Stubborn love: Deleted scenes di everlily (/viewuser.php?uid=194617)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' solo il caldo ***
Capitolo 2: *** Sweet sixteen ***
Capitolo 3: *** Non è come pensa ***
Capitolo 1 *** E' solo il caldo ***
Premessa
Questa è
una raccolta di "scene tagliate" parte della storia Stubborn Love.
Sono scene che ho scritto, ma che poi ho dovuto lasciare fuori dalla
pubblicazione finale, vuoi perché non c'era il momento e/o contesto
giusto per inserirle, vuoi perché il capitolo era già troppo lungo e
non erano fondamentali. Come quei video che vengono rilasciati alla
fine di una stagione con il "girato" che poi non è stato inserito,
insomma.
Ad inizio di ognuna ci sarà qualche riferimento per aiutare a dare loro
una collocazione, ma non credo che abbiano molto senso se non si è
letta la storia e non si conosce il suo contesto.
In più, essendo scene tagliate sono
un po' "grezze". Le ho rimesse un po' a posto, ma ovviamente non hanno
la
stessa rifinitura anche di lessico e scrittura che avrebbero avuto
all'interno della storia.
Non aggiungono niente di nuovo, ma
magari a qualcuno fa piacere leggerle.
Un bacio,
ever
——————————————————-
Deleted scene
#1
Pov:
Elena
Collocazione:
Da qualche parte nel capitolo 14
("Wear me out"). In teoria dopo la prima scena Elena-Elijah. Elena
sta cercando di togliersi dalla testa un certo bacio e fare la brava
fidanzata. Caroline si sta trasferendo da Stefan adesso che vanno a
vivere insieme, ed Elena le sta dando una mano.
***
Finisco di asciugare l’ultimo
piatto della cena e mi sporgo sulle punte dei piedi per rimetterlo al
suo posto. Come quasi ogni volta, Caroline ha cucinato, io riordino -
ma non mi dispiace. Nessuno mi lascia mai davvero avvicinare ai
fornelli, e la sua ratatouille di verdure che abbiamo mangiato al
bancone della cucina di casa Salvatore dopo una giornata passata ad
aprire scatoloni era davvero una favola.
Stefan è rientrato venti minuti
fa, e dalla sala continuano ad arrivarmi le voci di loro due intenti a
discutere sempre più animatamente sul tenere o meno una lampada, credo,
qualcosa che è lì quando invece non dovrebbe. Ma la loro discussione
triviale sfuma quasi immediatamente nella risatina chiara della mia
amica.
C’è un che di confortevole e
familiare nell’intera atmosfera che, per un attimo, ho invece la
sensazione che, a dispetto di ciò di cui stavano discutendo, tutto sia
esattamente dove dovrebbe essere e niente è fuori posto. Neanche la
lampada.
Mi asciugo le mani, mi volto,
sussulto quando mi scontro con il corpo di Damon. Non lo avevo sentito
rientrare, non sapevo che fosse qui, e il mio cuore scatta via, in un
tu-thump sordo che riempie il mio torace.
Mi ha bloccato contro il bordo
del bancone. Il suo petto aumenta la pressione contro il mio mentre lui
si allunga in avanti, oltre e sopra la mia spalla, per raggiungere uno
degli sportelli in alto. L’intimità del contatto mi spezza
il respiro, lo straccio mi cade di colpo di mano, ma lui neanche sembra
accorgersene. Il suo volto non tradisce niente, e se non fosse per
l'aderenza dei nostri due corpi, si potrebbe quasi dire che non lo ha
neanche notato. O che sono trasparente.
"Lo hai fatto di proposito," gli
faccio notare, senza né muovermi né staccare lo sguardo dal suo viso.
Solo dopo che ho parlato i suoi
occhi si spostano su di me, quasi come se mi notasse per la prima
volta, ed un lieve sorriso divertito gli fa piegare l’angolo sinistro
delle labbra all’insù.
"Sì, stavo di proposito …
cercando di prendere un bicchiere."
Il braccio che aveva allungato
scende, si posa sulla superficie accanto al mio fianco, e la sua mano
si adagia a suo agio contro il bordo. Non accenna a spostarsi, a
lasciarmi andare.
"Devi smetterla di fare così,"
dico decisa.
