Cassandra: la condanna dell'innocente

di Veronica_Rosazza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una strana giornata ***
Capitolo 2: *** La scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Le lezioni di Volo ***
Capitolo 4: *** La figlia di un mangiamorte ***
Capitolo 5: *** La pera che ride ***
Capitolo 6: *** Il segreto della pergamena ***
Capitolo 7: *** La Foresta Proibita ***
Capitolo 8: *** Scope, stracci e secchio ***
Capitolo 9: *** L'ambito rientro ***



Capitolo 1
*** Una strana giornata ***


Una qualunque persona che si fosse trovata a passeggiare per Charing Cross Road, il 2 agosto alle ore 10 del mattino, avrebbe con difficoltà notato la ragazzina che sostava con aria terrorizzata su di un lato della strada. Con la stessa difficoltà avrebbero notato cosa stava fissando: ciò che insistentemente catturava la sua attenzione si trovava tra una grossa libreria ed un fornito negozio di dischi.
Tremante e con il respiro corto, Cassandra varcò la porta del Paiolo Magico, un locale buio e malandato, al cui interno si trovavano strane persone con indosso strani vestiti. Tutto ciò che doveva fare era seguire le istruzioni che le erano state date: mostrare al proprietario la strana lettera e farsi accompagnare sul retro. Cassandra aveva 11 anni ed era spaventata. Cassandra aveva 11 anni e nessuna voglia di rimanere in quel posto.
« Hai bisogno, ragazzina? » chiese l’uomo dietro il bancone. Lei non riusciva a parlare; non trovava le parole. Lentamente, si avvicinò, controllandosi intorno, e chiese di poter parlare con il proprietario. Quando si sentì rispondere che era proprio la persona con cui stava parlando, Cassandra pensò a quello che stava per fare: avrebbe dovuto chiedere ad uno sconosciuto di accompagnarla in un posto che non esiste, a comprare improbabili cose. Per qualche istante si convinse che sarebbe stato meglio uscire, correre dall’altra parte della strada e tornare a casa. Questo fino a che non si ricordò che dall’altra parte della strada c’era suo zio ad aspettarla ed il pensiero fu sufficiente a convincerla.
« Ehm… Ecco, io ho questa » disse al barista porgendogli una piccola busta che già era stata aperta. « Dovrei andare a… A Diagon Alley »: si era scritta il nome sulla mano, per non rischiare di fare brutta figura.
« Sei da sola? »
« Si » rispose.
« Sei figlia di babbani? » chiese l’uomo. « I figli di babbani di solito vengono accompagnati da degli addetti… » obiettò.
« Non so cosa siano… » replicò la ragazza, ma notando lo sguardo perplesso ed indagatore dell’uomo con cui stava parlando decise di approfondire: « Mio zio non può accompagnarmi e così mi ha detto di chiedere a lei »
« Chi è tuo zio? » chiese in tono sempre più inquisitorio.
« Non credo lo conosca », rispose Cassandra, cercando di rispettare le istruzioni datele.
« È un mago, tuo zio? » insistette il barista.
La ragazza cominciò a ripensare a come tutta quella conversazione fosse assurda. A dir il vero, tutte le conversazioni fatte da un mese a quella parte avevano mancato di significato. Al principio pensò si trattasse di un enorme scherzo; successivamente, sentite le fantasiose spiegazioni fatte da suo zio, si convinse che fosse impazzito. Arrivata a questo punto, cominciò a temere si trattasse di un gigantesco complotto, di qualcosa di pericoloso o illegale, qualcosa di così segreto da necessitare di parole in codice.
Alla fine rispose nel modo migliore che le venne in mente: disse « così dice ».
« Suvvia, suvvia! Tom! Non vedi che è spaventata? Lasciala in pace e portala di là! ». Era stata una signora a parlare: una bella donna, dai capelli biondi e dai lucenti occhi verdi, vestita nello stesso modo stravagante di tutti coloro che si trovavano nel locale. « Non sapevi di essere una strega, tesoro? »
Cassandra scosse la testa. Rispose che no, non lo sapeva, che gliel’aveva detto suo zio quando era arrivata la lettera. La donna che le parlava sembrava gentile, non la spaventava come facevano gli altri: certo, era strana, ma aveva un fare amichevole che la fece sentire meglio.
« Vedi?? La stavi solo spaventando! È ovvio che sia una giovane strega! Di cosa avevi paura eh? » disse rivolgendosi al barista.
« Allora perché non ci pensi tu? Portala tu di là, io qui ho da fare. Non so chi sia suo zio ma io non sono qui per fare da balia a nessuno ».
« Tom, Tom… quando capirai che questo è senz’altro il modo giusto di allontanare tutti i clienti? Devi essere più gentile… e disponibile. Guarda questo posto! È praticamente vuoto! » disse la donna ponendo un braccio intorno alle spalle di Cassandra e conducendola via.
« Vuoto?? Ti devo ricordare che faccio questo lavoro da prima che tu comprassi la tua prima bacchetta?? », urlò il barista.
« Il tuo successo è dato solo dal fatto che la gente passa di qui per andare a Diagon Alley… Il mio è dato dalla bravura ». Le due non fecero in tempo a sentire quale fu la risposta; allontanandosi, sentirono solo confusi borbotti. Passato un breve corridoio, aprirono una porta e si ritrovarono in un piccolo cortile circondato da un muro. Gli si avvicinarono e la donna, così gentile, fece una cosa ancora più strana di tutte quelle che aveva visto e sentito Cassandra fino ad allora: tirò fuori dalla larga manica della giacca un bastoncino.
« Tre verticali, due orizzontali » disse. Non stava parlando con Cassandra; era più un ragionamento fatto a promemoria. Con uno strano sorrisino di soddisfazione, tocco un mattoncino con il bastone che aveva preso prima e, d’un tratto, i mattoni del muro presero a muoversi. Cassandra non poteva credere ai suoi occhi: I mattoni si spostavano, seguivano il primo mattone e si accavallavano per creare un buco, sempre più grande, nel muro del cortiletto. Il buco divenne tanto grande da permettere ad entrambe di passare senza problemi, e dall’altra parte… Dall’altra parte c’erano centinaia di persone. Persone vestite in modo strano, un gran frastuono di parole e tanti negozi. Tantissimi negozi!
« Andiamo tesoro. Vediamo di capire cosa dobbiamo fare ». Cominciarono ad avanzare lungo la folla, lungo un enorme viale affollato. Stranamente, tutto ciò a cui riusciva a pensare Cassandra era come fosse possibile che di là dal muro, quando ancora si trovavano nel cortile del locale, non si sentissero tutte quelle voci. Subito dopo si mise a riflettere sul come non avesse mai notato quel luogo: tante volte era passata per Charing Cross Road, per Shaftesbury Ave, senza notare quel luogo.
« …una lista, o qualcosa del genere… » finì di dire la simpatica signora al suo fianco. Era talmente presa dai suoi ragionamenti che non si accorse che stava parlando; i suoi pensieri andarono così alla parte di discorso, magari molto importante, che non avrebbe mai sentito, a causa della sua sciocca distrazione.
« Adesso sai che facciamo? Troviamo qualcuno che ti aiuti! » disse la donna.
L’idea di cercare qualche altro sconosciuto per essere aiutata non entusiasmava Cassandra, che da quel momento si obbligo a stare attenta, a prestare attenzione a tutto e a tutti, annotandosi mentalmente le cose su cui più tardi avrebbe potuto riflettere o chiedere allo zio.
« Trovato! » esclamò la sua compagna, che la prese per un braccio e la trascinò di fretta contro la folla.
« Arthur! Menomale! Ho bisogno di chiederti un favore!! » disse la donna, con il fiatone per la corsa e gli urti presi dalla gente.
« Rosmerta! Che ci fai qui? Hai lasciato il locale incustodito? » chiese l’uomo con il quale si fermarono a parlare. Cassandra era frastornata, non sapeva più cosa pensare, ma tenne fede alla promessa che si era fatta e si obbligò a seguire tutto con attenzione. L’umo era magro, sulla quarantina d’anni, stempiato ma con i capelli rosso fuoco.
« Mi serve un favore! Sei qui con la famiglia? Fate le compere per la scuola? »
« Oh, si, si… quest’anno nessun nuovo Weasley ad Hogwarts… Ma c’è sempre qualcosa da acquistare, no? » disse l’uomo sorridendo. « Che favore ti serve? Spero niente che centri con il ministero… »
« No, no, no… Non ti preoccupare. Ho incontrato questa ragazzina, ha bisogno di aiuto con… Beh, con tutto! Non sapeva di essere una strega! » disse Madame Rosmerta in modo sbrigativo.
« Ah… Capisco… Figlia di babbani? » disse rivolgendosi a Cassandra. « Per i figli di babbani dovrebbero esserci dei maghi che assistono la famiglia… »
Cassandra, seppur spaventata, decise di prendere in mano la situazione: dopo tutto, non poteva permettersi di non intervenire. « Non so cosa siano i babbani, ma mio zio è mago ». Cominciava a prenderci gusto: non conosceva e non capiva le cose di cui parlavano quelle strane ma gentili persone, eppure, in un certo senso, la situazione la divertiva.
« Oh cielo! Dobbiamo cominciare da capo allora! » esclamò il signor Weasley. « Dunque, i babbani sono le persone che non possono praticare la magia: non sono maghi o streghe… ma solo “babbani” ».
Non convinta della spiegazione, Cassandra annuì comunque.
« Dov’è tuo zio? Perché non ti ha accompagnato lui ? » le domandò.
« Non poteva… aveva un impegno », ripose. La sua mente, però, in quel momento, fu di nuovo catturata da una stranezza: per la strada, dietro al signor Weasley, e quindi proprio di fronte a lei, camminava, in quella che sembrava essere una buffa corsa, un piccolo omino: un uomo molto piccolo, con il naso adunco e pochi capelli, ben vestito.
Mentre si perdeva in queste osservazioni, Cassandra smise nuovamente di ascoltare ciò che Madame Rosmerta e il signor Weasley stavano dicendo, il che è un bene: stavano infatti criticano quell’uomo che nasconde la magia alla nipote per anni ed infine la manda da sola nel mondo magico.
« Non c’è problema. Molly ed i ragazzi sono qui intorno, la accompagneremo noi a comprare ciò che le serve. » concluse il signor Weasley.
« Bene! Allora, tesoro, ce li hai dei soldi? Dopo devi tornare al Paiolo? Tuo zio passa a prenderti lì? » domandò Rosmerta.
Tornata a quella che avrebbe dovuto essere la realtà, Cassandra rispose di si ad entrambe le domande: lo zio le aveva dato delle strane monete, che, aveva detto, sarebbero bastate per tutto. Decisero dunque che, finiti gli acquisti, il signor Weasley l’avrebbe riaccompagnata al pub e, da lì, sarebbe tornata da suo zio.
Salutarono Madame Rosmerta e si incamminarono lungo le strane vie di quello strano luogo.
 
« George! Fred! Smettetela immediatamente!! O ve le sequestro tute! A vita! », strillò una signora per la strada. Sembrava molto arrabbiata e il suo volto era rosso almeno quanto lo erano i suoi capelli. Cassandra si preoccupò non poco, quando vide che era proprio nella direzione di quella donna che si stavano dirigendo.
« Non ci posso crede! Dove sei stato? Mentre tu eri via, i tuoi figli hanno pensato bene di lanciare caccabombe a caso! Per la strada! Hanno spaventato un goblin! Sai come sono i goblin! Un giorno o l’altro finiranno male qui due! Te lo dico io!! ».
« Oh… Arrivati a casa, li sgriderò, cara. Non preoccuparti ». la faccia della signora dai capelli rossi divenne ancora più rossa e la sua espressione ancora più arrabbiata; solo allora si accorse che suo marito non era solo.
« Oh ciao, cara! Scusami, non volevo spaventarti » disse in tono amabile.
« Molly, questa è… ». Il signor Weasley si fermò a riflettere. Non conosceva il noma della ragazzina che stava aiutando.
« Cassandra » lo anticipò lei. « Mi chiamo Cassandra »
« Bene, bene. Vedi Molly, mi sono offerto di aiutarla a fare i suoi acquisti per la scuola. Andrai ad Hogwarts, giusto? »
Cassandra annuì e mostrò loro la lettera che le aveva dato lo zio.
« Perfetto allora! Anche i nostri figli vanno lì! Sono sicura che farete subito amicizia! » disse la signora Weasley, e subito fischiò così forte che a Cassandra sembrò di perdere un timpano. A quel bislacco richiamo, un ragazzino si avvinò ai tre: era alto, per la sua età, con i capelli rossi e il naso lungo e sottile. Di seguito, un altro ragazzo alto, più grande di lei, con i capelli ricci e rossi; due ragazzi totalmente identici, anche loro alti e con i capelli rossi; infine, un ragazzo, che sembrava essere più grande di tutti loro, che teneva in braccio una bambina: entrambi avevano i capelli rossi.
« Bene ragazzi! Basta sciocchezze! Sbrighiamo le faccende e poi a casa! » disse la signora Weasley; « Lei è Cassandra », disse indicandola, « la accompagneremo a fare spese. In marcia! »
In tutta la sua vita, Cassandra non aveva mai pensato che si sarebbe mai potuta sentire in un tale imbarazzo: desiderava così ardentemente di andarsene, tornare a casa, alla sua normale vita.
La prima tappa della famiglia fu un negozio di libri, Il Ghirigoro. Lì non avevano molto da spendere: a quanto le era parso di capire, i fratelli si tramandavano ogni cosa, dai vestiti ai libri, e solo i due gemelli avevano un nuovo libro da acquistare nell’elenco.
« Tu cosa devi comprare? » disse uno dei due, strappando il foglio con l’elenco dei testi dalle mani di Cassandra.
« Ridammelo!! » gridò lei, cercando di riprendersi quanto le apparteneva. « Sei troppo bassa. Non ci arrivi ». Fece una breve pausa e riprese: « Sempre i soliti vecchi libri. Te li prendiamo noi! »
« Non ne ho bisogno! Me li prendo da sola! » disse lei in tono stizzito.
Per tutta risposta, si sentì ribadire che era troppo bassa, e dunque non era in grado di prendersi i libri che stavano sugli scaffali alti. A questa scortese affermazione seguì un sorriso, che fece arrabbiare ancora di più Cassandra, non abituata a simili atteggiamenti, men che meno da parte di perfetti sconosciuti. Rimase zitta, nella sua espressione imbronciata, convinta che ribattere sarebbe stato troppo scortese, nei confronti della famiglia che la stava aiutando, senza neanche conoscerla.
« Non te la sarai mica presa? » disse una voce alle sue spalle. « Loro sono fatti così: sono dispettosi. Io mi chiamo Ron »
« Piacere » disse, cercando di essere più gentile possibile. « Io sono Cassandra »
« Lo so. Ce l’ha detto prima la mamma. I miei fratelli sono Percy, quello noioso, Charlie, il più grande, Ginny, è l’unica femmina. E loro sono Freg e George. Fred è quello che ti ha preso l’elenco». Mentre parlava, Ron stava mangiando delle caramelle: ne aveva così tante in bocca che a stento si capiva cosa stesse dicendo. « Abbiamo un altro fratello, Bill, ma lui è grande; non va più a scuola ».
« Smettila Ron, la metti in imbarazzo », disse la bambina.
Senza volerlo, Ginny aveva colto nel segno. Ed il suo imbarazzo non poté che aumentare quando i gemelli tornarono con un’enorme pila di libri, pretendendo una ricompensa per il lavoro svolto.
La seconda tappa fu la sartoria di Madama Malkin, dove entrarono solo la signora Weasley, Cassandra e la piccola Ginny; lì comprarono l’uniforme di Hogwarts. Quando uscirono andarono a cercare gli altri, e li trovarono di fronte ad un negozio che vendeva oggetti come scope, uniformi e strani tipi di palloni.
« Ti piace il quidditch? » le chiese Ginny. A questa domanda non giunse risposta: un po’ perché Cassandra aveva, in quel momento, molta poca voglia di parlare ed era ormai poco interessata alla possibilità di sembrare scortese, un po’ perché vennero nuovamente interrotte da uno dei gemelli.
« Come fa se non sa niente di magia?? », intervenne uno.
« Il quidditch è lo sport più bello del mondo! », esclamò l’altro. « Noi quest’anno parteciperemo alle selezioni per i battitori della nostra casa! » disse, simulando un colpo sferzato in aria, come se tenesse in mano una mazza.
Quando intervenne la signora Weasley, la situazione tornò alla “normalità”, e tutti poterono tornare alle loro spese: seguendo la lista degli oggetti da comprare contenuta nella lettera, comprarono ancora un calderone in peltro, misura standard 2, un gattone grasso, nero e bianco dagli occhi verdi, un set di provette di vetro, una bilancia, un calamaio, delle pergamene, delle piume e un telescopio. Per ultimo, tutti i ragazzi, ad eccezione dei due più grandi e del signor Weasley, vollero andare con Cassandra a comprare la sua bacchetta.
« Usate anche le bacchette magiche?? Come nei film? » chiese stupita Cassandra.
« Cosa sarebbero? I film? » chiese la signora Weasley. « Dovresti parlare un po’ con mio marito! Lui lavora al ministero della magia ed è appassionato di manufatti babbani; potresti essergli molto utile, sai? », aggiunse in tono cortese.
La spiegazione all’interesse mostrato per il nuovo acquisto fu portata da Ron: « La scelta della bacchetta è sempre interessante… E poi noi ce le passiamo. Cioè, io ancora non ce l’ho… Ma Fred ha quella di Bill, e George una che apparteneva al nonno ». L’imbarazzo di Cassandra aumentò notevolmente dopo questa scoperta, insieme alla sua paura: cosa c’era di speciale nella scelta della bacchetta? Quel bastoncino che aveva Madama Rosmerta era una bacchetta, dunque?
Entrano da Olivander, un negozio buio e polveroso, con scaffali che ricoprivano tutte le pareti e centinaia, migliaia di scatoline poggiate sopra. La signora Weasley salutò e si fece aventi un uomo anziano, dai capelli grigi e i grandi occhi lucenti.
«Oh bene, bene. Molly Weasley! Che piacere? Per quale figlio siamo qui? »
« Oh, no, no… Non per un figlio. Per lei, signor Olivander » disse Molly Weasley con un gran sorriso cordiale, spingendo avanti Cassandra.
« Bene » disse il proprietario del negozio; « cominciamo ». Detto questo, volteggiando in aria, tre metri da sarto si avvicinarono, a Cassandra che, terrorizzata, tentò di indietreggiare ma fu subito fermata da uno dei gemelli, che la rispinse avanti.
« Nata babbana? » chiese Olivander.
« No ma non conosce la magia », rispose la signora Weasley, sempre molto cortese.
Il signor Olivander, come non avesse sentito la risposta, o come se non gli fosse importato, si diresse verso una scala a pioli e vi ci si arrampicò, per raggiungere un alto scaffale. La signora Weasley, quindi, spiegò a Cassandra che servivano le sue misure per determinare il tipo di bacchetta e che quei metri da sarto erano stati incantati: non doveva avere paura.
Rassegnata, Cassandra si fece prendere le misure. Quando il signor Olivander ridiscese dalla scala, portava con sé una decina di scatole, lunghe e strette; le poggiò sul tavolo che c’era lì e le aprì una ad una.
Mise in mano a Cassandra una prima bacchetta; lei non disse nulla: pensava di dover scegliere quella che le piaceva di più ma non fece in tempo ad avvicinarla per vederla meglio che le venne portata via. Al suo posto, gliene diede un’altra, più corta della prima. Allo stesso modo, anche questa le fu tolta, e così le successive 16 bacchette, che il signor Olivander continuava a far fluttuare in giro per il negozio, giù dagli scaffali e di nuovo al loro posto. Cassandra non capiva cosa dovesse fare o cosa stesse succedendo, e quando lo chiese alla signora Weasley la risposta le fu data dal proprietario del negozio.
« Sono le bacchette che scelgono il mago o la strega, mia cara signorina. Non importa quanto tempo ci vorrà: lei uscirà da qui con la sua bacchetta »
« Come mai non si trova? » chiese Ron.
« Alcune persone sono più complicate di altre, e così le loro bacchette. Hanno gusti difficili… ». Si zittì e si fermò improvvisamente. Subito dopo, corse alla sua bacchetta e fece discendere dal più alto scaffale una scatola uguale alle altre, ma più rovinata e polverosa; sembrava quasi vecchia.
« Ecco » disse estraendola dalla sua custodia e porgendola a Cassandra. Lei la afferrò con la mano destra e subito fasci di luce gialla fuoriuscirono dalla sua punta, formando disegni nell’aria, come stelle filanti, illuminando tutta la stanza.
Aveva trovato la sua bacchetta.
« Biancospino. 11 pollici e tre quarti. Contiene un nucleo di piuma di fenice. Indeformabile. È molto raro come accoppiamento, signorina Cassandra. Deve andarne fiera »
« Che bello, cara! » disse la signora Weasley. « Sei contenta, si? Coraggio. Andiamo! Sei via da ore, ormai; tuo zio ti starà aspettando!»
Pagarono ed uscirono dal negozio; uno dei gemelli accompagnò la signora Weasley e Cassandra al passaggio nel muro che si apriva nel cortile del Paiolo Magico. Molly Weasley riaprì il passaggio e la salutò con un forte abbraccio, augurandosi di rivederla presto.
« Ecco qua » disse il ragazzo, ridando a Cassandra gli acquisti che le aveva portato. « Ci vediamo il primo settembre sull’Hogwarts Express! E ricordati che io sono George… Fred è mio fratello! » Così si salutarono.
 
Cassandra era forse più imbarazzata ora ad entrare nello stesso strano locale in cui era entrata quella mattina: portava in braccio moltissimi strani oggetti e quasi non riusciva a vedere dove stava andando. Con tutto il coraggio che riuscì a trovare, varcò la porta sul retro del pub, attraversò di nuovo il corridoio che portava alla sala principale, salutò il barista Tom, che rideva a crepapelle nel vederla così. Uscendo dal locale, ripensò a quanto non le piacesse quell’uomo, a quanto fosse strana tutta quella storia, a quanto fossero stati gentili i Weasley e Madama Rosmerta e, intanto, si ripassava mentalmente tutte le domande che avrebbe dovuto fare a suo zio, che, in tutto quel tempo, l’aveva aspettata di là dalla strada.



Note dell'autore:
Ciò di cui parlo in questa storia è una mia invenzione e non rispecchia in alcun modo la volontà dell'autrice J. K. Rowling. 

IMPORTANTE: il piano è quello di scrivere una serie del tutto parallela e contemporanea all'originale; per questo motivo, ciò che avete appena letto è solo l'inizio. Ne vado abbastanza/molto fiera e spero davvero che piaccia anche a voi! fatemi sapere cosa ve ne pare con una recensione, per piacere! ^^

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Capitolo 2
*** La scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ***


Era passato un mese dalla visita a Diagon Alley, 28 giorni, per l’esattezza. 28 giorni in cui Cassandra e suo zio si erano parlati molto poco. Lei avrebbe voluto ricoprirlo di domande ma lui non era mai stato di molte parole, e da quando era arrivata la lettera, lo era ancora meno. Aveva mostrato interesse, certo, chiedendole di mostrargli la bacchetta e l’uniforme, pretendendo di ispezionare i materiali comprati con i Weasley per assicurarsi che fossero di prima qualità; ma non avevano più parlato del mondo magico. Eppure lei aveva così tante domande da fargli.
« Padroncina! Padroncina Cassandra! Suo zio vuole vederla, signorina! »
Cassandra ebbe un tuffo al cuore. Sapeva che non le avrebbe retto se quella maledetta elfa non avesse smesso di comparire dal nulla, con la sua vocina, il suo corpicino magro e i suoi giganteschi occhioni castani.
« Sinfy! Mi hai spaventata! »
« La padroncina non è ancora abituata a Sinfy… Sinfy è dispiaciuta… Sinfy credeva che il padrone doveva dire a Cassandra di Sinfy! Ma lui non voleva! ». L’elfa si interruppe di colpo, ed iniziò a picchiare la testa sul pavimento.
« Smettila! Smettila!! Perché fai così?? » intervenne Cassandra, cercando di fermare Sinfy.
« Sinfy è cattiva! Sinfy parla male del padrone! Sinfy si deve punire! » strillò l’elfa con la sua acutissima voce.
« No, non devi! Ora smettila e io andrò dallo zio. Ma promettimi che la smetti di picchiarti! »
Cassandra uscì dalla sua stanza, percorse il lungo corridoio, passò oltre le numerose porte chiuse, scese le scale e si diresse verso il salotto. Lì, seduto sulla poltrona, c’era suo zio; accanto, Sinfy. Detestava quella creatura: era comparsa 5 giorni dopo l’arrivo della lettera da Hogwarts e non se n’era più andata; sembrava divertirsi a scomparire e ricomparire in diverse parti della casa. Le avevano spiegato che era rimasta nascosta, in tutti quegli anni, per non far scoprire a Cassandra il mondo magico, ma, ora che ne era a conoscenza, poteva finalmente servire i suoi padroni come era suo compito.
« Siediti » le disse suo zio. « Domani prenderai il treno per andare a Hogwarts. Parte dalla stazione di King’s Cross, alle 11, dal binario 9 e ¾. Verrà a prenderti un taxi qui davanti a casa. Domande? »
« No »

