The match

di _windowsgirls
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pom pom ***
Capitolo 2: *** Was she hot?! ***
Capitolo 3: *** Have a good work ***
Capitolo 4: *** "I found her!" ***
Capitolo 5: *** Blue's ***
Capitolo 6: *** «I want to know you.» ***
Capitolo 7: *** Thank y- oh, no! ***
Capitolo 8: *** Swimming pool ***
Capitolo 9: *** Ice cream ***
Capitolo 10: *** Library ***
Capitolo 11: *** Date ***
Capitolo 12: *** Come with me ***
Capitolo 13: *** «Give me some details.» ***
Capitolo 14: *** Please, tell me ***
Capitolo 15: *** Going out ***



Capitolo 1
*** Pom pom ***


 



 
Pom pom



“E bada Pinocchio, non fidarti mai troppo di chi sembra buono
e ricordati che c’è sempre qualcosa di buono in chi ti sembra cattivo.”
-
Mangiafuoco.
 
 

«Devi smetterla, ok? Non puoi dire così.»
«Cazzo, Harry, ti rendi conto che siamo in prigione?» Louis urlò dal letto su cui si era seduto e che non aveva per niente voglia di abbandonare. Aveva le occhiaie ad oscurare il blu dei suoi occhi, le nocche della mano destra completamente spaccate e sporche di sangue ormai essiccato, i capelli scomposti e le gambe che si muovevano ritmicamente in preda all'agitazione.
Harry aveva la testa incastrata tra due sbarre della cella, le mani piene di tagli e cicatrici a stringere il metallo freddo e il taglio sul sopracciglio destro da cui il sangue continuava a scendere lentamente, accarezzandogli lo zigomo e poi la guancia.
C'erano diverse guardie sparse per tutto il carcere, ma a sorvegliarli era stato messo un certo sergente Malik che continuava a stare seduto alla sua scrivania, le caviglie incrociate e un giornalino di enigmistica sulle gambe. Non prestava loro nessuna particolare attenzione, nonostante fosse fermo lì a controllarli da almeno cinque ore.

«Non è stata colpa nostra!» gli rispose Harry sbuffando per l'ennesima volta, ma poi Louis si alzò dal letto rovinato e lanciò un pugno sul muro alle sue spalle, rovinandosi ulteriormente la mano.



 
«Dai muovetevi, cazzoni, siete molli come una pizza cucinata a casa.»
Harry, con la palla in mano e le braccia protese in avanti, si girò a guardare il coach Montpellier con un sopracciglio sollevato, «Dice sul serio?»
Il coach annuì con vigore e gli diede uno spintone, «Muoviti» scandì, mentre intorno a loro due il resto della squadra continuava a lanciare le palle dall'altra parte della palestra, muovendosi rapidamente e con fermezza.
Louis accanto ad Harry scoppiò a ridere e si portò la palla all'altezza della spalla destra, «Dài, Harry pizza molle» Gli fece il verso, dopodichè lanciò la palla che si schiantò contro il manichino dall'altra parte del campo.
Harry dilatò le narici e lanciò il pallone a sua volta, colpendo l'altro manichino che cadde di lato con le varie parti del corpo che si staccavano dall'asse centrale. «Non mi pare che le ragazze abbiano questa opinione di me.»
Louis fece una smorfia di sdegno e raccapezzò un'altra palla, mentre Liam si avvicinava al coach con le mani intorno alla coscia. «Mister, credo di aver avuto uno strappo.»
«Ecco» Fece Louis lanciando un'occhiata ad Harry che intanto preparava un altro lancio, «quello è l'altro cazzone.»
Il riccio scosse la testa e lanciò la palla un secondo prima che il coach suonasse nel fischietto. «Per oggi basta così, domani ci vediamo alle tre per gli allenamenti. Il campionato di Dodgeball è dietro l'angolo e sembra che voi siate ancora alle prime armi.» Poi si girò verso Louis ed Harry, facendoli avvicinare con un dito sollevato per aria, «Con voi ci vediamo alle due e mezza, dobbiamo stabilire le posizioni dei giocatori.»
Harry annuì passandosi una mano sulla fronte sudata, sollevando i capelli ormai lunghi, mentre Louis alzava il pollice affermativamente.
Quando si avviarono verso gli spogliatoi, videro Liam Payne con un braccio sulle spalle del coach e un piede sollevato da terra, con il ginocchio piegato a novanta gradi.
«Se non si rimette entro una settimana, giuro che spargo denuncia.»
Louis si girò verso Harry dandogli un pugno sul bicipite scolpito, «Ma che capitano ingiusto che sei.»
Il riccio storse il naso e si spostò il ciuffo dagli occhi, mentre Louis prendeva l'asciugamano dalla panchina e se lo appoggiava sulle spalle sudate, quando da dietro l'angolo del corridoio le videro.
Ce n'erano una dozzina circa, tutte con i leggings e i top aderenti al petto che veniva messo puntualmente in risalto, le fasce nei capelli e le labbra tinte di rosso.
Louis, Harry e tutta la loro squadra si fermarono imbambolati di fronte quella visione a loro celestiale.
«Non credevo che nella nostra scuola ci fossero tali pollastrelle» disse Jason alle loro spalle, mentre la sfilata delle ragazze terminava, immettendosi nella palestra appena liberata.
Harry sollevò un angolo delle labbra sottili verso l’alto passandosi la lingua sui denti, «Buono a sapersi, allora» disse, riprendendo a camminare.
Mentre il resto della squadra imboccava il corridoio degli spogliatoi, svoltò l’angolo con Louis per raggiungere il coach nel suo stanzino, quando due ritardatarie - che arrancavano ad ogni passo reggendo tra le mani uno scatolo pieno di pom pom - li finirono addosso. Cacciarono un urletto e, per l’impatto, sia i due ragazzi sia le due ragazze caddero all’indietro, facendo volare in aria tutti i pom pom colorati che finirono loro addosso. «Oddio, mi dispiace così tanto!» disse la ragazza dai capelli marroni lisci legati in una coda alta. Aveva lo sguardo basso mentre si metteva in ginocchio e raccoglieva quell’ammasso di striscioline colorate, affiancata dall’amica dai capelli blu che si massaggiava la coscia.
«Non preoccuparti» si fece avanti Louis mettendosi in ginocchio a sua volta, aiutando a mettere nel cartone i pom pom, «sono cose che accadono. Harry?» puntualizzò lanciando occhiate al ragazzo rimasto immobile ad ammirare la ragazza dai capelli scuri, «ci dai una mano?»
«Certo, sicuramente» si affrettò a dire l’altro, così tutti e quattro iniziarono a riporre quell’ammasso colorato all’interno del cartone. Capitava che Harry la facesse apposta ad afferrare lo stesso pom pom che la ragazza mora toccasse, ma a lei sembrava non importare niente.
«Grazie mille, speriamo che il coach non si incazzi così tanto per il ritardo!» La ragazza dai capelli dello stesso colore degli occhi di Louis sollevò lo scatolone con entrambe le braccia aiutata dall’amica, mentre Louis ed Harry si scostavano un poco per lasciarle passare.
«Non credo lo faccia» affermò Louis guardando la ragazza dai capelli blu, interessato, «potrebbe restare affascinato, direi più che altro.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo e, affiancata dalla ragazza bruna, si avviarono verso l’ingresso della palestra, abbozzando un saluto solo con l’inclinazione del capo. «Se volete» iniziò Harry, passandosi una mano tra i capelli per riavvivare i ricci che stavano iniziando a scomparire, «possiamo aiutarvi a portarlo lì dentro» terminò sfociando in uno dei suoi soliti sorrisi accattivanti. La ragazza dai capelli blu scosse la testa, mentre quella dai capelli legati nella coda alta gli sorrise, declinando l’offerta e sparendo all’interno della palestra.
Louis ed Harry rimasero immobili nel corridoio, imbambolati.
«Wow» Fece il primo aprendo e chiudendo gli occhi velocemente, «non credo di averle mai viste, altrimenti me le ricorderei eccome.»
Harry si girò verso di lui e raccolse l’asciugamano che gli era caduto a terra, facendolo roteare in mano. «Credo, caro Tomlinson, di avere una cheerleader nel mio obiettivo» disse sinceramente e sorridendo sornione.
Louis scoppiò a ridere e gli diede una pacca in mezzo alle spalle possenti e muscolose, «Io quella dai capelli blu, che sia chiaro» e andarono finalmente nello stanzino del coach, con la speranza di rivederle quanto prima.


E le avrebbero incontrate nuovamente, quello era poco ma sicuro.




Spazio autrice
Durante la pubblicazione di Nothing is like it used to be (se non la conoscete, che state aspettando ad andarla a vedere?) ho detto di stare lavorando ad una nuova storia che ha come personaggi principali Louis ed Harry.
No, non è una Larry. No, io non li shippo. #Bromance tutta la vita.
Forse, come primo capitolo, potreste pensare si tratti della solita storia in cui i due puttanieri della scuola si imbattono in due ragazze stupide con cui finiscono per sposarsi e procreare.
NO.
ASSOLUTAMENTE NO.

E' tutt'altro, e spero che questa novità possa piacervi.
In questa storia accade esattamente il contrario di quanto possiate mai pensare perché adoro l'idea di distinguermi dalla massa. In questo fandom troppe cose sono scontate, a me piacerebbe dare una ventata d'aria fresca e, davvero, spero di raggiungere questo traguardo.
Ah, e comunque la parte in corsivo è un flash forward, ovvero un'anticipazione di ciò che accadrà in futuro :-)
Pubblicherò ogni sabato come ho fatto per ogni altra storia pubblicata.
Non sono una scrittrice di fan fiction che ha intezione di pubblicare solo a scadenza, però sentitevi libere di lasciarmi qualche parolina giusto per sapere se quello che scrivo vi intrighi oppure no.
Crediti per il banner alla gentilissima @gretasorzato, tutti i tuoi banner sono meravigliosi.
Vi voglio bene e stay tuned perché ne accadranno davvero delle belle.
Alla prossima settimana.
Un bacio,
Elisa.


p.s mi ritroverete sempre a lasciare qualche immagine a fine capitolo, insieme ad uno spoiler :)
"«E' il colmo» disse Harry uscendo dalla vettura e sbattendosi la portiera alle spalle, «prendiamo la macchina per accelerare i tempi, e puntualmente facciamo ritardo comunque.»"




 

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Capitolo 2
*** Was she hot?! ***






Was she hot?!

 



«Se Payne riesce a riprendersi rapidamente, lo mettiamo al confine della linea perché è quello migliore nel lancio lungo, e quindi potrebbe colpire benissimo i giocatori ai lati del campo.» Il coach appuntò su un foglio il nome del ragazzo, mentre Harry sentiva le palpebre abbassarsi di secondo in secondo. Non riusciva a prestargli attenzione, quella notte aveva dormito poco e niente e non ne riusciva a capire il motivo. Non vedeva l'ora di abbandonare lo stanzino del coach, quel coglione di Tomlinson non era riuscito a svegliarsi in tempo e l'aveva lasciato da solo, alle prese con quel vecchio rompi palle. «Dopodichè Mcpherson lo mettiamo sulla linea di centro e- Styles, ti ordino di prestarmi attenzione!»
Harry sollevò la testa dal braccio piegato sulla scrivania, sbadigliando. «Coach, stiamo ripetendo lo stesso schema da due ore, credo di essermelo persino imparato a memoria.»
«A maggior ragione» iniziò l'uomo alzandosi in piedi e raccapezzando tutti i fogli sparsi sulla scrivania «esigo che non si sbagli niente, ci siamo capiti? Se non vinciamo questa finale di campionato, giuro che vi depenno da qualsiasi altra competizione, intesi?»  terminò raccogliendo i fogli e appoggiandoli su una plica alla destra di Harry. 
Il ragazzo si sollevò e afferrò la cinghia del suo zaino, posandola su un'unica spalla. «Tutto chiaro.» Avvicinò la mano alla bocca e soffocò uno sbadiglio, con il ciuffo di capelli che gli cadeva davanti agli occhi verde smeraldo annebbiati dalla stanchezza.
«Confido in te, ci vediamo domani per gli allenamenti!» disse il coach Montpellier quando Harry abbandonò la stanza, i capelli scomposti e la divisa spiegazzata per lo stare troppo tempo seduto.
Si avviò lungo il corridoio imbattendosi in qualche compagno di squadra che si avvicinava alle aule delle lezioni extrascolastiche quando invece lui avrebbe preferito buttarsi sul suo letto a peso morto. Gli costava molto persino muovere il piede, avrebbe tanto voluto che il pavimento lo attirasse a sè, lasciandolo dormire sul posto, ma la sua attenzione venne messe sull'attenti quando una chioma blu gli tagliò la strada. Erano passati quattro giorni da quando si erano imbattuti in quelle cheerleader, ma quella ragazza dai capelli blu di certo non sarebbe passata inosservata.
Si appiattì contro la parete dell'angolo e si sporse per verificare la traiettoria della ragazza che si lasciò l'edificio scolastico alle spalle, sparendo nella strada di fronte. Harry sorrise e si aggiustò la cinghia dello zaino, poi tirò fuori dalla tasca della giacca il suo cellulare.
Non crederai mai a quello che ho appena visto.
Dopo aver inviato il messaggio, la risposta non tardò ad arrivargli.
Ovvio, se non l'ho visto anche io.
Peggio per te per aver saltato l'allenamento oggi.
’Fanculo Styles.
Ho visto la tipa dai capelli blu ;-)

Invece di ricevere un messaggio, mentre superava l'ingresso della scuola, uscendo all'aria aperta del primo pomeriggio, gli arrivò direttamente una chiamata.
«Com'è possibile che tu l'abbia vista?»
«L'ho vista e giuro che quei capelli non li vedo a molte ragazze. Per cui sono sicuro al cento per cento fosse quella cheerleader.»
«Cazzo, era bona?!
Harry strinse gli occhi per i raggi del sole che gli arrivavano direttamente in faccia, il vento che gli scompigliava maggiormente i capelli mentre si avvicinava alla macchina nera di suo padre parcheggiata sul marciapiede adiacente l'ingresso della loro scuola. Aprì la portiera posteriore e gettò lo zaino dentro, poi aprì il lato del guidatore, «Non l'ho vista in faccia, e sinceramente non me ne sarei fregato poi molto. L'ho seguita con lo sguardo per vedere se c'era con lei anche quell'altra tipa, quella bruna, te la ricordi?»
Louis sbuffò dall'altra parte della cornetta, mentre Harry metteva in moto e usciva sulla strada. «Non l'ho vista in faccia» gli fece il verso, ed Harry alzò gli occhi al cielo.
«Non capisco perché era alla nostra scuola, però..»
«E' una cheerleader, forse si sta esercitando?» disse il ragazzo sarcasticamente, mentre il riccio inchiodava ad un semaforo.
«Quello che è. Devo necessariamente scoprire come si chiama quella ragazza, era una bomba.»
«Giuro che da domani non farò più assenze, sarebbe stata la mia occasione per rimorchiare oggi
«Per me un'altra giornata persa a sentire il coach blaterare sulle medesime cose di ogni singolo giorno. Che rottura di palle essere capitano, Tommo» affermò Harry parcheggiando lungo il marciapiede della sua abitazione.Vide la macchina della madre, per cui non prese le chiavi di casa dal borsone. Lasciò la vettura mantenendo il telefono tra l'orecchio e la spalla, «Sono arrivato a casa, ci sentiamo più tardi.»
«Giuro che passerò tutta la sera su Facebook per rintracciarla» Louis gli chiuse il telefono in faccia, con Anne che apriva la porta d'ingresso e accoglieva il figlio prendendogli il borsone.
«Novità sulla squadra avversaria?!» chiese la donna lasciando lo zaino di Harry nel corridoio e tornando in cucina, riprendendo il ferro da stiro in mano.
Harry lanciò il telefono sul divano e si lasciò cadere a peso morto accanto, facendolo sobbalzare e quasi finire per terra. «Ancora no, l'ultima selezione si terrà sabato prossimo, e finché la squadra non supera la semifinale non si sa nulla.»
«Ma chi si sfiderà?»
«Guarda, sinceramente non l'ho capito bene. Me ne preoccuperò quando arriverà il momento, adesso stiamo ancora stabilendo le posizioni e dobbiamo studiare tutte le mosse migliori.»
Anne annuì, e a casa cadde il silenzio, mentre dal piano di sopra Gemma sbraitava contro il loro gattino bianco e nero.
Harry si sollevò e andò verso il bagno «Faccio una doccia» disse solamente, 'così dopo me ne vado a dormire fino a domani mattina' avrebbe aggiunto volentieri, ma tenne la bocca chiusa.



L'indomani mattina Louis passò a prenderlo con la macchina che gli avevano comprato i genitori lo scorso anno, arrivando a scuola con dieci minuti di ritardo.
«E' il colmo» disse Harry uscendo dalla vettura e sbattendosi la portiera alle spalle, «prendiamo la macchina per accelerare i tempi, e puntualmente facciamo ritardo comunque.»
«La prossima volta» disse Louis sorreggendo lo zaino su un'unica spalla mentre faceva ruotare le chiavi della sua macchina intorno all'indice, «prendiamo la tua.»
«Non ho la macchina, devo tener presente gli impegni dei miei» appuntò il riccio spingendo l'imponente portone della scuola, immettendosi in quell'ambiente silenzioso e a tratti inquietante.
«Quindi, a maggior ragione, mi devi solo ringraziare!» terminò Louis chiudendo la porta, attento a non farla sbattere per le correnti d'aria che imperversavano all'interno dell'edificio.
Harry chiuse gli occhi sospirando pesantemente mentre entrambi si avviavano verso l'aula di inglese che avevano in comune il mercoledì mattina.
Imboccarono il corridoio sulla destra con le loro scarpe da tennis che cigolavano sul pavimento lucido della scuola, e si avvicinarono alla porta della loro classe, quando dal corridoio perpendicolare sentirono dei passi concitati che si allontanavano dalla palestra. Harry girò la testa e alzò gli occhi al cielo, sorridendo compiaciuto, mentre Louis si sporgeva per vedere meglio.
La ragazza dai capelli scuri aveva il telefono in mano e digitava freneticamente qualcosa, non accorgendosi dei due ragazzi che si erano bloccati alla fine del corridoio, non interessati più di tanto a prendere parte alla lezione. La ragazza scappava e non sollevò lo sguardo dal cellulare nemmeno quando si scontrò con Harry, spostandosi con violenza sul muro alle sue spalle. «Scusa» farfugliò rapidamente, e il ragazzo le si mise di fronte.
«Siamo destinati ad incontrarci in questo modo?»
La ragazza sorrise e mise il telefono nella tasca posteriore del pantaloncino di jeans, lanciando uno sguardo rapido anche su Louis. «Credo che il fato voglia farci scontrare continuamente, come se fossimo in un circolo vizioso.»
Gli girò intorno e uscì sul corridoio, allontanandosi verso l'atrio. 
«Almeno dimmi come ti chiami!» urlò Harry, con Louis che se la rideva alle sue spalle, la mano premuta sulla bocca per contenersi.
La ragazza si girò solo una volta e lo salutò smuovendo delicatamente le dita della mano, prima di aprire il portone e uscire nell'aria fresca di aprile.
«Credo proprio, amico mio, che non sarà molto semplice afferrarle!» disse Louis avvicinandosi alla porta, ma quest'ultima venne spalancata dal professor Hill che li guardava infervorato dal suo metro e cinquanta di altezza. Aveva gli occhiali calati sul naso e la testa sollevata per guardare i due alunni attraverso le lenti sporche. «Styles, Tomlinson» sottolineò fulminandoli con lo sguardo, mentre da dentro la classe uscivano risolini e alcuni commenti idioti da parte di alcuni loro compagni di squadra. «In presidenza. Non vi piace urlare in mezzo al corridoio, invece di entrare e fare lezione?» disse sarcasticamente, dopodichè rientrò in classe sbattendosi la porta dietro.
Harry fece un grosso respiro, passandosi una mano tra i capelli. «Tanto che dobbiamo andare in presidenza, avrei voluto uscirne almeno con un nome in mano.»
«Harold, comunque credo che queste due cheerleader le vedremo più spesso di quanto pensiamo» disse Louis avviandosi per primo verso il corridoio della presidenza.




Spazio autrice
Salve a tutti, grazie per aver letto il primo capitolo e aver messo questa storia tra le seguite. E' molto importante per me, però - se potete e volete, ovviamente - ditemi cosa ve ne pare, così che io capisca che impatto abbia su di voi.
So che questi capitoli possano risultare leggermente noiosi, però spero con il cuore che vi possano piacere perché sono fondamentali.
Desidero appuntare nuovamente che questa storia - secondo quanto io creda - andrà esattamente contro le vostre aspettative :)
Buon fine settimana, vi voglio bene e lasciatemi qualche commento, magari facendomi sapere cosa pensate di tutti i personaggi.
Love you all.
Un bacio,
Elisa.


P.s Spoileeeer
"«Sono conosciuto per le mie entrate improvvise. Non attendo inviti perchè tutti, prima o poi, vogliono avere a che fare con me» disse il ragazzo, appoggiando la testa sulla mano. La ragazza dai capelli blu continuava a guardarlo con le labbra inclinate leggermente verso l'alto.
«Io invece sono conosciuta per liquidare tutti sul nascere.»"







"


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Capitolo 3
*** Have a good work ***


 


Have a good work




«E quindi siete condannati a dieci ore di pulizia dei bagni della scuola?» Jason scoppiò a ridere, «Certo che siete proprio dei coglioni, saltare la lezione in questo modo per poi urlare nello stesso corridoio in cui si trova la classe» terminò piegandosi in due e reggendosi lo stomaco come se non ce la facesse a reggere il peso di tutte le risate.
Harry manteneva la scopa in mano mentre passava lo strofinaccio per terra nei bagni femminili, i guanti in lattice che gli stringevano le dita e la puzza del detersivo che gli arrivava alle narici. «Ti fa tanto ridere, questa cosa?»
«Esattamente» affermò l'altro, posando lo sguardo su Louis che intanto - dopo aver finito di lavare i lavandini - si stava occupando di ripulire i cestini della spazzatura. «Vi lascio al vostro nuovo lavoro, capitani» tubò allontanandosi rapidamente, infilando due mani nelle tasche della giacca. 
«Ecco sì, vattene affanculo.» Erano le cinque del pomeriggio e avrebbero dovuto staccare entro mezz'ora, quando a Louis cadde il cestino di mano, facendo riversare il contenuto per terra. Un assorbente arrotolato malamente gli scivolò davanti mentre Harry lo guardava con le narici dilatate. Louis sollevò la testa, un ciuffo di capelli che gli cadeva davanti agli occhi azzurri e spalancati. «Io non lo prendo.»
«Non vedo, allora, come potresti finire» affermò Harry girandosi dall'altra parte e inzuppando lo strofinaccio nel secchio pieno di acqua e detersivo. Non aveva mai lavato per terra in vita sua e gli risultava fin troppo difficile, nonostante spesso gli fosse capitato di vedere sua madre lavare tutta casa e pensando fosse una cosa da poter fare in cinque minuti. Erano passati dieci minuti e lui stava ancora lavando le stesse mattonelle, senza spostarsi di un centimetro, mentre Louis toccava con la punta della scarpa l'assorbente che era lì lì per aprirsi...
Imprecò. «Come posso prendere questo schifo?»
Harry gettò a terra lo strofinaccio e ci appoggiò sopra la scopa in legno, iniziando a passarla per il resto del pavimento del bagno femminile. «Ti hanno dato i guanti per una ragione» affermò, ridendo sotto i baffi, felice che almeno quel compito fosse capitato al migliore amico.
Louis sbuffò e imprecò nuovamente. «Che puzza.»
«Sei in un cesso, non può esserci un buon odore, idiota!»
«Se magari tu lavassi meglio-»
«E se magari la smettessi di parlare e raccogliessi quell'assorbente di merda, ci sbrigheremmo prima, non trovi?» lo interruppe Harry, finendo di passare lo strofinaccio per terra, le scarpe che gli cigolavano e l'odore del detersivo che ormai gli aveva intaccato l'olfatto.
Guardò l'orologio, "solo un altro quarto d'ora'' pensò, mentre scorgeva con la coda dell'occhio Louis spingere con la punta del piede l'assorbente e raccoglierlo con un tovagliolo preso dal rotolo più vicino, non senza imprecazioni molto sentite.


Alle sei, per riprendersi dal loro nuovo lavoro pomeridiano, avevano deciso di chiudersi nel primo bar che avessero trovato. Un bel caffè avrebbe potuto alzare loro il morale, dopo essere stati rinchiusi 'in quel fottuto bagno per fin troppo tempo', come aveva detto Louis mentre abbandonavano l'edificio scolastico per ultimi.
«Al solo pensiero che domani dovremmo ripetere tutto daccapo..» iniziò Harry mentre appoggiava il cellulare sul tavolino presso cui avevano deciso di sedersi.
«Io non prenderò nè starò così vicino ad un assorbente mai più in vita mia!» terminò l'altro mentre il cameriere portava loro i caffè. Harry prese la tazza e lo annusò prima di berlo - amaro - a piccoli sorsi per la temperatura elevata che gli scottava la lingua, mentre Louis si gettava dentro due bustine di zucchero. Il loro tavolino si trovava nella sala sul retro della caffetteria, per cui quando aprivano la porta d'ingresso sentivano solo i campanelli suonare. Era un locale molto frequentato dai componenti della loro scuola, solo che essendo le sei non incontrarono nessun volto familiare, a parte due ragazze che presero un cornetto ciascuna e si avviarono verso il tavolo più distante dal loro. Louis rimase con la tazza attaccata alle labbra mentre si perdeva a mirare i capelli blu che brillavano sotto la luce del lampadario della stanza ed Harry che giocava con la lingua nella sua bocca, gli occhi puntati sul quel tavolino appena occupato.
Le due ragazze ridevano tra loro, i leggings che fasciavano le loro gambe magre e dai muscoli sviluppati, e le magliette che stringevano i loro petti non così tanto prosperosi. Avvolsero i loro cornetti alla nutella all'interno di due tovaglioli e li avvicinarono alle labbra carnose dipinte di rosso. Louis aveva ancora la tazza sulle labbra senza che bevesse una singola goccia di caffè, mentre Harry prendeva il telefono e faceva finta di messaggiare, lanciando di tanto in tanto dell'occhiate, ma le ragazze non diedero l'impressione di averli visti quando in realtà era più che vero. A quel punto, mentre la ragazza dai capelli blu parlava animatamente con l'amica reggendo in mano il cornetto mangiato per metà, Louis appoggiò la tazzina sul tavolo e si alzò, rimanendo in piedi di fronte ad Harry e lanciando occhiate alla sua destra, dove c'era l'altro tavolo.
Non attese la risposta del riccio che preferì rimanere al suo tavolo, e si avviò verso quello delle ragazze, che lo guardarono con un sopracciglio sollevato e perfettamente disegnato.
«Ci rivediamo» proruppe Louis prendendo una sedia dal tavolo accanto e mettendosi vicino alla ragazza dai capelli blu, ma questa alzò una mano di fronte alla sua faccia.
«Scusami, chi ti ha invitato?» disse seria, guardando di sfuggita l'amica che continuava a mangiare imperterrita. Harry avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma si portò il telefono all'orecchio facendo finta di trovare divertente qualcosa detta dall'altra parte della linea, mentre con gli occhi percorreva la figura della ragazza bruna. Era sempre stato un tipo che apprezzava maggiormente le bionde perchè disponibili in quasi tutto, sempre disposte a dargliela vinta senza combattere più di tanto, mentre quella ragazza mora dall'altra parte della stanza lo intrigava e non poco. Non l'aveva mai vista, a parte quelle volte sfuggenti come l'aria a scuola, e moriva dalla voglia di sapere chi fosse, ma non aveva la benchè minima voglia di prendersi un due di picche così su due piedi come invece stava accadendo con Louis.
«Sono conosciuto per le mie entrate improvvise. Non attendo inviti perchè tutti, prima o poi, vogliono avere a che fare con me» disse il ragazzo, appoggiando la testa sulla mano. La ragazza dai capelli blu continuava a guardarlo con le labbra inclinate leggermente verso l'alto.
«Io invece sono conosciuta per liquidare tutti sul nascere.»
«Ma non ti ho mai sentito nominare» puntualizzò Louis accarezzandosi la barba con la mano libera, prima di stendergliela davanti. «Mi chiamo Louis.»
La ragazza bruna girò lo sguardo e si scontrò con quello verde di Harry che la stava squadrando da capo a piedi come un maniaco, e non potè che sorridere befferda e girarsi dall'altra parte, accavallando le gambe.
Il riccio si morse l'interno della guancia e pose fine a quella sceneggiata, lasciando il telefono in tasca e avviandosi al tavolo, mentre Louis bramava il nome della sua preda.
Rimase in piedi e appoggiò le braccia sulla superficie levigata del tavolino leggermente sporco di zucchero a velo. «Provochi?» bisbigliò alla ragazza bruna, mentre quella dai capelli blu lo guardava e alzava gli occhi al cielo.
«Ma stiamo facendo una riunione qui?» esordì esasperata mentre lasciava il cornetto nel piattino e si strofinava le mani tra loro, ignorando Louis che aveva riappoggiato la mano sul tavolo. «Andiamo, Rachel» disse.
Harry scattò sull'attenti e la guardò sorridendo. «Rachel eh?» disse con un ghigno.
La ragazza in questione finì il cornetto in un boccone sporcandosi la bocca di zucchero a velo. Prese un tovagliolo e si pulì. «Può darsi» affermò solamente.
«E non vuoi sapere il mio?»
Si alzò in piedi e recuperò la borsa che aveva lasciato a terra. «Te l'avrei chiesto, credo, se avessi voluto conoscerlo.»
Louis si alzò dalla sedia e appoggiò una mano sulla spalla della ragazza dai capelli blu, «Dai Azzurrina, dimmi come ti chiami, non ti sto chiedendo di venire a letto con me, cazzo!» sbottò, togliendo subito la mano notando lo sguardo tagliente della ragazza che arrotolava il cornetto nel tovagliolo e se lo metteva nella borsa per finirlo di mangiare dopo, una volta uscita da quel bar.
«E' quello a cui aspiri» rispose, allontanandosi, mentre Harry rimaneva di fronte a Rachel.
Non le lasciava il passaggio libero. «Potresti per favore lasciarmi andare?» chiese sarcastica, incrociando le braccia sul petto. Harry ne approfittò per guardarla bene in viso. Aveva gli zigomi alti e scolpiti, le labbra sottili e un naso fine, le ciglia lunghe che ogni qualvolta sbattessero sembravano volerlo incantare.
«Ci rivedremo mai?» chiese interessato mentre la lasciava passare. Quando lo sorpassò, Rachel lasciò che Harry sentisse il suo profumo di zucchero a velo.
«Chissà» rispose lei semplicemente, mentre ad ogni passo la borsa le urtava il fianco.
Louis grugnì rabbioso e superò i clienti per raggiungere la ragazza dai capelli blu. Le toccò un gomito per farla girare, essendo ben cosciente di essere invadente. Però era strano che ancora non l'avesse preso a calci in culo, sarebbe stata una novità. «Ti prego, dimmi solo il tuo nome. Conosci il mio, rimaniamo su un piano equo» affermò assumendo una faccia che sperava risultasse dolce. «Non ti chiedo nè chiederò dell'altro.»
La ragazza vide Rachel che le si avvicinava mentre Harry, poco dietro di lei, continuava ad osservarla. Girò i suoi occhi marroni su Louis che attendeva pazientemente. «Che importanza ha conoscerlo?»
«E' solo un cazzo di nome, perchè fai tutte queste storie?!» sbottò allora il ragazzo che aveva superato il suo livello di sopportazione. Era reduce da una giornata passata a stare chiuso in un cesso femminile, non si meritava un piccolo premio dopo tutto quello che aveva passato?
Lei scoppiò a ridere, «Sei carino quando ti incazzi» disse mentre Rachel usciva fuori seguita da Harry, ma non le dava affatto fastidio. Il riccio sembrava essere in un incantesimo, come se non riuscisse a starle lontano più di mezzo metro, e lei ne era assolutamente lunsigata.
La ragazza dai capelli blu chiuse gli occhi con il sorriso a decorarle quel volto altrimenti imbronciato. «Sono Ivy, ma ora addio» e attraversò la strada senza vedere se passassero macchine, seguita a ruota da Rachel dalla cui borsa usciva la cordicina di un...fischietto?
Harry e Louis rimasero sul marciapiede, immobili mentre le due ragazze sparivano nella via, portandosi dietro quell'aura di mistero e attrazione che aveva permeato l'ambiente circostante.
«Beh» disse Louis sgranchendo le gambe, «primo passo fatto, no?»
Harry sorrise, pensando agli occhi cervoni di Rachel e alla sue labbra sottili da cui non riusciva a scostarsi. «Se è già così arduo all'inizio, non oso immaginare cosa accadrà più avanti, Louis» ammise profondamente colpito, fantasticando sulle probabilità che entrambi avrebbero avuto di rincontrarle.



Spazio autrice
Finalmente sappiamo qualcosa in più sulle due ragazze che ormai asfissiano questi giovani che bramano i loro nomi. Hanno due caratteri particolari che spero non cadano nel banale quanto potrebbe sembrare, perché non saranno come le altre ragazze di cui si sente spesso parlare nelle ff.
Voi siete Team Ivy o Rachel? Quale vi piace di più? E cosa ne pensate? Dai, un piccolo sondaggio per capire se la storia vi intrighi o meno.
Lasciatemi qualche commento please, e non abbandonatemi ai miei Larry :/
Ah, a proposito di loro.
La loro punizione li porterà a subire moooolte cose, per cui stay tuned, e spero che la scenetta di inizio capitolo sia stata di vostro gradimento, perché a me è piaciuto molto scriverla, così come la scena del bar.
Le due tipe non danno filo da torcere, eheheh. Due di picche a volontà, qui.
A sabato prossimo e ditemi che ve ne pare. Vi regalo un unicorno.
Baci,
Elisa.

p.s spoiler
Si chiama Ivy Johonson e- sai le tipe di Tumblr? Bene, ha il profilo tempestato di foto del genere!»
«Louis, mi spieghi cosa ci fai tu su Tumblr?» chiese Harry con le labbra strette tra loro per non scoppiare a ridere.
Dall'altra parte della linea cadde un silenzio imbarazzante. "


p.p.s a kind of Ivy



 

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Capitolo 4
*** "I found her!" ***






"I found her!"




