Tela di ragno

di Kotoko_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo giorno di scuola ***
Capitolo 2: *** Luce ed Ombra: la partita delle sorprese ***
Capitolo 3: *** La verità dell'Ombra ***
Capitolo 4: *** Tra sogno e realtà ***
Capitolo 5: *** Un pò di Luce, un pò di Ombra ***
Capitolo 6: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 7: *** Il Kuroko furioso ***
Capitolo 8: *** Sentimenti svelati ***
Capitolo 9: *** Giuramento ***
Capitolo 10: *** Scontro tra titani ***
Capitolo 11: *** Sentimenti svelati: parte seconda ***
Capitolo 12: *** Una giornata particolare ***
Capitolo 13: *** A un passo dal sogno ***
Capitolo 14: *** La pausa invernale ***
Capitolo 15: *** Happy new year ***
Capitolo 16: *** Addio ***
Capitolo 17: *** Tela di ragno ***
Capitolo 18: *** New Life ***
Capitolo 19: *** Il primo giorno di scuola (2) ***
Capitolo 20: *** Cambiamenti ***
Capitolo 21: *** Il ritiro estivo: parte prima ***
Capitolo 22: *** Il ritiro estivo: parte seconda ***
Capitolo 23: *** Il ritiro estivo: parte terza ***
Capitolo 24: *** Il ritiro estivo: parte quarta ***
Capitolo 25: *** Il ritiro estivo: parte quinta ***
Capitolo 26: *** Ritorno a scuola ***
Capitolo 27: *** Le vacanze estive ***
Capitolo 28: *** La svolta (parte prima) ***
Capitolo 29: *** La svolta (parte seconda) ***
Capitolo 30: *** Teiko Arc: il primo anno delle medie ***
Capitolo 31: *** Teiko Arc: la nascita dell’Imperatore ***
Capitolo 32: *** Teiko Arc: la fine di tutto ***
Capitolo 33: *** Confusione ***
Capitolo 34: *** La scelta ***



Capitolo 1
*** Il primo giorno di scuola ***


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1. Il primo giorno di scuola
  
Una gran confusione regnava quel giorno al liceo Seirin. Tutti gli studenti erano concentrati vicino agli stand dei club e i loro presidenti cercavano di accaparrarsi più membri possibile. Tra di loro la squadra di basket era quella che si faceva notare di più, spaventando la maggior parte degli studenti con le loro urla, suscitando così l’ira del capitano della squadra che continuava a sbraitare.
Tra la folla un ragazzo si distingueva più di tutti: era molto alto, aveva dei capelli color rosso fuoco e una collana che per pendente aveva un anello. Molti studenti, intimoriti dalla sua aura minacciosa, si spostavano per farlo passare e lui, con aria strafottente, si avvicinò allo stand del club di basket suscitando l’entusiasmo del loro coach.
“Sono Kagami Taiga e voglio iscrivermi al club di basket!” annunciò a voce alta.
Il capitano lo guardò irritato. Odiava i pivellini che si atteggiavano in quel modo. Si voltò verso la coach sperando di ricevere sostegno, purtroppo lei non solo lo stava già guardando con eccessivo entusiasmo ma gli stava spiegando, con voce mielosa, che doveva compilare il modulo di iscrizione e presentarsi alle tre in palestra.
“Molto bene!” iniziò a scrivere velocemente sul foglio consegnando poi il modulo con un sorriso soddisfatto. Poi, senza salutare, si diresse verso la scuola suscitando ulteriormente la rabbia del capitano.
“Junpei! Non è fantastico?? Wow è così... wow! Non ho altre parole per descriverlo! Quest’anno la squadra promette bene!!” esclamò con entusiasmo rivolgendo i suoi occhi color cioccolato verso il ragazzo occhialuto.
“Riko...” sospirò rassegnato “non ti entusiasmare solo per un giocatore. Guarda stanno tornando gli altri a mani vuote e abbiamo raccolto cinque moduli... solo cinque moduli! E tutti pivellini del primo anno!” sbottò irritato contandoli.
“Meglio cinque che niente” commentò lei sistemando una ciocca dei suoi capelli corti con un fermaglio. Poi prese i moduli leggendoli con interesse.
“Uhm... quel ragazzo, Kagami Taiga non ha frequentato la scuola qui, ma in America. Giocava non solo a street basket ma anche in una squadra ufficiale! Abbiamo un esperto!”
“Davvero?” chiese con entusiasmo un ragazzo dalla buffa bocca a forma di gatto.
“Un buon acquisto” commentò un altro giocatore dai capelli color neri.
“Koganei, Izuki... una volta che lo vedremo all’opera potremo dare un giudizio definitivo” disse Junpei saggiamente.
“Ammettilo, sei solo geloso!” commentò ridacchiando Riko senza togliere gli occhi dai moduli.
“Come se potessi esserlo! Sono il capitano!” replicò irritato.
Gli altri giocatori scoppiarono a ridere nonostante il loro capitano continuava a sbraitare ma, si zittirono nel momento in cui colsero lo sguardo sconvolto della coach.
“Cosa succede?” chiese Izuki preoccupato.
Non riuscendo a parlare, lei passò il foglio a un Junpei perplesso che quasi fece cadere gli occhiali per la sorpresa una volta letto il modulo.
“Ma... ma... com’è possibile?? Dovevamo notarlo!” esclamò agitato.
“Appunto!!” urlò di rimando la coach.
Il resto della squadra cercava di capire cosa stesse succedendo con scarso successo.
“Voi l’avete notato??” chiese Junpei rivolto a loro.
“Ma chi???” chiesero all’unisono.
“Kuroko Tetsuya... primo anno... ha giocato nella squadra di basket della scuola media Teiko... sapete cosa vuol dire?” disse la coach con voce tremante.
“... quindi... fa parte della... generazione dei miracoli????” chiese Koganei stupito.
“Esattamente” annuì Junpei.
Tutti rimasero in silenzio sforzandosi di ricordare chi fosse quel ragazzo.
“Non so proprio chi possa essere...” disse Koganei.
“Non dovremo aspettare molto. Nel pomeriggio sapremo chi è” disse Izuki con aria seria.
Riko e Junpei si guardarono con aria speranzosa. Quell’anno sarebbe stato forse il loro anno.
 
***
 
Palestra della scuola superiore Seirin.
Ore 15:00.
I ragazzi avevano occupato interamente il campo da basket giocando tra di loro, entusiasmando i senpai del secondo anno che osservavano con attenzione soprattutto Kagami Taiga. Infatti si sapeva muovere con agilità nel campo e faceva delle schiacciate pazzesche ricevendo l’applauso delle matricole.
“Ehi ragazzi, basta giocare. Tutti qui!” esclamò una voce femminile.
I senpai corsero verso quella direzione seguiti dai ragazzi del primo anno con aria annoiata. Non li andava di prendere ordini da una manager così... normale. Nonostante ciò, per non dare una brutta impressione, si allinearono ordinatamente attendendo le parole del capitano.
“Buon pomeriggio a tutti e benvenuti ai nuovi arrivati. Sono Hyuga Junpei, secondo anno, capitano della  squadra. Lei invece è la nostra coach, Aida Riko e..”
“COSA? UNA DONNA???” le parole dei ragazzi del primo anno fecero irritare di non poco Aida.
“Sono la coach e, se non vi va bene, quella è la porta!” indicò l’ingresso della palestra con aria minacciosa.
Tutti si zittirono e non mossero un passo ancora confusi.
“Bene” riprese Aida soddisfatta “chiariti i ruoli, è il momento dell’appello. Voi del secondo anno ci siete tutti quindi dirò solo le matricole: Uruhata”.
“Eccomi” un ragazzo fece un passo in avanti.
“Kawahara, Fukuda, Kagami...”
I tre ragazzi fecero un passo avanti.
“Sembra che invece il ragazzo della Teiko non sia venuto... forse non siamo all’altezza?” chiese nervosa.
“Mi scusi” disse una voce maschile.
Riko si guardò intorno finché non si rese conto che davanti a sé aveva un ragazzo poco più alto di lei dai capelli e occhi azzurri.
“Kyaaaaa!!!” urlò facendo qualche passo indietro “Da dove sei sbucato??? Chi sei??”
Tutti rimasero sorpresi da quel ragazzo, fino a quel momento non l’avevano notato.
“Sono Kuroko Tetsuya” rispose senza scomporsi, come se fosse abituato a reazioni del genere.
“EEEEEHHH???” tutti i componenti della squadra erano sconvolti. Soprattutto i ragazzi del secondo anno si aspettavano un tipo molto alto, oppure una persona con particolari doti fisiche, ma quel ragazzo sembrava essere normalissimo.
“Ehm... molto bene... allora proseguiamo. Toglietevi le maglie” disse ancora perplessa.
“Perché? Non sarai una pervertita?” chiese Kagami sospettoso.
Per tutta risposta ottenne una pallonata in faccia dal capitano.
“Non offendere la coach! Fate come vi ha detto!!”
Massaggiandosi il viso dolorante si tolse la maglia imitato dagli altri del primo anno che avevano sul viso espressioni dubbiose. La coach passava tra di loro osservando attentamente i loro fisici, mettendoli ancora di più a disagio.
“Kawahara, qui c’è molto da lavorare... sei poco resistente e i tuoi passaggi non sono precisi” commentò la coach concentrata.
“Ma come lo sai??” chiese sbalordito.
“Uruhata, devi migliorare la tua resistenza e massa muscolare e anche se sei veloce dobbiamo lavorare sulla tua precisione”.
Uruhata per tutta risposta la guardò a bocca aperta incredulo.
La coach arrivò a Kagami osservandolo ammirata.
“Ma cosa? Lui è... strabiliante!” pensò.
Rimase a guardarlo con uno strano luccichio negli occhi.
“Ehm... coach?” la riscosse Kagami curioso di avere un suo parere.
“Hai delle buonissime basi. Ma dobbiamo metterti alla prova” commentò.
“Ma come fai a sapere queste cose?” chiese educato.
La coach passò avanti ignorandolo.
“Kagami, il padre della coach è un personal trainer e lei sin da piccola, restando al suo fianco durante il lavoro, è riuscita ad ottenere un occhio clinico che le permette di percepire le doti e condizioni fisiche di tutte” rispose Junpei soddisfacendo la curiosità generale.
“Kuroko-kun... tu...” disse sconvolta. Non sapeva cosa dire.
Lui la guardò inespressivo.
“Hai tantissimo da lavorare!” esclamò.
Kuroko non rispose ma si incupì.
“Bene... allora rivestitevi e facciamo una partita. Primo anno contro il secondo” disse andando in panchina delusa. Si aspettava di meglio dalla generazione dei miracoli.
Alzò la testa osservando i giocatori rivestirsi.
“Forse era una semplice riserva oppure non era nella prima squadra... però quella sua scarsa presenza potrebbe tornare utile in partita” pensò fiduciosa.
Kuroko intanto era entrato in campo abbattuto. Non aveva bisogno che glielo dicesse lei. Già sapeva che faceva schifo. Però dirlo davanti a tutti era stato traumatico.
“Su con il morale! Vedrai che con un po’ di allenamento migliorerai!” esclamò Kagami avvicinandosi a Kuroko.
Gli appoggiò una mano in testa per arruffargli i capelli in segno di incoraggiamento ma rimase sorpreso dalla reazione del più piccolo. Kuroko infatti gli schiaffeggiò la mano allontanandosi in allerta, poi notando l’espressione sbigottita di Kagami abbozzò una risposta confusa.
“Scusami... non mi piace essere toccato...”
“Ok...” disse Kagami ancora perplesso.
Il fischio della coach richiamò la loro attenzione.
“Pronti? Iniziate!”
La palla entrò in gioco e immediatamente tutti si attivarono.
Tutti tranne uno.
Kuroko era nervoso e non riusciva a muoversi. Gli arrivò la palla ma se la fece sfuggire subito.
“Sveglia Kuroko!” esclamò Kagami recuperandola per poi correre nella metà campo avversaria.
Lui si mosse con lentezza per tutto il resto della partita e gli altri, dopo l’ennesima palla persa, decisero di non passargliela più escludendolo, anche perché il più delle volte non sapevano dove fosse. Ad un certo punto, in un momento di distrazione, la palla lo colpì in pieno viso facendolo cadere in un dolce oblio.
 
***
 
“Kuroko?”
“Mmm...”
“Dai, Kuroko sveglia!”
“Nnn”.
“E’ il momento di tornare alla realtà”.
Kuroko spalancò gli occhi vedendo sopra di sé l’intera squadra di basket che lo osservava.
“Che succede?” chiese perplesso. Si mise a sedere con lentezza perché sentiva girargli la testa.
“Hai preso una bella pallonata in pieno viso” spiegò Junpei osservandolo con apprensione.
“Scusami... è tutta colpa mia” disse Kagami dispiaciuto.
“Non importa... sono stato io disattento” cercò di mettersi in piedi ma le gambe cedettero riportandolo nella posizione di partenza. Poi sentì qualcosa di caldo scorrere sul suo viso e colse le espressioni agitate dei suoi compagni.
“Sangue!” esclamarono in molti recuperando una maglietta per tamponargli il sangue che scorreva a fiotti dal naso.
“In infermeria!”
“State calmi! Andremo io e la coach. Voi potete cambiarvi e tornare a casa” ordinò Junpei.
Kuroko lo guardò agitato.
“N... no! Tra poco starò bene!”
Ma Junpei si era già chinato per prenderlo in spalla.
“Senpai aspetta! Voglio portarlo io in infermeria, è colpa mia se si è fatto male” disse Kagami fermandolo.
“Va bene” rispose senza battere ciglio. Si rimise in piedi mentre Kuroko guardava Kagami con ansia.
“Coach, ci sono delle portantine qui? Meglio portarlo con la barella perché non voglio fargli girare ulteriormente la testa portandolo in spalla” disse Kagami.
“Uhm... hai ragione. Comunque si ci sono” rispose la coach “Junpei prendine una per favore”.
Il capitano corse verso il magazzino della palestra recuperando una barella.
“Ce la fai a salire?” bisbigliò Kagami in modo da farsi sentire solo da Kuroko.
Lui annuì confuso.
Junpei posò a terra la barella accanto a Kuroko che rotolò sopra non aspettando l’aiuto di nessuno.
“Che tipo strano” pensò la coach.
Kagami e Junpei presero i manici della barella e, seguiti dalla coach, andarono fuori raggiungendo dopo pochi minuti l’infermeria.
“Dov’è il sensei?” chiese Riko notando l’infermeria vuota.
“Uffa, quel vecchiaccio quando serve non c’è mai!” sbottò Junpei avvicinandosi a un letto.
Intanto Kagami, cogliendo il loro momento di distrazione, fece cenno a Kuroko di rotolare sul letto.
“Riko, andiamo a cercarlo. Io vado in sala professori, tu prova alla mensa. Di solito va lì per recuperare qualche spuntino fuori dai pasti” disse sospirando.
“Ok. Kagami, resta qui e occupati di Kuroko”.
“Va bene”.
Corsero entrambi fuori, chiudendosi la porta alle spalle.
“Uhm... sembra che il sangue si sia fermato” commentò togliendogli la maglietta e osservandolo con attenzione “ma è meglio mettere un po’ di ghiaccio, speriamo che non si gonfi troppo” aggiunse andando verso la scrivania del sensei “però prima...”
Kuroko lo sentì riempire qualcosa con dell’acqua per poi presentarsi subito dopo con una bacinella, uno specchio e un asciugamano.
“Ce la fai a pulirti? Insomma sembri uno zombie con tutto quel sangue!” ridacchiò.
Kuroko prese lo specchio dalle mani di Kagami per controllarsi e dovette ammettere che aveva ragione. Con tutto quel sangue sulla sua pelle bianca sembrava proprio uno zombie! Ridacchiò anche lui mentre immergeva le mani nella bacinella per lavarsi il viso.
“Finalmente hai riso!” esclamò Kagami.
Kuroko continuò a lavarsi per poi asciugarsi accuratamente. Guardandosi allo specchio si sentì meglio senza tutto quel sangue e la testa gli girava di meno. Kagami gli diede un sacchetto di ghiaccio per metterlo sul naso e, mentre stava lavando la bacinella, finalmente Kuroko decise di parlare.
“Perché lo fai?” chiese.
“Cosa?” rispose distrattamente Kagami mettendo a posto.
“Perché mi hai aiutato. Non mi conosci”.
“Mi hai detto che tu non ti piace essere toccato, quindi non ho voluto farti sentire a disagio. E poi non c’è bisogno di conoscere qualcuno per aiutarlo” replicò sedendosi ai piedi del letto.
Kuroko non aggiunse altro ma continuò a guardarlo con insistenza, come se stesse osservando una specie rara. Kagami all’iniziò riuscì a sostenere quello sguardo, poi man mano iniziò ad arrossire.
“Kagami-kun, stai diventando rosso come i tuoi capelli” osservò curioso.
“E di chi è la colpa!? Non lo sai che guardare con insistenza qualcuno è da maleducati??” sbraitò lui dandogli le spalle.
“S... scusa...” mormorò Kuroko.
Kagami si rigirò trovando un Kuroko intristito a capo chino.
“Ehi! Non ho detto nulla di che! Non abbatterti. Sei il tipo più strano che io abbia conosciuto” disse Kagami avvicinandosi “sposta il sacchetto” aggiunse.
Lui obbedì titubante a causa della vicinanza.
“Uhm... si sta gonfiando. Rimettitelo” ordinò.
Kuroko eseguì imbarazzato.
“Kagami-kun, sei troppo diretto e invadi facilmente gli spazi altrui. Non sei giapponese?” chiese cercando di nascondere il suo rossore.
“Certo che lo sono. Però ho vissuto fino all’anno scorso in America e lì sono molto espansivi. Devo nuovamente abituarmi a questa cultura... Comunque... non ti offendere però! Perché giochi a basket? Non mi sembri un granché” disse cambiando argomento.
Kuroko si pietrificò a quelle parole.
“Ripeto, sei troppo diretto” sospirò infine “comunque gioco a basket perché mi piace e oggi non sono riuscito a dare il meglio di me” aggiunse deciso.
Kagami si avvicinò e gli posò la mano sulla testa per scompigliarli i capelli.
“Non vedo l’ora di vederti all’opera, Kuroko!”
Lui schiaffeggiò la mano agitato.
“Ah... ehm... scusa! L’ho fatto senza pensarci! Ma perché non vuoi essere toccato?”
Kuroko si incupì chiudendosi in se stesso e, mentre Kagami stava per parlare, fu interrotto dal ritorno della coach, seguita da Junpei e il sensei.
Dopo una rapida occhiata, il sensei gli disse semplicemente che non aveva nulla di grave e che poteva tornare a casa. Uscirono tutti dall’infermeria sollevati, andando verso la palestra per potersi cambiare e, mentre Kuroko stava rispondendo a delle domande rivolte da Junpei e Riko, Kagami non riuscì ad altro che pensare che quel ragazzo fosse la persona più complicata che avesse mai incontrato.
 

Angolo della Follia @.@
Ciao a tutti! Ecco qui il primo capitolo dedicato a Kuroko no basket! Posso solo dire che è un capitolo molto tranquillo e per niente speciale... ma c’è solo qualcosa che non quadra... un Kagami troppo gentile e un Kuroko decisamente diverso...
Cosa accadrà nel prossimo capitolo?
Bene non aggiungo altro e pubblicherò questa fan fiction a cadenza settimanale (almeno lo spero >.<) però non specifico il giorno...
Alla prossima settimana =D

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Capitolo 2
*** Luce ed Ombra: la partita delle sorprese ***


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2. Luce ed Ombra: la partita delle sorprese
 
Era passato all’incirca un mese dall’inizio della scuola e la squadra di basket si sottoponeva giornalmente agli allenamenti durissimi ideati dalla loro coach, ottenendo però risultati soddisfacenti. L’unico che invece non dava segni di miglioramento era Kuroko che, nonostante si sforzasse e ci mettesse tutto l’impegno possibile, aveva deluso le aspettative di tutti, tanto che nessuno gli chiese della “Generazione dei Miracoli”. Ormai era chiaro come il sole: Kuroko non aveva mai avuto nessun legame con loro.
L’unico che continuava ad incoraggiarlo era Kagami. Non faceva altro che urlare: “Forza Kuroko!” oppure “Puoi farcela!” Inoltre ogni tanto si univa a lui quando la coach gli assegnava degli esercizi mirati. Lei non diceva nulla e apprezzava questo spirito di squadra. Infatti, pian piano, anche altri compagni di squadra iniziarono a giocare con lui, ma nonostante tutto Kuroko non migliorava.
“Ragazzi, tutti qui!” Riko chiamò i suoi giocatori con aria professionale “tra due settimane avremo un’amichevole da giocare e sarà contro la scuola superiore Kaijou”.
“E LO DICI COSI’??!!” urlarono in molti agitati per lo scarso preavviso.
“Cosa??? Giocheremo con loro??? Ma hanno...” Koganei era incredulo.
“... Kise Ryouta della Generazione dei Miracoli. Sicuramente ci sottovaluteranno e cercheranno di non farlo giocare. Però noi faremo di tutto perché questo non accada” disse la coach entusiasta ignorando le contestazioni iniziali.
“Potrò scontrarmi con uno di loro! Non vedo l’ora!!!” disse Kagami stringendo i pugni e lanciandoli al cielo.
Gli altri ragazzi erano piuttosto preoccupati.
“Non prenderlo alla leggera, lui è il famoso “Mimo” della Generazione dei Miracoli. E poi, oltre a lui, ci sono altri quattro giocatori molto forti” disse Junpei pensieroso.
“Esatto... ora vi dirò chi giocherà: Hyuuga, Izuki, Koganei, Mitobe e Kagami” annunciò la coach.
“COSAAAA??? POTRO’ GIOCARE??? YUPPIII!!! YEAH!!! FANTASTIC!!!” Kagami iniziò a urlare con entusiasmo parlando man mano sempre più in inglese.
Hyuuga sospirò rassegnato però sorrise nel momento in cui vide che l’entusiasmo di Kagami aveva coinvolto anche gli altri componenti della squadra. Avevano bisogno di carica per affrontare Kise.
“Sono contenta di tutto questo entusiasmo! Bene, per oggi abbiamo finito. Ci vediamo domani” concluse la coach.
La squadra in fermento raggiunse gli spogliatoi commentando ad alta voce la notizia appena ricevuta e facendo i complimenti a Kagami.
“Kagami, dov’è Kuroko?” chiese Koganei.
“Sarà come al solito qui dietro... Kuroko esci fuori” disse guardandosi alle spalle imitato da tutti, solamente che questa volta lui non c’era.
“Dov’è sarà andato?” chiese Mitobe.
“Provo a chiamarlo” disse Kagami entrando negli spogliatoi per recuperare il cellulare.
“Hai il suo numero??” chiese stupito Koganei.
“Si, siamo compagni di classe e anche di squadra. Mi sembra normale” rispose prendendo il cellulare nell’armadietto.
“Andate in classe insieme???” continuò Koganei.
Kagami non rispose concentrandosi sul telefono.
“E’ andato via prima perché ha avuto un imprevisto” disse “mi ha inviato un messaggio”.
“Quindi ogni tanto parla e manda messaggi, che sorpresa” commentò stupito Junpei.
“Perché vi meravigliate tanto?” chiese Kagami perplesso.
“E’ abbastanza isolato dal resto della squadra anche quando ci uniamo a lui, sembra che vada d’accordo solo con te. E poi l’altro giorno, per caso, gli ho toccato la mano passandogli il pallone e per poco non è scappato!” disse Uruhata togliendosi la maglia.
“Ah si, è vero. A lui non piace essere toccato” rispose Kagami spogliandosi.
“Quindi avevo capito bene... il primo giorno, quando si è fatto male, il suo comportamento mi era sembrato strano” commentò Junpei pensieroso.
“E tu Kagami come fai a sapere tutte queste cose? Hai il numero... stessa classe... stesso club... che fate uscite insieme? Sei peggio di un fidanzato! Ahahahah!” disse Koganei iniziando a ridere.
Kagami arrossì.
“Piuttosto la chiamerei l’inizio di un’amicizia!!!” sbottò furioso “E poi Kuroko ha del potenziale che non riesce a mostrare per qualche motivo” continuò pensieroso.
Gli altri si zittirono a quelle parole per poi parlare dall’altro. Kagami fu il primo a finire e salutò tutti prima di andare via. Camminava con passo baldanzoso pensando alla sua sfida contro Kise e alla voglia di dimostrare di essere più forte, quando a un certo punto, vicino al fast food dove di solito comprava montagne di panini, vide Kuroko.
“Dove sta andando?” pensò curioso.
Per istinto lo seguì da lontano cercando di non perderlo di vista a causa della sua scarsa presenza. Ad un certo punto però sparì agitando così Kagami.
“Ma è un mago??? Che fine ha fatto???”
Iniziò a perlustrare la zona finché, dopo aver svoltato in un vicolo, sbucò in un parco dove c’era un campo da basket pubblico. Osservandolo attentamente notò Kuroko al centro del campo con un pallone.
“Si sta ancora allenando” pensò ammirato.
Dopo un po’ Kuroko si mosse sdraiandosi a terra e restando immobile. Kagami confuso lo raggiunse notando che aveva gli occhi chiusi.
“Kuroko, tutto a posto?” chiese con ansia.
Il più piccolo spalancò gli occhi meravigliato.
“Kagami-kun... cosa ci fai qui?” chiese alzandosi in piedi.
“Potrei farti la stessa domanda” replicò lui.
Si guardarono in silenzio senza aggiungere altro.
“Hai mangiato?” chiese Kagami spezzando il silenzio.
Kuroko fece un segno di diniego.
“Forza, stavo proprio andando a cenare. Vieni con me” disse avviandosi ma Kuroko non si mosse.
“Dove?” chiese apprensivo.
“Al fast food qui vicino” rispose stupito.
“... va bene”.
Camminarono in silenzio parlando solo nel momento in cui dovevano ordinare. Occuparono un tavolo iniziando a mangiare, Kagami con foga, Kuroko con calma.
“Kagami-kun... non ti sembra di esagerare?” chiese Kuroko guardando la quantità assurda di panini.
“No, sono pochi. Dopo devo ordinare degli altri” rispose aprendo il quarto.
Kuroko ridacchiò sciogliendo la tensione che si era creata prima in campo. Kagami sorrise di rimando, felice di vederlo così.
“Ah, complimenti per essere stato nominato titolare” disse Kuroko finendo di magiare il suo panino.
“Grazie! Non vedo l’ora di affrontare questo tipo della Generazione dei Miracoli!” esclamò con entusiasmo.
“Devi stare attento... Kise-kun è molto forte” commentò cupo.
“Lo conosci? Se non sbaglio giocavate nella stessa squadra di basket”.
“Non di persona. Non facevo parte della prima squadra”  distolse lo sguardo e non parlò più.
Kagami, non riuscendo a capire il motivo di quel silenzio, iniziò a parlare d’altro senza però ottenere risposta. Rassegnato finì di mangiare e seguì fuori Kuroko.
“Kagami-kun, devo andare da quella parte” disse dopo essere arrivati ad un bivio rompendo finalmente quel pesante silenzio.
“Va bene” rispose lui “allora a domani” disse avviandosi.
“Aspetta!” Kuroko lo bloccò afferrandogli il braccio.
Kagami si voltò stupito, non solo per la forza di quella presa, ma anche perché era la prima volta che lo vedeva toccare qualcuno.
“A quella partita... riuscirò a giocare anch’io. Sarò la tua ombra Kagami e farò in modo che la tua luce possa risaltare” lo liberò e senza aggiungere altro se ne andò.
Kagami rimase immobile, sconcertato. Non sapeva cosa volesse dire e si toccò involontariamente il braccio che Kuroko aveva afferrato.
 
***
 
“Allora ragazzi, siete tutti?” chiese la coach.
“Si!” esclamarono all’unisono.
Il grande giorno era arrivato e tutta la squadra era in fermento. Persino Kuroko, di solito impassibile, sembrava più determinato.
Entrarono nella scuola superiore Kaijou, raggiungendo immediatamente la palestra, trovando la squadra della scuola al completo.
Ci fu un inchino generale e i due coach iniziarono a parlottare.
“Seguitemi” disse un ragazzo “sono Kasamatsu, il capitano”.
Loro salutarono seguendolo poi negli spogliatoi ma, prima di giungere a destinazione, un alto ragazzo biondo fece la sua comparsa.
“Sei di nuovo in ritardo Kise” disse Kasamatsu irritato.
Lui non rispose osservando l’intera squadra del Seirin con aria annoiata. Il suo sguardo si soffermò su Kagami e subito dopo su Kuroko.
“Ora capisco perché non gioco... squadra di dilettanti” commentò superandoli.
“Ehi! Maledetto biondino!” sbottò Kagami andando verso di lui.
Junpei lo fermò in tempo tirandolo verso di sé.
“Kagami non fare l’idiota!”
Kise continuò a camminare urtando volontariamente Kuroko.
“Perdonami” disse dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
Kuroko gli schiaffeggiò la mano allontanandosi mentre Kagami, liberatosi da Junpei, lo raggiunse.
“Non sei cambiato Kuroko” mormorò Kise dandogli le spalle.
Gli unici a sentirlo furono solo Kuroko e un sorpreso Kagami.
“Si conoscono!” pensò.
“Andiamo negli spogliatoi” disse Junpei mentre Kasamatsu si scusava per l’atteggiamento di Kise.
“Kuroko, lui ti conosce. Cosa mi nascondi?” chiese Kagami.
Lui non rispose e seguì il resto della squadra a testa bassa. Si cambiarono velocemente raggiunti poi dalla coach che iniziò ad incoraggiarli e dare delle direttive. Gli unici che non stavano ascoltando erano Kuroko, che fissava il vuoto con espressione indecifrabile e Kagami, che voleva fare qualcosa per lui.
“Cosa mi nascondi?”
 
***
 
Erano alla fine del primo quarto e la partita stava andando molto bene per il Seirin, infatti erano sopra di dieci punti. Kagami era inarrestabile rendendo vani i tentativi di soprasso della squadra avversaria. Giocarono a lungo, finché al termine del primo tempo il Seirin aveva mantenuto il vantaggio.
“Ottimo lavoro ragazzi!” esclamò la coach passando asciugamani e bevande “continuate così! Se entrerà Kise sarà Kagami a marcarlo, d’accordo?”
“Si!” esclamarono i giocatori.
La sirena suonò annunciando il rientro dei giocatori in campo e l’ingresso di Kise.
“Ci siamo!” pensò Kagami eccitato.
“Ehi rosso, è il momento di far spazio ai professionisti” disse Kise guardando Kagami con aria sprezzante.
Lui era troppo eccitato per rispondere.
La partita riprese e Kise immediatamente si fece notare, fermando Kagami, liberandosi dalla sua marcatura e segnando una tripla.
Il Kaijou urlò di entusiasmo suscitando l’entusiasmo degli spettatori. Un gruppo di ragazze iniziò a urlare: KISE! KISE! KISE!
“Maledizione!” sbottò Kagami.
“Siamo ancora all’inizio” disse Kise superandolo.
La partita continuò così, e Kise portò la sua squadra non solo alla parità, ma superò anche il Seirin. Kuroko osservava tutto con attenzione stringendo i pugni con rabbia.
“Coach, fammi entrare” disse all’improvviso distraendo una nervosa Riko.
“Kuroko, non mi sembra il momento! Sappiamo entrambi che non saresti in grado di fare nulla!”
“Ti prego, dammi un’opportunità. Non te ne pentirai”.
Riko guardò verso Kuroko notando la sua determinazione. Iniziò a pensare agitata: quel ragazzo si era dimostrato incapace per tutto quel tempo ed era imprevedibile. Forse quell’imprevedibilità gli sarebbe tornata utile in partita. Dopotutto Kise non copiava cose scadenti.
“D’accordo”.
Kuroko si alzò in piedi carico.
“Cambio del Seirin, esce Koganei ed entra Kuroko!”
“COSA???” tutta la squadra del Seirin era sconcertata.
“Coach, cosa succede?” chiese Junpei correndo verso di lei.
“Continuate a giocare con lo stesso schema” disse semplicemente.
Tutti annuirono rientrando in campo.
“Kagami-kun, non perdermi di vista. Io sarò la tua ombra” disse determinato Kuroko.
Kagami lo guardò sorpreso ripensando al discorso luce ed ombra della scorsa volta.
“Guai a te si mi deludi, Kuroko!” esclamò.
Kuroko sorrise per poi tornare immediatamente serio rivolgendo i suoi occhi a Kise.
“Preparati ad un’amara sconfitta Kuroko” disse con astio allontanandosi.
La partita riprese e il Kaijou prese immediatamente il possesso palla. O almeno così sembrava.
“Cosa sta succedendo?” urlò Kasamatsu confuso.
All’improvviso la palla comparve tra le mani di Kagami che segnò. Quella schiacciata però non fu festeggiata da nessuno perché tutti erano troppo sconcertati. La coach era in piedi incredula. Non aveva capito cosa fosse successo. La partita ricominciò e lo stesso miracolo avvenne più volte, nonostante l’estenuante lotta di Kise. Poi la coach capì.
“Mis... misdirection...”
“Cosa?” chiesero i ragazzi in panchina.
“Kuroko utilizza la misdirection. E’ una tecnica usata dai maghi per attirare l'attenzione del pubblico e mascherare i propri trucchi. Kuroko la usa per intercettare la palla e fare passaggi precisi e improvvisi... quindi lui è...”
Il fischio dell’arbitro annunciò la fine della partita con un punteggio di 90-91 per il Seirin. Ma nessuno festeggiò, tutti guardarono Kuroko.
“Chi sei?” chiese Junpei.
“Non gliel’hai detto Kuroko?” Kise si avvicinò sprezzante.
“Vi conoscete?” chiese la coach.
Tutti avevano occupato il campo per capire meglio quella situazione.
“Stai zitto” disse Kuroko arrabbiato.
“Su, mio piccolo Kuroko. Non c’è nulla di male! Sapete... ormai la nostra storia viene raccontata come una favola per bambini” disse Kise con un sorriso beffardo.
“Ti ho detto di non parlare!” stavolta Kuroko impresse più energia nelle sue parole.
La squadra si voltò a guardarlo.
“Stavolta non c’è Aominecchi a pararti il culo”.
Kuroko strinse i pugni.
“Aomine Daiki?” chiese Junpei.
“C'era una volta la squadra di basket della scuola media Teiko” iniziò Kise ignorando Junpei “che riuscì a vincere contro ogni squadra rivale conquistando il campionato per tre anni di seguito. I cinque giocatori di questa squadra vennero chiamati la Generazione dei Miracoli” si fermò guardando tutti con superiorità “sapete già i loro nomi, incluso il mio. Tuttavia, un fatto di cui pochi sono a conoscenza...”
“Stai zitto!” esclamò Kuroko.
 “...è che esisteva un altro giocatore della Generazione dei Miracoli...” continuò Kise ignorandolo.
“Ti ho detto di smetterla!”
“... il sesto giocatore fantasma...”
“STAI ZITTO!!”
Kise lo guardò trionfante.
“Kuroko Tetsuya”.
Tutti si voltarono verso di lui, mormorando.
“Allora non era una leggenda...” commentò Junpei.
Kuroko tremava a capo chino e con i pugni stretti. Poi improvvisamente voltò le spalle a Kise correndo fuori.
“Kuroko!” esclamarono i suoi compagni.
Kagami lo inseguì abbandonando la palestra.
“Benvenuto nella realtà Kuroko” commentò Kise dirigendosi agli spogliatoi.
E mentre Kuroko correva ignaro di essere inseguito da Kagami, il Seirin rimase fermo in campo incapace di muoversi. L’unica cosa che tutti pensavano era:
“Perché ci ha mentito?”
 
 
Angolo della Follia @.@
 
Ciao! Rieccomi qui ;) Ho concluso il capitolo con questo dubbio.... perché Kuroko ha mentito, o meglio, perché non si è mostrato e ha sempre giocato male? Il mistero attorno a lui si infittisce =D
Inoltre notiamo un Kagami piuttosto protettivo nei confronti di Kuroko ma allo stesso tempo comprensivo... ammettetelo, molti di voi lo avrebbero già mandato a quel paese XD
E poi Kise... non ha battuto ciglio per la sua sconfitta ma ha rivelato l’identità di Kuroko... e poi è così meschino nei suoi confronti... è diverso dal Kise che conosciamo... perché si comporta così?
Infine non mi dilungherò molto nelle partite perché preferisco concentrarmi più sulla loro storia, quindi saranno sempre così, rapide.
Bene... cosa accadrà al prossimo capitolo? Kuroko finalmente parlerà? Pubblicherò ogni mercoledì, quindi il prossimo capitolo uscirà il 22 ottobre ;)
Ciao e commentate ;)
 
P.S. oggi è il compleanno di una mia amica folle come me quindi... Happy B-day Vivienne =D
 
Spazio Pubblicitario
 
Oltre a Kuroko no basket, ho scritto altre fan fiction, tre di genere yaoi, una het e una ispirata ad un telefilm. Vi faccio l’elenco:
 
  • Junjou Revolution: tutti gli appassionati di yaoi conoscono le opere di Nakamura sensei, tra cui Junjou Romantica, quindi hi scritto una fan fiction su Misaki e Usagi <3 (conclusa).
  • Junjou Revolution! Il ritorno: è una raccolta di one shot per completare alcune parti della storia principale ma anche episodi sporadici sulla nostra amata coppia =D (in corso).
  • Shadows: (yaoi) chi non conosce Onodera e Takano??? Ecco qui una fan fiction dedicata a loro =D (conclusa).
  • Voglia d’amare: (het) mi sono ispirata a Skip Beat, e la storia si incentra su Kyoko e Ren (conclusa).
  • I gemelli Mikaelson: mi sono ispirata al telefilm “The Originals”, spin off di The Vampire Diaries (conclusa).

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Capitolo 3
*** La verità dell'Ombra ***


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3. La verità dell’Ombra
 
“Anf... anf... anf...” stava correndo a perdifiato per strada ma sapeva che tra un po’ sarebbe crollato. Non era mai stato molto resistente e inoltre aveva appena finito di giocare una partita. Le sue gambe erano intorpidite dal dolore e il sudore scendeva a fiotti senza dargli un attimo di tregua. Correva cercando di dimenticare, una corsa disperata, come se grazie ad essa potesse riuscire a fuggire da tutto quello che era successo, dal suo passato, da Kise e la sua arroganza.
“Anf... anf... anf...”
“Kuroko!” una voce in lontananza lo fece trasalire.
“Maledizione! E’ Kagami-kun!”
Con tutta la forza di volontà, ignorando le proteste delle sue gambe doloranti, si inoltrò in alcune stradine per cercare di depistarlo, purtroppo per lui capitò in un vicolo cieco e non poteva più tornare indietro perché già sentiva i passi di Kagami dietro di sé. Con le spalle al muro si sentì in trappola.
“Ti ho trovato!” esclamò trionfante Kagami appena lo vide.
Kuroko si voltò verso di lui, trovandolo nelle sue stesse condizioni, grondante di sudore e con il fiatone.
“Forse riesco a superarlo” pensò disperatamente.
Fu un attimo.
Fece uno scatto verso di lui puntando il suo lato sinistro, cogliendolo di sorpresa. Riuscì a passare sotto il suo braccio ma Kagami, ripresosi dall’azione fulminea, fu più veloce e lo bloccò per poi caricarselo in spalla. Infine, come se niente fosse, uscì dal vicolo portandolo via.
“Kagami-kun. Lasciami!” esclamò tremante mentre tempestava di pugni la sua schiena.
Kagami non rispose continuando a camminare e ignorando gli sguardi agitati di alcuni passanti, troppo intimoriti per intervenire.
“Ti prego... non mi piace essere toccato!” continuò mentre il tremore aumentava.
“Potevi pensarci prima di attuare quella patetica fuga” replicò lui.
Dopo un po’ Kuroko smise di agitarsi arrendendosi alla sua forza. Arrivarono nella loro scuola e Kagami puntò la palestra. Entrò dentro e lasciò Kuroko a terra.
“Ora mi devi dare un po’ di spiegazio...” si ammutolì sorpreso.
Kuroko aveva dipinto sul volto un’espressione terrorizzata e tremante non si mosse da terra.
“Kuroko?” mormorò Kagami chinandosi preoccupato verso di lui.
Si fermò a mezz’aria, incapace di proseguire, perché Kuroko, vedendolo avvicinarsi, spalancò gli occhi terrorizzato e si mise in posizione fetale per proteggersi.
“T... ti... pre...prego... non toc...ca...carmi...” disse tra un tremito e l’altro.
Kagami si ritrasse sedendosi a terra poco lontano da lui non riuscendo a distogliere lo sguardo da quel corpo tremante.
“Cosa diavolo sta succedendo?” pensò.
“Kuroko, mi dispiace. Non pensavo che avresti reagito così... non volevo...” la sua voce era ansiosa.
Il più piccolo non si mosse continuando a tremare. Ad un certo punto si afferrò la testa mormorando: “è tutto ok... tutto ok...”
Kagami si impietosì non sapendo cosa potesse fare per calmarlo. Ad un certo punto si illuminò ricordandosi di una cosa che faceva sempre sua mamma quando era agitato. Si avvicinò piano a Kuroko e iniziò a cantare. Era una canzone strana che Kuroko non aveva mai sentito in vita sua, parole sconosciute che pian piano riuscirono a penetrare la maschera di paura del più piccolo. La canzone era fluente e aveva un ritmo costante, come se si trattasse di una preghiera, un mantra, una sorta di cantilena.
Kuroko liberò la testa dalle sue mani per guardare Kagami che ad occhi chiusi cantava questa canzone in una lingua sconosciuta. Non era inglese e non aveva tracce di giapponese però, nonostante non riuscisse a capirla, aveva un suono calmante, rassicurante tanto che il suo corpo si rilassò e chiuse gli occhi per poterla ascoltare meglio. Dimenticò il perché si fosse agitato, cancellando dalla sua mente Kise e la paura di essere cacciato dalla squadra per aver mentito.
Kagami aprì gli occhi e notò il cambiamento in Kuroko. Finalmente si era calmato e il suo respiro stava diventando sempre più lento finché non si rese conto che si era addormentato.
Si avvicinò a lui e lo prese in braccio delicatamente per poterlo far riposare in infermeria, però quando arrivò alla porta trovò l’intera squadra che intanto era tornata a scuola.
“Eccovi!!” esclamarono in molti.
“SSSSSSHHHHHHH!” disse Kagami.
Aida e Hyuuga rimasero in silenzio ad osservare la strana coppia uscire fuori.
“Kagami, dove...” disse Koganei fu bloccato con un gesto della mano da Junpei.
“Vi aspettiamo qui” disse la coach.
Kagami si voltò verso di lei annuendo per poi riprendere il suo cammino.
 
***
 
Era buio.
Troppo buio.
Un buio impenetrabile.
Aveva paura.
Tanta paura.
Non sapeva cosa fare.
Una risata malefica risuonò all’improvviso.
“Non c’è più nessuno!!” urlò la voce facendolo tremare.
Si mise in posizione fetale abbracciando strette le gambe al petto arrendendosi, all’evidenza.
Era solo.
Era sempre stato solo.
Una piccola luce gli fece alzare la testa.
Era debolissima, eppure riusciva a scorgerla.
Allungò la mano davanti a sé come se volesse afferrarla...
 
Aprì gli occhi all’improvviso e vide davanti a sé la sua mano intenta a cercare di afferrare qualcosa.
“Era solo un sogno...” mormorò.
Abbassò il braccio e si guardò intorno rendendosi conto di non essere più in palestra ma in infermeria. Voltò la testa verso sinistra e vide seduto su una sedia Kagami profondamente addormentato. Aveva le gambe accavallate, le braccia incrociate e la testa a ciondoloni. Un tiepido raggio di sole gli illuminava i capelli facendo risaltare i riflessi rossi.
Di fronte a quella vista lui ridacchiò. In quel momento avrebbe voluto una macchina fotografica per immortalare quel momento, poi si ricordò che in tasca aveva il cellulare. Lo prese in fretta puntandolo verso di lui.
Click!
Kagami spalancò gli occhi.
“Cos’è stato?” chiese confuso sbattendo le palpebre cercando di mettere a fuoco la stanza.
“Niente” rispose Kuroko che grazie alla sua misdirection aveva fatto sparire il cellulare senza che il più grande se ne accorgesse.
Kagami sbadigliò per poi stiracchiarsi.
“Come ti senti?” chiese passandosi una mano tra i capelli.
“Bene...” rispose Kuroko calando imbarazzato la testa. Gli stava tornando in mente tutto ciò che era successo e si sentì un idiota.
“Mi dispiace di averti spaventato. Non volevo fare nulla” disse all’improvviso Kagami interpretando male il silenzio di Kuroko.
“No! Scusami tu! Io... ho esagerato... ma non riesco a controllarmi...” disse voltandosi verso di lui rosso in viso.
Kagami non disse nulla osservando il volto imbarazzato del più piccolo.
“Non fa niente” rispose infine con un sorriso rassicurante.
Kuroko sorrise sollevato.
“Visto che stai meglio, andiamo in palestra. La squadra ci sta aspettando” disse alzandosi in piedi.
Kuroko lo imitò in silenzio uscendo così fuori nel corridoio.
“Ho sonno” disse Kagami sbadigliando. Si stiracchiò passandosi nuovamente la mano tra i capelli rendendoli spettinati.
Kuroko non disse nulla, troppo in ansia per le sua sorte.
Quando entrarono in palestra trovarono l’intera squadra intenta ad allenarsi.
“Quella ragazza è il diavolo” commentò Kagami. Dopotutto avevano terminato da poco una partita molto dura a causa di Kise Ryouta.
La coach vedendoli fischiò, interrompendo così gli allenamenti.
“Tutti qui” chiamò.
I ragazzi obbedirono mentre Kuroko li seguiva incerto.
“Forza Kuroko” disse Kagami superandolo.
Lui deglutì nervosamente e lo seguì. Intanto gli altri, vedendolo, gli fecero spazio per poter passare e raggiungere la coach. Arrivò davanti a lei acquistando coraggio man mano che camminava. Aveva sbagliato e ora doveva affrontare le conseguenze.
“Coach mi dispiace per il comportamento che ho tenuto poco fa e per avervi mentito!” esclamò inchinandosi non dando così la possibilità di parlare a nessuno.
Si levò un vociare dai suoi compagni di squadra che iniziarono a commentare l’accaduto.
“Non mi accontento solo delle scuse, ho bisogno di spiegazioni” rispose Riko dopo un lungo silenzio da parte sua.
I suoi compagni si zittirono notando l’enorme tensione che alleggiava nell’aria.
Kuroko si rimise in posizione eretta guardando negli occhi la coach.
“Hai ragione... ti dirò la verità” disse incerto.
Il resto della squadra si avvicinò per poterlo ascoltare e Riko rimase a guardarlo a braccia conserte, in attesa.
“Tutto quello che Kise-kun ha detto è vero. Io sono il sesto uomo della Generazione dei Miracoli, il cosiddetto sesto uomo fantasma” iniziò.
“Questo l’avevamo capito. Ma quello che non mi spiego, perché hai giocato in modo così scarso e ce l’hai tenuto nascosto per tutto questo tempo?” intervenne Junpei affiancando la coach.
“Perché io, dopo quei tre anni di gloria accanto agli altri cinque ragazzi della Generazione dei Miracoli... avevo iniziato ad odiare il basket” deglutì ripensando a quella brutta sensazione “infatti decisi di abbandonare la squadra al termine della nostra ultima partita e non ne volli più sapere... non ho più toccato un pallone”.
“Perché hai iniziato ad odiare il basket?” chiese la coach.
“E visto che lo odi, perché sei qui?” aggiunse Junpei.
“Avete mai visto una nostra partita?” chiese Kuroko.
Fecero tutti un segno di diniego.
“Ho solo letto qualche articolo e visto una vostra partita agli esordi, nulla di più” disse Izuki.
“Agli inizi eravamo pieni di entusiasmo... amavamo questo sport. Poi le cose sono cambiate, ognuno di noi aveva delle capacità fuori dall’ordinario e verso la fine del primo anno si parlava già della Generazione dei Miracoli. Abbiamo perso l’entusiasmo, la voglia di giocare... anche perché non avevamo avversari validi...”
“Presuntuosi” commentò Koganei con disappunto.
“No, mi spiego meglio. Ogni volta che giocavamo contro una squadra, questa non aveva la voglia di combattere. Nei loro occhi si leggeva già la sconfitta. Tutto questo ci demoralizzava e ci sentivamo dei mostri” a quella parola si irrigidì stringendo i pugni “quindi quando mi sono iscritto in questa scuola, notando il vostro entusiasmo non sono riuscito a trattenermi e mi sono iscritto al club. Ma una volta entrato me ne sono pentito. Non per voi ma perché avevo deciso di non mostrarmi mai più. Noi sei siamo dei mostri” ripeté abbassando lo sguardo.
“Quindi hai giocato in modo così scarso per questo motivo... ma perché mostri? Insomma siete sei ragazzi che sapete giocare molto bene a basket. E’ vero che oggi ho visto cose interessanti, ma definirvi mostri... è difficile. Inoltre prima eravate solo studenti delle medie e quindi ora avrete la possibilità di scontrarvi con tante altre squadre” commentò la coach.
“Non ci hai visto come dei mostri perché non abbiamo giocato nel pieno delle nostre forze. Abbiamo mostrato solo una piccola percentuale” precisò lui alzando lentamente la testa.
“Ossia?” chiese Junpei curioso.
“Solo il 10%”.
Tutti lo guardarono sbalorditi non potendo credere a quelle parole.
“Dai Kuroko... è umanamente impossibile giocare meglio di così!” esclamò Kagami scettico.
“Non avendo mai visto una nostra partita non potete capire. Inoltre continuiamo a migliorare. Sempre” disse in tono definitivo facendo rabbrividire tutti.
“E Kise perché ti odia?” chiese Koganei riprendendosi da quelle parole.
“A questo non posso rispondervi. Sono nostre faccende personali” si zittì senza aggiungere altro.
La coach e Junpei si guardarono a lungo riflettendo.
“O... ora se volete scusarmi, svuoto il mio armadietto... non vi infastidirò più. Scusatemi ancora” si chinò e rimase sconvolto quando si accorse di avere un nodo alla gola.
Si alzò per poi dirigersi con fatica agli spogliatoi. Perché si sentiva così?
“Kuroko!” urlò Kagami avvicinandosi a lui. Lo voleva afferrare ma si dovette trattenere perché non  voleva che si agitasse nuovamente.
“Kuroko, dove pensi di andare?” chiese Junpei “Non abbiamo ancora finito di parlare”.
“Vi risparmio la fatica di mandarmi via. Lo faccio io” disse non riuscendo a girarsi.
“Cosa diavolo stai blaterando!?” esclamò Kagami sempre più vicino.
Si mise davanti a lui bloccandogli la strada a braccia spalancate. Kuroko alzò gli occhi verso di lui sentendosi sempre peggio.
“Io...” cercò di parlare ma si zittì sentendo sul viso qualcosa di umido.
Si toccò la guancia sorpreso capendo che stava piangendo.
“Kuroko Tetsuya, il Kuroko Tetsuya di oggi, e non il sesto uomo fantasma delle medie, ama il basket?” chiese la coach prendendo la parola.
“Io...”
Cosa voleva realmente?
Alzò lo sguardo verso Kagami che lo osservava con attenzione.
“Che cosa vuoi fare Kuroko Tetsuya?” incalzò Junpei.
“Io... io voglio giocare con Kagami-kun e tutti gli altri” ammise con voce tremante a causa delle lacrime che continuavo a scendere.
“Ami il basket?” chiese la coach.
“SI!” esclamò con sicurezza.
Kagami sorrise sollevato.
“Allora non vedo il motivo per cui devi uscire dalla squadra” disse la coach.
Kuroko si voltò incredulo, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
“Dici sul serio?” chiese.
“Dubiti delle mie parole?” disse Riko sorridente.
Lui guardò i volti sorridenti e incoraggianti dei suoi compagni: Koganei alzò i pollici in su, Izuki gli fece l’occhiolino e i ragazzi del primo anno esultarono applaudendo.
“Allora tutti a festeggiare!!!” esclamò Kagami.
“SIIIIIIIIIIII” urlarono in coro.
“Fermi tutti!” la coach guardò con un sorriso diabolico Kagami e Kuroko “visto che Kuroko ci ha mentito e Kagami e scappato dalla palestra... farete 100 giri della scuola per punizione!” disse con tono minaccioso “Poi andremo a festeggiare. Mentre voi potete andarvi a cambiare” aggiunse con un sorriso amorevole rivolto agli altri compagni di squadra.
“COMEEE???” protestò Kagami.
“Forza, andate fuori!”
Kagami si avviò verso l’ingresso sbuffando seguito da un sorridente Kuroko che si scusava per i problemi che gli aveva causato.
“Non c’è bisogno di scusarsi. A che servono gli amici altrimenti?” disse iniziando a correre.
“Amici...” ripeté lui.
Kagami si voltò a guardarlo cogliendo la sua espressione imbarazzata, ma nonostante ciò sul suo viso si era dipinto un timido sorriso.
Il suo battito accelerò e si portò la mani al cuore infastidito.
“Tutto bene Kagami-kun?” chiese Kuroko notando il gesto.
“Eh? Si... credo solo che oggi abbia esagerato con l’esercizio fisico” replicò.
Dei passi affrettati alle loro spalle li fece voltare contemporaneamente. Il resto della squadra si era unito a loro.
“Ragazzi...” mormorò Kuroko.
“Siamo una squadra!” esclamò Hyuuga affiancandoli.
“SII!” urlarono tutti.
Kuroko sorrise mentre tutti iniziarono a parlare con lui, chiedendo altri dettagli, mentre Kagami correva con aria assente.
 
***

23:30.
Un ragazzo biondo, con aria annoiata, camminava lungo la via dei negozi osservato da molte ragazze.
“E’ Kise Ryouta! Il modello!”
Kise sorrise stancamente alle ragazze e si rifugiò nel parco più vicino per evitarle. Un campo da basket attrasse la sua attenzione e si fermò ad osservarlo con aria pensierosa.
Aveva deciso di proposito di non impegnarsi e perdere la partita, solo perché voleva provocare Kuroko e lui lo sapeva bene.
“Non vedevo più tutto quell’entusiasmo dalla prima media” pensò.
Un entusiasmo che lo aveva sempre fatto irritare.
Con aria contrariata entrò dentro il campo di basket recuperando una palla abbandonata in un angolo. Iniziò a palleggiare, facendo qualche tiro e imitando alcune mosse di Kagami. Doveva ammettere che quel ragazzo aveva talento.
“Una nuova Luce?” mormorò facendo canestro “povero Aominecchi”.
 
 
Angolo della follia @.@
Salve a tutti! Potrebbe non sembrare ma è stato un capitolo abbastanza travagliato @.@ ho in mente tutta la storia a livello generale ma ancora non ho fatto la scaletta (in realtà l’ho fatta ma non mi soddisfa -.-“).
Coooomunque! Kuroko ha rivelato la verità anche se la reazione iniziale con Kagami è stata esagerata. Volevo un modo per farlo calmare, e di solito qui intervengono gli abbracci e dolci parole, ma Kuroko odia tutto questo. Quindi mi sono inventata la canzoncina calmante... più avanti Kagami ci dirà in cosa consiste.
Inoltre il nostro Kagami è molto protettivo nei confronti di Kuroko non trovate? ;)
Infine Kise... che cose intenderà con quella frase finale? Lo scoprirete nei prossimi capitoli.
A mercoledì 29 ottobre =D

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Capitolo 4
*** Tra sogno e realtà ***


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4. Tra sogno e realtà
 
Era in un’enorme vasca da bagno.
L’acqua era piacevolmente calda e grandi bolle di sapone alleggiavano nell’aria.
Si stava godendo quel lungo bagno rilassante nel silenzio di quella stanza. Chiuse gli occhi immergendosi e iniziò a nuotare. La sensazione dell’acqua che scorreva sul suo corpo era particolarmente piacevole.
Emerse per riprendere fiato, osservando le bolle di sapone che ormai avevano coperto il soffitto facendo un gioco di luci con i raggi di sole che penetravano dalla finestra.
Un movimento nell’acqua lo mise in allarme. Si stava avvicinando qualcuno.
Tutto nudo.
Un uomo.
Il corpo riusciva a scorgerlo ma il viso no. Era completamente in ombra.
Quando arrivò si chinò verso di lui per catturargli le labbra. Le stuzzicò dapprima con la lingua facendole schiudere poco a poco. Kagami non si oppose a quel gesto delicato e così eccitante.  Aprì la bocca accogliendo la calda lingua che iniziò a esplorare il suo interno, entrando in lotta con la sua che desiderava a sua volta scoprire quella figura così oscura.
Le mani automaticamente iniziarono a esplorare i loro corpi, con frenesia, avvertendo le loro eccitazioni. Le avvicinarono per poterle sfregare tra di loro, senza staccare le loro bocche. A un certo punto la figura in ombra riprese fiato abbracciandolo e tremando per l’eccitazione. Gli ansimava nell’orecchio raggiungendo l’orgasmo dopo un po’, insieme a lui che emise un ansito animalesco.
Kagami sciolse di poco l’abbraccio per poter nuovamente assaporare la sua lingua, sentendo un forte gusto di vaniglia. Portò le mani verso la sua apertura infilando un dito, facendo ansimare forte la figura.
“Kagami-kun... ti prego, prendimi...”
Kagami aprì gli occhi riuscendo finalmente a scorgere il viso in ombra...
“AAAAAAAAHHHHHHH!!!!!!”
Si mise seduto sul letto facendo volare un cuscino.
“Anf... anf... anf...” stava ansimando come se avesse fatto una lunga corsa.
“Quel sogno... cos’era??” pensò.
Riprese fiato concentrandosi. Non poteva essere successo... lui non poteva sognare cose del genere... e poi non l’aveva mai fatto con un uomo! Come faceva a sapere tutte quelle cose?
Scosse la testa furiosamente e poi lanciò uno sguardo allo specchio che aveva di fronte e ciò che vide non gli piacque. Aveva il viso arrossato e un’evidente eccitazione nel basso ventre.
“MALEDIZIONE!” urlò alzandosi in fretta e correndo in bagno.
Liberò la sua erezione dai pantaloni e i boxer iniziando immediatamente a masturbarsi.
“Muoviti, muoviti, muoviti!!!” voleva sbrigarsi in fretta per poter così dimenticare il suo sogno.
Pensò alla figura in ombra. Chi poteva essere?
“Kuroko...” mormorò stupito.
E nel momento in cui pronunciò il suo nome venne copiosamente.
Sconvolto si spogliò del tutto per potersi fare una doccia. La fece fredda. Una lunga doccia fredda per schiarirsi le idee.
“Dai, Taiga. Era solo un sogno... questo non vuol dire che desidero Kuroko in quel senso. Andiamo... siamo entrambi uomini!” pensò risoluto.
Uscì dalla doccia soddisfatto.
Si era trattato solo di uno stupido sogno.
 
***
 
“ETCIU’!!!”
“Salute!” esclamarono in coro tutti i suoi compagni di classe incluso il professore.
“Scusatemi” disse Kagami imbarazzato.
Il professore riprese la lezione mentre Kagami fece un altro starnuto più silenzioso.
“Maledetta doccia fredda!” pensò adirato.
Avvertì una vibrazione in tasca e senza farsi notare prese il cellulare per leggere il messaggio.

Il mittente era Kuroko.
Lanciò un rapido sguardo alle sue spalle osservando Kuroko che lo guardava con preoccupazione. Gli sorrise rassicurante alzando un pollice in su provocando un sorriso sollevato da parte di Kuroko.
“Meno male” mimò con le labbra.
Lui tornò a guardare il professore rilassato.
“Visto idiota? Non ti fa nessun effetto. Era solo un sogno. Forse ho bisogno di una ragazza...” pensò prendendo appunti.
Si immerse nella sua solita routine. Lezioni, amici, club di basket. E proprio lì ricevette una notizia che lo mandò in visibilio. Dopo la partita contro Kise avevano partecipato alle qualificazioni per l’Interhigh superandole senza difficoltà e mancavano circa tre settimane all’inizio del torneo. E la loro prima partita sarebbe stata con lo Shuutoku.
“Giocheremo contro un membro della Generazione dei Miracoli, Shintaro Midorima” annunciò la coach preoccupata.
“WOW!!!” Kagami iniziò ad esultare.
“Kagami-kun, non prenderlo così alla leggera” disse Kuroko affiancandosi alla coach “Kise lo abbiamo battuto solo perché l’ha voluto, ma Midorima-kun non è come lui”.
“Ma così ci offendi! Pensi che non siamo in grado di battee....ee... EEETCIUUUU’!!!!” protestò Kagami interrotto da uno starnuto.
“Salute” dissero in coro i suoi compagni.
“Grazie” rispose cercando un fazzoletto nelle tasche.
“No, sto solo dicendo di non sopravvalutarli” rispose pacato Kuroko ignorando quell’interruzione. Aprì un pacchetto di fazzoletti e ne porse uno a Kagami che iniziò a soffiarsi il naso sonoramente.
“Kuroko cosa puoi dirci di Midorima?” chiese Junpei alzando la voce per sovrastare Kagami.
“Era il nostro tiratore. In tutti gli anni in cui ho giocato con lui non l’ho mai visto sbagliare un canestro ed è molto abile nei tiri da tre punti. Alle medie il suo limite massimo era il centro campo, però sicuramente sarà migliorato, quindi potrebbe segnare anche da altre posizioni” spiegò lui.
Tutti si zittirono a quelle parole tranne Kagami.
“Un tiratore, eh? Però non sa fare altro giusto? Che idiota!” esclamò.
“Ti sbagli Kagami-kun. Io vi ho parlato solo del suo punto di forza, però sa fare altro” replicò Kuroko come se fosse la cosa più ovvia del mondo “tutti i membri della Generazione dei Miracoli hanno un punto di forza ma sanno fare tutto”.
“Quindi ragazzi ho deciso che d’ora in avanti Kuroko sarà un titolare. Le partite saranno sempre più dure e ci serve una persona come lui, soprattutto serve a te Kagami” intervenne la coach prima di essere interrotta da altre chiacchiere.
“A me?”
“Lui è un’ombra e la sua specialità sono i passaggi veloci e precisi. Li possono prendere tutti ma ha bisogno di una luce e sarai tu. Non potremmo scegliere nessun’altro perché a causa della tua irruenza risalti troppo. Perfetto per Kuroko” spiegò la coach “quindi da oggi vi allenerete insieme per imparare a coordinarvi”.
“Va bene” rispose Kagami.
“Dovrete essere molto affiatati. Nella partita contro Kise sei riuscito a prendere i vari passaggi solo grazie all’abilità di Kuroko, però così si affatica di più e l’effetto della sua misdirection finisce troppo presto. Per una maggiore durata ha bisogno di te Kagami. Quindi da oggi vi allenerete in coppia per poi giocare con gli altri nella partita di fine allenamento” ordinò la coach sfogliando i suoi appunti.
“Si” rispose Kuroko.
Kagami rimase in silenzio mentre la coach spiegava agli altri la scheda di allenamento della giornata. L’entusiasmo per la partita contro Midorima era scomparso sostituito dal nervosismo di dover allenarsi così a stretto contatto con Kuroko. Non sapeva perché ma il suo sogno era tornato prepotentemente nella sua mente.
“ETCIU’!” starnutì interrompendo il filo dei suoi pensieri.
“Salute. Kagami-kun, sei sicuro di stare bene? Mi sembri accaldato” commentò Kuroko avvicinandosi per osservarlo meglio.
“Si sto bene. Credo che sia solo un semplice raffreddore” rispose scompigliandogli i capelli.
Kuroko si ritrasse immediatamente.
“Scusa” sospirò “me ne dimentico sempre”.
“No, scusami tu...” rispose incupito.
Gli voltò le spalle e si allontanò verso la coach.
“Non mi piace vederlo così...” pensò Kagami soffiandosi il naso.
La coach lo chiamò consegnando a Kuroko la scheda di allenamento.
“Pronto?” chiese Kuroko rivolgendosi a lui.
Kagami annuì seguendolo in un altro della palestra lontano dalla squadra dove iniziarono gli allenamenti mirati. Kuroko li seguì alla perfezione ma Kagami invece li effettuò con più fatica.
“Per essere uno che non ha toccato più il pallone dalle scuole medie, reggi bene il ritmo” ansimò lui recuperando la sua bottiglia d’acqua.
Kuroko rimase ad osservarlo con insistenza in silenzio.
“Dici che sono molto diretto, ma tu non scherzi. Smettila di fissarmi!” protestò Kagami a disagio.
“Ok” rispose lui distogliendo lo sguardo.
Furono chiamati dalla coach per la partita conclusiva di allenamento.
Kagami e Kuroko in campo iniziarono immediatamente il loro gioco, però Kagami era meno energico del solito.
“STOOOOOP!!! Kagami!!! Ha giocato per tutto il tempo solo Kuroko! Deve essere un gioco di coppia!!!” urlò la coach adirata.
“Si!” esclamò inchinandosi come segno di scusa, ma quando si rimise dritto sentì la testa girargli.
“Riprendete!” la coach emise un lungo fischio e la partita ricominciò.
Kagami giocava più lentamente di prima, intralciando il gioco degli altri, finché non riuscì ad afferrare un passaggio di Kuroko finendo di sedere a terra.
La coach fischiò nuovamente.
“Kagami cos’hai? Le tue prestazioni fisiche di oggi sono al minimo” disse Riko fissandolo con aria critica.
Kuroko si chinò verso di lui appoggiando così la fronte sulla sua. Kagami, già accaldato di suo, divenne rosso come un pomodoro.
Erano vicini, troppo vicini, e il viso di Kuroko era parzialmente in ombra.
“Il sogno...” mormorò ricordando improvvisamente la figura in ombra.
“Kagami-kun, hai la febbre” disse alitandogli sul viso.
Lui non si mosse e non parlò. Aveva trattenuto il fiato agitato da quel contatto.
“Coach, accompagno Kagami-kun a casa. Non è più in grado di continuare” decretò rimettendosi in posizione eretta.
“Va bene. Ragazzi per oggi abbiamo finito. Aiutate Kuroko a portare Kagami negli spogliatoi” disse Riko.
Junpei e Izuki lo afferrarono per le spalle per poi trascinarlo via, seguiti a poca distanza dal resto della squadra.
“Come pensi di portarlo a casa?” chiese Koganei.
“Taxi” rispose semplicemente Kuroko recuperando il suo borsone nell’armadietto. Prese il cellulare e chiamò il taxi, mentre Junpei stava aiutando un riottoso Kagami a cambiarsi.
“Ce la faccio da solo!” protestò.
“Zitto e collabora, idiota!” replicò Junpei.
Kuroko si cambiò velocemente per poi sistemare il borsone di Kagami.
“Il taxi è arrivato” annunciò Koganei guardando fuori dalla finestra.
“Ok. Kagami-kun, smettila di fare i capricci e andiamo” disse Kuroko in tono di rimprovero.
Lui mise il broncio e riuscì a rialzarsi senza l’aiuto di nessuno. Andarono fuori e salirono in taxi.
“Lo lasciamo nelle tue mani!” esclamò Junpei.
Kuroko salutò con la mano sorridendo mentre Kagami diceva il suo indirizzo al tassista. Durante il tragitto rimasero in silenzio. Kuroko lanciava occhiate preoccupanti a Kagami che ad occhi chiusi sembrava stesse delirando.
“Maledetto sogno... maledetta doccia... maledetto me!”
Arrivati a casa riuscì a barcollare fino in camera sua. Kuroko pagò il taxi e portò i borsoni all’interno.
“Kagami-kun? Dove sei?” chiamò.
Non ottenendo risposta iniziò a cercarlo, rimanendo sorpreso dalla grandezza e dalla sobrietà della casa. Non c’erano foto, solo qualche quadro astratto e sembrava una casa fantasma. Con un brivido di freddo aprì una porta e all’interno della camera trovò Kagami profondamente addormentato sul letto. Quella stanza urlava il nome di Kagami da ogni angolo: poster di basket ovunque, coppe e medaglie varie, riviste sul basket e palloni sparsi.
“Eccoti qui” sospirò “non dormire vestito”.
Gli tolse la divisa scolastica lasciandolo in mutande. Kagami si raggomitolò su se stesso per il freddo.
“Il pigiama... dov’è?”
Frugando tra i cassetti lo trovò riuscendo così a vestirlo e a metterlo sotto le coperte. Kagami ansimava e Kuroko, dopo un rapido controllo, si rese conto che la febbre stava salendo. Corse ad esplorare la casa alla ricerca di una cassetta del pronto soccorso trovandola in bagno.
“Uno spazzolino? Quindi vive da solo...”
Annotandosi mentalmente di chiedergli ulteriori dettagli, gli portò i medicinali riuscendo a svegliarlo.
“Nnn...” mugugnò.
“Kagami-kun, sei peggio di un bambino!” ridacchiò lui.
Kagami, in stato di semi incoscienza, riuscì a prendere i medicinali per poi riaddormentarsi.
Ancora con il sorriso sulle labbra ritornò in bagno per poter riempire una bacinella con dell’acqua fresca. Afferrò un asciugamano e, dopo averlo bagnato, lo mise sulla fronte accaldata di Kagami.
Soddisfatto del suo operato, andò in cucina per preparare qualcosa da mangiare, notando con piacere che la dispensa di Kagami era ben fornita. Dopotutto mangiava fin troppo!
Con il sorriso sulle labbra iniziò a preparare del curry e mise a friggere del pesce. La cucina si riempì di un denso fumo nero costringendolo ad aprire tutte le finestre, porta inclusa. Quando si diradò si accasciò a terra sconfitto. La cucina e l’intera sala erano da pulire e il cibo era del tutto bruciato.
Depresso buttò tutto via e si mise a pulire il disastro.
“Sono solo un peso...”
Prese il telefono e chiamò il fast food per farsi portare da mangiare.
“Almeno mangia qualcosa...”
Il campanello, dopo una mezz’ora, suonò annunciando l’arrivo della cena d’asporto. Pagò l’importo sotto lo sguardo sbigottito dell’addetto alle consegne.
“Mi scusi, ma mangia così tanto?” chiese indicando la quantità smisurata di panini.
“Cosa? No, no... ho ospiti a cena” si giustificò per non dare troppe spiegazioni.
Rientrò in casa posando tutto in cucina. Affamato, addentò un panino bevendo poi la sua bevanda alla vaniglia. Sentì all’improvviso un lamento dalla camera da letto. Corse in quella direzione notando che Kagami si stava agitando.
“Sta sudando” costatò avvicinandosi “vuol dire che le medicine stanno avendo effetto”.
Gli tolse il lenzuolo e la maglietta in modo da poter asciugare il sudore. Kagami aprì gli occhi.
“Kagami-kun? Come ti senti?” chiese immediatamente.
Lui non rispose guardandolo confuso.
“Ombra...” mormorò cercandolo di mettere a fuoco.
Kuroko si chinò verso di lui appoggiando così la fronte sulla sua.
“Sta scendendo” disse sollevato rialzandosi.
Ma mentre si rialzava Kagami afferrò il suo braccio con forza.
“Kagami-kun!” esclamò cercando di liberare il braccio senza successo.
Kagami gli afferrò la testa e l’avvicinò a sé.
“Lasciami!” protestò Kuroko tremante.
Kagami aprì la bocca di Kuroko con forza riuscendo così ad esplorarla con la sua lingua, sotto lo sguardo sbigottito e impaurito del più piccolo.
Un ricordo fugace attraverso la sua mente.
Mani.
“Nnn...”
Tante mani.
“Kaga...!!!”
In trappola.
“NOOO!” riuscì a staccarsi cadendo rovinosamente a terra.
Tremante si mise in piedi pronto al nuovo attacco che non venne. Avvicinandosi piano notò Kagami che stava dormendo profondamente.
“Stava dormendo!” pensò sconvolto.
Lo coprì velocemente e gli mise nuovamente l’asciugamano umida sulla fronte.
Scappò fuori dalla stanza recuperando il borsone e il telefono.
“Pronto?”
“Hyuuga senpai? Sono Kuroko”.
“Dimmi tutto!”
“Ti ho appena inviato un messaggio sul telefono con l’indirizzo di Kagami. Devi venire perché devo andare urgentemente in un posto. Ho lasciato le chiavi sotto lo zerbino. Ci vediamo a scuola!”
“Ma  Kuro...”
Gli chiuse la chiamata correndo giù per le scale, senza prendere l’ascensore. Doveva andare via da quel posto, il più in fretta possibile.
 
***
 
“Aaaaaahhhh! Che dormita!” esclamò Kagami stiracchiandosi.
“Finalmente sei sveglio” disse una voce.
Si voltò alla sua destra trovando comodamente seduto Junpei intento a leggere una rivista.
“Capitano! Cosa ci fai qui??” chiese stupito.
“Sostituisco Kuroko. Fino ad un paio di ore fa si è preso cura di te” rispose alzandosi.
Gli mise una mano sulla fronte concentrato.
“La febbre è sparita” disse “vuoi mangiare qualcosa? Kuroko ha ordinato montagne di panini. Forse non sa cucinare”.
Kagami si alzò in piedi seguendo il senpai in cucina.
Tutto sembrava in ordine tranne per il tavolo carico di panini. Lanciò uno sguardo verso il lavandino individuando tracce di nero.
“Credo che tu abbia ragione” concordò lui con un sorriso sghembo.
Si sedette a tavola mangiando i panini con il senpai e guardando una partita di basket in tv. Afferrò una bevanda sul tavolo per bere, ma nel momento in cui si bagnò le labbra si staccò stupito.
“Vaniglia?” chiese ad alta voce.
Il senpai lo ignorò, troppo concentrato a bestemmiare contro alcuni giocatori.
Kagami si passò la lingua sulle labbra confuso. Quando si era svegliato aveva avvertito uno strano gusto ma pensava si trattasse delle medicine.
Pensieroso si portò la mano alle labbra.
“Cosa succede?”
 
 
Angolo della follia @.@
Ciaooo! Questo capitolo, a differenza dell’altro, si è scritto da solo O.o quando sono ispirata accadono cose strane e misteriose *^*
Comunque, ripercorrendo il capitolo, notiamo alcune cose strane: i sogni erotici di Kagami... credo che i fan della ship KagaKuro stiano facendo festa xD
Kuroko peggio di una mamma chioccia: apprensivo e buon osservatore non molla mai Kagami facendo gesti che mandano il nostro tigrotto in totale confusione. Non vuole essere toccato, odia quando gli altri invadono i suoi spazi, e lui è il primo che lo fa. Non si fa Kuroko, no no ù.ù Inoltre l’ho reso così goffo, perché secondo la mia visione lui sembra tutto precisino però in realtà è un po’ incapace! XD ad esempio dare da mangiare curry e pesce fritto ad un ammalato... non è il caso =D
Infine i ricordi frammentari di Kuroko durante il bacio involontario di Kagami, che stava ricordando nel dormiveglia il suo sogno mattutino ;)
Cosa ci nasconde il nostro sesto uomo? E Kagami ha capito qualcosa?
 
Al prossimo capitolo (che pubblicherò il 5 novembre... siamo già a novembre??? O.o) 
 
P.S. Come già sapete ho creato un mio profilo personale su Facebook, se vi va aggiungetemi. Sono Kotoko chan e sull'immagine del profilo troverete i due protagonisti di un dorama che io adoro con la scritta Playful Kiss <3 metto anche il link per sicurezza (https://www.facebook.com/profile.php?id=100006242415951) e tra i vari album troverete scheck divertenti relativi ad ogni capitolo di questa storia. Vi attendo. Ciao ciao =D

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Capitolo 5
*** Un pò di Luce, un pò di Ombra ***


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5. Un po’ di Luce, un po’ di Ombra
 
Stava camminando con passo sicuro lungo i corridoi della scuola. A differenza di molti studenti che odiavano la scuola ed erano più che felici di saltarla, lui invece per tutta la settimana non aveva fatto altro che pensare di tornarci al più presto. Dopotutto a breve avrebbe avuto un importante incontro di basket contro Midorima della Generazione dei Miracoli e aveva bisogno di allenarsi il più possibile con la sua Ombra per imparare a coordinarsi.
“Buongiorno Kagami! Ci sei mancato in questi giorni”.
“Ciao! Stai meglio?”.
“Ehi Kagami! Sei tornato finalmente!”
Era appena entrato in classe e immediatamente tutti lo avevano assalito per sapere come stava.
“Mi sento sotto processo” pensò sorridendo perplesso ai suoi compagni di classe e salutando con una pacca sulla spalla il più vicino di loro.
Si diresse verso il suo banco notando che Kuroko non era ancora arrivato.
“Strano, ieri sera mi ha detto che sarebbe venuto a scuola”.
Si sedette pensieroso ripensando alla conversazione telefonica che avevano avuto la sera precedente dopo giorni di messaggi ignorati da parte di Kuroko.
 
<“Kuroko! Finalmente mi rispondi!”
“Buona sera Kagami-kun, come ti senti?”
“Bene. Ma perché non  hai risposto ai miei messaggi??”
“Io... ho avuto dei problemi al cellulare e oggi finalmente sono riuscito a ripararlo...”
“Potevi venire a trovarmi però, sai che mi avrebbe fatto piacere”.
“Ah si... scusami. Devo riagganciare. Ci vediamo domani a scuola. Ciao”.
“Va bene, a dom...”>
 
Aveva chiuso frettolosamente il telefono senza dargli tempo di finire la frase.
“Quel tipo è pazzo” pensò prendendo il quaderno “oppure... che sia successo effettivamente qualcosa??”
Passò un dito sulle labbra ricordandosi quello strano sapore di vaniglia che aveva sentito al suo risveglio che aggiunto alla paura di essere toccato di Kuroko, quel suo comportamento era più che giustificato.
“Che il mio sogno si sia trasformato in realtà?? Nooooo!!!” pensò agitato scuotendo la testa attirando lo sguardo perplesso dei suoi compagni di classe..
“Kagami-kun? Cosa stai facendo?”
Lui si voltò verso colui che aveva posto quella domanda e trovò Kuroko con la sua solita aria inespressiva ad osservarlo intensamente.
“Kuroko Tetsuya in tutta la sua magnificenza!” esclamò Kagami agitato.
Come al solito non l’aveva sentito arrivare e dalle espressioni scioccate dei suoi compagni capì che anche loro non l’avevano notato.
“Kagami-kun, hai ancora la febbre?” chiese il più piccolo dubbioso.
“Eh? No, no! Sto bene!” abbozzò con un sorriso incerto.
Con un’alzata di spalle Kuroko si diresse al suo banco posando lo zaino per poi prendere il libro e il quaderno della lezione della prima ora. Kagami rimase per tutto il tempo a fissarlo mentre svolgeva quelle azioni.
“Non c’è speranza” sospirò all’improvviso Kuroko “sei invadente. Non fissarmi così!”
“S... scusa!” esclamò voltandosi in avanti.
“Che faccio? Che faccio? CHE FACCIO???” pensò agitato prendendosi di nuovo la testa tra le mani.
Il professore entrò costringendo tutti a dargli attenzione, incluso Kagami. Per tutte quelle ore rimase in uno stato di agitazione pensando alla persona che in quel momento gli stava alle spalle.
“Come glielo chiedo??? Aaaaahhh che palle!!!”
Era talmente agitato che non faceva altro che muoversi innervosendo Kuroko che cercava di guardare alla lavagna.
“Kagami-kun, stai fermo che non riesco a vedere la lavagna!” mormorò alle sue spalle.
“Eeeh? Cooosaaa? Ah si! Va bene!” esclamò ad alta voce mettendosi sull’attenti.
Tutti scoppiarono a ridere felici di poter prendere una breve pausa dalla lezione di aritmetica.
“Kagami, siediti. Riprendiamo la lezione” disse il professore indifferente.
“Mi… mi scusi!” disse sedendosi imbarazzato.
“Ma che ti prende?” bisbigliò Kuroko.
“Nulla, nulla…” rispose lui sospirando.
Le lezioni proseguirono con tranquillità e senza più colpi di testa da parte di Kagami. All’ora di pranzo però scappò fuori lasciando tutti di stucco.
“Ma cosa succede oggi a Kagami?”
“E chi lo sa! Non giocare a basket in questi giorni lo avrà reso nervoso”.
I suoi compagni ripresero le loro attività mentre Kuroko continuava a fissare preoccupato il punto in cui il suo amico era sparito.                                                                                                    
Intanto Kagami, nella sua corsa disperata, aveva raggiunto il terrazzo, ignorando il cartello che vietava l’ingresso agli studenti. Si sedette a terra aprendo la sua busta contenente un enorme cestino del pranzo iniziando poi a mangiare scoraggiato, cercando di pensare a come chiedere a Kuroko se fosse successo qualcosa tra di loro.
“In modo diretto? No, fuggirebbe... Con un messaggio? Ma dai Taiga! Non sei un bambino!!”
Mise a posto il suo cestino ormai vuoto e si alzò in piedi posizionandosi di faccia contro il muro e appoggiando una mano su di esso.
“Kuroko” iniziò con voce sensuale “cosa si prova a baciare il grande Kagami Taiga?”
Ammiccò verso un immaginario Kuroko, poi tolse la mano accovacciandosi a terra.
“Sono un idiota” disse ad alta voce.
“Questo lo sapevamo già” commentò una voce femminile.
Si voltò di scatto verso quella voce trovando Riko e Junpei in piedi vicino alla porta.
“Coach! Capitano!” esclamò alzandosi e inchinandosi rispettosamente.
“E’ impazzito?” chiese Riko perplessa.
“La febbre può avergli arrecato danni permanenti al cervello” rispose Junpei convinto.
“Smettetela!” sbraitò Kagami rimettendosi dritto.
I due ridacchiarono.
“Che ci fate qui?” chiese ignorando le risatine.
“Cercavamo un posto tranquillo per mangiare ed elaborare una nuova modalità di allenamento” rispose Riko prendendo un fazzoletto di stoffa dalla tasca.
Lo appoggiò a terra lisciandolo con cura per poi sedersi in modo aggraziato.
“Quindi anche tu sai comportati in modo femminile” commentò Kagami ammirato.
Fu un attimo, Junpei gli bloccò le braccia dietro la schiena e Riko gli assestò una testata nello stomaco.
“AHIA!!!” urlò Kagami mantenendosi lo stomaco dolorante, dopo essere stato liberato da Junpei.
“Così impari!!” urlarono all’unisono.
Si misero seduti a terra aprendo i loro bento.
“Posso chiedervi una cosa?” disse Kagami ancora imbronciato.
“Cosa? Se vuoi ancora offendere ti butto dal terrazzo” replicò Riko alzando un sopracciglio come segno di avvertimento.
“No, no! Per caso, quando siete venuti qui, avete visto o sentito qualcosa di strano?” chiese sulle spine.
“A parte il tuo sono un idiota non ho sentito altro” rispose  Riko prendendo con le sue bacchette un po’ di riso.
“Perché cosa stavi facendo?” chiese Junpei curioso.
Kagami arrossì a quella domanda iniziando a balbettare cose senza senso.
Non dirmi che stavi facendo… quello???” chiese Riko alzandosi in piedi sconvolta.
“Quello?” ripeté non capendo.
Junpei si mise in piedi con aria minacciosa togliendosi gli occhiali.
“TU…” disse consegnandoli a una Riko ancora sconvolta e imbarazzata.
Kagami, di fronte a quell’espressione fece un passo indietro spaventato.
“BASTARDO PERVERTITOOOO!!!!
“AAAAAAAHHHHH!!!”
Junpei partì all’attacco colpendolo con un pugno sul viso facendolo cadere all’indietro in modo da farlo rientrare all’interno dell’edificio scolastico.
Lui si mise seduto toccandosi la guancia dolorante.
“Ma che…”
“Tu! Avrai quello che ti meriti all’allenamento per calmare i tuoi bollenti spiriti. Preparati!” concluse Junpei sbattendo la porta.
“Ma che… MA CHE HO FATTO???” urlò Kagami contro la porta.
Irritato scese le scale massaggiandosi il viso e borbottando qualcosa contro i folli. Rientrò in classe dove trovò Kuroko a braccia conserte ad attenderlo seduto al suo banco.
“Kagam-kun! Finalmente! Ti devo par… ma cosa ti è successo alla faccia?” si interruppe osservando il segno rosso sul viso.
“Niente. E’ una scuola di pazzi” commentò stizzito avvicinandosi.
Kuroko lo guardò incerto sul da farsi.
“Cosa mi volevi dire?” chiese Kagami.
Kuroko si mosse dal banco andando verso di lui afferrandogli una mano. Kagami troppo sorpreso per dire qualcosa si fece trascinare via.
“Kuroko?” disse improvvisamente guardandosi attorno a disagio.
I corridoi erano pieni di studenti che li guardavano stupiti e molti mormoravano al loro passaggio.
“Andiamo in infermeria. Dobbiamo evitare che la guancia si gonfi” disse semplicemente.
In silenzio Kagami lo seguì guardando le loro mani.
“Non trema” pensò curioso.
In infermeria però il sensei non c’era.
“Siediti” ordinò Kuroko indicando una sedia.
Kagami obbedì guardandosi intorno. L’infermeria era vuota e rumori di sottofondo provenivano dall’esterno. Ripensò a quando avevano portato lì Kuroko il primo giorno di scuola e neanche quella volta il sensei c’era.
“Quel buono a nulla!” pensò infastidito.
“Ecco qui” Kuroko si era avvicinato mettendogli un sacchetto di ghiaccio sulla guancia.
“Grazie” disse Kagami prendendolo.
Nel farlo, però, le loro mani si sfiorarono provocando la reazione immediata di Kuroko che la ritrasse allontanandosi.
“Questa non me la spiego” commentò Kagami pensieroso.
“Cosa?” chiese Kuroko.
“Se qualcuno ti tocca scappi impaurito, ma se sei tu a farlo no”.
Kuroko gli diede le spalle avvicinandosi alla finestra. Rimase in silenzio osservando alcuni studenti che rientravano nell’edificio per raggiungere le rispettive classi.
“Perché ho il controllo” disse improvvisamente “quando sono io a farlo posso gestire l’azione. Se lo fanno gli altri no”.
Il silenzio che seguì lo mise in agitazione tanto da stringere le mani a pugno.
“Se ho capito… hai paura che qualcuno possa farti qualcosa di male?” chiese Kagami cercando di venirne a capo.
“NO!” si voltò verso di lui “qualcosa di male? Non esageriamo! Sono solo un maniaco del controllo!!” esclamò ridacchiando.
“Ne sei sicuro?”
Kuroko guardò negli occhi Kagami. Era serio e curioso allo stesso tempo.
“Si” rispose con certezza.
Gli diede nuovamente le spalle tornando alla finestra.
“Ed è per questo che mi eviti?” chiese Kagami.
“Evito?” tornò a guardarlo, stavolta sorpreso “sei tu quello che mi sta evitando da stamattina!”
Kagami distolse lo sguardo imbarazzato.
“E’ tutto per colpa tua!” esclamò alzandosi in piedi.
“Mia??”
“Non ti sei fatto più sentire e vedere in questi giorni e visto che il giorno in cui sono stato male, al mio risveglio, avevo il sapore di vaniglia in bocca volevo sapere se ti ho fatto qualcosa involontariamente!!” disse tutto d’un fiato.
Il silenzio che seguì fu uno dei più imbarazzanti che Kagami aveva vissuto in tutta la sua intera vita.
“Ah” disse Kuroko sogghignando spezzando così il silenzio “tu pensi che tra noi sia successo qualcosa? Ma non ricordi?”
“Cosa?!”
“Ti sei svegliato e sei venuto in cucina. Erano da poco arrivati i panini e io stavo bevendo il mio milk-shake alla vaniglia. L’hai visto e me l’hai rubato bevendo come un ingordo! Poi sei tornato a letto” spiegò Kuroko.
“EEEEEEEEHHHHHH????”
Kuroko si tappò le orecchie a causa di quell’urlo che era rimbombato in tutta l’infermeria.
“Quindi non è successo nulla??? SIIII! Ero così preoccupato!!!”
Si avvicinò a Kuroko allungando poi una mano verso di lui. Immediatamente indietreggiò.
“Dammi la mano” ordinò Kagami.
Lui scosse la testa facendo un altro passo indietro.
“Fidati di me” disse con tono rassicurante.
Il più piccolo deglutì allungando con mano tremante la mano. La posò sul suo palmo, un toco leggero che fece aumentare il tremore. Con uno scatto fulmineo Kagami la bloccò con l’altra sua mano imprigionandola tra le due.
“No! Lasciami!” esclamò agitandosi.
“Kuroko, te lo giuro qui ed ora” iniziò con tono solenne guardandolo fisso negli occhi impauriti “io non ti farò mai del male e non permetterò a nessuno di alzarti un solo dito contro”.
Kuroko spalancò gli occhi mentre il tremore scemava sostituito da un forte rossore sul viso.
“Kagami-kun hai appena detto una cosa equivoca ed imbarazzante”.
Lui di rimando gli sorrise calorosamente sciogliendo la presa.
“Avviati in classe, io attendo l’arrivo del sensei fannullone. Quando serve quell’idiota non c’è mai! Gli devo consegnare il mio certificato medico”.
“D’accordo” Kuroko uscì affrettando il passo per allontanarsi il più possibile.
Quando si trovò a debita distanza si fermò confuso dalle parole che Kagami gli aveva appena detto. Era stato gentile da parte sua confortarlo però era stato piuttosto ambiguo.
“Che vai a pensare Tetsuya! Non hai visto com’era felice quando gli hai mentito sull’episodio della febbre? Lui è semplicemente troppo gentile. E poi hai fatto un giuramento che non potrai mai spezzare” pensò risoluto.
Inconsapevolmente si afferrò la mano che prima era stata stretta da Kagami osservandola con attenzione.

<”Kuroko, te lo giuro qui ed ora. Io non ti farò mai del male e non permetterò a nessuno di alzarti un solo dito contro”>.
 
Il suo battito cardiaco accelerò mentre il viso divenne rosso.
“Sensei, grazie di tutto. Torno in classe”.
“Va bene Kagami”.
Kuroko si mise in allerta fuggendo via per non farsi scoprire dal più grande che intanto stava camminando con aria pensierosa.
“Kuroko è strano… non pensavo che non vuole essere toccato per il controllo. Che risposta è??”
Si fermò vicino ad una finestra aprendola per far entrare la tiepida aria autunnale. Quel giorno il sole era particolarmente caldo e le foglie ingiallite svolazzavano in giro entrando in contrasto con quella splendida giornata. Chiuse gli occhi assaporando quegli odori sentendo ronzare vicino un’ape intenta a tornare al suo alveare.   
Gli tornò nuovamente in mente Kuroko e la spiegazione del sapore alla vaniglia. Non pensava che la febbre fosse stata così alta da fargli dimenticare un episodio del genere. Però almeno così le cose tra di loro non si sarebbero complicate creando imbarazzo.
“E’ già così difficile da capire e gestire. Se ci fosse stato il bacio sarebbe stato peggio!” pensò riprendendo a camminare.
Allora perché, nonostante avesse scoperto la verità su quell’episodio, si sentiva inquieto?
 
***
 
“Ragazzi la partita contro lo Shutoku si avvicina e non possiamo permetterci di ammalarci e perdere altro tempo” la coach lanciò uno sguardo affilato e penetrante verso Kagami.
Lui deglutì nervosamente.
“Quindi è il momento di allenarvi! Queste sono le schede. Forza Seirin!”
“SIIIII!!!!” urlò la squadra in coro.
“Kagami-kun, oggi riprenderemo ad allenarci insieme” disse Kuroko avvicinandosi alla coach per prendere la loro scheda.
Lui non rispose avvicinandosi con ansia.
“Eh? Non devo allenarmi con Kagami?” chiese Kuroko stupito leggendo la sua scheda.
“No, da domani. Oggi Kagami ha molto da recuperare” disse Junpei con un sorriso malefico.
La coach gli passò la scheda e lui titubante iniziò a leggerla rilassandosi man mano.
“Ah, pensavo peggio!” esclamò Kagami sollevato.
“La devi ripetere cinque volte” intervenne la coach.
“CINQUE VOLTE????!!!!”
“Forza! Ad allenarvi!” urlò il capitano entrando in campo.
Tutti lo seguirono lanciando però occhiate ansiose verso Kagami e prendendo mentalmente nota di non assentarsi mai per lunghi periodi.
“Che hai fatto?” chiese Kuroko curioso.
“E’ una punizione. E se non vuoi farla pure tu, ti consiglio di raggiungere gli altri!” sbraitò la coach.
“Sissignora!!”
Corse via lasciando la coach con espressione vendicativa e un Kagami intento a protestare mentre si accingeva a dirigersi fuori per iniziare la corsa di riscaldamento intorno la scuola.
“Ma che ho fatto???!!!”
 
 
Angolo della follia @.@
Ciao a tutti! Che capitolo bizzarro, non trovate? E’ ricco di dialoghi e meno azioni e descrizioni. Sembra un capitolo di passaggio ma non lo è perché abbiamo una sorta di rivelazione da Kuroko e i sentimenti confusi dei due ragazzi. Ecco perché l’ho intitolato “un po’ di Luce, un po’ di Ombra”. Ha svelato ma non troppo. Il giusto… anzi meno! Ok ora non capirete ma più avanti si ;)
Comunque mi sono divertita molto a scriverlo rendendo Kagami così maldestro e sfortunato, punito dai suoi senpai per qualcosa che non aveva fatto! XD Spero che tutti abbiate capito cos’è ;)
Bene, il 12 novembre, ossia mercoledì prossimo, pubblicherò il prossimo capitolo. Attendo numerosi commenti perché ne ho notati pochi mentre siete in tanti a seguirmi! Quando ho letto il numero delle visualizzazioni e di coloro che attende gli aggiornamenti sono rimasta stupita! Vi ringrazio tutti e spero di avere un confronto con voi ^^
Per chi volesse aggiungermi sono su Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100006242415951
Alla prossima =D =D 

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Capitolo 6
*** Incontri e scontri ***


Ciao! Scusate questa piccola premessa! Ho commesso un errore nei capitoli precedenti. Siccome sto più o meno seguendo il filo della storia originale, l’Interhigh si svolge prima dell’inizio dell’estate mentre i nostri protagonisti sono collocati già in autunno nel periodo della Winter Cup. Quindi cambierò, da Interhigh a Winter Cup, però tralascerò qualcosa, perché alla fine è una fan fiction. Scusate ancora =(
 
 
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6. Incontri e scontri
 
Erano stati giorni pesanti quelli passati dalla squadra del Seirin. E non solo la loro. Tutte le squadre di basket che si erano qualificate alla Winter Cup avevano avuto un gran bel da fare. La tensione era al massimo e i giocatori erano un fascio di nervi e a nulla era servito l’incoraggiamento della coach Riko Aida, che tentava in tutti i modi di sollevare il morale alla sua squadra. Non che lei fosse da meno, infatti aveva delle enormi occhiaie e scattava per non nulla.
In quel periodo l’affinità di gruppo era migliorata in maniera esponenziale e Kagami e Kuroko erano riusciti ad acquisire una certa complicità. Kuroko continuava a non voler essere toccato, ma dopo la loro conversazione in infermeria, riusciva a tollerare di più i modi espansivi di Kagami cercando di non offenderlo. Kagami, da parte sua, cercava di metterlo a più agio possibile, restando colpito giorno per giorno dalle capacità di Kuroko e dai suoi miglioramenti. Forse non aveva esagerato a definire “mostri” la Generazione dei Miracoli.
Il giorno prima dell’incontro tutta la squadra si era riunita in palestra per allenarsi e definire le ultime strategie ascoltando attentamente le spiegazioni della coach. Mentre erano intenti a memorizzare gli schemi, la porta della palestra si aprì improvvisamente facendo entrare l’aria fredda autunnale.
“Brrr” disse Kuroko tremante.
In silenzio Kagami gli appoggiò la sua giacca della tuta sulle spalle cogliendolo di sorpresa.
“Ah… grazie…” mormorò imbarazzato Kuroko.
Kagami fece un cenno distratto con la testa, dandogli immediatamente le spalle per nascondere il rossore. Non riusciva a capire il perché fosse così protettivo nei confronti di quel ragazzino problematico.
“TEPPEI!!” esclamò la coach correndo verso l’ingresso.
I ragazzi del secondo anno si guardarono eccitati mentre quelli del primo anno rimasero perplessi alla visione di un ragazzo molto alto, con i capelli castano scuro e l’aria un po’ svampita.
“Riko” salutò lui accarezzandole la testa dolcemente.
Lei felice lo prese per mano conducendolo vicino a Junpei e gli altri ragazzi che lo assediarono iniziando a parlare all’unisono confondendo così il nuovo venuto.
“Chi sarà mai?” chiese Kagami grattandosi la testa.
“Kiyoshi Teppei” rispose Kuroko.
Teppei guardò Kagami curioso, voltandosi dopo aver sentito pronunciare il suo nome.
“Mi conosci matricola?” chiese gentilmente.
“Non sono stato io a parlare. E poi non mi chiamo matricola! Sono Kagami Taiga!” ribatté lui innervosito. Non sapeva perché ma quel tizio non gli suscitava simpatia, aveva un’aura attorno a lui misteriosa.
“Scusami” rispose Teppei sorridente.
“Che rabbia!” pensò Kagami di fronte a quell’espressione.
“Ragazzi vi presento Kiyoshi Teppei. Anche lui è un membro della squadra…” iniziò Riko.
“COSA???” urlò Kagami.
“… e fondatore della squadra di basket del Seirin” continuò la coach alzando la voce.
“COSAAAA???!!!” urlò ancora.
“Smettila di urlare cosa, idiota!” sbottò Junpei.
 “Tu saresti un giocatore di basket? Non farmi ridere! Ti vedo deboluccio e per nulla in forma. Non serve solo l’altezza per fare questo sport!” continuò lui ignorando il capitano. Il suo istinto diceva di attaccarlo, si sentiva minacciato dalla sua presenza.
“KAAGAAMIII…” iniziò Junpei ma fu zittito da Teppei che lo bloccò.
“Tu dici?” chiese lui gentilmente senza scomporsi.
“Te lo mostrerò qui ed ora. Fatti sotto!” Kagami prese il pallone che stava ai suoi piedi.
“D’accordo” ribatté lui incuriosito.
“Ehi voi, non mi sembra il moment…” la coach si zittì alla vista di Kuroko che si sovrappose tra i due.
Kiyoshi fu colto di sorpresa e per poco non travolse Kuroko.
“Ah, scusami. Sei così… invisibile? Uhm… forse non è il termine giusto. Comunque chi sei?” chiese facendo qualche passo indietro per poterlo osservare meglio. Aveva un qualcosa di famigliare e la sua presenza lo rendeva inquieto, una sensazione già provata in passato. Ma quando?
“Kuroko Tetsuya, primo anno” rispose lui pacatamente.
“Kuroko! Togliti di mezzo!” esclamò Kagami intervenendo nella conversazione avvicinandosi.
“Kagami-kun, non puoi giocare contro di lui” disse voltandosi per guardarlo.
Tutti lo guardarono perplesso.
“Perché?” chiese confuso stringendo la palla convulsamente.
“Perché non è un giocatore alla tua altezza” rispose.
“EEEEEHHHH????” esclamò la coach.
“Kuroko! Come ti permetti!? Chiedi scusa al senpai!” disse Junpei arrabbiato.
“Ahahahah! E se lo dice lui, vuol dire che non vali poi così tanto!” disse Kagami soddisfatto. Kuroko non per niente era un ex membro della Generazione dei Miracoli e aveva uno spirito di osservazione superiore al normale.
“Non hai capito niente come al solito Kagami-kun” sospirò rassegnato Kuroko cogliendolo di sorpresa “tu non sei un giocatore alla sua altezza”.
A quelle parole Kagami fece cadere il pallone sorpreso ma allo stesso tempo ferito. Il sorriso lasciò le sue labbra e rimase immobile ad osservarlo. Perché Kuroko gli parlava in quel modo? Dopo tutto quello che aveva fatto per lui, perché lo umiliava così, davanti a tutti?
Kuroko si voltò verso Teppei, ignorando Kagami, seguito dagli sguardi sorpresi del resto della squadra.
“E’ da tanto che con ci vediamo Kiyoshi senpai, da due anni” continuò Kuroko allungando la mano per stringergliela.
La squadra strabuzzò gli occhi quando videro che Kuroko si fece stringere la mano di sua spontanea volontà. Kagami cambiò espressione, da ferita ad arrabbiata. Ci era voluto tanto per riuscire ad avere un suo contatto spontaneo e lui stringeva la mano al tizio irritante??? Non poteva tollerarlo.
Teppei rimase in silenzio rispondendo al saluto osservando le facce sorprese dei compagni.
“Ci siamo scontrati alle medie” disse Kuroko cercando di farlo ricordare ritraendo subito la mano.
“… tu…” Kiyoshi spalancò gli occhi e fece un passo indietro sorpreso “il sesto uomo fantasma! Abbiamo perso contro di voi alle medie! Io facevo la terza media, e voi della Generazione dei Miracoli la seconda. Abbiamo perso in finale”.
“Ci hai dato un bel filo da torcere in quella partita, e avreste avuto una possibilità se solo anche il resto della squadra fosse stato come te, vero Iron Heart?” continuò Kuroko impassibile.
“Iron Heart? Che cosa stai dicendo?” chiese Koganei,
La coach e il capitano si guardarono. Loro sapevano tutta la verità ma Teppei aveva preferito non rivelarla alla squadra.
“Kiyoshi è uno dei cosiddetti Generali senza Corona” disse Riko prendendo la parola.
“EEEEHHH??” tutti erano scioccati tranne Kagami.
“Cioè?” chiese cercando di capire tutto nonostante la sua rabbia. Il basket giapponese gli stava creando confusione dal momento in cui era entrato in squadra.
“Kagami-kun, tu hai vissuto in America, quindi non puoi saperlo. La Generazione dei Miracoli non è l’unica che ha fatto parlare di sé in questi anni. Ci sono altri giocatori al nostro livello, però non essendo nati nel nostro stesso anno non vengono considerati come membri, ma gli è stato riconosciuto il titolo di "Generali senza Corona". I Generali sono cinque, tre dei quali fanno parte del liceo Rakuzan” spiegò Kuroko.
Kagami scoccò uno sguardo esterrefatto a Kiyoshi Teppei che intanto si grattava la testa imbarazzato.
“Su, su. Non esageriamo!” esclamò “Comunque Riko se per te va bene, posso rientrare in squadra. Ovviamente non da domani ma dalle prossime partite”.
“Certo Teppei! Bentornato in squadra!” disse con enfasi regalando un dolce sorriso.
“Ragazzi, domani puntuali. Ora potete andare” disse il capitano.
La squadra obbedì rientrando negli spogliatoi lasciando Kiyoshi, Riko e Junpei a chiacchierare in palestra.
“Che tipo strano! Kuroko, ma è vero che è così forte?” chiese Fukuda aprendo per primo la porta degli spogliatoi.
“Lo scoprirete quando giocheremo insieme” rispose Koganei fermando Kuroko che stava per parlare.
Ci fu un dissenso generale interrotto dall’improvvisa chiusura della porta dello spogliatoio.
“Kagami è già andato via. E’ stato veloce” commentò Izuki cambiandosi le scarpe.
Kuroko mise in fretta tutto a posto per poterlo inseguire.
“A domani!” salutò correndo via.
Cercò Kagami facendo la strada che di solito percorrevano al ritorno da scuola, trovandolo poco distante.
“Kagami-kun! Aspettami!” disse raggiungendolo.
Nell’ultimo periodo dava per scontato che cenassero insieme. Andavano sempre al fast food preferito di Kagami anche se spesso Kuroko lo costringeva ad andare al ristorante per mangiare altro. Così avevano deciso i giorni per andare al fast food e quelli per il ristorante.
Kagami si fermò per attenderlo e nel momento in cui si avvicinò riprese a camminare senza degnarlo di uno sguardo. Kuroko non disse nulla, seguendolo in uno stato di agitazione. Odiava i lunghi silenzi, nonostante lui stesso non fosse un tipo loquace.
Mentre camminavano iniziò a sfregarsi le mani per il freddo, non riuscendo a tollerarlo. Era un tipo piuttosto freddoloso a differenza di Kagami che si copriva poco. Spesso lo definiva una stufa perché era sempre molto caldo e Kuroko riteneva fosse così a causa della sua testa calda.
Giunsero poco dopo al fast food, pieno di bambini urlanti che giocavano a rincorrersi nel locale suscitando l’ira dei commessi.
“Dovete ordinare?” chiese un commesso con un sorriso tirato fulminando con uno sguardo i bambini che avevano iniziato a lanciarsi dei bicchieri vuoti
“Si” rispose Kagami ordinando per entrambi mentre Kuroko riuscì a recuperare il loro tavolo evitando i bicchieri volanti.
Kagami lo raggiunse poco dopo con la sua solita montagna di panini e il panino e il vanilla shake per Kuroko che iniziò a bere con gusto dimenticando per un momento l’arrabbiatura di Kagami osservando il commesso intento a inseguire un bambino che gli aveva fatto cadere il vassoio ricolmo di cibo. Lui fece altrettanto addentando uno dei suoi innumerevoli panini.
Un bambino curioso, si avvicinò decidendo di rubargli un panino per gioco, ma Kagami con uno sguardo che non prometteva nulla di buono lo fece spaventare.
“Kagami-kun… per favore, dì qualcosa” Kuroko che aveva assistito alla scena non riusciva più a tollerare il suo silenzio.
“Non c’è nulla da dire” disse lapidario scartando un altro panino.
“Invece si! Sei arrabbiato per quello che è successo in palestra, anche se non capisco il motivo”.
“Non capisci il motivo?? Mi hai umiliato di fronte a tutti con quelle parole!!!” sbottò adirato.
“Ma io l’ho fatto solo perché non volevo che ci rimanessi male!” esclamò Kuroko incredulo.
“Ci sono rimasto male lo stesso. Come puoi definirmi la tua Luce se poi non hai fiducia in me?” chiese guardandolo fisso negli occhi.
Kuroko aprì la bocca per ribattere ma non uscì nulla. Non sapeva come rispondere.
“Ho capito” Kagami si alzò andando verso il bancone per recuperare un sacchetto.
Mise il resto dei panini dentro ad esso ed uscì fuori lasciando Kuroko da solo nel fast food.
 
***
 
Il giorno dopo la pioggia scendeva fitta riducendo la visibilità notevolmente. Kagami correva in direzione della palestra in cui si sarebbe tenuto il torneo coprendosi il più possibile con la giacca impermeabile e con il suo ombrello che dava segni di cedimento a causa del vento forte. Arrivato a destinazione sospirò di sollievo quando poté togliersi nell’atrio la giacca e buttare l’ombrello ormai inutilizzabile.
“Kagami, siamo qui!” Koganei si stava sbracciando dall’altra parte dell’atrio dove l’intera squadra si era riunita, incluso Kiyoshi Teppei che aveva deciso di assistere alle due partite della giornata.
“Kagami come al solito non hai dormito, vero?” chiese Izuki divertito.
Infatti aveva delle profonde occhiaie sotto gli occhi e nonostante ciò era molto carico.
“Già” commentò distrattamente.
In realtà in quel caso non aveva dormito solo per l’eccitazione della partita contro Midorima, ma anche perché continuava a ronzargli in testa la conversazione avuta il giorno prima con Kuroko. Inoltre, non sapeva perché, ripensando a quella confidenza e stretta di mano con Kiyoshi senpai, lo rendeva ancora più furioso.
“Scusate!” la voce di Kuroko lo riscosse dai suoi pensieri.
Era appena arrivato, grondante d’acqua, tanto da infastidire gli addetti delle pulizie che erano corsi a recuperare uno straccio.
“Kuroko! Cosa ti è successo??? Non puoi permetterti un raffreddore!” sbottò la coach recuperando un asciugamano.
“Ho avuto un imprevisto” rispose accettando con sollievo l’asciugamano.
“Hai risolto?” chiese Hyuuga.
“… non proprio” rispose misteriosamente attirando l’attenzione anche di Kagami che stava facendo di tutto per ignorarlo da quando aveva messo piede nell’atrio.
“Tetsu-chan??? Dove sei finito???” una voce femminile fece pietrificare Kuroko.
Velocemente si nascosa dietro Kagami, dimenticando momentaneamente il litigio della sera prima.
“Momoi, perché mi stai trascinando con te? Mi stai infastidendo” disse un ragazzo biondo piuttosto imbronciato.
“Concordo” aggiunse un ragazzo occhialuto che stringeva tra le sue mani uno peluche a forma di pinguino.
La ragazza li ignorò guardandosi intorno. Era alta e aveva lunghi capelli di rosa vaporoso, occhi tendenti al rosso e un fisico prosperoso che attraeva molti sguardi maschili. Indossava un lungo impermeabile rosa con degli stivaletti abbinati. Il ragazzo che teneva per mano alla sua destra era Kise Ryouta, vestito con la sua divisa di basket, mentre alla sua sinistra c’era un ragazzo che indossava una tuta arancione. Aveva i capelli verdi e gli occhi dello stesso colore coperti da un paio di occhiali da vista, inoltre le dita della sua mano sinistra erano fasciate.
“Eccolo là! Dietro al ragazzo dai capelli infuocati!!!” esclamò correndo in quella direzione abbandonando i due.
“Capelli infuocati?” rise Koganei  beccandosi un pugno in testa da Kagami.
“Tetsu-chan!!!” esclamò la ragazza assalendo letteralmente Kuroko.
Lo strinse a sé facendo affondare la testa tra i suoi seni generando l’imbarazzo e l’invidia dell’intera squadra del Seirin. Kagami rimase sorpreso invece dalla reazione di Kuroko, anzi dalla sua non reazione. Di solito tremava, ma questa volta no.
“Lasciami Satsuki. Mi stai soffocando” riuscì a dire Kuroko prendendo fiato.
Momoi continuò il suo abbraccio stritola ossa finché il ragazzo occhialuto gli posò una mano sulla spalla.
“Smettila” disse semplicemente.
Lei sbuffando obbedì.
“Sei un guastafeste Shin-chan” disse incrociando le braccia.
“E tu sei fastidiosa. Perché mi hai portato qui? Devo prepararmi con la mia squadra”.
“Ma ovviamente per incontrarci! Gli altri oggi non ci sono!”
“Kuroko” intervenne la coach “puoi spiegarmi cosa succede e chi sono loro due?”
Kise, che intanto si era avvicinato, rispose per lui.
“Midormia Shintaro della scuola superiore Shutoku, ex membro della Generazione dei Miracoli come me e Kuroko. E poi Momoi Satsuki ex manager della Teiko e ora del Touou”.
Tutti si misero sull’attenti osservando il loro prossimo avversario. Rimasero un po’ stupiti dalle dita fasciate e dal pinguino.
“Il Seirin?” disse Midorima guardando con disprezzo l’intera squadra “Kuroko non riuscirò mai a spiegarmi perché hai deciso di iscriverti in una scuola nuova, sconosciuta” continuò mellifluo.
“Potrei anche dirtelo ma non penso mi capiresti, Midorima-kun” la risposta di Kuroko fu rapida e tagliente.
“Il solito arrogante. L’anello debole della squadra” replicò “preparati a perdere. La Winter Cup per te finisce qui” aggiunse allontanandosi mentre Kuroko rimase in silenzio ad osservarlo.
“Ma chi si crede di essere??” sbottò Junpei “Brutto bastardo!”
“Peccato, non potremo scontrarci di nuovo, perdente” Kise si allontanò con quelle parole suscitando altra rabbia da parte del Seirin.
“Ehi! Non parlate in questo modo! Il mio Tetsu-chan non perderà contro voi due!!” esclamò Momoi rincorrendoli.
“Il suo Tetsu-chan?” chiese la coach cercando di capire.
Momoi tornò indietro, fronteggiando Riko. La superava in altezza e anche fisicamente.
“Non dovrei avere nulla da temere da un tipo così piatto e comune come te. Però ti do lo stesso un avvertimento. Giù le mani dal mio fidanzato!” esclamò indicando Kuroko.
Kagami si impietrì alla parola fidanzato mentre Junpei fece un’esclamazione che non piacque alla coach.
“Come hai fatto a conquistare una ragazza così???” chiese Koganei ammirato.
“Satsuki smettila di dire idiozie e dimmi perché sei qui oggi” disse Kuroko smentendo all’istante la ragazza.
“Per raccogliere dati ovviamente. E purtroppo credo che tu abbia scelto la squadra sbagliata. Non avrai chance con Shin-chan. Ora vado. Ciao, ciao!” e detto questo scappò via verso la direzione in cui era scomparso Kise.
A quelle parole tutti si adirarono molto, iniziando ad avviarsi verso gli spogliatoi. Kuroko era l’ultimo della fila e non partecipò alla conversazione, così come Kagami.
Momoi era un’ottima osservatrice e sapeva cogliere tutto, e i suoi dati erano sempre stati affidabili. Guardò i suoi compagni e in particolar modo Kagami. Davvero aveva scelto la squadra sbagliata?
 
 
Angolo della follia @.@
Ciao a tutti! Che capitolo particolare e ricco di avvenimenti! Kiyoshi Teppei ha fatto la sua comparsa mettendo a soqquadro la situazione di equilibrio che Kuroko e Kagami avevano raggiunto. E il nostro diavolo dai capelli rossi sembra più consapevole dei suoi sentimenti. Cosa ne dite? ;)
Infine Midorima, Momoi e Kise hanno fatto irritare la squadra e scoraggiato Kuroko. Cosa accadrà nel prossimo capitolo??? A mercoledì 19! =D
 
P.S. aggiungetemi anche su Facebook ;) https://www.facebook.com/profile.php?id=100006242415951
P.S.S. ringrazio tutti coloro che seguono e commentano questa mia follia! Siete sempre più numerosi! =D

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Capitolo 7
*** Il Kuroko furioso ***


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7. Il Kuroko furioso
 
Erano negli spogliatoi a cambiarsi mentre la coach parlava ininterrottamente per dare le ultime istruzioni alla squadra. Hyuuga, Mitobe, Izuki e Kagami stavano ascoltando con molta attenzione, visto che avrebbero giocato. Kuroko era anche lui tra i titolari ma, con la scusa di frizionarsi i capelli, nascondeva il viso per non far leggere ai suoi compagni la sua espressione turbata.
Le parole dette da Midorima, Kise e Momoi lo avevano sconvolto:
 
“Peccato, non potremo scontrarci di nuovo, perdente”
 
“Credo che tu abbia scelto la squadra sbagliata”
 
“L’anello debole della squadra”
 
Ritornò con la mente al suo passato, ai tempi in cui lui era il sesto uomo fantasma, membro della Generazione dei Miracoli della scuola media Teiko. Era sempre stato quello che più di tutti si era sforzato per migliorare, più di tutti cercava di coinvolgerli nel suo divertimento, perché per lui il basket non era solo sport e competizione, ma anche un’occasione per divertirsi e stare insieme. Purtroppo le aspettative erano tante e lui, in alcuni momenti, non era in grado di soddisfare le richieste del coach. Rispetto agli altri che miglioravano più velocemente, lui andava a rilento, intralciandoli. Poi è sbocciato, diventando un mostro come loro. Il sesto uomo fantasma. Nonostante ciò le difficoltà non diminuirono. Aumentarono a dismisura e la situazione divenne complicata. Troppo per una persona sola.
 
