quella che
sembrava una correzione di un copione teatrale. Le si avvicinò e si sedette sul
letto.
“Allora è deciso, partite senza di me.” Disse lei, senza
guardarlo.
“Ti prego, non diventare come Cornelia.” Le rispose lui.
“Ora non mi offendere Sherringford, non ce n’è bisogno” replicò lei,
voltandosi e sorridendogli. “Lo capisco, so che sarei un peso per voi nelle mie
condizioni. Volevo solo vedere come sarebbe andata a finire questa storia. Beh,
suppongo che mi dovrò rassegnare.”
Lui ricambiò il sorriso e le prese le
mani, sebbene l’improvvisa arrendevolezza della sorella lo
sorprendesse.
“Sono felice che tu abbia compreso.” Le disse comunque. La
sorella gli strinse le mani.
“Inoltre, stasera Selena, per consolarmi,
ha detto che mi porterà ad una festa. Non temere, ci andrò con una parrucca e
tanto trucco.” Gli disse, affrettandosi poi a tranquillizzarlo. “La notizia
della mia scomparsa non si è diffusa, ma non voglio comunque dare nell’occhio
con tutti questi lividi. Ho anche il sospetto che questa sia una scusa della mia
cara amica per non darmi tempo di avere colpi di testa.”
Ah ecco, ora la
riconosceva. Basil si trovò a ringraziare mentalmente la signora Ansmauser per
aver trovato il modo di distrarre Brynna e di tenerla sotto controllo senza
farle perdere la calma.
“Sono felice di sapere che sarai al sicuro.
Divertiti, mi raccomando.”
Lei sbuffò.
“Sarà estremamente noioso,
già lo so. Ad ogni modo, ho deciso di cogliere al volo quest’occasione per
uscire di casa. Spero di non dovermene pentire. Ora vai però, ti devi ancora
preparare. Stai attento, per favore.” Gli disse, baciandolo sulla
fronte.
Lui le sorrise ed uscì dalla stanza, incontrando Selena sulla
porta e quasi scontrandocisi. “Scusami. Vi lascio ai vostri preparativi, buona
serata.” La salutò, prima di andare nella sua camera. La topolina lo guardò
confusa, prima di avvicinarsi a Brynna, chiudendosi la porta alle
spalle.
“Non gli hai detto dove stiamo andando?” le chiese, sedendosi sul
letto.
“Gli ho detto che andavamo ad una festa, lui non ha voluto i
dettagli ed io non glieli ho forniti.” Fu la risposta di Brynna, a cui seguì un
sospiro da parte di Selena.
“Non sarà molto contento.”
“Suvvia,
anche se non lo fosse, cosa mai potrebbe farmi?” le chiese l’altra, voltandosi
verso di lei. “Inoltre non è detto che sia per forza di cose pericoloso. Quel
ragno non ci tiene a farsi vedere in pubblico, sono certa che non ce lo
troveremo davanti.”
“Me l’hai già detto e ti credo. Comunque mi sento più
sicura sapendo che Tobias ha deciso di accompagnarci” le rispose l’amica,
alzandosi ed andando all’armadio, aprendolo. “Allora, che colore
scegli?”
“C’è qualcosa di nero?”
“Brynna, per l’amor del cielo,
hai portato il lutto troppo a lungo.” Replicò la topolina, cercando tra gli
abiti. “Inoltre, ora come ora, metterebbe in risalto il tuo fisico debilitato.
Che ne dici di un bel bianco?”
“E rischiare di rovinarlo? No, che altri
colori ci sono?”
Le due rimasero a discutere per un po’ sui dettagli di
ciò che avrebbero indossato e a malapena si accorsero del fatto che la porta al
piano inferiore si era aperta e richiusa per far uscire Basil, Topson e
Rattigan.
FINE DEL CAPITOLO
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Capitolo 33 *** Moving ***
CAPITOLO
32
In piedi
accanto alla finestra, Cornelia cercava di scrutare tra le piccole fessure delle
travi che la sbarravano, più per impiegare il tempo che non per capire dove si
trovava, cosa a cui aveva rinunciato ormai da un po’. Nei momenti in cui
lasciava vagare la mente a ruota libera, si chiedeva disperatamente che cosa ne
sarebbe stato di lei, ma soprattutto che cosa ne era stato dei suoi amici. Era
chiaro che si stava preparando qualcosa in quella casa, qualcosa di grosso, e
che il loro avversario non voleva ostacoli sulla sua strada. Si era però accorta
che, da qualche giorno a quella parte, i rumori si erano un po’ placati, come se
ormai l’operazione fosse quasi conclusa. Quindi, come era logico supporre, anche
lei presto avrebbe scoperto quale sarebbe stato il suo destino. Quello era
un altro dei punti oscuri, visto che non riusciva proprio a capire cosa avessero
in serbo per lei. Già il rapimento le era parso assurdo: perché l’avevano presa,
tanto per cominciare? L’unica spiegazione che le era venuta in mente era per
tenere a bada Basil nel caso, quanto mai probabile, che fosse riuscito a
fuggire. Mentre si arrovellava su queste ipotesi, sentì dei passi che si
dirigevano verso la sua stanza. Erano familiari, quindi doveva trattarsi per
forza di Elizabeth. Strano che venisse a quell’ora, visto che era presto per la
cena. Un brivido le corse lungo la schiena senza che lei potesse impedirlo
quando comprese che, probabilmente, era giunta l’ora della verità. Rimase ferma
nella sua posizione anche quando sentì la porta aprirsi, senza voltarsi a
guardare la nuova arrivata che le si rivolse con voce gioiosa. “Ho una buona
notizia per te, Cornelia. Stasera uscirai di qui.” Le disse la topolina,
avvicinandosi e mettendosi accanto a lei. Solo allora l’altra si voltò
lentamente a guardarla. “Mi stai dicendo che sono libera?” chiese, ricevendo
una risata in risposta. “Non è quello che ho detto. Uscirai da questa stanza
per recarti nella tua nuova collocazione. Una volta là dovrai attendere fino a
nuovo ordine.” “E come mai mi spostate? Perché non posso rimanere
qui?” “Quante domande, Cornelia. Peccato che io non abbia l’autorità per
risponderti. Coraggio, seguimi senza fare storie e ti assicuro che andrà tutto
bene.” L’altra la fissò, valutando se ribellarsi e cercare di fuggire o
arrendersi subito. Considerata l’assurdità della prima opzione, sospirò e si
decise a seguirla. Elizabeth, per tutta risposta, le sorrise: “Bravissima,
sapevo che saresti stata ragionevole. Vieni” le disse, offrendole un braccio che
fu prontamente rifiutato. Le due uscirono dalla stanza e due ragni presero a
scortarle al piano inferiore. Mentre camminavano lungo il corridoio, Cornelia
poté vedere bene per la prima volta la casa in cui era stata trattenuta visto
che, al suo arrivo, era stata in fretta e furia condotta nella sua stanza: era
molto ben tenuta, anche se decisamente tetra e buia, probabilmente a causa del
suo status di covo criminale. Si chiese come avessero fatto i vicini a non
accorgersi di nulla, a non vedere le finestre sbarrate, a non incuriosirsi.
Quelle domande, per il momento, erano destinate a rimanere senza risposta. Una
volta scese le scale, Elizabeth la condusse ad una porta, presumibilmente quella
della cantina e le intimò di aprirla. Effettivamente, dall’altro lato, c’era una
rampa di gradini che sparivano nell’oscurità sottostante. Utilizzando una
lampada che le era stata fornita, scese le scale ritrovandosi in uno scantinato
dal basso soffitto, fatto completamente di mattoni e di legno. Era anche più
grande di quanto si sarebbe potuta immaginare, sembrava quasi che fosse un
immenso corridoio… no, un attimo, in effetti era un immenso corridoio visto che, alla
sua sinistra, alla luce di alcune torce appese al muro, poteva vedere che le
pareti correvano parallele per diversi metri.
“Andiamo”
le disse Elizabeth, indicandole quella direzione. “Cammina ed ignora le voci.”
Cornelia la
guardò sgranando gli occhi: ignora le voci?! E con quello cosa voleva dire? Si
guardò bene dal pronunciare quegli interrogativi ad alta voce, preferendo invece
avviarsi. Mentre camminava, si accorse che le pareti del corridoio, ad
intervalli regolari, si aprivano su delle stanze chiuse da sbarre, delle vere e
proprie celle. Dentro ciascuna di esse, stavano due topi che, al loro passaggio,
li fissarono, cominciando a chiedere di essere liberati, alcuni con voci molto
autoritarie, altri con modi decisamente volgari. Alla sua sinistra c’erano gli
autoritari, a destra gli altri. Cosa stavano pianificando quei criminali? Passò
il tragitto a chiederselo ed a formulare ipotesi in merito senza però giungere a
niente, cercando sempre di ignorare le voci di quei topi imprigionati che
gridavano all’affronto, alla congiura, al tradimento e ad altre cose che persino
la sua mente si rifiutava di ripetere. Dopo un po’, le celle scomparvero ed i
quattro si ritrovarono a proseguire il cammino mentre l’aria si faceva sempre
più pesante. Il terreno su cui posavano i piedi, però, era costituito da pietre
che, nonostante la notevole umidità dell’ambiente circostante, faceva sì che
potessero camminare all’asciutto. Probabilmente, si disse Cornelia, si trovavano
in una specie di tunnel segreto di quelli che servivano per far scappare
velocemente i topi che potevano essere in disaccordo con la monarchia vigente o
che erano perseguitati per altri motivi (in fondo, anche loro come gli umani
avevano avuto dei tempi bui). La “passeggiata” le parve infinita, i piedi le si
erano fatti pesanti (non che non fosse allenata a muoversi molto, ma non era
abituata a cose simili). Alla fine, giunsero davanti ad una scala molto angusta
che saliva a chiocciola verso l’alto. Dopo essersi voltata verso Elizabeth,
notando che i ragni che le avevano accompagnate si erano ritirati, ed aver
ricevuto un cenno d’assenso, Cornelia cominciò a salire i gradini, sentendo
l’aria farsi mano mano più respirabile, com’era logico aspettarsi visto che
stavano tornando a posare i loro piedi sulla terra e non sotto essa. Arrivata in
cima, prese una bella boccata d’aria e sentì la sua compagna fare altrettanto:
evidentemente anche lei non era abituata a quel genere di percorso. Una volta
che entrambe si furono riprese, Elizabeth la condusse ad una porta, aprendola.
Subito, un vociare indistinto giunse alle orecchie dell’attrice: i toni, però,
non erano spaventati o confusi, ma sembravano tranquilli, quasi…
divertiti.
Elizabeth
si voltò verso di lei e le disse: “Non una parola” prima di prenderla a braccetto e
condurla lungo un corridoio, molto diverso da quello che aveva attraversato fino
a quel momento, in quanto pulito, ben arredato, ampio e luminoso. Mentre lo
attraversavano si accorse che l’ambiente le era decisamente familiare: ma certo,
era la casa di Elizabeth, dove aveva passato molti momenti diversi anni prima
quando ancora erano amiche. Mentre attraversavano il corridoio , vide che, alla
sua destra, si apriva una doppia porta di legno lucido, la quale dava su
un’ampia sala illuminata, piena di topi intenti a conversare amabilmente tra di
loro: era evidente che si trattava di una festa, o comunque di una cena
elegante. Dal poco che scorse, vide che alcuni invitati avevano una maschera sul
viso, altri no invece, ma non fece in tempo a chiedersi che logica ci fosse
dietro quella differenza, visto che Elizabeth la condusse su per una scalinata,
facendole salire due rampe strette prima di giungere ad un pianerottolo.
Percorsi pochi passi, la topolina si fermò aprendo una porta alla loro destra e
facendoci entrare Cornelia.
“Ecco il
tuo nuovo alloggio. Te lo ricordi, vero? Spero che ti piaccia come l’ho
arredato, anche se non dovrai starci per molto tempo.”
