Photographs

di Ranyadel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** let's play a game! ***
Capitolo 2: *** Upside down ***



Capitolo 1
*** let's play a game! ***


(Interno al capitolo 31)

Let’s play a game!

Appena i ragazzi uscirono, Michael chiuse la porta a chiave e premette Manuela contro il muro. Lei fece un mugolio sorpreso, che venne soffocato dal bacio famelico di lui. "Michael" fece, allontanandolo di qualche centimetro con un sorriso divertito. "Sì, piccola cupcake?" 

"Non ti facevo così illuso." 

"In che senso?" 

"Davvero speri che basti un bacio un po' più acceso a convincermi?" chiese Manuela, sgusciando dalla presa di lui ridacchiando e scappando in cucina. Michael rimase immobile qualche secondo. "Dovrai sfoderare tutte le tue doti di corteggiatore per vincere, stavolta, Mikey" fece lei ridendo. Si stava divertendo un sacco, soprattutto perché aveva colto Michael alla sprovvista.  Lui si riscosse subito e la seguì in cucina. "Oh, piccola, ma io ho già vinto quando hai accettato di giocare" fece con un sorriso malizioso. "Sai, pensavo stessi scherzando, stasera, a proporlo in modo così leggero davanti a tutti" disse Manuela, giocherellando con una delle calamite del frigo. "Piccola, con queste cose non scherzo." 

"Ci sei già passato?" 

"... Forse." 

Manuela si voltò verso di lui con un sopracciglio alzato. "Io mi sono tenuta pura e casta per te e tu mi riveli così queste cose?" chiese sorpresa. "Mi sembrava ingiusto che tu non lo sapessi." 

"Quindi sono solo una delle tante?" chiese Manuela, mentre il suo sorriso sfumava. Michael scosse la testa e si avvicinò piano a lei. "Manuela, lo so che probabilmente adesso mi consideri uno stronzo, e lo ammetto, prima di conoscerti lo ero. Chiedilo anche ai ragazzi. Non mi importava, francamente, chi ci fosse con me nel letto. Mi vergogno di quello che ero prima, e credimi, ora non lo sono più." 

"E cosa ti ha fatto cambiare, sentiamo?" 

"Non ci arrivi proprio?" 

"No." 

"Sei stata tu." 

Manuela alzò lo sguardo fino a incontrare i suoi occhi chiari. Lui le prese le mani e continuò: "Manuela, da quando ti conosco sono cambiato. Te lo giuro. Da quando ti ho vista a quel concerto, da quando abbiamo iniziato a parlarci... Ho sentito qualcosa di diverso. Non mi sentivo alla tua altezza. E come potevo? Tu eri così perfetta, così angelica e allo stesso tempo così forte, con la capacità di fare il culo a chiunque soltanto aprendo bocca, così divertente, così dolce e allegra, così diversa da tutte le altre, così perfetta per me, e io ero solo uno stronzetto da una botta e via. Mi hai permesso di farmi un esame di coscienza come non lo facevo da tanto. Ho visto quello che ero diventato e quello che sarei voluto diventare e... Cavolo, erano agli antipodi. Mi sono fatto schifo da solo e mi sono chiesto cosa potessi fare per cambiare. Mi sono reso conto che stando con te, ero molto più vicino al me stesso ideale di quanto non lo fossi mai stato. Senza nemmeno rendertene conto mi stavi salvando da me stesso, e non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo. E mentre tutto intorno a me era sempre più diverso, tu eri l'unico punto fisso. Il bisogno di avere qualcuno di fianco la notte era diventato il bisogno di avere te, ad ogni ora del giorno. Mi stavo innamorando senza nemmeno accorgermene, concentrato com'ero sul mio cambiamento, ma quando me ne sono reso conto, mi sono sentito stupido per non averlo capito prima. Prima di andare a dormire non pensavo più alle ragazze delle notti precedenti, no. Pensavo a come sarebbe stato un futuro con te. Sei la prima e unica persona con cui abbia fatto questi pensieri, e mi sembrava così strano, ma anche così bello, mentre sognavo a occhi aperti di portarti all'altare. Ci immaginavo fra dieci, venti, ottant'anni, e niente riusciva a dissuadermi dal pensiero che tu saresti stata la ragazza giusta. Prima di conoscerti mi buttavo via perché non riuscivo nemmeno a immaginare che sarei potuto cambiare. Poi ho visto quei tuoi occhioni marroni, così dolci e così decisi, e ho sentito il bisogno di cambiare, di migliorare per te. Mi hai reso la persona più felice del mondo e continui a farlo. Anche in questo momento, in cui mi dovrei sentire un vero schifo - e fidati, la maggior parte di me vorrebbe picchiarsi da sola - ho una vocina in testa che mi dice di sorridere come un ebete, perché ho davanti a me la vittoria più grande della mia vita. Sei il mio primo bacio, il mio primo amore, la mia prima speranza di un futuro felice. Non potrei amarti più di così e non credo sia possibile, un giorno, svegliarsi e sentire meno di tutto questo. Ti amo, e mi dispiace se ho una storia piuttosto patetica, ma ho cambiato capitolo, e ora la protagonista sei tu. Sento che rimarrai la protagonista indiscussa fino al momento in cui nasceranno Austin e Diamond. Manuela, sei l'unica madre che vorrei per i miei figli e l'unica ragazza che ho amato, e che vorrei al mio fianco." 

