Seimei to Ai

di 144kagome_alice144
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unmei ni amasu ***
Capitolo 2: *** Homou!? ***
Capitolo 3: *** SHONICHI ***
Capitolo 4: *** DEAI TO KORON - DAIICHIBU - ***
Capitolo 5: *** DEAI TO KORON - DAINIBU - ***
Capitolo 6: *** ODOROKI! ***
Capitolo 7: *** KAKO NO SEWA ***
Capitolo 8: *** NICHIBOTSU DE ARUKIMASU ***
Capitolo 9: *** KANGAE ***
Capitolo 10: *** TAIYO NO EGAO ***
Capitolo 11: *** KOKORO NO MONDAI ***
Capitolo 12: *** JUNBI O KAISHI SHIMASU ***
Capitolo 13: *** KONRAN ***
Capitolo 14: *** SOKO NI NIKUSHIMI ***
Capitolo 15: *** ATTAKAI SEN ***



Capitolo 1
*** Unmei ni amasu ***


                                             
                                      Unmei ni amasu



 
< Mamma.. Papà.. >

“ Non ve ne andate “ E’ questo che voleva dire. Ma non ne aveva la forza. Non poteva chiedere una cosa così, sapeva che per il suo egoismo sarebbero morte migliaia di persone.

< Itachi.. > sussurrò sua madre abbracciandolo; incapace di alleviare il suo dolore che, con il tempo, era certa si sarebbe espanso, creando una voragine.

Itachi era un bambino di appena sette anni; aveva dei lunghi capelli neri, raccolti in un ordinato codino dietro la schiena. Era sempre stato un bambino molto intelligente e altruista e, proprio per questo, sapeva che il sacrificio dei suoi genitori e dei suoi “ zii “ era necessario.

Ma allora perché non riusciva a fermare quelle lacrime provenienti dai suoi occhi neri come il carbone? Perché sentiva quella stretta al cuore che gli toglieva il fiato?

Sua madre lo teneva stretto fra le sue braccia, accarezzandogli la schiena come faceva quando aveva avuto un incubo. Lei sapeva bene che per lui non era facile, ma non c’era altra scelta. Lei, suo marito Fugaku e i loro due migliori amici Minato e Kushina, avevano fatto di tutto per evitare la sofferenza dei loro figli, ma non ci erano riusciti.

Avevano fallito come genitori, dovevano farsi valere almeno come persone.

La donna guardò suo marito. Apparentemente sembrava che la cosa non lo toccasse minimamente; se ne stava girato di spalle, evitando di mostrare il suo volto che, Mikoto ne era sicura, era pieno di lacrime come quello del figlio.

Dall’altra parte del salotto di casa Uchiha vide i suoi due migliori amici in compagnia di Jiraiya, salutare il loro bambino di appena cinque giorni.

Guardò nella culla blu, in un angolo della stanza, dove il suo secondogenito di appena un mese dormiva tranquillo, ignaro di quello che stava succedendo.


Minato guardava sua moglie abbracciare con foga il piccolo Naruto ancora dormiente. Era così piccolo e indifeso e presto avrebbe dovuto imparare a vivere senza una famiglia. Più l’uomo pensava al destino di suo figlio, più sentiva la rabbia ribollire dentro di lui.

Kushina sapeva cosa provava il marito, anche per lei era lo stesso. Quale madre abbandona così un figlio appena nato? Non riusciva a trovare nessuna risposta decente a quella domanda e, questo, la faceva stare ancora peggio.

< Minato.. > sussurrò al marito porgendogli, con un lieve e tirato sorriso, il bambino.

Il Namikaze, con mani tremanti prese in braccio suo figlio, la gioia della sua vita oltre a sua moglie. Gli carezzò la testa, delicatamente, per paura di fargli male. Due lacrime caddero dal suo viso su quello del piccolo che fece una smorfia nel sonno.

< Jiraiya, è tutto pronto, vero? > domandò poi all’albino, suo padre adottivo.

< Si Minato. Trasferiremo i bambini a Suna, lontani da Konoha, sotto il cognome degli Uchiha. Io non potrò stare con loro, ma fino che Itachi non avrà raggiunto la maggiore età, avrò io la loro custodia. >

< Ti prego Jiraiya, proteggili sempre. > Aveva supplicato Kushina mentre osservava il suo piccolo in braccio al padre. < Tranquilla Kushina > rispose l’uomo dai capelli lunghi e spinoso.


< Bene è ora di andare! > esclamò d’improvviso Fugaku. Lui odiava gli addii, non voleva assistere ad altra sofferenza. Era meglio farla finita subito.

Diede un rapido sguardo a piccolo Sasuke, nella culla. Fisicamente gli somigliava molto, chissà se anche nel carattere. A quel pensiero sorrise, augurandosi che avesse preso dalla madre.

Non potendo trattenersi si avvicinò alla culla e, avvicinandosi al piccolo, sussurrò: < Sono orgoglioso di te >

Per Fugaku quelle semplici parole volevano dire molto di più e sperò che un giorno anche suo figli Sasuke capisse.

Anche sua moglie si avvicinò al piccolo e, dopo averlo coperto per bene gli diede un piccolo bacio sulla guancia sussurrandogli le note di una dolce ninna nanna.


Minato ripose suo figlio nella culla e, cercando di sorridere, gli disse < Ricordati che tu sei Naruto Uzumaki, non dimenticarlo mai figliolo >

Kushina si avvicinò alla culla e, dopo aver depositato un bacio sulla sua piccola fronte, disse < Ti amo, Naruto >


Lasciati i due piccoli nelle culle, i quattro adulti si girarono verso il piccolo Itachi:

< Itachi – iniziò sua madre inginocchiandosi guardandolo negli occhi – Tu devi essere forte. Non devi mai arrenderti. Ricordati che noi saremo sempre con te, saremo racchiusi qui dentro – delicatamente gli sfiorò il cuore – Tu non sarai solo. Potrai contare su Jiraiya e su Sasuke e Naruto. Ricordati figlio mio che, di qui in avanti voi sarete una famiglia, la famiglia Uchiha. So che sarà difficile, amore mio, ma io credo in te. Io ti voglio bene! >

La donna lo abbracciò con foga, liberando le sue lacrime trattenute fino a quel momento. Per tutto il discorso suo figlio l’aveva guardata fisso negli occhi, ormai rassegnato a perdere i genitori.

< Mikoto.. > La richiamò il marito. Quest’ultima cercò di asciugarsi le lacrime, invano, poi abbracciò di nuovo il figlio, depositandogli mille baci sul suo tenero visino. In altre occasioni il moretto si sarebbe scansato, ma non quella volta, perché sapeva che quegli erano gli ultimi baci di sua madre.

< Itachi – Prese parola Minato avvolgendo la sua Kushina con un braccio – Ti prego tieni d’occhio Naruto > Il piccolo annuì allo “ zio “, sapendo che cosa intendeva.

Sapeva che quella sera stessa, insieme al “ nonno “ Jiraiya avrebbero dovuto lasciare Konoha, la sua città, la sua scuola, i suoi amici, per dirigersi a Suna. Gli era stato raccomandato di non dire niente ai due piccoli, fingendosi fratello maggiore di entrambi. Gli avevano detto di nascondere tutte le foto di famiglia o qualsiasi cosa potesse riportare a loro e, quando sarebbe stato il momento, di raccontare ai due che i loro genitori gli avevano abbandonati.

I coniugi Uzumaki uscirono dalla stanza, insieme a Jiraiya.

Mikoto lasciò Itachi, avvicinandosi al marito.

Quest’ultimo si avvicinò al primogenito, scompigliandogli un po’ i capelli, poi, abbassandosi gli sussurrò < Ti voglio bene, figliolo. Ricordatelo sempre >

Con queste ultime parole anche i due coniugi Uchiha uscirono dalla stanza, dirigendosi incontro al loro destino.

Itachi, aspettando Jiraiya, si avvicinò ai suoi due fratellini e, inginocchiandosi fra le culle, iniziò a piangere silenziosamente.

Quella era stata la prima volta che suo padre gli aveva detto che gli voleva bene: non lo avrebbe più rivisto, né lui né sua madre. Itachi pianse a lungo, cercando di finire tutte le lacrime che un piccolo bambino di sette anni poteva avere, così da mostrarsi sempre sorridente in futuro. Quel futuro che stava iniziando a fargli paura.


 
QUASI SEDICI ANNI DOPO



Din Din

< Bene la colazione è pronta! > esclamò un ragazzo alto, dal fisico ben scolpito, con dei lunghi capelli neri, legati dietro la schiena, e dei nerissimi occhi che riflettevano la bellissima, buonissima e abbondantissima colazione sul tavolo.

Si sedette al suo posto e tranquillamente aspettò. Dopo neanche un minuto sentì scendere lentamente le scale.

< Ben svegliato Sasuke! > Salutò il fratello con un sorriso, iniziando a servirlo con la sua colazione < Buongiorno > rispose l’altro ancora parecchio assonnato sedendosi a tavola e iniziando, in silenzio, a mangiare.

Fecero colazione con tranquillità in un bellissimo silenzio mattutino, fino a quando non passò il postino. Quell’uomo era stato maledetto dal loro cane che, ogni volte che passava, si metteva ad abbaiargli, correndo per morderlo.

< Fai entrare Kurama, così gli do colazione > disse Itachi alzandosi. < Perché devo pensare io alle cose del Dobe? > chiese il più piccolo, andando alla porta. Subito una furia arancione si precipitò in cucina, saltando letteralmente addosso ad Itachi. < Buono. Kurama sta buono > cercò di placarlo.

Kurama era un cucciolo che due anni fa era stato salvato da Naruto. Lo avevano abbandonato alla stazione e, se non fosse stato per il giovane, sarebbe morto di stenti. Era un meticcio, non molto grosso, con delle lunghe orecchie appuntite che ripiegava dietro alla testa quando era felice. Il suo pelo era di uno stranissimo arancione e i suoi occhi rossi.

Sasuke era rimasto appoggiato allo stipite della porta, contemplando la buffa scena di cui protagonisti il cane euforico e suo fratello. Quando Itachi se ne accorse, lo richiamò < Otouto, non dovresti andare a svegliare Naruto!? > Il piccolo Uchiha sbuffò, risalendo al piano di sopra, diretto in camera del fratello.

Bussò un paio di volte ma, naturalmente, non ebbe risposta.

Entrò e trovò suo fratello ancora beatamente addormentato in una posizione alquanto stramba e, a parer suo, scomoda. Gli si avvicinò, cercando di rimanere in equilibrio in quella stanza sottosopra, l’opposto della sua.

< Naruto svegliati! > ordinò, senza ricevere risposta.

< Dobe..! > < Mmm, cinque minuti.. > sussurrò l’altro girandosi. Il moro ghignò, lasciando la camera del fratello. Quest’ultimo, credendo di aver vinto la prima sfida della giornata, sorrise.

< Io non riderei tanto Usuratonkachi! > esclamò una voce alle sue spalle prima di tirargli un pentolone di acqua gelida addosso.

< SASUKE!! >

L’urlo disumano di Naruto fece tremare le mura della casa. I due iniziarono a rincorrersi per il primo piano, intenti a punzecchiarsi e a vestirsi per andare a scuola. 

Dopo qualche minuto scesero, salutarono Itachi, mentre il biondo raccattava gli avanzi della colazione, e si avviarono verso scuola.

Itachi sorrise: ogni mattina era la stessa storia. Lui era il primo ad alzarsi, poi, sentendo l’odore della colazione, Sasuke, dopo faceva la sua entrata l’euforico Kurama e, mentre Itachi si occupava di lui, Sasuke si occupava di Naruto.

Incredibilmente, il moretto era l’unico in grado di svegliare quella peste, finendo però di distruggere il piano superiore con i loro soliti “ battibecchi “.

Drinn Drinn

Il moro si riscosse dai suoi pensieri. Chi mai poteva essere a quell’ora?

Una strana sensazione si impossessò di lui, attorcigliandogli lo stomaco.

Non riusciva a capirne il motivo, ma non gli piaceva. Aprì la porta, ritrovandosi davanti un uomo molto conosciuto:

< Buongiorno Itachi! > salutò cordialmente.

Bene, adesso sapeva perché aveva quella strana sensazione: quell’uomo non portava mai belle notizie.





Angolo Autrice:

Salve! Vi chiederete che cosa ci faccio qui mentre ho un'atra storia da finire?!
Bhe, stanotte mi è venuta questa " illuminazione " tanto brillante che non mi ha fatto chiudere gli occhi fino a che non ho scritto.

Non preoccupatevi per l'altra storia, sto ancora scrivendo il capitolo, ma spero di poter aggiornare presto.
Intanto vorrei sapere che ne pensate di questa storia; come avrete notato è molto diversa dall'altra, anche l'impostazione.

Volevo sapere anche se preferite che nelle note ci siano le traduzioni dei titoli ( che saranno tutti in giapponese ).
Aspetto un vostro parere, anche malvagio.



Alla prossima!                                                                                                      144Kagome_alice144

 

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Capitolo 2
*** Homou!? ***


                                             
                                     Homou!?


 
< Ma Jiraiya, non pensi alle conseguenze!? > Aveva esclamato il moro su tutte le furie.

< Certo che ci penso, Itachi! Ma questa è l’unica cosa da fare.. > continuò l’albino.

< Ma..! > Fece per ribattere di nuovo l’Uchiha

< Ho già pensato ha tutto io. – lo interruppe – Andrete a vivere nella vostra vecchia casa, è sicura ormai. Inoltre ho già iscritto i ragazzi alla Konoha High School. >

< Jiraiya, io non mi preoccupo per la scuola o per la casa; ma per loro! Mi stai chiedendo di portare le prede dal lupo! >

< Ma insomma Itachi quando parlo mi ascolti!? – esclamò esasperato – E’ proprio questo che voglio! Comunque per loro non ti devi affatto preoccupare, conosco una certa persona, se ne occuperà lei. >

Itachi sbuffò contrariato, lasciandosi sedere sul divano. Tornare a casa? Era da quando era partito che sognava di tornare, ma non poteva pensare solo a se stesso, aveva due fratelli a cui badare.

Guardò ancora una volta l’uomo dei suoi guai che gli stava sorridendo incoraggiante. Sospirò. < Va bene, torneremo a casa.. > Jiraiya esultò, mentre Itachi si fece pensieroso.

“ Casa “. Quella parola si addiceva a lui, ma non poteva certo dire per i suoi fratelli. Per loro era quella “ casa “. Jiraiya si accorse dell’umore nero del ragazzo, per cui si affrettò a spiegargli quelle che, secondo lui, erano cose “ positive “:

< Su Itachi, guarda il lato positivo: i ragazzi andranno a scuola e lavoreranno e te potrai dedicarti a pieno al tuo nuovo lavoro! > Itachi lo fulminò < Quale nuovo lavoro? > Jiraiya parve un po’ preoccupato dalla possibile reazione del ragazzo e, con sguardo timoroso, spiegò < Non te ne avevo parlato? Ti ho consigliato come aiuto cuoco ad uno dei ristoranti migliori della città! >

Itachi, cercando di recuperare quel poco autocontrollo che gli era rimasto, iniziò a contare almeno fino a dieci; ma quando gli fu chiaro il senso di quelle parole, esplose < Tu..! > < Calmati, calmati Itachi – cercò di placarlo l’altro, inutilmente – Adesso ti spiego tutto, ok? > < Sarà meglio per te che la spiegazione mi soddisfi!! > esclamò pieno di rabbia l’Uchiha, mentre l’altro, in netta difficoltà, si apprestò a spiegargli come si sarebbe evoluta la loro nuova vita a Konoha.

 
< Dai Sasuke, smettila! >

< Ma se sei tu che hai cominciato! >

< Non è vero! >

I due fratelli Uchiha entrarono in casa, battibeccando come al loro solito. Ad accoglierli, però, non c’era il solito fratellone sorridente, ma piuttosto un Itachi preoccupato e arrabbiato.

< Nii-san, va tutto bene? > chiese Sasuke.

< Sasuke, Naruto, bentornati! – esclamò vedendoli – Venite sedetevi un attimo qui; dobbiamo parlare > A quelle parole così serie i due fecero come gli era stato chiesto.

Dopo un minuto interminabile di silenzio, Itachi prese parola < Ragazzi, secondo voi che cosa è “ Casa “? > I due si guardarono non capendo dove volesse arrivare il fratello; quest’ultimo, invece, attendeva con ansia una risposta. Doveva sapere, voleva sapere.

A parlare fu Naruto con il suo solito sorriso contagioso < “ Casa “ è quel posto dove c’è qualcuno che ti aspetta. Dove c’è qualcuno che ti vuole bene; insomma “ Casa “ è la famiglia! > Sasuke annuì.

Quella risposta risollevò il morale ad Itachi, facendolo tornare a sorridere. Loro erano una famiglia e, dovunque andassero, sarebbe sempre stata “ Casa “.

< Ragazzi, stamattina mi è arrivata una notizia. Dobbiamo trasferirci a Konoha > Nel grande salone calò un lungo silenzio. Itachi aspettava che uno dei due parlasse: si aspettava una furia omicida da parte di Naruto e un gesto riflessivo da parte di Sasuke, invece quello che accadde lo lasciò senza fiato.

Naruto chiese < E quando dovremmo partire? > < Il prima possibile.. > sussurrò il più grande. < Bene, allora andiamo a preparare le valigie Sasuke! > I due si alzarono dal divano e salirono nelle loro camere.

Itachi era rimasto a bocca aperta. Si aspettava di tutto, ma non quella reazione, specialmente da parte del biondo. Ancora scosso per l’accaduto il povero Uchiha iniziò a preparare le valigie. Prima sarebbero arrivati, prima il suo mal di testa sarebbe passato, o aumentato? Il ragazzo prosperava più per la prima opzione.

< Allora non sei così stupido come pensavo > asserì Sasuke appoggiato allo stipite della porta della camera del fratellino. Quest’ultimo si girò e gli dedicò una bella linguaccia, per poi tornare subito serio.

< Il fratellone sembrava essere molto preoccupato e poi.. > < ..Quella domanda sulla “ casa “ era molto starna.. > < Già, inoltre andremo a Konoha. Non so spiegarti perché, ma io sento qualcosa.. > < Come una calamita che ti attira, vero? > I due si guardarono negli occhi, facendo scontrare il nero notte con l’azzurro giorno, poi, dopo essersi capiti, ognuno tornò alle sue valigie.

Era sempre stato così, fra di loro non importavano le parole, loro riuscivano a capirsi perfettamente con uno sguardo. Riuscivano a leggersi dentro, comprendersi e aiutarsi; quello era il loro modo di comunicare. Comunque entrambi avevano una strana sensazione a proposito di Konoha e, erano certi che, una volta là, tutte le loro domande avrebbero trovato una risposta.
 

Una decappottabile viola si fermò bruscamente davanti ad una piccola villetta stile occidentale. Due ragazze, ben vestite, uscirono dalla macchina salutando le due amiche rimaste a bordo.

< E’ inutile, ormai è fra le dolci braccia di Morfeo! > esclamò la proprietaria dell’auto indicando la sua amica piacevolmente addormentata. Le due amiche fuori risero.

La guidatrice dai lunghi capelli biondi, legati in un’ordinatissima coda alta e i bellissimi occhi azzurri mise in moto il suo gioiellino. < Fa attenzione! > esclamò la sua migliore amica. < Si! Fronte Spaziosa! > urlò la ragazza ormai già lontana.

Le due amiche rimaste fuori decisero di entrare in casa. < Maledizione! Accidenti a te Maial-Ino e alle tue idee stupide! > strillò una ragazza dagli strambi capelli rosa mentre si toglieva i trampoli che la sua amica le aveva “ gentilmente “ costretto ad indossare.

Alla sua amica dalla chioma corvina scappò una risatina, subito nascosta da una mano < Però credo che a Ino abbia fatto bene questa uscita fra noi > asserì poi mentre anche lei si toglieva qui trampoli. < Già, dopo la storia di Shikamaru.. > sospirò l’altra.

La sua migliore amica era stata respinta dal ragazzo per cui aveva una cotta da ormai ben dodici anni. Quella domenica mattina se l’era ritrovata davanti casa, letteralmente distrutta. Lui aveva messo in chiaro le cose: le voleva bene, infondo erano migliori amici, quasi fratelli, ma non così tanto da fidanzarsi con lei. Almeno era stato leale, si era detta.

Alla fine ci era voluto tutto il pomeriggio per convincerla ad uscire di casa e, quando si era convinta, aveva trascinato tutte e tre le sue amiche nel nuovo locale che avevano aperto da poco.

Era ormai passata mezzanotte e domani, le ragazze, avrebbero iniziato un nuovo anno alla Konoha High School. L’ultimo finalmente, poi avrebbero inseguito i loro sogni. La rosa sopirò.

< Tutto bene Sakura? > La chiamò la sua amica, scrutandola con i suoi occhi perlacei. < Non proprio. Mi dici perché tuo padre ci costringe ogni anno a cantare l’inno alla scuola?! > domandò scetticamente.

La corvina si intristì di colpo e, in un sussurrò spiegò < Io credo lo faccia perché siamo a capo del consiglio d’istituto.. > < Si, si. Una questione d’esempio e bla bla bla.. - disse la ragazza dagli occhi verdi imitando il preside della scuola – Ma a te non ti danno fastidio tutti quegli sguardi, dall’inizio alla fine dell’anno? Insomma non siamo mai trattate come ragazze normali! Ci trattano sempre diversamente! >

< Lo so, anche a me da noia tutto questo, però sono contenta di poter cantare l’inno della scuola.. > < Perché? > chiese curiosa l’altra < Perché lo scrisse mia madre.. > rispose con un sorriso triste.

Sakura si morse un labbro. Aveva toccato un argomento molto delicato per l’amica. Sapeva quanto voleva bene a sua madre, ma purtroppo una crudele malattia gliel’aveva portata via quando l’amica aveva appena sei anni.

< Hinata, mi dispiace.. > si scusò < No, non preoccuparti Sakura, non fa nulla! > la tranquillizzò l’altra andando a prepararsi per la notte. La rosa annuì, poco convinta, entrando nella sua camera.
 

< E’ incredibile, Naruto era così felice di iniziare una nuova scuola e ancora dorme? > chiese allibito Itachi al fratello che stava facendo tranquillamente colazione. Quest’ultimo si limitò ad annuire.

Erano arrivati a villa Uchiha, completamente pulita e ordinata, in tarda serata. Tutti erano molto stanchi, perfino Kurama che, appena mise zampa nella nuova casa, si addormentò nel salotto.

Tutti tranne Naruto che era troppo eccitato da quello che sarebbe stato il suo primo giorno di scuola.

Naturalmente, Itachi, aveva dovuto cercare delle plausibili scuse, sia per la casa che sembrava fatta su misura per loro, sia sulla repentina iscrizione a scuola e anche sul suo nuovo lavoro, per non parlare del lavoro che i due avrebbero dovuto svolgere nel pomeriggio.

Purtroppo stavano crescendo e continuare a mentirgli non era più semplice come era quando erano piccoli.

Itachi sospirò: fra un’ora doveva essere a lavoro e non ne aveva assolutamente voglia. Come era saltato in mente a Jiraiya di consigliarlo ad un suo vecchio amico di prenderlo come aiuto cuoco in un ristorante di ramen? Se in quel momento avesse avuto fra le mani il buon vecchio “ nonno Jiraiya “ lo avrebbe strangolato.

Sasuke si accorse che il fratello era più stressato del solito così decise di aiutarlo a suo modo < Andrà bene a lavoro. Infondo io, Naruto e quella specie di cane siamo vivi, no? > Non aspettò la risposta del fratello maggiore, si diresse subito in camera del biondino, pronto a svegliarlo con qualche subdolo trucco.

Itachi sorrise: suo fratello non era certo tipo da smancerie o discorsi di incoraggiamento, ma sapeva che Sasuke, come Naruto, contava su di lui. Si mise subito a preparare il pranzo da dare ai due, mentre sentiva la solita confusione provenire dal piano di sopra.

“ Quei due non cambiano mai! “ si disse.

Velocemente un uragano biondo si precipitò in cucina, fiondandosi sulla sua parte di colazione. < Muoviti Dobe siamo in ritardo! > lo richiamò suo fratello prendendo il pranzo offerto da  Itachi. < Arrivo Teme! > disse l’altro mentre addentava un ultimo biscotto e prendeva il cestino.

Si avviò verso la porta, ma si fermò sull’uscio < Itachi.. > chiamò < Dimmi Naruto? > < Ricordati di portarmi del ramen e.. Buona fortuna a lavoro, fratellone! > così dicendo il ragazzo uscì, diretto a scuola.

Aveva promesso a Naruto di portare un po’ di ramen, dato che era il suo cibo preferito, ma era contento che anche lui, in qualche modo, gli avesse dato il suo incoraggiamento. Con una nuova carica di energia l’Uchiha si preparò, pronto per il suo nuovo lavoro.





Angolo Autrice:
Salve!!
Ecco a voi il secondo capitolo!
Innanzi tutto volevo ringraziare le persone che mi hanno recensito: Grazie mille!!
Volevo inserire le traduzioni:
La mia storia si intitola: Vita e Amore. Ho scelto questo titolo perchè, secondo me, quelle due parole racchiudono un pò tutte le avventure di noi adolescenti..
Il primo capitolo si intitolava: Incontro al destino; questo invece: Casa!?
Ringrazio ancor una volta chi spende il suo tempo leggendo la mia storia e chi la recensisce.
Chiedo anticipatamente scusa per i vari errori grammaticali e di sintassi. Non sono un asso ad Italiano!


Alla prossima!                              
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Capitolo 3
*** SHONICHI ***


                                                                      
                                                                           Shonichi

 
Itachi arrivò davanti al piccolo ristorante in perfetto orario. Ringraziò tutti i Kami per aver posto quel ristorante a solo un kilometro da casa. Poi, però, la sua felicità scomparve, coperta da un orribile dubbio: e se anche la distanza era calcolata per non farlo allontanare dalla villa?

Stava ancora riflettendo quando un uomo di grossa corporatura, con la divisa da cuoco, fuoriuscì dal locale con un’insegna rossa in mano. Squadrò per bene Itachi e, mentre attaccava l’insegna al suo prezioso locale, disse < Tu devi essere il ragazzo di cui mi ha parlato Jiraiya >

< Si signore: mi chiamo Itachi Uchiha. > Si presentò chinando leggermente il capo. < Niente formalità, tranquillo! – esclamò l’uomo poggiandogli le mani sulle spalle facendogli alzare il capo – Comunque io sono Teuchi, il proprietario dell’Ichikaru! > esclamò poi fiero di sé, indicando la sua insegna.

Solo in quel momento il ragazzo notò il nome del ristorante, scritto a grandi lettere bianche sullo sfondo rosso. < Signor Teuchi, io la ringrazio per avermi accettato come dipendente, ma non so se sarò all’altezza.. > cominciò Itachi.

Teuchi lo squadrò, poi, con decisione, lo costrinse ad entrare dentro < Non ti preoccupare, ragazzo! – lo interruppe -  Con il tempo imparerai tutti i segreti del mestiere; comunque io non ti ho assunto per preparare ramen.. – aggiunse sussurrando.

Itachi lo guardò confuso. Quel ristorante faceva solo ramen.. – Vedi figliolo, mia figlia da qualche tempo si è messa in testa di allargare il “ sapore culinario “, come dice lei, del nostro Ichikaru.  – Itachi rimase in silenzio, ascoltando il sussurro spaventato dell’uomo

– Ho saputo da Jiraiya che tu sai cucinare molti piatti diversi e che sei molto paziente e gentile con gli altri.. - Itachi annuì confuso. – Bene! – esclamò – Ti affiderò a mia figlia! > Itachi era un misto di confusione e preoccupazione.

Il comportamento di quell’uomo lo preoccupava non poco. Si immaginò sua figlia che lo costringeva a cucinare le peggiori cose. Deglutì.

< Papà!? Sei qui?! > chiamò una voce femminile. Itachi si ritrovò ad indietreggiare. < Si! Vieni che ti presento il nostro nuovo aiutante! > le rispose, sereno.

Una ragazza dai lunghi capelli marroni e dagli occhi del medesimo colore, profondi, e un sorriso gentile, fuoriuscì dalla porta che collegava il salone con la cucina < Salve! – salutò cordiale – Io sono Ayame! >


 
L’istituto più famoso di tutta Konoha quella mattina brulicava di nuovi studenti; tutti in cerca dell’auditorium dove si sarebbe celebrato l’inizio del nuovo anno scolastico.

< Hey! Ten Ten! >

Una ragazza dai cappelli marroni, acconciati perfettamente in due chignon e due occhi marrone scuro, si girò. < Ino.. > salutò tristemente la sua amica dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri

< Cha hai amica mia? > domandò l’altra dandole una forte pacca sulla spalla.

La castana la guardò con furia omicida, mostrando all’amica due profonde occhiaie violacee sotto i suoi occhi scuri. < Ma che ti è successo? > chiese l’altra con una smorfia disgustata. < Che mi è successo!?! – esclamò infuriata l’altra – Ieri sera per colpa tua non ho chiuso occhio! >

< Non è colpa mia se non digerisci l’alcool.. > Si discolpò la bionda, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Ten Ten.

< Dai, vieni con me! > disse Ino, prendendola per mano e trascinandola all’interno dell’istituto. < Ma che cosa stai facendo? > domandò la castana 

< Non vuoi farti vedere in quello stato pietoso dal tuo amore/rivale, giusto? > La ragazza arrossì < N-Non è il mio amore, solo il mio rivale! > sussurrò. < Si, si certo. Come no?! > rispose l’altra trascinandola nei bagni della scuola.


 Due ragazze, una rosa, l’altra corvina, fecero il loro ingresso nel bel giardino della scuola. Dietro di loro lasciavano una scia di ragazzi stregati e di ragazze ammaliate.

Sakura ed Hinata, oltre ad essere a capo del consiglio studentesco, erano le ragazze più famose della scuola. Eccellevano in qualsiasi materia, erano gentili e molto belle. Non c’era ragazzo, nella Konoha High School, che non rimaneva colpito e stregato da loro; molti avevano addirittura chiesto un’uscita alle due che, puntualmente, rifiutavano.

Mentre fra i ragazzi erano bramate, fra le ragazze erano ammirate, ma a volte, purtroppo, anche odiate per le loro qualità.

Qualità che loro non vedevano, però.

Sia l’Haruno che la Hyuga odiavano essere al centro dell’attenzione e non sopportavano tutti quegli sguardi, maliziosi, cattivi, ammirati o semplicemente curiosi.

Come se non bastasse, il loro “ amato “ preside, le aveva costrette ad indossare una divisa speciale. Le divise dell’istituto erano alla marinara, bianche, con il coletto e la gonna neri.

La loro divisa, invece, era alla marinara bianca, ma il colletto e la gonna, entrambi neri, avevano delle sfumature rosa, per Sakura, e blu per Hinata.

< Ci risiamo.. > sussurrò la rosa alla corvina passeggiando per il viale. < Già.. > le rispose l’amica.

Sospirando si diressero verso la scuola, per iniziare il loro “ normale “ primo giorno di scuola.
 

Al cancello della scuola si erano radunate un gruppo numeroso di ragazze che ammiravano stupite due ragazzi.

Uno moro l’altro biondo. Uno dalla pelle chiara come la luna, l’altro dalla carnagione leggermente abbronzata. Uno dagli occhi neri come la notte, l’altro azzurri e  profondi come il cielo di giorno. Uno misterioso, l’altro solare. Sasuke e Naruto.

Entrambi erano dei bei ragazzi, con fisici scolpiti e carisma,  e se poi si aggiungeva la divisa giacca e cravatta, erano i bellissimi principi che ogni ragazza sogna.

Sasuke indossava la camicia bianca, con i primi due bottoni slacciati e la cravatta nera perfettamente allacciata. La giacca nera aperta, lasciando intravedere i suoi addominali perfetti. Teneva le mani nelle tasche dei pantaloni, anch’essi neri, e lo sguardo perso chissà dove, ignorando tutti gli occhi incentrati su di lui e su suo fratello.

Naruto, invece, non indossava la giacca e, sulla camicia bianca con i due bottoni aperti, giaceva una cravatta arancione, mal allacciata, che si muoveva ad ogni mossa del biondino. Il ragazzo sorrideva e salutava tutti i loro compagni con cenni delle mani.

Mentre le ragazze osservavano rapite i due fratelli, i ragazzi li scrutavano con occhiatacce poco carine.

Ad un certo punto la campana della scuola suonò, annunciando l’inizio della cerimonia e tutti, volenterosi o meno, si diressero nel grande auditorium.

Iniziava un nuovo anno alla Konoha High School, ma non sarebbe stato un anno come gli altri: pericoli, verità, dolori, gioie e amori erano dietro l’angolo, pronti ad entrare in scena.

Quello era solo il primo giorno!






Spazio Autrice:
Salve!!

* tutti sono pronti a spararmi *
Calmi, Calmi! * mi discolpo io *
 OK, dopo questo iniziante delirio, chiedo veramente scusa per questo piccolo ritardo. Il capitolo è un pò corto, ma è di passaggio per il prossimo. parlando del prossimo è quasi finito, devo solo finire gli ultimi ritocchi.
Passando alle cose importanti: queso capitolo si intitola: Il primo giorno. 
Inoltre, preparatevi ad una nuova coppia che nell'altra mia storia è già apparsa..!

P.s: ringrazio tutti voi per le recensioni che mi lasciate!!





Alla prossima!!                                                                             144kagome_alice144



 

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Capitolo 4
*** DEAI TO KORON - DAIICHIBU - ***


                       
                                                Deai to Koron - Daiichibu -

 
“ Ma dove sarà quel maledetto bagno!? “

Pensava un giovane moro mentre vagava nei lunghi corridoi della sua nuova scuola, alla ricerca di un bagno.

Guardò di nuovo l’orario sul suo orologio: cinque minuti e sarebbe iniziata la cerimonia di inizio anno. “ Maledizione! “ imprecò ancora, affrettando il passo.

Senza nemmeno accorgersene finì nella parte dell’edificio dedicata ai vari club. Deserta, naturalmente, come il resto dell’edificio.

Sasuke stava letteralmente impazzendo.

Aveva cercato nelle varie aule qualcuno a cui chiedere, ma nulla. Non c’era nessuno.

Continuando ad imprecare contro la scuola, i suoi studenti e il bagno introvabile, si addentrò per il corridoio che portava all’aula di musica.