Il giorno dopo, come aveva detto lo zio, un taxi si trovò davanti a casa, alle 8 del mattino, per portarla a Londra, alla stazione. Binario 9 e ¾. Scesa dal taxi era di nuovo sola, come quando era dovuta andare a Diagon Alley. Si armò di carrello portabagagli, ci sistemò sopra un baule preparatole da Sinfy, una borsa comoda ed il trasportino con Ophelia, il gatto.
Binario 9 e ¾. Si diresse verso il binario 9. Non c’era nulla che potesse far pensare a qualcosa di magico, lì intorno. Ben presto si trovò davanti al binario 10, con la spiacevole sensazione di essere stata presa in giro. In quel momento, con la coda dell’occhio, le parve di vedere una persona scomparire. Si voltò e non vide nulla. Incuriosita, tornò sui suoi passi e notò alcuni ragazzi che giravano intorno alla colonna tra i binari 9 e 10. Facendo finta di nulla, si voltò con discrezione, dando le spalle al gruppetto, ma facendo in modo da continuare a tenerli d’occhio: i ragazzi si lanciarono a tutta velocità, con bauli, valige ed animali, contro la colonna. E scomparvero. Uno dietro l’altro.
Binario 9 e ¾. Era impossibile. Doveva aver visto male.
Binario 9 e ¾. A pensarci, era una soluzione abbastanza logica: se per entrare a Diagon Alley avevano dovuto battere su un muro con la bacchetta, perché per arrivare al treno non avrebbero dovuto passare da una parete?
Binario 9 e ¾. Ma chi le assicurava che, senza conoscere la formula magica, non sarebbe solo andata a sbattere?
Binario 9 e ¾. Una signora, vestita in modo stravagante ma elegante, vi ci si stava avvicinando. Vicino a lei una ragazza che teneva in mano un rospo. Cassandra pensò che non potevano che essere dirette la binario 9 e ¾.
« Mi scusi? Sapete dirmi dove si trova il binario 9 e ¾? » chiese timorosa; alla peggio, avrebbero pensato che fosse una persona strana. La signora la guardò, con un’aria di sufficienza mista a disgusto: « Per di qua » disse indicando la colonna; « ma solo maghi e streghe possono passarvi ».
« Lo immaginavo » rispose. « E c’è qualcosa da fare, per passare? Oltre ad essere una strega, intendo », chiese.
« Fa come faccio io », intervenne la ragazza: capelli corvini ed occhi verde smeraldo, il viso sottile ed il naso fino; si limitò a guardarsi intorno, per essere sicura di non dare troppo nell’occhio, e corse dritto contro la colonna, tra i binari 9 e 10.
Era sparita. Era entrata dentro la parete; oltre i mattoni bianco sporco. Ed ora non c’era più.
« Coraggio. Cosa aspetti? Che il treno parta senza di te? » infierì la donna. « Questi figli di babbani… » borbottò fra sé.
Cassandra non ne conosceva il motivo, ma essere figli di babbani non doveva essere una bella cosa. Decise così che nessuno avrebbe più potuto insinuare che lei fosse una figlia di babbani: qualunque cosa volesse significare.
Prese la rincorsa, senza curarsi della possibilità che qualcuno la vedesse, e corse, più veloce che poteva, verso la colonna, ad occhi stretti. Sentì come un brivido, una sensazione come se stesse cercando di passare da un passaggio troppo stretto e, quando questa spiacevole sensazione finì, riaprì gli occhi. Era su un altro binario, popolato da gente vestita nello stesso strano modo di quella che si trovava a Diagon Alley. Sulle rotaie, sostava un treno molto lungo, rosso, a vapore, da quanto poteva vedere; sulla fiancata era ben visibile il titolo “Hogwarts Express”.
Davanti a lei la ragazza di prima e, subito dietro, la donna scortese, che l’aveva seguita attraverso il passaggio.
« Io sono Amalia Macnair » disse la ragazza porgendo la mano a Cassandra.
« Cassandra Dolohov ».
Dopo la sua presentazione, i volti delle due si segnarono di torvi sorrisi, che Cassandra non riuscì a comprendere.
« Cara! È il tuo primo anno ad Hogwarts? » disse la signora Macnair, circondando Cassandra con il braccio sottile. « Amalia è al secondo, sono sicura che diventerete grandi amiche! Se avrai bisogno di qualunque cosa lei sarà felice di aiutarti! »
Cassandra ringraziò stupita e si lasciò accompagnare da Amalia alle porte del treno.
« Fate buon viaggio, e divertitevi! » salutò calorosamente la signora Macnair.
Salite sul treno, Amalia decise quale scompartimento avrebbero occupato e, per questo motivo, cacciò in malo modo i ragazzi che già lo stavano occupando.
« Perfetto! Questo posto mi piace. A te piace? » chiese.
« Si, non è male », rispose imbarazzata.
« Cassandra, giusto? È un bel nome, ma è troppo lungo. Come ti chiamano gli amici? »
« Cassandra », rispose titubante.
« Bene! Ti chiamerò Cassi. Mi piace di più! ». In quel momento, la porta dello scompartimento si spalancò ed entrarono quattro ragazze con una divisa verde addosso. Solo ora Cassandra notava che i ragazzi più grandi avevano le divise ornate da diversi colori.
« Ehy Ami! Muoviti! Ci sono dei mocciosi da reclutare! » disse una delle ragazze: una ragazza grassottella, con i capelli castani, pettinati in due codini ai lati della testa, gli occhi piccoli e neri.
« Hai già cominciato vedo! » aggiunse un’altra ridendo.
« Lasciatela stare. Lei è la mia nuova amica. Vero Cassi? Coraggio, andiamo! Tanto sappiamo già quale sarà la tua casa, non è vero? » le disse facendo l’occhiolino.
Non ci volle molto tempo, dunque, prima che la sua nuova amica strega la abbandonasse da sola sul treno per Hogwarts; in fondo, Cassandra non sapeva decidere se fosse un bene o un male.
Poco dopo che il treno si mise in movimento, la porta dello scompartimento in cui sedeva si spalanco di nuovo, ma con più discrezione di prima, o, per lo meno, con minore violenza. Comparvero due ragazzi, alti, con i capelli rossi e del tutto identici tra loro.
« Ciao! » fecero i due in coro, chiudendosi la parta alle spalle.
« Cosa ci fai qui da sola? » chiese uno sedendosi.
« Domanda più importante. Chi sono io? » chiese l’altro seguendo il fratello.
Sorpresa ed un po’ infastidita, Cassandra rispose che il ragazzo di sinistra, quello che si era seduto per secondo, era George; mentre l’altro, a destra, era Fred.
« … Hai indovinato! Non l’avrei mai detto… » disse George.
« Si vede che sei speciale » aggiunse Fred.
« Quindi perché sei da sola? » riprese George.
« Non lo ero fino a poco fa. Ho conosciuto una ragazza: Amalia »
« La serpe?? » la incalzò Fred.
« Ehm… »
« Aveva la divisa verde?? » fece George.
« Ehm… Si… »
« Oh cielo! Vuole farlo davvero! » esclamò George.
« Vado a prendere Lee e la fermiamo! » disse deciso Fred, uscendo di corsa dallo scompartimento.
« Che succede? » chiese Cassandra dubbiosa.
« Amalia non è una bella persona, sai? » rispose lui in tono serio; « Dovresti starle lontana ». Ci fu una pausa di silenzio, poi aggiunse in tono più spensierato: « Alla fine dell’anno scorso lei e le sue amiche andavano in giro vantandosi che avrebbero convinto più persone possibili del primo anno a chiedere al cappello di entrare a Serpeverde; e bisogna fermarla! O non vinceremo la coppa di quidditch nemmeno quest’anno! »
Osservando l’espressione confusa ed interrogativa di Cassandra, George intuì che non aveva idea di cosa stesse parlando. Le spiego, così, come funzionavano gli smistamenti, le caratteristiche della quattro case, i colori, il torneo di quidditch, la coppa che veniva consegnata a fine di ogni anno, senza tralasciare alcuni malevoli commenti sugli studenti di Serpeverde e qualche colorito elogio alla casa di Grifondoro.
« Tu a quale casa appartieni? » gli chiese.
« A Grifondoro! È ovvio! » le rispose. « Tutta la mia famiglia viene da lì! La tua famiglia viene dal mondo magico, giusto? Andavano a Hogwarts anche loro? »
Cassandra ci pensò un po’ su; non sapeva come rispondere. « Non saprei. Mio padre non era inglese, credo. E mia mamma era… babbana. È così che si dice, no? »
« Si, si è così » rispose George visibilmente imbarazzato.
Il silenzio piombò nello scompartimento. C’erano solo loro due, e nessuno sembrava avere intenzione di rompere quell’imbarazzante momento.
« Come mi avete trovata? », chiese infine Cassandra.
« Oh! Nostra madre ti ha visto dal finestrino! …Le piaci, sai? Ci ha detto di venire a farti compagnia »
« Sono contenta di piacerle », disse sorridendo, e sentendosi, forse per la prima volta da mesi, abbastanza confidente. « Anche voi mi piacete molto »
« Oh si! Sei stata subito simpatica a tutti! Anche a Ginny, che di solito si vergogna troppo per parlare con le persone » replicò George allegro. All’ora di pranzo passò il carrello, guidato da una signora dall’aspetto gentile, con i capelli grigi e le fossette sulle guance. Cassandra non aveva con se soldi e George si offrì di comprarle una confezione di Gelatine Bertie Bott Tuttigusti + 1, perché, sosteneva lui, non poteva andare a Hogwarts senza averle mai mangiate. Sebbene di quelle strane caramelle dei maghi non ne fosse entusiasta, questo le diede spunto per approfondire il funzionamento dei soldi: quando erano andati a fare acquisti a Diagon Alley, si era fidata ciecamente della famiglia Weasley, senza pensare a quando valessero zellini, falci e galeoni.
« Una falce vale 29 zellini, mentre un galeone vale 17 falci » le aveva spiegato George, mangiando una gelatina; « Papà ci ha spiegato che 1 galeone vale 5 sterline, ma non so cosa voglia dire », concluse, scartandone un’altra.
« Che schifo! »
« Cosa?? »
« Queste caramelle fanno schifo! » urlò Cassandra disgustata.
George scoppiò in una fragorosa risata. « Avrei dovuto dirtelo, hai ragione! Alcune hanno sapori un po’… particolari! »
« Sì, e questa sa di schifo! »
« Non te l’hanno insegnato che non si dice mai che il cibo fa schifo? » chiese con aria divertita; « In fondo è questione di fortuna… La mia sapeva di fegato e cipolle! »
Il resto del viaggio trascorse tra altri disgustosi gusti delle gelatine Tuttiigusti+1 ed impazienti domande con cui Cassandra tempestava il suo nuovo amico: sui punti dati per ogni casa, sul gioco del quidditch, sui fantasmi di cui le aveva parlato e sui professori.
D’un tratto, la porta dello scompartimento si aprì ed entrò Fred.
« C’è stato un piccolo diverbio con le ragazza di Serpeverde: Lee non si farà vedere per un po’; non ha un bell’aspetto », sentenziò. « Non vi siete ancora cambiati? Ormai siamo quasi arrivati! »
« Di già? Hanno spostato il castello? » domandò perplesso George.
« Il tempo vola quando ci si diverte! », rispose svogliatamente Fred, mentre fissava qualcosa dalla tendina spostata del finestrino, verso il corridoio del treno. « Ho schivato per un pelo un incantesimo pastoia ma Lee è stato colpito in pieno. Mentre mi difendevo dalla Macnair la Owned gli si è accanita contro »
« E dov’è lui ora? » chiese Cassandra.
« Oh… non credo sia andato lontano… »
« L’hai lasciato là?? » urlò George.
« Cosa potevo fare? Erano cinque contro due! Di cui uno pietrificato! » si difese Fred; « Sono scappato più in fretta che ho potuto! »
« Come pietrificato?? » si stupì Cassandra. Non era certa che fosse lecito pietrificare qualcuno, nemmeno in una scuola per maghi.
« Sì, beh… Cambiatevi. Andremo a recuperarlo dopo » disse Fred, sbrigativo.
« Non ti perdonerà tanto facilmente, lo sai vero? » fece George con un’aria tra il preoccupato ed il divertito.
« Non per farmi gli affari tuoi… Ma quindi hai litigato con Amalia? » chiese piano Cassandra a Fred.
« Sì ma non è un problema. Diciamo che non siamo mai andati troppo d’accordo », le rispose lui.
« Beh, ma questo è il suo scompartimento. E quella è la sua borsa », disse indicando la cappelliera sopra la loro testa.
Seguì un momento di silenzio.
« Ciao! », disse secco Fred, lanciandosi fuori dalla porta dello scompartimento, seguito da George, che non si lasciò invitare due volte.
Sempre più divertita e sempre meno spaventata, Cassandra presa la sua borsa, che Sinfy le aveva accuratamente preparto, e ne estrasse i pezzi della divisa. Mentre si trovava intenta a cercare di capire come girare la pesante toga nera, Amalia entrò nello scompartimento, sola.
« Oh, sei qui. Non te ne sei mai andata? » chiese Amalia.
« No » le rispose, non potendo non pensare al perfetto tempismo che sembrava accordare lei e i gemelli.
« Beh, se non ti muovi non conoscerai nessuno. Non puoi sperare di farti delle amicizie, così »
Cassandra era tentata di dire alla ragazza che non aveva bisogno dei suoi malevoli consigli e che degli amici già se li era fatti; subito però, guardando i suoi capelli leggermente spettinati, pensò a quello che doveva essere successo poco prima, all’altro capo del treno, e convenne che, per il momento, era meglio tenersi certi pensieri per sé.
« Su, non guardarmi con quella faccia imbronciata. Lo dico per te! Per quanto io sia simpatica, penso che dovresti altri amici, oltre a me » disse Amalia con un sorriso accattivante e gentile, per il quale Cassandra non poté che sentirsi sciocca, ad aver mal interpretato le sue parole.
Prima di cambiarsi, Amalia aiutò Cassandra ad infilare la pesante toga nera: « Lo sai fare il nodo alla cravatta? » disse indicando la sua, lanciata sul sedile alle sue spalle. « Se hai problemi puoi chiedere a me, ti insegno volentieri. Di solito sono i ragazzi a doverla indossare, quindi è normale se non sai come si fa ».
Nel frattempo, l’Hogwarts Express rallentò la sua corsa, fino ad arrestarsi. Fuori dal finestrino il tempo era cupo, il sole era calato da un pezzo e le nuvole fitte coprivano interamente il cielo, tanto da non lasciar intravedere neanche una stella. La stazione in cui si erano fermati era debolmente illuminate da alcune fiaccole sospese e sul muro di fronte padroneggiava, dipinta a caratteri antichi, la scritta Hogsmeade.
Quando anche Amalia ebbe terminato di cambiarsi, le ragazze si precipitarono giù dal treno e Cassandra corse a fianco di Amalia, che, senza preavviso e senza curarsi dell’amica, si mise a correre verso l’uscita della stazione. Mentre attraversava di fretta la folla che li vi si accalcava, si sentì afferrare, all’improvviso: mani la trascinavano indietro e di lato, trattenendola per le braccia e per le spalle. Cassandra perse di vista Amalia e presa dallo sconforto per aver perso il suo unico punto di riferimento, si accorse solo ora di essere bloccata e, con tutte le sue forze, senza pensarci, tentò di divincolarsi, di tornare tra la folla. Era spaventata e l’ultima cosa che le interessava era sapere cose stesse accadendo.
« La pianti di correre? »
« Già! Vorrai mica che ti stacchiamo le braccia! »
Sentendo la voce dei gemelli, Cassandra uscì di sé. Era furiosa. L’avevano intrappolata lì e separata dall’unica persona che potesse aiutarla in quel mondo nuovo, fatto di treni a vapore nascosti dietro pilastri della stazione, fatto di galeoni, falci e zellini, fatto di bacchette magiche, fiaccole, foschia, bauli, freddo e cravatte indossate da ragazze. Urlò e sbraitò contro i ragazzi, si arrabbiò con loro facendo esplodere tutta la tensione, lo stupore, la paura, l’ansia che l’avevano angosciata negli ultimi mesi e solo quando ebbe finito, tirò un lungo sospiro, di sollievo e di soddisfazione.
I volti dei gemelli erano increduli e pallidi. Sembravano non capire da dove potesse provenire quella potenza, sprigionata dalle urla e dalla rabbia di una ragazzina di undici anni, alta si e no 150 cm, con quei capelli rossi, quegli occhi azzurri e quel volto ricoperto di lentiggini. « Ok. Va meglio ora? » chiese George.
« Volevamo portarti da Hagrid. Sai, ti abbiamo già detto che di Amalia è meglio non fidarsi » spiegò Fred.
« Da chi? »
« Da Hagrid! Accompagna lui quelli del primo anno » disse George, indicando un uomo gigantesco che si trovava poco più in là, dalla parte opposta a quella verso cui stava correndo prima. Stava chiamando a gran voce i ragazzi del primo anno e Cassandra si sentì tanto stupida, per non averlo notato prima.
« Comunque anche noi siamo tuoi amici! Altro che quella là… » disse Fred.
« Già! Noi siamo più simpatici! »
« E più belli! »
« Indubbiamente! », conclusero in coro.
La scortarono a braccetto, uno da una parte e l’altro dall’altra, verso l’uomo di nome Hagrid e la lasciarono solo dopo essersi raccomandati con lui di non farla cadere nel lago.

Percorsero circa due miglia, uscendo dalla stazione, lungo un sentiero che si allontanava sempre più dal paese nel quale si erano fermati. L’atmosfera era sempre più cupa, il cielo sempre più nero, l’aria sempre più fredda e sembrava che stesse per piovere.
Durante il tragitto, Cassandra non parlò con nessuno. Era troppo intenta ad osservare i suoi compagni per pensare di parlar loro. Ce n’erano alcuni che, come lei, si guardavano in torno, da soli e spauriti; altri facevano lo stesso, ma lo facevano in compagnia; la maggior parte di loro, però, sembrava trovarsi completamente a suo agio in quel luogo, come se non si accorgessero di stare camminando lungo un sentiero sterrato, a pochi passi da un bosco, di notte, verso non si sa quale direzione, per raggiungere una scuola di magia e stregoneria. « Ciao. Ehm… Mi chiamo Hagrid » disse l’enorme uomo che li stava accompagnando, avvicinandosi. « Allora hai conosciuto i gemelli Weasley » Ad un cenno affermativo da parte di Cassandra, aggiunse: « Sono tremendi, quei due! Simpatici, eh… Non credere che no. L’anno scorso si sono subito fatti notare. Pensa che hanno anche dato fuoco all’aula di pozioni! Dovevi vedere la faccia del professore. Se non lo fermavano, stai certa che li ammazzava »
Mentre parlava, Cassandra lo studiava. Era molto alto, con una folta barba nera, e allo steso modo portava i capelli, ricci. Portava in mano una lampada, che schiariva il sentiero; era vestito in un modo assurdo, ancora diverso da quello degli altri maghi che aveva conosciuto fino ad allora.
« Sono in sette, i Weasley, sai? Anche Bill era forte; e Charlie è al suo ultimo anno: mi mancherà quel ragazzo. E poi c’è Percy. Lui non è come gli altri, più antipatico, sai? Se ne va in giro per la scuola, con la sua aria da superiore, a dire a tutti quello che devono e non devono fare » continuò.
« Conosco Percy » replicò lei. « Li ho conosciuti tutti questa estate »
« Oh » disse Hagrid evidentemente imbarazzato. « Beh, non dirgli che ti ho detto che è antipatico. Non è carino », aggiunse.
Quando gli occhi dei ragazzi, orami stanchi, riuscirono a distinguere, nella foschia, quelle che apparivano come barche ondeggianti, a Cassandra fu chiaro quello che intendevano i gemelli con le loro raccomandazioni.
« Ragazzi, questo è il Lago Nero. Con quelli del primo anno lo si attraversa in barca per arrivare a scuola » disse Hagrid. « State attenti a non cadere in acqua: io sono un guardiaccia; non so se riesco a ripescarvi, e c’è una piovra gigante che abita queste acque » aggiunse, e facendo un occhiolino a Cassandra si voltò, diretto ad una delle imbarcazioni. Salì su una di quelle, che sembrava voler cedere e sotto il suo peso.
I ragazzi lo seguirono e si disposero sulle barche, che poggiavano in parte a terra; circa 5 persone su ognuna, tranne in quella in cui sedeva Hagrid, sulla quale lui occupava da solo 3 posti. Quando furono tutti saliti a bordo, la imbarcazioni cominciarono a muoversi, da sole, senza che nessuno remasse.
Sotto di loro, le assi delle barche cigolavano ed il lago nero e la riva portavano i loro sinistri rumori alle orecchie dei ragazzi più spaventati. Sembrava quasi, pensò Cassandra, di sentire la piovra gigante di cui aveva parlato Hagrid muovere le acque sotto di loro, in attesa che una ragazzina più distratta delle altre cada in acqua. D’un tratto, ricordandosi dell’avvertimento di Fred e George, si strinse più vicino alla sua vicina, rimpiangendo di essersi sistemata sul bordo.
« Che c’è, hai paura di cadere? » le chiese ridacchiando la ragazza alla sua sinistra. « Credi davvero che ci sia una piovra gigante lì dentro? »
« Beh, perché non dovrei farlo? Non vedo perché avrebbe dovuto mentire »
« Sono solo storie che si raccontano per spaventare i figli di babbani, lo sanno tutti. Tu sei figlia di babbani? » chiese lei in tono sarcastico.
« No! » rispose Cassandra fermamente, memore della promessa che si era fatta.
Erano ormai giunti a metà della loro traversata, quanto un forte tuono scosse il lago, fino ad allora tranquillo.
« Tenetevi forte » gridò Hagrid. « Non voglio che ci bagniamo, ma neanche che cadete » E, detto questo, le barche aumentarono la velocità, mentre il temporale si avvicinava da ovest.
In breve tempo, furono a terra. Davanti a loro, una lunga scalinata, che non era stata visibile fino a quel momento a causa della nebbia che era calata. In cima, si trovava un enorme castello, dalle alte e numerose torri che si stagliavano contro il cielo nero, illuminato in ogni sua parte da milioni di finestre, che lasciavano intendere che gli altri fossero già tutti al suo interno.
Camminarono lungo i numerosi gradini, affrettando il passo per evitare la pioggia settembrina che li seguiva ormai da vicino; quando giunsero all’ingresso del castello, tutti i ragazzi si accalcarono all’entrata, spingendosi a vicenda.
Quando riuscì a farsi strada, Cassandra si trovò di fronte ad uno spettacolo magnifico: una grande stanza, dal soffitto talmente alto da sembrare infinito; le pareti ed il pavimento in pietra; da un lato, un’imponente scalinata, anch’essa in pietra, seguita da altre rampe di scale, tantissime. Una donna sostava di fronte al gigantesco portone che si trovava poco più in là: era una donna minuta, non troppo alta e decisamente magra; portava un paio di occhiali poggiati sul naso ed un grande ed alto cappello nero, con una grossa piuma di lato.
« Fate silenzio ». Le fu sufficiente pronunciare queste semplici due parole ad alta voce per far tacere tutti i ragazzi agitati ed emozionati che in quel momento si trovavano nell’ingresso. Era di certo una donna forte, di carattere, severa ed autoritaria, in grado di farsi facilmente rispettare. « Benvenuti alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Io sono la professoressa McGonagall, insegnante di trasfigurazione e direttrice della casa di Grifondoro. Ogni anno, i nuovi studenti vengono smistati in una delle quattro case della scuola: Grifondoro, Tassofrasso, Corvonero e Serpeverde. Ogni casa è degna di rispetto ed ognuna di esse ha visto crescere tra i propri membri alcuni dei più noti ed importanti maghi della storia della magia. Ogni vostro trionfo porterà punti alla casa in cui verrete smistati, così come ogni vostro fallimento ne toglierà. Alla fine di ogni anno scolastico, la casa che avrà ricevuto più punti vincerà la Coppa delle Case.
« La cerimonia di smistamento avrà luogo nella sala alle mie spalle a comincerà a breve. Prego tutti quanti di fare silenzio e di ricomporsi come meglio è possibile ».
Durante il viaggio, George aveva spiegato a Cassandra come avveniva lo smistamento: in fila, uno dietro l’altro, davanti al resto della scuola e degli insegnanti, avrebbero dovuto cimentarsi in un incantesimo che veniva loro chiesto; in base alla loro bravura, venivano smistati in una delle case: in Grifondoro i migliori, seguiti da Corvonero e da Tassofrasso; infine, in Serpeverde si trovavano i più scarsi.
Naturalmente non aveva potuto dirlo a George, ma lei a casa si era esercitata con alcuni semplici incantesimi, guidata dallo zio; ora non poteva far altro che sperare di non fare brutta figura e di non finire in Serpeverde.
Le pesanti porte vennero aperte e lo spettacolo che si parò davanti ai ragazzi era ancor più mozzafiato di quello della sala d’ingresso. In un’enorme stanza rettangolare, che si sviluppava in lungo davanti ai loro occhi, erano disposte quattro grandi tavolate, due verso il fondo e due dall’altra parte; lì erano seduti i ragazzi più grandi. Di fronte, in senso opposto a quello dei tavoli degli studenti, ce n’era un altro, al quale sedevano quelli che dovevano essere i professori. Le pareti erano finemente lavorate, e piccole creature simili a gargoylle erano state scolpite a fissarli. Notò allora il soffitto: sembrava non esserci; sullo sfondo appariva il cielo, come l’avevano veduto fino a poco fa fuori dalle mura del castello, e tutto era illuminato grazie a miliardi di candele sospese a mezzaria, sopra le loro teste. Altre luci provenivano dalle fiaccole che erano appese alle pareti. Le tavole erano imbandite come per una grande festa: grandi piatti dorati da portata e non sostavano sui tavoli, e così erano disposti anche bicchieri e posate.
La professoressa McGonagall ordinò loro di disporsi in fila, di avanzare lungo l’enorme salone e facendoli fermare al centro, tra le due file di tavoli, ad aspettare.
« Psss… Cassandra! » si sentì chiamare. Si voltò e vide Fred e George che, poco lontano, in avanti, le sorridevano, le facevano segno di stare tranquilla con i pollici alzati e le sillabavano “GRIFONDORO”. Lei rispose con un sorriso, mentre davanti alla fila era stato disposto un alto sgabello con appoggiato in cima un vecchio cappello a punta, malconcio e con un enorme strappo rivolto verso gli studenti. Il silenzio calò nella sala, e tutti guardavano fisso in quella direzione.

Venite, presto, accorrete!
Son io, son qui, di nuovo,
A narrarvi la storia che or ascolterete.

La nostra scuola da quattro fu fondata
Di giovani maghi divenne ritrovo
E la tradizione più non fu abbandonata.

Grifondoro premiava il coraggio
Ragazzi di fegato e audaci
Presso di lui trovavano alloggio.

La bella Corvonero una cosa chiedeva:
Intelligenza e curiosità veraci;
Questi ragazzi ella accoglieva.

Tassofrasso di Tosca la casa,
gentili d’animo e buoni di cuore
fanno di questa il grande onore.

Abili e scaltri Salazar li voleva,
sull’ambizione la gloria si basa:
solo questi egli teneva.

Ponetevi dunque di fronte a me
Che dei fondatori sono retaggio
Attendete fino a che
A ciascuno non farò omaggio.

La canzone, per quanto fosse difficile a credersi, era stata cantata dal cappello che sedeva davanti a loro: il grosso strappo si era trasformato una bocca.
« Ora, avanzerete uno per volta, quando verrà chiamato il vostro nome. Indosserete il Cappello Parlante e verrete smistati », annunciò la professoressa McGonagall.
« Allen Eliza! » urlò la professoressa. Una ragazza piccolina, con capelli biondi molto corti e sfavillanti occhi azzurri si avvicinò senza mostrare incertezza, si sedette sullo sgabello e il cappello parlante le venne posto sopra la testa. Ci vollero un paio di minuti prima di avere una risposta dal Cappello.
« SERPEVERDE! »
La fila cominciava ad avanzare: due passi; quattro passi.
« Belby Marcus! »
Cassandra aveva intanto raggiunto Fred e George al posto in cui erano seduti; stavano parlando con un ragazzo un po’ mal concio, con il viso ricoperto di brufoli. Doveva essere il loro amico Lee Jordan, a giudicare dalla sua faccia arrabbiata, ma, pensò Cassandra, non era ridotto male come se lo era immaginato.
« È vero che nel lago c’è una piovra gigante? » chiese Cassandra bisbigliando.
« Bell Katy! » chiamò la professoressa McGonagall.
« Certo che è vero! Mica favole! Qualcuno è caduto nel lago anche quest’anno? » rispose Fred.
« GRIFONDORO! ». Un forte applauso si aprì nel tavolo al quale erano seduti i gemelli.
« No, no… ma una ragazza mi ha detto… »
« Attenti… Piton vi guarda male… » avvertì George, interrompendo Cassandra.
Si girò e lo vide: seduto al tavolo dei professori. Lunghi capelli corvini, come gli occhi, vestito interamente di nero e con uno sguardo di rimprovero impresso sul volto. Guardava proprio loro.
« Chang Cho!»
Nel frattempo la fila era avanzata e Cassandra era rimasta in dietro.
Dopo alcuni istanti il Cappello sentenziò: « CORVONERO! »
Fino ad allora Cassandra aveva prestato scarsa attenzione allo smistamento, troppo presa com’era dalla grande sala in cui si trovava. Non sapeva quante persone erano già state smistate.
« Davis Chloe! »
La lettera D. Tra poco sarebbe toccato a lei. Si impose di osservare attentamente cosa accadeva ma non vide nessun incantesimo, tantomeno da parte dei ragazzi che venivano smistati. O almeno non accadde per Chloe Davis, che venne smistata in Tassofrasso.
Nemmeno il ragazzo di Grifondoro che venne dopo di lei fece nessun incantesimo. Cominciando a pensare di essere stata presa in giro, Cassandra si voltò verso il tavolo in tumulto alle sue spalle, ma i gemelli erano troppo occupati a festeggiare il nuovo compagno per rispondere al suo dubbio.
« Dolohov Cassandra! »
Quasi non si sentì chiamare. Si girò e si diresse nervosa verso l’insegnante ed il cappello. Vide i gemelli che la fissavano ad occhi sgranati e si agitò di più. Si voltò vide, dall’altra parte, Amalia che, insieme alle sue amiche, le sprigionavano larghi sorrisi. C’era un’ultima persona che avrebbe voluto vedere nell’attesa che il Cappello Parlante la smistasse, ma non fece in tempo a cercarla che, con sua enorme sorpresa, quello cominciò a parlarle.
« Bene. Molta astuzia, vedo. Molto carisma, anche… »
La voce non sembrava arrivarle alle orecchie, ma sembrava piuttosto essere direttamente nella sua testa.
« Non molto temeraria, temo… »
Se quella voce avesse potuto sentirla solo lei si sarebbe spiegato il perché prima non avesse sentito niente.
« Intelligenza e costanza da vendere! Sono indeciso... Non certo Grifondoro bambina mia… Non fa per te! Diciamo… Corvonero… No. Manchi di saggezza. »
Cassandra cominciava a sentirsi in imbarazzo. Cominciava ad arrabbiarsi: quel cappello non la stava certo coprendo di complimenti! « Serpeverde o Tassofrasso… No. Ho deciso… TASSOFRASSO! »
E salì, da uno dei tavoli, un forte applauso. Amalia e le sue amiche ora portavano in volto lo stesso sguardo che aveva visto prima addosso a Fred e George, che ora erano girati verso il loro tavolo. La professoressa McGonagall le sfilò il cappello di testa e lei si diresse verso il tavolo che prima l’aveva applaudita, seguendo l’esempio dei suoi compagni prima di lei. Si sedette vicino a Chloe Davis, che la salutò presentandosi e dicendo che sarebbero diventate grandi amiche.
« Dubois Clara! »
« GRIFONDORO! » annunciò subito il Cappello Parlante.
Cercava intanto di studiare i volti dei suoi nuovi compagni, tentando di capire con quali di loro avrebbe più facilmente potuto andare d’accordo. Chloe non la convinceva: quella ragazza dal lungo naso, bassa e forse troppo magra non le piaceva affatto.
« Edgecombe Marietta! »
Eccola là! La ragazza che l’aveva presa in giro durante il tragitto in barca!
Il cappello parlante impiegò molto tempo a smistarla; a Cassandra sembrò passare un’eternità, forse anche per il fatto che Chloe Davis colse l’occasione per presentarsi a dovere. Scoprì così che i suoi genitori erano babbani, che per lei quel mondo era tutto nuovo, che era molto emozionata e felice di essere in Tassofrasso, che sperava di farsi molti amici, che voleva prendere solo voti alti e diventare una brava strega, che adorava gli animali, che i suoi genitori avevano un maneggio e che lei possedeva tre gatti, ma che nessuno di loro l’aveva seguita a scuola, perché non erano magici, e quindi aveva dovuto comprarsene uno nuovo.
« Tu hai animali? » chiese infine.
« Ho comprato un gatto; si chiama Ophelia. E a casa abbiamo un elfa domestica, ma non so se valga come animale »
Ebbe così modo di far raccontare a Chloe che non sapeva cosa fosse un elfo domestico e che…
« CORVONERO! » la interruppe finalmente il Cappello Parlante.
Un grosso boato si aprì, questa volta, in tutta la sala. Cassandra e Chloe non sapevano il motivo ma alle insistenti domande di lei rispose un ragazzo più grande, seduto di fronte a loro.
« È una testurbante! Significa il cappello parlante ha impiegato più di 5 minuti per smistarla ed è un evento molto raro! ». Il ragazzo sembrava non essere troppo alto ma era abbastanza imponente, con capelli ed occhi scuri. Non disse molto altro in quel momento ma fu sufficiente per catturare l’attenzione di Chloe, che da quel momento rivolse le sue numerossissime domande a lui.
La professoressa McGonagall chiamò numerosi altri studenti ed il Cappello parlante li smistò. Un certo McLaggen Cormac finì in Grifondoro, mentre Jonas Daniel, insieme a Ricci James e Taylor Ruby si ritrovarono a Serpeverde; Janssen Jessy venne mandato a Corvonero e Tassofrasso guadagnò Patel Riley e Smith Zacharias.
Quando anche Willer William fu smistato in Corvonero, un uomo alto e molto magro, con lunghi barba e capelli argentati, si alzò dall’imponente sedia su cui era rimasto seduto in questo tempo.
« Quello è il preside. Albus Silente » spiegò Eric Goodway, il ragazzo seduto di fronte a loro.
« Benvenuti ad Hogwarts per un nuovo anno scolastico. Spero vivamente » e quest’ultima parola fu detta con particolare enfasi, « che nessuna ala del castello dovrà essere ricostruita, in parte o da capo, quest’anno. Buon appetito! »
Cassandra non poté fare a meno di pensare che quelle parole fossero rivolte ai gemelli Weasley, visti i racconti fatti da Hagrid.
Mentre cercava, con palese insuccesso, di incrociare lo sguardo di Fred e George, che nel loro tavolo, le davano le spalle, non si accorse che gli altri ragazzi avevano incominciato a cenare. Gustose pietanze dall’aspetto prelibato e di tutti i colori e di tutte le provenienze erano apparse sui vassoi che fino ad un momento prima erano rimasti vuoti. « Mangia! » le urlò Eric, mentre masticava del pollo e mentre le rovesciava nel piatto delle salsicce di cinghiale. Accanto a lei, Chloe si era servita con del riso: « Sono vegetariana » disse sorridendo. Vedendosi comparire sotto gli occhi bontà di ogni genere, Cassandra si ricordò che, non tenendo conto della caramelle dall’orribile gusto mangiate insieme a George sul treno, era da quel mattino che non metteva sotto i denti qualcosa. Si servì così di tutto ciò che le ispirava un buon sapore, facendo attenzione a che nulla le giocasse il brutto scherzo delle Gelatine Tuttigusti+1. Mano a mano che i vassoi si svuotavano, nuovi cibi vi ricomparivano dentro e Cassandra si chiedeva se sarebbe stato sempre così, ogni giorno, per ogni pasto.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, gli avanzi lasciati nei piatti scomparvero, così come erano comparsi, e Silente si alzò nuovamente. « Spero che il banchetto sia stato di vostro gradimento. Ricordo che a tutti gli studenti non è permesso addentrarsi nella Forse Proibita: molte creature pericolose vi abitano. Dal momento che oggi viviamo di sabato, domani non ci saranno lezioni, che cominceranno lunedì » Uno scoppio d’entusiasmo invase la sala e il professor Silente si unì all’applauso. « Per quelli del primo anno: troverete che i vostri effetti sono nelle vostre camere, insieme agli orari delle lezioni. I prefetti vi scorteranno nelle vostre sale comuni.
« Ora, prima di salutarci, trovo opportuno ricordare l’inno della nostra scuola ». detto questo, agitò la lunga bacchetta, da cui fuoriuscirono lunghi nastri dorati, che composero delle parole sopra ciascuno dei tavoli. Subito, tutti iniziarono a cantare, ognuno a suo modo, con sue note, suoi ritmi.
« Hogwarts Hogwarts, Hoggy Warty Hogwarts per favore insegnaci qualcosa, a noi, anziani, calvi e tutti storti, a noi ragazzi dai calzoni corti, le nostre teste devono riempirsi di cose interessanti da non dirsi, per ora sono vuote e piene d’aria, di mosche morte e roba secondaria, insegna a noi che cosa va imparato, ripeti ciò che abbiam dimenticato, fa’ del tuo meglio e noi faremo il resto, finché il cervello non ci andrà in dissesto ».
Cassandra non cantò neanche una sillaba. Più che divertente, la scena le sembrò degna di non essere ripetuta mai più. Dato, però, che quando tutti ebbero finito ci fu un grande applauso, ampiamente incoraggiato dal preside e da molti degli studenti più grandi, ebbe l’impressione che quello strano rito si dovesse ripetere ogni anno.
« Coraggio! Ciascuno nei propri dormitori! » disse Silente entusiasta.