Manuela sorrise piano, non riuscendo a dire nulla per qualche secondo. Gli diede un piccolo bacio a fior di labbra, prima di sussurrare: "D'accordo, le tue doti di corteggiatore sono davvero ottime."

"Oh, non ero nemmeno intenzionato ad arrivare ad un secondo fine, stavolta. Ti volevo solamente dire la verità."

"E se fossi intenzionato ad un secondo fine?"

Michael sorrise provocatorio e le slacciò il primo bottone della camicia. "Se fossi intenzionato ad un secondo fine, farei questo" sussurrò. Partendo dalla bocca di Manuela, iniziò a lasciare una scia di baci umidi e bollenti sulla guancia, fino ad arrivare alla curva del collo. Spostò il colletto della camicia e si concentrò sulla pelle morbida della base del collo. Iniziò a baciare ripetutamente un punto, a mordicchiarlo, a succhiare piano, mentre le sue mani scivolavano sui fianchi di Manuela e lui si spingeva contro di lei, costringendola a posare le mani sulla superficie di marmo della cucina per rimanere in equilibrio. "Mike..." mugolò Manuela. L'altro si staccò e la guardò con un sorriso vittorioso. "Sì, Cupcake?"

"Te l'ho detto. Non sono così facile. Non sarò come tutte le altre." Detto questo, Manuela si sfilò di nuovo dalla presa di lui, andando in sala come se nulla fosse e sdraiandosi sul divano. "Mi stai facendo impazzire con questi tuoi giochetti, piccola" fece Michael ridacchiando e raggiungendola.

"Forse mi piace giocare."

"O forse ti piace farmi impazzire."

Manuela rise piano e si nascose sotto la coperta che Ash e Carol avevano lasciato ai piedi del letto. Michael si sdraiò sopra di lei, tenendosi sollevato sui gomiti per non schiacciarla. "A cosa devo questo cambiamento repentino di atteggiamento, Mikey?"

"C'è la luna piena, amore. I lupi vanno fuori di testa."

Manuela si mise a ridere gettando la testa all'indietro e Michael ne approfittò per buttarsi sul suo collo. Tornò a baciare con foga il punto dove si era concentrato prima. "Sembri deciso a far rimanere il segno."

"Lo so che anche tu non vedi l'ora. Facciamo vedere a Coco e Luke che non sono gli unici."

"Lo stai facendo solo per competizione, quindi?"

"No, lo sto facendo perché ti amo, e voglio amarti in ogni modo possibile." 

