Enough for me

di MissJB2501
(/viewuser.php?uid=879566)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beggining ***
Capitolo 2: *** In surgery ***
Capitolo 3: *** Oh my God ***
Capitolo 4: *** Asshole ***
Capitolo 5: *** You're everywhere ***
Capitolo 6: *** Boiling ***
Capitolo 7: *** We need to talk ***
Capitolo 8: *** I do not believe it ***
Capitolo 9: *** Are you ok? ***
Capitolo 10: *** You're funny ***
Capitolo 11: *** Strange ***
Capitolo 12: *** Motherfucker ***
Capitolo 13: *** Stop ***
Capitolo 14: *** Who are you ***
Capitolo 15: *** Jealousy ***
Capitolo 16: *** First date ***
Capitolo 17: *** I want you to understand ***
Capitolo 18: *** Revenge ***
Capitolo 19: *** Decisons ***
Capitolo 20: *** Not able to sleep ***
Capitolo 21: *** Miami ***
Capitolo 22: *** Hangover ***
Capitolo 23: *** Oblivion ***
Capitolo 24: *** Hugs denied ***
Capitolo 25: *** Thanks Mrs. Lebrowski ***
Capitolo 26: *** Wedding? ***
Capitolo 27: *** Hard times ***
Capitolo 28: *** Murderous instincts ***
Capitolo 29: *** Reconciliation ***
Capitolo 30: *** Plans ***
Capitolo 31: *** Nightmares ***
Capitolo 32: *** Important day ***
Capitolo 33: *** Change ***
Capitolo 34: *** Lie ***
Capitolo 35: *** Around illegal ***
Capitolo 36: *** Problems ***
Capitolo 37: *** Paranoia ***
Capitolo 38: *** Discoveries ***
Capitolo 39: *** Bad news ***
Capitolo 40: *** Healing ***
Capitolo 41: *** Bitter biscuits. ***
Capitolo 42: *** Dark's girlfriend ***
Capitolo 43: *** With the enemy ***
Capitolo 44: *** It's my turn ***
Capitolo 45: *** Enough for me. ***
Capitolo 46: *** The End ***
Capitolo 47: *** AVVISO. ***



Capitolo 1
*** The beggining ***


Mi guardavo intorno annoiata da più di tre ore. Mia madre, la grande "dottoressa" di Seattle era impegnata in una delle sue solite visite a qualche bambino rompipalle, e non aveva un solo secondo per parlarmi.

Avevo un grosso favore da chiederle, ma alquanto pareva avrei dovuto aspettare e aspettare ancora per molto , la sala d'aspetto era completamente piena.

Dopo altri dieci minuti, la porta della stanza dove mia madre visitava si spalancò e ne uscì lei tutta sorridente e una bambina con le lacrime e un lecca lecca tra le mani.

L'espressione di mia madre mutò quando finalmente mi vide.

"Liv che cosa ci fai qui?" chiese avvicinandosi. "Ho molto lavoro da fare." continuò facendo uscire dalle sue labbra un grosso sospiro.

"Si mamma lo so ma ho solo bisogno di cento dollari e non ti darò piu fastidio.Promesso." dissi come se quello che avevo chiesto fosse la cosa più normale del mondo , e in effetti per me era cosi.

"Liv stai dando di matto , devo controllare anche te per caso?" mi guardò scioccata "Ti prego va a casa e riposati." mi incitò,  per poi voltarsi e tornare a lavoro.

Non mi restava che tornare a casa con la coda tra le gambe. Lei era una dottoressa, guadagnava cento dollari in dieci minuti, non capivo perchè fosse così  scettica.

Sovrappensiero mi avvicinai alla reception dell'ambulatorio dove vi trovai Gerard che beveva il suo solito caffè col latte.

"Dalla tua espressione posso dedurre che non è andata molto bene." affermò aggiustandosi il colletto della camicia.

Gerard era la persona che più adoravo in quel posto . Non molto alto, in carne e con pochi capelli, ma davvero simpatico. Sembrava l'unico essere umano a capirmi e ad assecondarmi, quindi questo me lo faceva piacere ancora di più.

"No, ma mi servono i soldi per il taxi." dissi sbuffando sonoramente. Lui mi fece un sorriso e mi consegnò i soldi.

Dopo avergli dato un bacio sulla guancia uscii velocemente di lì , l'odore del disinfettante era nauseabondo e fui felice di ritrovarmi all'aria aperta.

Trovare un taxi a Seattle non era difficile , la cosa difficile era evitare di litigare con qualcuno che trovava il tuo stesso taxi.

Giugno era un bel mese , niente scuola ed il tempo era più bello anche se alcune volte poteva cambiare radicalmente.

I miei pensieri furono interrotti quando attraversando il vialetto della mia villa, la signora Lebrowski , la mia vicina, mi chiamò.

"Liv tesoro vieni quì." la sua vocina sottile a volte poteva essere fastidiosa ma nonostante questo era una donna molto gentile ed affabile.

"Mi dica signora." dissi avvicinandomi. Per avere ottant'anni era piena di vita.

"Vorrei chiederti se avresti potuto portare i miei cani a spasso. La ragazza che lo fa regolarmente è malata ed io non posso proprio." mormorò prendendo la mia mano tra le sue.

Non potevo dirle di no, era praticamente impossibile. Le persone anziane mi facevano sempre un grande effetto, oltre che a farmi tenerezza.

Nei loro occhi era possibile leggere tutti gli anni passati.

"Certo signora, con piacere." Mentii facendole un piccolo sorriso forzato.

"Oh , grazie mille figliola , sappi che ti pagherò."

I miei occhi brillarono, era quello che mi serviva per riparare il piccolo incidente che avevo causato.

"Tieni prendi questo , ti servirà" disse consegnandomi un aggeggio che non avevo mai visto in vita mia, per poi tossire.

"Mi scusi, ma non so davvero che cosa sia." la mia espressione era interrogativa , lei però rispose subito notando il mio smarrimento.

"Quello serve a raccogliere le feci dei cani , se apri questa scatolina vedrai delle bustine." disse.

Mi ero cacciata in un brutto guaio, non volevo raccogliere i bisogni dei cani.

"Oh." Risposi semplicemente sentendomi incastrata.

Dopo le sue ultime raccomandazioni su come utilizzare quelle bustine il mio shoc era evidente, ma rimasi ancora più scioccata vedendo con queli cani avrei avuto a che fare.

Tre grandi BoerBoel : Rufus il più grande , Dobby il più giovane e Dan che secondo la signora Lebrowski era quello intermedio.

Con i tre cani ai guinzagli mi incamminai per il Green Lake Park.

Le cose stavano andando bene , raccoglievo le loro cacche e mi guardavo le unghie , raccoglievo le loro cacche e bevevo un frullato alla papaya.

Qualcosa però andò storto perchè Rufus notò un gatto e fu la fine.

Strattonò forte il guinzaglio e per la mia poca forza mi scivolò dalle mani insieme a tutti gli altri.

Fui invasa dal panico , come avrei spiegato alla signora Lebrowski che avevo perso i suoi cani? Iniziai a correre e ad urlare.

"Rufus , Dan , Dobby tornate quì era solo un gatto." ma ovviamente urlare a dei cani non serviva a nulla.

Nel frattempo il mio frullato, per la corsa, mi si rovesciò addosso.

Iniziai a pensare che il mio inseguimento sarebbe finito nel peggiore dei modi , e quando credevo che le cose non potessero peggiorare, peggiorarono.

La mia corsa fu fermata da qualcosa che mi arrivò davanti ai piedi all'improvviso, facendomi cadere pesantemente a terra.

Sentii un bruciore alle ginocchia e poi notai che quel qualcosa era uno skateboard.

Che diavolo ci faceva lì? Ero pronta a rimproverare il proprietario, quando qualcuno mi precedette.

"Non dovresti correre come una pazza." sentii dire da una voce sopra di me. Alzai lo sguardo nervosa come non mai verso la direzione della voce.

"Se tu fossi stato più attento a questo skateboard forse non sarei caduta" dissi acidamente alzandomi, ignorando la sua mano che era lì per aiutarmi.

"Io dovrei tenere d'occhio il mio skateboard, e tu non dimentichi qualcosa?" chiese il ragazzo.

Adesso che lo guardavo meglio dovevo ammettere che era un bel ragazzo. Aveva degli occhi nocciola che in altre situazioni non mi sarebbe dispiaciuto osservare, ma quello non era un buon momento.

"Ehi ci sei?"chiese ancora passandomi una mano davanti al viso.

"Maledizione i cani." Urlai riscuotendo me stessa. "Adesso la signora Lebrowski mi ucciderà. Sono morta , sono completamente morta."ero in completa agitazione, e non facevo altro che passare una mano tra i capelli sudati.

Lanciai imprecazioni, e continuai a farlo, finché lui non rise.

"Oh, sta tranquilla sono rimasti impigliati in quell'albero più avanti."

"Maledetti , è l'ultima volta che vi porto in giro" borbottai correndo a prenderli.

Vidi il ragazzo aggiustarsi il cappello e lo percepì avvicinarsi.

"Io comunque sono Justin Bieber" disse allungando una mano con un piccolo sorriso.

"Piacere, Liv Tanner " risposi stringendo la sua mano. "Io dovrei portare i cani a casa , quindi ci si vede in giro" continuai dicendo velocemente.

Non ero nello stato giusto di fare conoscenze, e non ne avevo nemmeno la voglia. Era sempre piacevole conoscere ragazzi carini e aperti, ma il problema era mio.

Il problema era la mia antipatia, e francamente ero convinta di non rivederlo più.

"Senz'altro" sentii dire da Justin , così mi allontanai.

Per tutta la strada del ritorno, evitando di rispondere in malo modo a tutte le persone che mi guardavano con disgusto per il mio aspetto, non riuscii, contro me stessa, a non pensare ai caldi occhi di uno sconosciuto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** In surgery ***


"E così sei caduta." disse mia madre tra le risate.

Eravamo spaparanzate sul divano da un bel po' di tempo e guardavamo programmi demenziali alla TV.

Erano queste le serate che più mi piacevano, stare vicine, ridere e scherzare sulle disavventure dell'altra.

"Si , posso dire che questo non sia stato un bel giorno per Liv Tanner" confermai prendendo una liquirizia a coca-cola dal sacchetto che mia madre aveva portato tornando da lavoro.

"E posso sapere a cosa ti servivano quei cento dollari?" chiese con fare interrogativo.

Aveva i capelli castani ben acconciati sulle spalle e indossava ancora la camicia che aveva a lavoro.

"Adesso non ha più importanza." dissi sviando l'argomento.

Come potevo dirle che avevo rotto l'ampolla della nonna, mi avrebbe aperto la testa e fatto una bella ramanzina.

"Qualcosa mi dice che non dovrei lasciar perdere." iniziò alzandosi dal divano. "Ma sono sfinita , quindi me ne vado a dormire." continuò chinandosi per poi darmi un tenero bacio sulla guancia.

Spense la televisione e raccolse le sue scarpe dal pavimento.

"Notte mamma" la salutai per poi imitarla e andare in camera mia.

Quando credevo che quella brutta giornata fosse finalmente finita, sentii mia madre urlare.

"Liv Tanner , che fine ha fatto l'ampolla della nonna?"

Alzai gli occhi al cielo e sospirai, non avrebbe smesso tanto presto.

Le cose peggiorarono quando entrò furiosa in camera mia.

"Vedi mamma, quei cento dollari servivano proprio per questo." Dissi sincera non potendo più nascondere la verità.

Sapevo che mi avrebbe uccisa a breve, quindi ficcai la faccia nel morbido cuscino in piuma d'oca.

"Signorina, quando la smetterai di comportarti come una bambina?Hai diciassette anni , dovresti essere già una donna! " urlò cercando di calmarsi.

Non capivo perchè si arrabbiasse tanto per una cosa antica e senza senso.

"Lo so e mi dispiace, è stato un incidente."mormorai stringendo ancora di più il cuscino.

"Questo vorrà dire che per farti perdonare, domani mattina verrai con me in ambulatorio e farai tutto quello che Gerard ti dirà." Disse categorica stringendo gli occhi a una fessura.

"Mamma questo non puoi farlo , è una cosa orribile." Protestai.

" L'argomento è chiuso. Domani alle sette ti voglio pronta , altrimenti le cose si metteranno molto male."

Uscì dalla mia camera sbattendo la porta, senza darmi il tempo di ribattere.

XXX

Ero ad un passo dal lanciare giù dalla la finestra i due lecca lecca che avevo in mano da venti minuti, se quella bambina non avesse scelto in quell'istante un dannatissimo colore, avrei perso la pazienza.

"Prendo quello rosa"disse la bambina con un sorrisetto.

"Bene, era ora."

Non ne potevo davvero più, ero li dalle sette di quella mattina e avevo un forte mal di stomaco per quell'odore disgustoso di disinfettante.

Lo sentivo addosso, sui vestiti e sui capelli.   

Volevo solo tornare a casa e farmi una bella dormita, visto che non avevo chiuso occhio.

Ogni volta che riuscivo a dormire per due secondi mi ritornavano in mente gli occhi di Justin e non sapevo nemmeno perche.

"Devi preparare il caffè."sentii dire da Gerard che si guardava le umghie.

Svogliatamente mi diressi in una stanza adiacente a quella dello studio di mia madre e cominciai a preparare il caffè borbottando.

"Quando crescerai?Sai che ti dico , resterò una bambina, è meglio. Lavorerai in ambulatorio! ma va a quel paese."

Presi il vassoio con avente sopra le tazzine, facendo attenzione a non farle cadere.

Quando mi voltai, notai qualcuno guardarmi dalla porta con un sorriso divertito.

Riconobbi subito gli occhi e per la sorpresa il vassoio mi scivolò dalle mani infrangendosi al suolo.

"Dannazione"sussurrai chinandomi.

"Non sapevo di fare questo effetto alle ragazze" disse lui abbassandosi per aiutarmi a raccogliere i cocci delle tazzine.

"Non preoccuparti , sono abbastanza maldestra." commentai passandomi una mano tra i capelli in imbarazzo.

Non sapevo perchè mi succedessero quelle cose in sua presenza , anche se era la seconda volta che lo vedevo.

La sua vista mi aveva mandato subito in tilt.

Non ero così, ero una ragazza che sapeva contenere le sue emozioni e gestire le relazioni con gli altri.

Fui strappata dai pensieri da una fitta di dolore al dito che mi fece gemere: Mi ero tagliata.

"Fammi vedere che cosa ti sei fatta." mi disse facendomi alzare con lui, il tocco della sua mano nella mia mi regaló una strana sensazione.

"Non è nulla." dissi velocemente avvicinandomi al bancone.

"Non è vero, ti fa male?"mi chiese esaminando il dito.

Era davanti a me , a pochi centrimetri e la sua visione angelica mi fece sentire caldo; quel posto d'un tratto era diventato troppo piccolo.

"Non fa tanto male."

Lo guardai negli occhi cercando di non far trasparire l'agitazione dovuta alla sua vicinanza.

"Potrei farti sentire meglio che ne dici?" chiese poi avvicinandosi al mio orecchio.

Sapevo che quella non era una situazione normale , e non smettevo di chiedermi che cosa ci facesse in ambulatorio.

"No credimi, è tutto apposto."

Cercai di staccarmi da lui , ma il suo corpo me lo impedì.

"Beh... lasciami provare." disse infine sfiorando le sue labbra con le mie.

Era uno sconosciuto, dannazione.

"Liv va tutto bene qui dentro?" sentii la voce di Gerard che spuntava di poco dalla porta.

Scostai Justin alla svelta e guardai verso il segretario con la faccia letteralmente in fiamme.

"Certo va tutto bene." risposi pulendo velocemente il caffè finito sul pavimento.

"Credo che sia meglio che vada"disse Justin passandomi davanti.

"Mi dispiace per essere stati interrotti , le cose iniziavano a scaldarsi"continuò dicendo, per poi uscire.

Scioccata per quella frase corsi alla finestra dove lo vidi entrare in una macchina rossa fiammante con una ragazza intorno ai tredici anni.

La cosa che catturò la mia attenzione però, fu il luccichio di qualcosa pendente dallo specchietto retrovisore centrale.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Oh my God ***


"Smettila di piangere."dissi prendendo tra le braccia la mia migliore amica Claire. "Marcus è uno stronzo , non ti merita"continuai accarezzandole i capelli.

Marcus , il suo ragazzo, era una persona orribile.

Faceva soffrire Claire e di lei se ne importava poco e niente, e la cosa mi mandava in bestia.

"Non capisco perche si allontana da me in questo modo , senza una spiegazione." disse lei soffiandosi il naso.

Dopo pochi minuti in silenzio sbottò "Sai una cosa ? Hai ragione , lui non merita più le mie lacrime! Quello che mi serve è uscire e conoscere nuova gente, e serve anche a te."

Anche se diceva così sapevo benissimo che il giorno dopo avrebbe fatto pace con quell'idiota e sarebbe tornato tutto come prima.

"Mi dispiace ma non ho intenzione di appoggiarti in questa storia"

Presi la limonata dal frigo e mi riempii un bicchiere.

"Perché no?" Chiese corrucciando la fronte.

"Liv, da quando la tua situazione sentimentale è in stallo?"

Avrei voluto dirle che la mia situazione sentimentale non era poi così in stallo con quello che era successo il giorno prima in ambulatorio, ma mi limitai a dire "Non dovrebbe importarti"

la sua espressione si fece dura.

"Io sono la tua migliore amica , deve importarmi." 

notai che nella sua voce c'era rabbia.

"Si, ma lo sai che non amo molto parlare di queste cose con nessuno, indipendentemente da te."dissi mettendo il bicchiere ormai vuoto nel lavello.

"Si , ma vorrei che tu venissi con me. È da tanto che non facciamo qualcosa insieme la sera, e mi piacerebbe tornare un po' ai vecchi tempi" mormorò addolcendosi nella voce.

Non capivo perchè insistesse a volermi portare in qualche locale , mi conosceva da tutta la vita e sapeva bene che non mi erano mai piaciute quel genere di cose.

"Non cederò solo perchè vuoi tornare ai vecchi tempi." la informai incrociando le braccia al petto.

"Sei una pessima amica , non capisco perchè tu non voglia fare più niente con me." disse imbronciata.

"Hai finito con questa messa in scena?"chiesi scoppiando a ridere.

"Questo vuol dire che verrai?" mi rispose con un'altra domanda facendo il labbruccio.

"Va bene , ma solo perche sei una pessima attrice."

Mi sorrise e mi baciò la guancia.

"Ehi scusa , sei tu l'attrice qui."

XXX

Sapevo che quella sarebbe stata una pessima serata, e neanche quella volta mi sbagliavo.

Claire mi aveva costretta ad indossare un abitino svolazzante che pungeva, e la sensazione era davvero sgradevole.

Al locale avevamo incontrato Marcus, e Claire dopo due paroline dolci gli era saltata addosso.

Si era immediatamente dimenticata di me.

Ora stavo tornando a casa, a piedi, da sola.

Seattle quella sera era un pò più calda e poco popolata. Le strade erano quasi deserte se non per le poche auto che passavano, e quello mi faceva sentire stranamente nostalgica.

I tacchi facevano male e mi maledissi, perchè ero sicura che fossi la ragazza più sfortunata degli stati Uniti.

Mentre continuavo a camminare fui catturata da un familiare luccichio.

Guardai meglio e notai che quel luccichio proveniva da un oggetto in una macchina rossa fiammeggiante.

Pensai subito all'unica persona che non lasciava i miei pensieri da circa due giorni a quella parte.

La macchina era parcheggiata fuori un locale la quale insegna diceva a grandi lettere cubitali "PK".

Non riuscivo a collegare quelle due lettere praticamente a nulla, e la curiosità di scoprire cosa ci fosse lì dentro, ma anche quella di rivederlo prese la meglio su di me, ed entrai.

Inizialmente avvertii un leggero odore di fumo , andando avanti quell'odore si fece più intenso.

Le pareti erano per lo più di colore blu oltremare e c'erano persone sedute un po' in tutto il locale a fumare e bere.

Mi guardai intorno alla sua ricerca , ma non era da nessuna parte.

Il presentimento di aver preso una svista e il pensiero che la macchina non fosse sua iniziò a tormentarmi , ma ormai ero lì ed era meglio controllare.

Continuai la mia esplorazione e arrivai davanti ad una porta dalla quale si sentivano voci e risate.

Senza pensarci su due volte e la spalancai.

Justin era seduto ad un tavolo di poker e stava puntando qualcosa.

Tutti si girarono nella mia direzione, lui compreso.

"Che cazzo ci fai qui?" chiese alzandosi in un baleno e avvicinandosi a me.

"Potrei chiederti la stessa cosa , ma non ne ho bisogno." dissi voltandomi con l'intenzione di andare via , ma lui mi bloccò.

"Come hai fatto a trovarmi?" Chiese in un sussurro, irrigidendo la mascella.

"Cosa ti fa pensare che ti stessi cercando, non ti conosco nemmeno."  Sbottai. "Come puoi pensare ad una cosa del genere?" continuai seria.

"Certo" mi schernì

"È la verità."

"Allora spiegami che cosa ci fa la ragazza più maldestra di Seattle in un locale di Poker." Incroció le braccia al petto e mi guardò dritto in faccia.

"Non sono affari tuoi, mi.."

"Bieber la partita deve finire." Intervenne un uomo, impedendomi di rispondere.

Justin lo liquidó con un gesto veloce della mano, poi si rivolse a me.

"Vieni con me, finisco la partita e ti accompagno a casa."

"Posso andare benissimo a casa da sola, non mi va i stare qui." Mi affrettai a dire.

Gli occhi di Justin brillarono, e la sua espressione cambió.

"Spero che tu stia scherzando. A quest'ora ci sono tantissimi maniaci in giro, se ti vedessero vestita in questo modo... non credo che arriveresti a casa." dichiarò guardandomi da capo a piedi.

Non seppi bene se sentirmi offesa dalla sua frase oppure no, ma quando stavo per pensarci, mi trascinò dentro con lui.

Ritornammo in quello che ritenevo un brutto ambiente, un posto disgustoso

Justin mi fece sedere sulle sue gambe e mi circondó la vita con un braccio.

Mi sentivo davvero a disagio, gli altri uomini mi guardavano come se fossi un dolcetto prelibato e la cosa non mi piaceva.

Il petto di Justin si alzava e si abbassava contro la mia schiena.

Avevo la netta sensazione di essere scoperta, come se gli altri riuscissero a vedere più di quanto avessi scoperto, così cercai di abbassare più che potevo il mio abito.

Avvertii subito la mano di Justin intorno la mia vita, come una rassicurazione, ma non riuscivo a restare calma.

Non conoscevo nemmeno lui, infondo.

"Bieber potresti scambiare lei al posto dei soldi, nel caso perdessi."

Il signore che avevo di fronte mi indicò e mi sorrise maliziosamente, ma come si permetteva.

Non sarei stata scambiata al posto dei soldi, era assurdo.

Deglutii e mi preparai a rispondere, non dovevo lasciarmi  intimorire da nessuno, non dovevo permetterlo.

Aprii la bocca, ma Justin mi precedette.

"Si la vedo una buona idea."

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Asshole ***


Mi paralizzai, mi sembrò come se ogni mio arto fosse bloccato.

Riuscì a girarmi verso Justin, avendo nello sguardo un misto di rabbia, disgusto e orrore.

Volevo allontanarmi da quel posto , da lui, volevo andare a casa e dimenticarmi dell'intero mondo.

Sentii l'impulso di scappare, così cercai di alzarmi.

Justin mi bloccò stringendo ancora di più la presa sul mio fianco, ero in trappola e mi sentivo sconfitta.

Cercai di ripetermi più volte che tutto sarebbe andato bene, ma non serviva a nulla. Avevo paura, paura di finire nelle mani di uno di quei uomini viscidi e di finire sotto terra.

Cercai ancora di alzarmi, ma lui mi fece aderire contro il suo petto e mi sussurrò all'orecchio "Smettila di muoverti."

La sua voce era bassa e mi fece accapponare la pelle.

Sapevo che sul mio viso si leggesse il panico, e ne ebbi la conferma.

"Bieber la tua bambolina qui è agitata. Ma lo sarei anche io sapendo che tra un po' finirà nelle mie mani." disse l'uomo di fronte.

Uno dei suoi denti era d'oro e mi venne un conato di vomito.

Notai la mano di Justin stringere forte le ultime carte che aveva in mano e pensai che le avrebbe polverizzate, se solo avesse potuto.

La partita era quasi terminata, e lo capii dal fatto che rimaneva una sola carta a giocatore.

Non sapevo che significato avesse la carta di Justin, la vedevo inutile.

"Sapete che questa e l'ultima carta, se è quella giusta, vinco." Justin aveva un'aria sicura, e sapevo che sul viso aveva un sorrisetto, lo percepivo.

Lanció la carta e trattenni un respiro.

Vidi gli altri lanciare furiosi le loro carte sul tavolo, e capii che aveva vinto.

Il sollivo mi invase e gli fui grata mentalmente.

"Grazie per i vostri soldi, perdenti." disse facendomi alzare e ritirando tutti i soldi.

"Bieber possiamo scendere a compromessi, dammi la ragazza e chiudiamo l'argomento." propose l'uomo di prima.

Justin mi mise una mano intorno alle spalle e con aria superiore, rispose "Mi dispiace , ma hai perso e non scendo a compromessi al di fuori del gioco."

Fui grata di quello che aveva detto, volevo andare subito via.

"Scelta stupida." Commentó l'uomo, ma Justin lo ignoró.

Dopo aver preso la mia mano, Justin mi condusse fuori.

L'aria fu la cosa più bella che potesse esserci, ma custodivo ancora tanta rabbia.

Spinsi Justin lontano da me ed urlai a gran voce "Ma cosa cazzo ti salta in mente, non sono merce di scambio, ti rendi conto di quello che sarebbe potuto succedermi se fossi finita nelle mani di quel tizio? Sarei morta, e solo a causa tua."

Ero fuori di me, e finalmente tutto quello che avevo trattenuto in quei dieci minuti, era venuto fuori.

"Calmati." disse avvicinandosi piano.

"Calmarmi ?" chiesi sconvolta. Era una delle persone più pazze che avessi mai incontrato in tutta la mia vita.

"Si." commentò alzando le spalle.

"Sei un grandissimo stronzo." Sbraitai avvicinandomi con l'intento di colpirlo.

Justin bloccó la mia mano a mezz'aria,  e mi spinse contro una macchina parcheggiata lungo il marciapiede.

"Non saresti mai andata con qualcun'altro, ero sicuro di vincere." confessò ad un centimetro dal mio viso. "Faccio questo da tanto tempo, sono imbattibile." Concluse.

"E se qualcosa fosse andato storto?" Domandai sostenendo il suo sguardo.

"Allora avrei dovuto prendere a pugni quel bastardo." disse sorridendo.

"Sei fuori di testa." Esclamai stizzita per poi strattonarlo e allontanarlo.

"Ti sei cacciata nei guai da sola quando hai deciso di cercarmi, non sono tanto buono come il mio aspetto può far credere." Mormorò accendendosi una sigaretta.

"Non tu stavo cercando." Ribadii per l'ennesima volta, sbuffando.

Justin rise e cacció dalle labbra una nuvoletta di fumo.

Si mise una mano in tasca e prese le chiavi della macchina. Camminó fino a raggiungerla e poi ci salì.

"Allora vuoi andare a casa?" Domandó abbassando il finestrino.

Ancora arrabbiata entrai in macchina e sbattei lo sportello.

"Okay, ho capito che sei arrabbiata, ma non distruggermi la macchina" mi rimproveró mettendosi in trada.

"Uomini" borbottai sottovoce "Tutti uguali" 

Mi guardò per un secondo con un sopracciglio sollevato, ma lo ignorai.

Gli diedi indicazione per raggiungere casa mia fino a quando il mio telefono non squillò.

Lo presi e lessi Mamma.

Imprecai, ma mi decisi a rispondere.

"Mamma sto arrivando, lo so che è tardi. Non preoccuparti è tutto a posto." iniziai rassicurandola. "Sto arrivando." Conclusi staccando.

Quando dissi a Justin di essere arrivata, lo guardai per qualche istante.

"Grazie per il passaggio, ma non grazie per quello che hai fatto prima."

Aprii lo sportello e misi un piede fuori.

Justin mi afferró per il vestito e stampò le sue  labbra sulle mie.

Erano morbide, calde e del tutto inaspettate. Mi lasciai andare e lo baciai piano, seguendolo.

Quando si ritrasse mi sorrise, poi disse solo "Buonanotte."

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** You're everywhere ***


Per la prima volta comprendevo e capivo mia madre alla perfezione.

Lavorare in ambulatorio dalla mattina alla sera era sfiancante, e facevo solo la metà delle cose che faceva lei.

La mia vita in quell'ultima settimana aveva preso una brutta piega.

Per essere ritornata tardi, mia madre mi aveva tagliato i viveri e mi aveva impedito di uscire di casa se non per andare in ambulatorio.

E come le cose giravano male per me, anche per il tempo le cose non andavano bene.

Negli ultimi giorni, Seattle era stata inondata da forti temporali che squarciavano il cielo.

La cosa triste era che quel brutto tempo mi metteva angoscia e a questo si aggiungeva il continuo pensiero rivolto a Justin che non vedevo da un bel po'.

Mi chiedevo spesso, nei miei pomeriggi, che fine avesse fatto, ma mi ripetevo anche di non pensarci per il bene mio e di tutti , perchè detto francamente, diventavo il doppio più sbadata.

A ravvivare il mio sesto giorno di calvario fu Claire, quando si presentò alla mia porta con un sorriso a trentadue denti capace di accecare anche a due metri di distanza.

"Claire, come mai questa visita?" le chiesi facendola entrare.

"Mi mancavi ed ho saputo della punizione. Mi sentivo in colpa, perchè immagino sia stata colpa mia." Si morse un labbro, dispiaciuta. "Ti ho letteralmente ignorata e posso solo capire quanto sia stato faticoso tornare a casa a piedi."

In quel momento provavo solo tenerezza verso di lei, sapevo che amava Marcus e dopotutto sapevo già come sarebbero andate le cose quella sera, quindi le dissi "Non preoccuparti, va tutto bene non sentirti in colpa."

Mi avvicinai alla credenza dove vi presi dei biscotti alle mandorle dolci e glieli porsi, sapendo che erano i suoi preferiti .

" So come farmi perdonare." Disse sputacchiando pezzi di biscotto un po' ovunque.

Mi sembrava davvero buffa, e mi venne da ridere.

"Davvero?" chiesi curiosa alzando un sopracciglio.

" Domani sera tu, io , Marcus ed un suo amico a casa mia. I miei non ci sono, e sarebbe una serata perfetta." Esclamò in preda all'euforia.

Questo suo modo di farsi perdonare non mi piaceva poi così tanto, avrei preferito che dimenticasse l'accaduto e fine della storia.

"Che ne dici?" mi incitò a rispondere notando il mio silenzio.

"Claire , lo so che puoi pensare che io ti rifiuti sempre , ma proprio non ci sono con la mente in questo momento, e non voglio conoscere nessuno." confessai, ed involontariamente il mio pensiero cadde su Justin.

Avrei voluto dirle che non c'era bisogno che organizzasse incontri romantici perchè un ragazzo lo avevo già incontrato, ma non lo feci. "Mi sono impegnata tanto per organizzare tutto, ho comprato persino le candele."mormorò.

Mi sentivo in colpa , non volevo che restasse male, e  forse conoscere qualcuno mi avrebbe aiutato a smettere di pensare a Justin, così cedetti e accettai.

Claire era emozionatissima e mi aveva pregato di indossare qualcosa di carino e dei tacchi , ma la cosa che mi preoccupava di più al momento non era quella , ma convincere mia madre a lasciarmi andare.

Aspettai che tornasse e la pregai per più di tre ore fin quando non crollò esasperata dicendomi "Se ti azzarderai a tornare tardi anche domani mi sa che perderò una figlia", e anche se lo disse in modo minaccioso, mi venne da ridere.

XXX

Anche se svogliatamente , seguii quello che mi disse Claire ed indossai un vestitino rosa a giro-maniche molto semplice e dei tacchi neri non altissimi.

Dopo una prima occhiata al mio outfit pensai immediatamente che fosse inguardabile, ma con trucco e parrucco faceva il suo effetto.

La mini borsetta che mi ero portata dietro riusciva solo a contenere il telefono e il rossetto rosa, ma andava bene così.

Quando uscii tra le strade di Seattle mi pentii subito di non aver ascoltato mia madre e di non essermi portata dietro il giacchetto, le temperature si erano abbassate e anche se di poco, la differenza si sentiva.

Quando arrivai a casa della mia migliore amica, dovetti ammettere che si era davvero impegnata a rendere il salone di casa sua un vero e proprio ristorante romantico.

La tavola era ricoperta da una tovaglia di un bianco latte, e su di essa erano stati sparsi dei petali di fiori. Nel centro invece c'era un gran candelabro acceso, e ricordo di essermi chiesta dove Claire lo avesse preso.

Piatti in ceramica si trovavano davanti ad ogni posto a sedere ed erano esposti accanto alle posate e a dei grossi calici.

Anche se era tutto molto bello , lo trovavo tremendamente eccessivo, ma Claire era fatta così.

Mi offrii del vino e mi chiese "Allora, che ne dici?"

Decisi di non dirle che quel posto era per me eccessivo quindi alzai le spalle.

"Carino."

Le nostre chiacchiere furono interrotte dal campanello.

Mi resi conto che fino a quel momento non avevo minimamente pensato a chi sarebbe stato il mio cavaliere quella sera, ed improvvisamente iniziai a sudare.

Claire andò ad aprire e si ritrovò davanti Marcus con un abbigliamento elegante, ma dell'altro ragazzo nemmeno l'ombra. "Ciao Liv." mi salutò gentilmente lui, nche se nella sua espressione non c'era nulla di gentile.

Mi avvicinai al tavolo dandogli le spalle per evitare di rivedere un altro dei loro baci disgustosi.

"Il mio amico sta arrivand.." Marcus non poté finire la frase che si sentirono dei passi.

" Claire, lui è il mio amico Justin Bieber."

Mi voltai di scatto verso la direzione della porta, e lui era lì, bello come il sole.

Non feci altro che irrigidirmi e stringere il calice per evitare di rovesciare il vino.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Boiling ***


"Non sono io la persona con la quale farai coppia stasera, ma lei." Disse Claire a Justin indicandomi.

Lui spostò lo sguardo su di me per la prima volta e mi fece un sorriso. Non riuscivo a capire se non fosse sorpreso di vedermi o che lo fosse ma lo nascondeva benissimo.

"Lei è la mia migliore amica,Liv Tanner." continuò Claire portando Justin vicono a me.

Posai il calice sul tavolo e strinsi forte un angolo di esso per reggermi, non sapevo come comportarmi.

"Piacere di fare la tua conoscenza."  Justin prese la mia mano e la baciò delicatamente.

A che gioco stava giocando?

"Piacere tutto mio." dissi fingendo uno dei miei migliori sorrisi.

Marcus che fino a quel momento era rimasto in silenzio, parlò.

"Beh, io direi di sederci e cominciare la serata."

Claire annuì indicandogli il posto dove si sarebbe dovuto sedere.

"È un bel posto" affermò Justin mettendosi a sedere.

Sembravo l'unica dei quattro ad essere scossa, l'unica a pensare.

Come faceva Justin a conoscere Marcus, perché non gli aveva mai presentato Claire?

"Liv tutto bene?" mi chiese lei scuotendomi un braccio.

"Certo, tutto perfetto." risposi sedendomi.

La cena iniziò con delle bruschette ai pomodori e fu seguita da una serie di antipasti di mare tutti preparati da lei.

Le era sempre piaciuta la cucina ed era una bella passione , ma dovevo ammettere che non era una grande cuoca.

Non riuscivo a mangiare , il primo piatto era insipido e per di più mi sentivo a disagio per gli sguardi che mi mandava Justin di continuo.

Cercavo di ignorarlo guardando sempre verso il mio piatto , ma non riuscivo a non essere attratta dai suoi occhi.

Le conversazione erano per lo più di sport, e non parlai molto.

Claire a differenza mia sembrava molto a suo agio, cercava di entrare nella chiacchierata.

"Justin, è un vero piacere averti qui. Speravo che Liv venisse per incontrarti." Esclamò cambiando radicalmente argomento. "Sai, non ha un ragazzo da un bel po' e mi sembrava un buon modo di rimetterla in pista." disse pimpante.

Quasi non mi strozzai con l'acqua che stavo bevendo.

Justin trattenne una risata, guardandomi.

Sentivo il viso in fiamme e volevo scomparire.

"Claire credo che tu abbia fatto bene." Justin cambiò espressione, da divertita a maliziosa.

"Il suo ultimo ragazzo non era un granchè, non faceva altro che farla soffrire, e anche se in mia presenza non lo faceva mai, piangeva di continuo." Spiegò senza preoccuparsi di nulla.

Era davvero troppo, dovevo alzarmi alla svelta e allontanarmi da quella tavola.

"Scusate, porto questo di là." presi il piatto rimasto intatto e andai verso la cucina.

Sussultai quando , mentre lo mettevo nel lavello , la pelle del mio braccio venne a contatto con un materiale di metallo freddo, un orologio.

Justin mi cinse la vita con le sue braccia, il suo profumo era inconfondibile.

"Quindi eri fidanzata con un grandissimo stronzo." pronunciò con voce roca da dietro la mia spalla.

Sentivo il suo respiro sfiorarmi la pelle fredda, ed era piacevole.

"Justin, non adesso."

Mi scostai, ma lui non mi ascoltò e mi accarezzò la guancia, poi arrivò al collo, lungo il braccio, fino al polso. 

Era pazzesco come un gesto del genere mi provocasse tanti brividi.

"Sei davvero stupenda con questo vestito." Mormorò al mio orecchio.

Infilò la testa nell'incavo del mio collo e chiusi gli occhi.

"Justin.." sussurrai in preda al panico.

Se Claire fosse entrata in cucina ci sarebbero state troppe cose da spiegare.

"Hai un buon odore." constatò lasciando un tenero bacio sulla spalla.

"Justin spostati." dissi poggiando entrambe le meni sul suo petto muscoloso.

La camicia leggera che indossava, arrotolata fino ai gomiti gli stava d'incanto, e anche se era vestito in modo più elegante del solito, il pantalone gli lasciava comunque scoperte le mutande.

Respirava il mio profumo e continuava ad accarezzarmi.

Fu costretto ad allontanarsi dal mio corpo ormai bollente a causa della voce di Claire che dalla cucina mi chiedeva. "Liv perchè ci stai mettendo tanto?"

"Arrivo."urlai in risposta.

A quel punto Justin leccò le sue labbra e dandomi un ultimo sguardo veloce uscì tornando in sala da pranzo.

Poco dopo li raggiunsi, e senza pensarci due volte esclamai "Allora , sono molto curiosa di sapere come voi due vi siate conosciuti."

Marcus boccheggiò , mentre Justin rimase impassibile.

"Justin frequentava il mio stesso corso di arti marziali." Si affrettò a dire Marcus.

La sua voce risuonava sicura , ma qualcosa nella sua espressione lo tradì, e fui quasi sicura che mentisse.

Claire sembrava sorpresa ma per la prima volta in quella serata non disse nulla.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** We need to talk ***


-POV JUSTIN-

Non c'era nulla di meglio che fare skateboard in una giornata bella come quella.

Il sole era alto in cielo e non si vedeva nemmeno una nuvola.

Il mio amico Chris, che era molto abile in quello sport, mi stava dando delle lezioni già da qualche settimana, e non per vantarmi, ero davvero un gran talento.

Le lezioni le seguivo al Green Lake Park, il parco dove vidi per la prima volta Liv.

Ricordavo che mi era sembrata una ragazza molto strana, e non mi ero sbagliato.

"Quando salti devi piegare le ginocchia se vuoi atterrare senza farti male." Mi corresse Chris per la milionesima volta.

Non ero tanto concentrato quel giorno, vedere Liv alla cena del giorno prima mi aveva sconvolto, e francamente non me lo sarei mai aspettato.

Tutto sommato fu una serata divertentissima, Liv in imbarazzo era qualcosa di veramente epico. 

Mi aveva colpito subito fin dall'inizio, anche se era lei quella ad aver colpito fin dall'inizio il pavimento, grazie al mio skateboard.

In qualche modo adoravo farla arrabbiare, diventata davvero violenta, come quella sera che mi trovò a giocare a Poker.

Ancora oggi mi chiedo come sia arrivata in quel posto.

Non sapevo che cosa provassi per lei, forse una grande attrazione e basta.

"Ehi Justin, ci sei?" mi chiese Chris.

"Certo scusa." dissi ritornando sulla rampa e scendendo a grande velocità.

Saltai verso la fine e piegai le ginocchia. Con mio stupore atterrai sullo skate senza problemi, ero molto fiero.

"E grande il mio Justin." affermo Chris dandomi una pacca sulla spalla.

Mi allontanai per prendere la bottiglia d'acqua che avevo messo precedentemente al lato della rampa e ne bevvi un lungo sorso.

L'acqua mi rinfrescò e risvegliò i sensi, poi sentii Chris dire "Oh mio dio, ma chi è quella bomba."

Mi voltai confuso verso la sua direzione e vi vidi Liv guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno , forse di me.

Quando mi vide alzò una mano in segno di saluto e si avvicinò.

"Justin, dobbiamo parlare."

Indossava un abitino azzurro con dei fiorellini bianchi, portava vans bianche e una borsetta tracolla dello stesso colore.

Chris aveva ragione, era una bomba.

"E' successo qualcosa?" chiesi confuso.

"No , ho solo bisogno di parlarti e vorrei farlo in privato , quel tuo amico sta letteralmente origliando." portò lo sguardo alle mie spalle, su Chris che le sorrise.

"Va bene, se proprio devi." Dissi. "Dammi il tempo di prendere la maglia." prima di seguirla Chris mi sussurrò "Poi mi spieghi come la conosci."

XXX

Ci allontanammo e ci fermammo accanto una panchina.

La guardavo aspettando che parlasse, ma sembrava concentrata su altro.

"Puoi indossare quella maglietta?" mi chiese di punto in bianco.

"No, sono tutto sudato." dissi alzando il cappellino che avevo e aggiustando i capelli.

"Non riesco, come dire.. a concentrarmi se sei così." distolse lo sguardo imbarazzata.

Mi sentivo in qualche modo gratificato, era ovvio che non riuscisse a guardare nient'altro, i miei pettorali erano da urlo.

Sbuffai e indossai la maglia.

"Allora, mi dici di che cosa vuoi parlare." domandai un tantino stufo di quell'attesa.

"Dimmi la verità." sbottò un secondo dopo.

Non sapevo di che verità parlasse.

"Come scusa?"

"Dimmi la verità su come hai conosciuto Marcus."disse spiegando meglio ed incrociando le braccia al petto.

"Mi pare che Marcus te l'abbia detto."

"Sapevo che mentiva, e devo scoprire che cosa nasconde."

Liv era molto attenta ai comportamenti altrui, cosa non da poco.

Marcus mi aveva chiesto di tenere il suo segreto, se la sua ragazza avesse scoperto il modo in cui ci eravamo conosciuti, le cose sarebbero finite male.

"Credimi non mentiva." Temporeggiai.

"Oh, quindi hai fatto arti marziali" urlò stupita. "Vorrei sapere che cintura sei."

Cominciava ad arrabbiarsi, e lo notavo dalle sue guance paonazze.

"Cintura nera." risposi ovvio.

"Smettila di sparare stronzate e dimmi la verità." Sbottò.

Proprio in quel momento un gruppo di persone si girò verso la nostra direzione.

Non c'era nulla di più fastidioso degli impiccioni.

Persi le staffe e la trascinai dietro un albero.

"Devi farti gli affaracci tuoi per una singola volta."sputai sibilando, ma la sua espressione non cambiò.

"Devo sapere." Rispose non demordendo.

"Chiedilo a lui e lasciami in pace." dissi voltandomi.

Liv afferrò il mio braccio e sussurrò "Justin... non voglio parlare con quella sanguisuga, giuro che se me lo dirai terrò la bocca chiusa e me ne andrò."

Volevo restare fuori da quel casino che Marcus aveva combinato , non era un mio problema.

"Ti prego." mi incitò.

Non volevo che mi pregasse per una cosa che non doveva riguardarle.

"Se non te lo dirò non la smetterai, vero?" chiesi mettendo una mano sugli occhi.

"No." disse semplicemente.

A quel punto sospirai e confessai.

"L'ho conosciuto ad una partita di Poker qualche anno fa."

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** I do not believe it ***


POV LIV-

Spalancai gli occhi e aprii la bocca esterrefatta.

Avevo sempre saputo che quel lurido verme nascondesse qualcosa , ma non credevo che giocasse d'azzardo.

Ora però era tutto molto chiaro.

Si allontanava da Claire solo quando aveva le partite , in modo che lei piangesse e non lo cercasse.

"Oddio." dissi più a me che a lui. "Quando Claire lo scoprirà.." non terminai la frase che Justin mi interruppe.

"Claire non lo scoprirà perchè tu non le dirai nulla."

"Justin, è la mia migliore amica , deve sapere la verità sul suo ragazzo." dissi guardandolo negli occhi.

"Si, ma non credo che lo debba sapere da te. Restane fuori , aspetta che sia lui a dirglielo."

Mi accorsi che in fondo aveva ragione, se fosse successo a me, avrei preferito che a dirmelo fosse lui.

La cosa che però mi tormentava era dover restare lì, con le mani in mano. 

"Quando giocherà di nuovo a Poker?"

Justin mi guardò per un attimo stranito, poi rispose. "Domani con me, perché?"

"Stavo pensando di dirgliene quattro, e magari potrei venire con te.." proposi  innocentemente.

Scordatelo." rispose quasi subito, categorico.

" Perchè?" Piagnucolai.

"Non voglio che tu rimetta piede in quel posto. Fine della storia."

"Va bene ,vuol dire che verrò da sola."

Mi allontanai di qualche passo da lui, era l'unica soluzione che avevo.

"Se solo proverai a venire, giuro che maledirai il giorno che mi hai incotrato."

XXX

Le minacce Justin non mi toccavano minimamete, sapevo che avrei dovuto fare qualunque cosa per protteggere Claire, e l'avrei fatta con o senza l'aiuto di Bieber.

Decisi di non dire nulla a mia madre, perchè non mi avrebbe mai lasciato uscire di martedì sera, e non avevo la minima voglia.

Aspettai che se ne andasse a dormire, per uscire dalla finestra ed incamminarmi verso il locale.

Questa volta ero stata più prudente.

Per evitare che qualcuno guardasse oltre la mia faccia, avevo indossato un pantalone di jeans, una camicina a tre quarti bianca, che coprì con un giacchetto cipria e delle scarpe alte dello stesso colore del giacchetto.

Quando finalmente arrivai, Justin era già lì, la sua macchina era parcheggiata.

Entrai e lo vidi seduto su un divanetto con una sigaretta tra le labbra.

"Ciao fumatore." La sue mosse furono così repentine che quasi non me ne accorsi.

In un attimo fummo fuori, e notai che non aveva più la sigaretta.

"Justin." pronunciai evidentemente confusa.

"Sali in macchina, ti accompagno a casa. " disse indicando la sua macchina. "Ti avevo detto di non venire." Continuò afferrandomi per un braccio.

"Non puoi dirmi quello che devo o non devo fare, sono qui adesso ed è meglio che dica a Marcus quello che penso."

"Ehi Bieber." Salutò Marcus, poi guardò me. "Che cosa ci fai tu qui?" chiese sorpreso.

"Tu -sbottai- Sei un grandissimo stronzo, hai mentito alla mia amica per tutto questo tempo, gli hai nascosto quello che sei veramente, un giocatore di Poker. "

"Liv." Mi richiamò Justin. "Smettila."

"Hai solo due secondi per andare da lei a confessargli tutto, altrimenti ti ammazzo." sputai con cattiveria, ignorando Justin.

"Non fraintendere, Liv" tentò Marcus.

"Che sta succedendo." Sentimmo urlare.

Ci voltammo, insieme al resto delle persone che si trovavano fuori al quel dannatissimo locale.

Claire era tra le lacrime e ci guardava con disgusto.

"No Claire, non è come pensi." Marcus si avvicinò a lei, per rimediare.

"Zitto, non avvicinarti per nessuna ragione al mondo. " sibilò Claire. "Stasera ti ho seguito , e ho anche ascoltato quello che ha detto Liv. Mi fai schifo."

Vederla in quello stato mi spezzava il cuore.

"Tu lo sapevi e non mi hai detto nulla, ma che razza di amica sei?" mi domandò con orrore sul viso.

"Cercavo il modo di fartelo dire da lui- dissi indicando Marcus che aveva le mani tra i capelli.- ho pensato che se lo avresti saputo dal tuo ragazzo sarebbe stato meglio, speravo che avrebbe alleviato le sue continue bugie."

"Ti sbagliavi." Rispose aspra stringendosi nella sua maglietta

"Cercava di protteggerti, non voleva farti soffrire di più." intervenne Justin affiancandomi.

Mi poggiai a Justin sentendo le gambe molli. Le sue braccia mi circondarono, e fu la sensazione più bella del mondo.

"Da come posso notare, mi hai tenuto anche nascosto della tua relazione con Justin" scosse la testa, incredula. "Non voglio più vedere nessuno di voi."

Claire si voltò di spalle e prese a camminare lungo il marciapiede.

Marcus la seguì, volendo riparare le cose.

Sentivo gli occhi pizzicare, ma le trattenni, fin quando ne fui capace.

Esplosi, come facevo solo poche volte.

"Shh andrà tutto bene." Sussurrò Justin stringendomi ancora più forte.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Are you ok? ***


Quella serata fu una delle più brutte della mia vita, ma non superava quella in cui mio padre abbandonò me e la mamma.

Dopo essermi calmata, Justin decise di accompagnarmi a casa e di saltare la sua partita a Poker. 

Fu un gesto molto dolce, e lo apprezzai.

Prima di uscire dalla sua macchina ed entrare in casa, lo abbracciai.

La sua presa solida mi fece sentire per un momento sollevata, ma quando fui in camera e lo vidi andare via, la tristezza mi ripiombò addosso e non mi fece chiudere occhio.

Il mio sonno tormentato dai pensieri fece si che il giorno dopo mi svegliassi con grosse occhiaie spaventose.

"Santo cielo." Sbottò mia madre quando mi vide. "Da quanto tempo è che non dormi?" chiese prendendo il mio viso tra le mani.

"Ho avuto un incubo e non sono riuscita a chiudere occhio."mentii.

"Potevi venire a chiedermi una camomilla." disse dolcemente.

Era la sua giornata di riposo dal lavoro, e poteva restare a casa con me.

"Andiamo a dormire nel mio lettone?" propose sorridendo, annuii stanca, e abbracciate nel calore, ci addormentammo.

XXX

Quando mia madre mi svegliò, erano le due del pomeriggio e avevo un forte mal di pancia.

"Piccola vieni a mangiare qualcosa." Mormorò accarezzandomi.

" No mamma, ho lo stomaco chiuso."

Non mi andava per niente di mangiare, volevo solo starmene rintanata sotto le coperte e sperare che quel dolore cessasse.

