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Un
nuovo giorno di lezione per lo studente universitario Light Yagami; un nuovo
giorno di stragi per il dio del nuovo mondo, Kira. Ma la strada per la
costruzione di una società senza malvagi era piena di ostacoli: L era uno di questi; ma prima di lui, c’era Misaki.
“Yagami-kuuun!”
Ogni
mattina, la stessa storia: appena Light metteva piede nel cortile dell’università,
Misaki gridava il suo nome e gli saltava addosso, bombardandolo di domande e
proposte di appuntamenti.
Light
era abituato ad avere successo con le ragazze, ma quelle che aveva conosciuto
negli anni di scuola erano più schive, quasi timide, e certo non avrebbero
fatto il primo passo; Misaki Hatsori, invece, era molto più intraprendente, per
via di una singolare combinazione tra sicurezza di sé e inguaribile stupidità,
e sottoponeva Light ad una pressione insopportabile.
Se
la ignorava, lei diventava più insistente; se le spiegava di essere già
impegnato, lei annuiva, ma non cambiava atteggiamento. Aveva anche pensato di
darle corda, nella speranza che si calmasse un po’, ma c’era il rischio che poi
Misa mettesse in atto la sua minaccia di uccidere le altre ragazze intorno a
lui. In una parola, era un intralcio.
La
situazione era peggiorata ulteriormente quando a Misaki venne la fissazione
dell’autografo.
“Che te ne fai di un mio autografo? Non
sono mica un personaggio famoso!”
“Ma
che dici, Yagami-kun! Sei il più figo dell’università,
quale ragazza non vorrebbe avere il tuo autografo?”
Tutte
le altre studentesse che non glie lo avevano mai chiesto, pensava Light, ma
sapeva che quella logica non avrebbe funzionato con Misaki. Di certo non le
avrebbe fatto l’autografo, ci mancava solo che diventasse un idol di ateneo! Ma
intanto la ragazza continuava, imperturbabile, il suo assedio.
Al colmo
dell’esasperazione, Light iniziò a pensare di eliminarla, ma due considerazioni
lo frenavano: innanzitutto, uccidere una ragazza a lui vicina e notoriamente
sgradita avrebbe insospettito L; in secondo luogo, per quanto fastidiosa,
Misaki non aveva mai commesso reati, quindi non poteva farla fuori per un suo
capriccio.
Però
era un tormento: aveva iniziato anche a seguirlo sino a casa con l’autobus,
insistendo tutto il tempo per avere il maledetto autografo.
E
quel giorno, proprio sull’autobus, successe tutto.
“Dai, Yagami-kun, che ti costa?”
“Insomma,
Hatsori, se ti ho detto no è no”
“E se io ti dico sì è sì! Siamo pari!”
Light
si mise una mano nei capelli, rassegnato. Ma mentre era in quella posizione,
una lampadina si accese nella sua testa.
“Hat…
Misaki?”
“Che
bello, mi hai chiamata per nome!”
“Sbaglio
o non hai timbrato il biglietto dell’autobus?”
“Ma
mica l’ho comprato, il biglietto”
“Lo
sai che è contro la legge?”
“Capirai!”
Gli
occhi di Light si accesero di gioia: Misaki era disonesta! Un motivo per
ucciderla! Ed essendo su un autobus, poteva farlo al riparo dagli occhi di L.
“Misaki,
mi hai convinto: ti farò l’autografo”
Non
fece in tempo a finire quella frase che fu sommerso da gridolini di felicità
isterica.
“Davvero?! Che beeeello! Sei un mito! Aspetta un
attimo!”
Misaki
iniziò ad armeggiare con lo zaino alla ricerca del bloc-notes,
ma Light la fermò posandole una mano sul braccio.
“Lascia,
prendo io il foglio”
Misaki,
inebriata dal contatto fisico, non obiettò. Light aprì la sua valigetta,
estrasse il Death Note e ne strappò unpezzo di carta. Vi scrisse sopra “a MISAKI HATSORI da…” e aggiunse un
ghirigoro che poteva vagamente assomigliare al suo nome, ma era in realtà un
insieme di linee prive di senso.
E così ho sistemato questa seccatrice,
pensò Light, con un ghigno sadico.
Misaki
ricevette il foglietto pseudo-autografato in stato di estasi. Ma subito dopo
iniziò ad analizzarlo come una critica d’arte.
“La
tua firma non è molto leggibile, sai, Light-kun?”
“Eh,
sì” Chiamami pure per nome, tra poco non
potrai più prenderti queste libertà.
Misaki
era pensierosa.
“Non
vorrei un giorno confondermi e non ricordare più che questo non è il tuo
autografo”
“Non
succederà” disse Light con un sorriso ambiguo. Ancora venti secondi.
“Già,
hai ragione… ma meglio essere sicuri!”
Così
dicendo, Misaki tirò fuori dalla tasca una penna e scrisse qualcosa sul margine
del foglietto. Light, sicuro di avere ormai risolto la faccenda, fu preso alla
sprovvista dal gesto e non potè impedirlo all’istante. Ma si riscosse subito, e
strappò di mano il foglietto a Misaki.
“Che
fai?!” urlò. Ma era troppo tardi: sul pezzo di carta
del Death Note, a fianco del suo scarabocchio, c’era una freccetta e la scritta
“autografo di LIGHT YAGAMI” in bella
calligrafia femminile.
Morirono
entrambi di arresto cardiaco nel giro di un minuto.
Personaggi: Light/Raito, Misa Amane, nuovo
personaggio
Rating: arancione
Avvertimenti: nessuno
06:00
Il conducente di autobus YamatoHarada entra nella rimessa
dell’azienda comunale di trasporti, per iniziare la sua giornata lavorativa. È assonnato, ripete meccanicamente i gesti della quotidianità:
prendere le chiavi, raggiungere il suo bus, aprirlo, salire… ma non fa in tempo
a salire: mentre mette il piede sulla scaletta della salita una mano lo afferra
alla spalla. Prima che Harada possa capire
cosa sta succedendo, un colpo violentissimo sulla nuca lo sprofonda in un
abisso eterno.
06:10
Yagami
Light si sveglia. Esce dalla sua stanza, saluta la madre e va in bagno per
prepararsi a un nuovo giorno di università.
06:15
L’autobus 48 per Nerima esce dalla rimessa. Alla guida, MitsumotoIwata, un po’ a disagio nella divisa di YamatoHarada, che gli va
stretta; per fortuna, non così tanto da risultare sospetta addosso a lui.
Iwata
armeggia con volanti e pedali senza difficoltà: nella sua vita precedente era
stato un conducente di autobus, sino a che la polizia non era entrata nel suo
monolocale, e aveva trovato i cadaveri delle donne che aveva collezionato da
quando, un anno prima, aveva scoperto un nuovo hobby per riempire le serate
della sua vita di quarantenne ancora vergine. Un passatempo piacevole, ma che
gli aveva procurato un ergastolo senza speranze di riduzione della pena.
Ma Iwata
ha scontato solo cinque anni della condanna, poi ha deciso che ne aveva
abbastanza, ed è riuscito a evadere, con la stessa disinvoltura con cui
avvicinava le studentesse per coinvolgerle nel suo hobby. Il suo vecchio
mestiere gli è tornato utile per completare la fuga: ha ucciso Harada e, dopo avergli tolto la divisa, ne ha occultato il
cadavere in fretta e furia. Sa che lo ritroveranno in
giornata, ma sa anche che le poche ore che lo separano dal ritrovamento saranno
più che sufficienti per lui: nella divisa di Harada,
infatti, ha trovato il foglio con gli orari dei turni: smonterà da quel bus
alle 12 per la pausa pranzo, e a quel punto potrà darsi uccel di bosco. Poche
ore di lavoro sotto falso nome per riavere la libertà, e riprendere altrove,
con una nuova identità, il vecchio hobby.
07:00
Yagami
Light esce di casa e va alla fermata dell’autobus.
07:05
Amane Misa
si sveglia controvoglia: odia alzarsi prima delle nove, ma ha in agenda un
servizio fotografico per una rivista.
Prima di prepararsi, accende il
computer per vedere le ultime notizie: Raito le ha
ordinato di giustiziare ogni giorno, e in ore diverse, dei criminali, per
continuare l’opera di Kira mentre lui è controllato
da L.
07:10
Yagami
Light sale sull’autobus 48: è il solo passeggero, la folla degli altri
lavoratori e studenti sale alla fermata successiva.
07:12
Amane Misa
va sul sito della NHK, e la sua attenzione è attratta dal titolo EVASO SERIAL KILLER. Clicca. L’articolo dice “La polizia giapponese ha reso noto che
durante la notte è evaso MitsumotoIwata, di anni 45, responsabile dello stupro e uccisione di
quindici donne nei quartieri Nerima e Itabashi nel 1999…”
Misa
non va oltre: la pagina è corredata da una foto dell’evaso, tanto le basta.
Prende il Death Note e scrive il suo nome, senza indugio.
Raito sarà contento di me, pensa.
07:13
MitsumotoIwata sta per rallentare vicino alla fermata, quando
un dolore atroce gli perfora il petto come diecimila spilli. Si agita, si
aggrappa al volante muovendolo in maniera convulsa.
L’autobus sbanda. I numerosi cittadini
in attesa alla fermata vedono il mezzo agitarsi senza controllo e fuggono in
cerca di riparo. A bordo, Yagami Light viene
sballottato da una parte all’altra. Senza capire cosa stia succedendo, cerca di
raggiungere il posto del guidatore per fermare il mezzo, ma le continue
sbandate glie lo impediscono.
In secondi lunghi come ore, Iwata si accascia sul volante, fulminato. Il piede
dell’ormai defunto è schiacciato sull’acceleratore. L’autobus procede così in
una corsa folle sino a che una sbandata più forte non lo fa rovesciare. I
soccorsi che giungono poco dopo non possono fare altro che constatare il
decesso dell’autista e del passeggero.
NOTA
Sperando
che anche questo capitolo sia piaciuto, approfitto per ringraziare chi ha
commentato il primo:
Winry90,
mifa piacere
che trovi geniale l’idea ^^
Rebel
Girl, anche per me la morte di L è uno dei motivi dell’antipatia,
e uno dei prossimi capitoli si concentrerà proprio su quell’episodio, quindi
stay tuned
Benny
Chan, grazie anche a te, e sì, la troppa sicurezza di Light è davvero un’ottima
opportunità per fargli fare la figura dello sbruffone XD
Rosencrantz,
grazie mille per i complimenti XD
AngelVirtues,
in realtà non gli farò fare solo figuracce, alcuni capitoli saranno anche più
seri (tipo questo), ma certo ce ne saranno altre ;)
L
i a r, troppo gentile, e anche per te quello che ho detto ad Angel
PoisonousGaara, mi fai arrossire!
Nee_chan…
grazie per i complimenti, ma semmai sono bravO,
non brava XD
Hoshimi,
stai pur tranquilla che Light soffrirà ancora parecchio in questa storia XD
Prof,
contento di essere venuto incontro ai tuoi desideri, e grazie per l’apprezzamento^^
Personaggi: Light/Raito,
Near, un po’ tutti, nuovo personaggio
Rating: verde
Avvertimenti: spoiler
per chi non ha ancora letto gli ultimi due volumi del manga; ho spostato la
data dell’incontro finale dal 28 aprile al 28 dicembre per motivi di trama.