Manuela arrossì leggermente e chiuse gli occhi, godendosi la sensazione, ma Michael si fermò quasi subito. Lei lo guardò interrogativa. "Vuoi giocare?" le chiese l'altro. Manuela sorrise furba e annuì. "Perfetto, ho il gioco adatto" fece Michael con un sorriso provocante. Le tolse la coperta di dosso e la prese in braccio. Lei si aggrappò subito alla sua vita con le gambe, come faceva sempre, e si premette contro il suo corpo. Michael la baciò piano prima di cercare a tentoni le scale. "Mike, guarda che cadiamo" fece Manuela ridacchiando. "Ti fidi di me?" le chiese Michael, guardandola con quei suoi occhioni enormi. Lei sorrise e annuì e Michael fece il primo passo sullo scalino. Con una mano si teneva alla ringhiera, per sicurezza. In poco, raggiunsero la camera di lei. Michael si chinò fino a farli sdraiare sul letto e si ritrovò sopra di lei, in mezzo alle sue gambe, quasi avesse programmato tutto. Sorrise furbo e si chinò a baciarla di nuovo, mentre faceva scontrare i loro bacini. Manuela soffocò un'esclamazione sorpresa. "Non sei l'unica che si diverte a giocare" fece Michael ridacchiando, prima di tornare a baciarla. Le mordicchiò il labbro inferiore e lo tirò piano, per non farle troppo male. Continuò a baciarla, sempre più forte, per poi lasciarla andare improvvisamente. Manuela rimase spiazzata. “Dimmi che scherzi” fece quando lui si alzò. “Ti stai già arrendendo?” chiese. “No, sto solamente andando a prendere una cosa che ci servirà per giocare” fece Michael ammiccante, prima di correre al piano di sotto. Manuela rimase immobile sul letto, curiosa e allo stesso tempo decisa a non perdere quella specie di scommessa. Era sicura che non avrebbe ceduto, ma quando Michael tornò, con un barattolo di Nutella e un cucchiaio in mano, non ne fu più così sicura. “Ora possiamo iniziare il gioco” fece Michael con un sorriso ferino. “Preparati, piccola cupcake: sarà una lunghissima notte.”

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Capitolo 2
*** Upside down ***


Upside down

27 maggio 2012 (due anni prima)

Calum era seduto all’ombra dell’albero più grande del parco, appoggiato al tronco. Sotto di lui, aveva steso un lenzuolo verde bottiglia. Sopra di esso, c’era la custodia di una chitarra e due zaini, oltre a una torta al cioccolato a cui mancava un quarto abbondante.

Calum passava le dita sulle corde della chitarra che teneva in grembo, facendole sibilare. Sopra di lui, un fruscio, troppo violento per essere causato dalla brezza leggera che soffiava in quel momento, continuava a ripetersi. “Attenta a non farti male, eh?” fece Calum guardando verso l’alto e incontrando lo sguardo dolce e divertito della ragazza abbarbicata sui rami sopra di lui. Madison ridacchiò e si portò una ciocca dei capelli ribelli e castani dietro l’orecchio, poi scese di un paio di rami, giusto per arrivare a quello sopra Calum. “Mi conosci da cinque anni, e ancora hai paura che io possa cadere? Quanta poca fiducia hai in me, Cal! E dire che dovresti essere il mio migliore amico!” fece allegra, fissandolo con i suoi occhioni scuri. Calum ridacchiò e scosse la testa. “Sei proprio una scimmietta” disse, tornando a concentrarsi sulla chitarra.

Migliore amico. Era solo il suo migliore amico. Solo il cielo sapeva quanto lui avrebbe desiderato essere qualcosa di più. E invece, lei era impegnata in quel suo tira e molla con un ragazzo che non la meritava nemmeno un po’. “Cambierà – diceva sempre – devo solo dargli un’altra possibilità, stavolta ha detto che ci prova sul serio.” E intanto, ogni volta, Madison correva da Calum, in lacrime, cercando un conforto che otteneva solo da lui. “Grazie, sei il migliore amico che una ragazza possa desiderare” gli diceva sempre. Solo amico.