"No no , devi mangiare qualcosa assolutamente."

Mamma mi diede un colpetto sul sedere che mi fece capire che dovevo alzarmi.

Con un lamento la seguii e sbuffai.

Riuscii solo a mangiare due cucchiai di pasta, ma la voglia mi passò del tutto quando mia madre mi chiese "Che ti prende, sei ritornata a pensare a tuo padre?"

"No, sono solo un po' giù di corda, capita agli adolescenti, mamma." risposi nervosa tornando in camera.

-POV JUSTIN-

Ero seriamente preoccupato per Liv.

Non avevo il suo numero per chiamare e sapere come si sentisse, e non sapevo che altro fare.

"Che hai?" chiese mia sorella Jazzy di tredici anni.

"Che cosa ci fai qui , questa è camera mia." Risposi cambiando argomento.

"Sarà anche camera tua , ma è casa mia."

Mio padre era separato da mia madre da un bel po', e aveva due figli con un'altra donna.

Non facevo altro che spostarmi da una casa all'altra, senza sentirmi davvero il benvenuto.

Ignorai il commento di Jazzy e scesi di sotto.

"Esco." Urlai avvertendo tutti.

"Dove vai?" domandò mio padre, curioso.

"Sono cose private." conclusi uscendo.

Decisi che se non potevo chiamare Liv, sarei andato a casa sua, per farle compagnia.

Alla porta mi aprii una donna sulla quarantina, e non potei non notare la somiglianza con Liv.

"Salve signora, sono Justin un amico di Liv." mi presentai con uno dei miei migliori sorrisi.

"Liv sta facendo la doccia , ma puoi aspettarla in camera."

Annuii convinto e lei mi spiegò dove camera sua si trovasse, così la raggiunsi.

Era praticamente tutta rosa e molto infantile, alle pareti c'erano foto di quando era bambina con sua madre, ma di suo padre nemmeno l'ombra.

Il letto era sfatto e mi ci buttai sopra aspettando.

Iniziai a pensare che si fosse addormentata sotto la doccia, ma poi la vidi entrare con i capelli bagnati e in intimo.

Deglutii cercando di non guardare il suo corpo e di trattenere i miei impulsi, ma era difficile.

"Oddio Justin, che fai in camera mia?" chiese stravolta.

"Volevo sapere come stavi." Mormorai alzandomi in piedi.

Lei corse all'armadio e infilò un pantalone di una tuta e una maglietta.

"Sto bene grazie." Rispose.

"Eri meglio prima." commentai riferendomi a quando era in intimo.

Liv arrossì violentemente e risi.

Si avvicinò al letto e si sdraiò inumidendolo, la imitai

"Sicura di star bene?"

"Non lo so" sussurrò guardandomi. "So solo che questa faccenda è opera mia. Se ti avessi ascoltato e ne fossi rimasta fuori, forse adesso avrei ancora un'amica."

Le presi il viso tra le mani.

"Non è assolutamente colpa tua, non pensarlo nemmeno. La tua amica è una stupida se non capisce che lo stavi facendo per lei."

Le sfiorai le labbra, ma mi allontanai senza baciarla.

Restammo in silenzio per un po', a guardarci, poi le chiesi all'improvviso "Mi dai il tuo numero?"

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** You're funny ***


-POV LIV

Era bellissimo guardare Justin a torso nudo mentre si allenava in palestra.

Mi aveva chiesto di accompagnarlo, voleva che stessi a casa a deprimermi.

Ero seduta in un angolino mentre lui faceva i pesi.

"Smettila di fare la ragazza triste, mi contagi." disse asciugando il suo corpo zuppo di sudore.

Poteva essere di sicuro una visione angelica anche da sudato. Aveva la particolarità di essere sempre perfetto in ogni occasione, una qualità invidiabile.

"Scusa." sospirai.

"Cosa fai stasera?" mi chiese sedendosi accanto a me.

"Starò a casa a mangiare gelato e a deprimermi." risposi bevendo dalla sua bottiglia.

"Smettila, Liv" sbottò. "Che fine ha fatto la ragazza attiva che portava i cani in giro?" domandò.

"Quella Liv ormai è morta e sepolta, caro Justin." dichiarai alzandomi.

"Voi ragazze siete così strane." Constatò pensieroso.

"Cosa credi che dovrei fare, non ho amici e l'unica che avevo non mi parla."

Non ero mai stata una ragazza tanto socievole, non piacevo alle persone.

"Non hai amici? Bene, stasera ti porto con me a casa di Chris e conoscerai un po' di gente."

"Chris è il ragazzo che origliava?"

"Si, lui. Una volta ogni tanto, io e alcuni amici ci riuniamo e passiamo del tempo insieme." spiegò meglio aggiustandosi i capelli.

Passare del tempo con Justin non sarebbe stato male, e dovevo ammettere che stare con lui mi piaceva.

"A che ora passi a prendermi?"

Justin sorrise e disse "Alle nove."

" Justin?"

"Mmh" mormorò iniziando a fare gli addominali.

"Cosa dovrei indossare?"

"Non lo so , ma nulla di complicato."

XXX

Mi guardai allo specchio, pensierosa.

"Dove vai di bello, signorina?" Sentii dire.

Mi voltai e vidi mamma guardarmi dalla porta. 

"A casa di amici." risposi in tono neutro spruzzando un po' di profumo.

"Li conosco questi amici?"

Aveva le braccia incrociate al petto e i capelli raccolti in un codino.

"No mamma, non li conosco nemmeno io." dichiarai prendendo il telefono che avevo messo a caricare. "È un'idea di Justin"

"Justin?"

"Si, l'amico che è venuto ieri a trovarmi." le ricordai.

"So bene chi è, ma credo che sia più di un amico per te." disse divertita mentre mi aggiustava i capelli corti.

Il mio taglio alla francesina era un po' cresciuto e adesso arrivava sulle clavicole.

"Mamma." urlai in imbarazzo.

"Sei molto carina, sono sicura che lo colpirai." affermò fiera del mio aspetto.

Il campanello suonò e il mio cuore cominciò a battere, senza un motivo.

Era Justin, non dovevo essere agitata.

Scesi velocemente le scale e corsi ad aprire la porta.

"Wow." disse guardandomi. "Sei bellissima."

Mi morsi le labbra e lo ringrazia silenziosamente.

"Ciao Justin." intervenne mia madre.

"Salve signora." rispose Justin educatamente.

"Riportamela intera e tieni le mani a posto."

"Si mamma, ciao."

Detestavo quando mi metteva in imbarazzo, e quella volta lo aveva fatto.

Camminai velocemente verso la macchina e nascosi il viso tra i capelli.

Tutte le mamme fanno così." affermò lui, ridendo.

Salii in macchina senza rispondergli e gli rubai il cappellino che indossava.

XXX

La casa del suo amico Chris era molto grande e moderna. Le pareti erano di colore beige e le tende alle finestre, marroncine.

"Ciao, io sono Chris." si presentò l'amico prendendo la mia mano.

"Liv." Risposi semplicemente con un sorriso.

"Non sorridere, mi illumini." scherzò.

"Smettila di fare il cascamorto con lei, e per di più con frasi del genere." lo rimproverò gentilmente Justin.

"Vieni, ti presento alcuni amici."

Seguii Justin in salotto incrociando le sue dita alle mie.

"Loro sono Alvin, Ross e Kyle."iniziò presentandomi i maschi. "Loro invece sono Cassidy,Courtney e Laila."continuò per le ragazze.

In linea di massima erano tutti abbastanza simpatici, forse le ragazze un tantino di meno.

Continuavano a mandarmi sguardi di fuoco, ma decisi di ignorarle, non potevo stare lì ad infastidirmi, non ne valeva la pena.

La serata procedeva tranquilla, tra risate e battute, e per qualche momento l'astio scomparì.

"Justin." lo chiamai sottovoce.

Smise di ascoltare un secondo Alvin e spostò la sua attenzione su di me.

"Devo andare in bagno."dissi.

"È la seconda porta a destra in quel corridoio."

Mi avviai, ma sentii dei passi seguirmi.

"Quindi ti reputi la sua nuova ragazza?"

Mi voltai e Laila mi fissava in cagnesco, tenendo bene in vista le sue lunghe unghie.

"Come?" chiesi confusa.

"Non fare la finta tonta, si vede che adori Justin, te lo si legge in faccia." disse stridula.

"Credimi, non so di cosa tu stia parlando."

"Justin è stato il mio ragazzo per molto tempo, e credo che provi ancora qualcosa per me." Esclamò aggiustandosi una ciocca di capelli dietro le spalle.

"Senti, non so perchè lo vieni a dire a me. Quello che c'è stato tra te e Justin non mi riguarda e per la cronaca, siamo solo amici." dichiarai cercando di togliermela dalle scatole.

"Voglio solo avvertirti che se solo proverai a pensare a lui come possibile fidanzato oppure inizierai a frequentare uno solo dei miei amici, per te sarà l'inferno."

Non riuscii a trattenere una risata, è quasi non mi piegai dal ridere.

"Smettila." urlò.

"Credimi, se solo ti saresti guardata, avresti riso da sola."dichiarai ridendo ancora.

Si voltò arrabbiata e corse in salotto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Strange ***


Justin si era comportato in modo strano.

Dopo essere andati via, in seguito ad una sua chiamata inaspettata il giorno prima, non mi aveva più mandato nessun messaggio.

Ero nervosa, lo dovevo ammettere.

Che mi stesse evitando? Forse. Avevo fatto qualcosa di sbagliato? Non lo sapevo.

"Ti vedo pensierosa , è successo qualcosa?" mi chiese Gerard.

Stava facendo alcuni disegni su un foglio di carta per combattere la noia, quella mattina non c'era quasi nessuno in ambulatorio.

La punizione di mia madre era finita, ma quel giorno non riuscivo per niente a starmene a casa.

"No, va magnificamente." risposi sospirando.

Controllai d'istinto il telefono nel caso Justin mi avesse mandato un messaggio, ma nulla.

Decisi che avrei lasciato perdere, se mi avesse voluto parlare mi avrebbe chiamato.

"Gerard puoi dire a mamma che sono da Claire?"domandai.

"Certo, ma sta attenta alle macchine."

Gerard certe volte si comportava come uno zio. Mi conosceva da tutta la vita e non si era mai stancato dei miei capricci.

"Farò attenzione."

Sfrecciai in strada dove l'aria calda di luglio mi si schiantò in faccia.

Ero seriamente diretta a casa di Claire, mi mancava da impazzire e sentivo il bisogno di parlarle per la prima volta di me.

Quando arrivai a casa sua mi affrettai a bussare, e fui contenta del fatto che ad aprirmi fosse stata lei.

"Ehi, possiamo parlare?"

"Che cosa vuoi?" sbuffò.

"Vorrei parlare con te e dirti come stanno le cose, voglio che tu capisca." dissi toccando il tessuto leggero del mio vestitino lilla e marrone.

"Va bene, ma non voglio che tu creda che ti abbia perdonata." mi avvertì lasciandomi entrare.

Si sentiva un forte odore di limone, proprio come quel detersivo che si usava per lavare i pavimenti, leggermente fastidioso per le mie narici permalose.

Ci sedemmo ed iniziai a raccontarle tutto, senza segreti.

Quando finii mi guardò sbalordita.

"Accidenti." Esclamò.

"Già" sospirai più leggera dentro.

"Perché non mi hai detto che lo conoscevi? Capisci che è un segno del destino?" urlò ridendo.

"Questo vuol dire che mi perdoni?" chiesi speranzosa.

"Credevi che venendo qui a raccontarmi come stavano le cose fin dall'inizio io ti avrei perdonata ?"

"Si" risposi.

Lei mi mandò una brutta occhiata e mi affrettai a dire "No certo che no."

Mi fece un sorriso e mi abbracciò.

"Sono contenta che abbiamo chiarito." Mormorò. "Mi dispiace per aver detto quelle brutte cose su di te, ma ero proprio fuori dalla rabbia. Sapevo che avevi ragione sul fatto che lo avrei dovuto sapere da lui..." disse.

"Ma allora perche non mi hai chiamato?"

"Avevo vergogna, avevo torto marcio." confessò.

"Ma non dovevi preoccuparti." la ripresi tra le braccia. "Con Marcus?"

"Sto cercando piano piano di dimenticare quello che mi ha tenuto nascosto, e credo che forse potrò perdonarlo." Spiegò gesticolando.

"Se ne sei certa..."

"Allora, resti a cena?"

-POV JUSTIN-

Mi ero dimenticato di dovere dei soldi a quel bastardo di Brenton Foster, quello che aveva cercato di trattare per avere Liv.

Mi aveva chiamato per darmi appuntamento, ero in debito di cinque mila dollari e non avevo tutti questi soldi al momento.

Alcune partite di poker non andavano secondo i piani ed era frustrante.

Con i soldi vinti all'ultima partita avevo comprato cose molto futili, ma dopotutto ero convinto che li avrei potuti racimolare con la partita che poi non avevo più giocato.

Non potevo mancare all'appuntamento, e quindi ci andai lo stesso.

Avevo evitato Liv tutto il giorno per evitare che si immischiasse in questa faccenda, non le riguardava.

L'incontro sarebbe avvenuto nel retro di un locale che si trovava molto distante da casa mia.

Quando arrivai, Brenton era già lì, mi stava aspettando.

Scesi dalla macchina e mi avvicinai.

"Bieber, era ora che ti facessi vedere con il mio malloppo." disse ad alta voce.

"Non scaldarti tanto, Foster."

Ero ad un metro da lui e i nostri sguardi erano fulminanti.

"Facciamo in fretta, ho molte cose da fare."mi avvertì.

"Mi dispiace, ma non ho quei soldi che ti devo." Esclamai alzando le spalle.

Affrontavo sempre le situazioni così, non mi mostravo debole.

"Come sarebbe a dire che non hai i miei soldi?" La sua voce era rabbiosa, e gli uomini che si era portato dietro cominciavano a scaldarsi.

"Vuol dire quello che ho detto, i soldi non ci sono." Dissi con voce piatta.

"Lo sai molto bene che è un male mettersi contro di me, Bieber." sibilò tirandomi un forte pugno sulla guancia.

Fu un gesto inaspettato che contraccambiai con un calcio nel suo stomaco.

I due uomini che si era portato dietro, mi bloccarono.

"Bravo, non mi affronti da solo perchè sai che perderesti." Ruggii.

"Ti sbagli, Bieber."

Un altro pugno colpì la mia mascella, ma non c'era nulla che potessi fare.

I suoi uomini mi tenevano fermo, non potevo difendermi.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Motherfucker ***


-POV LIV

"Si mamma ho capito." dissi per l'ennesima volta attraverso il telefono.

Ero ancora da Claire, e mamma mi stava dicendo che non sarebbe tornata a casa per un'emergenza a qualche paziente.

"Non andare da sola a casa? è pericoloso e molto buio." mi avvertì.

"Certo mamma, mi faccio accompagnare." Conclusi staccando la chiamata.

C'è qualcosa che non va ?" mi chiese Claire preoccupata.

"No, tranquilla." Risposi. "È meglio che vada." presi il telefono e mi alzai dal letto.

"Da sola?" Disse rizzandosi a sedere.

"Si."

"No , ti faccio accompagnare da mio padre, è di sotto." mi propose.

"Claire davvero, non farlo scomodare."

"No, può accompagnarti."

Mi trascinò nel suo salone dove suo padre era comodamente rilassato sul divano.

"Papi, puoi accompagnare Liv?" lui si voltò nella nostra direzione.

"Con piacere."

Si alzò e prese le chiavi della macchina.

"Grazie." Dissi gentile.

Non c'è di che."

XXX

Stavo per addormentarmi.

Il padre di Claire era lentissimo e iniziavo a credere che sarei arrivata a casa il giorno seguente.

"Ti dispiace se prendo questa strada?"mi domandò.

"No, faccia pure."risposi annoiata.

Canticchiai una canzone e poggiai la testa al finestrino.

Si udirono dei lamenti fastidiosi al di fuori della macchina e mi girai a guardare.

Un ragazzo veniva pestato da tre uomini.

Il padre di Claire avanzò per evitare che guardassi quella scena, ma percepii un brutto presentimento.

Quando arrivai a casa, presi il telefono e inviai un messaggio a mia madre per avvertirla di essere arrivata a casa sana e salva.

Camminai avanti e indietro per il salone e mi convinsi a chiamare.

Composi il numero di Justin ed aspettai che rispondesse.

Gli squilli sembrarono infiniti, anche quando rispose.

"Justin?"Dissi.

"Liv, piccola mia." Rispose.

Ebbi un tuffo al cuore, non era la voce di Justin.

"Chi sei." domandai confusa.

"Sono Justin, non mi riconosci?" Rise.

"Dimmi chi sei."urlai.

"Che bel caratterino." Constatò la voce.

"Dov'è Justin?" Mi affrettai a chiedere.

Poteva essergli successo di tutto, e avevo paura.

"Sta dormendo." disse divertito.

"Che cosa gli hai fatto?" Sbottai.

"Se vuoi recuperare ciò che resta di lui, vieni ad Holiday Street." Rispose glaciale.

"Figlio di Puttana." sibilai.

Uscii di corsa da casa, non dovevo perdere tempo.

Mi tremavano le gambe, ero spaventata per me, per lui.

Gli occhi mi pizzicavano,ma non dovevo piangere.

Sentii i polmoni andare a fuoco, correvo senza sosta.

Lessi tanti cartelli di strade, vidi tanti vicoli, ma nessuno sembrava quello giusto.

Cominciai a pensare che fosse tutta una trappola, che Justin non fosse dove quell'uomo diceva e che volesse solo farmi uscire di casa.

Corsi in una stradina e mi bloccai.

Il corpo di un ragazzo insanguinato, giaceva sul cemento.

Mi avvicinai, intimorita e fu li che vidi dei capelli chiari inconfondibili.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Stop ***


Quando arrivai vicino alla sagoma di Justin non riuscii più a trattenere le lacrime.

Mi chinai e gli presi il viso fra le mani "Justin , svegliati." sussurrai in preda al panico.

Aveva gli occhi chiusi ed era immobile.

"Justin,rispondi." urlai.

Lui emise un verso di dolore ed aprì gli occhi.

"Oh mio Dio." Mormorai guardando le mie mani piene di sangue.

L'odore di metallo mi fece arricciare il naso e trattenni un conato di vomito

Le pulii velocemente sui vestiti e boccheggiai.

"Sta tranquillo, adesso ti porto in ospedale." cercai di rassicurarlo.

Afferrai frettolosamente il telefono che avevo messo in tasca e composi il numero.

" Marcus, devi venire subito in Holiday Street."

"Perché dovrei?" Chiese.

"Hanno pestato Justin, non so che fare." Dissi quando una lacrima rigò la mia guancia.

"Che stai dicendo? Arrivo subito."

Dopo circa dieci minuti di pianto ininterrotto, vidi un auto fermarsi e Marcus correre verso di noi.

"Liv." urlò. "Dobbiamo portarlo in ospedale." alzò Justin con entrambe le braccia e lo portò verso la macchina.

"Sbrigati, sali." mi incitò.

Marcus sfrecciò verso l'ospedale più vicino.

"Sai chi è stato?" Mi domandò.

"Non ne sono sicura." dissi tremante.

XXX

Gli ospedali erano posti così conosciuti per me, ci passavo il tempo quasi tutti i giorni.

Vedevo persone piangere, bambini malati e genitori preoccupate.

Non avevo mai capito come realmente si sentissero, leggevo il loro dolore negli occhi ed ero quasi certa che quello che provavo io in quel momento era equivalente a quello che provavano loro.

Justin aveva due costole incrinate , ma per il resto stava bene e questo mi dava un po' di sollievo.

Era stato messo in una stanza a riposare , lo avevano riempito di analgesici per il dolore e il gonfiore e i medici ci avevano raccomandato di non fargli fare alcun movimento brusco.

Erano circa le tre di notte quando si svegliò e potei vederlo.

Aveva una fasciatura sull'addome e diversi lividi sul viso.

"Che cosa ci fai qui?" mi chiese a bassa voce.

"Ti hanno massacrato e mi chiedi che cosa ci faccio qui?"

Lui annuì.

"Justin, sono stata io a trovarti e a chiamare Marcus per farti portare in ospedale." Spiegai avvicinandomi al suo letto.

"Come facevi a sapere dove mi trovavo?" Aveva uno sguardo confuso e lo capivo.

"Ero preoccupata perché non avevi risposto a nessuno dei miei messaggi, così ti ho chiamato. Mi ha risposto un uomo che ha detto che sapeva chi fossi e che ti aveva fatto molto male." finii di raccontare con un po' di sicurezza.

"Non posso crederci, non dovevi parlare con quel pezzo di merda." disse stringendo gli occhi ad una fessura.

"Con chi ho parlato?"

"Brenton Foster, l'idiota che voleva scambiarti a poker." sputò con disprezzo. "Quando mi rimetto lo farò fuori."

Un brivido mi salii lungo la schiena, ma lo ignorai.

"Tu non farai assolutamente nulla." Risposi brusca. "Smetti di giocare a poker, fallo per te stesso."

"Non posso smettere di giocare a Poker, e non posso non uccidere quel bastardo." Chiarì.

"Perchè non puoi smettere di giocare?"

"Non capiresti." Sussurrò.

Alzò le braccia e afferrò le mie, per avvicinarmi.

Mi sporsi verso di lui facendo attenzione a non fargli male e gli baciai la fronte, l'unico posto dove non compariva un livido.

"Sappi che sei una ragazza speciale e ti ringrazio per tutto." mi disse baciandomi piano le labbra.

Le sue erano gonfie e violacee, ma il suo tocco, anche se leggero, mi bastava.

Dopo essersi staccato la porta della stanza si aprì lasciando entrare una donna molto spaventata.

"Justin, chi ti ha fatto tutto questo." corse verso il letto e capii che fosse sua madre.

Sentii il bisogno di uscire e lasciarli soli.

Quando fui fuori mi misi a sedere su una sedia poco distante e portai le mani al volto, sbuffando. 

Ero consapevole, molto consapevole di essere innamorata di Justin. 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Who are you ***


Justin era tornato a casa sua da ormai tre giorni, doveva solo aspettare che le costole guarissero.

Mi mancava davvero tanto e sentivo il bisogno di vederlo.

Mamma si offrì di accompagnarmi, e non potei non acconsentire.

"Ciao Liv, che bello vederti." Esclamò Patty quando mi vide.

Avevo conosciuto la mamma di Justin in quei giorni, ed era una persona davvero gentile.

"Justin sta dormendo, fa piano quando entri in stanza."

Salii le ampie scale ed entrai nella sua camera.

Le pareti erano di un lilla- blu chiaro e lui stava riposando sul letto matrimoniale.

Mi avvicinai lentamente alla poltrona accanto al letto e lo osservai.

Sembrava in pace con il mondo, il suo petto si abbassava e alzava calmo, il suo respiro era regolare, le sua labbra erano semi-aperte e i capelli erano arruffati.

La voglia di toccarlo e sentire la sua pelle a contatto con la mia, mi invade.

Senza fare rumore mi sedetti accanto a lui, sul letto e gli sfiorai il viso con le dita.

Scesi lungo il petto, dove seguii la forma dei suoi pettorali, fino a dove la V del suo addome non spariva nascondendosi nella tuta.

Mi morsi le labbra, era così bello che avrebbe potuto competere con un Dio greco.

Mugugnò qualcosa e aprì gli occhi che si incontrarono subito con i miei.

"Non volevo svegliati, io stavo.." mi alzai dal letto e rise.

"E' stato il miglior risveglio della mia vita." la sua voce era roca e il mio cuore fece una capriola. "Vieni qui." mi intimò.

Mi sdraiai sul letto accanto a lui.

"Allora, come ti senti?" chiesi con la sua faccia poco distante dalla mia.

"Molto meglio." rispose nascondendo il viso nel mio collo e lasciandoci un umido bacio.

"Quando riprenderai la tua vita normale?" chiesi ancora .

Mi domandavo se percepisse la mia agitazione ma la ignorasse.

"Domani" disse. "Verrò da te."

Baciò la mia guancia.

"Sul serio?"

"Ssh." mi zittì baciando le mie labbra con una lentezza straziante.

Contemporaneamente fece scendere la sua mano lungo il mio fianco. Il suo tocco era bollente e mi bruciava la pelle.

Istintivamente toccai i suoi capelli.

Prese a baciarmi fin dove la scollatura della mia maglia non finiva, e mi toccò il sedere.

Un ciuffo dei suoi capelli sfiorò il mio naso e mi fece il solletico.

Iniziai a ridere e lui alzò la testa verso di me.

"Hai rovinato un bel momento." disse scostandosi.

"Scusami, ma non ho resistito."

"Sei davvero strana." Disse scoppiando a ridere.

"Tranquillo, potremmo continuare domani."

"Domani?" Chiese alzando un sopracciglio.

Mi alzai e annuii.

"Scherzi?"

"Ciao, Justin."

IL GIORNO SEGUENTE

"Non dimenticare la spazzola, quell'uomo non può vederti tutta arruffata." dissi a mia madre.

Stava partendo per una sorta di week end romantico in un qualche nido d'amore, il solo pensiero mi faceva vomitare.

Aveva conosciuto una persona che reputava interessante, ed era contenta di quel piccolo viaggio.

"In realtà si chiama Rob, e ti prometto che appena torno te lo presento." rispose mettendo la spazzola in un beauty-case.

Forse avrei dovuto conoscerlo prima di mandare mia madre in viaggio con uno sconosciuto.

"Sicura di non voler venire con me?" mi chiese guardandomi per qualche istante.

"Con te e il tuo nuovo ragazzo? No, passo." mi guardò male, ma sorrise.

"Allora, come ti sembro?"

"In ansia." mi guardò male per la seconda volta in quei cinque minuti.

"Sto scherzando, mamma." La rassicurai. "Sei favolosa."

Scendemmo le scale e ci avvicinammo alla porta.

"Ti ho preparato dei sughi, devi solo cuocere la pasta." mi avvertì. "Ma non incendiare nulla."

"Non sono una bambina, come minimo chiamerò i pompieri."

Mi fulminò con lo sguardo.

"Va via." Le dissi spingendola fuori casa.

"Ah, Liv, ho chiesto alla signora Lebrowski di darti un occhiata." Esclamò trascinando la sua valigia.

"Dio mamma, perchè l'hai fatto?" sbuffai.

"Perchè di te non mi fido proprio." con questo mi mandò un bacio e chiusi la porta.

Camminai fino al divano borbottando, detestavo quando mi trattava come se avessi cinque anni.

Mi sdraiai e accesi la TV.

Il campanello suonò e mi interruppe. Sbuffai per quella che mi sembrò la centesima volta in quel giorno, e mi alzai.

Che diavolo voleva, mamma?

Svogliatamente andai ad aprire e dissi "Si mamma ho capito, i sughi.."

Un ragazzo alto e con dei capelli scuri scuri mi fissava. "Scusa, tu saresti?" chiesi alzando un sopracciglio.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Jealousy ***


"Io sono Tom, il nipote della tua vicina , la signora Lebrowski." mi informò presentandosi.

"E sei qui per.." lasciai in sospeso la frase in modo che mi spiegasse il motivo di quella visita.

"Oh certo, mia nonna vorrebbe invitarti a pranzo, sa che tua madre è partita e non vuole che tu resti a casa da sola." disse appoggiandosi allo stipite della porta.

"Dille che è molto gentile, ma credo di non poter venire. " alzai le spalle e feci per chiudere la porta.

Tom la bloccò con un piede.

"Mia nonna ci resterà male, ti adora e penso che dovresti venire."

"Senza offesa, ma l'ultima volta che l'ho fatta felice correvo nel parco come una pazza, con i vestiti tutti sporchi perché i suoi cani avevano visto un dannatissimo gatto." Risposi acida.

"Non dovrai fare nulla del genere, promesso."

Capii che cosa non mi piaceva di lui : la sua insistenza.

"Va bene, se proprio non vuoi venire a pranzo, vieni a prendere un the con noi dopo." mi propose con un sorriso.

"Se vengo te ne andrai via?" domandai stufa.

Lui annuì subito.

"Allora va bene." Conclusi sbattendogli la porta in faccia.

XXX

"Si, un tizio che si chiama Tom." Dissi ridendo attraverso il telefono.

Avevo chiamato Claire che aveva fatto pace con Marcus, cosa abbastanza prevedibile.

Mi aveva detto anche che stava provando a convincere Marcus a non giocare più a poker, ma dubitavo che ci sarebbe riuscita.

Strofinai con la limetta sulle unghie e guardai fuori la finestra.

"Claire ti devo lasciare, quel ragazzo è qui." Dissi con un sospiro.

"È stato di parola." Rispose ridendo. "Buon divertimento."

Staccai la chiamata e aprii la porta prima che lui bussasse.

Sorpassai Tom che era rimasto con la mano a mezz'aria e andai verso il cancello della signora Lebrowski che era socchiuso.

Ci entrai e lei mi accolse con un grosso abbraccio.

Odorava di limone e cotone.

"Che bello averti qui Liv." Mi accarezzò i capelli e me li mise dietro una spalla. "Prendi un biscotto cara."

Tom mi guardava di sottecchi e sembrava che volesse capire cosa pensassi.

Il the era bollente e mi maledii per non aver soffiato.

"Tom, hai visto che bella Liv? Potresti invitarla ad uscire."

Tossii sentendo il biscotto andarmi di traverso.

"Nonna, potrebbe essere fidanzata." sussurrò lui.

Mi sembrò patetico il suo comportamento, ma cercai di non pensarci.

"Hai già un ragazzo?" Domandò la signora Lebrowski con sguardo interrogativo.

"Veramente si, io sarei fidanzata." Mentii

Non era bello da parte mia, ma dovevo evitare che Tom mi chiedesse di uscire. In un certo senso il mio rapporto con Justin poteva sembrare un reale fidanzamento.

"Quindi non puoi uscire con il mio Tom?" Scossi la testa.

"Ma io non sono geloso."

Lo guardai male, e una parte di me sperava che scherzasse.

"Io non sono una persona che tradisce." lo informai prendendolo in giro.

"Sai, ho sempre avuto un debole per le ragazze antipatiche."

"Siete proprio carini." intervenne la signora stringendo le guance di suo nipote.

Decisi di cambiare argomento e di scappare da quella casa.

"Complimenti per il the, è buonissimo."

"Grazie cara." Rispose afferrando la tazza. "Ai miei cani piacerebbe uscire di nuovo con te."

Quelle parole furono un campanello d'allarme.

"Non posso proprio, tra un po' avrei da fare e mi devo preparare." dissi sbrigativa alzandomi.

In quel momento il mio cellulare suonò , lo presi alla svelta e vidi che mi era arrivato un messaggio:

DA JUSTIN

Sono fuori casa tua, ho voglia di vederti. Esci!

Tempismo perfetto.

Sorrisi non accorgendomene e quando alzai lo sguardo, Tom mi guardava interrogativo.

Lo ignorai e mi avvicinai alla signora Lebrowski.

"Io dovrei andare, il mio ragazzo è arrivato per tenermi compagnia a casa. Posso tornare domani se le fa piacere." le proposi sperando che dicesse di no.

"Cara mi dispiace che tu te ne debba andare così presto , ma come si dice : All'amore non si fa aspettare." recitò. Le sorrisi e l'abbracciai, anche se non avevo mai sentito quel detto.

"Tom, fa il gentiluomo e accompagnala alla porta." lui mi fece strada.

"Ti ho incontrata nel peggiore dei modi , sei antipatica e acida, ma mi piaci."

"Ti ho incontrato nel peggiore dei modi , sei odioso , stupido e non mi piaci." dissi sinceramente. 

Aprii la porta ed uscii , poi lui mi chiamò e quando mi girai mi diede un bacio sulla guancia.

Sapevo che Justin era lì quindi mi affrettai verso la sua macchina e ci entrai.

-POV JUSTIN

Era appena entrata in macchina dopo che era uscita dalla casa di un tizio che l'aveva baciata.

Sarei volentieri sceso a dirgli che non la doveva toccare, ma non me ne aveva dato il tempo.

"Ehy ciao." disse sporgendosi verso di me per baciarmi la guancia. Mi scostai infastidito, non volevo che mi toccasse.

"Allora, dove andiamo?" chiese con un sorriso.

"Perchè non sei uscita da casa tua?" domandai voltandomi verso di lei.

"Ero a casa della signora Lebrowski." spiegò. Misi in moto e lentamente avanzai.

"E chi era quello?" domandai ancora.

"Tom, suo nipote. Mi ha chiesto di uscire." mi informò.

"E tu che cosa gli hai risposto?"

"Gli ho detto di si perchè mi sembrava brutto dire di no."

Feci subito una brusca inversione e in un attimo fui di nuovo davanti casa sua.

"Scendi." mi guardò interrogativa. "Ho detto scendi." ripetei.

"Justin c-che ti prende?"

"Giuro che se non scendi ti sbatto fuori con la forza. Hai tre secondi, Liv. Uno, due, tre. L'hai voluto tu, al diavolo le costole." scesi dalla macchina e raggiunsi il suo lato.

"Ma stai scherzando?" Domandò impallidendo.

L'afferrai per un braccio e la feci scendere.

"Ho capito, sei geloso." Disse ridendo.

" Io non sono geloso." Risposi scandendo bene le parole.

"Allora perche tutta questa messa in scena?"

"Io non lo so." ammisi.

"Questo non ha senso , non puoi fare così e non sapere il perchè." Osservò incrociando le braccia al petto.

"Cosa vuoi che ti dica? Vuoi che ti dica che sono geloso? Va bene sono geloso e allora?" Confessai nervoso. "Io mi sento così stupido, non so che mi sia preso, ma mi ha solo infastidito."

Live ridacchiò, e mi sembrò che mi stesse prendendo per i fondelli.

"Senti, vaffanculo." entrai in macchina, lei corse e aprì il mio sportello.

"Stavo scherzando, gli ho detto che ero fidanzata. Ti ho mentito per vedere la tua reazione." disse sorridendo.

"Sei una grandissima stronza." risposi.

"Allora,dove andiamo?" mi chiese cambiando discorso.

"Da nessuna parte, adesso entri in casa , non apri più a quel Tom o come si chiama, ti prepari e stasera andiamo a cena."

"Davvero? Un appuntamento?" domandò.

"Se lo vuoi chiamare così per me va bene." lei mi guardò cercando di nascondere il suo entusiasmo, anche se lo aveva scritto in fronte.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** First date ***


POV LIV-

Dovevo trovare la calma.

Dopo che Justin mi salutò per  prenotare all'ultimo minuto in qualche posto, mi fiondai in camera a saltare sul letto.

L'amore che effetto strano faceva alle persone, rendeva mia madre sgorbutica e me egocentrica. 

Scelsi come al solito qualcosa di molto semplice, come il trucco.

Detestavo i tacchi ma erano parte importante degli abiti da sera.

Non sapevo come mi sarei dovuta comportare , non avevo un appuntamento da un bel po' e sapevo che quando lo avrei visto lindo e pinto, sarei svenuta.

Mai avevo creduto che un ragazzo potesse essere così bello e dannato , ma non avevo ancora conosciuto Justin Bieber. 

"Buonasera." disse a voce bassa baciandomi sulla guancia dopo aver bussato.

"Sappi che sarò un gran gentiluomo."

E fu così, perchè quando ci avvicinammo alla macchina mi aprì lo sportello.

"Adoro i gentiluomini." mormorai con un sorriso.

Salii e mise in moto uscendo dal vialetto.

"Dove andremo a mangiare?" chiesi guardandolo.

Con le mani sul volante e gli occhi fissi davanti a se, era da togliere il fiato.

"Andremo in un ristorante italiano appena fuori Seattle." Rispose passando una mano tra i capelli.

"Ti ho già detto che sei incantevole?"

"Smettila di parlare come Edward Cullen di twilight." risi.

"Come chi?" rise anche lui.

Guardai fuori il finestrino e vidi che il cielo era brutto.

"Justin." lo chiamai.

Mmh." mormorò.

"Credi che pioverà?"

"Non lo so, il tempo fa quello che vuole."

Quando arrivammo, il ristorante era davvero affollato.

Era in toni del beige, da quello più intenso a quello più fiacco. I tavoli erano messi piuttosto in ordine per tutta la sala e dalle grandi finestre si poteva ammirare il cielo che in quel momento era ricoperto da molteplici nuvole.

"Salve , ho prenotato un tavolo a nome Bieber." informò Justin al ragazzo con la divisa da cameriere.

"Certo, mi segua." il ragazzo che sulla targhetta portava il nome di Max, con un sorriso ci scortò al nostro tavolo, che era un po' più appartato.

Quando ci sedemmo presi il menu, anche se sapevo già che cosa ordinare.

"Allora, che te ne pare?" mi chiese Justin riferendosi al ristorante.

"Lo trovo accogliente, e adoro il cibo italiano."

Ricordai a quando ero piccola e a quando mio padre portava me  e la mamma in un posto tanto simile, quei ricordi facevano male , ma mi sforzai di non pensarci.

"Ehi che ti prende, va tutto bene?" annuii con decisione scrollando di dosso il passato.

Max dopo poco si avvicinò e ordinammo. Prendemmo entrambi gli spaghetti con il sugo, una specialità della casa.

Era da tempo che volevo conoscere di più Justin, sapere qualcosa su di lui che non conoscevo e quello mi parve un buon momento.

Decisi di chiedergli la prima cosa che mi venne in mente.

"Justin, che cosa c'è stato tra te e Leila?" con tutto quello che era successo in quei giorni non ci avevo pensato granchè, ma adesso volevo sapere.

"Cosa?" mi guardò con quei suoi occhi dorati e pensai di star iniziando a sciogliermi. "Nulla." rispose semplicemente.

Non capivo perchè mentisse , sapevo che erano stati insieme , me lo aveva detto Leila stessa, minacciandomi.

"Justin , perchè stai mentendo?" incrociai le braccia al petto decisa ad andare fino in fondo a quella storia.

"Liv, perchè lo vuoi sapere?"

"Perchè sono stata minacciata e vorrei sapere se c'è stato qualcosa di serio."confessai. Sapevo che in quel modo avrebbe detto la verità.

"Come? Chi ti ha minacciato?" urlò. Molte persone si girarono verso di noi e mi sentii in imbarazzo.

"Abbassi la voce?" domandai bevendo un sorso di vino.

Non mi ero nemmeno accorta che Max lo avesse versato.

"Mi hai detto che qualcuno ti ha minacciato e te ne stai a bere vino? Hai tre secondi per parlare e dirmi tutto." sbottò.

Odiavo quando faceva così , lui e quel ' hai tre secondi' 

"Uno.. due.." lo bloccai.

"Perchè io devo sempre  dirti tutto mentre tu non mi dici nulla, è una cosa ingiusta."

"Non fare la bambina e parla." Rispose brusco stringendo il calice.

"No."

Mi mandò uno sguardo di fuoco, e sapevo benissimo che avrebbe continuato finchè non avessi parlato.

Stava per dire qualcosa, quando Max ci servì e fu costretto a stare zitto.

"Preferite qualche altra cosa?" chiese in modo molto cortese.

"No, sparisci." Rispose Justin.

Aveva usato un tono così sgradevole che quasi lo avrei preso a calci.

Max, mortificato andò via.

Sei uno stronzo." sussurrai innervosita.

La cena da primo appuntamento non stava andando affatto bene.

"Liv, te lo ripeto per l'ultima volta, parla."

"Ti dirò tutto se risponderai alla mia domanda." Dissi contrattando.

" Non c'è stato praticamente nulla, te l'ho già detto."

"Bugiardo." Sbottai mangiando una manciata di spaghetti e tenendo la calma, cosa che lo fece infuriare.

Ero abituata agli scatti di Justin, ma quella volta superò se stesso.

Lasciò dei soldi sul tavolo velocemente, e in pochi secondi mi trascinò fuori il ristorante.

"Ti reputi una persona normale?" chiesi urlando.

"Odio quando qualcuno non fa quello che dico."

"Beh signor SonoioilcapoJustinBieber, devi abituarti. Non farò mai quello che dici." Spiegai. "Ti ho fatto una semplice domanda alla quale dovevi rispondere, invece come al solito hai usato una fottuta bugia e la cosa è degenerata."

"Mi dici che ti hanno minacciata e ti aspetti che resti calmo?"

Stavamo letteralmente urlando nel bel mezzo nel parcheggio, e fui felice del fatto che non ci fosse nessuno.

"Justin, non è questo il punto." passai le mani nei capelli per il nervoso.

L'odore di pioggia mi faceva venire il voltastomaco , anche se non avevo mangiato nulla.

"Non è successo nulla tra me e Leila , siamo stati solo insieme per sette mesi." spalancai la bocca.

"Lo reputi un nulla?" Ero sconvolta, non poteva non significare niente per lui.

In quel momento un tuono assordante seguito da un fulmine squarciò il cielo facendomi venire i brividi.

"Io non capisco che cosa importi adesso questa storia, ti ho detto quello che volevi sapere e adesso tocca a te."

"Sei un grande idiota, portami a casa."

Ero affamata e stanca di litigare.

"Rispondi." Urlò prendendomi per un braccio.

"Justin." pronunciai con fermezza.

La presa che aveva sul mio braccio era forte.

"Parla."

"E' stata lei, va bene? Ha detto che se solo mi fosse passata per la testa l'idea di stare con te me la sarei dovuta vedere con lei. Crede che sei ancora innamorato ed è chiaramente pazza di te."

Finalmente mi lasciò il braccio e mi avviai alla macchina. Lui mi seguì senza dire una parola, poi parlò.

"Non provo più nulla per lei." mi girai e lo guardai. "Non devi più ascoltare quello che dice, non è nessuno per dirti quello che devi fare."

"Lei non può dirmi quello che devo fare, ma tu si?" mi venne da ridere, quello che diceva non aveva alcun senso.

"Smettila." disse passandosi una mano sugli occhi.

"Sei esausto?Lo posso immaginare . Dopo questa messa in scena, anche io lo sono." una parte di me voleva fargli pesare quella situazione.

"Smettila ho detto." affermò con decisione.

"Continui a dirmi quello che devo fa.." non mi fece finire che mi incatenò contro lo sportello della macchina.

"Devi stare zitta due minuti, la tua voce mi sta irritando. Mi hai fatto venire un mal di testa atroce." sibilò e poi si allontanò.

"E adesso se non vuoi che ti lasci a piedi, sali in macchina."

-POV JUSTIN-

Aveva rovinato una bella serata grazie alla sua boccaccia mista alla curiosità.

Quella giornata era stata davvero pesante, non avevamo fatto che litigare come due noiosi fidanzati dal pomeriggio, e la cosa mi dava su i nervi perchè non eravamo due noiosi fidanzati.

Sapevo di non essere stato molto gentile trascinandola via in quel modo, ma avevo perso la pazienza.

Certe volte era così complicata e strana da mandarmi su tutte le furie.

"Ho fame." disse.

Aveva la testa poggiata al finestrino e guardava la pioggia scendere. Erano cinque minuti che non apriva bocca, ma non le piaceva restare in silenzio a lungo.

"Che cosa vuoi mangiare?" chiesi girandomi verso di lei per qualche istante.

Voglio un milkshake alla banana con doppia panna." sembrava una bambina.

"Stai scherzando?"

"Ti sembro una che scherza?" tra tutte le donne, pensai, lei era quella  più  difficile.

Sbuffai e presi il pacchetto di sigarette che avevo in tasca, ne accesi una e la misi tra le labbra.

Fui inondato da una lenta calma e quando lasciai il fumo andare via, la macchina diventò per un istante grigia.

Liv si sporse e mi tirò via la sigaretta dalle labbra con una smorfia, aprì il finestrino e la gettò.

"Non si fuma in macchina." mi avvertì con un sorrisetto fastidioso.

"Ringrazia che sto guidando."

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** I want you to understand ***



-POV LIV-

Mamma era tornata da circa un oretta ed era più felice che mai.

Aveva un sorriso smagliante ed era raggiante e riposata.

Finalmente era riuscita a far funzionare per il momento il rapporto con Rob, mentre io non riuscivo a fare lo stesso con quello che avevo con Justin.

"Ci siamo coccolati tutto il tempo, è stato magico." raccontò con gli occhi sognanti.

"Sono felice che tu abbia passato un buon week end mamma." confessai sincera.

"Tu, invece?" mi chiese curiosa.

"Io cosa?"

"Hai visto quel fusto di Justin oppure no?" sembrava una vera e propria ragazzina, ed era buffa.

"Non ne voglio parlare." ammisi con un sorriso amaro.

"Avete litigato?"

"Forse si, forse no." Risposi vaga.

"Perchè non ne parliamo, potrei aiutarti." Propose toccandomi una spalla.

"Magari dopo, mamma."

Mi fiondai in camera dove mi lanciai sul letto, presi il telefono e controllai se Justin mi avesse mandato un messaggio, ma come al solito non c'era nulla.

Poco meravigliata, diedi un urlo liberatorio nel cuscino.

-POV JUSTIN-

Marcus era a casa mia già da un po', e non la smetteva di raccontare come aveva fatto pace con la sua ragazza, cosa che me ne importava poco.

Non riuscivo a smettere di pensare a quello che era successo il giorno prima.

Ero convinto che la mia relazione con Leila non fosse poi di così gran peso. Avevamo passato circa sette mesi insieme, ma non credevo di averla amata per davvero.

Mi ripetevo ogni giorno di doverla lasciare perché non era altro che un'amica speciale, ma quando la guardavo non avevo il coraggio di dirle come stavano le cose.

Ero stanco di fingere, e anche se non volevo che soffrisse, feci quello che ritenevo giusto e la lasciai.

Da quel momento non aveva mai smesso di torturare tutte le ragazze con le quali passavo il tempo, e non volevo che facesse lo stesso con Liv.

Lei era diversa, importante.

"Amico, ti vedo pensieroso. È successo qualcosa?" Domando Marcus.

Feci di no con la testa e continuai a bere la mia birra.

Non avevo più sentito Liv.

Dopo averle comprato il milkshake, l'avevo riaccompagnata sotto casa, dove senza degnarmi di uno sguardo, uscì sbattendo lo sportello della macchina.

Avevo capito che quando era arrabbiata se la prendeva con le auto e gli sportelli, ma sapeva che tenevo alla mia macchina, ed ero quasi sicuro che lo facesse a posta.

"Sicuro che sia tutto okay" insistette Marcus.

"Le cose vanno come sempre." mentii per chiudere l'argomento.

"Hai più sentito quel bastardo di Brenton?" domandò.

"Non nominarmi quel figlio di puttana, gli devo ancora cinque mila dollari, e ho voglia spaccargli la faccia per come mi ha ridotto." ammisi sentendo la  vena del collo pulsare.

Le costole erano quasi guarite, ma non avrei lasciato correre.

"Amico, io ti capisco, ma non mi sembri infastidito per questo."

"Sono stato male e ho avuto altri problemi personali." dissi non scendendo nei dettagli.

"Del tipo ragazze?" mi voltai a guardarlo.

"Del tipo non sono affari tuoi."

-POV LIV-

"Liv stasera conoscerai Rob, viene a cena." mi urlò mia madre dal piano di sotto.

Scesi le scale di corsa e dissi "Ma come, vi siete appena salutati e già viene a stare da noi?" Sbottai infastidita.

Mia madre mi guardò stranita.

"Liv, che cosa ti da fastidio?"

"Non mi da fastidio nulla mamma. Divo solo che non hai nemmeno messo in ordine le tue cose che già ce lo ritroviamo a casa. " mamma ignorò il mio commento e mi costrinse a prepararmi.

Quando Rob arrivò era molto agitato, glielo leggevo in faccia.

Era un bell'uomo, e mi congratulai mentalmente con mia madre per gli ottimi gusti.

Aveva degli occhi color ghiaccio ed era abbastanza alto.

"Ciao principessa" mi salutò. "Io sono Robert Wood, ma mi puoi chiamare semplicemente Rob."

Il modo in cui si approcciò mi fece sentire un calore all'interno del petto.

"Io sono Liv Tunner, ma mi puoi chiamare Liv." rise e ci accomodammo.

Durante la cena scoprii che era una bella persona in tutti i sensi, e mi sentii felice per la prima volta in quella giornata.

Mamma meritava di tornare a vivere, di tornare a stare bene con qualcuno che non fossi io, meritava di non sentire più quelle mancanze che mio padre le aveva dato per tanti anni.

Se lo meritava perchè nonostante tutto e nonostante tutti, era la mamma migliore del mondo intero.

Quando Rob se ne fu andato dandomi un tenero bacio sulla guancia, corsi ad abbracciare mia madre e a dirle quello che pensavo.

Quando corsi in camera, trovai Justin seduto sul mio letto.

Per lo spavento urlai, ma mi tappai velocemente la bocca per evitare che mia madre sentisse e si insospettisse.

Lui si alzò e si avvicinò, chiuse la porta a chiave e mi portò sul piccolo terrazzo che avevo.

"Justin, io non so come tu abbia fatto ad entrare in camera mia, e non so che cosa..."

Justin mi colse alla sprovvista e mi baciò.

Fu uno di quei baci che ti restano sempre impressi, uno di quei baci che te ne fa desiderare altri cento.

Mi guardò negli occhi e sentì le gambe di gelatina.

"Perchè l'attimo prima mi fai sentire piccola piccola e l'attimo dopo mi baci, io non so davvero cosa pensare." Dissi abbracciando il mio corpo.

La mia maglietta leggera mi faceva sentire freddo per la brezza che soffiava.

"Mi mancavi." rispose distogliendo subito lo sguardo da me.

"Ti mancavo.."

Una parte di me era compiaciuta, come del resto il sorriso che cercavo di nascondere.

"Volevo spiegarti come stavano veramente le cose. Ieri ho reagito d'impulso e non mi sono controllato, ma adesso voglio che tu capisca."

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Revenge ***


POV JUSTIN

Ero quasi sicuro di doverle dire tutto.

Non aveva lasciato neanche un secondo i miei pensieri quel pomeriggio, era stata sempre presente, anche quando avevo provato, invano, a scacciarla.

Non sapevo con quale coraggio ero andato lì, ma una piccola parte di me aveva preso il sopravvento.

Averla davanti agli occhi in quel momento era meglio che averla nella testa, la sua bellezza non era paragonabile a nulla.

Adoravo il modo in cui i capelli le scendevano delicati sulle clavicole, adoravo quando mi era vicina e l'odore di shampo alla fragola mi invadeva le narici, oppure quando sorrideva ed era capace di illuminare un giorno buio.

"Mi dispiace,Justin." disse sospirando.

Dalla sua posizione seduta potevo vedere bene il reggiseno nero che portava.

"Non conoscevo questa storia, e francamente non so nemmeno cosa pensare." continuò.

Una folata di vento le fece ondeggiare i capelli e glieli arruffò, dovette aggiustarli con le mani per farli tornare come prima.

" Hai ragione, non posso pretendere che tu comprenda adesso, ma almeno so che conosci la verità." d'un tratto mi si avvicinò e mi si accoccolò accanto.

Mise le mani nella mia maglietta per ripararle dal vento. Le diedi un bacio sulla fronte e per un istante  mi sembrò di essere suo padre.

Non avrei immaginato una vita senza di lei.

"Justin." mi chiamò.

"Mmh." mormorai in risposta.

"Resti qui?"

"Vuoi che resti?" chiesi.