L’altra era
nel frattempo entrata nella stanza, costatando che non era molto diversa da
quella che ricordava, eccezion fatta per l’unica finestra la quale era stata
accuratamente murata. Non fece nemmeno in tempo a dire qualcosa che la porta si
richiuse alle sue spalle. Udì la chiave girare nella toppa e dei passi
allontanarsi. Sospirando, si sedette sul letto e si mise di nuovo a pensare,
arrivando a supporre che ci fosse un’unica spiegazione per il suo spostamento:
qualcosa – o più probabilmente qualcuno – si stava muovendo e ciò aveva messo in
allerta i criminali tanto da farla portare in un luogo più sicuro. Se la
questione la rincuorava da un lato, dall’altro la faceva sentire inquieta:
questo perché i suoi carcerieri non avevano avuto alcuna fretta, né si erano
mostrati eccessivamente nervosi, il che significava che pensavano di avere ogni
cosa sotto controllo. Aveva una brutta sensazione, ma anche la speranza che
tutto, presto o tardi, si sarebbe risolto.
Frattanto,
in una strada a qualche miglio di distanza…
Tre ombre
si muovevano nei pressi del Parlamento inglese, a Westminster. Facevano il
possibile per non dare nell’occhio, mentre cercavano il punto esatto da cui fare
il loro ingresso. Sapevano di dover entrare nell’edificio, ma la porta
principale non era un’opzione da dover considerare e così le altre porte. Dopo
aver vagliato diverse possibilità, avevano deciso di sfruttare una strada poco
convenzionale: le fognature. La scelta aveva fatto preoccupare Topson e non
poco: Basil sapeva orientarsi perfettamente in quell’ambiente, ma per Rattigan
era come tornare a casa. Chi li assicurava che, una volta entrati, non li
avrebbe attirati in un punto a lui favorevole per poi ucciderli? Aveva provato a
spiegare le sue perplessità e paure all’amico investigatopo, ma non ci era
riuscito perché l’altro l’aveva zittito. Sapeva di doversi fidare di lui, ma non
riusciva a scacciare la sensazione di disagio che l’aveva pervaso. Era stata
proprio quest’ultima a fargli decidere di portare non solo il revolver, ma anche
alcune munizioni di riserva per ogni evenienza.
“Ecco, ci
siamo” annunciò il Professore, avvicinandosi ad una grata all’angolo della
strada “Questa ci condurrà proprio sotto il Parlamento.” Continuò, mentre Basil
gli si affiancava, scrutando la grata sotto di sé, prima di chinarsi ed aprirla.
“Vado prima
io, tu mi segui e Topson starà in fondo.” Dichiarò. Il dottore, rimasto poco
indietro, si aspettava che Rattigan replicasse, ma questi si limitò a stare in
silenzio, alimentando la sua sensazione riguardo il fatto che qualcosa non
andava. Basil però parve non curarsene perché cominciò a scendere nel condotto,
seguito dal criminale che, prima di sparire oltre il bordo della strada, rivolse
un sorrisetto a Topson. Quest’ultimo, dopo solo alcuni istanti di esitazione, si
affrettò a scendere a sua volta, richiudendo la grata dietro di
sé.
Una volta
toccato il fondo con i piedi, si accorse che l’oscurità era pressoché totale, se
si escludeva la luce flebile che filtrava tra le inferriate sopra di loro.
Fortunatamente, Basil aveva portato con sé una lanterna cieca che si affrettò ad
accendere, scrutando l’oscurità.
“Da che
parte, Professore?” chiese, puntando il fascio di luce alla loro destra e poi
alla loro sinistra.
“Di qua”
rispose Rattigan, incamminandosi prima di venire bloccato dall’Investigatopo.
“La disposizione resta quella di prima.” Dichiarò, prima di dirigersi nella
direzione indicata dal criminale. Questi lo seguì senza battere ciglio, seguendo
il suo temporaneo alleato lungo il cunicolo con Topson dietro di loro.
Camminarono per un po’, prendendo svolte ed infilandosi in corridoi sempre più
stretti finché non raggiunsero il punto che, a detta sia di Basil che di
Rattigan, li collegava al Parlamento sopra di loro. Dopo essersi guardati un po’
attorno ed aver esaminato il terreno circostante, imboccarono un corridoio che,
secondo Topson, li avrebbe condotti dall’altra parte del Tamigi. Così non fu
però perché, ad un certo punto, dopo una svolta, cominciarono a dirigersi verso
la parte orientale della città, prima di tornare leggermente verso nord. Si
stavano dirigendo, il dottore si rese conto, verso la zona ricca della città, il
che rendeva il tutto ancora più incomprensibile ed inquietante: se anche le
classi alte erano coinvolte, chissà quanto era grande l’organizzazione contro
cui avrebbero combattuto, forse anche più grande di quella di Rattigan. Immerso
in questi pensieri, per poco Topson non andò a sbattere contro quest’ultimo, che
si era fermato in mezzo alla strada. Anche Basil, si rese conto il dottore, si
era fermato e stava scrutando dietro l’angolo.
“Scale che
portano verso l’alto” comunicò l’investigatopo in un sussurro. “Un corridoio che
si apre sulla sinistra. Sento delle voci provenire da lì.”
Anche
Rattigan sbirciò da sopra la testa di Basil.
“Conosco
questo posto, fa parte di una rete sotterranea che collegava il Parlamento ad
alcune delle case nobiliari di Londra. Da qui sono passati molti documenti, o
anche individui, che dovevano essere fatti sparire con discrezione, o
semplicemente dei Lord che preferivano questa via al traffico della superficie”
Spiegò agli altri due.
“E la casa
a cui portano quelle scale di chi è?” chiese Basil. “Non ne ho idea, anche se
dovremmo trovarci nei pressi di Kensington, a meno che non mi sbagli di
grosso.”
Topson
ascoltava quella conversazione senza intromettersi: aveva vissuto a Londra per
la maggior parte della sua vita a Londra e sapeva che la città aveva molti
segreti, reti sotterranee comprese, ma non aveva mai pensato che fossero di
un’entità così vasta, ritenendo che spesso le voci al riguardo fossero una mera
esagerazione. Invece, ora che ci si trovava, si rendeva conto che, forse, erano
lontane dalla verità. Nel frattempo, gli altri due avevano continuato a parlare
tra loro, cercando di stabilire quale fosse la strategia migliore da
seguire.
“Io direi
di andare al piano superiore, i Parlamentari potrebbero essere tenuti
prigionieri lì dentro.” stava proponendo Basil, scrutando le vie davanti a loro.
“Sembra
troppo semplice, non trovi? Sappiamo entrambi che ci stanno aspettando, magari
sanno già che siamo in movimento e vogliono attirarci lì.” Replicò
Rattigan.
“E allora
cosa proponi?”
“Dividiamoci,
voi andate di sopra e io vado di là.”
“Non se ne
parla assolutamente, rimarremo uniti.”
“Perdendo
tempo e facendoci scoprire subito? Geniale Basil, davvero
geniale.”
“Non ci
scopriranno se facciamo attenzione. Andiamo.” Replicò l’Investigatopo, smorzando
un po’ la luce della lanterna cieca, prima di procedere con cautela.
Rattigan lo
seguì scuotendo la testa e Topson, suo malgrado, si scoprì ad imitarlo. Erano
arrivati al bivio tra il corridoio e le scale e stavano per imboccare queste
ultime, quando sentirono una voce.
“Capo, è
lei?”
Un
bisbiglio o poco più, ma bastò a far fermare Basil che scrutò l’oscurità del
corridoio alla loro sinistra con un sopracciglio inarcato. Si voltò a guardare
Rattigan che aveva la sua stessa espressione. Insieme, con il buon dottore
dietro di loro, si avviarono in quella direzione. Man mano che si avvicinavano
al punto da cui era provenuta la voce, cominciarono a sentirne altre.
“È lui, lo
sapevo.”
“Sì, è
venuto a prenderci.”
Arrivati ad
un certo punto, videro le celle da ambo i lati con dei topi dentro, solo che,
mentre quelli sulla sinistra sembravano quasi ritrarsi nell’ombra, forse
spaventati da Rattigan, quelli sulla destra erano attaccati alle sbarre, con dei
grandi sorrisi sulle labbra.
“Pronti a
prendervi la rivincita?” chiese il professore.
“Sì!” fu il
grido unanime.
“Basil,
guarda qua” disse Topson che, nel frattempo, si era avvicinato all’altro lato
del corridoio. L’amico, dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Rattigan, lo
raggiunse con la lanterna cieca e sorrise.
“Bene
signori, direi che questo potrebbe essere il momento di uscire da qui.” Disse,
rivolgendosi ai Parlamentari che cercarono di ricambiare il suo sguardo,
coprendosi gli occhi con una mano, essendo ormai abituati solo alla flebile luce
delle torce.
“Senza
offesa, signor Basil, ma preferiremmo restare qui per ora.” Replicò uno di loro,
guardando i topi dall’altro lato. L’investigatopo alzò gli occhi al cielo.
“Ma certo,
bene.” Disse, voltandosi verso Rattigan che stava già armeggiando con la
serratura della prima cella. “La prima parte del piano è stata superata, adesso
dobbiamo passare alla seconda.”
“E chi ha
mai detto che avremmo partecipato insieme alla seconda?” gli chiese Rattigan,
smettendo di lavorare sulla serratura. “Credo che la tua parte finisca qui,
Basil. Oserei dire che ogni cosa finisce qui. Appena i miei uomini saranno
liberi, neutralizzerò te, il tuo amico e Moriarty e sfrutterò il suo piano per
prendere il potere.”
“Credevi
che non me lo aspettassi forse?” replicò Basil, mentre Topson metteva mano alla
pistola. “Credevi che non avessi preso le mie
precauzioni?”
“Beh, qui
non le vedo” gli rispose Rattigan, allargando le braccia e guardandosi intorno
con fare plateale. “Ci siete solo voi due e quel branco di conigli in gabbia.
Non vedo proprio come tu possa anche solo lontanamente sperare di avere la
meglio.”
“Capo?” lo
chiamò uno dei topi in tono di avvertimento.
“Non
adesso, sono occupato.” Ribatté lui, avvicinandosi a Basil che, a sua volta,
fece un passo indietro. “Sai, me lo volevo gustare fino in fondo, ma abbiamo
speso troppo tempo in parole e troppo a lungo ho represso il mio desiderio di
strangolarti.”
“Provaci se
ci riesci.” Lo provocò l’altro, sfidandolo con gli occhi.
“Sarebbe
certo interessante assistere ad uno scontro tra voi due, ma non credo di avere
tempo per queste cose.” Disse una voce beffarda, proveniente dall’imboccatura
del corridoio da cui erano entrati. Basil, Rattigan, Topson e tutti i topi si
voltarono di scatto e si trovarono davanti Moriarty con altri cinque ragni che,
in totale silenzio, si erano avvicinati a loro.
“Certo che
non vi smentite proprio mai.” disse il ragno, muovendosi lentamente nella loro
direzione. “Riuscite a fuggire la prima volta e vi fate riprendere come dei
novellini. Padraic, da te poi non me lo aspettavo, sei sempre stato così
scaltro.” Continuò, suscitando delle risate negli altri intorno a lui ed
un’occhiataccia da parte di Rattigan. Il ragno, però, proseguì imperterrito ed
incurante.
“Un’alleanza…
che cosa patetica, vista anche la rapidità con cui è crollata. Una decisa caduta
di stile da parte di entrambi, ma una grande semplificazione per me.”
Topson alzò
lo sguardo e vide che c’erano altri ragni sopra di loro. Tirò la manica di Basil
per attirare la sua attenzione, ma l’amico sembrava attirato da Moriarty che,
intanto, continuava a parlare.