Giunti fuori dall’enorme sala in cui erano rimasti fino ad allora, Cassandra notò le quattro grandi clessidre che si trovavano in quella che capiva ora essere la sala d’ingresso. Ognuna di esse era sorretta da una statua che rappresentava una casa: un grosso leone, un corvo, un tasso e un serpente; nella parte superiore di queste si trovavano, rispettivamente, delle pietre rosse, blu, gialle e verdi.
« Tassofrasso, seguitemi per favore! » disse un ragazzo molto più grande di loro. « Non mischiatevi altre case. Prestate attenzione ». Tutti i ragazzi del primo anno che erano stati smistati in Tassofrasso si riunirono in un angolo dell’ampio locale, in modo da fare defluire la folla che stava uscendo dalla Sala Grande.
Quando ci fu più calma, il ragazzo cominciò di nuovo a parlare: « Bene, ci siamo tutti? Io sono Gabriel Truman, sono il prefetto della casa Tassofrasso; ora vi accompagnerò al nostro dormitorio. Fate attenzione, e non rivelate a nessuno, per nessun motivo, dove si trovi l’entrata e, soprattutto, il modo per accedervi ». Fece una pausa. « Tutto chiaro? Bene! Allora andiamo! »
Ormai la sala d’ingresso era quasi vuota. Seguendo Gabriel, la attraversarono e si diressero verso una porta a punta, in legno, a sinistra dell’enorme scalone in marmo; passati dalla porta, scesero delle scale e si ritrovarono in un ampio corridoio di pietra, adornato da moltissimi quadro raffiguranti cibo ed illuminato da numerose torce, appese alle pareti. Procedettero lungo il corridoio, tra l’allegria di alcuni ed i sussurri tremanti di altri, con Chloe Davis che si divertiva a descrivere ogni singolo quadro con minuziosa attenzione. Si fermarono solo quando giunsero ad una nicchia creata nel muro di pietra, dentro la quale erano impilate alcune grosse botti.
« Ora, prestate bene attenzione, perché non è semplice e non lo ripeterò », disse Gabriel. « Tutto ciò che dovete fare per accedere al dormitorio è bussare sulla seconda botte dal basso, nel mezzo della seconda fila. Dovete ripetere questo esatto numero di colpi e con questo esatto ritmo, o si attiverà il meccanismo anti-intruso ». Detto questo, busso con uno strano ritmo sul coperchio della botte che aveva indicato: questo si aprì, e lasciò intravedere un cunicolo terroso, che sembrava procedere in salita.
« Tutto qui », aggiunse Gabriel, con un tono che a Cassandra apparve un po’ atterrito. « Coraggio, seguitemi ».
Uno per uno si avventurarono all’interno della botte, e Cassandra riuscì, almeno per quel momento, a seminare Chloe, che non smetteva di elogiare la complessità dell’entrata. Dopo poco tempo, le si aprì davanti agli occhi un’ampia stanza circolare, dal basso soffitto, calda ed accogliente, decorata con i colori giallo e nero e con numerosissimi cactus danzanti, poggiati su altrettante mensole. Dal soffitto, portavasi in rame accoglievano felci ed edere, che si protraevano come a volere toccare terra. Tutto, in quella stanza, era circolare: dalle porte, ai tavoli, alle mensole e perfino al camino fiammeggiante! Sopra di questo, troneggiava il quadro di una strega dal volto gentile, con in mano una coppa dai due manici; intagli di tassi danzanti decoravano i numerosi mobili in legno, del colore del miele. Era proprio una bella stanza, che, debolmente illuminata, dava una profonda sensazione di pace. « Eccoci arrivati. Se tutto andrà bene, questa sarà la vostra casa, per i prossimi sette anni »
« Beh… Menomale che è carina, allora » disse Chloe, che ne frattempo aveva raggiunto Cassandra.
« Ora », aggiunse Gabriel, « la porta sulla sinistra conduce al dormitorio delle ragazze, mentre la porta sulla destra a quello dei ragazzi.

Troverete lì tutte le vostre cose e gli orari che potrebbero servirvi » « Oh! Presto! Andiamo a vedere se abbiamo i letti vicine! » disse forte Chloe, prendendo Cassandra per un braccio e trascinandola attraverso la porta circolare di sinistra.
Giunte ai loro letti, le ragazze trovarono che questi erano in perfetto stile con il resto del dormitorio e della Sala Comune: erano bassi ma ampi, con alti materassi e ricoperti da piumosi cuscini e trapunte patchwork gialle.
Cassandra fece conoscenza con altre ragazze che, fortunatamente non sembravano socievoli come lo era Chloe: Dalia, Joanne e Norah. Ognuna di loro si sistemò nel proprio letto, e cominciarono a parlare della giornata: della scuola, della casa, dei compagni. Non molto più tardi, però, tutte crollarono in un profondo sonno. Tutte tranne Cassandra, che rimase a fissare a lungo il soffitto in pietra beige, pensando a quanto erano cambiate le cose, da un paio di mesi a quella parte.

Il mattino seguente, Cassandra fu svegliata dalla luce che penetrava da una delle finestre circolari che si trovavano in alto, vicino al soffitto. Le sue compagne di stanza ancora dormivano, così decise di guardarsi attorno per cercare di non essere colta impreparata nei giorni futuri. Si vestì e la prima cosa che andò a controllare fu la sistemazione delle finestre: c’era un motivo se si trovavano così in alto, ed il motivo era che l’intero dormitorio si trovava nei sotterranei del castello. Guardando fuori, infatti, era ben visibile l’erba del prato che circondava la scuola; le finestre dovevano essere incantate, poiché anche se fuori il tempo era uggioso, una calda luce illuminava la stanza.
Guardò l’orologio che lo zio le aveva regalato e che portava allacciato al polso: le 8 del mattino; aveva dormito più di quanto non pensasse. Decise di andare nella Sala Comune, e, con sua enorme sorpresa, trovò solo un ragazzo che già era alzato.
« Ehy, ciao! Dormigliona! », disse Eric.
« Ci sei solo tu? » chiese Cassandra.
« Oh, si… Sono in ritardo. Sono sempre in ritardo »
« In ritardo per cosa? » chiese subito, assalita dal dubbio di aver dormito per un giorno interno e che quello non fosse domenica.
« Beh, in ritardo per… fare cose. Gli altri sono tutti sotto a fare colazione. Menomale che oggi è domenica, o voi del primo anno sareste tutti fregati dalla vostra stessa voglia di dormire! »
« Puoi aspettarmi qui un momento? » chiese, e velocemente si dileguò attraverso la porta del dormitorio delle ragazze. Ogni stanza era vuota, tranne quelle in cui quelle del primo anno ancora dormivano. Corse a svegliare Chloe e le altre compagne, dicendo loro che erano state le uniche a non svegliarsi. Prese dall’imbarazzo, tutte si prepararono in fretta e furia, mentre Norah aiutava a svegliare le ragazze delle stanze vicine.
Insieme, scesero nella Sala Comune, dove Eric aveva mantenuto la promessa, e le stava aspettando.
« Ce ne avete messo di tempo! Possiamo andare? »
Lui fece strada, infilandosi nel corridoio terroso, fin sotto, alle botti, e poi al largo corridoio in pietra. Le ragazze lo seguirono mentre Chloe si preoccupava di come avrebbero potuto svegliare gli altri, nel dormitorio maschile.
Giunte in Sala Grande, le ragazze non poterono fare a meno di notare che gli unici presenti a fare colazione erano i membri della casa Tassofrasso.
Non sapendo se essere infastidite o imbarazzate, si sedettero vicino ai loro compagni: erano lì disponibili pancakes, salsicce, uova, pancetta, prosciutto, fagioli, pane, burro, yogurt e marmellate di ogni genere e sorta. Cassandra non era abituata a vedere tutto quel cibo, soprattutto per la colazione: a casa sua, lei e suo zio avevano pasti molto veloci e all’istituto che aveva frequentato fino ad allora non ci si sprecava certo di fantasia.
Mentre la colazione procedeva, e alcuni compagni già si erano alzati da tavola, il professore di pozioni, il professor Piton, entrò nella sala, ma subito ne uscì borbottando parole incomprensibili.
« Che succede? » chiese Cassandra.
« Oh… lui è il direttore dei Serpeverde. Tutti gli anni chiede ai suoi allievi di essere puntuali… ma non lo sono mai… Tutti gli anni »
« Ma puntuali per cosa? Non c’è lezione oggi, vero? » incalzò Chloe.
« No. Ma noi siamo qui e loro no! » disse Eric, scoppiando in una fragorosa risata che attirò l’attenzione di tutti.
« Buongiorno, buongiorno ragazzi. Allora, questi sono i nostri nuovi arrivati! ». Era una signora sorridente, che indossava un vecchio cappello, tutto rattoppato. « Bene, bene… E i ragazzi? I nuovi allievi? » « Dormono! » disse Eric ridendo.
La professoressa Sprout sospirò. « Vai a svegliarli, Goodway. Bisogna rimboccarsi le maniche per vincere di nuovo la coppa. E questo non è certo un buon inizio! »
« Quale coppa? » chiese Norah Kat, mentre Eric si alzava da tavola.
« La coppa delle case, carina! Si vince con i punti! E chi dorme non porta punti! ». Conclusa la frase la professoressa si andò a sedere poco più in là, per la colazione.
« L’anno scorso abbiamo vinto la coppa. Vuole che ripetiamo l’impresa » disse una ragazza più grande a Norah, con aria rassegnata. Non sembrava confidare molto su questa possibilità.
Finirono con calma la colazione e prima delle 9 tutti i Tassofrasso si erano già alzati da tavola, mentre Piton entrava a passo svelto nella Sala Grande trascinando un giovane Serpeverde per un braccio. Uscendo, Cassandra incrociò Amalia, che le sorrise e le fece cenno che si sarebbero viste più tardi.
« Cosa facciamo? » chiese Dalia.
« Non lo so… cosa si fa la domenica ad Hogwarts? » rispose Joanne.
Rimasero così in silenzio alcuni istanti, guardandosi intorno nella sala d’ingresso. Ad un tratto Chloe suggerì di perlustrare la scuola, alla ricerca delle aule in cui avrebbero dovuto passare i prossimi sette anni. La proposta venne accolta con favore e le quattro ragazze si incamminarono su per i gradini dello scalone di marmo.
Un gruppo di Grifondoro stava intanto scendendo le stesse scale e, quando li intravide tra la folla, Cassandra chiamò Fred e George, che però non risposero al saluto, proseguendo di corsa verso la Sala Grande. Anche Percy sembrò non vederla; per ultimo, passò Charlie, che la salutò con un gran sorriso.
« Oh, ragazze! Attente alle scale! » urlò.
« Attente alle scale? Cosa significa attente alle scale? » chiese Chloe alle amiche, riprendendo a salire. Giusto in tempo per finire la frase, la rampa di scale sulla quale erano appena salite, sulla sinistra, si mosse. Stava cambiando direzione! Non più verso il lungo corridoio al quale erano dirette, ma verso un pianerottolo, dal quale prendeva vita solo un'altra rampa.
« Credo che intendesse esattamente questo » disse Cassandra, immobile in mezzo alla rampa, ora ferma.
« Che facciamo? Torniamo indietro o saliamo? » chiese Joanne.
« Già che siamo qui, saliamo, no? » disse Norah decisa, afferrando Dalia per una delle sue ossute braccia.
Così salirono; e salirono ancora. Tra scale che si muovevano e nessuna idea di dove fossero dirette, Norah riuscì a portarle tutte dritte alla guferia.
« Siamo sicure di poter stare qua? » chiese Dalia.
« Se non avessero voluto farci salire qui ci sarebbe stata almeno una porta » rispose Joanne.
« Venite a vedere! » gridò Chloe, pericolosamente affacciata alla finestra della gufiera.
Davanti ai loro occhi, un enorme prato, tutto in discesa, conduceva alla Foresta Proibita, che, ammirata ad una simile altezza, mostrava il suo lato più affascinate. Non scura e spaventosa, ma illuminata dal freddo sole di settembre lasciava intravedere tutte le sue sfumature. Poco distante, nella direzione del castello, si trovava una strana capanna in legno, affiancata da un altrettanto strano recinto.
« Chissà perché non vogliono che ci andiamo… » si chiese Cassandra.
« Non hai sentito? Ci vivono creature pericolose » subentrò Joanne.
« Beh ma non sembra tanto male, no? » disse Dalia.
« Beh, tanto non ci possiamo andare » concluse Norah, imboccando nuovamente le scale che le riportavano sui loro passi.
Scesero un’infinità di scale, così come le risalirono. Incontrarono un gruppo di Corvonero più grandi che accompagnavano un gruppo di ragazzi del primo anno, passarono per la biblioteca, per l’infermeria, che già vedeva, su un lettino, stesa una ragazza, scesero fino all’aula di pozioni e poi di nuovo su fino alla Torre di Astronomia. Arrivata l’ora di pranzo, erano sfinite, ma soddisfatte: pensavano di aver già esplorato buona parte del castello.
Scendendo verso la Sala Grande, Cassandra vide due ragazzi passar loro velocemente accanto e dileguarsi in un corridoio, sulla destra. Erano senz’altro Fred e George.
« Voi andate, io vi raggiungo dopo » disse alle altre ragazze fermandosi e poi risalendo le scale che stavano percorrendo per scendere.
« Dove vai? »
« Non rischi di perderti? »
Queste domande non trovarono risposta, perché Cassandra si sentiva troppo impegnata nel suo inseguimento per dar loro retta. Mano a mano che li seguiva, i due ragazzi sembravano aumentare il passo. Sempre di più. Sempre più veloce. Lungo nuovi corridoi, su e giù per altre scale, facendo avanti e indietro per il castello. Alla fine Cassandra si decise a chiamarli. I gemelli si fermarono di colpo, si diedero uno sguardo veloce l’un l’altro e si voltarono verso di lei.
« Cosa vuoi? » chiesero in coro.
Cassandra era perplessa. Allora l’avevano sentita. Allora stavano… scappando?
« Come? »
« Hai bisogno? »
« Cosa c’è? »
« Ehm… volevo solo parlarvi. Da ieri non ci siamo più visti » provò a dire Cassandra; subito dopo aggiunse, sorridente: « Mi avete mentito, non c’era nessuna prova », ma fu subito interrotta da Fred.
« Già, beh, anche tu »
« Anche io cosa? »
« Hai mentito, no? » proseguì George. « Dovresti smetterla di seguirci », concluse. Entrambi si girarono e proseguirono giù per le scale. Cassandra li vide arrivare fino allo scalone in marmo della Sala d’Ingresso e svanire nella Sala Grande. Cos’era successo?
Il tempo per il pranzo fu breve, la corsa dietro ai gemelli era stata più lunga di quanto non le fosse sembrato; il resto del pomeriggio trascorse come aveva fatto il mattino, ma meno frenetico: le ragazze capirono che c’era ancora molto, troppo da visitare.
A cena Cassandra non prestò molta attenzione alla fame che la divorava. Continuava a pensare a Fred e a George. Hai mentito. Dovresti smetterla di seguirci. Non aveva senso. Lei non aveva mentito. Su cosa? Seduta dov’era dava le spalle al tavolo di Grifondoro; avrebbe tanto voluto poter parlare con loro, ma quando anche la torta di zucca sparì dai piatti dorati tutti dovettero tornare nelle rispettive sale comuni e non ci fu l’occasione.
Quella sera, coricata nel suo letto in legno scuro, Cassandra non prese sonno in fretta, tanto che cominciò a chiedersi sarebbe mai riuscita a dormire sotto quella trapunta patchwork.

Note dell'autore: Ho voluto utilizzare le terminologie della nuova traduzione; per cortesia non apriamo discussioni in questo proposito. Fatta eccezione per alcuni personaggi e per la trama in sé della mia storia, tutti i diritti appartengono a J. K. Rowling. La canzone del Cappello Parlante è mia.

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Capitolo 3
*** Le lezioni di Volo ***


Era arrivato il lunedì, il primo vero giorno di scuola ad Hogwarts. Cassandra sentiva come una fitta allo stomaco: non sapeva cosa aspettarsi dalle lezioni di trasfigurazione, di difesa contro le arti oscure, ne tanto meno da quelle di volo.
« Cosa avete alla prima ora? » chiese Eric a colazione.
Chloe estrasse di fretta l’orario dal paiolo e lesse: « Incantesimi! »
« Oh! Vi piacerà! Le lezioni sono tenute dal professor Flitwick, il direttore di Corvonero ».
Mentre tutti i ragazzi del primo anno si informavano su come si svolgessero le lezioni e mentre tutti i più grandi si dimostravano ben lieti di informarli, Cassandra si obbligava, come spesso le accadeva ultimamente, a prestare attenzione a ciò che le avveniva attorno. Non aveva proprio il tempo di pensare a Fred e George, le lezioni erano più importanti: avrebbe cercato di capire in cosa avesse mentito quando fosse riuscita ad abituarsi a tutte quelle stranezze.

Il professor Flitwick era di bassissima statura, dai capelli bianchi ed assomigliava parecchio ai goblin che Cassandra aveva visto per la prima volta alla Gringott. Come aveva promesso Eric, la sua lezione risultò piuttosto interessante, oltre che divertente: per far si che gli allievi lo vedessero, data la sua piccola statura, il professor Flitwick era costretto a sostare in piedi su una pila di libri e spesso accadeva che, per un motivo o per l’altro, cadesse giù, ruzzolando a terra e scatenando l’imbarazzata ilarità della classe.

Se la lezione di Incantesimi veniva svolta dai Tassofrasso insieme ai Corvonero, Pozioni era insieme ai Grifondoro, mentre quella di Trasfigurazione li vedeva affiancati a Serpeverde. I giorni passavano e la lezione che meno di tutte era piaciuta a Cassandra era stata senz’altro quella di volo. Madama Hooch era una donna dal volto squadrato e severo, con occhi gialli come quelli dei gatti e capelli corti e grigi. Aveva spiegato chiaramente come fare:
« Ponetevi alla sinistra della scopa, stendete la mano destra e dite, in modo deciso, “SU!” »
Alla fine, bene o male tutti quanti riuscirono a comandare alla scopa come aveva mostrato la professoressa; tutti tranne Cassandra. Diceva “SU”, nel modo più deciso che le riusciva; ma niente. E mentre Madama Hooch passava a spiegare come montare sulla propria scopa, lei era ancora lì, a tentare di convincere la scopa a rispondere ai propri ordini.

La lezione terminò due ore più tardi, e a Cassandra rimase la ferma convinzione che la scopa che la scuola le aveva fornito fosse rotta. O difettosa. In tutte le altre materie che fino ad allora aveva affrontato se l’era cavata discretamente: perfino a Difesa contro le arti oscure, lezioni tenute da una strana strega, molto alta e molto magra, con lunghi capelli rossi e abiti colorati, era riuscita a farsi notare: lo zio l’aveva costretta a leggere l’intero libro prima dell’inizio della scuola e così almeno aveva risposto alle domande che proponeva la professoressa Lynch.
« Dolohov! Ancora non siamo riuscite a montare su quella scopa? »
« No, professoressa ». Era ormai stanca, nervosa, scoraggiata e molto arrabbiata; se lo zio l’avesse vista probabilmente l’avrebbe punita in chissà quale modo originale.
« Beh, ora devo andare alle preselezioni delle squadre di quidditch » disse secca Madama Hooch; vedendo però il volto imbronciato e allo stesso tempo determinato di Cassandra, aggiunse: « Non posso permettere che tu te ne vada senza aver imparato a maneggiare quel manico di scopa! Hai ancora lezione per oggi? »
Cassandra rispose con un cenno negativo del capo. « Perfetto! Allora verrai con me. Vediamo cosa possiamo fare. Non ho mai visto un’alunna più negata di te per il volo! » disse Madama Hooch, facendosi strada dal prato in cui si erano esercitati fino ad allora al campo da quidditch, comunque molto lontano.
Il campo da quidditch era ovale, ricoperto di soffice erba verde brillante. A ciascuna delle estremità dell’ovale si trovavano tre lunghissimi pali, sormontati da altrettanti anelli. Ancora più alti spalti si sviluppavano lungo il tutto il perimetro del campo e possenti torrette erano decorate con i colori delle case.
Madama Hooch ordinò a Cassandra di continuare ad esercitarsi a lato del campo, cercando di occupare meno spazio possibile, e si diresse verso gli spogliatoi. Tornò qualche minuto dopo seguita da una trentina tra ragazzi e ragazze, che indossavano divise di tutte e quattro le case.
« Benvenuti alle preselezioni delle squadre di quidditch di quest’anno! » disse Madama Hooch con il suo tono deciso. « Quello che faremo ora sarà dividervi per casa e valutare chi di voi abbia i requisiti minimi per questo sport. Significa quantomeno essere in grado di rimanere in sella alle vostre scope e dimostrare di averne la padronanza. Cominciamo! »
I membri di ciascuna casa si sistemarono in quattro diversi gruppi e cominciarono a sfoggiare le loro capacità alla guida del manico di scopa. Cassandra si sentiva terribilmente imbarazzata: loro erano così bravi! Facevano in aria acrobazie di ogni genere, sulle loro scope; lei, invece, era a malapena riuscita a far muovere la sua.
Delle risatine provenivano dalle sue spalle: si voltò e vide Fred e George mentre la prendevano in giro insieme ad altri membri della casa di Grifondoro; Ron aveva detto che avrebbero partecipato. Perché la stavano deridendo? Per quale motivo si comportavano così? Erano stati così gentili, fino a qualche giorno prima!
E senza rendersene conto, si ritrovò con la scopa in mano. Ci era riuscita. Il manico di scopa le aveva obbedito!
« Oh! Bene! Era ora di riuscirci, mia cara! » disse Madama Hooch, volandole affianco. « Ora devi montare a cavalcioni, così, e darti una leggera spinta verso l’alto. Leggera! Mi raccomando ».
Ma non successe niente.
« Non così tanto leggera » sbuffo la professoressa. « Pucey! Non mi pare di aver autorizzato nessuno a tirar fuori i bolidi! » gridò sfrecciando verso il gruppetto di Serpeverde.
A cavalcioni della sua scopa, cassandra non riuscì proprio a decollare. Le preselezioni finirono che lei ancora non si era staccata da terra. Alcuni ragazzi erano stati bocciati e non sarebbero diventati membri della squadra della loro casa. Ma Fred e George passarono e la notizia sembrò esaltarli parecchio.
Volarono in tute le direzioni, divertendosi a sfrecciare all’impazzata l’uno verso l’altro per poi schivarsi all’ultimo istante, sfiorandosi appena; volavano a testa in giù e si cimentavano in spettacolari avvitamenti.
Mentre Madama Hooch si diresse a fermare un rissa scoppiata tra alcuni Tassofrasso ed alcuni Serpeverde, i gemelli si avvicinarono volando a Cassandra e, sospesi ad alcuni metri da terra, stavano ad osservarla.
« Tutto bene, Dolohov? » chiese Fred.
« Non riesci a volare? » continuò George.
« Dovresti chiedere aiuto! »
« Già! Magari a qualcuno più bravo di te! »
« Dubito che qualcuno accetterebbe, Georgie »
« Hai ragione Freddie; sembra un caso disperato »
« Ci sarebbe bisogno di qualcuno davvero bravo! E con tanto tempo a disposizione! » esclamò Fred, facendo un rapido giro sulla testa di Cassandra, facendo ridere gli altri, Grifondoro e Corvonero, che stavano lì attorno.
« Qualcuno come te, signor Weasley! » intervenne Madama Hooch, che nel frattempo era riuscita a fermare la rissa e a togliere 20 punti a Serpeverde e Tassofrasso. Scese dalla scopa e si avvicinò al gruppetto. « Vista la tua propensione ad impartire lezioni e al volo, affido a te il compito di far diventare la signorina Dolohov una campionessa di Quidditch »
A nulla servirono le proteste mosse da Fred, appoggiato da George. Madama Hooch fu irremovibile: due volte a settimana Fred avrebbe dovuto concedere a Cassandra lezioni di volo, fino a che non si fosse portata almeno alla pari con i compagni. Per quanto possa sembrare strano, i gemelli non erano certo gli unici a cui l’idea non andasse giù: la loro ostentata ostilità cominciava davvero ad infastidire Cassandra.
« Accompagnala a ritirare il suo manico di scopa, signor Weasley. E non ho intenzione di sentire lamentele di sorta » concluse la professoressa.
Continuando a borbottare e a sbuffare tra sé e sé, Fred si avviò, seguito da Cassandra, lungo il sentiero che portava al castello. A peggiorare il suo umore intervennero i compagni di Grifondoro, George compreso, che approfittarono della punizione impartita al ragazzo per lasciare nelle sue mani tutte le scope e correre direttamente in Sala Grande per la cena, senza passare dalla rimessa.
Portare tutte quelle scope non era certo un compito facile e quando gliene cadeva una, Cassandra pensava a raccoglierla, ma neanche un “grazie” le fu rivolto.
« Si può sapere cosa succede? »
« Di che stai parlando…? »
« Per quale motivo ce l’avete con me? »
« Ci hai mentito… » disse Fred in un sussurro che si sentì appena.
« Non vi ho mentito! » rispose lei forte; « su cosa? » vedendo che lui non sembrava deciso a rispondere alla sua domanda, ma piuttosto si dimostrava sempre più irritato, Cassandra continuò: « Pensavo fossimo amici! Perlomeno che andassimo d’accordo! »
« Oh certo! » disse Fred fermandosi e voltandosi verso di lei; « d’accordissimo! È un peccato che tuo padre sia un mangiamorte! ». Aprì la porta della rimessa che avevano raggiunto nel frattempo e lasciò cadere le scope. « Chiudi, quando hai finito », disse andandosene e lasciando Cassandra da sola.
Un mangiamorte, pensò lei guardandolo mentre si allontanava e si dirigeva verso l’entrata del castello. Cos’è un mangiamorte? Le brontolava lo stomaco. Non poteva proprio saltare la cena; e in più non sapeva come trovare quelle informazioni. Certo, avrebbe potuto chiedere a Eric o a qualche altro studente più grande, ma dal tono con cui l’aveva detto non sembrava un argomento leggero da trattare. Avrebbe potuto andare in biblioteca, ma visto quanto era grossa avrebbe impiegato troppo tempo per trovare qualcosa. Decise infine di concedersi una serata tranquilla: andò a cena e subito dopo tornò alla sala comune con le compagne, sempre, però, tenendo bene a mente quel nome, qualunque cosa fosse. Mangiamorte.
 
Il giorno dopo seguì la lezione di trasfigurazione della professoressa McGonagall, seguita da una lunga pausa che si protraeva fino all’ora di pranzo. Era il momento giusto; sarebbe andata in biblioteca. Avrebbe passato anche il tempo del pranzo lì dentro, se fosse stato necessario. Voleva a tutti i costi capire perché i gemelli la odiassero.
Entrata in biblioteca la trovò esattamente come l’ultima volta che vi era entrata, qualche settimana prima. Enorme. Piena zeppa di libri. Tantissimi scaffali in cui cercare. L’impresa sembrava impossibile. Eppure sembravano tutti così sicuri, gli altri studenti; procedevano decisi attraverso i corridoi formati dagli scaffali e non sembravano avere alcun problema a trovare ciò che stavano cercando.
Cassandra decise di fermare una ragazza di Corvonero che le era appena passata davanti.
« Devi parlare con il quadro di Atritonia, laggiù. Chiedi a lei » le disse.
Cassandra si avvicino al quadro che le era stato indicato, appeso di fianco all’entrata. Raffigurava una bellissima donna, con il capo ornato da una coroncina d’alloro e vestita di un lungo abito bianco.
« Hai bisogno, bambina? » le chiese la donna nel quadro, gentilmente.
« Stavo cercando informazioni sui… ». Non si ricordava più il nome. Atritonia la guardava con sguardo interrogativo ma paziente. Cassandra però proprio non ricordava. Erano i… « mangia.. morte... » disse infine indecisa.
« Certo. Devi andare nello scaffale 5K, sulla storia del secolo. Dovrebbe esserci una sezione dedicata all’argomento » disse cordiale. « Segui la luce! » disse, aprendo le mani. Una sferetta di luce bianca uscì dal quadro e si diresse verso destra, per girare poi a sinistra, in un corridoio di scaffali. Cassandra, dopo aver ringraziato Atritonia, la seguì, fino a che non svanì, entrando dentro alcuni libri, terminato il suo compito.
Davanti a Cassandra si trovavano decide di volumi con i titoli e le copertine più disparate: Cronache del Periodo Oscuro di Ozmond Parker, Le verità non dette su Voi-Sapete-Chi di Rita Skeeter, Come tutto nacque di Sinton Fanon, In ricordo di Bredele Galhad, e molti altri. Cassandra decise i sfogliare, per cominciare Cronache del Periodo Oscuro: il fatto che ci fosse la parola “cronache” nel titolo le dava l’idea di qualcosa di fedele alla realtà. Ed aveva ragione: Ozmond Parker, era scritto sul retro del volume, era un giornalista per la Gazzetta del profeta, molto attivo negli anni Settanta. A quanto pareva, il volume che teneva tra le mani, altro non era che una raccolta degli articoli scritti e pubblicati dallo stesso Parker durante quello che veniva chiamato “il Periodo Oscuro”.
Estrapolando notizie a caso, Cassandra lesse:
 

Martedì 9 marzo 1971
CORPI RITROVATI A LONDRA. SI RICERCA IL COLPEVOLE. Ieri sera, lunedì 8 marzo, nella loro casa a Londra, sono stati ritrovati i corpi carbonizzati di Anita e Charles Richards, stimati membri del ministero e…

Passò oltre. Non c’era traccia di quello che stava cercando.
 