Lei si allontanò, giusto quel poco per riuscire a vedere il mio viso e annuì.

"Perchè?" chiesi ancora, lei sbuffò e mi trascinò in camera.

"Non lo so." rispose alla mia domanda.

Tolsi la maglietta e le scarpe per poi stendermi sul letto. Lei rimase a guardarmi, senza muoversi.

"Lo so che sono bellissimo, ma se mi guardi in quel modo mi fai arrossire." la presi in giro.

"Smettila, idiota." rise sdraiandosi accanto a me.

"Non è detto che ti stavo guardando perchè ti trovo bello." disse mettendo una mano sotto al mento e voltandosi verso di me.

"Oh ma andiamo, tutte sbavano quando mi vedono."

"Bieber, che modestia." alzò gli occhi al cielo e sorrise.

Le presi il viso tra le mani e gli stampai un bacio sulle sue labbra rosee.

Si allontanò e poggiò la testa nell'incavo del mio collo.

"Che cosa siamo noi due?" Domandò in un sussurro.

"Esseri umani?" Risposi ovvio.

"Non intendevo quello, sai che cosa voglio dire." Ribatté sedendosi al centro del letto.

"Non pensarci, tutto ha il suo tempo."

Sospirò rassegnata e ritornò nella posizione precedente.

Per quanto non volessi darle ragione, dovevo. Capivo come si sentiva, lo percepivo, ma non potevo in quel momento darle delle risposte, non ero pronto.

-POV LIV-

Svegliarmi con accanto Justin era qualcosa di semplicemente meraviglioso.

Vedere la persona che più amavi tenerti avvinghiata, non aveva prezzo anche se il caldo era asfissiante.

Era lunedì e questo voleva dire che mia madre era andata a lavoro presto.

Cercai di liberarmi dalla sua stretta, dovevo andare in bagno ma non volevo svegliarlo.

In un modo o nell'altro riuscì a togliermelo di dosso e dopo aver preso una tuta pulita, corsi fuori.

Feci una doccia veloce e quando tornai in camera era sveglio.

"Buongiorno spettacolo." Mormorò facendo fare una capriola al mio cuore.

"Buongiorno." Esclamai un tantino in imbarazzo. "Vuoi mangiare qualcosa?"

Lui annuì, così mi diressi in cucina dopo avergli detto che se voleva farsi una doccia, il bagno era libero.

Non ero molto abile ai fornelli, ma avrei dovuto improvvisare qualcosa.

Di solito quando ero a casa da sola mi bastava scaldare un bicchiere di latte nel microonde e mangiare qualche biscotto.

Quando stavo cercando di rompere le uova, vidi Justin comparire dalla porta.

Si poggiò al bancone e iniziò a guardarmi con curiosità.

"Perchè cerchi di rompere le uova in quel modo?" domandò.

"Come dovrei romperle ?"

M tolse le uova di mano e mi mostrò come fare.

"Bene, prepara tu qualcosa." con un sorriso feci si che prendesse il mio posto, ma prima che mi allontanassi del tutto, mi diede una pacca sul sedere.

XXX

Dovevo ammettere che era molto abile ai fornelli, e promisi a me stessa che avrei imparato a cucinare qualcosa, prima o poi.

Justin se n'era andato da un po' dicendo che doveva fare delle cose misteriose, ma non gli avevo chiesto cosa.

Colsi l'occasione e decisi di prendere il computer e navigare un pochino.

Tra una ricerca e un'altra scrissi su un sito di pagine gialle "William Tanner."

Comparirono cinquecento William Tanner nella zona di Seattle e dintorni, un numero esorbitante, ma quello che ero riuscita a capire spiando mia madre al telefono quando ero più bambina, era che mio padre non abitava più a Seattle, ma a Miami in Florida.

Cercai velocemente lo stesso nome precisando la città, e con mia grande sorpresa non erano in molti, ma solo in centocinquata.

Quando mia madre varcò la soglia di casa qualche ora dopo le dissi "Parto per Miami, vado da papà."

-POV JUSTIN

Dovevo andare in banca a ritirare cinquemila dollari dal conto di mia madre e rimetterli prima che se ne accorgesse, avevo ancora un debito da saldare.

Mi diressi a casa di Brenton Foster, sapendo che non lasciava entrare quasi nessuno se non solo la sua ragazza.

Avevo con me una pistola nel caso che le mani non fossero bastate.

Parcheggiai distante, per evitare che sentisse il rumore della macchina e mi avviai sul retro.

La finestra della camera matrimoniale era aperta e mi fu facile entrare.

Distesa sul letto c'era Jessica che ancora dormiva.

Uscii in corridoio e mi ritrovai davanti un Brenton sorpreso di vedermi.

"Bieber, sei riuscito ad entrare in casa mia." disse con un sorriso.

Il suo sguardo superiore mi fece salire la rabbia alle stelle.

Gli tirai un pugno in piena faccia e lo bloccai contro il muro.

"Non devi mai più, e dico mai più, pronunciare il nome di Liv." dissi a denti stretti.

Brenton rise e gli sbattei violentemente la testa contro la parete e la sua risata si trasformò in un lamento.

"Hai capito?" urlai scuotendolo. "Sei sempre stato un perdente, non hai mai avuto il coraggio di affrontarmi da solo, e adesso so il perchè."

Ringhiò e mi tirò un pugno.

Gli lasciai il colletto e con fatica si rimise in piedi.

"Vediamo se hai ragione." Mi sfidò.

Cercò di tirarmi altri pugni, ma li schivai facilmente.

Una presenza alle mie spalle mi distrasse.

Mi voltai e Jessica ci guardava tremante e con gli occhi spalancati.

"Brenton." Urlò verso il suo ragazzo che adesso era in ginocchio.

"Foster tieni molto a Jessica, vero?" Domandai afferrandola per un braccio.  "Ma che cosa faresti se ti dicessi che potrei sparargli una pallottola in testa."

"No." Tossì lui.

"Vedo che non ti piace che minaccino la tua fidanzata."

Fece di no con la testa, gli occhi erano rabbiosi.

"Bene, allora se non vuoi che succeda nulla alla tua ragazza, lascia in pace la mia."

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Decisons ***


POV LIV

"Non se ne parla." disse secca mia madre.

"Come sarebbe che non se ne parla?" chiesi molto confusa.

"Sarebbe che non andrai da nessuna parte. Non ti permetterò di andare lì e di ritornare con il cuore spezzato." Rispose aspra.

"Ci ha lasciato per colpa tua, tu rovini sempre tutto." sputai arrabbiata.

"Come ti permetti." Mi sgridò. "Dopo tutti questi anni mi ripaghi così?"

Mi guardava con delusione, non si aspettava un comportamento così da me.

"Tuo padre ci ha abbandonate perchè non ci ha mai amate." continuò dicendo.

"Non so se quello che mi dici è vero, mio padre è sempre stato gentile con me. Se n'è andato perchè tu trovavi sempre un pretesto per litigare, hai sfasciato la nostra famiglia." urlai.

La sua mano colpì il mio viso: mi aveva tirato uno schiaffo.

La guancia mi bruciava e istintivamente ci portai una mano sopra.

"Non volevo, non volevo" cercò di avvicinarsi.

"Non azzardarti a toccarmi." Sbraitai.

Corsi di sopra con l'intento di fare i bagagli. Dovevo andare, dovevo sapere che cosa aveva spinto mio padre a lasciarmi e dovevo farlo adesso.

Presi una valigia dall'armadio e ci buttai dentro degli indumenti a caso, qualunque cosa poteva andare bene, ma non volevo più stare in quella casa.

"Ti prego, non andare." sentii dire da mia madre.

"Non voglio più sentire quello che hai da dire, faccio quello che voglio." andai alla scrivania e presi dei trucchi.

"Liv Tanner, hai solo diciassette anni, sei solo una bambina." mi voltai di scatto.

"Ma ti ascolti? Sei incoerente in tutto quello che dici. Quando ruppi l'ampolla della nonna mi urlasti di crescere, lo sto facendo, lo sto facendo ora. Vado infondo ad una cosa che non hai mai voluto spiegarmi con chiarezza, e per tua informazione avrò diciotto anni tra una settimana." Trascinai la valigia fuori la mia camera.

"Ti ho sempre detto come stavano le cose."

"Non mi sembra."

Scesi di corsa le scale e aprii la porta.

"come sai dove abita tuo padre?"

"Non lo so, lo cercherò." Tagliai corto.

"Liv.."

Era troppo tardi quando parlò, avevo già richiuso la porta.

-POV JUSTIN-

Era stato liberatorio poter vendicare me stesso, l'unica pecca era che avevo i pugni rotti e un labbro gonfio.

Non riuscivo a medicare la mia mano sinistra essendo mancino, ed era fastidioso.

Ero quasi sicuro di aver messo le garze nel modo giusto quando bussarono al campanello.

Sbuffando aprii e mi ritrovai davanti una Liv sudata, con le valigie e cinque dita stampate in faccia.

"Che sta succedendo?" chiesi lasciandola entrare.

"Parto Justin, vado a Miami, cercherò mio padre." rispose abbassando il capo.

Gli alzai il viso con due dita e analizzai il segno rosso che aveva in faccia.

"E questo?"

Non volevo che le facessero del male, non dovevano ferirla.

"Mia madre, non voleva che partissi."

Prese la mia mano e sfiorò il mio labbro.

"Ti prego , non dirmi quello che penso che tu abbia fatto.." guardai da un'altra parte.

"Justin, avevi promesso che non ti saresti vendicato e invece hai fatto a pugni, di nuovo." si coprì il volto con le mani e sospirò sonoramente.

"Io sto bene, ma tu invece? Decidi così su due piedi di partire e di andare dall'altro lato dello stato, litighi con tua madre che è la cosa più importante che hai ..."mi interruppe.

"Justin, ho dovuto farlo, ho dovuto prendere queste decisioni. L'ho fatto per il mio bene, devo avere delle risposte." disse passando una mano tra i capelli.

"Nessuno potrà mai capire quanto sia importante per me." continuò.

"Si invece, so cosa vuol dire vedere tuo padre andare via. Il mio ha fatto lo stesso, solo che non è sparito nel nulla."

"Sul serio?"

Annuii.

"Se per te è importante tutto questo allora è importante anche per me." dissi e dopo due secondi scoppiò a piangere.

"Andrà tutto bene." la tranquillizzai.

La presi tra le braccia e la cullai.

"Stai dicendo che verrai con me?"

"Esatto." Risposi sorridendo.

"Vuoi seguire una pazza come me che non sa nemmeno dove cominciare a cercare suo padre."

"Non ti ho mai detto che ho un debole per le pazze?" Risposi dandole un bacio.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Not able to sleep ***


-POV LIV

Justin mi aveva imposto di restare a casa sua, non voleva che me ne andassi e restassi sola.

Era stata una giornata pesante e solo in quel momento mi accorsi di quante cose avevo combinato quell'estate e stavo ancora combinando.

Ero arrivata alla conclusione di essere una pazza psicopatica con problemi più o meno gravi , ma non potevo farci nulla perchè sapevo di avere tanti altri difetti.

Tutto sommato avevo la certezza di non essere come tutte le ragazze normali.

Avevo una sola amica che non vedevo ormai da una vita e non sapevo che fine avesse fatto, uscivo e baciavo un ragazzo che non era il mio fidanzato, rompevo oggetti, litigavo con mia madre, partivo senza una meta precisa...

"Sono tornato, ho preso i biglietti all'aeroporto. Il volo è alle sette in punto." disse Justin entrando in cucina.

Aveva in mano i biglietti e li guardava pensieroso.

"Grazie mille Justin, sei fantastico." risposi stringendomi nella maglia che avevo preso dal suo armadio.

Aveva il suo odore e me lo sentivo sulla pelle.

"Non ringraziarmi, non ho fatto nulla di che." mormorò sedendosi.

Gli guardai i pugni medicati malissimo e sospirai.

"Dammi la mano, hai messo male le garze." dissi sedendomi accanto a lui.

  "Mi sento offeso, ci ho messo un sacco di tempo." sbuffò.

Mentre gli aggiustavo le bende, notavo che non smetteva di guardarmi e mi sentivo in imbarazzo.

"Ho qualcosa che non va?" chiesi curiosa.

"Sei bellissima." rispose semplicemente.

Lo guardai, ma non sapevo che cosa dirgli se non che fosse dolcissimo.

"Ho finito."  Esclamai ammirando il mio lavoro.

"Dovresti riposare, sembri stanchissima." Mi fece notare uscendo dalla cucina.

"Ma io non sono stanca, sono piena di energia."

"E cosa vorresti fare?" domandò.

"Una guerra."

Mi guardò stranito, ma già ero scappata a prendere un cuscino dal divano che poi gli lanciai in faccia.

"Brutta stupida, questo non dovevi farlo."

Prese anche lui un cuscino che lanciò colpendomi sul seno.

"Questa è una parte sensibile, non vale." urlai colpendolo altre volte.

Dopo un po' di lotta all'ultimo sangue disse "Pausa."

"Il signor sono invincibile Justin Bieber si è arreso." lo derisi.

"Non mi arrendo mai e lo sai bene." rispose con ghigno cattivo.

"Allora prendimi."

Corsi su per le scale e mi nascosi dietro la porta aperta del bagno cercando di tenere a bada la mia risata e di calmare l'affanno.

Sentii la sua presenza fuori, poi entrò in bagno.

"Liv, lo so che sei qui, ma essendo che sono una persona gentile ti aspetto fuori, così ti arrendi e vinco."

Ero in trappola, mi serviva un piano.

Pensai che se lui poteva essere veloce, lo potevo essere anche io.

Non mi persi d'animo ed uscii di corsa, ma lui mi bloccò per un polso.

"Presa." sussurrò al mio orecchio.

"Credevi di poter vincere, ma non era così, sei un sacco di patate."

Scoppiai a ridere.

"Lasciami sei sudato."

"Abbracciami, abbracciami." mi incatenò a lui spiaccicando il suo corpo sudato al mio, inumidendomi tutta.

"Justin che schifo." urlai.

"Ssh." mi zittì baciandomi, quando si staccò mi informò che sarebbe andato a fare una doccia.

Mi lasciò in corridoio con un sorriso da ebete stampato in faccia e la felicità che usciva da ogni parte di me.

Era strano, ma dove c'era Justin Bieber c'era il sole.

-POV JUSTIN

Liv finalmente dormiva.

Non era molto tardi, ma dopo quello che aveva combinato quel giorno doveva essere stanca.

Dopo essere uscito dalla doccia, l'avevo trovata addormentata sul mio letto ancora con indosso la mia maglietta.

Purtroppo non riuscivo a fare lo stesso, mi chiedevo a come sarà stato duro per una bambina crescere senza un papà, vederlo andare via e non tornare.

Potevo solo capirla in parte perché mio padre c'era sempre stato, anche quando si è ricreato una famiglia che non includeva la mamma.

Il campanello suonò, ma dopo l'ultima volta che avevo aperto, quel pomeriggio, avevo quasi timore a rifarlo.

Quando aprì spalancai gli occhi.

"Signora Tanner." Mormorai a voce bassa lanciando un occhio verso le scale di sopra.

"Justin scusa se sono qui a quest'ora, non vorrei svegliare la tua famiglia." Disse guardando oltre la mia spalla. "Ho litigato con Liv ed è andata via. L'ho cercata per tutta Seattle , sono andata nei suoi posti prefe.." la bloccai. era davvero terrorizzata.

"Liv è qui e sta bene. Sta dormendo di sopra, faccia piano." la lasciai entrare.

"Grazie a Dio." mise una mano sul cuore. "Penso ti abbia detto quello che è successo e quello che ha in mente."

"Si." Risposi mettendo le mani in tasca. "Voglio aiutarla, questa cosa è molto importante per lei e io voglio esserci. Non lascerei mai che andasse da sola."

"Andrai con lei?" chiese sbalordita

"Assolutamente."

"Sono così felice che abbia trovato te che la ami così tanto." Esclamò abbracciandomi. "Fa di tutto per proteggerla, non lasciarla mai sola e se dovesse andare male cerca di alleviare il suo dolore."

Aveva uno sguardo triste e sconsolato, notano quanto fosse preoccupata.

"Farò tutto il possibile signora." Affermai sicuro. "La terrò sempre aggiornata."

"Questo è il mio numero."

Mi lasciò in mano il suo bigliettino da visita dove c'era scritto: 'DOTTORESSA-PEDIATRICA LILY TANNER' con il suo numero e il suo indirizzo di ambulatorio.

"Grazie mille ancora, Justin." mi diede un ultimo abbraccio e dopo avermi salutato uscì andando via.

"Justin,chi era?" sentii chiedere da una vocina dolce al piano di sopra.

"Era solo Chris, sta tranquilla." Mentii "Torna a letto."

"Solo se vieni anche tu."

Salii le scale dopo aver spento le luci in cucina e in salotto e la trovai ad aspettarmi.

Non smettevo di pensare a quelle parole 'Sono così felice che abbia trovato te che la ami così tanto.' 

Se prima non riuscivo a dormire, adesso ero sicuro che non l'avrei fatto.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Miami ***


-POV LIV-

"Ho cambiato idea, non voglio più partire, ho paura." dissi a Justin che era seduto accanto a me in aereo, calmo come se fosse seduto sul divano di casa.

"Cerca di calmarti, pensa di non essere su un aereo."mi propose.

"Come faccio a pensare di non essere sull'aereo quando invece ci sono?" stavo sudando, ma non faceva caldo.

Avevo sempre odiato gli aerei, l'idea di volare così in alto mi faceva venire la nausea.

"Darmi la mano ti farà sentire più sicura?" domandò.

"Si." risposi subito.

Presi la sua mano e la strinsi, ma la cosa non mi tranquillizzò per niente.

Sapevo che se non avessi smesso di lamentarmi si sarebbe arrabbiato, quindi mi poggiai alla sua spalla e chiusi gli occhi pensando seriamente a quello che mi sarei potuta trovare davanti una volta aver visto mio padre.

Il pensiero mi straziava.

Una parte cattiva di me sperava che fosse rimasto solo, e speravo che si fosse almeno pentito di quello che aveva fatto lasciandoci, ma ne dubitavo.

XXX

Toccare finalmente terreno stabile era la sensazione più bella che si potesse provare.

Il mio stomaco non vorticava più e mi sentivo già molto meglio.

Justin portava le due valigie senza il minimo sforzo e sembrava che a molte ragazze di Miami non era passato in osservato.

Mi andava di urlare a tutte loro di non fissarlo perché era il mio fidanzato, ma non potevo.

"Come prima tappa dobbiamo trovare un posto dove stare." dissi prendendo in mano la situazione.

"Chiediamo ad un tassista." Propose lui.

Fermammo un taxi e chiedemmo al guidatore di portarci in un posto dove poter alloggiare, e fortunatamente conosceva un hotel non molto caro.

Quando varcammo la soglia dell'hotel fummo investiti da tantissime persone che camminavano avanti e indietro.

"Salve, vorremmo sapere se c'è un posto dove poter dormire." disse Justin alla ragazza della reception.

"Siete arrivati giusto in tempo, siamo quasi al completo." rispose.

"Menomale." Mi lasciai sfuggire.

"Fanno centocinquanta dollari a notte, e la vostra camera è la 107."

Justin pagò e prese tra le mani le chiavi della stanza.

"E' stato facile." commentò fiero aprendo la camera.

Non era molto grande, il letto era al centro e c'era un piccolo bagno a destra, ma era perfetta.

"Non parlare troppo presto." lo rimproverai gentilmente.

"Hai davvero tutti gli indirizzi delle persone con il nome di tuo padre?"

Annuii e gli mostrai il cellulare.

"Quando inizieremo?" chiesi

"Quando vuoi, anche oggi."

-POV JUSTIN-

Stavamo cercando il primo William Tanner del nostro viaggio e non ero sicuro che sarebbe stato suo padre.

"Justin è qui." urlò Liv che era a dieci passi più avanti di me.

Indossava una gonnellina sottile che le stava d'incanto.

"Avanti, bussa." la incitai una volta accanto.

Schiacciò il dito sul campanello che emise un suono molto rumoroso ed aspettammo.

Ad aprirci fu un signore anziano che mi strappò una risata silenziosa.

"S-salve lei è William Tanner?" chiese Liv insicura.

"In persona, sei per caso una mia nipotina?"

"Scusi, ma credo di aver sbagliato." a quel punto il signore sorrise e chiuse la porta.

"Dai ne restano 149." la incoraggiai ridendo.

"Pochissimi." Borbottò.

Il mio telefono vibrò.

Lo controllai e lessi il nome della madre di Liv.

"Che hai? La tua espressione è cambiata in un secondo."

"Niente."

Lei alzò le spalle e fui felice del fatto che non fece altre domande.

XXX

"Credi che lo troveremo?"

Stavamo camminando sul lungomare di Miami e c'era un tramonto mozzafiato che faceva brillare ancora di più la sabbia.

"Certo che lo troveremo, siamo una squadra." dissi sedendomi sul muretto che divideva la spiaggia dalla strada, e lei mi si mise accanto.

"Hai ragione, siamo invincibili." mi guardò e sorrise.

Mi sembrò di annegare nei suoi occhi scuri scuri ed era difficile restare a galla.

"Non è meraviglioso?" commentò rivolta alla bellezza del paesaggio

"Non hai proprio chiamato tua madre?"

"Non ho intenzione di farlo." il suo umore cambiava velocemente, e per un attimo pensai di essere totalmente uguale a lei.

"Non hai pensato al fatto che potrebbe essere preoccupata?"

"Sono grande, non deve preoccuparsi." sbottò irritata dall'argomento.

"Non sei ancora maggiorenne, sei qui solo perchè tua madre non è riuscita a fermarti, e per di più questo comportamento ti fa sembrare maggiormente una bambina."

Con lei era facile passare da un bel pomeriggio ad un pomeriggio orribile.

"Compirò diciotto anni tra una settimana, è come se già li avessi."

"Credimi non è così." mormorai alzandomi.

"Da che parte stai? Credevo fossi dalla mia."

"Non sto dalla parte di nessuno." Comincia. "Ti ho appoggiato quando avevi ragione e la cosa mi sembrava la più giusta, ma adesso stai sbagliando e non posso fare altro che dirtelo. Sono il primo a dare dispiaceri alla propria madre, ma me ne pento ogni singola volta e non voglio che tu comprometta il tuo rapporto con la tua." spiegai con enfasi.

"Non sto compromettendo niente, Justin." si alzò.

"Sai una cosa? Fa come ti pare, ma poi non venirmi a dire che avevo ragione." dissi concludendo il discorso e avanzando verso l'hotel.

Era così stupida, non voleva ascoltare niente e nessuno.

Restava ferma su quello che pensava ed era davvero fastidioso.

Dopo tutto che cosa mi aspettavo, era inutile fare l'ambasciatore della pace quando ero il primo a comportarmi male.

Immerso nei pensieri non mi accorsi di essere arrivato all'hotel.

Ero stanco morto, la giornata era stata lunghissima e si era conclusa tragicamente, quindi senza pensarci su due volte crollai sul letto, sfinito.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Hangover ***


-POV LIV-

Adesso come tornavo all'hotel? Ero nei guai.

Justin mi aveva lasciata da sola, e sapeva benissimo che avessi un senso dell'orientamento pessimo.

Avanzai di qualche metro, dovevo pur trovare qualcosa che mi facesse ricordare la strada, ma sembrava che vedessi tutto per la prima volta.

Il cielo cominciava a scurirsi e l'unica cosa che potevo fare era chiedere in giro, anche perchè non avrei mai e poi mai chiamato Justin, non volevo che vedesse che avessi bisogno di lui.

In un certo senso volevo dimostrargli che ero abbastanza matura, e non come diceva.

Mi avvicinai ad un ragazzo che stava armeggiando con il suo cellulare, incurante di quello che lo circondava.

"Hey, scusa il disturbo, vorrei sapere se conosci la strada per L'hotel Star?"

La mia voce era flebile e il ragazzo non mi degnò di un occhiata.

Tossì per cercare di cogliere la sua attenzione, e quel gesto sembrò funzionare.

"Stai parlando con me?" Si voltò a guardarmi e mi sorrise. "Se avessi saputo che eri così bella, non ti avrei ignorata."

"Vorrei sapere se conosci.." lui mi zittì con un gesto.

"Ti avevo già sentita. Non ripetere le cose, piccola." Mi sfiorò la spalla e mi scostai di colpo, non doveva toccarmi.

Senza pensarci su due volte, lo sorpassai decisa.

"Dove vai?" mi chiese fermandomi.

"Vado a trovare qualcuno che mi indichi la strada per l'hotel." risposi ovvia alzando le spalle. "Qualcuno normale."continuai accentuando sull'ultima parola.

"Tranquilla, ti ci porto io." si affrettò a dire.

Ci incamminammo lungo la strada, io gli stavo accanto, ma a debita distanza.

"Io sono Ed." si presentò portando le mani nelle tasche dei pantaloni.

"Liv."

"Non ti ho mai vista da queste parti, e dalla tua carnagione dubito che tu sia di Miami."

Mi guardò sott'occhio, cercando di non farsi notare.

"Vengo da Seattle, sono qui solo di passaggio." spiegai calciando un sassolino.

"E sei tutta sola?"

Detestavo le persone troppo curiose, e lui era compreso.

"Tu invece sei di Miami?" Chiesi cambiando argomento.

Lui sembrò non essere contento, ma rispose tranquillamente.

"Si, ho sempre vissuto qui."

"Sembra bello."

Ed annuii, e si poteva vedere benissimo quanto tenesse a quel posto.

"Vieni, ti offro qualcosa da bere come benvenuto." La cascata di ricci gli impediva di vedere correttamente e il suo sorriso era luminoso.

"Sono davvero stanca, vorrei tornare in hotel." Sbadigliai.

Lui non mi ascoltò e mi trascinò in un bar molto scuro. C'erano molti ragazzi della mia età, era carino.

"Che cosa prendi?" Il barman mi fissava in attesa.

"Un frullato alla papaya."ordinai sedendomi sullo sgabello.

"Mi dispiace, ma in questo posto ci si sbronza solo."

-POV JUSTIN-

Quando mi svegliai erano le due di notte e avevo un fortissimo mal di testa.

Mi guardai intorno e Liv non c'era, non era tornata.

Quella ragazza era davvero qualcosa di impossibile, e non potevo far altro che pensare al peggio.

Infilai velocemente le scarpe e corsi fuori. Fermai un taxi libero e mi ci infilai dentro.

La chiamai al cellulare e fortunatamente rispose al terzo squillo.

"Chi è che disturba Liv in questo momento? Non hai il diritto di farlo, lei si sta divertendo." urlò ridendo.

"Liv dove sei, sono Justin" dall'altra parte del telefono si sentiva un rumore infernale: era in un locale.

"Non posso parlare, ciao."

La chiamata si interruppe; era ubriaca fradicia.

Decisi di rintracciarla attraverso il suo cellulare, e grazie ad un'applicazione riuscii a trovare il bar.

Il tassista mi ci portò e dopo aver pagato, ci entrai.

Liv stava ballando in modo sensuale su un tavolo, e c'erano dei ragazzi che le toccavano le gambe.

Aveva i capelli in disordine ed era sudata.

"Che cazzo stai facendo, scendi subito." Sbottai infastidito.

"Bieber vieni a ballare." mi tentò continuando a muovere il bacino.

"Amico lasciala in pace, sta facendo un vero spettacolino." Intervenne un tizio.

Cercai di mantenere la calma e di non agire d'impulso, ma era difficile.

"Ho detto scendi, adesso." La mia voce era autoritaria e alcuni ragazzi si voltarono a fissarmi.

"Chi sei per dirle che cosa fare?" Fu un ragazzo con i capelli ricci a parlare.

"Il suo ragazzo, ecco chi sono." Risposi arrogante e scandendo bene le parole.

"Se sei il suo ragazzo e sei arrivato ora, non sai davvero controllarla. Ha fatto cose che non puoi nemmeno immaginare, è una vera bomba sexy." Il ragazzo riccio gesticolava, cercando di farmi capire meglio quello che mi ero perso.

"Ed, vieni a ballare." urlò Liv.

"Piccola, arrivo." rispose sfregando le mani.

Spinsi Ed contro la facciata del banco dei drink, stufo del suo comportamento.

Liv urlò e scese dal tavolo.

"Brutto stronzo." sibilai.

"Calmo, non voglio fare a botte." Alzò le mani in segno di resa.

"Non ti conveniva." Gli lasciai il colletto della maglietta e trascinai Liv all'esterno con me, sotto lo sguardo attento degli altri.

Lei stava in piedi a stento. 
"Fai sempre così, non mi fai mai divertire." incrociò le braccia al petto con il broncio.

"Ma che cosa avevi in mente? Ti rendi conto che tutti hanno visto le tue mutande?" Il solo pensiero mi infastidiva, ero arrabbiato.

"Non lo so, le porto ancora?" la guardai con la bocca spalancata.

"Non mi dire che qualcuno ti ha messo le mani.. Liv, che cosa hai combinato in quel fottuto bar?" aggiustai i capelli per calmarmi, era assurdo.

"Non ricordo niente." Mormorò. "Aspetta,controllo." Abbassò lo sguardo, alzò la gonna poi la riabbassò. "Ci sono, va tutto bene." rise.

"Sei davvero fuori, ma quanto hai bevuto?"

"Ho svuotato una bottiglia e ho bevuto metà di un'altra. Mi sento davvero male!"

Si accasciò a terra con il viso disgustato.

"No Liv alzati." la presi per le braccia e la tenni.

"Voglio dormire, e lo voglio fare qui. Tu vai, non preoccuparti per me." Scossi la testa e le permisi di salire sulle mie spalle.

"Un letto sarà più comodo." sussurrai.

Non pesava molto, non sarebbe stato un problema portarla fino in camera.

"Se lo dici tu." Si grattò gli occhi e poggiò la testa contro la mia spalla.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Oblivion ***


-POV LIV-

"Svegliati dormigliona." sentì dire da una voce poco distante da me.

Aprii gli occhi e fui subito inondata da una fortissima luce che mi accecò.

Istintivamente portai le mani sugli occhi e il mio naso percepiva odore di dopobarba e colonia maschile.

"Che ore sono?" chiesi a bassa voce.

"E' mezzogiorno." rispose Justin che mi era seduto accanto.

"Non voglio alzarmi, ho un mal di testa atroce e il voltastomaco." dissi sentendomi a pezzi.

"Lo so, per questo ti ho portato un'
aspirina." mi porse un bicchiere con dentro qualcosa che sembrava acqua frizzante.

"Grazie."

Lui mi guardò sorseggiare la medicina che mi avrebbe aiutato a stare meglio, ma aveva un brutto sapore.

Nella pancia non avevo nulla e morivo di fame. Sapevo di aver combinato qualcosa la sera prima, però preferivo non aprire l'argomento.

"Perchè odori di dopobarba se non hai la barba?" domandai con voce divertita.

"Non è vero che non ho la barba." sembrava offeso.

"Oh andiamo Justin, io non vedo nulla." risi spingendolo leggermente.

"Non vedi nulla perchè l'ho tolta." aveva il solito sorrisetto familiare e in un certo senso mi sentii come se tutto di lui mi appartenesse, come se fosse sempre stato mio.

"Che ne dici di andare a pranzare?" annuii vivace, non vedevo l'ora di mangiare.

Mi alzai e mi accorsi di indossare solo l'intimo.

"Justin il mio pigiama?"

"Nel cassetto." Ignorai la sua stupidità e aprii la porta del bagno per più richiudermela alle spalle.

"Sai una cosa? Una volta di queste devi farmi uno spogliarello, sarebbe un bel ringraziamento per tutto quello che sto facendo per te." Urlò.

-POV JUSTIN-

Era l'una del pomeriggio e Liv si stava ancora truccando. Ero affamato e stanco di tutta quell'attesa.

"Hai finito?" Domandai sbuffando.

"Smettila di lamentarti, ho finito."

"Era ora." mormorai.

Scendemmo le scale e ci ritrovammo nella hall dell'hotel.

Passai dinanzi ad un gruppetto di bionde e mi morsi il labbro. Loro risposero con delle risatine e sentii Liv sbuffare.

"Che c'è?" Chiedi curioso.

"Farai sempre così?" Evitò di guardarmi in faccia mentre mi parlò.

"Ti da fastidio?"

"No." sbottò.

"Bene, allora continuerò a fare quello che mi pare."

Appena fuori, fui contento di ammirare l'auto che quella mattina avevo noleggiato mentre Liv ancora dormiva, era più comoda.

"E questa?" Liv si coprì la bocca con le mani.

" Sono contento che ti piaccia, madesso sali, si va a mettere qualcosa sotto i denti."

-POV LIV-

"Ti dico che è quella la strada." urlai infastidita contro Justin.

Durante il pranzo non avevo aperto bocca, non mi era piaciuto come si era comportato nell'hotel, ma non potevo dirglielo perchè avrebbe significato rivelargli i miei sentimenti ed era una cosa che non prendevo minimamente in considerazione.

"Invece è questa." mi urlò in risposta.

Stavamo cercando da quindici minuti una strada ed eravamo in netta contraddizione.

"Tu guidi io ho la mappa, quindi guida e fa quello che dico."

Non facevamo altro che litigare, il cellulare non prendeva e non potevo utilizzarlo.

Ci trovavamo in un brutto posto desertico e sembrava che ci trovassimo sempre nello stesso luogo.

"Se guardi la mappa come hai fatto prima, sono sicuro che tuo padre non lo troveremo mai." borbottò.

" E' stato un attimo di distrazione, okay? Adesso sono lucida." sbuffò e girò dove avevo detto.

Sentivo che mio padre era lì, il mio cuore mi aveva indicato la strada.

"Fermati fermati."

Justin frenò di colpo e sembrò essere spaventato.

"Che ti prende?"

"E' qui." Lo informai.

Scesi dall'auto nel bel mezzo della strada ed entrai nel vicoletto.

Justin parcheggiò velocemente e mi seguì.

"Sei sicura?"

"Si, me lo sento."

Camminammo fino ad arrivare davanti una villa enorme. Era immensa con un vastissimo giardino ed una piscina.

Io e mia madre sognavamo una casa così, e cominciai a dubitare che ci abitasse da solo, sempre se era lì.

Mi avvicinai al cancello e suonai. Il suono rimbombò ovunque e rabbrividii per tanta maestosità. 

Avvertii Justin prendermi la mano, era soffice e mi diede la forza di cui avevo bisogno.

Il cancello si aprì ed entrammo. Attraversammo il lungo giardino ammirando quello che ci circondava e una volta arrivati davanti la porta d'entrata mi sentii tremendamente a disagio.

Mi voltai verso Justin e scossi la testa. 

"No, smettila di fare la fifona." mi ammonì.

"Come posso aiutarvi?" distolsi lo sguardo da Justin e lo portai di fronte a me. La voce mi sembrava sconosciuta, ma apparteneva ad una persona che conoscevo.

"Ciao papà." La voce mi tremò.

Justin non emetteva un suono, chiaramente scioccato da quello che avevo detto, e mio padre, il vero William Tanner faceva lo stesso.

"So che non ti aspettavi di vedermi, anzi, forse ti sarai anche dimenticato di me, ma io no." Mi sentivo arrabbiata, delusa e sapevo che la mia sicurezza arrivasse da lì.

"Liv?" chiese incredulo togliendo le mani dalle tasche.

"Si, sono io. Sono quella bambina che a sette anni hai lasciato." risposi con una voce carica d'odio.

Justin strinse di più la mia mano, come a dirmi di andarci cauta, ma non me ne importava.

"Entra, vorrei poter parlarti." Guardò Justin. "Tu sei..?"

"Sono Justin Bieber, signore, il suo ragazzo."

Ero contenta di averlo accanto in un momento tanto importante della mia vita, mi sentivo meno sola.

"Sono contento di conoscerti, prego." Mio padre si scostò e ci fece entrare nell'immenso salone della sua dimora.

C'era un grosso lampadario nel bel mezzo del soffitto e al centro della stanza c'era un tavolo con un vaso di plumerie, le mie preferite.

Il loro profumo era elettrizzante e piacevole.

Passammo in un'altra stanza contenente delle poltrone dove ci accomodammo.

"Liv, so che sarai molto arrabbiata con me in questo momento, ma già che tu sia venuta a cercarmi mi da un po' di sollievo." Papà era seduto composto, sembrava calmo, ma la ruga che gli appariva tra le ciglia lo tradiva.

Indossava una camicia stirata perfettamente e scarpe classiche nere.

Dava l'impressione di essere l'uomo d'affari che tutte le donne volevano come padre per le loro figlie.

"Non eravamo abbastanza per te, io e la mamma?" Sbottai a gran voce.

Stringevo ancora la mano di Justin, e non avevo alcuna intenzione di lasciarla.

"Le cose tra me e tua madre andavano male e io non me la sentivo di fare il genitore. Sapevo che era troppo tardi per tornare indietro, mi ero sposato perchè tua mamma era incinta e non potevo sottrarmi a quella che era la realtà." Cercò di spiegare.

"Era qualcosa che riguardava anche me, infondo eri mia figlia. Non pensare che io non abbia mai amato tua madre, perché sarei bugiardo a non ammetterlo, ma quando si è giovani non si capiscono bene delle cose e si prendono decisioni sbagliate." fece una breve pausa per prendere fiato.

Mi guardava e cercava di accertarsi che stessi ascoltando bene quello che stava dicendo.

"Quando sei nata mi hai dato una speranza." Ammise con gli occhi lucidi "Ti ho guardato e ho capito che eri la cosa più bella della mia vita."

"Non direi..." commentai a bassa voce, più a me stessa che a lui.

"Ho cominciato a dedicarmi a te e ho pensato che con il tuo arrivo avrei smesso di sentirmi poco pronto e che avrei cominciato a rendermi conto che adesso avevo una famiglia da mantenere." Si fece più vicino e mi sfiorò la mano libera.

"Tua madre però ha sempre cercato di farmi confessare che non era quello che volevo, che non amavo niente e nessuno se non me stesso." La sua voce si affievolì. "Me ne sono andato quando avevi sette anni perchè capii che infondo non sarei mai stato un bravo padre."

"Come facevi a dirlo, non ha senso. Ti sei completamente dimenticato della mia esistenza." Lo accusai puntandogli il dito contro.

"Qui ti sbagli, Liv." Ribatté. "Non ho mai smesso di pensare a te nemmeno un singolo giorno della mia vita, sei stata sempre nella mia testa. Ogni mattina quando mi alzo dal letto ripeto nella mente il tuo colore preferito, i tuoi fiori preferiti e il nome dei cartoni animati che ti facevano impazzire."

Tutte quelle informazioni riempivano la mia mente e avvertii una brutta sensazione alla bocca dello stomaco. Mi sembrava di avere una grossa voragine che stava inghiottendo ogni mio organo lasciando solo il cuore in mille frammenti.

"Io-io non so che cosa dire." ammisi stringendomi di più a Justin.

"Non mi aspetto che tu dica nulla, ma voglio che tu sappia che io me ne pento." Aveva il viso addolorato, ma adesso non significava nulla.

"Papino, voglio una bambola nuova." Urlò correndo una bambina bionda.

Aveva un sorriso sulle labbra e lunghe treccine ai capelli.

Mi si gelò il sangue nelle vene, e quasi non frantumai con un calcio il tavolino in vetro che si trovava davanti ai miei piedi.

"William non ascoltarla..." una donna alta e snella so interruppe di colpo. "Scusa, se avessimo saputo che eri impegnato non saremmo mai venute."

"Non si preoccupi, ce ne stavamo andando." dissi alzandomi.

"Liv, lascia che ti dia altre spiegazioni." Mi pregò papà.

"Non c'è più nulla da spiegare, hai abbandonato me perchè non eri pronto, ma vedo che adesso lo sei. Ti auguro di stare quanto più bene è possibile con la tua nuova famiglia, e spero che non abbandonerai anche questa."

Avanzai velocemente verso l'uscita, avevo bisogno di aria, aria fresca.

Sentii Justin in lontananza dire a mio padre "Lei non si rende minimamente conto di quanto abbia ferito e distrutto Liv."

Poi corsi, corsi veloce.

Le lacrime mi appannavano gli occhi e mi sentivo pesante, quasi come se il mio peso fosse raddoppiato. Le gambe mi tremarono e stramazzai a terra.

Chiusi gli occhi e sprofondai nell'oblio.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Hugs denied ***


Ero distesa sul letto e la testa mi girava. Non ricordavo bene come fossi arrivata all'hotel, ma sicuramente era stato lui.

Strofinai gli occhi e mi misi a sedere. Afferrai il cellulare che segnava le sei passate e avevo sessantadue chiamate perse da mia madre, trenta Claire e cinquantacinque messaggi che non avevo minimamente voglia di leggere.

La porta si aprì e comparve Justin con un bicchiere di limonata.

Gli stavo provocando tantissimi problemi, me ne rendevo conto, ma lui era sempre lì e non segnava segni di cedimento.

"Come ti senti?" mi chiese sedendosi e spostandomi una ciocca di capelli dal viso. Sospirai.

"Non lo so, mi sento in colpa." Mormorai. "Adesso capisco quanto mia madre avesse ragione, lei sapeva che facendo questa cosa mi sarei scottata, ma ho voluto fare di testa mia perche sono una vera demente."

"Non dire così, hai fatto quello che ogni ragazza al tuo posto avrebbe fatto. Non buttarti giù in questo modo, e anche se le cose non sono andate come ti aspettavi , tutto si aggiusterà." rispose rassicurandomi.

Gli diedi un bacio sulla guancia euro accoccolai tra le sue braccia.

"Il problema è che me lo aspettavo, ero sicura che avesse un'altra famiglia."

"Piccola, penso che la cosa giusta da fare in questo momento sia chiamare tua madre."

Annuii, aveva ragione.

"Ti lascio sola." Mi baciò tra i capelli ed uscì.

Mi morsi un labbro indecisa, ma composi il numero.

"Liv?"

"Si mamma." Risposi.

"Mi manchi tantissimo, amore mio. Come stai?" Era felice di sentirmi ed era la cosa più bella del mondo.

"Tornerò tra poco, il tempo di organizzarmi con i bagagli e i biglietti." La gola mi bruciava.

"E' andata male?"

"Tutto." Piangevo di nuovo, senza controllo.

Era una delle sensazioni più brutte che avessi mai provato. Ero delusa, confusa e tremendamente infelice.

"Mi dispiace così tanto."

"Avevi ragione e ti chiedo scusa." Confessai asciugandomi le guance bagnate.

"Non preoccuparti supereremo anche questo, insieme."

-POV JUSTIN-

Non volevo che Liv stesse male, non riuscivo a sopportare l'idea di vederla distrutta.

Il suo compleanno sarebbe arrivato di lì a poco e avevo programmato di andare in spiaggia almeno una volta prima di tornare a Seattle.

Una ragazza che quella mattina mi aveva visto al bar, mi aveva lasciato il suo numero su un biglietto che poi mi era stato recapitato da un cameriere.

Non sapevo chi fosse, ma la cosa certa era che si era lasciata affascinare dal grande Justin Bieber.

Decisi di tornare in camera, girando e rigirando il biglietto tra le mani.

"Che cos'è?" chiese Liv curiosa.

Aveva gli occhi leggermente arrossati.

"Hai pianto?" domandai ignorando quello che aveva chiesto.

"No." rispose secca. "Ma dimmi cosa c'è su quel biglietto." Insisté.

Mi lanciai sul letto di peso.

"E' un numero di telefono che mi ha lasciato una ragazza." La informai alzando un sopracciglio.

Portò il cuscino davanti al viso e grugnì forte.

"Che ti prende?"

"Non riesco a credere che in un momento come questo pensi alle ragazze, io non lo farei se ti fossi ritrovato in una situazione così brutta."

Attraversò la stanza e si chiuse in bagno. 
 

-POV LIV-

Non volevo crollare, non volevo distruggere tutto e confessare quanto fossi innamorata di lui, dovevo tenere duro.

Mi guardai allo specchio, mi truccai leggermente e acconciai i capelli.

Quando uscii dal bagno lui era ancora lì e l'aria era tesa.

"Liv." mi chiamò, ma non risposi.  "Liv." Ripeté, ma continuai ad ignorarlo. "Liv." Urlò.

"Che cosa vuoi, Justin, cosa?" chiesi stanca.

"Vieni qui, fatti abbracciare." Aprii le sue braccia, e nonostante mi tentassero non volevo cedere.

"Non devi richiamare quella ragazza?"

"Lo so che stai morendo di gelosia, quindi abbracciami che ho bisogno di te." Mi si avvicinò con un luccichio negli occhi.

"Stammi alla larga, la mia pazienza ha un limite." Lo avvertii sicura.

"Mi piacerebbe superare quel limite e vedere che cosa succede." mi circondò la vita con le braccia.

Eravamo di nuovo attaccati, il suo viso nell'incavo del mio collo, le mie guance rosee per il calore del suo corpo contro il mio e il cuore mi batteva all'impazzata.

"Al quanto pare ti ho zittita." Sussurrò contro il mio orecchio.

"Bieber, sei troppo pieno di te." Mi staccai da lui e lo spinsi.

"Se non vuoi abbracciarmi tu, vedrò chi può farlo."

XXX

Scesi nell'atrio dell'hotel  e vidi Justin parlottare con una ragazza, e anche da quella distanza si poteva notare quanto facesse il casca morto.

Quello che volevo era bere per dimenticare.

Ordinai un paio di drink e potei definirmi devastata.

Ero appoggiata al bancone con una mano sotto il mento e la mente altrove.

"Che ti avevo detto?" mi sgridò, Justin.

"Non devi sempre rompermi le scatole. Hai una vita, lasciami la mia."

Scosse le testa contrariato, ma non ribatté.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Thanks Mrs. Lebrowski ***


Ero uscita presto, il fatidico giorno del mio diciottesimo compleanno era arrivato.

Finalmente ero diventata maggiorenne, ma non era come mi aspettavo, non mi sentivo per niente diversa.

Con Justin le cose andavano male.

Ci eravamo ignorati per due giorni e stamattina non me la sentivo di farmi vedere.

Era il nostro ultimo giorno a Miami e dovevo ammettere che partire mi avrebbe messo un po' di malinconia.

Avevo sempre desiderato vedere sorgere il sole e quella mi era sembrata una bella occasione.

Ero seduta da un paio d'ore sulla riva del mare, ma non ero da sola. Il dolce rumore delle onde mi faceva compagnia, e in un certo senso era quasi confortante.

Non c'erano parole per descrivere che cosa provassi in quel momento,!non riuscivo nemmeno più a sentirmi delusa o arrabbiata, perché tanto erano emozioni inutili.

Avevo solo bisogno di passare del tempo con me stessa come stavo già facendo, ma qualcuno venne ad interrompere la pace dei sensi che si era creata.

Sentii la sabbia alzarsi ad ogni passo e sprofondare quando Justin si mise a sedere accanto a me.

"Sapevo di trovarti qui."disse piano. "Buon compleanno." continuò voltandosi verso di me.

I nostri occhi si incontrarono e persi un battito. Erano più luminosi e caldi del solito, di una tonalità che non gli avevo mai visto prima.

"Grazie." risposi semplicemente ritornando a guardare il mare.

"Tieni." mi porse una scatolina.

"Justin" lo richiamai. "Non volevo nessun regalo."

"È una piccola cosa."

Presi la scatoletta e l'aprì.

Mi aveva regalato un ciondolo che andava ad aggiungersi a tanti altri che avevo nel mio bracciale.

"Perchè proprio un delfino?" domandai interrogativa.

"Visto che siamo a Miami e c'è il mare che ti piace così tanto, non vedo che cosa sia meglio." il suo sorriso era contagioso e quel gesto mi aveva fatto sciogliere completamente.

"Grazie, è perfetto." Mi sporsi verso di lui e lo abbracciai. Lo strinsi forte e ricambiò saldamente la presa.

"Possiamo dire di aver fatto pace?" chiese quando ci allontanammo.

"Va bene."

Mi circondò le spalle con un braccio e mi lasciò un bacio sulla guancia. Sospirai e mi persi nell'orizzonte.

-POV JUSTIN-

Avevamo scattato tantissime foto ricordo e avevamo riso come mai prima di quel momento, volevo che non dimenticasse questo compleanno per nessuna ragione al mondo.

Le avevo promesso qualcosa di speciale e qualcosa di speciale le avrei organizzato.

L'avevo lasciata a prepararsi per mettere in atto il mio piano. 

Avevo in mente un falò, qualcosa di accogliente ma allo stesso tempo geniale.

Cercai una spiaggia libera e in un punto ci misi il legno, sparsi dei petali di rose rosse tutto intorno e misi delle candele che avrei accesso successivamente.

Ero passato in un negozio e avevo comprato dei marshmallow e anche un po' di vino; sorprenderla era una cosa fondamentale.

Una volta finito il mio capolavoro le inviai un messaggio dicendole di venire a quell'indirizzo.

Nel frattempo il cielo aveva cominciato a scurirsi e il mare brillava di più sotto il dolce bagliore della luna.

Dopo altri dieci minuti il telefono prese a squillare.

"Liv?" la mia voce era incerta.

"Justin ho dato l'indirizzo al tassista, ma mi ha lasciata su una spiaggia che non ho mai visto. Tu dove sei?" Domandò squillante come al solito.

"Sei nel posto giusto, io sono qui."

Vidi in lontananza una figura che avrei riconosciuto sicuramente tra mille, scendere giù sulla spiaggia.

Le feci segno alzando una mano, e quando mi vide staccò la chiamata e corse verso di me.

"Un falò in mio onore?" urlò eccitata.

"Solo per te." sorrisi.

Mi si lanciò tra le braccia e le sentii addosso un profumo troppo familiare e decisamente troppo pesante: il mio.

"Non ci credo i marshmallow? Ma è tutto troppo bello." si allontanò da me e afferrò la busta.

Sembrava davvero una bambina, ma era la visione più bella che avessi mai visto.

Adesso che la guardavo meglio dovevo ammettere che era incantevole.

Indossava un vestito lungo simile a quello delle antiche donne romane.

La cosa che più mi piaceva erano i suoi capelli. Erano acconciati con delle onde che le lasciavano un aspetto semplice ma anche  scompigliato.

"Vieni qui, cuociamo i marsh." Mi incitò con il viso luminoso.

Ero quasi certo di piacerle, lo avevo capito.

"Se tutte le sere fossero così, da qui non me ne andrei neanche morta." il suo mashmallow era cotto e soffiandoci sopra gli diede un piccolo morso.

"Hai ragione." risposi rubando quello che era rimasto del suo mashmallow.

"Avevo in mente di fare un bagno.." dissi deglutendo.

"Lo volevo fare anche io."

Si alzò velocemente in piedi e cominciò a slacciarsi le scarpe, per poi lasciar  scivolare il vestito lungo le gambe fino a toccare la sabbia fredda.

Corse verso la riva e mi sbrigai a seguirla.

"Fa freddo." mormorò.

"Prima entri meglio è." mi lanciai in acqua con un tuffo e alcuni schizzi la raggiunsero.

"Justin- urlò- sei un idiota."

Una volta riemerso la guardai. Era ricoperta da goccioline e stava tremando.

"Vieni, ti riscaldo io."

La vidi camminare verso di me, ma fui più veloce. Da sott'acqua le presi un piede e la trascinai con me.