“Un po’
deludente forse, perché speravo che questo gioco sarebbe durato più a lungo, ma
evidentemente mi ero sbagliato. Ah, per quanto riguarda la vostra amica, me ne
sono occupato personalmente.” disse precedendo la domanda e sorridendo quando
vide Basil stringere i pugni e rivolgere un’occhiata truce a
Rattigan.
“Oh, ma non
vi preoccupate ora ci occuperemo anche di voi.”
“Se non ci
muoviamo prima noi. Professore…” replicò l’investigatopo, alzando ed aprendo la
lanterna cieca in direzione di Rattigan che, estratta una polverina dalla tasca,
la soffiò sopra la fiamma in direzione dei ragni davanti a loro, facendoli
arretrare tossendo. Basil poi si affrettò a chiudere la lanterna facendo
piombare l’ambiente circostante nella semi-oscurità.
FINE DEL
CAPITOLO
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Capitolo 34 *** I found you ***
CAPITOLO
33
“Brynna,
smettila di guardarti intorno. Finirai per attirare l’attenzione oltre che per
essere estremamente sconveniente”
“Selena, ci
sono almeno dieci cose in questa stanza più sconvenienti di un banale guardarsi
intorno. Quel topo mascherato, per esempio, sta corteggiando la migliore amica
di sua moglie, la quale o è molto ingenua o sta cogliendo perfettamente
l’occasione. Quell’altro laggiù, invece, è al suo terzo cordiale nel giro di
venti minuti”
“Sì, ma mi
stai mettendo tremendamente a disagio. Insomma, è una festa, dovremmo
divertirci”
“Ma ti
assicuro che lo sto facendo, mia cara. Non mi divertivo così da molto” replicò
scherzosa Brynna, prendendo un sorso dal suo calice di vino e facendo sospirare
Selena accanto a lei. “È solo che mi pare strano che manchi proprio la
festeggiata.”
“Brynna non
fare la finta tonta.” Replicò Selena. “Mi hai già detto che la festa di stasera
probabilmente serve da copertura per qualcos’altro e, dati gli eventi in cui si
è trovata implicata di recente, non c’è da stupirsi che non si sia ancora
presentata.”
Comodamente
sedute su una chaise-longue in casa Morstan, Brynna e Selena si trovavano nel
bel mezzo di una festa dedicata alla giovane Elizabeth ed ai suoi recenti
successi, festa fortemente voluta dal padre di lei, il quale danzava tra gli
invitati tessendo le lodi della figlia. In quel momento, si stava giusto
intrattenendo con Tobias, il quale annuiva e rispondeva educatamente a ciò che
gli veniva detto.
“Mi chiedo
quanto ne sappia dell’intera vicenda e quanto ci guadagni” borbottò la maggiore
dei Basil, prendendo un altro sorso e vuotando il calice mentre i suoi occhi
fissavano il topo in questione.
“Potrai
cercare di appurarlo tra poco, vengono da noi. Sorridi su” le rispose Selena,
accennando con la testa al marito e al signor Morstan che si stavano avvicinando
a loro.
“Le
presento mia moglie Selena e la sua amica Ingrid Stein ” disse Tobias all’altro
topo con un sorriso tirato. Era evidente che non ne poteva più di conversare con
lui.
“Lieto di
fare finalmente la sua conoscenza, signora Ansmauser” disse il signor Morstan,
facendole il baciamano, cui la topolina rispose con un piccolo sorriso. “Ed è un
piacere conoscere anche lei, signora Stein. Spero di poter vedere il suo vero
viso prima della fine della serata, così potrò riconoscerla anche altrove”
aggiunse poi, rivolgendosi a Brynna con fare ammiccante.
“Scopo di
feste in maschera è mantenere segveta la propria identità, ja? Almeno, in Gvande
Cermania si fa così” gli rispose la topolina, parlando con un forte accento
tedesco e costringendo Tobias a bere un sorso di vino per mascherare una risata
e Selena a fare appello a tutto il suo autocontrollo.
Il signor
Morstan, invece, si schiarì la voce, un po’ imbarazzato.
“Sì, ehm…
ovvio, anche qui in Inghilterra funziona così in effetti. Oh, Lord Carsley!
Vogliate scusarmi, i doveri di ospite mi chiamano” disse infatti, dileguandosi
in fretta verso un altro topo che si voltò a guardarlo, sorpreso per
quell’improvvisa attenzione.
“Oh Brynna,
voleva solo adularti un po’” le disse Tobias quando il signor Morstan fu fuori
dalla portata della sua voce.
“Ho voluto
mettere subito in chiaro che non mi lascio adulare” replicò lei a denti stretti,
fissando il topo che ora si stava prodigando in sproloqui con Lord
Carsley.
“Ma non
importava che gli rispondessi in quel modo. Perché devi essere sempre così
brusca con gli altri?” le chiese Selena, notando però che l’amica stava
guardando altrove. “Brynna, mi ascolti?”
L’altra
sembrò riscuotersi, ma continuò a non guardarla.
“Certo che
ti ascolto. Senti, parlare con quel pallone gonfiato mi ha seccato la gola, vado
a prendere un altro bicchiere di vino” rispose, alzandosi in piedi ed ignorando
l’offerta di Tobias di andare al posto suo, avviandosi verso il tavolo dove
venivano serviti i calici pieni della bevanda alcolica. Il dottore sospirò,
prendendo il posto ora libero sulla chaise-longue accanto alla moglie.
“Mi sembra
in forma” le disse, cercando di smorzare la tensione.
“Anche
troppo” fu la risposta che ricevette. “Sono felice che non sia diversa dal
solito, voglio che questo sia chiaro, ma avevo dimenticato quanto potesse essere
pesante gestirla per tanto tempo”
“Non fare
la melodrammatica” replicò il topo, prendendo un sorso dal suo calice e
guardandola con un sorriso. “Non sareste amiche da così tanti anni se il suo
atteggiamento non ti divertisse almeno un po’. Anzi, sono abbastanza convinto
che, se tu non fossi ormai una seria donna sposata, ti uniresti a lei nel
criticare la sala.” Concluse con un ghigno che sua moglie, dopo qualche attimo
di finta indignazione, ricambiò sospirando.
“Ormai è
una cosa che mi concedo solo in privato.” Convenne, prendendo a sua volta un
sorso di vino.
“Ma se bevi
ancora un po’, probabilmente finirai per cominciare anche
tu.”
“Oh Tobias,
non essere sciocco. Da sola non potrei mai.”
“Ah, ma
aspetta che torni e vedrai.”
“A questo
proposito, ci sta impiegando molto. Sono già passati diversi minuti e ancora non
è tornata.” Disse ad un certo punto Selena, allungando il collo per vedere se
riusciva a scorgere la sua amica, imitata poco dopo dal marito.
“In effetti
è piuttosto strano, non la vedo da nessuna parte…” commentò, prima di voltarsi
per incrociare gli occhi di sua moglie, scorgendo in essi la stessa
preoccupazione che aveva cominciato a prendere anche lui. La topolina si alzò in
piedi, cercando un’ultima volta l’amica con lo sguardo, prima di tornare a
sedersi, sospirando.
“Avremmo
dovuto capirlo subito. Dove può essere andata?”
“Non credo
che avremo il tempo di andare a cercarla. Guarda, sta arrivando la festeggiata”
replicò Tobias, alzandosi in piedi mentre Elizabeth faceva il suo ingresso nella
stanza.
Nel
frattempo, al piano superiore, Cornelia sedeva sul letto della stanza in cui era
stata rinchiusa, torcendosi nervosamente le mani e cercando di trovare
disperatamente una soluzione. Non appena la porta si era chiusa dietro Elizabeth
ed i passi della sua amica erano svaniti del tutto lungo il corridoio e giù per
le scale, si era precipitata sulla serratura, armeggiando con una delle sue
forcine per capelli nel tentativo di scassinarla. Non aveva avuto successo date
l’obiettiva difficoltà di aprire una porta di quel genere e la sua inesperienza
nel campo. Si era allora messa a camminare per la stanza per cercare di
schiarirsi le idee, ma l’unico effetto che aveva ottenuto era stato quello di
innervosirsi di più. Alla fine si era dunque seduta sul letto riuscendo a
calmarsi un po’. Il non sapere cosa stava accadendo o cosa sarebbe accaduto
faceva sì che la sua mente si sbizzarrisse nelle ipotesi più disparate, una
peggiore dell’altra. Probabilmente Basil e gli altri si erano liberati e,
evidentemente, si stavano muovendo contro Moriarty. Il problema era che,
altrettanto evidentemente, questo era stato previsto dai loro nemici, che
avevano provveduto a spostarla e che ora, con ogni probabilità, stava per far
scattare la loro trappola. Sapeva che non avrebbe potuto farci niente, ma il
senso di colpa che aveva cominciato a provare dalla sera della morte di Brynna
non aveva fatto altro che acuirsi in quegli ultimi giorni. Cos’era lei, in
fondo? un impiccio, un ostacolo per l’investigatopo. Nel suo desiderio di
volerlo aiutare in quegli ultimi mesi aveva fatto più danni che altro. Lui aveva
dimostrato una grande pazienza nei suoi confronti e continuava a farlo, ma
quanto sarebbe potuta durare?
Il flusso
di quei pensieri così poco allegri fu interrotto da un rumore proveniente
dall’altro lato della porta. Si asciugò in fretta quelle poche lacrime che,
traditrici, erano riuscite a scivolarle lungo le guance e si avvicinò il più
silenziosamente possibile, cercando di capire cosa fosse quel suono. Sembrava
che qualcuno stesse cercando di entrare forzando la serratura, il che era
decisamente strano: era un salvataggio? O qualcosa di peggio? Chi sapeva che si
trovava lì oltre a Elizabeth, a Moriarty e a qualche altra guardia? Nessuno, il
che rendeva il tutto decisamente inquietante. Si guardò freneticamente intorno e
vide che, su uno dei comodini, c’era un candeliere di bronzo. Andò a prenderlo e
tornò alla porta, nascondendosi dietro di questa proprio mentre la serratura
scattava. Trattenne il fiato quando la porta si aprì e il nuovo arrivato, dopo
aver esitato un attimo, fece il suo ingresso. Cornelia avrebbe potuto aspettare
e vedere di chi si trattava prima di agire, ma la prospettiva di fuga, ora così
palpabile, la spinse a sollevare il candeliere sopra la testa e a balzare fuori
per cercare di colpire lo sconosciuto, solo per sentirsi serrare il braccio in
una morsa e trovarsi faccia a faccia con una topolina che aveva una maschera a
coprirle metà del viso.
“Attenta
con quell’affare, potresti farti male.” Le disse quest’ultima, senza allentare
la presa.
Quella
voce… ma non era possibile, eppure…
“Bry-Brynna?”
chiese Cornelia, attonita.
“Ah, almeno
il tuo udito funziona ancora” replicò Brynna con un ghigno, prima di lasciarle
il braccio e richiudere la porta alle sue spalle. Dopodiché si tolse la maschera
e si voltò a guardarla di nuovo.
Cornelia
ricambiò, allibita: come poteva essere? Topson aveva detto che era morta, eppure
eccola lì, davanti a lei, forse con un po’ di pelo in meno e qualche cicatrice
in più sul viso, ma con il solito atteggiamento strafottente di
sempre.
“Cosa ci
fai qui?” riuscì a chiedere alla fine, senza staccarle gli occhi di
dosso.
“Dritta al
sodo eh? Bene, stai migliorando per quanto riguarda le considerazioni inutili”
fu la risposta di Brynna, che andò a sedersi sul letto. “Da un punto di vista
puramente teorico ti sto salvando per la seconda volta nel giro di qualche
settimana.”
“E all’atto
pratico?” domandò Cornelia, abbassando il braccio che reggeva il candeliere e
fissandola. Brynna emise un lungo sospiro.
“Sto
decidendo se invece non dovrei lasciarti qui dentro” le disse, con finta aria
pensierosa.
