Dream of You

di Kittyna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cosi vicini (prima parte) ***
Capitolo 2: *** U are my dream (2 parte) ***



Capitolo 1
*** Cosi vicini (prima parte) ***


Dream of You

Noi siamo insieme e ciò che voglio è qua
il mondo passa e va introno a me
così vicini solo io e te
il mio destino sei tu

ed io vorrei che non finisse mai
l'intesa tra di noi e la magia
io nn credevo alla fantasia
ma so che ora sei mia

quello che voglio
è stare con te

Cosi vicini

Il vento sembrava quasi ululare quella gelida notte, gettando raffiche impazzite contro le imposte delle case e contro le porte, facendole cigolare e gemere in modo sinistro.

Lo specchio di luna visibile in cielo proiettava la sua luce argentea sulle strade e nei giardini, schermata a tratti da minacciosi banchi di nuvole livide di pioggia.

Alzando gli occhi si restava ipnotizzati da quell’ occhio di strega che sembrava guardare tutti minacciosamente, come se stesse spiando da un buco della serratura l’intero mondo.

Nemmeno le stelle allietavano la volta celeste, con il loro scintillio di sogni e idee di vite lontane, forse intimidite, forse semplicemente indifferenti.

Celati a quello sguardo indiscreto, due giovani ragazzi erano accoccolati davanti a un caminetto caldo e scoppiettante, nella penombra di una stanza.

Le fiamme vivaci gettavano bagliori aranciati sul divano in pelle marrone, sul chiaro pavimento di marmo, su una cesta, colma di legna e fogli di giornale e sui profili degli innamorati, in un bizzarro gioco di chiari-scuri.

Il resto della camera era nella più completa oscurità, intervallata solo dalla luce di un fulmine lontano, preludio di un violento temporale. Le due figure sul divano si strinsero al rombo che segui, dopo poco, lo sprazzo di luce.

Il ragazzo allungo una mano per togliere un ricciolo biricchino che era scivolato sul viso della sua compagna.

“Tra poco scoppierà un temporale” Ovvia la sua constatazione, ma detta in modo cosi dolce nell’intimità che si era creata, da strappare un sorriso alla ragazza che gli era sdraiata sopra.

“Lo so, Amore. Per fortuna, siamo al riparo. Cosa si può desiderare di più? Siamo al caldo, davanti al caminetto. E soprattutto, siamo insieme a goderci questo momento.” terminò la frase, con il sorriso ancora ad incurvagli le labbra.

La mano del ragazzo si spostò dalla sua nuca, fino a posarsi con fermezza sul suo fianco. Lei socchiuse gli occhi, come un gatto appagato e rilassato.

, io qualcosa in più la desidererei…” replicò con un sorriso malizioso e impertinente allo stesso tempo.

Subito una piccola bocca andò a mordere un lembo di pelle che il collo della sua maglia lasciava scoperto, stringendo con decisione.

“Ahi!! Ma sei scema?” La maschera ilare sostituita da un’adorabile broncio.

“Cosi impari a indirizzare le mie parole verso il solito fine! Pervertito…” lo rimbeccò lei, il viso contratto dallo sforzo di rimanere seria. In realtà era divertita quanto lui, ma doveva recitare bene la sua parte.

Anche lui stette al gioco, cogliendo al volo la sfida che quegli occhi divertiti e furbi gli stavano lanciando.

“Ah, io sarei un pervertito? Ma senti da che pulpito...! Per una battuta innocente poi…” replicò sforzandosi sinceramente di restare serio e dare credibilità a ciò che diceva. “E’ piuttosto strano che tu venga a farmi la predica, quando poi vai vestita cosi…

La ragazza abbasso lo sguardo suoi sui vestiti: una camicetta bianca a cui erano stati slacciati i primi due bottoni, un maglioncino di lana nera con un generoso scollo a V e un paio di semplici jeans scuri a completare il tutto.

Contrariata, tornò a fissarlo, inarcando pericolosamente un sopracciglio:<< Scusami caro , cos’ha il mio vestiario che non va?>> domandò in tono vagamente accusatorio, che nascondeva un avvertimento.

“Per cominciare, cara, il mio occhio cade su quello scollo cosi indecentemente profondo, per non parlare di quei pantaloni aderenti…” proferì sarcastico, negli occhi un luccichio di trionfo per aver raggiunto il suo scopo: averla mandata su tutte le furie.

Era una scenetta che si ripeteva spesso: loro due, abili attori nell’indossare quelle maschere ogni volta di diverso colore, con irriverenti sorrisi provocatori o smorfie credibilmente offese.