“L’anello debole…”
 
Strinse i pugni.
 
“… la squadra sbagliata…”
 
Si alzò in piedi seguendo gli altri che si erano appena avviati e uscì fuori dirigendosi in campo. La squadra camminava silenziosa, un silenzio denso di adrenalina, desiderosi di far rimangiare a Midorima tutto ciò che aveva detto in precedenza nell’atrio e per mandare un messaggio a Kise Ryouta.
Entrati in campo si misero in formazione guardandosi complici, ripensando alla loro strategia di gioco. Riko intanto osservava preoccupata Kuroko: era lì fermo in campo come una statua, il capo chino e non riusciva a cogliere la sua espressione. Anche il resto della squadra si accorse di quel comportamento quando lui non si mise in posizione. Kagami, decidendo di mettere da parte la sua arrabbiatura per lui, si avvicinò per dirgli qualcosa ma si ritrasse sorpreso appena l’arbitro fischiò e non solo lui. L’intero Seirin si pietrificò mentre l’altra squadra si attivò: Takao Kazunari, un ragazzo dai capelli neri e espressione concentrata, playmaker dello Shutoku, prese il pallone facendo un passaggio preciso verso il loro asso, Midorima Shintaro. Lui immediatamente tirò, un tiro lento, esasperante, che incantò il pubblico tanto da non rendersi conto che tra le fila del Seirin c’era qualcosa che non quadrava.
“Kuroko?” chiamò Kagami avvicinandosi.
Lui non lo ascoltava, gli occhi vuoti fissi sul pallone.
“Ragazzi, forza!” urlò Hyuuga riprendendosi.
La squadra si riscosse e corse verso i loro avversari. Kagami tentò di fare lo stesso ma una presa estremamente forte lo bloccò. Kuroko gli stava letteralmente stritolando un braccio.
“Corri…” mormorò un attimo prima di sparire dalla sua vista.
Sorpreso, corse verso la metà campo avversaria, mentre il tiro da tre punti di Midorima andò a buon fine. Lo stadio esultò così come la panchina dello Shutoku. Irritato, Kagami stava tornando indietro cercando il pallone con lo sguardo ma prima di rendersene conto lo ebbe tra le mani. Tutti lo guardarono stupito.
Come aveva fatto?
“Che fai bastardo? SEGNA!!!!” urlò Junpei.
Non se lo fece ripetere due volte e segnò, decretando il risultato: 3-2 per lo Shutoku.
Calò il silenzio in palestra. Nessuno aveva capito cosa fosse successo.
“Tsk… Kuroko” mormorò Midorima contrariato.
Era l’unico che aveva capito tutto. Corse verso il pallone seguito dai suoi compagni così da recuperarlo. Il pubblico riprese a fare il tifo e il Seirin si riscosse partendo all’attacco. Kagami imitò la sua squadra ma con gli occhi stava cercando la sua Ombra. Un macchia azzurra gli passò accanto improvvisamente, se ne accorse solo a causa dello spostamento dell’aria.
“Kuroko!!” pensò.
Il sesto uomo fantasma attaccò Midorima recuperando la palla.
“Maledizione!” sbottò lui.
Gli altri che lo avevano notato lo incitarono a passare ma lui questa volta non lo fece. Preferì portare avanti l’attacco da solo dribblando tutti e diventando così visibile.
“Kuroko! Cosa diavolo stai facendo??” urlò Junpei.
Kagami si portò avanti sperando in un passaggio che non venne. Kuroko si mise in posizione di tiro bloccato poi da Takao.
“Mia!” urlò il ragazzo.
Alzò gli occhi verso il suo avversario perdendo la palla nel momento in cui i loro occhi si incontrarono. Davanti a sé non aveva una persona ma un animale inferocito pronto ad azzannarlo. Agitato, distolse lo sguardo da quegli occhi per recuperare il pallone. Si chinò per prenderlo invano perché Kuroko con un’azione brusca spintonò Takao a terra con talmente tanta forza che l’arbitro fischiò.
“Fallo!!”
Midorima si avvicinò porgendo la mano a Takao per aiutarlo ad alzarsi, mentre Kuroko gli diede le spalle allontanandosi.
“… anello debole…”
Midorima si immobilizzò.
“Shin-chan, cosa succede?” chiese Takao alzandosi in piedi.
“Niente…” rispose distrattamente.
Takao non l’aveva sentito, però lui si. Era stato solo un mormorio, una sorta di fruscio, lo stesso emesso dalle foglie secche spinte dal vento.
“Kuroko” chiamò.
Aveva bisogno di una conferma che ebbe nel momento in cui i loro occhi si incontrarono. Fece un passo indietro intimorito. Il Kuroko che aveva di fronte in quel momento era lo stesso dell’ultima partita della Generazione dei Miracoli, il ragazzo risoluto e imbestialito che aveva sconvolto le sorti della squadra. Non dissero nulla guardandosi con intensità. Midorima non riusciva a distogliere lo sguardo mentre la fiamma della rabbia ardeva in Kuroko.
“Kuroko”.
Kagami si era avvicinato toccandogli un braccio cercando di capirci qualcosa. Lui reagì immediatamente schiaffeggiandogli la mano.
“Non mi  toccare” disse con tono lapidario.
Il resto della squadra non sapeva cosa fare, guardando il capitano per essere rassicurati. Lui fece un cenno con la testa in modo da farli concentrare nuovamente sulla partita. La coach invece era confusa, non in grado di prendere una decisione. Doveva metterlo in panchina? Ma non gli andava di avere un Kuroko così arrabbiato al suo fianco perché in quel momento non avrebbe saputo gestirlo ed inoltre temeva una sua reazione.
La partita ricominciò e Kuroko fece altri due falli giocando senza coinvolgere la sua squadra. Al termine del primo tempo, lo Shutoku era in vantaggio di pochi punti.
Kuroko si sedette sulla panchina bevendo dalla sua bottiglietta d’acqua ignorando tutti. Bolliva di rabbia e fissava un punto del campo con sguardo vuoto.
“Kuroko ma cosa ti prende? Siamo una squadra e dovresti passare la palla! Hai mandato al diavolo tutti gli schemi che abbiamo studiato!!!” sbottò Hyuuga irritato.
“Schemi? Cosa t’importa di loro? Il distacco tra me e Midorima è di poco, quindi vincerò” rispose noncurante.
“Ma cosa stai dicendo?? Non stai giocando solo tu. Siamo una squadra!”
“… sbagliata…” mormorò Kuroko.
Kagami lo guardava preoccupato, in quel momento il più piccolo aveva un’espressione folle in viso e stringeva convulsamente la sua bottiglietta d’acqua.
“Nella seconda parte della partita, Kuroko non giocherà. Entrerai tu al suo posto, Koganei” decretò Riko.
Kuroko si alzò dalla panchina arrabbiato.
“Ma come? Vi sto portando alla vittoria e mi mettete in panchina??”
“Finché non tornerai in te, non metterai piede in campo!”
Si guardarono in cagnesco mentre il capitano si avvicinò a Riko. Kuroko in quel momento aveva un’espressione assassina.
“Forse non aveva tutti i torti…” disse improvvisamente cogliendola di sorpresa.
Si voltò e uscì dal campo mormorando sconnessamente.
“E’ impazzito del tutto!” esclamò Riko guardando Junpei.
“Chissà perché…” commentò Koganei pensieroso “di solito è così tranquillo”.
“Lo riporto indietro” disse Kagami avviandosi in quella direzione.
“Kagami! Dove credi di andare?? L’hai visto in che condizioni sta?” disse Riko in ansia.
“Proprio per questo motivo non posso abbandonarlo”.
 
***
 
La pioggia scendeva fitta e per strada non c’era nessuno. Dalla sua postazione, sul terrazzo della palestra, poteva vedere tutto. Non gli importava che l’acqua li stesse penetrando nelle ossa. Non gli importava più di nulla. La sua mente era invasa dai ricordi che aveva sempre cercato di dimenticare, intrisi di dolore e sofferenza. E poi c’era la rabbia, una furia cieca che non gli permetteva di tornare in sé. Forse era il vero lui quel Kuroko così folle, in guerra con il mondo. Che fine aveva fatto il ragazzino della prima media, pieno di entusiasmo e gioia di vivere?
Si staccò dalla balaustra accovacciandosi a terra e prendendo la sua testa tra le mani.
“Non c’è più… ora è solo ombra…” mormorò.
La porta del terrazzo si aprì con forza sbattendo contro il muro. Kuroko alzò lentamente la testa per vedere chi fosse arrivato.
“Kuroko…”
Kagami si stava avvicinando incurante dell’acqua che lo stava bagnando completamente. Scostò una ciocca rossa intrisa di pioggia per poter guardare meglio la figura del più piccolo. Stava tremando per il freddo e i suoi occhi ardevano come fuoco.
“Kagami-kun, che sei venuto a fare qui? Torna in campo” disse alzandosi lentamente in piedi.
“Sono venuto per riportarti indietro” rispose fermandosi a pochi passi di distanza.
Si fissarono in silenzio mentre il rombo di un tuono squarciava il cielo.
“Tu non eri arrabbiato con me? Non mi rivolgi la parola da ieri sera” disse Kuroko freddamente.
“E’ vero. Ma quando vedi un amico in difficoltà ogni cosa passa in secondo piano”.
“Amico? Non farmi ridere! Tu sei solt…”
“So perché in questo momento sei furioso” disse bloccandolo.
“Si?” chiese in tono di sfida.
“… le parole di quei tre ti hanno ferito…”
“Tu non sai niente!”
“Non saprò i dettagli del tuo passato, ma conosco il Kuroko del presente! Il mio compagno di classe, di basket, amico, la mia Ombra!!!!”
“La mia Ombra? La mia OMBRA??? Sei una Luce troppo scarsa insieme a quei falliti del Seirin! Come potresti definirmi la tua Ombra. Avevano ragione, ho scelto la squadra sbagliata!”
Kagami non ci vide più dalla rabbia e superò la poca distanza che li separava per assestargli uno schiaffo in pieno viso. Fu talmente forte che Kuroko barcollò per un momento. Arrabbiato provò a dargli un pugno fermato con facilità da Kagami. Ci provò di nuovo invano, ormai gli aveva bloccato entrambe le braccia.
“Non eri tu quello che aveva riscoperto la voglia di giocare a basket!?”
“Stai zitto!”
“Quello che stava per piangere quado hai rischiato l’espulsione dalla squadra??”
“Tu non sai niente!!!” urlò cercando di svincolare dalla presa.
“Non eri tu quello che ha scelto questa squadra? E ti fai influenzare così da quegli idioti???”
“STAI ZITTO!!!!”
“NON STO ZITTO PERCHE’ TU SAI CHE QUESTA E’ LA VERITA’!!!!”
Lo liberò dalla sua presa permettendogli di dargli le spalle.
“Kuroko, sono quello con cui hai giocato di più dall’inizio dell’anno scolastico, e ho sempre notato la tua luce negli occhi mentre ci osservavi. Tu credi in noi altrimenti non staresti ancora qui!”
Il più piccolo si voltò nuovamente per fronteggiarlo, ancora con quella luce pericolosa negli occhi.
“Tu non sai cosa vuol dire giocare alla Teiko, le aspettative di tutti, i compagni che ti giudicano, vincere, vincere e solo vincere! Devo mostrare a tutti quello di cui sono capace!”
“Ma qui sei al Seirin, i tempi delle medie sono finiti! Non hai bisogno di dimostrare niente a nessuno! Perché tutti noi ti accettiamo così come sei”.
Kagami era confuso: di fronte non aveva il solito Kuroko, ma il ragazzino risentito delle medie. I suoi occhi erano tornati vuoti come se vivesse in un altro mondo.
“Non posso deludere nessuno… mi puniranno…” aggiunse tremante.
La sua espressione era cambiata, da arrabbiata a spaventata. Si accucciò a terra nascondendo il suo viso tra le mani.
“Qui nessuno ti punirà Kuroko…” si chinò vicino a lui scostando le mani “te l’ho già detto, finché starai con me, nessuno ti farà niente” aggiunse gentilmente.
In quel momento stava affrontando una difficile battaglia con sé stesso, sopraffatto dagli eventi della giornata, tanto da avergli fatto perdere la cognizione di sé.
Una lacrima scese sul viso già bagnato di pioggia di Kuroko. Dalla sua espressione Kagami intuì che stava ritornando.
“Kagami-kun…” mormorò confuso.
Lui lo avvicinò a sé passando lentamente la sua mano destra dietro la nuca del più piccolo, arruffandogli i capelli intrisi di pioggia man mano che risaliva verso l’alto. Poi lo avvicinò al suo viso catturandogli le labbra. Il tocco fu gentile, rassicurante e nonostante fosse confuso, non tremò di paura come al solito schiudendo le labbra nel momento in cui Kagami iniziò a stuzzicarle con la punta della lingua invitandolo ad approfondire il bacio.
L’invasione fu piacevole, dolce e delicata. Kagami emise un gemito nel momento in cui Kuroko rispose al bacio, iniziando una lenta danza tra le due lingue che divenne più frenetica nel momento in cui il più piccolo avvolse le braccia intorno al suo collo. Lui, di rimando, lo strinse più forte facendo aderire i loro corpi bagnati, per quanto fosse possibile in quella scomoda posizione.
Quando si staccarono avevano entrambi il respiro affannoso e gli occhi ardenti di desiderio. Si guardarono intensamente per poi allontanarsi in fretta e furia imbarazzati, rendendosi conto di quello che era appena successo.
Kuroko si portò le mani sulle labbra confuso. Perché aveva risposto al bacio? E perché desiderava di più?
“Perché l’hai fatto?” chiese passando la parola a Kagami.
“Io… io… vedi, ecco… l’ho fatto per riscuoterti! E credo che abbia avuto effetto! Ahahah… ahahah!” rispose concludendo la sua frase sconnessa con una risatina nervosa.
“Hai ragione… mi dispiace per essermi comportato come un idiota… torniamo in campo!” esclamò correndo verso la porta.
“Ah, io arrivo subito!” disse Kagami rimanendo solo.
Si avvicinò alla balaustra del terrazzo guardando la pioggia scemare, mentre un timido raggio di sole cercava di farsi strada tra le nuvole oscure.
“Kagami Taiga” disse improvvisamente ad alta voce “tu sei pazzo!” aggiunse coprendosi il viso completamente arrossato con una mano.
 
***
 
Al loro ritorno in campo, la partita era già ricominciata. Avevano perso molto tempo negli spogliatoi per cambiarsi senza scambiare una singola parola, troppo imbarazzati per guardarsi.
La coach li accolse con timore guardando soprattutto Kuroko.
“Mi dispiace” disse lui inchinandosi profondamente “prima ho detto delle cose sciocche, offendendovi tutti”.
Riko non disse nulla e lui si rimise dritto intimorito dalla sua reazione ma quando la vide sorridere si sentì sollevato.
“Ragazzi tornate in campo e fategli vedere il vero Seirin!”
“Si!” esclamarono all’unisono.
L’arbitro fischiò annunciando il cambio, i due entrarono in campo accolti da un largo sorriso dei loro compagni.
“Kagami-kun” disse Kuroko.
“S… si?”
Si voltò verso di lui vedendolo che aveva alzato il pugno sinistro verso di lui.
“Sconfiggiamo insieme lo Shutoku” disse deciso.
“Si” rispose lui facendo sbattere tra di loro le nocche.
La folla esultò e la partita riprese.
Kagami immediatamente si trovò a fronteggiare Midorima mentre Kuroko ebbe un gran bel da fare con Takao. Lo riusciva ad intercettare sempre impedendogli il gioco di Luce ed Ombra aumentando così il divario tra di loro.
“Che c’è Kuroko, qualche problema?” disse Midorima divertito passando vicino a lui dopo l’ennesimo tiro da tre punti.
“Ora vedrai” rispose pacato.
Recuperò la palla riuscendo finalmente a contrastare Takao.
“Shin-chan! Dietro di te!” urlò quest’ultimo.
Troppo tardi. Hyuuga aveva intercettato il pallone e riuscito a segnare un tiro da tre punti.
“Tsk!” sbottò Midorima.
“E’ giunto il momento della rimonta” disse Kagami.
“SI!” urlò il Seirin.
Il gioco di Luce ed Ombra partì alla grande, confondendo gli avversari, incluso Midorima. Era abituato alle giocate di Kuroko ma non pensava che avrebbe incontrato una Luce così forte.
La partita proseguì terminando con la vittoria del Seirin per 103-101. La squadra esultò, incredula per aver battuto un membro della Generazione dei Miracoli.
Midorima si avvicinò piano a Kuroko.
“Congratulazioni, l’oroscopo mi era favorevole a differenza del tuo. Però non avevo fatto i conti con la tua nuova Luce, Kagami Taiga” disse guardandolo festeggiare vicino a Junpei e Koganei.
Lui non rispose.
“Hai un’altra partita da giocare oggi che so già che supererai senza problemi. Siete una bella squadra” aggiunse.
“Grazie” rispose cauto.
“Però non credo che andrete molto avanti, potrai forse riuscire a battere Kise ma dubito degli altri”.
Kuroko strinse i pugni mentre Midorima fu raggiunto da Takao.
“Shin-chan, andiamo?” disse allegramente.
“Perché sei così felice? Abbiamo perso” commentò Midorima sistemandosi gli occhiali.
“Perché è stato interessante. Alla prossima fantasma!” salutò seguito da Midorima.
Kuroko li guardò allontanarsi e non poteva dare torto a Midorima. Se tutto fosse andato per il meglio avrebbe dovuto affrontare tra una settimana Kise o Aomine, tutto dipendeva dal loro scontro diretto.
Si voltò verso la sua squadra ancora in festa e si soffermò a guardare Kagami. Ripensò a quel bacio arrossendo, però lui aveva fatto un giuramento che intendeva mantenere, quindi iniziò a pensare a cosa fare.
Il suo obiettivo?
Allontanare Kagami.
 
 
Angolo della follia @.@
Direi che questo titolo è proprio azzeccato! Il Kuroko furioso! Ovviamente mi sono ispirata alla famosa opera di Ludovico Ariosto, “L’Orlando furioso”. Ma se Astolfo per recuperare il senno di Orlando, va sulla Luna, Kagami ci pensa con un bacio! Ahahahahah xD
Immagino già molti di voi che stanno super shippando questa coppia *^*
Vi do qualche chiarimento, ma non troppi ;) allora Kuroko è arrabbiato per quelle parole dette dai suoi ex compagni tanto da perdere la sua lucidità; è furioso e vuole mostrare agli altri ciò che sa fare riprendendo il principio fondamentale della Teiko: vincere. Solamente che si lascia prendere troppo la mano perdendo la cognizione di sé e degli altri, dubitando delle sue stesse scelte e confondendo la realtà. Per fortuna ha un buon amico come Kagami (che tanto amico poi non è visto che ha deciso di approfondire la loro conoscenza con il bacio xD).
Ci sono anche alcune avvisaglie del suo passato… ma quelle le scopriremo più avanti. Spero che vi sia piaciuto e ringrazio tutti quanti: i fedelissimi recensori, i lettori silenziosi, e tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite e seguite! Grazie ;) continuate così e commentate! =)
A mercoledì prossimo =D (25/11/2014)
 
P.S. https://www.facebook.com/profile.php?id=100006242415951 se desiderate aggiungermi tra gli amici potete farlo qui, dove troverete un album dedicato alla fan fiction con conversazioni improbabili su Facebook dei nostri protagonisti (uno per ogni capitolo) e le copertine dedicate alla storia (non sono disegnate da me, modifico quelle già presenti su internet).
Ciao ;)

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Capitolo 8
*** Sentimenti svelati ***


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8. Sentimenti svelati
 
Erano passati due giorni dalla partita contro lo Shutoku e la squadra era stata impegnata a fronteggiare altre squadre. Erano stati talmente presi e concentrati sul torneo, che Kuroko e Kagami non erano riusciti a parlare dell’incidente avvenuto in terrazzo. Infatti, quando uscivano dalla palestra tornavano a casa a pezzi. La Winter Cup non era una cosa da poco.
Il terzo giorno la squadra, invece di allenarsi, decise di andare ad assistere alla partita di due ex membri della Generazione dei Miracoli, Aomine Daiki contro Kise Ryouta. Kuroko aveva approvato quella scelta dicendo che l’asso della Teiko era senza alcun dubbio Aomine e che sicuramente si sarebbero scontrati con lui.
“Non per Kise-kun, ma Aomine-kun è… fortissimo” disse con un brivido.
“Kuroko, cosa puoi dirci di più su Aomine?” chiese Izuki curioso.
Erano per strada e stavano raggiungendo la palestra in cui si sarebbe tenuta la partita. Il sole era debole e non tirava vento e i ragazzi, dopo quelle parole, erano curiosi di vedere Aomine all’opera.
“Viene considerato come un mostro del basket perché può segnare da qualsiasi posizione. E’ abile, veloce e forte. E’ il giocatore perfetto. Lui non ha punti deboli, era il più forte di tutti”.
Il silenzio che calò era ricco di tensione. Possibile che esistesse un mostro del genere?
“TETSU-CHAAAANN!!!”
Momoi fece la sua comparsa assalendo letteralmente Kuroko.
“Mo…mo… i” disse Kuroko cercando di emergere dai due enormi seni soffocanti che premevano sul suo viso.
Si guardò intorno per chiedere aiuto ricevendo solo occhiatacce invidiose mentre la coach la guardava come se volesse incenerirla. Kagami lo liberò tirandolo dalla collottola, ma nonostante ciò, Momoi rimase incollata al suo braccio.
“Tetsu-chan! Che bello! Nel giro di pochi giorni ci siamo rivisti!” esclamò lei.
“S… si…” rispose lui sospirando.
Lo trascinò in avanti seguito a poca distanza dal resto della squadra che riprese a parlare, mentre un Kagami infastidito guardava altrove.
“Contro chi giocate oggi?” chiese allegramente la ragazza.
“Non giochiamo, siamo venuti a vedere la partite di Aomine-kun e Kise-kun” rispose lui cercando di svincolare dalla sua forte presa.
“Non credo che ci sarà molto da vedere” rispose lei cupa liberandolo.
“Perché?” chiese Kuroko.
Lei camminò più veloce fermandosi poi di fronte a lui. Kuroko la guardava intensamente cercando di capire perché si fosse incupita così all’improvviso, inoltre stava giocando nervosamente con i lembi della sua gonna e cercava di sviare lo sguardo.
“Satsuki-chan?” chiese lui dolcemente.
La squadra, giunta alle spalle di Kuroko, iniziò ad arrossire e ad avere pensieri impuri nel vedere la ragazza con gli occhi lucidi, le guance arrossate e la gonna un po’ più sollevata.
“Mi ha… chiamato per nome… Waaaaaa!!!” pensò lei.
“Che le hai fatto, Kuroko?” chiese Kagami avvicinandosi a lui infastidito.
“Non lo so…” rispose perplesso “Momoi?”
“Ah, sì! Aomine forse non giocherà” disse riprendendosi.
“Cosa?? Che siamo venuti a fare?” sbottò Kagami.
“Non si è presentato?” chiese Kuroko ignorandolo.
“Già e non riesco a rintracciarlo” concluse lei.
“Tranquilla, farà la sua comparsa” disse lui accarezzandola in testa per consolarla.
Lei sorrise timidamente e corse via dicendo che doveva raggiungere il campo.
Gli altri, borbottando, ripresero a camminare, lasciando Kuroko indietro ad armeggiare con il suo cellulare. Kagami, notando la sua assenza (ormai era l’unico ad accorgersi se ci fosse o no), tornò indietro.
Lo trovò mentre chiudeva il cellulare spazientito.
“Kuroko c’è qualcosa che non va?” chiese.
“No. Raggiungiamo gli altri” rispose freddo.
“Va bene” commentò stupito Kagami.
Lo seguì in silenzio riflettendo. Ecco un’altra faccia di Kuroko. Quel ragazzo lo stava facendo decisamente impazzire con il suo atteggiamento. Era la persona più complessa che avesse mai incontrato in tutta la sua vita: distante, gentile, premuroso, antipatico, freddo, irascibile, dolce, problematico... non avrebbe mai potuto immaginare che una persona così piccola potesse avere tutte quelle sfaccettature. Ma nonostante ciò non riusciva a stare lontano da lui. Non capiva bene il perché, aveva sempre voglia di proteggerlo e avvolgerlo tra le sue braccia senza lasciarlo più andare. E poi quel bacio era stato un qualcosa che non avrebbe dimenticato tanto facilmente.
Raggiunsero gli altri e mentre Kuroko chiacchierava con Hyuuga senpai, Kagami si accomodò sugli spalti pensieroso. Il resto della squadra era ciarliero in parte eccitato perché volevano studiare meglio Kise, in parte irritato a causa dell’assenza di Aomine.
Kagami guardava in silenzio il campo da basket, con aria assente. Stava cercando di cancellare i suoi ultimi pensieri su Kuroko.
“Taiga è giunto il momento di trovarti una ragazza. Non puoi andare avanti così... avere idee di quel tipo su un ragazzo! E’ vero, Kuroko è così piccolo, dolce e tenero da far avere pensieri impuri a molti... però sono andato oltre. Basta! Magari ci provo con la coach...”
Lanciò uno sguardo a Riko Aida, che intanto si era seduta accanto a lui, osservando con attenzione il campo da basket. Iniziò ad analizzarla: capelli corti, occhi da cerbiatta, niente seno, aggressiva... Sospirò e alzò lo sguardo sentendosi osservato. Hyuuga Junpei lo stava guardando con un’aria strana, tra l’omicida e il curioso, come se stesse combattendo un battaglia contro se stesso.
“La coach non mi piace, ma se dovessi provarci con lei, credo che Hyuuga senpai mi ucciderebbe” pensò rivolgendo la sua attenzione al campo.
Le squadre erano arrivate e Kise stava parlando con Momoi, contrariato. Forse aveva appena saputo la notizia di Aomine.
“Quella tipa... com’è che si chiama? Momoi? Ha tutto al punto giusto: seno abbondante, belle gambe, viso dolce, eccitante... ma è troppo lasciva e smorfiosa. Fa gli occhi dolci a tutti e ci prova spudoratamente con Kuroko e lui non fa nulla! Ci sta, la consola, non trema, l’aiuta, la coccola...”
“Ehi Kagami, qualcosa non va?” chiese Riko osservandolo mentre stringeva le sue mani a pugno tanto da sentire le ossa scricchiolare.
“Eh? No, niente”.
Si rabbuiò non più interessato alla partita che era appena iniziata. Kise non stava giocando, aspettando nervosamente Aomine. Voleva giocare nel pieno delle forze contro di lui.
Si presentò a metà partita, con aria sonnacchiosa, sbadigliando sonoramente davanti a Momoi e il resto della sua squadra seriamente arrabbiata. Mentre lo rimproveravano si avvicinò a Kise, che intanto si era alzato dalla panchina pronto ad entrare in campo. Si scambiarono qualche parola e mentre Aomine entrava in campo, Kise rivolse un’occhiataccia agli spalti fulminando poi con lo sguardo Kuroko.
“Che hai fatto?” chiese Hyuuga accorgendosene.
“Non lo so” rispose vago.
Mentre annunciavano il cambio di giocatori, Kagami guardò con attenzione Aomine. Poteva affermare con sicurezza che più o meno avevano la stessa altezza. Per essere un giapponese, però, era scuro di carnagione e i suoi capelli erano blu.
“Ci siamo” commentò Kuroko eccitato.
Si voltò a guardarlo. Era seduto alle sue spalle e guardava il campo con aria eccitata. Kagami, volendo capirci di più, si concentrò sulla partita rimanendo sempre più stupito man mano che si svolgeva.
In campo Kise e Aomine stavano sfoggiando le loro abilità e lui era... un mostro.
“Ma è straordinario! Migliore di Kise!!!” commentò la coach.
“E non sta neanche dando il meglio di sé” commentò Kuroko.
Gli altri erano troppo stupiti per rispondere. Aomine segnava ovunque, in qualsiasi posizione.
“Street basket!” esclamò Kagami.
“Esatto. Combina questi due stili. E’ un po’ come il tuo Kagami. Anche tu molte volte utilizzi lo stile dello street basket” disse Kuroko.
Kagami si girò stupito. Sapeva che Kuroko fosse un attento osservatore ma addirittura questo!
“Hai letto la sua scheda per caso?” chiese Hyuuga.
“No, l’ho capito. Dopotutto sono stato l’Ombra di Aomine-kun per tre anni” rispose pacato.
“COSA!?” esclamò Kagami.
“Lui è stato la tua Luce???” chiese Riko sbalordita.
“Si, non ve l’avevo detto?”
“Evidentemente no!!!” esclamarono tutti all’unisono.
Il primo tempo finì con un netto vantaggio del Touou. Kise aveva il fiatone mentre Aomine beveva tranquillamente dalla sua bottiglietta d’acqua e armeggiava con il suo cellulare. La sua squadra era abbastanza rilassata e ascoltava le direttive del coach e di Momoi.
Kise era risentito lanciando sguardi di fuoco agli spalti verso Kuroko concentrato sul suo cellulare.
“Sei sicuro che non gli hai fatto niente?” chiese Hyuuga sempre più perplesso,
“Si. Non ti preoccupare. Kise-kun fa così dai tempi delle medie e non ho mai capito il motivo” si alzò in piedi mettendo in tasca il cellulare.
“Dove vai?” chiese Koganei.
“Al distributore. Ho sete” rispose.
“Vengo anch’io” disse Kagami alzandosi a sua volta.
“Anch’io” aggiunse Hyuuga.
Iniziarono a commentare la partita parlando con entusiasmo di Aomine mentre cercavano il distributore.
“E’ un giocatore formidabile!!” esclamò Hyuuga.
“Si. È bravissimo! All’inizio io non ero molto bravo a giocare ma grazie a lui sono migliorato. Pensate che non sapevo neanche fare un tiro. E’ stato lui a insegnarmi a tirare”.
“Davvero? E come hai fatto ad entrare nella prima squadra?” chiese Kagami raggiungendo il distributore.
“Misdirection” rispose una voce.
Si voltarono tutti e tre trovando Midorima a pochi passi insieme a Takao.
“Midorima-kun” disse Kuroko “siete venuti ad assistere alla partita?”
“Sì!!! Shin-chan era molto curioso di vedere come fossero migliorati Aomine e Kise!!” rispose Takao sorridente.
Erano vestiti normali a differenza loro che indossavano le divise della scuola. In più Midorima aveva intorno al collo una collana che rappresentava un occhio.
“L’oggetto fortunato del giorno?” chiese Kuroko.
“Si” rispose semplicemente lui.
Takao si fece spazio raggiungendo il distributore.
“Shin-chan, prendo il tè?” chiese.
Lui annuì senza distogliere lo sguardo dal suo ex compagno di squadra.
Hyuuga si mise a guardare il distributore mentre Kagami era teso, anche se non sapeva il motivo. Midorima aprì la sua borsa a tracolla estraendo un libro per poi porgerlo a Kuroko.
“Immaginavo di incontrarti qui, così l’ho portato” disse.
Kuroko prese il libro interessato e iniziò a commentarlo con lui. Erano entrambi rilassati e avevano un barlume di sorriso sul viso.
“Ma voi due non vi odiavate???!” chiese Kagami confuso.
Hyuuga porse la bevanda a Kagami per poi dirigersi verso Kuroko che l’accettò con un grazie.
“Perché dovremmo odiarci?” chiese Midorima.
“Come perché? Non hai fatto altro che dire cattiverie l’altra volta!”
“Kagami-kun, siamo solo rivali in campo ma fuori siamo.. amici? No, mi sembra una parola azzardata” si voltò verso Midorima interrogativo.
“No, siamo solo due conoscenti che condividiamo la passione per i libri. Niente di più” rispose freddo “andiamo Takao” aggiunse.
“Si!” esclamò salutando il trio con la mano seguendo Midorima.
Kuroko si avviò nella direzione opposta seguito da Hyuuga che riprese a parlare di Aomine come se non fosse successo nulla.
“Mi sembrava che i rapporti tra i Miracoli non andava bene... cosa mi nascondi Kuroko?” pensò Kagami seguendoli.
Raggiunsero i loro posti nel momento in cui l’arbitro fischiò l’inizio del secondo tempo. La folla iniziò a esultare quando videro che Kise stava dando sfoggio di abilità che fino a quel momento aveva nascosto.
“Ha superato il suo limite...” commentò Kuroko affascinato.
“Aveva un limite?” chiese la coach.
“Si, lui può imitare tutti tranne noi miracoli. Però vedo che ora ci riesce perfettamente... guardate! E’ il tiro da tre punti di Midorima!!” esclamò entusiasta.
Tutti osservarono il lento tragitto del pallone che compì in aria segnando una tripla perfetta. Aomine, infastidito, passò all’attacco cercando di rubargli il pallone ma Kise eseguì il passaggio di Kuroko facendo arrivare la palla dritta tra le mani del capitano della sua squadra, Kasamatsu, che segnò senza problemi.
“Aomine a questo punto non mi sembra granché...” commentò Kagami.
“Non è ancora finita...” rispose Kuroko con un fil di voce.
Aomine, infatti, recuperò la palla senza problemi dribblando poi l’affaticato Kise. Non poteva sostenere a lungo quel ritmo.
La partita si concluse con il semi-svenimento di Kise e la vittoria di Aomine che lo ignorò. Non esultò neanche con i suoi compagni decidendo di andare direttamente negli spogliatoi.
“Possiamo andare. Oggi abbiamo visto qualcosa di straordinario” commentò la coach alzandosi.
La imitarono tutti parlando della partita e decidendo di allenarsi di più per superare Aomine. All’uscita lo incrociarono mentre usciva dagli spogliatoi già vestito e con i capelli umidi. Momoi era dietro di lui arrabbiata armata di asciugamano.
“ASCIUGATI I CAPELLI!”
“Che sei mia madre? Non rompere!” sbottò guardando il Seirin.
In realtà stava fissando Kuroko intensamente facendo sentire a disagio il resto della squadra. Kagami stava per mettersi davanti a lui ma si immobilizzò nel momento che sentì pronunciare due semplici parole.
“Tetsu”.
“Daiki”.
“Si chiamano per nome...” pensò spalancando gli occhi.
Il battito del suo cuore accelerò e sentì lo stomaco contorcersi.
Kuroko fece un passo indietro nel momento in cui Aomine lo fece verso di lui. Continuarono così finché si trovò quasi con le spalle al muro.
“Tetsu” il sorriso era diabolico.
Kuroko gli lanciò un ultimo sguardo per poi fare uno scatto per sfuggirgli ma, Aomine fu più veloce. Lo afferrò per il braccio e lo strinse al suo corpo sfregando la sua guancia sui morbidi capelli di Kuroko.
“Tetsu! Mi sei mancato!! Sei sparito dalla circolazione!” esclamò.
Kuroko ricambiò l’abbraccio imbarazzato per poi svincolare. Il suo rossore era evidente mentre Aomine era felice come una Pasqua.
“Non toccare così il mio Tetsu-chan!” esclamò Momoi afferrandolo per un braccio.
“Stai zitta e non rovinare il nostro incontro!” sbottò lui tirandolo per l’altro.
Iniziarono ad ingaggiare una lotta sballottando qua e là il povero Kuroko inerme. Kagami stava assistendo alla scena con sguardo omicida.
“Perché si fa toccare così? Perché non trema? E perché trema invece con me? Perché??” pensò.
Il suo corpo si mosse avvicinandosi al trio, afferrò Kuroko per la maglia e lo tirò verso di sé sotto li sguardi contrariati dei due.
“Che cosa credi di fare?” chiese Momoi irritata.
Kuroko, che intanto era imprigionato tra le braccia di Kagami, si liberò tremante schiaffeggiandogli la mano.
Era troppo.
Lo prese di peso in braccio portandoselo in spalla correndo poi via.
“AAAAHHHH!!! Ha rapito Tetsu-chan!!!” esclamò Momoi inseguendolo.
Aomine la fermò prendendola per un braccio.
“Le cose si fanno interessanti...” commentò con un ghigno.
Voltò le spalle al Seirin e trascinò con sé Momoi negli spogliatoi.
“Coach... cosa facciamo?” chiese Koganei perplesso.
“Niente, torniamo a scuola ad allenarci!” esclamò con un sorriso.
 
***
 
“Ka-ka-kagami-kun.... t...ti prego... lascia...mi!”
“Perché tremi? Non ti fidi di me? Però ti fai abbracciare dai tuoi non amici!” esclamò.
Lo depositò a terra in un angolo appartato del parco che si trovava vicino allo stadio della Winter Cup.
“Mi fido di te! E poi cosa significa i tuoi non amici?” esclamò Kuroko ricomponendosi.
“I Miracoli! Come possono essere tuoi amici??”
“Lo è solo Aomine-kun! E Momoi-san!”
“E Midorima dove lo metti? Magari ora spunta anche Kise che in realtà ti venera!”
“Non è vero! E poi non ho mai detto che non siamo amici!”
“Ma dalle tue parole mi sembrava di sì!”
“Non era riferito a tutti!!”
Si guardarono in cagnesco riprendendo fiato.
“E poi, ti fai toccare, strapazzare e abbracciare da tutti. Se lo faccio io inizi a tremare!”
“E’ una reazione involontaria! Non lo faccio di proposito! E Daiki e Satsuki si comportano così con me da bambini! Siamo amici d’infanzia!!”
A quelle parole Kagami si zittì.
Amici d’infanzia?
O magari qualcosa di più?
“Cosa c’è tra te e Aomine?” chiese innervosito.
“Niente” rispose lui stupito.
“Cosa c’è stato in passato?”
“Ma che domande fai? E poi perché vuoi saperlo?? Sono cose che non ti riguardano!!” esclamò imbarazzato.
“MI RIGUARDANO ECCOME! PERCHE’ TU MI PIACI!”
Kuroko spalancò gli occhi sbalordito mentre Kagami gli diede le spalle imbarazzato. Ecco, l’aveva detto... non ne era sicuro finché non lo aveva visto fra le braccia di Aomine. Ma ora era chiaro come il sole. A lui Kuroko piaceva sul serio.
Si voltò ricomponendosi per poterlo fronteggiare ma non gli piacque lo sguardo basso di Kuroko.
“Kagami-kun, mi dispiace. Ma io non provo nulla per te”.
 
 
Angolo della follia @.@
Salve gente! Che capitolo vero? Kagami ha finalmente capito i suoi sentimenti, nonostante il suo tentativo di pensare le ragazze (mi sono divertita a scrivere i suoi flash mentali su Riko e Momoi) XD Però Kuroko invece ci nasconde qualcosa... sembra che tra lui e Midorima ci sia un’amicizia, e spunta fuori che è amico di infanzia di Momoi e Aomine, e con quest’ultimo sembra che ci sia stato qualcosa. E poi il colpo di grazia: Kagami finalmente si confessa e Kuroko non lo corrisponde...
Bene, pubblicherò mercoledì 10 dicembre. Salto una settimana a causa di impegni universitari =( se mi libero presto cercherò di pubblicare prima. Quindi occhio qui e sul mio profilo Facebook (metterò i miei stati pubblici in modo che tutti possiate vedere). https://www.facebook.com/profile.php?id=100006242415951
 
Ciao alla prossima =D
 

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Capitolo 9
*** Giuramento ***


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9. Giuramento
 
Mancavano due giorni all’incontro contro il Touou e la squadra quotidianamente effettuava allenamenti serrati, sempre più difficoltosi e stancanti. Al termine erano sempre talmente esausti che molti di loro rimanevano sdraiati a terra sul pavimento della palestra per recuperare quel minimo di energia che li permettesse di cambiarsi e andare a casa.
I più energici erano Kagami e Kuroko, il primo era in fermento perché non vedeva l’ora di misurarsi con Aomine, il secondo invece era abituato a quel tipo di allenamenti dai tempi delle medie. Rispetto agli altri membri della Generazione dei Miracoli aveva effettuato allenamenti costanti e più duri per poterli raggiungere.
“Ma come fate?” chiese Hyuuga seduto in panchina con il fiatone mentre guardava i due ragazzi in piedi intenti ad asciugarsi il sudore con un asciugamano.
“Abitudine” rispose Kuroko recuperando una bottiglietta d’acqua per passarla a un delirante Koganei steso sul pavimento.
“Adrenalina” rispose Kagami noncurante.
“Voglia di giocare in una partita!” esclamò Kiyoshi.
Hyuuga lo osservò mentre eseguì un canestro perfetto. Infatti oltre a loro due anche lui reggeva bene il ritmo.
“Tu bastardo! Come fai??” esclamò irritato.
Kiyoshi per tutta risposta sorrise e aiutò Izuki a rimettersi in piedi.
“Ragazzi, per oggi abbiamo finito, potete andare. Domani gli allenamenti saranno più leggeri così dopodomani potrete affrontare la partita con la giusta energia!” esclamò felice Riko.
Era soddisfatta dei progressi fatti dalla squadra. Anche se non tutti reggevano bene il ritmo avevano fatto salti da gigante, soprattutto Kagami. Non se ne era reso ancora conto, ma aveva tutte le carte in regola per poter essere definito un “miracolo”, perché era quello che più di tutti migliorava ad ogni allenamento e la sua peculiarità era l’elevazione. Kuroko, Hyuuga e Kiyoshi lo avevano notato e lo mettevano spesso alla prova senza che lui se ne accorgesse.
La squadra, alle parole della coach, borbottò qualcosa contro la follia dirigendosi con passo pesante verso gli spogliatoi.
“Ci vuole uccidere…” disse Koganei aprendo l’armadietto.
“Che esagerati!” esclamò Kagami “Come pensate di affrontare Aomine se non riuscite a reggere questo ritmo? Lo avete osservato bene mentre giocava?”
“Già e anche il resto della squadra non è da meno” commentò Hyuuga.
“Ragazzi, come siete negativi” intervenne Izuki “anche qui siamo tutti giocatori eccellenti. Abbiamo te capitano, sei uno dei migliori tiratori. Non ricordi la partita contro lo Shuutoku? Hai tenuto testa a Midorima! Poi abbiamo Kiyoshi, posizione centrale, il Generale senza Corona. Kuroko, il sesto uomo fantasma, Kagami il miglior cestista che la squadra abbia mai avuto e…”
“Per forza, è solo il secondo anno per il Seirin!” esclamò divertito Koganei.
“Stai zitto idiota!” sbottò Hyuuga lanciando un asciugamano sulla sua faccia.
Gli altri scoppiarono a ridere mentre Koganei restituiva l’asciugamano al capitano scusandosi.
“Però se saremo fortunati Aomine non si presenterà!” esclamò speranzoso Kawahara mettendosi a sedere.
“Zitto tu, che neanche giochi!” esclamò Junpei puntando il dito contro il ragazzo del primo anno.
“Se non venisse ci offenderebbe” rispose Kiyoshi togliendosi la maglia.
“Verrà” disse semplicemente Kuroko.
“Come lo fai a sapere con certezza?” chiese Mitobe indossando la sua camicia.
“E’ venuto ieri a casa mia” rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo.
La squadra si zittì a quella rivelazione e durante quel silenzio Kagami chiuse il suo armadietto con più forza del solito.
“Piano Kagami!” sbottò Hyuuga.
“Si, scusa” rispose mettendo le ultime cose nel suo borsone con frenesia.
“Non pensavo aveste una così stretta relazione” commentò Koganei curioso.
“Ah, non ve l’ho detto? Io, Aomine-kun e Momoi-san siamo amici d’infanzia. Abitiamo nello stesso condominio” rivelò.
“Davvero?? Wow! Hai visto crescere quella bellezza di Momoi!!!” esclamò Hyuuga con occhi sognanti.
“Junpei, meglio che non ti fai sentire dalla coach. Sono sicura che la tua vita sarebbe in pericolo poi” disse Kiyoshi divertito.
“Ah! Non glielo dire!!!” esclamò agitato.
La squadra scoppiò a ridere finendo di cambiarsi. Uscirono tutti insieme mentre Kagami rimase un po’ indietro con aria cupa. E così andava anche a casa sua? Abitavano nello stesso palazzo??
Digrignò i denti desiderando colpire Aomine in quel momento.
“Piantala di fare l’idiota Taiga! Ti ha rifiutato! Non sono fatti tuoi!” pensò frustrato.  
“E come vi chiamate tra di voi? Abbiamo sentito Aomine chiamarti “Tetsu” e Momoi “Tetsu-chan”. Mentre tu?” la voce di Koganei giunse alle orecchie di Kagami che si affrettò per raggiungerli curioso anche lui della risposta.
“Io cosa? Aomine-kun e Momoi-san” rispose imbarazzato allungando il passo.
Kagami alle loro spalle, notando l’espressione di Kuroko, strinse i pugni e li superò.
Non voglio più sentire che dice!”
“A domani” disse aumentando la velocità.
“Ok” rispose Hyuuga, ma fu il solo. Gli altri erano troppo interessati a Kuroko.
“Non ci credo!!!! Come li chiami??? Vediamo un po’… magari Dai-chan e Satsuki-chan?” insisté Koganei.
Lui arrossì ancora di più.
“Beccato!!!! Ahahahah! Voglio sentirti chiamare Aomine, Dai-chan!!!”
“Piantala!” sbottò lui uscendo fuori dalla scuola.
All’ingresso però gli aspettava una sorpresa. Aomine in persona era di fronte a Kagami e si guardavano con aria di sfida.
“Dai-chan… che ci fai qui?” chiese istintivamente Kuroko.
Se ne pentì nel momento in cui sentì Koganei ridacchiare alle sue spalle.
Kagami si irrigidì stringendo i pugni.
“Tetsu, finalmente” disse lui rivolgendo l’attenzione all’amico.
Era in divisa scolastica e la sua giacca lo copriva a malapena dal freddo autunnale, ma lui sembrava non risentirne. I suoi occhi blu iniziarono a scrutare la squadra con occhio critico tornando poi a fissare un Kagami irritato.
“Kagami Taiga, la nuova Luce” disse con voce stizzita.
“Problemi?” chiese Kagami facendo un passo verso di lui.
Aveva accumulato talmente tanta rabbia in quella settimana che stava per esplodere. Il rifiuto di Kuroko, l’intromissione di Aomine, la voglia di saperne di più, frustrazione perché non poteva toccare quel piccoletto. Si era creato molte illusioni dopo quel bacio e il rifiuto era stato una bella doccia fredda. Desiderava colpire quella faccia di bronzo che aveva di fronte a lui, che guardava tutti dall’alto in basso e affondare il pugno nel suo stomaco. Prenderlo a calci…
“Oh si… mi divertirò un mondo con questo bestione!” pensò facendo scricchiolare il collo.
Era pronto per l’attacco.
Hyuuga, Kiyoshi e Kuroko si avvicinarono. I primi due si misero ai lati di Kagami, pronti a fermarlo mentre Kuroko si mise davanti a lui alzando poi gli occhi verso Aomine.
“Mi stavi cercando?” chiese circospetto.
“Certo che ti stavo cercando. Tua mamma mi ha mandato qui perché non rispondevi al telefono” rispose mettendogli una mano sulla testa “non far preoccupare i tuoi” aggiunse scompigliandoli i capelli.
Kuroko si limitò ad annuire.
“Andiamo allora” disse prendendolo per mano e trascinandolo via.
“Dai-chan! Smettila! E’ imbarazzante!!! Ah! A domani!” esclamò agitato.
Gli altri lo salutarono con la mano cercando di capirci qualcosa mentre sentivano Kuroko in lontananza che continuava a lamentarsi con Aomine.
Kagami si avviò ignorando tutti. In quel momento la sua rabbia era talmente tanta che non sapeva più come gestirla. Se Kuroko non si fosse messo tra i due, avrebbe sicuramente colpito la faccia irritante di Aomine.
“Cazzo!” esclamò dando un calcio a un bidone dell’immondizia.
 
***
 
Camera di Kuroko.
Ore 21:30.
Aomine e Kuroko stavano giocando ai videogiochi mangiucchiando delle patatine. Quella sera aveva cenato lì e per tutto il tempo il più piccolo lo aveva scrutato. Chiacchierava con i suoi genitori tranquillamente e scherzava con lui come al solito, però c’era qualcosa che non quadrava. Conosceva troppo bene Aomine.
“Dai-chan” disse Kuroko, gli occhi fissi sullo schermo.
“Mmm?” l’amico fece nascondere il suo personaggio in tempo perché era appena scoppiata una bomba.
“Perché sei venuto al Seirin?”
“Per tua madr…”
“Smettila e dimmi la verità” insistette lui.
Aomine mise in pausa posando a terra il joystick.
Kuroko era seduto a terra con la testa appoggiata al materasso, mentre Aomine era sdraiato di pancia in giù sul tappeto. Si sedette di fronte a lui impedendogli la vista della tv.
“Come sta andando?” chiese fissandolo intensamente.
Kuroko rimase inizialmente in silenzio, poi sospirò.
“Bene”.
“Sicuro? Quel Kagami non mi convince. L’altra volta ti ha portato via con la forza e oggi sembrava una tigre pronta ad azzannare” costatò innervosito.
“Senti chi parla! Aomine la pantera!” esclamò ridacchiando Kuroko alzandosi in piedi e mettendosi sdraiato sul letto.
“Tetsuya, non sto scherzando” disse lui sedendosi sul letto accanto all’amico.
“Neanch’io. Kagami è la persona più gentile che abbia mai conosciuto!!” esclamò mettendosi seduto velocemente.
Con quel movimento improvviso però andò a sbattere la testa contro quella di Aomine.
“Ahia! Che testa dura che hai!”
“Io? E tu? Così piccolo e così forte!”
Si massaggiarono la fronte guardandosi cupi.
“Comunque di Kagami non devi preoccuparti. Piuttosto preoccupati in campo, quando giocherai contro di lui” disse rimettendosi sdraiato.
Aomine lo imitò spostandolo per poter stare più comodo.
“Ehi non ci stiamo in due!” esclamò Kuroko cercando di cacciarlo.
Lui lo ignorò occupando lo stesso il letto. Per stare più comodo fece appoggiare la testa di Kuroko sul suo braccio e prese il suo cellulare.
“Sorridi Tetsu” disse posizionandolo poco distante ai loro visi.
“Ma cosa…”
Il flash li abbagliò e Kuroko sferrò un pugno ad Aomine.
“Aaaahhh, Dai-chan! Non è un flash, è un abbagliante!!!” protestò.
Soddisfatto Aomine iniziò ad armeggiare con il cellulare mentre Kuroko si strofinava gli occhi in lacrime.
“Ci sarà da divertirsi” commentò Aomine mettendo il cellulare in tasca con sodisfazione, poi si voltò verso l’amico notando le lacrime “Come sei fragile Tetsu” aggiunse ridendo.
Per tutta risposta gli diede un altro pugno e si mise seduto.
“Odio queste foto ravvicinate” borbottò.
Daiki lo imitò e afferrò il viso del più piccolo tra le sue mani. Riprese il suo cellulare e scattò la foto mentre con la sua lingua assaporava una lacrima che era scesa sulla guancia.
Kuroko arrossì violentemente mentre la porta della sua cameretta fu spalancata. Momoi era apparsa come un tornado avventandosi contro Aomine e spingendo Kuroko giù dal letto.
“TU! COME OSI FARTI FOTO COSI’ RAVVICINATE CON TETSU-CHAN!!!” urlò tempestandolo di pugni.
“PIANO, PIANO, PIANO! SATSUKI SEI UN MASCHIACCIO!” esclamò Daiki coprendosi la testa.
Si era letteralmente messa a cavalcioni impedendogli ogni via di fuga. Intanto Kuroko si era rimesso in piedi toccandosi la testa dolorante.
“Satsuki-chan? Hai intenzione di uccidermi?” borbottò.
“Tetsu-chan! Certo che no!” esclamò abbandonando Aomine e stritolandolo in un abbraccio.
I genitori di Kuroko stavano guardando la scena dallo stipite della porta. Ormai si erano abituati a quelle dinamiche ridendo di gusto quando Daiki mostrò un’altra foto a Satsuki che impallidì e tentò letteralmente di strozzare il suo amico.
“Su ragazzi, è tardi per fare tutta questa confusione. E’ il momento di andare a casa” disse sua madre con un dolce sorriso.
Era una donna minuta, con i capelli neri e gli occhi celesti, gli stessi ereditati da suo figlio. Mentre da suo padre aveva ereditato il colore dei capelli e l’altezza. Infatti anche il padre non era molto alto ed era rimasto stupito quando suo figlio gli aveva annunciato, anni prima, di voler entrare nella squadra di basket della sua scuola.
“Va bene zia!” esclamò Daiki liberandosi dalla stretta di Satsuki con un gesto fluido.
La prese in braccio appoggiandola sulla sua spalla. La ragazza si trovò a cozzare con la testa contro la schiena di Daiki, le braccia a penzoloni e le gambe strette al busto dell’amico che le aveva bloccate.
Kuroko iniziò a ridere mentre Daiki con un sorriso annunciò che avrebbero tolto il disturbo.
“Dai-chan! Lasciami! Si alza la gonna e si possono vedere le mutandine!!!!” esclamò imbarazzata.
Cercò di liberarsi tempestando di pugni la schiena dell’amico e scalciando come un cavallo imbizzarrito.
“Se fai così si vedranno sicuramente e poi…” le sollevò di poco la gonna spiando “…niente di nuovo, le solite mutandine con i pupazzetti. Quando ti deciderai a comprare biancheria sexy?”
L’urlo che seguì risvegliò l’intero palazzo.
“Che duo di matti!” sospirò Kuroko chiudendo la porta “mamma, papà, io vado a letto” annunciò.
“Va bene” risposero i suoi genitori mentre il figlio chiudeva con un sorriso la sua porta.
“Sembra star bene… ci siamo preoccupati per nulla” disse la mamma sollevata mentre si dirigeva in camera da letto.
“Vero, però dopo quello che è successo alle medie, meglio non tralasciare nessun segnale” aggiunse il padre seguendola.
“Magari era solo stanco per gli allenamenti. Devono giocare contro Daiki e tu sai bene come gioca quel ragazzo”.
“Si. E poi parla sempre con una luce eccitata negli occhi del Seirin e del suo compagno di squadra, com’è che si chiama? Taiga…” si sforzò di ricordarsi il nome.
“Kagami Taiga. La sua nuova Luce. Che strano nome per definirsi: Luce ed Ombra. I ragazzi di oggi sono bizzarri”.
Intanto Tetsuya, che si era alzato per andare in bagno, si allontanò con passo felino dalla camera dei suoi genitori dopo averli sentiti parlare. Quindi erano in apprensione? Allora era vero che Daiki era andato da lui per controllare…
Sospirando si mise sotto le coperte cercando di dormire ma il sonno tardò ad arrivare perché nella sua mente continuavano a vorticare episodi accaduti in quella settimana. Non riguarda né il basket né il suo passato alla Teiko. Riguardava Kagami.
Si rigirò nel letto cercando di prendere una posizione più comoda.
“Dormi… ti prego mente spegniti! Non dormo da giorni!” pensò ma la sua mente per lui aveva altre intenzioni.
Immagini di ciò che era accaduto qualche giorno prima tornarono prepotenti facendogli sentire una strana sensazione allo stomaco.
 
“Cosa c’è tra te e Aomine?”
“Niente”.
“Cosa c’è stato in passato?”
“Ma che domande fai? E poi perché vuoi saperlo?? Sono cose che non ti riguardano!!”
“MI RIGUARDANO ECCOME! PERCHE’ TU MI PIACI!”
[…]
“Kagami-kun, mi dispiace. Ma io non provo nulla per te”.
 
Si rigirò afferrandosi la testa tra le mani. Ancora quella conversazione???
Dopo averlo rifiutato, Kagami non aveva detto più nulla. Si era limitato a voltargli le spalle e dire: “Non ti disturberò più”. Lui voleva dire altro ma prima che potesse fare qualcosa se n’era già andato lasciandolo da solo nel parco.
Da quell’episodio non era stato più lo stesso. A scuola non gli rivolgeva la parola e non lo guardava più negli occhi. Non pranzavano neanche più insieme: appena suonava la campanella della pausa pranzo si alzava e usciva fuori dalla classe per poi rientrare un minuto prima l’inizio della lezione. C’era stato un momento in classe in cui i loro occhi si sono incontrati, alla verifica di inglese. Kagami gli stava passando il test e le loro mani si erano sfiorate. Il più grande aveva alzato lo sguardo verso di lui e non erano riusciti a distogliere lo sguardo. In quel momento aveva letto negli occhi di Kagami tutta la sofferenza che stava passando nonostante cercasse di celarla. Poi si era voltato in avanti lasciandolo con un enorme senso di vuoto.
Agli allenamenti era il solito. Rideva e scherzava con la squadra, si allenava con intensità e riuscivano tranquillamente a svolgere il loro gioco di Luce ed Ombra. Erano affiatati e solo lì Kagami riusciva a guardarlo negli occhi per portare avanti l’azione. Poi più niente. Nessuna cena fuori, nessun momento insieme. Più nulla.
E quelle cose gli mancavano da morire.
No.
“E’ lui che mi manca” mormorò.
Si alzò del letto e si diresse verso la finestra per spalancarla e far entrare un po’ della fredda aria autunnale che diventata sempre più gelata con il passare dei giorni, ma prima di farlo notò il suo riflesso nello specchio. Anche se era buio la Luna illuminava la stanza a giorno e riuscì a notare le sue gote arrossate e gli occhi lucidi. Sentì lo stomaco contorcersi e corse a nascondersi nel suo letto.
Sapeva cosa volevano dire tutti quei segnali. Sapeva che provava qualcosa per Kagami ma lui aveva fatto un giuramento. Non si sarebbe più innamorato di nessuno e se questo fosse accaduto avrebbe fatto di tutto per evitarlo. Aveva già sofferto troppo in passato per amore e non voleva che accadesse di nuovo.
“Kagami-kun… mi dispiace. Non posso”.
 
 
Angolo della follia @.@
Salve a tutti! Rieccomi qui dopo il salto della settimana! =D Ho aggiunto what if? alla storia perché sto letteralmente rivoluzionando la trama. All’inizio doveva essere diversa però poi ho avuto un’idea quindi… rivoluzione! Sarà una scoperta continua anche per me =D
Questo potrebbe essere definito capitolo di passaggio? Non tanto… ho messo in evidenzia i sentimenti tormentati di Kagami, il rapporto dei tre amici, decisamente ambiguo, e inoltre i sentimenti di Kuroko sono emersi. In realtà prova qualcosa per il nostro Kagami ma a causa del suo passato ha giurato che non si sarebbe più messo con nessuno.
Infine la preoccupazione dei suoi genitori… cos’è successo alle medie?
Vi aspetto la prossima settimana, giorno 17 dicembre!
Ciao a tutti ;)
 
P.S. ringrazio tutti coloro che recensiscono, mi seguono, gli amici di Facebook e soprattutto tutti i lettori silenziosi ^^

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Capitolo 10
*** Scontro tra titani ***


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10. Scontro tra Titani
 
“Buongiorno Kagami!”
“Buongiorno ragazzi”.
Era arrivato a scuola e alcuni compagni lo stavano salutando. Sbadigliò sonoramente camminando con passo pigro verso la sua classe. Quella notte aveva giocato ai videogiochi di lotta per sfogare tutta la sua rabbia con scarso successo. Ad un certo punto la sua console aveva iniziato ad emanare una tremenda puzza di bruciato costringendolo a buttarla.
“Uhm?” era appena arrivato vicino alla sua classe e alcuni suoi compagni erano fermi sulla soglia impauriti.
“Che succede?” chiese perplesso.
Un gruppetto di ragazze si avvicinò a lui spaventate. Una di loro si aggrappò al suo braccio tremante.
“In clas-se… c’è… c’è…” iniziò balbettante.
“C’è?” chiese perdendo la pazienza.
“Un fantasma!!!!” esclamarono in coro.
“Un fantasma? Non esistono” disse liberandosi con delicatezza dalla presa della ragazza.
“Vieni a vedere” disse un ragazzo indicando l’interno con dito tremante.
Sospirò e con aria spazientita si fece strada entrando dentro. Quello che vide lo lasciò di stucco: al posto occupato generalmente da Kuroko c’era una persona seduta in modo scomposto, le braccia penzoloni e la testa appoggiata al banco. In realtà era coperta del tutto da un giubbotto sfilato a metà e una sciarpa. Attorno a lui si poteva notare un’aura tetra.
“Già è un fantasma di suo, poi si comporta così… come devo fare con lui?” si chiese ad alta voce.
“Sai chi è?” chiese timidamente una ragazza.
“Sapete anche voi chi è. E’ Kuroko” rispose esasperato.
Un ragazzo poco convinto, si fece coraggio scostando il giubbotto.
“Hai ragione” affermò stupito.
Kuroko sentendo l’aria sul suo viso, si mise dritto fulminando con lo sguardo il suo compagno di squadra. Era davvero spaventoso: pelle pallidissima, intense occhiaie nere e occhi semi chiusi.
Guardò il resto della classe cercando di sopprimere uno sbadiglio con scarso successo.
“Se sei così stanco, vai in infermeria e dormi, altrimenti oggi intralcerai gli allenamenti” disse Kagami infastidito.
Kuroko sbatté le palpebre ripetutamente, incredulo. Non gli rivolgeva la parola da giorni, a parte in campo, e finalmente che si era deciso lo trattava così?
“Non ho bisogno che mi dici quello che devo fare. In campo sono uno dei più seri. E poi pure tu non scherzi, guarda che occhiaie” rispose sulla difensiva.
“Fatti i fatti tuoi!”
“Pure tu!”
Si guardarono in cagnesco per una frazione di secondo, poi Kuroko prese il suo zaino e uscì fuori dall’aula sotto lo sguardo sbigottito della classe.
“Ma cosa sta succedendo tra di voi? Sono giorni che state facendo una guerra fredda” disse uno dei loro compagni.
“Niente!” esclamò infastidito.
Si mise al suo posto sbattendo la cartella a terra per poi guardare fuori dalla finestra con aria contrariata.
 
***
 
Stava pedalando con foga, ridendo come un matto mentre ascoltava le proteste del suo amico seduto dietro.
“Vai piano Takao! Non riesco a leggere!” protestò sistemandosi meglio gli occhiali dopo l’ennesimo colpo.
“Ma Shin-chan! Rischiamo di arrivare tardi alla partita!” esclamò fermandosi bruscamente al semaforo.
Midorima andò a sbattere contro l’interno del carretto.
“T-A-KA-O!!!!” sibilò perdendo il controllo.
Takao si voltò a guardarlo e non riuscì a trattenere un urlo.
“UN DEMONE!!”
Riprese a pedalare, incurante del semaforo ancora rosso, zigzagando tra le auto che suonavano protestando.
“Ehi, brutti mocciosi!”
“Toglietevi dalla strada!!!”
“TAKAOOOO!!!”
“WAAAAAAA!!!!”
Arrivarono davanti la palestra, Takao senza fiato e Midorima senza la sua solita compostezza. Scese dal carro sferrando un calcio all’amico e sistemandosi poi i vestiti. Prese dalla sua tasca un piccolo oggetto: era un ciondolo per cellulare, il suo oggetto fortunato del giorno, e lo strinse forte per riprendere il controllo. Quel ragazzo aveva la capacità di farlo uscire fuori dai gangheri.
“Midorima…”
Si voltò verso la persona che aveva appena pronunciato il suo nome. Kise lo stava fissando con la sua solita aria strafottente.
“Kise” salutò lui indifferente.
“Sei venuto qui per Kuroko?” chiese irritato.
Midorima gli lanciò uno sguardo gelido. Il viso, di solito sorridente di Kise, si trasfigurava ogni volta che parlava di Kuroko. Aveva un odio verso di lui che nessuno si era mai riuscito a spiegare, non che lui fosse amico di quel tipo che sembrava un fantasma ma di certo non lo odiava. E poi avevano gli stessi gusti in fatto di libri e non gli dispiaceva parlare con lui, dopotutto con l’ingresso nella scuola superiore, aveva incontrato solamente gente di dubbio intelletto che non sapeva neanche cosa fosse un libro. Un esempio era proprio Takao che gli chiedeva in continuazione spiegazioni delle lezioni.
Kise sistemò un ciuffo ribelle mosso dal vento e si strinse di più nella sua giacca di pelle nera.
“Entro” disse con un brivido di freddo.
Si avviò per le scale lasciandolo dietro con Takao intento a legare la bicicletta.
“Possiamo andare Shin-chan!” esclamò soddisfatto del suo lavoro.
Lui si limitò ad annuire seguendolo pensieroso, mentre l’amico non faceva altro che parlare eccitato della partita imminente tra Kuroko e Aomine.
No.
Non poteva essere definita una partita, ma un vero scontro a colpi di palla tra professionisti.
“Non ci sono solo loro due. Entrambe le squadre sono di alto livello e quel Kagami non scherza” pensò.
“Midorima-chan!!”
Una voce femminile lo chiamò a gran voce e lui dovette allargare le sue braccia per poter accogliere la calorosa Satsuki Momoi prima che cadesse.
“Momoi…” mormorò scostandola imbarazzato.
I suoi modi lo avevano sempre spiazzato e messo a disagio. Quando gli capitava di tenerla stretta così tra le sue braccia puntualmente il suo cuore palpitava. Era energica come al solito e bella come il sole. I suoi occhi brillavano eccitati e afferrò le mani di Midorima.
“E’ il gran giorno!” esclamò, gli occhi scintillanti.
“Già” disse lui sciogliendosi in un timido sorriso.
“Questa mattina si scontreranno ben quattro miracoli!”
“Quattro?” chiese confuso.
“Si, c’è stato un cambio improvviso di orari” disse estraendo un foglio stropicciato dalla sua tasca “guarda, la loro partita inizierà contemporaneamente a quella di Dai-chan e Tetsu-chan. Il pubblico oggi impazzirà letteralmente non sapendo chi guardare!” commentò eccitata.
“Perché questo cambio? La loro partita era prevista nel pomeriggio” disse Midorima preoccupato alla vista delle altre due squadre che si sarebbero affrontate: Yosen contro Rakuzan.
Si incamminarono all’interno mentre Momoi rimise il foglietto nella tasca.
“Non lo so. Secondo le mie fonti ieri sera c’è stato un improvviso cambiamento” rispose “io vado negli spogliatoi” aggiunse salutandoli con la mano.
“Ciao” dissero all’unisono andando nella direzione opposta.
“Wow allora oggi ci sarà uno scontro tra titani! Andiamo a prendere i posti migliori Shin-chan!” disse Takao allegramente.
“Si” rispose lui pensieroso.
Takao aveva perfettamente ragione. Quel giorno sarebbe avvenuto un vero e porprio scontro tra titani e inoltre era la prima volta, dopo l’ultima partita con la Teiko, che i sei miracoli erano sotto lo stesso tetto.
 
***
 
Erano a bordo campo in attesa dell’inizio della partita. Kagami camminava nervosamente su e giù con delle evidenti occhiaie e un occhio un po’ più livido dell’altro. Come al solito, per la troppa adrenalina, non aveva dormito. Kuroko era seduto sulla panchina, tra la coach e Kiyoshi, un asciugamano in testa per non far vedere la sua espressione irritata.
Dal giorno prima lui e Kagami avevano avuto problemi in campo tanto che ad un certo punto avevano letteralmente attaccato briga. Per rabbia lo aveva colpito con un pugno sull’occhio pentendosene immediatamente. Kagami lo aveva colpito a sua volta procurandogli un taglio sulla guancia, coperto da un cerotto. La coach furiosa, per farli calmare, gli aveva ordinato di correre intorno alla scuola fino allo sfinimento. Ed ora non si parlavano.
“Tetsu” alzò lo sguardo trovando Aomine in piedi di fronte a sé.
“Che fai qui? Dovresti essere con la tua squadra” disse alzandosi.
Fece qualche passo per allontanarsi dalla panchina, seguito da Aomine. I suoi compagni continuarono a riscaldarsi senza scomporsi alla sua vista.
“Che ti sei fatto in faccia?” chiese afferrandogli il mento.
“Niente” rispose lui allontanandogli la mano.
Aomine lanciò uno sguardo a Kagami che intanto si era avvicinato con sguardo omicida. Notò il livido sull’occhio e capì.
“Kagami… mi vendicherò di questo in campo” disse con voce tagliente indicando il cerotto di Kuroko.
“Fatti sotto!” esclamò lui pronto ad attaccar briga.
“Ah Tetsu” disse dandogli le spalle.
“Stavamo parlando!” disse indignato Kagami.
Aomine lo ignorò e appoggiò le mani sulle spalle dell’amico avvicinando poi la bocca al suo orecchio. Kagami strinse i pugni avvicinandosi di più.
“Anche se siamo amici, non ci andrò piano. Ricordati questo: l’unico che può battermi… sono io” si scostò con espressione seria, del tutto trasformata.
Ora non aveva più di fronte il suo caro amico d’infanzia, ma il migliore tra i sei miracoli, la pantera del basket.
Kagami si mise dietro a Kuroko mettendogli una mano sulla spalla. Lui tremò un po’ ma per non farlo irritare strinse i denti e non allontanò la sua mano.
“Ti batteremo” disse semplicemente.
La tensione tra i due era palpabile.
Pantera contro tigre.
Clap clap clap
Si girarono tutti e tre contemporaneamente verso la fonte del rumore. Aomine e Kuroko spalancarono la bocca per lo stupore e il resto del Seirin si mise in ascolto guardandoli con curiosità mista ad ansia. Kagami rimase perplesso non riuscendo a capire perché ci fosse tutta quella tensione. Forse per la mole gigantesca del ragazzo dai capelli viola?
“Ma quanto è alto!?”
Oppure per il ragazzino dagli occhi arancioni e i capelli rossi che aveva appena applaudito?
“Indossano entrambi delle divise. Sono anche loro giocatori”.
Dietro al ragazzo alto ne comparve un altro più basso, con corti capelli neri.
“Ciao Taiga” salutò.
“Tatsuya!?” esclamò Kagami.
Lui sorrise, poi si zittì perché il ragazzo alto gli fece cenno di tacere.
“Tetsuya… Daiki… non salutate i vostri ex compagni di basket?” disse con voce melliflua il ragazzino dai capelli rossi.
Aomine strinse i pugni guardandoli con aria di sfida.
“Posso anche salutare Murasakibara-kun ma non tu. Non sei il mio ex compagno di squadra” disse Kuroko calmo.
Il ragazzo dai capelli rossi si sistemò meglio la giacca che aveva appoggiato sulle spalle, mentre il gigante stava mangiucchiando delle patatine con aria annoiata.
“Ma come Tetsuya? Sono io quello che ti ha scoperto, io quello che ti ha permesso di entrare in prima squadra” disse con voce bassa.
“Non tu, ma Akashi-kun. In questo momento sto parlando con l’ex capitano della Teiko, l’Imperatore” ribatté deciso.
Murasakibara lo guardò interessato mentre l’Imperatore rimase dapprima stupito poi ridacchiò.
“Sei sempre stato così intelligente, Tetsuya”.
Kuroko si irrigidì. Non riusciva a tollerarlo quando lo chiamava per nome. L’Imperatore distolse lo sguardo su di lui lanciando occhiate interessate al Seirin finché i suoi occhi non si fermarono su Kagami. Il più grande si sentì immediatamente a disagio non riuscendo a tollerare quello sguardo pressante su di lui. Si sentiva come se gli mancasse il respiro.
“Cosa mi sta facendo?” pensò boccheggiando.
“La nuova Luce…”
Kuroko fece un passo davanti Kagami interrompendo il contatto tra i due. L’Imperatore allora fece un cenno a Murasakibara che chiuse il suo pacchetto di patatine e si avvicinò a Kuroko allungando una mano verso di lui, mentre l’Imperatore diede le spalle a tutti allontanandosi.
Kuroko fece un passo indietro urtando il petto di Kagami che per istinto lo trascinò dietro di lui mentre Aomine ostacolò la mano di Murasakibara che si fermò a pochi centimetri dal suo viso.
“Le vecchie abitudini sono dure a morire” sibilò l’Imperatore.
“Taiga!” esclamò Himuro Tatsuya con aria agitata.
Un rumore ai piedi di Aomine li fece sobbalzare. Un paio di forbici stavano ancora vibrando conficcate di punta nel pavimento. Murasakibara, indifferente, andò verso l’Imperatore.
“Non te lo dirò più Daiki. Fatti gli affari tuoi” la voce dell’Imperatore accarezzò le loro orecchie suonando come una minaccia pericolosa.
“E io non mi stancherò mai di ripetere: stai lontano da Tetsu” ribatté lui lanciandoli le forbici.
L’Imperatore le afferrò al volo come se nulla fosse per poi ridacchiare.
“Buona partita” disse per congedarsi.
Si diresse con passo deciso alla sua panchina accolto con venerazione dalla sua squadra.
“Ci vediamo dopo Taiga” disse Himuro seguendo Murasakibara.
 
“Le squadre si preparino a scendere in campo”
 
“Andiamo” disse Riko.
Tutti annuirono ancora sconcertati dal gesto di Akashi. Kagami si voltò guardando dubbioso Kuroko e la sua espressione non li piacque: occhi spalancati, sudore freddo e tremore.
“Kuro…?”
Aomine lo anticipò appoggiandogli una mano sulla testa.
“Va tutto bene Tetsu” disse.
Lui alzò lo sguardo verso il suo amico facendo un respiro profondo.
“Giochiamo questa partita” disse più calmo.
Aomine sorrise e si avviò verso la sua panchina.
Kagami seguì Kuroko raggiungendo gli altri. Era molto confuso in quel momento e quel tizio lo aveva agitato. E poi perché Kuroko aveva reagito così? Cosa stava succedendo?
 
***
 
“Izuki!”
“Corri in avanti capitano!”
“Kuroko!”
“Ahahah potete fare quello che volete… ma lui che può battermi sono io!”
Aomine intercettò il passaggio di Kuroko diretto a Kagami e dribblando gli avversari fece un canestro spettacolare. La folla esultò.
Erano nel pieno della partita e il pubblico era in delirio. Guardavano entrambi i campi cercando di non perdere neanche un’azione, cosa molto difficile.
Per lo Yosen la situazione non era delle migliori e il Rakuzan era in netto vantaggio. L’Imperatore faceva strage al suo passaggio facendo inginocchiare tutti i suoi avversari. Murasakibara era concentratissimo e in molte occasioni aveva segnato. Tutti i suoi avversari avevano paura a causa della sua mole gigantesca, tutti tranne l’Imperatore che faceva un ghigno ogni volta che Murasakibara si inginocchiava.
All’improvviso entrambi si fermarono nel bel mezzo dell’azione perplessi. La palla rotolò a terra e guardarono verso l’altro campo. Anche Kise e Midorima si alzarono in piedi fissando ipnotizzati il campo dove il Seirin stava dando battaglia.
Aomine stava di fronte a Kagami, pochi passi di distanza, e lo stava guardando intensamente. Era elettrico, super eccitato. Da moltissimo tempo non gli capitava di affrontare un giocatore al livello di Kagami. La sua elevazione faceva impallidire tutti e aveva contrastato le azioni di Aomine in moltissime occasioni, tanto da spingerlo ad entrare nella “zona”. Era caduto in trance agonistica redendosi inarrestabile ma ora la situazione stava precipitando.
Kagami era ad occhi chiusi, e stava respirando affannosamente. Non sapeva cosa stesse succedendo però stava cercando con la sua mente di aprire una porta. Non c’era la chiave e con le mani stava facendo di tutto per forzarla. Voleva entrarci ad ogni costo soprattutto perché, sbirciando dentro grazie al piccolo varco che era riuscito a creare, aveva intravisto Kuroko. Tirò più forte riuscendo ad allargare l’apertura dove riuscì a scorgere altre persone dentro la stanza rossa: la “Generazione dei Miracoli” al completo.
Aprì gli occhi e Aomine iniziò a ridere. Kuroko si avvicinò notando che il suo compagno aveva raggiunto un altro livello, quasi lo stesso della “Generazione dei Miracoli”. Era entrato in trance agonistica.
“Le cose si fanno interessanti…” commentò l’Imperatore.
Si voltò verso Murasakibara che si stava lentamente alzando in piedi, i suoi occhi viola avevano assunto una nuova luce.
“Vuoi fare sul serio, eh? Non ti facevo così intraprendente”.
L’Imperatore chiuse gli occhi per poi riaprirli. Era entrato anche lui nella zona.
“Non ce la farai, perché io sono assoluto”.
Le quattro squadre ripresero a darsi battaglia. Murasakibara riusciva a resistere di più agli attacchi dell’Imperatore, mentre Aomine e Kagami si stavano sfidando e dribblando in continuazione segnando punti a non finire.
Continuarono così per molto tempo, ma all’ultimo quarto della partita la situazione dello Yosen peggiorò nuovamente. Il Rakuzan era in netto vantaggio e non lasciava via di fuga a nessun giocatore.
 
“Time-out per il Seirin!”
 
“Ragazzi manca poco alla fine della partita e la distanza tra noi e loro è poca. Dobbiamo farcela!” la coach cercava di incitare la squadra tornata in panchina.
Kagami bevve un enorme sorso d’acqua respirando a fatica. Il suo corpo, non abituato ad essere sforzato così, stava dando segni di cedimento. Kuroko lo guardava con apprensione mentre Riko iniziò a massaggiarli le gambe.
“Kagami stai andando bene. Ma ti stai affaticando troppo, passa la palla altrimenti non arriverai al termine della partita. Mancano solo cinque minuti” disse preoccupata.
“Anf… anf… ce la faccio… anf…”
Kuroko posò il suo asciugamano respirando a fondo.
“Kagami-kun passa a me la palla” disse risoluto.
Kagami gli lanciò un’occhiata perplessa.
“Non funzionerà Kuroko, anche se ti comporterai come alla partita contro Midorima. Aomine è troppo bravo” disse la coach intuendo le sue intenzioni.
Lui non rispose continuando a guardare Kagami in silenzio.
“Va bene” rispose lui.
Kuroko sorrise cosa che fece imbarazzare Kagami.
“Rientriamo!” esclamò alzandosi in piedi. Non era il momento di pensare a loro due. E poi cosa c’era da pensare visto che non si parlavano fuori dal campo e che non ci sarebbe mai stato un noi?
Si disposero in campo, lui di fronte ad Aomine, pronti a saltare per recuperare la palla. L’arbitro fischiò e Kagami con un balzo toccò la palla passandola a Kuroko.
“Ma cosa…?”
Aomine distolse lo sguardo da Kagami e andò verso Kuroko che con un battito di ciglia entrò nella zona.
“Tetsu… non mi batterai” commentò avvicinandosi.
In tutti quegli anni non lo aveva mai visto così, sapeva che quando Tetsu si arrabbiava o era particolarmente determinato sapeva fare cose incredibili, ma entrare in trance agonistica… gli mancava.
I suoi occhi brillavano di un azzurro intenso e intorno a lui tutto scomparve. Il nero inghiottì tutto rendendo visibile solo i giocatori e il canestro avversario. I suoni giungevano ovattati e intorno a lui i giocatori sembravano muoversi a rallentatore.
Bam… bam…
Il pallone rimbalza a terra emettendo un suono netto, passando da una mano all’altra.
Bam… bam…
Si avvicinò con passo deciso verso Aomine, anche lui in trance agonistica.
“Cosa intendi fare?” chiese con un ghigno divertito.
Poi scomparve. Non sapeva come ma Kuroko era letteralmente sparito dalla sua vista per poi rendersi conto che stava già correndo verso il canestro dietro di lui.
“Cos… maledizione!!!” si voltò girandosi e inseguendolo.
La palla sparì finendo tra le mani di Kagami che segnò. La squadra esultò correndo verso i loro compagni.
“Cos’è successo?” si chiese l’Imperatore.
Erano in time out e aveva assistito all’azione confuso.
“Sei cambiato Tetsuya” disse poi con un ghigno.
“Capitano dobbiamo tornare in campo”.
“Va bene” annuì seguendo la sua squadra.
Intanto nell’altro campo il gioco di squadra del Seirin spiazzò Aomine che, nonostante lottò fino alla fine, perse per un punto.
“SIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!” urlarono all’unisono abbracciandosi.
Hyuuga andò ad abbracciare una Riko sull’orlo delle lacrime, mentre Kiyoshi diede una serie di pacche energiche sulla schiena di Kagami tanto da farlo inginocchiare. Era giunto al limite.
“Tetsu”.
Kuroko si voltò verso l’amico che aveva verso di lui un pugno alzato.
“Hai fatto un bel lavoro” aggiunse con un sorriso.
Kuroko rispose facendo incontrare le loro nocche, poi si girarono quando sentirono un boato provenire dall’altra parte del campo. Il Rakuzan aveva vinto e Akashi era attorniato dai suoi compagni di squadra, mentre lo Yosen applaudì Murasakibara per tutto l’impegno che aveva messo nella partita non arrendendosi fino alla fine. Himuro Tatsuya aprì il suo borsone, che aveva portato in campo, ed estrasse una seri di dolci per il suo compagno di squadra.
“Non cambierà mai” commentò Aomine divertito.
Kuroko invece aveva uno sguardo rabbuiato. Quando Himuro si era chinato per aprire il borsone aveva notato che dal suo collo pendeva una catenina con un anello. Era la stessa collana che indossava Kagami.
“Aominecchi!!”
Kise li aveva raggiunti e Kuroko decise di lasciarli soli. In quel momento non avrebbe sopportato le frecciatine di Kise.
“Andiamo negli spogliatoi ragazzi!” ordinò la coach.
Kuroko li seguì fermandosi poi, prima di uscire completamente fuori, a dare un’occhiata dietro di se. Kise ed Aomine stavano discutendo e lo poteva capire dall’irritazione di Daiki e dall’espressione spazientita di Kise. Alla panchina del Touo, Midorima stava parlando con una triste Momoi e per rallegrarla le consegnò un cioccolatino. Lei lo prese confusa da quel gesto per poi sorridere imbarazzata. Dall’altra parte della palestra l’Imperatore e Murasakibara stavano parlando con espressione seria. Kuroko si irrigidì notando che gli occhi arancioni dell’Imperatore invece di guardare il suo interlocutore stavano sfrecciando sul campo perché cercavano qualcosa.
O meglio qualcuno.
Lui.
I loro occhi si incontrarono e Kuroko non riusciva a distogliere lo sguardo. Murasakibara si allontanò lasciandolo solo e l’Imperatore mimò con la bocca qualcosa. Lui iniziò a respirare affannosamente mantenendosi allo stipite della porta per non cadere.
“Ah sei qui Kuroko! Dai dobbiamo farci la doccia!” Junpei era tornato indietro per cercarlo “Stai bene?” aggiunse preoccupato.
Kuroko riuscì finalmente a distogliere lo sguardo.
“Si” rispose raddrizzandosi.
“Allora andiamo!”
Lui lo seguì ma non riuscì a resistere a guardare di nuovo alle sue spalle. L’Imperatore era sparito ma il ricordo dei suoi occhi era ancora vivido.
 
***
 
Avevano appena finito di festeggiare in un locale la loro vittoria e già molti erano andati via. Kuroko stanchissimo salutò la coach, Kiyoshi e Hyuuga gli ultimi rimasti al locale, per dirigersi a casa. Avrebbe voluto tornare insieme a Kagami ma dal termine della partita lo aveva completamente ignorato.
“Vorrei tornare a stare con lui come prima” pensò tristemente.
Sapeva benissimo che questo non sarebbe stato possibile, la loro relazione andava al di là della semplice amicizia e lui non poteva andare oltre. No, non voleva più soffrire.
“Ma non sto soffrendo lo stesso così?” pensò amaramente.
Dei tuoni in lontananza gli misero fretta. Non aveva un ombrello con sé e non voleva bagnarsi. Iniziò ad accelerare il passo con scarso successo, la partita lo aveva letteralmente prosciugato e non sentiva più i suoi muscoli. La pioggia iniziò a scendere a secchiate cogliendolo di sorpresa e riuscì a rifugiarsi sotto il tendone di un negozio già chiuso. Dopotutto erano le 22:00 passate e non c’era praticamente nessuno in strada, a parte lui, un gruppetto di ragazze che correva urlando perché si stavano bagnando e…
“Kagami-kun?”
Infatti, sul marciapiede di fronte a pochi metri da lui, Kagami si era rifugiato sotto un balcone e chiacchierava allegramente con il ragazzo che aveva salutato in palestra.
“E’ il ragazzo che l’ha chiamato per nome” pensò irritato e la sua irritazione crebbe quando ricordò la collana.
Che legame c’era tra i due? Stavano insieme? No, altrimenti non si sarebbe dichiarato. Erano stati insieme?
Il suo stomaco si contrasse dolorosamente e decise di guardare altrove ma le azioni del ragazzo non lo tranquillizzavano. Parlava con enfasi e toccava spesso Kagami. Erano semplici sfioramenti, da pacche sulla schiena a toccatine sui capelli e sul viso, che lo stavano facendo impazzire. Ad un certo punto si mise in punta di piedi afferrando il bavero della giacca di Kagami e lo baciò sulle labbra.
Kuroko li guardò impietrito, incapace di fare qualsiasi cosa. Desiderava solo correre.
“Corri Tetsuya!” pensò muovendosi.
Lo sapeva.
“Corri!” aumentò la velocità scappando nella direzione opposta.
Non doveva nuovamente provare quel sentimento.
“Corri!” cadde a terra sporcandosi di fango. Si rialzò annaspando.
Quel sentimento portava sempre dolore.
“Corri…”
“Kagami-kun…” disse correndo a perdifiato cercando di ricacciare indietro le lacrime che ormai si erano impossessate del suo viso.
 
 
Angolo della follia @.@
Che capitolo lunghissimo!!! Di solito scrivo di meno ma stavolta ho voluto fare qualcosa in più. Comunque prima di commentare il capitolo devo chiarire qualcosa. Da quello che state vedendo mi sto scostando molto dal filone originale della storia, un po’ perché ho sbagliato all’inizio facendo confusione tra Interhigh e Winter Cup, un po’ perché alcune cose non me le ricordavo. Però essendo una fan fiction non mi preoccupo più di tanto, altrimenti non potrebbe più essere definita tale ^^ e poi ci sono tutte le note necessarie nella descrizione della storia.
Quindi so che non battono Aomine nella prima partita ma nella seconda, ma spostando i due tornei ho deciso per la vittoria del Seirin soprattutto perché sto seguendo un mio filone. So inoltre che Murasakibara e Akashi non si scontrano in partita. Desideravo farli entrare in scena da un bel po’ e ho colto questa occasione. Anche il loro incontro è diverso, ma la scena delle forbici volanti non poteva mancare xD
Chiarite alcune cose ora torniamo al capitolo. Nella prima parte mi piaceva l’idea di evidenziare la tensione tra Kagami e Kuroko mettendo però una scena simpatica ;) poi anche la scena tra Takao e Midorima l’ho voluta rendere così rompendo la compostezza di quest’ultimo, nel manga è troppo serioso ù.ù Kise continua le sue ostilità e Momoi è molto calorosa confondendo il cuore di ghiaccio di Shin-chan ;)
Akashi e Murasakibara sono uno strano duo inquietante, tra occhi arancioni e forbici volanti.
Perché Akashi ha gli occhi arancioni quando in realtà li ha bicromatici a causa della sua doppia personalità?
Risposta abbastanza semplice: sappiamo che nel manga, nella Teiko Arc, inizialmente ha gli occhi rossi, il suo colore naturale, ma a causa delle pressioni del padre e delle enormi aspettative in lui, entra in gioco il suo alter ego, l’Imperatore. Infatti ha gli occhi bicromatici.
Nel mio caso, come si può notare dalle parole di Kuroko, l’Imperatore ha preso pieno controllo della mente di Akashi.
Altra cosa importante è la trance agonistica. Non ricordavo di preciso quando Kagami riesce ad entrarci, per questo l’ho inserita in questo momento e ho dato la stessa capacità anche a Kuroko, visto che in questa fan fiction fa parte dei miracoli a tutti gli effetti.
Poi fa la comparsa Himuro che ha gettato nel panico il nostro Kuroko… (insomma anche nel manga, due ragazzi che si scambiano un anello è una cosa molto ambigua!!!) cosa accadrà nel prossimo capitolo?
Mercoledì 24 dicembre pubblicherò il nuovo capitolo ;)
 
P.S. voglio molti commenti, cosa pensate di questa svolta nella storia?
 
Alla prossima =D

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Capitolo 11
*** Sentimenti svelati: parte seconda ***


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11. Sentimenti svelati: parte seconda
 
“Odio la pioggia!”
Kagami stava correndo per le vie della città, trovando ogni tanto rifugio sotto un balcone.
“Maledizione! A cosa è servito farmi la doccia dopo la partita? A nulla!!” sbottò irritato giungendo in prossimità del suo palazzo.
Corse all’interno dell’androne del condominio grondante d’acqua. Gocciolava talmente tanto da aver fatto un’enorme pozza sotto i suoi piedi. Il portinaio, sentendo dei rumori, apparve bestemmiando alla vista di tutta quell’acqua.
“Tu! Come osi entrare in queste condizioni?? Ragazzino troppo sviluppato! Sei fortunato che io sia vecchio altrimenti te l’avrei fatta pagare!!!” sbraitò.
In effetti utilizzava un bastone per camminare e sembrava essere sul punto di morte a causa del suo tremolio e pallore.
“Inquietante” pensò Kagami scusandosi e correndo agli ascensori sotto lo sguardo adirato del vecchio.
“Uffaaaa!!” esclamò infastidito togliendosi alcune ciocche dei capelli intrise d’acqua che gli impedivano la vista.
Entrò in ascensore e aprì il borsone recuperando un asciugamano per strofinarsi i capelli. Non voleva farsi un’altra doccia perché era stanco però non aveva altra scelta.
Il suono di un campanello annunciò che era arrivato al suo piano e la prima cosa che notò appena mise piede nel corridoio fu una scia d’acqua e fango sul pavimento.
“Allora non sono l’unico? Maledetto vecchiaccio”.
Man mano che proseguiva notò che stava ripercorrendo i passi della persona che aveva lasciato dietro di sé tutto quello sporco, finché non giunse vicino al suo appartamento.
“KUROKO!” esclamò stupito.
Il ragazzo era accovacciato a terra accanto alla sua porta d’ingresso, anche lui grondante d’acqua e sporco di fango.
“Che ci fai qui?” chiese.
Il volto di Kuroko era in ombra e sembrava sul punto di piangere da come stringeva le labbra. Sospirando, Kagami aprì la porta per poi prenderlo in braccio. Lo portò dritto in bagno, ignorando i suoi tremiti, anche se non riusciva a capire se stesse tremando per il freddo o perché odiava essere toccato.
“Fatti un bagno caldo. Ti lascio dei vestiti puliti dietro la porta” gli ordinò.
Kuroko annuì leggermente dandogli le spalle e lui uscì fuori per prendere dei vestiti puliti. Mentre stava scegliendo il pigiama la sua mente era in azione: cosa poteva essere mai successo per ridurlo così? Perché non era andato da Aomine? Perché da una persona con cui non si parlava da giorni? E poi perché lo aveva fatto entrare??
“E tra parentesi ci siamo pure presi a pugni” aggiunse mentalmente.
Tornò verso il bagno lasciando tutto dietro la porta, poi si guardò intorno. Aveva sporcato un po’ dappertutto e stava iniziando a capire come doveva sentirsi il custode. Sospirando si spogliò mettendo i suoi vestiti bagnati in un sacchetto e indossò un accappatoio. Alzò i riscaldamenti e iniziò a lavare a terra.
Mentre il pavimento si stava asciugando Kuroko aprì la porta del bagno. La maglia del pigiama arrivava fino a metà coscia e sia lei che i pantaloni avevano alcuni risvolti. Con i capelli umidi e la faccia accaldata lo guardò ansioso ma allo stesso tempo irritato.
“Perché? Perché fa così? Vuole che lo salti addosso???” pensò Kagami cercando di nascondere i suoi pensieri più impuri nei meandri della sulla mente.
“Ehm… Kuroko accomodati sul divano, io intanto vado a farmi la doccia” disse riprendendo il controllo.
Lui annuì con occhi bassi accoccolandosi poi sul divano. Kagami gli accese la tv e corse in bagno per potersi lavare il più in fretta possibile. Mise in lavatrice i loro vestiti e svuotò anche i borsoni mettendo tutto a lavare. Uscì dal bagno una decina di minuti dopo ansioso di capire il motivo della presenza di Kuroko che intanto aveva fatto del tè.
“Spero che non ti dispiaccia…” disse imbarazzato.
“No, hai fatto bene”.
Si accomodò sul divano accanto a lui iniziando a sorseggiare il suo tè mentre Kuroko guardava senza alcuna espressione la tv. Rimasero un bel po’ in silenzio senza che nessuno dei due accennasse a dire qualcosa. La tensione era alle stelle e Kagami non riusciva più a tollerarla.
“Perché sei qui?” chiese finalmente rompendo quel silenzio assordante.
Kuroko si impietrì per poi stringere forte al petto le ginocchia.
“Se fai così non sarebbe meglio che torni a casa? E’ quasi mezzanotte, i tuoi si preoccuperanno” incalzò lui sperando in una reazione.
“Sanno che sono qui” rispose a denti stretti.
“Ok. Però la domanda non cambia” replicò iniziandosi ad irritare.
Kuroko si mise in piedi di fronte a lui occultando la televisione.
“Perché?” disse a testa bassa.
“Perché cosa?” chiese Kagami perplesso.
“Perché hai baciato quel tizio?”
“EEEHHH???”
Anche Kagami si alzò in piedi per la sorpresa. Quindi qualcuno aveva visto il bacio.
“E ti pareva, poteva passare chiunque, giusto lui???” pensò irritato.
“Vedi? Non dici niente neanche in tua discolpa! Allora volevi che accadesse!” continuò lui con i pugni serrati.
“Aspetta Kuro…”
“Non mi hai detto poco tempo fa che io ti piaccio? Che serietà è questa se poi baci chiunque!” esclamò alzando finalmente lo sguardo. I suoi occhi erano due pozze oscure di rabbia.
“Prima di tutto, Tatsuya non è chiunque. Poi a te cosa importa?” chiese Kagami serio.
Kuroko lo guardò stupito. Non si aspettava una domanda del genere.
“Io…” iniziò senza riuscire a proseguire.
“Tu mi hai rifiutato e non ci siamo più parlati. E adesso ti importa se bacio qualcuno? Non mi sembri coerente” insistette lui con voce piatta.
“Io…” Kuroko abbassò lo sguardo e si voltò “scusami. Non dovrei nemmeno essere qui” si allontanò in fretta ma Kagami lo afferrò per un braccio impedendogli di muoversi.
La reazione fu immediata: il corpo di Kuroko iniziò a tremare.
“Lasciami…” disse continuandogli a dare le spalle.
“No, ora voglio una spiegazione!”
“Lasciami!” il più piccolo cercò di svincolare ma Kagami aumentò la stretta.
“Perché volevi sapere di me e Tatsuya?”
“Lasciami andare!!”
“Perché Kuroko!”
“E’ perché mi piaci!!!”
Per la sorpresa Kagami lo lasciò andare e Kuroko, per non cadere, riuscì a mantenere l’equilibrio appoggiandosi al muro.
“C… cosa?”
“Lascia stare, dimenticatene. Io non posso e poi tu hai Tatsuya” sottolineò il nome con nervosismo avviandosi alla porta.
“Aspetta un po’!” esclamò Kagami bloccandolo nuovamente. Lo teneva con le spalle al muro impedendogli ogni via di fuga.
“Prima di tutto tra me e Tatsuya non c’è nulla. Non volevo quel bacio, è stato lui a darmelo. Forse non hai visto ma l’ho rifiutato e poi…”
“Non volevi? Avete le stesse collane!” esclamò indicandola con un cenno della testa.
“E’ un segno distintivo della nostra vecchia squadra di basket. Anche lui viveva in America e abbiamo giocato tanti anni insieme. Inoltre bacia sempre qualcuno, un brutto vizio preso dalla nostra coach” spiegò Kagami pensando ad Alex, la loro coach molto brava ma troppo espansiva “e poi mi devi ancora spiegare la questione del non puoi. Ti sei confessato e poi non puoi, perché? Cosa significa?” aggiunse con enfasi.
Kuroko a quelle parole calò il capo incapace di guardarlo negli occhi.
“Non dovevo dire nulla… non dovevo venire… io… ho fatto un giuramento…” balbettò.
“Quale giuramento?” chiese cercando di capire.
Kuroko si era appena confessato e di certo non voleva che scappasse.
“Che non mi sarei mai più innamorato e legato a nessuno” rispose con voce tremante.
Kagami lo fissò a lungo negli occhi ricevendo la conferma che aveva tanto temuto.
“Quindi sei stato già insieme a qualcuno… chi è? Aomine, vero?? Che ti ha fatto quel bastardo???” chiese arrabbiato.
“Maledizione! Quel bastardo continua a darmi problemi!!!”
Kuroko alzò gli occhi stupito.
“Cosa? Aomine?” chiese perplesso.
“SI!”
Kuroko aggrottò la fronte e fece segno di no con la testa.
“Vuoi dire che non stavi con lui? Cioè non stai con lui?” chiese non osando sperarci.
“Con Dai-chan??? No! Siamo come due fratelli!” esclamò Kuroko.
“SIIIIII!” pensò stringendo il pugno in segno di vittoria.
Però un pensiero immediatamente lo assalì.
“Allora non capisco… se non Aomine, chi?”
Kuroko gli lanciò uno sguardo penetrante prima di rispondere.
“Con… Akashi Seijuro”.
 
***
 
Il ragazzo dai capelli blu era fermo sotto un ponte sperando che la pioggia scemasse almeno un po’ per poter tornare a casa. Non poteva chiedere a Momoi di tornare indietro perché era andata via al termine della partita accompagnata da Midorima. E poi non sarebbe stato il caso di chiedere ad una ragazza di uscire sotto la pioggia, mentre Kuroko gli aveva appena inviato un messaggio: "Dai-chan, puoi avvertire i miei? Oggi resto a dormire a casa di Kagami-kun". “Se quel rosso gli fa qualcosa, giuro che lo ammazzo!” esclamò furioso.
Si era dovuto trattenere a lungo in palestra a causa della sua squadra e dell’allenatore che gli aveva fatto una bella ramanzina. E’ vero che lui non aveva mai perso ma stavano esagerando! Erano loro gli incompetenti, non lui.
Dei passi in lontananza lo misero in allerta. Non che avesse paura ma era troppo stanco per poter picchiare qualcuno, anche se con tutta quella rabbia che aveva addosso avrebbe volentieri fatto a pugni. Guardò verso destra cercando di mettere a fuoco la figura che si stava avvicinando.
“Aominecchi? Sei tu?”
La figura passò sotto un lampione. Kise era sotto un enorme ombrello e stava scrutando la persona presente sotto al ponte.
“Si sono io. Ma che ci fai ancora qui? In una zona come questa poi. Il tuo bel faccino da rivista potrebbe rischiare di essere rovinato per sempre” disse Aomine distogliendo lo sguardo.
“Uhm… è vero. Ma con quell’aria arcigna che hai sul volto nessuno si avvicinerebbe a me” rispose divertito.
Kise era molto rilassato con un bel sorriso dipinto sul viso.
“Comunque perché sei qui? Mi sembra che in palestra abbiamo già parlato abbastanza” disse Aomine sbuffando.
“Ti accompagno a casa. Ho immaginato che non avessi l’ombrello” disse indicando il suo “e poi non abbiamo parlato affatto! Hai solo sbraitato e te ne sei andato” aggiunse infastidito.
“Non ho bisogno del tuo aiuto. Puoi andare” disse lui accompagnando le parole con un gesto della mano.
Kise si irritò e lo raggiunse sotto il ponte chiudendo con uno scatto l’ombrello.
“Mi stai evitando!” esclamò.
“Non è vero!” esclamò di rimando Aomine guardando altrove.
“Si invece! Mi eviti ormai dalle medie! Da quando…”
“Stai zitto, sono stanco” disse sopprimendo uno sbadiglio.
Kise furioso buttò l’ombrello a terra e gli sferrò un pugno in pieno viso. Aomine barcollò ma non cadde. Si toccò il punto in cui era stato colpito pulendosi con la manica della giacca un rivolo di sangue. Kise indossava un anello che lo aveva graffito. Si voltò verso di lui pronto a rispondere al colpo ma si fermò notando le lacrime del biondino.
“Ma sei scemo? Mi colpisci e sei tu quello che piangi??” chiese abbassando il pugno rassegnato.
“Perché tu mi odi!”
“Io non ti odio. Sei tu quello che odia qualcuno o sbaglio? Non sei quello che importuna perennemente Tetsu?” sbottò.
“E’ colpa tua se mi comporto così!” replicò Kise asciugandosi le lacrime con la manica della sua giacca “e poi Kurokocchi non mi sta neanche antipatico” aggiunse.
“Tu sei strano forte amico” disse Aomine.
Aveva appena chiamato Tetsu con il nomignolo che attribuiva alle persone che stimava.
“Noi non siamo amici. Io non voglio essere tuo amico” replicò serio Kise guardandolo negli occhi.
Aomine gli diede le spalle avviandosi sotto la pioggia. Kise lo seguì ignorando l’ombrello depositato a terra. Si bagnarono all’istante ma erano talmente presi dalla loro conversazione che non ci misero peso.
“Ne abbiamo già parlato” disse Aomine continuando a camminare.
“Non è vero. Quella volta mi hai rifiutato e basta per poi rifugiarti nelle braccia di Kuroko! E’ per questo che lo odio! Mi vedi solo se è lui a chiedertelo, come nella partita in cui ci siamo scontrati. Se non ti avesse chiamato non ti saresti presentato!!” esclamò seguendolo.
Aomine si fermò all’improvviso e Kise andò a sbattere contro la sua schiena. Il ragazzo dai capelli blu si voltò a guardarlo esterrefatto.
“Io e Tetsu? Ma stai scherzando? Credevo fosse ovvia la mia attrazione nei confronti di Satsuki” disse imbarazzato “è per questo che ti ho rifiutato. Per lei” aggiunse.
Kise si impietrì registrando quell’informazione. Per tutto quel tempo lui aveva odiato Kuroko inutilmente? In realtà il vero nemico era rappresentato da Momoi Satsuki?
Arrossì talmente tanto che fu costretto a dargli le spalle. Aomine sospirò e gli mise una mano sulla testa accarezzandolo.
“Kise io non ti odio. Semplicemente sto cercando di evitarti per farti dimenticare di me. Mi dispiace che per colpa mia tu debba stare così. Io ti considero un buon amico…” disse con voce seria.
Kise iniziò a tremare soffocando un singhiozzo.
“Scusami…” disse Aomine togliendo la mano.
Si allontanò da lui avviandosi con il cuore più pesante per aver inflitto nuovamente dolore al suo amico. Però non poteva fare altrimenti. Gli voleva molto bene ma oltre a quello non provava altro visto che il suo cuore batteva per la sua dolce amica d’infanzia e quei sentimenti non potevano essere cambiati.
“A… Aominecchi…”
Si fermò sentendosi chiamare voltandosi con sofferenza.
“Ti prego… non ignorarmi più. Anche se non possiamo stare insieme mi basta starti accanto come amico” disse singhiozzando.
Aomine strinse i pugni avvicinandosi a lui. Per impulso lo circondò con le braccia cercando di consolarlo.
“Va bene idiota. Ma tu mi devi promettere che non fraintenderai nulla e ti troverai una persona che ti saprà amare come meriti” disse imbarazzato.
Kise annuì stringendolo tremante, continuando a piangere senza riuscire a fermarsi. Aomine alzò gli occhi al cielo sospirando, mentre la pioggia continuava a scendere senza dare tregua.
 
***
 
 Kagami era seduto sul divano accanto a Kuroko che gli stava servendo una tazza di tè. Non aveva più parlato da quando il più piccolo gli aveva detto che in passato aveva avuto una storia con il folle lancia forbici.
“Kuroko” disse infine.
“Si?” chiese il più piccolo ansioso.
“Come hai fatto a stare con Akashi? E’… pazzo!!” esclamò.
“Ma quello che hai visto oggi non era Akashi-kun, ma l’Imperatore” rispose portandosi alle labbra la sua tazza di tè.
“Ha un gemello?” chiese non riuscendo a capire.
Kuroko fece di no con la testa per poi sospirare.
“No, sono la stessa persona… forse…”
“Mi stai confondendo ancora di più”.
“Akashi-kun, quando l’ho conosciuto era molto gentile, si un po’ autoritario a causa dell’educazione avuta dalla sua famiglia, ma molto buono. Io mi sono sentito subito attratto da lui e dopo essere entrato in prima squadra abbiamo iniziato a frequentarci. Le cose andavano bene finché…” deglutì nervoso.
“Finché?” incalzò Kagami.
“Per colpa delle pressioni della sua famiglia e delle regole rigide della squadra, Akashi-kun ha iniziato a far emergere un altro lato di sé, il lato dell’Imperatore. Inizialmente sapeva controllarlo manifestandolo solo nelle partite e in altre occasioni, ossia quando si sentiva schiacciato da determinate situazioni troppo grandi per lui, poi la situazione è degenerata e l’Imperatore si è totalmente impossessato di lui…” chiuse gli occhi con espressione addolorata.
“Cos’hai fatto dopo?” chiese dolcemente Kagami.
Kuroko spalancò gli occhi guardandolo agitato. Il suo corpo iniziò a tremare e strinse le ginocchia al petto.
“Io… io… io…” balbettava senza riuscire a proseguire.
Kagami allora lo prese in braccio portandolo verso la sua camera da letto.
“Basta parlare, si è fatto tardi. Andiamo a dormire” disse.
In realtà voleva sapere molte più cose del passato di Kuroko ma se poi doveva ridursi in quel modo, preferiva aspettare il momento in cui lui si sarebbe sentito pronto.
Arrivati in camera si misero sotto le coperte e Kagami strinse a sé Kuroko, schiena contro petto, avvolgendolo tutto, cercando di farlo smettere di tremare con quel caldo abbraccio. Le cose non andarono come aveva sperato, il più piccolo si agitava e voleva fuggire.
“Mi dispiace Kagami-kun… ma non riesco… non riesco…” mormorò con voce soffocata mentre alcune lacrime iniziarono a bagnargli il viso.
Si fidava ciecamente di Kagami e stava cercando in tutti i modi di stare tranquillo, ma il suo corpo non rispondeva.
Kagami avvicinò la sua bocca all’orecchio del più piccolo iniziando a canticchiare, una cantilena che aveva già usato in passato con lui ottenendo l’effetto di calmarlo. Mentre cantava sperava che anche quella volta funzionasse. Kuroko chiuse gli occhi rapito da quella strada melodia, si asciugò con il dorso della mano le lacrime e cercò di far tornare il respiro regolare sincronizzandosi con il respiro del più grande.
“Kagami-kun, ma questa canzone in che lingua è?” chiese riuscendo finalmente a parlare.
Il suo corpo aveva cessato di tremare e iniziava ad apprezzare le braccia caldi di Kagami.
“Non saprei, dovrebbe essere di qualche tribù indiana. In America, prima di trasferirmi a Los Angeles, ho abitato per circa un anno nell’Indiana, vicino ad una riserva di nativi americani dove andavo a giocare spesso. In quel periodo, nonostante fossi un vero selvaggio, in realtà avevo paura di tantissime cose e piangevo per non nulla e mia madre in quei momenti non sapeva come calmarmi. Un giorno però, una vecchietta della riserva stanca di sentirmi strillare, cantò questa canzone: ebbe un effetto immediato, infatti smisi di piangere all’istante. Mamma decise di impararla e con il tempo l’ho imparata anch’io” spiegò.
Calò il silenzio, rotto solo da qualche  tuono in lontananza e dallo scrosciare della pioggia. Kagami avvicinò di più la testa ai capelli di Kuroko inalando il suo dolce profumo. Era un misto del suo bagnoschiuma alla vaniglia e di… Kuroko. Un profumo inebriante che gli stava per far perdere il suo autocontrollo. Era già un miracolo che quel ragazzo si trovasse tra le sue braccia senza tremare!
“Calma Taiga o scapperà” pensò trattenendo il fiato.
“Kagami-kun?”
“S-si!”
“Nooo, mi ha scoperto!!!” pensò agitato.
Il suo corpo iniziò a tremare.
“A-a-aspetta Kuroko! Non è come pen…”
“Ahahahahahahahah!”
Il più piccolo stava ridendo di gusto e cercava con una mano di soffocare le sue risate.
“Ehm… cosa succede?” chiese perplesso.
“Non riesco ad immaginarti in una riserva indiana. E poi te in versione bambino frignone? Ahahahahah! Ma andavi in giro a petto nudo e con il gonnellino?? Ahahahahahah” rideva talmente tanto che dagli occhi spuntarono delle lacrime.
“Ah, è così? Mi prendi in giro??”
Kagami cambiò posizione mettendosi a cavalcioni sopra Kuroko che ora lo guardava in ansia. Le coperte scivolarono a terra con un tonfo morbido.
“E’ guerra!!” esclamò con un ghigno.
Iniziò a solleticargli i fianchi mentre Kuroko si dimenava ridendo.
“No! Kaga… ahahahah! Fermo! Ti pre… ahahahah!!!”
Era bellissimo quando rideva ed era la prima volta che lo vedeva così rilassato senza paura negli occhi.
“Tregua, tregua!” esclamò asciugandosi le lacrime agli occhi.
Kagami lo stava osservando intensamente desiderando conoscerlo di più, vedere altre sue espressioni, sapere tutto. Si chinò verso di lui bloccandogli le mani sopra la testa avvicinandosi poi alla sua bocca.
Kuroko era immobile, in attesa. Conosceva quello sguardo, sapeva benissimo quando il desiderio prendeva il sopravvento, e negli occhi di Kagami si leggeva solo quello.
Il desiderio di possederlo.
“Kagami-kun…” mormorò a fior di labbra.
Era un invito e Kagami guardandolo negli occhi capì che non avrebbe opposto resistenza, che non sarebbe fuggito tremante. Sarebbe rimasto lì ad assecondare i loro desideri.
Premette le labbra contro le sue con infinita dolcezza e calma, passando lentamente la lingua per tutto il contorno labbra. Kuroko schiuse la bocca emettendo un gemito e Kagami ne approfittò per invadere la sua cavità, esplorandola con lentezza esasperante, passando la lingua tra i denti e sfiorando a malapena la lingua del più piccolo, ancora in attesa. Poi decise di occuparsi di essa, spingendola, giocandoci finché Kuroko non iniziò a sua volta a stuzzicarla, ingaggiando una lotta frenetica che li fece gemere.
“Kagami-kun…” mormorò appena le loro labbra si staccarono.
Kagami si sollevò di poco per togliersi la sua maglia e quella di Kuroko, poi si chinò di nuovo per dedicarsi al collo del più piccolo. Come un vampiro passò la sua lingua per tutta la sua lunghezza alla ricerca del punto più adatto per affondare i suoi canini, mordendolo piano per poi iniziare a succhiare e leccare con insistenza.
Kuroko affondò le sue mani tra i capelli infuocati del più grande cercando di trattenerlo il più possibile, gemendo quando iniziò a lasciargli una scia di succhiotti in vari punti del collo per poi spostarsi verso i suoi capezzoli, liberando entrambi dalle loro maglie.
Ne pizzicò uno, già turgido a causa di tutti quei baci, mentre l’altro lo tormentò con la bocca, leccandolo con lentezza esasperante.
“Kag… Kagami…” lo chiamò riuscendo a condurre la testa di nuovo in su per poterlo baciare.
Passò con frenesia le mani sul petto scultoreo del più grande sfiorando i capezzoli. Kagami gli afferrò le mani bloccandole nuovamente sulla sua testa.
“Non essere impaziente… altrimenti rischio di perdere il controllo” mormorò con voce roca al suo orecchio sfiorandolo poi con la lingua.
Si guardarono per un istante: gli occhi di Kagami erano lava fusa, ardenti di desiderio, mentre quelli di Kuroko erano due pozze d’acqua, talmente scuri che sembrava stesse nuotando nelle profondità delle oceano dove avrebbe potuto spegnere quel fuoco che scorreva in lui.
Il più piccolo ansimava cercando di trattenere i gemiti più sonori quando Kagami riprese a tormentarlo.
“Non trattenerti, voglio sentirti” disse con voce calda liberandogli le mani e scendendo giù con la lingua, lasciando una scia umida su tutto il suo ventre.
“E’ imbarazzante…” mormorò di rimando.
Kagami arrivò al punto che più desiderava vedere e sentire, notando che era già visibilmente eccitato. Mordicchiò la punta senza liberarlo dai pantaloni e Kuroko si irrigidì, inarcando di poco la schiena.
“Sssshh” disse sfilandogli il pantalone troppo largo e gli slip grandi, liberando così la sua erezione.
Rimase in silenzio a contemplare la nudità del ragazzo, che per l’imbarazzo lo guardava con occhi lucidi di lacrime, colmi di desiderio, mordicchiandosi la sua mano. Era così eccitante, così sexy e lui desiderava di più.
Si chinò sfiorando con la punta della lingua il suo glande facendolo inarcare ulteriormente. Inumidì la parte lentamente, facendo movimenti circolari e aprendo sempre di più le gambe del più piccolo, che stava tremando di piacere. Senza indugiare, affondò con la bocca, riempendo l’intera cavità della sua bocca con l’eccitazione di Kuroko che emise un gemito, irrigidendosi.
Kagami iniziò a muoversi, dall’alto verso il basso, stimolando con la lingua, aumentando man mano la velocità. Poi quando sentì che stava per venire, rallentò per poter invadere l’altra sua intimità con un dito.
“Kagami-kun…!” riuscì ad esclamare sentendo quella violazione.
Kagami inserì un secondo dito iniziando contemporaneamente a stimolare l’ano e l’erezione. Kuroko aveva affondato nuovamente le mani nei suoi capelli, assecondando con i movimenti del bacino quella danza.
“KAGAMI-KUN!” urlò giungendo all’orgasmo inondando la bocca del più grande del suo sperma, che bevve senza problemi.
Ancora spossato e tremante, venne girato in modo da poter stare a quattro zampe per poter accogliere l’eccitazione di Kagami nel suo punto più intimo. Entrò piano, per non fargli sentire dolore, ma fu tutto inutile. La sua eccitazione era al limite e Kuroko gemette di dolore mentre affondava in lui.
“Mi… mi dispiace…” mormorò quando vide che Kuroko si asciugò le lacrime.
Stava per allontanarsi ma il più piccolo lo fermò.
“Co… continua… voglio sentirti…”
Kagami a quelle parole non riuscì a capire più nulla, iniziando ad affondare con maggior frenesia, sentendo ad ogni spinta Kuroko gemere, un misto di dolore e piacere, assecondando i suoi movimenti.
“Di più…” pensò perso nell’umida cavità di Kuroko che si contraeva piacevolmente ogni volta che lo penetrava.
Kuroko stringeva il lenzuolo con forza e quando sentì dentro di sé un enorme calore e il forte gemito di Kagami, capì che aveva raggiunto l’orgasmo.
“Scusami…” disse.
“Nnn…” scosse la testa lui.
Non gli importava, quella sensazione di calore lo faceva stare bene.
Scivolò fuori di lui vedendo il suo stesso sperma colare sulle lenzuola. Girò Kuroko verso di sé notando che era nuovamente eccitato. Lo guardò mentre ansimava e alzava le braccia verso di lui, chiamandolo.
“Di più… voglio sentire di più” pensò Kagami.
Lo accolse tra le braccia mettendolo in posizione seduta tra le sue gambe, per poter sfregare le due erezioni insieme. Kagami le afferrò entrambe portando anche la mano del più piccolo su di loro, masturbandosi contemporaneamente.
“Di più…”
Prese in braccio Kuroko, pronto a penetrarlo di nuovo, mentre il più piccolo avvolse le sue braccia attorno al collo di Kagami, iniziando ad ansimare più forte quando lo penetrò.
“Di più…”
Inziò a muoversi affondando il viso nel suo collo e succhiando con forza, mentre l’erezione di Kuroko veniva stimolata dalle sue mani.
“Di più… voglio sentire di più…”
“Di… di più…”
Kagami quasi si fermò per la sorpresa facendo gemere insoddisfatto Kuroko che ansimava vicino il suo orecchio.
“L’ho detto ad alta voce?” pensò confuso.
“Kagami-kun… di più…” ansimò Kuroko catturandogli le labbra.
Ancora incredulo e imbarazzato, riprese a muoversi più velocemente, soffocando i gemiti nella bocca di Kuroko. Vennero contemporaneamente, accasciandosi poi sul letto, stremati ma ancora uniti.
Ansimavano sempre più lentamente, riprendendo il loro respiro regolare, Kuroko sdraiato sul petto di Kagami, avvolto dalle sue forti braccia. Alzò piano la testa e si mosse un po’ in avanti afferrandogli il viso tra le mani.
“Kagami-kun…” mormorò riappropriandosi delle calde labbra del suo compagno.
 