“Cosa?
Allora perché sei entrata?” chiese l’altra, sempre più
attonita.
Brynna fece
spallucce.
“Mera
curiosità. Ti avevo intravista dalla sala del ricevimento e volevo una conferma.
Ora che l’ho avuta potrei anche tornare di sotto e richiudere la porta dietro di
me, fingendo di non averti vista.” rispose tranquillamente, alzandosi dal letto
e lisciandosi la gonna del vestito, prima di alzare gli occhi ed incontrare lo
sguardo stizzito dell’altra topolina. “Oh su, non te la prendere. Ormai dovresti
aver capito che è meglio se resti fuori dai piedi, visti i pasticci che continui
a combinare.” Aggiunse, andando poi verso la porta, venendo però afferrata per
un braccio da Cornelia.
“E pensi
davvero che non farò niente per uscire di qui?” le chiese quest’ultima,
stringendo il candeliere con ancora più forza quando vide l’espressione
divertita dell’altra.
“Sei ancora
qui, giusto? La porta era aperta, se tu te ne fossi voluta andare l’avresti già
fatto, e invece eccoti qua a chiacchierare per chissà quale ragione e a fingere
di essere minacciosa con quella sottospecie di arma di
fortuna.”
“Chiedo
venia se sono rimasta sorpresa dal vederti ancora viva e se mi sembrava scortese
lasciarti qui dopo quello che hai fatto per me.” Fu la risposta inacidita di
Cornelia.
“Però non
ti faresti remore a colpirmi se io ti impedissi di uscire e neppure a lasciarmi
qui dopo averlo fatto.” Replicò Brynna, facendo emettere un gemito esasperato
all’altra.
“Brynna,
non resterò qui dentro ad aspettare che le cose avvengano intorno a
me.”
“Potresti
farlo tanto per cambiare, visto che non fai altro che immischiarti in faccende
che non ti riguardano.” Ribatté la maggiore dei Basil, uscendo dalla stanza e
facendo per tirarsi dietro la porta, prontamente bloccata da
Cornelia.
“Che non mi
riguardano?!” esclamò quest’ultima, muovendo un passo fuori e cercando di
lottare con Brynna che, invece, tentava di chiudere la porta. “Dalla sera stessa
in cui sono tornata mi sono trovata coinvolta in tutto questo caos e tu hai il
coraggio di dire che sono faccende che non mi riguardano?”
“Mio
fratello ti ha chiesto più e più volte di restare nascosta, ma tu no, dovevi
dimostrare di essere all’altezza di lui. Le regole non esistono nel tuo mondo e
tutto deve andare come vuoi tu, altrimenti si salvi chi può.” Disse Brynna,
desistendo dal tenere la porta e lasciando che Cornelia uscisse nel corridoio
con il candeliere ancora ben stretto nella mano.
“Non
trattarmi come una bambina viziata.”
“Non è
forse ciò che sei? Oh, povera me, una minaccia incombe sulla mia famiglia, devo
assolutamente fuggire e diventare una stella dello spettacolo.”
“Ora sei
ingiusta Brynna, non è andata così!”
“Ah no?
Sarei davvero curiosa di conoscere la tua versione dei fatti se solo non fosse
piena di giustificazioni illogiche e stupide.”
“Quando fai
così…”
“Cosa, mi
uccideresti? Mi tireresti addosso quel candeliere? Lo vedi, ti stai rendendo
ridicola da sola.”
“Ora
finiscila!”
“Ehi, voi
due!”
Le due
topoline si voltarono, vedendo così un topo armato giungere dal fondo del
corridoio. Brynna sbuffò esasperata.
“Ecco,
guarda cos’hai combinato.” Disse a Cornelia, passandosi una mano sugli
occhi.
“Io? Senti
un po’ chi parla! Se qualcuno non avesse cercato di appagare la sua curiosità
ora non ci troveremmo in questo pasticcio.”
“Signore…”
fece il topo, avvicinandosi e cercando di farsi sentire.
“Se tu per
una volta avessi fatto ciò che ti dicevo, non saremmo mai state scoperte e sarei
venuta più tardi a tirarti fuori.”
“E mi
dovrei fidare? Mi avresti lasciata qui.”
“Signore,
devo chiedervi di tornare nella stanza…” provò nuovamente il
topo.
“Certo,
esattamente come l’ultima volta che ci siamo viste.”
“Vuoi
continuare a ricordarmela?”
“E perché
smettere? Credo di averne tutto il di.”
“Signore,
non lo ripeterò ancora, entrate…”
“Fa’
silenzio!” esclamarono insieme le due topoline, voltandosi a guardarlo.
Quest’ultimo, rendendosi conto del fatto che finalmente stava ricevendo
l’attenzione che voleva, non si lasciò intimorire e afferrò un braccio di
Brynna, cercando di spingerla dentro la stanza, puntandole una pistola contro.
Forse fu per istinto, per rabbia, Cornelia non lo seppe mai. Fatto sta che,
prima che il topo potesse fare qualcosa, gli abbatté il candeliere sulla testa
con forza, facendolo crollare a terra, privo di sensi. Brynna la guardò,
sorpresa.
“Bel colpo,
devo concedertelo” le disse con l’ombra di un sorriso sincero sul viso. Sorriso
che però non trovò spazio nell’espressione dell’altra.
“E ora?
Cosa facciamo ora?” chiese, stringendo convulsamente il candeliere tra le mani.
“Mhm” fece
Brynna, muovendo un po’ la faccia della guardia con la punta della scarpa.
“Credo che si possa trovare una soluzione.”
Al piano
inferiore, la festa continuava e la preoccupazione di Selena aumentava.
“Cara,
cerca di calmarti, attirerai l’attenzione in questo modo.” Le disse Tobias,
mettendole una mano sul braccio.
“Non è
ancora tornata e non oso immaginare cosa possa esserle successo.” Fu la risposta
della topolina, che continuava a scrutare freneticamente la stanza.
“Tieni
l’immaginazione a freno per un po’, arrivano il padrone di casa e la
festeggiata, sorridi.”
Selena
dovette fare uno sforzo immane per non mostrare un’emozione che non fosse una
finta gioia quando vide avvicinarsi Elizabeth al braccio di suo padre, il quale
esordì.
“Ed ecco i
signori Ansmauser. Ho conosciuto il dottore qualche mese fa, ti ricordi, mia
cara, per quel problema…”
“Oh sì,
ricordo bene, ma non avevo mai avuto il piacere di incontrare di persona l’eroe
che ha risparmiato a mio padre un certo… imbarazzo.” Si inserì la topolina,
porgendo una mano a Tobias che la baciò.
“Congratulazioni
per il raggiungimento del suo traguardo, signorina Morstan. Davvero
sorprendente.” Commentò. “Mia moglie Selena” aggiunse poi, presentandole sua
moglie, la quale le rivolse un sorriso tirato.
“Molto
piacere.” Le disse, chinando appena la testa e notando solo in quel momento che
il signor Morstan si stava guardando intorno.
“Ma… dov’è
finita la vostra amica tedesca?” chiese infatti dopo un po’, rivolgendosi a
Selena e Tobias, che si scambiarono un’occhiata. Prima che potessero rispondere,
però, Elizabeth si intromise di nuovo.
“Amica
tedesca? Non sapevo che avessimo un’ospite tedesca stasera. La conosci, papà?”
chiese, un sopracciglio inarcato.
“No, in
effetti non l’avevo mai vista prima, come ha detto che si chiamava,
dottore?
“Ehm…
Stein, Ingrid Stein, signor Morstan.” Rispose
Tobias, dopo solo un attimo di esitazione, che non passò ovviamente inosservato
a Elizabeth, la quale lo guardò, ancor più incuriosita.
“E dov’è
ora questa… signorina Stein?” chiese, avvicinandosi a Tobias.
Prima che
il dottore o Selena potessero inventarsi una qualche spiegazione, però, si
cominciarono a sentire dei colpi provenire fuori dalla sala e farsi sempre più
forti. Elizabeth si voltò di scatto, mentre la stanza si riempiva di mormorii
preoccupati. Lasciando perdere i suoi ospiti, si diresse a passo spedito verso
la porta per andare a vedere cosa stava accadendo. Dietro di lei, Tobias passò
un braccio intorno alle spalle della moglie.
“Non mi
piace.” sussurrò, cominciando a spingerla piano verso il fondo della
stanza.
“Tobias, ma
Brynna…” provò a rispondere Selena, intuendo le intenzioni del
marito.
“Avrà
sentito il rumore e si sarà messa al sicuro, non preoccuparti.” Le disse lui,
guardandosi intorno per cercare un nascondiglio e soffocando un’imprecazione tra
i denti quando ne vide poche e non molto sicure.
Selena aprì
la bocca per replicare ma non fece in tempo, perché la stanza tremò a causa di
un botto più forte degli altri e dal rumore di grida, tra le quali, a entrambi i
topi, parve di sentire una voce familiare.
“Resta qui”
le disse Tobias, prima di andare a passo sicuro verso l’uscita della stanza,
superando tutti gli altri. Sulla porta, raggiunse Elizabeth che, pallidissima,
fissava il lato sinistro del corridoio su cui si apriva la stanza. Guardò nella
stessa direzione e sgranò gli occhi: davanti a lui c’era un esercito di topi
che, addossati contro un armadio che, evidentemente, mascherava un ingresso
nascosto. I topi in questione avevano un aspetto trasandato, o almeno la maggior
parte di loro. Uno, infatti, si voltò verso di lui e, riconoscendolo, gli si
avvicinò.
“Tobias,
che diavolo ci fai qui?” gli chiese, sovrastando i gemiti degli altri
topi.
“Basil,
potrei chiederti lo stesso ma..” si fermò, interrotto da un colpo proveniente da
dietro l’armadio “ma non credo che sia il momento per le spiegazioni.” Con
orrore, vide che da dietro l’armadio fuoriusciva una zampa di ragno che, con la
forza, cercava di aprirsi la strada.
L’investigatopo
ingoiò la sua risposta, voltandosi verso Rattigan e Topson che, insieme agli
altri topi, cercavano di tenere chiuso l’armadio.
“Insomma
Basil, ti vuoi muovere?” esclamò il Napoleone del Crimine tra gli sforzi. Basil
annuì e si rivolse a Tobias, prendendolo per un braccio e guardandolo.
“Dobbiamo
far uscire gli ospiti, il più in fretta possibile. Una volta fuori, devi
riuscire a contattare Scotland Yard, l’Ispettore Laroux se possibile, e devi
farlo venire qui più in fretta che puoi.”
“Basil, c’è
Elizabeth là in sala.” Replicò il dottore, guardando ancora verso la sala, da
cui faceva capolino la topolina in questione. L’investigatopo
annuì.
“Ora
abbiamo problemi più urgenti, di lei sarà più facile occuparci in seguito.” Gli
rispose. “Mia sorella?” chiese poi, ricordandosi del fatto che Brynna gli aveva
detto che avrebbe partecipato alla festa.
Tobias
sospirò, facendo sbuffare di esasperazione Basil.
“Tobias,
maledizione, come avete fatto a perderla di vista?”
“Basil,
allora?!” la voce di Rattigan li richiamò, facendo fermare
l’investigatopo.
“Oh, e va
bene. Facciamo uscire tutti, con lei parlerò quando la troverò. Coraggio,
andiamo.” Gli disse, prendendogli di nuovo il braccio e guidandolo verso la
sala.
“Va bene
signore e signori” esordì una volta entrato nella sala. “Temo che la festa sia
finita. Vi prego di recarvi verso l’uscita il più rapidamente possibile senza
fare domande e senza porre questioni inutili.”
“Che cosa
significa questa storia?” si fece avanti il padrone di casa. “Chi è lei? Come si
è permesso di entrare? Questa è una festa privata!”