Quando risalimmo aveva tutti i capelli tirati indietro e il suo reggiseno bagnato faceva intravedere il seno.

L'acqua ci arrivava fin sopra l'ombelico.

Mi avvicinai e l'abbracciai. Poggiai la mia fronte alla sua e la guardai dritto negli occhi. Era silenziosa e sembrava che stesse trattenendo il respiro.

Le sfiorai le labbra e chiuse di colpo i suoi pozzi scuri, i nostri nasi si toccavano a stento.

Presi tra i denti il suo labbro inferiore e lo strinsi. Si lamentò leggermente, ma mi permise di continuare.

Lasciato il suo labbro, cominciai a baciarla, prima dolcemente poi come se non avessi mai abbastanza.

Non potevo immaginare di vivere una vita dove quella pazza di Liv non ci fosse stata, non sarei mai riuscito a colmare un vuoto del genere.

Mi sarebbe mancato tutto di lei, l'odore della sua pelle, dei suoi capelli, il suo modo di fare, di arrabbiarsi...

Non avrei permesso a nessuno di portarla via, mi era sempre appartenuta.

Non volevo fingere di essere un amico e convincermi che per lei non provassi nulla quando non era così, volevo che sapesse la verità.

"Justin." sussurrò. "Io non posso più andare avanti così."

Scossi piano la testa. "Nemmeno io."

Ero pronto ad aprire il mio cuore, ero pronto ad amare qualcuno.

"I-io credo di amarti." Balbettò insicura.

Sentirselo dire non era come lo avevo immaginato.

Mi voltai di spalle e chiusi gli occhi.

"Avevo promesso a me stessa di aspettare il ritorno a casa, ma non ci sono riuscita. Questa sera è tutto perfetto, e questo tuo bacio..." tentò di spiegare. "Ho le gambe che non riescono più a reggermi per quanto sto impazzendo." fece una pausa. "Di qualcosa, ti prego."

Mi girai verso di lei e notai il suo sguardo altrove.

"Guardami." le presi il mento tra le mani. "Credevi che io non lo sapessi? Credevi che non me ne fossi accorto? Io sono qui, davanti a te, proprio in questo momento e se non ti amassi così tanto sarei già scappato via." Le accarezzai la guancia con il pollice. "Ti amo e non so nemmeno quanto, mi hai inondato la vita e mi hai legato a te in un modo che non riesco a spiegarmi."

Si aggrappò alle mie spalle e allacciò le gambe al mio bacino. "E' il giorno più bello di tutti." Mi diede un bacio sulle labbra. "E devo ringraziare la signora Lebrowski per questo." Rise e prese a baciarmi senza sosta.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Wedding? ***


-POV LIV-

Ero felice, molto felice.

Le mie emozioni erano tante, le avevo represse con tanta forza che adesso non riuscivo più a contenerle.

Justin mi aveva resa la persona più felice del mondo e quasi non ci credevo e potevo solo sperare in un futuro radioso.

Stavamo tornando a casa, quando mi poggiò una mano sul ginocchio. Guidava ed era sereno.

Quando mi lasciò scendere dall'auto con un tenero bacio, mi sentii soffocare. Avrei rivisto mia madre, e solo Dio sapeva che cosa avrebbe potuto farmi.

Come biasimarla.

Quando bussai mi ressi alla valigia, intimorita. Rivederla sarebbe stato un bel colpo, ma quando la porta si aprì lei non c'era.

Mi ritrovai davanti Rob con una camicia spiegazzata e con dei pantaloni dismessi.

Mi guardò scioccato e tentò di mostrarsi composto, invano.

"Liv, che cosa ci fai qui?" mi disse toccandosi la barba cresciutagli fin troppo.

Mi sporsi oltre la sua spalla per guardare dentro casa, ma vedevo solo tanto disordine

"Forse dovrei chiederlo a te." risposi un tantino infastidita. Lui aprì la porta e mi lasciò entrare.

Era un vero disastro la mia casa. Piatti da lavare, vestiti da lavare e stirare...

"Non mi aspettavo che tornassi oggi, altrimenti mi sarei presentato meglio. V-voglio dire che.." balbettava come se fosse colpevole di qualcosa.

"Dov'è mia madre?" lo interruppi.

"È a lavoro, ma tornerà tra qualche ora."

Annuii indecisa e salii  le scale componendo il numero di Justin al telefono.

"Liv?" rispose quasi subito.

"A casa mia sta succedendo qualcosa che non mi spiego." mormorai velocemente cercando di non farmi sentire da Rob al piano di sotto.

"Che succede?"

"Justin non lo so. Quando sono tornata ho trovato casa sotto sopra e Rob." chiusi la porta della mia camera a chiave.

Era un brutto modo di comportarsi, ma era come se mi sentissi invasa.

"Il ragazzo di tua madre?" sembrava incredulo.

"No, il suo amante. Certo che è il suo ragazzo." alzai gli occhi al cielo.

"Vuoi che venga lì?" domandò.

"No, va a casa e riposa. Hai già fatto tanto per me."

"Se succede qualsiasi cosa, chiamami." sospirai un ti amo e dopo che lui fece lo stesso, riattaccai.

XXX

Quando mia madre tornò, la trovai più stanca del solito.

Era piuttosto trasandata e non capivo perché.

Aveva sempre amato l'ordine e la pulizia, ma in quel momento quasi non la riconoscevo più.

Mi prese tra le braccia, mi strinse a se e mi diede tanti baci affettivi.

"Che bello averti a casa, piccola mia." mi disse con un sorriso.

"Se questa la chiami casa.." lasciai in sospeso la frase sapendo che avrebbe capito.

Rob se ne stava in silenzio e guardava quella scena intenerito.

"Ho lasciato un po' andare le pulizie per il lavoro abbondante. Il caldo è più feroce del freddo."

Deglutii non sapendo che cosa dire.

"Come ti ho detto al telefono le cose con papà non sono andate come speravo, però credo che con il tempo riuscirò ad accettare la nuova situazione." La informai. "Ho messo in conto che ci tornerò, mi sono comportata davvero male.

"Tuo padre capirà e vedrai che ti contatterà lui."

Ero convinta, quella non era mia madre.

Non era la donna che aveva fatto di tutto per impedirmi di andare fin lì, non era la donna forte e decisa che avevo lasciato.

Rob le aveva fatto qualcosa e non sapevo se era qualcosa di buono o di cattivo.

Che ne dici se Justin viene a cena da noi?" chiese togliendo una maglietta sporca dal divano.

"Perchè?"

"Devo annunciare delle cose e voglio che ci sia anche il tuo ragazzo."

-POV JUSTIN-

Ero felice di ritornare a casa, avevo bisogno di stare con mia madre anche io.

Il nostro rapporto era qualcosa di speciale, lo era sempre stato.

Si era dedicata a me con tutta se stessa, ero il suo mondo, il suo tutto.

Ero molto abile a darle dispiaceri che non ripagavano per niente quello che aveva fatto per me.

Le avevo detto che non sarei rimasto a cena, e anche se sembrava contrariata, non disse nulla.

Quando arrivai da Liv, il sorriso con il quale l'avevo lasciata la mattina era sparito, e al suo posto era comparsa un espressione di tensione.

"Sei strana, c'è qualcosa che non va?" mormorai al suo orecchio tenendole entrambe le mani sui fianchi.

Scosse in fretta la testa senza darmi ulteriori spiegazioni.

Mi presentai a Rob che mi strinse la mano con vigore e salutai Lily, la mamma di Liv.

La sala da pranzo era ben apparecchiata.

"Accomodiamoci." Esclamò Lily prendendo posto.

"Justin, nessuno mi ha mai parlato di te." rivelò Rob che mi era seduto di fronte.

Portava i capelli acconciati con della gelatina ed indossava una camicia ordinata, molto diverso da come Liv mi aveva raccontato.

Lei sembrava disinteressata, lontana da tutti noi.

Si limitava a tenermi la mano e a fissare un punto davanti a se.

"Credo che non ce ne siano state le occasioni, signore." risposi con un finto sorriso.

Mangiammo l'antipasto in silenzio, con la tensione alle stelle.

"Mamma, perchè non vai al punto." sbottò Liv d'un tratto.

"Piccola, volevo aspettare la fine." in modo molto pacato, sua madre si voltò verso Rob e gli sorrise.

"No, dì quello che devi dire e basta."

Liv spostò in modo brusco il piatto che aveva davanti a se facendo cadere un bicchiere pieno d'acqua.

Lily si alzò in piedi e le mandò uno sguardo infuocato.

"Ho detto che aspetteremo la fine." Rispose categorica.

Tamponò con un tovagliolo la parte umida della tovaglia bagnata e poi si rimise a sedere.

Ero a disagio e in imbarazzo.

"Penso che questo sia un buon periodo per tutti noi, non credete?" Disse Rob mangiando un po' di carne.

Vidi Liv guardarlo male, non era stato proprio un bel periodo per lei.

"Rob, perché ci sono le tue cose in casa mia?" Chiese Liv con tono acido.

Strinsi la sua mano con più forza. Volevo dirle di smetterla di comportarsi così, che non c'è n'era bisogno.

"Ti sentivi troppo sola e hai rimpiazzato la mia assenza?" Continuò rivolta a sua madre.

"Liv." Intervenne Rob. "Credevo che avessi smesso di essere ostile nei miei confronti, ci sarà un matrimonio e..."

"Matrimonio?" Lo interruppe Liv, sconvolta.

"Grazie per averlo detto adesso, Rob." Sbuffò Lily. "Stavo aspettando il momento giusto per dirtelo."

"Non ci credo." Liv si alzò e prese a camminare per la stanza. "Sei fuori di testa."

"Non è così affrettato come credi." Tentò sua madre.

"Lo conosci da una settimana."

"Voglio che tu sia presente e che mi faccia da damigella."

"Facciamo fare a Liv la damigella, ha cinque anni e verrà volentieri a questo matrimonio." Le rispose aspramente Liv per poi uscire dalla stanza.

Mi leccai le labbra non sapendo che cosa dire o fare, ma con uno "Scusate." Seguii la mia ragazza.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Hard times ***


-POV LIV-

Ero distesa sul prato dietro casa con lo sguardo rivolto verso il cielo. L'erba bagnata mi inumidiva la maglietta.

C'erano una miriade di stelline brillanti sparse ovunque, e ricordai quando da piccola cercavo di contarle, senza successo.

"Come ti senti?" domandò Justin sdraiandosi accanto a me.

"Stranamente bene." dissi tra un sospiro e l'altro.

"Se stai bene, perchè siamo qui fuori e non dentro a continuare la cena?"

"Semplicemente perchè quel posto è diventato troppo piccolo per riuscire a contenere tutti noi." voltai lo sguardo verso di lui e poi mi misi a sedere.

"La tua vita è un vero caos." commentò d'un tratto.

Strappai con le dita alcuni fili d'erba e cominciai a giocarci.

"Hai ragione." Risi. "Mia mamma è una donna capace di decidere da sola cosa è giusto e cosa é sbagliato, quindi le lascerò fare quello che vuole senza immischiarmi."spiegai con calma.

"Hai maturato questo pensiero in due minuti?" mi chiese ridendo.

"Penso velocemente." risposi fingendo di spolverare la mia spalla.

"Ma smettila." disse trascinandomi accanto a lui.

Poggiai la testa sul suo petto e sentii il rumore del suo cuore battere ad un ritmo calmo è confortante.

Mi misi a cavalcioni su di lui sentendo il bisogno di stargli più vicino, volevo sentire la sua pelle sulla mia.

Gli baciai le labbra più volte e poi gliele morsi.

"Liv." Mormorò.

Continuammo a baciarci, incuranti del fatto che se mia madre o Rob si fossero affacciati, ci avrebbero visti.

Alzai i bordi della sua maglietta e ci infilai le mani. Dopo avergli accarezzato l'addome, cominciai a sbottonare la mia camicetta leggera.

"Smettila subito." Mi bloccò lui.

Lo guardai negli occhi chiaramente confusa.

"Credevo che volessi.."

"Credimi io ti voglio più di quanto tu riesca solamente ad immaginare , ma questo non è ne il luogo ne il momento giusto." Disse facendomi scendere dalle sue gambe. "Sei ferita ed amareggiata, e voglio che sia speciale."

Passai una mano tra i capelli guardando dritto davanti a me.

"Liv." Mi chiamò. "Lo sto facendo per te. Adesso è troppo presto."

XXX

Quando Justin se ne fu andato, rientrai in casa e mi riempii un bicchiere d'acqua.

La tavola era stata sparecchiata e i piatti lavati.

Con il bicchiere pieno raggiunsi le scale.

Udii chiamare il mio nome dal salotto, e con un sospiro esasperato raggiunsi in silenzio mia madre e Rob che erano seduti sul divano.

"Puoi sederti?" mi chiese lei.

Poggiai il bicchiere sul tavolino lì davanti e mi sedetti sulla poltrona.

"Tesoro mi dispiace.." iniziò.

"Mamma, se è un discorso lungo possiamo anche rimandarlo a domani. E' stata una giornata molto pesante, e porto ancora i segni di quello che è stato un viaggio turbolento." Dissi divincolandomi dalla discussione.

"Hai ragione, scusa." Intervenne Rob.

"Grazie tante." Commentai alzandomi. Afferrai il bicchiere e lo sorseggiai mentre salendo le scale.

-POV JUSTIN-

Dormire era stato davvero rinvigorente.

Quando mi svegliai il profumo di waffle mi riempii il naso.

Raggiunsi la cucina e trovai mia madre a gustarsene uno.

"Non ti ho sentito rientrare." disse con la bocca piena.

"Buongiorno anche a te." risposi dandole un bacio sulla guancia.

"Com'è andata?" chiese.

"Tutto bene."

Addentai un waffle e ne assaporai la bontà.

"Tu invece, perchè non sei in ufficio?"

"Ci stavo andando proprio adesso."

Infilò la sua giacca, prese la sua valigetta e si affrettò verso la porta.

"Pulisciti la bocca, mamma." urlai ridendo.

"Grazie per avermelo detto piccolo orsetto."

XXX

Mi distesi sul divano e chiusi gli occhi.

Il telefono squillò e mi costrinsi a rispondere, anche se controvoglia.

"Bieber, ma che fine hai fatto?" Sbottò Marcus.

"Che cosa vuoi, idiota." Dissi scherzosamente.

"Stasera c'è una partita di poker, ci sei o..."

"Ovvio che ci sono." Risposi subito.

-POV LIV-

"Hai visto i miei tacchi?" mi chiese mamma correndo da una parte e l'altra del soggiorno.

"No."

"Ero convita di averteli prestati."

"Mi stai stressando la vita." borbottai a bassa voce.

"Ti ho sentita sai?" Mi sgridò.

"Me ne vado." L'avvisai.

"Dove te ne vai?" domandò.

"Da Claire."

XXX

"Sul serio ha deciso questo?"

Ero felice che Marcus avesse deciso di non giocare più a poker, ma forse non ci credevo così tanto.

"Si, è stato un sollievo. Era tutto così sbagliato." Era contenta, fiera del suo fidanzato.

"E Justin?"

Sospirai e mi accasciai sulla sedia che era posta dinanzi alla sua scrivania.

"Non credo che possa smettere, è una droga per lui. Non abbiamo parlato tanto dell'argomento, ma già so che quando lo faremo le cose non andranno bene." Ammisi.

"Potrebbe capire, infondo anche Marcus l'ha fatto." Claire mi accarezzò la spalla e con uno sguardo assente mormorai. "Sarebbe fantastico."

-POV JUSTIN-

"Sarà una bella partita." Esclamò Marcus.

Entrammo nel solito locale e mi sentii carico.

"Che ne pensa la tua ragazza?" Domandai.

Con quello che era successo in passato, non volevo che mi ritrovassi al centro della loro relazione.

"Non lo sa."

"Davvero vuoi tornare a nascondergli del Poker?" La mia espressione era incredula.

"Non è quello che stai facendo anche tu?"

Mi accorsi di quanto fosse quello che aveva detto, stavo mentendo.

Avevo il compito di proteggerla da ogni male, non doveva sapere, non doveva avere nulla a che fare con quella vita.

Era migliore di questo, migliore di me.

Salutammo le solite persone, ma l'aria si fece tesa quando entrò Brenton Foster.

Mi mandò uno sguardo assassino e si accomodò di fronte a me.

Gli sorrisi mostrandomi quanto fossi soddisfatto di quello che gli avevo fatto.

"Farò di tutto per distruggerti, mettitelo bene in testa." Sbraitò verso la mia direzione. "Tela farò pagare molto cara."

Nessuno parlava, gli altri ascoltavano e basta.

"Comincia a prepararti, perchè la tua bambolina passerà dei tempi molto duri." Mi avvertì lui con un ghigno.

Mi alzai di scatto dalla sedia e Marcus mi bloccò per la maglietta.

"Te l'ho già detto, devi dimenticarti di lei." urlai in preda al nervoso.

"Non lo ascoltare, è solo un grande idiota." Sussurrò Marcus al mio orecchio.

"Giuro che se la tocchi con un solo dito ti ammazzo, e questa volta lo faccio davvero." sibilai puntandogli il dito contro.

"Comincia oppure questa partita?" Intervenne un amico di Marcus.

"Certo che comincia, ora si calmano."

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Murderous instincts ***


-POV LIV-

"Sono alla caffetteria Columbia, perchè?" chiesi a Justin che attraverso il telefono era agitato.

"Torna a casa, non mi piace che tu sia da sola." rispose con voce ferma.

"Sono solo le sette e mezza." Ribattei confusa.

"Liv, per una volta, una singola volta, non puoi tornare a casa e basta senza fare mille storie?"

Sembrava esausto, come se non avesse dormito per più di un'ora.

"Va bene, compro il caffè e me ne vado." Mi arresi sbuffando.

"Fai veloce."

Senza alcun saluto, staccò la chiamata.

Pagai il mio cappuccino e lo sorseggiai uscendo dalla caffetteria.

"Hey acida."

Mi girai di spalle e vidi Tom il nipote, della signora Lebrowski, rivolgersi a me.

Alzai gli occhi al cielo e lo salutai con la mano.

"Ma che fine avevi fatto, sembravi scomparsa dalla faccia della terra." disse camminandomi accanto.

"Mi sono presa una pausa e sono andata via per un po'. La signora Lebrowski come sta?" domandai camminando più velocemente.

"Sta bene ma... come va con il tuo ragazzo?" Domandò cambiando subito discorso.

Non riusciva a non infastidirmi con quella sua invadenza e con la faccia tosta che si ritrovava.

"Vado davvero molto di fretta Tom, ne parliamo qualche altra volta." Risposi evasiva con una punta di antipatia.

"No aspetta, mi piacerebbe sapere se va tutto bene."

Una macchina si fermò accanto al marciapiede con una brusca frenata.

"Liv, sali in macchina." Justin era sceso dall'auto, prepotente come ogni volta.

Guardai Tom e mi morsi le labbra, era così imbarazzante.

"Scusa, ma adesso vado." Mormorai.

Entrata in macchina, Justin mi mandò una brutta occhiata ma si limitò a guidare.

Poco dopo parcheggiò in un vicolo lì vicino.

"Justin.." comincia.

"Stai zitta." Sbottò coprendosi il viso con le mani. "Mi avevi detto che saresti tornata a casa dopo aver preso il caffè, non che ti saresti fermata a parlare con un grande idiota." Mi rimproverò puntandomi il dito contro.

"Ma è quello che stavo facendo, non mi sono fermata a parlare con nessuno. Stavo camminando quando mi hai vista." Mi giustificai.

Era inutile arrabbiarsi per così poco, non era un comportamento maturo.

"Non mi hai dato nemmeno il tempo di tornare a casa." Continuai innervosita.

"Sapevo che non mi avresti ascoltato."

"Oh mio Dio, Justin, quanto sei ottuso." affermai esasperata.

"Devi capire che mi preoccupo per te." Urlò. "Non posso controllarti ogni secondo."

"So badare a me stessa." Risposi a tono.

"Non basta, ha bisogno di me. Non so quello che Brenton Foster abbia in mente, ma sicuramente vorrà farti del male."

Notai la sua preoccupazione negli occhi, la vedevo benissimo nel suo modo di muoversi.

"Credevo che l'avresti lasciato perdere dopo aver pareggiato i conti. E' pericoloso per me quanto lo è per te."

Avevo le mani sudate. La voglia di caffè era sparita e non vedevo l'ora di sbarazzarmi di quel contenitore ancora troppo pieno.

"Io so come comportarmi e cosa fare, ma tu no. Devo saperti al sicuro. "

Mi prese la mano e me la baciò. Chiusi gli occhi e sospirai.

"Se ti capitasse qualcosa di brutto non me lo perdonerei nemmeno tra cent'anni." Mi prese tra le sue braccia nascondendo il viso nei miei capelli.

"Non mi succederà nulla fin quando sarai con me."

Brenton Foster doveva lasciarci in pace, doveva far si che vivessimo in tranquillità. Sapevo che cosa dovevo fare, dovevo incontrarlo.

XXX

Mia madre e Rob erano tornati più soddisfatti che mai. Parlavano di colori, di confetti e torte.

"Ti sei persa un bel discutere." Esclamò mamma apparecchiando la tavola. "So che non ci crederai, ma mi sono mancati i tuoi commenti sarcastici."

"Non preoccuparti, sono sempre qui." risposi con un sorrisetto falso.

Presi le posate e le poggiai sulla tavola

"Penso che le cose andranno meglio quando ti toglierai questo caratterino fastidioso e questo comportamento tanto da schizzinosa." affermò Rob controllando il suo cellulare.

"Sono fatta così, non cambio per nessuno." Risposi stizzita.

XXX

Aspettai che le luci fossero spente prima di uscire dalla finestra. Ero diretta nell'unico posto dove avrei trovato Brenton: il locale di Poker.

Tenni le mani in tasca per evitare di distruggerle per il nervosismo.

Arrivata lì, un ragazzo mi condusse su per un lungo corridoio e mi disse che la stanza dove quella sera Brenton avrebbe  giocato era l'ultima sulla destra, ma quando ci sbirciai non lo vidi. 

"Stavi cercando me, Liv?" Mormorò Brenton poggiando le sue mani viscide sulle mie spalle.

Mi voltai per guardarlo e mi allontanai, non volevo che mi toccasse.

"Si." risposi sicura.

Lui aprì le braccia come ad indicare che era pronto ad ascoltare tutto quello che avevo da dire.

"Devi lasciare in pace Justin." mi affrettai a dire.

Scoppiò a ridere e potei intravedere il suo dente d'oro che mi fece salire la nausea.

"Bambolina, mi pare di non essere stato io il primo ad entrare a minacciare una ragazza con una pistola. È il tuo fidanzato a cacciarsi nei guai.

Assottigliai lo sguardo. "Stai mentendo, questa è una delle tue trappole."

  "Credi quello che vuoi, non avrei motivo di mentire." Alzò le spalle. "Sai, volevo fargliela pagare usando te, ma vedo che è capace di fare tutto da solo. Quante cose non ti ha detto? Ti ha solo riempito di bugie."

Non risposi, non riuscivo a dire nulla.

"Spero tu dell'esistenza della partita di ieri."

Alzai un sopracciglio. "Partita di ieri?"

Mi coprii la bocca con le mani, era un bugiardo.

Uscii da quel posto senza voltarmi mai indietro, dovevi andare da lui.

Bussai freneticamente alla porta, doveva spiegarmi un bel po' di cose.

Vidi la luce accendersi e la porta spalancarsi, facendo comparire un Justin in mutande e con i capelli scompigliati dal sonno. Mi guardò stranito, ma con una spinta entrai in casa.

Salii le scale e cominciai a cercare in camera sua, avrei trovato quella pistola.

Scavai nell'armadio, nei cassetti...

"Liv, ma che ti prende? Ti vuoi calmare e dirmi che cosa stai cercando." chiese fermandomi le mani.

"È meglio per te se mi lasci." lo avvertii con uno sguardo assassino. "Dimmi dove nascondi la pistola, dimmelo." Urlai.

"Io non ho nessuna pistola, chi ti ha detto che ce l'ho?"

"Bugiardo, continui a mentirmi. Perchè non mi hai detto della partita di ieri?"

Il suo silenzio fu la conferma di quanto Brenton mi avesse detto.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime. 
Abbassai il capo e mi misi a sedere sul letto.

"Chi ti ha detto queste cose?" chiese asciugandomi le lacrime.

"Che importa chi e stato?" Chiesi tra un singhiozzo e l'altro, poi gli scostai le mani dal mio viso e mi alzai in piedi.

Avevo il sangue ghiacciato nelle vene.

"Dimmi che non hai ucciso nessuno.."

Ero in preda al panico, cosa avrei fatto se avessi saputo che ero fidanzata con un assassino. 

"Certo che no, non ho mai usato quella pistola. La porto con me solo quando ho bisogno di una difesa efficace." spiegò lui con gli occhi lucidi.

"Justin, la pistola non è una difesa okay? Potresti ammazzare qualcuno e viceversa. Non ti rendi conto che il Poker non fa altro che metterti in pericolo?"

"Stai uscendo fuori dal seminato, non pensare a queste cose. Non mi accadrà nulla del genere."

Spalancai la bocca, non capiva, non voleva capire.

"Devi smettere di giocare a Poker." Dissi categorica.

"Liv, smettila." Ruggì scocciato. "Mi hai rotto le palle. Non smetterò di giocare a Poker solo perchè lo hai detto tu."

Quello che disse mi colpì in faccia come uno schiaffo.

"Sai che ti dico? La prima cogliona sono io. Mi preoccupo sempre troppo di quello che non mi riguarda, e devo ancora capire che sbaglio. Mi ripeto sempre di smetterla, ma scusa tanto se ho paura per le persone che amo." Affermai convinta.

"Fa quello che vuoi. Fatti ammazzare, uccidere, non mi interessa nulla. Ho finito di avvelenarmi il fegato." Conclusi fiera del mio discorso.

Lo guardai un'ultima volta, prima di correre via.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Reconciliation ***


cap

Avevo passato una nottata orribile, detestavo non riuscire a dormire perchè il risultato era sempre e solo uno: Disastro totale la mattina dopo. Justin non aveva smesso di chiamarmi e ignorare le sue chiamate faceva male , ma infondo se lo meritava davvero ed era bello almeno per una volta trovarsi dall'altra parte , dalla parte di chi non doveva scusarsi ma che doveva ricevere delle scuse. Per non bastare il matrimonio della mamma si avvicinava e speravo che il tempo cominciasse a rallentare. Quel pomeriggio avrei dovuto provare il mio vestito da damigella e con i gusti di mia madre ero sicura che sarei sembrata un enorme confetto rosa brillantinato, ma qualunque vestito mi sarebbe toccato indossare non avrei dovuto dire assolutamente niente. "Tesoro ricordati che alle quattro hai la prova, vuoi che venga con te per dirti quanto sarai magnifica?" mi chiese mia madre, dal divano la osservavo e potevo benissimo vedere quanto fosse eccitata "Se ti fa piacere , nessun problema." risposi alzando le spalle "Meraviglioso, adesso vado in ambulatorio per qualche visita , ma passo a prenderti in orario." disse passandomi accanto e lasciandomi un bacio sulla fronte "Ah Liv mi raccomando, metti una valanga di correttore, hai delle occhiaie che si vedono da due chilometri." continuò. Fu un commento davvero cattivo che si sarebbe anche potuta risparmiare "La mamma è già uscita?" domandò Rob che era appena entrato in cucina "Si proprio adesso." lo avvisai "Cucinerai tu un bel pranzetto?" aveva uno strano sorriso "Non sono brava con i fornelli, a meno che tu non voglia stare male di stomaco.." cominciai spiegando "No no ho capito , pizza per entrambi." si affrettò a dire, per quanto non volessi, risi a quella scena e dopo di che annuì.

Quando sentì il clacson dell'auto della mamma mi affrettai ad uscire , se avessimo ritardato non me lo avrebbe mai perdonato e non volevo stare li a sentire quella che sarebbe stata la predica del giorno. Il negozio era davvero uno dei più grandi in centro, molto luminoso e pieno di stand carichi di vestiti di ogni genere e non avrei mai pensato che ci sarei potuta finire dentro a comprare qualche abito per qualche cerimonia. "Cassie questa è mia figlia , è qui per provare quell'abito che scelsi." non ero meravigliata del fatto che mamma conoscesse tutte le commesse "Oh piacere, io sono Cassie." si presentò , era una ragazza un po' più alta di me , ma aveva un bel sorriso "Io sono Liv." strinsi la sua mano e lasciai che mi portasse in camerino "Tua madre mi ha parlato tanto di te, e ho scelto l'abito con lei in modo che potesse essere perfetto , ci teneva davvero molto." non capivo perchè me lo stesse dicendo "Mi fa piacere." mormorai. Mi mostrò il vestito e fui colpita , non era tanto da confetto , ma bensì molto nel mio stile "Devo ammettere che mi piace." dissi senza pensarci su due volte "Ah menomale." rispose Cassie. Quando lo provai mi calzò a pennello e dovevo ammettere che mi stava davvero benissimo , era lungo di un blu oltremare con una profonda scollatura sulla schiena e quando uscì mostrandolo a mia madre quasi non pianse "Liv sarai la più bella dell'universo." sussurrò incantata "Mamma non essere esagerata." risi , mi guardavo allo specchio e mi piacevo "Immaginati con una bella acconciatura e dei fiori bianchissimi.. davvero stupenda." mi abbracciò e in quell'istante capì quanto non fosse cambiata, era solo innamorata e felice e io credevo che Rob gli avesse fatto il lavaggio del cervello "Penso che questo sia un buon momento per dire che da adesso comincerò ad accettare il tuo matrimonio e non sarò più di intralcio." ammisi , era il minimo che potessi fare "Se avessi saputo che sarebbe bastato un abito , saremmo venute prima." la spinsi in modo giocoso con un sorriso "Adesso va a cambiarti , poi andiamo insieme a fare un po' di shopping rigenerante."continuò andando verso l'altra parte del negozio. Mi avvia di nuovo in camerino pronta ad abbandonare quell'abito, ma non ne ebbi il tempo, la porta del camerino si aprì e si chiuse tanto velocemente da farmi girare gli occhi.. Justin era davanti a me e mi guardava insistentemente "Ma sei impazzito , potevo essere nuda." dissi bruscamente "Sarebbe stato un bel vedere." sussurrò "Da quanto mi stai seguendo?" chiesi stringendo gli occhi "Tanto da vedere la riconciliazione con tua madre." confessò squadrandomi dalla testa ai piedi "Che vuoi , pensavo che ci fossimo detti tutto." mi poggiai al muro freddo con le spalle e quasi non rabbrividì "Perchè non hai risposto a nessuna delle mie chiamate?" domandò "Perchè non volevo sentirti, e nemmeno adesso voglio." mi voltai facendo scivolare il vestito ai miei piedi "Smettila di fare la forte , so che stai male tanto quanto sto male io." disse toccandomi la schiena "Tu stai male? Io non credo." ero incredula "Quando ieri sei andata via così di corsa, è stato come se tutto fosse andato a rotoli , mi sentivo dannatamente male perchè in un modo o nell'altro riesco sempre a rovinare qualsiasi cosa con il mio comportamento. Ho pensato che arrabbiata com'eri non mi avresti mai perdonato.." spiegò "Infatti , io non ti perdono e non lo farò mai." presi i pantaloncini fingendo che non esistesse e li indossai incurante del fatto che le mie risposte lo stavano facendo arrabbiare "Liv ti prego ragiona, sul serio non vuoi più stare con me , sul serio non vuoi più toccarmi, baciarmi, amarmi?" si avvicinò pericolosamente a me, il suo profumo mi invase, il suo respiro caldo mi travolse come un vortice "Si." mormorai "Non mi sembri affatto sicura, non puoi fare a meno di me." prese a baciarmi la spalla, scese lungo la coppa del reggiseno e con le mani cominciò a giocare con la spallina fino a quando non l'abbassò "Smettila , non sto con un bugiardo." cercavo la forza di resistere "Ti ho detto che mi dispiace e che non ho mai usato una pistola , oggi ti dico che non mentirò più." per una volta sembrava sincero e non sapevo quanto ancora sarei riuscita a fare l'orgogliosa "Perchè ti stai scusando?" chiesi prendendo i suoi capelli per alzargli la testa e lo sguardo "Perchè come tu non riesci a fare a meno di me , io non riesco a fare a meno di te, sei troppo essenziale alla mia sopravvivenza. Avrei voluto strapparti quel vestito di dosso e averti fatto mia." era ad un centimetro dal mio viso e non resisti  più. Lo baciai con tanta foga , ero pronta a divorarlo e a farmi divorare, mi prese in braccio e misi le mie gambe attorno i suoi fianchi e con le mani presi a giocare con l'attaccatura dei suoi capelli. Erano baci infiniti e solo Dio sapeva quanto lo amavo "Liv , ma quanto ci stai mettendo?" sentì dire da mia madre , mi allontanai da Justin che spalancò gli occhi e mi mise a terra "Ho finito, si era incastrata la cerniera dei pantaloncini." infilai velocemente la maglietta "Va bene , io vado in macchina , ti aspetto lì." mi avvisò. Guardai Justin che era più che soddisfatto "Devo andare." mi baciò di nuovo e disse sottovoce "Ti amo, non lo dimenticare." e così risposi "Ti amo tanto anche io."

Salita in macchina mia madre aveva uno sguardo sospettoso "Che cosa c'è che non va?" chiesi stufa del fatto che non mi dicesse quello che voleva dirmi davvero "Hai avuto un bel da fare con quella cerniera." rispose semplicemente "Si te l'ho detto." dissi guardando fuori dal finestrino "Visto che eri con Justin pochi minuti fa , potevi chiedergli se al matrimonio gli sarebbe piaciuto indossare un vestito intonato al tuo." arrossì di colpo e mi voltai verso di lei "Mamma.."cominciai "Liv sta tranquilla , l'ho visto entrare nel tuo camerino, non fa niente." cacciai un sospiro "Beh grazie tante.. credo che per il vestito non ci sia alcun problema." sorrisi "Pensi che Claire verrà?" domandò "Non aspetta altro." ebbene si , la mia migliore amica aspettava il matrimonio a braccia aperte , era ansiosa di indossare dei tacchi e di mettersi tutta in ghingheri "Non cambierà mai quella ragazza." rise mia madre. Comprammo talmente tante cose che le buste ci avrebbero soffocato di lì a poco e quando tornammo a casa Rob era molto scioccato "Wow , adesso so che cosa vuol dire uscire a fare shopping." ci guardava di sottecchi "Esatto tesoro, spera sempre di non venire mai con noi." rispose mia madre. Mi allontanai da loro salendo su in camera e cominciando a sistemare i nuovi vestiti, erano per lo più cose semplici, ma sapevo che il mio armadio prima o poi sarebbe scoppiato, era troppo pieno. Mi suonò il telefono e nel caos tentai di trovarlo e quando lo ebbi in mano , risposi "Pronto?" quello che sentì mi fece venire un capogiro "Amore, se ti venissi a prendere per andare a cena da mio padre?"


Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Plans ***


cap

"Stasera?" chiesi allibbita "Che problema c'è?" detestavo quando rispondeva ad una domanda con un'altra domanda "C'è che non sono preparata Justin." mi gettai sul letto mettendo la mano libera sugli occhi "Liv non occorre prepararsi per una cena qualunque." per lui era semplice , aveva una bella faccia tosta , non si faceva mai scrupoli di niente "Beh scusa tanto se non sono come Misternonhopreoccupazioni." dissi cercando di imitare il suo tono di voce "Passo alle otto e mezza." poi staccò. Dio quanto era odioso, doveva almeno dirmelo con un giorno di preavviso , adesso che cosa avrei indossato?Avevo comprato un milione di cose , ma adesso sembrava che non andassero bene. Immersa nei miei pensieri e con lo sguardo rivolto all'armadio non sentì la porta aprirsi e mia madre sedersi dietro di me "Liv cosa vuoi mangiare stasera?" mi voltai verso di lei e la guardai "In realtà Justin mi ha appena chiamato e mi ha detto che stasera dobbiamo andare a cena a casa di suo padre." spiegai "Vorrei tanto restare con te, ma devo andare." continuai con una nota di scuse nella voce "Non preoccuparti , io e Rob ce la caveremo." disse mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, le sorrisi e la guardai uscire.

-POV JUSTIN-

Liv si lasciava sempre prendere dal panico , era una cosa che la caratterizzava da sempre, ma anche una cosa che la rendeva tremendamente dolce. Quando bussai a casa sua fui sorpreso di vederla serena e calma "Buonasera." dissi a sua madre e a Rob che con un cenno del capo mi salutarono "Beh mamma io vado , ci vediamo dopo." Liv liquidò quella situazione in modo molto veloce con un gesto della mano e in men che non si dica si catapultò in macchina "Sul serio? Ti ho visto rilassata fin quando non hai aperto bocca.. Liv devi davvero imparare a gestire questa cosa." dissi trattenendo una risata. Mi colpì con la borsetta l'avambraccio "Sono calma Justin , non c'è niente che non vada. Smettila di ridere!" sospirai divertito e misi in moto. Parcheggiai difronte casa e mi voltai a guardarla "Andiamo?" chiesi , lei annuì e mi segui fuori dall'auto. Mano nella mano ci dirigemmo alla porta e quando bussai , ad aprirci fu mio fratello Jaxon "Papà sono arrivati." urlò squadrando Liv dalla testa ai piedi con un sorrisetto "Io sono Jaxon." disse poi presentandosi e Liv abbassandosi alla sua altezza rispose "Piacere di averti conosciuto Jaxon , io sono Liv." papà comparì un istante dopo e aspettò che entrassimo. Mi salutò con un abbraccio e poi passò a Liv "Sono contento di conoscerti. Sai , aspettavo da tanto questo giorno. Justin è sempre un po' scettico riguardo queste cose , mi lascia sempre fuori dalla sua vita." tossì in imbarazzo "Non si preoccupi signore , è normale." squittì Liv "Chiamami pure Jeremy." la conversazione fu interrotta dal rumore di una padella che si infrangeva al suolo. Andammo verso la cucina e trovammo Erin, la compagna di papà ,sporca di farina e con un diavolo per capello "Oh signore , siete già qui? Perchè non ho sentito nulla?" disse divertita salutandomi. Quel contatto non mi diede fastidio, ma non era il nostro normale approccio e mi sembrava quasi che tutta la mia famiglia stesse recitando per apparire perfetta. Abbracciò Liv che rispose all'abbraccio volentieri e mentre loro due cominciarono a parlare di cose femminili , io seguì papà in salotto.

-POV LIV-

Justin non si accorgeva di quante persone meravigliose lo circondassero , non capivo che cosa non le piacesse di Erin , io la trovavo davvero una brava persona e piuttosto disponibile "Penso davvero che questo pollo sia disgustoso." mormorò con una risata "Non dica così , sono sicura che sarà buonissimo." controllava ogni dieci secondi il forno , e anche se non volevo ammetterlo , il pollo aveva davvero un brutto aspetto "Beh penso che sia cotto. Liv mi aiuteresti a portare queste cose di là?" annuì e dopo aver preso alcuni contorni , ci dirigemmo in sala da pranzo. "Quindi sei ancora all'ultimo anno?" mi chiese Jeremy mentre prendemmo posto a tavola. Justin era seduto accanto a me e mi teneva una mano sulla coscia nuda. "Si , e dopo di chè ci sarà il college." dissi con un sospiro "Hai già pensato a qualche college?" mi chiese Erin "Si, ho preso in considerazione Yale e Harvard. Sono consapevole del fatto che sarà impegnativo entrarci o solamente essere presa in considerazione , ma ho mantenuto buoni voti fin dal primo anno e sono molto speranzosa." spiegai davvero interessata all'argomento. "Mi sembri una ragazza molto intelligente , penso che ce la farai senza problemi. Sono molto lontane però.." disse Jeremy tagliando un pezzo di pollo. Justin non emetteva un suono e sembrava molto infastidito da quella conversazione "Questo lo so , ed proprio uno degli aspetti che me le fa adorare molto di più. Amo Seattle, non mi fraintenda, ma penso di avere bisogno di allontanarmi un po' da qui." Justin si irrigidì stringendo il mio ginocchio. Lo guardai di sottecchi e mi accorsi che non aveva toccato cibo "Università? Davvero?" sibilò al mio orecchio. Lo disse con un tono di voce così basso che pensai me lo fossi immaginato "Anche io sono bravo a scuola." intervenne Jaxon distraendomi dallo sguardo di Justin "Certo che lo sei tesoro, il primo di tutta la classe." lo rassicurò Erin felice. La cena passò tranquilla , anche se sapevo che c'era qualcosa che aveva infastidito Justin , e non potevo credere che fossero le università , mancava ancora un anno e in un anno sarebbero potute succedere tantissime cose. La serata però fu interrotta dallo sbattere della porta, tutti ci voltammo e vidi quella che era una ragazzina sui tredici anni dall'aspetto arrogante e superiore. "Santo Dio , una bella cena di famiglia.. perchè mi sento fortunata per non esserci stata?" disse con una punta di.. non so bene di cosa. "Jazzy ti sembra il modo di comportarsi con la presenza di ospiti?" la rimproverò Jeremy "Ospiti? Io vedo solo quel rincoglionito di mio fratello e la mal vestita della sua ragazza." mi volta verso verso Justin cercando di trattenere una fragrante risata "Jazzy spero che tu ti sia vista prima di uscire di casa, o prima di venire a cena conclusa a sparare cazzate." ruggì Justin , lei lo guardò male e poi salì in camera sua. Non c'era da arrabbiarsi , al contrario , mi era sembrata molto divertente la cosa. "Papà si è fatto tardi , porto a casa Liv." dichiarò Justin mettendomi un braccio intorno la vita. Dopo aver salutato tutti , uscimmo e salimmo in macchina. "Beh è stata un bella serata , pensavo che non sarei piaciuta a nessuno e invece mi sbagliavo." dissi orgogliosa della mia persona "Mmh." mormorò Justin "Perchè sei arrabbiato con me , che cosa ho fatto?" chiesi davvero confusa "Non sono arrabbiato con te Liv, sono solo infastidito del fatto che tu stia progettando di andare via. L'idea non mi entusiasma affatto." aveva le mani sul volante e cercava in ogni modo di non guardarmi "Justin , manca ancora tanto tempo. Non sto progettando di andare via , ma tuo padre mi ha chiesto della scuola e.. ho dei piani , non te lo nascondo." accostò al marciapiede e mi prese il viso tra le mani "Liv se solo penso che saremo lontani chilometri , mi si stringe il cuore. Non so che cosa mi hai fatto , ma io sono dipendente da te e voglio averti sempre vicina , sempre." mi baciò e solo adesso ricordai di quanto avessi bisogno di sentirlo sulla mia pelle, non mi sarei mai stancata di lui, non ci sarei mai riuscita "Ti amo." sussurrai contro lesue labbra "Ti amo." mi rispose di rimando.

"Sono terrorizzata all'idea di andare all'altare di nuovo." disse mia madre coprendosi il volto con le mani "Andiamo mamma , lo hai già fatto una volta , che vuoi che sia la seconda. Pensavo che fossi una donna forte e coraggiosa." la presi in giro "Sono seria Liv , il matrimonio è importante, ti lega a quella persona indissolubilente." mi spiegò assorta "Ma smettila , il matrimonio non ti lega in quel modo a qualcuno , vedila così: tantissime coppie al giorno d'oggi divorziano, è abbastanza normale. Guarda te e papà..." risposi gesticolando. Ci tenevo al mio punto di vista. "Liv , lo sai benissimo che tra me e tuo padre le cose non andavano bene fin dall'inizio, ma adesso non pensarci." mi accarezzò un braccio "Si , pensiamo che tra una settimana sarai sposata." mi divertivo troppo a prenderla in giro, vederla in ansia faceva troppo ridere. "Non una settimana, ma solo cinque giorni." precisò "Due donne che parlano di matrimonio e che ridono , vorrò sapere oppure no?" intervenne Rob entrando in cucina "Quando imparerai che non puoi capire quello che due donne si dicono?" Rob diede un bacio alla mamma e all'improvviso mi venne voglia di sparire. Presi a girare il cucchiaino nello yogurt cercando di non guardarli , era troppo strano vedere la propria madre scambiarsi effusioni con qualche uomo. "Io credo che a questo punto me ne andrò a leggere." mi alzai e fui praticamente ignorata. Quella era una bella mattinata e il sole era bello alto e piuttosto caldo, decisi di leggere in cortile, infondo era un momento perfetto per annullarsi in una buona lettura. Mi misi all'ombra del grande albero di limoni che il nonno fece crescere , diceva che potevano servirci e che avrebbe abbellito tutto il giardino e infondo non aveva tutti i torti. Cominciai a leggere il libro che il mio professore di letteratura mi aveva regalato alla fine dell'anno: Amleto. Sorseggiavo di tanto in tanto la limonata che mamma mi aveva portato , fin quando.. "Essere o non essere.." alzai lo sguardo dal mio libro e vidi Tom che mi fissava sognante , sbuffai infastidita "Ti facevo più una da Romeo e Giulietta, ma invece mi sbagliavo. Mi sorprendi sempre." feci un sorriso tirato "Che cosa vuoi Tom?" chiesi "Guardarti, non posso?" alzai gli occhi al cielo "Basta che poi non ti metti a sbavare." lo punzecchiai "Non capisco come il tuo ragazzo riesca a sopportarti." non riuscivo a credere come riuscisse sempre a mettere nel mezzo Justin "Non sono affari che ti riguardano. Credo proprio che stia arrivando , faresti meglio ad andare Tom.." lo avvertì "Non ho paura del tuo fidanzato, non è nessuno in fin dei conti." rispose spavaldo, ma a chi voleva darla a bere? "Fa come vuoi , ma poi non dire che non ti ho avvisato." ripresi a fingere che non esistesse e dopo un po' se ne andò stizzito. Continuai la lettura e senza accorgermene lo feci ad alta voce "Hai davvero una voce meravigliosa." sentì dire , mi voltai e vidi Justin con gli occhiali da sole in tutto il suo splendore "Sei arrivato." dissi aprendo le braccia. Mi baciò e si distese sul mio grembo, e da quel contatto riuscì a sentire il profumo della sua pelle soffice. "Ti prego , continua a leggere.."


Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Nightmares ***


CC

"Claire, Liv potete dire dove gli addetti devono mettere tutti i fiocchi rosa? E' meglio se lo fate voi, avete più gusto." disse mia madre passandoci avanti. Eravamo nel luogo dove si sarebbe svolto il matrimonio ed eravamo nel bel mezzo dei preparativi. Era una sala che si trovava in un castello antico, e da cui si poteva ammirare il grande prato che si estendeva tutt'intorno al grande palazzo. "Liv non restare imbambolata , aiutami." mi urlò Claire. Scossi la testa per risvegliarmi da quello stato di trance "Si arrivo." mi affrettai a dire. Erano tutti molto stressati negli ultimi giorni , quella settimana era praticamente volata e a casa regnava il caos più totale. "Non è eccitante tutto questo?" disse Claire con un sorriso a trentadue denti "Assolutamente- risposi con un sorriso tirato, poi mi rivolsi al ragazzo che era davanti a me- non in questo modo, fa che non siano tutti vicini." detestavo coordinare le cose , ne avevo davvero abbastanza. Erano le sei del pomeriggio e mia madre non voleva che tornassi a casa , diceva che aveva bisogno del mio occhio e del mio stile. "Mi raccomando , domani non voglio che tu ti comporta da musona. Il matrimonio è una cosa bella e devi far vedere a tua madre che sei super felice per lei e del fatto che questo giorno sia arrivato." mi rimproverò Claire come solo una mamma sa fare "Sono felice per lei, è solo che sono qui da stamattina presto e ho mangiato solo una barretta di cioccolato." spiegai infastidita , non capivo perchè tutti pensassero che questa cosa non mi andasse a genio, lo so , una settimana prima la cosa non mi entusiasmava tanto , ma adesso era okay. "Spero che sia davvero come dici." le mandai uno sguardo di traverso e mi allontanai camminando verso mia madre "Mamma io adesso andrei a casa , stavo pensando di riposare un po'." le mormorai "Hai finito di fare quello che ti avevo chiesto?" mi domandò "Certo , credo che Claire resterà ancora, quindi può continuare ad aiutarti lei.. le fa piacere." dissi pregando che mi lasciasse tornare alla mia dolce casa "Chi ti riporta a casa?" chiese ancora mettendo entrambe le mani sui suoi fianchi "Justin sta venendo a prendermi." mi poggiai alla sedia che avevo alle spalle "Va bene , va." cedette. Uscì sentendomi una principessa tra quei corridoi e quando arrivai giù alle scale mi ritrovai Justin davanti "Hey angelo , stavo salendo." disse, e da perfetto gentiluomo prese la mia mano e la baciò "Ti ho preceduto." risposi con un sorriso "E' davvero bellissimo qui." mormorò guardandosi intorno "E' il posto perfetto per un ballo lento... me lo concede signorina?" chiese , feci un piccolo inchino e mi avvicinai mettendogli una mano sulla spalla. Mi fece fare un giro e quando mi ritrasse a se mi baciò , poggiò la sua fronte alla mia e mi guardò dalle sue lunghe ciglia. Riuscì poi a farmi adagiare la schiena al suo petto e mi mordicchiò l'orecchio "Justin." risi "Sei bellissima." sussurrò e mi prese in braccio cominciando a girare. Sembravamo due bambini e quando lentamente mi fece scendere ci fermammo cercando di far tacere le nostre risate. Alzai lo sguardo e trovai mia madre in cima alle scale guardarci divertita "Vi adoro." mimò con le labbra per poi andarsene.

"Come sono andati i preparativi?" domandò Justin sedendosi sul divano accanto a me "Sono andati bene, ma è stata davvero una giornata pesante." mi sdraiai sul suo petto e mi circondò la vita con le braccia "Liv sai dove tua madre ha messo la mia camicia blu?" chiese Rob che fece capolino in salotto "Salve signore." salutò Justin "Penso che sia nell'armadio." comunicai distrattamente , cosa ne dovevo sapere della sua camicia "Grazie Liv- poi si rivolse a Justin- pensavo che stasera saresti venuto al mio addio al celibato." mi alzai di scatto guardando Rob in cagnesco "Addio al celibato? Non ne sapevo nulla.." spiegò Justin "Avevo chiesto a Liv di dirtelo." Rob mi guardò e cercai di fargli chiudere quella boccaccia con uno sguardo "Oh che sciocca , me ne sono completamente dimenticata.." finsi uno sguardo di scuse "Beh adesso lo sai, che dici, ti va di venire?" era assodato , odiavo Rob più di prima "Rob non credo che Justin voglia venire inf.." Justin mi sovrastò "Certo che vengo, volentieri." mi voltai verso di lui con la bocca aperta "Bene preparati per una bella sbronza." disse Rob salendo in camera. Non sapevo che cosa fosse più imbarazzante, Rob che diceva che si sarebbe sbronzato , o il mio ragazzo che acconsentiva alla sbronza del mio futuro patrigno. Mi allontanai da Justin "Te ne sei domenticata o lo hai fatto di proposito?" mi chiese lui avvicinandosi e baciandomi il collo "Me ne sono dimenticata, perchè credi che lo abbia fatto di proposito?" mentì costernata "Non lo so, intuito." mormorò poggiando la sua testa sul mio seno, presi a giocare con i suoi capelli "Devo andare." disse con un sospiro "Cosa?Perchè?" alzò la testa per guardarmi in faccia "Devo cambiarmi , non voglio andare vestito così." indicò la sua maglietta "Io trovo che tu stia benissimo." fece di no con la testa "Ci vediamo dopo amore." si alzò e dopo avermi baciato , uscì. Salì di corsa le scale e bussai alla porta della camera da letto di Rob , lui aprì e mi lasciò entrare "Credevo che avessimo un patto." ruggì "Liv di che cosa stai parlando?" chiese sbuffando "Come sarebbe a dire di che cosa sto parlando? Avevi promesso di non invitare Justin , sapevi che mi infastidiva la cosa." gli ricordai gesticolando "Non preoccuparti , è un bravo ragazzo , lo terrò d'occhio." mi rassicurò "Senti Rob, niente cose volgari o donne mezze nude. Intesi?" lo avvertì "Ho una certa età Liv , cosa ti fa pensare che abbia organizzato la festa con spogliarelliste?" incrociai le braccia al petto "Con il tempo ho capito che non importa quanti anni abbia un uomo, se un qualunque tizio le vuole, che sia grande o piccolo , le chiama." dissi enfatizzando alcune parole "Ho tutto sotto controllo." piano piano mi accompagnò alla porta e dopo che fui uscita me la richiuse in faccia.