28 dicembre 2010
“Light Yagami, tu sei Kira”
Seduto sul pavimento, la testa
inclinata, un dito accusatorio rivolto verso di lui: Near, nonostante la
giovane età, sembrava davvero un giudice implacabile, e quella breve frase era
bastata a spaventare la squadra investigativa giapponese. Ma Light non tremò.
“Lo sappiamo che ne sei convinto
da sempre, Near; eppure ancora non hai mostrato nessuna prova. Ma non era per
questo che ci hai fatto radunare qui?”
Quelle parole strafottenti
infusero di nuovo un po’ di fiducia nei poliziotti.
Matsuda fece un passo avanti verso il ragazzino.
“G-giusto!” esclamò “Come fai a
essere così sicuro che Light sia Kira?”
Non rispose subito. Gli occhi di
tutti erano puntati su di lui, quelli dei poliziotti giapponesi come quelli
degli agenti statunitensi. Era il momento di rivelare a tutti la prova
schiacciante.
Near sorrise.
“L’ho chiesto a Babbo Natale”
sussurrò.
Quella rivelazione lasciò
tramortito Light. Tutti i presenti erano immobili e sconvolti,
ma Light poteva percepire quasi materialmente la fiducia che ancora i
poliziotti avevano in lui sgretolarsi. Ma non poteva darsi per vinto: comunque
era in vantaggio, a breve sarebbe arrivato Mikami e avrebbe ucciso tutti i
presenti. Doveva prendere tempo.
“Questo è assurdo, Near” disse.
“Lo sai anche tu che non lo è”
ribatté Near “Al contrario, è semplicissimo. Così semplice che non ci aveva
pensato L, e non ci hai pensato tu. Nemmeno io, inizialmente, ci avevo pensato.
Ma se ho avuto questa intuizione, devo ringraziare Mello”
“Mello?!”
esclamò Light, incredulo. Che c’entra?
Forse che prima di morire ha spedito la letterina? Ma la risposta non sarebbe
comunque arrivata a Near…
“Non è quello che stai pensando
tu” disse Near “Spieghi lei, Lidner”
Halle avanzò.
“Riferivo a Mello le decisioni
della nostra squadra. Quando gli dissi che Near intendeva incontrare la squadra investigativa giapponese, lui scoppiò a ridere e
disse ‘Me lo immagino Light Yagami che va all’incontro e dice Ciao Near, ho seguito il tuo piano, sono
venuto e ora ti offro anche la prova della mia colpevolezza, ma chi sono io?
Babbo Natale?!’”
Near annuì.
“Questa battuta mi aprì gli
occhi. Sino a quel momento avevo cercato di inchiodarti alla tua colpevolezza
cercando di dimostrare in maniera inconfutabile che tu eri Kira. Ma questa
dimostrazione non c’era, e a causa del tuo acume era impossibile da costruire.
Non avevo mai pensato alla possibilità di smascherarti tramite vie laterali. Ma
grazie all’ironia di Mello mi sono ricordato che c’era quest’altra possibilità:
non cercando le prove, ma appellandomi alla testimonianza di colui che tutto
vede e tutto sa, e che sa davvero distinguere, a differenza tua, tra buoni e
cattivi: Babbo Natale!”
Light deglutì. Goccioline di sudore
gelido scendevano lungo la sua schiena.
“È stata una fortuna aver fissato
l’incontro per il 28 dicembre, così ho avuto il tempo di scrivergli la
letterina, in cui ho chiesto come regalo di sapere l’identità di Kira. E il 25 mattina, quando mi sono svegliato, ho trovato nel
camino della nostra base segreta due scatole da 5000 pezzi di lego, un puzzle
bianco, e un foglio di carta. Questo foglio”
Così dicendo, estrasse dalla
maglietta un pezzo di carta da lettera, su cui campeggiava una sola frase: Kira è Light Yagami.
Ma Light non si diede ancora per
vinto.
“E perché dovremmo crederti? Come
facciamo a sapere che quel biglietto è stato scritto da Babbo Natale e non da
te o da Jevanni?”
Near chiuse gli occhi, e restò
così per qualche secondo. Quando li riaprì, era mutato. Al posto della sua
solita espressione scontrosa e indifferente c’erano adesso due occhioni
pucciosi da cerbiatto e un labbro tremolante.
“Come fate a non credere ad un
bambino così tenero?” disse con una vocina piena di pianto. Matsuda e Ide ci
cascarono subito: “Che cariiiiiiino!” esclamarono.
Light perse la calma.
“Ma questa è pazzia!” urlò. A
queste parole, il comandante Rester avanzò, truce in volto.
“This is not madness” gli rispose, in inglese; e poi, puntandogli
contro la pistola: “THIS IS… SANTA!!!”
“Ma quale Santa e Santa!” gridò
Light, indietreggiando spaventato “Voi siete tutti matti da legare!”
“Arrenditi, Light-kun” gli disse
Aizawa, con voce pacata “Se Babbo Natale ha detto che sei tu, non puoi più
fingere il contrario”
“Ma vi sembra una prova?” ansimò
Light “Insomma… Babbo Natale… non esiste!”
In quel momento, la porta del
capannone si aprì. Light sentì il cuore balzargli in petto per la gioia:
finalmente Mikami era arrivato!
Ma non era Mikami: il personaggio
che stava avanzando in controluce era molto più grasso, e nella sua sagoma si
distingueva una lunga barba e un cappello di fattura scandinava. Quando si
allontanò dal fascio di luce, i presenti poterono distinguere il suo volto
rubicondo adornato da vezzosi occhialini, i vestiti color rosso fuoco, il sacco
che portava in spalla.
“Ba… Babbo Natale?!” gridò Light con voce strozzata.
“Proprio io, figliuolo” disse il
vegliardo, e rise. Ma quella risata fece accapponare la pelle a tutti: non era
l’oh oh ohche
da sempre veniva associato all’uomo del Natale, ma un ben più inquietante ku ku ku.
“Vuoi ancora negare la mia
esistenza, Light-kun?” chiese Babbo Natale “Io sono qui, di fronte a te; o
pensi che sia uno di quei sosia che vanno in giro per i grandi magazzini?”
“Ma… che ci fai qui? Natale è
passato da tre giorni! E dov’è Mikami?”
“Mikami? Quel giudice con i
capelli da Michael Jackson? L’ho ucciso investendolo con la slitta mentre
arrivavo qua”
“Ucciso?!Tu un assassino?” gridò Matsuda, sconvolto.
“Io” confermò Babbo Natale “Ho deciso
di cambiare modo di fare: basta carbone, che poi ogni volta mi si sporca tutta
la slitta e devo passare i sei mesi successivi a scrostarla. D’ora in poi, i
bambini cattivi avranno altro…”
Su quell’ultima frase in sospeso,
mise a terra il sacco e ne estrasse un Death Note; certo, era un po’ sui
generis, con la copertina rossa, un rametto di vischio nell’angolo e la scritta
in caratteri d’oro; ma era indubbiamente un quaderno della morte. E ora Babbo
Natale lo stava aprendo, e poggiava la sua penna con marchio Coca-cola sulla
prima pagina.
“Buon Natale, Light Yagami” disse
sogghignando “O anzi, visto che pensi di essere dio, buon Venerdì Santo, ku ku ku”
E scrisse il suo nome.
NOTE
Capitolo
senza troppe pretese scritto il 24 dicembre. L’ispirazione per la storia mi è
venuta da questa
vignetta, che è semplicemente fantastica.
Nei
prossimi giorni per le vacanze di Capodanno sarò senza computer, quindi Dieci
morti per Light torna nel 2009. Felice anno nuovo, e a presto! Ma prima, i
ringraziamenti a chi commenta:
Rebel
girl, mi fa piacere che prendi la mia storia come un regalo^^
Prof,
grazie per l’apprezzamento e l’analisi puntuale
Danda93,
troppo buona J
Benny_chan,
rovinare anche Misa era uno dei miei obiettivi XD
Hoshimi:
Light è morto di nuovo, e siamo ancora agli inizi ;)
Nee_chan:
non crucciarti, è un equivoco frequente XD
LightAngel_93:
grazie per il commento puntuale. Light è sicuramente un personaggio notevole,
anche se mi sta antipatico non posso non riconoscerne lo spessore narrativo (se
non ci fosse, probabilmente non lo troverei antipatico, ma solo
insignificante); farlo morire in maniere buffe o fatalistiche è anche un modo
per sminuire l’alone titanico che gli autori hanno costruito intorno a lui
Avvertimenti:
what if?,spoiler per chi non ha letto sino al volume 7 o alle corrispondenti
puntate dell’anime
“Ascoltate.
Il dio della mor… uh…”
L si
interruppe. Il cucchiaino che stringeva tra le dita iniziò a tremare.
“Mmmh? Che ti prende, Ryuzaki?”
chiese il sovrintendente Yagami.
Il
cucchiaino cadde a terra. Un istante dopo, anche L lo seguiva verso il suolo,
evitando l’urto solo grazie a Light, che si lanciò a sorreggerlo. Ma non era carità:
grazie a quell’abbraccio, quasi fraterno ad occhi esterni, L negli ultimi
secondi della sua vita potè vedere il sorriso di trionfo di Kira.
Allora… non mi ero… sbagliato… però…
Poi
più nulla.
“Ryuzaki! Ehi! Ryuzaki!”
I
membri della squadra investigativa erano sconvolti e paralizzati. Light lanciò
un urlo disumano.
“C-calmati,
Light!” balbettò il sovrintendente. Non poteva sapere che, nell’ondata di
panico che aveva investito i presenti, suo figlio era l’unico ad essere
totalmente padrone di sé.
“Ucciderà
anche noi!” gridò Light “Watari… Ryuzaki… e ora tocca a noi!”
Quelle
parole diedero il via libera al terrore dei poliziotti. Proprio quello di cui
Light aveva bisogno per poterli manipolare a piacimento, ora che L era finalmente morto.
Era
stato un trionfo. Il suo trionfo. Aveva saputo utilizzare l’intuito di L e l’attaccamento
di Rem a Misa, e piegarli ai suoi fini.
L aveva capito subito che nelle parole scritte sul quaderno
sottratto a Higuchi c’era qualcosa che non andava. In particolare, la regola
dei tredici giorni mandava a monte tutti i suoi ragionamenti su Light e Misa, o
almeno così speravano i poliziotti della squadra, ansiosi di scagionare i due
giovani. Ma Misa era coinvolta, c’erano prove schiaccianti, per quanto gli
altri le avessero dimenticate, e L non le avrebbe lasciate svanire.
Ma c’era
Rem. Rem odiava Light, ma Light era amato da Misa, e
Rem non avrebbe permesso che Misa soffrisse. Come potesse un dio della morte
essere vincolato in maniera così assoluta dai suoi sentimenti per un’umana
Light non sapeva spiegarselo, ma era una fortuna per lui: Rem avrebbe fatto
qualsiasi cosa per salvare la vita di Misa, anche se questo avrebbe significato
la sua morte, perché agli shinigami non è concesso di allungare le esistenze
umane, solo accorciarle.