Ad un certo punto si fermò di scatto, tendendo le orecchie. Per un breve istante gli era sembrato di sentire qualcosa, o qualcuno. Fece ancora qualche passo, quando risentì lo stesso rumore. Cercò di capire da dove provenisse e, quando capì che veniva dall’ultima aula si avvicinò, cercando di non far troppo rumore.

Lentamente schiuse la porta sbirciando l’interno della stanza.

Era un’aula grande, con il pavimento in legno, vuota se non per un vecchio pianoforte nero in mezzo alla stanza. Non era illuminata, la poca luce che entrava era quella proveniente dalle due finestre.

Nella penombra, il giovane Uchiha scorse una figura, seduta al pianoforte. Quest’ultima non si era accorta, dato che dava le spalle all’ingresso, della sua presenza.

Indossava la divisa della scuola e, questo, fece capire al ragazzo che era una studentessa come lui. Non poteva vederla in volto, ma potè notare i suoi capelli che scendevano dolci sulle spalle, di uno strano colore rosa.

“ Una ragazza.. “ pensò.

La ragazza, ignara di essere osservata, dopo aver corretto una noto sul suo spartito, riprese a suonare.

Era una melodia dolce, di quelle che ti scaldano il cuore. Sasuke chiuse gli occhi, dimenticandosi di tutto; si fece trasportare da quella dolce melodia, suonata con altrettanta dolcezza. Ad un certo punto, la ragazza, prese un bel respiro e iniziò ad intonare le prime parole della canzone che stava provando.

La sua voce era melodiosa, carica di sentimento. Sasuke rimase ad ascoltare, rapito dalla melodia e da quella voce che emanava gioia e felicità, ma anche una qualche sofferenza, di cui, il moro, non ne capiva il motivo.

Avrebbe voluto rimanere ad ascoltare quella voce per sempre, così calda, ma dovette correre via, alla ricerca disperata del bagno. Fra un minuto iniziava la cerimonia.

 
“ Ma dove si sarà cacciato quel Teme di mio fratello? “

Si chiedeva un biondino mentre correva per i corridoi. “ Dove sarà andato al bagno? In America!? “ si chiedeva.

Continuando a correre, girò in un altro corridoio sulla destra, ma l’impeto e la disattenzione, lo portarono a scontrarsi contro qualcuno che finì irrimediabilmente a terra.

Naruto, che era rimasto in piedi, si chinò < Scusami! Non ti avevo visto! > < N-non fa nulla.. > disse flebilmente la figura a terra cercando di recuperare i fogli a terra.

Naruto cercò di aiutarla e, quando le porse una mano per aiutarsi ad alzarsi, questa, rossissima in viso, accettò sussurrando un flebile “ grazie “.

Naruto potè notare che era una ragazza, indossava la divisa della scuola, anche se un po’ diversa da quella che aveva visto indosso alle altre ragazze e che aveva dei lunghi capelli corvini che le coprivano elegantemente la
schiena.

< Scusami tanto, non volevo! > si scusò ancora grattandosi la nuca con una mano. Non sapeva perché, ma desiderava guardarla negli occhi e continuare a parlarci.

La ragazza strinse, nervosa, i fogli al petto e, cercando di rimanere calma, alzò lo sguardo < N-non i-importa.. > Non riuscì ad aggiungere altro. Era rimasta incantata dal sorriso e dagli occhi cielo del ragazzo.

Anche Naruto non fu più in grado di dire nulla.

Quella ragazza era bellissima, aveva un viso delicato e due splendidi occhi color perla, dove poteva rispecchiarsi tranquillamente. Inoltre, notò, che quel rossore sulle guance la faceva ancora più tenera e carina.

“ Ma che sto pensando?! “ si disse, incapace di smettere di sorridere. La ragazza ricambiò il suo sorriso solare con uno un po’ più flebile, per poi correre via, diretta nelle aule dei club.

Naruto rimase imbambolato a guardare il vuoto davanti a sé. La ragazza gli aveva sorriso; era bastato quel flebile ma bellissimo e purissimo sorriso per stenderlo.


< Usuratonkachi, che cosa stai facendo? >

Naruto si girò di scatto. Sasuke lo stava guardando, trattenendo a malapena una risatina.

Aveva trovato il fratello a guardare il vuoto, imbambolato come un pesce lesso qual’era. Più ci pensava più gli veniva da ridere.

< Non ridere! – esclamò rosso il biondo – Piuttosto, dove sei andato a cercare un bagno!? > Sasuke arrossi impercettibilmente, non rispondendo, dirigendosi di nuovo verso l’auditorum.

Naruto, che aveva colto il leggero rossore, fece spallucce, sapendo che per il suo bene non doveva indagare oltre e seguì il fratello.
 

< Salve! Io sono il preside Hiashi Hyuga. Sono lieto di vedere così nuovi studenti. > iniziò il suo lungo e noiosissimo discorso “ da preside “ un uomo dai lunghi capelli marroni e gli occhi chiarissimi, di una freddezza incredibile, come il ghiaccio.

Sia i vecchi che i nuovi studenti facevano di tutto per non ascoltare quel noiosissimo discorso che ogni anno era la solita solfa. Parlava della bellezza e della ricchezza della scuola, dell’importanza dell’istruzione e altre stupidissime e noiosissime cose.

< Bene miei cari studenti, vi auguro di trascorrere un felice anno scolastico – recitò la solita frase di chiusura che fece tirare un sospiro a tutti i presenti – E adesso accogliamo le due ragazze a capo del consiglio d’istituto. Loro sono le migliori studentesse della Konoha High School, perciò per qualunque problema potete tranquillamente chiedere a loro. >

Con un gesto teatrale della mano scese dal palco, lasciando spazio alle due ragazze di salire, non prima di averle guardate con sguardo truce, specialmente la seconda.

La prima a salire sul palco fu una ragazza dai capelli rosa, con dei bellissimi occhi verdi; l’altra corvina dagli occhi perlacei come il preside, ma molto meno freddi, quasi lucidi.

La rosa si avvicinò al microfono e, lanciando un occhiata all’amica, che teneva la testa bassa e cercava di non mostrare le lacrime che sarebbero potute scenderle dagli occhi, decise di prendere in mano la situazione < Salve, io sono Sakura Haruno, lei è Hinata Hyuga.. >

Nello scoprire il cognome della seconda iniziarono ad alzarsi vari mormorii nel salone. < Così lei è la figlia del preside.. > < Ecco perché è a capo del consiglio d’istituto.. > < Ma sarà regolare, si tratta di preferenza.. >

Sakura, stringendo i pugni, fino a spaccare un pezzo di legno dove era poggiato il microfono < Bene, adesso canteremo l’inno.. > disse con un falso sorriso, cercando di sormontare quegli stupidi pettegolezzi sulla sua amica.

“ Se solo sapessero.. “ si disse andandosi a posizionare vicino ad un pianoforte sul retro. Hinata la seguì, sedendosi al piano.


< Ogni anno è sempre la stessa storia! > < Già, povera Hinata > Bisbigliavano due ragazze sedute vicine, una bionda, l’altra castana.

< Suo padre deve sempre metterla in imbarazzo! Fossi stata in Fronte Spaziosa mi sarei messa a gridare a quel microfono! > disse Ino fulminando il preside con o sguardo.

< Neji, ma tu non puoi fare proprio nulla per Hinata? > chiese Ten Ten al ragazzo accanto a sé < Già, infondo tu sei suo cugino e non sei stato sbattuto fuori di casa! > infierì Ino ancora concentrata a maledire il preside.

Il ragazzo dai lunghi capelli marroni come lo zio e gli occhi come la cugina sospirò < Lo sapete bene che non posso.. > Le due sospirarono, conoscendo bene le sue buone motivazioni.

Neji guardò sua cugina, scusandosi mentalmente con lei, ma quando la vide sedersi al piano e prepararsi a cantare con quel leggerissimo sorriso sulle labbra, sorrise a sua volta.

Suo zio poteva togliere tutto a quella ragazza, ma non gli avrebbe mai tolto l’affetto delle amiche e la sua forza di volontà.


In mezzo a tutti gli studenti, ce ne erano due in particolare che, in un primo momento sembravano annoiati dalle parole a loro detta, false e recitate del preside, almeno fino a quando i due non videro le due ragazze.

Rimasero stupiti, fissandole, chi per un motivo chi per l’altro. Sasuke aveva riconosciuto subito la ragazza che aveva spiato e Naruto riconobbe quella giovane che lo aveva tanto colpito.

I due, al contrario di molti, avevano visto l’occhiata del preside rivolta alle due, specialmente alla figlia e avevano notato la rabbia della rosa.


Hinata si sistemò meglio davanti al pianoforte mentre la sua amica rimaneva in piedi. Si guardarono e, sorridendosi, iniziarono.

Hinata iniziò a suonare, decisa, una meravigliosa melodia. Le sue dita scorrevano veloci su quei tasti, producendo un suono bellissimo. Lo stesso suono che Sasuke aveva sentito provenire dalle mani della rosa.

Quest’ultima, invece, osservava come l’amica, ad occhi chiusi, si perdeva in quella melodia, sapendo che quello era il regalo che le aveva lasciato sua madre.

Osservando con quanta forza e volontà suonava quella canzone preziosa, Sakura iniziò a cantare:
 
 
Yōkoso!
Anata no tame no atarashī pasu o kaishi shimasu!
Anata wa su, kotori o nokoshite imasu.

Fantajī  ( Fantaji ) no kyoku ni tobimasu
Manabi, oboete
Anata wa sekai ni sun de
Watashitachi no sekai
( Sekai ) o sukuimasu!
Anata wa, anata ga shiawase ni nari, anata ga kurushimu koto ni naru, ai anata ga naku yō ni narimasu..
Jibun
( Jibun ) o shite
Anata no ai o ( Anata no ai o ) mamorimasu
Watashi no te o tori, anatanokokoroni ( Anatanokokoroni ) shitagatte kudasai
Emi
Yōkoso! Yōkoso!

 
Le due avevano finito insieme.

la canzone era stata dolce, melodiosa, ma anche forte e sicura. Le loro voci che si sovrapponevano l’una sull’altra creavano un suono meraviglioso che si univa perfettamente alla melodia che proveniva dal pianoforte. Ma il massimo era stato raggiunto quando le due, perfettamente in sincronia, avevano unito le loro voci.

Nella sala si espanse una forza ed un’energia cariche di emozioni. Tutti avevano chiuso gli occhi, assaporandosi quel momento. Le parole di quella canzone furono ascoltate con molta attenzione, al contrario di quelle del preside; furono scolpite nella mente di ognuno; arrivarono in tutti i cuori.

Finita la musica, nell’auditorium calò il silenzio, subito interrotto dagli applausi di tutti; alunni e professori, studenti nuovi e vecchi.

Le ragazze, sorridendo, si godettero quel meritatissimo applauso fin che la voce dura del preside non fece scemare tutto, ritornando alla noiosissima normalità.

Dopo aver cordialmente spinto le due a lasciare il palco mandò tutti gli studenti nelle loro aule, per iniziare le lezioni, annunciando a quelli nuovi la loro destinazione.


Naruto e Sasuke, insieme ad altri tre ragazzi, seguirono il loro strambo professore fino alla loro aula.

< Sakura, Hinata, siete state meravigliose! > gridò una furia bionda abbracciando le due amiche.

< E’ vero! Siete state bravissime > si congratulò anche Ten Ten.

< Grazie! > risposero le due con un sorriso, felici di essere nella loro classe dove potevano essere loro stesse.

< Sei stata brava.. > sussurrò Neji alla cugina < Grazie Nejinii-san.. > rispose lei arrossendo.

< Hey Neji – chiamò un ragazzo dall’orribile taglio di capelli e la cravatta verde – perché hanno aggiunto dei banchini? > chiese avvicinandosi all’amico. < E io che ne so Lee.. > rispose evasivo il ragazzo, contando i banchini.

Rock Lee, suo migliore amico, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era un ragazzo strano, fissato sugli allenamenti e le sfide, dalla capigliatura nera, a caschetto.

La porta si apri di scatto, facendo zittire tutti i ragazzi.

Il professore entrò, con al seguito cinque nuovi studenti.

< Ragazzi per favore tutti a sedere – lì richiamò il professore dalla capigliatura argentea e una strana maschera a coprirgli la bocca e il naso – Bene, io sono Hatake Kakashi, il vostro professore di matematica e coordinatore di classe – si presentò ai nuovi arrivati – Voi? > chiese lasciando spazio a questi di continuare.

Il primo a farsi avanti era un ragazzo dalla pelle chiara, capelli e occhi neri e uno strano, inquietante sorriso < Io sono Sai Okuda! Piacere di conoscervi! >

Dopo di lui si presentò una ragazza bionda, con quattro codini e gli occhi azzurri < Mi chiamo Temari Sabaku No > esordì con voce fredda e distaccata.

Dopo di lei si presento un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi di un verde magnetico. Scrutò l’aula e disse con voce impassibile < Sono Gaara Sabaku No > Dal tono della voce e dal cognome tutti capirono che quei due erano fratelli.

Alla fine toccò ai due Uchiha presentarsi; il primo fu Naruto che, con il suo solito sorriso, esclamò < Io sono Naruto Uchiha! E’ un piacere conoscervi! > Se l’atmosfera si era raggelata dopo la presentazione dei due Sabaku No, adesso si era riscaldata e impregnata di allegria.

Il biondino scrutò i suoi nuovi compagni di classe e notò, in fondo all’aula la ragazza di prima. Quest’ultima lo guardava, un po’ imbarazzata. Naruto le sorrise e lasciò spazio a suo fratello.

< Hinata, tutto bene? > la richiamò la sua compagna di banco. < Come? Si, si, sto bene Sakura > rispose la corvina continuando a guardare il biondino. Sakura non potè aggiungere altro che una voce calma e profonda la colpì.

< Io sono Sasuke Uchiha > Tutti, compreso il professore, lo fissarono come se lui fosse un alieno.

Fu il professore a dare voce alla muta domanda di tutti:

< Voi due siete fratelli? >

Quella domanda fece sbuffare Sasuke e sorridere Naruto.

Ogni volta era così, tutti glielo chiedevano. E come non farlo? Erano completamente diversi, dall’aspetto al carattere, a chiunque sarebbero sorti dei dubbi.

< Si, siamo fratelli > rispose il biondino. < Ok.. – annuì Kakashi ancora scosso, poi, riprendendosi, disse – Bene ragazzi presentatevi! > 






Spazio Autrice:
Salve, eccoci con il nuovo capitolo!!
Inizio con lo scusarmi, molti di voi vorranno uccidermi, ma non vi preoccupate, questo capitolo è solo a metà; infatti il titolo significa: Incontri e Scontri - Prima Parte -
Nel prossimo capitolo i quattro si conosceranno molto meglio! Tranquilli!
Vi metto anche la traduzione della canzone, che è molto importante per il corso della storia. ( Il rosa è per Sakura, il blu Hinata e il rosso entrambe ):


Benvenuti!
Inizia un nuovo cammino per voi!
Avete lasciato il nido, piccoli uccellini.
Volate sulle note della fantasia
 ( Fantasia )
Imparate, ma ricordate
Voi vivete nel mondo
Salvate il nostro mondo!
  ( Mondo )
Amerete, soffrirete, sarete felici, piangerete..
Siate voi stessi 
( Voi )
Proteggete il vostro amore  ( Vostro amore )
Prendetevi la mano e seguite il vostro cuore  ( Vostro cuore )
Sorridete
 Benvenuti! Benvenuti!


Spero vi piaccia! Approfitto per chiedere un vostro parere: vi piacerebbe che le ragazze ( e qualche volta i ragazzi ) cantassero qualche canzone? Naturalmente diverse da questa ( che mi sono inventata di sana pianta ), magari qualcosa di esistente, stavo pensando ale sigle di apertura e chiusura dell'anime di Naruto..
Bhe, fatemi sapere!!



Alla prossima!!                                                                    144kagome_alice144




 

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Capitolo 5
*** DEAI TO KORON - DAINIBU - ***


                        Deai to Koron - Dainibu


I suoi allievi, ad uno ad uno si presentarono:

< Maki Tsuji! > esclamò una ragazza dai lunghissimi capelli rossi e gli occhi verdi. < Matsuri Fuyutsuki > disse una ragazzina dai capelli marroni e gli occhi neri. < Ten Ten Kurihara! > < Neji Hyuga > < Rock Lee Kimura! > < Choji Akimichi! > asserì un ragazzo robusto, dai lunghi capelli marroni chiari e gli occhi marroni scuri.

< Shikamaru Nara > si presentò un ragazzo annoiato, senza nemmeno guardare i suoi nuovi compagni, dai capelli neri raccolti in un codino e gli occhi del medesimo colore dei capelli. < Ino Yamanaka! > < Naoko Oyama > esordì una ragazza dai lunghi capelli biondi, fermati da dei nastrini azzurri, che riprendevano il colore dei suoi occhi. < Kiba Inuzuka > disse un ragazzo dai capelli ribelli < Shino Aburame > sussurrò il suo compagno di banco.

< Sakura Haruno > < Hinata Hyuga >. < Bene.. ragazzi, visto che avremmo dei nuovi compagni credo che dobbiamo fare qualche cambiamento di posto.. Vediamo.. Tu, Fuyutsuki, vieni qui davanti. Sabaku No – disse riferito a Gaara – tu starai accanto a lei – Il rosso prese posto in prima fila, con accanto Matsuri – Poi..

Yamanaka vieni avanti, accanto a Tsuji, tu Okuda va accanto ad Ino – Sai, sempre con il suo solito sorriso raggiunse la ragazza in seconda fila – Mmm.. Tu Temari va accanto a Nara – La ragazza fece come le era stato detto, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di un’ Ino contrariata – Voi due Uchiha, andate a sedervi uno accanto ad Haruno, l’altro accanto a Hyuga > finì Kakashi.

I due fecero come gli era stato ordinato, finendo in ultima fila, Sasuke accanto a Sakura e Naruto accanto ad Hinata.

I quattro ebbero giusto il tempo di presentarsi meglio, dato che Kakashi iniziò subito la sua lezione e, era risaputo, esigeva il massimo silenzio mentre spiegava.

Alla fine delle lezioni, durante la pausa pranzo, Ten Ten, accompagnata da un freddo Neji e un sorridente Rock Lee andò a fare la conoscenza dei nuovi compagni di classe. < Salve! Allora, come vi sembra la scuola? > domandò.

Sasuke non rispose, preferendo guardare il cortile che si intravedeva dalla finestra, mentre Naruto, ricambiando il sorriso, esclamò < E’ molto bella, e soprattutto grande. La scuola dove andavamo prima era completamente diversa! > < Vi iscriverete a qualche club? > domandò euforico Lee. < Mi piacerebbe molto! Dimmi che club ci sono? > domandò entusiasta il biondo.

Rock Lee stava per rispondere alla domanda quando fu bloccato da Sasuke < Dobe.. noi non possiamo iscriverci ai club.. > Naruto si spiaccicò una mano sulla faccia, assumendo un’espressione contrariata. Si era completamente dimenticato che dopo la scuola, a partire da quel giorno, avrebbero dovuto lavorare.

< Ciao ragazzi! Io mi chiamo Ino! Certo che siete veramente belli! > strillò la bionda comparendo alle spalle di Ten Ten. Sasuke rimase impassibile, mentre Naruto arrossì, portandosi una mano dietro la testa. Ino guardò la reazione di entrambi, poi, incuriosita dal moro, gli si avvicinò, domandandogli con fare sensuale < Tu non parli? >

Il moro la guardò, reggendo il suo sguardo con il suo. Poi un sorrisetto di sfida gli apparse sul volto, rispondendogli < Non con le oche.. > Ino si scandalizzò, pronta a malmenarlo, se non fosse stato per l’intervento del fratello. < Sasuke, ma ti sembra il modo!? – urlò, poi, vedendo che il moro non era intenzionato a dargli ascolto, gli sussurrò – Non vorrai che dica ad Itachi che hai litigato il primo giorno di scuola, vero? >

Sasuke lo fulminò con lo sguardo e poi si rivolse alla Yamanaka < Non mi piace parlare tanto.. > sussurrò stizzito, rinchiudendosi nel suo mutismo. < Perdonalo, a un carattere un po’ difficile.. > si scusò al suo posto Naruto. Ino annuì perplessa.

Il dialogo, però, venne interrotto da una voce, fredda e tagliente come una lama < Che ti aspettavi Ino!? I figli di papà non parlano con la plebaglia! > Tutti i presenti si girarono verso la voce e, con molto stupore, si accorsero che proveniva da Sakura

< Sakura, ma che dici..? > domandò Ino che non aveva mai sentito quel tono all’amica. Hinata dietro la rosa guardava il lucido pavimento, incapace di alzare lo sguardo. Sapeva perché l’amica reagiva così, ma non era da lei giudicare prima di aver conosciuto.

Questa volta a rimanere in silenzio fu Naruto, mentre Sasuke si alzò, parandosi con tutti i suoi muscoli davanti alla rosa < Come hai detto? > chiese. La rosa, tutt’altro che impressionata, alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi verdi, carichi di disprezzo, in quelli neri e calmi, all’apparenza, di lui < Ho detto che voi figli di papà non vi macchiate la lingua parlando con dei semplici cittadini. Sei sordo per caso? > Lo schernì.

< E come sai che siamo figli di papà? > chiese lui. < Perché soltanto i ricconi si prendono la libertà di voler essere al centro del mondo. Vi credete belli e credete che tutto vi sia dovuto. Io credo proprio che se siete riusciti ad entrare in questa scuola non sia proprio merito dei vostri studi, ma piuttosto merito dei verdoni che i vostri cari genitori hanno sborsato, mi sbaglio forse? –

Sasuke non rispose, lanciando un’occhiata a Naruto che si era rabbuiato – Non rispondi, il gatto ti ha mangiato la lingua? O la tua cara mammina e il tuo caro papino non ti hanno insegnato a rispondere? > < Sakura adesso stai esagerando.. > la richiamò l’amica bionda, cercando di smuoverla aiutata da Ten Ten.

Ormai i due erano talmente vicini che potevano sentire il respiro l’una quello dell’altro.

Sasuke rimaneva calmo, cercando di non perdere le staffe. A lui non importava come lo vedessero gli altri, anche se non si aspettava delle parole del genere provenire da quella ragazza, era più preoccupato per Naruto visto che fra i due era il più sensibile quando si parlava di genitori.

Sapeva che le parole di quella ragazza lo avevano ferito e lui, anche se non lo avrebbe mai ammesso, non tollerava che qualcuno facesse del male a suo fratello.

Hinata continuava a guardare per terra. Sapeva che le parole di Sakura avevano oltrepassato il limite, ma come al solito, non riusciva a fare nulla. Solo quando intravide la mano del biondino stringersi, fino a far diventare le nocche bianche comprese che non poteva più starsene zitta.

Con tutto il coraggio di cui possedeva si avvicinò all’amica e, prendendole una mano disse, decisa e ferma < Adesso basta, Sakura > Sentendosi richiamare a quel modo Sakura si riscosse.

Soltanto in quel momento si accorse di quanto era vicina a quel ragazzo, fra l’altro bellissimo ( lo dovette ammettere ) e solo allora si accorse del significato reale delle sue parole. Non voleva essere così sgarbata, così maleducata, così cattiva, ma quando aveva visto il comportamento del moro gli si era annebbiata la ragione.

Osservando i suoi occhi notò uno sguardo duro e freddo, calcolatore, ma, scavando in profondità potè leggere una tristezza, proprio come la sua.

Infondo i loro occhi erano simili, pensò girandosi e tornando seduta al banchino. Sasuke fece per raggiungerla, ma venne fermato dal fratello < Lascia stare Sasuke > disse tristemente. Il moro lo guardò, poco convinto, fece per ribattere quando entrò in classe una nuova professoressa e fu costretto a ritornare al suo posto.

Nell’ultima fila calò immediatamente il silenzio. Naruto, ancora scosso per prima, preferiva non fiatare. Hinata non aveva il coraggio di dire niente. Sakura non voleva peggiorare la situazione.

Sasuke era troppo concentrato a pensare: si era rispecchiato in un verde speranza meraviglioso, però, potè constatare, di speranza, in quegli occhi, ce ne era davvero poca.






Salve!
Ok, ok, non sparatemi!
Vi chiedo scusa, veramente, mi dispiace non essere riuscita ad aggiornare prima. Chiedo scusa specialmente a che a recensito, che ha dovuto aspettare quasi tre mesi per avere una risposta. Non è dipeso completamente da me, ho avuto problemi in famiglia e, successivamente è sparita l'ispirazione. Sono riuscita ad andare avanti con questa, dato che ho deciso che la pubblicherò sul giornalino scolastico ( mi hanno costretta!! ), mentre per quanto riguarda l'altra spero di riaqcuistare presto l'ispirazione dato che sono in alto mare, ma credo che rinizierò a scrivere quando finiranno i filler, e riprenderà la guerra contro Madara. 
Vi chiedo ancora scusa!!



Alla prossima!!                                           144kagome_alice144

 

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Capitolo 6
*** ODOROKI! ***


                                                                     
                                                                           Odoroki!

 
Din Don Din Don

L’orologio della Konoha High School segnava le due, fine della pausa pranzo. Uno sciame di ragazzi, costretti da quell’odioso suono, ritornava più svogliato di prima nelle proprie aule.

< Oddio, ma ora abbiamo educazione fisica!? > esclamò Ino, ritornata in classe assieme a Ten Ten. Quest’ultima sorrise a trentadue denti ed esclamò < Si, e spero proprio che il professore mi metta contro di lui! > La castana salì su di una sedia, facendo il segno di vittoria con la mano, con uno strano e spaventoso, a detta di Ino, fuoco negli occhi.

La bionda sospirò, cercando di escogitare qualcosa per saltare ginnastica, quando, dietro di lei si materializzò l’uomo tanto odiato < Salve ragazzi!! Siete pronti a scatenare la vostra giovinezza!! > gridò l’uomo dai capelli a caschetto, le grandi sopracciglia e una tuta attillata verde. < Si maestro Gai!! > rispose Rock Lee, dirigendosi a passo spedito in palestra, al seguito del professore Gai Maito, seguito dal restante della classe.

< Bene, vedo che abbiamo dei nuovi acquisti.. – constatò l’uomo – Ok, vorrà dire che per oggi faremo due squadre, i maschi giocheranno a calcio e le ragazze a pallavolo! > < Ma come..!? > esclamò Ten Ten visibilmente arrabbiata < Tranquilla, avrai altri momenti per dimostrare quanto vali.. > la prese in giro Neji, sorridendole altezzoso e dirigendosi verso il campo da calcio.

Ten Ten si morse un labbro a sangue, cercando di trattenere gli insulti contro quell’odioso damerino “ Brutto pallone gonfiato, giuro che prima o poi ti toglierò quel sorrisino dal volto! “. Le amiche guardarono, per la millesima volta, l’amica intenta a maledire il suo “ acerrimo nemico “ come lo definiva lei.

I ragazzi si erano divisi in due squadre di cinque giocatori. La squadra A, capitanata da Shikamaru, centrocampista e mente della squadra, era composta da: Choji, portiere, Neji, difesa, Sasuke e Naruto, attacco.

La squadra B, con a capo Kiba, attaccante, era formata da: Shino, centrocampista e regista, Sai, difensore, Rock Lee, attaccante, e Gaara, portiere.

Per un po’ la partita si era giocata in parità, dato che le due menti si equivalevano, fino a che Shikamaru, stufo di continuare, non iniziò a fare sul serio. Iniziò a dare ordini perfetti, portando la squadra su un livello tecnico molto avanzato.

Il problema era che l’altra squadra, oltre ad avere due buoni attaccanti, aveva una difesa potentissima con Sai e Gaara.

Nonostante le due punte della squadra B fossero molto forti, allo scadere del tempo Neji riuscì a rubare palla, impedendo un quasi sicuro goal, passandola a Sasuke. Quest’ultimo, sorridendo, iniziò a correre velocemente, seguito a ruota dal fratello.

Nessuno riusciva a fermarlo, era velocissimo e riusciva a prevenire tutti gli attacchi avversari. Arrivato vicino all’aria di rigore, riuscì a scartare Sai, passando la palla a suo fratello che, con una rovesciata tirò al volo facendo uno spettacolare goal.

La squadra A esultò, felice per la vittoria e tutti quanti rimasero affascinati dalla bravura dei due fratelli e dal loro perfetto gioco di squadra.


< Sakura.. che cosa stai guardando?! > sussurrò maliziosa Ino, spingendo lentamente l’amica dai capelli rosa. Quest’ultima, come risvegliata da un sogno, si girò e, imbarazzata, si difese:

< Io non stavo guardando proprio nessuno! > < Dì la verità.. Non è che ti piace il tenebroso Sasuke..? > < N-no, ma che dici.. >

< Hey Hinata, potresti venire qui un secondo? – chiamò la bionda – Dimmi, secondo te Sasuke non è un bel ragazzo?! > domandò la Yamanaka, indicando l’Uchiha che esultava con suo fratello.

Hinata guardò nella direzione indicatale dall’amica, e rimase colpita, non da Sasuke, ma da Naruto, con quel bellissimo sorriso, i capelli bagnati, il viso un po’ più rosso per lo sforzo e la divisa da calcio, che scopriva delle braccia e gambe ben allenate.. La corvina diventò improvvisamente rossa, rischiando un collasso immediato.

< Hey Hinata che ti prende? > chiese Sakura risvegliando l’amica e facendola tornare a respirare. Non ebbe il tempo di dire nulla che una furia, di nome Ten Ten, le costrinse ad entrare in campo per iniziare la partita di pallavolo.


< Forza ragazze, mostrate la vostra forza della giovinezza!! > esclamò lo strambo professore, cercando, inutilmente, di incitare le suo giovani allieve.

I ragazzi, che stavano tornando dall’allenamento, rimasero a guardare l’ultimo minuto di gioco delle compagne.

Temari aveva fato una bellissima schiacciata che stava per segnare il punto decisivo, ma Ten Ten, conscia che lo Hyuga la stava guardando e volendogli dimostrare il suo valore, riuscì ad intercettare la palla, passandola ad Hinata.

Quest’ultima, con tutta la sua grazia e femminilità l’alzò a Sakura che, prevedendo il gioco di squadra, era già saltata.

La ragazza, dopo aver individuato il punto debole delle avversarie, con tutta la sua forza schiacciò il pallone, segnando così la fine della partita e la vittoria della sua squadra.

I due fratelli Uchiha rimasero folgorati dalla bellezza, mista a decisione, delle due compagne. < Sono veramente brave! Adesso capisco perché sono a capo del consiglio d’istituto > constatò Sai, mantenendo il suo solito sorriso ambiguo.

Neji lo fulminò con lo sguardo e, gelido, disse < Non sono solo questo; anche loro, come noi, sono persone >

Quella semplice frase, pronunciata con un’apparente calma, tolse il sorriso al moro e fece riflettere i due Uchiha: che quello strano comportamento di prima, quelle parole piene di rabbia e quegli occhi tristi fossero legati a quelle parole glaciali e taglienti?



Nel piccolo ristorante calò il silenzio, mentre i due giovani si fissavano sconvolti. La ragazza avanzò lentamente di qualche passo, avvicinandosi al ragazzo, per poi abbracciarlo < Itachi.. Sei proprio tu..? > chiese in un sussurro, incapace di staccarsi dal moro.

Quest’ultimo, invece, era rimasto immobile, con il cuore che batteva all’impazzata, incapace di rispondere a quel caldo abbraccio.

Teuchi, visibilmente imbarazzato e un po’ geloso per il fatto che sua figlia si comportasse così con uno sconosciuto, tossì, riportando alla realtà sua figlia e strappando Itachi dai suoi caldi e lontani ricordi.

Ayame, con le guance imporporate sciolse l’abbraccio, mantenendo però quel sorriso meraviglioso. < Vedo che già vi conoscete.. > disse, forse un po’ troppo gelido, il proprietario di Ichikaru, squadrando i due giovani.

L’Uchiha abbassò lo sguardo, evitando di guardare la ragazza, mentre quest’ultima spiegò < E’ Itachi; andavamo a scuola insieme prima che si trasferisse! >

Il tono allegro e il significato delle parole della giovane fecero sussultare il ragazzo che alzò gli occhi, rispecchiandosi nei suoi color nocciola, illuminati da un caloroso sorriso, accompagnato dalle gote ancora leggermente colorate di rosso.

Il padre annuì, poco convinto, ma non potè ribattere che la figlia esclamò < Allora sei tu il nuovo aiuto cuoco! Bene, insieme trasformeremo questo locale. – Una strana e preoccupante fiamma illuminò gli occhi della ragazza che, voltandosi verso il padre – Tu, papà, occupati del ramen. Io e Itachi ci occuperemo di tutto il resto! > annunciò prendendo il moro per un braccio e trascinandolo in cucina.


Quando i due coetanei raggiunsero la grande cucina, lontani dal padre di lei, Ayame diventò improvvisamente seria e, fissando i suoi occhi in quelli del moro disse < Mi sei mancato tanto.. Itachi.. >

Il suo nome quasi lo sussurrò, come se avesse paura che il ragazzo potesse sparire da un momento all’altro.

Quest’ultimo, in evidente difficoltà, non sapeva cosa fare: di certo non poteva raccontarle la verità!

La ragazza, che si era accorta dell’agitazione dell’amico, sorrise < Di sicuro avrai avuto i tuoi buoni motivi per andartene e, sono certa, che se potessi me lo avresti detto sedici anni fa.. – Fece una piccola pausa, mantenendo il contatto visivo, come se, solo con gli occhi potesse far capire tutto ciò che non aveva detto; poi, come se nulla fosse, con un nuovo sorriso, ancora più bello, ancora più caldo, ancora più falso, esclamò – Comunque sono contenta che tu sia tornato! >

Detto questo la ragazza si infilò il grembiule bianco, passandone un altro identico al ragazzo e, insieme, iniziarono a cucinare.



< Hey, teme, ma tu sai dove stiamo andando?! > domandò il biondino, tenendo la cartella nera dietro la testa < A lavoro > rispose l’altro, camminando tranquillo. < Si, ma dove!? > esclamò visibilmente alterato il biondino, fermandosi in mezzo al marciapiede.

Il fratello si limitò ad indicargli un punto sulla parte opposta della strada. Naruto, sbuffando, si girò e notò un bar con l’incisione “ Shinobi Cafè “.

I due ragazzi entrarono nel locale, notando che era piuttosto grande, con dei tavolini di vetro fuori, mentre all’interno c’erano dei grandi tavoli di legno, circondati da panche delle medesima fattura.

Il locale non era pieno, ma c’erano soprattutto anziani che facevano “ salotto “ parando fra loro.

