Nothing is like it used to be

di _windowsgirls
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Good morning, princess ***
Capitolo 2: *** Conference ***
Capitolo 3: *** Corner of paradise ***
Capitolo 4: *** A decision ***
Capitolo 5: *** Escape ***
Capitolo 6: *** Montecarlo ***
Capitolo 7: *** Journey on the train ***
Capitolo 8: *** England ***
Capitolo 9: *** Nice to meet you ***
Capitolo 10: *** School ***
Capitolo 11: *** Why is he always here? ***
Capitolo 12: *** Thursday ***
Capitolo 13: *** Here it is ***
Capitolo 14: *** Don't forget where you belong ***
Capitolo 15: *** You and I ***
Capitolo 16: *** Problems ***
Capitolo 17: *** He's arrived ***
Capitolo 18: *** Nothing is like it used to be ***
Capitolo 19: *** Stay with me ***
Capitolo 20: *** (Happy?) birthday ***
Capitolo 21: *** Welcome back ***
Capitolo 22: *** Forgive me, please ***
Capitolo 23: *** The perfect queen ***
Capitolo 24: *** It's not a fairytale ***
Capitolo 25: *** Things i can ***
Capitolo 26: *** Ready ***



Capitolo 1
*** Good morning, princess ***


 




Good morning, princess


Monaco, 1867



«Signorina?»
La voce arrivava ovattata dalla spessa porta di mogano della stanza, accompagnata da un bussare lieve ma insistente. «Signorina?»
Margot, ancora con gli occhi chiusi, sbuffò e si girò, seppellendo la testa nel cuscino e riprendendo a dormire.
«Signorina Margot! Deve svegliarsi, altrimenti non sarà mai pronta ad accogliere gli ospiti.» La voce proveniva ancora da dietro la porta e la ragazza si alzò sopra le orecchie la coperta spessa in piuma d'oca per non sentirla. Poi un lieve cigolio la fece girare di scatto, con tutti i capelli marroni che le ricaddero sul viso, impedendole di vedere Esteban che faceva capolino dallo spiraglio aperto. «Ah, allora è sveglia!» disse, spalancando la porta ed entrando, reggendo tra le mani un vassoio pieno di cose buone da mangiare. Richiuse la porta con una spinta delle spalle e si avviò verso il letto a baldacchino di Margot che intanto aveva ributtato la testa sul cuscino.
«Sono stanchissima!» disse con la voce impastata dal sonno, poi quando Esteban le appoggió il vassoio sulle gambe, si tirò su con i gomiti, sbadigliando rumorosamente.
«Buongiorno, signorina.»
«Salve, Esteban» disse lei, tirandosi i capelli indietro per evitare che le cadessero davanti mentre beveva il caffè e mangiava il cornetto.
«Signorina Margot, deve prepararsi in fretta, o non ce la farà ad arrivare puntuale. Sa quanto siano fiscali i suoi genitori.»
Margot alzò la testa per guardarlo, un angolo della bocca sporco di crema. «Fidati, lo so da quando sono nata.»
«La vostra cameriera verrà tra cinque minuti, per cui fareste bene a terminare la colazione quanto prima.» La ragazza annuì con la bocca piena, poi fece un vago gesto della mano ed Esteban si dileguò, lasciandola sola insieme alla sua colazione.
Stava ancora finendo di bere le ultime gocce di caffè quando la porta riprese a subire dei rintocchi, e disse immediatamente «Avanti» prima che la cameriera Amanda si fiondasse dentro, con un involucro di plastica stretto tra le braccia e per ciascuna mano una trousse e un piccolo contenitore. «Buongiorno signorina» sussurró la cameriera, con una ciocca di capelli che le sfuggiva alla cuffietta nera. «Ha dormito bene?»
«Avrei voluto dormire di più» disse Margot spostando il vassoio e liberandosi dalle coperte pesanti, scendendo dal letto e andando verso la toeletta.
«Ma lei sa che non può assolutamente mancare a-».
Margot alzò una mano, interrompendola. «Lo so, Amanda, lo so. E per favore, smettila di chiamarmi 'signorina'. Quando siamo sole, le formalità lasciale perdere.»
«Okay, Margot» disse la cameriera appoggiando l'involucro plastificato su un appendi abiti. Poi scostó la sedia e le fece un cenno, sorridendole . «Iniziamo?»



Circa mezz'ora dopo, Margot si ritrovò a percorrere i lunghi corridoi del palazzo con il vestito che le strisciava sul pavimento, affiancata da Amanda e Giselle, l'altra sua cameriera più fidata. Erano entrambe più grandi di lei di una decina d'anni, e si erano sempre prese cura di lei fin da quando era in fasce, mentre sua madre era occupata nelle vicende di Stato e rapporti con gli altri Paesi. Si avviarono verso un grosso salone sullo stesso piano, imboccando prima un corridoio sulle cui pareti erano appesi quadri dei suoi parenti fin dal 1600, da quando il principato era nato. L'ultimo - nonchè il più recente - si trovava alla fine del corridoio prima di giungere nel salone, e ritraeva lei di circa 5 anni e il re e la regina che le appoggiavano delicatamente le mani sulle spalle minute. Erano passati dodici anni da quel quadro, ed era cambiato tutto quanto. Pensava che essere principessa sarebbe stato bello; insomma, tutte le bambine desideravano diventarlo e sposare il principe dei loro sogni, ma purtroppo tutto ciò non era inerente alla realtà. Margot odiava essere principessa, essere circondata dal lusso più sfrenato e dalle attenzioni di tutto il personale del palazzo. Era pressocchè all'oscuro di come fosse il mondo di fuori, a parte solo qualche fotografia che le avevano mostrato le sue cameriere dei loro luoghi di provenienza. Era cresciuta sempre da sola, circondata da Esteban e Amanda che le riservavano tutte le attenzioni che i suoi genitori le avevano fatto mancare, a causa di tutti i problemi che essere sovrano comportava. Giselle le mise una ciocca di capelli nello chignon alto che avevano creato per l'occasione e la lasciarono in mezzo al corridoio, dileguandosi in stanze secondarie. Margot fece un profondo respiro, poi prima di incamminarsi nuovamente verso il salone, sentì una porta sul lato aprirsi e Liam uscire fuori, con il suo pantolone largo e la camicia con i polsini grigi. «Ehi» sussurrò, prima di chiudersi lentamente la porta alle spalle per non attirare l'attenzione di nessuno. Margot sorrise scuotendo la testa e gli si avvicinò stringendolo in un abbraccio. «Grazie per essere qui» gli disse contro il petto, troppo bassa per guardarlo negli occhi nonostante avesse i tacchi alti. Liam la scostò piano e le guardò il suo abito azzurro di seta, sorridendole. «Ehi, andrà tutto bene.»
«Sono stanca, Liam, di tutte queste mansioni. Non ho neanche la voglia di farle.»
Lui storse la bocca, guardandola negli occhi scuri. «Devi farlo per i tuoi genitori, sai quanto sia importante per loro.»
«Lo so, infatti lo faccio solo per aiutarli a salvaguardarsi il fondoschiena.»
«Margot!» esclamò Liam guardandola con gli occhi spalancati.
«Che c'è? E' vero, dopotutto.»
Liam era il suo migliore amico da quando erano entrambi piccoli, il suo papà lavorava nelle stalle del palazzo e si occupava dei cavalli, mentre il figlio poteva passare del tempo con la principessa. Era l'unico amico che Margot avesse mai avuto in diciassette anni di vita, l'unica persona con cui perdeva qualsiasi formalità e con cui poteva essere se stessa, parlando di qualsiasi cosa. Si volevano un mondo di bene, e Margot gli era infinitamente grata per quello che le permetteva di fare. Nel momento in cui Liam aveva compiuto i 18 anni, dovette affiancare il padre nel lavoro e nella cura dei cavalli, ma nonostante ciò non fece perdere alcuna possibilità a Margot di divertirsi. Spesso prendeva in prestito un cavallo e le faceva fare delle passeggiate lungo i sentieri che circondavano il palazzo, senza mai potersi allontanare veramente. Liam lo faceva per lei, perchè sapeva quanto la sua vita la opprimesse, e voleva aiutarla ad affrontare quell'incarico che la vita le aveva messo tra le mani da quando era stata messa al mondo.
Scosse la testa, «Andiamo, ti accompagno fino al salone.» La prese sottobraccio e ripresero entrambi a camminare, mentre Margot teneva una mano appoggiata al braccio di Liam, sfilando insieme in quel corridoio buio e chilometrico. Quando furono di fronte alla porta, Liam le diede una carezza e si inchinò, piegando una gamba all'indietro. «Buona fortuna, principessa.»
Margot inchinò la testa e lo salutò con una mano, mentre abbassava la maniglia del grande portone. Di fronte le si presentò un salone enorme e un rampa di scale che avrebbe dovuto portarla fino all'ingresso del palazzo, dove i suoi genitori la stavano aspettando. Un vociare sommesso proveniva dal piano più basso e, chiusa la porta, prese due lembi della gonna e si mise a scendere le scale, molto lentamente, per non inciampare nei tacchi alti. Scendeva con la testa alta, mentre tutte le persone che stavano ai piedi della scala la guardavano sorridenti. Quando mise i piedi per terra, lasciò la gonna e si strinse le mani, camminando a passo spedito, mentre il padre la accoglieva con un braccio aperto e sua madre, composta al suo fianco, le sorrideva con un angolo della bocca. Accanto ai suoi genitori, c'era un uomo panzuto con il frack, con un accenno di calvizia e gli occhi piccoli e rugosi. «Buongiorno, Altezza» disse con un accento diverso e strano, mentre si accovacciava in maniera buffa e affatticato per fare un inchino a Margot. Accanto a lui, c'era un ragazzo bellissimo che la ragazza si soffermò ad osservare: aveva i capelli ricci leggermente allungati e un vestito blu, con dei ricami dorati sul collo. Le fece un rapido sorriso con un angolo delle labbra, e si inchinò di fronte alla principessa senza distoglierle lo sguardo verde di dosso.
La regine Evelyne appoggiò una mano sulla schiena di sua figlia, in maniera affettuosa. «Margot, lui è Harold Edward Styles, il principe di Scozia, nonchè il tuo futuro marito.»





Spazio autrice
Ciao a tutti, eccomi qui ad intasare nuovamente questo fandom, ma non posso farne a meno, lo giuro.
Questo è il prologo di questa nuova fan fiction che possa essere di vostro gradimento, sebbene possa presentare una tema alquanto insolita. Vi dico solo una cosa, prendendo come motto il titolo stesso: 'Niente è come sembra' e spero che il messaggio possa arrivarvi chiaro e tondo. :)
Questa ff è stata anticipata da una raccolta di one shot in cui sono presenti tutti i personaggi. Vi lascio il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3013545&i=1 
Spero che come inizio, sebbene sia corto, possa catturare la vostra attenzione. Se mi lasciaste un commento, ve ne sarei infinitamente grata.
Ovviamente pubblicherò i capitolo ogni sabato e ringrazio per il banner la splendida @gretasorzato, grazie infinitamente.
Spero di sentire il vostro parere.
A sabato prossimo, 
Eli.


 
 

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Capitolo 2
*** Conference ***





Conference



«Cosa le piace fare nel tempo libero, signorina Margot?»
La ragazza camminava accanto al ragazzo, con la testa abbassata sul prato appena tagliato dai giardinieri reali. Era una bella giornata di sole, la temperatura era abbastanza alta e passeggiare per il parco del palazzo era davvero un piacere, anche stare accanto al principe, in quanto era davvero un bellissimo ragazzo, con i modi gentili e fini e uno sguardo così profondo che sembrava volesse scalfirle l'anima, conoscendola a fondo. I rispettivi genitori era impegnati in un'importante discussione sui vantaggi che avrebbe portato quel probabile matrimonio, sia a Monaco, sia in Scozia. Margot sollevò lo sguardo e si schiarì lievemente la gola prima di parlare, girando a guardare il ragazzo. «Amo leggere in una maniera smisurata, e spesso mi ritrovo anche ad abbozzare qualcosa su dei piccoli fogli, così, tanto per scrivere qualcosa. E lei, principe Harold?» chiese, rimanendo imbambolata a fissare le sue iridi verdi. Il ragazzo notando l'insistenza dello sguardo della ragazza le sorrise con un angolo della bocca e le prese il braccio, piegandolo sopra il suo, avvicinando i loro corpi per continuare la passeggiata uniti. «Mi piace molto avere il comando su tutto, anche se prediligo i viaggi: vedere il mondo, entrare in contatto con altre popolazioni..il mio sogno è quello di essere un buon sovrano, e che tutti possano amarmi per quello che sono.»
Margot annuì con la testa, alzando lo sguardo verso uno stormo di uccelli che stava sorvolando il palazzo in quel momento. Molte guardie erano appostate lungo i fianchi del castello per tenere la situazione sotto controllo, e Margot si sentì oppressa. Non aveva neanche il via libera di parlare con quello che sarebbe potuto diventare suo marito. Fece un profondo sorriso. «Ha grandi ambizioni allora, signor Harold.» Si avviarono verso una quercia e si appoggiarono al grosso tronco, con la fronda che svolazzava per il leggero venticello che c'era quel giorno. Di fronte all'albero, c'era la finestra della stanza delle riunioni, dove il re e la regina stavano sicuramente firmando qualche contratto. Il ragazzo sciolse le loro braccia e le rimase accanto, con le braccia allungate lungo i fianchi e la schiena muscolosa appoggiata alla corteccia. «Sì, e lei, principessa? Non sogna di diventare una buona sovrana per il suo popolo?»
Margot si morse l'interno della guancia e si mise dietro l'orecchio una ciocca scappata allo chignon, per poi annuire. «Sì, solo che non è quello che voglio essere.»
«Come sarebbe a dire?» disse il principe girando la testa nella sua direzione, con le sopracciglia leggermente aggrottate. «Lei è nata per essere erede al trono.»
«E purtroppo non posso fuggire a questo. Non potrebbe capire, Altezza.»
Il ragazzo si staccò dal tronco e le si mise frontale, appoggiandosi con un braccio proprio accanto alla testa di Margot che, purtroppo, era molto più bassa ed era come se il principe le avesse sbarrato la strada. «Posso comprenderla, se decide di parlarmene.»
«Io..» Margot ingoiò a vuoto, in imbarazzo. Quello sguardo verde la sviava, e non poco. «Veramente a me sembra tutta una bugia, questa cosa. Come se dovessi trovarmi un nuovo posto nel mondo.»
«Lady Margot..» Lui le prese una mano, sorridendole. «Lei potrà fare tutto quello che vorrà, che riterrà più oppurtuno portare avanti quando sarà ragina. E io le auguro di riuscire nel suo intento, se resterà al mio fianco.»
Margot lo guardò con gli occhi un po' socchiusi. Davvero lui pensava che lei avrebbe accettato di sposarlo così facilmente? Non sapeva nulla di lui, per l'amor del cielo! Si portò una mano all'altezza del petto messo in mostra dal corpetto stretto, e lo guardò con sguardo sereno, con un accenno di sorriso sulle labbra carnose. «Sarà mio dovere adempiere a questo compito, principe Harold.»
Prima che lui potesse dirle qualsiasi cosa, una guardia con il fucile appeso ad un fianco si avvicinò, reggendo tra le mani un vassoio. «Principe Harold, il padre la manda a chiamare.» Porse un biglietto e il ragazzo lo prese con due dita tempestate di anelli grandi.
«Ditegli che lo raggiungo quanto prima.»
La guardia fece un rapido inchino e si allontanò velocemente, lasciando i due ragazzi da soli. Il ragazzo prese la mano di Margot e si inchinò, baciandole delicatamente il dorso. 'Però', pensò la principessa, 'non male.'
«Mi duole lasciarla così presto, spero possiamo vederci quanto prima per poter approfondire la vostra conoscenza.»
«E' stato un piacere anche per me, principe Harold.»
Lui rimase con la mano della ragazza stretta nella sua, «Mi chiami semplicemente Harry.» Poi fecero entrambi una breve riverenza ed Harry se ne andò. Quando lo vide girare l'angolo, Margot si fece scivolare lungo il tronco della quercia, sedendosi per terra e appoggiando la testa sulla corteccia. Rimase ferma a contemplare la fronda dell'albero, con i raggi di sole che filtravano tra i rami e le foglie larghe, quando una guardia diversa dalla precedente le si avvicinò piano, per non infastidirla. «Lady Margot.» disse, aspettando che la ragazza lo guardasse. «Mi hanno dato ordine di farla rientrare a palazzo, ci sono delle persone nei paraggi del castello e sarebbe rischioso per lei.»
Margot spalancò la bocca e si alzò di scatto, facendo incastrare un lembo della gonna azzurro in un ramoscello spezzato. «Ma io dico, perchè? Sono solo persone!»
«E' per la sua incolumità.»
Margot strinse i denti e camminò spedita, rientrando a palazzo con lo chignon ormai sfatto e il vestito sporco di terra. Amanda l'aspettava nell'ingresso e quando la vide si portò una mano alla bocca, «Margot, che ti è successo?»
La ragazza continuò a correre, salendo su per le scale per raggiungere la sua stanza quanto prima. Amanda e Giselle le correvano dietro, intimandole silenziosamente di rallentare per evitare che i sovrani si spaventassero per quella sfuriata. «Lasciatemi in pace!» urlava Margot accelerando di più, con i denti stretti e la rabbia che la stava facendo quasi esplodere.
Quando fu nella sua stanza, chiuse con violenza la porta alle sue spalle e si buttò sul letto portandosi due mani alla testa. «Basta, basta, basta!» si ripeteva con le mani che le tremavano. Quando sentì bussare la porta, prese un cuscino e lo scaraventò contro la superficie di mogano, accompagnando il lancio con un urlo, poi si lasciò cadere sul letto, con i capelli che le ricadevano sul volto pallido.
Amanda fece capolino e, dopo essersi vista intorno, entrò nella stanza, dirigendosi verso il letto. «Cosa è successo?» le chiese, con una mano appoggiata sulla coscia di Margot con fare fraterno. Era come se Amanda fosse la sua sorella maggiore, e nonostante Margot in quel momento ce l'avesse con tutti, non poteva di certo mandarla via a calci.
«La mia vita è uno schifo, Amanda.»
«No, principessa, non dica così. E' per il suo bene.»
«No!» sbottò l'altra rimettendosi seduta e guardando la sua cameriera con i suoi occhi scuri. «Perchè non ho neanche la possibilità di stare in giardino? Davvero nel mondo ci sono persone così meschine da uccidere una principessa, sebbene questa non abbia fatto loro alcun male?»
«Nel mondo c'è tanto male, cara.»
«Ma io non ho avuto modo di conoscerlo ancora, e con queste restrinzioni non potrò farlo mai.»
Ripensò alle parole del principe Harry, alla sua volontà di viaggiare, quel bisogno impellente di scoprire il mondo per comandarlo nei migliori dei modi. «Io sono soffocata da queste quattro mura, Amanda. Io ho bisogno di uscire e fare nuove conoscenze. Come posso essere in grado di governare, quando non ho mai avuto la possibilità di conoscere il mondo fuori dalle mura di questo palazzo?»
«Ne avrà la possibilità.» Amanda si mise alle spalle della ragazza e le disfece completamente lo chignon, accingendosi a farle una treccia. «Quando avrà un uomo accanto, lei dovrà viaggiare molto per conoscere le problematiche del Paese; prima di allora, il suo compito è quello di imparare a sapersi comportare adeguatamente in ogni circostanza.» Incominciò a incrociarle le ciocche dei capelli, poi le si avvicinò all'orecchio. «Ho scorto lei e il principe Harold passeggiare nel parco. E' davvero un bellissimo ragazzo.»
«Sì, ciò è innegabile.» Margot si prese la mano che Harry le aveva baciato e si accarezzò il dorso. «E ha delle ambizioni che mi hanno molto stupito.»
«Ogni buon sovrano deve averle.»
«E perchè io no? Perchè mi sento impreparata a vivere questa vita?»
Amanda le terminò la traccia e gliela fece ricadere sul davanti, risedendosi accanto alla principessa. «Lei è una ragazza, la sua vita dipende dal marito, purtroppo.»
«Io questa cosa non riesco a sopportarla, Amanda. Ho come l'impressione che la vita mi stia riservando qualcosa, devo solo capire cosa.»
«Lei è nata per essere regina.»
Margot si allisciò le pieghe della gonna sporca e guardò la sua cameriera negli occhi. «Io non voglio esserlo. Voglio solo essere normale.»
«Ma è questa la sua normalità, Margot. »
«Io sento la necessità di voler cambiare questa normalità, Amanda.» disse la principessa mettendosi in piedi e andando verso la scrivania, ma la cameriera si alzò, bloccandola per un braccio. «Non può farlo, Margot. E' nel suo destino.»
Ma Margot ormai aveva già capito tutto; c'era solo una cosa da fare, e l'avrebbe maturata con il passare dei giorni. Il suo compito, per il momento, era quello di sottostare alla mansioni riservatele, e avrebbe cercato di effettuarle al meglio.



Il giorno dopo, passò tutta la mattinata con Liam, all’interno del palazzo, nella sala delle riunioni. La finestra era aperta e arieggiava la stanza, con le tendine che svolazzavano leggere e le folate di vento che si abbattevano sulle loro pelli. Liam e Margot erano seduti sul divanetto nell’angolo, accanto al camino spento. Lei indossava un vestitino color crema che le arrivava al ginocchio, con i capelli arricciati sulla nuca. «Liam, perché non mi porti con te in città? Voglio vedere Monaco.» sussurrò, appoggiando la testa sullo schienale del divano di tessuto rosso in tinta con le pareti nascoste da lunghi drappi elogiativi della famiglia reale.
Liam si abbottonò i bottoni dei polsini e accavallò le gambe, gli stivali sporchi di terra e i capelli rasati sui quali c’era qualche filo di paglia. «Sai che mi piacereb-»
«Ma è rischioso.» terminò lei con lo sguardo basso. «Desidero uscire Liam, con tutto il cuore»
«Se tua madre ti sentisse adesso, le verrebbe un infarto.»
«Mia madre non ha mai vissuto in un castello, e lo sai..» Era vero. La regina Evelyne era stata una donna aristocratica ai suoi tempi, e spesso era stata invitata con i suoi parenti a prender parte ad alcuni banchetti organizzati dal re. Erano così frequenti che il sovrano – allora principe Maurice – aveva incominciato a prendere in considerazione l’idea di sposare Evelyne, in quanto avrebbe anche contribuito all’instaurazione di un forte legame contrattualistico con la famiglia della ragazza, oltre che nobili, anche importanti capitani di numerose flotte francesi.
«Sì, ma ora è regina, e desidera che sua figlia segua un giusto esempio per essere preparata.»
La ragazza si piegò sul davanti e si appoggiò la testa su un braccio piegato sulla coscia, lo sguardo puntato sul tappeto persiano ai piedi del divano.
Liam sbuffò e le diede un leggero colpetto alla spalla lasciata scoperta dall’abito, e la fece girare nella sua direzione. «Non posso portarti a Monaco, ma una passeggiata mi è consentita.»
La ragazza gli sorrise con uno sguardo alquanto triste, e Liam si giurò che avrebbe fatto di tutto per renderla allegra in una prigione quale il castello era diventato. «Okay.» Ma quando entrambi si alzarono dal divano, la porta subì dei rintocchi e Esteban fece capolino subito dopo, con gli occhi vispi e sorridenti. «Altezza, dovete partecipare ad una conferenza con i vostri genitori.»
Liam abbassò le spalle, e Margot si girò verso di lui. «Mi prometti che la facciamo appena finisco?»
«Certo, Altezza.» rispose lui, facendo un inchino. Sì, tra loro non c’era alcuna formalità, ma in presenza di un terzo era tenuto a rispettarla. Quando si rialzò, abbandonò la stanza rapidamente seguendo Esteban, e la ragazza uscì subito dopo.
La conferenza si teneva in un’apposita stanza nell’ala Est del palazzo, con un grosso bancone sul fondo e davanti tutte le poltrone degli ospiti. Il re e la regina la stavano aspettando sulla soglia della porta prima di fare il loro ingresso. «Sorridi e sii cordiale, Margot.»
La ragazza prese una grossa boccata d’aria e si stampò sulla faccia un sorriso radioso. Regola numero uno, una buona reale deve essere sempre sorridente e disponibile. Quando le trombe suonarono e la porta venne aperta da due grosse guardie vestite di tutto punto, si alzò uno scroscìo di applausi continui, e qualche flash di un apprecchio fotografico che avrebbe finito con il pubblicare la foto sul giornale di Monaco. Il re e la regina presero posto sugli enormi seggi dietro il grosso bancone, mentre Margot si accomodò su una poltrona alla destra della madre, con le mani appoggiate delicatamente sul ventre. «Buongiorno.» esordì il re, quando la stanza era caduta nel silezio, in attesa delle parole dell’amato sovrano. «Oggi siamo qui riuniti per fare un annuncio importante.»
La regina Evelyne sorrise e appoggiò una mano su quella del marito, scambiandosi una leggera occhiata, mentre Margot abbandonava la sua espressione serena per lasciar spazio ad una fronte corrugata. Che annuncio? Si era persa qualcosa?
«Sua Maestà.» Una donna con un gonna scura che le arrivava al ginocchio e una leggera camicia bianca aveva detto la frase in un sussurro, poi quando il re le diede un cenno, si alzò sfoggiando tutta la sua altezza. «Ci sono parecchie voci che circolano per il popolo e tutti si stanno chiedendo il motivo di tale silenzio. E’ da un po’ che la famiglia reale non si espone in questo modo, per cui ciò significa che sta cambiando qualcosa che il popolo dovrebbe sapere?»
Margot spostò lo sguardo dalla donna al padre che aveva assunto un’espressione severa. «Come ben sapete, è importante che la nostra posizione sia avvantaggiata dai legami che instauriamo con gli altri Stati, grazie ai quali eviteremo di scoppiare in guerre sanguinose come in passato. In luce di ciò, sono onorato di informarvi di una cosa.» Guardò sua moglie, poi la regina si schiarì la voce.
«La principessa Margot fra qualche mese compirà diciotto anni, e siamo giunti ad una conclusione.»
Margot sgranò gli occhi, spostando lo sguardo dalla folla infervorata a scrivere le parole esatte dei sovrani, ai suoi genitori. Cosa stava succedendo? Perché non era al corrente di nulla?
«Poiché ciò gioverà sia il nostro Paese, sia l’altro Stato amico, siamo lieti di annunciare il fidanzamento ufficiale della principessa con il principe di Scozia, Harold Edward Styles.»
Tutti scoppiarono in un applauso rumoroso, ma Margot lo interruppe scattando in piedi e facendo capovolgere la poltrona dietro di lei. La madre si girò verso di lei portandosi una mano alla bocca, il sovrano la incenerì con lo sguardo. Tutto il pubblico rimase immobile, in attesa di qualche avanzamento, ma sembrò che il tempo si fosse congelato. Margot aveva le sopracciglia aggrottate e la mascella serrata; quando risuonò per tutta la sala il rumore del flash del fotografo reale, Margot scese dal piedistallo e avanzò a testa alta e a passo spedito verso l’ingresso, abbandonando il salone che rimase in silenzio per un tempo indicibile, prima che il sovrano battesse le mani e dichiarasse chiusa la conferenza.



La principessa consumava a lunghe falcate tutto il perimetro della biblioteca reale, il suo posto preferito. Passava davanti tutti gli scaffali ricolmi di libri fino al tetto, con delle poltrone poste nel centro della stanza per potersi accomodare durante la lettura. Margot fece avanti e indietro, con la rabbia e la frustrazione che le ribollivano nelle vene e le mani strette in due pugni. Quando sentì il cigolìo della porta, si rilassò un poco e si girò in quella direzione, lasciandosi andare ad un sospiro sconsolato. Liam entrò scivolando nella stanza, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. Aveva la fronte sudata e alcune chiazze sulla camicia grigia, ma non appena accompagnò la porta con lievi movimenti, si girò verso Margot. «Mi hai mandato a chiamare?» disse, rimanendo a debita distanza mentre faceva una rapida riverenza. Margot strinse le labbra e si fiondò su di lui, allacciando le braccia dietro la sua schiena.
«Come hanno potuto.»
Liam appoggiò le mani sulle spalle della ragazza e l’allontanò per guardarla negli occhi. «Cosa è successo durante la conferenza?»
Margot lo guardò in viso, con le lacrime agli angoli degli occhi. Lui se ne accorse e le avvicinò un pollice. «Ehi, ehi. Una principessa non piange.»
«Liam..» La ragazza tirò su con il naso, anche se non era per niente un comportamente consono al suo essere, ma con lui era libera di dar sfogo a qualsiasi emozione. «Hanno annunciato il fidanzamento.»
Il ragazzo rimase immobile, con il pollice appoggiato sullo zigomo della ragazza, ancora vicini. «E non ti va bene.» sussurrò, accarezzadole una guancia. La ragazza strinse gli occhi e si allontanò, dandogli le spalle.
«Liam, io non voglio sposarlo. O almeno, non per ora! So che il matrimonio non è una cosa che mi riguarda, è solo uno strumento nelle mani dei sovrani attuali, ma non avevo almeno il diritto di conoscere almeno un po’ quello che poi dovrebbe stare al mio fianco per tutta la vita?»
Il ragazzo rimase fermo, con le mani unite dietro lo schiena e la bocca storta, mentre ascoltava Margot che cercava di confidargli i suoi tormenti. «Sai che una principessa deve sottostare a tutto ciò, purtroppo.»
«Sì, ma persino mia madre ha avuto modo di conoscere mio padre! Io ho visto Harry solo ieri mattina, e oggi i miei che fanno? Annunciano il fidanzamento? Non posso accettarlo.»
Liam accorciò le distanze e si abbassò all’altezza degli occhi di Margot, arrossati e dalle lacrime non versate. «Harry? Allora siete in confidenza.» le disse, sorridendo.
Lei gli diede un colpo sul petto, «Non è quello il punto.»
«Margot, lo so che è dura, ma non sei neanche maggiorenne. Quindi, anche se è stato annunciato il fidanzamento, tu non puoi sposarlo prima di tre mesi.»
«Odio essere una reale. Vorrei essere come te.»
«Come me? Non credo proprio.» Rimasero entrambi fermi nel centro della sala, con lo sguardo basso. Quando Liam si accorse di una lacrima che scivolava lungo la guancia della ragazza, guardò fuori dalla finestra e notò fosse il tramonto. «Ehi.» disse ritornando con lo sguardo su di lei. Margot lo fissò, aspettando che continuasse. «Abbiamo una promessa da mantenere, Altezza.»





Spazio autrice
Ciao a tutti, buon sabato :) Allora, prima di iniziare a parlare del capitolo ci tengo a ringraziare tutte le ragazze che hanno messo la storia tra le preferite/seguite già dal primo capitolo, vi voglio bene.
Dunque, in questo pezzo di storia che avete letto qui sopra vedete il primo incontro con il principe Harry (mamma mia, quanto è bello) e la principessa che nutre già qualcosa, mmmmh.
Si incominciano già a conoscere i caratteri di ogni personaggio e spero che possiate rimanere per osservare la loro trasformazione :)
In questa storia saranno presenti tutti gli One Direction, ma appariranno più avanti. 
Certo, so che potreste pensare che Margot sia una stupida a non accettare un matrimonio con Harry Styles, ma dai, mettetevi nei suoi panni......no, okay ahahah
Spero che sia di vostro gradimento e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Se mi lasciate una recensione vi regalo un pony.
Bene, sparisco ahahah
Alla prossima settimana (se sopravvivo a tutte le verifiche barra interrogazioni che mi stanno uccidendo pian piano...)
Un bacio, 
Elisa


 

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Capitolo 3
*** Corner of paradise ***





Corner of paradise

Il sole stava tramontando lungo l'orizzonte, con quel colore arancione che dava alla terra una sfumatura calda e accogliente. Liam porse le briglie del cavallo marrone - Blondie - a Margot che le strinse forte nella mano sinistra. Il ragazzo sistemò una piccola scaletta e l'aiutò a sedersi sulla sella, dopodichè prese Black Jack, uno stallone puro sangue, e si insellò, esortando Margot a dare al suo cavallo prima un po' di paglia che manteneva con la mano destra. Liam diede una piccola spinta con gli speroni al fianco del cavallo e si avviò verso l'ingresso della stalla, facendo un cenno del capo a Margot affinchè uscisse per prima. La ragazza aveva entrambe le gambe che sporgevano da un unico lato, con la gonna che svolazzava un po' ad ogni passo del cavallo. Quando il signor Payne chiuse la stalla, dopo aver sorriso ai ragazzi, si avviarono per il sentiero tratteggiato che li permetteva di affiancare le recinzioni del castello. Galoppavano uno accanto all'altra, con il rumore degli zoccoli che calpestavano il terreno e il vento che li soffiava addosso, con l'arrivo dell'umidità della sera. Margot aveva imparato a destreggiare bene il suo Blondie, per cui manteneva solo con una mano le briglie, mentre Liam accanto a lei era completamente steso sul collo del suo stallone nero.
«Va meglio?» le disse, guardandola con gli occhi socchiusi per la luce del sole che la colpiva in pieno con i suoi deboli raggi arancioni. Margot strinse gli occhi e annuì una sola volta, guardando fissa avanti a sè: prima di arrivare alla fine del palazzo, di fronte la recinzione, c'era ancora un certo tratto da percorrerre. Allora, guardò Liam e gli sorrise, facendo passare una gamba dall'altra parte stando attenta a non far alzare la gonna. La sistemò meglio sulle cosce e prese le briglie con entrambe le mani. «Allora? Proseguiamo un po' più velocemente?».
Non attese alcuna risposta e diede un colpo di briglie a Blondie, facendolo andare più veloce. La criniera del cavallo ondeggiava intorno alla testa, così come i capelli di Margot che le svolazzavano lunghi e flessuosi sulla schiena, mentre Liam accanto a lei cercava di far andare Black Jack alla stessa rapidità. Quando giunsero alla fine del sentiero, furono costretti a rallentare, fino a fermarsi totalmente accanto al boschetto e di fronte al cancello di metallo. Margot rimase con lo sguardo fisso avanti a lei, lunga la strada appena fuori dal castello e che portava sul fondo valle, dove c'era la sua Monaco, sua anche se non l'aveva mai vista. Rimase con lo sguardo perso nel vuoto, con la malinconia che aveva sostituito la spensieratezza di qualche momento prima, mentre Liam seguiva la traiettoria del suo sguardo, con gli stivali che urtavano contro il dorso del cavallo che si muoveva rapido come se avesse l'affanno. Gli accarezzò la criniera scura e che aveva bisogno di essere aggiustata, poi guardò alla sua destra, verso l'interno del bosco. Aguzzò la vista, e poi la riportò su Margot. «Ehi».
La ragazza si girò verso Liam con un sopracciglio alzato. «Che c'è?».
Il ragazzo si guardò dietro, dove in lontananza si vedevano le guardie, il sole ormai che si stava nascondendo lungo la linea che li separava dal cielo, mentre stavano iniziando ad apparire le prime stelle. «Ora c'è il cambio della guardia, o sbaglio?».
La ragazza si girò anch'essa verso le guardie che eseguivano la marcia del cambio. «Sì, perchè?».
«Quindi ora nessuno ci sta prestando attenzione».
«Non saprei».
Liam la guardò con un accenno di sorriso sulla bocca e le fece un cenno del capo verso destra. «Seguimi» diede un colpo al fianco del cavallo e partì, inoltrandosi verso il bosco.
«Liam, fermo!» sussurrò la ragazza per paura di essere sentita. Quando vide che nessuno accorreva in quella direzione, fece un rapido mugugno e diede un colpo al suo Blondie, facendolo avanzare lungo la direzione in cui Liam era scomparso.
Si inoltrò tra gli alberi, sentendo degli zoccoli poco più avanti, fin quando non scorse la testa rasata di Liam proprio a due passi da lei. Fece accelerare il suo cavallo e gli si affiancò. «Sei pazzo? Sai che è proibito uscire dal sentiero, andando addirittura nel bosco!».
«E' proibito per te, non per me» disse lui con aria bonaria, mentre dava dei piccoli schiaffi al collo di Black Jack, «Dai bello, vai più veloce».
Il cavallo eseguì il comando, e partì al trotto, seguito a ruota da Blondie. «Vuoi che mi puniscano?» sibilò Margot con gli occhi socchiusi nonostante ormai fosse calata la sera.
«Non lo faranno. Tu stai accanto a me, e non ti succederà niente» detto questo, proseguirono silenziosamente, girando ora a destra, ora a sinistra e inoltrandosi sempre di più in quella coltre verde e florida. Ad un certo punto, scorsero un muretto basso, fatto di mattoni, con un cancelletto arrugginito e aperto. «Ehi, ma cosa..?».
Liam le fece segno di stare in silenzio e scese dal cavallo, legando Black Jack ad un gancio di metallo incassato in alcune pietre del muretto. Poi aiutò Margot a fare altrettanto, dopodichè la prese per il polso e si avviarono per il cancelletto aperto, oltre il muretto. «Oh cielo, cosa stai facendo?» gli disse, guardandosi intorno. Liam proseguì senza guardarla, anche se iniziò a spiegare. «Devi sapere che quel muretto è basso perchè altrimenti avrebbe creato dei seri problemi per la crescita degli alberi. Ovviamente tutti se ne sono dimenticati perchè è abbastanza nascosto..».
«Abbastanza?» disse lei, con lo sguardo fisso davanti a sè. «E' praticamente alla fine del bosco».
«Comunque» terminò Liam lasciando la presa sul polso di Margot e fermandosi di fronte ad una parete di erba e foglie intricate tra loro come a voler formare una tenda.  «Un po' di tempo fa, girovagavo per il bosco con Black Jack e sono arrivato fin qui. Ci vengo sempre quando voglio restare da solo e quando ho bisogno di tranquillità» si girò verso di lei, con una mano appoggiata sul manto di foglie appeso davanti a loro. «Siccome credo tu abbia bisogno di serenità, cara principessa, voglio renderti partecipe di questa piccola parte di mondo». Nel momento esatto in cui terminò la frase, con uno scatto del braccio tolse la tenda di foglie, liberando il passaggio. Margot venne investita improvvisamente da un'incredulità unica, nel vedere quello spettacolo. Si rese finalmente conto di essere uscita per la prima volta dal palazzo, libera da quelle mura che l'avevano contenuta incessantemente per 17 anni, privandola di visioni così belle. Liam si avviò per il prato, lo sguardo girato verso di lei e un'espressione sorridente dipinta in viso, mentre Margot avanzava con le mani premute sulla bocca spalancata. Davanti a loro c'era un piccolo laghetto con dei cigni che dormivano beati sulla sua superficie liscia, con il gracchiare di alcune rane che saltellavano lungo la sponda umida lambita dall'acqua e alcune ninfee che galleggiavano qua e là. Intorno a loro c'era solo il bosco, mentre dall'altra parte delle dolci colline che sembravano volessero sfiorare il cielo con le loro piccole cupole. Liam si fermò, e Margot fece altrettanto fermandosi accanto ad un'aiuola di fiori. Con le lacrime agli angoli degli occhi, si accovacciò e strappò un fiorellino viola, portandoselo al naso. Il suo profumo era dolcissimo e le pizzicò in gola. «Liam, io non.. non ho..».
«Sapevo ti sarebbe piaciuto» disse lui, togliendole le parole di bocca, mentre si sedeva in mezzo all'erba con le gambe incrociate.
Margot si strinse il labbro inferiore tra i denti e si mise il fiore nei capelli, poi allargò la gonna e si sedette al suo fianco sull'erba umida di sera. Il cielo si stava facendo sempre più scuro, con le stelle che risplendevano in quelle tenebre e che si riflettevano sulla superficie liscia del laghetto. «Non ho mai visto niente di più bello».
«Il mondo è pieno di questi posti, Margot, e ce ne sono anche di più belli, pensa un po'».
«E io non ne ho mai visto nessuno».
«A parte questo» puntualizzò Liam mentre strappava alcuni filini di erba e se li portava alla bocca. «Quando morirò, voglio essere sepolto qui» disse semplicemente, con lo sguardo puntato sui cigni addormentati.
«Fra cento anni, sì» disse lei, sorridendo e accarezzandosi la gonna color panna. Fece un profondo respiro e si sentì calma, come se tutte le preoccupazioni e la rabbia accumulata durante il giorno si fossero dissolti improvvisamente in quel piccolo angolo di paradiso. «Liam» disse, girandosi a guardarlo.
Il ragazzo le puntò il suo sguardo scuro addosso, con un angolo delle labbra sollevato verso l'alto. «Dica».
«Grazie».
«Ma ti pare? Meriti di vedere tutto questo..» si interruppe quando Margot gli si gettò addosso, stringendolo in un abbraccio forte e caloroso.
«Sei il primo che ha pensato di fare una cosa del genere». Quando si staccarono, Margot rimase con la testa appoggiata sulla sua spalla, mentre Liam aveva una mano appoggiata sulla sua schiena. «Ti voglio bene, Liam».
«Ehi, principessina, ricorda: ogni cosa che faccio, la faccio solo per vederti felice, per evitare che questa vita ti possa opprimere ancora di più».
Rimasero entrambi con lo sguardo puntato sul lago, con il cielo nero sopra di loro e i cavalli che nitrivano poco dietro di loro. «E ti sono immensamente grata per questo».



 
Rientrano a palazzo qualche minuto dopo, approfittando dell’assenza di guardie nei paraggi. Liam andò direttamente nelle stalle, Margot aprì il grosso portone, accorsa immediatamente da un’Amanda che stava parlando animatamente con Esteban e che si torturava le mani. Quando la videro, si fiondarono sopra di lei, perlustrandole tutto il corpo. «Grazie al cielo stai bene».
«Sei viva» disse Esteban portandosi un fazzoletto alla fronte imperlata di goccioline di sudore.
«Ehi, calma. Non è successo nulla..» disse, ma Amanda la fulminò con uno sguardo, socchiudendo gli occhi.
«Ti rendi conto che sei tornata due minuti primi della cena?».
Margot sorrise e le diede delicati colpetti sulla spalla. «Lo sapevo. Il mio tempismo è perfetto».
Esteban si dileguò per andare nelle cucine a controllare la situazione, mentre Amanda prendeva per le spalle Margot e la fece salire immediatamente al piano di sopra, per farla cambiare d’abito. Quando furono nella stanza della principessa, Amanda chiuse subito la porta alle sue spalle e si avvicinò a Margot con un dito accusatore. «Si può sapere perché il tuo vestito è sporco di verde nella parte posteriore?».
La ragazza aggrottò le sopracciglia e si guardò il sedere: era effettivamente tinto di verde. «Ehm» iniziò, cercando di trovare le parole adatte per uscire da quel casino in cui si era cacciata.
«Sei uscita con Liam, vero?».
Margot sospirò rumorosamente, accompagnandolo con un cenno di consenso. «Sì, però ti prego, ti scongiuro di non dirlo a nessuno».
«Uscire con lui non va bene» disse Amanda piegando le braccia sotto al seno, una ciocca bionda che le ricadeva sull’occhio chiaro.
«Lo so, ma mi fa stare bene! Mi sento…io, quando sto con lui».
«Ti rendi conto dei pettegolezzi che potrebbero uscire se dovessero pensare tu sia invaghita di lui?».
«Io? Invaghita di Liam?» scoppiò a ridere, cadendo sul letto dietro di lei, con le mani davanti alla bocca, mentre Amanda le ripeteva «Contegno, Altezza, contegno!».
Margot si rimise seduta, passandosi un indice sotto l’occhio per rimuovere una lacrima. «Amanda, se solo sapessero della bellissima amicizia tra me e Liam, ci invidierebbero soltanto. E poi, so purtroppo che, anche se fosse, sarebbe impossibile. Insomma, è uno stalliere..».
«La gente lì fuori però non lo sa, quindi ti chiedo per favore di evitare di incontrarti con lui frequentemente e all’aperto». Amanda trasse fuori dal grosso armadio un vestito verde e glielo fece indossare in fretta, mentre qualcuno bussava alla porta. «Promettimelo, Margot».
Margot non riuscì a risponderle – d’altra parte, non avrebbe neanche potuto promettere una cosa del genere – perché una guardia fece capolino dopo che la principessa gli ebbe dato il consenso. «Altezza, i reali la vogliono a cena».
«Oh no» sibilò, mentre Amanda le aggiustava i capelli. Margot annuì e la guardia uscì di nuovo. Quando la porta si chiuse, Amanda aveva finito di appuntarle i capelli sulla testa e le diede una rapida spolverata sulle spalle.
«Sai a cosa andrai incontro, vero?»
«Dio, lo so, e non voglio neanche pensarlo».
«Avresti dovuto agire diversamente!» le urlò Amanda mentre Margot apriva la porta e usciva dalla stanza, lasciando la sua cameriera che si siedeva sul bordo del letto, esasperata.
Margot si affrettò ad accorciare la distanza che la separava dalla sala del pranzo, poi quando due guardie la videro arrivare, le sorrisero e le aprirono la porta. Il re e la regina erano già posizionati ai loro posti su quel tavolo troppo piccolo per un salone così imponente. Le loro voci riechieggiavano per l’ambiente e Margot si sentì il peso delle sue azioni sulle spalle.
«Buonasera».
«Siediti, Margot» le intimò il padre, con le braccia appoggiate ai lati del piatto.
La ragazza annuì e si accomodò al suo posto, con una guardia che le spostò la sedia. Quando fu seduta, tutte le guardie si andarono a mettere nelle loro postazioni, lasciando la famiglia reale in quel momento prettamente famigliare.
«Devi solo vergognarti». Sua madre fece rieccheggiare quelle poche parole per tutta la stanza, accentuandone la gravità. Margot si sentì troppo piccola improvvisamente, come se il peso da sopportare fosse così grande da farla cadere a terra. «Il tuo scatto improvviso durante la conferenza è stato inopportuno, immaturo, e assolutamente non reale!» il suo tono era duro, e poco volte Margot aveva sentito sua madre usarlo, solo quando l’aveva combinata davvero grossa. Solo che la sua paura più grande non era la regina, ma quell’uomo che la guardava con le narici dilatate e la corona sul capo, seduto alla punta del tavolo rettangolare.
«Da quando sei nata che ti vengono impartite istruzioni su come una principessa deve comportarsi, e cosa fai? Ti infuri in una conferenza!?»
«Avreste potuto almeno avvertirmi che il fidanzamento fosse ufficiale!»
Sì, Margot sapeva che Harry sarebbe diventato suo marito, ma non in maniera così celere! Pensava di poterlo conoscere, capire che tipo di persona le avessero scelto i genitori, per cui non aveva neanche solo pensato che il tutto fosse stata già accordato. Almeno i suoi genitori ne avevano avuto di tempo per parlare; a lei era stato sottratto persino quello.
«E’ importante assicurarci un accordo di questa portata, e poi: stiamo parlando della Scozia, uno dei tanti Stati che presenta un’ingente egomonia sul mare. Non possiamo perdere quest’opportunità ora che è davvero a due passi».
«E a me non pensate?» disse la principessa sbattendo un palmo della mano sul tavolo.
«Margot!»
«Non pensate che magari avrei voluto che passasse prima un po’ di tempo?»
«Mi dispiace ribadirlo» iniziò il padre mentre un cameriere portava silenziosamente i piatti sul tavolo, «ma tu non hai voce in capitolo. Siamo noi che prendiamo le decisioni qui dentro, per ora devi limitarti a fare la principessa».
«Ah!» riprese sua madre mentre posava il tovagliolo sulle cosce. «E poi, dove sei stata dopo la tua sfuriata? Sei scomparsa nel nulla».
Il cameriere posò sul piatto di Margot una portata d’argento, con l’acqua per pulirsi le mani. «In giro..».
«E’ rischioso».
«La smettete di ripeterlo in continuazione? Sto benissimo».
«Margot, il tuo è un corpotamento troppo infantile, sembri una ragazzina..» iniziò la regina Evelyne, ma Margot scattò in piedi spaventando il cameriere accanto a lei.
«Ho diciassette anni, mamma! Non sono una bambina!» fece per andarsene, spostando la sedia che stridette sul lucido pavimento, poi un tonfo richiamò la sua attenzione, immobilizzandosi sul posto.
«Margot, ti ordino di restare qui e consumare la cena».
La principessa si girò a rallentatore e vide il re Maurice guardarla negli occhi, in maniera fissa e imperturbabile. Margot non aveva paura di lui, insomma era sempre suo padre, ma la sua voce, i suoi atteggiamenti le avevano messo da sempre addosso un certo timore di vederselo contro.
Tornò piano indietro, riprendendo il posto a tavola senza l’aiuto di nessuna guardia, il silenzio che era il sovrano in quel salone gigantesco.
«Mettiamo in chiaro una cosa». Margot alzò lo sguardo su sua madre, sui suoi occhi cervoni che la guardavano, con ai lati delle piccole rughe di espressione. Quando ebbe richiamato l’attenzione della figlia, mentre il re rimaneva con gli occhi fissi sul piatto davanti a lui, la regina Evelyne continuò. «Da domani inizia una nuova settimana, nel senso letterale del termine. Da domani mattina i tuoi programmi cambieranno e saranno consecutivi, ti lasceranno solo un po’ di tempo libero che passerai con la tua cameriera Amanda. Gli orari cambieranno e non potrai assentarti neanche ad un’attività: le principesse non mancano ai loro doveri, e tu devi seguire certe cose. Questa è la punizione che ti spetta per il tuo comportamento sconsiderato».
Margot rimase con la bocca aperta, non poteva crederci. «Tutta la settimana?».
«Sì, tranne il sabato pomeriggio e la domenica mattina».
La principessa abbassò lo sguardo, mortificata. Da quando aveva 3 anni la sua vita era un programma continuo: ad un orario prestabilito aveva delle attività da seguire, dalla danza al pianoforte, dalle lezioni di diritto internazionale al canto. Aveva tutte le giornate piene, ma riusciva sempre a trovarsi del tempo per sé. In quel momento, gliel’avevano tolto.
La regina sollevò un angolo della bocca nel vedere la figlia che finalmente non contrabbatteva qualsiasi cosa, poi fece un cenno al marito. «Ora, buona cena».





Spazio autrice
Hello friends, come state? 
Eccomi qui con il terzo capitolo. Diciamo che non accade niente di particolare, ma è importante perchè si scoprono meglio i caratteri dei personaggi. Non temete, già dal prossimo capitolo le cose si mobiliteranno e ci sarà una svolta, per cui stay tuned e non abbandonatemi sul più bello.
Ringrazio tutte le ragazze che stanno mettendo questa storia tra le preferite/ricordate/seguite e anche le lettrici silenziose, spero che tutto ciò sia di vostro gradimento. Ci tengo anche a ringraziare ehjisaac per avermi lasciato il suo parere. E' molto importante per me :)
Spero di sentirvi presto.
A sabato prossimo, 
un bacio.
Elisa


 

 

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Capitolo 4
*** A decision ***





A decision




La mattina dopo, alle otto, Amanda svegliò la principessa scuotendole delicatamente una spalla. Era il lunedì, per cui ciò significava solo una cosa e, ricordandosene, Margot sprofondò nella coperta. «Altezza, sveglia. Deve andare a lezione di lingua».
«A che ora è?» bisbigliò con la voce impastata dal sonno, non essendo neanche sicura di cosa uscisse dalla sua bocca.
«Tra mezz’ora» Amanda prese il vassoio appoggiato sul comodino e glielo appoggiò sulle cosce coperte dal piumone, destando la principessa. La sera prima, dopo cena, Margot era salita subito in camera sua, troppo frustrata per dedicarsi a qualsiasi cosa. Trovò un libro sulla sua scrivania e iniziò a leggerlo. Parlava di una ragazza che era stanca della sua vita, aveva bisogno di cambiare aria e l’unico modo plausibile era la fuga. Beh, la situazione calzava a pennello. Si tirò sui gomiti e iniziò a bere il caffè, con lo sguardo fisso su Amanda che vedeva quale vestito fosse il più idoneo per quella mattina. Ne tirò fuori uno color pesca, e lo appoggiò su bordo del letto, mentre Margot finiva il croissant e Amanda si scostava, dandole il tempo di finire; ovviamente non poteva prendersela comoda, e poiché le dava fastidio che una persona la guardasse insistentemente, allora spostò le coperte e buttò i piedi sul pavimento di ceramica fredda, procurandole un brivido. Andò alla toeletta e Amanda la preparò a pennello, mentre vedeva attaccato allo specchio l’orario della mattinata:

8.30 lezione di lingua
9.45 lezione di danza
11.00 lezione di comportamento
12.45 pranzo reale.


«E quello del pomeriggio dov’è?».
«Lo stanno ancora stilando, cara» disse Amanda mentre le spazzolava una ciocca con un boccolo che aveva resistito fin dalla sera precedente. Margot fece uno sbadiglio, portandosi la mano alla bocca, mentre la sua cameriera la appuntava una spilla sul petto. «Sei pronta, buona giornata».
«Questa giornata non ha niente di buono, mi hanno persino tolto la merenda!» disse la principessa mentre usciva borbottando dalla sua stanza, lasciando Amanda a destreggiarsi con le coperte intricate tra loro come se un elefante ci avesse ballato in mezzo.
La stanza in cui doveva tenersi la lezione di lingua era al primo piano, accanto alla biblioteca, e il professor Di Vaio l’attendeva sull’uscio, con gli occhiali abbassati sul naso. Quando la vide, si inchinò, facendo oscillare la catenella dorata che gli manteneva gli occhiali. «Altezza».
«Salve professore» anche Margot fece una breve riverenza, poi entrò nella stanza mentre il docente chiudeva la porta alle sue spalle. Il suo professore era madrelingua italiano, e Margot gli era riconoscente, perché l’aveva aiutata ad imparare la lingua senza trovare enormi difficoltà. Le sembrò persino che l’italiano potesse essere simile al francese.
Di Vaio prese la sua cartelletta in mano mentre Margot si procurava un foglio da una plica lì accanto e gli fece un cenno del capo, sorridente. «Bene, iniziamo».



Alle 10.55 trovò come pretesto per abbandonare la sala da ballo il bisogno di andare al bagno e la sua insegnante si accomodò su un divano, attendendo che la principessa tornasse.
Margot correva per il corridoio, con i tacchi che ticchettavano sul pavimento lasciato scoperto da tappeti, mentre cercava di intravedere per i corridoi Amanda. Quando la scorse con un sacco di lenzuola sporche tra le braccia, le si avvicinò furtivamente, facendola spaventare. «Oh cielo!» esclamò la cameriera, lanciando in aria tutti i lenzuoli bianchi. «Sei impazzita!?».
«Ho bisogno che tu mandi una lettera a Liam».
Amanda chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo, «Margot».
«Sì, lo so che non dovrei passare del tempo con lui, ma ho bisogno di parlargli un attimo».
La cameriera lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e le fece un cenno del capo. «Dai, dimmi».
«Scrivigli di incontrarci alle 16.40, cinque minuti prima che io inizi la lezione di pianoforte».
Amanda sorrise e le fece un cenno di assenso, così Margot le si lanciò addosso e le stampò un bacio sulla guancia, cosa che la stupì un sacco. «Grazie, ti adoro» poi la principessa si allontanò saltellando, facendo di tanto in tanto delle piroette in mezzo al corridoio, mentre Amanda si toccava la guancia, sorridendo. Margot era decisamente diversa.



Alle 16.40 la ragazza uscì dalla stanza di diritto e aspettò attaccata alla porta dietro di lei, mentre girava la testa a sinistra e destra per verificare l'arrivo di qualcuno. Il silenzio era il sovrano in quel castello, non si sentiva neanche un misero rumore, e Margot sorrise istintivamente. Si tolse le scarpe con facilità e se le mantenne strette nella mano destra, alzandosi un lembo della gonna con la sinistra, attenta a non farsi udire. Quando sentì un cigolìo sulla destra poco più avanti, affrettò il passo. Lei e Liam non potevano incontrarsi all'interno del palazzo, ma quelle volte che l'avevano fatto, avevano cercato di essere discreti al massimo per evitare qualsiasi inconveniente. Quando vide un suo stivale fare capolino per una delle porte nascoste lungo la parete, sorrise a trenta due denti e corse contro di lui, ma purtroppo venne bloccata per un braccio in una morsa ferrea che la costrinse a girarsi. Una guardia era dietro di lei e alle sue spalle udì la porta segreta richiudersi, celando Liam dietro quelle mura. «Dove sta andando, Altezza?» sussurrò con la presa ben salda sull'avambraccio di Margot che lo guardava con astio.
«Le ordino di lasciarmi» disse a denti stretti, ignorando la domanda che le era stata posta pochi istanti prima.
La guardia annuì facendo oscillare il cappello piumato sulla testa, ma poi strinse le labbra. «Mi dispiace, Altezza, ma i suoi genitori mi hanno ordinato di portarla all'ingresso del salone grande al secondo piano».
Margot abbassò le spalle, dandosi un'ultima occhiata alle spalle in direzione della porta che era rimasta vagamente socchiusa. «Scusami» bisbigliò sperando che la sua voce arrivasse a Liam nascosto là dietro, mentre si accovacciava per rimettersi le scarpe e camminava avanti alla guardia ben attenta affinchè nessuno li seguisse, mentre la porta segreta si richiudeva definitivamente e Liam tornava nelle stalle, seguendo lo stretto percorso che aveva fatto per arrivare quanto prima dalla sua amica.
Il re e la regina erano seduti sul grosso divano addossato alla parete dipinta di bianco, con un imponente quadro che ne ricopriva la maggior parte della superficie, e parlavano amichevolmente con il principe Harry seduto sulla poltrona imbottita di fronte.
Quando Margot aprì la porta, la finestra della stanza si spalancò per un gioco di correnti d'aria e il fresco venticello le arrivò addosso, smuovendole i capelli lunghi dalle spalle. La guardia si congedò inchinandosi, tirandosi i manici della porta per poterla chiudere e lasciare i reali alle loro conversazioni.
«Cara,» iniziò la regina Evelyne mentre Harry si metteva in piedi e si aggiustava il collo della camicia gonfia e si rischiarava leggermente la gola, «il principe Harold è venuto a portarti i suoi saluti» dopodichè si alzò in piedi, seguita dal re che, passando accanto al ragazzo, gli strinse affettuosamente una spalla, per poi lasciare la stanza, facendo in modo che Harry e Margot rimanessero da soli. La ragazza sorrise e si strinse i due lembi della gonna, alzandoli per potersi inchinare di fronte al principe. D'altra parte, Harry mise un piede indietro e si accovacciò davanti la principessa, abbassandosi il capello sugli occhi come un contadino. «I miei omaggi, lady Margot».
«E' un piacere rivederla, Harry» disse la ragazza, raggiungendolo a piccoli passi e accomodandosi sul divano che poco prima aveva ospitato i suoi genitori. «Qual buon vento la porta qui, a trovarci?».
«Sinceramente,» disse Harry prendendo una mano di Margot per baciarla delicatamente, prima di sedersi sulla poltrona imbottita, «sono venuto per venirle a portare un dono che mi sembra giusto porle in luce del nostro fidanzamento».
Tirò fuori dalla tasca della grossa giacca verde scuro uno scatolino piccolo, che aprì con un leggero tocco delle sue dita affusolate.
Margot si portò una mano al petto di fronte a quel bellissimo anello che il principe aveva preso apposta per lei e che ora lo stava tenendo fermo tra due dita. «Posso?» disse, facendo un cenno alla mano sinistra della principessa.
Margot abbassò lo sguardo, stringendo le labbra in imbarazzo. No, no, no! Perchè Harry rendeva tutto così difficile? Non voleva porgergli la mano, per nessuna ragione al mondo. Non voleva sposarlo, perchè era così difficile da capire? Era uno sconosciuto, ma se quello fosse stato il suo futuro, allora avrebbe tanto voluto avere una maggior dimestichezza con quel ragazzo che la guardava sorridente, con gli occhi verdi e luccicanti, riflettenti la luce della stanza. Distolse lo sguardo e gli porse la mano sinistra, mentre Harry faceva scivolare l'anello all'anulare, sorridendo compiaciuto. «Le sta una meraviglia, Margot».
La ragazza si guardò il diamante brillare al dito, sorridendogli nonostante tutto. Aveva abbassato le armi, non avrebbe potuto in alcun modo contrastare il volere dei suoi genitori, per cui se avevano deciso così...lei doveva solo rispettare quel piano che le avrebbe scombussolato la vita. Harry le prese la mano, continuandola a guardare negli occhi e sorridendo con un angolo delle labbra.
«Grazie» disse lei, per porre fine a quel silenzio opprimente che era caduto improvvisamente tra di loro.
La porta si aprì di scatto, rivelando due guardie che precedevano il re e la regina, con le mani posate con grazia sopra i loro ventri. «Vogliate scusarci, ma bisogna che vi scortino fino al terrazzo».
Harry si girò verso Margot che aveva le sopracciglia aggrottate. «Perchè?».
«Cara,» disse la regina Evelyne posando gli occhi cervoni su sua figlia, «quell'anello ti sta benissimo. Vogliate seguirci.» disse, facendo dietro front, con un leggero ordine nascosto in quelle parole.
Harry prese la mano di Margot per farla alzare, e poi le porse il braccio, invitandola a stringerlo per raggiungere insieme il terrazzo. La principessa annuì, stampandosi un sorriso sulla faccia mentre faceva un cenno del capo alle guardie come l'insegnante di etichetta le aveva insegnato. Lungo il corridoio, incontrarono tutto il personale che li osservava attentamente, chi sereno, chi amareggiato.. poi Margot incontrò lo sguardo di Giselle, ma soprattutto quello di Amanda che era accanto a lei, il cui volto non dimostrava alcuna felicità. Anzi, era come se con quell'espressione avesse voluto infondere un messaggio nascosto a Margot, per prepararla a quello che avrebbe affrontato poco dopo.
Il grosso portone del terrazzo era spalancato, e da sotto si udiva un vociare continuo che si elevava alto verso di loro, trasportandoli in un'altra dimensione che Margot non aveva mai vissuto precedentemente. Quando il re e la regina si sporsero sul cornicione, un boato esplose dalla folla sottostante, acclamandoli calorosamente e applaudendo rumorosi. Harry e Margot rimasero indietro, ancora nascosti alla vista del popolo in fermento. «Buon giorno» disse il re, alzando un braccio mentre la folla urlava ancora più forte. Quando cadde il silenzio, il sovrano iniziò il suo discorso. «Come ben sapete, la principessa Margot e il principe Harold Edward Styles ieri hanno annunciato il loro fidanzamento che è stato ben accetto da tutta la popolazione di Monaco».
A quelle parole, a Margot il cuore balzò un attimo in petto. Quanto avrebbe voluto che il popolo sapesse tutto, che lei non fosse convinta, nè favorevole a tutto quello.
«Per cui, siamo lieti di annunciare che quest'oggi entrambi i ragazzi si esporranno per sancire innanzi a voi il loro amore, come un timbro indelebile che segnerà la storia di Monaco».
La folla esplose in un boato e il re si girò, allargando il braccio per far avvicinare i ragazzi al cornicione. Margot si ritrovò a stringere il braccio di Harry, improvvisamente impaurita da quella situazione. Non aveva mai visto il suo popolo così da vicino, anzi non aveva mai visto la gente su cui un giorno avrebbe regnato . Le tornò in mente un ricordo di Liam, di quando erano qualche anno più piccoli ed erano seduti su un letto di paglia, nella stalla di suo padre.

«Vedi, Marge» iniziò stringendo tra le mani una fotografia in bianco e nero, sgualcita e tutta piegata. Indicò una donna che gli stringeva affettuosamente una spalla, e un uomo accanto a lui che reggeva un rastrello. «Loro sono la mia mamma e il mio papà» poi mise via la foto, e ne tirò fuori dalla tasca del pantalone sgualcito un'altra, che ritraeva un porto e un sacco di gente che salutava l'obbiettivo dell'apparecchio fotografico. «Vedi? Loro sono alcuni abitanti di Wolverhampton che partono per le Americhe. Qui in fondo si vede il giardino degli Stuart, i grandi proprietari terrieri della mia terra, e qui» continuò indicando un distesa d'acqua infinita alle spalle di tutta quella gente, «questo è l'oceano».
«Liam» disse Margot afferando la foto e studiandone ogni singolo dettaglio. «Sei fortunato ad aver vissuto qui, ad aver visto questo posto e tanti altri».
«Ehi, principessa, tu vedrai tutti questi posti un giorno, te lo prometto. E se vuoi, io ti aiuterò ad affrontare il viaggio».
«Te ne sarei riconoscente a vita».