 
Angolo della follia @.@
Buon Natale gente! E non c’è niente di meglio di una svolta del genere per rendere il Natale più piacevole! xD ok ok, la smetto ;)
Vediamo cos’è accaduto di preciso in questo capitolo: nel capitolo precedente Kuroko aveva visto Kagami e Himuro baciarsi lasciandolo sconvolto. Quindi il piccoletto, nonostante desideri allontanarsi da Kagami per il suo giuramento, alla fine decide di andare a casa sua per saperne di più. Kagami, trovandoselo davanti casa, non esita ad accoglierlo, trasformandosi in una sorta di mamma chioccia xD comunque scopriamo poi della questione degli anelli di Kagami e Himuro (so della loro promessa, che si considerano fratelli, e altro, però per non complicare ulteriormente la storia ho preferito attribuirli un significato diverso).
E poi la grande scoperta… Kuroko non hai mai avuto una relazione con Aomine ma con Akashi! Qui ho preferito fare solo un accenno ma più avanti metterò altre cose che riguardano il passato di Kuroko ai tempi delle medie ^^
E alla fine, i nostri due ragazzi, si abbandonano ai loro desideri nascosti. Kuroko si arrende all’evidenza: ormai Kagami è troppo importante per lui e rompe il suo giuramento dichiarandosi. E mentre i nostri giocatori approfondiscono la loro relazione a letto, un’altra coppia/non coppia fa la sua comparsa.
Avevo già lanciato delle avvisaglie, non proprio dirette, però nella partita tra Kise e Aomine qualcosa è emerso. Infatti il biondino mostra molte più ostilità nei confronti di Kuroko perché ha chiamato Aomine per farlo giocare contro di lui. Kise non è cambiato particolarmente a livello di carattere ma odia Kuroko solo per questo forte legame, ambiguo il più delle volte, tra i due amici d’infanzia. E’ geloso, crede che sia colpa sua se Aomine non ricambia i suoi sentimenti.
Purtroppo però Aomine gli dice che in realtà ama la nostra Momoi.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e non risulti confuso e improvviso. La relazione tra Kagami e Kuroko doveva pur prendere una svolta, però mi sembrava il caso di far emergere il retroscena di Kise e spiegare il motivo delle sue ostilità nei confronti di Kuroko ;)
 
P.S. non chiedetemi come mi sia venuta l’idea di Kagami che canta quella canzone che neanch’io lo so xD infatti Kuroko esprime proprio il mio pensiero, di un Kagami con il gonnellino a petto nudo che fa confusione in una riserva indiana! Ahahahahah xD
Ok, ok la smetto. Giuro che non metterò più cose del genere xD (dopotutto sono un po’ folle e questo spazio appunto si chiama l’angolo della follia ;)
 
Vi auguro buon Natale e aspetto numerosi commenti. Alla prossima settimana =D (non posso assicurarvi la data precisa perché con le feste in corso avrò poco tempo per dedicarmi alla scrittura. Ma non preoccupatevi! =D)
 
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Capitolo 12
*** Una giornata particolare ***


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12. Una giornata particolare
 
Un debole raggio di sole filtrava dalla finestra illuminando i corpi avvolti dalle coperte dei due giovani. Nulla era mutato: a terra erano sparsi i loro abiti e i giocatori sugli innumerevoli poster fissavano con aria vuota la stanza.
“Mmm…”
Kuroko si mosse leggermente cercando di cambiare posizione, ma una forte stretta lo spinse contro qualcosa di caldo. Aprì pigramente gli occhi trovandosi a fissare il petto muscoloso di Kagami. Alzò poco la testa riuscendo così a scorgere il viso addormentato del suo compagno, dormiva con un barlume di sorriso e spesso stringeva la presa attorno al suo corpo. Erano completamente avvinghiati e il più piccolo non aveva alcuna via di uscita. La situazione però non gli dispiaceva: il suo corpo era rilassato e non tremava come la sera precedente, inoltre quel calore era piacevole. Si sentiva con il cuore più leggero e felice per essersi confessato, Kagami non era come Akashi e con lui si sentiva protetto.
Felice, strinse la presa con un sorriso ispirando il profumo di Kagami e dandogli un timido bacio sul petto.
“Cosa fai? Mi baci di soppiatto?” chiese una voce divertita.
Kuroko alzò la testa trovandosi faccia a faccia con un sorridente Kagami. Immediatamente arrossì e calò lo sguardo.
“No, no, io… io… non volevo!” esclamò a disagio.
Kagami iniziò a ridere e lo spinse verso l’alto. Kuroko coprì il viso con le mani per non farsi guardare.
“Idiota! Tu puoi tutto!” esclamò divertito. Poi gli scostò le mani riuscendo a vedere il viso rosso di Kuroko.
Si avvicinò alle sue labbra e gli diede un dolce bacio.
“Buongiorno” mormorò discostandosi.
“Buo-buo-buongiorno!” balbettò imbarazzato Kuroko.
Kagami, ridendo, lo strinse a sé.
“Dopo quello che è successo stanotte sei ancora così timido?” mormorò al suo orecchio.
“Kagami-kun!” esclamò lui.
“Va bene, va bene, la smetto” disse lui sciogliendo l’abbraccio. Si mise seduto facendo un enorme sbadiglio.
“Forza Kuroko, andiamo a fare colazio…” non riuscì a terminare la frase perché fu nuovamente trascinato giù sul letto.
“Kuroko?”
Il più piccolo aveva nascosto il viso dietro la sua schiena tenendo ben stretto Kagami.
“Restiamo un altro po’ così…” disse semplicemente.
Kagami arrossì e si voltò in modo da avvolgerlo tra le sue braccia.
“Va bene…” disse stringendolo.
Rimasero così a lungo, stretti l’uno nelle braccia dell’altro, pensando a come fossero fortunati a stare insieme.
 
***
 
Era passata una settimana dalla partita contro Aomine e il Seirin aveva affrontato altre partite importanti che li aveva portati in semi finale. Se avessero vinto anche quella poi avrebbero dovuto affrontare il Rakuzan in finale.
L’atmosfera sul campo era tesa e i ragazzi non facevano altro che allenarsi: Kagami stava cercando di affinare la sua elevazione e capire qualcosa di più sulla trance agonistica, Hyuuga si stava esercitando sui tiri da tre punti. Riko nutriva grandi aspettative in lui soprattutto perché gli ricordava molto Midorima. Kiyoshi mostrava le sue grandi capacità di giocatore trainando la squadra. In generale tutti i membri avevano mostrato segni di miglioramento e Kuroko stava provando una nuova tecnica segreta senza di loro, facendo degli allenamenti a parte in un’altra sede.
Al di fuori del campo le cose tra lui e Kagami andavano bene, certo non mostravano la relazione che avevano intrapreso agli altri, però la loro felicità e positività era contagiosa. Avevano ripreso a mangiare insieme a pranzo e dopo gli allenamenti, inoltre evitavano di avere rapporti completi per non creare problemi alla squadra. Infatti, il giorno dopo la loro dichiarazione, avevano avuto una partita e Kuroko, a causa di fitte dolorose al fondoschiena era stato costretto a stare in panchina per quasi tutto il match sotto lo sguardo omicida della coach.
“Non so cosa ti sia successo, ma se ti azzardi a presentarti così nuovamente, giuro che ti ammazzo!”
Kagami, che aveva assistito alla scena, guardava con aria colpevole il compagno che aveva cercato di rassicurarlo con un sorriso, anche se in realtà fece una smorfia di dolore che lo fece sentire peggio.
“Basta così per oggi!” urlò la coach ponendo fine all’allenamento.
La squadra sorrise sollevata, accasciandosi poi a terra per riprendere fiato.
“Domani abbiamo la semifinale” disse la coach attirando la loro attenzione “dobbiamo assolutamente batterli, mostrare la nostra forza!”
I ragazzi la guardarono con un luccichio eccitato negli occhi.
“Abbiamo battuto tre membri della “Generazione dei Miracoli” tra cui il più pericoloso, Aomine Daiki. Li abbiamo battuti dimostrando che niente è impossibile. Ed ora ragazzi vinciamo la semifinale e scontriamoci con il Rakuzan! Dobbiamo conquistare la Winter Cup!!”
“SIIII!!!!” urlarono carichi i ragazzi mettendosi in piedi.
“Ed ora tutti negli spogliatoi!”
L’intera squadra eccitata corse negli spogliatoi cambiandosi e chiacchierando, facendo pronostici e mostrandosi fiduciosi. Volevano vincere, volevano poter stringere tra le mani quella coppa...
“Voglio battere Akashi” pensò Kagami.
Ormai era diventata una questione di principio. Doveva batterlo. Per la squadra, per lui, per Kuroko...
“Kagami, novità su Kuroko?” chiese Hyuuga interrompendo i suoi pensieri.
“Si sta allenando ma non so altro” rispose chiudendo la cerniera della sua divisa scolastica.
Prese anche il cappotto infilandoselo.
“Speriamo bene, ha detto che voleva provare una nuova tecnica. Chissà se c’è riuscito...” commentò Kiyoshi.
“Conoscendo Kuroko, sicuramente” disse Kagami fiducioso.
Salutò la squadra e uscì fuori incamminandosi verso la palestra dove si stava allenando Kuroko insieme ad Aomine e Kise. Tutti i giorni, al termine degli allenamenti, lo andava a prendere per poter cenare. Ogni giorno però il più piccolo era sempre più affaticato, doversi scontrare con ben due miracoli era piuttosto sfiancante.
Quando gli aveva annunciato che si sarebbe allenato con Aomine non si era sorpreso più di tanto, dopotutto erano amici di infanzia ed era la scelta giusta per poter migliorare. Ma ciò che lo aveva lasciato allibito era Kise. Il biondino aveva sempre mostrato astio nei confronti di Kuroko, eppure era lì, aiutandolo con passione e incoraggiandolo. Lo chiamava addirittura “Kurokocchi” regalandogli dolci sorrisi da batticuore.
Lui aveva chiesto spiegazioni a Kuroko che non seppe dare una risposta. Gli aveva raccontato che quando erano entrati in squadra alle medie, Kise era stato sempre ben disposto nei suoi confronti, poi un giorno, cambiò totalmente atteggiamento ed ora era successo di nuovo.
“Quella gente è tutta matta” pensò calcando meglio il cappello in testa “Kuroko odia essere toccato, Kise è lunatico, Aomine è ambiguo, Midorima è amico/non amico, Akashi è un lanciatore di forbici professionista, Murasakibara è... un gigante! E poi c’è la tizia in rosa che soffoca tutti con le sue tettone”.
“Ma uno normale no??” si chiese ad alta voce giungendo all’ingresso della palestra.
Aprì la porta trovando qualcosa di inaspettato. Una partita era in corso e Aomine, Kuroko e Kise facevano parte della stessa squadra insieme a Midorima e Takao. I loro avversari erano i ragazzi dello Yosen, incluso il gigante.
“Ma cosa diavolo...” disse ad alta voce.
“Ah, Taiga-chan!!”
La sua visuale fu del tutto occultata dall’abbraccio di Momoi.
“Momoi... cosa succede?” chiese riuscendo a liberarsi dalla presa.
“Oggi la palestra è stata affittata da più persone e questo è il risultato” spiegò con gli occhi incollati sui suoi amici.
“Si ma... lo Yosen non ha una sua palestra??? E Midorima e Takao??”
“Ah, c’è stato un piccolo crollo. Gli spogliatoi della palestra dello Yosen sono inagibili e da oggi si alleneranno qui. Mentre Midorima e Takao sono stati chiamati da Dai-chan per l’allenamento di Tetsu-chan”.
Rimasero in silenzio osservando con attenzione tutti i movimenti. Kagami poté finalmente vedere con i suoi occhi il vero gioco di Luce ed Ombra, notando come lui e Kuroko non fossero ancora arrivati a quel livello. Aomine e Kuroko sapevano coordinarsi alla perfezione, e l’intera squadra gravitava attorno alla presenza dell’Ombra. Takao, nonostante non avesse mai giocato con loro, grazie a Midorima riusciva ad interagire bene.
Lo Yosen era in difficoltà, anche con la presenza di Himuro e Murasakibara, affrontare quattro miracoli insieme non era una cosa semplice.
Kagami dalla sua postazione fremeva: voleva giocare, affrontare il gigante e lo Yosen, stare in squadra con Kuroko e gli altri miracoli. Il loro gioco era così fluido, coordinato ma anche individuale. Lasciavano tutti i presenti a bocca aperta, e si trattava di una semplice amichevole! Non riusciva ad immaginarli in una vera partita.
Il fischio dell’arbitro interruppe i suoi pensieri.
“Ragazzi ma cosa fate???” urlò adirato “E’ solo una partita di allenamento!!”
Si avvicinarono Momoi e Kagami notando Takao a terra dolorante. Murasakibara lo aveva colpito con una pallonata per sbaglio e si stava scusando. Midorima lo fulminò con uno sguardo omicida alzando l’amico aiutato dall’arbitro. Momoi prese una cassetta del pronto soccorso per poterlo medicare.
“Grazie Satsuki-chan” disse Takao con una smorfia di dolore.
Lo Yosen era stato richiamato dalla loro coach per avere istruzioni mentre il resto stava attorniando Takao.
“Mi dispiace ma per adesso non puoi giocare” disse Momoi pulendo il taglio che sanguinava sulla fronte.
“Ma come facciamo? La partita non è ancora finita!” esclamò Takao contrariato.
“Riposati idiota, altrimenti il nostro coach domani ci ucciderà. Per fortuna è arrivato Kagami, ti sostituisce lui” disse Midorima.
In effetti Kagami si stava già togliendo il giubbotto, carico come non mai.
“Ci penso io” disse con un ghigno soddisfatto.
“Non gasarti troppo Kagamicchi. Murasakibara ci sta andando giù pesante e voi due domani avete un’importante partita” disse Kise serio.
“Tranquillo, non ci faremo male” disse Kagami mettendo una mano sulla testa di Kuroko per scompigliarli i capelli.
“Kagami-kun!” brontolò Kuroko scostando la mano imbarazzato.
Lui ridacchiò dirigendosi verso il campo pronto ad entrare in azione.
“Forza!” esclamò chiamandoli.
Midorima sospirò rassegnato e dopo un ultimo sguardo ad un incerottato Takao si diresse in campo. Kise parlava ininterrottamente seguito da Aomine che sbadigliava con aria annoiata. Kuroko sorrise e si gettò in campo pronto a ricominciare a giocare.
Murasakibara lanciò al nuovo venuto uno sguardo torvo a differenza di Himuro Tatsuya che si sbracciò appena lo vide.
“Taiga!!!” esclamò felice.
Kagami si avvicinò iniziando a chiacchierare con il suo vecchio amico inconsapevole del fatto che qualcosa stava accadendo nella sua squadra.
“Allora Kise mettiti in posizione centrale insieme a Kuroko, io mi metterò all’esterno. Aomine e Kagami attaccheranno, tutto chiaro?” Midorima stava dando le direttive in tono professionale ascoltato con interesse solo da Kise.
Kagami era ancora impegnato con Himuro, Aomine guardava Satsuki che continuava ad accudire un imbarazzato Takao e Kuroko invece si era trincerato in un silenzio inquietante.
“In posizione!” esclamò l’arbitro.
Kagami salutò Himuro raggiungendo la sua squadra notando immediatamente l’espressione cupa di Kuroko.
“Cos’è successo?” chiese.
“Kagami tu stai in attacco con Aomine” disse Midorima indicandogli la sua posizione.
Lui annuì perplesso.
“Dai-chan” disse Kuroko con voce bassa per farsi sentire solo da lui.
Aomine gli rivolse un’occhiata curiosa.
“Facciamoli vedere chi siamo”.
L’amico gli scompigliò i capelli intuendo quello che era successo.
“Tranquillo, se ne pentiranno a vita”.
Il fischio dell’arbitro annunciò la ripresa della partita e la squadra degli ex miracoli prese immediatamente la palla. Aomine partì all’attacco con quel suo passo elegante, una pantera pronta ad avventarsi sulla sua preda. A poca distanza, Kagami marcava Himuro, sul viso un sorriso che non prometteva nulla di buono: sembrava una tigre che stava giocando con la sua preda prima di dargli il colpo di grazia.
Murasakibara si mosse in avanti cercando di rubare la palla ad Aomine con scarso successo, perché con un movimento fluido lo superò correndo verso il canestro e segnando. Kagami era letteralmente elettrizzato da tutto quello che stava accadendo, prendendo la palla e smarcandosi da Himuro per poter segnare a sua volta.
La partita proseguì senza intoppi e finì a loro favore con un punteggio di 125-67 per loro. Li avevano stracciati e Kuroko finalmente sorrise battendo i pugni sia con Aomine sia con Kagami.
Ad un certo punto però sentì le forze mancare accasciandosi a terra.
“Kurokocchi!” esclamò Kise soccorrendolo per primo.
“Sto… sto b-bene…” balbettò tremante non tollerando quel contatto.
Kise lo lasciò immediatamente andare.
“Scusa…” mormorò.
“Per cosa? Non è colpa tua” rispose Kuroko mettendosi in piedi.
Kagami lo raggiunse immediatamente per sorreggerlo.
“Andiamo negli spogliatoi” disse.
Kuroko annuì chiudendo gli occhi e appoggiando tutto il peso su di lui. Era davvero esausto e desiderava solo un comodo letto. Per fortuna quella notte avrebbe dormito da Kagami e casa sua era lì vicino.
Kagami lo aiutò a cambiarsi sotto lo sguardo divertito di Aomine che non resistendo scattò qualche foto inviandola a Satsuki.
“Io vado a recuperare le mie cose in palestra, tu aspettami qui” disse Kagami lasciandolo alle cure di Aomine.
Ma al suo ritorno trovò Kuroko sdraiato su una panca con la testa appoggiata sulle gambe di Aomine, profondamente addormentato.
“Ma cos’è successo questa settimana per ridurlo così?” chiese Kagami perplesso.
La coach progettava per loro allenamenti distruttivi ma lui aveva sempre mantenuto bene il ritmo.
“Kuroko si è impigrito con voi, quindi aveva bisogno di una bella svegliata” rispose Kise.
“Noi non siamo come gli altri” disse Midorima prendendo la parola “siamo dei mostri. Abbiamo bisogno di allenamenti speciali per dare il massimo” chiuse il suo borsone con un suono secco.
“Ed è per questo che non lo facciamo mai ed eseguiamo gli allenamenti… normali se così si possono definire” disse Aomine aiutando Kagami a caricare sulle spalle Kuroko.
“Tu non ti alleni proprio!” esclamò Kise divertito.
Aomine lo ignorò e prese il borsone di Kuroko e il suo. Kise invece recuperò quello di Kagami.
“Andiamo?” domandò.
Uscirono fuori dividendosi all’ingresso. Midorima si mise al volante della sua bicicletta costringendo un riottoso Takao a stare dietro nel carretto insieme a Momoi, che non voleva andare con gli altri ad accompagnare Kagami e Kuroko. Aveva troppo freddo.
Si salutarono dandosi l’appuntamento il giorno dopo allo stadio dove si stava tenendo la Winter Cup.
Camminarono per circa una decina di minuti, commentando la partita appena conclusa.
“Wow, è fantastico giocare con voi! Mi sentivo elettrizzato, come se nessuno potesse battermi!” esclamò eccitato Kagami.
“Perché uniti nessuno può batterci Kagamicchi” disse Kise in tono serio “ecco perché siamo andati in scuole diverse, per poterci affrontare ad armi pari. E’ difficile trovare qualcuno in grado di stimolarci al gioco. Tu per adesso sei stato l’unica eccezione”.
Kagami rimase di stucco per poi sorridere.
“Cos’è quel sorriso compiaciuto?” disse Aomine dandogli una gomitata “Stai diventando un mostro come noi Kagami e allora a quel punto capirai”.
Con quelle parole lapidarie giunsero a casa di Kagami. Lui li invitò ad entrare promettendogli una buona cena.
“Va bene. Ma sai cucinare?” chiese Aomine sospettoso.
“Certo!”
Entrarono in casa e lo stupore fu generale.
“Wow, Kagamicchi! Ma ci vivi da solo???” chiese Kise correndo dentro eccitato.
“Si” rispose “aspettatemi qui, porto Kuroko a letto”.
Aomine annuì e si spaparanzò sul divano accendendo la tv, mentre Kise iniziò a toccare di tutto.
“Che arredamento spartano. L’essenziale! Cucina, tavolo, sedie, divano, tv, un tavolino, attrezzi da palestra e riviste sul basket…” ne prese una iniziandola a sfogliare velocemente.
Kagami ritornò dirigendosi poi in cucina.
“Kagamicchi” disse Kise chiudendo il giornale di scatto.
“Che c’è?”
“Sei un tipo veramente noioso! Ma Kurokocchi come fa a stare con te???”
Kagami arrossì a quelle parole.
“Chi? Come…? Ma quando!” esclamò dandogli le spalle.
“Si vede lontano un miglio che state insieme” commentò Aomine che stava facendo zapping “ma ti avviso. Se lo farai soffrire preparati ad una morte lenta e dolorosa” aggiunse puntandogli il telecomando contro.
“S… si!” esclamò lui non sapendo cos’altro dire.
La serata continuò senza problemi: i ragazzi mangiarono tutto con gusto facendo i complimenti a Kagami anche se restarono un po’ stupiti per la quantità industriale di cibo che Kagami ingurgitava. Dopo cena iniziarono a giocare alla console nuova di Kagami, con il risultato di restare svegli quasi tutta la notte, tra risate, battibecchi, urla e guerra dei cuscini.
Intorno alle sette del mattino, Kuroko aprì gli occhi cercando di mettere a fuoco la stanza e di capire dove fosse. Riconobbe i poster appesi sui muri e guardò alla sua sinistra per vedere se Kagami stava ancora dormendo. Con sua sorpresa il letto era vuoto e si alzò con passo incerto dirigendosi in cucina.
Ciò che vide lo mise in allarme: c’erano piume sparse ovunque e cuscini distrutti, alcuni soprammobili erano in frantumi a terra e molte delle riviste di Kagami erano stracciate. La televisione era accesa e mostrava una semplice schermata blu.
Dietro al divano sentì un rumore sospetto.
“K-Kagami-kun?” chiamò impaurito.
Per tutta risposta ebbe un grugnito. Facendosi coraggio, afferrò uno dei pesi di Kagami pronto a colpire l’invasore. Rimase con il peso a mezz’aria quando si accorse di tre figure che conosceva benissimo: Kise stava sdraiato di pancia in giù sul tavolino, il viso schiacciato sul vetro, i piedi penzoloni e una mano che toccava la pancia scoperta di Kagami. Lui era a terra a pancia in su, un joystick in mano e la bocca aperta. Ogni tanto spostava con la mano libera il piede di Aomine che gli solleticava il naso. Infatti quest’ultimo stava russando sul divano, con un braccio che gli copriva il viso, un rivolo di bava gli scorreva dalla bocca, e ogni tanto si agitava colpendo con il piede la faccia di Kagami.
Kuroko incredulo scoppiò a ridere. Non era una scena che si vedeva tutti i giorni.
La sua risata li fece svegliare: Aomine scostò il braccio guardando Kuroko e appoggiò il piede su qualcosa di umido. Lo aveva infilato nella bocca di Kagami che iniziò ad agitarsi per poi sputare fuori il piede imprecando in inglese. Kise, aprì pigramente gli occhi sbadigliando sonoramente, con il viso arrosato da un lato.
“Ma che avete combinato?” chiese Kuroko riprendendo fiato dopo tutto quel ridere.
Aomine per tutta risposta gli lanciò un cuscino che per istinto Kuroko deviò colpendo in pieno viso un assonato Kise.
“Ehi!” esclamò contrariato.
“Basta con le sciocchezze, dobbiamo fare colazione. Kuroko tra tre ore inizia la semifinale” disse Kagami prendendo il  controllo della situazione.
Kuroko annuì con un espressione rilassata dirigendosi verso il bagno. Prima di entrarci però si voltò a guardare i suoi amici: Aomine si era sdraiato nuovamente sul divano suscitando l’ira di Kise rimasto da solo a pulire, mentre Kagami stava preparando la colazione allegramente.
Kuroko ridacchiò desiderando che quel clima così rilassato e amichevole durasse per sempre.
 
 
Angolo della follia @.@
Non so come ma sono riuscita a terminare! @.@
Potrei definirlo un capitolo di passaggio, più leggero rispetto agli altri. E poi volevo uno scontro contro lo Yosen xD
Mi sono divertita tantissimo a descrivere le nuove relazioni tra i personaggi e queste scenette =D
Questo è l’ultimo capitolo dell’anno.
Vi auguro un buon 2015 e alla prossima settimana con il capitolo 13 ;)
BUON ANNO A TUTTI =D

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Capitolo 13
*** A un passo dal sogno ***


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13. A un passo dal sogno
 
“Kagami!!”
Correva come non aveva mai fatto prima, la palla che rimbalzava a terra e la sua squadra alle calcagna. Tre giocatori spuntarono per bloccarlo mettendolo in difficoltà.
“Capitano!” urlò passando la palla a Hyuuga.
Junpei la prese preparandosi al tiro da fuori area. Purtroppo per lui un giocatore della squadra avversaria riuscì a recuperarla e a correre verso il loro canestro.
“KIYOSHI!” urlò il capitano inseguendo il giocatore.
Fu un attimo, la palla prima c’era e poi non c’era più.
“Ma cos…?”
Kuroko stava correndo in avanti, un fulmine azzurro che danzava tra i suoi avversari. Si dovette fermare quando uno di loro lo bloccò.
“Dribbling fantasma” mormorò.
Un battito di ciglia e poi… più nulla.
Kuroko lo aveva superato con eleganza e passato la palla a Kagami che segnò al fischio dell’arbitro decretando la fine della partita.
I ragazzi urlarono dalla gioia correndo ad abbracciarsi. Riko si unì a loro e venne presa in braccio da Hyuuga per evitare che venisse schiacciata dai giocatori, sorte purtroppo non evitata da Kuroko che finì stritolato tra Kagami e Kiyoshi.
“SIAMO IN FINALEEEEE!!!!” urlò Koganei improvvisando una danza.
Tutti scoppiarono a ridere dirigendosi verso gli spogliatoi.
Dagli spalti Aomine si alzò seguito da Momoi.
“E’ migliorato tantissimo. Se si allenasse ancora con voi in questi due giorni sono sicura che batterà il Rakuzan” disse la ragazza come un sorriso soddisfatto sulla faccia.
“Satsuki ho tanti dubbi a tal proposito. Stiamo parlando di Akashi dopotutto e poi dovrà allenarsi con la sua squadra. Non ha più bisogno di noi” rispose Aomine pensieroso.
“Aominecchi!!!”
Kise stava correndo verso la loro direzione con il capitano del Kaijou, il suo senpai Kasamatsu Yukio, che lo seguiva con passo lento.
“Ce l’hanno fatta!” esclamò felice.
“Si” rispose Aomine riprendendo a camminare una volta raggiunti.
“Ma il dribbling fantasma?? Non riesco a staccare gli occhi di dosso da Kurokocchi ogni volta che lo fa!”
“Si chiama dribbling fantasma perché non riesci a vederlo, quindi a meno che tu non sei un mago dell’illusionismo non puoi  appunto vederlo” commentò Kasamatsu con tono spazientito.
“Senpai! E’ un modo di dire!” esclamò Kise fingendosi scandalizzato.
Lui alzò gli occhi al cielo suscitando le risate di Momoi e lo sguardo annoiato di Aomine.
Uscirono fuori dove trovarono Midorima e Takao intenti ad aprire il lucchetto della catena del loro mezzo di trasporto piuttosto fuori dall’ordinario.
“Midorimacchi!” urlò Kise correndo in avanti e salutandolo allegramente.
Midorima lo guardò infastidito non tollerando l’abbraccio troppo caloroso dell’amico. Kasamatsu sbuffò preparandosi a prendere una rincorsa.
“Non so cosa sia successo, ma lo preferisco nella sua versione cupa. Così è troppo fastidioso” commentò correndo in avanti.
Aomine lo seguì incuriosito mentre Momoi corse a sua volta per osservare la scena. Kasamatsu fece un salto e colpì con un calcio Kise che cadde a terra. Poi, con una presa degna di un wrestler professionista, lo bloccò a terra.
“Ahi, ahi, ahi!!! Senpai!!!!” esclamò Kise.
Momoi ridacchiò raggiungendo Midorima e Takao che osservavano la scena perplessi.
“Takao-san, come ti senti?” chiese Momoi rivolgendosi al ragazzo che aveva ancora il cerotto sulla fronte, reduce dallo scontro del giorno prima con Murasakibara.
“Sto meglio Sa-chan, ti ringrazio” rispose lui con un caloroso sorriso.
Aomine intanto li aveva raggiunti.
“Andiamo Satsuki” disse incamminandosi.
“Dai-chan! Aspetta! Vai sempre così di fretta!” borbottò Momoi sistemandosi meglio la sciarpa.
“Aominecchi! Non andare, salvami!!!” lo implorò Kise da terra.
“Ha ragione Satsuki, vai sempre così di fretta Daiki”.
Aomine si voltò riconoscendo immediatamente quella voce.
“Akashi” disse con voce graffiante.
Il loro ex capitano stava scendendo con eleganza la gradinata che conduceva allo stadio per raggiungere i suoi ex compagni di squadra. Indossava la sua divisa scolastica coperta da un lungo giaccone. Al suo fianco Murasakibara mangiava delle patatine guardando con aria annoiata intorno.
Kise si rimise in piedi con sguardo cupo pulendosi i pantaloni impolverati. Aomine spinse leggermente Momoi verso Midorima che immediatamente la nascose dietro di sé.
“Ma cos…” stava per dire ma fu zittita dall’espressione seria di Aomine.
Kasamatsu affiancò Kise innervosito. Non riusciva a capire il perché di tutta quella tensione e la situazione non gli piaceva.
“Cosa ci fai qui?” chiese Aomine aggressivo.
“Calma Daiki. Con quel tuo caratterino prima o poi finirai nei guai” rispose l’Imperatore pacato.
Si fermò a pochi passi dal gruppetto scrutandoli con i suoi intensi occhi arancioni. Non gli sfuggiva mai nulla.
“Che espressioni cupe che avete. Non siete contenti di essere tutti qui riuniti? Anche se noto due intrusi…” disse puntando gli occhi prima su un Kasamatsu innervosito e poi su un Takao preoccupato “inoltre manca uno di noi” aggiunse voltandosi leggermente per indicare lo stadio.
“Non mi hai ancora risposto” disse Aomine stringendo i pugni.
“Non è ovvio?” rispose l’Imperatore mettendo enfasi nell’ultima parola “da buon capitano sono venuto a vedere i nostri prossimi avversari…” si mise a braccia conserte guardandolo con superiorità.
“Dimentichi gli allenamenti” disse Murasakibara accartocciando la busta ormai vuota di patatine.
“Giusto! Volevo vedere il frutto del vostro lavoro… Atsushi mi ha parlato dei vostri allenamenti” si avvicinò ad Aomine con passo lento “sapevo che lo avresti aiutato. Il tuo migliore amico di sempre… peccato che non ci sei sempre riuscito”.
Fu un attimo: Aomine alzò un pugno pronto a colpirlo; Kise lo afferrò dalla vita tirandolo indietro; Murasakibara intercettò il pugno.
“Lasciatemi!” esclamò adirato.
“Aomi-nec-chi! N-on fa-re sciocchezze!!” esclamò Kise tirando.
“Mine-chin” disse semplicemente Murasakibara aumentando la stretta.
Aomine grugnì e calò il pugno.
“Devi imparare a controllarti Daiki, te l’ho sempre detto” posò la sua mano sulla sua spalla.
Aomine si scansò non volendo essere toccato. L’Imperatore ghignò e posò il suo sguardo su Kise.
“Ryouta, che onore!” esclamò divertito “quando ho sentito da Atsushi che avevi aiutato Tetsuya sono rimasto a dir poco sorpreso! Proprio tu fra tutti…” scosse la testa in segno di diniego “così non va… sono sensi di colpa forse?”
Kise spalancò i suoi occhi dorati agitato, poi guardò in basso stringendo i pugni. Aomine si voltò a guardarlo cercando di capire, ma il biondo sfuggiva al suo sguardo.
L’imperatore passò oltre fermandosi davanti a Midorima che continuava a tenere alle sue spalle Momoi.
“Shintaro, e tu? Non ti è mai importato di nulla e hai sempre guardato dall’altra parte… ed ora? Aiuti Tetsuya e cerchi di nascondermi gli splendidi occhi di Satsuki?” si affacciò sorridendo a Momoi.
Un sorriso che non raggiungeva gli occhi.
“Le cose cambiano” disse Midorima glaciale spostandosi per coprirla alla sua vista.
Lui si raddrizzò fissandolo negli occhi.
“Vedo” disse allontanandosi.
Tornò verso la gradinata e si accomodò su uno scalino.
“Che cosa intendi fare?” chiese Aomine.
“Daiki, Daiki, Daiki…” disse scuotendo la testa rassegnato “mi porgi sempre domande retoriche” alzò lo sguardo con fare strafottente “secondo te?”
“Sta aspettando Kurokocchi...” disse Kise.
L’Imperatore gli lanciò un’occhiata interessata.
“Siete diventati così amici da chiamarlo Kurokocchi?” chiese incuriosito.
Kise non rispose mordendosi il labbro.
Un vociare proveniente dallo stadio li distrasse. L’intero Seirin stava scendendo le scale con fare eccitato: alcuni continuavano ad urlare “Siamo in finale!”; la coach parlava con allegria a Junpei che la guardava sorridente; Kiyoshi invece stava chiacchierando con Koganei ed Izuki. Chiudevano la coda Kagami e Kuroko, il più grande gli aveva appena appoggiato un braccio sulle spalle per stringerlo a sé dicendo qualcosa in inglese, mentre il più piccolo annuiva divertito.
L’Imperatore si mise in piedi voltandosi verso Kuroko e fissandolo intensamente. La squadra si fermò tesa alla sua vista, ricordavano ancora il lancio delle forbici. Kuroko fece qualche passo in avanti superando tutti, seguito da Kagami.
“Bene, bene, bene. Direi che ora siamo al completo!” esclamò divertito l’Imperatore.
Murasakibara sbadigliò prendendo dalla busta che portava con sé una barretta di cioccolato.
“Kise Ryouta, The Perfect Copy. Aomine Daiki, l’Unstoppable Scorer. Midorima Shintaro, lo Shooting Guard. Murasakibara Atsushi, The Giant. Io, Akashi Seijuro, The Emperor. E infine tu, Kuroko Tetsuya, The Phantom Player” man mano che li elencava li aveva indicati uno ad uno “l’intera “Generazione dei Miracoli” è qui… aaaah, questo mi riporta alla mente piacevoli ricordi, non è vero ragazzi?”
Nessuno parlò, fissandolo intensamente. Aomine e Midorima si lanciarono uno sguardo preoccupato, non sapevano cosa volesse l’Imperatore da tutti loro.
“E quindi?” Kuroko fece un passo avanti “tutti sanno chi siamo. Non c’è bisogno di fare l’appello. E ora se vuoi scusarci, noi abbiamo una vittoria da festeggiare” fece altri passi avanti seguito da Kagami e dalla squadra.
Aomine lo guardò orgoglioso, stava tenendo testa all’Imperatore.
“Ahi, ahi, ahi… Tetsuya, stai partendo con il piede sbagliato. E’ questo il modo di rivolgerti al tuo ex capitano? Dov’è finito il timido, dolce, gentile Kuroko Tetsuya?” chiese inclinando la testa come se stesse osservando un oggetto raro.
“Non credo di dover mostrare a te questo mio lato” gli diede le spalle ma fu afferrato al braccio.
La reazione fu istantanea, Kuroko iniziò a tremare e cercò di liberarsi. Aomine e Kagami si fecero avanti ma Murasakibara li fermò.
“Lascialo stare!” esclamò Aomine cercando di aggirare Murasakibara.
Kise si fece avanti ma fu colpito da un movimento improvviso del gigante che lo fece cadere a terra.
“Ricordati Tetsuya, non puoi battermi. Io sono assoluto” mormorò l’Imperatore al suo orecchio.
Kuroko fu tirato indietro da Kagami nel momento in cui l’Imperatore lo liberò dalla sua stretta. Persero entrambi l’equilibrio ma non caddero grazie all’intervento di Kiyoshi e Hyuuga.
“Ci vediamo tra tre giorni Seirin, sarà un piacere giocare contro di voi” disse incamminandosi.
Fece cenno a Murasakibara che immediatamente lasciò perdere Aomine e lo seguì.
Gli altri in silenzio lo guardarono allontanarsi pensando a come l’Imperatore sapesse giocare con le loro menti.
 
***
 
Stava correndo.
Si stava allenando senza commettere errori.
Voleva raggiungerli.
Voleva essere uno di loro.
Una risata malefica risuonò.
“Tu non riuscirai mai a raggiungerli!!” urlò la voce facendolo tremare.
Il buio lo inghiottì e si trovò seduto legato su una sedia.
“Nnn…”
Aomine e Momoi emersero dall’oscurità.
“Aiutatemi!!”
Loro fecero di no con la testa dandogli le spalle.
“No…”
Murasakibara e Midorima lo ignoravano in un angolo, Kise ridacchiava malefico.
“Vi prego!”
Akashi emerse dall’ombra, i suoi occhi entrambi rossi.
“Tetsuya!” urlò disperato.
Allungò la mano per afferrarlo.
“Sei-chan…”
Il ragazzo lo liberò ma quando alzò la testa i suoi occhi erano diventati arancioni e iniziò a ridere.
“NOOOOO!!!”
“Tetsuya!” esclamò una voce femminile.
Lui aprì gli occhi trovandosi sua madre e suo padre intenti a guardarlo preoccupato.
“Stai bene?” chiese lei scostandogli una ciocca di capelli sulla fronte madida di sudore.
Kuroko si mise seduto riprendendo fiato.
“S… si…” si guardò intorno costatando di essere in camera sua.
“Hai fatto un brutto sogno?” chiese il padre porgendogli una bottiglietta d’acqua.
Lui annuì aprendola.
“E’ tutto passato, ci siamo noi qui” disse la mamma in tono amorevole accarezzandolo.
Kuroko sorrise restituendo la bottiglietta al padre.
“Hai avuto molto da fare in questo periodo per via della Winter Cup e tra poche ore giocherai la finale. Dopo ti obbligo a prendere un lungo periodo di riposo” disse il padre scompigliandoli i capelli.
“Va bene” disse lui con tono rassicurante.
“Ed ora a fare colazione visto che sono le sette passate!” esclamò la mamma.
“Vai in bagno, ti aspettiamo in cucina” disse il padre uscendo fuori.
Lui si mise in piedi con un sonoro sbadiglio. Quell’incubo l’aveva veramente scosso e avrebbe incontrato di li a poche ore Akashi in persona.
Il cellulare vibrò e lui aprì felice il messaggio, Kagami gli stava augurando il buongiorno. Ridacchiò quando vide che aveva allegato la foto dei suoi occhi arrossati perché non aveva dormito troppa l’eccitazione.
Lui rispose in fretta inviandogli invece la foto dei suoi capelli in disordine. Ridendo uscì fuori pensando che quella sera, al di là del risultato, avrebbero potuto stare di nuovo insieme senza freni.
 
***
 
Erano nel pieno della partita e l’Imperatore stava dando del filo da torcere a tutti, mettendo in seria difficoltà il Seirin. Con i suoi occhi arancioni scrutava tutto e tutti, aveva una visione a 360° rendendo inutile qualsiasi offensiva. Faceva tutto da solo in campo, passando raramente la palla ai suoi compagni solo per poi riprenderla subito dopo.
Kagami era entrato in zona da un bel po’ seguito immediatamente dall’Imperatore che con la sua forza lo fece inginocchiare molte volte, facendolo sbraitare di rabbia ed umiliazione. Kuroko era in panchina perché aveva bisogno di recuperare: l’Imperatore l’aveva pressato sin dall’inizio ignorando tutti gli altri membri del Seirin.
“Maledizione!” sbottò guardando Kagami inginocchiarsi per l’ennesima volta.
Aveva impedito in tutti i modi il loro gioco di Luce ed Ombra, ridendo ogni qual volta li intralciava.
Il primo tempo finì con un vantaggio netto del Rakuzan. La squadra andò in panchina scoraggiata, quello era il mostro peggiore che avevano mai affrontato.
“Ragazzi la situazione non è facile” disse Kiyoshi prendendo la parola “ma siamo giunti sin qui, in finale! Abbiamo affrontato tante sfide, siamo una squadra neonata che ha battuto i migliori. Noi siamo il Seirin! Perciò torneremo in campo a testa alta, mostreremo il nostro gioco di squadra, faremo vedere a tutti come sappiamo divertirci!”
Tutti lo guardarono perplessi, poi Kuroko mise una mano davanti a sé.
“Uniti?” chiese con forza.
“UNITI!” esclamarono in coro dandosi carica.
“Bene, tra poco rientrerete in campo. Kuroko entrerà al posto di Koganei. Kagami e Izuki in attacco, Kiyoshi posizione centrale, non può piegarci per sempre! Hyuuga stai esterno, abbiamo bisogno dei tuoi infallibili tiri da tre, dobbiamo recuperare il distacco! Kuroko” si voltò verso di lui fiduciosa “è il momento che il sesto uomo fantasma mostri le sue vere potenzialità” disse con forza.
“Si!” urlarono carichi.
“Siamo a un passo dal sogno, il nostro sogno! Non possiamo permettere a quel folle di umiliarci ancora!” esclamò Hyuuga.
La squadra annuì disponendosi in campo così come aveva ordinato la coach.
Kagami e Kuroko chiusero gli occhi, concentrati, e li riaprirono nel momento in cui varcarono la soglia della porta che li conduceva nella zona. L’Imperatore era lì ad aspettarli con un ghigno soddisfatto.
“Il gioco sta per diventare interessante” disse.
L’arbitro fischiò facendo partire il gioco e la palla finì tra le mani di Izuki che la passò immediatamente a Hyuuga facendoli segnare in una manciata di secondi. La panchina esultò irritando l’Imperatore.
“E’ il momento di fare sul serio” disse innervosito.
Puntò gli occhi su Kagami e Kuroko ed entrò in zona preparandosi a giocare. La palla era in possesso del Rakuzan che immediatamente la passò al loro capitano. L’Imperatore corse in avanti superando Izuki e Hyuuga. Kagami gli intralciò la strada recuperando la palla superandolo, ma il ragazzo non si arrese correndo in avanti per intralciarlo. Era molto veloce e si sporse verso di lui  per prendere il pallone.
Kagami con un passaggio degno di Aomine, passò la palla a Kuroko che con il suo dribbling fantasma superò due giocatori del Rakuzan. Sotto gli occhi sbalorditi dell’Imperatore si mise in posizione di tiro. Non arrendendosi si posizionò davanti a lui saltando nel momento in cui Kuroko tirò la palla.
“Non mi puoi battere!” esclamò.
“Phantom Shot” mormorò in risposta.
L’imperatore rimase sconvolto nel vedere la palla svanire davanti ai suoi occhi per poi trovarla a terra. Guardò il tabellone e vide che il punteggio del Seirin era aumentato di due punti.
“Ma come..?”
Kuroko tornò indietro dai suoi compagni soddisfatti. L’Imperatore digrignò i denti colto da una rabbia improvvisa. Non poteva permettersi di perdere, doveva batterli e piegarli una volta per tutte. Doveva mostrare chi era a coloro che gli avevano voltato le spalle. Doveva mostrare chi comandasse.
La partita riprese con più frenesia e carica: il Seirin riuscì a raggiungere il punteggio del Rakuzan approfittando della confusione dell’Imperatore, infatti non riusciva a segnare più come prima ed era uscito dalla zona. All’improvviso perse l’equilibrio rischiando di cadere appoggiandosi per sbaglio a Kagami.
“Capitano!” esclamarono all’unisono i suoi compagni di squadra.
L’arbitro fischiò avvicinandosi per capire cosa fosse successo. Lui si rimise in piedi aggrappandosi a Kagami.
“Nulla, sto bene” disse.
Kuroko lo guardò negli occhi cercando di capire cosa stesse tramando e rimase sorpreso quando notò che i suoi occhi erano entrambi rossi.
“Se… Sei-chan?” disse Kuroko avvicinandosi.
Per una frazione di secondo gli occhi rossi di Akashi si riflessero in quelli azzurri di Kuroko, poi dopo un semplice battito di ciglia divennero di nuovo arancioni.
“Giochiamo!” esclamò allontanandosi malamente da Kagami che sbottò.
Il gioco riprese ma ormai l’Imperatore aveva perso buona parte della sua forza, non si aspettava tutta quella energia da parte del Seirin e inoltre stava affrontando ben due miracoli. Kuroko lo era già da tempo ma Kagami poteva essere tranquillamente definito tale. La sua elevazione era assurda e sembrava galleggiare nell’aria sovrastando tutto e tutti.
La partita terminò a favore del Seirin, ma era stata combattuta fino alla fine portando allo stremo tutti. I ragazzi non potevano crederci, si abbracciarono urlando e Kuroko, talmente la gioia, non tremò nemmeno.
Avevano vinto.
Avevano battuto l’Imperatore.
Avevano conquistato la Winter Cup.
La panchina si alzò andando ad unirsi all’abbraccio collettivo. Riko ormai piangeva senza ritegno raggiungendo i ragazzi urlante. Hyuuga la prese in braccio per poi farle fare una serie di piroette e infine la baciò davanti a tutti suscitando fischi ammirati da parte di molti spettatori e dei loro compagni. Kagami e Kuroko si guardarono intensamente e senza che nessuno se ne accorgesse si presero per mano.
Non riuscirono a capire nient’altro, vissero come un sogno la proclamazione, la consegna della coppa, i festeggiamenti negli spogliatoi. Quando uscirono fuori i ragazzi in festa si affrettarono a scegliere il ristorante dove avrebbero proseguito la serata. Solo due rimasero un po’ in disparte: Kagami aveva trascinato Kuroko dietro una colonna per avventarsi sulle sue labbra.
Il bacio era intriso di gioia e aveva risvegliato il loro desiderio sopito per il bene della squadra. Si accinsero a seguire gli altri sfiorandosi volutamente la mano mentre camminavano.
Non si erano accorti che poco lontano due individui avevano assistito alla scena ammutoliti.
“Capitano ed ora che si fa?” chiese il ragazzo alto dai lunghi capelli viola.
Il più piccolo guardò la coppietta felice raggiungere la squadra per poi avviarsi urlando di gioia.
“Niente, per ora lasciamo perdere. Ma manca poco…” sistemò la giacca con un gesto elegante “… e poi potrò fare la mia mossa”.
 
 
Angolo della follia @.@
Salve a tutti e buon anno! Come avete passato il Capodanno, avete scritto i vostri buoni propositi? Io solo mentalmente XD
Allora! E’ il momento del commentino e di alcuni chiarimenti ^^
Nella prima parte ho ridotto all’essenziale la semifinale concentrandomi poi sull’incontro dei miracoli. Non avete la più pallida idea di come mi sia divertita a scriverla! Avevo nella mia mente Akashi che camminava tra di loro provocandoli e giocando con loro come se fossero dei pupazzi… la rabbia di Aomine, il comportamento degli altri…. Ogni tanto ho questi attacchi xD
Nella seconda parte emergono le paure e i ricordi frammentari di Kuroko… ed infine i messaggi del buongiorno tra lui e Kagami =D so già che una lettrice (Vivenne Novanta) mi vorrà uccidere per questo XD
Infine la finale: l’ho ridotta in questo modo perché qui Akashi non ha nessun cambiamento, mentre nel manga si. Non volevo questo e ho adattato il racconto in base alla mia idea della storia. Se avete notato ho omesso tutto ciò che riguarda gli altri personaggi, ad esempio il problema di Kiyoshi. E’ già complicata di suo la storia quindi non volevo renderla troppo ingarbugliata. Alla fine mi sto dedicando solo ai miracoli.
L’ultima frase dell’Imperatore non fa pensare a nulla di buono… cosa vorrà fare??
Al prossimo capitolo e commentate!!! =D
 
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Ho scritto altre fan fiction se volete correte a leggerle ;)
  • “Junjou revolution!” è dedicata a Junjou romantica (conclusa);
  • “Junjou revolution! Il ritorno” è una raccolta di one shot collegate alla storia principale (non conclusa);
  • “Shadows” dedicata a Sekai-Ichi Hatsukoi (conclusa);
  • “Voglia di amare” dedicata a Skip Beat! (conclusa);
  • “I gemelli Mikaelson” dedicata alla serie The Originals (conclusa).

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Capitolo 14
*** La pausa invernale ***


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14. La pausa invernale
 
Erano iniziate le vacanze invernali e la coach aveva concesso alla squadra un periodo di riposo. Avrebbero ripreso gli allenamenti dopo Capodanno, dopotutto con la conquista della Winter Cup si erano meritati questa pausa. L’anno precedente non era stata così magnanima, quindi la teoria della maggior parte dei ragazzi del secondo anno era che lei volesse passare un po’ di tempo con Hyuuga, visto che dal giorno della finale, con quel gesto eclatante, si erano messi insieme. Questa situazione non dispiaceva affatto a Kuroko e Kagami che ne approfittarono per uscire, passare più tempo insieme al di fuori del campo da basket.
Era la sera del 22 dicembre e Kuroko nella sua camera era entrato nel panico, il Natale era alle porte e non aveva ancora acquistato qualcosa per Kagami. In quel momento entrò in camera sua Aomine: avevano deciso di vedere comodamente un film in casa senza la presenza di Satsuki, soprattutto perché si trattava di un film dell’orrore e lei li detestava. L’ultima volta che avevano visto un film del genere insieme non avevano capito nulla perché lei urlava ad ogni scena, un urlo stridulo, spaccatimpani.
“Ehi Tetsu” salutò Aomine “andiamo a fare i pop-corn. I tuoi stanno per partire e possiamo vedere il film in salotto”.
Lui annuì incupito seguendo l’amico.
“Ragazzi, ci vediamo dopo Capodanno. Mi raccomando non fate troppa confusione, altrimenti i vicini si lamenteranno e Tetsuya non creare problemi agli Aomine e i Momoi. Inoltre, quando andrai da Kagami, non restare troppo. L’ospite dopo qualche giorno potrebbe infastidire ” dissero i genitori di Kuroko sulla soglia di casa.
“D’accordo, buon viaggio!”
Aomine si accinse ad andare in cucina aprendo la busta che aveva portato mentre Kuroko chiuse la porta d’ingresso.
“Si possono fare nel microonde” disse soddisfatto posizionando il sacchetto dentro.
Kuroko annuì sedendosi sul divano, osservando con aria assente l’amico armeggiare in cucina.
“Tetsu, qualche problema?” chiese Aomine incuriosito.
“Dai-chan, domani hai da fare? Mi accompagneresti a prendere un regalo per Kagami-kun? Natale è tra qualche giorno e io non so che fargli… magari con te trovo qualcosa…”
“Quindi è questo che ti tormenta? Non pensarci troppo, se è fatto con il cuore a bakagami piacerà” disse osservando il sacchetto gonfiarsi.
“Dai-chan, qualche volta dici anche tu cose intelligenti” osservò Kuroko ammirato.
“Ehi!” esclamò contrariato.
Kuroko rise di fronte all’espressione corrucciata di Aomine.
“Comunque non posso accompagnarti. Domani Kise mi ha costretto ad andare con lui a comprare i regali di Natale” sospirò rassegnato.
Prese un bicchiere e lo riempì d’acqua.
“Noto che ultimamente andate piuttosto d’accordo” disse Kuroko sorridente “e soprattutto non ce l’ha più con me. Vedermi con Kagami-kun l’avrà tranquillizzato su di noi”.
Aomine, che intanto stava bevendo, sputò tutto bagnando il tavolo davanti a sé.
“Cosa?? Tu… COSA??” chiese sconvolto.
“Perché reagisci così? Sai già che sto con Kagami-kun…” disse confuso.
“No! La questione di Kise! Sapevi tutto??”
“Aaah” disse capendo “non ci vuole mica un genio per capire che Kise è attratto da te. E’ sempre stato geloso del nostro rapporto”.
Aomine ancora perplesso tirò fuori uno straccio per pulire il tavolo.
“Quindi? Che cosa stai combinando? A te non piace Satsuki-chan?” chiese avvicinandosi al microonde per spegnerlo.
“Sì, mi piace lei… però Kise come posso rifiutarlo? Alla fine mi ha detto che gli basta starmi vicino come amico e non voglio farlo soffrire come ho già fatto in passato… mi sono sentito molto in colpa quando me l’ha detto” disse dispiaciuto andando sul divano.
Kuroko versò i pop-corn in una ciotola salandoli per poi consegnarla nelle sue mani.
“Non so come faccia. Io al suo posto soffrirei molto… stare accanto alla persona che ami senza poter fare nulla…” disse intristito.
Gli diede le spalle dirigendosi verso la tv per poterla accendere ed inserire il DVD.
“Tetsu… è una sua scelta. Io non posso costringerlo a fare nulla” disse serio.
Il film si avviò e Kuroko gli si sedette accanto prendendo una manciata di pop-corn.
“Pazienza, se è una sua scelta neanche tu puoi fare qualcosa”.
Rimasero un bel po’ in silenzio immergendosi nel film, sussultando ogni tanto in alcune scene più paurose.
“T-tetsu?” disse Aomine balbettante.
“Ho capito. Aggrappati a me se hai paura” disse divertito.
“Non è questo…”
Kuroko si voltò guardando l’amico agitato.
“Devi andare in bagno? Vuoi che ti accompagni?”
“No! Io… voglio chiedere un appuntamento a Satsuki per il giorno di Natale e confessargli tutto”.
Kuroko strabuzzò gli occhi.
“EEEHH??” se gli avesse detto che stava per andare sulla Luna la sua sorpresa sarebbe stata minore.
“Mi sono deciso. Io ho voglia di stare con lei non più come amico” continuò con determinazione.
Tetsuya non sapeva cosa rispondergli soprattutto perché era la prima volta che vedeva Daiki così imbarazzato ma allo stesso tempo deciso sulle questioni amorose. Gli prese una mano costringendolo a voltarsi verso di lui.
“Ci riuscirai Dai-chan. Io faccio il tifo per te!” disse come incoraggiamento.
“Tetsu…” rispose Aomine con un sorriso.
Si voltarono contemporaneamente verso la tv che stava proiettando su di loro un enorme bagliore bianco, poi uscì all’improvviso un mostro urlante.
“AAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!” urlarono all’unisono i due amici spaventati.
Si abbracciarono ma nel farlo le loro teste cozzarono dolorosamente.
“Ahio!” esclamarono contemporaneamente.
Si guardarono un istante per poi scoppiare a ridere.
 
***
 
Aomine stava camminando con passo lento in direzione della stazione. Si erano dati lui e Kise appuntamento lì. Si sedette su una panchina in attesa, pensando a ciò che avrebbe fatto dopo l’appuntamento: il regalo per Satsuki l’aveva comprato già da tempo come ogni anno e in questa occasione aveva acquistato una delicata collana con un ciondolo a forma di cuore. Non voleva chiederle di uscire per messaggio ma a voce, quindi dopo le commissioni con Kise sarebbe andato da lei.
“Aominecchi!”
Daiki si girò verso destra osservando il suo amico arrivare con un sorriso radioso. Come al solito non aveva nulla fuori posto e sembrava essere appena uscito da una rivista: indossava dei jeans aderenti e delle Timberland, sopra una giacca dello stesso colore delle scarpe, capelli perfetti e un paio di Ray-Ban.
Si sentì un po’ a disagio, lui era vestito decisamente più sportivo, con un jeans, delle Air Max e un giubbotto blu. Sotto aveva una felpa e si sistemò meglio la sciarpa per non farla intravedere.
“Andiamo?” chiese appena lo raggiunse.
“Si!” esclamò Kise.
Si incamminarono mentre Kise trafficava con la tasca della sua giacca.
“Che succede?” chiese Aomine.
“Aspetta… eccola qui!!” estrasse un foglio ripiegato in diverse parti.
Iniziò ad aprirlo e Aomine colse una serie di nomi.
“E’ la tua lista nera?”
“Certo che no! E’ la lista delle persone a cui farò i regali” rispose lui allegramente.
“Ti devono pagare bene al lavoro se ti puoi permettere tutti questi regali” costatò Aomine prendendo in considerazione il lavoro di modello.
“Ah, non proprio. Però se un regalo è fatto con il cuore non importa se sia costoso o meno, giusto?” chiese guardando con affetto la lista.
“S-si” rispose spiazzato.
Kise, dopo quel giorno di pioggia in cui aveva riversato i suoi sentimenti, era cambiato tantissimo. Possibile che lui potesse avere una tale influenza su una persona? Possibile che per tutto quel tempo, a causa sua, Kise era stato così scontroso e cupo? Quindi, chi era il vero Kise?
“Aominecchi, c’è qualche problema?”
Daiki si scosse dai suoi pensieri notando che si era fermato.
“Ah, no niente. Stavo pensando se avessi fatto tutti i regali di Natale” si inventò sul momento.
“Se non li hai fatti, puoi farli oggi!” esclamò il biondino.
Lui annuì e per il resto della giornata rimase scioccato per la quantità di regali acquistati dall’amico. Per l’ora di pranzo si rifugiarono in un fast-food. Mentre attendevano il cibo, Kise armato di penna e foglio, cancellava dalla lista i nomi a cui aveva già fatto il regalo.
“Midorimacchi… fatto, Takao-kun… anche…”
“L’hai fatto a Takao? Ma l’avrai visto si o no una volta!” commentò Aomine sorpreso.
“Ma è simpatico…”
“Non dirmi… è perché ti piace?”
Kise arrossì violentemente lanciando il menù sul volto di Aomine.
“NO! Non sono quel tipo di persona… non mi piace chiunque!!” esclamò agitato.
“Va bene! Stai calmo! Era solo una domanda!” ribatté.
Si voltò verso il bancone notando che la cameriera stava facendo cenno verso di lui.
“Vado a prendere i nostri ordini”.
Kise annuì concentrandosi nuovamente sulla lista irritato. Non era così frivolo da innamorarsi di chiunque al primo colpo! Si era innamorato di Aomine non per il suo aspetto ma per tante altre cose, ed era proprio per quel motivo che era difficile dimenticarlo.
Mise una mano in tasca stringendo una scatolina contenente il suo regalo. Voleva darglielo ma aveva paura che lui lo rifiutasse e allontanasse di nuovo.
“Ecco qui” disse di ritorno Aomine “i nostri hamburger, patatine fritte, crocchette e le nostre bevande”.
“Grazie. Aominecchi noto che mangi anche tu molto. Pensavo che solo Kagamicchi mangiasse in modo spropositato!”
“Cosa? No, quel tizio mangia molto più di me. Questi sono solo tre panini…” ne aprì uno addentandolo con gusto “tu invece sei troppo magrolino. Dovresti mangiare di più”.
“Non sono magrolino. Sono di costituzione così, e poi mangio come una persona normale, siete voi li alieni” borbottò bevendo una sorso della sua bibita.
Aomine abbozzò un sorriso continuando a mangiare.
“A chi altri hai fatto il regalo?” chiese posando il panino per sgranocchiare le patatine.
“Uhm… allora” scorse la lista mangiando con una mano il panino e con l’altra aveva in mano la penna “Kurokocchi e Kagamicchi, Momoi-san, la mia famiglia, i miei compagni di squadra e…” si fermò all’ultimo nome della lista incupendosi.
“Chi manca?” chiese notando l’espressione meno sorridente dell’amico.
“Il mio capitano, Kasamatsu-senpai” mormorò.
“Quindi? Devi prenderlo solo a lui?” accartocciò la carta del suo panino prendendone un altro.
“Non lo so…” era in conflitto.
“Che palle Kise! Parla chiaro!”
Kise sospirò, Aomine non era mai stato Mr Pazienza.
“Sono in dubbio perché lui… ci ha provato con me, dichiarandosi” disse lanciandogli uno sguardo sperando in una reazione.
“E qual è stata la tua risposta?” chiese prendendo una crocchetta.
“Gli ho detto di no…”
Aomine lo guardò attentamente, in quel momento Kise aveva il capo chino e si sentiva profondamente a disagio. Inoltre era molto rosso.
“Capisco… però se gli consegni il regalo di Natale insieme a tutta la squadra non gli darai false speranze e non fraintenderà nulla. Sarà un semplice gesto di cortesia” disse Aomine.
“T-tu credi?” chiese alzando piano la testa.
“Si” disse facendogli l’occhiolino.
Kise fece un enorme sorriso sollevato.
“Grazie Aominecchi!”
“Prego” rispose lui.
E mentre Kise continuò a parlare della lista Aomine non poté fare a meno di sorridere.
 
***
 
Kuroko stava girando per la città disperato, tra un paio d’ore doveva trovarsi a casa di Kagami e non aveva ancora trovato il regalo per lui. Era entrato in molti negozi indeciso su qualsiasi cosa, scartando tutto e non trovando nulla.
“Perché quando Dai-chan serve, non c’è mai??” si chiese ad alta voce.
Camminando si imbatté proprio in Aomine. Lo vide intento a mangiare in un fast food con Kise, stava sorridendo, una semplice mossa, le sue labbra in su che guardavano l’amico di fronte a lui intento a leggere con entusiasmo qualcosa.
Kuroko sorrise passando avanti e ricordando la parole dell’amico:
 
“Se è fatto con il cuore a bakagami piacerà”.
 
Risoluto entrò in un enorme negozio uscendo poi sorridente con un pacchetto tra le mani.
Intanto, in un altro quartiere, Kagami stava uscendo da un supermercato carico di buste, aveva comprato l’essenziale per quei giorni. Aveva intenzione di sorprendere Kuroko con una splendida cena quella sera visto che giorno 24 sarebbero stati in giro tutto il giorno pranzando e cenando fuori. Giorno 25 invece sarebbero stati in casa a rilassarsi, godendosi un po’ di intimità di coppia.
Sorridendo imbarazzato corse a casa mettendosi all’opera.
 
***
 
Erano le 18:30 e Kuroko fece il suo ingresso in casa Kagami accolto con un delicato bacio sulle labbra dal sul ragazzo.
“Ragazzo…” pensò imbarazzatissimo.
“Che c’è Kuroko? Perché sei rosso?” chiese Kagami notando il rossore.
“N-niente! E’ stato lo sbalzo di temperatura! Vado a lasciare il borsone di là!” e senza aggiungere altro corse nella camera di Kagami.
“Calma Tetsuya! Non è la prima volta che rimani solo con lui! Però… è il nostro primo Natale insieme…”
Scuotendo la testa aprì il borsone prendendo il regalo che aveva fatto a Kagami. Doveva metterlo sotto l’albero?
“Kuroko, ma ti sei perso?” la voce di Kagami veniva dalla cucina.
“N-no! Arrivo!” prese il regalo risoluto e lo portò nel salone dove c’era un enorme albero di Natale.
Depositò sotto il suo regalo costatando la presenza di altri due regali. Sulla scatola più piccola c’era scritto “Per Kuroko”, mentre su quella più grande c’era scritto “Per Kurokocchi e Kagamicchi”.
“Kagami-kun… cos’è questo?” chiese indicando il regalo di Kise.
“Ah, non lo so. Prima che tu arrivassi sono passati Kise ed Aomine e me l’hanno lasciato” rispose lui distrattamente.
Tetsuya lo guardò circospetto. Che aveva in mente Kise?
“Kuroko mi puoi prendere nello scaffale in basso la ciotola grande blu?” chiese.
“Si” il più piccolo eseguì l’ordine trovando la ciotola “vuoi una mano? Cosa vuoi fare?”
“Una torta, solo che non penso di avere molto tempo. La cena è quasi pronta. Il pan di spagna è finito e dovrei solo montare la panna e preparare la crema alla nocciola” disse pensieroso guardando l’orologio.
“Ti aiuto io!” esclamò risoluto Kuroko.
“Lascia perdere Kuroko, ho visto l’ultima volta come hai ridotto la mia cucina” disse sghignazzando.
Il più piccolo arrossì ricordando quando aveva tentato di cucinare qualcosa per lui mentre era a letto con la febbre.
“Allora lo sapevi!” esclamò.
“Ahahah, avevi lascito i segni del tuo passaggio! Però ok, va bene se mi aiuti. Con Kagami sensei non fallirai” disse divertito.
“Come ci sentiamo superiori…” borbottò Kuroko a denti stretti lavandosi le mani.
“Senti chi parla! Il sesto uomo della Generazione dei Miracoli!” esclamò Kagami ridacchiando.
Kuroko sorrise di rimando e gli diede un piccolo pugno sul braccio.
“Non hai tutti i torti”.
Iniziarono ad armeggiare: Kagami iniziò a fare la crema lasciando il compito a Kuroko di montare la panna.
“Kagami-kun! Credo che sia pronta” disse soddisfatto dopo un po’ di tempo.
Kagami si voltò verso di lui e scoppiò a ridere: c’era panna ovunque, non solo dentro la ciotola ma anche a terra e su di lui.
“Ma che hai fatto? Ahahahahahah!!!”
“E daaaiiii!” esclamò lui mettendo il broncio.
Kagami si avvicinò e gli leccò la panna che stava sulla sua guancia.
“Kuroko alla panna… che combinazione deliziosa…” commentò malizioso.
Tetsuya arrossì coprendo il volto con le mani.
“Kagami-kun!!”
Il più grande si leccò le labbra guardando la panna e poi la crema al suo fianco.
“Ehi Kuroko” disse.
Il più piccolo sbirciò dalle dita trovando Kagami molto vicino a sé.
“Ho voglia di te” mormorò sensualmente.
Lui arrossì ancora di più e Kagami lo prese in braccio per poi farlo sedere sul tavolo.
“Cosa fai??” chiese.
“Voglio iniziare la cena dal dolce” rispose lui.
Kuroko lo guardò senza capire mentre Kagami portava verso di lui la ciotola con la crema e la panna montata e alcuni nastri rossi.
“Ma il pan di spa…” non riuscì a finire la sua frase perché Kagami gli tappò la bocca con la sua lingua, baciandolo con foga e desiderio. Quando avevano quel tipo di contatto Kuroko non riusciva mai a trattenersi. Kagami aveva la capacità di eccitarlo con un semplice bacio.
Il più piccolo iniziò ad ansimare facendosi spogliare da Kagami, che con mani esperte gli tolse il maglioncino e i jeans. Poi tolse anche gli slip lasciandolo completamente nudo.
“Kagami-kun…” disse Kuroko allungando le mani verso di lui per spogliarlo.
“No” disse Kagami fermandolo.
Lo fece sdraiare sul tavolo legandogli i polsi con un nastro rosso vicino a una sedia, poi ne mise uno intorno al collo facendo un delicato fiocchetto.
“Kagami-kun, ma cosa…”
“Ssshhh” lo zittì lui mettendo un altro nastro alla base della sua intimità.
“Inizia il gioco”.
Kuroko lo guardò imbarazzato, dopotutto si trovava completamente nudo su un tavolo, con la luce puntata sul suo corpo e infiocchettato come un regalo.
Kagami prese una spatola e, dopo aver preso una buona dose di panna, iniziò a metterla su vari punti del corpo. Partì dai capezzoli che si inturgidirono a quel tocco così freddo.
“Kagami-kun…” ansimò il più piccolo mentre la sua parte inferiore mostrava segni di apprezzamento a quel gioco.
Kagami mise altra panna sul collo e poi sull’eccitazione del più piccolo, spalandola con cura per tutta la sua lunghezza e facendo movimenti circolari sulla punta con il palmo della spatola.
“Nnn” mugugnò Kuroko.
Kagami lasciò la panna e prese la crema, ancora calda. Intinse la mano dentro e partendo dalle labbra del più piccolo, tracciò un lungo percorso.
“Ti prego…” ansimò Kuroko guardandolo supplichevole con la crema che gli colava dalle labbra.
Kagami si chinò verso di lui assaporando quelle dolci labbra al cioccolato, bagnandosi accuratamente la lingua per poi infilarla dentro la bocca.
Kuroko mugugnò forte assaporando quel nuovo gusto, Kagami alla nocciola, beandosi di quel nuovo sapore così caldo e invitante. Non riusciva a staccare la lingua dalla sua, baciandolo con intensità, perdendosi in quella dolcezza.
Quando si staccarono ansimanti un rivolo di saliva li univa ancora.
“Kagami-kun…” disse con voce roca.
Il più grande sorrise per poi chinarsi ancora per pulire con la lingua le tracce di crema che conducevano al suo collo, dove c’era in un punto un bel po’ di panna. Lì iniziò a succhiare e mordere forte facendo gemere Kuroko. Non gli dava tregua e aveva un sapore afrodisiaco.
“Sto… sto… sto venendo!!!” esclamò incredulo.
Non pensava che quel gioco così perverso lo avrebbe fatto eccitare a quei livelli.
“Mi dispiace ma non puoi” disse Kagami.
Strinse forte il nastro che stava alla base della sua eccitazione facendolo gemere di frustrazione.
“Kagami-kun!” protestò lui.
Taiga lo ignorò posando la bocca sul capezzolo sinistro.
“Aaahh…” Kuroko si inarcò tirando i polsi per poter toccare Kagami, ma si sentiva talmente languido da non avere la forza di liberarsi.
Una volta pulito il capezzolo sinistro, Kagami si dedicò al destro, non leccandolo semplicemente, ma mordendolo e succhiandolo forte.
“KAGAMI-KUN! LASCIAMI VENIRE!!” urlò Kuroko fuori controllo.
Si stava contorcendo mentre calde lacrime di frustrazione scendevano sul suo viso.
Kagami scese in basso mettendo completamente in bocca l’eccitazione che pulsava dolorosamente di Kuroko, che iniziò a singhiozzare.
Arrendendosi, Kagami gli sciolse il nastro permettendogli così di liberarsi. Venne nella sua bocca, costringendolo a bere ed era talmente tanta la quantità di sperma che iniziò a colare dagli angoli.
“Sei venuto molto…” disse pulendosi il rivolo di sperma con il dorso della mano.
Kuroko aveva il viso pieno di lacrime che Kagami si accinse ad asciugare con i suoi baci. Liberò anche i polsi permettendo il più piccolo di abbracciarlo. Lo stringeva forte cercando di calmare i suoi singhiozzi.
“SSShhh”.
Kuroko nell’abbraccio si rese conto che anche Kagami era eccitato.
“Kagami-kun…” disse allontanandosi.
Si diresse verso il divano prendendolo per mano seguito docilmente dal compagno. Lo fece accomodare a gambe aperte liberando l’erezione di Kagami.
Con mani tremanti si portò alla bocca la sua eccitazione, leccando prima la punta poi lo avvolse del tutto nella sua bocca iniziando una lenta danza che a tratti diventava frenetica, facendolo gemere forte.
“Kuroko!” esclamò lui cercandolo di allontanare per venire, ma il più piccolo continuò con forza, succhiando sempre più forte, tanto che alla fine Kagami si rilassò riempendo la cavità orale del più piccolo del suo sperma.
Ansimando Kuroko si mise a cavalcioni su di lui.
“P-prendimi…” mormorò sensualmente nel suo orecchio.
Il più grande non se lo fece ripetere due volte, entrando in lui con uno strattone e godendo del calore e delle contrazioni di Kuroko, che sembrava lo volesse trattenere dentro di lui.
La prima spinta fu dolorosa, tanto che il più piccolo si morse le labbra per non emettere il suo gemito di dolore. Poi, le sue spinte divennero sempre più piacevoli, facendogli perdere pian piano il controllo, eccitandolo sempre di più.
“Kagami-kun…” ansimò mentre assecondava i movimenti di bacino del compagno “Ti amo”.
Incredulo Kagami gli afferrò il viso per poterlo guardare negli occhi. In quel momento erano due pozze oscure e le gote erano arrosate. Stava ansimando piano chiudendo ogni tanto gli occhi quando la sensazione di piacere aumentava.
“Ti amo anch’io, Kuroko” disse baciandolo.
Vennero contemporaneamente, Kagami riversando il suo seme dentro di lui e Kuroko sporcando i loro corpi. Ma tutto questo non li importava.
Il più grande uscì da lui accoccolandosi poi sul divano con la figura ancora tremante del suo compagno, a causa delle forti sensazioni appena ricevute. Lo avvolse in un abbraccio caldo ispirando il suo profumo mentre il più piccolo gli diede un bacio delicato sulle labbra. Si guardarono intensamente perdendosi nei loro occhi in quel momento così brillanti, colmi d’amore.
“Kagami-kun, sono contento di averti incontrato” disse.
“Anch’io. Hai letteralmente cambiato la mia vita Ku… no, Tetsuya” rispose lui imbarazzato dopo aver pronunciato il suo nome.
Kuroko arrossì e si coprì il volto.
“Kagami-kun! E’ imbarazzante!!!” esclamò con voce soffocata.
Lui gli scostò le mani per poterlo guardare negli occhi.
“Non Kagami-kun, ma Taiga” mormorò.
Kuroko ricambiò lo sguardo.
“T-T-… Taiga” disse a fior di labbra.
Kagami lo guardò sbalordito diventando rosso come i suoi capelli.
“Hai ragione è imbarazzante” disse “ma non importa. Voglio essere chiamato per nome, e voglio chiamarti Tetsuya”.
Kuroko affondò la testa nel suo petto stringendo di più la presa attorno a lui.
“Ti amo… Taiga”.
“Anch’io Tetsuya”.
Non seppero per quanto tempo rimasero così, ma anche se mancavano due giorni al Natale, quello che era accaduto sarebbe rimasto impresso nelle loro menti e nei loro cuori come il miglior regalo di Natale di sempre.
 
***
 
“Kise, ma hai notato la faccia di Bakagami quando siamo arrivati con quel regalo? Non se lo aspettava”.
“No. In realtà mi ero perso nella contemplazione di tutte quelle decorazioni natalizie. Addirittura un vero vischio nell’ingresso! E tutte quelle lucine???”
“E’ normale, dopotutto in America fanno così. Comunque che cosa hai fatto ai ragazzi? Non me l’hai più detto. Al centro commerciale a un certo punto ti ho perso di vista e quando ti ho ritrovato avevi già fatto il regalo a quei due”.
“… te lo dirà Kurokocchi!”
“Quanto sei fastidioso”.
Aomine e Kise stavano tornando a casa pieni di pacchetti. In realtà era Kise quello che riusciva a stento a camminare a causa della quantità di regali, mentre Aomine non ne aveva neanche uno.
“Aominecchi!! Potresti aiutarmi per favore? Non ce la faccio più!”
“Scordatelo”.
“Uffaaaa!!!”
“Anzi eccone qui un altro” Aomine estrasse da una tasca del suo giubbotto un pacchetto e glielo porse.
“Che cos’è?” chiese Kise curioso.
Erano arrivati vicino all’ingresso del parco cittadino. Era più affollato del solito, visto che era stato addobbato accuratamente per il Natale.
Kise appoggiò le buste che aveva tra le mani sulla panchina più vicina afferrando il pacchetto, piuttosto morbido tra le mani.
“Per me?” chiese.
“No, per tua madre. Secondo te!?” sbottò Aomine.
Kise arrossì e gli diede le spalle per nascondere il suo rossore.
“Scusa, scusa, scusa!!! So che l’hai fatto per amicizia ma in questo momento… sono così felice e non voglio che mi guardi male!!!”
“Ma sei scemo? Perché dovrei guardarti male? E’ normale essere felici quando si riceve un regalo”.
Kise si voltò piano vedendo che Aomine lo stava guardando divertito.
“P-posso aprirlo?” chiese timidamente.
“Certo che no! Aprilo a Natale” rispose lui.
Kise annuì e ancora imbarazzato lo mise in una delle sue buste. In quel momento era così felice che avrebbe potuto toccare il cielo con un dito. Aomine che gli faceva un regalo! Non poteva crederci! Strinse forte il regalo di Aomine che aveva in tasca per prendere coraggio.
“S-senti Aominecchi… anch’io ho qualcosa per te… ma non fraintendere è in ami…” si interruppe perché notò che l’amico non stava ascoltando e guardava alla sua destra sconvolto.
Kise si voltò e capì il motivo di quell’espressione. Momoi era seduta su una panchina poco distante intenta a baciare un ragazzo. I suoi capelli coprivano del tutto la testa del suo accompagnatore non riuscendo a mostrare chi fosse.
Daiki strinse i pugni e si avviò con fare omicida verso quella direzione.
“Aominecchi!” Kise lo placcò cercando di spingerlo indietro ma era tutto inutile, sembrava stesse spostando un macigno.
Satsuki sentendo quel nome si voltò sorpresa.
“Dai-chan!” esclamò nervosa alzandosi in piedi.
Lui la ignorò pronto a colpire il ragazzo sulla panchina.
“Aominecchi!!!”
Il suo pugno non riuscì a giungere a destinazione ma si fermò a un centimetro dal volto del ragazzo. Lo abbassò lentamente, incredulo, sbattendo più volte le palpebre perché non riusciva a crederci.
“Midorima?”
Satsuki si mise di fronte a lui spingendolo via.
“Dai-chan! Che diavolo pensi di fare a Shin-chan??”
“Io… io…” disse cercando di mettere in moto il cervello.
“Pe-pensavamo che ti stesse succedendo qualcosa! Ecco perché ha reagito così! Vero? Vero, Aominecchi?” gli diede una gomitata per farlo reagire.
“Ah? S-si… scusa Midorima” disse volgendo il suo sguardo verso il suo ex compagno.
Lui annuì sistemandosi poi gli occhiali. Non poteva vedersi in quel momento ma le sue labbra luccicavano perché Satsuki aveva messo il suo lucida labbra.
“Ah era per questo? Dai-chan, sei sempre così protettivo” disse lei con un sorriso “so che siamo come due fratelli, ma non esagerare” aggiunse avvicinandosi a Midorima e mettendosi sottobraccio.
Kise era a dir poco stupito. Midorima, il freddo ragazzo che pensava solo ai libri e al basket, si era messo con una ragazza? E poi non secchiona come lui, ma una bellezza come Satsuki?
“Andiamo Shin-chan” disse lei.
“Ok” rispose semplicemente lui avviandosi.
“Midorima” Aomine aveva finalmente ripreso a parlare con più lucidità “se la farai soffrire, dovrai vedertela con me”.
“Va bene, ma non credo di correre questo rischio”.
Si allontanarono lasciandoli lì ammutoliti.
“Aominecchi…” Kise si voltò verso di lui.
Il suo volto si era trasfigurato e aveva assunto un’espressione di dolore, come se tutta la sua felicità gli fosse stata portata via. Strinse i pugni e iniziò a camminare velocemente.
“Aominecchi! Aspettami!!!”
“Scusami Kise. Ma voglio stare da solo”.
E con quelle parole lapidarie si mise a correre lasciando l’amico da solo, circondato da coppiette felici che si stavano godendo le vacanze natalizie.
 
 
Angolo della follia @.@
SORPRESA!!! Immagino le facce di alcuni: Midorima con Momoi!!!! Però procediamo con ordine ;)
Le vacanze natalizie sono iniziate e i ragazzi dopo la conquista della Winter Cup, si prendono una meritata pausa. La storia tra Junpei e la coach prosegue a gonfie vele e sembra che grazie a lui si sia un po’ calmata concedendo questo periodo di riposo ;)
Kuroko ed Aomine alle prese con i loro amori… come mi sono divertita a scrivere la scena in cui loro si spaventano xD
Poi abbiamo un Aomine e un Kise intenti a fare shopping natalizio e la dichiarazione di Kasamatsu… Kise si è rifiutato perché pensa ancora ad Aomine che invece preferisce Sarsuki. Però la nostra ragazza non la pensa così e ha deciso di mollarlo per Midorima. xD povero -.-“
Ovviamente non è una storia nata così all’improvviso, avevo lasciato qualche segnale… Midorima imbarazzato quando parla con lei, spesso l’ha accompagnata a casa, quando Aomine ha perso lui è andata da lei… insomma… ho seminato il dubbio ;)
Poi…. La scena hot (?) tra la nostra amata coppietta <3 e i loro sentimenti rivelati ^^ non mi convince come scena in realtà però ho deciso di pubblicarla lo stesso così perché altrimenti avreste dovuto aspettare molto di più per l’uscita del capitolo.
Bene, con questo e tutto. Alla prossima! =D
P.S. commentate =P
 
Ringrazio tutti i lettori e amici di Facebook che mi sostengono ^^
Chiunque vuole aggiungermi può farlo, ecco qui il link: https://www.facebook.com/profile.php?id=100006242415951
 
Ciaoooo =D 

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Capitolo 15
*** Happy new year ***


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15. Happy new year
 
31 dicembre.
L’ultimo giorno dell’anno.
Kagami e Kuroko stavano camminando l’uno accanto all’altro alla ricerca del ristorante in stile occidentale cui avevano prenotato. La cena di fine anno l’avrebbero fatta con tutti i loro amici e non vedevano l’ora di rivedere la squadra.
Arrivati a destinazione si affrettarono a seguire la cameriera che li condusse in una saletta privata dove videro che già molti erano arrivati. La coach era elegantemente vestita con un abito corto di colore bianco. Sulla testa aveva un fermaglio con un serie di strass argentati e al collo, al posto del solito fischietto, indossava una collana con una delicata farfalla. I suoi capelli si erano allungati e li sfioravano le spalle.
Hyuuga era seduto al suo fianco e stava bevendo un bicchiere di aranciata mentre Kiyoshi lo prendeva in giro per il suo papillon. Il resto della squadra aveva indossato dei completi eleganti e solo qualcuno si distingueva con le scarpe più sportive e i capelli fuori posto.
“Siete arrivati finalmente!” esclamò Koganei sorridendo.
Kagami sorrise togliendosi la giacca imitato da Kuroko. Anche loro erano vestiti eleganti: Kagami aveva un completo incluso di cravatta mentre Kuroko indossava più o meno la stessa mise ma con il papillon.
“Ahahahah Kagami! Ma cosa ti sei messo, la cravatta??? Che sei un vecchio??? Ahahahahahaha!!!!!”
Koganei iniziò a ridere forte contagiando la squadra. Kagami arrossì sedendosi così a disagio.
“Kuroko quel papillon ti sta bene” disse la coach sorridendo.
“Grazie, anche tu stai bene vestita così. E’ la prima volta che vedo indossarti qualcosa di diverso dal genere sportivo” commentò educatamente accomodandosi accanto a Kagami che stava tenendo il broncio.
La coach sorrise e fu distratta da Hyuuga che le versò da bere.
“A me piaci vestito così …” disse a voce bassa Kuroko in modo da farsi sentire solo da Kagami.
Lui si voltò a guardarlo e vide che stava cercando di nascondere il suo rossore bevendo un sorso esagerato d’acqua.
“Ehm… ma siamo tutti?” chiese Kagami per nascondere il suo imbarazzo.
“Della squadra si, ma… Kuroko? Non avevi invitato qualcun altro?” chiese Kiyoshi.
“Sì, però Aomine-kun non sta bene e non verrà” rispose.
“Ok, allora ordiniamo la cena!” esclamò Izuki.
Tutti accettarono con entusiasmo e Koganei corse fuori per cercare la cameriera.
“Tetsuya, qualcosa non va?” chiese Kagami vedendo Kuroko guardare il cellulare nervoso.
“Ah” alzò la testa per poterlo guardare negli occhi “in questi giorni Dai-chan si è comportato in modo strano e ha risposto raramente ai miei messaggi. Sono molto preoccupato…”
“Vedrai che non sarà nulla” disse lui stringendogli la mano sotto al tavolo.
Lui annuì facendo un timido sorriso e si voltò per parlare con Izuki.
La cena fu abbondante e tutti ridevano e scherzavano rilassati. Riko ad un certo punto si mise in piedi alzando in alto un calice colmo di spumante.
“Vorrei fare un brindisi!” disse allegra.
Tutti la imitarono affrettandosi a riempire i bicchieri.
“Ragazzi volevo ringraziarvi tutti per aver reso possibile questo sogno. Grazie al vostro impegno il Seirin è riuscito a conquistare la Winter Cup battendo tutti gli avversari più insidiosi. Siete stati in gamba!” esclamò con un sorriso incoraggiante.
“Siiii!!!” esclamarono i ragazzi.
Stavano per portarsi il calice verso la bocca ma dovettero fermarsi perché la coach riprese a parlare.
“L’anno prossimo conquisteremo l’Interhigh, perciò… io e Hyuuga abbiamo creato un nuovo programma di allenamento che partirà dal 2 gennaio!!!” disse felice.
“COSA???” esclamarono in coro i ragazzi sconvolti.
“Avete riposato abbastanza. E’ il momento di riprendere gli allenamenti. Dobbiamo conquistare l’Interhigh assolutamente!!! Cin cin!!!” avvicinò il calice a Hyuuga che ricambiò il gesto mentre gli altri fecero altrettanto guardandosi cupi.
“Ma cosa diavolo fanno quando escono? Invece di appartarsi in qualche angolo sperduto o andare in un love hotel, pensano a come rovinarci la vita??” borbottò Koganei sottovoce.
In sala scese un silenzio glaciale. La coach e Hyuuga, ancora con il sorriso stampato in volto, si voltarono verso di lui.
“Prego?” chiesero all’unisono.
“Ah? No… n-n-niente…. È stato Kagami a parlare!!!” disse nascondendosi dietro di lui.
“Eh??? Io non ho detto nulla!!!” esclamò contrariato Kagami cercando di togliersi di dosso Koganei.
“Ahahah… sei sempre così simpatico Koga…” disse la coach raggiungendolo.
Kogamei guardò gli amici con sguardo supplichevole ma tutti lo ignorarono nervosi.
Le urla che seguirono furono ricordate per lungo tempo da tutti gli avventori del ristorante.
“Tetsuya dove vai?” chiese Kagami quando vide il compagno alzarsi.
“In bagno” rispose.
“Ah, vengo anch’io”.
“Ed io” disse Izuki che aveva sentito la conversazione.
Si avviarono tutti e tre parlando del povero Koganei messo in un angolo per punizione dalla coach.
“Comunque non ha tutti i torti… potrebbero fare altro come coppia e invece pensano a come torturarci!” esclamò Kagami.
“Sono sempre stati così. Non c’è niente da fare” rispose Izuki sorridendo.
“Tetsu-chan!!!”
Si voltarono tutti e tre sorpresi da quella voce.
“Satsu…” Kuroko non fece in tempo a finire di parlare che lei lo stava già soffocando con un abbraccio stritola costole.
“Momoi… smettila, non vedi che non riesce neanche a parlare?”
“Ah! Hai ragione Shin-chan”.
Kuroko fu liberato dalla stretta e rimase sconvolto a guardare Satsuki e Midorima. Siccome non diceva nulla tanto la sorpresa, Kagami prese la parola.
“Vi siete incontrati qui?” chiese.
“No, no! Io e Shin-chan… stiamo insieme” disse imbarazzata.
Kuroko spalancò gli occhi confermando i suoi peggiori timori. Ecco perché Aomine gli era sembrato strano.
“Avete cenato qui?” chiese Kagami.
“No, ho visto Tetsu-chan e sono entrata. Però adesso dobbiamo andare”.
“Ah, va bene. Allora buon anno”.
“Grazie!”
Uscirono fuori e Kuroko si volto immediatamente verso Kagami.
“Taiga devo…”
“Lo so. Vai da lui” disse mettendogli una mano sulla spalla.
Kuroko annuì e corse a recuperare la giacca.
Doveva andare.
Doveva raggiungerlo.
Doveva aiutare il suo vero e unico amico.
Aomine Daiki.
 
***
 
“Daiki sei sicuro che non vuoi venire con noi?”
“No, mamma. Sono stanco, resto qui”.
“Va bene. Chiudi la porta a chiave e non far entrare nessuno”.
“Non sono più un bambino!!!”
“Per noi lo sarai sempre”.
E con un dolce sorriso la mamma di Aomine si congedò raggiungendo il marito che l’attendeva fuori. Daiki si sistemò meglio sul letto affondando il viso nel cuscino.
Era triste e non riusciva a reagire. Vedere Momoi con Midorima l’aveva distrutto. Non avrebbe mai potuto immaginare una svolta del genere… però lei era così bella, sensuale… non poteva nasconderla per sempre e non poteva sperare che nessuno la notasse. Midorima l’aveva fatto, conquistandola ed ora lui era solo, senza nessuno.
Iniziò a prendere con ferocia a calci il materasso. Perché a lui? Perché aveva scelto Midorima? Perché lei non l’aveva mai guardato come un ragazzo? Perché?
Si alzò di scatto prendendo il cellulare con l’intenzione di dirgliene quattro. Si meritava tutta la sua rabbia e frustrazione. Lei doveva sapere cosa aveva fatto, come lo aveva ridotto, come si sentiva.
Compose il numero e in attesa della sua risposta soffermò il suo sguardo su una foto che aveva sul comodino. Ritraeva lui, lei e Kuroko da bambini mentre giocavano al parco. Era stato lì che l’avevano conosciuta. Lei, fino ai 6 anni aveva abitato in un’altra città, poi a causa del lavoro dei suoi genitori si erano trasferiti e avevano trovato casa in un appartamento dello stesso condominio in cui vivevano lui e Kuroko dalla nascita. Da quel momento lei era entrata a far parte del loro duo.
“Pronto?”
Lui non parlò, restando in silenzio.
“Pronto? Dai-chan?”
“Ah… Satsuki sei tu?”
“Certo che sono io! Mi hai chiamato tu!”
“Scusa, ho sbagliato numero. Dovevo chiamare… Kise”.
“Ah, ok. Ma stai bene? Dove sei?”
“Certo che sto bene! Sono a casa, perché?” chiese lui nervoso.
“Hai una voce strana. E poi che ci fai la notte della vigilia di Capodanno a casa??”
“Ah… questo… sono raffreddato e quindi ho preferito rimanere qui” disse.
“E Tetsu-chan e Kise ti hanno lasciato solo??? Ho visto poco fa Tetsuya… me la pagherà!” adesso era veramente irritata.
“Non esagerare, avevano la cena con le rispettive squadre” rispose convinto a metà.
Sapeva che Kuroko era a cena con l’intero Seirin ma Kise non sapeva cosa stesse facendo.
“Va bene” sospirò lei “ci sentiamo domani. Vai a riposarti, ok? Ciao”.
“Ciao…”
Lui chiuse il telefono fissandolo poi a lungo. Non aveva avuto il coraggio di dirle nulla perché non voleva distruggere la sua felicità. Amare ed essere amati doveva essere bello e lui non voleva fare il terzo incomodo.
Si diresse verso la scrivania prendendo una scatola in cui c’erano sparpagliate una serie di foto. Si sedette sul pavimento estraendo la prima, vedendo un piccolo Tetsuya imbronciato su una sedia, mentre Satsuki cercava di mettergli una bavetta. Un sorriso increspò le sue labbra. In quella foto avevano circa 7 anni.
Ne prese un’altra e vide lui stesso mentre colpiva in pieno Kuroko con un pallone da baket e l’espressione agitata di Satsuki.
“Pff...”
Passò ad un’altra e trovò lui mentre la portava sulle spalle. Avevano un’espressione così serena e divertita.
Una goccia d’acqua bagnò la foto e lui alzò il viso stupito verso il soffitto.
“Una perdita d’acqua?” disse ad alta voce.
Sentì qualcosa di umido scivolargli sul viso e si toccò sconcertato.
“Sto piangendo…” pensò.
Altre lacrime iniziarono a scendere senza che lui potesse fare qualcosa e un singhiozzò gli sfuggì. Si tappò la bocca stupito, non in grado di fermare quello che gli stava succedendo.
Il suono del campanello lo distrasse e andò verso la porta continuando a singhiozzare. Dallo spioncino vide un Kuroko trafelato e con il fiatone. Si asciugò le lacrime per poterlo accogliere ma quelle imperterrite continuavano a scendere. Aprì la porta rassegnato e Kuroko lo guardò intristito.
“T-t-t-t-... Tet-s-s-s...”
Kuroko si buttò tra le sue braccia stringendolo forte. Caddero per terra e Aomine affondò il viso nell’incavo del collo dell’amico, continuando a piangere senza riuscire a fermarsi.
 
***
 
“10! 9! 8! 7! 6! 5! 4! 3! 2! 1! BUON ANNOOOOOOOOOOOOOOO!!!”
Hyuuga abbracciò Riko scoccandole un bacio sulla guancia. Kiyoshi alzò il calice colmo di spumante verso l’alto sorridendo a tutti. Koganei saltò su Kagami urlando come un pazzo mentre il resto della squadra si limitò a fare gli auguri.
Corsero verso la finestra per vedere i fuochi d’artificio che stavano sparando fuori con volti sorridenti. Kagami prese il cellulare e scattò una foto che inviò a Kuroko con su scritto “Buon anno”.
Aveva voglia di scrivere tantissime cose ma preferiva dirglielo a voce. Appoggiò la mano al centro del petto riuscendo a sentire sotto la camicia un oggetto metallico a forma di “T”.
“Che quest’anno possa essere bello come quello passato. E potrà esserlo solo se resto al tuo fianco Tetsuya” pensò con affetto stringendo il pendente della sua nuova collana.
 
***
 
Era l’una di notte passata e Kuroko stava seduto sul letto mentre Aomine stava sdraiato usando come cuscino le gambe dell’amico. Stavano guardando una vecchia partita di basket commentandola con enfasi.
Kuroko ogni tanto lanciava sguardi ansiosi verso l’amico che dopo aver pianto sembrava stare meglio.
“Dai-chan...”
“Uhm?”
“Perché non mi hai detto nulla?” chiese.
Aomine si girò per guardarlo negli occhi.
“Non potevo mica rovinarti il tuo primo Natale con Bakagami!” esclamò divertito.
“Eh? Cosa c’entra?? Siamo amici!” rispose lui contrariato “Lo so che l’hai fatto per me, ma non dovevi”.
“Non volevo rovinare la tua felicità Tetsu. Era da tanto che non ti vedevo così sorridente e tranquillo. Quell’idiota sa farti stare bene” rispose sorridendo.
Lui arrossì puntando lo sguardo verso la televisione.
“Comunque in questi giorni hai sentito Kise? Oppure l’hai allontanato come hai fatto con me?” chiese lui cambiando argomento.
Aomine si voltò nuovamente verso la tv ignorandolo.
“Lo sapevo” sospirò “dovresti scusarti con lui. Mandagli un messaggio, capirà”.
“Non lo so... ho ignorato tutti i suoi messaggi e le sue chiamate...”
Kuroko gli prese il cellulare e glielo passò.
“Forza” lo incoraggiò.
Lui lo aprì iniziando a scrivere frettolosamente per poi chiuderlo.
“Grazie” disse.
“Di nulla”.
Aomine gli diede un colpetto sul petto sentendo però qualcosa di duro sotto la camicia.
“Che cos’hai?” chiese curioso.
“Ah... è il regalo di Kagami-kun” rispose imbarazzato.
Sciolse il papillon ed estrasse una collana che aveva come pendente una “T” argentata.
“... non capisco... non è quello che gli hai fatto tu??” chiese confuso ricordando la foto che gli aveva inviato dal negozio.
“Ehm... ci siamo fatti lo stesso regalo...”
Aomine ebbe un brivido.
“Bleah, siete i peggiori. Tutto miele e zucchero! E anche telepatici!”
“Daiki!” esclamò lui contrariato.
Lui si mise seduto ridendo di cuore.
“Dai scemo! Sto scherzando!”
Kuroko lo ignorò mettendosi a braccia conserte.
“Come sei pignolo... e va bene...” prese il cellulare e gli afferrò la testa.
“Ma cos...?”
Aomine gli scoccò un bacio a stampo scattando una foto nello stesso momento. Kuroko si allontanò velocemente coprendosi la bocca con le mani, mentre Aomine ridendo armeggiava con il cellulare.
“Ma sei impazzito??!!!” esclamò adirato e imbarazzato allo stesso tempo.
Lui lo ignorò continuando a ridere.
Dlin dlon
“E’ il campanello, chi può essere a quest’ora?” chiese Kuroko guardando l’orologio che segnava le ore 01:38 p.m.
“Lo scoprirai presto” rispose lui ridacchiando.
“Ha fatto presto… magari stava già venendo qui?” pensò aspettandosi di trovare un furioso Kagami dietro la porta dopo quel messaggio con foto.
Quando l’aprì però rimase sorpreso alla vista di Satsuki. Indossava una cappotto che le copriva il suo abito da sera e aveva il viso arrossato a causa del freddo.
“Sa-satuski?”
“Buon anno Dai-chan!” esclamò lei sorridendogli.
Lo superò entrando in casa dirigendosi direttamente in camera sua.
“Buon anno anche a te” rispose lui sconcertato chiudendo la porta.
Almeno aveva finito di piangere. Se fosse venuta prima non ce l’avrebbe fatta a parlarle o addirittura a guardarla. Le avrebbe solo urlato contro ferendola. O peggio. Si sarebbe messo a piangere davanti a lei. Quelle lacrime ancora gli bruciavano, il suo orgoglio non riusciva ad accettarle perché lui era una persona forte.
Inoltre che ci faceva lì? E dove aveva mollato Midorima?
“Tetsu-chan! Allora sei venuto dal nostro malato! Sapevo che non l’avresti abbandonato! Buon anno!!!” esclamò lei.
“Malat...”
Non riuscì a terminare la frase perché l’amica lo stava soffocando in un abbraccio.
“Che ci fai qui? E Midorima?” chiese lui rientrando in camera dando voce ai suoi pensieri.
Satsuki liberò Tetsuya che sospirò sollevato.
“Non mi andava di lasciarti solo la notte di Capodanno, così dopo i festeggiamenti Shin-chan mi ha riportato a casa. Lui doveva vedersi con la sua squadra e non volevo essere d’intralcio” disse avvicinandosi “e poi, come potevo non pensarti? Mi sei sembrato strano al telefono” lo scrutò preoccupata mettendogli una mano sulla fronte.
“Sa-satsuki!” esclamò lui imbarazzato scostandosi.
Si sentiva ancora fragile a causa delle forti emozioni provate in quei giorni e quelle attenzioni e quei gesti lo confondevano soltanto.
Lei sorrise sollevata.
“Per fortuna non hai la febbre, anche se i tuoi occhi sono arrossati e hai la voce rauca” si tolse la giacca appoggiandola sul letto mostrando così un vestito verde aderente che le faceva risaltare tutto il corpo.
“Ma quelle sono foto??” chiese eccitata calandosi a terra sgraziatamente per prenderle.
Con quel gesto però il vestito si sollevò abbastanza da far intravedere il suo slip di pizzo e Aomine imbarazzato le lanciò una sua felpa.
“Copriti scema!” esclamò.
Kuroko ridacchiò e si sedette a terra per vedere le foto. Lei sorpresa obbedì ad Aomine mettendosi la felpa color blu che gli aveva appena lanciato.
“E queste foto? Dove le hai prese?” chiese Kuroko impallidito.
Satsuki e Daiki si avvicinarono: a lei le si illuminarono gli occhi mentre lui scoppiò a ridere.
“Ahahah le avevo rubate a casa tua per darle a Satsuki!” esclamò divertito.
“E perché non me le hai più date?” chiese lei alzandosi in piedi con alcune di quelle foto mentre Kuroko la rincorreva per riprenderle imbarazzato.
“Me ne sono dimenticato!”
Mentre osservava i due lottare sorrise. Dopo quello sfogo si era sentito meglio e vederli tutti e tre insieme giocare come al solito lo rendeva felice. Satsuki in quel momento stava con Midorima però nella vita poteva accadere di tutto, non era detto che sarebbero stati insieme per sempre. Quindi l’avrebbe aspettata in disparte godendosi quei momenti di felicità con loro due. Momenti che Midorima non avrebbe mai potuto vivere perché il loro legame era indissolubile, forte e niente e nessuno lo avrebbe spezzato.
Uno strano rumore all’ingresso lo mise in allarme. Non aveva chiuso a chiave la porta quindi chiunque poteva entrare.
“AOOOOMIIIINEEEEE!!!!”
Una furia rossa fece irruzione nella stanza saltando addosso a Daiki.
“TAIGA!” esclamò Kuroko sorpreso.
“Tu, razza di bastardo! Non approfittare della situazione!!!” esclamò adirato cercando di colpirlo.
Aomine lo stava tenendo a bada ridendo come un matto mentre Satsuki li guardava sorpresa.
“Cosa succede?” chiese.
Kagami si voltò verso di lei notando in quel momento la presenza di Kuroko e Momoi che stavano stringendo tra le mani delle foto.
Una di loro sfuggì e svolazzò lentamente a terra vicino ai piedi di Kagami. Lui si chinò per prenderla e Kuroko corse in avanti agitato.
“No! Fermo!!”
Kagami l’alzò verso l’alto allontanando con l’altra mano il suo compagno.
“... devo andare in bagno” disse lasciando la foto.
“Per fare cosa??? Vecchio pervertito!!!” esclamò Aomine.
Kuroko lo seguì notando che Kagami si manteneva il cuore ed era rossissimo in volto.
“Tu... foto... bambino... trooppooo carino!” riuscì a dire.
“Ma che è successo?” chiese Satsuki.
“Ho inviato questa foto a quello scemo” disse passandole il cellulare.
Lei impallidì.
“Come hai osato baciarlo????” si avventò su di lui per strozzarlo ma Aomine fu più veloce e corse via.
Kuroko vicino al bagno era imbarazzato a causa di quelle foto e della reazione di Kagami che lo aveva definito “carino”. Il più grande lo trascinò in bagno chiudendo poi a chiave.
“Ma cos...”
Kagami si avventò sulle sue labbra baciandolo con foga, non lasciandogli tempo di respirare. Gli allargò le gambe con il suo ginocchio che premette poi la sua parte più intima facendolo tremare ed ansimare.
“No...nn possiAAnh...mo...” riuscì a dire lui.
“Certo che possiamo. Questa è la tua punizione per aver baciato quell’idiota di là... quindi ora...” lo voltò di spalle calandogli con uno strattone i pantaloni “trattieni i gemiti e non farti sentire” mormorò sensualmente al suo orecchio.
Senza preavviso lo penetrò facendolo ansimare forte.
“SSsshhh o ti sentiranno”.
Iniziò ad affondare con movimenti lenti mentre con una mano masturbava il suo membro che toccava con la punta la superfice fredda del muro. Man mano che aumentava la velocità delle spinte aumentava contemporaneamente il movimento della mano costringendo Kuroko a mordersi un braccio per non gemere.
Una spinta forte e decisa andò in profondità facendo inarcare Kuroko che venne macchiando tutto la parete piastrellata mentre Kagami venne fuori di lui per non sporcarlo.
Lo voltò verso di se per impossessarsi nuovamente della sua bocca.
“Nngh… andiamo a casa mia… è più vicina…” mormorò Kuroko sostandosi un po’.
Kagami annuì e dopo essersi sistemati e aver ripulito uscirono fuori mano nella mano. Il silenzio innaturale che regnava in casa però li mise in agitazione. Forse Satsuki aveva ucciso Aomine?
Si affacciarono in camera e videro entrambi seduti a terra con la testa appoggiata al materasso, profondamente addormentati, mentre la luce del televisore proiettava su di loro le immagini della partita di basket.
Si guardarono sorridenti e piano si diressero verso l’uscita. Non era più il tempo degli amici ma era il tempo di dedicarsi a loro e iniziare il nuovo anno all’insegna dell’amore.
 
***
 
Tic tac, tic tac, tic tac.
Una mano sbucò da sotto le lenzuola intenta a trovare il lembo per potersi scoprire. Appena ci riuscì scostò con un gesto lento e impacciato quel lenzuolo che si era letteralmente appiccicato al suo corpo. Aprì gli occhi strizzandoli per vedere qualcosa nel buio ma invano.
Aveva bevuto molto per festeggiare l’arrivo del nuovo anno e non ricordava un granché. Inoltre un forte mal di testa lo stava distruggendo.
“Dov’è il telefono?” disse ad alta voce iniziando a tastare alla cieca al suo fianco toccando un comodino.
Come se lo avesse sentito il cellulare si illuminò annunciando l’arrivo di un messaggio. Con occhi semi chiusi lo aprì leggendo il mittente: Aominecchi.
Improvvisamente si sentì sveglissimo leggendo con foga il messaggio. Non lo sentiva e vedeva da quella volta al parco e gli era mancato da morire, anche se si era sentito ferito perché lo aveva ignorato a lungo.
 
“Ehi Kise, buon anno.
Mi dispiace per come mi sono comportato in questi giorni e capirò se non vorrai rispondermi. Però ti chiedo sinceramente scusa e se ti va domani possiamo andare insieme al tempio per la prima visita dell’anno.
Aspetto una tua risposta”.
 
Perdonarlo?
Certo che lo avrebbe perdonato! Chi più di lui capiva come si fosse sentito in quei giorni? Felice si affrettò a scrivere la sua risposta ma un rumore improvviso lo agitò.
Cauto, illuminò la stanza, rendendosi conto che non era la sua camera. Il panico iniziò a impossessarsi di lui come un gas nocivo. Lo avevano rapito?
“Cosa pensi! Se fosse un rapimento il cellulare non lo avresti avuto accanto!”
Un grugnito alla sua destra lo fece sobbalzare. Illuminò il lato del letto vedendo che al suo fianco un ragazzo stava dormendo abbracciando il cuscino. Un forte dubbio lo assalì e immediatamente con la mano iniziò a perlustrare il suo corpo alla ricerca di qualche anomalia. Con il cellulare notò vari succhiotti impressi sulla sua pelle bianca e impallidì quando sentì una piccola fitta provenire dal suo fondoschiena. La sua mano arrivò verso il suo sedere sentendosi umidiccio e per ulteriore conferma, ancora sconvolto, infilò un dito dentro sentendo qualcosa colare.
“Che cosa ho fatto…” pensò disperato.
Aveva avuto la sua prima volta con qualcuno e non ricordava assolutamente nulla. Disperato puntò la luce verso il ragazzo e scostandogli i capelli dal viso si impietrì.
Aveva avuto il suo primo rapporto.
Non ricordava niente.
E per di più l’aveva fatto con Kasamatsu senpai.
Guardò il cellulare dove le parole di Aomine brillavano vivide nell’oscurità.
“Ed ora… che faccio?”
 
 
Angolo della follia @.@
Ciao! Che settimana intensa ho avuto e finalmente ho appena concluso il capitolo!
Che dire? La nostra coppia si è fatto lo stesso regalo xD l’amicizia tra Aomine e Kuroko è più forte che mai… Aomine alla fine è crollato =(
E la sorpresa di Kasamatsu… cosa farà ora Kise?
 
Al prossimo capitolo =D
 
P.S. ecco l’immagine che ha mandato fuori uso Kagami xD
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Capitolo 16
*** Addio ***


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16. Addio
 
“Mi sto innervosendo”.
Aomine era nella camera di Kuroko e stavano guardando una partita di basket del NBA. In realtà Kuroko era intento a leggere un libro mentre l’amico ogni tanto urlava contro la tv.
Tetsuya alzò gli occhi verso di lui e notò che quell’esclamazione non era rivolta alla partita ma al suo cellulare.
“E’ successo qualcosa?” chiese.
“Quel bastardo di Kise! Mi sta evitando!” esclamò furioso lanciando il cellulare sul letto.
“Non è meglio?”
Aomine alzò finalmente lo sguardo verso l’amico.
“Perché scusa?” chiese irritato.
“Sai che ha un’attrazione nei tuoi confronti. Forse ha deciso di evitarti per dimenticarti” costatò.
“Ma almeno me lo dicesse!! Invece no! Non lo vedo da prima di Natale, non risponde a nessuna schifosissima chiamata e l’ultimo messaggio risale al primo gennaio in cui mi ha risposto: Mi dispiace ma ho già impegni. Sarà per la prossima volta Aomine. Capisci??? Aomine! Mi ha chiamato Aomine!!!” esclamò furioso.
“Dai-chan… siamo alla fine di febbraio… perché non sei andato da lui se sei così preoccupato?”
“Ho avuto gli esami! Tra un po’ inizia il secondo anno e ho dovuto studiare. Anche tu non ha visto Bakagami per un bel po’, o sbaglio?”
“Si, al di fuori dalla scuola non ci siamo visti granché. Però ci siamo almeno sentiti”.
“Aaaah! Stai zitto! Non sei per niente d’aiuto!”
Si lanciò sul letto affondando la testa nel cuscino. Kuroko, sospirando chiuse il suo libro appoggiandolo sulla scrivania, per poi sedersi accanto a lui.
“Aomine-kun…” iniziò.
Aomine girò la testa di scatto fulminandolo con lo sguardo.
“Non chiamarmi anche tu in modo diverso! Chiamami come al solito!”
“Dai-chan…” lui annuì e ritornò ad abbracciare il cuscino “non hai pensato che forse Kise-kun abbia trovato qualcuno?”
Aomine si irrigidì e si mise seduto.
“Cosa intendi con qualcuno?” chiese innervosito.
“Mi hai capito perfettamente” incalzò Kuroko.
“Non dire sciocchezze! Kise è innamorato perso di me! Come può aver trovato un rimpiazzo così velocemente?” disse dandogli una leggera spinta.
“Tutto è possibile. Magari qualcuno che conosce si è confessato e lui sta provando ad uscirci insieme e non ti vuole intorno. In questo momento tu lo confonderesti e basta” continuò Tetsuya riflettendo.
Aomine non rispose, pensando alle parole di Kise prima di Natale, mentre leggeva la lista delle persone a cui aveva fatto il regalo:
 
“Uhm… allora. Kurokocchi e Kagamicchi, Momoi-san, la mia famiglia, i miei compagni di squadra e…”
“Chi manca?”
 “Il mio capitano, Kasamatsu senpai”.
“Quindi? Devi prenderlo solo a lui?”.
“Non lo so…”.
“Che palle Kise! Parla chiaro!”
 “Sono in dubbio perché lui… ci ha provato con me, dichiarandosi”.
 
“E’ così quindi?” pensò alzandosi in piedi.
“Che palle! Prima tu, poi Satsuki ed ora Kise! Ma che vi prende a tutti quanti??” sbottò sferrando un calcio ad un peluche che stava a terra.
“Dai-chan… non sarai mica geloso?” chiese Kuroko recuperando il povero peluche.
“Io? Geloso? E di chi poi? Kise??? Non sono gay!” rispose nervoso.
“E chi ha nominato Kise? Parlavo di tutti noi che abbiamo trovato il nostro partner”.
Aomine gli lanciò un’occhiataccia.
“Non fare stupidi giochi di parole con me! Basta! Mi sono rotto! Vado via!” uscì fuori dalla camera andando con passo svelto verso l’ingresso.
Kuroko lo seguiva apprensivo. Quando aprì la porta si scontrò con Satsuki che era appena arrivata.
“Ahia! Dai-chan!” esclamò toccandosi la testa dolorante.
“Non rompere anche tu!” esclamò furioso andando via.
“Ma… ma… ma che ho fatto!!!” gli urlò Satsuki dietro arrabbiata.
Si voltò come una furia verso Kuroko che fece qualche passo indietro agitato.
“Niente. Lascia perdere” rispose.
Lei non lo ascoltò ed entrò dentro continuando a parlare di lui, mentre Kuroko riprese il libro che stava leggendo ignorandola esasperato.
 