I due si avvicinarono al bancone, attirando l’attenzione della ragazza dai corti capelli neri e la divisa del locale: vestito nero con grembiule bianco. < Salve, posso fare qualcosa per voi? > chiese gentilmente.

Fu Sasuke a rispondere < Salve, noi siamo i nuovi aiuto-camerieri, siamo stati assunti qui.. > La donna non gli diede nemmeno il tempo di finire che esclamò < Ma certo, voi dovete essere Sasuke e Naruto! La signorina Tsunade vi stava aspettando! > disse indicandogli una stanza sul retro del bar, evidentemente riservata alla padrona del locale.

Sasuke bussò alla massiccia porta in mogano e, dopo aver ricevuto il permesso, entrò, seguito da suo fratello.

La stanza era poco illuminata ed interamente fatta di legno. Al centro, sul bellissimo tappeto rosso, c’erano due poltrone e, davanti, una bellissima scrivania con un computer e moltissimi fogli sparsi. Dietro a questa sedeva una donna, con dei biondi capelli lunghi, legati da due code lasciate cadere sulle spalle.

La donna stava leggendo attentamente dei documenti che, vedendo da come li stava studiando, dovevano essere molto importanti. Passò quasi un minuto prima che la padrona del bar si accorgesse della presenza dei due Uchiha.

Alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi un pò stanchi e affaticati sui giovani. Calò un silenzio imbarazzante mentre su volto della donna si faceva strada un caloroso sorriso:

< Ragazzi, ma che bello rivedervi! Quanto siete cresciuti! - esclamò all’improvviso alzandosi e andando ad abbracciare i due ragazzi, rimasti immobili per lo stupore. - Certo che siete diventati proprio belli! >

< Scusi, ma lei come fa a conoscerci? > domandò gelido Sasuke.

La donna si morse la lingua, accorgendosi del madornale errore che aveva appena fatto, poi, sorridendo esclamò < Ma perché vi ho fatto nascere io!! - I due ragazzi la guardarono, strabuzzando gli occhi, capendo che stava mentendo

-  Comunque.. - riprese, mentre tornava seria, cercando di cambiare totalmente discorso – Io sono Tsunade, un’amica di vostro nonno Jiraiya. Da oggi lavorerete per me e sostituirete Shizune nei turni pomeridiani.

Per i primi giorni limitatevi ad aiuto-camerieri ed evitate di combinare guai. Andate pure sul retro: le vostre divise sono già pronte. Buon lavoro! > finì, sbattendoli letteralmente fuori dall’ufficio, ritornando a leggere quei documenti tanto importanti.

I due, sempre più confusi e straniti, fecero come li aveva ordinato la donna: andarono sul retro ed indossarono le divise da cameriere.

Erano come degli smoking, soltanto che la giacca di sopra era a maniche corte. La camicia era bianca ed il resto nero e non c’era la cravatta, ma una semplice spilla con uno strano simbolo: una specie di chiocciola, formata da una spirale leggermente allungata da una parte.

Dopo essersi cambiati si diressero di nuovo nel locale. Notarono che la cameriera di prima, Shizune, era già andata via e, al suo posto, c’erano altre due ragazze.

Entrambe indossavano la stessa divisa della donna, soltanto che, come notarono i due ragazzi, a loro stava decisamente meglio, risaltando le loro forme giovanili.

La ragazza al bancone aveva dei corti capelli tenuti in alto da un fiocco, anch’esso nero, mentre la ragazza che si aggirava tra i tavoli si era raccolta i lunghi e lisci capelli in una perfetta coda di cavallo.

Gli Uchiha si avvicinarono alla ragazza dietro al bancone, pronti per iniziare a lavorare. La giovane, accortasi della loro presenza si girò di scatto esclamando senza guardarli, porgendoli dei piatti < Questi vanno al tavolo tre, questi al cinque.. >

La frase le morì in gola quando si rispecchiò nel nero pece, e molto sorpreso, del moro. Il tempo si fermò inesorabile, mentre i suoi verdi smeraldi saettavano dalla notte più scura al giorno più luminoso.

Quando la collega tornò rimase immobile, a fissare i due ragazzi con i suoi occhi perlacei. Riacquistando un po’ di lucidità e, resasi conto dell’imbarazzante silenzio formatosi, fu Sakura a prendere la parola, cercando di essere più dura e sicura possibile:

< Bene, quindi sarete voi due i nostri nuovi colleghi.. > Naruto, gioioso e sorridente, la interruppe < Si! Siamo contenti di poter lavorare qui e sapere che ci siete anche voi.. >

< Si, si, adesso basta con i saluti. – tagliò corto Sakura, affidando ai colleghi i piatti – Qui noi siamo solo colleghi, quindi, Uchiha, per voi io sono Haruno e lei è Hyuga. Adesso muovetevi! > Li congedò tornando a fare il proprio lavoro.

Sasuke sbuffò, incamminandosi verso il tavolo tre, mentre Naruto, dispiaciuto dal comportamento della ragazza, rimase a fissare il pavimento, fino a che, una voce dolce e gentile non lo riscosse:

< Il tavolo cinque è da quella parte.. > disse Hinata, avvicinandosi al biondino e indicandogli, con un timido sorriso, il tavolo.

Naruto la ringraziò con uno dei sorrisi più belli che la corvina avesse mai visto, e si diresse al tavolo.

Hinata sorrise, tornando a lavoro, a lei quei due ragazzi piacevano, ma capiva bene il comportamento dell’amica e, ne era sicura, se i due fratelli avessero saputo il motivo del comportamento freddo e distaccato di Sakura, avrebbero di sicuro compreso.

Però lei non poteva certo andare a parlare con degli sconosciuti dei problemi suoi e della sua amica; anche perché, come era già successo, era sicura che nessuno le potesse capire e loro non volevano certo la compassione delle persone.

Eppure, qualcosa le diceva che, quei ragazzi, le avrebbero potute capire. Non sapeva se era solo una sensazione, ma aveva visto nei loro occhi molta sofferenza, più di quanta ne dimostrassero; sofferenza nascosta e taciuta, proprio come la sua o quella di Sakura.

Per questo sapeva che, anche l’amica, si era accorta del dolore dentro a quei ragazzi.




Angolo Autrice:

Salve!!! Eccomi con un nuovo capitolo!
Il titolo significa " Sorprese! ", e non credo debba spiegarne il motivo.. Comunque, assicuro che ci saranno tante altre sorprese nei prossimi capitoli!!

Mi sono accorta di star divagando un pò troppo, voi che ne pensate?
Cioè, in un solo giorno sono successe una miriadi di cose, e il giorno non è ancora finito.. Non vorrei che poi la storia diventasse noiosa..
Volevo precisare una cosa, alcuni personaggi, come Sakura, possono sembrarvi OOC, ma vi assicuro che c'è una spiegazione per ogni comportamento.
Grazie mille a chi mi segue, a chi recensisce e a chi legge!!


Alla prossima!!                                           144kagome_alice144

 

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Capitolo 7
*** KAKO NO SEWA ***


                                     

                                        Kako no Sewa



 
Il pomeriggio passò tranquillo; il locale si era riempito e, per riuscire a servire tutti i clienti, i quattro ragazzi non avevano avuto il tempo di parlare, all’infuori di semplici nozioni da colleghi. 

Sakura e Hinata erano rimaste dietro al bancone, occupandosi delle ordinazioni, mentre i due novellini giravano fra i tavoli, impegnandosi per portare l’ordinazione a destinazione sana e salva.

La notizia dei nuovi arrivati fece velocemente il giro del quartiere, riempiendo il locale di giovani studentesse ammaliate dai due Uchiha. I poveretti venivano strattonati di qua e di là, da quelle ragazze chiamate “ oche dagli ormoni impazziti “ dalla ragazza dai corti capelli rosa.

Verso l’ora di chiusura del bar, mentre Naruto e Hinata si occupavano di sparecchiare i tavoli, Sakura e Sasuke avevano il compito di pulire la cucina.

La rosa stava aspettando impazientemente il ritorno del moro, a cui era stato affidato il compito di servire gli ultimi clienti seduti al tavolo esterno. 

Dopo ben cinque minuti di attesa, l’Haruno, imbufalita, si diresse fuori, ritrovando il collega intento in una fitta conversazione con due ragazze, una dai lunghi capelli rossi e dei piccoli occhiali che le incorniciavano gli occhi neri, l’altra con dei capelli lunghissimi, palesemente tinti di nero, e dei piercing al naso e sulla lingua civettuola.

La ragazza, rossa dalla rabbia, fece per avvicinarsi al moro, con la chiara intenzione di urlargli contro, quando, inspiegabilmente, le riaffiorarono chiare e nitide nella memoria le parole di Ten Ten:

“ Neji è il mio rivale! Non sarò contenta fin che non avrò dimostrato che sono migliore di lui. È una cosa che riguarda soltanto me e, anche se dovessi farmi male, non smetterò di dimostrare di essere alla sua altezza! “

Sakura sorrise amaramente, comprendendo almeno un po’ il significato di quelle parole tanto strane così tornò in cucina mettendosi a lavoro, da sola.

Naruto, che stava finendo di riordinare i tavoli interni, notò, grazie alla grande vetrata che dava all’esterno del locale, suo fratello in compagnia di due ragazze a lui purtroppo conosciute. 

Stizzito e a dir poco furioso, si diresse verso di loro:

< Sasuke – sputò con rabbia il nome del fratello, attirando l’attenzione – non dovresti essere dentro ad aiutare l’Haruno?! > Marcò di proposito il nome della rosa, sperando che il fratello congedasse le sgradite ospiti. 

Quest’ultime squadrarono il nuovo arrivato, fino a quando, la ragazza dai capelli rossi non esclamò, lasciva < Naruto, non si sua più salutare!? > 

< Ciao Karin.. > rispose l’interpellato, sempre più arrabbiato, non distogliendo lo sguardo dal moro. < Come siamo freddi.. – continuò Karin alzandosi, avvicinandosi a Naruto, il quale, istintivamente, fece un passo indietro – Ma come?!! Hai ancora paura, volpetto? > lo schernì, guardandolo con disprezzo attraverso le lenti trasparenti.

Naruto si morse nervoso un labbro, mentre orribili ricordi, creduti dimenticati, o semplicemente accartocciati, riaffiorarono, prima confusi, poi sempre più sbiaditi, nella sua mente, andando ad offuscare, come delle nubi grigie e tempestose, i suoi occhi, non più tanto azzurri e splendenti.

< Karin, ma chi è questo ragazzo? > domandò la mora, con falso interesse, accendendosi una sigaretta.

L’altra rispose aspramente < Si chiama Naruto, è il fratellino di Sasuke.. > 

La ragazza, con la sigaretta incastonata tra le labbra, si alzò, dirigendosi lentamente verso l’interessato. Arrivata ad un palmo dal suo naso, espirò il fumo precedentemente ispirato sul suo viso, costringendo il ragazzo a compiere qualche passo indietro, tossendo per la puzza acre di quel fumo grigio. 

Quando smise di tossire, incenerì la ragazza con lo sguardo, la quale rispose con un sorriso strafottente.

Sasuke, che aveva assistito a tutta la scena, scattò in piedi, battendo violentemente il pugno sul tavolo. Incenerì con le sue due pozze d’onice, diventate quasi rosse dalla rabbia, le due ragazze, per poi rivolgersi a Karin, con voce calma, ma tagliente come una lama:

< Karin, te l’ho detto prima: fai un’altra cosa del genere e te la vedrai direttamente con me > 

Naruto guardò il fratello con occhi sgranati, non credendo a quello che era appena successo: suo fratello che prendeva le sue difese? Impossibile! Karin, cercò di sfidare lo sguardo del moro, ma alla fine cedette a quel nero intenso < Andiamo via, Hamaki > così dicendo le due se ne andarono, lasciando i due fratelli in un imbarazzante e nervoso silenzio.

Naruto cercava in tutti i modi di evitare lo sguardo severo del fratello, trovando interessante quella piccola parte di marciapiede grigiastro. 

Sasuke, invece, continuava a guardare il fratellino, poi, sospirando pesantemente, si diresse silenzioso verso la cucina. 

Il biondo lasciò che il fratello se ne andasse e, una volta solo, a occhi bassi, cercando di non far trapelare la profonda tristezza e l’amaro dolore che piano piano gli stavano lacerando il cuore, rientrò nel locale, riprendendo il suo lavoro.

Mentre cercava di concentrarsi nel suo lavoro, la sua mente vagò, ripercorrendo il suo passato, quel maledetto passato che continuava a tormentarlo anche nel presente. 

Aveva cinque anni e stava passando quel momento della vita chiamato, comunemente, infanzia; solo che per lui non era così: lui non era un bambino spensierato, che pensava a giocare, che andava in vacanza con la famiglia, che riceveva regali per il suo compleanno, che riceveva il bacio della buonanotte dalla mamma o che riusciva a conquistare parole di orgoglio da parte del padre.

Lui era solo. Lui era orfano. Certo, Itachi, Sasuke e il nonno Jiraiya gli volevano bene, erano la sua famiglia, ma lui, molto spesso, si sentiva diverso, come se il suo posto non fosse lì, come se lui non fosse Naruto Uchiha.

Era vero che, di carattere assomigliava al nonno, sempre allegro e ottimista, ma quel nonno non c’era quasi mai, era sempre via per lavoro e lui rimaneva a casa con i suoi fratelli.

In più non sapeva niente dei suoi genitori, solo che li avevano abbandonati, e questo non si poteva certo definire un pensiero felice per un bambino di cinque anni.

Ma la cosa che più lo faceva star male, che più gli recava dolore, erano proprio i suoi fratelli.

Itachi e Sasuke erano pressoché uguali, sia nell’aspetto che nel carattere, anche se Sasuke era un po’ più chiuso, ma lui era completamente diverso!

Era diverso nell’aspetto e nel carattere; lui si sentiva diverso! Comunque, nonostante questo, lui voleva veramente bene ai suoi due fratelloni e infatti, non aveva mai condiviso il suo dolore, arrivando anche, alla tenera età, ad essere un campione di falsi sorrisi.

Itachi sembrava non essersi accorto di nulla, ma Sasuke, invece, lo aveva capito.

Uno dei ricordi più brutti di Naruto, erano quelle giornate in cui era costretto a giocare con Karin e le sue amichette soltanto perché Sasuke era amico loro.

Il moro non lo sapeva, ma loro non facevano altro che offenderlo e, con il passare del tempo, iniziarono anche a picchiarlo.

Lui non è che non poteva difendersi, però non ci era mai riuscito, sia perché sapeva che non doveva picchiare le femmine, sia perché pensava di meritarsele quelle botte, sentendosi sempre più diverso.

Un girono, quando Sasuke rimase a casa per la febbre alta, le bambine gli giocarono un brutto tiro, facendolo capitolare giù dallo scivolo del parco comunale. Naruto batté violentemente la testa che iniziò a sanguinare e lui svenne sul colpo.

Le bambine, spaventate scapparono, lasciandolo lì, da solo. Poi fu Itachi, che preoccupato per il suo ritardo lo era andato a cerare, a ritrovarlo.

Il fratello lo portò immediatamente all’ospedale e, nel giro di due giorni il biondino venne dimesso con una piccola cicatrice indelebile in testa e cinque punti.

Fu molto fortunato a non riscontrare conseguenze dopo la brutta caduta, secondo i medici era un miracolo che stesse bene, una caduta così poteva causare una paralisi completa del corpo o ,peggio, la morte.

Quando il fratello maggiore gli chiese come aveva fatto a cadere, lui gli aveva raccontato una bugia, ma la stessa cosa non funzionò con Sasuke che, anche se piccolo, era molto perspicace, specialmente se la cosa riguardava il fratellino.

Il moro si era molto arrabbiato con lui, urlandogli che avrebbe dovuto dire la verità ad Itachi, ma Naruto, fra i singhiozzi e le lacrime, per la prima volta, aprì il suo cuore a suo fratello:

“ Tu non capisci! Quelli sono i tuoi unici amici! Se io lo dicessi al fratellone tu non giocheresti più con nessuno! Io non voglio che tu rimanga solo!! Invece di sgridarmi, ogni tanto potresti anche prendere le mie difese!! "

Quelle parole ferirono nel profondo Sasuke, e da quel giorno Karin e le sue amiche non si fecero più vedere.

Naruto non sapeva perché quel cambio repentino di comportamento da parte di quelle bambine, ma a quell’epoca non ci aveva fatto tanto caso visto che, poi, suo fratello aveva trovato altri amici, come Jugo e Suigetsu e con loro andava molto d’accordo.

Istintivamente Naruto si portò la mano alla testa, toccando la cicatrice, ormai completamente guarita e sommersa dalla sua chioma bionda.

Uno strano pensiero si fece largo nella sua mente, dopo dieci anni, forse, aveva capito il mistero di quei brutti ricordi. Adesso che ci pensava, dopo quella accesa discussione con suo fratello, la bambine sparirono nel nulla e nessuno si azzardò più a ferire Naruto.

Che quelle parole e quello sguardo pieni di rabbia volessero significare qualcosa? E poi, perché Sasuke si era intrattenuto a parlare con quelle due, invece di tornare immediatamente al lavoro? Naruto pensava, ma ciò che stava lentamente realizzando non gli piaceva affatto.

< Tutto bene? > Una voce dolce e gentile lo ridestò da quei brutti pensieri, facendo alzare di scatto gli occhi, ancora sofferenti, del biondo che si andarono a perdere nel mare puro degli occhi di Hinata.

Lei, che si era accorta del cambio repentino del ragazzo, gli si era avvicinata e, delicatamente gli sfiorò la mano che inavvertitamente, prima si era chiusa a pugno, stritolando il povero cencio, facendola rilassare completamente.

Naruto non staccò un momento gli occhi da quella ragazza, cercando in essi la forza di andare avanti. Per una volta era lui ad avere bisogno degli altri, era lui ad aver bisogno che qualcuno riuscisse a varcare il muro che si era costruito e lo aiutasse.

Con quello sguardo, che sostituiva mille parole inutili, e quella dolce carezza, Hinata fu in grado di toccare l’anima del ragazzo, cullandola e rilassandola. Prima di far finire quel contatto, la corvina gli sorrise.

Quello non era un sorriso di pena o di compassione; era un sorriso caldo, dolce, meraviglioso che riuscì a far ritornare il sorriso anche a Naruto che la ringraziò donandole uno dei suoi soliti sorrisi, anzi, questa volta era anche più bello, più luminoso, più vero.

L’Uchiha guardò la collega allontanarsi, per tornare a lavoro, pensando che forse, anche senza il fratello, era riuscito a trovare una cura per il suo passato.


Sasuke entrò in cucina abbastanza nervoso, si infilò con rabbia il grembiule e iniziò a pulire violentemente la cucina.

Sakura, appena lo aveva visto entrare, stava già per iniziare la sua bella predica ma, appena aveva visto i suoi occhi, rabbiosi, infuriati, tristi, sofferenti, si era calmata, chiedendosi se forse il dialogo che stava avendo con quelle due ragazze non riguardasse cose molto importanti.

Decise di non indagare oltre, dato lo scontro burrascoso della mattina, continuando a pulire.

< Mi aiuteresti? > chiese dopo un po’ di silenzio la ragazza. Sasuke si voltò di scatto, incenerendola con lo sguardo.

Sakura doveva rimettere a posto delle confezioni di zucchero, ma non riusciva a raggiungere la mensola ed era stata costretta a chiedergli aiuto. In realtà, quello era un pretesto per cercare di avere almeno un rapporto umano con quel ragazzo.

Durante tutto il pomeriggio ci aveva pensato e, anche se non gli andava a genio, aveva compreso che con lui avrebbe dovuto passare molto tempo, perciò aveva deciso di cercare di rimediare al suo comportamento della mattina, cercando almeno una motivazione valida, anche se nemmeno lei sapeva perché aveva reagito così.

< Puoi farcela da sola, Haruno > le rispose secco e tagliente il ragazzo, prendendo la spazzatura e dirigendosi verso l’uscita sul retro.

Sakura era rimasta scioccata dalla risposta, ma soprattutto dagli occhi e dal tono con cui l’aveva pronunciata. Infondo, adesso lei non aveva fatto niente di male, che lui si stesse vendicando?! Bhe, anche se fosse, questo non gli dava il diritto di trattarla così.

Sempre più arrabbiata si arrampicò sul mobile, cercando di riuscire a sistemare le confezioni. Riuscì a sistemarle tutte, ma l’ultima, che era in bilico, al suo movimento per scendere, cascò e la rosa, cercando di prenderla al volo, precipitò con lei.

In tutto il locale si spanse un boato di cocci rotti, mettendo in allarme Naruto e Hinata che si precipitarono in cucina.

< Ma che è successo..? > esclamò il biondo, non riuscendo a finire la frase.

La mensola su cui ci si era aggrappata Sakura, era ceduta facendo cadere tutti i piatti e bicchieri. Da sotto il mucchio di cocci rotti, Hinata, vide spuntare una mano pallida, che riconobbe come quella della sua amica

< Sakura! > gridò, mentre si precipitò, seguita da un confuso Naruto, a soccorrere l’amica.

La rosa non era ferita gravemente, aveva soltanto qualche tagliuzzo qua e là, ma la cosa preoccupante era il polso destro. Era molto gonfio e non riusciva a muoverlo, non doveva essere rotto, ma quasi di sicuro slogato.

< Forse dovresti andare da un medico! > esclamò l’Uchiha, proprio mentre Sasuke stava tornando

< Ma che cosa è successo qui!? > chiese, inarcando un sopracciglio, stufo di dover pulire ancora. Naruto lo fulminò < Sakura è caduta dalla mensola e si è slogata un polso.. > Il moro guardò la rosa che tratteneva a fatica le lacrime, mentre si teneva il polso con la mano sana.

Doveva fare veramente male, e Sasuke si sentì in qualche modo responsabile per l’accaduto, in più lo sguardo accusatorio di suo fratello non lo aiutava di certo.

< Non vi preoccupate – riprese la rosa – Anche se non sembra ho avuto qualche nozione di medicina e so come comportarmi in questi casi.. - Sakura sorrise incoraggiante, ma tutti, chi per un motivo, chi per un altro, riuscirono a capire subito che quello era un falso sorriso. – Piuttosto, mi dispiace, ho messo a soqquadro tutta la cucina.. >

< Non ti preoccupare, qui ci pensiamo noi, tu va a cambiarti > la rassicurò Hinata spingendola verso l’uscita < Ma sei sicura, Hinata? > < Certo, tranquilla! > le sorrise la corvina, appoggiata dal sorriso di Naruto e da un impercettibile segno con la testa di Sasuke.

La rosa sospirò, andandosi a cambiare.


I tre ragazzi per pulire e riordinare la cucina ci misero quasi tre ore; poi stanchi, stremati e silenziosi, si cambiarono.

Fuori dal bar li aspettava Sakura che li avvisò che la signorina Tsunade se ne era già andata e che non si era accorta di niente. Tutti e quattro sospirarono, felici di non ricevere un rimprovero da quella donna.

Con un mezzo cenno di saluto si congedarono, le ragazza da una parte, i ragazzi dall’altra.

I due Uchiha camminavano silenziosamente uno accanto all’altro. Quel silenzio fra i due era soprannaturale: Naruto non poteva, non riusciva a stare zitto per più di cinque minuti, e questo suo fratello lo sapeva bene.

Il biondino camminava lentamente, con le braccia lasciate cadere lungo i fianchi e lo sguardo puntato sulla strada sporca, illuminata dai raggi di quel sole che ormai stava sparendo dietro le colline di Konoha.

Naruto pensava, rifletteva e, ogni tanto, guardava di sottecchi suo fratello maggiore. Non sapeva come comportarsi e più ci rimuginava più le sue congetture sembravano plausibili; inoltre quel silenzio assordante gli stava iniziando a dare fastidio sul serio.

Ad un tratto, nella sua mente piena di brutti pensieri, di presagi e di colpevolezza, si affacciò quel caldo e rassicurante sorriso, seguito da quegli occhi cristallini che lo avevano fatto sentire bene. aveva notato negli occhi della ragazza una gioia e felicità immensa, ma ben nascosta era sicuro di aver intravisto una grande sofferenza.

Ripensò al suo tocco leggero che gli aveva donato pace e tranquillità, ma anche forza e coraggio. Alzò lo sguardo puntando i suoi occhi sulla schiena del fratello: se le sue congetture erano vere gli doveva almeno dei ringraziamenti.

Si fermò e, con l’immagine sorridente di Hinata fissa nella mente:

< Sasuke.. – L’interpellato si fermò, aspettando che il fratellino continuasse, percependo che quella dovesse essere una cosa molto seria -  Che cosa intendevi prima? > domandò, riferendosi alle parole taglienti dette dal moro a Karin.

Sasuke si girò, rispecchiando le sue due pozze scure con quelle chiare del biondo. Per la prima volta negli occhi del biondino c’era una luce nuova, diversa, ammaliante, calda e rassicurante. Sasuke non sapeva che cosa potesse essere, forse la sicurezza, forse il coraggio, o forse..

< Niente che ti riguardi! > tagliò corto, intenzionato comunque a troncare il discorso, riprendendo il suo cammino verso casa.

L’atteggiamento del moro poteva sembrare freddo, distaccato, quasi arrogante, ma non per Naruto; lui sapeva leggere fra le righe, specialmente quando si trattava del fratello e, con quella risposta aveva avuto la conferma a tutti i suoi dubbi.

Naruto aveva finalmente capito che era stato lui ad allontanare Karin e le sue amiche dopo l’incidente, era sempre lui che lo proteggeva da tutto e da tutti, rischiando in prima persona, era lui che qualche ora fa parlava con Karin, con il solo fine di proteggerlo da lei.

L’Uchiha più piccolo sorrise, un sorriso meraviglioso, di quelli che ti scaldano l’anima < Grazie Sasukenii-san! >

Il moro si fermò.

Era raro, molto raro che il fratello aggiungesse quel prefisso al suo nome, perciò Sasuke dedusse che quel dobe doveva aver capito tutto.

Un sorriso di rassegnazione, misto a felicità, si fece spazio sul suo volto, mentre aspettava che il fratello lo raggiungesse.

Il biondo capì il silenzioso invito e, trotterellando lo raggiunse. Circondò con un braccio il collo del moro, stringendolo in una specie di abbraccio improvvisato.

Con quel gesto, parecchio inusuale per loro, il biondo voleva dimostrare al fratello quanto in realtà gli voleva bene e, soprattutto, quanto in realtà gli fosse grato per tutto quello che aveva fatto in passato, facendogli capire che anche lui, se avesse bisogno di aiuto, ci sarebbe sempre stato.

Così, stretti in quello che doveva sembrare un abbraccio, proseguirono verso casa, ridendo e scherzando.

Era sempre stato così, fra loro non importavano parole, loro riuscivano a capirsi soltanto con uno sguardo perché loro erano fratelli, ma soprattutto erano migliori amici.

Certo, avevano uno starno modo, tutto loro, per dimostrarsi affetto: il più delle volte si prendevano a calci e pugni, ma, con il tempo, avevano imparato a superare le difficoltà, insieme.

Loro si aiutavano, reggendo insieme il grave peso del dolore, dell’odio e della solitudine che avevano provato, che stavano provando e che, erano certi, avrebbero provato in futuro, lo stesso futuro che ormai non sembrava più tanto lontano. 




Spazio Autrice:

Salvee!! Ok, Ok, non mi fucilate, vi prego!!
Purtroppo in questo ultimo periodo, data la fine del quadrimestre, non ho un momento per dedicarmi alla storia. 
Crecherò di pubblicare il prossimo capitolo il prima possibile, ma non vi assicuro nulla.
Riguardo a questo capitolo, il titolo signivica " Cura per il passato ".
Mi dispiace per tutti i fan di Karin, ma a me non è mai stata tanto simpatica, mentre all'incontrario amo Jugo e Suigetsu.



Alla prossima!!                                                                                                                 144kagome_alice144

 

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Capitolo 8
*** NICHIBOTSU DE ARUKIMASU ***




                              Nichibotsu de Arukimasu

 

Sakura ed Hinata erano appena rientrate in casa. La giornata era stata estenuante ed entrambe erano sfinite.

La rosa si sentiva un po’ in colpa: mentre lei era stata a riposo la sua amica aveva dovuto ripulire tutto il macello che lei aveva causato solo per il suo orgoglio. < Hinata, vai pure a riposarti, ci penso io alla cena! > disse con un sorriso. < Ma Sakura.. Il polso ti fa ancora male, non dovresti sforzarlo.. >

< Non ti preoccupare, ce la faccio benissimo! > esclamò, stringendo il pugno mal ridotto, nascondendo la smorfia di improvviso dolore con un falso sorriso. La corvina sorrise stancamente, ringraziando mentalmente l’amica, poi disse < Allora ne approfitto per andare a fare una passeggiata, va bene? >

Sakura sorrise apprensiva. Quel primo giorno di scuola era stato veramente estenuante, più del solito, e capiva che la coinquilina aveva bisogno di stare un po’ sola, proprio come lei. Hinata uscì di casa, avvisando che sarebbe tornata entro una mezz’oretta.

La corvina adorava passeggiare, le liberava la mente dai pensieri e dai problemi che, nonostante la sua giovane età, era costretta combattere.

Chiuse gli occhi e alzò il viso inspirando l’aria fresca del tardo pomeriggio. Quando riaprì gli occhi, con ancora il volto rivolto verso l’alto, si rispecchiò nelle varie sfumature del cielo che ormai avevano preso il posto dell’azzurro limpido. La Hyuga, ripensando al cielo di giorno, si ricordò di quelle due pozze limpide piene di allegria e voglia di vivere, ma oppresse da un profondo dolore, difficile da estirpare.


< Dobe, adesso smettila! > esordì Sasuke, non riuscendo a mascherare un sorriso, incapace di arrabbiarsi sul serio con suo fratello.

Naruto sorrise e strinse ancora di più il moro, facendolo quasi inciampare < E dai.. Temenii-chan..! > lo schernì il biondino, sapendo che suo fratello odiava quel soprannome. < Dobe, non mi chiamare così! > lo fulminò il moro. Il fratello non si spaventò, sapendo che, sotto sotto, al moro piaceva quel soprannome.

Così, ridendo e scherzando, arrivarono a casa.

< Ma Itachi non è ancora arrivato..? > constatò il più piccolo, vedendo che la loro nuova casa era immersa nel buio più totale. Sasuke scrollò le spalle , aprendo la porta con le sue chiavi di riserva.

Non appena accesero le luci dell’ingresso, una massa di pelo arancione si tuffò addossò al biondo, facendolo cascare all’indietro < Kurama! > < Bau! > si salutarono, mentre Naruto lo accarezzava e il cucciolo scodinzolava.

Sasuke sbuffò, superando la scenetta “ romantica “ fra il fratello e il suo “ botolo “. Quest’ultimo si staccò dal biondino, dirigendosi in tutta fretta tra le gambe del moro. L’Uchiha rovinò a terra < Tu..! > imprecò, lanciando un occhiata gelida al cane che ricambiò lo sguardo con i suoi strani occhi rossi, per poi tuffarsi fra le sue braccia, scodinzolando.

Il ragazzo, seppur arrabbiato, non riuscì a trattenere un sorriso ricambiando il gesto d’affetto con qualche carezza.

<  Dobe, nostro fratello tornerà fra poco; perché non vai a fare una passeggiata con il botolo? > asserì Sasuke, facendo sembrare la domanda un ordine repentino.

Naruto annuì, prendendo il guinzaglio nero e allacciandolo al collo di Kurama che aveva preso a saltare euforico per tutto l’ingresso. < Non stare fuori tanto! > gridò il moro mentre il fratello usciva.

Una volta rimasto solo, Sasuke sospirò. In quella casa vuota e buia si sentiva immensamente solo e la solitudine, per quanto potesse sembrare il contrario, non gli piaceva affatto.

Nel pensare alla solitudine gli ritornarono alla mente quelle due pozze smeraldine che in quella lunga giornata lo avevano perseguitato.

Scosse le spalle, non volendo ricordare la giornata trascorsa e ghignò, entrando in cucina e iniziando a preparare la; aveva mandato via Naruto proprio perché non voleva che quell’impiastro combinasse un macello con la sua cena, infondo lo sapeva bene: se non voleva rimanere a digiuno doveva sbarazzarsi del dobe.


Naruto e Kurama si diressero verso il parco comunale, o meglio, Kurama tirava Naruto verso quella direzione < Kuramaa.. Va pianoo! > urlava il biondino mentre il cane abbaiava felice.


La giovane Hinata passeggiava tranquilla, seguendo la linea grigia che formava il marciapiede, reso più scuro dal tramonto imminente.

Era arrivata al parco quando notò, dall’altra parte della strada, un ragazzo, con indosso ancora la divisa scolastica del suo stesso liceo, con la pelle bronzea, accentuata dai raggi del sole d’oro, come i suoi capelli; mentre i suoi occhi ricordavano il colore del cielo di qualche ora prima. Notò che il ragazzo stava venendo letteralmente trascinato da un cucciolo, dall’insolito pelo arancione.

L’Uchiha, ignaro dello sguardo attento della ragazza, attraversò la strada, cercando di frenare l’euforia del cane. La Hyuga, stranamente, ebbe l’impulso di fermarlo e parlargli, nonostante l sua perenne timidezza < C-Ciao U-Uchiha-san >

Al richiamo il biondo si girò, ritrovandosi affiancato da una splendida fanciulla, dalla pelle e gli occhi candidi come la luna e i capelli scuri come il letto di quest’ultima.

< Bau! Bau! > salutò Kurama. Hinata si accovacciò, dedicando uno splendido sorriso al cane e dandogli qualche piccole carezze sul testolino arancione mentre il cucciolo ripiegava le orecchie nere all’indietro.

< Come si chiama? > chiese gentile. < K-Kurama! – rispose il ragazzo, ripresosi dall’osservare la ragazza – E’ un meticcio, ma è buono! > la tranquillizzò. Lei sorrise e, con uno sguardo malinconico, sussurrò < Ho sempre desiderato avere un cane.. >

Naruto la fissò, non sapendo cosa dire; poi, quando la ragazza si rialzò, disse < Ah, comunque Naruto va benissimo! Non importano le formalità! – la rassicurò sorridendo – Ti va di sederci un pò? > chiese, indicando una panchina in mezzo al parco.

Il parco era enorme, tutto immerso nel verde; non mancavano i giochi per i bambini e, per finire l’opera, nel centro c’era una bellissima fontana. La ragazza annuì ma, mentre il biondo era intento a sguinzagliare Kurama, lei si diresse verso le altalene destinate ai bambini.