Sabato 23 ottobre 1971
CONTINUA LA STRAGE. ANCORA IGNOTI GLI ASSASSINI. Le autorità del Ministero informano che sono probabilmente più persone i responsabili degli atroci assassinii che si sono consumati negli ultimi mesi e che non accennano a diminuire…

Nulla. Avanti.
 

Giovedì 18 maggio 1972
OMICIDI RIVENDICATI DA LORD VOLDEMORT. È questo il nome di colui che nei giorni passati ha rivendicato gli omicidi che negli ultimi due anni hanno sconvolto e terrorizzato il mondo magico e babbano. La notizia giunge fresca dal Ministero della magia: ancora non si sa molto su chi sia Lord Voldemort o per quale motivo compia questi assassinii. Ciò che è certo, è che non agisce da solo. «I ritrovamenti delle vittime degli ultimi mesi ci danno motivo di pensare», dichiara il ministro della magia, Mikal Flowr, «che gli omicidi siano stati compiuti da persone diverse. Ancora non è chiaro se ci sia un movente. È nota, tuttavia, la modalità: l’anatema che uccide è stato utilizzato, ogni volta.» conclude.
Non sapendo chi sia Lord Voldemort, ne quello che cerchi, non ci resta che sperare in una cessazione di queste attività. Il Ministero fa sapere che molto presto verranno presi provvedimenti.

Ozmond Parker
 

Ancora niente. Avanti veloce.
 

Giovedì 15 febbraio 1973
IL MARCHIO NERO APPARE ANCORA. Abbiamo imparato a temere il suo nome e ora torna a colpire, la ventiduesima volta dall’inizio di quest’anno. Ormai tutti temono di tornare a casa, temono di trovare il marchio nero, il Suo marchio, sulle loro case…

 
Mercoledì 24 luglio 1974
CROUCH: SI’ ALLE MALEDIZIONI SENZA PEDONO. Il Ministero, dicono gli scettici, non sa più “che pesci pigliare” contro i mangiamorte

Ferma!

 Da lunedì venturo sarà infatti possibile per gli auror al servizio del Ministero avvalersi dell’anatema che uccide, secondo le disposizioni del capo del Dipartimento di Applicazione delle Leggi magiche, Bartemius Crouch. «Se non puoi batterli…» ha intitolato il suo articolo di ieri la collega Rita Skeeter: scelta azzardata, rispondo io. Titolo volto ad accaparrarsi un pubblico interessato più al gossip che al vero giornalismo, temo. Senza contare l’estrema serietà degli accadimenti: l’utilizzo della più spietata tra le maledizioni senza perdono potrà fermare la continua ascesa di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e dei suoi “scagnozzi”, i mangiamorte? Solo il tempo e le informazioni che il Ministero vorrà passarci sottobanco ce lo diranno.

Ozmond Parker

Lunedì 27 luglio1974
CROUCH TOGLIE LE BRIGLIE AGLI AUROR. VIA LIBERE ALLE MALEDIZIONI SENZA PERDONO. Proprio così. Il capo del Dipartimento di "Applicazione delle Leggi magiche", Bartemius Crouch ha autorizzato gli auror del Ministero all’utilizzo delle maledizioni senza perdono. Alcuni colleghi lo ritengono un modo per arginare l’incapacità del Ministero, altri di noi sono grati del provvedimento e …
 

Venerdì 21 novembre 1975
AUROR CATTURANO MANGIAMORTE. I numerosi auror che il Ministero impiega per dare la caccia ai temibili mangiamorte danno finalmente i loro frutti. Shea Millan è stata catturata ieri sera, dopo una lunga battaglia in cui molti de “nostri” sono rimasti feriti. Purtroppo, si è tolta la vita poco dopo: le sue ultime parole, secondo quanto riportato da alcune fonti, sarebbero state “Deludere il Signore Oscuro equivale a morire!”. Appaiono ormai più che chiare le intenzioni di questi maghi e streghe al servizio di Voi-Sapete-Chi: anche il suo nome ci terrorizza. Noi tutti confidiamo nella buona riuscita delle missioni intraprese del Ministero e dal gruppo di Abuls P. W. B. Silente, noto per aver già sconfitto un potentissimo e temibile mago oscuro, Gellert Grindelwald, nel 1945. Temo che non ci resti altro che sperare. Sperare.

Ozmond Parker

Nulla di specifico. Sarà meglio procedere più in fretta, pensò Cassandra, sfogliando le pagine del volume.
 

Edizione speciale. Domenica 1 novembre 1981
VOI-SAPETE-CHI SE N’E’ ANDATO! Tragiche morti accompagnano questo felice giorno. Colui-che-non-deve-essere-nominato finalmente non sarà più nei nostri incubi! Un caro prezzo, però, è stato pagato per questa liberazione: due stimati membri della comunità magica, James e Lily Potter hanno perso la vita. Il loro unico figlio, Harry, è riuscito a sopravvivere: sembra essere proprio suo il merito di questa disfatta da parte della più grossa minaccia che il mondo magico ed il mondo babbano abbiano mai vissuto. L’interrogativo rimane: come può un bambino così piccolo essere riuscito dove altri, più grandi, più forti, hanno miseramente fallito? Ora, poco importa. Le nostre speranze si sono avverate. Siamo liberi!

Ozmond Parker

 
Mercoledì 4 novembre 1981
I PRIMI PROCESSI AI MANGIAMORTE. Dopo la strage compiuta da Sirius Black avvenuta qualche giorno fa, hanno inizio i primi processi ai seguaci di Voi-sapete-chi. Mulciber e Rowle verranno processati oggi pomeriggio, mentre domani sarà il turno di Karkaroff, Dolohov e Macnair…

Dolohov e Macnair.

I sospettati di essere fedeli servitori di Voi-Sapete-Chi (la gioia c’è ma la paura rimane) sono moltissimi: alcuni di loro provengono dalle più antiche e rinomate famiglie magiche, come il giovane Black. Altri di loro sono padri e madri di famiglia: come possono maghi e streghe spingersi a tanto per la purezza della razza? Distruggere intere famiglie, altre madri e altri padri, figli e figlie, come potrebbero essere i loro, per seguire un ideale? Sappiamo purtroppo che la follia di questi individui non si ferma a questo. Va ben oltre.

Ozmond Parker

 
Era scioccata. Il nome di suo padre, il SUO nome, compariva in quegli articoli. E da lì, si faceva sempre più frequente.
Cosa poteva significare? Suo padre era un mangiamorte. Da quel che aveva letto e da quel poco che aveva capito, suo padre era una assassino. Un assassino ed un mostro.
« Eri qui! » esclamò una voce alle sue spalle. « Le tue amiche ti cercavano. Non hai lezione? » Era Eric. Teneva in mano un volumetto verde, dalle pagine tutte ingiallite e stropicciate.
« Che ore sono? » chiese Cassandra un po’ stordita. Quando si sentì rispondere che erano le 14:25 non poté far a meno di scattare in piedi constatando che, alla fine, aveva sul serio saltato il pranzo. Cronache del Periodo Oscuro di Ozmond Parker tornò al suo posto da solo e lei corse fuori dalla biblioteca e giù nei sotterranei, in ritardo per la lezione di pozioni del pomeriggio.

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Capitolo 4
*** La figlia di un mangiamorte ***


Dolohov e Macnair processati il 5 novembre 1981.
Avrebbe senz’altro dovuto tornare in biblioteca: non aveva abbastanza informazioni. Ora Cassandra sapeva che suo padre era stato accusato di essere un mangiamorte 9 anni prima. Non aveva ancora ben chiaro, però, cosa fosse un mangiamorte. E se suo padre fosse stato innocente? Probabilmente se avesse continuato a leggere lo avrebbe scoperto. Solo non avrebbe mai osato mancare una lezione di Pozioni: la cosa fondamentale con Piton era non farlo arrabbiare.
« Ripassate gli argomenti trattati. Arrivederci »
Tutti si alzarono e Cassandra si stupì che quelle due ore fossero passate così in fretta. Ritirò penna, calamaio, pergamena e il libro Infusi e pozioni magiche e si diresse verso la porta, distratta.
« Dolohov! »
Si voltò. Piton si stava avvicinando a lei molto, troppo velocemente, tanto che i lunghi capelli corvini ed il mantello colore della notte presero a svolazzargli tutto intorno.
« Stranamente, mi è sembrato prestassi poca attenzione alla mia lezione » disse in tono sarcastico; « Posso conoscerne il motivo? »
Non c’era più nessuno nell’aula.
« Mio padre era un mangiamorte? » chiese Cassandra svogliata ma terribilmente diretta.
« Antonin Dolohov. Sì. » rispose piano il professor Piton.
Cassandra ebbe un momento di esitazione. Poi proseguì. « Cos’è esattamente un mangiamorte? Ho cercato in biblioteca ma… »
« Non è il momento n’è il luogo adatto per questo genere di discorsi » sentenziò freddo Piton. « Se non hai domande a proposito della pozione scacciabrufoli, ti consiglio di non far attendere oltre la professoressa McGonagall », concluse.
Cassandra se ne andò arrabbiata e delusa. Il modo migliore per sapere qualcosa di più su suo padre e sul suo processo la aspettava alla fine della lezione di trasfigurazione. Raggiunse il primo piano e attese con impazienza che le due ore in quell’aula passassero molto velocemente. Non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero di suo padre, dei mangiamorte, degli omicidi. Tra un colpo di bacchetta ed un altro, uno mancato e l’altro pure, la professoressa li congedò, assegnando loro il compito di esercitarsi durante il week-end. Era finita.
Uscita dall’aula di tutta fretta, Cassandra imboccò le scale per i piani superiori.
« Cass! Dove vai? » chiese Dalia dolcemente.
« Arrivo subito! Cominciate ad andare a cena! E tenetemi un posto per favore! » rispose di corsa. Non aveva nessuna intenzione di aspettare. Ciò che doveva fare non richiedeva molto tempo, ma non poteva attendere oltre.
All’inizio dell’anno le era stato permesso di portare con sé un animale a scelta; purtroppo, lei optò per il gatto. Ophelia era bellissima, bianca e nera, con un disegno che sembra sottolineare il nasino rosa; solo che non sapeva volare. E l’unico modo che i maghi avevano per comunicare a distanza era la posta via gufo. Giunta alla gufiera, decise che avrebbe preso in prestito uno dei gufi della scuola. Prese un pezzetto di pergamena, penna e calamaio.

 
« Raccontami di mio padre.
                    Cassandra »

 
 Assicurò il biglietto alla zampina di una civetta dal becco giallo, gli occhi profondi e neri ed il piumaggio grigio a pennellate scure. Sarebbe bastato aspettare l’indomani mattina.
 
Il giorno dopo non c’erano lezioni, ma Cassandra non poteva assolutamente permettersi di saltare la colazione. La sera prima, a cena, non aveva avuto molta fame; e se questo non fosse bastato, l’idea che la posta venisse consegnata proprio durante quel pasto le avrebbe fatto tornare la voglia di alzarsi. Si infilò di fretta degli abiti e volò giù delle scale dei dormitori, scivolò fino al corridoio sotterraneo e si precipitò in Sala Grande.
Alle 7 del mattino di sabato, pochi studenti si trovano in giro per il castello. Tra questi, Cassandra trovò a fare colazione Eric, Gabriel Truman, una ragazza che riconobbe essere la prefetto di Corvonero e Amalia. Non volendo essere notata da quest’ultima, Cassandra corse verso il tavolo al quale erano seduti Eric e Truman ma non fece a tempo e venne intercettata.
« Ehy! Cassi! » la chiamò Amalia mentre le veniva incontro. « Sono settimane che non ti vedo! Vieni con noi » disse: aveva tutta l’aria di essere un ordine.
A dir il vero, Cassandra non sapeva per quale motivo l’avesse evitata: i gemelli l’avevano avvertita di starle alla larga, è vero; era vero anche, tuttavia, che non si erano dimostrati molto affidabili, dal canto loro. Rivalutando la situazione, non ebbe più molti problemi a sedersi con Amalia e le sue amiche.
« Allora stai in Tassofrasso… » le disse la ragazza grassottella che aveva già incontrato sul treno. « È un peccato. Piacere » disse allungando la mano « Abigail ».
« Cassandra » rispose « Come mai un peccato? »
« Perché avremmo potuto divertirci! » intervenne un’altra ragazza, bionda e riccia, con gli occhi neri come quelli della civetta della sera prima.
« Lei è Lacey » intervenne Amalia. « È in punizione con me… Menomale che questo è l’ultimo giorno! »
« In punizione per cosa? » chiese Cassandra.
« È tutta colpa dei Weasley e di Jordan » spiegò Amalia. « Sono venuti a romperci le scatole, sul treno, quando siamo arrivate. Ci siamo difese e siamo state punite! »
« Tranne Ab » disse Lacey lanciando un’occhiataccia all’amica, che sogghignava. « È scappata in tempo, la maledetta » continuò lanciandole un pezzo di pane.
« Ringrazia, invece! » disse lei.
« Già. Se avessero punito anche lei sarebbero stati altri 20 punti in meno a Serpeverde », concluse Amalia.
Cassandra stava per intervenire nella conversazione ma, fortunatamente, proprio in quel momento, un’ondata di gufi entrò dalle finestre della Sala Grande. Smise così di prestare attenzione alle compagne e si concentrò sulla posta. Stranamente, nessun gufo le lasciò niente.
Non poteva essere. Aveva bisogno di quelle informazioni il più presto possibile! Non poteva più aspettare! Avrebbe rinunciato volentieri a tutti i racconti che le ragazze stavano facendo in quel momento, a vedere Abigail che scartava i biscotti mandati da sua madre, ai lamentii di Lacey ed Amalia che ne pretendevano la metà! Avrebbe fatto a cambio di tutti i discorsi delle sue compagne di Tassofrasso, specialmente di quelli semi-sconclusionati di Chloe! Anche ai preziosi consigli di Eric. Ma DOVEVA sapere di suo padre. Doveva. Quella risposta le serviva. E le serviva subito.
Per un breve istante fu addirittura tentata di chiedere ad Amalia: il suo nome era stato fatto insieme a quello di suo padre nell’articolo di Parker. Cambiò idea, pernsando che probabilmente quello non era, come aveva detto Piton, n’è il momento n’è il luogo adatto. Inoltre non sapeva cosa succedesse ai maghi assassini e probabilmente non sarebbe stato cortese farle raccontare certe cose.
« Cass! Caaass!! ». Eric la stava chiamando.
Cassandra si voltò. Dal tavolo in fondo alla sala, molto lontano da loro, l’amico stava facendo dei segni: sembrava volesse chiamarla. Dopo aver tentato svariate volte di capire cosa volesse senza ottenere alcun risultato, Cassandra si convinse ad alzarsi.
« Che c’è? » chiese nervosa appena arrivata vicino ad Eric.
« Oh, sei caduta dal letto ‘sta mattina? È arrivata questa per te… quel gufo non doveva essere troppo sveglio. La portata qua solo perché è il nostro tavolo ma non ha visto che tu non c’eri » disse alzando una busta sigillata e con su scritto il suo nome.
Era lei. La sua lettera! Quella che stava così ardentemente aspettando. Senza pensarci le strappò di fretta dalle mani dell’amico, ringraziò velocemente e se ne andò.
Aspettò di essere fuori dalla Sala Grande per aprirla.

 
« Mi hai chiesto informazioni su tuo padre. Ebbene, te le darò.
Circa dieci anni fa un mago oscuro, il cui nome è bene non nominare, terrorizzò il mondo magico. Il suo obiettivo era quello di affermare la supremazia di maghi e streghe sul mondo babbano. Insieme ai suoi seguaci, i cosiddetti “mangiamorte”, commise innumerevoli crimini ed omicidi.
Tuo padre, Antonin, era uno di loro. Era malvagio. Crudele. Spietato. Era uno dei più fedeli servitori dell’Oscuro Signore.

Ora si trova ad Azkaban, la prigione dei maghi. È stato processato e condannato nel 1981 per l’omicidio di Gideon e Fabian Prewett… »

 
Non riuscì a continuare. Malvagio. Crudele. Spietato. Come poteva essere suo padre? Era impossibile. Non lo conosceva ma non poteva essere così. Non poteva.
Voleva saperne di più. Voleva andare avanti a leggere la lettera. Ma non riusciva. Era troppo difficile. Troppo doloroso. Eppure non era finita. Eppure c’era dell’altro.
Prima di potersene rendere conto, era scoppiata a piangere. Si accorse che stava tremando, che con le sue lacrime stava sciogliendo l’inchiostro. Doveva smetterla, e andare avanti.

 
« Quella condanna fu meritata. I Prewett  vennero uccisi con una ferocia inaudita. Poche volte si è narrato di un così spietato omicidio. Una delle altre riguarda tua madre…»
 
« Ehy, tu! Che ci fai lì? » chiamò una voce.
Cassandra esitò a voltarsi. Sapeva di avere il volto rigato da mille lacrime. Sapeva di apparire rossa. Non sapeva chi l’avesse chiamata.
« Va tutto bene? » proseguì il ragazzo, poggiando la mano sulla spalla di Cassandra. Quando lei si voltò vide Percy Weasley.
« Ah, sei tu » disse freddo, ricomponendosi. Vedendola piangere, proseguì: « Cos’è? »
Allungò la mano, prese la pergamena e la lesse. « Già. Gli zii. »
Si voltò per andarsene, ma Cassandra lo fermò. « Gli zii? » chiese dubbiosa.
« Si, Gideon e Fabian Prewett erano i miei zii. I fratelli di mai madre ». E se ne andò.
Questo spiegava tutto.
 
 
Nella settimana successiva Cassandra non fu molto in vena di parlare con nessuno. Poteva capitare, ogni tanto, che rispondesse alle incantevoli fantasie di Dalia, o ai deliranti sproloqui di Chloe. Riusciva meglio a dar retta alle affermazioni poco pacate e di grande carattere di Norah e non aveva difficoltà a tollerare Joanne, che per lo più se ne stava sulle sue, ad ascoltare ed osservare gli altri.
Non accadde molto, a dir il vero, in quei giorni. Prestava poca attenzione a ciò che le accadeva intorno, anche durante le lezioni. Quelle del professor Binns, che insegnava Storia della Magia, erano le più noiose e per quanto a Cassandra interessasse la materia, le risultava impossibile rimanere concentrata per più di venti minuti. Anche Astronomia le era piaciuta, nelle prime settimane, ma ora non vi prestava più attenzione. Lo stesso accadeva per Pozioni, Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione ed Erbologia. Solamente in Incantesimi, per quanto non si impegnasse, riusciva particolarmente bene. Per quanto riguarda le lezioni di Volo, avvenivano solo una volta a settimana, per sua fortuna. Fred non si era fatto ancora fatto sentire per le “ripetizioni”.
Fred e George. Avrebbe dovuto parlare loro, ad un certo punto. Sapeva che avrebbe dovuto farlo. Proprio non riusciva. Se capitava di intravedere uno dei due per i corridoi, o nella Sala Grande, lo stomaco le si chiudeva, le veniva da vomitare e a stento si tratteneva dallo scoppiare a piangere. Eppure doveva parlare loro. Dove farlo anche con Percy e Charlie. Doveva trovare il coraggio.
L’occasione, volenti o nolenti, venne da sé.
Il giovedì pomeriggio arrivò e con esso anche le lezioni di Volo. Se tutti erano elettrizzati dalla nuova lezione, Cassandra era terribilmente imbarazzata: non aveva certo fatto progressi. Già la settimana precedente la Professoressa Hooch non aveva fatto troppo caso a lei o, comunque, non le aveva ricordato la sua imbarazzante situazione. Non poteva certo sperare di essere altrettanto fortunata, questa volta.
Difatti, appena tutti i compagni di Tassofrasso e di Corvonero cominciarono a librarsi in aria a bordo dei loro manici di scopa, lei rimase a terra.
« Dolohov! Vieni qua. » la chiamò Madama Hooch. « Non ci sono progressi, eh? »
Cassandra fece un cenno negativo con la testa.
A Madama Hooch si dipinse una bruttissima smorfia sul volto. « Dimmi, come vanno le lezioni con Weasley? »
Ecco. La domanda fatidica era arrivata. Non poteva mentire: si sarebbe capita subito la bugia. Non poteva neanche però mettere in difficoltà Fred. Certo, era stato scortese con lei, aveva cercato di evitarla come si evita la peste, l’aveva presa in giro ed insultata; ma in un certo senso, pensava Cassandra, se l’era meritato. Cosa fare allora?
Madama Hooch aspettava perplessa una risposta e l’unica cosa che a Cassandra venne in mente di poter dire fu: « Non abbiamo avuto occasione di trovarci, in queste settimane… »
La rabbia che montava nella professoressa era ben visibile, traspariva dal suo volto come se non ci fossero veli; il suo viso divenne rosso nel giro di pochi secondi. Per fortuna, Madama Hooch sembrò riuscire a contenere la furia che doveva avere dentro e facendo un lungo sospiro annunciò alla classe che avrebbero dovuto gestirsi da soli per qualche minuto. Prese Cassandra per un braccio e si avviò verso le mura del castello.
Marciando verso i sotterranei, ancorata alla professoressa, Cassandra si chiedeva dove stessero andando. Alla fine, si fermarono di fronte all’aula di pozioni. Spalancarono le porte e Cassandra capì.
Lei fu lasciata sulla porta, ad aspettare. La classe che si trovava all’interno si voltò e Piton assunse un’aria di sdegnosa sorpresa nel vedere Madama Hooch avvicinarsi di tutta fretta al banco al quale erano seduti Fred e George Weasley.
« Mi dispiace interromperti, Severus. Posso scambiare un paio di parole con il signor Weasley? »
La faccia che fecero Fred e George in quel momento fu indescrivibile: George sgranò gli occhi e passò lo sguardo un po’ su Madama Hooch e un po’ su Fred, che, nel frattempo, vedendo entrare la professoressa, si era stretto nelle spalle e si era fatto piccolo piccolo, verso il fratello.
« Certamente » rispose Piton, tra il gelido e l’esterrefatto. « Confido nel fatto che verrò informato, al termine del vostro breve colloquio, del motivo di questa interruzione » disse, voltandosi vistosamente verso la lavagna.
Fuori dall’aula, recuperata Cassandra, si allontanarono di qualche passo: mai abbastanza da non permettere alla classe di ascoltare senza difficoltà la voce ferma e potente di Madama Hooch.
« Weasley! Mi sembrava di essere stata chiara. Ti avevo detto chiaramente di aiutare la signorina Dolohov nel volo. Ora, dammi una spiegazione più che valida che giustifichi il fatto che tu non l’abbia ancora fatto. »
« Non… Non ho avuto tempo… » rispose Fred sommessamente.
« Non hai avuto tempo. Quali impegni gravosi avrà mai uno studente del secondo anno che non gli permettano di eseguire un compito così semplice? » disse Madama Hooch visibilmente alterata.
Fred lanciò un’occhiataccia di soppiatto a Cassandra. E tacque.
« Perfetto. Questo è il mio ultimo avvertimento, signor Weasley. Tra due settimane ci saranno le ultime selezioni per le squadre di Quidditch: se per allora la signorina Dolohov non sarà in grado di svolazzare qua e là a bordo del suo manico di scopa, scordati di poter mai entrare in squadra! » sentenziò.
A nulla valsero i rispettosi dissensi e borbotti che Fred emise subito dopo.
« Dolohov, torna da noi non appena vi sarete accordati sugli orari » concluse Madama Hooch allontanandosi.
 
Camminando lungo i corridoi vuoti del castello, diretta verso la Sala Grande, Cassandra non riuscì a placare l’agitazione.
Poco dopo che Madama Hooch se ne fu andata, tra lei e Fred cadde il silenzio. Solo al termine di interminabili secondi, passati con gli occhi fissi a terra l’una e sulle pietre che componevano il muro l’altro, successe qualcosa; e Cassandra se ne andò subito dopo la decisione di trovarsi il sabato mattina, dopo la colazione.
Due giorni. Due giorni soltanto per prepararsi ad affrontarlo. Due giorni non erano certo stati sufficienti: la tensione le irrigidiva le gambe e quando tentò di afferrare una forchetta per la colazione si accorse che anche le sue dita si rifiutavano di obbedire ai comandi.
Come al solito, la Sala Grande il sabato mattina era semi-deserta: gli studenti più numerosi appartenevano alla casa Tassofrasso; qualche Corvonero e Grifondoro qua e là; quasi nessun Serpeverde. La professoressa Vector, la McGonagall e Silente.
Cassandra ebbe tutto il tempo di finire con calma la sua colazione, anche se non aveva molta fame. Le mezzore passarono, e, così, anche le ore. Dalle 7:30 si fecero le 8, e dalle 8 le 8:30. Solo ad un quarto d’ora dal termine del primo banchetto della giornata i gemelli con Lee Jordan si presentarono in Sala Grande.  L’avevano fatta aspettare per quasi due ore! E ora li vedeva entrare senza alcuna fretta, prendere tranquillamente i loro soliti posti e cominciare lentamente a servirsi.
Non sapendo come comportarsi, non volendo disturbare ma nemmeno sembrare disinteressata, Cassandra decise di alzarsi dal suo tavolo ed avvicinarsi al loro, tenendosi comunque ad una certa distanza. Poiché nessuno sembrava accorgersi della sua presenza, e poiché cominciava a sentirsi stupida e stufa, si mosse.
« Buongiorno » disse, alle spalle dei gemelli. Lee Jordan, che poteva guardarla in faccia, aveva un’espressione sorpresa. Fred e George si voltarono: « Adesso arriva » disse George, raggiungendo il fratello che, intanto, si era già nuovamente voltato e si era servito dal vassoio delle salsicce.
Notato lo scarso risultato della sua iniziativa, Cassandra indietreggiò di nuovo.
Quando le pietanze cominciarono lentamente a scomparire magicamente dai tavoli, i tre Grifondoro si alzarono dai loro posti. Quando furono vicini a Cassandra, Fred si fermò, mentre George e Lee proseguirono.
« Guarda il lato positivo! Almeno così non sei da solo ad annoiarti mentre noi siamo con quelle antipatiche! » disse Lee, seguito da un “buona fortuna” di George.
Senza dire niente, Fred si diresse verso l’ingresso della Sala Grande e poi lungo le scale che scendevano, dall’ingresso.
« Aspetta, non andiamo nel prato? » chiese Cassandra.
« Vuoi seriamente che tutti ti vedano mentre non riesci a far muovere la scopa? » rispose, continuando a camminare velocemente lungo gli infiniti corridoi. Pensando che avesse decisamente ragione, lo seguì senza altre domande.
Si fermarono ad una porta, ne prelevarono due scope, e ripresero a camminare. Alla fine, il lungo corridoio, buio e stretto, si trasformò in una passerella, un ponte che sovrastava un profondo precipizio; dall’altra parte, lontano, il campo da Quidditch.
« Non è impegnato? Il campo, intendo» chiese Cassandra, più per interrompere il silenzio che per vera curiosità.
« Ancora non ci sono partite, no? » rispose lui, in tono sarcastico.
Arrivati, passarono dagli spogliatoi ed entrarono: il campo appariva ancora più grosso di quanto non le fosse sembrato la volta precedente. Seguendo Fred, si portarono al centro del vasto prato e lì incominciarono.
Cassandra non aveva idea di come avrebbe fatto ad insegnarle e temeva che lui ne sapesse ancora meno. Non le disse nulla più di quanto non aveva già fatto Madama Hooch e, infatti, non accadde proprio nulla. Dopo circa mezz’ora di tentavi a vuoto, Fred cominciò a chiamarla in uno strano modo, che a Cassandra non piacque affatto.
“Sei sicura di non essere una maganò?” chiedeva. E “coraggio, maganò, almeno provaci!”, le diceva. Tanto che Cassandra cominciò davvero ad arrabbiarsi: non ci voleva certo un genio per capire che la stava insultando, a modo suo. Proprio come la volta prima, la rabbia cominciò a prendere il sopravvento ed un tratto le prese una tremenda voglia di tirare la scopa intensa al suo pseudo-insegnate. Avrebbe solo dovuto prenderla in mano e… non ce n’era bisogno. Senza accorgersene, la scopa era già in mano. Ce l’aveva fatta! Certo, era solo una piccola cosa, ma sempre meglio di niente.
Fred emise quello che apparve a tutti gli effetti un sospiro di sollievo. Poi montò a cavalcioni sulla sua scopa: « Finalmente. Ora fai come faccio io ».
 
La lezione andò avanti fino all’ora di pranzo e terminò, sorprendentemente, con una leggera levitazione da terra di Cassandra. Lei si riteneva già molto soddisfatta, ma Fred sembrava arrabbiato.
Tornando al castello, continuava a ripetere che non aveva nessuna intenzione di farsi escludere dalla squadra di Quidditch per colpa sua e Cassandra, arrabbiata, aveva risposto che allora avrebbero potuto esercitarsi anche al pomeriggio. « Tu fai come vuoi, ma non contare su di me: George e Lee non sono in punizione al pomeriggio »
« Ah, perché? Sono in punizione? »
« Per quella specie di duello, con le tue amiche di Serpeverde »
A Cassandra quello sembrò il momento più opportuno per affrontare il discorso. « Senti, Fred. Volevo dirti che mi sono informata. Non sapevo di mio padre ». Non ci fu risposta, e dunque riprese: « Mi dispiace davvero tanto, ma non ti giuro che… »
« Non mi interessa » la interruppe; « Non dobbiamo parlare per forza, sai? » concluse.
 