Recitavano la loro parte, cercando futili pretesti per accusare e essere accusati, quando l’unica cosa che anelavano davvero era la ricompensa che sarebbe seguita.

Non distogliere mai lo sguardo, rincorrerlo, supplicarlo, conquistarlo, ma mai perderlo. Era una tacita regola, quelle cose che non si dicono ma che sono chiare nelle mente come se una mano misteriosa le avesse scritte con inchiostro invisibile.

Il giovane ancora si godeva lo spettacolo dei suoi scintillanti occhi furiosi, ematiti rese nere da quel sentimento che l’animava; Ma lui conosceva il loro vero colore, lo conosceva alla perfezione, e avrebbe potuto sfumare con dita sottili quelle screziature verdi intorno alla pupilla, che addolcivano le pennellate di un caldo marrone.

Quante volte aveva baciato quegli occhi? Quante volte aveva osservato un sorriso, un’ombra di delusione o il velo malinconico che precede il pianto baluginare da quegli specchi dell’anima?

Ma adesso niente di tutto questo vi vedeva riflesso, solo il fuoco di quella tenera passione che aveva lentamente risvegliato.

“I miei pantaloni aderenti eh? Il mio profondo scollo? Certe volte mi chiedo se le stupidaggini che dici te le suggerisce il tuo brillante humor oppure le tiri fuori da qualche altra fonte a me ignora” gli sibilò a un centimetro dalla bocca. Adesso era seduta a calcioni su di lui, le gambe ai lati dei suoi fianchi, il busto piegato in avanti e una cascata di riccioli neri a coprire i loro volti.

sai sono un tipo dalle mille risorse! Non a caso il mio esilarante umorismo fa sempre divertire tutti!” rispose pacato. Sarebbe apparso anche molto convincente e sicuro di sé, se non fosse stato per l’espressione ironica che scolpiva i suoi lineamenti e il suo sguardo oltraggiosamente divertito.

La stava per caso prendendo in giro?

”Maledetto” mormorò la ragazza fra i denti, suscitando la risata del suo compagno.

"Deponi le armi, piccola, lo sai che contro di me non hai speranze" concluse serafico, l’eco cristallino della sua risata profondamente impresso nella mente di lei. Guardando il suo sorriso, pensò che infondo poteva anche arrendersi, gettare via la maschera del suo orgoglio e lasciarsi andare tra le sue braccia. Infondo era quello che entrambi volevano.

Infondo era quello lo scopo della commedia che recitavano ogni volta: provocare, lottare senza curarsi del mezzo, per arrivare solo al fine.

Mettersi esasperatamente in gioco, guardando il fuoco della passione nascente rafforzarsi nei loro occhi, e alla fine decretare il vincitore. E la ricompensa.

Ma ancora non era giunto quel momento: la recitava meritava di essere prolungata ancora un po’, almeno il tempo necessario per sferrare un attacco alla base del piedistallo di finta gloria, da dove ora si divertiva a beffeggiarla.

Approfittando della sua posizione, improvvisò un dolce sorriso di ingenua rassegnazione, scostandosi con una mano i riccioli dalla faccia. Nel buio di quella stanza, lui riusciva a scorgere a malapena i contorni del suo viso, ombreggiati dai capelli che continuavano a caderle davanti agli occhi.

Per un attimo il loro silenzio fu intervallato soltanto dal crepitio delle fiamme danzanti nel caminetto, mentre i loro occhi si scrutavano, messaggeri senza timore di una guerra in cui le parole sono solo frecce pronte a colpire. Lei ancora ostentava la sua maschera ambigua, forse una vera richiesta di tregua, o forse uno scudo che celava un tranello. Il ragazzo sembrò valutare attentamente la situazione, inalberando un cipiglio pensieroso.

Il suo sguardo si soffermò sulle sue mani appoggiate delicatamente sul suo torace, per poi passare fugacemente sullo scollo della sua maglia fino a posarsi sul suo viso. Di nuovo. La maschera che sembrò interpretare dovette risultargli convincete perché le sorrise di rimando, cingendole delicatamente i fianchi per stringerla a sé. La ragazza si lascio abbracciare e in quell’ attimo la maschera che portava rivelò la sua vera sfumatura d’inganno. Con un impetuoso senso di trionfo che pompò adrenalina nel suo corpo, diresse le dita sotto le sue ascelle e le labbra alla base del collo, scorgendo con la coda dell’occhio il suo visto stupefatto. Mosse freneticamente le dita contro la pelle sensibile, e strofino le labbra con un movimento sincronizzato scatenando immediatamente le risate convulse di lui. Dopo l’iniziale momento di sorpresa, fu travolto dall’odiosa sensazione che provoca il solletico, come se mille formichine corressero impazzite con le loro zampette su ogni centimetro di pelle accessibile. Le sue mani grandi e calde involontariamente artigliarono le mani piccole e freddissime di lei, intrappolandole in una morsa di ferro.