Il biondo la raggiunse, un po’ confuso, notando che la ragazza si era seduta sopra di esse. < Perché ti sei seduta qui? > chiese con un mezzo sorriso, osservando che quella ragazza, oltre che bella era anche molto dolce. La ragazza a quella domanda parve svegliarsi e, rossa come un pomodoro, esclamò:

< Oh, s-scusa i-io n-non v-vole.. > < No, non ti preoccupare, non fa niente! > la rassicurò, vedendola in difficoltà.

Rimasero per un po’ in silenzio, entrambi seduti sulle altalene, come i bambini che non erano mai potuti essere. All’improvviso fu la ragazza a spezzare il silenzio < Ogni volta che vengo qui, mi piace sedermi e dondolarmi, mi fa dimenticare.. > Non riuscì a finire la frase che un singhiozzo silenzioso e mal represso la scosse.

< Tutto bene? > le chiese apprensivo il giovane. La ragazza alzò lo sguardo, incontrandosi con i suoi profondi occhi azzurri, realmente preoccupati per la tristezza che aleggiava nelle sue parole.

Hinata sorrise timidamente, contenta di aver conosciuto una persona come quel ragazzo, comprensivo e che non la compativa né provava pena per lei. Naruto, scorgendo quel piccolo sorriso, sorrise a sua volta, senza un valido motivo, dirigendo il suo sguardo davanti a lui, guardando Kurama giocare con degli uccellini.

< Anche a me succede.. Il passato è un’ombra minacciosa, dalla quale è difficile scappare > disse. La ragazza annuì, poi, come scossa da un fulmine, si alzò di scatto, inclinò leggermente la schiena e disse < Mi dispiace per quello che è successo oggi. Sakura non è così scontrosa, è una ragazza altruista e sempre disponibile, non farti un’idea sbagliata di lei, per favore. So che ha agito male, ma per lei.. Si insomma.. >

< Hey! Hey! Calmati, va tutto bene! Non sono arrabbiato! – La interruppe Naruto, calmandola con uno dei suoi migliori sorrisi e facendola tornare a sedere – Non devi scusarti, piuttosto sono io a dovermi scusare per il comportamento di mio fratello. Lui è fatto così, è chiuso e all’apparenza scontroso, ma ti posso assicurare che, chi riesce a scalfire la sua corazza, trova una persona completamente diversa da quella che appare! >

La ragazza annuì, ancora rossa per l’emozione provata in quel lungo discorso che aveva fatto quasi in apnea. Rimasero per un po’ in silenzio, un silenzio rilassante e non imbarazzante, quando poi Naruto asserì < Comunque ho capito. – la ragazza volse la sua attenzione su di lui – Ho notato la sofferenza negli occhi di Haruno, e credo che l’abbia notata anche mio fratello.. >

La corvina abbassò di nuovo lo sguardo, triste < Sakura ha passato brutti momenti, però, io.. > < Non ti preoccupare, non voglio sapere nulla! > esclamò il biondino, capendo di aver messo in difficoltà la ragazza.

Rimasero ancora in silenzio, quando la Hyuga, quasi per sbaglio, guardò il cielo, accorgendosi che ormai il sole era completamente calato, lasciano il posto alla luna e alle stelle:

< Oh no! Sono in ritardo per la cena! > esclamò alzandosi. Naruto guardò il suo orologio e, vedendo che era passata più di un’ora da quando era uscito di casa, sbiancò “ Mio fratello mi ammazzerà per quanto sono in ritardo! “

< Si, forse è meglio che andiamo! > esclamò con un sorriso imbarazzato. Richiamò Kurama e gli rimise il guinzaglio.

La ragazza si accucciò, accarezzando di nuovo il cucciolo e depositandogli un piccolo bacio sulla fronte < Ciao Kurama, è stato un piacere conoscerti! > esclamò, ricevendo come risposta un “ Bau “ affermativo.

< Allora Uchiha.. emm.. Naruto, ci vediamo domani.. > < Si, certo! Hinata.. > I due rimasero incantati, uno negli occhi dell’altra, incapaci di far finire quel contatto. Nessuno dei due voleva realmente andarsene, trovando gli occhi dell’altro così caldi, così accoglienti da poterli definire “ casa “.

Per fortuna, o per sfortuna, ci pensò Kurama a sistemare le cose, girando intorno alla ragazza e attorcigliandola con il guinzaglio, facendola cadere insieme al padroncino esattamente sulla terra fresca che usavano i bambini per giocare.

< Kurama! > esclamò Naruto, cercando di rialzarsi, ritrovandosi affianco la ragazza, completamente rossa per la posizione assunta da lui. Infatti, cascando, Naruto aveva avvolto con le braccia lei, attutendole la caduta, e adesso erano abbracciati.

Quando Naruto se ne accorse, sciolse quel caldo abbraccio, imbarazzato quanto lei, poi, prima che si potesse rialzare, Kurama gli saltò addosso, iniziando a leccarlo e a giocare.

< Kurama, dai, togliti. Adesso basta, Kurama! > esclamava fra le risa il biondino.

Hinata rimase a fissare la scena, per poi scoppiare in una fragorosa risata. Vedere il ragazzo, tutto sporco di terra giocare in quel modo con il cane era una scena meravigliosa. I due interruppero il loro gioco, osservando la ragazza ridere.

Naruto non aveva mai sentito risata più bella di quella, così pura, così cristallina. Non era una risata di scherno, ma una risata che partiva dal cuore. Inconsciamente si ritrovò a pensare che avrebbe sempre voluto sentire quella risata partire dalle sue labbra e non quelle parole tristi di qualche minuto prima.


< Sono a casa! > esclamò affannata Hinata < Hinata!! > corse ad abbracciarla una furia dalla chioma rosa.

< Sakura, tranquilla sto bene.. > la rassicurò la corvina. < No che non sto tranquilla!! Lo sai che ore sono!? Mi hai fatto preoccupare!! > la sgridò la rosa. Hinata abbassò lo sguardo, cercando di nascondere il rossore. < Hinata.. >

< Scusami, ma mi sono fermata al parco, con Naruto.. > quasi sussurrò il nome del biondino, mantenendo rigorosamente gli occhi bassi. Sapeva che la rosa si era preoccupata, ma se ripensava a qualche ora prima, non si pentiva affatto di essere rimasta in compagnia di Naruto così a lungo.

Sakura sorrise sotto i baffi. La sua amica aveva un qualcosa di strano e, nel sentire quel nome capì. Così, per vendicarsi della paura che aveva provato non vedendola tornare assunse una faccia sempre più arrabbiata:

< Hianata.. Mi stai dicendo che io sono rimasta qui, in pena per te, chiamando addirittura la polizia, e tu eri con quello là!?!?!? > Hinata per poco non svenne. Addirittura la polizia!? < M-ma Sakura.. >

< Oh Hinata! Stavo scherzando! > asserì, dando una leggera pacca sulla schiena dell’amica. Hinata per poco non svenne, mentre l’Haruno se la rideva per l’improvviso sbiancamento della già candida pelle della corvina. < Dai, adesso andiamo a tavola. E’ già tutto pronto! >

Le due si diressero in cucina e iniziarono a cenare. < Allora sei stata con Naruto.. > riprese il discorso Sakura, mentre addentava la sua omelette, guardando con sguardo malizioso la Hyuga.

Quest’ultima quasi non si strozzò con l’acqua per quella frase. < S-Sakura, non pensare male!  > la redarguì. < Non penso male, Hinata. Però devo dire che Naruto è un bel ragazzo, allegro e solare.. – disse con un sorriso - Il perfetto contrario di quell’altro.. > aggiunse fra i denti, credendo che l’altra non la sentisse.

Invece la coinquilina l’aveva sentita benissimo e, mentre prendeva un po’ di insalata, disse < Sai, secondo me nemmeno Sasuke è così male.. Dovresti conoscerlo meglio prima di giudicarlo.. > < Mh, a me i tipi come lui non piacciono per principio! > asserì, volendo terminare in fretta l’argomento “ Uchiha maggiore “

. < Fa come credi, ma credo che tu abbia capito benissimo cosa intendo. > aggiunse la corvina, addentando la sua omelette. Lanciò un occhiata veloce all’amica, notando che stava riflettendo, con lo sguardo fisso nel piatto. Sorrise.

Sapeva che Sakura non era una persona che giudicava le persone prima di averle conosciute e, anche se si rivelavano cattive, lei era sempre la prima che faceva di tutto per aiutarle nel momento di bisogno. Chissà perché, allora, ce l’aveva così tanto con il moro. Eppure, nonostante non conoscesse la risposta, Hinata era sicura che, nel profondo del suo cuore, Sakura lo sapeva benissimo.

L’Haruno continuava a riflettere sulle parole dell’amica. In realtà, nemmeno lei capiva il motivo di quel suo comportamento scontroso con Sasuke. Infondo non si conoscevano ancora e lei non aveva nessun diritto di giudicarlo. Eppure, quando si era scontrata quegli occhi neri, profondi ma contenenti una grande sofferenza, proprio come la sua, si era chiusa, non volendo aprire le sue difese a quegl’occhi.

Che avesse paura di crollare, di non riuscire a mantenere quella maschera di allegria che ogni giorno, faticosamente, si issava sul volto? Che avesse paura di essere capita da quello sguardo così magnetico?

< Mmm, queste omelette sono squisite! > asserì Hinata, riportando la rosa alla realtà che sorrise e ringraziò l’amica, iniziando a parlare del più e del meno, senza pensare né a sguardi magnetici né a maschere di allegria.


< Sono a casa! > esclamò Naruto, chiudendosi la porta d’ingresso alle spalle. Ad aspettarlo, spalle al muro, sguardo omicida, c’era suo fratello.

< Sei in ritardo > esalò, tagliente, gelido e molto, molto arrabbiato. Quando si era accorto del ritardo stratosferico del fratellino, si era preoccupato e, se Naruto non fosse rincasato in quel preciso istante, lo sarebbe andato a cercare per tutta Konoha.

< Si, scusa.. > rispose Naruto, senza nemmeno guardarlo o preoccuparsi dello sguardo assassino che gli stava lanciando suo fratello.

Lentamente sciolse il guinzaglio a Kurama che, stranamente, se ne rimaneva tranquillo. Sasuke sgranò gli occhi, incredulo, perdendo la sua rinomata compostezza. Suo fratello sembrava più stupido del solito, con la testa oltre le nuvole e perfino il cane, sempre euforico e senza controllo, era calmo, così calmo da sembrare ipnotizzato da una qualche tecnica ninja.

< Usurantonkachi… che ti è successo..? > domandò continuando a fissarlo stupito. < Ma niente Sasukenii-chan.. > rispose l’altro, sempre più assorto nei suoi pensieri. Nel sentire quell’appellativo, Sasuke, riacquistò il suo contegno. Fermò il fratello e lo sbatté violentemente contro il muro.

< Dimmi che cosa è successo Naruto!? > Sentire il suo nome pronunciato con quella voce glaciale, quasi arrabbiata che nascondeva però una nota di preoccupazione, fece risvegliare dallo stato di trance il biondino. < M-ma nulla teme.. Non è successo nulla.. >

Il moro si calmò, mollando la presa sul fratello. Naruto, vedendo la reazione così esagerata di Sasuke sospirò. Lo aveva fatto preoccupare con l’enorme ritardo e poi con quello strano comportamento, aveva almeno diritto ad una spiegazione < Ho incontrato Hinata e sono rimasto al parco con lei. Mi sono completamente dimenticato del tempo! >

Ammise con un sorriso, mettendosi una mano dietro la testa, scompigliandosi i biondi capelli; abbassò lo sguardo nel tentativo di celare il rossore che gli imporporava le guance. Sasuke sospirò, apparentemente tranquillo, almeno fino a quando non razionalizzò il significato di quelle parole.

Sgranò gli occhi e, cercando di mantenere la calma, chiese < Con chi sei rimasto? > “ Da solo per più di un’ora? “ avrebbe voluto aggiungere. < Con Hinata.. > rispose, guardando il cane piacevolmente accucciato nell’ingresso. < Con la Hyuga, vorrai dire!? > lo corresse il moro, marcando con rabbia il cognome della ragazza.

< No! Con Hinata! - affermò Naruto guardandolo male; poi, abbassando il tono della voce, aggiunse - Non è così male, se tu provassi a conoscerla meglio sapresti che è una ragazza fantastica! >

Tra i due calò il silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. Naruto ripensava all’enorme sofferenza che aveva visto in quegl’occhi color perla; mentre Sasuke ripensava a quelle due pozze smeraldine, disperate, tristi e sanguinanti.

< Itachi non è ancora tornato? > interruppe quel silenzio carico di tensione il più piccolo. < No.. > rispose il moro, non potendo aggiungere altro dato che venne interrotto dal borbottio dello stomaco del giovane.

Naruto, grattandosi la testa imbarazzato, non riuscì a trattenere una risatina nervosa che venne ricambiata dal sorriso di Sasuke. L’atmosfera ritornò serena.

< Dai, andiamo a tavola, Usurantonkachi.. > < Ma io voglio il ramen!! > piagnucolò ma, prima che il moro potesse rispondere la porta i casa si spalancò.





Spazio Autrice:

Salvee!!

Finalmente ho finito di studiare!! Vi assicuro che, anche se per la fine della scuola mancano tre giorni, da adesso posso tornare ( o iniziare ) a pubblicare più velocemente. 
Inoltre con l'arrivo delle vacanze ho avuto un sacco di ispirazione ed ho quasi terminato il capitolo successivo.
Tornando a questo, invece, si intitola: " Camminata al Tramonto ".
Ho messo NaruHina, ma vi assicuro, vi prometto, che fra qualche capitolo metterò il SasuSaku.
Ringrazio ancora una volta tutte le persone che leggono la mia storia e un grazie speciale anche a chi mi lascia una recensione; mi fa veramente felice sapere che cosa ne pemsate di questa storia.
Grazie mille a tutti!!


Alla prossima!!!                                                                                   144kagome_alice144

 

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Capitolo 9
*** KANGAE ***


                 

                                            Kangae

 


< Ciao ragazzi! - esclamò un po’ sorpreso una figura alta, dagli occhi neri e i capelli, legati in un basso codino, del medesimo colore – Ma mi aspettavate dietro la porta? > chiese appendendo il giacchetto nell’ingresso, non togliendo gli occhi dai due fratelli.

< Itachi!! > esclamò il biondino, saltandogli addosso, seguito da Kurama. < Hey, anche io sono contento di rivederti Naru- > < Itachi ho fame!! Dov’è il ramen!! > strillò Naruto girando intonarono al fratello per individuare il suo cibo, imitato da Kurama.

Il moro sospirò, spostando poi gli occhi su Sasuke. Si sorrisero in segno di saluto e Itachi esclamò, dirigendosi in cucina < Vieni Naruto, che ti do il ramen! > Naruto, insieme all’inseparabile Kurama, si diresse velocemente in cucina, seguito da un Sasuke divertito dal cmportamente infantile del fratellino.

Infondo lo sapeva, quando c’era di mezzo il ramen, Naruto era peggio di un bambino.

I due fratelli si misero a tavola, precedentemente apparecchiata dal moro, aspettando di essere serviti dal maggiore.

< Sasuke, ma hai cucinato tu? > chiese il maggiore, notando la zuppa di miso e il tempura. Il moro annuì, lanciando un’occhiata al biondo che lo stava pregando in tutte le lingue di non dire al fratellone del suo ritardo.

Itachi annuì < Allora Naruto il ramen è tutto tuo! > disse servendo l’affamato fratellino < Si!! > esclamò tuffandosi sul piatto. < Naruto.. > lo richiamò il maggiore, mentre serviva la zuppa di miso a suo fratello e poi la versava nel suo piatto.

Naruto sbuffò, aspettando che anche gli altri due fossero pronti e poi, tutti insieme esclamarono < Buon appetito! > Così, felici, iniziarono a mangiare.

< Allora ragazzi, com’è andata a scuola? > chiese il maggiore. Sasuke quasi si strozzò con la zuppa, ripensando al rocambolesco pomeriggio mentre incendiò Naruto con lo sguardo, sperando che quel dobe non dicesse niente al fratello.

Il biondo sorrise a trentadue denti, mentre, con la bocca piena di ramen rispose < Bffe! Cfi sfffo dfffffffi > < Naruto! > lo sgridò Itachi.

Il biondino ingoiò rumorosamente e ripetè < Bene! Ci siamo divertiti! > Sasuke tirò un sospiro di sollievo, per ritornare rigido alla domanda seguente:

< E a lavoro? > Naruto riprese a mangiare così toccò al moro rispondere < Bene.. > Itachi lo guardò affondo, inarcando un sopracciglio. < Sasuke, sicuro che.. > < Abbiamo conosciuto due ragazze! - esclamò improvvisamente Naruto, ricevendosi un calcio sotto il tavolo.
ù
Itachi spostò l’attenzione su Naruto, mentre Sasuke lo avrebbe volentieri ucciso – Si, si chiamano Hinata e Sakura e, oltre ad essere nostre compagne di classe e di banco, sono anche nostre college allo “ Shinobi Cafè “ –

Spiegò ancora Naruto, lanciando di tanto in tanto qualche pezzettino di cibo a Kurama – Inoltre abbiamo fatto subito amicizia con i nostri compagni di classe: Ino, Ten Ten, Rock Lee e Neji. Vero teme? >

Il moro annuì, crìercando di reprimere l’istinto di aggressione che in quel momento gli diceva di uccidere suo fratello che, come se nulla fosse, leccava il piatto, togliendo gli ultimi residui di ramen.

Itachi annuì, non del tutto convinto. Anche se Sasuke aveva cercato di nascondere il suo nervosismo nel parlare della giornata appena trascorsa, lui o aveva notato, come aveva notato il suo irrigidirsi al nome di quella ragazza: Sakura.

Non potè aggiungere altro che Naruto, finalmente a pancia piena, esclamò < Nii-san, ma questo ramen è buonissimo! Chi l’ha fatto? > < Ayame > rispose tranquillo, con un sorriso sulle labbra.

I due fratelli si guardarono sconcertati, per poi tornare a fissare il volto del fratello. < Nii-san, chi è Ayame? > chiese Sasuke. < Già, voi non la conoscete.. – esclamò Itachi, rendendosi conto che avrebbe dovuto inventare un’altra bugia, l’ennesima – Era una mia amica, quando eravamo piccoli giocavamo insieme, poi lei si è trasferita e io non l’ho più vista, almeno fino ad oggi! >

Naruto e Sasuke si guardarono, notando che il fratello aveva detto una bugia. Eppure, diversamente dalle solite bugie che da un pezzo a quella parte gli raccontava, questa sembrava diversa. Forse era per quel sorriso caldo che gli solcava il volto, contornato da un leggero rossore, più unico che raro per Itachi.

Quest’ultimo si alzò, iniziando a sparecchiare, sotto l’attento sguardo dei due fratelli che, sotto sotto, erano felici che il fratello si trovasse bene in quella nuova città. La partenza era stata immediata e un po’ strana, ricordando la strana domanda di Itachi, ma alla fine tutto quel mistero era valso a qualcosa.

I due piccoli Uchiha non avevano mai visto Itachi così sereno. Per un motivo o per l’altro, a loro sconosciuto, aveva sempre quell’aria triste e riflessiva, sempre attenta, che non si lasciava andare nemmeno in un sorriso. Invece questa Ayame era riuscita a scalfire la sua corazza, facendogli ritrovare quel sorriso che da piccolo lo accompagnava in ogni suo gioco.



< Buona notte Sakura! > esclamò Hinata prima di entrare in camera sua. < Notte Hinata! > rispose Sakura stendendosi sul suo letto dalle coperte rosa.

Si mise un braccio sugli occhi, coprendoli, nel tentativo di fermare le lacrime che, probabilmente anche quella sera avrebbe versato, nel suo dolore silenzioso. Nel chiudere gli occhi fu catapultata nella più buia oscurità e, prima che quell’oscurità si trasformasse nel suo passato, due occhi, della stessa oscurità si materializzarono davanti a lei.

Li guardava, notando soltanto adesso che i suoi occhi non erano soltanto neri, ma brillavano di una luce propria, quasi bianca. Ma come facevano due occhi neri come la pece a brillare di luce bianca? Tolse il braccio dagli occhi e si fissò attentamente la fasciatura che si intravedeva sotto la manica del pigiama color confetto.

Il polso le doleva ancora, ma più pensava al dolore, più quegli occhi si facevano strada dentro di lei e in uno strano modo la calmavano. Girò di lato la testa, perdendosi nel buio della notte stellata. Nuovamente i suoi occhi le presero possesso nella mente, fondendosi con il cielo scuro illuminato soltanto da quelle piccole lucine bianche.

Senza nemmeno accorgersene la rosa si addormentò, senza piangere, sussurrando un flebile < Sasuke.. >


Hinata non riusciva a dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi gli apparivano nella testa le immagini di quel pomeriggio. Dopo tanto tempo si era sentita veramente libera, senza aver paura di essere se stessa.

Dopo anni, finalmente aveva riassaggiato la gioia di sorridere liberamente. Non sapeva perché, ma era sicura che quella cura di qui sua madre le aveva da piccola fosse proprio il biondino. < Grazie Naruto.. > sussurrò addormentandosi, sognando dopo tanto tempo la figura, ai suoi occhi perfetta, della madre.



< Buonanotte teme! > esclamò Naruto < Notte dobe! > rispose prontamente il fratello. Dopo aver distrutto mezza casa i due si coricarono, lasciando ad Itachi il tempo di rilassarsi.

Il moro si diresse in camera sua, aprendo un cassetto chiuso a chiave sotto l’armadio. Lì, lui e Jiraiya nascosero le foto della sua famiglia e della loro vita precedente. Sorvolando i vari album di famiglia, troppo dolorosi per essere sfogliati, prese un piccolo squadernino con scritto “ Itachi scuola “.

Lo sfogliò velocemente, fermandosi ad una foto particolare. Ritraeva lui con affianco una bambina sorridente, dai lunghi capelli marroni acconciati in due codine. Erano lui e Ayame.

Erano alle porte di Konoha, vicino al fiume ed era l’ora del tramonto. Quello era sempre stato il loro posto preferito sia per giocare che per riflettere. Era proprio lì che il moro diede alla castana la notizia della sua imminente partenza.

Sorrise, ricordando i bellissimi momenti passati con la ragazza, poi, accarezzando dolcemente il profilo della bambina sussurrò < Un giorno ci torneremo Ayame.. >


Naruto, dopo aver dato al buonanotte a Kurama, stava per infilarsi sotto le coperte e farsi una bella dormita quando la luna splendente non catturò la sua attenzione.

Si sporse un po’ dalla finestra, osservando quel satellite che brillava alto nelle tenebre. Notò che il cielo era dello stesso colore dei capelli di lei e che la luna rifletteva i suoi occhi. C’era solo una lieve differenza: la luna brillava soltanto grazie ai raggi del sole che la illuminavano, mostrando sempre la stessa parte; mentre gli occhi della giovane erano illuminati di luce propria, senza bisogno del sole. Il biondo sorrise.

Forse non avevano bisogno della luce del sole per brillare, ma di certo gli serviva il sole per portare allo scoperto quella parte piena di tristezza che era riuscito a scorgere nei suoi occhi quel pomeriggio. < Buonanotte Hinata.. > sussurrò al vento.


Sasuke non aveva per nulla sonno, perciò decise di sedersi sul davanzale della finestra. Puntò i suoi occhi neri su quel cielo del medesimo colore.

A lui piaceva il buio, non ne era spaventato e non lo era mai stato, al contrario di suo fratello Naruto. Il biondino, fin da piccolo, non sopportava il buio tanto che molte volte, quando credeva che il moro si fosse addormentato, si infilava nel suo letto e, facendosi piccolo piccolo si addormentava stretto a lui.

Il moro in realtà era sveglio e cosciente e quando vedeva che il biondino chiudeva gli occhi lo copriva per bene, facendolo smettere di tremare. A lui il buio piaceva, lo calmava e lo faceva riflettere.

Guardando quel meraviglioso manto stellato, che lui amava, si ricordò di quei bellissimi occhi verdi, forse più belli anche del cielo notturno, eppure così tristi. Non capiva perché quella ragazza così strana ce l’avesse tanto con lui, però non gli dava così tanto fastidio. Non se lo sapeva spiegare, ma era sicuro che si sarebbe divertito con il tempo frequentando quella ragazza.

L’albero vicino alla sua camera si mosse, perdendo alcune foglie che si lasciarono trasportare dal vento che andò a scompigliare anche i suoi capelli sbarazzini. Sasuke chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quell’aria non troppo fredda e in quel momento non riuscì a trattenere quella parola che non aveva osato dire nell’arco della giornata < Sakura.. >  



Una figura avvolta dal lungo cappotto rosso, si muoveva scaltra nell’ombra della città.

Si fermò quando raggiunse il posto dell’appuntamento. Alzò gli occhi sull’insegna ormai spenta del locale, riuscendo, grazie alla tenue luce dei lampioni, la scritta: “ Shinobi Cafè “.

Sorrise, pensando che dopo tanto tempo, finalmente, l’avrebbe rivista.

Cautamente entrò nel locale buio. subito intravide una calda luce provenire dalla fessura della porta dietro il bancone. Con passo sicuro e spedito la raggiunse ed entrò.

< Non si usa più bussare? > lo riprese una voce proveniente da dietro la scrivania. L’uomo sorrise, guardando il retro della sedia, immaginandosi il volto della persona a sedere. < Lo sai che non mi è mai piaciuta tutta quella formalità.. > rispose, sedendosi sulla poltrona rossa davanti alla scrivania, aspettando con un sorriso che la sedia girasse, rivelandogli la figura che da troppo tempo ormai non vedeva.

Come se gli avesse letto nel pensiero, la persona, molto lentamente si girò, rivelando il suo volto che non era mai cambiato negli anni e che, diversamente dall’ultima volta che lo aveva visto, era accompagnato da un bellissimo sorriso. < Ciao Jiraiya.. >

Le parole le uscirono flebili dalla bocca, mentre un leggero rossore le imporporava le guance. < Ciao Tsunade - rispose lui, perdendosi nelle iridi nocciola della donna. – Allora, com’è andata? > chiese poi, rompendo il silenzio carico di ricordi e rimpianti del passato.

< Oh, molto bene. Sono cresciuti molto dall’ultima volta che li ho visti. Sasuke è la fotocopia di Fugaku e Naruto di Minato. > < Già, Itachi ha fatto un buon lavoro. Li ha cresciuti molto bene >  < Si, però.. > < Mh? > La donna non continuò, persa in un qualche pensiero sconosciuto all’albino.

Quest’ultimo inarcò un sopracciglio, chiedendole silenziosamente delle spiegazioni. < No, non è nulla.. > Tsuna.. > la richiamò, sapendo che nel sentirsi chiamare così le avrebbe risposto. Come da programma la donna, sentendosi chiamare con quell’appellativo di un tempo, arrossì, rispondendo < Pensavo che, forse, avranno alcuni problemi di cuore.. > alle sue parole si accompagnò un sorriso malinconico e rassegnato.

< Non credo che avranno tempo.. – proferì l’uomo notando una bottiglia di Vermouth sulla scrivania – Si sta muovendo > concluse, facendo calare il silenzio, mentre versava in due bicchieri la bevanda.

La donna guardava attentamente ogni suo gesto, cercando di capire quell’ultima frase che le aveva provocato un brivido lungo la schiena. Inevitabilmente, mentre il liquido rosso riempiva i due bicchieri, rivide davanti a se tutto il suo passato, compresa quella notte di terrore. Le immagini vagavano davanti a lei senza fine, immerse in una macchia di sangue.

< Hey! Tsunade! Hey! > la richiamò Jiraiya, vedendola sbiancare. La donna lo guardò, preoccupata < Jiraiya, forse è meglio se fermi tutto. Non so se- > < Tsunade, non c’è più tempo per i se e per i ma! – la interruppe bruscamente passandole il bicchiere – Vedrai che ce la faremo > aggiunse poi con più calma.

La donna lo guardò profondamente, cercando nei suoi occhi neri un qualche segno di cedimento che però non trovò. Sorrise.

Lo sapeva bene, quell’uomo era fatto così, quando si metteva in testa una cosa era quella e niente e nessuno, nemmeno lei, poteva fargli cambiare idea. Eppure non se la sentiva di biasimarlo. Quella decisione, mista a rabbia che l’uomo portava dentro, erano gli stessi sentimenti che l’avevano mossa per tutto il tempo. Lei, come lui, voleva giustizia e insieme, come hai vecchi tempi, ce l’avrebbero fatta.

< Forza Tsunade, brindiamo! > asserì poi Jiraiya, alzando il bicchiere. La donna annuì, scontrando il bicchiere con quello di lui e, guardandolo negli occhi disse:

< In memoria del passato.. > < ..E del futuro.. > volle aggiungere lui < Brindiamo > continuò lei per poi esclamare insieme all’albino < Cin! Cin! >






Spazio autrice:

Salveee!! 
Buon Natale a tutti voiii!!!
Per festeggiare questo giorno di festa ( che tra poco festeggieranno anche i ragazzi in questa storia ) ho deciso di fare un aggiornamento doppio!!
Questo capitolo si intitola: Pensieri
E' un capitolo di transazione, ma sono sicura che il prossimo vi piacerà di più, perchè...


Alla prossima!!                                                               144kagome_alice144

 

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Capitolo 10
*** TAIYO NO EGAO ***


          

                                                                    Taiyo no egao


 
Un caldo raggio di sole entrò dalla finestra, sorpassando le tende lillà, posandosi sugli occhi ancora chiusi di una giovane ragazza. Quest’ultima si mosse impercettibilmente, disturbata da quel fascio di luce calda. Lentamente aprì i suoi occhi cristallini, notando la bellissima giornata che le si mostrava al di là della finestra.

Sempre con calma si mise a sedere sul ciglio del letto, lasciando ricadere i suoi capelli corvini sulle spalle. Inavvertitamente fece cadere i suoi occhi chiari sulla piccola sveglia riposta sul comodino di fianco al letto. Questa segnava le sette e quaranta. La ragazza sorrise, per poi assumere un espressione di puro terrore quando razionalizzò che ore fossero in realtà.

Con uno scatto prese la sveglia e la fissò intensamente, sperando che si fosse sbagliata. Purtroppo non era così: “ Oddio, fra venti minuti dobbiamo essere a scuola!! “

Si alzò di scatto, piombando nella camera accanto. Sakura dormiva beatamente, con la testa sommersa dal cuscino. < Sakura! Sakura! Svegliati Sakura! > la chiamò Hinata. < Mmm, Hinata che c’è..? > chiese ancora assonnata, mantenendo gli occhi chiusi.

< Sakura, ieri ci siamo scordate di mettere la sveglia! Sono le sette e quaranta! Fra venti minuti dobbiamo essere a scuola! > < CHE COSA!!?? - un urlo sovraumano, capace di risvegliare l’intero Giappone, uscì dalla bocca della ragazza che si alzò di scatto, guardando anche lei la sveglia – Maledizione! E adesso cosa facciamo Hinata? > chiese ormai completamente sveglia.

< Io vado a preparare la colazione e il pranzo, tu intanto vestiti! > la rosa annuì correndo in bagno. La rosa si preparò in tempo record, uscendo dal bagno e trovando la corvina già vestita e pettinata. Si scambiarono un’occhiata poi la rosa andò in camera lasciando il bagno all’amica.

< Sakura! > la richiamò Hinata dal piano di sotto. Mancavano dieci minuti al suono della campanella e la rosa non era ancora pronta.

< Arrivo! – esclamò l’altra – Ma dove avrò messo il libro di educazione domestica!? > si domandò nervosa, guardando sotto il letto. Per fortuna lo trovò, anche se un po’ impolverato. Si chiese come ci fosse finito lì, ma quando posò gli occhi sulla sveglia sbiancò, precipitandosi al piano di sotto

< Eccomi Hinata scusami.. - esclamò mentre di corsa scendeva le scale. Purtroppo, però, scivolò, scivolando per i restanti gradini, atterrando con tutto il suo peso sul polso fasciato. – Ahi!! Che male! > < Sakura! > La corvina si precipitò da lei, preoccupata.

< Non ti preoccupare – disse cercando di trattenere le lacrime dal dolore – Andiamo che è tardi. > Hinata annuì, aiutandola ad alzarsi e, insieme, si diressero veloci verso la scuola.



< Dobe, smettila! > Un irritato Sasuke camminava tranquillo, con affianco suo fratello che lo guardava male. Da quando erano usciti di casa, lontani dal fratello maggiore, Naruto non aveva fatto altro che ricordargli di essere gentile e disponibile con i compagni e, soprattutto, di non litigare con Sakura.

< Bhe.. – riprese il biondo, poggiando e mani che reggevano la cartella dietro la testa – Non vorrai mica che Itachinii-san venga a conoscenza del tuo caratteraccio..? > lo ricattò con un sorrisetto, marcando bene l’ultima parola.

Il maggiore lo fulminò, per poi sbuffare e annuire. < Questa me la paghi.. > sussurrò fra i denti < Hai detto qualcosa? > < No, nulla! >

< Ah!! Ma quelli sono i fratelli Uchiha!! > < Oddio, come sono belli!! > quelle voci femminili e stridulanti fecero capire ai due di essere arrivati a scuola.

< Hey Naruto, Sasuke! > I due interpellati si girarono e notarono due ragazzi che gli venivano in contro. < Lee, Neji! > esclamò contento il biondo, tirando una gomitata nel fianco a Sasuke < Buongiorno.. > disse il moro, non togliendo lo sguardo assassino da suo fratello. < Buongiorno a voi! – disse il ragazzo con il caschetto – Andiamo in classe! >

I quattro si diressero verso la propria aula, non badando a tutti gli schiamazzi che facevano le ragazze. < Certo che questa scuola è molto movimentata.. > disse Naruto. < Bhe, diciamo pure che è la nostra classe ad essere “ famosa “.. - spiegò Lee.

I due Uchiha lo guardarono incuriositi, al che il moro continuò – Vedete, nella nostra classe ci sono gli studenti più importanti di tutto l’istituto, come Neji e- >

< Lee, così stai esagerando.. – lo interruppe Neji, riportandolo alla realtà. Il castano spiegò – Siamo una classe come un’altra, soltanto che gli altri ci vedano come quello che non siamo. > I due Uchiha annuirono, capendo esattamente che cosa il moro cercava di dirgli.