***
 
Stava camminando velocemente ancora innervosito per quella conversazione appena avuta con Kuroko. Lui non era geloso di Kise. Punto.
Una macchina gli suonò contro mentre stava attraversando la strada.
“Stai attento idiota!!!” urlò il signore al volante continuando a suonare.
Aomine si avvicinò al lato del guidatore con aria omicida.
“Se non togli immediatamente la mano dal clacson, guardarmi negli occhi sarà l’ultima cosa che farai” disse con voce tagliente.
Il guidatore impallidì e accelerò impaurito scappando da lui.
“Maledizione!” sbottò dirigendosi al parco.
Aveva bisogno di calmarsi e di riflettere. Si sdraiò sulla prima panchina che trovò chiudendo gli occhi con uno sbuffo.
La cosa che lo irritava era non che Kise si frequentasse con qualcuno, ma che lo evitasse.
“E poi come può uno dimenticarsi tanto facilmente della persona che ama!” esclamò ad alta voce.
“E se non ti amasse più?” disse la sua voce interiore.
Aprì gli occhi.
A cosa stava pensando? Sarebbe stato meglio se Kise si stesse dimenticando di lui. Stargli accanto non faceva altro che peggiorare la situazione e lui sapeva bene come fosse doloroso stare accanto a Satsuki quando lei apparteneva ad un altro. Kise doveva provare la stessa cosa.
Però ciò che gli dava veramente fastidio era che si fosse allontanato senza dire nulla. E’ vero che lui si era comportato male prima di Natale a causa della scoperta della relazione di Satsuki con Midorima. Ma si era scusato con lui e voleva sapere qualcosa, almeno: “ho capito” oppure “ok, ma non voglio più vederti”.
Qualsiasi cosa sarebbe andato bene.
“Aominecchi?”
Una testa invase il suo campo visivo.
“Kise?”
Si mise seduto per la sorpresa. Il troppo pensare a lui gli stava facendo avere un’allucinazione? Per curiosità allungo una mano per toccargli il braccio.
“Allora sei vero...” mormorò.
“... ma stai bene?” chiese Kise perplesso.
“S... si”.
Si guardarono per un secondo in silenzio: Kise era visibilmente a disagio.
“Che ci fai qui?” chiese Aomine.
“Io... sto andando a casa di Kasamatsu senpai” rispose dopo una pausa.
“... state insieme ora?”
“Non proprio...”
Aomine lo guardò innervosito mentre Kise guardava a terra agitato.
“E allora?” esclamò alzandosi in piedi.
Kise gli lanciò uno sguardo terrorizzato.
“Sei sparito per quasi due mesi ignorandomi completamente! Sai che non ti avrei giudicato perché ti considero un amico, ma ho potuto notare che tu non mi consideri tale!”
Kise deglutì nervosamente per poi fare un enorme sospiro.
“Infatti io non ti ho mai considerato un amico, Aominecchi...” lo guardò con i suoi occhi dorati, determinati “ho mentito. Ti sono stato affianco nella speranza vana che tu ti accorgessi di me, desideravo ardentemente che tu ricambiassi i miei sentimenti, ma non è stato così” strinse i pugni con rabbia e gli diede le spalle.
“Kise, io...” Aomine si avvicinò ma lui lo bloccò con un cenno della mano.
“Tu mi avevi detto tutto chiaramente, dall’inizio. E’ colpa mia e l’ho capito il giorno in cui ho letto nei tuoi occhi il dolore per la perdita di Momoi, poi quei giorni di lontananza sono stati il colpo di grazia...” la sua voce tremava e si vedeva che stava piangendo “capisco il motivo per cui ti sei allontanato, perché io ho sofferto allo stesso modo per te. Soffro allo stesso modo per te”.
Si asciugò le lacrime con la manica del giubbotto e si voltò verso un Aomine sofferente.
“Kise...” riuscì a dire.
“Poi la notte di Capodanno è successo un imprevisto inaspettato...” lo guardò negli occhi deglutendo nervosamente “sono andato a letto con Kasamatsu senpai”.
Aomine spalancò la bocca per la sorpresa.
“Ho avuto la mia prima volta con lui e non la ricordo nemmeno perché quella sera avevamo bevuto! Capisci? Avrei voluto la mia prima volta con te, non con lui! E quando ho letto il tuo messaggio non sapevo cosa fare e come affrontarti...”
“Kise... mi dispiace...” disse avvicinandosi mettendogli una mano sulla testa per consolarlo.
Le sue lacrime ormai scendevano a fiotti e i singhiozzi gli impedivano di parlare.
“P-però... lui è... g-gentile con me... mi a-ama... e io voglio pro-provarci sul serio con l-lui”.
“Lo ami?” chiese Aomine gentilmente.
“Co-come puoi pormi questa do...do-manda quando s-sai benissimo che ti amo?” rispose lui alzando lo sguardo “ed è proprio per questo mo-motivo che io mi dev...o sep...separa-re da te!”
Si scostò dal suo tocco asciugandosi le lacrime e riprendendo fiato.
“Aominecchi... no. Aomine-kun da oggi noi saremo dei semplici conoscenti... nulla più ci legherà tranne il nostro passato, perché quello non si può cancellare” tirò su con il naso “parlo da egoista, lo so... però...”
“Kise” Aomine afferrò il suo viso tra le mani per poterlo guardare meglio nei suoi occhi dorati, lucidi di lacrime “non sei affatto egoista. Fai bene anche perché non voglio più vederti soffrire così a causa mia... tutto ciò fa soffrire anche me. Quindi fai ciò che ritieni giusto Kise. Io non ti ostacolerò”.
Kise singhiozzò più forte coprendosi in viso con le mani e appoggiandosi a lui. Aomine lo abbracciò facendogli sfogare tutte le sue lacrime e anche lui ne sfuggì una. Stava proprio male in quel momento per Kise e sapendo che la causa di tutto era lui, stava anche peggio.
“Aomine-kun... prima di separarci per sempre” deglutì sentendo quella parola “posso darti un bacio... d’addio?”
Aomine per un momento lo guardò dubbioso, poi annuì.
Kise, con mani tremanti afferrò quelle di Aomine, intrecciandole timidamente. Combaciavano alla perfezione e gli trasmettevano una sensazione di sicurezza e calore. Alzò lo sguardo verso di lui che lo guardava con un’espressione semi comica: era un misto tra imbarazzo e indifferenza.
Kise ridacchiò, una risata acquosa che rese più nervoso Aomine. Poi si avvicinò e chiuse gli occhi quando le sue labbra sfiorarono quelle di Daiki. Lui invece non li chiuse riuscendo a vedere che dalle ciglia incredibilmente lunghe di Kise, le lacrime scendevano come gocce di rugiada rendendo anche le sue labbra salate. Le schiuse di poco permettendole di bagnare anche la sua bocca: quel gusto salato ma allo stesso tempo nuovo, il sapore di Kise, gli inebriò i sensi. Le loro lingue si sfiorarono provocando un lungo brivido ad entrambi ed Aomine chiuse gli occhi assaporando con delicatezza quel nuovo gusto. Poi tutto finì.
Kise si staccò tremante
“Grazie...” mormorò imbarazzato.
Alzò gli occhi verso Aomine che ora lo guardava triste sapendo già cosa stesse per dire.
“Addio, Aomine” liberò le loro mani e con passo incerto si allontanò lasciando Daiki da solo in preda alla confusione.
 
***
 
“Adoro la pausa primaverile!”
“Già, così posso leggere anche al parco”.
“Ma pensi solo a leggere? Potremmo giocare a basket all’aperto!”
“Anche”.
Erano seduti sul divano di casa Kagami e, Kuroko stava comodamente raggomitolato tra le gambe di Taiga e appoggiato al suo petto leggendo, mentre il suo compagno guardava un programma della tv americana. Avevano concluso gli esami accedendo tranquillamente al loro secondo anno e mancava una settimana all’inizio della scuola, quindi si stavano godendo tranquillamente quel momento di pausa.
Kagami appoggiò il suo mento sulla testa di Kuroko sbuffando.
“Che c’è?” chiese il più piccolo senza staccare gli occhi dal libro.
“Sono geloso” rispose incupito.
“Geloso?”
“Si... di questo libro!”
Lo afferrò portandolo verso l’alto.
“Taiga! Stavo quasi alla fine!” protestò Kuroko voltandosi per recuperarlo.
Lui per tutta risposta ridacchiò tenendo il libro fuori dalla sua portata.
“E dai! Voglio sapere come finisce!”
“Tanto non lo prendi” lo canzonò Kagami.
Kuroko lo guardò minaccioso, poi improvvisamente gli afferrò il volto e lo baciò. La sua lingua senza sforzo penetrò nell’incavo caldo del compagno che emise un gemito di apprezzamento. Lentamente fu avvolto dalle sue forti braccia, perdendosi in quel calore e, senza staccarsi, passò una mano dietro al suo collo mentre Kagami gli scompigliava i capelli premendolo sempre più verso di lui.
“Preso!” esclamò improvvisamente Kuroko staccandosi e guardandolo con un sorriso malizioso.
Kagami lo guardò perplesso per poi rendersi conto che il libro era finito di nuovo tra le sue mani.
“Tu!” esclamò divertito.
Provò a prenderlo ma lui scappò via.
“Ah, è così? Guarda che ti prendo!”
Per tutta risposta gli giunse all’orecchio la risata cristallina di Kuroko. Partì all’inseguimento riuscendo ad afferrarlo in fretta. Se lo caricò in spalla sordo alle proteste del compagno.
“Fammi scendere, BaKagami!!” esclamò cercando di svincolare.
“BaKagami??? Aomine, mi vendicherò anche di questo!”
Lo portò nella sua camera depositandolo poi sul letto come un sacco di patate. Si mise a cavalcioni su di lui immobilizzandogli le mani in alto.
“Vediamo un po’… come posso vendicarmi?” si chiese guardandolo pensieroso.
“Uffaaa, ero quasi alla fine! Torna a vedere quello stupido programma!” sbottò lui non riuscendo a muoversi.
“Ma ti ha posseduto lo spirito di Aomine?? Basta, ora mi vendico!”
Si chinò verso di lui mordicchiandogli il lobo dell’orecchio. Poi lentamente scese giù con la lingua mordendogli il collo. Kuroko fu percorso da un brivido.
“Uhm… cosa preferisci… il libro o me?” chiese alitandogli piacevolmente all’orecchio.
“… libro…” mormorò lui  languido.
Kagami non si arrese. Gli sfilò la maglietta facendo ricadere sul petto nudo la collana e, con un ghigno, si avvicinò a un capezzolo stuzzicandolo delicatamente con la punta della lingua. Kuroko reagì immediatamente inarcando la schiena e agitandosi per liberarsi.
“Ti piace?”
Il più piccolo, visibilmente arrossato, dissentì con la testa.
“L’hai voluto tu”.
Con uno strattone lo liberò dagli ultimi abiti per poter prendere in bocca l’evidente eccitazione di Kuroko che ansimò forte.
“Taiga!” esclamò.
Con le mani libere, Kuroko le passò tra i capelli di Kagami assecondando i movimenti con il bacino, mentre il più grande rallentava ogni qual volta sentiva il compagno giungere all’apice.
“Nng…”
Kagami si staccò leggermente stuzzicando con la lingua la punta dell’eccitazione facendolo venire all’istante con una contrazione. Appena si rilassò, Kuroko portò la testa di Kagami verso le sue labbra per poterlo baciare.
Insinuò freneticamente la sua lingua all’interno della bocca entrando immediatamente in lotta con quella di Kagami.
“Ti… ti voglio…” ansimò in un momento di pausa.
Kagami non se lo fece ripetere due volte, inserendo un dito nell’intimità di Kuroko.
“Sei così caldo…” mormorò facendo movimenti circolari.
“Aaanng….”
Taiga lo girò in modo da avere la sua intimità vicino al viso e, oltre ad inserire un secondo dito, con la lingua stuzzicò l’esterno entrando languidamente.
“Come siamo avidi… hai risucchiato le mie dita come se nulla fosse e sei già così bagnato. E meno male che preferivi il libro…”
“Non dirlo! E’ così imbarazzante!” esclamò lui arrossendo violentemente.
Ridacchiando, Kuroko lo sentì estrarre le dita, per poi sentire qualcosa di più caldo e grande entrare con delicatezza in lui.
“Taiga…” ansimò stringendo il lenzuolo.
Kagami iniziò a muoversi, ansimando sempre più velocemente, mentre con una mano aveva ripreso a tormentare l’eccitazione di Kuroko. Vennero entrambi poco dopo e il più piccolo, stremato, si girò verso di lui per poter nuovamente assaporare le sue dolci labbra.
 
***
 
Erano le 19:00 e Kagami stava uscendo dal bagno frizionandosi i capelli bagnati con un asciugamano. Kuroko si era lavato per primo e stava seduto sul divano leggendo il suo libro. Aveva approfittato della doccia di Taiga per terminarlo e con aria soddisfatta lo chiuse.
“Finito?” chiese Kagami sedendosi accanto.
“Si, più tardi lo riporto in biblioteca” rispose accoccolandosi su di lui.
Kagami lo avvolse un caldo abbraccio ispirando l’odore di vaniglia del suo bagnoschiuma che, mischiato con il profumo della pelle di Kuroko, creava un mix micidiale ed eccitante.
“Non resti qui stanotte?” chiese.
“No, i miei non hanno acconsentito. Dicono che ultimamente passo troppo tempo fuori casa. Chissà di chi è la colpa…” disse sospirando.
Kagami per tutta risposta fece una smorfia.
“E poi devo vedermi con Dai-chan. Vado a casa sua”.
“Ehi, se ti mette di nuovo le mani addosso lo ammazzo!” sbottò lui infastidito.
Kuroko si voltò sorridente e gli diede un bacio rassicurante sulle labbra.
“Non fare il geloso, lo fa apposta per provocarti” disse.
Ancora imbronciato annuì.
Driiin driiiiin!
“E’ il tuo telefono?” chiese Kuroko.
“Si” rispose lui sciogliendo l’abbraccio per potersi alzare “è quello di casa”.
Sbadigliando si diresse verso la cucina.
“Pronto?”
Kuroko si posizionò meglio sul divano prendendo il suo cellulare.
“What!??” (*cosa?)
La voce agitata di Kagami lo mise in allarme. Si alzò velocemente raggiungendolo.
“When?” (*quando) era in preda al panico e quando vide Kuroko al suo fianco lo prese per mano stringendo forte.
“But… are they alive?” (*ma sono vivi?)
Kuroko non riusciva a capire cosa stesse accadendo, in inglese era sempre stato una frana. Kagami fece un sospiro di sollievo per poi tornare nuovamente serio.
“Well, I start with the first flight to Los Angeles. See you later” (*bene, parto con il primo volo per Los Angeles. Ci vediamo dopo) chiuse il telefono agitato.
“Cosa succede?”
“I miei! Hanno avuto un incidente e li hanno ricoverati con urgenza all’ospedale. Devo andare immediatamente a Los Angeles!” disse andando verso la sua camera con passo frettoloso.
Kuroko lo seguì.
“Com’è successo?” chiese aiutandolo a prendere i vestiti.
“Non lo so! So solo che devo andare. Tetsuya, accendi il pc e controlla se c’è un volo per Los Angeles”.
Kuroko obbedì mentre lui trafficava nella sua camera buttando alla rinfusa nella sua valigia tutto ciò che trovava.
“Il prossimo volo è alle 20:30. Prenoto?”
“Si! Chiama anche un taxi”.
Kagami comparve con una maglia infilata a metà e i pantaloni sbottonati. Kuroko concluse la sua telefonata andando poi a vestirsi.
“Taiga”.
“Che c’è?” chiese lui nervoso all’ingresso mentre si metteva le scarpe.
Kuroko lo abbraccio alle spalle cogliendolo di sorpresa.
“Andrà tutto bene…”
Kagami si immobilizzò trattenendo il magone che si era formato dal momento in cui aveva sentito quella brutta notizia.
“Si” rispose prendendolo per mano voltandosi.
Lo baciò senza dire nulla, facendo emergere tutta la sua frustrazione. Quando si staccò lo condusse fuori, dentro il taxi, e lo tenne per mano fino all’arrivo all’aeroporto. Una volta lì non fece scendere Kuroko dal taxi.
“Ti chiamo quando arrivo” disse separandosi a fatica dalle sue mani.
Desiderava ardentemente che Kuroko andasse con lui in America, ma sapeva che questo non era possibile.
“Va bene” rispose lui con un sorriso rassicurante “chiamami ogni volta che vorrai. Non importa l’ora, io ti risponderò”.
Kagami annuì e dopo un bacio frettoloso chiuse la porta del taxi avviandosi all’ingresso.
“Dove andiamo?” chiese il taxista imbarazzato dopo aver assistito a quel gesto.
“Ah, alla biblioteca nazionale”.
“Ok”.
Durante il tragitto lui rimase a guardare fuori con aria assente preoccupato per Kagami e poi quella sarebbe stata la loro prima separazione a lunga data. Come avrebbe fatto senza di lui in quel periodo?
Dopo un lungo tratto il taxi lo lasciò a destinazione riuscendo così a consegnare il libro prima dell’orario di chiusura. Uscendo fuori si alitò le mani nella speranza di riscaldarle e si coprì con la sciarpa anche il naso. Nonostante fosse marzo inoltrato il freddo non voleva lasciare spazio al tepore primaverile, anche se con la fioritura dei ciliegi in fiore alle porte, tutto sarebbe stato più bello e colorato, facendo avvertire a tutti la tanta agognata stagione estiva.
Si incamminò per strada controllando l’orario sul telefono. Erano le 20:30, quindi Kagami aveva preso l’aereo. Alzò lo sguardo verso la strada bloccandosi immediatamente. Di fronte a lui c’era un ragazzo: capelli rossi, più o meno della stessa sua altezza che lo scrutava con inquietanti occhi arancioni.
“Akashi-kun…” disse sorpreso.
“Ne è passato di tempo” disse lui con un sorriso.
Fece qualche passo verso Kuroko che per istinto indietreggiò.
“Stai calmo. Non voglio farti nulla”.
Kuroko lo guardava circospetto.
“Sono venuto qui per parlarti”.
Akashi con un gesto elegante indicò una panchina al suo fianco.
“Accomodati. Sarà una lunga chiacchierata, Tetsuya”.
 
***
 
“AAAAHHH!!! E’ TARDISSIMOOOO!!!”
Kagami stava correndo a perdifiato per strada. Era da poco tornato dall’aeroporto e aveva fatto in tempo solo a mettersi la divisa scolastica. Recuperò il telefono provando a chiamare Kuroko per l’ennesima volta senza successo, l’operatore continuava a dire che il cliente era irraggiungibile.
“Che fine ha fatto?” pensò ansioso.
Non lo sentiva dalla sera prima e nell’ultima settimana gli era sembrato strano al telefono però non poteva indagare troppo a causa dei suoi impegni in ospedale. I suoi genitori si erano ripresi ed erano pronti a tornare al lavoro quindi anche lui poteva tornare in Giappone. Per fortuna l’assenza era stata solo di una settimana e non vedeva l’ora di riabbracciarlo.
Arrivato a scuola si fiondò verso lo stand della squadra di basket dove la squadra stava già facendo propaganda alle matricole per invitarli ad entrare nel club.
“Scusate il ritardo!!” esclamò mantenendosi il fianco dolorante.
“Ciao” lo salutò Koganei nervoso.
“La coach è così arrabbiata per il mio ritardo?” chiese prendendo nella sua cartella una bottiglietta d’acqua.
“No, ti sta aspettando in palestra” rispose.
Lui lo guardò.
“Dov’è Kuroko?”
“Vai in palestra”.
Dubbioso, si avviò in palestra avvertendo una strana sensazione. Appena entrò notò l’atmosfera pesante che regnava all’interno. la coach era in piedi e intorno a lei c’erano un gruppo di persone che parlavano concitatamente: la coach, Hyuuga, Kiyoshi, Takao, Himuro, Kasamatsu e Imayoshi. Si zittirono appena lo videro e questo lo innervosì.
“Dov’è Kuroko?” chiese irritato.
“Kagami ascolta… dobbiamo parlare di una cos…” iniziò la coach.
“Dov’è KUROKO!!?” urlò irritato.
La coach si strinse nelle sue spalle incapace di rispondere. Kiyoshi si fece avanti con espressione seria posizionandosi di fronte a lui.
“Senpai, cosa diavol…”
“Kagami” disse zittendolo “quest’anno Kuroko non giocherà più con noi”.
Lui impallidì pensando al peggio.
“Non mi dirai che… si è infortunato??”
Lui fece segno di no con la testa.
“E non solo lui” disse Takao intervenendo “Midorima, Murasakibara, Aomine, Kise ed anche Momoi non giocheranno più nelle loro squadre”.
Kagami guardava senza capire.
“Kuroko e tutti gli altri si sono trasferiti in un’altra scuola” riprese Kiyoshi.
“D-dove?” chiese con voce tremante.
“Al Rakuzan High”.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciaoooooo =D che capitolo vero??? Tanti colpi di scena e un finale che lascia confusi. Qualcuno festeggerà (Vivienne sto parlando di te =P) altri meno… ma procediamo per gradi.
E’ passato del tempo da Capodanno (se avete notato ho fatto molti salti temporali) e Aomine è in lotta con se stesso a causa di Kise. Alla fine lo incontrerà e il nostro biondino non solo gli dirà che lo ama ma che vuole stare con Kasamatsu. E poi il bacio d’addio… è stato un pezzo sofferente, Kise ha dovuto guardare la realtà e rendersi conto di non avere speranze e decide di dirgli addio pur di dimenticarlo.
Passa altro tempo e siamo alle porte dell’inizio del secondo anno, e Kagami e Kuroko continuano la loro relazione senza intoppi, ma Akashi ha fatto la sua mossa e Kuroko ha cambiato scuola trasferendosi a Kyoto. Cosa sta succedendo? E perché anche tutti i miracoli hanno fatto la stessa scelta?
Già immagino le reazioni di tantissimi di voi xD
Alla prossima settimana gente!!! =D
 
Piccola nota: in inglese non sono brava quindi sto pregando di non aver fatto errori -.-“ se ho sbagliato segnalatemelo che provvederò a correggere

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Capitolo 17
*** Tela di ragno ***


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17. Tela di ragno
 
Dimora Akashi.
25 marzo.
Ore 09:30.
Seijuro stava seduto sulla poltrona in un gazebo del suo giardino, contornato da fiori sbocciati da poco e l’erba umida.
“Padroncino il tè” disse un maggiordomo versando il contenuto in una tazzina.
Lui annuì prendendola con grazia ed eleganza, tipico di una persona del suo rango. Di fronte a lui, un ragazzo stava mangiando i biscotti con aria pensierosa.
“Atsushi, non ti gonfiare come al solito. Bevi anche il tè” disse.
Murasakibara annuì bevendo tutto il contenuto della tazzina in un sorso.
“Sei sempre il solito” disse Akashi posando la sua tazzina ormai vuota.
“Seijuro, ci conosciamo da bambini, lo sai come sono fatto” rispose Murasakibara riprendendo i biscotti.
“Siamo dello stesso rango, eppure hai dei modi così poco raffinati”.
“Non mi è mai importato. E poi non sono l’erede, è mio fratello maggiore ad esserlo. Tu invece lo sei, essendo figlio unico” rispose lui prendendo l’ultimo biscotto.
Sospirando, Akashi ordinò al maggiordomo di prenderne altri.
“Comunque la mia domanda di trasferimento è stata accettata. Il 1 aprile inizierò a frequentare il secondo anno al Rakuzan” disse togliendosi qualche briciola sulla sua maglia.
“Bene, ed ora tocca agli altri” rispose.
I loro occhi si incontrarono, viola contro arancione.
“Perché non li lasci perdere? Sono solo degli ingrati che ci hanno abbandonato” disse irritato.
“Me l’hai già detto ma sai come la penso, quindi non insistere” disse con tono secco chiudendo la conversazione.
Murasakibara sospirò affondando nel divano.
“Quindi procediamo come avevi pianificato?” chiese.
“Si. Tu occupati di Ryouta, io mi sto già dedicando a Tetsuya” rispose serio.
“E gli altri?” chiese.
“Seguiranno a ruota Tetsuya… Shintaro era un problema ma ha fatto tutto da solo…” colse una rosa rossa dal cespuglio posto vicino al suo divano “cadranno tutti nella mia tela, che come un ragno ho tessuto pazientemente per mesi” aggiunse stringendola forte.
E mentre i petali cadevano osservati da un impassibile Murasakibara, Akashi pensò che finalmente stava per ottenere la sua vendetta.
 
***
 
25 marzo.
Ore 11:30.
“Bravo… fermo così… fammi uno dei tuoi sorrisi accattivanti… e… fatto! Ottimo lavoro tutti quanti!”
Sul set si sentirono una serie di applausi e Kise con un sorriso si inchinava ringraziando e salutando tutti. Aveva appena terminato il suo nuovo servizio fotografico per una nota marca di abbigliamento e sospirò quando poté rientrare nel suo camerino.
“Finito?”
“Ah senpai, sei già qui?”
Kasamatsu senpai era seduto su una sedia intento a leggere una serie di dépliant della sua nuova università. Indossava una camicia, jeans e una giacca sbottonata.
“Si, ho fatto in fretta. I corsi iniziano domani e mi sono iscritto al club di basket. Avrò in squadra anche Imayoshi” sospirò “quel tizio non mi è mai piaciuto”.
“Non è un bene averlo in squadra? E’ un ottimo stratega e poi non è da tutti riuscire a domare Aomine” commentò cambiandosi.
“Pazienza, dovrò sopportare anche lui. Non bastavi tu?” disse scherzosamente.
“Ehi!” esclamò Kise lanciandogli la sua maglietta “sei stato tu ad importunarmi! Quindi ora paga le conseguenze”.
Kasamatsu lo prese alle spalle abbracciandolo stretto.
“Pur di stare con te sono disposto a pagare tutte le conseguenze del mondo” mormorò.
“S-senpai!!!” esclamò imbarazzato Kise.
Kasamatsu si mise di fronte a lui catturandogli dolcemente le labbra.
Driin driiiin
“Chi sarà?” borbottò Kasamatsu rispondendo al telefono.
Kise si allontanò di fretta finendosi di cambiare.
“Come hai fatto ad avere il mio numero??”
Gli lanciò uno sguardo curioso mentre il senpai chiudeva il telefono con rabbia.
“Che succede?”
“Imayoshi. Devo andare all’università, riunione di basket improvvisa… ma se ha mentito… giuro che lo faccio fuori!!”
“Ah… allora ci sentiamo dopo”.
“Si”.
Gli diede un bacio frettoloso per poi dirigersi verso la porta. Kise si coprì le labbra con la mano, imbarazzato. Uscivano da quasi due mesi, eppure non riusciva ancora ad abituarsi a quella routine.
Uscì fuori incamminandosi verso casa continuando a pensare al suo senpai. Si era diplomato quindi non potevano più vedersi a scuola ma solamente la sera. Il senpai con lui era dolce e non gli faceva alcuna pressione, sapeva tutto dell’amore non corrisposto con Aomine, ma non demordeva e lo stava conquistando poco a poco. Infatti se prima gli era indifferente se stessero insieme o no, ora sentiva la sua mancanza e quando lo baciava il suo cuore batteva forte.
“Che mi stia innamorando di lui?” pensò.
Un paio di ragazzi lo urtarono intenti a giocare a rincorrersi. Lui ridacchiò e decise di prendere la strada del parco per potersi godere i ciliegi in fiore. L’aria era frizzante e con la fioritura dei ciliegi la primavera si faceva più pressante e presto ci sarebbe stata non solo l’Interhigh ma anche l’arrivo dell’estate.
“Voglio andare al mare!!!” pensò sorridente.
Guardando avanti notò che un gruppo di bambini stava mangiando allegramente dei dolciumi che stava distribuendo un enorme ragazzo dai capelli viola seduto alla panchina. Lanciava le caramelle con aria annoiata e gli ricordava tanto i vecchietti che davano da mangiare ai piccioni.
Una caramella volante lo colpì in pieno.
“Ehi! Murasakibara! Fai attenzione!” esclamò.
Atsushi per tutta risposta gli lanciò un’altra caramella.
“Aaah, fai quello che vuoi” sbottò riprendendo a camminare.
Non lo tranquillizzava la sua presenza e avrebbe voluto che accanto a lui ci fosse qualcun altro.
“Ma perché proprio oggi il senpai è stato convocato??” pensò irritato.
“Kise-chin” lo chiamò Murasakibara alzandosi “ti devo parlare” consegnò la busta ai bambini e si avvicinò con passo lento verso il suo ex compagno di squadra.
“Io no. Non ho nulla da dirti” rispose lui nervoso.
“Aaah, ma io faccio solo da ambasciatore. Ho un messaggio da riferirti”.
Kise deglutì nervosamente.
“Il capitano ti ha convocato” frugò nelle sue carte e poi gli porse dei fogli spiegazzati “queste sono le carte per entrare nel Rakuzan”.
“Non voglio!” esclamò schiaffeggiando la mano.
I fogli si sparpagliarono a terra con un elegante svolazzo.
“Ma non è una richiesta, Kise-chin. E’ un ordine del capitano e tu sai benissimo che non si possono rifiutare i suoi ordini” disse Murasakibara pacato prendendo una caramella dalla tasca della sua giacca.
“Non siamo più alla Teiko, lui non è più il mio capitano! Ed ora me ne vado!” esclamò dandogli le spalle.
“Uhm… se fossi in te obbedirei… sai che il passato non si può cancellare e il capitano ha una memoria straordinaria” ribatté mellifluo.
Kise si rivoltò guardandolo agitato, notò che tra le mani aveva un cellulare.
“Che dici? A chi chiamo per primo? Mine-chin?”
“Smettila!!!” esclamò sfacendo un balzo in avanti.
“Kise-chin, è senso di colpa quello che vedo nei tuoi occhi?” chiese Murasakibara sorridendo beffardo.
Kise strinse i pugni calando il capo.
“Il 1 aprile inizierà la scuola. Prepara i bagagli, c’è già un posto per te nel dormitorio del Rakuzan”.
Gli diede le spalle e se ne andò soddisfatto, lasciando Kise da solo sconvolto che fissava i fogli sparsi per terra come se fossero la sua condanna a morte.
 
***
 
 25 marzo.
Ore 20:30.
Kuroko stava scendendo la gradinata che conduceva in biblioteca con preoccupazione. Kagami era appena partito e sperava che i suoi genitori stessero bene. Sospirando si incamminò ma, quando alzò lo sguardo verso la strada, si bloccò spalancando gli occhi. Di fronte a lui, Akashi lo osservava con un sorriso sghembo e i suoi occhi arancioni lo misero in allarme.
“Akashi-kun…” disse sorpreso.
“Ne è passato di tempo” disse lui con un sorriso.
Indossava un cappotto lungo e aveva calcato sulla testa un capello. Inoltre una borsa a tracolla completava il suo abbigliamento. Fece qualche passo verso Kuroko che per istinto indietreggiò.
“Stai calmo. Non voglio farti nulla”.
Kuroko lo guardava circospetto. Kagami non c’era e lui aveva fatto la sua comparsa. Cosa diavolo voleva?
“Sono venuto qui per parlarti”.
Akashi con un gesto elegante indicò una panchina al suo fianco.
“Accomodati. Sarà una lunga chiacchierata, Tetsuya”.
Kuroko guardò prima lui e poi la panchina. Sedersi lo avrebbe esposto a un alto rischio: Akashi lo avrebbe potuto toccare facendogli perdere la sua lucidità e lui non doveva perderla. E poi perché doveva stare lì ad ascoltarlo?
“Non m’interessa ascoltarti. Quindi vado via” con passo deciso lo superò.
Doveva andare via da quel luogo il più in fretta possibile.
“Tetsuya, come sta la tua nuova Luce?” chiese.
Kuroko si impietrì fermandosi.
“Bene” rispose guardandolo.
“Mi fa piacere” disse con un sorriso “e i suoi genitori?” chiese con il gelo negli occhi.
“Lui sa!” pensò Kuroko agitato.
“Bene” rispose mettendosi le mani in tasca “e ora, se vuoi scusarmi…”
“Ne sei proprio sicuro? Sbaglio o il tuo nuovo ragazzo ha ricevuto una chiamata da Los Angeles? E…” controllò il polso dove spiccava un orologio argentato “… è partito proprio cinque minuti fa per accettarsi delle loro condizioni fisiche”.
Kuroko impallidì stringendo i pugni.
“Cos’hai fatto!”
“Io? Niente” Kuroko aggrottò la fronte lanciandogli uno sguardo furioso.
“Lo sappiamo solo io e lui!” esclamò correndogli incontro.
Gli afferrò il bavero della giacca tirandolo verso di sé.
“Cosa diavolo vuoi Imperatore!? Se hai un problema devi venire da me! Lascia fuori Taiga!!”
“Oooh, già lo chiami per nome? Ricordo ancora quando mi chiamavi Sei-chan. Che bei ricordi” disse calmo, per nulla impressionato dall’attacco d’ira di Kuroko.
“COSA VUOI!” urlò Kuroko.
Akashi aggrottò la fronte.
“Non urlare” disse liberandosi dalla presa.
Si sistemò la giacca e aprì la borsa che si era portato dietro. Frugò dentro estraendo una cartellina con alcuni documenti. Gliela porse e Kuroko incuriosito l’aprì.
“Sei impazzito?” chiese dopo una lettura veloce “perché dovrei venire a Kyoto nella tua scuola?”
“Perché ti ho convocato e sai benissimo che i miei ordini vanno eseguiti. Domenica 31 tutti gli studenti potranno occupare i loro alloggi mentre lunedì inizieranno i corsi e gli allenamenti. Vedi di essere puntuale” si sistemò la borsa a tracolla sotto lo sguardo sbigottito di Kuroko.
“NO! Non verrò mai lì! E poi non eseguo i tuoi ordini da molto tempo ormai!” esclamò con enfasi.
Akashi si zittì osservandolo con attenzione. Il ragazzino delle medie era sparito e ora aveva di fronte un ragazzo più forte, sicuro di sé capace di fronteggiarlo come aveva fatto nella loro ultima partita alla Teiko.
“Sei cresciuto piccolo Tetsuya. Stare con quella Luce ti ha rinforzato” disse con un sorriso “a proposito di Kagami…”
Kuroko lo guardò allarmato.
“Spero proprio che a Los Angeles non abbia problemi” sospirò “sai, anche se è la città degli angeli il tasso di criminalità è molto elevato”.
Kuroko rabbrividì pensando immediatamente al suo Taiga.
“A tutti può capitare un incidente… proprio come i suoi genitori” rimase a guardarlo con aria di superiorità mentre sul volto di Kuroko si stavano alternando mille emozioni.
Rabbia. Paura. Insicurezza. E poi Kagami occupò la sua mente.
Lui non meritava tutto questo, lui non c’entrava nulla.
“E va bene…” disse guardandolo rassegnato.
“Ottimo” commentò Akashi con un sorriso soddisfatto.
“Ma a una condizione”.
Akashi lo guardò con stupore.
“E si. Il piccolo Tetsuya è proprio cambiato” pensò.
“Non dovrai importunare Kagami, la sua famiglia, la mia… tutti quelli che conosco!” disse con forza.
“… e sia”.
Akashi gli diede le spalle e si avviò verso un auto scura parcheggiata dall’altro lato della strada. Una guardia del corpo uscì dalla vettura aprendogli lo sportello.
“Ci vediamo a scuola, Tetsuya” disse accomodandosi.
La guardia chiuse lo sportello e salì davanti. Kuroko rimase impalato a guardare i documenti. Nella sua mente mille pensieri lo stavano assalendo: Akashi, la Teiko, il Rakuzan, l’addio ai suoi amici, al Seirin, a Kagami…
Si sentì mancare il respiro accasciandosi sulla panchina.
Avrebbe dovuto dire addio a Kagami altrimenti Akashi gli avrebbe fatto del male. Tremante, prese il suo cellulare che stava suonando insistentemente da un po’. Premette la cornetta verde non in grado di dire nulla.
“Tetsu! Ma che fine hai fatto? Molla Kagami e vieni. Purtroppo stasera avremo anche Satsuki e…”
“Come purtroppo! Dai-chan!”
“Si, stai zitta ora. Tetsu? Ma ci sei?”
Kuroko stava cercando più volte di parlare, ma continuava a boccheggiare.
“Tetsu?” la voce di Aomine da scherzosa si era trasformata in seria.
“D… Dai… D…” stava tremando e se ne accorse solo in quel momento.
Si toccò il volto sentendosi le dita umide per colpa delle lacrime.
“Tetsu? Dove diavolo sei? Che è successo?” era irritato e Kuroko continuava a balbettare.
All’improvviso sentì un fruscio di fondo accompagnato da un’imprecazione di Aomine.
“Ehi! Sat…!”
“Tetsuya, dove sei ora?” chiese con tono calmo Momoi.
Kuroko deglutì e soffocò un singhiozzo.
“Prendi un bel respiro e poi prova a parlare. Fai con calma” continuò lei con tono dolce.
“B… biblio-teca” riuscì a dire infine.
“Ok, resta lì. Stiamo arrivando” disse.
Chiusero il telefono e corsero immediatamente fuori per raggiungere il loro amico.
“Se quel bastardo di Kagami gli ha fatto qualcosa… giuro che lo ammazzo!!!” sbraitò Aomine.
Satsuki non disse nulla, troppo in ansia.
Dieci minuti dopo, con il fiatone, raggiunsero la biblioteca e trovarono Kuroko seduto su una panchina con una cartellina tra le mani.
“Tetsu! Come stai? Che è successo? Dov’è Kagami? Lo ammazzo!!!” esclamò Daiki agitato appena lo vide.
Satsuki si sedette accanto passandogli un fazzoletto che Kuroko accettò soffiandosi il naso. Lei prese la cartellina depositata sulle sue ginocchia mentre Aomine era sul piede di guerra.
“Ah! Non ha capito contro chi si sta mettendo! Vedrai Tetsu, rimpiangerà tutto quello che ti ha fatto!!!”
Kuroko lo guardò e scosse la testa.
“Cosa? Vuoi che non faccia nulla!?”
“Daiki” Satsuki alzò gli occhi dalla cartellina per guardare il suo amico “non c’entra nulla Tai-chan. Qui la situazione è più seria” disse preoccupata.
Aomine si avvicinò a lei e prese i documenti.
“Co… cosa significa!?” esclamò agitato guardando Kuroko
“Che Akashi è tornato”.
 
***
 
26 marzo.
Ore 10:30.
Momoi stava camminando pensierosa, soffermandosi ogni tanto con aria spenta di fronte a una vetrina. Aveva gli occhi gonfi e il suo look, di solito impeccabile, era disordinato. I suoi capelli erano raccolti in una coda malfatta, non aveva un filo di trucco e in più indossava abiti che abitualmente portava in casa, ossia una tuta e un giacca un po’ troppo grande per lei.
“Satsuki? Perché non mi dici che cos’hai?”
Midorima la stava tenendo per mano e lei lo guardò sorpresa.
“Da quando sei qui?” chiese.
“Ci siamo incontrati per il nostro appuntamento mezz’ora fa!” esclamò “Ma che ti prende?”
Lei lo guardò e sospirò.
“Shin-chan, dobbiamo parlare”.
A Midorima gli si gelò il sangue nelle vene. Quella frase, secondo Takao, era la frase della fine. Agitato indicò un piccolo bar.
“Se-sediamoci lì. Così parliamo con calma” disse trascinandola.
Si accomodarono subito e un cameriere prese le loro ordinazioni.
“Shin-chan… io… non so da dove comincia…”
“Aspetta! Non mi lasciare! Io… io migliorerò!” esclamò perdendo la sua solita compostezza.
Satsuki lo guardò senza capire.
“Ma cos…?”
“Ti prego, dammi un’altra possibilità!”
Satsuki rimase in silenzio a guardarlo mentre lui le stringeva forte la mano.
“Shin-chan, hai così poca fiducia in noi? Per quale motivo dovrei lasciarti?” chiese sbalordita.
Lui si afflosciò sulla sedia perplesso.
“Ma di solito, quando una ragazza ti dice ti devo parlare, vuol dire che ha intenzione di lasciarti…” disse.
Momoi sorrise, un sorriso dopo tutte quelle ore difficili.
“Ahahah, no Shin-chan! Ma chi ti ha detto questa cosa?”
“TAKAOOOO!” pensò Midorima irritato.
“Ma allora, cosa ti preoccupa?” chiese cercando di deviare l’attenzione dalla sua gaffe.
“Ah… quello…”
Il cameriere li interruppe portando un caffè e una cioccolata calda.
“Shin-chan, quest’anno cambio scuola” disse.
Lui rimase in silenzio a fissarla avvertendo un brivido di freddo.
“Dove?” chiese freddamente.
“Al Rakuzan”.
Rimasero a fissarsi per un lungo istante carico di tensione.
“Perché?” chiese infine.
Momoi fece un bel respiro e iniziò a parlare di tutto ciò che era successo: dell’uscita improvvisa del giorno prima, di Kuroko in uno stato pietoso, le minacce di Akashi, la loro decisione di non lasciare da solo Tetsuya.
“Satsuki, ti devo ricordare gli avvenimenti alla Teiko? Non puoi andarci! E perché ti portano con loro??” chiese Midorima arrabbiato.
“Ho litigato con Daiki proprio per questo motivo. Lui e Tetsu-chan non volevano ma ho insistito. E poi Shin-chan… loro per me sono come dei fratelli, non posso abbandonarli. So che questa mia azione è da egoisti ma non me la sentivo di lasciarli da soli…” una lacrima le scivolò sul viso Tetsu-chan è molto fragile mentre Dai-chan è irruento… hanno bisogno di me!”
Midorima la guardò sospirando.
“Verrò anch’io” disse.
“Come??”
“Verrò anch’io” ripeté lui con enfasi “anche se sei stata egoista, l’hai fatto per il bene dei tuoi amici e…”
“Guarda che sono anche amici tuoi”.
“Non esageriamo. Però Satsuki, la prossima volta che dovrai prendere una decisione, consultami. Facendo così non calpesterai i miei sentimenti” disse in tono serio.
Momoi spalancò gli occhi agitata.
“Ho calpestato i tuoi sentimenti!?”
“Immagina se fossi stato io a cambiare scuola senza parlartene, per di più una scuola che si trova a Kyoto. Come ti saresti sentita?” chiese lui.
Lei ci pensò su.
“Tradita!” esclamò stupefatta.
“Visto?” disse lui dolcemente.
“Mi dispiace… non volevo…” disse intristita.
Lui si alzò in piedi e l’abbracciò consolandola.
“Sssshhh… non importa” disse ispirando a fondo il suo dolce profumo.
“Aaaaahhh!”
Satsuki si staccò da lui correndo in avanti.
“Cosa succede ora?” chiese perplesso.
“Ma sono uscita davvero così!?” disse indicando uno specchio posto nel locale.
E mentre lei correva in bagno a sistemarsi, Midorima tornò a sedersi guardando fuori alla finestra con aria preoccupata.
“Cosa vuoi da noi, Akashi?”
 
***
 
31 marzo.
Ore 11:30.
Rakuzan High.
Kuroko, Aomine, Momoi e Midorima avevano appena varcato la soglia della lussuosa scuola dirigendosi alla reception per ricevere le chiavi delle loro camere.
“Bene, io vado al dormitorio delle ragazze. Ci vediamo dopo in mensa per il pranzo” disse Momoi cercando di portare le sue valigie.
“Ti accompagno” disse Midorima.
Si avviarono lasciando Aomine e Kuroko a contemplare le loro chiavi.
“La mia stanza è la 23, terzo piano” disse Aomine.
“Siamo sullo stesso piano, ma la mia stanza è la numero 1” disse Kuroko.
“Andiamo agli ascensori”.
Seguirono le indicazioni del cartello imbattendosi in Murasakibara agli ascensori.
“Guarda chi c’è… Luce ed Ombra di nuovo insieme” commentò lui sistemandosi i suoi capelli in una coda.
“Ah, ecco il cagnolino dell’Imperatore. Hai appena finito di leccargli i piedi?” ribatté Aomine.
“Come farai ora a farti le lampade restando in questa scuola? Non ci è concesso uscire” rispose lui tranquillo.
“E’ il mio colore naturale idiota e poi, razza di scimmia troppo cresciuta, corri dal tuo padrone. Ti sta aspettando con un bell’osso da darti”.
“Smettetela” disse una voce annoiata alle loro spalle.
Si voltarono contemporaneamente e Aomine e Kuroko rimasero stupiti.
“Kise?!”
“Da quanto tempo…” disse lui togliendosi gli occhiali da sole per poi appenderli al suo gilet.
“Che ci fai qui?” chiese Aomine sconvolto e anche un po’ imbarazzato.
Non lo vedeva dal loro addio e il loro bacio era ancora stampato nella sua memoria.
“Sono stato convocato” rispose laconico.
L’ascensore arrivò al piano e loro quattro entrarono con tutti i bagagli.
“A che piano?” chiese Kise.
“Terzo” risposero in coro gli altri.
“I miracoli allo stesso piano? Che cosa inaspettata…” disse premendo il bottone.
Le porte dell’ascensore si chiusero accompagnate da un “Dlin”.
“Che numero di stanza hai?” chiese Kuroko a Kise.
“La numero 23, e tu?”
Aomine, che stava posando il suo zaino a terra, si rialzò di scatto.
“Non è possibile! C’è stato sicuramente un errore!” esclamò.
Kise lo guardò senza capire.
“Anch’io ho la chiave numero 23!”
“COSA!?”
“Idioti, ma non vi siete informati?” chiese Murasakibara “le stanze non sono singole, ma doppie. Tutti avremo un compagno di stanza”.
“CHE COSA??” urlarono all’unisono.
L’ascensore arrivò al piano e Murasakibara si girò verso sinistra portandosi dietro i due ragazzi nel pieno di una guerra.
“Perché tu tra tanti??” stava urlando Kise.
“Non sono stato io a disporre le stanze! Va bene??” sbottò Aomine.
“Vado a chiedere se ci possono cambiare” disse mollando tutto.
“Ehi, metti prima tutto in stanza e poi chiedi! Non mi lasciare con tutta questa roba in mezzo al corridoio! Neanche Satsuki si è portata tutte queste valigie!”
In effetti Kise aveva con sé un set di 5 valigie di diverse dimensioni e due erano molto grandi.
“Sono un modello” si giustificò lui recuperandole.
“Ma qui potrai indossare solo la divisa!” esclamò Aomine esasperato.
Kuroko si allontanò, annoiato da tutte quelle urla. Non si vedevano da tanto e già stavano litigando? Sospirando guardò i numeri delle camere affissi alle porte. Arrivò alla fine del corridoio dove trovò la porta della sua stanza socchiusa.
“Il mio coinquilino è già qui?” pensò curioso.
Aprì la porta e si fermò allo stipite impietrito. Akashi era comodamente seduto sul davanzale della finestra intento a guardare fuori. Il cambiamento della direzione del vento lo fece voltare verso la porta. Il vento gli scompigliava i capelli e la sua camicia aperta sventolava.
“Benvenuto al Rakuzan, Tetsuya”.
 
Angolo della follia @.@
Ciao!!! Che strano capitolo, vero? Ricco di dialoghi e poche descrizioni… questo perché volevo concentrarmi sugli avvenimenti  ;)
Comunque questo capitolo è ambientato una settimana prima, il giorno della partenza di Kagami (i giorni non sono quelli del nostro calendario di quest’anno, sono inventati).
Akashi si vuole vendicare dei miracoli e abbiamo scoperto inoltre la complicità con Murasakibara e il fatto che sono amici d’infanzia, condividendo il loro alto rango.
Il primo miracolo che è stato convinto è Kise, ma qual è il suo senso di colpa?
Kuroko, pur di difendere Kagami, decide di trasferirsi e i suoi amici lo seguono a ruota, incluso Midorima che non vuole lasciare Satsuki da sola.
La sorpresa finale… i ragazzi dovranno condividere l’alloggio… cosa accadrà?
Al prossimo episodio, ciao =D
 
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Capitolo 18
*** New Life ***


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18. New life
 
1 aprile.
Ore 10:30.
Seirin.
Kagami guardava con aria sconvolta i suoi senpai, non riuscendo a credere alle sue orecchie.
“Puoi ripetere per favore?” chiese sperando di aver capito male.
“Kagami…” disse  con tono rassegnato Kiyoshi.
“Ti ho detto di ripetere!” disse con più enfasi guardando prima lui che ora era a capo chino poi tutti quanti ad uno ad uno.
“Ah… ah… ahahahah! Ho capito! Mi state prendendo in giro! Ahahah! Bravi c’ero quasi cascato” disse iniziando a ridere nervosamente.
“Kagami-kun…” mormorò la coach stringendosi a Hyuuga.
Non sapeva cosa dire o fare. Kagami sembrava esaltato e continuava a ridere, una risata che alle orecchie dei presenti suonava lugubre.
“Scommetto che quel bastardo di Aomine ha pianificato tutto! Basta Tetsuya, lo scherzo è finito. Esci fuori” disse andando verso gli spogliatoi.
I presenti si guardarono a disagio. La reazione di Kagami li aveva completamente spiazzati.
“Kagami, ora basta. Non troverai nessuno qui. E’ andato al Rakuzan” disse Kiyoshi prendendo la parola.
Kagami si fermò e iniziò a tremare. Il suo viso era in ombra e Himuro si avvicinò.
“Taiga… non piangere…” disse triste.
L’amico però alzò lo sguardo verso di lui: i suoi occhi ardevano di una luce folle e il suo viso era trasfigurato dalla rabbia.
“Vado a riprenderlo!!” esclamò correndo verso l’uscita.
“Kagami!”
Kiyoshi e Himuro corsero dietro di lui afferrandolo, ma Kagami stava sprigionando una forza impressionante. Si dimenava come una tigre in gabbia, sferrando gomitate a Kiyoshi e calci ad Himuro.
Hyuuga e gli altri corsero verso di lui cercandolo di bloccarlo ma invano. Continuava ad agitarsi, a dare colpi a destra e manca ferendo i suoi stessi amici. A Junpei volarono gli occhiali, frantumandosi poco lontano, Himuro si prese un colpo allo stomaco che lo fece piegare in due, mentre Takao aveva il naso sanguinante a causa di una gomitata.
Un fischio acuto risuonò nella palestra. Era più forte del solito e tutti si tapparono le orecchie infastiditi da quel suono così irritante. La coach stava fischiando avendo davanti a sé il suo megafono. Quando vide che Kagami stava per riprendere la sua fuga, si piazzò davanti a lui dandogli un sonoro ceffone.
Tutti rimasero in silenzio di fronte quella scena. Kagami si toccò il lato colpito e poi guardò in cagnesco la coach ma cambiò subito espressione quando la vide in lacrime.
“Non sei l’unico a soffrire per questa cosa, Kagami! Ci stiamo tutti male! Tu soffri di più perché avevi un particolare rapporto con Kuroko, ma ha fatto la sua scelta… anzi hanno fatto la loro scelta! Quindi non interferire, per prendere questa decisione avranno le loro motivazioni… quindi… quindi…” tremò non riuscendo più a parlare.
Hyuuga si avvicinò a lei circondandola con un braccio attorno alle sue spalle mentre lei si adagiò sul suo petto per nascondere il viso in lacrime.
“Kagami, Kuroko prima di lasciare la scuola è venuto a consegnarci questo” estrasse dalla tasca una busta bianca da lettera sigillata “ha detto che è per te”.
Kagami gliela strappò letteralmente dalle mani e uscì con passo veloce fuori. Aveva bisogno di aria, tutti quegli avvenimenti lo avevano lanciato in un baratro senza uscita e quella busta la stringeva come un’ancora di salvezza. Continuava a pensare che forse li c’era scritto tutto, che gli chiedesse di andare a prenderlo a Kyoto, di stare di nuovo insieme, di amarsi come sempre.
L’aprì con mani tremanti e dentro trovò la sua collana con il ciondolo a “T” e un semplice foglietto con su scritto “Addio”.
Nessuna spiegazione, solo quella singola parola che lo fece sprofondare di più nel baratro della disperazione in cui era caduto quando aveva varcato la porta della palestra.
Tutto intorno a lui cominciò a girare, gli mancava l’aria nei polmoni e sentì un urlò animalesco nelle vicinanze.
“KAGAMI!”
La voce della coach giungeva al suo orecchio come un suono ovattato mentre l’animale continuava a guaire ferito.
Il suo corpo divenne improvvisamente caldo perché Riko lo stava abbracciando. Sentì l’erba umida premere sul suo viso e capì che era caduto a terra. L’animale guaiva senza sosta e sembrava stesse parlando.
“KAGAMI… TI PREGO!”
Altri suoni lo circondarono, voci concitate, agitate. Himuro si avvicinò a lui prendendolo per mano.
“Taiga… calmati…”
Le altre voci continuavano a parlare, allontanavano la gente che era venuta a vedere cosa fosse successo, mentre l’animale aveva assunto un suono più umano e riuscì così a cogliere una parola.
“TETSUYA”.
 
***
 
1 aprile.
Ore 06:30.
Kuroko non aveva chiuso occhio quella notte per la paura che Akashi avrebbe potuto fare qualcosa, ma il suo compagno di stanza aveva dormito placidamente senza importunarlo.
Con occhi arrossati si mise seduto sul letto pensando a Kagami. Gli aveva mandato un messaggio la sera prima augurandogli buon viaggio per poi spegnerlo e cambiare scheda. Non poteva più contattarlo altrimenti lo avrebbe messo in pericolo e per assicurarsi che neanche lui lo seguisse, aveva lasciato alla coach e al capitano una busta con il ciondolo che gli aveva regalato e un biglietto d’addio.
“Gli spezzerò il cuore…” pensò con le lacrime agli occhi.
Se le asciugò rabbiosamente lanciando un’occhiataccia al letto accanto al suo. Akashi stava dormendo verso di lui, i capelli spettinati, il viso tranquillo e il respiro regolare. Ai tempi delle medie molte volte si era soffermato a guardare quel viso così delicato, incorniciato da quei soffici capelli rossi che amava spesso toccare. Era stato il suo primo amore, colui che gli aveva fatto perdere la testa e il cuore. Gliel’aveva completamente rapito, rendendolo felice. Un amore così delicato che lo riempiva di felicità solo a guardarlo, ma era stato lo stesso Akashi a distruggere tutto, lui aveva tramutato quei dolci sentimenti in odio.
Akashi si mosse mugugnando e Kuroko si mise immediatamente sotto le coperte spiandolo da uno spiraglio del lenzuolo. Akashi però non si svegliò, cambiando semplicemente posizione.
Sospirò di sollievo e si alzò per andare a prepararsi. Posò i piedi sul pavimento riscaldato e si guardò attorno spaesato. Era convinto che non si sarebbe mai abituato a tutto quel lusso: i letti erano ad una piazza e mezzo e, piccolo com’era, si sentiva perso in quello spazio enorme.
“Sono giapponese. Non ho bisogno di tutto questo spazio”.
La stanza era abbastanza grande tanto che conteneva due scrivanie complete di computer, libreria, due armadi a specchio, due comodini, i letti e il bagno. C’erano anche vicino la porta un appendiabiti e un portaombrelli.
Il materiale che prevaleva era il legno, un legno di un bel marrone molto pregiato e tutto con un tocco di classicità ed eleganza. I pomelli e le maniglie erano dorate, mentre le pareti e le tende erano di un bel rosso cremisi.
Si incamminò verso la porta del bagno e rimase nuovamente stupito come la sera prima: una vasca da bagno idromassaggio troneggiava al centro della stanza. C’era inoltre una doccia in un angolo e gli altri sanitari. Tutto era bianco e lucido.
Rassegandosi iniziò a lavarsi pensando a come avrebbe dovuto gestire Akashi e quella nuova situazione. Non doveva esagerare con lui altrimenti si sarebbe vendicato su Kagami.
Uscì fuori dal bagno e silenziosamente si diresse verso l’armadio prendendo la sua nuova divisa. La guardò tristemente ripensando a quella del Seirin, almeno lì non c’era la cravatta mentre qui era d’obbligo. Anche alla Teiko era costretto ad indossarla ma la metteva sempre male.
Si spogliò e indossò quella divisa così scura: pantalone e giacca grigi, camicia e cravatta nera.
“Alla fine anche al Seirin ero vestito di nero…” pensò.
Ma era diverso, tutto diverso. Al Seirin sentiva solo calore, affetto e divertimento.
Lì solo freddo.
Mentre indossava il pantalone per sbaglio colpì con il piede il letto vedendo le stelle.
“Ahio!” esclamò iniziando a saltellare per afferrarsi il piede dolorante, ma cadde a terra tra i due letti con un tonfo sordo.
Mentre si lamentava una testa arruffata si affacciò guardandolo con occhi assonnati.
“Che ci fai lì per terra?” chiese con voce roca.
“Sono caduto” rispose Kuroko alzandosi in piedi.
“E perché sei caduto?” continuò Akashi.
“Ma che domande sono, non c’è un motivo per cadere!” si sistemò il pantalone e tornò verso l’armadio per mettersi la cravatta.
Akashi si stiracchiò sbadigliando sonoramente per poi guardare Kuroko.
“Ma è già ora di andare?” chiese afferrando la sua sveglia.
La guardò sbattendo ripetutamente gli occhi per mettere l’orario a fuoco.
“Ah, è ora di alzarsi, sono le sette”.
Si alzò dal letto e con uno sbadiglio superò Kuroko che lo guardava perplesso. Si comportava come se nulla fosse dal giorno prima. Gli faceva domande, chiacchierava del più e del meno, era fin troppo tranquillo. Dov’era finito l’Imperatore? Gli occhi erano entrambi arancioni, quindi era lui a parlare in quel modo.
“Che cosa starà tramando?”
Akashi uscì dal bagno dirigendosi al suo armadio per cambiarsi.
“Hai sistemato la cravatta?” chiese distrattamente.
“Ci penserà Dai-chan” rispose lui mettendosi le scarpe.
“Daiki? Ma se non l’ha mai messa. Ti aiuto io” disse avvicinandosi.
“Piuttosto non la metto!”
Lo scansò e uscì fuori sbattendo con troppa forza la porta.
“Maledizione!” pensò dirigendosi agli ascensori.
Premette nervosamente il tasto per andare a piano terra cercando di calmarsi. Non poteva permettersi di perdere la pazienza con Akashi o farlo irritare. Doveva proteggere Kagami a tutti i costi.
Arrivato nella hall si guardò intorno spiazzato: quell’ingresso era veramente enorme e talmente elegante che si sentì fuori posto con la cravatta mal messa. Alcuni studenti già si stavano dirigendo verso l’esterno per raggiungere l’edificio principale dove c’erano le aule, i laboratori, gli uffici e la mensa scolastica.
“Se qua è così, figuriamoci l’edificio principale. Questo ambiente bianco e dorato mi ricorda la reggia di Versailles” pensò, ricordando che una volta aveva visto le foto di quel posto.
“Awn… buongiorno Tetsu”.
Kuroko si girò e vide un assonnato Aomine raggiungerlo. I suoi capelli erano scompigliati, non aveva la cravatta e la giacca la stava portando sotto braccio insieme al suo zaino.
“Ma che ti è successo?” chiese sorpreso.
Aomine gli lanciò un’occhiata soffermandosi sui suoi capelli.
“A me? E a te? Guarda che occhiaie” rispose mettendogli una mano in testa scompigliandoli i capelli.
“Dai-chan!” esclamò lui cercando di scostare quella mano che premeva un po’ troppo forte.
“Andiamo a fare colazione” disse.
Si incamminò verso l’uscita seguito a ruota da Kuroko che si stava sistemando i capelli. Il sole li abbagliò entrambi e dovettero strofinarsi gli occhi per poter mettere a fuoco i dintorni. Erano circondati dal verde che diventava più scuro in alcuni punti a causa delle siepi perfettamente potate, puntellate di rose rosse. Un’enorme fontana padroneggiava al centro del giardino e ovunque c’erano panchine.
“Ma siamo ancora in Giappone?” chiese Aomine perplesso.
“Credo proprio di si” rispose Kuroko.
Si avviarono verso il sentiero acciottolato più ampio che conduceva all’edificio principale, ignorando i più piccoli, che si diramavano in diverse direzioni per tutta l’area del giardino.
Aomine sbadigliò sonoramente sbattendo le palpebre arrossate.
“Dai-chan, non hai dormito?” chiese Kuroko curioso.
“Prova tu a dormire nella stessa stanza del modello e poi ne parliamo!” sbottò irritato.
Kuroko lo guardò stupito a causa del tono aggressivo di Aomine.
“... ti ha fatto qualcosa? Nel senso... ti è saltato addosso?” chiese titubante.
Sapeva che Kise aveva sempre covato dei profondi sentimenti nei confronti di Aomine anche se negli ultimi tempi frequentava l’ex capitano del Kajiou, Kasamatsu Yukio.
“Sarebbe stato meglio! Lo avrei talmente stancato da non avere neanche la forza di parlare!”
“Dai-chan!!!” esclamò imbarazzato Kuroko guardandosi intorno per vedere se qualcuno lo avesse sentito.                   
“Invece no! E’ stato non so quanto tempo in bagno a farsi maschere su maschere di bellezza. Poi, quando è uscito, si è messo davanti lo specchio facendo strani movimenti con la faccia, rumori e vocalizzi vari!”
“... ti ha spiegato il perché?”
“Perché...”
“... perché la settimana prossima avrò un colloquio per poter fare un salto di qualità nel mondo dello spettacolo!”
Kise li aveva raggiunti e, a differenza di Aomine, sembrava riposato. La sua divisa era impeccabile e si sistemò meglio la borsa sulla spalla.
“Kise-kun, buongiorno” salutò Kuroko.
“Kurokocchi, ma come hai messo la cravatta? Vieni qua, ti aiuto io”.
Lui si avvicinò titubante e cercò di non tremare.
“Fatto! Ora sei perfetto! Aomine” aggiunse voltandosi verso il suo compagno di stanza “mettiti la cravatta”.
Frugò nella sua borsa e gliela porse.
“Non voglio” rispose lui dandogli le spalle.
“Evitiamo di irritare Akashi già dal primo giorno?” sbuffò Kise.
“Dopo la mia uscita teatrale, credo che si sia già irritato” pensò preoccupato Kuroko.
“Non rompere!”
Si incamminò lasciandoli dietro.
“Aspettaci!” esclamarono in coro i due ragazzi raggiungendolo con passo frettoloso.
“Allora Kise-kun, mi parli di questo tuo colloquio?” chiese Kuroko.
“Ah sì! Dalla prossima settimana potrei non essere più solo un modello, ma un vero e proprio idol!!” esclamò felice.
“Wow Kise-kun! Congratulazioni!”
“Grazie!”
“E finché non lo diventerai dovrò sopportarti ogni notte mentre fai tutti quei versi... suoni... non so come definirli!” intervenne Aomine.
“Sì, mi devo preparare” rispose lui contento.
Sbuffando, varcarono la soglia del grande ingresso dell’edificio principale dove già tantissimi studenti erano in piena attività. Molti lanciarono occhiate eccitate nella loro direzione, additandoli e bisbigliando. Loro non ci fecero caso perché abituati e a Kuroko non diede fastidio che gli sguardi erano posati soprattutto su Aomine e Kise, dopotutto lui era un’ombra.
Raggiunsero la mensa dove trovarono Midorima e Momoi ad un tavolo con una serie di vassoi ricchi di cibo.
“Avete svaligiato la mensa?” chiese Kise sedendosi accanto a Midorima.
“No, Satsuki ha voluto prendere la colazione anche per voi” rispose sistemandosi le fasciature alla sua mano sinistra. Sul suo vassoio c’era anche una piccola rana di peluche.
Aomine si sedette pesantemente di fronte a Momoi e Kuroko lo imitò, con più delicatezza.
“Dai-chan! Sei sempre il solito! Dov’è la tua cravatta?” chiese Momoi guardandolo minaccioso.
“L’ha presa Kise” rispose distrattamente afferrando un vassoio.
“Ehi! Non è vero! Non ha voluto metterla!”
Mentre il trio battibeccava, Midorima si tolse gli occhiali con aria infastidita mettendoli contro luce. Afferrò un fazzoletto e iniziò a pulirli.
“Midorima-kun, mi sembri assonnato” disse Kuroko prendendo un bicchiere di succo di frutta.
“Potrei dire lo stesso di te” rispose laconico.
“Ah... non riuscivo a prendere sonno, anche tu?”
“No, stavo dormendo tranquillamente quando dei rumori sospetti mi hanno svegliato” rispose rimettendosi gli occhiali.
“Rumori sospetti?” chiese Satsuki interrompendo la sua sfuriata contro Aomine.
“Si, Murasakibara non ha fatto altro che mangiare tutta la notte, aprendo pacchetti e prodotti vari. Quel rumore di sottofondo non mi ha fatto chiudere occhio” sbottò.
“Ah, è il tuo compagno di stanza?” chiese Aomine.
“Evidentemente...”
Ripresero a fare colazione ognuno immerso nei propri pensieri.
“Qualcuno ha visto Akashi?” chiese Satsuki rompendo il silenzio.
A tavola calò il gelo e tutti la guardarono.
“Perché?” chiese Aomine.
“Devo consegnare tutte le nostre richieste per entrare nel club di basket” rispose.
“Non l’abbiamo visto” rispose Kise posando il suo bicchiere.
“Neanche tu, Tetsu-chan?” continuò Momoi.
“... no...”
Aomine lo guardò sospettoso.
“Tetsu, non ci hai parlato del tuo compagno di stanza” disse sperando di sbagliarsi.
“Perché non c’è nulla da dire visto che non c’è” si inventò al momento.
Non voleva far preoccupare Aomine e Satsuki.
“Impossibile” commentò Kise.
“Invece sì! Arriva... arriva domani!”
Si alzò in piedi con enfasi facendo quasi cadere la sua sedia che prese al volo.
“Ahahah! Come sono distratto!” disse ridacchiando nervosamente “andiamo? Dobbiamo vedere in quale classe siamo stati assegnati” aggiunse voltandosi verso l’ingresso ma non riuscì a camminare guardando con ansia i due nuovi arrivati.
Akashi era appena entrato, accompagnato da Murasakibara, salutato da molti studenti con calore.
“E’ popolare...” commentò Kise “guardate le ragazze” aggiunse indicando un gruppetto che lo guardava con venerazione.
“Mi sembra normale. Akashi è un bel ragazzo dopotutto e un buon partito. La maggior parte delle ragazze che vedete qui fanno parte di famiglie importanti e conquistare Akashi porterebbe solo prestigio” osservò Satsuki.
Kise annuì e si alzò.
“Andiamo via, non voglio parlargli” disse prendendo il suo zaino.
“Dov’è finito colui che poco fa aveva detto: Evitiamo di irritare Akashi già dal primo giorno?” lo scimmiottò Aomine.
Kise gli lanciò un’occhiataccia.
“Buongiorno a tutti” disse Akashi che intanto li aveva raggiunti.
Li guardò ad uno ad uno osservandoli nelle loro nuove divise, alzando gli occhi al cielo vedendo Aomine senza cravatta. Poi il suo sguardo si soffermò sul tavolo e sui vassoi ormai vuoti.
“Noto che avete pensato anche a noi” disse con voce tagliente.
Kuroko lo guardò agitato e Aomine si alzò in piedi imitato da Midorima e Satsuki.
“Siamo venuti qui perché ci hai convocato in squadra, non per stare con te anche al di fuori del campo da basket” commentò Daiki posizionandosi di fronte a lui con aria di sfida.
Murasakibara si affiancò ad Akashi guardando torvo Aomine, mentre l’Imperatore non batté ciglio.
“In realtà Daiki, ho convocato solo Kuroko e Kise. Voi quattro vi siete auto invitati” rispose.
Rimasero zitti a fissarsi, arancione contro blu, finché quest’ultimo non distolse lo sguardo.
“Andiamo” disse facendo cenno agli altri che annuirono.
“Tetsuya” disse Akashi volgendo il suo viso verso di lui “hai dimenticato la tua borsa in camera. Fai più attenzione” continuò porgendogliela.
“Come!?” Aomine era indignato “sei in camera con Tetsu!??”
Akashi non rispose e si avvicinò di più a Kuroko che per istinto fece un passo indietro.
“Dovresti riposarti di più la notte invece di farti strane idee, altrimenti non reggerai a lungo” mormorò in modo da farsi sentire solo da lui.
Kuroko deglutì nervosamente e corse via lasciandolo lì con il resto dei suoi amici. Akashi sorrise soddisfatto e si diresse con Murasakibara verso il bancone della mensa.
“Non avremo vita facile” commentò Satsuki cupa.
Midorima annuì e, prendendola per mano, la condusse fuori, seguito da Kise e un pensieroso Aomine.
 
In realtà Daiki, ho convocato solo Kuroko e Kise. Voi quattro vi siete auto invitati
 
Non aveva tutti i torti, alla fine lui e Momoi si erano iscritti di loro volontà per Tetsuya mentre Midorima per Satsuki. Ma Kise? Perché era stato convocato?
“Ehi Kise, perché sei stato convocato?” chiese, dando voce ai suoi pensieri.
Il biondino si fermò girando solo di poco la testa.
“Questi non sono affari tuoi, Aomine” rispose con tono freddo come i suoi occhi.
Aomine lo guardò rabbuiato e confuso, ma anche un po’ irritato. Poteva dirglielo in modo diverso e non così scorbutico.
“Dai-chan! Vieni a vedere le classi” disse Momoi facendosi largo tra la folla di studenti che assediavano il cartellone dove erano affissi gli elenchi degli studenti suddivisi per classi.
“Io sono nella 2-1 con Tetsu-chan e Akashi” Midorima si irritò a quelle parole.
Aomine si avvicinò iniziandosi ad arrabbiare sul serio. Akashi stava facendo di tutto per importunare Kuroko: in questo modo lui sarebbe stato 24 ore su 24 con lui.
“Sono nella 2-3 con Murasakibara” disse Kise scorrendo l’elenco.
“Siamo in classe insieme, Aomine. 2-5” disse Midorima sempre più nervoso.
Si guardarono entrambi non riuscendo a capire cosa stesse succedendo.
 
***
 
Kuroko era stato il primo ad entrare in classe, occupando l’ultimo banco della fila vicino alla finestra, il posto che aveva occupato per un anno interno al Seirin.
Guardò davanti a sé tristemente sapendo che non avrebbe più visto la grande schiena di Kagami, non si sarebbero più messi a chiacchierare tra una lezione e l’altra. Non avrebbero più mangiato il pranzo insieme, guardarsi negli occhi, sfiorarsi, baciarsi, fare l’amore.. non sarebbe più successo nulla di tutto questo.
La classe iniziò a riempirsi e vide entrare Momoi che si sedette davanti a lui mentre Akashi occupò uno dei primi banchi. Lei si voltò verso di lui dandogli un’affettuosa carezza.
“Fatti forza Tetsu-chan. Supereremo anche questa” disse per poi sedersi composta a causa dell’arrivo del professore.
Lui annuì guardando fuori dalla finestra, ignorando l’introduzione del professore. C’erano molti canarini che volavano nel cielo fischiettando allegramente e alcuni studenti ritardatari stavano correndo dentro. Il sole era alto nel cielo inondando con i suoi raggi caldi la sua classe. Ma nonostante ciò lui sentiva tanto freddo. Stava immaginando in quel momento il suo Taiga correre a perdifiato proprio come quei ragazzi nel giardino, per non fare tardi e non sentirsi la coach, preoccupato per l’assenza di risposta da parte sua. Raggiungere lo stand di basket e vedere i suoi compagni incupiti. La sua agitazione quando la coach lo avrebbe portato in disparte insieme al capitano e consegnato il suo bigliettino.
Chiuse gli occhi stringendo vicino il petto la sua collana immaginaria, che in quel momento era nelle mani di un confuso Kagami. Poi la lettura del biglietto e quella semplice parola, che faceva male più di mille colpi di pistola.
 
Addio
 
Stava immaginando la sua disperazione, il suo tentativo di capire qualcosa e la sua rabbia.
Una lacrima gli bagnò il viso ma, invece di asciugarsela, la lasciò scivolare per poi vederla bagnare il piano del banco.
“Taiga… addio…”
 
 
Angolo della follia @.@
Ciaooo =D rieccomi qua ;)
Che capitolo triste a mio avviso =( nella prima parte ho dovuto per forza parlare della reazione di Kagami, non volevo lasciare nulla in sospeso e mentre scrivevo pensavo: “waaa sono troppo crudele!!!” ;(
Nella seconda parte mi sono dedicata sulla prima notte al Rakuzan, ognuno con i loro problemi condividendo la stanza con un’altra persona… Kise che sembra una diva hollywoodiana facendo massaggi facciali, suoni gutturali e cose strane. Murasakibara che di notte pensa a mangiare suscitando l’irritazione del povero Midorima che vorrebbe solo dormire. Kuroko che non ha chiuso occhio per la paura che il nostro Akashi gli facesse qualcosa (volete dargli torto??)
E le reazioni della mattina, soprattutto la battuta di Aomine su Kise…. Ahahahahah xD mentre la scrivevo ridendo come un’idiota davanti al pc xD 
Infine la scena della mensa e delle classi… i dubbi e le domande senza risposta dei ragazzi…
Il mistero si infittisce =P
 
Nota: le classi in Giappone sono divise per numero e non per sezioni. Il numero davanti indica l’anno, il numero successivo la classe (2-1: secondo anno classe 1).
 
Al prossimo capitolo =D

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Capitolo 19
*** Il primo giorno di scuola (2) ***


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19. Il primo giorno di scuola (2)
 
Si stava guardando all’unico specchio dello spogliatoio con aria cupa. I colori della divisa di basket erano gli stessi di quella che indossava alle medie. L’azzurro che richiamava i suoi occhi e i capelli e quel numero nero stampato davanti e sulla schiena, il “6”. Il sesto uomo fantasma.
Aomine gli diede una pacca sulla spalla facendogli cenno di avviarsi in palestra, dove ad attenderli c’era il resto della squadra.
La palestra del Rakuzan era davvero enorme e non si stupirono più di tanto di constatare la presenza di tre campi da basket. Dopotutto quello che avevano visto in quella scuola ci stavano facendo l’abitudine.
La palestra era affollata di giocatori che si stavano allenando, alcuni erano molto bravi, altri meno. C’erano le matricole, con addosso le loro tute, che guardavano ammirati alcuni ragazzi del secondo e del terzo anno alle prese con una partita di allenamento. Altri ragazzi, invece, erano seduti su alcune panchine per riprendere fiato.
Akashi stava osservando con attenzione la partita in corso, affiancato da un annoiato Murasakibara che lo seguiva prendendo appunti per lui. Avvicinò uno dei giocatori, parlando con decisione e mostrando alcuni fogli. Il ragazzo ascoltava con serietà e annuiva porgendo delle domande.
“Da quando Akashi sa fare il capitano? Degli allenamenti non gli è mai importato nulla” commentò Aomine.
“Non saprei...” rispose Kuroko avviandosi verso la panchina dove Midorima stava parlando con Momoi.
Kise era poco distante da loro alle prese con una telefonata.
“Che sta facendo ora? Mi chiedo perché ha tutte queste libertà...” disse Aomine aggrottando la fronte.
“Akashi tecnicamente a voi non vi ha confinato qui come me. Quindi potete fare quello che volete” rispose Kuroko.
“Si, ma Kise è stato convocato come te e nonostante ciò fa tutto quello che gli pare”.
“Dai-chan, sinceramente Kise è l’ultimo dei miei problemi. Ho ben altro a cui pensare” disse seccato.
“Ah, giusto...” rispose lui ignorando quel tono.
Sapeva che non ce l’aveva con lui. Era molto nervoso a causa degli avvenimenti dell’ultima settimana e della loro nuova vita.
“Chissà come l’avrà presa BaKagami” pensò.
Gli faceva pena in fondo, e poi, nonostante il suo essere esagitato, timido e idiota, sapeva come comportarsi con Kuroko. Negli ultimi mesi era cambiato in positivo, riusciva a relazionarsi meglio con gli altri, sorrideva di più, tremava molto meno. Ed ora, per colpa di Akashi, Kuroko rischiava di tornare nel baratro in cui era caduto alle medie.
Raggiunsero gli altri e Kuroko si mise in disparte perso nei suoi pensieri, mentre Aomine decise di importunare Kise per scoprire qualcosa, lasciando la coppia a parlottare tra di loro. Si avvicinò con passo deciso ma rallentò nel momento in cui sentì la parola “senpai”.
“Si, senpai... anche tu mi manchi...” era appoggiato al muro e un leggero rossore gli imporporava  le guance.
Aomine lo guardò perplesso. Aveva pensato che se Kise stesse lì era solo perché Akashi aveva minacciato il senpai, invece ci stava parlando tranquillamente al telefono.
“Sta parlando con il senpai, continua la sua carriera da modello senza problemi... ma allora…  perché sei qui?”
Kise si guardò improvvisamente intorno con aria circospetta e, appena vide Aomine nelle vicinanze, gli diede le spalle allontanandosi.
“Ora mi sto veramente arrabbiando”.
Tornò vicino a Kuroko e si sedette sbuffando. Chiuse gli occhi cercando di calmarsi ma inutilmente. Doveva capire il perché della presenza di Kise lì. Era diventato il suo obiettivo, oltre a proteggere Kuroko da Akashi.
Nella palestra scese improvvisamente il silenzio e tutti guardarono verso il capitano che con passo lento si stava avvicinando alla panchina dei miracoli. Kise chiuse il telefono con un frettoloso “ciao” e li raggiunse nervoso.
“Buon pomeriggio a tutti” esordì Akashi dandoli le spalle e guardando i ragazzi che si stavano avvicinando da ogni parte della palestra “e bentornati al Rakuzan per questo nuovo anno scolastico” aggiunse rivolto ad un corposo gruppo di ragazzi del secondo e del terzo anno disposti in fila ordinata “benvenute invece nuove matricole”.
Un gruppetto di ragazzi del primo anno, si avvicinò intimidito, inchinandosi goffamente come forma di saluto.
“Inoltre, diamo un caloroso benvenuto ai ragazzi che hanno deciso di cambiare scuola e proseguire qui gli studi” fece cenno ai ragazzi alle sue spalle che non si mossero.
Mursakibara li incitò ad andare avanti per farsi vedere. I ragazzi obbedirono affiancando Akashi, come erano soliti fare ai tempi delle medie. Erano tutti lì, in fila ordinata e tutti i presenti arretrarono di un passo.
L’aura emanata da quei sei ragazzi così straordinari, li rendeva inquieti: Murasakibara, il gigante dei miracoli, che con la sua altezza crea un muro invalicabile; Midorima e i suoi tiri da tre perfetti, nessun margine di errore, solo la resa negli occhi degli avversari incapaci di contrastarlo; Kise, la copia perfetta, in grado di copiare i miracoli stessi; Aomine, l’asso dei miracoli, colui che si muove con le movenze di una pantera in campo, segnando da ogni posizione, in ogni modo, giocando con i suoi avversari per poi distruggerli definitivamente; Kuroko, il sesto uomo fantasma, che con la sua scarsa presenza compie vere e proprie magie in campo, lasciando l’avversario totalmente indifeso; infine lui, il capitano Akashi, che con i suoi occhi è in grado di far inginocchiare qualsiasi avversario, anche il più temerario, umiliandolo fino alla resa.
“Non credo abbiano bisogno di presentazioni” disse con un’alzata di spalla e i presenti annuirono in silenzio “inoltre avremo con noi una nuova manager, Momoi Satsuki” aggiunse indicandola.
I ragazzi si inchinarono per salutarla e lei rispose con un timido sorriso. Ci fu immediatamente un mormorio di approvazione e alcuni la guardarono con eccessivo interesse. Midorima nervoso, prese per mano Satsuki come segno di possesso e, tutti si zittirono all’istante delusi.
“Quest’anno molte cose cambieranno in prima squadra e i nuovi titolari saremo noi” continuò Akashi indicando se stesso e i miracoli.
Nessuno parlò, tutti lo guardavano senza far trapelare le loro emozioni. Sono alcuni ragazzi del primo anno rimasero delusi.
Akashi fece qualche passo in avanti prendendo il centro della scena.
“Alla Winter Cup ci siamo fatti sopraffare in finale da una squadra neonata, il Seirin” disse freddo.
Kuroko strinse i pugni al ricordo. Sentire parlare della sua squadra era una pugnalata al cuore e per di più il pensiero tornava irrimediabilmente a Kagami.
“Ma quest’anno le cose saranno diverse. La squadra sarà imbattibile e nessuno potrà fermarci, il Rakuzan non dovrà più subire l’umiliazione dell’inverno scorso. Mostreremo la nostra vera potenza all’Interhigh, spazzando via ogni avversario!”
“SIIIII!!!” urlarono i ragazzi carichi.
Gli unici che non dissero nulla furono i miracoli, che rimasero impassibili ad osservare quella scena che conoscevano fin troppo bene. Alle medie non era permesso perdere. Loro dovevano essere i vincitori assoluti.
“Iniziamo allora” prese dei fogli tra le mani di Murasakibara iniziando a dare direttive ai ragazzi del secondo e terzo anno.
“Secondo voi dirà anche a noi cosa dobbiamo fare?” chiese Aomine sbadigliando.
“Lo vedo determinato. Quindi dubito che potremo svincolare facilmente” commentò Midorima sistemandosi le fasciature alla mano sinistra.
Mentre parlava con i ragazzi li indicò facendogli cenno di avvicinarsi. Loro obbedirono e quando arrivarono sentirono Akashi parlare di una partita di allenamento.
“Noi contro di loro? Stai scherzando, vero?” disse Aomine con aria di superiorità.
“Non scherzo mai” rispose laconico Akashi voltandosi.
Si guardarono un istante, poi l’Imperatore distolse lo sguardo per concentrarsi su Momoi.
“Satsuki devo esaminare le matricole e ho bisogno del tuo aiuto” disse.
“Ok, capitano” rispose.
Si allontanarono verso le matricole in fermento lasciando i ragazzi da soli.
“Allora… organizziamoci” disse un senpai del terzo anno.
Gli altri annuirono e si divisero in squadre. I miracoli contro il Rakuzan.
“Ehi Tetsu, si torna a giocare insieme. Sei pronto?” chiese Aomine guardandolo con un pugno alzato nella sua direzione, strappando così un sorriso all’amico.
“Sì” rispose lui facendo scontrare le nocche.
Si disposero in campo, Kuroko un po’ più felice perché l’unica cosa positiva e che avrebbe potuto giocare insieme al suo compagno di avventure, il suo più caro amico. Aomine Daiki.
La partita non durò a lungo perché i miracoli a metà match decisero di smettere. Avevano letto negli occhi degli avversari la resa, quella che avevano già visto in passato, e la paura.
“Sono dei mostri” disse un ragazzo mantenendosi il fianco dolorante.
Mostri.
La parola che li aveva perseguitati per anni e che pensavano di essersene liberati dividendosi, frequentando scuole divere. E invece erano di nuovo tutti uniti in un’unica squadra.
“Cosa succede?” chiese Akashi avvicinandosi.
“Se vuoi farci allenare ok, ma evita di farci scontrare con mezze calzette” disse Aomine seccato “e ora, se vuoi scusarmi, me ne torno in camera mia. Vieni Tetsu” disse prendendolo per mano e trascinandolo via.
Di certo non avrebbe lasciato lì da solo Kuroko alle prese con l’Imperatore.
“Mi alleno per conto mio” disse Midorima prendendo un pallone da basket.
Si diresse verso il campo più lontano puntando un canestro.
“Mi alleno con lui” disse Kise raggiungendolo.
Murasakibara non disse nulla e guardò il suo amico che aveva chiuso gli occhi. Quando li riaprì, gettavano fiamme.
“Me la pagheranno”.
 
***
 
Erano le nove passate e Kuroko si stava dirigendo con passo lento verso la sua camera. Era molto stanco perché non aveva dormito ed inoltre lo attendeva un’altra notte insonne a causa di Akashi. Aveva recuperato qualche ora di sonno nella camera di Aomine e Kise, ma era stato un sonno agitato costellato da incubi su Akashi che inseguiva Kagami con un enorme paio di forbici.
Sbadigliando aprì la porta e, come il giorno prima, trovò Akashi seduto sul davanzale della finestra intento a leggere un libro. Lo spostamento d’aria lo distolse dalla lettura e posò il suo sguardo sul suo compagno di stanza.
“Dove sei stato?” chiese senza preamboli.
Kuroko chiuse la porta e lo ignorò. Posò la cartella sulla scrivania estraendo i libri.
“Ti ho fatto una domanda” disse Akashi con voce fredda.
“Mi sembra ovvio che non voglia risponderti” replicò lui sedendosi.
Aprì un quaderno e iniziò a leggere con attenzione.
Un movimento fulmineo lo disorientò.
Non si trovava più seduto ma attaccato al muro, con il viso di Akashi a pochi millimetri di distanza. Con una mano sul petto lo bloccava al muro, con l’altra maneggiava un paio di forbici.
“Non andiamo bene così, Tetsuya. Ti piace giocare con il fuoco” disse gelido.
Kuroko tremava e cercò di liberarsi dalla sua presa. Akashi però spinse più forte la mano sul petto, smorzandogli il respiro.
“Lasciami!”
“Dovresti essere più gentile con me mio piccolo Tetsuya” alzò la mano con le forbici e con la punta gli toccò la guancia.
Era un gesto delicato ma allo stesso tempo minaccioso. Kuroko tremava incapace di reagire.
“E’ da ieri sera che mi sta irritando. Stamattina poi ti sei comportato male in camera e in classe hai declinato il mio gentile invito a pranzare insieme” sospirò continuando a toccarlo con le forbici.
Kuroko aveva smesso di tremare e stava trattenendo il respiro. Akashi stava disegnando dei cerchi concentrici sulla sua guancia e ogni tanto premeva la punta facendogli avvertire dolore.
“Per non parlare della ribellione dei tuoi amichetti e della tua fuga con Daiki. Non ci siamo Tetsuya” fece cenno di no con la testa “come ti devo far capire che non sei qui in vacanza? Vuoi che ti imprima un messaggio più profondo?” detto questo premette più forte e trascinò via le forbici lasciandogli una scia di sangue.
Kuroko sentì la sua guancia sinistra bruciargli e subito dopo qualcosa di caldo colò sul suo viso.
“Oh…” disse Akashi sorpreso guardando con preoccupazione il taglio “deve farti male, non è vero?”
Si accostò a lui e con la sua lingua iniziò a leccargli il sangue mentre Kuroko tremava. Poi si avventò sulla sua bocca, aprendogli a forza le labbra, invadendo l’incavo caldo con la sua lingua impastata di sangue. Kuroko non oppose resistenza, rispondendo disgustato a quel bacio che sapeva di ruggine, per paura di un’ulteriore ritorsione di Akashi.
Si staccò all’improvviso, tornando a sedersi sul davanzale della finestra come se nulla fosse accaduto.
Kuroko scivolò lentamente a terra riprendendo fiato e guardando con odio il suo compagno di stanza.
“Dove sei stato?” chiese riprendendo il suo libro.
“In camera di Aomine-kun” rispose cercando di calmarsi.
“E che avete fatto?”
“Ho dormito”.
“Perché?”
“Perché stanotte non ho chiuso occhio per colpa tua”.
Akashi sorrise senza distogliere l’attenzione dal libro.
“Puoi dormire sonni tranquilli, Tetsuya. Non ho intenzione di farti nulla”.
“E questo lo chiami nulla!?” pensò arrabbiato.
Si mise in piedi e, con passo incerti si diresse in bagno.
“Ah, Tetsuya”.
Kuroko si fermò voltandosi verso di lui.
“Oh, ma che bravo. Sei diventato più obbediente” disse soddisfatto “cerca di far diventare anche i tuoi amichetti mansueti. La prossima volta non sarò così clemente, ci sarà un gesto meno eclatante ma più soddisfacente” disse alzando finalmente lo sguardo e incrociando gli occhi con lui “non credo che alla tua nuova… no, ormai vecchia Luce, potrebbe piacere una cosa del genere”.
Kuroko strinse le nocche desiderando di colpire quella maschera gelida.
“Ho capito. Anche gli altri ti obbediranno, ma lascia stare Kagami-kun. Per qualsiasi cosa, prenditela con me, lui non c’entra nulla con tutto questo!” esclamò agitato.
“Abbiamo un accordo allora. Dovrai obbedire e fare tutto quello che ti chiederò e vedrai che il tuo nuovo passatempo starà bene”.
Kuroko annuì e andò in bagno arrabbiato. Aprì il rubinetto dell’acqua e si sciacquò il volto con gesti nervosi, pulendosi accuratamente dove l’aveva leccato e facendo dei gargarismi per eliminare il gusto del sangue in bocca. Al termine dell’operazione si asciugò il volto mettendo poi un cerotto sul taglio. Per fortuna era un graffio superficiale e nel giro di pochi giorni tutto sarebbe svanito.
Guardò il suo viso stravolto allo specchio, incapace di reagire.
Akashi era diventato molto più pericoloso di quanto si aspettasse e difficile da gestire. Restare così a stretto contatto con lui, sempre in guardia, lo avrebbe portato all’esaurimento. Se solo gli avessero assegnato una stanza tutta per sé, si sarebbe potuto disintossicare dalla presenza di Akashi almeno per poche ore.
Pensò a Kagami, al suo sorriso, alla sua forza di volontà, alla sua dolcezza e le sue forti braccia che in quel momento avrebbe voluto attorno a sé, magari mentre gli sussurrava dolci parole all’orecchio, rassicurandolo. Purtroppo però la realtà era diversa. Kagami era lontano e costantemente in pericolo a causa dei capricci dell’Imperatore e se voleva salvarlo, non poteva opporsi al suo volere.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciao a tutti! Ecco qui il nuovo capitolo ;) si intitola così perché c’è già stato un capitolo con questo titolo, precisamente il primo, quando Kuroko è entrato al Seirin. Ed ora invece si ritrova al Rakuzan, con i suoi problemi, le sue preoccupazioni e le pressioni di Akashi.
Si tratta di un capitolo di passaggio, in cui la posizione di Akashi viene definita: sembra che tutti fanno quello che vogliono, ma in realtà è lui al comando, e lo dimostra pressando Kuroko.
Alla prossima ;)
 
P.S. il prossimo capitolo lo pubblicherò la prossima settimana, ma non so se potrò farlo mercoledì. Potrei pubblicarlo prima di quella data o dopo, quindi vi consiglio di controllare spesso o leggere i post sulla mia pagina Facebook =) https://www.facebook.com/profile.php?id=100006242415951
 
P.S.S. Ho scritto una raccolta di drabble su Knb. Sono episodi brevissimi, nel dettaglio un’intervista ai miracoli sul loro tipo ideale in occasione di san Valentino. Se vi va dategli un’occhiata: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3024295&i=1

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Capitolo 20
*** Cambiamenti ***


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20. Cambiamenti
 
Era seduto su una panchina del giardino della scuola, con il bento appoggiato sulle ginocchia e le bacchette in mano. Stava guardando quel misero pranzo e cercò di farsi coraggio per deglutire qualcosa. Non mangiava come si deve da più di un mese e le sue prestazioni sul campo da basket ne risentivano. E la causa di tutto ciò aveva un cognome e un nome: Kuroko Tetsuya.
Era sparito senza lasciar traccia, lasciandogli un misero bigliettino e la loro collana che ora indossava insieme alla sua. Due “T” che pesavano tantissimo nonostante la loro leggerezza. Pesavano sul suo cuore come un enorme macigno, non permettendogli di vivere. Tutto attorno a lui era diventato noioso, cupo.
Nulla più lo stimolava, neanche il basket che aveva sempre amato, quel basket che gli aveva permesso di affrontare momenti difficili, ad esempio in America. Grazie ad esso aveva stretto amicizia nella città di Los Angeles con Tatsuya ed era entrato a far parte di una squadra. Ed era lo stesso basket che gli aveva dato la possibilità di affrontare giocatori formidabili, come la “Generazione dei Miracoli”. E, sempre grazie ad esso, aveva conosciuto Kuroko, la persona che gli aveva insegnato cos’è l’amore, la persona che gli aveva fatto battere forte il cuore e, la stessa persona che lo aveva calpestato come un rifiuto tornando dal suo ex.
Un rumore proveniente dalla sua mano destra lo riscosse dal torpore in cui era caduto. Per la rabbia aveva rotto le bacchette. Irritato, chiuse anche il bento sdraiandosi poi sulla panchina.
Il caldo sole primaverile lambiva il suo corpo immerso nel gelo dei suoi pensieri e, una leggera brezza gli scompigliava i capelli. Il giardino era un trionfo di diverse sfumature di rosa a causa della fioritura dei ciliegi e, i petali svolazzavano nell’aria poggiandosi delicatamente a terra. Qualcuno cadde sul corpo immobile di Kagami che ad occhi chiusi respirava quel dolce profumo.
Avrebbe desiderato vedere la fioritura con Kuroko, magari organizzando un pic-nic nel parco con lui e i loro amici. Già immaginava la scena: Aomine intento a farsi selfie con Tetsuya suscitando la sua gelosia; Momoi che pregava Midorima per farsi un giro in barca; la coach e il capitano già in barca, spiati da Koganei e il resto della squadra; Kasamatsu che cercava di far mangiare un riottoso Kise, fissato per la linea.
“Kasamatsu Yukio… chissà come sta passando questo brutto momento. Dopotutto anche Kise l’ha mollato” pensò.
Improvvisamente un’ombra oscurò il sole e lui aprì gli occhi cercando di mettere a fuoco la nuova arrivata.
“Uhm… Kagami-kun? Disturbo?” chiese timidamente Riko Aida.
La ragazza, dopo la vittoria alla Winter Cup, aveva lasciato che i suoi capelli crescessero. Ora li avevano superato le spalle ed era inoltre diventata più femminile e graziosa. Nel campo da basket ogni tanto mostrava l’uomo che era in lei ma, era decisamente più donna.
“No, non disturbi” cambiò posizione, sedendosi, lasciando lo spazio alla coach.
Lei si accomodò accanto e lanciò lo sguardo al contenitore del bento. Il coperchio era trasparente quindi vide che non aveva toccato cibo.
“Non hai mangiato” disse.
“Non ho fame”.
“Dovresti sforzarti. Non eri tu quello che svuotava due volte al giorno un fast food?”
“Oggi non ho fame” rispose lui con tono secco.
“Non hai fame da troppo tempo, Kagami” replicò lei.
Lui non disse nulla guardando altrove.
“Posso farti una domanda?” chiese lei sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Non ottenne risposta. Quel silenzio ostinato la stava facendo irritare.
“Kagami… tu e Kuroko non eravate semplici amici, giusto?” chiese decisa.
Lui si voltò a guardarla incerto.
“Perché mi chiedi questo?”
“Perché se avessi semplicemente perso un amico, non staresti così male. Sembra che tu abbia avuto un lutto” rispose lei.
Kagami la guardò imbarazzato.
“Avevamo una relazione. Io e lui stavamo insieme”.
Lei spalancò gli occhi per la sorpresa. Aveva sospettato qualcosa ma, sentirsi una risposta così diretta, l’aveva spiazzata.
“Nel senso… come me e Junpei?”
Non aveva pregiudizi nei confronti delle coppie gay però le sembrava sempre un po’ strano.
“Perché, come state tu e il capitano?” ribatté lui.
Lei arrossì tutta e calò la testa soffermandosi ad osservare un petalo di ciliegio caduto sulla sua scarpa.
Kagami sospirò e si alzò.
“Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. Torno in classe” disse.
“Aspetta! Io posso aiutarti” disse lei alzandosi di scatto.
“Come? Kuroko mi ha lasciato e non c’è più nulla da fare” replicò lui a denti stretti.
“Ma non ti sembra strano? Stavate sempre insieme e poi all’improvviso è scomparso?”
“Che c’è da capire, è tornato dal suo ex”.
“Ex?? Parli di Aomine Daiki?” chiese lei dubbiosa.
Nelle poche occasione che aveva visto i due amici insieme, sembravano più una coppia di fidanzati.
Lui scosse la testa.
“Allora chi?” chiese confusa.
“Akashi Seijuro”.
“EEEEEHHH??? Quel pazzo????” urlò talmente tanto che alcuni studenti lì vicino si affrettarono ad allontanarsi.
L’intera scuola conosceva la coach Aida Riko e le sue leggendarie sfuriate, quindi non volevano assistere alla tortura di un giocatore.
“Sì, proprio lui” rispose irritandosi.
“Kagami… mi dispiace…” disse lei triste.
Lui le diede le spalle e si allontanò.
“Ma… Kagami!” lo rincorse affiancandosi all’amico “Io però posso darti la possibilità di parlare con lui!”
Kagami si fermò di botto e l’afferrò per le spalle.
“Come? Ti senti con lui? L’hai visto da qualche parte? E dimmi, come sta? Ha chiesto di me? Torna??” chiese a raffica scuotendola.
Lei si liberò bruscamente dalla presa.
“Calmati!!” esclamò sistemandosi la camicetta.
“Scusa, ma devo sapere!!”
“Ovviamente non l’ho né visto né sentito. Però se ci qualifichiamo all’Interhigh sai cosa significherebbe?” chiese fiduciosa.
Lui la guardò confuso, poi il suo viso si illuminò comprendendo.
“… potrei incontrarlo in partita!!!” esclamò.
“Esatto!”
Lui si aprì in un largo sorriso rincuorando la coach. Era da tanto che non lo vedeva così sollevato.
“Allora cosa aspettiamo?? Andiamo in palestra per allenarci!!!!” esclamò prendendo in braccio la coach e iniziando a girare con lei in aria.
“Waaaa, Kagami!!! Abbiamo ancora lezione!!!” replicò lei agitata mantenendosi la gonna.
“Ma non c’è tempo! L’Interhigh ci aspetta!!! Ah, che fame che ho… speriamo che in mensa sia rimasto qualcosa” la poggiò a terra e le diede una bacio sulla fronte.
“Grazie coach!!!” disse lui allegramente.
La speranza di rivedere Kuroko, anche solo per parlargli e capirci qualcosa, era per lui una gran cosa.
“KAGAMI!!” esclamò lei imbarazzata toccandosi la fronte.
Lui rise correndo all’interno, urtando un paio di ragazzi che stavano camminando in senso contrario. Si inchinò scusandosi ma poi riprese la sua corsa.
Riko sorrise rimanendo a fissare l’entrata della scuola. Finalmente Kagami era tornato in sé.
“Oh oh oh… Kagami ha deciso di giocare con il fuoco…”
Riko si voltò e vide Junpei che emanava un’aura più che minacciosa… omicida. Indossava la sua divisa scolastica primaverile e la camicia bianca metteva in risalto i suoi muscoli. Attirava molti sguardi femminili, soprattutto delle ragazze del primo anno. Le senpai stavano alla larga dal capitano Hyuuga Junpei da quando si era messo con la coach. Il timore nei confronti di quella ragazza era sufficiente per tenerle lontane.
“Junpei…” lei si avvicinò prendendolo per mano “stai ben certo che Kagami con me non ci proverà mai” aggiunse con un dolce sorriso.
“E come fai a saperlo? E poi tu! Ti sei fatta appena toccare e baciare da un altro ragazzo!!!” esclamò irritato.
Cercò di liberare la mano ma lei strinse più forte. Lo tirò verso il basso cercando di arrivare a portata di orecchio.
“Junpei” mormorò solleticandogli con il respiro l’orecchio “Kagami è innamorato di Kuroko e stavano insieme”.
Lui, a quella notizia, spalancò gli occhi dalla sorpresa guardando l’espressione divertita della sua ragazza.
“Perciò stai tranquillo” disse dolcemente.
Junpei cercò di coprire il suo volto imbarazzato stringendo a sé la coach. Lei affondo il viso nel suo petto ricambiando l’abbraccio. Non le importava che attorno ci fosse altra gente, quando Hyuuga si comportava così, c’erano solo loro due al mondo.
“Anche se è gay, non mi piace tutta questa confidenza. So anche che non lo fa apposta perché in America sono tutti molto più espansivi… ma tu sei la mia ragazza e nessuno può toccarti oltre a me” disse diventando ancora più rosso.
Lei ridacchiò e sollevò il capo lasciando appoggiato il mento al petto muscoloso di Junpei.
“Uhm… sai, forse mio padre avrebbe qualcosa da ridere su questa affermazione” disse divertita.
Lui sorrise di rimando e sciolse l’abbraccio. Tenendosi ancora per mano, la condusse in un angolo appartato del giardino. Le folte chiome degli alberi di ciliegio li tenevano nascosti dagli sguardi indiscreti degli studenti che si stavano affrettando a rientrare in classe. Lui si chinò verso di lei sollevandole il mento, appoggiando poi delicatamente le labbra sulle sue.
Riko le dischiuse come un bocciolo di rosa, accogliendo Junpei con desiderio. Le loro lingue si incontrarono iniziando una dolce danza che si concluse bruscamente. Hyuuga si era allontanato prendendo fiato. Stava cercando di prendere il controllo delle sue forti emozioni: tenerla tra le sue braccia e arrivare a baciarla, era troppo per lui. La desiderava ardentemente ma non voleva violare così presto quella purezza. Ai suoi occhi lei era la ragazza perfetta, un misto tra dolce e amaro che gli faceva puntualmente battere furiosamente il cuore. Non voleva sporcarla, essere frettoloso, rovinando tutto.
“Junpei” lei lo aveva appena abbracciato alle spalle portando le mani verso il cuore.
Batteva velocemente, come il suo. Sapeva cosa stava provando il suo ragazzo ed era veramente combattuta da questa situazione. Anche lei lo desiderava follemente ma aveva tanta paura: cosa sarebbe accaduto dopo? Come sarebbe cambiato il loro rapporto? Faceva male? E se ne fosse rimasto  deluso? E se l’avesse lasciata?  
Strinse forte i pugni stropicciandogli la camicia. Junpei, notando quel cambiamento, coprì le mani con le sue.
“Riko, tranquilla. Non farò nulla” disse con un enorme peso sul cuore.
Rimasero in silenzio a lungo, senza riuscire a staccarsi.
 
***
 
Stavano correndo nel campo, portando la palla in avanti pronti ad attaccare. Aomine stava palleggiando e, con le sue movenze da pantera, aveva incantato i ragazzi del primo anno fermi nell’altro campo, incapaci di continuare ad allenarsi.
Kise intercettò la palla sorprendendolo. Aveva appena utilizzato l’Ignite Pass di Kuroko passando la palla a Midorima, che si mise in posizione per effettuare il suo tiro da tre punti. Ma non aveva fatto i conti con Kuroko che, con uno scatto fulmineo, fece arrivare la palla dritta nelle grandi mani di Murasakibara che corse in avanti per fare canestro.
“Atsushi, è l’ora che tu capisca chi è che comanda in campo”.
Akashi, con i suoi occhi dell’Imperatore, aveva fatto inginocchiare Murasakibara recuperando la palla. Lui si fece avanti sbaragliando due senpai del terzo anno che si inginocchiarono all’istante.
“Non è ancora finita” disse una voce.
Kuroko rubò la palla dalle mani dell’Imperatore che riuscì a scorgere il fulmine azzurro passargli sotto il braccio, per una frazione di secondo. Irritato, si girò per riprenderla ma era troppo tardi. Kuroko aveva passato la palla che attraversò il campo a una velocità assurda finendo tra le mani della sua ex/nuova Luce, Aomine Daiki.
“SI!” esclamò lui facendo canestro sotto lo sguardo sbigottito di Kise che non aveva capito più nulla.
“Tempo scaduto!” esclamò una voce femminile.
Kuroko sospirò di sollievo e Aomine corse verso di lui scompigliandogli i capelli.
“Ottimo passaggio, Tetsu!” esclamò sorridendo.
“Grazie” rispose cercando di togliersi quella mano pressante sulla sua testa.
Akashi si avvicinò a Momoi iniziando a parlare, guardando gli appunti appena presi dai suoi occhi attenti.
“Andiamo a cambiarci, sono stanco” sbadigliò Aomine.
“Non possiamo andarcene senza il permesso dell’Imperatore” rispose Midorima alzandosi gli occhiali.
“Esatto, quindi Aomine non fare nulla che possa irritarlo, altrimenti se la sconta con tutti noi” replicò Kise asciugandosi il sudore con il suo asciugamano.
“E in particolare con me” aggiunse mentalmente Kuroko.
Non si era dimenticato dell’incontro ravvicinato con Akashi del mese scorso, e non sentiva il bisogno di sentire nuovamente sulla sua pelle le forbici appuntite del suo compagno di stanza. Agli altri aveva detto che quel segno se l’era procurato inciampando. Momoi ci aveva creduto subito ma Aomine l’aveva tormentato per una settimana, finché Kuroko, spazientito, non gli aveva simulato una falsa caduta per far vedere che si era graffiato all’angolo della sua scrivania.
Per farlo l’aveva portato in camera sua ma Aomine era rimasto sbalordito a guardarsi intorno senza ascoltarlo.
 
“Perché la vostra camera è più grande della mia??? E perché avete addirittura una vasca idromassaggio??? Ehi! E’ un mini bar quello!?”
 
Si riscosse dai suoi pensieri quando Aomine iniziò a borbottargli nell’orecchio.
“Guarda là! Lo sta facendo ancora!!!”
Kuroko sospirò spazientito e si voltò a guardare la scena a cui assisteva tutti i giorni da più di un mese: Kise al telefono che parlava con Kasamatsu, senza pensare minimamente alla presenza di Akashi.
“Ancora? E basta con questa storia!” sbottò Kuroko andando verso la panchina per prendere la sua bottiglietta d’acqua.
“Se la sua vita procede come al solito, perché è qui!?” continuò Aomine seguendolo.
“Chiediglielo!!”
“L’ho fatto, ma mi ignora!”
“Insisti!”
“Come se fosse facile!”
“Allora non so come aiutarti! Devo già stare costantemente in allerta a causa di Akashi-kun, sono a pezzi per Taiga, vedo qui i miei migliori amici che si stanno sacrificando per me… quindi di Kise-kun non me ne frega niente! Può fare quello che vuole e non ci tengo a sapere perché ha deciso di venire qui!” sbottò spazientito ammutolendo l’amico.
Non ce la faceva più, quando si metteva, Aomine era davvero pesante. Aveva già tanti problemi che non voleva accollarsi quelli degli altri. Anche lui pensava che fosse sospetto che Kise fosse lì visto che non ha un valido motivo ma, la cosa non lo ossessionava. Quel mese per lui era stato un inferno senza poter vedere, sentire, parlare e toccare Kagami. E non aveva neanche la possibilità di piangere, urlare, arrabbiarsi perché Akashi era sempre con lui. Nessuna libertà, solo un forte senso di oppressione.
“Scusa…” disse Aomine guardando il volto incupito dell’amico.
“No… scusami tu… ho esagerato…” rispose lui facendo a fatica un sorriso.
Aomine sospirò e gli scompigliò i capelli come gesto affettuoso.
“Ragazzi, per oggi abbiamo finito. Potete andare” annunciò Akashi.
La squadra annuì e, dopo averlo salutato con un inchino, si diresse agli spogliatoi.
“Oggi sono stanchissimo. Ci sta facendo allenare come dei pazzi!” borbottò una matricola che camminava con passo zoppicante.
“Non è ancora nulla” commentò Midorima superando il gruppetto del primo anno.
I ragazzi si guardarono preoccupati.
Si diressero alle docce, tutti in silenzio, troppo stanchi per dire qualcosa. Kuroko, una volta finito di lavarsi, si rimise la divisa scolastica in fretta e salutò tutti andando a studiare in biblioteca.
Quel posto era magnifico, l’unica nota positiva della sua permanenza forzata al Rakuzan. Era una biblioteca gigantesca, in stile classico, ricco di scaffali ricolmi di libri provenienti da ogni parte del mondo. Spesso si perdeva nei labirintici corridoi dove si trovavano vecchi libri polverosi ormai dimenticati da tempo. Erano testi antichissimi che Kuroko leggeva con avidità, spesso sedendosi a terra, troppo affascinato da quell’atmosfera quasi magica per poter andare ad occupare un tavolo. Quei libri erano diventati la sua ancora di salvezza, soprattutto nelle lunghe serate in camera, quando Akashi era ancora sveglio. Si immergeva talmente tanto nella lettura che spesso non sentiva se il suo compagno di stanza stesse dicendo qualcosa. Stranamente Akashi non sembrava offeso nell’essere ignorato e, molte volte, quando si scollava dal libro per andare in bagno o per bere qualcosa, lo sorprendeva sempre a fissarlo con un sorrisetto compiaciuto.
Quel pomeriggio però, non poteva sfogliare nessun libro perché doveva studiare per la verifica di matematica del giorno dopo. Non era mai stato particolarmente portato per quella materia e i suoi voti militavano sul 50/53.
“Serve una mano?”
Kuroko alzò gli occhi dal quaderno per focalizzare lo sguardo sul suo interlocutore.
“Grazie per l’offerta, Akashi-kun. Ma posso fare da solo” rispose lapidario.
“Non c’è bisogno di essere così acidi” rispose seccato l’Imperatore.
Scostò la sedia e si accomodò di fronte a lui, depositando la sua cartella a terra.
“Che cosa fai?” chiese nervoso Kuroko.
“Non si vede? Studio” replicò estraendo il quaderno e il libro di matematica.
“Vedo, ma… perché qui?”
Akashi alzò un sopracciglio con fare minaccioso.
“Non so sei hai notato, ma tutti i tavoli sono occupati” disse freddamente.
Kuroko si guardò intorno avendo la conferma delle parole di Akashi.
“Ok… però non disturbarmi” disse prendendo la matita.
“Non era mia intenzione”.
Si misero a studiare senza più fiatare. Kuroko si immerse talmente tanto nello studio da non accorgersi più di nessuno. Non si mosse neanche quando, una ragazza passando vicino al loro tavolo, aveva fatto cadere un libro.
Più il tempo passava e più si irritava. Il suo quaderno era diventato un campo minato, ricco di ostacoli, cancellature, lettere e scarabocchi vari. Inoltre stava sfogliando febbrilmente il suo libro di matematica nella speranza di capirci qualcosa.
“Prova a spostare la “x” qui” disse improvvisamente Akashi indicando con la sua matita l’equazione che Kuroko stava cercando di risolvere.
Il ragazzo eseguì dubbioso per poi sorprendersi quando finalmente il risultato corrispondeva a quello del libro.
“E’ uscita!” esclamò felice.
“Ovvio, se non l’avessi spostata non avresti mai trovato la soluzione. Per esempio, guarda qui” indicò un’altra equazione ricca di cancellature “non riesci a risolverla perché devi applicare questa formula” prese il libro e gliela mostrò continuando a dare spiegazioni.
Kuroko prendeva appunti freneticamente capendo finalmente dove aveva sempre sbagliato. Riuscì a risolvere quasi tutte le equazioni e nel momento in cui non riusciva a risolverle, Akashi interveniva.
“Non pensavo fosse in realtà così semplice. Grazie!” esclamò Kuroko regalandogli un sorriso.
Akashi rimase a fissarlo con espressione soddisfatta. Kuroko si rese conto di come l’aveva pilotato per tutto quel tempo e abbassò lo sguardo imbarazzato.
“Che fai? Sorridi al nemico? Non fare l’idiota!” pensò irritato.
“Sono felice” disse Akashi.
“P-perché?” chiese Kuroko riprendendo la matita per risolvere le ultime equazioni.
“Finalmente mi hai sorriso. Non ti ho più visto sorridere così da quando stavamo insieme”.
Kuroko lo guardò nuovamente.
“Quando stavo con Sei-chan. Tu non mi hai mai visto sorridere così, Imperatore” disse con tono secco.
“Ancora con questa storia, Tetsuya? Io sono il Sei-chan che hai amato. Non capisco perché ti ostini a fare una distinzione inesistente” replicò lui accavallando le gambe.
“Il Sei-chan dei miei ricordi non mi avrebbe mai costretto a fare nulla contro la mia volontà, non mi avrebbe mai minacciato e ferito” ribatté con enfasi.
“Aaah… Tetsuya… Tetsuya” disse scuotendo la testa con disapprovazione “pensavo fossi cambiato e invece, vivi ancora nel mondo delle favole” aggiunse prendendo il suo cellulare “si cresce mio piccolo Tetsuya”.
Kuroko stava per ribattere ma lo fermò con un gesto della mano.
“Devo interrompere questa affascinante conversazione perché sono stato chiamato altrove” disse chiudendo il telefono.
Poi afferrò una mano di Kuroko tirandola verso di sé. Il corpo del ragazzo reagì all’istante, iniziando a tremare.
“Ci vediamo in camera, Tetsuya” posò delicatamente le sue labbra sul dorso della mano.
Kuroko smise di tremare e i loro occhi si incontrarono per una frazione di secondo. Poi sciolse la presa velocemente nascondendo le mani sotto al tavolo.
Akashi, con un sorriso soddisfatto, prese la sua borsa e si avviò verso l’uscita lasciando Kuroko nel bel mezzo di una guerra.
Lo stava tenendo lì prigioniero, minacciando Taiga. Non gli dava la possibilità di fare nulla di sua spontanea volontà e si sentiva come un burattino tra le sue mani. Eppure…
“Perché il mio cuore non smette di battere così velocemente?”
 
***
 
Stanza 23.
Fine allenamenti.
Aomine stava sfogliando distrattamente una delle sue riviste osé, spaparanzato sul letto a pancia in giù, con i piedi penzoloni, appoggiato sui gomiti. Kise invece era alla sua scrivania intento a studiare. Dalla finestra aperta entrava una brezza piacevole e qualche fiore di ciliegio entrò posandosi delicatamente in vari punti della stanza.
“Ehi Kise, come farai per il ritiro di quest’estate?” chiese Aomine continuando a sfogliare la rivista.
“Uhm?” Kise si voltò a guardarlo dubbioso “in che senso?”
“Ora sei ufficialmente un idol. Devi coordinare il tuo lavoro con la scuola. Avrai tempo per gli allenamenti?” continuò voltandosi verso di lui.
“Ah, non ci sono problemi. Ho già parlato con Akashi e mi ha detto che vi raggiungerò appena posso” rispose tornando a volgere l’attenzione ai suoi libri.
Aomine chiuse di scatto la rivista perdendo la pazienza. Si mise seduto e guardò l’amico che giocherellava con il suo orecchino mentre svolgeva i compiti.
“Kise, perché sei qui?” chiese cercando di essere calmo. 
“Ehm… perché sto studiando?” chiese perplesso posando nuovamente la matita.
“Sai cosa intendo”.
Kise si voltò verso di lui mettendosi a braccia conserte.
“Ancora? Ho scelto io di venire, va bene???” rispose esasperato.
“Dopo tutto quello che Akashi ha fatto, hai deciso di venire? Proprio nel momento in cui tutti siamo qui? Andiamo Kise, non sono mica scemo!”
“Sarebbe un’interessante novità” replicò alzandosi.
Chiuse i suoi libri e li mise nello zaino.
“Kise!” lui gli corse incontro bloccando la mano che stava per prendere la cartella.
“Kasamatsu è al sicuro, la tua carriera anche. Allora perché gli unici che ha convocato siete stati tu e Tetsu!?”
“Lasciami andare” disse in tono lapidario.
“No” strinse la presa più forte tanto che l’amico emise un piccolo gemito.
“Mi fai male!” esclamò agitato.
“Stavolta non scappi. E’ il momento che tu mi dica tutta la verità!”
Kise cercò di svincolare finendo per cozzare la testa contro Aomine.
“Ahia!” esclamò dolorante allentando la presa.
Lui ne approfittò per correre verso l’ingresso. Arrabbiato, Aomine lo raggiunse bloccandolo tra la porta e lui. Kise, si ritrovò in trappola e lo guardò spaventato.
“Dimmi perché sei qui!”
“No!”
“DIMMELO!”
“NO!!”
A testa bassa, Kise cercò di spingerlo via ma Aomine premette il corpo contro il suo bloccandolo.
“Parla, ora!”
L’amico iniziò a tremare sconvolto e alzò lo sguardo verso di lui pieno di lacrime.
“T-ti prego, Aominecchi. Non insistere… t.ti prego” singhiozzò.
Daiki, sorpreso da quella reazione lo liberò e Kise ne approfittò per scappare fuori.
“L’ho fatto di nuovo…” pensò intristito “l’ho fatto piangere di nuovo”.
Si guardò le mani con orrore, quelle mani che avevano stretto l’amico, la sua forza e irruenza che volevano prevalere sulla sua volontà.
 