E infatti le cose erano andate proprio come aveva previsto: L
aveva fatto le domande più intelligenti per avvicinarsi alla verità, e aveva
deciso di testare il quaderno per verificare la regola dei tredici giorni: così
avrebbe scoperto che era falsa, e per Misa si sarebbero riaperte le porte della
prigionia. Ma Rem non lo aveva permesso, e aveva ucciso Watari e L, condannando
così a morte anche se stessa. E Light aveva finalmente sconfitto il suo nemico
mortale, e allo stesso tempo si era sbarazzato di un dio della morte che lo
odiava. Non aveva più nulla da temere.
Ora,
mentre simulava panico e rabbia, nella sua mente si deliziava con sadici
interrogativi: chissà come moriva un dio della morte?
Non
lo avrebbe mai saputo. Perché Rem era viva.
Certo,
per qualche istante era stata sul punto di sacrificarsi, e il piano di Light sarebbe
andato esattamente come egli aveva previsto. Ma si era bloccata in tempo, e
aveva riflettuto.
Era
uno shinigami. Un dio della morte. Poteva sottostare alle regole del suo mondo,
ma perché doveva obbedire a quelle degli umani? Farsi guidare dai suoi
sentimenti fino all’estremo sacrificio? Ideale che, per inciso, gli umani
professavano ma di rado praticavano. E avrebbe dovuto farlo lei? E per cosa?
Per
il bene di Misa, sì. Per quella ragione lo avrebbe fatto, nonostante l’assurdità.
Ma che razza di bene era, per Misa, vivere alla mercé di un uomo cinico e
egotista come Light, che la disprezzava e la sfruttava a piacimento per i
propri fini? Nessuna donna poteva essere felice così, eppure Misa lo era,
perché il suo amore per Light era così totalizzante che, se lui fosse morto, la
sua vita avrebbe perso ogni significato.
O
no?
Rem
aveva imparato a conoscere Misa, ma c’erano aspetti del suo carattere che
ancora costituivano un mistero: a volte mostrava acume e forza di volontà
superiori alla media, per quanto più spesso mostrasse solo il suo lato ingenuo
e succube di Light. Ma allora c’era la possibilità che trovasse in se stessa la
forza di vivere anche senza il suo amato?
Quando
L aveva annunciato di voler testare il quaderno, Rem
aveva capito di doverlo uccidere. Se si fosse limitato a lui, sarebbe morta di
sicuro, per aver salvato Misa. Ma se oltre a L e Watari avesse ucciso anche
Light, cosa sarebbe accaduto? Se Misa avesse saputo reagire a quella morte,
allora anche Rem sarebbe perita, per averle allungato la vita; se invece si
fosse spenta per il dolore, Rem avrebbe vissuto. Nessuna delle due possibilità
era molto piacevole, ma entrambe erano migliori dell’alternativa, risparmiare
Light: l’odio per quel giovane presuntuoso che credeva di poter ingannare gli
dei della morte era più forte dell’amore per Misa. E Rem avrebbe protetto quest’ultima
dai pericoli esterni, ma non da se stessa. Così aprì il suo Death Note e, dopo
aver scritto i nomi di Watari e L, aggiunse quello di Yagami Light.
“Ora
tocca a te, Misa” mormorò, chiudendo il quaderno “Decidi tu se devo vivere o
morire”
“Ora
tocca a noi!”
Quel
grido aveva seminato scompiglio e terrore nella squadra investigativa, ma nel
gridarlo Light sapeva bene che non sarebbe successo niente. Così, quando pochi
secondi dopo si accasciò a terra a fianco di L, stroncato come lui da un
arresto cardiaco, sul suo volto più che paura era dipinto un immenso stupore.
Più
di un minuto era passato, e Rem non si era dissolta in un mucchio di sabbia.
Era viva, destinata a vivere; quindi Misa non si sarebbe ripresa dalla morte di
Light.
“Così
sia” mormorò Rem, alzandosi in volo per tornare al regno dei morti, lasciandosi
dietro solo tre cadaveri, e una lacrima.
NOTE
Rieccomi con la mia fanfiction, sperando che questo
capitolo vi piaccia^^ già che ci sono, ne approfitto
per fare il punto del lavoro: delle dieci storie ne ho scritte sei, tre ce le
ho già in mente e devo solo metterle su carta, per l’ultima sono ancora nel
buio, ma inizio a sviluppare un’idea. Abbiate pazienza e nel giro delle
prossime settimane le pubblicherò tutte! Intanto, ringrazio le fedeli
commentatrici.
Benny Chan: sono contento che ti sia piaciuta la gag
tratta da 300, su Facebook non ha avuto molto successo XD
L i a r: Near puccioso-per-calcolo mi ispirava troppo,
dovevo assolutamente inserirlo!
Winry90: e mica ti devi scusare per non aver recensitola storia
precedente! I tuoi commenti mi fanno semprem olto piacere^^
AngelVirtues: sempre troppo buona, e comunque resta
sintonizzata, la storia in cui Light sarà ridicolizzato al massimo deve ancora
arrivare…
Hoshimi: buon anno in ritardo anche a te! E fai la
brava XD
Mugen: in effetti per quell’omicidio
non ci si poteva limitare al carbone XD
Prof: sempre troppo gentile, grazie mille J
Rebel Girl: contento ti sia piaciuta
Nee_Chan: Matsuda sembrava fatto per quella frase XD
LightAngel_93: non ho visto Futurama, mi sono ispirato
all’immagine che ho inserito nelle note, ma comunque a me Near sta simpatico,
se non altro perché da a Light quel che merita XD
Avvertimenti:
spoiler per chi non ha ancora letto il
volume 6, o viste le puntate corrispondenti
Il
sovrintendente Yagami Soichiro puntò la pistola a pochi centimetri dal volto di
suo figlio Light.
“Siamo entrambi dei peccatori, Light. Ci
rivedremo all’inferno”
Premette
il grilletto.
In realtà era tutta una farsa. Un inganno crudele ma
necessario, almeno a detta di L.
La
lunga prigionia di Light e Misa non era servita a fermare gli omicidi di Kira,
ma la tempistica delle esecuzioni era davvero sospetta. E, ancor più
importante, nessuna conclusione certa si poteva trarre finché non si avesse avuto qualche certezza sul modo con cui Kira uccideva
le sue vittime. Per questo L aveva proposto al
sovrintendente Yagami e agli altri poliziotti della squadra investigativa di
recitare una sceneggiata per cercare di definire i limiti dei poteri di Kira –
o, almeno, di quelli di Light.
L’idea
sembrava grottesca, ma resisteva bene ad ogni esame razionale: il
sovrintendente Yagami avrebbe condotto Light e Misa in un auto,
dicendo al figlio che era stato riconosciuto come Kira e pertanto condannato a
morte. Ad un certo punto del tragitto, avrebbe deviato dalla strada, estratto
una pistola e detto a Light che lo avrebbe ucciso lui stesso, per poi
suicidarsi. Di fronte a una simile situazione, se Light fosse stato Kira, o
almeno avesse avuto il potere omicida, lo avrebbe usato contro il
sovrintendente per salvarsi. Era la prova di cui L
aveva bisogno per stabilire se Light potesse essere liberato o meno. Per questo
Yagami Soichiro si era prestato a recitare quella parte feroce, e a rivolgere
una pistola, per quanto scarica, contro suo figlio. Per dimostrarne l’innocenza.
… purtroppo, però, per un errore di distrazione, aveva preso
non la pistola scarica, ma quella carica, e uccise il
figlio sul serio.
NOTE
Lo so, lo so, questo capitolo
è brevissimo. Per questo vi regalo, oltre alle dieci one-shot già previste, un
bonus teatrale. Enjoy!
Titolo: Tragedia in
tre battute
Personaggi: Light/Raito,
Ryuk
Camera di Light. Light
è seduto alla scrivania, Ryuk è in piedi di fronte a lui.
RYUK: Con i miei occhi di shinigami posso vedere quanto
tempo ti resta da vivere.
LIGHT: E me lo puoi dire?
RYUK: Veramente sarebbe proibito, ma per te farò un’eccezione,
visto che ti restano solo due secondi.
Light stramazza a
terra e muore.
Sipario.
Ok, dopo questa stupidata
passiamo ai ringraziamenti:
Winry90: grazie per l’apprezzamento!
Hoshimi: il ragionamento di
Rem in realtà nasce come un ragionamento mio, quando mi sono chiesto come mai
dovesse morire per Misa. Il risultato è stato questo.
Benny Chan: anche io avrei
voluto facesse così nella storia originale, ma dobbiamo accontentarci delle
fanfiction XD
Nee Chan: attesa
ricompensata!
L i a r: avevo pensato di far
sopravvivere L, ma sarebbe stato troppo difficile da giustificare logicamente. Sarà
per un’altra storia!
Sexxxychichi: non ho parlato
troppo della reazione di Light perché era su Rem che volevo concentrarmi. Grazie
per l’osservazione, comunque^^
Sbiru94: non sarà proprio una
sgozzatura, ma continua a seguire la storia e una morte violenta ci sarà!
Prof: Misa
inizialmente mi sembrava un personaggio interessante, poi si è appiattito in
maniera clamorosa: per questo tra lei e Rem ho preferito salvare quest’ultima.
Avvertimenti: Ooc, whatif?,spoiler per
chi non ha ancora letto il volume 7 o visto le puntate corrispondenti
Watari
entrò nella stanza, senza fare rumore; L era seduto su
un divanetto, intento a riempire di zucchero una tazza di the.
“Mi volevi parlare,Ryuzaki?”
“Siediti”
Le rare volte in cui lo aveva
invitato a sedersi erano state occasioni di lunghi discorsi, il genere di cose
che L aborriva, se non nelle situazioni più serie. A
quante pare, si trovavano in una di quelle.
Watari
si sedette, pronto a tutto.
“Cosa c’è?” chiese. L lasciò cadere una zolletta nella tazza.
“Ho deciso di testare il Death
Note” disse.
Watari
ebbe un lieve sussulto. Cercò di nasconderlo, pur sapendo benissimo che lui lo
avrebbe notato.
“Testarlo?
Ma la regola dei tredici giorni...”
“Lo so, lo so,
è appunto quella che voglio verificare. Non è quello il problema:
chiederò al governo degli Usa di darci un condannato a morte per fare la prova.
La proposta sarà questa: al condannato chiederemo di scrivere il nome di un
altro detenuto; se dopo tredici giorni non morirà anche lui, sarà liberato”
Mescolò il the.
“Non mi piace l’idea
di usare detenuti come cavie, ma è necessario. E, in questo caso, non
troppo deplorevole, visto che il prescelto non morirà. La regola dei tredici
giorni è di sicuro falsa”
“Ma, Ryuzaki,
se ne sei già convinto perché vuoi fare un test?”
“Perché c’è
bisogno di una prova concreta. Di fatto, sono sicuro che la regola sia
falsa, perché Misa ha certamente usato il quaderno,
ed è ancora viva. Gli uomini della polizia l’hanno scagionata sulla base della
regola, quando per logica avrebbero dovuto fare il contrario, e cioè rifiutare
la regola perché contraria alle prove a carico di Misa.