L'ultima campanella della giornata suonò con veemenza, mentre tutti gli studenti raccoglievano i libri dai banchi e li gettavano nelle proprie tracolle per allontanarsi quanto prima dell'edificio. Erano le tre e mezzo, e mentre Jason, Liam e Michael si avviavano verso l'ingresso, Louis ed Harry cercarono di infilarsi nella folla per non dare nell'occhio. Quando furono sul punto di uscire fuori, un collaboratore scolastico sbarrò loro la strada ponendoli davanti il braccio steso, neache fosse un vigile urbano con il compito di regolare il traffico. «Dove credete di andare?» sibilò, mentre intorno gli studenti se la ridevano per la sorte capitata ai due ragazzi. Harry e Louis si lasciarono andare ad un sospiro sconsolato, mentre il collaboratore panzuto con l'indice indicava loro lo stanzino delle scope. «Sono Bud e sono stato incaricato di supervisionare la vostra punizione. Vi mancano ancora quattro giorni per terminare» finì sorridendo mentre li accompagnava verso la stanza dalla porta accostata leggermente.
Louis si aggiustò le cinghie dello zaino sulle spalle, mentre Harry lasciava cadere la tracolla del suo borsone nelle mani del collaboratore che, una volta spalancata la porta, stese loro la mano per mantenere gli zaini. Louis, vedendo l'amico, lasciò lo zaino per terra e si prese lo strofinaccio e i guanti in lattice, mentre Harry prendeva la scopa e il detersivo, con il secchio ancora vuoto e da riempire. Diedero le spalle al collaboratore mentre la scuola ormai si era svuotata e si avviarono verso i bagni.
Che poi, perchè non avrebbero dovuto lavare quelli maschili? Almeno quello, diamine.
Il bagno femminile del secondo piano era quello che toccava pulire quel giorno, e quando si avvicinarono alla porta, vennero inebriati da quella solita puzza terribile.
«Santo cielo» disse Louis mentre si tappava con due dita le narici, «io non sopravviverò a tutto ciò.»
Harry abbassò la testa e la rialzò subito per far scostare i lunghi capelli ricci dagli occhi, mentre con il secchio in mano si avvicinava alla prima porta. Louis infilò i guanti facendoli scattare contro la pelle e appoggiò il detersivo sul bancone dei rubinetti. «Beh, buon lavor-» ma venne interotto da un'imprecazione di Harry che rimaneva sul ciglio della porta con una mano premuta sulla bocca. «Fammi indovinare, assorbenti usati?»
Harry girò la testa verso di lui, scuotendola orripilato. «Peggio» affermò facendo un passo indietro e Louis si sporse per vedere, per poi scoppiare a ridere.
«Ieri dicevi a me, ora tocca a te ripulire il vomito per terra» disse cercando di trattenere le risate di fronte alla faccia schifata di Harry. Il riccio rovistò all'interno della borsa che il collaboratore gli aveva dato e trovò un sacchetto di segatura.
«Almeno non lo tocco» disse, e ne sparse su tutta la superficie. Che poi, perchè la gente non poteva svuotare lo stomaco nel cesso, ma sul pavimento accanto? Il water era lì per una ragione, diamine. Mentre la segatura assorbiva il vomito, Harry immerse lo strofinaccio nel secchio pieno di detersivo mentre Louis passava il suo sullo specchio macchiato di...rossetto?
Harry iniziò a lavare la parte circostante evitando accuratamente la segatura, mentre i capelli gli cadevano davanti agli occhi. «Giuro, fare questo "lavoro" è così...»



«...rilassante!» Ivy si lasciò cadere sul lettino, i capelli blu che le incorniciavano la testa mentre il sottofondo musicale inebriava le loro orecchie. Rachel le si stese sul lettino accanto con solo un asciugamo a fasciare i loro corpi, mentre attendevano che arrivasse il massaggiatore. «Venire al centro benessere dopo gli allenamenti è stata un'idea geniale» continuò Ivy chiudendo gli occhi mentre nella stanza si riversava ancora qualche voluta di vapore proveniente dalla sauna da cui erano appena uscite. Rachel aveva i lunghi capelli marroni raccolti in una crocchia sfatta, mentre Ivy lasciava il suo caschetto libero di circondarle il volto abbastanza paffuto. C'era una calma estenuante lì dentro, un posto da cui non avrebbero mai voluto uscire. Entro cinque minuti sarebbero arrivati i massaggiatori che le avrebbero cullate per altri trenta minuti.
Rachel sorrise, totalmente rilassata. «Sai a cosa sto pensando, Ivy?»
L'amica si girò, guardandola con i suoi occhi scuri. «A cosa?»
Rachel chiuse gli occhi, schiudendo le labbra screpolate per il troppo calore della sauna. «A ieri sera» affermò, ripensando a due meravigliosi pozzi verdi che non si staccavano dalla sua figura. Non aveva mai visto quel ragazzo, eppure un tale fascino non le sarebbe mai potuto rimanere celato ancora a lungo, ed era molto lusingata di aver colto le sue attenzioni. I ragazzi che le andavano dietro non le mancavano, ma quel riccio aveva un non so chè che l'attirava parecchio, come se fossero legati in un qualche modo a entrambi sconosciuto. Si chiese cosa stesse poter fare in quel momento, quando sentì uno sbuffo lasciare le labbra di Ivy.
«Siamo al centro benessere, e tu pensi a quei due? Incredibile, solo Rachel Dare avrebbe potuto perdersi in questi pensieri.»
La mora si girò a guardare l'amica che intanto si rimirava le unghie appena curate, accarezzandosi lo smalto verde acido. «Possibile che tu non possa pensare a quel Louis che - detto tra noi - pendeva dalle tue labbra?» chiese atona, con un sopracciglio sollevato.
Ivy sollevò un indice, bloccandola. «E' possibilissimo, mia cara. Non mi importa niente di lui, non lo conosco e non intendo farlo. Non sai che tipo di ragazzi ci sono in giro? Quei due sono il prototipo del 'puttaniere', hai presente?»
«Ma di certo non puoi classificarli tali se non hai idea di chi possano essere» affermò Rachel con la bocca storta in una smorfia dubbiosa. «Parti troppo prevenuta.»
«E mi va bene così, non ho intenzione di dare confidenza» puntualizzò Ivy mentre una porta dal fondo della stanza si apriva e due ragazzi muscolosi con solo un costume nero addosso si avvicinavano con due ciotole piene di olii e creme profumate. «E ora, amica mia, pensiamo a rilassarci ulteriormente» disse mentre si metteva in pancia in giù e si toglieva l'asciugamo di dosso, rivelando la schiena nuda al massaggiatore che le si era messo accanto. Rachel sorrise, imitando l'amica, poi si lasciarono cullare dalle mani esperte dei due ragazzi appena entrati e dal cinguettìo degli uccellini in sottofondo, la stanza nella penombra e la mente finalmente libera da qualsiasi tipo di pensiero, lontana da occhi verdi e capelli ricci scomposti.




Alle cinque e mezzo Harry e Louis lasciarono le scope e finalmente si decisero a lasciare la scuola, un'altra giornata conclusa dopo aver ripulito quello schifo.
«Credo che le ragazze - sapendo che laviamo noi i bagni - si diano alla pazza gioia solo per lasciarci più lavoro da fare!» affermò Louis mentre si avvicinavano alla macchina della mamma di Harry parcheggiata sul marciapiede. Anne aspettava al volante, con le dita che tamburellavano sulla circonferenza del manubrio e lo sguardo perso sulla strada di fronte. Louis diede una pacca sulla schiena ad Harry, «E' venuta la mammina?»
Il riccio diede un pugno sul bicipite dell'amico, «Idiota, solo perché era di passaggio. Ti pare che mi faccia venire a prendere da lei?»
«Beh-»
«Zitto.» E aprirono le portiere infilandosi nella vettura.
«Certo che siete entrambi due idioti» salutò Anne mettendo in moto, «dieci ore di pulizie nel cesso.»
«Ciao anche a te, Anne» fece Louis appoggiandosi lo zaino accanto e tirando fuori il telefono.
Harry era seduto sul sedile del passeggero, la testa appoggiata al finestrino, esausto.
«Tanto che ci siamo» fece Anne lanciando un'occhiata al figlio e poi osservando Louis attraverso lo specchio retrovisore, «Perchè non mi lavate casa? Sono stata fuori tutto il tempo e una mano mi servirebbe...»
«Sicuramente» rispose sarcasticamente Harry e Louis scoppiò a ridere, mentre la madre del riccio, scuotendo la testa, imboccava la strada per lasciarlo a casa sua.
Quando lasciarono Louis, Anne fece retromarcia e si avviò lungo la strada principale che li avrebbe portati a casa. «Qualcosa non va, Harry?» chiese vedendo il figlio con la testa ancora appoggiata al finestrino e gli occhi persi ad osservare la strada che gli passava davanti.
Il ragazzo avrebbe potuto dirle che pensava a delle ciglia lunghe, a delle labbra piegate in un sorriso ironico, a dei capelli scuri che ricadevano lisci lungo la schiena, ma la sua bocca si lasciò sfuggire solo «Sono stanco», pensando di porre fine a quella conversazione che stroncò sul nascere. Anne guardò il figlio di sottecchi, poi parcheggiò di fronte al cancello della loro abitazione.
«Sicuro?» chiese, aprendo la portiera e abbandonando la vettura.
Harry sbuffò rumorosamente mentre prendeva lo zaino posato ai suoi piedi, «Sì, mamma, ma anche se fosse non verrei di certo a dirlo a te» puntualizzò, sperando che la madre si rassegnasse, ma era ostinata come lui.
«Se si tratta di ragazze-»
«Non si tratta di un cazzo» disse suonando al citofono e facendosi aprire la porta da Gemma che aveva il suo libro di letteratura in mano, «Chiamami quando è pronta la cena» terminò andando al piano di sopra e chiudendosi alle spalle la porta della sua stanza.
Aveva necessariamente bisogno di sgombrare la mente.
Chissà però se quella cheerleader lo avesse pensato anche solo un istante, ma si appisolò con quel pensiero in testa, cadendo nell'oscurità del silenzio.
Dieci minuti dopo si svegliò per la vibrazione insistente del suo cellulare nella tasca della giacca con la quale si era addormentato, e con gli occhi per metà chiusi lo tirò fuori mentre un bussare forte gli giungeva dalla porta. «Dai, coglione, alzati, è pronto, e di certo non ti aspettiamo se non scendi entro cinque secondi.»
«Rompipalle» urlò Harry a Gemma con la voce leggermente impastata, poi appoggiò pesantemente la testa sul cuscino e rispose al telefono. «Dimmi.»
«Ho trovato Ivy su Facebook, incredibile!»
Harry fece un grosso sospiro, cercando di imporsi un certo autocontrollo. «E a me cosa minchia dovrebbe fregare?» disse calmo, passandosi la mano libera sulla faccia e leccandosi le labbra secche.
«Si chiama Ivy Johonson e- sai le tipe di Tumblr? Bene, ha il profilo tempestato di foto del genere!»
«Louis, mi spieghi cosa ci fai tu su Tumblr?» chiese Harry con le labbra strette tra loro per non scoppiare a ridere.
Dall'altra parte della linea cadde un silenzio imbarazzante. «Ho due sorelle in casa di quattordici e sedici anni, mi capita spesso di vederle su quello schifo di social.»
«Disse quello che si fa le seghe dopo aver trovato una ragazza su Facebook.»
«'Fanculo Harold, e io che volevo dirti che nelle foto è sempre presente la sua amica....ma vabbè, ora continuerò a godere di fronte queste immagini senza la privacy»disse sarcasticamente Louis, mentre Harry si metteva seduto di scatto e si premeva il telefono all'orecchio.
«In tutte le sue foto c'è Rachel?» chiese, e ogni tentativo di cacciarla fuori dalla sua mente cadde miseramente.
«Sì, ma a te che importa? Non sei il paladino che va contro Facebook?»
«Non ho mai detto di esserne contro, l'importante è saperlo utilizzare adeguatamente...ma dimmi, come fa di cognome?»
«Non te lo dico.»
«Fottuto stronzo, domani ti faccio pulire la mia merda, te lo giuro» fece Harry aprendo la porta e fiondandosi al piano di sotto, vedendo suo padre che abbandonava il salotto per avvicinarsi in cucina da cui proveniva un odore buonissimo. «Ora devo andare, e faresti meglio a dirmelo per messaggi.» E gli chiuse il telefono in faccia prima che potesse rispondere.
Se Rachel non avesse voluto conoscerlo, allora lui avrebbe conosciuto lei, in un modo o nell'altro.


 



Spazio autrice
Forte il parallelismo, eh?
I due ragazzi si scoppiano di lavoro e le due tipe chiuse in un centro benessere.
Il mondo gira nel giusto verso. :)))
Ok, faccio la seria.
Che ve ne pare? Giuro che io amo scrivere le parti di Louis ed Harry, davvero.
E non vedo l'ora di farvi leggere il prossimo capitolo.
Piccolo avviso per quelle che hanno tumblr: attente, perché Louis Tomlinson potrebbe leggere cosa scrivete :-)
Bene, alla prossima settimana e Buon Ferragosto.
(Perché l'estate deve passare così rapidamente? *piange*)
Love you all,
Elisa

p.s ho appena pubblicato l'epilogo di Nothing is like it used to be, passate!
p.p.s SPOILEEEEER
"«Non vuoi ancora conoscere il mio nome?» le chiese lui, e il suo fiato caldo solleticò l'orecchio della ragazza che se lo strofinò con le dita.
«Fremi proprio per volermelo dire. Che c'è, sono forse la prima a cui non interessa?»"



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Capitolo 5
*** Blue's ***






Blue's




Harry passò gran parte della notte a perlustrare il profilo di Rachel Dare, ammirandola in ogni foto che avesse pubblicato senza privacy e osservando la quantità infinita di ragazzi con cui spesso posava, stringendo le labbra tra loro. Aveva moltissime persone tra gli amici, eppure Harry non ne conosceva alcuna, avvalorando la tesi secondo la quale non erano della loro stessa scuola. Ma perché spesso si era ritrovato a vederla per i corridoi della palestra? Era molto strano, ma non se ne fregò poi più di tanto perché il sonno ebbe la meglio e si addormentò con il telefono sul petto.
La mattina dopo, il venerdì, trovò fin troppe difficoltà ad aprire gli occhi, con la stanchezza che gli pesava addosso e con la consapevolezza di tornare a casa anche molto tardi. Avrebbe dovuto spendere altre due ore nei bagni della scuola, e poi doveva allenarsi per due ore consecutive in vista del campionato che si sarebbe svolto entro il mese prossimo, prima della fine delle lezioni. E poi era venerdì, diamine, doveva uscire, per cui si alzò spinto più che altro a raggiungere quell'obiettivo.
Louis passò a prenderlo con cinque minuti di ritardo, con la musica alta che usciva dai finestrini abbassati. Quando Harry entrò e si chiuse la portiera alle spalle abbassò tutto il volume, sotto uno sguardo furioso dell'amico. «Buongiorno eh?» disse Louis sarcasticamente ingranando la marcia.
Harry tirò indietro il capo, posandolo sul poggia-testa, e chiuse gli occhi rispondendogli con solo un mugolio.
«Dormito male?» chiese Louis mentre erano ancora per strada.
Harry aprì gli occhi notando l'edificio scolastico che si avvicinava dalla fine della strada e sbadigliò rumorosamente. «Dormito poco, più che altro. Per colpa tua sono stato tutta la notte a vedere Rachel su Facebook.»
Louis sbuffò rumorosamente, sopprimendo una risata e parcheggiò. «E poi sarei io quello che si fa le seghe» pronunciò a voce fin troppo alta mentre accanto alla vettura passavano altri ragazzi. Harry gli diede un pugno abbastanza forte sul braccio, mentre Louis si tappava la bocca per non scoppiare a ridere facendosi sentire da tutti.
«Sei una testa di cazzo, ora se ti hanno sentito possono prendermi per segaialo quando io non faccio niente del genere» disse prendendo lo zaino dai suoi piedi e posandoselo sulla schiena, mentre lasciava la vettura e chiudeva pesantemente la portiera alle sue spalle.
«Non potrebbero mai dubitare di te, Harry» disse Louis alzando la voce affinchè lo sentisse essendosi ormai allontanato.
Ma Harry non se ne fregò nulla e, trascinando un piede dietro l'altro, si avviò verso la prima classe della giornata. Si accomodò presso uno degli ultimi banchi, accanto alla finestra, mentre il resto dei suoi compagni superava la porta e gli si metteva vicino e intorno.
«Ciao, Harry.»
Niall Horan gli si sedette accanto, guardandolo con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Quel ragazzo era sempre sorridente, anche quando era agitato o arrabbiato sfoggiava sempre uno dei suoi sorrisi contagiosi che ti facevano, a volte, incazzare di più. Harry lo salutò con un gesto del capo, poi riappoggiò la testa sulle braccia incrociate sul banco, mentre Niall tirava fuori i libri dalla sua tracolla.
«Hai saputo qualcosa della squadra avversaria?» chiese il biondo mentre usciva fuori anche il telefono e lo metteva in silenzioso.
Harry fece di no con la testa, poi prese a parlare con gli occhi chiusi. «Faranno la selezione, per cui ancora non si sa nulla.»
«E con il tuo lavoro pomeridiano come va?» disse smorzando una risata, mentre Harry sollevava la testa con un boccolo che gli cadeva davanti agli occhi semi aperti.
«Mi prendi in giro!?»
«Assolutamente no, perché dovrei? Semplice domanda.» Ma a cui Harry non potè rispondere perchè il professore di matematica aveva appena varcato la soglia e teneva sotto braccio il suo plico di compiti in classe corretti.
Come iniziare al meglio la giornata.


 
L'ultima lezione, quella di tecnica, Louis ed Harry la passarono insieme, mentre il riccio cercava di non pensare troppo al cellulare che gli vibrava nei pantaloni.
«Ma chi è?» chiese Louis vedendo l'amico non rispondere ai messaggi.
«Credo proprio sia Payne» affermò l'altro mentre con le mani premeva le due squadrette sul foglio steso sul banco, «è felice di essere tornato in squadra e il coach gli avrà detto di avvisarmi. Ah, a proposito, credo stia per chiamare anche te.»
Infatti, dopo due minuti, il cellulare di Louis iniziò a vibrare sul banco, ma il ragazzo rifiutò la chiamata. «Allora lo sentirò dopo» disse mentre la professoressa lanciava loro un'occhiataccia.
Quando l'ultima campanella suonò, Harry sbadigliò per la centesima volta e, mentre la scuola si svuotava, entrambi si avviarono verso il bagno del terzo piano. Bud gli aspettava nel piccolo corridoio, con la scopa in una mano e il secchio nell'altra.
«Bentornati» disse solamente, allungando le braccia verso di loro, poi se ne andò, lasciandoli soli. Harry lanciò lo zaino a terra e infilò i guanti proprio mentre Louis tirava fuori il telefono dalla tasca e iniziava a saltellare come un cretino.
«Che hai?» disse Harry vedendo l'amico gioire come un coglione. Bagnò lo strofinaccio e lo buttò a terra, assicurandosi che almeno quel giorno non ci fossero vomito o feci sparsi.
Louis per poco non gli buttò il telefono sulla guancia pur di fargli vedere una chat aperta. «Chi è?» chiese il riccio allontanando la mano dell'amico.
«Ivy!»
Harry lo guardò con tanto di occhi, «Le hai davvero scritto?» domandò incredulo, dopodichè ridiede il telefono a Louis.
«Sì, non ce l'ho fatta a resistere, e lei mi ha appena risposto.»
«Che ha detto?» chiese Harry mentre prendeva la scopa e iniziava a passarla per il pavimento.
«Che "me ne devo andare a fanculo e devo sparire".»
Harry scoppiò a ridere e perse presa sulla scopa che risuonò sul pavimento azzurro del bagno, mentre la sua prima risata della giornata colorava quei corridoi fin troppo silenziosi.
Louis gli alzò il medio. «Sai dove te lo metto se non la smetti!?!»
«Scusa, scusa, scusa» cercò di dire Harry portando due mani davanti alla faccia, ma le risate non gli permettevano di spiaccicare un'altra parola. «Ora mi calmo» disse facendo profondi respiri mentre Louis riponeva il telefono nello zaino.
«Meglio per te, ora mi metto a lavare per affogare i miei dispiaceri» disse, mentre infilava finalmente i guanti in lattice.
Dopo aver finito, si avviarono direttamente al campetto sul retro della scuola, dove il resto della squadra si stava già riscaldando. Harry lasciò il suo zaino sugli spalti in metallo, togliendosi la giacca della tuta e rimanendo in cannottiera, mentre il sole iniziava il suo percorso discendente. Louis si mise accanto a Payne chidendogli scusa per non averlo richiamato. Liam gli disse semplicemente che avrebbe voluto avvisarlo di stare molto meglio e di essere stato riammesso in squadra, per questo il coach li avrebbe trattenuti circa una mezz'oretta dopo gli allenamenti per decidere le nuove postazioni.
Iniziarono la partita di dodgeball dopo circa dieci minuti, e ovviamente Louis ed Harry vennero messi in prima fila per la loro capacità di colpire con un unico lancio.
«Stasera venite alla festa?» chiese loro Michael che quel mese aveva optato per la tinta nera ai capelli. Harry si passò un braccio sulla fronte grondante sudore da ogni dove mentre Louis alla sua sinistra lanciava il pallone con una tale violenza da colpire l'avversario nelle parti intime. Jason si accasciò sul campetto, mentre Louis gli andava incontro per aiutarlo e scusarsi, sebbene il danno fosse già stato fatto.
«Se sono diventato sterile, Tomlinson, ti schiaccio le tue, di palle» disse l'altro con i denti digrignati, dopodichè Louis preferì allontanarsi mentre il coach iniziava a sbraitare.
«Credo di sì, a meno che io non crolli prima, sono esausto, cazzo» rispose Harry gonfiando le guance. «Dove si svolgerà?»
«Al Blue's ho sentito e ci sarà parecchia gente.»
«Dopo la settimana appena trascorsa, ho necessariamente bisogno di una sbronza» ammise Harry mentre Louis gli si metteva accanto e gli passava il braccio sulle spalle sudate.
«Ti pare che io ed Harry ci perdiamo una festa?» disse lui festoso, dopodichè il coach fischiò e chiamò i due capitani nel suo ufficio per discutere sulle nuove mosse da assumere.


 
Finalmente lasciarono l'edificio scolastico e tornarono nelle proprie case, si fecero subito una doccia e si vestirono quanto più casual possibile.
Harry prese le chiavi della macchina di sua madre e uscì di casa senza aver mangiato nulla, solo un piccolo pezzo di cracker, mentre Gemma gli passava accanto per raggiungere la macchina di una delle sue tante amiche.
Sua sorella era più grande di lui di circa tre anni, eppure Harry sembrava più grande per certi versi e per alcuni comportamenti che spesso Gemma assumeva.
«Non fare tardi» disse quella entrando nella macchina della sua amica - Jessica, gli pareva - mentre si prendeva una sigaretta.
«Piuttosto pensa a te» disse Harry fermandosi accanto alla macchina della madre mentre la sorella si allontanava rapida.
Entrò nella vettura e arrivò da Blue's pensando di essere in anticipo, mentre il locale era ormai gremito e c'era persino gente che si riversava sulla strada. Parcheggiò nell'area sul retro e controllò l'orologio. Erano le 21.38 eppure molti ragazzi erano già sbronzi. Prima di entrare provò a chiamare Louis, ma quest'ultimo non gli rispose, così Harry ripose il telefono in tasca ed entrò.
C'era gente dappertutto.
Sulle scale, sui divani, chi seduto per terra, chi invece ballava nel centro della pista.
Harry si avvicinò al bancone e ordinò un panino che non gli arrivò nemmeno tanto presto. Quando il cameriere glielo porse erano forse passati dieci minuti, eppure Harry aveva fame e iniziò a divorarlo. Aveva una voglia matta di bere per dimenticare la giornata di merda appena trascorsa, ma soprattutto per dimenticare il fatto che quella notte avesse dormito solo tre ore.
Si pulì la bocca con un tovagliolo e ordinò un boccale di birra, mentre vedeva Louis cercare di raggiungerlo sgomitando tra la folla.
«Adocchiato qualcuno?» chiese il nuovo arrivato mentre ordinava un cocktail forte.
Harry si portò il boccale alle labbra e iniziò per prima cosa a sorseggiare, mentre la musica si faceva sempre più alta e risuonava nei loro timpani come se fossero stati sul punto di implodere. Molte ragazze della loro scuola gli passavano accanto, ma puntualmente Harry le liquidava salutandole con la mano.
«Credi ci siano anche loro?» gli chiese Louis all'orecchio per farsi sentire.
Harry allontanò il boccale, sollevando le sopracciglia. «Non lo so» disse semplicemente, mentre l'amico tirava fuori il telefono ed entrava su Facebook. «Cosa credi di fare?» gli urlò per sovrastare la musica ora fin troppo elevata.
Louis lo guardò beffardo, incavando le guance. «Sono quel tipo di ragazze che sicuramente pubblicano selfie pre-party» rispose, digitando i nomi di entrambe le ragazze.
Non vi era alcun aggiornamento, nè tantomeno una foto che le ritraesse in quel locale, per cui Louis lo ripose rassegnato nella tasca posteriore dei suoi skinny jeans neri.
Harry si appoggiò con i gomiti sul bancone alle sue spalle, il boccale ancora in mano e gli occhi puntati su quella folla di ragazzi in piena crisi ormonale, bastava infatti vedere i molti che salivano su per le scale andandosi a chiudere nei bagni. Harry storse la bocca, mentre Louis accanto a lui finiva anche il secondo cocktail. Non era mai stato un tipo che riuscisse a reggere l'alcol, per questo ben presto si ritrovò a ridere come un coglione.
Harry sorrideva di rimando, mentre vedevano Niall raggiungerli. Quel ragazzo, ovviamente, stava ridendo con un altro amico, ed entrambi reggevano un bicchiere di birra. «Come va?»
«Oggi non sei venuto agli allenamenti» puntualizzò Harry dopo che gli fu abbastanza vicino.
«Ho preferito dormire, scusami» si difese il biondo, poi sparì nuovamente, ondeggiando i fianchi con una ragazza riccia dai capelli biondo scuro che lo accompagnava nei movimenti. Louis venne preso per mano da alcune ragazze che se lo portarono sulla pista da ballo, mentre nessuno si preoccupava di Harry.
Il riccio finì il suo boccale avvertendo un leggero capogiro, ma non gli bastò a distogliere l'attenzione da una chioma blu che avanzava nella calca. Avrebbe tanto voluto trovare Louis e avvertirlo che Ivy, stranamente, fosse lì, ma ormai l'amico era bello che andato e si stringeva al petto una ragazza dai capelli rosso acceso.
«Ehilà» disse una voce alle sue spalle, e sussultò un attimo, sgranando gli occhi e sbattendo le palpebre più e più volte. «Forse questa è la prima volta in cui non ci scontriamo, vero?»
Rachel si portò i capelli su un'unica spalla, sedendosi su uno sgabello lì accanto. Aveva un vestito nero che le fasciava il corpo formoso e un rossetto leggero color carne, mentre intorno agli occhi solo un filo di mascara a rendere quelle ciglia ancora più incantevoli. Harry sorrise appoggiando il boccale sul bancone dietro di lui, e si morse il labbro inferiore. «Anche al bar non ci siamo scontrati» le fece notare, accostandosi di più al suo corpo. Rachel sorrise sollevando impercettibilmente un sopracciglio. «Sei sola?» urlò al di sopra della musica, mentre la ragazza prendeva un bicchiere rosso in mano e sorseggiava il contenuto. Si leccò le labbra sottili.
«No, sono venuta con Ivy, ma fra un po' ce ne andiamo.»
«Sono appena le dieci» affermò Harry lanciando un'occhiata sul suo orologio.
Lei scosse le spalle, «Ho un impegno importante domani, e sia io sia Ivy non possiamo fare tardi.»
Harry annuì e appoggiò il suo sguardo sulla ragazza dai capelli blu che si scontrava accindentalmente con Louis e il ragazzo che apriva la bocca in un ovale perfetto, perdendosi ad ammirare il suo aspetto.
Harry scosse la testa, poi si girò verso la ragazza che gli stava accanto. «Ti va un drink?»
Lei lasciò il suo bicchiere sul bancone accavallando le gambe, «Non bevo» disse semplicemente. Il riccio annuì con il capo e le si accostò all'orecchio, sentendola trattenere il respiro per un attimo.
«Non vuoi ancora conoscere il mio nome?» le chiese lui, e il suo fiato caldo solleticò l'orecchio della ragazza che se lo strofinò con le dita.
«Fremi proprio per volermelo dire. Che c'è, sono forse la prima a cui non interessa?»
Harry si sollevò e si sedette su un altro sgabello. «O sei troppo orgogliosa per chiedermelo personalmente.»
Rachel sorrise con i suoi denti bianchi e perfetti, ed Harry notò un piccolo brillantino sul suo incisivo. «Può darsi, allora» disse lanciando un'occhiata ad Ivy che stava urlando qualcosa a Louis, mentre lui cercava di accarezzarle le braccia. «Ma il tuo amico è un morto di figa?» chiese Rachel ad Harry che intanto era scoppiato a ridere.
«Guarda, non so cosa gli stia succedendo, sinceramente. Sembra essere impazzito» disse lui tra un sorriso e un altro. Poi si girò e stese la mano davanti al volto stupito di Rachel. «Mi chiamo Harry» le disse infine, rassegnato.
Lei gliela strinse, «Il mio già lo conosci.» Poi la lasciò, scendendo dallo sgabello e vedendo Ivy avvicinarsi rabbiosamente.
«Ce ne dobbiamo andare ora» urlò ad un palmo dal naso di Rachel, «Quel Louis è ubriaco fradicio e ha cercato di restarmi appiccato. Abbiamo gli allenamenti domani, per cui andiamocene adesso» terminò prendendo Rachel per una mano e allontanandola prima che potesse dire altro. Harry guardò un'ultima volta gli occhi cervoni della ragazza, ancora più belli che in foto, per poi vederla sparire nella folla.
Quindi anche le cheerleader dovevano allenarsi nel weekend?
Vide Louis avvicinarsi mentre reggeva in mano l'ennesimo drink. «Non crederai mai cosa mi è successo» disse ridendo tra una parola e l'altra, con una chiazza rossa sulla guancia destra. Harry gliela sfiorò con un dito.
«Che hai fatto qui?» gli chiese ad alta voce, tappandosi un orecchio con l'altra mano.
Louis se la sfiorò a sua volta, ridendo a trentadue denti. «Ivy mi ha dato uno schiaffo.» E sparì di nuovo nella folla, mentre molte ragazze gli si strusciavano addosso.
Harry rimase ancora appoggiato al bancone, poi quando si rese conto di essere rimasto da solo per un bel po', saltò giù dallo sgabello e si addentrò nella mischia, scatenandosi con i suoi amici e soprattutto giocando con molte ragazze che gli ronzavano attorno. Stranamente la maggior parte di esse erano bionde, per cui non si fece molti problemi a baciarne qualcuna, spinto più dall'alcol in corpo che per un vero e proprio interesse.
Non era totalmente ubriaco nè sobrio, ma nonostante ciò non riuscì a ricordarsi di come fosse tornato a casa a notte inoltrata, ma di una cosa era certo. Aveva sognato degli occhi cervoni che lo facevano cadere nella loro trappola, non dandogli via di fuga. Sebbene stesse dormendo, Harry avrebbe tanto voluto schiaffeggiarsi per togliersi Rachel dalla mente, ma non ci riuscì.
 
 
 


Spazio autrice
Ecco il quinto capitolo che spero sia di vostro gradimento.
A quanto pare i due ragazzi sono davvero presi da queste due incognite quali Rachel ed Ivy rappresentano. Voi quale preferite?
Non mi dilungo più di tanto perché non avrei, poi, molto da aggiungere.
Vi lascio ovviamente con uno spoiler e..ah, sappiate che i capitoli si allungheranno con l'avanzare della storia, non saranno sempre così "corti".
Grazie alle ragazze che hanno deciso di seguire questa storia, spero che prima o poi mi facciate sapere cosa ne pensiate.
Un bacione,
Elisa :)
 
P.s SPOILEEEEEER (Okay, non fatevi ingannare da quanto leggerete ahahahah)
"«Non sono qui per farti la predica, giovanotto, voglio solo dirti di stare...attento, ecco. Sai, non vorrei incorrere ad alcun tipo di problema ora come ora.»
«Papà.» Harry fece un sospiro sconsolato, «Sono cose che si imparano da soli» terminò prendendo il telefono che aveva segnato l'arrivo di un messaggio. «So cos'è un preservativo.»"





 

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Capitolo 6
*** «I want to know you.» ***






«I want to know you.»