"Non sto facendo niente, Elena
…" Il suo sguardo si sposta verso il basso e solo quando la seguo,
quella traccia lasciata dai suoi occhi, quando vedo ciò che sta
indicando, mi rendo conto delle mie dita serrate strette attorno ai
lembi della sua maglietta bordeaux all'altezza dei suoi fianchi, decise
a tenerlo lì fermo contro di me, ad impedirgli di allontanarsi. La sua
voce è poco più di un bisbiglio mentre accosta il viso al mio, con la
delicatezza di chi si avvicina ad un guscio fragile che sa potrebbe
spezzarsi sotto troppa pressione, ma, al tempo stesso, tradendo quella
sua sicurezza, sempre in grado di uscire fuori nei momenti meno
opportuni, di conoscermi meglio di quanto mi conosca io stessa. "…. Sei
tu."
Sollevo di nuovo lo sguardo, e
penso solo le sue labbra. Ai loro contorni decisi, al ricordo del
sapore che hanno sulle mie. E dopo quello, non penso più niente. Non
penso alle conseguenze, non penso a chi è fuori da questa stanza, non
penso a chi possa sentire e non penso a chi possa soffrire, quando con
un slancio lo tiro giù verso di me, la sua lingua mi riempie la bocca,
e i nostri corpi si scontrano, insieme e contro la parete, in modo
brusco e ruvido.
Sospiro ad alta voce quando con
le labbra scende sul mio collo ed entrambe le sue mani mi afferrano il
sedere, le dita che si insinuano sotto all'orlo dei pantaloncini per
sfiorarmi nei solchi sotto alle natiche, incendiandomi dentro di un
bisogno così istintivo e prioritario che non lascia più spazio a
nient'altro. Lui geme sulla mia bocca, ed io non mi sono mai sentita
così disperata di sentirlo colmare quel vuoto doloroso e pulsante tra
le mie gambe. Mi apre il bottone e la cerniera degli shorts, li spinge
verso il basso. Non cadono a terra, rimangono lì, attorno alle mie
cosce e appena sotto le mie natiche, impedendomi di muovermi e
facendomi soltanto eccitare di più.
Mormoro qualcosa, parole
incoerenti contro il suo orecchio, sento le sue dita infilarsi tra le
mie gambe. Una singola carezza, nel punto giusto, è una scarica di
piacere così violenta e dolorosa che invece di darmi anche solo un
briciolo di sollievo, mi rende ancora più avida per averne di più. La
mia vista diventa bianca.
Apro gli occhi di scatto, sul
soffitto bianco che è scuro e distante nella penombra della mia
camera. Aria calda soffia dalla finestra aperta, un vago
svolazzare di tende che non è comunque abbastanza per farmi tornare a
respirare.
Il mio cuore batte furiosamente
contro le mie costole, in colpi secchi, decisi, potenti. Le mie cosce
slittano, a contatto tra di loro.
Mi sollevo appena a sedere.
Volto lo sguardo su Elijah che dorme al fianco, ed il mio cuore
martella ancora più forte, più colpevole, più crudele. Mi passo una
mano tra l'attaccatura sudata dei miei capelli, scostandomeli dal
volto, getto di scatto le gambe al di là del bordo del letto.
In cucina accendo ogni luce con
una metodicità quasi frenetica, come se il buio fosse un posto ancora
troppo accogliente, troppo tentatore, per poterci restare. Il bicchiere
di acqua fredda, invece di berlo, me lo porto al volto, premendolo
forte, ad occhi chiusi, contro una guancia e la fronte.
Non sto
facendo niente, Elena …
"Brutti sogni?"
Sussulto e riapro gli occhi
richiamata dalla voce di Elijah. E' in piedi appoggiato contro la
soglia, senza maglietta, e quando mi ritrovo a far vagare gli occhi
sopra il suo petto nudo … Diamine, cosa ho nel cervello??
Scuoto la testa, mi impongo di
scacciare ogni residuo di immagine e sensazione ancora appiccicati tra
la mia testa e tra le mie gambe. Soprattutto tra le mie gambe.
Butto giù in un solo sorso
l'intero bicchiere di acqua gelida.
"No, io …" Mi mordo le labbra. Brutti non è esattamente la parola che userei per definirli ... "Sto bene. E' il caldo. E' solo il caldo."
—————————————-
Next: Teen Damon e teen Caroline alle prese con il compleanno di Elena.
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Capitolo 2 *** Sweet sixteen ***
Deleted scene #2
Pov: Damon
Collocazione: Capitolo 15
("Are you mine?"), nei flashback. E' la prima volta che Damon e
Caroline si incontrano ed interagiscono tra di loro. All'interno della
storia alla fine era stato raccontato a posteriori riassumendolo in
poche righe, però la scena in realtà l'avevo scritta tutta per intero,
ed i battibecchi tra Damon e Caroline (nonché il teen triangolo
Enzo-Caroline-Stefan) sono un mio soft spot, quindi … there you go.