A casa eravamo rimaste solo io e mia madre, stava lavando i piatti e tra i capelli portava tanti bigodini "Sono successe tante cose vero?" presi in mano uno strofinaccio e cominciai ad asciugare i piatti che mi passava "Si." risposi semplicemente volendo d'un tratto che non aprisse quel discorso "Adesso mi rivelerai dove andrete in viaggio?" dissi cercando di deviare la chiacchierata "Beh andremo in europa." rispose raggiante "In Europa? Oh mio Dio mamma , ma è bellissimo." ero sinceramente contenta "Si lo so. All'inizio non volevo allontanarmi troppo , ma poi Rob ha insistito tanto e mi ha convinto." rivelò lei passandomi l'ultimo piatto "E partirete subito dopo il ricevimento?" domandai curiosa "Si , abbiamo il volo fissato per domani sera." spiegò asciugandosi le mani sul grembiule che aveva addosso "Quindi resterò da sola per due settimane.. wow." risi "Liv mi raccomando , mentre non ci sono e hai casa libera , non fare niente di stupido." mi avvisò con sguardo severo "Ho imparato a cucinare qualcosina , sta tranquilla non romperò nulla e non incendierò la casa." non doveva preoccuparsi , ero migliorata "Non mi riferivo a quello .." la guardai stranita "Dicevo , non fare nulla di stupido con Justin, a meno che tu non abbia già fatto qualcosa.. Liv assicurami che non è success..." quella ad incendiarmi fui io, divenni rossissima in volto e non volendo che continuasse la fermai "Mamma sta tranquilla non è successo nulla." ero davvero in imbarazzo "Beh meglio così." sospirò sollevata "Me lo diresti?" chiese "Ti prego smettiamola , non è una cosa di cui è semplice parlare." dissi con una risata nervosa "Va bene." alzò le mani in segno di resa e poi mi abbracciò "Che ne dici di un bel riposino di bellezza?" ma quando avrei avuto la certezza che Justin fosse a casa? A che ora Rob sarebbe tornato? Con questi pensieri mi avviai su per le scale ed entrai in camera mia. C'era un silenzio assordante , presi il mio telefono e con le cuffie sentì della musica fin quando non mi addormentai.

'Tenebre , solo tenebre mi circondavano. Corsi trattenendo il fiato per quello che sembrava un sentiero di un bosco. Un freddo polare mi invase gelandomi le ossa , indolenzendomi le dita delle mani e dei piedi nudi. Passi , sentì dei passi dietro di me , sentì lo scricchiolare delle foglie secche degli alberi sotto le scarpe del mio inseguitore. Il fiato mi aumentò , ma cercai di fare quanto meno rumore fosse possibile. Misi una mano sulla bocca , dovevo tacere. I passi si fecero sempre più vicini fin quando non sentì una presenza alle mie spalle. Le gambe mi si fecero pesanti e caddi in ginocchio, mi avevano abbandonato. Questo qualcuno prese i miei capelli con forza e mi girò il viso facendosi vedere in faccia , sgranai gli occhi : era Brenton Foster con in mano una pistola. "No no no no no." mormorai con le lacrime agli occhi "Non uccidermi , non uccidermi , non uccidermi." ripetei cercando di farmi sentire , ma era come se la voce fosse stata risucchiata da qualcosa a me sconosciuto. Cercai di togliere la sua mano dai miei capelli , faceva male , molto male "Non la toccare." urlò qualcuno , il mio cuore sussultò quando riconobbi la voce : Justin. Brenton mi lasciò e caddi in ginocchio sopraffatta , lentamente strisciai lontana da lui avvicinandomi a Justin che non staccava gli occhi da quelli di Brenton. "Bieber , sapevo che l'avresti protetta." sibilò Foster "Ora avrai quello che ti meriti per tutto quello che hai fatto: la morte." continuò puntanto la pistola contro Justin. "Va via, va via." dissi piangendo, riuscì ad alzarmi in piedi e quando sentì caricare la pistola mi lanciai contro Justin. La pallottola partì e mi affondò nella pelle , nel cuore. Un dolore lancinante mi squarciò il corpo , ma cosa più brutta fu l'urlo che seguì "Liv no."

Mi svegliai di soprassalto in una pozza di sudore accorgendomi di avere ancora la musica nelle orecchie. Le tolsi con forza e controllai l'ora: le quattro. Tolsi subito la maglietta che indossavo e misi una mano sul cuore , proprio sul punto dove la pallottola nel sogno mi aveva colpita, tirai un sospiro di sollievo , stavo bene , non era successo nulla. Scesi le scale in intimo e una volta arrivata in cucina presi un aspirina per il mal di testa e un bicchiere di succo d'arancia. Ricordai di Justin e controllai dalla finestra se c'era l'auto di Rob e mi sentì subito meglio quando la vidi parcheggiata lì davanti al vialetto. Misi una mano sugli occhi pensando che tra poche ore avrei avuto la casa inondata di persone. Ritornai in camera più scombussolata di prima e con il timore di ritornare a dormire.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Potete seguire la mia storia anche su WATTPAD
Mi troverete con lo stesso nome.
XOXO

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Important day ***


ccc

"Oh santo cielo, hai visto un film dell'orrore e non sei riuscita a dormire? domandò Lesley la truccatrice muovendo il mio viso a destra e sinistra analizzandomi "Qualcosa del genere." risposi rabbrividendo. Una cosa positiva era che dopo il trucco avrei avuto un aspetto migliore di quello che avevo ora , e ringraziai mentalmente la persona che aveva inventato tutto questo. "Liv sei semplicemente meravigliosa." disse mia madre ammirando il capolavoro di Lesley. Lei non era da meno , i capelli le stavano benissimo e sembrava davvero una sposa perfetta. Rob aveva dovuto lasciare la casa la mattina presto , non avrebbe potuto vedere mia madre con addosso il vestito da sposa, era una superstizione che mia madre prendeva troppo sul serio. "Grazie." sorrisi gratificata. Quando indossai il vestito e presi tra le mani il bouquet di fiori , mi guardai allo specchio, non sembravo nemmeno più io. Mi morsi le labbra e mi voltai uscendo dalla mia camera pronta ad andare in chiesa ed essere una brava damigella. Era tutto addobbato nei minimi dettagli , i colori erano tutti in tinta ed era davvero tutto perfetto. Quando camminai davanti mia madre lungo la navata , la prima persona che vidi fu Justin alla sinistra di Rob. Indossava un vestito classico con un papillon blu come il mio vestito, e adesso che ci facevo caso era la prima volta che lo vedevo così elegante. Mi fece un occhiolino e quasi non svenni , sorrisi istintivamente e andai a prendere il posto che mi era stato assegnato precedentemente: dietro mia madre con i miei e i suoi fiori tra le mani. Lette le promesse e scambiati gli anelli , erano tutti in lacrime , la nonna , il nonno .. tranne me che mi limitavo a sorridere come una babbea nel mezzo di quella cerimonia che era stata programmata senza rifletterci su due volte. Gli sposi uscirono seguiti da tutti e quando finalmente Justin mi fu accanto mi abbracciò. Sentì la brutta sensazione di quando sta per succedere qualcosa di orribile e lo strinsi più forte "Liv è tutto okay?" mi chiese guardandomi negli occhi come a leggerci dentro "Si, sei davvero bellissimo." ammisi ispezionandolo e facendo altri commenti del genere "Sei tu quella perfetta qui." mi diede un casto bacio e uscimmo dalla chiesa. La nonna mi si avvicinò e mi diede un abbraccio "Bella cerimonia, bella te." mia nonna era davvero qualcosa di straordinario , la donna più forte che conoscessi e più buona del mondo. "Nonna , lui è Justin." presentai "Piacere signora." il mio fidanzato e mia nonna , due delle persone più importanti della mia vita finalmente si conoscevano "Sei proprio un bel giovanotto. Sai anche mio marito era un bel giovanotto tanti anni fa, formate proprio una bella coppia." mi poggiai a Justin che mi baciò tra i capelli "Io sono il nonno , falle male e io farò male te." ridemmo tutti quando il mio vecchietto preferito sbucò e strinse la mano a Justin "Non dare fastidio a questi due ragazzi- lo rimproverò la nonna- perchè non andiamo al ricevimento?" disse mettendo una mano sulla spalla a Justin e sorpassandolo "Si andiamo." annuì con decisione.

"Mi spaventa più tuo nonno che qualcun'altro." confessò Justin con l'aria divertita "Adora le minacce." rivelai poggiandomi al sediolino "Che cosa avete fatto ieri sera?" chiesi guardandolo curiosa "Una serata divertente, abbastanza tranquilla." spiegò semplicemente "Tranquilla?Quanto hai bevuto?" mi guardò per un secondo "Nessuna ragazza mi ha toccato se era questo quello che volevi sapere." disse andando dritto al punto. Diventai un pochino rossa e guardai fuori al finestrino. Ero meravigliata, mi conosceva davvero bene "Grazie per l'informazione." sorrisi. C'erano davvero tante persone al banchetto, e quando Claire e Marcus ci videro vennero a salutarci "Congratulazioni." dissero abbracciandomi. Justin e Marcus si allontanarono per andare a prendere qualcosa da bere e restammo solo io e Claire "E' stata bella la cerimonia?" mi chiese "Si , molto bella." affermai. Sentì chiamare il mio nome e mi voltai. Sgranai gli occhi per l'incredulità "Margaret? Non sapevo che saresti venuta! Che bello rivederti." non potevo crederci , Margaret la migliore amica di mia madre era al suo matrimonio! Caspita , aveva fatto un viaggio molto lungo. Non la vedevo da qualche anno , si era trasferita ad Ottawa ed era scomparsa dalla circolazione. "Invece eccomi qui , non me lo sarei persa per niente al mondo." mi diede un bacio su entrambe le guance e mi prese sotto braccio. Ci incamminammo tra il verde del prato, il vento soffiava leggermente e mi faceva svolazzare di tanto in tanto i capelli. "Sei diventata davvero una bellissima donna." disse spostando la sua borsetta di lato "E' passato tanto tempo." le feci notare "Già. Non posso credere che sei più alta di me , eri solo uno scricciolo, ed ora guardati.." mi ammirò dalla testa ai piedi e mi venne da ridere "Ho visto anche che adesso sei impegnata." continuò dicendo con uno sguardo malizioso "Si , ho un fidanzato." confermai "Voglio conoscere chi ha la fortuna di stare con te." cambiò subito strada per ritrovarci dagli altri, ma non potevo fare a meno di sentire la stranissima sensazione di essere osservata. Mamma e Rob arrivarono poco dopo , quando tutti noi avevamo preso posto ai nostri rispettivi tavoli. Io e Justin al tavolo con gli sposi, che privilegio. Solo che quello che successe mi mandò completamente in tilt. Rob fece tintinnare la forchetta al bicchiere e si alzò in piedi trovando l'attenzione di tutti i presenti , lo guardai confusa e lo stesso fece Justin "Prima di cominciare a gustarci un buon pranzo , c'è qualcuno che vorrebbe dire qualcosa a me e alla mia bellissima moglie, in questo giorno davvero speciale. Liv , a te la parola." deglutì non sapendo che dire e sentì tutti gli occhi puntati su di me. Non mi avevano parlato di un eventuale discorso , non ne sapevo niente. Mi sentì tremendamente stupida , non ci avevo pensato , era il matrimonio di mia madre , era ovvio che avrei dovuto tenere un discorso. Justin mi diede una scrollata e in un secondo mi alzai. Guardai tutti e poi mi sgranchì la voce che altrimenti sarebbe suonata roca. "Beh.. come ha detto Rob questo è davvero un bellissimo giorno , il matrimonio è un evento importante e molto sentito, soprattutto se è la propria madre a sposarsi- improvvisai- ad essere sincera , all'inizio l'idea non mi piaceva molto , credevo che mia madre stesse sbagliando, che dopo mio padre non avrebbe più dovuto avere altri uomini e mi convincevo che stesse facendo il secondo errore più grande della sua vita. Poi ho avuto l'occasione di conoscere meglio Rob e di capire che sono davvero fatti l'uno per l'altro. Adesso penso sinceramente che insieme potranno passare dei giorni felici, e sono molto contenta che adesso siano uniti. Vi auguro da figlia tutto il bene dell'intero mondo. " conclusi sedendomi con un gran sorriso soddisfatta del discorso che avevo inventato al momento. Mamma si asciugò una lacrima e mi disse grazie , come del resto tutte le persone del ricevimento. "Sai davvero fingere benissimo." mi sussurrò Justin all'orecchio "Lo so bene. Mi hanno detto molte volte che ho la stoffa dell'attrice."

Alzai un sopracciglio quando nel bel mezzo della chiacchierata che stavo avendo con Claire, il telefono mi prese a squillare. "Chi è?" mi chiese lei curiosa , alzai le spalle non sapendo personalmente chi fosse, il numero era a me sconosciuto. Mi allontanai in fretta per rispondere, e con la coda dell'occhio vidi Justin guardarmi. "Pronto?" ci fu un lungo silenzio prima che qualcuno parlasse "E' così bello vedere quanto ti stia bene quel vestito." era una voce maschile un po' smorzata che a stento riconobbi "Chi sei, come fai a vedermi?" domandai guardandomi intorno e sentendo la gola inaridirsi "Io sono ovunque." disse tagliente, e in quella frazione di secondo la mia mente mi mostrò la figura di qualcuno che stava rovinando ogni cosa. "Brenton smettila di perseguitare me e Justin , basta." ero esasperata , cominciavo a credere che quella situazione non sarebbe mai finita e la cosa mi spaventava a morte "Liv mi hai riconosciuto subito.." lasciò la frase in sospeso "Si e avrei voluto non farlo." a quel punto staccai la chiamata stizzita e spensi il telefono giusto in tempo "Liv chi era a telefono?" mi voltai e Justin era lì ,ad un passo da me "Oh era solo un amico di mia madre che non è potuto venire alla cerimonia e voleva fare gli auguri." mentì avvicinandomi a lui e intrecciando la sua mano alla mia.

Tutto sommato era stato un bel giorno, omettendo un piccolo avvenimento, soprattutto quando alla fine avevano servito ogni cosa ricca di cioccolato e confetti zuccherosi, quanto adoravo mangiare le cose dolci. Mamma e Rob erano già partiti in luna di miele ed erano solo le due e trenta di notte. Avevo salutato ogni invitato e ne avevo davvero abbastanza di quelle scarpe odiose , erano altre tre metri e mi avevano davvero distrutto i piedi. Justin e io ci stavamo dirigendo alla macchina per tornare finalmente a casa "Justin non correre, non ce la faccio." dissi con una smorfia di dolore abbassandomi e togliendo quell'inferno "La prossima volta non mettere quei trampoli." disse prendendo le mie scarpe in mano "Una donna non può fare a meno dei tacchi." Quando arrivammo fuori casa mia guardai Justin negli occhi "Resti? Non mi va di restare da sola." chiesi sperando che mi dicesse di si. Avevo paura di rifare lo stesso sogno e di svegliarmi senza nessuno accanto "C'è qualcosa che non va?" domandò con sguardo indagatore "No , solo che preferisco avere compagnia." scendemmo dalla macchina e ci avviammo dritto in camera. "Lascia che ti tolga il vestito." disse avvicinandosi e cominciando ad abbassare la lampo fino alla fine. Mentre il mio vestito toccava leggero il pavimento sentì un brivido lungo tutta la colonna vertebrale , lì dove le mani di lui lasciavano il segno. Sapevo di non portare il reggiseno , ma non provavo vergogna a lasciarmi guardare, era Justin , il mio fidanzato, la cosa più bella che avevo. Mi voltai e inchiodai il mio sguardo al suo "Sei bellissima." mormorò incastrando il viso nell'incavo del mio collo e lasciandoci teneri baci. Scese a baciare la spalla , il petto , sfiorò i miei seni, la mia pancia. Il respiro mi aumentò quando mi fece sdraiare sul letto e cominciò a sbottonarsi la camicia bianca come il latte che portava. Non potevo credere che stesse succedendo tutto quello , era qualcosa che non mi aspettavo dopo un giorno così lungo e faticoso. Era ad un centimetro da me che analizzava tutto il mio corpo , quando capì che quella sarebbe stata la notte in cui mi sarei completamente abbandonata a lui , la notte in cui saremmo diventati un tutt'uno, la notte più bella della mia vita.


Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Change ***


jhjhg

-POV JUSTIN-

Mi svegliai di soprassalto quando sentì Liv urlarmi accanto. In due secondi la presi fra le braccia e tentai di calmarla , aveva avuto un incubo. "Liv , è tutto apposto , è tutto finito." aprì gli occhi e cercò di regolare il suo respiro stringendosi di più a me "Scusa mi dispiace , non volevo svegliarti." disse con un filo di voce e con le guance piene di lacrime "Shh non è nulla." le spostai i capelli che per il sudore le si erano appiccicati al viso. Era la terza sera di seguito che restavo a dormire da lei , ed era la terza sera che si svegliava a causa di un incubo. Sapevo perchè non volesse restare sola , ma non capivo perchè non volesse dirmi quello che tanto la tormentava , avrei cercato qualcosa per aiutarla. Quando sembrò tornare tranquilla le baciai la fronte "Mi dici che cosa hai sognato." vederla in quello stato mi stringeva il cuore , cose la poteva spaventare tanto da farla stare così male? "Ti prego Justin , non farmelo ricordare." mi voltò le spalle e si raggomitolò su se stessa. "Liv non finirà mai questa storia se non mi parli e non mi dici che cosa sogni. Non posso sapere quello che succede nella tua testa, e non capisci che non mi piace vederti sconquassata da urla ogni notte." era frustante "Justin- mi ammonì- sono le quattro del mattino , dormiamo." sembrava quasi una supplica "No se non mi dici che cosa sogni.. fallo per me." le dissi più gentilmente. Quando finalmente tornò a guardarmi parlò "Te- disse- sogno te , ogni notte." spiegò a voce bassa, ma non capivo.. "Vengo uccisa ogni notte nella mia testa per proteggerti, ti sento sempre urlare dopo che sono crollata a terra per quella pallottola nel cuore , sento la mia maglietta diventare rossa, impregnarsi di sangue , e so che farà lo stesso con te .." cominciò a piangere di nuovo "Chi ti spara?" chiesi notando il terrore negli occhi lucidi di lei "Brenton Foster."

-POV LIV-

Che grande errore avevo fatto , rivelare a Justin quello che sognavo. Sapevo che adesso avrebbe raddoppiato ogni forma di protezione nei miei confronti e sapevo che mi avrebbe preparato ogni sera prima di andare a dormire una camomilla. Gli avevo ripetuto anche che era tutta una questione di subconscio , ma spiegare a Justin queste cose era come spiegare ad un bambino di non toccare nulla in un negozio di ceramica. Decisi di fare un bel bagno bollente, ero agitatissima e i miei nervi erano tutti accavallati. Quando mi calai nella vasca l'acqua era così calda che il palmo delle mie mani si arrossò. Mi sdraiai e chiusi gli occhi lasciando che la mia mente non pensasse a nulla, e rimasi così fin quando l'acqua non divenne ghiacciata , e fin quando non mi strappai la pelle a furia di strofinarla con la spugna piena di bagnoschiuma. Ritornai in camera con i capelli umidicci e trovai Justin sdraiato sul letto ad aspettarmi. " Ce ne hai messo di tempo." mi guardava cercando di capire quale fosse il mio stato d'animo. "Si , ne avevo proprio bisogno." gli feci un mezzo sorriso per fargli capire che stavo bene, non volevo che si preoccupasse "Santo Dio Liv, si sincera con me." sbottò cogliendomi di sorpresa. Incrociai le braccia al petto e lo guardai sgomenta "Ma che ti prende?" chiesi alzando un sopracciglio infastidita "Che mi prende? Mi prende che non dormi da tre giorni, non vuoi restare da sola in casa , mi racconti cosa sogni e la cosa è raccapricciante , resti in bagno per più di un'ora, Liv, io voglio aiutarti. Stai passando un brutto periodo." si alzò dal letto e mi si avvicinò "Justin non sto male come credi , sono solo un po' tormentata perchè non riposo come dovrei." spiegai rassicurandolo "Ti assicuro che la tua è un ossessione , non è questione di non riuscire a dormire come dovresti." disse con un tono di voce alto che mi fece infuriare, sapevo che si preoccupava , ma non doveva esagerare. "Justin , vuoi davvero stare a parlare di questo adesso? Hai studiato psicologia? Mi pare di no , io sto bene e starò bene." spiegai frustrata, mi toccò una ciocca di capelli bagnati e il suo sguardo si intenerì. "Vieni te li asciugo io, non voglio che ti ammali." sorpresa mi lasciai guidare in bagno e con spazzola e phon cominciò ad asciugarmi i capelli.

Ero accoccolata tra le braccia di Justin sul divano, mentre si dimenava come un forsennato per una partita di football o qualcosa del genere, ma non ne capivo molto, e mai lo avrei fatto. Avevamo ordinato da mangiare le cose più caloriche del mondo, che aspettavamo da un bel po' ma che tardavano ad arrivare, e avevo anche cucinato i pop corn, insomma la giornata procedeva meglio di quanto mi fossi immaginata. "Su andiamo." inveì Justin contro la televisione, alzai lo sguardo verso di lui e cominciai a guardarlo: aveva i capelli un po' cresciuti ed un accenno di barba che lo facevano sembrare più uomo di quanto non fosse veramente, aveva il viso concentrato e gli occhi brillanti. "Che cosa c'è?" mi chiese curioso "Nulla, sei bellissimo." dissi semplicemente, mi diede un bacio sul naso e continuò a guardare la partita. Quando il campanello bussò Justin si offrì di andare ad aprire e mi lasciò sola in soggiorno. Poggiai la testa al cuscino morbido del divano finchè non sentì un tonfo che mi fece balzare e correre immediatamente alla porta con il cuore a mille. Quello che vidi fu qualcosa che mi lasciò senza parole: mio padre svenuto all'entrata di casa. "Papà." urlai avvicinandomi a Justin che cercava di farlo riprendere, ma non riuscivo a non chiedermi perchè fosse lì. "Liv tesoro." disse quando aprì gli occhi e mi guardò , Justin lo aiutò ad alzarsi e lo aiutò a sedersi in cucina dove li raggiunsi dopo aver richiuso la porta. "Papà che sei venuto a fare qui?" chiesi bagnando uno strofinaccio pulito e premendolo sul naso di mio padre che gocciolava sangue, forse per lo schianto. Justin si poggiò alla tavola evidentemente curioso, cosa che mi fece sorridere "Lascia faccio io- disse tamponando lo strofinaccio al posto mio, poi riprese a parlare- mi sono divorato l'anima dopo che sei andata via, mi sentivo responsabile di tutto. Così quando ho trovato il coraggio che mi mancava ho chiamato tua madre e ne ho parlato con lei." mi finsi tranquilla mentre gli riempivo un bicchiere d'acqua, ma in realtà non lo ero per niente. "Mi ha anche raccontato quello che è successo tra di voi, delle mille discussioni che avete fatto solo perchè volevi rivedermi.." continuò "Arriva al punto." dissi d'un tratto troppo stanca e assonnata per tutto quello "Volevo rivederti e riallacciare per quanto possibile i rapporti , vorrei che venissi a stare da me per un po' e che conoscessi la mia piccola Sophia, sono sicuro che insieme stareste benissimo.." sgranai gli occhi e lo bloccai prima che continuasse "Papà .. io credo che tu stia correndo troppo, comincio a pensare che se non fossi mai venuta a Miami non mi avresti mai cercata di tua spontanea volontà." ed era assolutamente quello che pensavo "Lo avrei fatto prima o poi." passai una mano tra i capelli cercando qualcosa da dire , ma in realtà non avevo un briciolo di energia per quella conversazione. "Scusa , ma non so che dire.." dissi uscendo dalla cucina e lasciando mio padre solo con Justin. Non era un comportamento maturo , me ne rendevo conto , ma non ero preparata a tutto quello , non adesso che avevo già altro a cui pensare e di cui preoccuparmi. Avrei perdonato mio padre , e avrei anche conosciuto mia sorella, ma volevo farlo con calma, passo dopo passo. Sentì Justin dire qualcosa a mio padre e mi poggiai al muro dietro la cucina per ascoltare. "Signor Tanner , credo che Liv prenderà in considerazione la sua proposta, e sono sicuro che ne sarà molto entusiasta, ma penso che sia troppo stanca e stressata per dire qualcosa al momento. Ha dovuto accettare il matrimonio di sua madre , che è stato pochi giorni fa, e adesso sua mamma non è qui per starle accanto.. vada a casa dalla sua famiglia, quando lei si riprenderà, e sono sicuro che lo farà perchè è una ragazza forte, si farà viva da sola. Le serve solo del tempo per accettare tutti i cambiamenti nella sua famiglia." Justin era davvero l'unica persona che mi aveva capito, e lo amavo da impazzire per aver detto quello che io stessa non ero riuscita a dire. "Oh , io non sapevo che stesse così. Mi fiderò di te allora." rispose mio padre alzandosi e uscendo dalla cucina ,dove mi vide. "Justin ha detto tutto papà, scusami." abbassai lo sguardo imbarazzata "Non preoccuparti , io ti aspetterò." quando mi abbracciò non mi sentì a disagio come avevo immaginato , al contrario, fu piacevole e ricordai me stessa , a sette anni ,quando ancora la mia vita era normale.

-POV JUSTIN-

"Ad essere sincero a me piace tuo padre, ed è stato bello averlo a cena." Liv annuì serena mentre continuava a respirarmi sulla pelle e ad avere i suoi capelli sparsi su tutto il cuscino, mi piaceva averla così vicina, mi piaceva poter sentire l'odore di pesca che emanavano i suoi capelli , e mi piaceva soprattutto vederla , dopo tanto tempo, calma. "Sono contenta del fatto che prima o poi riuscirò a perdonare chiunque, sarò una persona nuova." disse in modo teatrale alzando le mani in aria per poi ridere "E' bello sentirti ridere."ammisi ammirando tutta la sua bellezza "Oh Bieber, non vorrai fare il romantico adesso?" non capivo come aveva fatto a cambiare stato d'animo in così poco tempo "Dovresti lavare la tua auto." disse di punto in bianco "Come?" cosa c'entrava la mia auto? "Prima mi sono affacciata , e sono sicura che avrebbe bisogno di una bella lavata." spiegò gesticolando "V bene , domani andrò all'autolavaggio." si alzò di scatto con un sorrisetto malizioso "Chi ha parlato di autolavaggio? Potrei farlo io, potrei mettere su uno spettacolo imperdibile." passò la lingua sul suo labbro e non ci misi molto ad attrarla a me e a baciarla "Sono curioso di vedere come lavi una macchina." 


Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Lie ***


jghf

-POV JUSTIN-

Quando aprì gli occhi ci misi un po' a mettere a fuoco la stanza. Ero da Liv come al solito, ma al mio fianco lei non c'era. Al suo posto solo un groviglio di lenzuola e il condizionatore ancora acceso che emanava un'aria gelida. Rabbrividì e mi affrettai ad alzarmi e a prendere il telecomando per spegnere quell'aggeggio. Scesi le scale stiracchiandomi ; avvertivo dei dolori al braccio, forse avevo dormito in una posizione scomoda, forse era stato il condizionatore stesso, ma sapevo che avrei preso una qualche bustina di medicina che me lo avrebbe fatto passare. Erano le dieci e trenta del mattino e avevo una fame da lupi. Mi meravigliai quando entrando in cucina, trovai una ciambella enorme nel piatto , diverse fragole e una spremuta d'arancia in un grande bicchiere di vetro. Era ovvio che la ciambella era stata comprata , visto che Liv non era in grado di fare certe cose , ma il pensiero che lei l'avesse presa solo per me , mi fece sorridere. Non sapevo che fine avesse fatto , o dove fosse, ma l'avrei aspettata gustandomi una bella e buona colazione. "Buongiorno." urlò Liv poco dopo circondandomi le spalle e stampandomi un sonoro bacio sulla guancia. Mi girai ad osservarla, e notai che indossava un paio di pantaloncini striminziti ed una maglietta trasparente.. era davvero sexy. "Ottima colazione." ammisi con sguardo d'apprezzamento "Di nulla- disse accompagnando la frase con un gesto della mano- sai che questi capelli ti donano parecchio?" mi scrutò il viso per poi toccarmi i capelli "Ti piace il caos." dissi poggiando le mani sui suoi fianchi ed avvicinandola il più possibile al mio corpo. Mi prese il viso tra le mani "Non sai quanto." mi baciò, e da quella vicinanza potevo sentire il suo odore, che a parere mio era il più buono del mondo. "Vieni." si divincolò da me prendendomi il braccio e conducendomi fuori , dove la mia auto era parcheggiata, sul vialetto. "No, non pensare minimamente a lavare quella macchina vestita così." dissi indicando il suo abbigliamento "Che cosa c'è che non va nel mio abbigliamento?" era brava a fingere con quel suo visino da innocente, ma sapevo benissimo che voleva provocarmi "Non fare la finta tonta, ti conosco troppo bene." l'avvertì con una risata "Non so di cosa tu stia parlando." scivolò via dalla conversazione quando prese un secchio pieno d'acqua e schiuma con una spugna molto zuppa. Si abbassò portando il suo sedere in belle vista per prendere la spugna "Liv." urlai , non volevo che qualcuno la vedesse in quel modo. Si girò e mi zittì portando il suo dito indice davanti al naso e alla bocca , alzai d'istinto gli occhi al cielo e sbuffai. Si allungò su tutta la macchina e cominciò a lavarla con calma , bagnandosi di poco la maglia; prese il secchio e lo capovolse sulla macchina schizzandosi tutta. "Non mi aiuti?" mi chiese all'improvviso quando ero troppo occupato a guardare le sue gambe umide "No, fa da sola." sorrisi perchè la cosa cominciava a piacermi , cosa potevo desiderare di più della mia ragazza mezza nuda e bagnata che mi lavava l'auto? Assolutamente niente. Mi poggiai allo stipite della porta per guardare meglio, e la vidi andare a srotolare la pompa dell'acqua per poi falla partire con un forte getto. Ero così eccitato che mi risvegliai solo quando mi sentì schizzare su tutto il corpo, portai le mani davanti al viso ridendo "Non dovevi farlo!" sbottai correndo verso di lei e strappandogli di mano la pompa. "No Justin." urlò scappando dietro la macchina, la rincorsi e con l'acqua che gli finì addosso , i suoi capelli si inzupparono e la maglia gli si appiccicò completamente al corpo. Mi morsi il labbro quando portò le braccia dietro il mio collo e mi baciò. "Ti amo." sussurrai.

-POV LIV-

Era stata una bella mattinata, e mi piaceva il fatto che Justin si fosse lasciato andare. Era andato a casa sua per pranzare con sua madre, lo trovavo giusto, non poteva passare ogni singolo secondo della sua vita a casa mia e solo ed esclusivamente con me , quindi andava bene. Stavo facendo un po' di pulizie , ci volevano, la casa doveva respirare. Ero intenta a lavare un piatto quando qualcuno bussò alla porta sul retro facendomi sussultare dallo spavento. Mi asciugai velocemente le mani sul grembiule che portavo per proteggere i vestiti e mi avviai a vedere chi era, chiunque fosse , perchè non aveva bussato dalla porta principale? Quando aprì la porta non mi sorprese vedere Tom. "Bellissima." mi salutò radioso lui "Che cosa vuoi?" chiesi sbrigativa "Volevo solo farti i complimenti per il tuo spettacolino. Sapevo che eri una bollente e capace di essere provocante." disse malizioso. Feci una smorfia per quello che disse "Ti ringrazio... hai finito?Avrei da fare." era irritante il suo comportamento da impiccione , non lo sopportavo, mi dava su i nervi e niente e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea su di lui. "Prima o poi smetterai di comportarti da antipatica con me, sono sicuro che ti farò innamorare." puntò i piedi a terra e mi sembrò così infantile "Oh per favore." urlai sbattendogli la porta in faccia. Una volta finito di riordinare presi il telefono e chiamai Claire. "Pronto." sentì dire da una voce troppo familiare "Claire, sono Liv." dissi semplicemente sedendomi sulla sedia "Non dire altro, vengo subito da te." detto questo staccò la chiamata lasciandomi imbambolata con il telefono a mezz'aria.

"Non ci crederò mai, lo sai questo?" io non pensavo fosse vero. Claire non poteva aver lasciato Marcus dopo tutto quello che aveva passato, insomma , lo aveva perdonato un milione di volte per cose che personalmente non avrei fatto passare. "Invece è così. Ho capito che una pausa era quello che ci voleva.. siamo stati insieme tanto tempo Liv e non so se saremo quelli di una volta, non dopo tutto quello che è successo." spiego aggiustando il ciuffo dei suoi capelli con calma. Mi poggiai alla sua spalla "Mi dispiace , ma se hai ritenuto giusto questo, sappi che ti appoggio." volevo che sapesse che io avrei appoggiato ogni sua decisione "Lo so bene." sorrise con sufficienza "Non è che stai uscendo con qualcuno?" conoscendo Claire era molto probabile. Mi guardò male "Certo che no, ho appena chiuso una relazione , non voglio tuffarmi in un'altra solo dopo un giorno." alzai le mani in segno di resa "Scusa, era solo un pensiero." risi e lei fece lo stesso. A questo punto potevo dire di avere un'amica che era cresciuta, anche se poco. Tante volte in passato gli avevo detto di chiudere quella relazione che sembrava non sana per lei, ma non aveva mai voluto sentire nulla , nemmeno un consiglio.. se avessi saputo che ci sarebbe arrivata da sola , non avrei sprecato tanto fiato. "E a te come va ?" mi chiese curiosa "Con Justin a meraviglia, ma mi manca mia madre." ammisi con un sospiro, mi toccò la spalla "E' normale che ti manchi- fece una breve pausa, come a voler scegliere le giuste parole da usare per quello che doveva dire- Ma l'hai sentita?" domandò alzando un sopracciglio "Si , ieri sera. Ha detto che è stata a Roma e che è una bellissima città .. ha fatto tante foto con Rob e con persone che ha conosciuto, mi sembrava davvero felice." mentì. Avevo le mani sudate e per qualche ragione capì che Claire aveva intuito qualcosa, e pensai che aspettasse che io gli dicessi che mia madre non aveva mosso un dito per chiamarmi e per chiedermi come stavo o come stava andando il viaggo dopo il matrimonio. "Mi diresti se ci fosse qualcosa che non va .. vero?" annuì tranquilla nascondendo la verità "Non preoccuparti , è tutto apposto."

-POV JUSTIN-

"Sono qui." urlai entrando a casa di Liv. Era tutto in ordine , meglio di come l'avevo lasciata quella mattina, segno che Liv aveva fatto le pulizie. L'ingresso e la cucina profumavano di fresco e di limone , un odore che rendeva più accogliente l'abitazione. Arrivai in salotto e trovai la mia fidanzata seduta sul divano con sguardo pensieroso. "Bentornato." disse quando mi vide , mi abbassai e le lasciai un leggero bacio sulla fronte "Vedo che hai dato una spolverata a tutto." constatai guardandomi in torno "E' normale che mia madre non mi abbia mai chiamato da quando è partita?" cambiò completamente discorso e quello che disse mi lasciò per un minuto senza parole. "Molto probabilmente non ci ha nemmeno pensato." provai a dire, ma sapevo che quello non l'avrebbe fatta sentire meglio. Non era assolutamente normale che una madre dimenticasse di chiamare sua figlia se è così lontana. "Sono sicuro che c'è un motivo valido." affermai notando la sua espressione amareggiata "Forse." disse alzando di poco le spalle "Andiamo, vieni qui." l'accolsi tra le mie braccia. Non sapevo quanto ancora avrebbe dovuto sopportare prima di essere felice, prima che tutto il caos all'interno della sua famiglia si mettesse a posto. Mi alzai ricordandomi di fare qualcosa "Ehi dove vai?" chiese evidentemente confusa "A farti una camomilla, non credere che me ne sia dimenticato." avrei fatto di tutto per lei e per la sua stabilità, non avrei lasciato che gli incubi prendessero il sopravvento, non volevo vederla stare male, non l'avrei sopportato per niente. Ero consapevole del fatto che adesso eravamo diventati una cosa sola, e se lei stava bene , stavo bene anche io.

"Sai che detesto le camomille." piagnucolò come una bambina. Sbuffai stufo dei suoi lamenti "Sai perchè devi bere questa roba, devi riprenderti. Liv non stai bene." spiegai per l'ennesima volta. Le ripetevo sempre che le avrebbe fatto bene riposare come si doveva, aveva bisogno di una bella dormita. "Mi da fastidio che tu mi costringa a bere una cosa che non mi piace." mise il broncio poggiando il bicchiere caldo sul tavolo "Smettila." l'avvisai più che infastidito. Portò la testa all'indietro e dopo aver deglutito continuò a bere con riluttanza. Sentì vibrare il telefono in tasta, e senza controllare chi fosse, risposi. "Ti sono mancata?" confuso notai Liv guardarmi curiosa. La voce al telefono era femminile e stranamente conosciuta "Laila?" domandai sicuro che fosse lei, ci fu una risatina dall'altro capo del telefono che mi fece capire di aver indovinato. Mi voltai verso Liv e notai le sue dita diventare di un colore bianco mentre stringeva forte il bicchiere. "Che bello il fatto che ancora mi riconosci." sospirai sonoramente "Che cosa vuoi?" non mi andava di parlare con lei, mi sentì troppo stanco, sapevo che avrei litigato con Liv. "Solo sentirti, mi manchi.. ho saputo che adesso hai una ragazza." toccai i miei capelli e guardai Liv andare via dalla stanza. "Si si , devo andare." staccai la chiamata prima che potesse dire altre cose e rimisi il telefono in tasca. Andai su in camera dove trovai la mia ragazza cambiarsi. "Già finito?" mi chiese infilando una canotta "Si." risposi semplicemente sedendomi sul letto "Va bene." si sdraiò senza più dire una parola. Ecco che ricominciavo a non capirla, Dio quanto era complicata. Non poteva dire liberamente quello che provava e basta? Certo che no, altrimenti non sarebbe stata Liv. Mi passai le mani sul viso e dopo averle dato un ultima occhiata, mi stesi accanto a lei con lo sguardo rivolto al soffitto.


Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Around illegal ***


dagash

-POV LIV-

Ero sempre più triste, giorno dopo giorno. L'estate stava andando via, lo notavo benissimo. Il sole non era più così bollente, e la sera dovevo per forza indossare un copri spalle. Sentivo l'avvicinarsi della scuola, e già la nausea. Quella sera nell'aria c'era un odore di carne, carne che molto probabilmente qualcuno stava cuocendo per la sua famiglia. Famiglia, che bella parola, faceva pensare a qualcosa di caldo, di accogliente , peccato che molte volte non era così. Mia madre e Rob erano tornati da poche ore , e non facevano altro che ripetere che era stato tutto così magico e romantico. Avevo bisogno di aria, per questo ero sulla terrazza della mia camera, guardavo avanti, verso le luci della città nella quale ero cresciuta, la città più incasinata del mondo. "Tesoro, possiamo parlare?" mi sentì toccare una spalla e mi voltai di scatto quando sentì la voce di mia madre. "Certo , vieni sediamoci." ci accomodammo sulle sedie intorno al piccolo tavolino che avevo, e mi guardò dritto in faccia. "Non mi hai detto a te come è andata." mi chiese spostando lo sguardo sul braccialetto che portavo "Non me l'hai chiesto." constatai con voce flebile "Beh adesso si." si affrettò a dire poggiandosi allo schienale della sedia "Io sono stata bene, non ho fatto niente di che." dissi con un gesto veloce della mano, alzandomi. "Con Justin? Non mi hai proprio parlato di lui." mi fece notare seguendomi verso la ringhiera "Mamma le cose fra di noi vanno come sono sempre andate." dissi sincera, ed era così. Non mi ero allontanata da Justin, non lo avrei fatto solo per una stupida chiamata. Mi aveva dato fastidio, lo ammetto, ma era durata poco , e poi sapevo che mi amava. "Se ti dicessi che.." tentò di dire, ma lasciò aleggiare la frase "Che..?" domandai spostando dei capelli ,che per il leggero venticello ,si erano posati davanti al mio viso. "Ho avuto un ritardo." confessò un po' intimorita da quella che sarebbe stata la mia reazione "Non mi sembra, mi pare che tu sia arrivata in orario." finsi di non capire, ma la verità era che avevo sentito e immagazzinato già tutto. Non sapevo per quanto ancora avrei retto quella situazione, non solo si era sposata da poco, ma adesso aspettava anche un bambino da un uomo che nemmeno sopportavo del tutto, Dio che stanchezza. Non ne potevo più delle novità, dei problemi, degli incubi.. ero sicura che prima o poi sarei diventata così isterica da essere inavvicinabile. Avevo solo diciotto anni. "Non cambierai mai vero? Sempre a dire sciocchezze pur di scappare dalla realtà." mi rimproverò. "Senti, non mi importa , davvero, tu puoi fare quello che ti pare. Sei incinta? Buon per te. Non lo sei? Ancora meglio. Non devi preoccuparti di quello che penso, tanto prima o poi me ne andrò, e ti lascerò con il tuo bel maritino e il tuo piccolo bambino. Voglio solo che tu sappia che per me sei troppo vecchia per avere un figlio." entrai in camera lasciandola lì , a rimuginare su quello che le avevo detto.

Mi svegliai con un mal di testa paragonabile a quello che si ha dopo una sbronza. Dopo la doccia che feci, uscì fuori casa per prendere un calzino che era caduto dal primo piano di casa mia, stendendolo mi era scivolato, al quanto pare avevo anche le cosìddette ' Mani di mozzarella'. Mi chinai a raccoglierlo, ma quando mi alzai sentì dei lamenti provenire dalla casa della signora Lebrowski. Il presentimento che avesse potuto sentirsi male mi invase. Corsi verso casa della signora e bussai ripetutamente alla porta, ma senza risposta "Signora Lebrowski apra, sono Liv." continuai a bussare "Signora sono preoccupata , mi apra." dovevo entrare in quella casa, non avrei mai potuto aiutarla altrimenti. Ero pronta a chiamare il pronto intervento ,quando la porta si aprì "Che cosa ci fai qui, perchè stai urlando come una pazza contro una porta chiusa, ma soprattutto perchè hai un calzino in mano?" mi domandò Tom alzando un sopracciglio. Guardai il calzino che avevo in mano e velocemente lo rimisi in tasca nascondendolo dalla sua vista. "Ho sentito piangere qualcuno, ho pensato che tua nonna stesse male e che fosse da sola.." mi alzai sulle punte cercando di vedere oltre la sua spalla, ma non ci riuscivo, era una montagna. "Sta tranquilla, non sta male lei, ma uno dei suoi cani. Sembra che stia per morire." spalancai gli occhi, tutte le persone che la conoscevano sapevano che adorava i suoi cani, adesso capivo il motivo dei lamenti, piangeva per lui. "Rufus?" chiesi sicura della risposta "Si , è molto vecchio. Vieni , forse le farà bene vederti." annuì entrando in casa. Non era cambiato niente , era tutto uguale come l'ultima volta che ci ero entrata, sembrava passata una vita. Trovai la signora Lebrowski tenere Rufus sulle gambe , e il veterinario accanto. Non era una scena così piacevole. "Nonna , c'è Liv." le disse Tom , lei si girò verso di me "Sono contenta di vederti, ma questo come puoi notare non è un bel momento." non mi piaceva vedere le persone anziane stare male , si poteva notare dai loro volti qualcosa del loro passato. Chissà come la signora Lebroski si fosse appassionata agli animali, chissà come aveva deciso di comprare tre cani.. "Signora Lebrowski anche io conosco molto bene Rufus, e mi dispiace davvero, per quello che può contare. Ha vissuto tanto tempo, ed è stato sempre con lei, ma come ogni essere vivente si è stancato. Sono sicura che adesso starà meglio , in un mondo tutto nuovo." mi avvicinai a lei cercando di consolarla "Si, hai ragione. E' stato molto forte in tutti questi anni, merita un po' di riposo." le feci un piccolo sorriso. Il veterinario si avvicinò a Tom "Il cane adesso è stabile, per qualunque cosa non esitare a chiamarmi." gli disse per poi andare via. "Tom mi faresti un tè?" la signora Lebrowski anche da triste non riusciva a fare a meno del suo the, era assurdo, non ci trovavo nulla di buono in quella schifezza. Seguì Tom in cucina per lasciare alla signora del tempo con il suo cane, forse l'ultimo. "Non è piacevole." dissi poggiandomi al tavolo da pranzo "Non mi piace vedere mia nonna così." sbuffò sonoramente cominciando a preparare il tè "Posso immaginare." sospirai quando mi si mise di fronte "La prima conversazione normale che abbiamo." osservò con un sorriso, alzai gli occhi al cielo "Dai non rovinare il momento più bello della mia vita. Insomma, sto parlando con la ragazza che più mi piace in tutta Seattle." mi mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, il contatto non era poi così fastidioso. "Ma smettila, mi mette in imbarazzo questo genere di cose." mi guardò intensamente negli occhi, e mi sentì quasi a disagio "Penso che l'acqua sia diventata troppo bollente." mi allontanai velocemente da lui e spensi i fornelli. "Lascia faccio io." mi feci da parte e lo lasciai fare. Dopo aver portato il tè , e dopo aver visto la signora Lebrowski addormentarsi, mi avviai verso la porta. "Grazie per essere passata, sono sicura che te ne sarà grata." aprì la porta ed uscì sul vialetto seguita da Tom "Non è nulla davvero." vidi correre un cane verso di me e saltarmi addoso. La forza con la quale mi si fiondò contro fu tanto forte da farmi cadere all'indietro. Tom mi bloccò alla svelta barcollando sui talloni, ma restò stabile. "Dan, sei proprio un cane cattivo." lo rimproverai con un sorriso amichevole, mi inginocchiai alla sua altezza e lo stesso fece Tom. "E' fatto così." puntualizzò lui. Dan cominciò a leccare il viso di Tom, e la cosa mi fece ridere "No , smettila." urlò divertito. Strinsi Dan ancora ridendo, fino a quando non sentì "Vedo che ti stai divertendo, e brava la mia piccolina."

Justin era in piedi fuori al vialetto più bello che mai con gli occhiali da sole. I suoi capelli alla luce sembravano più brillanti e luminosi. Mi alzai velocemente e mi avvicinai a lui. Il suo sorriso non era poi così sincero "Justin lui è Tom il nipote della signora Lebrowski, e Tom lui è Justin il mio ragazzo." i due si strinsero la mano "Già, il suo ragazzo." puntualizzò Justin mettendomi un braccio intorno alle spalle. Detestavo quando faceva così, sentiva il bisogno di marcare il territorio, era una cosa tanto fastidiosa. "Certo, ho capito benissimo. Beh tolgo il disturbo, è stato un piacere Liv." Tom si girò e rientrò in casa. Spinsi Justin e lo guardai male "Era proprio necessario?" uscì dal vialetto entrando poi nella sua macchina, mi seguì e mise in moto. "Si ,era necessario. Ti guardava in un modo che non mi è affatto piaciuto." disse fermandosi ad un semaforo "E' solo un amico Justin." sospirai poggiando la testa al finestrino "Che cosa ci facevi con quello, perchè eri da lui?" sbottò all'improvviso arrabbiato facendomi sussultare ,non risposi "Stavi cercando di vendicarti per la chiamata di Laila? Speravi che ti vedessi con lui?" chiese ipotizzando cazzate su cazzate, ma come poteva pensare una cosa del genere. "Cosa? No." mi affrettai a dire "Allora perchè?" continuava a guidare , ma dove stavamo andando? "Per inciso , non sono andata a casa di Tom , ma a casa di sua nonna alla quale è morto il cane. Non sapevo che Tom fosse lì." spiegai con sicurezza nella voce "Non mi sembrava che non lo sapessi." affermò convinto "Vuoi davvero discutere per una sciocchezza del genere? Non credi di essere un pochino infantile così?" domandai molto infastidita dal suo comportamento, ingrandiva le cose a dismisura, ma a volte dimenticavo con chi avevo a che fare, con Mistertresecondi. "Non parlarmi di essere infantile, non sono io quello che si è incazzato per una telefonata!" alzai gli occhi al cielo "Va bene, l'ho fatto a posta, sono andata da Tom e lo avrei anche baciato se tu non fossi arrivato tanto presto. Sei contento? E' questo quello che vuoi sentirti dire?" chiesi alzando la voce "Sei una grandissima stronza. Non voglio vederti con quel tizio che vuole metterti le mani addosso." disse parcheggiando ad un angolo di strada, mi guardai intorno, ma non sapevo dove mi trovassi "Perchè tu no?" riposi con un mezzo sorriso. Mi guardò e cercò di non ridere per continuare a fingere di essere arrabbiato, ma non ci riuscì. "Si anche io voglio metterti le mani addosso, ma la differenza è che io posso, lui non deve neanche pensarlo. Se solo si dovesse avvicinare a te in qualche modo , ti giuro che lo faccio fuori." gli diedi un colpetto sulla spalla, non c'era bisogno di essere così prepotenti con Tom , era un bravo ragazzo infondo. Gli misi le mani sul viso e lo baciai, quando mi staccai gli chiesi "Ma dove siamo?" si riscosse come essersi ricordato di fare qualcosa "Devo vedere un secondo una persona, promettimi che resti qui, appena torno andiamo a pranzare da qualche parte." mi promise "Perchè non posso venire?" volevo sapere chi incontrava "Liv ti prego non fare domande e resta qui." mi baciò la fronte e scese dalla macchina. Lo guardai allontanarsi e parlare ad un ragazzo che era sbucato dal nulla. La curiosità mi invase , e dentro di me speravo che il poker non c'entrasse nulla, altrimenti quella arrabbiata sarei stata io. Scesi dall'auto senza pensarci due volte e vidi Justin voltarsi verso di me con la mascella serrata "Ti avevo detto di restare in macchina." sibilò quando mi avvicinai "Non importa, non faccio tutto quello che dici." il ragazzo con il quale stava parlando doveva avere più o meno la sua età "La tua ragazza è carina- disse a Justin, poi si rivolse a me- come ti chiami?" mi chiese , sentì Justin irrigidirsi al mio fianco, ops.. "Liv." risposi senza emozione, ero sicura che si trattasse di poker. Il ragazzo allungò una mano verso il mio viso che Justin allontanò bruscamente "Dammi quello che mi devi e levati dalle palle." il tizio gli allungò una busta di una lettera che Justin aprì: erano soldi. Volevo dire qualcosa, ma alla fine non dissi nulla. Dopo avermi guardata da capo a piedi se ne andò e Justin si incamminò verso la macchina. Entrai e sbattei la portiera, cosa che sapevo gli avrebbe dato fastidio "Liv." mi richiamò "Soldi? Non vuoi proprio farla finita." urlai. Strappai la busta dalle sue mani e contai i soldi, spalancai la bocca. "Ci sono dieci mila dollari, ti rendi conto?" ero scioccata "Faremo un pranzo buonissimo." sorrise soddisfatto, cosa che non era norale "Io non mangerò nulla che comprerai con questi soldi. Questo è un giro sporco, ma che cosa te lo dico a fare , farai sempre gli stessi sbagli.. Non ho più fame , portami a casa." imposi "Andiamo Liv.." tentò, ma non lo ascoltai "No Justin non mi importa, voglio andare a casa."