Scosse la testa, sorridendo, poi Harry le diede un leggero colpetto per farle allentare la presa sul suo braccio e si avviarono verso il cornicione. In lontananza Monaco era evidente e bellissima anche a quella distanza, e sotto di loro c'era gente di ogni età e classe sociale che li acclamava, battendo le mani o mettendole vicino alle labbra per amplificare le loro voci. Il re e la regina rimasero accanto a loro, con il re che teneva la moglie vicino a lui, mentre Harry e Margot si avvicinavano di più, lei oppressa da tutta quell'attenzione. Non avrebbe mai potuto pensare che così tanta gente l'accettava, la adorava seppur non la conoscesse e si facesse vedere così raramente durante le conferenza reali. In quel momento, avrebbe tanto voluto sciogliersi dalla presa di Harry e conoscere tutta quella gente che acclamava il suo nome, gridandolo al di sopra del vento forte di quel pomeriggio. Tutta quella gente aveva lasciato il proprio lavoro per vedere lei ed Harry, i futuri sovrani di Monaco. Margot fece apparire sul suo volto un sorriso luminoso, e alzò la mano sinistra per salutare il popolo, mentre Harry lo salutava con la destra. Poco più in basso, un uomo con il binocolo - un nobile gentiluomo vestito di tutto punto - li indicava con la mano, facendo avvicinare quanto più gente possibile intorno a lui. «Guardate!» urlò in un momento brevissimo di quiete, attirando l'attenzione generale. «Sbaglio, o quello è proprio un anello?».
Tutti esplosero nuovamente, applaudendo se si può anche più forte di prima. A quel punto Harry alzò una mano e prese la parola. «Quest'oggi, quest'anello è simbolo della nostra promessa, e vi giuro che saremo degli ottimi sovrani, un giorno» detto ciò, si girò verso Margot che era diventata improvvisamente pallida. Poi il principe fece una cosa che nessuno mai si sarebbe aspettato di vedere così presto: afferò con entrambe le mani il volto delicato di Margot e appoggiò le sue labbra su quella della ragazza in un bacio lungo e leggero contemporanemente come una piuma. Odorava di menta e Margot rimase impietrita di fronte a quell'azione improvvisa, mentre la folla esplodeva letteralmente, lodando i nuovi promessi sposi. La principessa rimase con le mani a mezz'aria, mentre Harry poneva fine a quel bacio - il primo, di Margot - delicato e suadente, ma che lei non avrebbe mai voluto, seppur le fosse piaciuto.
«Perdonatemi» disse Harry in un sussurro, mentre la folla non avrebbe potuto sentirlo. «Ma ho dovuto».
Margot non aveva neanche la forza di parlare, si limitò solo ad annuire e a salutare la folla un un'ultima volta, prima che le guardie la portassero di corsa dentro il palazzo, seguita a ruota da Harry, mentre il re e la regina intrattenevano il popolo con un loro solito discorso di ringraziamento.
«Devo andare» disse Harry afferrando una mano di Margot e baciandone il dorso. «Spero di rivederla presto» poi se ne andò rapidamente, lasciando Margot circondata dalle guardie che si preoccuparono di portarla nella sua stanza.



Quando arrivò nella sua camera, si andò a sedere sul bordo del letto, con la mano sinistra appoggiata sulle labbra carnose, l'anello freddo contro la sua pelle calda. La porta si riaprì pochi minuti dopo, rivelando un'Amanda amareggiata e Liam dietro di lei che entrò sgattaiolando nell'ambiente, andandosi a nascondere dietro la tenda.
«Liam,» disse Amanda mentre richiudeva la porta, «sai che ti ha visto, vero?».
«Sì, lo so» disse lui, che riapparve solo dopo che la porta fu chiusa a chiave, «ma è meglio evitare ogni imprevisto».
Amanda annuì e spostò rapida lo sguardo su Margot, annuendo piano. «Vi lascio soli, ma vi avverto: solo dieci minuti avete a vostra disposizione» disse, fulminando Liam che si portò due mani al petto.
«Basteranno senza ombra di dubbio».
Dopodichè Amanda si dileguò, e non appena li lasciò soli, Liam si sedette accanto a Margot, appoggiandole una mano sul braccio. «Ho assistito» disse semplicemente, mentre una piccola lacrima scivolava lungo la guancia della ragazza.
«I-io..» cercò di dire lei, ma Liam prese la sua testa e se la strinse al petto.
«Ci sono io qui».
«Liam» iniziò lei, tirando su con il naso. «Io non v-voglio questo».
Il ragazzo le accarezzò i capelli mossi, cullandola tra le sue braccia.
«Mi ha baciata».
«Ho visto».
«Perchè l'ha fatto?».
Il ragazzo scosse le spalle, «Per far sembrare al popolo che ogni cosa vada bene».
Margot si staccò da lui, con gli occhi arrossati e le lacrime che le galleggiavano sulle ciglia allungate che le contornavano gli occhi leggermente allungati.
«Ma niente va bene, Liam, niente».
«Cosa posso fare per te?» le disse lui, stringendole la mano sinistra, sulla quale l'anello era visibilissimo ma che cercavano entrambi di ignorare.
«Questa vita mi fa schifo, e ho bisogno di te per fare una cosa».
Liam la guardò, il suo volto sporco di terra e i gomiti della camicia arrotolati. «Vedrò che posso fare. E' una cosa possibile?».
«Non è nemmeno ammissibile» puntualizzò lei, con un angolo della bocca sollevato verso l'alto. «E solo tu puoi aiutarmi».
«Mmmh» mugugnò lui, sorridendole. «Già mi piace, principessa».
Margot gli strinse la mano, posizionandosi meglio accanto a lui, e fece un enorme sospiro in quel piccolo frangente di tempo in cui avrebbe rivelato per la prima volta le sue vere intenzioni. «Io non voglio sposarmi con Harry».
«L'avevo capito» ammise lui, facendo un risolino e passandosi la mano libera sulla testa rasata, facendo cadere sul piumone dei fili di paglia che si preoccupò di prendere e gettare a terra, non curante.
«E non voglio più essere una principessa».
Liam la guardò negli occhi scuri, scuotendo la testa. «Sai che non puoi smettere di essere quello che sei».
«Certo che posso».
«E come dovresti fare, scusa? Mica puoi deporre la corona ed è fatta» rispose lui, accarezzando il dorso della mano di Margot.
Lei gli si avvicinò, abbassando la voce, avendo persino paura in prima persona di quello che sarebbe successo dopo. Ma era un rischio da correre, e Liam era l'unico che avrebbe potuto aiutarla, assolutamente. «Aiutami a fuggire».





Spazio autrice
Ehilààà! Eccomi qui con un nuovo capitolo :)
Allora, prima di tutto ci tengo a dire che finalmente la storia potrebbe definirsi 'avviata' in quanto da questo momento in poi tutto andrà solo in una direzione (che simpatica che sono, yo).
Margot espone la sua volontà a Liam, ma secondo voi lui come reagirà?
Prima di salutarvi, voglio puntualizzare una cosa: la ragazza non schifa Harry (per carità di Dio), ma è tutta la situazione che la spinge a prendere questa decisione drastica, e poi, non è nemmeno sicuro che possa avverarsi. Tutto dipende da Liam, ehehe.
Ora me ne vado.
Grazie alle ragazze che stanno leggendo questa ff, mi piacerebbe che mi lasciaste un commento, anche per sapere cosa ve ne pare :)
Love you,
Eli.
P.s questo è l'anello che Harold da alla principessa francese :) 

 


 

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Capitolo 5
*** Escape ***





Escape


«Non posso credere che tu mi stia dicendo questo» disse Liam sciogliendo la presa sulle mani di Margot e alzandosi in piedi, incominciando a fare avanti e indietro di fronte al letto della principessa. Come avrebbe potuto aiutarla a fare una cosa del genere? Era fin troppo rischioso, ed era solo un suo capriccio momentaneo. «Non posso farlo».
«Certo che puoi!» disse Margot balzando in piedi, rimanendo ferma ai piedi del suo letto a baldacchino. Poi abbassò lo sguardo: se avesse perso Liam, non avrebbe avuto alcuna opportunità di scappare e farsi una nuova vita. «Sei l'unico che può darmi una mano, non voltarmi le spalle» sussurrò infine, stringendosi nelle spalle. Liam si bloccò rimanendo con le gambe divaricate.
«Fino a prova contraria, forse io sono stato l'unico a non averti mai lasciato».
«A maggior ragione, non farlo questa volta» disse lei con tono supplichevole, mentre nella stanza cadeva il silenzio in seguito alle sue parole. Liam rimase con lo sguardo puntato sopra di lei, le mani intrecciate dietro la schiena e le spalle leggermente ricurve. Era visibilmente stanco, e lo si vedeva anche dalle ombre sotto agli occhi e dalle sopracciglia aggrottate che lo rendevano scontroso, un carattere che non gli apparteneva realmente. «Liam» disse, prendendo fiato, con le braccia allungate ai fianchi che sfioravano il tessuto delicato della sua gonna color pesca, «vuoi davvero che io viva in questo modo?».
«Non sono stato io a decidere dove tu saresti dovuta nascere, non puoi dirmi certe cose» disse lui, sedendosi a terra con le gambe incrociate, la testa stretta tra le due mani sporche di terra.
«Tu sei l'unico che può aiutarmi a fuggire al mio destino. Il mio futuro lo decido io, e sento di non essere pronta a questa vita. Aiutami ad iniziarne una totalmente nuova».
«Tu non sai quanto mi costerebbe quest'azione scellerata. Pensa un attimo a me: ti rendi conto delle ripercussioni che tutto questo potrebbe portarmi?».
Margot sospirò esausta, con il mal di testa che le martellava contro le tempie e la spossatezza che le rendeva impossibile ogni singolo movimento. Certo che non aveva pensato a lui, essendo egoista al massimo. Avrebbe dovuto ragionare bene sulle conseguenze, prima che gliene parlasse con quel tono. Liam avrebbe potuto subire cose brutte, e solo per soddisfare un suo stupido desiderio. Ma che principessa era?
«Hai ragione, scusami» disse mortificata, prendendosi due pugni per strofinarsi gli occhi assonnati. Il sole stava tramontando lungo l'orizzonte, e in quella stanza si stava sentendo una morsa alla gola, bisognava cambiare assolutamente aria. La porta bussò due volte, prima che si potesse aprire, rivelando un'Amanda che faceva alzare Liam. «Mi dispiace interrompervi, ma il tempo è scaduto».
Il ragazzo si avvicinò alla porta, girandosi a vedere Margot un'ultima volta, facendo una breve riverenza. «Perdonatemi» disse solamente, assumendo il suo tono formale che acquisiva quando nei paraggi ci poteva essere qualcuno che avrebbe sospettato qualcosa, anche se a Margot non importava nulla. Gli fece un leggero cenno del capo, stendendosi sul letto mentre Amanda aspettava che Liam uscisse per chiudersi la porta alle spalle.
«Che cosa è successo?» chiese a bassa voce, togliendo una ciocca di capelli dal volto ombroso della principessa.
«Ti prego, Amanda, lasciami sola».
La cameriera abbassò il capo, facendosi piccola piccola mentre iniziava ad indietreggiare per la stanza, abbandonandola e lasciando la principessa da sola.
Margot si mise su un fianco, con una mano piegata sotto la sua guancia e un brivido di freddo che le percosse il braccio scoperto, rizzando tutti i peli, mentre manteneva lo sguardo fuori dalla finestra, con il cielo che si scuriva.
«Altezza» disse Esteban entrando furtivamente nella stanza, in silenzio, dopo che a Margot sembrò fosse passata un'ora soffermandosi a guardare il vetro appannato della vetrata, «la signorina Smith la sta aspettando per la lezione di etichetta».
«Non ne ho voglia» disse, continuando a dare le spalle al suo cameriere più fidato, dopo Amanda, ovvio.
«Mi spiace, ma il re e la regina mi hanno ordinato di controllare che prendesse parte ad ogni attività dell'elenco. E' l'ultima della giornata, faccia uno sforzo» le disse con tono amichevole come a volerla spronare. Purtroppo Margot fu costretta ad alzarsi, sbuffando rumorosamente e avvicinandosi alla porta, dove Esteban la stava aspettando. «Questa è la mia ragazza» disse, facendola avviare lungo il corridoio buio. Giunta nella nuova stanza, l'insegnante Smith la stava aspettando, seduta con le gambe parallele alla poltrona nell'angolo di quella stanza relativamente piccola.
«Altezza» sussurrò inclinando in avanti il capo per salutare la principessa appena entrata.
«Salve, signorina Smith» salutò Margot, avviandosi verso la donna. «Possiamo iniziare subito? Non mi sento molto in forma e vorrei finire quanto prima».
«Certamente, Altezza» disse la donna, facendo accomodare la principessa accanto a lei per iniziare la lezione, anche se Margot non aveva la testa sulle spalle, ripensava al rifiuto di Liam di andarle in aiuto. Lo odiava un po', ma d'altra parte non sarebbe finita bene se lui le avesse dato un mano. Chiuse gli occhi e sospirò, per poi iniziare a seguire i consigli e gli insegnamenti della Smith che le sorrideva come se avesse appena trascorso una bella giornata, quando invece Margot non vedeva l'ora che finisse.



La mattina dopo la andò a chiamare nella stanza Giselle, facendosi trovare già pronta e stupendola un po'. «Ma come mai h-».
«Non preoccuparti, Giselle, mi sono alzata prima e ti ho risparmiato un bel po' di lavoro» disse Margot sorridendo e abbandonando la stanza, dirigendosi verso l'ora di economia delle 8.30.
Il corridoio era in silenzio, nonostante tutto il personale fosse già in movimento, e mentre percorreva il tragitto, Margot si ritrovò a guardare tutte le porte segrete lungo le mura, sperando magari che qualcuna di esse si aprisse. Ma nessuna si mosse, nessun cigolìo le riavvivò la speranza nel cuore, per cui entrò nella stanza di economia con un senso di colpa che le pesava sulla nuca, facendola sentire superficiale.
Il professore Voltaire le sorrideva radioso mentre le mostrava i grafici segnati sulla lavagna e Margot li ricopiava sul suo quaderno rilegato degli appunti, e stava per iniziare un nuovo argomento - prettamente sul bilancio economico tra i vari Stati europei - quando la porta si aprì, lentamente.
Entrambi si girarono in quella direzione, e il professor Voltaire fece cadere il gesso per terra mentre si inchinava con fin troppa enfasi di fronte ad Harry.
Il ragazzo gli fece un ringraziamento e gli chiese di lasciarlo da solo con Margot, la quale si alzò in piedi facendo una breve riverenza, sentendo il peso dell'anello nella mano sinistra, segno di una promessa che lei non avrebbe mai potuto mantenere.
«Salve, Harry».
«Scusate l'irruzione, so che siete molto impegnata in questo momento..».
«Figuratevi» disse lei, mentre gli rimaneva di fronte, il labbro inferiore stretto tra i denti per l'agitazione, al ricordo delle labbra di Harry sulle sue il giorno prima. Il ragazzo le si avvicinò improvvisamente, prendendole le mani e baciandole. «Perdonatemi se ieri sono stato fin troppo invadente, ma bisognava per forza dare una dimostrazione al popolo».
«E' la mia preoccupazione minore» sibilò lei, mentendo alla grande. «Pensavo fosse già ripartito in Scozia».
«Partirò tra due ore, e prima di andarmene volevo salutarla come si deve» disse, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra.
«I miei migliori auguri per un buon viaggio, allora, principe Harry» sussurrò con il ragazzo fin troppo vicino che non le toglieva lo sguardo di dosso.
Poi Harry fece proprio quello che Margot avrebbe tanto voluto che non ripetesse: le portò una mano alla vita e se l'avvicinò, facendo scontrare i loro petti e le loro labbra, il sapore del principe che le riempì le narici e il cuore che batteva nel petto, con delle piccole lacrime che le scivolavano lente lungo le guance bollenti. Harry approfondì il bacio, stringendosela più a sè, mentre Margot - con gli occhi chiusi - lasciava che le lacrime le scivolassero, impossibilitata ad asciugarle. Quando si staccarono, avevano entrambi il fiatone ed Harry si accorse subito delle sue gote umide. «Non pianga, Margot, tornerò presto, prima di quanto possa pensare» disse, non potendo mai pensare che quelle lacrime non fossero per la sua partenza. Margot non se ne fregava nulla, piangeva perchè ormai era chiaro che il suo futuro era stato scritto, ed Harry non aveva fatto altro che completare il contratto, apportando la sua firma. Le stava sorridendo con un angolo della bocca, poi le lasciò un altro bacio a fior di labbra proprio mentre la porta si apriva, rivelando Liam con il fiatone. Entrambi i reali si girarono verso di lui, e a Margot sembrò che il mondo si fosse fermato di botto: oh no, pensò, mentre vedeva Harry aggrottare la fronte.
«Che ci fa lo stalliere a palazzo?» disse, con i denti stretti.
Liam lo guardò, spostando lo sguardo da lui alla principessa, ingoiando a disagio. «Ehm..» cosa avrebbe potuto dire? Era vietato entrare a palazzo in quel modo, soprattutto nel suo caso!
«Mi dica, signor Liam..» disse Margot, cercando di aiutarlo ad uscire da quel casino che aveva combinato. «E' pronto il cavallo?».
Liam si soffermò sul suo volto arrossato, aggrottando le sopracciglia. 'Cosa succede?' era la sua domanda nascosta, ma Margot non avrebbe potuto rispondergli. «Sì» disse lui, mettendosi dritto e inchinandosi. «Scusate l'intrusione» disse, chiudendosi la porta alle spalle, mentre Harry afferrava la mano sinistra di Margot e le baciava l'anello. «Ora devo proprio andare. Ci rivedremo presto, Altezza» le disse, asciugandole una piccola lacrima sulla guancia.
Margot si inchinò sollevando due lembi della gonna, «A presto, principe Harry».
E così anche Harry uscì dalla stanza, lasciandola sola per un momento, prima che il professore Voltaire rientrasse, ma ormai l'ora era scaduta e lei non vedeva l'ora di poter tornare nella sua camera per i suoi dieci minuti di pausa, per riprendersi anche da tutto quello che le stava accadendo.


Al termine di tutte le lezioni, prima della cena, Margot attendeva in camera sua per riunirsi con i genitori, quando Amanda fece capolino nella stanza. «Scusatemi, Margot, ma..» poi la sua piccola figura venne smossa da un'altra persona, e Liam entrò nella stanza, facendo un cenno del capo ad Amanda che si riuchiuse la porta alle spalle, sbuffando e lanciando gli occhi al cielo.
«Liam!» esclamò Margot mettendosi in piedi, mentre Liam le andava incontro.
«Ti aiuterò» disse semplicemente, destabilizzando la principessa, e anche parecchio.
«Cosa?» chiese infatti, non potendo credere che lui le stesse dicendo proprio quello in cui aveva sperato fino a quel momento.
«Ti darò una mano ad uscire» disse Liam tutto d'un fiato, abbassando la voce. «Ma devi collaborare anche tu».
«Oddio!» squittì Margot gettandosi su di lui e stringendolo in un abbraccio. «Perchè hai cambiato idea, si può sapere? E non hai paura di quello che potrebbe succederti?».
Liam le parlò all'orecchio, il corpo della ragazza ancora appeso intorno al suo collo. «Quando ti ho vista con il principe Harold...beh, quella è stata la goccia che ha fatto troboccare il vaso. Insomma» disse, mentre Margot scioglieva la presa e continuava a guardarlo negli occhi, i suoi trasudanti adrenalina ed emozione. «Ti ho vista in frantumi quando lui - penso - ti abbia baciata. Hai ragione, non meriti questa vita, anche se non sono la persona migliore a dirti certe cose» prese una piccola pausa, sedendosi entrambi sul comodo materasso del letto. «Ora come ora, non ho idea di quello che potrebbe succedermi quando te ne andrai, ma d'altronde non penso di essere il primo da cui verrebbero».
«Ma sei sciocco? Ovvio che alcuni verrebbero da te, e non posso accettarlo».
«Nessuno sa di noi, Margot, nessuno. Solo Amanda e Esteban sanno che talvolta ci incontriamo..».
«Anche Harry ti ha visto».
«Ma ora lui è in viaggio, non tornerebbe molto velocemente, pur volendo. Ehi» disse sollevando la testa di Margot mantenendola per il mento. «Troverò il modo di cavarmela» le diede un bacio in fronte, delicato e rapido. «Ricordi quando ti dissi che ti avrei aiutato a compiere il viaggio, principessa?».
Margot annuì, sorridendogli calorosamente.
«Bene».
Amanda aprì la porta, facendo un cenno a Liam di abbandonare la stanza. «La cena è pronta, Altezza» disse in tono piatto, mentre Liam si sollevava dal letto tirandosi dietro Margot, tenendola per entrambe la mani.
«Vediamoci dopo cena, intorno alle 23.15, alla porta segreta del secondo piano, sul primo corridoio alla destra, nell'ala Ovest del castello» detto ciò, la lasciò sgattaiolando fuori dalla stanza, mentre Amanda gli dava un leggero schiaffo alla nuca.
«Andiamo, signorina» disse, «anche se tu e lui non me la raccontate giusta».
Margot si gettò con potenza fuori dalla stanza, volendo consumare la cena quanto prima.
I genitori non fecero altro che chiederle come stesse procedendo il programma, se Harry le sembrasse un buon sovrano per Monaco e cose varie, domande a cui Margot rispondeva con il sorriso stampato sul volto pallido.
Dopo cena, si chiuse nella sua stanza, facendo entrare solo Amanda per qualche minuto, il tempo di abbracciarla. «Perchè state facendo questo?» le aveva chiesto, stringendola a sua volta.
«Amanda, prenditi cura di tutti loro, sempre».
«Altezza ma cosa sta dicendo?» le aveva chiesto guardandola subito negli occhi.
«Ora vai» le aveva detto Margot baciandole una guancia, «e a presto».
La spinse fuori dalla stanza e appoggiò l'orecchio sul legno della porta, sentendo i passi trascinati della cameriera che si allontanava interrogativa.
Quando l'orologio segnò l'ora, Margot spense tutte le luci della stanza, aprendo la porta con la massima accortezza. Si diresse lentamente verso la porta indicata e trovò Liam semi nascosto nella parete che si guardava furtivamente intorno, e quando la vide le fece un cenno della mano per farla avvicinare. Se la tirò dentro la parete e richiuse la porta con il minimo rumore.
«Allora» iniziò, dandole un sacchettino chiuso a forma di caramella e un mantello nero con il cappuccio. «Ti ho aperto il cancelletto sul retro» disse sibilando, mentre le allacciava il mantello scuro all'altezza del collo, «dopodichè, devi seguire il sentiero e ci sarà Blondie legato ad un ramo che ti porterò vicino al cancello principale, da cui prenderai la carrozza che ho sapientemente preparato e partirai, inoltrandoti verso Monaco e oltre».
«Ci sono le guard-» ma Margot venne interrotta, con Liam che le poggiava un dito sulle labbra.
«Le ho fatte addormentare, una volta sveglie non ricorderanno nulla. Vai, tutto potrebbe andare bene».
«Potrebbe?».
«Basta domande» le rispose sorridendo, mentre si inoltravano per il corridoio buio che Liam aveva percorso tante volte. Scivolarono in spazi angusti, con l'adrenalina che le pompava nelle vene e gli occhi tanto aperti che sembravano due fari nella notte. Ad un certo punto, Liam si bloccò, facendo scattare una serratura e aprendo una minuscola porticina da cui sarebbero potuti passare solo accovacciati. Una volta fuori, si trovarono in un piccolo boschetto sul retro, entro cui Margot avrebbe trovato Blondie ad attenderla. Liam le prese il polso e l'accompagnò, facendo in modo che i piedi non facessero scricchiolare le foglie sparse per terra. Margot tirava profonde boccate d'aria, beandosi di quella situazione di libertà, con la presa ferrea di Liam che la scortava. Non avrebbe saputo come fare se lui non le fosse stato accanto in tutti quegli anni, spronandola ad andare avanti e a non mollare mai la presa. Era la persona migliore che le sarebbe potuta capitare nella vita, ed era felicissima che in quel momento la stessa aiutando a fuggire, a dare inizio alla sua nuova vita, ben cosciente di tutte le conseguenze.
«Ecco» disse lui, una volta giunti accanto a Blondie che mangiava beatamente un cumolo di paglia addossato sulle radici esposte della quercia su cui era legato. «Ti aiuterà a proseguire» continuò, facendole prendere le briglie del cavallo.
Margot si buttò sopra di lui, stringendolo forte.
«Non so come ringraziarti».
«Ora va', non tardare ancora, il cocchiere potrebbe fare la spia».
«Ti fidi di lui?» sussurrò lei contro l'orecchio di Liam che la stringeva a sua volta, il volto nascosto tra i capelli della principessa.
«Sì, ma...».
«Allora lo faccio anche io» Margot gli diede un bacio sulla guancia. «Abbi cura di te».
«Prenditi cura di te stessa» le rispose lui, rimanendo ancora avvinghiati.
«Stai attento, per favore» sibilò lei, con la paura ora che la spinse a stringerlo più forte contro il suo corpo, non volendolo lasciare da solo. «Vieni con me».
«Sai che non posso» sussurrò lui, accarezzandole la schiena coperta dal mantello scuro. Poi le diede un bacio in fronte delicato come una carezza e si staccò, portandole il cappuccio sopra la testa, nascondendo la sua chioma scura e ordinata.
«Liam, mi mancherai».
«Ci rivedremo, te lo prometto» disse lui, mantenendole la testa con entrambe le mani. «Fai un buon viaggio e, se possibile, dammi tue notizie» le bisbigliò, facendo toccare le loro fronti, con i respiri che si fondevano e condensavano tra loro.
«Ti prego, Liam, riguardati. Fallo per me».
«Tutto quello che sto facendo è per te, Marge» le diede un piccolo buffetto sulla guancia e la aiutò a sedersi sulla sella di Blondie che aveva finito di ruminare la paglia che lui gli aveva preparato.
«Ti voglio bene» disse Margot mentre si attorcigliava le briglie intorno ai polsi e Liam dava dei colpetti al dorso del cavallo.
«Ti voglio bene anche io» detto questo, fece partire il cavallo e tutto quello che riuscì a vedere fu il mantello di Margot che svolazzava alle sua spalle, mentre Blondie la portava via, sempre più lontano, e la sua figura che spariva in quella coltre di alberi.




Spazio autrice:
Ecco qui il quinto capitolo, un capitolo che mi piace particolarmente, solo che non mi sento in vena di scrivere altro al riguardo, poiché parla da sé e poi perché mi manca la voglia, purtroppo.
Come sapete bene, questa storia è basata sugli One Direction e saranno tutti presenti, ve lo giuro, solo un altro poco di pazienza, ma a parte questo voglio dirvi una cosa: essendo basata su di loro, dopo l’annuncio di mercoledì, ho perso la volontà di scrivere.
Per fortuna la ff è terminata, per cui dovrei solo aggiornare ogni sabato, ma la decisione drastica di Zayn mi ha colta di sorpresa, e non credo di essere l’unica che ci sta male.
Con la sua presa di parte si è spezzato l’equilibrio che ha tenuto insieme ogni cosa, così scrivere di loro mi fa sentire abbastanza giù di morale.
Nonostante io sia arrabbiata per questo fatto, non posso non augurare a Zayn ogni bene, sperando che d’ora in poi – nonostante non sarà più al loro fianco – possa continuare a vivere serenamente.
Io continuerò a far parte del fandom perché non me la sento di ‘abbandonarli’, e poi – come ha detto Liam – loro hanno bisogno di noi, come noi abbiamo bisogno di loro, per cui continuerò a seguire loro e la musica degli One Direction.
Continuerò ad aggiornare sia Nothing is like it used to be, sia Tell me something, ma non vi assicuro nulla riguardo ad eventuali nuove ff - long o os che siano – perché mi sta mancando la volontà, sinceramente.
Vi voglio bene, e grazie alle persone che continuano a seguire questa storia, mi fa un enorme piacere.
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, e sappiate che la vicenda di Margot è appena iniziata.
A sabato prossimo,
Elisa :)


 

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Capitolo 6
*** Montecarlo ***





Montecarlo



Quando giunse alla carrozza, aveva il cappuccio sceso sulla testa e goccioline di sudore che le imperlavano la fronte. Intorno a lei c'era il silenzio più cupo, si sentivano solo gli zoccoli di Blondie che risuonavano sul terreno umido e i rami che venivano calpestati. La carrozza era appena fuori il grande cancello che Liam aveva aperto, e prima di uscire, Margot si guardò alle spalle, impaurita dalla possibilità che qualcuno avrebbe potuto vederla e fermarla, però poi fece una grossa boccata d'aria fresca e uscì attraverso il cancello, lasciandosi alle spalle la prigione che l'aveva chiusa per ben 17 anni, senza averle mai dato alcuna possibilità di uscire e conoscere il mondo. Era arrivato anche il suo turno, ormai, e Margot si sentì improvvisamente pronta a voltare pagina. La carrozza era parcheggiata poco più avanti, con il cocchiere che aspettava annoiato al suo posto, con il cappello nero abbassato sugli occhi chiusi, a riposo. Quando Blondie nitrì al suo fianco, balzò sul posto, facendo impennare i cavalli per lo spavento. Si sollevò immediatamente il cappello e puntò i suoi occhi color ghiaccio su Margot che lo guardava dal basso, con le briglie del cavallo strette in mano, in piedi accanto alla carrozza.
«Oh, ecco la principessina ribelle» scese dagli scalini che aveva accanto al suo posto e quando toccò terra, Margot si rese conto di essere poco più bassa di lui. 'Era ora' disse fra sè 'fin'ora ho avuto solo a che fare con dei giganti!'.
Margot si gettò il cappuccio sulle spalle e inchinò il capo, salutando il cocchiere che prese a sventolarle una mano vicino al volto illuminato dalla luna piena. «Basta, sono solo sciocchezze queste. Dài, sbrigati a salire, non abbiamo tutto il tempo del mondo» prese dalle mani della ragazza le briglie di Blondie e gliele staccò, liberando il cavallo.
Margot osservò i suoi movimenti, «Ma..» rimase interdetta a quella vista, «lo può fare?».
«Non è arrivato il momento che questo cavallo viva libero?» le disse il cocchiere sorridendo e dando un colpetto all'animale, facendolo galoppare via, sempre più lontano. «Come lei desidera la libertà, anche gli animali dopo un po' la pretendono».
Afferrò una mano di Margot e si inchinò, togliendosi il cappello e appoggiandolo sulla pancia quando si abbassò di fronte alla ragazza. «Sono Louis Tomlinson, cocchiere reale»
«I miei omaggi.. » disse Margot sollevando un lembo della gonna. A quel gesto, il ragazzo la indicò indignato.
«Grazie al cielo avrà a che fare con delle persone che l'aiuteranno a diventare normale» continuò, rimettendosi il cappello in testa.
Margot sorrise, non sapendo se quel termine fosse un insulto o un complimento, poi si fece accompagnare sulla carrozza, sistemandosi sul sedile imbottito color rosso sangue, le tendine in tinta e l'ambiente prettamente scuro. Louis la fece accomodare e poi tirò fuori dal sedile uno scatolo. Dopo che glielo appoggiò sulle cosce, scese e richiuse lo sportellino, mettendo la sicura, e tornò al suo posto. Si affacciò da un piccolo riquadro che gli permetteva di comunicare con Margot e incontrò gli occhi della ragazza che vagavano per il piccolo ambiente, imprimendosi ogni dettaglio di quella nuova avventura. «Lì dentro, principessa, troverà quello che le serve» detto ciò, tirò una tendina rossa, isolando la ragazza che finalmente si decise ad aprire la scatola, smettendo finalmente di guardarsi indietro. Dentro trovò un pantalone di tessuto marrone scuro e una camicetta bianca sgualcita, con delle pezze che coprivano alcuni buchi e un cappello piegato nell'angolo in basso, degli stivali neri che erano messi per orizzontale sul fondo della scatola. Strinse le labbra, facendo una smorfia, poi quando sentì Louis urlare ai cavalli, spronandoli, fece un profondo sospiro e si accasciò sul sedile, addormentadosi mentre intraprendeva quel lungo viaggio.


A mezzo giorno del giorno dopo Louis dovette fermarsi per far riposare e nutrire i cavalli, il sole che batteva forte sulla terra, facendo sudare anche i sassi. Margot si svegliò piano, stiracchiandosi, con le braccia e le gambe intorpidite e lo scatolone che era caduto a terra. Si chinò per raccoglierlo, mentre Louis scostava la tendina. «Ehm, Altezza..» sussurrò per non attirare l'attenzione della gente che gli passava accanto.
«Buongiorno, dove siamo?» chiese subito lei, mentre ripiegava le robe sul sedile imbottito.
«A Monte Carlo, ma non può uscire vestita ancora così» alluse ai 'nuovi' abiti appoggiati sul sedile, sorridendo sadico. «Le do cinque minuti, altrimenti non raggiungeremo Londra nemmeno per l'anno venturo».
Margot annuì con veemenza e tirò nuovamente la tendina, sentendo Louis ridere dall'altra parte mentre scuoteva leggermente i cavalli. «Che donna ci hanno assegnato».
Margot lanciò gli occhi al cielo, e si sbottonò rapida il vestito, sciogliendo il corpetto stretto che Amanda le tirava sempre con cura ogni mattina e si liberò di tutti i gioielli che le impreziosivano le orecchie e il collo, dando solo una fugace occhiata all'anulare sinistro. Sfilò il diamante e lo guardò fisso, perdendosi in quello scintillìo che catturava qualsiasi luce, riflettandola sulle pareti dell'interno della carrozza. Lo lasciò sul fondo della scatola, riponendola sotto il sedile, riprendendo a cambiarsi d'abito. Indossò prima i pantaloni che le stavano esageratamente larghi, e poi la camicia che non le stava meglio, infilandola dentro i pantaloni. Si fece i risvolti alle maniche come aveva visto fare a Liam, poi passò a mettere gli stivali che le andavano qualche numero più piccolo. 'Al castello facevano tutto su misura' pensò, mentre finiva aggiustare il tallone nello stivale di plastica nera. Appallottolò l'abito color pesca e lo gettò sotto il sedile, seguito a ruota dal corpetto bianco; grazie al cielo, la camicia era abbastanza larga da mascherare il suo seno nudo, per cui non avrebbe avuto problemi a nasconderlo.
Quando prese in mano il cappello, lo rigirò tra le dita, per poi posarlo sul grembo e iniziando ad arrotolarsi i capelli in una coda alta, creando in men che non si dica una chignon abbastanza decente; quando Louis riaprì lo sportello, Margot scese grazie all'ausilio di tre piccoli scalini, mentre si metteva sotto il cappello una ciocca fuggita via all'acconciatura improvvisata. «Wow, che cambiamento» disse Louis, richiudendo lo sportello quando la ragazza fu scesa. Le si avvicinò e le appoggiò un braccio sulle spalle. Lei lo guardò interdetta e stava per prenderlo a brutte parole quando il cocchiere le sorrise, «Sei un ragazzo del popolo, adesso» poi si girò verso un uomo grassottello che lo stava salutando, con delle chiazze di sudore sotto le ascelle. «Comportati come se avessi sempre vissuto tra le gente».
Il sole picchiava forte e il sudore le faceva bruciare gli occhi, ma comunque Margot non si tolse il privilegio di poter vedere un simile spettacolo. Camminava spalla a spalla con Louis che spesso si fermava a salutare la gente, mentre la principessa si guardava intorno, osservando la gente che lavorava, le carrozze che si spostavano lungo le strade, i bambini che giocavano sui bordi dei marcipiedi, incuranti dei cavalli che li passavano raso i piedi. Le donne le sfilavano accanto reggendo dei cestini di vimini pieni di robe da lavare al ruscello, tutte vestite in maniera semplice e monotona, mentre talvolta le apparivano nella visuale delle nobildonne vestite di tutto punto, che non c'entravano niente in quel mondo, e che ignoravano le persone che chiedevano loro l'elemosina. Margot si fermò in mezzo all strada, guardando la gente e le varie classi sociali che le sfilavano davanti. Possibile che tra il suo mondo e quello lì ci fosse una tale differenza? Le sembrava di aver vissuto in una bugia fatta di denaro e lusso, ignara della terra che moriva di fame oltre quel cancello. Scosse la testa, rabbuiata, e si avvicinò presso un cestino della spazzatura in cui qualcuno aveva gettato il giornale di qualche giorno prima.
'Fidanzamento ufficiale nella famiglia reale' recitava il titolo, e si soffermò ad osservare la fotografia che la ritraeva, in bianco e nero, con Harry, sul cornicione del terrazzo del castello. Si sorridevano felici e rimase a fissare i loro volti. Possibile che la gente credesse che si amavano veramente e li idolavano per quello? Era troppo intenta a pensare a quelle cose per accorgersi di una bambina che si era avvicinata per vedere la foto, seguita dalla sua mamma. A giudicare da come era vestita, non avevano i soldi per prendersi un giornale locale. «Quanto è bella, mamma» disse la piccola, spronando la sua mamma con un braccio.
«Sì,» disse la donna sorridendo alla bimba «è davvero molto bella la principessa».
Margot si girò a guardarle, sorridendo e annuendo con il capo. Quanto avrebbe voluto abbracciare quelle due donne!
«Voglio essere come lei, un giorno» continuò la bambina indicandola sul giornale. «Con un bel fidanzato accanto e una corona sulla testa».
La madre annuì affranta; non sapeva nemmeno come poter aiutare la figlia a vivere quella vita. Margot si inginocchiò per terra, appoggiando il giornale accanto alle gambe e prendendo le mani della bambina.
«Ti piacerebbe vivere in un castello?».
«Tantissimo» rispose la piccola che aveva due occhi azzurri davvero simpatici.
Margot sorrise, tentando di camuffare la voce per farsi maschio, ma non ci sarebbe mai riuscita. «Sai, io non so se una principessa possa essere felice, osservando solo delle foto..».
«Perchè?» chiese la piccolina, inclinando la testa. «E' bello avere gioielli, soldi, un castello e tutti i giochi che vuoi».
«Sai, una ragazza non diventa una principessa solo avendo quelle cose, ma deve avere un cuore grande. Come ti chiami?» chiese alla bambina, che la guardava serena.
«Bianca» disse in un sussurro, facendo colorare le sue guance di un rosa delicato.
«Bianca, ognuna può diventare una principessa, se lo vuole».
«Quindi potrò diventarlo anche io?» chiese la piccola speranzosa.
«Certamente» disse Margot dandole un bacio sulla guancia. «Devi solo desiderarlo, e i sogni possono diventare realtà».
«Lo sai che sei davvero bella? Assomigli molto alla principessa Margot».
La ragazza ingoiò a vuoto, «Grazie, ma non sono come lei. Anzi, forse tu sei ancora più bella».
La piccola sorrise, e si allontanò saltellando ripetendo di diventare una reale davanti alla sua mamma che fece un cenno di saluto a Margot, ignara di avere la principessa di fronte, ma a lei andava bene così.
Margot si rialzò e gettò il giornale nel cestino, quando l'urlo di un ragazzo rieccheggiò per la via, mentre sventolava una plica di giornali per aria. «Nuovo aggiornamento, nuovo aggiornamento!» gridò, gettando giornali a destra e a manca. «La principessa di Monaco è scomparsa. La principessa è sparita!».
Tutta la gente si fiondò sui giornali, mentre Margot si ritrovò ad indietreggiare spaventata, scontrandosi contro di Louis che la stava andando a recuperare. «Dobbiamo andare, ora» la prese per le braccia e la fece andare velocemente sulla carrozza, mentre la voce della sua scomparsa si diffondeva rapidamente. Quando fu sul mezzo, prima di tirare la tendina vide la bambina di prima piangere sulla pancia della mamma, con il giornale piegato in mano.
Margot chiuse la tenda e sprofondò sul sedile, togliendosi il cappello e sciogliendosi i capelli che le riccadero in dolci boccoli sulle spalle, mentre Louis ripartiva più velocemente, diminuendo le soste per arrivare in Inghilterra quanto prima.




Stava calando la sera, Louis procedeva rapido al comando dei cavalli senza farli fermare, cercando di allontanarsi quanto prima da Monte Carlo prima che qualcuno avrebbe potuto riconoscere Margot. D’altra parte la principessa si era appisolata sul sedile imbottito, con la fronte appoggiata al finestrino e il corpo che saltellava per i fossi che la carrozza superava lungo il tragitto. Si era addormentata pensando alla città che aveva lasciato alle spalle, alla povertà che regnava tra la gente, mentre lei pochi chilometri più lontana viveva nel lusso più sfrenato. Avrebbe tanto voluto aiutare quella gente, ma era troppo egoista per fare realmente qualcosa, e di ciò si addolorava perché, benchè avesse i mezzi per risollevare la vita della gente, rimaneva comunque sulle sue, abbindolata dalle attenzioni e troppo occupata per guardare ad un palmo dal suo naso. C’era da dire che al palazzo nessuno le aveva mai proposto di fare qualcos’altro al di fuori del solito programma…ma quella era un’altra questione. La notizia della sua scomparsa era già stata messa in circolazione e i giornali ricoprivano i bordi delle strade con la gente che si fiondava sopra per restare aggiornata sugli avvenimenti. Margot sognò la piccola Bianca, che viveva al palazzò con una coroncina che le ricadeva su un lato della testa, con i suoi appartamenti ricolmi di giochi importati dall’America, all’avanguardia, e la sua mamma che si preoccupava della sua istruzione, facendola vivere nella maniera più felice e tranquilla di sempre. Ad un certo punto il sogno cambiò, e si ritrovò chiusa in una cella, con l’aria che le mancava e la luce che l’accecava; aveva addosso solo un misero straccio a mo’ di vestito e le braccia ripiene di graffi e lividi, come se qualcuno l’avesse picchiata e chiusa lì dentro, senza possibilità di salvezza. La stanza della sua prigione incominciò a tremare, pezzi di muro si staccavano dal soffitto e le cadevano sopra la testa, ed era come se su tutta la terra stesse avvenendo un terremoto di magnitudo 7. Quando un grosso pezzo di muro le stava cadendo addosso, si svegliò di soprassalto, con i capelli appiccicati alle tempie e il respiro rapido. Quando si guardò intorno, però, la carrozza tremava veramente e al di fuori di questa si sentivano delle urla disumane e alcune addirittura animalesche. Scostò di poco la tendina con gli occhi sgranati, e la scena che si ritrovò davanti fu alquanto raccapricciante: il cocchiere era stato spogliato di quasi tutti i suoi vestiti, il suo ventre muscoloso che si alzava e si abbassava rapidamente sotto le percussioni di quelli che sarebbero dovuti essere i briganti delle campagne, dei contadini selvaggi che avevano perso tutto e saccheggiavano i ricchi per trarne sostentamento. La situazione però peggiorò ancora di più, nel momento in cui lo sportello della carrozza venne spalancato, e un ragazzo con la pelle scura e gli occhi marroni la fissava con la bocca schiusa. «Ecco chi trasportava, questo coglione».
Un uomo più grande di età diede un altro pugno a Louis all’altezza dello stomaco, facendolo piegare per terra, contratto dal dolore atroce. Margot venne strattonata per un braccio e venne fatta uscire con la forza della carrozza, con i capelli che le ricaddero sul viso e la camicia in parte uscita dai pantaloni larghi. «Vedi un po’ questo cocchiere chi si porta a passeggio, una donzella davvero aggrazziata».
Louis tossì dopo aver ricevuto un calcio all’altezza dello sterno, con un rivolo di sangue che gli scivolava accanto alla bocca. «La-lasciate-tela» balbettò, con i denti digrignati e gli occhi chiusi.
Il ragazzo di prima avvicinò Margot al suo corpo con uno stratto del braccio, annusandole i capelli. «E perché mai? Ha così un buon odore..» sussurrò contro il suo orecchio, mentre con l’altra mano le accarezzava la schiena per poi scendere sempre più giù.
I suoi compagni iniziarono a sgignazzarre, mentre uno faceva dei gesti veramente volgari all’amico, indicando Margot che era impietrita e non osava nemmeno fiatare. Perché le stava accadendo questo? Non poteva sopportare che Louis stesse così male per lei, né voleva che le accadesse qualcosa.
«No, vi prego…» sussurrò il cocchiere con le braccia strette intorno alla pancia. «Lei è..è..».
Margot si irrigidì improvvisamente, mentre il ragazzo con la pelle scura le stringeva un gluteo sotto esortazione degli altri amici. A quel punto Margot agì d’istinto e con l’altra mano lo schiaffeggiò in pieno viso, iniziando a dimenarsi per liberarsi dalla presa ferrea del giovane brigante. Quando sentì le dita del ragazzo lasciarle il braccio, gli diede un calcio allo stinco e si gettò a terra, avvicinandosi a Louis che tremava per il freddo della sera che stava calando lentamente, come a voler chiudere quel sipario vergognoso. «Sono sua moglie!» urlò la principessa mentre tutti gli altri ragazzi li accerchiavano in mezzo alla campagna deserta, il ragazzo di prima con gli occhi ricolmi di rabbia.
Due uomini apparvero improvvisamente dietro di loro e afferrarono Louis e Margot per le braccia, allontanandoli. Il cocchiere non aveva neanche la forza di reagire, troppo esausto e dolorante, e venne trascinato via, mentre Margot cercava di rallentare l’uomo impuntando i piedi per terra, ancora scioccata per la bugia architettata e per quello che le stava accadendo.
«Ti sei comportata davvero male..» iniziò il ragazzo dalla pelle scura, scricchiolandosi le dita. «Devi pagare; sei una donna, non puoi farmi certe cose».
«Dai, Jake, dai una dimostrazione a questa puttana!» urlò un ragazzo mentre Margot veniva trattenuta a terra, con le braccia e la gambe aperte.
«No, ve ne prego!» urlava, cercando di liberarsi da quelle mani forti che non le davano alcuna possibilità di fuga, il cuore le martellava nel petto e il respiro fin troppo accelerato, con la paura che le scorreva nelle vene al posto del sangue. Poco più in là, Louis veniva legato al tronco di un albero, con la testa piegata sul davanti e il corpo pieno di segni violacei. «Per favore!» urlò, mentre quel ragazzo, Jake, le si avvicinava pericolosamente.
Poi a Margot venne un’idea. Certo, non era brillante e non era neanche sicura che sarebbe riuscita a risolvere la situazione, ma era comunque un seppur minima speranza di salvezza per sé e per Louis che si lamentava incessantemente, mentre quell’altro uomo di tanto in tanto trovava piacere a ripercuoterlo, come se già non fosse abbastanza mal ridotto.
«Ti prego, posso darti una cosa che vale davvero parecchio, potreste persino comprarvi una casetta nei paraggi».
Jake sorrise sadicamente e socchiuse gli occhi, «Certo, come no».
«Davvero!» implorò Margot mentre l’uomo che la teneva per le braccia teneva i suoi polsi premuti contro il terreno umido e fangoso. «Andate a prenderlo nella carrozza, sotto al sedile» tutti rimasero immobili, aspettando che la ragazza continuasse, mentre Margot cercava di trovare il coraggio necessario per far mantenere la sua voce ferma. «C’è uno scatolo, controllate voi stessi» disse tirando un groppo sospiro.
I minuti parvero passare al rallentatore: i briganti si guardavano vicendevolmente, mentre l’uomo che aveva legato Louis aveva un sopracciglio alzato in attesa di comprensione.
Poi, dopo un tempo infinito, Jake fece un cenno al ragazzo accanto a lui, il quale si diresse verso la carrozza, mentre Louis vedeva la scena dall’albero, con una benda sulla bocca e gli occhi spalancati. Mentre il ragazzo saliva sul mezzo, Jake tornò a guardare Margot, con un angolo delle labbra sollevato.
«Se trovate quello che vi ho indicato, lasciateci andare, per favore» disse Margot  mentre le lacrime le scivolavano sulle guance. Jake si accovacciò accanto a lei e si abbassò sul suo volto, stringendole le guance umide.
«Se non dovesse trovare niente..» si avvicinò alle labbra dalla ragazza, senza baciarla, ma Margot sentì il suo alito provacarle il voltastomaco. «..sarò io a decidere cosa prendermi da te, e fidati che non penso possa piacerti».
Quando sentirono dei passi tornare a terra, Jake lasciò la presa sulle guance premute della ragazza e si avvicinò al compagno che aveva l’anello di Harry appoggiato sul palmo. «Jake..».
Tutti andarono in quella direzione, tranne l’uomo che manteneva Margot schiacciata a terra, in un momento di massima suspance in cui non si sentiva un fiato.
Jake sollevò l’anello e si perse ad ispezionare quel grosso diamente incastonato nella montatura d’argento, così luminoso anche dopo che il sole fosse calato.
Il ragazzo si voltò verso Margot, e la guardò a lungo, con le narici dilatate e gli occhi socchiusi, mentre Louis aveva il petto scosso da tremiti e lo sguardo che vagava dal gruppo alla ragazza.
Margot rimase con il occhi colmi di lacrime e cercava di sostenere lo sguardo del ragazzo come le avevano insegnato a palazzo: guardare sempre in volto il nemico.. certo, era abbastanza difficile apparire coraggiosi quando tutto quello che la principessa provava era timore, paura e ansia allo stato massimo.
Poi Jake sbuffò e fece un gesto delle mani, facendo mollare la presa su Margot che ributtò la testa all’indietro, leggermente sollevata. Si rialzò in piedi immediatamente, con le braccia allungate ai fianchi e il respiro accelerato.
«Sparite entro cinque minuti» sibilò Jake con i denti stretti e la mano chiusa intorno all’anello. «O giuro che vi faccio fare la fine peggiore di tutte» detto ciò, si allontanò per il campo, verso una capanna illuminata da una luce fioca in lontananza. Margot non aspettò che si allontanassero e corse verso di Louis, slegando il nodo che lo teneva in piedi attaccato al tronco. Quando lo liberò delle bende, Louis chiuse gli occhi e le cadde addosso, facendola cadere per terra.
«Ehi, ehi» disse Margot attenta a non toccargli le ferite sul suo corpo. Si appoggiò la sua testa sul suo grembo, spostandogli i capelli dalla fronte lucida e sporca di sangue. «Signor Louis, la prego».
«Sono solo Louis» sussurrò lui con gli occhi chiusi. «Dobbi-amo andarcene..adesso».
«Non ce la fai».
Lui sbuffò e si tirò sui gomiti, non senza una smorfia di dolore.
«Ti hanno fatto troppo male. Non muoverti».
«Hai dato l’anel-lo» balbettò, con le labbra che tremavano per il freddo. Margot si alzò e andò a recuperare il suo abito stropicciato dalla carozza, ritornando da Louis. «Io quello non lo metto».
Margot sorrise e glielo appoggiò sulle spalle, per ripararlo almeno un po’. «Dell’anello non me ne importa nulla, anche perché nemmeno lo volevo».
«Andiamo alla carrozza» disse lui, mettendosi in ginocchio, mentre con una mano si tenena due lembi della gonna a mo’ di mantello. Margot lo aiutò nei movimenti e si diressero verso il mezzo, ma una volta dentro, fece accomodare Louis sul sedile imbottito, mentre lei si metteva il cappello caduto a terra, uscendo e richiudendosi lo sportello alle spalle. «Altezza!» esclamò Louis contro il vetro. «Cosa crede di fare!?».
Margot salì sul posto del cocchiere e ringraziò Dio per non aver fatto fuggire i cavalli che avevano ancora i paraocchi, poi fece un segno a Louis di fare silenzio e diede uno scrollone alle briglie dei cavalli, facendoli partire velocemente, riprendendo il viaggio interrotto, con l’adrenalina che le dava la forza sufficiente a non crollare.





Spazio autrice
Ciao a tutti, come state?
Eccoci qui con l'avvio dell'avventura della principessa Margot che già durante il viaggio viene attaccata. Andiamo, pensava davvero che sarebbe stato tutto rose e fiori? ahah Ne dovrà ancora affrontare delle belle prima di giungere a Londra dalla famiglia che ha deciso di ospitarla ehehe.
Ringrazio le persone che continuano a leggere i miei capitoli, mi fa molto piacere. Magari se mi lasciaste qualche commento potrei almeno sapere se vi piace o meno, considerazioni sui personaggi e se shippate qualcuno, qualsiasi cosa!
Comunque, a parte questo, approfitto di questo spazio autrice per augurarvi una buona Pasqua! Abbuffatevi di cioccolata, mi raccomando.
Alla prossima settimana.
Vi voglio bene, Un bacio,
Elisa :)


 

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Capitolo 7
*** Journey on the train ***






Journey on the train



Furono forse le quattro di mattina, in cielo erano presenti ancora alcune stelle sparse per l'oscurità, nonostante dall'orizzonte stesse facendo capolino una leggera luce, che pian piano cercava di ritagliarsi uno spazio nella distesa scura, bramosa di illuminare il mondo per un altro giorno, quando Margot lasciò le briglie dei cavalli che si fermarono di botto, i fiati che correvano rapidi e si condesavano in delle piccole nuvolette di fumo. Louis sbatteva i palmi delle mani sul finestrino affinchè Margot lo facesse uscire, ma la ragazza lo voleva lasciare lì dentro; insomma, era ferito, debole e affaticato, come avrebbe potuto portare lui avanti il viaggio? Nonostante volesse farlo riposare, la stanchezza ebbe la meglio sopra di lei e scese dalla sua posizione, mentre da una borsa appesa al fianco della carrozza tirava fuori il cibo per i cavalli che erano stanchissimi. Intorno a loro c'era solo la campagna, a parte qualche casetta sparsa ai piedi delle colline che costeggiavano il paesaggio, per cui Margot li sciolse per permettere loro di muoversi un po'. Il viaggio era ancora lungo, e purtroppo lei non aveva idea di dove fossero. Sì, aveva seguito i cartelli sbiaditi sparsi dopo alcune miglia percorse, ma non aveva mai viaggiato prima, non conosceva le strade, i porti, le città, i paesaggi che superavano, quindi prima, mentre reggeva le redini della carrozza, si soffermava ad osservare il mondo, beandosi di viste mai osservate prima di allora. Venne destata dai suoi pensieri da Louis che incominciò a sfuriare contro il vetro della piccola finestrella, e Margot, sorridendo, glielo abbassò. «Sì?».
«Siete proprio maleducata!».
«Io? Ah beh, scusami se non ti sto facendo soffrire più di quanto tu stia soffrendo ora».
Louis abbassò lo sguardo, stringendosi il vestito sulle spalle. «Scusatemi, ma è il mio compito scortarvi fino al porto di Le Havre, nell'estremo Nord della Francia».
Margot lo ignorò, soffermando lo sguardo sulle casette poco più in là, indicandole con l'indice. «Dove siamo?».
«Se il paesaggio non mi inganna» disse Louis aguzzando la vista, guardando le colline di fronte a lui, «dovremmo essere a Lione»
Margot sollevò un sopraciglio, mentre si toglieva il cappello per riavvivare i capelli appiattiti e sporchi di terra. «E quanto ci manca?».
Louis gonfiò le guance, sbuffando dopo qualche secondo. «Circa quattro giorni, senza soste».
Margot guardò i cavalli che si erano addormentati, le loro criniere che venivano spostate per il vento che si era alzato. «Loro non ce la fanno».
«Dovremmo fermarci per un po’» Louis spinse fuori dal finestrino il braccio e tolse la sicura allo sportello, aprendolo finalmente dopo quasi dieci ore in cui era rimasto chiuso lì dentro. Quando uscì, aveva solo le mutande, per cui si portò il vestito sul davanti, per poi toglierlo subito dopo. «Ops».
«E se andassi in una di quelle case a chiedere della roba per te?».
«No, Altezza..» disse Louis mentre le sue guance si arrossavano leggermente, nonostante Margot non avesse visto niente, non perchè gliel'avessero insegnato, ma perchè le sembrava davvero imbarazzante. «Non posso accettare che lei faccia certe cose per me, semmai io dovrei procurarle certi abiti».
«Ma figurati!» Margot si tirò due lati della camicia. «Questo completo lo sento anche un po' mio adesso» disse, mentre si rimetteva i lembi nel pantalone. Poi si legò i capelli e li chiuse nel cappello, lasciandosi sfuggire qualche ciocca per nascondere i suoi lineamenti femminili. Quando si girò per dirigersi verso quello che le sembrava un negozio, Louis le sfiorò una spalla. Lei si volse guardandolo negli occhi chiari. «Sì?»
«Sono veramente amareggiato per ciò che sia accaduto».
«Louis» disse Margot, sorridendo con un angolo della bocca. «Non è stata colpa tua, ci mancherebbe pure! Anzi, meno male che ci è andata bene!».
«Grazie a lei» puntualizzò Louis sorridendo a sua volta. «Io non ho fatto niente».
«Non potevo lasciare che ti facessero del male» poi si girò, andando verso il negozio, ma Louis si schiarì di nuovo la voce. Margot si rigirò esasperata. «E adesso che c'è?».
«Principessa, sono le quattro di mattina. Crede davvero che qualche negozio sia aperto?».
Margot strinse le labbra: cavolo, non ci aveva pensato. Poi scrollò le spalle. «Ci provo lo stesso. Magari è presente qualche anima pia degna di aiutarci».
Poi non si girò più e andò verso il primo negozio che le capitò davanti. Il silenzio era opprimente e anche inquietante, Margot si sentiva seguita e osservata da qualcuno che effettivamente non era presente, ma appena arrivò al negozio incominciò a bussare agitata. Con sua grande sorpresa, una donna sulla sessantina le aprì la porta, con i fili della lana ancora in mano e i capelli raccolti in una crocchia alta, coperta da una retina.
«Mi scuso tremendamente per il disturbo e l'ora in cui io so-» ma venne interrotta dalla vecchietta che la fece entrare subito dentro, richiudendo la porta. «-no arrivata» terminò Margot mentre si guardava intorno. L'ambiente era spoglio, ma appesi alle pareti c'erano dei lunghi scaffali vuoti che ne costeggiavano tutto il perimetro.
«Dimmi cara. Hai bisogno di qualcosa? Posso prepararti una tazza di tè».
«Ehm, veramente non potrei soffermarmi perchè...sono in viaggio» terminò a disagio, con lo sguardo puntato sopra la vecchietta che si riesedette e riprese a lavorare la lana. «Scusi l'impertinenza, ma...cosa ci fa lei in piedi a quest'ora?».
La signora prese a ridere, facendo rieccheggiare la sua voce stridula per tutto quello che sarebbe dovuto essere un appartamento. «Da quando è morto mio marito, mi alzo sempre alle tre, perchè mi sembra di sentirlo tornare da lavoro. Ma ogni volta che apro gli occhi...beh, lui non c'è, e non tornerà più» disse con disinvolura. Margot annuì a disagio.
«Deve averlo amato parecchio».
«Non esattamente. Cioè, all'inizio no, ma poi il sentimento è riaffiorato nei nostri cuori spenti per le troppe guerre a cui abbiamo assistito. Non puoi capire, cara, quanto cose abbiamo passato nella nostra vita» appoggiò i ferri su un comodino accanto alla poltrona e si alzò in piedi. «Ma basta farmi parlare, altrimenti divento logorroica. Dimmi tu, fiore, di cosa hai bisogno?»
Margot sorrise al piccolo nome che la donna le aveva affibiato e si srotolò le maniche della camicia. «So che potrebbe sembrare maleducato..» iniziò, ma venne interrotta dalla donna.
«Niente è maleducato se detto da una bocca così delicata e gentile. Sai, di persone dolci come te non ce ne sono più in giro come una volta, la povertà ha reso tutti pazzi. Ma dimmi, qualsiasi cosa e vedrò cosa posso fare».
«Mi servirebbero dei vestiti da uomo».
«Posso dartene qualcuno di mio marito..».
«No no, non vorrei procurarle un dispiacere!».
«Ma dai! Sono solo vestiti che ora non odorano più di mio marito - pace all'anima sua - ma solo di muffa. E sinceramente, in questa casetta ce n'è fin troppa» andò in una stanza sul retro, trafficando con dei cassetti, per poi tornare subito dopo con un pantalone e una camicia, entrambi grigi. «Ecco qua..».
«Non ho le parole per ringraziarla» disse Margot mentre prendeva tra le braccia i vestiti che la donna le stava porgendo.
La signora però le bloccò le mani, «Un modo c'è. Fai scendere il tuo amico dalla carrozza lì fuori e accomodatevi, vi preparo la colazione».
«Signora, davvero, non è il caso..».
«Silenzio. Lascia gli abiti e vai a chiamare quel povero ragazzo che là fuori sta morendo di freddo».
Margot annuì convinta e fece cenno a Louis di avvicinarsi, il quale si coprì con l'abito chiaro della principessa, arrancando ad ogni passo con faccia sofferente. Quando fu dentro il minuscolo appartamento e vide i vestiti in mano alla signora, alzò lo sguardo al cielo e mimò ''grazie Signore'' prima di prenderli e dirigersi in una stanza indicata dalla signora.
Quando uscì, Margot constatò che i vestiti gli stessero veramente bene e il grigio gli donava parecchio, poi la signora li fece accomodare entrambi su una poltrona logora e ammuffita, mentre porgeva loro una tazza di tè caldo e dei biscotti in busta.
«Non meritiamo un simile servizio, signora..» iniziò Louis mentre assaporava un biscotto al cioccolato, mentre Margot beveva a piccoli sorsi, con il mignolo alzato.
«Chiamatemi nonna, siete così giovani che potreste essere miei nipoti».
Margot e Louis sorrisero entrambi, per poi restare in silenzio, imbarazzati. E ora che avrebbero fatto?
«Dove andate di bello?» domandò la vecchietta che li guardava con aria sognante.
«In Inghilterra, a Londra» rispose Margot subito, euforica al solo pronunciare quella frase.
«Come mai? Non vi trovate bene qui?».
Louis guardò Margot, e poi spostò lo sguardo sulla signora. «Non esattamente» sussurrò.
Poi la signora si alzò dalla sua poltrona e si avvicinò ai due ragazzi, siedendosi ai loro piedi e stringendo le loro mani. «Sai, fiore, che sei molto simile alla principessa di Monaco?».
«Glielo dicono tutti...» sussurrò Louis mentre si mangiava l'ennesimo biscotto al cioccolato. Si comportava come se fosse un bambino, e Margot si rese conto di non conoscere nulla di lui, se non il suo nome e il suo mestiere, e quella cosa l'amereggiò parecchio.
«No, ma davvero! E' impressionante...» disse la donna spostandole una ciocca scura dalla guancia. «Perchè ti sei travestita da maschio? Sei bellissima..».
Margot strinse le labbra tra i denti e lanciò uno sguardo a Louis che iniziò a muovere la testa a destra e a sinistra, mentre con le labbra mimava tanti 'no' consecutivi.
«Ecco..» iniziò, osservando la donna in attesa di risposte, la quale stringeva ancora le sue mani.
«Hai un comportamento così reale, educato...un linguaggio che invidierebbe chiunque».
Margot annuì e lanciò un altro sguardo a Louis che si mise a tossire.
«Signora, io.. io sono..» perchè non riusciva ad andare avanti? Perchè era così difficile dire la verità?
«Tu cosa, tesoro?».
Louis si alzò di scatto, per quanto le ferite gli permettevano, urtando il tavolino e facendo risuonare la teiera di ceramica bianca. «..in ritardo. Comunque lei è la signorina Eveline Bodreau, una delle figlie dell'uomo più nobile di Monaco».
«Santo cielo!» la donna scattò in piedi ed iniziò ad inchinarsi. «Scusatemi per non avervi riconosciuta, sono mortificata!».
«No, no!» Margot la bloccò e la strinse in un abbraccio. «Non deve. Grazie di cuore per tutto, spero di rivederla presto!».
«Certamente, signorina Bodreau, e la prossima volta mi faccio trovare in condizioni migliori» accompagnò i ragazzi alla porta, e Margot prese Louis sottobraccio per aiutarlo a muoversi lentamente, in quanto aveva la necessità di essere piegato in avanti per procedere. Prima però che si potessero allontanare, la donna li bloccò nuovamente. «Sono le quattro e mezza. Che dite di riposarvi un po' prima di riprendere il viaggio?».



Ovviamente i due ragazzi avevano accettato l’invito e si erano fiondati nuovamente nell’appartamento, mentre la donna li scortava fino alla sua stanza da letto. «Non ho altro posto in cui farvi riposare..» iniziò, ma Louis affannato e con la faccia sofferente le fece un cenno della mano.
«Si figuri, va benissimo» poi Margot lo aiutò a sdraiarsi sul letto e gli sollevò un lembo della camicia sotto suo consenso. La pelle era violacea e c’erano molti graffi più o meno profondi, ma ormai il sangue era seccato. La signora recuperò i suoi occhiali da vista dal comò accanto al letto e quando li indossò vide il mondo in HD, rendendosi conto finalmente di quanto Louis stesse male. «Santissimi numi, lui ha bisogno di essere curato» si avvicinò al torace scoperto e gli appoggiò una mano sopra le costole, al che Louis sussultò per il dolore. La donna contrasse le labbra e tornò nel salotto, sparendo per un po’.
«Sono un disastro».
«Sta’ zitto» disse Margot mentre l’anziana signora tornava con un busto stretto in mano.
«Si può sapere cosa ci fa lei con un busto?!» chiese Louis con gli occhi sgranati, mentre Margot sorrideva.
«Ero un medico, poi nessuno mi ha voluta più. Così mi ritrovo a casa alcune attrezzature che, come vedi, ritornano utili» appoggiò il busto sopra il materasso e tirò fuori dal cassetto delle foglie profumate e una retina. «Queste foglie sono il miglior medicinale naturale, devi tenerle addosso almeno fin quando non arrivate a Londra, lì ti farai visitare».
«Ma io non vado a Londra..» sussurrò Louis, con gli occhi socchiusi mentre la signora gli avvolgeva le foglie e la retina intorno al busto martoriato.
«Ma non avete detto così?».
«Io sono solo il suo accompagnatore» ammise il ragazzo, facendo un cenno in direzione della principessa.
«Oh» fu l’unica cosa che la donna disse, poi prese ad infilargli il busto da sopra la testa, non senza urla da parte di Louis che – steso – sentiva il dolore ancora più amplificato.
Quando gli allacciò i lacci dietro la schiena, gli sfilò la camicia e lo lasciò a petto nudo, mentre da fuori la finestra il sole stava iniziando a rischiarare il cielo.
«Ora dormite..» e la donna si dileguò, senza aggiungere altro, ma appena si richiuse la porta alle spalle, Louis fece per alzarsi.
«Ehi!» Margot lo inchiodò al materasso, «cosa credi di fare!?».
«Non possiamo dormire sullo stesso letto» disse lui semplicemente, guardando la ragazza fisso nei suoi occhi scuri e contornati da delle leggere occhiaie.
Margot socchiuse gli occhi e gli fece il verso. «‘Lasciamo perdere queste sciocchezze’, o sbaglio?» disse, facendo il giro e stendendosi accanto a lui sul quel materasso consumato e scomodo.
«Se lo scoprono, mi uccid-».
«Ma sta’ zitto».
Poi entrambi rimasero in silenzio, mentre lentamente chiudevano gli occhi e si lasciavano cullare dalle braccia di Morfeo.
Quando la signora bussò alla porta, non avevano idea di che ora fosse potuta essere, ma la luce che entrava dalla finestra era davvero forte.
«Ben svegli, cari» disse l’anziana sorreggendo un vassoio pieno di biscotti. «Vi siete ripresi?».
«Diciamo..» disse Louis con la voce impastata dal sonno, mentre Margot si toglieva i capelli che durante quelle ore le si erano sparpagliati sulla faccia, la luce che feriva i loro occhi appena aperti.
«Che ora è?» chiese, mettendosi seduta, mentre Louis si stiracchiava il collo, rimanendo con la testa appoggiata sul cuscino.
«Mezzogiorno, ho dato la colazione anche ai cavalli».
I due ragazzi sussultarono e Margot scese dal letto, allisciandosi le pieghe sui suoi vestiti. «Dobbiamo andare» disse solamente, mentre raccoglieva la camicia di Louis che era caduta a terra.
«Siamo in ritardissimo» disse Louis mentre a fatica cercava di alzarsi sui gomiti, con scarso successo.
«Ma cosa credete di fare?» disse la donna, immobilizzandosi. «Non crederete mica di partire con la carrozza!».
Margot la guardò con la bocca spalancata, «Non abbiamo un mezzo diverso..».
La donna tornò nell’altra stanza e prese due biglietti che teneva nascosti sotto un cofanetto sul mobile accanto all’ingresso.  «Ecco a voi».
Louis ne afferrò uno e lo studiò, con sguardo spaesato. «Cosa sarebbe?».
«Mai visti i biglietti di un treno?».
La principessa ed il cocchiere sobbalzarono a quella frase, guardandosi negli occhi. «Cosa?».
«La partenza è tra mezz’ora, e non è necessario che voi sappiate perché io abbia due biglietti di sola andata per Le Havre…».
La situazione stava prendendo un piega troppo strana e i due ragazzi fissarono la donna, la quale iniziò a battere le mani velocemente di fronte al suo viso. «Allora? Vi preparate o no?».