“T-ti prego, Aominecchi”
 
Si coprì il volto con la mano cercando di attenuare il suo senso di colpa. Ma non ci riusciva. Il volto in lacrime di Kise tornava prepotentemente alla mente, provando così una stretta al cuore.
“Stupido… stupido”.
 
***
 
“Dai-chan…”
“Uhm…”
“Sei sempre il solito”.
“Non sei di aiuto, Tetsu!”
Erano passate un paio d’ore e Aomine stava nuovamente sdraiato nel suo letto, con il volto coperto dal cuscino. Kuroko aveva finito anche gli altri compiti e aveva raggiunto l’amico dopo una sua telefonata. Stava seduto nel posto occupato prima da Kise e guardava Daiki corrucciato.
“Non potevi farti gli affari tuoi? Che t’importa del perché è qui, avrà i suoi motivi” disse freddamente.
“Aaaah! Tetsu!!!” esclamò Aomine “è un mio amico! È normale per me preoccuparmi!!!”
“In realtà è un conoscente. Non è stato lui a lasciarti per Kasamatsu senpai?” chiese analizzando la situazione.
“Cosa c’entra! Non stavamo insieme, eravamo solo amici… e poi non capisco il nesso con quello che è successo!” sbraitò.
“Non lo so. Ma non sei più in te da quando siamo qui, Dai-chan!”
“Ma cosa stai dicendo!” Aomine si mise seduto guardandolo corrucciato “Ma possibile che tutto questo non ti sembri strano? Voglio capire cosa Akashi voglia da tutti noi! Tu e Kise siete stati convocati, mentre io e gli altri l’abbiamo fatto per ovvi motivi. Sappiamo su cosa ha fatto leva su di te pur di farti venire, ma Kise? E se lui sa qualcosa che ci potrebbe rendere di nuovo liberi?”
Kuroko lo guardò intensamente, riflettendo. Non aveva tutti i torti.
“Ok, ammetto che tu hai ragione. Ma non puoi essere così sprovveduto facendo domande pressanti a Kise. Dobbiamo procedere con calma e pensare ad un piano” disse pensieroso.
“Sì!” esclamò Aomine soddisfatto.
Finalmente anche Kuroko si metteva all’opera.
“Prima di tutto, appena tornerà qui in camera, gli chiederai scusa per il tuo comportamento e poi non farai più nulla. Dobbiamo procedere con calma… devi riconquistare la sua fiducia” disse puntandogli un dito contro.
“O… ok…” rispose dubbioso.
Si poteva anche scusare ma ottenere nuovamente la sua fiducia? Non era semplice, anche perché era stato del tutto allontanato. Dopo non essersi rivisti per tanto tempo, lui si era comportato come se non esistesse, parlando solo se interpellato e nel campo da basket. Poi per il resto nulla.
In camera lo evitava studiando o passando ore chiuso in bagno per i suoi trattamenti estetici. Spesso si esercitava nella recitazione oppure nel canto, e in quei momenti lui preferiva andare fuori piuttosto che assistere ai suoi deliri.
“Però prima mi ha chiamato Aominecchi… forse uno spiraglio c’è” pensò mentre Kuroko continuava a parlare sul da farsi.
La porta d’ingresso si aprì improvvisamente e fecero il loro ingresso alcune donne delle pulizie.
“Ehm… vi occorre qualcosa?” chiese Aomine dubbioso.
“No, siamo qui per fare le valigie del signorino Kise” disse una ragazza con un sorriso gentile.
“Valigie?” esclamarono all’unisono Aomine e Kuroko alzandosi in piedi.
“Sì, da oggi sarò io il tuo nuovo compagno di stanza, Aomine” disse una voce seccata all’ingresso.
I ragazzi si voltarono e videro sulla soglia della porta un Midorima piuttosto infastidito, con una valigia in una mano e nell’altra un piccolo pulcino di peluche. Dietro di lui, altre due ragazze che stavano portando le sue valigie.
Aomine e Kuroko si guardarono stupiti cercando di capire qualcosa. L’ordine delle stanze non poteva essere cambiato e questo lo avevano appurato all’inizio dell’anno, quando Aomine si era informato per poter stare in stanza con Tetsu, pur di liberarlo dalla presenza di Akashi almeno la notte. Era una regola della scuola che non poteva per nessuna ragione essere infranta.
“Sapete cosa sta succedendo? Perché devo stare qui con te? Sapevo che era impossibile cambiare compagni di stanza” chiese Midorima accomodandosi sul letto di Kise.
“Infatti…” mormorò Aomine ancora stupito.
“Quindi… c’è solo una persona che avrebbe potuto scavalcare le regole della scuola…” commentò Kuroko realizzando ciò che stava succedendo.
I tre ragazzi si guardarono per una frazione di secondo tesi, poi dissero insieme un nome.
“Akashi Seijuro”.
 
 
Angolo della follia @.@
Buona sera a tutti! Rieccomi qua ^^
Sto avendo dei problemi personali e quindi non ho tempo per scrivere, di conseguenza lascio l’avviso *momentaneamente sospesa* e pubblicherò il prossimo capitolo appena potrò.
Che ve ne pare? =)
La prima parte del capitolo l’ho dedicato a quel povero Kagami, dimenticato da tutto e tutti. Povero, ha perso anche l’appetito =( per fortuna un aiuto è sempre possibile trovarlo e, in questo caso, sotto le fattezze della coach Riko Aida, che gli darà una speranza =D anche se, la nostra coach non se la passa bene… alle prese con il suo primo amore, non sa come gestire la situazione e questo ricade nel rapporto con il nostro amato capitano.
Si è scritto da solo questo pezzo sulla coppia coach/capitano. All’inizio ci doveva essere semplicemente una simpatica scena di gelosia da parte di Junpei. Poi ha preso questa piega -.-“
La seconda parte del capitolo l’ho dedicata al Rakuzan, al rapporto complesso tra Akashi e Kuroko e la questione di Kise.
Cosa nasconderà il biondino?
Grazie mille a tutti, a chi recensisce, a chi segue con passione la storia contattandomi su Facebook, e a tutti i lettori silenziosi.
Grazie ^^

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Capitolo 21
*** Il ritiro estivo: parte prima ***


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21. Il ritiro estivo: parte prima
 
“Mareeeee!!!”
“Satsuki, non siamo qui per una gita scolastica, ma per il ritiro”.
“Come sei noioso, Shin-chan!”
Erano arrivati da poco all’albergo in cui avrebbe soggiornato la squadra di basket del Rakuzan prima dell’inizio del torneo “Interhigh”. Come da programma, avevano battuto tutte le squadre della regione ed erano entrati senza problemi all’Interhigh vera e propria. Mancava una settimana all’inizio, quindi avevano deciso di fare il loro ritiro nella località di mare in cui si sarebbe tenuto il torneo.
“Shintaro, lasciala respirare. E voi tutti per oggi potete rilassarvi. Da domani partiranno gli allenamenti” disse Akashi intervenendo nella conversazione della coppia.
“Si!” esclamò la squadra all’unisono.
Akashi voltò le spalle al mare e fece l’ingresso nel lussuoso albergo che il preside aveva prenotato per la squadra di basket. I ragazzi lo seguirono a ruota per fare il check-in e ottenere le chiavi delle loro camere.
“Condivideremo anche qui le camere?” chiese Aomine sistemandosi il suo borsone sulla spalla.
“Si” rispose Murasakibara aprendo la carta del suo lecca-lecca.
“Come a scuola?” continuò lui.
Murasakibara annuì distrattamente troppo preso a gustare il suo nuovo dolce.
Aomine aggrottò la fronte. Aveva sperato che almeno lì Tetsu poteva occupare una stanza diversa per riprendersi ma, non aveva fatto i conti con l’Imperatore. Lanciò un’occhiata al suo amico, che con spalle curve camminava al suo fianco. Nell’ultimo periodo stava risentendo di più di quel brusco cambiamento e parlava molto meno del solito. Il libri erano diventati tutto il suo mondo e quelle poche parole che diceva le scambiava con Akashi. Non si stava neanche più interessando a Kise, lasciando Aomine da solo alle prese con il biondino che lo ignorava accuratamente dopo il loro battibecco. Daiki si era scusato per ciò che era successo, ma lui imperterrito continuava a non parlargli più.
Sospirando seguì Midorima che aveva tra le mani la loro chiave. Il suo compagno di stanza era inaspettatamente tranquillo; aveva immaginato furibondi litigi ma, la loro convivenza era stata più che pacifica. Anche in classe parlavano spesso, cosa che alle medie era accaduto di rado. Stare con Satsuki lo aveva cambiato e lo stesso Aomine si era messo il cuore in pace posando lo sguardo altrove. Ultimamente stava avendo degli incontri fugaci con una senpai e, il loro luogo di ritrovo per potersi dedicare al sesso, era diventato il ripostiglio degli attrezzi della palestra in disuso. Era molto discreto e aveva passato lì delle ore frenetiche e appaganti. E poi quella ragazza… alta, bionda tinta, occhi scuri, vivace… e il suo seno poteva gareggiare con quello di Satsuki.
“Aomine, siamo arrivati” disse Midorima riscuotendolo dai suoi pensieri.
“Eh? Ah! Si, si!” esclamò seguendolo all’interno.
Stava per aggiungere altro ma si ammutolì davanti alla bellezza della camera. Era piccola, con due letti singoli sulla destra accompagnati da una coppia di comodini e, sulla sinistra, c’era un enorme armadio ma, il colore bianco che predominava nella stanza combinato alla luce del sole che entrava prepotentemente all’interno dalle enormi vetrate affacciate sul mare, la rendevano luminosissima.
“Wow…” mormorò avvicinandosi alla vetrata.
“Non potrei dire di meglio” aggiunse Midorima chiudendo la porta.
Rimasero un bel po’ in silenzio ad ammirare il panorama, poi decisero di sistemare il contenuto delle valigie nell’armadio e nei comodini.
“Aomine, sai quando arriverà Kise?” chiese Midorima appoggiando con cura sul suo comodino l’oggetto fortunato del giorno, un gufetto di porcellana.
“No e non mi interessa!” sbottò lui chiudendo di scatto un’anta dell’armadio.
“Come siamo permalosi… ho fatto una semplice domanda” ribatté lui infastidito.
Aomine lo ignorò e si spaparanzò sul letto pescando dal cassetto del suo comodino una rivista porno che aveva precedentemente messo lì. Midorima sospirò, continuando a mettere in ordine i suoi vestiti. Ogni tanto lanciava un’occhiata fugace al suo compagno di squadra sperando in una conversazione che non venne.
Aomine Daiki ai tempi delle medie non gli era mai stato simpatico: arrogante, pieno di sé, al di sopra delle regole… e poi aveva accanto a sé Momoi Satsuki e Kuroko Tetsuya. L’aveva invidiato molto perché aveva la ragazza dei suoi sogni e il miglior amico che si potesse desiderare. Kuroko era timido, taciturno, leale, con una grande passione per i libri. Spesso, dopo il suo ingresso in prima squadra, si era avvicinato a lui in biblioteca: riuscivano a parlare di libri, scambiarseli e avevano gusti molto simili in quanto generi. Ma la loro semi-amicizia non era come quella con Aomine. Loro due erano inseparabili e li invidiava. Chiacchieravano su tutto e si divertivano molto insieme. A causa del suo carattere chiuso e poco socievole non aveva mai avuto veri amici. Poi finalmente era riuscito ad avere un suo amico alle superiori, Takao Kazunari. Era il suo esatto opposto e nonostante lo avesse esasperato innumerevoli volte, quel bastardo gli mancava. Spesso lo chiamava per avere sue notizie e in quei brevi momenti riusciva a stare tranquillo, vagando con la mente verso lo Shutoku. Anche con Satsuki andava tutto bene e Aomine non rappresentava più una “minaccia”. Lo aveva notato da quando erano entrati al Rakuzan, era troppo preso per qualcosa. Gli sembrava Don Chisciotte che combatteva contro i mulini a vento.
Guardò nuovamente il ragazzo che stava sfogliando nervosamente la rivista. Aveva la mente altrove e si notava dal suo sguardo vuoto. All’improvviso si rianimò buttando sorpreso la rivista in aria.
“COSA??” si mise in piedi sul letto incredulo.
“Che succede?” chiese Midorima curioso.
“Io… da quando Kise fa questo genere di pubblicità!?” disse imbarazzato indicando la rivista a terra.
Midorima la recuperò un po’ schifato. Era un ragazzo anche lui ma, vedere quelle donne così lascive e senza pudore, non lo eccitava minimamente. Satsuki era un tipo più aperto, non la classica ragazza giapponese, però aveva un gran senso di rispetto per sé stessa e anche per lui.
Sfogliando la rivista ad un certo punto si fermò su una pagina dove c’era Kise che lo guardava languidamente: camicia sbottonata, succhiotti ovunque e un preservativo tra i denti.
“Oh-mio-Dio” sillabò sconvolto.
“Esatto!!” esclamò Aomine furioso tornando a sedersi.
Prese il suo cellulare e compose un numero velocemente mentre Midorima continuava a guardare incredulo il Mimo della “Generazione dei Miracoli” che ricambiava con uno sguardo lascivo.
“Risponde la segreteria telefonica di Kise Ryouta. Lasciate un messaggio dopo il bip!”
“TU! RAZZA DI DIVA SVERGOGNATA! COME OSI FARTI FOTOGRAFARE IN QUEL MODO?? NON HAI RISPETTO PER TE STESSO E…” l’invettiva di Aomine fu interrotta da Midorima che strappò dalle sue mani il cellulare.
“COSA DIAVOLO PENSI DI FARE!?”
“Ciao Kise. Ignora quell’idiota, ha da poco preso una bell’insolazione. Ci vediamo presto” chiuse il telefono lanciando occhiate di fuoco ad Aomine.
“Midori…”
“Che cosa pensavi di fare??? Sei impazzito?? Quello che fa Kise non ti riguarda! Chi sei tu per giudicare!?” sbottò il ragazzo incredulo.
La reazione di Aomine era stata troppo esagerata.
“Sono un suo amico! E vedo che sta perdendo sé stesso!”
“E’ il suo lavoro! E poi non siete amici! Già da prima di venire in questa scuola non parlavate, nell’ultimo mese ti ha ignorato... che cosa diavolo sta succedendo??”
Midorima lo guardava furibondo mentre Aomine si mise in piedi irritato.
“Non so cosa sta succedendo, va bene? Kise mi ha mollato dopo che si è messo con il senpai della sua scuola, poi è apparso qui e non vuole dirmi il perché. Ci sono troppe cose strane in questa faccenda!”
Iniziò a parlare con rabbia, senza sosta, esponendo tutti i suoi dubbi, mentre Midorima acquisiva le informazioni cercando di capirci qualcosa.
“Quindi… noi non siamo stati convocati ufficialmente, mentre Kuroko e Kise si. Di Kuroko sapevo già tutto perché me ne aveva parlato Satsuki ma Kise… su cosa ha fatto leva Akashi?” si chiese ad alta voce camminando su e giù per la stanza.
“Esatto! E nel momento che ho insistito troppo, magicamente Kise ha avuto un cambio di stanza!”
Midorima si fermò avvicinandosi ad un esasperato Aomine.
“Cosa ci nasconde Kise? O meglio… cosa sa Kise di Akashi?” disse serio.
“Kise di Akashi?” chiese non capendo.
Midorima si sistemò gli occhiali accomodandosi sul letto di fronte.
“Pensaci, per quale motivo lo avrebbe convocato?”
“Bè, Kise ha sempre infastidito Kuroko… quindi in qualche modo si sta vendicando di lui…” espose Aomine dubbioso.
“Troppo debole come scusa. A questo punto gli bastava minacciare Kasamatsu Yukio o la sua carriera. Ma tu mi hai detto che tutto procede bene su questi due fronti” continuò Midorima.
“S… si…” rispose incerto.
“E forse io ho capito il perché…”
“Ossia?” incalzò Aomine troppo curioso “Forse sa qualcosa che ci potrebbe liberare?” continuò ripensando alla conversazione che aveva avuto con Kuroko prima del cambio delle camere.
“Forse… però secondo me sa qualcosa che potrebbe danneggiare Akashi stesso. Qualcosa che gli estranei non devono sapere… come Kasamatsu Yukio e il grande pubblico” disse Midorima.
“Aspetta, così non ci siamo. Se effettivamente sa una cosa del genere, perché non parla?” chiese Aomine.
Midorima lo guardò rendendosi conto che aveva ragione. Chiuse gli occhi riflettendo attentamente: Kise sapeva qualcosa su Akashi e lo aveva convocato per questo; Kuroko era stato minacciato e tutti lo avevano seguito a ruota come l’Imperatore stesso aveva previsto… ma perché Kise non parlava?
“E… se è qualcosa che riguarda Akashi e Kise? Qualcosa in cui è coinvolto Kise stesso? E ha paura di parlare?” disse sorpreso da quella conclusione a cui era giunto.
Aomine lo guardava confuso.
“Mmm… non penso Midorima. Cosa può essere successo di così grave da non farlo parlare? Ha paura del nostro giudizio? Magari lo avremmo rimproverato un po’ ma poi più nulla. Alle medie tutti abbiamo commesso degli errori e tutti abbiamo chiuso gli occhi quando non dovevamo farlo. Me incluso” si alzò dal letto prendendo un asciugamano e il costume da bagno che aveva messo sulla sedia “vado in spiaggia. Voglio stare da solo”.
Uscì fuori con umore cupo lasciando Midorima immerso nei suoi pensieri, mentre gli occhi languidi della foto di Kise ammiccavano dalla sua parte.
 
***
 
Era in bagno intento a lavarsi la faccia nervosamente. Si sentiva tutto appiccicoso a causa di quel gran caldo nonostante fosse calata la sera. Uscì fuori con addosso un paio di bermuda e una semplice maglia a maniche corte e trovò il suo compagno di stanza che stava bevendo un bicchiere di succo di frutta. Si guardarono per un frazione di secondo, poi distolse lo sguardo dirigendosi verso la porta.
“Dove vai, Tetsuya?” chiese Akashi scrutandolo con i suoi occhi arancioni.
“In spiaggia. Perché non posso? Devo chiederti anche il permesso?” si voltò irritato osservando il ragazzo che si stava alzando, sistemandosi la camicia a maniche corte.
“Era una semplice domanda” replicò freddamente.
Kuroko sospirò e gli diede le spalle.
“Scusa, mi sono svegliato con il piede sbagliato” rispose riprendendo a camminare.
Akashi lo raggiunse prendendolo per mano portandosela poi alle labbra per dargli un bacio delicato. Kuroko, imbarazzato, lo lasciò fare. Il suo corpo non tremava e sentiva il suo cuore battere. Dopo quell’incontro in biblioteca, l’Imperatore aveva avuto molti approcci con lui di questo tipo: sfioramenti, bacia mano… una volta l’aveva abbracciato. Ma nulla di più.
Non sapeva cosa gli stesse succedendo e si lasciava toccare liberamente. Voleva capire perché non tremava e si sentiva il cuore in tumulto. Amava ancora Kagami e non faceva altro che pensare a lui, tutti i giorni, in ogni momento della giornata. Tutto gli ricordava lui: aveva comprato il suo stesso bagnoschiuma per poter ritrovare il suo odore e segretamente conservava una sua maglietta. Spesso la indossava e immagina Kagami che lo avvolgeva tutto nelle sue grandi braccia, giurando di non lasciarlo mai più.
Ma Kagami era lontano e la sua mente annebbiata e i tentativi di Akashi di farlo cedere, stavano funzionando.
“Facciamo una passeggiata?” propose Akashi accarezzandolo sul viso.
“No, voglio farla da solo” rispose lui discostandosi delicatamente “magari mi calmo un po’. Il caldo mi rende irrequieto”.
“Ok” rispose semplicemente l’Imperatore.
Andò a occupare la poltrona posta in salotto e aprì un libro che si era portato. La loro stanza era enorme: una suite completa di due camere da letto elegantemente arredate, due bagni lussuosi e un salotto. Come al solito Akashi esagerava sempre.
Camminava lentamente passando davanti alle camere dei suoi compagni, tutte rigorosamente chiuse. Trovò socchiusa solo una porta, dove sentì le voci di Midorima e Momoi immersi in una fitta conversazione. Ogni tanto si sentiva anche la voce di Aomine.
Non volendoli vedere, allungò il passo dirigendosi verso l’ingresso. Una volta fuori fece un profondo respiro. Si sentiva strano in quell’ultimo periodo: non aveva voglia di vedere i suoi amici, parlare con loro, non riusciva a sopportare più nulla. Aomine non faceva altro di parlare di Kise, Kise e sempre Kise. Basta! Non ne poteva più! Satsuki si soffermava a raccontare i dettagli della sua vita amorosa con Midorima e a lui questo non interessava. Era contento per loro ma, non poter stare anche lui con Kagami, lo rendeva particolarmente sensibile.
Lo capiva solo Akashi: leggevano gli stessi libri, chiacchieravano di altro, era gentile e non lo aveva più minacciato…
Si colpì forte in pieno viso riscuotendosi da quei pensieri.
“Sveglia Tetsuya! Ti sta monopolizzando! È  colpa sua se stai qui e non con la tua vera squadra! È colpa sua se Taiga è in pericolo! È colpa sua se tu stai così!”
Iniziò a correre lungo la riva del mare. Correva come se qualcuno lo stesse inseguendo mentre grandi lacrime scendevano prepotenti sul suo viso.
Era confuso, l’Imperatore gli stava facendo il lavaggio del cervello e lui glielo stava permettendo. Il suo corpo reagiva al suo tocco e non riusciva a fare nulla per fermarlo. Stava ignorando i suoi migliori amici, coloro che lo avevano seguito pur di proteggerlo e li stava ripagando in quel pessimo modo.
“NO!” urlò.
Si tuffò in acqua, con rabbia, nuotando con frenesia, finché non sentì le forze abbandonarlo. L’acqua tiepida lo avvolgeva tutto, come un involucro che lo faceva sentire bene. E stava andando sempre più a fondo. L’istinto gli urlava di riemergere, prendere fiato, i suoi polmoni stavano per scoppiare.
“Taiga…” pensò mollemente chiudendo gli occhi.
Aprì la bocca involontariamente nel tentativo di prendere aria e i suoi polmoni furono inondati di acqua salata, soffocante, urticante. I piedi iniziarono a battere nel tentativo di riemergere ma non c’era alcuna volontà da parte sua. Quel dolce oblio era ciò che gli occorreva, se fosse sparitomorto, tutto sarebbe andato per il meglio: Daiki, Satsuki e Midorima avrebbero ripreso in mano le loro vite. Kise… ci avrebbe pensato Aomine, lui non si arrendeva mai… e finalmente il suo Taiga sarebbe stato al sicuro.
E mentre questi pensieri fluttuavano confusi nella sua mente, il buio lo avvolse del tutto continuando a sprofondare in acque sempre più profonde.
 
Angolo della follia @.@
Ciao! Sono tornata! =D
Ho avuto giorni pieni e impegnativi e ce ne saranno altri -.-“ quindi abbiate un po’ di pazienza ^^
Ho nuovamente fatto un breve salto temporale (anche perché altrimenti la storia non avrebbe mai fine xD) e ci troviamo al ritiro estivo del Rakuzan in una bella località di mare.
Questo arco temporale durerà più a lungo perché ne vedrete delle belle =D Già il finale vi ha lasciato con il fiato sospeso. Kuroko decide di dare un taglio netto alla sua vita per il bene di tutti, troppo confuso da ciò che sta succedendo. Da una parte l’Imperatore e le sue macchinazioni e dall’altra i suoi amici e Kagami.
All’inizio invece troviamo “la strana coppia” Aomine e Midorima che stranamente vanno d’accordo e, inoltre, Midorima sembra molto più riflessivo del nostro impulsivo Aomine (immagino già la reazione di Kise dopo l’ascolto di quel messaggio in segreteria xD).
 
Non so quando riuscirò a pubblicare perché sono molto impegnata ma ogni tanto spiate su Facebook. Ho un nuovo profilo, Facebook ha eliminato il vecchio perché aveva un nome falso -.-“ grazie a Vivienne e Yoko sono riuscita a tornare e mi chiamo “Miriana Ferro”. Nome del tutto inventato, è stato il primo che mi è venuto in mente xD ecco qui il link https://www.facebook.com/profile.php?id=100009272289691
 
Spero comunque che a cadenza settimanale riesca a pubblicare! =D
 
Alla prossima ^^

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Capitolo 22
*** Il ritiro estivo: parte seconda ***


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22. Il ritiro estivo: parte seconda
 
“Che bella giornata!”
“Finalmente il mare!!!”
“Koganei, siamo qui per allenarci e non per divertirci!!”
“Junpei, non fare il guasta feste. Per oggi potete rilassarvi, da domani si lavora duro!”
L’intera squadra lanciò un’occhiata preoccupata alla coach che sorrideva affabile. Indossava un vestito bianco e un grazioso cappello di paglia. Era talmente chiaro che si poteva notare sotto il suo bikini rosso. I suoi capelli scendevano morbidi sulla schiena e non era più minuta come una volta: aveva subito una serie di trasformazioni che avevano reso il suo corpo più femminile e il seno era almeno di una taglia in più. Queste cambiamenti non erano sfuggiti alla squadra che ogni tanto la guardavano con ammirazione, complimentandosi mentalmente per quella sua evoluzione. Non si esprimevano perché sapevano che Hyuuga li avrebbe eliminati all’istante.
“Ma come? Ci siamo classificati all’Interhigh e ci fermiamo?? Io voglio allenarmi!!” protestò Kagami guardandola contrariato.
Kagami aveva preso un paio di centimetri in altezza negli ultimi mesi e la separazione da Kuroko lo aveva fatto maturare molto, anche se ogni tanto mostrava il suo lato infantile.
“Kagami-kun, il viaggio è stato lungo e poi ieri abbiamo finito molto tardi di allenarci. Per oggi rilassatevi un po’. Ne avete bisogno” rispose la coach paziente.
Sapeva che era quello che si stava impegnando più di tutti per poter rivedere Kuroko, però il suo corpo ne stava risentendo e nell’ultima partita aveva avuto segni di cedimento.
Lui rimase un attimo in silenzio osservandola, anche se Riko non riuscì a leggere la sua espressione visto che il suo viso era coperto da un paio di Ray-Ban neri.
“Va bene” sospirò alla fine.
Lei sorrise e fece segno alla squadra di seguirla. La scuola aveva affittato per loro una piccola villa vicino al mare.
“Ma abbiamo vinto la Winter Cup e ci siamo qualificati per l’Interhigh… perché solo una villa dove dovremo occuparci di tutto noi?” chiese Koganei in tono lamentoso.
“Perché non è una scuola con grandi risorse finanziarie, quindi è già tanto che non siamo accampati in spiaggia con le tende” rispose Hyuuga dandogli una pacca sulla schiena.
Appena arrivarono, notarono che la villa poteva tranquillamente far parte del set di un film per l’orrore: era di colore bianco/giallo/nero, corrosa dal tempo, con rigogliose piante che avevano invaso buona parte della facciata. Anche l’interno non era un granché: le pareti erano umide e pezzi d’intonaco erano appesi al soffitto, le panche disposte sul lato destro erano sfondate, mentre sul lato sinistro c’erano una serie di piante morte. L’unico lato positivo di quella villa era la sua posizione e la sua luminosità solo perché mancavano pezzi di muro.
“… siamo ancora in tempo per le tende?” disse Koganei esprimendo il pensiero di tutti.
“Bu-buon-buon-bu” apparve una vecchietta balbuziente alle loro spalle facendoli trasalire.
“Buongiorno” salutò Riko incerta, avvicinandosi “ehm… credo che abbiamo sbagliato posto, togliamo immediatamente il disturbo”.
“N-n-n-no, non ave-ave-te sba-sbaglia-t-t-t-o” disse tremante avvicinandosi ad un tavolo che inizialmente non avevano notato “Se-seirin, eh? Que-quest-e so-o-n-n-n-o le chiav-vi della villa” aggiunse porgendo un mazzo di chiavi arrugginite.
Kiyoshi lo prese regalando il suo solito sorriso rassicurante. La vecchietta rispose con una sorriso sdentato facendo venire i brividi a Junpei.
“Questa ca-sa è mol-t-t-to vecchia. Fa-te attenzione” e con quell’affermazione enigmatica si avviò con passo lento verso l’uscita.
I ragazzi si guardarono attorno preoccupati. Sembrava una casa abbandonata, popolata da fantasmi sul punto di crollare.
“Bene! Andiamo” disse la coach con energia.
“Aida senpai, non hai paura?” chiese una matricola del primo anno.
“Cosa siete? Pappamolle? Andate immediatamente nelle vostre stanze! Ci vediamo in spiaggia tra mezz’ora!” ordinò.
“Si, signora!!” esclamarono tutti dirigendosi con passo spedito all’interno dell’edificio.
Anche il resto della struttura non era nelle migliori condizioni e ad ogni passo emanava inquietanti scricchiolii. I ragazzi si fermarono davanti a un’antica porta decrepita che non prometteva nulla di buono. Fu Hyuuga il primo ad avere il coraggio di aprirla deglutendo nervosamente, prima di posare la mano sulla maniglia arrugginita.
La porta cigolò facendo rabbrividire buona parte della squadra e nuvolette di polvere si sollevarono quando varcarono la soglia. L’ambiente era sporco, ma almeno i muri e le finestre erano interi. La camera era enorme e, spiando negli armadi, trovarono i futon che avrebbero utilizzato per la notte.
“Uhm… ci vediamo tra un’ora. Bisogna pulire…” commentò la coach aprendo le finestre in modo da far entrare dell’aria fresca.
Infatti all’interno si sentiva una terribile puzza di chiuso e umido e, sembrava una fornace. Non c’erano i climatizzatori.
“Sarà il ritiro peggiore di sempre” commentò Koganei.
“Bene allora… dividiamoci! Se le stanze sono così, non immagino i bagni! Quindi voi del primo anno vi occuperete dei bagni, il secondo anno della cucina, noi del terzo delle camere. Rendiamo questo posto vivibile!” ordinò Hyuuga.
I ragazzi annuirono pensando che quel giorno il mare lo avrebbero visto solo tra gli squarci del muro.
“Io vado a fare la spesa. Kagami-kun, Teppei, venite con me” disse Riko.
“Si” risposero all’unisono sollevati.
Kagami, vivendo da solo, già puliva abbastanza, quindi non aveva proprio voglia di mettersi al lavoro.
Passarono la giornata così, tra pulizie, compere, guerre con l’acqua, mangiando il pranzo a sacco preparato dalla coach. Le conseguenze furono devastanti per quelli del primo anno che, ignari, accettarono con gioia, mentre i senpai rifiutarono gentilmente mostrando i bento che avevano portato da casa. I bagni, appena puliti, furono usati da loro per poter vomitare anche l’anima, mentre Riko si chiedeva corrucciata che cosa avesse sbagliato. Kagami, pazientemente, si mise accanto a lei per farle alcune domande sugli ingredienti e consigliandola in modo adeguato.
“Cuciniamo insieme stasera, così ti faccio vedere” propose.
Lei annuì cupa.
“Che ne dite se ora andiamo in spiaggia?” propose Koganei posando gli ultimi secchi utilizzati per la pulizia.
L’orologio da polso di Kiyoshi segnava le 17:01.
“Perché no? Tutti in spiaggia!” esclamò divertita la coach.
Recuperarono i loro asciugamani e invasero la spiaggia affollata nonostante il pomeriggio stava volgendo al termine. Riko camminava in mezzo all’intera squadra di basket, sentendosi in un harem. Gli occhi erano tutti puntati su quei ragazzi belli, alti, muscolosi, suscitando l’invidia di molte ragazze che le lanciavano sguardi di fuoco.
Con un ghigno soddisfatto, lei distese il suo asciugamano su un fazzoletto di spiaggia ancora libera, lasciando a Hyuuga e Izuki il compito di mettere l’ombrellone. Ne avevano portato solo uno su richiesta della coach.
“Mare!” esclamò Koganei scagliando la maglia sulla sua asciugamano spiegazzata.
Fu il primo a correre in acqua, seguito dalle matricole e dai ragazzi del secondo anno. I senpai li guardarono divertiti per poi unirsi a loro.
“Riko, posso lasciarti gli occhiali? Non so dove metterli” disse Hyuuga.
“Va bene” rispose lei mettendoli con cura in borsa “Junpei, mi aiuti?”
Lui, che stava già per prepararsi a correre verso Koganei che lo stava scimmiottando, si voltò verso la sua ragazza. Era di spalle e aveva alzato i capelli con una mano mostrando la sua candida nuca.
“Junpei?” chiamò lei non cogliendo l’atmosfera “mi aiuti con la cerniera? A casa ci ha pensato papà” continuò indicandola con la mano libera.
Lui avvicinò la mano sfiorandole delicatamente la nuca, mentre con l’altra calò piano la cerniera. Riko rabbrividì a quel tocco e si irrigidì quando la mano di Junpei arrivò a metà schiena.
“F-fatto. Vado!” esclamò agitato correndo in acqua.
Riko si tolse il vestito, indossò un paio di occhiali da sole e si sdraiò di pancia in giù sull’asciugamano cercando di nascondere il suo viso arrossato. Mentre Junpei la toccava, aveva desiderato ardentemente di più, ed era la prima volta che provava quella sensazione in modo così travolgente. Si coprì il volto tra le mani quando si rese conto che se fossero stati da soli, sicuramente lo avrebbe assalito.
“Oh mamma... Riprenditi Riko!” pensò.
“Coach, hai la pelle chiarissima. Hai messo la protezione?” chiese una voce maschile.
Riko guardò alla sua destra, trovando un grondante Kagami che si stava frizionando i capelli con un asciugamano. Lei rimase un attimo ad osservarlo rendendosi conto che era molto bello. Il suo fisico lo conosceva meglio di tutti grazie al suo occhio analitico ma, in quel momento, con i capelli bagnati, le gocce d’acqua che rilucevano sul corpo e la sua espressione rilassata, sembrava un modello. Sul suo petto brillavano al sole le due “T”; quella collana non la toglieva mai, neanche in partita.
“Ah, giusto. Mi potresti aiutare?” chiese frugando nella sua borsa rendendosi conto che Kagami attendeva una risposta.
“D’accordo”.
Kagami si mise in ginocchio posizionandosi alle spalle di Riko, premette il tubicino della crema sulla schiena e iniziò a spalmarla con cura e delicatezza, sorprendendo la coach stessa. Quelle grandi mani, così rudi che compivano miracoli in campo, la stavano toccando come se stesse maneggiando un oggetto delicatissimo.
“Allora... Kagami-kun... come sta andando?” chiese.
“Come al solito” rispose lui concentrandosi sulle spalle.
“... ti manca?”
Il silenzio che seguì fu teso e Kagami continuò a spalmare la crema. Quando finì le diede indietro il tubicino sedendosi accanto sull’asciugamano.
“Sempre” riuscì a dire alla fine.
“Mi dispiace...” mormorò lei.
Guardarono per un attimo i loro compagni che stavano provando tuffi assurdi. Ad un certo punto Kiyoshi prese sulle spalle Koganei e Izuki il capitano. Si guardarono con aria di sfida ingaggiando una lotta a colpi d’acqua, mentre gli altri facevano il tifo.
“Scemi” commentò la coach con un sorriso.
Kagami annuì e si distese chiudendo gli occhi.
“Kagami-kun, dovresti toglierti la collana, altrimenti ti resterà il segno”.
“Non la toglierò mai” rispose con forza “ho come la sensazione che se la togliessi, lui scomparirebbe per sempre”.
“Anche se è ritornato con il suo ex?” chiese la coach pentendosene subito.
Era stata troppo indelicata.
“Ho dei dubbi al riguardo” rispose calmo, incrociando le braccia dietro la testa a mo’ di cuscino “Tetsuya aveva paura di quel folle. Perché tornarci insieme? E poi da quel giorno non ho sentito più nessuno dei Miracoli, tutti hanno cambiato numero. Ho provato a chiedere a qualche membro delle loro vecchie squadre: Kasamatsu Yukio sente ancora Kise e, quando lui viene a Tokyo per lavoro, si incontrano. Pensavo si fossero lasciati e invece no. Ho tentato di avere il nuovo numero di Kise ma Kasamatsu si è opposto: Kise non può rilasciare più il suo numero a nessuno da quando è diventato un idol” spiegò corrucciato.
“Cosa? Cosa? COSA!?” disse la coach spalancando gli occhi.
“Si, lo so... si è montato la testa” disse alzando gli occhi al cielo.
“Non mi riferivo a questo! Kise e Kasamatsu... stanno insieme... insieme?”
“Ah, si si” rispose lui indifferente.
“E pensare che prima di mettermi con Junpei avevo fatto qualche pensierino su Kise!!” pensò lei scoraggiata.
Kagami si mise seduto, improvvisamente innervosito.
“Ho chiesto anche a quell’idiota di Tatsuya però lui si ostina a dire che non ha più contatti con Murasakibara” strinse i pugni con rabbia “per non parlare di Takao Kazunari! Mi evita da quel giorno in palestra, neanche fossi una brutta malattia!”
La coach lo guardò intristita. Kagami doveva amare moltissimo Kuroko per cercarlo così disperatamente, mentre magari, in quel momento, l’ex Ombra del Seirin se la stava spassando con l’Imperatore.
“Aomine-kun e Momoi-san?” chiese lei.
“Non mi parlare di quei due! Anche loro mi stanno ignorando!” sbottò sbattendo un pugno sulla sabbia.
Fece un suono sordo, attutito dalla sabbia. La coach, invece, iniziò a fare cerchi concentrici su di essa, pensierosa. Se il problema era solo tra Kagami e Kuroko, perché anche gli altri avevano cambiato numero e lo ignoravano? Poteva capire i suoi due amici d’infanzia ma, gli altri proprio no.
“Forse è successo qualcosa di importante in quella settimana, Kagami-kun. Qualcosa che ha costretto i Miracoli a stare di nuovo tutti insieme...” disse incerta.
“Sei giunta alla mia stessa conclusione. E spero che l’incontreremo subito in campo, almeno avrò la possibilità di capirci qualcosa” concluse determinato.
Riko posò la sua mano su quella di Kagami che si voltò a guardarla.
“Lo spero per te, Kagami-kun” disse con un sorriso rassicurante.
Si conoscevano da un anno e mezzo ormai e lo considerava un buon amico. Era l’unico che la faceva arrabbiare come non mai, l’unico che sapeva trattarla con gentilezza quando cucinava male, insegnandole pazientemente tutto ciò che sapeva della cucina. L’unico con cui aveva confidato le sue paure sull’argomento sesso, senza essere derisa e giudicata. Era stata una conversazione imbarazzante, argomento saltato fuori quasi per caso, eppure Kagami l’aveva ascoltata e rassicurata. E ora lei voleva fare di tutto per vederlo felice.
“Grazie” disse lui ricambiando la stretta e il sorriso.
Una secchiata d’acqua gelata calò su di lui facendolo sobbalzare. Riko si alzò allontanandosi per evitare il contatto con l’acqua. Non le andava il bagno in quel momento.
“KAAA-GAAA-MIIII” sillabò Junpei indemoniato.
Gli altri lo guardavano dalla riva intimoriti. Solo Kiyoshi sorrideva.
“Cazzo!” esclamò lui.
Con un scatto felino si alzò in piedi e iniziò a correre, inseguito dal demone Junpei.
Inizialmente tutti li guardarono preoccupati, poi scoppiarono a ridere quando Hyuuga inciampò a terra.
“Junpei!” esclamò esasperata la coach.
Lui si rimise in piedi imbarazzato e si scagliò contro i suoi compagni che iniziarono a correre in acqua e schizzarsi. Si unì anche Riko che venne issata sulle spalle di Kiyoshi per poterla portare in acque più profonde, inseguito da Hyuuga che si dovette fermare perché non sapeva nuotare tanto bene.
Tutti ridevano spensierati, sciogliendo la tensione che avevano accumulato negli ultimi mesi per la qualificazione all’Interhigh e Kagami, mentre voltava le spalle per difendersi dagli schizzi d’acqua di Urehara, pensò a Kuroko, sperando che presto lo avrebbe riavuto tra le sue braccia.
 
***
 
Avevano da poco terminato una cena abbondante, preparata da Kagami, Hyuuga e Izuki, con la partecipazione di Riko che, sotto la guida di chef Taiga, aveva fatto alcuni contorni davvero deliziosi. Dopo le pulizie erano tornati in spiaggia, ormai vuota: distesero alcuni asciugamani sulla sabbia, per potersi accomodare e accesero un falò. Koganei aveva portato con sé una chitarra e tutti lo guardarono con ammirazione; non sapevano che avesse un lato artistico.
I ragazzi si riunirono tutti attorno al fuoco, in attesa del loro amico, che intanto strimpellava per accordare lo strumento. Poi iniziò a suonare, semplici note che pian piano divennero più ritmate. Alcune matricole si alzarono mettendosi a ballare, altri membri invece preferirono stare seduti a guardarli e a bere birra.
Riko era seduta appoggiata a Junpei e, ai loro lati, c’erano Kagami e Kiyoshi. Il primo stava bevendo distrattamente una birra guardando il fuoco che rischiarava tutto attorno, mentre Kiyoshi sorrideva, osservando i suoi compagni che ridevano, bevevano, ballavano e scherzavano. Tirò fuori una macchina fotografica scattando foto all’impazzata.
Kagami posò la birra a terra e si alzò, eliminando i residui di sabbia sulle sue bermuda. Indossava una maglia a maniche corte nera e i suoi inseparabili ciondoli a “T”.
“Dove vai?” chiese Riko.
“Voglio farmi una passeggiata, qui fa troppo caldo” rispose.
“Ok, non ti allontanare troppo” replicò severa.
“Va bene, mamma!” esclamò lui divertito.
Si allontanò con il sorriso sulle labbra e Hyuuga strinse un po’ di più a sé Riko.
“Che c’è Junpei?” chiese lei accoccolandosi sul suo petto.
Indossava un vestito rosa antico che le arrivava sopra il ginocchio e un paio di sandali bianchi. I suoi capelli li aveva fermati in una coda laterale e inoltre si era truccata, un trucco leggero che risaltava i suoi lineamenti.
Lui avvicinò le sue labbra vicino all’orecchio di lei.
“Andiamo a farci una passeggiata?” mormorò.
A lei iniziò a battere velocemente il cuore e deglutì nervosamente.
Una passeggiata solo lei e lui.
In spiaggia.
Di notte.
Sotto un cielo stellato.
Aveva visto fin troppi film romantici per non capire cosa stava per succedere. Ma era pronta?
Lo guardò negli occhi in cui si riflettevano i riflessi del fuoco: quella sera aveva messo le lenti a contatto perché aveva trovato un graffio sugli occhiali per via della sabbia. Inoltre la maglietta bianca risaltava il suo fisico asciutto.
Restarono a fissarsi negli occhi, i cuori in tumulto, mentre intorno a loro i ragazzi continuavano a ballare.
Riko si perse in quello sguardo ricordando il loro primo incontro.
 
La scuola era iniziata da una settimana e Kiyoshi Teppei la stava supplicando per diventare la coach della squadra di basket. Lei era infastidita da questo comportamento e, per evitarlo, si era rifugiata in giardino approfittando della pausa pranzo. La primavera stava raggiungendo il suo culmine e i fiori di ciliegio erano un trionfo di rosa di diverse sfumature. Stava per addentare un onigiri, quando, da un cespuglio, apparve un ragazzo biondo ed occhialuto che si guardava alle spalle nervosamente.
“Ma cos...?” stava per dire Riko ma il ragazzo corse verso di lei tappandole la bocca.
“Mmmmm!!!”
“Sssshhh!” esclamò lui.
“Hyuuga! Dove ti sei nascosto?”
Riko si irrigidì e così il ragazzo di nome Hyuuga. Aveva riconosciuto quella voce. Liberò la bocca e lo prese per mano, agitata.
“Nascondiamoci” mormorò.
Il ragazzo annuì confuso, però accettò ben volentieri il nascondiglio in cui lo stava portando. Era una piccola botola dove venivano messi alcuni attrezzi da giardino.
I due ragazzi, in silenzio, ascoltarono i passi di Kiyoshi che superavano il loro nascondiglio.
“Per un pelo!” disse lui sollevato.
“Già! Non si può neanche mangiare in pace!” esclamò Riko.
Si guardarono per un istante rendendosi conto della situazione: un ragazzo e una ragazza nel pieno dell’adolescenza, nascosti in una botola semibuia.
“Ehm... perché stai scappando da Kiyoshi?” chiese Hyuuga per spezzare la tensione.
“Vuole che diventi la coach del club di basket” rispose lei infastidita.
Hyuuga scoppiò a ridere.
“AHAHAHAHAHAHAHAH! TU UNA COACH? AHAHAHAHAHAH!”
“Ehi!” esclamò lei sferrando un pugno nel suo stomaco “razza di biondo tinto quattrocchi! Non offendere!!!”
Lui tossì cercando di riprendere fiato.
“Tu dovresti essere un giocatore di basket? Non farmi ridere!” esclamò disgustata.
“Io non voglio essere un giocatore. È lui che vuole!” sbottò sistemandosi gli occhiali “e cos’hai contro i miei capelli??”
“Sono ridicoli. Come te!”
“COOOSAAA??”
Dieci minuti dopo furono trovati da Kiyosh, mentre Junpei era a petto nudo.
“Guarda! Che pettorali, eh??”
“Scarsa massa muscolare. Bicipiti flosci. Poca resistenza” commentò lei con occhio clinico.
“Ehm... cosa state facendo?” chiese Kiyoshi perplesso.
Quando si resero conto che ciò che stavano facendo era alquanto ambiguo, fuggirono entrambi in direzioni diverse.
“Non potrò mai essere sua amica!” pensò indignata.
 
Erano passati due anni e mezzo da quell’incontro burrascoso, eppure eccoli lì, ad affrontare uno dei passi più importanti della loro vita.
Insieme.
“Va bene” rispose lei con un sorriso.
Hyuuga fece un sospiro sollevato e intrecciò le dita tra le sue. Si alzarono in piedi iniziando a passeggiare lentamente. La brezza era piacevole e lei alzò gli occhi al cielo, beandosi della vista delle stelle. Era una notte senza Luna e le stelle trapuntavano il cielo, emozionando Riko.
“Sono bellissime” commentò con voce bassa.
Non voleva rompere quel dolce silenzio in cui erano caduti, voleva sentire solo il rumore delle onde, dei loro passi leggeri e il profumo del mare.
“Già, ma tu lo sei ancora di più” ribatté Junpei.
Lei lo guardò. Erano rari i suoi complimenti e ogni volta la spiazzava.
“Grazie” mormorò imbarazzata.
Lui si fermò posizionandosi di fronte a lei. Si chinò posando delicatamente le labbra su quelle di Riko che le dischiuse per poter sentire di più. Le loro lingue si incontrarono, iniziandosi a stuzzicare, finché Junpei si staccò.
“Riko” mormorò con voce roca “se non vuoi, siamo ancora in tempo”.
Lei lo abbracciò e si mise in punta di piedi, riuscendo a dargli un leggero bacio sulle labbra.
“Ti voglio, Junpei” disse con calma.
Lui non se lo fece ripetere due volte e tornò ad assaporare con foga la sua lingua, stringendola forte. Sentivano i loro cuori battere sempre più velocemente e Riko in più di un’occasione dovette riprendere fiato perché Junpei era inarrestabile. Improvvisamente la prese in braccio conducendola in una zona più appartata.
Si spogliarono, non riuscendo più a resistere, baciandosi, ansimando, ridacchiando quando toccavano zone più sensibili. Alla vista dei seni nudi, Junpei si fermò guardandoli ipnotizzato, mentre Riko ansimava imbarazzata. Stavano per fare qualcosa che avevano temuto per mesi, velata da un senso di proibito.
Con mano tremante, Junpei sfiorò i capezzoli turgidi della sua compagna che trattenne il fiato. La frenesia era stata sostituita dall’imbarazzo e dal desiderio di andare con calma.
“Junpei...” mormorò lei.
I suoi occhi erano due pozze scure puntellati di stelle. Era bellissima. Lui eliminò ogni traccia di imbarazzo e riprese a tormentarle la lingua. Aveva finalmente tra le mani la sua Riko, il suo primo amore che aveva smosso il suo cuore di ghiaccio.
Lentamente scese con la lingua sul collo, iniziando a succhiare mentre con le mani tormentava i capezzoli di Riko. Lei ansimava stringendo le forti spalle di Junpei, perdendo sempre di più il controllo.
“Al diavolo le paure!” pensò Riko mentre con le mani accarezzava le spalle del suo ragazzo arrivando quasi fino ai glutei.
Junpei riprese a tormentarle la lingua, allargando con il ginocchio le cosce di Riko. Arrivando fino all’apice si rese conto che era già molto bagnata. In realtà anche lui era eccitato e lei avvertiva il suo calore sullo stomaco. Curiosa e con un po’ di intraprendenza, lo sfiorò con la mano ma, Junpei gliela tolse subito.
“Così mi farai venire senza poterti soddisfare” disse stuzzicandole con la lingua l’orecchio.
Lei arrossì e inarcò la schiena quando la sua intimità fu invasa da un dito.
“Ahn...” ansimò stringendo più forte le spalle di Junpei.
Hyuuga iniziò a muoverlo sentendo Riko assecondare i movimenti. Il dito veniva risucchiato all’interno facendolo arrossire. Era la sua prima volta e tutto ciò gli sembrava strano: aveva visto film, letto libri, si era documentato per non fare brutta figura ma, non venivano spiegate le sensazioni. Stava provando di tutto, dall’imbarazzo al forte desiderio di possederla fino a farla crollare.
“Junpei...” ansimò contrariata quando lui tolse il dito.
“Siamo impazienti, eh?” disse lui con un dolce sorriso.
Lei arrossì e si coprì il volto. Lui ridacchiò prendendo il preservativo e indossandolo. Avere figli a quell’età non gli andava proprio. Si chinò nuovamente verso di lei che intuendo divaricò le gambe, pronto ad accoglierlo. Lui non si fece ripetere due volte l’invito, penetrandola lentamente.
Riko trattenne il fiato sentendo un forte dolore. Sentiva di essere stata lacerata all’interno e qualcosa stava colando dalla sua intimità. Con le lacrime agli occhi fece un profondo respiro per controllare il dolore.
“Tutto bene?” chiese Junpei preoccupato.
“Dove ho sbagliato?” si chiese osservando il viso sofferente di Riko.
Lei fece cenno di no con la testa. Si stava abituando a quella presenza e pian piano il dolore sparì.
“Posso... posso muovermi?” chiese incerto.
“Si” rispose lei intrecciando le mani con le sue.
Iniziò a muoversi lentamente avvertendo le contrazioni di Riko e il suo respiro sempre più affannoso. Lei stringeva forte le sue mani, come l’unica ancora che la teneva lì. Non esisteva più nulla intorno, solo loro due e quella danza che divenne frenetica, facendoli ansimare entrambi. La presenza al suo interno di Junpei era piacevole e calda, quella sensazione la fece eccitare ancora di più e morse il collo di Hyuuga. Lui ansimò forte ma ormai non gli importava più nulla di trattenersi, sentiva sciogliere tra le sue mani la sua ragazza, ansimava e provava piacere per lui e sentiva sempre più il bisogno di non separarsi.
“Junpei!” esclamò Riko raggiungendo l’apice.
“NO!”
Entrambi si bloccarono. L’urlo proveniva dalla spiaggia.
“Ma cos...?”
“Resta qui” disse Junpei rivestendosi in fretta.
Riko rimase per un attimo allibita. Poi si concentrò per sentire se ci fossero altri rumori ma, oltre le onde del mare, non giungeva più nulla.
 
***
 
Kagami stava camminando annoiato sulla spiaggia. Il paesaggio era mozzafiato con tutte quelle stelle che brillavano nel cielo sembrava che stesse facendo una passeggiata nello spazio.
“Che pace” pensò.
Si allontanò dalla riva e si distese sotto alcuni alberi di palma.
“Peccato che non ci sia un’amaca”.
Domani la pacchia sarebbe finita e lui non vedeva l’ora di riprendere gli allenamenti. Non erano ancora usciti il calendario degli incontri ma, sperava di scontrarsi subito con il Rakuzan e rivedere il suo Tetsuya. Anche se lui l’aveva lasciato, non riusciva a non pensare che lo aveva fatto per qualche motivo importante. Non poteva averlo lasciato così da un giorno all’altro, senza una parola. No. Una parola c’era stata ed aveva avuto un effetto devastante su di lui.
Sospirò chiudendo gli occhi. Chissà cosa stava facendo in quel momento Tetsuya? Si stava allenando? Era in viaggio per arrivare lì? Oppure era a letto con Akashi?
“No!” pensò irritato.
Lui non stava con quel folle. Neanche sotto tortura.
“NO!”
Un urlò squarciò la notte e lui si alzò di colpo mettendosi in allarme. Si guardò intorno e scorse una persona che si era appena tuffata in acqua. Si avvicinò perplesso scrutando il mare nel caso qualcuno stesse affogando però, oltre a quella persona che stava nuotando, non c’era nessun altro.
Rimase lì ad osservarlo mentre nuotava con foga. Non riusciva a distogliere lo sguardo, c’era qualcosa che no gli permetteva di andare via. Il suo corpo si mosse da solo avvicinandosi lentamente alla riva come se sentisse un forte richiamo.
La persona andò sott’acqua e non tornò più a galla. D’istinto si tolse le scarpe e si tuffò in acqua e, dopo alcune bracciate, raggiunse il punto in cui la persona era scomparsa.
“KAGAMI!” dalla riva il capitano lo stava guardando allarmato.
“CHIAMA QUALCUNO!” urlò di rimando.
Prese un bel respiro e si immerse. Sapeva aprire gli occhi sott’acqua ma il buio non aiutava, se almeno ci fosse stata la Luna...
Nuotò alla cieca cercando di afferrare qualcosa, inutilmente. Riuscì solo a catturare un pesciolino agitato che liberò all’istante, poi le vide, una serie di bolle che provenivano dal basso. Si immerse ancora di più e riuscì ad afferrare qualcosa che sembrava un polso. Sollevato, iniziò a nuotare verso la superfice prendendo finalmente fiato. Fece emergere immediatamente la figura inerme portandola all’aria e rimase stupito quando si rese conto che quella persona gli era familiare.
“TETSUYA!” urlò.
Kuroko, dal volto pallido, non rispose.
Nel panico, nuotò verso la riva posando poi delicatamente il corpo di Kuroko sulla sabbia.
“Kuroko!” esclamò Junpei stupito e preoccupato allo stesso tempo.
Kagami era al suo fianco dandogli qualche colpetto sul volto. Lui non reagì e il suo viso era funereo.
“Spostatevi!” esclamò una voce autorevole.
La coach, con i capelli scarmigliati, aveva fatto la sua comparsa inginocchiandosi verso il corpo inerme di Kuroko. Agitata mise in iperestensione la testa del ragazzo pronta ad eseguire la respirazione bocca a bocca.
“JUNPEI! CORRI A CHIAMARE AIUTO!”
Hyuuga obbedì e corse verso una serie di edifici ancora illuminati. La coach iniziò la tecnica mantenendo il controllo.
1-2-3.
Aria.
1-2-3.
Aria.
Kagami stringeva la mano di Kuroko non sapendo cosa fare. Si sentiva inutile e guardava con angoscia il corpo esamine dell’unica persona che lo rendeva vivo.
“Tetsuya” mormorò mentre una lacrima sfuggì al suo controllo.
1-2-3.
Aria.
“COFF! COFF! COFF!!”
Kuroko si mosse, mettendosi in posizione laterale. Stava vomitando tutta l’acqua che aveva ingurgitato non riuscendo a prendere aria.
“SI, TETSUYA! SI!” esclamò Kagami reggendolo per non fargli affondare il viso sulla sabbia.
Kuroko si voltò lentamente verso di lui. Si guardarono per un lungo istante senza riuscire a proferire parola, mentre il suo corpo continuava ad essere scosso da tremiti.
“T-Taiga...” riuscì a dire infine per poi svenire.
“TETSUYA!”
“Tranquillo, è solo svenuto” disse Riko “ma ha bisogno di andare all’ospedale. Che fine ha fatto Junpei!?” si voltò verso la direzione in cui era andato, scrutando l’orizzonte.
Passarono un paio di minuti dove Kagami teneva stretto a sé il suo amato. Erano finalmente insieme, non nel modo in cui se l’era immaginato ma, erano lì. Si beava solamente guardandolo notando tanti piccoli particolari: aveva le occhiaie e su una guancia aveva una piccola cicatrice, molto sottile. Nonostante lo aveva portato fuori dall’acqua, gli era sembrato più leggero. Cosa stava facendo? Perché stava così? E poi perché si era tuffato quando sapeva benissimo che non sapeva nuotare?
“Tetsuya, cosa ti è successo?” chiese con angoscia continuando a cullarlo ed accarezzargli il viso.
A quella scena la coach si commosse. Vedere Kagami che trattava Kuroko come se avesse tra le mani il tesoro più prezioso al mondo, le andava dritto al cuore. Si voltò nascondendo una lacrima e riuscì a scorgere Junpei con due persone al seguito. Più si avvicinavano e più lei avvertiva un forte gelo. Anche Kagami guardò da quella parte con disapprovazione.
Junpei stava avanzando verso di loro seguito da Murasakibara ed Akashi. Kagami strinse di più a sé Kuroko con fare protettivo.
“Tetsuya!” disse Akashi chinandosi verso di lui.
Aveva tra le mani un asciugamano e glielo mise intorno. Kagami allentò la stretta per consentire di coprirlo ma, lo guardava come un mastino pronto ad azzannarlo.
“Atsushi, prendilo tu. Il dottore arriverà a breve. Portiamolo in camera” ordinò rialzandosi.
Murasakibara obbedì e Kagami lo lasciò andare a malincuore, però sapeva che aveva urgentemente bisogno di un medico. Akashi guardò prima la coach, che aveva i capelli in disordine e il vestito infilato male, poi Kagami, tutto bagnato.
“Vi ringrazio per averlo salvato” esordì in tono pacato “vai Atsushi, vi raggiungo a breve” aggiunse.
Murasakibara si avviò seguito a vista da Kagami. Gli faceva male il cuore a vedere Kuroko portato via come una bambola tra le braccia del gigante.
“Sapete dirmi cosa gli è successo?” continuò lui costringendo Kagami a distogliere lo sguardo.
“Eravamo qui a fare una passeggiata quando abbiamo sentito un urlo” esordì la coach mettendosi in piedi.
Hyuuga le andò incontro consegnandole la sua maglietta che lei indossò mentre lui si rivolse ad Akashi. Gliela aveva data perché aveva qualche segno ben visibile del loro approccio di prima.
“Quando son... siamo arrivati in spiaggia, abbiamo visto Kagami in acqua” disse cambiando la versione.
Non poteva certo dire che si era fermato a metà della loro prima volta, lasciando la sua ragazza nuda dietro un cespuglio.
Akashi si voltò verso Kagami per avere altre spiegazioni.
“Hai altro da aggiungere?” chiese freddamente.
Kagami stava per raccontargli la verità, quella che aveva intuito però, qualcosa lo trattenne.
“Ero seduto qui vicino e ho visto un ragazzo nuotare. Poi il suo urlo e non l’ho visto più. Forse mentre nuotava ha avuto un crampo” spiegò lui.
“Va bene” replicò lui pacato “alla prossima” aggiunse andando via.
“Ehi! Alloggiate in quell’albergo?” chiese Kagami indicando l’edificio lussuoso.
“Si, perché?”
“Perché domani verrò a trovare Tetsuya”.
Akashi inclinò il capo con un sguardo pericoloso negli occhi.
“Non puoi” disse.
“Perché!?” esclamò adirato.
“Per tre motivi: uno” alzò il pollice “non consento a nessuno di entrare nella nostra camera”.
“Come!? Nostra??” esclamò la coach.
“Si, le stanze al Rakuzan sono condivise e io e Tetsuya siamo compagni di stanza” spiegò.
A Kagami gli si gelò il sangue nelle vene.
“Due” proseguì Akashi alzando l’indice “durante il ritiro è vietato incontrare gli avversari, politica della mia squadra”.
“Che stronzata” replicò Hyuuga con tono sprezzante.
Akashi non si scompose e alzò il dito medio.
“Tre. Lui non vuole vederti”.
Quattro parole che sembravano una condanna a morte per Kagami.
“In... in che senso?” chiese con un filo di voce.
“Mi ha detto espressamente che non vuole più vederti e io sono felice di accontentarlo” fece un sorriso sghembo “non voglio che il suo ex giri attorno al mio ragazzo”.
Kagami impallidì e dovette aggrapparsi a Hyuuga per non cadere.
“Co... come sarebbe??” chiese la coach facendo un passo in avanti.
Non voleva crederci, non dopo aver visto quella scena. Kuroko quando aveva riaperto gli occhi e visto Kagami era incredulo ma felice. E poi Kagami lo aveva curato con tanto amore. Non era possibile tutto questo.
“Non te l’aveva già detto? È venuto al Rakuzan per me, perché mi ama. Il primo amore non si scorda mai” si avvicinò a Kagami e gli posò una mano sulla spalla “quindi, a meno che non si tratta di un campo da basket, non farti più vedere” disse in tono glaciale.
Mollò la presa e si avviò verso l’albergo, lasciando Junpei e Riko confusi e Kagami in preda alla disperazione.
 
***
 
Oblio... dolce oblio...
Tutto era fluido intorno a sé e provava solo pace.
Stava sprofondando in quel mondo fatto di buio.
Senza problemi.
Solo.
Sentì una presa salda sul polso.
“No, non voglio tornare”.
Tutto divenne rumoroso e una voce lo chiamò.
Era così famigliare, così rassicurante...
Lo toccava gentilmente.
Era al sicuro.
Tra le sue braccia.
“... Taiga...”
Aprì gli occhi e avvertì un forte bruciore alla gola e si mosse cercando di mettersi seduto.
“Stai giù” disse una voce gentile.
Si voltò da quella parte e trovò Murasakibara che lo scrutava preoccupato.
“Murasakibara-kun...” gracchiò.
“Si è svegliato?” chiese un’altra voce.
“Si” rispose il ragazzo spostandosi per dare spazio al nuovo venuto.
Akashi lo stava scrutando con i suoi occhi ansiosi posandogli dolcemente una mano sulla fronte.
“Cos’è successo?” chiese con voce rauca.
Cercò di schiarirla ma una fitta di dolore lo trafisse facendolo lacrimare.
“Non parlare. La tua gola per oggi è fuori uso” si voltò verso Murasakibara “puoi andare. Ci vediamo domani a colazione”.
“Ok”.
Chiuse la porta con un tonfo sordo lasciandoli soli. Akashi si accomodò al bordo del letto non guardandolo e Kuroko si sentì in pericolo. Emanava un’aura minacciosa.
“Tetsuya, non ti libererai facilmente di me” disse in tono lapidario.
Si voltò, gli occhi che brillavano minacciosi.
“Hai tentato il suicidio, mio piccolo e innocente Tetsuya...”
A Kuroko gli si gelò il sangue nelle vene. Era davvero andata così? Ricordò gli ultimi istanti prima di gettarsi in mare e la sua disperazione. L’idea del suicidio non gli era venuta ma, da come si era lasciato andare in mare, forse l’aveva tentato inconsapevolmente.
“Se dovessi fare di nuovo una cosa del genere, il tuo amato Kagami Taiga farà la stessa fine”.
“No!” disse con un urlò strozzato.
Iniziò a tossire dolorante afferrandosi la gola.
“Coff... coff... cosa... vuoi?” riuscì infine a dire.
Akashi con un sorriso si mise a cavalcioni su di lui bloccandogli le mani sopra la testa. Lo guardava con puro odio.
Vendicarmi” disse con tono irritato “tu sei stato la mia rovina, Kuroko Tetsuya. Una persona qualsiasi che ha calpestato il mio cuore. Hai giocato con i miei sentimenti e, dopotutto quello che ho fatto per te, mi hai voltato le spalle. È tutta colpa tua!”
Kuroko lo guardava sbalordito e notò che gli occhi dell’Imperatore erano diventati bicromatici: rosso e arancione.
“Mi hai messo contro tutti, dipingendomi come un mostro che vi monopolizzava, quando non ho fatto altro che proteggervi! Però, da una parte devo ringraziarti... se non fosse stato per te io non sarei nato” i suoi occhi divennero entrambi arancioni e sul suo volto si dipinse un ghigno “grazie a te il fragile Seijuro è cresciuto diventando la persona più temuta dell’alta società”.
Ci fu un momento di pausa in cui Kuroko iniziò a tremare senza controllo. Non accettava di essere toccato da lui, da quel... mostro.
“M... mostro!” riuscì a dire che enorme dolore.
“Sei stato tu a crearmi ed ora pagherai le conseguenza delle tue azioni, Tetsuya. Vedrai gli altri Miracoli solo durante le partite e gli allenamenti, per il resto del tempo starai con me. Nessuna via di fuga. Pagherai tutto!” gli sollevò con un dito il mento costringendolo a guardarlo.
“Benvenuto nel tuo incubo peggiore, Tetsuya”.
 
 
Angolo della follia @.@
Ehilà!!! Salve a tutti! ^^
Mi sono appena messa una corazza per difendermi dall’attacco degli AkaKuro :O
Ma procediamo con ordine: il capitolo si apre con il Seirin e i loro cambiamenti, dalla maturità di Kagami alla femminilità di Riko. In questa storia ho deciso di riscattarla visto che viene sempre indicata come simbolo di mascolinità... con Junpei si è trasformata! =D
Poi solo scene di tranquillità e divertimento dei ragazzi e l’amicizia tra Kagami e Riko. È rimasto solo dopo essersi lasciato e ha trovato un’ancora di salvezza proprio in Riko, che sotto sotto ama poter confidarsi con qualcuno di diverso da Junpei. Ha poche amiche perché dedica il suo tempo al basket e non è riuscita a stringere forti legami.
Ho ripreso il filo narrativo di Riko e Junpei giungendo ad una “conclusione” anche se interrotta bruscamente da un urlo (per quanto riguarda il loro primo incontro, non lo ricordavo e l’ho inventato di sana pianta xD).
Infine Kagami e la sua malinconia: gli manca Kuroko ma riesce a gestire meglio la solitudine perché ha un obiettivo. Incontrarlo in partita.
E poi Kuroko e il suo “tentato omicidio”. Kagami l’ha capito e i dubbi lo assalgono e purtroppo l’ha capito anche Akashi che lo mette alle strette rivelando un importante dettaglio: è colpa di Kuroko se l’Imperatore è nato.
Cosa sarà successo?
Nei prossimi capitoli continuerò l’arco narrativo del ritiro estivo, ma a breve ci saranno capitoli dedicati al “Teiko Arc”.
Spero che vi sia piaciuto e ringrazio tutti coloro che mi sostengono e leggono la mia storia ^^
Alla prossima ;)
 
P.S. non pubblicherò più a cadenza settimanale con giorni precisi a causa di diversi impegni, quindi controllate spesso ;)

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Capitolo 23
*** Il ritiro estivo: parte terza ***


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Il ritiro estivo: parte terza
 
Era seduto in spiaggia con addosso la sua inseparabile felpa azzurra, in attesa del sorgere del sole. Il mare era calmo e un venticello leggero ogni tanto lo faceva rabbrividire. Chiuse la lampo della felpa e si mise il cappuccio. Era talmente piacevole che stava per chiudere gli occhi ma, voleva resistere. Desiderava vedere così tanto l’alba...
Un primo raggio di sole fece la sua comparsa all’orizzonte ed Aomine si mise in piedi eccitato quando, all’improvviso, tutto intorno a lui tremò.
“Ma cosa diavolo sta succedendo!?” disse irritato “Proprio ora che sta sorgendo il sole!”
Lo scenario cambiò e si trovò seduto su una sedia accanto a tantissime persone. Davanti a lui c’era un passerella e tutti parlavano eccitati. Improvvisamente calò il buio e partì una canzone “Sexy and I Know It” degli LMFAO. Un gruppo di ragazze urlò a squarciagola e apparve Kise: indossava un completo elegante con una cravatta gialla e la camicia viola.
“Kise??” disse Aomine indicandolo sorpreso.
Il ragazzo ammiccò dalla sua parte e gli lanciò una rosa che era sbucata dal nulla.
“Cosa diavolo...” disse confuso osservando la rosa gialla che era caduta ai suoi piedi.
Non riuscì a finire la frase perché un altro Kise apparve, sfilando con decisione. Il suo stile era più underground e alle spalle aveva una chitarra elettrica che iniziò a suonare mentre le ragazze continuavano ad urlare.
“Due? Non ne bastava uno!?”
Ma le sorprese non erano finite perché apparvero altri Kise. La passerella si ingrandì diventando un enorme palco dove apparvero molti oggetti di scena: un Kise vestito in divisa da basket segnò una serie di punti al canestro; un altro indossava un paio di occhiali da sole e alla mano aveva una pistola, puntandola contro il pubblico urlante; un altro ancora cominciò a ballare a ritmo di musica muovendo il bacino in modo provocatorio; un altro Kise, sempre in completo, si tolse la camicia lanciandola addosso ad alcune ragazze che iniziarono a litigare pur di prenderla, poi iniziò a sbottonarsi il pantalone, improvvisando così uno spogliarello.
“FERMATI!!!”
Aomine balzò sul palco e tutti i Kise lo guardarono.
“AOMINECCHI!” urlarono in coro sorridendo.
Il Kise mezzo nudo si diede da fare per spogliarlo mentre quello con la pistola gli faceva scivolare la pistola fredda sui pettorali.
“Cosa fate!?”
“Era questo che volevi, vero Aominecchi?” chiesero all’unisono togliendogli i pantaloni...
“WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!”
Aomine si mise seduto sul letto facendo volare via il suo lenzuolo.
“Cosa diavolo ti urli a quest’ora!?” esclamò con voce pastosa Midorima liberandosi dal lenzuolo.
Si mise anche lui seduto e iniziò a tastare il comodino alla ricerca degli occhiali. Aomine era tutto sudato ed... eccitato. Lanciò uno sguardo al suo basso ventre e impallidì.
“Oh mamma... bagno!” esclamò correndo verso quella direzione mentre Midorima si mise gli occhiali.
Guardò l’orologio e notò che segnava ancora le 05:30 del mattino.
“Aomine! È ancora presto! Cosa diavolo ti è preso!?”
“... incubo! Torna a dormire!” esclamò dal bagno.
Midorima borbottò qualcosa togliendosi nuovamente gli occhiali e sdraiandosi. Aomine intanto, aprì l’acqua delle doccia per non farsi sentire. Si liberò del suo pantalone del pigiama e degli slip restando sconvolto. Era visibilmente eccitato.
“Maledizione!” sbottò.
Quell’attività non era prevista sul programma di allenamento della giornata di Akashi e, se l’avesse saputo, non sarebbe stato particolarmente contento... ma doveva fare pur qualcosa.
“Che cavolo!” si lamentò afferrando tra le mani la sua eccitazione.
Per lui era strano perché non si era mai soddisfatto da solo. Ci avevano sempre pensato le ragazze con cui era uscito. Purtroppo quella volta doveva farlo così.
“E tutto per colpa di Kise! Se fosse qui ci penserebbe lui! E non con le mani!” pensò rabbioso continuando a muovere la mano.
Si fermò stupito da quel suo stesso pensiero. Perché Kise doveva fargli una cosa del genere? E soprattutto perché si era eccitato sognandolo?
Aumentò la velocità finché non venne con rabbia.
“Che cazzo pensi, Daiki! Torna in te!”
Si spogliò del tutto decidendo di farsi una doccia per calmare i suoi bollenti spiriti.
“Non lo faccio da tanto e la senpai mi manca... magari mi trovo da queste parti una bella tettona per la sera...”
“Aomine? Hai finito? Il bagno non è solo tuo” disse Midorima bussando alla porta.
“Ma tu non eri tornato a dormire?” chiese aprendo la porta con addosso solo l’asciugamano che lo copriva dalla vita in giù.
“Dormire? Con te che fai confusione? Almeno Murasakibara era più discreto...” commentò sbadigliando.
Aveva tutti i capelli in disordine e aveva perso la sua aria da perfettino.
“In che senso?” chiese confuso.
“Ah, non te l’ho mai detto? Da quando frequentiamo questa scuola Murasakibara sta uscendo con una senpai, biondiccia e prosperosa...” rispose stiracchiandosi.
Aomine si accomodò sul divano perplesso.
“Ma è Oda Erika?” chiese.
Midorima gli lanciò uno sguardo indagatore.
“Si, perché la conosci?”
“N... no! L’ho vista a qualche nostra partita...”
“Ok”.
Midorima si congedò chiudendosi dentro il bagno mentre Aomine strinse i pugni irritato. E così Oda-senpai stava con Murasakibara e intanto andava a letto con lui?
Si alzò in piedi recuperando la divisa da basket. Mentre la indossava pensò schifato alla ragazza.
“Non me ne frega un cazzo di quello che fa... però Murasakibara! E che schifo!” pensò disgustato.
Mise la maglia e si guardò allo specchio. Di certo a lui non mancava nulla: alto, forte, muscoloso... il sogno di ogni donna e di ogni uomo, visto che Kise gli andava dietro.
“Mi andava dietro” si corresse mentalmente.
Ripensò a quel sogno mettendosi le scarpe. Si sentiva turbato e non riusciva a togliersi di dosso quella piacevole sensazione che aveva provato quando i vari Kise lo avevano spogliato.
“Sono solo frustrato” pensò recuperando il suo borsone.
“Midorima, vado avanti” disse dirigendosi verso l’ingresso.
“Ok” rispose con voce soffocata dal bagno.
Uscì fuori puntando l’ascensore. Il ristorante era a piano terra e non vedeva l’ora di fare colazione, almeno non avrebbe pensato a nulla. Agli ascensori trovò Murasakibara intento a mangiare dei biscotti.
“Ma quanto mangia questo ragazzo? Lui e BaKagami potrebbero andare molto d’accordo” pensò affiancandolo.
“Buongiorno” borbottò.
“Giorno” rispose con la bocca piena facendo cadere qualche briciola.
Rimasero in silenzio e lui iniziò a squadrarlo. Era alto, possente e forse molto dotato sotto un altro punto di vista, però... come poteva piacere un tizio con la faccia da ebete, che mangia come un maiale solo dolci? Magari usava i dolci come arma di seduzione e infilava i lecca-lecca su per...
“Ma che diavolo pensi?” pensò scuotendo la testa.
“Che c’è?” chiese Murasakibara notando quel movimento.
“Niente” rispose lui, cancellando dalla mente quella visione, orripilato.
Il ristorante era semi-vuoto e, ad un tavolo, vestita con un paio di pantaloncini bianchi e un top verde, c’era Momoi, intenta a leggere alcuni appunti.
“Buongiorno” la salutò lui.
“Buongiorno Dai-chan! Buongiorno Mursakibara-kun” rispose allegramente.
Si accomodò accanto a lei mentre Murasakibara preferì rivolgere la sua attenzione all’enorme buffet che i camerieri stavano imbandendo con cura.
Aomine rimase in silenzio, osservando con aria pensierosa lo splendido paesaggio di mare che si stagliava dalla vetrata. Una dolce brezza scompigliò i capelli di Satsuki che decise di legarli in una coda ordinata. Guardò il suo amico notando la sua espressione preoccupata.
“E’ successo qualcosa, Dai-chan? Hai litigato con Shin-chan?” chiese.
“Eh? No, no” rispose frettolosamente.
Non gli sembrava il caso di raccontare a Satsuki del suo sogno semi-erotico su Kise.
“Uhm... ok... però per qualsiasi cosa, io sono sempre qui” disse sorridendo dolcemente.
Era questo il bello di Satsuki, sapeva capirlo perfettamente con un solo sguardo e sapeva che non doveva insistere, a meno che lui non decidesse di parlare.
Lei riprese i suoi appunti, scrivendo qualche nota su un foglio a parte.
“Ehm... Satsuki?” chiamò lui prendendo coraggio.
“Uhm?” rispose lei continuando a scrivere.
“Ti è mai capitato di fare un sogno in cui sei con qualcuno?” chiese incerto.
Satsuki si voltò verso di lui, guardandolo perplessa.
“... si... mi capita spesso di sognare altre persone...” rispose dubbiosa.
“Non mi hai capito. Mi riferisco in quel senso” sottolineò la parola “quel” enfatizzandola con un gesto delle mani.
“Ah, in quel senso! Spiegati, no? Comunque...” abbassò il capo arrossendo “si, da quel che ricordo un paio di volte. Ma perché lo vuoi sapere?”
“Sai cosa significa?” chiese curioso.
“Ehm... mi sembra ovvio. Che vuoi avere quel tipo di rapporto con la persona del sogno” rispose sempre imbarazzata.
Il cuore di Aomine perse alcuni battiti, troppo sconvolto per parlare, mentre la sua mente registrava l’informazione. Allora... lui voleva Kise?
“Oh mio Dio...” mormorò infine.
Lei lo osservò perplessa, sorpresa da quella reazione.
“Perché chi hai sognato?”
“Ma la persona che hai sognato è quella con cui effettivamente avevi il desiderio di approfondire il rapporto?” chiese lui eludendo la domanda.
Era proteso verso di lei e la guardava con un barlume di speranza.
“... si...” disse riprendendo i fogli nervosa.
“Ma quindi l’hai fatto con quella persona?” continuò lui teso.
“No! Stai esagerando! Sono domande troppo personali!” esclamò lei nascondendo il volto tra le mani.
“Ah! Scusami! Io... io non volevo metterti in imbarazzo ma... è così importante per me questa risposta... ho bisogno di capire” disse agitato afferrando nervosamente un bicchiere.
Lo riempì d’acqua e iniziò e la bevve tutta in un sorso. Quando appoggiò il bicchiere vide che Satsuki lo stava guardando nervosa.
“Tranquilla, non ti chiederò più nulla” disse con un sorriso sghembo per rassicurarla.
Lei si guardò intorno per vedere se qualcuno li stesse osservando, poi si alzò prendendolo per mano e lo trascinò fuori.
“Satsuki!” disse lui perplesso.
Lei non rispose continuando imperterrita la sua corsa. Si fermò solo quando l’albergo era a una distanza di sicurezza.
“Cosa c’è?” chiese lui.
Satsuki si accomodò sulla sabbia imitata dall’amico.
“Se ti racconto una cosa, mi giuri che resterà solo tra me e te?” disse nervosa.
“Certo” rispose lui prontamente.
“I due sogni che ho fatto... li ho fatti con le uniche due persone che ho amato...”
Lui la guardò per niente sorpreso. Le persone che aveva amato erano Tetsu e Midorima.
“Il più recente riguarda Shin-chan ma in passato... sei stato tu”.
Aomine spalancò gli occhi sorpreso e il suo cuore iniziò a battere furiosamente. Questo voleva dire che... Satsuki aveva provato qualcosa per lui!?
“N... non capisco. Non ti piaceva Tetsu?” chiese confuso.
Lei iniziò a fare con le dita dei cerchi sulla sabbia, evitando così di guardarlo negli occhi.
“No. Facevo tutte quelle scene per cercare di ingelosirti... poi ho scoperto di lui e Akashi... ero solamente una ragazzina troppo timida per esprimere i miei sentimenti e in Tetsu-chan avevo trovato il modo... quindi ho preferito continuare quelle scenate anche solo per toccarti, sentire le tue mani che mi prendevano in braccio, la tua risata...”
Man mano che Satsuki parlava, Aomine pensò a quei momenti, ricordando che anche lui amava toccarla, stare insieme a lei ma, non si era mai esposto a causa della sua ossessione per Tetsu.
“Poi un giorno, alla fine della terza media, ti ho visto nel laboratorio di scienze mentre facevi sesso con una ragazza” continuò lei.
“Cazzo!” pensò.
In quei giorni, non riuscendo ad avere Satsuki, si era dedicato al sesso con alcune ragazze. Dopotutto era un maschio e le sue pulsioni doveva pur soddisfarle in qualche modo, visto che la ragazza amata andava dietro al suo migliore amico.
“Quindi ho deciso di dimenticarti e ho iniziato ha provare sentimenti per Shin-chan durante lo scorso anno...”
“Satsuki, mi dispiace. In realtà anch’io provavo qualcosa per te ma ero convinto che andassi dietro a Tetsu, quindi non mi sono mai esposto guardando altrove...” confessò nervoso.
Satsuki girò la testa di scattò guardandolo stupito. Anche lui l’aveva amata?
“Dai-chan... siamo stati due stupidi” disse cercando di controllare il suo cuore.
“Concordo”.
Calò un silenzio imbarazzato e si limitarono a guardare un gruppo di ragazzi che faceva jogging in riva al mare. Aomine si sdraiò sulla sabbia mettendo le braccia dietro la testa.
“Chissà cosa sarebbe successo se ci fossimo messi insieme. Forse a quest’ora, invece di parlare, stavamo facendo qualcosa di più divertente...” disse con un sorriso malizioso.
“Dai-chan!” esclamò lei imbarazzata mollandogli uno schiaffo sulla testa.
Lui ridacchiò.
“Ormai è successo, quindi è inutile pensare al passato. Adesso tu hai Midorima e io ho K...” si zittì mettendosi seduto velocemente.
“Chiudi quella boccaccia! Stai dando i numeri. Stasera andrò a caccia!” pensò irritato.
Satsuki gli lanciò uno sguardo indagatore ma decise di non insistere.
“Torniamo in albergo” disse lei mettendosi in piedi e pulendosi i pantaloncini dalla sabbia.
“Andiamo in camera tua o mia? In camera mia rischiamo di incontrare Midorima... però non mi dispiacerebbe un ménage à trois” disse imitandola.
“AOMINE DAIKI!” urlò furiosa lei, rossa in viso.
Lui iniziò a correre verso l’albergo inseguito da Satsuki armata di un pezzo di legno. Ridendo, giunse per primo al ristorante notando che Midorima e Murasakibara erano a tavola. Il primo aveva preso qualcosa per lui e Satsuki, ed era in attesa; il secondo stava già divorando la sua colazione.
“Grazie, Midorima” disse con una smorfia Aomine dirigendosi al tavolo del buffet.
Satsuki fece la sua comparsa, furiosa. Poi si addolcì alla vista di Midorima.
“Shin-chan, buongiorno!” salutò lei allegra.
Midorima sorrise di rimando indicando il posto accanto a lui. Aomine distolse lo sguardo con un sorriso. Chi l’avrebbe mai detto che entrambi avevano provato qualcosa ma non avevano avuto il coraggio di dichiararsi. Midorima invece si, quindi era giusto che stessero insieme.
Quella rivelazione gli aveva tolto un enorme peso dal cuore. Era come se, grazie ad essa, avesse messo in ordine una parte della sua vita rimasta per tanto tempo in sospeso. Ora poteva definitivamente voltare pagina e iniziare a scrivere una nuova storia.
Mise sul vassoio tre cornetti e una tazza enorme di caffelatte. Il ristorante non era giapponese ma italiano, quindi non c’era nulla delle cose che mangiavano di solito. Però quella novità non gli dispiaceva.
Mentre stava per prendere il tovagliolo e lo zucchero, un pensiero gli attraversò la mente facendolo incupire. Se Satsuki aveva avuto sogni erotici con i ragazzi verso cui aveva provato qualcosa, cosa significava il suo sogno?
“Che... vorrei farmi Kise?” pensò.
Provò un brivido freddo lungo la schiena.
“Su, Daiki. Non ha nemmeno le tette! Anche se non è niente male esteticamente, ha un buon carattere nonostante sia lunatico, e poi la sua risata è coinvolgente. Per non parlare della sua gentilezza e del suo buon profumo e il suo sapore quando mi ha baciato...”
Si riscosse dai suoi pensieri scuotendo la testa. Era ormai deciso. Quella sera, a costo di pagare una prostituta, doveva andare a letto con qualcuna.
Risoluto, si avviò verso il tavolo dove i suoi compagni stava facendo colazione. Era quasi arrivato quando fece il suo ingresso Akashi. Indossava anche lui la divisa del Rakuzan ma, a differenza loro, aveva degli occhiali da sole e una cartellina con il programma della giornata. Il borsone lo stava portando un ragazzo del terzo anno.
“Dov’è Tetsu?” chiese Aomine.
L’intero tavolo si voltò verso di loro in silenzio. Aomine raramente rivolgeva la parola ad Akashi.
“Buongiorno anche a te, Daiki” rispose posando la cartellina al tavolo.
Fece cenno al ragazzo di lasciare il borsone e si avviò verso il buffet. Aomine posò il suo vassoio e lo seguì.
“Non mi hai risposto” incalzò nervoso.
“Neanche tu”.
Si guardarono per una frazione di secondo sfidandosi con lo sguardo. Il primo ad arrendersi fu Aomine.
“Buongiorno” borbottò.
Se non fosse per Tetsu, gli avrebbe già messo le mani addosso ma, gli aveva promesso che non doveva rispondere e irritare Akashi in nessuno modo.
Akashi sorrise soddisfatto e rivolse l’attenzione al buffet.
“Non sta bene. Ieri ha mangiato troppo e stanotte non ha dormito. Per oggi riposerà” disse prendendo del tè.
“COME!? Vado da lui!!” esclamarono in coro Aomine e Momoi che intanto aveva sentito tutto.
“Non occorre. Ho appena detto che non ha dormito quindi si è addormentato da poco. Non potete disturbarlo” continuò lui pacato prendendo dei biscotti.
“Ma...” Momoi si avvicinò.
“Niente ma. C’è già un dottore con lui, oppure pensate che non mi occupo adeguatamente della mia squadra?” chiese inarcando le sopracciglia.
“N-no” balbettò Momoi.
Si inchinò intimorita e si allontanò dal ristorante seguita da Midorima.
“Facciamo colazione Daiki. Tetsuya è in mani sicure” disse andando al tavolo.
Aomine annuì seguendolo.
“Andrò dopo gli allenamenti” disse prendendo posto.
Akashi non lo rispose portando alle labbra il suo tè ma, era visibilmente adirato. Odiava le persone insistenti. Prese il suo cellulare dalla tasca scrivendo velocemente un messaggio, inviandolo all’unica persona che poteva tenere a bada Aomine Daiki.
 
***
 
“Dove credi di andare, Kagami-kun?”
Il ragazzo sobbalzò girandosi di scatto verso la ragazza che aveva parlato. Aida Riko lo guardava adirato dalle scale e al suo seguito c’erano Hyuuga Junpei e Kiyoshi Teppei . Indossavano la divisa da basket ed erano pronti per fare colazione.
“Io? Ehm... una passeggiatina... ci vediamo dop...”
Hyuuga e Kiyoshi lo agguantarono da sotto le braccia e lo portarono via dalla porta d’ingresso.
“Ehi!” esclamò adirato.
Lo trascinarono nella sala da pranzo decrepita, mettendolo seduto su una sedia. Riko si mise di fronte a lui a braccia conserte e con il volto irritato.
“Ne abbiamo già parlato ieri! Non puoi andare da Kuroko-kun!” esclamò.
“Ma...” Kagami aveva un’espressione sconvolta.
“Niente ma! Tutta questa faccenda è troppo strana, quindi non fare niente di stupido. La prima partita sarà contro di loro tra qualche giorno e lì potremo capire qualcosa di più su questa storia” continuò.
Kagami abbassò la testa guardando le sue mani. Poche ore prima aveva riavuto tra le sue braccia il suo Tetsuya ed ora, per colpa di quel folle, non potevano vedersi... afferrò i due ciondoli stringendoli per darsi coraggio. Era visibilmente a pezzi.
“Kagami-kun, so che è difficile...” mormorò lei dolcemente.
Kiyoshi fece cenno a Hyuuga di seguirlo fuori e lui annuì, lasciando i due ragazzi soli.
“Coach...” mormorò con voce roca, cercando di trattenere le lacrime “sto troppo male...”
Riko lo abbracciò cercando di consolarlo. Kagami la strinse forte a sé affondando il viso sotto l’incavo del seno, piangendo a dirotto.
 
***
 
Ritiro Rakuzan.
Ore 19:00.
Ristorante dell’albergo.
Gli allenamenti della giornata erano stati talmente intensi che, l’intera squadra, stava cenando in assoluto silenzio. O meglio. Quelli che avevano la forza di alzare la forchetta per imboccarsi. Molti si erano già ritirati nelle loro camere ed erano rimasti in pochi: tutti i Miracoli e qualche coraggioso ragazzo del terzo anno.
Aomine riuscì a ingurgitare l’ultimo boccone di pasta prima di lasciare con mani tremanti le posate. Midorima aveva la testa tra le mani e non si riusciva a capire se si fosse addormentato a tavola o cercasse la forza necessaria per andare a letto. Momoi era andata a dormire già da un pezzo con un forte mal di testa: non aveva fatto altro che raccogliere informazioni, elaborarle e fare su e giù dall’albergo alla palestra per prendere tutto ciò che occorreva ai ragazzi. Gli unici che sembravano rilassati erano Akashi e Murasakibara: il primo stava mangiando con eleganza, assaporando ogni boccone, evidentemente abituato a gustare la cucina italiana, mentre il secondo aveva appena aperto una scatola di cioccolatini e li stava offrendo ad Akashi.
Midorima si alzò improvvisamente e in silenzio barcollò fuori, appoggiandosi allo stipite della porta d’ingresso del ristorante per non cadere. Aomine ridacchiò: finalmente aveva visto Midorima in versione umana, visto che, molto spesso, Mr Precisione sembrava un robot.
Anche Akashi si alzò, imitato da Murasakibara che barcollò paurosamente.
“Allora anche tu sei stanco, eh? Stupido gigante frega ragazze” pensò soddisfatto.
“Akashi, aspetta. Vengo anch’io” disse Aomine.
Si alzò velocemente ma camminare risultò difficoltoso.
“Perché?” chiese Akashi.
“Per Tetsu ovviamente” rispose lui.
Akashi si incupì e aumentò la velocità del passo.
“Sono stanco. Lo vedrai domani agli allenamenti” disse in tono lapidario.
“Ehi!” esclamò cercando di mantenere il passo “voglio vederlo!”
“E io sono stanco e non voglio nessuno in camera a quest’ora. È un ordine Daiki”.
Aomine si fermò e lo lasciò andare.
“Maledetta promessa! Altrimenti lo avrei già risposto come si deve!” pensò irritato.
Per sbollire la rabbia, invece di andare in camera, si diresse verso gli splendidi giardini stile occidentale dell’albergo. Occupò un gazebo poco illuminato, godendosi il profumo dell’incenso acceso dagli addetti dell’albergo e, lo splendido panorama. Chiuse gli occhi assaporando quel momento. Finalmente si era fermato.
Era stata una giornata ricca di avvenimenti e preoccupazioni: il sogno e i suoi dubbi, la confessione di Satsuki, la malattia di Tetsu, gli allenamenti intensivi... non si allenavano così neanche a scuola. Aver perso alla Winter Cup con una squadra che stava muovendo i primi passi doveva bruciare molto visto che, Akashi stava tentando di uccidere i suoi compagni con gli allenamenti.
Un rumore improvviso lo mise in allarme, costringendolo ad aprire gli occhi. Guardò alla sua destra sicuro di aver sentito da quella parte il rumore poi, dal sentiero che conduceva all’albergo, apparve un ragazzo vestito come se fosse appena uscito da un set fotografico. Riconoscendolo capì che era effettivamente così: Kise stava camminando verso di lui come nel suo sogno, indossando una T-shirt con gilet e un pantalone con dei risvolti che raggiungevano metà della gamba. A completare l’opera un paio di Converse.
Sembrava preoccupato per qualcosa e guardava nervosamente il suo cellulare. Si fermò a pochi metri da lui quando capì di non essere solo.
“Aomine?” disse mettendolo a fuoco.
“Ehi” disse lui alzando la mano a mo’ di saluto.
Si sentiva a disagio a causa del sogno ma, soprattutto per la sua sfuriata al telefono del giorno prima e poi...
“Ma tu non mi stavi evitando?” chiese.
“Infatti. Non sapevo che fossi qui” ribadì lui rapido “ed ora me ne vado”.
Gli voltò le spalle incamminandosi però, dopo pochi passi, tornò indietro adirato.
“Aspetta! Che cos’era quella chiamata di ieri!? Come osi??” sbottò puntandogli il dito contro.
“Chiamata di ieri? Non so di cosa tu stia parlando” disse evitando il suo sguardo.
 “Hai pure il coraggio di mentire? Sei un pessimo bugiardo!” esclamò.
 “Senti, che c’è di male se mi sono preoccupato per te?” chiese iniziandosi a irritare.
“Pre-preoccupato per me?”
Si guardarono senza parlare, cercando di scandire i segreti più reconditi in loro. Dopo aver passato un’intera giornata a pensare lui, si aspettava una conversazione più piacevole. Eppure, nonostante gli stesse urlando contro, era felice che stessero parlando. Gli era mancato.
Kise si avvicinò titubante accomodandosi di fronte a lui.
“Spiegati” disse infine.
Aomine non rispose troppo preso a guardare gli occhi dorati del ragazzo. Era dimagrito e aveva dell’evidenti occhiaie. La fama non gli si addiceva, solo guardandolo si rendeva conto che non riusciva ad affrontare quella nuova vita con serenità. Avvertì una stretta spiacevole allo stomaco. Aveva mangiato troppo?
“Basta guardarti” disse cercando di non pensarci.
Kise si innervosì e addrizzò la schiena cercando di mettere il suo viso in ombra.
“Non sai di cosa stai parlando” replicò pacato ma, il tremolio della sua voce, valeva più di mille parole.
“Non so cosa ti stia succedendo Kise. Sei cambiato tanto... non so neanche per quale motivo e non poterti aiutare mi fa soffrire. Sei sempre stato un modello di prima classe che si è guadagnato la fama e il rispetto di tutti, quindi come hai fatto a cadere così in basso? Una foto del genere... non è da te” disse incerto.
Non sapeva se si era spiegato.
“Si cresce, Aomine” disse alzandosi a disagio.
“E Kasamatsu cosa dice?” chiese imitandolo.
“Non ti riguarda!”
“Kise!” lo afferrò per il polso e si guardarono intensamente.
Forse era per il caldo, la stanchezza, lo stress, il nervosismo... non sapeva per quale motivo lo aveva afferrato. Non sapeva neanche il perché lo aveva avvicinato a sé stringendolo tra le sue braccia. E non sapeva perché il suo cuore batteva furiosamente accordandosi a quello di Kise che intanto stava ricambiando l’abbraccio. Si sentiva bene in quel momento, come se tutto ciò che stava sopportando da mesi fosse un lontano spiacevole ricordo. Avvertiva il forte desiderio di baciarlo, anche se continuava a pensare che fosse una stupida conseguenza del sogno e, stava per farlo ma, si accorse che qualcosa non andava. Sul suo petto si stava estendendo una macchia umida e Kise tremò tra le sue braccia. Stava piangendo e allo stesso tempo cercava di trattenersi.
“Scusa...” mormorò Aomine accarezzandogli la testa.
“E d-di cosa?” riuscì a dire il biondino.
“Ho la capacità di farti sempre piangere. Sono un disastro”.
Kise rise. Una risata acquosa che si trasformò in un singhiozzo.
“E va bene. Ti presterò il mio petto per l’ennesima volta. E anche se da domani ti ostinerai ad ignorarmi a causa dei tuoi segreti con Akashi, sappi che potrai contare sempre su di me, brutto stronzo” disse sorridendo.
“Ma c-come? Prima mi di-dici una cosa carina e poi m-mi insulti?” chiese sorpreso.
“Te lo sei meritato per avermi ignorato”.
Kise lo strinse più forte.
“A-Aominecchi!” disse piangendo con più vigore.
Aomine continuò ad accarezzargli la testa con un sorriso. Kise poteva stare con chi voleva, evitarlo con tutte le sue forze, però a lui non importava, perché sarebbe sempre tornato tra le sue braccia.
 
 
 
Angolo della follia @.@
Buongiorno a tutti! Rieccomi qua con un nuovo capitolo di “Tela di ragno” ^^
Come vi sembra? Questa volta ho messo da parte Kuroko e mi sono concentrata su Aomine e già dalle prime pagine ci sono state grandi rivelazioni:
  1. Aomine e i sentimenti sopiti verso Kise;
  2. Murasakibara etero che se la spassa con Oda Erika (personaggio inventato);
  3. La dichiarazione di Satsuki.
Per quanto riguarda la prima parte... ahahahah questo si chiama esaurimento! Mentre scrivevo il pezzo del sogno, avevo come sottofondo musicale proprio quella canzone e immaginavo Kise mentre faceva movimenti osceni in passerella! Ahahahahah xD
Poi Murasakibara che frequenta la stessa senpai di Aomine e i pensieri assurdi di quest’ultimo, tipo del lecca-lecca... ok qui ho reso Aomine alla pari del timido Kagami Taiga.
La scena tra Satsuki ed Aomine è nata mentre stavo scrivendo, e la questione della dichiarazione... era come se volessi concludere qualcosa tra loro due.
Kagami e la sua tristezza... dovevo metterlo. Non potevo abbandonarlo così. E infine il crollo psicologico di Kise e la felicità (?) di Aomine...
Bene, detto questo al prossimo capitolo! =D
 
P.S. ringrazio tutti quanti, dai lettori, recensori, sostenitori e le mie folli amiche di Facebook.
 
P.S.S. recensite! Voglio proprio sapere cosa ne pensate del delirio di Aomine XD (capirò se non vorrete più leggere la mia storia... sono una folle e queste sono le conseguenze xD).
 
P.S.S.S. mi trovate qui su Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100009272289691
 
Ciao =D 

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Capitolo 24
*** Il ritiro estivo: parte quarta ***


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24. Il ritiro estivo: parte quarta
 
Il suono familiare di centinaia di piedi che camminavano sulle loro teste, desiderosi di vedere giocare le rispettive squadre… il chiacchiericcio incessante dei compagni di squadra.. l’ansia del pre-partita palpabile ovunque...
Loro però non sentivano o provavano nulla di tutto ciò. L’ultima volta che si erano sentiti in quel modo era accaduto solo quando si erano divisi. Ora, che erano di nuovo tutti insieme, nessuno poteva batterli.
Murasakibara era appoggiato sul muro vicino all’ingresso degli spogliatoi intento a gustare delle patatine, mentre leggeva un messaggio sul suo cellulare. Un sorriso innaturale comparve sul suo volto, scomponendo quella maschera di indifferenza che si era costruito negli anni ma, immediatamente chiuse il telefono, concentrandosi sulle patatine, ricomponendosi.
Midorima stava pulendo i suoi occhiali con la maglia della sua divisa. Era molto concentrato su ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, forse era l’unico che prendeva ogni partita sul serio. Strinse una piccola biglia tra le sue mani, l’oggetto fortunato del giorno per poi immergersi nella lettura del suo oroscopo. Quel giorno sarebbe stato il giorno della sua vittoria contro il Seirin.
Aomine aveva occupato per intero una panca: si era sdraiato a braccia conserte per schiacciare un pisolino, utilizzando come cuscino le gambe di Kise, intento a parlare al telefono con il suo manager. Il suo chiacchiericcio stava irritando alcuni senpai che non riuscivano a capire come potessero essere così rilassati. Dopotutto stavano per affrontare il Seirin, la squadra che li aveva battuti in finale durante la Winter Cup, la squadra che aveva battuto tutti i Miracoli nel corso del torneo. Insieme ce l’avrebbero fatta?
Le matricole avevano occupato una parte dello spogliatoio, parlando di altro. Sapevano che il capitano non li avrebbe mai fatti giocare, quindi decisero di rilassarsi.
Akashi era seduto accanto a Momoi, leggendo i dati raccolti da lei sul Seirin. Aveva compilato una scheda per ogni giocatore soffermandosi su alcuni: Hyuuga Junpei, il capitano che, con le sue abilità, aveva raggiunto lo stesso potenziale di Midorima; Kiyoshi Teppei, l’Iron Heart, il generale senza corona, il ragazzo che era la forza motrice dell’intero Seirin, il pilastro che li teneva tutti uniti, colui che poteva essere definito “Miracolo” se solo loro non fossero esistiti; Izuki Shun, l’Occhio dell’Aquila, che gli permetteva di guardare il campo per intero e perciò percepire la presenza dei suoi compagni di squadra, una mina vagante; e infine, tra i più temuti c’era lui, Kagami Taiga, il settimo Miracolo venuto da lontano. La sua elevazione era l’invidia di molti giocatori e poteva entrare in trance agonistica. Il ragazzo che li aveva battuti tutti, insieme alla sua ombra Kuroko Tetsuya.
E, proprio in quel momento, Kuroko stava guardando la scheda di Kagami con foto inclusa, provando una forte fitta al cuore. Si sentiva mancare l’aria tanto era il desiderio di rivederlo, di tornare insieme... anche se lo avrebbe rivisto a breve, doveva essere indifferente, affrontarlo in campo, voltare le spalle ai suoi vecchi amici fingendo di stare bene con il Rakuzan, con Akashi...
Chiuse gli occhi cercando di pensare ad altro, inutilmente. Si sentiva male.
“Tetsuya, tutto ok?” chiese Akashi notandolo.
“Bagno” rispose alzandosi.
Non voleva che lo vedesse in quelle condizioni dopo aver scoperto le sue vere intenzioni.
Lui annuì e riprese a leggere gli appunti con Momoi. Kuroko lo guardò perplesso. In quegli ultimi giorni non lo aveva mai lasciato un attimo da solo, consentendogli di vedere i suoi amici solo agli allenamenti e durante i pasti. Il resto del tempo doveva passarlo in camera sotto sua stretta sorveglianza. Forse un po’ troppa visto che aveva iniziato a dormire nel suo stesso letto. La cosa inizialmente gli era risultata fastidiosa perché, al minimo tocco, tremava non riuscendo a dormire ma, dopo un paio di notti, si era abituato alla sua presenza.
Spesso si svegliava di notte e rimaneva a fissarlo. In quei momenti, con il volto rilassato, gli occhi chiusi e i capelli sparpagliati sul cuscino, diventava il Sei-chan di cui si era innamorato ai tempi delle medie. Poi si riscuoteva dandogli le spalle. Sei-chan non c’era più, sostituito dall’Imperatore e non riusciva a capire il perché gli attribuisse tutte le colpe. Come aveva contribuito alla sua nascita? La prima volta in cui si era manifestato l’Imperatore risaliva verso la fine della seconda media e lui era sicurissimo di non aver influito su questo. Anche perché in quel periodo era sconvolto da altro.
Si riscosse agitato dai suoi pensieri e si alzò dirigendosi verso l’ingresso, seguito immediatamente da Murasakibara.
“Ah, giusto. Il cagnolino dell’Imperatore” pensò intristito.
Gli era sembrato strano che gli concedesse di andare da solo in bagno con il Seirin in giro.
Camminarono in silenzio, indifferenti alla folla di persone che camminava nei corridoi. Evitava qualsiasi contatto fisico visto che, nell’ultimo periodo, la situazione era peggiorata. Negli allenamenti del giorno precedente Aomine gli aveva alzato il pugno in segno di saluto, e lui, dopo aver risposto, si era reso conto che la sua mano tremava. Anche Daiki se n’era accorto, guardandolo con sospetto. Ma, mentre stava per chiedergli qualcosa, Kise gli era saltato addosso facendolo cadere a terra.
 
“Ma cosa diavoli combini? Potevamo farci male!!”
“Scusa, Aominecchi. Stavo recuperando il passaggio di Midorimacchi e non mi sono accorto di te”.
 
Kise era tornato amichevole con Aomine e Kuroko moriva dalla voglia di chiedergli il perché però, con Akashi alle calcagna, al massimo poteva dirgli di passare la palla.
“Non dovevi andare in bagno?” chiese Murasakibara all’improvviso, notando che stavano andando nella direzione opposta.
Kuroko si fermò rendendosi conto che aveva ragione.
“Si...” mormorò facendo dietro front.
Camminava con passo pesante e schiena curva, si sentiva stanco. Attribuiva quella stanchezza ai postumi dell’incidente. E poi c’era qualcosa che lo tormentava. Il giorno dell’incidente era sicuro al 100% che Taiga lo avesse salvato. Anche se non lo vedeva e sentiva da mesi, il suo tocco era inconfondibile, la dolcezza delle sue carezze le sentiva ancora sul suo corpo... però Akashi gli aveva detto che era stato Murasakibara a salvarlo. Non aveva osato contraddirlo, il suo timore era che poi potesse prendersela con Kagami.
Arrivò all’ingresso del bagno fermandosi di fronte alla porta.
“Vuoi seguirmi anche qui?” chiese infastidito.
“No, non mi va di mangiare in bagno” commentò aprendo una barretta di cioccolata.
Kuroko annuì, ringraziando mentalmente la voracità di Murasakibara. Entrò dentro guardando con disinteresse l’ambiente: una serie di lavandini posti sulla destra sovrastati da specchi, una piccola finestra rettangolare sulla parete di fronte e infine, sulla sinistra, le porte che conducevano alle toilette. Le prime due erano occupate, quindi si diresse alla terza. Aveva appena chiuso quando una delle porte chiuse si aprì e una voce famigliare risuonò nella stanza.
“Kiyoshi senpai, hai finito? Se restiamo un altro po’ in bagno la coach ci farà a pezzi”.
Il suo cuore perse diversi battiti e si appoggiò alla porta del bagno per non cadere. Quella voce l’avrebbe riconosciuta tra mille, la voce che l’aveva rassicurato, la voce che gli aveva mormorato sensuali parole nell’orecchio.
Apparteneva a lui.
Kagami Taiga.
“Non ti preoccupare, me ne occupo io” rispose Kiyoshi con voce soffocata.
Sentì il rumore dell’acqua scorrere dal rubinetto coperto poi dallo sciacquone che aveva appena tirato Kiyoshi senpai.
La porta si aprì e sentì che anche il senpai si stava lavando le mani.
“Kagami, come ti senti? Hai delle brutte occhiaie” commentò Kiyoshi.
“Non ho dormito” borbottò Kagami.
A Kuroko gli sfuggì un sorriso. Non era cambiato per niente, continuava a non dormire il giorno prima di una partita.
“Ce l’hai da giorni” replicò il senpai.
Kuroko si allarmò, perché Kagami non stava dormendo?
“Non riesco a dormire” confessò sospirando “non riesco a non pensare a Tetsuya”.
Il suo battito accelerò e si incupì. Kagami, nonostante il suo addio, non l’aveva dimenticato. Lo aveva lasciato in quel modo proprio perché lo odiasse e lo cancellasse dal suo cuore per non metterlo in pericolo, eppure lui continuava a pensarlo.
E poi... il suo nome pronunciato da quelle labbra... da quando non si sentiva così in fermento? Da quando il suo cuore non batteva così forte?
Premette la mano sul petto nella speranza che non lo sentisse.
“Posso solo immaginare cosa stai passando...” disse Kiyoshi asciugandosi le mani “non deve essere stato facile vederlo in quelle condizioni...”
“Quali condizioni?” pensò Kuroko dubbioso.
“Sì... averlo visto in quel modo senza aver avuto la possibilità di parlargli... perché l’ha fatto? Perché si è buttato in mare? Lo sappiamo tutti che non sa nuotare! Perché ha fatto quel gesto sconsiderato??” disse con voce rauca, sul punto di piangere.
Kuroko si inginocchiò a terra incapace di stare in piedi.
Quindi era vero.
Era stato lui a salvarlo. Lui a parlargli e a coccolarlo. Senza Kagami sarebbe morto. Ed ora, per colpa sua, lo stava distruggendo.
Voleva aprire la porta, correre verso di lui, stringerlo forte, piangere insieme raccontandogli tutto. Voleva che lo portasse via da quel posto, un luogo lontano da tutto e soprattutto da Akashi, un posto sicuro solo per loro due. Grosse lacrime iniziarono a rigare il suo viso facendolo balbettare.
“T... T... Ta...” si tappò la bocca per non farsi sentire.
La porta d’ingresso si spalancò facendo un rumore spropositato che fece sobbalzare tutti e tre.
“TEPPEI! KAGAMI! MUOVETEVI A RIENTRARE!!!” urlò Hyuuga Junpei.
“Capitano...” pensò Kuroko continuando a stringere la mano sulla bocca.
“Si, si. Tranquillo, Junpei!” disse Kiyoshi.
Uscirono fuori e, dopo qualche battuta con Murasakibara che come al solito li provocò, andarono via. Il gigante entrò in bagno alla ricerca di Kuroko: non aveva previsto che Kagami potesse andare lì.
“Kuro-chin?” chiamò perplesso non scorgendolo da nessuna parte.
Un conato di vomito proveniente dalla terza porta sulla sinistra lo mise in allarme.
“Kuro-chin!”
Tentò di aprire la porta, invano. Era chiusa dall’interno e Kuroko continuava a vomitare senza sosta.
“Kuro-chin! Arrivo!”
Spazientito tirò talmente forte da scardinare la porta.
“Kuro-chin!” disse nuovamente chinandosi verso di lui.
Posò la mano sulla sua fronte sollevando la testa verso l’alto in modo da farla emergere dal gabinetto. Il suo viso era imperlato di sudore e lacrime e, Murasakibara iniziò a tamponarlo con un po’ di carta igienica. Dopo un paio di minuti terminò, accasciandosi esausto a Murasakibara.
“Come ti senti?” chiese preoccupato.
“Murasakibara-kun” disse alzando il viso tremante per guardarlo, il suo corpo stava reagendo alla sua presenza “non dire ad Akashi-kun di Taiga. Non mi ha visto perché ero nel bagno e sono rimasto nascosto. Non ho parlato con lui. Non ho fatto niente! Quindi ti prego...” tossì ed ebbe nuovamente un conato di vomito ma, questa volta non uscì nulla.
La porta d’ingresso si aprì ed entrarono Kise ed Aomine, nel pieno di un battibecco.
“E che palle Kise! Quanto volte te lo devo dire che stai bene? Non hai neanche un capello fuori posto!”
“Devo essere impeccabile per le mie fan e...” si zittì guardando la scena sorpreso.
Murasakibara stava aiutando un pallido Kuroko a rimettersi in piedi. Tremava tutto e vicino alla bocca c’era qualcosa che colava.
“Tetsu!” disse Aomine scansando Kise e correndogli incontro.
“Dai-chan...” disse accettando volentieri le confortevoli braccia dell’amico.
Il suo corpo smise di tremare, rassicurandosi. Stranamente non stava tremando con lui.
“Grazie al cielo” pensò sollevato.
“Cos’è successo?” chiese con rabbia Aomine rivolgendosi a Murasakibara.
“Niente di che. Non stava bene e l’ho accompagnato qui, poi ha vomitato” spiegò con una alzata di spalle.
“Aominecchi, portalo ai lavandini. Ha bisogno di una ripulita” disse Kise intervenendo.
Aomine annuì aiutando poi Kuroko a lavarsi. L’acqua fredda lo risvegliò dal torpore in cui era caduto. Aveva rivisto Kagami, aveva scoperto che era la causa principale delle sue sofferenze e non poteva fare nulla per aiutarlo e, per il troppo nervosismo, aveva rigettato nel water anche l’anima.
“Riesci a stare in piedi?” chiese Kise gentilmente passandogli dei fazzoletti.
“Sì...” disse tamponandosi il viso.
Provò a staccarsi da Aomine per poi barcollare un secondo dopo. Prima di accasciarsi a terra, Daiki prontamente lo sostenne.
“Avvisa Akashi che tornerò a metà partita. Lo riaccompagno in albergo. Kise chiama un taxi per favore” disse Aomine.
“Non occorre” disse una voce.
Akashi era appena arrivato e guardava la scena infastidito.
“Qui fuori ci sono le mie guardie del corpo che lo riaccompagneranno in albergo. Atsushi tu vai con lui” ordinò.
“Ma...!” protestò Aomine.
“Daiki è una partita importante questa e ho bisogno della tua presenza dall’inizio” disse Akashi penetrandolo con lo sguardo.
“Voglio restare qui” intervenne Kuroko.
Akashi si incupì.
“Non stai bene e non possiamo occuparci di te” disse.
“Sto bene” replicò staccandosi da Aomine.
Barcollò un secondo per poi stabilizzarsi.
“E’ stato solo un momento di nervosismo. È la prima volta che gioco contro la mia vecchia squadra”.
Akashi lo osservò in silenzio. Aveva parlato con una sicurezza che non vedeva da tanto tempo e la cosa era sospetta.
“Ok, torniamo agli spogliatoi” rispose.
Uscirono per primi Aomine, Kuroko e Kise. Daiki stava dando delle pacche sulla testa all’amico dicendogli di non fare più scherzi del genere mentre Kise gli diede una poderosa pacca sulla schiena per farlo riprendere. Ottenne solo una quasi caduta di Kuroko e le urla di Aomine. A Tetsuya però la situazione non gli dispiaceva, ridacchiando di fronte l’espressione dei suoi due amici.
“Cos’è successo?” chiese Akashi a Murasakibara.
“Niente. Appena siamo arrivati ha iniziato a vomitare” rispose prendendo un lecca-lecca dalla tasca.
Akashi annuì e soffermò il suo sguardo su Kuroko. Non era sicuro di ciò che fosse successo ma, il sesto uomo sembrava aver recuperato un po’ di energia persa nell’ultimo periodo.
 