Calum non ce la faceva più. Era arrivato anche a scrivere con Luke una canzone, Heartbreak girl, per lei. Gran parte del lavoro lo avevano fatto lui e il suo cuore sofferente. Pensava che fosse un buon modo per dirle ciò che provava, ma quando gliel’aveva fatta sentire, Madison si era limitata a sorridere entusiasta e dire che era davvero una bellissima canzone, e che la ragazza che se la sarebbe sentita dedicare sarebbe stata fortunata. Calum non aveva saputo far altro che ridacchiare, mentre dentro di lui ogni cosa urlava e si dibatteva.

Non poteva accettare come Madison veniva maltrattata da quell’altro. Semplicemente, non ci riusciva, e non riusciva nemmeno a capire come fosse possibile che quel ragazzo non capisse quanto lei era importante e speciale. Insomma, se Calum fosse stato al suo posto, l’avrebbe trattata come se fosse la cosa più preziosa che aveva, e non avrebbe permesso a nulla e nessuno di farle del male, tantomeno a sé stesso.

Calum sospirò, mentre iniziava a suonare una canzone lenta e malinconica, Lucky one.  Why the stars are lined up so perfectly for everybody, but not for me?” canticchiò. Madison lo guardò. “Perché sei triste?”

“Eh?”

“Suoni questa canzone solo quando sei triste. Cosa succede?”

“Niente, stavo solo pensando” fece, nascondendo un mezzo sorriso. Lei sì che lo conosceva bene.

“Suoni qualcosa di più allegro?” chiese Madison, con un faccino da cucciola troppo adorabile perché Calum potesse rifiutare. Lui ridacchiò. “Cosa le suono, principessa?” chiese, allungandosi e prendendo un’altra fetta di torta.

“Che ne dici di quella bella canzone che ha scritto per me?”

Calum per poco non si strozzò con il boccone. Tossì violentemente, poi: “Qu-quale canzone?”

Madison, che intanto si stava dondolando a testa in giù, appesa come un pipistrello, ridacchiò. “Tu credi che io sia stupida, Cal?”

“No, ma…”

I dedicate this song to you, Calum. A chi dedichi quella canzone?” fece Madison inquisitoria. Lui deglutì. “Alla ragazza che non vede mai la verità” fece poi con voce flebile. Madison gli sorrise. “Cal, so che non apprezzi Johan. Si vede lontano un miglio che non lo sopporti. Credi che mi faccia stare male, e hai ragione, anzi, hai sempre avuto ragione. Ti ricordi cos’è successo una settimana fa?”

“Mi hai chiamato mentre era a casa tua e mi hai raccontato di come Johan si sentisse con un’altra, di nuovo.”

“Già. E sai che è successo, quando abbiamo finito la chiamata? Dopo che lui mi aveva promesso che quella volta sarebbe stata diversa, e non mi avrebbe più delusa?”

“Che è successo?”

“Sono scesa al piano di sotto, e lui stava chattando con la stessa ragazza. Ho fatto finta di niente e quella sera, dato che ha dormito da me, gli ho rubato il telefono. Una piccola ispezione, direi che ne avevo pieno diritto, no?”

“Certo.”

“Ecco. Quei due stavano organizzando un appuntamento per il giorno dopo, quando lui mi aveva detto che sarebbe andato a trovare sua nonna. E non è tutto: quell’oca gli ha chiesto come aveva intenzione di fare con me, e lui ha detto che si sarebbe liberato in fretta di una ragazza credulona come me. E non sono arrivata alla parte più bella, sai? La cosa migliore, è che ho trovato cinque conversazioni così, con cinque ragazze diverse” fece con un tono da cospiratrice. Calum era a bocca aperta e ribolliva per la rabbia. “Madison, lo so che lo perdoni sempre, ma…”

“Stavolta no.”