Un quarto d’ora dopo, furono fuori dalla stazione, Louis seduto su una sedia a rotelle pieghevole offerta dalla donna e aspettavano entrambi vicino ai binari. C’erano solo loro due, e Margot si infilò di nuovo il cappello in testa, mentre vedeva la signora mantenere le briglie dei cavalli reali. «Non preoccupatevi per loro» iniziò la signora mentre li accarezzava entrambi e un fischio si avvicinava lungo i binari arrugginiti. «Saranno in buone mani, come anche la carrozza».
Il treno arrivò pochi minuti dopo, stridendo sul ferro e fischiando in maniera prolungata, e all’improvviso apparve tanta gente che si affrettò per prendere posto sul mezzo appena fermato, con il controllore che spillava i biglietti acquistati. Louis e Margot non avevano mai visto un treno prima di allora, in quanto erano stati creati solo 15 anni prima, e ce n’era uno per ogni Stato europeo. Era lungo, grigio con la locomotiva che fumava e degli uomini che facevano grossi carichi di legna per alimentare il fuoco e per partire e acquisire velocità. La donna diede una spintarella ad entrambi, mentre la gente iniziava a sfuriare intorno a loro. Margot le sorrise e la abbracciò calorosamente, «La ringrazio davvero per tutto quello che ci ha dato, per averci aiutati sebbene non sappia nulla di noi».
«Non bisogna conoscere per comportarsi bene» disse la donna semplicemente, mentre con una mano le dava dei leggeri colpi sulla schiena. «Buonafortuna per tutto».
«Che possa passare un bella vita» disse Margot, ed inconsapevolmente si ritrovò a fare una riverenza, sotto uno sguardo attento da parte della donna. Dopodichè spinse la carrozzella e si avviò con Louis verso il controllore, il quale spillò i loro biglietti e li aiutò a caricarsi sul vagone, senza alcun impegno di bagagli, anche perché non ne avevano nemmeno.
Una volta ai loro posti, Louis ripiegò la testa indietro, mentre Margot si affacciava al finestrino, appoggiando una mano sul vetro caldo, sorridendo alla donna che iniziò ad indietreggiare con i cavalli stretti in mano, mentre il controllore gridava ‘in carozza’ ripetutamente per esortare la gente che si soffermava a salutarsi.
Quando il treno iniziò ad allontanarsi, lasciandosi la stazione alle spalle, Margot rimase con la faccia attaccata al vetro, il paesaggio che le scorreva velocissimo sotto agli occhi e il fumo che avvolgeva il mezzo di trasporto. Le colline passavano in fretta lungo l’orizzonte, lasciando lo spazio a delle vaste pianure in cui si riuscivano a scorgere solo le ombre di quelli che sarebbero dovuti essere dei piccoli villaggi. Il sole era alto nel cielo, e feriva gli occhi scuri di Margot, mentre un uomo anziano seduto sul sedile di fronte a lei e con il giornale sollevato sorrideva con un angolo della bocca. Teneva davanti una foto della principessa ad una conferenza con i sovrani, e spostava lo sguardo dall’immagine alla ragazza che le stava di fronte, socchiudendo gli occhi. Dopo un po’, Margot si rese conto dell’insistenza del suo sguardo e abbassò la testa, guardandosi le mani, mentre Louis riposava accanto a lei. Il vagone era in silenzio, si sentivano solo i fischi della locomotiva e il rumore delle rotaie sui binari, poi ad un certo punto il vecchio si schiarì la gola e attirò l’attenzione della ragazza.
Margot, nonostante i ciuffi che le ricadevano sugli occhi, spostò lo sguardo sul signore che ora le sorrideva, indicando con l’indice la foto della reale ritratta in copertina. Margot sgranò gli occhi e ingoiò a vuoto, non distogliendo lo sguardo dalla foto che la ritreva in conferenza con i genitori.
«Ich verstehe dass du bist es» disse l’uomo in un sussurro per non farsi sentire, ma comunque la principessa, grazie alle sue, seppur minime, conoscenze in lingua, capì fosse tedesco e individuò in quella frase un ‘capisco’ e un ‘tu’. Quell’uomo sapeva, ma mentre Margot cercava di mantenere un certo autocontrollo, l’uomo si abbassò il cappello sulla fronte e portò un indice alle labbra, sibilando un ‘shh’ che Margot fu lieta di comprendere. Almeno non avrebbe parlato, ma perché non aveva intenzione di dire niente? La principessa annuì riconoscente e lo ringraziò unendo due mani di fronte alla faccia, ringraziando il cielo per quella minima fortuna, dopodichè il vecchio le sorrise e riprese a leggere il giornale, tranquillo.




Spazio autrice
Eccomi qui con un altro capitolo.
Allora, questo coso che avete letto qui sopra è prettamente di passaggio perché non accade niente di particolare, se non il viaggio di Margot che continua e viene aggevolato dall'intervento della signora che so non chieda nulla riguardo al perché Louis sia malridotto, ma vabbeh, lasciate correre...fate finta che sia una donna a cui non interessa fare domande su certe cose :)
Nel prossimo capitolo apparirà un nuovo personaggio, per cui stay tuned perché finalmente la princesse français arriverà in Inghilterra :)
VI PREGO di lasciarmi qualche commento per sapere se la storia vi piaccio o meno, non potete capire quanto sia importante per me.
Intanto ringrazio di cuore le lettrici silenziose che continuano a seguire le avventure di Margot :)
Love you all e a sabato prossimo :)
Elisa :)


 

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Capitolo 8
*** England ***





England



Il viaggio durò 12 ore, arco temporale in cui Margot a tratti dormiva, a tratti si soffermava a parlare per la prima volta con Louis, dopo che il vecchio fu sceso alla fermata di Orleàns, lasciandoli da soli nel vagone.
«E così quel vecchio aveva capito qualcosa?» disse Louis mentre si metteva seduto bene, i movimenti limitati dal busto duro.
Margot annuì togliendosi il cappello dalla testa. «Sì, e non ho ben capito per quale motivo non voglia dire niente».
«Sarà un anarchico».
«Cosa?» chiese lei, mentre si rifaceva lo chignon con un elastico ormai allargato e rovinato. 
«E' contro la monarchia, e quindi non può che appoggiare la sparizione dell'erede al trono di Monaco».
«Ma era tedesco».
«Un tedesco che vive in Francia, e quindi si occupa della situazione dello Stato in cui ha la residenza».
Margot annuì comprensiva, mentre si rimetteva in testa il cappello, guardando fuori dal finestrino la notte scesa sulla terra, l'oscurità che regnava nel paesaggio che li circondava. Un altro giorno era passato, e Margot iniziò a sentire la necessità di lavarsi. Insomma, erano già passati due giorni in cui avevano passato di tutto, e non si erano ancora cambiati. Non vedeva l'ora di partire per l'Inghilterra, scomparire in un altro Stato, allo sbaraglio, senza più alcun punto fisso. Era eccitata e agitata al tempo stesso, e venne assalita da un senso di privazione e timore. Si guardò intorno e soffermò il suo sguardo su Louis che giocava con un bracciale che teneva al polso. 
«Resteresti con me in Inghilterra?».
Il ragazzo sollevò lo sguardo sopra la ragazza e sgranò gli occhi. «Come dici?».
Ormai erano passati a darsi del 'tu', e ad entrambi andava bene così perchè finalmente la nebbia di imbarazzo tra loro si era dissolta, parlando come persone normali.
«Rimani a Londra con me» ripetè Margot ora maggiormente convinta. Sì, era pronta ad allontanarsi da Monaco, ma aveva per forza bisogno di qualcuno per proseguire e capire il mondo. 
«Ma...Margot..».
«Ti prego».
«Io devo tornare al palazzo, altrimenti dubiteranno di chiunque lì dentro» ammise Louis lasciando la presa sul suo braccialetto. 
«Avranno già iniziato i sospetti..» la principessa si rabbuiò, pensando a Liam. E se avessero già capito che lui era stato complice di quella sparizione? Non voleva che gli accadesse qualcosa, o non se lo sarebbe mai perdonato. 
«Lui starà bene» disse Louis semplicemente, guardando un cartello stradale che passava rapido accanto al finestrino. «Non preoccuparti».
Dopodichè caddero in silenzio, fin quando il controllore non fece la sua apparizione sul vagone reggendo un cartellone con la scritta 'Le Havre'. 
«E' la nostra!» disse Margot indicando l'uomo con l'indice, mentre si metteva in piedi di scatto, ma il treno fischiò all'improvviso e frenò di botto, facendo cadere la principessa in avanti.
«Oddio!» Louis cercò di sollevarsi ma il controllore fu più veloce di lui e le afferrò le braccia, mettendola rapidamente in piedi. 
«Nel momento della fermata, bisogna rimanere seduti» disse con tono autoritario riportando Margot al suo posto, mentre Louis con una mano si copriva la bocca sorridente.
La ragazza si massaggiò un fianco dolorante e gli lanciò un'occhiataccia. «Zitto» ma Louis continuò a ridere, cercando di tenere la bocca chiusa.
Quando il treno fu fermo, l'uomo aiutò i due ragazzi a scendere, posizionando Louis sulla sedia a rotelle e trasportandolo fino alla sala d'attesa della stazione.
«Bene» disse controllando l'orologio da taschino, «sono trenta».
Margot guardò Louis e il ragazzo fece lo stesso. «Dobbiamo pagarla?»
«Certamente, nulla è gratis qui» poi distese un palmo di fronte a loro due. Louis non aveva un soldo, lo stesso Margot, e poichè non sarebbero usciti da quella situazione finchè non l'avessero pagato, la principessa fece finta di trafficare nelle sue tasche, avvicinandosi lentamente alle maniglie della sedia a rotelle. Quando appoggiò entrambe le mani, si girò verso il controllore. «Ehm, veda..» però non terminò la frase e diede un rapida spinta alla corrozzella, fuggendo il più velocemente possibile. 
Il controllore prese a rincorrerli urlando frustrato, mentre Margot spingeva la corrozzella facendo traballare Louis che si manteneva fermo ai braccioli, mentre le loro risate cristalline si propagavano per le vie che superavano. «Siete dei bastardi!» la voce dell'uomo era attutita dalla lontananza,  poi Louis e Margot virarono per una via buia e si acquattarono al buio, vedendo poi passare il controllore a tutta velocità superando il vicolo. Si portarono entrambi le mani alla bocca per reprimere le risate, colorando quel buio dell'una di notte con la loro serenità del momento. Quando non sentirono più un rumore, Louis girò autonomamente le ruote e si spinse fino al bordo del palazzo, controllando a destra a sinista, mentre Margot rimaneva dietro di lui. Quando entrambi si resero conto di essere soli, Louis si spinse in avanti e si andò a nascondere nella via parallela, proseguendo sempre dritto, andando a sbattare di tanto in tanto contro qualcosa che al buio non si riusciva a a vedere. 
«Conosci la strada per il porto?».
«No, però mi hanno detto che tutte portano lì, quindi...».
E cadde nuovamente il silenzio, mentre pian piano si avvicinavano al porto e l'odore dell'oceano inebriava le loro narici, insieme a qualche puzza.
«Ma che è?» chiese la principessa tappandosi il naso con due dita. 
«Pesce morto» disse Louis facendo una smorfia, poi entrambi uscirono finalmente dalla via, trovandosi davanti il molo e poco più in là una nave ancorata che stava aspettando che i passeggeri salissero. Sul dorso presentava la scritta 'Journey To England' scritto a caratteri cubitali bianchi su sfondo nero e grigio. 
«Forza, è quella!» disse Margot riafferando i manici  e riprendendo a spingere il ragazzo, mentre si avviavano rapida verso quella nave che li avrebbe finalmenti portati a destinazione. «Ce li hai i biglietti?».
«So che fa abbastanza schifo come cosa...».
«Louis?» chiese la ragazza mentre si univano alla fila dei passeggeri vestiti tutti eleganti, come se non fossero quasi le due del mattino.
«Senti, ho dovuto metterli nelle mutande per nasconderli alla vista di chiunque».
Margot fece un faccia schifata, poi quando furono davanti ad una guardia, Louis infilò una mano nella parte posteriore del corpo, e tirò fuori un biglietto. 
«Voi siete due» disse l'uomo con il cappello nero, abbastanza rincretinito per accorgersi dei comportamenti furtivi del ragazzo. 
Louis sorrise e «Guardi un po' lì» disse, e la guardia si girò stupidamente in quella direzione, mentre Louis tirava un altro biglietto fuori dalla parte anteriore del pantalone.
«Cosa dovrei guardare?»
«Niente» disse lui porgendogli l'altro biglietto in mano, mentre sorrideva. «Eccoli entrambi».
Margot fece una faccia schifata al pensiero che quei due biglietti fossero stati nelle sue mutande per tutto quel tempo e represse un conato di vomito, mentre Louis scrollava le spalle. «Tanto la guardia non lo sa».
La principessa con sguardo orripilato fece avanzare la correzzelle sul ponte levatoio ed entrarono finalmente nella nave. «Come facevi ad averne già due?».
«Avrei dovuto portarti fino a Londra comunque, poi avrei fatto ritorno».
«Quindi rimani?» chiese lei speranzosa mentre seguivano un cartello con scritto 'poltrone'.
«Solo perchè me l'ha chiesto la principessa» fece per prenderle le mani ma lei si scostò. 
«Non mi toccherai mai con quelle luride mani!».
«Ehi!» disse lui con sguardo sofferente, mentre un angolo della bocca si sollevava verso l'alto. 
Margot fece un cenno non curante della mano. «Quanto durerà il viaggio?».
«Per le sette dovremmo stare a Bournebouth, e da lì ci verranno a prendere per scortarci  a Londra».
«Chi ci verrà a prendere?» chiese la ragazza mentre si accomodava su una poltrona e aiutava Louis - tenendolo per gli avambracci - a fare lo stesso, ripiegando subito dopo la sedia a rotelle. 
«Un amico di Liam» disse Louis sorridendole, dopodichè si misero comodi e aspettarono che la nave levasse l'ancora per lasciarsi la Francia alle spalle.


Il viaggio per mare proseguì tranquillo, a parte qualche leggero malore e un po’ di mal di stomaco che procurava dei conati ai passeggeri, ma andò comunque tutto bene.
Il sole era sorto nel cielo, rimanendo allo stesso livello dell’orizzonte, mentre riscaldava la tiepida aria di inizio giornata, e gli oblò della nave che si appannavano per i sospiri della gente sul vetro, troppo intenti ad osservare i delfini che di tanto in tanto facevano capolino sulla superficie dell’acqua, tavolta esibendosi con dei piccoli salti.
Louis aveva dormito per gran parte della traversata, e lo stesso Margot, troppo stanca per soffermarsi a guardare l’oceano intorno a loro.
Quando la colonna della nave iniziò ad emettere un suono lungo e continuo, tutti i passeggeri iniziarono ad aprire gli occhi, giunti ormai in prossimità del famigerato porto di Bournebouth.
Louis era già sveglio da un po’ e scrollò le spalle della principessa per farla svegliare nel momento in cui la nave iniziò a fare manovre di retromarcia e getto dell’ancora per abbassare poi il ponte levataio.
Margot si strofinò gli occhi e fece uno sbadiglio, cercando di sgranchirsi le gambe e le braccia.
«Buongiorno».
«Ben sveglia, siamo arrivati».
Un bambino seduto dietro di loro picchiettava sul vetro dell’oblò per far avvicinare i suoi genitori, ma questi ultimi erano troppo impegnati a leggere dei libri con gli occhiali abbassati sul naso per accorgersi del loro figlio, entusiasta di vedere qualcosa nel mare, al di là del vetro.
Margot guardò il mare alla sua destra, con il vetro dell’oblò sporco e anche leggermente scheggiato, con i raggi del sole che le colpivano gli occhi ancora assonnati. Distolse lo sguardo e lo puntò su Louis che cercava di allargarsi con le mani i lacci del busto.
«Ti da fastidio?».
«No, però dovrei allentarlo un po’, mi sta facendo mancare il respiro».
Margot sorrise e lanciò gli occhi al cielo. «Allora non sai cosa proviamo noi ad avere il corpetto. Pensa, da quando mi hai dato questi vestiti, sento di respirare per la prima volta».
Louis infilò una mano nella sua camicia e riuscì a sciogliere il primo fiocco, mentre il suono della nave che attraccava risuonava su tutti loro. «Ecco fatto, mi sento già meglio».
«Quando saremo in città, devi visitarti».
Louis scrollò le spalle, spingendo il labbro inferiore in avanti. «Come vuoi» Poi la gente intorno a loro iniziò ad alzarsi e mettersi in fila. 
«Noi scendiamo per ultimi, - iniziò Margot mentre cercava di afferrare la sedia a rotelle piegata da sotto al sedile dove l’aveva nascosta, «così questa non da fastidio».
«Non serve che tu la esca fuori».
Margot aggrottò le sopracciglia, mentre il bimbo di prima iniziò a parlare in inglese con il suo papà, proprio vicino a loro due. «Come no?».
«Penso di riuscire a camminare».
«Non fare lo stupido» disse Margot tirandola finalmente fuori, ma Louis le appoggiò la mano sulla sua, bloccandola.
«Davvero».
«Intanto me la porto comunque» disse, mentre la gente incominciava ad avviarsi, lasciando lo scomparto delle poltrone. Quando furono rimasti solo loro due, Margot si sollevò e prese un braccio di Louis, caricandoselo sulle spalle, sorreggendo con la mano libera la carrozzella ripiegata su stessa.
«Ma guarda un po’ là..» disse una voce dietro di loro, appartenente ad una signora con la gonna vaporosa fuxia e un petto così slanciato che avrebbe fatto fantasticare qualsiasi uomo nei paraggi. «Io non capisco proprio perché due poverelli debbano avere il privilegio di partire».
Louis sentì la presa di Margot farsi più stretta sul suo braccio e le intimò di rimanere in silenzio.
«Cioè» riprese la donna, mentre faceva prendere dal suo servo la sua valigia capiente, «il loro compito non è servirci?»
Margot indurì la mascella, avvicinandosi di più al corpo di Louis. «Se solo sapesse con chi ha a che fare…»
«Zitta e non fare niente» le sibilò Louis, mentre uscivano finalmente sul ponte levatoio, mentre la donna li superava con il servo alle calcagna. 
«Spero possa inciampare e rompersi il naso».
Louis scoppiò a ridere e annuì con la testa, «Sì, sarebbe una bellissima scena».
Quando attraversarono tutto il ponte, quest’ultimo riprese a chiudersi alle loro spalle, mentre i nuovi arrivati infuriavano per le strada, chi prendendo carrozze, chi aspettando l’arrivo di qualcun altro, mentre altri semplicemente si abbracciavano. 
«E ora che si fa?» disse Margot mentre si avvicinavano ad una panchina che si era appena liberata.
Louis prese una grossa boccata d’aria. «Ah» iniziò chiudendo gli occhi con il viso rivolto al cielo sereno e azzurro, con il sorriso stampato in volto, «Finalmente odore di casa».
Margot si girò verso di lui, con un sopracciglio alzato. «Tu vivi qui?»,.
«No, sono di Doncaster, nello Yorkshire, ma finalmente sento l’aria inglese che mi riempie i polmoni».
Margot abbassò lo sguardo sulle sue mani, con la carrozzella posata accanto al suo bacino. «Non lo sapevo»
«Non è importante» rispose lui, sempre con lo sguardo sollevato, questa volta con gli occhi socchiusi sulla distesa azzurra sopra di loro. 
«Non so niente di nessuno che ha vissuto a palazzo» disse la principessa mortificata. 
Louis la guardò sollevando le spalle. «Te l’ho già detto: non è importante».
Lei lo guardò, parlando finalmente con il loro tono, senza aver la paura che qualcuno li comprendesse, continuando a parlare in francese. «Quanti anni hai, Louis?».
Lui scoppiò a ridere, facendo poi vagare lo sguardo per verificare l’arrivo dell’amico di Liam che aveva potuto conoscere guardando le sue fotografie nell’album dello stalliere.
«Ventitre e mezzo».
«Wow» disse Margot sorpresa. Quel ragazzo aveva dei comportamenti così semplici e anche un po’ infantili che dimostrava all’incirca la sua stessa età. «E già lavori..».
«Beh» disse lui, continuando a guardarsi intorno per verificare l’arrivo del ragazzo, con gli occhi azzurri socchiusi per il sole, «devo sostenere la mia famiglia a Doncaster, lo stipendio non rimane solo a me..» poi si bloccò, aguzzando la vista su una carrozza che stava parcheggiando di fronte a loro, sul marciapiede opposto. «Ehilà».
Margot si girò in quella direzione e si portò una mano sopra gli occhi a mo’ di visiera, mentre intorno a lei la gente nobile passeggiava con gli ombrellini da giorno per riparare le loro pelli candidi dai raggi solari. La carrozza che aveva di fronte era molto vecchia e a tratti arrugginita, con le ruote leggermente storte e lo sportello che non presentava nessun finestrino, né tanto meno una tendina. I cavalli erano neri – mentre le carrozze reali li presentavano solo bianchi e curati – e nitrivano, scuotendo le loro teste prive di paraocchi e altra attrezzature. Poi Margot fece scorrere lo sguardo sulle briglie, arrivando ad intercettare il loro nuovo cocchiere. Era vestito in maniera molto logora, con dei sandali aperti e i pantaloni corti e pieni di buchi, oltre che macchiati di nero. Aveva una camicia arancione in netto contrasto con il verde militare dei pantaloni larghi, sbottonata sul petto, lasciandolo scoperto. Aveva un collana appesa al collo con un ciondolo rotondo e argentato come una moneta e un cappello di paglia appoggiato sulla testa. Con una mano reggeva le briglie del cavallo, mentre con l’altro si portava un filo di paglia tra i denti, sollevando lo sguardo sulla ragazza.
«Ecco la fuggitiva» disse, abbassando il tono sull'ultima parola, con un forte accento inglese, facendo un cenno ad entrambi.
Louis si levò in piedi, sorreggendosi autonomamente nonostante si sentisse ancora tutto ammaccato, indicandolo con un dito. «Lei è il signor Zayn Malik?».
Il ragazzo dalla pelle olivastra annuì, con il filo di paglia che gli pendeva sulle labbra. «In carne e ossa» disse scendendo dalla sua postazione, lasciando la carrozza incustodita. Si avvicinò a Margot e le prese un mano, baciandole il dorso. 
«Una volta da noi» le disse con un angolo della bocca sollevato, «si scordi questi atteggiamenti».
«Farò del mio meglio» ammise la ragazza in inglese, con una mano ancora a pararsi gli occhi.
Poi Zayn si rimise dritto e andò ad aprire lo sportello della carrozza, non manco di cigolìo irritante. «Accomodatevi» Poi lasciò che lo sportello ondeggiasse da solo e tornò al suo posto, riafferrando le briglie dei cavalli neri. «Fossi in voi,» continuò togliendosi il cappello e appoggiandoselo al fianco, passandosi una mano tra i folti capelli neri umidi per il sudore, «mi sbrigherei. Non è che Londra sia molto vicina».
Margot si girò e riprese il braccio di Louis, accingendosi ad andare verso la carrozza aperta, lasciando la carrozzella sulla panchina. Margot si accorse subito della sua mancanza e fece per girarsi, ma Louis la bloccò facendola proseguire verso il mezzo, mentre Zayn si sistemava meglio alla sua postazione, dopo essersi rimesso in testa il cappello di paglia. 
«Non permetterti di andarla a prendere, ora siamo in buone mani».
Margot fece salire prima Louis, poi lanciò un rapido sguardo a Zayn che si girò sulla destra e sputò a terra, incurante. «Già» disse salendo i gradini e chiudendosi dietro lo sportello, seduta di fronte al ragazzo. «Lo spero».





Spazio autrice
Salve a tutti, eccomi qui con un altro capitolo e...ecco svelato il nuovo personaggio!
Il signorino Zayn Malik ha il compito di scortarli fino a Londra dove conosceranno gli altri protagonisti che, se avete letto la raccolta, conoscerete benissimo *faccia innamorata*.
A parte questo, cosa ne pensate? Mi piacerebbe tanto sapere i vostri pareri riguardo la storia, siete spariti tutti :(
Vi voglio bene, ricordatelo.
Anyway, ho iniziato anche a pubblicare su wattpad e mi chiamo xsmiling :) andate a farci un salto, pian piano pubblicherò tutto quello che ho qui su efp.
Alla prossima settimana.
Un bacione,
Elisa :)

p.s scusate eventuali errori, ma vado di fretta ahahahha



 

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Capitolo 9
*** Nice to meet you ***





Nice to meet you
 


Il viaggio durò circa due ore, con i cavalli che correvano e Zayn che non li faceva sostare nemmeno un po'.
«Li farà morire, così» disse Margot mentre si manteneva ad un pomello arrugginito per non subire gli scossoni della strada. Louis si era steso sul sedile di fronte al suo, per mantenere la schiena dritta e anche per stare più comodo, effettivamente.
Il ragazzo non rispose alla sua domanda, un po' perchè non ne aveva voglia, un po' perchè non aveva idea di cosa risponderle, quando la carrozza incominciò a rallentare ed un vociare si faceva più vicino e forte via via che proseguivano piu' lentamente lungo la via. Margot si affacciò e il vento la investì in pieno, facendole spostare i ciuffi di fronte agli occhi, ed intorno a loro c'era un caos incredibile: gente che andava, gente che veniva, donne cariche di borse della spesa, carrozze che si sfioravano, nobili che passaggiavano piacevolmente nei grandi parchi nel centro città.
C'erano anche i poveri, ovviamente, stesi sui bordi della strada a chiedere l'elemosina, poi Zayn virò ed entrarono in una via che sicuramente era quella del mercato, perchè c'era gente che gridava, bancherelle piene di cose da prendere e cucinare, uomini che vendevano vestiti usati contenuti in alcuni cartoni. Intorno a loro, poi, incominciarono a sfilare delle ville bellissime, tutte curate con dei giardini prorompenti e ricchi di alberi in fiore, con i bambini che giocavano all'interno dei recinti e i genitori, nel porticato di casa, intenti a leggere oppure ad accarezzare i loro gatti, mentre i servi si occupavano dei lavori domestici. Quando girarono in un'altra via, a Margot sembrò di essere entrata in un altro mondo, totalmente differente rispetto a quello per il quale erano passati poco prima. Le case erano in una situazione degradante, addirittura alcune erano baracche, ragazzi che vendevano i giornali sparsi per la strada e bambini che, con dei fogli sotto braccio, tornavano da scuola. Le donne avevano abiti leggeri e logori aderenti ai loro corpi slanciati e minuti, e cani randaci che inseguivano i gatti, tagliando la strada ai passaggianti o alle carrozze. Louis si era messo seduto e si guardava intorno, poi si girò verso la ragazza, portandosi un pollice alle spalle. «Secondo me, lui vive qui» sussurrò per farsi sentire solo da Margot, la quale si rese conto di come il mondo fosse completamente diverso rispetto a quello in cui era sempre cresciuta.
«Ti ho sentito» disse Zayn facendo frenare di botto la carrozza sul bordo della strada, di fronte a quella che sembrava un'officina. Poi Zayn scese dalla sua postazione e puntò i suoi piedi sulla strada, con il cappello che se ne volò per una forte raffica di vento. «Maledizione».
Margot aprì lo sportello e scese lentamente i gradini, mentre Zayn aiutava poi a far scendere Louis, tutto incriccato e che non vedeva l'ora di liberarsi di quel dannato busto-smorza-respiro.
La ragazza rimase ferma in mezzo alla strada, con tanti uomini che le passavano accanto con dei sacchi appesi sulle spalle, sporchi di fuliggine dalla testa ai piedi.
«Dove siamo?»
«A Londra» disse Zayn saggiamente mentre faceva mettere in piedi Louis e passandosi un suo braccio sulle spalle.
Margot fece un verso esasperato, poi si girò e prese ad inseguire i due ragazzi che si avvicinavano all'ingresso dell'officina. C'era una leggera tendina che li seperava dalla strada, poi Zayn la scostò ed entrò per primo, prorompendo con un «Sono arrivati» abbastanza seccato.
Margot poi scostò nuovamente la tendina - perchè Zayn gliel'aveva chiusa in faccia - ed entrò a sua volta nel piccolo spazio. Per tutto l'ambiente si sentiva il rintoccare e lo sbattere di un martello, e la temperatura era davvero altissima, tanto che Margot iniziò a sudare dal primo momento. Vide Zayn girare sulla sinistra, con Louis ancora addosso, mentre diceva «Dove lo mettiamo?» e una voce diversa gli rispondeva: «Portalo sul divano nella cucina».
La principessa si avviò in quella direzione, e quando girò verso la nuova stanza, la prima cosa che vide fu un schiena nuda possente, con i muscoli che lavoravano sotto pelle e il braccio che si alzava e sbatteva il martello forte contro il ferro infuocato, appena uscito dal camino di fronte. Il ragazzo sbatteva il martello continuamente, con un signore accanto a lui che alimentava le fiamme e gli passava gli attrezzi per scolpire il ferro ardente.
Poi l'uomo si girò e vide Margot, e diede uno schiaffo sulla spalla del ragazzo, il quale si voltò subito dopo.
Aveva un grembiule che gli copriva il petto, allacciato sulla schiena, e il martello stretto in mano, con gli occhi azzurri che percorsero la figura della ragazza e i capelli biondi appiccicati alla fronte completamente madida di sudore, così come le braccia e le parti del petto rimaste scoperte dal grembiule bianco. Il ragazzo diede subito il martello nella mano del padre e si avviò verso di lei, passandosi un braccio sulla fronte e riservandole un sorriso perfetto. «Scusi le condizioni, principessa» disse, mentre inchinava la testa a mo' di saluto.
Margot annuì e si soffermò ad osservarlo più da vicino. La sua pelle era molto chiara, completamente diversa da quella di Zayn, con due occhi azzurri talmenti chiari da sembrare trasparenti. Mentre l'uomo dietro di lui riprendeva a battere il metallo, Niall si asciugò le mani sul grembiule, e afferrò le punte della dita della ragazza, banciandole delicatamente. «Benvenuta».
Poi lasciò la presa e si avvicinò verso un gancio appeso alla parete, chiuse la tendina per lasciare il padre a lavoro e si sciolse il fiocco del grembiule, togliendoselo e appendendolo al gancio di ferro.
Si sporse verso un mobile e afferrò una canotta bianca, infilandola subito, mentre Margot si soffermava ad osservare i movimenti del suo corpo e i muscoli contratti. 'Cavolo.'
«Sono Niall» disse lui, mentre le si avvicinava di nuovo, facendole un cenno per farsi seguire. «E questo è il mio misero appartamento, diviso in due dall'officina».
Passarono per la cucina e videro Zayn in piedi, con il sedere appoggiato al tavolo e le braccia conserte, con Louis steso sul divano e la caviglie accavallate. «Salve».
«Ciao» poi Niall si girò verso Zayn. «Dobbiamo portarlo in ospedale?».
«No, no» fece Louis, gesticolando con le mani. «Sto benissimo».
«Bugiardo» disse Margot rimanendo accanto al ragazzo biondo.
Niall si girò verso di lei e la indicò con l'indice, «Lei è Margot, non è vero? Liam ci ha parlato molto di voi».
«Davvero?» disse lei, con gli occhi che le brillavano. Niall annuì e si avvicinò ad uno scaffale, prendendo con due dita una busta con il sigillo rotto, essendo già stata letta. «Tieni» disse porgendola alla ragazza. «E' da parte sua, quando ci ha avvisati».
Margot la afferrò immediatamente e si sedette sul bordo del divano dopo che Louis si fu messo suduto.
La scrittura di Liam era tondeggiante e ordinata, con le lettere composte da leggeri ghirigori.

Ciao Niall,
come stai? E' da un po' che non ci sentiamo.
So che quello che sto per dire è abbastanza fuori luogo e inappropriato, e ti capirei se non volessi accettare questa cosa.
Il fatto è che ho un'amica, una fantastica persona: si tratta della principessa di Monaco, Margot, e lei vorrebbe andarsene dal palazzo.
Non capisco perchè lo desideri così ardentemente, ma poichè sta davvero male, data la situazione che sta vivendo, voglio darle una mano. E' la persona a cui voglio più bene, e non sopporterei che soffrisse ancora di più.
Ho già mandato una missiva a Zayn, e credo che gli sia già arrivata.
Ho bisogno di voi.
Potreste ospitarla furtivamente a Londra? Vuole vedere il mondo, conoscere la gente, uscire da quelle mura che l'hanno tenuta prigioniera per diciassette anni. Dopo l'annuncio del fidanzamento con il principe scozzese, sono diventate ancora più imponenti e soffocanti, e lei desidera ardentemente cambiare aria.
So che quello che ti sto dicendo è indecente, ma fatelo in nome della grande amicizia che ci ha legati in passato, prima che io me ne andassi dall'Inghilterra.
Non abbiate paura delle conseguenze, perchè nel momento in cui qualcosa dovesse andar male, farei ricadere tutto su di me, lasciandovi liberi.
Attendo una vostra risposta.
Con affetto,
Liam Payne
 

Margot si ritrovò ad accarezzare la sua calligrafia in lingua inglese, immaginandolo mentre la scriveva. Aveva fatto tutto per lei, qualsiasi cosa pur di aiutarla, conscio delle conseguenze a cui andava incontro, e che persino in quel momento stava rischiando. La ragazza si ritrovò a pregare che stesse bene, che potesse scamparla, e si sentì gli occhi umidi di lacrime. Le mancava tantissimo, vedendosi circondata da persone prettamente sconosciute, senza aver qualcuno a cui chiedere consiglio, perchè quel qualcuno era rimasto in Francia, portando avanti la sua vita, come se non fosse successo nulla.
Niall le sfilò delicatamente la lettera dalle mani, «Dobbiamo bruciarla».
Margot cercò di riprenderla, «Perchè? Non fatelo» supplicò, volendola avere sempre accanto a lei, un po' per rimpiazzare la sua assenza, anche se quello non era certamente il modo migliore per farlo. Avrebbe voluto Liam accanto a sè e stringerlo in un abbraccio caloroso.
«Dobbiamo eliminare qualsiasi prova» puntualizzò Niall guardandola negli occhi scuri e leggermenti arrossati.
«No, per favore..» sussurrò lei con una lacrima che le scivolava piano e delicata sulla guancia, poi Louis le accarezzò una spalla.
«E' importante, Margot. Non rischiamo solo per una mancanza..» dopodichè abbassò lo sguardo.
Niall indugiò di fronte alla reazione della ragazza, e spostò lo sguardo sulla lettera di Liam tra le sue mani, facendo scorrere gli occhi sulle righe, poi Zayn sbuffò e gliela tolse dalle mani, andandola a bruciare velocemente nel camino e tornando da loro dopo due secondi, con il resto del gruppo che lo guardava con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
«Non ci voleva un cazzo» disse, mentre prendeva una mela dal tavolo e se la portava alla bocca, lasciandovi sopra un grosso morso.
Margot sentì il crepitìo del fuoco dall'altra stanza, e immaginò la carta che si ripiegava su stessa, annerendosi e cancellando qualsiasi prova che Liam fosse stato lì, seppur non corporeamente. «Sei un maleducato madornale!» sputò guardando il moro negli occhi, mentre il ragazzo la ricambiava con uno sguardo di sfida, continuando a mangiare la mela e masticandola lentamente.
«Ti ci dovrai abituare, principessa»
«Avresti potuto evitare questo comportamento infantile» disse Niall guardandolo con gli occhi socchiusi e le braccia incrociate sul petto.
Zayn sollevò le spalle, sorridendo con un angolo della bocca. «Non sono mica io che voglio tenermi una lettera affianco, pensando sia una persona».
«Non hai nessun diritto di parlare in questo modo» esclamò Margot mettendosi in piedi, i pugni allungati accanto al busto. «Sono pur sempre una principessa».
Zayn appoggiò il torsolo della mela sul tavolo e le si avvicinò, continuando a masticare con la bocca aperta. «Tesoro» iniziò mentre Niall seguiva ogni singolo movimento pronto ad intervenire e Louis che si metteva in piedi, una mano appoggiata sul busto, «sei in Inghilterra, quindi tecnicamente non sei la mia principessa».
«Ma sono pur sempre più importante di te!» disse lei in un impeto di rabbia, solo dopo si rese conto di essere stata tremendamente maleducata e si rabbuiò, abbassando la testa mentre il moro scoppiava a ridere.
«Okay, basta» Niall si mise in mezzo, allontanando Zayn che sorrideva compiaciuto.
Louis si avvicinò a Margot e la fece allontanare a sua volta, intimandole di stare buona buona a non combinare niente. La ragazza sollevò lo sguardo e lo puntò su Zayn, il quale - nonostante avesse le mani di Niall premute sopra le sue spalle - la guardava con la bocca aperta in un enorme sorriso. «Dai, ragazzi, sono importanti questi scatti di 'ira'» disse mimando tanto di virgolette con le dita. «Deve abituarsi a questo nuovo stile di vita, la signorina qui presente».
Niall scosse la testa esasperato e gli puntò un indice contro. «Non ti avvicinare».
«Ma va', neanche fossi malato. Non ci tengo neppure a stare in contatto con una tale bisbetica».
Margot spalancò la bocca. «Tu sei estremamente impertinente!».
«E tu estremamente perfettina e fastidiosa» terminò Zayn prendendo il torsolo appoggiato sul tavolo e buttandolo nella spazzatura. Poi alzò una mano come a voler salutare tutti i presenti. «Ci vediamo» disse, sconstando la tenda e uscendo nella strada, sparendo.
La stanza in cui erano venne invasa dal silenzio, con Niall che guardava i due nuovi arrivati. Margot non era abituata a rapportarsi in quel modo con la gente, e le sembrava strano che qualcuno come Zayn potesse parlare così. Sbuffò e si accomodò piano sul divano dietro di lei, mentre dei passi si sentivano riecheggiare per quelle che poi Margot scoprì essere scale che portavano al piano di sopra.
Improvvisamente sotto l'arcata della porta della cucina apparve una ragazza vestita in maniera semplice, con una gonna che le arrivava alle caviglie e una camicia bianca leggera a fasciarle il petto. Aveva i capelli scuri legati in una treccia che le scendeva sul petto, con un fiore tra i capelli a mo' di ferrettino.
«Niall, non mi avvisi che sono arrivati?».
La ragazza si avvicinò a Margot e chinò leggermente il capo. «E' un onore ospirarla qui, signorina» poi sollevò lo sguardo e le sorrise calorosamente. «Io sono Giselle, la sorella di Niall».
A quel punto Margot notò la somiglianza tra i due ragazzi, gli stessi occhi, le stesse labbra e lo stesso sorriso.
«Ciao» rispose la principessa, alzandosi in piedi e abbracciandola in un gesto spontaneo e improvviso. «Sono felice di conoscere finalmente una ragazza».
«Buongiorno, Altezza» disse il capofamiglia entrando in cucina finalmente per la prima volta, gli occhi sprizzanti una gioia inaudita. «Sono davvero onorato di averla in casa mia».
«L'onore è tutto mio per essere con persone deliziose come voi» tranne Zayn, ovvio.
Il signore alzò il cappello che aveva, «Sono Robert, ma tutti mi chiamano Bob» poi si girò verso la figlia, facendole un cenno del capo. «Porta la principessa di sopra, e falla sentire a suo agio».
«Certamente».
Louis rimase incantato dall'eleganza che quella ragazza dimostrava, ancora con quel sorriso in volto che illuminava la stanza di una certa serenità e allegria. Giselle prese due mani di Margot e la fece mettere in piedi, facendole un cenno. «Andiamo».


Al piano di sopra, Margot vide il resto della casa e la stanza di Giselle con due letti - uno sarebbe stato il suo nel periodo della sua permanenza - e un piccolo armadio nell'angolo. La ragazza la fece sedere sul materasso duro e aprì le ante del mobile, portandosi un indice al mento, poi si accovacciò e tirò fuori un vestito color turchese, con le maniche leggermente gonfiate e il petto sparso di strisce di un blu più scuro. «Credo che questo le stia bene» disse Giselle avvicinandosi al letto con il vestito tra le braccia. Margot si alzò e lo prese.
«Per favore, diamoci del tu e chiamami Margot» puntualizzò sorridendo, con la ragazza che continuava a guardarla felice.
«Okay, come vuoi» poi andò verso la porta e la chiuse un po' per prendere delle scarpe nascoste e addossate sul retro, trovando quelle che a Margot sembravano delle ciabatte fuori moda, ma d'altronde non si aspettava diversamente.
Giselle la lasciò nella stanza, dopo averle anche preso un corpetto, chiudendosi la porta alle spalle per lasciarle un po' di privacy.
Margot stava sbottonando la camicia quando la ragazza riaprì la porta, schiaffeggiandosi la fronte. «Che scema, devi prima lavarti!».
E condusse la principessa alla fine del corridoio, facendola entrare in bagno con tutti i vestiti portati appresso. «Quando finisci, avvisami».
Margot annuì e si chiuse la porta, andandosi a fare un bel bagno ristoratore. Dopo che si fu immersa nell'acqua, si nascose sotto la superficie, trattenendo il respiro, sentendosi la pelle più fresca e finalmente pulita, con lo sporco che le si staccava di dosso e si portava via qualsiasi traccia francese ancora su di lei.
Quando uscì dall'acqua, si asciugò e si vestì, aprì la porta e trovò Giselle con un asciugamano verde. «Per i capelli» così Margot lo prese e se li strofinò, lasciandoli asciugare lentamente.
Quando ritornò al piano di sotto al seguito di Giselle, c'era una donna seduta sul divano della cucina, con i capelli biondi tirati indietro da una cuffia e delle rughe di espressione a circondarle gli occhi chiari. «..quindi dovresti stare meglio» terminò quella, finendo di aiutare Louis a infilare una camicia pulita e profumata.
Quando Giselle si schiarì la gola, la donna si girò portandosi una mano alla bocca e alzandosi subito dopo. «Oh cielo, sei più bella che in foto» disse prendendo un boccolo di Margot tra le dita. La principessa rise di gusto e strinse l'altra mano della donna. «Sono Margot».
«Oh, lo so chi sei, ci mancherebbe pure. Io sono Maura, la mamma di questi ragazzi» disse indicando Giselle e Niall che giocava con un coltello appoggiato al bordo della finestra che illuminava tutta la stanza.
«E' un piacere conoscerti».
«Mamma, tra quanto è pronto?» disse Giselle mentre andava nell'altra stanza, e la madre la seguiva a ruota. Margot sorrise e si sedette di fronte a Louis, guardando per terra le foglie sparse. «Che ha fatto?» gli chiese, vedendo la retina ingarbugliata al suo fianco.
«Quella donna mi ha medicato, e devo dire che quella signora di Lione ha migliorato e accelerato la guarigione».
«Principessa» la apostrofò Niall, guardandola negli occhi. «Le dispiacerebbe seguirmi un attimo di là?».
Louis la spinse con un braccio, incoraggiandola, mentre Margot annuiva e si dirigeva nell'altra stanza, dove aveva visto Niall lavorare.
«Chiamami con il mio nome, però» iniziò Margot, mentre Niall chiudeva il camino per far spegnere il fuoco pian piano.
Quando appoggiò un grosso arco di metallo di fronte all'apertura, si passò una mano tra i capelli e si sedette su una sedia lì di fronte. «Da domani devi andare a scuola».
A quelle parole, a Margot cadde il peso del mondo sulle sue spalle.
«Oh, è vero. Devo essere normale» disse annuendo per autoconvincersi.
«Ovviamente devi andare con mia sorella, perchè io e Zayn siamo grandi e abbiamo finito la scuola pubblica».
Margot annuì di nuovo, comprensiva, però vedeva Niall ancora preoccupato. «C'è qualcosa che non va e che vuoi dirmi?».
Il ragazzo annuì con vigore e si mise in piedi, raggiungendola con una grossa falcata. «Mi amareggia dirlo, ma devi cambiare identità».
«Devo cambiare nome?».
«Non solo. Devi cercare di comportarti come tutti i ragazzi di 17 anni, devi utilizzare il nostro volgare e non parlare come una reale...devi smettere di essere la principessa di Monaco».
Margot annuì abbassando lo sguardo, e dispiegandosi delle pieghe inesistenti sul suo nuovo vestito. «Mi conoscono tutti?» sussurrò.
Niall mosse leggermente la testa. «Sì e no. Cioè, tutti sanno della principessa di Monaco e delle sue future nozze..» disse abbassando la voce, mentre dall'altra parte si sentiva Maura sbattere delle padelle e Giselle parlare con Louis a voce alta. «Ma non tutti conoscono esattamente il suo aspetto fisico. Tutto quello che devi fare è passare inosservata e non attirare l'attenzione, ma soprattutto devi cercare di non rivelare a nessuno la tua vera natura, ora che la notizia della tua scomparsa si sta divulgando ad una velocità impressionante» terminò dopo che sua madre intimò loro di raggiungerli in cucina. «Confido in te, per questa cosa».
«Farò del mio meglio, per voi» disse Margot in un sussurro mentre entravano in cucina, con tutti già ai loro posti e i piatti fumanti sul tavolo. A Margot sembrava strano parlare perennemente in inglese, in quanto solo con Louis si lasciava l'onore di parlare in francese, e sperò che con quel suo accento diverso sarebbe riuscita a comformarsi alla massa dei diciassettenni britannici.
«Dov'è Zayn?» chiese Giselle accanto a Louis, con un cucchiaio vicino alla bocca.
Niall si sedette accanto a Margot e presa la posata per iniziare a mangiare. «Non lo so, evidentemente non aveva voglia di stare con noi oggi» disse, guardando di sottecchi Margot, scambiandosi un fugace sorriso, dopodichè iniziarono a mangiare.




Spazio autrice
Salve a tutti, e scusatemi se non ho aggiornato ieri ma il computer non andava e non potete capire le imprecazioni, ma alla fine il capitolo è arriivato!
Cosa ve ne pare? Finalmente sono stati presentati tutti i personaggi che - se avete letto la raccolta - conoscerete un pochino meglio :)
Sono tutti molto importanti e finalmente inizia la nuova vita di Margot che non si mostra molto felice e spensierata, avrà a che fare con caratteri davvero davvero particolari con cui avrà molto da fare per abituarsi - ogni riferimento a zayn è puramente casuale.
Bene, non mi dilungo più di tanto e spero che prima o poi possiate tornare attive come un tempo.
Vi voglio bene e a sabato prossimo.
Elisa


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Capitolo 10
*** School ***






School



La mattina dopo, Giselle si alzò per prima e scosse Margot per una spalla per svegliarla, mentre il sole faceva capolino al di sopra della case singole degli inglesi. In mezzo alle strade c'era un gran brusio e i cavalli che nitrivano in attesa lungo i marciapiedi. Margot si passò due pugni sugli occhi, sbadigliando e stringendosi di più nelle coperte.
«Dai, Margot» disse Giselle smuovendola più velocemente con il sorriso stampato in volto, i capelli che le ricadevano lisci ai lati della testa. «E' tardi, fra mezz'ora dobbiamo stare a scuola».
«Cosa!?» Margot scalciò le coperte e si mise seduta, diventando cieca per 10 secondi. Poi infilò delle infradito che la ragazza le aveva dato la sera prima e andò subito in bagno per lavarsi. Mentre si sciacquava il viso con l'acqua fredda - lì non c'era l'acqua calda - pensò alla sua nuova condizione sociale, alle modalità che aveva scelto per continuare a vivere diversamente. Non aveva idea di cosa significasse prepararsi da sola e in pochissimo tempo, tra l'altro; la sua vita non era mai stata affiancata dalla fretta, solo calma costante e ordine.
Giselle bussò alla porta rapidamente intimandole di sbrigarsi con una certa serenità nel suo tono di voce, ma proprio quella tranquillità fece affrettare la principessa ancora di più. Margot uscì dal bagno ancora in pigiama e tornò nuovamente nella sua nuova stanza condivisa, con una gonna e una camicia da utilizzare come divisa.
Quando la indossò, fece per alzarsi i capelli in un'acconciatura particolare che aveva imparato osservando Amanda fargliela per parecchi anni. Mentre si attorcigliava i capelli sulla nuca, con i ferrettini mantenuti tra le labbra strette, pensò alla sua cameriera, fissa a vedere il vuoto del pavimento in legno. Amanda le mancava tanto, era strano non sentire più la sua presenza al fianco, i sorrisetti che si scambiava con Esteban e la sua perenne partecipazione che le permetteva di vedersi con Liam furtivamente. La porta si aprì nuovamente mentre Giselle aveva appesa al fianco una borsa tutta logora e a tratti bucata, con un biscotto tra i denti. Sgranò gli occhi nel vedere l'acconciatura che Margot stava finendo, e le si avvicinò rapidamente sciogliendogliela. «Non puoi farla!» disse con la bocca piena, cercando di non sembrare goffa.
Margot si mise in piedi, mentre i capelli le cadevano liberi e fluenti sulle spalle e le ricadevano sulla schiena, lunghi. «Perchè?».
«Noi ragazze del popolo non possiamo avere chissà quale cura del nostro aspetto» si avvicinò all'armadio e tirò fuori un'altra borsa, dandola direttamente in mano a Margot. «Hai due minuti per scendere e prendere un biscotto al volo, prima di uscire di casa» detto ciò si fiondò fuori, lasciandola sola. Margot si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si portò la tracolla della borsa su una spalla, abbandonando la stanza subito dopo. Quando scese al piano di sotto, vide tutta la famiglia riunita intorno al tavolo, inclusi Louis e Zayn. Il cocchiere le fece un cenno del capo mentre si portava alla bocca un biscotto. «Ciao, ti conviene prenderne uno prima che se lo prendano gli altri».
Giselle l'attendeva sotto l'arcata della porta con le braccia incrociate al petto, lo sguardo puntato su Zayn. D'altra parte il ragazzo continuava a guardarla, sorridendo con un angolo della bocca mentre masticava. Margot fece zigzagare lo sguardo dall'uno all'altra e si avvicinò al tavolo prendendo un biscotto marrone, e infilandolo tra i denti mentre tutti la salutavano.
Quando furono in strada, Giselle la prese sotto braccio e le lanciò un'occhiata. «Posso tenerti così, vero?».
In risposta, Margot strinse maggiormente la presa sul suo braccio, mentre la borsa le urtava contro il fianco, ondeggiando ad ogni passo. La strada era scoscesa e presentava tante buche, ma sembrava che ai cocchieri non interessasse nulla, il cui compito era solo quello di scortare le persone. La principessa percorreva delle vie davvero anguste, incrociando lo sguardo dei passanti e dei ragazzi che si avviavano verso la loro stessa scuola che si rivelò essere un edificio di due piani, con alunni anche al di sotto degli undici anni.
«Non c'è una distinzione di età?» chiese Margot imprimendosi nella mente qualsiasi dettaglio di quel nuovo mondo.
Giselle scosse la testa affranta, «No, purtroppo. La scuola pubblica può essere frequentata solo da chi presenta le condizioni economiche adatte a supportare gli studi..».
Margot la guardò sgranando gli occhi, e Giselle rispose ancora prima che la principessa potesse porle la domanda. «I miei hanno risparmiato tutta la vita per concederci questo, hanno persino rinunciato alla loro istruzione per avvantaggiare la nostra» guardò a destra e a sinistra, poi attraversarono entrambe, con le loro gonne nere e lunghe che ondeggiavano per il vento che tirava quella mattina.
La principessa la guardò, con la fronte corrugata per il sole. «Ora che ci sono io..»
«Nessun problema»
«No» Margot la fermò in mezzo alla strada, piantando il suo sguardo negli occhi cristallini di Giselle che la scrutavano nel profondo, sapienti della sua condizione svantaggiata. «Io pagherò questa mia permanenza qui, lo prometto».
«E' troppo rischioso» ammise la ragazza mentre scuoteva la testa. Era più alta di Margot, e la principessa le prese la testa tra le mani affinchè le piantasse gli occhi addosso.
«Niente è più rischioso di questo che sto facendo. Ora chiudiamo questa conversazione. I tuoi non devono pagare niente per me».
Giselle rimase in silenzio, non perchè non sapeva che dire, ma perchè non aveva i mezzi ormai per ribattere l'ostinazione della principessa di Monaco. Con lo sguardo basso, la scortò fino all'ingresso della scuola, dove molti ragazzi attendevano che l'ingresso venisse aperto, e attendevano sotto il sole, con il sudore che faceva bruciare gli occhi per il troppo calore. Margot continuò a guardarsi attorno, e soffermò il suo sguardo su un gruppo di ragazze che erano in cerchio e lanciavano delle occhiate ad alcuni ragazzi che non le guardavano neanche di striscio, mentre loro se la ridevano, apprezzandoli uno ad uno. Giselle si sedette sul muretto di pietra dietro di loro e puntò il suo sguardo sulle scarpe consumate che quella mattina aveva deciso di indossare, cedendo il suo paio migliore a Margot, anche se non gliel'avrebbe mai detto. La principessa appoggiò una mano sulla sua coscia per richiamare la sua attenzione. «Non sei amica di nessuno di loro?»
Giselle guardò dove Margot stava indicando e scosse la testa. «Di loro no, ho alcune amiche in classe che mi preoccuperò di farti conoscere» disse poi con un sorriso, tranquillizzando Margot. La ragazza, d'altra parte, cercava di percepire ogni singola parola che gli altri ragazzi nel cortile stavano dicendo, soprattutto i pettegolezzi di quelle ragazze che dimostravano tutto fuorchè innocenza.
«Quelle ragazze vanno in cerca di un fidanzato?» domandò con lo sguardo puntato sulla scena, cogliendo un ragazzo che si era finalmente reso conto della situazione e che mandava un bacio volante ad una ragazza bionda.
Giselle le osservò con gli occhi socchiusi, mentre con un movimento rapido del braccio si spostava i capelli su un'unica spalla. «Oh sì, alla disperata ricerca di un fidanzato, ma ovviamente nessuna delle loro prede le degna di nota, perchè sanno quanto valgano poco».
«E tu?» chiese dopo Margot, spostando il suo sguardo scuro su Giselle. «Tu non lo cerchi un fidanzato?».
La principessa aveva ancora la mano appoggiata sulla coscia della sorella di Niall, e dopo quella domanda aveva sentito la ragazza sussultare impercettibilmente. Giselle tirò su con il naso e si stampò sul volto un sorriso di circostanza. «Non sono come loro».
«Non credo proprio che tu non abbia almeno un pretendente» disse l'altra per rompere ancora di più il ghiaccio tra di loro. Poichè avrebbe dovuto convivere con quella ragazza, voleva imparare a conoscerla al meglio.
Giselle scoppiò a ridere, e si portò una mano alla bocca. «Sei molto gentile, Margot, davvero» poi si rabbuiò di nuovo e la principessa si accorse da subito che qualcosa non andava bene.
«Ti ha dato fastidio quello che ho detto?» chiese, mentre una ragazza si avvicinava ad un ragazzo e quest'ultimo le baciava il dorso della mano. Anche Giselle vide quel gesto e strinse tra loro le labbra. 
«No, ma la mia situazione è completamente diversa da quella di queste ragazze qui fuori».
«Posso sapere perchè?».
Giselle accarezzò il dorso della mano della principessa, però non appena si rese conto di quello che stava facendo, allontanò la sua mano, appoggiandola sulla sua borsa consunta. «Io non posso permettermi un fidanzato perchè...».
Margot sollevò le sopracciglia incitandola a continuare. «Perchè...?».
L'altra rispose rapidamente senza prendere fiato, gettando tutto fuori in un secondo. «I miei genitori mi hanno promessa già ad un altro ragazzo».
In quel momento, degli uomini spalancarono le porte dell'ingresso e tutti gli studenti si fiondarono all'interno dell'edificio, accalcandosi gli uni sugli altri pur di arrivare per primi nelle rispettive classi, divise tra i due piani: i più piccoli al primo, i più grandi al secondo, e si mettevano a correre per cercare i posti migliori. Giselle si diede una leggera spinta e scese dal muretto con un salto, aggiustandosi la borsa sulla spalla e facendo un cenno del capo verso le porte spalancate. «Andiamo?».
Margot annuì, con la mente sempre rivolta all'ultima frase espressa da Giselle. I suoi genitori l'avevano già promessa ad un ragazzo. Mentre camminava al suo fianco, aveva lo sguardo basso sulle sue scarpe che facevano capolino da sotto la lunga gonna, calpestando il pavimento di mattoni grossi e lucidi. Anche lei aveva delle restrinzioni, anche lei aveva una vita programmata dai parenti ma non aveva fatto nulla per impedirlo. Pensò alla sua situazione, focalizzandosi su Harry. Anche lei era la sua promessa sposa, però aveva avuto troppa paura della realtà per poterla affrontare adeguatamente; Giselle, invece, non aveva gettato la spugna, anche perchè non ne sarebbe mai stata in grado, dimostrando di essere più coraggiosa di quanto Margot fosse mai stata. Nonostante il contesto fosse diverso, così come la loro classe sociale e mondo di provenienza, mentre Giselle bussava alla porta per entrare nell'ultima porta del corridoio, Margot non poteva fare a meno di pensare che lei sarebbe stata una principessa migliore.



Dal momento in cui fecero il loro ingresso, nessuno distoglieva lo sguardo dalla nuova arrivata: alcuni facevano finta di prestare attenzione ad alcuni oggetti, altri addirittura la squadravano dalla testa ai piedi. A Margot non dava fastidio quell’atteggiamento perché, essendo una reale, era continuamente sottoposta alle occhiate del popolo, ma in quello spazio ristretto sentirsi gli occhi di quei ragazzi addosso, la fece rinchiundere in se stessa, cercando di focalizzarsi solo su Giselle accanto a lei che prestava attenzione alla professoressa appena entrata che appoggiava la sua borsa su una cattedra davvero molto vecchia e decadente.
L’insegnante salutò cortesemente, poi appoggiò il suo sguardo su Margot. «E lei chi è?».
Giselle spostò lo sguardo sulla principessa e le fece un cenno del capo per farla mettere in piedi. Quando la ragazza smosse la sedia per farsi vedere da tutta la classe si sentì sprofondare dalla vergogna. Perché non poteva essere come al palazzo? Ah, e poi non era mai stata in contatto con così tanta gente della sua età che prendeva lezioni insieme a lei. All’improvviso sentì la mancanza del suo professore Di Vaio e della Smith. «Io sono..» silenzio. Chi era adesso? Cercò lo sguardo di Giselle che la guardava sorridendo, incitandola ad andare avanti. Pensò a Niall il giorno prima, ‘nessuno deve sapere chi sei veramente, devi smettere di essere la principessa di Monaco’ risuonarle come un allarme dietro la testa e la professoressa che la guardava con gli occhiali abbassati su naso. «Hai perso la lingua?»
«Scusi, professoressa, ma mia cugina è un po’ emozionata..» disse Giselle per andarle in aiuto in quell’attimo di panico. La classe rise un po’, poi dopo un cenno della donna si ammutolì all’istante.
Margot sorrise all’insegnante come a voler confermare la tesi della ragazza: «Sono Chantal Horan» disse infine, cercando di imprimersi nella mente quel nuovo nome. Prima Evelyne Bodreau, poi Chantal Horan…stava decisamente avendo una crisi d’identità nell’ultimo periodo.
La professoressa annuì con gli occhi socchiusi. «Ok, però poiché abbiamo già una Horan in classe, ti chiamerò solo Chantal».
Margot annuì, sempre in piedi e con le braccia lungo i fianchi, gli sguardi dei suoi nuovi compagni di classe attaccati al suo corpo minuto. 
«Io sono la professoressa McCall, insegno inglese» disse l’insegnante aprendo la sua borsa e tirando fuori un libro molto vecchio, con le pagine ingiallite e fragili. «Come mai sei venuta qui?».
Margot annuì e ingoiò a vuoto. «Mi sono trasferita..» butto lì sul momento, poi Giselle aprì bocca.  
«Si è trasferita da Mullingar» terminò al suo posto. Margot la guardò aggrottando le sopracciglia e la ragazza fece girare un dito come a voler dire ‘ne parliamo dopo’. 
«Oh» disse la McCall semplicemente mentre si siedeva sulla poltrona imbottita che faceva invidiare tutti gli alunni; fece un cenno a Margot e le sorrise, con un boccolo biondo che le cadde sopra l’occhio. «Chantal, si sieda pure, ora iniziamo la lezione».
Margot annuì e si risiedette, felice di comformarsi agli altri mentre Giselle le dava dei colpetti sulla mano, sussurrandole vicino all’orecchio. «‘Horan’ è un cognome irlandese, e ora sei mia cugina, Chantal».
Margot le sorrise e iniziò a prestare attenzione a quello che la sua insegnante stava dicendo, con una pagina del libro rivolta verso la classe in quanto gli alunni non avevano lo stesso libro. 
Alla fine dell’ora, quando la professoressa abbandonò la classe per cederla all’insegnante successivo, un gruppo di ragazze si avvicinò alla principessa sorridendo calorosamente, mentre i compagni maschi parlottavano tra di loro. Una ragazza dai lunghi capelli rossi che le incorniciavano il viso tondeggiante le spiegò davanti agli occhi una mano ben tesa, con alcune lentiggini che facevano capolino su quel volto bianco come la neve. «Sono Jeanine».
«Chantal» disse Margot stringendole la mano e alzandosi in piedi per far conoscenza delle altre che si presentarono come Bella, Waliyha, Abbey e Eileen. Avrebbe impiegato un po’ di tempo a conoscerle tutte, ma ne aveva abbastanza a disposizione e poi era solo all’inizio. 
«Come mai non sei bionda?».
Margot si prese una ciocca scura tra le dita, piegando le labbra all’ingiù, «Perché ho preso da mio padre» disse sinceramente, e quella non era per niente una bugia. «Perché?».
«Solitamente gl irlandesi sono biondi con gli occhi chiari».
«Ehi, che vorresti dire?» intervenne Giselle dando un leggero schiaffo sulla spalla di una ragazza dalla pelle olivastra e gli occhi scuri, Waliyha. 
«Tu sei un caso a parte, tutta la tua famiglia è bionda e tu esci nera con gli occhi chiari».
Giselle sollevò le mani in aria, «Ma ho sangue irlandese in me».
Jeanine smosse un po’ i capelli rossi fluenti e puntò il suo sguardo su Margot, «Prima stavo ascoltando la tua pronuncia. Strano che il tuo accento irlandese sia così marcato..».
Margot sorrise nervosa, stringendosi le mani tra loro. Giselle fece vagare lo sguardo dall’una all’altra, poi passò un braccio sulle spalle della principessa. «Prima parlava solo in volgare con i genitori, ecco perché».
«Capisco» disse Jeanine sorridendo stupidamente. «E perché ti sei trasferita?».
"Quante domande!" pensò Margot mentre raccoglieva una penna caduta per terra. «I miei lo hanno deciso, ed io li ho seguiti».
La conversazione venne piantata così su due piedi per l’arrivo della seconda professoressa che si richiuse la porta alle spalle, presentandosi come la professoressa di storia, dopodichè la mattinata passò tranquillamente e in men che non si dica dovettero far rientro in casa, intorno alle due del pomeriggio.
«Come è andata?» chiese Maura mentre metteva sulla tavola i piatti delle due ragazze appena rientrate.
«Benissimo, oserei dire» rispose Margot mentre faceva scivolare la borsa per terra e si toglieva le scarpe nell’ingresso, seguendo ogni movimento di Giselle. 
Maura era davvero una brava donna, si occupava di lei come se fosse un’altra sua figlia, e questo comportamento non fece che piacere alla principessa. In fin dei conti, lei voleva la normalità, e Maura gliene stava dando un assaggio ottimo. «Come ti sei presentata?».
Si sedettero a tavola l’una accanto all’altra, iniziando a mangiare, mentre Maura si metteva ad asciugare i piatti appena lavati nel lavabo arrugginito. Dietro di loro, Louis, Niall e Zayn entrarono in cucina sedendosi sul divano accanto alla tavola, addossato sulla parete opposta. «Beh, come è andata?» chiese il biondo mentre si sollevava un angolo della camicia per asciugarsi il sudore dalla fronte. Margot distolse subito lo sguardo dopo aver intravisto i suoi addominali scolpiti, con Zayn che sorrideva perché l’aveva notata, e la principessa sperò che se lo dimenticasse in fretta. 
«E’ andata bene» disse Giselle con lo sguardo puntato sul suo piatto fumante, riprendendo a mangiare subito dopo.
«Mi chiamo Chantal, adesso, e sono vostra cugina» disse Margot mentre si portava alla bocca un pezzo di pane caldo. Zayn scoppiò a ridere sguaitamente, facendo ricadere la testa all’indietro mentre Niall gli dava un pugno sullo stomaco. Maura lo riprese ma il biondo lo incenerì con lo sguardo. 
«Smettila».
«Ma che merda di nome è Chantal?» disse il moro con un mano sullo stomaco come a volerselo reggere. 
«Beh, è sempre meglio di Zayn» ammise Margot inchiodandolo con lo sguardo. Zayn smise di ridere immediatamente, socchiudendo gli occhi. 
«Attenta a come mi parli, principessina».
«Finitela» disse Louis aprendo le braccia come a voler separare due lottatori sul ring. «Siamo venuti in pace, io e lei».
«Ma se è lei che inizia a fare battutine?».
Margot si girò con la bocca spalancata verso di lui, puntandogli l’indice contro. «Tu hai iniziato, carissimo».
Zayn fece per risponderle a tono ma a quel punto Giselle si alzò in piedi facendo strisciare la sedia sul pavimento di legno, con Niall che si prendeva la testa sconsolato tra le mani.
«Zayn, basta».
Il ragazzo serrò la mascella e si appoggiò allo schienale del divano con le braccia conserte e gli occhi socchiusi.
Margot spostò lo sguardo su Giselle che rimaneva impassibile, poi la ragazza si portò una tovagliolo alla bocca, lasciandolo sul tavolo. «Io vado di sopra» disse con tono perentorio, mentre lasciava la stanza, sotto uno sguardo attento da parte di Zayn e Louis.
La principessa non aveva mai visto una ragazza utilizzare un tono così autoritario nei confronti di un ragazzo e ciò la spinse a spostare lo sguardo su Niall che guardava Zayn scuotendo la testa.
«Sei una testa di minchia».
Il moro lanciò le braccia al cielo. «Ma ora state tutti dalla sua parte? Che fine ha fatto l’umorismo in questa casa?» disse alzandosi in piedi e andando al piano di sopra come se quella fosse stata casa sua. 
Niall sbuffò rumorosamente e guardò Margot. «Lascialo perdere, ok?».
«Ma posso sapere cosa gli ho fatto?».
Louis scosse la mano come a voler liquidare il discorso. «Storia lunga, ma tu non c’entri niente….o almeno credo» disse cercando un appiglio in Niall che continuava ad osservare Margot.
Il cocchiere lanciò le braccia in aria, «Non mi ascolta nessuno qui» disse amareggiato, mentre Maura, che aveva assistito a tutta la scena, continuava ad asciugare una padella, con lo sguardo che sgattaiolava da Niall a Margot, in silenzio, mentre la principessa abbassava la testa, dispiaciuta. 