“Sono Basil
di Baker Street e…”
“E mi pare
che vi abbia detto di non porre inutili questioni” tuonò una voce proveniente da
fuori e, dopo neanche un istante, Rattigan in persona comparve sulla porta,
facendo gridare i presenti e mettendoli subito a tacere semplicemente alzando le
braccia. “Ora, deduco che tutti voi sappiate chi sono e quanta poca pazienza
posso avere. Dati gli ultimi eventi, sono già abbastanza… alterato, ragion per
cui vi concedo dieci secondi per guadagnare l’uscita senza fiatare.” Disse,
facendo cadere la sala nel silenzio più profondo. Il criminale guardò Basil,
prima di sospirare.
“Dieci…
nove…” cominciò a dire.
L’effetto
fu immediato: i topi presenti in sala cominciarono ad affrettarsi verso l’uscita
in uno scalpicciare frenetico. Una nuova occhiata tra Rattigan e l’investigatopo
e il primo tornò all’armadio che ormai dava segni evidenti di cedimento. Basil
si voltò verso Tobias.
“Tieni
d’occhio Elizabeth e contatta Scotland Yard.” Gli disse, sorvegliando gli ospiti
che stavano uscendo e incrociando lo sguardo spaventato della topolina ce aveva
appena menzionato. Selena si fece vicina ai due e prese il braccio del marito
tra le zampe, aprendo la bocca per scusarsi con Basil, ma lui la
interruppe.
“Andate,
forza!” intimò ai due, prima di sospingerli verso l’uscita. Dopo aver
controllato che tutti se ne fossero andati, chiuse l’ingresso della casa e si
voltò, giusto in tempo per vedere l’armadio che cedeva.
FINE DEL
CAPITOLO
|
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Capitolo 35 *** Capitolo 34 ***
NOTE DELL’AUTRICE: lo so, è passata una vita da quando ho aggiornato, ma sono stati anni intensi e abbastanza tosti, tanto da bloccarmi interamente dal punto di vista della scrittura. Figurarsi poi nel caso di una storia che ho cominciato a scrivere quasi dodici anni fa… comunque, mi sono sempre promessa di finirla, quindi eccomi qua. Non so quanti di voi avranno ancora voglia di leggere, ma, nel caso, spero che il capitolo vi piaccia.
CAPITOLO 34
Dopo che la porta di casa Morstan si era richiusa dietro di lui, Basil si era affrettato a raggiungere i topi davanti all’armadio, ormai allo stremo delle forze, e si era avvicinato a Rattigan, aiutandolo a spingere di nuovo contro il mobile e impedendo che cedesse. Potevano aver guadagnato qualche minuto e basta, ma dovevano sfruttarlo al meglio. Guardò il suo nemico con la coda dell’occhio: la loro alleanza forzata aveva portato degli strani frutti. Quando il professore aveva spento la luce era scoppiato il putiferio: tutti si erano scagliati contro tutti, ragnatele erano volate a destra e a sinistra. In qualche modo, in mezzo al parapiglia, erano riusciti ad aprire le celle degli scagnozzi di Rattigan dopodiché, in un fuggi-fuggi generale, erano riusciti a raggiungere la fine del corridoio e poi la casa dei Morstan, cercando di chiudersi l’ingresso alle spalle e finendo nella situazione in cui si trovavano al momento.
“Qual è il piano?” gli chiese il professore, continuando a spingere l’armadio.
Basil si guardò brevemente intorno, poi disse:
“Dobbiamo riuscire a chiudere il grosso dei ragni nel salotto dove c’era la festa. Darà tempo alla polizia di raggiungerci.”
“La polizia?” chiese uno degli scagnozzi di Rattigan.
“Se vengono per loro, prenderanno pure noi.” Gli fece eco un altro.
“Capo, non…”
“Fate silenzio!” li azzittì il Professore, riportando poi l’attenzione su Basil. “Posso aiutarti con Moriarty, ma non posso garantire l’incolumità degli sbirri.”
“Ce lo faremo bastare.” Gli rispose Basil, annuendo, prima di voltarsi e correre verso il salotto. “Topson, con me, andiamo a sbarrare le finestre.”
Il dottore non poté fare altro che seguirlo velocemente nel salotto. I due cercarono di bloccare al meglio le tre grandi finestre con quello che riuscivano a trovare: i cordoni delle tende, gli attizzatoi – che venivano così al contempo eliminati come possibile arma a disposizione dei loro avversari. Quando ebbero finito, ben poco soddisfatti, ma impossibilitati a fare di più, si guardarono.
“E ora? Come li portiamo qui dentro?” chiese Topson, guardando Basil, che si era preso il mento con una zampa, pensieroso.
“Sarà impossibile farli entrare tutti, ma dobbiamo cercare di chiuderne dentro una buona parte. Farò io da esca, tu ti nasconderai dietro la porta e, una volta che saranno entrati, mi aiuterai a richiuderla.”
“Mi sembra una follia, ma d’altronde è soltanto l’ennesima di questa sera…” replicò il dottore con un sospiro. “Non vedo l’ora che tutta questa storia sia finita.”
Basil lo guardò e gli mise una zampa sulla spalla.
“Caro vecchio mio, ti assicuro che tra qualche ora almeno una parte della vicenda sarà conclusa.” Gli disse, riportando alzando poi gli occhi su Rattigan, che ricambiò lo sguardo, pronto a scostarsi dall’armadio. Prima tuttavia che questo potesse accadere, una voce giunse dalle scale.
“Ah, hai visto che avevo ragione? Sono arrivati i rinforzi. Direi che possiamo scendere ora.”
Alzando gli occhi, Basil e Topson videro che, proprio sopra di loro, appoggiata al corrimano delle scale, c’era Brynna che li guardava con un mezzo sorriso e una pistola stretta in una zampa. Sentirono dei passi e, in cima alla scalinata, apparve il viso di Cornelia, leggermente imbronciato.
“Potevi deciderlo un po’ prima, Brynna.” Esordì, guardando la topolina in piedi qualche gradino sotto di lei, prima di voltarsi e incrociare gli occhi di Basil. Un sorriso incerto le arricciò gli angoli della bocca mentre dopo qualche attimo di esitazione, si decideva a scendere per raggiungerlo.
“Stai bene” constatò in un mormorio, avvicinandosi a lui e prendendogli le mani. “Credevo che fossi ancora intrappolato.”
Basil, pur senza mostrare un particolare trasporto, le sorrise di rimando, stringendo appena le sue dita.
“Hai davvero tanta fiducia nelle mie capacità se pensavi che non fossi riuscito a liberarmi.”
“Va bene, va bene, le smancerie le rimanderei a dopo.” Li interruppe Brynna, scendendo le scale e avvicinandosi a sua volta, rivolgendosi al fratello. “Qual è la situazione?”
“Rattigan e i suoi stanno trattenendo i ragni di Moriarty. Ad un segnale convenuto, li lasceranno uscire. Ne attireremo il maggior numero possibile nel salotto, ce li chiuderemo e cercheremo di bloccare gli altri fino all’arrivo della polizia.”
La sorella lo squadrò, incrociando le braccia al petto, prima di mettersi a guardare Rattigan e i suoi scagnozzi che ancora cercavano di tenere l’armadio chiuso, ignorando l’occhiata sorpresa di Basil.
“E gli ospiti dove sono?” chiese, continuando a fissare la scena di fronte a sé, la fronte lievemente aggrottata in quella che sembrava una smorfia di preoccupazione.
“Li abbiamo fatti uscire tutti fuori in strada e…” Basil non riuscì a terminare la frase, perché la sorella si era voltata di scatto a guardarlo con gli occhi sbarrati, prima di spostare l’attenzione su Rattigan, all’apparenza incredula.
“Perdonate la domanda, ma quanti erano i ragni che vi inseguivano?” chiese, tornando a guardare il fratello, che ricambiò con un’espressione perplessa.
“Quelli che abbiamo visto nei sotterranei erano cinque.” Le rispose, realizzando poi di colpo con orrore dove sua sorella stesse andando a parare. Quest’ultima fulminò prima lui e poi Rattigan.
“Siete due imbecilli.” Sibilò, prima di dirigersi a passo di marcia verso la porta principale. “Due delle migliori menti di Londra e vi siete lasciati mettere nel sacco così. Idioti!” aggiunse, prima di uscire fuori a sua volta, sbattendo pesantemente l’uscio di legno.
Basil rimase immobile per qualche istante, prima di voltarsi verso Rattigan che, a sua volta, stava cominciando a realizzare l’errore che avevano commesso: Elizabeth era l’unica che conosceva i piani di Moriarty e del suo esercito. Sarebbe potuta essere una testimone cruciale, l’unica, dato che nessuno di loro aveva una prova concreta dei piani del ragno, e non ci voleva un genio per capire cosa sarebbe successo se lui fosse riuscito a prenderla. L’Investigatopo si riscosse e corse verso la porta, aprendola e correndo in strada, seguito da Topson, Rattigan e Cornelia. Fuori c’era il caos più totale: i ragni erano usciti da un tombino e avevano cominciato a seminare il panico in giro, anche se, a distanza era evidente che lo scopo fosse allontanare tutti dalla casa. Basil si guardò intorno, cercando una qualunque traccia di Brynna, di Elizabeth o persino degli Ansmauser, ma almeno a una prima osservazione non riuscì a vedere niente. Improvvisamente, però, si accorse che un gruppo di ragni, tre per la precisione, tra i quali c’era anche Moriarty, sembrava essersi concentrato in un punto. Si affrettò in quella direzione, riuscendo finalmente a scorgere sua sorella che, pistola in pugno, cercava di difendere Elizabeth e suo padre dall’assalto dei ragni. Non avrebbero resistito a lungo, ragion per cui, dopo solo un momen
to di esitazione, Basil si slanciò verso di loro più in fretta che poté, sparando un colpo a uno dei due tirapiedi di Moriarty e riuscendo ad attirare l’attenzione su di sé. Brynna colse la palla al balzo e sparò all’altro scagnozzo, lasciando così il loro capo da solo e circondato.
Era finita, pensò Topson, mentre osservava i due fratelli con le armi puntate sul malvivente. Era stato facile, però. Troppo facile.
“Ora basta, Moriarty. Arrenditi, hai perso.” Disse Basil, fermandosi a qualche passo dal ragno, affiancato dal dottore, mentre Elizabeth, sempre nascosta dietro Brynna, tirava un sospiro di sollievo.
Fu un attimo: un altro sparo echeggiò nell’aria della notte, seguito da un grido stridulo, sorpreso e spaventato al contempo. Gli occhi di tutti ebbero giusto il tempo di vedere Moriarty accasciarsi a terra senza vita, prima di realizzare che l’urlo era stato lanciato da Cornelia. La topolina si trovava infatti tra le grinfie di Rattigan, che la teneva stretta a sé con una zampa, mentre con l’altra teneva una pistola puntata alla sua tempia. La prigioniera era paralizzata: fissava i suoi amici con occhi sgranati, le mani appoggiate sul braccio del Napoleone del Crimine che la tratteneva, in quello che doveva essere stato un tentativo di liberarsi, troncato sul nascere.
“Se qualcuno non l’avesse ancora compreso, la nostra collaborazione è finita”. Disse il Professore con un sorrisetto.
“Rattigan, sei circondato anche tu. Non fare mosse avventate”. Gli rispose Basil, puntando la pistola contro di lui, imitato subito da Brynna e Topson.
“Ah, mio caro Basil. Credo che sia tu quello che deve guardarsi dal fare mosse avventate. Vedi, basterà un colpo da parte vostra, io premerò il grilletto e voi potrete dire addio a Cornelia”.
Topson si voltò a guardare Basil per un istante, cercando di capire se avesse in mente qualcosa per risolvere quella situazione tanto spinosa. L’investigatopo, però, non ricambiò l’occhiata: continuava a tenere la pistola puntata contro il suo rivale, con il piglio deciso di chi non sembrava voler cedere al ricatto.