< Bhe, comunque tu sei pur sempre il nipote del preside e Hinata è sua figlia. In più, lei e Sakura sono a capo del consiglio d’istituto, per questo sono acclamate e rispettate da tutti > < Non è per questo – Lo interruppe, questa volta più bruscamente, il castano. – Loro sono molto diverse da quello che appaiono, lo sai Rock Lee. > < Si, hai ragione Neji. Scusami. >

I due Uchiha non avevano capito gran che dalla conversazione, ma di una cosa erano più che certi: Neji aveva ragione, quelle ragazze erano molto diverse da quello che volevano apparire.

Continuando a parlare i quattro raggiunsero l’aula. Mentre i due Uchiha si andarono a sistemare al loro banco Ino e Ten Ten si diressero verso Neji, preoccupate. < Hey, Neji – chiese la bionda – Hai mica visto Sakura o Hinata? >

< No, perché? > < Non sono ancora arrivate.. > disse, abbassando il capo. < Non devi preoccuparti, magari avevano una qualche riunione con i consiglio d’istituto.. > disse calmo lui. < No – a rispondere era stata la castana, preoccupata quanto l’amica – Stamattina non avevano alcuna riunione. >

< Mi spiegate perché siete così preoccupate? > La ragazza con gli chignon abbassò la testa, mentre Ino strinse forte i pugni, cercando di frenare le lacrime. Nessuno in quel liceo sapeva del passato delle due, tranne le amiche che temevano succedesse una cosa come quattro anni fa.

< Hey, che succede? > chiese Naruto avvicinandosi, mentre Sasuke se ne stava più indietro. In quel momento suonò la campanella e un secondo dopo la porta si spalancò.

Due ragazze, una dai corti capelli rosa e l’altra con i capelli corvini, si accasciarono in terra, stanche e stremate per la corsa, ma felici di essere arrivate puntuali. < Ce.. l’abbiamo.. fatta.. > disse Sakura, cercando di riprendere fiato. Hinata le sorrise.

Ino e Ten Ten, vedendo che le amiche erano sane e salve tirarono un sospiro di sollievo. Le ragazze che erano appena arrivate, accortasi degli sguardi di tutti puntati su di loro, arrossirono, alzandosi in piedi. Ino si avvicinò a Sakura e l’abbracciò forte.

Nessuno, tranne le quattro ragazze, capì quel gesto.

< Sto bene, Ino-pig.. > sussurrò la rosa all’orecchio della bionda, facendola sorridere.

< Em, em > Ad interrompere quel momento ci pensò il professor Kakashi. Le due si staccarono e, come i compagni, si diressero ognuna al suo posto. < Buongiorno ragazzi. – salutò il professore, venendo ricambiato educatamente dalla classe – Oggi andremo aventi con il programma >

Così deciso si voltò, prendendo a scrivere delle formule matematiche sulla lavagna. Tutti, lasciandosi scappare un piccolo sbuffo, presero a seguire la lezione.

Sasuke era intento a seguire la spiegazione. Anche se non sembrava lui, al contrario del fratello, era molto bravo in matematica e gli piaceva molto il modo con cui Kakaschi spiegava quella materia.

< Tutto chiaro? > chiese dopo aver spiegato un difficile passaggio. Una mano, dal fondo della classe, si alzò titubante. < Potrebbe ripetere, per favore? > chiese Naruto che non ci aveva capito nulla.

Il professore sbuffò, ripetendo al biondino le cose appena spiegate. Il moro lanciò un’occhiata al biondino che, evidentemente, continuava a non capire e poi i suoi occhi si fermarono sulla compagna di banco.

Sakura non aveva scritto niente sul suo quaderno e questo fece pensare che si ritenesse un genietto e che non avesse bisogno di prendere appunti. Stava per riprestare attenzione alle parole del professore, quando i suoi occhi scuri si posarono sul polso destro della rosa.

Infatti, l’Haruno, per tutta la lezione non aveva fatto altro che guardarsi il polso che le doleva moltissimo. Appena aveva provato a sollevare la penna un dolore lancinante le si era sparso dalla mano fino alla testa, facendole venire voglia di vomitare.

Sasuke notò che sotto quella fasciatura il polso doveva essere gonfiato e riuscì ad intravedere anche un colorito violastro, in netto contrasto con la sua pelle candida. Spostò lo sguardo sul suo volto che teneva nascosto sotto la frangetta.

La fissò per un lungo istante, cercando di trovare almeno un segno, quando si accorse di una piccola goccia d’acqua scivolarle dalla guancia fino alla gonna della divisa. Non ci mise molto a capire che stava piangendo. Sorrise dolcemente notando che quella ragazza aveva davvero una forza incredibile.

Nonostante il dolore non voleva cedere, non voleva far preoccupare gli altri e questo non valeva solo per il dolore che gli stava procurando il polso.


Quando la campana suonò, tutti in classe tirarono un sospiro di sollievo. Dopo aver educatamente salutato l’insegnate, ognuno si mise a parlare con il compagno, in attesa della prossima materia.

Sasuke, inaspettatamente, si alzò e, facendo molta attenzione, prese Sakura per il polso sano e la trascinò fuori dall’aula. L’azione del moro era stata così veloce e inaspettata che nessuno aveva avuto il tempo di fermarli.

< Fermo! > gridò Ino, con l’intenzione di seguirlo. < No aspetta, Yamanaka! – la fermò il biondo che sapeva che se il fratello si era comportato così ci doveva essere un motivo – Lasciali da soli, vedrai Sasuke non le farà niente! >

La bionda spostò lo sguardo sul biondino. I suoi occhi furiosi si scontrarono con quelli decisi e sicuri di lui. Alla fine cedette, sperando che non succedesse niente di grave alla sua amica: la paura di quella mattina le era bastata.


< Hey! Fermati! Uchiha! > gridava la ragazza dagli occhi smeraldo, mentre cercava di liberarsi, inutilmente, dalla presa ferrea ma non troppo, del ragazzo. Quest’ultimo continuava dritto per la sua strada, non badando né alle urla della ragazza né alle occhiate che riceveva dagli altri alunni.

Dopo qualche minuto che girava per la scuola, l’Uchiha si fermò all’improvviso davanti ad una porta bianca, felice di averla trovata. La rosa, non accorgendosi che il ragazzo si era fermato, gli andò addosso, sbattendo contro la sua schiena, ricoperta solo dalla camicia.

Arrossì, scostandosi subito dopo, spostando il suo sguardo confuso e imbarazzato dalla porta al volto del ragazzo. Constatò che quella era l’entrata dell’infermeria, ma non ebbe il tempo di riflettere che i suoi occhi si posarono sul volto dell’Uchiha. Era serio e in perscrutabile, ma su quelle labbra, quasi sempre senza espressione, era ben visibile un sorrisetto di vittoria.

Il ragazzo, non badando allo sguardo fisso su di lui della ragazza, entrò. < Scusi, c’è qualcuno? > chiese. Dopo nemmeno un minuto, da dietro una tendina banca comparve una donna dai capelli marroni e gli occhi dello stesso colore, con due strani quadrati viola sulle guance.

Quando vide i due ragazzi sorrise dolcemente < Salve, io sono Rin Nohara e sono l’infermiera della scuola, voi siete? > Il ragazzo non rispose, così toccò a Sakura che, liberatasi dalla presa sul polso sinistro disse < Io sono Sakura Haruno e lui è Sasuke Uchiha > pronunciò il suo nome lanciandogli un’occhiataccia, continuando a non capire perché l’aveva portata lì.

< Cosa posso fare per voi? > chiese gentilmente la donna. Questa volta fu l’Haruno a rimanere in silenzio. Sasuke, dopo aver dato un occhiata al polso si fece avanti < Potrebbe controllarle il polso? > domandò indicando il polso destro della rosa che, come se fosse stato chiamato riprese a dolere alla ragazza in modo sempre più forte.

In quei minuti che era stata in compagnia del moro se lo era completamente dimenticato, così da non sentire il dolore. Istintivamente si portò il polso al petto, sorreggendolo con l’altra mano.

La donna si avvicinò con cautela alla rosa e , sempre con modi gentili, le prese il polso, controllandolo. Al tocco leggero della donna, Sakura strinse i denti, sentendo un fortissimo dolore espandersi in tutto il corpo.

L’infermiera guardò attentamente la sua reazione e, sospirando disse < Fortuna che sei venuta qui subito, ma non te lo hanno detto che fa male tenere il polso in queste condizioni?! – la sgridò.

La ragazza abbassò lo sguardo, consapevole della stupidaggine che aveva compiuto non facendosi vedere da un medico il giorno prima. La donna riprese a parlare, questa volta con parole più dolci – Dovresti ringraziare questo ragazzo, lui si è accorto bene di quanto ti faceva male.. Comunque, adesso vieni, siediti sul lettino che te lo fascio. Tu, Sasuke, se vuoi puoi rimanere a farle compagnia, avvertirò io il vostro insegnante > dichiarò, accompagnando i due dietro la tendina bianca.

Fece sedere la ragazza sul lettino, mentre il moro si sedeva sulla sedia affianco. La signorina Rin prese dalla sua scrivania delle bende e delle pomate e iniziò a fasciare per bene il polso della ragazza. Quest’ultima cercava di resistere al dolore che le provocava ogni tocco della donna, stringendo il lenzuolo sotto le sue mani.

Dopo una diecina di minuti, la donna aveva finito. Si alzò e domandò ai due in quale classe erano.

Dopo aver risposto, i due rimasero soli, mentre la signorina andava ad avvertire il loro insegnante che per quell’ora sarebbero rimasti in infermeria. Sakura non osava alzare lo sguardo dal polso che ancora le faceva male.

Continuava ad accarezzarlo, indecise se alzare gli occhi o no. Si sentiva addosso lo sguardo del ragazzo e, questo, non l’aiutava di certo < Non lo toccare o non ti guarirà più > disse ad un certo punto Sasuke, prendendole delicatamente la mano sinistra e allontanandola dal polso.

La rosa guardò ogni singolo movimento delle loro due mani a contatto, perdendosi in quelle parole così semplici ma così calde. Quando le loro mani si staccarono ebbe il coraggio di guardarlo < Grazie.. > sussurrò, come se ringraziarlo dovesse rimanere un segreto.

Il moro non rispose, si limitò a girare il viso verso la finestra che dava sul cortile. Calò un pesante silenzio imbarazzante, rotto solamente dai respiri di entrambi. Dopo un tempo che a Sakura parve non finire mai, il moro tornò a fissarla:

< Non dovresti far preoccupare così le tue amiche > La rosa inarcò un sopracciglio, non capendo a che cosa si stesse riferendo. Poi l’immagine di Ino che l’abbracciava le passò veloce nella mente. Sospirò, capendo che forse quel ragazzo l’avrebbe potuta aiutare.

Non sembrava una persona molto loquace e non credeva che sarebbe andato in giro a raccontare i suoi segreti. Inoltre, quegli occhi neri come il cielo notturno le davano sicurezza e la spronavano a parlare. Soltanto che per lei era difficile, non ne aveva mai parlato apertamente con nessuno, nemmeno con le sue amiche.

Quello che era successo quattro anni fa era ancora una ferita, una delle tante, non cicatrizzata sul suo cuore. Abbassò lo sguardo, cercando la forza che non aveva per iniziare quel lungo e doloroso discorso. Non la trovò e, con un sorriso malinconico e rassegnato, puntò i suoi occhi chiari sul pezzo di cielo che intravedeva dalla finestra, non vedendolo davvero. La sua mente era tornata indietro nel tempo.

< Ino non era preoccupata per il polso.. > la voce le uscì rotta e sforzata. < Non devi per forza raccontarmi le cose.. > cercò di fermarla il moro, capendo che era difficile e doloroso per la ragazza. Sakura lo guardò, facendogli capire quanto avesse bisogno di sfogarsi con qualcuno. Il moro si perse in quel verde acqua così puro, ma allo stesso tempo così triste.

La ragazza continuò < Successe tutto quattro anni fa. Andavo ancora alle medie. Ero in classe con Ino e Ten Ten, Hinata non la conoscevo ancora – sorrise, ricordandosi quel periodo – Era da poco che vivevo da sola – Una fitta al petto la percosse.

Ricordare tutto le faceva dannatamente male, ma ne aveva un disperato bisogno. Sasuke l’ascoltava, cercando di infonderle forza con lo sguardo – Quel giorno ero in ritardo. Uscì di casa in tutta fretta, correndo. Ero quasi arrivata a scuola quando.. >

Si interruppe. Un conato di vomito la fece tossire, impedendole di continuare a parlare. Velocemente, davanti ai suoi occhi passarono tutte le immagini di quel maledetto giorno. Era come se il suo corpo volesse farla crogiolare nel suo dolore fino alla fine, eppure il suo cuore non voleva.

Il suo organo vitale che le batteva nel petto continuava a dirle di lasciarsi andare, di liberarsi una volta per tutte almeno di quel dolore che le impediva di essere una normale ragazzina come tutte le altre.

Sasuke, preoccupato per la reazione della ragazza, si alzò di scatto, avvicinandosi, non sapendo assolutamente che cosa fare. Quella ragazza gli sembrava così debole ed indifesa mentre veniva scossa dalla forte tosse, mentre in realtà sapeva bene che era molto forte, forse anche più di lui.

La ragazza, in un momento di lucidità, vide la reazione del moro ed, inconsciamente, sorrise, contenta che si preoccupasse per lei. Con la mano sinistra riuscì a raggiungere la mano calda e grande di lui. La strinse forte, cercando di trarre da lui la forza necessaria per sconfiggere il suo dolore.

Ancora una volta i suoi occhi si rispecchiarono nel nero infinito di lui che questa volta, a differenza delle altre, lasciavano trasparire preoccupazione e angoscia. Mentre rimaneva a fissarlo, una voce, immensamente dolce ma estremamente lontana si fece sentire nella sua mente. All’inizio non capiva quello che diceva, sentiva solo dei sussurri, poi le si presentò davanti un’immagine e tutto le fu più chiaro.

Era lei da piccola ed era sdraiata sulle ginocchia di una donna anziana con dei lunghissimi capelli rosa, della sua stessa tonalità e due vitali occhi marroni. Le stava accarezzando la testa, confortandola come ogni volta.

“ < Sakura, ricordati sempre che nella vita incontrerai tantissimi ostacoli ma tu dovrai superarli sempre a testa alta > < Ma come faccio, nonna? > aveva chiesto lei ingenuamente < Ascolta sempre e solo il tuo cuore > “

Quella frase, quelle parole e quel dolce sorriso materno che le accompagnavano fecero calmare quasi del tutto la ragazza che riprese a respirare regolarmente. Lasciò la mano del ragazzo, il quale, vedendo che si era calmata, tornò a sedersi.

La ragazza prese un bel respiro e continuò < Attraversai la strada, senza guardare. Non vidi la macchina, come lei non vide me.. e allora.. > < Ti ha investita > finì il ragazzo, con un tono della voce pacato e tranquillo, quasi distaccato.

La ragazza lo fissò, capendo che lo aveva fatto per aiutarla. < Esatto. Ricordo solamente il rumore assordante dei freni dell’auto e delle urla, poi più niente.. – si fermò, prendendosi una pausa, sentendosi più leggera – Mi sono risvegliata all’ospedale. I medici mi dissero che ero stata incosciente per tre settimane. Quando mi svegliai trovai Ino addormentata al mio capezzale. Devo averla fatta spaventare tantissimo.. >

Mentre la ragazza continuava a fissare il lenzuolo sotto di sé, il moro la guardava. Quella storia gli aveva fatto ricordare l’incidente che era avvenuto a suo fratello. Chissà se anche lui ci soffriva tanto come lei. Strinse i pugni a quel pensiero, quando venne riportato alla realtà dalla rosa < Sono proprio una pessima amica.. >

Il ragazzo la fissò, incapace di dire niente. Il silenzio che si era formato venne interrotto dal ritorno dell’infermiera < Ragazzi, forse è meglio che torniate in aula. Sakura, vedi di non forzare troppo quel polso.. > si raccomandò.

< Si, la ringrazio signorina Nohara > si congedò la rosa, lasciando l’infermeria insieme al silenzioso Uchiha.

Il tragitto dall’infermeria alla classe lo fecero nel silenzio più assoluto, soltanto a qualche metro dalla loro aula Sakura si fermò, richiamando l’attenzione di Sasuke < Uchiha.. So che non abbiamo iniziato nel migliore dei modi, ma volevo ringraziarti per quello che hai fatto e- >

< Non sei pessima > la interruppe lui, rimanendo voltato dalla parte opposta < Come? > chiese lei < Non sei una pessima amica. Però, se vuoi un consiglio, non ti tenere tutto dentro. Cerca di condividere il dolore con i tuoi amici che, da quello che ho visto, ci tengono molto a te >

Sakura rimase senza parole. Quello era il primo discorso, articolato in più di una frase, che sentiva da quel ragazzo senza che lui fosse arrabbiato.

Sorrise, finalmente libera da una parte di quel dolore, come se fosse tornata bambina. Congiunse le mani dietro la schiena e, camminando velocemente, raggiunse il ragazzo, affiancandolo e superandolo. Fece altri due passi poi si voltò, sorridente, proprio come una bambina.

< Grazie Sasuke > disse, dirigendosi poi verso l’aula. Il ragazzo rimase immobile, stupito di ciò che aveva appena visto. Quel sorriso era uno dei più belli e dolci che avesse mai visto e quegli occhi avevano perso quella punta di oscurità, tornando a risplendere come un vero smeraldo.

Quelle due parole entrarono nel cuore del ragazzo come un dolce sussurro, facendolo battere alla follia. Capì in quell’istante che era quella la vera Sakura e, anche se non se ne rendeva ancora conto, le piaceva molto di più così.

Sorrise, mettendosi le mani nella tasca dei pantaloni, seguendo quella ragazza tornata bambina. 




Spazio autrice:

Salve!! Di nuovo.. ahahah

Il fatto è che nel capitolo precedente mi sono scordata una cosa importantissima!!

AUGURI DI BUON NATALE A TUTTI VOI!!! E UN GRAZIE SPECIALE A TUTTE LE PERSONE CHE LEGGONO E RECENSISCONO LA STORIA!!

Ah, prima che me ne dimentichi, spero che in questo capitolo non abbia reso Sasuke troppo OOC... Comunque il titolo vuol dire: Sorriso del sole ( o Sorriso solare.. il senso è quello )

Alla prossima!!                                                        144kagome_alice144




 

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Capitolo 11
*** KOKORO NO MONDAI ***


        

                                  Kokoro no mondai


 
In classe era calato il silenzio. La professoressa di scienze, Terumi Mei, era famosa in tutto l’istituto per la sua bellezza e bontà; fino a quando gli studenti seguivano la lezione senza disturbare. Tutti erano spaventati dal suo sguardo glaciale quando qualcuno veniva sorpreso a parlare con il compagno o, semplicemente, disattento.

Era una donna con lunghi capelli marroni e un sorriso lascivo, che metteva inquietudine negli alunni. Eppure in classe in pochi seguivano la lezione.

Ten Ten, Ino, Neji e Hinata erano molto preoccupati per Sakura, dopo aver appreso dall’infermiera Rin che era rimasta in infermeria; mentre Naruto era preoccupato per suo fratello. Sapeva che per lui era difficile aprirsi e che, proprio per questo, molte volte sembrava distaccato, freddo, quasi superficiale.

Inoltre aveva paura che non riuscisse a gestire la situazione con quella ragazza che riusciva a tenergli testa. Sorrise al pensiero che l’Haruno fosse l’unica ragazza capace di non cedere allo sguardo magnetico del moro.

< Uzumaki, l’atomo lo diverte così tanto? > domandò una voce molto sensuale all’orecchio del biondino. Quest’ultimo inghiottì un paio di volte, girandosi lentamente, ritrovandosi ad un palmo dal naso la sua insegnate.

< La prossima volta che ti vedo disattento- > Non riuscì a finire la minaccia, per la fortuna dell’Uchiha, che la porta si aprì, rivelando la figura di Sakura tutta sorridente e, dietro, un Sasuke con un impercettibile ma presente sorriso.

Tutti i compagni si girarono verso i ragazzi con sguardo interrogativo, chiedendosi che cosa fosse successo. < Ci scusi, signorina Terumi > si scusò Sakura, andandosi a sedere vicino a Naruto, seguita da Sasuke. La professoressa annuì, tornando alla cattedra, mentre il biondino riprendeva a respirare.

< Bene, l’ora è finita – annunciò, rendendo tutti gli studenti più tranquilli – Vi annuncio che domani sostituirò il vostro professore di musica che ancora la segreteria non ha trovato – Si fermò, dando tempo ai ragazzi di lamentarsi; poi, puntando il suo sguardo assassino su Naruto, sorridendo disse – Uzumaki, per domani preparati.. > detto questo uscì dalla classe, lasciando i ragazzi liberi di fare ricreazione.

Tutti si alzarono, mentre Naruto rimase a sedere, sbattendo ripetutamente la testa sul banchino. < Dobe, che cos’hai combinato? > chiese il moro avvicinandosi < Sono morto. Sono morto > ripeteva il ragazzo. Lui di atomi non ci capiva nulla e, inoltre, quel pomeriggio lo avrebbe passato allo “ Shinobi Cafè “, dove lo avrebbe trovato il tempo di studiare?

Il moro sbuffò < Forza Usuratonkachi! > lo richiamò, trascinandolo fuori dall’aula, diretto sulla grande terrazza dell’istituto.

< Sakura, tutto bene!? > esclamò Ino, accorrendo dalla migliore amica, seguita dalle altre. < Si, Ino. Tutto bene. Anzi, ti chiedo scusa se ti ho fatto preoccupare! > esclamò abbracciandola.

Ten Ten ed Hinata si guardarono, sorridenti, felici che l’amica stesse meglio. Anche Ino sembrò rallegrarsi. Quando le due si staccarono, fra di loro calò il silenzio. La rosa capì subito che nella sua amica c’era qualcosa che non andava.

Decisa la trascinò fuori dalla classe, entrando in un’aula destinata ad uno dei club. < Hey! Fronte spaziosa, ma che ti prende! > urlò Ino. < Ino, adesso mi dici che cos’hai?! > esclamò seria l’amica, puntando i suoi occhi seri in quelli colpevoli della Yamanaka.

Quest’ultima sorrise rassegnata, ormai conscia di dovere delle spiegazioni all’amica. < Così te ne sei accorta.. - disse, mettendosi a sedere sul tavolo di legno in mezzo alla stanza, mentre la rosa rimaneva seria, fissa davanti a lei. – Lo sai che giorno è venerdì prossimo, vero? > continuò la bionda.

La rosa riflettè sulla domanda una manciata di secondi, per poi sorridere e rispondere < E’ il tuo compleanno! > La Yamanaka annuì inespressiva. Calarono altri istanti di silenzio, nei quali la bionda sperava che l’amica arrivasse da sola al nocciolo del problema, mentre l’altra continuava a fissarla confusa.

Ino, vedendo l’espressione confusa dell’amica scoppiò < Il giorno prima, giovedì, è il compleanno di Shikamaru!? > < E quale è il problema? >

Ino guardò Sakura come se quest’ultima fosse un extraterrestre. Come era possibile che si fosse dimenticata di quel dettaglio! Sospirò:

< I miei genitori vogliono farcelo festeggiare insieme come l’anno scorso > Pronunciò quelle parole abbassando piano piano lo sguardo lucido, fino a piantarlo sul pavimento in legno. < Ah.. – fu l’unico suono che emise Sakura, abbassando anche lei lo sguardo, capendo il problema.

Sapeva che Ino aveva una cotta per il Nara dai tempi dell’asilo e proprio qualche giorno fa si era dichiarata. Però per la bionda le cose non sono andate come sperava. Il moro le aveva risposto chiaro e tondo che lui non ricambiava quel sentimento.

Ino, quel giorno era distrutta e, Sakura, sapeva bene che, anche dopo quella serata in discoteca, l’amica stava ancora soffrendo. Era forte e cercava di nascondere il dolore ma, agli occhi esperti dell’Haruno, non sfuggiva quel barlume di dolore e tristezza che si era annidato nell’azzurro dei suoi occhi.

Inoltre la rosa sapeva bene che ogni anno, una volta i Nara e una volta gli Yamanaka, organizzavano una festa per festeggiare il compleanno dei loro figli, dato che i due padri erano amici d’infanzia. La festa si svolgeva sempre a casa di uno dei due e erano invitati solo gli amici più stretti.

Rimasero in silenzio, ognuna persa nei suoi pensieri, fino a che Sakura, come illuminata da un’ idea geniale, non esclamò – Basta che la organizzi prima tu! > Ino alzò lo sguardo, puntandolo su quello allegro e gioioso dell’altra < Ma sei pazza! Io non voglio fare nessuna festa, specialmente con lui!! > esclamò, sempre più arrabbiata con Sakura. Possibile che l’amica non capisse il suo problema?

< Si! Lo so, lo so. Ma lasciamo finire – riprese l’Haruno – Se tu decidessi di organizzare la tua festa a casa tua, invitando tutta la classe avresti risolto! – La bionda fece per risponderle ma l’amica la fermò – Conoscendo Shikamaru lui non avrà voglia di preparare una festa, così accetterà di venire alla tua e farai contenti i tuoi genitori! –

Ino guardò l’amica, pensando che, infondo, l’idea della ragazza non era male. Sakura, vedendo l’indecisione dell’amica continuò – Ascolta: se tu organizzi una festa, invitando tutta la classe ci saremo anche noi e ti potremmo dare una mano! > terminò.

Nella stanza calò il silenzio. Sakura, con i suoi occhi verdi, sperava che l’amica accettasse la sua idea, mentre l’altra era ritornata a guardare il pavimento. In effetti, l’idea di Sakura non era male ed era di sicuro meglio della festa che voleva prepararle suo padre.

Sospirò rumorosamente, rialzando lo sguardo. Le due amiche si guardarono serie per un istante, poi la bionda si arrese < Ok, farò come mi hai detto tu, però mi dovete aiutare.. > La rosa sorrise < Ma certo! Lascia fare a noi! > < Grazie Sakura.. > sussurrò l’amica, veramente riconoscente alla rosa < Siamo amiche, no? > rispose l’altra sorridendo. Ino annuì, per poi abbracciare Sakura.

Ad interrompere quel momento ci pensò la campana della scuola che annunciava la ripresa delle lezioni. Così, sorridendo, le due tornarono in classe poco prima dell’arrivo dell’insegnate.

Durante la noiosissima ora di scienze sociali del professor Hiruzen Sarutobi, la rosa si applicò immediatamente nel piano che aveva già in mente. Senza farsi notare spiegò la situazione alla compagna di banco, la quale, d’accordo con lei iniziò a scrivere il piano della rosa su un bigliettino destinato a Ten Ten.

Quest’ultima, per sfortuna, si trovava in seconda fila posto ben visibile al professore perciò, la Hyuga, cercando di fare meno rumore possibile chiamò Naoko, la ragazza seduta davanti a lei, mimandole di passare il bigliettino alla ragazza dagli chignon.

La ragazza annuì impercettibilmente, eseguendo il favore della corvina. Quando il pezzo di carta giunse nelle mani della castana, quest’ultima represse l’istinto di voltarsi indietro, leggendo il messaggio delle sue amiche.

Sul foglietto, spiegato con la bellissima calligrafia di Hinata, c’era scritto a grandi linee il problema della Yamanaka e, un po’ più sotto, scritto con una diversa calligrafia, un po’ più confusa della precedente, c’era un avviso:

“ Durante la pausa pranzo Ino parlerà con Shikamaru, noi troviamoci sulla terrazza “. La ragazza sorrise: chissà quale piano stava organizzando la mente dell’Haruno. Dopo essersi rigirata il foglietto tra le mani, accertandosi di aver letto tutto, portò una mano dietro la schiena, facendo segno alle amiche di aver recepito il messaggio.

Quest’ultime, capendo il segnale dell’amica, si sorrisero.

< Avete finito? > chiese Neji alla ragazza vicino a lui. < Non ti impicciare tu.. > ribattè la castana, nascondendo veloce il fogliettino.

Neji sospirò: ogni volta che quelle ragazze organizzavano una cosa non c’era da stare tranquilli.

Naruto guardava fisso davanti a lui, i suoi occhi azzurri erano fissi sulla lavagna, mentre il professore spiegava. Poteva sembrare attento, ma in quel momento la sua testa era tutt’altro che in classe. Non faceva altro che ripensare al discorso che aveva fatto con suo fratello poco prima:

“ < Teme! Hey teme, mi vuoi dire dove mi stai portando!? > Il fratello, naturalmente, non rispose, continuando per la sua strada. Salirono le scale e giunsero sulla terrazza. Il biondo rimase affascinato dalla bellezza del panorama che si poteva osservare dal tetto dell’edificio.

Come un bambino, con un gran sorriso, si affacciò alla recinzione, osservando con occhi sognanti tutta la città: era uno spettacolo magnifico. < Dobe, torni con i piedi per terra!? - Fu Sasuke ad interrompere il momento “ idilliaco “ del giovane.

Quest’ultimo si girò verso il fratello, improvvisamente serio, spronandolo, con sguardo sicuro, a parlargli. Il maggiore sospirò ed iniziò, evitando il contatto visivo con Naruto – Non dire niente ad Itachi.. >

Fra i due calò il silenzio e, quando Naruto si rese conto che suo fratello aveva fatto tutto quello solo per dirgli di non dire niente al fratello, scoppiò < Ma allora sei proprio scemo!!!? Mi porti fin quassù e l’unica cosa che mi dici, dopo aver saltato un’ora di lezione, è di non farne parola con Itachi!!? >

Il moro sospirò pesantemente, facendo capire al più piccolo che non voleva parlare. Naruto rimase a fissarlo per un po’, poi sospirò arrendendosi < Ok, non gli dirò niente – Il moro lo fissò: non poteva crederci che il fratello gli facesse un favore senza chiedere niente in cambio – Ma lo farò solo perché, quando siete tornati, ho visto l’Haruno molto più tranquilla > volle precisare Naruto.

Si guardarono seri, capendosi, per poi sorridere e ritornare in classe. “

Naruto non faceva altro che pensarci; aveva promesso che non avrebbe detto niente al fratello maggiore, ma non capiva il motivo di tutta quella riservatezza. Forse Sasuke non voleva che Itachi capisse qualcosa, ma cosa? Di sicuro era qualcosa che lui non capiva ma Itachi ci sarebbe arrivato.

La mente del biondino era nella confusione più totale, così tanta confusione da fargli male. Venne riportato alla realtà quando sentì la sua compagna di banco ridere serenamente.

Si voltò, rimanendo incantato dalla scena che gli si presentava: Hinata stava ridendo insieme a Sakura, il suo volto così rilassato e tranquillo, i suoi occhi splendenti e le sue labbra allegre, incantarono Naruto che rimase imbambolato ad osservarla.

La corvina sussurrò qualcosa alla rosa, la quale si ricompose e iniziò a scrivere qualcosa su di un pezzo di carta. Quando la corvina tornò a sedere composta, si accorse delle attenzioni del più piccolo degli Uchiha.

Si voltò verso di lui e non potè far a meno di incatenare i suoi occhi lucenti in quelli puri e limpidi di lui. Arrossì all’istante, incapace di distogliere lo sguardo. Naruto, accortosi della timidezza della ragazza, sorrise teneramente e le si avvicinò.

Hinata sussultò: avere quel ragazzo così vicino le aumentava i battiti del cuore che sembrava volesse fuoriuscirle dal petto. Il ragazzo le si avvicinò, facendo in modo che le loro guance fossero in contatto; così le sussurrò all’orecchio:

< Non ho capito cosa state organizzando te e l’Haruno, ma per qualsiasi cosa, puoi contare su di me > La ragazza arrossì sempre di più, raggiungendo la tonalità di un pomodoro. Annuì impercettibilmente, smettendo quasi di respirare.

Il ragazzo, sempre sorridente, si allontanò, cessando quel bellissimo contatto.

Sakura, intanto, stava scrivendo un messaggio ad Ino, dove le diceva che, durante la pausa pranzo, lei avrebbe dovuto parlare con Shikamaru; così facendo la rosa sapeva che avrebbe avuto tutto il tempo per spiegare alle amiche il suo piano.

Sasuke se ne stava seduto al suo banco, non prestando attenzione al professore, ritenendo il panorama che vedeva dalla finestra più interessante. Era ormai tutta l‘ora che guardava fuori, fino a che la sua attenzione non fu catturata dall’Haruno.

La ragazza era completamente piegata sul foglio, così da dare l’impressione che stesse prendendo appunti, però quel sorriso felice e con una punta di maliziosità, tradiva la sua volontà di sembrare attenta.

L’Uchiha si sporse un po’, per leggere che cosa stava scrivendo, ma la ragazza, prontamente, tappò il foglietto con una mano. < Che c’è? > chiese scocciata.

Il moro non le rispose, tornando a fissare il pezzo di cielo. Quella ragazza era veramente strana: prima sembrava felice e contenta, tanto da ringraziarlo e adesso lo trattava così. E poi: perché tutto ad un tratto  Sasuke era così tanto interessato a sapere che cosa passava per la testa a Sakura?

Di solito le ragazze cascavano ai suoi piedi e, quelle rare volte che non succedeva, lui non si faceva certo questi problemi. Chissà che cosa gli stava succedendo.

Dopo che Sakura ebbe fatto avere il fogliettino all’amica, si girò verso di lui < Non posso dirti molto, ma sto organizzando una sorpresa per Ino.. > Il ragazzo si limitò ad annuire, non togliendo lo sguardo dalla finestra.

La ragazza rimase a fissarlo per un po’, non capendo che cosa gli passasse per la testa, poi scrollò le spalle, tornando nella posizione di prima, aspettando una risposta da parte dell’amica. 



Spazio Autrice:

Salve!!
Finalmente, per l'ultimo giorno di vacanze ( purtroppo sono già finite ) riesco ad aggiornare!! Yeah!
Ok, non entusiasmiamoci troppo. Questo capitolo, come il prossimo, non saranno come gli altri, ma vi assicuro, ne vedranno delle belle e brutte!! ahahaha
Il capitolo si intitola " Problemi di cuore ".
Non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo: mi sono iscritta ad un contest e partecipo con Dragon Ball ( poi se siete interessati vi metterò il link ) e per sabato devo fare un racconto di filosofia.. ma spero comunque di riuscirci entro questa settimana.