Spazio autrice
Salve a tutti e buon fine settimana.
Ecco a voi il capitolo dieci e finalmente la nuova vita della principessa Margot è iniziata.
Ragazze, non potete capire quanto io ami Zayn in questa fanfiction, mi è piaciuto troppo designarlo in questo modo.
Per chiunque avesse letto la raccolta, dovreste già sapere a chi è promessa Giselle eojfcd
Anyway, non mi dilungo più di tanto anche perchè non ho niente da scrivere, però approfitto di questo mio piccolo angolo per ringraziare ineedofthem stayhippie, non potete capire quanto mi abbia fatto piacere sapere il vostro pensiero su questa storia, è molto importante per me *abbraccio virtuale*.
Okay, ora me ne vado e spero di sentirvi presto.
A sabato prossimo, 
Eli :)
p.s ecco Giselle :)

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Capitolo 11
*** Why is he always here? ***






Why is he always here?
 


«Ma Zayn e Giselle che staranno mai facendo lì sopra, insieme?».
Louis stava steso sul divano della cucina, con Niall che era seduto sul bracciolo mentre suo padre lavorava nell'officina. Margot scosse la testa, mentre Niall si sentì improvvisamente a disagio, ingoiando a vuoto. «Non ne ho idea» disse, tenendo le parole ferme.
«Lo dico io che stanno facendo» fece Louis mettendosi seduto con la fronte aggrottata. Quando però fece per alzarsi dal divano, ecco riapparire Zayn dal fondo delle scale, con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo duro puntato sul ragazzo biondo. Niall lo guardò con un sopracciglio alzato, mentre si arrotolava sul braccio la manica della maglietta.
«Allora, mi raggiungi o devo farti il mimo?» disse il moro duramente, con lo sguardo puntato sul ragazzo. Non aspettò risposta e uscì fuori di casa, smuovendo la tendina. Niall sbuffò rumorosamente e lo seguì a ruota, facendo un cenno del capo al padre al passaggio. Louis e Margot rimasero soli nella cucina, senza fare nulla, però due minuti dopo riapparve la testa di Niall che fece capolino dalla tendina. «Ehi, cocchiere, vieni con noi?».
«Cosa? Dove?» chiese con la fronte corrugata.
Il biondo fece roteare gli occhi al cielo, «Quante domande, vieni e basta» detto ciò, scomparve nuovamente, lasciandosi dietro lo scampanellìo del padre che riprese a martellare il metallo. Margot si alzò in piedi dopo che anche Louis fu uscito dalla casa e si avviò al piano di sopra, entrando nella sua nuova stanza.
Giselle era sdraiata sul letto, intenta a leggere un libro dalle pagine tutte spiegazzate.
Quando si accorse della presenza della principessa, lo chiuse mettendo un segnalibro - una foglia secca, arancione - e mettendosi seduta. «Ehi».
«Come mai hai sfuriato così?» chiese la ragazza raggiungendola sul letto, sistemandosi la gonna. Da fuori la piccola finestra si vedeva il sole lentamente scendere sulla linea dell'orizzonte, colorando tutto con sfumature rossastre; dal piano di sotto, si sentivano ancora i cavalli nitrire per gli ultimi viaggi della giornata.
Giselle scosse le spalle, portandosi i capelli lunghi dietro la schiena. «Mi danno fastidio i litigi continui».
«Giuro che io non ho alcuna intenzione di-».
«Traquilla, conosco Zayn e fa sempre così. E' un atteggiamento che mi ha sempre dato molto fastidio».
Margot abbassò lo sguardo sui suoi piedi scalzi posati sul pavimento di legno freddo. «Lo conosci bene, allora».
Giselle annuì con il capo, spostando lo sguardo sulla tendina azzurra appesa alla finestra dai vetri un po' opachi. «Abbastanza, sì».
«Posso chiederti una cosa?».
Giselle si girò verso Margot, «Tutto quello che vuoi» rispose sorridendole.
Margot le sorrise di ricambio e si alzò in piedi, sistemando le robe che avrebbe poi indossato per andare a dormire, ammassate sopra una piccola sedia nell'angolo della stanza quadrata. «Perchè Zayn è sempre qui? Insomma, è come se fosse tuo fratello, stando ai fatti».
Giselle sussultò leggermente a quella frase, inspirando piano. «Lui è..» poi si zittì, mentre Margot piegava una maglietta grigia. «Lui ha perso la madre..» disse poi, non riuscendo a dirle la verità. 
«Oh» Margot si girò di soprassalto portandosi le mani al cuore. «Sono così addolorata..» disse con lo sguardo amareggiato. Sapeva bene che la compassione fosse terribile, però quando si sentivano certe cose, la tristezza arrivava comunque.
«L'ha persa circa quattro anni fa» continuò la sorella di Niall alzandosi a sua volta e aggiustando le coperte. Poi sorrise: sì, dai, con Margot si sarebbe potuta confidare, nonostante fossero all'inizio di una grande conoscenza. «Io e lui ci conosciamo da quando siamo piccoli, essendo vicini di casa, e poi i nostri genitori collaboravano. Lo fanno tutt'ora, pensa».
Margot si sedette sulla sedia che aveva liberato totalmente, addossando le robe piegate sul bordo del suo povero letto. Mise le gambe parallele e le mani appoggiate sulle cosce come la sua insegnante di etichetta le aveva insegnato, ma poi rinsavì e appoggiò semplicemente i piedi sul pavimento. 
«E' sempre stato un ragazzo dispettoso, menefreghista e abbastanza permaloso. Un attaccabrighe con i fiocchi. Poi però, quando è venuta a mancare la signora Malik, si è chiuso in sè, diventando cupo e infondendo in chiunque timore, neanche fosse un mostro!» disse Giselle girandosi a vedere la principessa negli occhi scuri. «Lui non è una persona cattiva, per niente. Solo che i suoi atteggiamenti potrebbero far intendere il contrario».
«Beh, infatti da quando sono arrivata non fa altro che attaccarmi!»
«Margot» la apostrofò Giselle sedendosi sul suo letto, «il mondo non è tutto rose e fiori come forse potrai pensare, ovviamente c'è sempre qualcuno che mette il bastone tra le ruote. Però sappi una cosa» fece un pausa, legandosi i capelli con un elastico che aveva al polso, facendo ondeggiare la sua coda sulla schiena. «Zayn non è quel tipo di persona. Agisce secondo quanto la situazione gli ispiri, ma sono ben altre le persone di cui bisogna preoccuparsi e avere timore».
Margot rimase immobile a quelle parole, non sapendo che aggiungere. Giselle aveva centrato il bersaglio, facendo risvegliare Margot dalla fiaba in cui pensava di essere finita. Aveva ragione, c'erano cose ben peggiori di cui occuparsi, e sinceramente Zayn era la minore, se non la più innocua in quel momento.
Giselle si alzò e abbassò lo sguardo su un cappello di paglia che faceva capolino da sotto il letto. Margot strinse gli occhi, riconoscendolo subito, poi la ragazza si affrettò a calciarlo per nasconderlo sotto le coperte che ricadevano ai lati, guardando Margot subito dopo come se non avesse fatto nulla di male. «Sono le cinque e mezza. Il coprifuoco è alle sette. Che dici, ti va di fare un giretto con me?».
Margot in tutta risposta si mise in piedi riavvivandosi i capelli. «Sono pronta».



Mentre passeggiavano per le vie silenziose di quel piccolo rione di Londra, rimanevano accanto, con Giselle che le faceva un po' da guida turistica. Era forse già una mezz'oretta che camminavano tranquillamente, quando si videro venire contro due ragazzine, una dalla pelle olivastra e una ragazza dai capelli rossi come il sole in quel momento, che iniziava a nascondersi dietro le case basse del quartiere.
«Waliyha, Jeanine!» disse Giselle accanto a lei stringendo le ragazze in un abbraccio. «Anche voi avete avuto il nostro stesso pensiero?».
«Assolutamente» disse la mora scrollando le spalle. «Mi stavo decisamente rompendo le palle di stare a casa».
Margot le salutò con un cenno della mano, rimanendo paralizzata di fronte a quel linguaggio che non si addiceva per niente ad una fanciulla. Jeanine ricambiò il gesto, puntando il suo sguardo addosso alla principessa di Monaco. «Beh, come è andato il tuo primo giorno a scuola, Chantal?».
Margot si ricordò del suo nome al di fuori della quattro mura domestiche e sorrise compiaciuta. «Benissimo, mi piace molto».
«E' diversa da quella che frequentavi?» chiese Waliyha prestando attenzione alla conversazione che la rossa aveva intavolato.
«Oh sì, lì avevo un orario prestabilito e delle lezioni diverse da seguire, solitamente l'insegnante veniva in una camera apposita per-» ma non riuscì a finire la frase perché Giselle che le aveva pestato il piede. «Ahi!».
«Scusa!» finse l'altra portando una mano vicino alla bocca. «Stavo perdendo l'equilibrio!».
«Cosa stavi dicendo, scusa?» riprese Jeanine, la ragazza più curiosa che Margot avesse mai conosciuto, se non l'unica.
«Lei praticamente frequentava una scuola privata, e l'insegnante aveva una propria camera dove si incontravano e teneva la lezione. A Mullingar» sottolineò, lanciando un'occhiata furtiva alla ragazza, «la scuola è prettamente così, non ci sono molte scuole pubbliche».
«Ah!» disse Waliyha portandosi un filo di paglia preso chissà dove tra i denti. A Margot quell'atteggiamento ricordò vagamente qualcuno. Stava infatti per chiederglielo quando dal fondo della via si sentì una voce tonante e cupa farsi più vicina. 
«Waliyha, che ci fai ancora qui fuori?».
Zayn.
Margot si girò verso la ragazza. «Lo conosci?».
L'altra lo vide arrivare velocemente e annuì con il capo, sbuffando e facendo cadere il filo di paglia per terra. «E' mio fratello, purtroppo».
«Sai che nostro padre vuole che torni a casa prima del coprifuoco» continuò il ragazzo come se non avesse sentito niente, mettendosi praticamente di fronte alle ragazze.
«Vedi che stavo tornando, poi ho incontrato loro due» disse la ragazza gesticolando animatamente, mentre Jeanine accanto a lei arrossiva visibilmente, come i suoi capelli.
Zayn fece un vago gesto della mano, non curante, poi si girò verso Giselle come se non si fosse accorto della sua presenza prima di allora. 
«E' tardi anche per te» le disse in un tono così dolce che fece intenerire persino Jeanine accanto a lei.
Giselle annuì, guardandolo negli occhi. «Lo so, stavo per tornare».
«Dove sono Louis e Niall?» chiese Margot punzecchiandolo con lo sguardo.
Zayn si girò a squadrarla, con gli occhi socchiusi e i capelli spettinati. «A casa, dove anche tu dovresti essere, Chantal».
Waliyha sbuffò e prese Zayn per il gomito, facendolo voltare. «Andiamo, basta che non rompi più».
Il ragazzo fece un cenno del capo verso le altre ragazze, soffermandosi su Giselle.
Jeanine si lasciò andare ad un sospiro di sollievo quando fu abbastanza lontano da non poterla ascoltare. «Waliyha è così fortunata..».
«Jeanine» proruppe Giselle puntandole lo sguardo ghiacciato addosso. «Ti dobbiamo riaccompagnare?» disse freddamente. 
La rossa scosse la testa, con lo sguardo ancora perso sul fondo della via. «Abito qua dietro, non preoccupatevi».
Si salutarono rapidamente e presero tutte la strada di casa, con Giselle che manteneva lo sguardo basso. «Sei proprio sciocca, Margot».
«Lo so» disse la principessa scuotendo la testa e schiaffeggiandosi la fronte. «Mi è venuto spontaneo, lo giuro! Non avrei mai voluto rivelare niente!».
«Stai più attenta, anche perchè io non sarò sempre accanto a te a pararti il culo»
Margot rimase sbigottita dal comportamento della ragazza e dal suo linguaggio. Da quando era arrivata si era dimostrata sempre dolce, gentile ed educata...non le avrebbe mai associato delle frasi del genere. La principessa abbassò lo sguardo e si rabbuiò amareggiata, sussurrando un "okay" che nemmeno Giselle riuscì a sentire.
Quando furono a casa, Louis e Niall erano al piano di sopra e parlottavano tra di loro, sinceramente presi dalla discussione mentre Bob finiva il lavoro giornaliero, abbandonando finalmente l'officina.
Maura stava preparando la cena e Giselle e Margot si offrirono di aiutarla, la più piccola degli Horan si occupava della cucina, la principessa solo della preparazione della tavola perchè non aveva mai imparato a cucinare. 
«...per cui bisogna fare rifornimento per tutta la settimana» stava dicendo Louis mentre scendeva le scale insieme a Niall. Quando vide Margot apparecchiare rimase immobile. «Oddio, Margot che fa qualcosa?».
La principessa gli fece il verso, facendo sorridere Niall che non le toglieva mai lo sguardo di dosso. Margot pensò di essere attratta da lui, si scambiavano sempre occhiate furtive, non riuscendo a nascondere il proprio imbarazzo ogni qual volta venisse colta con le mani nel sacco.
Bob Horan entrò in cucina con un asciugamano a tamponarsi il sudore sulla fronte, aspettando la notte per potersi fare una doccia con l'acqua che aveva preparato poco prima. «Domani è giovedì».
«Sì» disse la moglie mentre passava una ciotola a Giselle che si preoccupò di mettere sui fornelli accessi. «Lo so».
«Quindi domani venderanno i giornali internazionali».
«So anche questo».
«Come sarebbe a dire? Cosa sono?» chiese Margot mentre ripiegava dei tovaglioli.
Niall le si mise accanto e l'aiutò a sistemarli ai rispettivi posti, sotto uno sguardo attento da parte di Louis. «Sono i giornali che riportano notizie dagli altri Stati» le disse contro l'orecchio, mentre Louis aguzzava la vista e sembrava stesse lanciando dei fulmini dritti contro il biondo.
Margot rimase immobile e lo guardò negli occhi. «Ciò vuol dire che..».
Il cocchiere si alzò in piedi schiarendosi la voce, prendendo posto a tavolo. «.. che giungeranno anche notizie da Monaco, sì» terminò, sistemandosi sulla sedia.
Margot rimase ferma con lo sguardo vacuo. Chissà cosa stava succedendo nella sua città, chissà cosa stava accadendo a palazzo.
«Cara, va tutto bene?» chiese Maura vedendo la principessa stranamente pallida.
«Sì, tutto bene» mentì, con la preoccupazione che ormai le attanagliava lo stomaco.
Il giorno dopo avrebbe scoperto un po' di cose, le bastava solo aspettare. Niall le appoggiò una mano sulla spalla. «Andrà tutto bene».
Margot sollevò lo sguardo e incontrò quello di Louis che la stava incenerendo. «Stai attenta» le disse in francese.
Nessuno in casa gli fece caso, perchè a volte capitava che Louis e Margot parlassero in francese, nella loro lingua originaria, ma la principessa aveva capito benissimo perchè Louis le avesse parlato così, ed era l'unico modo affinchè le arrivasse bene il messaggio, messaggio che fece breccia nel cuore di Margot, facendola diventare impassibile per il resto della serata.




Spazio autrice
Holaaaaa, come state?
Ecco a voi l'undicesimo capitolo, spero vi piaccia sebbene non accada nulla di che. 
Vorrei tanto che prestaste attenzione attenzione su specifiche parti di questo capitolo perché sono importanti per comprendere la storia.
Grazie a chi continua ad esserci e a chi mette questa storia tra le preferite/ricordate/seguite, mi fa un enorme piacere.
Spero di sentirvi presto e buon sabato.
Alla prossima settimana! (se riesco ad uscirne viva dopo tutti i compiti in classe, aiut).
Love you,
Eli :)

p.s ho pubblicato il capitolo più importante della mia altra ff 'Tell me something'', se vi va passate :)



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Capitolo 12
*** Thursday ***






Thursday
 


Il giorno dopo, la famiglia Horan era uscita di casa per fare la spesa, rimanevano solo Niall nell'officina e Margot nella sua stanza, seduta sul letto e lo sguardo puntato fuori dalla finestra. Erano quasi passati dieci giorni dalla sua partenza da Monaco e non aveva mai avuto molto tempo a disposizione per soffermarsi a pensare.
Vedeva le carrozze che passeggiavano per le strette vie londinesi, mentre in Francia le vie erano molto più larghe e ci passavano tanti veicoli affiancati; pensò ai suoi genitori, al dolore che forse stavano provando e al turbamento per la mancanza della figlia. Avrebbe tanto voluto scrivere loro che stava bene e che ogni cosa stava andando per il verso giusto, ma poi che avrebbero fatto? Si sarebbero cimentati ancora di più nella loro sua ricerca, esponendosi, e lei non voleva per niente che l'andassero a cercare di persona. Sarebbe tornata a Monaco, certo, non aveva idea del 'quando', ma sarebbe tornata. Il suo cuore era francese, e alla fine non sarebbe mai riuscita a distaccarsi totalmente da quel mondo che, nonostante l'avesse oppressa e occupata per tutti quegli anni, era comunque la sua unica casa, e le persone che vi vivevano erano tutte la sua famiglia. Pensò ad Amanda e ad Esteban: quanto avrebbe voluto dire loro quello che stava per fare la sera in cui Liam l'aveva aiutata ad uscire dal retro. Amanda le mancava tantissimo, le mancavano tutte le attenzioni e le cure che le aveva sempre riservato, pensò all'altra sua cameriera Giselle, omonima della sua ospite, e ai suoi professori - strano vero?
Quando in mezzo alla strada scorse un donna affiancata da un uomo che le manteneva l'ombrello, le si presentò davanti la prima scena, la prima volta che aveva visto Harry. Non lo aveva mai più pensato dopo aver abbandonato il palazzo, e se ne amareggiò un po' perché...beh, il principe Harry non aveva colpa in tutto quello, era un marionetta come lei nelle mani dei genitori. Pensò al suo anello che aveva ceduto ai briganti per salvarsi la pelle, ai suoi modi gentili e pacati, la sua gentilezza e il rispetto che le riservava ogni volta che si incontravano. Certo, tutta la situazione era tremenda, così come il matrimonio combinato, ma in fondo al suo cuore, molto, ma molto in fondo, era felice almeno che la scelta dei suoi genitori fosse caduta su di lui, perchè in giro c'erano principi davveri tremendi. Scrollò le spalle e le apparve davanti agli occhi chiusi, intenti a godersi il tepore che i raggi del sole lasciavano nella stanza, investendola in pieno, l'immagine di Liam. Dio, quanto le mancava. Le mancavano le uscite e gli incontri furtivi, le passeggiate a cavallo, le discussioni, le foto che le mostrava della sua Wolverhampton, i sotterfugi organizzati grazie ad Amanda...le mancava ogni singola cosa, ogni singolo momento, e avrebbe pagato tutto l'oro del mondo per averlo accanto adesso.
Venne destata dai suoi pensieri quando qualcuno bussò alla porta della stanza. «Avanti» disse rimanendo seduta sul letto.
Niall entrò piano nella stanza, mantenendosi alla maniglia della porta con il braccio. «Disturbo?».
«E' casa tua, questa» disse lei semplicemente. Niall annuì sorridendo e le si avvicinò lasciando la porta aperta.
«Come stai, oggi?»
«Bene, grazie» rispose la principessa unendo le mani sopra la sua gonna. Il giovedì non si andava a scuola perchè era il giorno libero dei docenti, e Margot non potè che esserne felice perchè in quel modo avrebbe potuto leggere il giornale internazionale. «Niall, una domanda»
«Dimmi tutto» disse lui, mentre si alzava i bordi della canotta larga che indossava, arieggiandosi un po'. «Si muore dal caldo, oggi..».
Margot sgranò gli occhi notando i muscoli che di tanto in tanto trasparivano dal tessuto sollevato e spostò lo sguardo sui vetri sporchi della finestra, imbarazzata fino al midollo, torturandosi le mani pallide. «Sai quando passano i giornali?» le chiese lei tutto d'un fiato, rompendo il silenzio che era calato nella stanza.
Niall scosse le spalle, «Non appena arrivano in città, si occupano di distribuirli»
Margot abbassò nuovamente lo sguardo catturato dai bicipiti scolpiti del biondo accanto a lei e si sentì le guance in fiamme. Santo cielo, pensò, in che condizione mi trovo.
«Sei impaziente?»
«Certo» disse non appena Niall le porse la domanda. «Ho bisogno di sapere qualcosa di Monaco e ... del palazzo..» sussurrò, con una ciocca di capelli che le cadde davanti agli occhi.
Niall si sporse verso di lei e gliela prese tra le dita, portandogliela dietro l'orecchio. «Una principessa deve stare sempre in ordine, o sbaglio?».
Margot girò il busto stretto nel corpetto di Giselle verso di lui, stando ben attenta a non abbassare lo sguardo sul suo, di busto. Niall le sorrideva con un angolo della bocca, mentre tutta la stanza era caduta in un silenzio surreale. Non si sentiva fiatare una mosca, sembrava persino che le strada si fossero immobilizzate per assistere a qualcosa che non sarebbe accaduto. Niall non staccò la mano dalla guancia della ragazza, rimanendo a contemplare il suo volto pallido e dai lineamente regali, gli zigomi alti, quegli occhi caldi e accoglienti e quelle labbra carnose. Il ragazzo inclinò leggermente il capo in avanti facendo avvicinare i loro volti, e Margot si ritrovò a fare lo stesso, ma poi due semplice paroli iniziarono a batterle dietro alla nuca. 'Sta' attenta'.
Louis aveva centrato il punto, così Margot si ritrovò ad appoggiare la mano su quella di Niall ancora sulla sua guancia, facendola staccare e allontanandosi. Stava per dire qualcosa, ma un rumore dal piano di sotto li fece girare in quella direzione, il mondo che riprendeva a muoversi dopo esser stato con il fiato sospeso per quelle che a Margot parvero ore.
«C'è nessuno?».
Era una voce che la principessa non aveva mai udito, e si alzò in piedi dopo che Niall ebbe fatto lo stesso. «Sì, arrivo» urlò, poi si fiondò giù dalle scale. Margot si avvicinò alla porta e si sporse un po' per vedere di chi si trattasse, in quanto le scale erano sulla destra della tendina d'ingresso. Un uomo imponente e dalla pelle olivastra sostava sotto l'arcata, con un biglietto in mano. Aveva la barba ad accarezzargli il mento pronunciato e le sopracciglia scure che gli rendevano lo sguardo severo. «Ciao, Niall» disse porgendo la mano con il biglietto al ragazzo.
Il biondo lo salutò di ricambio. «Ciao, Yaser, ecco qui il tuo pezzo».
«Grazie al cielo sei un ragazzo puntuale».
Niall rise di gusto e scostò la tendina dell'officina sparendo all'interno, mentre Margot rimaneva con lo sguardo fuori dalla porta della sua stanza. «A che punto sei con la carrozza?».
«La sto rifinendo, e mi manca la cornice metallica per completarla» disse l'uomo con la sua voce cupa e tonante.
Niall tornò fuori dall'officina con un arco di ferro in mano che porse all'uomo, ritirando il biglietto. «Grazie infinitamente, giovane».
«Figurati, piuttosto poi manda tuo figlio a portarmi l'impalcatura del sedile, perchè devo impiantare il ferro ai lati».
«Senza dubbio. Devo tirare le orecchie a quello scapestrato» Yaser fece per andarsene, ma prima che scostasse la tendina, ecco riapparire dalla strada il resto degli Horan, con Giselle che entrava per prima passando accanto all'uomo.
«Oh, buongiorno Yaser».
«Ciao, Giselle. Maura, Bob..» salutò quando passarono anche i genitori, dopodichè abbandonò l'abitazione con l'arco stretto in mano. Giselle girò sulla destra iniziando a salire le scale e sollevò lo sguardo, incrociando quello di Margot.
«Ehilà!» urlò.
Margot avrebbe tanto voluto seppellirsi. Il nascondiglio era stato svelato e Niall le puntò il suo sguardo addosso, con un angolo della bocca sollevato verso l'alto. Margot si ritrasse piano nella camera, rimanendo seduta per terra e con le braccia a chiudere la sua testa, come a volersi nascondere per l'imbarazzo. Ma che le stava succedendo?
«Perchè te ne stai nascosta qui?» continuò Giselle urlando, e la principessa avrebbe tanto voluto soffocarla con il cuscino del suo letto. Si alzò di scatto e le chiuse la bocca, tappandola con la mano. «La smetti di urlare?».
Giselle sgranò gli occhi e si chiuse la porta alle spalle, lasciando le borse che sorreggeva accanto all'ingresso. «E' successo qualcosa?» Non attese risposta chè tirò fuori da una busta un vestito verde senza maniche. «Guarda che ti ho comprato!».
«Wow!» esclamò Margot, felice che l'argomento fosse caduto, ancora troppo scossa per riuscire a parlarne. «E' bellissimo» disse tastando la stoffa e portandolo sul suo letto dall'altro lato della stanza. «Non dovevi disturbarti».
«Ma figurati, non puoi stare sempre con i miei vestiti» disse Giselle sedendosi sul suo letto. «Ora, mi dici perchè sei così pallida?».
«Ma che importa il colorito della mia pelle?» sbottò l'altra sedendosi sulla piccola sedia dell'angolo. «Comunque niente, tranquilla».
«Perchè stavi spiando?».
«Non ti ha mai detto nessuno che sei fin troppo curiosa?».
«Sono come Niall, anche lui è curioso» disse lei scrollando le spalle. Già, si assomigliavano fin troppo quei due, però di certo Giselle non aveva tentato di baciarla! «Allora?».
«Ho detto che non è successo niente, non insistere, dai» disse la principessa fingendo una risata, però grazie al cielo la conversazione non continuò perchè si sentì la voce di Louis rieccheggiare per tutta l'abitazione.
«E' arrivato il giornale».



Zayn era dietro di lui nell'ingresso della cucina, con due giornali stretti in mano. Margot e Giselle scesero al piano di sotto e si unirono al resto della famiglia, stando bene attenta a non incrociare lo sguardo di Niall la cui sola presenza la metteva in agitazione.
Zayn porse una copia a Giselle mentre Louis si avvicinò a Margot per far leggere il giornale anche a lei. I signori Horan erano già al tavolo e leggevano, mentre i due ragazzi francesi si misero a cercare l'articolo di Monaco. Quando lo trovarono, il titolo a caratteri cubitali citava Terrore a Monaco, turbamento generale e subito dopo una foto in bianco e nero ritraeva i sovrani sui loro seggi, dietro il bancone della sala conferenza.
Margot prese il giornale e si sedette sul divano, seguita a ruota da Louis, mentre gli altri ragazzi rimasero dov'erano, Niall dietro le spalle di suo padre seduto a capotavola, Zayn seduto accanto a Giselle, lo sguardo fisso sulle parole che l'articolo citava.
Dopo aver accarezzato la foto dei suoi genitori e scuotendo la testa, Margot iniziò a leggere sotto esortazione del cocchiere.

Da circa 10 giorni è scomparsa la futura erede al trono di Monaco, la principessa Margot Amelié Soyeaux, 17 anni. I sovrani francesi sono molto scossi e amareggiati per la sua sparizione, non avendo la benchè minima idea di dove la loro figlia sia finita. Al palazzo c'è panico generale, i servitori che si affrettano a capire qualcosa, cercando eventuali prove di una sua fuga.
Molti sono stati l'interrogati a palazzo per sapere se sono stati con la principessa l'ultimo giorno della sua presenza al castello. I sovrani Maurice ed Evelyne si sono chiusi nel silenzio e non intendono esporsi in alcun modo, troppo pressati dalla richieste dalla popolazione e dalla paura per la loro figlia.
"La principessa Margot è una ragazza splendida" dice il principe scozzese Harold Edward Styles, promesso sposo della regale, "non capisco proprio perchè se ne sia andata. Certo, questo nelle migliori delle ipotesi. Non oserei nemmeno pensare le sia successo qualcos'altro". Il principe scozzese è davvero molto rattristato dall'accaduto, come un qualsiasi ragazzo dal cuore spezzato. ''La sua assenza è dolorosa per tutti noi, e non vediamo l'ora che torni, perchè ognuno qui ha bisogno di lei''.
La principessa dovrebbe compiere diciotto anni tra due mesi e mezzo, al che si terranno le nozze regali. Ha lunghi capelli castani a boccoli, occhi scuri e il volto pallido e spigoloso. Tantissime truppe stanno perlustrando tutto il territorio francese, e ora tutti noi chiediamo l'aiuto alla gente: se doveste avere dei sospetti, fatecelo sapere. E' molto importante che la principessa torni a casa sana e salva, e rincuori tutti noi, inclusi i suoi famigliari.


La casa era in silenzio, tutti persi dentro quelle parole stampate su un misero foglio di carta, portavoci della Francia in attesa perenne che la regale tornasse.
Margot accarezzò il nome dei suoi genitori, e si soffermò a leggere la testimonianza di Harry. Nemmeno lui si meritava una cosa del genere, ma quella era la sua vita, e pensava che, agendo così, si sarebbe fatta del bene. Ovviamente non aveva pensato approfonditamente alle conseguenze che il territorio francese avrebbe subito.
«Cazzo» disse Zayn rompendo la quiete temporanea. «Che parole».
Niall rimase in silenzio, mentre Louis iniziava a sbuffare rumorosamente. «Hanno cercato pure di descriverti per aiutare nelle ricerche».
I signori Horan ripiegarono il giornale, posandolo su un mobile lì vicino.
«Lo so» disse Margot con un filo di voce, ancora troppo scossa. Di certo non sarebbe mai potuta ritornare così su due piedi.
«Non preoccuparti» disse Louis appoggiandole una mano sulla spalla. «Riusciremo ad uscirne vivi».
«Quando ci saranno altri aggiornamenti?» chiese la ragazza con le schiena diritta.
Zayn scrollò le spalle alzandosi e stiracchiando le braccia.
«Tra una settimana».
«Santo cielo».
Il moro le si avvicinò e le appoggiò una mano sull'altra spalla. «'Santo cielo' un corno. Qui ci vuole un bel 'vaffanculo'» ammise con tanto di virgolette.
«Non sono così volgare» disse Margot con un lieve sorriso.
Lui inclinò gli angoli delle labbra verso il basso. «Lo diventerai, stanne certa».
Giselle spostò la sedia e aprì un cassetto, iniziando a frugarci all'interno. Zayn girò lo sguardo verso di lei, «Che stai facendo?».
«Ti prego, dimmi che non è quello che penso» disse Niall parlando per la prima volta, portandosi una mano sulla fronte sudata.
Giselle fece un sorriso richiudendo il cassetto con il bacino. «Poichè per il viso non possiamo fare nulla..».
«Beh, un po' di fuliggine, qualche brufolo, qualche taglio ci starebbero pure-» iniziò Zayn ma la ragazza lo interruppe.
«Poichè non possiamo cambiarti i tratti somatici-»
«Continuo a ripetere che-».
«Sta' zitto un po'» sbottò la ragazza, dopodichè scrollò le spalle. «Possiamo cambiare il resto».
Margot sollevò un sopracciglio. «E in che modo?».
Giselle tirò fuori dalla schiena la mano che manteva un grossa forbice.
«Oh, no» sibilò la principessa raccogliendosi tutti i capelli in mano.
«Oh sì» fece l'altra, mentre Zayn e Louis se la ridevano sotto i baffi.
«E' necessario?» chiese Margot guardandola con le lacrime agli occhi.
«Assolutamente, non possiamo rischiare. Mi seguiresti in camera mia?».
Louis toccò la spalla di Zayn, il quale si voltò nella sua direzione, «Sì?».
«Ma almeno sa tagliare i capelli, Giselle?».
Zayn scosse le spalle, «Non ne ho idea» disse mentre Margot si sollevava dal divano e con lo sguardo buio e le spalle abbassate come se si stesse dirigendo al patibolo raggiungeva la ragazza dallo sguardo euforico.




Spazio autrice
Salve gente, eccomi qui con il 12esimo capitolo.
Il giovedì è il giorno in cui arriva il giornale internazionale e finalmente possiamo scoprire cosa accade a Monaco mentre Margot passa la ''bella vita''.......ragazzi, ma Niall? Quanto lo amo. E Zayn? Non ho parole.
Spero anche voi amiate questi personaggi tanto quanto lo faccia io dhckas.
Okay, credo di non avere nulla da giungere, però ci tengo a ringraziare chiunque si stia soffermando a farmi conoscere la propria opinione. Vi voglio bene.
Mi piacerebbe sapere cosa ve ne pare di questo capitolo e le vostre considerazioni sul suolo francese. Cosa accadra/sta accadendo/è accaduto, secondo voi?
A sabato prossimo. 
Love you,
Elisa :)






 

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Capitolo 13
*** Here it is ***






Here it is



«No, ti prego, non farlo..» sussurrò Margot stringendosi in mano la treccia che Giselle le aveva intrecciato qualche minuto prima.
La ragazza aveva fatto accomodare la principessa su una sedia in bagno e stava alle sue spalle, con la forbice tesa nella mano destra e un sorriso furbo dipinto in viso. Non aveva mai tagliato dei capelli, ma aveva visto sua madre farlo...per cui non pensava potesse essere difficile. Aveva intrecciato i capelli per effettuare un taglio netto, mentre Margot con le lacrime agli occhi se la teneva stretta sul petto.
«Dai, non fare la bambina..»
«Ma io non ho mai tagliato i capelli corti, solo spuntati di tanto in tanto» disse la principessa cercando di distrarla, ma Giselle era ferma nelle sue intenzioni. 
«Allora, facciamo una cosa.. tu non guardare».
Margot sgranò gli occhi di fronte allo specchio appeso al muro. «Come faccio?».
Giselle sbuffò e le tappò gli occhi con la mano libera, e approfittò di Margot che cercava di togliersela di dosso per portare la treccia sulla schiena e... zac, i capelli erano a terra.
In quel momento cadde il silenzio.
Solo un silenzio imperturbabile, mentre Giselle toglieva la sua mano dagli occhi della principessa. Margot aveva lo sguardo abbassato, incapace di sollevarlo. Strinse gli occhi e si tastò la nuca. I capelli non le arrivavano nemmeno alle spalle, massimo fin sotto l'orecchio. Giselle sorrise compiaciuta e ammirò il suo lavoro allo specchio. «Bene».
Margot sollevò gli occhi sul riflesso della ragazza. «Bene? Ti rendi conto di quanto me li hai tagliati?» disse mentre delle piccole lacrime solcavano le sue guance arrossate per il caldo e la rabbia del momento.
Giselle girò la sedia e prese tra due dita un ciuffetto che era sfuggito alla treccia, non intenerendosi per niente di fronte agli occhi lucidi della principessa. «Diamo un'aggiustatina qui» disse, e sfilacciò anche quel piccolo gruppo di capelli, creando pressocchè una frangetta abbastanza decente che le arrivava fin sotto le sopracciglia, con i capelli vicino alle orecchie abbastanza ondulati. «Perfetto, direi».
«Non voglio neanche vedermi» disse Margot portandosi le mani in faccia.
Giselle sbuffò e la fece girare, «Sono convinta che ti piaceranno».
Margot fece un grosso sospiro, poi iniziò ad abbassare lentamente le mani dalla faccia, sgranando gli occhi ad ogni centimetro in più che veniva liberato. Non aveva mai visto un cambiamento del genere, non sarebbe mai riuscita ad associare quella nuova immagine alla sua figura di principessa. Rimase con la bocca aperta di fronte al suo riflesso, mentre Giselle si abbassava a raccogliere la treccia che aveva tagliato e tenendola in mano. «Allora?» disse entusiasta del suo lavoro.
La ragazza stuzzicò con un dito la frangia che quasi le nascondeva gli occhi. «Non sembro neanche più Margot».
«Appunto, non devi essere lei. Ora sei Chantal» disse aprendo la porta del bagno e avviandosi per il corto corridoio. «Io vado di sotto, raggiungimi quando meglio te la senti» la sua voce le giunse ovattata, mentre i gradini di metallo gigolavano ad ogni passo.
Margot si passò le mani tra i capelli. Aveva davvero smesso di essere la principessa, nessuno avrebbe potuto scambiarla o riconoscerla in quel modo...non riusciva neanche lei a guardarsi con gli stessi occhi. Era totalmente un'altra persona: i vestiti sgualciti, i capelli, lo sguardo nascosto...era diventata Chantal Horan, avrebbe dovuto abbandonare totalmente il suo lato principesco. Si alzò scostando la sedia e si avviò per il corridoio, scendendo le scale lentamente, mentre la voce di Giselle si faceva sempre più vicina. «.. ho fatto un ottimo lavoro».
Quando Margot entrò in cucina, tutti smisero di fare quello che stavano facendo, tranne Zayn che era seduto e seduto rimase. Niall stava sfogliando il giornale e bloccò la pagina a mezz'aria, Louis fece cadere la mascella per terra e i signori Horan che la guardavano con tanto di occhi. Margot si strinse nelle spalle, arrossendo per l'imbarazzo.
«Santo cielo» disse Zayn squadrandola per bene, esaminando ogni singolo dettaglio di quel nuovo taglio improvviso. «Se non sapessi chi sei e che carattere ti ritrovi, potrei essere attratto da te, nascosta come sei».
Margot sgranò gli occhi mentre Giselle iniziò a tossire con violenti spasmi, e Zayn si alzò in piedi dandole dei colpi alla schiena. «Non morirmi eh, stavo scherzando..».
«E' vero, però» disse Louis mettendosi in piedi e afferrandola per le spalle. «Nonostante tu sia diversa, stai molto bene, vero Niall?».
Ecco.
Perchè dovevano metterlo sempre in mezzo?
Il biondo si appoggiò al muro dietro di lui e annuì con il capo chino. «Sì, è davvero bella».
Margot avrebbe tanto voluto seppellirsi o nascondere la testa sotto terra come gli struzzi, ma si sarebbe spaccata solamente il cranio. 
Louis gli lanciò un'occhiataccia che Niall non colse perchè aveva gli occhi puntati sul giornale, mentre Zayn aveva una mano appoggiata sulla schiena di Giselle e parlavano sotto voce. «In tutta onestà» disse il signor Horan osservandola con occhi socchiusi, «ti stavano meglio i capelli lunghi».
«Vabbè» disse Giselle allontanandosi da Zayn che le sorrideva impercettibilmente con un angolo delle labbra. «Anche se fosse, è importante che se li sia tagliati, deve provare a non essere riconosciuta».
Tutti annuirono con il capo, anche Margot che si ritrovò la frangetta ondeggiarle sugli occhi.
«Sai, Bob, che sto pensando?».
Il signor Horan si girò ad osservare sua moglie con attenzione, «No, cosa?».
«Anche a Giselle, per il matrimonio, potremmo farle un'acconciatura simile. Certo, molto più decorata, ma penso che risalterebbe il suo viso tondeggiante, vero Zayn?».
Un attimo.
Cosa?
«Ehm, sì» disse Zayn mentre prendeva un biscotto dal tavolo. «Posso andare un attimo in bagno?».
«Certo».
Detto ciò, si dileguò al piano di sopra, mentre Giselle rimaneva in piedi, immobile. «Mamma, ne parleremo quando sarà il momento».
Louis faceva ondeggiare lo sguardo da Giselle ai suoi genitori. Ma che stava succedendo? Insomma, Giselle....si doveva sposare adesso? «Tu..» iniziò, ma Giselle gli scagliò un'occhiataccia. «Vado in camera mia» e sparì anche lei, lasciando la cucina in un clima di massima tensione. Bob di ritirò nella sua officina insieme a Niall e Maura scomparve con la scusa di aver dimenticato di comprare la frutta, quando invece il vassoio era completamente pieno. Margot si sedette accanto a Louis sul divano, il cocchiere con la testa tra le mani. «Perchè sei così turbato?»
«Tu sapevi che si sarebbe dovuta sposare?».
Margot ondeggiò la testa. «Sì, ma non so con chi, non me l'ha detto».
Louis appoggiò la testa sullo schienale, sbuffando. «Sono solo uno stupido».
«Perchè?» gli chiese lei guardandolo con la testa inclinata. 
«Perchè Giselle mi piace parecchio».
Margot non aveva parole per dire qualsiasi cosa. Nonostante stessero parlando in francese, non riuscì a far uscire dalla sua bocca nessuna sillaba. 
Louis rimase con gli occhi chiusi e leggermente strizzati, come se stesse combattendo contro qualcosa nella sua testa, poi li riaprì investendo Margot con il suo sguardo azzurro. «Ti rendi conto di quanto io sia sfortunato?».
«Non potevi saperlo».
«Ovvio, se nessuno me ne ha fatto parola».
Margot abbassò le spalle, lasciando cadere la conversazione. Però poi tornò a parlare nuovamente. «Perchè non me ne hai parlato? Avrei potuto avvisarti..».
«Non è che mi metto a sbandierare in giro la mia situazione amorosa, e tu dovresti saperlo bene».
Margot rizzò la schiena a quelle parole, scattando sull'attenti. «Cosa vorresti insinuare?».
«Vedi che ho gli occhi, principessa» disse Louis raddrizzandosi a sua volta e scompigliandosi i capelli. 
«Non capisco proprio di cosa tu-».
«Oh, e dai! Non dirmi che non percepisci l'elettricità che scorre tra te e Niall, anche ad un minimo sguardo! Non cascare dal pero, Margot, e apri un po' quegli occhi» disse serio. «Vabbè, con questa frangia li hai ancora più coperti» ironizzò scostandole un ciuffetto dagli occhi scuri.
«Io non ho fatto niente» disse lei sulla difensiva senza togliergli gli occhi di dosso. 
«Lo so, però ricordati quello che ti sto dicendo: stai attenta, sei la principessa di Monaco».
Margot strinse i denti e si alzò di scatto. «Ho capito, sembra che tu stia prendendo il posto dei miei genitori qui dentro!».
«Ehi, ehi» disse Louis alzando le mani in segno di resa. «Vedi che io ti ho dato dell'avvertenze, poi puoi fare quello che vuoi. Ma ricordati: da questa storia ne potresti uscire solo con il cuore spezzato».
«Basta!» sbottò lei dandogli le spalle e salendo al piano di sopra. Si diresse spedita in camera sua, rallentando quando sentì delle voci giungere proprio da quella direzione. La porta era accostata, ma abbastanza aperta per far percepire fuori le voci all'interno.
«..e non riesco a capire perchè abbia tirato fuori l'argomento» Giselle sembrava agitata, e Margot si accasciò lungo il muro per non dare segni della sua presenza, continuando ad origliare. Sì, sapeva fosse maleducato, ma non appena sentì la voce che seguì quella della ragazza, restò maggiormente incollata alla parete. 
«Non ne ho idea, ma arriverà il momento in cui anche loro lo sapranno, a meno che oggi non abbiano capito qualcosa. Sono persone perspicaci» Zayn aveva la voce bassa, ma era inconfodibilmente lui.
Giselle aveva invece la voce tremante ed insicura. «Non ho detto niente a Margot perchè non volevo metterla in mezzo in questa situazione..».
«Lei avrebbe capito, anzi, sarebbe stata felice per te, per noi».
Margot si portò una mano alla bocca, incredula. Aveva pensato di tutto, ma non loro due. Quando sentì uno strano silenzio aleggiare per la stanza, si sporse giusto il poco per osservarli dallo spiraglio....mentre si baciavano. Strinse la mano ancora di più sulla bocca, rimanendo ad osservarli. Giselle e Zayn? Era lui il suo promesso sposo? 
Ecco perchè era sempre a casa sua, ecco perchè la sera prima aveva a cuore il suo ritorno a casa, ecco perchè il cappello sotto il suo letto e la descrizione che lei gli aveva fatto. Ovvio che si conoscessero a fondo, e anche bene, pensò Margot imbambolata a far ricombaciare i pezzi del puzzle. Ora si stavano abbracciando, la testa di Giselle nascosta nell'incavo del collo di Zayn, con dei piccoli singhiozzi che le scuotevano le spalle. «Dai, Giselle, nessuno se la prenderà».
«Avrei dovuto essere sincera sin dall'inizio, così che tutto si potesse fare alla luce del sole» sussurrò lei in maniera così lieve che Margot faticò a capire ogni parola.
Zayn allontanò Giselle dalla sua spalla e avvicinò la fronte alle sue labbra, lasciandovi sopra un tenero bacio, delicato come un farfalla che si poggia su un fiore profumato. Quando si staccarono, Margot si alzò in piedi di scatto e si andò a nascondere in bagno, chiudendo piano la porta per non scatenare sospetti. Si appoggiò contro il legno duro, con lo sguardo basso. Dimenticò per un momento l'avvertimento di Louis, concentrandosi solo su loro due, in quella stanza, stretti tra di loro. Che stupida che era stata a non averlo capito prima. Se Louis avesse visto una scena del genere.. no. Loro ne avrebbero sicuramente parlato quanto prima, e si giurò di non rivelare niente, avrebbe finto finchè Giselle non le avesse raccontato tutto. Alzò lo sguardo sullo specchio, scontrandosi con il suo riflesso. Aveva il viso sconcertato, sbalordito, per cui si avvicinò al lavandino e si lavò la faccia per riprendersi. Almeno avrebbe fatto finta di essere stata veramente in bagno.
Quando si asciugò il viso, uscì dal suo nascondiglio proprio nel momento in cui Zayn abbandonava la stanza di Giselle. I loro sguardi si sfiorarono impercettibilmente, poi il ragazzo sfiorò delicatamente il braccio di Giselle e scese le scale, tornando al piano di sotto. La ragazza si girò verso Margot e le sorrise imbarazzata. «Forse dovremmo parlare».



«Perchè non mi hai detto niente?» disse la principessa guardandola negli occhi. «Vedi che non avrei mai potuto giudicarti..»
«Lo so, lo so.. solo che..» si interruppe, incapace di continuare. Andò verso la finestra e la aprì un po' per far cambiare aria. Giselle poi si accomodò sul letto opposto al suo e si passò due ciocche dietro le orecchie, leccandosi le labbra secche e screpolate. «Io e Zayn siamo destinati a sposarci da quando io avevo quasi 9 anni».
«COSA!?» Margot era sbalordita, non poteva crederci. E lei che si era lamentata quando i genitori le avevano offerto un fidanzato a diciassette anni e mezzo. 
Giselle annuì. «Io e Zayn, proprio per quel motivo, non ci siamo parlati per parecchi anni..».
«Mai? neanche un 'ciao'?».
Giselle scosse il capo. «Lui era il migliore amico di Niall, e veniva a trovarlo di tanto in tanto, ma eravamo troppo imbarazzati e amareggiati. Anche Niall si sarebbe dovuto sposare con Waliyha..».
A quelle parole, Margot impietrì. Come sarebbe a dire? Lui e...Waliyha?
«Solo che c'era stato un malinteso e quindi il matrimonio era saltato. In questo periodo si ricorre a questo sistema di combinazione per assicurarsi la continuità del lavoro..».
«E io che pensavo fosse solo un problema di corte..».
«No, no» disse Giselle prendendo a gesticolare con la mani. «Anzi, in società è molto simile. Comunque, ogni volta che Zayn veniva a trovare Niall, lo faceva sempre uscire per paura di incontrare il mio sguardo. Mio fratello non appoggiava quel comportamento, ma mi diceva che Zayn lo pregava affinchè non lo facesse incontrare con me, e devi sapere che sa essere molto convincente».
«E si è comportato così per tutti quegli anni?».
Giselle annuì con gli occhi bassi. «Sì. Ci evitavamo come i due poli opposti di una calamita».
«Non deve essere stato facile...» Margot non potè fare a meno di pensare ad Harry. In quel momento, era solo lei ad essere fuggita. Comportamento sconsiderato ed immaturo.
«No, per niente» poi Giselle risollevò gli occhi, sorridendo. «Poi due anni fa, beh..ci siamo riavvicinati, e da quel momento abbiamo accettato la nostra situazione, quella promessa che non ci aveva permesso di vivere la vita diversamente. E così eccoci qui».
«Ma tu e lui..» indagò la principessa. «Vi siete sempre piaciuti?»
«No, assolutamente no.  Ci odiavamo soltanto!» Giselle scoppiò a ridere. «Solo da circa un anno abbiamo iniziato a frequentarci davvero».
Margot annuì e si fiondò su di lei, abbracciandola. «Sono davvero felice per voi». 
Ed era vero. Nonostante fosse una brutta situazione, Zayn e Giselle erano molto fortunati perchè sapevano di poter contare l'uno sull'altra, e si conoscevano bene e a fondo, carattere che mancava totalmente nella 'relazione' con Harry. 
«Anche tu sarai felice un giorno, Margot».
La principessa si staccò, «Lo spero».
Poi vennero interrotte da un vociare continuo al piano di sotto, poi Zayn e Niall fecero capolino nella loro stanza. «Ehm..».
«Cosa c'è?» chiese Margot con la fronte corrugata. 
Niall tirò fuori dalla tasca del grembiule una lettera sgualcita. «E' appena arrivata. E' da parte di Liam».



Spazio autrice
Here i am! 
Bene, come avete potuto ben constatare questo capitolo è strettamente di passaggio, se non che si mettono in mostra alcune cose come GISELLE E ZAYN CHE SONO UFFICIALMENTE FIDANZATI.
Per chiunque non avesse letto la raccolta, spero sia stata una sorpresa. Per chi invece avesse già letto 'Behind the scenes' spero siate felici che finalmente è stato messo in luce :)
A parte ciò non accade nulla di importante, se non che il capitolo termina con l'arrivo di una lettera di Liam.
In luce di ciò, voglio dirvi che nel prossimo capitolo accadrà una cosa che spero possa piacervi :)))))))))
Anche se credo di dover pubblicare domenica sera perchè mercoledì parto in gita scolastica e vado a SIRACUSAAAAAAAAA e tornerò sabato notte, per cui dovrete aspettare l'indomani sera :))
P.s se ve lo state chiedendo, sto partendo adesso perchè devo assistere a delle tragedie greche; se non ve lo foste chiesto, allora adesso lo sapete.
Bene, dopo questo inciso inutile, spero che prima o poi possiate lasciarmi un commento e magari dirmi cosa pensate ci sia scritto nella lettera e/o cosa accadrà :)
Quante faccine, mamma mia...la nausea, proprio.
Okay, mi dileguo e ci vediamo domenica.
Vi voglio bene.
Un bacione,
Elisa :)


p.s andate su 'Tell me something' perchè ho pubblicato l'epilogooooooooooooo



 

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Capitolo 14
*** Don't forget where you belong ***






Don't forget where you belong




Margot si buttò con foga sopra di Niall e gli sfilò rapidamente la lettera dalle mani, con il timbro ancora impresso, impaziente di essere letta. Fremeva dall'emozione, le dita pallide che le tremavano, così Giselle prese Niall e Zayn per un braccio, lasciandola da sola nella stanza. Erano le prime ore del pomeriggio, il sole che iniziava a colorarsi di arancione entrando nella stanza con i suoi tiepidi raggi. Quando i ragazzi si chiusero la porta alle spalle, Margot si sedette sul bordo del letto, portandosi la lettera chiusa alle labbra, odorando il profumo della carta e dell'inchiostro che trapelava, poi se la strinse al petto, cullandosela come se fosse un bambino. Quella era la prova che Liam le sarebbe rimasto sempre accanto, qualsiasi cosa fosse successa. Strappò il sigillo rosso e spiegò la carta, un raggio di sole che illuminava le parole scritte elegantemente e anche con una certa fretta, si rese conto Margot, vedendo alcune lettere sbavate per l'inchiostro versato.
Sbattè le palpebre, gli occhi improvvisamente lucidi, poi iniziò a scorrere lo sguardo sulle righe.


Cara Margot,
ti scrivo perchè non ce la faccio più a rimanere chiuso in questo silenzio, in queste quattro mura che mi isolano dal resto del palazzo. Sì, sono nel nostro nascondiglio, quello che abbiamo utilizzato per...beh, ''scappare'', te lo ricordi bene, direi.
Mi manchi. Mi manchi tantissimo.
Ormai è quasi un settimana che il palazzo impazza a destra e a manca, mentre io rimango in silenzio, dedito al mio lavoro di stalliere.
Ci sono tante, troppe cose di cui vorrei parlarti, ma purtroppo devo dare sempre la precendenza.
Tuo padre si è chiuso in biblioteca, esce così raramente che si pensa abbia persino smesso di mangiare. La regina si è chiusa nelle sue stanze, solo in compagnia delle sue cameriere, non dando più segni della sua presenza a palazzo. Mi amareggia scriverlo, ma... Amanda si è ammalata. Non si sa cos'abbia di preciso, ma quando mi trovo a passare di fronte alla porta della sua stanza sento dei sussurri e dei singhiozzi repressi.
Ci manchi, tanto, troppo.
Ah, una cosa.
Harry.
Il principe ormai è sempre al castello, cammina circospetto per i corridoi soffermandosi a parlare con chiunque, e giuro che approfitti anche per fare delle domande. Molti giornalisti l'hanno intervistato, e devo dire che è davvero scosso. Sono sicuro che fra qualche giorno passerà anche per le stalle, manchiamo io e mio padre all'appello.
Spero che la famiglia Horan ti tratti bene e che si siano dimostrati amorevoli come lo sono stati con me quando ero più piccolo.
Ma, cosa più importante, spero che tu stia bene, che ogni cosa vada per il meglio e che tu possa godere di tutto ciò.
Solo, non scordarti a chi e a cosa appartieni.
Aspetto tue notizie, con la speranza che questa lettera non tardi ad arrivarti.
Ti voglio tanto bene, Marge, ricordalo.
A presto,
Liam.


Margot si accorse dopo delle lacrime che le scivolavano lungo gli zigomi pronunciati, cadendo sulla carta che si intorpidiva nel punto in cui l'acqua veniva assorbita.
Spostò lo sguardo appannato sulla data in alto a destra: 26 agosto 1867 , mentre da lei era il 30 agosto.
Quella lettera aveva impiegato quattro giorni per arrivarle, e chissà cos'altro era successo. La porta si aprì cigolando e Louis fece capolino, con lo sguardo basso e i capelli arruffati. «So che sono l'ultimo che vorresti vedere, ma...»
Margot non gli fece nessun gesto con la mano, girò semplicemente la lettera verso di lui. «Sì, ci sono novità».
Louis aprì totalmente la porta e le si sedette accanto, attento a come si muoveva, poi prese la lettera e se l'avvicinò, per poi allontanarla dagli occhi. «Diamine, ma come scrive? Non si capisce niente!».
«Dice che mamma e papà si sono rinchiusi e non parlano più, Harry girovaga per il palazzo..».
«Il principe Harold al palazzo? E che vuole ora?».
«.. e Amanda si è ammalata» terminò la principessa con la voce rotta. Girò la testa verso la finestra e fece scorrere lo sguardo sulle imposte di legno. «Se l'avessi avvisat-».
«Sarebbe successo un casino» disse Louis cercando di vedere quelle informazioni attraverso quella scrittura a lui incomprensibile.
«Ma a quest'ora saprebbe tutto, e sarebbe più tranquilla».
«Non ti avrebbe lasciato partire».
«Lo so, però..» però niente, sarebbe andata così e basta. Non avrebbe mai conosciuto Niall, Giselle e Zayn, nessuno, sarebbe rimasta la solita principessa di Monaco. Quanto era stupida, pensò. Come avrebbe mai potuto solo pensare che ogni cosa sarebbe andata per il verso giusto? Tutti a palazzo rischiavano, sopratutto Liam.
Margot si girò verso di Louis. «Ho bisogno di un pezzo di carta, urgente».
«Lo sai che questa cosa qui delle lettera è davvero fin troppo rischiosa?».
Margot scosse le spalle, «Scriverò per mano di Chantal Horan, sono sicura che Liam capirà».
Louis si alzò appoggiando la lettera sul materasso incavato. Sbuffò. «E chi ti da questa certezza?».
«Lo conosco» disse lei semplicemente, poi si asciugò con il palmo della mano le guance umide e si fiondò fuori dalla stanza, lasciando che la porta sbattesse e Louis rimanesse all'interno, con le braccia allungate ai fianchi, sconsolato.


«Ho bisogno di un foglio e di un calamaio».
«Cosa? Che, sei pazza?» disse Giselle balzando in piedi quando la vide arrivare di corsa in cucina con le guance arrossate.
«E' importante».
«Non sappiamo neanche se lo teniamo...» tentò la ragazza guardandosi vaga intorno.
«E dimmi» disse la principessa di Monaco con gli occhi lucidi socchiusi, «come li fai i compiti, allora?».
Zayn era seduto al tavolo e sbattè un pugno sul palmo dell'altro mano. «BANG, colpita e affondata, cara».
Giselle gli lanciò un'occhiataccia mentre Niall usciva dall'officina tutto sudato e con il martello ancora stretto in mano. «Che succede?».
Giselle si alzò dal tavolo e si avviò verso un mobile nell'angolo, aprendo lo sportello e rovistando all'interno, mentre Margot si siedeva sul divano mantenendo lo sguardo basso per paura di incontrare quello del biondo. Poi Giselle estrasse un piccolo foglietto  e il calamaio con la piuma nera, soffiandoci sopra. Appoggiò tutto sul tavolo e incrociò le braccia. «Faremo tutti una brutta fine».
Zayn si alzò e le diede un buffetto sulla guancia, lasciandovi un segno arrossato. «Grazie per aver migliorato la situazione, ora siamo tutti più tranquilli» disse sarcasticamente rimanendole accanto, mentre Louis si univa al gruppo e Margot si avvicinava al tavolo prendendo le cose.
«Vado a scrivere di sopra» disse semplicemente e, dopo aver ringraziato, tornò in camera sua, prese la sedia dell'angolo e la mise sotto la finestra, così che potesse essere illuminata dal sole, e si sedette per terra, utilizzandola come un banco per scrivere.


***

Dopo la spedizione della lettera, era passata una settimana in cui ogni cosa procedette bene, Zayn e Giselle evitavano di scambiarsi gesti affettuosi davanti a tutti, mentre Louis cercava ancora di puntarle gli occhi addosso. La scuola procedeva bene e ora avevano più cose da studiare il pomeriggio, così da poter occupare il tempo diversamente, anche se Margot quelle cose ormai le aveva studiate da un pezzo. Era passata una settimana, e di Liam ancora nessuna risposta, era come se quella lettera non fosse stata più inviata, e lei aveva il timore che fosse così. I messaggi viaggiavano molto lentamente, e aveva paura che la sua lettera si fosse persa per strada, ma perchè doveva per forza andarle male?
Erano le sei del pomeriggio, e tutta la casa era rimasta vuota, tranne Niall che rimaneva sempre a lavoro. Margot guardava fuori dalla finestra, in attesa. Ormai quello era il suo posto di riflessione, un angolo che si era ricavata per se stessa.
Quando scorse un uomo con una plica di carte in mano che si avvicinava all'ingresso della sua nuova abitazione, esalò un sospiro di sollievo e corse così velocemente per le scale che Niall scostò la tendina preoccupato, credendo che fosse caduta. Margot uscì per strada che l'uomo ancora non era arrivato, e lo attese con un sorriso.
«E' lei Chantal Horan?».
«Sì sì!» gridò Margot strappandogli la lettera di mano e tornando in cucina, mentre Niall ringraziava l'uomo al posto della ragazza.
«Finalmente!» disse Margot mentre estraeva il foglio dalla busta. «Pensavo non sarebbe arrivata più!».
«Pensavi che Liam non ti avrebbe risposto? E' troppo nobile per pensare una cosa del genere».
Margot non rispose a Niall che si accomodò sulla sedia accanto alla sua, con lo sguardo perso in quelle righe senza leggerle veramente. «Buone notizie?».
«Aspetta, fammela iniziare almeno» disse la principessa con un sorriso, poi iniziò.


Cara Chantal,
mi fa piacere leggere la tua risposta, pensavo che non avrei mai più visto la tua scrittura, nè tantomeno avrei avuto tue notizie.



«Ma come fai a capirlo? Scrive davvero troppo-».
«Ssh» lo zittì lei, inchiodandolo con lo sguardo, «non interrompermi».
E mentre Niall scuoteva la testa con un sorriso dipinto in viso, Margot tornò a scorrere le righe della lettera tanto attesa. Che bello che Liam avesse compreso tutto!


Comunque sì, dopo la spedizione della mia prima lettera, il principe è passato anche da qui. Ovviamente mi ha sorpreso fare il mio lavoro insieme a papà, si è solo soffermato a chiedermi quanto ti conoscessi, se avessi mai passato del tempo con te o se avessimo semplicemente avuto modo di parlare. Io gli ho rivelato lo stretto necessario, rimanendo quanto più onesto possibile. Non penso di correre alcun richio.
Amanda sta un po' reagendo alle cure che i medici di corte le stanno somministrando, ma Esteban mi ha rivelato che il suo male non è altro che la malinconia. Mi dispiace.



«Perchè piangi?».
Margot tirò su con il naso, «Niente, niente».


Sono felice che a scuola vada tutto bene e che tu stia riuscendo a portare avanti questa nuova vita.
Sapevo che gli Horan ti avrebbero aiutato, sono persone splendide che fanno sentire a casa chiunque. Ah, salutami Giselle, Niall e Louis se ne hai la possibilità!
Immaginavo che con Zayn avresti avuto alcuni battibecchi, i vostri caratteri sono completamente diversi - ahahaah.



Margot immaginò il sorriso sul suo volto, quelle rughe di espressione ad incorniciargli gli occhi.
«Aspetta, è una risata quella che ha cercato di scrivere?» chiese Niall che era troppo curioso per poter rimanere accanto a lei senza leggere neanche una parola.


Scusami per la scrittura, ma ogni volta che ho un po' di tempo cerco di scriverti e vengo assalito dalla fretta e dall'ansia di essere scoperto. Pensa, questa nostra conversazione epistolare mi piace parecchio, anche se ovviamente preferirei che tu fossi qui, accanto a me.


