La Solitudine dei Numeri Dieci

di gratia
(/viewuser.php?uid=828499)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tsubasa - Due capitani ***
Capitolo 2: *** Jun - Cuore sciolto ***
Capitolo 3: *** Hikaru - Il contrario della solitudine ***
Capitolo 4: *** Kojiro - Il dolore perfetto ***



Capitolo 1
*** Tsubasa - Due capitani ***


TSUBASA - DUE CAPITANI
 



Dolore. Fa male. Tanto male. Mi si annebbia la vista per quanto è intenso il dolore.
 
Alzo gli occhi al cielo. Il sole mi tormenta, quasi quanto il dolore alla spalla.
Il sudore sulla fronte sembra una colata di lava sulla pelle.
 
Devo resistere. Non posso portare la mano alla spalla. I miei compagni di squadra capirebbero. Si accorgerebbero che sto male, che dovrei uscire dal campo.
 
Taro mi si avvicina. Mi sorride, mi chiede se sto bene. Certo, rispondo io. Dobbiamo segnare, Taro. Subito. Dobbiamo segnare prima della Toho. Dobbiamo segnare prima di Hyuga.
 
Guardo davanti a me. Eccolo. Sta arrivando. Il pallone sta scendendo tra le mie gambe. Devo muovermi. Devo prenderlo, ma fa troppo male.
Avrei voluto dirlo a Taro. Avrei voluto dirgli che non ce la faccio più. Non posso, sono il capitano. Il numero 10.
 
Il capitano non può cadere.
Il capitano non può uscire dal campo.
Il capitano non ha lacrime negli occhi.
Il capitano deve nascondere. Dolore e paura.
 
Anche mio padre è capitano. Nasconde sempre qualcosa ai suoi marinai. Deve nascondere la paura quando passa per acque pericolose. O quando le onde sono muri d’acqua così alti da non vederne la cresta.
 
Vorrei parlargli. Vorrei sapere cosa farebbe lui al mio posto, ma è lontano. L’ha portato via il mare. Come sempre.
 
Questa è la mia solitudine, come quella di mio padre. La solitudine dei capitani. Che non mostrano dolore, non temono paura.
 
Vorrei condividerla con lui. Farebbe meno male. Lo so. Ma lui non c’è.  






È la prima volta che scrivo "flash-fics" introspettive nel mondo della fanfiction. Mi rendo conto sia un’impresa ardua… Soprattutto perché ho cercato di vedere la solitudine tramite gli occhi di quattro piccoli capitani, al confine tra infanzia e adolescenza. Questa è su Tsubasa. Grazie, spero vi trasmettano una parte delle emozioni che questi piccoli capitani hanno generato in me mentre "li raccontavo"!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Jun - Cuore sciolto ***


JUN - CUORE SCIOLTO


Caldo.
Gocce di sudore scendono lente a coprire il mio corpo. Gocce affilate come lame, tagliano la mia pelle. Entrano nelle mie vene. Raggiungono il mio cuore.
Solo che io non ho un cuore vero. Non è fatto di salde fibre muscolari. Pare fatto di neve. E la neve, si sa, si scioglie al caldo.
 
Paura.
Il mio cuore si sta sciogliendo. Vorrei portarmi la mano al petto. La mano al cuore. Per trattenerlo dentro me, evitare che fugga dal mio corpo. No, devo resistere. Quando vedranno la mano al petto, mi costringeranno ad uscire dal campo.
 
Mare.
È come essere sulla battigia. La sabbia mi passa tra le dita. Anche se cerco di trattenerla, lei fugge via.
È così. La stessa sensazione. Il cuore fugge da me, e non riesco a fermarlo.
 
Calcio.
Guardo i miei compagni di squadra. Aspettano.
Aspettano che io mi muova.
Che corra. Che prenda il pallone. Che segni la rete della vittoria.
Non posso, il mio corpo è rigido. Come marmo.
 
Capitano.
Sono il capitano, porto sulle spalle il sogno di tutti.
Dei compagni di squadra.
Dell’allenatore.
Dei tifosi.
 
Sogno.
Chiedetemi qual è il mio sogno. Risposta semplice, avere un cuore. Un cuore vero. Un cuore che non si sciolga. Solo quello potrebbe far vincere.
La partita di calcio. E la mia partita a scacchi con la morte.
 
Solitudine.
I miei compagni non sanno. Non devono saperlo. Sono solo, io ed il mio cuore. Ma se si scioglie, la mia solitudine sarà ancora più grande. Perché non si può vivere senza cuore.
Devo resistere. Perché quando porterò la mano al petto, non sarò più il capitano.
La mia partita finirà per sempre. E forse anche la mia vita.





Nota: Ringrazio Nono23 per i preziosi consigli.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Hikaru - Il contrario della solitudine ***


HIKARU - IL CONTRARIO DELLA SOLITUDINE





Primavera. Significa meno freddo, niente neve.
Tutti pensano sia la stagione perfetta per uscire. Per ridere. Per parlare. Per vivere.
Tutti pensano sia la stagione perfetta per allenarsi.
Perché d’inverno il pallone scivola tra i piedi. Non lo puoi controllare. La neve lo fa volare via.
 
All’inizio la odiavo. La neve. Credevo fosse impossibile giocare a calcio d’inverno. Tutti me lo dicevano.
Hikaru, non si può giocare a calcio qui d’inverno. Nessuno c’è mai riuscito.
A creare una squadra nella neve.
Ad allenarsi nella neve.
A vincere nella neve.