Ma non posso convincerli su questa base, devo dare loro una dimostrazione certa”
Watari
annuì, pensieroso.
“E allora cos’è che ti preoccupa?”
L non rispose subito; bevve un
sorso di the, guardò in alto, il pollice poggiato sulle labbra.
“Il dio della
morte” disse, infine “Solo lui o un suo simile può avere inserito una regola
falsa nel quaderno. Ma lo ha fatto per beffarsi degli uomini o perché ha
qualche altro obiettivo? Dal suo atteggiamento non si può dedurre nulla con
certezza, anche se mi sembra mortalmente serio”
Poggiò la tazza sul tavolino.
“Comunque, il
rischio è che ci sia qualcosa – o qualcuno – che vuole nascondere. E
allora non posso escludere che ci impedisca di fare il test, se non vuole che
scopriamo la verità”
Watari
sentì una punta di sudore sule tempie. Immaginava quali fossero i metodi di un
dio della morte per fermare gli uomini.
L tacque
di nuovo, stavolta più a lungo. Quando si decise a parlare, Watari
a momenti non lo riconosceva.
“Watari, penso che mai come stavolta a indagare si rischi la
vita. Io devo farlo: ormai in questo caso ci ho messo tutto me stesso.
Ma non posso coinvolgere sino a questo punto anche te”
“Cosa intendi dire?”
“Intendo dire
che se mi aiuti a fare il test anche tu rischi di morire. Lo sai bene
quanto me; se vuoi, lascia perdere questa storia e torna a essere QuillshWammy. Potrebbe
essere l’ultima possibilità”
Watari
aveva paura. Non poteva negarlo. Ma poteva vedere bene il lieve tremore delle
gambe di L, segno di una paura più forte della sua, e quello era un motivo
sufficiente per non mostrare i propri timori.
“Ryuzaki”
disse “Ti ricordi quando ti notai tra i ragazzi del mio primo orfanotrofio?”
“Certo”
“Non ho aperto
istituti per bambini geniali per un mio capriccio. E nemmeno per dare
loro un futuro migliore; o meglio, non solo per questo. Ho iniziato questa
attività perché volevo formare persone in grado di fare qualcosa di utile per
il mondo. Non solo con le loro opere, ma con il loro esempio: l’esempio che non
importa quanto si possa partire svantaggiati, con la volontà e l’impegno si
possono ottenere grandi risultati. Volevo infondere nelle persone fiducia in se
stesse. Per questo l’affaireKira non riguarda solo te: che un uomo assurga a divinità,
dividendo l’umanità tra cattivi da eliminare e buoni indifesi da proteggere,
come se non dovessimo aiutarci da soli, va contro tutto
quello che ho fatto nella mia vita. Non sono ancora così vecchio da voler
morire, ma lo sono abbastanza da non voler fuggire di fronte al rischio”
“Ne sei sicuro?”
“In tanti anni
di onorata carriera non ho mai abbandonato nessuno dei miei orfani di fronte ad
una difficoltà. Non farmi iniziare proprio ora”
L
allungò la mano sul tavolo, ma non prese la tazza: tracciò disegni immaginari
sulla superficie di vetro con il dito, per qualche minuto. Watari
conosceva quel gesto, ma non lo vedeva da almeno dieci anni: era ciò che L faceva quando era commosso.
Si alzò.
“Vado a contattare l’FBI per accordarci sul test”
“Fermo” disse L “C’è ancora una
cosa”
Si mise una mano in tasca.
“Non so perché un dio della morte
dovrebbe voler agire sul mondo umano, Ma penso che Light-kun
c’entri qualcosa. La regola dei tredici giorni sembra fatta apposta per
invalidare l’esperimento della prigionia, e anche il suo atteggiamento è sospetto:
in momenti diversi è sembrato due persone differenti. Questo mi mette di fronte
ad una situazione paradossale: se morissimo, i sospetti su Light diventerebbero
praticamente certezza, ma lui avrebbe vinto”
Passata l’emozione, era tornato l’L di sempre. Watari sorrise suo malgrado: “Cosa proponi di fare?”
“Prima non mi ero posto il problema,
ma dopo quello che hai detto sì. Sto vivendo questo
caso come una sfida personale, come sempre, ma a prescindere da ciò Kira va fermato per il bene stesso del mondo. Quindi credo
che per stavolta posso derogare ai miei metodi”
Tolse la mano dalla tasca: tra le
dita stringeva un pezzo di carta.
“È un frammento
del Death Note. L’ho strappato ieri, senza farmi vedere da nessuno,
quando è stato chiaro che il dio della morte non avrebbe collaborato con noi. Prima
ti ho detto che non mi piace fare prove sui detenuti? Ma in
realtà, ne ho già fatta una”
Alzò il pezzo di carta di fronte
agli occhi di Watari. C’era un nome scritto su di
esso.
“L’ho scritto
io, ieri, è il nome di un condannato a morte che non era ancora apparso sui
giornali. È morto. Questo dimostra che si può uccidere anche scrivendo
su un frammento del quaderno. Non pensavo di usarlo ancora, ma ora può tornare
utile”
Girò il pezzo di carta, e scrisse
qualcosa; poi passo il foglietto a Watari, che lesse
e sussultò.
Light Yagam
“Se hai deciso
di rimanere al mio fianco, Watari, ecco le mie
disposizioni” disse L “Sai già che, se ti dovesse succedere qualcosa, dovresti
cancellare tutti i dati dell’indagine. Ma ora c’è qualcosa di più
importante: tieni sempre a portata di mano questo foglietto, ese durante il test
tu fossi colpito da un attacco di cuore, o simili, devi assolutamente
aggiungere la i finale al cognome di Light-kun. Così saremo sicuri che anche lui morirà, e
nonostante tutto avremo sconfitto Kira”
Watari
strinse forte il pezzo di carta tra le dita. Lo infilò nel polsino della
camicia.
“D’accordo, Ryuzaki. Mi preparerò a questa evenienza”
“Bene.
Allora puoi contattare la polizia americana. Io avvertirò il resto della
squadra investigativa, e che accada quel che accadrà”
Watari
chinò il capo, e fece per uscire. Era già sulla porta quando la voce di L lo
fermò di nuovo.
“Ah, Watari”
“Sì, Ryuzaki?”
“Grazie”
NOTE
Rieccomi
con un nuovo capitolo, dopo un po’ più giorni rispetto a quelli precedenti, a
causa di impegni universitari.
Come
avrete notato, questo capitolo è un po’ diverso dai precedenti, soprattutto
perché Light non appare e – soprattutto – non muore. In realtà, in questo caso,
la sua è una morte fuori scena, implicita,
perché sappiamo che Rem ucciderà L e Watari per
impedire il test, e di conseguenza, sulla base di questo whatif?, anche Light morirà. Insomma, nemmeno questa volta
ho salvato L ç__ç però considerate che nei precedenti
capitoli ambientati prima del volume 7, le morti di Light implicitamente salvavano
il nostro detective preferito, quindi allegria XD
Detto
questo, passiamo ai ringraziamenti.
Nee_chan: se fate una recita di Death
Note, fammi sapere!
Kirachan95: se vuoi atrocità, aspetta ancora qualche capitolo e l’avrai
XD
Benny
Chan: contento di recarti gioia^^
L
i a r: grazie mille, per quanto possibile continuerò.
Reidina: Light è caduto a terra
perché, dopo due secondi, era morto ;)
AngelVirtues: grazie
mille per avermi segnalato gli errori, appena ho letto il tuo commento ho
provveduto a correggere. A volte succede anche ai migliori di non notare certe
cose, figuriamoci a me che migliore non sono ;) per quanto riguarda SoichiroYagami hai ragione a
dire che se fosse successo davvero sarebbe stato davvero terribile da vivere,
ma ho deciso volutamente di improntare il capitolo al maggior cinismo
possibile.
Danda93: grazie per i complimenti^^
Hoshimi: sempre gentile!
Prof:in effetti non ho pensato a
segnalare in calce che avevo corretto gli errori di battitura segnalati da AngelVirtues, ma c’erano, quindi chiedo venia XD E anche a
te rispondo come a lei per Soichiro, la scelta di un
evento agghiacciante o disturbante è stata voluta, perché cerco di variare i
registri dei pezzi di questa raccolta, e qui ho deciso di andare sul cinico
spinto. Grazie mille per le osservazioni sempre puntuali!
VelvetRainDrops: grazie,
spero che continuerai a seguirmi (anche se ormai non manca molto alla fine)
Personaggi:
Light/Raito, Ryuk, L, nuovo personaggio
Rating:
verde
Avvertimenti:
nessuno
Prologo
Il
dio della morte Ryuk aveva lasciato cadere un Death Note nel mondo degli umani
per divertirsi, e aveva fatto centro: il quaderno era stato raccolto da Yagami
Light, studente la cui intelligenza era pari soltanto al suo ego, e il
risultato era stata una strage di criminali su scala mondiale per creare una
nuova umanità. A quell’impresa si era sovrapposto uno scontro altrettanto
titanico tra Light e il migliore detective vivente, L. Cosa si poteva chiedere
di più appassionante?
Ma
Ryuk sapeva che ci si poteva aspettare di più…
Meiko-chan – Atto primo
Light
e L, quest’ultimo sotto lo pseudonimo di Hideki Ryuga, camminavano insieme nel
cortile dell’università. Gli altri studenti si voltavano a guardarli, e
pensavano ad una singolare amicizia di geni; mai avrebbero potuto sospettare i
pensieri che realmente percorrevano le menti dei due.
Light, sei davvero tu… Kira?
L mi tiene d’occhio, devo volgere in
positivo questa situazione, posso farcela…
I
loro pensieri furono interrotti dall’improvvisa esplosione a tutto volume di
una melodia pop che assordò i presenti. Lo stesso L cadde a terra, travolto
dall’impatto sonoro, e mentre lo aiutava a rialzarsi Light osservò basito la
fonte di quel rumore: nello spiazzo principale del cortile era stato montato un
palco, su cui svettavano un maxischermo, dieci casse di dimensioni abnormi, ed
una ragazza con microfono in mano che gridava alla folla.
“Ciao,
studenti di Tokyo!” urlava, e molti nel pubblico ululavano e rispondevano,
ritmicamente, Mei-ko-chan! Mei-ko-chan!
“Meiko-chan?
E chi è?” chiese Light, ad alta voce per sovrastare la musica. L alzò le
spalle.
“Come?
Non la conoscete?” rispose una ragazza lì vicino “È una delle idol del momento! È una matricola, ma si
era già fatta conoscere alle superiori, all’Accademia di Ouran, dove era
diventata la mascotte di un famosissimo gruppo di giovani, l’Host Club!”
Ryuk,
lì presente, si mise a sussurrare all’orecchio di Light.
“Sai
che forse ne ho sentito parlare? Di una storia simile mi ha parlato uno
shinigami mio amico, Keito”
“I
giornali dicono che un tempo Meiko-chan era timidissima” proseguì la ragazza, a
quanto pare amante di gossip “e che sono stati i ragazzi dell’Host Club a
insegnarle ad avere più fiducia in se stessa[1]”
Allora hanno esagerato un po’ pensò Light.