«Ma voi due siete solo amici?» chiese Niall con circospezione, guardando Margot di sottecchi.
Lei si girò sbuffando. «Sì. Ora, per favore, me la faresti finire di leggere?».
«Ci mancherebbe pure. Ah, e comunque non ci credo che la sua scrittura di merda sia dettata solo dalla fretta».
«La smetti?» disse la principessa sorridendo con un angolo della bocca, mentre con un dito si scostava la frangetta dagli occhi.
Niall alzò le spalle, «Comunque poi scrivigli che ricambio il saluto».


Ora devo chiudere, sento dei passi che sfiorano la porta del nascondiglio della parete, e non vorrei che mi vedessero o sentissero qualche rumore.
Non preoccuparti, comunque. Tantissimi medici si stanno occupando anche dei tuoi, cercando di non pressarli con le loro domande. Ogni giorno vengono mandate truppe diverse ad ispezionare territori sempre più lontani. Ora stanno andando sia in Spagna, sia in Italia, ricevendo sempre maggiori rinforzi; anche la Scozia partecipa a queste ricerche.
Attando una tua lettera di risposta, o semplicemnte di qualsiasi cosa tu voglia parlarmi.
Con tanto affetto,
Liam.



«Posso chiederti del perchè ha scritto in inglese?»
Margot si alzò in piedi e allargò le braccia in un gesto esasperato e di ovvietà. «Non pensi che scrivendo in francese avrebbe attirato l'attenzione?».
«Ma mica l'avrebbero letta..» disse Niall appoggiando il grembiule sullo schienale della sedia.
«E il mittente non lo leggono, secondo te?».
Niall sollevò le sopracciglia facendo cadere la discussione. Anche lui adesso era in piedi, con il peso del corpo scaricato sul bacino appoggiato all'angolo del tavolo.
«Gli risponderai, giusto?».
«Ovviamente, è l'unico modo per capire qualcosa e parlare con lui..».
Niall si staccò rapidamente dal tavolo e con un grossa falcata la raggiunse, accorciando la distanza tra loro. «E perchè con me parli poco e niente?».
Margot si sentì tutto il peso della situazione addosso, la gola improvvisamente secca e il cuore che le batteva più rapido contro il petto, così forte che sembrava sul punto di scoppiarle. «Ehm..» non aveva neanche niente da dirgli. L'imbarazzo era palpabile e sembrava che Niall avesse preso gusto a farla sentire in quel modo. La sovrastava di parecchi centimetri, il suo respiro che le arrivava in corrispondenza degli occhi scuri.
Portò una mano al mento di Margot e le sollevò piano la testa, avvicinandosi sempre di più, facendo sfiorare i loro nasi. Margot stava socchiudendo gli occhi, la lettera che le scivolava di mano e si posava piano per terra, il silenzio della casa che la spingeva ad abbandonarsi... ma poi riaprì gli occhi scuotendo la testa e allontanandosi.
«Non posso» disse in un sussurro, con le mani strette tra loro. Fece un altro passo indietro, avvicinandosi al muro alle proprie spalle. 'Sta' attenta' , Louis l'aveva avvertita, e lei stava cadendo davvero come una pera dall'albero. «Io..».
«Tu cosa?» disse Niall immobile ed impassibile, quegli occhi color ghiaccio che le perforavano l'anima come un punteruolo.
«Io sono..una principessa.. non posso... è sbagliato...» continuò Margot con un filo di voce, stringendosi nelle spalle come a volersi nascondere.
Niall sorrise scuotendo la testa. Annullò la distanza con solo due passi e le fu addosso, inchiodandola al muro e facendo scontrare le loro labbra che avevano atteso per tanto tempo quel momento, quell'azione totalmente sbagliata.
Si assaporarono, approfondendo il bacio, e nonostante non ci fosse nulla di giusto, Margot non potè che godersi il momento perchè, in fondo, le piaceva fin troppo.
Quando si staccarono avevano entrambi le labbra gonfie e i respiri accelerati, come se avessero smesso di respirare per quelli che alla principessa parvero solo pochi secondi.
«No» disse Niall soffiando sulle sue labbra. «Non sei la principessa, non adesso, non con me».





Spazio autrice
Ciaaaaaaaaaao amici! Come vedete, ho aggiornato di domenica e mi sembra stranissimo, ma ieri sono tornata da Siracusa e....AAAAAAAAAAH, riportatemi lì, per favore. Sono stata benissimo, ho visto due tragedie (i'm in love with them), ho visitato Noto, Taormina, Siracusa e Messina, per cui se tra voi c'è qualche siciliana.....aiuto, sei fortunatissima a vivere lì, la Sicilia è un posto splendido e una delle migliori gite che abbia mai fatto. Il mare mi ha trasmesso una tranquillità incredibile, e sebbene io sia pugliese e viva a 14 chilometri dal mare....in viaggio è sempre un'altra cosa, o sbaglio? *faccina innamorata*
Okay, dopo questo prologo inutile, passiamo al capitolo.
BEEEEEH? Cosa ve ne pare?
Spero che l'attesa sia valsa qualcosa :))))
Come potete ben vedere, dopo fin troppi capitoli, Niall Horan bacia la principessa, aaaaah finalmente l'OTP può iniziare.
Comunque, a parte ciò, spero che anche le lettere di Liam vi siano piaciute e, in luce di questo, ho una sorpresa per voi per farmi perdonare (
llain ce l'ho proprio con te).
Ho scritto un missing moment in cui si alternano due diversi punti di vista a palazzo, così, giusto per farvi avere un altro po' di dimestichezza con questi personaggi.
Vi lascio il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3141239&i=1 e spero possiate lasciarmi qualche commento, per faaaaaaavoooooore.
Vi voglio bene e sono stranamente felice, i don't know why.
Grazie alle ragazze che mi hanno recensito la scorsa volta, vi voglio bene davvero.
Un bacio e ci sentiamo sabato prossimo :)
Elisa :)


 



 

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Capitolo 15
*** You and I ***


 

 


You and I

 

 quattro settimane dopo


«Allora quando darete questi esami?» Maura stava lavando per terra, i capelli biondi raccolti in una crocchia alta e la scopa che scivolava lungo tutto il pavimento. Niall aveva finito il suo turno in officina, stava giusto rifinendo qualche attrezzo per Yaser che Margot scoprì non fosse altro che il padre di Zayn, l'uomo che aveva organizzato il matrimonio di suo figlio con Giselle insieme a Bob Horan. Margot stava studiando sul divano in cucina, dopo che Maura le aveva esplicitamente chiesto di non chiedere aiuto. Da quando era lì, Margot aveva cercato di rendersi utile, era il minimo che potesse fare per una famiglia meravigliosa come la loro, che stavano facendo di tutto per aiutarla in quella situazione che lei stessa si era cercata. Liam - attraverso le numerose lettere che si erano scambiati nel corso del mese appena passato - le aveva detto che le truppe erano state quadruplicate perché i sovrani e il principe non si davano pace, volevano ritrovarla a tutti i costi. I giornali internazionali del giovedì oramai parlavano solo di Monaco e della situazione disastrosa, di quanto il regno stesse soffrendo la mancanza della principessa che non dava segni di vita. Margot nell'ultimo mese dovette prestare molta più attenzione alla sua nuova identità, perché qualsiasi falla nel sistema l'avrebbe fatta crollare definitivamente. Maura aveva appena finito di lavare, appoggiando la scopa contro lo stipite della porta e passandosi un braccio sulla fronte sudata, nonostante a fine settembre la temperatura non fosse poi così alta, anzi pioveva sempre più frequentemente ed era raro riuscire ad intravedere un timido raggio di sole tra le nuvole dense che aleggiavano sopra la città. Margot teneva le gambe attaccate al petto, con il libro di storia appoggiato sulle ginocchia.
«Dovremmo farlo a metà ottobre» disse rispondendo alla domanda della signora Horan che ora si slacciava il grembiule e lo appendeva ad un gancio sul muro. Maura annuì comprensiva, senza aggiungere altro. Chissà se Margot sarebbe rimasta fino a quel giorno, chissà se sarebbe rimasta ancora con loro. La scuola a Londra aveva degli orari particolari, ed iniziava in mesi differenti per approfittare della temperatura calda, così che gli studenti potessero studiare in maniera più piacevole. Margot a palazzo aveva studiato sempre ogni giorno, da quando aveva sei anni, e mentre sfogliava le pagine del libro per l'ennesima volta ripensava a quel programma che aveva già studiato, tra l'altro.
«Dopo l'esame si deve anche iniziare a pensare al matrimonio» A Margot sembrò che la testa stesse cadendo dalle nuvole a velocità supersonica. Si ricordó di Giselle e Zayn e del loro matrimonio che si sarebbe svolto non appena lei avesse finito il suo corso di studi. La principessa annuì comprensiva, tornando con la mente nuovamente ad Harry e al suo fidanzamento. Anche lei si sarebbe dovuta sposare qualche giorno dopo il suo diciottesimo compleanno perché così era stato stabilito, e si era ripromessa di tornare dopo, molto dopo, per evitare il principe e il suo compito per tutta la vita. Chiuse il libro sbuffando e appoggiandolo sul cuscino accanto a lei.
«Ho finito» disse passandosi una mano tra i capelli che avevano iniziato a crescere, arrivandole più o meno alle spalle esili. Maura Horan si girò verso di lei sorridendo.
«Non appoggiare i piedi per terra, è ancora bagnato e poi combini un casino per tutta casa».
«Agli ordini!» disse la principessa stringendosi le ginocchia al petto. «Aspetterò» poi Maura venne spostata di lato da due braccia muscolose, rivelando un Niall che indossava una leggera maglietta rossa e un paio di pantaloni comodi. Ecco, per complicare ulteriormente la situazione era apparso anche lui nella vita di Margot. Stavano insieme da circa un mese, e la ragazza ne era davvero felice, se non fosse per tutta la situazione che stava vivendo.  Insomma...lui era del popolo, lei era la principessa di Monaco, nonché fidanzata del principe scozzese Harry Edward Styles che avrebbe dovuto sposare circa qualche giorno dopo il suo diciottesimo compleanno e da cui era scappata, insieme alle altre cose. Se ci fosse stato un premio per la vita più incasinata di tutte, Margot si sarebbe classificata sempre prima, ne era certa. Niall spostò sua madre che lo incenerì con lo sguardo.
«Non può muoversi» disse facendo un cenno nella mia direzione.
Niall si portò una mano alla bocca con sguardo scioccato. «Oh mio Dio, una donzella in pericolo!» si mise in punta di piedi e si avviò verso il divano, mente Margot si copriva la bocca sorridente. «Il prode cavaliere si avvia a salvarla, sottrarla del pericolo imminente!» si accovacciò e passò un braccio da sotto le gambe della ragazza, sollevandola e prendendola in braccio.
«Sei un cretino» disse Maura mentre se ne andava lasciandoli soli, e Niall si strinse Margot al petto uscendo nell'ingresso. Quando la appoggiò per terra le stampò un bacio dolce sulle labbra carnose, sorridendole con quei suoi denti perfetti.
«Missione compiuta, la donzella è stata liberata e salvata!».
Margot si mise in punta di piedi e gli baciò una guancia. «Ah, il mio prode cavaliere».
«Non mi merito un premio ora?» le disse porgendole un braccio. «Ti va di fare una passeggiata?».
Margot strinse il suo braccio e accettò l'invito, stringendosi nelle spalle. Sapeva fosse tutto sbagliato, ma stava così bene....come poteva buttare tutto all'aria per uno stupido dovere? «Dove mi porti?».
«Ovunque mi conducano i venti..» disse Niall con lo sguardo puntato sulle nuvole scure sopra di loro, «anche se, penso, invece del vento ci beccheremo qualcos'altro».
«Correremo il rischio» rispose Margot saltellando di tanto in tanto. Mentre camminavano, si tenevano stretti l'un l'altro, con la sera che ormai giungeva prima, e le nuvole che si tingevano di rosso. La principessa spostò lo sguardo su una via alla sua destra e scorse Giselle e Zayn attaccati al muro, mentre si baciavano. Ritornò con gli occhi sul lastricato, scuotendo la testa.
«Che c'è?» chiese Niall guardandola di sottecchi.
«Ho intravisto Zayn e Giselle..».
«Buon per te».
«Ma non ti da fastidio che tua sorella si baci in mezzo alla strada?» chiese Margot alzando gli occhi su di lui. Niall si girò e le puntò addosso quei pozzi profondi color del mare. Si abbassò su di lei e si fermò in mezzo alla strada, baciandola con trasporto.
«Perché dovrebbe» disse quando si staccò dalle sue labbra, «se lo faccio anche io?».
«Hai ragione, scusa. Sono una testa bacata».
«Mmh» disse Niall riprendendo a camminare a braccetto mentre una delle ultime carrozze del giorno gli passava accanto. «Non per offenderti, ma si dice testa di cazzo. Devi imparare ad usare il nostro linguaggio per non dare nell'occhio».
Girarono per un'altra via, incontrando alcuni loro amici e amiche di classe. Margot annuì, anche se era fermamente convinta che non avrebbe mai fatto uso di quelle parole così volgari.
Ecco l'altro problema, anzi, la realtà effettiva: lei e Niall non parlavano nemmeno la stessa lingua, avevano abitudini diverse che lei aveva notato in quel mese e mezzo che aveva passato a casa loro, il linguaggio volgare...scosse la testa, nonostante questi pensiero le fossero sempre nella mente. Era lo sbaglio più bello che avesse fatto fin ad allora, e non riusciva a pentirsene, sebbene tutti a casa le avessero provato a fare il lavaggio del cervello.  Louis era arrabbiatissimo, completamente in disaccordo, e sapeva bene che quella storia sarebbe finita male, ma Margot si promise di viverla al meglio finché fosse durata. Si girò verso di Niall e gli si mise davanti, impedendogli di fare un passo. Si alzò sulle punte e se lo avvicinò, baciandolo con tutto l'affetto che provava per lui, intrecciando le dita intorno alla sua nuca. Niall le passò delicatamente una mano tra i capelli, accarezzandoglieli dolcemente come se fosse una bambina piccola, posandola piano per terra. «E questo per che cos'era?» le chiese sorridendole con un angolo delle labbra sottili.
Margot scosse le spalle, «Perché mi andava di farlo» gli allacciò le mani intorno alla schiena, stringendosi al suo corpo che emanava calore e sicurezza, un porto sicuro in cui Margot si sentiva libera di approdare. Poi all'improvviso un tuono scoppiò sopra di loro, seguito subito dopo da una pioggia fittissima che prese tutti alla sprovvista. Bagnati dalla testa ai piedi, si misero a correre per tornare a casa quanto prima, schivando pali e gente che aveva la stessa loro fretta di ripararsi, le loro risate che si ritagliavano uno spazio in quelle strade buie e monotone.
Quando scostarono la tendina dell'ingresso, però, tutta la gioia infantile provata poco prima scomparve. E a pensare che Liam l'aveva pure avvisata nell'ultima lettera.
Chantal, arriveranno.
«Salve anche a voi» Una guardia sostava al centro dell'ingresso, mentre il resto dei suoi compagni perlustrava tutta casa, mandando in aria qualsiasi cosa trovassero. La principessa aveva nascosto le lettere di Liam sotto un asse del pavimento, sperando che non andassero a controllare proprio lì. Zayn e Giselle erano stretti tra di loro, Louis dietro era immobile, con lo sguardo inchiodato sul pezzo di carta che la guardia stringeva tra le mani. I signori Horan sussultavano ogni qual volta sentissero un loro mobile che veniva buttato per terra e svuotato da quegli uomini maleducati al massimo. «Siamo una truppa di Monaco che è venuta per controllare la presenza della principessa Margot».
La ragazza impietrì di fronte a quella frase, il sangue che aveva smesso di scorrerle per le vene di tutto il corpo. La guardia spiegò la foto di Margot davanti tutti loro, «L'avete vista? Vi conviene dire la verità, perché altrimenti sarete puniti pesantemente» la guardia passò in rassegna i volti di ciascuno di loro, gli occhi socchiusi come se fossero stati aghi pronti a pungere.
Tutti scuotevano la testa, con i signori Horan che dicevano: «Non abbiamo neanche idea di chi sia».
Louis rabbrividì un poco, mente gli arrivava addosso una tavoglia tirata via da un cassetto. «Non l'ho mai vista, signore».
«Ne sei sicuro?» disse la guardia avvicinando la foto agli occhi chiari di Louis che era in preda all'agitazione. Margot tremava tutta, con i vestiti che gocciolavano a terra e che producevano un rumore sordo. La guardia poi si girò verso di lei e Niall, ancora l'uno accanto all'altra. La frangetta le copriva gli occhi, i capelli appiccati alla testa. La guardia socchiuse gli occhi e guardò prima la foto, poi spostò lo sguardo su di lei. «Un attimo solo..» disse avvicinandosi a passo spedito verso il suo volto. Inclinò la testa di lato, continuandola ad osservare, mentre Margot aveva persino smesso di respirare. Un tuono squarciò il cielo e incominciò a filtrare acqua dai muri sottili dell'abitazione. «Hai mai visto la principessa?» le chiese in un sussurro, poi non attese risposta e le porse subito un'altra domanda: «Come ti chiami?».
«Ch-Chantal..» disse balbettando. «Non l'ho mai vista..» continuò cercando di parlare in inglese come meglio poteva.
La guardia non demorse e continuò a perlustrarle il volto e il resto del corpo, «Hai un accento strano..».
«Sono irlandese» disse tutto d'un fiato, tremando come una foglia, mentre sperava che la guardia scambiasse quel tremolio per il freddo del momento.
«Sei così simile..» disse la guardia mentre le altre imprecavano dal piano di sopra, sbattendo porte e cassetti. Le spostò un poco la frangetta, con le altre dita che le sfioravano lo zigomo umido di pioggia.
Niall intrecciò piano le dita della mano con quella della ragazza, stringendo la presa. «Ha detto che non sa chi è» sputò, facendo trapelare tutto il suo fastidio. Margot gli fu grata per quel gesto così sicuro che la fece rimanere immobile mentre la guardia si allontanava continuando a squadrarla, mentre richiamava il resto del gruppo.
Quando tutti tornarono al piano di sotto, il capo lanciò un'occhiata di odio puro verso Niall e Margot. «Tornerò» disse semplicemente accartocciando la carta in mano e uscendo fuori di casa, spingendoli con un gesto seccato della spalla. Quando anche l'ultima guardia fu fuori sotto la pioggia, un altro tuono squarciò il cielo, e tutta la casa fece un sospiro di sollievo, mentre Margot si stringeva a Niall che le sussurrava dolcemente nell'orecchio che sarebbe andato tutto bene. Margot si strinse ancora di più al suo busto muscoloso, pensando che davvero Niall fosse il suo prode cavaliere.



«Torneranno» disse mentre Margot camminava accanto a Giselle, i libri stretti al petto, la gonna che le svolazzava intorno alle caviglie. La sua amica rimase in silenzio, con il capo chino e gli occhi che si spostavano sul sassolino che lanciava ad ogni passo. Era passata una settimana dall’arrivo delle guardie, e Margot aveva purtroppo ancora gli incubi. C’era mancato davvero poco, avrebbero potuto scoprirla, e sapeva bene che quella guardia sarebbe tornata. Le era sembrata troppo risoluta e l’occhiata che le aveva lanciato prima di abbandonare la casa la diceva lunga.
«Noi saremo pronti a negare di nuovo».
«Devo cambiare di più» disse Margot in un sussurro. «Ma come?».
Giselle le si avvicinò ancora di più, passandosi una ciocca dietro l’orecchio. Aspettò che un gruppo di ragazze le superasse per sussurrare alle principessa: «E se tu tornassi?».
Margot si girò incredula, inchiodandosi alla strada. Aveva la sguardo puntato sulla ragazza, con la frangetta che le veniva spostata dal vento. «Come?».
Giselle scosse la mano per aria sorridendo imbarazzata. «Scusa, sono una scema a dire certe cose».
«Vuoi che io me ne vada?» disse Margot rimanendo ancora ferma mentre una carrozza le passava accanto.
«No, no!» si affrettò a dire l’altra avvicinandosi alla ragazza. «Non voglio che tu torni al palazzo, solo che… niente, lascia stare».
«Per colpa mia siete in pericolo» disse Margot più a se stessa che a Giselle che continuava a guardarla dispiaciuta.
Stava per dirle qualcosa, ma Jeanine comparve al fianco della principessa e le prese un braccio, mettendosi a braccetto e incamminandosi nuovamente verso la scuola. I capelli rossi le ondeggiavano sulla schiena in dolci boccoli e aveva un sorriso fisso stampato in volto. «Chantal, ho saputo che le guardie scozzesi sono venute a casa vostra» disse mentre Giselle si piazzava sull’altro lato, lo sguardo basso e mortificato.
«Sì» disse Margot annuendo, «E' così».
Le guardie erano scozzesi. Venivano dalla terra di Harry.
Come se Jeanine l’avesse sentita, annuì con sguardo sognante. «Il loro principe è così bello..».
«Il principe Harry?».
La rossa scosse la testa, «Si chiama Harold, non Harry. Perché l’hai chiamato così?» disse guardandola con tanto di occhi. «Lo conosci?».
«Come potrebbe?» intervenne Giselle con lo sguardo sollevato verso l’angolo della strada. Zayn era lì appoggiato al muro, le braccia conserte e il solito cappello di paglia abbassato sugli occhi color cioccolato.
«Oh mio Dio» Jeanine si bloccò in mezzo alla strada con la bocca spalancata e gli occhi che avevano assunto una forma a cuoricino. «Che ci fa Zayn Malik alla nostra scuola?».
Giselle sorrise facendo un rapida smorfia di cui la rossa non si accorse e pensò tra sé e sé ‘è qui per me, solo per me.
«Forse ha qualcuno di importante qui..» iniziò Margot ma Jeanine si liberò del suo braccio e corse verso di Zayn, mettendosi di fronte a lui e ondeggiando ad ogni passo.
«Ciao» soffiò con le guance arrossate.
Zayn abbassò il cappello in segno di saluto, ma poi con lo sguardo tornò su Giselle.
«Sai che sei bellissimo?».
Margot era accanto a Giselle ed erano abbastanza vicine da sentire quell’ochetta parlargli in quel tono suadente che era solita usare con i ragazzi che le piacevano. «Eh no» alla Horan incominciò ad uscire fumo dalla orecchie e Margot le appoggiò una mano sul braccio.
«Calma».
«Eh no, non posso stare calma» lanciò un’occhiata eloquente a Margot e partì verso Jeanine che si era avvicinata ancora di più al suo fidanzato. «Senti» la chiamò tirandole una ciocca di capelli rosso fuoco.
«Ehi!».
«Stagli lontana» sputò con la mano che reggeva i libri ormai bianca.
Zayn rideva di gusto e si sollevò il colletto della camicia per nascondere il suo sorriso, mentre Margot si avvicinava al gruppetto a passo svelto.
«Ehi, lui non è tuo».
Nessuno sapeva del fidanzamento di Giselle e Zayn perché non volevano che ne uscissero pettegolezzi e cose in cui le ragazze erano molto brave; aveva resistito per tutto quel tempo, ma quando è troppo, è troppo, anche per la ragazza più gentile della scuola. «Ah sì?» prese Zayn per la collana a forma di medaglione che teneva appesa al collo e avvicinò i loro visi, fecendo sfiorare i nasi. «E allora perché posso fare questo?».
Margot scoppiò a ridere e Jeanine si girò verso di lei, «Cos’è questa storia?».
Zayn baciò rapidamente Giselle e la prese per le spalle, mettendosela accanto. «Avanti, di' quello che vuoi, ma nessuno ti salverà dalla figura di merda che hai fatto».
Jeanine divenne viola in volto, spostando gli occhi dall’uno all’altra; poi pestò un piede per terra e si avviò per l’atrio scolastico, mentre Zayn e Margot ridevano e Giselle aveva ancora le narici dilatate.
«E tu da quando sei così gelosa?».
«Non ti interessa» sbuffò l’altra stringendosi i libri al petto con entrambe le braccia, avviandosi verso l’ingresso nel momento in cui il suono della campanella proruppe nella via. Margot salutò Zayn con un cenno della mano, raggiungendo Giselle dopo una breve corsetta. Quando furono in classe, si sedettero accanto, mentre Jeanine riferiva l’accaduto a tutte le altre compagne. La piccola Horan si chiuse in se stessa, con Margot che continuava ad osservarla.
«Scusami per prima. Ho capito non intendessi quello».
Giselle sollevò lo sguardo accigliato sopra di lei. «Okay, meglio così».
Poi entrò la professoressa mentre Margot guardava fuori dalla finestra e scorgeva una testa bionda accanto a Zayn che parlava animatamente…improvvisamente non vedeva l’ora che la giornata scolastica finisse.






Spazio autrice
E' FINITAAAAAAAAAAAAAAAA LA SCUOLAAAAAA.
Okay, forse non proprio, ma dai, possiamo definirla tale, vero?
Mi sembra un miraggio, ho passato un anno terribile e sono felice di esserne uscita (quasi) viva, ma l'anno prossimo ho la maturità...............
Maaaa passiamo al capitolo che è la cosa più importante. Devo dire che non ne sono particolarmente entusiasta, a parte la scena in cui arrivano le guardie scozzesi. Lo considero prettamente di passaggio, ma sono molto felice perché d'ora in poi *piccolo spoiler* inizieranno i veri  problemi.
Spero che la ff continui a piacervi e che possiate apprezzare i momenti Gisayn Nargot (?). Queste due coppie sono le OTP del mio cuore, sorry.
Benissimo, credo di aver finito anche perchè non ho nulla da aggiungere, se non che continuo a ringraziarvi per il supporto e per le recensioni che mi lasciate che mi rendono veramente felice. Mi sento sempre più motivata ad andare avanti e farvi conoscere la storia.
Speriamo che durante l'estate mi ritorni l'ispirazione, perchè al termine di questa ff non avrei alcun materiale...
Vabbè, questi sono problemi miei.
Passate buone vacanze (nonostante ci sentiremo di sabato in sabato ma ok).
Vi voglio bene, davvero, every single one of you.
Ora mi concentro sul Summer Ball 2015 di Capitol FM.
Enjoy it.
Elisa :)



 

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Capitolo 16
*** Problems ***






Problems



Chantal, sta succedendo qualcosa, ma non ne ho alcuna idea. Al palazzo regna il silenzio, tutti bisbigliano, come se qualcuno stesse perennemente a dormire. Papà ha paura, io invece non ho idea di cosa pensare. Sai qual è la cosa peggiore? Harry è partito.

Margot rileggeva quelle righe con gli occhi sbarrati, persi in quel pezzo di carta, mentre Niall mangiava una pezzo di crostata accanto a lei. «A cosa pensi?»
«A niente» disse lei, mentre accarezzava la scrittura di Liam. Perchè le aveva scritto quella cosa? E perchè al palazzo tutti erano in silenzio? «Pensi stia accadendo qualcosa?»
«Margot, tutto sta accadendo da quando sei sparita da Monaco» rispose lui scrollando le spalle, mentre le briciole del pezzo di crostata gli rimanevano attaccate alle labbra. «Non voglio demoralizzarti, però, affermando questa cosa»
Margot annuì, con gli occhi ancora fissi sulla scrittura spigolosa di Liam.
Giselle studiava con Zayn al piano di sopra, mentre Louis aiutava Bob Horan in officina, ovviamente non per fare un piacere a Niall. Era pomeriggio inoltrato e Maura avrebbe fatto ritorno in breve, tornando dal suo lavoro pomeridiano di sarta. Voleva che Giselle continuasse il lavoro di tessitrice, ma la ragazza si era sempre rifiutata, volendo fare qualcosa di più che la facesse sentire bene. Louis scostò la tendina dell'officina ed entrò in cucina, dirigendosi verso una bottiglia d'acqua appoggiata al tavolo. Lanciò una rapida occhiata a Niall e Margot e aprì lo sportello del mobile per prendersi un bicchiere, facendolo poi richiudere con un tonfo sordo, provocando un sussulto negli altri presenti. «Puoi fare più piano?» disse Niall mettendosi in bocca l'ultimo pezzo di crostata alla marmellata, parlando con la bocca piena.
Louis si riavvicinò al tavolo e si versò l'acqua nel bicchiere, con lo sguardo puntato su Niall. «No»
Niall roteò gli occhi mentre Margot sbatteva la lettera sul tavolo, infastidita da quell'atteggiamento. «La smetti, per favore?»
Louis sorrise riappoggiando la bottiglia sul tavolo e portandosi il bicchiere alle labbra, sorseggiando piano, gli occhi azzurri che sguizzavano da Niall a Margot e viceversa. Quando allontanò il bicchiere, guardò verso l'alto. «Ehm..» poi puntò gli occhi sulla ragazza «..no»
Niall si alzò in piedi facendo strisciare la sedia e allontanandosi sbuffando verso l'officina. «Aiuto io mio padre» disse passandosi una mano sulla bocca per togliere le briciole. Louis gli mostrò il pollice, Niall gli mostrò il medio e si ritirò dietro la tendina, scomparendo.
«Sei un bambino» disse Margot riprendendo in mano i bordi della lettera che le era arrivata quella mattina e da cui non riusciva a scostarsi.
Louis appoggiò con forza il bicchiere sul tavolo, pensando che si sarebbe rotto, e catturò l'attenzione della ragazza. «Io sono il bambino? O tu che non vuoi capire che tutto questo è sbagliato?» disse facendo un cenno del capo in direzione dell'officina accanto.
«Louis, sono grande, mi prendo le mie responsabilità»
«E io ho 23 anni» continuò lui mettendosi seduto sulla sedia di fronte a Margot. «Non pensi che ne capisca qualcosa di più?»
«E' la mia vita, e decido io come viverla. Tu non sei nessuno per dirmi cosa sarebbe meglio fare per me» Margot si passò una mano tra i capelli, facendo sollevare la frangetta che si era allungata e aveva bisogno di essere aggiustata. «Stiamo battibeccando su una questione di secondo piano-» ma Louis la interruppe alzando una mano «Di secondo piano? Ma ti sei fumata il cervello?» disse abbassando il tono della voce. La ragazza lo fulminò. «-quando invece dovremmo realmente preoccuparci di quello che sta succedendo!»
«E sentiamo» riprese Louis prendendo nuovamente il bicchiere in mano e iniziando a far ruotare l'acqua all'interno, creando dei minuscoli tornadi, «cosa starebbe succedendo?»
«Ha detto Liam che Harry è partito»
«Anche tu sei partita» le fece eco il ragazzo finendo l'acqua con un unico sorso. «Non vedo quale sia il problema»
Margot si alzò in piedi sventolando la lettera. «E perchè Liam mi avrebbe appuntato questa cosa? E se Harry sapesse che io sono qui?»
Louis si alzò sbuffando e portando il bicchiere nel lavabo, altamente irritato, e ciò diede la spinta a Margot per farla avvicinare, sbattendogli la lettera sul petto. «Sei un menefreghista innato! Non ti rendi conto di cosa sta succedendo? Sei venuto con me, e non ti importa di tut-»
«Margot!» Louis le bloccò le mani afferrandola per i polsi. «Tu ti sei voluta buttare a capofitto in questa situazione, non puoi proprio prendertela con me! Io ti ho accompagnato, e vuoi sapere una cosa? Quando Liam me l'ha detto, ero davvero contrario, perchè sapevo che niente sarebbe cambiato. Ma ho deciso di accompagnarti, così che anche io potessi tornare nella mia Inghilterra dopo essere stato al servizio della tua famiglia per circa 6 anni!»
Margot boccheggiò districandosi dalla sua presa, con gli occhi scuri puntati su di lui. «Perchè mi stai dicendo queste cose?»
Louis la guardò dritto in viso, essendo della stessa altezza, con le labbra serrate. «Mi sono stancato. Ero stanco di essere comandato, e ora sono stanco di fare le prediche ad una bambina capricciosa, che non sa distinguere le cose giuste da quelle sbagliate» le puntò l'indice sul petto, con i denti digrignati. «Sono stanco»
Margot si allontanò e appallottolò la lettera in mano, con le braccia allungate ai fianchi e lo sguardo fisso in quelle iridi blu. «Va bene» disse solamente, camminando piano all'indietro. «Ma se dovesse succedere qualcosa, non dirmi che non ti avevo avvisato» e andò al piano di sopra, mentre Zayn scendeva le scale allarmato.
«Che sta succedendo? Le urla arrivavano fin lassù»
Margot lo scostò con un braccio e continuò a salire, andando dritta in camera sua, trovando Giselle seduta sulla sedia con il libro chiuso sulle ginocchia. «Margot?»
La principessa si buttò a peso morto sul letto, seppellendo la testa nel cuscino, soffocando sul nascere le lacrime che premevano per uscire.




Zayn andò in officina tenendo tra le dita un foglietto ingiallito. «Allora» iniziò, mentre scostava la tendina e manteneva lo sguardo sui punti che suo padre aveva segnato, con Niall in sottofondo che martellava violentemente il metallo ardente. «Mi serve una costola di 2 metri e diametro 50 centimetri, una giuntura da sedile, il fermo delle briglie del cavallo e.. amico» disse facendo una pausa, con Niall che continuava a dargli le spalle e martellando fortemente contro il pezzo di ferro leggermente incurvato, «Mi stai ascoltando?»
In risposta ottenne solo un ruggito, e le spalle di Niall che si muovevano freneticamente per sopportare il peso del grosso martello che continuava ad inclinare il metallo ardente. Zayn aspettò che abbassasse il braccio e gli appoggiò una mano sulla spalla sudata. «Mi puoi dire che ti ha fatto questo pezzo di metallo tanto da picchiarlo così forte?»
Niall lasciò il martello che fece un rumore graffiante sul metallo, facendo rizzare i capelli sulla nuca. Si passò una mano sulla fronte e si avvicinò alla catasta della legna per alimentare il fuoco nel camino. «Sono decisamente incazzato»
«No, guarda, non l’avevo capito» rispose Zayn sarcasticamente.
Niall prese un ciocco di legno e lo lanciò nel camino, facendolo divorare tra le fiamme che lo disintegrarono in poco tempo. «Vorrei che Tomlinson fosse quel pezzo di legno lì»
Zayn si schiaffeggiò la fronte, con il foglietto ancora mantenuto tra medio e indice. «Non posso credere che sia lui il problema»
Niall si girò, con una goccia di sudore che gli scendeva dalla tempia e gli occhi che riflettevano la danza delle fiamme alimentate di fronte al suo volto. «Ogni giorno lancia frecciatine sia a me, sia a Margot»
«Ma dài, è solo protettivo..credo» disse il moro facendosi cadere su uno sgabello attaccato al muro.
«Mi ha rotto le palle!» urlò Niall girandosi verso di lui con un dito accusatore.
«Ma davvero?» Louis scostò la tendina con un sorriso furbetto sul volto e un braccio piegato sotto l’ascella. «E cosa avrei fatto decisamente?»
Niall serrò la mascella e girò piano intorno al tavolo da battitura. «Oh, non saprei. Magari rinfacciandomi che tutto questo sia uno sbaglio totale?» disse con un forte sarcasmo nascosto in quelle parole.
«Ma è la verità» Louis assunse un tono duro, aggrottando le sopracciglia, «E se tu fossi abbastanza matu-»
Non riuscì a finire perché Niall gli si avvicinò talmente tanto velocemente che non se ne accorse subito, gli prese il colletto della maglietta e glielo strinse forte, mentre Zayn si alzava facendo cadere lo sgabello per terra e mettendo un braccio tra i due. «Fermi, fermi»
«Io sono maturo, e non c’è bisogno che un cocchiere di quattro soldi me lo rinfacci!» gli sputò a qualche centimetro dalla faccia.
Louis gli appoggiò le mani sul petto e cercò di allontanarlo, senza far distogliere gli occhi dal suo sguardo magnetico. «Sei un ignorante
Zayn cercò di intromettersi con tutto il corpo tra i due, ma Niall con il braccio libero scagliò un pugno sulla mascella di Louis, facendolo cadere per terra. Il moro si portò una mano al mento, massaggiandoselo piano, mentre Zayn appoggiava entrambe le mani sulle spalle del biondo e lo riportava dietro il bancone da lavoro, facendoli stare quanto più lontani possibile. Niall da sopra il corpo di Zayn si agitava come un forsennato e gli puntò l’indice contro, mentre Louis si metteva piano in piedi appoggiandosi al muro dietro di lui. «Se Margot non avesse bisogno della tua presenza qui, sappi che io ti avrei buttato in mezzo alla strada a calci in culo, hai capito, minchione?!»
«Niall, smettila!» Zayn lo bloccò con entrambe le braccia, poi prese il martello in mano. «O giuro che te lo sbatto in testa»
«Vaffanculo!» disse Louis.
Maura Horan tornò in quel momento dal suo lavoro pomeridiano, scostando la tendina e prendendo Louis per le spalle. «Basta!» tuonò, facendo allontanare il cocchiere, «O uccido entrambi!» spinse Louis fuori di casa, controllandogli la mascella. «Vatti a fare un giro, e sbolli la rabbia, okay?»
Il ragazzo fece un urlo di frustazione e gridò così tanto da farsi sentire da Niall nell’officina. «Tutto quello che io penso è la pura realtà, e non passerà troppo tempo che anche voi ve ne accorgerete, e sarà solo colpa tua, Niall, tua!» poi si allontonò scostando la gente in mezzo alla strada che lo guardava con tanto di occhi, mentre Maura si metteva le mani al bacino e lo guardava sconsolata, non potendogli non dare ragione. La situazione stava assumendo una piega del tutto sbagliata.



Giunse la sera, e di Louis ancora non c’era traccia, non aveva ancora fatto ritorno, nonostante fosse passato di un’ora il coprifuoco. Bob Horan si alzò dalla tavola apparecchiata e guardò tutti i presenti. «Dobbiamo andarlo a cercare»
Zayn se n’era andato dopo la sfuriata dei due ragazzi, e ora al tavolo Margot, Giselle e Niall si scambiavano delle occhiate eloquenti.
«Io non vado» disse Niall mentre si portava un pezzo di pane in bocca. «Se fosse per me, potrebbe anche morire»
«Niall!» urlarono in contemporanea Giselle e la principessa. «Capisco che siate entrambi arrabbiati, ma non si augura mai una cosa del genere»
«E' solo un coglione!» esclamò il biondo guardando la sorella con tanto di occhi. Poi abbassò lo sguardo dopo che suo padre ebbe sbattuto il palmo della mano sul tavolo in legno della cucina. Maura guardava preoccupata il posto di Louis, sentendosi in colpa per averlo mandato via, mentre Margot si chiedeva dove potesse essere finito. Erano fin troppi giorni che passavano il loro tempo a litigare, e la principessa, nonostante tutto, ne era amareggiata. Sì, perché, invece di battibeccare, avrebbe dovuto ringranziarlo per averle permesso di portare avanti il viaggio, superando qualsiasi ostacolo che le si fosse presentato davanti. In quell’avventura, la figura del cocchiere era molto importante, e Margot aveva incominciato a pensarci veramente dopo la sfuriata e le parole che le aveva lanciato contro in quell’attimo di furia improvvisa.
Niall osservava la principessa pensierosa, non potendo fare a meno di ragionare su tutta la questione. Nonostante provasse un’antipatia innata nei confronti del cocchiere, in quanto nell’ultimo mese si era dimostrato molto indisponente nei confronti di tutti, non poteva non dargli ragione. E non poteva neanche prendersela con Margot. La colpa di tutto quello era solo sua.
Se non si fosse interessato a Margot fin dal primo momento in cui aveva messo piede in quella casa, con i vestiti logori, consumati e l’aria stanca dal tanto viaggiare, tutto il problema non sarebbe esistito. Se avesse messo un freno ai suoi ormoni, tutto di quella storia sarebbe andato bene. Louis aveva ragione, nessuno sarebbe uscito indenne da quella storia malsana e inutile, ma come si può ostacolare un sentimento? Una persona come potrebbe privarsene? Margot gli piaceva troppo, con quei suoi modi pacati e gentili, sempre in ordine, la mania della pulizia, la volontà di aiutare.. le piaceva ogni singola cosa, e da quando avevano deciso di provare quell’avventura, la stava conoscendo di più ogni minuto che passavano a parlare.
Margot alzò lo sguardo e incontrò il suo, e Niall vi scorse la preoccupazione che le chiudeva lo stomaco, facendola solo giocare con le cose nel suo piatto, intatte. La principessa avrebbe potuto litigare con chiunque, ma il suo istinto regale le faceva sempre mettere prima gli altri al posto di se stessa, e Niall le voleva bene anche per quello.
«Lo vado a cercare io» disse il capo famiglia mettendosi in bocca un ultimo pezzo di pane.
Stava per avviarsi all’ingresso, lasciandosi alla spalle un clima carico di tensione di ogni tipo, quando la tendina di ingresso venne spostata velocemente, con un Louis che si inginocchiava per terra con l’affanno e una mano attaccata ad un ginocchio, mentre faceva dei grossi respiri per calmarsi. Tutti si misero di scatto in piedi, ma la prima a raggiungerlo fu Maura che si inginocchiò di fronte a lui e lo strinse in un abbraccio.
«Stai bene, ero così in pensiero per te!»
Ma Louis la scostò con una mano, alzando lo sguardo su tutti gli altri che gli si erano radunati accanto. Aveva ancora l’affanno, ma almeno era capace nuovamente di parlare. «St..Sta..»
Margot gli si avvicinò, mettendosi avanti a tutti gli altri. «Cosa è successo? Dove sei stato!?»
Louis prese un grossa boccata d’aria e le puntò gli occhi leggermenti arrossati addosso, con i vestiti un po’ bagnati dall’umidità. «Sta arrivando!» disse con un unico fiato, dopodichè venne messo in piedi, ma si sporse verso Margot e le diede una spintarella con la mano. «Devi..nasconderti..» sussurrò, stanco per la corsa e i capelli appiccicati alla testa.
«Cosa?» Giselle si avvicinò alla principessa, mettendosi al suo fianco. «Perché?»
«Sta..»
«"sta" cosa? Muoviti, pirla!» urlò Niall infastidito da tutta quella presa di tempo.
Bob gli lanciò un’occhiataccia. «Sta’ zitto»
«Sta arrivando!» esclamò Louis a voce più alta, mentre faceva un segno al piano di sopra. «Vai, Margot!»
«Ma chi sta arrivando!?» esclamarono Giselle e Niall insieme, ma la principessa, vedendo lo sguardo annebbiato di Louis, le mani animate da un leggero tremolìo e le labbra in un’inclinazione preoccupata, capì tutto, e collegò la lettera di Liam.
«Harry» disse in un sussurro, sentita da tutti in un attimo di silenzio. «Sta arrivando Harry»





Spazio autrice
CIIIIIIIAAAAAAAAAAAAAAAAAAO A TUTTI, come state? Spero tutto bene :)
Intanto, prima di iniziare vorrei augurare buona fortuna a chiunque debba sostenere degli esami questa settimana. Andrà tutto bene se avete studiato :)
Okay, passiamo al capitolo.
In ordine, vediamo Louis e Margot che litigano, seguiti da Tomlinson e Horan che intavolano una rissa che viene soppressa (o meglio, cercato di sopprimere) da Zayn e, in piccola parte da Maura che, una volta che Louis è scomparso, si sente in colpa.
E così arriviamo alla parte più importante: Harry sta arrivando, ragazze!
Cosa vi aspettate che accada, a questo punto? A tal proposito, ci tengo a dirvi che molto probabilmente la settimana prossima aggiornerò tipo mercoledì o giovedì, semplicemente perché, andando a mare, non ce la faccio con i tempi ahahah. Se vedete che mercoledì/giovedì non vi è alcun aggiornamento, significa che è sabato regolarmente :) okay, quello che ho detto è un casino ma vabbè, spero il messaggio sia arrivato.
Non uccidetemi per aver interrotto il capitolo in questo modo, perché ci saranno tante altre cose che succederanno e vi dico che d'ora in poi Margot avrà molti problemi a cui tener testa.
Non vedo l'ora di farvi leggere il prossimo capitolo, MAAAAMMMAAAA MIA.
Okay, ora mi dileguo perché devo prepararmi per uscire.
Lasciatemi un vostro commento al riguardo.
Love you all
Elisa :)





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Capitolo 17
*** He's arrived ***






He's arrived




«Devi andare!» Giselle inziò a spintonare Margot, ma la principessa aveva i piedi puntati per terra, mentre Niall aveva lo sguardo spalancato e incredulo. Louis era sorretto da Maura che lo accompagnava sul divano in cucina, mentre Bob Horan incominciava a chiarire brevemente come si sarebbero dovuti comportare nel caso il principe scozzese fosse giunto lì realmente. Poi il capofamiglia si girò verso Giselle e Margot, la quale continuava ad avere lo sguardo vacuo, ripetendosi sotto voce "è impossibile".
«Giselle...» il padre fece un pausa, guardandola leggermente ansioso, con gli occhi che vagavano per tutto l'ingresso. «.. portala da Zayn. Loro non hanno una cantina?»
«Ma papà-»
«Fallo» l'ammonì Maura mentre dava un bicchiere d'acqua a Louis. La signora Horan si girò verso il cocchiere e gli accarezzò la testa come se stessa avendo a che fare con un figlio ammalato. «Ti conosce?»
«Non ne ho idea» le rispose lui con un fil di voce, mentre nel cuore della sera, con il silenzio che aleggiava sulle strade, Giselle spintonava Margot fino a casa di Zayn, che era sul fondo della stessa via in cui abitavano. La principessa camminava come un'automa, una bambola priva di vita che doveva essere mossa per forza da qualcun altro. Giunti di fronte alla casa, Giselle bussò rapidamente, e le andò ad aprire Waliyha. 
«Qual buon vent-» Ma non fece in tempo a farla finire di parlare che Giselle entrò di soppiatto in casa, con Waliyha che richiudeva la porta basita. «Cerchi Zayn?»
«E' al piano di sopra?» chiese la ragazza, con Margot che si torturava il labbro tra i denti.
« Sì, ma perchè c'è Chant-»
«Vado da lui» Giselle strinse la sua mano intorno al polso di Margot e si mise a correre sulle scale, aprendo la porta di Zayn senza bussare.
Il ragazzo era steso a letto con le caviglie accavallate, e solo con una camicia bianca addosso e un paio di boxer. «Giselle?» disse alzandosi subito grattandosi la nuca.
«Oh..ehm, scusa, ma..»
«Avrei preferito che mi vedessi in questo stato in altre circostan-»
«Harry» disse Margot puntandogli gli occhi scuri addosso. Dirlo nuovamente a voce alta le fece accapponare la pelle. Com'era possibile che Harry fosse andato a Londra, proprio in quel quartiere dove lei aveva deciso di trovare asilo? 
«Harry chi
Giselle si schiaffeggiò la fronte e fece entrare Margot nella stanza, stando attenta a non abbassare lo sguardo. «Devi aiutarmi a nasconderla»
«Perchè proprio io?»
«Sono domande da fare?» disse Giselle incenerendolo con lo sguardo, poi fece un cenno al piano di sotto. «In cantina. Per favore, Zayn, è importante. Non abbiamo idea di quanto tempo abbiamo..»
Zayn si prese la piastrina d'argento della sua collana e se la mise in bocca, stringendola con i denti. Si avvicinò alle ragazze e prese Margot per l'avambraccio. «Se mi vengono ad uccidere, giuro che ti ammazzo»
«Come faresti ad uccidermi da morto?» disse Margot mentre i membri restanti della famiglia Malik la osservavano preoccupati. Yaser non aveva ancora avuto modo di conoscerla, mentre Doniya svolgeva la funzione di donna di casa, con Waliyha impegnata ancora nella scuola. 
«Anche in momenti come questi, ti credi simpatica» Zayn sbuffò e imboccò le scale che portavano nello scantinato, con Giselle subito dietro Margot.
Aprì una porticina in legno e la fece entrare facendole abbassare la testa. L'aria era satura dell'odore di vino, di legno e muffa, e tutta la parete era coperta da barili pieni. Zayn le fece cenno di avanzare, con Margot che si stringeva tra le braccia per la temperatura più bassa lì sotto.
«Ma mi spiegate che sta succedendo?» disse Zayn con le sopracciglia sollevate. Giselle gli appoggiò una mano sul petto, facendolo indietreggiare e scostando con una mano la porticina con l'intenzione di chiuderla. 
La ragazza si girò verso di lui e gli disse semplicemente «Te ne parlo subito»
Si girò verso Margot e la guardò dopo aver inghiottito a vuoto. La principessa incominciò a tremare, con i denti conficcati nel labbro inferiore e la pelle d'oca sulla braccia. «Zayn, dalle una coperta»
Il ragazzo ne recuperò una da una mensola lì vicino e gliela gettò, poi Giselle riprese a chiudere la porta guardando la sua nuova amica. «Tornerò a prenderti presto» poi la chiuse, lasciandola nell'oscurità. Margot sbuffò rumorosamente, non sapendo se il freddo che stava provando fosse solo per la temperatura bassa lì sotto. Harry era lì, e la stava cercando. No, non poteva trovarla, non adesso. Margot si strinse la coperta sulle spalle, mantenendosi i due lembi uniti all'altezza del collo e si avviò verso la parete, con una mano appoggiata sul muro alla sua destra per guidarsi. Quando scorse un piccolo angolo libero, si mise di spalle e si lasciò scivolare lungo la parete, fino a sedersi per terra. Si avvicinò le gambe al petto, con la gonna che le si accorciò sulle ginocchia e nascose la testa tra le gambe, nel silenzio più assoluto, solo con l'ansia che le grava addosso e la preoccupazione per quello che sarebbe potuto accadere. 



Quando Giselle spiegò brevemente la situazione a Zayn, tornò subito a casa, trovandosi un Niall seduto al tavolo della cucina e i genitori che parlavano sommessamente nell'officina, Louis seduto ancora sul divano, con il bicchiere stretto in mano. Quei due da soli in una stanza.. non era una situazione che Giselle avrebbe sopportato volentieri, ma prese posto anche lei al tavolo, sbattendo un piede per terra ritmicamente. Niall aveva le braccia stese e le mani chiuse a pugno con la mascella serrata e gli occhi fissi sui suoi pollici che giravano intorno a loro stessi. Il piede che sbatteva di Giselle gli urtava i nervi più di quanto facesse tutta la situazione. Il principe Harry era veramente venuto per Margot? No, non poteva accettarlo. Louis tossì e Niall chiuse le mani a pugno, sbattendole sul ripiano del tavolo. «La smetti, cazzo?»
Louis sgranò gli occhi e si staccò dalla spalliera del divano, con gli occhi puntati in quelli del biondo che erano del suo stesso colore.
«Io non ho fatto proprio niente»
«Smettetela» sibilò Giselle lanciandoli occhiate infastidite. 
«Se la situazione non gli va a genio è perchè..»
«Louis, non è il momento» disse la ragazza, poi si sentì la tendina dell'officina aprirsi con un rumore di stoffa strappata e i signori Horan si inchinarono velocemente. 
«Buonasera, Altezza»
Niall puntò lo sguardo sotto l'arcata della porta d'ingresso e si alzò facendo strisciare rumorosamente la sedia, Louis e Giselle lo imitarono e si avvicinarono tutti e tre nell'ingresso, con il capo chino. Quando furono davanti ad Harry, si inchinarono rispettosamente, con l'ansia che bloccava ogni loro respiro. 
Il principe teneva un braccio che manteneva la tendina aperta e abbassò la testa per entrare nell'ingresso della piccola abitazione, con un angolo della bocca sollevato verso l'alto.
«Quale onore» disse Bob inchinandosi a terra, sostenendo il corpo su un ginocchio, mentre Giselle si allargava due lembi della sua gonna scolastica.
«Il piacere è il mio di vedere gente educata come voi» il suo accento del Nord era molto marcato, e fece rizzare i capelli sulla nuca di Louis. Aveva paura che lo conoscesse, ma non si erano mai visti, come avrebbe potuto? 
Harry lasciò cadere la tenda con un rapido gesto, l'abito blu notte che gli fasciava il corpo snello e alto, le mani unite nel basso ventre e gli occhi che osservavano qualsiasi membro della famiglia. Niall si sentì i suoi occhi premergli sulla testa e sollevò lo sguardo, con la fronte aggrottata e le sopracciglia arcuate verso il basso. Non lo conosceva, e già gli stava sulle palle. Harry aveva i capelli ricci che gli ricadevano ai lati della testa, con una fossetta in bella vista là dove le sue labbra erano inclinate in un sorriso di gentilezza. «Ma quanti siete, qui dentro?»
«Come mai è venuto proprio qui, Altezza?» disse Niall guardandolo a viso aperto, infischiandone se potesse in qualche modo apparire maleducato.
Harry si girò a guardarlo e allargò le sue labbra in un ampio sorriso. «Non avete risposto alla mia domanda»
«Siamo solo noi, quelli che vede, Altezza» Maura tenne lo sguardo abbassato, lo voce mantenuta ferma. Nessuno avrebbe dovuto far trapelare niente.
Harry si mise le mani intrecciate dietro la schiena, e iniziò a passare davanti a tutti loro, senza posare lo sguardo su nessuno in particolare. «Ho saputo, dopo che alcune guardie hanno fatto i giri dei quartieri..» "e distrutto casa" avrebbe voluto aggiungere Niall, ma si stette zitto, altrimenti la situazione si sarebbe potuta complicare ulteriormente. Poi gli venne un lampo di genio. Quella guardia aveva davvero fatto rapporto sulla sua casa e su Margot? 
«..che in questa casa, oltre a questa splendida fanciulla» disse Harry fermandosi davanti a Giselle e facendola mettere in piedi, prendendole la mano e baciandone il dorso, «n'è presente un'altra che, se non erro, è originaria dell'Irlanda» si fermò in piedi di fronte a Niall, si schiarì la gola e lo fece mettere in piedi di fronte a lui, con le spalle irrigidite.
«Nostra cugina, Chantal»
«Mmm» mugugnò Harry rigirandosi un anello argentato che aveva al dito medio «un nome incantevole. Dov'è?» chiese, sollevando di poco le sopracciglia. Maura e Bob drizzarono le spalle, rimanendo attaccati alla parete, Giselle prese a dondolare da una gamba all'altra e Louis, nonostante fosse dritto, aveva lo sguardo perennemente abbassato.
«Allora?» esortò il principe, dopo un leggero colpo di tosse.
Niall trasse un profondo respiro. «Non è qui»
Harry si portò una mano vicino alla bocca sopprimendo una risatina. «Me ne rendo conto, ma dov'è adesso?»
«Non è qui» ripetè Niall impassibile.
Harry si fermò di fronte al suo volto, non era molto più alto, ma la sua figura era molto più imponente. «Allora..» disse puntando gli occhi verdi in quelli azzurri del biondo, e sollevando una mano. Fece scattare le dita e un gruppo di guardie entrò nella casa, spintonando qualsiasi cosa. Si fermarono dietro il principe scozzese e attesero. Giselle gonfiò il petto, mentre Louis, piano, faceva un passo indietro così impercettibile che nessuno se ne rese conto. «Non vi dispiacerà se le mie guardie perlustrano un po' l'abitazione» Harry fece un cenno del capo e il gruppo si disperse, tranne una guardia che venne bloccata da Harry e rimase accanto al principe. 
Le guardie erano persino molto più violente di quelle venute un po' di tempo prima, lanciavano i cassetti per aria, gettavano tutto per terra e rompevano qualsiasi cosa apparisse loro sospetta. Ad ogni lancio, tutti chiudevano gli occhi, mentre la casa Horan veniva completamente distrutta.
Niall serrò le mani in due pugni allungati contro i fianchi, Giselle si strinse le labbra, mentre Louis rimaneva ancora zitto. Harry, davanti tutti loro, rimaneva fermo, con le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo puntato su Niall. «Tu sei molto legato a questa fanciulla?»
«Sì» non disse altro, si sarebbe dovuto accontentare. Ma ovviamente il principe si era prefissato un obiettivo: avrebbe raso al suolo l'abitazione, piuttosto che tornare a casa a mani vuote. Se non avesse trovato Margot... Niall chiuse le palpebre per un attimo e tornò subito con lo sguardo inchiodato sul principe. «Notizie della principessa Margot?»
Harry abbassò la testa e sorrise, facendo apparire quelle fossette che lo rendevano più piccolo di quanto non fosse. Niall giurò avesse la sua stessa età.
«E' quello che sto cercando di capire»
«Credete sia qui?» Forse se ne avesse parlato così apertemente, non avrebbe creduto possibile la presenza della ragazza lì.
Harry si schiarì la gola, e all'improvviso il suo sguardo si rattristò, «Non ho idea di dove possa essere» Fece un colpetto di tosse e si portò il pugno alla bocca, con gli occhi lucidi, senza rispondere veramente alla domanda di Niall. «Mi manca troppo, e sono disposto ad ispezionare ogni angolo della Terra per ritrovare la mia promessa sposa»
A Niall venne da vomitare e indurì i muscoli, avrebbe tanto voluto prendere a pugni quel bel principino che gli stava di fronte, rimandandolo in Scozia con un occhio nero e, perchè no?, anche con qualche costola rotta.
«La troverete» disse in un sussurro mentre dal piano di sopra il rumore era impossibile, sembrava che le guardie stessero rovistando persino nel pavimento, togliendo ogni asse di legno di cui era fatto.
Harry si ricompose e fece un breve sorriso. «Ovviamente, non potrà mai andarsene»
«Signore..» una guardia si sporse sulle scale con un cappello inclinato su un lato della testa. «Non c'è nessuno, in casa»
«Dov'è questa Chantal, signor...?» disse Harry guardando Niall in viso.
«Niall» Il biondo indurì la mascella e chiuse gli occhi, fingendo amarezza. «E' partita, è tornata in Irlanda»
Ci fu un attimo di silenzio in cui i respiri di tutti si condensavano e facevano tremare l'aria. Poi il principe proruppe improvvisamente: «E tu chi saresti?» fece Harry girandosi verso di Louis. Iniziò a girargli intorno, poi quando fu alle sue spalle, schioccò le dita e la guardia che gli era rimasta accanto lo prese per le braccia trascinandoselo dietro. 
«No, no!» Giselle si sporse in avanti ma giunse un'altra guardia, mettendosi di fronte a lei. Louis urlava e si dimeneva, cercando di liberarsi dalla presa ferrea del braccio destro di Harry, mentre il principe ritornava su Niall. Giselle guardò il riccio e lo soppesò con lo sguardo. «Perchè sta prendendo lui?» disse con la voce rotta, mentre la guardia tappava con una mano la bocca di Louis che veniva lentamente trascinato fuori di casa. 
«Sbaglio, o è lui il ragazzo che quando ci ha visti è scappato in questa direzione?» disse Harry girandosi verso la guardia in cima alle scale.
«Sì, Altezza. E' proprio lui»
«Bene» Harry posò il suo sguardo su Giselle, sorridendole con un angolo della bocca, anche se nella sua voce non vi era nessuna gentilezza. «Perché mai un ragazzo sarebbe scappato in questo modo alla mia vista, venendo proprio qui?»
Niall strinse i pugni così forte che le unghie gli si ficcarono nella carne. Harry si girò verso la guardia, la quale trascinò Louis in mezzo alla strada, sottraendolo alla loro vista.
«Oddio, no!» Giselle lanciò un'occhiata a Maura la quale era bianca come un lenzuolo, Bob che le stringeva le spalle, mentre una cassettiera volava dal piano di sopra.
«Perchè disperi in questo modo?»
«E' nostro cugino!» disse Giselle. In quel mese e mezzo avevano detto più bugie, che avrebbero potuto scrivere un libro. La pecca era che prima o poi il libro sarebbe finito, mettendo un punto in tutto quello, e la trama che ne stava uscendo non era per niente piacevole.
«Lasciatelo andare» sputò Niall, guardando Harry in quegli occhi verdi che non avevano nessuna gentilezza, nessuna bontà d'animo. Com'era possibile che Margot lo ritenesse buono? Un principe non avrebbe mai fatto una cosa del genere, o almeno senza avere una certezza.
«Tranquilli, non disperate» disse Harry semplicemente facendo un fischio arricciando le labbra. Tutte le guardie tornarono al piano di sotto, uscendo sulla strada come un fiume in piena a cui sono stati sottratti i margini, libero di fluire ovunque voglia. «Non gli farò niente, ci mancherebbe pure. Solo che sarà con me, fin quando non ritroverò Margot»
Niall dilatò le narici, con la schiena dritta e le braccia che, fremendo di colpirlo in quel bel faccino, tremavano visibilmente, mentre Harry continuava a sorridere come se non fosse accaduto niente.
«E' stato un piacere, e scusate il disturbo» indietreggiò e fece una breve riverenza. Maura e Bob si inchinarono, Giselle inclinò leggermente la testa in avanti, mentre Niall rimase com'era: non poteva rispettare una persona del genere. Harry non gli tolse gli occhi di dosso, continuando ad avere un angolo delle labbra sollevato verso l'alto, quando quegli occhi luminosi avrebbero voluto dire dell'altro senza dubbio. Indietreggiò e scostò la tendina, voltandosi piano. Prima però di lasciare l'abitazione, girò la testa verso destra, osservando i famigliari Horan con la coda dell'occhio, poi abbassò il capo e scomparve, facendo oscillare la tenda dopo la sua scomparsa.
Giselle si accasciò a terra e scoppiò a piangere con le mani chiuse a coppa davanti alla faccia, Maura venne accompagnata in quella che sarebbe dovuta essere la cucina - tanto era mal ridotta - mentre Niall in un impeto di rabbia si girò verso il muro e picchiò i pugni con violenza sulla parete. Odiava Louis, lo odiava come solo un uomo può fare, ma perchè ci era andato di mezzo lui? Niall si prese i capelli e sedette a peso morto a terra, seppellendo la testa tra le ginocchia tirate al petto, urlando frustrato, mentre in fondo alla cantina, nella casa Malik, Margot continuava a dondolarsi, impaziente di tornare da loro, e pregando che tutto andasse bene.





Spazio autrice
CIIIIIAAAAAAAAAAAAAAAO a tutti!
Come potete ben vedere non ho aggiornato mercoledì perché oggi non sono andata a mare, e quindi ecco il mio solito aggiornamento.
Non potete capire quanto sia felice di postare questo capitolo, e spero che l'attesa sia stata ben ripagata.
E' uno dei miei capitoli preferiti perché finalmente si ha il primo scontro frontale tra Niall ed Harry, mentre Margot viene allontanata e tenuta nascosta. In tutto questo solo Louis ci va di mezzo, e ciò darà la spinta ai personaggi di comportarsi in un determinato modo.
Giunti a questo punto, vorrei dirvi che abbiamo superato la metà della storia e mi piacerebbe molto se voi poteste dirmi qualcosa riguardo il finale di questa storia. Cosa accadrà a questo punto?
Rispondete tra tre, due, uno....VIA!
Vi avviso che d'ora in poi incominceranno i veri problemi e la storia prenderà un'altra piega, sperando che voi tutti riusciate a starne al passo e a comprendere l'andamento.
Vi voglio un mondo di bene, davvero, e grazie per essere ancora qui e per aver messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate, mi fa un enorme piacere. Un grazie in particolare va a llain perché è sempre presente ad ogni capitolo e te ne sono grata :)
Love you all e ci vediamo sabato prossimo, se non prima :)
Un bacione immenso, 
Elisa.


p.s siccome ora lo stanno facendo tutti, voglio lasciarvi un piccolo spoiler del prossimo capitolo :)

«Non posso lasciare che abbiano Louis con loro!» disse lei sputando fuori tutto quello che aveva dentro. «Non posso lasciare che tengano lui perché io non mi sto facendo trovare, lui non doveva andarci di mezzo!»
«Margot, lo vuoi capire che ora siamo tutti in mezzo a questa storia?»

p.p.s se siete su twitter, cercatemi anche lì così da poter rimanere in contatto! Sono @_xsmiling, mentre su Wattpad sono xsmiling :)

Grazie, santa bellezza.