E così, passarono le successive due settimane. Cassandra non tentò più di toccare l’argomento, ma questo non significava che non le dispiacesse. Ogni tanto, aveva l’impressione, Fred si dimenticava di odiarla e la trattava con pazienza e, quasi, dolcezza. Ma quei momenti duravano ben poco e, ripresosi, ritornava la suo solito distacco.
Un martedì, all’ora di colazione, Cassandra ricevette l’inaspettata visita di un gufo: un piccolo bigliettino gli era stato legato alla zampina e quando lo aprì si trovò davanti ad una sorta di convocazione, per quello stesso venerdì, in cui Madama Hooch avrebbe valutato i suoi progressi nel volo. Subito non poté fare a meno di chiedersi per quale motivo la professoressa le avesse inviato un gufo se si trovava a pochi metri di distanza, al tavolo degli insegnanti; solo un momento più tardi registrò la notizia e si voltò di fretta verso il tavolo di Grifondoro, notando con spiacere che anche Fred non doveva aver preso bene la notizia.
Quando si alzò insieme ai compagni per andare a Incantesimi, Charlie Weasley la stava aspettando all’uscita dalla Sala Grande. Prima che lei potesse esprimere la sua sorpresa o un altro qualunque dei sentimenti che le affollavano il petto quel momento, Charlie le parò con molta dolcezza.
« È già arrivato il momento della valutazione? I miei fratelli non sono molto silenziosi, nemmeno quando leggono la posta » disse sorridente. Poi, come se le leggesse nella mente o, più probabilmente, come se i suoi occhi parlassero al posto suo, aggiunse: « Senti: non ti devi preoccupare se ora sono arrabbiati con te. Tu non centri niente con ciò che ha fatto tuo padre… E poi, loro erano troppo piccoli per ricordarsi degli zii. Quindi credo sia più che altro una posa » concluse con uno strano sorriso.
« Credo che anche Percy mi odi »
« Na… lui è fatto così. Ha quell’aria altezzosa con tutti! E non ti preoccupare di Fred e George. A loro penso io ».
Cassandra si sentiva decisamente rincuorata ora che sapeva che Charlie non era arrabbiato con lei; non riusciva però a porre troppa fiducia nel fatto che riuscisse a convincere i suoi fratelli. Di sicuro rimase male quando all’ora di pranzo capì che cosa intendeva dire con “a loro penso io”. Mentre entrava nella Sala Grande, infatti, vene superata velocemente da Charlie, che la salutò con un occhiolino e si diresse veloce al tavolo di Grifondoro. Quello che fece fu piazzarsi dietro a Fred e George, dare loro uno scappellotto ciascuno, avvolgergli le braccia intorno alle spalle e sussurrargli qualcosa che, Cassandra vide chiaramente, fece loro sgranare gli occhi.
Dieci minuti dopo, mentre già stava gustando una succulenta coscia di qualcosa, George le si avvicinò alle spalle (si era infatti messa apposta di spalle rispetto a loro, per evitare che gli sguardi si incrociassero) e le fece sapere che, tenendo troppo alla candidatura del fratello per la squadra di Grifondoro, avrebbe iniziato anche lui ad aiutarla con il volo, dato che la sua punizione per quello che chiamò “incidente del treno” era ormai finita. Quello stesso pomeriggio.
Alla prospettiva di quei nuovi allenamenti, le lezioni di trasfigurazione e astronomia passarono anche troppo velocemente. Cassandra non riuscì a concentrarsi per nulla e i suoi pensieri vagavano terrorizzati a ciò che Fred e George avrebbero potuto combinarle stando assieme. Si trovò persino a rimpiangere di aver parlato con Charlie, quella mattina.
Alla fine delle lezioni, salutò di fretta le compagne, cercando di liberarsi più in fretta possibile di Chloe e delle sue sciocche domande, e si diresse correndo verso il passaggio dei sotterranei che conduceva al sentiero per il campo da Quidditch. Aveva delle brutte fitte allo stomaco, simili ad un forte mal di pancia, ed una sensazione di profonda nausea, non solo all’idea dei gemelli insieme ma anche al pensiero di dover tornare a bordo di una scopa.
Fred e George tardarono un po’ ad arrivare; appena la videro, George la salutò timidamente, mentre seguiva il fratello che, senza aprire bocca, era già uscito all’aria aperta. La situazione sembrava tesa ma Cassandra aveva l’impressione che, in un certo senso, i due ragazzi si stessero impegnando a non farlo notare. Magari, pensava, erano solo preoccupati che lei non riuscisse a superare la valutazione di Madama Hooch e che Fred fosse bandito dalla squadra prima ancora di entrare a farvi parte; ma in ogni caso apprezzava lo sforzo.
Tra qualche sorriso qua e là, una battuta e qualche risatina, passò un’ora, che, fortunatamente, non andò sprecata. Gli sforzi di Fred delle ultime due settimane erano serviti tanto da permettere a Cassandra di controllare con sufficiente precisione il suo manico di scopa; era così riuscita a sollevarsi da terra già solo al terzo tentativo. Il resto della lezione si era svolta, con sua somma soddisfazione, in aria: tra i gemelli che sfrecciavano intorno alla sua testa urlando consigli, aveva tentato di dirigere il suo volo senza cadere e senza venire sbalzata di lato. Quando risalirono per il sentiero verso il catello, un sorriso di profondo orgoglio segnava il volto di Cassandra, insieme a qualche bollo qua e là, alle gambe rigide ed un profondo dolore al fondoschiena.
Non sapendo quale sarebbe stato il livello richiesto da Madama Hooch per considerare Cassandra sufficientemente preparata nel volo, i tre ragazzi si incontrarono ancora ogni pomeriggio, fino a che venerdì non arrivò. A Fred e George fu negata la possibilità di assistere alla prova, il che, in qualche modo, scoraggiava Cassandra. I rapporti tra loro erano nettamente migliorati, tanto che si trovò a pentirsi di aver dubitato delle doti di convincimento di Charlie, ed era stranamente convinta che il loro sostegno non avrebbe che potuto aiutarla.
Quando si trovò di fronte all’insegnate di volo si rese conto, suo malgrado, che la prova si sarebbe svolta nel prato vicino al castello: questo, era certa, sarebbe risultato un grande inconveniente, dal momento che si era allenata in un luogo diverso e che chiunque, semplicemente affacciandosi alle finestre del castello, avrebbe potuto ammirare il suo probabile clamoroso fiasco.
« Dunque, Dolohov. Ti sei allenata? Dalla tua prova dipende l’ammissione dei signor Weasley alle selezioni » specificò. Cassandra pensava che la professoressa avrebbe continuato, ma non fu così e realizzò in quel momento che, effettivamente, il suo fallimento o la sua riuscita non avrebbero fatto differenza per di lei: tutti quegli allenamenti e quello stesso esame non servivano a nulla se non per punire Fred.
« Ora voglio che comandi alla scopa di librarsi ». Cassandra si pose a fianco della scopa, allungò la mano e pochi secondi dopo la scopa le fu in mano. A questo punto fece il terribile errore di guardarsi intorno con la coda dell’occhio e vide che alcuni annoiati studenti osservavano la scena dalle finestre spalancate alle sue spalle. Chissà se Fred e George fossero lì? Sperava tanto di no.
« Bene » disse con una lieve incrinazione della bocca Madama Hooch; « ora monta a cavallo e staccati da terra ». Cassandra salì a cavallo della scopa ma non si mosse. O meglio, le sue gambe si muovevano ma i suoi piedi non si staccavano da terra. Era troppo agitata, troppo umiliata. Aveva troppa paura di cosa avrebbe detto Fred se non fosse riuscita a passare quel test. Ci riprovò ma ancora non accadde nulla. Alzò la testa per guardare Madama Hooch: la fissava sconsolata e un pochino annoiata con quei suoi occhi di gatto. Aprì la bocca come a voler dire qualcosa, magari porre fine a quella patetica scena, quando, da non molto lontano, verso l’alto, si udirono delle urla.
Erano Fred e George che urlavano alla professoressa di darle tempo, di non metterle fretta, e a lei di concentrarsi, che era stata brava durante le prove e che doveva fare finta che nessuno la stesse guardando. Cassandra si voltò e fece in tempo a vedere Lee Jordan che, forse per sostenere l’obiettivo dell’amico, si faceva spazio alla finestra del terzo piano e prendeva parte a quella stramba tifoseria.
Così, fece un respiro profondo, raccolse i suoi pensieri per poi scacciarli e riprovò, questa volta con successo. Dalle urla di gioia dei tre ragazzi capì di essere sospesa per aria ma quando aprì gli occhi la sua stabilità vacillò un pochino. Madama Hooch sembra compiaciuta, ma non soddisfatta, non abbastanza. Le chiese ancora di cimentarsi in qualche manovra, senza dare specifiche, lasciando a lei la possibilità di dimostrarle quel poco che era riuscita ad imparare. Ma ormai era abbastanza sicura delle sue possibilità e così, sempre ignorando i volti e i mugolii degli altri studenti, riuscì a spingersi in avanti, a virare leggermente a destra e anche a fare marcia indietro, anche se non per merito suo, ma solo a causa di un movimento inconsulto che non era riuscita a controllare.
Solo allora, sul volto di Madama Hooch apparve un leggero sorriso. Si voltò verso le mura del castello e urlò a Fred Weasley di presentarsi il giorno dopo, all’ora segnata sull’avviso appeso in bacheca, per le selezioni finali.
Cassandra era quasi riatterrata (cosa che tentava di fare lentamente e con estrema cura, data la sua incessante instabilità) quando vide che il professore di pozioni, Piton, la sta osservando da una delle finestre al primo piano della scuola. Colta di sorpresa, si fece prendere dall’agitazione e finì col precipitare a terra: per fortuna era a poco più di un metro dal suolo.

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Capitolo 5
*** La pera che ride ***


Da quando Cassandra aveva passato il test di volo di Madama Hooch il clima tra i fratelli Weasley e lei non fece altro che migliorare. Charlie era cortese e disponibile; George anche si dimostrava sempre più spontaneo e simpatico; Fred ancora ostentava un po’ di diffidenza, ma solo quando se ne ricordava; l’unico che proprio fingeva ancora di non vederla era Percy. Tre su quattro, pensava però Cassandra, rimaneva comunque un buon numero.
Qualche giorno più tardi della riuscita del suo esame, Cassandra trovò i due fratelli fuori dalla Sala Grande, o meglio, ci inciampò. Fred era accovacciato per terra, con la borsa aperta e libri e pergamene sparsi un po’ in giro; George lo guardava dall’alto, rimproverandolo per aver “fatto quel disastro”. Vedendola arrivare, addirittura, non la ignorarono ma, anzi, le chiesero di aiutarli.
« Fred ha fatto un casino » disse George, chinandosi. « Dobbiamo trovare una cosa… »
« Che cosa? » chiese lei, celando maldestramente il suo imbarazzo.
« Una pergamena. Accidenti! » imprecò Fred.
Vedendo che c’erano parecchie pergamene in mezzo a quel traffico, a Cassandra parve di non aver afferrato il soggetto della conversazione.
« No, senti: è una pergamena stregata e se le scrivi sopra, l’inchiostro scompare » fece Fred, passandole una penna e poggiando una boccetta di inchiostro lì sul pavimento.
« E cosa ve ne fate di una simile pergamena? »
« Niente » rispose George disinvolto. Vedendoli entrambi seduti per terra, occupati a scarabocchiare un angolo qualsiasi di ogni pergamena che avevano, Cassandra decise di non farsi troppe domande e di unirsi a loro, in quella strana occupazione.
« L’avete stregata voi? »
« Oh no… L’abbiamo rubata »
« A Filch, l’anno scorso »
Il numero di fogli stesi per terra era veramente alto e Cassandra non riusciva a capire cosa i ragazzi avrebbero dovuto scrivere di tanto lungo, oltre, ovviamente, al perché di una ricerca di un oggetto tanto inutile.
« Scusate, ma perché gliel’avete rubata se non ve ne fate niente? Magari a lui serviva »
« Certo che gli serviva! A scrivere alla McGonagall che avevamo tirato Caccabombe per tutti i sotterranei! Quel brutto… »
« In realtà Fred l’aveva già rubata, ma gliel’ha beccata e quando a provato a scriverci sopra non ha funzionato » spiegò George, a gambe incrociate, curvo su un altro foglio. « Così gliel’abbiamo presa di nuovo e abbiamo pensato che… Beh, può sempre fare comodo no? »
« Non credo che troverete mai il modo di… Credo di averla trovata » disse Cassandra in tono piatto. La pergamena che stava stringendo sembrava risucchiare l’inchiostro non appena vi poggiavi la penna sopra, fino a farlo scomparire.
« Perfetto! Bravissima! » esultò Fred.
« Prima o poi troveremo il modo di usarla, comunque » disse tranquillo George, prendendo la pergamena vuota e rimettendola nella borsa, dentro il libro Mille Erbe e Funghi Magici.
Quello fu senza dubbio un momento che Cassandra avrebbe ricordato con gioia. Era la prima conversazione normale che aveva avuto con i gemelli dall’inizio della scuola; e se non era proprio normale, era per lo meno completamente amichevole.
 
 
Alla fine sia Fred sia George furono presi nella squadra di Quidditch di Grifondoro, insieme a due nuove cacciatrici del loro stesso anno. Cassandra si impose di imparare i nomi ed i ruoli dei giocatori della loro squadra, anche se Eric sosteneva che non dovesse fraternizzare a tal punto con “il nemico”.
« Dunque, ci sono Fred e George che sono battitori, e quindi devono colpire gli avversari con i bolidi… »
« E evitare che colpiscano i propri giocatori » specificò Joanne, che si era pazientemente offerta di aiutarla ad imparare le regole dello sport.
« Sì, giusto. Con le mazze. Poi ci sono la Johnson, la Spinnet e Whitetounge che sono… cacciatori. E devono sostanzialmente fare goal »
« Devono far passare la pluffa negli anelli degli avversari »
« Infatti; fanno goal. Poi c’è Baston che fa il portiere e deve parare. Alla fine c’è Charlie che deve rincorrere la pallina veloce »
« Si chiama boccino… e non corre »
« Beh, ci siamo capite. Avete uno sport molto strano, qui. Da noi tuttalpiù si corre dietro una palla o ne si colpisce una piccola piccola molto forte oppure se ne fa rimbalzare una per terra »
« Beh tesoro, sembrano sport piuttosto noiosi questi di cui ci parli » intervenne secca e divertita Norah, prima che Eric le piombasse alla spalle per ripetere, nuovamente, il suo disappunto e sostenere che l’unica squadra di cui avrebbero dovuto interessarsi fosse quella di Tassofrasso.
 
In quel mese di ottobre, il clima si era fatto più cupo e freddo, anche se il risultato poco si discostava dal mese precedente, e la fatica dello studio già si faceva sentire. A tirare su il morale a quella che sembrava essere l’intera scuola ci pensavano i gemelli Weasley, la cui gioia per essere diventati parte della squadra di Quidditch sfociava quasi sempre in pesanti scherzi al signor Filch, il custode; solo Charlie sembrava riuscire in qualche modo a contenerli, mentre i tentativi di Percy risultavano del tutto inutili. Spesso Clara Dubois, durante le ore di Erbologia, si perdeva a parlare delle gesta sconsiderate di “quegli strani fratelli” e di come disturbassero la quiete della loro Sala Comune, anche se, secondo Cassandra, era possibile cogliere una nota di ammirazione nelle sue parole; ammirazione superata ampiamente quando trovava il modo di far entrare Charlie Weasley nel discorso. Era diventata evidente a tutti, ormai, la tremenda cotta che Clara aveva per lui: forzava ogni conversazione per permettersi di cominciare a parlarne, lo elogiava per ogni inezia, si colorava di un rosso acceso ogni volta che le capitava a fianco e alla prima partita Corvonero contro Grifondoro, il suo tifo risultava quantomeno eccessivo. Una volta era addirittura riuscita ad insultare Cassandra, con le lacrime agli occhi, dopo averla vista parlare con Charlie; ci vollero alcuni giorni di spiegazioni prima che Clara si convincesse di aver frainteso. Non solo: Cassandra dovette dilungarsi parecchio in smielati elogi alla bellezza della compagna, ai suoi capelli dorati tagliati corti ma ordinati, ai suoi occhi di un azzurro cristallino, ai suoi lineamenti dolci e alle sue guance rosa, e a feroci critiche su come, data la sua straordinaria bellezza, Charlie Weasley dovesse certamente essere cieco, per non averle ancora chiesto di uscire, come se i sei anni di differenza non bastassero.
Un sabato non particolarmente freddo, Cassandra se ne stava seduta in riva al lago e, mentre Chloe si faceva dare ripetizioni di Storia della Magia da Joanne, passava il tempo un po’ fissando il suo volume di Infusi e pozioni magiche alla pagina dell’Antidoto ai veleni comuni, e un po’ faceva volare avanti e indietro una delle poche foglie marroni che ancora si vedevano in giro. C’era molta quiete, tanta che Norah aveva iniziato a sonnecchiare appoggiata ad un albero, con Manuale degli Incantesimi: Volume primo aperto sulle gambe incrociate e, poco celato, oramai, Il Quidditch attraverso i secoli di Kennilworthy Whispp appoggiato sopra, una figurina delle Cioccorane come segnalibro.
Dalia non passava più molto tempo con loro, da quando aveva iniziato a frequentarsi con Clara; appartenendo a due case diverse, avevano poco tempo per vedersi, secondo loro, e quindi si adoperavano per sfruttare al massimo ogni istante libero. In quel momento, tuttavia, tra il sonno incombente e la noia, a Cassandra pareva di sentire comunque la sua voce; decise però di ignorare questo scherzo dell’udito e tornare a concentrarsi sulla sua foglia, che stava facendo piroettare come se si trattasse di una ballerina.
« Ehy Cassi! Non senti che la tua amica scema ti chiama? ». Questo Cassandra l’ava sentito distintamente. Poco distante da lei si stavano avvicinando Amalia, Lacey Owned e Shannon Hughes e, con sorrisini beffardi, indicavano verso il castello.
In effetti, vista in quel momento, Dalia poteva apparire piuttosto ridicola: era lontanissima, il che spiegava il perché Cassandra avesse creduto la sua voce un’allucinazione, e stava urlando usando le mani come fossero un altoparlante, o qualcosa di simile. Naturalmente, non sembrava disposta ad avvicinarsi di più, così Cassandra decise di andarle incontro. Dovette superare di un pezzo quella che era la “metà strada” tra di loro, prima che Dalia muovesse qualche passo nella sua direzione.
« Menomale! Era da un po’ che ti stavo chiamando »
« Beh, avresti fatto prima a venire fin laggiù no? »
« No perché devo tornare in fretta in biblioteca da Clara! ». Sebbene Cassandra non capisse bene il senso di questa affermazione, la lasciò proseguire: « Clara ha detto che i gemelli Weasley le hanno detto di dire a me che loro volevano parlarti » disse felice.
Cassandra era perplessa, ma sapeva che farglielo ripetere non avrebbe avuto senso, perciò si accerto solo di aver capito la sostanza: Fred e George volevano parlare.
« Si! Credo che siano in biblioteca. Ora scusa ma devo tornare! »
« Come fai a crederlo soltanto se siete insieme? » chiese mentre la seguiva per il pezzo di prato che restava per arrivare al castello.
« Ma non siamo insieme! Io sono con Clara! »
Era decisamente meglio lasciare perdere. Era chiaro a tutti che Dalia vivesse in un mondo tutto suo, più di quanto non facesse Chloe, ma da un po’ di tempo a quella parte sembrava proprio che avesse sbattuto forte la testa.
Arrivate in biblioteca, Dalia tornò insieme alla sua amica in un tavolo a destra, vicino al bancone di Madama Pince; dall’altra parte, a qualche metro di distanza, Fred, George e Lee erano buttati in una fitta conversazione, tutti stretti e vicini, come a non voler rendere nessun altro partecipe di dei loro discorsi. Senza dire una parola, Cassandra si avvicinò e si sedette nell’unica sedia rimasta libera al loro tavolino rotondo.
« Oh! Era ora! » sbraitò George, colpito subito dopo da un’occhiata fulminante della bibliotecaria.
« Sono giorni che veniamo in biblioteca sperando di trovarti! » sussurrò Fred concitato.
« Perché sarei dovuta venire in biblioteca? Fa ancora bello fuori e se proprio ho tempo da sprecare mi godo un po’ d’aria aperta. Perché non mi avete parlato a colazione? »
« No, a colazione ci vedono tutti! I professori sono sempre in agguato e… per quello che abbiamo in mente… » spiegò George guardandosi intorno furtivo.
« La tu amica è tonta o cosa? » sbottò Lee, senza preavviso. Cassandra non ci aveva mai parlato molto assieme, e tutta quell’improvvisa confidenza la indisponeva a sufficienza. « Insomma, gliel’abbiamo detto giorni fa di dirti di venire in biblioteca e abbiamo dovuto ricordarglielo adesso, perché si alzasse! »
« Ah sì… Avete detto a Clara… di dire a Dalia… di dire a me… di venire in biblioteca, giusto? »
« Si ma l’abbiamo fatto lunedì! » concluse Lee, tornando ad infilare il naso tra le pagine di un grosso libro che aveva di fronte.
« Beh, siamo ancora in tempo. Allora, mercoledì è Halloween. Il banchetto è sempre molto bello ma tu dovrai mangiare molto in fretta, hai capito? Devi riempirti con il primo e poi svignartela prima del secondo » spiegò veloce e a bassa voce Fred, anche lui guardandosi intorno come per controllare di non essere spiato.
Cassandra si era completamente dimenticata di Halloween: non l’aveva mai veramente festeggiato, dato che suo zio lo odiava, e come festa non le interessava poi molto.
« Perché dovrei andarmene via? »
« Non è necessario che tu te ne vada proprio, basta che ti alzi e ti allontani dal tavolo » spiegò George.
« Devi venire verso il nostro, però! » incalzò Fred.
« E con quale scusa? » chiese Cassandra sempre più perplessa.
« Tranquilla. Non avrai bisogno di scuse » concluse Fred, guardando il fratello con uno strano sorriso.
 
 
Quando mercoledì arrivò, Cassandra si era già dimenticata del “consiglio” dei tre ragazzi: la domenica l’aveva passata sui libri, cercando di terminare i compiti accumulati e il tema di punizione sul bezoar che Piton le aveva dato la settimana prima; lunedì ad Incantesimi si erano esercitati ancora un po’ nella levitazione degli oggetti e a Storia della Magia aveva terminato la punizione di Piton; ad Erbologia avevano analizzato le foglie di luparia e a Pozioni aveva preso un Accettabile per il suo compito di punizione. Il martedì poi aveva dovuto subire pressanti prese in giro da alcuni compagni Serpeverde per aver assurdamente dimostrato di cavarsela a Difesa contro le Arti oscure, decidendo così che d’allora in poi sarebbe stato meglio dare a vedere meno capacità di quelle che possedeva sul serio; quel giorno, anche Incantesimi fu un disastro, arrabbiata com’era dall’ora prima; pausa con un gavettone da parte di Daniel Jones; Trasfigurazione e Astronomia trascorsero nella più totale apatia.
Arrivati a mercoledì sera, dunque, Cassandra non conservava il minimo ricordo dell’avvertimento fattole, complici le sfarzose decorazioni con cui era stata addobbata la Sala Grande: le tovaglie dei tavoli erano di un brillante color arancio, per terra erano sparse zucche di tutte le dimensioni, le candele sospese con le quali si illuminava la cena lasciavano cadere, di tanto in tanto, brillantini arancioni e neri e ovunque sembravano passati secoli dall’ultima pulizia, tante erano le ragnatele terribilmente verosimili che infestavano il salone. I fantasmi erano tutti riuniti lì e passavano sopra i tavoli, o anche attraverso, ridendo pesantemente.
« Sai, cara » disse un fantasma mai visto ad una ragazza del terzo anno di Corvonero, « dobbiamo scaldarci per la festa che verrà dopo ».
Il preside si concesse un paio di minuti per augurare a tutti un felice Halloween e subito dopo il banchetto ebbe inizio. Cassandra si stava gustando un grossa porzione di lasagne quando Dalia si allontanò dal piatto dicendo di essere già piena e che avrebbe dovuto trattenersi un po’ o non sarebbe arrivata al dolce. Fu così che le si accese la lampadina. Si voltò verso il tavolo di Grifondoro ma Fred e George le stavano dando le spalle. Per evitare sorprese, decise che avrebbe finito tutta la sua porzione di lasagne e l’accompagnò con il pane caldo che continuava a riempire i cestini.
« Credi che dopo questo passeremo ai secondi? » chiese vagamente allarmata a Eric.
« Non credo! Spero di no, cavolo. Di solito ci sono due porzioni per portata! »
Infatti, appena ebbero terminato le lasagne, una zuppa di cipolle, cremosa e ricca di fette di pane tostato, affollò i loro piatti. Anche se non sapeva cosa sarebbe dovuto succedere, Cassandra non aveva alcune intenzione di sottovalutare Fred, George e Lee e quindi si sbrigò a terminare anche quel piatto. Posato il cucchiaio, scattò in piedi, decisa ad allontanarsi.
« Dove stai andando? » chiese Eric con la bocca piena di pane e zuppa.
« Ehm… sto… andando in bagno » rispose un po’ rossa in volto. Si voltò di scatto e si allontanò. Vide così che Lee e George stavano guardando verso il tavolo di Serpeverde e che Fred le sorrideva sotto i baffi.
I men che non si dica, sentì alle spalle un rumore come di onda, di caraffa rovesciata. Voltandosi, vide il tavolo di Serpeverde ricoperto di una strana sostanza gelatinosa giallastra che puzzava tremendamente di benzina; Amalia e le sue amiche erano già tutte in piedi, urlanti e ricoperte di alcuni rossi brufoli sulla faccia, sul collo e sulle mani. E così, anche tutti quelli seduti a fianco a loro.
Più o meno tutti gli altri studenti stavano ridendo di gusto, mentre le prime portate del secondo comparivano nei piatti di Serpeverde, mischiandosi con quella sostanza nauseabonda.
La professoressa McGonagall si diresse veloce verso il tavolo di Serpeverde e con un veloce movimento della bacchetta fece svanire tutto il liquido giallo. Ordinò a tutti coloro che erano stati colpiti di dirigersi immediatamente in infermeria ed invitò l’infermiera, Madam Pomfrey, a fare lo stesso. Insieme al tavolo di Serpeverde, anche qualche Tassofrasso si alzò: Eric era pericolosamente deturpato da orribili bolle gialle dall’orecchio al naso e Norah, che era a fianco a lui, ne aveva una molto molto grossa sul collo.
« Se scopro chi è stato lo userò come cavia per i miei incantesimi e le mie pozioni! » stava sbraitando Norah, coricata sulla pancia, il giorno dopo in un aula adibita ad infermeria: c’erano troppi studenti in pessime condizioni e l’infermeria ordinaria era al completo.
« Bene! Può essere la volta buona che Serpeverde e Tassofrasso collaboreranno » rispose una voce, dalla tendina tirata, a fianco di Norah. Madam Pomfrey aveva chiuso con le tendine i letti di coloro che erano peggio ridotti e, a quanto pareva, Amalia era una di quelli. « Ho una mezza idea di chi possa essere stato e giuro su ciò che mi è più caro che me la pagheranno cara quei due! Li ammazzo! »
Cassandra sapeva fin troppo bene a chi si riferiva e sapeva quindi che aveva visto giusto. Tra tutti gli scherzi che aveva visto loro fare da quando era in quella scuola, quello li superava tutti: in complessità e in cattiveria. Avevano steso quasi completamente la casa di Serpeverde.
« Almeno ce li siamo tolti dai piedi! La partita contro di loro la vinciamo senza problemi: non potranno certo allenarsi, in quelle condizioni! » disse Fred esultante ma sempre a bassa voce, qualche ora dopo, nel parco vicino al castello.
« Quindi l’avete fatto solo per il Quidditch? »
« Solo per il Quidditch? Ti sembra poco! Vogliamo vincerla, la nostra prima partita! E poi così ci hanno dato la giornata libera, no? » rispose sorridente e divertito George.
« Senza contare che gli altri sono stati colpiti come effetto collaterale: noi puntavamo ad Amalia » disse con aria malefica Fred.
« Che poi comunque è stata un’idea di Lee. Noi abbiamo solo studiato come metterla in pratica » si difese subito dopo, vedendo l’espressione di rimprovero di Cassandra.
« Già, sai. Voleva vendicarsi delle maledizione che gli avevano lanciato il primo giorno! Ha dovuto bere Pozione Scacciabrufoli per una intera settimana »
« Come volete, ma Amalia ha detto che si vendicherà. Dice che vuole uccidervi »
« Non ha le prove! »
« Nessuno può averle! Noi non lasciamo traccia! »
« Non credo le servano prove, sapete? »
 