"Ciao!"
Sobbalzai all'improvviso suono trillante della voce acuta che mi
aveva colto di sprovvista alle spalle, nell'attimo in cui stavo per
aprire la sportello della Camaro. Quando mi voltai, una ragazza era lì
a sorridermi allegra, dondolandosi appena sulla punta dei piedi con le
dita infilate nelle spalline del piccolo zainetto di cuoio che aveva
sulle spalle.
La osservai per una veloce ed automatica valutazione. Bionda,
pimpante e con una corta (molto
corta) gonnellina da cheerleader. Tre cose che sarebbero state una
combinazione favolosamente allettante, se solo non fossi stato già a
conoscenza di chi fosse quella lì. L'amica di Elena, nonché la ragazza
per cui sia mio fratello che il mio migliore amico condividevano
un'inspiegabile cotta, anche se uno sei due si sarebbe mangiato la
lingua piuttosto che ammetterlo e l'altro era troppo idiota per fare
qualcosa al riguardo. E quelle tre cose lì, invece, erano una
combinazione da catastrofe nucleare.
"Sono Caroline," disse nella stessa voce briosa.
Guardai la sua mano, tesa verso di me, come se posse saltarmi alla
gola e lasciarmi squartato e sanguinante sul prato.
"Sì, senti …" replicai cautamente, prima che iniziasse a farsi
strane idee. "Sei davvero carina. Ma non sono interessato. Non sei il
mio tipo."
"Cosa?" domandò, sbattendo confusa le palpebre e abbassando delusa
la mano. Poi la realizzazione colpì anche lei. "Oh mio dio, no! No! Ew!
Non ci stavo provando con te, oh gosh, no!"
"Ehi! Puoi per favore smettere di dirlo come se avessi la lebbra?
Come ragazzo, ho un po' di ego, qui."
"Beh, come ragazza, anche
io ho il mio ego, idiota! E comunque …" sbuffò offesa, "… chi vuoi
prendere in giro? Io sono tipo il tipo di tutti."
Storsi appena le labbra, parecchio scettico sulla cosa, ma la
lasciai fare. Riaprii la portiera della macchina.
"Ok, ascolta, stavo per andarmene perché devo essere a lavoro,
perciò …"
"E' il compleanno di Elena, la prossima settimana."
"Sì, e quindi?"
"E quindi, voglio organizzarle una festa enoooooorme. Sono i suoi
sedici anni dopo tutto, no?"
Sollevai dubbioso un sopracciglio. "E lei lo sa?"
La biondina guardò vaga per aria.
"Sa … qualcosa. Aveva detto che stava pensando di fare qualcosa,
giusto tra di noi … Ma non è questo il punto. Dettagli," disse agitando
una mano nell'aria per scacciare via quel particolare insignificante.
"Il punto è, che non posso farlo a casa mia perché dopo la mia ultima
festa la casa era appena un tantino sottosopra, e mia madre si è appena
un tantino incazzata, e mi ha messo in punizione per due settimane, e
non posso rischiare di farlo un'altra volta perché partecipo a Miss
Mystic Falls il mese prossimo, e devo assolutamente schiacciare quella stronzetta di
Alison Gr-"
"La festa," la interruppi schioccandole impaziente le dita davanti
agli occhi. "Il compleanno di Elena. Che stavi dicendo?"
"Oh, giusto. La festa di Elena. Stavo dicendo che ho bisogno di un
posto dove farla. E tu sei suo amico, quindi …"
Alzò le sopracciglia per incoraggiarmi a finire quella frase, come
se cazzo le potessi davvero leggere in quella testa incomprensibile
come i discorsi che faceva.
"… quindi?"
"Oh, andiamo! Arrivaci! Voglio fare la festa a casa tua."
Scoppiai a ridere. La ragazza era pazza. Se avevo iniziato a
sospettarlo dal momento in cui aveva aperto bocca per straparlare di
cose a caso, adesso ne avevo la conferma. Giuseppe con il prato
all'inglese invaso da minorenni ubriachi e bicchieri di plastica rossi
odoranti di birra: certo, come no.
"Sì, guarda … No."
Qualcuno, arrivando da dietro, mi afferrò di colpo le spalle,
facendo finta di saltarci sopra. Lo scrollai via, quel coglione di
Enzo, che nel lasciarmi andare offrì alla bionda un'alternativa ed un
sorriso ammiccante.
"Puoi avere il mio garage."