Alla prossima!!!                                           144kagome_alice144




 

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Capitolo 12
*** JUNBI O KAISHI SHIMASU ***


Emm, *si affacia ad un angolino* Salve, sono tornata e vi chiedo enormemente scusa per ( no, questo non è un ritardo ) la lunga pausa che ha preso questa storia. Ci sono un sacco di motivi che molti di voi già sapranno o che hanno sperimentato loro stessi: la scuola, la carenza di ispirazione, il fatto di aver smesso di vedere Naruto, annoiata dai troppi filler e aspettare ahe si concludesse. Comunque sono qui, i dettagli ve li dico nel mio Spazio Autrice. Scusate ancora per questa pausa, spero non ricapiti e godetevi questo doppio aggiornamento!   


                                                                Junbi o kaishi shimasu



Finalmente, la campana della scuola annunciò l’inizio della pausa pranzo, facendo tornare in tutti gli studenti un po’ di energia. Velocemente Sakura, Hinata e Ten Ten scapparono sul tetto, facendo in modo che Ino non si accorgesse delle loro intenzioni e non le fermasse. La bionda si ritrovò in classe, da sola e con un compito da fare troppo difficile per lei.

Da quando si era dichiarata non aveva scambiato nemmeno una parola con il ragazzo, avendo paura di una possibile reazione scontrosa da parte sua; e questo la faceva stare ancora più male del rifiuto che il Nara le aveva dato. Loro erano sempre stati amici, fin da piccoli, e le mancava tantissimo quel legame che li teneva uniti da ormai sedici anni.

Rimase seduta per un po’, ripensando al suo passato in compagnia del moro e fu proprio in quei momenti di spensieratezza e libertà che trovò la forza di alzarsi e dirigersi dal ragazzo. Sapeva benissimo dove trovarlo, perciò andò diretta fuori in giardino, girando intorno alla scuola, fino ad arrivare sul retro.

Quel posto era poco frequentato dagli alunni, perciò era uno dei pochi posti in cui ci si poteva rilassare tranquilli. Ino si fermò un secondo, cercando di controllare i battiti del proprio cuore e cercando di prepararsi un discorso senza incespicare nelle parole. Purtroppo il suo tentativo fu inutile, perciò sospirò rassegnata e si avvicinò ad un grande albero, al centro del grande cortile.

Quella quercia era veramente grande e i suoi rami più bassi erano il posto preferito di Shikamaru; infatti il Nara si trovava seduto su uno di questi, mentre la sua schiena era appoggiata al robusto tronco dell’albero. Ino si avvicinò veloce, ma fu costretta a fermarsi quando vide che, ai piedi dell’albero, c’era, seduta, una ragazza.

Riconobbe immediatamente l’identità della giovane, perciò non esitò e si avvicinò < Shikamaru.. > chiamò stizzita, non togliendo gli occhi furiosi dalla ragazza che, invece, se ne stava a occhi chiusi, immersa completamente nella natura. L’interpellato alzò stancamente una palpebra < Ciao Ino > disse. < Shikamaru, potrei parlarti.. >

Il moro la guardò scocciato, per nulla contanto di dover lasciare la sua comoda posizione. Lo sguardo sicuro e aggressivo di Ino, però, lo fecero sospirare e scendere dall’albero. Insieme si allontanarono dalla quercia. Il Nara, vedendo l’espressione di pura rabbia sul volto dell’amica, ci tenne a precisare < Temari mi ha semplicemente chiesto un posto dove stare in tranquillità.. -

La ragazza lo guardò, ma il ragazzo preferì distogliere lo sguardo. Ino sospirò: Shikamaru non l’amava e lei non aveva il diritto di intromettersi nella sua vita. L’unica cosa che voleva era che ritornassero amici, proprio come prima. – Allora, che cosa mi volevi dire? > la riscosse il moro. < Vedi, fra una settimana ci saranno i nostri compleanni e.. >

< Se intendi della festa in comune che vuole organizzare tuo padre, so già tutto. Che scocciatura! > esclamò sbuffando. Ino sorrise, quel ragazzo non sarebbe mai cambiato. < Esatto, nemmeno io ne ho voglia, perciò pensavo: se la organizzassimo noi una festa? – il moro la guardò, realmente interessato alla proposta – Noi organizziamo una festa per festeggiare il compleanno insieme, solo che la festa non si svolgerà né in casa mia né in casa tua. In più non inviteremo i soliti parenti noiosi, ma tutta la classe.. >

Shikamaru parve riflettere sulla proposta; infondo, se accettava, era sicuro che si sarebbero occupate di tutti i preparativi le amiche della Yamanaka, perciò per lui era una seccatura in meno. Decise < Ok, per me va bene - La bionda sorrise contenta. Lo ringraziò ma, mentre stava tornando verso la scuola, il ragazzo la richiamò – Ah, Ino! –

La bionda si girò, mentre una folata di vento scompigliava i suoi lunghi capelli biondi – Rimarrai sempre una seccatura, per me. Ok? > La ragazza sorrise non rispondendo e riprendendo a camminare. Con quella frase, il ragazzo, aveva voluto dirle la stessa cosa che il suo cuore voleva chiedergli. Lui era riuscito a leggergli il cuore, proprio come da bambini. Adesso, Ino, aveva la conferma che loro erano di nuovo migliori amici.



< Allora, Sakura? > chiese impaziente Ten Ten. Le tre ragazze erano sul terrazzo e, due di loro, aspettavano ansiose che l’Haruno parlasse. Quest’ultima sorrise e iniziò a spiegare il piano < Allora, abbiamo una settimana per fare tutto, ma se ci impegniamo sono sicura che ce la faremo. Per prima cosa dobbiamo occuparci di preparare i biglietti d’invito e.. >

< Ci penso io a quelli – si propose Ten Ten – Voi avete troppe cose da fare e, inoltre, per queste cose sono molto più precisa di te.. > scherzò indicando la rosa. La frecciatina fece ridere Hinata e imbronciare Sakura. < Ok, allora ci pensi tu – rispose la rosa ricambiando con una linguaccia – Poi, credo che per quel giorno possiamo utilizzare il cafè.. >

< Sakura, ma sei sicura che Tsunade ci darà il permesso? > chiese timidamente la Hyuga < Oggi ci parleremo, così lo sapremo subito. Comunque, per quanto riguarda la spesa io propongo di farla la mattina stessa, tanto non abbiamo scuola. Andremo io e Ten Ten; tu Hinata ti occuperai della torta, ok? > La corvina sorrise, mentre la castana si leccava le labbra: Era ormai risaputo che la Hyuga era la miglior pasticcera di tutta Konoha e non vedeva l’ora di assaggiare di nuovo una sua creazione.

< Riguardo ai regali, ognuno lo farà da solo, ma quest’anno volevo farle qualcosa di speciale.. – le amiche la guardarono, aspettando che Sakura continuasse – Volevo cantarle una canzone! > Sulla terrazza calò il silenzio; silenzio di meditazione: < E quale canzone avevi in mente? > chiese confusa Ten Ten. Sia la corvina che la castana rimasero a guardare la rosa, aspettando che questa parlasse, ma Sakua se ne stava seduta, fissando il pavimento. < Allora? > chiesero impazienti.

< In realtà.. non lo so.. > ammise l’Haruno. Le due la guardarono, sperando che scherzasse ma quando capirono che la ragazza era seria sospirarono < Peccato, era una bella idea quella della canzone.. > disse dispiaciuta Hinata. < Già – concordò Ten Ten – Ma non è fattibile, non abbiamo nemmeno una voce maschile e nessuno in gredo di suonare qualche strumento, a parte te Hinata con il pianoforte..  > Rimasero in silenzio a lungo, fino a che la rosa non esclamò:

< AH! Non mi arrendo! Comporrò io stessa una canzone e troverò qualcuno che ci aiuti!! > le due si guardarono, rassegnate, conoscendo la cocciutaggine della ragazza. < E va bene.. > sospirò Ten Ten, mentre la Hyuga annuì.




Spazio Autrice:

Salve!!
Sono tornata, finalmente. Che dire, questo capitolo è moolto di passaggio ma vi assicuro che quello dopo ( che ho dovuto dividere in tre ) è bello pieno. Un modo per farmi perdonare. Il titolo significa " Iniziano i preparativi ".

Chiedo ancora scusa per la lunga pausa e ringrazio chi ha continuato a sperare e chi continuerà a leggere e anche chi, nuovo e incuriosito, inizierà.
Purtroppo, o per fortuna, non so, essendo passati nove mesi, circa, il mio stile di scrittura è cambiato e, perciò, dal punto di vista dello stile i capitoli saranno un pò diversi.
 Un'ultima cosa.. Vorrei far cantare a Sakura una sigla di Naruto, in giapponese, voi quale mi consigliate?
Naturalmente, chi già mi conosce lo sa, questo è un capitoletto di passaggio ma nasconde alcuni segretucci...


Alla prossima!!!


                                                                                        144kagome_alice144




 

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Capitolo 13
*** KONRAN ***


    QUESTO E' UN DOPPIO AGGIORNAMENTO, PRIMA DI LEGGERE QUESTO ACCERTATEVI DI AVER LETTO QUELLO PRECEDENTE :)               


                                                                                                       Konran


 
All’ultimo suono della campana, dalle porte della scuola, fuoriuscì una massa indistinta di studenti, felici che un’altra giornata di scuola fosse finita, liberi adesso di tornare a casa. Fra questi, però, ce ne erano quattro in particolare: per loro la giornata non era ancora finita.

< Eppure mi sembrava che dovessimo fare qualcosa.. > < Che hai detto, Hinata? > Sakura, Hinata, Sasuke e Naruto avevano deciso di dirigersi insieme allo “ Shinobi Cafè “, ma c’era qualcosa che turbava Hinata. < Non so, è come se mi fossi dimenticata qualcosa di importante.. >

< Signorina Haruno! Signorina Hyuga! > una voce in lontananza chiamò le due che si fermarono. Un ragazzo, molto più piccolo di loro, si fermò esattamente vicino alle due. Portava la divisa della scuola, ma al posto della cravatta aveva una sciarpa blu che arrivava a toccare quasi terra; sembrava proprio un allievo del primo anno. Sakura, sorpresa dall’arrivo del ragazzo domandò < Konohamaru..? >

Il ragazzino, dopo aver ripreso fiato per la lunghissima corsa, guardò le due, esclamando < Signorine, oggi c’è la riunione del comitato studentesco! Non potete mancare! > Sia la rosa che la corvina sussultarono, perse da altri problemi si erano completamente dimenticate della riunione. Guardarono l’orario accorgendosi che mancavano solo una manciata di minuti all’appuntamento così iniziarono a correre dietro al ragazzino, rientrando a scuola.

I due Uchiha rimasero alquanto sorpresi per il loro modo di fare, poi, osservando che si era già fatto fin troppo tardi, decisero di incamminarsi da soli verso il locale.
 


Le ragazze attraversarono velocemente la scuola ormai deserta, passando, per fare prima, dal cortile interno, raggiungendo la parte più esterna a tutto il grande edificio scolastico. Il piccolo ragazzino correva dietro alle due reggendosi faticosamente con un braccio la sciarpa blu che minacciava di farlo cadere da un momento all’altro.

I tre si fermarono davanti ad un’enorme porta il legno decorata con delle incisioni di leoni dalle cui bocche aperte e fameliche sbucavano due maniglie d’oro perfettamente lucidate. Sakura ed Hinata presero fiato, ricomponendosi velocemente e, dopo essersi guardate, con un tacito assenso, entrarono insieme nella grande sala dove si riuniva il consiglio d’istituto.

Le due entrarono lentamente, con grazia ed eleganza, seguite dal ragazzino. La stanza era enorme con tre finestre per ogni lato che davano all’esterno. Il pavimento di mattonelle di marmo luccicava sfavillante e il grande lampadario di vetro illuminava ampiamente tutta la stanza. Questa era completamente vuota se non per un grande tavolo di legno scuro disposto a ferro di cavallo.

< Siete in ritardo > sibilò una voce davanti a loro. Le due, anche senza guardare, avevano già capito a chi apparteneva quella voce. La ignorarono prendendo il loro posto sul lato sinistro del tavolo, sedendosi composte. Konohamaru, invece, andò dritto dalla ragazza che aveva appena parlato, rimanendo in piedi due passi dietro di lei che se ne stava tranquillamente seduta ignorando il suo “ assistente “ o, come sosteneva Sakura “ piccolo sgualdrino che faceva di tutto pur di accontentare quella che lui definiva padrona “.

Affianco a lei c’era un altro ragazzo alto, dal fisico ben scolpito messo in risalto dalla divisa che gli donava perfettamente. I capelli sbarazzini marroni gli ricadevano ribelli sul volto mentre i suoi occhi azzurri vagavano sul corpo della rosa. < Avanti Serena – pronunciò con voce lasciva – Non essere così severa con loro > continuò non togliendo gli occhi dall’Haruno.

Quest’ultima sorrisi forzata, facendo un cenno al ragazzo < Sho.. > sussurrò con aria da sfida. Il ragazzo in questione rise, ricambiando lo sguardo con uno provocante. < Hinatina mia, come stai? > domandò una voce petulante a pochi centimetri dal volto della Hyuga. Quest’ultima arrossì per l’imbarazzo per poi immobilizzarsi quando due braccia l’abbracciarono sfiorandole, volutamente, i seni nascosti dalla maglietta.

< K-Kei-san.. > balbettò lei, non osando muoversi da quella posizione troppo imbarazzata per qualsiasi mossa. Il ragazzo, ghignando si staccò. Era la fotocopia esatta di Sho se non fosse che i capelli, leggermente più corti, erano più chiari e gli occhi non erano azzurri ma marroni chiari. Kei si andò a sedere vicino al fratello gemello, seguito ad una determinata distanza da una ragazzina con due treccine marroni e gli occhi, neri, tenuti bassi per rispetto.

Quando il castano si sedette la piccola Moegi, compagna di Konohamaru, si avvicinò ad un altro ragazzino dai capelli lisci e neri e lo sguardo spento che rimaneva immobile come una statua dietro a Sho. Sakura odiava quella stanza, così sfarzosa ma allo stesso tempo vuota, esattamente come l’animo di quelle persone che racchiudeva, escluse lei, la sua migliore amica e quei tre ragazzini.

Kei e Sho Harada erano i figli dell’uomo che, insieme alla famiglia Hyuga, aveva creato il progetto che si era trasformato poi nella scuola migliore di tutto il paese. La ragazza vicino a loro, invece si chiamava Serena Nakano, figlia dell’imprenditore che, quando la scuola si era trovata in difficoltà economiche, l’aveva acquistata, facendola risplendere e facendo in modo che il raggio di sole della fortuna non l’abbandonasse più.

La ragazza rimase compostamente seduta, nonostante lo sguardo sprezzante d’astio che la rosa le rivolgeva ogni volta. Era una bellissima ragazza, formosa, alta e snella, con dei lunghissimi e mossi capelli biondi che le arrivavano quasi al ginocchio e due occhi gridi, ereditati dalla madre straniera, che scrutavano le persone nel profondo del loro io; o così è quello che voleva far credere lei. Lei e quei due ragazzi si definivano i proprietari della scuola e nessuno osava mettersi contro di loro o contraddirli.

Loro comandavano e gli altri ubbidivano. Erano entrati a far parte del consiglio studentesco su richiesta dei loro genitori, a differenza di Hinata e Sakura che, anche se non lo avrebbero mai voluto, erano entrate per i meriti scolastici ed extra-scolastici oppure, come sospettava la rosa, e perchè il preside aveva bisogno di qualcuno che non avesse i genitori influenti e chi era meglio se non una ragazza che era scappata di casa a dodici anni e un’altra che era stata cacciata e diseredata a tredici?

Come sempre la tensione era ai massimi livelli e questo rendeva molto nervosa Sakura e metteva a disagio Hinata mentre gli altri tre sembravano a loro agio, come se l’intera faccenda fosse divertente, come se trovassero divertenti i problemi degli altri. All’improvviso la grande porta si aprì, rivelando la fiera e austera figura del preside, vestito con un kimono bianco con dei ricami grigi e la sua inseparabile segretaria Kameko, una donna dal caschetto marrone e gli occhi del medesimo colore dietro la montatura argentea degli occhiali da vista.

Indossava un tuillier viola con delle calze traforate nere, in contrasto con la camicia bianca e le scarpe, anch’esse viola con un leggere tacco. Quando i due entrarono tutti i presenti rivolsero a loro l’attenzione, alzandosi e facendo un lieve inchino di rispetto, mettendosi poi seduti ai propri posti tranne per i tre ragazzini, che rimasero in piedi dietro i tre ragazzi e la donna che rimase dietro al preside.

Quest’ultima, alla vita di Sakura e Hinata, sorrise teneramente da dietro la possente figura del preside che si era seduto al centro del tavolo. Le due amiche ricambiarono debolmente il sorriso della donna, sapendo che, in quella stanza, lei era l’unica a capire il loro disagio ma che, nonostante fosse contraria a tutto quello, non poteva permettersi di andare contro le decisioni del preside e perdere così quel posto che da tanto aveva agoniato.

< Bene, iniziamo la riunione di oggi.. > affermò il preside senza nemmeno guardarli. La rosa e la corvina sospirarono flebilmente, abbandonandosi alle solite ed inutili questioni ordinarie, sperando che quell’ora passasse presto.



Era passata più di mezz’ora e le cose non si decidevano a prendere una piega diversa dalle precedenti riunioni. Sakura sbuffò impercettibilmente portando lo sguardo annoiato su Sho e Kei; i due ragazzi erano seduti scomposti sulle sedie, punzecchiandosi a vicenda, annoiati da quelli che sarebbero dovuti essere i problemi dell’istituto. Serena, nel frattempo, aveva iniziato a parlare non smettendo un attimo, elogiando la scuola e l’ottimo lavoro che lei stessa aveva fatto.

La rosa spostò lo sguardo sui tre ragazzini, Konohamaru, Moegi e Udon rimanevano immobili come delle statue, cercando di respirare a malapena, avendo paura che un minimo rumore da parte loro potesse scatenare la furia dei tre ragazzi e di quella del preside. E come dargli torto? Si trovavano nella stanza più ambita da chiunque con le persone più importanti dell’intero istituto.

Gli occhi verdi della ragazza si posarono sulla sua gonna a piaghe, soffermandosi sulle sfumature che la rendevano “ speciale “ agli occhi degli altri. Un altro flebile sospiro le fuoriuscì dalle labbra, incapace di contenerlo, portando su di lei l’attenzione della Hyuga al suo fianco. La corvina le posò teneramente una mano pallida sulla sua che stringeva il tessuto con forza.

Sakura la guardò, rispecchiandosi nei suoi occhi perlacei. Hinata le sorrise teneramente, sorriso ricambiato debolmente da Sakura. Era il loro modo di farsi forza per continuare a sopportare quella situazione insostenibile. Hinata spostò lo sguardo su suo padre. L’uomo aveva la sua solita espressione contratta e rigida, anche se si vedeva che nemmeno lui prestava troppa attenzione alle parole della bionda.

Hinata guardò con compassione suo padre e il suo sguardo scuro e freddo rivolto ad un punto imprecisato della stanza, immerso in chissà quali pensieri. Lei, nonostante tutto, era riuscita a rialzarsi, a combattere. Aveva superato la morte della madre e si era fatta delle amiche, aveva un lavoro e una vita che potesse essere definita tale. Lui, invece, aveva perso tutto, ormai. Hinata non aveva ricordo di una sua espressione che non fosse quella che presentava in quel momento.

Suo cugino Neji, ogni tanto, le raccontava che le cose in casa non andavano molto bene, purtroppo lui viveva in una parte della casa emarginata dal corpo principale, insieme alla servitù, dato che lui stesso, in quanto figlio del secondogenito, era considerato dalla sua famiglia, un servo del primogenito, perciò non sapeva con precisione i fatti, ma da quello che aveva captato, sua sorella Hanabi, da quando lei se ne era andata, aveva iniziato a rivoltarsi al padre, iniziando a lasciarlo sempre più da solo.

Quelle cose ad Hinata facevano male: sapeva che suo padre avrebbe voluto che la sua piccola Hanabi prendesse, in futuro, il suo posto e inalzasse, se possibile, ancora di più il nome degli Hyuga. Ma, evidentemente, la ragazzina di tredici anni, stava iniziando a capire come veramente andava la vita al di fuori delle quattro mura casalinghe. Hiashi, vedendo quello sguardo di commozione mista a pena che le rivolgeva quella che considerava la sua ex-figlia, ghignò malevolo, puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli di lei che, a quell’occhiata si riscosse, abbassando subito il capo.

< Hinata.. – sibilò lui, interrompendo il lungo monologo della ragazza – Tu che cosa ne pensi? > Sakura strinse forte i pugni sotto al tavolo, notando una piccola goccia salata cadere dalla guancia della sua amica. Suo padre sapeva che così facendo l’avrebbe messa in soggezione dato che lei odiava parlare in pubblico, specialmente se questo era costituito da lui e quei tre imbecilli figli di papà.

Passò un minuto in qui nella stanza calò il silenzio mentre tutti i presenti, tranne i ragazzini, Kameko e Sakura, guardavano divertiti la reazione della Hyuga. Serena sorrise < Io penso, signor Preside, che ci può essere un modo per aumentare ancora di più il prestigio della nostra scuola. – Tutti riportarono lo sguardo sulla bionda che, con i suoi occhi grigi scrutò le ragazze ed aggiunse maligna – Anche se il compito di pensare a tener alto il nome della scuola risiede nelle mani delle due rappresentanti > asserì con un sorrisetto strafottente, accennando alle due.

Il preside annuì impercettibilmente, per poi esortarla a parlare. < A che cosa aveva pensato, signorina Nakano? > La ragazza sorrise alle due per poi prestare l’attenzione al preside e spiegarsi < Pensavo che dovremmo mettere in chiaro, una volta per tutte, qual è la miglior scuola del paese e perciò dovremmo fare una scelta d’elite e espellere immediatamente quei ragazzi che non hanno la possibilità di brillare insieme all’istituto > disse lanciando un’occhiata dietro di lei, in direzione dei tre ragazzini che, messi in soggezione, abbassarono ancora di più il capo.

Sakura, che per tutto il tempo aveva mantenuto i suoi occhi puntati in quelli della ragazza, lanciò una veloce occhiata all’amica che, al contrario era rimasta con la testa china per tutto il tempo poi, cercando di calmare la propria rabbia, esordì < No, io non sono d’accordo > Tutti, sorpresi, portarono lo sguardo sulla rosa < Come scusa? > domandò Serena: mai nella sua vita aveva ricevuto un no ed il primo non sarebbe di certo venuto da quell’insulsa ragazzina.

< Hai capito bene – rispose con un sorrisetto la rosa, non distogliendo lo sguardo e accettando la sfida – Io sono contraria a quello che hai proposto > Serena spalancò gli occhi, incredula mentre i due ragazzi affianco ridevano per la scenetta e il preside la guardava curioso ma, proprio quando la bionda stava per rispondere, un lieve sussurro si levò dalle tremanti labbra della corvina che manteneva comunque lo sguardo basso < A-Anche io non sono d’accordo.. >

Tutti, Sakura compresa, spostarono lo sguardo, sorpresi, sulla ragazza. < Come hai detto, Hinata? > domandò il padre con tono duro e severo, facendo intendere alla ragazza che lei doveva tacere. Sakura spostò lo sguardo da lei all’uomo ripetute volte, sperando che la corvina, per una volta, ubbidisse al padre.

Quest’ultima abbassò ancora di più il capo, facendo ghignare il padre ma due occhi color del cielo e un sorriso luminoso quanto un raggio solare, le infusero la forza necessaria per fare quello che avrebbe veramente dovuto fare molto tempo fa: seguire il suo cuore. < Ho detto che anche io non sono d’accordo con quello che ha detto Nakano-san > disse risoluta, senza nemmeno balbettare, fissando i suoi occhi in quelli del padre.

Questa volta, però, l’uomo potè constatare che, al posto della compassione e della pena, in quello sguardo era sorto un coraggio che mai aveva visto negli occhi della sua primogenita. L’uomo si alzò bruscamente, sbattendo con rabbia le mani sul grande tavolo, spaventando tutti che si ricomposero velocemente tranne, sorprendentemente, Hinata che rimase a fissare il padre con sfida.

“ Così si farà ammazzare! “ pensò Sakura nervosamente. Fortunatamente la campana suonò, mettendo fine alla riunione di quella settimana. Il preside uscì velocemente dalla stanza, non degnando nessuno di uno sguardo, seguito dalla segretaria, mentre gli altri, per rispetto, si alzavano e si inchinavano al vuoto.

< Ti sei messa nei pasticci, Hyuga! > esalò velenosa la bionda. La corvina non e prestò la benché minima attenzione, facendola infuriare ancora di più, rivolgendosi, invece a Sakura che la fissava ancora incredula < Andiamo Sakura, siamo già in ritardo > La rosa annuì, ancora sconvolta per tutto quello che era successo. Prese la cartella e si diresse verso la porta, quando venne fermata bruscamente da una mano che le strinse il polso slogato.

La rosa non riuscì a trattenere una smorfia di dolore, accompagnata da un sottile mugolio. < Oh, non avevo notato che tu fossi ferita, Sakura > disse, in modo provocatorio Sho, avvicinandosi sempre di più alla ragazza arrivando a sussurrare il suo nome al suo orecchio. Intanto suo fratello gemello si era avvicinato ad Hinata, cingendole la vita con i fianchi e posandole con spensieratezza una mano sul fondoschiena.

Quel gesto fece trasalire la Hyuga che si irrigidì < Hinatina mia, vuoi farti uccidere per caso? > domandò smielato, strusciando il volto sulla guancia della corvina che rimaneva immobile, incapace di fermare gli atteggiamenti del castano. Sakura guardò con sfida il ragazzo, strattonando il braccio per liberarlo dalla sua presa, non badando all’improvvisa fitta di dolore.

Si avvicinò minacciosamente a Kei, volendo aiutare la sua amica, quando una voce dal fondo della stanza non la fece bloccare < La piccola Haruno si è ferita?! Chissà chi si prenderà cura di lei, forse la sua cara mammina? - Sakura ingoiò la saliva, cercando di calmare la rabbia che in quel momento stava avendo il sopravvento sul suo autocontrollo. Serena rise notando la reazione della ragazza così, volendosi vendicare per essere stata contraddetta poco prima davanti al preside, continuò

– Cara, cara Sakura, devi rassegnarti. Noi siamo su un piano sociale completamente diverso. Noi siamo i colori che fanno brillare la società, voi siete solo le macchie che la sporcano > Hinata, sentendo quelle parole dure rivolte all’amica capì che la bionda stava mirando a farle perdere la pazienza al solo scopo di farla scomporre e compromettersi, infatti sia la corvina che la bionda sapevano che l’unico modo per far veramente arrabbiare Sakura Haruno era quello di offendere i suoi amici, le persone a cui lei voleva più bene.

Decisa e risoluta come poco prima la corvina allontanò il ragazzo spingendolo di lato, facendolo rimanere scioccato per la sua inusuale reazione. Incurante dello sguardo indagatore di Kei, Hinata si avvicinò a Sakura, la prese per mano e la condusse verso la porta. La rosa, sentendo il calore provocatole dalla piccola mano di Hinata si calmò ma arrivata sull’uscio si fermò, facendo voltare l’amica. L’Haruno prese un bel respiro, si girò e puntando i suoi occhi smeraldo, freddi come la pietra, in quelli grigi di Serena, disse:

< Hai ragione, Serena. Voi siete dei colori puri mentre noi siamo solo delle sfumature > calcò sull’ultima parola, sfiorandosi la gonna per poi sorridere vittoriosa e allontanarsi con Hinata che, nel sentire quella lieve frecciatina, non era riuscita a reprimere un sorriso. L’ultima cosa che sentirono quando uscirono dal grande istituto fu l’urlo di rabbia di Serena.

Quest’ultima odiava quelle due ragazze. Loro erano riuscite ad entrare nel consiglio perché eccellenti in tutte le discipline, erano il faro che illuminava la scuola e siccome erano adorate da tutti, il preside, per tenere buone le acque, aveva concesso loro una divisa speciale, una divisa con delle sfumature, indice della loro posizione elevata nella scuola. Per quel gesto lei si sentiva inferiore a loro e questo proprio non lo sopportava ma, un giorno o l’altro, gliel’avrebbe fatta pagare cara, questo lo aveva ormai già giurato a se stessa e al suo orgoglio.
 



< No! Attento! Fai così! Appoggialo lì! Non così! Inforna quei biscotti, adesso! >

Itachi sbuffò esausto. Lavorare con Ayame era risultato più faticoso di quanto pensasse. Certo, già dai tempi delle elementari la ragazza era molto esigente e non lasciava niente al caso ma ormai erano più di otto ore che non faceva altro che urlargli ordini che si aspettava venissero svolti immediatamente. Il moro posò bruscamente una teglia piena di biscotti ancora da infornare e assunse un’aria imbronciata e distaccata.

La ragazza, sentendo il tonfo sordo della teglia, si girò, notando l’espressione contrariata del ragazzo. Sorrise internamente, ricordandosi di quando erano piccoli e di quando il ragazzo la guardava così quando lei esagerava con le richieste. Abbassò lo sguardo, colpevole. Si sentiva nervosa a condividere la stanza con lui, anche se la cucina era molto grande e erano divisi dal tavolo in marmo che c’era al centro.

Quando l’aveva rivisto aveva sperato di riallacciare i rapporti sopiti con lui, di ritornare ad avere quel rapporto degli anni passati, ma c’era qualcosa in lui che l’allontanava; certo, si era sempre dimostrato gentile e accondiscendente con lei ma c’era qualcosa che lo bloccava, un segreto, un dolore, e Ayame lo aveva capito fin dall’inizio. Le era bastato guardarlo negli occhi neri in cui da piccola si divertiva a specchiarsi.

Aveva sempre amato quelle due pozze d’onice lucide e perfette se non per una lievissima e impercettibile sfumatura più chiara che mai nessuno, tranne lei, aveva notato. Eppure, quella lieve sfumatura, ai suoi occhi, era bellissima e dava una luce stupenda agli occhi rendendo lo sguardo del ragazzo magnetico e misterioso allo stesso tempo. Aveva capito che lui le stava nascondendo qualcosa, lo sapeva già, ma capiva anche che per lui doveva essere molto difficile parlarne perciò si era astenuta dal domandargli qualunque cosa.

Eppure una parte di lei ce l’aveva con lui perché si sentiva tradita, era stata abbandonata con una scusa, adesso tornava e non si degnava nemmeno di spiegarle come erano realmente andate le cose. Forse proprio per quello aveva iniziato a trattarlo freddamente, cercando di farlo faticare più del necessario, quello era il suo modo di vendicarsi.

Sospirò afflitta: almeno, anche se non le aveva detto nulla, non aveva nemmeno mentito a differenza dell’ultima volta. Si avvicinò alla teglia, sempre tenendo lo sguardo basso, la prese con due mani attenta che non le cascasse e si avvicinò al forno. Incredibilmente la teglia era veramente pesante e aveva paura che si sarebbe potuta rovesciare da un momento all’altro. L’appoggiò sui mattoni rossi davanti al forno, cercando di spingerla fra le fiamme con entrambe le mani.

Chiuse gli occhi, concentrando tutte le sue energie nella spinta. “ Maledizione quanto pesa! “ imprecò mentalmente ma, proprio quando stava per rinunciarci sentì che la teglia, lentamente, scivolava sui rossi mattoni venendo avvolta dal fuoco del forno. Si girò, ritrovandosi vicino Itachi. < Grazie.. > sussurrò, incapace di aggiungere un’altra parola, ritornando con lo sguardo basso.

Il ragazzo sospirò, passandosi una mano fra i lunghi capelli. Lanciò uno sguardo alla cucina, notando quanto era sporca. Poi riportò la sua attenzione sulla castana. Proprio come quando erano piccoli lui non ci riusciva proprio a mantenere l’aria arrabbiata con lei vicino; in un modo o nell’altro lei aveva il potere di sciogliergli il cuore in un modo talmente dolce da farlo arrossire.

Sorrise, toccandole la fronte con due dita, un gesto che riservava solo alle persone a cui voleva bene, facendole alzare la testa. < Tu ci tieni tanto al tuo esperimento, vero? > domandò, incatenando lo sguardo al suo. Lei si perse per qualche istante nel nero notte dei suoi occhi, ammirando quella flebilissima sfumatura. Poi annuì:

< Prima di morire, mia madre mi disse che avrebbe voluto che il nostro locale si specializzasse in tutti i tipi di cucina, non solo nel ramen. Era un suo desiderio e io voglio realizzarlo > parlò decisa, stringendo i pugni. Itachi sorrise, annuendo. Da quello che aveva capito la madre della ragazza era morta dopo la sua partenza aggiungendo altro dolore a quello che le aveva provocato lui lasciandola senza nemmeno una decente spiegazione.

Si sentiva colpevole per tutto il dolore che le aveva causato con le sue bugie, avrebbe voluto dirle la verità, chiarire ogni cosa, sfogarsi, ma sapeva che era pericoloso. Meno cose sapeva meno rischiava la vita e solo il pensiero di poterla perdere per sempre gli provocava un gran dolore al petto. Eppure al suo occhio acuto non era sfuggito il suo sguardo triste che, ogni tanto assumeva.

Anche lei, come lui, era rimasta bloccata nel passato. Si avvicinò, senza nemmeno rendersene conto, prendendole una mano e stringendola nella sua. La ragazza sussultò, rimanendo incatenata al suo sguardo. Itachi era incapace di emettere un suono. Avrebbe voluto sfogarsi, dire tutto, avrebbe voluto piangere quelle lacrime che si era trattenuto dentro per quindici anni.

Avrebbe voluto alleviare il suo dolore e quello della ragazza di fronte a lui, magari, proprio come quando erano piccoli, lei sarebbe riuscita a trovare una soluzione al suo problema. < Ayame.. io.. > ci fu un momento di silenzio, un’esitazione, mentre Itachi vagava con la mente a quindici anni fa. La ragazza lo guardava, avendo già intuito di quale argomento volesse parlargli.

Rimase in silenzio, immobile, avendo paura che un suo solo movimento potesse spezzare l’atmosfera che si era creata, pendeva letteralmente dalle sue labbra e aspettava paziente il momento in cui avrebbe, finalmente, compreso la verità. Una piccolissima lacrima solitaria fuoriuscì dagli occhi d’onice, scivolando lenta su una guancia. Ayame la guardò scivolare per poi asciugarla dolcemente con il pollice della mano.