 
Così passò novembre, tra nuove pesanti lezioni, la ricerca inconcludente di un colpevole per “l’incidente” di Halloween, il terrore misto ad ilarità dei gemelli e i tentativi, tutti falliti, di vendetta da parte del gruppo di Amalia.
La prima partita di Quidditch della stagione, poi, rischiò di aggravare ancora di più la situazione: come da tradizione, avvenne tra Grifondoro e Serpeverde e la tifoseria di entrambe le squadre era scatenata. Non essendo riuscito ad entrare in squadra, Lee Jordan insistette per avere, ed ottenne, il posto di commentatore ufficiale delle partite; durante questa prima prova, non fece il minimo sforzo per celare la sua ovvia preferenza e Cassandra ebbe l’opportunità di immergersi, per la prima volta, in quella strana attività. Poté notare come i professori fossero tifosi sfegatati, quanto potessero essere agguerriti i cori agli spalti e quanto violento potesse essere quello sport. Stranamente, impiegò molto meno tempo del previsto per capire fino in fondo le regole e si lasciò facilmente prendere, al punto tale da non vedere l’ora di assistere alla partita tra la sua casa e Corvonero; partita che, tre settimane più tardi, si concluse con una dignitosa sconfitta 130-100.
Fece presto ad arrivare Dicembre inoltrato e il castello tornò ad addobbarsi, di colori rosso e verde, questa volta. Ghirlande erano appese lungo tutte le scale e la Sala Grande brillava come Cassandra non l’aveva mai vista: il soffitto era stato incantato, questa volta, in modo che sembrasse in corso una fitta nevicata, anche se fuori si trovava per lo più ghiaccio.
Ad una settimana da Natale, ebbero inizio le vacanze e molti studenti tornarono a casa, lasciando la scuola semivuota. A quanto pareva, anche alcuni insegnanti avevano fatto ritorno alla loro vita fuori dal lavoro, per quanto sembrasse strano a Cassandra. Passando la maggior parte dell’anno lì, pensava, quante probabilità c’erano di avere una famiglia, fuori? A meno che non fosse come per lei, che aveva passato quasi tutta la vita in compagnia di Katia, la sua tata; certamente non avrebbe comunque sentito la sua mancanza, per quest’anno. Suo zio le aveva praticamente imposto di rimanere a scuola, per le vacanze.
Tutti e quattro i Weasley la salutarono prima di uscire da scuola e dirigersi verso l’Hogwarts Express, anche se Percy doveva avercela ancora con lei. Amalia si era ripresa dai segni dell’attacco subito e sembrava aver abbandonato il suo progetto di vendetta o i sospetti del coinvolgimento di Cassandra, tanto che, quando anche lei lasciò il castello, la salutò con un ampio gesto della mano ed una strizzatina d’occhio.
La Sala Comune non era mai troppo rumorosa ma in quei giorni il silenzio si faceva quasi inquietante: quei pochi che erano rimasti a scuola passano molto tempo a leggere o fuori a pattinare sul lago ghiacciato e il risultato era che Cassandra stava impazzendo, con la sola compagnia della voce acuta e insistente di Chloe, accompagnata e contrastata dal rilassante scoppiettio del camino.
La notte tra il venerdì e il sabato prima di Natale, Cassandra fu svegliata con uno scossone da Chloe: si erano tutte abituate a sentirla andare e venire nel cuore della notte ma che venisse a svegliarla era una novità.
« Cass. Cass! Svegliati! C’è una cosa che devi vedere! »
Senza capire bene nemmeno come fosse girata, Cassandra trovò il modo di divincolarsi dal groviglio di coperte in cui era avvolta, pentendosi amaramente quando poggiò i piedi sul pavimento freddo. Chloe non volle sentire ragioni e obbligò l’amica ad infilarsi di fretta un maglione sopra la camicia da notte azzurra e le scarpe e la trascinò lungo il corridoio, attraverso la Sala Comune e giù per il passaggio nella botte.
« Cos’è che vuoi farmi vedere? Lo sai che non possiamo andarcene in giro la notte, si? » obiettò debolmente Cassandra, che non sapeva nemmeno per quale motivo sprecasse energie in quel modo.
« Si ma nessun professore ha alloggi quaggiù! Ho già controllato! E poi questo ti piacerà di certo! » rispose Chloe sveglissima.
Si bloccò davanti ad un grosso quadro che raffigurava un piatto di frutta e spiegò:
« Approfittando del fatto che la scuola fosse vuota e soprattutto del fatto che Jo non potesse rimproverarmi, sono andata a zonzo in questi giorni, e ho studiato bene molti quadri! Alcuni di loro sono molto simpatici, anche. C’è una signora un po’ in carne su al settimo piano davvero gentile! Canta sempre e non è molto brava, però mi dispiace dirglielo, quindi fingo che mi piaccia starla ad ascoltare.
«Comunque, questa notte me ne stavo qui a guardare questo quadro qua, a cui non ho mai prestato molta attenzione visto che il soggetto non mi sembra molto interessante. Ma poi ho pensato: ho pensato, come mai è l’unico quadro che non si muove? Credevo che fosse perché è solo frutta ma poi quando l’ho toccato è successa una cosa davvero strana! Ti faccio vedere! »
Cassandra, che aveva sonno e a cui non interessava assolutamente niente dei miliardi di quadri appesi per le pareti della scuola, stava mettendo a dura prova la sua pazienza ed era decisa a tornarsene a dormire, quando Chloe allungò il braccio e tocco il quadro. Non lo stava proprio toccando: sembrava più lo stesse “solleticando”. E davanti ai loro occhi, la gigantesca pera che vi era dipinta si trasformò, ridendo, una maniglia.
Cassandra era sorpresa, ma non a tal punto da dare ancora corda all’amica e, congedandosi velocemente, si voltò per tornare a dormire.
« Aspetta! Devi vedere cosa c’è dentro! » la bloccò Chloe. « Siamo sotto la Sala Grande, sai? » concluse con un sorrisino malizioso. Afferrò la neonata maniglia e la tirò forte, aprendo così un passaggio nel muro che conduceva ad una grande sala dal soffitto molto alto, con tantissime pentole accatastate alla rinfusa sul perimetro e quattro grandi tavoli. Piccole creature del tutto simili a Sinfy si accalcarono loro intorno: una cinquantina di elfi domestici le stavano fissando con quegli enormi occhi a palla.
« Cass, benvenuta nella cucine di Hogwarts » disse Chloe con una grosso sorriso.
« Giangi serve le padrone! Cosa serve Giangi alle padrone? » urlò loro un piccoletto con gli occhi profondi e bui, abbigliato con un pezzo di stoffa grigia che dal collo scendeva fino ai grossi piedi.
« Io gradirei qualche pasticcino, se c’è. E una tazza di te. Ordina qualcosa, Cass » disse incoraggiante, mentre alcuni elfi si stavano disperdendo ed altri la fissavano intensamente.
« Ehm… io… » Cassandra proprio non aveva voglia di niente, ma ricordandosi di come Sinfy si fosse arrabbiata quella volta che non aveva voluto darle ordine ed il modo in cui si era offesa, fece uno sforzo. « Anche per me del tè, grazie ».
Erano ormai le 2 del mattino quando tornarono nel dormitorio, con la pancia piena e con la certezza che, finché se ne fossero state lì, non avrebbero mai corso il rischio di morire di fame.
Sentendosi in colpa per il modo frustrato con cui si era rivolta a Chloe, la sera dopo Cassandra si ripresentò dagli elfi domestici in cucina e chiese loro se, per cortesia, avrebbero potuto preparare qualche dolcetto per la mattina di Natale. Quando capirono che si trattava di un regalo per Chloe, le dissero di non preoccuparsi e che, essendo compito loro quello di recapitare i regali per quella mattina, avrebbero consegnato il tutto direttamente al loro dormitorio; Cassandra non dovette fare altro che firmare un pezzettino di pergamena e lasciarglielo.
A quanto aveva capito, i regali non si sarebbero trovati sotto il grande albero in Sala Comune, ma ai piedi del letto di ciascuno studente rimasto a Hogwarts. La mattina di Natale, infatti, trovò al suo risveglio tre pacchettini, proprio dove avrebbero dovuto trovarsi. Uno era relativamente grosso e disordinato, avvolto in una carta marroncina a pois blu terribile; uno era molto lungo e con un incarto preciso, con la carta rossa e un fiocco verde brillante; l’ultimo era costituito da una specie di pergamena corta arrotolata su sé stessa e bloccata con un fiocco peloso.
Il regali di Chloe, che ancora dormiva, erano tanti di più: invadevano quasi lo spazio del letto vuoto di Norah.
Aperti i suoi regali, Cassandra non resisteva già più ai morsi della fame e andò veloce in Sala Grande, dove trovò la Professoressa McGonagall in vestaglia che sorseggiava una grande tazza di caffè. I quattro tavoli delle quattro case erano spariti, lasciando il posto ad un unico tavolo sul quale erano disposte si e no una ventina di sedie.
« Buon Natale, Dolohov » la salutò la professoressa di Trasfigurazione.
« Buon Natale a lei » rispose lei imbarazzata. La situazione l’aveva spiazzata. Fece così per andare a sedersi nel posto più lontano dalla McGonagall.
« Suvvia, non essere sciocca. Ci siamo solo noi due: sarebbe un’assurdità sedersi distanti »
Si sedette così di fronte a lei e si servì di una cospicua porzione di zabaione. Rimasero sole per una decina di minuti, quanto la professoressa Sprout fece il suo ingresso accompagnato da una potente risate ed un augurio, a pieni polmoni, di buon Natale a tutti i presenti. Con lei c’erano infatti Silente, Chloe, Leanne e Chris, del quinto anno, due studenti di Serpeverde e uno di Corvonero. Poco dopo entrò Piton, con una professoressa con degli spessi occhiali e l’aria trasognata, il professor Flitwick e altri ragazzi più grandi di Cassandra.
« Cass, pensavo che mi avresti aspettata per aprire i regali! » disse Chloe, che le si era seduta accanto. « Ti ringrazio molto del tuo! Sei stata molto carina! Scusami se io non te ne ho fatto uno, non c’ho pensato di dire ai miei di mandarti qualcosa! »
« Non è un problema, volevo solo ringraziarti » disse lei con un sorriso, preoccupata di quello che avrebbero potuto pensare o intuire i professori sentendo che una studentessa del primo anno, che non aveva modo di uscire dalle mura del castello, era riuscita a fare avere un regalo alla compagna.
« A proposito, cosa avete ricevuto? Molti regali? » chiese inaspettatamente Silente, seduto a capotavola, a fianco di Cassandra, che fece prontamente finta di non aver sentito, lasciando che fossero gli altri, allievi e professori a rispondere. Il piano funzionò egregiamente, almeno fino a quando Chloe non le rivolse la stessa domanda.
« Sì, ho ricevuto dei bei regali » rispose piano con un sorriso.
« Cosa? Dai racconta! » insistette lei entusiasta. Cassandra si rese conto di aver commesso un errore di valutazione: se avesse risposto prima il rumore dei resoconti concitati degli altri commensali avrebbero coperto il suo, ma ora regnava un quasi totale silenzio.
« Ehm… Fred e George mi hanno regalato dei dolci – no, non come i tuoi – delle Gelatine Tuttigusti+1 e delle Cioccorane che non ho ancora scartato. Poi… mio zio mi ha regalato una penna nuova »
« Solo due regali? » chiese Chloe un po’ delusa. Tutti la stavano guardando un po’ perplessi ma Cassandra non sapeva se fosse una buona idea raccontare del disegno che le aveva inviato Sinfy, perciò sorrise ed annuì.
« E i tuoi genitori non ti hanno regalato niente? » chiese curioso un ragazzo di Grifondoro, abbastanza lontano da obbligare tutti, volenti o nolenti, ad ascoltare. Appena terminò la frase dovette a forza accorgersi di aver detto qualcosa che non andava, dato che il vicino lo colpì vistosamente con una gomitata e tutti i professori si voltarono a guardarlo. Tutti tranne Silente, che continuava a guardare lei, sorridendo.
Spendo benissimo che il modo migliore per non dare nell’occhio era quello di dimostrarsi naturali, Cassandra si limitò sorridere e a rispondere: « Beh sì, ho ricevuto la penna, non ricordi? »
 
Si alzarono da colazione solo un’ora più tardi e si dispersero. Chloe e Cassandra provarono ad avventurarsi verso il lago ma il freddo pungente le costrinse a rintanarsi di nuovo dentro le mura del castello e, dato che mancava poco più di un ora al pranzo, si fermarono nella Sala Grande.
Il pranzo si svolse come la colazione, con tutti seduti ad uno stesso tavolo, ma Cassandra e Chloe questa volta erano pronte, e si sedettero dal capo opposto a quello occupato prima, dove invece si sistemarono i professori e il guardiacaccia Hagrid. Il ragazzo di Grifondoro con cui Cassandra aveva parlato un paio d’ore prima si mise davanti a loro e le chiese scusa: a quanto pareva il suo amico gli aveva spiegato qualcosa. Si chiamava Andrew Kirk.
Al pomeriggio, Cassandra non ne poteva più di mangiare o di annoiarsi, così, mentre Chloe parlava senza sosta con Leanne, recuperò qualche pergamena e cominciò a scrivere per ringraziare dei regali.
Per Sinfy scrisse poche righe e pensò che furono sufficienti.

 
Ti ringrazio di cuore del tuo regalo, Sinfy. Mi piace molto.
 
Per Fred e George il discorso era più complicato. Lei non aveva avuto modo di fare loro alcun regalo e si sentiva in imbarazzo. Senza contare il fatto che la signore Weasley certamente ora sapeva chi lei fosse e poteva darsi che, come Percy, la odiasse. Ci pensò su a lungo e fece alcune prove, tutte finite nel fuoco del camino. Le voci concitate di Chloe e Leanne non aiutavano di certo. Alla fine si ritrovò con qualche riga decente e decise ti spedire quella.
 
Cari Fred e George,
grazie molte per il vostro regalo, mi piace davvero tantissimo! Ne conservo un po’ per mangiarle in vostra compagnia, quando tornerete. Purtroppo non ho avuto modo di farvi un regalo ma credo di avere un modo per farmi perdonare.
Auguro un buon Natale a voi e tutta la vostra famiglia.
                                                                           Con affetto
                                                  Cassandra

 
Sì, poteva andare bene. Mancava solo la lettera per lo zio. In assoluto la più difficile.
Quando finalmente terminò anche quest’ultima, uscì dalla botte e cominciò a salire le scale. Non capiva per quale motivo la loro Sala Comune dovesse trovarsi tanto lontano dalla gufiera, così come dalla torre di astronomia, e si chiese se ci fossero sale comuni più vicine.
Arrivata in cima, scelse tre gufi a caso tra quelli che le sembravano più amichevoli e, uno ad uno, legò le tre missive. Di certo allo zio non avrebbe fatto piacere sapere del regalo di Sinfy.

 
Caro zio,
grazie molte del tuo regalo, mi sarà molto utile.
Spero tu stia passando delle buone feste.
                                                                       Mi manchi,
                                            Cassandra

 
Inviati i tre gufi, rimase ancora un po’ lì in alto, a fissare il cielo grigio e buio di quel 25 dicembre senza neve.
 
 
Un paio di settimane più tardi, le vacanze giunsero al termine in un clima pessimo, freddo e scuro; nel frattempo, da ogni parte, dei prati intorno alla scuola si erano tinti di bianco, così come gli alberi della Foresta Proibita. Non appena non ce ne fu più bisogno, il tempo aveva deciso di rendere ad Hogwarts un’atmosfera assolutamente natalizia, mentre il treno riportò a scuola tutti gli studenti che si erano allontanati e che tornarono così ad affollare i corridoi della scuola.
Il giorno dopo, a colazione, i racconti delle vacanze di Norah, Joanne e Dalia furono bruscamente interrotti quando due ragazzi di Grifondoro presero improvvisamente posto ai lati di Cassandra.
« Allora, passato buone vacanze? » chiese George, afferrando un panino.
« Dov’è il nostro regalo? » incalzò Fred.
«Ehy! Tornatevene al vostro tavolo! » gridò poco lontano Gabriel Truman, alzandosi.
Per tutta risposata, i gemelli lo ignorarono e, anzi, continuarono a sollecitare Cassandra perché tirasse fuori il loro regalo di Natale.
« Non ho mai detto di avere per voi un regalo di Natale » obiettò lei tranquilla, sorseggiando una gustosa spremuta d’arancia.
« Come no? » fece George, ostentando una finta espressione sconvolta. « L’hai scritto nella tua lettera! »
« Oh, a proposito! Nostra sorella ti saluta »
Nel frattempo, Gabriel si era avvicinato e, dopo qualche secondo in cui il suo sguardo di bieco rimprovero fu palesemente ignorato, intimò loro di alzarsi, a meno che non volessero farsi togliere qualche punto casa a testa. A quel punto, Fred e George si alzarono, come se dipendesse unicamente dalla loro volontà, ma non cessarono di parlare a Cassandra, che dovette farsi venire il torcicollo per poter continuare a parlare con loro.
« Ce lo devi! E anche qualche figurina! »
« Già, le Cioccorane puoi tenertele; per Natale ne sono arrivate anche a noi e abbiamo… un tantino esagerato »
« Ripeto di non avere nessun regalo per voi. Ho solo detto, e se andrete a rileggere la lettera ve ne ricorderete, che mi sarei fatta perdonare. E lo farò al più presto, non temete »
« Bene » disse George. « Non vedo di l’ora di scoprire cos’è! »
« Idem! Andiamo a finire la colazione: ci vogliono energie per affrontare Piton di prima mattina. Ciao Gab! » finì Fred, mentre entrambi tornavano ai loro posti.
Mentre, qualche minuto dopo, le ragazze insistevano perché lei si sbrigasse, Cassandra si prese un paio di minuti per raggiungere il tavolo di Grifondoro. Si rendeva conto solo ora di quanto quei due ragazzi le fossero mancati: con tutto il rispetto per Chloe, ma la sua compagnia non era nemmeno infinitamente paragonabile alla loro, che erano stati, dopo tutto, due delle prime persone con cui aveva parlato, in quel mondo in cui era stata sbalzata all’improvviso.
« Ragazzi » cominciò a bassa voce, chinandosi su di loro, « potere farvi trovare all’ingresso, dopo il coprifuoco? »
« Ma certamente! » disse Fred, mentre Lee Jordan, notò Cassandra, la fissava male da sopra la tazza di succo di zucca.
« Facciamo per le 11? » chiese George con non-calanche.
« Ottimo »
 
Quella sera, Cassandra aspettò con il cuore in gola nella Sala Comune e verso le 10 e trenta quasi tutti i suoi compagni si erano già chiusi alle spalle la porta dei dormitori. L’idea di doversi vedere con Fred e George, in un certo senso, la terrorizzava. I rapporti con loro erano migliorati di molto dall’inizio della scuola, e il merito, pensava, era quasi tutto di Charlie. George aveva sotterrato da tempo l’ascia di guerra e Fred ormai si dimenticava sempre più spesso e sempre per tempi più lunghi di essere arrabbiato con lei. Tuttavia, non stavano da soli loro tre dall’ultimo allenamento di volo e ora si trovava ad essere tormentata di nuovo da una molto antipatica sensazione di mal di pancia.
Poco prima delle 11 lasciò la sua poltroncina imbottita e cercando di fare meno rumore possibile, si lanciò giù per il passaggio e fuori dalla botte, trovandosi così nel corridoio sempre eccessivamente illuminato e di fronte al Frate Grasso, il fantasma di Tassofrasso.
« Cosa ci fai, signorina Dolohov, in piedi a quest’ora? Non lo sai che non è permesso agli studenti di girare per la scuola di notte? » disse con l’aria di uno che si stia sforzando di essere serio ed autoritario.
« Si, beh… Dovevo andare in bagno ». Quella, pensò Cassandra, doveva essere inconsciamente la sua scusa preferita, data la quantità di volte in cui la usava.
« Sicura? Ti ho vista spesso andare in cucina la notte » disse con un tono grave che fece pensare a Cassandra che sarebbe andato a raccontare tutto alla professoressa Sprout. Subito dopo, fortunatamente, scoppiò in una grassa risata: « Oh suvvia! Uno spuntino di mezzanotte non hai fatto male a nessuno. Buon appetito! » le augurò infine allontanandosi.
Mentre percorreva il corridoio che portava alla sala d’ingresso, un pensiero nuovo affiorò nella mente di Cassandra. Durante le vacanze c’era un clima diverso al castello e, comunque, meno insegnanti del solito; anche se l’avessero scoperta probabilmente non le avrebbero dato una vera punizione. Ma ora era ricominciata la scuola e i controlli erano più severi, senza parlare poi del signor Filch e Mrs. Norris, la gatta dagli occhi rossi che andava a spifferare al suo padrone, non si sa come, ogni movimento illecito nei corridoi.
Quando spuntò nella sala d’ingresso, Fred e George non erano ancora arrivati. O magari erano stati intercettati e puniti; in quel caso sarebbe stata beccata anche lei e non credeva che la scusa del bagno avrebbe potuto funzionare, questa volta. Ora che ci pensava, c’erano alte possibilità che fossero stati fermati. In effetti, nel corridoio dal quale era appena arrivata si trovavano solo le cucine e la sala comune della sua casa; non c’erano alloggi o uffici dei professori. Ma lungo le scale, era un’altra storia. Non sapeva bene dove si trovassero tutti gli uffici ma…
Un rumore dal pianerottolo in alto, una lieve imprecazione e prima che Cassandra avesse il tempo di nascondersi, Fred e George apparvero in cima allo scalone. Corsero veloci ma silenziosi giù per l’ultima rampa e appena si trovarono davanti all’amica, le chiesero subito di muoversi, prima che la gatta di Filch accorresse attratta dal rumore che uno dei due aveva provocato (erano indecisi su a chi dare la colpa).
« Per di qua » rispose lei in fretta, conducendoli verso la porta a sinistra; aveva paura che il Frate Grasso fosse ancora in mezzo al corridoio e di tirare troppo la corda, ma per fortuna il fantasma non si vedeva da nessun parte.
Si chiusero la porta alle spalle, dato che Mrs. Norris ancora non era in grado di aprirle da sé, e sorpassarono le decine di quadri raffiguranti cibo che erano appesi ai muri.
« Cosa ci può essere di interessante in questo posto? » disse George in un sussurro.
« Lo vedrete » rispose Cassandra piano, fermandosi di fronte alla ciotola di frutta, distante pochi metri delle botti che portavano alla sua Sala Comune. Allungò una mano e fece delicatamente il solletico alla grossa pera gialla che si trovava appena sopra alla sua testa; quella si mise a ridere e a divincolarsi leggermente, prima di trasformarsi in una maniglia. Tirandola, si aprì il varco e apparve l’immensa cucina, colma di elfi addormentati, appostati un po’ ovunque: sotto i tavoli, sulle mensole, dentro gli armadi.
Fred e George erano rimasti letteralmente a bocca aperta.
« Vuoi dirmi che sono loro che preparano il cibo che mangiamo? » disse Fred un po’ troppo forte, svegliando alcuni elfi vicini. « Come l’hai scoperto? » proseguì incredulo.
« Non sono stata io, ma Chloe e la sua mania di toccare in giro »
Nel frattempo, una decina di elfi si erano tirati in piedi e avevano raggiunto i tre inaspettati visitatori. Sembravano assonnati ma tutto sommato felici di vederli lì. Continuavano a chiedere di prendere ordini, per cucinare qualcosa: preparare tisane, infornare biscotti o tortini. Cassandra tentò di convincerli a tornare a dormire ma Fred e George non se lo fecero dire due volte e chiesero loro gli avanzi del dessert di quella sera. Si sedettero e mangiarono budino di sambuco fino a che non ebbero pulito due ciotole a testa; solo allora si dissero sazi.
Quando ebbero finito, Cassandra si raccomandò con gli elfi di non dire della loro visita a nessuno e si diressero, salutati a festa, verso la porta-dipinto.
« Allora, mi sono riscattata? » disse lei con un filo di voce appena furono fuori.
« Riscattata? Siamo noi ad essere in debito con te! » esultò Fred.
« Giusto! Chiedici qualunque cosa! » proseguì George.
« Diciamo che siamo pari, per favore » concluse lei ridendo dolcemente e congedandosi. Non sapeva bene come agire: se si fosse diretta verso le botti, avrebbero scoperto l’entrata di Tassofrasso e a quanto ricordava, le era stato caldamente proibito di rivelarla mai a nessuno. Forse capendo la sua indecisione, i Weasley le dissero che poteva stare tranquilla: avevano scoperto l’entrata l’anno prima, seguendo un ragazzo antipatico del terzo anno, pensando che sarebbe andato in bagno.

Note dell'autore: Come si sarà certamente notato, mi è piaciuta l'idea di incastrare la mia storia con l'originale di J.K. Rowling: dato che questo primo "volume" è ambientato un anno prima de "La pietra filosofale" ho fatto entrare tutti quei dettagli di cui non si conosce l'inzio, come, appunto, la Pera che ride. Spero vi sia piaciuto e che continuiate a leggere le mie storie!

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Capitolo 6
*** Il segreto della pergamena ***


Verso gli inizi di marzo, quando la noiosa neve cessò di cadere copiosa e le giornate sembrarono volersi fare più primaverili, Cassandra si trovava in biblioteca, insieme a Fred e George, che tentavano, in vano, di farsi spiegare il suo brusco calo nei voti di cui avevano sentito parlare dal professor Flitwick.
« Non credo che Flitwick dovrebbe parlare dei rendimenti dei propri allievi con altri studenti » stava dicendo lei, spazientita.
« Oh, ma non l’ha detto con noi » disse Fred; « noi l’abbiamo sentito mentre ne parlava con la McGonagall »
« Nel suo ufficio » aggiunse George, ridendo sotto i baffi.
« Beh, come preferite. In ogni caso non c’è nessun motivo; magari non sono solo portata, ecco tutto »
« Non sei portata per il volo, non sei portata per gli incantesimi, non sei portata per le pozioni… Ogni tanto mi chiedo cosa ci faccia tu qui » rispose Fred sbrigativo.
« Chi ha parlato di Pozioni? »
« Lo sanno tutti che sei sempre in punizione da Piton » spiegò George, tirando fuori dal calderone alcune pergamene spiegazzate. « Non ci posso credere. Le ho mischiate di nuovo! »
« Le pergamene? Ti avevo detto di metterla da parte! »
« Lo so, lo so… » si lamentò George, mentre il fratello ne prendeva un po’, ne passava la metà a Cassandra e cominciava a scarabocchiare su tutte.
« Ti dispiace? Io starei cercando di studiare Trasfigurazione » disse lei spostando l’ingombro che era stato poggiato sul suo Guida Pratica alla Trasfigurazione per principianti.
« Prenditi una pausa e dacci una mano » borbottò George, che come Fred aveva il naso incollato alla penna e si stava dedicando, di nuovo, a quell’insolita attività.
Cassandra decise che non valeva la pena di protestare e si mise all’opera, ma aveva fatto un segno su appena tre fogli quando Fred gioì per averla trovata.
« E questa volta fai in modo di non perderla! »
« Perché non la tieni tu, allora? » rispose imbronciato George, respingendo il passaggio di Fred.
« Perché io ho già accettato il regalo di quello stupido elfo. Questo tocca a te tenerlo! »
« Un elfo vi ha fatto un regalo? » chiese incuriosita Cassandra. Non sapeva bene per quale motivo, ma si era convinta che un elfo domestico non potesse fare regali e, per questo motivo, aveva sapientemente omesso nei suoi racconti il dettaglio dello strano disegno ricevuto da Sinfy per Natale.
« Sì, quello giovane che sta in cucina, Giansi »
« Credo si chiami Giangi » lo corresse George.
« Beh, comunque, lui. Ci ha dato uno stupido ciondolo con su scritta una specie di formula. L’avremmo buttato, ma ha detto che era gli stato dato a suo padre, o qualcosa di simile… Non ce la siamo sentita più »
« E perché ve l’ha dato? »
Seguì un imbarazzante momento di silenzio, al quale pose termine George. « Ecco… Credo che sia perché l’ultima volta gli abbiamo detto che era il nostro elfo preferito » disse leggermente imbarazzato.
« Non che lo pensiamo sul serio, chiaro. Ma tutte le volte che andiamo in cucina è il primo a chiederci di servirci e quella volta aveva fatto una torta di mele apposta per noi »
Cassandra era incredula. Ora era certa che non avrebbe mai dovuto mostrare loro le cucine: a quanto pareva i loro “spuntini” avvenivano praticamente ogni sera!
« Poi era enorme! L’abbiamo mangiata almeno in dieci! »
« Come prego??? » fece lei sempre più adirata. « Fate rifornimento per tutta la casa di Grifondoro? »
Dopo un altro imbarazzato momento di silenzio, fu il turno di Fred di intervenire. « Beh, lui è felice così! Tutti sono felici così… ma quel Giangi va proprio su di giri, per noi »
« E così vi ha regalato un ciondolo con una formula » sbuffò Cassandra, tentando quasi di cambiare discorso.
« Crediamo sia una formula. E ce ne sono due, una se lo apri. Comunque sembra vecchio » disse Fred tirandolo fuori dalla tasca dei pantaloni.
« Già, ma non succede niente se la pronunci »  disse George strappandoglielo di mano ed impugnando la bacchetta. « Dice: “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”. Vedi che non accade nulla? È inutile… » sbuffò. Subito dopo, però, qualcosa accadde.
La pergamena su cui non si fermava l’inchiostro che Fred teneva ancora in mano si colorò: sottili linee nere cominciarono a comparire su tutta la vecchia superficie quadrata e grandi lettere verdi la intitolarono:
I SIGNORI LUNAS CODA FEL E R
CON E AL D MAGI
SO FER
 
 
Ma l’inchiostro era sbiadito e sembrava volersene andare via in fretta.
« C’è… C’è scritto qualcos’altro? » chiese veloce ed in preda allo stupore Fred, indicando il foglietto di George.
George si riprese a fatica e tentando di chiudere la bocca fissò il ciondolo, l’avanti e il retro. Allora prese il foglio di pergamena stregato dalle mani di Fred, impugnò più saldamente la bacchetta e pronunciò, chiaro ma non troppo forte: « Fatto il misfatto ».
A quel punto, la pergamena tornò ad essere come era stata fino ad allora: vuota e banale.
« Peccato che non si leggesse bene » disse Fred un po’ deluso.
« Forse dovete toccarla. Con la bacchetta intendo. A Trasfigurazione molti incantesimi si fanno toccando gli oggetti, no? » chiese Cassandra abbassando sempre più la voce, avendo paura di aver detto una stupidaggine.
Nella più totale incredulità, mentre George aveva di nuovo problemi con la mandibola, Fred afferrò indietro la pergamena, strinse la sua bacchetta, buttò un occhio al foglietto poggiato su tavolo e, puntando la bacchetta, ripronunciò, a chiare lettere, “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”.
A quanto pareva, Cassandra doveva avere avuto ragione, poiché l’inchiostro che comparve in quel momento appariva ben fissato, chiaro e nitido; le lettere verdi tornarono a prendere forma e, questa volta, ben visibili.
 
I SIGNORI LUNASTORTA, CODALISCIA, FELPATO E RAMOSO
CONSIGLIERI E ALLEATI DEI MAGICI MALFATTORI
SONO FIERI DI PRESENTARVI
LA MAPPA DEL MALANDRINO
 
La linee di inchiostro avevano iniziato a correre veloci per tutto il foglio e avevano disegnato, riprodotta fin nei minimi dettagli, quella che sembrava essere la mappa della scuola; strani puntini erano in movimento al suo interno ma Cassandra non fece in tempo a capire cosa fossero perché Fred la ritrasse in fretta e, guardandosi intorno, pronunciò la frase “Fatto il misfatto”, obbligando il tutto a scomparire sotto i loro occhi.
« Ragazzi, abbiamo qui il più grande tesoro che potesse capitarci » disse George in un sussurro.
« Esatto! » disse Fred ritirando tutto e scattando in piedi più veloce della luce. « Allora, amica mia, discuteremo approfonditamente le questione emerse quest’oggi e… ti aggiorneremo » annunciò poi in tono solenne e a voce molto più alta di quanto Madama Pince potesse sopportare.
« Concordo assolutamente » fece seguito George, che seguì il fratello fuori dalla biblioteca, congedandosi, con un malriuscito occhiolino, da una del tutto incredula Cassandra.
 