La mattina dopo, Harry si svegliò intorno all'ora di pranzo, un braccio che pendeva dal letto e i vestiti ancora addosso. Aprì prima un occhio, poi un altro, e si sollevò sui gomiti, con la serranda ancora abbassata e la luce che filtrava nei buchi della persiana bianca. Si passò una mano sull faccia e gettò il braccio sul comodino, prendendo il telefono. Quando fece illuminare lo schermo, vide un messaggio di Louis.
Il profilo Facebook di Ivy ha la privacy, non mi fa vedere tutte le foto nel suo profilo. Che cazzo. Non le posso nemmeno inviare la richiesta, avrà qualche blocco particolare.
Harry scaraventò il telefono sul fondo del letto e si lasciò attrarre dal materasso,  ingoiando a vuoto. Non aveva mal di testa, però gli stava piacendo un mondo starsene steso e rilassato in quel modo, fin quando la porta della sua stanza venne spalancata di colpo e Gemma si fiondò sulla sua finestra, alzando la serranda e spalancando le imposte, facendo cambiare aria. Harry sollevò il lenzuolo e si coprì, ma la sorella glielo tirò di dosso e lo fece mettere in piedi con la forza. «E' ora di pranzo, idiota.»
Harry trascinò i piedi dietro la sorella, seguendola per il corridoio e poi giù lungo le scale. «Buongiorno anche a te, raggio di sole» disse ironico, «spero che il tuo risveglio sia stato bello quanto il mio» terminò sbucando sulla cucina.
Anne stava mettendo i piatti in tavola, mentre suo padre Des si sedeva a capotavola. «Ciao eh?» disse con la sua voce bassa e tonante. Harry scostò la sedia dal tavolo e si sedette, con i capelli spettinati e delle leggere occhiaie sotto agli occhi.
«A che ora sei tornato?» chiese Anne mentre prendeva posto anche lei accanto al marito.
Harry prese il cucchiaio in mano, «Non lo so, forse le quattro e mezza?» abbozzò un sorriso, poi iniziò a mangiare piano, lo stomaco chiuso in una morsa stretta.
Gemma lo guardò schifata e gli punzecchiò con l'indice una guancia. «Almeno lavati, porco.»
Harry la guardò sollevando un sopracciglio, poi sollevò il cucchiaio e cercò di vedere riflesso il segno che aveva toccato Gemma. Quando lo notò, posò nuovamente il cucchiaio sulla tavola. «E' solo rossetto, non sangue» disse atono, mentre Anne allargava le narici, infastidita.
Il pranzo proseguì in silenzio e dopo aver finito Harry si alzò e andò a recuperare il telefono dal letto sfatto, scendendo poi in salone.
Io invece non invio la richiesta a prescindere. Ho visto solo quelle foto che non hanno la privacy. Vorrei tanto sapere cosa c'hanno da nascondere, queste donne.
Accese la tv e iniziò a fare zapping con il telecomando, fin quando il padre non gli si sedette accanto, inforcando gli occhiali da vista.
«Harry» lo apostrofò, aspettando che il figlio si girasse verso di lui.
«Sì?» fece Harry continuando a controllare tutti i canali.
«Sei fidanzato?» chiese a quel punto Des avvicinandosi al figlio. 
Harry gettò la testa all'indietro. «Dio, ma a voi cosa importa?» sbottò lasciando il telecomando sul suo fianco e girandosi verso il padre. No, che non ce l'aveva la ragazza, e d'altronde per il momento non era interessato ad averne una. O almeno così credeva.
«A me non importa un bel niente, solo....» alluse Des guardandosi disinteressato l'orologio costoso al polso. Harry scosse la testa, spalancando le braccia.
«Solo cosa? Avanti, dimmi quello che mi devi dire e finiamola quanto prima.»
«Non sono qui per farti la predica, giovanotto, voglio solo dirti di stare...attento, ecco. Sai, non vorrei incorrere ad alcun tipo di problema ora come ora.»
«Papà.» Harry fece un sospiro sconsolato, «Sono cose che si imparano da soli» terminò prendendo il telefono che aveva segnato l'arrivo di un messaggio. «So cos'è un preservativo.»
Des socchiuse gli occhi, stringendo le labbra tra loro. «Non ho alcuna intenzione di avere problemi legali con l'altra parte solo per una tua mancanza, figliolo» appuntò il padre prima di alzarsi e scompigliare ancora di più i capelli del figlio. «Ti voglio bene.» E salì al piano di sopra, lasciandolo solo. Harry controllò il telefono.
Io invece credo che Ivy la faccia apposta a non accettarmi. Dio, quanto mi intriga.
Harry lo ignorò e passò le prime ore del pomeriggio a poltrire sul divano, fin quando non sentì il telefono vibrare incessantemente.
«Amico sono le quattro, che dici, ti va di andare al bar?»
«Caffè?»
«Quello che vuoi, voglio uscire da questa casa adesso. Ti passo a prendere» e Louis riattaccò, mentre Harry si alzava e finalmente si andava a cambiare.



«Pensavo saremmo andati con la macchina» affermò il riccio vedendo Louis aspettarlo sul marciapiede con le mani nelle tasche del suo jeans chiaro. Il ragazzo sollevò le spalle.
«Dista dieci minuti a piedi» rispose quando Harry lo affiancò e iniziarono a camminare lungo la via. Il silenzio del sabato pomeriggio era surreale, sembrava che la gente si fosse segregata in casa e non ci fosse anima viva.
«Secondo te-»
«Louis, no!»
«Non sai neanche cosa ti sto per chiedere» si difese l'altro sollevando due mani per aria mentre un autobus li passava accanto. Solo i turisti trovavano divertente girovagare per le vie londinesi alle quattro del pomeriggio.
«Scommetto ti stai chiedendo se potremmo incontrarle, e io ti dico di no» disse Harry annoiato. «Non possiamo comportarci come se il nostro unico scopo vitale sia quello di incontrarle, non le conosciamo nemmeno e non facciamo altro che dare loro fastidio.» Poi scoppiò a ridere. «Ma cosa sto dicendo!»
Louis lo guardò con gli occhi sgranati. «Parli sul serio?»
«Non lo so nemmeno io, ora andiamo a berci questo caffè, ho bisogno di un po' di caffeina per tenermi sveglio» concluse Harry mentre si avvicinavano pian piano al bar sul fondo della via. Prima però di alzare il passo e avviarsi in quella direzione, sentirono degli urletti concitati dalla via perpendicolare, ed entrambi si voltarono da quella parte catturati da quei suoni striduli. Ivy e Rachel si tenevano per mano e saltellavano come due bambine piccole che avevano appena aperto i regali di Natale.
Louis sorrise d'istinto vedendo Ivy ridere come non l'aveva mai vista, finalmente un sorriso ad incorniciarle quel volto che l'aveva attratto dalla prima volta in cui si erano imbattuti a scuola. Harry invece incrociò le braccia al petto e si morse il labbro a vedere Rachel con la coda ai capelli quasi sfatta e il cappuccio della felpa che le saltava sulla schiena. Le due ragazze, quando guardarono avanti a loro, si immobilizzarono di scatto e Ivy strinse di più la mano di Rachel indietreggiando. «Andiamocene per favore!» disse a voce alta, mentre Louis metteva due mani dietro la schiena.
«Giuro che sono sobrio e non ho intenzione di fare alcunché» si difese rimanendo al suo posto. Rachel spostò lo sguardo da Ivy ad Harry, sorridendo a quest'ultimo.
«Tutta questa felicità da dove salta fuori?» chiese il riccio rimanendo con le braccia ancora incrociate al petto. La mora sollevò le spalle.
«Abbiamo superato la prova!» urlò al settimo cielo mentre Ivy sbuffava continuando a vedere Louis.
«Voi cheerleader dovreste esserne fiere, allora!» puntualizzò Harry sorridendo di rimando dopo aver alzato il pollice nella loro direzione.
Ivy scoppiò a ridere e si piegò in due, «Cheerleader» bisbigliò, mentre Rachel aveva lo sguardo puntato su Harry. 
«Pensate siamo cheerleader?» chiese dubbiosa.
Harry sollevò le spalle, incurante, ma Louis prese parola. «Beh, ci siamo incontrati più volte mentre sorreggevate quell'ammasso di carta velina» affermò soddisfatto.
Ivy continuava a ridere, e nonostante Louis non capisse cosa ci fosse di così tanto divertente, non potè che sorridere di fronte quella scena più unica che rara.
Rachel invece sollevò un sopracciglio perfettamente disegnato, ma l'amica dai capelli blu si rimise in piedi. «Assolutament-»
«-Sì» terminò Rachel lanciando un'occhiataccia ad Ivy che la guardò con tanto di occhi. «Siamo le cheerleader della nostra scuola» ammise la mora, sorridendo ad entrambi i ragazzi che pian piano stavano camminando verso di loro, avvicinandosi. Ivy socchiuse gli occhi, poi però scosse le spalle, le avrebbe parlato dopo.
«Posso farti una domanda?» chiese Louis guardando la ragazza dai capelli più strani che avesse mai visto.
«No.»
Ma Louis continuò. «Perché non mi accetti la richiesta su Facebook?»
Ivy iniziò a sbattere il piede per terra, «Odio quel social soprattutto per quelli che sono iscritti, tipo te. Non ho alcuna intenzione di diventarti amica.»
Louis si sporse per darle una leggera spinta, ma quando vide l'occhiata di puro astio che Ivy gli stava lanciando, tornò sui suoi passi. «Va bene, ma non c'è bisogno di scaldarsi tanto.»
«Si può sapere cosa vuoi da me?» chiese a quel punto Ivy rimanendo accanto a Rachel che guardava i suoi piedi pur di non incontrare lo sguardo verde smeraldo che le stava percorrendo il corpo senza alcun ritegno.
«Voglio solo conoscerti bene» disse Louis spalancando le braccia, e per la foga colpì il petto di Harry che si girò verso di lui.
«Dobbiamo continuare questa sceneggiata ancora per molto?» affermò il riccio, e Ivy si ritrovò ad annuire nella sua direzione.
«Ecco, perché non ascolti il tuo amico? Mi hai fatto perdere tutto l'entusiasmo della giornata!» e fece per voltarsi, ma Rachel la bloccò per un braccio.
«Dove siete diretti?» chiese la mora sorridendo ad Harry.
Il ragazzo sollevò un angolo della bocca, «Al bar, volete unirvi?»
«Volentieri» «No!» risposero contemporaneamente le due ragazze che si scambiarono un'occhiataccia.
«Scusate un secondo» disse Rachel prendendo Ivy per il gomito e allontanandosi quel tanto che bastava affinchè i due ragazzi non le sentissero.
Louis si girò verso di Harry. «Perché la tua cheerleader è più facile della mia?»
«Ti sei dato la risposta da solo, perché non è tua, amico mio, e questa possessione non ti porterà da nessuna parte. Le donne si conquistano pian piano» rispose Harry mentre con una mano si riavvivava i ricci sulle spalle.
Lanciò un'occhiata a Rachel e ad Ivy che intanto si erano battute il cinque e stavano tornando verso di loro. La ragazza dai capelli blu incrociò le braccia al petto. «E va bene» disse infine, «ma io non pago per voi.»
Louis si avvicinò e le porse il braccio. «Infatti pagherò io per te.» Le fece l'occhiolino, ma Ivy gli rispose alzando il medio. 
«Sei un pessimo cavaliere» e si avviò da sola verso l'entrata del bar, seguita a ruota da Louis come se fossero la padrona e il suo cagnolino. Rachel ed Harry rimasero indietro e camminarono fianco a fianco.
«Ti è piaciuta la festa ieri?» domandò lei con le mani nelle tasche della felpa e gli occhi bassi. Harry notò non fosse truccata per niente, con i capelli sfatti e delle leggere occhiaie sotto agli occhi.
«Dopo un po' non più» ammise lui sorridendo di sottecchi mentre apriva la porta del bar e la faceva entrare per primo. Nella saletta sul retro scorsero Louis e Ivy che stavano litigando animatamente, così Harry ne approfittò.
«Perché Ivy ha dato uno schiaffo a Louis ieri sera?»
Rachel sorrise, «Solo perché lui ha cercato di baciarla contro la sua volontà.»
Harry si schiaffeggiò la fronte, «Tu avresti reagito allo stesso modo, se ci avesse provato?»
Rachel scoppiò a ridere e finalmente sollevò lo sguardo su di lui. «Ovviamente» ammise facendogli l'occhiolino, poi alzò il passo e si andò a sedere vicino ad Ivy, mentre Louis raggiungeva Harry. 
«Pessima, pessima idea!» urlò indicando Ivy, «E' una stronza incredibile. Vediamo di prendere questi caffè quanto prima» finì avvicinandosi al bancone, mentre Harry lanciava un'occhiata al tavolo della ragazze che stavano ridendo a crepapelle e parlavano sottovoce, bisbigliando tra loro.
«Non credo sia poi così tanto pessima» ammise sorridendo verso Rachel che aveva alzato lo sguardo su di lui mordendosi il labbro inferiore.
L'avrebbe conquistata senza ombra di dubbio.




Spazio autrice
Eccoci qui con l'ennesimo aggiornamente. Sapere che è l'ultimo di agosto, mi fa cadere in depressione *faccina dell'urlo di whatsapp*.
Comuuuuuunque, cosa ve ne pare? Questa settimana è passata incredibilmente lenta, non vedevo l'ora che arrivasse il weekend.
Harry e Louis continuano imperterriti a provarci con Ivy e Rachel, ma le ragazze non danno loro tregua. Spero che i loro caratteri vi piacciano, ho cercato di allontarmi dallo stereotipo di ragazza che solitamente troviamo qui su efp e wattpad. 
Come sempre, vi lascio un piccolo spoiler. Contemporaneamente a questo sito, sto pubblicando questa os anche su wattpad dove potrete trovare tutte le altre mie storie con le copertine fatte da me :))))) xsmiling (cliccate sul nome)
Alla prossima settimana e passate un buon fine settimana.
Ah, e poi tanti auguri Payno!
All the love,
Elisa.


P.s Spoileeeeeer
"«Grazie per il passaggio. Scuse accettate.»
«Di certo non l'ho fatto perché tu mi perdonassi» ammise Louis e ingranò la marcia e partì, proprio mentre il cancello della ragazza si apriva e Ivy, spingendolo con le mani, entrava in casa con un sorriso ad incresparle il volto."


 

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Capitolo 7
*** Thank y- oh, no! ***






Thank y- oh, no!
 



Harry passò tutta la domenica con la testa immersa nei libri. Si era arretrato con il programma a furia di lavare i bagni e allenarsi ogni santo pomeriggio in vista del campionato. Il coach l'aveva avvisato di aver scoperto la squadra avversaria, chiamata New Spaces, e quindi gli allenamenti sarebbero stati molto più frequenti e pesanti. Così decise di passare tutto il giorno e mettersi al passo delle lezioni e, perché no?, anche anticipare qualcosa per non avere problemi alla fine dell'anno. Il sole tramontava al di fuori della finestra della sua stanza, il cielo che si dipengeva dei colori del crepuscolo ed Harry si perse ad ammirare il prato che costeggiava la campagna alle spalle della sua abitazione. Era un terreno abbastanza largo che la sua famiglia aveva ricevuto in eredità ma di cui non sapevano, o meglio, non avevano il tempo materiale per preoccuparsene, per questo il terreno era coperto da un soffice manto d'erba, con i fili che danzavano cullati dal vento.
Alzò gli occhi al cielo, un sorriso che si apriva sul suo volto pallido, mentre dalla stanza accanto sentiva le urla di Gemma che parlava a telefono con qualcuno di cui non gli importava niente. Si perse nei suoi pensieri, focalizzandosi su quanto avvenuto la sera precedente.
Ivy e Louis passarono la maggior parte del tempo a battibeccare su qualsiasi cosa possibile per un dibattito, mentre lui e Rachel avevano intavolato una conversazione fatta di sguardi e battute alternati, lei troppo timida per sollevare spesso gli occhi su di lui. Avevano parlato di un bel po' di cose, di quanto a lei piacesse allenarsi con le altre amiche, di quanto adorasse il cinema e i fiori bianchi, di quanto le piacesse l'idea di poter, un giorno, diventare famosa. Cose di cui Harry non se ne importava più di tanto, ma solo sentirla parlare senza alcun emozione evidente era già sufficiente.
Era una ragazza speciale nel senso particolare del termine. Non era schietta - a differenza di Ivy che aveva continuato a liquidare Louis come se vivesse solo di quello -, soppesava le parole con la paura costante di sbagliare, non si buttava a capofitto nelle situazioni. Era un bene che si fossero incontrati per strada, almeno Harry aveva avuto l'opportunità di "conoscerla" un po' di più, sempre meglio di crogiolarsi di fronte alle pochissime foto che Rachel aveva su Facebook. Si era ripromesso di farla cadere nella sua trappola, incantata dal suo fascino, ma forse la situazione con lei si era ribaltata, Harry non ne era tanto sicuro. Rachel lo interessava molto, e non avrebbe perso occasione per conoscerla ancora di più. Prima o poi sarebbe caduta ai suoi piedi come avevano fatto tutte le altre, perché lei non avrebbe dovuto?
Harry riabbassò lo sguardo sul suo libro di economia aperto e lo chiuse con uno scatto del braccio. Aveva perso qualsiasi tipo di attenzione a cui si era aggrappato per cercare di non distrarsi, e nonostante fosse riuscito a spingersi un po' più avanti con lo studio, ormai non aveva più la testa sulle spalle per continuare. Scese al piano di sotto, controllando intanto il telefono. Louis non gli aveva scritto per tutta la giornata, però trovò altri messaggi provenienti dai suoi compagni di squadra.
Domani andrai a casa di Liam per la festa? gli aveva scritto Michael, ma passò oltre.
Amico, la festa di venerdì mi ha fatto conoscere una ragazza splendida :-), gli aveva inviato Niall, ed Harry non potè che sbuffare di fronte a quella faccina sorridente, immaginandosi quella del biondo. Scorse la casella dei messaggi, ma solo per perdere tempo prima che la madre lo chiamasse per la cena.
Aveva perso un'altra giornata senza fare niente, eppure preferì così, invece di uscire e non incontrarsi con nessuno in particolare.


 
Louis stava al computer a scrivere il saggio di sociologia, quando Johannah, sua madre, bussò alla porta della sua stanza già spalancata. Odiava stare con la porta chiusa, forse perché era un po' claustrofobico, ma gli andava bene così.
Si girò verso la madre che si stava mordendo il labbro tra i denti. «So che sei impegnato, ma ho necessariamente bisogno che tu corra al supermercato prima che chiuda. Ho dimenticato di comprare le uova» disse appoggiandosi allo stipite con le braccia piegate sotto al seno. Louis girò il computer nella sua direzione.
«Non vedi che sto facendo altro, mamma?» puntualizzò sollevando le sopracciglia in un cenno ovvio.
Johannah gli sorrise e alzò un indice per aria, «Non era una richiesta» affermò, controllando l'orologio al polso. «Hai un'ora di tempo, quindi ti conviene fermarti adesso, altrimenti stasera ti toccherà digiunare» disse girandosi per scendere le scale.
«Forse non ho così fame..»
«Louis!» urlò la madre mentre i piedi battevano pesantemente sui gradini.
«Okay, okay!» sbottò il ragazzo, raccapezzò il paio di Vans nere e uscì fuori di casa cinque minuti dopo. Prese la macchina che teneva parcheggiata sotto il portone e mise in moto, raggiungendo il supermercato dopo circa dieci minuti di stallo nel traffico londinese delle 19.30. Dovette parcheggiare anche distante dal negozio per via della mancanza di posti disponibili nelle vicinanze, e alzò il passo. Il supermercato era gremito di gente, sembrava che tutti si fossero dimenticati di comprare qualcosa nell'arco della giornata, e Louis sorrise di fronte le espressioni seccate dei cassieri a cui toccava lavorare anche di domenica. Camminò a passo spedito verso il reparto delle uova, quando vide una chioma blu sulle punte che cercava di prendere un pacco di farina dallo scaffale più in alto. Silenziosamente le si mise alle spalle e le prese il pacco sollevando di poco il braccio. Anche lui non era alto, ma almeno superava la ragazza di un bel po' di centimetri. Ivy gli dava ancora le spalle. «La ringraz-» e si bloccò quando si rese conto di chi avesse di fronte. «Tu» disse solamente, e al ragazzo sembrò fosse annoiata.
Louis sollevò le spalle, il pacco di uova stretto in mano. «Non c'è di che» le rispose per niente turbato dall'espressione infastidita della ragazza.
«Ma è possibile che ti abbia sempre tra i piedi?» puntualizzò Ivy iniziando a seguirlo, non potendo mai pensare che Louis stesse facendo dei giri in più per ogni settore del supermercato per farsi seguire e per parlare un po' di più con quella ragazza stravagante. «Non ti è bastato ieri sera?»
«Sono insaziabile» le rispose lui dandole le spalle, Ivy sbuffò infastidita e gli si mise accanto.
«Perchè sei qui?» domandò mentre riprendeva a guardarsi intorno sbirciando la lista che teneva stretta nell'altra mano.
«Perché mia madre rompe le palle» affermò Louis girando per il corridoio delle bevande. Poi spostò lo sguardo sul cestino che la ragazza reggeva nell'incavo del braccio destro. «Cosa hai comprato?» le chiese con un sorriso ad incorniciargli le labbra sottili. Stava mettendo in mostra tutte le sue doti di seduttore incallito, ma Ivy sembrava non si accorgesse di niente. La gente le passava accanto, squadrandola per i suoi capelli blu, ma il ragazzo non se ne fregava alcunchè. Louis notò anche un accenno di ricrescita scura alla radice, poi spostò lo sguardo sulle sue labbra piene che si stavano muovendo, ma lui non aveva sentito niente di quello che Ivy gli aveva detto.
«..compleanno di mia cugina» terminò mentre prendeva un pacco di candeline alla sua destra.
«Quanti anni compie?» domandò Louis mentre, questa volta, la seguiva lui.
Ivy lo guardò sorridendo. «Cinque» disse felice, e Louis sorrise di rimando. Quanto era bella quando sorrideva, peccato per il carattere di merda che si ritrovava. Eppure in quel momento stavano sostenendo entrambi una conversazione civile senza prendersi a parole pesanti.
«Oh, è piccolina allora! Ha i capelli rosa?» chiese allora, e il sorriso sul volto di Ivy si spense così rapidamente che Louis rimase allibito, ponendo fine alla magia.
«Ti sembra divertente?»
«Non ne avevo l'intenzione» si difese lui, poi Ivy gli diede le spalle e iniziò a correre verso le casse, il cestino che le dondolava rapido sul fianco. «E dai Ivy, stavo scherzando.»
«Sei bravo solo in quello, infatti» disse e poi si girò di scatto. «La smetti di seguirmi, per favore?» disse con il sarcasmo che traboccava in ogni sua richiesta.
Louis si mise in fila alla cassa alla sua destra, mentre lei si metteva a quella sulla sinistra, lo sguardo puntato dritto avanti a sè, mentre quello di lui le stava ancora addosso come se costituisse un secondo strato di vestiti.
La cassiera pagò subito la sua confezione di uova, e Louis ne approfittò per vedere Ivy che aveva già finito di pagare e metteva tutto nelle buste. Si affrettò a superare la gente che si era fermata in prossimità dell'uscita del supermercato e cercò di raggiungerla mentre, piano, Ivy superava le porte scorrevoli. «Aspetta Ivy!» urlò, raggiungendola e bloccandole il braccio.
Lei si girò, «Non toccarmi» disse piano, con le labbra strette, infastidita. Louis guardò il muro alla sua destra.
«Scusami, ok?» sputò fuori esasperato. «Spesso non mi rendo conto che quello che dico può dare fastidio, parlo senza pensare. Perdonami, non volevo offendere te o tua cugina facendo quella battuta sui capelli.»
Ivy, con le buste della spesa in mano, piegò le braccia sui fianchi. «Non ti scusi facilmente, vero?» disse senza alcuna malizia nascosta dietro quelle parole atone e melliflue.
Louis sollevò le spalle, «Non lo faccio quasi mai, sei tu che mi induci a comportarmi in un determinato modo.»
Ivy sollevò un angolo delle labbra, e Louis piantò i suoi occhi in quelli scuri della ragazza. «Se vuoi che accetti questo tuo tentativo di scusarti, portami le borse» disse lei sollevando le braccia e stendendole di fronte al ragazzo.
Louis gonfiò il petto e gliele prese, nonostante in mano reggesse la sua con le uova.
«Vieni, ho la macchina» disse, e quando imboccò la via non potè che sorridere.
Ivy rimase in silenzio, le mani nelle tasche posteriori del jeans e le labbra strette mentre fischiava leggermente. In prossimità della macchina, Louis sollevò le braccia in aria per liberare i fianchi. «Prendimi le chiavi dalla tasca, per favore.»
Ivy si bloccò di colpo e storse il naso, poi infilò due dita nella tasca destra del pantolone del ragazzo, tirando fuori il mazzetto di chiavi. Louis sentì una scarica elettrica attraversargli le gambe, ma si impose di non prestarci troppa attenzione e le fece schiacciare il pulsante di apertura. Lasciò le buste sui sedili posteriori e fece accomodare Ivy sul sedile del passeggero. «Però» disse lei una volta che si fu chiusa la portiera alle spalle, «Bella macchina.»
«Grazie, un regalo dei miei» rispose Louis infilando le chiavi e mettendo in moto.
«Una famiglia di ricconi, eh?» gli fece il verso la ragazza mettendosi la cintura, e Louis sollevò un sopracciglio.
«Per niente» appuntò, guardandola, «Solo perché ho una macchina mia non significa che abbiamo i soldi che ci escono dal culo.»
Ingranò la marcia e partì, mentre Ivy si stringeva le mani tra loro, l'abitacolo caduto improvvisamente nel silenzio. «Scusami, non volevo» ammise con un filo di voce, e Louis si fermò al semaforo rosso.
«Non ti scusi facilmente, vero?» le fece il verso rimanendo quanto più serio possibile.
Ivy sospirò. «Adesso copi anche.»
Louis ripartì quando il semaforo passò al verde, «Siamo più simili di quanto pensi, Ivy» ammise lui, e la ragazza si perse a guardare la strada sulla sinistra.
Fece finta di niente, poi disse. «Devi svoltare a destra al prossimo incrocio.»
Louis strinse il volante compiaciuto, poi mise un po' di musica, fischiettando al ritmo.
Superato l'incrocio, seguì l'indicazione di Ivy e costeggiò il marciapiede. Era una casa alta fatta esteriormente di mattonelle marroni, un imponente cancello a delimitarne la proprietà. «Però, famiglia di ricconi» appuntò Louis e Ivy, prima di scendere dalla macchina, gli alzò il medio e scoppiò a ridere. Recuperò le borse dal sedile posteriore e si avvicinò al cancello.
«Grazie per il passaggio. Scuse accettate.»
«Di certo non l'ho fatto perché tu mi perdonassi» ammise Louis, ingranò la marcia e partì, proprio mentre il cancello della ragazza si apriva e Ivy, spingendolo con le mani, entrava in casa con un sorriso ad incresparle il volto.
Quando tornò a casa, Louis vide sua madre attenderlo sull'uscio della cucina, le braccia piegate sotto al seno e il volto corrotto in un cipiglio.
«Tre quarti d'ora per un pacco di uova, Louis? Fai sul serio?»
Sua sorella Charlotte era dietro la madre e si stava facendo un selfie appoggiata al bancone della cucina, mentre Fèlicitè giocherellava con la collana al collo. «Ho fame, Louis» disse, ma il ragazzo porse la busta nella mano della madre e salì al piano di sopra.
«Pazienza, n'è valsa la pena» disse riaprendo il computer e continuando il suo saggio con il sorriso sul volto. Avrebbe parlato ad Harry immediatamente.



 
Spazio autrice
Heilàààà, eccomi tornata con un ennesimo aggiornamento.
Allora, so benissimo che potreste odiare Ivy, ma date tempo al tempo :)
Harry e Rachel non sono stati presenti in questo capitolo, a parte la piccola scena all'inizio, ma sappiate che il prossimo è concentrato prevalentemente su di loro e vedremo dei grandi cambiamenti, così come scene che - spero - risultino divertenti.
Come sempre, vi lascio un piccolo spoiler.
Odio fare le cose a scadenza, ma siccome nessuno tra i lettori silenziosi mi lascia un commento, credo proprio che questa storia non sia apprezzata come invece avrei tanto voluto.
Se non potete farmi una recensione, contattatemi per messaggio privato, su wattpad, su twitter, ovunque vogliate, ma fatemi sapere cosa ve ne pare, perché ho l'umore sotto terra.
A sabato prossimo, spero.
Un bacio,
Elisa.

P.s Ssssssspoiler
"Ivy invece indossava un semplice paio di Jeans, una canotta azzurra come i suoi capelli e un gilet di jeans posato su di essa. Louis si chiuse la bocca con un gesto della mano. «Porca puttana» disse prima che le ragazze furono abbastanza vicine da sentirlo. Harry gli diede una botta nelle parti intime.
«Contegno, Tomlinson, contegno.»"


P.p.s Angolo per contattarmi:
twitter: _xsmiling 
wattpad: xsmiling




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Capitolo 8
*** Swimming pool ***







Swimming pool

 




«E quindi avete parlato civilmente» affermò Harry passando per l'ultima volta lo strofinaccio sul pavimento del bagno femminile dell'ultimo piano. Louis stava finindo di ripulire il lavandino dal detersivo, dopodiché sarebbero stati liberi di abbandonare l'edificio. Gli allenamenti per quel giorno era stati rimandati perché il coach si era preso l'influenza, ma il giorno dopo - nonostante la febbre - sarebbe sceso in campo a far 'spaccare i culi', come aveva detto nella chiamata di Liam Payne.
Harry vide il collaboratore scolastico Bud avvicinarsi con i loro zaini retti in mano, per cui lasciò la scopa e si sciacquò le mani dopo aver sfilato i guanti in lattice. Finalmente avevano finito, mancava solo un giorno e poi sarebbero potuti tornare a casa come tutti gli altri in tempo. Bud ridiede loro gli zaini salutandoli con delle pacche sulle schiene muscolose. «A domani» disse semplicemente, allontanandosi con la scopa e il secchio bagnato.
Harry e Louis uscirono dalla scuola, a passo lento e strascicato il primo, il secondo saltellando leggermente. «Harold, davvero, sono felice che almeno ieri non abbiamo litigato pesantemente. Sembra quasi che ci stiamo avviando a vivere serenamente l'uno accanto all'altra senza sbranarci, o almeno per buona parte delle conversazioni.»
«Buon per te, Tommo» disse Harry aguzzando la vista verso il bordo della strada. Liam Payne, Jason Mars e Micheal Clady erano disposti in semicerchio e stavano parlando con qualcuno di minuto di fronte a loro.
«Hanno accalappiato qualche bella ragazza?» chiese Louis spostando la testa per cercare di vedere di chi si trattasse. Harry osservò attento la scena, poi quando Payne si scostò un poco di lato, riuscì a vederla.
Rachel reggeva in mano tre libri stretti al petto come una barriera, un sorriso tirato sul volto e i capelli sciolti che le ricadevano sul davanti. Harry spalancò gli occhi e alzò il passo, lasciandosi Louis alle spalle che si mise ad accelerare per raggiungere l'amico.
Jason accarezzò il braccio di Rachel che, sempre sorridendo falsamente, fece un passo di lato, scansando il tocco del ragazzo, mentre Michael appoggiava il braccio sulle spalle di Liam Payne che era persino più alto di lui. 
Harry avanzò e spostò Jason con uno scatto del braccio, posizionandosi davanti a loro. «Qualche problema?» disse semplicemente, squadrandoli con i suoi occhi verdi in quel momento molto più luminosi. Louis giunse accanto a Liam e gli diede un colpo sul bicipite sviluppato.
«Come butta?!» chiese, facendo sbollire la tensione che si era creata nel giro di qualche secondo. Rachel guardava Harry con le sopracciglia aggrottate, le labbra leggermente schiuse.
«Ehi amico, nessun problema. Perché sei così agitato? Stavamo solo parlando con Riley.»
«Rachel» lo corresse Harry, poi si accostò alla ragazza passandole un braccio sulle spalle minute. La ragazza sussultò un attimo. Non si conoscevano bene, da dove usciva tutta quella confidenza?
«Woah» fece Jason facendo un passo indietro, «attenzione ad intaccare le proprietà altrui.»
Rachel spostò il braccio di Harry con uno scatto rabbioso e lo squadrò. «Io non sono la proprietà di nessuno.» E detto ciò si allontanò lungo la via, avviandosi verso la biblioteca più antica di Londra. Harry si passò una mano stanca sul volto, e puntò il suo sguardo su Jason e gli altri due ragazzi. 
«Perché non ve ne andate da qualche altra parte?»
Liam guardò Harry dubbioso. «E' la tua ragazza, quella?»
Louis si avvicinò al riccio. «No, Rachel non è la sua ragazza, ma vi conviene starle alla larga. Non avete qualcun altro a cui pensare?»
Michael prese Liam per un braccio «Andiamo a fare la spesa per la festa di questa sera invece di litigare per una ragazza.»
Liam annuì, aggiustandosi il borsone sulla spalla. «Certo. Ci siete stasera?»
«Vedremo di passare» disse Louis, poi notò che Harry si era allontanato e aveva iniziato a correre per raggiungere Rachel.

Il riccio quando le fu vicino le sfiorò il braccio delicatamente per non farla spaventare. «Ehi.»
Rachel si girò seccata. «Che c'è?»
«Non intendevo dire che sei una mia proprietà, prima» disse Harry con un filo di voce.
Rachel strinse i libri al petto, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli scuri. «Io non sono di nessuno, Harry» puntualizzò gettandogli il suo sguardo addosso.
Harry non potè che sorridere sentendo il suo nome abbandonare quelle labbra così sottili e delicate, ma poi si scosse dai sui stessi pensieri. Sicuramente quella ragazza era una strega, perché nessuna era riuscito ad incantarlo come lei stava facendo, semplicemente sbattendo le ciglia o pronunciando il suo nome.
«Sì, certo, questo l'ho capito. Solo che avevo paura che quei tre ti stessero dando fastidio» ammise grattandosi la nuca, imbarazzato.
Rachel scosse la testa, «No, stavamo solo parlando. Non c'è bisogno che mi difendi, sono abbastanza grande da farlo da sola.» Poi gli diede le spalle lasciandosi sfuggire un'ombra di sorriso. «Ciao, Harry.»
Il riccio rimase impalato sul marciapiede, mentre le macchine gli sfrecciavano accanto. Strinse gli occhi, poi con due rapide falcate la raggiunse rapidamente. «Devi studiare?» le chiese, ammirando i suoi occhi scuri come se non ne avesse mai visti così.
Rachel rise scoprendo i suoi denti bianchi, facendo risplendere il brillantino sull'incisivo. «Dovrei, ma c'è sempre qualcuno che non mi permette di raggiungere la biblioteca.»
Harry le sorrise e abbassò il suo sguardo sull'orologio al polso della ragazza. Le prese la mano delicatamente e fece ruotare il polso affinchè potesse vedere l'ora, mentre Rachel sussultava nuovamente sotto il suo tocco leggero. «Sono le sei. Ti va se alle sette andiamo alla festa?»
La ragazza aprì leggermente la bocca, sorpresa, «Ehm..» Cosa avrebbe dovuto dirgli? Sì, o no? «Harry, non conosco nessuno lì» ammise timida.
«Ehi, ci sono io. Conosci me, conosci Louis...non c'è niente di male, in fondo» disse lui sorridendole felice e in parte speranzoso che annuisse. 
Rachel, timida, strinse le labbra. «Ma non ho tempo per prepararmi.» 
Harry sbuffò e le sfilò i libri dalle braccia. «Questo significa che non potrai studiare quest'oggi. Che peccato» disse sornione, e Rachel fece per riprenderseli.
«Ridammeli.»
«Solo se vieni con me.»
Rachel incrociò le braccia al petto, facendo risaltare la scollatura della maglietta. Harry, guardala negli occhi, solo negli occhi, annunciò il suo subconscio, e il ragazzo si costrinse a perdersi in quegli occhi da cerbiatta. «Non accetto il ricatto» puntualizzò lei.
«Nemmeno io, per cui vieni e basta. Stiamo perdendo tempo e la lancetta scorre inesorabilmente.»
Rachel sbuffò riprendendosi i libri con un salto. 
«Però, salti in alto.»
La ragazza sorrise stringendosi i libri in mano affinché non glieli prendesse nuovamente. «Solo se viene anche Ivy, con me.»
Harry lanciò le braccia al cielo, vittorioso. «Nessun problema, Louis ne sarà entusiasta.» Poi le prese tra due dita una ciocca di capelli, toccandola delicatamente. «Ci vediamo dopo, allora.»
Rachel schiaffeggiò scherzosamente la mano di Harry. «Ah, e mani a posto» pronunciò infine. Il ragazzo in risposta le sollevò, innocente.
«Dove ti passo a prendere?"
«Incontriamoci all'ingresso di Hyde Park. » E così Rachel iniziò a correre fermando l'autobus che aveva appena rimesso in moto per allontanarsi. Quando la vide salire, Harry sorrise e tornò da Louis che stava ancora parlando con i loro compagni di squadra.
«Andiamo, Louis» disse Harry strattonandolo per un braccio, «Ci vediamo più tardi» annunciò agli altri, poi l'amico si liberò dalla sua presa.
«Perché sei così felice? E' caduta ai tuoi piedi?»
Harry lo guardò e gli appoggiò una mano sulla spalla. «Amico, stasera Rachel ed Ivy verranno con noi due alla festa.»