Caroline lo guardò come si guarda una chiazza di vomito appiccicata
sotto le scarpe.
"Neanche morta ho intenzione di mettere piede nel tuo garage
puzzolente," ribatté secca.
"Ci perdi te, bionda. Ho ragazze pronte a fare la fila per avere i
loro sette minuti in paradiso lì dentro."
"Se ti piace che il paradiso puzzi di spazzatura."
Mentre quei due erano ancora troppo impegnati a battibeccare,
qualche metro alle loro spalle vidi passare mio fratello. Ci vide anche
lui, perché si fermò imbambolato a fissare Caroline, che intanto aveva
iniziato stizzita a prendere Enzo a ditate nel petto, le mani affondate
nel giacca rossa e bianca del football.
Poiché stronzo lo sono sempre stato, sventolai una mano nella sua
direzione.
"Ma ciao, Stef!"
Caroline si voltò di scatto, abbandonando Enzo nel mezzo della loro
diatriba. Arrossì, quando vide che Stefan, impacciato e con le spalle
curve, aveva iniziato ad avvicinarsi. Gli mormorò un lieve "ciao"
decisamente meno squillante di quello con cui si era presentata poco
prima. Stefan si produsse in un sorriso ebete.
Enzo, lì accanto, fece segno con due dita di stare per vomitare.
"Ciao … Va tutto bene?" domandò Stefan, in teoria rivolgendosi a
tutti i presenti, in pratica incapace di vedere altro oltre alla bionda
di fronte a lui.
"Oh, è solo, sai," rispose Caroline, stringendosi nelle spalle, in
un teatrale tono abbattuto. "Tuo fratello non vuole farmi dare una
festa a casa vostra."
Stefan si voltò verso di me con uno sguardo indignato, neanche
avessi appena negato del cibo ad un orfano che sta morendo di fame.
"Perché no? Papà starà via per due settimane. E non deve per forza
venirlo a sapere, no?"
Tipico di mio fratello. Saltarsene fuori con l'informazione chiave
di cui non ero a conoscenza e riuscire ad usarla per farci la figura
dell'eroe.
Caroline proruppe in un battito di mani eccitato e gli gettò le
braccia intorno al collo, schioccandogli un bacio sulla guancia. Stefan
la strinse con fare un po' impacciato, ma sorridendo da parte a parte.
Enzo vomitò con ancora più convinzione.
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Next: Teen Elena e Ciuseppi che
parlano di Damon. Più o meno …
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Capitolo 3 *** Non è come pensa ***
Deleted scene #3
Pov: Elena
Collocazione: Capitolo 18
("Bedroom hymns"), nei flashback. Confessione: delle scene tagliate
è la mia preferita (sì, più della scena "Delena"). Mi è davvero
sanguinato il cuore a doverla lasciare fuori. In ogni caso: in una
qualsiasi delle mattine verso l'alba in cui Elena sgattaiola via da
casa di Damon, si ritrova davanti Giuseppi e le cose si fanno un
tantino awkward.
***
Avevo appena chiuso la porta alle mie spalle, quando dalla villa
principale qualche decina di metri più in là vidi uscire il padre di
Damon.
Subito nel panico all'idea che potesse scoprirmi sgattaiolare via da
quella che era praticamente la camera di suo figlio, mi appiattii
contro il muro pregando in non so quante lingue che per qualche
miracolo non guardasse nella mia direzione.
Solo che, ahimè, purtroppo lo fece.
Si fermò con una mano ancora posata sulla portiera dell'auto,
perplesso, quando incrociò il mio sguardo. I suoi occhi si spostarono
da me a casa di Damon, le mie guance andarono a fuoco. Sperai allora
che si girasse e mi ignorasse, ma invece prese ad incamminarsi verso di
me.
Con il petto che scoppiava, riuscii a farfugliare solo un debole "
'Giorno".
"Buongiorno, Elena," disse, sorprendendomi per il tono gradevole e
per il solo fatto che si ricordasse il mio nome. Indicò con un cenno
della testa la sua macchina, di cui aveva lasciato aperta la portiera.
"E' una camminata piuttosto lunga. Ti accompagno a casa."
Avevo intenzione di rifiutare gentilmente, ma non me ne diede il
tempo. Stava già tornando verso l'auto, probabilmente supponendo che lo
avrei seguito, e al quel punto non farlo mi sembrò piuttosto rude.
Così, dopo aver gettato un veloce sguardo attorno ed aver esitato
qualche altro secondo, non ebbi altra scelta che seguirlo e ritrovarmi
nel sedile in pelle della sua Mercedes.