 
« Allora? »
« Allora cosa? »
« Credo che Norah voglia sapere se stai studiando per gli esami » intervenne Joanne.
« No, io voglio sapere perché passi il tuo tempo in biblioteca con quei due e non con noi » precisò lei, fingendosi arrabbiata.
« Ehm… » Cassandra non sapeva cosa dire. Le ragazze erano a posto, sì. Ma Fred e George erano così divertenti! E poi avevano trovato quella strana pergamena e lei non voleva certo rischiare che ne approfittassero senza chiamarla. Per questo motivo, ultimamente, era stata tanto assente, tanto lontana dalla Sala Comune. « Loro sono al secondo anno. Mi aiutano a studiare » inventò.
« Ma per favore! » gridò Norah, sedendosi a fianco a lei, allo stesso tavolo. « Quei due non hanno certo la fama di essere i migliori della scuola! »
« È vero » disse Chloe, spuntando dalla sua ciotola di budino. « La tua amica di Serpeverde, piuttosto. Dicono sia brava in tutte le materie ». Evidentemente non aveva capito che si trattava di una scusa.
« Amalia? Non mi saluta nemmeno più » rispose Cassandra, fingendo che non le interessasse.
A dir il vero, l’ultima volta era stata un po’ prima di Natale, quando l’aveva incrociata per i corridoi. Lei era insieme a George e Amalia insieme alle sue amiche prepotenti, con cui Cassandra, in ogni caso, non aveva mai parlato.
« E così è vero… Frequenti i Weasley » le aveva detto con aria sprezzante.
« Cos’hanno i Weasley che non va? » aveva risposto George con uno scatto in avanti.
« Lo sai benissimo. Beh, è un peccato. So di qualcuno che potrebbe rimanerci male » aveva concluso andandosene.
Fred disse che avrebbero dovuto tirarle un pugno in faccia, quando glielo raccontarono. Venne così fuori che non solo alcuni “purosangue” si ritenevano superiori a mezzosangue o nati-babbani, ma che alcuni di loro, quasi tutti, odiavano la famiglia Weasley, tanto affascinata, a quanto pareva, dal mondo babbano.
E Cassandra capì benissimo a chi si riferiva Amalia; parlava certamente di suo padre, rinchiuso ad Azkaban perché un mangiamorte, seguace di Lord Voldemort. Non aveva ancora le idee chiare, sulla questione e non aveva mai parlato a nessuno della sua famiglia, eccetto per quelle due parole scambiate sul treno con George. Si ripromise di chiedere informazioni a suo zio, durante l’estate.
« Beh, sarà pure brava » disse Joanne, con una punta di gelosia nella voce, « ma si comporta come una stupida. In classe è perfetta, per carità: ma il suo atteggiamento da bulla non colpisce proprio nessuno »
« Tranne quelli che colpisce lei, a parole o a calci » commentò Norah, memore del colpo infertole durante la coda per entrare nella Sala Grande quella mattina.
Un ragazzo del terzo anno entrò di corsa dalla porta circolare nella Sala Comune, annunciando una vera e propria battaglia nella Sala d’Ingresso. Subito tutti i presenti interruppero le loro attività, lasciando cadere penne, pergamene, libri, Gobbiglie, dolciumi vari e si lanciarono a vedere cosa stava accadendo. Per quanto la cosa non risultasse di nessun interesse per Cassandra, fu in qualche modo costretta ad alzarsi, dal momento che era rimasta l’unica a non averlo ancora fatto.
Appena giunta alla porta che dava sulla Sala d’Ingresso si ritrovò bloccata da una gran folla della sua stessa casa, bloccata a sua volta dalla professoressa Sprout. I professori volevano evidentemente impedire agli studenti di assistere alla scena o prendervi parte o, ancora, emularla. Da dove si trovava, Cassandra riusciva solo a vedere una serie infinita di incantesimi, più o meno potenti e di diversi colori sfrecciare da una parte all’altra dell’ampio salone. Alcuni finirono per colpire le clessidre con i punteggi delle case, anche se nessuna si ruppe; il che significava che chiunque si stesse battendo non era certo un asso in Incantesimi.
La professoressa Sprout riuscì a respingere una buona parte della folla, minacciando compiti extra e punizioni, così che Cassandra riuscì a farsi avanti, giusto in tempo per vedere la professoressa McGonagall che pietrificava George, Flitwick che arrestava il tempo intorno a Fred - che era appena stato pericolosamente scagliato in aria, la Vector mentre intimava a tre ragazze di abbassare immediatamente le bacchette e Piton che calava velocemente di fronte ad Amalia; Lee Jordan era, di nuovo, a terra, immobile.
« Non c’è niente da vedere! Tornate tutti nelle vostre case! E voi…! » si rivolse furiosa la McGonagall ai ragazzi che, finalmente, sembravano essersi arresi. « Voi sette! Cosa vi è saltato in testa? Ci saranno conseguenze molto…»
« Su, coraggio, Dolohov! Anche tu, in Sala Comune » la esortò la Sprout, quasi spingendola oltre la porta e richiudendosela dietro.
Sebbene le teorie fossero molte, quasi quanto le voci che affollavano la Sala Comune, non seppero cosa avesse scatenato quella sorta di duello né come si fosse concluso fino al mattino dopo; Fred, George, Lee, Amalia, Abigail, Eva, Lacey e Shannon non furono presenti alla cena di quella sera, e a colazione Lee continuava a mancare all’appello. Per quanto intorno alla questione ci fossero grandi parole e tutti chiedessero spiegazioni agli interessati e ai propri vicini, i protagonisti della vicenda non sembravano molto orgogliosi. Anzi, Amalia e le sue amiche parlavano solo tra di loro, in modo sommesso, mentre Fred e George tacevano.
Cassandra pensò che andare a sedersi al tavolo di Grifondoro per la colazione, non avrebbe fatto troppo male, per una volta.
« Allora… Dov’è Lee? » chiese quando fu alle loro spalle. I due non sembravano proprio aspettarselo, visto lo scatto che fecero.
« Sei pazza » disse Fred sbuffando.
« Si trova in infermeria » fece George, tornando a mangiare la salsiccia che aveva nel piatto.
« Possibile che quel ragazzo passi più tempo in infermeria che a lezione? » chiese Cassandra, facendosi spazio tra i due amici e sedendosi tra di loro. « Si può sapere cos’è successo? O è top secret? »
« Top secret » disse Fred sconfortato.
« Diciamo solo che Amalia ha provato a schiantarlo, ma siamo solo al secondo anno. Come pensava di riuscirci? »
« Perché crede di essere una grande strega, ecco perché »
« E quindi? Cosa gli è successo? » chiese leggermente preoccupata.
« Beh… » fu George a risponderle. « Non riesco a farlo rinvenire del tutto. Insomma… muove solo la testa, per ora… »
Seguì un lungo momento di silenzio, in cui Cassandra non sapeva cosa dire. Allora optò per: « Come vi hanno puniti? »
« Hanno convocato i nostri genitori. Per oggi, a mezzogiorno »
« Se Lee non si riprende è un bel problema » disse Fred, che sembrava più parlare da solo che con qualcun altro.
« Stai tranquillo, Fred. Sono certa che si riprenderà » provò a tranquillizzarlo lei; il suo aiuto non sembrava richiesto, dal momento che lui parve avere una rivelazione.
« Potremmo portare lei! » disse, scavalcando Cassandra con lo sguardo e rivolgendosi al fratello.
« Ma ti è andato di volta il cervello? » rispose George con una faccia scioccata. « Magari tra cinque ore ci avranno già espulso! Come puoi pensare ad una cosa simile? »
« Vi gloriate delle vostra gesta, Weasley? »
Fred e George ammutolirono, ma fecero cenno di no con la testa.
« Dolohov, al tuo posto. Ora » disse freddo Piton. Cassandra obbedì, sfilandosi dal posto che aveva occupato e camminando veloce verso la sua lezione di Storia della Magia.
Poco più tardi, mentre Clara Dubois sfoggiava la sua immensa conoscenza davanti a Binns, Cassandra non riusciva a pensare ad altro che non fossero i piani di Fred e George. Oramai li conosceva a sufficienza da sapere che erano del tutto inarrestabili, ma un’espulsione avrebbe fermato anche loro. Inoltre non era sicura di voler essere coinvolta nelle loro avventure: volendo essere sincera con se stessa, doveva ammettere di non essere certo una persona popolare. Nella sua scuola babbana gli altri bambini spesso la prendevano in giro, a causa del fatto che non tornava mai a casa, neanche per le feste. Per lo meno, però, lì non era ancora la figlia di un assassino: ora in pochi la avvicinavano; sembrava essere troppo Serpeverde per piacere ai Grifondoro, troppo poco interessante per piacere ai Corvonero e troppo poco Serpeverde per piacere ai Serpeverde. Per fortuna che era stata smistata in Tassofrasso! Dove “gentili d’animo e buoni di cuore fanno di questa il grande onore”, aveva cantato il cappello. E per fortuna che c’erano i Weasley, Charlie soprattutto, dato che era così buono. Bill. Fred e George. Voleva passare con loro più tempo possibile ma, allo stesso tempo, ne aveva quasi paura. Non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe potuto succedere se il duello del giorno prima avesse coinvolto lei; suo zio sarebbe andato su tutte le furie e l’avrebbe portata via da scuola prima ancora di essere espulsa.
No. Se Fred e George non fossero stati espulsi, li avrebbe assecondati. Più per se stessa, che per loro.
Così, ad Erbologia, non riuscì a combinare nulla di buono: ruppe due vasi e fece cadere tutti gli arnesi di Zacharias. Per fortuna, la professoressa Sprout si limitò a dirle di fare più attenzione ma, anche se certo sapeva a cosa era dovuta la sua sbadataggine, non le concesse di uscire.
Al suono della campana per l’ora di pranzo, già si stava lanciando oltre la porta della serra. Oltre il prato. Oltre il cortile. Oltre l’ingresso. La sua corsa, però, doveva finire lì. Non aveva la più pallida idea di dove avrebbero potuto trovarsi.
Rimase impallata nell’atrio per alcuni minuti, colpita di tanto in tanto da qualche studente che si dirigeva in Sala Grande per il pranzo. Era già passata quasi mezzora e lei stava per raggiungere i compagni, quando vide i pochi ma rossissimi capelli sull’alta testa del signor Weasley fare capolino per le scale principali, seguito da sua moglie e da due silenziosi e musoni gemelli. Insieme, scendevano anche Amalia e le sue amiche, con almeno un genitore a testa. Piton e la McGonagall.
Di getto, fece per correre loro incontro, fiondandosi su per le scale; appena mosso un passo, però, si trovo nella spiacevole situazione di cercare un posto in cui nascondersi senza riuscire a trovarlo. L’imbarazzo cresceva mano a mano che i signori Weasley si avvicinavano, certa che Molly ancora la odiasse per il nome che portava. Per fortuna, Charlie accorse, senza volerlo, in suo aiuto. La oltrepassò e andò incontro ai genitori, frapponendosi tra loro e lei. Subito dopo, con aria molto più rilassata, anche Percy.
« Allora? Vi hanno cacciati? » disse con far tutt’altro che misericordioso.
« No. Ma vi aspetta una bella sorpresa appena tornerete a pranzo » rispose il signor Weasley.
Intanto i gemelli non alzavano gli occhi da terra e la signora Weasley non smetteva di rivolgere loro una severa ramanzina, che sembrava proprio volesse umiliarli ancora di più. « Per colpa vostra, vostro padre ha dovuto assentarsi da lavoro! Sapete quanto sia impegnato! E il prossimo anno Ron dovrebbe essere affidato a voi? Non vedrete più la luce del giorno, una volta tornati a casa! Ogni anno la stessa storia: non ne fate una giusta! Sarà meglio che prendiate tutti Eccellente agli esami di fine anno! »
Si voltò completamente diversa, placida e tranquilla verso Percy e Charlie: « Buona giornata cari, continuate così. La professoressa McGonagall è molto fiera di voi », disse, stampando un bacio sulla fronte di ognuno. Non guardò più i gemelli ma incrociò per un’istante gli occhi di Cassandra, e mai sguardo fu più eloquente, mentre si dirigeva insieme al marito verso il portone del castello.
‘Perfetto. Ora penserà che la colpa delle loro avventure sia mia’, pensò.
Come se non bastasse, mentre Cassandra tentava di farsi piccola piccola, quando Percy tornò con aria stranamente soddisfatta le rivolse dal più al meno lo stesso sguardo di Molly; mentre Charlie rimase vicino ai fratelli. Li rimproverava anche lui, ma in modo del tutto differente: era calmo e fermo, buono nelle parole, anche se severo.
 
Non guardò finire la scena, ma, appurato che non sarebbero stati espulsi, seguì Percy dentro la Sala Grande, fino ad andare a sedersi al suo solito posto.
Il pasto era già quasi concluso e Cassandra fece in tempo ad ingurgitare solo una misera porzione di stufato prima che il resto sparisse dal tavolo. Al posto di veder ricomparire nuovi vassoi con il dessert, tutti gli studenti dovettero girarsi verso il tavolo degli insegnanti, dove Silente era in piedi e cercava di richiamare l’attenzione solo con l’imponenza della sua slanciata figura.
« A seguito di alcuni eventi particolarmente spiacevoli, sono costretto a prendere alcuni provvedimenti ».
Cassandra si voltò e vide che Fred e George erano entrati; se ne stavano seduti al loro tavolo, fissando con insistenza i piatti vuoti di fronte e loro, proprio come stavano facendo Amalia e le sue amiche.
« Sì. All’inizio di ogni anno smistiamo i nuovi alunni in una delle quattro case. Da secoli, esiste il torneo di quidditch e, da secoli, esiste la coppa delle case. Tuttavia, sebbene io stesso mi sia trovato in diverse occasione ad apprezzare e a prendere parte a dimostrazioni di sana competizione, è mio preciso dovere ricordare, a tutti voi, che la vita al di fuori di queste mura cancella completamente la distinzione tra Grifondoro, Tassofrasso, Corvonero e Serpeverde.
« Episodi come quello di ieri portano grave imbarazzo a tutti noi. Per questo motivo, io e i professori, abbiamo deciso di provvedere sottraendo 100 punti a ciascuno studente che ha preso parte all’accaduto »
Un moto di rumorosa protesta si levò dai tavoli rosso-oro e verde-argento, verso Silente, senza un obiettivo preciso o, il più delle volte, nella direzione dei responsabili.
« Silenzio! » disse il preside, e l’intera Sala Grande tacque. « Non sono ammesse modifiche a quanto appena detto. Ora, rivolgo a tutti voi l’invito ad impegnarvi al massimo per recuperare quanto perso e a gustarvi l’ottimo dolce, prima andare a dormire », concluse.
100 punti a testa, pensava Cassandra, significava che Grifondoro aveva perso 300 punti, mentre Serpeverde si trovava a 500 punti in meno rispetto all’inizio della cena.
Il dolce non servì a placare l’agitazione e molti abbandonarono la loro fetta di torta di mirtilli per correre a controllare la situazione delle quattro clessidre all’ingresso; Amalia compresa.
Finito il loro pasto, Cassandra e le sue compagne si alzarono da tavola per andare al dormitorio, mentre Fred e George rimasero ancora seduti. In effetti, le conseguenze erano ben visibili in quei cumuli di pietre verdi, rosse, gialle e blu: Serpeverde, che fino ad allora si trovava in testa, sembrava ora essere leggermente sotto il terzo posto, occupato da Grifondoro. Corvonero a seguire e, con più punti di tutti, Tassofrasso.
La notizia dell’essere passati in testa, agitò l’intera Sala Comune: ogni persona che varcasse l’ingresso si ritrovava irrimediabilmente sommersa di parole festose e ambiziose.
« La casa di Tassofrasso sta per riconquistare la sua gloria! » urlava Gabriel Truman in piedi su una poltroncina. « Più o meno un secolo fa, Tassofrasso era la più famosa casa di tutta Hogwarts! Vincemmo la coppa per 5 anni di fila! »
Il discorso fece pensare a Cassandra che il tutto non fosse molto in linea con quanto detto dal preside pochi minuti prima, ma decise di accodarsi ai festeggiamenti: alcuni compagni ancora non le avevano perdonato di avere dei dubbi sul tifo alla partita Grifondoro – Tassofrasso di febbraio.


Note dell'autore:
Lo so, lo so... è da una vita che non carico più niente. Colpa di università, lavoro, etc etc etc...... MA (ed un grosso "ma") ho ultimato il mio primo romanzo! Romanzo originale, intendo... Uno vero! Con le pagine, le parole, capitoli, paragrafi, dialoghi e chi più ne ha più ne metta! Se volete saperne di più, visitate il mio sito internet! Il mio sito

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Capitolo 7
*** La Foresta Proibita ***


VII. LA FORESTA PROIBITA
 
 
Cassandra pensò che non sarebbe stato il caso di avvicinare i gemelli troppo presto. Inoltre, aveva del tutto riconsiderato la questione di cui le avevano solo accennato. Se avessero ancora voluto dare vita a quel qualunque cosa in cui volevano coinvolgere Lee, lei non ne avrebbe fatto parte.
L’ultima lettera ricevuta dallo zio era già abbastanza, per lei.
 
“Occupati maggiormente degli studi ed interrompi le tue uscite con i Weasley. Ciò che non ti serve è la compagnia malata di quella gente: parla con i membri della tua casa e se vuoi rimanere in quella scuola, segui le mie direzioni. Non dare motivo a nessuno di rivolgerti rimproveri”
 
Come minaccia, non era molto convincete, a dir il vero. Essere ritirata da quella scuola di pazzi non avrebbe che potuto renderla felice, ma non era sicura si potesse fare. Aveva letto di un incantesimo di alto livello che poteva far perdere la memoria: forse, se qualcuno fosse stato cacciato da scuola, lo avrebbero utilizzato, per sicurezza. Il mondo magico doveva restare segreto e cancellare la memoria sarebbe stato l’unico modo per essere sicuri. Quindi, no; di lasciare la scuola non se ne parlava. Doveva trovare un modo per poter continuare a stare con i suoi amici e non far arrabbiare suo zio.
Cambiò mese, prima che i tre tornassero a parlarsi. Prima loro avevano cercato di dare poco nell’occhio, e lei pure; durante le vacanze di Pasqua, poi, i signori Weasley avevano insistito per farli tornare a casa, come precauzione contro altri colpi di testa. Cassandra non resisteva più: era come ossessionata da Fred e George; non vedeva l’ora di stare con loro, odiava il non poterglisi avvicinare e il fatto di trovarsi in case diverse. Li aveva visti diverse volte passare per i corridoi, silenziosi e soli, e non faceva altro che tormentarsi e ricordarsi di qualche mese prima, quando l’avevano tanto odiata e disprezzata.
Durante un venerdì d’aprile passato in Sala Grande a studiare, un simpatico, storto e stropicciato aeroplanino di carta si posò delicatamente, ma di fretta, sul Manuale degli Incantesimi, Volume Primo su cui stava studiando.
 
“Riesci a farti trovare questa notte all’ingresso? A mezzanotte. F&G”
 
In quell’esatto momento, tutte le promesse che si era fatta svanirono. Si dimenticò della possibile espulsione, della minaccia della memoria, del fatto che non sapesse di cosa si trattava la strana missione e persino di suo zio.
A pranzo tutti notarono come fosse allegra: parlava senza sosta anche con Chloe e rivolse un sorriso smagliante ad Amalia, quando la vide a fissarla. Alla lezione di pozioni si obbligò a darsi un contegno: far arrabbiare Piton per farsi dare una punizione che avrebbe certamente tardato la cena non era una splendida idea; quindi si limitò a prendere distratti appunti con un sorriso nascosto sotto la testa china sulla pergamena. Anche difesa contro le arti oscure passò in un soffio, facendole guadagnare cinque punti per aver pietrificato un Berretto Rosso fuori controllo.
All’ora di cena, fece a cambio di posto con Norah, in modo da tenere sotto controllo l’ingresso della Sala Grande e il tavolo di Grifondoro, ma Fred e George non sembravano volerla guardare: passarono tutto il tempo della cena a parlare solo tra loro, vicini e a bassa voce. Di Lee, ancora nessuna traccia.
« Cass, giochi con noi con le figurine? ». Cassandra accettò l’invito di Eric, sperando vivamente di non farsi sopraffare dal sonno e che per l’ora stabilita l’intera casa di Tassofrasso avesse già lasciato la Sala Comune. Scoprì che “giocare con le figurine” non significava altro che confrontare le figurine delle Cioccorane di ciascuno e scambiare eventuali doppioni. Se non fosse stato per il fatto che i ritratti di maghi e streghe interagivano con i proprietari, sarebbe stato del tutto uguale ad un qualunque noiosissimo scambio di figurine babbane.
L’attività non l’aiutò a combattere la sonnolenza: evidentemente aveva speso troppe energie nell’attesa della serata ed ora rischiava di perdersi l’appuntamento con Fred e George a causa di un colpo di sonno. Il tempo sembrava non passare mai ed erano solo le 10 e 45 quando incominciò a liberare le rane di cioccolato dalle loro confezioni per potersi distrarre rincorrendole per tutta la Sala comune, finendo poi per mangiarsene almeno cinque o sei; le altre, erano malauguratamente andate a finire nel fuoco, tra le fauci di qualche animale che girava per lì, nel prato oltre le finestre o mangiate da qualcun altro.
Solo verso le 11 e mezza qualche compagno cominciò ad andare verso i dormitori. Cassandra sapeva che uscire, con le ragazze lì, era impossibile. E certamente Chloe non se ne sarebbe andata fin tanto che Eric fosse rimasto. Quando mancavano solo 10 minuti all’appuntamento, Cass perse la pazienza.
« Che fame… credo che andrò a fare un salto in cucina »
« Fame? Con tutto il cioccolato che hai mandato giù? » disse Eric a bocca aperta. « Guarda: te n’è rimasto ancora un po’ qui! » continuò ridendo, passandole un dito al lato della bocca, in un gesto che somigliava tanto ad una carezza quanto ad una presa in giro.
« Beh? Che centra? » inveì lei. « Si da il caso che mi venga sempre fame prima di andare a dormire! »
« Ok, ok. Tanto ho fame anche io, vengo con te »
A quanto pareva, non c’era modo di liberarsi di lui. Mentre le altre ragazze erano già andate a dormire, Eric sembrava provare un gusto particolare a stare in compagnia, qualunque fosse; era del tutto deciso a non restare da solo, il più a lungo possibile.
« Vengo anche io! » sbraitò Chloe alzando la mano in un gesto frenetico.
« Va bene! » disse infine Cassandra. « Andate voi due, e portate indietro quanto più cibo possibile. Così domani mattina non dovremo fare colazione con gli altri e potremo dormire più a lungo ».
« E tu non vieni? » chiese Chloe, già sottobraccio ad Eric e già in dirittura d’arrivo verso la porticina circolare.
« No, se andate voi preferisco… Sono stanca »
Non si fecero pregare, e in men che non si dica erano già spariti oltre il passaggio. Nella Sala Comune restavano poche persone: tre ragazzi e due ragazze, tutte all’ultimo anno e nessuna con cui Cassandra avesse mai parlato.
Aspettò poco più di due minuti, che le parvero essere un’eternità sufficiente da lasciare ai due amici per attraversare il corridoio ed entrare nelle cucine; non poteva attendere oltre: era già mezzanotte e se avesse atteso di più avrebbe potuto trovarli che rientravano. Afferrò il mantello nero datole dallo zio, si calò così giù dal piccolo tunnel e aprì la botte; non c’era nessuno, e si sbrigò a sgattaiolare verso la porta sull’atrio.
Il castello di notte era buio e freddo ed incuteva un certo timore, anche a chi lo conosceva già da anni, mentre lei era lì solo da uno.
Si infilò dentro al mantello che chiuse stretto sulle spalle e attese, fino a che, silenziosi come non erano mai stati, i gemelli Weasley non comparvero, lenti e chini, sullo scalone principale. Appena messo piede sulle gelide pietre dell’ingresso, George affrettò leggermente il passo verso il pesante portone e Fred pose il suo dito sulle labbra, in segno di silenzio.
La luce della luna penetrò nel castello mentre il primo dei fratelli si infilava nello stretto passaggio ed il secondo accompagnava, con la mano sulla schiena, Cassandra a fare lo stesso.  Quando tutti e tre furono fuori, Fred chiuse lentamente e con una delicatezza innaturale l’ingresso di Hogwarts. La ragazza non poté fare a meno di chiedersi se non fosse la prima volta.
Il divieto di parlare era ancora valido e solo giunti alle buie serre Fred tirò un profondo e rumoroso sospiro. « Scusa se abbiamo fatto tardi: Filtch non si muoveva più dal corridoio al secondo piano »
« Bene. Andiamo », disse George incamminandosi, seguito dal fratello.
« Aspettate! » chiamò Cassandra. « “Andiamo”, dove? »
I due si girarono e dissero, all’unisono: « Nella Foresta Proibita! »
« Oh, tra l’altro: » proseguì Fred come niente fosse; « hai del cioccolato sul labbro »
Il tono usato nell’annunciare la gita sembrò far passare la notizia come l’informazione più banale al mondo e come se Cassandra dovesse essere per forza un po’ priva di senno, per aver chiesto.
« Sapete » disse allora, correndo dietro ai due; « penso ci sia un motivo se l’hanno chiamata Foresta Proibita »
« Ah sì? E quale sarebbe? » chiese ironicamente George senza voltarsi. « A te l’onore, Freddie »
« Vedi, Cass, amica mia… » incominciò l’altro, cominciando a camminare all’indietro e facendo cenno alla ragazza di avvicinarsi. « Ce lo siamo chiesto anche noi: abbiamo passato tutto il primo anno – bei tempi – a studiare i libri in biblioteca che parlavano di questa fantomatica Foresta Proibita » inciampò, convenendo, subito dopo, che sarebbe stato meglio guardare avanti; mise un braccio intorno a Cassandra, lo portò tra lui e George. « Con Lee siamo arrivati alla conclusione che tutte quelle storie di animali incredibili e pericolosi, giganteschi mostri mangia-studenti, fossero solo. Enormi. Fandonie. »
Dalla faccia dell’amica fu chiaro che non era riuscito a convincerla. Così proseguì: « Oh avanti, Cass! Chi metterebbe dei ragazzi a studiare vicino ad una foresta in cui vivono creature simili??? Ippogrifi, Centauri, perfino Acromantule?! »
« Al massimo troveremo qualche Avvicino, due o tre Porlock, un sacco di Horklump e Gnomi da Giardino! » concluse George, girandosi a batter il cinque con il fratello.
Ben presto raggiunsero i primi alberi della foresta, ma nonostante le insistenze di una spaventata e per nulla confidente Cassandra, aspettarono ancora qualche passo prima di accendere le bacchette, onde evitare che la luce venisse vista dal castello o dalla capanna di Hagrid.
« Voi siete proprio sicuri che qui non ci sia nulla di pericoloso? »
« Certamente! Chiedi a Lee »
« Ah già… Una cosa per volta, però » insistette. « Perché dovrebbero proibirci l’ingresso nella foresta se non è pericolosa? »
« È esattamente quello che siamo venuti a scoprire » disse George.
« Vedi, la nostra è una missione importantissima: dobbiamo capire cosa i professori nascondono qui dentro che a noi non possono assolutamente far vedere »
« Una base segreta solo per loro… I corpi mummificati dei fondatori… Le risposte alle domande degli esami… »
« Non state dicendo sul serio, vero? » chiese Cassandra, ma dal modo in cui entrambi la guardarono certamente non stavano scherzando. « Avete rischiato l’espulsione appena un mese fa! Odiate così tanto questa scuola? »
« Ragiona, Dolohov » disse Fred.
« Se noi scopriamo cosa nascondono… possiamo chiedere qualcosa in cambio del nostro silenzio! » proseguì George.
Cassandra si fermò di botto. « Praticamente, volete ricattare i professori! »
« Esatto! » rispose allegro Fred.
« No! » disse contemporaneamente George. « Diciamo che potremmo farci annullare quella stupida punizione… »
« Dobbiamo aiutare Hagrid ad accudire le sue strane… cose »
« E perché avete portato me? »
« Ci serviva un terzo, e Lee è fuori uso » fece George.
« Di nuovo » concluse Fred.
« Un terzo per cosa? »
« Beh, non si sa mai! Essere in tre è sempre meglio che essere in due, no? »
« Ora fate silenzio » disse George.
« Poi tu sei più brava di Lee, questo è certo »
« Shhh »
« A proposito, come sta? »
« Ho detto silenzio »
« Ah, l’ho visto meglio… Però Madama… »
« Volete stare zitti??? » sbottò George in un urlo a bassa voce. « Non lo sentite questo rumore? »
« Io sento una gran puzza, George » rispose Fred prima di zittirsi completamente.
Oramai camminavano da parecchio tempo e la fitta foresta oscurava quasi del tutto la luna, lasciandoli con la sola luce delle loro bacchette. Un silenzio quasi assoluto li circondava e Fred stava già prendendo nuovamente il fiato per tornare a discutere quando, da un punto indefinito alle loro spalle, qualcosa si spezzò.
I tre ragazzi si voltarono di scatto e rimasero impietriti a fissare l’oscurità totale che troneggiava su di loro.
« È solo uno Clabbert, sono sicuro »
« Cos’è un Clabbert? » disse Cass a mezza voce.
« Non vedo lucine, Fred » rispose piano George.
Raccogliendo tutto il suo coraggio e la sua profonda convinzione che nulla potesse esserci di pericoloso tra quegli alberi, Fred impugnò più stretto la sua bacchetta e si avvicinò, lentamente, al buio dal quale era venuto il rumore.
Bastarono pochi passi perché la fioca luce svelasse qualcosa: tra i fitti e sottili rami del sottobosco, Fred si vide abbracciato da un paio di grosse e lunghissime corna; poco più oltre, due piccoli occhi luminosi e l’aria che si colorava d’argento, sotto un largo naso viola.
Un forte e straziante grido di ferocia si levò nell’aria e subito dopo Fred afferrò George per un braccio, che trascinò a sua volta con sé Cassandra in una fuga disperata, il più lontano possibile da quel gigantesco animale.
« Petrificus Totalus! » urlò Cassandra puntando la bacchetta in una direzione non definita alle sue spalle.
« St-Stupeficium! » tentò uno dei gemelli.
« Carpe Retractum! » provò l’altro.
Nulla aveva effetto su quell’inarrestabile bestia: gli incantesimi gli rimbalzavano addosso e le corde che provavano a fermarla si scioglievano sotto la sua furia. Fred, George e Cassandra correvano a perdifiato, rimanendo intrappolati nelle radici o tra gli insidiosi rami. Tutto alle loro spalle crollava, si spezzava o veniva sradicato; il terreno veniva maciullato sotto i pesanti calpestii dell’animale e l’aria si scaldava intorno a loro per effetto del suo fiato ad ogni secondo passato, segno che la loro fuga ed i loro attacchi non stavano producendo buoni risultati.
La foresta era sempre più fitta ma sebbene il numero crescente di ostacoli impediva il passaggio dei tre, non faceva lo stesso con il loro inseguitore. Il buio era sempre più opprimente, le bacchette non puntavano che una luce ballerina, le ginocchia cominciavano a cedere e i polmoni bruciavano come se qualcuno avesse dato loro fuoco dall’interno. Le caviglie dolevano per le troppe storte prese e nelle orecchie rimbombava il grugnito pesante dalla bestia, d’un tratto sovrastato da un grido disperato.
« Aresto Momentum! »
 
 
Tutto si fece immobile; non una sola foglia volava, non un solo ramo spezzato proseguiva la sua corsa verso il terreno. I capelli e le vesti lunghi dietro di sé, Cassandra con gli occhi chiusi, Fred dal volto tirato faccia a faccia con la bestia, George protratto in vanti ed il panico a segnargli il viso.