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Capitolo 18
*** Nothing is like it used to be ***






Nothing is like it used to be




Giselle andò a recuperare Margot dopo un'ora che Harry se ne fu andato, trovandola rannicchiata e addormentata nell'angolo della cantina, con la coperta che le fasciava tutto il fragile corpo. La chiamò scuotendola per una spalla, e la principessa capì fosse successo qualcosa dallo sguardo di Giselle, completamente offuscato dalle lacrime, e da Zayn dietro di lei che la guardava con la fronte corrugata.
«Hanno preso Louis.»
Margot si stava alzando quando le arrivò la notizia e sarebbe crollata nuovamente se la ragazza non l'avesse sostenuta con le braccia esili. Un macigno le opprimeva i polmoni, impedendole di respirare, la stanza troppo piccola e il cuore che le martellava contro il petto come se fosse stato sul punto di scoppiarle. Zayn accompagnò entrambe a casa Horan, mentre Maura rialzava da terra un mobile rovesciato completamente distrutto. Margot rimase con lo sguardo perso nel vuoto, mentre Niall le si avvicinava e la stringeva tra le braccia.
Non c'era niente da dire, tutto era successo per colpa sua.
Margot si staccò da Niall e lo guardò negli occhi, quell'azzurro macchiato di rosso che si spostava piano su tutto il suo viso, accarezzandole delicatamente gli zigomi con i pollici. «Ho provato a fare qualcosa, ma..»
Giselle si inginocchiò a riprese a piangere, e Zayn le offrì la sua spalla, cullandola come un bambino che non aveva la benchè minima voglia di dormire durante la notte.
«Come..perché..»
Bob si mise alle spalle del figlio e gliele strinse per infondergli coraggio. «Non gli faranno niente, però lo terranno con loro fin quand-»
«-io non tornerò al palazzo» terminò Margot annuendo e stringendosi la coperta sulle spalle, mentre in mezzo alla strada la gente lasciava le loro case per verificare cosa fosse successo e perché il principe Harry fosse andato proprio dagli Horan.
«Andrà tutto bene» la rassicurò Niall dandole un bacio sulla guancia. «Non gli faranno del male.»
«No» Margot si staccò da lui e si avviò al piano di sopra, scansando mobili distrutti e capi di abbigliamento sparsi per il corridoio, fin quando non raggiunse quello che era rimasto della sua stanza. Erano state staccate le assi dei letti, degli armadi e distrutto il vetro della finestra, da cui entrava un aria gelida che congelò il sangue nelle vene della principessa. Si accovacciò in prossimità del letto e tirò fuori da un piccola botola - completamente invisibile agli occhi - tutte le lettere di Liam, trovando sul fondo un minuscolo foglio di carta. Prese il calamaio e la piuma che si erano riversati per terra e gocciolavano piano sulle assi di legno e si avvicinò le gambe al petto per poterci scrivere sopra. Strinse la piuma in un pugno, con la mano che le tremava.
Stava andando tutto male. Non aveva previsto che sarebbe successo quello, nè tantomeno che Louis ci andasse di mezzo. Il cocchiere l'aveva accompagnata da quando si erano lasciati Monaco alle spalle, non poteva pensare che Harry lo stesse tenendo in ostaggio per avere indietro lei. Chiuse con forza gli occhi, lasciando scivolare le lacrime che si erano accumulate nell'angolo degli occhi, libere di scendere e solcarle le guance arrossate per la frustrazione e per il freddo. Intinse la piuma nel calamaio quasi svuotato, e puntò la punta sul foglietto, quando Niall diede un calcio ad una cassettiera rovesciata ed entrò nella stanza, fermandosi ad osservarla.
«Che stai facendo?»
Margot tirò su con il naso, «Devo tornare.»
«No!» Niall si fiondò su di lei e le bloccò il polso a mezz'aria, squadrandola con quei due pozzi azzurri, i loro visi talmente vicini.
«Non posso lasciare che abbiano Louis con loro!» disse lei sputando fuori tutto quello che aveva dentro. «Non posso lasciare che tengano lui perché io non mi sto facendo trovare, lui non doveva andarci di mezzo!»
«Margot, lo vuoi capire che ora siamo tutti in mezzo a questa storia?»
«Per colpa mia!» Lasciò cadere la piuma e si portò le mani in faccia, coprendola e scoppiando a piangere. Si era lasciata Monaco alle spalle per cercare la normalità, per provare a vivere come la gente solitamente faceva. Aveva trovato un mondo completamente diverso da quello che aveva abbandonato, pieno di gente che faticava per procurarsi da vivere, gente che non aveva alcun lusso e che si ritrovava per strada ad elemosinare, gente che doveva risparmiare tutta la vita per potersi permettere gli studi, cosa che da lei era necessaria e assolutamente obbligatoria, quando lì, in città, tutti avrebbero voluto istruirsi, ma non avevano alcuna possibilità. Era entrata in contatto con nuove abitudini, modi di fare, linguaggi diversi, fin quando non aveva trovato delle persone che la stavano aiutando in quella che non era più un'avventura, ma un ostacolo che si era posta davanti volontariamente. Sentì la presenza di Niall al suo fianco, e mentre le lacrime le rigavano di nuovo le guancie, pensò al suo cuore occupato dalla presenza di quel ragazzo splendido, ma non potè fare a meno di pensare a quando tutto sarebbe finito.
«Ti ho detto che andrà tutto bene, deve essere così per forza.»
Margot si passò il palmo della mano sulla guancia, portandosi indietro anche il ciuffo allungato e i capelli che ormai le avevano superato le spalle. «Devo tornare, Niall. Non posso lasciare che Harry...»
«Quando è il tuo compleanno, Margot?»
Lei aggrottò le sopracciglia, tirando su con il naso. «Come?»
«Quando farai 18 anni?»
«Il 31 ottobre.»
Niall le si inginocchiò avanti, schiacciando una camicetta bianca di Giselle completamente sporca e stracciata. «E' praticamente tra una settimana e mezza.»
La ragazza fece un sorriso triste, «Già.»
«E tu dovresti sposarti con ..» Niall fece una smorfia al solo pensiero. «.. con quello, quando?»
«Poco tempo dopo.»
Niall fece un'altra smorfia, sbuffando. «Come puoi dire che sia buono?»
«Mi ha trattata benissimo al palazzo, e mi sento in colpa di averlo abbandonato quando lui non mi ha fatto niente.»
«Non è chi credi che sia.»
Margot spostò il foglio di carta e allungò le gambe, aggiustandosi addosso la coperta in pile. - Come fai a dire ciò?»
«Basta guardare come si comporta!» Niall sbottò lanciando le braccia in aria. «Non può essere una brava persona, Margot, per niente.» Prese ad elencare sulle dita della mano, con lo sguardo puntato sulla ragazza che non riusciva a capire dove volesse andare a parare.
«Uno, non avrebbe mai lasciato che delle guardie distruggessero una casa; due, nonostante abbia fatto la parte 'dello sfortunato innamorato', non avrebbe mai preso una persona in ostaggio senza avere dalla sua parte delle prove certe.»
Margot rimase in silenzio, con lo sguardo puntato sul ragazzo.
«Un principe non si sarebbe comportato così, Margot, c'è qualcosa che non va proprio.»
«Vuole che io torni a casa..» ma Niall la interruppe nuovamente.
«Non credo sia solo questo.»
Margot contrasse le labbra e riprese il foglio. «Devo avvisare Liam» disse semplicemente, riprendendo in mano la piuma. Non credeva che Harry fosse 'cattivo'... un principe non dovrebbe provvedere alla sicurezza del suo Stato? Margot era indispensabile per Monaco, e lui voleva solo che la futura regina facesse ritorno.
Niall storse il naso appoggiando le braccia sulle ginocchia sollevate, il capo chino in mezzo alla gambe. «Non puoi tornare adesso. Se dovessi partire per Monaco, le colpe cadrebbero anche su di noi e Louis, e non credo tu voglia far peggiorare la situazione.»
Margot prese un profondo respiro e iniziò a scrivere a Liam, sperando in un suo aiuto.

***

Una settimana dopo, la casa era stata ripulita di tutti i mobili distrutti e, grazie alla disponibilità di Yaser, riuscirono a rimediarne alcuni, almeno per contenere i loro vestiti e le pentole in cucina.
Margot era preoccupatissima per Louis, non riusciva a non pensarci. Avrebbe voluto fare ritorno, ma tutti gliel'avevano impedito. Se fosse rimasta a Londra, chissà cos'avrebbero fatto a Louis; se avesse fatto ritorno a palazzo, la colpa sarebbe caduta su tutti gli Horan. Insomma, tutta la situazione si era tramutata in un'arma a doppio taglio.
Maura e Bob erano altrettanto preoccupati, Giselle passava ormai tutto il suo tempo con Zayn perchè non riusciva a sopportare quel clima teso in casa, mentre Margot aspettava che Liam le rispondesse. A Londra si era diffusa la notizia che il principe scozzese fosse passato da loro, e ogni mattina a scuola venivano riempite di domande. Dopo due giorni, Margot aveva smesso di frequentare la scuola, perché ad Harry era stato detto che la cugina Chantal se ne fosse andata.
Ormai tutto si era tramutato in un incubo a cui Margot avrebbe voluto mettere fine. Ogni sera pregava che Liam le rispondesse, che Louis stesse bene e che ogni cosa si sarebbe risolta. Non poteva sopportare di essere segregata lì dentro, chiusa in quelle quattro mura senza poter far niente. Il pensiero di essere poi anche litigata con Louis la fece sentire ancora più in colpa.
Stava per iniziare a piangere per l'ennesima volta quando l'uomo della posta fece capolino dalla tenda. Margot si fiondò su di lui e aprì la lettera, divorandola come una persona che non mangia da parecchio tempo, con Niall che salutava l'uomo e si mise accanto alla sua ragazza.

Chantal,
ho cercato di risponderti il prima possibile, ma la situazione è preoccupante. Ci sono molte più guardie a palazzo, Harry ormai è sempre qui e ci gira intorno come se fosse un avvoltoio in attesa della prossima carcassa. Quando ho ricevuto la tua lettera ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa, e ho perlustrato il palazzo per cercare di trovare Louis. Ho scoperto che è stato rinchiuso nelle segrete, ma non ho alcuna possibilità di raggiungerlo perchè Harry ha fatto posizionare delle guardie a controllare la sua sicurezza.
Questa situazione non mi piace proprio, e ho davvero paura che Harry sia fin troppo vicino a trovarti. Amanda si è ripresa, ma i tuoi genitori non appaiono più, è come se nel palazzo non esistessero, mentre il principe continua a girare in un circolo continuo.
Spero che ogni cosa vada bene, e che tu riesca a trovare una soluzione e a tornare quanto prima. So che la mia è una richiesta egoista, ma forse solo in quel modo tutti i tasselli andranno al posto loro.
Spero tu possa volutare la proposta. Confido in te.
Con sincero affetto,
Liam


«Lo dice anche lui» disse la ragazza indicando la proposta di Liam con l'indice. Louis era in prigione, doveva salvarlo, non meritava niente di tutto quello.
«Ma non sa che cosa sta succedendo qui, Margot. Ragiona un po'.»
La principessa si portò le mani alla testa, pensando attentamente. I suoi genitori stavano male, Liam e Louis erano in pericolo, Harry era perennemente al palazzo. Sicuramente perché voleva recare conforto ai suoi genitori in quel momento di debolezza...avrebbe resistito fino al suo compleanno, anche perché non poteva rischiare di fare una mossa falsa.
«Hai ragione» disse poi baciando Niall, nonostante fosse a conoscenza che tutto sarebbe finito in breve. «Devo aspettare solo un altro po'.»





Spazio autrice
Ciao a tutti, ecco il mio solito aggiornamento.
Prima di tutto volevo dirvi che i capitoli che si rincorreranno adesso saranno prettamente di passaggio (per i quali non impazzisco nemmeno), per cui credo proprio che durante il corso della settimana aggiornerò nuovamente. Quindi....stay tuned per mercoledì, 
Passando al capitolo.....
Adesso Margot vorrebbe tornare a palazzo, ma il tutto d'ora in poi potrebbe nuocere ambo le parti. La situazione si è totalmente ribaltata e la principessa avrà di fronte innumerevoli ostacoli da superare.
Non credo di avere altro da aggiungere, se non che Niall e Margot li adoro in ogni piccola cosa.
Ci vediamo mercoledìquando vedrete le due coppiette della storia in atteggiamenti molto teneri....ohw, quanto li amo, sia i Nargot sia i Gisayn. W le OTP.
Buon fine settimana.
Love you all, 
Elisa :)





 

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Capitolo 19
*** Stay with me ***






Stay with me




I giorni passavano rapidi, erano ormai in prossimità fine di ottobre e Giselle avrebbe dovuto affrontare il suo esame.
Il giorno 27 Zayn la accompagnò a scuola, mentre la ragazza era troppo agitata per intavolare una conversazione, con un vuoto mentale che la faceva andare nel panico. Niall e Margot erano dietro di loro, ma la principessa aveva uno scialle a fasciarle il capo così da nascondersi alla vista delle sue compagne. Solo Waliyha - che ormai aveva intuito qualcosa, senza dare nessun tipo di spiegazione nè facendo la spia - l'aveva notata, ma non disse niente a nessuno, facendo finta che fosse un fantasma per non attirare l'attenzione degli altri. L'esame si sarebbe tenuto in un'ampia classe utilizzata per le riunioni, in cui quel giorno solo gli studenti sarebbero potuti entrare. Margot guardò Niall, il quale le passò incurante un braccio sulle spalle, attirandola a sè e lasciandole un bacio tra i capelli, assaporando il suo profumo di margherite. La principessa non dormiva più la notte, non aveva altro pensiero che per i suoi genitori, Louis e Liam che non le aveva scritto più, mentre lei desiderava che le scrivesse degli aggiornamenti perché il silenzio la opprimeva. Niall le stava sempre accanto, sorreggendola quando la situazione la sovrastava, costantemente al suo fianco in qualsiasi momento. Non avrebbe mai voluto lasciarlo, stavano così bene. Louis l'aveva ammonita, ma Margot non credeva per niente che Niall fosse la note sbagliata in tutta quella falsa melodia che era diventata la sua vita. Se non fosse stato per le sue preghiere, lei sarebbe tornata seduta stante al palazzo a riprendere le redini della situazione e salvando il cocchiere, ma poi gli Horan avrebbero passato i guai e non se lo sarebbe mai perdonato, non dopo tutto quello che stavano continuando a fare per loro. Maura e Bob stavano lavorando quella mattina facendo i doppi turni per soddisfare le esigenze dei londonesi, mentre loro quattro erano ormai in prossimità dell'ingresso. «Tu hai già fatto l'esame?» disse Niall sussurrandole all'orecchio. Margot annuì con il capo, facendo cadere sugli occhi la frangetta che si era fatta accorciare. 
«Sì, l'ho fatto circa 5 mesi fa.»
«E perchè continui a studiare?» chiese il ragazzo facendo arretrare entrambi dalla folla agitata di tutti gli studenti in trepidante attesa che il cancello venisse aperto.
Margot sollevò lo sguardo su di lui e gli diede un leggero bacio sulla punta del naso, «Perchè io non studio questo tipo di materie. Studio l'etichetta, il portamento principesco...» si rabbuiò. Ora come ora, parlare del palazzo le faceva male come non aveva mai fatto in quei quasi due mesi in cui era stata lontana. Aveva pensato a tutto negli ultimi giorni, oltre a Louis, anche ai suoi genitori. Se n'era andata così, senza dire niente perchè era arrabbiata con loro per averle programmato la vita a sua insaputa, quando avrebbe voluto fare tutto da sola e decidere per conto suo. Ma al castello ciò non era possibile, doveva sottostare a delle regole, ai programmi...era partita per ritrovare la normalità di cui era stata privata, ma non aveva ancora idea del piatto d'argento che il destino le stava per mettere sotto al naso.
Niall annuì comprensivo senza premere contro la sua volontà, mentre più avanti i cancelli venivano aperti e la folla di studenti si accalcava per entrare. Giselle abbracciò Zayn con tanta forza da fargli mancare il respiro. «Ehi, ehi» disse il ragazzo allontanando le sue braccia. «Così mi uccidi!»
La ragazza lo liberò e si strinse tra le braccia, mentre intorno a lei le sue compagne - inclusa l'invidiosa Jeanine - la squadravano per stare con un tipo come Zayn. Il ragazzo le sollevò con un dito il volto abbassato e le piantò gli occhi scuri addosso. «Andrà bene, vedrai.»
«Non mi ricordo niente!»
«Ma dai!» sdrammatizzò Zayn sorridendole a trenta due denti. «Pensa che anche io ho affrontato questo esame e vedi dove sono arrivato.»
«Ehm..» Giselle abbassò lo sguardo sul suo corpo, riportando i suoi occhi sul suo viso. «Crei carrozze, Zayn.»
«E quindi? E' sempre un lavoro!»
Fece sorridere la ragazza e Giselle poi prese a saltellare sulle punte in trepidazione. «Ora vomito per l'ansia.»
«Senti» Zayn le prese le mani, bloccandola. «Pensa a tutti quelli che verranno dopo di noi, che si porteranno un bagaglio storico molto più imponente, ne sono sicuro. Chissà quante cose succederanno, per cui ritieniti fortunata.»
La ragazza sorrise e gli scoccò un bacio sulla guancia, allontanandosi, però Zayn le afferrò il polso, bloccandola. Le si mise di fronte e si portò le mani dietro alla nuca, sciogliendo il gancio della sua collana. «Okay, so che ci sono persone che fanno regali molto più costosi di questo ma..» fece ondeggiare la collana tra di loro, poi Giselle gli sorrise e scostò i capelli su un'unica spalla. 
«Sì?»
Zayn sorrise di ricambio e si mise alle sue spalle, attaccandole la collana, la medaglietta d'argento che le si posava sul petto messo in risalto dal corpetto stretto. Dopo averle lasciato un bacio a fior di pelle sulla spalla scoperta, le fece ritornare i capelli sulla schiena e le si mise di fronte, prendendole le mani e stringendole forte. «Quel medaglione non è niente di che, non l'ho mai tolto, ed è una specie di porta fortuna. Te lo voglio dare perché sì, almeno la sorte sarà benevola in questo esame, e poi se avrai paura stringilo forte e pensa che io sono con te.» Giselle sorrise di gioia e gli gettò le braccia al collo, baciandolo teneramente. 
Margot sorrise di rimando e girò il capo, in imbarazzo, mentre Niall sorrideva di quel comportamento.
Quando si staccarono, Giselle fece sfiorare i loro nasi, sorridendo sulle sue labbra. «Ti amo, Zayn.»
Il ragazzo restò immobile, come impietrito. Non aveva mai detto niente del genere così apertamente, per cui di fronte a quell'espressione inziò a saltellare come un bambino girandole intorno, poi le baciò la fronte e le diede una spintarella. «Ti amo anch'io Giselle, ma ora vai, o questo esame non lo farai e non ci sposeremo!»
La ragazza indietreggiò e sorrise, salutando con la mano anche Margot e Niall. Quando entrò nell'edificio, Zayn si girò verso loro due e si unì al piccolo gruppetto. Si portò una mano al petto, dove la camicia lasciata sbottonata per metà faceva intravedere i pettorali scolpiti. «Mi sento vuoto, senza quel medaglione...»
Niall gli diede una potente pacca sulla spalla, «Ma dai!»
Ma Zayn poi sorrise, «Ma sono contento che ce l'abbia lei» disse sollevando lo sguardo verso la scuola in cui Giselle avrebbe dato prova della sua maturità.



L'esame iniziò nel pomeriggio, e Giselle fece ritorno a casa che ormai era ora di cena. Aveva spaventato tutti, rientrando nell'abitazione con un volto cupo che fece accorrere Zayn.
«Dimmi che è andato bene..»
La ragazza tirò su con il naso, mentre rilasciava la tendina dietro di lei, la giacchetta che aveva addosso era sbottonata. Zayn le prese le mani. «Allora?»
Giselle sollevò gli occhi colmi di lacrime, con gli angoli della bocca inclinati verso il basso e le gote arrossate per il freddo. Abbassò le palpebre, mentre Zayn incurvava le spalle dispiaciuto, vedendo le lacrime della ragazza scorrerle sulle guance, ma poi Giselle scattò sull'attenti e gli diede un colpo sul petto. «L'ho passato con il massimo!» urlò facendo scoppiare tutta casa, contagiando tutti con la sua allegria. Zayn la prese per la vita e la fece roteare, facendole sbattere il medaglione sul petto. Quando la riportò a terra, Giselle prese il ciondolo e lo baciò: «Avevi ragione.»
«Visto? Sono un genio, basta.»
Tutti si strinsero intorno alla ragazza, abbracciandola e riempendola di baci, mentre Margot rimaneva un tantino indietro. Era davvero contenta che la sua amica avesse superato l'esame, ma tutta quell'allegria non fece altro che peggiorare il dolore che proveva all'altezza del petto. Il mondo intorno a lei, in quel momento, era a colori, quando dentro sentiva solo un'oscurità che voleva sopraffarla. Niall le fece un cenno con la mano, e si stampò sul volto un sorriso da riservare solo a Giselle. Quando la strinse in un abbraccio, si complimentò con lei per essere riuscita a raggiungere l'obiettivo, e la ragazza le sorrise di rimando: «Grazie a te per avermi aiutato a studiare.»
Margot sorrise dandole un bacio. Negli ultimi giorni l'aveva aiutata parecchio, ma solo perchè erano cose di cui lei era già a conoscenza e quindi le risultava molto facile, ma comunque non avrebbe mai potuto rinunciare ad aiutarla quando invece Giselle aveva fatto molto per lei. «Bene, andiamo a festeggiare?»
Margot sollevò le sopracciglia e guardò Niall. «Che c'è? E' usanza, qui.»
«Ecco, io...»
Ma il biondo fece intrecciare le loro mani.  «Sei con me» disse semplicemente e tutti si avviarono verso quello che definirono 'piccolo club'.
Praticamente il tutto consisteva nell'aver allestito un piccolo locale in cui molti ragazzi mangiavano focacce e mais, giusto per festeggiare la fine della loro vita scolastica, e l'inizio di quella adulta.
Margot non era la sola ad essere preoccupata per tutto quello che stava accadendo, e lo si poteva notare nei signori Horan che si erano uniti ai festeggiamenti, ma per Giselle avrebbe messo tutto da parte, anche se improvvisamente era tutto più difficile. Possibile che la 'sola' presa di Louis aveva innescato quel meccanismo nella mente di Margot? Ormai pensava constantemente, ogni minuto di ogni singolo giorno, e i piccoli momenti di pausa o svago li doveva a Niall, solo a lui.
La serata passò rapida, Giselle festeggiò con tutti facendo urtare i bicchieri contenenti solo acqua in una quantità infinita di brindisi di auguri per il futuro, poi quando arrivò il momento di tornare a casa si fece accompagnare da Zayn.
Margot era sottobraccio con Niall, ma non potè fare a meno di origliare i due innamorati di fronte a lei. 
«Non vedo l'ora che tu sia mia moglie» disse Zayn sottovoce allontanandosi dai genitori di Giselle per non farsi sentire. 
La ragazza soppresse un risolino, «Solo per quello che sto pensando io?» disse maliziosa, ridendo della sua stessa espressione. 
Zayn le diede una leggera botta sul braccio, «Sei una schifosa» poi avvicinò la bocca all'orecchio della ragazza. «Comunque non solo..» ammiccò.
Giselle scosse leggermente la testa esperata: «Non solo?»
«La cosa più importante» iniziò Zayn «è che non vedo l'ora di passare tutta la mia vita al fianco della ragazza più importante di qualsiasi altra cosa.»
Giselle si sporse verso di lui e lo baciò, rimanenendo nell'angolo della strada, mentre il resto della famiglia rientrava piano in casa. I signori Horan si andarono subito a coricare, e al seguito Giselle e Niall. Margot rimase sveglia sotto le coperte, con gli occhi chiusi, ma la mente altrove. Ripensava alle parole che Zayn e Giselle si erano scambiati, pregando che anche a lei potesse accadere di provare un amore così forte. Certo, lei era sicura di aver imparato ad amare Niall...ma in tutto c'era un freno che non le permetteva di aprirsi a fondo. Quando prese sonno, sulle palpebre chiuse vide passare in rassegna alcune immagini raccapriccianti: Louis picchiato a sangue, Liam che si nascondeva terrorizzato, con dei passi che si muovevano rapidi per acchiapparlo, le cameriere che piangevano nei corridoio bui per chissà cosa.. il cuore iniziò a batterle talmente tanto velocemente che la costrinse ad aprire gli occhi nuovamente. Fuori dalla finestra il cielo era completamente nero, senza stelle, nessuna luce a consolarla. Solo l'oscurità.
Non ci pensò due volte e, con il respiro accelerato scese dal letto e uscì dalla stanza. Andò verso l'unica persona che ormai era parte di lei. Aprì lentamente la porta della camera di fronte ed entrò, richiudendola alle spalle. Si avviò silenziosamente fino al bordo del letto e lo tastò, poi spinse la coperta e si infilò dentro. Niall si girò di scatto spaventato. «Ma che diam-» poi si bloccò quando scorse dei capelli corti che occupavano l'altra metà del cuscino, degli occhi scuri che riuscì ad intravedere persino nel buio.
«Sono io» disse l'altra sussurrando. 
Niall si spostò un po' di più per lasciarle dell'altro spazio e si mise su un fianco, accarezzandola. «Un incubo?»
«Non solo uno» disse lei, sussurrando per non svegliare gli altri. 
Niall le baciò la fronte con uno schiocco, facendola rilassare con un semplice tocco. «Ora ci sono io a salvarti dai mostri del sonno.»
Margot sorrise e si accucciò contro il suo petto, le braccia di Niall che la inglobarono totalmente, come una corazza protettiva nei confronti di tutto il resto del mondo. Quando sentì il fiato regolare di Margot sfiorargli delicatamente la maglietta che utilizzava come pigiama, appoggiò il mento sulla sua testa, addormentandosi abbracciati.





Spazio autrice
Strano vedermi di mercoledì, eh? Però vi dico che è necessario perché questi capitoli non mi piacciono granchè e quindi preferisco toglierli subito davanti, essendo solo di passaggio. Ma nonostante tutto.....vedete come sono carine le coppie di questa storia? Io le amo, per non parlare di Giselle e Zayn che in quest'ultimo capitolo sono stati molto più presenti.
Ma mi preme avvisarvi che nel prossimo, per chiunque ami queste coppie (in particolare Nargot), ci sarà una svolta FORMIDABILE, oltre che ad una sorpresa......scrivetemi se pensate che sia positiva o negativa, vediamo cosa elabora la vostra mente. 
Vi dico che dal prossimo capitolo cambia tutto, tutto.
Aggiornerò sabato normalmente, comunque, sperando che riesca a tornare in tempo da mare. Voi dove vivete? :)
Vi voglio bene e grazie per apprezzare questa storia, davvero. Mi fa un enorme piacere. Un kiss e un abbraccio a chiunque stia leggendo questo spazio autrice *spalanca le braccia*
P.s so che potrebbe non interessarvi, ma sto lavorando ad un'altra ff che è diversa dalle altre e che spero di iniziare a pubblicare presto, magari dopo aver scritto più della metà dei capitoli :)
Adesso mi dileguo.
Love you all
Elisa :)


P.p.s spoileeeeeer 

«E’ giovedì»
disse Giselle lanciando un’occhiata a Niall. Il ragazzo strinse le labbra e si fece spazio, andando a prendere un giornale da un ragazzo di circa dieci anni che continuava ad urlare ‘ultime notizie: giornale internazionale!’
Margot venne colta da un’ansia improvvisa mentre Niall dava una mancia al ragazzino e tornava a casa con il giornale piegato all’interno del braccio. 



 

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Capitolo 20
*** (Happy?) birthday ***





(Happy?) birthday



I giorni passavano silenziosi, con Margot e la sua preoccupazione ad occupare le giornate, nonostante gli altri tentassero di distrarla. 
Lei era partita volendo cercare la normalità, e si era imposta di tornare dopo un po', ma la situazione le era fin troppo uscita di mano. Il pensiero di Louis le occupava la mente, aveva paura che gli stessero facendo qualcosa e lei non era lì ad aiutarlo. Aveva tentato pù volte di togliere baracca e burattini, ma Niall e Giselle la bloccavano, impedendole di uscire di casa quanto più possibile. La casa degli Horan, partendo come un ausilio, si era trasformata in una prigione.
Niall cercava di distrarla dai suoi propositi, facendola uscire di casa dopo il coprifuoco per evitare che qualcuno la guardasse, Giselle le tagliava i capelli che si erano allungati e passava il tempo a farle delle acconciature ipotetiche che avrebbero fatto invidia a qualsiasi borghese della città.
Ovviamente, nonostante tutti i loro tentativi, Margot continuava a ricevere lettere da Liam che la aggiornavano su cosa fosse accaduto a palazzo nel frattempo, e sentiva un bisogno sempre più impellente di averlo accanto. Nonostante Niall fosse il suo ragazzo, Liam era un po' come un fratello che avrebbe saputo come consolarla. Gli Horan non sapevano niente del palazzo, nonostante ci provassero, non avrebbero mai capito veramente come funzionasse lì dentro.
La sera del 30 ottobre Bob e Maura erano stati invitati da Yaser a passare la cena da loro per poter parlare civilmente del matrimonio imminente tra Zayn e Giselle.
Niall era in officina perchè aveva ricevuto una commissione urgente, e quindi si era chiuso dietro la tenda per tutto il pomeriggio e anche oltre, e Margot in camera sua, affacciata alla finestra, mentre le ultime carrozze si ritiravano per le strade e i ragazzi tornavano nelle loro case rispettado il coprifuoco. La principessa aveva appoggiato una mano sul polso piegato sotto il mento, lo sguardo perso per la via, quando all'improvviso, a ritmo del martello di Niall dal piano di sotto, una carrozza solitaria camminava lentamente lungo la strada, poi si accostò proprio all'angolo della via in cui abitava ormai da un po'. Un uomo vestito di tutto punto, con un accenno di calvizia e gli occhiali storti sul naso scese il gradino e le sue scarpe rieccheggiarono nel silenzio, mentre si avvicinava al muro e appendeva con un chiodo alla parete un foglio con una fotografia in primo piano e la scritta 'Wanted'.
Quando risalì sul mezzo, proseguì lungo la strada, fermandosi all'angolo successivo per appendere un altro foglio. Non appena sparì e il suono delle ruote scomparve nella sera, Margot si sporse per verificare che non ci fosse nessun altro, aggrappandosi con la mani al bordo della finestra, dopodichè chiuse le imposte e scese al piano di sotto a passi leggeri per non farsi udire da Niall che intanto alimentava il fuoco. Avevano cenato da un pezzo e lei aveva persino lavato i piatti, quindi non avevano di che preoccuparsi. Margot scrollò la tendina dell'ingresso e, silenziosamente, uscì sulla strada, attenta a non far cigolare le scarpe che Giselle le aveva prestato. Quando fu abbastanza vicina, si rese conto che la foto ritraeva lei.
Si avvicinò ulteriormente, con il cuore che le batteva forte nella gabbia toracica, e iniziò a leggere in inglese:
Ricercata.
Chiunque la conosca, o l'abbia vista in qualche luogo, è obbligato a portarla a Monaco.
La ricompensa è elevatissima.

Se non fosse stato così importante, pensò Margot mentre ritornava sui suoi passi camminando all'indietro, non avrebbero mai diffuso un tale avviso persino in Inghilterra.
La stavano cercando dappertutto.
Si girò e andò a sbattere contro Giselle che la bloccò per le spalle. «Hai visto?» chiese, scrutandola con i suoi occhi. 
Poi la fece girare e la portò nuovamente in casa, spingendola per la schiena. «Devi rimanere qui, almeno qualche altro giorno..» iniziò Giselle scostando la tendina d'ingresso, mentre Niall usciva dall'officina con il martello in mano. 
Margot rimase in silenzio, con le lacrime che premevano per uscire, ma si autoimpose di non crollare. Giselle la condusse al piano di sopra, chiudendo la porta della loro stanza alle sue spalle. «Sono le undici e mezza, non dovresti neanche uscire a quest'ora.»
Margot si andò a sedere sul suo letto, con le mani appoggiate sulle ginocchia. «Neanche tu» disse la principessa, con lo sguardo abbandonato sulla sua gonna lunga piena di smagliature.
Giselle stava sistemando delle robe per terra e allungò il collo per verificare che non ci fosse nulla sotto il letto. Margot guardò nella sua direzione e scorse vagamente un segno violaceo sul suo collo...
Quando Giselle si rimise in piedi, prese il pigiama da sotto il cuscino e iniziò a spogliarsi lentamente. Margot continuava a guardarla insistentemente, anche perchè era un modo per distogliere l'attenzione dai suoi pensieri prorompenti nella sua mente, e si rese conto che quello sul collo della ragazza era pressocchè un livido che nel pomeriggio non aveva. Le mani le tremavano mentre ripiegava la maglietta e le guance vagamente arrossate.
«Perchè stai tremando?» chiese circospetta.
Giselle sollevò lo sguardo terrorizzata, come se qualcuno l'avesse colta con le mani nel sacco, e prese a scuotere la testa. «N-non sto tremando» rispose piano.
Margot si alzò in piedi e le bloccò le mani mentre cercava di infilarsi la maglietta. «Cos'è questo?» disse indicando con l'indice il livido violaceo sul collo della ragazza.
Giselle si prese il labbro superiore tra i denti e si liberò dalla presa della ragazza, infilando la maglietta e legandosi i capelli in una coda alta. Evitava volontariamente lo sguardo della principessa.
«Non è niente» disse infilando i pantaloni subito dopo.
Margot socchiuse gli occhi. «Deve essere per forza qualcosa, altrimenti mi avresti chiesto 'a cosa ti riferisci?'» incrociò le braccia sul petto, sollevando il mento. Margot indossava ancora una maglietta bianca e la gonna rossa, mentre Giselle accanto a lei era pronta per dormire. La ragazza si alzò dal letto e incominciò a rimboccare le coperte, ma le mani continuavano a tremarle.
 «Giselle» disse Margot, ferma nella sua posizione autoritaria.
La ragazza si girò puntandole il dito contro. «Non fare la principessa con me!»
«Ho solo detto il tuo nome, sei tu che sei sulla difensiva.»
«Alzati» disse l'altra tirandosi il piumone, «devo preparare il letto, è tardi.»
Margot si alzò, controllando l'orario sull'orologio minuscolo appeso sopra la finestra. Le 23.45.
«Non c'è bisogno di essere così rigida.»
Giselle si sedette sulle coperte rimboccate e si portò le gambe al petto, iniziando a dondolare, poi con un dito si sfiorò il segno sul collo, sorridendo appena.
Margot si sedette sul suo, con i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo fermo sulla piccola degli Horan. Giselle incontrò i suoi occhi scuri, poi spostò lo sguardo sulla porta chiusa. «Ecco..»
«Penso di aver già capito» disse Margot scuotendo la testa.
Giselle si affrettò a spiegare, cercando di non agitarsi. «Non l'avevo programmato!» si scusò, ma davvero, non aveva nulla di cui dispiacersi.
«Zayn ti ha forzato?» disse la principessa in un sussurro.
Giselle sorrise come un'ebete, facendo di 'no' con la testa. «Sono colpevole delle mie azioni» dopodichè si alzò e gettò le braccia al collo di Margot, stringendola in un abbraccio. «Ti prego, ti prego, ti prego» iniziò a dire con i denti stretti, «non farne parola con nessuno!»
Margot sorrise e l'allontanò. «Figurati se vado a dire in giro che Giselle ha fatto l'am-»
«Zitta!» urlò l'altra tappandole la bocca. «Mi è piaciuto tanto anche, ma se vai a dire una parola di tutto ciò....ti scuoio viva.»
Margot rise e le scostò la mano. «Non preoccuparti.»
Poi Giselle le prese le braccia e la fece mettere in piedi, mentre lei spegneva con un soffio la candela che fino ad allora aveva illuminato la stanza. Si infilò sotto le coperte, e sussurrò: «Comunque, ti conviene andare di sotto» Poi si girò e si tirò il piumone sulla testa. 
Margot in un primo momento rimase ferma al buio, poi aprì la porta e uscì, scendendo piano le scale di metallo. Dalla cucina veniva una flebile luce tremolante, così si affrettò a finire di scendere gli ultimi gradini, sbucando sulla piccola stanza.
Tutto il pavimento era cosparso di candele minuscole, con petali di fiori sparsi un po' ovunque, e Niall nell'angolo con una rosa in mano, mentre se la rigirava tra le dita. Aveva la camicia bianca e i pantaloni, il grembiule dell'officina appeso al gancio sul muro.
«Forse è eccessivo, non credi?» disse lui, avvicinandosi a Margot lentamente, attento a non far spegnere la luce delle candele al suo passaggio.
Margot si guardò attorno, «Ma cosa significa tutto ciò? Non capisco..» disse mentre Niall le si piazzava di fronte e spezzava il gambo della rosa. Gliela mise dietro l'orecchio, aggiustandole subito dopo i capelli, in modo che si vedesse solo il fiore. 
«Guarda un po', fa persino pandant con la tua gonna..» disse prendendole le mani e stringendogliele forte.
«Niall, ma perchè tutto ciò?»
«So che non è il caso, ma un po' di romanticismo non credo guasti in questi momenti. Non so quanto tempo ci rimanga...» disse con un filo di voce, perchè entrambi sapevano che prima o poi si sarebbero dovuti dire addio. «Però voglio che certi momenti rimangano, anche quando tutto tornerà come prima.»
Margot appoggiò le mani sul suo petto muscoloso, guardandolo negli occhi color ghiaccio. «Per me, niente sarà più come prima» fece per baciarlo, ma lui si allontanò, inchinadosi.
«My lady, mi concede l'onore di questo ballo?»
Lei sorrise scuotendo la testa, e afferrò la mano che Niall le stava porgendo. «Con piacere, my lord» dopodichè rimasero attaccati, ondeggiando per la stanza attenti alle candele, nel silenzio della casa. Poi Margot scoppiò a ridere, la prima vera risata da giorni. «Sembriamo due cretini a ballare senza musica!»
Niall fece un verso di scherno, poi si schiarì la gola, «Provvedo subito, allora. Ogni tuo desiderio è un ordine» e iniziò a cantare.
All'improvviso sembrò con il mondo si fosse fermato, come se la sola voce di Niall contasse in quel momento, e per Margot fu proprio così. Quando era più piccola aveva sentito Liam cantare piuttosto spesso, complimentandosi per la sua voce, ma poi la voglia di intonare una melodia si era andata a perdere con il passare del tempo, per cui non ebbe più il piacere di ascoltarlo. Ma Niall, proprio di fronte a lei, affiancava i loro ondeggiamenti con una voce suave, dolce e incantevole che avresti sempre ascoltato, anche durante un bombardamento. Era il tipico potere che valeva la pena vedere per sfuggire alla realtà, e Margot fece proprio quello. Niall aveva i suoi occhi piantati in quelli di lei, le parole che uscivano come se fossero state trattenute per troppo tempo. Non riusciva a capire tutte le parole, perchè le sembrava che fossero di un qualche dialetto strano, però erano magiche comunque. Quando la stanza tornò nel silenzio, rimase a guardare Niall, scrutando ogni particolare del suo volto angelico. «Perfetto» disse semplicemente, e non si riferiva solo al suo canto.
Niall sorrise, aprendo il suo volto in un gran sorriso. «Non lo sarebbe, se non avesse qualcosa di bello per cui farlo.»
Margot aggrottò le sopracciglia. «Non mi riferivo al cantare.»
«Nemmeno io» disse lui accarezzandole uno zigomo. Quando sentì rintoccare la mezzonotte a suon di campane della chiesa vicina, inclinò la testa, con lo sguardo puntato sulle sue labbra. «Buon compleanno, principessa.»
E si baciarono. 
Ma non era come le altre volte.
Era un bacio diverso, come a voler imprigionare in sè ogni momento passato, bello o brutto che fosse, per poterlo trasformare in qualcosa di migliore. In un primo momento le loro labbra danzarono insieme, scontrandosi leggermente, ma poi il bacio venne divorato dalla foga, più passionale, come se non volesse perdersi neanche un attimo di quella bellissima serata e volesse goderla quanto più possibile, imprimendola nei loro cuori, godendosi quel momento come se fosse l'unico e solo della loro vita. Quando si staccarono, appoggiarono le loro fronti, con un po' di affanno. Margot aveva il cuore che le scoppiava di emozione, paura, amore.
Era strano quel nuovo sentimento, non pensava fosse possibile legarsi ad una persona così tanto, in così poco tempo, ma evidentemente vi erano le eccezioni. Così quando Niall disse sussurrando 'Ti amo' sulle sue labbra, Margot non potè fare altro che rispondere dal cuore. «Ti amo anche io.»
Poi ripresero a baciarsi, come se non avessero aspettato altro per il resto del tempo, e Niall si accovacciò passandole un braccio sotto le cosce, sollevandola da terra, con le labbra ancora unite.
Era tutto completamente sbagliato.
Ma alla fine la principessa si capacitò che la vita è fatta di sbagli che aiutano a costruire. Per cui, quando salirono le scale ed entrarono nella camera di Niall, chiudendosi la porta alle spalle, Margot fu felice di aver sbagliato, e pensò che quei diciotto anni non li avrebbe dimenticati tanto facilmente.


La mattina dopo, quando un gallo solitario – ma che ci faceva un gallo lì? – iniziò a cantare all’alba, Margot spalancò gli occhi, spaventata. Si alzò mantenendosi la coperta sul seno nudo, mentre dalla finestra i colori del crepuscolo iniziavano a ritagliarsi un piccolo spazio in quella stanza che non era la sua. Girò la testa alla sua destra e vide Niall coricato su un fianco, con la coperta tirata fino alle scapole, i capelli appicciati alla nuca e le spalle che si abbassavano a ritmo dei suoi respiri. Quella notte era stata bene, ma non poteva sopportare che gli altri componenti della famiglia la vedessero lì, non era concepibile! Senza togliersi il piumone di dosso, si sporse verso il bordo del letto e recuperò la maglietta che era finita a terra, infilandola subito. Si sarebbe messa dopo il corpetto, doveva filarsela. Recuperò il resto della biancheria e scese piano dal letto, attenta a non scoprire Niall portandosi la coperta dietro. Si alzò sulle punte e girò intorno al letto, accovacciandosi sul ragazzo. Gli diede un bacio sulla fronte, soffermandosi a guardare i suoi lineamenti delicati che lo facevano sembrare un angelo a tutti gli effetti, e si avviò verso la porta. Il gallo cantò un’altra volta, così si fiondò in camera sua e si buttò a peso morto sul letto ancora aggiustato, facendo finta di dormire. Giselle rotolò su un fianco facendo scricchiolare il materasso sotto il suo peso, uno sbuffo che fuoriuscì dalla sua bocca. Un ciuffo di capelli le era caduto sugli occhi e Margot non potè fare a meno di appurare la somiglianza con Niall. Nonostante avesse i capelli neri, erano uguali. Stesso incarnato, stesse labbra, stessi occhi azzurri….un attimo, cosa? 
«Credi davvero di prendermi in giro?» disse con la voce impastata ancora dal sonno mentre buttava i piedi per terra e si metteva seduta per svegliarsi totalmente. E Margot che pensava l’avesse scampata liscia. Giselle fece uno sbadiglio, con una ciocca di capelli che le cadde sul naso. «E poi dici a me..» continuò indicandosi il mento.
Margot si mise di scatto seduta e si alzò, andando a specchiarsi nell’angolo della stanza. Sotto al mento aveva un segno rossastro, tendente al viola.
«Non ci credo..» disse, provando a cancellarlo passandoci la mano sopra più volte. «Ora come faccio?» chiese guardando allarmata la ragazza.
Giselle scrollò le spalle. «Io posso coprirmi con una sciarpa, ma tu dovrai creare una bella bugia..» poi si diede una scrollata passandosi le mani sulla faccia e si alzò di scatto, fiondandosi su Margot e stampandole un bacio sulla guancia. «Buon compleanno, principessa!» urlò.
Margot la ringraziò ricambiando la stretta, dopodichè si sentirono altre porte aprirsi e dei passi risuonare lentamente lungo il pavimento di legno del primo piano dell’abitazione.
Giselle indossò velocemente dei pantaloni logori e una camicetta con una maglioncino di lanetta addosso, poi andò in bagno, mentre Margot scendeva al piano di sotto.
E restò immobile.
Tutto la cucina era rimasta cosparsa di petali di fiori e candele ormai consumate!
«Cosa è successo qui?» chiese Maura con addosso ancora il pigiama azzurro, i capelli lasciati sciolti sulle spalle. Niall fece irruzione in cucina subito dopo, reprimendo una risata alla vista di quello sbigottimento da parte dei genitori. Bob stava sorseggiando del caffè, mentre Maura raccoglieva i petali.
«No, no, faccio io» si offrì Margot, accovacciandosi a sua volta. Dopo averle dato gli auguri, Maura la guardò in viso.
«Che ti è successo?»
Margot impetrì. Cosa avrebbe dovuto dire? Di certo non che avesse passato la notte con il figlio, avrebbero ripudiato entrambi! 
Grazie al cielo entrò Giselle a salvarla da quella situazione, trasportandosi dietro un profumo di fragole. «Mamma, non sai cosa è successo» disse prendendo un biscotto dal tavolo, sul quale era aperto una scatolo di latta. «Stanotte Margot si è addormentata tutta vestita, poi ha sentito un rumore ed è caduta dal letto, sbattendo il mento sulla sedia. Ma dico» disse facendo roteare gli occhi, «si può essere così stupidi?»
Niall scoppiò a ridere, portandosi una mano allo stomaco e lasciandosi cadere sul divanetto. «Certo, la notte non si rende conto di cosa fa» alluse, provocando un risolino anche in Giselle.
Margot avrebbe tanto voluto schiaffeggiare entrambi, ma si contenne. Insomma, la stavano salvando, doveva stare al loro gioco. 
«Sì, hai ragione» disse tra un sorriso e un altro.
La tendina dell’ingresso venne scostata ed entrò Zayn con una ciambella in mano. «Dov’è la festeggiata?!?» urlò portandosi dietro un buona dose di buon umore. Margot sorrise scuotendo la testa mentre Zayn le porgeva il piatto con il dolce in mano. «Buon diciottesimo compleanno, francesina. Non credere però che io ti tratti diversamente solo perché sei un’adulta, adesso.» 
«Grazie» disse lei ritornando in cucina, mentre Zayn si avvicinava a Giselle e la stringeva da dietro, lasciandole un sonoro bacio sulla guancia. 
La giornata era iniziata nel migliori dei modi.
Maura manteneva tra le dita un fiammifero acceso, scuotendo le spalle. «Ti va bene questo come candelina? Sicuramente al palazzo avrai avuto cose all’avanguardia, ma qui-»
Margot le appoggiò una mano su una spalla. «Preferisco di gran lunga questo tipo di semplicità.» Si preparò a soffiare sulla piccola fiammella, ma Niall le tappò la bocca. «Devi esprimere un desiderio.»
Annuì con il capo e chiuse gli occhi. C’era solo una cosa che desiderava: che ogni cosa andasse per il meglio.
Quando riaprì gli occhi osservò i volti di tutti i presenti, e sorrise. Ma sì, perché sarebbe dovuto peggiorare tutto quanto? 
Soffiò sulla fiammella che si spense subito, e tutti applaudirono, felici.
Poi all’improvviso un rumore forte dalle strade in movimento catturò l’attenzione di tutti i ragazzi, facendoli procedere verso l’ingresso. Margot incurvò le sopracciglia e sporse di poco la testa.
C’era gente che impazziva in ogni angolo sventolando giornali in mano, ragazzi che li vendevano come in preda all’agitazione e donne che si guardavano addolorate.
«E’ giovedì» disse Giselle lanciando un’occhiata a Niall. Il ragazzo strinse le labbra e si fece spazio, andando a prendere un giornale da un ragazzo di circa dieci anni che continuava ad urlare ‘ultime notizie: giornale internazionale!’
Margot venne colta da un’ansia improvvisa mentre Niall dava una mancia al ragazzino e tornava a casa con il giornale piegato all’interno del braccio. Quando fu nell’ingresso si allontanò e lo spiegò solo davanti ai suoi occhi, sbiancando. «No, no, no» disse ripetutamente, scuotendo la testa a destra e a sinistra. Maura e Bob gli si affiancarono e repressero un urlo, mentre Giselle e Zayn si guardavano preoccupati. 
Margot si avvicinò e strappò di mano il giornale, «Che succede!?» urlò.
In un primo momento non capì.
Sentiva Maura dire: «Quanto mi dispiace» e Niall che le si avvicinava lentamente come se avesse potuto farle del male con la sua sola presenza. Giselle e Zayn si sporsero sulla principessa per leggere l’articolo, ma solo una era la frase su sui gli occhi di tutti si erano soffermati, talmente irreale che Margot impiegò un po’ a metabolizzare.
Le strade impazzivano appena dietro le sue spalle, donne che parlottavano e giovani che vendevano giornali ininterrottamente, approfittando di quel momento di fama.
’Deceduto re Maurice di Monaco.’ Recitava il titolo.
L’unica cosa che percepì Margot prima di perdere i sensi furono Niall che si avventava su di lei e le braccia di Zayn che la sorressero mentre cadeva per terra, priva di peso e forza.





Spazio autrice
Bene, bene, bene. Eccomi qui come sempre.
Come procede l'estate? Vi state rilassando?
Questo è uno dei capitoli più importanti perché avvengono due svolte degne di nota: da una parte la relazione di Niall e Margot che si è alzata di livello (amori miei bellissimi), e l'altra la morte del padre di Margot.
Che bel regalo di compleanno. Dopo una fantastica notte con l'uomo dei suoi sogni, il mondo della principessa esplode all'improvviso con quest'incredibile colpo di scena.
Ora la storia cambia totalmente perché verranno prese decisioni drastiche e si (r)incontreranno alcune persone :)))
Spero che con questo capitolo possa mantenere viva la vostra attenzione, non abbandonatemi ora. So che dico ciò dal primo spazio autrice, però davvero è importante che adesso stiate tuned perché accadrà davvero di tutto.
Vi voglio bene e grazie per continuare a mettere la storia tre le seguite & co.
Mi fate sentire meno sola.
Lettrici silenziose, spero prima o poi vi facciate sentire. Se non su efp, almeno su twitter (sono @_xsmiling), per favoooooooore.
Vi lascio con un piccolo spoiler e ci vediamo sabato prossimo se tutto va bene.
All the love as always x cit.
Elisa :)

P.s scusate se non c'è l'immagine ma devo scappare, non ho tempo. Sorry
P.p.s mancano sei capitoli alla fine :))

"Poi Margot girò la testa verso sinistra, il sole che si alzava piano e i raggi che le investivano la testa, gli alberi che incorniciavano il sentiero di sassi. Fece un profondo sospiro, poi quando riaprì gli occhi, si rese conto di una figura ancora all'interno della recinzione che le correva incontro scostando il cancello socchiuso del castello, facendolo cigolare rumorosamente."



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Capitolo 21
*** Welcome back ***






Welcome back



Quando riprese conoscenza, Margot era stesa sul divano in cucina, con tutti gli Horan e Zayn che cercavano di farla riprendere.
Quando la testa le smise di girare, si mise seduta e Niall le si sedette di fronte.
Sentiva un vuoto all'altezza del cuore, una morsa alla gola che non le permetteva di parlare, di piangere, di sussultare, niente. Era diventata un manichino incapace di provare emozioni.
Teneva lo sguardo fisso per terra, sulle linee del pavimento, mentre gli altri parlattavano sotto voce.
«Cosa succederà ora?» disse Zayn sussurrando sulle labbra di Giselle. La ragazza lanciò un'occhiata di sottecchi a Margot e strinse le labbra, con le lacrime agli angoli degli occhi color ghiaccio.
«Non lo so.»
Niall faceva tremare le gambe, impaziente, mentre con lo sguardo cercava di incontrare quello della principessa, ma Margot sembrava un automa incapace di muoversi autonomamente.
Per le strade la gente impazziva sventolando il giornale per aria. «Com'è possibile che sia morto il re di Monaco? Non era anziano, e stava bene, che noi sappiamo!» gridò una donna parlando ad alta voce con la sua vicina di casa. Margot non poteva crederci. Suo padre non poteva essere morto.
Si alzò di scatto in piedi facendo spaventare mezza stanza, mentre Maura piangeva sulla spalla di Bob. Senza dire nulla, Margot salì al piano di sopra e prese una borsa di Giselle nascosta nell'angolo più lontano, alle spalle del letto. La aprì e la svuotò, per poi riempirla con una camicia ed un pantalone di ricambio, dopodichè si vestì con gli stessi abiti con cui era partita, la partenza che le sembrava lontana anni luce. Indossò la stessa camicia scura, gli stessi pantaloni larghi e lunghi a cui dovette fare un risvolto e lo stesse cappello buttato sul piumone. Prese una giacca che aveva appoggiato sullo schienale della sedia di legno e se la poggiò all'interno del braccio. Si passò la spallina della borsa sulla spalla e si girò, vedendo Giselle sotto la porta, il volto pieno di chiazze rosse dovute al pianto.
«Mi dispiace..» disse con un filo di voce, troppo amareggiata per dirle altro. Inoltre non c'era molto da dire. Margot aveva il cuore pesante, non le permetteva di provare niente, se non una rabbia immensa. Avrebbe voluto piangere, perchè in quel modo si poteva liberare da quel macigno che la stava uccidendo lentamente, ma davvero si sarebbe mai potuta sentire meglio dopo?
Le passò accanto e scese di scatto i gradini, passando dalla cucina. Niall e Zayn le si avvicinarono a passo felpato e con l'andatura lenta. Il suo compleanno si era trasformato nella giornata più brutta della sua vita, tutto era precipitato. Sembrava che qualcuno lassù le avesse fatto uno scherzo, perchè non era possibile che sarebbe accaduto tutto quello.
«Veniamo con te a Monaco» disse Niall prendendo un fagotto che Maura aveva preparato in due minuti, uno per ciascuno. Ce n'erano quattro sul tavolo, così il biondo ne prese due, Zayn ne prese uno e l'altro venne preso da Giselle che reggeva tra le mani anche il cappello che Margot aveva dimenticato sul piumone.
Margot guardò Maura e Bob, i loro volti cupi che si scontravano con i suoi occhi spenti e vitrei, come se fosse morta, e non era propriamente sbagliato. A volte, il troppo dolore non ti permette di fare molto cose, come per esempio vivere.
Abbassò il capo, sperando che loro potessero cogliere il senso di gratitudine che provava per loro e per tutto quello che le avevano permesso di fare - le parole le morivano in gola, non ne volevano sapere di abbandonare le sue labbra -, ma era arrivato il momento di voltare pagina, e tornare da dove era venuta. Maura abbassò il capo e si prese i due lembi della gonna, inchinandosi impercettibilmente, risollevando quella barriera di sottomissione con cui Margot aveva cambatutto affinchè se ne dimenticassero, ma tutto era davvero tornato come prima. Se non che quella volta altre tre persone l'avrebbero riportata a casa.
Girò i tacchi e si avviò per la strada, scostando la tendina dell'ingresso della casa Horan per l'ultima volta dopo circa due mesi e mezzo di convivenza.
Si diresse dritta verso il marciapiede opposto, ma Niall la bloccò per un polso e la fece voltare, mentre Zayn si metteva sul ciglio della strada per chiedere un passaggio urgente.
Niall se l'avvicinò al petto e la strinse tra le braccia, la testa di Margot appoggiata sul petto. La ragazza non si liberò dalla presa, non riusciva a decidere nulla, doveva solo tornare a casa quanto prima. Zayn parlò con il cocchiere di una carrozza vuota, mentre la gente intorno a loro continuava ad urlare e spettegolare sull'accaduto. Margot sentiva, ma si autoimpose di non ascoltare niente. Dopo essere sceso a patti, Zayn aprì lo sportello e fece salire Giselle, poi entrò lui, Margot e infine Niall. Il cocchiere scosse le redini e la carrozza partì fulminea, quasi investendo i passanti. La principessa di Monaco aveva lo sguardo puntato sulla strada, quelle vie che aveva percorso molte volte e che ora abbandonava per sempre. Zayn teneva la mano di Giselle, ma nessuno parlava per rispetto. Niall era accanto a lei e le sfiorò un braccio con le dita, come per dirle che lui c'era.
Quando furono arrivati al porto di Bournemouth, erano forse le nove di mattina e la nave sarebbe arrivata dopo mezz'ora, attraccando al porto. Giselle si andò a sedere su una panchina, mentre Zayn entrava in un negozio lì vicino, attraversando la strada impazzita. Venne cacciato fuori a calci e puntò un dito contro un ragazzo di colore che lo squadrava dalla testa ai piedi. «Ti avevo chiesto solo una cazzo di bottiglia d'acqua!» urlò il moro di rimando, ma l'unica risposta che ebbe indietro fu la porta che gli sbattè in faccia.
Riuscì a recuperare quattro biglietti per Le Havre e attesero tutti sulle panchine. Niall chiedeva a Margot se avesse avuto bisogno di qualcosa, ma lei se ne uscì con solo: «Devo tornare a casa.» Dopodichè non riaprì nuovamente bocca.
Quando la nave approdò, la gente si mise in fila. Margot indossò il cappello che Giselle le stava porgendo con la mano, lasciando che i capelli fossero sciolti e non nascosti. Non c'era più il bisogno che si nascondesse, in quel momento sarebbe stato tutto alla luce del sole. Quando consegnarono i biglietti, si accomodarono per quello che sarebbe stato un viaggio davvero lungo. Zayn si controllò le tasche del pantolone, notando che non aveva più un soldo. Stavano partendo verso un altro Paese solo con quattro panini e un ricambio. Passò un braccio sulle spalle di Giselle e se l'avvicinò alla spalla, mentre la ragazza - nonostante le circostanze non fossero le migliori - si perdeva a vedere il mondo che si muoveva veloce nell'oblò, l'Inghilterra che si allontanava dietro di loro volti a raggiungere un luogo in cui non erano mai stati, in cui Margot sarebbe tornata a casa.
Sulla nave c'erano un sacco di persone che parlavano lingue diverse e appartenevano a classi sociali differenti, e Margot si soffermò a guardare i loro visi, cercando di indovinare le storie che ognuno di loro nascondeva dietro quei sorrisi, quelle smorfie.. chissà se lei sarebbe mai tornata ad apprezzare la vita che in quel momento stava completamente rifiutando. Niall si avvicinò la sua testa alle labbra e le lasciò un bacio tra i capelli. Anche per lui era dura, certo, non quanto il sentimento che Margot stava provando in quel momento, ma portarla a casa, significava dirle addio. Lei sarebbe tornata la principessa, lui solo un comune lavoratore, chiuso in un'officina per guardagnarsi da vivere. Il mondo stava letteralmente crollando per tutti.



Quando giunsero a Le Havre il sole stava iniziando a tramontare lungo la linea dell'orizzonte, colorando tutto di arancione. Margot era stata l'unica a non mangiare nulla, camminado spedita in testa al gruppo in direzione della stazione. Andò avanti per le vie della città fin quando non raggiunse la stazione, la gente intorno a lei parlava francese e, mentre gli altri si guardavano intorno straniti e increduli, lei iniziava finalmente a sentire l'odore di casa.
Non avevano i biglietti, per cui iniziarono tutti a chiederne in giro, sperando che qualcuno dal cuore grande avrebbe dato loro una mano. Ricevettero solo sguardi indignati, e i ragazzi che non parlavano francese erano anche un bel problema, ma alla fine una signora con un cagnolino ne tirò fuori dalla tasca quattro. «Erano per me e i miei nipoti» disse facendo un segno verso i ragazzi dietro di lei. Margot li guardò. «Volevamo andare a Monaco, ma... vedo che in te c'è uno sguardo più risoluto.» La signora glieli mise in mano, facendole chiudere le dita intorno ai biglietti. Diede dei colpetti sul palmo chiuso e sorrise con un angolo della bocca, facendo uscire delle rughe intorno agli occhi. «Bentornata» sussurrò, e a Margot venne da piangere, ma ovviamente nessuna lacrima abbandonò i suoi pozzi scuri. Le diede un bacio rapido sulla guancia senza ringraziarla a parole e aspettarono tutti e quattro lungo il marciapiede, sperando che il treno non facesse ritardo.
«Non ho mai preso un treno» disse Giselle mentre faceva perdere il suo sguardo lungo i binari che si disperdevano lungo la strada.
Zayn veniva spinto dalle persone, e imprecava in inglese contro di loro. «Francesi del cazzo, non capisco una minchia di quello che stanno dicendo!» ripeteva mentre guardava Niall in cerca di un appoggio. Ma il ragazzo si limitò solo a fare un sorriso, indicando Margot con il capo.
Zayn sbuffò e si scusò. «Ovviamente, Margot, non ce l'avevo con te.»
«Figurati se sto pensando a quello che hai detto» gli rispose lei, con lo sguardo perso in lontananza e il piede che batteva a terra impaziente.
Quando sentì un fischio lontano, sentì un brivido percorrerle la schiena. Il sole ormai si era abbassato notevolmente, e il cielo si era colorato di azzurro tendente al blu, come gli occhi di Niall in quel preciso momento. Il treno si fermò davanti a loro e il controllore aprì lo sportello del vagone passeggeri. Gli porsero uno alla volta il biglietto da spillare, ma quando toccò a Margot, il controllore le spillò il suo e si soffermò ad osservarla. La ragazza fece lo stesso spostandosi la frangetta dagli occhi, poi ricordò. Quello era l'uomo che l'aveva inseguita con Louis che era sulla sedia a rotelle. Il suo cuore saltò un battito a quel ricordo così limpido e lontano.
«Ci conosciamo?» le chiese infatti quello. La ragazza scosse le spalle impassibile, anche perchè il ricordo la fece sentire male.
«A quante persone ci sono» iniziò con un filo di voce mentre saliva per ultima sui tre gradini del vagone, «proprio di me si deve ricordare?» e lo liquidò con quell'ultima frase.
Quando furono dentro, aspettarono un altro po', mentre Zayn si lamentava per la noia di un viaggio così lungo, mentre Giselle socchiudeva gli occhi, riposando.
Niall, seduto al suo posto, sciolse il nodo del suo fagotto e porse un panino a Margot. «Tieni.»
Al solo guardarlo, alla ragazza venne un conato. «Non voglio mangiare.»
«Non mangi niente da stamattina e il viaggio sarà lungo» disse controllando sul tabellone al di fuori del treno, appeso al muro frontale, «quindi mangia e zitta» terminò dandoglielo in mano.
Margot riuscì a stento a mangiarlo, ma fu costretta a finirlo perchè la fame ebbe la meglio, nonostante il magone sullo stomaco. Dopodichè il treno ebbe uno scossone e iniziò a muoversi, prima piano, poi sempre più veloce, fin quando il mondo fuori divenne solo una macchia sbiadita e indistinta.
Margot, attraversando quelle lande desolate, con qualche luce che faceva capolino, si ritrovò a pensare a tante cose, come ai briganti, alla signora del villaggio che aveva aiutato sia lei sia Louis a rimediare il viaggio, privati di tutto, e poi l'anarchico tedesco che l'aveva scoperta ma non aveva detto nulla.. tante facce le passarono davanti, così come le colline e i cartelli delle città che superavano. Il cielo ormai era scuro, era passato un giorno e mancava davvero poco a raggiungere il palazzo. Poi la stanchezza le piombò addosso tutta in una volta e chiuse le palpebre, lasciandosi cullare dal movimento ondoso del vagone e dai respiri di Niall sulla sua fronte sudata.