“Cosa?”

“Stavolta no. Basta. Si è giocato la sua ultima possibilità. Mi ha altamente grattugiato le ovaie il suo comportamento. Sono stanca di piangere per un cretino che non ci mette niente a rimpiazzarmi. Una persona importante mi ha insegnato che merito di più di questo; la stessa persona che mi è sempre vicino, nonostante spesso io faccia delle cretinate. La stessa persona che mi sprona sempre ad andare avanti, a fare del mio meglio. La persona che è arrivata anche a scrivere una canzone per me, per cercare di farmi capire che stavo sbagliando tutto. E che ci è riuscita. Calum, mi hai insegnato che valgo di più di ciò che pensavo, che merito più di uno stronzetto che rimorchia dieci ragazze alla volta, e ti ringrazio per questo. Se non fossi il mio migliore amico, mi verrebbe da pensare che provi qualcosa per me, ma, ehi, i miei filmati mentali devono rimanere solo filmati mentali” fece con tranquillità, come se gli stesse raccontando i risultati della partita di calcio. Calum non riusciva a credere alle sue orecchie. Aveva ricevuto troppe informazioni per formulare una risposta decente.

Una parte del suo cervello stava ballando la macarena in gonnellino di foglie, reggiseno di noci di cocco e ghirlanda di fiori hawaiana, perché, accidenti, Madison – la sua Maddy – aveva finalmente lasciato perdere quel cretino! Non poteva essere vero!

L’altra parte, invece, era completamente in blackout. Incapace di mettere insieme due parole, o due pensieri.

Madison lo guardò e rise. “Ho messo in difficoltà quell’unico neurone che ti è rimasto?” chiese. Era ancora a testa in giù, e iniziava a essere paonazza.

“Di che film mentali parli?” riuscì a chiedere Calum. Si diede dello stupido: di tutto ciò che poteva dire, proprio quello doveva riuscire a mettere insieme? Davvero la sua mente non aveva niente di meglio da offrire? Forse Madison aveva ragione, il suo unico neurone era troppo stanco ed era andato a dormire. Si fece un appunto mentale: la prossima volta, morditi la lingua prima di dire queste cretinate, zuccone.

Madison lo guardò un attimo e lo vide nel pallone, ma non ci fece caso, per fortuna di Calum. “Sai, no? Quei filmini mentali che ti immagini prima di andare a dormire, e che qualche volta diventano sogni. Quelli in cui fantastichi su come potrebbe essere la tua vita se cambiasse un solo particolare. Solo che tu non sei un particolare, Calum. Non sei un accessorio della mia vita, sei una delle strutture portanti. E a volte, anche se so che è stupido, mi immagino cosa sarebbe successo se tu mi avessi mai baciata. Se mai avessi provato dei sentimenti per me, che vanno oltre all’affetto. Sai, una volta, mentre pensavo a questi scenari, mi sono addormentata, e mi sono sognata accanto a te, nella vita. Avevamo anche un figlio, sai? Si chiamava Alexander. E so che è una cretinata, ma ero felice. Forse è stata anche quella felicità a farmi rendere conto che con Johan non andava bene. È successo il giorno prima che scoprissi delle cinque altre ragazze di Johan. E mentre la sera dopo lo cacciavo fuori di casa alle due di notte, chiudendolo fuori dalla porta ancora in pigiama e buttandogli il cellulare dalla finestra, ho provato una cosa strana. Ero soddisfatta di aver finalmente chiuso quel capitolo della mia vita, ma allo stesso tempo volevo correre da te. Hai presente quando hai così sonno che la tua mente sforna pensieri che non sai da dove vengano? Ecco, lì per lì ho pensato che sarebbe stato bello correre da te, chiudere un capitolo e iniziarne uno nuovo, migliore, con te. E stavo per farlo, sai? Avevo già messo le scarpe. Poi mi sono data della stupida e sono tornata a dormire, perché è la stessa cosa che mi avresti detto tu: ‘torna a casa, Maddy, stai delirando.’ O no?” chiese Madison, raddrizzandosi, finalmente, mentre il sangue le defluiva dal cervello e lei sospirava dal sollievo. Calum non aveva parole. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Madison continuò: “No, probabilmente non mi avresti detto solo: ‘torna a casa, Maddy, stai delirando.’ Prima avresti fatto i salti di gioia, perché finalmente mi ero liberata di lui. Poi mi avresti chiesto che ci facevo da te alle due e mezza di notte – perché ci avrei messo mezz’ora ad arrivare da te. Ti avrei raccontato tutto, e tu mi avresti offerto di dormire da te, come facevamo sempre. Mi avresti detto che il troppo sonno mi aveva dato alla testa e che stavo dicendo cose di cui mi sarei pentita il giorno dopo. Perché tu sei il mio migliore amico, e non devo avere questi pensieri su…”