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Potete seguire la storia anche su wattpad!!

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Problems ***


jf

-POV LIV-

Erano passate due settimane. Due lunghe, lunghissime settimane. Settimane durante le quali avevo passato il tempo a scegliere i vestiti per il mio primo giorno di scuola, e a ignorare i tentativi di Justin di riconciliazione. Non ne volevo proprio sapere, non volevo arrivare al punto di doverlo mettere dinanzi ad una scelta, ma era una cosa inevitabile. Non volevo trovarmi a chiedergli di scegliere tra me e la nostra fonte di litigio. Avevo paura che alla fine non avrebbe scelto me. La nostra relazione non era come le altre, era strana , molto incasinata e piena di problemi. Avevo sempre pensato che fosse una relazione speciale , ma forse mi sbagliavo, forse non era poi così fantastica. Passare le giornate a fingere che lui non esistesse , non era proprio il massimo, e anche se non volevo ammetterlo stavo malissimo. Stavo malissimo, era questa la verità. Non capivo perchè le cose non funzionassero, non capivo perchè dopo un solo giorno di sole la tempesta ritornava a battere sulle nostre vite. Sapevo che non potevo pretendere che tutto andasse a gonfie vele, ma sembrava che la nostra barca nemmeno ce le avesse le vele e che pian piano stesse affondando. Mia madre aveva saputo con certezza che aspettava un bambino, chi lo sa, forse avere un frugoletto in giro per casa mi avrebbe aiutato a stare meglio. Ero ritornata ad invidiare mia madre come in passato, lei aveva trovato il modo di essere felice con Rob , e non riuscivo ancora a credere che non litigassero mai. Erano in sintonia, in simbiosi. Allontanarmi da casa mi avrebbe fatto bene, per questo ringraziavo l'esistenza della scuola. Erano le sette quando mi ero alzata quella mattina, ma non mi sentivo stanca o assonnata, al contrario, ero piena di energia. Quando Rob mi lasciò davanti alla scuola e scomparve dalla mia vista, mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo. La scuola era sempre la stessa, e come essa , anche il mio armadietto. Conoscevo quasi tutto il corpo docente, facevo parte di tanti progetti , e mi piaceva poter essere la rappresentante di tante cose diverse. Quando chiusi l'armadietto prendendo i libri della prima ora e mi voltai, vidi avvicinarmi Claire che mi salutò con un rapido bacio sulla guancia. "Buongiorno splendore." disse ammirandomi "Buongiorno." risposi sorridente allontanandomi e imboccando il corridoio alla mia destra con Claire che mi camminava accanto. "Hai già preso i libri? Non vorrai dirmi che comincerai dal primo giorno di scuola a studiare vero?" mi domandò con un espressione scioccata suo volto. Non capivo, non era lei quella che voleva studiare, che cosa le importava. "Che cosa c'è di male?" quella che avevo fatto era una domanda stupida, conoscevo già la risposta "Che cosa c'è di male? Liv siamo all'ultimo anno, sai che vuol dire? Faremo le più assurde pazzie e ce ne fregheremo di qualsiasi cosa, studio incluso. Lasciati andare, ci sono io che ti aiuterò a smuovere tutta questa- si bloccò cercando di scegliere la parola giusta -.. rigidità." mi prese per un braccio e mi fermò nel corridoio guardandomi da capo a piedi. "Claire ci sarà tempo per andare alle feste e ubriacarsi, non preoccuparti. Studio, ma sono comunque una ragazza ed ho bisogno di divertimento, non temere." non mi piaceva il fatto che volesse per forza farmi fare quello che diceva, la ascoltavo troppe volte, e troppe volte facevo quello che non volevo fare solo per renderla felice ed accontentarla. Non avrei fatto niente che non volessi quest'anno, ero decisa ad assecondare solo me stessa e il mio istinto. La lasciai nel corridoio con un sorriso rassicurante ed entrai nella mia classe che era vuota , eccetto per una persona seduta all'ultimo banco. Era un ragazzo dalla pelle scura e dagli occhi profondi. Rabbrividì quando mi guardò in faccia e mi sorrise. Dedussi che fosse nuovo, aveva l'aria del classico ragazzo tutto tenebre e segreti, il genere che ti attira anche se non dovrebbe. "Quale onore conoscere Liv Tanner." rimasi interdetta per alcuni istanti, poi mi riscossi e poggiai i libri su un banco qualunque "Come fai a sapere chi sono, io non ti conosco." dissi curiosa, volevo davvero sapere chi fosse e come facesse a conoscermi. "Le voci girano, ho sentito dire molte cose su di te. Sembri il principale argomento di discussione in questa scuola." fui sorpresa della risposta, i suoi denti bianchi gli illuminavano completamente il viso. Era bellissimo. " Beh piacere, tu sei..?" chiesi lasciando in sospeso la frase "Io sono Mason." si alzò e mi si avvicinò. Aveva un buon profumo, era molto forte e maschile, quel genere di profumo che ti resta sotto il naso per un intera giornata. "Sei molto meglio di quanto pensassi. Tutti ti dipingono come il genio , la so tutto io.. mi aspettavo di trovarmi una nerd con gli occhiali e niente curve, mi sbagliavo." spiegò con un sorrisetto malizioso, arrossì un po' in imbarazzo "Se una persona studia, non vuol dire che sia per forza brutta. E per la cronaca, io li porto gli occhiali." il suono della campanella ci interruppe , e il prof e gli altri cominciarono ad entrare in classe.

-POV JUSTIN-

Rovinavo sempre le cose, non era una novità. Liv nonostante tutto, continuava a fare la forte. Mi faceva veramente arrabbiare il suo comportamento, stavo provando a chiarirmi, ma era come se scappasse, come se facendo così evitasse il peggio. Avevo il presentimento che forse le cose non si sarebbero aggiustate, e solo Dio sapeva come avrei fatto senza di lei. Avevamo avuto discussioni peggiori di questa, ma eravamo comunque riusciti ad aggiustare le cose, adesso sembrava di no. Non volevo nemmeno immaginare di non poter più dormire con lei, abbracciarla, baciarla, coccolarla.. era la mia Liv, la mia piccola Liv, tremendamente infantile e allo stesso tempo tanto forte. Era la mia benedizione. Ero diretto alla sua scuola, forse vedermi sarebbe stato meglio. Quando vidi tutti i ragazzi catapultarsi fuori, capì che la campanella era suonata e che era ora di tornare a casa. Ero agitato, non la vedevo da un po', non sapevo che effetto mi avrebbe fatto, mi mancava come l'aria. Il parcheggio stava cominciando a svuotarsi quando la vidi uscire al fianco di un ragazzo che aveva un volto familiare. Ero sicuro di averlo già visto da qualche parte, solo che non ricordavo dove. Vidi lui dirgli qualcosa per poi salutarla, Liv sorrise, un sorriso che non le vedevo da qualche tempo , un sorriso sincero. Mi sentì ribollire il sangue nelle vene, forse non mi richiamava perchè era troppo occupata con qualcun'altro. Mi sentì tremendamente stupido. Misi in moto per allontanarmi da quel posto, mi doleva lo stomaco, la gola bruciava. "Justin." sentì urlare, frenai e mi maledissi mentalmente per essere andato lì, che cosa le avrei detto ora? Aprì lo sportello della macchina e ci salì. "Perchè sei venuto?" mi chiese aggiustandosi la gonna che portava, le guardai le gambe cercando di restare concentrato. "Non lo so nemmeno io. Scendi dalla mia macchina." risposi brusco. Non potevo credere che si fosse fiondata già alla ricerca di qualcun'altro, non riuscivo a crederci, ero così sostituibile?Così insignificante? "Sei la stranezza fatta persona, lo sai?" aveva uno sguardo esasperato, cosa che mi diede su i nervi "Ero venuto qui per parlarti e chiarire, ma adesso non ne ho più voglia. Non mi sembra un comportamento strano, a meno che la signorina che adesso voglio che scenda dalla mia auto, non se ne intenda." dissi prendendola in giro con una vocina fastidiosa, alzò gli occhi al cielo "Non ti facevo così detestabile." borbottò incrociando le braccia al petto "E io non ti facevo così stronza." spalancò la bocca incredula per quello che avevo detto, era la reazione che più volevo, volevo che ci restasse male. Dopo avermi guardato male scese sbattendo lo sportello come faceva sempre quando voleva infastidirmi, ma non me ne importava della macchina, stavo esultando dentro. Zampettava verso l'uscita del parcheggio quando mi avvicinai lentamente con l'auto al suo fianco, abbassai il finestrino e le dissi senza nemmeno guardarla "E' finita."per poi sorpassarla. Mentre svoltavo l'angolo sentì urlare "Se non lo avevi ancora capito, è finita già da tempo."

-POV LIV-

Come si era permesso quel coglione?Lo detestavo, sapevo che era stato un errore quando mi ero innamorata di lui, io me lo sentivo. La cosa peggiore era che ero arrabbiata di più con me stessa, se non fossi stata tanto stupida, forse non mi sarei invaghita di una persona tanto orribile. Era venuto a scuola per chiarire , ma perchè non lo aveva fatto e se ne era uscito con quella frase? Non volevo nemmeno starci a riflettere, non lo meritava. E pensare che stavo male per la nostra discussione, che idiota che ero. "Mamma domani sera resto a casa di Claire, dice che dobbiamo passare assolutamente del tempo insieme.." avvertì mia madre sedendomi a tavola "Rob non cena con noi?" chiesi accorgendomi della sua assenza. Era strano, ma mi ero abituata a vederlo seduto a tavola con noi ogni sera, ed ora che non c'era , avvertivo la sua mancanza. "Lavora fino a tardi, siamo solo io e te- si interruppe guardandomi- come ai vecchi tempi." concluse sedendosi accanto a me. "Che cosa farete domani sera?" domandò passandomi il pollo che aveva cucinato poco prima. Aveva un bell'aspetto, molto invitante e gustoso, il mio stomaco si aprì. "Non lo so, le solite cose che si fanno tra amiche." alzai le spalle non sapendo che altro dire "Anche io lo facevo quando ero giovane, era divertente. Si parlava di ragazzi e di cotte varie." sospirai, non volevo parlare di ragazzi, per nessuna ragione al mondo. "Ne dubito, non parleremo assolutamente di ragazzi, ne ora ne mai." presi un po' di pane e lo mangiai "Non parlerete dei vostri amorucci?." rispose ovvia e sicura di quello che aveva detto. Mi bloccai con il bicchiere a mezz'aria e distolsi lo sguardo dal mio cibo "Se li avessimo..." spostai il mio piatto ancora pieno, mi sentivo così sazia all'improvviso "Io credevo che.. Liv non mi hai detto nulla." mia mamma cercò di riparare la situazione, ma non era colpa sua, non lo poteva sapere "Non preoccuparti mamma, sono cose che succedono. Sto bene." mi alzai e cominciai a sparecchiare "Ultimamente non mi dici molto della tua vita, mi piacerebbe essere più presente e poterti aiutare a superare delle cose che possono sembrarti brutte; quando la prima storia d'amore finisce è sempre traumatico. Se vorrai, io ci sarò." mi toccò la spalla come un appoggio, una rassicurazione "Lo apprezzo, grazie." sorrisi e salì in camera

"Ho preso gli orsetti gommosi e la panna." urlai lanciandomi sul letto della mia migliore amica "Non ci credo, sono una frana anche a mettere lo smalto. Guarda!" aveva uno sguardo esasperato che mi fece ridere. Adoravo la camera di Claire, era molto grande nei toni dell'arancione, il suo colore preferito. Alle pareti erano appesi dei quadri che suo padre aveva dipinto con le sue stesse mani esperte. Dipingeva con tutto il cuore, lo faceva con amore e passione, mi aveva sempre affascinato il suo modo di fare. Avrei tanto voluto avere uno dei suoi quadri a casa mia, erano speciali e in un certo senso confortanti. "Lascia fare a me." presi la boccetta rosa e cominciai a colorarle le unghie accuratamente "Stavo pensando.." alzai gli occhi verso di lei e vidi che seguiva ogni mia mossa "Non lo fai spesso." intervenni con una risata "Scema- rise e mi spinse leggermente quando ebbi alzato il pennellino per immergerlo nel colore- stavo pensando che essendo che siamo single.. potremmo uscire con qualcuno." fece un sorrisino innocente "No no no. Non se ne parla, non voglio entrare in un'altra delle tue trovate." l'ultima volta che aveva detto così ero quasi stata scambiata a poker, non potevo correre altri pericoli inutili "Liv non iniziare, questa volta è finita davvero con Marcus, e a te è finita del tutto con Justin , e ti appoggio pienamente per la motivazione, ma il punto è che se lui esce con altre ragazze, dovresti farlo anche tu." spiegò soffiando sulle sue dite laccate rosa. Ripassai mentalmente quello che aveva detto e ci trovai qualcosa che non mi quadrava "Li conosciamo i nostri ex ragazzi no? Non dimenticherò mai quella bionda che era con Justin stamattina, e credo che non lo farà nemmeno lui. Che porco." sbottò indignata. Sentì il mio cuore andare in mille pezzi, lo sentì frantumarsi. L'odore di quello smalto mi stava nauseando così mi alzai e uscì fuori al suo balcone. Come eravamo finiti a quello? Non lo sapevo, la verità era quella, non lo sapevo e mai lo avrei saputo. "Ho detto qualcosa che non va? Liv lo sapevi che usciva con quella tizia vero?" scossi la testa e sentì gli occhi bruciare, pizzicare "Oh mio Dio.. allora perchè hai rotto con lui?" mi chiese scuotendomi "Poker e soldi sporchi." dissi semplicemente senza emozioni in volto "Io credevo che.. beh in ogni caso hai fatto bene, troverai qualcuno che ti renderà felice, qualcuno che sia migliore di lui." una sola lacrima mi scese quella sera, quell'unica lacrima che racchiudeva tutto il dolore che provavo, una sola lacrima di pura delusione.

-POV JUSTIN-

Laila mi stava con il fiato sul collo tutto il tempo, era insopportabile. Mi aveva chiesto di passare da lei perchè si sentiva sola, e la cosa peggiore che potessi fare era andare da lei, cosa che poi avevo fatto. Una parte di me sapeva che era una sorta di ripicca nei confronti di Liv, vederla con quel ragazzo mi aveva fatto stare male, ed era strano, io non mi facevo ferire tanto spesso. Quando Laila mi aveva visto quella mattina, era corsa letteralmente tra le mie braccia, aveva emesso tutto il tempo gridolini fastidiosi e si era dimenata come un'anguilla. "Quanto mi sei mancato." aveva detto ad un centimetro dalla mia bocca "Tu nemmeno un pochino." avevo risposto secco "Oh andiamo, lo so che mi adori." quando mi baciò non me ne resi conto del tutto, ero troppo impegnato a notare Claire che mi guardava dall'altro lato della strada. Fui preso alla sprovvista, e quello che mi limitai a fare fu rispondere al bacio ed ignorare lo sguardo della migliore amica della mia ragazza. Non facevo altro che ripensare a quello che avevo fatto, sapevo che avrebbe detto tutto a Liv, ne ero più che certo. Ero a casa di Chris , ma non ascoltavo quello che diceva, pensavo e ripensavo. "Bieber smettila di rimuginare su quello che hai fatto o detto e alza il culo da quel divano." sbottò di punto in bianco riscuotendomi dai miei pensieri "Come?" chiesi non riuscendo a capire che cosa intendesse "Sei proprio un coglione. Va da lei." mi incitò con in mano una bottiglia di birra ormai finita "E' tardi , non posso andare da lei nel bel mezzo della notte." cercai di giustificare la mia paura con qualcosa che non potevo controllare: l'ora. "Andiamo, credi che stia dormendo? Credi che tu sia l'unico a pensare a quello che è successo tra di voi? Sono sicuro che starà piangendo per quello che hai fatto, e sono sicuro che non sarà a casa sua, ma dalla sua migliore amica. Ricorda che ho una sorella e che ci sono passato mille volte, il mondo femminile non è poi così contorto- fece una pausa poggiando la bottiglia vuota accanto al divano- ascoltami per una volta." anche se quello che aveva detto poteva essere vero, non potevo mettere da parte il mio orgoglio, era una cosa che non accettavo "Non posso." dissi semplicemente alzando di poco le spalle "Poi te ne pentirai. Liv è l'unica ragazza che sia mai riuscita a farti perdere così tanto la testa, vuoi davvero lasciarla perdere?" mi domandò grattandosi il sopracciglio destro. Chris da quando era diventato cosi saggio? Mi meravigliava sempre di più, era davvero un amico sincero. Mi alzai dal divano "Grazie." mi spinse fuori casa con un "Lascia i ringraziamenti per un altro momento."

-POV LIV-

Claire sapeva come tirarmi su di morale, si vedeva che mi conosceva meglio di qualsiasi altra persona. La guerra con i cuscini era la cosa che più ci faceva fare quando qualcosa non andava, stare insieme ci aiutava. "Pausa pausa." urlai crollando a terra stremata "Pappa molla." disse ridendo. Restammo sdraiate per un po' a guardare il soffitto, in attesa che i nostri respiri ritornassero regolari "Ti voglio bene lo sai vero?" mi chiese voltando la testa verso di me "Lo so, ma voglio bene di più alla panna." mi alzai e mi spruzzai una buona quantità di panna in bocca "Dammene un po'." mi strappò di mano la panna "E' così buona." dissi leccandomi le labbra "Tantissimo." ridemmo fino a quando il telefono di Claire non squillò. Si alzò e mi disse di restare un minuto in camera. "Te ne devi andare. Non devi più avvicinarti a lei, sono stata chiara?" udì dalle scale. Coprì la bocca con le mani e scesi giù raggiungendola. Mi trovai un Justin in tutto il suo splendore e Claire che cercava di mandarlo via. Quando mi guardò mi sentì le ginocchia cedere, perchè averlo davanti mi faceva questo effetto? Perchè doveva procurarmi così tante emozioni? "Claire va tutto bene, ci penso io." misi una mano sulla spalla della mia migliore amica che incenerì Justin con lo sguardo "Ti giuro che se la fai soffrire ti distruggo, ricorda che ti tengo d'occhio." lo avvertì con sguardo minaccioso per poi lasciarci soli. Aprì la porta e mi poggiai al muro circostante, lui mi si mise davanti "Hai un po' di panna qui." si avvicinò pericolosamente a me e con la sua lingua tolse la panna che mi era rimasta sulle labbra, istintivamente misi le mani sul suo petto e lo allontanai "Non ti avvicinare, non dopo che hai toccato lei.." dissi disgustata "Liv lo so, non volevo, non l'avevo previsto." si giustificò, Dio, era bello come il sole "Claire mi ha detto che invece volevi e anche molto. Justin non stare qui a sparare stronzate, non ti crederò mai." il venticello mi fece rabbrividire, si tolse la felpa e me la porse "Non la voglio, preferisco prendere un raffreddore." alzò gli occhi al cielo "Non fare la bambina." presi la felpa con riluttanza e la indossai, era il doppio di me. "Sei bellissima, ti sta bene." era un ruffiano "Smettila di comportarti in questo modo, non bastano due parole dolci per farti perdonare. Ti ricordo che sono una stronza." ancora mi faceva arrabbiare il modo in cui me lo aveva detto, con tutta la cattiveria nella voce "L'ho detto perchè mi sono ingelosito, va bene? Ti ho visto con quello e mi sono incazzato okay? Volevo farti stare male e mi sono lasciato baciare da Laila." spiegò velocemente "E sarei io la bambina?" chiesi stupita incrociando le braccia e assaporando il suo odore impregnato nella felpa "Mi dispiace, mi dispiace." guardai oltre le sue spalle respirando profondamente, misi le mani sul viso , forse avrei pianto di lì a poco "Dì qualcosa Liv." portò le mani ai lati del mio corpo, mi incatenò al muro e mi guardò dritto negli occhi "Sono sinceramente dispiaciuto, credimi. Non sai quanto sia stato difficile venire qui e scusarmi. Andiamo avanti e superiamolo, insieme." i suoi occhi supplicavano, e fu lì che mi lasciai abbracciare, cullare dalle sue braccia che mi erano mancate davvero tanto.


Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Paranoia ***


whsqqw

-POV LIV-

Per l'ennesima volta in quella mattinata mi voltai. Avevo come la netta sensazione che qualcuno mi spiasse, ma quando mi guardavo intorno non c'era nessuno, forse me lo stavo immaginando. Mi ero recata a comprare il mio pranzo, avevo l'ora libera e non avevo la minima intenzione di mangiare quello che avevano servito in mensa, ma se un giorno avessi voluto morire avvelenata o procurarmi un'intossicazione alimentare, lo avrei fatto. Ero ad un supermercato lì vicino, avevo preso un tramezzino e una bottiglia d'acqua, qualcosa di molto semplice e facile da digerire. Mandai un veloce messaggio al mio ragazzo per assicurargli che stavo bene e mi avviai alla cassa. Mentre aspettavo il mio turno, portai il mio sguardo verso la cassa adiacente, e fu lì che vidi duo occhi scuri guardarmi. La bottiglia mi cadde dalle mani e alcune persone mi fissarono stranite. Mi chinai velocemente a raccoglierla e cercai di restare calma, calma, dovevo restare calma. Mi affrettai a pagare quelle due uniche cose che avevo comprato e uscì da quel posto tirando un sospiro di sollievo. Forse ero solo troppo stressata, magari quel ragazzo mi aveva trovato carina, molto probabilmente avevo frainteso, fatto sta che mi ero lasciata prendere dal panico per qualcosa frutto della mia immaginazione. Per il resto delle lezioni non fui poi così tanto attenta, passai le ore a girare a rigirare la matita fra le dita e a chiedermi che cosa non andasse in me. Quando abbracciai Justin che venne a prendermi, mi sentì finalmente al sicuro, non feci altro che inalare il suo profumo. "Hey hey piano." mi prese il viso fra le mani e mi baciò con calma, sorrisi "Andiamo a casa." conclusi i convenevoli e salì in macchina "Fretta di tornare?" mi chiese mettendo in moto "Si, mi sento esausta." mi feci una crocchia disordinata e volta la testa verso Justin, da quella posizione potevo ammirare il suo profilo perfetto; gli occhi sembravano più lucidi alla luce del sole pomeridiano, e le sue labbra erano umide , segno che le aveva bagnate di recente. Spostai lo sguardo oltre le sue spalle e vidi il sole trovarsi sempre più giù nel cielo. Le giornate cominciavano ad accorciarsi, e cominciavo a sentire l'avvicinarsi del freddo. "A che cosa pensi?" mi chiese di punto in bianco continuando a guidare "Ti amo." dissi ignorando la sua domanda, mi fece un sorriso a trentadue denti e mi sentì sciogliere. Mi piaceva pensare che aveva deciso di venire a scusarsi e mettere da parte l'orgoglio, ero consapevole del fatto che lo avevo istigato parecchio nella nostra ultima discussione, e mi sentivo tremendamente in colpa. "Justin." lo chiamai decisa a fare quello che era giusto "Mmh..." mormorò parcheggiando davanti casa mia "Volevo scusarmi per quello che è successo-presi a giocare con il mio braccialetto- non dovevo arrabbiarmi con te, è stata tutta colpa mia.. non volevo portarti a fare una cosa del genere, però non devi preoccuparti, Mason è solo un ragazzo che frequenta il mio stesso corso di storia, nient'altro." conclusi le mie scuse con sicurezza, non volevo che si facesse strane idee "Non importa, andiamo avanti." annuì più leggera, avevo tolto un peso dallo stomaco "Mamma e Rob tornano più tardi, resti?" chiesi sperando che dicesse si.

-POV JUSTIN-

Mi piaceva fare l'amore con lei e poi restare abbracciati, avvinghiati l'uno all'altra, mi piaceva toccarle i capelli e lasciare dei teneri baci sulla sua spalla. Liv aveva la testa poggiata sul mio petto, il respiro calmo e il battito cardiaco regolare. "Ti capita mai di pensare di essere seguito?" mi chiese con un filo di voce. Non capitava spesso che mi facesse queste domande, ma quando capitava, sapevo che c'era qualcosa che nascondeva e che aveva paura di dirmi. "No, perchè a te succede?" domandai continuando a giocare con i suoi capelli, non volevo che pensasse che adesso sospettavo qualcosa. Alzò la testa e mi guardò dritto negli occhi "Credi che sia diventata pazza?" sussurrò quando delle lacrime scesero giù dalle sue guance. Ma che cosa stava succedendo alla mia piccola, dolce Liv? "No no no. Non lo penso e mai lo faro!" mi affrettai a dire accarezzandole il viso "Allora perchè ho l'impressione che qualcuno continui a spiarmi ovunque io vada?" nei suoi occhi leggevo il terrore, la paura..non ce la facevo a vederla così, mi si spezzava il cuore "Quando è successo?" mi alzai dal letto ed infilai velocemente i miei pantaloni "D-dove vai?" balbettò asciugandosi le lacrime e mettendosi seduta, le mani strette attorno al lenzuolo per coprire la sua nudità "E' importante che adesso tu mi dica chi credi che ti spii." infilai la maglietta, i suoi occhi erano furtivi "Justin ti prego dimmi dove vai, non voglio che ti metta in pericolo.." mise le mani sulla fronte e respirò cercando di smettere di piangere "Liv cazzo parla." sbottai nervoso. Se c'era qualcosa che dovevo fare era proteggerla, fare di tutto per evitare che le succedesse qualcosa , altrimenti non me lo sarei mai perdonato; la mia priorità era lei, il mio mondo girava intorno a lei. "Non lo so, non lo so.. un ragazzo credo." disse indossando il reggiseno, poi si alzò e corse all'armadio "Che stai facendo Liv , non ti lascerò venire con me." dissi con voce sicura "No Justin, non dipende da te okay? Non ti lascerò andare da solo a fare qualcosa che poi non si potrà aggiustare, non voglio che ti faccia male.. inoltre non ho nessuna intenzione di restare qui da sola." ecco che ritornava la Liv forte, quella che prendeva la situazione in mano. Riusciva a cambiare mille stati d'animo in pochissimo tempo, ma era un lato di lei che amavo ed odiavo allo stesso tempo. "Non voglio mettermi nei guai, devo solo chiedere ad un amico di capire chi è questa persona che non smette di seguirti." spiegai, non c'era bisogno che venisse, era meglio che restasse a casa e che smettesse di pensare a tutto quello che stava succedendo. "Un motivo in più per venire."

-POV LIV-

Eravamo a qualche chilometro fuori Seattle, il cielo stava diventando scuro, segno che avrebbe piovuto di lì a poco. Justin aveva parcheggiato in una stradina isolata, quel posto faceva rabbrividire. Conosceva tutte persone con una fedina penale discutibile. Entrammo in un negozio di antiquariato dall'aria cupa e sporca, il perfetto nascondiglio per un ricercato dalla polizia. "Non mi piace." dissi prendendo la sua mano e stringendola forte, nell'aria c'era la puzza della polvere e del vecchio "Te lo avevo detto di non venire , ma tu vuoi fare sempre di testa tua." mi rimproverò "Charlie." chiamò Justin , nessuno rispose. Mi guardai intorno, c'erano vasi, specchi , cappelli e cianfrusaglie varie. "Hey amico, come mai da queste parti?" chiese un ragazzo molto più grande di Justin di quasi dieci anni. Era uscito da una porta dietro al bancone, non era molto alto. "Ho un problema e ho bisogno del tuo aiuto." il ragazzo mi guardò ed intuì sicuramente qualcosa "C'entra con la tua ragazza?" domandò con un cenno del capo "Si , ha l'impressione che qualcuno la segua, ed ho intenzione di scoprire chi è." raccontò com'era la situazione e Charlie ascoltò senza dire nulla "Hai già idea di chi possa essere?" Justin annuì. Se sapeva chi poteva essere perchè non me lo aveva detto? "Proprio perchè immagino chi possa essere ho bisogno di una risposta al più presto."strinsi la mano a Justin "Certo, tutto quello che vuoi- Charlie mi guardò intensamente per qualche istante- ho bisogno di alcune tue foto, per un po' di tempo ci saranno dei ragazzi che ti osserveranno da lontano, ma tu non preoccuparti, di loro ti puoi fidare." concluse gesticolando. Sembrava una situazione surreale, una scena da film, non potevo crederci. "Fa tutto quello che puoi, conto su di te." Justin strinse la mano a Charlie, e dopo un saluto da parte mia uscimmo dal negozio. "Lo troveremo Liv." mi sussurrò Justin baciandomi la fronte "Ne sono sicura." risposi cominciando a camminare con il braccio di lui attorno alle spalle. " La macchina era qui giusto prima?" mi chiese Justin leggermente allarmato guardandosi intorno "Mi pare di si.." lasciai in sospeso la frase senza sapere che altro dire "E dove cazzo è adesso?" urlò, sobbalzai sentendo la sua voce forte. Da quella parte passavano solo alcune macchine veloci di tanto in tanto,ma non c'erano molte abitazioni. "Cazzo cazzo." si mise le mani nei capelli ed imprecò ripetutamente, lo guardavo non aprendo bocca, sapevo che qualsiasi cosa avrei detto avrebbe solo alimentato la sua rabbia. Avevo imparato a tacere quando era nervoso. Prese velocemente il telefono e compose un numero "Qualcuno mi ha rubato la macchina, devi venire a prendermi. No, non so chi sia stato, no. Si , vieni e basta." era furioso ed era per colpa mia. Se avessi tenuto per me quello che gli avevo detto, adesso non saremmo stati qui. Un lampo seguito da un tuono sconquassò il cielo "Bene, ci mancava solo un temporale." sospirai tanto stanca, Justin mi guardò gelido "Non fiatare." mi disse brusco "Sta calmo okay?" risposi alzando gli occhi al cielo, mi si avvicinò minaccioso "Devo stare calmo?Devo stare calmo? Mi hanno appena rubato la macchina che mi è costata un mucchio di soldi Liv, sai che cosa vuol dire? Io non credo proprio. Tutto questo è successo perchè la mia ragazza crede di essere seguita.. sorpresa sorpresa: quello che ci rimette sono sempre e solo io." mi inveì contro, lo guardai sconcertata "Non è colpa mia se ti hanno rubato la macchina. Avresti dovuto sapere che in questa zona sarebbe potuto succede.. ti voglio ricordare che tu sei voluto venire qui." marcai di più la voce quando pronunciai l'ultima frase. La pioggia cominciò a scendere sulle nostre teste e ci inzuppò da capo a piedi "Mi hai creato solo problemi, dal primo giorno che ci siamo incontrati, e mi sono stancato." sputò cattivo. Mi sentì bruciare la gola, ma non avrei pianto, non adesso. "I problemi me li hai procurati tu, io dovrei essere quella stanca. Se non fosse stato per te, adesso sarei a casa a studiare, e il mio unico pensiero sarebbe che cosa indossare per una qualche festa alla quale sarei andata,e non uscire fuori di testa o tremare ogni volta che qualcuno che conosci mi guarda." urlai furibonda, ne avevo abbastanza, la pioggia continuava a scendere fitta. Il mio telefono prese a squilla , ma lo ignorai "Sapevi a quello che andavi incontro quando mi hai conosciuto, ma nonostante tutto sei andata avanti con me, ti sei innamorata di me- picchiettò il suo dito alla mia tempia- questa tua testolina contorta ha voluto tutto questo, quindi non ti lamentare di niente." dalle sue ciglia scendevano goccioline d'acqua, il telefono continuava a suonare "Rispondi a questo dannato telefono." sbraitò infastidito, presi il telefono e risposi quasi urlando "Mamma sto bene..sono con Justin, sto arrivando." staccai la chiamata senza sentire altre domande dalla mia 'Ansia personale' o quantomeno un saluto "Il nostro problema è che siamo troppo diversi, e per quanto cerchiamo di far funzionare le cose, non funzioneranno mai." affermai togliendo i capelli che mi si erano appiccicati al viso "No mia cara, le cose potrebbero andare benissimo." mi guardava di traverso"Smettetela di litigare e salite in macchina." la voce di Marcus ci interruppe, eravamo così presi ad urlarci contro che non ci eravamo accorti di lui. Emisi un verso di rabbia ed entrai in macchina con un sapore amaro in bocca. "E io che credevo che con Claire litigassi parecchio, ma vi siete visti?" chiese Marcus alzando un sopracciglio incredulo. Nessun dei due si prese la briga di rispondere, e nessuno fiatò quando scesi dall'auto di fronte casa mia dopo aver detto grazie.

-POV JUSTIN-

"Hai una brutta cera." disse mia madre quando entrai dalla porta di casa "Non ho una brutta cera, sono solo bagnato e arrabbiato con tutto quello che mi gira intorno." tolsi le scarpe zuppe e la maglia "Problemi con Liv?" domandò baciandomi la guancia, sospirai non volendone davvero parlare "Non lo so." andai in camera mia dove inviai le foto di Liv a Charlie con il suo indirizzo e la sua scuola. Charlie mi mandò dopo qualche minuto un messaggio sul quale c'era scritto che aveva già mandato qualcuno a controllare la zona. Benissimo. Dopo aver fatto la doccia raggiunsi mia madre a tavola. "Che bello averti a cena." disse con un sorriso soddisfatto "Che bello averti a casa." risposi di rimando. Il lavoro di mia madre le rubava tanto tempo, e di conseguenza non passavamo molto tempo insieme. "Non ho visto la macchina in garage, dove l'hai parcheggiata?" mi chiese bevendo un sorso d'acqua, deglutì per poi respirare "E' questo il problema-presi una forchetta e me la rigirai tra le mani- qualcuno mi ha rubato la macchina, Marcus è venuto a prendermi e mi ha portato a casa." conclusi la spiegazione mangiando un po' di pasta, l'unica cosa positiva di quella giornata. Mia madre spalancò la bocca "E lo dici così?" non poteva capire che avevo già dato sfogo alla mia rabbia con qualcun'altro, avevo sprecato tutte le mie energie "Come dovrei dirlo? Non posso rifare nulla per riavere la mia auto, questo è quanto." alzai le spalle anche annoiato da tutte quelle domande e risposte "Che cosa ti sta succedendo eh?- mise le mani nei capelli nervosa- Justin io ti voglio bene, ma certe volte metti davvero a dura prova la pazienza di tutti, lo sai questo vero?" lo sapevo benissimo, non era facile sopportarmi, ma non capivo dove volesse arrivare "Non preoccuparti, riuscirò a comprare una nuova macchina e a trovare chi ha rubato quella vecchia. Pensa al tuo lavoro e non badare a me." era davvero quello che avrei fatto, avrei trovato chi aveva rubato la mia macchina e fine della storia. "E' perchè penso troppo al mio lavoro e poco a te che non riesco più a capire che cosa ne stai facendo della tua vita. Ti vedo sempre con abiti nuovi, un telefono costoso, ma so che non hai un lavoro, quindi come è possibile?" si era svegliata finalmente. Dopo tre anni se era decisa ad osservarmi. "Non penso che ti farebbe piacere saperlo." scossi la testa alzandomi "Justin." mi richiamò alzandosi di conseguenza e seguendomi in salotto "Poker." dissi semplicemente, si appoggiò allo schienale del divano per reggersi "Non dire nulla, ti prego. So che è sbagliato, ho già Liv a ripetermelo ogni singolo secondo della mia esistenza. Questa è la mia vita, e sarà così per un bel po' di tempo." misi in chiaro la situazione anche in modo sgarbato,ma era l'unico modo per farle capire di non mettermi pressione. "Se con Liv le cose vanno male per questa ragione, non puoi fare altro che accettarlo- cercò le parole guardandomi dritto negli occhi- quando ti renderai conto, un giorno forse, che avrai perso tutte le persone delle quali non puoi fare a meno per qualcosa che non ti porterà ad essere un vero uomo, capirai che sarà solo colpa tua." fu lei quella che mi lasciò da solo quella sera, non il contrario.

-POV LIV-

Quella mattina avevo saltato scuola, e lo avrei fatto per i prossimi giorni. A causa della pioggia e dei freddo che avevo preso, mi era salita la febbre. La dottoressa di casa mia mi aveva rimpinzato di medicinali e non si era fatta mancare le sue solite domande fastidiose. Avevo spiegato quello che era successo tralasciando alcuni particolari abbastanza inutili come: Il problema del tizio che non smetteva di seguirmi, ma che vuoi che sia. Quando quel pomeriggio mi lasciò sola , mi barricai in camera sotto le coperte. La testa pulsava, e pareva non andare via quel male atroce. Avevo sbalzi di temperatura, e il mio naso non permetteva all'aria di entrare nei miei polmoni costringendomi a respirare con la bocca. Chiusi gli occhi cercando di dormire visto che la notte non lo avevo fatto molto, ma invano. Con calma raggiunsi il piano terra dove mi stesi sul divano e guardai uno dei film che trasmettevano, e in un modo o nell'altro riuscì ad addormentarmi.

Quando aprì gli occhi, vidi sbiadito per un istante e credetti di aver visto Justin seduto su una sedia di casa mia. Strofinai gli occhi e mi misi a sedere notando davvero la sua presenza. Vedendomi sveglia mi si avvicinò e portò una mano sulla mia fronte. "E' ancora molto alta." tossì poco sorpresa che si preoccupasse per me. Una parte del mio cuore si era sollevata nel vederlo, mi faceva così bene agli occhi. "Justin che sei venuto a fare?" chiesi con voce roca "Charlie stamattina mi ha chiamato, e ha scoperto che non ti sbagliavi. Qualcuno si è appostato fuori casa tua ieri sera dopo che sei rientrata." mi spiegò sedendosi sul divano. La cosa positiva di quella situazione era che avevo avuto la conferma di non star diventando pazza. "E chi è?" chiesi alzandomi dal divano "Liv sdraiati, ti prendo io quello di cui hai bisogno." nella sua voce c'era rimprovero. Ebbene si , neanche in quel caso smetteva di essere antipatico, era malata e non c'era dolcezza. "Ho bisogno di te- alzò il capo verso la mia direzione e mi sentì a d'un tratto a disagio- dell'acqua , ho bisogno di un bicchiere d'acqua." mi affrettai a dire sedendomi di nuovo sul divano. Scosse la testa sorridendo convinto che non potessi vederlo, ma lo avevo visto benissimo. Soddisfò la mia richiesta quasi subito e mi guardò attentamente bere. "Non fissarmi, mi metti in imbarazzo- strinsi le gambe al petto- dimmi piuttosto chi è il ragazzo che mi spiava." si grattò la tempia "La domanda giusta è: chi lo ha mandato? La risposta è stata facile da trovare. Quando hanno preso il ragazzo, non ha messo molto tempo a confessare che lo aveva mandato Brenton Foster. Ha anche detto che in questo ultimo periodo sei quasi diventata una vera e propria ossessione per qual maniaco perverso di Foster." rabbrividì, che cosa poteva mai volere da me. "Come la mettiamo adesso, come lo fermiamo?" domandai in agitazione "Non faremo assolutamente nulla, aspetteremo che attacchi- guardò verso la finestra stringendo gli occhi a una fessura- e giuro che ti proteggerò, e ti proteggerò perchè nessuno può sfiorare l'amore della mia vita.


Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Discoveries ***


ahzsasaq

-POV LIV-

"Come sta la mia guastafeste preferita?" disse Gerard entrando in camera mia. Indossava come al solito una camicia arrotolata fino ai gomiti che non smetteva di aggiustare, ricordo che pensai fosse una sua abitudine. "Sono stata meglio." affermai stampandogli un bacio sulla guancia. Adoravo il suo modo di fare, era sempre dolce e apprensivo "Oggi sono tutto tuo, mangeremo insieme- si guardò intorno - ho comprato cibo cinese." concluse alzando un mio reggiseno dal pavimento e arricciando il naso "Non mi piace il cibo cinese Gerard." piagnucolai. Gerard non era mai triste o arrabbiato, e non capivo come facesse a restare sempre con il sorriso stampato sul viso. "Scherzo sciocchina, ho preso la pizza." sorrisi sentendomi all'improvviso in forze, la pizza era la cosa più bella al mondo. "Pizza a pranzo? Ma mamma non l'ha vietato categoricamente?" feci un espressione da pensatrice "A chi importa quello che dice tua madre- battè le mani- su su alza le tue chiappe da quel letto e scendi -urlò- e dopo da una ripulita alla tua camera, è un porcile- fece una breve pausa- non capisco, sei una donna, dove sono i tuoi istinti d'ordine e pulizia?" mi rimproverò severo, alzai gli occhi al cielo "Se li è mangiati il gatto."

"E' davvero carina, potresti uscirci almeno per una sera." a Gerard non piacevano i siti d'incontri, ma volevo che incontrasse qualcuno con cui passare il resto della vita, non lo avevo mai visto con una donna vera. "Liv non devi sentirti in obbligo, troverò la mia dama da solo." chiuse il computer e lo fulminai con lo sguardo "E va bene, volevo solo aiutarti." sospirai poggiandomi alla sua spalla "Sei felice?" mi chiese di punto in bianco , alzai la testa verso di lui "Perchè questa domanda capellone?" lo presi in giro con sguardo innocente. Aveva sempre avuto pochi capelli, diceva che gli erano caduti nel tempo a causa dello stress, ma lo preferivo così, era più bello. "Okay sai che non riesco a mentirti- mi spostò i capelli dietro l'orecchio- tua madre voleva che ti facessi questa domanda, non smette di ripetere che il suo sesto senso le sta dicendo che qualcosa non va." scossi la testa "Beh dille che sto benissimo e che la mia vita va a meraviglia." sorrisi a trentadue denti rassicurandolo. "Inizia inizia." guardai verso lo schermo della tv e notai il nome della nostra serie preferita scritto in grassetto rosso al centro di tutto quel nero.

-POV JUSTIN-

Dovevo tenere gli occhi aperti. Non ero sicuro che il ragazzo che seguisse Liv fosse da solo, quindi dedussi che era questione di tempo prima che Charlie prendesse gli altri. Ero nel suo negozio con Marcus quella mattina, ero stato costretto a raccontargli tutto; come mia madre non smetteva di fare domande, e non volevo più ascoltarlo. Ad ogni modo, avere qualcuno che mi conosceva per bene e di cui mi fidavo non mi faceva male, sarebbe stato al mio fianco in ogni momento. Prima di arrivare al negozio di Charlie ci eravamo presi del tempo per parlare, non lo facevamo da tempo e ci aveva fatto davvero bene. "Le cose non funzionavano, ma non posso negare di averla dimenticata, siamo stati insieme per tanto tempo." mi aveva detto ricordando quello che era successo con Claire. Non mi definivo un bravo ascoltatore, e ad una parte di me non importava assolutamente nulla di come fosse finita la loro storia, ma era una parte che avevo cercato di non dare a vedere in quel bar con lui di fronte. "E' comprensibile, ma non ti preoccupare lo supererai." lo rassicurai. Era il minimo che potessi fare o dire, non mi ero mai trovato nella situazione di consigliare o addirittura consolare un amico. "La verità è che mi manca." mise una mano sulla fronte e sospirò, distolsi lo sguardo da lui a due tavoli più lontani dal nostro e guardai attentamente. Strinsi un pungo attorno al mio caffè macchiato quando notai il sorriso del pivellino che avevo visto con Liv qualche giorno prima, com'era il suo nome? Ah si Mason. Il mio amico in una frazione di secondo capì quello che avrei fatto e mi prese il polso "Justin no." fissò i suoi occhi nei miei cercando di distogliere la mia attenzione, ma non funzionò. Mi alzai di scatto scrollandomi la sua mano di dosso e mi piantai davanti il tavolo di Mason con Marcus alle costole. "Hai qualche problema?" sbraitai nervoso "Justin Bieber, Marcus Davis ..sedetevi prego." disse calmo. Sapevo che in lui c'era qualcosa che non andava, me ne ero accorto già da un po' di tempo, e non mi meravigliava il fatto che conoscesse i nostri nomi. "Ho avuto l'opportunità di conoscere le vostre fidanzate, o dovrei dire ex- disse rivolto a Marcus che strinse gli occhi cominciando a scaldarsi- sono molto amiche, hanno un bel rapporto. Devo dire che Claire è un po' fastidiosa sotto certi versi, ma Liv è Liv." concluse leccandosi il labbro. Con un movimento rapido mi avvicinai ad un centimetro da lui stringendo il colletto della maglia che portava, una cameriera vedendo la scena fece cadere un bicchiere che si infranse al suolo. "Justin non qui." disse Marcus , ma lo ignorai "Chi sei e che cosa vuoi da noi, che cosa vuoi da Liv?" chiesi a voce bassa contro il suo orecchio "E' bene per te se non mi tocchi, il mio cuginetto potrebbe arrabbiarsi, e ti consiglio di evitare." cuginetto? Di chi stava parlando? Lo guardai più a fondo e collegai tutto. "Di a Foster che se vuole la guerra, avrà la guerra."

Riscossi i miei pensieri quando Charlie parlò "Quindi sarà meglio non fare mosse azzardate." stava dicendo "Beh forse dovresti dirlo a qualcuno che non ne fa proprio a meno." Marcus guardò verso la mia direzione e sbuffai "Mi dispiace, ma non controllo i miei istinti." risposi dicendo la verità "E' ora che impari a farlo, così non aiuti nessuno. Lo sai molto bene che a Brenton basta poco per creare più problemi di quanti ne abbia già creati." il tono di Charlie era nervoso, e sapevo che aveva ragione. Nella vita ne aveva passate tante, e sapeva davvero come funzionavano certe cose, mi sarei dovuto affidare a lui e ai suoi metodi. "Io non posso assicurarti niente, ma ci proverò." ammisi sincero "Non ci devi provare Justin, ci devi riuscire. Pensa che lo stai facendo per Liv, per tenerla al sicuro e lontana dai pericoli- poi si rivolse a Marcus- tu dovrai aiutarlo, da solo non ce la farà."

-POV LIV-

Ero tornata a scuola quel giorno, la febbre era scesa e tutto sommato mi sentivo meglio del solito. L'aria era fredda a Seattle, in giro si vedevano persone che si affrettavano a raggiungere gli uffici, le scuole, i bar.. era così bella, così affollata. Il cielo era di un colore azzurrino, e il sole era ancora nascosto tra le nuvole. "Pronto?" risposi al telefono quando lo sentì squillare "Sta attenta ti prego." la voce di Justin suonava incerta dall'altro capo "Non preoccuparti, è una scuola non un manicomio; nessuno mi farà del male." dissi salendo le scale della scuola "Liv con Brenton e i suoi in giro , non posso essere tranquillo- fece una breve pausa- sta alla larga da tutti, resta solo con Claire." aprì il mio armadietto tenendo il telefono con la guancia e la spalla "Grazie per la gabbia Justin." presi il libro di biologia e dopo aver chiuso l'armadietto cominciai a camminare nel corridoio "Restaci chiusa dentro. Buona giornata, ti amo." disse per poi staccare, sorrisi e misi a posto il telefono in borsa, era così protettivo. "Signorina Tanner sono contento di rivederla." sentì dire, mi voltai e mi trovai il preside Lee davanti "Anche io sono contenta di vederla- mentì felice- adesso vado in classe, non vorrei fare tardi, ho già perso alcuni giorni..." mi affrettai a dire "Non si preoccupi, la giustifico io- allungò un braccio verso la direzione del suo ufficio- faccia strada, dobbiamo parlare di alcune questioni." mi morsi un labbro stringendo il mio libro, che cosa voleva? Una volta raggiunto il suo ufficio chiuse la porta facendomi sussultare "Si accomodi, non sia timida." mi accomodai di fronte al preside poggiando la borsa a terra "Non capisco di cosa voglia parlare, mi pare di non aver fatto nulla di sbagliato se non ammalarmi." aspettando che rispondesse mi guardai intorno. Quell'ufficio mi era molto familiare, negli anni ci avevo passato tanto tempo. Avevo incontrato il preside molteplici volte, avevo discusso con lui dei diversi progetti e delle diverse iniziative per la scuola e per gli alunni. Le pareti erano color marroncino, in tinta con la scrivania disordinata e le sedie scomode, notavo che non era cambiato nulla dall'anno scorso. "Quando non c'era, alcune sentinelle che ho fissato a sorvegliare i miei alunni migliori mi hanno riferito delle cose spiacevoli sul suo conto, cosa che mi rincresce." ironia della sorte, c'erano persone che mi seguivano anche a scuola "Che cosa le hanno riferito?" chiesi evidentemente curiosa poggiando una mano sul legno scuro della scrivania "Ultimamente le sue compagnie non sono delle migliori." disse guardandomi di traverso "Signor preside, a lei non dovrebbe assolutamente importare nulla delle persone che frequento, non è affar suo." sbottai scioccata "Non faccia l'isterica, lo dico solo per il suo bene- si appoggiò allo schienale della sedia- può sembrarle strano, ma tengo a lei e a tutti i miei studenti più intelligenti." confessò, ma perchè nessuno si faceva i fatti suoi? Che brutta situazione. "Le consiglio di stare alla larga da Mason e da tutto quello che gli riguarda." mi avvertì, Mason? Era lui il problema? "Che cosa c'entra, è un ragazzo che conosco a malapena." risposi scuotendo la testa confusa "Ed è meglio così, mi creda. Mason Foster ha una famiglia pericolosa." spalancai gli occhi e deglutì, adesso capivo tutta l'urgenza nel parlarmi "Grazie, starò attenta." mi alzai ed uscì da quella stanza di corsa. Non c'era mai pace per il mio debole corpo, cominciavo a chiedermi se c'era qualche persona che conoscessi che non appartenesse a quella vita orribile; c'erano ancora persone normali e per bene in giro? Ne dubitavo parecchio. Il problema più grande era che non riuscivo a capire le intenzioni degli altri, mi fidavo sempre di tutti. "Hei sei tornata." rabbrividì sentendo la voce di Mason alle mie spalle, era vero il detto: parli del diavolo e spuntano le corna. "Si sono tornata e sono anche in ritardo." risposi gelida sorpassandolo "Non mi saluti nemmeno come si deve?" chiese prendendomi per un braccio, il cuore cominciò a battermi forte nel petto "Lasciami." dissi seria, mi guardò stringendo gli occhi "Lasciami Mason." ripetei più forte "Non capisco che ti prende." scrollai la sua mano di dosso "Mi prende che devi stare alla larga da me e da Claire, e con questo voglio dire che devi fingere di non conoscerci, di non sapere nulla di noi, perchè infondo è così, tu non sai nulla di noi." non sapevo dove avessi trovato tutta quella sicurezza, ma ero felice di averla cacciata fuori "Ti ho fatto qualcosa?" domandò con sguardo innocente, davvero pensava che fossi così stupida, che non avessi saputo il suo cognome? "Chiedilo a Brenton, sono sicuro che ti saprà rispondere davvero molto bene." mi voltai rossa in viso per la rabbia e lo lasciai nel corridoio, raggiungendo finalmente la mia classe.