Infatti quella Meiko tutto poteva essere tranne che timida: indossava un abito
iper-attillato viola, contornato di microgonna, collant arcobaleno e scarpe
rosse con la zeppa alta dodici centimetri; di colori ugualmente vistosi erano
le unghie (fucsia), i capelli (azzurri), le labbra (nere con porporina) e
persino le palpebre (lillà).
“Studenti
di Tokyo!” gridò Meiko “Oggi è una bellissima giornata! E sapete perché?”
Indicò
il megaschermo alle sue spalle, che trasmetteva un video con un gruppo di
ragazzi con pigiami multicolori che si dimenavano.
“Perché
oggi i Kanjani8[2]
pubblicano il loro nuovo album! Yeeeahh!”
E chi se ne frega! gridò il pubblico, e
una pioggia di lattine e bottiglie, non tutte vuote, si riversò su Meiko-chan.
La quale, tuttavia, non sembrò intimidita, e continuò imperterrita nel suo
show, cantando Misetekure.
Il
bombardamento di lattine, però, stava mettendo a dura prova la stabilità del
palco. In particolare il maxischermo, colpito da più parti, iniziò ad oscillare
pericolosamente. Meiko se ne accorse, e sotto il fard dorato impallidì.
“Nooo,
ammori! Attenti!” gridò, presumibilmente rivolta ai cantanti sullo schermo, e
si slanciò verso lo schermo per impedirne la caduta. Ma nel farlo inciampò in
uno dei cavi della corrente, e fece un volo che terminò proprio sul
maxischermo, che a quel punto cadde all’indietro, schiantandosi in parte al
suolo e in parte sul lato destro di una panchina, con l’effetto che la
coppietta seduta sul lato sinistro fu catapultata in aria, e andò a colpire le
vetrate dell’aula di nudo del dipartimento di arte dell’università, causando a
due modelli serie escoriazioni in zone del corpo che è meglio non citare.
Nel
frattempo, il palco stava andando in pezzi, seminando il panico tra gli
studenti nelle vicinanze, che fuggivano via per non essere coinvolti nel
disastro, invano. Alla fine, il palco cedette e Meiko, che ivi giaceva,
svenuta, iniziò a rotolare verso il suolo, e poi, per inerzia, continuò a
muoversi come un rullo compressore, andando a terminare la sua corsa proprio
contro Light, che ne fu travolto.
Solo
a quel punto Meiko riprese i sensi, e non dovette essere un brutto risveglio,
visto che si ritrovò tra le braccia di Light.
“Che
carino che sei!” esclamò infatti. Ma Light la spinse via rudemente, e,
rialzatosi, si allontanò impettito, portandosi dietro L – e Ryuk, che rideva
come un matto.
Meiko-chan – Atto secondo
La
settimana successiva, Light e L erano in un’aula dell’università a seguire il
corso di Diritto internazionale e globalizzazione. Dietro di loro, Ryuk
sbadigliava in continuazione, e cercava di stuzzicare Light, che tuttavia lo
ignorava completamente: non avrebbe fatto alcuna mossa che potesse insospettire
L, e però il vocio di Ryuk dietro di lui era davvero fastidioso; così, accetto
con sollievo la richiesta di intervento da parte del professore.
“Signor
Yagami, esponga ai suoi colleghi il caso
Jungbunzlauer, e le sue conseguenze sul comportamento delle imprese
giapponesi in Europa”
Light
si portò alla cattedra e di lì, impugnato il microfono, iniziò la sua
relazione.
“Il caso Jungbunzlauer attiene all’articolo
15 numero 2 del regolamento 17 del 1962 di applicazione degli articoli 81 e 82
del Trattato della comunità europea. La Jungbunzlauer,
sanzionata per…”
“Attenzione!
Attenzione!”
Ad
interrompere la relazione era stata una voce estranea, proveniente dall’alto,
che era riverberata in tutta la vasta aula. Ma non era una voce divina:
proveniva, più semplicemente, dagli altoparlanti, e Light riconobbe in essa,
con orrore, la voce di Meiko-chan.
“Attenzione!
Attenzione!” ripeté “Comunichiamo che oggi, in occasione del compleanno di Yuu,
il fanclub dei Kanjani8 decreta la sospensione della normale attività
didattica, e proclama ventiquattro ore di festa universitaria a partire da…
vediamo un po’… adesso!”
Su
quelle parole, le porte sul retro si spalancarono di colpo, e una folla di
ballerine vestite con gli abiti multicolori dei Kanjani fecero irruzione
nell’aula, travolgendo Light e iniziando a ballare sui banchi e sugli scalini,
mentre gli altoparlanti trasmettevano ora a tutto volume Wahaha. Poco dopo, fece il suo ingresso in aula anche Meiko-chan,
con il suo consueto abito sgargiante, incitando tutti a divertirsi.
“Forza,
forza! Tutti insieme!”
La
sua energia era coinvolgente, così poco alla volta anche gli studenti del
corso, prima stupiti e titubanti, iniziarono a farsi prendere dal ritmo e a
ballare.
Il
professore, rifugiatosi in un angolino, osservava la scena incredulo; Light,
sballottato da una parte all’altra dalla marea danzante, chiedeva aiuto a gran
voce, ma nessuno poteva offrirglielo: L si era dileguato al primo grido
dell’altoparlante, e Ryuk si stava rotolando per terra dalle risate.
Meiko-chan – Atto terzo
Due
settimane dopo, Light si stava recando con L a lezione, la testa china e le mani
sprofondate nelle tasche.
“Light-kun,
mi sembri di cattivo umore”
“Certo
che lo sono! Oggi scade la sospensione disciplinare che il preside di facoltà
ha comminato a Meiko-chan per la faccenda dell’altra volta”
“Solo
due settimane le ha dato, il preside?”
“Sì.
Pare che sua figlia minore sia pure lei una grande fan dei Kanjani”
“Ah”
“E
questo vuol dire che da oggi quella pazza è di nuovo libera di fare danno, e di
sicuro ci finirò di nuovo in mezzo io”
“Non
essere così pessimista. L’altra volta, in fondo, è stato un caso. Magari d’ora
in poi nemmeno vi incrocerete più, l’università è grande”
“Già,
lo spero proprio”
“Light-kun…”
“Che
c’è ancora?”
“Che
ci fai lì?”
L
stava indicando la bacheca che campeggiava all’ingresso del loro dipartimento,
dove di solito erano affissi gli annunci dei professori e delle associazioni
studentesche, ma che in quel momento era interamente occupato da una
gigantografia di Light in posa dinamica (L intuì al volo che quella foto era
stata scattata durante la loro famosa partita di tennis). In calce all’immagine
c’era un testo in caratteri tondeggianti e, senza che nessuno se ne stupisse,
multicolori.
ATTENZIONE! ATTENZIONE!
Il fan club dei KANJANI∞
ha selezionato gli studenti più
belli&prestanti
delle otto migliori università del Giappone
per fare il cosplay dei KANJANI∞
alla prossima edizione del Comiket
Per l’università di Tokyo il prescelto è
YAGAMI LIGHT
che è pregato di presentarsi alla sede
del club
entro il giorno 25 del corrente mese
pena il pagamento di una sanzione
L
scrutava il manifesto, incuriosito.
“Mi
chiedo come si faccia ad essere fan così sfegatati di una band. Tu che ne
pensi, Light-kun… Light-kun?!”
Light
sembrava sul punto di avere un colpo apoplettico: era diventato rosso in volto,
gli si erano gonfiate le vene del collo, delle tempie, della fronte, delle mani,
strette a pugni con tanta forza che le unghie si erano conficcate nei palmi.
Sbuffì di vapore fuoriuscivano dalle narici, e gli occhi sbarrati sembravano
stessero per schizzare fuori dalle orbite. Ryuk pensava che nemmeno quando L lo
aveva messo all’angolo lo aveva visto così furente; o meglio, lo avrebbe
pensato se non fosse stato piegato in due, preda di convulse risate.
Epilogo
Un
mese dopo, Light aveva finalmente iniziato a calmarsi. La tentazione di usare
il Death Note con quella rompicoglioni era stata forte, ma per fortuna non
aveva ceduto, o avrebbe potuto insospettire L. Per risolvere il problema Meiko
aveva deciso di usare metodi che gli ripugnavano un po’, ma che erano più
sicuri: approfittò delle sue conoscenze nella polizia per fare pressione sul
rettore affinché espellesse Meiko dall’università. A vita.
Le
pratiche erano a buon punto, e nel giro di poche settimane quel tormento
sarebbe finito. Almeno, così pensava Light, ma l’imprevisto era in agguato,
nelle sembianze di Ryuk.
“Light,
dobbiamo parlare” gli disse.
“Che
vuoi?”
“Tu
sai che io ho lasciato cadere il quaderno nel mondo degli umani perché mi
annoiavo, vero?”
“Certo,
me l’hai già detto”
“Ecco.
Sono stato fortunato a imbattermi in te, devo ammettere che per parecchio tempo
mi hai fatto divertire molto; solo che adesso c’è qualcuno che mi diverte di
più”
“E
chi sarebbe?”
“Meiko-chan”
Light
strabuzzò gli occhi.
“Ho
sentito bene?”
“Sì”
“Stai
scherzando?”
“No”
“Ma
Ryuk! Meiko è solo una stupida fan di uno stupido gruppo! Come fa a
divertirti?”
“Chiunque
si divertirebbe con lei, avendo un minimo di senso dell’umorismo: è troppo
buffa e simpatica! Ma visto che io devo seguire il proprietario del quaderno,
ora che la fai cacciare dall’università non potrò più vederla”
“Eh,
Ryuk, mi dispiace. Anzi, no, non mi dispiace per niente, ma comunque quello che
è fatto è fatto”
“Giusto.
Quindi ora faccio io”
Solo
allora Light si accorse che Ryuk aveva preso il Death Note.
“Ehi!
Che vuoi fare?”
“Semplice,
ora ti uccido, torno in possesso del quaderno e lo do a Meiko-chan, così potrò
restare con lei e divertirmi per sempre”
Light
fu così sconvolto da quella decisione che non trovò nemmeno la forza di
reagire. Ma quando iniziò a scrivere, tentò di dissuaderlo.
“Aspetta,
Ryuk, ragiona: stai distruggendo la possibilità di costruire una società libera
dai malvagi”
“Sai
che mi frega. E poi la musica dei Kanjani8 mi intriga parecchio”
“Ma
insomma, stai dicendo che preferisci lei
a me? A me, che sono il dio del nuovo
mondo?”
“Aspetta,
fammici pensare… sì” disse Ryuk, voltando il Death Note verso Light, per
mostrargli il suo nome scritto al centro della pagina.
NOTE
Rieccomi, con un po’ di ritardo rispetto all’ultimo
aggiornamento. Spero che anche questo capitolo vi piaccia, anche se il
precedente ha avuto meno successo dei primi, ma vabbè! Andiamo con i
ringraziamenti ai commentatori:
L i a r: come dicevo, pensa che in molti capitoli in
cui Light muore, implicitamente L si salva XD
Nee_chan: grazie per i complimenti, ma la vera
genialità sarebbe riuscire a creare questi sotterfugi senza dover forzare le
regole del Death Note, cosa che invece a volte mi trovo a fare altrimenti
proprio non se ne esce
Benny Chan: grazie mille!