Harry e Louis presero la macchina di quest'ultimo e alle sette in punto si presentarono davanti l'ingresso di Hyde Park. Delle ragazze nemmeno l'ombra.
«Dici che ci hanno dato buca?» esordì Louis controllando per la millesima volta l'ora sullo schermo del suo telefono. Harry era seduto sul sedile del passeggero, stretto nei suoi jeans neri e nella maglietta rossa che aderiva ai suoi muscoli.
«Spero di no» disse, controllando sempre fuori dal finestrino. Erano le 19.12 quando le videro girare l'angolo. Louis staccò le mani dal volante, appoggiandole sulle sue cosce.
Rachel indossava un vestitino che le scendeva morbido lungo le cosce, fermo all'altezza del ginocchio, i capelli raccolti in uno chignon e le converse ai piedi. Ivy invece indossava un semplice paio di Jeans, una canotta azzurra come i suoi capelli e un gilet di jeans posato su di essa. Louis si chiuse la bocca con un gesto della mano. «Porca puttana» disse prima che le ragazze furono abbastanza vicine da sentirlo. Harry gli diede una botta nelle parti intime.
«Contegno, Tomlinson, contegno.»
«Come faccio a tenere le mani a posto, Harry? Cioè, hai visto anche tu quello che ho visto. Credo tu debba ammanettarmi.»
Harry uscì dalla macchina aprendo la portiera posteriore. «Buona sera» esordì quando le ragazze gli erano ormai accanto. Accompagnò la portiera con un gesto elegante della mano. «Accomodatevi.»
Rachel scoppiò a ridere, ed Harry notò non fosse truccata. Com'era possibile che fosse così bella comunque?
Ivy invece aveva un rossetto leggero a coprirle le labbra carnose. «Ciao» disse salendo in macchina per prima e sedendosi dietro il sedile di Louis. Il ragazzo abbassò lo specchietto retrovisore per fare incontrare i loro occhi. 
«Ciao anche a te, Azzurrina.»
«Chiudi quella bocca» gli rispose lei dandogli un colpo sulla spalla che fuoriusciva dal sedile imbottito, nonostante sul suo volto ci fosse un sorriso sincero.
Louis si morse la guancia e aspettò che anche Harry e Rachel entrassero in macchina. «Sei in questa macchina per la seconda volta in un giorno e mezzo.»
Ivy alzò gli occhi al cielo. «Non farci l'abitudine» disse mentre Rachel si sporgeva per entrare. 
Harry le stava mantenendo la portiera aperta, e continuava a fissarla inebetito. «Sei bellissima.»
Lei si sedette e si chiuse la portiera alle spalle. «Grazie» disse serena.
Harry si aspettava che aggiungesse 'anche tu', ma evidentemente quella ragazza era nata per stupirlo continuamente. Sorrise di fronte a quella ''delusione'' e si andò a sedere sul sedile del passeggero, dopodichè si incamminarono alla volta di casa Payne.


Liam era figlio di due importanti imprenditori, per cui la sua casa era talmente grande e spaziosa da ospitare tutta la scolaresca. I suoi genitori gli avevano lasciato casa libera per quella sera, perché si fidavano abbastanza di lui da permettergli quelle feste imponenti senza che casa venisse distrutta.
Louis ed Harry parcheggiarono in una traversa e già per strada c'erano molte persone con bicchieri di punch in mano. Quando varcarono l'ingresso, Louis ed Harry precedevano Ivy e Rachel e vennero immediatamente accerchiati da ragazzine dagli ormoni a mille che spinsero le due ragazze e circondarono i due ragazzi, adorandoli e strusciandosi addosso senza alcun ritegno. Rachel si guardò attorno, non c'era nessuno che conoscesse, mentre Ivy accettava un bicchiere da un tizio dai capelli sparati in tutte le direzioni. Ne assaggiò il contenuto e «E' accettabile» disse scolando il punch in un secondo. Fece un cenno a Rachel ma lei negò l'invito a prendere qualcosa da bere, rimanendo un po' in disparte. Harry rideva a crepapelle con alcune ragazze che gli stavano ronzando intorno, e Rachel si sentì di troppo in un mondo in cui sentiva di non appartenere. Ivy invece parlava con chiunque le rivolgesse parola senza mai sbilanciarsi con le presentazioni perché «Chi li vedrà più?» diceva strafottente, e quindi si sentiva libera di comunicare con chiunque volesse. Rachel invece attendeva in disparte, non sapendo che fare. Poi ad un certo punto, mentre la calca si faceva più intensa e gente iniziava a traballare sui piedi, spingendosi e mettendosi carponi per terra, sentì due braccia stringerla e sollevò atterrita lo sguardo. Harry era davanti a lei e la stava facendo mettere in piedi dal muretto presso cui aveva deciso di sedersi. 
«Scusami» disse, poi le mise una mano dietro la schiena e si avviarono verso l'interno della casa. Ivy era seduta per terra in un cerchio insieme ad altri ragazzi che sembravano sobri, però Louis le rimaneva accanto come se fosse il suo angelo custode, ed Harry non potè che ridere a quel pensiero, vedendolo nella sua maglietta bianca che faceva risaltare il suo viso dai tratti delicati. Spinse Rachel a proseguire e il padrone di casa si mise davanti la porta d'ingresso spalancata. 
«Ehilà» disse aprendo le braccia ad accoglierli, «sono felice di vedervi. Servitevi, dentro c'è da mangiare.» E poi Liam si scostò, lasciandoli passare.
La musica si sentiva molto di più dentro l'imponente villa, e c'erano più ragazzi che si scatenavano. Niall era in piedi su un tavolo al centro di un imponente salone, una bottiglia in mano e il corpo appiccicato ad una ragazza che rideva a squarciagola per quella scena assurda, Jason beveva seduto sul divano e una ragazza dai capelli neri appoggiata sulle sue gambe e svariati ragazzi ubriachi che si spingevano finchè non fossero caduti per terra.
Rachel venne schiacciata da molte ragazze che si spintonavano per raggiungere il tavolo del buffet e venne separata da Harry che continuò a camminare tranquillo. La ragazza si tirò verso il basso i lembi della gonna e si strinse le braccia intorno al corpo, lo sguardo che vagava per la stanza alla ricerca di una capigliatura riccia e scomposta. Era sul punto di tornare indietro e ricongiungersi con Ivy e Louis quando sentì una presa salda sul polso che la fece muovere di scatto facendola scontrare contro il petto di Harry. Rachel alzò lo sguardo e vide il riccio che la teneva stretta a sè. «Scusami, ma altrimenti non ti avrebbero mai fatto passare.» Si girò e con il braccio libero si creava un passaggio in mezzo a quella confusione. Rachel si avvicinò di più al suo corpo e si aggrappò al braccio.
«Dove andiamo?» gli chiese all'orecchio ed Harry le sorrise.
«In piscina» disse e lasciò la presa sul polso della ragazza per prenderle delicatamente la mano e iniziando a correre per accorciare la distanza. In fondo alla stanza c'era un'imponente vetrata che Harry fece strisciare di lato e, dopo essere usciti, la richiuse alle sue spalle. La musica giungeva ovattata alle loro orecchie, non c'erano molte persone in quella zona, solo alcune ragazze che preferivano isolarsi dalla massa. Harry lasciò la presa sulla mano della ragazza e le fece cenno di seguirlo su una sdraio nell'angolo, prima di uscire su un altro giardino più piccolo.
«Non pensavo ci sarebbe stata così tanta gente» disse Harry mentre si sedeva e lasciava un po' di spazio per Rachel. Quando vide che la ragazza rimaneva in piedi, «Vuoi che mi alzi?» le chiese dubbioso.
Rachel sbattè le palpebre come appena uscita da una fase di trance, e gli sorrise. «No, no, puoi restare» disse e gli si mise accanto, allungandosi la gonna sulle ginocchia.
A differenza di casa, lì fuori, con la piscina illuminata da luci gialle, rosse e verdi, c'era un silenzio piacevole e rilassante e Rachel si fermò ad osservare le luci nell'acqua che si alternavano ritmicamente. «Questa casa è enorme» appuntò Rachel spostando per un attimo lo sguardo su Harry accanto a sè. 
Il ragazzo sorrise, e si perse ad ammirare il contorno del suo viso, il profilo del suo naso e le labbra delicate spiegate in un sorriso appena accennato. «Grande sì, ma anche vuota. Liam è figlio unico, i suoi sono sempre fuori e questa casa non viene vissuta. Spero tu capisca il mio ragionamento.»
Rachel si girò a guardarlo, «Capisco perfettamente.» Poi si girò con il busto per restargli di fronte. «Io invece ho quattro sorelle più piccole e un fratello di due anni più grande, e la nostra casa non è che sia molto spaziosa, ma ci organizziamo come possiamo» gli disse. «E la tua famiglia?»
Harry scosse le spalle, giocherellando con gli anelli che aveva alle dita. «Ho una sorella più grande, Gemma, che è una gran rompicoglioni. Avrei tanto voluto un fratello maggiore.»
«Non è bello, sai? Cioè, mi spia in continuazione e mette in dubbio qualsiasi cosa io faccia. E' super protettivo e talvolta ciò è fin troppo fastidioso» ammise lei, girando il suo orologio al polso. Il cielo ora si era scurito, mentre un piccola fetta di Luna si levava da sopra gli alberi, riflettendosi sulla superficie dell'acqua nella piscina.
«Ovviamente io avrei preferito un fratello per poterci picchiare nel tempo libero.»
Rachel scoppiò a ridere e le venne spontaneo scompigliare i ricci di Harry, poi si rese conto del gesto troppo avventato e ritrasse la mano, allontanandosi un poco.
«Non mordo se mi tocchi» disse Harry. Rachel strinse le labbra e sollevò le spalle.
«Non sono quel tipo di ragazza, Harry» disse con un fil di voce, imbarazzata.
Il ragazzo la vide chiudersi improvvisamente, come se alzasse delle barriere intorno al suo corpo affinché nessuno riuscisse a romperle. Le prese la mano sinistra e le accarezzò il dorso con il pollice. «Lo so, non pretendo nulla infatti» disse con un fil di voce. Rachel mantenne lo sguardo basso, fisso sulle sue converse nere.
Harry le sollevò il volto con l'altra mano e le scostò alcune ciocche sfuggite allo chignon, ma non fece niente, rimase solo a guardarla con i riflessi dell'acqua che le si specchiavano sul viso. Quel momento di pace venne però interrotto dalla vetrata che veniva spostata con violenza, e Louis ed Ivy uscirono sulla loro stessa veranda, reggendo entrambi un bicchiere rosso in mano mentre ridevano insieme. Rachel si scostò dalla mano di Harry, sorridendo e torturandosi le mani.
Harry invece si soffermò ad osservare l'amico che finiva in un sorso la bevanda e lasciava il bicchiere sul bordo piscina. «Ti va di fare un tuffo?» chiese ad Ivy e la ragazza divenne seria di colpo.
«No.»
«E dài» mugulò Louis avvicinandosi sornione alla ragazza, le mani come a volerla afferrare.
Ivy gli lanciò il contenuto del suo bicchiere addosso e scoppiò a ridere vedendo la faccia orripilata di Louis con gli occhi strizzati. «Come hai osato» sibilò con i denti digrignati. «Ora me la paghi.» E si avventò sulla ragazza, mentre Harry e Rachel rimanevano spettatori di quella sceneggiata che sembrava essere uscita fuori da un film, la mano di Harry che quasi sfiorava quella di Rachel appoggiata sulla sdraio.
Louis afferrò Ivy per i fianchi mentre questa rideva e si dimenava, il ragazzo le si mise alle spalle e incominciò a spingere, facendola avanzare verso il bordo. Ivy cercava di frenare piegando e fissando i piedi, ma Louis era forte, poi Rachel si girò di scatto verso Harry.
«Louis non sa contro chi si è messo.»
Harry voltò la testa verso di lei, un sorriso sul volto. «Perché?» chiese interessato, alternando gli occhi su Rachel e su Louis che continuava a spingere imperterrito Ivy.
Rachel si sporse verso di lui affinchè non la sentisse nessuno. Mise una mano vicino alla bocca e «Ivy è cintura nera di karate da due anni» annunciò. Harry scoppiò a ridere e si tappò la bocca con la mano, accompagnato da Rachel.
«Allora credo non finirà per niente bene» ammise, soffermandosi su Ivy e Louis che ormai erano sull'orlo della piscina.
Louis pensava di avere la vittoria in pugno, spingendo Ivy con le mani salde sui suoi fianchi, ma la ragazza si piegò in avanti e allungò un braccio sulla sua schiena. Riuscì a svincolarsi dalla presa ferrea del ragazzo e gli fece fare una capriola, facendolo finire in acqua così velocemente che Louis non ebbe nemmeno il tempo di prendere aria. Ivy si ripulì le mani vedendo il ragazzo uscire la testa boccheggiando. «Ma che cazzo!» urlò, «Sei umana?»
Ivy si mise le mani ai fianchi. «Questo perché tu non mi possa costringere a fare qualcosa contro la mia volontà. Tienilo bene in mente la prossima volta.»
Louis sorrise compiaciuto. «Mi stai già dicendo che stai pensando alla prossima volta?» terminò sollevando le sopracciglia più volte.
Ivy si accovacciò sul bordo e lo schizzò con la mano, allontanandosi prima che Louis la tirasse in acqua con sè. «Stronzo» disse sorridendo sadicamente, e si avvicinò ad Harry e Rachel. 
«Perché non hai detto a Louis che sei cintura nera?» chiese Harry ridendo.
Ivy scosse le spalle. «Perché dovrebbe sapere tutto di me?»
Rachel spintonò leggermente la sua amica. «E' andata bene la serata, per ora?» le chiese interessata. Ivy lanciò uno sguardo a Louis che si tirava su dalla piscina reggendosi sulle braccia muscolose, dove la maglietta bianca lasciava trasparire i suoi tatuaggi sui bicipiti scolpiti. 
«Anche meglio di quanto mi aspettassi» ammise Ivy, poi si sedette accanto all'amica. «E la tua?»
Rachel guardò Harry e sorrise. «Tranquilla» ammise alla fine, ed Harry acconsentì, mentre Louis grondante d'acqua si avvicinava con un bicchiere pieno stretto in mano. Ivy non se ne accorse e Louis glielo svuotò addosso in un istante, bagnando anche i ragazzi che le stavano seduti vicino. 
La ragazza dai capelli blu si girò con sguardo omicida verso Louis. «Stronzo al quadrato.» Dopodichè scattò in piedi e si mise a rincorrerlo. Rachel - che si passava le mani sulle braccia per rimuovere le gocce d'acqua - ed Harry si alzarono a loro volta e il riccio indicò la casa con un cenno del capo
«Torniamo di là?» chiese e questa volta Rachel si accostò maggiormente al suo corpo.
«Volentieri.» E seguirono gli altri due che si erano buttati nella mischia di ragazzi scatenati.





Spazio autrice
DOPODOMANI INIZIA LA SCUOLAA AAAAAAAAAAH.
L'ultimo anno mi distruggerà, cerchiamo di partire positivi comunque :))))))) ma chi voglio prendere in giro, non sopravviverò. ahhaha
Avete giù iniziato la scuola, voi? O il 14 è l'inizio della fine per tutti?
Okay, a parte questo prologo inutile, passiamo al capitolo.
Cosa ve ne pare?
A me, onestamente, piace molto, soprattutto la contrapposizione delle due "coppie" diverse.
Chi preferite?
Ah, comunque sono ancora delusa dal fatto che nessuno mi degni di un minuscolo commento. Mi dispiace non sapere cosa ve ne pare, mi sento sola :(
Nonostante io sappia che leggete perché vi vedo, mi fareste davvero felice se mi scriveste.
Anyway, ho passato il quiz della patenteeeee yayyyyyyyyyy
Ok, non frega a nessuno.
Ritorniamo a The Match.
Cosa pensate possa accadere in futuro? Rammentate: niente è come sembra. ahahh
Okay, mi dileguo.
Però ci tengo a fare una cosa. Voglio dedicare questa spazio autrice alla mia bff, Elda, che oggi compie 18 anni. Ti voglio bene, friend.
Ok, come sempre vi lascio uno spoiler.
A sabato prossimo.
(e buona fortuna per la scuola.)
All the love,
Elisa :)


p.s SPOILEEEEEER.
"Ondeggiava ad un ritmo inesistente, beandosi solo della voce leggera di Louis che continuava a cantare convinto che lei non lo stesse ascoltando."
E' breve, lo so, ma non voglio togliervi il gusto.
p.p.s contattatemi su wattpad ( xsmiling ) e twitter ( _windowsgirls )
Ah, comunque, come ben sapete, le storie le sto pubblicando anche su Wattpad, e su Nothing is like it used to be (sempre su wattpad) ho aggiunto un capitolo bonus, in cui avete la possibilità di porre delle domande ai personaggi. Mi farebbe piacere se prendeste parte a questa "conferenza stampa" ahahahah.



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Capitolo 9
*** Ice cream ***






Ice cream




Il giorno dopo, quando Harry e Louis lasciarono la scuola alle cinque e mezzo, tirarono entrambi un sospiro di sollievo, finalmente liberi di aver consumato quella terribile punizione di segregazione nei cessi femminili di tutta la scuola. Louis stiracchiò le braccia alzandole verso il cielo azzurro e in prossimità del tramonto. «Mi sento libeeeeeero» ammise, strascicando le lettere come un bambino che ha appena raggiunto il suo obiettivo. Harry prese una grossa boccata d'aria e si girò verso l'amico.
«Peccato che non fumo, altrimenti la puzza mi avrebbe volentieri spazzato di dosso questo odore pungente di disinfettante, detersivo o quello che è. Credo che il mio olfatto sia stato seriamente compromesso.»
Louis gli passò un braccio sulle spalle mentre si avviavano lungo il marciapiede dov'era parcheggiata la sua macchina. «Io invece sono sicuro al cento per cento di aver lavato più bagni in questi cinque giorni che mia madre a casa.»
Harry aggrottò le sopracciglia. «Ehm, hai solo un bagno a casa, ovvio.»
Louis scosse una mano per aria, poi tirò fuori dalla giacca le chiavi della macchina. «Inutile discutere su questa cosa. Sali adesso.»
Harry lo guardò ironico. «Non accetto ordini da te, Tomlinson.»
Louis lo guardò rassegnato e aprì la sua portiera. «Allora ti lascio a terra, semplice.» E prima che mettesse in moto Harry si affrettò ad occupare il sedile del passeggero.


«E per oggi abbiamo finito ragazze» esordì l'allenatrice di Rachel ed Ivy, e le ragazze si avvicinarono alla panchina recuperando un asciugamano con cui tamponarsi le braccia, le gambe e il collo.
Ivy se lo passò sulla nuca, mentre Elizabeth si avvicinava al suo corpo minuto ma muscoloso. «Dobbiamo prestare più attenzione ai movimenti!»
Rachel alzò gli occhi al cielo e le appoggiò una mano sulla spalla sudata, facendo una rapida smorfia. «Quelli sono perfetti» annunciò, lanciando uno sguardo a tutte le altre ragazze sparse per la palestra e che stavano iniziando a raccapezzare le proprie cose. 
Elizabeth, una delle più agili della loro squadra, lanciò le braccia al cielo. «Ivy, Rachel, non voglio che subiamo un'altra sconfitta come quella dello scorso anno, dobbiamo necessariamente conoscere i movimenti degli avversari, solo così potremmo stracciarli» urlò l'altra mentre l'allenatrice le lanciava uno sguardo di avvertimento.
Ivy si scosse i capelli blu con una mano, riavvivando i ricci che si era fatta quel giorno, nonostante i suoi capelli corti le arrivassero giusto al mento. La loro divisa rosa e blu risaltava sui loro incarnati pallidi, ed in particolar modo erano in contrasto con i suoi capelli. «Tranquilla Liz, ce ne stiamo occupando.»
Rachel guardò Ivy di sottecchi e poi scoppiò a ridere. «Mi piace la tua sicurezza in materia.»
Ivy sollevò le spalle incurante, celando un piccolo sorriso. «Mi so giocare gli assi nelle maniche.» Rachel le diede un buffetto sul braccio e lasciarono Elizabeth alle prese con l'allenatrice che le aveva chiesto di sistemare la palestra. Passarono rapidamente per lo spogliatoio e recuperarono la loro giacca che era talmente larga da arrivare sulle ginocchia. Quando uscirono dalla palestra, vennero investite dal vento tiepido e primaverile che quel giorno tirava e si alzarono i cappucci sulle teste, gli zaini che oscillavano sulle loro schiene. «Comunque» disse Rachel rompendo il silenzio che si era creato, «Harry e Louis non sono male.»
Ivy sollevò le spalle nuovamente, mentre si prendeva un chewingum che prese a masticare rumorosamente. «Nah» ammise senza mostrare alcun sentimento palpabile.
«E anche carini» continuò Rachel, osservando l'amica di sottecchi.
Ivy si girò, spalancando gli occhi. «Cosa vorresti insinuare?»
Rachel tirò in fuori il labbro inferiore, «Oh no, niente» disse sorridendo, continuando comunque a pensare a due iridi verdi che la sera prima l'avevano fatta sentire come se esistessero solo loro due al mondo, prima che Louis e la sua amica interrompessero quella magia che si era creata. Rachel prese il burro cacao dalla tasca della sua giacca e se lo passò sulle labbra sottili, quando Ivy socchiuse gli occhi leggermente, puntandoli su una macchina ferma al semaforo poco più avanti.
«Scusa, ma quella macchina...» iniziò, ma ebbe conferma dei suoi sospetti quando il finestrino del lato del guidatore si abbassò e Louis fece uscire la sua testa, sorridendo beffardo. 
«Ma guarda un po' chi c'è» affermò il ragazzo aggiustandosi il ciuffo sugli occhi. «Due cheerleader di ritorno a casa.»
«E guarda un po' chi c'è» disse Ivy a sua volta, piegando le braccia sotto al seno, «due ragazzi appena usciti dai cessi della scuola.»
Harry sul sedile del passeggero scoppiò a ridere, battendo di tanto in tanto le mani tra loro, mentre il semaforo stava per passare sul verde.
Rachel sorrise di rimando a vedere il ragazzo divertito in quel modo e si morse il labbro inferiore, conficcandovi i denti bianchi.
«Touché» ammise Louis, poi fu costretto a procedere, salutandole con un cenno della mano e partendo a gran velocità. Rachel ed Ivy imboccarono la via e si divisero.
«Ci vediamo domani pomeriggio, okay?» disse la bruna mentre tirava fuori il suo telefono dalla tasca. 
Ivy continuò a masticare la gomma indifferente e le alzò il pollice in risposta, dopodichè girò per la via perpendicolare a quella dell'amica, infilando le cuffie e mettendo play sul suo Ipod.
Camminava rapida per la via, impaziente di tornare a casa e lavarsi, lo zaino sulla schiena che oscillava ad ogni passo e il cappuccio sollevato sui capelli umidi di sudore. Incurante, prese la chewingum tra due dita e la buttò a terra, girando per imboccare la via della sua abitazione. Quando però staccò gli occhi dalla strada, notò una macchina parcheggiata esattamente davanti il cancello della sua imponente casa.
Louis era appoggiato sul fianco e quando notò la presenza della ragazza buttò lo sguardo su un orologio immaginario al polso. «No, no, no, signorina. E' in ritardo.»
Ivy buttò all'indietro il cappuccio, sollevando un sopracciglio e togliendosi solo una cuffietta. «Perché sei qui? Per accettarti che arrivassi sana e salva?» gli sorrise compiaciuta. «Bene, ora che sai che sono viva puoi andare» lo liquidò, spostandosi lo zaino su una spalla per prendere le chiavi del portone accanto al cancello. Louis si avventò su di lei e le bloccò il braccio, afferrandola piano per il polso. «Che vuoi?» sputò lei, continuando a guardarlo un po' infastidita.
«Mi chiedevo se ti andasse un gelato. Non è un appuntamento o altro, solo un gelato qui vicino.» E le mostrò la migliore faccia da cucciolo che gli riuscisse.
«Mi hai preso sul serio quando ieri sera ti ho accennato la ''prossima volta''» appuntò lei, chiudendo la mano con la chiave in un pugno.
Louis sollevò le spalle. «Concedimelo.»
Ivy sollevò la cuffietta e se la rimise nell'orecchio, mentre seguiva Louis con un cenno del capo. Il ragazzo si mordicchiò il labbro soddisfatto, dopodichè si andò a sedere al posto di guida, attendendo che anche la ragazza entrasse nella vettura. Ivy si chiuse la portiera alle spalle. «Una cosa veloce però, perché mi devo lavare e non sono nelle condizioni migliori affinché la gente mi guardi'» ammise, e si perse a guardare fuori dal finestrino, mentre Louis la portava nella gelateria più lontana per starle quanto più accanto possibile, mentre accendeva la radio e canticchiava le parole delle canzoni che passavano. Ivy si accorse della sua voce melodiosa e con un gesto affrettato spense l'Ipod, nonostante facesse ancora finta di ascoltare la sua musica racchiusa all'interno di quel piccolo oggetto. Ondeggiava ad un ritmo inesistente, beandosi solo della voce leggera di Louis che continuava a cantare convinto che lei non lo stesse ascoltando.
Giunti in prossimità della gelateria, il ragazzo spense la radio e parcheggiò in fondo alla strada. Ivy lasciò lo zaino sui sedili posteriori e gli andò dietro, seguendolo come una bambina con il suo papà. Louis si girò e le fece un sorriso, «E dài, vienimi accanto» disse e piegò un braccio sperando che lei lo stringesse, ma ovviamente Ivy non gli diede quella soddisfazione.
Non c'era molta gente a quell'ora, erano circa le sei, per cui presero il gelato e ognuno pagò per sè, solo perché Ivy l'aveva minacciato pesantemente. Si andarono a sedere in un tavolino basso in una piccola area adiacente, e Louis si gustava il suo gelato alla nocciola, mentre Ivy con la lingua leccava il suo cioccolato senza alcuna malizia. D'altronde nemmeno Louis lo faceva, e gli andava benissimo così. Ivy era diversa dalle altre ragazze che aveva conosciuto in quegli anni, ed era estremamente felice che non fosse uguale alle altre perché era stanco delle solite ochette lecca piedi. Ivy gli teneva testa e non si lasciava per niente intimorire, e poi Louis ci andava davvero piano con lei per la costante paura che venisse placcato a terra da una sua mossa rapida e segreta.
«Per quanto tempo hai fatto karate?» le chiese a quel punto, continuando a mangiarsi il gelato serenamente. Ivy guardò il suo cioccolato colare sulla cialda del cono.
«Quando avevo cinque anni avevo a che fare con numerosi bambini abbastanza violenti, e volli sentirmi potente come loro. I miei genitori erano contrari perché volevano che praticassi qualche sport più delicato e femminile, come danza, ginnastica ritmica o qualcosa che avesse a che fare con la musica.» Si bloccò per dare una rapida leccata al gelato, mentre Louis continuava ad osservare i suoi occhi scuri che rimanevano incollati sul cioccolato senza mai sollevarsi su di lui. Se quella fosse stata la condizione attraverso cui avrebbe imparato a conoscerla, allora l'avrebbe accettata con piacere. «Ma io ero ferma nelle mie intenzioni, e quindi ho praticato karate fino a due anni fa, quando ho ricevuto la cintura nera.»
«Adesso però» iniziò Louis, mordendo il bordo del cono in cialda, «stai accontentando i tuoi genitori, facendo la cheerleader, e quindi facendo uno sport collegato alla musica, oltre che ad un'intensa attività sportiva...un po' come la danza, ma molto più acrobatica» terminò e Ivy sollevò leggermente lo sguardo, incontrando il blu dei suoi occhi simile ai propri capelli che le accarezzavano il mento dolcemente. Sollevò le spalle per aggiustarsi la giacca che copriva interamente la sua divisa. 
«Già» ammise, sorridendogli serenamente, poi si gettò con altra foga sul gelato e si sporcò la punta del naso. «Merda» disse cercando di rimediare un fazzoletto dal tavolino accanto.
Louis scoppiò a ridere e si sporse verso di lei, avvicinandosi. «Sei così carina con il naso sporco di cioccolato» ammise, stringendo le labbra. Ivy prese un fazzolettino e si fermò un attimo ad osservare Louis che continuava ad avvicinarsi al suo volto e spalancò gli occhi mentre il ragazzo inclinava leggermente la testa, mostrando chiaramente le sue intenzioni.
Louis stava socchiudendo gli occhi quando Ivy si pulì rapidamente il naso. «Fermati, se non vuoi un altro schiaffo.» E così Louis alzò gli occhi al cielo e ritornò a sedersi al suo posto, frustrato.
«Sai bene come mettermi i piedi in testa.»
Ivy scosse le spalle, «L'ho imparato con il tempo» disse e leccò nuovamente il suo gelato. Louis terminò il suo in due minuti, leccandosi le labbra soddisfatto, incrociando le braccia e appoggiandole sul basso tavolino, fermo ad osservarla.
«Mi metti in imbarazzo se continui a guardarmi mentre mangio - o meglio, lecco - il mio gelato.» E gli fece uno sguardo malizioso.
Louis scoppiò a ridere. «Cerco solo di capire se sei in grado di mostrare emozioni, ogni tanto.»
Ivy allontanò i resti del suo gelato dalle labbra carnose. «E' questo quello che pensi di me? Che sono insensibile?
«Non mi hai dato ragione di pensarla diversamente» ammise Louis abbassando lo sguardo, per la prima volta imbarazzato per essersi esposto così tanto.
Ivy puntò il suo sguardo sul gelato, e lo terminò in un minuto, pulendosi le labbra con lo stesso tovagliolo utilizzato prima. Dopodichè si alzò, controllando che la giacca non fosse sporca. «Andiamo via.» E si avviò verso l'uscita mentre Louis, in silenzio e le mani nella tasca del pantalone, la seguiva.
Una volta giunti in macchina, il tragitto verso casa di Ivy si rivelò alquanto imbarazzante perché non sapevano entrambi cosa dire, ma non ebbero motivo di pensare a qualcosa perché Louis girò e si immise nella via della sua imponente abitazione. Senza scendere dall'auto, Ivy si girò e recuperò lo zaino dal sedile posteriore, posandoselo sul sedile scoperto tra le sue gambe. Louis aveva lo sguardo dritto sulla strada, una mano intorno al volante e l'altra sul comando, immobile e scuro in viso. Ivy gli lanciò un'occhiata rapida, poi d'istinto - senza pensarci troppo su altrimenti se ne sarebbe potuta pentire - appoggiò la mano su quella del ragazzo stretta intorno al comando, accarezzandola delicatamente. «Grazie per la breve uscita, comunque.»
Louis scosse le spalle, non permettendosi di scostarle la mano delicata.
«Figurati» disse solamente, lanciando un rapido sguardo sulle loro mani unite. Ivy gli diede uno schiaffetto sul dorso, sorridendo con un angolo delle labbra. Sollevò un dito e gli sfiorò la guancia, come se fosse stato solo uno sbuffo di vento sfuggito alla corrente. Ci fu un attimo di silenzio, dopodichè abbandonò la macchina e si diresse verso il portone chiuso. Quando entrò in casa senza voltarsi, Louis si prese le mani tra loro, accarezzandosi il dorso toccato prima da Ivy e lanciando uno sguardo verso la casa che si stava via via illuminando. Si schiaffeggiò la fronte, uscendo dalla trance in cui la ragazza l'aveva fatto cadere senza che se ne fosse reso conto. «Ma cosa mi stai facendo!» E mise immediatamente in moto, volendo tornare a casa quanto prima.