Ma contro le sue labbra e la sua lingua impertinente che gli stimolavano la pelle del collo, non poteva nulla, e si agitò implorandola di fermarsi,

“Scusa, cosa dovrei ora? Mi sembra di capire dai tuoi farfugliamenti che dovrei fermarmi...Oppure no, credo di non aver ben capito…” soffiò ironica tra le sue isteriche risate, concedendogli un attimo di tregua da quell’ infernale supplizio.

“Ti prego, ti scongiuro non sopporto il solletico. Ferma quella linguaccia che ti ritrovi…” cercò di articolare, mentre ispirava profondamente.

“Ma su dai, sto cercando di affinare le mie armi, visto che contro di te non ho speranze!” gli rispose, canzonandolo, adesso apertamente divertita.

“Va bene hai vinto, ma per favore, smettila!” disse quasi gridando, lasciandole di scatto le manine, per bloccarle la testa, quando lei dette segno di voler continuare.

Velocemente le racchiuse il viso con le sue lunghe dita e i loro occhi si incrociarono.

Di nuovo.

Adesso erano pari.

Lo esprimeva il suo viso, una maschera pennellata di giallo e arancione, e le labbra dipinte di quel piccolo e misurato sorriso di chi la sa lunga, che stonava contro la sua aria da bambina ingenua e dolce, come stona una tempesta in un caldo giorno d’estate o una giornata apparentemente estiva nel gelido inverno. Ma d’altronde era solo una maschera quella che indossava e i suoi occhi sembravano dirgli anche questo, mentre lo fissavano con insistenza, aspettando qualcosa che tardava ad arrivare.

“Allora…” cominciò con forzata riluttanza “sembra che tu abbia guadagnato un punto a tuo favore. Ma adesso non gonfiarti eccessivamente d’orgoglio, che potresti scoppiare. Concluse facendo sfumare con decisione il suo tono di voce, imprimendogli la nota ironica che in qualche modo compensava la sua sconfitta Ma lei non vi badò; il suo sorriso perse quell’impronta di arroganza che non le si addiceva e torno a illuminarle il viso. Si chinò di nuovo verso di lui, ma queste volta con diverse intenzioni.

Lui socchiuse gli occhi e dischiuse le labbra, ricevendo il bacio che anelava da quando avevano iniziato quella guerra all’ultima maschera e all’ultima parola. Le sue labbra, cosi morbide, avevano il potere di strapparlo violentemente dalla realtà circostante, proiettandolo in un mondo dove le sensazioni avevano una consistenza e lui bramava ardentemente di toccarle, assaporarle, nutrirsene, come un bambino che mette in bocca un pezzo di cioccolata e poi lo spinge sotto la lingua, per gustarlo lentamente e pienamente.

Lei sfregò dolcemente le labbra contro le sue, immergendo le mani nei suoi riccioli perfetti, impigliando le dita in quell’ intrico cosi piacevole al tatto. Il ragazzo sollevò lentamente la testa per approfondire il bacio, spingendo la lingua all’interno della sua bocca per saggiarne il sapore, poi di nuovo la fece scivolare fuori seguendone il contorno, invogliato dai gemiti involontari che le stava strappando.

La ragazza lottò debolmente per trattenere quel barlume di lucidità che stava sfuggendo via dalla sua mente, offuscata da un velo nebuloso di torpore. Quel torpore che indebolisce le membra, e fa cadere ogni difesa, che spazza via tutto il resto, lasciando il proprio essere nudo e invulnerabile. Quel torpore che si chiama piacere.

Le labbra di lui lasciarono le dolci labbra, disseminando una scia di bacia sul mento e sulla guancia, seguendo il profilo fino a soffermarsi sul collo. Li strinse un lembo di pelle tra i denti, facendola sussultare, andando poi a posarvi la lingua soltanto per il gusto di sentire il brivido che la scosse.