Hoshimi: non ho aggiornato presto come desideravi ma
eccomi qua, grazie per il commento^^
Sorika: ti ringrazio delle gentili parole, e spero che
anche questo capitolo ti piaccia
Flagiu_Mustang: mi fa molto piacere il tuo
apprezzamento, costruire L è proprio la cosa più faticosa, vista la complessità
(e l’intelligenza) del personaggio
[1]
Meiko-chan è, in realtà, la protagonista di una mia precedente fanfiction,
cross-over tra Death Note e Ouran High School Host Club, intitolata A ciascuno il suo, che potete leggere
qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=194101&i=1
[2]
I Kanjani8 (o, più correttamente, Kanjani∞) sono un gruppo j-pop
giapponese. I nomi di canzoni e artisti che seguono nella storia sono appunto
riferiti a questa band
Light poggiò il pesante scatolone nel centro della stanza, e si passò
il braccio sulla fronte, ad asciugarsi il sudore: l’unico risultato fu di
impiastricciarsi il volto con una fanghiglia di acqua e polvere
Titolo del capitolo: Unexpected New World
Genere: drammatico, introspettivo,
fantastoria
Personaggi: Light/Raito
Rating: rosso
Avvertimenti: nessuno
Light poggiò il pesante scatolonenel centro della
stanza, e si passò il braccio sulla fronte, ad asciugarsi il sudore: l’unico
risultato fu di impiastricciarsi il volto con una fanghiglia di acqua e
polvere.
Dietro di lui, sua sorella Sayuri, in lacrime, mentre la madre vanamente tentava di
consolarla. Non avrebbe avuto aiuto in quel tentativo: il padre, SoichiroYagami, era infatti seduto immobile su un vecchio sgabello, poco più in
là, con gli occhi persi nel vuoto. Era fermo in quella posizione da giorni,
vittima di una depressione gravissima.
Non era solo il trauma di dover
lasciare la propria vecchia casa a due piani, di finire a vivere in quattro in
un piccolo monolocale al ventesimo piano di un immenso condominio popolare
affollato di derelitti, ubriachi, malviventi (molti dei quali avevano
riconosciuto nel nuovo coinquilino l’uomo che li aveva arrestati, e si
ripromettevano di prendersi qualche meritata rivincita sulla pelle della
piacente figlia), di vedere polverizzati in pochi mesi i risparmi di una vita:
il crollo di Soichiro era dovuto al dissolversi degli
ideali in cui aveva creduto per tutta la sua vita.
Ed è colpa mia. Solo colpa mia.
Light, dietro la cortina del
figlio responsabile che si prendeva carico della famiglia nel momento più
difficile, era dilaniato dai rimorsi. Sua era la responsabilità di tutti i guai
familiari, della crisi economica e morale che aveva sconvolto il Giappone e il
mondo intero.
Maledetto Death Note.
Eppure, io volevo solo rendere il mondo un posto migliore.
E ce l’aveva fatta, all’apparenza,
all’inizio. Dopo alcuni mesi di attività come Kira,
le guerre erano finite, il crimine mondiale era crollato del 70%, piaghe
secolari come il traffico di droga e la prostituzione erano scomparsi in poco
tempo. Su internet, e sempre più anche per le strade e nelle case, si tessevano
le lodi del salvatore che stava redimendo l’umanità.
Poi, tutti i nodi erano venuti al
pettine.
Le industrie che producevano armi
iniziarono a fallire una dopo l’altra. Era prevedibile, ma in fondo di che
preoccuparsi? Meglio questo che le guerre, e i disoccupati nel giro di un po’
di tempo avrebbero ritrovato lavoro, nel nuovo mondo prospero e felice. Così si
diceva Light, mentre la disoccupazione continuava ad aumentare, ed altre
aziende chiudevano i battenti: produttori di auto, di aerei, di macchinari...
tutte le industrie che, nel mondo, avevano commesse o connessioni con la
produzione militare subirono un grave colpo. Chi si aspettava che così tante
attività, e così disparate, fossero connesse alla guerra? Ma intanto le aziende
chiudevano, i licenziati aumentavano in termini di milioni al giorno, e le ripercussioni
sulla società erano gravissime: aumentavano i disoccupati, diminuivano i
consumi, così diminuivano i profitti, quindi le bancarotte si estendevano dagli
industriali ai commercianti, e poi ai servizi. I redditi crollavano ovunque, e
con esse le entrate fiscali, così che gli stati avevano sempre meno soldi per
garantire i servizi pubblici.
Questi eventi si svilupparono
gradualmente, e non furono immediatamente visibili. Almeno, non agli occhi di
Light che si concentrava solo sulle notizie di cronaca dei notiziari, non certo
sulle questioni di economia e politica. E intanto la situazione si aggravava.
In seguito alla scomparsa delle
mafie, in Europa avvennero eventi sconcertanti: il meridione d’Italia precipitò
velocemente a livelli da Terzo Mondo, una bolgia di faide, miseria, lotta di
tutti contro tutti per sopravvivere ogni singolo
giorno. Ma poco a poco, anche il settentrione avvertì i colpi della crisi: le
ditte che facevano affari con la camorra per smaltire illegalmente i rifiuti
tossici si ritrovarono in poco tempo con i costi di gestione decuplicati, e
fallirono una dopo l’altra; la disoccupazione aumentò in un anno dal 7 al 45%. Cose
simili avvennero in molti paesi dell’Europa dell’est, in Russia, in America
Latina, e una conseguenza fu il fortissimo aumento di flussi migratori verso i
paesi che ancora non erano stati travolti dalla crisi. Le migrazioni portarono
a gravissime tensioni sociali che sfociarono rapidamente in episodi violenti:
uno dei casi più clamorosi fu in Danimarca, dove trenta persone appartenenti ad
un gruppo di immigrati bergamaschi e trevigiani furono rinchiusi in una stalla
da una folla furiosa e, al grido di “Fuori gli stranieri”, furono arsi vivi. Ma
simili violenze si moltiplicarono con rapidità in tutta Europa, nel Nord
America, in Asia, e tennero banco nei notiziari di molti paesi. Light avrebbe
voluto punire i razzisti responsabili di queste violenze, ma i media non
mostravano i loro volti, e su internet nessuno li pubblicava nei siti pro-Kira. “Perché dovremmo farli uccidere?” scrivevano in
molti “Mica sono criminali, difendono la nostra terra”.
La crisi arrivò al culmine
quando, dopo il crollo delle attività produttive, anche le banche iniziarono a
fallire, incapaci di affrontare la situazione. La crisi che investì il mondo fu
tale da far impallidire il ricordo del 1929. Tre miliardi di disoccupati,
strutture statali al collasso, incapacità da parte di pubblico e privato di
fornire anche i servizi minimi.
Alle tensioni scaturite dalla
crisi economica si sommarono le emergenze sociali nate in contemporanea: la
fine dello spaccio di droga aveva causato un fenomeno che alcuni studiosi battezzarono
“crisi di astinenza globale”, cioè la reazione di milioni di consumatori
occasionali che, di fronte alla scomparsa delle droghe che usavano per
divertirsi nei weekend o per sentirsi energici al lavoro, si ripiegarono su se
stessi, trasformandosi o in persone chiuse, fiacche e poco produttive o in
individui aggressivi, violenti, poco disciplinati (e ugualmente poco
produttivi); con la fine della prostituzione si ebbe un aumento vertiginoso in
tutto il mondo dei casi di violenza sessuale: per ogni stupratore che
rinunciava ai propri crimini per timore di Kira c’erano
due o più ex clienti di prostitute che si davano agli stessi reati per
compensare la perdita.
In poche parole, il mondo era
allo sfascio: e poco alla volta sempre più persone realizzarono
che la responsabilità era di Kira, che bloccando la
criminalità aveva messo in ginocchio l’economia. Molti giornali di sinistra
pubblicarono ironici articoli in cui sostenevano che Kira
aveva dimostrato che la società capitalistica si fondava sulla guerra, sulle
mafie, sul consumo di droga, e che non si poteva slegare da quei mali tanto
spesso denunciati. In maniera più grezza, molti iniziavano a dire che se il
mondo senza crimine doveva crollare in quel modo, allora meglio tenersi i
criminali. Ovunque maturava la convinzione che le vecchie regole morali erano
ipocrite o false: i fatti dimostravano che le società che si definivano oneste
non potevano esistere senza le attività disoneste!
Una crisi morale senza
precedenti.
In piedi, di fronte alla finestra
del buco che era la loro nuova causa, Light osservava l’orizzonte. Il Giappone,
sebbene in ginocchio economicamente, non era stato ancora
travolto dalla crisi morale, grazie alle proprie tradizioni di
solidarietà collettiva. Ma era questione di tempo, sarebbe toccato anche a
loro.
Sino a poche settimane prima
aveva continuato a scrivere nomi sul quaderno, nonostante l’evidenza,
nonostante il sempre maggior numero di messaggi irosi e minacciosi contro Kira, nonostante ormai tutti pensassero che il crimine in
fondo non era poi così sbagliato. Non riusciva ad accettare di aver sbagliato
tutto. E infatti, quando aveva smesso di usare il
Death Note, non era stato per sua scelta, ma perché non era più in grado di
trovare i nomi dei criminali: su internet nessuno li pubblicava più, giornali e
televisioni (quelli non ancora chiusi) parlavano di altro e non davano più
attenzione alla cronaca. Quel blocco forzato dell’attività lo costrinse,
finalmente, a riflettere, mentre assisteva impotente al taglio dell’80% del
salario di suo padre, all’incapacità di estinguere il mutuo sulla casa, al
pignoramento, alle notti passate per strada durante la ricerca di una nuova
casa, a Sayuri violentata quasi ogni sera da
malintenzionati allo sbando, nell’indifferenza di poliziotti che non sapevano
più quale fosse la cosa giusta da fare, se arrestare i delinquenti o
incoraggiarli.
Adesso era là. La crisi sarebbe
finita, il mondo sarebbe tornato come era prima. Kira
non c’era più, aveva smesso di scrivere, e non avrebbe scritto più nomi sul
quaderno. Così, poco alla volta, le ferite di quel periodo di pazzia si
sarebbero rimarginate. Quanto tempo ci sarebbe voluto? Anni, decenni? Non
riusciva a immaginarlo, e in fondo nemmeno gli importava: non c’era spazio per
lui in quel mondo. Non c’era speranza di perdono per quello che aveva fatto,
perché lui stesso non poteva perdonarsi. In nome della giustizia, l’aveva
uccisa. Ora forse sarebbe risorta, ma senza di lui.
Aprì la finestra, salì in piedi
sul cornicione.
Guardò in basso, respirando
profondamente.
NOTE
Rieccomi,
e mi scuso con tutti per il mese di attesa prima di questo aggiornamento. Purtroppo
sono stato impegnato con l’università ed altro, ma spero che il capitolo possa
scusare il ritardo^^
Benny
Chan: in effettiMeiko
avrebbe fatto perdere la pazienza ad un santo XD comunque sono contentO che ti sia piaciuto il capitolo!
Nee_Chan:
grazie mille dei complimenti!