“Non sei nella posizione di poter trattare” gli disse infatti, senza smettere di fissarlo e cercando di non farsi distrarre da Cornelia, che lo guardava incredula, chiedendosi che cosa stesse facendo.
“Beh, dipende dai punti di vista. Se sei disposto a sacrificarla per prendere me, fai pure”. Replicò Rattigan, rafforzando la presa sulla topolina che provò ad afferrargli il braccio per spostarsi e liberarsi, ovviamente senza risultati.
Calò di nuovo il silenzio: il Professore sembrava molto sicuro di sé, mentre Basil e gli altri cercavano disperatamente di trovare una soluzione.
“Cosa vuoi?” domandò infine l’Investigatopo, senza accennare ad abbassare la pistola.
“Lei” gli rispose il criminale, accennando con il mento a Elizabeth che si nascose dietro le spalle di Brynna con un gridolino. La maggiore dei Basil alzò gli occhi al cielo, spazientita, prima di rispondere a Rattigan: “Direi che è una proposta insensata, perché mai dovremmo acconsentire?”
“Per quanto la tua osservazione possa essere logica, Brynna, dubito che la scelta spetti a te, vero Basil?”
Rattigan non si era nemmeno voltato a guardare la topolina, mantenendo gli occhi fissi sul suo rivale il quale, dopo alcuni istanti, abbassò la pistola.
“Sherringford, non farai sul serio!” esclamò Brynna, mentre Elizabeth le si stringeva di più addosso. Topson, invece, abbassò l’arma a sua volta, guardando il suo amico: non doveva essere facile per l’Investigatopo trovarsi di nuovo a un passo dalla vittoria e vedersela strappare per un ricatto tanto ignominioso. In lontananza, cominciarono a sentirsi dei rumori di fischietti e campanelle, segno che Tobias e Selena dovevano essere riusciti a trovare i rinforzi. Rattigan si voltò appena nella direzione da cui provenivano quei suoni, prima di tornare a guardare il gruppetto di topi davanti a lui. “Vi aspetto tra un’ora al laghetto delle ninfee nella serra di Kew Gardens. Inutile dire che, se vedrò anche solo l’ombra di un poliziotto, l’accordo salterà con conseguenze irreparabili”.
“Basil, non venire!” provò a dire Cornelia, solo per essere stretta con più violenza dal criminale.
“Avresti dovuto pensarci prima di tornare e di immischiarti” le sibilò lui all’orecchio, cominciando ad arretrare di qualche passo. “L’ora comincia a partire da adesso, non fare tardi, Basil” disse poi, guardando il suo rivale prima di saltare dentro uno dei tombini che i ragni avevano aperto per uscire in strada. Basil rimase a guardarlo per alcuni istanti, prima di voltarsi verso Topson e poi sua sorella la quale, riposta la pistola, aveva afferrato Elizabeth per un braccio e la stava trascinando verso di loro. Era scocciata e infastidita, notò il dottore, ma nonostante questo si astenne dal fare qualsivoglia commento, preferendo porre una domanda diretta al fratello:
“Ora come ci muoviamo?”
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Qualche minuto dopo, Basil, Topson, Brynna, i due Ansmauser che erano tornati, Elizabeth e suo padre, si trovavano seduti nel salotto di casa Morstan. La stanza, come anche tutto il pian terreno, erano stati messi sottosopra dagli scagnozzi di Rattigan che, dopo aver capito che i ragni non avevano alcun interesse ad attaccarli, avevano rubato quanto di prezioso erano riusciti a trovare, dandosi poi alla fuga prima dell’arrivo della polizia. Il signor Morstan e sua figlia erano a dir poco sconvolti da quanto stava accadendo: se ne stavano seduti sulla chaise-longue, mentre gli altri, raggiunto anche dal Laroux, discutevano sul da farsi.
“Perché quel demonio dovrebbe volere la signorina Morstan?” domandò l’Ispettore guardando Basil, il quale non esitò a rispondere:
“Perché la signorina ha collaborato a stretto contatto con lui ed è dunque a conoscenza dei suoi metodi e, forse, persino di parte dei suoi piani. Sarebbe una testimone chiave se riuscissimo a portarlo sul banco degli imputati e non può permetterselo”.
“Alla luce di questo, nonostante gli errori che ha commesso, mia figlia deve essere messa sotto protezione”. Disse il signor Morstan, stringendo la mano della topolina, che teneva gli occhi bassi ed era pallida in viso.
“Posso vagamente condividere la sua posizione, signor Morstan” gli rispose Brynna dall’angolo dove si era messa insieme a Selena e a Tobias “ma direi che non ha senso esporla. È chiaro che andremo all’incontro, dobbiamo solo decidere le modalità per raggiungere il nostro scopo ed evitare che qualcuno si faccia male”. Concluse, mantenendo fermo lo sguardo sul topo, che si alzò in piedi, andandole incontro con fare minaccioso.
“Vorreste dunque mettere a rischio la sua vita solo per salvarne un’altra?” le chiese, squadrandola. Brynna non si fece intimidire, scostando appena Tobias che, nel frattempo, si era messo in mezzo.
“No, signor Morstan, non ho detto questo. Tuttavia, se non proveremo a prenderlo stasera, correndo qualche rischio necessario, voi due non avrete mai pace, perché non smetterà di darvi la caccia. Poteva scappare e invece ci sta offrendo questa possibilità di catturarlo. La invito quindi a tornare accanto a sua figlia e a non aggravare la vostra posizione, mentre noi decidiamo il da farsi”.
Gli disse infatti, aspettando che tornasse al divano da Elizabeth, prima di rivolgersi al fratello.
“Qualche idea?” gli domandò.
“Molte, devo solo limare i dettagli per scegliere quella giusta”. Le rispose lui, il mento stretto tra le dita di una mano.
“Si aspetterà che proviamo ad ingannarlo” commentò Topson.
“Poco, ma sicuro, dottore. Si aspetterà addirittura che io mandi mia sorella al posto di Elizabeth” replicò l’Invesigatopo, guardando la sorella prima di proseguire “ma, proprio per quello che si aspetta, non è un’opzione che intendo prendere in considerazione”. Affermò, spegnendo così il sorriso che aveva cominciato ad allargarsi sul volto di sua sorella.
“Brynna” intervenne Elizabeth, avvicinandosi e intervenendo nella discussione “ti stai ancora riprendendo. Non puoi buttarti subito nella mischia”.
“È l’occasione per porre fine a questa storia, Selena. Farò la mia parte, se necessario, confidando che Sherringford sappia quello che fa”. Le rispose la maggiore dei Basil, guardando l’Investigatopo. Lui ricambiò in silenzio per qualche istante, prima di risponderle: “Tu conosci bene quella serra, vero?”
A quella domanda, lei replicò con un sorriso un po’ tirato: “Come le mie tasche, lo sai”.
“Quindi conosci anche le uscite secondarie”.
“Una per una” rispose lei prontamente.
“Ottimo. Saresti così gentile da spiegarle all’Ispettore? Poi illustrerò a tutti il piano che ho escogitato”
“Ma Basil” lo chiamò Topson, mentre Brynna annuiva e si avvicinava a Laroux. “Rattigan ha detto niente polizia. Ignorare il suo ordine significherebbe condannare Cornelia a morte”.
“Non ho intenzione di ignorarlo, ma di tagliargli ogni possibile via di fuga, qualunque cosa accada”.
“E cosa pensi che accadrà?” gli chiese il dottore, non senza una certa preoccupazione. Basil sospirò, lanciando un’occhiata ai due Morstan, che avevano cominciato a parlare fitto fitto, stringendosi le mani.
“È ovvio che proverà ad ucciderla. Sa troppo”
“Allora perché non l’ha fatto quando eravamo là fuori? A quest’ora non dovrebbe rischiare un altro incontro con noi”
“Se le avesse sparato allora, ci sarebbero state alte probabilità che qualcuno di noi facesse altrettanto con lui. Dopo aver ucciso Elizabeth, avrebbe sicuramente eliminato una testimone chiave, ma non sarebbe sopravvissuto a lungo. No, in questo modo può ottenere una possibilità in più di farla franca e può provare a ristabilire la sua superiorità”.
“Anche nei tuoi confronti” commentò Topson con un’espressione un po’ amara, che l’Investigatopo ricambiò prima di rispondere.
“Già, ma comunque vada, dopo stanotte, le cose cambieranno”.
“Cambieranno? Vuoi dire che hai preso una decisione?”
Basil annuì, rivolgendo un’occhiata a sua sorella che stava tornando da loro.
“Sì, ma non è questo il momento di discuterne”. Concluse, mentre Brynna si fermava accanto a lui insieme a Laroux.
“Ho debitamente informato l’Ispettore, ora come procediamo? Dobbiamo muoverci, non manca molto all'ora dell’appuntamento” fece notare la topolina.
“Saremo puntualissimi, non preoccuparti” replicò Basil “Piuttosto, riesci a trovare degli abiti più comodi da metterti?”
“Signor Basil, mi oppongo” si intromise con fermezza Tobias, mentre un sorriso spuntava sul volto di Brynna che, senza attendere la discussione, lasciò a passo deciso la stanza. “Si sta ancora riprendendo e non può fare grandi sforzi”.
“Non ho intenzione di chiederglielo” replicò l’Investigatopo, incrociando le braccia al petto “ma è l’unica che conosce bene quel posto ed è la sola a sapere come uscirne in fretta, se necessario”.
“Lo so, ricordo anche io che ci andava spesso quando doveva seguire suo marito di nascosto, ma non mi sembra il caso di coinvolgerla nelle sue condizioni”. Gli rispose il dottore, saldo nelle sue posizioni.
“Tu e Selena l’avete portata qui, se non sbaglio” replicò Basil, con un sorrisetto che fece indispettire ancora di più Tobias, che infatti reagì:
“Per tenerla sotto controllo, non per vedere le cose degenerare così” gli disse, fronteggiandolo “Io capisco che sia necessario prenderlo per chiudere questa storia in modo definitivo, ma non fare scelte che potresti rimpiangere”
Basil stava per rispondergli, ma si interruppe quando vide sua sorella entrare nella stanza con indosso degli abiti maschili che le stavano un po’ larghi e che dovevano essere appartenuti a qualcuno dei bassifondi. Inarcò un sopracciglio: “E quelli da dove arrivano?” le chiese, incuriosito. Lei rise: “Prima che voi arrivaste, ho notato che stavano portando la Blackwood al piano di sopra. L’ho seguita per cercare di liberarla, ma una delle guardie ci ha scoperte. Sì, per la seconda volta, ed è stata di nuovo colpa sua”. Disse, rivolta al fratello, che aveva inarcato un sopracciglio. “Comunque, lei è riuscito a colpirlo con abbastanza forza da fargli perdere i sensi. L’abbiamo legato nella stanza che avevano usato per tenerla prigioniera e volevamo usare i suoi vestiti per mascherarla e farla scappare, ma abbiamo sentito del trambusto e siamo scese a vedere, solo per scoprire che eravate arrivati voi. Il resto lo sai”.
Basil continuò a guardarla, cedendo solo per un momento alla sorpresa, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione al resto della stanza.
“Bene, ecco cosa faremo.”
FINE DEL CAPITOLO
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Capitolo 36 *** Capitolo 35 ***
Capitolo 35
CAPITOLO
35
La serra era immersa
nell’oscurità quando Basil e Topson la raggiunsero ed entrarono. Appoggiata al
braccio del dottore, procedeva una figura femminile, tremante dalla testa ai
piedi e con il viso coperto da una veletta a maglie fitte, dietro la quale era
praticamente impossibile intravedere i lineamenti. Di tanto in tanto, Topson le
batteva qualche colpetto sulla mano per farle coraggio, senza però ricevere
alcuna risposta o reazione. La capiva e gli dispiaceva: aveva compiuto una
mossa sbagliata, dettata forse dalla possibilità di ottenere un titolo a cui
molti aspiravano senza fare troppa fatica. Era stato un terribile errore di
calcolo e ora doveva pagarne le conseguenze.