Non sognò niente quella notte, e quando riaprì gli occhi era l'alba, il rosa che tingeva il cielo sopra il treno che passava accanto ad un cartello sbiadito lungo la strada: Montecarlo.
Mancava pochissimo, e la locomotiva rallentò in prossimità della stazione. Zayn sbadigliò, restando ancora con gli occhi chiusi, mentre Giselle e Niall erano ancora nel mondo dei sogni. Margot spostò con un dito la testa di Niall dalla sua spalla, il quale si lasciò scappare un russo molte forte che la fece sorridere impercettibilmente.
Il treno riprese a correre più veloce, mentre il vagone in cui erano loro si era svuotato pian piano senza che se ne accorgessero. Pensava che dormire le avrebbe fatto bene, ma non era cambiato nulla, se non che forse stava persino peggio.
Circa un'ora dopo, impossibile a dirsi senza un orologio a portata di mano, il treno si fermò all'ultima stazione. Giselle si alzò per il continuo fischiare del treno, Zayn subito dopo mentre Niall fu quello che ci impiegò di più. Quando scesero, Margot trasse un profondo respiro, Monaco era casa sua e finalmente era tornata, rendendosi conto solo in quel momento di quanto le fosse mancata. Appesi ai muri c'erano un sacco di fotografie che la ritraevano con i sovrani, ma ogni volta che intravedeva il volto del padre, distoglieva lo sguardo. Non ce la faceva.
La gente intorno a lei era molto calma, sui volti un forte dispiacere, mentre alcune persone si soffermavano semplicemente a fissarla, riconoscendola. Su alcuni volti si aprivano facce sorprese, incredule, ma nessuno si fece avanti. Margot prese la mano di Niall facendo incrociare le loro dita, proseguendo lungo il tragitto che li avrebbe fatti uscire su una stalla. Il sole non era ancora sorto, ma il vento faceva scompigliare i loro capelli. Si tolse il cappello e lo nascose nella borsa di Giselle che si era portata dietro, il vento che le solleticava anche le caviglie scoperte dal risvolto. Giunti alla stalla, prese due cavalli, uno nero, uno bianco. Salì su quest'ultimo, aiutando Niall a mettersi dietro di lei. Zayn afferrò le redini dell'altro, mentre Giselle allacciava le mani intorno alla sua vita. Lo stalliere la riconobbe e fece un sonoro inchino, ma non si mosse per avvisare gli altri. Margot fece un gesto del capo, in un 'grazie' muto, poi diede uno scrollone alla briglie e partì rapida. Il vento le fischiava nelle orecchie, le spostava i capelli.. l'ultima volta che aveva cavalcato aveva i capelli lunghi che si riepivano di nodi, mentre quella volta le solleticavano il mento, e di certo non aveva Niall che le cingeva la vita, mantenendosi forte. Giselle, accanto al loro cavallo, non perse l'occasione per guardarsi intorno, troppo incantata. Monaco era bellissima, e le sembrava troppo strano che Margot ne fosse a capo, ma lei era davvero la principessa, tornata a casa per riprendere le redini della situazione.
Quando Margot scorse la torre del castello, sentì il cuore esploderle dentro, pomparle sangue più rapidamente, riempendola di adrenalina. Gridò più forte al cavallo per farlo accelerare, continuando a distinguere sempre più dettagli di fronte a lei. L'ultimo piano del palazzo, le bandiere sferzate dal vento, le finestre aperte... era tutto uguale, ma lei era diversa. Aveva sulle spalle un bagaglio molto più grande, pronta ad utilizzarlo. Quando scorse il cancello, venne colta da un brivido, mentre Niall aumentava la stretta sulla sua vita e Zayn faticava a starle dietro: «Questo cazzo di cavallo non capisce i miei comandi!»
Poi Margot girò la testa verso sinistra, il sole che si alzava piano e i raggi che le investivano la testa, gli alberi che incorniciavano il sentiero di sassi. Fece un profondo sospiro, poi quando riaprì gli occhi, si rese conto di una figura che le correva incontro, ancora all'interno della recinzione, scostando il cancello socchiuso, facendolo cigolare rumorosamente.
Fece fermare il cavallo di scatto, facendo spaventare Niall che urtò contro la sua schiena, mentre Zayn rallentava piano e scendeva a terra. Margot spostò le gambe su un unico lato e con un salto scese dalla groppa, la borsa che le dondolava accanto mentre correva veloce verso il ragazzo che le andava incontro a gran velocità. Margot fece un salto e atterrò tra le braccia di Liam, il quale la appoggiò per terra e se la strinse al petto come non aveva mai fatto prima. Le accarezzava la testa, mentre Margot aveva la faccia premuta contro il suo petto e odorava il suo profumo di paglia e casa. Dietro di lei, Niall, Zayn e Giselle rimasero in disparte, a disagio.
Margot aveva le mani strette dietro la sua schiena e sussurrava il suo nome contro il tessuto della camicia. Nonostante fosse il primo di novembre, a Monaco faceva ancora un po' di caldo, il sole che riscaldava i loro cuori freddi.
Liam aveva gli occhi stretti e il mento appoggiato sulla testa della principessa. «La mia Marge..» sussurrò. Il loro abbraccio spiegava più cose di quante se ne sarebbero volute dire, e andava bene così.
Quando si staccarono da quella stretta eterna, Liam le lasciò un sonoro bacio sulla fronte mentre il sole li investiva in pieno. «Mi dispiace» disse solamente, e Margot annuì.
«Anche a me» D'altronde non avrebbe potuto aggiungere altro.
Niall a quel punto si avvicinò ai due e Liam gli andò incontro, dandogli una pacca e stringendolo in un abbraccio, poi fece lo stesso con Zayn, gli amici di una vita che non vedeva da fin troppo tempo, poi prese una mano di Giselle e ne baciò il dorso. «Incantato di conoscerti, Margot mi ha parlato molto di te nelle sue lettere.»
«Anche di te» disse lei, facendo un breve inchino.
Dopodichè Liam fece loro segno di seguirlo, accompagnandoli verso il portone d'ingresso. Un sacco di carrozze costeggiavano il bordo del sentiero, carrozze scozzesi, irlandesi, spagnole, italiane.. tutti gli alleati del re Maurice.
Margot strinse gli occhi, abbassando lo sguardo. Quando furono di fronte al portone, Liam diede una leggera spinta.
«Come facevi a sapere che sarei venuta oggi?» chiese la principessa.
Liam, continuando a spingere, le lanciò un'occhiata. «Ti conosco» poi si portò una mano al cuore, «l'ho sentito qui dentro.»
Quando aprì un'anta dell'imponente ingresso, Margot venne circondata dall'odore del palazzo.
Era un odore con cui aveva sempre vissuto, ma sentirlo dopo quasi tre mesi era come essere tornati in patria dopo aver viaggiato per mari lontani per fin troppo tempo, abituati all'odore dell'aria salmastra e del vuoto circostante. Tutto il palazzo, al suo interno, presentava drappeggi neri, le finestre erano oscurate da spesse tende di tessuto scuro, i camerieri erano vestiti in lutto. Niall, Zayn e Giselle si guardavano intorno, increduli di ciò che stavano vivendo. Certo, sapevano che Margot fosse una principessa, ma non avevano mai avuto ben in chiaro in testa l'idea di cosa ciò comportasse. Margot camminava a testa alta, riacquistando tutto l'onore che aveva deposto per due mesi e mezzo, mentre intorno a lei i maggiordomi, le dame, le cameriere si inchinavano rispettosamente, rincuorati di rivederla. Poi però solo due persone catturarono il suo sguardo.
«Signorina Margot!» Esteban le correva incontro, con le braccia spalancate, «ma come si è vestita!?» fu la prima cosa che disse, la voce che rieccheggiava in tutto quel silenzio.
Amanda, dietro di lui, si fiondò sopra di lei, stringendosi al suo esile corpo e scoppiando a piangere. «Non hai idea..» iniziò, scossa dai singhiozzi. Margot avrebbe voluto piangere con lei, ma le lacrime non uscivano, il suo corpo era bloccato da una forza sovrumana. «Non hai idea... di cosa.. io.. il re.. Margot!» Amanda le circondò il viso con le mani callose, piantando i suoi occhi in quelli della reale. «Non mi importa se possa mancarti di rispetto, ma ..» iniziò a baciarle le guance ripetutamente, per poi abbracciarla più forte di prima, ed Esteban si aggiuse al piccolo gruppetto. «Ci è mancata tanto!»
«Anche voi» disse Margot con la voce rotta, mentre dietro di lei Liam parlava con gli altri ragazzi, spiegando loro gli avvenimenti dei giorni scorsi.
Tutto era cambiato, ogni singola cosa: era tornata a casa, i suoi amici inglesi erano con lei, i francesi che le piangevano intorno. Il palazzo era lo stesso, ma il suo ambiente era differente al massimo.
Margot sollevò lo sguardo al piano di sopra, staccandosi dalle loro strette. Lanciò uno sguardo dietro di lei, per osservare due guardie che richiudevano la porta. Si allontanò da Amanda ed Esteban e andò da Niall, stampandogli un bacio a fior di labbra. Dietro di loro tutti trattennero il respiro, incluso Liam che aveva la bocca spalancata. Margot si girò poi verso Zayn e Giselle. «Devo andare da mia madre» disse semplicemente, poi si avviò verso le scale imponenti, salendo i grossi gradoni senza alcuna grazia, o almeno non quella che aveva un tempo.





Spazio autrice
Ed eccomi di nuovo qui con il 21esimo capitolo.
Liam è riapparsooooooooooo kajdasd ok, la smetto.
Che dire riguardo questo coso che ho pubblicato...Margot torna a Monaco dopo quasi tre mesi di fuga e riparo presso gli Horan, riabbraccia alcune delle persone a lei più care e finalmente - posso dire - che con il passare dei prossimi capitoli vedrete la maturità della principessa che si farà sentire sempre più prepotente in lei, il senso della responsabilità e del dovere. 
A quanto pare - al contrario di quanti abbiano pensate differentemente - il re Maurice è morto per davvero, e non è stato uno stratagemma di Harry per farla tornare in patria ahahahah.
Adesso Margot dovrà fare i conti con la realtà e i prossimi capitoli ne saranno una prova fortissima.
Grazie per le recensioni che mi lasciate, vi voglio bene e spero possiate rimanere fino alla fine, è importante il vostro supporto in ogni modo possibile, mi sento meno sola e motivata.
So che ripeto sempre le stesse volte, ma le sento davvero.
A sabato prossimo e preparatevi ad altri cambiamenti HAHAHAHAHAHA love you all.
Elisa :)

p.s spoileeeeeer


"Delle voci si avvicinavano alle sue spalle ma non fu in grado di girarsi perchè Harry le fu addosso, cingendole il viso con le mani grandi e stampando le labbra su quelle di Margot.
La principessa rimase immobile, colta alla sprovvista.
Dietro di lei Liam, Niall e Zayn camminavano lenti e si fermarono dietro l'angolo dopo averli visti."



p.p.s so che sono Liam e Sophia, ma fate finta che sia Margot :))



 

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Capitolo 22
*** Forgive me, please ***


 





Forgive me, please


 


Giunta al piano di sopra, c'era un silenzio sovrumano che sembrava essere entrati in un'altra dimensione. Imboccò l'ala ovest del castello, dove vi erano tutte le stanze più utilizzate dai reali, persino le stanze da letto. In quell'ala non c'era mai stato nessuno, era viatato a chiunque mettervi piede, tranne ovviamente alla dame di compagnia delle madre e giusto qualche cameriera impiegata nella pulizia. Si sentivano dei sussurri, e numerose cameriere si muovevano spedite verso di lei, senza vederla realmente. Margot si bloccò. Non erano le cameriere, ma le dame di sua madre. Quando le donne la videro, si fermarono addossandosi ai due lati del corridoio, e mentre qualcuna di loro scoppiava a piangere, le altre si inchinarono tutte in un inchino solenne. 
Margot aveva ancora i pantaloni sporchi addosso, la camicia larga e sgualcita e delle scarpe che aveva sempre usato a Londra: in poche parole, era completamente un'estranea nel suo mondo.
Abbassò il capo, mentre le dame si dileguevano.
Le sembrava troppo strano.
Perchè tutte piangevano, e lei non aveva la forza di fare niente? 
Si passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, i polpastrelli che sfioravano lo zigomo freddi come il ghiaccio, poi riprese a muoversi lungo il corridoio. Si fermò di fronte ad una porta sulla destra. Trasse un respiro profondo, poi quando sentì un lamento prolungato, abbassò la maniglia ed entrò.
L'ambiente era luminoso, con le pareti tinte di rosa pallido e un imponente tavolo nel centro della stanza, di legno finissimo. Su una poltrone di velluto rosso nell'angolo della stanza vi era la regina Evelyne, interamente vestita di nero, l'unica macchia scura in quello spazio luminoso e accogliente. Rimase sotto l'arcata della porta, con una mano appoggiata alla maniglia, lo sguardo fisso sulla sua mamma.
La regina aveva la corona in testa, il vestito nero che le arrivava ai piedi nudi e una retina nera che le copriva metà faccia, fino al naso, lasciando scoperte le labbra carnose. Si continuava a rigirare la fede nuziale all'anulare sinistro, mentre le lacrime amare le scivolavano sulle guance, scendendo persino sulla gonna dell'abito scuro. Margot entrò e si chiuse la porta alle spalle. Il rumore fece scattare la regina che sollevò immediatamente lo sguardo, gli occhi cervoni che avevano perso la loro solita brillantezza, quella bellezza e semplicità che la principessa le aveva sempre invidiato. Evelyne spalancò la bocca, una ciocca di capelli biondo scuro che le cadde davanti agli occhi, disfacendo il particolare chignon che le dame le avevano fatto poco prima. Si alzò tremando dalla poltrona, con la mano appoggiata sul bracciolo per autosostenersi.
Margot fece un passo avanti, il mento sollevato e gli occhi lucidi.
La regina arrancò verso di lei, poi le posò una mano sulla spalla, guardandola attraverso i fori della retina sugli occhi. «Sei..sei davvero tu?» chiese con la voce priva di intonazione, come se fosse un disco registrato. Margot si soffermò ad osservare le borse scure che incorniciavano gli occhi cervoni della madre, le ciglia appiccicate tra loro per il pianto e le lacrime che le colavano sugli zigomi.
Margot annuì con il capo e si strinse al petto della madre, mentre la regina Evelyne riprese a piangere più forte di prima. «Pensavo di averti persa per sempre» sussurrava contro il suo orecchio, mentre Margot stringeva gli occhi e le mani intorno alla sua schiena.
In quei due mesi e mezzo aveva abbracciato molte persone, odorato diversi profumi, ma l'abbraccio e l'odore di sua madre, si rese conto, erano forse la cosa che le era mancata di più. Lei era fuggita dal castello perchè pressata dai suoi genitori, ma in quel momento non aveva più nè un padre, nè una madre che l'avrebbe sostenuta quando lei stessa non era in grado di reggersi.
La madre aveva davvero il cuore spezzato in tante piccole parti, e avendola lasciata sola, quelle parti si erano disperse; chissà quanto ci avrebbe rimesso a metterle di nuovo tutte insieme.
«No, non mi perderai mai..» le sussurrò Margot, e le disse quelle poche parole non tanto per la circostanza, ma perchè ne era consapevole: non avrebbe più abbandonato nessuno, non dopo tutto quello che le era successo.
La regina Evelyne le schioccò un bacio sulla fronte, un bacio salato e allo stesso tempo amaro che sapeva di tristezza, dolore, consapevolezza. 
 Nonostante ciò, Margot continuava a non piangere, quando l'unica cosa che avrebbe tanto voluto fare era esattamente quella.
La regina le teneva entrambe le mani strette nelle sue, la tendina sugli occhi che ormai era diventata un maschera, quando in quel momento non c'era più niente da tener nascosto.
«Scusami» disse Margot guardandole gli occhi chiari. «Scusami se ti ho fatto soffrire, ma..»
Evelyne le poggiò un dito sulle labbra tanto simili alle sue. «Non è proprio il momento adesso» disse, e alzò una mano sulla testa. Si sfilò la corona dalla testa e la appoggiò sul tavolo in legno, l'oro che risuonò in tutto quel silenzio, con le gemme che riflettevano la luce della stanza, creando dei giochi di colori che si infrangevano sui muri dipinti di chiaro. «Io non posso continuare a regnare senza tuo padre. Forse è un atto di egoismo, ipocrisia...ma il mio non è un abbandono.» Piantò gli occhi in quelli della figlia, mentre Margot sentiva il peso sul cuore aumentare a dismisura, avrebbe voluto dirle tutto, ma la regina non le stava permettendo di farlo. «Io sarò sempre una reale, ma non posso controllare il popolo da sola dopo..» tornò a piangere, mentre Margot abbassava il capo.
«Ho capito.»
«Margot, io sto abdicando per te.»
Quelle parole le fecero brecciolina nel petto. Sua madre le aveva appena dato tra le mani il regno e il posto sul trono. 
«Sarai tu a prendere il mio posto di regina.»



Quando abbandonò la stanza, Margot rimase attaccata alla porta con la schiena, e si fece scivolare lungo il legno, fin quando non si sedette per terra e si portò le gambe al petto. Sua madre le aveva dato la corona. Sarebbe diventata regina entro pochissimo tempo.
Sapeva che sarebbe successo, ma normalmente non accadeva in determinate circostanze.
Evelyne era rimasta chiusa nella stanza e l'aveva esortata ad uscire, anche perchè doveva andare a vedere una persona.
Si passò una mano tra i capelli, gli occhi stretti. Si diede un forte pizzico sul braccio lasciato scoperto dalla manica della camicia arrotolata, ma niente. Le lacrime non le uscivano. Dannazione, pensò, cosa c'è di sbagliato in me?
Aveva bisogno di piangere, liberarsi del dolore che provava, il groppo in gola, la tristezza che aveva riempito ogni angolo di sè.
Si alzò senza perdere altro tempo, con il mondo intorno a lei completamente in silenzio, e si avviò verso l'unica stanza alla fine del corridoio. Due guardie avevano le spade ad 'x' e bloccavano il passaggio, lo sguardo fisso su di lei che si avvicinava rapida a passo svelto e risoluto.
La guardia sulla destra afferrò il cappello e se lo tolse in una riverenza, mentre l'altra guardia le liberava il passaggio.
Quando fu davanti alla porta, abbassò la maniglia ed entrò, chiudendosela subito dopo.
Non c'era nessuno, le tende erano chiuse ma le finestre aperte, riempendo la stanza di aria fresca.
Spostò lo sguardo sul letto a baldacchino e su suo padre, immobile, avvolto da un completo elegante che non aveva mai visto.
Si avvicinò titubante, non riuscendo a crederci.
Quando fu di fronte al materasso, le gambe le cedettero e si inginocchiò per terra, con lo sguardo fisso sul volto verdognolo del padre.
Fece per aprire la bocca ma le scappò un singhiozzo potente che risuonò per tutta la stanza.
Il petto si muoveva rapido, in preda ad una crisi, ma quelle dannate lacrime non le uscivano. Si sollevò sulle gambe e afferrò una mano del padre posata delicatamente sul petto.
Era fredda e rigida, come se fosse di una statua. Gli occhi erano chiusi, le sopracciglia folte dispiegate sulla fronte serena, le labbra che non erano inclinate verso l'alto in un cenno di sorriso.
No, suo padre non stava bene, se davvero vi era un posto in cui si sarebbe andati una volta morti. Suo padre non era felice.
Margot sentì gli occhi pizzicarle, un groppo alla gola che non le permetteva di respirare normalmente. Le mani le tremavano mentre mantenevano quella del padre. 
«E' tutta colpa mia» disse con un sussurro così impercettibile che a fatica riuscì a sentirsi. «Solo mia. Non me ne sarei dovuta andare.»
Con quel senso di colpa ad atterrarle il cuore, si sporse sul padre e lo abbracciò, stringendolo come se in quel momento avesse voluto trasmettergli tutta la vita.
«Ti prego..» sussurrò ancora vicino al suo orecchio freddo, notando un segno nero circondargli il collo. Non riusciva a credere che stesse abbracciando il cadavere di suo padre, avrebbe sicuramente riaperto gli occhi facendola spaventare come faceva raramente quando era più piccola...
«Ti prego..» disse di nuovo, mentre le labbra le tremavano, così come le palpebre chiuse. «Perdonami. Ovunque tu sia, perdonami per tutto quello che ho fatto.»
Dopodichè Margot appoggiò la testa sul petto fermo di Maurice, duro come una roccia, nessun suono a sorpassare il tessuto dell'abito nero, la corona posata sul comodino accanto al grosso cuscino.
«Ti voglio bene, papà. Ti prego, perdonami... perdonami!» urlò, con il petto sgonfio e gli occhi pieni di lacrime non versate. Si accasciò piano a terra, fin quando non si sedette in posizione scomposta, con la mano del re ancora tra la sue.
A quel punto entrarono le guardie per assicurarsi che Margot stesse bene, anche se in quel momento era un eufemismo. La principessa girò lo sguardo verso di loro e annuì con il capo. Si rimise in piedi, riappoggiando la mano del padre sull'altra, sporgendosi sulla sua fronte.
Gli lasciò un bacio amaro che sapeva di lacrime non versate, senso di colpa e dolore, l'ultimo bacio che si può riservare ad un padre ormai scomparso.
Chiuse gli occhi, e si voltò dirigendosi verso la porta che le guardie avevano richiuso. Prima di abbandonare la stanza, si girò verso il re Maurice, immobile sulle coperte rimboccate. «Addio.»


Richiusa la porta, si allontanò piano, con le guardie che ritornavano alla loro posizione. Ce n'erano molte sparse per tutto il palazzo, ma a che scopo, se il re era già morto?
Girò sul corridoio sulla destra e il suo sguardo venne catturato solo da una figura che le correva incontro a gran velocità, i suoi passi che risuonavano sul pavimento.  
I suoi capelli si erano allungati, i ricci gli arrivavano sulle spalle, la giacca che gli sventolava dietro e gli occhi verdi puntati su di lei, fissi e spalancati. Si fermò a circa due metri di distanza, il fiatone che gli scuoteva il petto e le labbra schiuse. «Margot..» disse con l'affanno. 
La ragazza rimase ferma, con le braccia allungate ai fianchi.
Lui aveva preso Louis, ricattando i suoi amici.
Delle voci si avvicinavano alle sue spalle ma non fu in grado di girarsi perchè Harry le fu addosso, cingendole il viso con le mani grandi e stampando le labbra su quelle di Margot.
La principessa rimase immobile, colta alla sprovvista.
Dietro di lei Liam, Niall e Zayn camminavano lenti e si fermarono dietro l'angolo dopo averli visti.
Liam allungò un braccio per fermare gli altri due ragazzi, mentre Zayn sgranava gli occhi e Niall sentì improvvisamente una rabbia montargli addosso come una furia.
Dopo tutto quello che le aveva fatto, dopo aver preso Louis, dopo aver ricattato tutti gli Horan...lei cadeva fra le sue braccia? E il loro rapporto si era dissolto così facilmente? 
Liam prese Niall per le spalle e lo fece indietreggiare. «Come.. come...»
Zayn gli tappò la bocca con la mano, continuando ad indietreggiare. «Niall, lui è il suo futuro marito.»
Il biondo lo sapeva, l'aveva sempre saputo, ma...niente, non c'era nessun ma.
Margot appoggiò un dito sulle labbra di Harry, staccandolo.
Harry le piantò gli occhi addosso, scrutando ogni particolare del suo corpo. «Vederti sana e salva mi ha riempito il cuore di gioia. Non hai idea di quanto tu mi sia mancata» sussurrò contro le sua labbra, lasciandovi ancora una volta un altro bacio che Margot non ricambiò.
«D-devo..» non aveva neanche la forza di parlare. Ma che persona era diventata? 
Harry lasciò la presa sul suo volto, passandosi la lingua sulle labbra. «Vai, avremo modo di parlare molto presto.» disse lui, e scomparve così come era arrivato, allontanandosi per il corridoio.
Margot indietreggiò spaesata, portandosi una mano sulla fronte accalorata.
Aveva il fiato corto e tornò indietro, camminando senza meta in quei corridoi bui.


Zayn aveva portato Niall al piano di sotto, seguendo le scale che portavano ai diversi piani del palazzo che spesso facevano incontrare i corridoio tra loro.
All'improvviso vide Margot camminare più avanti e si mise a correre per raggiungerla, ma una voce sulla destra lo distrasse e lo fece girare da quella parte. Rimase con le spalle al muro e la testa girata per captare ogni suono. 
«Comportati normalmente..» la voce aveva un tono duro e affilato, sicuramente del Nord. 
«Lo farò, non cadrò proprio adesso.» Harry. Era sicuramente lui.
Zayn rizzò le orecchie quando sentì dei passi avvicinarsi, per cui non potè ascoltare ancora molto e fu costretto a tornare sui suoi passi.
A metà dell'altro corridoio vide Liam parlare con Giselle e Amanda.
Si avvicinò all'amico e gli appoggiò una mano sulla spalla. «Liam, ricordi che io sono un tipo perspicace?»
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, «Non stavamo parlando di te, ma comunque...allora?»
«Bene, dobbiamo parlare.»


Margot si avviò verso la sua stanza, aprendo la porta e lasciandola spalancata quandu fu dentro. Tutto era come l'aveva lasciato, il libro sul comodino, la toiletta in ordine, i vestiti appesi, la luce sul comodino spenta, il letto dalla coperte rimboccate...così invintanti che si lasciò attrarre dal materasso. Rimase in silenzio, con lo sguardo fisso sul muro sopra di lei, quando delle nocche bussarono sul legno della porta nonostante questa fosse aperta. «Posso?»
Margot si mise seduta incrociando le caviglie scoperte, annuendo, ed Harry entrò chiudendosi la porta dietro.
«Sei così diversa..» disse lui, mentre le si sedeva accanto.
Margot strinse le mani tra loro, annuendo. «Ho dovuto cambiare.»
«Perché te ne sei andata?» poi quando si accorse del suo anulare vuoto, aggrottò le sopracciglia. «Dov'è il mio anello?»
Margot si guardò il dito stringendo le labbra. «Ho..passato tante cose che non sono qui ad elencarti, ma.. Harry, ho dovuto venderlo per salvarmi la vita.»
Harry le prese la mano e gliela baciò. «Non preoccuparti, quando saremo sposati te ne regalerò in quantità indefinita. Tutto, per la mia regina.»
Margot liberò la sua mano, riappoggiandola sulla sua coscia, ignorando la frase. Rimase in silenzio, poi tornò a guardare i suoi occhi verde smeraldo, cambiando totalmente discorso su ciò che le interessava di più in quel momento. «C-come è morto mio padre?»
Harry scosse le spalle, inclinando le labbra verso il basso. «Nessuno lo sa» disse semplicemente, avvicinandosi alle sue labbra. «Alcuni dicono che si sia ucciso per il troppo dolore.»
Margot si portò una mano al cuore, chiudendo gli occhi. Suo padre era morto per colpa sua, solo sua. Poi però si ricordò vagamente del segno nero sul suo collo e della strana piega della sua bocca, come se avesse sofferto.
«Ne sei sicuro?» chiese socchiudendo gli occhi.
Harry le appoggiò una mano sulla spalla con sguardo condiscendente, come se stesse avendo a che fare con una stupida. «Sicurissimo. Non credo che tuo padre potesse essere mai ucciso da qualcuno, amato com'era.» Poi si mise in piedi e fece un inchino rapido. «Ora devo andare, mio padre sta organizzando il funerale.»
Margot annuì e lasciò che Harry se ne andasse, continuando a tenere lo sguardo puntato sulla porta chiusa. Perchè ne parlava con così tanta naturalezza e semplicità? Scrollò la testa e si aggiustò i capelli dietro le orecchie, dopodichè abbandonò la sua stanza e si mise a correre per raggiungere il resto del gruppo, più confusa che mai.






Spazio autrice
Ciao a tutti e scusatemi se in questo piccolo spazio non mi dilungo più di tanto, ma vado di fretta perché i miei mi stanno aspettando per andare al mare.
Anyway, cosa ve ne pare? Credo che ora tutti si siano resi più o meno conto che qualcosa non va, e vi voglio avvisare che il prossimo capitolo è stato il più difficile da scrivere, sotto ogni punto di vista. Accade di tutto e da lì in poi, possiamo dire che la storia è completamente rivoluzionata, si perde ogni certezza e non si riesce a capire in che modo possa finire, ma non preoccupatevi perché, sebbene sia il capitolo, non è l'ultimo. Ma vi ricorderete del capitolo 23 :-)
Ci sono ragazze che minacciano di recensirmi in maniera critica perché annusano nell'aria l'odore di problemi gravi, però voglio solo dirvi che non dovete criticare perché qualcosa non vi va bene personalmente, ma focalizzatevi solo sulla storia. Peace xo
Sabato prossimo partirò, me ne vado in Umbria, per cui credo che pubblicherò venerdì o direttamente fra due settimane.....credo venerdì, mmh, amatemi.
Vi voglio bene e grazie per le recensioni.
Alla prossima.
All the love,
Elisa :)

p.s come sapete sto lavorando ad una nuova storia, ora vi lascio il banner così che possa catturare la vostra attenzione. Inizierò a pubblicarla tra pochissimo, sicuramente prima che Nothing is like it used to be sia terminata :)




p.p.s SPOILEEEEEEEEER prossimo capitolo :)

"Margot sollevò lo sguardo su di lui. «Secondo me, è tutto sbagliato.»
«Io credo di no.» Niall le prese una mano e la fece rimettere in piedi. Poi si girò verso la sorella, abbassando la voce. «Non possiamo stare fermi mentre all'interno di queste mura sta accadendo qualcosa, e ne sono più che certo. Tu, Giselle, andrai con Amanda a controllare le stanze di Margot, io e Zayn andremo a prelevare Louis, e tu, Liam, andrai a trovare Harry.»
Margot si mise al fianco di Liam, «Stiamo parlando della morte di mio padre, io vengo con te.»"






 

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Capitolo 23
*** The perfect queen ***






The perfect queen





«... e quindi penso che Harry stia confabulando qualcosa» disse Zayn guardandosi intorno circospetto, circondato dai suoi amici. Giselle storse la bocca in una smorfia.
«Non lo so, non credo sia giusto far ricadere su di lui dei sospetti.»
Niall dilatò le narici. Non voleva lanciare colpe, nè tantomeno ferire Margot che ascoltava tutto ciò che si erano detti in quel quarto d'ora nel silenzio assordante del corridoio, ma era sicuro che Harry c'entrasse qualcosa. Insomma, anche lui aveva letto le lettere di Liam, e se non ricordava male dicevano che Harry girava sempre restio nel palazzo, controllando i lavori e la situazione dei reali. La sua era un'accusa eccessiva, ma era sicuro che quel dannato principe scozzese c'entrasse qualcosa.
«Non lo so..» disse Margot guardandoli uno ad uno. «Perchè avrebbe fatto una cosa del genere?» Si sedette per terra portandosi le due mani alla faccia, seppellendola. Avrebbe voluto scomparire, dimenticare tutto, ma purtroppo sarebbe diventata regina, e non poteva abbandonare un 'problema', se era ciò che Harry presentasse. Come poteva proprio lui aver fatto qualcosa? Era troppo buono per anche solo alzare il dito contro qualcuno..
«Io sono d'accordo.» Liam incrociò le braccia al petto, annuendo in direzione di Zayn. «E credo dobbiamo iniziare ad indagare.»
Margot sollevò lo sguardo su di lui. «Secondo me, è tutto sbagliato. »
«Io credo di no.» Niall le prese una mano e la fece rimettere in piedi. Poi si girò verso la sorella, abbassando la voce. «Non possiamo stare fermi mentre all'interno di queste mura sta accadendo qualcosa, e ne sono più che certo. Tu, Giselle, andrai con Amanda a controllare le stanze di Margot, io e Zayn andremo a prelevare Louis, e tu, Liam, andrai a trovare Harry.»
Seguì il silenzio a quelle parole, troppo titubanti per effettuare un piano del genere.
Margot si mise al fianco di Liam, «Stiamo parlando della morte di mio padre, io vengo con te.»
«No, Margot, non ce n'è il bisogno, posso andar-»
«Ho detto che vengo anche io, punto.» Guardò Giselle e la ragazza annuì.
«C'è altro che potrei fare?»
«No» disse Niall mettendosi accanto a Zayn e appoggiandogli una mano sulla spalla, «noi andiamo a prendere Louis subito.» Poi osservò Margot. Quando incontrò i suoi occhi non potè non pensare alle sue labbra baciate da quel pezzo di.. fece un colpetto di tosse, annuendo piano. «Ci conviene andare.»
«Secondo me stiamo tutti sbagliando» disse Margot stringendo le labbra. «E' solo un modo per perdere tempo.»
«Tentar non nuoce» disse Niall, dopodichè spinse Zayn verso sinistra e si avviarono verso l'ala nord del castello, dove avrebbero trovato delle scale che li avrebbero condotti nelle segrete attentemente sorvegliate.
Giselle abbracciò Margot, guardandola negli occhi scuri circondati da profonde borse. «Non stiamo incolpando nessuno. Le nostre sono solo ipotesi, vedila sotto questo punta di vista. Stiamo solo controllando la situazione.» Poi vide Amanda farle un cenno dietro l'angolo e si avviò in quella direzione, lasciando soli Margot e Liam.
«Sicura che-»
Lei gli prese il braccio trascinandolo. «Sì, andiamo.»



Girarono in lungo e in largo, ma di Harry e il padre non c'era traccia. Sembrava che si fossero volatilizzati, quando invece Margot sentiva la sua presenza nel palazzo, la percepiva. Non se ne sarebbe potuto andare, avrebbe dovuto restare lì per forza. Voltarono a destra e a sinistra in diversi corridoi, sbucando in zone che nemmeno la principessa aveva molto spesso frequentato. Quando sentivano dei rumori, Liam apriva le porte nascoste nelle pareti e si nascondevano con la speranza che nessuna guardia li vedesse, poi si avviavano più risoluti che mai.
Quando giunsero al terzo piano, le porte erano tutte aperte. C'era la biblioteca sulla destra, la sala di etichetta alla sinistra, la sala delle armi e la sala delle mappe dove suo padre collezionava modelli di spade che avevano usato precedentemente durante le varie guerre francesi. Non c'era un rumore, il silenzio aleggiava su di loro, ma man mano che procedevano iniziarono a sentire dei brusii. Liam guardò Margot facendole un cenno della mano e si avviarono verso l'unica porta socchiusa, la stanza delle mappe e della collezione di armi del re. Liam si allontanò un poco per verificare che non arrivasse nessuno, mentre Margot si avvicinava sempre più alla piccola apertura, origliando stralci di conversazioni le cui parole si facevano sempre più limpide e chiare, e una voce roca le fece aumentare il peso sul cuore più di quanto già non fosse opprimente.
«Ora il prossimo passo è usurpare il trono, Margot non sarà mai in grado di sostenerlo, debole com'è e fin troppo ingenua..»
La principessa sgranò gli occhi, mentre Liam verificava che nessuna guardia si avvicinasse a quella zona.
«Figlio mio, ho sempre saputo che avresti tenuto testa a questo compito. Il titolo di re di Monaco ti si addice a pennello.» Il re di Scozia parlava lentamente, quasi sussurando, ma Margot riuscì a percepire ogni cosa, ogni parola che le faceva mettere in ordine i pezzi di puzzle nella sua testa.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Harry sogghignò. «Lo so, padre. Ma devo prima sbarazzarmi di Margot, così come ho fatto con quel pirla di re.»
«Sì, mi dispiace ma sarai un re vedovo.» Una leggera risata soffocata.
A quelle parole Margot si portò una mano alla bocca con un singhiozzo bloccato in gola. Suo padre era morto per colpa di Harry. Harry l'aveva ucciso, e il segno nerastro sul suo collo avrebbe dovuto spianarle la strada fin da subito. Aveva il petto scosso da spasmi, una morsa alla gola come se una forza sovrumana la stesse uccidendo dall'interno. Tutto quel tempo era stata usata come un burattino nelle mani di un grande burattinaio, ed Harry si era divertito a giocare con i fili.
Quando era partita per Londra, Harry ne era stato sicuramente felice perché lei gli aveva spianato la strada per...uccidere il re con le sue stesse mani, e non si sarebbe fermato. No, non l'avrebbe fatto, aveva già in testa il bersaglio successivo: lei.
Una risata composta riecheggiò nella stanza delle mappe alle sue spalle e, con una mano premuta alla bocca e un dolore misto a rabbia montarle nel petto, si sporse per vedere la scena che le si presentava per quello spiraglio. Harry era di spalle, senza giacca ma con la camicia larga a fasciargli le spalle robuste, i pantaloni tenuti alti in vita con una cintura e gli stivali tirati sulle ginocchia. I capelli gli cadevano ai lati della testa in ricci scomposti e umidi per il sudore. Le sue scapole si muovevano lente sotto il tessuto della camicia chiara, come se stesse maneggiando con qualcosa....poi la luce venne catturata da una lama di metallo affilata che reggeva tra le mani, osservandone ogni particolare. La spada era stata presa da una vetrina su un lato della stanza e apparteneva ad una collezione del 1746, e mentre se la rigirava tra le dita, il padre guardava Harry con soddisfazione. «Bravo figliolo. Adesso torno al piano di sotto, così che tutto possa procedere tranquillamente.» E si avviò verso la porta. Margot sentiva i piedi pesanti, ma nonostante ciò si fece forza e si allontanò verso Liam, il quale aveva sentito parti della macabra conversazione. Le prese la mano un secondo prima che il re aprisse la porta, e si nascosero nell'angolo opposto, osservando il sovrano scozzese lasciare socchiusa la porta, guardare a sinistra e a destra, per poi allontanarsi verso l'altro corridoio. Quando girò l'angolo, Liam bloccò Margot per le spalle attaccandola al muro. «Te ne devi andare.»
La principessa sentiva la rabbia montarle dentro come un tornado che acquisti sempre più vento, con gli occhi scuri piantati su Liam. «No» disse osservandolo risoluta. «Non scapperò più.» Gli prese le mani e si liberò, intimandogli di restare fermo. «Non seguirmi. Avvicinati solo se la situazione dovesse degen-»
«Non credere di potermi dire una cosa del genere! Non lo farò mai!» disse lui sussurrandole con i loro visi a qualche centimetro di distanza. «L’ho già fatto una volta e hai visto com’è finita!»
«Liam, te lo ordino come futura regina di Monaco.»
«Lui ti vuole fare fuori!»
Lei gli tappò la bocca. «Hai sentito. Sta' fermo qui, non interferire. Cercherò di .. risolvere..» disse con la voce che le tremava sull'ultima parola. Andiamo, come avrebbe potuto convincerlo quando nemmeno lei aveva la forza di affrontarlo dopo quelle parole? «..questa situazione» terminò con un sospiro. Tolse la mano dalla bocca di Liam e si sistemò i capelli dietro le orecchie, poi lasciò l'angolo e si diresse verso la porta. Guardò un'ultima volta attraverso lo spiraglio, osservando Harry provare mosse con la spada, fece un respiro profondo e la spalancò.
«Harry.»



Zayn e Niall erano incollati con le spalle al muro, attenti ad aderire alla parete per evitare che la sentinella li vedesse o sentisse. «Come facciamo?» disse Zayn sussurrando contro la guancia di Niall. «Non abbiamo armi con noi.»
Niall si girò a pochi centimetri dal suo naso, i loro respiri rapidi che si scontravano e la fronte imperlata di sudore. «Dobbiamo metterla ko, dopodichè le sfiliamo le chiavi dalla tasca e apriamo la cella di Louis.»
Il moro chiuse gli occhi, facendo sbattere la testa contro il muro. Le segrete erano il posto più buio che avesse mai visto, il forte odore di muffa che ti entrava nelle narici e la puzza di sangue essiccato che galleggiava per l'ambiente. Si sentivano dei lamenti prolungati, dei sospiri pesanti e delle urla di frustrazione seguite da scalpicii di metallo sul metallo. La guardia passava avanti e indietro di fronte alla porta principale dalla quale avrebbero raggiunto Louis, il mazzo di chiavi che tintinnava contro il fianco e la spada sollevata sulla spalla. Sulle pareti erano allineate guardie di metallo a rendere il posto ancora più tetro, le spade affilate tenute chiuse nei pugni.
Zayn le osservò, poi seguì il passo della guardia e appoggiò gli occhi sui muscoli di Niall che sporgevano dalla manica della maglietta. «Penso di avere un piano.»
Niall chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un sospiro sconsolato. «Allora siamo totalmente fottuti.»
Zayn gli diede un pugno e gli spiegò rapidamente l'idea all'orecchio, e Niall la colse al volo.
«Penso si possa fare. Anche se non sono molto bravo con i pugni..»
Zayn sollevò le sopracciglia e gli fece il verso, alzando la sua voce di un'ottava. «Allora siamo totalmente fottuti.» Gli diede uno spintone e Niall uscì allo scoperto, correndo verso la guardia che si girò spaesata. «Ma cos-»
Niall iniziò a tempestarla di pugni e calci, tanto che alla guardia cadde la spada di mano, nonostante cercasse di respingere gli attacchi del biondo, ma Niall era molto più veloce. Quando sollevò la guardia stringendole un braccio intorno al collo e posizionandosela davanti come se fosse uno scudo umano, Zayn uscì dall'angolo e si gettò su una guardia di metallo, strappandole la spada dal pugno e sollevando quella che era caduta all'uomo che Niall teneva come ostaggio.
«Bene» disse Zayn facendole roteare nella mani. «Il piano è molto semplice. Ora tu ci porti verso Louis Tomlinson, aprirai la cella e ce lo lascerai portare via. Se no, non credo tu voglia assaporare un'altra modalità di dolore..» disse, passandosi orizzontalmente la lama della spada sulla lingua. Niall manteneva la presa salda intorno al collo della guardia, la quale aveva un occhio nero e un rivolo di sangue che scivolava dal labbro inferiore.
«Vi prenderanno..» sussurrò, ma Niall premette di più contro la sua gola. Zayn si avvicinò con entrambe le spade sguainate verso di lui.
«Non credo tu voglia metterti contro di me..» disse puntandogliele entrambe contro il petto. Niall girò l'uomo e l'obbligò ad aprire la porta, con le chiavi che gli tremavano in mano. Quando la porta fu aperta, Zayn gli punzecchiò la schiena, «Dopo di te, amico.»
La guardia venne spinta da Niall e imboccarono un lungo corridoio sul quale si affacciavano innumerevoli celle contenenti tantissimi prigionieri, ma solo uno catturò la loro attenzione. Nonostante Niall avesse visto tutti i detenuti mal ridotti, sfamati e luridi, Louis stava mille volte peggio.
Aveva le manette attaccate al muro che non gli permettevano di mettersi in piedi, il corpo cosparso di lividi e tagli profondi, le guance incavate, i polsi gli erano diventati viola, tutto il petto dimagrito che lasciava scoperte le costole ben evidenti e la faccia un mare di lividi neri ed ematomi leggeri sotto pelle. Gli occhi erano segnati da profonde borse violacee, le labbra esangui e secche e i capelli tagliati corti in maniera scomposta. Indossava solo un pantolone grigio che gli faceva soffrire il freddo in quell'ambiente gelido. Zayn rimase immobile a quella vista, non riuscendo a crederci, mentre Niall girava la guardia e gli assestava un potente pugno sul mento, facendole perdere i sensi. Quando l'uomo cadde su stesso, Niall scrollò la mano dolorante e dalle nocche arrossate e sporche di sangue. Zayn lasciò le spade per terra e sfilò dalle mani della guardia il mazzo di chiavi. Nonostante avessero voluto salvare più persone che sembravano innocenti, Louis era la loro prerogativa. Impiegarono un po' a trovare quella giusta, dopodichè fecero scattare la serratura e aprirono le grate di metallo, mentre Louis sollevava debole lo sguardo azzurro su di loro. Aveva la gola secca e non riusciva a dire nulla, ma quando lli vide immaginò di fare un sorriso. Niall e Zayn gli si avvicinarono subito e, una volta trovata la chiave giusta, liberarono i polsi del ragazzo che caddero privi di forza su di lui, il sangue che vi affluiva attraverso.
Zayn e Niall lo sollevarono per le braccia, passandosele sopra il collo, poi Zayn gli diede una pacca sulla schiena ossuta. «Anche io sono felice di vederti, pivello.»



«Ma guarda un po’.» Harry fece toccare la punta della spada per terra, appoggiandosi al manico rosso con cui prima si destreggiava, allenandosi. Nonostante Margot fosse ormai nella stanza, Liam era appoggiato appena fuori, pronto ad intervenire nel momento in cui ci sarebbe stato un qualsiasi passo falso. «Qual buon vento ti porta qui?»
Margot strinse le mani in pugni allungati contro il bacino, il collo irrigidito e lo sguardo catturato dalla spada.
«Ti ho sentito, ogni singola parola di quel discorso.»
Harry lanciò gli occhi in aria e sorrise con aria di sfida. «Meglio, no? Almeno saprai come va a finire.»
«Hai ucciso mio padre!» urlò Margot inchiodandolo con lo sguardo e la voce, purtroppo, malferma. «Hai approfittato della mia assenza per privarmi della sua figura solo per le tue ambizioni!»
Harry si appoggiò al bordo del tavolo su cui era spiegato un planisfero e alcune bandierine conficcate nel legno ad indicare chissà cosa.
«Io sono l’erede al trono di Monaco, tu devi solo sparire» forzò lei, facendo un altro passo all’interno della stanza.
«Ma davvero?» disse lui sarcasticamente, prendendo la spada e stringendo la lama affilata nell’altra mano. «E spiegami per quale assurdo motivo te ne sei andata, Margot.» Harry strinse gli occhi, inchiodandola al pavimento con le sue iridi verdi che non distoglievano mai lo sguardo dagli occhi scuri della ragazza. «Te ne sei andata perché ti sentivi ‘oppressa’, soffocata da questo compito che la vita ti ha messo tra le mani, e ora vieni a fare la ramanzina a me? Credo che la mia figura ti abbia agevolata in tutto.»
«Tu sei pazzo» disse lei in un sussurro con le spalle abbassate. Harry sapeva giocare bene i suoi assi nelle maniche, sapeva in che modo farle andare contro la situazione che lei stessa aveva creato di sua iniziativa. In quel momento era lui a tenere il coltello dalla parte del manico, e Margot iniziò a tremare.
Harry fece uno scatto in avanti staccandosi dal tavolo e impugnando saldamente la spada. «Tu non meriti il trono, sei solo una stupida ragazza che non ha idea del potere che possiede. Tuo padre doveva essere fatto fuori per forza e sì, sono stato io.» Iniziò ad andarle incontro, con le labbra strette e l’andatura lenta, mentre Margot iniziava piano ad indietreggiare. La spada avrebbe potuto colpirla da un momento all’altro, Harry stava perdendo il lume della ragione, e nonostante stessero utilizzando un tono di voce normale, nessuno sarebbe accorso in quell’ala del castello perché era proibita agli estranei. «E ne vado anche fiero.»
A Margot venne un conato. Come poteva essere un buon re se uccideva uomini a sangue freddo? L’aveva privata della figura paterna, non poteva passarla liscia. Harry continuava ad andare avanti, la spada allungata al suo fianco che affiancava il movimento della gamba lunga. «Io ho sempre voluto il potere, saper comandare su tutti…»
«Un tiranno» disse lei in un sussurro ed Harry fece un altro scatto in avanti, spaventandola. Il terrore stava avendo la meglio.
«No, un buon re. Io prenderò il comando di Monaco, e nessuno saprà come, perché non vivrai abbastanza a lungo da poterlo rivelare.» Sollevò la spada mantenendosela davanti al petto. «Credo che la tua storia, piccola Margot, sia giunta al capolinea. E’ il momento che un vero uomo prenda il comando. D’altronde, sei solo una ragazza
Harry fece un passo indietro, piegando la gamba mentre Margot indietreggiava a notevole velocità, uscendo sul corridoio. Harry per sbaglio calpestò una pistola che aveva destreggiato e calibrato qualche giorno prima, finita a terra chissà come e la calciò, allontanandola verso di lei, fuori dalla stanza. «Addio, principessa.» Fece per colpirla, imprigionando nella spada tutta la potenza che riservava in quel momento, pronto a mettere fine a quella storia durata troppo a lungo, girando finalmente pagina, assoggettando Monaco alla sua Scozia. Margot si allontanò vedendo la lama avvicinarsi pericolosamente, lo sguardo di Harry che presentava follia pura e desiderio, ma poi tutto iniziò a muoversi come al rallentatore. Lei indietreggiava portando inspiegabilmente due mani in avanti per proteggersi, ma Liam le si piazzò davanti, puntandole il suo sguardo color cioccolato addosso in un gesto di supplica.
‘Lei doveva sopravvivere’.
Margot registrò tutto troppo tardi.
Liam le prese le spalle per allontanarla, ma poi si bloccò con la bocca spalancata e boccheggiando, mentre la lama fuoriusciva dal suo stomaco intrisa di sangue. Liam aveva gli occhi spalancati e un fiotto di sangue gli uscì di bocca, mentre si abbandonava contro il corpo della principessa, collassando sotto il suo peso. Le palpebre gli tremavano, il sangue gli colava dalla bocca e gli sporcava il davanti della camicia dalla quale la lama era rientrata, abbandonando il suo corpo. Margot aveva le braccia che lo sorreggevano mentre anche il suo completo maschile si sporcava del suo sangue. Liam aveva la gola che gli gorgogliava, poi lanciò un ultimo sguardo a Margot imprigionando il momento come se fosse stato congelato, poi la luce nei suoi occhi si spense, lasciandavi dietro un colore opaco di morte.
Margot cadde in ginocchio con il corpo di Liam ancora tra le braccia, il suo corpo ancora caldo ma privo di vita e sentimenti. Harry aveva fatto un passo indietro guardando la spada ancora stretta nella sua mano, completamente sporca di sangue. Margot sentì il cuore scoppiarle, gli occhi completamente pieni di lacrime e le mani che le tremavano mentre cercavano di chiudere le palpebre di Liam. In un impeto improvviso afferrò la pistola, non sapendo neanche come utilizzarla, mentre nell’angolo del corridoio apparivano Giselle, Amanda, Zayn e Niall che sorreggevano un Louis debole e sfinito. Il mondo era immobile, sul punto di crollare ed implodere e Margot, con il corpo di Liam abbandonato sul suo grembo e una mano incastrata sotto la sua testa, manteneva con l’altra la pistola, avvolgendo le dita intorno alla cannula. Harry lanciò un’occhiata al resto del gruppo, completamente impassibile, mentre Giselle si sedeva per terra e i ragazzi guardavano il principe di Scozia con solo odio e rancore, increduli di tutto quello. La mano di Margot tremava, gli occhi colmi di lacrime che le offuscavano la vista mentre un urlo usciva dalla sua bocca e si diramava per tutto il corridoio. Il groppo in gola si sciolse, mentre l’indice indugiava sul grilletto, non sapendo bene neanche se quell’aggeggio fosse stato carico, ma ormai non c’era più niente da perdere.
Harry indietreggiò con la mano ancora fissa sulla spada sporca del sangue di Liam che si era sacrificato per salvare la vita della principessa, quando quella lama avrebbe dovuto far fuori solo la ragazza.
«Tu!» urlò Margot ancora più forte, l’indice appoggiato sul grilletto in attesa di essere premuto. «L’hai ucciso!»
«Si è messo in mezzo!» urlò Harry di rimando con la bocca inclinata in una smorfia di sdegno. Poi si rilassò facendo un gesto sconsolato di fronte alla pistola spianata nella sua direzione. «Avanti» disse sorridendole questa volta, come se si stesse prendendo gioco di tutta la situazione. «Vediamo se hai il coraggio di spararmi, Altezza.»
Margot sentiva il peso della pistola nella mano destra, il cuore che le batteva persino nelle orecchie mentre finalmente le lacrime le scivolavano lungo le guance sporche del sangue di Liam. Il grilletto premeva sotto il suo polpastrello, ma sarebbe stata in grado di premerlo? Avrebbe mai sopportato un peso sulla coscienza di quella portata? Harry si battè le mani sul petto, sfidandola. «Allora? Sei troppo fragile per fare una cosa del genere, non è vero?»
Margot chiuse gli occhi lasciando che le lacrime le scendessero copiose e silenziose lungo i suoi zigomi. Lei sarebbe diventata regina, una regina ha un regno da gestire, problemi da risolvere. Deve essere pronta a tutto, adeguarsi ad ogni situazione cercando di uscirne sempre vincitrice. Una regina deve avere sempre il coltello dalla parte del manico, anche se ciò comporta delle scelte che possono giovare e gravare le due facce della stessa medaglia. Una regina deve essere forte, soprattutto se accanto non ha nessuno con cui condividere il peso del mondo. Margot trasse un respiro profondo, la testa di Liam che le pesava sulla mano, il cuore che piangeva nel petto, il peso della situazione gravarle sulle spalle. Sarebbe stata pronta? Non lo sapeva, ma si doveva pur iniziare da qualche parte, anche se quell’inizio non sarebbe stato molto promettente. Una regina ha in sé il senso della giustizia, ed Harry aveva fatto delle cose che nessun essere umano dovrebbe neanche solo pensare. Pensò alla forza della gente fuori dal castello che lottava ogni giorno per avere un solo semplice pezzo di pane, alla prontezza che ognuno dimostrava nelle varie situazioni. Pensò a tante cose contemporanemente, ma non indugiò ancora molto e, dopo aver provato a prendere la mira con la precisione possibile in quel momento, premette il grilletto.
La detonazione fu potente e rieccheggiò per tutto il palazzo, la gente accorreva da ogni dove mentre il corpo di Harry, immobile al momento dello sparo, con una chiazza di sangue che si allargava sempre di più sulla sua camicia candida, cadeva per terra come un castello di carte al minimo sbuffo di vento. Lei perse presa sulla pistola ancora calda nella sua mano e la lanciò quanto più lontana possibile, mentre intorno a lei scoppiavano le urla. Ma la disperazione maggiore fu la sua, che finalmente si abbandonò sul corpo di Liam e pianse tutte le lacrime che da un giorno premevano per uscire e finalmente erano libere come se fosse stata abbattuta la diga che le aveva trattenute per tutto il tempo, il dolore che usciva dal suo corpo insieme al pianto e il cuore che soffriva più di quanto chiunque potesse immaginare. Giselle e Amanda la raggiunsero contemporanemente, sfigurate anche loro dal dolore, dal pianto, dall’incredulità, mentre Zayn e Niall si sedevano per terra con il capo chino. Il loro piano era riuscito, ma ovviamente le conseguenze erano state imprevedibili.
Margot pianse a lungo sul corpo di Liam, pianse suo padre, pianse la disperazione e la paura che l’avevano indotta a gesta estreme, mentre Giselle si piegava su di lei, racchiudendola nel suo guscio, l’unica certezza del momento.


 
 
Spazio autrice
Ok, sono sicura che adesso vogliate uccidermi moralmente e fisicamente, i'm so sorry.
Prima però che mi diciate qualcosa in particolare, vorrei appuntare alcune cose: sono sicura che molte di voi siano in disaccordo con quanto accaduto e mi dispiace che la storia non coincida con le vostre aspettative, ma dovete sapere che è questo l'obiettivo che mi sono posta, ovvero quello di stupire, fare qualcosa che la gente non si aspetti; inoltre, penso possiate pensare che la morte di Liam sia stata ingiusta, ma guardatela sotto un altro punto di vista: Liam si è sacrificato per salvare Margot,  l'amore fraterno che prova per quella ragazza gli ha fatto anteporre la vita della principessa alla propria e ciò non può che sottolineare l'onore di Liam in questa storia che, alla fine, si reputa uno tra i  personaggi più coraggiosi (per quanto mi riguarda).
Margot diventerà regina e spero che nell'ultima parte (il suo tentennamento nell'uccidere Harry) ci sia una grande dimostrazione della maturità di questo personaggio che sta avendo un cambiamento radicale in sè. Molte di voi potranno dirmi "Era ora" e lo so, ma comunque sappiate che altre prove della sua maturità si riscontreranno nei prossimi e ultimi capitoli.
Accadranno ancora delle cose, mi dispiace dirlo ma è così AHAHHAHAHAHA
Per quanto riguarda Harry.
E' stato il cattivo fin dal principio, sebbene le sue intenzioni non siano state chiare dall'inizio della fan fiction, ma è così che si fa, no?
Non so se avete letto la os dedicata a lui che si trova nella Raccolta, ma comunque è stato educato a suon di Machiavelli che - per chi non lo sappia - spingeva il principe a gesta estreme pur di garantire un "benessere" pubblico. Questo benessere per Harry consisteva nel governare i Francesi secondo quanto faceva con gli Scozzesi, che lui reputava il sistema migliore.
Okay, questo spazio autrice si sta facendo più lungo del previsto, ma ci tenevo a precisare ciò.
Il principe Harry è il villain, Liam non c'è più e Margot si vede il mondo totalmente distrutto.
Ah, e non dimentichiamoci di Louis che, poverino, non sta per niente bene.
Bene, me ne vado.
Il prossimo aggiornamento sarà sabato prossimo, e domani partirò.
Al mio tre scrivetemi quello che pensate e scusate eventuali lacrime.
1...2....3.
Abbiate pietà di me.
Un bacione immenso,
Elisa.

p.s ho iniziato a pubblicare la mia nuova storia, passate e fatemi sapere che ve ne pare. PLEASE. Cliccate sul banner.




p.p.s SPOILER
"Sorrise amaramente fra sé, e pensò che la vita non c’entrasse niente con tutte le favole che raccontavano, perché non ci sarebbero mai stati ‘e vissero per sempre felici e contenti’, niente di tutto quello era reale, perché la vita riservava cose brutte, quando nelle favole ogni cosa era perfetta."


Un'immagine per farsi due risate :)))



 

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Capitolo 24
*** It's not a fairytale ***






It's not a fairytale



This is a modern fairytale, no happy endings, no wind in our sails.
                                          But i can’t imagine a life without breathless moments, breaking me down
(Selena Gomez)



Margot venne presa di peso e allontanata dal corridoio, troppo scossa, mentre la servitù si occupava di Harry e Liam. Niall prese in braccio la principessa portandola nell'infermeria, mentre le guardie partivano alla caccia del re di Scozia, scomparso.
Margot aveva gli occhi chiusi, il respiro rapido e il corpo scosso da tremiti come se avesse una convulsione. Dietro le palpebre vedeva continuamente la scena scorrerle davanti lentamente, con i dettagli che si imprimevano definitivamente nella sua memoria. Sua madre si era chiusa nella stanza con il re, trascorrendo accanto al suo corpo gli ultimi momenti, Harry veniva sollevato e trascinato in un'altra stanza inusata e Liam....
Margot continuava a piangere, in aggiunta anche per lo shock di quello che aveva fatto. Aveva ucciso una persona, l'aveva sparata a sangue freddo come Harry con suo padre; non era molto diversa da lui, aveva ucciso una persona, aveva ucciso una persona.. Niall se la strinse al petto e le accarezzò la testa con una mano, nonostante anche i suoi occhi fossero lucidi di lacrime. «Tranquilla» le ripeteva con le labbra appoggiate sulla fronte madida di sudore, sebbene Margot stesse morendo di freddo, la puzza di sangue che le arrivava alla narici impedendole di respirare.
Quando giunsero nell'infermeria il dottore le si avvicinò proprio mentre Margot se ne andava in apnea volontaria.



Quando riaprì gli occhi, aveva due tubicini nel naso e il braccio legato ad una flebo che faceva scendere in una lentezza incredibile le gocce, entrando nel braccio livido e pallido.
Le palpebre le tremolarono, e si accorse di Niall accanto a lei, con la testa che veniva retta dalla mani callose. Margot aveva un doppio dolore al cuore, come se si fosse strappato esattamente a metà, e vedere Niall e il suo dolore dipinto in volto le fece cadere un macigno addosso.
Tutto era colpa sua.
Ogni singola cosa.
Se non fosse partita, Harry non avrebbe ucciso il padre; se fosse tornata prima, Louis sarebbe stato bene e non maltrattato in una lurida celle delle segrete; se fosse stata da sola, Liam sarebbe ancora vivo; e se Liam non fosse morto, lei non avrebbe ucciso Harry...
Il battito cardiaco accelerò e la linea verde sullo schermo si mosse rapida e in movimenti ondosi molto pronunciati, facendo risuonare il ticchettio per tutta la stanza. Niall sollevò lo sguardo e si alzò dalla sedia, avvicinandosi e stringendole una mano. «Calma, calma...» sussurrava mentre l'infermiera entrava con una siringa. La mano di Margot era sudata, il cuore sul punto di scoppiarle uccidendola, e forse se fosse morta tutto si sarebbe risolto.
Guardò gli occhi di Niall mentre il respiro le usciva rapido attraverso i sondini nel naso, poi una puntura nel braccio la tranquilizzò all'istante, e l'ultima cosa che ricordò fu il blu degli occhi di Niall, arrossati di pianto, coscenti di quello che sarebbe successo più tardi.




Il giorno dopo, Margot vagava piano per i corridoi del palazzo, con gli occhi scuri cerchiati da occhiaie profonde e tracce di anestetizzante che le scorrevano ancora per le vene, rendendole difficile muoversi normalmente, come se una forza sinistra la volesse trascinare con sè sotto terra.
Zayn, Giselle e Niall - Louis era stato chiuso in infermeria per le sue condizioni disastrose - l'aiutarono ad arrivare nella stanza dei genitori in cui il padre era stato appena deposto nella bara. Si appoggiò allo stipite della porta con la fronte, cogliendo per l'ultima volta il volto del padre di una impassibilità unica, con il segno nero ben evidente da quell'angolazione. Sollevarono la parte superiore dalle bara e lo chiusero, determinando la fine di tutto. Margot aggrottò le sopracciglia mentre la madre si siedeva priva di emozione sul letto alle sue spalle, le guardie che controllavano che non arrivasse nessuno mentre i servi erano a debita distanza, sparsi per il corridoio frontale alla porta. Margot sentì i moschettoni della bara chiudersi, separandoli definitivamente, e si girò contro la porta sbattendo violentemente i pugni. Non era giusto, niente era giusto nella sua vita. Era stata solo un'idiota, e se non avesse fatto tante cose, a quell'ora non avrebbe riempito di pugni una dura parete di legno. Niall le bloccò le mani e se la strinse al petto, una mano sulla schiena, l'altra sulla testa, accarezzandogliela. «I-io..» sussurrò, ma non aveva la forza di parlare.
Era vestita di nero, l'abito lungo che le fasciava il corpo allargandosi in una gonna imponente. Sua madre aveva un vestito simile, le guardie uniformi nere e i servi con il volto coperto in segno di rispetto. Nonostante quando fosse arrivata il silenzio era l'unico rumore assordante a palazzo, in quel momento non vi era un suono, neanche uno sbuffo di alito, niente. C'era quel tipo di silenzio che ti costringe a chiuderti in te stesso, facendoti urlare dentro in un impeto di pazzia..e Margot in quei due giorni aveva urlato parecchio.
Le guardie si avvicinarono per portare sulle spalle la bara e farla passare per i corridoi del castello per l'estremo saluto, mentre le dame di compagnia delle regina reggevano Evelyne per evitare che crollasse.
Margot si mise appena dietro la bara sollevata mentre veniva fatta la processione, la mano di Niall che racchiudeva la sua in una stretta ferrea, subito dietro di lei Zayn e Giselle stretti tra loro, tutti rigorosamente in nero.
La bara venne deposta nel cimitero che si trovava sotto il palazzo, dove tutti i loro parenti e antenati erano stati seppelliti a loro volta, in quel posto freddo e deprimente. Tutti si erano profumati in discorsi di elegio per il sovrano scomparso, e con tutti quegli occhi addosso, alla fine Margot si era sentita oppressa e non era riuscita a finire il suo discorso, contenente tutto quello che avrebbe voluto dire al padre ormai lontano, il senso di colpa che non le aveva permesso di pronunciarsi adeguatamente bene, ma ormai non poteva più farci niente, tutto era crollato, come il lato di una montagna durante una valanga.
Harry venne portato in Scozia e seppellito nel suo palazzo, mentre il sovrano veniva interrogato per concorso in omicidio, esclusivamente punibile nonostante fosse il re di uno Stato. A Margot, essendo la colpevole a tutti gli effetti dell'uccisione di Harry, era stato risevato un trattamento particolare, perchè sì, il suo era stato un omicidio, ma per legittima difesa.
Nel pomeriggio venne seppellito Liam.
Il signor Payne, lo stalliere del palazzo, camminava come un fantasma, come se stesse seguendo le orme del figlio, incredulo di un tale destino.
Era stato chiesto se Liam potesse essere portato a Wolverahampton e seppellito vicino alla sua mamma, ma Margot si oppose. Non tanto perché volesse andare contro una tale richiesta, ma per assecondare quella di Liam.
La cerimonia si tenne sulla sponda del lago, in quell'angolo di paradiso in cui Liam aveva chiesto di essere seppellito quando sarebbe morto. Come poteva sapere che sarebbe scomparso così presto? Durante il funerale, la bara era stata deposta sull'erba e Margot era seduta poco più in là, mentre si rigirava un fiore tra le dita. Quando la messa finì e la bara stava per essere deposta nella buca sottoterra, Margot si avvicinò e accarezzò il mogano che avrebbe tenuto rinchiuso Liam per sempre. Appoggiò sulla bara il fiore che aveva rigirato tra le dita per tutto il funerale e si allontanò, mentre veniva calata lentamente con una corda. Quando tutto finì, una signora scortò Geoff Payne all'interno del palazzo, lasciando che abbandonasse la stalla, e mentre la folla si diradava dopo aver lasciato ghirlande intorno alla lapide grigia, Margot rimase seduta appena di fronte al cemento, con lo sguardo basso. Di fronte a lei le parole Liam James Payne capitanavano di nero la lapide grigia, alle sue spalle il lago gelido, con i cigni che erano posati sul pelo dell'acqua e le nifee che galleggiavano libere. Margot aggiustò un fiore che era caduto per terra, appoggiandolo su una corona che affiancava la lapide, e mentre sentiva la natura viva dietro di lei, prese a parlare con Liam. No, non era pazza, anche perchè Liam era effettivamente lì, ma il suo era un bisogno che doveva per forza essere soddisfatto. I suoi amici inglesi l'avevano lasciata sola, inoltrandosi verso il piccolo boschetto e superando il muro di cemento che separava la monotonia del palazzo da quel luogo paradisiaco che Liam le aveva mostrato qualche giorno prima che partisse, quando andava ancora tutto bene.
«Non posso credere che tu te ne sia andato» iniziò, con gli occhi scuri fissi sui fili d'erba sotto di lei, la gonna aperta come se fosse un fiore capovolto. «Non so nemmeno da dove cominciare a parlare, perchè sono successe troppe cose e rimettere in ordine i pezzi è difficile, immagina parlare di fronte ad una lapide fredda, l'unica cosa che rimane di te adesso.» Le lacrime ripresero a scorrerle sulle guance, ma se le asciugò con uno scatto della mano prima che cadessero per terra, e tirò su con il naso. «No, ma che dico. Non è l'unica cosa che mi è rimasta di te.» Spostò lo sguardo sul lago dietro di lei, il sole che tramontava e toccava la superficie dell'acqua con i suoi tiepidi raggi. «Mi rimangono questo posto, le parole che mi dicevi, il suono della tua voce, il tuo volto, gli abbracci, i segreti, le melodie che spesso intonavi quando ti annoiavi o solo per il passare del tempo, il tuo odore di paglia ed erba, i sorrisi che mi riservavi quando combinavamo qualcosa che avrebbe fatto innervosire Amanda, gli incontri segreti che lei ci concedeva... mi rimane la tua immagine, la memoria delle azioni e del bene che ci volevamo e a cui io prometto di aggrapparmi anche quando la mia nuova vita inizierà il suo ciclo.» Fece una pausa, respirando un grande boccata d'aria mentre il vento le faceva ondeggiare delicatamente i capelli sul mento e sugli occhi. «A mio padre non sono riuscita a dire tante cose che invece avrei voluto elencare, ma qui, di fronte a questa tua lapide, di fronte a questo muretto con il tuo nome inciso sopra..» Tirò su con il naso, le lacrime fredde bloccate sulle guance. «Io sono sola, non sento di dover dire chissà cosa perchè qualcuno mi ascolti. Sto dicendo qualsiasi cosa mi stia passando nella mente in questo momento, e ti giuro, sono così tante che non finirei più. Sei il fratello che non ho mai avuto, sei la gioia nei momenti di tristezza, sei la serenità quando nel mio cuore albergava esclusivamente l'ansia per le verifiche, la mia guida in ogni cosa, la mano pronta a risollevarmi quando fossi caduta. Chiunque io mai avrò al mio fianco, sono sicura che non riuscirà mai ad occupare il posto vuoto che mi hai lasciato nel cuore. Posto che avrei potuto evitare benissimo che si svuotasse...» Riprese a piangere, i singhiozzi che non le permettevano di parlare come un fiume in piena. «Forse a quest'ora sarei morta io, sarei stata io ad essere chiusa in una bara, e forse sarebbe stato meglio perchè, alla fine, tutto questo è colpa mia. Harry, papà, tu. Io sono la causa di tutto, e ti giuro che il senso di colpa non mi abbandonerà mai. Non ho più un fratello, un genitore, ho perso tutto nell'arco di due giorni, la mia vita è stata distrutta solo dalla mia stupidità. Se solo si potesse tornare indietro, riavvolgerei il nastro ed eviterei che accadessero tante cose, ma purtroppo la macchina del tempo ancora non è stata creata.»
Si avvicinò alla lapide, accarezzandone il cemento freddo ed indugiando sulla foto di Liam. «Non ho idea se dopo la morte ognuno di noi raggiunga un posto speciale in cui stare bene, ma io mi auguro che tu, amico mio, stia ricoprendo un posto privilegiato per quello che hai fatto, per il tuo onore. Ti sarò debitrice a vita perchè il tuo sacrificio è valsa la mia esistenza, e ti prometto che non me ne dimenticherò mai.» Si sporse e baciò la foto di Liam, sperando che potesse percepire quel tocco leggero anche nel nuovo luogo in cui da allora risiedeva. «Ti voglio un bene dell'anima, e te ne vorrò per sempre, nonostante tu non sia qui. Sai, alcuni dicono che una persona si rende conto dell'importanza dell'altra solo quando non c'è più, ma per me non è così, per niente. Tu sapevi quanto tenessi a te e quanto fosse importante la tua figura nella mia vita. Mi hai dato un'altra chance, e ti giuro che non la sprecherò mai.» Si alzò in piedi passandosi una mano sulla gonna e portandosi il ciuffo allungato dietro l'orecchio, mentre vedeva Niall fare capolino da un cespuglio lì vicino. Doveva rientrare.
«Grazie per ogni singola cosa, sappi che tu e papà mi mancherete in una maniera che non potrei mai descrivere, però di una cosa sono sicura. Ogni volta che avrò bisogno di voi, andrò nella biblioteca per sentire la presenza di mio padre, rileggendo le carte che scriveva di suo pugno; quando avrò bisogno di te, rileggerò le lettere che mi hai inviato mentre stavo a Londra, accarezzerò le parole e saprò che tu sarai lì, forse ad osservarmi dall'alto, forse ad osservarmi dal bordo della pagina oppure sotto forma di fantasma che mi vola intorno, esortandomi a capire qualsiasi cosa.» Si piegò in avanti e sfiorò per l'ultima volta quel giorno la lapide, chiudendo gli occhi e facendo una riverenza. «Addio, Liam.»
Dopodichè si allontanò, lasciandosi alle spalle il luogo che avrebbe sempre profumato di loro.