Flagiu_Mustang: L si è fatto vedere poco perché, di fronte a certe forze della
natura, preferisce eclissarsi XD
Rosencrantz:
magari fossi io L ç__ç grazie!
L
i a r: dai, che per qualche altro capitolo avrai altre godurie del genere ;)
Prof:
mi fa piacere che Ryuk sia uscito di tuo gradimento, in effetti temevo che fosse il meno credibile nella storia.
Hoshimi:
non ho aggiornato presto come chiedevi, ma sono contento che ti sia piaciuto il
capitolo^^
Rebel Girl:
nulla di cui scusarsi, come puoi vedere dal mio, di ritardo ;)
Due dei della morte giocavano
pigramente d’azzardo con dei teschi, quando un ronzio attirò la loro
attenzione: qualcuno stava tornando dal mondo degli umani. E, poco dopo,
riconobbero il testone rotondo e coperto di bende, le braccia insettiformi, la
veste lacera.
“Ehilà, Shidoh!” lo salutò uno
dei due “Hai ritrovato il tuo quaderno?”
“Sì!” esclamò Shidoh con gioia
infantile, alzando il Death Note “È stata difficile, ma ce l’ho fatta!”
“Attento a non perderlo di nuovo,
stupido come sei” commentò l’altro, con un ghigno.
“Non accadrà. E poi, ora che ho
di nuovo il mio quaderno, posso tornare a dedicarmi al mio hobby preferito”
I due shinigami si guardarono,
improvvisamente allarmati.
“Shidoh, non starai mica parlando
di...”
“... il gioco dell’impiccato!”
IL GIOCO DELL’IMPICCATO
Shinigami version
REGOLE*: possono giocare solo
gli dei della morte dotati di Death Note. Si gioca in due. Per decidere chi
gioca per primo si può tirare a sorte o mettersi d’accordo, è indifferente.
Il primo giocatore deve
decidere il nome di un umano, senza rivelarlo; poi, apre il proprio Death
Note e disegna su una pagina tante lineette orizzontali quante sono le
lettere che compongono il nome e cognome di quell’umano.
Il secondo giocatore deve
indovinare il nome della persona; per farlo, può dire delle lettere, e se
esse sono presenti nel nome il primo giocatore deve inserirle. Il secondo
giocatore può dire una lettera sbagliata per massimo dieci volte, dopo di che
ha perso.
Quando il secondo giocatore
indovina il nome, o quando ha perso, i ruoli si invertono.
Se entrambi i giocatori
indovinano il nome scelto dall’avversario, vince quello che ha fatto meno
errori, e a parità d’errori quello che ha avuto bisogno di meno lettere.
Se entrambi i giocatori
perdono, vince quello che ha detto più lettere giuste.
Se uno solo indovina il nome
scelto dall’avversario, è lui il vincitore.
Chi vince, ha il diritto di
completare la scrittura del nome e prendersi così gli anni di vita rimanente
dell’umano.
È vietato usare nomi inventati.
È vietato usare nomi di persone
già morte
È vietato barare.
*qualcuno si potràchiedere come si faccia indovinare non parole del dizionario
ma cognomi,
che a volte sono strani e impossibili da ricostruire. Giusto inter-
rogativo,
ma si tenga presente che le regole sono state scritte da Shidoh, che è
molto
stupido
“Non ci pensare neanche, Shidoh,
non voglio perdere tempo con il tuo stupido gioco” disse il primo shinigami.
“Dai che è divertente” esclamò
Shidoh “Per favore, per favore, per favore!”
Il secondo shinigami sospirò.
“Suppongo che continuerai ad
assillarci sino a quando non ti daremo ascolto, vero?” chiese.
“Certo”
“E va bene, allora farò io una
partita, basta che poi ci lasci in pace” e mentre diceva questo, fece
l’occhiolino al suo compagno.
“Bene!” gridò Shidoh, entusiasta
“Allora inizia tu”
Il dio della morte aprì il suo
quaderno, riflettè qualche minuto su che nome usare, poi iniziò a scrivere e
mostrò la griglia a Shidoh.
_ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _
“Inizia, Shidoh”
“D’accordo, io dico... A!”
“Non c’è”
“Allora O!”
“Non c’è”
“I!”
“Non c’è”
“E!”
“Non c’è”
“U!”
“Non c’è”
“R!”
“Non c’è”
“S!”
“Non c’è”
“C!”
“Non c’è”
“P!”
“Non c’è”
“B!”
“Non c’è. Dieci errori, hai
perso”
“Accidenti, ne hai scelto uno
difficile, che nome era?”
Lo shinigami scrisse il nome
sulle lineette: TONIOCARTONIO
Shidoh guardò, dubbioso.
“A me sembra di averle dette,
alcune di queste lettere”
“Ma no, che dici” ribatté l’altro
con il suo tono più convincente “Hai detto tutt’altro, non ricordi?”
“Sicuro?”
“Certo, ho una memoria di ferro,
io: tu hai detto J, K, W, X, Y, Z, ç, @, €, e $”
“Ah... non ricordo bene... ma se
lo dici tu...”
“Certo che lo dico io; e del
resto, non posso barare: le regole lo vietano”
“Hai ragione, allora è come dici
tu”
L’altro dio della morte faticava
per non scoppiare a ridere: Shidoh era così stupido che prenderlo in giro era
un divertimento senza pari.
“Adesso tocca a me” disse Shidoh,
e aprì il suo Death Note. Ma rimase fermo a fissarlo per un bel pezzo.
“Beh? Ti muovi?” chiese l’altro
giocatore.
“Sto pensando a che nome usare”
replicò Shidoh. E rimasse immobile per altri dieci minuti.
I due dei della morte grugnirono,
seccati. Ecco perché era sfiancante giocare con Shidoh, la sua mancanza di
memoria trasformava qualsiasi attività in una via crucis!
E vabbé che nel loro mondo non
c’era nulla per cui affrettarsi. Ma dopo un’altra mezzora di attesa, persero la
pazienza.
“Insomma, Shidoh! Sei appena
tornato da un bel periodo nel mondo degli umani, cerca di ricordarti un nome”
“Ah, sì, buona idea! Non ci avevo
pensato”
“Non mi stupisce” mormorò il
giocatore, a denti stretti”
Shidoh si concentrò altri dieci
minuti, poi finalmente scrisse.
_ _ _ _ __ _ _ _ _ _
“Alla buon’ora” brontolò l’altro
“Vediamo un po’... E”
“Ah ah, sbagliato!”
“A?”
_ _ _ _ __ A _ A _ _
“T?”
_ _ _ _ T_ A _ A _ _
“C?”
“Non c’è”
“G?”
_ _ G _ T_ A _ A _ _
Lo shinigami sorrise: Shidoh era
riuscito a scegliere l’unico umano di cui tutti, nel mondo degli dei della
morte, avevano sentito parlare.
“Provo a indovinare”
“Spara”
Disse il nome. Shidoh sussultò, e
sembrò afflosciarsi su se stesso.
“Hai indovinato. Ma come hai
fatto? Era difficilissimo”
“Intuito femminile”
“Ma tu non sei femmina”
“Fa lo stesso. Dai, ho vinto io,
fammi scrivere il suo nome e prendermi i suoi anni di vita”
“Fai, fai... ho perso la voglia
con ‘sto stupido gioco, me ne vado!” e così dicendo, Shidoh si allontanò. Di
sicuro non avrebbe più giocato sino a che non avesse perso e recuperato di
nuovo il suo quaderno. Era da centomila anni che andava avanti quella storia.
Ma al dio della morte vincitore quello non interessava.
“Emh, Shidoh, prima che te ne
vai...”
“Che c’è ancora?”
“Devo completare il nome sul TUO
quaderno, idiota!”
Shidoh si scusò, e gli porse il death
note. Il dio della morte scrisse, e poi tornò a giocare d’azzardo con i teschi
con l’amico.
LIGHTYAGAMI
NOTE
E
siamo arrivati al penultimo capitolo! L’ultimo è già stato scritto ma necessita
di una corposa revisione, quindi forse ci vorrà una settimana prima che sia
pubblicato. Già mi manca questa serie ç_ç ma bando alle lacrime, e ringraziamo
i commentatori del precedente capitolo.
Rosencrantz:
spero che “lui” non abbia un DN, tanto per aggiungere incubo a incubo. Ma sono
infinitamente lusingato dal tuo giudizio^^
L
i a r: sì, l’idea di fargli fare un bagno (gelato) di umiltà è stata una delle
ispirazioni per questo capitolo ;)
Nee_Chan:
grazie mille!
Flagiu_Mustang:
ormai siamo quasi alla fine quindi non ne scriverò molte altre, ma spero che
questa e la successiva saranno di tuo gradimento^^
Personaggi: Light/Raito, Demegawa, Misa, Aizawa, Matsuda, Mogi, Ide
Rating: rosso
Avvertimenti: non per stomaci deboli, spoiler per chi non ha letto i volumi 9 e
10 del manga e le corrispondenti puntate dell’anime
Demegawa
viveva nel terrore.
L’assalto alla sede della STK era
fallito miseramente. Chiunque avesse avuto l’idea della pioggia di soldi, era
stato un volpone. Un maledetto, ricco volpone. La folla che aveva attaccato
l’edificio si era trasformata in una bolgia di litiganti per accaparrarsi le
mazzette di banconote, e a quel punto tutta l’iniziativa poteva già essere
dichiarata morta stecchita. E di questo Demegawa non
aveva colpa. Ma lui stesso si era fatto prendere dalla cupidigia alla vista di
tutti quei dollari, e invece di incitare la folla a continuare l’assalto, come
avrebbe dovuto fare un portavoce di Kira, si era
lanciato ad arraffare i soldi.
Solo più tardi, passata
l’ebbrezza del momento, si era reso conto di cosa aveva fatto: era venuto meno
agli ordini di Kira, aveva disobbedito per il proprio
tornaconto personale; peggio ancora, lo aveva fatto per impadronirsi di denaro
che non era suo! A quel punto, non c’era da chiedersi se sarebbe stato punito
da Kira, ma quando ciò sarebbe avvenuto. E Demegawa sapeva bene che Kira
conosceva un solo tipo di punizione.
A distanza di giorni dall’assalto
era ancora vivo, ma questo non lo tranquillizzava: probabilmente Kira stava cercando con cura un nuovo portavoce
migliore di me
decente.
Per questo, anche se in tv continuava ad atteggiarsi a braccio destro di Kira e ostentava sicurezza, nel privato Demegawa
si consumava di paura. Ma, allo stesso tempo, si ingegnava per trovare un modo
di salvarsi: se fosse riuscito a dare una dimostrazione della sua fedeltà a Kira e della sua utilità alla causa, se gli avesse portato
una preda di valore, allora forse sarebbe stato graziato. Ma come?
Inaspettatamente, una risposta
gli arrivò poco dopo sotto forma di chiamata sul telefono satellitare
dall’America: era un suo collaboratore che era rimasto negli Stati Uniti per
cercare informazioni sulla STK dopo la loro fuga.
“Ho grandi novità, capo!” esordì
questi quando Demegawa rispose al telefono.
“Li hai trovati?”