Mi avevano quasi convinto. Ci erano quasi riusciti. Poi ho capito.
 
Ho iniziato a spalare la neve. Da solo.
Ero solo a calciare il pallone. Guanti alle mani, giacca antivento, cappello calato in testa.
Ero solo mentre vedevo il mio respiro solidificarsi davanti alle labbra. Creavo nuvole di ghiaccio con il mio soffiare ritmico.
Ero solo quando il sudore sulla fronte diveniva cristallo. Piccole perle sulla pelle fredda.
 
All’inizio, nessuno capiva. Poi sono arrivati. Uno, due, tre… Undici.
 
Ridatemi la neve.
La spalerò con i miei compagni di squadra.
E mentre liberiamo il campo, faremo delle palle di neve. Giocheremo a colpirci. Rideremo.
 
Ridatemi la neve.
Correrò a bordocampo con le gambe pesanti di neve. Scivolerò. Cadrò.
Ma quelle gambe diverranno salde. Saranno acciaio sul pallone.
 
Ridatemi la neve.
Nulla lega di più una squadra. La neve livella. La neve unisce. La neve rende tutti uguali.
Sono il capitano, ma nella neve siamo tutti capitani.
 
L’inverno. La neve. Per me, il contrario della solitudine.
 
 
 
 
 

Note dell'autrice: “Il contrario della solitudine” è un libro di Marina Keegan, giovane laureata di Yale definita come una delle voci più promettenti della sua generazione. A pochi giorni dalla laurea cum laude e la promessa di un futuro brillante, Marina è rimasta uccisa a 22 anni in un terribile incidente stradale, mentre insieme al fidanzato, si recava a Cape Cod a festeggiare il compleanno del padre. Questo piccolo pezzo è per lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Kojiro - Il dolore perfetto ***


 
 
 

KOJIRO - IL DOLORE PERFETTO
 
  
Il freddo.
Non sento più le mani, non sento più le gambe. Il sangue nelle mie vene è divenuto ghiaccio.

Qualcosa di nero striscia sulla mia pelle. Non ci sono più colori intorno a me, sono stati bruciati dal dolore.
Dovunque tu sia, chiunque tu sia, fa che sia in fretta. Non deve soffrire, non può soffrire. Non lo merita.
È stato un uomo onesto.

 
Il pallone.
“L’ho portato, me lo hai regalato tu. Alzati e gioca con me.”

“Non posso, non ce la faccio.”
“Non può essere così forte, il dolore. Alzati, gioca con me.”
“Non posso. Sei tu il capitano adesso. Lo devi essere sempre, dentro e fuori dal campo.”   
Lo so. Sono un capitano. I miei compagni mi guardano, i miei fratelli mi guardano. Sempre.
Sono il loro faro, ma ora la tempesta è troppo grande. Anche per me.

 
Le lacrime.
“Non piangere” – mi dice.

Non parlo. Guardo le foglie cadere fuori dalla finestra.
È autunno. Gli alberi sembrano scheletri. Ci sono tante foglie per terra… Morte.
“Non piangerò più. Lo prometto. Mai.”  
Persone. Amici. Sconosciuti. Parlano con mia madre.
Dicono che tutti piangono. Naoko, Takeru, Masaru.
Dicono che anch’io devo piangere.
Non posso. L’ho promesso a lui.
A cosa servono le lacrime? Mancano cibo da mangiare, fuoco per scaldarci.
Le lacrime non si mangiano. Le lacrime non riscaldano la nostra casa.
 
Il dolore.
Colpiscimi ancora. Avanti, sono qui. Colpiscimi al centro del petto, così che faccia più male. Ancora di più.

Tagliami. Toglimi la pelle. Mordimi la carne, strappane i brandelli.
Sei ingiusto. Non hai già scavato abbastanza dentro di me?
Il dolore perfetto non fa rumore. Non attira l’attenzione degli altri, ma ti smembra l’anima.
Ti lascia solo.

 
Il silenzio.
State zitti.

Ha chiuso gli occhi. Lui sta cercando di dormire e voi parlate di soldi?
Ci vuole silenzio per dormire.
Ci vuole silenzio per morire.

 
 
 
 
Note dell'autrice

“Il dolore perfetto”
è un romanzo di Ugo Riccarelli, vincitore del Premio Strega nel 2004. Questo pezzo è stato da me molto sofferto, rendere la solitudine di Kojiro è difficile… Le mani tremavano mentre postavo quest'ultima flash-fic.


È stato un grande piacere intraprendere questo viaggio nelle solitudini dei piccoli capitani insieme a voi. La malinconia assale sempre quando si finisce qualcosa… Spero di essere riuscita a comunicare un po’ dell’emozione che ho provato dentro di me nello scrivere questi pezzi! Ringrazio dal profondo del cuore chi ha recensito ed inserito queste flash-fics tra le preferite, da ricordare, seguite: Golden_Combi, Little_Lotte, Luki, Nono23, Queen_V_Introspective, Reggina, Saerith, Sanae77Sigfrido di Xanten, Slanif, Solerena, Tamarinda, Vio19 (in ordine alfabetico).
Un grazie di cuore va anche a tutti i lettori silenziosi!
Ringrazio infine la gentilissima Solerena per aver revisionato l’ultima flash-fic su Kojiro.

Per chi avesse piacere, potete seguire la mia pagina autrice su Facebook che ho creato per postare schizzi a matita e fanart di Kaori79, la mia partner grafica per i lavori nel fandom di Captain Tsubasa. Ecco il link:

Gratia Writer
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3197041