Mi chiese il mio indirizzo, controllò qualcosa sul suo telefono,
cambiò la stazione radio su una di notizie del mattino e la abbassò ad
un volume che non avrebbe dato fastidio.
Io ero sempre più impacciata e a disagio, nel chiedermi come avrei
dovuto comportarmi. Parlare? Lasciarlo in pace? Stavo sembrando
maleducata, avrebbe tentato lui di chiacchierare del più e del meno,
avrebbe voluto sapere chi fossi, cosa ci facessi lì e … Sentii le
guance imporporarsi di nuovo e ancora più violentemente, mentre
realizzavo cosa doveva aver pensato nel vedermi sgattaiolare via da
casa di Damon alle prime luci dell'alba. Desiderai sparire.
"Non è come pensa," mi uscì d'un tratto con una voce particolarmente
stridula. "Voglio dire, io non stavo … noi non stavamo …" incespicai,
mentre lui corrugava la fronte e mi gettava velocemente la più confusa
delle occhiate. In qualche modo, mi fece solo sentire ancora peggio.
"Non sono la sua ragazza," ribadii.
Grandioso. Era la seconda volta che lo incontravo, e la seconda
volta che gli ripetevo le stesse cose.
"Ok," disse solo, girando una curva.
Oh, dio. Non mi credeva.
"No, è la verità, davvero. Damon ce l'ha una ragazza. Non io. Si
chiama Michelle. E' molto carina, ed è anche divertente, è adorabile
davvero, molto molto adorabile."
Non appena lo dissi mi resi subito conto che adesso ci avevo appena
fatto la figura di quella che passa la notte insieme al ragazzo di
qualcun'altra. Il calore sulle mie guance aumentò, mi affrettai a
rimediare.
"Ma ho un ragazzo anche io! Matt. Sto con Matt."
Mio dio. Perché gli stavo raccontando tutto questo? La sua fronte si
corrugò ancora di più e la mia mente andò ancora di più nel pallone,
nel tentativo di fornirgli spiegazioni che lo aiutassero a non farsi
l'idea sbagliata.
"Non facciamo sesso!" esclamai, incapace di fermarmi. E poi iniziai
a pensare che forse aveva capito che stessi parlando di Matt, e che gli
ero appena sembra come quella che cerca giustificazioni per le proprie
tresche e … "Con Damon. Non facciamo sesso. Ma anche in generale, cioè,
io non faccio sesso. Con nessuno."
Fermò la macchina ad un incrocio ed io mi sentii morire. Si voltò
verso di me con la fronte più corrugata che avessi mai visto addosso ad
un essere umano. Capii che aveva intenzione di dire qualcosa, ma che
stesse sperimentando una singolare mancanza di parole. Il mio volto era
in fiamme. Forse avrei dovuto spiegare meglio, forse …
"Penso," disse infine, proprio quando avevo appena aperto la bocca
per sputare fuori altre informazioni inappropriate, "che ci sia una
legge, da qualche parte, che mi metterebbe in una posizione piuttosto
compromettente se dovessi discutere di certi argomenti con qualcuno
della tua età. Perciò perché non li lasciamo fuori dalla conversione e
ti accompagno semplicemente a casa?"
Non sembrava arrabbiato o infastidito, solo … parecchio spaesato.
Così annuii, piuttosto mortificata, ma anche piuttosto grata che avesse
chiuso lì la cosa.
Riuscimmo a passare i minuti restanti in un silenzio piuttosto
incerto, ma comunque meglio del resto.
Accostò vicino a casa mia e mi salutò chiamandomi di nuovo per nome,
che faceva un effetto strano nel modo in cui lo diceva, quasi come se
pronunciarlo lo aiutasse a capire meglio chi avesse davanti. Misi la
mano sulla maniglia, ma esitai all'ultimo secondo.
Imbarazzo o no, avevo qualcosa, lì in mezzo alla gola, che mi stava
imparando di non perdere quell'occasione per poter uscire fuori. Mi
voltai di nuovo.
"Lui non è come pensa lei."
Non avevo bisogno di specificare di chi stessi parlando. Lo capì
anche lui. Mi scrutò qualche secondo, nella versione in uno sguardo
della stessa cosa che faceva quando mi chiamava per nome.
"Cosa sai di quello che penso?" mi chiese.
"So …" Presi un piccolo fiato, sentii i battiti accelerarmi
leggermente. "So che Damon mi piace per quello che è, e che non vorrei
mai che fosse diversamente. Grazie per il passaggio, signor Salvatore."
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