Quella era la prima volta che aveva visto il ragazzo piangere e ciò non era un buon segno. Lo guardò negli occhi, spaventandosi di quanto dolore essi stavano trattenendo. < Itachi.. > stava per abbracciarlo, per consolarlo, per dirgli che lei ci sarebbe sempre stata, che lo avrebbe aiutato quando fece il suo ingresso in cucina il proprietario di Ichiraku: Teuchi. < Ayame, potresti venirmi a dare una mano dietro al bancone >

Com’era prevedibile la sua presenza distrusse bruscamente l’atmosfera che si era creata fra i due. Itachi si voltò indietro, evitano di guardare l’uomo < Controllo io i biscotti, tu vai pure > disse in un flebile sussurro che sentì solo lei. Ayame ebbe la forza solo di annuire, dirigendosi fuori dalla cucina preceduta da suo padre.

Itachi si morse la lingua, arrabbiato. Stava per cedere, stava vermanete per raccontare tutto alla ragazza, mettendo così in pericolo non solo la vita sua e dei suoi fratelli che, ormai, fin dalla nascita avevano quel pesante fardello, ma stava per mettere pure la vita di Ayame in serio pericolo e questo non poteva accadere. Lei non c’entrava niente con lui, lei non aveva colpe.

Per un attimo desiderò avere quella persona davanti a lui per poterla ripagare del dolore che gli aveva causato per tutta la vita, portandogli via i genitori. Arrabbiato, frustrato e con un dolore inimmaginabile strinse un pugno, riversando tutti i suoi sentimenti nella mano che, violentemente si andò a schiantare sui mattoni rossi del forno.

Ayame, sullo stipite, sentì un colpo duro provenire alle sue spalle. Si girò, notando che l’amico aveva tirato un violento pugno al forno e che delle piccole gocce di sangue stavano fuoriuscendo dalla mano scivolando sul pavimento. Lo guardò, con occhi colmi di tristezza, notando un’altra lacrima scendergli dal volto, seguita da un’altra e un’altra ancora.

Impotente si girò, dirigendosi da suo padre, lasciandolo solo con il suo dolore, quella, anche se dolorosa, era l’unica cosa che lei potesse fare per lui. Aveva capito, dal suo comportamento, che c’era qualcosa di più grande, di superiore che lo bloccava e, infondo, lei non era nessuno per intromettersi così nella sua vita.

L’unica cosa che le importava veramente era poter cancellare quell’espressione di dolore sul suo volto, il suo unico desiderio era quello di rivedere quel sorriso perfetto, intelligente, furbo e misterioso sul suo volto, quel sorriso che l’aveva fatta innamorare.
 



< Uchiha.. >

Richiamò una donna bionda nascosta dietro alla porta del suo ufficio lasciata leggermente aperta. Sasuke, sentendosi chiamare con quel tono sussurrato ma, allo stesso tempo, alterato, sbuffò e, con le mani nelle tasche della divisa da lavoro, si diresse verso l’ufficio. Scostò di poco la porta e, una volta dentro la richiuse alle sue spalle, stando ben attento che nessuno lo avesse visto.

Una volta dentro, dove le voci provenienti dal bar gli arrivavano ovattate e confuse, tirò un sospiro di sollievo. < Mi spieghi che cosa sta succedendo? - chiese Tsunade dietro di lui. Il moro di girò, notando la donna in piedi dietro di lui, con le mani chiuse sui fianchi e un’espressione contrariata. – Che cos’è tutto questo baccano? Io così non riesco a lavorare! > si lamentò, sbuffando.

Sasuke la guardò annoiato < Siamo solo in due di là e c’è molta gente, più gente del solito  > “ Specialmente più galline e oche pronte a saltarci addosso ogni qualvolta che cerchiamo di lavorare “ aggiunse con stizza nella sua mente. Odiava quel genere di comportamento, odiava i contatti fisici e odiava che si urlasse il suo nome con quel tono tanto smielato.

Se non fosse per l’animo buono di suo fratello, come minimo lui avrebbe già compiuto diversi omicidi. La donna increspò un sopracciglio, confusa < Ma Sakura e Hinata? > Il moro alzò le spalle < Avevano una riunione con il Consiglio.. > disse, non sapendo che altro aggiungere. < Ah > si limitò a dire la bionda, facendogli intendere che aveva capito, poi si diresse alla sua scrivania, aprì l’agenda e andò alla pagina di quel giorno.

Un ennesimo sbuffo provenì dalle sue labbra carnose. Si era completamente dimenticata che, una volta al mese le ragazze avevano la riunione con il Consiglio Studentesco e in quei casi lei era solita chiudere il locale per un’ora, aspettando il loro arrivo. Un rumore di cocci in frantumi si espanse per la stanza, facendole stringere il foglio dell’agenda talmente forte da strapparlo a metà.

Inarcò un biondo sopracciglio, assottigliando lo sguardo e guardando con furia omicida il ragazzo immobile al centro della stanza < Ma si può sapere come mai tutto questo baccano? > Il moro scrollò le spalle, girandosi e aprendo di poco la porta. Quel gesto fece incuriosire la donna che si avvicinò e, cautamente come aveva visto fare al moro, si sporse ad osservare.

Un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri era al centro del bar con tre vassoi, pieni di ordinazioni, in mano, mentre era accerchiato da una dozzina di ragazze che si spingevano fra loro. Altre due gli erano avvinghiate ai bracci, rendendo precario l’equilibrio dei vassoi, mentre una gli era avvinghiata intorno al busto e sembrava che lo stesse stringendo veramente forte dato che sembrava che il povero Naruto non riuscisse nemmeno a parlare.


Quella vista bastò a Tsunade per capire quel’era il problema. Certo, era felice che il locale fosse così pieno, questo voleva dire che gli affari stavano andando bene, però i suoi clienti non potevano nemmeno trattare così i suoi dipendenti, lanciò velocemente un’occhiata al moro che, nel frattempo era rientrato insieme a lei nell’ufficio dopo aver richiuso la porta; in effetti dovette ammettere che i due ragazzi erano molto affascinanti, in più erano talmente diversi da brillare di luce propria e, se venivano accostati, formavano una coppia micidiale in quanto stregare le ragazze.

Non potè trattenere una ristata < Uguali ai vostri padri.. > disse sorridendo, ricordandosi dei tempi passati. L’Uchiha, a cui non era sfuggito quel commento sussurrato, inarcò un sopracciglio, mentre ormai era sempre più convinto che lei sapeva molte più cose di loro di quante non ne volessero immaginare. Deciso a far luce sul mistero Sasuke aprì bocca per dar sfogo ai suoi pensieri ma la donna, non rendendosi conto della reazione de moro, lo precedette:

< Dobbiamo aiutare tuo fratello, altrimenti lo uccideranno > asserì con una nota di ironia e preoccupazione, uscendo dal suo ufficio, pronta a mettere fine a tutto quel putiferio. “ Maledizione “ imprecò mentalmente l’Uchiha, stringendo i pugni lungo i fianchi, aveva sprecato una buona occasione. Un altro rumore di cocci rotti raggiunse il suo fine udito. Sospirò, rilassandosi e dirigendosi verso il bar, infondo quella donna aveva ragione, se non fossero intervenuti quelle pazze avrebbero ucciso suo fratello e distrutto il locale.

Quando raggiunse la donna, dietro al bancone, si fermò ad osservare come era ridotto il locale. In terra c’era di tutto, dalla semplice acqua ai piatti di coccio bianchi, alcune sedie erano ribaltate e i tavoli erano diventati dei trampolini improvvisati. Suo fratello era sdraiato in mezzo a quella confusione, con una mano dietro alla nuca e tre ragazze sedute comodamente su di lui mentre le altre le spingevano per avere quell’onore. Sasuke sospirò mentre la donna affianco a lui, al culmine della pazienza, ispirò tutta l’aria che poteva pronta ad urlare ma qualcuno la precedette.

< Adesso basta!! >
 


Sakura ed Hinata camminavano in religioso silenzio una affianco all’altra, dirette verso lo “ Shinobi Cafè “. Ognuna era immersa nei propri pensieri che riguardavano la complicata riunione che avevano affrontato. Sakura guardò di sbieco l’amica che rimaneva con la testa china e gli occhi puntati sul marciapiede. La rosa si morse il labbro inferiore, indecisa se parlare o rimanere in silenzio.

Chiuse gli occhi, combattendo con il magone che le si era formato infondo allo stomaco poi, quelle parole le attraversarono la mente, calmandola “Non sei una pessima amica. Però, se vuoi un consiglio, non ti tenere tutto dentro. Cerca di condividere il dolore con i tuoi amici che, da quello che ho visto, ci tengono molto a te “ Spostò nuovamente lo sguardo su Hinata e si fermò, continuando a guardarla con decisione. Dopo qualche passo la corvina si accorse del comportamento dell’amica e si girò, scontrandosi con il verde dell’amica illuminato da un’insolita ma decisa luce.

< S-Sakura..? > la chiamò titubante, non capendo il motivo di quello sguardo fisso su di lei che la stava, lentamente, mettendo in soggezione. < Hinata – proferì decisa Sakura. Nel sentire quella voce dura e severa la corvina ebbe un sussulto, chinando velocemente la testa. In effetti, quella volta, l’aveva combinata grossa. Al contrario delle aspettative, però, Sakura si avvicinò a lei, le prese con gentilezza una mano, stringendola nella sua e costringendola a guardarla negli occhi, ora illuminati da una luce sempre decisa ma anche molto dolce; poi, con un sorriso, le disse

– Sappi che sono fiera di te e di quello che hai fatto. Perciò, qualunque saranno le conseguenze di quelle parole, io ti rimarrò vicina e ti sosterrò, sempre > Nel sentire quelle parole fuse tra la dolcezza, la decisione e l’amicizia Hinata non potè far a meno di arrossire ad annuire mentre piccole gocce salate iniziavano ad uscire dai suoi occhi puri e ingenui. Sakura sorrise, stringendo l’amica in un abbraccio, lasciandola sfogare, accarezzandole dolcemente i lunghi capelli.

Dal canto suo, Hinata, si aggrappò alla schiena dell’amica, soffocando i singhiozzi sulla sua spalla, incapace di trattenere quelle lacrime che, più per tristezza o paura, erano di felicità e riscatto verso l’uomo che le aveva rovinato la vita. Rimasero così, in mezzo alla strada, incuranti dei passanti che le osservavano curiosi, fino a che la corvina non si staccò e, guardando Sakura negli occhi, parlando con la voce del cuore, disse:

< Grazie Sakura - La rosa le sorrise calorosamente, mentre con una mano le toglieva i residui delle lacrime dalle guancie arrossate. Hinata la lasciò fare, sussurrando – Sappi che anche tu puoi contare su di me. Ti sosterrò, anche contro Serena > Sakura la guardò, impressionata dal coraggio che, per la seconda volta, aveva sentito provenire dall’amica.

Le sorrise, ringraziandola con lo sguardo per poi esclamare < Dai adesso andiamo, credo che quei due non reggeranno un altro po’ senza il nostro aiuto! > Hinata rise, continuando a camminare a fianco dell’amica poi, però, una domanda le sorse spontanea e, con un sorriso malizioso che non era da lei, chiese < Sakura, a che cosa è dovuta quella nuova luce di decisione? >

Sakura arrossì all’istante, girando la testa nella direzione opposta, cercando di calmare il suo cuore che era preso a battere più forte. < C-Come s-scusa? > balbettò, non riuscendo ad aggiungere altro. Hinata sorrise alla reazione della ragazza, aggiungendo sempre con tono malizioso < Sai benissimo a che mi riferisco.. – poi provò ad indovinare – Non è che c’entra per caso un Uchiha moro e tenebroso? >

Nel sentire pronunciare quel nome Sakura sussultò, facendo scoppiare l’amica in una fragorosa risata. < N-non c’entra nulla, quello scorbutico! – affermò convinta Sakura, girandosi verso Hinata, mostrando le guance in fiamme che fecero ridere ancora di più Hinata. Sakura mise il broncio, poi le venne in mente un’idea e, con lo stesso tono usato dalla corvina pochi istanti prima, le chiese

– E tu, Hinata? Dove hai trovato tutto quel coraggio? Non è che c’entrano due paia di occhi azzurri e un caldo sorriso, vero? > Al contrario delle aspettative di Sakura, Hinata non si innervosì né arrossì. Sorrise e, guardando il cielo azzurro privo di nuvole, rispose sinceramente < Si, credo che sia stato Naruto a darmi tutto quel coraggio. Non so spiegartelo, ma in lui ho letto molta sofferenza al quale lui risponde con grinta e coraggio, non arrendendosi mai e sorridendo sempre. >

Sakura sorrise felice e annuì, comprendendo esattamente che cosa voleva dire l’amica. < Siamo arrivati.. > < Già.. Ma che cos’è tutta quella confusione? > domandò Sakura notando, grazie ai vetri trasparenti, tutta la confusione che si era creata nel locale. Le due, preoccupate, corsero all’interno, trovando quello che un tempo era un pacifico bar in una situazione disastrosa. Hinata, fra la confusione, intravide una capigliatura bionda completamente sdraiata per terra < Naruto.. > sussurrò preoccupata.

< Adesso basta!! > esclamò invece la rosa urlando con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
 


Nel sentire quell’esclamazione tutti i presenti smisero di fare quello in cui erano impegnati, portando i loro sguardi sulla ragazza dai corti capelli rosa e gli occhi verdi che, talmente arrabbiati, avevano assunto il colore dei pini invernali. Il silenzio calò nel locale, mentre le ragazze, comodamente adagiate sul povero Uchiha minore, lanciavano occhiate maligne alle due nuove arrivate, occhiate prontamente corrisposte da Sakura che, descrivere arrabbiata, era un eufemismo.

Sasuke sospirò, grato alla rosa per aver messo fine a tutta quella confusione che gli aveva creato soltanto un gran mal di testa. Tsunade approfittò di quel momento per prendere le redini della faccenda ed esclamò < Bene signori, oggi lo “ Shinobi Cafè “ per motivi personali, chiude anticipatamente. Vi ringrazio per essere venuti e spero che tornerete a trovarci presto! >

Mentre parlava, con un falso sorriso a denti stretti, cercando di trattenere la furente rabbia, iniziò a cacciare tutti dal suo locale, comprese le ragazze che avevano causato tutto quel trambusto che uscirono arrabbiate e contrariate, non prima di essere guardate ed etichettate da uno sguardo maligno della giovane Haruno.

Quando tutti furono usciti la bionda tirò un sospiro di sollievo, applicando il cartello di chiusura sulla porta. Si girò verso i quattro e disse < Io ho bisogno di andare a casa a riposarmi – Guardò tutto il macello che sovrastava la stanza, sospirò stancamente – Voi pulite e poi tornate a casa > disse e, non lasciando tempo di replicare, uscì, lasciando i quattro soli con un disastro da pulire.

Sasuke sbuffò, avvicinandosi al fratello, rimasto per terra, tutto sporco di vari cibi e bevande. Il moro gli porse una mano, evitando di guardarlo negli occhi. Il biondo guardò prima la mano pallida che sporgeva verso di lui, poi il profilo corrucciato del fratello, con uno sguardo di confusione  e stupore. Poi, sorridendo, per il gesto d’affetto camuffato del fratello, accettò l’aiuto, sollevandosi da terra; ma, proprio quando stava per lanciargli una sua solita frecciatina per fargli capire quanto in realtà aveva apprezzato quel piccolo e inusuale gesto, sentì le gambe cedergli e tutto il suo peso si andò a riversare sul moro che, d’istinto lo sorresse.

< Naruto! > esclamò, forse a tono un po’ troppo alto dato che Hinata e Sakura accorsero immediatamente. L’Uchiha maggiore aiutò il ragazzo a sedersi su di una sedia poi si chinò per guardarlo negli occhi < Hey Naruto, che cos’hai? > domandò non riuscendo a nascondere una nota di preoccupazione nel timbro della voce. Naruto sorrise faticosamente < Che cos’è quell’aria preoccupata, teme. Non ti si addice sai? > cercò di scherzare.

Sasuke lo fulminò con lo sguardo, rimanendo comunque nella stessa posizione < Naruto.. > lo richiamò serio. Naruto sospirò, osservando attentamente le iridi scure del fratello, notando come quest’ultimo non riusciva a nascondere la preoccupazione. Sasuke, da parte sua, avendo sentito il corpo del fratellino abbandonarsi completamente fra le sue braccia e vedendo quell’espressione di dolore non aveva potuto far a meno di preoccuparsi, mentre nei suoi occhi rivedeva le immagini degli anni passati scorrergli nella mente come un fiume durante una tempesta.

Le due ragazze, preoccupate per il biondino, rimasero un po’ in disparte, percependo lo stato di preoccupazione, fin troppo strano, di Sasuke. < Non è nulla, Sasuke. Prima sono cascato ed ho battuto la testa – disse il biondino massaggiandosi la nuca e accennando un sorriso che tutti, senza difficoltà, capirono che era falso – Non è nulla di che, soltanto un capogiro > spiegò, non volendo far preoccupare oltre il moro.

Odiava far preoccupare gli altri, specialmente Sasuke e odiava ancor di più essere il responsabile di quello sguardo preoccupato e dolorante, immerso nelle spine appuntite del passato. Lui non voleva essere un peso per la sua famiglia, voleva essere accettato e rispettato come suo fratello ma, ogni volta, finiva nei guai ed era sempre Sasuke ad aiutarlo, facendolo sempre sentire inferiore.

Il moro lo scrutò attentamente, notando che stava mentendo. Strinse i pugni fino a sbiancarsi le nocche, ancora una volta, suo fratello, non si fidava di lui. Anche se non lo voleva ammettere, quella mancanza di fiducia da parte sua lo feriva ma, infondo, sapeva di poterci fare ben poco, era lui la causa di tutto. Si girò, dandogli le spalle, poi in un sussurro, duro e deciso, ordinò < Hyuga, pensaci tu. Haruno, dammi una mano a pulire. > così dicendo si diresse verso lo sgabuzzino dove tenevano i prodotti per pulire, lasciando i tre, stupiti, nel mezzo al bar.

Naruto chinò lo sguardo, mentre Hinata e Sakura si guardarono e si sorrisero poi, dopo aver sospirato, la rosa si grattò la nuca < Ma tu guarda che coppia di fratelli ci è capitata > Naruto alzò lo sguardo sulla ragazza, notando il sorriso che aveva accompagnato quelle parole che celavano un significato diverso; dopo spostò lo sguardo su Hinata che stava cercando di trattenere le risate con una mano. Sakura, si diresse verso lo spogliatoio per cambiarsi, lasciando soli i due.

< Naruto – lo chiamò una voce gentile. Il ragazzo si girò, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto della Hyuga, rispecchiandosi nei suoi occhi cristallini – Vieni con me > disse lei gentilmente, prendendogli la mano e conducendolo sul retro del locale.






Spazio Autrice:

Salve!!
Ecco qui un'altro capitolo: " Confusione "
Bhe, credo che il titolo, oltre che rappresentare il povero " Shinobi Cafè " rappresenti anche le idee confuse di tutti i personaggi. Non so se sono riuscita, tutt'oggi, a mantenere quell'alone di mistero intorno a tutti..
Comunque con questo capitolo per stasera basta ma vi rassicuro: pubblicherò un altro capitolo nel giro di poco!

Sono anche molto emozionata perchè, domani esce l'ultimo episodio di Naruto. Non voglio fare Spoiler, perciò non dico nulla, ma sono veramente felice perchè finalmente vedrò animate le scene che ho letto e riletto nel manga, però sono anche triste perchè cioè, non ho ancora realizzato che Naruto è finito.
La parola fine è veramente molto pesante in questo caso...




Alla prossima!!!               

                                                                                                          144kagome_alice144






 

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Capitolo 14
*** SOKO NI NIKUSHIMI ***


                         

                                          Soko ni nikushimi



 
< Mamma mia, che confusione! - si lamentò Sakura, dopo essersi cambiata e diretta verso il moro. – Ma che cosa è successo? > chiese, più per fare conversazione che altro, visto che aveva intuito il motivo di tutto quel trambusto. Il ragazzo non rispose, concentrato nel pulire un tavolino. Sakura sospirò flebilmente, iniziando a pulire il bancone. Rimasero per un po’ in silenzio mentre la rosa guardava di sottecchi il ragazzo.

Quando si accorse che stava pulendo con un po’ troppo foga quel povero tavolino e che quest’ultimo si stava crepando, si avvicinò, fermandogli una mano. Sasuke, riportato alla realtà con quel gesto, osservò prima la mano della ragazza che gli stringeva saldamente il polso poi portò il suo sguardo carico di odio verso il suo viso, dove si scontrò con l’espressione contrariata dell’Haruno.

< Non vedi che continuando così rischi di rompere il tavolino e farti male!? > domandò alzando il tono. L’Uchiha, con un gesto brusco, liberò la mano, allontanandosi di un passo da lei e dal tavolino. Sakura gemette, quel gesto le aveva causato dolore al polso fasciato, già precedentemente indebolito da quello stupido di Sho. Nel sentire quel mugugnio Sasuke la guardò da sotto i capelli che gli ricoprivano gli occhi, notando che si teneva il polso con una mano; ancora una volta aveva fatto del male a una persona che voleva soltanto aiutarlo.

Strinse i pugni, lasciati cadere lungo il corpo, e, mordendosi il labbro inferiore, dal quale uscì una goccia di sangue scarlatto, venne trasportato in quei ricordi terribili del suo passato. Stava cedendo, nuovamente, a quell’oscurità, sentiva che il suo cuore stava sprofondando sempre di più e gli doleva tantissimo, così tanto che era diventato difficile perfino respirare. Strinse gli occhi, immergendosi nell’oblio dei suoi ricordi dal quale, evidentemente, non era mai uscito del tutto.

Si stava lasciando andare, magari questa volta lo avrebbe ucciso davvero, si ritrovò a pensare, mentre precipitava nel vuoto senza fondo. All’improvviso sentì un leggero calore propagarsi in tutto il suo corpo, poi, all’orizzonte, vide una luce bianca con qualche sfumatura rosa, provò ad avvicinarsi, ma non ci riusciva < Aiutami.. > sussurrò disperato.

< Sasuke.. > un flebile sussurro fuoriuscì dalla luce che cambiò colore, trasformandosi in un meraviglioso verde smeraldo. < Sasuke > lo chiamò ancora dolcemente Sakura, non riuscendo, però, a nascondere una nota di preoccupazione nella voce.



Il gesto brusco di poco prima, le aveva fatto male ma la realtà era che si era rispecchiata in degli occhi pieni di odio e rancore, occhi che bramavano morte, occhi che le avevano messo paura. Paura che lui le potesse fare veramente del male. A quel pensiero i ricordi della sua infanzia riemersero come attratti da una calamita e lei era incapace di ricacciarli tutti indietro, troppo debole, si sentiva schiacciata da tutto quel dolore.

Quando però, notò una piccola goccia rossa schiantarsi sul pavimento ancora sporco, d’istinto portò gli occhi sul volto, coperto dai capelli, del moro e, osservandolo attentamente, notò una piccola scia di sangue che partiva dal labro inferiore e scivolava, lentamente, sul mento. Si avvicinò lentamente, ancora un po’ impaurita e, con un piccolo fazzoletto rosa gli pulì il volto dal sangue scarlatto.

Il suo tocco fu talmente leggero e dolce che il giovane, ancora immerso nella sua oscurità con gli occhi serrati che lo esternavano dal mondo, non se ne accorse. All’improvviso una goccia salata scese lentamente dal suo occhio, scivolando sulla guancia per essere poi raccolta dal pollice della rosa che gli stava dolcemente accarezzando una guancia < Sasuke.. > susurrò talmente piano che nemmeno lei lo sentì.

Non sapeva che cosa le stava succedendo, ma appena aveva visto la lacrima, il suo corpo aveva reagito d’istinto. La paura era scomparsa completamente, lasciando solo il leggero dolore al polso, mentre lei si era avvicinata ancora di più e si era sollevata sulle punte dei piedi per poter essere alla sua altezza.

< Aiutami.. > sussurrò il ragazzo. Sakura sussultò interiormente. Sentire quel tono triste, pieno di dolore e paura, provenire da quel ragazzo le faceva male; più male di quello sguardo d’odio che, aveva intuito, non era rivolto a lei ma a se stesso. Poggiò la fronte sulla sua e, lasciando la mano sana sulla guancia del giovane, lo chiamò in modo che questa vola lui la potesse sentire < Sasuke.. >



L’Uchiha lentamente, quasi come se avesse paura di farlo, aprì gli occhi, abituandosi gradualmente alla luce esterna. Tornò a respirare regolarmente mentre iniziava a mettere a fuoco. Sentiva uno strano calore al petto, vicino al cuore e anche sulla sua guancia e sulla fronte. Quando aprì completamente gli occhi si rispecchiò in un verde puro e luminoso più del sole in estate.

La ragazza, rimasta vicino a lui con la mano sinistra, nella quale stringeva ancora il fazzoletto, appoggiata sul suo petto per sorreggersi sulle punte, la destra sulla guancia e la fronte attaccata alla sua, quando riuscì a rispecchiarsi nelle sue pozze nere sorrise dolcemente, contenta di non vedere più odio né rabbia ma soltanto dolore che, un secondo dopo, sparì tornando lo sguardo freddo di sempre.

La rosa si staccò immediatamente, allontanandosi di qualche passo, abbassando la testa, cercando di nascondere il volto rosso per l’imbarazzo e portandosi, istintivamente il polso al petto, raggiunto subito dalla mano destra che lo sorresse. Sasuke guardò la ragazza allontanarsi da lui, come se fosse un mostro, sorrise amaramente, tornando a pulire in silenzio.

< Scusa.. > disse flebilmente, riferendosi al polso. Sakura lo guardò, mentre sentì nuovamente quel dolore al cuore stringerlo come se lo volesse triturare. Non poteva lasciare le cose in quel modo. Lui aveva bisogno di aiuto e lei gliel’avrebbe offerto. Si sentiva in debito con lui, per quello che aveva fatto quella mattina ma non era solo quello; c’era una parte di lei, che mai era venuta fuori, che le diceva di aiutarlo, che la implorava di avvicinarsi a lui.

Era quella parte che l’aveva spinta ad agire come aveva fatto prima e che aveva scacciato la paura. Eppure in quella parte di lei, Sakura sentiva che c’era qualcosa di diverso, come se non fosse realmente sua: forse, in realtà, era la parte di Sasuke che, attraverso il suo sguardo doloroso, era entrata in lei e, adesso, le chiedeva di aiutarlo.


Si avvicinò al tavolo che il ragazzo stava pulendo e si sedette sulla sedia, invitandolo a fare lo stesso. Sasuke si sistemò, mantenendo sempre lo sguardo basso, aveva paura di incontrare di nuovo quello sguardo, di vedere, nuovamente, la paura negli occhi di chi gli era vicino, come quella volta. Al ricordo una fitta si espanse dal cuore in tutto il corpo, facendogli serrare i pugni appoggiati sul tavolino.

Sakura appoggiò le sue mani sulle sue, chiuse, carezzandogliele dolcemente. < Sasuke – iniziò, guardandogli la nuca, con il tono di voce più calmo e sicuro possibile – Io so che questi non sono affari miei, ma se vuoi io sono qui. Se hai bisogno di un consiglio o anche solo di parlare, io sono qui. > Si fermò nel preciso istante in cui il moro alzò, velocemente, la testa, fissandola con i suoi occhi che in quel momento trasparivano tristezza, dolore e una tacita richiesta di aiuto.

La rosa non aggiunse altro, incapace di parlare dato il nodo che le si era formato alla gola rispecchiandosi in quegli occhi disperati. Continuò a sorridergli e a carezzargli le mani che, lentamente, si stavano rilassando sotto il suo tocco.


Piano piano il dolore sembrò scemare, lenito dalle dolci e leggere carezze dell’Haruno e quel tocco caldo, dolce e leggero ebbe il potere di tranquillizzare il moro che, una volta resosi conto di ciò che era successo e, dopo che il suo orgoglio aveva ripreso il posto predominante nel suo cervello, cercò di ricomporsi, almeno all’apparenza; perché dentro di lui si sentiva distrutto, consumato da tutto quel dolore e da quell’odio, eppure riusciva a percepire una luce, tenue, chiara, che, in qualche modo a lui sconosciuto, gli permetteva un po’ di sollievo.

Dopo diversi minuti in cui si era concentrato su se stesso per cercare di reprimere le sue emozioni aveva guardato la ragazza di fronte a lui che, invece, continuava a guardare le loro mani unite, le sue sopra quelle di lui che le accarezzavano. Sasuke non distoglieva lo sguardo dalla sua chioma rosa, come incantato da quei fili lisci e dal colore così innaturale e, in quel momento, così bello e rilassante. La scrutò a fondo, soffermandosi sui lineamenti della fronte per poi passare a quelli del naso e della bocca. Le sembrava così perfetta.


Sakura continuava ad accarezzare le sue mani che, finalmente, avevano smesso di tremare. Non sapeva come poterlo aiutare, cosa potava dirgli e fargli per farlo stare meglio. Pensava che, per il momento andasse bene il silenzio e, anche se le era risultato difficile rimanere zitta, ci aveva provato. Poi, dopo svariati minuti, si era sentita il suo sguardo addosso, si sentiva scrutata da quegl’occhi così profondi, così scuri, così tristi e impauriti, immersi dal dolore. Alzò il volto, incatenando il suo sguardo con quello di lui.

Non sapeva che cosa dire, che cosa pensare, quello sguardo, non più tanto freddo, era così bello, così pieno. Arrossì d’istinto, quando, per evitare il contatto con i suoi occhi scuri aveva spostato lo sguardo sulle labbra perfette del moro, immaginando come sarebbe stato il contatto con esse. Al pensiero non potè evitare di arrossire notando che quelle labbra, prima chiuse in una linea sottile, adesso erano leggermente piegate in quello che sembrava un sorriso. Rialzò gli occhi, puntandoli nuovamente in quelli di lui, cercando un modo per aiutarlo.

Non sapeva perché si prodigasse così tanto per uno che aveva conosciuto da poco e che non era nemmeno il massimo della simpatia. Forse si sentiva semplicemente in debito per il polso ma, interiormente, sapeva che non era solo quello il motivo. Una parte di lei, quella rinchiusa sotto le macerie del suo cuore, sapeva che voleva aiutarlo perché aveva capito che quel ragazzo era solo, che aveva bisogno di aiuto, che aveva bisogno di lei, proprio di lei che non era mai stata utile  a nessuno in tutta la sua vita.


Sasuke, vedendo nei grandi occhi smeraldini il desiderio sincero di aiutarlo, senza pretendere niente in cambio, senza voler essere di troppo, decise che, forse, poteva anche lasciarsi un po’ andare. Non riusciva a capirne il motivo, non si spiegava perché si fidasse così tanto di quella ragazza che, all’inizio, non aveva fatto altro che offenderlo. Eppure lui aveva letto nei suoi occhi una grande sofferenza che, sapeva, non si limitava all’incidente che le aveva raccontato.

Prese un bel respiro e, a fatica, ruppe il contatto fra le loro mani, facendo sussultare la rosa. Quest’ultima, abbassando lo sguardo si ritirò immediatamente, pensando di aver sbagliato qualcosa, di essere stata troppo invadente ma lui, allungò una mano, appoggiandola delicatamente sulla sua guancia leggermente rossa per quel contatto così piacevole quanto inaspettato. Alzò gli occhi, incatenandoli a quelli del moro, proprio quello che voleva l’Uchiha. Rimasero a fissarsi per qualche istante che sembrò non terminare mai.

Sasuke si era perso in quella vastità verde che aveva iniziato ad apprezzare e ad ammirare mentre lei, un po’ in soggezione per quella mano che rimaneva appoggiata alla sua guancia, non riusciva a distogliere lo sguardo, incatenata dalla bellezza di quel nero così puro, così vivo che non faceva paura, non metteva i brividi, ma le permetteva di perdersi in un mondo nuovo e pieno di luce nera, scura ma così luminosa che, al confronto, il bianco era un colore insignificante.

Sasuke aprì titubante la bocca, intenzionato a parlarle, ma da questa non uscì alcun suono se non un leggero tremorio del labbro inferiore. Cacciò il magone che gli si era formato allo stomaco. Era mai possibile che provare ad esternare le sue emozioni fosse così difficile?


L’Haruno, vedendo la sua difficoltà, sussurrò, per non spezzare l’atmosfera che si era creata < Se non vuoi io.. > < Io voglio – la interruppe lui con un tono deciso e fermo, continuando a guardarla negli occhi e tenendo la mano immobile sulla sua guancia ormai scarlatta. Prese un bel respiro e decise di raccontare le cose per gradi – Ti ricordi la ragazza di ieri, quella dai capelli rossi con cui parlavo?

- Sakura fu sorpresa da quelle parole prima di tutto perché non comprendeva il legame fra quell’”oca” e il suo problema e poi perché questo voleva dire che, quando lei era andata a cercarlo e l’aveva visto con quella ragazza e se ne era tornata in cucina da sola, lui l’aveva vista. Annuì, ancora confusa – Lei si chiama Karin. E’ stata la mia prima amica, l’unica che avevo da piccolo. Non ero molto bravo a relazionarmi con gli altri, al contrario di mio fratello che aveva un sacco di amici

– spiegò con un sorrisetto che, Sakura lo sapeva, manteneva per orgoglio – Lei era la mia unica amica e, visto che per me era un gran risultato, mio fratello cercò in tutti i modi di andarci d’accordo e cercare di essere anche lui suo amico. Però Karin non aveva nessuna intenzione di “ dividermi “ con nessuno e non tollerava Naruto –

Adesso sul suo volto era comparsa un espressione di puro disgusto nel pensare alla rossa e questo, stranamente, rese felice la ragazza – Io non me ne accorgevo ma, ogni volta che poteva, Karin prendeva in giro Naruto e, certe volte, lo minacciava. – sospirò, abbassando per una frazione di secondo lo sguardo, facendo intuire a Sakura che quello che e stava per dire era molto importante così tanto che era difficile spiegarlo a parole – Io e Naruto siamo stati abbandonati da piccoli dai nostri genitori che ci hanno affidato a nostro fratello maggiore, così siamo cresciuti da soli, senza genitori e figure d’esempio.. >

Sakura sussultò, rendendosi improvvisamente conto delle parole malevole che aveva detto il primo giorno nei loro confronti. < Io.. > provò a dire, ma qualunque cosa non le sembrava opportuna < Non voglio la tua pietà > si difese subito lui, chiudendosi nuovamente in quella corazza dura e fredda che faceva più male a se stesso che agli altri.

La rosa scosse violentemente la testa < Non intendevo quello, mi dispiace di essermi comportata così, l’altra volta. Ho parlato a vanvera non soppesando quelle parole che, invece, avevano il loro peso > spiegò guardandolo. Sasuke rimase sorpreso. In pochi sapevano del loro passato e, quando Naruto lo raccontava, non erano mai mancati gli sguardi pieni di compassione, di tristezza o di pietà che rendevano il biondo sempre più triste e lui sempre più arrabbiato.