“No, ma ho trovato quasi di
meglio. A New York avevo cercato tracce dei fuggitivi ma senza risultato, così
avevo preso il volo per Los Angeles per tornare poi in Giappone; solo che per
questioni di coincidenze perse, sono dovuto restare a Los Angeles per un giorno
e una notte prima di trovare un posto libero, e l’altro ieri, nel mio hotel, ho
incontrato un giovane giapponese, un fessacchiotto. Matsuda, si chiama”
“E allora?” chiese Demegawa, spazientito “Arriva al dunque!”
“E allora non era il primo
giapponese che incrociavo qui in America, ma l’ho notato subito perché il suo volto
non mi era nuovo: infatti è un poliziotto giapponese,
l’ho visto qualche volta quando andavo ad intervistare persone alla centrale.
Non capivo che ci facesse là, soprattutto mi ha insospettito che stesse
rientrando in hotel con una busta piena di roba da mangiare, come se si fosse
stabilito per un lungo periodo. Così l’ho abbordato, con qualche chiacchiera
tra compatrioti ho vinto la sua diffidenza, e poi quella sera l’ho invitato ad
un pub, l’ho fatto bere un po’, e quello ha bevuto più di un po’ e ha iniziato
a parlare, parlare... ok, per farla breve, stando alle sue parole anche in
Giappone c’è una squadra speciale di poliziotti che continua a indagare su Kira”
Demegawa
si illuminò: la preda che gli serviva!
“Questo è oro! Ma sei sicuro? Cosa ha detto di preciso?”
“Cose varie, su altri fatti è
stato più reticente, ma ieri ho passato tutta la
giornata a cercare conferme a quanto ha detto quel Matsuda,
e ora sono sicuro al 99% che la squadra speciale c’è. E, da quello che ho
capito dalle sue parole, i suoi componenti sono tutti qui a Los Angeles”
Demegawa
frenò l’impulso di baciare, attraverso il telefonino, quell’angelo custode
travestito da collaboratore.
“Non c’è tempo da perdere” disse
invece “Prenoto subito l’aereo per tornare in America, e tra poco ti manderò
comunicazioni su quello che devi fare finché io e lo staff arriviamo. Se
sfruttiamo bene questa notizia, diventerai vicedirettore seduta
stante. Ma prima dobbiamo trovare questa squadra”
Misa
dormiva abbracciata a Light. Era contenta: durante tutto quel periodo a Los
Angeles non avevano mai dormito insieme, lui trascorreva i giorni e le notti
con la squadra di polizia, ma adesso che era stato deciso il ritorno in
Giappone, Light aveva voluto passare la notte prima della partenza a casa.
Erano entrambi nel pieno del
sonno quando un forte rumore di colpì alla porta
svegliò entrambi. Ancora assonnata, si alzò e andò a prendere una vestaglia, ma
un intensificarsi del rumore spazzò via il sonno, sostituendolo con un misto di
stupore e angoscia: non erano nemmeno le sette, chi poteva bussare a quella
maniera? Che volevano?
A confermare le sue paure, arrivò
un grido dall’esterno della casa:
“Aprite, o sfondiamo la porta!”
Misa
urlò. Light si era alzato anche lui, e stava infilandosi in fretta e furia un
paio di pantaloni e una camicia.
“Che facciamo?
Chi sono? Ho paura!” gli gridava Misa,
ma non la ascoltò. Nemmeno lui sapeva che stava succedendo, ma non
poteva fare altro che verificare. Così, andò ad aprire la porta, ma appena ebbe
allentato la chiusura quella si spalancò di colpo, sotto la pressione della
folla. Light fu scaraventato a terra da quella botta, e subito decine di mani
lo afferrarono, lo colpirono, lo graffiarono.
“Morte ai nemici di Kira!” sentiva urlare da tutte le parti. Nemici di Kira? Che era quell’assurdità? Lui era Kira!
Già, ma quelli non lo sapevano; ma perché nemico?
“Lasciatelo! Lasciatelo!”
gridava Misa, che si agitava come un’ossessa cercando
di raggiungere Light. Anche intorno a lei si accalcarono gli aggressori.
“Chi è ‘sta troia?” “Sarà anche lei della squadra?” “No, non c’erano donne tra
i nomi” “Sarà la moglie di questo bastardo, allora è nemica di Kira anche lei!” “Diamole una lezione!”
Light sentì solo una parte di
queste frasi, mentre tre persone lo portavano via di peso, ma poco dopo udì un
urlo acutissimo, che riconobbe provenire da Misa, e
capì che gli aggressori la stavano violentando. Registrò quell’informazione
quasi en passant, la sua mente era così sconvolta da quegli eventi inaspettati
che non riusciva a ragionare, vagava in una folla di domande e si concentrava
su quelle più irrilevanti, come ad esempio perché nessuno aveva riconosciuto MisaMisa (siamo in America, chi vuoi che conosca quella cretina?). Rimase in
quello stato istupidito sino a quando non fu gettato a terra nel mezzo di una
piazza. Una piazza ben adornata di telecamere, con un palco su cui
torreggiava... Demegawa?!
Che cazzo stava facendo Demegawa? Quella visione
riempì Light di una furia incontenibile, e iniziò ad agitarsi come un cane
rabbioso mentre alcuni
seguaci di Kira
sgherri
di Sakura Tv gli legavano le braccia dietro la schiena. Quell’accesso di furia
si consumò in pochi minuti, poi Light cadde di nuovo a terra, esausto,
svuotato.
La piazza era piena di folla che
formava intorno a lui un cerchio rumoroso, tenuto a malapena a bada da un
improvvisato servizio d’ordine. Solo una volta quella massa di gente si aprì,
per far entrare nel cerchio quattro persone dai vestiti laceri e dai volti
tumefatti. Light li riconobbe, e iniziò a capire: erano i poliziotti, i suoi poliziotti. Aizawa
e Ide erano coperti di sangue, con gli occhi neri e segni di ustioni ovunque
sulla pelle che si vedeva nei larghi strappi degli abiti; ma molto peggio era
messo Mogi, l’unico a non avere le braccia legate, visto che non ce n’era
bisogno: aveva tutti e quattro gli arti slogati e grottescamente lunghi, come
se gli avessero spezzato le ossa tirandoglieli, il volto era una maschera di
carne e orrore, con due cavità colme di sangue al posto degli occhi, pelle
carbonizzata al posto del naso e la testa calva e contrassegnata da strane
ferite, a indicare che i capelli non gli erano stati tagliati, ma strappati con
brutalità; non c’era un punto del suo corpo, quasi totalmente nudo ad eccezione
di un paio di boxer insanguinati a coprirgli la vita, che non fosse
contrassegnato da ecchimosi, lesioni, ustioni, tagli lunghi decine di
centimetri. Dietro di Mogi, e messo un po’ meglio degli altri tre, c’era Matsuda, che appena vide Light cadde in ginocchio e scoppiò
a piangere.
“Perdonami, perdonami, Light-kun, è stata tutta colpa mia, ho rovinato tutto”
diceva tra i singhiozzi.
Ora che tutti i prigionieri erano
nella piazza, Demegawa prese il microfono ed iniziò a
parlare.
“Discepoli del dio Kira! Oggi è un grande giorno per chi ama la pace e vuole
un mondo libero dal crimine e dalla malvagità! Grazie al solerte lavoro del
vicedirettore di Sakura TV io, Demegawa, ho scoperto
che anche dal Giappone era partita una squadra di uomini intenzionati a
catturare Kira e a bloccare la sua opera salvifica.
La nostra organizzazione e il vostro sostegno ci hanno permesso di individuare
questi nemici dell’umanità e radunarli qui in questa piazza, dove riceveranno
la giusta punizione. Una punizione che trasmetteremo in diretta su Sakura TV,
per mostrare a tutti i nemici di Kira cosa succederà
anche a loro, se non si ravvederanno!”
La piazza esplose in
acclamazioni. Light rantolò: era tutto chiaro, ormai. Matsuda
aveva spifferato qualcosa, come l’idiota che era, e Demegawa
si era fiondato sulla notizia. Avevano saputo i nomi di tutti i membri della
squadra a forza di torture (e chi era più deciso a non parlare, come Mogi,
aveva avuto il trattamento peggiore), ed ora eccoli là, a subire quello che in
teoria doveva succedere a Near.
Sentì un fruscio alle sue spalle.
Girò la testa,vide
Ryuk.
“Ironico, vero?” disse lo shinigami, ridacchiando “Per aiutare Kira,
i suoi seguaci lo uccidono”
Già. Ironico oltre ogni limite. Sono riuscito così bene a convincere
tutti che non sono Kira che ora mi uccidono perché mi
credono un suo nemico.
Alcuni uomini di Demegawa spinsero i prigionieri sino a raggrupparli nel
centro preciso della piazza. Light notò che molti, nella folla, stringevano
nelle mani biglie, posate da cucina e altri oggetti, ed altre persone giravano
per la piazza a distribuire pietre a chi non aveva niente.
“Avevo detto che avrei scritto il
tuo nome sul quaderno” disse Ryuk “Ma credo che non
lo farò: questa morte si prospetta molto più divertente”
Puoi dirlo forte. Un nuovo deicidio, a duemila anni dall’ultimo, e
stavolta ad opera degli stessi seguaci di Dio... Devo
perdonare loro, perché non sanno quello che fanno.
La folla rumoreggiava,
impaziente. Il desiderio di morte era palpabile nell’aria, ma nessuno scagliava
la prima pietra.
“Avanti, fedeli seguaci!” arringò
Demegawa “Offriamo questo sacrificio umano alla
gloria di Kira!”
Sacrificio umano? Che sta dicendo?
Un colpo secco alla fronte gli
strappò un gemito: una bambina aveva lanciato un sasso. Il dolore risvegliò
l’ultimo impulso vitale di Light.
“Fermi, maledetti!” gridò “Vi
rendete conto di chi volete lapidare? Io
sono Kira! E non è questa l’umanità nuova che ho
creato!”
“Imbroglione, blasfemo!” gli
gridò la folla, in risposta a quelle parole, e ormai sempre più personeseguivano l’esempio
della bambina e scagliavano i loro proiettili contro i condannati, in
particolare contro Light, il bestemmiatore.
“Io sono Kira!”
gridò ancora Light; poi gli furono addosso.
NOTE
E
con questo capitolo noir si chiude definitivamente Dieci morti per Light. Ho alternato pezzi umoristici o demenziali
con pezzi seri e a volte violenti, come quest’ultimo, e a giudicare dai
commenti il pubblico ha reagito bene. Sino ad oggi ho usato le note finali per
rispondere ai commenti del capitolo precedente, ma
oggi voglio ringraziare tutti coloro che hanno seguito la mia fanfiction regalandomi complimenti, apprezzamenti,
consigli: L i a r, Nee_chan, Benny Chan, Hoshimi, Prof, Rosencrantz, Flagiu_Mustang, AngelVirtues, Rebel Girl, Winry90, Danda93, Sbiru94, Kirachan95,
Light_Angel93, Sexxxychichi, Sorika,
Ebrill, Mugen, PoisonousGaara, Reidina e VelvetRainDrops. Oltre a loro, ringrazio anche chi so che,
pur non avendo commentato, ha seguito con assiduità la fanfiction:
Laurie, Guimi, Miriel67. Grazie
a tutti e a tutte voi, e alla prossima storia!