Quando rientrò a palazzo, si avviò da sola verso la biblioteca. La porta era chiusa e, quando abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, venne avvolta dall’odore di umido e di aria consumata. Sul tavolo nel centro erano aperti grossi volumi dalle copertine rilegate e dalla scrittura spigolosa. Sfiorò la pagina con un dito, poi si andò a sedere sulla poltrona rivestita nell’angolo vicino al camino. La finestra era chiusa, i drappeggi al muro e i quadri che costeggiavano ogni parete. Si appoggiò con la testa sulla spalliera e le mani che si stringevano intorno ai braccioli. Ripensava a quando, seppur pochissime volte, suo padre si sedeva lì e le raccontava delle storie di popoli lontani e misteriosi, di mostri che potevano arrivare da un momento all’altro, ma Margot aveva imparato a sue spese che i mostri non erano altro che persone che si nascondevano dietro una maschera sorridente. Fuori il sole era tramontato, le stelle apparivano in cielo e avvolgevano il mondo con la tenebra della notte, mentre i passi della servitù scivolavano silenziosi lunghi i pavimenti di ceramica del palazzo. Margot chiuse gli occhi, inghiottendo a vuoto, la bocca priva di saliva. Era stanca di piangere, sembrava che la riserva di acqua nel suo corpo si fosse esaurita, lasciandola ancora più debole. L’effetto anestetizzante era ormai scomparso, ma Margot desiderava lo stesso dormire, con il sonno come unica via di fuga dalle sofferenze..un po’ come la morte, ma la differenza sostanziale era che poi con il sonno ti saresti svegliato e avresti vissuto gli stessi incubi, mentre con la morte si poneva fine ad ogni cosa. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e seppellì la testa tra le mani, le dita che le passavano tra i capelli resi crespi dall’umidità di Monaco e ancora più ondulati di prima. Rialzò di scatto il capo quando sentì delle nocche bussare sul legno della porta che aveva lasciato aperta.
Niall aveva ancora il pugno sollevato, lo sguardo fisso e la bocca stretta, immobile sotto l’arcata della porta.
«Entra» gli disse Margot, rimanendo seduta. Quando posò di nuovo gli occhi su Niall lo vide fermo a debita distanza, come se avesse paura di lei. ‘Anche io ho paura di me, ora come ora’ pensò Margot quando si levò in piedi allargandosi i lembi della gonna nera. Quando gli si avvicinò, vide Niall irrigidirsi, e allora capì anche lei.
Era tornata al castello, stava per diventare regina e c’era solo una cosa che non tornava, ma aveva troppo timore per affrontarla in quel momento.
Niall la guardava con gli occhi iniettati di sangue e le borse sotto agli occhi. Socchiuse la bocca lasciando fuggire un respiro sconsolato, e Margot gli prese le mani, stringendole nelle sue.
«Hai capito, vero, quello che succederà?» disse lui ironicamente, inghiottendo a vuoto. Ci aveva pensato tanto in quei due giorni, ogni volta che la vedeva. Non avrebbe mai voluto lasciarla, ma non si poteva continuare qualcosa che fin dal principio era andata contro ogni norma. Sarebbe stata nociva per entrambi, infierendo ancora di più sulla situazione. Margot annuì con le palpebre improvvisamente pesanti e gli occhi nuovamente umidi. Sorrise amaramente fra sé, e pensò che la vita non c’entrasse niente con tutte le favole che raccontavano, perché non ci sarebbero mai stati ‘e vissero per sempre felici e contenti’, niente di tutto quello era reale, perché la vita riservava cose brutte, quando nelle favole ogni cosa era perfetta. Quando erano a Londra, la relazione di Margot e Niall andava più o meno a gonfie vele, ma dal momento in cui lei era tornata non c’era neanche più un soffio di vento, lasciandola in balia delle onde, pronta ad affondare da un momento all’altro. E mentre si guardavano negli occhi, avevano entrambi capito di essere giunti al naufragio. Niall sciolse la presa dalle loro mani, riportandole ai fianchi. «Ho sentito sussurrare Amanda, prima, con Giselle. Diceva che ora che la regina ha abdicato, è necessaria la presenza della nuova sovrana.»
Margot annuì, abbassando lo sguardo. Niall si strinse il labbro superiore tra i denti, mortificato. «L’incoronazione si terrà domani sera.»
Alla principessa cadde il mondo sulle spalle. Solo l’indomani sera? Sentì il peso della corona sulla testa sebbene ancora non la avesse indossata, il potere dello Stato nelle mani a soli diciotto anni. Le ragazze normali erano impegnate a pianificare la loro vita a quell’età, però ovviamente Margot non rietrava nella categoria della normalità, e l’aveva capito bene durante la sua permanenza sul suolo inglese.
«E credo che sia inutile, a questo punto, cercare di rimediare altri momenti..» disse lui muovendo la mani come se fosse sotto stress. Aveva un braccialetto rosso a fasciargli il polso ossuto.
«Niall, io..» che avrebbe dovuto dire? ‘Scusa se ci siamo illusi entrambi’? No, non funzionava così, doveva essere realista e forte anche in quell’ambito. «Io ho amato stare con te e mi sono innamor-»
«No» disse lui chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.  «Non continuare, per favore.»
«Ma è la verità» disse lei con un sussurro, i loro petti che quasi si sfioravano.
Niall si girò di scatto e le afferrò il viso tra le mani, baciandola con una foga mai provata, tutta la disperazione che si trasmetteva vicendevolmente attraverso le loro labbra unite, le lacrime che solcavano le guance di Margot per l’ennesima volta. Ma una persona avrebbe pianto finchè non avesse trovato il punto di rottura?
Quando si staccarono, Niall rimase con la fronte attaccata alla sua. «Io ti amo, e a malincuore, mi tocca ammettere che siamo stati due innamorati sventurati, però la vita ha deciso questo per noi.»
«No» disse Margot con gli occhi scuri offuscati dalle lacrime. «L’abbiamo deciso insieme, e ne eravamo consapevoli. Sapevamo che..»
Poi Niall scoppiò a ridere, ma non era una risata divertente, perché non c’era niente di bello in tutto quello, era una risata rassegnata. «Provo a fare un’esibizione decente, e tu mi rovini tutto» disse lui, poi le prese la mano. «Comunque, Margot, io ho paura solo di una cosa. Che tutto questo vada ad affievolirsi con il passare del tempo..»
Margot gli accarezzò una guancia calda e morbida, mentre lui socchiudeva gli occhi e si muoveva insieme alla mano come a volersi godere fino alla fine quegli ultimi minuti. «Non pensarlo neanche» disse lei con un filo di voce.
Niall strinse le labbra in un sorriso triste e sollevò il braccio destro, slacciandosi il braccialetto rosso dal polso. Sollevò quello della ragazza e glielo attorcigliò intorno, stringendolo di più perché il suo polso delicato era molto più piccolo. «Vedi questo braccialetto? Non te l’ho dato giusto per, così da fare una scenetta ancora più drammatica. Te lo sto donando perché non voglio che tu ti possa dimenticare di me, di noi» disse facendole un piccolo fiocchetto con le sue mani da fabbro che lavoravano duramente da quando era piccolo.
Margot se lo sfiorò con le dita, mentre le lacrime le sgorgavano di nuovo sugli zigomi. «Niall» disse sussurando continuando a passare un dito sul nastrino al polso, «io non potrò mai dimenticarti» sussurrò guardandolo negli occhi. Ed era vero, non l’avrebbe mai dimenticato. Il suo primo amore, a cui aveva dato tutta se stessa. Una principessa e un fabbro, una combinazione, una passione che per loro aveva funzionato, ma che era destinata a spegnersi. Se solo ci fosse stata una legge a loro favore, non lo avrebbe mai lasciato andare via in quel modo. No, non avrebbe mai dimenticato il ragazzo che le aveva insegnato ad amare.
Niall abbassò lo sguardo sul suo polso vuoto, poi quando fecero incontrare i loro occhi per l’ennesima volta in quella conversazione, sapevano di doversi dire addio.
Margot passò una mano sul suo braccio, partendo dal gomito e salendo sul bicipite, per poi appoggiarla sul petto muscoloso. Niall accarezzò prima il suo orecchio, poi seguì la linea della mascella fino ad arrivare sul collo, scendendo ancora sulla clavicola lasciata scoperta dal vestito nero. Quante volte l’aveva baciata, quante volte l’aveva sfiorata e quante volte l’aveva desiderata, ma aveva dato tempo al tempo, e alla fine si era ritrovato nuovamente a mani vuote. Aveva perso di nuovo la presa su di lei.
Si sporsero in avanti entrambi, facendo combaciare i loro petti e unendo le labbra, continuando a passarsi le mani addosso come a voler tastare ogni cosa per l’ultima volta, assoporando ogni istante. Quello era un bacio salato, un bacio che sicuramente nessuno dei due avrebbe dimenticato perché stava sancendo qualcosa che non era bello né piacevole. Si stavano salutando, e disperati com’erano, non avrebbero mai potuto farlo a parole. Quando le loro labbra si staccarono con uno schiocco, si sfioravano ancora  con i respiri che si fondevano tra loro e le fronti unite, non pronte per salutarsi. Ma poi i servi iniziarono a passare per il corridoio, e non avrebbero mai dovuto assistere ad una scena del genere in quei momenti. Sollevarono entrambi gli sguardi, poi Niall le prese il polso e baciò il nastrino rosso. «Mi hai fatto passare i due mesi e mezzo più belli della mia vita, principessa» disse sinceramente, poi si staccò rapidamente, facendo due passi indietro, mentre Margot si stringeva il polso con l’altra mano.
Poi Niall piegò una gamba all’indietro, un braccio dietro la schiena e l’altro piegato sullo stomaco in un inchino riservante tutto il rispetto che provava per lei.
Margot allargò i lembi della gonna con le lacrime che le scivolavano lungo le guance umide, e un piede più indietro dell’altro, abbassandosi un po’ per poi rimettersi in piedi. «Addio» disse Niall rimettendosi dritto, e Margot sussurrò un saluto che non arrivò nemmeno alle sue stesse orecchie. Poi il biondo uscì, indugiando sotto l’arcata della porta. Era in quel modo che si erano visti per la prima volta, vicino alla porta, mentre lui si toglieva il grembiule e le porgeva la mano, presentandosi come un semplice ospite che in breve si sarebbe trasformato in qualcosa di più. Niall girò un poco la testa, poi chiuse la mano intorno alla maniglia della porta e se la chiuse alle spalle, allontanandosi dalla ragazza che si lasciava cadere sul divanetto dietro di lei, seppellendo la testa nel cuscino e finendo una buona volta le lacrime.





Spazio autrice
Quando ho scritto questo capitolo, giuro di aver versato qualche lacrimuccia. E' stato molto doloroso, e mi dispiace. Ma deve andare così.
Spero che possiate continuare a leggere questa storia, e sappiate che manca solo un capitolo prima dell'epilogo. Non posso credere di essere quasi alla fine, mi dispiacerà un sacco lasciare questi personaggi di cui ho amato parlare. Ovviamente però non scompaio...eh già.
Anzi, a proposito di questo.
Chiamo a raccolta tutti i lettori di Nothing is like it used to be: passate a leggere la mia nuova storia, The match, che - tra l'altro - ho appena aggiornato, aggiungendo il secondo capitolo. Vi lascio il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3201763&i=1 (è il link del primo capitolo, ma ho appena messo anche il secondo.)
Buon fine settimana.
Ah, e per chiunque sia dell'Umbria: avete dei paesaggi spettacolari, anche se le città sono un po' difficili da visitare a causa di tutte le salite presenti. Per me, che vivo in pianura, è stato arduo, ma alla fine il paesaggio e la vista appagano qualsiasi fatica :)
Vi voglio bene.
A sabato prossimo.
Un bacione,
Elisa.

P.s QUANTO E' BELLA DRAG ME DOWN? Amo gli One Direction, davvero.
P.p.s SPOILEEEEER

"
Il Primo consigliere sgranò gli occhi, stringendo le labbra tra loro in un segno di disappunto, ma Margot non se ne accorse.
Passò in mezzo alla folla, i flash che già iniziavano ad abbagliarla illuminandola al suo passaggio, mentre Evelyne abbassava lo sguardo, sorridendo. Sua figlia ce l'avrebbe fatta, avrebbe fatto presa sul suo popolo."









 

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Capitolo 25
*** Things i can ***






Things i can 

 




Il giorno dopo, nonostante il clima regale fosse tutt'altro che migliore, i servi si occuparono di allestire il palazzo per la cerimonia dell'incoronazione che si sarebbe tenuta entra un'ora.
La regina Evelyne, vestita in nero, mentre si rigirava la fede di suo marito nella mano, annunciò la sua abdicazione e tutto il popolo di Monaco si era agitato in attesa che la prossima regina fosse incoronata, una scintilla di nuova speranza af accendere i loro cuori in lutto nazionale. I cancelli del palazzo sarebbero stati chiusi, all'interno del castello solo i giornalisti avrebbero immortalato il momento con i loro scatti e la loro presenza nella sala delle conferenze. Il Primo consigliere del re si sarebbe occupato della cerimonia, l'unico compito di Margot sarebbe stato quello di non farsi vedere, rimanendo segregata nella sua stanza da sola, ad eccezione della sua cameriera, mentre il palazzo veniva animato dall'arrivo degli ospiti e dei rappresentanti degli Stati limitrofi.
Amanda le pettinava i capelli corti, studiandoli al meglio per architettare un giusta acconciatura, mentre Margot si passava il dito sul nastrino rosso che le circondava il polso magro dalla sera precedente. Non riusciva a pensare ad altro, a tutto quello che aveva perduto nel giro di pochissimo tempo, di come la sua vita fosse cambiata drasticamente sotto ogni punto di vista. Amanda le mise un ferrettino per mantenere il ciuffo alto, mentre le aggiustava i boccoli che le solleticavano i lobi delle orecchie.
 «Quello lì dovresti toglierlo» disse la cameriera, sussurrando, sebbene nella camera ci fossero solo loro due,
Margot sollevò lo sguardo sul suo riflesso, piantando i suoi occhi scuri in quelli di Amanda che la scrutavano spenti, «Sai benissimo che non lo farò.»
«Ma-»
«No, Amanda, no. Non posso, punto.» Poi riabbassò lo sguardo, con le lacrime che premevano per uscire, ma non avrebbe dovuto piangere in quel momento altrimenti il trucco si sarebbe rovinato, e non era il caso, sebbene il dolore in lei fosse ancora troppo grande per rimanere celato. Era un fascio di nervi pronti a saltare a qualsiasi sfioro, mandando all'aria ogni cosa. Sua madre confidava in lei, l'aveva calmata e sostenuta poco prima, promettendole che l'avrebbe aiutata come meglio le sarebbe stato possibile. L'ex sovrana si era resa conto che Margot non fosse più la stessa, e nonostante avesse cercato di riacquisire il suo tono austero e autoritario di sempre, sapeva per certo che - sebbene la giovane età - la figlia avrebbe regnato alla perfezione, o almeno era quello in cui sperava da quando aveva deposto la corona sul tavolo in legno, il giorno del rientro da quella pazzia di cui Margot era stata protagonista.
Amanda le spazzolò le spalle, zitta per non dire una parola di troppo. Margot si sollevò in piedi e si girò verso la sua cameriera fidata, facendo fatica a muoversi con quella gonna color panna ingonbrante. Aveva il corpetto cosparso di brillanti, la gonna fatta di velo e che le scendeva in onde morbide e la fascia con i colori del suo Stato ad attraversarle il petto da parte a parte. Si sbilanciò in avanti e abbracciò Amanda, stringendosela al petto. Con il suo completo da cameriera, la ragazza era molto più snella di Margot e approfondì l'abbraccio, posando la testa nell'incavo del collo. «Ho paura, Amanda.» Certo che ne aveva, era solo una ragazza alla fine. Sarebbe stata in grado di reggere un potere forte come quello che avrebbe avuto tra le mani entro poco tempo, ormai?
Amanda si liberò dalla presa della futura regina e la guardò negli occhi ferma, per trasmetterle un po' di sicurezza che le mancava.
«E se non fossi pronta? E se papà-»
«No, Margot, no.» Amanda le accarezzò una guancia, afferrando una lacrima prima che potesse lasciare il segno sul volto truccato alla perfezione. «Tu sei nata per questo compito, e sono sicura che il re sarà orgoglioso di te» disse con un leggero singhiozzo. Margot sorrise triste, mentre le prime trombe riecheggiavano per i corridoi, segnalando quasi l'inizio della cerimonia. Dal piano di sotto giungevano acclamazioni e mormorii continui, che animavano il castello dopo fin troppi giorni di silenzio.
Margot ne era certa: lei non sarebbe stata una regina normale, avrebbe cercato di distinguersi, se lo sentiva premere nel cuore. Non voleva che quel compito la cambiasse, voleva rimanere se stessa e trasmettere tale messaggio in chiunque la guardasse. L'incoronazione si sarebbe svolta in giardino, perchè non avevano previsto un così vasto numero di rappresentanti, così la servitù si era occupata di trasportare le sedie dalla sala delle conferenze fino al giardino sul retro. Il sole era calato, il cielo era di un azzurro più scuro nonostante la luna fosse già uscita, levandosi piano dall'altra parte dell'orizzonte, prendendo il posto del sole che, pian piano, scompariva, illuminando l'altra faccia della Terra.
Si guardò allo specchio dando le spalle ad Amanda, osservando i lineamenti del suo corpo, i gioielli che le impreziosivano le orecchie e il collo, il trucco semplice ma evidente.
Sembrava più grande, come se stesse facendo un passo importante anche dentro di sè e, nonostante stesse quasi tremando dalla paura, con l'ansia a mille, si girò nuovamente verso la cameriera, con un piano in mente a cui aveva pensato da quella mattina. «Ho bisogno che tu mi faccia un favore.»



Quando tutti i giornalisti e rappresentati statali si erano ormai seduti sulle rispettive sedie, Evelyne prese posto in prima fila, alla destra del Primo consigliere, il posto vuoto accanto a lei, non solo fisicamente, ma anche emotivamente.
Era tutto pronto, mancava solo Margot.
Amanda entrò sorridente all'interno del giardino, andandosi a mettere addosso al muro dove vi erano le dame di compagnia della ex-regina, affiancando Niall, Zayn e Giselle che non avrebbero mai potuto perdersi un evento del genere, mentre Louis vedeva il tutto da una finestra dell'infermeria, bloccato dai tubi e dagli integratori alimentari.
Il Primo consigliere, il signor Rudolf Lambert, sostava impaziente sul podio, con il libro aperto appoggiato su un leggio e il piede che batteva a terra, mentre con la mano libera si aggiustava il vistoso papillon.
La folla era divisa in due, lasciando il corridoio in mezzo libero per il passaggio della principessa, della quale ancora non c'era traccia.
Evelyne si lanciò un'occhiata alle spalle, osservando la folla concitata che non vedeva l'ora di imprimere il momento con le loro macchine fotografiche enormi, alcuni che la guardavano bisbigliando, ma quei rumorii erano l'ultima cosa di cui la donna si sarebbe dovuta preoccupare. Un uomo dalla pelle olivastra e gli occhi scuri la squadrò: «Qualcosa non va, Altezza?»
Evelyne strinse le labbra, per poi cercare di sorridergli come meglio le riusciva, dato tutto quello che aveva subito. «No, no, va tutto bene...» 'Spero' aggiunse dentro di sè, rimettendosi nuovamente con le spalle dritte e le gambe parallele sotto la sedia. I capelli biondi erano tenuti in alto da un grosso chignon, ma i suoi occhi erano coperti da una tendina nera che ne oscuravano il colore chiaro.
Era ansiosa.
Sapeva di aver preso la decisione giusta, per il bene del suo regno e della figlia, ma avrebbe tanto voluto che in quel momento i suoi sentimenti fossero condivisi con un'altra persona. Il re Maurice, morendo, si era portato con sè una parte di Evelyne che non avrebbe mai più riavuto indietro, e sperava che sua figlia fosse in grado di sorreggere un peso di tale portata, senza marito, senza una guida al suo fianco.
Quando le trombe suonarono, tutti i presenti si voltarono verso l'inizio del corridoio facendo seguire numerose esclamazioni e gridolini concitati. Quando Evelyne si girò, non potè credere ai suoi occhi.
Sua figlia era bellissima, vestita di tutto punto, lo sguardo fiero, il sorriso stampato in volto e...in groppa ad un cavallo nero, e non un semplice cavallo. Era lo stallone di Liam Payne.
Aveva le briglie in mano, strette nella sua presa, mentre il cavallo proseguiva lentamente scandendo ogni passo, battendo gli zoccoli per terra a ritmo delle trombe che continuavano a suonare alle spalle del podio. Il Primo consigliere sgranò gli occhi, stringendo le labbra tra loro in un segno di disappunto, ma Margot non se ne accorse, o finse di non averlo notato.
Passò in mezzo alla folla, i flash che già iniziavano ad abbagliarla illuminandola al suo passaggio, mentre Evelyne abbassava lo sguardo, sorridendo. Sua figlia ce l'avrebbe fatta, avrebbe fatto presa sul suo popolo.
Quando arrivò alla prima fila di sedie, un uomo si levò in piedi e le si avvicinò per aiutarla a scendere, ma Margot alzò una mano: «Posso farlo da sola, per ora» disse sorridendo, mentre si dava una leggera spinta e metteva i piedi per terra. Annodò le briglie alla sedia vuota accanto alla madre, riservandole uno sguardo che la diceva lunga. Margot, una volta legato il cavallo, gli accarezzò il muso, sussurrando: «Aspettami qui, Blackjack.» Poi si allontanò avvicinandosi a Rudolf Lambert, il quale reggeva in quel momento fra le mani una piccola cassa contenente i simboli reali, lo scettro e la coppa.
«Eccoci giunti al grande momento» proruppe il Consigliere reale, osservando fiero del suo compito la folla sotto di lui. «Oggi siamo qui riunit-»
«Un attimo solo.» Margot lo interruppe restando immobile accanto a lui. «Avrei bisogno di dire qualcosa, prima.»
Il Consigliere la guardò, carbonizzandola sul posto, poi cercò lo sguardo di Evelyne che aveva la fronte corrugata, ma comunque fece un cenno di assenso nei confronti della figlia. Margot sorrise e si mise di fronte al leggio, chiudendo il libro aperto. Faceva freddo quella sera, le stelle apparivano nel cielo pian piano e il vento che le soffiava addosso, nonostante avesse l'abito con le maniche a tre quarti. Strinse le mani in due pugni in preda all'ansia, poi fece un grosso sospiro e iniziò a passare in rassegna i volti di tutti i presenti, soffermandosi su Giselle, Zayn e Niall.
Sorrise nella loro direzione, nonostante il ricordo della sera precedente le facesse sentire le lacrime agli angoli degli occhi, ma era arrivato il momento di smettere di piangere. Era arrivato il momento da cui poi avrebbe preso solo decisioni giuste e promiscue. Rilassò le dita e appoggiò delicatamente le mani sul leggio, posando lo sguardo su sua madre prima di iniziare.
«Buonasera» proruppe, stringendo le labbra per la voce tremante che le era uscita. Schiarì la gola sotto uno sguardo indignato del Consigliere, ma non se ne fregò poi più di tanto; quell'uomo non le era mai stato particolarmente simpatico. «Scusate, ma l'emozione fa brutti scherzi.» Alzò il mento, mentre i capelli le si muovevano per il vento della sera che si portava dietro una gran quantità di umidità. «Prima di procedere con la cerimonia, vorrei spendere due parole, sebbene non sia mai stata granchè con i discorsi, e il mio professore di francese lo sa benissimo.» Guardò nella direzione del suo docente che abbassò il cappello come per accogliere l'espressione. Poi Margot continuò, posando lo sguardo sui suoi amici inglesi che non stavano capendo neanche una parola di quello che lei stava dicendo sul momento. «Questa sera accetterò definitivamente il compito per il quale i miei genitori..» La voce le si incrinò un poco, osservando Evelyne e la sedia vuota accanto alla madre, «mi hanno preparata da quando sono nata. Purtroppo non pensavo che sarebbe giunto così presto, ma evidentemente il mio destino è stato plasmato in questo modo. Allora, inizio dicendo che forse il mio ingresso non è stato promettente, andiamo, sono arrivata con un cavallo...ma niente, sentivo di doverlo fare e l'ho fatto. Non so se tra voi ci siano giornalisti che non mi hanno mai visto o sentito, però io desidero farvi vedere realmente chi sono, lasciando da parte l'idea che sicuramente avrete di me, considerando tutto quello che ho fatto.» Guardò sua madre, cercando un qualsiasi segno di approvazione, ma niente, tutti erano immobili e la ascoltavano, ogni singola parola che usciva dalle sue labbra carnose...beh, tutti tranne tre persone.
Sorrise tra sè, e riprese, più risoluta di prima: «Molti di voi mi potranno considerare immatura per i miei soli diciotto anni, per la mia fuga strategica, ma vi giuro che mi pento di parecchie cose che, se fosse possibile, tornando indietro, non farei mai. Circa tre mesi fa, ero pressata dalla vita che tutti cercavano di educarmi a vivere, i programmi fissi, le uscite sorvegliate. Certo, il mio comportamento è stato sconsiderato, e me ne sono resa conto troppo tardi.» Qualche lacrima abbandonò i suoi occhi, scorrendole invisibili sulle guance. «A causa della mia immaturità, ho perso due persone importanti, Liam Payne e mio padre, la persona che voleva rendermi fiera di me stessa, rendermi migliore nonostante il mio comportamento infantile...ma mi sono solo rivelata la causa della sua distruzione.» La regina Evelyne scoppiò a piangere, e una dama accorse immediatamente al suo fianco, mentre Margot si passava un dito sotto l'occhio. «Mi sono rifugiata a Londra, in questi due mesi e mezzo di assenza, ma posso dire che l'Inghilterra mi ha cambiata, mi ha aperto gli occhi, così come le persone che ora sono qui e mi hanno accompagnato in questo viaggio che non sarebbe mai dovuto cominciare, assistendomi nel bene e nel male e rischiando di tutto pur di aiutarmi.» Si girò a guardarli uno ad uno, passando da Niall fino a Giselle, sorridendo calorosamente. «Grazie di tutto.» Poi abbassò lo sguardo sul leggio in legno finissimo, mentre il Consigliere batteva il piede impaziente, la cassa ancora tra le mani. «Grazie per aver ascoltato le mie parole e per aver speso del tempo per me.» Poi sollevò lo sguardo al cielo, puntandolo sulla stella polare sopra di lei. «Grazie anche a voi» sussurrò tra sè e sè. Poi fece un inchino mentre indietreggiava piano, mettendosi accanto a Rudolf.
Poi accadde tutto così, all'improvviso.
Evelyne si alzò in piedi, iniziando a battere le mani velocemente, il suono che si propagava per tutto il giardino tanto era forte. Poi seguirono Niall, Zayn e Giselle, unendosi alla madre, e poi altre persone dalla folla seguirono il loro esempio, fin quando non si creò un mare di applausi che fece sentire Margot, per la prima volta, orgogliosa di se stessa. Sì, alla fine, dopo fin troppe peripezie e stupidaggini, aveva capito che quello ero il suo posto e lo sarebbe stato per sempre.
Rudolf aspettò che gli applausi finissero, ma nonostante ciò la folla rimase in piedi, in attesa della proclamazione. Il Consigliere diede le spalle al pubblico e fece prendere in mano a Margot lo scettro in una mano, la coppa nell'altra, poi sussurrò: «Speriamo che sia la cosa giusta.»
Sperò di non essere sentito, ma Margot percepì ogni parola comunque. Rudolf prese la corona nascosta sotto un drappeggio nero su un cuscino sostenuto da una colonna di legno e le si mise di lato, sollevandola sulla testa di quella che non era più una principessa.
«Puoi starne certo» disse Margot e Rudolf grugnì, poi il suo tono si fece austero e solenne.
«Con il potere conferitomi, io dichiaro Margot Ameliè Soyeaux regina di Monaco.»
Margot gonfiò il petto mentre la madre scoppiava nuovamente a piangere, mentre il Consigliere le calava la corona pesante sul capo. La nuova regina si sentì il potere nelle mani, le nuove responsabilità calarle addosso come un'onda pronta a schiacciarla al suolo, ma era sicura che sarebbe riuscita a rimettersi sempre in piedi. Tra gli applausi e i flash delle foto, alzò lo sguardo al cielo sorridendo, poi guardo verso i suoi amici inglesi che saltellavano e lanciavano pugni in aria : «Lunga vita alla regina di Monaco!» urlavano, e Margot fu felice, nonostante accanto a lei mancassero due persone importanti. Rimase ferma lì, guardando sua madre e mimando, finalmente con le labbra "ce la posso fare".




La mattina dopo, Margot prese la carrozza e andò in città. Non era un gesto saggio, perchè non era mai un bene che la sovrana si esponesse in quel modo di fronte a tutta quella gente, ma si giurò di provare a fare qualsiasi cosa che il cuore le avesse dettato, nonostante fosse rischioso. Voleva che il popolo la conoscesse, comprendesse che tipo fosse la nuova regina e che non avrebbero mai dovuto avere timore di lei. Si sarebbe preoccupata di ogni cosa, se lo promise, mentre la carrozza si fermava sul bordo della strada. Era mattina presto, per cui non ci sarebbe stata molta confusione, ma quando mise un piede fuori dalla carrozza si ricredette. La folla si accalcò vicino al mezzo, impedendole di uscire, poi le guardie reali che l'avevano scortata a seguito con i loro cavalli spianarono le spade per crearle un po' di spazio.
La folla venne allontanata, genitori con bambini in braccio che acclamavano la nuova regina, e quando Margot scese dalla carrozza si sentì davvero a casa. Quella era la sua gente, non l'avrebbe mai abbandonata per nessun motivo.
Cercò di salutare, ma le urla del popolo lì raccolto erano così elevate da non permetterle di farsi sentire. Allora, senza pensarci due volte, si andò a mettere sul sedile del cocchiere, sotto uno sguardo corrucciato di quest'ultimo, sollevò una gamba e si tirò in piedi sul tettuccio della carrozza, aggiustandosi la gonna e la corona sul capo, ben fissata tra i capelli. Sapeva benissimo che la regina non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, e che forse avrebbe pagato...aspetta, era lei la sovrana, non aveva nessuno con cui fare i conti!
Nonostante sapesse che fosse un comportamente inappropriato e per niente consono al suo essere, era sicura che non sarebbe ritornata molto spesso a Monaco, per cui tanto valeva fare qualcosa di memorabile.
Sollevò le braccia in aria e il popolo si placò, fin quando persino i bambini smisero di piangere, con le guardie che mantenevano tutti abbastanza distanti affinchè non si avvicinassero alla regina.
«Buongiorno» disse Margot sorridendo, nonostante lo Stato fosse ancora in lutto, ma lei era la ventata d'aria fresca che avrebbe sicuramente risollevato ogni cosa.
Tutta la folla sotto di lei si profumò in inchini e riverenze, mantenendo lo sguardo basso per non incontrare direttamente quello della sovrana senza il suo consenso. Ma lei scosse la testa.
«Non vi preoccupate, sollevatevi pure in piedi, non mi mancherete di rispetto» disse con la voce ferma che avrebbe imparato ad usare più di quanto già non sapesse fare. «So che questa cosa che ho appena fatto non è lecita, ma voglio che ognuno di voi mi possa guardare direttamente e non tramite una fotografia vecchia. Non so se potrò venirvi a trovare spesso, d'ora in poi, per cui spero che possiate ascoltarmi e vedermi per questo poco tempo che ho a disposizione. Sapete, mi sembra strano essere regina a diciotto anni perchè sono sicura che qui, in mezzo a voi, ci possono essere ragazzi della mia età che non sanno cosa fare della loro vita. Voglio darvi un consiglio dalla mia lunga esperienza» disse sarcasticamente, suscitando delle risate nella folla accalcata tutta intorno alla carrozza, «saprete perfettamente qual è il posto vostro quando lo definirete senza esitazione casa, un po' come è successo con me stando a Monaco, e proprio per questo ci tengo a scusarmi con tutti voi per avervi mancato di rispetto, per avervi abbandonato in questi mesi.» Fece un pausa guardando quanto fosse in alto sul tettuccio della carrozza, poi unì le mani sopra la gonna che indossava, di un tenue color azzurro, e che le arrivava alle caviglie. «Io non voglio essere un'estranea per voi, solo una regina chiusa nel suo palazzo. Voglio essere ogni cosa, una sorella, una figlia, un'amica, una guida...è questo quello che voglio impormi: essere disponibile per il mio popolo, per cui vi propongo una cosa prima che me ne vada, in quanto il mio tempo è scaduto.» Si aggiustò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, troppo corti per essere tenuti in un'acconciatura come quelle che faceva sua madre. «Vorrei essere sempre presente per voi, quindi vi do la possibilità di scrivermi delle lettere in cui mi possiate parlare di qualsiasi cosa vogliate, se volete consigli, un aiuto, io cercherò di rispondervi sempre, affinchè le mie parole possano giovarvi, in qualche modo.» Si piegò sulle ginocchia e scese sul sedile del cocchiere, poi portò i piedi per terra e chinò il capo per salutare. «Grazie per l'attenzione. E' un onore, per me, essere la vostra sovrana.» Poi quando rientrò nella carrozza e chiuse lo sportello alle sue spalle, la folla esplose in un boato di acclamazioni e ringraziamenti, elogi, qualsiasi cosa ci fosse di bello e fonte di orgoglio per una ragazza come Margot che, mentre tornava a Palazzo, si ripromise di essere una persona migliore per chiunque.



Quando superò il cancello del palazzo, il cocchiere la scortò fino alla porta d'ingresso, ma poi Margot venne lasciata fuori da sola, perchè c'erano delle persone che la stavano aspettando, persone che avevano valigie poggiate accanto ai loro piedi, pronti per partire e allontanarsi da lei.
Quando Margot li vide strinse le labbra e si avvicinò a loro, con la gonna che sfiorava la terra sotto i suoi piedi. Era il tre novembre, ma quella mattina faceva caldo, a differenza della sera prima, ma Margot quando vide i loro occhi, sentì un brivido percorrerle la schiena.
«E così..» disse inghiottendo a vuoto. «Dobbiamo salutarci.»
Giselle si staccò dal braccio di Zayn che le cingeva la vita e si gettò su Margot, stringendola in un abbraccio fortissimo, di quelli che toglievano il respiro. Una guardia si avvicinò, ma Margot la fulminò con lo sguardo: non avrebbero dovuto per niente al mondo interrompere un momento del genere. Cinse il corpo di Giselle con entrambe le braccia, imprimendo nella memoria quel momento. Le sarebbe mancata tantissimo, ogni mattina quando avrebbe aperto gli occhi, la sua risata, il suo umorismo, le sue conversazioni, i suoi tagli ai capelli...ogni cosa che l'aveva accompagnata durante la sua permanenza a casa Horan. Quando si liberarono dall'abbraccio, Margot vide Zayn avvicinarsi. «Devo ammettere che il nostro inizio non è stato molto idilliaco..»
«Dopotutto» lo interruppe lei, «non ero la tua principessa» disse ridendo amaramente, poi Zayn alzò l'indice, fermandola a sua volta.
«Quando parlo io non devi interrompermi.» Le lanciò un'occhiata simpatica, resosi conto del paradosso della situazione.
Margot scoppiò a ridere, «D'accordo, d'accordo..»
«E non me ne frega niente se tu ora sei la regina di Monaco, tu per me rimarrai sempre Margot, Chantal Horan o chiunque tu decida di essere.» Le spianò la mano davanti, indicandola con gli occhi.
La regina la scostò con un gesto seccato, «Ma sta' zitto.» Si buttò su di lui e lo abbracciò, sussurrandogli all'orecchio: «Devo ringraziarti, perchè senza di te non avrei saputo con chi litigare.»
«Oh, fidati» disse lui staccandosi, «Lo sai fare molto bene.» Si passò una mano tra i capelli, afferrando la mano di Giselle. «Ah, e ti vogliamo al nostro matrimonio.»
Lei li guardò sorridendo, «Pensavate davvero che vi avrei dato buca?»
Zayn fece uno sbuffo teatrale, «Peccato, ci stavo quasi sperando.»
Margot gli diede uno spintone sul petto, poi si girò e vide Niall, fermo, con le braccia incrociate al petto. Il biondo fece un passo avanti, mentre Zayn e Giselle si allontanavano con un «Portiamo le borse sulla carrozza.» Margot gli si piazzò di fronte, guardandogli gli occhi azzurri. Prima che potesse aprir bocca, la regina strinse le labbra. «Non voglio cadere in convenevoli, ma..» Si allargò un pochino la gonna sulla vita, rivelando un piccolo taschino nascosto, dal quale estrasse un nastrino blu notte, come alcuni abiti con cui faceva pendant. «Mi dispiace non essere originale» disse prendendo il suo polso e legandovi il nastrino intorno, facendo un piccolo nodo «però voglio che, dopo tutto, ti rimanga anche qualcosa di me, materialmente parlando.» Quando si staccarono, rimasero a debita distanza, continuando a guardarsi vicendevolente. Sarebbe stato difficile, ma la vita doveva andare avanti per tutti, e Margot non potè che augurargli ogni bene, nonostante lei non gli sarebbe stata accanto. Era una persona meravigliosa che non avrebbe mai voluto lasciare andare, ma oltre quel recinto avrebbe sicuramente trovato una ragazza più giusta per lui. Niall le prese la mano e le baciò il dorso. «A presto, Sua Maestà» disse, poi si abbassò afferrando la maniglia della sua valigia e si allontanò, raggiungendo Giselle e Zayn che stavano iniziando ad entrare nella carrozza che li avrebbe scortati fino alla stazione, dopodichè sarebbero stati nuovamente da soli. Quando il cocchiere smosse le briglie e i cavalli partirono al galoppo, tutti e tre si girarono verso il finestrino alle loro spalle, mentre il castello si faceva lontano, e muovevano le mani per salutare la regina ancora una volta. Margot, da parte sua, alzò la mano e li salutò fin quando la carrozza non sparì dietro l'angolo, portandosi dietro l'ultima prova dell'Inghilterra con sè. Questa volta, però, Margot non pianse, perchè una sovrana non deve mai farsi vedere debole, sempre ottimista in ogni circostanza, ferma nelle sue decisioni e responsabile di queste ultime. Aveva fatto troppe vigliaccherie in quei tre mesi, una fuga continua, nascondigli cangianti, nulla che fosse degno della sua persona. Ma finalmente si era risvegliata dalla trance in cui era caduta, e sebbene troppe persone ci fossero andate di mezzo, non avrebbe mai più voluto fare qualcosa di sbagliato. La giustizia avrebbe regnato sempre, sarebbe stata un'ottima sovrana per tutti.
 
 
 
 
Spazio autrice
Non mi sembra vero sapere che questo sia l’ultimo capitolo ufficiale di questa storia.
Manca solo l’epilogo e non sono psicologicamente pronta ad abbandanare questa fan fiction.
Intanto spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e che possiate pensare a Margot con un altro punto di vista.
Deve essere una persona migliore per chiunque, essere quanto più disponibile per il suo popolo e prendere sempre le migliori decisioni.
Giuro che questa è l’ultima domanda che vi faccio. Cosa pensate possa accadere nell’epilogo? RISPONDETEMI TUTTI, voglio fare un sondaggio, sebbene con me accada quasi sempre il contrario di quanto possiate credere Hhahahahah.
Ok, mi dileguo. Passate dall’altra mia storia che vi attende pazientemente e lasciatemi quache recensione, please!
Ci tengo molto. (Ah, e ho anche aggiornato http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3219047 )
Vi voglio un mondo di bene.
Alla prossima settimana.
Elisa :)


P.s ultimo spoiler *piange*
"Le tre sedie erano ancora sul podio, le pareti piene di ritratti di ogni genere e la corona nascosta sotto una teca di vetro. Si avvicinò e sfiorò gli angoli vitrei, lo sguardo perso sulle pietre incastonate nella montatura dorata, poi si avvicinò al trono, in religioso silenzio."





 

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Capitolo 26
*** Ready ***






Ready
 



Londra, 1868


mesi dopo



Margot scese dalla carrozza facendosi aiutare dal cocchiere che le manteneva lo sportello aperto, mentre scendeva piano i gradini di metallo e metteva piede sulla strada sterrata. La gente infuriava intorno a loro, e i primi giornalisti si appartavano ai limiti tracciati dalle sue guardie del corpo per cogliere ogni suo movimento. Aveva un vestito color caramello a fasciarle il corpo, il petto messo in risalto dal corpetto stretto e la gonna voluminosa che le arrivava fino ai piedi con un leggero strascico. Gli enormi obiettivi delle macchine fotografiche la accecavano nonostante fossero appena le dieci del mattino. Sollevò la testa verso l'alto scostando di poco il cappello beige che indossava, con i boccoli lasciati ai lati della testa. I capelli erano già cresciuti e le avevano superato un bel po' le spalle, con i boccoli ancora più evidenti di prima. Chiuse gli occhi facendoli esporre al sole sopra la sua testa e trasse un profondo respiro, inebriando i polmoni. Amanda la seguì a ruota scendendo dalla carrozza e mantenendo con entrambe le mani un borsone enorme. «Margot» sussurrò per non far udire la sua mancanza di formalità nei confronti della regina, «vuoi rimanere ancora a lungo ferma qui? Dov'è la casa?»
Margot si girò verso di lei e le fece un lieve cenno del capo. «Seguimi.» E mentre la guardia si appostava al suo fianco e Amanda la seguiva, la regina di Monaco procedè lungo la via, mentre i passanti si soffermavano ad osservarla, stupiti della sua apparizione in Inghilterra così improvvisa. Margot abbassò lo sguardo sulla strada, osservando i ciottoli che spesso calpestava. Quante volte aveva percorso quello stesso tragitto, diventando un'abitudine. Sembrava fosse passata un'eternità per quante cose erano successe. Il cocchiere affidò i cavalli ad uno stalliere lì accanto e gli diede la mancia, poi si incamminò a sua volta. Margot si fermò, mentre la guardia accanto a lei intimava ai fotografi di allontanarsi. 
La regina sorrise inclinando la testa, «Louis, ti unisci a noi, allora?»
Il ragazzo abbassò il cappello sulla fronte e si aggiustò la divisa regale, «Ovviamente.» E si mise accanto ad Amanda, riprendendo tutti a camminare. Fortunatamente in quei mesi era riuscito a riprendersi, nonostante fosse ancora molto magro. Margot, nel momento stesso in cui Louis aveva finalmente abbandonato l'infermeria, aveva voluto premiarlo per tutto quello che aveva fatto sia per lei, sia per i suoi genitori. Era un ragazzo fantastico che le era rimasto accanto nonostante non avesse mai appoggiato le sue decisioni, però non l'aveva abbandonata neanche una volta. Per colpa della nuova regina, aveva subito fin troppe cose che non meritava, per questo Margot lo aveva eletto cocchiere ufficiale del regno, concedendogli un appartamento in cui stare e dandogli la possibilità di andare a Doncaster ogni qualvolta avesse voluto. Era il minimo che potesse fare per lui.
La casa era appena all'angolo della via su cui si erano immessi, mentre intorno a lei i giornalisti cercavano di farle domande a cui non poteva, o meglio, non voleva rispondere. Poi però una signorina le si avvicinò, scampando alla sua guardia che tratteneva tutti gli altri. «Sua Maestà» urlò per farsi udire, e Margot non potè che girarsi di fronte a tanta impazienza, «ci può dire almeno perchè è qui, a Londra?»
La ragazza sorrise e le fece un cenno clemente con la mano, «Devo mantenere una promessa.» Dopodichè si girò e riprese a camminare a testa alta ancora più rapida di prima, e si avvicinò alla tendina che veniva spostata dalle correnti d'aria. Louis superò Amanda e si piazzò accanto a Margot, mentre la guardia faceva un passo indietro. 
Louis sorrise triste, «Da quanto tempo, vero?»
Margot annuì e gli accarezzò il braccio, «Hai pienamente ragione.» Poi spostò la tendina leggera bianca. La casa era vuota, la cucina con alcuni piatti appoggiati sul tavolo e dei festoni buttati e abbandonati sul divenetto addossato al muro. Margot camminava piano, facendo risuonare i suoi tacchi sul pavimento di legno e girò il suo sguardo sulla sinistra, mentre Louis andava in cucina a vedere se ci fosse qualcuno. La regina si soffermò ad osservare gli attrezzi dell'officina abbandonati a loro stessi, il martello appoggiato su un pezzo di metallo non ancora incurvato e una serie di biglietti di consegne non ancora effettuate. 
Sorrise amaramente fra sè, mentre Louis ritornava accanto a lei e spostava lo sguardo sulla cima delle scale. Margot seguì la traiettoria dei suoi occhi e sorrise. 
Maura aveva le braccia spalancate e scendeva rapida le scale di metallo, poi quando fu dinanzi a Margot si fermò e si inchinò con rispetto, allargando i due lati della gonna che stava indossando.
Margot si sciolse il fiocco del cappello che aveva alla gola e lo porse ad Amanda che era entrata piano nel piccolo appartamento, poi si avvicinò a Maura e la fece risollevare.
«Sono sempre io!» disse sorridendo, e la strinse in un abbraccio. Maura rimase immobile per un po', però alla fine ricambiò la stretta e si commosse.
«Santo cielo, Margot, quanto ci sei mancata» disse tra le lacrime, mentre la ragazza le accarezzava la schiena. Voleva moltissimo bene a Maura, si era preoccupata di lei come se fosse sua figlia, e Margot non avrebbe mai dimenticato niente di tutto quello che avevano fatto per lei. Tanto che alcuni mesi prima le aveva fatto recapitare una busta, con dentro scritto solo un nuovo indirizzo. Maura aveva capito al volo e - secondo quanto Giselle le aveva riferito nelle lettere - aveva pianto di gioia per giorni. Margot aveva dato agli Horan la possibilità di trasferirsi in un luogo migliore, vicino al centro città, e di avere in più anche un monolocale da adibire ad officina specializzata e sartoria, in cui i due uomini della famiglia avrebbero potuto lavorare senza che la gente entrasse in casa loro e dove Maura avrebbe potuto tessere e cucire senza allontanarsi troppo da casa.
«Anche voi, non avete la minima idea di quanto senta la vostra mancanza al mio fianco.»
Poi Maura sciolse l'abbraccio e la guardò. «Sei regina, non posso crederci.»
Margot si toccò con un dito la corona da passeggio che Amanda le aveva infilato tra i capelli per mantenerla ferma. «Solo perchè hai visto questa? Sono sempre la solita ragazza che hai conosciuto.»
«Sì, ma non è lo stesso» disse allontanandosi un po'. 
«Trattatemi come se non me ne fossi mai andata» disse Margot, poi Louis abbracciò Maura a sua volta, presentandole gentilmente Amanda, mentre un gridolino catturava l'attenzione della reale.
Margot sollevò lo sguardo e vide Giselle dimenarsi per scendere le scale, con l'abito da sposa che strisciava sul pavimento e scendeva a sua volta i gradini, provocando un leggero rumore. Erano passati mesi dall'ultima volta in cui si erano viste, e Margot non avrebbe mai potuto rinunciare a quell'opportunità di stare con tutti loro almeno un'altra volta.
«Sei venuta finalmente!» disse Giselle con le labbra colorate di rosso e gli occhi color del ghiaccio messi in risalto da un po' di trucco. Nonostante non fossero ricchi, Maura le aveva procurato un bellissimo vestito che Margot persino le invidiò.
«Sei bellissima!» disse stringendola a sè, incurante di sembrare una ragazzina...ma andiamo, avevano la stessa età, come avrebbe potuto comportarsi da regina con un tipo come Giselle? Era la sorella che non aveva mai avuto, non avrebbe potuto trattarla diversamente.
«Sono così agitata!» disse l'altra passandosi una mano sulla gonna voluminosa, «Ho qualcosa fuori posto?» disse in preda all'ansia e con le mani animate da un leggero tremolìo. Sembrava iperattiva, come se volesse fare tutto in un secondo.
«No, è tutto perfetto» disse Margot, poi Giselle venne salutata da Amanda con un abbraccio rapido prima che la dama della regina uscisse dall'abitazione. Louis si accostò alla sposa e le prese la mano, baciandole il dorso delicatamente. Nei primi periodi a casa Horan, il cocchiere aveva preso una bella cotta per la ragazza, ma poi aveva lasciato perdere, perché era certo che Giselle sarebbe stata felice con il suo compagno, e non voleva esserle d'intralcio o farla sentire in imbarazzo. Alla fine, aveva imparato a vederla come una buona amica, com'era giusto che fosse e, dopotutto, ne era stato anche felice. Giselle gli prese le spalle e se lo strinse forte al petto, nonostante il corpetto dell'abito fosse ingombrante. Quando si staccarono, aveva un sorriso a decorarle il volto.
«Dove sono tutti?» chiese il cocchiere togliendosi il cappello e reggendolo in mano, guardandosi attorno.
«Papà, Niall e Zayn sono già in chiesa, dovremmo iniziare...beh, ad andare» disse Giselle balbettando per l'emozione.
Margot la prese sotto braccio e la strinse a sè, mentre Maura andava in cucina a recuperare il boquet. «E allora cosa stiamo aspettando?»


Nel breve tragitto trascorso, Giselle aveva ancora paura che avesse qualcosa fuori posto, mentre Maura si preoccupava di rifinire gli ultimi ritocchi ai capelli. Quando furono davanti alla chiesa, Margot aprì lo sportello e si trovò una marea di fotografi di fronte. Allora scese piano seguita da Louis e si posizionò ai piedi della carrozza. Aveva il cappello nuovamente sul capo, legato leggermente sul collo, poi si schiarì la gola.
«Allora, so benissimo di non essere la vostra regina e quindi per voi non sono nessuno, ma vi chiedo per favore di allontanarvi da me. Sì, è un'eccezione la mia visita a Londra, ma è per una buona causa e non vorrei creare problemi. Quindi, se cortesemente ve ne andaste, mi fareste un enorme favore» disse velocemente, guardandoli uno per uno.
Un giornalista era lì lì per parlare, con un blocknotes in mano pronto a prendere appunti, mentre Margot lo guardava attentamente.
«Sua Maestà» sussurrò intimorito, «potrebbe almeno prometterci di presentarsi dopo per soddisfare alcune nostre curiosità?»
Margot assunse un tono autoritario, poi fece scendere Giselle dietro di lei e a seguire Maura e Amanda. «Sì, ma ora ho un altro impegno a cui non posso mancare» disse semplicemente, mostrando un sorriso. «Vedrò che posso fare, cercherò di venirvi incontro.»
Poi i giornalisti se ne andarano ritirandosi sui loro passi e il piccolo gruppetto si avvicinò all'entrata della chiesa. Il silenzio cadde nella folla dei presenti, poi Margot fece il suo ingresso sotto uno sguardo stranito di tutti. I posti erano occupati dai loro parenti, da alcuni amici di Zayn e amiche di Giselle, poi Margot scorse nella folla dei volti conosciuti che le sorridevano. Waliyha le fece l'occhiolino mentre Jeanine, accanto a lei, sgranava gli occhi. «Chantal!? Perchè è vestita in quel modo strano!?»
Waliyha si girò e le diede uno schiaffo sulla guancia cosparsa di lentiggini, «Non hai capito niente di tutto questo, allora!» sbottò l'altra senza molto contegno, e Margot sorrise di gusto. Poi intravide Yaser farle un cenno del capo, Doniya accanto a lui, Bob Horan che reggeva un cuscinetto in mano che porse subito al ragazzo che gli si sedeva accanto, Niall.
Margot lo guardò negli occhi prima di prendere posto alla panca opposta, soppesando i loro sguardi. Ecco, lui le era mancato tanto, e vederlo così di punto in bianco le fece venire in mente tutti i ricordi che avevano condiviso, come la notte del suo compleanno. E pensare che da lì in poi ogni cosa sarebbe crollata. Quel ragazzo sarebbe stato il suo bellissimo ricordo custodito all'interno del suo cuore.
Niall le sorrise e, improvvisamente, alzò il polso, ruotandolo piano. Aveva ancora legato intorno il braccialetto azzurro e Margot sorrise, alzando a sua volta il braccio al cui polso vi era il nastrino rosso che Niall le aveva dato prima che partissero definitivamente, la notte prima che fosse proclamata regina. Quando Niall si girò in avanti, Margot spostò lo sguardo sull'altare, dove Zayn la guardava scuotendo la testa ma sorridendo. «A quanto pare, mi vuoi davvero male se sei venuta in questo giorno di gioia.»
Era bellissimo, e Margot parlava oggettivamente. Era elegante al punto giusto, i capelli tirati in alto e un accenno di barba sul mento, gli occhi lucidi di emozione e le mani strette tra loro, sudate. Era agitato tanto quanto lo era Giselle. 
Erano perfetti e Margot era davvero felice che si appartenessero in quel modo. Un coro alle spalle di Zayn iniziò a cantare prima che la regina proferisse parola, e Giselle fece il suo ingresso reggendo tra le mani il boquet pieno di fiori profumati. Il vestito le lasciava scoperte le spalle e le accarezzava le curve del seno e dei fianchi, i capelli tenuti indietro da un fermaglio e il medaglione d'argento di Zayn appoggiato sul petto pronunciato.
Non aveva voluto che suo padre l'accompagnasse, volevo raggiungere Zayn da sola, e i loro sguardi erano incollati, pieni di amore.
Il curato uscì da un porticina in legno e fece iniziare la cerimonia subito dopo che Giselle fu al fianco di Zayn e il coro smise di cantare. 
Quando arrivò il momento dello scambio delle promesse, il curato rivolse uno sguardo alla folla. «Che i testimoni si avvicinino, per favore.»
Niall si alzò dal fianco di Bob, e Margot si sollevò piano dalla sua panca, occupata anche da Louis e Amanda. Piccola sorpresa: Giselle aveva chiesto alla ragazza di essere la sua testimone, perchè "sarebbe stata la persona più adatta" - come aveva detto nella lettera che le aveva fatto recapitare. Quando Niall e Margot si avvicinarono ai due sposi, ci fu lo scambio degli anelli appoggiati sul cuscinetto e si dichiararono amore eterno. Quando Zayn e Giselle si baciarono di fronte a tutti, la folla dei presenti esplose in un applauso. Niall e Margot si guardarono, e poi lui le prese una mano, baciandone il dorso. «Bentornata.»
«Non me ne sono mai andata veramente. Parte di me rimarrà qui per sempre» gli rispose appoggiandogli una mano sul petto muscoloso coperto da un elegante completo nero. 
Quando gli sposi uscirono dalla chiesa, venne gettato in aria il riso e Zayn e Giselle cercarono di ripararsi con le braccia, mentre Margot usciva piano dalla chiesa, sorridendo. Indossò nuovamente il cappello e andarono a fare il breve ricevimento nello stesso locale in cui avevano brindato la fine della scuola, lontani dai fotografi e giornalisti, solo loro, le persone che Margot avrebbe sempre preferito ad ogni cosa.



Il giorno dopo fu costretta a ripartire perché era comunque una sovrana, e l’addio era stato tanto triste quanto lo era stato mesi addietro. Solo che questa volta, prima che lasciasse casa Horan, Niall, Zayn e Giselle la scortarono fino in camera della più piccola della famiglia, facendola sedere sul letto che Margot aveva usato durante la sua permanenza a Londra. Zayn rimase sotto l’arcata della porta con le braccia incrociate al petto, osservandosi la fede brillare all’anulare sinistro, mentre Giselle si accovacciava per terra affiancata dal fratello.
A Margot venne un colpo al cuore quando Niall scostò un’asse del pavimento di legno ed infilò una mano nell’apertura, stringendo tra le mani un pacchetto di lettere.
Margot si portò una mano alla bocca e represse le lacrime: quelle erano le lettere di Liam, non aveva avuto modo di recuperarle precedentemante.
Niall riposizionò l’asse del pavimento: «Pensavamo che le volessi» disse e Giselle si alzò in piedi togliendole dalle mani del fratello e porgendole alla regina.
«Sono tue, dopotutto» continuò Niall, celando un po' di tristezza dietro le sue parole.
Margot le prese in mano e se le strinse al petto, mentre le lacrime le scendevano sulle guance. «Io, davvero, non so come..»
«Non serve dire qualcosa» disse Zayn stringendosi al petto sua moglie. «Portatele in quella gabbia in cui vivi.» Accennò un sorriso, facendole il verso.
La ragazza sollevò lo sguardo su di lui, mentre sentiva i cavalli strepitare dalla strada e Louis che dava loro gli zuccherini. «Già, è quella casa mia» disse stringendo le labbra. Lo disse senza esitazione, perché ne era certa e non l'avrebbe mai rinnegata, non più.
Quando fu sulla carrozza e Louis la portò fino al porto, Margot mantenne le lettere in mano e le accarezzava con le dita, desiderando di sentire Liam ancora lì con lei. Certo, le ultime lettere non le avrebbe lette perché erano la testimonianza delle cose terribili che stavano avvenendo a palazzo, e di certo Margot non avrebbe voluto rileggerle daccapo. Quelle lettere parlavano di Harry, e non aveva assolutamente voglia di far scorrere gli occhi su quel nome che lei stessa aveva eliminato. Il peso del misfatto le gravava ancora sul petto, però era stata assolta perché era stata legittima difesa, ma Margot si sentiva ancora le mani sporche di sangue e, sebbene le lavasse in continuazione, quell'incubo non l'avrebbe mai abbandonata del tutto.
E poi suo padre…
Sfogliando le lettere di Liam, seguendo la narrazione degli eventi e rileggendole, forse avrebbe anche potuto immaginarsi ancora suo padre chiuso in biblioteca, un modo per non cancellarlo dalla mente, dove sperava avrebbe vissuto per sempre, e Liam, chiuso nei nascondigli delle pareti che le scriveva velocemente, macchiando la carta di inchiostro nero.
Quelle lettere avrebbero potuto farle sembrare che tutti loro fossero ancora lì con lei e che non l'avrebbero mai lasciata da sola.
Quando tornò a palazzo, fece una conferenza per rispondere alle domande che tutti volevano porgerle, invitando alcuni giornalisti inglesi all'interno del suo studio per soddisfare le loro curiosità.
Nel primo pomeriggio si andò rifugiare nella stanza del trono.
Le tre sedie erano ancora sul podio, le pareti piene di ritratti di ogni genere e la corona nascosta sotto una teca di vetro. Si avvicinò e sfiorò gli angoli vitrei, lo sguardo perso sulle pietre incastonate nella montatura dorata, poi si avvicinò al trono, in religioso silenzio. Accarezzò i braccioli imbottiti, il tessuto morbido su cui suo padre era solito sedersi, la poltroncina più piccola sulla quale lei stessa prendeva posto e quella di sua madre, vuota, un po’ più grande di quella di Margot. Indossava un vestito color panna con la fascia rappresentante la bandiera di Monaco in bella vista, una corona più piccola sul capo e una collana che le pesava sul petto. Senza pensarci due volte prese posto sul trono del padre, sentendo nelle orecchie il rumore del tessuto spostato, poi appoggiò la testa sulla spalliera alta e le braccia sui braccioli, rimanendo con la schiena dritta. Accanto, su un piccolo scaffale nascosto nella parete aveva uno scrigno contenente le lettere del popolo a cui non aveva ancora risposto, ma che avrebbe fatto sicuramente. Avrebbe mantenuto la parola data. 
Non c’era nessuno nella stanza, il silenzio occupava qualsiasi rumore. Sentiva solo il suo cuore pomparle nel petto e i respiri lenti che faceva. Chiuse gli occhi, sentendo il peso della corona sul capo e le responsabilità che le gravavano addosso, poi li riaprì, sorridendo appena. Il potere del regno era in lei, le circolava nel sangue insieme all’ossigeno come se fosse un’altra forza vitale, il cuore che le trasmetteva sicurezza con il suo battito regolare. Tante persone erano state sacrificate affinchè lei detenesse il regno, e si giurò che non avrebbe mai deposto un incarico così grande che era valso la vita di fin troppe persone. Non avrebbe mai e poi mai reso vani i loro sacrifici, per nessuna ragione al mondo.
«Sono pronta» disse a bassa voce, affinchè quella piccola frase potesse suonare come una promessa a se stessa, una promessa che avrebbe mantenuto davvero ad ogni costo.






Spazio autrice
Can you hear me crying?
Non voglio credere che questa storia sia finita, cliccare su "completa" è stato abbastanza traumatico. Non potete capire quanto sia legata a questa fanfic, mi ha accompagnato per circa sei mesi, dandomi un impegno fisso ogni sabato. Non posso credere che non sentirò parlare più di Margot e dei suoi amici. 
Sono molto triste, ma al contempo anche soddisfatta di aver portato tutto questo a termine :)
(Ah, comunque buon Ferragosto a tutti!)
Vorrei un attimo focalizzarmi sul titolo: Nothing is like it used to be, "niente è come sembra" deve essere da monito per chiunque. A volte non dovremmo soffermarci sull'aspetto di qualcosa o qualcuno, ma bisogna come minino analizzare cosa viene celato dalla sua figura esteriore. Non è un invito a diffidare da tutti, ci mancherebbe pure, solo di prestare attenzione, ecco tutto.
Cosa ve ne pare dell'epilogo? E' abbastanza soddisfacente? Spero davvero con tutto il cuore che vi sia piaciuto, e scusatemi se ho spento le piccole speranze nel vostro cuore non facendo accadere qualcosa in cui avete sempre creduto.
Ora vorrei passare alla parte più importante di questo spazio autrice.
Ringrazio di cuore:
- Elda, per aver sclerato con me per troppo tempo e per aver amato e pianto con i personaggi. Grazie perché, con la tua immaginazione, sei stata la mia fonte di ispirazione;
- Ilain/Scorci di vita, per esserci stata dal principio e per avermi sempre strappato un sorriso ogni settimana, cercando di indovinare cosa sarebbe successo (spesso sbagliando di grosso), chiedendomi spoiler che non potevo dare e per aver sentito - spero - i personaggi tanto quanto li abbia sentiti io. Ciao Sab :);
-  ilove1Dever, Tray, ineedofthem, stayhippie, rommyloves1D e ehjisaac, per avermi fatto sapere la loro opinione;
- le lettrici silenziose (sì, considero anche voi perché siete tutte importanti) che, nonostante non mi abbiano scritto, ci sono state ad ogni capitolo;
- Harry Styles, per essere stato il mio cattivo principe scozzese che adorerò sempre, Liam Payne, per essere stato il miglior amico dal cuore d'oro che abbia mai potuto creare, Niall Horan, per averci fatto sognare con il suo romanticismo che - in un clima di disperazione - spero abbia fatto sorridere, Zayn Malik, per essere stato il mio rompi palle preferito e Louis Tomlinson, per essere stato il miglior cocchiere/compagno di viaggio che ognuno possa desiderare;
- e infine Margot, per avermi fatto sognare con la sua avventura al di fuori del normale. Grazie per questo viaggio durato tanti mesi.
Spero davvero con tutto il cuore che questa storia vi abbia lasciato qualcosa, così come ha segnato me.
Vi voglio un mondo di bene e grazie ancora a tutti.
(Cari One Direction e Zayn (aiuto, ora ne devo parlare anche separatamente), anche se non leggerete mai questo spazio autrice, senza di voi i vostri personaggi non ci sarebbero stati.)
Ora fiondatevi tutti su The Match :) vi lascio il link del primo capitolo, come sempre:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3201763&i=1
All the love (cit.)
Elisa :)





 

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