Un tuono particolarmente violento scosse l’aria, illuminando a giorno la stanza per una frazione di secondo. I due amanti, turbati dal fragoroso boato, si staccarono contemporaneamente. Lei era leggermente affannata, le guance sfumate di rosso, gli occhi di chi è stato strappato da un sogno e riportato troppo bruscamente alla realtà: smarriti e leggermente confusi. Sembrava una bambina spaventata, o almeno fu questo che lui penso, quando la strinse tra le sue braccia, con il cuore traboccante di tenerezza e senso di protezione. Fece aderire i loro corpi, e pose un bacio sul suo capo, una mano ad accarezzarle la schiena. Lei sembrò riprendersi perché tornò a guardalo, perdendosi nei suoi occhi brillanti di un caldo marrone, dove vi lesse quello che il suo cuore stava provando.

Sposto lo sguardo sul suo viso, contemplando gli zigomi arrotondati e morbidi, il naso leggermente a scivolo, le labbra finemente contornate, amabili da baciare. Osservò i suoi capelli ricci, molto più dei suoi, che gli conferivano un’aria spavalda e baldanzosa, unita alla suo modo sicuro di camminare, le spalle aperte, il busto dritto e le gambe leggermente divaricate.

Era un giovane leone, strafottente e coraggiosamente sicuro nei confronti del mondo, con la sua folta e leggermente arruffata criniera, e il suo modo fiero di apparire, sembrava irraggiare un’aura di tranquillità e pace, capace di entrare dentro le persone per rasserenale. Il suo profilo era nato dalla mano talentuosa di un pittore naturalista, che aveva riportato sulla tela i tratti regali e maestosi di quel nobile animale, conferendogli un volto umano. E adesso il risultato giaceva allungato su quel divano sotto di lei. La ragazza pensò che tutte quelle qualità racchiuse un una sola persona dovevano generare a forza di cose un difetto. Si sa, la perfezione non esiste. Eppure nel suo cuore innamorato di difetti non ne trovava.

Si liberò dal suo abbraccio per rimettersi nuovamente seduta, e strinse le mani nelle sue.

“Sai che io posso far avverare i desideri?” gli chiese con un misterioso sorriso.

Spazio autrice:

Fine della prima parte. E’ la prima fan fiction che pubblico, in occasione di un evento speciale poi. Infatti è dedicata al mio ragazzo, visto che abbiamo fatto un anno.

Spero che possa piacere! Si accettano tranquillamente critiche costruttive e commenti positivi=).

Al più presto pubblicherò la seconda e ultima parte. Un bacione^^

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Capitolo 2
*** U are my dream (2 parte) ***


Dream of You

Dream of You

Cosi vicini (2 parte)

Si liberò dal suo abbraccio per rimettersi nuovamente seduta, e strinse le mani nelle sue.

“Sai che io posso far avverare i desideri?” gli chiese con un misterioso sorriso.

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“Davvero? E come?” stette a quello che credeva l’ennesimo gioco.

allora, innanzitutto devi pensare a ciò che vorresti. Devi averlo fisso nella mente, immaginando ogni dettaglio che ti riesce. Proprio come se fosse davvero davanti a te!” continuò lei, cercando di essere più chiara possibile.

“Bene, allora provo…Devo immaginare dettagliatamente quello che voglio giusto? E cosa devo fare? Chiudere gli occhi?” mormorò con un sorrisetto, lasciandosi trasportare dall’entusiasmo di lei.

Si, esatto. Dai, chiudi gli occhi e inizia a descrivermi ciò che vorresti, lentamente. Coraggio, prova” lo invogliò, stringendo di più le sue mani.

Il ragazzo chiuse gli occhi, concentrandosi sul primo pensiero che gli venne in mente.

Non era bravo a prendere decisioni improvvise, anche se gli veniva chiesto cosa desiderasse in quel momento.

Che poi, lui non desiderava altro che loro due insieme proprio come lo erano, e nient’altro.

Ma volle stare al gioco, anche solo per guastare ancora il suo luminoso sorriso che gli rischiarava l’animo.

“Allora, cosa vuoi?”

Mmh…voglio…Non so… ah, si voglio stare da solo con te!”

“Da solo con me? Ma già siamo soli…”

“Uh? Nono, ma io voglio stare da solo con te in un altro posto!

“Quale posto? Prova a descriverlo!”.

Lei lo guardò, osservando il suo viso concentrato e gli occhi serrati, provando ad immaginare cosa stesse vedendo.