“Fai finta che io non sia più il tuo migliore amico, Maddy.”

“Eh?”

“Ti ho chiesto di far finta che io non sia il tuo migliore amico” disse Calum sicuro. Madison tornò a testa in giù e Calum si alzò in piedi. Erano faccia a faccia, quasi come se stessero rifacendo la scena di Spiderman al contrario. “Non capisco, Cal” fece Madison confusa. Calum prese un gran respiro. “Mi conosci come non mi conosce nessuno, Madison, ma hai sbagliato. Tre anni fa avrei avuto la reazione che hai descritto. Ora, ti spiego io cosa avrei detto. Per la prima parte avresti avuto ragione: avrei ballato la conga alla notizia di Johan chiuso fuori casa in mutande, e se aspetti ancora qualche minuto credo che lo farò davvero. Poi, sì, ti avrei chiesto perché eri venuta a casa mia a quell’ora. E se tu mi avessi detto ciò che mi hai detto ora – esattamente come l’hai detto ora – non ti avrei detto di tornare a casa, e nemmeno di rimanere a dormire da me.” Madison lo guardava, paziente e curiosa. Calum si fermò per radunare di nuovo le idee. Intanto, incontrò di nuovo quei pozzi scuri che erano gli occhi di lei, quegli occhi dolci e allegri, spensierati, ma troppo spesso pieni di lacrime, quegli occhi che l’avevano fatto innamorare. Furono quelli a dargli il coraggio di continuare: “Hai detto che, se non fossi il tuo migliore amico, avresti sospettato che nutrissi qualche sentimento verso di te. E hai detto – se non mi sbaglio – che non devi pensare a me come qualcosa di più di un amico, perché sono solo il tuo migliore amico. Ecco perché…” deglutì quasi rumorosamente. “Ecco perché voglio che tu faccia finta che io non sia il tuo migliore amico. Solo per un attimo. Dammi solo il tempo di fare questo.” Così dicendo, si alzò sulle punte e, prima che Madison potesse dire nulla, posò le labbra sulle sue, appoggiando le mani sulle guance di lei. Fu un contatto brevissimo, lui si staccò subito, lasciando Madison a penzolare a bocca aperta, mentre il viso un po’ lentigginoso di lei diventava rosso. “Sono innamorato di te, Maddy – fece Calum – e anche se ho solo quindici anni, non m’importa, è troppo tempo che me lo tengo dentro. Da tre anni, quando ti vedo mi si smuove qualcosa dentro. Forse sono farfalle nello stomaco, o forse sono elefanti che saltano la corda, non ne ho idea. So che sei l’unica ragazza che mi fa stare così. Non m’importa se molti possono pensare che siamo troppo piccoli per parlare di queste cose. Provo qualcosa di forte per te, Maddy. Mi hai fatto innamorare, con la tua semplicità, la tua dolcezza e, perché no, anche la tua pazzia. Dammi una possibilità. Ti prometto che non starai mai male per colpa mia. Non me lo perdonerei mai. Sei troppo importante, troppo preziosa, troppo delicata e fragile perché io possa rischiare di farti del male. E non lo farò. Ti prego, permettimi di provare che ciò che sto dicendo non sono solo belle parole che potrei mettere in una canzone. Voglio davvero avere una possibilità con te.” Quando finì, tirò un sospiro di sollievo, mentre un peso si toglieva dal suo stomaco.