Odiava quello sguardo perché non era di certo colpa loro se li avevano abbandonati, non erano certo loro che l’avevano deciso e voluto. Eppure quella era la prima volta che una persona che sapeva del suo passato non lo guardava così, non gli mostrava compassione ma, diversamente, nello sguardo di Sakura, Sasuke potè leggere solamente una grande voglia di aiutarlo, di sapere di più non per curiosità, ma per alleviargli quel dolore, per aiutarlo a sorreggerlo.

Sorrise impercettibilmente, tornando a raccontare – Una volta, quando io ero malato, Naruto uscì a giocare con Karin e delle sue amiche. La sera, però, non era tornato e, preoccupato, mio fratello maggiore lo era andato a cercare e lo aveva trovato al parco, svenuto. All’ospedale ci dissero che doveva aver battuto forte la testa e che solo per miracolo non aveva portato gravi danni celebrali o, peggio..

– Inghiottì saliva al solo pensare a quell’opportunità che, fortunatamente, non si era presentata. Sakura sorrise, immaginava che i due, nonostante lo dessero poco a vedere, in realtà si volevano un gran bene. – Lui raccontò di essere caduto da solo dallo scivolo ma io non gli credevo. Lui è sempre stato bravo a mentire, a nascondere quello che prova, nonostante possa sembrare il ragazzo più sincero del mondo. Eppure io sentivo che c’era qualcosa che non andava e così lo costrinsi a rivelarmi la verità

– spiegò, ricostruendo quel sorrisetto. Sakura continuava ad ascoltarlo, attenta, cercando di non pensare alla sua mano ancora a contatto con la sua guancia ma provando ad immaginarsi le cose che lui le stava raccontando. Proprio non se lo immaginava, quel Naruto, a mentire. Aveva notato subito il suo sorriso sincero e allegro, molto contagioso e, fra i due, pensava che fosse lui il bugiardo della situazione ma, infondo, entrambi cercavano di nascondere il dolore e, ognuno lo faceva a modo suo, lei ne era un esempio.

– Lui mi urlò che era stata Karin a spingerlo ed era scappata, lasciandolo solo, dopo che lui era svenuto a terra. Io gli chiesi il motivo per cui lui non lo avesse detto a nostro fratello e lui mi rispose che non l’aveva fatto perché lei era la mia unica amica e, se lui l’avesse saputo, io non avrei più avuto amici.. > Si era bloccato, non sapendo come andare avanti. La faccenda “ Karin “ era ormai una brutta esperienza che era rimasta indelebile nella sua mente, ma era riuscito a chiuderla definitivamente proprio il giorno prima o, almeno così credeva, non pensava che, ancora, ricordarla fosse così doloroso. 

< Per questo l’altra volta ci parlavi? Volevi mettere ben in chiaro le cose? > domandò Sakura, avendo percepito la sua difficoltà nel proseguire. Sasuke aveva annuito ma era rimasto ancora in silenzio, cercando di trovare le parole più adatte per continuare. La rosa aveva capito che c’era dell’altro, che le cose non erano finite e rimase in silenzio, attendendo di udire la sua voce. < Alla fine io mi allontanai da Karin, facendo in modo che lei non mi desse più noia né a me né a Naruto e riuscì anche a farmi due nuovi amici che andavano d’accordo perfino con lui. Tutto sembrava andare per il verso giusto, o quasi, fino almeno alle medie..

– prese un bel respiro per continuare subito, si era lanciato e aveva paura che, se si fosse fermato, non avrebbe più trovato la forza per continuare e, aveva compreso che, parlare con qualcuno, aprirsi con lei, gli stava facendo davvero bene – Nel rendimento scolastico io e Naruto siamo completamente diversi e lo siamo sempre stati. Io eccello sempre in tutte le materie mentre lui è già tanto che passa alla fine degli anni scolastici.. > < Sei modesto.. > Sakura non potè evitare di commentare, sarcastica.

Lui si interruppe, guardandola serio. Lei si maledisse: lui le stava raccontando una cosa importante, seria e dolorosa e lei ci trovava da scherzare. Stava per chiedergli scusa quando lui iniziò a ridere, spiazzandola completamente. Rideva veramente di gusto e la sua risata era così bella, così pura che trascinò anche la ragazza < Bhe, possiamo dire che io e lui siamo in tutto e per tutto gli opposti ma entrambi siamo carenti di modestia

– aveva risposto lui, sempre ridendo. Sakura aveva annuito e, vedendo che stava tornando serio e concentrato, riassunse anche lei un’espressione contenuta, pronta ad ascoltare il resto – A fisica avevamo un professore veramente bravo, si chiamava Orochimaru. Adoravo come spiegava e mi impegnavo particolarmente nella sua materia mentre a Naruto quell’uomo non è mai piaciuto ed era quella in cui andava peggio.

Mi potevo definire il pupillo del professore e questo mi rendeva abbastanza orgoglioso perché stimavo molto quell’uomo però avevo un compagno, si chiamava Kabuto Yakushi, che, invece, non sopportava il mio comportamento e faceva di tutto per attirare le attenzioni del professore anche se inutilmente. Posso benissimo dire che lui mi odiava e io, all’inizio ero indifferente, non mi importava un gran che, fino a quella volta..
 


Inizio Flash Back
 


< Hey Uchiha! Aspetta! >

Era ormai il tramonto, anche quella fredda giornata di gennaio si era conclusa e i due Uchiha stavano rincasando da scuola. Si girarono osservando un ragazzo albino che gli correva dietro. < Che vuoi Yakushi? > domandò freddo e tagliente Sasuke. Il ragazzo li raggiunse e, dopo aver ripreso fiato, si rivolse all’Uchiha maggiore, ignorando completamente il minore come sempre. < So che al professor Orochimaru servono delle erbe per il prossimo esperimento e so dove si possono trovare, vieni con me? >

Quella proposta sembrava tanto di inganno ma, pensare di poter essere utile al suo professore preferito, era una proposta veramente allettante alla quale difficilmente Sasuke avrebbe detto di no. < No, non ci interessa. Andiamo a casa Sasuke! > aveva esclamato freddo e lapidario, cosa insolita e rara, Naruto, prendendo per un braccio il moro e trascinandolo verso casa.

Lui proprio non sopportava quel ragazzino con gli occhiali che, ogni volta cercava di far cadere dal piedistallo suo fratello anche se inutilmente dato che Sasuke era perfetto ma, nel sentire quel tono malizioso e quella proposta troppo allettante, troppo buona, aveva subito pensato che poteva essere una trappola ed era meglio finirla subito. Se quel maledetto Kabuto non avesse aggiunto quella frase: < Peccato Uchiha, non pensavo che ti saresti tirato indietro così. Non immaginavo che fossi talmente codardo da nasconderti dietro le spalle del tuo fratellino >

Nel sentire quelle parole Sasuke strattonò il braccio, facendo lasciare a Naruto la presa. < Io vado con lui > aveva asserito subito, voltandosi in direzione dell’albino che sorrideva sotto i baffi. Naruto sbuffò, guardando con astio l’occhialuto e prendendo per un braccio il fratello < No, tu non ci vai. Torniamo a casa. Adesso > aveva detto, deciso a fare così.

Ma il maggiore aveva, nuovamente, fatto di testa sua e continuava, convinto a voler seguire il ragazzo. Naruto provò a trattenerlo, utilizzando maggiore forza nella presa ma, all’improvviso, Sasuke si girò di scatto, spingendolo malamente e con forza, facendolo cadere all’indietro e facendogli battere la testa sul freddo marciapiede.

Il tempo si era improvvisamente fermato, Kabuto non c’era più. Erano solo loro due: Sasuke in piedi, girato a mezzo busto e Naruto sdraiato sul marciapiede, con una mano dietro alla testa dolorante. Si guardavano con astio, con rabbia. Naruto era deluso dal comportamento del fratello e si sentiva ferito per quel gesto così aggressivo.

Sasuke era preoccupato, non si era minimamente reso conto di aver messo tutta quella forza nella spinta e aveva paura che il biondino si potesse essere fatto veramente male. Però aveva sempre un orgoglio e lì c’era Kabuto, doveva sembrare deciso e indifferente.
Il biondino si era alzato, continuando a guardarlo male e, dopo aver rivolto lo stesso sguardo, se non più feroce, all’albino si diresse, da solo, verso casa. Sasuke rimase immobile, indeciso su chi seguire ma quando Kabuto lo esortò a seguirlo non potè fare a meno di seguirlo, voltando le spalle a suo fratello.

Kabuto lo condusse fino al fiume appena fuori città e gli indicò la sporgenza dove cresceva l’erba. Questa era fiorita a due metri sotto di loro, quasi a contatto con l’acqua che, in quel periodo dell’anno, era alta, fredda e molto agitata. Sasuke si sporse meglio per guardare e per cercare un modo per arrivare a prenderla ma, appena si avvicinò ai margini del fiume Kabuto, dietro di lui, lo spinse, facendolo precipitare.

Non sapeva dire che cosa successe perché, improvvisamente si sentì mancare al terra sotto i piedi, sentì il cuore arrivargli fino in gola e strozzargli un urlo che premeva di uscire. Poi sentì un dolore forte al braccio che veniva strattonato verso l’alto e, dopo, si sentì oscillare. Non si era nemmeno reso conto di aver chiuso gli occhi e, quando gli riaprì, vide sotto di sé, a pochi centimetri dai suoi piedi, l’acqua minacciosa che scorreva velocemente e tramortiva tutto quello che incontrava.

Azò lo sguardo, sgranando gli occhi per la sorpresa < N-Naruto > sussurrò.

Suo fratello si reggeva con una mano al bordo roccioso del margine e con l’alta mano teneva saldamente ancorata la sua. Il biondino, sentendosi chiamare, lo guardò con rabbia < Adesso ti tiro fuori di qui e poi ti prendo a calci fino a casa! > aveva esclamato arrabbiato, molto arrabbiato ma anche spaventato per la posizione precaria in cui erano. Sasuke non ebbe tempo di dire niente che un rumore sinistro li riscosse. Entrambi notarono che la roccia a cui era appigliato Naruto si stava sgretolando: questione di tempo e sarebbero precipitati nelle acque scure del fiume.

Davanti a loro si ergeva fiero Kabuto che li guardava con sufficienza dall’alto al basso, con un sorrisetto divertito. < Ti prego, aiutaci.. > aveva mormorato Naruto a denti stretti mentre iniziava a sentire il dolore alle braccia e la testa iniziava a girargli vertiginosamente, proprio adesso si dovevano verificare le conseguenze di quella caduta?!

L’albino ghignò e se ne andò, lasciandoli soli. La terra sotto il palmo di Naruto stava iniziando a franare per il troppo peso e fra poco sarebbe ceduta del tutto < Naruto, lasciami andare. In due siamo troppo pesanti > < Sta zitto! – aveva urlato Naruto, non guardandolo ma mettendoci così tanta rabbia da avere veramente il potere di zittirlo – Questo è tutta colpa tua. Perché non mi vuoi mai dare retta?! Ti da così fastidio essere tu a seguirmi, per una volta?! E pensare che io sono tanto orgoglioso del mio fratello perfetto e guarda in che situazione ti sei cacciato. >

Sasuke stava per replicare, anche se lui stesso non sapeva bene cosa dire, ma una goccia, seguita da un’altra e un’altra ancora lo fecero tacere. Naruto stava piangendo; se non fosse arrivato in quel momento, se avesse ritardato anche solo di un secondo Sasuke sarebbe morto e ora, quello stupido, gli chiedeva perfino di lasciarlo cadere.

Strinse più forte la terra sotto la sua mano, mentre i piccoli detriti gli si conficcavano nella carne facendogli sanguinare il palmo. < Naruto.. > sussurrò Sasuke ma non potè aggiungere altro che la zolla di terra da cui dipendeva la loro vita franò, facendoli scivolare nel nulla. Sasuke chiuse gli occhi, pronto all’impatto con l’acqua ma si sentì nuovamente tirare e poi, sentì di nuovo la terra sotto i piedi e l’erba fresca e già umidiccia solleticargli le mani.

Aprì gli occhi, vedendo Itachi con in grembo suo fratello e dietro di lui Jugo e Suigetsu. Non capiva che cosa stava succedendo ma tutte le domande gli si mozzarono in gola quando notò che Naruto era inerme fra e braccia di Itachi. < Naruto! > esclamò, avvicinandosi. < Sta bene – disse il maggiore degli Uchiha guardando il biondino con apprensione, costatando che era svenuto per la paura.

Poi indurì lo sguardo e lo posò su Sasuke – Ti rendi conto di quello che stava per succedere? Se non fossi arrivato in tempo tu e Naruto sareste sul fondo del fiume! - disse duro e rigido. Non voleva veramente sgridare Sasuke ma la paura che aveva provato era stata tale che adesso gli era rimasta soltanto rabbia in corpo e doveva sfogarla su qualcuno.

Lo guardò ancora minacciosamente, furioso come non lo era mai stato e, vedendo che suo fratello aveva abbassato lo sguardo veramente pentito e soprattutto conscio di quello che sarebbe potuto succedere, si rabbonì – Dai, adesso andiamo a casa > disse, dandogli un leggero colpetto sulla fronte con due dita, prendendo poi in spalla il biondino e dirigendosi verso casa seguito da Suigetsu, Jugo e, infine, lui.

Solo più tardi aveva appreso che suo fratello, ritornando a casa, aveva incrociato i due amici e, torturato da un presentimento, gli aveva chiesto di andare a chiamare Itachi e di raggiungerli nella direzione che aveva visto prendere ai due così, senza pensarci troppo, con ancora la testa che gli doleva, si era messo a correre arrivando fino al fiume e soccorrendolo in tempo.
 


Fine Flash Back
 


.. Non ho mai parlato di quella volta con Naruto. Lui non vi ha mai fatto accenno e io ho preferito sempre sorvolare sulla questione. Ma rimane il fatto che, per colpa mia, lui stava per morire. Sarebbe potuto precipitare insieme a me. L’avrei ucciso con le mie mani. E’ colpa mia.. - sussurrò alla fine, più a se stesso che alla ragazza, mentre nuovamente le sensazioni di prima lo assalivano, torturandolo e il dolore si faceva nuovamente spazio nei suoi occhi.

Sakura appoggiò a sua mano su quella ancora ancorata alla sua guancia e ci si appoggiò, chiudendo gli occhi, godendosi quel contatto e sperando di passargli un po’ di calma. Adesso comprendeva che cosa l’aveva spaventata tanto di quello sguardo: lui, come lei, pensava di non valere niente e di dover vivere chiuso in se stesso.

Pensava di non meritare niente se non la morte e quella verità, che faceva male, l’aveva spaventata perché, fino ad adesso lei era vissuta nella menzogna creata dal suo inconscio. – Sakura.. Grazie.. > sussurrò lui, una volta che si era calmato. Anche solo parlare con lei gli era stato di grande aiuto e, nonostante non fosse riuscito a proseguire, non avesse descritto precisamente come si sentiva, sapeva che lei aveva capito e lo aveva compreso.

Era realmente grato alla rosa che, solo pochi minuti prima lo aveva fatto ridere, cosa rara, rarissima per lui. Eppure, quella, era una vera risata, che gli veniva dal cuore. Lei era stata così spontanea e vera, ma allo stesso tempo impacciata e preoccupata per lui. Aveva messo lui al primo posto per quel tempo e lui si era sentito diverso, si era sentito che, per qualcuno, valeva davvero.

Lei gli sorrise, felice che gli fosse stata d’aiuto ma poi si avvicinò, appoggiandogli una mano sulla guancia e strofinarla su di essa < Forse non sono la persona adatta per dirti questo, ma credo che tu dovresti parlare di queste cose con Naruto. Io sono convinta che anche lui soffra per quello che vi è accaduto e sono sicura che ti vuole più bene di quello che immagini. Io penso che i fratelli siano, prima di tutto degli amici con i quali si possono dividere sì le belle esperienze, le risate e le cose felici ma bisogna dividersi anche il peso del dolore, della tristezza e dell’odio. >


Sasuke ascoltò ogni singola parola, scolpendola nella sua mente, mentre quella voce così dolce, così delicata lo cullava e gli risanava l’anima. Sorrise sinceramente, sapendo che le parole, in quel momento, sarebbero state superflue. Si alzò da dov’era seduto e si avvicinò al suo volto, posando le sue labbra fredde sulla sua fronte scottante.

L’Haruno arrossì, incapace di muovere un muscolo o di dire qualunque cosa. Purtroppo quel contatto fu breve, ma intenso, e quando Sasuke si staccò, notò il volto rosso come un peperone della ragazza: sembrava proprio una fragola. Sorrise al pensiero mentre si gustava il suo sapore rimastogli incollato alle labbra poi si girò a guardare il locale < Sarà meglio darsi una mossa.. > disse mentre riprendeva a pulire.

Sakura si riscosse e cercò di darsi un contegno. Annuì, iniziando a lavorare con lui in silenzio ma, quello, non era un silenzio di parole non dette, un silenzio di tensioni o di attimi persi. Quello era un silenzio bellissimo, calmo, sereno. Un silenzio di cui entrambi avevano bisogno. Un silenzio nel quale entrambi stavano bene e, in quel silenzio, le parole sarebbero solo state superflue, inutili: lo avrebbero rovinato come il bianco avrebbe rovinato quegli occhi.

Continuarono a pulire, tirando a lucido il bar, ognuno immerso nel suo silenzio che si fondeva con quello del’altro ma, entrambi, con un sorriso. Sasuke piccolo e appena accennato ma ugualmente bellissimo e puro, Sakura con uno solare, pieno, vero.






Spazio Autrice:

Salve!!!
Avrei tanto voluto aggiornare ieri, ma non ho trovato nemmeno un secondo per accendere il computer.
Allora, che dire, questo è uno dei capitoli che, fino ad ora, mi piace di più, insieme a quello dopo. Non sono una grandissima fan SasuSaku, preferisco NaruHina, comunque in questo capitolo mi sono impegnata veramente per cercare di descrivere nel modo migliore possiblile le emozioni di entrambi, immergendomi completamente perima nell'uno e poi nell'altra. Il capitolo si intitola: Al di là dell'odio.

Ho qualche precisazione da fare a proposito: Orochimaru qui ha una parte neutra, ma vi do un indizio: per me lui è un grande personaggio e mi piace molto; un pò meo Kabuto al quale gli ho dedicato una parte un pò da " cattivo ". Non vorrei che i personaggi vi sembrassero OOC; come già dissi tempo fa, questi personaggi hanno alle spalle una storia, un'infanzia diversa da quella dell'anime, per cui credo si normale che, adesso, cresciuti, agiscano, pensino e provino in modo diverso rispetto al manga.

In definitiva credo che questa sia la settimana del " facciamo parlare Sasuke " ( mi riferisco all'episodio che è uscito ieri, il più bello, secondo me, di tutto Naruto ).
Mi sono dilungata anche troppo. 



Alla prossima.                                                                                             144kagome_alice144

 

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Capitolo 15
*** ATTAKAI SEN ***


             

                                              Attakai sen



 
Naruto aveva seguito la corvina nel retro del locale in religioso silenzio, mantenendo la testa bassa e la mano destra sul punto in cui aveva battuto. Nuovamente si era cacciato nei guai e, nuovamente, suo fratello si era preoccupato e, quindi, arrabbiato con lui. Non era cambiato nulla. Lui era sempre quello più debole, quello più inferiore.

Era la pecora nera della famiglia: lo era sempre stato, lo era tutt’ora e lo sarebbe stato in futuro e, per quanto si impegnasse a cambiare, a cercare di imitare i suoi due fratelli perfetti, le cose non mutavano. Sospirò stanco, sedendosi sulla sedia di legno, poggiando la testa sul piccolo tavolino al centro della stanza priva di finestre se non per la porta in legno che dava sul retro del locale ma che, solitamente, era chiusa a chiave.

Hinata andò nella stanzetta  accanto che fungeva da ripostiglio e tornò dal biondino con una cassetta del pronto soccorso. < Posso dare un’occhiata? > domandò flebilmente, temendo che il ragazzo, data la posizione, si fosse addormentato. Quest’ultimo, invece, alzò la testa e la guardò annuendo e cercando di sorriderle nonostante quell’aria triste non volesse abbandonare la sua espressione e quel velo di dolore rimanesse costantemente attaccato ai suoi occhi lucidi.

La ragazza si sistemò a sedere sulla sedia vicino e, con grazia e delicatezza, cercò il punto in cui aveva battuto < Ahi! > < S-Scusa! > Hinata ritrasse subito le mani, preoccupata di avergli fatto troppo male. Il biondo la guardò dolorante ma, vedendo il suo volto realmente preoccupato e spaventato le sorrise sinceramente. La corvina si sciolse al calore emanato da quel sorriso così bello, così contagioso, così luminoso ma che nascondeva un’infinita tristezza e paura.

Timidamente ricambiò il sorriso, incurvando di poco le labbra e, cercando di evitare il suo sguardo, frugò nella cassettina bianca e rossa un disinfettante spray e delle bende. Si avvicinò, nuovamente al volto del ragazzo e, dopo aver spruzzato il disinfettante su quello che il giorno dopo sarebbe diventato un bellissimo bernoccolo, iniziò a fasciargli la testa.

Non era mai stata così vicina ad un ragazzo prima di allora, nemmeno a suo cugino e questo la rendeva un po’ nervosa, specialmente se il ragazzo in questione avesse quel bellissimo paio di occhi azzurri che non la smettevano un secondo di fissarla. Cercò di nascondere il rossore che le aveva imporporato le guancie sotto la lunga frangia mentre, con la scusa della fasciatura, cercava di evitare il suo sguardo.

Naruto continuava ad osservare ogni sua singola mossa, lasciandosi cullare da quel tocco così delicato e gentile da sembrargli quasi materno. Lui non sapeva che cosa voleva dire il tocco di una mamma, ma immaginava che dovesse essere così dolce e gentile, così calmo, così lenitivo non solo per le ferite fisiche ma anche per quelle dell’anima.


Quando la Hyuga finì sospirò internamente, sciogliendo il contatto tra e sue lunghe e bianche dita e i fili d’oro del ragazzo. Rimise l’occorrente nella cassetta e, senza guardarlo, disse < Non è niente di grave. Domani mattina avrei solo un piccolo bernoccolo che ti passerà nel giro di qualche giorno. L’importante però è tenere la zona pulita.. >

< Heheh Ho la testa dura, io! - aveva scherzato lui portandosi una mano dietro la chioma bionda. La ragazza sorrise alla sua battuta, continuando a fissare la cassettina aperta sul tavolo, cercando, nel frattempo, di calmare i battiti del suo cuore che sembrava come impazzito < Grazie Hinata > sussurrò poi il ragazzo, con un tono incredibilmente serio che fece voltare la corvina che si perse nell’azzurro infinito di quegl’occhi profondi.

Lui era rimasto in silenzio, perso nei suoi grandi occhi perla mentre lei cercava ogni minima sfumatura di quell’azzurro così intenso e luminoso almeno all’apparenza, potè constatare poi perché, se lo si guardava in profondità, ben nascosto, si notava un alone di tristezza e dolore così forte da far male perfino a lei. Eppure, Hinata, aveva già visto quello sguardo, aveva già provato quel dolore ma, in quel momento, non si ricordava dove poteva aver provato delle emozioni così.

Fu lui a deviare per primo lo sguardo. Si era sentito troppo esposto, troppo vulnerabile e, in quell’istante, non riusciva a nascondere completamente il suo dolore che si portava dietro da.. troppo.

< Sono proprio una frana.. > aveva sospirato, accasciandosi nuovamente sul tavolino, con un sorriso ironico sul volto, nascondendo la testa fra le braccia. La Hyuga sussultò nel sentire quelle parole così rassegnate, così cariche di rimpianto e dolore, così simili alle sue e, come in un film, si rivide lei, tre anni prima, davanti a quel maledetto specchio con il suo stesso dolore negli occhi gonfi dal pianto, con quelle guancie troppo pallide rigate dalle troppe lacrime versate e le parole che lei stessa aveva rivolto alla ragazza che vedeva nello specchio

< Lui ha ragione.. Sono una nullità.. > Lo stesso tono, lo stesso sorriso rassegnato, lo stesso dolore, si era arresa esattamente come lui; però lei non voleva che anche lui cedesse, non voleva che lui si arrendesse così. Le aveva dato, in un modo che ancora lei non riusciva a capire, la forza per affrontare il suo incubo peggiore, suo padre, le aveva fatto credere che lui non era il tipo che cedeva facilmente ma che, anche quando le cose sembravano capitolare, lui riusciva a rialzarsi e a combattere continuando a sorridere.

Le venne in mente il suo sorriso, quello sincero, quello speciale, quello vero, quello che le aveva dato tanta forza. Lei lo voleva ancora vedere sorridere, lo voleva vedere felice. Voleva che gli dimostrasse che, se lo si voleva con tutte le proprie forze, si potevano sconfiggere le proprie paure, i propri fantasmi, il proprio dolore. Una lacrima amara carica di delusione e tristezza le solcò una guancia, frantumandosi sul legno del tavolino.

Alzò una mano che si andò a schiantare con un tonfo sordo esattamente sopra il punto in cui era caduta la goccia salata mentre, con tutto il fiato che aveva nei polmoni gridò < No!

-Naruto, sentendo il rumore forte di qualcosa che sbatteva contro il tavolo accompagnato da quella parola carica di rabbia, alzò la testa, puntando i suoi occhi confusi in quelli decisi, arrabbiati, delusi, tristi e doloranti di lei.

Hinata si avvicinò al ragazzo, prendendogli il volto con le mani e incollando la sua fronte con quella di lui. Le lacrime erano riuscita a sfuggire al suo controllo continuavano a scivolargli lungo la guancia, seguendo i contorni del suo volto per poi cadere, miseramente, a terra. Rimase per un istante a guardarlo negli occhi, cercando di trasmettergli tutto ciò che voleva dire attraverso i suoi occhi.

Naruto era rimasto immobile, rigido, confuso, mentre si perdeva in quel vortice di emozioni che riempivano gli occhi puri della corvina; mentre il respiro accentuato di quest’ultima si mescolava al suo appena accennato. – Tu non sei una nullità – asserì all’improvviso la ragazza, dicendo a lui quello che, molte volte, aveva provato a dirsi a se stessa –

Non lo devi mai pensare. Sei una persona speciale, chi ti conosce lo sa e anche chi non ti conosce. Basta uno sguardo per rimanere incantati dalla tua specialità. Sei vero, sincero, altruista, generoso, caldo. Sei come il sole anzi, sei un raggio di sole che è capace di illuminare le tenebre degli altri. Però, come tutte le cose anche il raggio ha le sue ombre ma tu hai la possibilità di schiarirle se vuoi. Tu hai il coraggio di affrontarle, di illuminarle.

– Aveva iniziato a piangere sempre di più e non sapeva nemmeno più che cosa stava dicendo. Era preda al dolore e alla delusione di vedere quel ragazzo piegato ad un sentimento tanto scuro – Però non sei solo, hai tanti amici che ti vogliono bene e io.. – aveva vacillato, incerta ma poi aveva continuato, incapace di fermarsi . Io penso che anche tuo fratello di voglia un gran bene. Sono convinta che tu sei indispensabile per lui e se lui ti sentisse dire queste cose ne soffrirebbe perché lui non vuole vederti soffrire, come non lo voglio io perché tu sei forte e coraggioso e sorridente e caldo e io.. io.. >

Non sapeva che altro dire, le lacrime le appannavano la vista e la testa le girava convulsamente. Si era ingarbugliata, temeva di aver fatto la parte dell’impicciona piagnucolona, temeva di aver completamente tergiversato il problema, aveva paura di essere stata troppo impulsiva, di aver sbagliato e, ancor di più, temeva di aver peggiorato la situazione.

Naruto aveva ascoltato ogni singola parola dapprima sorpreso e confuso poi sempre più felice. Per la prima volta si era sentito importante per qualcuno e, soprattutto capito. Quella era la prima volta che qualcuno piangeva per lui. Un sorriso sincero, caldo, come lo aveva definito lei, gli si aprì sul volto. Lentamente ma con decisione poggiò le sue mani su quelle della corvina che ancora stava piangendo e singhiozzando appoggiata alla sua fronte.

Interruppe il contatto delle sue mani fredde con le sue guancie, allontanandosi di poco, quel tanto che bastava per alzarsi e farla alzare. Lei, con gli occhi chiusi, cercando di calmare i singhiozzi, seguì distrattamente il suo esempio, alzandosi ma si sorprese quando lui l’attirò a sé, abbracciandola. Le cinse le spalle con le braccia, facendogli poggiare la testa sul suo petto.

La strinse forte a sé bisognoso di sentire il suo calore attraverso la stoffa dei vestiti. Il tempo sembrò fermarsi mentre anche Hinata, dapprima sorpresa e confusa, si lasciò andare a quella piacevolissima sensazione, circondando il suo busto con le sue esili braccia e nascondendo il suo volto nel suo petto.
Rimasero così per alcuni minuti, lei cercò di calmarsi, di darsi un contegno fermando i singhiozzi mentre lui le accarezzava dolcemente i lunghi fili lisci e corvini, facendola rilassare.

Quando Hinata si fu ripresa e realizzò che cosa era successo si separò bruscamente da lui, facendo qualche passo indietro, rischiando di inciampare sulla sedia. Mantenne lo sguardo basso mentre con le mani cercava di cancellare quella scia residua di lacrime che gli era rimasta. < S-Scusa.. io.. > cercò goffamente di scusarsi lei ma lui la precedette.

Scosse violentemente la testa, sorridendole felice < Non devi scusarti di nulla Hinata – La sua voce allegra e solare fece alzare il volto alla ragazza che rimase incantata dalla bellezza e dalla radiosità di quel sorriso che, se poteva, era anche più bello di quelli che aveva visto in precedenza – Anzi, sono io che ti devo ringraziare. Mi hai dato una bella strigliata! > disse ridendo allegramente.

La corvina abbassò di poco il capo, imbarazzata per le sue parole poi, però, incapace di trattenersi, scoppio anche lei a ridere trascinata dalle risa contagiose del biondino.

Naruto continuava a ridere, felice, mentre non riusciva a staccare gli occhi dalla bellissima figura della ragazza anche lei intenta a ridere di cuore. Anche con gli occhi arrossati, le guancie ancora bagnate e quel tenue rossore che le imporporava le guancie lei rimaneva sempre bellissima e, quel giorno, l’Uchiha, aveva constatato che lei non era soltanto bella, era proprio una bellissima persona, gentile, altruista, sincera.

Con lei sentiva che poteva essere se stesso, sentiva che non importava mantenere quel muro di finzione che si era costruito, lei lo capiva, lo aveva capito adesso e lo aveva fatto senza bisogno di inutili parole. Continuava a ridere fino a che l’occhio non gli cascò su un libro di scienze mal riposto nella piccola libreria che c’era in quella stanza. La risata gli morì in gola, mentre il ricordo improvviso della sua professoressa di scienze gi ritornava in mente. Deglutì a vuoto, preparandosi mentalmente all’idea della prima insufficienza grave dell’anno.

Hinata, sentendo che lui aveva smesso di ridere e percependo il suo nervosismo lo studiò attentamente e, seguendo il suo sguardo, si soffermò ad osservare il vecchio libro di scienze della signorina Tsunade. All’improvviso si ricordò della punizione che gli aveva imposto la signorina Terumi e, cercando di nascondere un leggero risolino, chiese < Naruto, come sei messo a scienze? >

Lui la guardò spaventato, facendole intendere che non sapeva nulla. Hinata, che aveva cercato di contenersi fino a quel momento, scoppiò a ridere. Naruto sospirò sconfitto < Non riuscirò mai a capire quella dannata materia, nemmeno se studiassi tutta la notte > Hinata smise di ridere, mantenendo però quel lieve sorriso gentile < Forse non serve che tu studi tutta la notte > disse per poi scomparire dietro la porta.

Naruto rimase a fissare fuori dalla stanza, non capendo che cosa avesse in mente la ragazza. Quest’ultima tornò poco dopo con un libro e un quaderno. Lo guardò e gli sorrise < Se vuoi potrei farti un piccolo riassunto della lezione, magari lo capisci meglio se te lo spiego con calma > Al biondo gli si illuminarono gli occhi. < Davvero!? > esclamò. Hinata sorrise al suo entusiasmi, sedendosi nuovamente sulla sedia, annuendogli.

Naruto sorrise, veramente felice mentre si accomodava al suo fianco. < Allora, che cosa non hai capito? > gli domandò lei, aprendo il libro sul programma che stavano svolgendo e mostrandogli gli appunti che aveva preso quel giorno in classe. Lui, sorridendo imbarazzato, si portò una mano dietro al testa < Nulla > rispose. Lei gli sorrise per poi voltarsi verso il libro e indicare una figura poi iniziò a spiegare < Allora Naruto, l’atomo è.. >

Naruto ascoltava attentamente tutto quello che gli diceva la ragazza, appuntandosi su un foglio che gli aveva prestato lei, le informazioni più importanti. A lui scienze era sempre sembrata una materia impossibile ma, se gli veniva spiegata così si accorgeva che non era niente male, anzi, gli piaceva proprio.

Però, forse, non era la materia diventata improvvisamente bella, forse era semplicemente perché, a spiegargliela con pazienza, con parole semplici, con esempi stupidi e con un bellissimo sorriso c’era proprio Hinata.



Spazio Autrice:

Salve!!!
Allora prima di tutto: TANTI AUGURI NARUTO UZUMAKI!!!!!! ( che, fra l'altro, in questa fanfiction, di cognome fa Uchiha.. XD )
Oggi è veramente un giorno speciale, non solo perchè è nato un grande eroe ( mentre, allo stesso tempo sono morti i suoi genitori ) ma anche perchè è il compleanno della mia mangaka preferita: Rumiko Takahashi ( Ranma 1/2, Lamù, Kyoukay no Rinne e, soprattutto, Inuyasha, per chi non la conoscesse ); perciò mi sembrava carino festeggiare con un bel capitolo concentrato su Naruto e, naturalmente, Hinata. Bhe, l'altro era sul SasuSaku, ci voleva un pò di NaruHina..

Il capitolo significa: Caldo raggio ( ho preso spunto dalla sigla italiana! )

Ringrazio ancora tutti quelli che leggono la mia storia con pazienza e con piacere, e anche chi, alla fine, mi lascia una recensione :)





Alla prossima!!                                                                                144kagome_alice144





 

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