“Ok..allora..ci siamo noi due. Ok, ci siamo noi due in una stanza, ovviamente soli. E poi…si, la stanza è debolmente illuminata. C’è un enorme vasca da bagno incassata nel pavimento. Una vasca di marmo bianco. Le finestre sono oscurate da tende bianche e il pavimento…oh, è bellissimo! Il pavimento è fatto di tanti specchi uniti, come un’enorme lastra di cristallo. E ci siamo noi due, dicevo…io ti tengo la mano e tu sei bellissima con solo quell’ asciugamano a cingerti il corpo…”

Cosi preso dal suo sogno, continuò a raccontare perdendo per un attimo il senso della realtà come se qualcuno lo avesse sollevato dal divano a di piuma, per farli fare un breve volo, quasi impercettibile, e poi riportarlo a terra.

Entrò quasi in uno stato di dormiveglia, e quando mosse le dita in uno spasimo involontario, si accorse che lei non gliele stava più stringendo. Allora le sollevò, fendendo l’aria attorno a sé, gli occhi ancora chiusi.

Ma non trovo nulla.

Quell’amara consapevolezza gli fece perdere il filo di quel mistico sogno e di colpo gli fece aprire gli occhi.

Ciò che vide lo indusse a credere di stare ancora sognando. Infatti si passò una mano sul viso per far passare quell’attimo di stordimento, e tornò a guardasi intorno.

Ma evidentemente non riusciva proprio a svegliarsi.

Era sdraiato a terra, in una stanza in penombra: una stanza completamente bianca.

Le parenti erano bianche, le tende che coprivano le finestre erano di pesante velluto bianco ricamate con sottili fili d’oro che davano forma a bizzarri fiori dai grandi petali.

La poca luce che riusciva a sfuggire da quella rete di panno, si andava a rifrangere contro un pavimento lucido, trasparente, da sembrare quasi bianco se non fosse stato per le incanalature tra una mattonella e l’altra.

In realtà, realizzò sbigottito lui, quelli erano proprio specchi.

Vide la propria immagine riflessa, la sua espressione di perfetto stupore e incredulità.

Com’era possibile tutto questo? Dov’era la calda stanza con il divano in pelle marrone e il caminetto? Dov’era il temporale, il gelido vento e la notte?

E soprattutto, dov’era la sua donna?

Quasi come risposta a quel pensiero, gli giunse alle orecchie un rumore, lo sciabordio dell’acqua quando qualcosa infrange la sua superficie.

Girò di scatto la testa e ciò che vide, da un lato gli fece seriamente temere per la sua sanità mentale, dall’altro gli scombussolò i sensi, acutizzando quella leggera eccitazione che già in precedenza aveva iniziato ad avvertire.

In un angolo di quella stanza incantata tra il reale e il metafisico, il pavimento di specchi spariva sotto il marmo bianco e perfetto di un’enorme vasca da bagno circolare, incassata nel pavimento.

Sul bordo danzavano le fiamme di tante candele di ogni colore, creando un’atmosfera cosi provocatoriamente intima da strappargli un gemito sottovoce. Tra una candela e l’altra c’erano tanti rubinetti dorati da cui scorreva acqua limpida e chiara, o leggermente rosata, color madreperla e violetta. Erano cosi tanti i colori da creare una sorta di arcobaleno acquatico, dove le luci delle candele si riflettevano a di lucciole ballerine.

E come quando un bambino corre incontro all’arcobaleno per scoprire se le leggende, che narrano di tesori misteriosi e bellissimi che dovrebbero trovarsi alla sua fine, siano vere lui si avvicinò , rimanendo a contemplare la sua compagna seduta sul bordo di marmo.

Le apparve come una ninfa, avvolta in quel panno di candido lino, la carnagione lattea che risaltava contro il tessuto e rendeva eterea la sua figura, sfumandone i contorni.

Sembrava avvolta da quell’ aura di purezza che spesso le attribuiva; aveva i capelli corvini sciolti ad accarezzarle la schiena, tranne che per uno trattenuto in una delle sue piccole manine, che lo accarezzavano lascivamente.

Il collo leggermente inclinato di lato, le gambe per metà immerse nell’acqua, una mano in grembo, e quel panno che lasciava intravedere lo scollo tra i seni...

Chiuse per un attimo gli occhi, ancora cercando di capire se quello era un perfido sogno che lo scuoteva da dentro, facendolo fremere di impazienza ed eccitazione.