Spazio autrice
Buon fine settimana, amici. Spero che il vostro rientro a scuola sia stato quanto meno accettabile. Il primo giorno mi sono recata venti minuti prima del suono della campanella per prendere il posto migliore, e sono seduta in penultima fila, bitches.
Comunque, non potete capire quanto sia già annoiata. Sto studiando dal primo giorno. Filosofia demmmerd.
Anyway, possiamo stendere un velo pietoso su questa situazione.
Come ve la state passando? Eccovi qui il capitolo numero nove, che spero vi piaccia.
Ma quanto è tenero Louis? Ivy non se lo fila per niente.
Nel prossimo ci saranno molti più momenti su Harry e Rachel, statene certi.
Adesso vado perché mi sto annoiando a scrivere.
Ah, una domanda. Qualcuna di voi sarebbe così gentile da farmi un banner? Ne ho bisogno per la mia prossima storia. Contattami, per favore. E' abbastanza urgente. Abbiate pietà.
Spero che prima o poi mi possiate lasciare anche un commento, perché mi dispiace che i Larry di questa storia non siano considerati per niente.
Però ringrazio le ragazze che mettono questa storia tra le preferite/seguite/ricordate. Vi voglio bene.
A sabato prossimo.
All the love x E

p.s Spoiler
"«Come ti posso trovare?» ebbe finalmente il coraggio di chiedere, mettendo da parte tutto l'orgoglio di cui disponeva. Rachel sollevò le spalle.
«Potremmo scambiarci i numeri di telefono» ammise e tirò fuori dalla tasca del pantalone il suo."

p.p.s angolo per contattarmi
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p.p.p.s AH, comunque su wattpad ho pubblicato il primo capitolo della mia nuova storia, Reflection :) (cliccate sulla copertina, e vi porta direttamente sulla pagina.)

    

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Capitolo 10
*** Library ***






Library


 


«Non ci credo» disse Harry mentre Louis gli faceva il resoconto della sera precedente. Quando era tornato a casa aveva immediatamente avvisato Harry che avrebbe voluto parlargli, ma avrebbe aspettato l'indomani prima di entrare a scuola. Così avevano optato per prendersi un caffè al bar, per poi entrare a seguire le lezioni. Harry staccò la tazza di caffè dalle labbra, soffiandoci sopra, mentre Louis avvicinava il pollice e l'indice lasciando nel mezzo uno spazio quasi invisibile.
«Ti dico che ero sul punto così di baciarla, ma mi ha rifiutato, incredibile. E' proprio dura con Ivy, e questa cosa è fin troppo intrigante» disse Louis finendo in un boccone il cornetto alla Nutella.
Harry sorrise, contento per il suo migliore amico. Anche lui avrebbe voluto raccontargli una cosa del genere, ma con Rachel era ancora in alto mare e non riusciva ad andare oltre gli avvenimenti passati. Ce l'avrebbe fatta a farla cadere ai suoi piedi come tutte le altre? Aveva fin troppi dubbi al riguardo. Non sapeva come rintracciarla (usare Facebook neanche a pensarci), non sapeva dove abitasse perché non gliene aveva mai accennato, non andavano nella stessa scuola...Doveva solo sperare che prima o poi si sarebbero imbattutti in mezzo alla strada come avevano sempre fatto dal primo giorno in cui Rachel gli era capitata nel proprio campo visivo. Si accorse troppo tardi di Louis che agitava la mano di fronte ai suoi occhi verdi fissi sul tavolino, perso nei suoi pensieri.
«Mi hai ascoltato?» fece l'amico, pulendosi le mani con un tovagliolo. Harry finì il caffè e annuì con vigore.
«Sicuro.» E riafferrò lo zaino che aveva lasciato a terra accanto alle sue gambe, «ora è tardi, andiamo.» E dopo aver pagato si avviò verso l'uscita. 
Louis scosse il capo e lo seguì a ruota, lo zaino su un'unica spalla e l'andatura strascicata, sebbene comunque sul suo volto splendesse ancora quel sorriso che lo stava accompagnando dalla sera precendente. Sì, Ivy l'aveva totalmente stregato, e se n'era fatto una ragione rimurginandoci sopra tutta la notte. Il famoso Louis Tomlinson, a cui bastava semplicemente schioccare le dita per trovare una ragazza, si era sicuramente preso una cotta madornale per la più difficile da afferrare.
Harry procedeva poco più avanti, la testa persa tra le nuvole, ignorando il compito in classe che quella mattina avrebbero dovuto sostenere. Una volta varcato l'ingresso, molti studenti era riversi nell'atrio e iniziavano a dividersi per raggiungere le proprie classi, ma quella di Harry quel giorno si trovava al piano terra, mentre Louis lo salutava e velocemente si avviava verso il terzo piano. Si sarebbero visti soltanto a pranzo quel giorno.
Infatti, alle 12.30 si ritrovarono sul tavolo occupato per 3/4 dai componenti della loro squadra di Dodgeball, già vestiti per gli allenamenti di quel pomeriggio.
Harry prese un piatto con dentro una specie di insalata a cui non riusciva mai a dare un nome e un cumulo di purè di patate nell'angolo, il tutto affiancato da una coscetta di pollo. Louis optò per un panino con l'Hamburger e il ketchup, mangiandolo con ferocia come una bestia rimasta a digiuno per un po' di giorni. Jason diede una pacca al ragazzo in mezzo alle scapole e per poco non gli fece sputare il boccone che aveva nella bocca.
«Sei un porco, Tomlinson» disse, assaggiando la sua porzione di patatine. Liam Payne giocherellava con il telefono, il suo piatto ancora intatto e sorrideva con qualcuno di immaginario, Niall Horan parlava con Michael Clady e Joseph, il vice capitano della squadra, mangiava in silenzio. Era un ragazzo di colore la cui pelle risaltava sul bianco della divisa della squadra, i capelli neri legati in un codino e gli occhi persi nel panino che aveva tra le sue mani. Harry sorrise di fronte quella scena.
«Quindi a che ora ci vediamo in campo?» chiese Liam, togliendo il telefono dal tavolo e riponendolo nella giacca della tuta.
Louis rispose dopo aver ingoiato. «Per le quattro e mezzo massimo dovremmo stare tutti lì» disse, e addentò un altro pezzo, mentre Harry prendeva la sua coscia per l'osso e iniziava a mangiarlo, sebbene fosse totalmente insipido e leggermente crudo.
All'improvviso di fianco il loro tavolo passò il gruppo di cheerleader della loro scuola, i pompom in mano e i sorrisi finti stampati sui loro visi truccati fin troppo. Si fermarono accanto ad Harry ed improvvisarono alcuni passi, sorridendogli maliziose. Niall Horan scoppiò a ridere mentre indicava Harry con l'indice che, il pollo ancora in mano e continuando a masticare, sbatteva le palpebre di fronte quelle ragazze che non facevano altro che spiattellargli il seno vicino al volto. Louis per poco non si affogò e bevve tutta l'acqua nel suo bicchiere vedendo l'impassibilità di Harry di fronte quella scena. Il gruppo delle cheerleader si lasciava andare ad urletti concitati e numeri gridati a gran voce, mentre tutta la mensa era girata nella loro direzione. Certo, le attenzioni non mancavano essendo la squadra della scuola, ma quelli occhi sembravano voler spingere Harry a prendersi una di quelle biondine che gli sventolavano i pompom quasi in faccia. Al termine del loro breve spettacolo, tutti applaudirono mentre una bionda dai capelli raccolti in una coda alta si sporgeva verso Harry e gli lasciava un bacio sulla guancia, lasciadovi sopra l'impronta del lucidalabbra. Stessa cosa accadde per gli altri membri della squadra, fino a quando a Louis non capitò una tipa che aveva i capelli fucsia, a tono con la divisa. Quella ragazza dai tratti orientali si sporse su di lui per baciargli la guancia ma lui la scostò delicatamente con una mano. «Scusami, tesoro, ma non vado matto per il rosa.» E si girò e riprese a finire il panino, mentre Harry prendeva un tovagliolo e si puliva la faccia imbrattata di gloss alla ciliegia. Più o meno tutti, nascondendosi sotto sottili complimenti e sorrisi fugaci, si ripulivano, mentre Louis prestava attenzione alla ragazza dai capelli tinti che girava in tondo urlando «Mi ha chiamata tesoro. Ripeto, Louis Tomlinson, il capitano della squadra, mi ha chiamata tesoro!» E proseguì in quel modo fin quando una sua amica la forzò ad iniziare a mangiare.
«Però» affermò Louis, riempendosi il bicchiere una seconda volta, «non pensavo ci adorassero così.»
Joseph finì il suo panino e si ripulì le mani da alcune gocce di ketchup, poi rivolse il suo cipiglio scuro su Louis. «Come mai non avete adocchiato ancora nessuna cheerleader? Sbaglio, o ogni anno ve ne siete trovata sempre una?»
Harry si affogò e bevve la sua Coca Cola, mentre Louis incrociava le braccia sul tavolo. «E chi ti dice che non ne abbiamo già una?» affermò con disinvoltura. 
Harry si girò con gli occhi sgranati verso di lui, e bisbigliò. «Che ti salta in mente? Non abbiamo proprio ness-»
«Ma davvero?» esclamò Joseph, il quale non si lasciava mai sfuggir alcun dettaglio. «E perché non le abbiamo mai viste vicino a noi?»
«Perch-» iniziò Louis, ma Harry gli colpì una gamba da sotto il tavolo.
«Perché non vi preoccupate delle vostre donne?» chiese a quel punto il riccio per distogliere la loro attenzione.
«Oh, ma noi ce le abbiamo, o nel peggior dei casi possiamo trovarcene una facilmente» affermò Jason che lanciò un'occhiata ad Harry. «Per esempio, a me piacciono le more.» E sollevò le sopracciglia in modo malizioso, ed Harry scattò in piedi, tirandosi Louis dietro.
«Ci vediamo oggi pomeriggio, e guai a chi fa tardi o trova una scusa per non venire. Il campionato è alle porte e voi, in particolar modo tu, Mars, siete mediocri nel lancio della palla.»
Jason bevve lentamente la sua bibita. «A quanto pare qui qualcuno è permaloso.»
«Non voglio che qualcuno controbbatta. Ci vediamo dopo.» E, preso Louis per il braccio, si avviarono verso l'uscita della mensa.
«Ma che ti prende» disse quello, liberandosi dalla sua presa.
Harry lo lasciò e si passò una mano tra i capelli lunghi, scostandoli dagli occhi. «Hai capito a chi si riferiva Jason, no?»
«E quindi?» affermò Louis, massaggiandosi il braccio dove Harry l'aveva stretto. «Non vedo quale sia il problema, dato che Rachel non è impegnata con te.»
Harry si riscosse a quella frase. Diamine, aveva ragione. Non era sua e non lo sarebbe stata tanto presto, ma allora perché gli dava enormemente fastidio che qualcun altro la tenesse d'occhio? Inspirò a fondo, portandosi le mani a coppa davanti alla faccia. «Okay» disse e poi lanciò un'occhiata al migliore amico. «Tu torna di là, se vuoi, io non posso dopo la sceneggiata che ho fatto.» E si avviò verso la biblioteca della scuola dove avrebbe aspettato finchè la campanella non fosse suonata. Louis scosse la testa.
«Sei una testa di cazzo, ma preferisco rimanere con te che restare con quei coglioni che ti avrebbero parlato alle spalle tutto il tempo.» Ed Harry sorrise, perché sapeva che su di Louis avrebbe sempre potuto contare per qualsiasi cosa.


Al termine della giornata si ritrovarono al campetto nei pressi della scuola, gli zaini lasciati sugli spalti e le ginocchiere alzate. Harry gettò di lato la sua giacca mentre alcune ragazze prendevano posto e si soffermavano ad osservarli uno per uno. Harry si avvicinò al coach Montpellier che si stava soffiando il naso reduce dall'influenza e gli prese dalle mani il foglio con lo schema. Lo studiò e Louis gli si accostò, stringendosi la punta del naso tra due dita come faceva sempre quando era concetrato a comprendere qualcosa. 
Il coach ripose il fazzoletto nella tasca del pantalone, poi li fissò. «Allora? Pensate possa andare?»
Louis annuì, mentre Harry indicava il nome di Jason scritto in alto a destra. «Potremmo metterlo in panchina per la prima parte della partita?»
Louis gli diede uno schiaffo. «Non lo stia a sentire coach, è un coglione.»
L'allenatore tirò su con il naso, «Non lo avrei ascoltato comunque.» E fece un sorriso finto ad Harry che venne spinto da Louis affinchè prendesse posto in campo. Quel giorno una parte della squadra avrebbe combattuto con l'altra metà, per cui Louis prese un gruppo di cinque ragazzi, lasciando ad Harry gli altri cinque. Per sua grande sfortuna, il coach aveva messo Jason nella squadra di Louis, e ciò significava solo una cosa...
Harry piegò le ginocchia, lanciando un'occhiata ai componenti delle rispettive squadre. Liam Payne e Niall Horan erano rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra, mentre Louis era affiancato da Jason Mars e Joseph Philipps.
Ci sarebbe potuto essere uno schieramento migliore sulle prime linee? Harry si piegò in avanti e si scambiò un cenno di intesa con Louis, poi quando il coach fischiò si fiondò su una delle palle posizionate lungo la linea bianca trasversale. C'era da aspettarsi che il suo primo obiettivo sarebbe stato Jason, invece colpì Joseph per toglierselo prima dai piedi, mentre Louis colpiva Niall Horan. Invece di uno scontro tra due squadre, sembrava che il tutto - nel corso della partita - si fosse ristretto in un duello tra Jason ed Harry che si sorridevano come se stessero bevendo una birra insieme, quando Harry avrebbe voluto farlo fuori per ovvi motivi. Stava per lanciare la palla che aveva sollevato quando Jason si bloccò a metà del suo gesto, sorridendo alle spalle di Harry e facendo risplendere il suo sorriso bianco. «Ehi, Rachel!» urlò, ed Harry si girò immediatamente, vedendo la ragazza fermarsi di scatto al di là della recinzione metallica, i libri stretti al petto e i capelli legati in una coda alta. 
Harry perse presa sulla palla proprio mentre Rachel alzava la mano per salutarlo, non accorgendosi della palla lanciata da Jason che lo colpì nelle parti intime. Harry si piegò in due, crollando di lato e stringendosi la parte colpita tra le mani. Rachel scoppiò a ridere e si portò una mano alla bocca, mentre il coach suonava nel fischietto.
«Styles, tutto bene?» gli chiese una volta che gli si fu messo accanto. 
Harry, gli occhi stretti in una fessura, rispose solamente: «Io lo uccido.» Dopodichè si rimise in piedi, paonazzo in volto. Louis lo guardò e gli alzò i pollici per confortarlo, però Harry abbandonò momentaneamente il campo per avvicinarsi - lentamente - alla recinzione che lo separava dalla ragazza che da un po' popolava i suoi sogni, anche se avrebbe fatto di tutto per allontanarla. Non poteva averlo colpito con così tanta intensità in così poco tempo!
«Ciao, Harry.» Eppure ogni residuo di rabbia verso Jason scomparve nel momento in cui il suo nome uscì dalle sue labbra. Si avvicinò alle inferriate, spingendo la fronte contro il metallo per starle più vicino. «Ti ha fatto molto male?» gli chiese, ed Harry annuì.
«Una botta nella palle sarebbe meglio che non vederti.» Poi però si riprese e le chiese: «Ma che ci fai qui?»
Rachel si passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Andavo in biblioteca a studiare.» 
«Ti va se...alle sei...ecco, io passassi di lì?»
Rachel sorrise, mentre dietro di loro il coach suonava nel fischietto. «Styles!!»
«Mi piacerebbe» rispose lei, dopodichè salutò Louis con un gesto della mano e si allontanò, non senza aver lanciato un'ultima occhiata ad Harry che la seguì con lo sguardo finchè non cambiò strada.
Quando ritornò in campo, Jason lo aspettava con una palla sotto il braccio. «Allora? Non devi distrarti durante l'allenamento» lo redarguì beffardo, e proprio quando il coach fece riprendere la partita, Harry - motivato a concluderla quanto prima - prese la prima palla che gli capitò accanto e gliela gettò nelle parti intime, sperando fosse tanto forte quanto quella che aveva ricevuto prima. Ovviamente anche Jason si accasciò.
Il coach Montpellier si portò una mano in fronte. «Spero solo che tutto questo non intacchi la vera partita.»
«Non si preoccupi, coach» ammise Harry mentre, segretamente, Louis gli si avvicinava e si scambiavano il cinque.


Alle sei - puntuale - Harry spinse la porta della biblioteca, con il borsone calato su una spalla e l'andatura lenta per trovare Rachel nascosta lì da qualche parte. 
La trovò seduta su una poltrona sotto la finestra aperta che si affacciava sul Tamigi, con gli occhiali sul ponte del naso e il labbro stretto tra i denti, mentre sfogliava frenetica le pagine del libro. In quell'ala della biblioteca non c'era quasi nessuno, perchè tutti gli studenti preferivano fare ricerche al computer, nel silenzio più totale.
«Ehi» sussurrò Harry, sedendosi sulla poltrona di fronte a quella occupata dalla ragazza. Rachel sollevò la testa e gli sorrise, appoggiandosi il libro sulle gambe. 
«Ehi» gli rispose, sempre cercando di non dare fastidio. La poltrona di Harry era addossata al muro e aveva accanto una mensola con alcuni libri fantasy messi in ordine di uscita. Ne sfiorò il bordo con l'indice, leggendo i titoli. «Ti farò un po' di compagnia, ok?» disse sfiorando ogni libro.
Rachel si tolse gli occhiali. «Nessun problema» ammise, e iniziò a sfogliare il libro svogliata. La presenza di Harry la metteva in imbarazzo, ma era un imbarazzo piacevole. Harry prese un libro ad occhio e lo sollevò all'altezza degli occhi per nascondere il viso e per spiare meglio la ragazza. Rachel in risposta sorrise e lo imitò.
Harry lo aprì a caso, spostandolo di tanto in tanto per osservarla, nonostante anche il suo viso fosse nascosto. Continuarono a sbirciarsi entrambi in quel modo infantile, fin quando Rachel appoggiò il libro sulle cosce e si mise un'asticina degli occhiali tra i denti. Harry si sporse e vide che lo stava osservando, così allontanò il libro dagli occhi per farsi vedere. «Qualcosa non va? Non riesci a studiare?»
Rachel scosse la testa. «No. E a te come va? E' interessante Geronimo Stilton?»
Harry si immobilizzò, girando la copertina verso di sè. Strinse le labbra e assunse un'espressione intellettuale. «Moltissimo, lo sto studiando riga per riga per vedere se ci sono messaggi subliminali e...pensa un po'? Non ce ne sono. Lo consiglio a tutti i bambini.» E lo ripose sulla mensola, trattenendo un sorriso. Rachel si portò una mano alla bocca, ma la sua risata venne sentita comunque.
«Sei proprio strano» disse tra un sorriso e un altro.
Harry si sporse verso di lei. «In senso buono o cattivo?» chiese interessato.
Rachel chiuse il suo libro e mise gli occhiali nella borsa. «Vedrò con il tempo» ammise, lanciandogli una lunga occhiata con i suoi occhi cervoni. Harry sorrise con un angolo delle labbra, sedendosi poi meglio sulla poltrona. 
«Come mai studi in biblioteca?» le chiese, sollevando una gamba sull'altra.
Rachel lo imitò. «Perché a casa c'è troppo rumore e mi sconcentro facilmente» gli rispose. Poi perlustrò la divisa di Harry prendendosi una ciocca scura tra le dita. «E così...Dodgeball, eh?»
Harry sollevò le braccia verso l'alto, piegandole e ponendole dietro la testa come sostegno. «Sono il capitano della squadra.»
«Ma non mi dire» disse lei sarcasticamente, ridendo, mentre la bibliotecaria si affacciava e intimava loro di fare silenzio.
Harry imitò la donna e si portò un dito alle labbra. «Silenzio, Rachel, abbi rispetto degli altri.»
«Mi scusi, Harry, non mi permetterò più» resse il gioco, dopodichè lanciò uno sguardo all'orologio. «Devo tornare, si è fatto tardi.» E si alzò in piedi, lasciando che un raggio di sole le finisse tra i capelli rendendoli di un caldo marrone, simile al cioccolato.
«Ti accompagno, se vuoi» si offrì Harry ma Rachel negò l'invito. 
«Non c'è bisogno.» Poi afferrò la sua borsa e si scostò dalla poltrona, imboccando il corridoio principale diretto all'uscita. Harry la seguì a ruota, sentendo di sfuggita il suo profumo delicato.
Quando furono fuori, si fermarono sul bordo del marciapiede in quanto a quel punto avrebbero preso due diverse direzioni. «Beh, ci vediamo allora» disse Rachel prima di mordersi il labbro e dargli le spalle, ma Harry si fece avanti e le si mise di fronte, bloccandole il passaggio.
«Come ti posso trovare?» ebbe finalmente il coraggio di chiedere, mettendo da parte tutto l'orgoglio di cui disponeva. Rachel sollevò le spalle.
«Potremmo scambiarci i numeri di telefono» ammise e tirò fuori dalla tasca del pantalone il suo.
Harry la imitò e glielo porse. «Scrivimi il tuo e io ti salvo il mio.» E così fecero, digitando entrambi i rispettivi numeri. 
«Ecco qui» disse lei ridandoglielo, e Harry cedette il suo. «Ora sarà davvero il caso che torni. Ci sentiamo presto Harry.» E fece per aggirarlo, ma il ragazzo la bloccò sollevando la mano sulla sua guancia pallida. Era così morbida che avrebbe voluto toccarla per tutto il tempo del mondo, ma si soffermò ad accarezzarla con il pollice, dopodichè si scansò, mentre Rachel sollevava una mano, toccandosi il punto in cui Harry l'aveva sfiorata. Prima di darle le spalle, il ragazzo la salutò con un gesto della mano, «Sì, ci sentiamo Rachel.» E si allontanò, felice e soddisfatto contemporaneamente. Finalmente avrebbe avuto anche lui del materiale da raccontare a Louis.




Spazio autrice
Ta daaaaan
Non so perché, ma questo capitolo mi piace particolarmente :)
Qual è la coppia che preferite/shippate? Sebbene le abbia create io, non so proprio scegliere perché le amo entrambe ahahah
Anyway, la scuola mi ha già stancato. Stanno facendo degli orari del cavolo e ogni sera non riesco a finire di studiare in tempi ragionevoli.
Mi avevano detto che il quinto sarebbe stato duro, ma cAZZO.
Ma passiamo oltre. A voi come procede la scuola? Oggi ho fatto il mio primo compito in classe di italiano..........
Scrivetemi dai, voglio parlare di tutto con voi.
Ah, e se potete, ditemi magari cosa ve ne pare di questo capitolo o della storia in generale. Faccio appello alle persone che leggono la storia degli Hachel (?) e dei Rivy (?) assiduamente :)
Vi voglio bene.
Buon weekend.
All the love,
Elisa :)


p.s Spoileeeeeeeeer
"La sorella di Louis le guardò i capelli, studiandoli. «Quando hai fatto il colore?»
Ivy si sfiorò i capelli con la mano, «Credo da tre settimane, perché?» chiese acida.
Charlotte li rimirò. «Sono bellissimi
» affermò, poi prese il suo telefono, aprendo la fotocamera, e lo allontanò. «Facciamoci un selfie.»"

P.p.s Angolo per contattarmi, e vi lascio il banner dell'altra mia storia su wattpad :)
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Capitolo 11
*** Date ***







Date




Il giorno dopo, in classe, durante l'ora di chimica, Harry e Louis si sedettero insieme nell'ultima fila, quella accanto alla finestra, non tanto per distrarsi facilmente, quanto per poter utilizzare il telefono senza essere scoperti.
Harry aveva lo sguardo puntato sul nome "Rachel" in rubrica, indugiando se inviarle un messaggio o meno. Non voleva sembrare invadente, nè darle fastidio fin da subito. Sapeva come fossero le ragazze, ovvero attendevano che a cercarle fosse il maschio, ma poichè si trattava di Rachel, Harry non ne era così sicuro. E se le avesse scritto e lei avrebbe ignorato il messaggio perché troppo occupata a rispondergli, o più semplicemente a non preoccuparsi di lui? Non erano due amici qualsiasi, ma nemmeno conoscenti...giusto un gradino più in alto in quella fase di stallo che permette ad una delle due parti di farsi avanti. Ma Harry non voleva essere di troppo o infastidirla in qualche modo, per questo, nonostante avesse indugiato su quel pulsante dalla sera prima, bloccò lo schermo e lo appoggiò sul banco, allontanandolo.
«Sei davvero un deficiente» bisbigliò Louis mentre era impegnato a giocare ad un partita di calcio sul suo telefono. «Anzi, più che deficiente sei fin troppo pignolo. Quanti problemi che ti fai per scriverle soltanto. Devi agire di impulso» terminò, facendo un goal.
Harry si appoggiò sul palmo della mano piegata sotto alla testa, spostando lo sguardo fuori dalla finestra mentre il professore annunciava qualcosa come "nomenclatura tradizionale", non ne era sicuro. 
«Vedi io ed Ivy, per esempio. Non abbiamo mai chattato, eppure ero tanto così dal baciarla.»
Harry fece un verso esasperato con la mano libera. «Perché ti avventi troppo, Tommo. Io non sono come te, devo prima farla interessare come si deve, e poi passo al gradino successivo.»
«Che sarebbe?»
«Portarla fuori con me tutta la sera?»
Louis mise in pausa il gioco, «Te la vuoi fare subito!?»
Harry trasalì e gli diede una botta sul braccio. «Non adesso, cretino! E smettila di urlare perché altrimen-»
«Scusatemi» disse il professore mentre tutto il resto della classe si girava verso di loro. Si sentirono venti paia di occhi guardarli attentamente, perforandoli e studiandoli come se fossero delle cavie. «Vi dispiacerebbe prestare attenzione a quello che sto dicendo? Non vorrei che poi, signor Styles, lei venga a lamentarsi della sua terribile condotta con me» terminò, ed Harry non potè ribattare perché altrimenti l'avrebbe cacciato dalla classe. Louis sghignazzò sul suo banco, riprendendo la partita quando il docente si fu girato per scrivere alcune formule e classificazioni alla lavagna. Tenava il gesso impugnato tra due dita quando, senza voltarsi, urlò a gran voce: «Tomlinson, lasci immediatamente il telefono sulla cattedra in tre secondi» e Louis sbuffò rumorosamente, spegnendolo.
«Prof, mi mancava un goal per vincere il match» disse, e il docente con un dito lo invitò ad abbandonare la classe. Quando Louis uscì sbattendosi la porta alle spalle, Harry quasi si stese sul suo banco, annoiato a morte per quella lezione del cavolo. Era sul punto di addormentarsi quando una vibrazione sfiorò il suo braccio, e sollevò la sua testa riccioluta verso il telefono che si era illuminato. Scattò sull'attenti e quando vide il nome Rachel capeggiare sullo schermo, lo aprì immediatamente e lesse: Ti va di vederci oggi? R x
Spostò la sedia di lato catturando l'attenzione di tutta la classe, mentre il professore, per lo spavento, lasciava cadere a terra il gesso. «Styles» urlò, ma Harry uscì dalla classe senza che il professore gli intimasse di farlo. «Vada a raggiungere il suo amico ché è l'unica cosa che gli riesce meglio» sibilò il docente mentre Harry, felice, usciva dalla classe, sbattendosi la porta sulla schiena.
Trovò Louis seduto per terra con le spalle appoggiate al muro dietro di sè. «Perché hai un sorriso che ti va da un orecchio all'altro?» gli chiese mentre si mangiucchiava un'unghia. Harry gli si accovacciò davanti, girando il telefono verso di lui.
«Nooooo, non ci credo» ammise l'amico, prendendolo in mano. «Uscirete insieme?»
Harry sorrise con convinzione. «Certo, anche se ancora non le ho risposto, ma non potrei mai rifiutare un invito da parte sua, diamine.» Si accostò all'amico e si sedette per terra, rispondendo subito al messaggio.
Ci vediamo da Macy's?
Si appoggiò il telefono sulle cosce, mentre Louis gli chiedeva di scriverle il numero di Ivy così che anche lui potesse chattare con lei, nonostante Ivy non gli avrebbe mai risposto.
Harry sentì il telefono vibrare e lo riafferrò subito.
Mi va benissimo. Ci vediamo lì alle 19.30? x
«Vuoi davvero portarla a cena come primo appuntamento?»
Harry sollevò le spalle. «Non vedo quale sia il problema. Se vuoi, stasera le chiedo il numero di Ivy» gli propose, ma Louis gli rispose con un gesto incurante della mano. 
«Fa nulla, tanto ad Ivy non interesserò mai come voglio» ammise sconsolato.
Harry si incupì vedendo il suo amico. «Ti prometto che parlerò a Rachel, Ivy cadrà ai tuoi piedi, fidati di me.»
«Lo spero, Harold, lo spero.»



Quel pomeriggio, uscendo da scuola, Harry non si fermò agli allenamenti, preferì tornare a casa. Nonostante sapesse che Jason l'avrebbe preso in giro in quanto non era stato coerente con quanto detto il giorno prima a mensa, aveva cose più importanti a cui pensare piuttosto che ad un solito allenamento che faceva dall'inizio dell'anno. Mancava un mese al campionato contro la squadra avversaria, aveva tutto il tempo del mondo per allenarsi, mentre non sapeva se con Rachel sarebbe arrivato così lontano, e quindi coglieva ogni attimo come se fosse l'unico e solo.
Mentre Harry se ne tornava a casa, Louis rimase a scuola a sorbirsi i discorsi idioti dei suoi compagni, Liam e Niall che parlottavano tra loro sulla festa che si sarebbe tenuta quel venerdì a casa di Michael, organizzandosi sugli acquisti che a ciascuno spettavano. Louis si avvicinò a bordo campo prendendo una palla e soppesandola tra le mani, i muscoli delle braccia che guizzavano sotto la sua pelle chiara e in parte coperta da tatuaggi fatti più per passare il tempo che per un significato celato dietro quei quintali di inchiostro nero. Stava facendo ruotare la palla intorno all'indice quando Jason gli si mise accanto e, sfiorandola, la fece cadere per terra, facendola rimbalzare sul terriccio del campetto.
«Dov'è Harry, Tomlinson?»
Louis si accovacciò e si riprese la palla in mano, sorridendogli. «Non vedo perché dovrebbe interessarti» gli rispose, palleggiando per terra come se si stesse preparando ad un tiro al canestro. Jason bloccò il salto della palla afferrandola tra le sue grosse mani, girandosela tra le dita mentre Louis gli si metteva di fronte con le braccia incrociate al petto.
«E' un po' incoerente con quello che ha detto ieri, o sbaglio? Nessuno avrebbe dovuto trovare una scusa per allontanarsi dagli allenamenti. Che c'è, è troppo impegnato per battersi contro di me?»
«Sai che Harry è uno dei più agili della squadra, nonchè capitano. Tu invece chi sei, Jason? Solo un giocatore...» disse Louis, sfidandolo con lo sguardo. 
Jason si prese il labbro carnoso tra i denti. «Scommetto che è impegnato con qualcuna» alluse e Louis gli strappò la palla dalle mani.
«Non sono affari tuoi.»
«Magari con quella..Rachel, no? E' davvero bellissima» affermò, sorridendo di fronte al cipiglio del ragazzo.
«Non provare, e intendo non tentare davvero, a posare gli occhi su di lei, mi hai sentito bene?» gli disse, stringendo la palla tra le due mani callose.
Jason si avvicinò a Louis, i nasi che quasi si sfioravano. «Io mi prendo quello che voglio quando voglio. E di certo sapere che Harry ci va di mezzo non potrebbe sfiorarmi nemmeno...anzi, sarebbe un buon motivo per batterlo.»
Louis gli puntò l'indice sul petto. «Harry è migliore di quanto pensi, e non credere che Rachel sia così semplice. Ora però mettiti al tuo posto, e inizia a giocare» impose Louis, allargando le narici.
«Altrimenti che fai? Mi lanci questa» disse indicando la sfera che Louis stringeva tra le sue mani, «nelle palle? Tanto tu e Styles siete bravi solo in quello» e fece un passo indietro.
«Adesso» appuntò Louis mentre vedeva Jason sbuffare, nonostante sul suo volto ci fosse ancora quel sorriso beffardo che avrebbe voluto togliergli a furia di pallonate in faccia.
Quando il coach suonò nel fischiettò, Louis fece di tutto per focalizzarsi sulle mosse atletiche degli altri compagni, Niall e Liam che se la cavavano egregiamente, mentre Jason era davvero abile. Louis pregò che i rapporti non si incrinassero maggiormente perché lui rappresentava uno dei migliori giocatori della squadra, e se Jason ed Harry avessero collaborato mettendo in atto le loro mosse segrete, allora avrebbero vinto sicuramente.
Quando il coach fischiò nuovamente, diede la possibilità ai ragazzi di ritirarsi prima, e Louis ne fu davvero entusiasta. Quel giorno era più stanco del normale, e quando si avvicinò agli spalti recuperando la giacca e il borsone, strascicò i piedi. Meno male che si era protratto avanti con lo studio, perché non aveva la benchè minima voglia di aprire un libro a casa. Si avviò verso il cancello aperto del campetto per uscire sulla strada quando vide Ivy appoggiata al muretto che ne costeggiava il perimetro, il telefono in mano e gli occhiali da sole sollevati sulla testa.
«E tu che ci fai qui?» le chiese avvicinandosi. La ragazza sollevò lo sguardo e gli sorrise, togliendosi gli occhiali di dosso e buttandoli nella borsa sorretta dalla spalla esile. 
«Girovagavo da queste parti e ho riconosciuto la tua voce squillante ad un miglio di distanza» affermò, mettendosi in piedi. La testa di Ivy arrivava al suo mento, le braccia incrociate al petto e le labbra carnose arriciate.
«So di avere la voce squillante, ma di certo non mi aspettavo che tu rimanessi qui ferma ad ascoltarla» rispose Louis a tono, lasciando cadere il borsone per terra.
Ivy sollevò le spalle incurante. «Come vuoi. Comunque» disse indicando il cancello aperto da cui stava uscendo il resto della squadra. «Non sapevo praticassi il Dodgeball a livello scolastico» ammise lei sorpresa.
Louis sorrise compiaciuto e soddifsfatto. «Come vedi, anche io so essere misterioso alle volte.» Poi riprese il borsone sulla spalla. «Sono il capitano della squadra.»
«Siete davvero bravi. Mi piacerebbe tanto saper giocare a Dodgeball» disse lei, controllando l'ora sul telefono. Louis sollevò le spalle.
«Se vuoi, poi, potresti venire a vederci.»
Ivy si bloccò in mezzo alla strada, «Dici davvero? E' possibile?»
Louis sorrise sornione. «Certamente, ma possono entrare solo le fidanzate dei giocatori agli allenamenti» le rispose lui, trattenendo una risata sguaiata.
Ivy si bloccò, sollevando un sopracciglio. «Okay, allora non verrò mai» ammise sfidandolo e accelerando il passo sul marciapiede.
«No, no, Ivy aspetta! Scherzavo.»
«Tanto per cambiare.»
«Ma non abbiamo già avuto questa discussione?» ammise Louis, ricordando di quel giorno al supermercato. 
Ivy si leccò le labbra prima di predere il labbro inferiore tra i denti. «Probabile.»
«Possono venire anche le amiche» rimediò a quel punto il ragazzo, non volendo perdere quel fazzoletto che gli era stato messo sotto il naso per essere afferrato al volo prima che il vento se lo trasportasse via. Com'è che diceva il poeta latino Orazio? Carpe diem.
«Allora si potrebbe anche pattuir» ammise Ivy quando Louis si bloccò accanto alla sua macchina. «Beh, allora ci si vede» disse, svoltando l'angolo.
Louis la chiamò, facendola voltare. «Ti va di vederci stasera?»
Ivy sollevò il sopracciglio, facendo schioccare le labbra. «Se ti va, io sono pronta» ammise sollevando le spalle. «Basta che tieni le mani a posto e non dici niente di inappropriato come fai sempre» terminò, avvicinandosi alla macchina dopo il cenno di Louis.
Quando entrambi furono sulla vettura, Louis mise in moto e si girò verso di lei. «Però passaremo da casa mia.»
Ivy sollevò le spalle incurante. «Ti aspetterò in macchina» ammise, tirando fuori il telefono dalla tasca dei suoi jeans.
Louis la guardò sconcertato. «Saresti disposta ad aspettare in macchina tutto il tempo?»
Ivy allargò le braccia esasperata. «Non sei una donna, quanto ci potrai mai mettere? Mezz'ora? Non entrerò a casa tua, che sia chiaro.»
Louis girò sulla destra, «Ma mia madre ha fatto i biscotti...» alluse, sperando di convincerla. Infatti vide Ivy girarsi verso di lui, con la bocca aperta.
«Biscotti?» chiese, ma poi divenne seria di colpo. «Mi dispiace Tomlinson, sono allergica alla pasta frolla. Ritenta la prossima volta, sarai più fortunato.»
Louis sbattè le mani sul volante e non potè che scoppiare a ridere. Ivy, nonostante avesse provato a trattenersi, si lasciò coinvolgere ed entrambi ridevano per la prima volta senza insultarsi o senza fare battute squallide. Giunti sotto casa del ragazzo, Ivy si mise comoda e iniziò ad usare il telefono, mentre Louis usciva dalla vettura. «Ci metterò poco.» E si inoltrò nell'appartamento, da cui pochi minuti dopo uscì una ragazzina dai capelli chiari e il volto coperto da uno spesso strato di fondotinta. 
Ivy sollevò la testa proprio mentre la ragazza si avvicinava soffermandosi ad osservarla. «Ma questa non è la macchina di mio fratello?» chiese, tenendo in mano il telefono bianco.
Ivy si girò verso di lei, accennando un sorriso di circostanza. «A meno che non l'abbia fottuta a qualcuno, sì, credo che sia la sua macchina. Sei sua sorella?»
«Oh santo cielo» disse lei, avvicinandosi al finestrino. «Non posso credere che mio fratello esca con una. Ecco perché si stava affrettando a lavarsi.» Stese la mano davanti alla faccia della ragazza. «Sono Charlotte, tu?»
«Ivy» rispose, stringendogliela, «è un piacere» disse, nonostante fosse leggermente infastidita da quella ragazza apparentemente arrogante.
La sorella di Louis le guardò i capelli, studiandoli. «Quando hai fatto il colore?»
Ivy si sfiorò i capelli con la mano, «Credo da tre settimane, perché?» chiese acida.
Charlotte li rimirò. «Sono bellissimi» affermò, poi prese il suo telefono, aprendo la fotocamera e allontanandolo, «Facciamoci un selfie
«Cosa? Perché?» chiese Ivy, ma non potè che sporsi e sfornare un sorriso abbastanza decente perché Charlotte era pronta a schiacciare il tasto.
«Sembri un tumblr girl, ecco perché. Sei bellissima e poi potrei ricattare mio fratello.»
Ivy scoppiò a ridere, «Oh, mi piace la tua perfidia.»
Charlotte sollevò le spalle, «E' stato un piacere, Ivy. Ora devo proprio andare, altrimenti faccio tardi. Spero di rivederti qui molto presto.»
Ivy le fece un cenno della mano, senza risponderle. Chissà se l'avrebbe mai rivista.
Un quarto d'ora dopo la porta d'ingresso si aprì e uscì un Louis preparato a pennello, con una giusta dose di dopobarba addosso. Quando entrò in macchina, l'abitacolo venne investito dal suo profumo e Ivy inspirò a fondo. «Buono. Mi piace questa colonia.»
Louis sorrise compiaciuto. «Meglio così. Ti va di andare al Luna Park? Ho scoperto che è in città.»
Ivy annuì, «Perchè no?» E si avviarono, mentre nella macchina risuonava una leggera melodia dallo stereo che li accompagnò fino a destinazione.