***
 
Il Seirin era già entrato in campo da un pezzo, troppo in fermento per restare negli spogliatoi. Il pubblico li aveva accolti con un’ovazione e c’erano anche alcuni tifosi che avevano creato degli striscioni. La notorietà del Seirin era cresciuta dopo la sua vittoria alla Winter Cup. Tutti avevano imparato ad amare la squadra neonata che non si era arresa di fronte ai Miracoli, regalando speranza a tutti.
Hyuuga parlava più del solito, ripetendo ad alta voce gli schemi alla squadra. La maggior parte dei membri ascoltava nervoso quelle parole, temendo l’incontro con l’intera “Generazione dei Miracoli”. La coach Aida era impegnata a studiare i profili dei Miracoli, guardando nervosamente la squadra. Kiyoshi invece, sorrideva distrattamente ai suoi compagni in pieno panico. Solo Kagami era stranamente silenzioso: seduto all’estremità destra della panchina, guardava il campo con sguardo vuoto, perso nei suoi pensieri. Di lì a poco avrebbe rivisto Kuroko e questa volta sarebbe stato sveglio.
Stava immaginando tutti gli scenari possibili del loro incontro: li avrebbe salutati educatamente? Sarebbe corso da lui chiedendogli di portarlo via dal Rakuzan?
Mentre pensava alle diverse possibilità, il pubblico urlò eccitato indicando la nuova squadra appena arrivata. Il Rakuzan camminava con passo deciso e fiducioso verso la loro panchina. Erano disposti in fila indiana con indosso le divise bianche e azzurre: in testa c’era Kise che salutava calorosamente il pubblico urlante; dietro di lui Aomine camminava sbadigliando, annoiato da quella situazione; Midorima invece emanava elettricità da ogni parte del suo corpo, era in fermento per quella partita deciso a battere il Seirin.
“VAAAAIIII SHIN-CHAAAN!!!” un urlo sovrastò gli altri e Midorima notò il suo amico, Takao Kazunari, sbracciarsi dagli spalti con lo Shutoku al seguito.
Anche loro si erano qualificati e avevano deciso di assistere alla partita. A Midorima sfuggì un sorriso, felice di poter rivedere la sua vecchia squadra.
Murasakibara diede una leggera pacca a Midorima, incitandolo a camminare, visto che si era fermato un attimo per guardare gli spalti. Il gigante guardava con aria annoiata tutto intorno borbottando qualcosa contro Akashi. Il capitano preferì non rispondere lanciando un’occhiata fugace alla squadra avversaria che intanto si era zittita osservando il loro ingresso. L’Imperatore soffermò il suo sguardo su Kagami Taiga, alzatosi in piedi pronto ad entrare in campo.
Vederli così, tutti insieme, era per lui una sfida importante da affrontare. Non sarebbe stato facile e le statistiche era tutte a sfavore del Seirin ma, loro non si sarebbero arresi fino alla fine.
Con un leggero ghigno, Akashi distolse lo sguardo rivolgendo la parola al ragazzo alle sue spalle che annuì in silenzio.
Kuroko Tetsuya camminava a testa alta, gli occhi freddi e determinati, ignorando del tutto la sua vecchia squadra.
“Ma che diavolo!? Almeno un saluto!!!” sbottò Hyuuga.
Riko gli afferrò la mano con decisione.
“Smettila. Non te la devi prendere” disse con tono rassicurante.
Lui sospirò e annuì.
Il Rakuzan aveva raggiunto la sua panchina posando delle borse con acqua e asciugamani. Momoi iniziò a parlare immediatamente insieme al capitano e i ragazzi ascoltavano concentrati. Kuroko era l’unico tra i pochi che non ascoltava. Appena era entrato in palestra non era riuscito a non guardare Kagami, i suoi occhi celesti lo avevano cercato beandosi della sua presenza. Era cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto: sembrava più alto e i capelli si erano allungati? E poi aveva notato un particolare, appese al collo c’erano le loro collane.
Avvertì una forte stretta al cuore, trattenendo le lacrime che volevano fuoriuscire. Desiderava ardentemente abbracciarlo dicendogli che tutto era finito ma, non poteva. Si era poi concentrato su Mursakibara che stava borbottando ad Akashi che voleva i dolci, proibiti in campo.
“Tutto chiaro?” chiese Akashi guardandoli.
“Si” dissero in coro.
L’arbitro fischiò invitando le squadre ad entrare in campo. L’intera “Generazione dei Miracoli” si accinse a raggiungere le loro postazioni, seguiti a ruota dal Seirin che li guardavano intimoriti. Emanavano un’aura minacciosa e potente, di persone intoccabili. Era una sensazione che avevano già provato in passato giocando contro di loro singolarmente ma, in quel momento riuniti tutti insieme, sembravano invincibili. L’unico rimasto in panchina era Kuroko che guardava i Miracoli e i suoi ex compagni di squadra fronteggiarsi.
“Bene, bene, bene… BaKagami! Siamo di nuovo rivali” disse Aomine guardando Kagami con un ghigno “l’altra volta mi hai battuto per pura fortuna… questa volta non sarai altrettanto fortunato. L’unico che può battermi, sono io”.
Kagami lo fissò negli occhi tranquillo. Di solito reagiva sempre in modo spropositato alle provocazioni.
“Vedremo” rispose semplicemente infilandosi i ciondoli all’interno della divisa.
Aomine guardò i ciondoli e si incupì, comprendendo che Kagami non si era arreso con Tetsuya e questo lo metteva ancor di più in pericolo.
Kuroko sorrise tristemente. In quei pochi mesi di distanza il suo Taiga era così maturato.
“Chissà se fa ancora quell’espressione da bambino imbronciato” pensò non riuscendo a togliere gli occhi di dosso.
Quella sarebbe stata una delle rare occasioni in cui lo poteva osservare indisturbato e doveva fare il pieno della sua presenza se voleva sopravvivere ad Akashi e al Rakuzan.
La partita iniziò e la palla fu immediatamente recuperata da Kagami. Tutti avevano spalancato la bocca: sapevano della sua elevazione però non pensavano che avesse raggiunto alti livelli. Kagami con un balzo non solo aveva sovrastato Aomine ma, aveva passato la palla a Hyuuga che si mise in posizione di tiro, segnando un canestro da tre punti.
La panchina del Seirin esultò e così buona parte dei tifosi. La panchina del Rakuzan gemette tranne Kuroko, Momoi e il resto dei Miracoli in campo. Si limitarono a guardare il Seirin in modo impassibile come se non fosse successo nulla. Kagami, a differenza dei suoi compagni, non esultò. Sapeva che stavano giocando con il fuoco e tre semplici punti non erano niente contro i Miracoli.
“Akashi… ora che hanno segnato possiamo giocare? Mi annoio” borbottò Aomine.
“Già, è una partita persa in partenza per loro. Perché non chiuderla subito come facciamo di solito?” chiese Kise sbadigliando.
“Come sarebbe??” chiese Hyuuga irritato.
“Volevo divertirmi un altro po’ con loro” rispose Akashi “cosa ne pensate Atsushi? Shintaro?” continuò rivolto agli altri due.
“Sai che non approvo questi giochetti” rispose Midorima togliendosi le bende intorno alla sua mano.
“Aka-chin, ho voglia di muovermi” disse Murasakibara facendo ruotare il pallone su un dito.
“E va bene” sospirò Akashi.
Si voltò verso il Seirin inclinando leggermente il capo.
“Mi dispiace per voi” ghignò.
Hyuuga grugnì infastidito e anche Kagami si arrabbiò. Stringeva forte i pugni e sembrava che non vedesse l’ora di stendere Akashi a terra con un colpo.
“Taiga…” mormorò Kuroko.
Era sul punto di alzarsi, pronto a calmarlo. Momoi gli afferrò un braccio per farlo stare al suo posto.
“Non fare l’idiota” bisbigliò.
Kuroko annuì sentendosi osservato. Alzò lo sguardo e notò che Akashi lo stava guardando intensamente mentre tornava alla sua postazione. Lui deglutì nervoso pregando mentalmente che non avesse notato le sue intenzioni di raggiungere Kagami.
La partita riprese e questa volta i Miracoli non stettero fermi. Nel giro di pochi minuti segnarono moltissimi punti mettendolo letteralmente in ginocchio il Seirin. Ogni tanto, a causa di Akashi, qualche giocatore si ritrovava a terra. Il più resistente era Kagami perché era entrato in trance agonistica però, spesso cadeva generando il sorriso soddisfatto di Akashi e la rabbia di Kuroko.
La partita continuò con quell’andamento e, verso il termine, Murasakibara chiese ad Akashi di andare in panchina.
“Ho fame” borbottò.
Il capitano chiese il time out e le squadre raggiunsero le rispettive panchine. Il tabellone dei punti segnava 35-123 per il Rakuzan.
“Avete giocato bene e non pensavo che fossero migliorati così tanto” commentò Momoi distribuendo asciugamani e bottigliette d’acqua.
“Infatti, soprattutto BaKagami. Che razza di allenamento avrà fatto?” si chiese Aomine asciugandosi il sudore.
“Non importa, mancano cinque minuti al termine e i vincitori siamo noi” disse Kise bagnandosi la testa.
Si passò la mano sui capelli portandoseli indietro, suscitando gridolini eccitati dalle sue fan.
“Piantala” sbottò Aomine tirandogli un pugno.
Kise si massaggiò il braccio contrariato.
“Tetsuya, come ti senti?” chiese Akashi.
“Bene” rispose lui.
“Te la senti di entrare in campo?”
Ci fu un attimo di silenzio in cui rimasero a scrutarsi. La decisione non era semplice: se avesse detto di no avrebbe dimostrato la sua debolezza nei confronti del Seirin e di Kagami; se avesse risposto di sì, avrebbe conquistato la fiducia dell’Imperatore.
“Sì” rispose con forza.
Aomine e Momoi si lanciarono un’occhiata preoccupata mentre Akashi sorrise.
“Torniamo in campo”.
Kuroko si alzò sistemandosi i suoi polsini. Ora doveva entrare in gioco senza insospettire nessuno e soprattutto doveva allontanare definitivamente Kagami da lui.
Si posizionò in campo sentendosi lo sguardo di tutti su di lui. Chiuse gli occhi concentrandosi e sapeva che l’unico modo per vedere i suoi ex compagni di squadra come avversari era solo uno: la trance agonistica.
Al fischio dell’arbitro li riaprì vedendo tutto a rallentatore. Vide un giocatore che fece un balzo enorme per recuperare la palla e una macchia rossa corse verso di lui. Per nulla impressionato si mosse e con un gesto rapido recuperò la palla, passandola a Kise.
Kagami rallentò la sua corsa, rischiando di colpire in pieno Kuroko che lo ignorò, scansandolo e superandolo. Kagami si fermò un attimo, troppo sconvolto per reagire. Essere ignorato da colui che amava era davvero dura, non dopo aver sentito pronunciare il suo nome in spiaggia.
“KAGAMI! MUOVITI!” urlò Hyuuga riscuotendolo.
Kagami si voltò alla ricerca della palla in mano a Kise. Izuki lo pressò riuscendo a rubargli la palla. Kise era troppo stanco e aveva perso il ritmo rispetto all’inizio della partita. Hyuuga intercettò la palla correndo in avanti seguito da Kiyoshi e Kagami. Provò a tirare da fuori area ma, non aveva fatto i conti con Midorima che recuperò la palla preparandosi al tiro.
“MIA!” urlò Kiyoshi stoppandola prima del tiro e la passò a Kagami.
“AAAAHH!!” urlò Kagami correndo verso l’area avversaria.
“Mia” sentì improvvisamente alla sua destra.
Si voltò da quella parte dove vide un fulmine azzurro. Kuroko, con un rapido gesto, passò la palla ad Aomine.
“Tetsuy…” non riuscì a finire di pronunciare il suo nome perché era scomparso alla sua vista.
“Maledizione!!” urlò inseguendo Aomine.
Aomine, con un sorriso beffardo, si preparò a fronteggiarlo. La battaglia fu lunga e la danza tra la pantera e la tigre eccitò il pubblico.
“Daiki” lo ammonì Akashi “10 secondi al termine”.
Aomine annuì e con una finta passò a Kuroko. Hyuuga provò a intercettarla però il sesto uomo fantasma sparì alla sua vista.
“Ancora!?” sbottò Hyuuga.
La palla finì tra le mani di Akashi, da solo di fronte al canestro avversario, l’unico a fronteggiarlo Kiyoshi Teppei.
“So che abbiamo perso ma non ti darò la soddisfazione di quest’ultimo canestro!” disse carico.
Akashi sorrise beffardo mettendosi in posizione di tiro. Fu circondato da Kagami e Hyuuga, pronti a pressarlo ma, con gesto fluido, passò la palla alle sue spalle.
“KUROKO!” urlò Hyuuga troppo tardi.
“Phantom Shot” mormorò.
Kagami, Hyuuga e Kiyoshi saltarono nella speranza di recuperare la palla, invano: il tiro andò a segno.
L’arbitro fischiò decretando la fine della partita e un boato giunse dagli spalti del Rakuzan. Kise alzò le mani in segno di vittoria, salutando il pubblico. Midorima sorrise soddisfatto alzandosi gli occhiali. Akashi guardò Kagami, che stringeva i pugni per la rabbia e non riuscì a trattenere un sorriso. Aomine si congratulò con Kuroko, tornato normale dopo il fischio dell’arbitro. Si sentiva spossato e debole, tanto che Aomine dovette sorreggerlo.
Le due squadre si disposero una di fronte all’altra per il saluto, applauditi dal pubblico. Alla fine si diressero verso le rispettive panchine per recuperare i loro borsoni, tutti tranne Kagami che seguì il Rakuzan.
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese Akashi notando l’intruso.
I Miracoli si voltarono verso di lui, raggiunto intanto dalla coach e il capitano.
“Non da te ma da lui” indicò Kuroko con il suo indice.
Kuroko rimase a testa china, appoggiato ad Aomine.
“Ti devo parlare” continuò Kagami.
“Idiota!!!! Vai via!!!” pensò Aomine irritato, purtroppo però non poteva allontanarlo per destare sospetti.
Kise lo guardò allarmato e toccò il braccio di Aomine.
“Non so se l’hai notato…” iniziò Akashi facendo un passo avanti ma, fu interrotto bruscamente.
“Io non ti devo parlare quindi, se non ti dispiace, abbiamo una vittoria da festeggiare” disse Kuroko freddo.
Si liberò dalla presa di Aomine e voltò le spalle a tutti dirigendosi agli spogliatoi.
“Ma…” Kagami fece un passo avanti con l’intenzione di seguirlo.
Immediatamente la coach lo prese per mano e Hyuuga lo afferrò per un braccio. Anche Aomine e Kise si erano mossi superando Akashi.
“E’ stato abbastanza chiaro, BaKagami” disse Aomine gelido.
Kise diede un leggero pugno sul braccio ad Aomine ammonendolo per la sua freddezza.
“Kagamicchi… mi dispiace ma, non vuole più saperne di te” disse con tono triste “quindi, per favore, dimenticalo” poi fece cenno ad Aomine e gli altri Miracoli per andare negli spogliatoi, lasciando Kagami in preda alla rabbia.
Akashi, prima di sparire dalla loro vista, si voltò ghignando soddisfatto quando, Kagami, afferrò con furia il borsone e corse fuori.
Tutto stava andando secondo i suoi piani e mancava poco al compimento definitivo della sua vendetta.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciaooooooooo!!! Finalmente ce l’ho fatta!!!! È stato un lavoro lungo e travagliato! È la prima volta che mi sono trovata in difficoltà nella stesura di un capitolo (non che in passato non mi sia capitato ma, questa volta ha raggiunto livelli alti).
Bene questo è il penultimo capitolo relativo a questo arco temporale, il prossimo sarà l’ultimo (ne ho dovuto aggiungere un altro per necessità).
Non sono proprio soddisfatta di come sia uscito e ho ancora tanti dubbi a riguardo però dovevo pur pubblicare, altrimenti non l’avrei più fatto -.-“
Qui troviamo un Kuroko combattuto e i suoi tentativi di allontanare Kagami da lui per salvarlo. Ci riuscirà? Nel prossimo capitolo ne vedrete delle belle ;)
 
Ciao e alla prossima ^^

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Capitolo 25
*** Il ritiro estivo: parte quinta ***


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25. Il ritiro estivo: parte quinta
 
Ristorante dell’albergo.
Ore 19:00.
Il Rakuzan stava festeggiando la vittoria contro il Seirin. Di solito non festeggiavano, lo facevano solo in occasione delle finali ma, in questo caso, avevano battuto la squadra che li aveva umiliati alla Winter Cup. Anche i Miracoli decisero di sciogliere la tensione partecipando ai festeggiamenti: Akashi stava bevendo un cocktail analcolico ascoltando alcuni ragazzi del terzo anno che avevano giocato con lui nella partita contro il Seirin alla Winter Cup. Poteva leggere la loro gioia negli occhi per la rivalsa del Rakuzan, anche se non avevano giocato.
Murasakibara stava mangiando una grande fetta di torta, circondato dalle matricole. Lo avevano sempre guardato con un certo timore reverenziale però, in quell’occasione, il gigante era in vena di chiacchiere e stava raccontando qualche episodio divertente dei tempi delle medie.
Momoi e Midorima stavano parlando in un angolo, lontano da occhi indiscreti. Erano particolarmente rilassati e Midorima non stava protestando alla serie di selfie che la sua ragazza stava facendo ad entrambi, anche nelle pose più assurde.
Aomine stava ridendo forte perché Kise, a causa del suo volersi mettere in mostra, era caduto portando con sé la tovaglia insieme a tutte le portate. Attorno si formò una folla di persone armate di macchinette fotografiche e cellulari. Per l’imbarazzo, Kise si coprì il volto con la tovaglia ma, non aveva fatto i conti con Aomine che, con gesto fulmineo, si infilò anche lui sotto la tovaglia facendosi un selfie. Il flash accecò entrambi e, solo grazie all’intervento di Mursakibara, riuscirono ad emergere.
L’unico che mancava all’appello era Kuroko. Aveva deciso di mangiare qualcosina per poi ritirarsi in camera, il suo stomaco era decisamente in subbuglio. Solo che, a metà percorso, aveva cambiato idea dirigendosi in giardino. Desiderava godersi un po’ di aria fresca senza nessuno attorno per riflettere sugli avvenimenti della giornata. Vedere Kagami lo aveva da una parte rassicurato: stava bene. Però, dall’altra parte, stavano soffrendo entrambi. Pensava che quel bigliettino d’addio e la collana sarebbero bastati per allontanarlo invece, il suo Taiga era un osso duro e non voleva mollare.
Sorrise, una piccola incurvatura delle labbra che spezzò l’inespressività del suo volto, congelato al giorno della partenza di Kagami per l’America. Solo lui riusciva a farlo sorridere in modo naturale, in tutto quel periodo non aveva fatto altro che indossare una maschera. Però Kagami non poteva continuare così, doveva lasciarlo andare definitivamente e questo discorso non valeva solo per il suo Taiga ma anche per lui.
Un fruscio ruppe il silenzio del giardino. Gli unici suoni che aveva udito fino a quel momento erano il chiacchiericcio lontano dei suoi compagni al ristorante e le onde del mare. Rivolse lo sguardo verso il sentiero che conduceva all’albergo: immaginava già Akashi o una delle sue guardie del corpo che lo stavano cercando per portarlo in camera.
Una testa rossa emerse improvvisamente da un cespuglio di fronte a lui, facendolo sobbalzare. Perplesso, si chiese cosa stesse facendo Akashi nascosto lì. Le microspie erano finite e aveva deciso di pedinarlo di persona?
“Ehm… Akashi-kun?” lo chiamò avvicinandosi.
Il cespuglio si mosse ancora e sbucò fuori all’improvviso Kagami Taiga in persona. Kuroko era talmente sorpreso che quasi urlò.
“SSSSSSHHHH” disse Kagami coprendogli la bocca con la mano.
Era talmente surreale quell’incontro che Kuroko non riuscì a reagire in nessun modo.
Un suono di passi provenienti dall’albergo li mise in allarme.
“Nascondiamoci!” disse Kagami.
Lo afferrò trascinandolo con lui dentro al cespuglio. Si accovacciarono rapidamente e, con la bocca ancora tappata, Kuroko sentì la sua schiena e la testa posata sul petto di Kagami. Le sue braccia lo avvolgevano tutto e il suo cuore iniziò a battere furiosamente così come quello di Kagami però, non sapeva se quello di Taiga stesse battendo per quella vicinanza o per l’agitazione di essere scoperto.
I passi si fecero più vicini ed entrambi trattennero il fiato. Kuroko era entrato in panico: se Akashi li avesse scoperti, sarebbe stata la fine.
Tirarono un sospiro di sollievo quando scorsero Momoi e Midorima mano nella mano. Stavano facendo una passeggiatina notturna in tutta tranquillità e intimità.
“Andiamo in un posto meno affollato” mormorò Kagami al suo orecchio.
Kuroko annuì seguendolo anche se non avrebbe dovuto farlo però, il suo cuore rifiutava di rispondere ai comandi della sua mente razionale. Dopo pochi minuti raggiunsero la spiaggia e Kagami si guardò alle spalle per assicurarsi di non essere stati seguiti. Erano abbastanza lontani dall’albergo e lì nessuno li avrebbe visti o sentiti, soprattutto grazie alla presenza degli ombrelloni e dei lettini da spiaggia.
Dal cielo giungeva la leggera luce soffusa della Luna crescente, quel poco che bastava per potersi guardare. Non seppero per quanto tempo rimasero in silenzio a guardarsi, scrutando ogni particolare dei loro corpi, cercando di cogliere ogni dettaglio per fissarlo permanentemente nella loro memoria.
Kuroko stava cercando di essere il più impassibile possibile, non facendo emergere quel caleidoscopio di emozioni che vorticavano nella sua mente. Non poteva credere di essere di nuovo così vicino a Taiga e, il contatto fisico che avevano avuto prima, lo aveva confuso ancor di più, tanto che aveva rischiato di cedere abbracciandolo forte.
“Mi sembri pallido” disse Kagami rompendo finalmente quel silenzio carico di elettricità.
“E’ la luce della Luna” rispose lui prontamente.
“E sei dimagrito”.
Kuroko spalancò gli occhi sorpreso. Come lo aveva notato al buio?
“Me ne sono accorto prima, quando ci siamo nascosti nel cespuglio” rispose Kagami alla sua domanda tacita.
“Ah…”
La conversazione non proseguì per un altro paio di minuti e l’agitazione in Kuroko stava crescendo. Quanto mancava al suo ritrovamento? Sicuramente lo stavano cercando e non poteva farsi trovare con Kagami. Lo avrebbe messo in pericolo.
“Se non c’è altro, io andrei” disse facendo cenno verso l’albergo.
“Aspetta! Ho bisogno di parlarti!” disse agitato.
“Io no”.
Il tono di Kuroko fu talmente lapidario che Kagami si pietrificò sul posto.
“Ho bisogno di qualche spiegazione…” continuò riprendendosi “mi hai lasciato così, improvvisamente, senza un motivo. Solo uno stupido biglietto e il ciondolo” batté una mano sui ciondoli che tintinnarono.
“Non credo che occorra una spiegazione. Mi sembra tutto chiaro” rispose lui gelido guardando altrove.
“Non mi sembra affatto chiaro! Stavamo così bene poi sei scomparso! Perché sei andato al Rakuzan? Akashi non ti intimoriva? E perché si sono trasferiti tutti i Miracoli? E perché mi ignorano??” Kagami quasi urlò, sfogando la frustrazione che per mesi aveva accumulato.
“Perché ho capito che provavo ancora qualcosa per Akashi” rispose impassibile.
Kagami spalancò gli occhi per la sorpresa. Aveva sentito bene?
“Io… io… a-amo Akashi-kun” balbettò non osando guardarlo.
“Non ci credo” replicò veloce Kagami.
“Fattene una ragione” Kuroko si voltò dirigendosi verso l’albergo ma, Kagami, con gesto fulmineo lo afferrò.
“Taiga!” disse Kuroko confuso.
Non riuscì ad aggiungere altro perché Kagami aveva catturato le sue labbra, imprigionandolo nella sua presa ferrea. Con tenacia riuscì ad aprirsi un varco tra le labbra di Kuroko che, non resistendo, assecondò il bacio, stringendolo forte. Era come se avesse trovato un’oasi nel deserto, abbeverandosi con gusto alla sua fonte per potersi salvare. Le loro lingue cominciarono una lotta estenuante, desiderando di più.
Kuroko e Kagami non si sentivano così vivi da molto tempo, caddero in uno stato di trance passionale, bramando i loro corpi. 
Kagami spinse di più la testa verso di lui, facendolo gemere quando, con la mano, cominciò ad accarezzare la sua schiena. Kuroko spalancò gli occhi rendendosi conto di cosa stesse succedendo. Cercò di svincolare ma Kagami era troppo forte. Con le lacrime agli occhi, gli morse il labbro, riuscendo a farlo staccare.
“Ahi!” disse Kagami portandosi la mano al labbro.
“Devo andare” disse Kuroko correndo via.
“NO!” Kagami lo afferrò nuovamente “non puoi andartene dopo quello che è successo! Non puoi dirmi di non amarmi! Ti prego Tetsuya, torna in te… io… non posso più vivere senza di te…” la mano gli tremò leggermente “io… ti amo…”.
Kuroko iniziò a tremare, non per la sua solita reazione ma per le lacrime che scendevano copiose sul suo viso. Deglutì nervosamente il magone, si asciugò con la mano libera le lacrime e si voltò verso di lui schiarendo la voce.
“Kagami-kun, io non ti amo più” disse con sicurezza guardandolo negli occhi “la persona che amo è Aka… no… Sei-chan. Con te credevo di poterlo dimenticare però, dopo che l’ho rivisto, ho capito che non ho mai smesso di amarlo. E questo non cambierà mai”.
Kagami lo liberò dalla presa lentamente, poi si portò le mani al petto. Kuroko lo osservava nervoso e con il cuore a pezzi, non riusciva a scorgere il volto in ombra del compagno e pensò che stava per sentirsi male.
“Kagam…”
Con un gesto fulmineo, Kagami si strappò i ciondoli buttandoli a terra sulla sabbia.
“Ho capito. Mi dispiace di averti infastidito così a lungo, Kuroko. Ed ora torna dal tuo Sei-chan e non farti più vedere!” detto questo, corse via lasciandolo da solo.
Kuroko si chinò per prendere i due ciondoli e se li mise in tasca con la morte nel cuore. Finalmente si era separato da Kagami, salvandolo da Akashi. Allora perché si sentiva come se stesse per morire? Perché desiderava corrergli incontro?
Dei suoni ovattati alle sue spalle lo costrinsero a voltarsi. Aomine lo aveva raggiunto e, da come lo guardava, aveva assistito a tutta la scena.
“Tetsu…” disse con sofferenza.
Kuroko corse verso di lui, urlando e piangendo. Lo strinse forte a sé e, Aomine non si ritrasse, appoggiando delicatamente la testa sulla sua, piangendo in silenzio.
“D-D-D-D-Da-a-aiii… chan… l’ho perso! L’ho perso!” singhiozzò forte.
Aomine non rispose, incapace di consolarlo perché l’unico che poteva farlo in quel momento era colui a cui aveva spezzato il cuore. Kagami Taiga.
 
***
 
Erano le 22:35 e Akashi camminava nervoso nella sua camera. Tutti erano impegnati nella ricerca di Kuroko, scomparso durante la cena. Lui era rimasto lì, nella speranza del suo ritorno ma, continuava a pensare al peggio, dopotutto la settimana precedente aveva tentato il suicidio. Guardò il cellulare per l’ennesima volta, nella speranza di un messaggio o chiamata in cui gli veniva comunicato il suo ritrovamento.
La porta della camera si spalancò e fece il suo ingresso Aomine con un addormentato Kuroko tra le sue braccia. Aveva gli occhi gonfi e la sua espressione non era serena.
“Daiki! Tetsuya! Cos’è successo?” chiese andandogli incontro.
Aomine lo ignorò, portandolo a letto.
“Mi sembra di aver fatto una domanda” disse con tono glaciale.
Con un moto di rabbia, Aomine afferrò Akashi per il colletto della camicia e lo spinse contro il muro.
“E’ colpa tua se sta così, brutto bastardo! Noi ce ne andiamo oggi stesso!” urlò furioso.
Akashi non si scompose di fronte a quell’esplosione di rabbia.
“Fatelo. Nessuno vi tiene legati qui però… poi non vi lamentate delle conseguenze”.
Aomine lo liberò dalla presa e fece qualche passo indietro cercando di controllarsi.
“Bene, vedo che ci siamo già capiti Daiki. Tetsuya non è l’unico che ha qualcosa da perdere. O meglio… qualcuno” si guardarono fissi negli occhi, Akashi con un sorriso sghembo e Aomine con rabbia.
Era in trappola.
Non aggiungendo altro, uscì fuori, sbattendo forte la porta tanto da far tremare i vetri delle finestre, lasciando soddisfatto Akashi. Riprese tra le mani il suo cellulare e comunicò il ritrovamento di Kuroko, poi lo spense, raggiungendolo. Si accomodò al suo fianco e scrutò il suo volto: si rese conto che nell’ultimo periodo aveva perso peso e il suo volto sembrava fragile. La sua espressione era corrucciata e si lamentava nel sonno, agitandosi di tanto in tanto.
“Oh, mio piccolo Tetsuya. Hai visto cosa si prova a perdere tutto?” mormorò scostandogli una ciocca di capelli umidi di lacrime “e non è ancora finita”.
 
***
 
La spiaggia era illuminata da una luce flebile e lui stava correndo, inseguendo un ragazzo.
Era alto e con i capelli rossi.
Era il suo Taiga.
Doveva raggiungerlo e parlargli, non poteva perderlo.
“Aspetta!”
Arrancava lentamente sulla spiaggia mentre Kagami diventava un figura in lontananza sempre più indistinta.
“TI PREGO! NON MI LASCIARE!”
Cadde di faccia a terra e non riuscì più a sollevarsi. Le lacrime scendevano copiose e avvertì un forte dolore al petto.
“Taiga…”
Una risata alle sue spalle lo fece trasalire. Non fece in tempo a girarsi per vedere chi fosse, perché delle forti braccia lo stavano trascinando indietro.
“NOOOOO!!!”
Si alzò di scatto mettendosi seduto sul letto. Stava respirando affannosamente e si guardò indietro, per accertarsi che non ci fosse nessuno.
“Ti sei svegliato” Akashi era seduto su una poltrona, vicino alla finestra, intento a bere un cocktail alla frutta.
La brezza marina gli scompigliava i capelli umidi e la sua espressione era tranquilla. Indossava un accappatoio e Kuroko intuì che aveva finito da poco di farsi la doccia.
Akashi si alzò, dirigendosi verso di lui. Si accomodò al suo fianco osservandolo attentamente. Kuroko guardò altrove, ancora spaventato dal sogno.
“Cos’è successo? Daiki ti ha portato qui addormentato e sembra che tu abbia pianto” disse.
“Io ho… incontrato Kagami-kun” rispose incerto.
Akashi si irrigidì e assunse un cipiglio nervoso.
“Gli ho detto addio adeguatamente perché insisteva a voler stare con me. Ora si è arreso” disse con tono apatico.
Silenzio.
“Cosa gli hai detto per farlo desistere?” chiese Akashi sospettoso, rompendo quel momento di silenzio.
“Che mi sono innamorato di te” rispose alzando lo sguardo.
Si guardarono per alcuni interminabili secondi, Kuroko impassibile e Akashi confuso.
“Di me? Dopo quello che ti ho fatto?” chiese stupito.
“Sì…” Kuroko allungo la mano verso di lui che si pietrificò.
La posò delicatamente all’altezza del suo cuore sentendo il battito del compagno.
“Perché sono sicuro che il mio Sei-chan sia ancora qui. Non so cosa sia successo e non capisco il motivo per cui hai detto che sia colpa mia se sei… cambiato… se è così, farò di tutto per rimediare” disse serio.
Akashi non si mosse ponderando le sue parole. E così lui non aveva idea? Non capiva? Chiuse gli occhi cercando di calmarsi e, quando li riaprì, vide che Kuroko stava allontanando la sua mano da lui. Gliela fermò con gesto fulmineo.
“Dimostramelo” disse autoritario.
“Cosa?” chiese confuso Kuroko.
“Che mi ami”.
Lo trasse a sé impossessandosi delle sue labbra, come aveva fatto prima Kagami, non lasciandogli via di fuga. La sua lingua invase immediatamente l’incavo della bocca e Kuroko iniziò a rispondere al bacio. Chiuse gli occhi ripensando al passato con Akashi: i suoi baci erano timidi e impacciati, ora invece erano più maturi e sicuri.
“Sei-chan…” pensò passando le mani dietro al collo del compagno.
Akashi si chinò costringendolo a sdraiarsi, continuando a baciarlo con foga. Stava provando tante sensazioni contrastanti: rabbia, perché sapeva che Kuroko non lo amava ma stava facendo quello per Kagami; gioia, perché stava mettendo in atto la sua vendetta ottenendo corpo e anima del piccolo Tetusya; nostalgia… non sapeva il motivo però… tenerlo di nuovo così stretto tra le sue braccia, lo riportò con la mente al passato, ai giorni in cui Tetsuya si appoggiava a lui per tutto, quando nei momenti più bui era lì pronto a risollevarlo, i loro baci… le loro coccole… la loro prima volta… e l’espressione di Kuroko quando lo chiamava…
Addolcì il bacio, liberando le labbra e scendendo delicatamente sul collo, sentendo il respiro di Kuroko diventare più frettoloso. Lo liberò della maglia per potergli tormentare i capezzoli. Sentì il più piccolo inarcare la schiena al suo tocco e, quando passò la lingua su uno dei capezzoli, Kuroko si aggrappò alla schiena di Akashi. Respirava affannosamente e il suo corpo tremava.
Con la lingua Akashi percorse tutto il ventre giocherellando con la zip dei pantaloncini di Tetusya. Glieli tolse notando un leggero rigonfiamento. E così, Kuroko Tetsuya, nonostante il suo tanto decantato amore per Kagami Taiga, reagiva al tocco dell’Imperatore?
Mordicchiò la parte, ancora coperta dagli slip, facendolo gemere forte. Soddisfatto cercò nuovamente le sue labbra ma, si fermò quando vide che Kuroko stava piangendo. Era un pianto silenzioso perché con una mano si stava tappando la bocca, liberandola solo per gemere. Il suo volto era tutto bagnato e anche il cuscino aveva ricevuto la stessa sorte.
“Patetico” disse Akashi staccandosi da lui.
Si rimise in piedi aggiustandosi l’accappatoio per poi nascondere dalla sua vista Kuroko con il lenzuolo.
“Non sei in grado di mentire, Kuroko Tetsuya. Sei così patetico… pur di salvare quel tizio avresti finto di amarmi?” il suo tono era gelido, tanto che Kuroko rabbrividì avvolgendosi nel lenzuolo.
“Scommetto che per me non saresti mai arrivato a tanto”.
Silenzio.
Kuroko si mosse, mostrando il suo volto.
“Hai ragione…” mormorò “per te non l’avrei fatto. Ma per Sei-chan si”.
Akashi spalancò i suoi occhi aranciati. Ora era lui il mostro?
“Sei solo feccia” disse con tono lapidario.
Con gesto veloce si diresse verso l’uscita, lasciando da solo Kuroko. Nel pieno di una crisi di pianto, cercò i suoi pantaloncini recuperando i ciondoli a forma di “T”. Se li portò al cuore desiderando con tutte le sue forze di poter tornare insieme al suo Taiga.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciaooo =)
Sono già tornata con l’ultimo capitolo del ritiro estivo. Ero ispirata e inoltre questo completa il capitolo precedente.
Sto già immaginando la reazione di alcuni: felici per il bacio KagaKuro, tristi per la separazione, felici per il quasi sesso AkaKuro, tristi per la conclusione… insomma un mix di emozioni contraddittorie xD
Nel prossimo capitolo i ragazzi torneranno al Rakuzan prima delle vacanze estive…
Ciao e alla prossima! ;)

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Capitolo 26
*** Ritorno a scuola ***


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26. Ritorno a scuola
 
“Kagami…”
“… sì?”
“Perché-sei-così-idiota! Ti-avevo-detto-di-non-fare-nulla!!!”
“Ahi, ahi, ahi!!!”
Erano alla palestra del Seirin al termine degli allenamenti. Tutti erano tornati a casa ed erano rimasti solo Kagami, la coach, Hyuuga e Kiyoshi. La coach Aida stava picchiando Kagami e i due ragazzi non fecero nulla per aiutarlo, questa volta Riko aveva pienamente ragione.
Da quando erano tornati dal ritiro, Kagami era più depresso del solito e si lamentava in continuazione, disturbando tutti. Inoltre continuava a parlare di come fosse stato idiota a trattare così Kuroko.
“E basta!” sbottò Kagami riuscendo a sfuggirle.
“Era per questo che ti tenevamo lontano da lui, scemo! Sapevamo che avresti fatto una sciocchezza!!!” continuò la coach.
“Mi dispiace! Va bene?? Ma mettiti nei miei panni! Non è proprio il massimo essere ignorati così dalla persona amata! E se lo avesse fatto Hyuuga senpai a te??” rispose Kagami alterato.
“Avrebbe smesso di vivere” disse lei con tono glaciale.
Hyuuga provò un brivido freddo e si allontanò di qualche passo intimorito. Kiyoshi gli diede una pacca paternalistica sulla spalla che sembrava dire: “Buona fortuna!”
“Ed ora cosa pensi di fare?” chiese ancora irritata.
“Niente! Aspetterò l’inizio delle vacanze estive, tanto sono tra una settimana, così potrò andare a casa sua. Dovrà pur tornare lì!”
“… e come lo convincerai?” chiese Hyuuga intervenendo.
“Io non voglio convincerlo”.
I tre ragazzi lo guardarono perplesso.
“Voglio solo capire il perché di tutto questo. Poi lo lascerò in pace definitivamente” rispose serio.
“Ma…”
“Aida senpai, se è vero che non mi ama più, non posso costringerlo a stare con me” il suo tono era deciso e freddo.
La coach lo guardò con le lacrime agli occhi. Da una parte era sollevata che voleva metterci una pietra sopra perché aveva sofferto molto, però dall’altra c’era ancora qualcosa che non la convinceva.
“Kuroko-kun, ritorna in te”.
 
***
 
“Aomine-kun! Mi sei mancato”.
Aomine alzò la testa annoiato guardando la ragazza che lo sovrastava. Era comodamente sdraiato in giardino godendosi il sole estivo. Il giorno prima erano tornati a scuola armati di trofeo dell’Interhigh ed ora mancava una settimana all’inizio delle vacanze estive. Aomine non capiva il senso di quel ritorno quando, in quel momento, poteva starsene sul divano di casa sua con Tetsu (anche se di recente avevano litigato a causa della sua insistenza), mangiando del gelato e guardando un film. Invece no, la scuola non era ancora terminata e le vacanze non sarebbero state come le aveva programmate: tutti i Miracoli erano stati cortesemente invitati nella dimora Akashi e non avevano potuto rifiutare.
“Oda-senpai” la salutò lui sbadigliando annoiato.
Da quando aveva scoperto di lei e Murasakibara, la guardava con occhi diversi.
“Quante volte ti devo dire che quando siamo solo puoi chiamarmi Erika?” replicò lei in tono civettuolo.
“Si, si…” rispose lui alzandosi “hai bisogno di qualcosa?” chiese infastidito.
“Uhm… vediamo un po’… oggi la palestra sarà vuota…” mormorò suadente.
Le lanciò un’occhiata disgustata, non le bastava Murasakibara? Però… cambiò espressione sorridendo affabilmente. Il cagnolino dell’Imperatore meritava una lezione.
“Perché no?” rispose lui.
Sorridendo la ragazza lo trascinò via. La palestra non era lontana e, appena entrati, si diressero allo sgabuzzino dove erano presenti dei vecchi materassini, già provati in precedenza dalla coppia. Lei chiuse la porta rendendo l’ambiente semi buio e si avvinghiò ad Aomine catturandogli la bocca, lui la lasciò fare rispondendo al bacio con vigore. Erika poteva essere anche una doppiogiochista ma ci sapeva fare.
Aomine le sbottonò la camicetta e il reggiseno, affondando il viso tra il suo seno. Aveva sempre avuto un debole per i seni grandi e quelli di Erika erano l’ideale. Mise un capezzolo in bocca stuzzicandolo con la lingua, mentre la senpai cominciò a gemere, costringendolo a sedersi. Si mise a cavalcioni sbottonando la camicia di Aomine e passando le mani sul suo corpo scultoreo, bramando di più.
Daiki si fermò, spostandosi sull’altro capezzolo e, con la mano, spostò gli slip e invase l’intimità di lei con le dita. La senpai gemette forte e lui sentì le sue dita che venivano risucchiate.
“Siamo vogliose…” mormorò con voce roca.
Lei gemette iniziando a muoversi.
“Ed anche impazienti!”
Uno spiraglio di luce illuminò i due ragazzi che si fermarono allarmati. La senpai si mise immediatamente la camicia liberando le dita di Aomine. Lui si affrettò a sistemarsi e a rincorrere il ragazzo che aveva appena assistito alla scena.
“Kise!” urlò correndo fuori.
Il biondino era molto veloce e correva con una certa eleganza però, non aveva fatto i conti con la pantera che, con scatto fulmineo lo raggiunse, agguantandolo per un braccio.
“LASCIAMI!”
“NO!”
“HO DETTO LASCIAMIIII!!!”
“NOOOO!”
Continuarono la lotta per un bel po’ finché Kise si arrese smettendola di agitarsi. Si erano fermati vicino a un gruppo di alberi che li teneva lontani da sguardi indiscreti.
“Tu… sei un vero mostro, Aomine!” con uno strattone si liberò dalla presa per poi voltarsi verso di lui, tempestandogli il petto di pugni.
“Ehi! Ehi! EHI!” disse Aomine cercando di pararli.
“Mi sembrava che fosse nato qualcosa tra di noi in questi giorni e invece l’ennesima illusione!”
“Calmati!” riuscì a bloccare le mani stringendogli i polsi.
Entrambi avevano il fiatone e Kise guardava a terra non riuscendo ad alzare lo sguardo su Aomine.
“Ti odio Aomine e…”
“La vuoi smettere? Perché ti intrometti così nella mia vita? Tu hai scelto Kasamatsu lasciandomi solo!”
“Perché tu andavi dietro a Momoi e adesso vai dietro a… quella! Non sai che sta con Murasakibara!? Sei il peggiore!” urlò Kise.
“Io sarei il peggiore? Quella tipa stava facendo il doppio gioco e l’ho scoperto troppo tardi! E poi volevo indispettire quel babbeo!”
Kise liberò le braccia riuscendo finalmente ad alzare il suo sguardo. Gli occhi dorati ardevano di rabbia pura e Aomine fece un passo indietro sorpreso.
“Mi hai illuso nuovamente! Pensavo che provassi qualcosa per me e invece… te la spassi con lei!”
“Aspetta un secondo!” disse stupito “tu… perché pensi ancora a me?”
Kise spalancò gli occhi rendendosi conto di quello che stava facendo.
“Io…” disse facendo un passo indietro “io…”
“Mi hai lasciato per Kasamatsu senpai, cancellandomi definitivamente per poi tornare da me. Perché?”
Kise continuò ad indietreggiare finché con la schiena toccò un albero. Era visibilmente agitato ed imbarazzato.
“Kise… per piacere! Fammi capire! Io…” si zittì incapace di continuare.
Voleva raccontargli di tutto ciò che aveva sentito in quei giorni, del cuore che batteva forte quando lo vedeva e della confusione che provava.
“Io ho lasciato Kasamatsu senpai” disse con tono apatico “e l’ho fatto perché non sono riuscito a dimenticarti nonostante i miei sforzi” delle grosse lacrime fuoriuscirono dai suoi occhi bagnandogli il viso ed Aomine lo abbracciò istintivamente.
“Kise” mormorò stringendolo.
Spostò la testa del compagno in modo da fargli posare la testa all’altezza del cuore.
“Io non so se posso ricambiare i tuoi sentimenti… sono molto confuso… per tanto tempo ho amato una ragazza ed ora sento qualcosa per te, un ragazzo. Io…” fece un respiro profondo “senti il mio cuore” si zittì chiudendo gli occhi e concentrandosi sul caldo corpo di Kise appoggiato al suo.
Anche Kise chiuse gli occhi spegnendo i suoi singhiozzi e, il suo battito accelerò quando sentì quello di Aomine in pieno tumulto.
“E’ questo l’effetto che mi fai” mormorò imbarazzato Daiki.
“Ehm… non solo questo…” aggiunse mentalmente ripensando al suo sogno su Kise e al risveglio a sorpresa.
“Aominecchi…” mormorò lui alzando il viso verso di lui.
Daiki si perse nel suo sguardo dorato, così intenso, soffermandosi sui dettagli del suo viso, dalle guance accaldate alle lacrime intrappolate tra le sue ciglia lunghe. Era così bello e allo stesso tempo così fragile.
Si avvicinò di più a lui, raccogliendo con le labbra le lacrime salate di Kise, inebriandosi del suo dolce profumo e beandosi della sua presenza. Stare abbracciato in quel modo a lui gli risvegliò tutti i sensi. Poteva sentire il suo calore, il suo respiro, quel caldo corpo che lo avvolgeva tutto…
Non resistendo, si accinse a catturargli le labbra ma Kise lo fermò coprendosi con una mano la bocca.
“Perché?” sbuffò spazientito.
“Hai appena baciato e toccato quella tizia, quindi scordatelo” disse in tono di rimprovero.
Lui ridacchiò per poi tuffare il viso nell’incavo del collo di Kise.
“Allora mi limiterò ad abbracciarti. Però ricordati che la prossima volta non sarai così fortunato” replicò divertito.
“E’ quello che spero”.
 
***
 
Stava comodamente seduto sul davanzale della finestra della sua camera, intento a leggere “Il Principe” di Machiavelli, apprezzando la tiepida brezza. Indossava la divisa estiva del Rakuzan, quindi solo i pantaloni con una camicia a maniche corte. La cravatta l’aveva già tolta e posata sul suo letto. Un vociare proveniente dal giardino lo distrasse: guardò in basso e, nascosti sotto ad alcuni alberi, Kise ed Aomine si stavano abbracciando affettuosamente.
Sorrise a quella vista e riprese a leggere il libro con interesse ma, fu nuovamente distratto da un rumore proveniente dal bagno. Il suo compagno di stanza, Kuroko Tetsuya, aveva appena aperto la porta per poi dirigersi sul suo letto. Si sdraiò dandogli le spalle e si mise in posizione fetale stringendo tra le mani due ciondoli a forma di “T”. Anche se non li aveva visti, dal giorno della loro vittoria contro il Seirin, Kuroko aveva sempre con sé quei ciondoli che rappresentavano l’amore che provava per Kagami. Erano una sorta di talismano che sembravano dargli forza… una forza apparente, almeno per Akashi. Infatti la situazione era decisamente peggiorata: Kuroko non parlava più con nessuno, evitando tutti accuratamente; aveva litigato con Aomine per le sue insistenti domande; fatto piangere una preoccupatissima Momoi; infine, mangiava pochissimo e dormiva molto, rimanendo tutta la giornata a letto.
Secondo Murasakibara, Kuroko era entrato in depressione ed Akashi dovette ammettere che era vero. A cosa gli serviva vendicarsi se il suo giocattolino non reagiva più? Continuava ad importunare gli altri però, Kuroko era quello che aveva fatto più danni alle medie.
“Tetsuya” chiamò.
Silenzio.
“Tetsuya” disse più forte.
Silenzio.
Nella stanza nulla si muoveva ed anche Aomine e Kise erano andati via. L’unico movimento erano i suoi vestiti mossi dalla brezza estiva e il corpo di Kuroko, segno che almeno respirava ancora.
“Per quanto tempo ancora hai intenzione di stare così?” continuò lui.
Silenzio.
Irritato chiuse con uno scatto il libro e andò verso un apatico Kuroko. Provò a scuoterlo senza ottenere nessuna reazione. Ormai non tremava neanche più.
“Tetsuya!” urlò voltandolo.
Era da tanto che non lo guardava in volto e la sua espressione lo spaventò: occhi vuoti, guance incavate, profonde occhiaie, corpo troppo magro.
“Non ti permetto di morire, chiaro! Ho detto, CHIARO!!!” iniziò a scuoterlo violentemente, incapace di stare fermo, troppo agitato nel vederlo così e, questa volta Kuroko reagì.
Nei suoi occhi comparve la paura e cercò di coprirsi il volto con le mani.
“Ti prego… non farmi male…” piagnucolò.
Akashi fece un passo indietro, lasciando la presa.
 
“Basta! Lasciami!”
 
“Ti prego… smettila!”
 
“Nooo!!!”
 
“Aiutami!”
 
“NOOOO!” urlò Akashi.
Corse verso l’ingresso in preda al panico, lasciando un tremante Kuroko che si mise nuovamente in posizione fetale. Appena aprì la porta trovò Murasakibara che stava per bussare.
“Ah, Sei…”
Akashi lo superò ignorandolo, continuando la sua corsa disperata. Era in preda al panico e non riusciva a calmarsi. Nella sua mente rimbombavano quelle frasi che aveva cercato di rimuovere ma, Kuroko le aveva fatte riemergere dai meandri della sua memoria.
“Aaahhh….” respirava a fatica e, con passo tremolante, raggiunse i bagni maschili del primo piano.
Si aggrappò ad un lavandino e mise la sua testa sotto l’acqua fredda per calmarsi e riprendersi. Doveva mandare via quei ricordi e alla svelta, non potevano prendere il sopravvento, non potevano sconfiggerlo.
 
La palestra era immersa in un silenzio innaturale, un silenzio che faceva presagire che qualcosa di brutto stava per accadere.
Qualcosa che lui non poteva fermare.
Che loro non potevano fermare.
“Ti prego…”
“Aaaahhh…”
“Smettila!”
“No…”
Chiuse il rubinetto e si tappò le orecchie.
“Basta, basta, basta!!!” urlò.
L’immagine di Kuroko tornò prepotentemente nella sua mente: quegli occhi vuoti, inespressivi, il corpo fragile…
“Nnn… basta!”
Chiuse gli occhi accasciandosi a terra, si sentiva debole, proprio come Kuroko. Perché lo aveva ridotto così? Perché si era ostinato a vendicarsi? Per colpa sua, la corazza che si era costruito, stava per crollare.
Una risata malefica risuonò nella sua mente, una risata che lo aveva tormentato soprattutto alle medie. Si alzò con passo incerto, afferrando il bordo del lavandino per rimettersi in piedi e, si guardò allo specchio. Due enormi occhi arancioni lo stavano scrutando divertito.
“Ciao Seijuro. È da tanto che non ci vediamo”.
“Imperatore…”
Sentì il pavimento svanire sotto i suoi piedi, precipitando in un baratro scuro. Con timore chiuse gli occhi: sapeva che stava sognando e che molto probabilmente in quel momento il suo corpo stava ancora sul pavimento freddo del bagno però, non riusciva a calmarsi. Era la terza volta nella sua vita che faceva quel sogno e ogni volta la situazione peggiorava.
Cadde sempre più giù finché non precipitò su un enorme letto, alzando una nuvola di piume. Quando riaprì gli occhi si rese conto di trovarsi in un mondo dove ogni cosa era di colore arancione: dal pavimento al soffitto, le lenzuola, gli armadi… Tutto. Guardandosi all’enorme specchio posto di fronte al letto, notò che solo lui era diverso: la sua pelle era rosata, indossava abiti eleganti rossi e anche i suoi occhi erano dello stesso colore.
“Sono… Seijuro…” disse sorpreso.
Appena finì di parlare, lo specchio si increspò e, come se emergesse dall’acqua, una figura arancione comparve. Tutto il suo corpo era di quel colore, persino i capelli, solo il colore rosato del viso e delle mani spezzavano il tutto. Indossavano gli stessi abiti ma in più aveva una corona sul capo.
“Imperatore” disse Seijuro agitato.
L’Imperatore posò i piedi a terra, uscendo del tutto dallo specchio che tornò normale. Si guardò intorno, per nulla intimorito, sistemandosi l’orlo della giacca.
Seijuro scese dal letto, incerto sul da farsi: come poteva fronteggiare una potenza del genere?
“Finalmente abbiamo un faccia a faccia, Seijuro. Lo desideravo da tanto” disse l’Imperatore guardandolo finalmente negli occhi.
“Che cosa vuoi?” chiese agitato.
“Io? Niente. Sei tu che mi hai chiamato. Mi chiami sempre quando hai bisogno di me, non ricordi?” rispose lui pacato.
Seijuro si zittì. Non aveva tutti i torti, nei momenti di difficoltà era sempre stato lui a chiamarlo e l’Imperatore compariva con la sua risata malefica. Le prime avvisaglie risalivano agli inizi della seconda media per poi continuare fino a quel momento.
“Ma questa volta non ti ho chiamato visto che ti sei appropriato del mio corpo” ribatté lui confuso.
Cosa voleva l’Imperatore?
Un sorriso comparve sul suo volto.
“Non mi deludi mai, Seijuro. La tua intelligenza è sempre stata la tua forza” rispose facendo un passo avanti “hai ragione, stavolta sono io ad averti convocato”.
“Perché?”
“E me lo chiedi? Stavo per avere una conversazione pacata con Tetsuya e tu sei… comparso” l’ultima parola risultò graffiante alle orecchie di Seijuro, costringendolo a fare un passo indietro.
In quel mondo l’Imperatore prevaleva e ogni cosa che diceva o faceva lo rendeva debole.
“Comparso?” Seijuro chiuse gli occhi ricordando il volto di Kuroko “Maledizione!” sbottò con forza.
Questa volta fu il turno dell’Imperatore a fare un passo indietro. Sotto i piedi di Seijuro, una porzione di pavimento era diventata rossa.
“Ti vuoi opporre a me? Dopo quello che è successo in passato? Ci siamo già sfidati due volte e ho sempre vinto” disse spavaldo.
Seijuro assunse un’espressione turbata. Ciò che aveva appena detto era tutto vero, anche se le scorse volte era stato lui a voler scomparire, dopo quello che aveva fatto desiderava solo la morte. Ma ora? Cosa voleva realmente?
Un’altra porzione di pavimento divenne rossa e l’Imperatore si innervosì.
“Hai bisogno di me, Seijuro. Ti devo ricordare forse che, se non fosse stato per me, a quest’ora saresti come Tetsuya o peggio… morto?” disse con enfasi “ritorna a quei giorni, in cui sentivi che tutto stava per caderti addosso, giorni in cui tutti ti hanno voltato le spalle…”
“Per colpa tua!” urlò Seijuro.
Con quel urlo il pavimento divenne del tutto rosso e l’Imperatore fece un balzo sul letto per non essere contaminato.
“Tu… dovevi aiutarmi! Non peggiorare le cose! Tu… tu… se non fosse stato per te, io…”
“SARESTI MORTO!!” urlò di rimando l’Imperatore facendo tremare le pareti.
Seijuro sentì tutto il peso di quelle parole e si inginocchiò incapace di muoversi, il pavimento tornò quasi del tutto arancione e l’Imperatore si stava avvicinando a lui pronto a prevalere nuovamente sulla sua volontà.
Chiuse gli occhi riflettendo: cosa voleva veramente? Permettere ancora di essere guidato da lui? Il peso di ciò che aveva fatto cadde come un mattone sulla testa, stordendolo.
Però lui… voleva davvero cambiare…
“Lo so. Per questo ti ringrazio per avermi salvato la vita… ma ora… è il momento di riprendermela” aprì gli occhi e vide l’Imperatore agitato mentre il colore rosso prendeva possesso di quella stanza. Si scontrò con l’arancione rendendo l’ambiente come una scacchiera rossa/arancio e l’Imperatore sparì.
Dall’alto si aprì una botola che lo risucchiò facendogli perdere conoscenza e, quando riaprì gli occhi, sentì che qualcosa di freddo gli stava bagnando la fronte. Guardandosi intorno vide l’infermiera della scuola lo stava accudendo.
“Cosa succede?” chiese cercando di mettersi seduto.
L’infermiera glielo impedì, premendo il ghiaccio sulla sua fronte.
“Sei svenuto per il caldo, mio caro” rispose lei “resta un altro po’ qui poi potrai tornare in camera. Intanto bevi questo” gli porse un bicchiere colmo d’acqua dove si stavano sciogliendo delle pasticche “sono degli integratori. Io torno tra poco” si allontanò dal letto uscendo fuori.
Lui, ignorando gli ordini, si mise seduto, liberandosi del ghiaccio che gli aveva congelato il cervello. Bevve con gusto quell’intruglio all’arancia, recuperando le forze. Non era sicuro di ciò che fosse successo, l’ultimo ricordo che aveva era che stava in bagno e poi più nulla.
Si alzò in piedi, pronto ad andarsene e, cercò con lo sguardo uno specchio per poter sistemare il suo aspetto. Per fortuna ce n’era proprio uno vicino ai lavandini e con passo elegante, tipico degli Akashi, lo raggiunse. Alzò lo sguardò sui suoi capelli spettinati e quasi svenne di nuovo di fronte a ciò che stava guardando.
“Non è possibile…” mormorò.
I suoi occhi erano cambiati: uno era arancione e l’altro rosso.
Impallidito, portò la mano tremante verso il suo volto ricordando il sogno. Aveva battuto l’Imperatore ed ora entrambi controllavano quel corpo che li ospitava. Un ghignò comparve sul suo viso e una risata malefica risuonò nella sua mente.
“Hai vinto una battaglia Seijuro ma non la guerra”.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciaooooo =D rieccomi qua con un nuovo capitolo! Vi è piaciuto? ;)
Inizialmente troviamo un Kagami pentito da ciò che ha fatto ma allo stesso tempo risoluto. Metterà definitivamente la parola fine alla sua storia con Kuroko?
Poi troviamo l’AoKise… Aomine un po’ confuso nei suoi gusti sessuali tanto da cadere tra le braccia di una persona (femmina) per poi passare ad un’altra (maschio). Inoltre non sa se ciò che prova per Kise sia amore. Cosa farà il biondino?
Infine l’evoluzione di Akashi. Come avete notato, ogni personaggio ha subito o sta subendo delle trasformazioni e adesso è il turno di Akashi che, vedendo Kuroko in quelle condizioni, ha ricordi spiacevoli del suo passato. Inoltre abbiamo scoperto come sia stato lui stesso a creare l’Imperatore e delle sue lotte interiori. Cosa sarà successo nel secondo anno delle medie? E perché Akashi ha chiesto aiuto all’Imperatore? Cosa ha fatto? Perché incolpa Kuroko di questa nascita?
L’ora della verità è sempre più vicina…
Commentate e fatemi sapere cosa ne pensate! =)
Ciao e alla prossima ^^

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Capitolo 27
*** Le vacanze estive ***


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27. Le vacanze estive
 
Sole…
Mare…
Brezza calda…
Il profumo della salsedine…
Il suono delle cicale…
Il fruscio del vento…
Due asciugamani vicini…
Mani che si sfiorano…
Per Aomine Daiki quello era il paradiso… O meglio. Lo sarebbe stato se non fossero stati nella spiaggia privata di proprietà degli Akashi.
Sconsolato, guardò Kise sdraiato al suo fianco. Indossava uno striminzito costume giallo e nero, a differenza del suo che era completamente blu. Aveva il viso rilassato e gli occhi chiusi, godendosi il caldo sole che riscaldava i loro corpi. Avevano intrecciato le mani incurante degli altri, anche perché erano impegnati a fare altro: Midorima era su una sedia a sdraio sotto un ombrellone di paglia intento a leggere un libro, ogni tanto controllava il cellulare nella speranza di un messaggio da parte di Satsuki (non era con loro perché sua madre era stata ricoverata); Akashi era da poco rientrato per controllare le condizioni di salute di Kuroko: un dottore lo teneva sotto stretta sorveglianza costringendolo a mangiare e inoltre gli facevano tre flebo al giorno; Murasakibara stava in riva al mare con aria cupa, calciando qualche malcapitato granchio: Kise aveva costretto Aomine a parlare della sua relazione con Oda Erika e, dopo un piccolo diverbio, il gigante l’aveva lasciata.
L’umore generale era abbastanza cupo e Aomine, nonostante fosse felice di stare mano nella mano con Kise su una splendida spiaggia, non riusciva a non pensare ai suoi due migliori amici: era preoccupato per la mamma di Satsuki che considerava una zia e per le condizioni di salute di Kuroko. L’unica cosa positiva era che Akashi aveva cambiato atteggiamento non isolandolo più, sperando che la loro presenza lo aiutasse ad agire ma, Aomine sapeva che era tutto inutile. Il suo migliore amico poteva tornare come prima solo con Kagami Taiga. Non faceva altro che stringere convulsamente quei ciondoli a forma di “T” senza parlare.
“Aominecchi? Qualcosa non va?” chiese Kise.
Voltò il capo verso l’espressione preoccupata di lui facendo un sorriso.
“Nulla” disse stringendo la presa “va tutto bene”.
Non gli andava di angosciare Kise visto che in quei giorni le cose tra di loro andavano bene però, non riusciva a togliersi una brutta sensazione di dosso. Era come se tutto gli sarebbe potuto sfuggire di mano in un secondo, tutto gli sembrava così surreale.
Si mise seduto sciogliendo la presa per poi stiracchiarsi.
“Ci facciamo un bagno?” propose Kise imitandolo.
“No, voglio andare prima a vedere come sta Tetsu” disse alzandosi.
“Ah, anch’io! Però vorrei farmi prima un bagno… ho così caldo…” disse con tono invitante passandosi la mano sul petto sudato.
Aomine lo guardò deglutendo. Kise era peggio un diavolo tentatore che lo distoglieva dalla retta via però, non riusciva a non assecondarlo, provava sempre un desiderio assurdo di stringerlo tra le sue braccia.
“Ok” disse togliendosi gli occhiali da sole lanciandoli sull’asciugamano.
“Aominecchi! Si rompono!” protestò il biondino che invece stava sistemando con delicatezza i suoi nel portaocchiali.
Aomine lo ignorò volutamente osservando l’orizzonte. Proprio di fronte alla spiaggia, a molti metri di distanza, c’era un isolotto con interessanti insenature che li avrebbe tenuti lontani da occhi indiscreti.
“Nuotiamo fin lì?” propose distrattamente indicandolo.
Kise guardò l’isolotto e si incupì.
“Aominecchi…” disse in tono di rimprovero.
“Cosa?”
“Ne abbiamo già parlato. Non sono pronto per compiere questo… passo”.
“Ossia? Nuotare fino all’isolotto? Non è così lontano e…”
“Sai cosa intendo”.
Aomine lo guardò irritato.
“Kise, non mi sembra giusto il tuo comportamento! Mi sembra che tra di noi le cose si siano evolute, ci conosciamo dai tempi delle medie, non sono quindi uno sconosciuto… allora perché?” sbottò.
“Perché non sono pronto! E’… un passo importante!” replicò lui.
“Non mi sembra che con Kasamatsu senpai ti sei fatto tutti questi problemi” ribatté a denti stretti.
“Sai benissimo che la prima volta con lui è stato un errore!” il suo viso era arrossato e lo guardava incredulo.
“Quindi con lui va bene e con me no? Sai che ti dico Kise? Vaffanculo!” gli voltò le spalle dirigendosi verso il mare, nuotando con foga verso l’isolotto.
“Aominecchi…” mormorò Kise incupito.
“E che cazzo!” pensò Aomine con rabbia mentre continuava a nuotare.
Quella situazione rischiava di farlo impazzire e Kise non migliorava le cose anzi, le peggiorava. Non faceva altro che evitare contatti fisici più audaci con la scusa di non essere pronto.
Raggiunse l’isolotto, infilandosi in un’insenatura. Con sorpresa trovò una piccola spiaggia sabbiosa pronto ad accoglierlo. Si sdraiò lì pensieroso, di faccia al sole con le braccia dietro la testa. Kise forse non aveva tutti i torti… in fondo lui non si era confessato, farfugliando qualcosa sui suoi sentimenti confusi. Cosa avrebbe fatto lui al suo posto?
“Siamo uomini! Viviamo di sesso! Non mi sarei fatto tutti questi problemi!”
In fin dei conti lui aveva avuto approcci con altre persone solo per sesso, l’ultima Oda Erika, senza pensieri. Era un’attività piacevole e divertente che lo appagava pienamente. Ma allora perché Kise no?
“Aaaaahhhh! Quel bastardo mi farà impazzire!” esclamò mettendosi seduto.
“Aominecchi…”
Kise era appena approdato sulla spiaggia e aveva il fiatone. Il suo corpo emanava una luce cristallina a causa della salsedine e sembrava una divinità greca appena emersa dalle profondità degli oceani. Si passò nervosamente le mani tra i capelli portandoseli indietro. Per Aomine quel gesto così casuale era altamente provocatorio.
“Cosa sei venuto a fare?” chiese nervoso.
“A chiederti scusa…” mormorò “e a parlarti” aggiunse con voce ancora più bassa.
“Di cosa?”
“Del vero motivo per cui non voglio… ecco… ci siamo capiti, no?” rispose arrossendo.
Aomine deglutì nervosamente e la sua mente fu invasa da mille ipotesi.
“Cazzo… non mi vuole più… torna dal senpai! Sono poco… dotato? Non penso, nessuno si è mai lamentato. Non mi ama?? Sono prepotente? Abbandona il Rakuzan? Non sono abbastanza per lui?”
“Aominecchi… è a causa della mia prima volta”.
Daiki fermò il suo fiume di pensieri concentrandosi su quelle parole. Aveva sentito bene?
“Non capisco” riuscì alla fine ad articolare.
Kise lo raggiunse sedendosi accanto a lui. Iniziò a disegnare cerchi concentrici sulla sabbia evitando il suo sguardo.
“Bè vedi… ti ho parlato in passato della mia prima volta e non è stata una bella esperienza. Voglio dire… fare sesso con qualcuno senza ricordarsi nulla e per giunta con una persona che non si ama non è il massimo” disse continuando a fare i disegni.
Aomine non parlò, cercando di capire dove conducesse quel ragionamento.
“Non voglio che ricapiti più una situazione del genere”.
Calò un silenzio teso tra i due.
“Ok ma… non l’hai mai più fatto? È per questo che non ti senti pronto?” chiese Aomine rompendo il silenzio.
Forse l’esperienza era stata particolarmente traumatica e dolorosa per lui… anche perché decisamente lui non avrebbe fatto l’uke.
“Certo che no! L’ho fatto altre volte!” esclamò imbarazzato cancellando il suo nome che aveva appena scritto sulla sabbia “dopo che ho compreso i miei sentimenti nei confronti del senpai, abbiamo avuto altri approcci del genere” guardò nervosamente Aomine.
“Allora non capisco, se l’hai già fatto altre volte perché con me no?” chiese irritato.
Preferì non commentare la parte degli altri approcci del genere con il senpai, altrimenti lo avrebbe affogato.
“Voglio farlo con te quando capirai i tuoi sentimenti, Aominecchi. Non voglio solo essere un giocattolo sessuale del momento” disse serio.
Aomine si alzò in piedi alzando la sabbia che finì in faccia a Kise.
Giocattolo sessuale? Quando mai hai sentito parole del genere uscire dalla mia bocca? Per chi mi hai preso?” sbraitò arrabbiato.
“Aominecchi! Aspetta!” disse Kise agitato alzandosi anche lui.
“Ti ho mai dato un’impressione del genere? Ho mai giocato con te?” continuò lui.
“No, ma l’hai fatto con altri e i tuoi sentimenti nei miei confronti sono ancora confusi! Non voglio più andare a letto con una persona che non mi ama!”
Aomine lo guardò sbalordito. Non si aspettava una risposta del genere.
“Ma io…” cercò di aggiungere qualcosa senza successo.
“In passato mi hai confessato che amavi Satsuki” continuò Kise “se lei fosse venuta con te a letto senza sentimenti chiari, come ti saresti sentito?”
Rimase un attimo in silenzio riflettendo.
“Preso in giro” rispose infine con voce atona.
Stava finalmente capendo il punto di vista di Kise tanto da farlo stare male. Come aveva potuto trattarlo così?
“Ora capisci? Finché non capirai e non capirò i sentimenti che provi per me io… non arriverò fino a quel punto” concluse.
Aomine non rispose guardando ostinatamente a terra, cancellando con il piede la “K” rimasta dai disegni fatti da Kise sulla sabbia. Si sentiva in colpa e non riuscì a dire nulla di tutto ciò che gli frullava nella testa.
“Mi…” deglutì nervosamente “mi dispiace…” riuscì infine a mormorare “non volevo farti sentire in questo modo…”
Kise lo guardò sbalordito. Aomine Daiki che si stava scusando? Un evento raro se non impossibile! Sentendosi un po’ in colpa, si avvicinò a lui circondandolo con le braccia. Quel ragazzone aveva ancora tante cose da imparare sull’amore e aver avuto rapporti solo sessuali non contribuiva di certo ad aiutarlo.
“Ti perdono” disse lui sorridendo.
Portò le sue mani verso il viso di Aomine in modo da poterlo avvicinare alle sue labbra. Gliele sfiorò con delicatezza sentendolo irrigidirsi. Aprì gli occhi divertito notando che le guance del suo compagno si stavano imporporando.
“Diavolo tentatore” borbottò stringendolo a sé “almeno dammi un bacio come si deve”.
Catturò le sue labbra assaporando il gusto di salsedine impresso sulla sua pelle, invadendo la sua cavità orale con la lingua. Kise ridacchiò passando le mani dietro la testa di lui in modo da sentire ancora di più il contatto. Aomine sfiorò il corpo del biondino conducendo le mani sui glutei ottenendo un morso sul labbro.
“Ahi!” disse indignato.
“Così impari” rispose Kise facendogli la linguaccia, poi corse verso l’acqua ridendo.
Aomine lo guardò fingendosi arrabbiato inseguendolo, riuscendo ad acciuffarlo un secondo prima del tuffo ma, non aveva fatto i conti con una pietra sporgente che lo fece cadere all’indietro portando Kise con sé.
Rimasero un secondo senza fiato, Aomine di schiena sulla sabbia e Kise sdraiato su di lui, faccia a faccia. Poi Aomine sorrise e il modello lo baciò lasciandosi trasportare in quel piacevole oblio.
 
***
 
“Kuroko-san, oggi va decisamente meglio. Hai preso altri grammi e, aggiungendoli ai precedenti, hai preso un kg. E’ un buon traguardo”.
“Quindi sta meglio? Recupererà ancora?”
“Si, Akashi-sama. Se continua così, tra qualche settimana ci sarà un recupero completo”.
Akashi sospirò di sollievo mentre guardava Kuroko rivestirsi. Finalmente una buona notizia dopo molti giorni di agonia che aveva tenuto tutti con il fiato sospeso.
“Akashi-sama, le posso parlare? In privato possibilmente” aggiunse il dottore.
Lui annuì perplesso e lasciò Kuroko nelle mani dei suoi domestici. Condusse il dottore verso l’ufficio a piano terra della sua immensa villa in riva al mare in Hokkaido; anche nei luoghi di villeggiatura uno spazio dove poter parlare di affari non mancava nella famiglia Akashi. Il lavoro veniva prima di tutto.
Il domestico chiuse la porta dell’imponente ufficio ricco di scaffali ricolmi di libri, ovunque il dottore posasse lo sguardo trovava libri, persino sulla scrivania in legno.
“Che splendida biblioteca, molto vasta” commentò sinceramente colpito.
Akashi non disse nulla indicando la sedia posta di fronte alla scrivania. Quella biblioteca non era niente a confronto a quella presente nella residenza principale.
“Di cosa voleva parlarmi?” chiese Akashi accomodandosi dall’altro lato della scrivania.
Il dottore rimase un attimo ad osservarlo intimorito: per essere un ragazzo del secondo anno aveva una forza e sicurezza mai visti prima, inoltre ragionava come un vero e proprio dirigente di azienda.
“Delle condizioni di salute di Kuroko-san” esordì lui.
“Non aveva detto che sta recuperando?” lo interruppe con un cipiglio irritato.
Il dottore non riuscì a replicare immediatamente, gli occhi bicromatici di Akashi lo avevano intimorito.
“Si, si. Volevo parlare delle sue condizioni psicologiche” continuò riprendendosi “anche se recupera a livello fisico, ha bisogno di un supporto psicologico, altrimenti in futuro potrebbe avere una ricaduta, rischiando di diventare fatale”.
Akashi si irrigidì.
“Quindi le posso indicare dei buoni psicologi che…”
“La ringrazio dottore ma non importa. Me ne occuperò personalmente” disse Akashi in tono lapidario.
Il dottore non osò controbattere soprattutto perché gli era parso di scorgere un luccichio minaccioso proveniente dall’occhio arancione.
“Bene… questo è tutto. Tornerò tra tre giorni per il controllo, ho già spiegato ai vostri maggiordomi come mettere la flebo” disse alzandosi.
“La ringrazio” si alzò anche lui dirigendosi verso la porta “alla prossima” aggiunse quando uscirono nel corridoio.
Fece cenno al domestico di accompagnarlo alla porta mentre il dottore si inchinò rispettosamente. Lui lo ignorò andando nella camera che ospitava Kuroko notando che non era solo. Su un divano posto vicino al letto, Midorima stava leggendo un libro ad alta voce mentre Murasakibara mangiucchiava dolciumi vicino alla finestra. Kuroko era seduto sull’enorme letto con un pigiama di un azzurro tenue che aumentava di più il pallore del suo viso, ascoltando con trasporto il racconto di Midorima.
Akashi emise un sospiro di sollievo: finalmente Kuroko stava mostrando interesse verso qualcosa e non stringeva convulsamente quei due odiati ciondoli. Pensieroso, Akashi diede una rapida occhiata al letto e agli altri mobili non scorgendoli da nessuna parte. Che fine avevano fatto? Poi Kuroko si mosse leggermente mostrando le due “T” che brillavano sul petto, appese con una catenina d’argento. Lui si incupì a quella vista chiudendo piano la porta. Poteva averlo anche indebolito ma il piccolo Tetsuya aveva una corazza di ferro.
Con aria irritata si allontanò. Il dottore aveva detto che Kuroko aveva bisogno di uno psicologo per guarire definitivamente, però lui sapeva perfettamente come aiutarlo, la soluzione a tutti i suoi problemi era Kagami Taiga.
Chiuse gli occhi irritato e una leggera risata riecheggiò nella sua mente.
“Piuttosto morto che con lui…” disse una voce.
“No!” pensò immediatamente cercando di calmarsi.
Non era il momento, non si sentiva pronto ad affrontare nuovamente l’Imperatore, non in quel momento di rabbia
“Va’ via!”
“Te l’ho già detto Seijuro. Io comparirò ogni volta che mi chiamerai”.
Barcollò accasciandosi poi vicino al muro. Chiuse gli occhi cercando di rilassare la mente, ispirando ed espirando lentamente.
“Ehi, tutto bene?” aprì gli occhi trovando Murasakibara intento ad osservarlo con preoccupazione.
Lui annuì in silenzio rimettendosi in piedi. La voce dell’Imperatore era scomparsa e si era calmato.
“Perché non vai a riposare? Ultimamente stai dormendo poco” continuò l’amico.
Due occhi bicromatici lo scrutarono sorpresi.
“Come…”
“Ci conosciamo da bambini, Seijuro” rispose semplicemente.
Sul viso di Akashi apparve un sorriso sghembo.
“Sei sempre stato un ottimo osservatore” replicò incamminandosi verso la sua camera.
Murasakibara lo seguì recuperando dalla tasca delle sue bermuda viola una barretta di cioccolata. Akashi gli lanciò uno sguardo divertito notando solo in quel momento che indossava un’imbarazzante camicia a motivi floreali stile hawaiano.
“Che c’è?” chiese addentando il cioccolato.
“Niente, niente” ridacchiò lui aprendosi in un sorriso sincero.
Murasakibara sorrise di rimando sollevato. Da quando Akashi aveva “battuto” l’Imperatore sembrava meno cupo e più sollevato, si comportava meglio con tutti ed era più flessibile con Kuroko. Sperava con tutto il cuore che sarebbe riuscito ad eliminarlo definitivamente.
“Resto in camera con te?”
“Perché dovresti?” chiese Akashi sorpreso.
“So perché non dormi quindi se dovesse succedere qualcosa, ci sono io” rispose convincente.
Akashi si fermò per guardarlo. Murasakibara era l’unico a sapere tutta la verità su di lui e sull’Imperatore ed era stato sempre al suo fianco nonostante tutto, non prendendolo per pazzo.
“Grazie” disse riprendendo a camminare.
Murasakibara annuì soddisfatto pronto a sostenere come sempre il suo migliore amico.
 
***
 
“Pronto? Si, si… mamma ho capito! Ma tu non stavi moribonda in un letto d’ospedale? … Ma cosa urli!? Stavo scherzando! Ci vediamo in serata” Satsuki chiuse il cellulare spazientita.
Sua mamma, da quando era stata ricoverata, aveva raggiunto livelli di isterismo allarmanti perché troppo preoccupata per sua figlia e suo marito da soli in casa. Lei e suo padre erano famosi per la loro sbadataggine e sua madre pregava ogni giorno che la casa non saltasse in aria. Anche Satsuki sperava in una pronta guarigione, aveva avuto alcuni svenimenti e i dottori stavano eseguendo diverse analisi però, la diagnosi era sicuramente lo stress.
Sospirando chiuse le finestre della cucina e del resto della casa, pronta ad uscire. Prese la spazzatura e davanti l’ingresso si specchiò sistemando una ciocca ribelle dietro l’orecchio e, tirando più giù la gonna. Il cellulare squillò e rispose con un enorme sorriso.
“Shin-chan!”
“Satsuki” rispose Midorima “come sta tua madre?”
“Domani avremo un incontro con il dottore per sapere già i primi risultati” rispose mettendo il cellulare tra la spalla e la testa mentre con una mano porta la busta dei rifiuti e la borsa e, con l’altra aprì la porta.
“Spero che non sia nulla di grave” commentò lui preoccupato.
“No, mamma è una stakanovista, non mi meraviglio se domani il dottore mi dirà che dovrà riposare per più di un mese!”
Midorima ridacchiò e lei sorrise. Come gli mancava quella risata e desiderava ardentemente abbracciarlo.
“Tetsu-chan? Come sta?” chiese recuperando le chiavi dalla borsa.
“Meglio. Sta riprendendo peso e oggi ha mostrato un minimo di interesse verso il libro che stavo leggendo. Almeno siamo riusciti a rompere la sua apatia” rispose sospirando.
“Ma non parla?” chiese chiudendo la porta a chiave.
“No… però è rimasto sorpreso quando Murasakibara gli ha regalato una catenina d’argento per i suoi ciondoli. Ha quasi sorriso” rispose.
“L’unico che può aiutarlo è proprio Kagami-kun” commentò tristemente.
“Lo so però per adesso meglio evitare di giocare con il fuoco. Akashi sembra stia avendo un cambiamento ma meglio non stuzzicarlo troppo. Questo suo buonismo è sospetto” disse pensieroso.
Momoi si appoggiò alla sua porta di ingresso dubbiosa.
“Dai-chan è riuscito a scoprire qualcosa? Ultimamente è molto vicino a Kise”.
“No, quell’idiota in questo momento è troppo coinvolto da lui per capirci qualcosa. Kise potrebbe essere l’unico a risolvere tutti i nostri problemi”.
“E Murasakibara? Da quello che mi hai detto si sta mostrando disponibile” replicò lei.
“E’ troppo vicino ad Akashi, non lo tradirà mai”.
Calò un momento di silenzio e Momoi si avviò verso gli ascensori, portando con sé la busta dei rifiuti.
“Allora cosa facciamo?” chiese in tono disperato.
Quella situazione stava facendo impazzire tutti e non riusciva più a tollerare di vedere il suo amico in quelle condizioni.
Midorima sospirò.
“Non lo so proprio Satsuki. La situazione è difficile… molto. Quindi per adesso aspettiamo. È già tanto se riusciamo a vedere Kuroko, non possiamo rischiare di perdere questo… privilegio?”
L’ascensore si aprì a piano terra e Momoi calcò il pavimento dell’atrio del suo condominio.
“Basta! Non ne posso più!” esclamò in lacrime “dob-b-b-iamo salvare Tetsu-chan! De-de-vo salvarlo! Non pos-so più vederlo così! Non voglio che… che…” non riuscì a terminare la frase a causa dei suoi insistenti singhiozzi.
“Satsuki…”
Un’ombra le si parò davanti, ostacolando il suo cammino. Affranta, alzò la sguardo incrociandolo con l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare. Kagami Taiga.
“K-K-Kagami!” disse facendo qualche passo indietro.
“Kagami? Lo sai che non possiamo chi…”
“No” disse lei interrompendolo “è qui di fronte a me”.
 
***
 
Stava camminando nervosamente per le vie della città. Tutti si spostavano al suo passaggio troppo intimoriti dallo sguardo truce che il ragazzo aveva dipinto sul volto e, la sua altezza imponente non migliorava la situazione. Indossava un paio di jeans neri strappati in vari punti, delle Converse rosse, una canotta rossa e un gilet nero. Appesa al collo una collana con un anello e gli occhi erano oscurati da dei Ray-Ban neri. I suoi capelli rosso fuoco erano rivolti verso l’alto e sembrava sul punto di prendere a pugni qualcuno.
Al suo fianco, una ragazza con una lunga coda di cavallo, gli assestò un pugno deciso sul braccio.
“Ahia! Riko!!”
“Piantala di avere quell’aria truce Taiga! Altrimenti torno a casa!”
Kagami digrignò i denti guardando la ragazza al suo fianco. Riko Aida era diventata molto bella, più femminile e aveva imparato a truccarsi. Indossava un vestito bianco con pois neri, delle ballerine rosse come il fiocco che gli circondava la vita. Sembrava una bambola che tutti guardavano con ammirazione.
“Ehi coach, se ti vedesse in questo momento il capitano secondo me inizierebbe ad urlare” commentò cercando di pensare ad altro.
“Più tardi ti faccio sapere, devo incontrarlo” rispose mentre il suo viso si imporporava.
“Ecco perché ti sei vestita così… mi sembrava strano che per un semplice appuntamento con me ti vestissi in questo modo” disse con tono ironico.
“Questo non è un appuntamento, ti sto solo accompagnando a comprare un nuovo paio di scarpe da basket. A proposito, perché non le fai arrivare direttamente dall’America?” chiese fermandosi davanti l’ennesima vetrina.
“Ho bisogno di provarle” replicò semplicemente.
“Sei peggio di una donna” borbottò a denti stretti.
“Senti chi parla! Sbaglio o ultimamente sei diventata più femminile?”
“Piantala!” sbottò dandogli un pugno.
Kagami ridacchiò osservando un paio di Air Max Jordan. Entrarono nel negozio e riuscirono a trovare il numero adatto per Kagami, la coach quasi pianse dalla gioia per la riuscita della loro impresa.
“Finalmente!”
“Già. A che ora hai l’appuntamento con Hyuuga senpai?” chiese incamminandosi.
“Alle 15:30” rispose guardando il suo cellulare.
“Allora pranziamo insieme” propose lui “sono ancora le 12:30”.
La coach inarcò un sopracciglio sospettosa.
“Spero che non si tratti di un fast food” disse con voce tagliante.
“Non potrei mai portare una splendida ragazza in un fast food” disse facendole il baciamano.
Riko arrossì e divenne ancora più rossa quando notò che alcune persone si erano fermati a guardarli.
“A-andiamo!” balbettò imbarazzata.
Kagami la seguì ridendo fermandosi dopo alcuni metri al suo ristorante preferito. Occuparono un tavolo vicino alla grande vetrina che dava sul giardino, godendosi il panorama.
“Ordina tutto quello che vuoi. Offro io” disse Kagami aprendo il menù.
“Davvero? Grazie!” esclamò la coach felice.
Passarono un piacevole pranzo, immergendosi in discorsi piacevoli come il basket e i progetti per il futuro della coach. Aveva deciso di andare all’università ma non era ancora sicura quale facoltà frequentare.
“E tu Taiga? Hai qualche sogno nel cassetto?” chiese lei portandosi alle labbra il bicchiere ricolmo d’acqua.
“Uhm… fino a questo momento ho sempre pensato al basket, quindi credo di proseguire per la strada del giocatore professionista” disse pulendosi la bocca con il tovagliolo.
“Ottima scelta!”
Rimasero un attimo in silenzio ognuno immerso nei propri pensieri. Riko lo guardava curiosa ma allo stesso tempo intimorita: voleva tanto chiedergli se aveva trovato Kuroko a casa. Sapeva che ci era andato all’inizio delle vacanze estive però non gli aveva detto più nulla.
“Ehm… Kagami-kun?” chiamò nervosamente.
Lui la guardò e immediatamente capì.
“Non c’era e non tornerà per le vacanze” disse in tono gelido, anticipandola.
“Ah… mi dispiace…”
“Ma non mi arrendo! Sto andando lì tutti i giorni nella speranza di sapere qualcosina in più. I genitori mi sembravano preoccupati e molto vaghi” continuò.
“E cosa speri di scoprire? Kuroko-kun non mi sembra il tipo da confidarsi con i suoi” disse pensierosa.
“Lo so ma come posso voltare pagina se non chiudo definitivamente? Quella volta ho reagito con rabbia. Questa volta voglio essere più razionale e continuare la mia vita in pace, senza rimorsi” con un cenno della mano chiamò il cameriere al tavolo per il conto.
Riko lo guardò sospirando. Quel ragazzo era troppo testardo e dubitava in un suo volta pagina, però lo sperava con tutto il cuore. Kagami meritava di essere felice.
Pagato il conto, all’uscita del ristorante si separarono, ognuno per la propria strada. Riko aveva sul viso un mezzo sorriso, felice di potersi incontrare con Junpei, mentre Kagami con passo lento si diresse verso il complesso di appartamenti dove abitavano Kuroko, Aomine e Momoi. Ormai quello era il suo rituale quotidiano: andare lì, aggirarsi nell’atrio e all’esterno per poi tornare a casa. Sperava sempre in un suo ritorno e, anche se alla coach aveva detto che voleva chiudere definitivamente la storia, in cuor suo sperava in una riconciliazione.
Si diresse con passo sicuro verso l’ingresso, ricordandosi di quando era corso lì a Capodanno pronto a strappare Kuroko dalle grinfie di Aomine. Sembrava essere passato un secolo e invece erano passati solo alcuni mesi. Ripensò a quando un giorno avevano studiato inglese con Aomine e Momoi: era stata una giornata disastrosa sul fronte studio ma molto divertente. Ridacchiò quando gli tornò in mente la faccia imbarazzata di Kuroko mentre nascondeva un costume di carnevale che aveva indossato da bambino. Era stato Aomine a mostrarlo, suscitando le risate di tutti.
Con il sorriso tra le labbra varcò la soglia, salutando il vecchio portiere che ricambiò il saluto pigramente.
“Basta! Non ne posso più! Dob-b-b-iamo salvare Tetsu-chan! De-de-vo salvarlo! Non pos-so più vederlo così! Non voglio che… che…”
Kagami si voltò di scattò verso la famigliare voce femminile che tante volte aveva urlato il suo nome. Momoi Satsuki si stava dirigendo verso di lui mentre parlava al telefono; sembrava piuttosto trafelata e il suo viso era bagnato di lacrime.
Camminò verso di lei ostacolandole il passaggio. Aveva sentito bene?
La ragazza alzò lo sguardo e rimase impietrita quando guardò Kagami.
 “K-K-Kagami!”
Taiga riuscì a cogliere distintamente la voce di Midorima che proveniva dal cellulare.
“Kagami? Lo sai che non possiamo chi…”
“No” disse lei interrompendolo “è qui di fronte a me”.
Chiuse il telefono aprendosi in un sorriso forzato.
“Ehm… ciao…”
Lui non si mosse, scrutandola attentamente.
“Devo andare!” disse lei provando ad aggirarlo ma lui le afferrò un braccio.
“Che cosa diavolo sta succedendo?” chiese arrabbiato.
“N-niente!” squittì lei impaurita.
“Perché devi salvare Kuroko? Cosa gli è successo?” continuò aumentando la stretta.
“Ahi! Mi fai male!”
“MI SONO ROTTO DI ESSERE PRESO PER IL CULO! VOGLIO LA VERITA’! ADESSO!!”
Il vecchio portiere si allarmò raggiungendoli, trovando una Momoi singhiozzante e un Kagami fuori di sé dalla rabbia.
“Cosa suc…”
“PARLA!!”
“N-n-non posso farlo!” disse lei tra le lacrime.
“PERCHE’??”
“Kagami… ti prego…!”
“PARLA!” urlò lui.
“Ragazzi vi prego!” urlò di rimando il portiere.
“NON POSSO PARLARE IDIOTA! NON POSSO METTERTI IN PERICOLO!”
Kagami mollò la presa confuso. In pericolo lui? Perché?
“Devo andare” disse lei approfittando di quel momento.
“Momoi-san, ti prego. Devo sapere… devo capire!”
Lei lo guardò tremante. Non sapeva cosa fare. Se avesse parlato lo avrebbe messo in pericolo ma se avesse taciuto… scosse la testa. Doveva salvare Kuroko, il suo migliore amico aveva bisogno di lei.
“Seguimi” disse semplicemente dirigendosi verso l’esterno.
Lui non se lo fece ripetere due volte e la seguì senza aggiungere altro, lasciando il portiere sbalordito.
“Siete pazzi!” sbraitò prima di tornare alla sua postazione.
I ragazzi lo ignorarono proseguendo la loro corsa verso il parco più vicino. Momoi si fermò un secondo solo per buttare via la spazzatura per poi dirigersi verso una panchina all’inizio del parco.
“Allora?” chiese Kagami spazientito “cos’è questa storia dell’essere in pericolo? E perché lo è anche Kuroko?”
Momoi lo fissò per qualche secondo deglutendo nervosamente, poi fece un profondo respiro iniziando a parlare. Gli raccontò tutto, dall’incidente dei suoi genitori, alle minacce di Akashi, alla decisione di Kuroko e della loro, la vita al Rakuzan, le loro sofferenze, la depressione di Kuroko, il suo stato precario di salute. Parlò per moltissimo tempo, senza interrompersi, guardando i suoi piedi, vergognandosi della sua impotenza contro Akashi… anzi, della loro impotenza contro di lui.
Kagami non proferì parola per tutto il racconto. Era stato assalito da mille emozioni e si era accasciato sulla panchina incapace di parlare. Il suo cuore batteva velocemente e sentì il suo corpo irrigidirsi. Sollievo, rabbia, felicità, furia omicida, si alternavano come un caleidoscopio impazzito. Era felice perché Kuroko lo amava ancora; arrabbiato perché aveva taciuto per tutto questo tempo per lui; furioso nei confronti di Akashi. Come aveva osato lui mettersi in mezzo a loro due? Come aveva osato distruggere il loro rapporto? E poi…
Si portò la mano al cuore chiudendo gli occhi. All’improvviso tutto stava acquistando senso, il dolore che aveva sopportato in tutti quei mesi venne spazzato via, sostituito dal dolore provato da Kuroko, dal suo coraggio per salvarlo, dalla sua forza di volontà per andare avanti che durante quei mesi aveva vacillato ma, non demordeva.
Ripensò all’incidente in mare e si rese conto che se non ci fosse stato lui, Kuroko sarebbe morto. Era stato un vero tentato suicidio da parte sua ed ora, rischiava di lasciarsi andare nuovamente. Chiuse a pugno la mano stropicciandosi la canotta: non pensava che Kuroko lo amasse così tanto, come poteva una singola persona spingersi a quei livelli per salvare lui, un semplice ragazzone che amava giocare a basket e che aveva trovato un amore non convenzionale? Chi era lui per meritarsi tutte quelle attenzioni?
“Tetsuya…” mormorò con tono sofferente.
“Kagami-kun… mi dispiace!” disse Momoi in lacrime.
Lui le posò semplicemente la mano sulla testa. Lei ed il resto dei Miracoli, in none dell’amicizia che li legava, avevano condannato le loro esistenze per il bene di uno di loro.
Avevano fatto fin troppo.
Ora era il suo turno.
“Andiamo” disse alzandosi in piedi.
“D-dove?” chiese Satsuki tirando su con il naso.
“A riprenderci Kuroko”.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciao a tutti!
Colpo di scena! Kagami ha scoperto tutto ed ora farà di tutto per riprendersi Kuroko. Cosa combinerà il nostro ragazzone?
Intanto Akashi continua la sua battaglia mentale con l’Imperatore e, anche se adesso è Seijuro a dirigere le sue azioni, l’Imperatore è sempre in agguato. Per fortuna non è solo: odiato dal resto dei Miracoli, il suo amico d’infanzia continua a supportarlo e stranamente sta appoggiando anche Kuroko.
Kise ed Aomine stanno affrontando la fase iniziale della loro relazione, fatta di alti e bassi, incomprensioni, dubbi, sentimenti confusi. O meglio, Kise è sicuro dei suoi sentimenti ma Aomine è ancora perplesso ed impaziente xD amo questo Aomine <3 il ragazzo che muove per la prima volta i passi nell’amore.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e non vedo l’ora di leggere le vostre reazioni ^^
Alla prossima =)
 
Note: l’amicizia tra Riko e Taiga è diventata ancora più forte, inoltre il personaggio della coach ha subito un totale cambiamento. Il suo carattere è essenzialmente lo stesso ma, sta cercando di sembrare più femminile per il suo ragazzo. L’amore riesce a sciogliere anche i cuori più duri ^^
 
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Oltre a questa storia, in passato ne ho scritte altre, se vi va date un’occhiata ;)
  • Happy Saint Valentine Day (conclusa): sette brevi interviste ai nostri Miracoli sul loro tipo ideale (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3024295&i=1);
  • Junjou Revolution! (conclusa): una long di genere yaoi dedicata ai personaggi di Junjou Romantica, i protagonisti sono il grande Usagi-san e un… non convenzionale Misaki (?). Per gli amanti del genere sono sicura che vi piacerà ^^ (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2342194&i=1);
  • Junjou Revolution! Il ritorno (conclusa/non lo so xD): proseguo di Junjou Revolution! è una raccolta di storie indipendenti dedicati ai vari personaggi della long principale. È composta solo da tre capitoli e non so se ne scriverò altri. Per adesso resterà così (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2764399&i=1);
  • Shadows (conclusa): è una long di genere yaoi ispirata ai personaggi di Sekai-Ichi Hatsukoi. Onodera e Takano finalmente creano un rapporto solido ma, delle ombre provenienti dal passato di Onodera scombussolerà la coppia… (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2355055&i=1);
  • Sentimenti confusi (conclusa): una one-shot yaoi scandalosa dedicata a  Natsuki/Satsuki Shinomiya e Syo Kurusu, due dei personaggi dell’anime  Uta no Prince-sama. Non ha una vera propria trama… ho sempre pensato che prima o poi la cancellerò xD (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2977066&i=1);
  • Voglia di amare (conclusa): long etero dedicata a Skip Beat! I protagonisti sono Kyoko Mogami e Tsuruga Ren <3 entrambi capiscono di provare dei sentimenti reciproci ma, qual è sarà la reazione di Kyoko quando scoprirà la vera identità di Ren? (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2307420&i=1);
  • I gemelli Mikaelson (in corso… da troppo tempo! xD): inizialmente era nata come una one-shot incompiuta poi, dopo numerose richieste, l’ho proseguita. È una long dedicata al telefilm “The Originals”, spin-off di “The Vampire Diaries”. Klaus ed Hayley non hanno avuto solo la piccola Hope, ma con lei c'è suo fratello gemello Alexander. Ambientata 17 anni dopo, cosa accadrà quando Hayley scomparirà dalla loro tranquilla cittadina? Sembra che tutte le risposte siano a New Orleans... (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2734747&i=1).
 
 
P.S. troverete errori che vi faranno urlare di paura, un giorno le correggerò… si… forse…
Questo è tutto! Se vi va aggiungetemi su Facebook! https://www.facebook.com/profile.php?id=100009272289691
Mi chiamo Miriana Ferro (nome falso perché Facebook ha cancellato il mio precedente profilo -.-“).
Basta, vi ho annoiato abbastanza! Ciaooo =D 

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Capitolo 28
*** La svolta (parte prima) ***


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28. La svolta (parte prima)
 
«“Ron!” esclamò in un soffio Harry, strisciando verso la finestra e aprendola in modo da poter parlare attraverso le sbarre.
“Ron, come hai... che cosa...?”
Lo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi lo lasciò senza fiato. Ron si sporgeva fuori dal finestrino posteriore di una vecchia automobile color turchese, parcheggiata a mezz'aria. E dai sedili anteriori i gemelli Fred e George, i fratelli maggiori di Ron, guardavano Harry sorridendo.»
 
Erano in spiaggia, seduti sotto l’ombrellone di paglia. Kuroko indossava un paio di bermuda e una maglietta bianca a maniche corte dove brillavano i due ciondoli a forma di “T”. Stava comodamente seduto su una sedia sdraio bevendo un succo e mangiando una barretta di cioccolata portata da Murasakibara. Midorima era seduto su un’altra sedia intento a leggere ad alta voce “Harry Potter e la camera dei segreti”.
Poco lontano Kise si era addormentato sotto il sole, godendosi la piacevole brezza che gli scompigliava i capelli. Aomine era lì vicino, con un secchiello per bambini ricolmo d’acqua. Era pronto per l’agguato contro Kise.
Kuroko guardò la scena e le sue labbra si incurvarono in un sorriso quando vide che Kise stava rincorrendo Aomine dopo una doccia non desiderata. Murasakibara e Midorima si guardarono con aria soddisfatta visto che mostrava sempre più segni di miglioramento. Nonostante ciò si ostinava a non parlare.
Il telefono di Midorima suonò e lui interruppe la lettura allontanandosi. Anche Murasakibara si alzò, entrando nella villa per rifornirsi di nuovi dolci.
Kuroko rimase da solo e decise di sdraiarsi per farsi un riposino. Doveva ammetterlo, gli Akashi potevano essere degli stakanovisti e avevano un figlio fuori dagli schemi però sapevano come vivere nel benessere.
“Ehi, Tetsu!”
Kuroko aprì gli occhi e vide un bagnato Aomine sedersi con la grazia di un elefante sulla sedia occupata in precedenza da Midorima. Per l’impatto sprofondò di qualche centimetro nella sabbia e Kuroko alzò gli occhi al cielo esasperato. Il solito Aomine.
“Che c’è?” chiese guardando l’amico.
Lui scrollò le spalle.
“Sei il solito perfezionista”.
Le sue labbra si mossero leggermente all’insù.
“Ehi, ma per quanto tempo ancora non parlerai? Mi annoio senza di te” disse Aomine sbadigliando.
L’amico corrugò la fronte.
“Cosa? Non mi credi?”
Kuroko non smise di guardarlo accigliato.
“E va bene! Va bene! L’ammetto! Non mi annoio poi così tanto” borbottò incupito.
Kuroko si voltò in direzione di Kise che intanto era tornato a sdraiarsi, poi guardò l’amico.
“Ehm… si hai capito!”
Lui sorrise e fece di nuovo cenno verso Kise.
“Come vanno le cose con lui? Abbastanza bene. Anche se… sono molto dubbioso” mormorò.
Kuroko gli lanciò uno sguardo interrogativo.
“Perché? Ehm… ho sempre pensato che mi piacessero le donne come tu ben sai, quindi non riesco a capire cosa mi sta succedendo con Kise” spiegò incerto.
Kuroko si alzò sorprendendo l’amico. Si mise di fronte a lui toccandogli la testa restando fermo in quella posizione. Aomine lo guardò prima perplesso.
“Cosa ne penso?” chiese.
Lui annuì.
“La mia testa mi dice che è tutto sbagliato. E’ solo una… fissazione del momento? Non saprei neanche come definirla. E poi io sono etero”.
Kuroko fece scivolare le mani verso il basso posandola sul cuore. Aomine gliela afferrò per scostarla ma, lui fece pressione per sentire il battito accelerato dell’amico.
“Non ti si può nascondere nulla, eh?”
Lui ridacchiò.
“Il mio cuore dice solo di abbracciarlo e non lasciarlo andare più via” ammise.
Kuroko liberò la mano e la strinse intorno ai suoi ciondoli e dai suoi occhi trapelava una forte emozione, poi lo guardò come per dire “un po’ come me e Kagami”.
“Già… forse un po’ come voi due” mormorò.
Dei passi li fece sobbalzare facendoli allontanare. Akashi si stava dirigendo verso di loro con indosso un costume da bagno rosso e una camicia a maniche corte portata aperta. Con una mano  stringeva l’asciugamano e con l’altra sollevò gli occhiali da sole, mostrando i suoi occhi bicromatici.
“Tetsuya, ti va di farti un bagno?” chiese posando l’asciugamano sul lettino da spiaggia.
Kuroko non rispose e si allontanò in direzione della villa. Akashi lo seguì con lo guardo finché non sparì dalla sua vista.
“Vado anch’io” disse Aomine alzandosi.
“Aspetta” disse Akashi con tono autoritario.
Aomine lo ignorò dirigendosi verso Kise.
“Ho detto aspetta”.
Velò l’ultima parola con un’aura di minaccia che fece irrigidire Aomine.
“Cosa vuoi?” chiese sgarbatamente voltandosi.
“Tetsuya ti ha appena parlato?”
Nei suoi occhi si leggevano un misto di emozioni: l’occhio arancio dell’Imperatore era quasi infastidito dalla domanda che aveva posto mentre, l’occhio rosso era speranzoso. Aomine lo guardò confuso, quel suo cambio della personalità aveva creato solo caos nella mente di tutti perché spesso sembrava gentile come il Seijuro che avevano conosciuto, per poi ritornare il sadico Imperatore in una frazione di secondo.
“No, ha solo comunicato con gli occhi” rispose dopo un attimo di esitazione.
“E tu sei riuscito a capirlo?” chiese sbalordito.
“Ci conosciamo da quando siamo nati” replicò alzando le spalle.
“Giusto… io… Daiki… voglio parlare con lui”.
“Parlaci”.
“Mi evita”.
“Allora niente”.
Gli voltò nuovamente le spalle deciso a raggiungere Kise però le parole che udì ebbero la capacità di gelargli il sangue nelle vene.
“Daiki, Daiki, Daiki… non mi vuoi aiutare? Bene, fai come ti pare però…” inclinò la testa di lato con un sorriso irritante “non venire a lamentarti da me se dovesse accadere qualcosa di… spiacevole? Si, spiacevole è la parola giusta, alla persona che in questo momento ti sta più a cuore, persino più di Tetsuya stesso”.
Aomine si voltò lentamente infuriato.
“Osi minacciarmi? E poi chi ti dice che non tengo più a Tetsu?” chiese.
Due occhi arancioni brillarono vittoriosi verso la sua direzione.
“Allora aiutami. Manda un messaggio a Tetsuya dove gli darai appuntamento stasera alle 21:00 in terrazzo. Ovviamente andrò io” ordinò.
Aomine chiuse i pugni per la rabbia. Però non poteva mettere in pericolo Kise che continuava a non parlare del suo passato con Akashi e inoltre temeva che se non l’avesse ubbidito, Kuroko rischiava di passare l’estate in isolamento.
“Va bene” disse a denti stretti.
“Perfetto” disse l’Imperatore.
Si allontanò con passo elegante verso la villa lasciando da solo Aomine.
“Seijuro?”
Murasakibara stava andando verso di lui armato di pallone da basket. L’Imperatore si affrettò a coprire i suoi occhi con gli occhiali da sole.
“Dimmi” rispose cercando di sembrare gentile.
Non poteva essere scoperto così presto, non ora che aveva ripreso il controllo.
“Ti va una partita a basket? Uno contro uno?” propose Murasakibara.
“Non posso. Ho una faccenda da sbrigare”.
“Ok”.
Murasakibara si allontanò verso la spiaggia, ignaro della trasformazione del suo migliore amico.
 
***
 
“COME DIAVOLO TI E’ VENUTO IN MENTE?”
“Dovevo farlo! Non potevano più nascondere questo segreto! Non voglio che succeda qualcosa a Tetsu-chan!”
“E SECONDO TE LA SITUAZIONE MIGLIORERA’? NO! UN’ALTRA PERSONA IN PERICOLO!”
“Ma lui è già in pericolo e…”
Si sentirono due voci e un fruscio.
“Satsuki?” Midorima cercò di concentrarsi senza capire cosa stesse succedendo.
Si guardò intorno accertandosi nuovamente di essere lontano da orecchie indiscrete.
“Midorima?” una voce maschile risuonò al telefono.
“Kagami! Torna immediatamente indietro! E porta con te Satsuki!” disse lui agitato.
“No! Devo salvare Kuroko! Dopo tutto quello che è successo non posso più permettere che quel pazzo gli continui a fare del male!” Kagami era molto arrabbiato e si sentiva la voce di Satsuki che cercava di calmarlo.
“Lo so! Però peggiorerai solo le cose venendo qui! E poi Akashi sta cambiando, un altro po’ di pazienza e saremo tutti liberi”.
“E devo lasciare che quel pazzo lo uccida prima di cambiare? No! Te lo scordi!”
Dei passi affrettati lo misero in allarme. Si guardò alle spalle temendo di essere stato scoperto.
“No, Satsuki. Qui va tutto bene… e si, mi manchi” disse improvvisamente.
“Cosa diavolo…”
“Midorima!”
Una voce allarmata giunse alle sue orecchie, seguita poi dalle flessuose gambe abbronzate di Aomine.
“Aomine?” chiamò Midorima.
Daiki spostò i rami riuscendo a mostrare anche il resto del corpo.
“Midorima! Abbiamo un problema!” disse immediatamente.
“Quale?” chiese guardando l’amico agitato.
“Metti il vivavoce” ordinò Kagami.
“Kagami, per favore…” disse lui spazientito.
“Kagami?” chiese Aomine sorpreso asciugandosi con la mano il sudore che gli imperlava la fronte.
“Si, Satsuki gli ha detto tutto e stanno venendo qua” spiegò Midorima contrariato “li sto convincendo a tornare indietro e…”
“Metti il vivavoce!” esclamò Aomine.
Midorima lo guardò infastidito però decise di obbedire. La faccia sconvolta di Aomine lo stava agitando. Premette il tasto sullo schermo e posò il cellulare sul palmo.
“Siamo in vivavoce” annunciò.
“Kagami! Quando arriverai??” chiese agitato Aomine.
“Arriviamo stasera alle 20:30 alla stazione” rispose lui.
“Si, esatto” confermò Satsuki.
Aveva recuperato delle cuffie ed ora potevano parlare ed ascoltare entrambi.
“Perfetto! Midorima tu dopo devi comunicare ad Akashi l’arrivo di Satsuki e andrai a prenderla alla stazione. Rifiuta la proposta del passaggio da parte di Akashi con l’autista, inventati qualche balla per poter andare da solo. Non possiamo allarmarlo…”
“Aspetta! Non ti seguo! E quando vedrà Kagami cosa gli dirò, sorpresa??” disse Midorima irritato.
“No, andremo tutti via” disse.
“Mi spiegate cosa diavolo sta succedendo?” chiese Kagami adirato.
“Dai-chan, non capisco…” disse Satsuki perplessa.
“Vorrei capirlo anch’io” aggiunse Midorima alzandosi nervosamente gli occhiali da vista.
“Dobbiamo scappare via tutti” disse Aomine in tono lapidario “l’Imperatore è tornato e credo che questa volta non avremo scampo”.
 
***
 
Stava comodamente seduto sul divano della stanza rosso/arancio, intento a leggere un libro. L’Imperatore era invece sdraiato sul letto, giocherellando con la sua corona. Aveva un’aria decisamente annoiata e, ogni tanto, lanciava sguardi fugaci a Seijuro.
“Non ti annoi?” chiese l’Imperatore guardando il palmo della sua mano.
“No” rispose Seijuro voltando pagina.
“Ne sei sicuro? Ultimamente non hai giocato con nessuno e tutti ti evitano” incalzò lui.
“Non è vero. Atsushi è sempre con me” rispose pacato.
“Ah, giusto. Mi ero dimenticato del nostro fedele cagnolino” disse l’Imperatore divertito.
“Non è un cane. È il mio migliore amico” ribatté Seijuro nervoso.
L’Imperatore fluttuò in aria mettendosi in posizione seduta. La stanza sembrava brillare di luce propria e Seijuro emanava un’aura rossa, ben definita, che non permetteva all’Imperatore di toccarlo.
“Ne sei sicuro? Sbaglio o hai scoperto che è stato lui a regalare a Tetsuya la collana? A che gioco sta giocando?” chiese.
L’aura rossa diminuì e l’Imperatore sorrise.
“Mio piccolo Seijuro, dovresti ormai saperlo che ci sono solo io. Tutti ti odiano e non ti vogliono. Perché ti ostini a insistere? Soprattutto con Tetsuya. Non ti ama e dopo quello che gli abbiamo fatto dubito che vorrà tornare con noi…” disse avvicinandosi in volo.
“Che tu gli hai fatto! Ed è con me che deve tornare, non con noi! Sparisci dalla mia vita!” urlò autoritario Seijuro alzandosi in piedi.
Il libro cadde con un tonfo sordo ed emanò talmente tanta energia che l’Imperatore dovette rifugiarsi nello specchio. Si affacciò solo quando sentì Seijuro accasciarsi sul letto esausto.
“Oh… non dipende da me. Sei tu che continui a cercarmi” disse uscendo con cautela.
“Non è vero!” ribatté lui con forza.
“Invece sì. Non ho motivo di uscire, potrei stare qui comodamente invece di perdere tempo con quella feccia”.
L’aura rossa diminuì e quella arancione acquisì energia tanto che Seijuro si mise in posizione fetale per difendersi.
“Quella feccia ti tradirà e tu rimarrai solo”.
“NOOOO!”
Akashi si mise seduto sul letto liberandosi dal groviglio di coperte bagnate di sudore che lo avvolgevano. Stava ansimando e una risata malefica risuonava nella sua testa.
“N… no!” disse posizionandosi al bordo del letto.
Scese con passo incerto e si diresse in bagno lasciando una scia di abiti al suo passaggio. Gli slip furono gli ultimi a cadere riversi sul pavimento mentre lui si infilava sotto la doccia. Girò la manovella e l’acqua fredda lo riscosse riportandolo alla realtà. Si sentiva spossato perché l’Imperatore non gli stava dando tregua, era sempre lì in agguato, pronto ad attaccarlo. Ogni notte gli parlava e lottavano verbalmente ma, negli ultimi due giorni, si era reso conto di essere più stanco mentalmente e che faceva molto fatica a mantenere quello stato. E l’Imperatore ne approfittava emergendo anche durante il giorno. Per fortuna Murasakibara lo sosteneva prontamente zittendolo, se non fosse stato per lui forse a quell’ora sarebbe già tornato.
Uscì dalla doccia sospirando e dando una rapida occhiata allo specchio, notò dell’evidenti occhiaie sotto i suoi occhi bicromatici. Arrendendosi si diresse nuovamente in camera indossando il costume e la camicia, prese gli occhiali da sole mettendoli immediatamente perché non voleva far preoccupare Murasakibara. Si era già messo in quella tenuta perché aveva visto l’orario, erano le 10:30.
Uscì fuori dirigendosi in terrazzo, pronto a fare colazione. Il maggiordomo lo accolse con un sorriso versandogli del the e portando un vassoio di biscotti. Lui li accettò con gioia visto che lo stomaco alla loro vista aveva iniziato a brontolare.
“Dove sono i miei ospiti?” chiese guardando verso il mare.
“In spiaggia”.
“Va bene. Tetsuya sta ancora dormendo?” continuò.
“No, è in spiaggia anche lui”.
Akashi calò la tazza di the lentamente sul tavolino. In spiaggia? Com’era possibile? Lo aveva cercato di convincere in quei giorni e per tutta risposta aveva ottenuto un silenzio ostinato e per di più non lo guardava neanche in faccia. Quella situazione lo rendeva molto nervoso perché il suo obiettivo era di fare pace con lui, cercando di tornare ai vecchi tempi quando esistevano solo loro due, felici di stare insieme e giocare a basket con i loro amici. Invece le cose non andavano così: Kuroko pensava ad un altro, Midorima gli rivolgeva la parola solo se interpellato, Kise ed Aomine lo evitavano. Solo Murasakibara gli stava vicino…
“Il cagnolino” pensò.
Già. In tutti quegli anni non aveva fatto altro che obbedire ai suoi ordini perché lui era Akashi Seijuro, dell’Akashi Corporation, la più grande azienda giapponese con filiali in tutto il mondo. E Murasakibara fin da bambino era stato educato ad obbedirgli, a diventare amici visto che suo padre era uno dei maggiori azionisti.
 
“Quella feccia ti tradirà e tu rimarrai solo”
 
Quelle parole gli risuonarono nella mente come una coltellata. Si alzò scuotendo la testa lasciando la colazione a metà. Si diresse spedito in spiaggia, pronto a stare con gli altri. Sarebbe stato disposto pure ad inginocchiarsi per ottenere il loro perdono e tornare come prima…
“Allora lasciali andare. Liberali” disse l’Imperatore.
“No…”
Se lo avesse fatto, lo avrebbero di nuovo abbandonato e lui sarebbe rimasto per davvero da solo.
Aprì la porta d’ingresso dirigendosi con passo spedito in spiaggia, rallentò solo quando vide Tetsuya in piedi di fronte a Daiki, intenti a guardarsi e toccarsi.
Le sue gambe si mossero automaticamente con un unico pensiero.
 
“Non lo toccare”
 
I suoi passi soffocati dalla spiaggia erano giunti alle orecchie di Aomine e Kuroko che si allontanarono immediatamente.
“Tetsuya, ti va di farti un bagno?” chiese più tranquillo posando l’asciugamano sul lettino da spiaggia.
Magari in quel modo sarebbe riuscito a rompere il muro che Tetsuya si era creato. Per tutta risposta, Kuroko, in silenzio, si allontanò in direzione della villa. Lui lo seguì con lo sguardo finché non sparì dalla sua vista. Era decisamente arrabbiato.
 
“Visto?”
 