Ma l’eco della risatina cristallina di lei risuonò come un campanello nella sua testa e quando riapri gli occhi, il sorriso languido che danzava sulle sue labbra, gli fece perdere ogni controllo. Istintivamente si avvicino al bordo della vasca, si accovacciò e spezzò con un dito l’incanto di quell’arcobaleno, saggiando l’acqua calda e profumata.

Si sedette sul bordo e scivolo giù, scoprendo che la vasca era profonda tanto da immergerlo fino alla vita.

L’acqua diede un momentaneo sollievo alla sua impellente eccitazione, che si diffuse per tutto il corpo.

Scivolò in ginocchio, e si voltò verso di lei.

Solo in quel momento si accorse di essere completamente nudo.

Il pensiero gli balzò davanti agli occhi quando vide che l’asciugamano della sua compagna si era leggermente allentato, rivelando un’altra porzione di seno.

La guardò con l’intenzione di chiederle spiegazioni, ma fissando i suoi occhi, tutto perse di significato.

Il suo sguardo bruciava, ardeva di una passione che lo investi, eccitandolo oltre ogni limite.

Lei aveva gettato la maschera, che si era frantumata cadendo in quella vasca, si era dichiarata sconfitta, ormai pienamente appagata e con il solo desiderio di darle quello che lui voleva di più.

Il suo essere.

La recita era cosi finita, ed erano rimasti solo loro due, senza maschere e senza palcoscenico, completamente esposti l’uno all’altro, vulnerabili e nudi dinnanzi all’immensità di quel sentimento.

Anche lui infine gettò la sua maschera dalle mille sfaccettature, e i suoi pezzi si mischiarono a quelli di lei, sparendo in quell’arcobaleno brillante.

Si avvicinò alla sua donna, con un sorriso che le sembrò il più bello che le avesse mai rivolto.

Con una delicatezza infinità scostò i lembi di quel panno che le fasciava il corpo, e lo lascio cadere.

Poi la bacio con impeto, con tutta la forza di quella passione trattenuta per troppo tempo.

Le artigliò i fianchi stringendola contro di sé, lasciando che l’acqua calda avvolgesse i loro corpi e scese lentamente a coprirla di baci, lambendo con le calde labbra la pelle del collo, scivolando sul petto e infine su un turgido capezzolo. La senti gemere, fremere di piacere contro di lui, le sue mani nei capelli, sulle spalle, sulle braccia. Continuò a torturarla dolcemente, finchè lei non lo travolse in un altro bacio caldo e appassionato, come i molti che seguirono. Si accarezzarono, scoprendo i punti erogeni del loro corpi, gareggiando anche li nel dare più piacere possibile.

Ma adesso che stavano gustando la loro ricompensa, non avevano nessuna fretta di fare altro: esistevano solo loro due.

Ancora tornarono a baciarsi, i loro occhi tornarono a contemplarsi in una dolcezza intrisa di violenta passione.

E quando lui la spinse contro il bordo della vasca, i loro occhi finalmente si fusero in un solo sguardo, le loro menti fluirono in una sola mente e i loro cuori batterono dello stesso ritmo. Con un movimento fluido lui scivolo dentro di lei, dopo essersi scambiati un’occhiata d’intesa.

La ragazza si aggrappò alle sue spalle e seppellì il viso nell’incavolo del suo collo, lasciandosi cullare dai suoi dolci affondi.

Lui cercò le sue labbra, muovendosi come piaceva a lei, beandosi dei suoi gemiti, portandola a implorarlo di continuare, mentre sussurrava a mezza voce il suo nome.

Infine entrambi furono colti da quell’estasi che precede il piacere, e giacquero esausti, l’uno tra le braccia dell’altro.

Entrambi sfiniti da quel sentimento che sconvolgeva i loro cuori, rinvigorendoli e sfiancandoli allo stesso tempo. I loro sguardi si diviserò, le loro menti si sperarono ma i loro cuori rimasero allacciati saldamente.

Il giovane la strinse forte a sé, immergendo il viso tra i suoi capelli bagnati “Ti amo, piccola” sussurrò.

Lei lo strinse a sua volta, emozionata, “Anche io, Matteo. Più di quanto tu possa immaginare.”

Alle sue parole lui sorrise e allontanandola un po’ per guardarla in viso le disse “Si può sapere cosa hai fatto, mia piccola strega?”.

La sua risata gioiosa fu l’unica risposta che ottenne.

Spazio autrice:

Ok, finita! Spero che sia stata di vostro gradimento^^

1 bacio e 1 ringraziamento a tutti quello che hanno avuto la pazienza di leggerla!.

Alla prossima fan fiction^^

F

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