«Questo piatto è di tuo gradimento?» chiese Harry, assumendo il miglior tono da critico culinario. Rachel assaggiò la portata, gustandola e portando il sapore sul palato per apprezzarlo meglio.
«Buonissimo, signore.» Poi prese il bicchiere d'acqua, sorseggiando delicatamente. 
Quando si erano incontrati da Macy's Harry credeva sarebbe stata una serata imbarazzante perché tra loro c'era una specie di chimica incomprensibile, e quindi procedevano con cautele per non correre il rischio di saltare in aria. Invece si rivelò fin da subito una splendida serata. Parlavano del più e del meno senza alcuna malizia, alternando conversazioni accese con silenzi asfiassianti mentre mangiavano le portate che avevano ordinato. Avevano deciso di pagare il conto a metà ciascuno, perchè Rachel non voleva approffitarsene, quando invece Harry ne sarebbe stato entusiasta, ma non tirò la corda più di tanto. In quel momento stavano assaporando il dessert, una panna cotta decorata con una glassa al caramello. Harry l'aveva provata più volte, così propose anche a Rachel di prenderla così che potessero condividere qualcosa che piaceva ad entrambi. Quando abbandonarono il locale, rimasero in piedi sull'uscio del ristorante, ondeggiando sui talloni. Harry si grattò la nuca, mentre Rachel si portava un dito alla bocca, torturandoselo. Era vestita in maniera molto semplice, un paio di zeppe, degli skinny neri e una maglietta beige con lo scollo a V.
Harry era vestito completamente di nero, tranne per i suoi immancabili stivaletti consunti. «Spero sia andato tutto bene» disse imbarazzato, puntando i suoi occhi verdi in quelli cervoni della ragazza che sorrideva con un angolo della labbra sottili leggermente colorate.
«Più che bene. Sono stata benissimo» ammise, stringendosi le mani tra loro e ondeggiando come una bambina.
«Vuoi che ti riporti a casa?»
Rachel si fermò. «Non voglio che questa serata finisca così presto, sono a malapena le dieci e mezza» ammise lei, con un angolo della bocca sollevato verso l'alto.
Ecco, quello Harry di certo non se lo aspettava. Pensava che dopo la cena avrebbe voluto tornarsene a casa, mentre Rachel gli stava chiedendo implicitamente di portarla da qualche altra parte. Qualche posto interessante dove poter andare...?
«C'è il Luna Park in città» gli disse lei, sorridendo beffarda.
Harry sorrise annuendo con il capo. «E Luna Park sia. Ti porterò ovunque tu voglia.»
«Non sono in vena di una scena stile Titanic» ammise lei, aprendo la portiera della macchina di Harry che, gentilmente, si era fatto prestare dal padre.
«Okay, allora non rispondermi.» E si allontanarono verso il Luna Park. La gente infuriava tutta intorno e persero una decina di minuti per trovare un posto abbastanza vicino all'ingresso. Quando lo sorpassarono, la musica era altissima, così come tutte le giostre che presentavano ciascuna una fila chilometrica. «Dio, non ne usciremo più» disse Harry a voce alta affinchè lei lo sentisse. Rachel si avvicinò ad Harry, stringendosi la borsa al petto affinchè potesse controllarla meglio. 
La ruota panoramica capitanava su tutto il parco dalla sua altezza, e nonostante avessero il London Eye giusto a qualche chilometro di distanza, perché non usufruire in quel momento di una copia più piccola e tranquilla, senza alcuna vista panoramica?
«Ti va di andare lì su?» le chiese allora, avvicinandosi al suo orecchio.
Rachel guardò la ruota e ingoiò a vuoto. «Okay» ammise a corto di saliva. Quando fecero il biglietto erano circondati da coppiette o gruppi di bambini in attesa, e quando una navicella si liberò di fronte ai loro occhi, il proprietario della piccola ruota panoramica li fece accomodare. Rachel si mise quanto più lontana possibile dal basso cancello, stringendosi la borsa, Harry le si sedette accanto, fissando la catena. La ragazza guardava in basso, poi quando la ruota venne messa in moto e iniziarono il loro percorso ascendente, guardò fissa avanti a sè mentre Harry come un bambino urlava vedendo la gente farsi sempre più piccola. Quando si girò verso Rachel, la trovò con gli occhi spalancati e immobile. «Ehi, ehi, che succede?» disse, smuovendola delicatamente. «Perché non guardi in giù?» chiese vedendo le altre coppiette circondarli. Rachel scosse la testa.
«Guarda anche per me, per favore. Io non me la sento.»
Harry avrebbe tanto voluto buttarsi giù dalla ruota panoramica. Possibile che non si fosse reso conto prima che Rachel ne fosse terrorizzata? Si avvicinò al suo piccolo corpo, sfiorandole il braccio. «Perdonami, non lo sapevo. Perché non me lo hai detto? Saremmo andati da qualche altra parte...»
«No, no. Va bene dai, non è così male, tanto adesso scendi-»
La navicella singhiozzò un secondo, prima che si fermasse del tutto, galleggiando per aria. «Gentili passeggeri, non fatevi prendere dal panico ma c'è un piccolo guasto tecnico. La ruota si è bloccata e sono già stati chiamati gli addetti. Vi preghiamo di restare calmi e di non muovervi all'interno delle navicelle e scusate il disagio» risuonò nell'altoparlante e Rachel iniziò a respirare pronfondamente in preda al panico.
«Harry..» disse con un filo di voce. Erano nel punto più alto e il ragazzo avrebbe voluto farla scendere immediatamente, ma vedendola farsi così piccola, con l'agitazione a mille, non potè che sporsi verso di lei e stringerla tra le sue braccia muscolose. Rachel si aggrappò ad Harry come se fosse un'ancora presso cui trovare salvezza. I suoi respiri erano rapidi e la sua testa era appoggiata al petto di Harry. Il vento sfuriava intorno a loro facendo ondeggiare la navicella leggermente, e strinse maggiormente la presa intorno alle braccia di Harry che la chiudeva al suo petto, tenendola ben stretta. Il ragazzo aveva il mento appoggiato sulla sua testa. «Va tutto bene, Rachel, va tutto bene. Stai tranquilla, la stanno già aggiustando» disse, vedendo gli uomini in basso smanettare con attrezzi dalle forme più stravaganti.
Dopo quelli che alla ragazza parvero secoli, la ruota ebbe uno scossone e ricominciò a muoversi, sotto uno scroscìo di applausi da tutti i passeggeri. Harry rimase attaccato a Rachel, «E' finita» disse, accarezzandole i capelli lunghi, mentre la ragazza si stringeva alla sua schiena. Si staccarono solo quando l'uomo ordinò loro di scendere, ed Harry abbandonò la navicella per primo, tenendola per mano.
Quando furono fuori, l'abbracciò. «Perdonami, ti prego. Non mi permetterò mai più di farti una cosa del genere.»
Rachel tirò su con il naso, accarezzandogli la schiena possente. «Scusami tu per non averti detto niente.»
Quando Rachel si staccò, Harry sentì improvvisamente freddo. «Vuoi tornare a casa?» le chiese lui, premuroso. Lei annuì, stringendo le labbra, e mentre loro due si allontanavano lentamente, Louis e Ivy si stavano scontrando sulle macchine da scontro, gioendo come bambini. Erano stati su tutte le giostre del Luna Park, mancavano solo le tazze girevoli che avrebbero fatto subito dopo. Quando scesero andarono dritti a prendere i biglietti, i capelli scompigliati e le risate che li scuotevano, oltre che all'adrenalina che pompava nelle vene. «Dai, dai» esortò Ivy mentre prendeva posto sulla tazzina. «Vienimi vicino» disse, prendendo Louis per il polso, mentre il proprietario chiudeva lo sportello. Ivy aveva un sorriso che le andava da un orecchio all'altro, e Louis si soffermò a guardarla, non avendola mai vista così bella e si disse che in futuro, qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe voluto ricordarsela così.
Quando la giostra venne messa in moto, Ivy strinse la sbarra di metallo e incominciò a girare, e Louis la seguì a ruota, girando velocemente e incessantamente. Ad un certo punto il volto di Ivy si piegò in una smorfia e: «Louis, falla fermare prima che vomiti» urlò al di sopra della musica, e Louis si avventò sulle sue mani per bloccare l'asse di metallo. La tazza incominciò a rallentare il suo movimento rotatorio, con Ivy che aveva gli occhi stretti e la bocca aperta per prendere ingenti boccate d'aria. Quando scesero dalla giostra, Louis stava relativamente bene, mentre Ivy vedeva il mondo girarle intorno vorticosamente, così il ragazzo le tenne la mano stretta nella sua, approfittando della situazione. Sentiva la mano fredda contro la sua, più grande, che la teneva ben stretta, protetta. Rimasero così, mano nella mano, anche quando Ivy si fu ripresa, nonostante le imprecazioni che lanciava di tanto in tanto per quella "giostra maledetta", nessuno dei due con la voglia di lasciare la mano dell'altro. Quando salirono in macchina, Louis fu costretto a lasciare la presa e la condusse a casa, parcheggiando sotto l'imponente portone, osservando Ivy scrivere qualcosa su un pezzettino di foglio tirato fuori dalla sua borsa immensa. «E' stato bello» disse Louis, girandosi verso di lei. Ivy gli sorrise e prima che potesse pensarci troppo gli lasciò nella mano il foglietto con il suo numero di telefono. 
«Solo perché ti sei comportato bene» disse e scese dalla macchina, fermandosi sul finestrino abbassato. «Ci vediamo presto, okay?» disse lei, indietreggiando piano.
Louis strinse la presa sul foglietto mentre la vedeva uscire le chiavi per aprire il portone, così spalancò la sua portiera e scese dalla macchina, raggiungendola subito. Si bloccò ad un passo da lei, e Ivy si girò con le chiavi in mano. Louis si sporse verso di lei, ma prima che potesse rovinare tutto, si spostò e le diede un leggero bacio sulla guancia.
«A presto» la salutò e tornò in macchina con le guance chiazzate di rosso. Ivy sorrise e quando lo vide partire si accarezzò la guancia, entrando a casa dopo una lunga giornata.
Intanto Harry aveva insistito affinchè Rachel gli dicesse la via in cui abitava, e per prevenire qualsiasi attacco, disse: «Giuro che non mi presenterò mai qui sotto, se non lo vuoi.» E così la ragazza gli spiegò la strada. Sotto al portone Rachel trasse un profondo sospiro e si girò verso Harry che aveva una mano stretta al volante, lo sguardo cupo. «Harry» disse per attirare lo sguardo del ragazzo, «non preoccuparti, davvero.»
«Non volevo che la sereta ti venisse rovinata in quel modo.»
«Ma non si è rovinata. E' stata fantastica» ammise sorridendogli, finalmente calma.
Harry scosse il capo e lei gli prese il mento, facendolo girare. «Davvero. Smettila di prendertela con te stesso.»
«Ma-"
«Niente ma.» E aprì la portiera, ma prima che scendesse Harry le prese la mano. 
«Grazie per essere venuta, comunque.» E sollevò la mano all'altezza delle sue labbra, lasciando sul dorso un piccolo bacio delicato come una piuma. 
Rachel sorrise e poi scese dalla macchina.
«Grazie a te per tutto.» Poi entrò in casa, mentre Harry sentiva la pella calda della sua mano ancora a contatto con le sue labbra.
Era stata una serata fantastica, nonostante tutto, e non poteva terminare che nel migliore dei modi.




Spazio autrice
Non ho niente da aggiungere, se non che nel prossimo capitolo succederà finalmente qualcosa :)
Anyway, come state? 
Ho iniziato a pubblicare una nuova storia, perché non ho resistito.
Si chiama Reflection e in basso vi lascio il banner su cui potete schiacciare e andare direttamente sulla pagina :)
All the love e alla prossima settimana.
Elisa :)

p.s Spoiler
"«Oh no, no» ammise subito, mordendosi il labbro. «Lei non è la mia ragazza» ammise leggermente cupo.
Il ragazzo dai capelli rossi si accostò al volto di Harry. «Sei stato friendzonato?»"


p.p.s ecco il banner, cliccate :)

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Capitolo 12
*** Come with me ***



 


Come with me
 


Il giorno dopo Harry e Louis non andarono a scuola perché si doveva fare una disinfestazione. Una ragazza aveva trovato un topo nel suo armadietto e aveva fatto scoppiare l'allarme, quindi il preside aveva ordinato ai ragazzi di non mettere piede a scuola fino al lunedì della settimana successiva, il cinque maggio.
Il mese di aprile era volato, non si erano resi conto dello scorrere del tempo a causa di tutti i vari impegni che avevano occupato le loro giornate. In più non bisognava dimenticare Rachel e Ivy che rappresentavano la distrazione per eccellenza. Non riuscivano a stare al loro passo, erano troppo rapide e forti per lasciarsi abbindolare, nonostante i due ragazzi ci stessero provando con tutte le loro forze.
«Ieri notte ho messaggiato con Ivy» ammise Louis seduto sulle scalinate del parco, le braccia appoggiate sulle ginocchia piegate al petto. «Ha detto che ieri sera è stata davvero bene e che si è divertita, contrariamente a quanto avessi pensato.»
Harry era appoggiato al muretto alle sue spalle, lo zaino ai piedi e lo sguardo perso sulle nuvole grigie che stavano iniziando ad occupare il cielo azzurro sopra di loro. Il sole era già scomparso, e ovviamente i due ragazzi non si erano portati l'ombrello.
«Ieri al luna park ho fatto morire di paura Rachel» annunciò il riccio mentre Louis alzava lo sguardo su di lui.
«Che peccato però, siamo stati tutti e quattro al Luna Park e non ci siamo incontrati per niente.»
Ma Harry continuò. «Eppure aveva lo sguardo perso nel vuoto quando siamo saliti sulla navicella. Sono proprio una testa di cazzo a non essermene accorto. Nonostante lei mi stia ripetendo in continuazione di non prenderla, mi sento proprio un coglione.»
Louis si alzò in piedi e gli si avvicinò, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Dai Harold, un piccolo spavento non è niente di che. Ieri Ivy rischiava seriamente di vomitarmi addosso. Vedrai che non sarà questo a fermarci» gli disse, abbozzando un piccolo sorriso. Harry spiegò le labbra in un riflesso involontario e, riafferrando lo zaino dai suoi piedi, se lo riappoggiò sulle spalle. 
«Andiamo via adesso, altrimenti la pioggia ci becca in pieno e non ho nessuna intenzione di tornarmene a casa fradicio dalla testa i piedi.»
Louis sollevò le spalle e lo seguì, uscendo rapidamente da Hyde Park e immettendosi nelle strade trafficate dagli impiegati e dai lavoratori. Londra era così grande che non sarebbero mai riusciti ad individuarle, soprattutto in quei giorni poichè il weekend era alle porte.
«Domani andiamo alla festa di Michael?» chiese Louis, fermandosi a guardare le vetrine dei negozi. 
Harry uscì in fuori il labbro inferiore. «Certo, perché non dovremmo?»
«In caso Ivy e Rachel..» iniziò Louis, ma poi si zittì. «Nah, perché dovrebbero stare con noi? Vorranno sicuramente stare con le amiche.»
Harry lo guardò, assottigliando gli occhi. «Non diamo tutto per scontato. Magari ne potremmo riparlare con loro normalmente» affermò, sorridendo con un angolo della bocca.
Louis scoppiò a ridere, e alcune donne si girarono dubbiose nella loro direzione. 
«Non dermordiamo eh, Harold?»
«Posso fare figuracce, ma si tratta sempre di me e te. Non potremmo sprecare occasioni del genere!» disse ridendo a sua volta, sebbene comunque non la pensasse esattamente così. Non da un po' di tempo, ormai. Chissà perché non era più interessato a giocare con le ragazze come avrebbe fatto fino a circa due settimane prima. Le loro abitudini stavano cambiando troppo rapidamente, le donne stavano acquistando sempre più potere da esercitare su di loro.



Quando la campanella suonò, Rachel smosse Ivy per un braccio, che si era addormentata menefreghista sul banco dove quel giorno aveva deciso di sedersi. Quella notte aveva passato molto tempo a messaggiare con Louis, pensando spesso al leggero bacio che le aveva lasciato sulla guancia. Incredibile, quel ragazzo era davvero preso da lei. Rachel la scosse nuovamente e con una forza maggiore, fin quando Ivy strinse gli occhi e sollevò impercettibilmente la testa, passandosi un pugno tra i capelli. «Perché mi hai svegliato?» disse con la voce impastata e ridotta ad un sussurro.
Rachel sistemò i libri nell'angolo del banco, facendo girare le altre compagne di classe in avanti affinchè non attirassero l'attenzione del docente in arrivo su Ivy. «Perché si da il caso che siamo a scuola, e qui si viene per stare svegli e in compagnia.»
Ivy si passò una mano sulla bocca secca e si pulì un rivolo di bava dall'angolo delle labbra carnose, facendo un verso di disappunto. Poi abbozzò un sorriso verso l'amica. «Hai detto "svegli" e "in compagnia" invece di "studiare". Come sei bulla, Elle.»
Rachel storse il naso a quel nomigliolo che lei odiava perché non c'entrava assolutamente nulla con il suo nome, e prese in mano il telefono mentre il docente di arte entrava nell'aula reggendo la sua cartella. «Buongiorno ragazzi, oggi faremo una riproduzione su foglio della Gioconda di Da Vinci.»
Ivy scattò in piedi. «Cosa? Ma è impazzito?» disse, mentre Claire e Jess si giravano verso di lei.
«E' da due settimane che si sta preparando per questo giorno» ammise Claire, sollevando gli occhi al cielo. «Avremmo dovuto esercitarci a casa.»
Rachel sbuffò rumorosamente. portandosi i capelli dietro la schiena, mentre dall'altra parte della classe Danielle apriva la finestra per far cambiare l'aria consumata.
«Non me ne frega niente, io non lo faccio quel lavoro impossibile» affermò Ivy. «Ho di meglio da fare, che starmene a casa a riprodurre quel cesso di donna.»
Rachel scoppiò a ridere, tappandosi la bocca con una mano.
Ivy si girò verso di lei. «E ora che c'è da ridere?» disse a voce fin troppo alta, e solo dopo si rese conto del docente che si era avvicinato silenziosamente al suo banco, gli occhiali abbassati sul naso e un foglio stretto nella mano tremante.  
«Signorina Johonson, le sembra il caso di giudicare un capolavoro del genere che ci ha permesso di entrare in contatto con una mentalità talmente imponente quale è quella di Leonardo Da Vinci!??»
Ivy si scostò il ciuffo azzurro davanti agli occhi. «Veda prof-»
«Fuori» scandì quello, tornando sui suoi passi e iniziando a distribuire una copia del dipinto per ogni banco. Ivy tremò di rabbia e scattò in piedi, prese il telefono nascosto nel borsellino e si girò verso Rachel.
«Non mi lascerai marcire fuori da sola, non è vero? Vedi di venire al bagno quanto prima.»
«Ma-»
«Fallo e basta, diamine» disse mentre il prof le indicava la porta con l'indice. Ivy si girò verso il docente. «Non sono muta, so dove si trova. Non necessito del mimo.» E poi abbandonò l'aula, mentre Rachel scuoteva la testa e con una matita appuntita incominciava a fare i contorni della donna.
Ivy rimase a girovagare per i corridoi della scuola prima di chiudersi in bagno. Aprì una porta e la chiuse a chiave, sedendosi sulla base abbassata della tazza. Si avvicinò le gambe al petto e appoggiò la testa al muro. Lanciò una rapida occhiata all'orario, sarebbe potuta entrare in classe solo 45 minuti dopo. Così per ingannare il tempo aprì l'icona di Facebook che aveva indicato una notifica. Ovviamente una richiesta d'amicizia, la solita. Schiacciò su "Ignora" nuovamente, soffermandosi a visualizzare il profilo del ragazzo.
Louis Tomlinson aveva migliaia di amici, nessuno in comune, e non poteva permettergli di vedere il suo profilo nella sua integrità. Non voleva che vedesse altre cose al di fuori di quelle che permetteva a chiunque di osservare. Scorse tutto il profilo, tornando indietro nel tempo, fin quando non si imbattè in un selfie di circa cinque giorni prima che ritraeva Louis ed Harry con delle scope in mano e i guanti in lattice a coprire le mani. Harry aveva un pollice sollevato per aria, dietro di lui una porta spalancata rappresentante il simbolo femminile rosa, mentre Louis in primo piano sfoggiava un sorriso a trentadue denti, mostrando con la mano libera un recipiente di detersivo svuotato. Molte ragazze avevano commento la foto aggiungendo commenti poco appropriati, però Ivy si soffermò a leggere la didascalia collegata alla foto. Le donne ci lasciano molto lavoro da fare ;-) e non potè che scoppiare a ridere per l'allusione.
Dal primo giorno in cui aveva visto Louis le era sembrato un morto di figa...poi, in quei giorni che avevano passato insieme, aveva imparato a conoscerlo - non totalmente, ovvio - il minimo indispensabile per poter affermare che sì, rimaneva un morto di figa, ma era simpatico, divertente e sempre disponibile ad accontentare piuttosto che perdere un'opportunità vitale.
Chiuse Facebook sorridendo tra sè, quando sentì la porta principale del bagno aprirsi e la voce di Rachel arrivarle alle orecchie. «Ivy? In quale sei?» chiese, iniziando ad aprire tutte le porte accanto a quella dietro cui la ragazza si era nascosta.
Ivy si sollevò in piedi e l'aprì, uscendo fuori. «Caspita, sei venuta subito» disse con sarcasmo.
«Ho detto al prof di stare poco bene, quindi mi è concesso rimanere fuori un po' di più.» Poi con le mani si tastò le tasche del jeans per il suo telefono che aveva iniziato a vibrare. «Oddio!» Si lasciò scappare un gridolino, mentre Ivy sopprimeva uno sbadiglio. 
«Una richiesta di amicizia in particolare?» buttò lì, ma Rachel sollevò un sopracciglio.
«No. Mi è arrivato un messaggio da Piemkie dove mi annunciano una svendita. Capisci cosa significa questo? Ho necessariamente bisogno di fare shopping.»
«Che palle» sbuffò l'altra, ponendo il suo cellulare in tasca.
Rachel salvò il testo del messaggio e poi sollevò il suo sguardo su Ivy che si era appoggiata malamente sul lavandino. «Non vuoi venire con me?»
L'amica scosse la testa. «Perché non chiedi al tuo amico Harry?» propose con un sorriso furbetto in viso.
Rachel si sentì il sangue affluire alle guance. «Dopo la figuraccia di ieri sera, non credo abbia voglia di stare con me ancora» ammise con un filo di voce, scorrendo intanto i nomi in rubrica.
Ivy si schiaffeggiò la fronte. «Pronto?!? Lui aspetta solo quello, e ricordati che lo vuoi anche tu.»
Rachel sorrise, mordendosi il labbro. «Hai ragione. Un piccolo spavento non comprometterà nulla» ammise, e gli inviò subito un messaggio.




Ti va di venire con me al centro commerciale oggi? R
Harry impietrì di fronte a quel testo. Davvero Rachel lo stava ricontattando dopo tutto quello che le aveva fatto passare la sera prima? Certo, alla fine non era stato niente di così letale, ma Harry non si sarebbe mai scordato della faccia terrorizzata che aveva avuto quando erano rimasti bloccati in alto. Mostrò il messaggio a Louis e in risposta ebbe una pacca tra le scapole. «E Styles conquista ancora. Aggiungeremo Rachel alla lista?» disse, sollevando le sopracciglia maliziosamente. Harry alzò gli occhi al cielo e acconsentì immediatamente all'invito, proponendole di passarla a prendere nel primo pomeriggio. Quando tornarono a casa per il pranzo, Anne vide suo figlio particolarmente euforico e sorrise di riflesso, mentre Gemma mangiava lentamente come un automa guardando il fratello. «Ma che vuoi» le rispose Harry mettendo in bocca il quarto boccone consecutivo, lo sguardo buttato addosso all'orologio sperando di arrivare puntuale.
«Solo perché una ragazza te l'ha data, ti monti la testa in questa modo?»
Anne chiuse gli occhi esasperata. «Gemma, non sono fatti che ti riguardano.»
Harry appoggiò il cucchiaio sul tovagliolo ripiegato accanto al piatto. «Non preoccuparti, mamma. Gemma dice così solo perché è invidiosa. Scommetto che lei non ha neanche mai visto un c-»
«Harry!» urlò sua madre prima che il figlio continuasse. Si portò due dita alle tempie. «Davvero, sono stanca di sentirvi litigare ogni santo giorno» annunciò, girando gli indici per calmare il mal di testa che le era venuto.
«Ma è lui che inizia.»
«Io? Sai, Gemma, credo che tu ti sia fumata qualcosa di pesante per dire certe cose. Io stavo tranquillamente mangiando quando tu-»
«Harry, basta» sbottò sua madre, dopodichè iniziò a raccogliere i piatti, sciacquandoli nel lavandino e mettendoli nella lavastoviglie. Gemma aiutò la madre mentre Harry si puliva le labbra e abbandonava la cucina per andarsi a preparare. Un quarto d'ora dopo era sotto casa di Rachel ad attendere che scendesse, ma con sua grande sorpresa la trovò già giù, con la borsetta in spalla e un paio di jeans a fasciarle le gambe muscolose.
Salì subito in macchina e si allacciò la cintura. «Ciao» lo salutò, sfoggiandogli un bel sorriso splendente, il brillantino che catturò un piccolo raggio di sole.
Harry le diede qualche colpetto sulla mano piegata sulla coscia e partì alla volta del centro commerciale.
«Cosa devi prendere?» le chiese mentre si guardava intorno per cercare un parcheggio. Rachel sollevò le spalle.
«Stamattina mi è arrivato un messaggio in cui mi annunciavano una svendita da Piemkie, lo conosci?»
Harry annuì sconsolato, mentre toglieva le chiavi e scendeva dalla macchina. La ragazza lo seguì a ruota. «Mia sorella Gemma veste solo da lì» ammise, mettendo il portafoglio nella tasca del pantalone.
«Anche io, incredibile.»
«Se avesse saputo della svendita, mi avrebbe castrato se non l'avessi portata ma...oops, sono già stato preso» disse, sfoggiando un sorriso.
Quando varcarono l'ingresso dalle porte scorrevoli, una fila di ragazze attendeva fuori le porte del negozio ed Harry sbiancò. «E' lì, vero?»
Rachel scoppiò a ridere. «Sì. Dài, sarà divertente!»
Ed Harry cercò di sorriderle, sebbene sapesse che divertente e shopping non erano vocaboli che potessero andare a braccetto.
Dieci minuti dopo la fila si era intensificata, e finalmente le porte vennero aperte. Harry seguì Rachel cercando di non perderla in quella folla di ragazze urlanti che sventolavano magliette e pantaloni a destra e a manca, alcune che si soffermavano a vedere Harry e ad incantarsi.
Il ragazzo strinse le labbra e raggiunse Rachel che aveva appoggiato alcune magliette e vestitini nell'incavo del braccio, controllando tutte le taglie. «Che cavolo, possibile che non c'è la mia?»
Harry scosse le spalle, trovando una maglietta uguale a quella che Rachel stava cercando nascosta sotto un'altra colonna di roba. «Fai la taglia media?»
«Sì, perché?» chiese lei, e vide Harry tenere con due mani la sua taglia dopo averla tirata fuori da chissà dove. «Cielo, Harry, sei un grande.» E prese la maglia, appoggiandola sopra tutti i capi che avrebbe voluto provare. Ovviamente anche le file in camerino erano chilometriche, e dopo un tempo interminabile, toccò a Rachel. Di fronte al suo camerino c'era un panchina dove altri ragazzi erano seduti e aspettavano le loro ragazze. Harry si lasciò cadere a peso morto accanto ad un ragazzo rossiccio con il volto cosparso di lentiggini.
«Che condanna, eh?» fece il tipo, voltandosi verso Harry che sorrise nel vedere i piedi di Rachel saltellare per infilare chissà cosa.
«Eh già.»
«Noi poveri fidanzati ad attendere che le nostre donne si provino degli abiti. Non c'è tortura peggiore.»
Harry si girò di scatto verso di lui. «Oh no, no» ammise subito, mordendosi il labbro. «Lei non è la mia ragazza» ammise leggermente cupo.
Il ragazzo dai capelli rossi si accostò al volto di Harry. «Sei stato friendzonato?» gli chiese allora ed Harry scoppiò a ridere. Non lo conosceva, eppure gli stava simpatico.
«Nemmeno. Siamo...amici, semplicemente.» 
Il ragazzo fece una smorfia, picchiettandogli le dita sulle mani grandi. «Ricorda, l'amicizia tra uomo e donna non potrà mai durare a lungo.» Poi una ragazza uscì dal camerino e lo redarguì. 
«Ed!» urlò, mantenendo in mano una montagna di vestiti. «Aiutami.»
Il ragazzo - Ed - si girò verso Harry. «Ci si vede.» E aiutò la ragazza, lasciando il posto accanto ad Harry libero di essere occupato. In quel momento Rachel aprì la porta del camerino e si mostrò al ragazzo con una maglietta nera aderente.
«Come sto?»
Harry si portò le mani al mento. «Non è troppo semplice?»
Rachel scosse le spalle. «Costa pochissimo. La prendo comunque.» E dopo avergli lasciato un sorriso si richiuse. Dieci minuti dopo aveva provato tantissime maglie, pantaloni e vestitini colorati, e talvolta Harry rimaneva imbambolato ad osservarla perché non era per niente concepibile che una ragazza come Rachel stesse bene con qualsiasi cosa addosso. Sembrava addirittura voler sfidare la legge naturale. Quando aprì per l'ennesima volta la porta del camerino aveva entrambe le braccia occupate, da una parte i vestiti che voleva lasciare, dall'altra quelli che ovviamente non poteva non comprare. Mentre Rachel si avvicinava ad una commessa per lasciare le cose che non le piacevano, una tizia gettò accanto ad Harry un vestito color beige, semplice, ma spiegazzato. Quando Rachel fece un passo indietro, vide Harry controllare l'etichetta. «E quello?» chiese, controllando a sua volta.
«E' una taglia più piccola di quelle che hai provato, ma è davvero, davvero elegante questo abito, per quanto io ne sappia» fece lui. 
Rachel lo afferrò. «Torno tra due minuti.» E così fece. Quando Harry alzò lo sguardo, la vide meravigliosamente bella. Il vestito era leggermente attilato, ma metteva in risalto le curve del suo corpo, non essendo nemmeno volgare. Il colore poi andava benissimo con il suo incarnato leggermente abbronzato e la forma del suo volto. Rachel si stava passando le mani sui fianchi. «Come sto?» chiese innocente, guardandosi indietro e mordendosi le labbra. Harry si alzò in piedi e la raggiunse, spostandole i capelli dal volto e mettendole una ciocca dietro l'orecchio. 
«Ecco» ammise, leccandosi le labbra. Si mise ad osservarle il volto struccato, le labbra sottili strette tra loro, i capelli leggermenti arriciati alle punte e le guance arrossate per..l'imbarazzo forse? Le accarezzò uno zigomo dolcemente. «Sei un incanto.» E poi si sporse verso di lei delicatamente, toccandole le labbra con le proprie in un bacio talmente leggero che si sarebbe potuto interrompere da un momento all'altro. Harry aveva paura che Rachel lo respingesse, invece si sporse maggiormente verso di lui e schiuse le labbra, portandogli un braccio dietro alla nuca e attirandolo a sè. Harry aveva le mani appoggiate sui fianchi della ragazza, i loro petti che si sfioravano e la gente intorno a loro che li guardava intenerita, mentre la commessa sbatteva un piede a terra, impaziente di dare la possibilità di cambiarsi anche alle altre clienti. Ed tornò nel camerino con altra roba da far provare alla ragazza, e quando vide Harry scosse la testa. «L'avevo detto io.»
Quando si staccarono, Harry aveva le labbra ad un centimetro da quelle di Rachel, mentre la ragazza gli sorrideva felice. «Grazie» ammise, e poi rientrò nel camerino per vestirsi per l'ennesima volta. Harry si grattò la nuca mordendosi le labbra. Davvero l'aveva baciata? Ma ne era strafelice, e non vedeva l'ora di rifarlo.
Quando Rachel uscì reggeva il vestito nella mano e si mise accanto ad Harry mentre si avvicinavano alla cassa. Uscì la carta di credito e fu entusiasta di aver speso quei soldi in quel modo.
Quando furono fuori, si avvicinarono alla macchina che ormai era scomparso il sole dal cielo, lasciando lo spazio ad una leggera tonalità di blu come i capelli di Ivy.
Il silenzio in macchina non fu per niente opprimente, anzi passarono tutto il tragitto con le mani unite sul comando delle marcie, emozionati. Quando ormai Harry era arrivato sotto il portone di Rachel, la ragazza prese in mano le borse e si girò verso di lui. «Grazie per essere venuto con me.» E si sporse a baciarlo nuovamente, ed Harry chiuse gli occhi d'istinto, appoggiandole una mano sulla guancia morbida che aveva sempre bramato di toccare più spesso. 
«Grazie per non avermi respinto la prima volta» disse dopo che si furono staccati, poi Rachel scoppiò a ridere e scese dalla vettura, affacciandosi sul finestrino abbassato. 
«Non avrei mai potuto respingerti. Mi servi per le prossime volte di shopping» scherzò ed entrò subito nel portone, mentre Harry si rimetteva in strada alzando al massimo il volume della macchina, sollevando i finestrini abbassati e cantando a squarcia gola.