“Vado anch’io” disse Aomine alzandosi.
“Aspetta” disse Akashi con tono autoritario.
Non poteva lasciarlo andare così, aveva bisogno di parlargli. Aomine però lo ignorò dirigendosi verso un Kise sdraiato comodamente su un asciugamano, crogiolandosi al caldo sole di luglio.
“Ho detto aspetta”.
Velò l’ultima parola con un’aura di minaccia che fece irrigidire Aomine. Ora ne aveva abbastanza. Come osavano ignorarlo? Dopo tutto quello che stava facendo per loro, ospitandoli in una villa lussuosa, in un posto paradisiaco come quello?
“Cosa vuoi?” chiese sgarbatamente Aomine voltandosi.
Akashi fece un bel respiro cercando di calmarsi, prima di rispondergli.
“Tetsuya ti ha appena parlato?” chiese in tono pacato.
Si accorse che Aomine lo stava guardando confuso, come se quel suo cambio di tono lo avesse spiazzato. Forse aveva trovato la giusta leva per parlare con Daiki?
“No, ha solo comunicato con gli occhi” rispose dopo un attimo di esitazione.
“E tu sei riuscito a capirlo?” chiese sbalordito.
“Ci conosciamo da quando siamo nati” replicò alzando le spalle.
Per lui era tutto così ovvio, parlare con una persona muta solo con lo sguardo. Mentre Akashi lo trovava estremamente difficile, aveva sempre avuto un’ottima capacità di comprensione ma in quell’ultimo periodo stava avendo qualche problema. Tutta causa dell’Imperatore?
“Giusto… io… Daiki… voglio parlare con lui”.
“Parlaci” disse lui come se fosse la cosa più ovvia da fare.
 
“Che caratterino. Ho sempre amato Daiki per questo”
 
“Mi evita” replicò Akashi infastidito dalla voce dell’Imperatore.
“Allora niente”.
 
“Te l’avevo detto. Ti volteranno tutti le spalle”
 
Aomine si voltò, intenzionato a raggiungere Kise ed in quel momento Akashi scoppiò. Era già partita male come giornata e i giorni precedenti erano stati pesanti e faticosi. Chiuse gli occhi mentre la voce dell’Imperatore diventava più forte.
 
“Lasciati andare Seijuro. Porrò fine a tutte le tue sofferenze”.
“Come?”
“Abbandonati a me”
 
Aprì gli occhi e prese una boccata d’aria fresca come se stesse emergendo dalle profondità dell’oceano. Poi guardò le spalle di Aomine e si schiarì la voce.
 
“Ho sempre amato questo tuo caratterino… però amo soprattutto piegarti al mio volere”
 
“Daiki, Daiki, Daiki…” disse con tono canzonatorio “non mi vuoi aiutare? Bene, fai come ti pare però…” inclinò la testa di lato con un sorriso irritante pronto ad accogliere la reazione del ragazzo “non venire a lamentarti da me se dovesse accadere qualcosa di… spiacevole? Si, spiacevole è la parola giusta, alla persona che in questo momento ti sta più a cuore, persino più di Tetsuya stesso” si leccò le labbra come se stesse per gustare la preda intrappolata in un angolo.
Aomine si voltò con sguardo battagliero ma, dal suo tremolio, si poteva scorgere il suo nervosismo.
“Osi minacciarmi? E poi chi ti dice che non tengo più a Tetsu?” chiese.
Due occhi arancioni brillarono vittoriosi verso la sua direzione. Era fatta. Aveva catturato una preda bella grossa, una pantera, nella sua tela di ragno.
“Allora aiutami. Manda un messaggio a Tetsuya dove gli darai appuntamento stasera alle 21:00 in terrazzo. Ovviamente andrò io” ordinò.
Aomine chiuse i pugni per la rabbia. L’Imperatore sapeva che stava valutando se obbedire o meno.
“Va bene” disse a denti stretti.
“Perfetto” disse l’Imperatore.
Si allontanò con passo elegante verso la villa lasciando da solo Aomine.
“Vittoria” pensò.
“Seijuro?”
L’Imperatore alzò lo sguardo vedendo Murasakibara dirigersi verso di lui armato di pallone da basket. Si affrettò a coprire i suoi occhi con gli occhiali da sole per non farsi scoprire. Non poteva permettersi che lui lo scoprisse e attaccasse, era piuttosto abile a manovrare Seijuro.
“Dimmi” rispose cercando di sembrare gentile.
“Ti va una partita a basket? Uno contro uno?” propose Murasakibara.
“Non posso. Ho una faccenda da sbrigare”.
“Ok”.
Murasakibara si allontanò verso la spiaggia, ed Akashi emise un sospiro di sollievo. Per fortuna non si era insospettito.
Continuò il suo cammino verso la villa, varcando la soglia con passo elegante e sicuro. Quella sera avrebbe ottenuto la sua vendetta su Tetsuya e tutti i Miracoli. Sarebbe stato il suo grande giorno e poteva fare quello che voleva senza freni ora che Seijuro si era rannicchiato nei meandri della sua mente. Si era come spento circondato dalla sua forte presenza, arreso all’evidenza dell’odio che i suoi presunti compagni provavano nei suoi confronti.  
Andò in camera sua liberandosi del costume da bagno e indossando un pantalone in lino e una camicia a maniche corte più consona al suo rango. Preferì evitare di mettere la cravatta per non insospettire Murasakibara e si mise una lenta a contatto rossa. Si guardò allo specchio cercando di sorridere in modo più affabile. Seijuro era sempre stato un tipo autoritario e a tratti timido ma, con la sua ricomparsa, aveva mostrato un lato più dolce, un lato di sé che aveva mostrato in tutta alla sua vita solo a Tetsuya. Ora invece si comportava così con tutti.
Soddisfatto del risultato scese di sotto nel suo ufficio convocando poi il capo maggiordomo. Nell’attesa sentì bussare timidamente alla porta.
“Avanti” disse autoritario.
Poi si schiarì la voce cercando di essere meno rigido. Rimase stupito però quando, invece del capo maggiordomo, trovò Midorima.
“Shintaro? Cosa succede?” chiese osservandolo.
Sembrava nervoso e si stava stringendo convulsamente le fasce alla sua mano sinistra.
“Niente di che. Oggi ritorna Satsuki” annunciò.
L’Imperatore aggrottò la fronte.
“Ma sua madre non stava in ospedale?” chiese sospettoso.
“Sì, però non è nulla di grave. Se ne sta occupando sua zia e sua madre l’ha spedita qui perché era diventata troppo… pressante” disse con mezzo sorriso.
“Ah capisco. Satsuki quando vuole sa essere molto invadente” rispose lui sorridendo di rimando.
“Quindi alle 20:30 andrò a prenderla alla stazione” continuò lui.
“Va bene. Dirò al mio autista di…”
“No! Aspetta un attimo” Midorima lo interruppe con molta enfasi.
L’Imperatore lo osservò confuso. Shintaro era diverso e la sua solita compostezza era stata sostituita dall’agitazione.
“Cosa mi nascondi?” chiese autoritario.
“Io…” Midorima arrossì cosa che sorprese ancora di più l’Imperatore.
“Shintaro?” chiamò lui perplesso.
“Volevo andare da solo a prenderla… sai non la vedo da un po’ e… volevo stare con lei… in privato…” balbettò diventando più rosso.
“Oh” esclamò l’Imperatore.
Era la prima volta che vedeva Midorima in quello stato e non se lo sarebbe mai aspettato.
“Va bene” acconsentì lui “però cercate di tornare per le 21:00. Di notte questa zona non è sicura”.
“Ok… grazie” si inchinò facendo ondeggiare la camicia verde sbottonata e corse fuori urtando il capo maggiordomo.
“Mi scusi!” disse prima di scomparire del tutto.
Il maggiordomo sorrise e si chiuse la porta alle spalle.
“Mi ha chiamato signorino?” chiese inchinandosi.
L’Imperatore non rispose guardando con intensità l’orologio. L’arrivo di Satsuki era una maledizione ma allo stesso tempo una benedizione. Doveva solo fare qualche modifica di orari.
“Signorino?” incalzò il maggiordomo.
“Mi ascolti attentamente. Oggi servirete la cena mezz’ora prima, alle 19:00” iniziò lui.
“Sì” annuì il maggiordomo.
“Inoltre voglio che tutta la servitù entro le 20:30 abbandoni la villa. Resteranno solo le due guardie del corpo davanti al cancello principale” continuò.
“Signorino mi dispiace ma non posso rispettare questo ordine. Vostro padre…”
“Mio padre ora non c’è e se non vuoi vedere perdere il lavoro, ubbidiscimi” disse alzandosi dalla sedia.
Il suo volto si era trasfigurato dalla rabbia e sui occhi brillavano minacciosi.
“Si, signorino” rispose il maggiordomo inchinandosi rispettosamente.
“E nessuno, oltre la servitù, dovrà sapere di queste disposizioni. Voglio fare una festa a sorpresa ai miei ospiti e non voglio essere disturbato per nessun motivo”.
“Si, signorino”.
“Puoi andare” aggiunse sedendosi nuovamente.
Il maggiordomo si inchinò e lasciò in silenzio la stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
L’Imperatore chiuse gli occhi irritato. Pochi giorni con Seijuro e già la servitù non lo ascoltava? Riaprì gli occhi e si alzò in piedi dirigendosi alla finestra, scostò le tende bianche guardando in spiaggia dove i Miracoli si erano radunati: Murasakibara si era seduto accanto a Kise offrendogli un ghiacciolo, lui lo accettò perplesso, guardandolo poi mentre si alzava per raggiungere la riva del mare; Midorima ed Aomine stavano confabulando sotto l’ombrellone e le loro espressioni erano serie.
“Non vi date pena, presto tutto finirà” pensò con un sorriso soddisfatto.
Quella sera ci sarebbe stata una festa tutta per loro, una festa completa di fuochi d’artificio che li avrebbe lasciati senza parole.
 
***
 
Villa Akashi.
Camera di Aomine.
Ore 20:30.
Aomine stava facendo su e giù per la sua camera, in attesa di notizie da parte di Midorima. Era partito dalla villa alle 20:00 in punto per raggiungere la stazione e non si era fatto sentire per niente. Cercò di calmarsi sedendosi al bordo del letto. Il suo sguardo si soffermò sulle valigie vicino alla porta, ne erano molte perché di nascosto aveva preparato anche quelle di Kise. Aveva un piano che li avrebbe liberati tutti però, dietro consiglio di Midorima, non aveva detto nulla a Kise. Sospettava che fosse in combutta con Akashi e lui, nonostante i sentimenti che provava nei suoi confronti, non era riuscito a controbattere. In fondo al suo cuore sentiva che Midorima aveva ragione.
Il suo cellulare suonò riecheggiando nella stanza. Rispose al secondo squillo quasi urlando.
“Aomine, mi hai forato un timpano” borbottò Midorima.
“Scusa. Gli altri?” chiese senza tanti preamboli.
“Sono qui con me. Stiamo in fila in biglietteria per ritirare i biglietti prenotati”.
“Perfetto. L’incontro tra Kuroko ed Akashi sarà alle 21:00. Se tutto andrà secondo i piani, alle 21:45 prenderemo il treno”.
“Sì. Ora chiudo”.
“A tra poco”.
Aomine tolse la comunicazione alzandosi in piedi nervoso, dopo il dialogo avuto con l’Imperatore aveva iniziato a provare una sgradevole sensazione, sentendosi in pericolo. Non che prima non lo fossero, dopotutto li teneva tutti lì contro la loro volontà ma, c’era stato qualcosa nella sua voce che lo aveva allarmato. Aveva desiderato fuggire senza voltarsi indietro e infatti l’aveva fatto trovando Midorima.
Quella sera sarebbero fuggiti tutti via da quella villa, rifugiandosi in posti diversi: Midorima e Momoi, lui e Kise, Kuroko e Kagami. Nessuna coppia doveva sapere dove sarebbe andata l’altra e si sarebbero tenuti in contatto per capire come muoversi in futuro. Per lui e Kise sarebbe stato un po’ complicato nascondersi visto che faceva parte del mondo dello spettacolo ma, avrebbe fatto di tutto per difenderlo.
Un leggero colpo alla porta lo mise in allarme e, prima di riuscire a fare qualsiasi cosa, Kise entrò dentro.
“Ah, sei tu” disse sollevato Aomine.
Quella sera indossava un paio di bermuda di jeans, dei sandali e una maglietta a maniche corte gialla e bianca, mentre lui aveva optato per un paio di scarpe ginniche, un pantaloncino sportivo e una maglia blu.
“Chi pensavi chi fosse?” chiese lui dubbioso.
“Niente, niente”.
Kise lo guardò sospettoso per poi posare il suo sguardo sulle valigie.
“Vai da qualche parte?” il suo tono era teso.
“Sì” rispose lui osservandolo attentamente.
“Un momento ma… quelle sono le mie valigie!” esclamò correndo verso di loro.
Aprì con frenesia una valigia trovando dentro, in modo disordinato, i suoi abiti e altro.
“Ecco perché non trovavo più il mio pettine! E questo??? Nooo! Mi hai sporcato tutti i vestiti!!”
Aomine non rispose controllando nervosamente l’orologio. Erano le 20:40 e non aveva ancora ricevuto nessun messaggio da parte di Tetsu. Quando gli aveva scritto dell’appuntamento alle 21:00 in terrazza lui gli aveva risposto con un rapido “ok” anche se, per tutta la cena, gli aveva lanciato sguardi indagatori. Si aspettava quindi qualche altro tipo di messaggio però forse, a causa del suo mutismo, quel rapido ok per i suoi standard era fin troppo.
“Mi spieghi cosa diavolo sta succedendo?”
La voce adirata di Kise lo riportò alla realtà.
“Si parte” rispose semplicemente.
“Senza dirmelo prima?”
“Sorpresa!” disse Aomine con un sorriso tirato.
“Per dove?”
“Lo saprai quando arriveremo”.
“Non vengo”.
Si scrutarono per un secondo studiando l’uno l’espressione dell’altro: Aomine era nervoso e continuava a muovere i piedi; Kise era più pallido del solito, nonostante l’abbronzatura degli ultimi giorni e, una patina di sudore ricopriva il suo collo.
“Kise. Ti fidi di me?”
“Non è questo il punto. Sei nervoso da oggi e a cena l’atmosfera era pesante. Cos’è successo?”
Aomine sospirò.
“L’Imperatore è tornato e, questa volta mi sembra… diverso… non so come spiegartelo ma siamo tutti in pericolo”.
Si aspettava da parte di Kise un urlo soffocato, occhi sbarrati, tremore, gesti teatrali. Invece nulla, si limitò a battere le ciglia indifferente.
“Dai Aominecchi! Non esagerare” disse con un sorriso nervoso.
“Non sto esagerando! Sta tramando qualcosa e tra poco incontrerà Tetsu in terrazza!” urlò Aomine esasperato.
“Sappiamo che Akashi è un po’ fuori dagli schemi però mi sembra che tu stia esagerando” continuò lui impassibile.
Aomine lo guardò incredulo, non riuscendo a capire cosa stesse succedendo. Stava volutamente aggirando la gravità della situazione oppure era troppo impaurito per ammetterlo?
“Kise…”
“Aominecchi, sei solo molto nervoso per la situazione che stiamo vivendo” si avvicinò a lui per poi avvolgerlo in un abbraccio “sai che in questo periodo Akashi sta avendo frequenti cambiamenti e poi aveva gli occhi bicromatici a cena” aggiunse.
Aomine ricambiò l’abbraccio riuscendo così a calmare il suo nervosismo. Kise aveva la capacità di farlo sentire subito meglio.
“Forse hai ragione… ma noi andremo via lo stesso. Midorima sta venendo qui con Kagami e Satsuki e…”
“Come!?” Kise si scostò bruscamente da lui “Kagami??!”
“Sì, gli abbiamo rivelato tutto” continuò Aomine.
“NO! SIETE IMPAZZITI??”
“Doveva saperlo Kise! Tetsu ha bisogno di lui! Dobbiamo salvarlo!”
“PERCHE’ NON MI HAI DETTO NULLA??”
Kise si avviò a grandi passi verso l’uscita ed Aomine, confuso, gli sbarrò la strada.
“Fammi passare!” urlò.
“Cosa diavolo succede?” chiese lui.
Kise stava tremando e aveva sul volto un’espressione disperata.
“Fammi uscire!”
“Calmati!”
Lo afferrò per le braccia e lui divincolò correndo verso la porta. Aomine, irritato, lo prese per la vita sollevandolo dal pavimento.
“LASCIAMI!”
Lo depositò sul letto per poi sedersi a cavalcioni su di lui, bloccandogli le braccia in alto.
“TI PREGO AOMINECCHI!”
“Ti lascio solo se mi spieghi…”
“NO!”
Aomine strinse la presa ai polsi e Kise gemette dal dolore.
“Parla” disse.
Gli occhi di Kise divennero lucidi e alcune lacrime iniziarono a scivolare sul suo viso.
“Ti prego! Fammi andare da Akashi…”
“Perché!?”
“Prima che sia troppo tardi!”
“Troppo tardi per cosa!?”
Kise chiuse gli occhi mentre iniziò a singhiozzare.
“Vuoi andare da lui per rivelargli tutto??”
“D-de-devo f-f-farlo!!!”
“PERCHE’!?”
“P-p-p-per il senpai!”
Aomine rimase talmente stupito da quella risposta che lasciò liberi i polsi di Kise. Sul suo viso si leggeva solo sgomento e… paura.
“Quale senpai?” chiese con voce atona.
“Kasamatsu senpai”.
 
 
Angolo della follia @.@
Finalmente ce l’ho fatta! (Si fa per dire… ho dovuto dividere il capitolo in due perché è bello lungo).
Riepiloghiamo la situazione e facciamo chiarezza! =D
Abbiamo inizialmente una situazione tranquilla e la solidità dell’amicizia tra Aomine e Kuroko che, anche senza parlare, riescono a sostenersi. Kuroko quindi, nonostante il mutismo, continua ad essere un buon amico sostenendo quella testa calda di Aomine ;)
Poi abbiamo il ritorno dell’Imperatore, questa volta sembra molto determinato… cosa avrà intenzione di fare? E perché Aomine si sente così in pericolo? L’imperatore farà davvero qualche gesto eclatante?
Infine abbiamo una scena AoKise sconcertante, con alcune rivelazioni: Kise non ha mai lasciato Kasamatsu. Perché?
Nella seconda parte del capitolo ci saranno nuove rivelazioni da parte di Kise e altri colpi di scena… curiosi??
Attendo i vostri commenti per queste prime “svolte”.
Ciao e alla prossima! =D

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Capitolo 29
*** La svolta (parte seconda) ***


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29. La svolta (parte seconda)
 
“P-p-p-per il senpai! Kasamatsu senpai”
 
Aomine ebbe un leggero capogiro e si sentì come se tutta l’aria nella stanza fosse stata risucchiata. Le braccia ricaddero pesantemente lungo i suoi fianchi, prive di forza.
“Spiegati” disse semplicemente, incapace di pronunciare altro.
Kise si portò le mani al viso coprendo i suoi occhi.
“Ha minacciato il senpai, Aominecchi. Se non avessi obbedito ai suoi ordini lui gli avrebbe fatto del male. Il mio compito era quello di tenerti lontano da Kurokocchi a qualsiasi… costo”.
Aomine si alzò da lui sedendosi disgustato al bordo del letto.
“Quindi hai fatto finta di provare qualcosa per me?” chiese infastidito.
“Sì…” ammise deglutendo nervosamente “mi dispiace, Aominecchi! Dovevo salvarlo!”
Kise si mise seduto e appoggiò la mano sulla spalla di Aomine ma lui la scostò alzandosi. Sentiva il suo cuore battere dolorosamente mentre la sua mente registrava quelle rivelazioni.
Kise non lo amava.

 
Non mi ama
 
Gli vennero in mente vari episodi della loro breve e falsa relazione: le telefonate misteriose di Kise, il suo essere distante, il non voler essere troppo toccato, il non voler fare l’amore con lui… tutte le tessere del puzzle stavano tornando al loro posto e, ogni volta che combaciavano, sentiva fitte sempre più dolorose al cuore.
“Aominecchi…” chiamò Kise in tono supplichevole.
“Perché non hai raccontato semplicemente tutto? Perché hai fatto una cosa così orribile? Tu hai giocato con i miei sentimenti! Non capisci che mi sono innamorato di te!?” urlò lanciando un calcio all’armadio che ondeggiò paurosamente.
Kise non rispose riprendendo a singhiozzare.
“E’ per questo che sei venuto al Rakuzan? Per difendere il senpai!?” continuò lui stracciando le tende.
“No! All’inizio non è andata così!” urlò Kise cercando di sovrastare il rumore prodotto dal bastone della tenda mentre cadeva a terra.
Aomine si fermò voltandosi a guardarlo.
“Basta bugie Kise!”
“E’ la verità! Io… io l’ho fatto per non essere odiato da te!”
“Mi sembra che le cose abbiamo preso comunque questa direzione!”
“No! Non mi odiare… io… ho fatto una cosa orribile… e non volevo che tu ne venissi a conoscenza! Akashi sapeva tutto e mi ha minacciato” Kise rabbrividì.
Aomine si accasciò sul divano guardandolo torvo. Non riusciva a capire quella situazione così contorta.
“Spiegati meglio. Dall’inizio” ordinò con tono autoritario.
Kise tirò su con il naso cercando di controllarsi. Era giunto il momento di raccontare la verità ad Aomine e la situazione lo spaventava molto. Come l’avrebbe presa?
“Aominecchi…” fece un profondo respiro “ti ricordi dell’incidente di Kurokocchi al secondo anno?”
“… si…” rispose dubbioso cercando di capire cosa centrasse in quel momento.
“E’ stata colpa mia”.
Aomine spalancò gli occhi alzandosi rabbioso.
“COSA!? HA RISCHIATO DI MORIRE!!! PERCHE’ L’HAI FATTO???”
“PERCHE’ ERO GELOSO! Tu guardavi solo lui e non me. Ti desideravo ma mi ignoravi!”
“NON E’ UNA GIUSTIFICAZIONE! HAI QUASI UCCISO TETSU!” urlò disgustato.
Kise riprese a singhiozzare disperato, coprendosi il volto.
“E Akashi? Non ha parlato? Stavano insieme! Perché non ti ha ucciso!? Io come minimo lo avrei fatto!!!” continuò sputacchiando saliva troppa la rabbia.
Lanciò un calcio al muro e questa volta si allontanò zoppicando dal dolore.
“L’ha f-fatto…” mormorò.
“Cosa!?” sbraitò Aomine afferrandosi il piede.
“L’omicidio”.
 
***
 
Era in cucina, canticchiando a labbra chiuse una dolce melodia. Stava armeggiando con i tubi del gas, spalancando gli occhi nel momento in cui iniziò a fuoriuscire. Inalò per un attimo per poi allontanarsi, lasciando la porta della cucina aperta. Grazie al sistema di sicurezza tutte le finestre e le porte che conducevano all’esterno della villa erano state sigillate. Indossò la mascherina per non permettere al gas di stordirlo, infatti aveva invertito il sistema di aereazione della villa in modo da farlo circolare più velocemente in tutte le stanze.
Aumentò la velocità del passo sorridendo quando vide Murasakibara dirigersi verso di lui con passo malfermo.
“I… Impe…”
Non riuscì a terminare la frase perché cadde riverso sul pavimento. L’Imperatore lo punzecchiò con il piede voltandolo verso di lui per poterlo osservare meglio.
“E’ questo il posto che vi spetta” mormorò, poi continuò il suo cammino vero il terrazzo, dove Kuroko Tetsuya lo stava aspettando.
 
***
 
La metropolitana sferragliava sui binari facendo ondeggiare qualche passeggero che aveva preferito restare in piedi nonostante ci fossero molti posti a sedere vuoti. Uno di questi era Kagami Taiga, troppo teso per poter stare seduto. Guardava il riflesso del suo volto dai vetri oscurati dalla galleria, notando che era pallido, dopotutto non aveva più dormito da quando aveva scoperto la verità su Kuroko. Di fronte a lui c’erano Midorima e Momoi seduti: lui le aveva avvolto le spalle con un braccio mentre lei si era appoggiata al suo petto. Sembrava molto fragile con la sua espressione ansiosa e i suoi vestiti spiegazzati per le lunghe ore di viaggio. Midorima invece aveva gli occhi chiusi; inizialmente Kagami pensava stesse dormendo ma dal modo in cui si corrucciava era non solo sveglio ma stava anche pensando.
La suoneria del cellulare di Midorima li riscosse. Lui aprì immediatamente gli occhi frugando nelle sue tasche.
“Pronto?” rispose mentre i due ragazzi lo guardavano ansioso.
“Abbiamo un problema. Bello grosso direi” Aomine dall’altro capo del telefono era veramente adirato.
“Di che tipo?”
“Prima di tutto ho trovato la talpa del nostro gruppo, il caro modello doppiogiochista Kise Ryouta!” in lontananza si sentivano i singhiozzi di Kise.
“Questo già lo immaginavo. Poi?” chiese lui indifferente.
“Non possiamo più partire. La situazione è cambiata, dobbiamo avvisare la polizia!”
“La polizia?”
Kagami e Momoi si guardarono allarmati.
“La polizia? Perché? Cos’è successo!?” Momoi era sul punto di urlare.
“Tetsuya! Come sta? Gli ha fatto qualcosa!?”
“SSSSSHHHH! Non lo sento!” sbottò Midorima.
“Akashi non possiamo affrontarlo da soli, è molto pericoloso e…” si zittì all’improvviso.
“E?” incalzò Midorima.
“Aspetta un attimo… Kise, lo senti anche tu?”
Si sentì un singhiozzo soffocato e alcune parole sconnesse.
“Non sembra… gas?”
Midorima si alzò in piedi improvvisamente mentre veniva annunciata la loro fermata.
“Cosa succede?” chiese Kagami.
“Uscite di lì! Subito!” urlò Midorima.
“Kise apri le finestre, io chiamo la servitù”.
Si sentirono alcuni passi e qualcuno tossire in lontananza.
“Fuori non c’è nessuno e la puzza è più forte. Kise, le finestre!”
La metropolitana si fermò e i tre ragazzi si catapultarono fuori.
“Scappate!”
“Shin-chan! Cosa succede!?”
“Coff! Coff!”
“AOMINE!”
La comunicazione cadde lasciando Midorima sconvolto.
“MALEDIZIONE!”
Compose, continuando a correre, il numero di Aomine senza ottenere risposta.
“Cosa succede!?” urlò questa volta Kagami.
Midorima iniziò a comporre un numero diverso questa volta.
“L’Imperatore ha fatto la sua mossa e da soli non possiamo fermarlo”.
 
***
 
Villa Akashi.
Ore 20:52.
Camera di Aomine.
“Pronto? Midorima!”
Il suo cellulare si illuminò momentaneamente mostrando il simbolo della batteria scarica, spegnendosi poi del tutto.
“E che cazzo! Coso inutile!” sbraitò lanciandolo sul letto.
“Coff! Coff! Aominecchi… la finestra… non si apre… coff! Coff!”
Aomine si voltò verso Kise che stava perdendo colorito. Prontamente corse verso di lui provando ad aprire le finestre, inutilmente.
“Deve esserci qualcosa che… coff… non va nel sistema di sicurezza!”
Kise si coprì la bocca e il naso con le mani cercando di non inalare il gas. Aomine fece lo stesso sentendosi man mano sempre più confuso, la sua testa girava e non riusciva a pensare lucidamente.
“Pensa Daiki! Pensa!”
Vide Kise accasciarsi lungo il muro, tossendo forte, gli occhi arrosati per il pianto.
“Maledizione!”
Irritato si guardò intorno soffermando il suo sguardo sul comodino. Barcollò da quella parte riuscendo ad afferrarlo.
“Speriamo che non siano vetri indistruttibili” pensò raccogliendo la forza rimasta.
In quel momento le mani di Kise scivolarono via dal suo volto e la testa ciondolò di lato.
“KISE!” urlò Aomine correndo verso la finestra.
Scagliò il comodino con tutta la forza possibile, cadendo in avanti dopo averlo lanciato. Sollevò la testa annebbiata dai fumi del gas e esultò debolmente quando la finestra si ruppe facendo entrare aria. Trascinandosi a terra si diresse verso di lei acquistando lucidità man mano che respirava aria.
“Kise!” chiamò.
L’amico era ancora incosciente e non rispose.
“Forza Kise!” disse portandolo alla finestra.
Iniziò a schiaffeggiarlo sul volto finché non emise un lamento.
“Dai Kise! Dai!”
“Coff! Coff!”
Kise riaprì gli occhi e iniziò a respirare a pieni polmoni l’aria.
“Kise!” disse Aomine abbracciandolo sollevato, poi si scostò.
Kise continuò a tossire finché non riprese colore.
“Aominecchi…” mormorò “Murasakibara… Kurokocchi… dobbiamo trovarli!” disse agitato.
“Collaborerai con noi oppure sarai contro?” chiese Aomine severo.
“Collaboro” rispose sicuro.
Si alzò in piedi guardandosi intorno preoccupato.
“Come possiamo andare di là?” chiese Aomine “dobbiamo rompere più finestre possibili e non possiamo accendere nulla altrimenti salteremo in aria”.
Il volto di Kise si illuminò di colpo e corse verso le sue valigie iniziando a lanciare fuori tutto il contenuto.
“Kise non mi sembra il momento!” sbottò Aomine.
“Ecco!” sollevato tirò fuori alcune bombolette d’ossigeno portatili.
“E quelle?” chiese Aomine sbalordito avvicinandosi.
“Si usano per le immersioni. Le avevo acquistate perché volevo farne qualcuna” spiegò lui.
“Finalmente qualcosa di utile!”
Armeggiarono un attimo con le bombolette attivandole.
“Kise, tu cerca Murasakibara e mentre lo fai rompi più finestre possibili. Non accendere nulla mi raccomando! Io andrò da Tetsu e farò lo stesso! Portiamoci le altre bombolette in caso troviamo qualcuno”.
“Si!”
Corsero entrambi fuori ognuno pronto alla propria missione, dimenticandosi delle loro diatribe. Era il momento di comportarsi da adulti e salvare i loro amici.
“Tetsu” pensò Aomine angosciato “spero che tu sia ancora vivo”.
 
***
 
Villa Akashi.
Terrazza.
Ore 21:00.
Kuroko era appoggiato alla balaustra del terrazzo intento ad ammirare il paesaggio. La Luna era in pieno novilunio e il cielo era trapuntato di miriadi di stelle, le poche luci sparse per il terrazzo non impedivano la loro visione. Il mare era una tavola piatta e una leggera brezza scompigliava i suoi capelli. In lontananza alcune cicale avevano iniziato il loro concerto e da alcune palme lì vicino nuvole di lucciole brillavano ad intermittenza.
Sorrise a quel paesaggio socchiudendo pigramente gli occhi. Si sentiva rilassato e con una gran voglia di dormire lì mentre osservava le stelle. Chissà, forse Aomine sarebbe rimasto con lui come ai vecchi tempi. Da quanto tempo non dormivano insieme, chiacchierando e giocando fino a notte fonda? Sembravano essere passati secoli dall’ultima notte passata in quel modo, di solito si univa anche Momoi che finiva per addormentarsi presto mentre loro continuavano a parlare.
Aprì gli occhi pensieroso. Non era riuscito a capire il motivo per cui Aomine desiderava parlare in privato con lui in terrazza a quell’ora. Forse aveva qualche problema? A tavola aveva avvertito una certa tensione quindi sospettava che tra lui e Kise era successo qualcosa.
La porta d’ingresso del terrazzo si aprì e lui si voltò per accogliere il suo amico ma, rimase sorpreso quando vide entrare Akashi. Indossava un pantalone di lino bianco e una camicia rossa. In mano aveva una mascherina che appoggiò al tavolo più vicino. Kuroko si guardò rapidamente sentendosi fuori luogo con indosso il pigiama, poi si concentrò nuovamente su di lui. Aveva sul suo volto stampato un sorriso soddisfatto e sembrava eccitato, come se fosse appena accaduto qualcosa di bello.
“Tetsuya” salutò lui.
Kuroko non rispose rimanendo ad osservarlo. C’era qualcosa che non andava, non sembrava l’Akashi degli ultimi giorni ma…
“L’Imperatore…” mormorò scorgendo i suoi occhi arancioni.
“Ah, noto con piacere che hai ripreso l’uso della parola” disse sorridendo.
“Sei tornato” disse semplicemente lui.
“Ti sono mancato?” chiese.
“No”.
“Peccato”.
Rimasero un attimo a scrutarsi poi l’Imperatore si accomodò su una sedia facendo cenno a Kuroko di fare lo stesso.
“Non puoi andare via? Sto aspettando una persona” disse coraggiosamente Kuroko.
L’Imperatore inarcò un sopracciglio.
“Mi stai cacciando dalla mia stessa casa? Che coraggio” replicò divertito.
Kuroko non rispose stringendo innervosito i pugni.
“Comunque Aomine non verrà. Credo che in questo momento stia dormendo profondamente” fece un largo sorriso cosa che inquietò Kuroko.
“Come facevi a sapere di Aomine?” si avvicinò ad una sedia accomodandosi a debita distanza da lui.
“Gli ho chiesto io di darti appuntamento. Quando voglio sono molto convincente” rispose sistemandosi la manica della camicia.
“Non avevo dubbi” replicò Kuroko.
L’Imperatore alzò lo sguardo verso di lui divertito.
“Mi sembri sul piede di guerra oggi” commentò.
“Fino a pochi minuti fa non lo ero” disse nervoso.
Desiderava andare via ma sapeva che evitare ancora l’Imperatore avrebbe solamente peggiorato le cose.
“Volevi dirmi qualcosa?” chiese cercando di andare al dunque e ritornare in camera.
“Sei così impaziente di andartene?” chiese mettendo il broncio “detesti talmente tanto la mia compagnia? E io che volevo parlare con te come ai vecchi tempi…”
“Io con te non ho mai parlato. Con Sei-chan sì” disse brusco.
L’Imperatore si incupì.
“Allora cosa vuoi?” continuò.
L’Imperatore si alzò in piedi iniziando a camminare verso la sua direzione.
“Tetsuya, Tetsuya, Tetsuya… così non mi lasci altra scelta. E io che pensavo che forse parlandoti avrei trovato un motivo per risparmiarti ma così mi rendi la decisione più semplice” disse contrariato.
“Risparmiarti?” Kuroko era confuso.
“Esatto, risparmiarti. Dopotutto Seijuro ha sempre desiderato tornare con te, quindi perché non realizzare questo desiderio? Però… se rimani lui vorrà sempre tornare” si fermò davanti a Kuroko mettendo le mani in tasca “ma se scompari…” cacciò fuori delle forbici “non tornerà più!” con gesto fulmineo si avventò contro di lui.
Kuroko, grazie ai suoi riflessi, si scansò in tempo cadendo a terra insieme alla sedia. Si rialzò velocemente mentre l’Imperatore stava per ricominciare l’attacco. Kuroko corse verso la porta, spalancandola ma, dopo i primi passi, fu costretto a tornare indietro a causa della puzza del gas.
“CHE COSA HAI FATTO?” urlò spaventato.
L’Imperatore non rispose lanciandogli le forbici contro. Kuroko si scansò ma non troppo in fretta: le forbici avevano prodotto un lungo taglio sul braccio che iniziò a sanguinare. Sul volto dell’Imperatore si dipinse un ghigno soddisfatto e Kuroko esplose dalla rabbia. Forse in quel momento i suoi amici erano morti e lui rideva.
Emise un urlo animalesco, intriso di rabbia, e corse verso di lui dandogli una testata allo stomaco che lo fece piegare in due. L’Imperatore si accasciò a terra mantenendosi lo stomaco dolorante e tossendo. Kuroko corse verso la balaustra cercando una via di fuga visto che in casa non si poteva entrare, la sua mente era fredda e lucida, doveva salvarsi, voleva salvarsi, per Aomine, Kise, Murasakibara, Midorima, Momoi… soprattutto per i primi tre che forse erano già morti a causa della follia dell’Imperatore.
Il suo volto si bagnò di lacrime ma lui le asciugò rabbiosamente. Non era il momento di piangere, era il momento di reagire. Un urlo alle sue spalle lo fece voltare: l’Imperatore si era rialzato e aveva di nuovo tra le mani le forbici. Si avventò su di lui e questa volta Kuroko tirò un calcio alla sua mano facendo volare le forbici lontano. L’Imperatore si voltò furioso dalla sua parte sferrandogli un pugno, fu talmente forte che Kuroko cadde a terra sbattendo con la testa contro la balaustra.
“Perché mi sono così indebolito? Stupido!” pensò rabbiosamente.
Quel suo silenzio e non voler mangiare in quel momento non erano utili alla sua salvezza. Il suo corpo lo sentiva debole e gli girava la testa. Stordito dal colpo si sentì sollevare dal pavimento e poi il vuoto. Mise a fuoco e capì che l’Imperatore stava cercando di buttarlo di sotto, le sue mani stringevano il collo cercando di soffocarlo con sguardo folle. In un tentativo disperato, Kuroko gli afferrò i polsi cercando di allontanarlo ma la presa era troppo forte, pian piano perse le forze e si rese conto che presto avrebbe raggiunto Aomine e gli altri nell’aldilà.
“S-S-Sei-chan…” riuscì a sillabare.
Lo sguardo dell’Imperatore si incupì e allentò la presa confuso. Kuroko ne approfittò sferrandogli un calcio con la poca forza rimasta, liberandosi così definitivamente dalla sua presa. L’Imperatore indietreggiò mantenendosi la testa con aria sofferente mentre Kuroko tossiva a terra. Strisciando si allontanò dalla balaustra avvicinandosi alle forbici, spiando con la coda dell’occhio l’Imperatore.
“No…” stava mormorando.
Kuroko non capì cosa stesse succedendo all’Imperatore però per lui era l’occasione perfetta per armarsi e cercare un modo per fermarlo.
“NOOOOO!!!” urlò all’improvviso.
Kuroko saltò in piedi stringendo forte le forbici nella sua direzione con mano tremante. Cosa avrebbe fatto ora?
L’Imperatore liberò lentamente la testa dalle sue mani e con sguardo spaventato guardò un tremante e ferito Kuroko.
“T-Tetsuya…” disse.
“S-Sei-chan?” gli occhi erano entrambi rossi.
“Sì… Tetsuya… ho poco tempo!” scosse la testa con espressione dolorante “Ascoltami attentamente, lui tra poco tornerà, non sono così forte da tenerlo a bada quindi legami, fai in modo che non ti possa nuocere fino all’arrivo dei soccorsi!” disse agitato.
“Sei-chan! Ce la puoi fare” disse Kuroko avvicinandosi.
“No, Tetsuya. Tu non capisci. Lui è troppo forte!” replicò con voce tremante portandosi una mano alla testa.
“Ma tu lo sei ancora di più! Che fine ha fatto il Seijuro Akashi che conoscevo, il ragazzino che affrontava tutto a testa alta?”
Dei rumori provenienti dall’interno della casa li zittirono. Colsero alcune voci famigliari e Kuroko sospirò di sollievo, tra le più forti sentì Aomine e un’altra voce che lo colse di sorpresa.
“K-Kagami-kun?” disse confuso.
“KUROKO!!!” urlò una voce in lontananza.
“K… KAGAMI-KUN!” urlò lui di rimando.
Mosse alcuni passi verso l’ingresso ma una mano lo fermò. Si voltò sorpreso e vide che Akashi gli aveva preso le forbici e ora le puntava verso il suo viso.
“Oh, mio piccolo Tetsuya. Pensavi di avermi sconfitto?” chiese con voce minacciosa.
Un occhio era diventato arancione e Kuroko cercò di liberarsi dalla presa.
“Sei-chan! Ti prego! Ritorna in te!” disse con voce disperata.
“KUROKO!” la voce era sempre più vicina.
Akashi vacillò un momento scuotendo la testa.
“Dai Sei-chan!” disse Kuroko “sei più forte!”
Lui chiuse gli occhi e pian piano indietreggiò verso la balaustra trascinando con sé Kuroko che lo seguiva preoccupato.
“Forza Sei-chan!”
Toccarono la balaustra e lui si afferrò la testa tra le mani con espressione sofferente.
“KUROKO!”
Kagami, Aomine e Midorima fecero il loro ingresso. Kuroko si voltò verso di loro sollevato. Finalmente tutto stava per finire. Fece un passo verso di loro aprendosi in un sorriso.
“Non così in fretta” disse una voce che fece gelare il sangue a tutti.
La mano di Akashi strinse forte il suo polso per poi tirarlo verso di sé e, con la mano libera, gli puntò le forbici alla gola.
“Imperatore!” disse Aomine scorgendo i suoi occhi aranciati.
“Niente per me” disse guardandolo “niente per nessuno” aggiunse con un sorriso folle rivolgendosi a Kagami.
“KUROKO!” urlò lui correndo in avanti.
L’Imperatore si arrampicò sulla balaustra cadendo all’indietro con un Kuroko troppo sorpreso da quell’azione fulminea per poter regire. Gli sembrava di star vedendo tutto a rallentatore: le forbici puntate al collo, la risata dell’Imperatore che risuonava nel suo orecchio, gli sguardi impauriti dei suoi compagni, Kagami che correva verso di lui e poi… il vuoto.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciao! Eccomi qui con la continua del capitolo precedente!
Già immagino le vostre facce e i vostri commenti:
“Come hai potuto??”
“Noooo!!!”
“Li hai uccisi!!!”
Hihi… sadica fino al midollo vi farò soffrire un altro po’. Nel prossimo capitolo comincerà l’arco narrativo della Teiko Arc. Però non preoccupatevi, non sarà proprio sotto forma di racconto altrimenti non finirò più di scrivere questa fanfiction xD
Ma ora ricapitoliamo. Avevamo lasciato Aomine con la scoperta del tradimento da parte di Kise, il nostro modello qui confessa di stare ancora con il senpai e di amarlo. Inoltre scopriamo il vero motivo per cui Kise è andato al Rakuzan, nominando uno strano incidente in cui Kuroko ha rischiato di morire e di cui Akashi conosce i retroscena e poi… di un possibile omicidio? Cosa sarà successo di preciso alle scuole medie?
Poi abbiamo l’Imperatore con la sua decisione di mettere fine a tutto uccidendo la Generazione dei Miracoli al completo e vuole uccidere Kuroko con le sue stesse mani perché è per colpa sua se Seijuro è ancora presente. Allora perché l’ha voluto con sé al Rakuzan?
Infine Kuroko si sveglia e reagisce! Il nostro ragazzo apatico ingaggia una lotta contro l’Imperatore concludendosi con un folle volo dal terrazzo sotto gli sguardi attoniti di Kagami, Aomine e Midorima.
Come si concluderà questa faccenda?
Bene, spero di avervi incuriositi ancora di più e attendo le vostre impressioni e ipotesi ;)
Grazie mille a tutti per il vostro sostegno e al prossimo capitolo! =D

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Capitolo 30
*** Teiko Arc: il primo anno delle medie ***


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30. Teiko Arc: il primo anno delle medie
 
Stava seduto in un angolo della camera in cui era stato rinchiuso. Almeno era quello che credeva. Si era risvegliato in quel luogo avvolto completamente nel buio, senza sapere come e quando era arrivato lì. L’ultima cosa che ricordava era lo sguardo spaventato di Kagami e poi più nulla.
Il vuoto.
Si alzò per l’ennesima volta deciso a trovare l’uscita e Kagami. Lui doveva parlargli, doveva capire, doveva sapere che i suoi sentimenti non erano cambiati.
Avanzò a tendoni toccando con le mani la parete, nella speranza di trovare una porta, una finestra, una fessura, qualsiasi cosa pur di uscire ma, si ritrovò al punto di partenza senza aver trovato nulla. Si accasciò nuovamente sul pavimento coprendosi il volto tra le ginocchia.
Non ce la faceva più, voleva uscire da quella situazione e vivere come un semplice ragazzo della sua età, tra scuola, basket, amici, amore. La vita che conduceva prima dell’arrivo dell’Imperatore.
“L’Imperatore” mormorò “chissà che fine ha fatto…” aggiunse ricordando improvvisamente del volo dal terrazzo.
Spalancò gli occhi agitato e confuso ricordando tutti i dettagli.
Quindi… era vivo o morto?
“Kagami-kun…” mormorò mentre una lacrima scivolò sul suo viso.
Una piccola luce proveniente dalla parete di fronte lo accecò. Si coprì il volto per poi sbirciare attraverso le dita.
“Kuroko”.
Dalla luce sbucò una mano tesa verso di lui.
“Kuroko”.
La voce era calda e rassicurante. Kuroko si alzò piano e si avvicinò con passo incerto. E se fosse stata una trappola?
“Kuroko”.
Kuroko aprì la bocca per lo stupore.
Quella voce la conosceva.
“Kuroko”.
“Kagami-kun” disse allungando la mano.
Nel momento in cui le due mani si strinsero Kuroko avvertì una forte sensazione di calore e tutto intorno a lui si illuminò accecandolo del tutto.
“Kuroko…”
“Nnn…”
“Si sta svegliando!”
“Zitto idiota, così lo spaventi!”
“Cosa vorresti dire!?”
“Piantatela! Tutti e due!!”
“Stupida scimmia…”
“BaKagami…”
Kuroko strinse la sua mano destra aumentando la presa su un corpo caldo. Nella stanza calò un silenzio teso e, nonostante gli occhi chiusi, sentiva degli sguardi puntati su di lui.
“Forza, torna da noi…” mormorò una voce femminile.
Sentì una pressione alla sua mano sinistra e lui ricambiò la stretta. La voce femminile sussultò aumentando la presa.
“Tetsuya, basta dormire. Apri gli occhi” mormorò una voce rassicurante alla sua destra.
Le sue palpebre tremarono e sentì che qualcuno tratteneva il fiato poi, i suoi occhi si aprirono lentamente e la prima persona che vide fu Aomine che lo guardava dai piedi del letto.
“Tetsu” lo salutò con un sorriso sollevato.
“T-Tetsu-c-c-chan!”
Voltò la testa lentamente a sinistra trovando una Momoi con le lacrime agli occhi. Lui gli fece un accenno di sorriso per rassicurarla, ancora incerto se si potesse muovere o no.
“Tetsuya…”
Guardò dall’altra parte e vide Kagami. Aveva delle profonde occhiaie e un’espressione preoccupata. Il suo cuore accelerò di battiti e contemporaneamente aumentarono anche degli strani bip che aveva sentito al suo risveglio.
“Lo sapevo che non dovevi essere qui al suo risveglio. Lo stai facendo agitare” borbottò Aomine.
Kagami non rispose continuando a stringere la sua mano. Momoi, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, si alzò dirigendosi verso Aomine.
“Usciamo” bisbigliò.
“Come?” rispose lui a voce alta.
“Andiamo ad avvertire i dottori” replicò a denti stretti dandogli un pizzicotto.
“Ahia! E va bene!” sbottò di risposta seguendola fuori.
Chiusero la porta e in lontananza si sentì un “Non hai tatto!” da parte di un’irritata Momoi.
Intanto Kagami e Kuroko continuavano a fissarsi in silenzio rotto solo dai bip del macchinario che controllava le pulsioni vitali di quest’ultimo.
“K-Ka-Kagami-k-k-kun…” disse con voce rauca.
Provò a schiarirsela ma trasalì avvertendo una fitta al petto.
“Ssssh” disse Kagami portando la mano libera sul volto del suo compagno.
Gli accarezzò dolcemente il viso scostandogli i capelli umidicci di sudore sulla fronte. Kuroko notò il tremore della mano e i bip del macchinario aumentarono ancora.
“… perdonami…” aggiunse mentre calde lacrime iniziarono ad offuscargli lo sguardo.
Kagami si alzò in piedi e gli posò un dolce bacio sulla fronte. Desiderava stringerlo tra le sue braccia ma con tutti quei tubicini e un paio di costole incrinate, rischiava solo di fargli molto male. Si scostò di poco raccogliendo con le sue labbra le lacrime di Kuroko che continuavano a scendere incontrollate.
“Ssssh…” disse accarezzandogli la testa “basta piangere. Da oggi in poi non avrai bisogno di piangere… m-mai più…” aggiunse lui con voce tremante.
Kuroko si accorse che anche Kagami stava piangendo e, con incertezza, riuscì a sollevare il braccio sinistro libero dalla flebo per potergli sfiorare il volto. Kagami gli strinse la mano e appoggiò la fronte sulla sua.
“Non ci separerà più nessuno” mormorò “sei d’accordo?” aggiunse con tenerezza.
Kuroko annuì piano ridacchiando, un sorriso acquoso che fece aumentare questa volta il battito del cuore di Kagami.
 
***
 
Kagami era seduto nel corridoio dove era presente la camera di Kuroko, trasferito dopo il suo risveglio. Condivideva la camera con Murasakibara, ricoverato a causa dell’eccessivo gas inalato. Per sua fortuna Kise l’aveva trovato in tempo trascinandolo fuori facendogli inalare l’ossigeno della bomboletta. Secondo i medici se fosse stato lì ancora due minuti sarebbe sicuramente morto.
In quel momento però, Kuroko era in compagnia di un ispettore di polizia e di un poliziotto che lo stavano interrogando sull’accaduto. Ad aspettarlo fuori, insieme a lui, c’era Aomine seduto a braccia conserte ed occhi chiusi.
Kagami rimase un attimo ad osservarlo, ora che avevano un attimo di respiro si rese conto di quanto fosse cambiato: il taglio di capelli era rimasto lo stesso ma la sua pelle era ancora più scura del solito visto che aveva passato tutto quel tempo al mare, inoltre i tratti del viso erano più marcati e si era forse alzato di un paio di centimetri. L’unica cosa che continuava a contraddistinguerlo era il suo pessimo carattere, in quei due giorni non aveva fatto altro che infastidirlo ed insultarlo. Stranamente Midorima gli aveva chiesto di essere paziente perché Aomine stava attraversando un periodo difficile.
“Lui! E io cosa dovrei dire?” pensò irritato mettendosi anche lui a braccia conserte.
La porta si aprì e Kagami balzò in piedi pronto ad entrare senza salutare l’ispettore. Aomine aprì semplicemente gli occhi rimanendo a fissarlo senza parlare. Era stato interrogato anche lui e non avevano fatto altro che litigare. Quando si allontanò raggiunse Kagami e Kuroko in stanza che, come negli ultimi due giorni, stavano mano nella mano.
“Troppo mielosi per i miei gusti” pensò esasperato.
“Tra mezz’ora ci dobbiamo vedere tutti. Finalmente Kise il falso ha deciso di parlare e anche Murasakibara. Ci vediamo dopo in giardino” disse.
“Va bene” risposero all’unisono Kagami e Kuroko.
Aomine si avvicinò ai piedi del letto di Kuroko recuperando la sua borsa per poi andarsene senza aggiungere una parola.
“Non ci voleva. Da quando Kise gli ha detto che la loro relazione era finta, Aomine è cambiato in peggio” commentò Kuroko incupito.
“Vuoi dargli torto? Io come minimo lo avrei strangolato” commentò Kagami.
“… io ti ho fatto una cosa simile dopotutto…” mormorò Kuroko calando la testa.
“Ma era diverso! Mi hai lasciato per salvarmi!” disse con enfasi Kagami stringendogli la mano “Kise ha fatto lo stesso ma ingannando così un’altra persona”.
“Io… posso capire Kise-kun… perché ho provato a fare la stessa cosa…”
Kagami corrugò la fronte perplesso.
“Cosa di preciso?” chiese.
“Ho provato a sedurre Akashi-kun… ma l’Imperatore mi ha scoperto subito. Volevo fingere di stare con lui in modo che ti lasciasse in pace definitivamente” mormorò.
Kagami, senza dire una parola, si sedette sul letto avvolgendolo in un abbraccio, desiderava stringerlo di più però rischiava di fargli male.
“Taiga?” chiamò Kuroko perplesso.
“Stupido. Non avevi bisogno di spingerti così oltre per me” disse appoggiando il mento sulla sua testa.
“E’ successo quella sera del ritiro dopo il nostro litigio. Mi sentivo così vulnerabile ed inoltre avevo il timore che lui sapesse di quell’incontro. Volevo certezze, non solo minacce” disse lui stringendolo.
“Ormai è passato e per ora l’Imperatore non può più nuocere”.
“Non si è svegliato?”
“No, è ancora in coma”.
Kuroko sospirò alzando la testa verso l’alto per poter dare un bacio casto sulle labbra a Kagami. Lui arrossì, colto di sorpresa e si scostò balbettando imbarazzato. Kuroko lo guardò ansioso, forse a causa della prolungata separazione, non voleva avere più contatti così intimi?
“C-che c’è?” chiese agitato.
“N-niente!” balbettò lui.
“Mi dispiace, non volevo turbarti! Non lo farò più! Dopotutto ti ho lasciato e…”
“Non è per quello! Solo che… mi sto trattenendo dal saltarti addosso e, visto che sei ancora in convalescenza…” si zittì imbarazzato.
Anche Kuroko arrossì e abbassò lo sguardo osservando ostinatamente le mani. Si sentiva più leggero dopo quelle parole, il suo timore era che, nonostante la sua presenza lì, fosse in dubbio sui suoi sentimenti. Erano stati separati per tanto tempo e avevano sofferto molto entrambi, quindi si aspettava qualche reazione negativa da parte sua.
“Q-quindi…” disse riprendendo incerto la parola “posso ridarti questo?”
Kagami lo guardò con curiosità mentre frugava nel cassetto del comodino posto accanto a lui. Dopo un po’ estrasse una collana con due ciondoli a forma di “T”.
“I ciondoli!” disse lui incredulo.
“Posso?” chiese indicando il suo petto dove, appesa alla collana, c’era il suo vecchio anello.
Kagami annuì chinando il busto verso la sua direzione. Kuroko allungò le braccia circondandogli il collo in modo da sganciare la collana. Sotto lo sguardo attento del compagno, sfilò l’anello sostituendolo alla lettera “T” per poi riagganciare la collana.
“Tocca a me” disse Kagami prendendogli dalle mani la sua collana.
Kuroko chinò la testa permettendo così a Kagami di agganciarla. Quando finì si guardarono entrambi in silenzio poi, Kagami afferrò entrambe le mani di Kuroko aprendosi in un largo sorriso.
“Ora si che è tutto a posto” disse.
“Già” disse Kuroko sorridendo di rimando.
Rimasero così un bel po’, chiacchierando, aggiornandosi su ciò che era successo. Kuroko era soprattutto curioso di avere notizie della sua vecchia scuola e rimase sorpreso quando Kagami gli disse che lui e la coach avevano stretto una bella amicizia e dei cambiamenti di quest’ultima. Furono interrotti da Murasakibara, rientrato in camera per potersi cambiare la maglia.
“E’ quasi l’ora?” chiese Kuroko.
“Sì, ho visto prima Midorima e Momoi avviarsi in giardino” rispose.
“E… Akashi-kun?” continuò.
Murasakibara si incupì mentre indossava la maglia pulita.
“Ancora niente”.
Kuroko annuì e si lasciò aiutare da Kagami ad alzarsi dal letto. Murasakibara lo aiutò avvicinando la sedia a rotelle.
“Andiamo” disse precedendoli per aprire la porta.
Kagami lo condusse fuori guidando la sedia a rotelle un po’ a disagio. A differenza di Kuroko che nell’ultimo periodo si era ricreduto ed abituato alla gentilezza di Murasakibara, Kagami era sospettoso.
Camminarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Murasakibara non toccava dolci dal giorno dell’incidente e molte volte rimaneva in silenzio a fissare il vuoto. Nell’orario delle visite spariva per restare al capezzale di Seijuro insieme alla famiglia Akashi, accorsa appena ricevuta la notizia dell’incidente. Con loro erano arrivati anche i genitori di Murasakibara e di Kuroko. Alloggiavano tutti nella villa di Akashi, messa a disposizione dopo il ripristino dell’impianto del gas e la sostituzione delle vetrate rotte. Anche i ragazzi continuavano a stare lì, Kagami incluso. Però si sentivano sempre inquieti e agitati, come se l’Imperatore fosse lì con loro pronto ad infastidirli.
Passarono vicino al reparto intensivo, dove in quel momento Akashi era in coma. Secondo le testimonianze, durante la caduta dal terrazzo, Akashi aveva fatto in modo di accusare tutto il colpo, proteggendo con il suo corpo Kuroko. Inoltre gli alberi avevano frenato e attutito la caduta, per questo motivo Kuroko se l’era cavata con qualche escoriazione e due costole incrinate mentre Akashi era ancora in coma. Secondo i medici, la caduta aveva provocato pochi danni, una frattura al braccio sinistro e un bel colpo alla testa. Per fortuna non si era creata nessuna emorragia interna e si sarebbe già dovuto svegliare però, non sapevano spiegarsi il motivo per cui lui era ancora riverso nel letto, in coma.
La giornata, a differenza del loro umore un po’ cupo, era gioiosa. Il sole si stagliava alto nel cielo illuminando l’enorme giardino posto sul retro dell’ospedale. Il colore prevalente era il verde con tutte le sue sfumature e, qua e là aiuole di fiori coloravano l’ambiente insieme a farfalle variopinte che svolazzavano a zig-zag. Nonostante fossero molto lontani dal mare, ogni tanto giungeva il profumo di salsedine trasportato dal vento. Kuroko ispirò quel buon profumo, felice di poter finalmente godersi una giornata estiva in santa pace, senza paura. Sapeva perfettamente che di lì a poco sarebbe ripiombato nel suo passato doloroso che aveva cercato di cancellare ma doveva sapere, doveva capire il motivo di tutte le sue sofferenze.
Sotto l’ombra di un enorme albero, seduti su una grande tovaglia, Momoi stava servendo del tè a Midorima e Aomine. L’unico in disparte era Kise, appoggiato al tronco dell’albero con aria sofferente.
“Tetsu-chan!” salutò Momoi con un sorriso notando la loro presenza.
“Siamo al completo” commentò Midorima sistemandosi gli occhiali.
Kagami aiutò Kuroko a sedersi sulla tovaglia in modo che si potesse appoggiare al tronco. Aomine gli fece spazio avvicinandosi di più a Momoi mentre Murasakibara prese posto accanto a Midorima. Kise si accomodò tra Kagami e Mursakibara, cercando di stare il più lontano possibile dalla sguardo truce di Aomine.
“Allora? Parlate!” sbottò Aomine rude.
“Dai-chan!” esclamò Momoi in tono di rimprovero.
“Dai-chan un corno! Vi voglio ricordare che quell’idiota è il responsabile dell’incidente di Tetsu alle medie dove ha rischiato la vita! E lo stava facendo ancora!” urlò Aomine.
“Aomine!” lo rimproverò Midorima “non urlare! Lo sai che la polizia è alle nostre calcagna per l’incidente del terrazzo”.
“Dai-chan, per favore” disse Kuroko intervenendo
Gli prese una mano stringendola forte in modo da calmarlo ma la cosa urtò maggiormente Aomine perché con quel tocco poteva constatare il suo grado di magrezza causato dall’Imperatore e la sua banda.
“Sono sicuro che c’è una spiegazione plausibile a tutto questo” continuò.
Aomine non rispose fermando il suo sguardo minaccioso su uno sconsolato Kise.
“Non vi seguo. Alle medie Kise ha quasi ucciso Kuroko?” chiese Kagami incredulo.
“No! Io…” cominciò Kise sconvolto.
“No, non è stato Kise e smettila di darti colpe che non hai. Sappiamo bene tutti chi è stato” intervenne Murasakibara con tono secco.
I ragazzi abbassarono lo sguardo con aria cupa incluso Kuroko che rabbrividì.
“Allora spiegati” disse Midorima verso Kise.
“Un momento!” disse Momoi intervenendo “prima di arrivare a quel punto credo che Kagami ha il diritto di sapere tutta la storia dall’inizio, dal nostro primo anno”.
“E per quale motivo?” chiese Aomine “non è successo nulla in quel periodo”.
“Credo che una rinfrescata farà bene a tutti anche per ricordarvi chi è il vero Akashi Seijuro” disse Murasakibara.
“Non mi dire, il tuo amichetto psicopatico che ha quasi ucciso Kuroko ha avuto qualche trauma infantile a causa della sua famiglia? Un ricco ereditiere, figlio unico, cresciuto senza l’amore di mamma e papà che stavano troppo tempo al lavoro creandosi così un amico immaginario pericoloso?” disse Kagami scettico, tutto d’un fiato.
“No” rispose Murasakibara con tono glaciale “l’Imperatore è nato durante il secondo anno delle medie. E tutti voi sapete benissimo com’era Seijuro all’inizio”.
“Concordo con Murasakibara” disse Momoi “e ve lo posso dimostrare con queste”.
Armeggiò con la sua borsa sotto lo sguardo incuriosito di tutti, persino Kise allungò il collo per capire cosa stesse facendo.
“Ma quelle sono fotografie!” esclamò Kagami.
“Esattamente” iniziò a sparpagliarle in giro e molti di loro sputarono il tè per la sorpresa: tutte le foto li ritraevano al primo anno delle medie e la cosa sorprendente erano le modifiche apportate da Momoi.
“Oh-mio-Dio” disse Kise incredulo “ehi! Perché ho del fumo che esce dalla testa??”
“Ho i baffi…” commentò Murasakibara interessato osservando una foto che lo ritraeva.
“Un coniglietto” disse Kuroko ridacchiando.
“Perché nelle foto in cui c’è Aomine ci sono tutti questi cuori e baci?” chiese Midorima perplesso.
“Semplice, perché mi piaceva Dai-chan” rispose noncurante Momoi prendendone una.
“COSA!?”
“Ehi Tetsu, guarda questi baffi” disse Aomine ridacchiando mostrando una foto che ritraeva loro due e Kise mentre giocavano ai videogiochi.
“E questa? Eravate a qualche ritiro?” chiese Kagami prendendo la foto che li ritraeva mentre erano intenti a giocare con i cuscini.
“Si” rispose Kuroko sorridendo.
“Quindi quando vi siete incontrati tutti? Quando è nata la Generazione dei Miracoli?” continuò Kagami osservando le altre foto.
“Uhm… io andavo in classe con Murasakibara e Satsuki” disse Aomine sovrappensiero.
“Io con Kuroko” disse Midorima.
“Io con Akashi” aggiunse Kise. 
“Però è stato sul campo da basket che è nata la nostra amicizia” disse Momoi sorridendo nostalgica.
 
“Ehi Tetsu! Sei pronto per le selezioni di oggi?”
“Non proprio Dai-chan, la Teiko è molto esigente”.
“Ma ti sei allenato con me! Vedrai, andrà tutto bene!”
“E Satsuki?”
“E’ stata già scelta come manager. Quando vuole ottenere qualcosa ci riesce sempre”.
“Quindi oggi è il nostro turno per le selezioni”.
“Si, ieri hanno esaminato i primi 100 studenti”.
 
“Dai-chan! Non così indietro” intervenne Momoi esasperata.
“E va bene!” sbottò Aomine imbronciato.
“Siete entrati subito?” chiese Kagami interessato.
“No” rispose Kuroko “gli altri entrarono subito, io invece entrai in terza squadra”.
“Terza squadra?”
“Si, ci sono ben tre squadre di basket e quelli della terza sono un po’… degli scarti. Ho rischiato di non riuscire ad entrare in prima squadra” spiegò Kuroko.
“Ma con il grande Aomine sensei, ce l’hai fatta!” disse Aomine drizzando la schiena e indicandosi con aria di superiorità.
“Aomine sensei? Ahahah! Non farmi ridere idiota!” disse Kagami sarcastico.
“Idiota a chi!???”
“Smettetela!!!”
Mentre Midorima cercava di calmare le acque, Kuroko ripensò a quei giorni angosciosi in cui aveva rischiato di non poter giocare a basket. Per fortuna aveva avuto Aomine dalla sua parte e un’altra persona.
 
Kuroko era in palestra in attesa di Aomine, alle prese con gli allenamenti della prima squadra. Lui era stato inserito in terza squadra poiché non possedeva particolari doti. Per la Teiko la vittoria era tutto, quindi nessun perdente in prima squadra, solo i geni del basket. La seconda squadra era composta soprattutto dalle riserve della prima, ragazzi con delle potenzialità da definire ed affinare. Nella terza squadra venivano rilegati i ragazzi alle prime armi con il basket: durante la loro permanenza dovevano dimostrare di possedere qualche dote per poter proseguire altrimenti, venivano espulsi. Kuroko era tra quelli che rischiavano di essere cacciati via.
Sospirò e si mise a palleggiare. Dopo gli allenamenti lui ed Aomine si vedevano per potersi allenare insieme, in realtà l’amico non ne aveva bisogno però si prodigava per Kuroko e, durante quelle interminabili ore, Momoi era con loro, raccogliendo dati e consigliandoli.
Stava palleggiando da più di mezz’ora cercando di mandare il pallone nel canestro, inutilmente. Continuava a ribalzare sul bordo. Frustrato gli diede un forte calcio facendolo volare dall’altra parte del campo però poi iniziò a saltellare afferrandosi il piede dolorante.
“Uhm… non penso che dovrebbe essere usato così” commentò una voce.
Kuroko si voltò notando un ragazzo dai capelli rossi che lo guardava sorpreso ma allo stesso tempo curioso. Si avvicinò con passo elegante nella sua direzione, con una disinvoltura e sicurezza che lo misero a disagio poi, si accorse della tuta della squadra di basket e fece un passo indietro. Non sapeva se occorresse un’autorizzazione per poter utilizzare la palestra senza la sorveglianza di un insegnante.
Il ragazzo dai capelli rossi, accorgendosi del timore provato da Kuroko, si fermò.
“Sai, mi hai sorpreso. Non pensavo che dietro le voci di un fantasma nella palestra numero tre, ci fossi tu” disse scrutandolo con interesse.
“Fantasma?” rispose perplesso.
Il ragazzo annuì. Kuroko sospirò rassegnato: già passava inosservato ed ora lo definivano un fantasma.
“Fai parte della squadra di basket?” chiese continuandolo a fissare intensamente.
“Sì, sono nella terza squadra… ancora per poco però” aggiunse con voce atona.
“Perché?”
“Perché sono scarso. Non sono neanche in grado di fare canestro”.
Il ragazzo non rispose avvicinandosi di più.
“Uhm…” disse girandogli attorno.
“C-che fai?” chiese Kuroko a disagio.
“Mi fai vedere come ti muovi in campo?” chiese tornando al punto di partenza.
“O-ok” rispose perplesso.
Tornò in campo correndo a recuperare il pallone. Non sapeva cosa il ragazzo avesse in mente ma la situazione lo turbava. Guardò il canestro iniziando a palleggiare, dirigendosi di corsa in quella direzione finché il ragazzo non si frappose tra lui e il canestro. Indignato, lo dribblò proseguendo la corsa e tirò verso il canestro non andando a buon fine.
“Lo sapevo” pensò rassegnato.
Si voltò verso il ragazzo con aria dispiaciuta. Lui camminò nella sua direzione posizionandosi di fronte, a pochi centimetri di distanza dal suo viso. Kuroko si perse in quegli occhi rossi che lo scrutavano con grande interesse, il battito del suo cuore aumentò e confuso strinse i denti, come se cercasse di trattenersi.
Il ragazzo fece un passo indietro liberandolo da tutta quella pressione.
“Hai tutte le carte in regola per entrare in prima squadra” disse infine.
“Davvero?” chiese Kuroko scettico.
“Sì e lo puoi fare solo se userai un’abilità a te innata” continuò.
“Un’abilità innata?”
Il ragazzo gli scompigliò i capelli azzurri regalandogli un dolce sorriso. Kuroko allontanò la mano come se fosse stato toccato da un tizzone ardente. Imbarazzato coprì la bocca con una mano incapace di proferire parola. Sperava solo che il ragazzo non sentisse il battere furioso del suo cuore.
“Alla prossima… piccolo fantasma”.
 
“E quindi con l’entrata in squadra di Kuroko, siamo diventati una squadra” disse Midorima.
“Wow, non avrei mai pensato che Kuroko non fosse in grado di giocare. L’ha fatto quando è venuto al Seirin però con la partita contro Kise ha rivelato le sue carte. Dico bene, Tetsuya?” chiese Kagami.
Kuroko non rispose, immerso nel ricordo del primo incontro con Akashi Seijuro, il ragazzo di cui si era innamorato in quell’istante.
“Tetsu?” chiese Aomine sventolandogli la mano davanti al volto.
Kuroko si riscosse sbattendo le ciglia confuso.
“Eh?” disse.
“Bentornato dal mondo dei sogni, Tetsu-chan!” disse Satsuki divertita.
Midorima incurvò le labbra ma nascose il suo sorriso sollevandosi gli occhiali.
“Sei stanco? Vogliamo proseguire in camera?” chiese Kagami ansioso.
“No, no. Stavo solo pensando a quando mi allenavo con Dai-chan per entrare in prima squadra” rispose velocemente.
Non gli sembrava il caso di rivelare davanti a tutti di come si fosse innamorato di Akashi, preferiva parlarne in privato con Kagami, meritava di sapere tutto.
“Quindi siamo entrati tutti in prima squadra, non ancora formati certo ma, eravamo lì” disse Murasakibara.
“E da quel momento è stato uno spasso totale!” disse Momoi lanciando le braccia in aria “la Generazione dei Miracoli stava muovendo i primi passi, mostrando le loro abilità. Da bruchi sono diventati crisalidi in attesa di rinascere come farfalle!”
Tutti la guardarono perplessi, incapaci di comprendere il perché di tutto quell’entusiasmo. Midorima, imbarazzato dall’atteggiamento della sua ragazza, si allontanò di poco prendendo le distanze.
“Che c’è?” chiese Momoi calando le braccia.
Murasakibara prese la parola rompendo così quel momento di silenzio.
“Non proprio tutti. Durante il primo anno solo alcuni svilupparono le proprie abilità: io, Aomine, Midorima e Kise. Akashi aveva un’ottima attitudine al comando quindi venne nominato vice capitano ed era un ottimo giocatore ma, non possedeva ancora l’occhio dell’Imperatore mentre Kuroko…”
“… avevo sviluppato solo la misdirection. Non sapevo fare altro e la durata era limitata durante le partite” finì lui.
“Ah capisco, però sei entrato comunque in prima squadra al primo anno?” chiese Kagami.
Kuroko annuì.
“Quindi al primo anno tutto era tranquillo?” continuò Kagami.
“Sì” confermò Murasakibara “ognuno aveva dei semplici problemi adolescenziali, come tutti d’altronde. Però insieme abbiamo superato molte avversità e ostacoli…”
“Io ad esempio” disse Kise “ero molto timido al primo anno e…”
“Tu timido?? Non posso crederci!” disse Kagami sorpreso.
“Lo era” intervenne Midorima “balbettava anche quando ci rivolgeva la parola”.
“Esatto…” continuò Kise “nonostante ciò volevo diventare un modello come mia madre. Volevo rompere la mia timidezza ed entrare in questo mondo che mi affascinava così tanto… solo che il mio primo provino non andò bene. Mi scoraggiai talmente tanto da rinunciarci” il suo volto si incupì.
“Allora perché poi ci hai riprovato?” chiese Momoi perplessa.
“Grazie ad Aominecchi”.
Calò il silenzio e tutti guardarono verso Aomine che finalmente lanciò uno sguardo confuso a Kise.
“Io?” chiese.
Non ricordava quando aveva aiutato Kise a non abbandonare il suo sogno. Al primo anno era sempre così timido e lui cercava di essere gentile nei suoi confronti. Ma addirittura questo?
“Sì… E’ stato quando siamo andati a comprare il regalo di compleanno per il padre di Momoi-chan. Oltre a comprare qualcosa per lui iniziammo a provare un po’ di vestiti e tu mi hai chiesto perché avevo rinunciato al mio sogno di modello. Quando hai sentito il motivo mi hai dato un pugno in testa e mi hai rimproverato, una strigliata che non dimenticherò mai più…” rabbrividì.
“Ah ricordo” disse Momoi imbronciata “ci cacciarono dal negozio per colpa tua!”
“Però grazie a quelle parole ho trovato il coraggio di riprovarci e… eccomi qua” finì lui abbassando lo sguardo.
“Mi sono innamorato di te in quel momento. Ma questo non posso dirtelo” aggiunse mentalmente.
“E Testu?” chiese distogliendo l’attenzione “di solito vieni sempre in queste occasioni”.
Kuroko arrossì improvvisamente.
“A-avevo già impegni!”
 
“Ragazzi per oggi abbiamo finito! Potete andare”.
La squadra si inchinò in segno di saluto per poi dirigersi negli spogliatoi. Quel giorno gli allenamenti erano stati particolarmente intensi, soprattutto per la prima squadra. L’allenatore era convinto che alcuni di loro possedessero doti straordinarie e non aveva tutti i torti: Aomine Daiki si muoveva in campo come una pantera, segnando spesso in angolazioni inconsuete che lo sorprendevano, non pensava di essere capace di fare cose del genere; Midorima Shintaro, il più silenzioso della squadra, aveva un’ottima mira e il più delle volte era in grado di eseguire spettacolari tiri da tre punti; poi c’era Kise Ryouta, un ragazzo piuttosto curioso, perché aveva buone potenzialità per giocare nella prima squadra ma gli mancava ancora qualcosa; Murasakibara Atsushi era un talento naturale, era troppo alto per essere un ragazzino di prima media eppure, quando doveva difendere il canestro, nessuno riusciva a superarlo; infine c’erano Kuroko Tetsuya ed Akashi Seijuro, il primo era un po’ imbranato e commetteva numerosi errori, nonostante ciò era in prima squadra per i suoi passaggi fulminei e la sua scarsa presenza. Lui ed Aomine sapevano coordinarsi bene facendo un gioco di squadra eccezionale. Akashi Seijuro, invece, era molto bravo ma, come per Kise, gli mancava ancora qualcosa. Una dote eccezionale però la possedeva, la sua innata predisposizione al comando tanto che era stato nominato vice capitano nonostante fosse solamente al primo anno.
“Awn!” sbadigliò Aomine uscendo dalla doccia.
Si coprì con l’asciugamano la vita e, con un altro, iniziò a frizionarsi i capelli.
“Tetsu” chiamò.
Una testolina azzurra fece capolino dall’ultima doccia.
“Che c’è?” chiese Kuroko continuando ad insaponarsi i capelli.
“Non ti posso più accompagnare in biblioteca. Satsuki mi ha obbligato ad andare con lei per aiutarla a scegliere il regalo di compleanno di suo padre” sbuffò “la biblioteca è noiosa ma sempre meglio di un pomeriggio di shopping con lei”.
Kuroko ridacchiò.
“Ok, non ti preoccupare. Aiutala, altrimenti domani trascinerà anche me in giro” rispose.
“Bel amico” replicò Aomine facendogli una linguaccia.
“S-se v-vuoi posso ve-venire con v-voi” balbettò un imbarazzato Kise emergendo da un’altra doccia.
Indossava un accappatoio che copriva ogni sua parte del corpo. Si potevano intravedere solo i piedi e il suo volto.
Aomine si voltò a guardarlo.
“Ti annoierai” replicò dubbioso.
“N-no! Sono piuttosto bravo a scegliere i r-regali” rispose sempre più rosso.
“Perfetto allora! Tetsu, questa me la segno” urlò prendendo sottobraccio Kise.
“Fai come vuoi!” rispose di rimando lui tornando sotto la doccia.
Sorridendo, si sciacquò i capelli per togliersi lo shampoo ed uscì fuori avvolgendo pudicamente tutto il suo corpo con un enorme asciugamano. Era sempre stato timido tanto che Aomine lo prendeva in giro tutte le volte cercando di rubargli l’asciugamano.
Uscì fuori e, contemporaneamente anche Akashi che, aveva utilizzato la doccia accanto. Lui indossava un accappatoio bianco con su ricamate le sue iniziali di un rosso brillante.
“Possiamo andarci insieme se ti va” disse voltandosi verso di lui.
“Eh?” chiese Kuroko spiazzato.
“In biblioteca intendo. Devo restituire un libro” spiegò.
“Ah… v-va bene” balbettò lui imbarazzato coprendo il volto con l’asciugamano.
Quando lo risollevò Akashi lo stava ancora guardando e sul suo viso si dipinse un dolce sorriso. Gli scompigliò i capelli per poi precederlo. Lui, rosso in viso, lo seguì per potersi cambiare. Rimasero in silenzio mentre attorno a loro gli altri ragazzi chiacchieravano senza sosta: Aomine aveva appena finito di vestirsi e stava trascinando per mano un imbarazzato Kise che stava protestando perché non aveva finito di sistemarsi i capelli; Midorima era già andato via e Murasakibara, già vestito, stava aprendo un sacchetto di patatine.
“Atsushi” disse Akashi avvicinandosi a lui “oggi devo andare in biblioteca, quindi vai a casa senza di me”.
“Ok. Chiamo il tuo autista intanto?” rispose afferrando il suo cappotto.
“No, vado a piedi” disse mettendosi davanti ad uno specchio per sistemarsi i capelli e la cravatta.
“Come vuoi. A domani”.
Lo spogliatoio si svuotò pian piano, lasciando infine da soli Akashi e Kuroko. Il primo aveva già finito di vestirsi e stava mettendo la divisa sporca nel suo borsone, mentre il secondo stava litigando con la cravatta, sciogliendola per l’ennesima volta. Di solito a casa, sua mamma lo aiutava e, dopo gli allenamenti non la metteva. Quella volta però voleva metterla per non sfigurare con l’eleganza del suo vice capitano.
“Kuroko” Akashi si avvicinò cogliendo lo sguardo rassegnato del compagno di squadra “ti aiuto io”.
“N-non occorre, A-Akashi-kun!” balbettò lui imbarazzato.
Lui sorrise e gli tolse la cravatta di mano. Kuroko cercò di guardare altrove per non incontrare gli occhi rossi del suo compagno. Provava una cotta segreta per lui da loro primo incontro però non si era mai fatto avanti, primo perché era strano provare un’attrazione per una persona dello stesso sesso, secondo perché… era Akashi Seijuro, l’erede dell’Akashi Corporation.
Akashi gli sollevò il colletto della camicia facendo poi passare la cravatta. Iniziò ad annodarla sfiorando spesso il suo busto; il colore del viso di Kuroko, ad ogni tocco, diventava sempre più rosso.
“Fatto” mormorò infine.
Kuroko commise lo sbaglio di alzare lo sguardo verso di lui. I suoi occhi erano due rubini che sembrava lo stessero scavando dentro, affondando negli occhi azzurro cielo, diventati più scuri per il forte impulso di baciarlo. Deglutì nervosamente e rimase immobile, trattenendosi.
Akashi tirò improvvisamente la cravatta verso di lui, avvicinandolo, per poi posare le sue labbra su quelle di Kuroko. Quest’ultimo non si mosse, restando con gli occhi spalancati, cercando di capire cosa stesse succedendo.
Akashi si scostò di poco, osservando l’espressione incredula del compagno.
“Apri la bocca” mormorò alitandogli sul viso.
Kuroko l’aprì di poco, più che altro per lo stupore e non perché glielo aveva ordinato. Akashi approfittò di quel momento, posando nuovamente le sue labbra su quelle di Kuroko. Stavolta però, invase la sua bocca con la lingua e Kuroko lo spinse via, tappandosela con le mani.
“Non posso farlo!” esclamò.
Akashi lo guardò perplesso.
“Perché? Non ti piaccio?” chiese.
“N-non è per q-quello! T-tu mi piaci!” disse rendendosi conto di essersi involontariamente confessato.
Akashi sorrise di fronte agli occhi spalancati di Kuroko.
“Allora qual è il problema?”
“E… che io… non lo so fare…” mormorò imbarazzato.
“Ormai… ho già fatto una pessima figura!” pensò sconvolto.
Akashi ridacchiò divertito avvicinandosi.
“Se per questo neanch’io” gli scostò le mani per poi afferrarlo per la vita in modo da stringerlo a sé.
“Akashi-kun…”
Lo zittì invadendo nuovamente la sua bocca con la lingua e quella volta Kuroko non lo respinse, accogliendolo. Timidamente mosse la lingua verso la sua, cercando di rispondere al bacio, ricordandosi di quella volta in cui, lui e Daiki, avevano guardato di nascosto un filmato porno. Akashi lo strinse forte, aumentando l’intensità del bacio tanto da quasi soffocare Kuroko, che tossì scostandosi di poco da lui.
“S-scusa!” balbettò imbarazzato “te l’avevo detto!”
“Scusami tu” rispose Akashi anche lui rosso in viso “neanch’io so bene come si fa però…” lo strinse nuovamente a sé “la pratica rende perfetti” aggiunse impossessandosi nuovamente delle sue labbra.
Kuroko non seppe per quanto tempo rimasero a baciarsi negli spogliatoi, senza tregua, impacciati e sbagliando molte volte. Si scostarono solo quando sentirono gli inservienti nel corridoio, pronti a pulire gli spogliatoi. Sgattaiolarono fuori senza farsi vedere, mano nella mano, con dei sorrisi imbarazzati stampati sui loro volti.
In quel momento Kuroko desiderò solo che tutto ciò che gli stava succedendo con Akashi durasse per sempre… 
 
“Scusate ma non capisco. Se Akashi era così tranquillo, cosa l’ha fatto cambiare?”
La voce di Kagami lo riscosse dai suoi piacevoli ricordi facendolo ripiombare nella realtà.
“Se con voi le cose andavano bene e anche con Kuroko, visto che stavano insieme, l’unica spiegazione plausibile per la sua trasformazione è la sua famiglia. Forse avevano scoperto questa relazione? Dopotutto rimane pur sempre l’erede di una grande compagnia”.
Il ragionamento non era errato e seguiva una certa logica. Kuroko sapeva che Akashi aveva iniziato ad avere i primi cambiamenti dal secondo anno in poi… quindi era per la loro relazione? Era davvero per colpa sua che l’Imperatore era nato?
“No” rispose Murasakibara “i genitori di Akashi conoscevano la loro relazione”.
Kuroko impallidì, Aomine sputò il tè che stava bevendo addosso ad uno stupito Kagami. Momoi gli passò dei tovagliolini con mani tremanti mentre Kise e Midorima si guardarono increduli.
“E… non hanno detto nulla?” chiese Aomine posando la tazza sulla tovaglia.
“No. Sapevano che quei sentimenti potevano essere passeggeri e opporsi avrebbe comportato solo l’effetto contrario. Erano solo due ragazzini alle prime armi con l’amore, alla ricerca di loro stessi, non in grado di comprendere appieno la loro situazione” rispose Murasakibara con calma.
“Q-q-quando l’hanno s-scoperto?” chiese Kuroko nervoso.
“Uhm…” Murasakibara chiuse gli occhi pensieroso “se non erro… il padre vi ha visto baciarvi nella biblioteca della tenuta Akashi…”
Kuroko arrossì non avendo il coraggio di guardare in faccia Kagami. Quello che provava era un misto di vergogna, imbarazzo e colpa nei confronti del suo attuale compagno. Sorprendentemente, Kagami non batté ciglio a quella dichiarazione, prendendolo per mano. Kuroko riuscì ad alzare lo sguardo su di lui e vide che stava sorridendo, un sorriso rassicurante che penetrò dietro a quella maschera di imbarazzo. Il vecchio Kagami non avrebbe sorriso così, si sarebbe inalberato sbraitando contro tutto e tutti. Quanto era cambiato in sua assenza?
“Ehm… ehm…” disse Kise schiarendosi la voce imbarazzato.
Midorima prese una foto dalla tovaglia iniziandola a commentare con Momoi, mentre Aomine offriva dei biscotti a Murasakibara che rifiutò sospirando.
Kuroko distolse lo sguardo da Kagami che intanto aveva deciso di prendere uno dei biscotti di Aomine che, per indispettirlo, decise di allontanarli dalla sua portata. Iniziarono a bisticciare nuovamente e Kuroko sciolse la presa dalla mano di Kagami con la scusa di bere dell’altro tè. In realtà stava pensando se Kagami avrebbe avuto la stessa reazione se solo avesse scoperto che in quella casa non si erano limitati ad un semplice bacio…
 
Era giunto l’autunno e fuori le foglie ingiallite volteggiavano nel vento. L’aria era più fredda e molti già indossavano abiti più pesanti. Kuroko era tra quelli: fin da piccolo era sempre stato il più freddoloso a differenza di Aomine che sembrava una stufa portatile.
In quel momento stava passeggiando per le vie della città da solo, alitando ogni tanto le sue mani infreddolite. Quel giorno non c’erano stati allenamenti quindi erano usciti prima da scuola. Aomine aveva deciso di andare in libreria, cosa che aveva insospettito Momoi visto che l’amico non leggeva; finché non era scomparso dalla sua vista lo aveva seguito con lo sguardo minaccioso. Akashi era rimasto a scuola per le attività di rappresentante di classe e aveva detto a Kuroko di tornare a casa, si sarebbero visti direttamente a scuola il giorno dopo.
Un po’ intristito, continuò a camminare verso casa pensando a come occupare il tempo. Era un periodo piuttosto tranquillo a scuola e non aveva tanto da studiare quindi decise di andare in biblioteca, Midorima gli aveva consigliato di leggere un libro e lui non vedeva l’ora di averlo tra le sue mani. Durante il tragitto il suo pensiero volò immediatamente ad Akashi. Avevano iniziato una relazione affettiva a luglio e lui non riusciva ancora a crederci che il bel ragazzo, vice capitano, ricambiava i suoi sentimenti. Era sempre felice in sua compagnia e gli piaceva molto quando avevano, durante le lezioni, degli incontri fugaci in cui si scambiavano tenerezze. Arrossendo, allargò un po’ il nodo della sciarpa sentendosi improvvisamente accaldato. Una macchina si accostò vicino a lui e il finestrino automatico posteriore si abbassò.
“Cosa stai facendo, Tetsuya?” chiese una voce divertita.
“Sei-chan!” disse lui aprendosi in un sorriso luminoso “hai finito presto?”
Akashi Seijuro lo stava guardando con i suoi occhi dolci, gli stessi occhi che lo avevano scrutato con interesse in palestra quel giorno del loro primo incontro, in cui il suo cuore aveva iniziato a reagire alla presenza del vice capitano della Teiko.
“Sì e stavo tornando a casa quando ti ho visto. Stai andando in biblioteca?” chiese.
“Sì, ma solo perché non avevo nulla da fare” rispose lui non riuscendo a trattenere il sorriso per averlo incontrato.
Akashi ridacchiò notando che il volto del suo compagno era arrossato e i suoi occhi brillavano entusiasti.
“Vuoi venire da me?” chiese.
Kuroko annuì e Akashi aprì lo sportello facendo spazio al suo fianco. Con un cenno del capo ordinò all’autista di proseguire e, premendo un tasto, alzò il divisorio che li oscurò alla sua vista. Akashi lo prese per mano rabbrividendo a causa del freddo.
“Tetsuya quando fa così freddo non stare troppo tempo in giro. Sei diventato un ghiacciolo” disse contrariato.
“Ma se non avessi perso tempo in giro non ci saremmo incontrati” rispose arrossendo.
Akashi spalancò gli occhi sorpreso da quella dichiarazione e girò la testa per nascondere il suo imbarazzo.
“S-Sei-chan?” lo chiamò incerto Kuroko stringendogli la mano “ho detto qualcosa di sbagliato?”
Akashi per tutta risposta gli afferrò il volto tra le mani, catturandogli la bocca con foga. Kuroko rispose immediatamente al bacio. Rispetto alle loro prime volte baciavano entrambi con più sicurezza e meno errori. Kuroko sapeva come stuzzicare con la lingua il suo partner e sorrideva sempre di fronte alla sua espressione imbarazzata. Akashi invece era capace di farlo eccitare semplicemente con un leggero morso sul labbro inferiore e poi sapeva dove toccare…
Akashi lo liberò dalla sciarpa mostrando la pelle candida del collo di Kuroko che chiuse gli occhi nel momento in cui, Akashi posò le sue labbra, iniziando a mordicchiare e succhiare.
“S-Sei-c-chan…” mormorò Kuroko stringendolo a sé.
Desiderava tanto diventare un’unica persona con lui e il suo desiderio cresceva quotidianamente. Purtroppo però, la prima volta che ci avevano provato, lui si era fatto molto male ed Akashi fu costretto a fermarsi, incapace di continuare.
L’auto si fermò e la voce di un altoparlante risuonò all’interno dell’abitacolo.
“Siamo arrivati, signorino” annunciò l’autista.
Akashi si scostò malvolentieri permettendo a Kuroko di sistemarsi la sciarpa. Uscirono dall’auto e con passo veloce entrarono dentro, consegnando le giacche alla domestica.
“Non voglio essere disturbato per nessun motivo. Dobbiamo studiare” ordinò Akashi.
Salirono la grande scalinata che li condusse al piano superiore in cui erano distribuite le camere da letto. Appena giunsero nella camera di Akashi, lui chiuse a chiave la porta, per poi abbracciare Kuroko. Era la prima volta che lo vedeva così… impaziente. Non pensava che anche lui potesse perdere il controllo.
“Tetsuya…” mormorò trascinandolo verso il letto.
Lo fece sdraiare e lui si mise a cavalcioni sciogliendo il nodo alla cravatta. I suoi gesti erano frenetici e i suoi occhi due tizzoni ardenti che lo misero in imbarazzo. Era la prima volta che lo guardava in quel modo e nei suo movimenti avvertiva una certa urgenza.
“Sei-chan, non possiamo… l’ultima volta…” provò lui a protestare quando, Akashi iniziò a stuzzicarli i capezzoli con la lingua.
Inarcò la schiena infiammandosi a quel tocco tentando poi, con mani tremanti, di togliergli la camicia che gli impediva di toccare le sue spalle nude. Akashi lo lasciò fare per poi percorrere con la lingua il ventre del suo compagno che intanto aveva affondato le mani nei suoi morbidi capelli.
Gli sfiorò con la lingua la sua eccitazione mandandolo in un mondo di piacere a lui sconosciuto. Spesso avevano stuzzicato le loro intimità ma mai con la bocca e non pensava che fosse così piacevole e così imbarazzante.
“S-Sei-chan! Sto… venendo!” esclamò imbarazzato.
Akashi si scostò in tempo macchiando però il petto di sperma. Kuroko si coprì il volto tra le mani troppo imbarazzato per dire e fare qualcosa. Akashi ridacchiò di fronte a quella reazione, girandolo in modo da avere la seconda intimità a portata di mano.
“NO!” urlò Kuroko coprendosi.
“Tetsuya…”
“Non voglio! L’altra volta…”
“Non succederà di nuovo, mi sono documentato” disse fiducioso.
Akashi si allontanò dirigendosi verso il suo comodino per poi tornare indietro. Aprì un flaconcino intingendosi le mani di una sostanza liquida e versandone un po’ nell’intimità di Kuroko. Lui si irrigidì impaurito.
“Sei-chan… ti prego” si lamentò lui.
“Fidati di me, Tetsuya”.
Lo penetrò delicatamente con un dito, facendolo sussultare.
“Sei-chan!”
“Rilassati e dimmi cosa senti” disse lui con tono calmo.
Kuroko iniziò a fare respiri profondi, cercando di abituarsi a quel corpo estraneo fermo al suo interno.
“Cosa senti?” chiese ansioso Akashi notando che non si muoveva più.
“La stessa sensazione di quando mamma usa la supposta per farmi abbassare la febbre” confessò arrossendo.
Akashi tolse immediatamente il dito accasciandosi a terra fuori dalla vista del suo compagno.
“Sei-chan?” lo chiamò lui andando ai piedi del letto.
Trovò Akashi che si stava tappando la bocca per non scoppiare a ridere.
“Sei-chan!” protestò lui.
“Ahahahahahahahah!!! Una supposta!!! Ahahahahahahah!!!!!” rideva talmente tanto che dagli occhi iniziarono a fuoriuscire delle lacrime e si manteneva la pancia.
“Sei-chan!” brontolò lui.
Akashi si alzò prendendo fiato.
“Tu si che sai come rovinare l’atmosfera” disse sedendosi sul letto accanto a lui “ma non m’importa. Altrimenti non saresti più il mio Tetsuya” aggiunse scoccandogli un bacio dolce sulla fronte.
Kuroko fece un timido sorriso accoccolandosi tra le sue braccia. Il suo Sei-chan era il ragazzo più comprensivo del mondo e sperava con tutto il cuore che la loro relazione non finisse mai…
 
“Il primo anno delle medie è stato così. Molto tranquillo e divertente” disse Aomine stiracchiandosi.
Kuroko si riscosse per l’ennesima volta dai suoi pensieri, prendendo mentalmente nota che Kagami non doveva assolutamente sapere la storia del dito e la supposta.
“Quindi i problemi quando sono nati?” chiese Kagami.
I volti di tutti i presenti si incupirono, lanciandosi occhiate insicure.
“Allora?” incalzò Kagami.
“Al secondo anno delle medie, con l’arrivo di una nuova persona che ha cambiato per sempre le nostre vite” disse Murasakibara.
“Chi?”
Kuroko deglutì nervosamente guardando Aomine agitato.
“L’allenatore Naoto Sanada”.
 
 
Angolo della follia @.@
Ciaooooo! E finalmente ce l’ho fatta!!!! Non ce la facevo più!!!! @.@
Questo capitolo ha cercato un po’ di riassumere un anno intero, cogliendo solo alcuni ricordi in particolare, perché se avessi dovuto scrivere tutto dovevo cambiare il titolo alla storia da “Tela di ragno” a “La storia infinita”. Quindi ho messo solo alcuni spezzoni che soprattutto i fan AkaKuro apprezzeranno.
All’inizio scopriamo che Kuroko è in una specie di coma. Poi si risveglia. Non so se avete notato ma ho ripreso il sogno di Kagami del capitolo 4, in cui scorge un’ombra che si rivela poi Kuroko. In questo caso Kuroko sente una voce e vede la Luce, Kagami. Mi piaceva l’idea di creare questo parallelismo ^^ Vediamo poi che fanno pace e c’è la restituzione del ciondolo.
Anche Murasakibara è vivo grazie a Kise mentre l’Imperatore è in coma… non aggiungo altro =P
Per il resto della storia ho volutamente inserito molti dialoghi e meno descrizioni perché è giunto il momento che siano loro a raccontare la loro storia, con l’apporto di flashback e foto =D (l’idea delle foto mi è venuta in mente mentre cercavo un’adeguata immagine di copertina xD).
Nei flashback però mi sono concentrata più sulla storia tra Kuroko ed Akashi per far capire com’era in realtà il nostro vice capitano prima della comparsa dell’Imperatore quindi, il loro primo incontro, il loro primo bacio fatto di errori, imbarazzo e incertezze, e la loro quasi prima volta rovinata dall’ingenuità di Kuroko. Dopotutto sono solo ragazzini di prima media che muovono i primi passi in un mondo sconosciuto ;)
Poi Kise e la sua storia e di come si sia innamorato di Aomine grazie al suo incoraggiamento. Scopriamo inoltre che i genitori non c’entrano nulla con la trasformazione di Akashi. Aomine però nel finale afferma che un nuovo allenatore cambierà per sempre la vita dei sei ragazzi, l’allenatore Naoto Sanada (personaggio presente in Kuroko no basket come allenatore della Teiko).
Cosa sarà successo?
Al prossimo capitolo =D

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Capitolo 31
*** Teiko Arc: la nascita dell’Imperatore ***


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31. Teiko Arc: la nascita dell’Imperatore
 
Bip.
Un suono fastidioso giungeva alle sue orecchie, disturbando il suo riposo.
Bip.
“Mmm…”
“Caro! Si sta svegliando!”
“Sembra di sì…”
Bip.
“Mamma? Papà?”
Mosse la mano in cerca di sua madre.
“Non così in fretta, Seijuro”.
Si sentì risucchiare in una voragine oscura, incapace di reagire e parlare.
“Non abbiamo ancora finito”.
 
***
 
L’atmosfera che regnava nel giardino era molto pesante, in contrasto con la splendida giornata estiva che a fatica cercava di sciogliere il gelo che era calato sui sei ragazzi.
Momoi si avvicinò a Midorima, appoggiandosi al suo petto con aria ansiosa e lui l’abbracciò con espressione grave. Kise strinse a sé le ginocchia cullandosi con nervosismo mentre Murasakibara iniziò a mangiucchiarsi le unghie. Aomine strinse la mano a Kuroko che intanto tremava.
“Hai freddo?” chiese Kagami confuso.
Era l’unico che non stava mostrando nessuna reazione al nome dell’allenatore Naoto Sanada. Gli passò un braccio intorno alle spalle, sperando di tranquillizzarlo e, dopo un po’, il tremore cessò.
“Quel tipo… non mi è mai piaciuto” disse Aomine sputando a terra con disprezzo.
“Dai-chan!” protestò Momoi.
“Che c’è? Non ho sputato sulla tovaglia!”
“Peccato che, Aomine, ti abbiamo sempre ignorato” disse Midorima ignorando Momoi.
“In che senso?” chiese Kagami confuso.
Non riusciva a capire se stessero parlando della maleducazione di Aomine o della sua frase.
“Aomine, fin dalla prima volta che abbiamo incontrato l’allenatore, ha avuto una brutta sensazione” spiegò Kuroko “ma nessuno gli credette. Pensavamo solo che volesse evitare gli allenamenti perché era diventato l’asso della Teiko. È stato il periodo in cui ha iniziato a blaterale sul fatto che l’unico che può battermi sono io” concluse imitando perfettamente la voce dell’amico.
Momoi ridacchiò e anche Kise sorrise, sciogliendo la stretta alle sue ginocchia.
“Ehi!” protestò Aomine colpendo Kagami con un pugno.
“Ahi! Ma che ti prende!?” sbottò lui massaggiandosi il braccio.
“Siccome Tetsu è convalescente, dovevo pur prendermela con qualcuno” rispose con un sorriso sghembo.
“Tu! Razza di…”
“E basta! Non ne posso più dei vostri battibecchi!”
Tutti si voltarono verso Midorima sorpresi. Di solito non manifestava così tanto le sue emozioni. Irritato, sciolse l’abbraccio con Momoi e sistemò gli occhiali sul suo volto. Kagami si ricompose lanciando un’occhiataccia ad Aomine.
“Quindi? Aomine spiegati meglio”.
 
Era il primo giorno di scuola e la maggior parte degli studenti sembrava felice di rivedere i loro compagni. Altri invece avevano un’aria depressa in contrasto con le matricole eccitate che invadevano il giardino principale della scuola media Teiko.
Aomine, Momoi e Kuroko erano sotto un albero di ciliegio in piena fioritura: Aomine era sdraiato sull’erba usando le gambe di Momoi come cuscino, ad occhi chiusi; Satsuki era alla prese con un quaderno, dove stava appuntando velocemente qualcosa mentre, Kuroko, era appoggiato al tronco dell’albero intento a leggere un nuovo libro acquistato quella mattina prima di arrivare a scuola, con profondo disappunto da parte di Aomine che, non voleva entrare in libreria. Alla fine anche lui era entrato acquistando una delle sue riviste porno sotto lo sguardo omicida di Momoi.
“Buongiorno!”
La voce squillante di Kise costrinse Aomine ad aprire gli occhi con aria torva.
“Buongiorno” borbottò sopprimendo uno sbadiglio.
“Buongiorno Kise-kun” salutò Kuroko con un sorriso.
Kise gli rivolse un cenno infastidito e Kuroko sospirò. Durante gli ultimi due mesi del primo anno Kise aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti e lui non riusciva ancora a capire il perché.
“Ciao Kise” mormorò Momoi distrattamente.
“Che stai facendo?” chiese accomodandosi di fronte a lei.
“E’ un documento che vi riguarda. Akashi mi ha chiamato ieri sera per redigerlo e mi manca poco per terminarlo” rispose nervosa.
“A cosa gli serve?” chiese Aomine mettendosi seduto.
“Non è per me. È per il nuovo allenatore” rispose una voce.
Akashi era arrivato in compagnia di Murasakibara già alle prese con una scatola di cioccolatini.
“Buongiorno ragazzi” salutò sorridendo.
“Sei-ch… no… bu-buongiorno Akashi-kun” balbettò Kuroko imbarazzato.
Akashi ridacchiò occupando il posto tra Kuroko e Momoi mentre Murasakibara si sedette accanto a Kise offrendogli del cioccolato.
“Non posso, il mio manager mi ha messo a dieta” disse con un sospiro.
“A dieta?” chiese Aomine perplesso.
“Per la questione del modello” spiegò lui.
“Se vuoi un mio parere stai bene così come sei, non hai bisogno di dimagrire” replicò Aomine dubbioso.
Kise arrossì e passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio facendo tintinnare il suo nuovo orecchino dorato.
“Ha ragione Daiki, soprattutto perché sei anche un’atleta” disse Akashi alzando lo sguardo dal documento di Momoi.
“Glielo dirò…” rispose imbarazzato.
Tra il gruppo calò il silenzio, ognuno immerso nelle proprie attività: Aomine stava mangiando il cioccolato insieme a Murasakibara mentre Kise li guardava invidioso, Momoi e Akashi parlottavano tra di loro e, Kuroko aveva ripreso a leggere il suo libro, spostandosi un po’ di più verso Akashi, in modo da poterlo sfiorare con le spalle.
“Buongiorno”.
Midorima fece la sua comparsa con aria stanca.
“Ehi, sei in ritardo. Cos’è quella faccia?” chiese Kise notando le occhiaie dell’amico.
Midorima sbadigliò sedendosi pesantemente accanto a Kuroko.
“Non ho dormito a causa sua” rispose indicandolo.
“Eh?”
Tutti si voltarono a guardare i due ragazzi con aria dubbiosa.
“Sei stato da Midorima stanotte, Tetsu?” chiese Aomine perplesso, eppure era uscito come al solito da casa sua.
Midorima aprì la sua cartella frugandoci dentro finché tirò fuori un libro dalla copertina malconcia.
“Ti odio. Non mi avevi detto che era così appassionante” disse in tono di rimprovero restituendolo a Kuroko.
“Ma io te l’avevo detto! Hai capito subito chi era l’assassino? Io ero convinto che fosse l’ispettore e invece…”
Aomine alzò gli occhi al cielo borbottando “Libri!” mentre gli altri ridacchiarono.
“Akashicci, prima hai parlato di un nuovo allenatore” disse Kise.
Midorima alzò la testa interessato, chiudendo di colpo il libro sotto lo sguardo deluso di Kuroko.
“Esatto, ieri sono stato contattato a proposito di questo. La scuola me l’ha comunicato perché sono stato nominato capitano della scuola di basket, visto che Nijimura senpai ha iniziato le superiori” spiegò Akashi senza alzare gli occhi dal quaderno “ottimo lavoro Satsuki” aggiunse.
“Grazie” rispose Momoi con un sorriso stanco.
“Congratulazioni!” esclamò Kise.
“Era anche ora, Nijimura non mi era simpatico” commentò Aomine aprendo la sua rivista.
“Perché, qualcuno ti è simpatico a questo mondo?” chiese sarcastica Momoi.
“Certo, il mio Tetsu” disse mandando un bacio scherzoso verso la sua direzione.
“Aomine-kun!” protestò Kuroko imbarazzato, guardando Akashi con preoccupazione ma, lui stava ridendo come tutti gli altri, tranne Kise che si era incupito.
Il suono della campanella annunciò l’inizio delle lezioni e tutti si alzarono dirigendosi verso l’istituto.
“Non fate tardi oggi, soprattutto tu Daiki” disse Akashi con voce seria.
“Sì, capitano” rispose con una linguaccia.
Le lezioni passarono in fretta e i ragazzi si ritrovarono alle 15:30 in punto in palestra, perfettamente allineati, di fronte al nuovo allenatore. Era magro, con il viso incavato e il colorito spento. I suoi occhi scuri erano coperti da un paio di occhiali dall’aria severa e i suoi capelli erano castani. Nonostante l’apparenza, aveva sul volto un sorriso coinvolgente che fece rilassare molti dei membri della squadra. Al suo fianco c’erano Akashi e Momoi.
“Buongiorno a tutti, sono Naoto Sanada, il vostro nuovo allenatore. Anch’io ho giocato a basket e ho fatto parte di questa squadra ai tempi delle medie” disse.
Quella rivelazione stupì molti studenti che iniziarono a commentare la notizia tra bisbigli.
“So cosa vuol dire far parte di una squadra così importante e le pressioni che ne derivano, quindi ragazzi cerchiamo di lavorare bene e continuiamo a portare in alto in nome della nostra scuola!”
I ragazzi applaudirono entusiasti, tutti tranne Aomine che lo osservava con irritazione.
“Dai-chan, cosa succede?” chiese Kuroko.
“Quel tizio… non mi piace” disse dubbioso.
I ragazzi iniziarono a correre intorno alla palestra per il riscaldamento e Kuroko tirò Aomine per convincerlo a muoversi.
“Dai-chan, a te non piace nessuno” rispose Kuroko.
“Questa volta è diverso… non sto scherzando”.
Kuroko osservò l’amico notando che stava dicendo la verità.
“A me è sembrato tranquillo. Vedrai, è solo una tua impressione”.
“Speriamo”.
 
“Tutto qui?” Kagami era perplesso ed esasperato allo stesso tempo “l’hai visto e non ti è piaciuto. Può capitare a tutti”.
“A te capita spesso” aggiunse mentalmente.
“Abbiamo scoperto dopo perché Aomine era così diffidente” intervenne Midorima “perché l’aveva già visto da qualche parte”.
“Su una rivista di basket” precisò Aomine.
“Quindi leggi anche altri giornali oltre a quelli porno” commentò Kagami con aria strafottente.
Aomine stava per controbattere ma uno sguardo omicida da parte di Midorima lo zittì.
“Mi sorge un dubbio però” continuò Kagami “anche se Momoi era la manager, non doveva essere compito del capitano di stilare un documento sui membri della squadra?”
“Sì” rispose Murasakibara “solo che Seijuro stava lavorando”.
“Lavorando?” chiese Kuroko perplesso.
Era la prima volta che sentiva parlare di un presunto lavoro di Akashi.
“Sì, un apprendistato nella compagnia di suo padre. Perché non lo sapevi?” chiese Murasakibara confuso.
Kuroko fece segno di no con la testa.
“Quando ha iniziato l’apprendistato?” chiese Midorima.
“Due settimane prima dell’inizio del secondo anno”.
Kuroko strabuzzò gli occhi.
“Io non ne sapevo niente!” esclamò indignato.
“Non stavate già insieme?” chiese Kagami voltandosi a guardarlo.
“Sì! È per questo che non capisco…”
“Forse non voleva farti preoccupare. Dopo che ha iniziato l’apprendistato era sempre più stanco e…”
“Ma non me l’hai mai dimostrato! Perché? Non stavamo insieme!?”
Kuroko era visibilmente adirato e Kagami provò una fitta di gelosia. Perché scaldarsi tanto per un avvenimento di così poca rilevanza? Ormai era passato e poi non lo aveva tradito o altro. Era solo andato nella compagnia di suo padre a lavorare.
“Credo che volesse proteggerti, Tetsu” disse Aomine agitando una mano davanti al volto per allontanare una zanzara.
“Da cosa?” chiese voltandosi verso di lui.
“E’ sempre stato molto protettivo nei tuoi confronti quindi non voleva che fossi in ansia per lui” rispose seguendola con lo sguardo “l’ho sempre notato, anche dai più semplici gesti”.
“Tipo?” chiese Momoi curiosa.
“Quanto può essere difficile una vita di un ricco ereditiere? Noi pensiamo che se la spassano e basta ma, sulle loro spalle gravano molte aspettative e responsabilità, giusto?” aggiunse rivolto a Murasakibara.
“Esatto. Però Seijuro è sempre stato il tipo in grado di cavarsela da solo, senza l’aiuto degli altri. Non voleva che ci preoccupassimo per lui” rispose.
Kuroko annuì incupito.
“Ok, ora però possiamo tornare all’allenatore?” chiese Kagami infastidito.
Non riusciva a sopportare che Kuroko si preoccupasse o pensasse così al suo passato con Akashi. Lo rendeva irritabile.
“Che dire? Grazie a lui nei primi due mesi le cose andarono più che bene. Diventammo tutti più consapevoli delle nostre capacità, io scoprii la mia ad esempio” disse Kise cogliendo l’atmosfera tesa tra la coppia.
“E’ vero” confermò Momoi “tutti migliorarono”.
“Non proprio tutti. Io ed Akashi-kun no” commentò cupo Kuroko “però la sua dote era la grande attitudine al comando e la capacità di analizzare in fretta le situazioni. Quindi all’inizio il coach…” si zittì con aria sofferente.
“Tetsu-chan, se è difficile parlarne, smettiamola. Sono passati due anni e non hai mai voluto parlare di quello che è successo…” disse Momoi apprensiva.
“Non sapete nulla neanche voi?” chiese Kagami incredulo.
“Non nel dettaglio” disse Aomine schiaffeggiandosi sulla gamba nella speranza di catturare la zanzara “sappiamo solo che l’allenatore era propenso ad alzare le mani. Per il resto lo abbiamo sempre immaginato”.
Kagami strabuzzò gli occhi e guardò Kuroko che intanto stava stringendo nervosamente un lembo della tovaglia.
“… in che… senso? Cosa ti ha fatto?” chiese sperando di aver udito male.
Kuroko fece un enorme sospiro, incapace di alzare lo sguardo verso i suoi compagni in attesa. Si era sempre rifiutato di raccontare nel dettaglio perché non voleva farli sentire in colpa. Loro non avevano colpe.
La mano di Kagami raggiunse la sua, facendogli sciogliere dolcemente la presa dalla tovaglia. Kuroko lo guardò consapevole dello sguardo di tutti posato su di loro. Deglutì nervosamente e si voltò verso di loro.
“Era iniziato l’autunno e la pausa estiva era terminata. Avevamo ripreso gli allenamenti con foga ed energia e… vedevo con i miei occhi i vostri miglioramenti. Kise-kun sapeva copiare qualsiasi cosa dopo averla guardata una volta, Aomine-kun era… non so neanch’io come definirlo… pura energia messa sul campo da basket, l’asso della Teiko. Midorima-kun aveva affinato la sua tecnica dei tiri da tre punti, diventando molto più meticoloso e Murasakibara-kun era ormai un muro invalicabile. Akashi-kun non aveva doti particolari ma, sapeva come comandare, spronare, guidare la squadra e studiare gli avversari. Nessuno poteva eguagliarlo in quel compito” disse con tono triste “io invece ero rimasto lo stesso, senza margine di miglioramento e, avevo paura di essere rilegato nuovamente in terza squadra. Vi guardavo con invidia e mi allenavo il doppio, eppure… niente”.
I ragazzi lo ascoltavano in silenzio, immersi nei ricordi di quei giorni.
“Poi un giorno fui chiamato dall’allenatore dopo gli allenamenti. Dovevo raggiungerlo nel suo ufficio, così dissi ad Akashi-kun di non aspettarmi…”
 
Stava camminando per i corridoi della scuola con l’aria di un condannato a morte. La sua più grande paura stava per trasformarsi in realtà: retrocedere in terza squadra per poi essere espulso. Deglutì il magone che gli si era formato e si rese conto di essere arrivato davanti all’ufficio dell’allenatore Sanada. Intorno a lui tutto era calmo e non c’era più nessuno, solo lui, quella porta e l’allenatore deciso a mandarlo via.
Con mano tremante cercò di bussare ma, la calò bruscamente.
“Piantala di fare il bambino, Tetsuya. Non mostrare le tue debolezze davanti a lui” pensò cercando di darsi coraggio.
Dal suo Sei-chan aveva imparato questo: mai mostrare al nemico le proprie debolezze.
Fece un enorme sospiro e bussò.
“Avanti” disse la voce dell’allenatore.
Aprì la porta richiudendola con un suono secco alle sue spalle. La stanza era immersa in una luce aranciata causata dal tramonto del sole e, sulla scrivania, era accesa una lampada da tavolo che emanava una luce bianca.
“Ah, Kuroko-kun. Accomodati” disse l’allenatore con un largo sorriso.
Lui obbedì accomodandosi sulla sedia di fronte alla scrivania. L’allenatore, senza parlare, iniziò a sfogliare un fascicolo che portava il suo nome, posto di fronte a lui.
“Allora… Kuroko Tetsuya, secondo anno, giocatore di basket dal primo anno, entrato non subito in prima squadra… abilità speciali… misdirection…”
Kuroko ascoltava la sua scheda perplesso. Dove voleva arrivare con il riassunto della sua vita nel campo da basket?
“… ma” continuò l’allenatore “la durata è minima e poco sfruttabile in una partita, solo per una decina di minuti, giusto?”
Kuroko annuì depresso.
“Come mai?” chiese alzando un sopracciglio.
“N-non lo so…” rispose balbettando.
L’allenatore si alzò voltandogli le spalle.
“Stai eseguendo tutti gli allenamenti?” chiese.
“Sì, sensei”.
“Sei sempre stato presente, anche al ritiro estivo? Ti sei sempre allenato?” incalzò lui.
“Sì, sensei”.
“Non mentire” disse con tono glaciale il sensei.
Kuroko guardava con ansia la sua schiena. Il sensei era vicino alla finestra e gli ultimi raggi di sole filtravano all’interno dell’ufficio tingendolo di rosso. Lo vide armeggiare vicino a dei cassetti, posti sotto la finestra.
“Dimmi la verità” disse rompendo il silenzio.
“Glielo giuro, mi sono allenato anche al di fuori della scuola e…” si interruppe scorgendo il volto furente del sensei che lentamente si stava voltando dalla sua parte.
Tra le mani aveva una bacchetta di legno e lui lo guardò senza capire.
“Odio le bugie”.
Fu un attimo: con due enormi falcate era arrivato davanti a lui e, con forza, lo mise in piedi sbattendolo contro il muro. Sentiva il respiro del sensei vicino l’orecchio e la parete premere contro la sua guancia destra, mentre un dolore sordo iniziò a diffondersi sul viso a causa del colpo subito.
“Dimmi la verità” disse nuovamente.
“M-ma gliel’ho già detta!” rispose Kuroko spaventato.
“Pessima risposta”.
Si scostò da lui e calò bruscamente sulla sua schiena la bacchetta facendolo sussultare. Kuroko, incredulo, cadde a terra, incapace di reagire. La situazione era troppo starna, fuori dall’ordinario. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, del perché di quella reazione violenta.
La bacchetta calò di nuovo e Kuroko per difendersi alzò il braccio. Questa volta sentì molto più dolore perché con indosso la divisa estiva, le braccia erano scoperte.
Si afferrò il braccio dolorante dove un sottile rivolo di sangue cominciò a colare. Alzò lo sguardo spaventato verso il sensei che tornò a sedersi come se nulla fosse successo.
“E’ impossibile non migliorare con i miei allenamenti mirati. Quindi mi aspetto dei risultati Kuroko Tetsuya. Ed ora puoi andare” disse.
Kuroko si alzò in piedi e corse via, il più lontano possibile dal sensei. Era turbato e dolorante e si fermò solo quando sentì di essere a distanza di sicurezza. Cosa era appena successo in quella stanza?
 