Basil aveva ideato
un piano che, almeno in teoria, avrebbe dovuto prevenire che qualcuno di loro
si facesse del male, ma con Rattigan non si poteva mai sapere: quel demonio
aveva una mente molto simile a quella dell’Investigatopo, ma intrisa di una
malvagità che lo rendeva molto più imprevedibile, in quanto spregiudicato.
Avrebbero dovuto fare molta attenzione ai loro movimenti, così come l’ispettore
Laroux che, appostato fuori, doveva cercare di non farsi scoprire da eventuali
sentinelle, o avrebbe compromesso tutto.
Brynna, invece, era
stata incaricata di controllare i momenti degli agenti dall’esterno, ma Topson
aveva visto Basil prendere in disparte la sorella per dirle qualcosa ed aveva
il forte sospetto che avrebbe avuto anche un altro ruolo in quella storia. Per
il momento, però, preferì concentrarsi sulla fase iniziale del piano, ovvero
portare Rattigan allo scoperto e cominciare le trattative per provare a
liberare Cornelia.
Secondo Basil,
nonostante fosse altamente improbabile che gli scagnozzi del criminale lo
avessero raggiunto in così breve tempo, non era impossibile che fosse riuscito
a trovare qualcuno da cui farsi aiutare, magari anche solo per controllare che
la polizia non intervenisse, come da sua richiesta. Intorno a loro, il silenzio
regnava sovrano, rotto solo dal suono di qualche goccia d’acqua che cadeva da
una foglia e precipitava nelle pozze sottostanti.
“Ma dov’è?” domandò
il dottore, facendo sobbalzare la topolina accanto a lui. Basil non rispose
subito, preso com’era dal guardarsi intorno per individuare il suo rivale nella
serra.
“In qualche punto da
cui può vedere tutto, per assicurarsi che rispettiamo le sue condizioni. Direi
sopraelevato”.
Aveva ragione,
ovviamente: quando si avvicinarono al centro della serra, videro che c’era una
luce accesa su una delle fontane più alte. Era di pietra, costruita su due
piani concentrici: sul piano più alto, si intravedevano delle ampie foglie che
sembravano costituire una sorta di piccola foresta tropicale intorno a uno
zampillo dal quale, durante il giorno – almeno così pensò Topson - l’acqua
doveva scorrere da un piano all’altro, creando un gioco di correnti che
probabilmente faceva muovere le piante che galleggiavano sulla superficie.
In quel momento,
tuttavia, non era l’acqua a muoversi, ma Rattigan, il quale passeggiava avanti
e indietro sul cerchio esterno, le mani intrecciate dietro la schiena, gli
occhi fissi sui tre topi in arrivo.
“Bene, bene, bene.
Siete arrivati giusto in tempo, quasi cominciavo a pensare che Brynna fosse
riuscita a convincerti a desistere, Basil” li accolse beffardo, mentre i tre si
fermavano davanti alla fontana.
“Ah, il trucco della
donna velata… un po’ datato, non trovi? Molto irritante, soprattutto”
“Dov’è Cornelia?”
chiese l’Investigatopo, ignorandolo e ottenendo una risata in risposta.
“È qui vicino a me e
sta bene, non temere. Nonostante la tua opinione su di me, sono uno di parola.
Tuttavia, a questo punto, vorrei che le trattative si svolgessero allo
scoperto, se capisci cosa intendo”
“Oh, capisco
perfettamente, ma un accordo del genere prevede un’azione equa da ambo le
parti, non trovi?”
“Trovo che tu non
sia nella posizione di trattare. Ho letteralmente il coltello dalla parte del
manico, vedi?”
Rattigan
sollevò un pugnale che teneva stretto in una mano, mostrandolo ai tre topi con
un ghigno. Topson deglutì a vuoto: sembrava che la situazione si stesse
avvicinando a uno stallo molto pericoloso, che difficilmente si sarebbe
sbloccato senza fare vittime o danni. Si voltò a guardare il suo socio e vide
che teneva gli occhi fissi su Rattigan, quasi a volerlo tenere inchiodato. Che
stava facendo? Perché non faceva qualcosa di pratico oltre a parlare? Aveva
fiducia nel suo amico, ma quella fase di incertezza lo stava rendendo nervoso
e, a giudicare dal tremore della zampa della topolina accanto a lui, non era
l’unico a sentirsi così. Si azzardò a distogliere per un momento lo sguardo dal
criminale per controllare l’ambiente che li circondava, sperando di scorgere
qualcosa, qualunque cosa che indicasse che la situazione non era così disperata
come sembrava.
Sopra la fontana, legata
saldamente allo stello di una pianta acquatica, Cornelia ascoltava quello che
poteva della conversazione, anche se era difficile sentire con chiarezza cosa
stesse dicendo Basil. Aveva finito le lacrime da un po’, ormai: Rattigan aveva
tenuto fede alla sua parola e, a parte malmenarla un po’ per immobilizzarla, non
le aveva fatto alcun male. Il pianto della topolina era stato causato dalla
rabbia, dall’umiliazione, dal fatto di essere stata, per l’ennesima volta, la
causa di una situazione spinosa e difficile da risolvere. Alzò gli occhi sul
professore che, fermo davanti a lei, fissava il punto in cui dovevano trovarsi
Basil, Topson e qualcun altro. Era improbabile che si trattasse di Elizabeth,
l’Investigatopo non l’avrebbe mai esposta a un pericolo certo come quello,
nonostante quello che aveva combinato. Doveva sicuramente trattarsi di Brynna,
ma aveva ben poca importanza a quel punto: come prevedeva di uscirne? Come
poteva anche solo sperare che Rattigan cedesse ai suoi patti e che tutti ne
sarebbero usciti incolumi in quella situazione? Era inutile anche arrovellarsi
su quelle domande, dato che lei, catturata per l’ennesima volta, avrebbe potuto
fare ben poco se non aspettare.
Proprio mentre stava
sospirando, però, sentì qualcosa premerle sulla bocca e sul naso, soffocando
anche un grido che le sorse spontaneo. Si accorse che si trattava di una mano e
che, lentamente, mentre il suo respiro affannato si assestava, stava
cominciando ad allentare la stretta. Un movimento alla sua sinistra la fece
voltare e fu così che si trovò davanti il volto di Brynna che, senza dire una
parola, le fece cenno con la mano libera di fare silenzio. Lei annuì
leggermente e vide l’altra topolina sparirle alle spalle. L’attimo successivo,
cominciò a sentirla armeggiare con i nodi che le tenevano bloccati i polsi e le
caviglie. Stava succedendo tutto molto in fretta e la sua mente, stanca e provata
dalle mille emozioni di quei giorni, tardava a reagire come forse si sarebbe
aspettata. Da una parte era un bene, perché, considerando gli ultimi eventi, se
avesse provato a collaborare troppo attivamente avrebbe rischiato di rovinare
tutto. Tenne dunque gli occhi fissati su Rattigan, il quale, almeno per il
momento, sembrava all’oscuro di quanto stava accadendo. Forse era quello il
trucco? Forse gli stavano facendo credere che Brynna fosse di sotto con Basil?
Oh, ora cominciava a capire: era geniale, certo, ma anche molto rischioso,
considerando il fatto che, da quello che poteva vedere, Rattigan si stava
infastidendo sempre di più e stava lentamente perdendo la pazienza. Quanto ci
avrebbe messo per pensare di coinvolgerla, di portarla davanti a Basil per
ricordargli con cosa stava giocando?
Fortunatamente,
anche Brynna sembrava saperlo: Rattigan era stato eccellente con i nodi, ma lei
doveva essere venuta attrezzata, dal momento che, qualche istante dopo (anche
se a Cornelia parve un’infinità), le corde si allentarono, lasciando liberi i
polsi e le caviglie della topolina, la quale, però, rimase immobile, almeno
all’inizio. Si concesse giusto di voltare la testa per cercare con lo sguardo
il volto di Brynna che, in effetti, comparve poco dopo nel suo campo visivo.
Usando di nuovo dei
gesti, le fece capire che doveva seguirla, stando però attenta a dove metteva i
piedi: la cima della serra, in effetti, era un groviglio di rampicanti e foglie
umidi e scivolosi, su cui sarebbe stato facile cadere e rovinare tutto.
Annuendo all’altra,
Cornelia cominciò a muoversi, seguendola dalla parte opposta rispetto a
Rattigan, ben attenta a dove posava i suoi passi: quella volta, era determinata
più che mai a non rovinare tutto, considerate le volte precedenti, e a fare in
modo che tutta quella brutta storia finisse. Se fosse riuscita a sfuggirgli,
Rattigan sarebbe rimasto con un pugno di mosche e sarebbe stato più facile per
loro sconfiggerlo una volta per tutte. Forse sarebbe diventato ancora più
pericoloso, in quanto disperato, ma non ci sarebbe più stato alcun deterrente a
fermare Basil dall’impiegare qualunque arma possibile per sconfiggerlo. Da un
lato, quel pensiero la fece rabbrividire, ma non c’era tempo per le
preoccupazioni o per eventuali rimorsi: quella storia durava da troppo tempo e
aveva rovinato troppe vite per poter proseguire ancora. Persa in quei pensieri,
Cornelia continuava a seguire in automatico Brynna, evitando con attenzione di
mettere i piedi nel punto sbagliato. Improvvisamente, la vide fermarsi sul
bordo della parte alta della fontana e afferrare qualcosa, prima di voltarsi
per farle cenno di avvicinarsi. Quando ebbe coperto la distanza che la separava
dalla topolina, quest’ultima si avvicinò per sussurrarle all’orecchio: “Prendi
questo rampicante e calati giù. Sherringford mi ha detto che sei in grado di
farlo”.
Non era esattamente
quello che si era aspettato, ma non era certo il momento di replicare o di
provare a dire qualcosa, anche perché Brynna continuava a guardare nella
direzione di Rattigan con evidente preoccupazione, cercando di cogliere alcuni
cambiamenti nella sua voce o nel tono, per capire se si fosse accorto
dell’inganno.
Proprio quando
Cornelia aveva afferrato il rampicante e stava per calarsi, sentirono quello
che temevano: un ruggito giunse alle loro spalle, seguito da un suono di passi
affrettati nella loro direzione. Tra le due topoline calò un istante di
silenzio terrorizzato, finché Brynna non si mosse per guardare di sotto.
“Cambio di
programma” disse a Cornelia, mentre, alle loro spalle, i passi si facevano più
vicini.
“Sei impazzita?” Le
chiese l’altra, guardando anche lei l’acqua ferma sottostante. “È troppo alto,
ci schianteremo”
“Non so te, ma,
considerata l’alternativa, preferisco correre il rischio” Le rispose Brynna,
prendendola per un braccio. “Forza, salta!”
Cornelia era tutto
fuorché convinta: il balzo era davvero alto e, anche nel caso in cui fosse
riuscita a non farsi troppo male, non era scontato che sarebbe riuscita a
nuotare fino al bordo e a issarsi.
“Eccovi qui!”
Bastò tuttavia
quella voce minacciosa e fuori di sé per la rabbia a darle la spinta che le
mancava per muoversi. Un ultimo sguardo a Brynna, poi si gettò nel vuoto. Il
volo sembrò non finire mai e l’impatto violentissimo con l’acqua rischiò di
farle perdere i sensi. Riuscì comunque a rimanere cosciente e a nuotare verso
la superficie, prendendo una gran boccata d’aria e nuotando subito verso il
bordo. Quest’ultimo era alto, ma, per fortuna, sembrano esserci dei piccoli
appigli a cui lei si aggrappò per issarsi oltre il bordo. Era fradicia, stanca,
stravolta, ma ce l’aveva fatta.