Spazio autrice
AMATEMI.
Finalmente questi due concludono qualcosaaaaaaaaaa, certo, al 12esimo capitolo, ma meglio tardi che mai :)
Vi piace la coppia "Hachel"? A me moltissimo, anche se è in concorrenza con i "Livy", ma li amo entrambi.
Comunque, non avrei nient'altro da giungere, se non che venerdì parto a Londra con la scuola e starò via un mese. Farò uno stage in una casa editrice, per cui, mi dispiace dirlo, non saprete come continua la storia fino al mese prossimo, i'm so sorry guys.
Sappiate che vi voglio bene, e vi lascio con un capitolo che spero sia appagante.
Alla prossima.
All the love as always,
Elisa.

p.s intanto, fiondatevi su Reflection (su Wattpad ho pubblicato anche qualche altro capitolo in più) :) vi lascio il banner :




p.p.s se volete, prima di venerdì controllate il mio profilo. Magari decido di aggiornare in anticipo........#nienteconfermato

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Capitolo 13
*** «Give me some details.» ***






«Give me some details.»



Louis quel venerdì pomeriggio andò a casa di Harry e si fiondò in camera sua sotto avviso di Anne, spalancò la porta e si buttò sul riccio, prendendogli la testa sotto il braccio e grattandogli le nocche sul cuoio capelluto. «E guarda un po' Harold» disse con i denti digrignati. Harry fece una smorfia e gli afferrò il braccio, liberandosi dalla presa di Louis e massaggiandosi la testa.
«Mi hai fatto male!» gli rispose, tornando a stendersi sul letto e appoggiando la testa sul cuscino imbottito. Louis gli si sedette accanto e incrociò le gambe sulla coperta.
«Allora? Racconta, voglio tutti i dettagli» disse, comportandosi come una femminuccia al primo appuntamento.
Harry sorrise, ficcando i denti nel labbro inferiore e controllando il cellulare. «Ci siamo solo baciati, non abbiamo fatto sesso. Che dettagli vuoi che ti dia?!» affermò con il volto felice.
Louis gli diede una pacca nelle parti intime e lo fece ripiegare su se stesso. «Ah, scusa, dimenticavo che sei delicato ultimamente.»
Harry gli fece il medio mentre si manteneva la parte colpita. «Tra te e Jason, non so più da chi sto prendendo più colpi nelle palle.»
«A proposito di Mars» iniziò Louis, scendendo dal letto e mettendosi sulla sedia della scrivania, girando in tondo, «continua a ripetere che sei un idiota e un incoerente.»
«Non me ne fotte niente di quello lì. Posso benissimo buttarlo fuori dalla squadra quando voglio.»
Louis sollevò un sopracciglio. «No che non lo farai.»
«Oh sì, invece» disse Harry, controllando i messaggi sul cellulare.
Louis sbuffò. «Tu e lui siete le nostre armi, insieme ai lanci di Payne. Vedi di comportarti bene, Styles, se no la pacca nelle palle non sarà l'ultima.»
Harry alzò gli occhi al cielo. «Sta di fatto che oggi non vengo agli allenamenti.»
«Invece ci vieni eccome» sbottò Louis, alzandosi in piedi. «E' solo un'ora, dopotutto!»
Anne passò di fronte alla stanza dalla porta aperta e sbirciò i due ragazzi. «Ehm, Harry, perché non dovresti andare agli allenamenti?» chiese curiosa.
Il riccio chiuse gli occhi esasperato proprio mentre Louis si girava verso la madre, e poi nuovamente verso l'amico. «Non hai detto niente a tua madre?» sbottò.
Anne guardò il figlio. «Dirmi cosa?»
«Che tuo figlio si è fidanzato.»
Harry si alzò di scatto in piedi. «Questo non è per niente vero!» urlò, lanciando un'occhiata astiosa su Louis.
«Ho una nuora?» disse Anne con una mano vicino alla bocca. Harry le puntò l'indice contro.
«No, non hai nessuna nuora,» poi puntò il dito su Louis, «e tu devi smetterla di dire minchiate del genere, quando non sai niente!»
«Ma-»
Anne lanciò gli occhi al cielo e scese al piano di sotto mentre Harry aveva il fumo che gli usciva dalle narici. «Solo perché ci siamo scambiati un cazzo di bacio non significa che stiamo insieme, diamine.»
«Sono due, veramen-»
«Cosa cambia?» urlò Harry di rimando, poi vide Louis alzarsi in piedi e sospirare.
«E va bene, aspetterò che tu mi dica quando si tratta di qualcosa di serio.» Poi uscì il suo cellulare dalla tasca e lo sbloccò. «Ora vado.»
«Dove devi andare?» chiese Harry, avvicinandosi alla scrivania, sbirciando sul telefono dell'amico.
«Ho un impegno.»
«Che si chiama Ivy? E poi dici a me..» disse sorridendo.
Louis sollevò un indice per aria. «Contrariamente a quanto è accaduto a te, io e Ivy siamo amici, ok? Non un coppia.»
Harry ripensò al giorno prima, al momento in cui Ed gli aveva detto che l'amicizia tra uomo e donna non è destinata a durare perché prima o poi una delle due parti si innamora dell'altra. «Non attacca questa cosa, l'ho provata a mie spese.»
«Da come ne parli» iniziò Louis mentre si avviava alla rampa di scale per scendere e andarsene, «sembra che tu non sia soddisfatto.»
«Altrochè" urlò Harry sorridendo tra sè come una donna alle prese con il suo primo amore. Rachel esercitava su di lui un'attrazione che andava al di là di ogni limite che Harry avesse mai provato, ed era emozionato di esplorare per la prima volta un territorio così sconosciuto e intrigante. «Quelle labbra mi hanno accompagnato ogni notte.»
«Oh» fece Louis mentre salutava con un cenno della mano Anne e Gemma in cucina, «Harriette che sogna la sua metà.»
Aprì la porta, girando il pomello e uscì sull'uscio quando Harry gli diede un calcio al sedere. «Sparisci, Tommo.»
«Stasera alla festa porterai Rachel?» chiese Louis mentre si avvicinava alla macchina, con Harry appoggiato allo stipite della sua porta con le braccia incrociate.
«Perché no?» ammise, stringendo le labbra.
«Okay, allora io vedrò di portarmi Ivy.» E lo salutò con la mano, entrando nella vettura e partendo verso il luogo dell'appuntamento.
Mentre Harry si richiudeva la porta alle spalle, uscì il telefono dalla tasca.
Ti va di venire con me ad una festa? H
Mi piacerebbe molto x 

Ed Harry sorrise compiaciuto mentre entrava in cucina per prendersi qualcosa da mangiare. Anne era appoggiata al lavello con le braccia incrociate e un sorriso beffardo dipinto in volto, mentre Gemma - seduta al tavolo - si metteva lo smalto sulle unghie corte.
Quando Harry sollevò il viso dal cellulare, incontrò lo sguardo verde della madre.
«Allora...» alluse muovendo rapidamente le sopracciglia, «Come si chiama?»
«Mamma!»



«Non è mai successo che un ragazzo tardasse. Quel ruolo spetterebbe a me!» Ivy spalancò la portiera del passeggero, infilandosi nella vettura con una rapidità felina, mentre Louis abbassava di colpo il volume della radio.
«Ma non siamo normali, io e te» ammise lui, accarezzandole il dorso della mano, e Ivy sebbene in un primo momento l'avesse lasciato fare, poi si scostò, stringendosi le mani e mordendosi l'interno della guancia.
«Allora...» disse per smorzare il silenzio, «che film hai scelto? Spero per te che sia ottimo.»
«Me l'hanno consigliato.»
«E come si intitola?» chiese lei mentre abbassava lo specchietto e si metteva un po' di burro cacao. Louis si impose di prestare attenzione alla strada, solo alla strada. Ivy indossava un pantolone verde militare, una maglietta gialla e le vans dello stesso colore. I suoi capelli su quei colori erano un pugno nello stomaco, ma a Louis piacevano proprio per quello.
«Baciati dalla sfortuna.»
«Spero non faccia schifo come il titolo» ammise lei mentre Louis iniziava a rallentare in prossimità del parcheggio. Quando scese dalla vettura, Ivy lo affiancò infilando le mani nelle tasche del pantalone largo. Louis si avvicinò al botteghino e prese due biglietti, e capitò loro la fila più in basso.
«Che merda» bisbigliò Ivy mentre lasciava i soldi nella mano di Louis obbligandolo a non offrirle il biglietto.
Il ragazzo fece una smorfia e Ivy si girò per non fare vedere la sua faccia divertita.
Quando entrarono nella sala, Louis le afferrò il polso e nonostante Ivy l'avesse visto lo lasciò fare. I loro posti erano gli ultimi e quando presero posto dovettero alzare la testa per guardare meglio il maxischermo.
Il film iniziò dopo cinque minuti di pubblicità continua, mentre la sala continuava a riempirsi di coppiette e ragazzine con coppe piene di popcorn. «Ne vuoi una porzione?» le offrì Louis mentre sullo schermo veniva messo in scena il titolo e i nomi dei personaggi.
«No, grazie, il burro mi fa schifo.» E poi restarono in silenzio per tutta la durata del film, tranne in quei momenti in cui Ivy sollevava il braccio verso lo schermo e urlava «Ma era scontato» mentre il resto della sala le intimava di fare silenzio e Louis scoppiava a ridere. Ad un certo punto, quando i due protagonisti furono sul punto di innamorarsi l'uno dell'altro, Louis fece finta di stiracchiarsi e allungò un braccio sulle spalle di Ivy. La ragazza continuò a guardare lo schermo in alto e poi abbozzò un sorriso finto senza distogliere lo sguardo dal film. «Provaci e ti amputo il braccio.»
Louis sbuffò sconsolato e si ritirò con la coda tra le gambe, mentre il film si accingeva alla fine. Quando i due innamorati scelsero di dare la fortuna alla cuginetta del ragazzo, partirono i titoli di coda e Ivy si fermò a leggere tutti i nomi degli attori.
Louis si girò e vide che ormai la sala si era svuotata mentre la ragazza puntava l'indice verso lo schermo. «Ecco come si chiama! Lo cercherò su internet, è davvero carino.»
«Ma chi? Quello che ha fatto il manager dei McFly, Jake?» disse Louis alzandosi in piedi e iniziando a seguirla.
«Sì. Quello con i capelli scuri e gli occhi azzurri. Quell'accostamento è molto carino.» Si bloccò, girandosi verso Louis che stava sorridendo come un cretino.
«Capelli scuri e occhi azzurri eh?» disse smuovendo la sopracciglia. Ivy gli diede un colpo sul braccio .
«Ma io parlo di Chris Pine, non di Louis Tomlinson.»
Il ragazzo si accostò al corpo della ragazza la quale si bloccò prima che uscissero dalla sala. «E comunque» continuò, puntandogli l'indice sul petto, «c'erano altri film più belli da vedere. Questo - ammettilo - era una cagata assurda.»
«Ma no!» disse Louis sgranando gli occhi, «è stato carino!»
«Scontato» puntualizzò Ivy incrociando le braccia al petto.
«Divertente» la sfidò Louis.
«Infantile e stupido» ribattè Ivy sollevando il mento.
«Come te» scherzò il ragazzo, ma poi si accorse dello sguardo omicida di Ivy.
«Cosa hai detto?» scandì lei con gli occhi ridotti in una fessura.
«Scherz- oh, ma che palle!» disse Louis avviandosi verso l'uscita e lasciandosela alle spalle.
«Mi hai dato della stupida!» urlò lei spalancando le braccia e iniziando a seguirlo con il piede di guerra.
«E anche dell'infantile» affermò Louis senza voltarsi dietro di sè, «perchè in questo momento ti stai comportando come tale!»
Ivy gli strattonò il braccio e lo fece girare. «Ma come ti permetti» gli urlò ad un palmo dal suo naso.
«Non toccarmi» la stuzzicò, e Ivy stava per colpirlo in faccia quando Louis le afferrò il braccio a mezz'aria spingendolo verso il muro alle sue spalle, «o ti amputo il braccio» le fece il verso, poi si fiondò sulle sue labbra, inchiodandola alla parete. Ivy spalancò gli occhi e dopo qualche secondo lo spinse via con il braccio libero. 
«Come ti permetti» sbottò per la seconda volta nel giro di qualche minuto, respirando affannosamente e con gli occhi puntati su quelli azzurri di Louis che celavano un guanto di sfida. Poi gli passò rapidamente un braccio intorno alla nuca e Ivy lo attirò sulle sue labbra, e questa volta Louis non potè che sorridere durante il bacio. 



«Però» affermò Rachel guardandosi intorno. «Non credevo che ogni festa presentasse così tanta gente.»
Harry le prese la mano e si inoltrarono verso la porta d'ingresso, alle spalle della quale si sentiva già la musica ad altissimo volume. Girò il pomello e già sull'uscio il pavimento era bagnato di qualche bevanda alcolica. «Dio, certi mi fanno proprio schifo» ammise Harry posando una mano sulla schiena di Rachel per farla passare tra la folla. «E comunque è risaputo da queste parti» le disse, avvicinandosi al suo orecchio per farsi sentire al di sopra della musica, «più gente c'è, più sei popolare, ed è un titolo a cui tutti ambiscono.»
Rachel gli afferrò il colletto della camicia per avvicinare il suo orecchio alle labbra, «E perché tu non fai feste a casa tua?» chiese mentre Harry la faceva entrare in cucina per servirsi dal buffet.
Harry scoppiò a ridere e fu felice che la musica lì dentro fosse un po' ridotta, cosicchè potessero parlarsi senza sussurrarsi alle orecchie, sebbene a lui quella vicinanza non potè che fare piacere. «Perché io sono già popolare di mio!» si vantò prendendo due piatti di plastica e porgendone uno a Rachel.
La ragazza scoppiò a ridere. «Oh, già, dimenticavo che sei il capitano della squadra di Dodgeball della tua scuola» ammise, mettendo nel piatto un pezzo di pizza.
Harry sollevò il sopracciglio e spalancò le braccia. «Le ragazze in questa festa ti invidieranno per stare semplicemente accanto ad Harry Styles.»
Rachel, con il sorriso sulle labbra, allungò il braccio verso di lui, mentre alcune ragazze già presenti nella cucina li squadravano, altre semplicemente si servivano.
Rachel si indicò la pelle con l'indice della mano libera, «Guarda qui! Ho la pelle d'oca per quanto sono lusingata da questa rivelazione.»
Harry scosse la testa continuando a servirsi e prendendosi un bicchiere di birra. Indicò con la mano un piatto ricolmo di dolci. «Non ne vuoi uno? Li abbiamo comprati io e Louis questa mattina» disse mentre una ragazza con il seno prosperoso si accovacciava dalla parte opposta del tavolo affinchè Harry le gettasse un occhio addosso, ma il ragazzo aveva occhi solo per Rachel, nonostante non fosse vestita chissà come. Solo un pantalone nero e una maglietta che avevano comprato il giorno prima insieme, una delle tante che aveva provato e che ad Harry piaceva nonostante fosse molto semplice. Eppure era proprio la semplicità di quella ragazza ad averlo attratto. 
«E va bene» disse lei prendendo un dolcetto con solo due dita, «solo perché li avete comprati voi due.»
Harry le diede una leggera spintarella e uscirono dalla cucina, mentre le altre ragazze presenti nella stanza incominciavano a guardare malamente Rachel.
Quando sbucarono sul corridoio notarono la porta d'ingresso aperta e Louis ed Ivy che entravano l'uno accanto all'altra. Quando la ragazza dai capelli blu si rese conto dell'amica, si gettò su Rachel e la fece allontanare un attimo, mentre Louis ed Harry si scambiavano un cinque seguito da un pugno. «Beh?» chiese Harry mentre Rachel ed Ivy saltellavano dietro di loro.
«Ci siamo baciati» ammise Louis con un sorriso a trentadue denti, «e se ti raccontassi come è successo, ci scambieresti per una commedia romantica da quattro soldi.»
«Voglio i dettagli» disse Harry portandosi il bicchiere di birra alle labbra e sorseggiando, girandosi a vedere Rachel ed Ivy unirsi a loro nuovamente. «Avete finito di spettegolare, voi due?»
Ivy gli sorrise compiaciuta. «Certamente. Ora voglio mangiare.» Si inoltrò verso la cucina, con Louis che la seguì a ruota scrollando le spalle. Harry svuotò il bicchiere e lo appoggiò su un mobile alla sua destra, facendo un cenno a Rachel di seguirlo nella grande sala alla loro sinistra che era così piena di gente che sicuramente non ci sarebbe stato più posto. Rachel aveva il pezzo di pizza in bocca e seguì Harry in quella calca quando vide il ragazzo fermarsi poco più avanti e gli si accostò, mentre un ragazzo biondo si fermava di fronte ad Harry tenendo per mano una ragazza.
«Ehi!» fece il ragazzo colpendo Harry al petto. «Anche tu qui con una lei?» affermò lanciando un'occhiata verso la sua compagna.
«Ciao Niall» disse Harry, «Lei è Rachel» presentò, e la ragazza dovette lasciare il pezzo di pizza nel piatto per stringergli la mano.
«Piacere.»
Poi Niall fece fare più avanti la ragazza che gli era accanto e leggermente nascosta dietro le sue spalle larghe. «Lei invece è Elda, la mia ragazza» disse, accarezzandole dolcemente una guancia.
Harry e Rachel le strinsero la mano sorridendole. Aveva i capelli leggermente arriciati e le labbra colorate di rosa. «Il piacere è tutto mio di conoscervi» disse e poi si ritrasse nuovamente, appoggiando una mano sulla spalla di Niall.
Harry si soffermò ad osservarla, assottigliando lo sguardo. Chissà perché quei capelli color biondo cenere gli erano famigliari...«Non per farmi i cazzi vostri, ma vi siete conosciuti da qualche parte?»
«La prima volta che abbiamo ballato insieme è stata più di una settimana fa al Blue's» e poi Harry ricordò. Praticamente quella sera Niall le era stato praticamente appiccicato, e non potè che sorridere al ricordo, nonostante quella sera non si fosse divertito poi molto dopo che Rachel se ne fosse andata.
Così in quel momento si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla guancia. Rachel sobbalzò sorridendo, poi fece un cenno a Niall e ad Elda che si allontanavano mano nella mano nella mischia, mentre alla radio la musica veniva cambiata più volte al secondo.
Quando Rachel terminò il pezzo di pizza, vide arrivare accanto a sè Ivy con due bicchieri in mano. Gliene porse uno. «E' acqua» disse prima che Rachel glielo chiedesse.
La mora svuotò il bicchiere e lo appoggiò sul mobile insieme al piatto vuoto, prendendo tra due dita il dolce.
«Spero per voi» urlò al di sopra della musica per farsi sentire da Louis ed Harry, «che questi dolcetti qui siano buoni.» E poi ne addentò un pezzo.
Ivy aveva già finito il suo e battè le mani verso Louis che improvvisò un inchino, mentre per tutta la stanza incominciava a risuonare la loro canzone preferita.
Rachel alzò il pollice verso i due ragazzi e poi venne presa per mano da Harry che la condusse in mezzo alla folla. «Che fai!?» urlò mentre i piedi si muovevano rapidi sul pavimento.
Harry le si accostò all'orecchio, procurandole un brivido. «Sei una cheerleader» disse, sorridendo con un angolo delle labbra rosee, «balla con me.» E iniziò a muoversi goffamente a ritmo della musica. Rachel scoppiò a ridere e poi lanciò un'occhiata ad Ivy che veniva trascinata a sua volta da Louis che affiancò subito Harry. Ivy rise di gusto e iniziò ad oscillare con il bacino, Rachel la imitò.
«Fateci vedere qualche mossa.»
Ivy smosse un indice per aria. «No, no» urlò a Louis. «Non possiamo, non abbiamo la divisa per renderlo al meglio.»
Harry scosse il capo, «Come volete.» Poi afferrò entrambe le mani di Rachel ballando insieme, incrociando le gambe, mentre Louis ed Ivy si sfidavano nel fare le mosse più sensuali rimanendo a ritmo. Gli altri ragazzi li guardavano e ridevano, alcuni li indicavano da sopra un tavolo utilizzato come cubo su cui muoversi a tempo, eppure sembrava che Louis ed Harry non si fossero accorti di nulla, troppo impegnati a divertirsi e a far divertire le loro accompagnatrici per quella sera.



Spazio autrice
Hello, i'm finally back.
Ecco a voi - dopo ben un mese - il tredicesimo capitolo di questa storia che spero possa continuare ad entusiasmarvi.
Ora che ne sono tornata, ogni sabato avrete un nuovo capitolo, i promise.
Love you all.
Elisa :)


#prayforParis

twitter: _windowsgirls
wattpad: xsmiling

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Capitolo 14
*** Please, tell me ***


Chiedo enormemente perdono per questo ritardo.
Ma vi spiego il perché, sperando che quei pochi lettori che sono rimasti capiscano.

Sono stata un mese a Londra, e sono tornata a casa solo a metà Novembre; il fatto, però, è che sono entrati i ladri in casa. Non è una cosa che dico per compassione o altro perché non piace nemmeno a me parlarne, ma hanno rubato il mio pc. Con esso ho perso tutto, i miei ricordi e ogni singola esperienza fatta da cinque anni a questa parte. Per fortuna, le mie storie ce le aveva la mia migliore amica, per cui sono riuscita a recuperarle.
Spero possiate capire quest'assenza prolungata. Ora che ho finalmente un computer nuovo, sono ufficialmente tornata.
Nel frattempo ho continuato a pubblicare su Wattpad perché lo si può usare dal telefono, a differenza di Efp, ma sono pronta a pubblicare tutto anche qui sopra. Ovviamente non aspetterò ogni sabato per aggiornare, ma i capitoli saranno molto più celeri.
Vi voglio bene e scusatemi :)
Spero che i capitoli possano piacervi!
Un bacione e buone feste!










Please, tell me




La settimana successiva trascorse rapidamente, senza che accadesse qualcosa da togliere il fiato. A scuola Harry e Louis avevano fatto almeno due compiti in classe al giorno per poter mantenere la media dei voti, il pomeriggio erano stati molto impegnati a studiare per affrontarli quanto più serenamente possibile e intorno alle sei del pomeriggio si erano recati sempre al campetto per allenarsi. Mancavano due settimane e mezzo al campionato e la pressione dell'evento iniziava già a farsi sentire, i cartelloni pubblicitari che erano stati affissi ad una parete sì e l'altra pure. Il tempo per vedere Ivy e Rachel si era ridotto notevolmente, non che anche loro non fossero impegnate.
La loro scuola superiore era praticamente dall'altra parte della città e quindi non vi era la possibilità che si incontrassero. Il loro ultimo incontro risaliva a domenica quando sia Harry sia Louis avevano deciso di andare al bowling.
Anche Rachel e Ivy erano impegnatissime con la scuola e i vari allenamenti che essere cheerleader comportava, per cui Harry e Louis avevano dovuto accontentarsi di qualche messaggio al giorno.
A proposito di ciò, a differenza di Louis che si trovava molto a suo agio, Harry era stato pervaso da fin troppi dubbi. Esattamente, cos'erano lui e Rachel?
Insomma, non se l'erano detto apertamente, e per questo non ne era molto sicuro. Non che lui fosse pratico della questione perché fidanzate vere e proprie non ne aveva mai avute, le sue non erano mai state relazioni particolarmente impegnative, per cui non sapeva come comportarsi in materia. Rachel - aveva scoperto - era stata con parecchi ragazzi, senza mai approfondire il concetto perché gli dava particolarmente fastidio, per cui lei sarebbe stata senza ombra di dubbio la più pratica tra loro. Quella situazione che stava vivendo lo metteva particolarmente a disagio, perché non aveva la benchè minima idea di come presentarsi. Louis gli aveva detto di non perderci troppo la testa, anche perché stando accanto ad un tipo come Ivy aveva imparato ad essere menefreghista di parecchie questioni, per cui avrebbe accettato le cose come sarebbero venute, poco per volta. L'importante per lui era avere quella cheerleader stravagante accanto, con la sua tinta quasi fosforescente e finalmente quel sorriso che albergava sul suo viso paffuto.
Osservandoli, Harry aveva capito che si sarebbe dovuto comportare come loro, per questo aveva cercato di non rimurginarci troppo su.
Ma erano proprio i momenti in cui era da solo che lo portavano a pensare certe cose, come per esempio stare alla cassa del supermercato con la madre avanti a lui che metteva la merce sul nastro trasportatore. Anne aveva la mano spiegata davanti il volto di Harry. «Allora? Me lo passi quel pacco?» chiese ironica mentre Harry abbassava il capo e con la mano libera prendeva quello che la madre gli aveva chiesto.
Gemma aiutava la madre a sistemare la spese nelle buste una volta che il cassiere le aveva fatte passare per il codice a barre, mentre dall'altra Harry rimaneva con il cestello piegato nel braccio, senza aiutare le due donne in maniera particolarmente attiva. Anne lo aveva visto parecchio impegnato ultimamente, ma allo stesso tempo più assente di quanto era mai stato. Harry non era mai stato così, e anche lui stesso se n'era reso conto perché prima viveva con il motto vivi e lascia vivere, infischiandosi di parecchie cose che non riteneva di particolare attenzione, mentre in quelle ultime settimane era molto più riflessivo e razionale. Gemma non trovava più gusto a prenderlo in giro semplicemente perché il fratello la ignorava, ed Anne a tratti si chiedeva dove il suo vecchio figlio fosse finito. Non che Harry fosse cambiato così tanto, ma le persone che gli erano accanto si accorgevano delle più piccole cose. Des Styles continuava a ripetere che le donne fossero la rovina degli uomini, e puntualmente Anne e Gemma gli lanciavano addosso qualcosa, mentre Harry non faceva altro che tenere gli occhi persi nel vuoto a pensare.
Lasciò il cestello vuoto accanto alla cassa e aiutò finalmente Gemma a prendere in mano le borse, mentre Anne finiva di pagare. Quando tutti e tre uscirono dal supermercato, un «Harry» sussurrato aveva fatto girare il ragazzo, e l'oggetto dei suoi pensieri si era fatto in carne e ossa.
Rachel aveva una busta stretta in mano affiancata da una bambina che reggeva un cestino più piccolo con dei pennarelli all'interno. La piccola aveva dei corti capelli marroni accompagnati da una frangetta, gli occhi grandi e le labbra schiuse e la piccola mano che era stretta intorno a quella libera di Rachel. Harry sorrise e strizzò leggermente gli occhi, con Anne che aveva un sopracciglio sollevato e Gemma che sorrideva beffarda, pronta a prendere in giro il fratello una volta arrivati a casa.
I due ragazzi rimasero l'uno di fronte all'altro appena fuori le porte scorrevoli del supermercato, sorridendosi vicendevolmente. Poi Harry le si avvicinò e la strinse tra le sue braccia, in un abbraccio molto veloce. Anne e Gemma rimasero indietro a parlare sommessamente, mentre Harry aveva le labbra vicine a quelle di Rachel.
«Non credo che entrambi vogliamo che mia madre e mia sorella assistano a qualcosa.»
La piccolina accanto a Rachel strinse la presa sulla mano della ragazza. «Elle, chi è lui?» chiese con la sua voce delicata e sottile.
La ragazza sorrise e si morse il labbro inferiore. «Lui è Harry, Myra.»
Il ragazzo si piegò in ginocchio di fronte alla piccola. «E così tu sei una delle sue sorelline?»
La piccola sorrise e gli girò davanti agli occhi la confezione di pennarelli. «Guarda cosa mi ha comprato!» disse sorridendo con qualche dentino che mancava all'appello.
Rachel si abbassò e le diede un bacio sulla testa, «Lei è la più piccola.» Ma la sua voce si ridusse ad un sussurro non appena vide Anne avvicinarsi. 
«Harry» disse lanciando un'occhiata alle sue spalle. «Dobbiamo proprio andare.»
Così il ragazzo si trovò in mezzo tra Rachel, la sua ipotetica ragazza, e 1/3 della famiglia. Come ci si comportava in quei momenti di puro imbarazzo?
Rachel rispose al posto suo, lasciando la presa di Myra e allungando la mano verso Anne. «Sono Rachel» disse accompagnando la sua presentazione con un sorriso, il brillantino al dente ben visibile.
Anne aprì gli occhi di gioia e si buttò sulla ragazza, cingendole le spalle con le braccia. «Sono così felice di conoscerti. Io sono Anne» disse la donna staccandosi e facendo avvicinare Gemma con un gesto della mano. «E lei è la mia figlia maggiore, Gemma.»
«Molto piacere» rispose Rachel, mentre Harry si grattava la nuca. Merda.
La conversazione cadde in un silenzio imbarazzante in cui Anne guardava il figlio come in attesa che facesse altro.
Myra afferrò la mano di Rachel. «Andiamo a casa» disse, ed Harry avrebbe tanto voluto baciare quella piccola e graziosa bambina.
Rachel sorrise alle due donne, ed Anne ne approfittò per gettare un braccio sulle spalle del figlio più alto di lei. «Ti va se poi ci incontrassimo in situazioni migliori?»
A quel punto Harry si destò dallo stato di trance in cui era caduto. «No, no, mamma.» Poi si rese conto dello sguardo stranito di ambo le parti. «Anche lei è molto impegnata ultimamente, vero, Rachel
La ragazza si ritrovò ad annuire e strinse la presa sulla mano della sorella. «Effettivamente sì, ma spero non manchi occasione.» E così, con un cenno della mano, si allontanò per la via, mentre Anne, Gemma ed Harry tornavano alla macchina. Chiuse tutte le portiere, Harry si buttò nel sedile posteriore e si mantenne la testa con due mani. Che coglione che era stato.
Tirò fuori dalla tasca il cellulare e aprì la casella dei messaggi.
Perdonami.
La risposta gli arrivò solo una volta tornato a casa.
Figurati. Dobbiamo parlare di questa storia, comunque. xx R
Sì, domani ti va?
«Harry, sto preparando la cena» appuntò la madre dalla cucina al ragazzo che intanto si era buttato a peso morto sul divano.
Ho un'ora buco alle quattro. Vediamoci ad Hyde Park.