“Quello fu il primo di una lunga serie” concluse.
L’atmosfera che era calata sui ragazzi era gelida. Midorima strinse nervosamente le fasce attorno alle dita della sua mano sinistra mentre Kise stringeva con forza la tovaglia. Aomine e Momoi si lanciarono degli sguardi sofferenti: sapevano che il loro amico aveva subito delle punizioni corporali però, lui successivamente ne aveva parlato sempre con una certa leggerezza, come se non avesse ricevuto nulla. Kagami invece aveva il volto contratto dalla rabbia, stava ricomponendo i pezzi di un puzzle: un Tetsuya che schiaffeggia la sua mano, il suo Tetsuya tremante sul pavimento. Ricordò improvvisamente una conversazione tenuta con lui mesi prima nell’infermeria del Seirin, prima ancora che si mettessero insieme. Lui l’aveva toccato di sua spontanea volontà senza tremare:
 
“Questa non me la spiego”
“Cosa?”
“Se qualcuno ti tocca scappi impaurito, ma se sei tu a farlo no”.
 “Perché ho il controllo, quando sono io a farlo posso gestire l’azione. Se lo fanno gli altri no”.
 “Se ho capito… hai paura che qualcuno possa farti qualcosa di male?”
“NO! Qualcosa di male? Non esageriamo! Sono solo un maniaco del controllo!!”
 
“E’ per questo motivo… che non vuoi essere toccato?” chiese cercando di non esplodere.
Lui fece segno di no con la testa, incapace di guardarlo.
“E’ successo dopo l’incidente…”
“Kuroko-chin, credo che l’incidente sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso” disse Murasakibara con voce piatta “è stato l’insieme di tutto a farti cambiare”.
“E Akashi? Non stavate insieme?? Possibile che non ha mai visto i segni che ti lasciava sul corpo? E anche voi! Che razza di amici siete!? Non avete mai notato nulla di strano!?”
Kagami era davvero adirato e colpì con un pugno il terreno.
“Taiga, loro non hanno colpe…” provò a calmarlo Kuroko.
“No, Tetsu. Abbiamo fin troppe colpe anche noi” disse Aomine non riuscendo a guardarlo negli occhi “io… anche quando ho scoperto tutto…” strinse i pugni con rabbia “era troppo tardi per aiutarti…”
“Dai-chan…” mormorò Kuroko con un groppo in gola.
“Io l’avevo capito che c’era qualcosa che non andava” confessò Midorima “ma ho sempre guardato dall’altra parte e…”
Kagami si alzò furioso e andò verso di lui sollevandolo con una sola mano. Lo stringeva dalla collottola e lo guardava con furia cieca.
“Come sarebbe a dire che hai sempre guardato dall’altra parte? EH?” urlò sputacchiandolo in faccia.
“Taiga!” disse Kuroko alzandosi in piedi “calmati” aggiunse toccandogli un braccio.
“Tu non eri lì. Non puoi capire” disse Midorima con voce calma.
Kagami perse il controllo sbattendo Midorima contro il tronco dell’albero. Momoi urlò per lo spavento e Aomine la trascinò via dal tronco.
“TAIGA!”
“Kagamicchi!” disse Kise allarmato alzandosi a sua volta.
“Kagami! Smettila! Arrabbiarsi così non risolverà nulla! Ormai è successo! E poi, secondo te, cosa potevano fare un gruppetto di ragazzini di 12/13 anni? Eravamo impauriti!” urlò Midorima “e poi, quando abbiamo visto le riviste di Aomine era ormai troppo tardi. L’incidente c’era già stato!”
“Quindi la soluzione migliore è stata quella di non fare nulla!?” lo lasciò andare con disprezzo “E cosa dicevano queste riviste!?”
“Che era stato arrestato per violenza!!” rispose Aomine.
“Taiga…” disse Kuroko prendendolo per mano “non capisci… avevamo paura… io sono stato uno dei primi ad essere preso di mira, poi è toccato anche agli altri, incluso Akashi-kun…”
“Una volta mi ha dato uno schiaffo davanti a tutti per aver saltato gli allenamenti” disse Aomine tornando a sedersi.
“Ha picchiato anche me quando saltavo gli allenamenti per lavoro però sempre in punti in cui non rimanevano segni… ma si trattava sempre di uno schiaffo quindi ero convinto che anche gli altri subissero lo stesso trattamento” disse Kise con aria cupa “non avrei mai immaginato che trattasse Kurokocchi in quel modo”.
Kagami si sedette con aria contrariata stringendo la mano di Kuroko che fu costretto ad imitarlo. Anche gli altri fecero lo stesso con aria lugubre.
“E di Akashi che mi dite? Era il tuo ragazzo, no?” disse irritato.
“Le cose con Akashi… non andavano bene…” rispose Kuroko incupito “in molte occasioni lo evitavo per non mostrare i segni che mi lasciava l’allenatore. E poi era strano… lui stava… cambiando? Non lo so neanch’io cosa gli stesse succedendo. Ho sempre ipotizzato che stesse avendo qualche tipo di pressione a scuola, a causa della sua posizione di capitano. E poi ho iniziato a dubitare della sua famiglia…”
“E non avevi tutti i torti” intervenne Murasakibara frugandosi nelle tasche “dal secondo anno in poi Seijuro è cambiato. Tra lavoro e scuola ha iniziato ad avere troppe responsabilità, il padre si aspettava molto da lui in entrambi gli ambiti e, per non deluderlo, si è impegnato, troppo. Da quel momento ha iniziato a sviluppare un’altra personalità che interveniva nei momenti di bisogno”.
“L’Imperatore” disse Midorima con aria seria “se non ricordo male la prima volta è emerso in un vostro scontro”.
“No” disse Murasakibara raccogliendosi i capelli in una coda “Seijuro mi aveva raccontato di un qualcosa che cercava di emergere in lui e capitava nei momenti in cui si sentiva più affaticato o stressato”.
“Io pensavo che fosse nato quel giorno… non ne sapevo nulla…” disse Kuroko con aria ferita.
Si sentiva tradito e insignificante. Perché Akashi non aveva mai parlato con lui di questi suoi problemi? Perché solo con Murasakibara? Dopotutto stavano insieme, era il suo ragazzo. Allora perché? Il loro amore, per Akashi, era solo un passatempo?
Mentre gli altri continuavano a parlare sulle altre presunte manifestazioni dell’Imperatore, lui guardò a terra cercando di ricacciare indietro le lacrime che rischiavano di fuoriuscire. Kagami, rendendosene conto, gli scompigliò i capelli.
“Kuroko, per me in questo momento è molto difficile dire quello che sto per… dire?” mormorò incerto, in modo che solo lui potesse sentirlo.
Kuroko si voltò a guardarlo cogliendo la sua espressione sofferente. Sentire parlare dell’ex del suo attuale ragazzo richiedeva un enorme sforzo da parte sua.
“So cosa stai pensando in questo momento, ma quel folle ti amava. Quindi… potrai chiedere spiegazioni quando si risveglierà” concluse con grande sforzo.
“E se non si risveglia?” chiese con voca rauca.
“Lo farà, quel tipo non muore facilmente”.
Kuroko afferrò la mano di Kagami stringendola forte. Tutta quella faccenda lo stava mettendo a dura prova ma, continuava a stare lì, pronto ad incoraggiarlo.
“Quando è diventata definitiva la sua trasformazione?” chiese Momoi “ad un certo punto, dopo che l’allenatore è stato licenziato, lui padroneggiava il suo lato di Imperatore”.
Kise e Murasakibara si lanciarono uno sguardo intenso, pronti a parlare nonostante i tentennamenti di Kise.
“E’ stato il giorno del tuo incidente, Kurokocchi…” disse Kise non riuscendo ad alzare lo sguardo verso di lui.
Tutti si voltarono a guardarlo stupiti.
“Ed è tutta colpa mia”.
 
Erano giorni intensi nella scuola media Teiko. Si studiava tantissimo e gli allenamenti erano diventati sempre più serrati. Inoltre in squadra alleggiava un’aria cupa da quando avevano scoperto che un po’ tutti erano stati puniti dall’allenatore, tutto merito di Aomine perché, dopo avergli urlato contro durante un allenamento, lui aveva risposto con un sonoro schiaffo in pieno volto. I ragazzi erano diventati tesi, temevano di commettere errori. I membri che venivano messi più sotto pressione erano i cinque ragazzi della Generazione dei Miracoli, da cui l’allenatore pretendeva di più.
Kise in quei giorni si sentiva più affaticato del solito, tra allenamenti, scuola e lavoro. Era diventato più noto e di conseguenza aveva ricevuto più richieste da numerose riviste che volevano immortalarlo. Tutto ciò generava la disapprovazione del coach che, quando non lavorava, lo faceva allenare più degli altri trattenendolo fino a tarda sera.
Durante la prima settimana di febbraio si era presentato solo una volta agli allenamenti e temeva moltissimo la reazione del coach. Cosa gli avrebbe fatto? L’ultima volta che si era assentato per due giorni consecutivi era stato diverso. L’aveva colpito non solo con uno schiaffo o allenandolo fino allo stremo ma, aveva utilizzato un bastone, colpendolo in vari punti del corpo. Si era spaventato e aveva coperto i segni lasciati con un fondotinta. Aveva deciso di non parlarne con nessuno per paura di una reazione da parte del coach.
Con un brivido di freddo, si sistemò meglio la giacca della divisa scolastica. Non stava al di fuori dell’edificio scolastico ma, nei corridoi faceva sempre un po’ freddo.
“Quando ci sarà la prossima partita di basket?”
“Inizierà il torneo tra una settimana! Non vedo l’ora di vedere giocare Kise-san!”
“Solo lui, anche Aomine-san… ha un qualcosa di selvaggio che attira!”
“Ahahah! Ma cosa dici?”
Le due ragazze intente a parlare si accorsero di Kise che le stava guardando. Imbarazzate, corsero via infilandosi in una classe. Kise ridacchiò proseguendo il suo cammino alla ricerca di un posto tranquillo per pranzare. Da quando aveva confessato i suoi sentimenti per Aomine, lo evitava accuratamente, dopotutto lui l’aveva rifiutato, con gentilezza. Però era troppo imbarazzato per pranzare nella stessa classe.
Passò davanti all’infermeria con aria imbarazzata e la scena che vide lo paralizzò. C’era Aomine di spalle, seduto al bordo del letto, intento a togliere la camicia della divisa a Kuroko. Sentì il suo cuore perdere diversi battiti e il mondo sparire intorno a sé. C’erano solo lui e i due presunti migliori amici.
Aomine si chinò verso Kuroko e, Kise indietreggiò quando capì che si stavano baciando. Arrancando, scappò via da quella scena troppo sconvolto per intervenire…
 
“COSAAAAA!!??” urlarono all’unisono Kagami, Kuroko e Aomine, il primo visibilmente arrabbiato e gli altri due sorpresi.
“Voi due! Cos’è questa storia? Hai tradito Seijuro?” chiese Murasakibara irritato.
“No!” urlarono Kuroko e Aomine.
“A-O-M-I-M-E!”
Kagami si alzò in piedi pronto a saltargli addosso.
“Quando è successo?” chiese Midorima cercando di fare chiarezza, mentre Kuroko cercava di calmare Kagami.
“Due giorni prima dell’incidente” rispose Kise con aria cupa.
“Ah! Ora ricordo! È stato il giorno in cui sono svenuto! Ricordi, Aomine-kun?” disse Kuroko.
“E’ vero! Avevi la febbre!” esclamò lui “mi ricordo che stavamo pranzando insieme noi due e Satsuki e tu, sei svenuto improvvisamente”.
“Ah, ricordo anch’io quel giorno. L’abbiamo portato in infermeria ma il sensei non c’era, così io sono corsa fuori a cercarlo” intervenne Momoi.
“Questo non spiega il bacio” disse Kagami a denti stretti sedendosi nuovamente.
“Bacio? Avevo appoggiato le labbra sulla fronte per sentire la temperatura e lo stavo spogliando per fare qualche impacco d’acqua fredda. Quando Tetsu prende la febbre è sempre molto alta” spiegò lui “e poi come potevi vedermi se stavo di spalle???” continuò puntando un dito accusatore contro Kise che intanto era sbiancato.
“Quindi… quindi…”
“Ti sei sbagliato” concluse Aomine con tono secco.
Ma Kise non lo ascoltava. Stava guardando le sue mani tremanti mentre alcune lacrime iniziarono a bagnarli il viso.
“Se non fossi stato così… stupido! L’incidente non ci sarebbe mai stato…”
“Spiegati Kise. Una volta per tutte” incalzò Midorima.
 
Quello stesso pomeriggio, Kise si diresse agli allenamenti come un automa. Si sentiva svuotato di ogni energia e guardava Aomine come se lo avesse visto per la prima volta. Quindi l’aveva rifiutato non perché era etero, così come aveva dichiarato ma perché amava Kuroko. E poi Kuroko stesso? Come poteva tradire Akashi?
Guardò verso il capitano che intanto stava facendo l’appello diventando ansioso nel momento in cui “Kuroko Tetsuya” non rispose.
“Sono venuti i suoi genitori a prenderlo. Si è sentito male” spiegò Aomine mentre il coach si avvicinava.
“Che cos’ha?” chiese l’allenatore con la fronte corrucciata.
Akashi guardò con ansia Aomine.
“La febbre”.
Il coach annuì e Akashi continuò a fare l’appello con aria più tranquilla. Kise strinse i pugni per la rabbia. Altro che febbre, sapeva benissimo perché Kuroko era andato via…
Il coach passò davanti a lui, fulminandolo con lo sguardo.
“Nel mio ufficio” disse.
Lui lo seguì agitandosi improvvisamente. A causa di Aomine e Kuroko si era del tutto dimenticato della sua lunga assenza. Voleva già punirlo?
Rabbrividendo, lo seguì pensando ad un modo per potersi salvare.
 
“Mi hai denunciato a lui?”
La voce di Kuroko interruppe il racconto di Kise. Il ragazzo, incapace di alzare lo sguardo, annuì lentamente.
“Gli ho raccontato che non era vero che stavi male, che era tutta una scusa per evitare gli allenamenti” confessò.
Momoi trattenne il fiato portandosi le mani alla bocca con aria sconvolta, Midorima chiuse gli occhi abbassando la testa. Murasakibara non batté ciglio osservando un impassibile Kuroko che non stava mostrando alcuna reazione a differenza di Aomine che, con scatto felino, si stava per avventare contro di lui. Kagami riuscì a bloccarlo e Murasakibara si parò davanti a Kise.
“Lasciami! Voglio ucciderlo!”
Kise si era portato le mani al viso, coprendo le lacrime che imperterrite scendevano sul suo volto.
“Aomine! Non fare il pazzo!” urlò Murasakibara.
“Pazzo? PAZZO! HA QUASI UCCISO TETSU!”
“Dai-chan, il racconto non è finito. Siediti” ordinò Kuroko con voce piatta.
Aomine si voltò dalla sua parte con aria stupita.
“Ma…”
“Il giorno dopo, quando sono rientrato a scuola, ho portato con me il certificato medico per consegnarlo al coach. Quando stavo per consegnarglielo mi disse che dovevo darglielo al termine degli allenamenti nel suo ufficio, per questo dopo le docce, dissi ad Akashi-kun di aspettarmi in classe. Quel giorno dovevamo studiare insieme per un progetto scolastico…”
 
Stava camminando velocemente lungo il corridoio per raggiungere l’ufficio del coach. Dopo quasi un mese poteva stare solo con il suo Sei-chan, anche se si trattava di un progetto scolastico. Non vedeva l’ora perché nell’ultimo periodo la situazione era diventata un po’ tesa tra loro due e voleva chiarire tutto. Bussò con energia la porta dell’ufficio ed entrò sicuro di sé. Non aveva fatto nulla per adirare il coach, quindi si sentiva abbastanza tranquillo.
Il coach lo accolse con la sua solita aria arcigna che gli riservava quando stavano da soli.
“Sanada sensei, ecco qui il mio certificato” disse porgendogli un foglietto.
Il sensei lo afferrò distrattamente posandolo sulla scrivania in silenzio. La strana tensione che alleggiava nell’aria lo mise in allarme, facendogli fare un passo indietro.
“Allora vado” disse girandosi.
Si sentì tirare per i capelli e cadde all’indietro. Riuscì a girarsi giusto in tempo per non sbattere la testa, accasciandosi poi a terra.
“Mi hai mentito per l’ennesima volta, Kuroko” disse la voce glaciale del coach.
Un calcio lo colpì in pieno stomaco, facendolo piegare in due. Iniziò a tossire ma, non ebbe il tempo di riprendere fiato perché il coach continuò a colpirlo a ripetizione con i calci su qualsiasi superfice del corpo che riusciva a raggiungere.
Kuroso si mise in posizione fetale, cercando di rotolare via, invano. Con un calcio però, riuscì a far cadere il coach che, colto alla sprovvista, fece qualche passo barcollante indietro, il tempo necessario per Kuroko di rialzarsi in piedi dolorante. Sentiva il sangue colare e qualche osso scricchiolava in modo sinistro. Si diresse verso la porta però, il coach con un pugno lo atterrò e lui sbatté la testa.
Sentì poi solo dolore diffuso, sapore di sangue, qualcosa che si stava rompendo dentro di sé e poi il buio.
 
Seguì un silenzio tombale rotto solo dai singhiozzi di Kise. Momoi aveva affondato il viso nel petto di Midorima, nascondendo le sue lacrime.
Kagami lasciò libero Aomine, troppo sconvolto per potersi muovere e, abbracciò Kuroko che, in quel momento, guardava di fronte a sé con aria spenta.
Non sapeva cosa fare: era furioso, angosciato, con il cuore a pezzi, incapace di aiutare il suo ragazzo. Ma cosa poteva fare ormai?
“Kuroko” chiamò Midorima con voce rauca “come ti sei salvato? Questo non l’abbiamo mai saputo”.
“E’ stato Seijuro” rispose Murasakibara.
Kuroko alzò lo guardo verso di lui, rompendo quel suo momento di apatia.
“Sei-chan?” chiese mentre Kagami sciolse l’abbraccio “sapevo che un bidello aveva sentito i miei lamenti e trovato”.
“No” disse Kise asciugandosi le lacrime “ti abbiamo trovato noi tre”.
 
“Uffa! Proprio oggi dovevo dimenticare il cellulare in classe? Sono in ritardo!”
Kise stava correndo lungo i corridoi della scuola senza farsi vedere dai professori che non approvavano quel comportamento all’interno dell’istituto. Di solito non infrangeva le regole della scuola ma, quella volta doveva farlo, lo aspettavano su un set fotografico.
Aveva quasi raggiunto la sua classe quando passò davanti all’ufficio di Sanada sensei. Con un brivido rallentò temendo di essere punito da lui se solo lo avesse visto. Per fortuna, con quella soffiata su Kuroko, aveva solamente dovuto fare dieci giri intorno alla scuola quindi, non voleva farlo adirare ancora.
Camminava quasi in punta di piedi e aveva superato la porta quando, il suono di qualcosa che si spezzava lo costrinse a fermarsi. Quel suono secco, proveniente dall’ufficio, gli fece gelare il sangue nelle vene. Non sapeva perché ma sentiva come se stesse succedendo qualcosa di brutto.
Prendendo coraggio, aprì uno spiraglio della porta e la scena che vide lo paralizzò: Kuroko era riverso a terra, coperto di sangue e alcune parti del suo corpo avevano una strana angolazione. Il coach lo sovrastava, sferrandogli calci a non finire.
Kise cadde indietro trattenendo un conato di vomito.
“Che cosa ho fatto?” mormorò orripilato.
Con mano tremante cercò il cellulare per chiamare aiuto, ricordandosi poi di averlo dimenticato in classe.
“Ehi, Ryouta. Stai bene?”
Akashi stava avanzando con curiosità nella sua direzione, accompagnato da Murasakibara.
“Akashicchi! È tutta colpa mia!”
“Cosa?” chiese.
Kise alzò il dito indicando l’ufficio e Akashi aprì la porta curioso. L’urlo che seguì fu il più straziante che Kise e Mursakibara avessero mai sentito in vita loro, un urlo animalesco che fece rabbrividire i due ragazzi.
Akashi si fiondò dentro e con un calcio allontanò il coach dal corpo inanimato di Kuroko. Kise osservava la scena tremante, incapace di reagire.
“Muoviti! Dobbiamo aiutare Kuro-chin!” urlò Murasakibara entrando.
Kise si alzò e lo raggiunse mentre lui chiamava i soccorsi. Intanto Akashi era in piena lotta con il coach, entrambi gli occhi arancioni, fuori controllo. Sanada sensei, sporco di sangue, riuscì ad allontanarlo da lui scaraventandolo contro la scrivania. Akashi ci rotolò sopra cadendo poi dall’altra parte, portando con sé dei fogli e un portapenne che emise un forte suono nel momento in cui toccò terra.
“Akashicchi!” urlò Kise spaventato.
Murasakibara intervenne, colpendo con un pugno il sensei che stava cercando di scappare. Per il forte colpo subito, barcollò stordito sbattendo contro il muro e, in quello stesso momento, Akashi corse verso di lui, armato di un paio di forbici. Con orrore Kise vide lo sguardo folle di Akashi mentre colpiva senza pietà l’uomo. Uno dopo l’altro, i colpi diventavano sempre più profondi e il sangue colava a fiotti dal corpo del sensei.
Murasakibara cercò di fermarlo ma inutilmente. Akashi ormai non era più lui e quasi rideva mentre affondava nelle morbide carni le forbici.
“Seijuro, basta. È… morto” disse Murasakibara avvicinandosi.
Infatti il corpo del sensei era immobile e si muoveva solo quando Akashi lo colpiva. Con mano ferma Murasakibara bloccò il braccio dell’amico, pronto a calare di nuovo.
“E’ tutto finito. Ora dobbiamo pensare a Kuro-chin” mormorò dolcemente.
Gli occhi di Akashi cambiarono nuovamente, diventando uno rosso e uno arancione e, con aria sbigottita fece cadere le forbici insanguinate. Guardò poi le sue mani sporche di sangue e il corpo immobile del sensei sotto di sé.
“Cosa ho fatto?”
 
“Subito dopo arrivarono i soccorsi, dichiarando morto Sanada sensei e salvando te per un pelo. Akashi era sotto shock e, grazie al potere della sua famiglia, riuscì a non finire in carcere perché si trattava di una situazione di auto difesa e, con Kuro-chin in quelle condizioni nessuno obiettò. Da quel giorno, l’Imperatore divenne una presenza fissa nella vita di Seijuro, diventando poi definitiva al termine del terzo anno” concluse Murasakibara con aria tetra.
Non era stato facile ripercorrere quei dolorosi momenti. La notte ancora sognava tutto quel sangue, il corpo deforme di Kuroko e il rumore che le forbici avevano emesso ad ogni affondo.
I ragazzi erano in silenzio, troppo confusi e sconvolti per parlare. Le loro menti stavano cercando di assimilare quelle informazioni troppo dolorose per essere metabolizzate così in fretta. Era troppo per dei semplici ragazzi.
“Kurokocchi… mi dispiace…” disse Kise avvicinandosi a lui ma, Kuroko si alzò in piedi evitandolo.
“Kurokocchi?”
“Portami in camera Taiga” disse con voce fredda mettendosi a sedere sulla sedia a rotelle.
Kagami si alzò afferrando le maniglie della sedia.
“Kurokocchi… ti prego… parlami, perdonami!” disse Kise con voce supplichevole, alzandosi a sua volta.
Kuroko alzò lo sguardo verso di lui, due mari in tempesta che lo scrutavano con rabbia e disgusto.
“Vattene via, Kise. Non voglio vederti mai più”.
 
 
Angolo della follia @.@
Ce l’ho faaaattaaaaa!!! Non ci credooooo!!! *piange per la gioia*
Allora, con questo capitolo ogni nodo cruciale della storia è stato risolto ma andiamo con ordine:
  • Akashi stava per risvegliarsi ma vediamo che l’Imperatore non molla. È un tipo piuttosto persistente, non trovate? ;)
  • Uno dei nodi cruciali di tutta la storia è stato risolto, ossia perché Kuroko tremava. Il nostro sesto uomo fantasma ha subito una serie di violenze da parte di un allenatore un po’ squilibrato. Come mi è venuta l’idea? Avevo visto un link su Mila e Shiro in cui c’era l’allenatore pazzo che maltrattava le ragazze (un trauma della nostra infanzia). Quindi, nonostante sapesse che i suoi amici non gli avrebbero fatto del male, il suo corpo reagiva in quel modo come una sorta di auto difesa;
  • Altro punto cruciale era il ruolo di Kise e alla fine abbiamo visto come la gelosia possa far commettere alle persone gesti pericolosi. In questo caso Kise voleva vendicarsi di Kuroko però ovviamente non pensava che l’allenatore potesse arrivare a tanto;
  • Akashi… che dire? Il nostro capitano ha mostrato un forte coraggio nel difendere con le unghie e con le forbici (?) il suo amato Tetsuya. E poi abbiamo scoperto com’è nato l’Imperatore, dalle prime avvisaglie alla sua affermazione il giorno dell’incidente di Kuroko.
  • Infine Kuroko… come dargli torto su Kise? Voi lo avreste perdonato?
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se avete domande, opinioni, perplessità, sono qui a risolvere tutto ^^
Ovviamente la storia non è finita, mancano ancora dei piccoli tasselli e le sorti di Akashi sembrano essere nelle mani dell’Imperatore…
Ciao e alla prossima =D

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Capitolo 32
*** Teiko Arc: la fine di tutto ***


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32. TeikoArc: la fine di tutto
 
Erano seduti in assoluto silenzio nella camera di Kuroko. Kagami gli dava la schiena appoggiato al davanzale della finestra. Da lì poteva vedere i ragazzi e una buona porzione di giardino. In lontananza riuscì a scorgere Aomine prendere a calci un albero mentre Kise si stava allontanando in lacrime. Momoi era stretta tra le braccia di Midorima e sembrava stesse piangendo. Solo Murasakibara non si vedeva da nessuna parte quindi ipotizzò che fosse tornato al capezzale di Akashi.
La storia che gli era appena stata raccontata continuava a ronzargli in testa. Il legame tra i Miracoli, il loro passato così tortuoso e la relazione tra Kuroko e Akashi.
Si rabbuiò. Quel bastardo lanciatore di forbici amava veramente Kuroko, a costo di uccidere qualcuno pur di salvarlo. Come poteva rivaleggiare con lui?
Lanciò un’occhiata a Kuroko. Era seduto sul letto e guardava con aria assente di fronte a sé. Aveva avuto troppe emozioni in un colpo solo: il suo primo amore, diventato un aguzzino, aveva commesso un gesto troppo grande per poterlo dimenticare, gli aveva salvato la vita e inoltre aveva ucciso per lui.
Chissà cosa stava pensando in quel momento… forse si sentiva in colpa?
“Perché è finita?” chiese infine ad alta voce.
Kuroko si voltò verso di lui sorpreso. Dal suo sguardo si poteva percepire la confusione che regnava nella sua testa.
“Cosa?” chiese.
“La vostra storia, la Generazione dei Miracoli. Insomma… tutto”.
“Per colpa mia”.
 
Stava uscendo dall’ospedale con passo traballante a causa delle stampelle. I suoi genitori gli erano accanto, accompagnandolo con pazienza verso la loro auto. Finalmente, dopo due mesi, sarebbe tornato a casa. Le ferite si erano tutte rimarginate ma, a causa di alcuni danni subiti, era costretto a camminare con le stampelle. Per fortuna poteva completare la sua fisioterapia a casa e andare a cadenza settimanale in ospedale per controllare i progressi. Non vedeva l’ora di ritornare nella sua camera, tra i suoi libri, palloni da basket e videogiochi.
Il viaggio dall’ospedale a casa durò circa un’ora a causa del traffico e, al suo arrivo, ebbe una spiacevole sorpresa: ad attenderlo nel suo appartamento c’erano gli Aomine e i Momoi al completo.
“Bentornato, Tetsuya!” esclamò il signor Aomine con entusiasmo.
La signora Aomine fece un mezzo sorriso, molto simile a quello del figlio. La signora Momoi scoppiò in lacrime iniziando ad elencare la cena che aveva preparato con tutte le portate preferite di Kuroko mentre, il signor Momoi cercava di calmarla.
Dietro di loro erano nascosti Daiki e Satsuki che lo guardavano con titubanza. Nella stanza calò la tensione e, la signora Kuroko, decise di spezzarla.
“Ciao ragazzi! Cosa ne dite di aiutare Tetsuya a disfare la valigia? E’ ancora presto per l’ora di cena”.
I due ragazzi annuirono e Daiki prese la valigia di Tetsuya mentre, Satsuki corse verso la sua camera aprendogli la porta. I tre ragazzi entrarono in assoluto silenzio, chiudendo la porta in modo da isolarsi dai loro genitori.
“Dove l’appoggio?” chiese Aomine.
“Mettila sul divano. Penso che Testu-chan preferisca stare sul letto…” rispose Momoi titubante.
“Ok”.
Posò la valigia come gli era stato ordinato e andò a sedersi ai piedi del letto. Momoi corse ad aprirla, mettendo fuori la biancheria e  Kuroko andò verso il letto, sedendosi a distanza da Daiki.
Non parlarono per molto tempo, ognuno troppo teso per proferire parola. Momoi e Aomine non sapevano come comportarsi con lui e lo stesso valeva per Kuroko.
I due mesi di permanenza non avevano riguardato solo il suo recupero fisico ma anche psicologico. I dottori, a causa delle sue reazioni, avevano impedito qualsiasi visita. Inizialmente anche i genitori non potevano stare a contatto con lui poiché, al minimo tocco, urlava e cercava di scappare riaprendo le sue ferite così, ogni volta che i medici lo dovevano visitare, lo riempivano di tranquillanti. Con il passare del tempo i genitori riuscirono ad entrare in contatto con lui però, gli altri erano off-limits. Per questo motivo non aveva visto né sentito nessuno, fino a quel giorno.
“T-Tetsu-chan, dove metto questi pigiama?” chiese Momoi incerta.
Kuroko indicò titubante il comodino posto accanto a lui e, quando lei si avvicinò, si alzò velocemente. Nel farlo perse l’equilibrio e fu solo grazie ai riflessi pronti di Daiki che lui non cadde.
“Tetsu, stai bene!?” chiese allarmato l’amico.
Il corpo di Kuroko iniziò a reagire a quel tocco tremando, mentre il suo respiro diventava più affannoso.
“Dai-chan! Lascialo!” esclamò Momoi nel panico.
Aomine lo mise sul letto mettendosi il più lontano possibile, imitato da Momoi, per concedergli spazio. Pian piano il respiro di Kuroko tornò normale e il tremore cessò. Alzò lo sguardo verso i due amici: Aomine aveva il volto sofferente e Momoi era sull’orlo delle lacrime.
“M-mi dispiace. N-non volevo” balbettò lui con tono triste.
“Non devi scusarti… presto tornerà tutto come prima, Tetsu. Tutto come prima. Noi non ti abbandoneremo”.
 
Cadde un silenzio teso tra i due. Kagami si avvicinò e lo prese per mano, intrecciando le dita e, Kuroko chiuse gli occhi ricambiando la stretta.
Quanto aveva lavorato per arrivare a quel punto? Quanto duro lavoro aveva compiuto insieme agli altri per potersi nuovamente fidare del prossimo?
“Questo è stato uno dei punti di rottura della mia relazione. Immagina cosa può aver passato Akashi-kun senza potervi vedere e sentire in quei due mesi? Inoltre al mio ritorno a scuola non poteva neanche toccarmi, così lasciai la squadra di basket, per potermi abituare pian piano a convivere con gli altri” continuò Kuroko riaprendo gli occhi “il nostro primo incontro non è stato dei migliori. Eravamo cambiati entrambi ed ora capisco il perché…”
 
I giorni successivi al suo ritorno a casa, furono i più difficili da affrontare. Dopo la scuola Momoi e Aomine andavano da lui portandogli i compiti, studiando insieme. Inoltre gli raccontavano tutto ciò che accadeva a scuola, di come gli allenamenti fossero diventati più leggeri con l’arrivo del nuovo coach, delle lezioni, dei loro compagni.
“Quando riprenderai il telefono, Tetsu? Manchi a tutti” provò Aomine alzando gli occhi dal suo quaderno di matematica.
Sapeva che non poteva ancora tornare a scuola e poteva incontrare poche persone alla volta, quindi preferiva iniziare a sciogliersi con i suoi migliori amici e poi con gli altri.
“So che non puoi vedere altri però… non pensi ad Akashi?” chiese Momoi mordicchiando la matita nervosamente.
Lui si irrigidì e si alzò in piedi per avvicinarsi alla finestra.
"Tetsu?"
"Ho bisogno di stare solo. Per favore, andate via" disse in tono cupo.
Momoi lo guardò con le lacrime agli occhi e Aomine la prese per mano conducendola fuori.
"Ci vediamo domani, Tetsu" disse mogio.
Si chiuse la porta alle spalle lasciandolo così solo, immerso nei suoi pensieri. Chiuse gli occhi cercando di calmarsi.
Akashi... chissà cosa stava facendo in quel momento. Gli mancava così tanto eppure non poteva stringerlo tra le sue braccia e, dopo tutto quel tempo non sapeva cosa dirgli.
Sentì la porta aprirsi nuovamente e sospirò.
"Dai-chan, ho detto che voglio restare solo" disse voltandosi.
Quando lo fece spalancò la bocca per la sorpresa. Akashi in persona aveva appena varcato la soglia e lo stava fissando intensamente. Rimasero così, in silenzio, incapaci di dire qualsiasi cosa, scrutandosi a vicenda, studiando i dettagli della persona tanto amata. Akashi indossava la sua divisa scolastica e aveva perso peso, inoltre i suoi occhi erano diversi.
"Posso accomodarmi?" chiese rompendo il silenzio.
Lui annuì deglutendo nervosamente. Akashi si sedette sul pavimento osservando i quaderni e i libri posti sul tavolino.
"Stavi studiando?"
"Si".
Si sedette anche lui titubante, non sapendo cosa dire. Il silenzio che calò fu il più lungo e teso di tutta la sua vita, non aveva mai provato tutta quell’ansia, neanche con Aomine e Momoi al suo ritorno dall’ospedale.
“Allora… come ti senti?” chiese Akashi spezzando il silenzio.
“Bene” rispose di getto.
Che cosa gli poteva dire d’altronde? Dirgli che stava ancora male era fuori discussione, poteva cogliere negli occhi di Akashi la pena che provava nei suoi confronti, quindi perché farlo soffrire ancora?
Alzò lo sguardo e vide che lo stava scrutando attentamente.
“E tu? Come stai?” chiese nella speranza di distogliere l’attenzione su di lui.
“Bene”.
Quella situazione di stallo iniziava ad innervosirlo. Non era ancora pronto per quell’incontro, avere Akashi lì, di fronte a lui, senza poter fare nulla.
“Forse è meglio che te ne vai…” mormorò.
Akashi spalancò gli occhi stupito.
“Perché?”
“Perché è meglio così”.
“Ti prego, vai via, vai via… non posso piangere di fronte a te… ti prego” pensò cercando di trattenere le lacrime.
“Tetsuya…” lui allungò la mano sfiorando la sua ma, Kuroko sobbalzò tremante emettendo poi un gemito di dolore. Il movimento improvviso non era stato apprezzato dal suo corpo ancora dolorante.
“Vai via” disse mantenendosi la mano.
Akashi si alzò senza aggiungere altro, dirigendosi poi verso la porta.
“C-ci vediamo a scuola” disse prima di scomparire dalla sua vista.
Kuroko si accasciò a terra, incapace di trattenere oltre le lacrime.
 
“L’ho trattato male, non trovi?” chiese cupo.
“Kuroko…”
“Dopotutto quello che aveva fatto, l’ho cacciato pensando solo a me stesso, ignorandolo, non preoccupandomi di lui…”
“Kuroko non è colpa tua” Kagami strinse più forte la sua mano “non condannarti. Eri appena uscito da uno dei periodi più difficili della tua vita e avevi ancora tanta strada da percorrere, come potevi accollarti anche i problemi degli altri? Non ce l’avresti fatta e…”
“Ma non ci ho provato! Ho pensato solo a me!!” urlò liberandosi dalla stretta.
Kagami sospirò rassegnato alzandosi dal letto. Si diresse verso la sedia accomodandosi con poca grazia. Non sapeva più come comportarsi con Kuroko, tutte quelle rivelazioni avevano mostrato un ragazzo che lui non conosceva affatto quindi, chi era la persona di cui si era innamorato?
“Poi, cos’hai fatto?” chiese allontanando quei pensieri dalla mente.
“Un mese dopo sono rientrato a scuola e ho dovuto lasciare la squadra di basket. Troppi contatti fisici…” disse con un sorriso amaro “a scuola evitavo tutti, non tolleravo tutta quella gente… così pian piano ho allontanato anche Dai-chan e Satsuki” aggiunse con un sospiro “non parlavo più con nessuno e, nonostante i tentativi di Akashi-kun, non sono riuscito a migliorare. Ho solo litigato con lui e ad ogni litigio fronteggiavo un Akashi-kun mai visto prima… ormai l’Imperatore era una presenza costante nella sua vita e questo mi agitava. Non riuscivo a fidarmi di lui…”
“Come darti torto” commentò sarcastico Kagami incrociando le braccia.
Kuroko sorrise di fronte a quel commento, un sorriso spontaneo che Kagami non vedeva da tempi immemori.
“Però mi ricordo che tu al terzo anno eri in squadra, ricordo questo dettaglio” disse Kagami.
“Sì, perché al terzo anno presi la decisione di rientrare in squadra ma, ormai era troppo tardi” commentò cupo.
“Tardi per cosa?” chiese curioso.
“Per far tornare tutto com’era prima: Akashi-kun mi trattava come un semplice giocatore, ignorandomi; Midorima-kun e Murasakibara-kun… per loro era come se non ci fossi; Kise-kun…” strinse i pugni con rabbia “preferisco non commentare! Mentre Dai-chan… mi trattava diversamente dal passato, era arrabbiato con me per come lo avevo trattato e non veniva più a casa mia… solo Satsuki è rimasta sempre la stessa” spiegò.
“Come? Ma è idiota!?” esclamò Kagami contrariato.
“Era solo un ragazzino delle medie” lo giustificò lui.
“Un ragazzino delle medie un corno! Giuro che la prossima volta che lo vedo lo strozzo!!” pensò con rabbia.
“Riprendendo il basket le mie prestazioni risultarono più scarse di prima… non mi allenavo da molto, quindi il coach creò per me una speciale scheda di allenamento” continuò non cogliendo l’espressione irritata di Kagami “in quel periodo cercai di riallacciare i rapporti, riuscendo ad abbattere di poco la corazza che si era creata intorno ai miei compagni di squadra. Con gli altri giocatori le cose tornarono come prima ma, con i Miracoli no, riuscii solo a scambiare due parole con Midorima-kun su un libro che entrambi stavamo leggendo e Murasakibara-kun iniziò ad offrirmi i suoi dolci”.
“Aomine?” chiese Kagami sbuffando.
“Tutto tornò come prima dopo che lui riuscì a toccarmi”.
 
Era stufo di quella situazione. Stufo del comportamento del suo migliore amico, colui che aveva considerato un fratello dalla nascita. Stufo di essere trattato come un fantasma.
Con passo spedito si diresse verso la scalinata che conduceva al tetto della scuola, zigzagando tra gli ignari studenti, intenti a parlare delle lezioni. Giunto in cima, spalancò la porta con talmente tanta forza da far sobbalzare  gli unici due avventori presenti sul tetto, intenti ad amoreggiare.
La ragazza emise un gridolino imbarazzato staccandosi da Aomine. Si alzò rapida gli slip e corse via abbottonandosi la camicetta. Aomine la seguì con lo sguardo, indignato.
“Ehi Tetsu, come osi disturbarmi? Stavo per concludere!” sbottò alzandosi la cerniera dei pantaloni.
“E tu? Come osi ignorarmi in quel modo!?” urlò Kuroko.
Aomine abbottonò la camicia con disappunto.
“Guarda che dovrei essere io a farti questa domanda! Sono mesi che mi ignori!” urlò di rimando.
Si guardarono per un attimo in cagnesco. Aomine negli ultimi tempi era cresciuto tantissimo in altezza e Kuroko si sentiva a confronto un bambino delle elementari.
“Sto provando in ogni modo a riallacciare i rapporti con te ma tu ti ostini come un mulo!”
“Mulo a chi!?”
“A TE!!!”
In un impeto di rabbia, si fiondò verso di lui afferrandolo per le spalle e scuotendolo. Kuroko reagì spingendolo contro il muro e, per il colpo, Aomine si sentì senza fiato.
“Razza di stupido! Come puoi gettare così la nostra amicizia? Lo sai che per me non sei un semplice amico ma un vero fratello!” esclamò Kuroko mentre una lacrima di rabbia gli sfuggì dal suo volto.
“Anche tu sei per me un fratello, però…”
Si zittì improvvisamente mentre il suo volto, contratto dalla rabbia, passò allo stupore.
“Che c’è ora? Non sai più cosa…”
“Tetsu” disse lui interrompendolo “ti sto… toccando…” continuò confuso.
“E con questo? Non è la prima volta che…” si zittì registrando l’informazione appena ricevuta.
Era vero, non stava tremando. Guardò le mani di Aomine che intanto, tremanti, si stavano spostando verso il suo volto.
“Tetsu…” mormorò incredulo.
“D-Dai-chan!” singhiozzò lui.
Non si era nemmeno accorto che stava piangendo e, Aomine dolcemente, gli asciugò le lacrime con i polpastrelli.
“P-per-per-ché p-piangi anche t-tu?” chiese tra un singhiozzo e l’altro.
Aomine si lasciò toccare il volto bagnato dall’amico, chiudendo gli occhi.
“Perché sono felice, idiota” replicò.
Kuroko emise l’ennesimo singhiozzo e si fiondò tra le sue braccia, affondando il viso nel suo petto, stropicciando la camicia con le mani.
“Daaaai-chaaan!!”
Aomine lo strinse forte piangendo insieme a lui. Non seppero per quanto tempo rimasero così stretti l’uno tra le braccia dell’altro. Desideravano solo che il tempo si fermasse per assaporare, il più a lungo possibile, quel momento.
 
“Dai-chan…” concluse con un dolce sorriso.
Kagami lo guardava con una punta di gelosia e invidia. Gelosia perché quel bastardo aveva osato abbracciare in quel modo il suo ragazzo, invidia perché lui non aveva mai avuto un’amicizia così importante nella sua vita. Forse solo la coach negli ultimi tempi poteva essere definita tale, lo aveva sostenuto nel suo momento più buio senza demordere, appoggiata da Hyuuga e Kiyoshi. Non gli era andata poi così male…
“Però solo con lui e Satsuki funzionava questa storia del contatto, oltre alla mia famiglia e anche con…”
“Akashi?” lo interruppe lui bruscamente “vi siete riavvicinati?”
Kuroko lo guardò per un attimo timoroso. Kagami era visibilmente irritato, le labbra un’unica linea e il volto corrugato. Quanto poteva essere difficile per lui sentire parlare dell’ex del suo ragazzo? Fino a quel momento si era comportato bene… forse aveva raggiunto il suo limite? Chiuse gli occhi cercando di mettersi nei suoi panni. E se la storia si fosse svolta al contrario, con un Kagami che gli raccontava del suo ex? Spalancò gli occhi irritato. Di sicuro non avrebbe mantenuto la calma.
“Allora?” incalzò lui.
Kuroko si spostò verso il bordo del letto, facendo sporgere i piedi fuori. Scivolò lentamente fino a sentire il pavimento freddo. Kagami si alzò immediatamente, avvicinandosi per aiutarlo.
“Dove vuoi andare?” chiese perplesso porgendogli le mani.
“Da te” rispose lui semplicemente.
“Bastava chiamarmi…” replicò dubbioso.
“No, dovevo venire da te”.
Si guardarono negli occhi, rosso contro azzurro, finché Kagami distolse lo sguardo imbarazzato.
“Stupido” mormorò stringendolo in un abbraccio, nascondendo il volto tra i suoi capelli.
Kuroko ricambiò la stretta, rimanendo fermo in quella posizione e, quando Kagami cercò di scioglierlo, lui si strinse più forte.
“Che c’è?” chiese curioso.
“Niente, voglio restare ancora un po’ così” rispose.
Kagami non disse nulla, spostandolo verso il centro del letto in modo da potersi sdraiare accanto. Kuroko appoggiò la testa sul suo enorme petto, inspirando a pieni polmoni il dolce profumo di bagnoschiuma alla vaniglia che emanava.
“Va bene così?” chiese Kagami.
Lui annuì chiudendo gli occhi. Forse non era Kagami ad avere bisogno di lui dopo tutte quelle rivelazioni. Era lui a desiderare di essere rassicurato, di potersi sentire tranquillo tra le sue braccia, senza pensare a nulla. Purtroppo però, nella sua mente i ricordi volteggiavano confusamente, facendo pressione.
 
Gli allenamenti erano finiti da un pezzo e lui era rimasto, come ogni giorno, più a lungo. Doveva recuperare il tempo perso, raggiungere l’abilità dei Miracoli, non poteva rimanere indietro.
Dopo l’ennesimo tiro, finalmente il pallone entrò nel canestro, suscitando la sua gioia. In quei giorni Aomine aveva fatto di tutto per insegnarli a segnare e, gli allenamenti stavano dando i loro frutti. La porta della palestra si aprì mentre lui era intento a recuperare il pallone.
“Dai-chan, sei in ritardo! Ti sei appena perso il mio canestro e poi sto cercando di creare una nuova tecnica utilizzando la misdirection”.
Si girò sorridendo, pronto ad accogliere l’amico però, rimase stupito quando vide Akashi al posto di Aomine. Il sorriso scemò dal suo volto, assumendo così la sua solita aria di impassibilità.
“Che ci fai qui, capitano?” chiese freddamente.
Era arrabbiato con lui perché non gli aveva dato la possibilità di scusarsi nonostante i suoi sforzi. Aveva tentato diverse volte, inutilmente. Si metteva sempre in mezzo Murasakibara oppure quello strano Imperatore che nominava. Inizialmente aveva pensato che “l’occhio dell’Imperatore” fosse una semplice tecnica del basket invece, era sempre più presente nella sua vita.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio” commentò ridacchiando.
“Come?” chiese lui perplesso.
Era da tanto che Akashi non gli rivolgeva la parola al di fuori degli allenamenti e, per di più stava sorridendo.
“Ho ricevuto una segnalazione su un presunto fantasma che gioca a basket, al di fuori dell’orario di allenamento, nella palestra 1” rispose.
“Ah…” commentò distogliendo lo sguardo.
“Inoltre” continuò lui avvicinandosi “dicono che si tratti di un fantasma di uno studente, morto con il rimpianto di non aver potuto giocare la sua ultima partita di basket”.
Kuroko rimase con lo sguardo basso, contemplandosi i lacci delle scarpe.
“In conclusione, hanno mandato me a controllare”.
“Capisco” commentò.
Akashi si avvicinò di più in modo da trovarsi a pochi centimetri di distanza.
“Ti stai di nuovo allenando da solo?” chiese pacato.
“Sì, capitano” rispose.
“Perché? Già segui degli allenamenti speciali”.
“Non mi bastano. E ora, se vuoi scusarmi, capitano” disse l’ultima parola con irritazione.
Akashi inarcò un sopracciglio sorpreso. Nell’ultimo periodo non andavano particolarmente d’accordo però, Kuroko non era mai stato così ostile.
Palleggiando, si allontanò da lui, riprendendo ad allenarsi. Stava per tirare quando fu ostacolato da Akashi che, con un gesto fluido, gli rubò la palla.
“Che intenzioni hai?” chiese infastidito.
“Mi sembra ovvio” rispose lui facendo un sorriso sghembo.
Iniziarono così un 1 contro 1 che durò un quarto d’ora. Al termine Kuroko si accasciò a terra esausto, seguito da Akashi.
“Sei migliorato” commentò con il fiatone.
“Dici?” chiese Kuroko cercando di riprendere fiato.
 “Dico”.
“Da quando sei diventato così pieno di te?”
“Da quando sei diventato così simpatico?”
“Da quando una certa persona mi ha messo da parte” replicò con rabbia.
“Sei stato prima tu a farlo” rispose calmo.
“Si, ma non stavo bene! E poi non mi hai più dato la possibilità di scusarmi!” sbottò mettendosi a sedere.
“Quindi sei disposto a riallacciare i rapporti con me? Sapendo che non potremo più essere come prima? Sapendo che per noi sarà impossibile toccarci?” chiese irritato “Vuoi farmi ancora soffrire? Non è meglio continuare così?”
“Ma… io… io… non volevo questo! Io ti amo! Non riesco a stare più senza di te, Sei-chan! E non mi importa se sei cambiato, voglio stare con te lo stesso!” disse con tono angosciato.
“Allora dimostramelo” disse lui.
“Come?”
“Così”.
Si sporse in avanti, tirandolo per la divisa e, lo baciò. Kuroko rimase impietrito e il suo corpo reagì a quel tocco, tremando convulsamente.
“Sei-cha…” fu zittito da un altro bacio e si arrese.
Le sue mani si mossero, circondando il collo di Akashi, approfondendo quel bacio represso per troppo tempo. Stavano esprimendo tutti i loro sentimenti e Kuroko si abbandonò completamente a lui. Quanto gli era mancato il suo tocco, le sue labbra, i loro cuori che battono all’unisono, i loro gemiti. Non oppose resistenza quando gli tolse la maglia, nemmeno quando iniziò a succhiargli i capezzoli, facendolo gemere forte.
In quella palestra i suoni erano più amplificati e le dolci parole di Akashi risuonavano tutt’intorno, avvolgendolo tutto. La loro unione fu dolce e, guardandosi negli occhi, raggiunsero l’apice del piacere.
“Ti amo, Tetsuya”.
 
Un bacio sulla fronte lo fece trasalire.
“Che succede? Ti ho svegliato?” chiese Kagami accarezzandogli dolcemente la schiena.
“Ah? Si, si. Credo di essermi appisolato” rispose imbarazzato.
Non poteva dirgli di aver appena ricordato un momento di intimità con il suo ex. Era fuori discussione. Si rilassò nuovamente tra le sue braccia lasciandosi coccolare.
“Cos’è successo poi? Perché alla fine vi siete lasciati? E quando sei diventato un Miracolo?” chiese Kagami curioso.
“Dopo la nostra riconciliazione ho iniziato a notare cose strane che avevo colto già prima. Lui era più autoritario e non si comportava bene con gli altri. Il suo lato paziente e comprensivo era scomparso. Ehm… non del tutto” si zittì sentendo Kagami irrigidirsi “con me lo era ancora… però il più delle volte mostrava questo suo nuovo lato!” si affrettò ad aggiungere.
“Capisco” si limitò a rispondere.
“Poi tutto è andato in frantumi alla vigilia della nostra ultima partita”.
 
Gli allenamenti erano terminati da poco e la squadra si stava affrettando a mettersi in fila per le ultime raccomandazioni e direttive del capitano. Kuroko aveva il fiatone e si mise accanto ad Aomine che gli offrì un braccio. Negli ultimi tempi si era sovraccaricato di lavoro fisico pur di raggiungere il loro livello, solo che i risultati non  erano stati un granché.
Akashi si mise di fronte a loro con aria minacciosa e alcuni aggrottarono la fronte. Gli allenamenti erano andati piuttosto bene ed erano riusciti quasi tutti a raggiungere gli obiettivi prefissati, soprattutto i Miracoli.
“Siete una delusione” disse con tono secco.
I ragazzi si guardarono perplessi.
“Mi aspettavo molto da voi e invece… mi avete deluso ancora. Domani giocheremo la finale e voi non siete ancora pronti!”
Murasakibara si limitò a sbadigliare mentre Midorima strinse le fasce intorno alla mano sinistra. Kise guardava le sue scarpe con aria nervosa. Solo Aomine reagì.
“Che stai dicendo? Non essere paranoico. Siamo andati bene e per domani siamo pronti” ribatté lui.
Akashi gli lanciò uno sguardo fulminante che non intimorì per niente Aomine.
“Vorresti provare il contrario?” chiese con tono di sfida.
“Ahahah! Akashi, non farmi ridere!” disse sprezzante “Ormai lo dovresti sapere, l’unico che può battermi sono io” aggiunse con un sorriso strafottente.
“Dai-chan” disse Satsuki con tono di avvertimento.
“Vediamo” replicò Akashi togliendosi la giacca della divisa.
Aomine strappò dalle mani di Satsuki il pallone da basket e, si fece largo tra gli altri giocatori per disporsi in campo. Akashi invece camminò con passo elegante, mostrando già l’abisso esistente tra lui e l’impulsività dell’asso della Teiko.
“Pronto? Si arriva a 5 canestri” disse Aomine facendo rimbalzare il pallone a terra.
“D’accordo”.
Satsuki fischiò e la sfida iniziò con uno scatto fulmineo di Aomine. Era talmente veloce che Akashi non lo vide arrivare e subì il primo canestro.
“1-0 per Aomine”.
Aomine sorrise mentre Akashi si voltava verso di lui.
“Nessuno può battermi” disse facendo girare sull’indice il pallone.
Si riposizionarono e la scena si ripeté altre due volte.
“Sei sicuro di voler continuare, capitano? Non credi che sia meglio fermarti prima di essere battuto definitivamente?” chiese Aomine con un ghigno.
Akashi lo guardò inclinando la testa di lato, come se stesse osservando un fenomeno raro. Aomine si innervosì segnando nuovamente. Il resto dei compagni applaudivano, felici che Aomine  stesse battendo il loro capitano.
“Finito?” chiese improvvisamente.
Nella palestra calò un silenzio teso e Kuroko guardava Akashi con apprensione.
“Ora tocca a me”.
Recuperò il pallone rendendo Aomine nervoso e, iniziarono a fronteggiarsi.
“Non puoi battermi Akashi!!” urlò avventandosi contro.
“E’ giunto il momento di stare al tuo posto, Daiki” disse calmo.
Con un unico gesto fluido lo superò, mentre Aomine si ritrovò a terra, in ginocchio.
“Dai-chan…” mormorò Kuroko tristemente.
La scena si ripeté altre quattro volte, lasciando Aomine senza fiato e con il volto contratto dalla rabbia. I ragazzi non dissero nulla, osservando il capitano mentre si avvicinava a Aomine. Si inginocchiò al suo fianco avvicinando la bocca all’orecchio.
“Ricordati questo Daiki, io sono assoluto” disse con tono di voce freddo.
Si rialzò in piedi lasciando Aomine in preda alla rabbia.
“MALEDIZIONE!!” urlò colpendo con un pugno il pavimento.
I ragazzi in silenzio si allontanarono dirigendosi negli spogliatoi, tranne Satsuki che si avvicinò a lui. Kuroko invece seguì Akashi che, invece di seguire gli altri, era uscito fuori.
“Sei-chan!” lo chiamò rincorrendolo.
“Tetsuya” disse con un sorriso.
“Perché? Perché l’hai fatto?” chiese raggiungendolo.
“Era una sfida, quindi ho giocato e…” rispose lui perplesso.
“No! Tu non hai giocato! L’hai umiliato!” disse irritato.
Il sorriso sulle labbra di Akashi si spense.
“Non è vero. Gli ho solo fatto capire che ha dei limiti” rispose freddo.
“Sei-chan, non mi è sembrato così. E’ stato di nuovo l’Imperatore?” chiese.
Akashi strinse i pugni guardandolo con rabbia.
“Ancora con questa storia dell’Imperatore? Quando ti deciderai che non esiste? E’ solo una stupida tecnica!”
“Non ti rendi conto che sei cambiato?”
“Cambiato? Senti chi parla, la persona più perfetta al mondo! Colui che ni ha ignorato per tanti mesi, colui che quando è tornato ha continuato a farlo, ferendomi giorno per giorno. Sei tu che mi hai cambiato!” urlò frustrato.
“Io? E’ forse colpa mia se sono stato preso di mira da uno psicopatico? No!” urlò ferito “tu sei cambiato… Non sei più tu, sei più strafottente, prepotente… il vero Sei-chan non avrebbe mai fatto o detto cose così crudeli a Dai-chan!”
Fu un attimo. Accecato dalla rabbia, Akashi alzò il braccio colpendolo in pieno volto con uno schiaffo. Per il colpo subito, la testa girò verso destra, sorprendendo Kuroko che spalancò gli occhi per la sorpresa.
Akashi scosse la testa ritrovando la calma. Guardò prima la sua mano che formicolava per il colpo e poi Kuroko, scuro in volto. Quest’ultimo, con mano tremante, andò a coprire la parte lesa.
“T-Tetsuya…” mormorò Akashi avvicinandosi.
Kuroko fece un passo indietro allontanandosi da lui.
“N-no… Tetsuya, ti prego!” esclamò con tono supplichevole.
“Non mi toccare” disse in tono freddo.
Gli diede le spalle e corse via, lontano da lui, lontano dalla scuola, lontano dal suo cuore.
 
“Aveva ragione… è cambiato per colpa mia. Sono io colui che ha scatenato tutta questa serie di eventi. Io e soltanto io” disse con le lacrime agli occhi.
“Tetsuya…”
“Inoltre il giorno dopo l’ho lasciato, dopo la partita l’ho lasciato! Perché durante quell’incontro non ha fatto altro che provocare tutti, me incluso e io… mi sono arrabbiato. In campo ho mostrato le mie vere potenzialità entrando in trance agonistica, non ero più lucido. Niente più mi importava perché Akashi mi aveva ferito e, non parlo dello schiaffo. Mi aveva ferito nel cuore” si batté la mano sul petto “una ferita difficile da rimarginare. Solo che tutto è partito da me” si allontanò da Kagami mettendosi in piedi “capisci? Ho scatenato io tutto!”
“Non dire così, non è colpa tua! Anche quel gigante ha detto che Akashi già prima aveva mostrato segni di squilibrio e…”
“Non erano segni di squilibrio!” urlò lui girandosi di scatto.
Kagami si zittì sorpreso da quella reazione. Kuroko era visibilmente agitato, gli tremavano le mani e aveva il respiro affannato.
“E’ colpa mia… solo colpa mia… d-devo rimediare…” con sguardo folle e gesti frenetici si accomodò sulla sua sedia a rotelle.
“Dove vai?” chiese Kagami allarmato alzandosi immediatamente.
“Da Sei-chan” rispose uscendo “non mi seguire”.
“Tets…!”
La porta si chiuse alle sue spalle e Kagami si riaccomodò sulla sedia con aria frastornata. La testa gli girava vorticosamente e, il suo ragazzo l’aveva appena lasciato per andare dal suo ex, ignorandolo, non degnandoli uno sguardo.
Si portò la mano al cuore e chiuse gli occhi con aria affranta.
“Tetsuya…”
 
 
Angolo della follia @.@
E finalmente ho finitoooo!!! *festeggia*
Questi sono gli ultimi pezzi del puzzle e la storia e quasi giunta al termine. Secondo voi cosa accadrà? Akashi si risveglierà? Oppure la storia terminerà con una morte inaspettata?
Ciao e alla prossima =D
 

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Capitolo 33
*** Confusione ***


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33. Confusione
 
Beep.
 
Quel suono…
 
Beep.
 
Gli risuonava nelle orecchie da giorni…
 
Beep.
 
Da dove viene?
 
“Seijuro”.
 
Beep.
 
Mamma?
 
Aprì gli occhi ritrovandosi nella camera dell’Imperatore. Era sdraiato sul letto, circondato dai colori rosso e arancione che pulsavano. Si mise a sedere con aria frastornata e vide l’Imperatore in persona seduto comodamente sul divano, gli occhi arancioni fissi su di lui, con aria pacata.
“Seijuro, finalmente” disse con un freddo sorriso.
Lui si guardò intorno ignorandolo. Non riusciva a spiegarsi perché era ancora lì, eppure aveva sentito il suono della voce di sua mamma.
 
“Seijuro…”
 
“Mamma!”
Poggiò i piedi nudi sul pavimento freddo e, ad ogni passo, il pavimento pulsava di luce rossa.
“Mamma!” chiamò nuovamente.
Corse verso i muri, tastandoli alla ricerca di una via d’uscita e, ogni suo tocco, colorava di rosso le pareti, lasciando l’impronta della sua mano.
 
“Seijuro…”
 
Si voltò improvvisamente verso lo specchio dove riuscì a cogliere delle masse confuse vorticare all’interno. Camminò in quella direzione posando la mano su di esso e questo emanò una scossa elettrica arancione che lo fece indietreggiare.
“Di lì non si passa” disse con un ghigno l’Imperatore.
Akashi si girò nella sua direzione, con espressione ostile.
“Basta con questi giochetti, Imperatore! Cosa vuoi ancora da me? Perché non mi lasci in pace? Non ho più bisogno della tua presenza!!”
“Ne sei sicuro?”
Il sorriso dell’Imperatore si fece più largo e lo specchio alle spalle di Akashi si illuminò.
“Ma cos…”
Non riuscì a finire la frase, inghiottito dalla voragine arancione creatasi all’interno dello specchio.
 
***
 
Era seduto con aria stanca all’ombra di una palma vicino al mare. Indossava un pantaloncino rosso e una camicia bianca a maniche corte sbottonata. Accanto le sue inseparabili scarpe da basket.
Guardava il mare, osservando le increspature che il vento formava sulla superfice cristallina mentre, il sole stava calando, colorando il mondo di un rosso cupo. Una coppia invase il suo campo visivo: Momoi e Midorima che camminavano mano nella mano in riva al mare. Quella sarebbe stata la loro ultima giornata di mare perché il giorno dopo avrebbero preso il treno per tornare a casa. Midorima aveva già preparato tutta la documentazione per ritornare nella sua vecchia scuola, aiutato da un eccitato Takao: il giorno precedente aveva sentito per caso una loro conversazione telefonica.
Midorima si fermò improvvisamente, afferrando entrambe le mani di Momoi poi, si chinò catturando con dolcezza le morbide labbra della ragazza. Kagami distolse lo sguardo infastidito, non per quella manifestazione d’affetto da parte dei due ragazzi ma, per l’invidia che provava nei loro confronti. Con la situazione chiarita e Akashi fuori combattimento, potevano riprendere in tutta tranquillità le loro vite, da dove erano state interrotte. Lui e Kuroko sarebbero riusciti a raggiungere quel traguardo? Aveva molti dubbi a tal proposito perché il suo presunto ragazzo aveva passato tutta la giornata precedente al capezzale del suo ex, ignorandolo, decidendo di non vederlo. Per quanto tempo avrebbe resistito ancora?
“Ehi BaKagami, che ci fai qui?”
Si voltò verso destra dove c’era Aomine che lo guardava, armato di un sacchetto per la spesa.
“Hai sempre una parolina gentile da rivolgermi, vero bastardo?” replicò lui.
“Sono già stato fin troppo gentile nel lasciarti il migliore amico” rispose sedendosi al suo fianco.
Kagami lo fissò per un attimo.
“1-0 per te, Aomine”.
Lui rispose con un sorriso strafottente.
Kagami rivolse nuovamente lo sguardo all’orizzonte. Momoi e Midorima erano scomparsi, forse si erano appartati da qualche parte.
“Prendi” disse Aomine offrendogli una bottiglia di vetro.
“Birra?” chiese Kagami stupito “bevi birra?”
“Adesso anche tu” disse aprendo con i denti il tappo della sua bottiglia.
“Ma siamo minorenni!” esclamò Kagami preoccupato.
“E quindi? La spiaggia è deserta e non c’è nessun adulto in vista. Non dirmi che non hai mai bevuto?” chiese strappandogli dalle mani la bottiglia sigillata e offrendogli quella stappata.
“No, mi piace la birra” disse bevendone un sorso.
Aomine lo imitò.
“Patatine?” chiese posandola sulla sabbia.
“Perché no?”
Improvvisarono così un piccolo pic-nic a base di birra e snack, mentre il sole pian piano sparì dall’orizzonte immergendoli nella notte. La spiaggia era illuminata grazie a delle luci in lontananza che raggiungevano i due ragazzi.
“Bevi spesso?” chiese Kagami posando la bottiglia vuota.
“Ogni tanto, tu?”
“Spesso, soprattutto in America. Mio padre è molto permissivo e dice che un vero uomo deve saper bere e reggere l’alcol con dignità” disse sorridendo nostalgico “hai un’altra birra?” aggiunse.
Aomine annuì, passandogli la bottiglia sigillata. Lui l’aprì con lo stesso metodo. Rimasero un altro po’ in silenzio, rotto dal rumore del mare e da una musica in lontananza.
“Domani devo ripartire” disse improvvisamente Aomine “i miei genitori hanno già preparato le carte per rientrare nella mia vecchia scuola”.
“Quindi state andando via tutti? Ho sentito che domani partono anche Midorima e Momoi” disse portandosi alla bocca una patatina “che bella prospettiva mi attende: io, il Gigante apatico, il modello psicopatico e il mio ragazzo alle prese con il folle in coma. Bene” si portò alle labbra la bottiglia, bevendone un bel po’.
“Dalla lista puoi anche eliminare il modello psicopatico. È già partito” disse Aomine freddamente.
“Ah, non lo avevo notato” replicò cauto.
“Beato te” si portò la bottiglia di birra alle labbra, con rabbia.
“Mi dispiace…” disse Kagami.
Era la prima volta che vedeva quel lato di Aomine e gli faceva pena.
“A quest’ora starà già nelle braccia del suo senpai e tanti saluti!” disse sferrando un pugno sulla sabbia “E nonostante tutto quello che ha fatto a Tetsu, non riesco a cancellarlo dalla mia memoria. Dovrei essere felice della sua partenza, felice per non rivedere più il suo bel viso e non sentirmi chiamare più Aominecchi e invece…” strinse talmente forte la bottiglia tra le sue mani che Kagami la sentì scricchiolare.
“Aomine” disse togliendola delicatamente “non è facile, questo lo so bene”.
“Cosa ne sai tu? Sei mai stato ingannato dal tuo ragazzo? Hai mai sofferto cos…” si zittì notando lo sguardo cupo di Kagami.
“Lo so” si limitò a dire Kagami.
Aomine distolse lo sguardo incupito. Kagami si era tormentato per mesi a causa di Kuroko, poteva capirlo benissimo.
“Che vita di merda” continuò “quando pensavo di averlo ritrovato, ora rischio di perderlo nuovamente”.
“Perché dici così?” chiese curioso Aomine portandosi una manciata di patatine alla bocca.
“Non so se hai notato, ma le cose con Tetsuya non vanno affatto bene. Ora passa il tempo al capezzale dell’Imperatore” replicò infastidito.
“E’ solo…”
“Confuso? Dopo che ha scoperto la verità non ha battuto ciglio ed è tornato da lui!!” protestò Kagami lanciando una bottiglia vuota che si schiantò contro un albero vicino.
“Allora vattene!”
“Cosa??”
Kagami si alzò furioso.
“Non solo il danno, ora anche la beffa? Non né posso più di questa situazione!”
“Calmati idiota!” disse Aomine alzandosi a sua volta “Nonostante il nostro cattivo rapporto, preferisco te al fianco di Tetsu. Ho visto com’è cambiato dopo il vostro incontro e non lo vedevo così felice da troppo tempo. Quindi abbi pazienza e dagli l’ultima opportunità!”
“Di che tipo?”
“Sei il suo ragazzo o no? Trovala!”
Kagami lo guardò per una manciata di secondi per poi sedersi senza dire una parola.
“Dammi una birra” disse infine.
Aomine lo imitò passandogliela titubante.
“Non ti sembra di esagerare?” chiese.
“No, e poi ho bisogno di essere abbastanza sbronzo per trovare domani il coraggio di affrontare Kuroko” rispose aprendola.
Aomine annuì riprendendo a mangiare pensieroso.
“Ohi, Aomine”.
“Che c’è?”
“Per quanto in questo momento detesti il modello, spero che le cose tra voi si sistemeranno” disse serio.
Aomine lo guardò di sottecchi e sghignazzò.
“Apprezzo il pensiero”.
“Aomine”.
“Che c’è ancora??”
“Grazie”.
“Figurati. Basta che domani torni ad essere il BaKagami di sempre” disse ridacchiando.
“E tu il solito bastardo” replicò sorridendo sprezzante.
Aomine alzò la bottiglia di birra nella sua direzione e Kagami lo imitò facendole tintinnare.
 
***
 
“Seijuro! E’ ora di alzarsi”.
Akashi aprì gli occhi stupito al suono di quella voce.
“Mamma?” chiamò.
Si guardò intorno e vide un enorme letto a baldacchino.
“Ma è la mia camera!”
Non ci entrava da un bel po’ ma senza alcun dubbio era la sua. Dei movimenti improvvisi provenienti dal letto lo misero in allarme. Chi lo stava occupando?
“Seijuro”.
La porta della camera si aprì e sua mamma entrò con passo elegante.
“Seijuro, forza. Non puoi fare tardi” disse avvicinandosi al letto.
“Mamma, sono qui” disse facendo un passo avanti.
Le coperte si mossero e una testolina rossa fece capolino dalle lenzuola.
“Ma è domenica mamma” protestò con voce pastosa.
Seijuro si immobilizzò incredulo. Il ragazzino che si era appena messo seduto sul suo letto era lui.
“Ma che…?”
“E’ un ricordo”.
L’Imperatore comparve al suo fianco osservando con aria interessata madre e figlio intenti a dialogare.
“Perché mi hai portato qui?” chiese perplesso.
“Guarda” disse semplicemente indicando verso il letto.
Sua madre era appena uscita e lui si stava alzando con aria stanca. Camminava con passo barcollante e si diresse verso lo specchio che sovrastava una cassettiera bianca. Lo sfiorò con delicatezza, osservando il suo pallido riflesso e, il Seijuro del presente si avvicinò timoroso.
“Non ce la posso fare” disse il Seijuro del passato.
La sua mano si strinse a pugno e colpì con violenza il vetro riducendolo in frantumi. Il Seijuro del presente fece un passo indietro ricordando quell’episodio. Era sotto stress a causa del lavoro part-time che svolgeva all’Akashi corporation e delle mille bugie che rifilava a Tetsuya per non farlo preoccupare, anche perché Tetsuya, in quell’ultimo periodo si comportava in modo strano. Lo evitava.
“Non ce la faccio più…” mormorò accasciandosi a terra, mantenendo la mano ferita.
All’improvviso alzò il capo, guardando nella sua direzione. Sapeva che non lo poteva vedere ma si sentì lo stesso a disagio.
“Sei sicuro di non farcela?”
Le parole appena pronunciate erano fuoriuscite dalla bocca del Seijuro del passato. Il tono era cambiato, era più sicuro e il suo occhio era diventato arancione.
“Che bei ricordi” commentò l’Imperatore al suo fianco, assistendo all’inquietante scena di Seijuro che dialogava da solo “sono nato in questa occasione. Avevi bisogno di me” continuò tranquillamente.
Seijuro deglutì nervosamente osservando se stesso alzarsi e dirigersi in bagno con un ghigno soddisfatto e gli occhi bicromatici.
“Il passato è il passato” disse scuotendo la testa confuso “adesso siamo nel presente! Io non ho più bisogno del tuo aiuto!” protestò allontanandosi da lui.
Una luce rossa pulsò dal suo corpo facendo indietreggiare l’Imperatore
“Sicuro?” chiese con un ghigno “Dopo tutto quello che è successo in questi mesi, secondo te, avrai ancora qualcuno al tuo fianco?”
La luce rossa si ridusse a quelle parole e una luce arancione prese il predominio dell’intera stanza. Guardandosi intorno si rese conto di essere tornata nella camera dell’Imperatore.
“Hai minacciato Ryouta, costringendolo ad essere una spia per i tuoi sporchi piani” continuò con forza. Akashi indietreggiò mentre la sua luce diventava più flebile.
“Hai fatto in modo di spaventare anche il più strafottente dei Miracoli, Daiki che anche stavolta non è riuscito a proteggere il suo migliore amico”.
“No…”
“Per non parlare di Shintaro e Satsuki… non te la sei presa con loro ma hanno sofferto lo stesso in questo periodo, solo per causa tua!” incalzò lui.
“N-n-no…” si accasciò sul pavimento, schiacciato dalla forza dell’Imperatore.
“E il caro Atsushi… sbaglio o nell’ultimo periodo è sempre stato al capezzale di Tetsuya? Per non parlare di quest’ultimo…”
Akashi spalancò gli occhi dove delle lacrime sfuggirono al suo controllo.
“Stai z-zitto!” riuscì a dire.
“Il caro e piccolo Tetsuya… l’hai distrutto fisicamente e psicologicamente! Con quale coraggio pensi di poter tornare indietro, da loro?”
Akashi lo guardò spaventato e si coprì il volto tra le mani ripensando a tutto ciò che aveva fatto negli ultimi mesi.
 
***
 
“Sta rispondendo molto bene alle cure e tra qualche giorno lo potremo dimettere”.
“Davvero? Questa è una bellissima notizia! Non è vero, Tetsuya?”
“Si…”
I genitori uscirono fuori dalla sua camera insieme al dottore, parlando animatamente dei dettagli per la riabilitazione a casa. Taiga fece il suo ingresso con un sorriso, dirigendosi verso di lui.
“Non è magnifico? Ti dimettono!” esclamò avvicinandosi.
Lui annuì senza entusiasmo scendendo dal letto.
“Dove vai?” chiese perplesso.
Si aspettava una reazione più entusiasta a quella notizia.
“Da Akashi-kun” rispose senza battere ciglio.
Si accomodò sulla sedia a rotelle dirigendosi poi verso la porta d’ingresso. Kagami chiuse gli occhi facendo un respiro profondo, non riuscendo più a controllare la sua rabbia. Con uno scatto felino si posizionò davanti all’ingresso a braccia spalancate, impedendogli di uscire.
“Che cosa stai facendo?” chiese nervoso Kuroko.
“Che intenzioni hai?”
Kuroko lo guardò perplesso non capendo.
“Cosa intendi?”
“Su di noi. Cosa vuoi dal nostro rapporto?”
A quella domanda si pietrificò, non sapendo cosa rispondere.
“Non capisco…” disse infine per spezzare quella tensione.
“Non ti rendi conto che mi stai completamente ignorando per il tuo ex?” disse irritato.
“Taiga…” disse in tono di rimprovero.
“Niente Taiga!” esclamò a voce alta “Che cosa vuoi, che io resti a guardarti mentre continui a stare al suo capezzale? Ho visto come lo guardi e come mi eviti. Il tuo distacco è evidente!”
“Aspetta! È solo…” si interruppe volgendo il suo sguardo altrove.
“Solo?” incalzò lui.
“Sono confuso, va bene? Non riesco a capire più nulla! Sono solo certo di una cosa, che non posso abbandonare Akashi-kun. Lui con me non l’ha fatto, non l’hai mai fatto! Ha anche cercato di riconquistarmi facendomi tornare da lui…”
“Minacciando me e ferendo la mia famiglia o te ne sei dimenticato? Ti ha fatto del male, ha cercato di ucciderti!” esclamò lui furioso “e per lui… stai ferendo me, di nuovo! Non ti rendi conto del male che mi stai facendo?” aggiunse con tristezza.
Kuroko spalancò gli occhi e una lacrima sfuggì al suo controllo.
“N-no, Taiga! Io non volevo questo! Io…” si mosse verso di lui ma, nel momento in cui stava per afferrargli la mano, si fermò riabbassandola.
“Scusa” mormorò “è una situazione difficile… sono confuso” aggiunse abbassando il suo sguardo.
“Anche i tuoi sentimenti sono confusi?” chiese.
Silenzio.
“Tetsuya?”
“Si” ammise alla fine.
Si aspettava una notizia del genere anche se fino alla fine aveva sperato per il contrario, che Kuroko lo abbracciasse dicendo che andava tutto bene.
“Io però non lo sono” disse dopo una lunga pausa dolorosa.
Kuroko lo guardò ansioso.
“Io ti amo e questo non cambierà mai” si staccò la collana con il ciondolo a “T” e gliela porse.
“No… Taiga…” disse lui capendo.
“Questo non è il mio posto. Non più” continuò appoggiandola sulle sue ginocchia.
“Taiga!”
“Me ne vado, torno a casa. Stai con il tuo Akashi e cerca di capire, io qui non riesco più a stare”.
“No, Taiga! Non…”
Kagami sorrise, un sorriso amaro che lo fece agitare ancora di più.
“Non puoi fare questo! Non lasciarmi Taiga!” disse avvicinandosi, il volto contratto dal dolore.
Lui aprì la porta voltandogli le spalle.
“Io ti aspetterò… ma non metterci troppo tempo. Ho raggiunto il mio limite” aggiunse.
“Ti prego Taiga, non mi lasciare!” disse in lacrime.
“Se non verrai, capirò” disse infine chiudendo la porta.
“TAIGA!” urlò lui singhiozzando.
Si diresse veloce la porta e alzò la mano pronto ad aprirla, per seguirlo, per fermarlo… allora perché la mano si rifiutava di abbassare la maniglia?
“Taiga… Taiga…”
 
 
Angolo della follia @.@
Non ho commenti… ho appena spezzato la mia coppia preferita ;( aiutoooo :@
Ho deciso di pubblicare un capitolo così breve per potermi concentrare meglio sul capitolo finale. Ebbene si, miei cari lettori, la storia sta volgendo al termine. Il prossimo dovrebbe essere l’ultimo capitolo e poi ci sarà un breve epilogo (a meno che non lo metta già nel prossimo).
Commentate e ditemi cosa pensate della decisione di Kagami (so già che una certa persona sta festeggiando =P).
 
Ciao e alla prossima ;)

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Capitolo 34
*** La scelta ***


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34. La scelta
 
L’acqua fredda scorreva all’interno del lavandino immacolato della sua camera d’ospedale mentre lui, stringeva forte i bordi per non cadere. Aveva appena finito di lavarsi il viso per eliminare le ultime tracce delle lacrime causate da Kagami.
Era andato via, per davvero… non si era voltato, non era corso indietro per abbracciarlo, rassicurarlo, per dirgli che sarebbe andato tutto bene. L’aveva lasciato lì, solo, portandogli via l’unica certezza della sua vita, l’amore che Kagami provava per lui ed ora, non c’era più nemmeno quello.
Si trattenne dal piangere di nuovo e, alzò il volto per osservare la sua immagine riflessa allo specchio. Un paio di occhi gonfi e arrossati ricambiarono il suo sguardo. Sospirò rassegnato, non poteva fare altro per nascondere quei segni e sperava solo di non incontrare presto i suoi genitori. Tornò a sedersi sulla sedia a rotelle e, nel farlo, sentì un tintinnio proveniente dalla sua tasca. Tastò quella parte e sentì la collana con il ciondolo a “T” di Kagami. Per la rabbia, portò la mano al collo, alla ricerca della catenina della sua collana ma, nel momento in cui stava per strapparla via, si fermò. Chiuse gli occhi con aria sofferente e lasciò andare la catenina. In quel momento il suo cuore era diviso in due: da una parte Kagami, con la sua dolcezza e premura, il suo sorriso, il suo broncio da bambino, la sua risata contagiosa e la sua forza di volontà; dall’altra Akashi, sotto il suo lato da duro aveva sempre fatto di tutto per proteggerlo, amarlo. Tutte le sue prime esperienze le aveva avute con lui, aveva scoperto cosa voleva dire amare, condividere la propria vita con qualcuno e l’aveva salvato da morte certa mettendosi in una posizione rischiosa.
Aprì gli occhi con decisione. In quel momento Akashi aveva bisogno di lui e non l’avrebbe abbandonato come aveva già fatto in passato.
 
***
 
Akashi era rannicchiato su se stesso, sopra l’enorme letto della camera arancione dell’Imperatore. Ormai, intorno a lui, quel colore aveva preso il predominio e, il colore rosso, avvolgeva debolmente il suo corpo. Si sentiva molto stanco, desiderava solo chiudere gli occhi e non riaprirli più però, le parole dell’Imperatore continuavano a ronzargli in mente senza lasciarli la possibilità di rilassarsi.
Aveva ragione, tutti ormai lo odiavano anche Murasakibara, nonostante si fosse mostrato sempre amichevole aveva notato il suo sforzo di stargli accanto nell’ultimo periodo e poi… era ancora vivo?
Scosse la testa orripilato ricordando le sue ultime azioni: il gas, Murasakibara, la lotta sul tetto con Kuroko e la caduta. Si portò le mani alla testa cercando di controllare il suo respiro affannoso. E se fossero morti per causa sua? Come avrebbe fatto dopo essersi svegliato?
“Come potresti fare? Già… che bella domanda…”
Alzò debolmente il viso verso il ghigno soddisfatto dell’Imperatore, seduto al bordo del letto.
“Tu lo sai se sono morti, vero? Vero?” chiese debolmente Akashi.
L’Imperatore si fece serio, guardandolo intensamente.
“Sì”.
Akashi impallidì e la luce rossa che l’avvolgeva si spense. Solo i suoi occhi brillavano debolmente.
“No, no, no!”
L’Imperatore si avvicinò alla figura tremante sul letto, con un sorriso dolce.
“Ssshh… tranquillo. Ci sono io con te…” gli posò delicatamente la mano sulla testa, accarezzandolo come un gatto “per tutto questo non ho fatto altro che aiutarti e lo farò anche questa volta”.
“Se sono morti, come farò? Come farò? Come!!! ATSUSHI! TETSUYA!” urlò piangendo.
 Si scostò da quel tocco, per immergere il volto nel cuscino, soffocando i suoi singhiozzi disperati.
“So come puoi fare” disse l’Imperatore alzando la voce, per sovrastare i singhiozzi.
“C-c-come?” riuscì a chiedere.
“Abbandonati a me”.
Akashi spalancò gli occhi e si mise immediatamente seduto, stringendo a sé il cuscino, come ancora di salvezza.
“C-c-cosa intendi per abbandonati a m-me?” chiese tremante “c-come ab-biamo sempre f-fatto?”
“No” rispose lui con tono deciso “questa volta ci sarò sempre e solo io”.
Akashi strinse convulsamente il cuscino.
“Questo vuol dire che io…”
“… esatto. Resterai qui per sempre”.
Akashi deglutì nervosamente e le lacrime ripresero a scendere.
“Non voglio morire!”
“Non morirai. Resterai qui, tranquillo, senza che nessuno possa farti soffrire. Dimenticherai tutto e vivrai felice… pensaci. In questo momento sono l’unico che può risolvere la situazione una volta sveglio, l’unico che potrà rendere felice tuo padre in azienda, l’unico che saprà riallacciare i rapporti con i Miracoli rimasti” Akashi strinse il cuscino sconvolto.
“Io… io…”
“Prendi la mia mano, Seijuro” disse porgendogliela “se lo farai, porrai fine a tutte le tue sofferenze. Per sempre”.
 
***
 
Stava percorrendo il corridoio con aria assente, facendo scorrere le ruote della sedia rotelle sul freddo pavimento dell’ospedale. La sua destinazione era la camera di Akashi per riprendere il posto che aveva abbandonato la sera prima, il suo fianco e la sua mano. Non faceva altro che stringerla, in silenzio, non sapendo cosa fare pur di rivederlo con gli occhi aperti.
Nei pressi della sua camera incontrò Murasakibara che, con espressione seria, stava sbirciando dietro l’angolo. Non indossava più il suo pigiama ma una semplice maglietta viola accompagnata a un paio di bermuda.
“Murasakibara-kun, che ci fai qui? Non eri stato dimesso?” chiese curioso.
Lui si voltò di scatto facendogli cenno di stare zitto e di avvicinarsi. Lui obbedì curioso, affiancandolo. Da quella posizione riuscì ad udire le voci concitate del dottore che si stava occupando di Seijuro e degli Akashi.
“Quindi… sta bene?”
La voce della signora Akashi era sollevata.
“Sì, a livello fisico sta bene. Un po’ debole, però non è in pericolo” confermò il dottore con voce profonda.
“Ma allora perché ancora non si sveglia?” chiese il signor Akashi perplesso.
“Ho una teoria… forse azzardata” rispose il dottore titubante.
“Quale?” chiesero all’unisono i genitori.
“Che non vuole svegliarsi”.
A quelle parole calò un silenzio lugubre e, Murasakibara e Kuroko si guardarono allarmati.
“Per quale motivo? Non ci credo!” urlò la signora Akashi.
Il marito la prese per mano e guardò negli occhi il dottore.
“Mi sta dicendo che mio figlio ha perso la voglia di vivere?”
“Io…”
“Non è così” mormorò Murasakibara coprendo le parole del dottore. Si voltò verso Kuroko con aria pensierosa.
“Vuoi dire che…” disse Kuroko spalancando gli occhi.
“… sì, non dipende da Akashi. Ma dall’Imperatore” concluse Murasakibara annuendo.
“Ancora lui! Perché non si arrende!?” sbottò Kuroko irritato.
La loro conversazione fu interrotta dall’arrivo dei genitori di Akashi che li guardarono con aria sofferente.
“Buongiorno” dissero all’unisono i due ragazzi inchinando leggermente il capo.
I genitori risposero al saluto e si diressero con aria cupa nella camera del figlio, lasciando fuori i ragazzi.
“Murasakibara! Sei ancora qui?”
Il dottore aveva svoltato l’angolo facendo un sorriso.
“Si, sono venuto a salutare Akashi” rispose con aria stanca.
“Anch’io” disse Kuroko facendosi vedere.
“E’ un bene che tutti e due siate qui. Ho un compito da affidarvi” disse con aria seria.
“Quale?” chiese Kuroko.
“Dovete parlare con Akashi. Dovete dargli un motivo per tornare qui”.
I ragazzi si guardarono non capendo.
“I genitori lo stanno già facendo, quel ragazzo ha bisogno di un motivo per tornare. Aiutatelo, altrimenti non tornerà mai più”.
 
***
 
“N-non c-capisco” disse Akashi guardando la mano sicura dell’Imperatore.
“Perdendo la memoria ti sembrerà di aver sempre vissuto qui e non avrai più problemi” rispose “se prenderai questa mano, tutto finirà e finalmente ti sentirai bene”.
“Perché non possiamo fare come abbiamo sempre fatto?” chiese sospettoso.
“Perché sei troppo debole”.
Akashi lo guardò ferito.
“Ormai non hai più la forza di lottare. Non ti sei reso conto che nell’ultimo periodo hai fatto sempre e solo affidamento su di me, cancellando te stesso? È dal secondo anno delle medie che le cose vanno così. Se non fosse stato per te nessuno sarebbe morto!”
Akashi emise un verso, come di un animale ferito, tappandosi le orecchie.
“NO!”
“Forza Seijuro, è giunta l’ora di afferrare la mia mano e porre fine alle tue sofferenze”.
Akashi liberò le orecchie dalle sue mani tremanti e ne porse una verso di lui. L’Imperatore sorrideva, un sorriso vittorioso mentre attorno a lui il colore arancione pulsava come un cuore umano.
“Seijuro?”
Akashi si fermò sbattendo le palpebre.
“Forza Seijuro!”
L’Imperatore stava diventando impaziente e il sorriso cominciò a scemare dal volto.
“Seijuro, ci senti? Siamo i tuoi genitori”.
Akashi si guardò intorno sorpreso.
“Seijuro! Prendi la mia mano!”
“Seijuro tesoro, la tua mamma e il tuo papà sono qui, per te…”
Un singhiozzo interruppe le parole della madre.
“Non ci riesco, non ci riesco!” sentì mentre la voce si allontanava.
“Mamma? Mamma, sei tu?”
Silenzio.
“Mamma, rispondimi!!”
Si alzò in piedi barcollante, trovandosi in pigiama. Guardò i suoi piedi notando che stavano sparendo, inghiottiti dall’arancione pulsante.
“Ma cosa diavolo…”
Lanciò un’occhiata all’Imperatore che lo osservava dal letto con aria soddisfatta.
“Vedi? Dopotutto quello che hai fatto neanche i tuoi genitori non riescono a parlarti” disse con un ghigno.
“Io…”
Dei rumori lo zittirono e si guardò intorno. Delle voci in lontananza, confuse… chiuse gli occhi concentrandosi, senza però riuscire a distinguerle. Quando li riaprì si rese conto che stava fluttuando perché le sue gambe erano scomparse.
“NO!”
“Afferra la mia mano Seijuro, sono la tua unica ancora di salvezza in questo mondo. Se non lo farai, scomparirai, per sempre” disse l’Imperatore avvicinandosi a lui “Prendila” insistette porgendogliela.
Spaventato, allungò la mano, fermandosi nuovamente quando una delle voci confuse, divenne più chiara.
“Akashi, mi senti? Sono Atsushi”.
Akashi strabuzzò gli occhi.
“E’ vivo!” esultò.
I suoi occhi, ormai quasi del tutto arancioni, brillarono di una luce rossa che fece digrignare i denti dell’Imperatore.
“Vorrei dirti tante cose… ma tu sai meglio di me che non sono bravo con le parole…”
Akashi sorrise e il rosso si diffuse lentamente nella parte alta del suo corpo.
“Seijuro, non è vero che…” tentò l’Imperatore ma, fu zittito nuovamente da Murasakibara.
“So perché non vuoi tornare qui da noi. Hai paura delle conseguenze, paura di tutti noi, dai tuoi genitori ai Miracoli… però io non ti ho mai abbandonato, perché dovrei farlo adesso?”
“Atsushi…” mormorò mentre i suoi occhi luccicarono di lacrime.
“L’incidente in villa, non è colpa tua. E’ stato pianificato dall’Imperatore, tu non avresti mai fatto del male nessuno, per questo ti chiedo di tornare. Mi sembra strano dirti queste parole e credo che non le sentirai mai più pronunciare! Io… ti voglio bene. Sei non solo il mio migliore amico ma un fratello. Per cui torna, torna da me!”
“ATSUSHI!” il suo corpo pulsò di luce rossa mentre le gambe tornarono integre.
“Seijuro, non farlo!”
“Stai zitto! L’incidente alla villa è stato causato da TE!”
Il suo corpo pulsò nuovamente di luce rossa, facendo indietreggiare l’Imperatore.
“No, aspetta!”
“Akashi-kun?”
Il suo cuore perse un battito e chiuse gli occhi per concentrarsi. Aveva sentito bene?
“Akashi-kun… sono Kuroko”.
“Tetsuya…” mormorò ad occhi chiusi.
“E’ strano parlarti in questo modo… non sono neanche sicuro di cosa sto facendo…”
L’insicurezza del suo Tetsuya, quella piccola parte di lui che aveva sempre amato.
“In questi giorni è successo di tutto durante la tua assenza. Ho scoperto la verità che mi hai sempre nascosto”.
Akashi deglutì nervosamente. Sapeva a cosa si stava riferendo.
“Ti volevo dire… grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Grazie per avermi protetto e per aver continuato a farlo anche sulla terrazza. E se ti senti in colpa, non ci pensare più. So che tutto ciò che è successo in questi mesi è colpa dell’Imperatore, tu non mi avresti fatto mai del male, mi hai sempre protetto”.
Una lacrima scivolò sul viso di Akashi e strinse i pugni per la rabbia.
“Akashi-kun… no. Sei-chan. Ti prego, torna da me. Nessuno qui ti odia, vogliamo tutti il tuo ritorno. Vogliamo tutti rivedere il nostro capitano. Io voglio rivederti sorridere. Ti prego… svegliati”.
Akashi aprì gli occhi e tutto intorno a lui divenne rosso, cancellando l’arancione.
“No, no, no…” disse l’Imperatore scuotendo la testa.
Akashi si sentì carico, vivo come non lo era mai stato. La sua energia pulsava e voleva solo uscire da quella stanza che era diventato il suo incubo peggiore negli ultimi anni a causa dell’Imperatore.
Si avvicinò con passo sicuro verso lo specchio e vide alla sua sinistra Kuroko che lo stava guardando con apprensione e, alla sua destra Mursakibara.
“No! Non puoi farmi questo! Non puoi ucciderti così!” urlò l’Imperatore.
“Uccidermi?” chiese perplesso voltandosi a guardarlo.
“Sì” annuì lui, con occhi folli “io e te siamo la stessa persona. Non capisci? Siamo come lo yin e lo yang, siamo…”
“Lo so cosa siamo” lo interruppe “tu sei me e io sono te. Hai ragione”.
L’Imperatore si sentì sollevato e sorrise debolmente.
“Siamo due opposti che hanno lottato troppo a lungo. Io volevo essere come te, la tua forza e sicurezza sono sempre stata la mia più grande aspirazione. Volevo essere anch’io così” sorrise beffardo “quanto sono stato idiota. Ho cercato di diventare ciò che già ero”.
L’Imperatore lo guardò, riuscendo a seguire il suo discorso contorto.
“E quindi, a che conclusione sei giunto?” chiese incrociando le braccia e chinando leggermente il capo, osservandolo come un essere raro.
“Che tu non devi morire. Devo semplicemente equilibrare me stesso per vivere al meglio” rispose sorridendo.
Gli porse la sua mano con una sicurezza mai mostrata fino a quel momento, una sicurezza degna dell’Imperatore.
“Allora? Cos’hai intenzione di fare?” chiese osservando il corpo dell’Imperatore sgretolarsi.
Lui, con un sorriso beffardo, gli porse le sue mani ed entrambi chiusero gli occhi.
“Buona fortuna, Seijuro…”
“Buona fortuna a noi”.
Quando riaprì gli occhi sentì un dolore diffuso su tutto il suo corpo e, nel momento in cui capì di essere in un letto, si preoccupò. Non era riuscito a farcela?
“Akashi-kun…”
“Akashi…”
“Seijuro!”
Intorno a lui vide i suoi genitori con Kuroko e Murasakibara. I loro volti erano umidi di pianto e allo stesso tempo sorridenti.
“Sono tornato” disse cercando di sorridere.
Kuroko e Murasakibara si guardarono sollevati mentre sua madre abbracciò stretto suo marito scoppiando in lacrime.
“Bentornato figliolo”.
 
***
 
Era passata una settimana dal risveglio di Akashi e il suo recupero stava avvenendo con costanza. Riusciva a camminare con le sue gambe e scarrozzava Kuroko per tutto l’ospedale. I medici erano soddisfatti per il suo recupero e già parlavano di dimetterlo insieme a Kuroko che stava iniziando a camminare con le stampelle.
In quei giorni non avevano parlato molto di ciò che era successo, troppo felici del suo risveglio. Murasakibara continuava ad alloggiare nella villa al mare di Akashi, andando ogni giorno all’ospedale. Aveva aggiornato gli altri sulle condizioni di Akashi e tutti lo avevano chiamato con sua enorme sorpresa, non pensava che dopo tutto quello che era successo gli rivolgessero la parola.
Era pomeriggio inoltrato ed Akashi teneva per mano Kuroko, aiutandolo a fare i primi passi senza stampelle. Non vedeva l’ora di tornare a giocare a basket e affrontare i suoi ex compagni di squadra.
“Bravo Tetsuya, stai facendo progressi” disse aiutandolo ad accomodarsi su una panchina del giardino.
“Ottimo! Così possiamo tornare a scuola e allenarci” commentò sorridente.
Akashi gli passò una bottiglietta d’acqua che lui accettò con piacere.
“Grazie” disse lui aprendola.
Se la portò alle labbra osservato da Akashi con attenzione.
“Che c’è? Ho qualcosa addosso?” chiese dopo aver deglutito l’acqua.
“Non torni al Seirin?”
Kuroko distolse lo sguardo, chiudendo la bottiglietta d’acqua.
“No, come ti ho già detto, resto al Rakuzan” disse in tono secco.
“Sei sicuro?” insistette lui.
“Sì, non ho più intenzione di lasciarti”.
Akashi sospirò, prendendo dalle mani di Kuroko la bottiglietta d’acqua. L’aprì e bevve sotto lo sguardo deciso del più piccolo.
“Sai, non ho bisogno di un’ombra nella mia squadra” commentò dopo aver terminato di bere.
“Ogni squadra ha bisogno di un’ombra e io sarò la tua” replicò in fretta.
“Tetsuya, io non ho bisogno di un’ombra”.
Kuroko lo guardò ferito e distolse lo sguardo puntandolo all’orizzonte. Da quella posizione avevano un’ottima visuale di tutto il giardino e, tra alcune foglie che svolazzavano, riuscivano a vedere alcuni pazienti che si stavano godendo il sole del tardo pomeriggio.
“Ma… io ho bisogno di te” disse in tono lamentoso “io… ti amo ancora”.
Un sorriso malinconico apparve sul volto di Akashi.
“Tetsuya, questa esperienza mi ha fatto crescere molto. Ho capito il perché, ad esempio, l’Imperatore ha compromesso la sua posizione, perseguitandoti. Ero io che desideravo ardentemente di riaverti con me e, vederti insieme a Kagami, ha spinto l’Imperatore a muoversi in quel modo. Anzi, a muovermi in quel modo” si corresse.
“Cosa stai dicendo? Tu e l’Imperatore siete due entità diverse. Quello che ha fatto è stato orribile, tu non l’avresti mai fatto” replicò lui afferrandogli una mano.
“No” disse lui scuotendo leggermente la testa “sono io che ho fatto quelle cose orribili. Ho ucciso il coach, ho reso impossibile la vita degli unici amici che abbia mai avuto, ti ho fatto del male, ti ho quasi ucciso, Tetsuya”.
“NON E’ VERO!” urlò Kuroko, rosso in volto “tutto questo non ha senso… tu… tu… hai sconfitto l’Imperatore! Altrimenti perché hai entrambi gli occhi rossi? È per caso ancora qui?”
“Tetsuya, calmati” disse con tono pacato, accarezzandogli i capelli “non esiste né l’Imperatore né Akashi. Esiste solo Akashi Seijuro” sorrise.
“N-no! Ti aiuterò! Ti aiuterò a cancellare per sempre l’Imperatore!” disse lui agitato.
“Perché dovrei annientare una parte di me? Non voglio” replicò tranquillamente. Accavallò le gambe e guardò davanti a sé con il volto rilassato.
Una farfalla stava svolazzando intorno a loro e si andò a posare sul suo ginocchio.
“Ti ricordi che durante il ritiro estivo hai incontrato Kagami?” chiese osservandola con interesse.
Lui annuì posando il suo sguardo sulla farfalla. Era minuta e delicata, con le sue piccole ali bianche.
“Hai provato a sedurmi pur di salvarlo e quando ti ho chiesto se avresti fatto tutto questo per me la tua risposta è stata per te non l’avrei fatto. Ma per Sei-chan si” avvicinò lentamente la mano alla farfalla, porgendo il suo indice vicino alle sue zampette “ancora non ci arrivi?” aggiunse sorridendo “tu non mi ami” concluse.
“Non è vero” replicò lui velocemente “ti ho sempre amato”.
“Appunto, mi hai amato. Ma ora non più” la farfalla salì sull’indice e Akashi la guardò soddisfatto.
“No, io… io…” balbettò lui con le lacrime agli occhi.
“…mi ami?” completò lui “se fosse così, non indosseresti ancora la collana con il ciondolo a “T”. Anzi” aggiunse lanciando un’occhiata alla maglietta del pigiama “con le due “T”. Ancora non capisci?”
Kuroko strinse al petto i due ciondoli con aria sofferente.
“Ho preso la mia decisione, non ti abbandonerò, mai più” disse ma, questa volta la sua voce era leggermente incrinata.
“Ah, mio piccolo Tetsuya” sospirò portando l’indice davanti a sé “c’è una bella differenza tra l’amare e l’avere pietà. Avresti mai pensato di spingerti così tanto per una persona sola? Inoltre, chi l’avrebbe immaginato che quel testone di Kagami prendesse questa decisione così drastica” commentò. La farfalla cambiò posizione, puntando verso il cielo.
“La vita è così breve… pensa a questa farfalla. È stata per così tanto tempo una crisalide e adesso è nata, per vivere intensamente l’unico giorno di vita che gli rimane” la farfalla spiccò il volo, allontanandosi dai due ragazzi “un po’ come la tua storia con Kagami, però siete ancora delle crisalidi” si voltò verso di lui, cogliendo due lacrime spuntargli dagli occhi “allora Tetsuya, quando deciderai di diventare farfalla con Kagami?”
“Akashi-kun…” mormorò “mi dispiace!” chinò il busto davanti a lui “mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace!” continuò mentre le lacrime continuavano a scendere “però, per quanto mi dispiace lui… mi manca troppo!”
Akashi sorrise e lo abbracciò, consolandolo con delle semplici carezze.
“Cerca di vivere felice, Tetsuya. E anch’io farò lo stesso”.
 
***
 
Epilogo
 
“L’allenamento è finito ragazzi! Potete andare negli spogliatoi, a domani!”
I ragazzi si accasciarono a terra con dei sorrisi soddisfatti, quel giorno avevano fatto del loro meglio per soddisfare le richieste del coach che, sembrava più energico del solito.
“Ci vediamo coach!”
“A domani sensei!”
“Buon ritorno a casa ragazzi”.
“Ah! Kuroko sensei!”
Kuroko si voltò trovandosi di fronte la manager della squadra di basket.
“Dimmi” disse gentilmente.
“Q-questi, p-può consegnarli ad Ao-Aomine-sama?” balbettò, porgendo un pacchetto.
“Va bene” rispose.
Lei ringraziò e scappò via sotto lo sguardo divertito del coach. Da quando si era diffusa la notizia che conosceva Aomine Daiki, nella scuola tutti non facevano altro che tormentarlo, consegnando bigliettini, pacchetti e altro. Dopotutto era l’asso della nazionale di basket. Di recente una sua collega lo perseguitava per conoscerlo e, per sbarazzarsene, le aveva detto che aveva una ragazza gelosa.
Si diresse con allegria nel suo ufficio, pronto per cambiarsi: indossò un jeans, una maglietta bianca e una camicia di jeans sbottonata. Era primavera inoltrata e il caldo era quasi estivo, quindi si mise sotto braccio la giacca.
Uscì dall’edificio scolastico con un sorriso stampato sul volto, dirigendosi al vecchio campo da basket che avevano utilizzato da ragazzi lui e gli altri. Quel giorno si sarebbero ritrovati tutti. Prima però aveva un impegno urgente da portare a termine.
“Zio Tetsu!”
Sulla soglia dell’asilo, vicino al campo, un bambino dai capelli blu lo osservava con gioia. Indossava il grembiule celeste e un buffo cappello giallo.
“Aoi, sono qui” disse sorridente.
“Zio!”
Il bambino si avvinghiò alle gambe di suo zio rischiando di farlo cadere.
“Zio Tetsu!” disse strofinando il viso sulle gambe.
“Ehi, ehi, ehi Aoi! Vieni in braccio”.
Si chinò e issò il bambino sulle spalle, dove iniziò a strofinare vigorosamente le guance sui capelli di Kuroko.
“Non ha fatto altro che nominarla” commentò la maestra d’asilo guardando con interesse dalla sua parte.
Rispetto alle superiori, era diventato più alto ma non a sufficienza a suo avviso. I suoi occhi azzurri brillavano con la luce solare e, i suoi capelli, stavano diventando una massa informe a causa di Aoi.
“La mamma non ha lasciato nessun bagaglio?” chiese.
“No, ha già portato tutto a casa del signor Aomine” rispose educatamente.
“D’accordo, allora arrivederci” disse allontanandosi.
La maestra si inchinò e corse all’interno perché aveva sentito urlare.
“Aoi, sei più affettuoso del solito” commentò ridacchiando.
“Sì! Papà!”
“Già, tra poco potrai rivedere papà” disse  con un sorriso.
Per tutta risposta Aoi si strofinò più forte.
Aoi era il figlio di Aomine, avuto da una relazione con una modella quattro anni prima. Più che relazione, si era trattato di una notte folle e, qualche mese dopo, le aveva annunciato di essere incinta. Per il bene del bambino, avevano vissuto insieme per un anno, per poi separarsi: lei era innamorato di un altro e Aomine aveva riallacciato i rapporti con Kise, perdonato da tutti dopo qualche mese dall’incidente alla villa. Kuroko era ancora un po’ restio nei suoi confronti a causa di quel passato così complicato però, quando vedeva il suo migliore amico così felice e anche quella peste di suo figlio così affezionato a lui, non riusciva a portare rancore. Non era stato facile per Aomine trovare la felicità ed ora che c’era riuscito, non voleva essere il guastafeste della situazione.
Svoltarono in un vicolo e si dovettero fermare a causa di un’enorme ombra. Aoi stritolò i capelli di Kuroko, spaventato mentre lui, con un sospiro, riuscì a far allentare la presa.
“Buon pomeriggio, Murasakibara-kun” salutò.
L’ombra scomparve, sostituita dalla mole gigantesca di Murasakibara.
“Kuro-chin” disse.
Aoi si tranquillizzò e guardò con entusiasmo Murasakibara.
“Zio! Dolce!” esclamò tutto contento.
“Tra poco” rispose accarezzandogli la testa.
Con una mano lo sollevò, posandolo sulle sue spalle.
“ALTO!” urlò entusiasta Aoi.
“Mantieniti forte, Aoi” disse lui divertito.
Kuroko li guardava preoccupato, era un po’ troppo alto per i suoi gusti e, se si fosse fatto male, Aomine avrebbe ucciso entrambi.
“Allora Murasakibara-kun, come prosegue il lavoro?” chiese incamminandosi.
“Bene, sto per aprire un’altra pasticceria” rispose mantenendo forte il vivace Aoi.
“Ancora? Vuoi conquistare il mondo con le tue torte?” chiese sbalordito Kuroko.
“Non sarebbe male come idea…” mormorò pensieroso.
“Murasakibara-kun…” commentò rassegnato Kuroko.
Uscirono in una grande piazza, dove alcuni bambini stavano giocando a calcio sull’erba. Il campo da basket, poco distante, era occupato da alcuni ragazzini intenti ad ascoltare Midorima e Takao. Stavano mostrando come poter fare canestro al primo colpo. A bordo campo, sulle gradinate, c’era Satsuki che aveva i capelli legati in un elegante chignon, con in braccio un bambino di un anno dai capelli verdi.  Si voltò nella loro direzione quando sentì urlare “ZIA!!!”
“Aoi-chan! Tetsu-chan! Mu-kun!” esclamò agitando la mano con entusiasmo.
Il bambino sorrise battendo le mani.
“Guardate! Anche Haru è felice di vedervi!” commentò allegra.
Seduta su un gradino più in basso, una bambina dai capelli rosa e dagli intensi occhi verdi, alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo con aria annoiata però, quando vide Murasakibara, sorrise. Essere pasticcere serviva a conquistare il favore di qualsiasi bambino, anche se la bambina in questione era Toshiko Midorima. Era la figlia di sette anni di Midorima e Momoi. Si erano sposati dopo il liceo e avevano proseguito i loro studi anche se, solo Midorima li aveva terminati diventando un medico mentre Momoi, aveva preferito occuparsi della loro bambina. Negli ultimi anni però, aveva assunto il ruolo di segreteria per il presidente di un’importante compagnia.
“Ohi, Takao! Ma cosa combini? Non sai più giocare a basket?”
“Senti chi parla!”
Si erano avvicinati Midorima e Takao che, come al solito, stavano battibeccando.
“Buon pomeriggio” salutò Kuroko.
“Ah, siete qui?” chiese Midorima a mo’ di saluto.
“Shin-chan! Sei sempre il solito scorbutico!” commentò Takao alzando gli occhi al cielo.
Midorima non rispose e guardò Aoi, ancora sulle spalle di Murasakibara.
“Se sta il figlio, dov’è il padre?” chiese alzandosi gli occhiali.
Kuroko controllò l’orologio, rendendosi conto che Aomine doveva essere lì già da un pezzo.
“Il suo volo dovrebbe essere già arrivato” disse perplesso Kuroko.
Il suono di una brusca frenata li zittì. Poco distante era arrivata una Ferrari gialla che, aveva parcheggiato per metà sul marciapiede e per metà nel parcheggio.
“Gli avevo detto di non essere così appariscente” commentò esasperato Midorima.
“Dai Shin-chan! Fallo divertire!” disse Takao.
“Non voglio paparazzi in giro” sbottò guardandosi intorno “ci sono qui i bambini” aggiunse guardando i suoi figli e Aoi.
Dall’auto sbucò un ragazzo biondo, con un paio di Ray-Ban calati sugli occhi. Indossava la divisa da basket della Teiko e guardò con un sorriso verso il campo da basket.
“PAPACCHI!!” urlò Aoi dalle spalle di Murasakibara.
“AOICCHI!” urlò di rimando lui.
Corse velocissimo verso di lui e prese in braccio il bambino.
“Aoicchi! Papacchi è qui!!” disse stringendolo al petto.
“PAPACCHI!!!” continuò ad urlare il bambino strofinando il volto sul petto.
“Midorima-kun, il primo a dover essere frenato è Aoi” commentò Kuroko divertito.
Midorima sospirò rassegnato e sua figlia alzò gli occhi al cielo, tornando poi a leggere.
“Comunque perché gli altri sono così in ritardo? Ho il turno di notte all’ospedale” commentò Takao guardando l’orologio da polso di Kuroko. Takao aveva seguito le orme del suo amico diventando però infermiere.
“Ohi, Kise!”
Kise e Aoi guardarono oltre la rete che circondava il campo da basket e, videro Aomine con un completo sportivo, armato di bagagli.
“Maledetto! Dovevi venirmi a prendere all’aeroporto!”
“Scusa, Aominecchi! Me ne sono dimenticato!” rispose lui regalandogli un sorriso smagliante.
Aomine sbuffò. Quando sorrideva così, non sapeva mai come reagire. Aveva un sorriso disarmante.
“Papà…”
Aomine guardò suo figlio che, tra le braccia di Kise, aveva iniziato a piangere.
“Aoi! Cosa succede!?” disse preoccupato.
Lasciò a terra le valigie e corse all’interno del campo, prendendo in braccio il bambino.
“Aoi?” chiese preoccupato “Stai male? Hai la febbre? Midorima! Sei un dottore! Fa qualcosa!” continuò agitato.
Aoi, in lacrime, abbracciò forte il padre continuando a chiamarlo.
“Stai tranquillo, gli sei solo mancato” rispose Midorima con un sorriso.
“Papà…”
Aomine diede all’improvviso le spalle a tutti e si allontanò portando via suo figlio. Kise lo seguì dandogli delle pacche affettuose sulla schiena.
“Chi l’avrebbe mai detto che diventare genitore l’avrebbe cambiato fino a questo punto?” chiese una voce perplessa.
Tutti si voltarono trovandosi Akashi in giacca e cravatta, con i capelli rossi scompigliati, in lontananza alcuni agenti che lo controllavano.
“Presid… no, Akashi. Cos’è successo? Perché hai i capelli scompigliati? Ti avevo lasciato un’ora fa in perfetto ordine!” commentò Satsuki sorpresa.
“Siccome ero in ritardo ho preso l’elicottero” rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Cosa dicevi sul non farsi notare?” commentò Takao divertito verso Midorima.
Haru intanto, tra le braccia della mamma, si era agitato alla vista di Akashi.
“Incuti sempre timore…” disse Murasakibara rassegnato.
“Ti sbagli” rispose Midorima.
Infatti Akashi, aveva appena appreso in braccio Haru che lo abbracciò contento mentre Toshiko corse verso la sua direzione con il libro.
“Zio, l’ho quasi finito di leggere” disse orgogliosa.
“Ottimo lavoro!” commentò lui sorridendo “la prossima volta ti porterò un libro nuovo”.
Lei sorrise felice e si mise accanto a lui.
“Siamo tutti?” chiese Takao.
“No” rispose Satsuki “manca…”
“ECCOMI!!”
Un ragazzo dai capelli rossi arrivò trafelato con una serie di valigie, guardandosi intorno con aria omicida.
“Aomine!” urlò individuando il suo compagno di squadra.
“Che vuoi? Non sono sordo!” sbottò lui raggiungendoli.
“Come hai osato lasciarmi da solo in aeroporto? Per trovare un altro taxi ci ho messo un’eternità!”
“E’ colpa di Kise” rispose lui semplicemente.
“Ehi!”
“Basta!” esclamò Momoi prendendo in mano la situazione “non è l’ora della partita?”
Tutti annuirono e andarono ad occupare il campo. I bambini rimasero vicino a Momoi, curiosi di vedere all’opera i Miracoli.
“Però che perdita di tempo… io e BaKagami siamo dei campioni… non c’è sfida” commentò Aomine con uno sbadiglio.
“Prova a superarmi e poi ne parliamo” commentò Murasakibara.
“Perché vuoi farti male? Le tue mani non sono preziose?” chiese Aomine con tono di sfida.
“Sono un pasticcere, non un medico”.
“E il medico qui presente vi batterà” disse Midorima accorciandosi le maniche.
“Non scherziamo, siete troppo deboli” ridacchiò Aomine.
All’improvviso non sentì più la terra sotto i piedi, trovandosi seduto sul campo.
“Dicevamo?” chiese Akashi con noncuranza, sciogliendo il nodo alla cravatta.
“Akashicci!” disse Kise ridendo.
Kagami intanto, stava mettendo le sue fedeli scarpe da basket, affiancato da Kuroko.
“Allora, come sono state queste due settimane senza di me?” chiese sistemandosi i lacci.
“Lente” rispose malinconico Kuroko.
Kagami alzò gli occhi e sorrise.
“Anche per me”.
Lo abbracciò improvvisamente, sotto lo sguardo divertito di tutti.
“BaKagami! Sei troppo smielato!” commentò da lontano Aomine.
“E tu?” chiese Kise affiancandolo “quando stiamo insieme fai di peggio” aggiunse sottovoce.
“Ehi!” disse imbarazzato.
“Andiamo?” chiese Kagami prendendolo per mano.
“Si” rispose sorridendo.
Si avviarono all’interno del campo da basket, coperti da fischi e risate, mentre i loro ciondoli a forma di “T” brillavano alla luce del sole.
 
Fine
 
Angolo della follia @.@
Bene… bene… “Tela di Ragno” è ufficialmente finita! *festeggia e piange allo stesso tempo*
Sono felice di averla terminata perché era giunto il momento che tutti trovassero la loro strada… però… è finita ;(
Spero che la scelta di Kuroko vi sia sembrata giusta. Il ragionamento di Akashi non fa una piega e ha capito che ciò che provava era solo pietà e tanti sensi di colpa. Kuroko si sente colpevole e vuole rimediare, purtroppo però in modo errato.
L’epilogo… mi sono divertita troppo a scriverlo! L’ho sempre immaginato un po’ folle con i vari protagonisti molto più sciolti. Sono stati molto tesi in questa fan fiction xD
Infine i bambini… ho sempre pensato che una testa calda come Aomine potesse combinare una cosa del genere! =D e poi volevo l’happy ending di Aomine con Kise. Si cresce, le situazioni cambiano e si sono ritrovati ^^
 
Bene, ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di seguirmi fino alla fine, sopportato i miei scleri, incoraggiato, criticato… i recensori, i lettori silenziosi (ne siete tantissimi!)
Grazie per avermi supportato, grazie mille a tutti =)
 
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Ciao a tutti!
 
*Kotoko-chan <3

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