"Ti prego risolvimi questo esercizio, è davvero difficile." piagnucolò Claire come una bambina. Eravamo a casa mia a cercare di studiare qualcosa, ma avevo la testa altrove. "Se faccio l'esercizio al posto tuo, non capirai mai come si fa." dissi mordicchiando la matita che avevo in mano "Non voglio capire infatti- fece gli occhi dolci sperando che mi addolcissi- fallo per me che sono la cosa migliore che ti sia mai capitata nella vita." era davvero una ruffiana, e sapeva dove colpirmi "Va bene va bene." mi arresi prendendo il suo quaderno e cominciando a risolvere l'equazione. In quel momento il campanello bussò "Non muoverti e non distrarti, vado io, tu finisci i miei compiti." si alzò velocemente e corse alla porta "Non potresti tornare più tardi? Sta studiando e ha molte cose da recuperare." sentì dire da Claire , alzai lo sguardo e scoppiai a ridere "Lascia entrare Justin." con un sorriso lo lasciò passare ed entrare dentro casa. Quando mi fu vicino lo abbracciai "Mi sei mancato." dissi baciando il suo collo "Oh qualcuno mi ha chiamato, vado a rispondere... in camera tua... al piano di sopra." Claire era davvero di buon umore quel pomeriggio, non smettevo di ridere. In una frazione di secondi mi lasciò da sola con Justin. "Stare lontano da Marcus le fa bene." affermò Justin, lo trascinai sul divani e mi accomodai tra le sue braccia robuste e piene di tatuaggi "Può darsi." sospirai finalmente in pace "Che cosa stavate studiando?" chiese cercando di fare conversazione "Cose interessanti." risposi semplicemente, mi baciò la fronte "E' successo qualcosa oggi a scuola?" domandò, quella domanda aveva un non so che di strano "Sono stata dal preside, voleva parlarmi della mia sicurezza- lo guardai alzando un sopracciglio - non lo trovi strano? Sembra che tutti siano preoccupati per me." sentivo che sapeva tutto di Mason, lo conoscevo troppo bene "Forse non lo sai, ma molte persone ti voglio bene, e infondo sono contento che ti tenga d'occhio." rispose tranquillo alzando di poco le spalle "Ah si, poi ho pranzato con Mason." mentì cercando di notare qualcosa nel suo comportamento che dimostrasse che era a conoscenza delle cose che riguardavano quella brutta persona. "Che cosa ti avevo detto di fare al telefono? Ti avevo pregato di stare alla larga da tutti, perchè non l'hai fatto Liv? E' troppo pericoloso." sbottò agitato passandosi poi una mano tra i capelli "Come hai saputo che è un familiare di Foster?" si zittì in un secondo "Me lo ha detto lui personalmente, l'ho incontrato in un bar con Marcus e ho avuto l'occasione di parlarci." scossi la testa incredula "E perchè l'ho dovuto sapere dal mio preside e non da te? Se non fosse stato per lui, avrei davvero pranzato con Mason, e non so davvero dove mi sarei potuta trovare a quest'ora." mi abbracciò stringendomi forte "Non avevi bisogno di sapere tutto, quando ti avevo detto di stare alla larga da tutti, avresti dovuto farlo senza dire nulla, a prescindere di quello che ti ha detto il preside, saresti stata al sicuro anche senza sapere le cose nei minimi dettagli. Quello che succede là fuori con Brenton e tutti quelli dalla sua parte, non dovrebbe riguardarti per niente." alzai gli occhi al cielo "Io devo sapere quello che succede, la cosa mi riguarda tanto quanto riguarda te. Lo sai che non ti avrei ascoltato in ogni caso, avresti dovuto pensarci Mistergrancervello." incrociai le braccia al petto "Non è vero, mi fidavo di te, sapevo che mi avresti ascoltato questa volta." aveva un dolce sorrisino che mi fece sciogliere il cuore "Perchè avrei dovuto questa volta?" chiesi mordendomi il labbro "Per due motivazioni: la prima perchè mi ami da impazzire, la seconda perchè adesso sai davvero che questa volta le cose sono serie e pericolose." e aveva ragione, aveva ragione perchè avrei fatto quello che mi aveva detto.


Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Bad news ***


dfew

-POV LIV-

"Ti vedo stralunata, è successo qualcosa?" fu mia madre a parlare quel pomeriggio. Guardavo il soffitto da un'ora a quella parte, ero immersa nei miei totali pensieri. Justin mi aveva detto che doveva sbrigare delle faccende con Marcus e Charlie, e non aveva avuto la minima intenzione di spiegarmi nulla, come al solito ero all'oscuro di tutto. Non sentivo Claire da due settimane, l'avevo vista poco anche a scuola, non rispondeva alle mie chiamate o ai miei messaggi, non capivo che cosa le prendesse. Sentivo il bisogno di dover fare qualcosa che mi avrebbe impegnata, che mi avrebbe lasciata attiva per qualche tempo "Posso dipingere la mia camera?" chiesi rispondendo alla domanda di mia mamma con un'altra domanda, corrucciò la fronte "L'hai sempre voluta rosa, che cosa non ti piace più?" alzai le spalle guardandola dalla mia posizione sdraiata "Vorrei che rispondessi alla mia domanda velocemente e che uscissi di qui il prima possibile." dissi antipatica, mi alzai sui gomiti "Sei la peggior figlia che si possa chiedere, lo sai questo vero?." sbuffò finendo di spazzare sotto il letto, mi rilasciai cadere sul cuscino "E di che colore vorresti dipingerla?" sorrisi a trentadue denti "Non lo so, volevo passare al negozio in centro per confrontare un paio di colori.." dissi togliendo la maglia che indossavo e lanciandola a terra seguita dal pantalone "Dannazione Liv ho appena pulito." mi rimproverò nervosa "Scusa scusa, ma voglio correre a scegliere la pittura più bella che ci sia."presi un jeans pulito con una maglietta abbastanza semplice "Vuoi che venga con te?" domandò poggiando le mani sui fianchi "No vado da sola."

Era uno dei negozio più belli di Seattle secondo il mio punto di vista, era grande e al suo interno si poteva sentire l'odore della pittura, un odore per il quale andavo matta. Non c'erano molte persone, e di conseguenza molti addetti erano liberi. Uno di loro mi aiutò a scegliere un colore stupendo, un verde tiffany intenso, uno dei miei preferiti in assoluto. Sentì un languorino alla stomaco e mi presi la briga di fermarmi ad un caffè li vicino per prendere un muffin al cioccolato. Dopo aver pagato mi avvicinai ad un tavolino vuoto e mi accomodai addentando il dolcetto calorico che avevo acquistato "Liv." sentì chiamarmi, alzai lo sguardo e mi trovai davanti la madre di Claire "Salve signora, si accomodi." la invitai gentilmente. Assomigliava molto a sua figlia, stesso colore di capelli, stesso modo di gesticolare, le trovavo davvero molto simili. Indossava sempre abiti vistosi, e quando si trovava con suo marito il contrasto netto tra i due era palesemente visibile, lui molto posato, lei piuttosto aggressiva anche nei lineamenti. "Si finisce sempre qui dopo aver comprato qualcosa vero?" affermò con una risata sedendosi accanto a me "E' da un po' che non ti vedo più con Claire." sorseggiò il suo caffè dopo aver girato il cucchiaino nella tazzina per amalgamare lo zucchero che ci aveva messo "Non è di certo colpa mia, Claire non risponde a nessuna delle mie chiamate, e anche a scuola la vedo poco ultimamente." la informai continuando a mangiare "Beh io la vedo innamorata, e ne sono davvero felice." conoscevo da molto tempo la donna che avevo di fronte, ma quel giorno mi accorsi di non sapere nulla ne di lei ne di sua figlia. Reputavo Claire la mia migliore amica, la persona che aveva condiviso con me ogni cosa, la sorella che non avevo mai avuto, ma in realtà non era tutte queste cose; una vera amica non mi avrebbe ignorata per più di due settimane, non avrebbe fatto di tutto per non tornare a casa con me dopo la scuola, non mi avrebbe lasciata a chiedermi che fine avesse fatto. Mi sentì d'un tratto lo stomaco sotto sopra, volevo andare a casa. "Sono molto felice per lei anche io- mi alzai prendendo la pittura- è stato un piacere averla vista oggi, arrivederci." conclusi andando via.

-POV JUSTIN-

"Wo wo wo che cosa è successo qui dentro?" mi guardai intorno spaesato. Il mobilio della camera di Liv era ricoperto da una plastica trasparente, fogli di giornale erano sparsi su tutto il pavimento come a proteggerlo. Liv era in un angolino con un rullo impregnato di un verde orribile, e non capivo come la sua salopette fosse già sporca, non aveva dipinto molto. "Cambiamenti Justin." rispose tracciando una linea verde sul muro "Tua madre ti lascia fare tutto questo?" domandai indicando quello che c'era nella sua stanza "Certo, è solo pittura." non avevo mai incontrato una ragazza così goffa, vederla cercare di pitturare mi faceva morire dal ridere. Aveva i capelli disordinati e un paio di calzini di colore differente "Mi aiuti oppure resti lì?" riscossi i miei pensieri e mi avvicinai a lei. Presi un pennelo"Sai che non basta un solo barattolo?" chiesi cominciando a pitturare la parete "Si, ma due erano troppo pesanti." starnutì e grattandosi il naso si sporcò di vernice , risi "Sei un po' sporca di pittura qui." le picchiettai con il dito sul naso e sorrise "Anche tu." disse, con la sua mano sporca mi prese il viso lasciandomi un' impronta verde. Spalancai la bocca "Non avresti dovuto." le spalmai con il mio pennello della pittura sui vestiti, e da quel momento cominciò una vera e propria battaglia. Finimmo col rovesciarci l'intero barattolo di pittura addosso, e quella camera divenne un disastro. I giornali scivolosi mi fecero cadere pesantemente a terra con Liv sopra; non smettevamo di ridere. "Abbiamo davvero bisogno di altra pittura." disse abbracciandomi, le diedi un bacio sulle labbra "La compreremo." risposi guardandola dritto negli occhi scuri "Questo verde ti sta bene, sei bellissimo." quello che non sapeva era che per me la più bella era lei, e se non l'avessi mai incontrata, sono sicuro che l'avrei cercata, o almeno ci avrei provato. "Bel modo di colorare la stanza." sua madre dalla porta ci guardava con le mani incrociate al petto, ci alzammo in fretta "Salve signora Tanner- dissi impacciato e colto in fragrante- auguri per il.. per il bambino." continuai guardandole la pancia "Grazie Justin, è sempre un piacere averti qui. Resti a cena?" mi chiese, alzai le spalle "Non credo di poter cenare in questo stato." risposi riferendomi ai miei vestiti verdi "Oh non preoccuparti, puoi darti una sciacquata anche a casa nostra- con un cenno del capo mi indicò il bagno personale di Liv- Ho preparato qualcosa di buono che non puoi davvero perdere."

-POV LIV-

"Sicura che non devi dirmi nulla?" chiesi a mia madre che continuava a girare il sugo che aveva preparato "Assolutamente nulla, perchè?" rispose con aria innocente "Di solito vuoi che Justin resti a cena solo quando devi annunciare qualcosa che molto probabilmente non mi starà bene e mi darà da pensare, puoi dirmelo anche adesso senza tirare in ballo l'unica persona alla quale sembri importare qualcosa dei miei sentimenti." gettai fuori quelle parole senza pensarci su due volte, era tipico di mia madre far esplodere le bombe con ospiti a pranzo e a cena. "Sei totalmente fuori strada, volevo solo che passassimo una bella serata in compagnia, ma non mi stupisce che tu abbia pensato questo." aveva uno sguardo severo in volto, ma che cosa pretendeva. Le rivolsi un sorriso finto pronta a raggiungere Justin in soggiorno "Liv- mi chiamò- prima che tu vada di là, porta l'insalata in tavola." la sua voce gelida mi fece alzare gli occhi al cielo, perchè doveva essere tutto così difficile. Quando mi avvicinai a Justin che parlava con Rob, notai che la sua espressione era più tesa di prima "Ehi tutto bene?" gli sussurrai all'orecchio, mi accarezzò un braccio "Certo Liv." la conversazione cadde senza lasciarmi modo di capire che cosa gli avesse cambiato l'umore. "A tavola." urlò mia madre dalla cucina, e tutti prendemmo posto a tavola. Non parlai molto durante la cena, ero troppo impegnata a cercare di carpire qualcosa. Justin continuava ad avere un'aria strana, e anche se rideva alle battute insensate di Rob, sapevo che non riusciva a smettere di pensare a qualcosa. Si alzò di scatto dalla sedia quando controllò il suo cellulare, che cosa stava succedendo? "Dovete scusarmi, ma dovrei proprio andare via." aveva parlato alla mia famiglia, ma guardava me. "Ma non hai finito la cena." tentò mia madre "La cena è stata davvero ottima, ma la mia famiglia chiama." mi alzai non sapendo che cosa fare "E' successo qualcosa di grave?" chiese Rob confuso, Justin scosse la testa e mi mandò uno sguardo d'intesa "Niente che non si possa risolvere con il mio aiuto." in quel momento capì che non si trattava della sua famiglia "Justin sicuro che non può aspettare?" domandai sentendo la gola bruciare. Brenton aveva fatto qualcosa, ne aveva combinata un'altra delle sue ed ero spaventata a morte. "Devo andare." salutò velocemente mia madre e suo marito, poi lo accompagnai alla porta "Dimmi che non ti succederà nulla." lo abbracciai nascondendo il viso nell'incavo del suo collo "Non mi succederà nulla, promesso." mi baciò le labbra " Perchè ho la sensazione che sia un addio?" gli occhi mi si riempirono di lacrime "Liv non dirlo, non dirlo neanche per scherzo- riguardò il telefono- devo ... devo andare adesso." aprì la porta, e quando la richiuse alle sue spalle cominciai a piangere. Sapeva anche lui come me che stava andando a farsi ammazzare.

"Posso entrare, ho dei biscotti" mia madre fece capolino dalla porta, voleva mostrarmi un sorriso rassicurante e un po' di calore, ma mi limitai a non rispondere continuando a stringere il mio morbido cuscino "Ti prego non è il momento." quello che mia madre non poteva capire era che non si trattava di una litigata qualunque o di un vero problema in famiglia, qui ci andava di mezzo la vita di una persona, una persona che per la sua stupidità non si era allontanata dalla quella vita quando era ancora in tempo, quando tutto non era così pericoloso. Mai prima di quel momento mi ero sentita tanto preoccupata, questa volta superava anche le precedenti. Avrei voluto seguirlo, stargli dietro e impedirgli di lanciarsi in quella missione suicida da solo, ma quello che avevo fatto era stato salire in camera a piangere. Non ero abbastanza forte, e anche se ero sicura che avrebbe fatto di tutto pur di impedirmi di seguirlo, almeno avrei dovuto provarci. Mi tremavano le mani e avevo mal di stomaco, il sudore mi faceva appiccicare i capelli al viso, ma la cosa stramba era che non faceva caldo. "Non so cosa sia successo, ma non preoccuparti, Justin sistemerà tutto." lei non sapeva, e detestavo il suo consolarmi, era così inutile. "Mamma non vorrei parlarne." dissi secca. Apprezzavo in ogni caso la sua buona volontà nel venirmi a parlare nonostante il nostro rapporto distaccato, ma l'unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento era una chiamata da parte di Justin che mi diceva che stava bene e che era tutto finito. "Che cosa è successo di così grave nella sua vita da farti piangere? Liv io vorrei davvero capire.." la bloccai non volendo che continuasse "Piangevo perchè non mi piace vederlo stare male." mentì senza guardarla in faccia "Capisco piangere, ma la tua era una vera e propria crisi isterica." mi toccò i capelli tenendo tra le mani una ciocca "Se stasera non vuoi parlarne lo capisco, ma spero che almeno domani riuscirai a spiegarmi qualcosa. Ora dormi un po', e sogna che non fa mai male- mi rimboccò le coperte come faceva quando ero bambina- sono sicura che domani sarà una bella giornata." mi diede un ultima occhiata quando raggiunse la porta, poi spense la luce ed uscì. Mi allungai prendendo il cellulare, nessun messaggio. Composi il numero di Justin e lo chiamai, ma nessuna risposta. Strinsi a pugno la coperta ed urlai nel cuscino, ma non mi sentì per niente meglio. Mi accorsi di dormire solo quando la suoneria del mio cellulare squassò il silenzio e mi fece letteralmente saltare nel sonno. Cercai il telefono nella massa intricata di coperte e mi affrettai a rispondere. "Pronto Justin." il cuore mi batteva all'impazzata "Liv." la sua voce era angosciata, piangeva "Oh mio Dio Justin.." aspettai che parlasse, che cosa aveva combinato? "Marcus è.. Marcus è morto." 


Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** Healing ***


ajhsahdx

-POV LIV-

Si dice spesso che quando una persona vola via, andrà sicuramente in un posto migliore, lontano da tutte le cattiverie della terra. Non sapremmo mai se è realmente così, o se esiste davvero una vita dopo la morte dove poter bere vino con Dio o mangiare uva su una nuvola, ma quello che stavo cercando di ripetere a me stessa era che niente poteva mai essere peggio di restare tra i vivi, quando la maggior parte di loro voleva farci fuori. Justin era chiuso in camera sua, e non c'era modo di farlo uscire. Sapevo che era completamente a pezzi per quello che era successo al suo migliore amico, ma non poter parlare con lui, o solamente abbracciarlo non mi faceva stare meglio. "Justin ti prego apri, non lasciarmi fuori dalla tua vita.." ripetei per l'ennesima volta contro una porta chiusa. Dubitavo che mi stesse anche solamente ascoltando "Jus.." stavo dicendo il suo nome quando la porta si aprì. Giurai a me stessa di non aver mai visto Justin in quelle condizioni. Aveva la testa e il polso fasciati, una serie di lividi sul viso e sulle braccia, ma che cosa era successo? Mi precipitai tra le sue braccia e lo sentì piangere contro la mia spalla, questo non aiutava la mia idea di restare forte, di restare forte per lui. Battei gli occhi cercando di scacciare le lacrime che erano sul punto di uscire anche dai miei. "E' stata colpa mia." disse con voce tremante, ci staccammo dall'abbraccio e gli presi il viso livido tra le mani "Ma che cosa stai dicendo? Lo sai benissimo che non è così, non pensarlo nemmeno." lo rimproverai. Si mise a sedere sul letto mettendo una mano sulla testa accompagnata da un' espressione di dolore, mi accomodai accanto a lui. "Quella pallottola che lo ha colpito, era indirizzata a me. Sai che cosa vuol dire? Che l'ho ucciso io." urlò alzandosi e dando un pugno contro la parete "Justin smettila di ferirti da solo, sia mentalmente che fisicamente. Credi che questo ti aiuti a superare la morte del tuo amico? Ti sbagli, ti farà sentire solo peggio, e ti convincerai di una cosa che non è vera. Quindi metti in moto il cervello che fino adesso hai tenuto in letargo e ragiona per due minuti." urlai in risposta, ero arrabbiata per quello che diceva e per come violentava se stesso. Restò lì a fissarmi con gli occhi rossi di chi non aveva smesso di piangere per una notte intera, e con un viso stanco di chi ne aveva davvero abbastanza. "Io sono qui per te- mi avvicinai lentamente a lui- e resterò con te, perchè ti amo e non ti lascerò affrontare tutto questo da solo." strinsi la sua mano "Adesso andiamo, devi dirgli addio."

Non lo avrei mai detto, ma Marcus aveva tanti amici. Tantissime persone erano lì, nel suo giardino per fare le più sentite condoglianze ai suoi genitori, e per mostrare tutto l'affetto necessario ad una famiglia ormai distrutta. "Hei sei venuta." corsi ad abbracciare Claire quando la vidi tra le teste di sconosciuti. "Si, anche se non avrei voluto." sul suo viso non notavo traccia di tristezza, ma solo noia "Avrebbe apprezzato il tuo vederti qui." dissi stringendo la borsetta "Non merita tutte queste cose." rispose fredda, alzai lo sguardo non riuscendo a credere a quello che aveva detto "Come scusa?" chiesi guardandola in faccia "Dopo tutto quello che ha fatto, e dopo tutto quello che mi ha fatto passare, credi davvero che meriti qualcosa? Adesso sarà all'inferno insieme a tutti i malati di poker come lui , dove molto presto finirà anche qualcun'altro." fece un cenno verso Justin, mi sentì ribollire il sangue nelle vene "Senti un po', io non so che cosa ti sia preso ultimamente, ma non ti permetto assolutamente di dire queste cose- poi mi fermai a pensare per due minuti, e capì - Oh mio Dio, povero ragazzo.." misi una mano sul cuore, mi guardò stranita "Ti ha dovuto sopportare per tantissimo tempo, e sai che cosa vuol dire? Sei la persona più egoista, antipatica e senza cuore che io abbia mai conosciuto- ripresi fiato - ho sempre creduto che Marcus fosse la causa dei vostri litigi, ma adesso ho capito che mi sbagliavo. Tu hai davvero qualcosa che non va dentro di te, qualcosa di marcio, e credimi quanto ti dico che quando avete rotto gli hai fatto un piacere incredibile. Amarti sarà stato davvero un impresa, e mai come adesso capisco quello che ha sopportato con te accanto." dissi quello che pensavo per la prima volta dopo tanto tempo, e mi sentì davvero libera da un peso enorme. "Adesso puoi anche andare, la tua presenza non è più gradita." la guardai rivolgermi uno sguardo cattivo e poi voltarsi e andare via. Quello che le avevo detto non erano state le cose più carine del mondo, me ne rendevo conto, ma era quello che avevo realizzato nelle ultime settimane che non l'avevo vista. In un giorno così triste non poteva presentarsi lì e sputare veleno su qualcuno che stava soffrendo. Mi guardai intorno non vedendo più Justin, mi prese il panico. Entrai in casa Davis controllando che ci fosse, e sospirai quando lo vidi in camera di Marcus. "Era un bravo amico, aveva promesso di restarmi accanto e di aiutarmi a proteggerti." guardava le foto che erano appese ai muri, foto di loro due insieme ad una partita di football, foto di loro due insieme ad una festa. "Ha mantenuto la parola, questo gli fa molto onore." mi poggiai alla sua spalla "Saluto i suoi genitori e poi ti accompagno a casa." disse dopo aver sospirato

-POV JUSTIN-

Il letto era troppo scomodo quella notte per riuscire a dormire anche solo per poche ore, mi giravo e rigiravo tra le coperte senza riuscire a trovare una posizione comoda e non dolorosa per il mio corpo indolenzito. Combattevo contro l'istinto di urlare e scoppiare a piangere un'altra volta ancora, ma non ne avevo più la forza ne più la voglia. Volevo tornare indietro per cambiare e cancellare le cose, dal principio; l'errore più grande che avevo fatto Marcus era stato incontrarmi, ero nocivo. Portavo le persone a fare cose che non dovevano fare, mi facevo voler bene senza nemmeno averne intenzione, e poi quello che succedeva in seguito era chiaro a tutti. Come sarei riuscito a convivere con questa sensazione di colpevolezza dentro? Non ne sarei mai uscito, ne ero consapevole. Dovevo tenere tutte le persone che amavo lontane da me, almeno fin quando c'era qualcuno che non voleva che continuassi a vivere. Dovevo proteggere chi mi era rimasto. Mi ero sempre definito furbo, scaltro.. ma la verità era che tutte queste caratteristiche non le avevo, mi ero lasciato ingannare, ero cascato nella trappola che mi era stata tesa, ero un grande stupido. Non volevo nemmeno ripensare a come mi ero lasciato fregare da Brenton Foster, faceva ancora troppo male, la ferita per come quella situazione era finita, era ancora aperta e bruciava, pizzicava come mai prima d'ora. Il cuore invece, era in mille pezzi, era frantumato. Non volevo che gli altri morissero per me, era la mia guerra, non la loro. Liv era la mia ancora di salvezza, ma non potevo stare con lei, non in queste circostanze. Potevo fare una sola cosa per tenerla al sicuro: rompere con lei. Mi avrebbe fatto male, ci avrebbe fatto male, ma era l'unica soluzione. L'amavo veramente tanto, in un modo che mi logorava, mi scalfiva. Mi alzai velocemente dal letto ed infilai una tuta alla svelta, dovevo andare da lei, anche se per l'ultima volta. Era molto tardi quando scavalcai trovandomi nel suo terrazzo, molto probabilmente dormiva, ma dovevo tentare. La chiamai al cellulare e diversamente da come mi aspettavo, rispose subito "Justin?" dimenticavo di averla già chiamata al cellulare nel cuore della notte, quindi non mi meravigliava il fatto che fosse spaventata "Apri la finestra , devo stare con te." richiusi la chiamata, e poco dopo la vidi comparirmi davanti. In due secondi la strinsi a me baciandola "Ti stavo pensando, ero preoccupata." le accarezzai i capelli morbidi e profumati "Lo sai vero che ti amo?" chiesi. Volevo che questo almeno le fosse chiaro e che non lo dimenticasse "Certo che lo so- mi prese il polso e mi fece sdraiare sul letto accanto a lei- sicuro che non vuoi parlare di quello che è accaduto?" tentò insicura. I suoi occhioni marroni erano la cosa più dolce della terra, ed era impossibile arrabbiarsi con lei anche se non volevo che nessuno mai mi chiedesse di spiegare come avevo visto morire un amico. "Sicuro, già è orribile avere quelle immagini nella testa, parlarne sarebbe solo peggio." risposi calmo. Ero sul suo petto, e lei continuava ad accarezzarmi il collo, le braccia, le mani ed era una sensazione così bella. Forse avevo perso contro Brenton, ma non ero più tanto sicuro di voler perdere Liv, non sarei riuscito a dirle addio. Il suo odore ricopriva la puzza della pittura che c'era nella sua camera "Non hai più dipinto." le feci notare senza alzare la testa "Come avrei potuto con un fidanzato che si caccia sempre nei guai?- fece un leggere sorriso contagioso- lo faremo insieme, c'è tutto il tempo del mondo." deglutì a fatica, dovevo dire le cose come stavano "Liv non ci sarà tempo." mi misi a sedere grattandomi il mento per il nervoso "Si invece, supererai tutto." cercò di farmi ritornare nella posizione di prima, ma scostai il suo braccio, aggrottò la fronte "E' l'ultima volta che staremo insieme, non voglio che tu faccia la stessa fine di.." mi fermai abbassando lo sguardo "Non farò la fine di nessuno okay? Non ti permetterò di allontanarti da me." aveva uno sguardo deciso, ma non capiva la gravità della faccenda "Questa è una situazione seria, non è come le altre volte, qui si va giù pesante. Brenton non scherza, e dubito che non stia già pensando ad un modo per farti del male, ed io non posso permettermi di perdere anche te." alzò lo sguardo verso il soffitto, poi ebbe come un colpo di genio "Cosa ti fa pensare che non mi farebbe nulla se ci lasciassimo, che cosa penserà? Non è stupido Justin, l'amore non svanisce nel nulla. Capirebbe comunque che per te sono importante e che faresti di tutto pur di tenermi al sicuro." quello che disse mi lasciò completamente senza parole "Credo solo che sia peggio separarci- mi accarezzò il viso- da questo momento io proteggo te e tu proteggi me, siamo insieme." sospirai facendo no con la testa "Come hai fatto a diventare così forte?" domandai facendola sedere su di me "Ho imparato dal migliore." la sua risata era così rigenerante, il suo suono così piacevole "Me lo fai un sorriso adesso? Anche piccolino." sembrava una mamma con il suo bambino, una brava mamma che cerca in tutti i modi di tirare su di morale la cosa più bella che ha. Le sorrisi come mi aveva chiesto "Finalmente, sei bellissimo quando sorridi." esultò alzando le braccia "Non sai quanto lo sia tu." si avvicinò e mi baciò. Facemmo l'amore quella notte, l'amore più bello della mia vita. Dimenticai quelli che erano i problemi, i dolori, le sconfitte.. c'eravamo solo noi, c'era solo lei, l'unica in grado di farmi stare veramente bene, l'unica capace di guarirmi da tutti i mali.


Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** Bitter biscuits. ***


h<xbsdjbsak

-POV LIV-

A Seattle in quel periodo faceva più freddo, le foglie avevano cominciato a cadere colorando tutte le strade di rosso, marrone e giallo, non si poteva più uscire senza una felpa, e i caffè diventavano il mio rifugio preferito. Il cielo era quasi sempre ricoperto da nuvole, e in alcuni giorni l'odore pungente della pioggia era fastidioso, anche se l'autunno era una delle mie stagioni preferite. Erano passate alcune settimane dall'incidente, e sembrava che Justin cominciasse ad abituarsi alla sua vita senza Marcus, pareva finalmente capacitarsi che non era tutto perduto e che il suo caro amico avrebbe voluto vederlo felice e sereno. Alcune volte però pareva assentarsi con la mente per alcuni istanti, come se si tuffasse nei ricordi più remoti e non ne volesse più uscire. Passava molto tempo a casa mia, e con le cure speciali di mia madre, era guarito del tutto in poco tempo ed era in forze, ma era evidente che il cuore a guarire ci avrebbe messo più tempo. Non faceva altro che guardare partite di football, erano diventate una sorta di ossessione per lui. Avevamo fatto solo una piccola cosa di diverso in quei giorni, ed era stato andare al lago. Ci avevo messo un po'  a convincerlo, ma ne era valsa davvero la pena, si era svagato e divertito. Avevamo mangiato cibo spazzatura seduti abbracciati sulla riva del lago e ci eravamo coccolati, quasi con la paura di perderci e non ritrovarci. Mi sentì subito meglio quando quella sera mi disse "Vorrei che questo giorno non finisse mai più, è stato uno dei più belli della mia vita. Grazie." ci eravamo distesi sotto il manto di stelle e ci eravamo addormentati lì, come nei film, dove le preoccupazioni e le paure erano scomparsi per un momento lasciando spazio a qualcos'altro, a qualcosa di piacevole. In quel viaggio  avevo promesso delle cose a lui , e lui a me; ero convinta che la nostra relazione fosse diventate una delle più forti sulla faccia della terra, ed era piacevole pensarlo. Quello che Justin non sapeva era che avevo capito quello che aveva in mente, ed ero preoccupata. Sapevo che stava progettando una vendetta, e la cosa mi faceva accartocciare lo stomaco, doveva smetterla di frequentare Charlie, perchè le cose non potevano essere più complicate. Charlie era stato molto d'aiuto in passato, aveva scoperto delle cose importanti, ma aveva una cattiva influenza su Justin, e non ci voleva molto a convincere il mio ragazzo a lanciarsi in operazioni suicide che potevano metterlo anche in pericolo di vita. Parlare con Justin di quello che mi preoccupava era inutile, tanto non mi avrebbe mai ascoltato e mi avrebbe detto di restarne fuori perchè la faccenda non mi riguardava, ma era più forte di me, non riuscivo a restare con le mani in mano dinanzi a queste brutte situazioni e con i brutti presentimenti. La cosa che mi terrorizzava era che ormai, la faccenda con Brenton Foster era diventata una cosa personale, non più qualcosa riguardante soldi sporchi e giochi d'azzardo. Mi tuffai con la testa nel cuscino del divano cercando di scacciare quei pensieri terribili, ma fui costretta ad alzarmi quando qualcuno bussò alla porta. Fui sorpresa di vedere davanti a me Tom "Ehi che cosa ci fai qui?" fu la prima cosa che chiesi quando lo vidi sorridermi "Questa è finita nella cassetta della posta di mia nonna." rispose facendo sventolare una lettera davanti al mio naso, la afferrai "Beh grazie mille." ricambiai il sorriso "Posso entrare? Ho un'altra cosa per te." disse mettendo piede in casa, aggrottai le sopracciglia, che cos'altro poteva avere per me.. "Non fare quella faccia, non è nulla di che." si mise una mano in tasta e ne estrasse un braccialetto di perline verdi davvero molto grazioso "E' molto carino." lo presi e lo analizzai, mi piaceva davvero "Quando l'ho visto mi sei venuta in mente tu, non potevo non prenderlo.. posso mettertelo?" gli porsi un braccio contenta "Grazie, non avresti dovuto." era stato un gesto molto gentile da parte sua "Non preoccuparti, è stata una cosa che mi sono sentito di fare, e poi non è nulla di che- alzò le spalle, si vedeva che era molto a suo agio- adesso devo andare, sono contento che ti sia piaciuto il mio piccolo regalino." mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò.

Quella sera i miei genitori erano usciti a cena per passare del tempo insieme come una coppietta, anche perchè mia madre aveva voglia di restare da sola con suo marito. Stavo aspettando Justin, quando lo avevo chiamato mi aveva detto che mi avrebbe fatto compagnia, un po' come quando i miei andarono in viaggio di nozze, solo che non per così tanto tempo. Mi aspettavo di cenare con lui, di mangiare pizza davanti alla tv e di vedere un qualsiasi film come facevamo sempre, ma non andò del tutto così. "Scusa ma ha combinato un vero casino a casa, ho dovuto portarla con me prima che mio padre smettesse di fulminarla con lo sguardo e cominciasse a fare altro." disse Justin rivolgendo un'occhiata alla sorellina ribelle seduta sul divano di casa mia "Non fa niente Justin." risposi sorridendo. Ero sincera, mi faceva piacere che lui avesse portato anche sua sorella, il caratterino di Jazzy mi piaceva davvero parecchio, e non aspettavo altro che i suoi commentini cattivi sul nostro conto. "Credimi sta diventando davvero ingestibile- alzò gli occhi al cielo quando la vide stendere i piedi sul tavolino dinanzi al divano- ha distrutto la sua camera, abbiamo trovato tutto sotto sopra." non mi sorprendeva per niente, si vedeva che era una bella testa calda "Ci sarà stata una ragione, non preoccuparti." lo rassicurai , mi attrasse a se e mi baciò delicatamente  "Avrei preferito una punizione piuttosto che questo, che orrore." trattenni una risata e Justin distolse lo sguardo. Mi avvicinai al divano "Ti va di mangiare qualche biscotto? Mia madre li ha sfornati prima di uscire, sono davvero molto buoni." mi guardò come se fossi stupida "Bieber di alla tua ragazza che non sono una bambina." classico comportamento di una ragazza che aveva avuto una discussione con qualcuno "Liv." mi chiamò Justin, come a voler dire di lasciar perdere perchè avrei solo gettato il fegato "Jazzy noi andiamo di là a mangiare i biscotti, se ti dovesse venire fame e se volessi un po' di compagnia.. sai dove trovarci." Justin ed io entrammo in cucina mano nella mano "Sembravi proprio una mammina dolcissima." mi abbracciò da dietro regalandomi teneri baci sul collo, stavo per rispondere quando.. "Ho litigato con la mia migliore amica." ci voltammo in fretta verso la porta: Jazzy era in lacrime. Mi avvicinai a lei e le misi una mano sulla spalla "Ti va di parlarne?" chiesi amorevole, annuì convinta e si accomodò su una sedia accanto a Justin che aveva l'aria di chi non sapeva che fare e come gestire la situazione, era molto buffo. "Le ho tenuto nascosto che Josh usciva con Jenna alle sue spalle." disse strofinandosi gli occhi, ne io ne Justin sapevamo chi fossero, ma era facile intuirlo "Perchè non le hai detto nulla?" domandai porgendole un biscotto che prese subito "Ero andata a parlare con Josh, gli avevo detto che non poteva continuare così e che avrebbe dovuto dire tutto, ero convinta che lo avrebbe fatto." addentò il biscotto con forza, si vedeva che era molto arrabbiata per quello che era successo "E lui non lo ha fatto giusto? La tua amica ha scoperto quello che nascondeva da qualcun'altro, e scommetto anche che le hanno detto che tu sapevi tutto.. Jazzy mi è successa una cosa molto simile- notai Justin guardarmi e ricordare- devi sapere che molte volte le nostre amiche non capiscono il motivo delle nostre azioni, ed altre volte sono loro stesse a non voler capire le nostre ragioni. Non devi preoccuparti, devi lasciarle del tempo, capirà da sola che tu volevi solo fare la cosa giusta." Jazzy mi prese la mano e me la strinse, il braccialetto di Tom luccicò sotto la luce e Justin lo osservò incuriosito "Tu e la tua amica avete fatto pace?" nella sua voce notavo più sicurezza, e con felicità notai che non piangeva più "Si abbiamo fatto pace." ripensai a Claire e a tutto quello che avevamo passato insieme, a come si era comportata al funerale, rabbrividì. "Grazie Liv mi sento molto meglio." mi diede un bacio sulla guancia e ritornò in salotto. Ero contenta di aver aiutato una persona, avevo fatto la cosa giusta, e forse adesso non mi avrebbe più detestata come prima. "E' adorabile, dove lo hai preso?" Justin aveva uno strano sorrisetto, ero tentata di mentire e tenere nascosta la verità della sua provenienza, ma alla fine cedetti e dissi la verità "Me lo ha regalato Tom." con il tempo avevo capito che mentire non portava assolutamente a niente, e poi non ci vedevo davvero nulla di male in un semplice braccialetto "Tom eh?" Justin ripetè il suo nome come se fosse qualcosa di repellente e irrigidì la mascella "Che film vogliamo guardarci?" cercai di cambiare discorso e distoglierlo da quel pensiero "Perchè questo Tom ti fa regali?" come avevo immaginato avevo fallito nel mio intento, adesso non l'avrebbe fatta finita "Non lo so, è stato solo un gesto gentile. Non è davvero nulla di che Justin." mi alzai e mi avviai in salotto per raggiungere sua sorella e chiederle che film avrebbe voluto vedere "A me non sembra. Ti avevo detto di stare alla larga da lui un milione e mezzo di anni fa." mi rimproverò afferrandomi un braccio "Davvero sei arrabbiato per un braccialetto? Sei davvero arrabbiato per una cosa così stupida? Ecco il bracciale, non lo metterò se ti da così fastidio." tolsi velocemente il braccialetto e lo lanciai sul divano, Jazzy guardava la scena in silenzio "Non è questo il punto Liv, il punto è che io continuo a dirti le cose , ma tu continui a non ascoltarle." urlò rosso in viso "Siamo in due." dissi fredda riferendomi a tutte le volte che gli avevo chiesto di lasciar perdere le cose pericolose e tutto quello che non gli avrebbe portato altro che guai. Scosse la testa avvelenato "Jazzy andiamo." trascinò via con se sua sorella e poi sbattè la porta.

-POV JUSTIN-

"Smettila di correre, non voglio schiantarmi." mi avvertì Jazzy. Le nocche delle mie mani erano bianchissime, segno che stavo stringendo troppo il volante. Mi fermai di botto accorgendomi del semaforo rosso, Jazzy spalancò gli occhi "Sei fuori di testa." urlò stringendo la cintura di sicurezza "Credo che sia una cosa di famiglia, voglio ricordarti che hai distrutto camera tua." dissi aspro accendendo una sigaretta "Papà lo sa che fumi?" la guardai di traverso "Non mi interessa, posso fare quello che voglio." il suo parlare di continuo mi dava su i nervi "Sei un grande idiota. Hai mandato all'aria la tua relazione per una cosa piccola piccola, ti meriti tutti gli applausi del mondo." rise. Cercai di tenere la calma il più possibile "Dici a lei da chi deve stare lontana? Mi meraviglio che non ti abbia mandato a quel paese... ti lamenti che non ti ascolta, ma tu ascolti lei? Da quello che ho capito no, quindi faresti meglio a non incazzarti." si guardò le unghia laccate di nero "Sta zitta Jazzy sto perdendo la pazienza, giuro che non rispondo più delle mie azioni." l'avvisai minaccioso parcheggiando davanti casa "Calmati Rambo- aprì lo sportello e mi guardò- non sarò abbastanza grande da darti un consiglio, ma voglio dirti che Liv è davvero meravigliosa e fai un grande errore a lasciarla andare. Buonanotte Justin, non fare stronzate." la mia sorellina insopportabile che diventava sopportabile.. wow "Spera che papà si sia calmato." risi mettendo in moto. Sospirai facendo marcia indietro, mi sentivo senza forze. Presi il cellulare dalla tasca e guardai l'ora, non era molto tardi. Mi fiondai nel primo bar che vidi lungo la strada, infondo la notte era ancora giovane e non conoscevo nessun altro modo migliore per passarla.

-POV LIV-

Ero immersa nei miei più totali pensieri quando la mia finestra prese a fare rumore, era notte fonda. Era come se qualcuno continuasse a bussare insistentemente, ma quando mi sporsi dal letto per vedere, il mio terrazzo pareva vuoto. Decisi di alzarmi ed andare a controllare anche se ero spaventata, mi sembrava di essere in uno di quei film dell'orrore dove alla fine qualcuno di terrificante spunta sempre dietro di te. Aprì la finestra e con grande felicità non vidi nessuno, sospirai sentendomi davvero molto stupida. Trattenni un grido quando qualcosa mi afferrò la caviglia impedendomi di scappare a nascondermi sotto le coperte, abbassai lo sguardo. "Iniziavo a pensare che non avresti mai a-aperto la finestra. Sto gelando." Justin era seduto contro il muro ed era sbronzo marcio "Justin hai bevuto?" mi abbassai alla sua altezza "No, che cosa te lo fa pensare, sono astemio." cominciò a ridere. Presi il suo braccio e cercai di alzarlo "Shh non devi fare rumore va bene? Adesso entriamo in camera, vado a prenderti un bicchiere d'acqua e poi fai una bella dormita." non sapevo come era arrivato a casa mia, ne come avesse fatto a raggiungere il terrazzo ubriaco com'era "No no prima devo dirti una c-cosa- mi prese il viso tra le mani, aveva un brutto odore di alcol, ma i suoi occhi brillavano come non mai- mi dispiace, certe volte sono proprio uno sciocchino e mi comporto da bambino." scoppiai a ridere, stava delirando "Shh- mi mise un dito davanti al naso- non dobbiamo farci sentire."imitò quello che avevo detto in precedenza, era completamente andato. In un modo o nell'altro riuscì a farlo entrare nella mia stanza e a farlo distendere sul letto "Mi perdoni?" chiese, era così dolce, sembrava un cucciolo smarrito "Si ne parliamo domani." gli accarezzai i capelli morbidi e poi la guancia "Liv." mi chiamò "Mmh." risposi guardandolo "Sei la persona più bella che Dio potesse farmi incontrare." 


Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Dark's girlfriend ***


aSHajLOApoas

-POV LIV-

Quel pomeriggio mi era stato affidato un bel compito da svolgere: prendere una torta. Mia madre un paio di giorni prima aveva scoperto il sesso del bambino che aspettava, e con mia sorpresa e felicità aspettava un maschio. Quando me lo aveva detto ricordai di averla abbracciata, ero molto contenta anche perchè tutto sommato una sorella ce l'avevo già. Avevamo pensato ad un modo per dirlo a Rob, lei voleva che fosse speciale e allo stesso tempo inaspettato, qualcosa che non prevedevi ad una qualsiasi cena di famiglia, e cosa c'era di meglio se non  farlo scrivere su una grande torta al gusto oreo? Ve lo dico io, assolutamente nulla. Fare shopping per il piccolo frugoletto era stato divertente, avevamo comprato tutte le cose minuscole che avevano i negozi, una cascata di azzurro e bianco colorava il portabagagli di mia madre. Justin era stato molto d'aiuto, era venuto con noi e aveva caricato lui le cose in auto, sarebbe stato presente anche alla famosa cena di quella sera. Non lo vedevo molto il tipo da sorpresa, quindi mi aveva fatto piacere il suo voler far parte  di quella missione segreta, e mi aveva fatto piacere  ancora di più quando mi aveva detto "Io non immagino come prenderei la cosa, ma mi piacerebbe saperlo così." avevo scoperto che anche il mio tenebroso fidanzato aveva un amore sconfinato per i bambini, era grandioso. Mi mordicchiai l'unghia dovendo ancora aspettare il mio turno per la consegna della torta, e mi arrabbiai quando qualcuno arrivato dopo di me si avvicinò al bancone, non era un comportamento educato. Mi avvicinai a lui, ero intenzionata a dargli una bella lezione di buone maniere "Scusi tanto ma mi sembra che non sia il suo turno, perchè non rispetta la fila?" l'odore di cioccolato mi stuzzicò il naso e mi fece venire un brontolio allo stomaco, quella pasticceria poteva diventare la mia casa "Penso che non abbia importanza Liv." voltai la testa di scatto e il brontolio che sentivo prima scomparve improvvisamente, non osai rispondere "Mi piace quando perdi la lingua, mi fa capire che anche se fai la dura hai sempre paura di me. Mi dai una forza incredibile." Brenton mi afferrò un polso, e mi sembrava che tutte le persone accanto noi fossero cieche "Sei un assassino, qualsiasi persona sana di mente ti starebbe lontana. Lasciami." mi allontanai da lui "Questo cappellino è così adorabile, ti sta proprio bene." mi sfiorò il viso con una mano "Liv la tua ordinazione." Maria mi chiamò da dietro la cassa con un sorriso, quello era un buon pretesto per uscire da lì dentro, anche se dubitavo che mi avrebbe lasciata andare tanto facilmente. "Grazie mille Maria, sarà buonissima come sempre." sentivo lo sguardo di Brenton addosso e la cosa mi faceva arrabbiare, non volevo che mi guardasse "Spero che stasera vada tutto bene." incrociai le dita e poi presi la torta tra le mani "Ti do un passaggio a casa." Brenton mi mise una mano dietro la schiena e mi irrigidì "No vado benissimo a casa da sola sulle mie gambe." gli sibilai, alzò le mani in segno di resa "Non c'è bisogno di scaldarsi, se non vuoi che ti accompagni a casa va bene." mi tenne aperta la porta "Grazie." mi strinsi per quanto possibile nel mio cappotto, faceva abbastanza freddo "Liv lo sai benissimo che non è l'ultima volta che mi vedrai vero? Non sarò sempre così gentile, volevo solo che lo sapessi- dal suo sorriso riuscì ad intravedere il suo bruttissimo dente d'oro che mi riportava alla mente brutti ricordi- ah voglio farti le mie congratulazioni per il tuo bel fratellino." non mi sorprendeva che lui sapesse qualsiasi cosa di me e della mia famiglia "Lasciami andare a casa in santa pace." ero così stanca di tutti quegli impedimenti, sapevo che in qualsiasi posto fossi andata lui mi sarebbe stato sempre addosso. Quando mi voltai lui non c'era più e potei finalmente tirare un sospiro di sollievo.

-POV JUSTIN-

"Ti trovo in gran forma amico." Charlie se ne stava come sempre nel suo negozio polveroso, e io in qualche modo in quel posto mi sentivo a mio agio. Non entravano molte persone, anzi si poteva dire che era un negozio sull'orlo del fallimento, ma come diceva Charlie "E' una buona copertura per la polizia." quindi non avrebbe mai chiuso e di conseguenza sarebbe sempre stato il nostro punto di ritrovo per le questioni irrisolte. "Beh ho cercato di fare del mio meglio, non è stato per niente facile ricominciare." spiegai ripensando a come avevo passato alcune settimane, erano state davvero infernali e dubitavo che gli altri potessero veramente capire fino in fondo quello che avevo provato "Voglio essere davvero sincero con te Justin, siamo amici da parecchio tempo ed entrambi ci siamo stati vicini nei momenti difficili, ma tu questa battaglia non la puoi vincere, e non lo dico solo per quello che è successo a Marcus.." parlò con una voce sincera, ma non poteva pensarlo davvero "Che cosa stai dicendo? Vuoi mollare adesso? Sarà difficile, ma non sarà impossibile." strinsi i pugni, il suo problema era che aveva paura "Non posso più aiutarti, non posso mettere in pericolo i miei uomini e francamente non voglio problemi con la polizia." scossi la testa avvelenato "Ho sempre saputo che non avresti mai più avuto il coraggio di affrontare qualcuno. Vaffanculo Charlie." presi il mio giubbotto di pelle ed uscì dal suo negozio senza voltarmi più indietro. Se gli altri avevano troppa paura per aiutarmi, avrei fatto tutto da solo come sempre. Una sola persona non mi avrebbe mai deluso, solo che era andata via troppo presto, e proprio per questo andava vendicata.

Quella sera misi da parte la rabbia per la cena. Ero arrivato a casa di Liv e l'avevo trovata di spalle e tagliare alcuni pomodori, era strano vederla fare qualcosa che riguardasse preparare da mangiare. Le circondai la vita con le braccia "Una casalinga perfetta." risi baciandole il collo, alzò il coltello a mezz'aria "Non ripetere mai più una cosa del genere Bieber, potrei ferirti- si voltò verso di me- è così bello averti qui." mi abbracciò stringendomi forte, era come se stesse cercando di colmare un vuoto "Che cosa si mangia?" chiesi affamato, lei alzò le spalle "Quello che arriverà." scoppiai a ridere dopo di lei. Adoravo vederla essere se stessa, adoravo vederla odiare tutte le cose che invece amavo, adoravo il fatto che fosse tanto diversa da me e allo stesso tempo tanto uguale, adoravo vederla premurosa, forte, coraggiosa e anche se non volevo ammetterlo l'adoravo anche quando me la faceva pagare per qualcosa che avevo fatto, era tutto quello che un qualsiasi ragazzo potesse mai desiderare, era una ragazza che anche dopo mille pericoli era rimasta. "Stai pensando a me?" mi chiese prendendo il mio viso tra le mani "Si hai indovinato, non smetto mai di pensare a te." la guardai negli occhi e ci lessi tutto l'amore del mondo. Era incredibile il modo in cui mi amava, era senza riserve "Io ti penso a petto nudo a bordo piscina con le goccioline dei tuoi capelli biondi che ti ricadono sugli occhi." spalancai la bocca divertito da quello che aveva detto "Scommetto che mi pensi anche in altri modi." la guardai malizioso e mi diede un colpetto sulla spalla "Smettila." era diventata del colore dei pomodori che stava tagliando "Buonasera a tutti." Rob entrò in cucina e mi allontanò da Liv "Scusa Justin ma sto diventando geloso della mia piccola." Liv si coprì il volto in imbarazzo, ma io risi "Nessun problema." risposi portando in tavola i pomodori conditi. Rob annusò l'aria che ci circondava "Perchè non sento odore di cucinato?" non capivo come la sua famiglia potesse essere così divertente "Eccomi con la cena ragazzi- Lily si tolse il cappotto e posò dei contenitori pieni di cibo sul tavolo- sarà meglio cominciare ad accendere il riscaldamento, fuori si gela." ci sedemmo tutti a tavola e cominciammo a mangiare. Mangiai veramente bene tutta la sera, mi piaceva tutto anche perchè non era stato cucinato quasi nulla, e come sua figlia, Lily non era molto abile in fatto di cucina. Il momento della sorpresa a Rob fu la parte più sdolcinata della sera, lui si era commosso e con lui sua moglie. Liv pareva non amare molto queste cose di famiglia, notavo il suo sentirsi sempre fuori posto, ma forse doveva solo abituarsi a questo nuovo modo di vivere in un vero nucleo familiare composto da una mamma e da una presenza maschile, un padre finalmente. Quando finita la serata ci sedemmo sulle scale fuori casa sua e lei si mise tra le mie gambe, potei darle piccoli baci tra i suoi capelli morbidi e profumati "E' riuscita la sorpresa." le dissi stringendola a me, nel mio calore. Sua madre aveva ragione, le temperature si erano alzate "Penso di si, ma è stato strano da vedere." rise nascondendo il viso tra i capelli "Alcune volte mi piace quando piove, mi piace pensare che il cielo sia arrabbiato per qualcosa che è stato costretto a vedere o a sopportare. Mi sento un po' come lui certe volte, e quando finalmente smette di far scendere sulla terra tutta l'acqua possibile, sto meglio anche io." la guardai non riuscendo a capire perchè me lo stesse dicendo "Sta per piovere guarda." allungò un dito verso il cielo ed indicò tantissime nuvole "Se siamo fortunati un fulmine potrà colpire Brenton lasciandolo secco." si alzò in piedi e poi aiutò me. La mia felpa le stava grandissima, era adorabile. "Liv te l'ho detto mille volte: tutti avranno ciò che meritano. Non pensare ai vermi." aprì la porta di casa e la lasciai entrare "Va a dormire adesso che domani hai scuola." si morse le labbra e poi mi baciò. Fu un bacio piacevole, un bacio da buonanotte angelo mio.