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Note dell'autore:
I lavori qui procedono a rilento! Lo so... non me ne vogliate.
Il fatto è che ho terminato il mio romanzo e sono in dirittura d'arrivo per la laurea... Quindi mi trovo, mio malgrado, a dover dedicare non molto tempo a questa fanfic: non l'abbandonerò mai, però! Promesso! Ci sono troppo affezionata... Scriverla mi rende felice e mi emoziona, senza parlare del fatto che leggere le bellissime recensioni che lasciate voi che la leggete mi rende la persona più felice del mondo!
Spero continuerete ad apprezzare il mio lavoro e a volerlo leggere! ^^

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Capitolo 8
*** Scope, stracci e secchio ***


« Forza, sbrigatevi! »
Piton stava strattonando i gemelli per le braccia, obbligandoli a tirarsi in piedi. « Dolohov, in piedi! Subito!» disse, alzando lei.
« Faremo i conti tornati a scuola, ora dobbiamo allontanarci in fretta. L’incantesimo che ho usato è potente ma non può durare troppo a lungo »
Mentre il professore faceva strada camminando veloce e vigile, i ragazzi tacevano a qualche passo di distanza. A quella velocità, in breve tempo gli alberi si fecero meno fitti e i raggi della luna riuscirono a raggiungere di nuovo i quattro, rendendo la luce delle bacchette sempre meno necessaria.
« Professore » azzardò George, « cos’era quello? »
« Quello, signor Weasley, era un grosso esemplare di Graphorn. E ora tacete fino a che non ve lo dirò io » rispose secco.
Quando si portarono finalmente fuori dalla foresta, furono lieti di vedere che nel castello non c’era nemmeno una luce accesa, segno che Piton era stato l’unico ad accorgersi di loro. Svelti, attraversarono il prato, tenendosi di nuovo ben distanti dalla capanna del guardiacaccia, e salirono i pochi scalini per varcare il portone. Piton fece cenno ai gemelli di passargli avanti e di aprire loro l’ingresso: Cassandra pensò che fosse un modo per scoprire come avevano fatto ad essere tanto silenziosi, perché fece loro anche chiudere. Voltò vistosamente il lungo mantello nero e si diresse verso la scala che scendeva nei sotterranei dove si trovava l’aula di pozioni. Si fermarono proprio lì a fianco, quanto Piton aprì il suo ufficio.
Tutti e tre conoscevano fin troppo bene quel luogo: i Weasley ne avevano combinate di cotte e di crude al loro primo anno e Cassandra aveva ricevuto inspiegabili e noiose punizioni, la maggior parte delle quali da scontare lì dentro.
Con un cenno della bacchetta, il professore fece svanire le sedie posizionate davanti alla scrivania, la superò e si sedette sull’unica rimasta. Li fissava con occhi freddi e scuri semi nascosti dietro le mani incrociate ed i gomiti poggiati sul tavolo; emetteva lunghi e sonori respiri dal naso adunco e sembrava volerli maledire.
Ad un tratto, alzo il mento, e andando ad appoggiarsi allo schienale della sedia, disse sorprendentemente calmo: « Quale pensate debba essere la vostra punizione? »
Tutti intuirono una nota di pressante ilarità nella sua voce e nessuno si osò a rispondere.
« Sto aspettando »
Alla fine, Cassandra rispose con un filo impercettibile di voce. « Con l’espulsione? ». Un profondo e sornione sorriso sbilenco si dipinse sulla pelle pallida di Piton.
« Per quanto nulla mi renderebbe più contento di vedervi uscire dalle mura di questo castello per non farvi più ritorno, signorina Dolohov, penso che tu stia sottovalutando la mia fantasia »
« Contatterà i nostri genitori? » chiese George, come se da quella risposta dipendesse la sua intera esistenza.
« No, Weasley. Se convocassi di nuovo i vostri genitori, il signor Preside lo verrebbe a sapere, espellendovi all’istante. »
« Allora come ci punirà? » chiese Fred con aria scocciata.
« C’è un motivo se vi è proibito l’accesso! » rispose il professore in un impeto d’ira. « Avete messo in pericolo la vostra vita e la mia che vi ho visti uscire e sono corso a riprendervi! L’espulsione sarebbe per voi il male minore. Non farete parola con nessuno di quanto è successo ed accetterete senza la minima rimostranza ogni punizione deciderò di infliggervi. Sono stato sufficientemente chiaro? » concluse, lentamente.
I ragazzi annuirono in silenzio e Piton si alzò, ordinando a Cassandra di attendere in ufficio, mentre lui accompagnava i gemelli al dormitorio di Grifondoro.
« Voglio trovarti esattamente in questa posizione quando torno, Dolohov. Non. Muovere. Un. Muscolo. »
L’ufficio era buio e tetro, con un’atmosfera ancora più spaventosa grazie alla debole luce fredda della luna che penetrava dall’alta finestrella davanti a lei. Non sapeva che ore fossero ma cominciava a smaltire la scarica di adrenalina della serata e a sentire le gambe cedere sotto il proprio peso. Piton impiegò qualche tempo prima di fare ritorno e quando si richiuse la porta alle spalle, Cassandra si trovava nello stesso identico punto in cui l’aveva lasciata.
« Tu e i signori Weasley non avete idea del guaio in cui vi siete cacciati. Mi sarei aspettato un po’ più di giudizio da parte tua, Dolohov »
« Mi dispiace… »
« Fortunatamente per te, quei due piccoli mostri si sono voluti prendere tutta la colpa » aggiunse; « ma non pensare che solo per questo tu non riceverai una severa punizione. A dormire, ora! » concluse spalancando di nuovo la porta ed aspettandola in corridoio. Risalirono da quel sotterraneo per poi ridiscendere subito in quello delle cucine. A quanto pareva, i professori conoscevano la collocazione di tutti dormitori e, a quanto pareva, anche i modi di accesso.
Piton bussò con cura sulla seconda botte dal basso e il passaggio si aprì; rimase immobile con il volto di pietra a guardarla entrare nella Sala Comune, fino a che la botte non si richiuse.
Cassandra trovò che nessuno fosse sveglio a quell’ora, e l’orologio a fianco di Tosca Tassofrasso sul camino indicava le 3 del mattino, passate. Stanca, avvilita e un pochino umiliata, si infilò nel dormitorio femminile cercando di fare meno rumore possibile. Le sue compagne dormivano profondamente, tranne Chloe.
« Si può sapere dove sei stata? » chiese cercando di parlare il più piano che poteva.
Non avrebbe potuto raccontarle niente, nemmeno se avesse voluto; così fu costretta ad inventare al più presto una scusa. « Vi stavo aspettando e… ne ho approfittato per andare in bagno »
« E torni adesso dal bagno??? »
« No! …quando stavo tornando indietro sono passata in cucina a vedere se eravate ancora lì, ma eravate già andati via… »
« Sei rimasta lì fino ad ora? ». Cassandra fece cenno di sì con la testa, mentre finiva di indossare la camicia da notte gialla. « Non so come tu faccia a mangiare tanto e passare ancora dalle porte… », concluse Chloe, tornado a coricarsi.
Cassandra seguì subito il suo esempio senza proferire parola. Infilò la testa sotto le coperte e trattenne a stento i singhiozzi e le lacrime, mentre velocemente le forze la abbandonavano, consegnandola tra le braccia di un sonno tormentato da una gigantesca bestia viola.
 
 
L’indomani mattina – o, meglio, poche ore più tardi – Cassandra si levò di buon ora: non tanto per spirito mattiniero, quanto piuttosto per cercare di evitare di ripiombare di nuovo in quei fastidiosi incubi. Il fatto di avere il divieto assoluto di parlare della sera prima, la tranquillizzava: nessuno l’avrebbe guardata in malo modo, o rimproverata, o tolto punti alla casa per colpa sua.
Ebbe giusto il tempo di mettere piede in Sala Grande per la colazione, quando fu intercettata dal prefetto di Serpeverde, Gemma Farley. « Il professor Piton vuole vederti nel suo ufficio, Dolohov ».
Cassandra era del tutto sorpresa per il fatto che quella strana ed inquietante ragazza sapesse chi fosse: forse Piton le aveva descritto il suo aspetto. « Subito » disse prepotente quell’altra.
Così, rinunciò all’idea di infilare qualcosa nello stomaco, almeno per il momento, e tornò sui suoi passi. Scese le scale per i sotterranei e giunta alla porta dell’ufficio di Piton, bussò.
Dentro c’era solo lui, che, come lei, sembrava non aver dormito; dovette aspettare che i gemelli Weasley li raggiungessero in piedi, attaccata al muro a fianco della porta. Ci vollero almeno dieci minuti, prima che Piton potesse tornare a dare il permesso per varcare l’entrata; quando la porta si aprì, comparvero Fred e George, ancora in pigiama, seguiti da Charlie. Evidentemente, loro avevano dormito.
« Lasciaci, Weasley », disse Piton non staccando il naso dal foglio di pergamena che stava torturando. Quando lui uscì, riprese: « Ho passato quello che è rimasto della mia nottata a pensare ad un modo congruo per punirvi. Innanzi tutto, toglierò a ciascuno di voi 50 punti »
Mentre la sua espressione si faceva quasi gioviale, quella dei gemelli crollava sotto il peso di un ingiustificato senso di ingiustizia. Cassandra riusciva solo ad essere grata del fatto che non ne avesse dato pubblico annuncio durante l’ora di pranzo.
« Inoltre, ho chiesto aiuto giusto stamane al signor Filch. Secondo lui, il modo migliore di punire un alunno è la punizione corporale.
« Per quanto l’idea mi alletti, sono certo che i vostri genitori non accetterebbero di buon grado questo tipo di provvedimenti. Quindi ho ripiegato sulla più accettabile delle proposte del nostro custode »
Lasciò passare almeno un minuto buono prima di proseguire, osservando i tre ragazzi attraverso gli occhi neri, incorniciati dai capelli unti.
« Non siete curiosi? » riprese; « Pulirete da cima a fondo tutto il castello, fino alla fine dell’anno scolastico, obbedendo senza fiatare a Filch. Contemporaneamente, svolgerete alcuni compiti per me. Tutto chiaro? »
I tre annuirono.
« Mi pare di aver capito, inoltre, che anche il signor Thomas avrebbe dovuto prendere parte a questa avventura. Come ideatore, altro 50 punti verranno tolti a Grifondoro ». Piton si fermò, a gustare i volti contratti ed i pugni chiusi dei gemelli Weasley; poi li congedò.
 
 
« Maledetto! »
« Calmati, Fred…» disse George, mentre si avvicinavano a Cassandra, dopo essere stati nel dormitorio di Grifondoro a cambiarsi.
« Altri 50 punti??? Siamo ultimi, maledizione! »
« Sì ma ora taci, che gli altri non lo sanno che siamo stati noi. Non è il caso di urlarlo per i corridoi »
Raggiunsero Cassandra che li seguì in silenzio, rimuginando sulla punizione e su come avrebbe fatto a passare gli esami con la mole di lavoro che Piton avrebbe riversato loro addosso.
Senza che lei se ne accorgesse, arrivarono fino a quello che Filch amava definire il suo “studio”, ma che, in realtà, era più simile ad un grosso ripostiglio.
« Come cavolo faremo a pulire tutto il castello, si può sapere? » continuava a sbraitare Fred, che, per poco, non calpestò la coda altalenante di Mrs. Norris: segno che Filch sapeva dove trovarli.
Di fatti, di lì a pochi minuti, quel terrificante uomo dagli occhi slavati fece la sua comparsa.
« E così, vi siete messi nei guai » disse con un inquietante sorriso dipinto sul volto. Ovviamente, i tre non risposero. « Ah, ci divertiremo insieme… Vedrete »
Aprì la porta del suo “studio”, entrò e ne uscì subito dopo con delle piccole scope che sarebbero state della misura adatta per essere utilizzate da elfi domestici.
Ne diede una ciascuno e senza fiatare si fece seguire fino alla torre di astronomia, dove sbottò con un “Pulite!”, per poi andarsene subito dopo.
Impiegarono tutto il tempo della colazione per arrivare solo ad aver iniziato a spolverare tutta la delicata attrezzatura e quando la campanella suonò per l’inizio delle lezioni abbandonarono l’ingrato compito per raggiungere ciascuno le rispettive classi.
Era mercoledì. Lezione di Pozioni, alla prima ora del mercoledì.
Con lo stomaco vuoto e l’umore ancor più di traverso dopo aver ascoltato per più di un’ora le maledizione tirate da Fred a Piton, Cassandra affrettò il passo per raggiungere l’aula tanto lontana, nei sotterranei. Salutò i gemelli che si dirigevano a storia della magia e continuò a scendere di fretta le scale: doveva ancora passare nel proprio dormitorio a prendere il calderone con pergamene, penne e libri.
Quando finalmente giunse nell’aula ed aprì la porta, come si aspettava, Piton le rivolse un pericolosissimo sguardo. Al posto di rimproverarla per l’enorme ritardo, però, dopo aver urlato il suo nome, disse: « Non credo che dovresti trovarti qui. O forse mi sbaglio? »
La paura di Cassandra fu quella di aver sbagliato giorno, aula e lezione; di essere entrata di corsa nel bel mezzo della lezione di qualcun altro e di aver fatto una figuraccia. Si guardò dunque intorno e, sorpresa, riconobbe ogni volto seduto ai banchi; anche quello annerito e sgraffiato di Chloe, che evidentemente aveva già fatto saltare in aria qualcosa.
Guardò perplessa Piton, che ricambiava con l’aggiunta di sarcasmo dovuta ad una leggera piega all’angolo della bocca, vagamente simile ad un sorriso.
« Mi scusi? » disse infine.
« A quanto ne so, e correggimi se sono in errore, dovresti essere sulla torre di astronomia, in questo momento »
« Ehm… Sì, credo di sì… ». A dir la verità, non era sicura di aver dato la risposta giusta; dopo aver osservato incredula per un po’ di tempo il professore, si voltò lentamente. Vide Norah che la fissava come a chiederle cosa dovesse fare nella torre di astronomia e si promise di inventarsi, nel frattempo, una scusa adeguata.
Prima che uscisse dalla porta, Piton le rivolse ancora una frase: « Avrai certo premura di chiamare i tuoi schiocchi colleghi »
Chiusa la porta alle spalle, dovette attraversare mezzo castello per raggiungere l’aula del professor Binns e, ancora peggio, dovette raccogliere tutto il coraggio di cui era capace per riuscire a bussare.
« Sì? ». Non era la risposta dall’interno, ma ciò che disse la testa del professor Binns, uscita dal muro della classe. « Oh, Dolohov. Entra »
« Non ce n’è biso… »; ma la testa era già sparita. Così entrò.
L’intero popolo degli studenti del secondo anno di Corvonero e Grifondoro si voltò a guardarla e con piacere lei notò che Lee si era ripreso. O, per lo meno, era riuscito in qualche modo a raggiungere il suo posto: non aveva un bell’aspetto. Fred e George la guardavano come di solito guardavano Piton.
Dal canto suo, Cassandra non aveva pensato a cosa avrebbe dovuto dire per portarseli via. Un semplice ‘Fred e George possono uscire?’ non le sembrava molto convincente; ‘Fred e George devono venire e riprendere la punizione’ andava contro il divieto di Piton di parlare dell’accaduto; visto che il tempo scorreva e che Binns sembrava annoiato dal fatto di non poter continuare la sua lezione, Cassandra disse la terza ipotesi che formulò.
« Il professor Piton vorrebbe vedere i Weasley, professore ». I gemelli nemmeno provarono a trattenere il loro sconforto e disappunto, lasciando andare braccia e schiena sulle sedie.
« I Weasley? E perché? »
« Credo voglia parlare con loro, professore »
Dopo aver ponderato qualche secondo la cosa, il fantasma di Binns fece un cenno con la mano per invitare i ragazzi ad uscire, per poi voltarsi e riprendere la spiegazione interrotta. Fred e George lanciarono con una manata tutto ciò che avevano sui banchi ciascuno nel proprio calderone; si alzarono e passarono arrabbiati a fianco di Cassandra, lasciando che fosse lei a chiudere la porta.
« Le lezioni di storia della magia sono una tortura, ma nulla è peggio di Piton » disse George. « Cosa vuole? »
« Che continuiamo a pulire la torre » rispose Cassandra.
« Anche durante le lezioni? » chiese esterrefatto Fred; seguì un cenno affermativo.
 
La mattinata passò dunque nell’ormai calda torre di astronomia, e se l’idea di saltare pozioni poteva non rattristare Cassandra, perdersi Incantesimi, l’unica materia in cui andava bene, la innervosiva un po’.
Quando finalmente, poi, fu l’ora di pranzo, distrutti, si chiesero se avrebbero potuto unirsi ai loro compagni per il pasto, ma la risposta comparve sotto i loro occhi.
Con un simpatico puf un elfo domestico vecchio e con gli occhi scuri come la pece si era materializzato a pochi centimetri da loro, proprio davanti alla porta dell’aula.
« Ribos porta il pranzo dei signori » gracchiò, porgendo un piatto pieno di zuppa.
Pufpuf, e altri due elfi, molto più giovani, comparvero alle sue spalle, con altrettanti piatti ricolmi della stessa pietanza.
« Volete dirci che non possiamo scendere a pranzo? » fece George.
« Il professore ha detto a Ribos di portare il pranzo. Il professor Piton, signori », aggiunse, sporgendosi ancora in po’ in punta di piedi per allungare il piatto verso Fred.
Quando i piatti di zuppa furono finiti, consumati sugli altissimi banchi dell’aula di astronomia, altri elfi ricomparvero con il secondo; così fecero anche per il dolce.
Erano più o meno le tre del pomeriggio quando finirono di pulire l’aula e non poterono fare a meno di chiedersi se quella punizione non fosse sufficiente. Aprirono la porta per andare a lezione ma ad aspettarli, poco distante, sulle scale, c’era Mrs. Norris. Con i suoi temibili occhi rossi, sembrava proprio voler sbarrare loro la strada.
« Era serio, quando ha detto che avremmo dovuto pulire tutto il castello? » si chiese Fred.
Rassegnata al fatto che la punizione non si sarebbe rivelata più semplice del previsto, Cassandra riafferrò la piccola scopa che aveva appena appoggiato e si mise a spazzare a terra, seguita da George. Fred impiegò un po’ più di tempo per arrendersi e smettere di fissare quello che continuava a definire “stupido e orribile gattaccio”.
Per l’ora di cena, erano riusciti a spolverare, spazzare e lavare tutte le scale della torre, fino ad arrivare al corridoio; il mancato nuovo avvento di elfi con cibo li convinse di poter scendere nella Sala Grande.


 
Scusate gli anni (!) che mi ci sono voluti per aggiornare... In realtà il lavoro era finito, ma a causa di un non so che del mio pc il tutto era andato perso. Ora l'ho ritrovato e spero tanto di non aver perso tutti i lettori della mia fanfic!

Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate! 

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Capitolo 9
*** L'ambito rientro ***


Cassandra passò la serata a rispondere alle domande delle sue compagne, per le quali si era completamente dimenticata di trovare una scusa plausibile. Optò per assumere un atteggiamento non cooperativo, rispondendo solo “è top secret”, sicura che i gemelli avrebbero fatto lo stesso. Intanto, le poche volte che si voltò, vide che i gemelli erano più addormentati che altro; quasi non toccarono cibo: cosa che la sorprese molto, dal momento che, tra un insulto e l’altro rivolto a Piton, soprattutto Fred non aveva smesso un secondo di lamentarsi della fame.
Il sonno stava devastando anche lei e prima ancora che la cena fosse finita, Cassandra abbandonò la Sala Grande, diretta ai dormitori. Quella sera, si addormentò profondamente appena coricata.
 
 
Il mattino seguente fu Chloe a svegliarla, e non fu un’impresa semplice. Cassandra sembrava proprio voler dormire per sempre e anche quando fu sveglia, furono necessarie mille insistenze per convincerla a scendere a colazione; continuò a stare a letto fino a che non valutò l’ipotesi di dover ripetere la giornata di pulizie del giorno prima: a quel punto, pensò, una colazione abbondante avrebbe potuto fare la differenza tra la veglia e lo svenimento, di lì a poche ore.
Non appena misero piede nel salone d’ingresso, tuttavia, vennero intercettate dalla professoressa McGonagall, che scacciò alla svelta Chloe.
« Signorina Dolohov, si può sapere dove hai passato il pomeriggio di ieri? Di certo non ti trovavi dove avresti dovuto essere, ossia nella mia aula alla lezione di Trasfigurazione »
Il suo volto severo mortificava e spaventava allo stesso tempo Cassandra, che si risolse nel dire di essere stata impegnata in una punizione con il professor Piton. In teoria, pensò, non stava rompendo la promessa fatta, quella di non rivelare la disavventura nella Foresta; mentire ad un professore, ancora di più se si trattava di lei, però, non le sembrava proprio una mossa saggia.
Lungi dal fidarsi della parola di una studentessa del primo anno, la McGonagall si allontanò di poco, quel tanto che bastava per affacciarsi alla porta della Sala Grande per chiamare Piton, il quale si avvicinò paurosamente alla svelta, con la consueta veste svolazzante ed i capelli che di muoversi non avevano alcuna intenzione.
« Severus, la signorina Dolohov si trovava con te, ieri pomeriggio, durante l’ultima ora? »
Piton allungò il naso verso Cassandra rivolgendole uno sguardo indagatore.
« Sostiene di essere mancata alla mia lezione a causa di una punizione che le avresti dato tu », aggiunse la professoressa.
« Certamente Dolohov ti starai confondendo. Non ho nulla a che fare con le tue assenze » sentenziò Piton, prima di allontanarsi per fare colazione.
« Non mi piace che mi si menta, Cassandra » disse secca la McGonagall. « Spero non vorrai più mancare alle mie lezioni, a meno che tu non tenga ad essere bocciata agli esami.
« Per punizione redigerai una relazione di tremila parole sull’incantesimo Lapifors, l’argomento dell’ultima lezione »
La rabbia che provò Cassandra il quel momento è indescrivibile, tanto acuta da farle dimenticare il proposito di mangiare il più possibile in vista della fatica che probabilmente l’aspettava. Riuscì a buttar giù appena due cucchiai di latte con i cereali, prima che i gemelli andassero a chiamarla.
« Vieni Cass. Filch ci aspetta » dissero scoraggiati, rivolgendo un’occhiata rassegnata verso la porta della Sala Grande, dove il custode aspettava in piedi, accarezzando Mrs. Norris appollaiata in braccio.
Lo raggiunsero e vennero condotti nello stesso corridoio cui erano arrivati la sera prima; stesse scope minuscole, stessi stracci e stesso secchio colmo d’acqua.
« Un giorno la facciamo pagare, a Piton! » sputò Fred tra i denti.
« Credete sia legale farci saltare le lezioni? », chiese di rimando suo fratello.
« Credi sia legale farci pulire tutto il castello? » fece l’altro. «Se non fossi solo al secondo anno e se lui non fosse un professore, inventerei un incantesimo potentissimo per farla pagare a quel viscido. Lo giuro! Magari un giorno sarò Ministro della Magia e allora vedremo chi punirà chi »
« Adesso basta! » gridò Cassandra. «Vi rendete conto, voi due, che se non fosse stato per Piton a quest’ora saremmo morti? Avete capito che gli dovete la vita o no? Che gliela dovete due volte: una perché ci ha salvati da quel coso nella Foresta e una perché se ci avesse fatto espellere – e nel vostro caso aveva anche ragione – non avremmo mai preso il diploma?
« Non voglio più sentire parole per Piton che non siano di gratitudine, d’accordo? Almeno fino alla fine di quest’anno. Io mi sono pure presa una punizione dalla McGonagall! »
I gemelli la guardarono come paralizzati.
« Beh » disse Fred, « per lo meno, l’anno è quasi finito »
 
In effetti, nel giro di una settimana si fece giugno e le lezioni vennero interrotte per lasciare agli studenti il tempo di prepararsi per gli esami di fine corso, soprattutto per i G.U.F.O. del quinto anno e per il M.A.G.O. del settimo. Naturalmente, per tutti gli studenti tranne Fred, George e Cassandra, che dovettero continuare con la punizione.
Dal momento che ormai i loro compagni non erano più costretti a stare chiusi nelle aule, ma potevano girare liberamente per l’intero castello, la punizione dovette essere trasformata; Piton non voleva certo rischiare che tutta la scuola vedesse quei tre pulire: avrebbe dovuto dare spiegazioni e non gli sarebbe convenuto.
Quindi fu deciso che i tre avrebbero dovuto, innanzi tutto, aiutare Piton nella creazione di alcuni dei suoi esperimenti: a quanto pareva, una delle più grandi passioni del professore di Pozioni era di inventare nuovi incantesimi o intrugli dai più disparati usi. Così, nel giro di pochi giorni, Fred si trovò con una bruciatura sul fianco destro, George con un taglio sulla mano (per colpa sua: non era un grande esperto quando si trattava di schiacciare con un coltello un certo tipo di larva nera) e Cassandra con un nuovo taglio di capelli: « Voglio vedere se anche uno stupido può padroneggiare questo tipo di schiantesimo » disse un giorno Piton a George; quando lui lo provò, però, fu chiaro che non era un incantesimo di basso livello. Dalla bacchetta di George uscì un luce azzurra che in men che non si dica raggiunse Cassandra, o meglio, i suoi capelli: ci pensò Chloe a pareggiarli, realizzando un caschetto rosso tutto da ridere.
« Non ti sta… male… » provò a consolarla goffamente George.
Dopo quell’incidente (Cassandra si chiese più volte cosa sarebbe potuto accadere se quella luce azzurra le fosse arrivata in faccia) furono esonerati anche da quel compito: le loro mansioni, fino al termine degli esami, sarebbero state solo quelle di riordinare e pulire l’inquietante scaffale degli ingredienti per le pozioni nell’ufficio di Piton.
Con tutto quel gran da fare, il tempo per lo studio, così come quello per portare a termine le punizioni degli altri professori per aver saltato le lezioni, scarseggiò tanto da far dubitare ai tre di poter passare gli esami di fine anno.
Dubbio che sarebbe rimasto ancora per qualche giorno ma su cui poco potevano prestare attenzione: i gemelli e Cassandra erano talmente sfiniti da riuscire a mala pena a tenere gli occhi aperti.
 
Una sera, quando ormai Cassandra aveva perso il conto dei giorni trascorsi, dopo aver passato il pomeriggio addormentata sopra la sua coperta patchwork, scese da sola verso la Sala Grande, all’ora di cena. La trovò molto diversa da come l’aveva lasciata quella stessa mattina, a colazione.
Per come era addobbata, si sarebbe detta rivestita d’oro massiccio: i tovaglioli erano gialli, i drappeggi gialli, le candele erano adornate da fiocchi gialli. Anche il tavolo degli insegnanti era giallo; appena dietro, era appeso alla parete un gigantesco stendardo giallo dai contorni neri, raffigurante il panciuto tasso di Tassofrasso.
« Che succede? » chiese Cassandra, giunta trascinando i piedi al suo tavolo.
« Ah sei qui, bella addormentata! » le urlò Eric poco distante.
« Dolcezza, dovresti farti vedere per tutto il sonno che hai.. Abbiamo vinto la Coppa della Case! », esultò Norah.
Si era completamente dimenticata della competizione; prima che potesse sedersi, Silente si alzò dalla sua sedia, richiedendo silenziosamente attenzione.
« Siamo giunti al termine di un altro anno scolastico » disse, accarezzandosi la barba bianca. « Vorrei poter dire che, almeno quest’anno, non abbiamo avuto incidenti, ma temo che questo annuncio non mi sarà permesso per almeno altri cinque anni.
Prima di festeggiare per l’inizio delle vacanze con i manicaretti dalle cucine, è mio compito assegnare la Coppa delle Case. Al quarto posto, Serpeverde, con duecento-novantasei punti; al terzo posto, Grifondoro, con trecento-ventiquattro punti; secondo, Corvonero, con trecento-ottantasette punti. Primo, e vincitore della Coppa di quest’anno, Tassofrasso, con quattrocento-quarantadue punti »
L’intero tavolo di Tassofrasso si alzò in piedi, in uno scoppio di gioia che a stento non cancellò il sonno di Cassandra, che, però, si limitò a battere forte le mani. La professoressa Sprout si alzò in piedi e, con un enorme sorriso stampato in viso, fece anche un paio di inchini.
« Molto bene, Tassofrasso: il duro lavoro, ripaga! » riprese Silente. « Ed ora, iniziamo con la cena »
La gioia di tutti i Tassofrasso era a dir poco incontenibile. Nella Sala Comune, dopo aver scoperto che i bagagli per la partenza del giorno dopo si sarebbero composti da soli, Cassandra pensò di potersi concedere un paio d’ore di festeggiamenti, con tanto di dolcetti puntualmente trafugati dalle cucine: la loro collocazione, ormai, non era più un segreto per nessuno, lì dentro.
 
 
Di mattina la professoressa Sprout, con un aspetto terribile, si posizionò sbadigliando all’ingresso della Sala Comune per distribuire a tutti dei pezzi di pergamena con su scritto “Si ricorda a tutti gli studenti che, secondo quanto previsto dal Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni, non è concesso ai minori di anni 17 di eseguire incantesimi fuori dal contesto scolastico”.
 
Salita sull’Hogwarts Express, Cassandra si sedette insieme alle sue compagne in un vagone vuoto, dove iniziarono a scartare Cioccorane e a ingurgitare quantità esagerate di gelatine.
« Allora, quanto avete preso agli esami? »
« Uh! Non ho ancora aperto la busta! »
Alla fine, Cassandra era riuscita a strappare la sufficienza in tutte le materie, anche in volo, portando a casa addirittura un inaspettato O in Incantesimi.
La discussione sui voti durò poco, fino a che Fred non infilò la testa dentro il vagone: « Oh, sei qui! » disse; « Vieni, dobbiamo parlarti ».
A nulla servirono le seppur blande proteste di Cassandra che alla fine cedette, si alzò e salutò con un “a dopo” le amiche.
I gemelli e Lee Jordan erano accampati qualche vagone più indietro e quando Fred fece il suo ingresso accompagnato dall’amica, la discussione verteva su quanto era accaduto nella Foresta Proibita quella notte di un mese prima.
« Avevamo promesso non l’avremmo raccontato! » protestò lei.
« La scuola è finita, bambina! » rispose George. « Quell’uomo non può più farci nulla »
« Davvero avete sconfitto un Graphorn? » chiese Lee incredulo a Cass.
« “Sconfitto”. Noi scappavamo; Piton l’ha fermato »
« Ecco. Hai rovinato il mio racconto »
« Ehy Cass. Hai del cioccolato qui » disse Fredd, allungando un braccio fino a toccare il mento della ragazza, che si pulì alla svelta.
« Cioccolato! Dov’è la signora con il carrello? » chiese più a sé stesso che agli altri Lee. « Vado a cercarla! Datemi i soldi »
Racimolata la colletta per i dolci, la seconda cui Cassandra partecipasse da quella mattina, Lee uscì veloce.
Quando tornò, trovò solo silenzio: Fred, Cassandra e George stavano dormendo, sfiniti, l’uno appoggiato all’altro.
« Contenti voi » commentò Lee, chiudendosi la porta alle spalle.

 
Si conclude così il primo volume della mia fan-saga ispirata a Harry Potter. Ho già iniziato a scrivere il secondo e spero di riuscire a pubblicarne i capitoli con una periodicità più controllata. 
Vi ringrazio di cuore per aver seguito la mia storia fino a questo punto e vi invito, se può farvi piacere, a visitare il mio blog: http://veronicarosazzaprin.altervista.org/

A presto!

Veronica Rosazza Prin
 

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