Mentre cercava di
recuperare il fiato, però, colse l’occasione per voltarsi e guardarsi intorno:
cercò anzitutto Rattigan il quale, per qualche motivo, sembrava aver scelto la
via del rampicante. Era veloce, certo, ma in quel modo stava regalando un bel
vantaggio a lei e a Brynna.
Già, Brynna…
Voltandosi di nuovo,
cercò la maggiore dei Basil e si accorse con orrore che non era ancora
risalita. Ci stava provando, ma i gemiti che emetteva mentre si aggrappava al
bordo non erano per niente rassicuranti. Senza esitare ancora e senza porsi
troppe domande, Cornelia le si avvicinò per aiutarla a risalire il più in
fretta possibile, visto che Rattigan era quasi arrivato in fondo al rampicante.
Furono istanti
infiniti e, quando alla fine Brynna riuscì a scavalcare il bordo, si accasciò
sul terreno fangoso, gli occhi serrati e un’espressione dolorante sul viso, il
braccio destro posato sul lato sinistro del petto, mentre lei cercava di
recuperare il fiato.
“Vai…” disse con un
tono così basso che Cornelia a stento riuscì a sentire quello che stava
dicendo. “C’è… un buco… dritto davanti a noi. Vai… vai lì ed esci”
“E tu?” chiese
l’altra, guardandola con preoccupazione: più passava il tempo, più si rendeva
conto che Brynna non accennava a riprendersi, probabilmente perché, pensò
Cornelia, non si era ancora ripresa del tutto dal trattamento che le aveva
riservato Rattigan e qualche ferita doveva essersi riaperta.
“Vuole te” le
rispose l’altra. “Devi… uscire da qui” continuò poi, prendendo un respiro più
profondo per provare ad alzarsi, ma cadendo di nuovo contro la fontana e
gemendo più forte dal dolore. “Maledizione…” borbottò poi, appoggiandosi con la
testa alla pietra e mordendosi il labbro inferiore.
Cornelia la fissò
per un momento, indecisa sul da farsi: ogni volta in cui aveva disobbedito agli
ordini era successo qualcosa di brutto, ma quando alzò lo sguardo e vide che
Rattigan, dopo essere sceso dalla liana, stava cominciando ad avvicinarsi
utilizzando una specie di grossa ninfea come zattera – perché diamine si
ostinasse a non volersi bagnare era un mistero per la topolina – decise che,
anche quella volta, avrebbe fatto di testa sua. Dunque si chinò in avanti,
passando un braccio intorno alla vita di Brynna, che cominciò a protestare.
“No, no, te ne devi…
andare subito” le disse, seguendola comunque nei movimenti e cominciando ad
alzarsi.
“Sì, così tuo
fratello stavolta mi uccide sul serio. Bel piano, Brynna, ma non funzionerà” le
rispose Cornelia, tirandola in piedi e poi prendendole un braccio per
passarselo intorno alle spalle. “Tanto abbiamo tempo” aggiunse, mettendosi a
camminare verso l’uscita.
“C-come?” domandò
Brynna, arrancando accanto a lei.
“Sta evitando
l’acqua, non se è perché…”
Avevano appena
raggiunto dei cespugli enormi con delle foglie molto ampie. Mancava poco ormai
all’uscita e, infatti, Cornelia intravide tra le piante il buco di cui aveva
parlato Brynna. Affrettò il passo in quella direzione, tirandosi dietro la sorella
di Basil, che faceva sempre più fatica.
“Coraggio, non manca
molto” le disse, non sapendo bene se stesse incoraggiando lei o se stessa,
quando la sentì barcollare e quasi strattonarla verso il basso. Mentre stava
cercando di recuperare l’equilibrio, si voltò indietro e si accorse con orrore
che Rattigan era riuscito a raggiungere l’orlo della vasca e si stava
arrampicando, stringendo qualcosa di luccicante in mano che lei non riuscì a
distinguere. Decise comunque di non soffermarsi per capire cosa fosse e di
procedere verso il buco nella serra. Di punto in bianco, si sentì letteralmente
abbracciare da dietro una foglia e tirare da un lato insieme all’altra
topolina. Il movimento improvviso le tolse il fiato, impedendole di urlare o di
emettere alcun verso, a parte un gemito strozzato che la interruppe nel mezzo
della frase.
La sua prima
reazione fu quella di provare a difendersi da chiunque le avesse attaccate, ma,
passato il momento di sorpresa, si accorse che lei e Brynna erano state tirate
al riparo di una pianta molto ampia e profumata, appena prima che Rattigan
arrivasse a mettersi in piedi sull’orlo della vasca e a guardarsi intorno. La
soluzione che avevano trovato – o meglio, che aveva trovato loro – non era
ottimale, ma era sempre meglio che finire nelle zampe del Professore che,
almeno da quanto poteva intravedere Cornelia da dietro le foglie, era sceso
dalla fontana e aveva cominciato a cercarle come un segugio inferocito, i
movimenti rapidi e scattanti, qualcosa di luccicante stretto nel pugno. Quando
poi lo vide passare sotto un raggio di luna che filtrava dalla sera, capì di
cosa si trattava e perché lui non si era buttato in acqua per inseguirle.
“Ha una pistola”
sussurrò tra sé, arretrando tra le foglie, vicino a Brynna e a chiunque le avesse
tirate dietro le piante. Voltandosi, vide che la maggiore dei Basil se ne stava
accasciata contro l’altra figura, la quale le teneva una mano sulla bocca,
anche se non sembrava con cattive intenzioni. Il braccio libero, infatti, era
stretto intorno alla topolina con fare quasi protettivo e Brynna non stava
provando a divincolarsi, anzi, stava sfruttando quella mano per lasciare andare
dei versi di dolore che, soffocati dalle dita dello sconosciuto, non potevano
essere sentiti da Rattigan. Guardandolo meglio, Cornelia si rese conto che quel
topo le sembrava anche stranamente familiare, ma non riusciva a ricollegare
dove lo avesse visto o come lo avesse conosciuto, anche perché aveva una
sciarpa avvolta intorno alla parte bassa della faccia e solo gli occhi e la
fronte erano scoperti. Quando lui vide che lei lo stava guardando, si portò un
dito alla bocca e si sporse un po’ tra le foglie, cercando di vedere a sua
volta cosa stesse facendo Rattigan. Dopo qualche istante, giunse una voce
dall’altra parte della fontana e Cornelia la riconobbe: anche Basil li aveva
raggiunti.
“Rattigan! È finita,
ti abbiamo preso. Arrenditi ora, finché puoi”
Per tutta risposta,
nell’aria echeggiò uno sparo, che fece quasi gridare Cornelia e la spinse a
sporgersi dietro le foglie per cercare di vedere qualcosa, senza successo.
“Io sono armato, tu
no. Chi ha preso chi?” ribatté il Professore, dopodiché la topolina sentì un
rumore di passi affrettati, lontani da loro.
“Ci sta facendo
guadagnare tempo” disse il topo accanto a lei, che, dopo aver posato
delicatamente Brynna a terra, si era avvicinato a Cornelia. “Ecco cosa devi
fare: vai all’uscita e cerca Laroux con i suoi. Sono appostati nelle vicinanze
e sanno di doversi muovere quando ti vedranno uscire. Di’ che entrino e che si
preparino a qualunque cosa: questa volta non deve scappare”
La topolina lo
guardò, stupita, incapace di parlare: ora che lo vedeva ancora più da vicino,
era ancora più sicura di conoscerlo.
“Chi sei?” gli
chiese infatti, vedendolo poi alzare gli occhi al cielo.
“Brynna ha ragione:
fai troppe domande stupide” le disse e Cornelia avrebbe ribattuto, ma un altro
sparò esplose da qualche parte intorno a loro, facendola sobbalzare. “Vuoi
l’invito scritto? Forza! Se lo raggiunge o lo colpisce, non ci sarà più niente
da fare” la incalzò poi il topo e fu questo a convincerla ad alzarsi e a
correre verso l’uscita, dopo aver lanciato un’occhiata verso la fontana, per
assicurarsi che Rattigan non fosse nei paraggi.
Era la seconda volta
che lasciava Brynna, ubbidendo all’ordine di andare a cercare aiuto, ma in quel
caso aveva la sensazione che fosse la scelta più giusta e che, chiunque fosse
il topo che era con lei, sembrava volerla tenere in vita. Con questi pensieri,
corse fuori il più velocemente possibile, sentendo ancora un altro sparo. Per
paradossale che fosse, si rese conto che era un bene continuare a sentire quei
rumori: se Rattigan continuava a sparare era perché non aveva ancora colpito
Basil, quindi aveva ancora tempo.
L’aria fresca che la
accolse fuori dalla serra la fece fermare un momento a prendere fiato: si era
sentita soffocare, là dentro, sia per la situazione in cui si era trovata, sia
per il caldo opprimente e ora, sentendo una flebile brezza che le sfiorava il
pelo, le sembrò di tornare a vivere. Fu un attimo, poi si accorse che alcune
figure si muovevano verso di lei e riconobbe l’ispettore Laroux, che si
avvicinava cautamente con i suoi uomini.
“Signorina, state
bene?” Le chiese, fermandosi per un momento accanto a lei, che annuì, mentre i
topi di Scotland Yard si avvicinavano al buco della serra e si preparavano a
fare irruzione. Dietro, seduti su un sasso, Cornelia scorse anche Topson ed
Elizabeth, visibilmente scossa, che dovevano essere riusciti a scappare mentre
Rattigan inseguiva lei e Brynna. Accanto a loro, c’era un topo che ricordava di
aver intravisto a casa di Elizabeth e che sembrava conoscere bene Basil, ma non
ricordava il nome. Fu proprio quest’ultimo ad avvicinarsi a lei con
un’espressione preoccupata e a bruciarla sul tempo, mentre stava per rispondere
all’Ispettore.
“Brynna, dov’è?” un altro colpo di pistola risuonò, seguito
subito dopo da un rumore di vetri infranti che fecero istintivamente chinare
tutti a terra. I topi che stavano per entrare tornarono sui loro passi e si
schierarono nella direzione dalla quale erano provenuti quei suoni, puntando le
loro armi, ma non accadde niente. L’istante successivo, però, un altro sparo
ancora squarciò il buio in un altro punto della serra.
“Si stanno
inseguendo”
Mormorò il topo che
l’aveva interpellata prima, gli occhi rivolti alla serra.
“Io vado dentro a
cercare Brynna. Ispettore, voi dovreste irrompere” aggiunse poi.
“Se irrompiamo, gli
lasciamo campo libero per scappare” ribatté Laroux, dando una rapida occhiata
ai suoi uomini. “Stavolta non ce lo possiamo permettere”
“Allora dovremo
cercare di portarlo fuori. Tenetevi pronti”
“Dottor Ansmaueser,
non faccia…” si intromise Topson, lasciando per un momento Elizabeth da sola.
“Dottor Topson, non
ho intenzione di buttarmi nella mischia, ma dentro c’è una mia paziente e, allo
stato attuale, potrebbe non solo essere in pericolo, ma anche causare una
distrazione. La questione deve essere chiusa entro stanotte e non possiamo
permetterci altri errori”. Lo fermò l’altro, prima di voltarsi di nuovo verso
Laroux. “Io cercherò di portarla fuori e di capire la situazione all’interno,
vi aggiornerò il prima possibile. Signorina Blackwood, dove ha detto che la
posso trovare?”
Qualche istanti
dopo, Cornelia, frastornata, aveva dato tutte le informazioni a quel dottore,
il quale, senza esitare più, sparì nel buco da cui era uscita lei, mentre altri
spari risuonavano nella serra.
N.A. Vi rubo solo
qualche altro secondo per dire che il capitolo è dedicato ad ary_anna, la
quale, ogni tanto, mi lascia un commento molto carino e gentile ai vecchi
capitoli. Davvero, grazie di cuore. Il merito di questo aggiornamento è tutto
tuo.
Spero che possa
piacerti.
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