-POV LIV-

Con il tempo avevo avuto la certezza che le brutte notizie e le sventure non venissero mai sole, e come al solito anche quella volta la vista di Brenton il giorno prima fu accompagnata dalla vista di qualcos'altro di tragico: Claire e Mason insieme. Camminavano in giro per i corridoi di quella prigione senza via d'uscita felici come non mai, distolsi lo sguardo per evitare di vedere una qualche smanceria tra malefici. Non mi sorprendeva il fatto che si fossero trovati bene insieme, erano uguali e con gli stessi geni maligni. "C'è una chiamata per lei signorina Tanner." la segretaria della scuola mi venne vicino e mi picchiettò una spalla con la mano "Una telefonata per me, ne è sicura?" lei annuì e mi invitò a seguirla. Mentre camminavo alle sue spalle controllai il telefono, forse mi avevano chiamato e non avevo sentito, ma non c'era assolutamente nulla. La segreteria profumava di fiori e di naftalina, il mio naso pizzicò quando presi in mano il telefono della mia scuola "Pronto?" sentì qualcuno respirare dall'altro capo del telefono, ma questa persona non rispose "Pronto c'è nessuno?" ripetei poggiandomi alla scrivania. Qualcuno rise e dal vetro alle spalle della postazione della segretaria del preside vidi Mason staccare la chiamata divertito. Misi giù il telefono e strinsi gli occhi ad una fessura, ero spazientita. Uscì dalla segreteria come una furia e quando mi fu davanti lo spintonai con tutta la forza che riuscì a cacciare "Ti sembra una cosa divertente brutto idiota?" urlai. Mason non smetteva di ridere "Mi piace farti spaventare." la sua risata scomparve e ne uscì quello che mi ricordava il viso di suo cugino, mi guardò con la stessa espressione di Brenton "Devi smetterla di tormentarmi." sbraitai, ma lui mi tappò la bocca con le mani e mi trascinò nello sgabuzzino del bidello "Shh non devi urlare, la tua voce è così fastidiosamente acuta." quello che riuscì a fare per liberarmi fu mordergli la mano, urlò di dolore "Brutta stronza." mi afferrò per i capelli, ma cercai di non mostrarmi debole "Non ti devi comportare così con chi è pericoloso, non te l'ha detto la mammina?" mi parlava all'orecchio e sentivo il suo brutto respiro sulla spalla "Mi è stato detto di difendermi." gli diedi una gomitata inaspettata nelle costole che lo fece piegare in due, mi sentivo così soddisfatta. "Non voglio immaginare la faccia che farà Brenton quando gli andrai a dire di essere stato battuto da una diciottenne pelle e ossa in uno sgabuzzino di una scuola, se fossi in te non mi darei tante arie in giro sulla tua forza." dopo avergli dato un'ultima occhiata uscì in fretta, mi ero messa nei guai fin troppo. I video sull'autodifesa che avevo visto in quei giorni, erano serviti parecchio lo dovevo ammettere. Era arrivato il momento di dimostrare di che cosa era capace la fidanzata del tenebroso Justin Bieber.


Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** With the enemy ***


edwada


-POV LIV-

<< Sono contento che tu sia venuta>> disse Charlie guardandomi dalla testa ai piedi. Quel pomeriggio mi aveva mandato un messaggio che mi aveva davvero preoccupata, ma come al solito io vivevo la mia vita con preoccupazione. Aveva uno sguardo vuoto e mi diede l'impressione di non aver dormito per niente la notte precedente

<< Charlie dimmi quello che devi senza giri di parole, ho già rischiato tanto rubando l'auto del mio patrigno e guidandola fino qui senza la patente>> risposi stringendo le chiavi che avevo in mano. Non capivo perchè quel posto fosse tanto speciale per lui, qualche volta sarebbe potuto venire anche in città, ma non potevo dire nulla perchè sapevo che si trattava di Justin, e quindi ne valeva la pena.

<< Ti ho sempre detto di essere preoccupato per Justin e per quello che avrebbe potuto fare, ma ero sicuro che dopo quello che era successo al loro ultimo incontro lui avrebbe lasciato perdere..>> si fermò per qualche istante prendendo un respiro. Gesticolava parecchio quando parlava e spostava continuamente dei piccoli chiodi che erano sul bancone del suo cupo negozio

<< Che cosa vuole combinare?>> chiesi sentendomi ormai esausta. Non riuscivo a sorprendermi più di nulla, era un continuo vendicarsi e proggettare massacri che non avrebbero portato a nulla, ero in un circolo vizioso senzai via d'uscita

<< E' questo il punto, non lo so. Ieri è stato da me, ma gli ho negato il mio aiuto e quello dei miei uomini, non ci ha visto più>> mi guardò dritto negli occhi << penso davvero che sarà la resa dei conti.>> trattenni il fiato sentendo il cuore accellerare. La voragine che avevo nel petto si allargò cominciando a fare male

<< Ne sei sicuro, Charlie?>> speravo che non fosse davvero così. Mi morsi le labbra e mi spostai i capelli dal viso, ero nervosa.

<< Liv non mi sbaglio mai e lo sai benissimo. Io lo conosco da molto tempo e so come è fatto, c'era una luce diversa nei suoi occhi, ci leggevo tutta la rabbia e la frustrazione che ha covato in tutto questo tempo>> non poteva sbagliarsi, se solo Charlie non fosse stato sicuro di quello che diceva, non mi avrebbe fatto andare al suo negozio con urgenza

<< Che cosa devo fare?>> sentivo la gola pizzicare per il pianto, ma non lo avrei fatto

<< Puoi fare solo due cose: o lo fermi o lo lasci fare.>> sentivo un sapore amaro in bocca, quasi come veleno << Sta a te decidere, è tutto nelle tue mani>> annuì sapendo perfettamente quale fosse la cosa giusta.

xxx

<< Sicura di stare bene?>> Justin mi accarezzava il viso cercando di leggere qualcosa nei miei occhi, ma cercai di non lasciar trapelare nulla. Eravamo in terrazza, la mia terrazza, e il vento mi faceva svolazzare i capelli in ogni direzione. Scossi la testa stringendomi nel suo abbraccio

<< Sono sicura. Smettila di preoccuparti e di chiedermi se sto bene>> la mia voce era gentile. Volevo che quel momento non finisse mai, mi piaceva stare con lui, con il suo odore sotto il naso e il suo calore contro il mio corpo. Non volevo perdere tutto questo, ne avevamo passate davvero tante e non volevo che finisse tutto così, tutto in un lampo.

<< Liv>> mi chiamo dandomi poi un bacio tra i capelli

<< Mmh?>>

<< Starò via per il fine settimana..>> mi alzai di scatto dal suo petto e gli poggiai le mani contro

<< Perchè? Che cosa devi fare?>> lui mi sorrise e mi scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio

<< Mia madre ha comprato una casa al lago, e arriveranno i mobili; vuole che controlli>> mi suonava tanto di bugia, ma mi costrinsi a fingere di credergli

<< Potrei venire anche io, mi piace andare al lago>> proposi testando la veridicità di quanto aveva detto

<< Non preoccuparti, è un lungo viaggio che ti stancherebbe a morte. La casa sarà un disastro e non voglio che tu la veda prima del tempo.>> alzai gli occhi verso il cielo scuro costeggiato di nuvole, ce l'avevo messa tutta a resistere, ma una lacrima scese comunque.

<< Va bene>> sussurrai. Si affrettò ad asciugarmi la lacrima e mi guardò sicuro che gli nascondessi qualcosa

<< E' solo una stupida casa Liv e non starò via per un mese, ma solo per qualche giorno>> continuava a nascondermi la verità, gli riusciva così bene mentire.

<< Hai ragione, è solo una stupida casa.>> mi strofinai gli occhi per limitare il bruciore che avevo 

<< Non c'è bisogno di piangere, sarò qui prima ancora che te ne accorga>> evitai di guardaro semplicemente perchè sarebbe stato troppo difficile fingere di credere a quello che diceva se avevo i suoi occhi nei miei

<< Sono solo un po' stanca e sopraffatta dalla scuola>> finsi un sorriso << per non parlare del freddo che mi congela anche i denti.>> rise, e mi imposi di ricordarlo così, con una risata stupenda e confortante.

<< Sarà meglio che vada..>> mi fece alzare dalle sue gambe e poi si alzò anche lui

<< Si, vai.>> misi le mani nelle tasche posteriori dei miei jeans per cercare un po' di calore, ma non servì a nulla. Justin mi era daventi, aveva uno sguardo indeciso

<< Ci vediamo domani. Promesso.>> mi prese il viso tra le mani e mi baciò con dolcezza

<< Attento alle promesse che fai>> mi guardò stranito << buonanotte Justin.>> mi tirò per un braccio bloccandomi

<< Che cosa vuoi dire?>> la sua voce era molto bassa e forse anche minacciosa

<< Assolutamente nulla.>> risposi semplicemente liberandomi dalla sua presa.

<< Tu non dici mai niente senza un vero significato>> si stava arrabbiando e la cosa non mi sorprendeva, si scaldava così facilmente. Cercava il mio sguardo che però non c'era.

<< Dico solo che tra le tante cose che sai fare, mantenere le promesse non è incluso>> irriggidì la mascella sentendosi punto << domani non possiamo vederci, mi sono ricordata di avere delle cose da fare.>> eravamo entrambi degli ottimi bugiardi e dei grandi attori

<< Perchè ti stai comportando così?>> si passò una mano tra i capelli e avanzò di qualche passo verso di me

<< Chiedilo a te stesso.>> mi voltai ed entrai in camera chiudendomi la finestra alle spalle.

<< Liv, Liv apri la finestra>> urlò bussando con le nocche. Mi accasciai a terra coprendomi il viso con le mani, non potevo << ti prego..>>

<< Vattene Justin.>> urlai di rimando con le lacrime agli occhi. Si abbassò anche lui dall'altra parte del vetro e ci poggiò una mano sopra

<< Non capisco.. Liv io ti amo>> la sua voce sembrava lontana mille miglia, mi venne un tuffo al cuore.

<< Non abbastanza>> risposi alzandomi e andando a spegnere la luce.

<< Si invece, Liv aprimi.>> lo ignorai nascondendomi sotto le coperte. Prima o poi se ne sarebbe andato e avrei potuto piangere in pace.

xxx

Mi svegliai nella tristezza più totale sentendo di non poter uscire dal mio rifugio, dal mio amato letto. Justin se n'era andato cinque minuti dopo avermi ripetuto di aprirgli, ma era una cosa che doveva succedere. Quando mia mamma mi venne a portare la colazione, quella mattina, fui sorpresa di vederla ancora a casa. Cominciavo a pensare che prima o poi sarebbe anche rimasta a dormire in ambulatorio per poi trasferirsi a tutti gli effetti.

<< Perchè sei ancora qui?>> chiesi mordendo il cornetto che mi aveva portato. Il cioccolato al suo interno era ancora troppo caldo e mi scottai la bocca

<< E tu perchè non sei vestita per andare a scuola?>> sospirai e mi sdraiai << Sta tranquilla, io e Rob ieri sera abbiamo ascoltato più del dovuto quello che vi siete detti tu e Justin.>> spalancai la bocca sentendo la mia privacy andare a farsi friggere << Non fare quella faccia signorina. Non si vedono i ragazzi senza il mio permesso in casa mia, anche se quel ragazzo lo conosco benissimo e so che non ti farebbe mai niente di male>> sbuffai già annoiata dalla sua ramanzina. Possibile che non capiva che era un momento critico della mia vita? << detto quello che mi faceva sentire una madre migliore, posso dirti che se non vuoi andare a scuola e passare una giornata tra ragazze.. per me va bene.>> sorrisi leggermente e lei mi prese la mano

<< Non preoccuparti va a lavoro, io me ne resterò qui da sola>>

<< Eliminare le fotografie che avete insieme e mangiare cioccolata viene meglio in compagnia.>> mi sporsi per abbracciarla. Apprezzavo davvero tanto quello che stava facendo per me

<< Qualcosa mi dice che vuoi farlo più tu che io>> non riuscì a non ridere immaginando mia madre fare quelle cose imbarazzanti

<< Non mi piace che qualcuno faccia soffrire la mia bambina>> mi piacque davvero tanto quello che disse, mi faceva sentire amata

<< Io sto bene e poi mi conosci bene, sai che queste cose non sono il mio genere.>> la conversazione si era fatta più divertente e mi aiutò a non pensare per circa dieci minuti

<< Hai ragione non sei il tipo. Va bene se proprio vuoi passare questa giornata sola soletta, io ti rispetterò>> mi diede un bacio in fronte e poi si alzò dal mio letto << finisci la colazione.>> la osservai uscire e darsi il cambio con Rob, okay tutta quella situazione si stava facendo imbarazzante.

<< Non anche tu>> risi guardandolo più goffo che mai nella sua solita camicia da lavoro

<< Credimi non so che cosa fare in questi casi, ma le delusioni si superano>> lo ascoltai curiosa di vedere fin dove si sarebbe spinto << ma andiamo tu li spaventi i ragazzi>>

<< Non intendevo questo quando ti ho detto che aveva bisogno di entrambi. Su vieni via.>>

<< Ti voglio bene.>> disse prima di uscire con mia madre. Era stato un risveglio abbastanza piacevole per quanto triste, la mia famiglia faceva ridere già da se e in queste occasioni non era da meno. La goffaggine era uno stemma. Nonostante tutto quella mattina non sarei rimasta a casa come credeva mia madre, avevo tante cose da fare e poco tempo a disposizione. Feci una doccia veloce e mi vestì in fretta, era necessario agire subito. Raggiunsi la mia scuola con ormai i cancelli chiusi e composi il numero di Mason

<< Perchè mi stai chiamando?>> disse il ragazzo insopportabile dall'altro capo del telefono. Mi costava davvero molto resistere agli impulsi, tenni il sangue freddo.

<< Devo parlarti.>> sentì la sua risata e alzai gli occhi al cielo

<< Non credo che sia un bene incontrarmi, ho ancora voglia di fartela pagare per quello che mi hai fatt..>> lo interruppi

<< Voglio unirmi a voi.>> il silenzio che seguì mi diede la prova di essere riuscita nel mio intento. Sorrisi a me stessa più soddisfatta che mai.

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** It's my turn ***


jhgyf

-POV LIV-

<> io e Mason ci eravamo allontanati da scuola dopo che aveva scavalcato il cancello, non voleva essere visto. Si era acceso una sigaretta e me ne aveva offerta una. Con una smorfia la presi e lasciai che me l'accendesse.

<> mi portai la sigaretta alla bocca e tirai su il fumo che mi arrivò alla gola, tossì.

<> lo guardai male e forse anche un po' spaventata <> con uno sguardo triste mi strappò la sigaretta di mano e la buttò a terra <> si allontanò lungo il marciapiede bagnato dalla pioggia che quella notte si era abbattuta su Seattle e poi si voltò a guardarmi <> lasciò la frase in sospeso e mi affrettai a raggiungerlo. Mi sentì a disagio nella sua macchina ordinata, odorava di ragazzo e limone

<> chiesi cercando di riempire il vuoto che mi stava facendo venire i brividi. Cercavo di tenere la calma, ma avevo l'impressione che mi stessi cacciando davvero nei guai, stavo andando nella fossa dei leoni. Alcune volte nella vita si doveva tentare il tutto per tutto per cercare di proteggere le persone che si amavano. Credevo di star facendo abbastanza, abbastanza per me, per lui.

<> mi lanciò un'occhiata e mi sorrise. Non capì bene perchè lo fece, ma non ci pensai su a lungo, non aveva molta importanza. Guardai fuori il finestrino, la strada sfrecciava veloce, era confusa come la mia testa. <> alllungò una mano verso il mio ginocchio, aveva uno sguardo malizioso

<> urlai scacciando la sua mano con un gesto veloce. Mason frenò bruscamente l'auto al centro della strada e si slacciò la cintura di sicurezza

<< Se vuoi arrivare da Brenton con tutte le dita, devi stare zitta>> si sporse verso di me e trattenni il respiro <> annuì quasi subito. Quando ritornò al posto di guida e si riallacciò la cintura di sicurezza mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo silenzioso, quasi impercettibile. Dovevo evitare di parlare, e anche quando mi disse di essere arrivati e di scendere non dissi nulla. Percorremmo una stradina ripida e ricordai di aver pensato di non aver mai percorso quella strada. Mason prese un mazzo di chiavi dalla tasca che tintinnarono quando inserì quella giusta nella serratura. Un grande corridoio ci accolse quando la porta si spalancò. <> urlò Mason. Mi guardai in torno e riuscì a percepire la freddezza di quella casa, come se non fosse mai stata abitata veramente da qualcuno.

<> Brenton si interruppe quando non vide entrare in salotto solo suo cugino. Si alzò in fretta dal divano e spense la televisione. Fu la prima volta che lo vidi veramente stupito e senza tutta la sua sicurezza, come fu la prima volta che lo vidi con solo il pantalone di una tuta. Distolsi lo sguardo da lui all'ambiente circostante e notai quanto fosse tutto molto disordinato. C'erano bottiglie di birra sparse dappertutto e non mi sorprendeva il fatto che bevesse anche la mattina presto. In qualche modo la sua casa lo rispecchiava parecchio. <> mi chiese Brenton mentre Mason andò verso il frigo e cominciò ad analizzarlo

<> Brenton alzò un sopracciglio incuriosito e fece uno strano sorrisetto

<> mi prese per un braccio e mi fece avvicinare a lui, deglutì e lo lasciai fare. Mason ci guardava interessato.

<> balbettai insicura

<> Brenton non staccò gli occhi dai miei anche quando parlò a suo cugino

<>

<> il tono di voce di Brenton era gelido, e cominciai a pensare che anche Mason avesse paura di lui e non la trovavo una cosa normale. Dopo aver dato un morso ad un panino, Mason uscì borbottando parole non gentili.

<> mi incitò Brenton con una mano <> scossi la testa sentendo di aver perso l'uso della parola. Mi poggiai sulla punta del divano, non volendo toccare assolutamente nulla in quella casa, poteva essere nociva.

<> mi costrinsi a cacciare un po' di forza, lui mi si accomodò accanto e mi toccò un boccolo che mi ricadeva sulle spalle

<> annusò il mio riccioletto artificiale e continuò a parlare <> rise. Aveva un'espressione di potere sul viso, come se si sentisse Dio sceso in terra.

<> mi alzai in piedi nervosa

<> strinsi gli occhi cercando di capire il senso delle sue parole e capì che questo piano non aveva funzionato. Dovevo uscire di lì al più presto. Una parte di me sapeva che qualcosa non avrebbe funzionato e quindi avrei dovuto pensare ad un'altro modo per aiutare Justin.

<> mi voltai e avanzai il passo verso il corridoio d'entrata, ma Brenton mi seguì

<> mi strappò il cappellino che portavo e senza volerlo urlai dallo spavento <> il mio respiro avanzò quando invece del cappello afferrò i miei capelli. Urlai una seconda volta sperando che mi lasciasse andare.

<> intervenne Mason spuntando dal nulla. Le mie grida avevano sovrastato il rumore della porta. Brenton lasciò la presa con mia sorpresa e Mason mi si parò davanti. <> presi la palla al balzo per correre verso la porta ed uscire da quell'inferno. Respirare l'aria fredda era un sollievo e mi sentì più sicura all'esterno.

<> chiesi quando avvertì la presenza di Mason dietro le mie spalle. Ero curiosa di sapere perchè mi aveva aiutato.

<> alzò le spalle mentre lo disse e mi sembrava che ne avesse abbastanza delle sue prepotenze. <>

<> ridemmo cominciando a camminare verso la sua macchina <>

<> era strano il suo nuovo comportamento, non lo capivo. Era sempre stato cattivo nei miei confronti, e non avevo mai pensato prima di quel momento, che fosse Brenton a dirgli quello che doveva fare. <> strabbuzzai gli occhi

<> ammisi

<> mi disse quando salimmo in macchina

<> gli risposi sospirando sonoramente

<> con un sorrisetto imboccò l'autostrada

<> era tutto così strano

<>

xxx

Quel pomeriggio ero sicura di essere diventata un tutt'uno con il divano di casa mia. Ero spaparanzata da un paio d'ore e le coperte erano diventate la mia dimora preferita. Mi ero promessa che per quel giorno non avrei fatto altro, ero troppo fragile per parlare persino con mia madre e francamente non ne avevo ne la voglia ne la forza. La mia mente ripercorreva gli avvenimenti di quella mattina e non facevo altro che pensare a quanto fosse tutto complicato e a quanto Brenton fosse sbagliato. L'amore della famiglia era qualcosa di fondamentale, ma forse lui non sapeva neanche che cosa fosse o dove abitasse. La cosa che mi consolò profondamente fu la cioccolata calda che preparai, la definivo la mia piccola "Nuvoletta di piacere".

<> Rob era tornato prima da lavoro. Durante la giornata aveva accusato diversi dolori alla schiena e si era visto costretto a dimezzare la giornata. Da quello che raccontava ogni sera a cena, fare il medico era la cosa più bella del mondo. Sia alla mamma che a lui piaceva molto aiutare le persone nel momento del bisogno, e proprio per questo un sabato al mese andavano in parrocchia e accudivano i meno fortunati.

<> risposi senza un briciolo di emozione nella voce

<> lo guardai male per un istante e poi mi alzai dal divano <> chiese mettendosi le mani sulla parte di schiena che gli doleva

<> prima di salire le scale, afferrai il mio telefono e riposi la tazza sporca nel lavello. Sbattei la porta della mia stanza senza nemmeno farci caso, poi sentì urlare

<> sbuffai ignorando il mio patrigno. Cercai di addormentarmi per spegnere la mente, ma anche quando riuscì a dormire non fu così piacevole. Gli incubi erano sempre dietro l'angolo pronti a tormentarmi e il campanello di casa mia non smetteva di suonare. Mi ero decisa a traslocare perchè detestavo quel maledetto affare che ogni volta rovinava la quiete. Sentì Rob parlare con qualcuno e mi incuriosì. Uscì dalla mia camera e cominciai ad origliare

<> mi sentì chiamata in causa <>

<> trattenni il respiro riconoscendo la voce del mio fidanzato

<> sentì Justin ringraziare Rob e salire le scale. Non feci abbastanza in fretta che me lo ritrovai davanti senza la possibilità di rientrare in camera e chiudermi la porta alle spalle. Ci guardammo per qualche minuto senza dire una singola parola, poi si decise a parlare.

<> cominciò avvicinandosi <> aveva gli occhi lucidi e mi sentì morire

<> alzò gli occhi al cielo e sospirò

<> scossi la testa <> si fermò per scrutare la mia espressione, poi continuò. <> diede un calcio alla ringhiera delle scale e sobbalzai. Lo presi per un braccio e lo trascinai in camera

<> chiesi nervosa

<> in una frazione di secondo mi prese il viso tra le mani e mi baciò <


Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** Enough for me. ***


-POV LIV-

Mia madre mi paragonava spesso all'autunno e all'inverno, diceva che mi assomigliavano molto. Erano vuote e gelide proprio come me in quel periodo. Ero uscita presto quel venerdì mattina, l'aria era fredda e volevo disperatamente sentire il naso arrossarsi e le guance gelarsi solo per distogliere la mente dal dolore al cuore. Era l'alba. Mentre camminavo lungo il marciapiede a due isolati da casa mia, pensavo. Pensavo a tutto quello che c'era stato e a quello che doveva venire, e mi chiedevo che cosa sarebbe successo dopo quel fine settimana. Avevo la pelle d'oca e sentì rizzarsi i capelli all'attaccatura. Non c'era nessuno per quelle strade, ed era molto strano. Il cielo era plumbeo e trasmetteva una tristezza infinita. Mi morsi un labbro e mi costrinsi a non pensare alle cose tristi, a non pensare a Justin e al suo bacio nostalgico e a quanto mi mancasse. Attraversai la strada proprio nel momento in cui una macchina stava arrivando. Avanzai il passo ma mi fermai quando rallentò bloccandomisi davanti. Corrucciai la fronte. Il conducente scese dall'autovettura e mi si avvicinò a passo spedito. Era più alto di me e molto muscoloso, indietreggiai confusa. L'uomo mi prese per un braccio e mi trascinò con se, urlai.

"Che cosa fai?Lasciami." sbottai con la paura visibile negli occhi. "Lasciami." ripetei cercando di liberare il mio braccio.

"Sta zitta e non farmi innervosire" mi tappò la bocca con una mano e mi prese in braccio di peso. Scalciai per divincolarmi, per liberarmi. Gli occhi mi pizzicavano e avevo il cuore a mille. Aprì lo sportello della macchina e mi lasciò cadere sui sedili posteriori. Aveva un viso anonimo, e se lo avessi visto per strada in un qualsiasi giorno, non lo avrei mai ricordato.

"Dove mi stai portando? Che cosa vuoi da me?" urlai dando dei pugni contro il finestrino dell'auto. In un modo o nell'altro sarei morta, era quello il mio destino.

"Io non voglio assolutamente niente da te, sto solo eseguendo gli ordini del capo." sbattei velocemente gli occhi e scacciai via le lacrime. C'era solo un capo che voleva farmi fuori, e quello era Brenton.

"Mi stai portando da Brenton?" la voce mi uscì incerta, insicura e mi maledissi per la mia fragilità. Mi guardò dallo specchietto retrovisore e mi fece un sorriso accennato.

"Proprio così." sospirai cercando di calmarmi e sentì le sicure della macchina scattare, ero in trappola. Poggiai la testa al sedile e chiusi gli occhi, presi un bel respiro e cercai di mettere in ordine i pensieri, perchè se non lo avessi fatto subito, mi sarei fatta prendere dal panico e non lo avrei fatto più. Se mi stava portando da Brenton, mi stava portando da Justin. Loro dovevano incontrarsi e quindi sarei stata nello stesso posto. Ipotizzai che se mi fossi comportata bene e avessi giocato bene le mie carte, forse mi sarei riuscita a liberare per correre dal mio fidanzato. Per tutto il tragitto non parlai, e mi sembrò che fosse durato delle ore. Ci trovammo in uno spazio vuoto e completamente a cielo aperto, la macchina si fermo e l'uomo spense il motore. Scese dalla macchina e venne ad aprirmi la portiera. Con la mano stretta intorno al mio braccio mi portò in una struttura abbandonata e sporca. C'erano diversi ragazzi all'esterno con delle pistole nelle cinture scure e dei coltelletti nelle tasche dei pantaloni. Deglutì a fatica quando un ragazzo di quelli diede il cambio all'uomo. Il ragazzo mi portò in una stanza spoglia e maleodorante. Tossì.

"Spogliati." mi ordinò con uno sguardo duro. Spalancai gli occhi scioccata.

"N-no." balbettai

"Ho detto spogliati." urlò. Mi vidi costretta a fare come mi diceva, e strato dopo strato sentì il freddo entrarmi fin dentro le ossa. "Basta così"  mi fermò quando restai solo con la canotta e le mutandine. Si avvicinò e mi legò le mani con una corda che mi graffiò i polsi

"Questo è estremo" mormorai già stremata. Non volevo morire senza prima aver aiutato Justin, non volevo morire e basta.

"Shh." mi fece inginocchiare a terra e legò le corde ad alcune tubature presenti in quella stanza. Il cemento mi graffiò le ginocchia. Mi mancava il respiro e la puzza di muffa mi dava il voltastomaco. Alzai gli occhi al soffitto boccheggiando, volevo respirare aria pulita.

"Mi dispiace, ma non è un albergo a cinque stelle" mi strinse entrambe le guance per farmi aprire la bocca e trattenni un urlo di dolore.

"Che cos..." mi infilò in bocca una bandana che mi soffocò. Sentivo la stoffa fino alla gola e mi impediva di parlare.

"Sta buona qui." il ragazzo mi diede dei colpetti sulla testa e mi lasciò da sola, al freddo e con la paura che mi premeva sulle spalle e mi appannava gli occhi. Strattonai le corde per allentarle e gemetti quando quelle mi graffiarono ancora di più. Non potevo alzarmi e avevo i conati di vomito. Sentì il viso bagnato e mi resi conto di star piangendo. Avevo cercato di resistere, ma non c'ero riuscita. Era troppo umiliante e doloroso per me, non avrei retto a lungo. Speravo che finisse al più presto quell'incubo infinito.

"Liv." mi chiamò qualcuno. Mi voltai per quanto possibile verso la voce. Brenton era in piedi e rideva. Urlai dalla rabbia, ma il suono mi uscì smorzato e mi sembrò che non mi appartenesse, come se fosse di qualcun'altro.

"Ti stai facendo del male da sola, questi sono degli sforzi inutili perchè non potrai liberarti tanto facilmente." Brenton si chinò davanti a me e tolse la bandana dalla mia bocca

"Perchè mi hai fatto portare qui?" aveva l'aspetto strafottente di sempre e la sua solita arroganza. "Voglio tornare a casa." non lo stavo pregando, la mia voce era nervosa

"Se non fossi così cattivo e non volessi vedere le persone soffrire a causa dei miei giochetti, ti lascerei andare" prese una ciocca dei miei capelli. "Mi piacciono i tuoi capelli, sono sempre morbidi" parve assentarsi per qualche momento, poi lasciò cadere la ciocca sulla spalla. "Non voglio farti del male, ma solo causarti un pochino di dolore." rise e si alzò. La rabbia prese il sopravvento.

"Sei una persona schifosa, e spero con tutto il cuore che tu faccia una brutta e lenta morte." sputai con cattiveria. Non era da me augurare la morte alle persone, ma ne avevo abbastanza delle prepotenze e delle sofferenze che mi venivano inflitte da tempo da Brenton. Ero arrivata al limite della sopportazione.

"Attenta" mi avvertì serio. "Non devi permetterti di dire nulla, sei solo il mio cagnolino adesso, e i cagnolini obbediscono." strinse ancora di più le corde che avevo ai polsi. Cercai di colpirgli il ginocchio con un calcio, ma avevo poca forza. "Non capisci mai, Liv" mi tirò uno schiaffo sulla guancia che mi fece girare la testa. Sentì qualcosa colarmi dal naso, forse sangue. Lasciai che gli occhi si chiudessero, speravo che vedendomi senza forze se ne sarebbe andato. Recitai la mia parte e funzionò. Quando sparì dalla mia vista il dolore alla guancia si era alleviato, ma non mi mossi. Restai con gli occhi chiusi, e forse mi addormentai.

xxx

Il motore di una macchina mi svegliò. Aprì gli occhi e portai istintivamente una mano alla testa dolente, ma non potevo. Ero ancora incatenata a quella tubatura, ed ero ancora in quella stanza fredda. Sentivo qualcosa sopra le labbra, qualcosa di secco. Le leccai e il sapore metallico del sangue mi fece trasalire. Ripensai a mia madre e a quanto ne vedesse ogni giorno a lavoro, a quante ferite curasse e mi si strinse il cuore. Mamma. Che cosa avrebbe detto se mi avesse vista in quel momento? Sii coraggiosa? Può darsi. Dovevo essere coraggiosa per forza, altrimenti non avrei vissuto a lungo in quel posto. Dalla finestra sopra la mia testa si sentivano dei rumori. Fuori stava avvenendo qualcosa che non potevo vedere. Strisciai sul sedere e sentì la pelle graffiarsi, faceva male il cemento duro. Piegai le ginocchia e avvicinai il viso alla corda. Con i denti cercai di sciogliere il nodo, ma era impossibile. Urlai di frustrazione, era una tortura essere impotente. Tentai all'infinito fin quando le mascelle non cominciarono ad indolenzirsi e mi sentì più stanca di prima, meno forte. Dei passi mi fecero voltare la testa, qualcuno stava arrivando a controllarmi. Deglutì e presi un bel respiro quando i passi di quella persona si fecero più vicini, che cosa sarebbe successo?

"Oddio, Liv!" esclamò Mason quando mi vide. Cacciai via il respiro che avevo trattenuto e tentai di calmare il battito del mio cuore. Mason mi si avvicinò. "Mi hanno mandato a controllare qualcuno in questa stanza, ma non credevo che fossi tu. Maledetto." cominciò a sciogliere i nodi e cercai di mettermi a sedere più ritta possible.

"Qualcuno mi ha rapito stamattina e mi ha portato qui dentro. Ho tentato di liberarmi, ma non ci sono riuscita" mormorai a voce bassa, avevo paura che Brenton sentisse.

"Hai del sangue, ti ha fatto del male?" scossi la testa e chiesi:"Justin è a-arrivato?"  la mia voce balbettò per un istante

"Si" disse liberandomi un polso. "E' tardi ormai" la corda aveva inciso nella carne, e adesso il colore era rosso vivo. Sbarrai gli occhi e trattenni un conato di vomito. "E' dall'altra parte del campo con i suoi uomini" quando anche l'altro polso fu libero, Mason mi aiutò a rimettermi in piedi.

"Che cosa vuol dire che è con i suoi uomini?" la resa dei conti era vicina. Lo capivo dallo sguardo di Mason, dal fatto che fosse spaventato tanto quanto me anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno tra cent'anni. Mi guardò, ma non lo fece realmente.

"Vuol dire che ha delle persone che gli guarderanno le spalle... ma non sono molte" la voce gli si abbassò e mi porse la sua giacca. "Fuori fa abbastanza freddo per uscire così" non avevo nemmeno la forza di arrossire. Ero in mutande davanti alla persona che avevo disprezzato per tanto tempo e che adesso mi sembrava amica, ma non mi importava quello che era stato. Mi aveva aiutato e questo era la cosa più gentile che potesse fare per ripagare tutte le azioni cattive che aveva compiuto nei miei confronti. Era perdonato. Mi ritornarono in mente le parole che Rob disse una sera a cena:"Ho incontrato un vecchio amico stamattina a lavoro, era stato il bullo che mi aveva preso di mira al liceo. Era ferito ad una spalla perchè era caduto sostituendo una lampadina fuori uso nella stanza di suo figlio. Non mi ha ne parlato ne mai guardato per tutto il tempo della fasciatura, e ho pensato che toccasse a me dire qualcosa. Gli ho detto semplicemente che non avevo dimenticato quello che mi aveva fatto, ma che mi aveva reso più forte e sicuro, mi aveva dato la forza di battermi contro chi non mi rispettava solo perchè non c'ero ruscito con lui. Era perdonato." tirai su col naso. Probabilmente non lo avrei più rivisto, e non avrei nemmeno più rivisto la mamma o nascere il bambino. Non avrei più rivisto nessuno. Scossi la testa imponendomi di non pensare a niente o sarei crollata a piangere come una bambina.

"Grazie" dissi riferendomi all'aiuto di Mason

"Devi combattere, Liv" mi mise una mano sulla spalla e la strinse. "Prendi questa" mi porse una pistola che cacciò dalla cintura. "Questa" indicò l'arma con un cenno del capo.  "ti aiuterà una volta uscita da questa stanza. Il territorio è circondato da persone armate e la tua pistola è carica. Non devi avere paura di sparare a qualcuno che vuole farti del male, perchè o muori tu o muore lui" la pistola era sospesa tra di noi. Allungai un braccio, incerta. L'afferrai titubante e la trovai più pesante di quanto avessi mai immaginato. "Sta attenta a come l'userai, prendi la mira e si davvero sicura prima di premere il grilletto. Io sarò pronto a proteggerti." annuì e nascosi la pistola nella tasca del giubbotto. "Vieni, la lotta dovrebbe cominciare a momenti" mi prese la mano e uscimmo dalla stanza abbandonata, dove fino a poco prima ero legata. Mason controllò ogni angolo prima di portarmi con se, era prudente. L'edificio sembrava vuoto.

"Non c'è nessuno" constatai lasciando la sua mano

"Sono tutti radunati fuori, qui non corri pericoli" corsi accanto ad una finestra e ci guardai. Mason aveva ragione, erano tutti radunati fuori, era buio. Per la prima volta mi chiesi quanto tempo ero rimasta prigioniera, ma scacciai quel pensiero velocemente. Alcuni uomini erano a guardia dell'edificio esterno e Brenton con tutti gli altri ragazzi che avevo visto quando ero arrivata, erano schierati, gli uni accanto agli altri. Avevo la fronte madida di sudore, ma non avevo caldo. Se Brenton si era schierato, voleva dire che c'era qualcuno di fronte: Justin. Mi sporsi e strinsi gli occhi per cercare di vederlo, ma non ci riuscì.

"Liv resta al sicuro, fuori è troppo pericoloso per te" stringeva una pistola che non gli avevo visto prima

"Io devo tentare" dissi per la prima volta con la voce sicura. Pensare che Justin fosse lì mi diede una strana energia, una scarica di adrenalina che mi pervase. Mason annuì senza imporsi alla mia decisione e lo seguì fuori. Mi nascosi dietro l'entrata a differenza di lui che uscì senza problemi facendo parte del gruppo, ma non era semplice per me, io ero il nemico. Misi una mano sul cuore quando sentì i primi spari. Strinsi i denti quando delle urla si aggiunsero alla confusione che riuscivo a udire, e il presentimento che quelle urla provenissero dalla bocca di Justin mi fece lanciare fuori all'edificio. Strabuzzai gli occhi quando vidi dei ragazzi a terra senza vita, era cominciato tutto da pochissimo tempo e già qualcuno era morto.

"Liv abbassati" urlò Mason. Mi abbassai coprendomi le orecchie e sentì un tonfo dietro di me. Mi voltai e vidi l'uomo che prima era di guardia a terra, non respirava più. Restai a guardarlo respirando a fatica fin quando Mason non mi prese per un braccio. "Che cosa fai lì impalata. Va dietro a quella macchina" mi urlò. La sua voce sovrastò quella di alcuni spari e feci come mi disse. Corsi e mi accovacciai dietro all'auto bianca. Il freddo era pungente, e il giubbotto che mi aveva dato non mi proteggeva tanto. L'erba secca mi pungeva le caviglie e le gambe. Mi sporsi oltre la macchina e lo vidi. Justin stava combattendo corpo a corpo con un ragazzo e il mio cuore perse un battito. Era ferito alla fronte. Il ragazzo che lo stava colpendo era più alto di lui e lo sovrastava, non ero sicura che ce l'avrebbe fatta. Era giunto il mio momento. Presi un respiro e avanzai verso la sua direzione. Arrivai dietro un albero e mi ci nascosi. Justin non era molto distante. Cacciai la pistola dalla tasca e la strinsi saldamente tra le mani: dovevo agire. La portai davanti al viso e presi la mira anche se era difficile visto che si muoveva. Il momento giusto arrivò quando Justin lo bloccò alla gola. Il colpo partì dalla mia pistola, e per la forza con il quale il proiettile fu lanciato, caddi a terra battendo il sedere. Mi coprì il viso con le mani quando il tonfo che avevo sentito prima si rifece sentire. Il ragazzo era caduto, lo avevo colpito. Tolsi le mani e vidi Justin immobile; mi stava guardando con la bocca spalancata.

"Liv" la sua voce era un sussurro, quasi non la sentì. Si riparò dietro l'albero e lo raggiunsi alzandomi a fatica. "Che cosa ci fai..." non riusciva a parlare. Lo abbracciai stringendolo e addosso aveva un odore di metallo, ma infondo riuscivo a sentire quello di sempre, il suo profumo inconfondibile. Non riuscì a trattenere le lacrime ed esplosi come una fontana.

"Ho ucciso una persona, ho ucciso una persona" ripetei in preda al panico. Non me lo sarei mai perdonato, e non lo avrei mai dimenticato. Justin mi prese il viso tra le mani e me lo strinse

"Devi andartene, non puoi restare" scossi la testa asciugandomi le lacrime. Aveva del sangue anche sulle nocche delle mani.

"Non ti lascio" risposi quando un proiettile fu sparato nella nostra direzione. Justin mi strinse a se come a proteggermi

"Liv devi correre dall'altra parte del campo, lì c'è la mia macchina. Le chiavi sono sul cruscotto, devi accendere il motore e guidare il più lontano possibile" mi diede un bacio tra i capelli che teneva stretti nelle sue mani

"No, io non me ne vado" poggiai le mani sulle sue. Nell'oscurità i suoi occhi brillavano come mai prima di quel momento.

"Non so come tu sia arrivata in questo posto, ma ti giuro che se ti succede qualcosa io mi uccido" poggiò la fronte sulla mia e chiuse gli occhi. "Liv ti prego fa come ti ho detto" era implorante, ma non lo avrei ascoltato. Non potevo lasciarlo solo, non lo avrei mai fatto. Un colpo colpì l'albero sopra la nostra testa e ci fece staccare. Justin mi si parò davanti.

"I due piccioncini si sono riuniti" ci schernì Brenton a pochi passi da noi. "Troverò chi ti ha liberato, perchè dubito che tu l'abbia fatto da sola" mi puntò il dito contro furioso.

"La tenevi prigioniera?" quello di Justin fu un urlo di pura rabbia. Si avventò su di lui e gli lanciò una ginocchiata nella pancia. Brenton si piegò in due con un gemito. "Perchè? Lei non c'entra nulla, non c'è mai c'entrata nulla" gli tirò un calcio che Brenton schivò.

"Ti sbagli, è sempre stata al centro" un pungo colpì Justin sul naso

"Justin" gridai coprendomi la bocca. "Lascialo stare" cercai di mettermi tra di loro, invano. Era troppo buio, troppo scuro per vedere le cose chiaramente. I due cominciarono a picchiarsi e io ritornai a piangere. Con gli occhi appannati dalle lacrime cercai la pistola che prima mi era caduta sparando quel colpo e uccidendo quel ragazzo. Mi inginocchiai e tastai il terreno. Quando riuscì a trovarla la strinsi e mi alzai puntandola contro Brenton. "Fermati" ordinai con la mano che tremava. "Non avrò paura ad usarla" Justin mi guardò con un labbro spaccato e il sangue che gli scendeva dalla ferita che aveva sulla fronte. Il livido era già visibile sul suo naso. Brenton rise.

"Non sarà così semplice" disse Brenton cogliendo Justin di sorpresa. Aveva un braccio intorno alla sua gola e gli impediva di respirare. "Non hai il coraggio di spararmi" mi provocò divertito da quella situazione. Sentì il sangue confluire al cervello e le guance scaldarsi dalla rabbia. Il viso di Justin stava diventando viola, cercava ossigeno. Il mio dito scattò sul grilletto e il proiettile colpì la gamba di Brenton. Questa volta avevo tenuto i piedi ben saldi a terra ed ero riuscita a non cadere, avevo liberato Justin. Brenton cadde e si tenne la gamba urlando dal dolore.

"Justin" andai verso di lui. Il suo respiro era pesante quando mi abbracciò.

"Come avrei fatto senza di te" mi sussurrò all'orecchio dolcemente

"Andiamo via" lo pregai stringendo il suo braccio

"Non così in fretta" esclamò Brenton "Non prima che uno dei due sarà morto, nessuno se ne andrà" Justin strinse gli occhi e mi strappò la pistola di mano, dicendo:"Ci sto." si avvicinò al corpo del suo rivale e lo guardò dall'alto. Nei suoi occhi ardeva il fuoco e percepivo la sua voglia di spararlo. Puntò l'arma dritto alla testa di colui che odiava più di chiunque altro e scandì bene le parole. "Hai portato via il mio migliore amico ed è giunto il momento che tu dica addio alla terra" Brenton gli sorrise, ma il sorriso scomparve sostituito da una smorfia di dolore.

"Me ne vado io, se ne va lei." si sentirono due spari che partirono all'unisono, poi avvertì un dolore alla spalla. Mi irrigidì di colpo e abbassai lo sguardo verso la mia spalla e la toccai. Caddi in ginocchio quando le mie dita si colorarono di rosso. Mi aveva sparato, Brenton Foster mi aveva sparato e poi era morto.

"Liv no" urlò Justin gettando via la pistola e correndomi accanto. Il dolore era lancinante e mi sentivo spenta. Mi accasciai a terra non riuscendo a stare in ginocchio. Due braccia forti mi strinsero e mi sentì il viso bagnato, ma non erano le mie lacrime. Guardai Justin e gli sorrisi, era finita e aveva vinto. Stava piangendo a dirotto. "Guardami, Liv" mi incitò baciandomi la guancia. "Non ti addormentare" sentivo le palpebre pesanti, non riuscivo a tenere gli occhi aperti.

"Sei sempre stato abbastanza per me." sussurrai prima di chiudere gli occhi e abbandonarmi a qualcosa di sconosciuto ma piacevole.

Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** The End ***


Avevo le labbra secche quando mi svegliai, le mani e i piedi erano intorpiditi. Un infinito bianco mi circondava, ed era distesa su un letto d'ospedale. La spalla mi doleva, e ricordavo perfettamente quello che mi era successo.

Justin era appoggiato al muro e stava controllando il suo telefono. Aveva alcune ferite sul viso e un polso fasciato, ma pareva stare bene. Alzò la testa verso di me e mi sorrise.

"Hei, ti sei svegliata." disse dolcemente accostandosi al letto e prendendomi la mano. La sua era calda ed accogliente mentre stringeva la mia. "Come ti senti?"

"Ammaccata." risposi con una voce gracchiante. Tossii e mi tenni la gola.

"Fa piano, Liv." Justin afferrò un bicchiere e ci versò un po' d'acqua, poi me lo porse. "Bevi, ti farà bene" strinsi tra le mani il bicchiere e sorseggiai lentamente l'acqua che mi rinfrescò anche lo stomaco.

"Mia madre?" chiesi restituendogli il bicchiere. "Che cosa le hai raccontato?" cercai di sedermi più comoda sul lettino e con una smorfia, staccai l'ago infilato nella mia pelle per la flebo

"Perchè hai tolto la flebo? Se era attaccata al tuo braccio, un motivo c'era." mi rimproverò indicandomi il filo a penzoloni.

"Justin, ti prego..." l'ultima cosa che volevo in quel momento era ascoltare rimproveri o contraddizioni. Lui sospirò e si arrese.

"Tua madre è andata a prendere qualcosa da mangiare, era distrutta." mormorò portando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio. "Le ho detto la verità"

"Sei fuori di testa?"

"Le ho detto parte della verità." disse correggendosi subito. "Tu le avevi detto di dover venire con me al lago quella mattina, giusto?"

"Mi pare di si" commentai

"Così le ho raccontato che siamo rimasti feriti in una sparatoria mentre lo raggiungevamo." concluse grattandosi al lato del sopracciglio.

"Ha creduto a questa storia?"

Justin annuì e mi lasciò un bacio sulla fronte.

"Devi ancora spiegarmi che cosa ci facevi lì e perchè" mi avvertì.

"Lo farò." risposi timidamente. Justin sorrise e mi abbracciò.

"Mi hai fatto morire di paura, Liv." mi strinsi a lui con un solo braccio, l'altro faceva troppo male per essere alzato. Il suo respiro mi arrivava sul collo e per un istante chiusi gli occhi. "Voglio che dimentichi questa brutta storia, che la rimuovi dalla tua piccola testolina"

Non avrei mai potuto dimenticare, era impossibile. Momenti come quelli, segnano profondamente la vita di un essere umano. Avere la netta sensazione di star morendo, di abbandonare le persone che ami, di non vedere più la luce del sole, di non respirare, annusare, gustare la vita, non si dimentica.

"Cercherò di farlo." ammisi. Potevo promettere a me stessa di provarci, e potevo prometterlo a lui. Justin sciolse l'abbraccio e mi baciò sulle labbra.

"Ti assicuro che ci riuscirai" mi morsi un labbro e lo ascoltai. "Ci riuscirai perchè ho chiuso, ho chiuso con quella vita, con quella gente, con tutto. D'ora in poi saremo solo io e te, senza paure e senza segreti."

"Sul serio?" esclama incredula. Justin fece si con la testa, dandomi la certezza che stavo aspettando da tantissimo tempo.

"Quello che ti è successo mi ha fatto ragionare parecchio. Ho vissuto attimi orribili che non voglio più vivere, e la scelta più saggia è questa." coprii la bocca con le mani per trattenere un grido di gioia, dovevo contenermi.

"Sono così contenta" ammisi abbracciandolo ancora.

"Se ti avessi ascoltato un bel po' di tempo fa, non saremo qui."

"La cosa importante è che tu abbia capito, il "quando" non importa." lo rassicurai con un sorriso.

"Ricordi che cosa mi hai detto prima di svenire?" domandò dopo alcuni istanti, curioso.

"Si" sussurrai giocando con il suo braccialetto.

"Beh..." cominciò. "Anche tu sei abbastanza per me." il suo sorriso illuminò il mio viso e il mio cuore. Stavo bene, finalmente. Ero sicura che adesso sarebbe andata sempre meglio, perchè il nostro amore, il nostro vero amore, avrebbe superato qualsiasi cosa. Guardai negli occhi della persona più importante che avessi al mondo e capii che senza di essa, non avrei mai vissuto in pace.

Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** AVVISO. ***


Salve a tutte, per prima cosa volevo scusarmi per essere stata assente per un bel po'. Poi volevo ringraziare chi segue e recensisce la mia storia, per me è molto importante. Volevo inoltre dirvi che ho corretto i primi 22 o 23 capitoli se non erro, e in questi giorni proseguirò con gli altri. Poi ho ripostato il penultimo capitolo e aggiunto l'ultimo. Spero vi piaccia. Sto già pensando ad un SEQUEL, che pubblicherò la settimana prossima. Spero di non deludervi. BUON NATALE A TUTTE XoXo..

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3245181