Il giorno dopo, Harry fu il primo a raggiungere il luogo dell'incontro ma Rachel non si fece aspettare. Aveva il borsone della palestra appeso su una spalla e i capelli legati in una coda alta. Anche lui aveva la divisa di Dodgeball, eppure l'abbigliamento era l'ultimo cosa di cui importarsi.
Quando furono abbastanza vicini Harry accorciò la distanza e le prese il viso tra le mani, baciandola. «Ti prego, dimmi cosa siamo» sibilò, bramante di risposte. Era stanco di vagare a vuoto, necessitava un'ancora a cui aggrapparsi e stanziarsi.
Rachel aveva gli occhi fissi in quelli verdi di Harry e inghiottì a vuoto. Poi abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, staccandosi dalle mani grandi di Harry.
«Non lo so.» E a quella frase Harry si sentì leggermente rincuorato, perché almeno non era l'unico ad averci pensato su. «Di certo non siamo amici.»
«Oh, non lo siamo mai stati, puoi starne certa» disse Harry sornione. Le prese la mano e la rigirò nella sua, sorridendole. 
«Eppure non sembriamo fidanzati» ammise lei. 
«Baciarsi e uscire insieme non è esserlo? Scusa ma...non sono esperto, ecco.» Rachel sorrise e gli baciò l'angolo della bocca. 
«Hai ragione. Però...io non voglio affrettare le cose, capisci?»
Harry le appoggiò una mano sulla spalla esile. «Non stiamo andando veloci» ammise e le accarezzò la guancia morbida con il pollice.
Rachel si morse il labbro a disagio. Che avrebbe dovuto dirgli? Nemmeno lei sapeva se spingersi a tanto fosse la miglior cosa da fare al momento.
«Potremmo continuare così finché non ci schiariamo le idee» ammise lei, alla fine.
Harry abbassò le sopracciglia. «E se ci dovessimo incontrare con qualcuno, come ci presenteremo?»
«In quel caso vedremo all'occorrenza. Tu sei formidabile, Harry, e di certo non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.» Poi tirò fuori dalla tasca il cellulare che squillava imperterrito. «Arrivo» urlò, per poi chiudere il telefono in faccia alla persona dall'altra parte della linea. «Devo andare. Ci sentiamo.» Lo baciò un'ultima volta prima di tornare da dove era venuta, diretta agli allenamenti. Anche Harry si sarebbe dovuto recare al campetto quanto prima, però pensò un attimo su quanto successo. «Fidati, Rachel, nemmeno io sono intenzionato a lasciarti andare così presto.» E poi afferrò il suo borsone da terra, avviandosi verso l'uscita.


 

«Mammaaa» Charlotte ormai gridava da dieci minuti, invocando la donna che era chiusa in soggiorno a fare chissà cosa. Louis si auto promise di lanciare la sorella dalla finestra se non avesse chiuso bocca entro tre secondi.
1...2....
«Mammaaaa!» urlò ancora una volta, così Louis si alzò di scatto dal letto - una volta allacciatosi l'ultima scarpa - e si diresse verso la stanza accanto, spalancando la porta della sorella. Lottie era seduta sul letto a gambe incrociate, il telefono in mano e i capelli biondi legati in una coda sfatta. Il computer alla sue spalle era acceso ed era aperto su Tumblr.
«Si può sapere che cazzo vuoi dalla mamma? Se è qualcosa di urgente vai da lei, cazzo, e smettila di rompere le palle in questo modo» urlò di rimando, e in quel momento Johannah sbucò sul corridoio con il telecomando in mano e i capelli sciolti sulle spalle. Fèlicitè spalancò la porta del bagno e rimase anch'essa spettatrice della scena.
«Louis, perché urli così tanto?» disse la madre mordendo la mela che reggeva nella mano libera.
Il ragazzo si ritrovò circondato da tre donne, gli occhi che saettavano dall'una alle altre in un cerchio chiuso da cui non sarebbe mai potuto uscire vincitore. «Io starei urlando? Non quella mocciosa lì sul letto?»
Johannah si sporse verso la porta della camera della figlia, «Qual è il problema?» chiese.
Louis si mise accanto alla madre e incrociò le braccia al petto. «Avanti, sentiamo questa cosa importante» disse sornione, nonostante sul suo volto il cipiglio avesse preso la residenza.
Charlotte girò lo schermo del cellulare verso la madre - restando seduta sul letto - e assunse una faccia sofferente. «Voglio farmi questa tinta!» disse piagnucolando.
Johannah spinse in fuori le labbra mentre Fèlicitè ritornava a chiudersi in bagno. Poi Louis lanciò uno sguardo rapido alla foto che stava mostrando la sorella e spalancò gli occhi. «E questa cazzo di foto da dove l'hai presa?»
Johannah si avvicinò al letto della figlia. «Chi è?» disse prendendo in mano il telefono e Louis non potè che restare allibito.
«La ragazza di Louis» ammise Charlotte incrociando le braccia sotto al seno prosperoso per i suoi quindici anni. «Allora? Posso farmi questo colore?»
Johannah rilasciò il telefono in mano alla figlia. «D'accordo.» Poi diede un morso alla mela, girandosi verso Louis. «Ed è la tua ragazza, quindi?» disse accennando un sorriso.
Louis spalancò la bocca e le braccia contemporanemante. «Non lo so, forse sì, forse no, ma per carità di Dio» disse girandosi verso la sorella che sorrideva vittoriosa, «non azzardarti a fare quella tinta! Un'azzurrina mi basta e avanza nella vita.»
Johannah sollevò un sopracciglio. «Che significa "non lo so"?»
Louis lanciò le braccia al cielo e poi tornò in camera sua afferrando il borsone. «Mamma, Ivy non credo sia la mia ragazza ufficiale e guai se Lottie prova soltanto a farsi quella tinta!» E iniziò a scendere le scale, poi però si bloccò e tornò sui suoi passi, rimettendosi accanto alla madre con lo sguardo puntato sulla sorella. «E tu come diamine fai ad avere quella foto?»
Charlotte alzò gli occhi al cielo. «Quella volta che l'hai lasciata in macchina ad aspettarti per non farla entrare in casa nostra» ammise, poi si morsicò un'unghia. Johannah smise di masticare per guardare il figlio. «Cosa?!»
Louis si prese la testa tra le mani. «Mamma, senti...»
«Non si lasciano le ragazze in macchina, Louis William Tomlinson.»
Prima che la madre potesse dire altro, scese le scale velocemente. «La questione è diversa se si tratta di Ivy Johonson» disse in tono normale, e poi abbandonò quella casa al femminile in cui lui non avrebbe fatto altro che perdere a favore della maggioranza, per qualsiasi cosa.
Giunto al campetto trovò Harry che faceva stretching, con Liam e Niall che parlottavano tra loro l'uno accanto all'altro. Il coach Montpellier stava parlando con Jason che aveva la fronte corrugata e le labbra inclinate verso il basso, mentre l'allenatore gli mostrava qualcosa scritto sul foglio che reggeva. Quando Louis lasciò il borsone sugli spalti, si girò e vide Jason muoversi come una furia verso Harry che si mise in piedi incrociando le braccia.
«Qualche problema?» disse con un angolo delle labbra sollevato verso l'alto. A quel punto Louis scese subito le scale e si avvicinò ai due proprio mentre Jason si avventava su Harry e gli afferrava la maglietta della divisa all'altezza del collo.
«Perché mi hai fatto cambiare la linea? Lo sai benissimo che sono il miglior giocatore della squadra» sputò quello ad un centimetro dalla bocca di Harry.
Il riccio gli diede uno spintone e gli fece perdere la presa, Louis si mise in mezzo con lo sguardo puntato su Harry. «Cos'hai fatto?!» disse incenerendolo con lo sguardo.
Jason si pulì la maglietta come se Harry avesse avuto i germi, mentre gli occhi verdi del riccio saettavano da Louis a Jason. «L'ho fatto spostare, non lo voglio accanto durante la partita.»
Louis gli diede uno spintone. «Ma che minchia ti prende, ti sei frullato il cervello? Rachel ti sta dando alla testa, stai perdendo il senno, amico mio.» Si girò verso Montpellier e gli disse di cancellare l'ultimo piano proposto per rimettere quello precedente. «Mars è uno dei migliori, perché stai facendo tutto questo? Sono sempre dalla tua parte, Harry, ma adesso no.» E si staccò dal riccio mentre il coach suonava nel fischietto e la squadra si posizionava nel campetto.
L'allenamento venne pervaso da un'atmosfera sottile e che sarebbe potuta andare in frantumi da un momento all'altro, tesa come una corda di violino prima che fosse pizzicata, così quando il coach ne decretò la fine Harry afferrò l'ultima palla e la scagliò con potenza verso l'ultimo bersaglio rimasto, il manichino che si spostò con forza, rompendosi in mille pezzi. Jason raccapezzò un asciugamo e gli gettò un'occhiataccia. Quando rimasero in due, Louis prese l'ultima palla sul campo e la gettò nel cestino per mettere in ordine mentre il coach sistemava le carte e si complimentava con Payne.
«Perché ce l'hai con lui, si può sapere?» chiese ad Harry avvicinandosi agli spalti per recuperare i loro borsoni. Il sole stava iniziando a tramontare, le goccioline di sudore che imperlavano le loro fronti. Harry tirò fuori dalla tasca posteriore del borsone il suo telefono e aprì la casella dei messaggi. Lo diede a Louis affinchè leggesse.
Styles, ho aggiunto la tua amica Riley su Facebook e abbiamo iniziato a chattare. E' molto simpatica, spero non ti dia fastidio. A dopo, J
«Riley è..»
«Rachel» sputò Harry mentre si passava la cinghia sulla spalla sudata. «Quello lì è un figlio di puttana.»
«Non posso credere che l'abbia fatto.»
Harry lanciò un'occhiata a Louis. «E' Mars, l'avrebbe fatto eccome. Purtroppo non posso dire niente a Rachel perché è libera di stare e parlare con chi vuole ma-»
«Harry, no. Glielo devi dire, perché Jason non è interessato a lei, cerca solo di colpirti indirettamente per farti distogliere l'attenzione dagli allenamenti così..boom, cercherà di far cambiare le cose in squadra parlando con il coach. Non abboccare all'amo che ha lanciato, Harold, sei più intelligente di lui» disse Louis mentre entrambi uscivano dal campetto e si avvicinavano alla macchina parcheggiata lungo il marciapiede.
«So di essere più intelligente di quel leccaculo, ma mi da enormemente fastidio.»
Louis aprì lo sportello di guida mentre Harry occupava il posto del passeggero. «Ti va una bella birra?» gli chiese allora mettendo in moto e sorridendogli caloroso.

Rachel e Ivy uscirono dalla palestra, la loro divisa aderente ai loro corpi e i capelli umidi sulla nuca. Presero entrambe l'autobus e si diressero a casa della ragazza con i capelli blu, il grande cancello già spalancato. Quella sera casa sarebbe stata vuota perché i suoi genitori, tanto per cambiare, non ci sarebbero stati, e Ivy non aveva la benchè minima voglia di passare un'altra serata in solitudine nonostante la maggior parte delle volte non le dispiacesse. Ovvero, le piaceva fin quando non era arrivato Louis.
Aveva ammesso a se stessa di averlo odiato le prima volte, il solito puttaniere che cercava di accalappiare tutte le donne libere nel proprio raggio, eppure in quelle due settimane aveva imparato a conoscerlo meglio.
Le piaceva la solitudine, stare a casa a cantare a squarciagola, disegnare, vedere film o più semplicemente stare stesa sul grande divano del salone spazioso. Le sue giornate le spendeva così, oltre che a portarsi appresso il libro per studiare, soprattutto ultimamente. Eppure da quando Louis aveva iniziato a provarci e avevano finito per iniziare a uscire insieme, Ivy preferiva stare con lui piuttosto che rimanere sola in quella casa troppo grande per una ragazza minuta come lei.
Louis era simpatico, rumoroso, divertente e anche schizofrenico, eppure Ivy si era ritrovata a ridere più volte di quanto avesse mai fatto con gli altri ragazzi con cui si era frequentata. Aprì la porta di casa e fece avviare Rachel al piano di sopra per farle occupare il bagno più grande, mentre lei andava in camera sua per spogliarsi.
Passò di fronte allo specchio appeso alla parete dov'erano attaccate tutte le foto che la ritraevano con Rachel e le altre amiche, e rimase a fissarsi rimanendo in intimo. I suoi occhi si fermarono sui capelli. Louis era anche stato l'unico ad averli apprezzati senza schifarli o senza obbligarla a cambiare perché le piaceva così com'era. Ivy sorrise e si avviò verso il secondo bagno del secondo piano, mentre Rachel abbandonava il suo e si avviava verso la camera degli ospiti per cambiarsi.
Un quarto d'ora dopo, entrambe le ragazze erano con i capelli avvolti negli asciugamani e i pigiami addosso, le gambe piegate sul divano in pelle del salone di fronte alla tv spenta.
«Cosa facciamo?» chiese Rachel mentre si grattava lo smalto del pollice ormai rovinato. Ivy stava al telefono, poi sollevò le spalle. «Facciamo un selfie e mandiamolo ai ragazzi» disse contenta.
Rachel la guardò e in risposta le si accostò, aprendo il medio e l'indice della mano per indicare 'vittoria', mentre Ivy faceva uscire la lingua, strizzando gli occhi.
Quando scattarono la foto, la mandarono su un gruppo whatsapp che avevano creato per solo loro quattro e aspettarono che i due ragazzi lo guardassero.
Due minuti dopo arrivò un altro selfie.
Harry e Louis vestiti con le loro giacche, gli occhi spalancati e le labbra coperte dai boccali di birra sollevati. Poi giunse loro un audio: Siete sole solette a casa, vi va se facciamo un salto? 
Ivy schiacciò il pulsante prima ancora che Rachel se ne accorgesse. Il salto fatelo a fanculo. Love you.
Così depose il telefono al suo fianco lanciando il suo sguardo sulla ragazza mora accanto. «Elle, tu sei attratta da Harry?» Era una semplice domanda, eppure non ne avevano mai parlato direttamente senza giri di parole.
Rachel stuzzicò lo smalto con i denti, l'asciugamano in testa pendente come la torre di Pisa mentre alcune ciocche sfuggivano alla presa. «Sì, molto. E a te Louis?»
Ivy strinse le labbra, poi sorrise mostrando i sue denti bianchi. «Tantissimo» ammise, poi però si rabbuiò. «In cosa ci stiamo cacciando, Elle.»
Rachel afferrò il telecomando e accese la tv come se fosse stata a casa sua, «Non preoccuparti, va tutto bene.»
Ivy si appoggiò con la schiena al divano e si massaggiò i capelli attraverso l'asciugamano. «Se lo dici tu.» Poi si alzò in piedi facendo muovere il divano sotto di lei. «Io vado ad asciugarli.» E andò al piano di sopra.

 

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Capitolo 15
*** Going out ***






Going out




Era il 14 maggio e a Londra non aveva mai fatto così caldo, nemmeno l'estate si raggiungevano tali temperature. Harry aveva portato Rachel in un piccolo boschetto non degno di nota dove gli alberi erano molto alti e riuscivano a fare ombra su spiazzi erbosi davvero estesi. Ai loro piedi vi era un piccolo ruscello e Rachel si era tolta le scarpe e lasciava che l'acqua fredda le lambisse le piante dei piedi, Harry era accanto a lei, in pancia in giù e con le mani che galleggiavano sulla superficile del ruscello fresco. Gli uccellini cantavano tranquilli, non era nel mezzo della città e proprio per questo motivo non sentivano neanche un clacson nei paraggi. Rachel si reggeva sulle braccia tese, mentre Harry si girava sulla schiena, lo sguardo verde perso tra le fronde degli alberi attraverso cui il sole veniva filtrato delicatamente. Il cestino del picnic sostava ai piedi della quercia poco distante, così come anche la piccola tovaglia dalla fantasia scozzese ripiegata sul cestino di vimini. Rachel faceva oscillare i piedi nell'acqua, poi quando si rese conto che Harry aveva gli occhi chiusi e le mani incrociate sul petto, perso in quella tranquillità, sorrise sadica e sbattè i piedi sulla superficie rapida del ruscello, schizzandolo.
Harry si sollevò di scatto e si asciugò la faccia con la mano, allargando le narici. «Ivy ti ha infettato?»
Rachel sollevò le spalle ritirando le gambe e stringendole al petto. «Nah» disse sorridendo, poi Harry si buttò di lato, facendola cadere sull'erba soffice sotto di loro. Rachel scoppiò a ridere, poi Harry le afferrò entrambi i polsi bloccandoglieli sulla testa e mettendosi a cavalcioni su di lei.
Sorrise beffardo, facendo uscire le labbra in fuori e mordendosi quello inferiore. «Vediamo se riuscirai a non smettere di ridere adesso.» E iniziò a muovere le dita della mano libera freneticamente sotto il collo, sulla pancia e sui fianchi sperando di farle soffrire il solletico, ma in risposta Rachel alzò gli occhi al cielo, i capelli sparsi intorno alla sua testa come un'aureola, le labbra strette tra loro, cercando di non far scappare il sorriso che stava trattenendo.
Harry, la mano stretta intorno ai suoi polsi, appoggiò l'altra dall'altro lato della testa, sorreggendosi su di lei. «Non posso crederci. Sei l'unica ragazza che conosco a non soffrire il solletico.»
«Deluso?» lo provocò Rachel leccandosi le labbra senza alcuna malizia. Harry scosse un poco la testa.
«Diciamo che con te non cado nel solito clichè in cui speravo, sinceramente.»
Rachel, nonostante fosse immobilizzata a terra, con i piedi sul bordo del ruscello, scosse le spalle. «Io sono diversa dalle altre, mi dispiace non essere all'altezza delle tue aspettative» disse, ed Harry scoppiò a ridere sollevando la testa.
«Infatti è proprio per questo che sono con te, non cado in convenevoli e c'è sempre una sorpresa dietro l'angolo.»
«Ti piacciono le soprese?» chiese lei, i suoi occhi cervoni persi a rimirare quelli verde smeraldo di Harry che non avevano abbandonato le sue labbra sottili nemmeno per un istante.
«Quelle belle sì, moltissimo.» E si abbassò sul suo volto, baciandola, sorreggendosi per non premere contro il suo corpo. 
Rachel era sotto di lui, le gambe di Harry che le tenevano fermi i fianchi e le mani immobilizzate sopra la testa. Il bacio si approfondì un po' di più, e non potè evitare di liberarsi dalla presa ferrea del ragazzo, infilando le sue mani delicate tra i suoi lunghi capelli scomposti, le loro lingue che si cercavano e danzavano insieme. L'attrazione fisica tra loro era palpabile, Harry si abbassò più su di lei facendo aderire i loro petti, la sua mano che percorreva la guancia e poi scendeva sul collo della ragazza, la sua bocca che lasciava una scia di baci umidi sulla mascella per poi tornare sulle sue labbra delicate. Rachel, una mano tra i suoi capelli, gli accarezzava la schiena, sfiorando con le dita al di sopra della maglietta i muscoli della schiena di Harry che guizzavano per sorreggerlo e non farlo cadere sul suo corpo minuto e accalorato. Poi Harry si staccò e si rimise seduto, sollevandosi e dandole un leggero colpetto sulla pancia. 
«Andiamo» disse, mentre Rachel respirava affannosamente e dalla guance leggermente arrossate, bramosa di riavere le labbra di Harry sulle sue. Quello staccamento era stato brusco, eppure se non lo avesse fatto lui, Rachel non ne sarebbe stata in grado sicuramente. Si mise seduta quando vide Harry avvicinarsi alla quercia e iniziava a sistemare la tavoglia sul prato. Così si alzò in piedi e, accarezzandosi le braccia piene di brividi e senza scarpe, lo raggiunse.
Si sedettero l'uno di fronte all'altra, mangiando in delle piccole coppe quello che si erano portati da casa.
Rimasero in silenzio per un bel po', gli uccelli che danzavano da un albero all'altro e le loro bocche impegnate a masticare. Harry poi tirò fuori dal cestino due lattine di Diet Coke e le aprì con uno scatto, porgendone una a Rachel.
La ragazza fece un lungo sorso, poi guardò Harry, sorridendo.
Lui, con la bocca piena e il piatto in mano, la osservò di rimando. «Che c'è?» disse con le guance piene.
Rachel scosse le spalle. «Niente, è che sei bellissimo persino mentre mangi.»
Harry ingoiò e prese un sorso dalla Coca, «Madre Natura è stata fin troppo generosa con me.» Poi si alzò in piedi spazzolandosi i jeans e si andò a sedere alle spalle di Rachel, afferrando le sue spalle e spingendole verso il suo petto ampio. A sua volta, Harry si appoggiò alla corteccia dell'albero e la abbracciò da dietro, avvolgendo le braccia intorno al busto di Rachel.
«Hai detto qualcosa ai tuoi?» le chiese a quel punto, il suo mento appoggiato sulla testa della ragazza. Rachel gli accarezzò il braccio con la mano.
«Ho detto che uscivo con te.»
«E basta?»
«Sono persone di poche parole» ammise lei, lo sguardo che si spostava dal ruscello rapido alle fronde ondose degli alberi. Harry si morse l'interno della guancia.
«Ma io dico» fece una pausa, «i miei mi fanno il terzo grado, e sono un ragazzo, e a te non danno alcuna raccomandazione?» disse lui sorridendo.
Rachel scoppiò a ridere e intrecciò la sua mano con quella di Harry. «Non hanno nulla di cui preoccuparsi, si fidano di me.» Poi sollevò la testa per incontrare gli occhi verdi del ragazzo alle sue spalle. «Ma non conoscono te, per cui mi hanno detto di stare attenta, questa volta. Contento?»
«Mmh» mugugnò Harry, stringendola a sè. Chi l'avrebbe mai detto che dopo tre settimane e mezzo si sarebbe trovato con una ragazza tra le braccia, appoggiato su un albero in un boschetto lontano da Londra? Se gliel'avessero predetto, non ci avrebbe mai creduto.
«Rachel, devo chiederti una cosa.»
«Dimmi» rispose lei serena. Harry sollevò gli occhi su un pezzo di cielo scoperto sopra le loro teste.
«Ti stai sentendo con Jason?» sputò d'un fiato, perché gli pesava parecchio ammetterlo ad alta voce, temendo persino la risposta.
Rachel si liberò dalla sua stretta e si girò verso di lui, spostandosi una ciocca di capelli da sopra gli occhi. «Credi davvero che, impegnata con te, io possa sentirmi con altri ragazzi? Mi ha solo scritto in chat e non gli ho nemmeno risposto.»
«Davvero?» chiese lui allibito. Allora Jason l'aveva preso per il culo e ci era cascato. Ma quanto era debole e stupido?
«Ovviamente. Sono con te, e penso a chattare con altri ragazzi che - tra l'altro - non mi interessano?»
«Ma-» Però Harry si bloccò, e si mise meglio seduto contro la corteccia dura dell'albero. «Senti, io non sono nessuno per dirti con chi stare, per cui potresti anche sentirti con altri ragazzi...ma non con Jason, per favore. Tutti ma non lui.» Poi si rese conto di quanto appena detto e si scompigliò i capelli. «Facciamo una cosa, ritiro tutto. Sono Harry Styles e non devi sentirti con altri ragazzi, in particolar modo con lui» puntualizzò, e Rachel scoppiò a ridere.
«Solo tre settimane e sei già geloso» disse scompigliandogli il ciuffo ribelle, «Comunque non mi interessa che sei Harry Styles, io parlo con chi voglio, ma ció non significa che io abbia il diritto di sentirmi con gli altri quando ho te, è chiaro?»
Harry sorrise soddisfatto. «Però ti prego» disse divenendo serio tutto in una volta, «Jason Mars lascialo perdere, perché ti userebbe soltanto contro di me, e sai che un'azione tanto meschina deve essere evitata come la peste.» Le diede un bacio sulle labbra. «Odio i tradimenti» terminò lasciandole un altro bacio rapido.
Rachel abbassò gli occhi stringendosi nelle spalle e mordendosi l'interno della guancia. «Sei mai stato tradito?»
Harry fece un rapido calcolo mentale. «Nah, che io sappia no. Chiunque mi tradisca deve starmi alla larga, perché altrimenti non risponderei delle mie azio- ehi!» urlò decretando la fine della conversazione, spostandosi dalla sua posizione e gettandosi sul cestino di picnic dove un piccola anatra aveva infilato il becco. «Brutta oca di merda, sparisci» continuò Harry prendendo un bastoncino da terra e punzecchiandola. Ma l'anatra gli rispose con un craaaa prima di correre verso Harry cercando di pizzicarlo. Rachel scoppiò a ridere e si fiondò sul cestino che era stato liberato perché Harry si era allontanato con l'animale al seguito, così spezzò un pezzo di mollica di pane. Fischiò stringendo le labbra e sia Harry sia l'anatra si girarono verso di lei. Rachel smosse la mollica tra il pollice e l'indice e la lanciò nel ruscello, facendo sì che l'anatra si gettasse in acqua per prenderla e si lasciasse trasportare dalla corrente. Harry aveva il bastoncino in mano, con il busto piegato e la mano sul fianco.
«Mpf, anche io avrei fatto così. Sono un esperto in materia.»
«Sì, certo» fece Rachel e fu felice che la conversazione fosse caduta, mentre Harry si avvicinava a lei e iniziava a punzecchiarla con il bastoncino, giocando come due bambini.



 

Al centro di tiro si sentivano detonazioni da ogni dove, pareti di vetro che vibravano ed erano sporche di polvere, bersagli che venivano colpiti e cadevano di lato pieni di buchi all'altezza del petto. Certo, non era un ottimo posto per un appuntamento con una ragazza, ma si trattava di Louis ed Ivy, di certo nessuno si sarebbe mai aspettato qualcosa di normale da parte loro. L'istruttore era un uomo sulla trentina, le braccia muscolose che aiutavano Ivy a mettersi in posizione, un accenno di barba a decorargli il mento e gli occhi scuri leggermenti infossati. Era molto più alto di Louis, e il ragazzo non potè che provare fastidio, perché comunque Ivy non faceva altro che pendere dalla sue labbra assecondando i movimenti che lui spingeva a farle fare.
«Pedofilo» sussurrò, eppure l'istruttore, una mano sotto il braccio di Ivy, l'altro sul suo addome, sollevò lo sguardo.
«Come dici, scusa? Con tutti questi spari non ti ho prestato attenzione» ammise quello sorridendogli, poi Ivy lanciò un'occhiataccia a Louis.
«Ma tu quando spari?» gli chiese e a quel punto, con due paia di occhi addosso, Louis scoppiò a ridere a disagio. 
Si mise al centro del piccolo cerchio bianco tracciato per terra e mise la gamba sinistra più avanti di quella destra, le braccia spiegate in avanti e le mani chiuse intorno all'impugnatura dell'arma. Chiuse l'occhio sinistro e aspettò qualche secondo prima di dar fuoco. Sentiva i muscoli delle braccia tirare per lo sforzo e il petto schiacciato per i rapidi respiri che stava facendo, così prese la mira e sparò. La detonazione lo spinse addirittura all'indietro e perse presa sulla pistola che gli cadde a terra, fumante. Ovviamente non aveva centrato il bersaglio. 
Ivy lo guardò sollevando un sopracciglio. «Bene.» Si girò verso l'istruttore e gli mostrò un adorabile sorriso, scostandosi il ciuffo azzurro dagli occhi. «Vorrei provarci da sola, ora» ammise con tono suadente, poi una volta puntato lo sguardo davanti indurì la mascella come se fosse una vera poliziotta pronta a sparare a qualcuno. Louis si appoggiò al muro alle sue spalle, sfidandola con il mento sollevato.
«Vediamo se sei in grado di centrarlo»
gridò per farsi sentire dalla ragazza che mollò la presa sulla pistola con la mano destra per mostrargli il medio, dopodichè impugnò la cannula e aspettò. L'ispettore aveva le braccia conserte e i bicipiti gonfi che sembravano due palloni di backet, così Louis incrociò le braccia a sua volta e mise in mostra i suoi muscoli che purtroppo, nonostante si allenasse da anni, affianco al trentenne sembravano due palline da tennis. Allargò le narici e spostò tutta la sua attenzione su Ivy che premette il grilletto. Inutile dire che per la potenza venne scaraventata all'indietro e cadde di culo a terra sul tappetino di gomma del pavimento. Louis scoppiò a ridere e iniziò a battere le mani ritmicamente, poi quando si accorse che l'istruttore le si era avvicinato e la stava aiutando a mettersi in piedi, divenne serio tutto in una volta e si avvicinò ad Ivy, afferrandole l'altro braccio. L'istruttore si rese conto dello sguardo omicida di Louis e si scostò sollevando le mani, mentre Ivy, con la pistola ancora in mano, si girò verso di Louis.
«Ti sembra il caso di ridere per un mio sbaglio?» urlò muovendo la pistola freneticamente. Louis sollevò le mani in aria e si allontanò. 
«Sì, okay, magari sarebbe meglio se lasciassi quella pistola, che dici?»
Sembrò che la ragazza si fosse accorta solo in quel momento di tenerla in mano, così sorrise sadica e la impugnò verso Louis, chiudendo un occhio. «Dici questa?»
Louis, vedendosi l'arma puntata contro, si allontanò ulteriormente. «Woah, stiami calmi qui, eh?» disse con un fil di voce mentre dalle altre stanze si sentivano le detonazioni continuare. 
L'istruttore represse un sorriso e appoggiò le mani sulla canna della pistola, puntandola verso il pavimento rivestito di gomma. «Sarebbe davvero il caso che non ne puntassi una contro qualcuno che non sia un bersaglio.»
E nonostante Ivy gliela stesse cedendo, si avvicinò a Louis e gli cinse il collo con le braccia, un sorriso sadico sul suo volto paffuto. «E chi le dice che lui non sia un bersaglio?»
Lo disse con una tale naturalezza che Louis le puntò il suo sguardo spaventato addosso spalancando leggermente la bocca. «Oh cielo.» Poi si abbassò e le diede un rapido bacio, mentre l'istruttore lucidava la pistola con un lembo della maglietta.
«Già, dovresti avere paura di me» disse Ivy dandogli un altro bacio per poi staccarsi, con gli angoli delle labbra leggermente rivolti verso il basso. Si girò verso l'istruttore e sorrise nuovamente, appoggiandogli una mano sul bicipite scolpito. «Grazie per la lezione, comunque, signor...»
«Chiamami Tobias» le sfoggiò un sorriso.
Louis prese Ivy sottobraccio. «Sì, okay, alla prossima» tagliò corto e spinse la ragazza affinchè abbandonassero il centro di tiro. Quando furono fuori l'edificio, Ivy si liberò dalla presa di Louis e lo guardò con le sopracciglia disegnate e sollevate verso l'alto.
«Devi smetterla con queste sceneggiate» si bloccò, gesticolando con le mani. «Già tutto questo è abbastanza strano, non ti ci mettere anche con i tuoi teatri di gelosia, Louis.»
Il ragazzo si appoggiò alla macchina parcheggiata sulla via, incrociando le braccia e sorridendole sornione. «Ma io non sono geloso.»
Ivy scoppiò a ridere e scese dal marciapiede, andando verso il posto del passeggero e aprendo la portiera. «Certo, e io il mio nome non è Ivy.»
Louis era entrato in macchina e a quell'espressione sbattè le mani sul volante, facendo partire il clacson. «Ecco, l'ho sempre saputo. Magari ti chiami Ursula» ammise lui mettendo in moto.
Ivy appoggiò la testa al braccio, scuotendola. «E perché mai dovrei chiamarmi così?» chiese celando un sorriso.
«Beh, perchè come un piovra, mi hai afferrato con i tuoi tentacoli.» Ivy scoppiò a ridere e gli diede un colpo sul braccio. «Attenzione in caso ti fai male, sono duri» esordì Louis sollevando le sopracciglia in contemporanea.
Ivy si massaggiò fintamente le nocche, «Mi dispiace, ma non sono come quelli di Tobias
E Louis inchiodò sulla strada, provocando lo scoppio dei clacson dei veicoli che procedevano dopo di lui. Si girò verso di lei con i denti digrignati. «Cosa?»
Ivy scoppiò a ridere e con la mano libera ingranò la marcia, stampandogli un bacio sulla guancia. «Muoviti, Tommo, portami a casa.»
Louis strinse le labbra tra loro e la accompagnò fino alla sua imponente abitazione. Una macchina aveva appena parcheggiato e Ivy sbuffò. «I miei sono tornati prima oggi» disse, mentre una chioma bionda ossigenata lasciava la vettura di fronte il cancello e usciva sul marcipiede. Aveva un tailler a fasciarle il corpo magro, gli occhiali da sole appoggiati sulla fronte e una ventriquattrore stretta nella mano dalle unghie curate. Louis poi guardò il padre, vestito anch'egli elegante e con il telefono all'orecchio, un bracciale d'argento che faceva capolino dai gioielli della camicia. 
«Non ti va a genio, questa cosa?»
«Per niente» disse lei e aprì la portiera, ma Louis la trattenne con un braccio.
«E comunque, proprio perché mi hai chiamato Tommo come fa solo Harry-»
«Ma voi due siete solo amici? Perché potres-»
«Dicevo» riprese lui sorridendole. «Proprio perché hai osato chiamarmi in quel modo, ti salverò Azzurrina in rubrica.»
Ivy alzò gli occhi al cielo. «E' l'atto più trasgressivo che tu possa mai fare» disse sorridendo, poi fece per abbandonare la macchina proprio mentre i genitori si fermavano di fronte al portone, girando dubbiosi lo sguardo sulla loro figlia.
Louis le strinse il polso e la fece girare verso di sè, sorridendo beffardo. «No, è questo» disse prima di baciarla mentre i genitori di Ivy li guardavano con la bocca aperta. Il signor Johonson aveva persino staccato il telefono dall'orecchio, impalato com'era sotto il portone in attesa di entrare in casa.
Ivy si staccò da Louis e gli lanciò un'occhiata di puro astio mista a rabbia e, ovviamente, un briciolo di ribellione e divertimento. «Ti odio.» E finalmente scese dalla macchina, raggiungendo i suoi. Louis aspettò che fosse loro accanto prima di ripartire, gli occhi che notavano quanto sembrasse strano il fatto che provenissero dalla stessa famiglia seppur totalmente diversi: i suoi genitori un insieme di eleganza e ordine, la figlia il caos più totale, la tipica ribelle della famiglia che è disposta a cambiare fisicamente pur di dar fastidio ai genitori.
Louis l'adorava per quello. 
E mentre la signora Johonson squadrava Ivy, Louis si allontanò lungo la strada, sapendo che quella sera le avrebbe parlato per sapere come sarebbe finita.





 

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