Madison, ormai, era rossissima. “Cal…”

“Sì?”

“Perché non me l’hai detto prima?”

“Perché tu eri in ballo con Johan, e…”

“E gli avrei tirato un calcio nel sedere molto prima, se avessi saputo una cosa del genere. Non avrei aspettato tanto.”

“In che senso?”

“Sai quanta stima ho di me stessa. Pensavo che quello fosse il massimo che potevo ottenere. Così mi sono accontentata. E anche se sapevo di sentire qualcosa per te, mi dicevo che non potevo essere ricambiata. Eri il migliore amico, non il ragazzo con cui avrei potuto provarci senza aver paura di rovinare qualcosa. Non volevo perdere ciò che avevo, Cal, capisci?”

“Capisco benissimo” rispose lui, sincero, mentre la speranza lo faceva fremere. Madison vide quanto lui fosse sulle spine si mise a ridere. “Vieni qui” disse solo. Calum obbedì, per trovarsi le mani di Madison dietro al collo, che lo attiravano a sé. Le loro labbra si incontrarono di nuovo, in modo un po’ brusco, ma che comunque spedì Calum dritto dritto al decimo cielo. Da lassù, ogni cosa era così piccola, e lui si sentiva il padrone del mondo. E come avrebbe potuto essere altrimenti, ora che stava baciando Madison?

Quando si separarono, si sorrisero radiosi. Era stato solo un bacio a stampo, ma per entrambi fu abbastanza. Madison fece per scendere: si piegò, mise le mani sul ramo e si spinse giù, ma il piede le si impigliò e cadde. Calum fu pronto a sostenerla, prendendola al volo per il busto, e lei sbatté solo i talloni. Scoppiarono a ridere. “Sei matta, scimmietta” fece Calum fra le risate.

E in quel momento, si rese conto che non era cambiato nulla fra di loro. Erano ancora migliori amici. Erano ancora i soliti Calum e Madison, ma con qualcosa in più.

E lui non avrebbe potuto esserne più felice.

“Devo farti sentire una cosa” disse emozionato, mentre Madison si rialzava.

Si sedettero, mangiarono un altro pezzo di torta e Calum prese la chitarra. E mentre le cantava Bad dreams, la canzone che aveva scritto appositamente per lei, pensava a quanto era fortunato.

“You look so beautiful, no one but me knows you’re insane”. Quante volte si sarebbe innamorato di quegli occhi?

“I feel so damn pathetic, my friends just don’t get it.” E di quel sorriso?

“‘Cause you’ve got me under oath.” Anche in quel momento, Madison lo guardava in quel modo così innocente e dolce, che lo faceva impazzire.

“Before you I was in a fucking rut.” Quasi si era dimenticato come fosse la sua vita prima di conoscerla. Non che avesse importanza, ovviamente.

“One day, you’re in the past.” Non poteva credere alla felicità che provava in quel momento. era possibile sentirsi così felici? Come se stesse per scoppiare?

“That night I ask you back.” No, probabilmente non era possibile.

“It started out just harmless fun.” Com’era iniziata? E chi se lo dimenticava, quel pomeriggio magico in cui si erano incontrati?

“Now you got me thinking you’re the one.” E, diamine, lo pensava davvero.

‘Cause if you wanna take me home,

You know I’m ready to leave.

You’ve got me under your spell,

Please, don’t set me free!

‘Cause I’ve been having all these nightmares,

Seeing you is my only way of

Feeling so defenseless,

But I’m telling you I wouldn’t change a thing!

 

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