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Il treno rosso stava
partendo e per la prima volta in vita mia mi stavo allontanando dalle persone
più importanti della mia vita per un periodo infinitamente lungo. Vidi la mamma
asciugarsi gli occhi con un fazzoletto, mentre papà le poggiava una mano sulla
spalla, e il mio fratellino e la mia cuginetta guardarmi imbronciati per il
solo fatto di non poter venire con me. Anche lo zio guardava, già pieno di
tanta nostalgia, il treno sul quale ci trovavamo io e gli altri due miei cugini.
Avrei appreso tanto laggiù, dove mi stavo dirigendo e di questo ero entusiasta.
Ma la paura era tanta. Temevo di sentirmi sola in quel posto che aveva
significato molto per i miei genitori. Ma che sciocca che ero ... C’erano i
miei cugini con me e loro mi avrebbero aiutato a rendere questa esperienza
indimenticabile.
Quando non riuscii
più a vedere i miei cari a causa della lontananza, mi riscossi da quei
pensieri. James, il mio cugino più grande, che poco prima si era allontanato in
cerca di un posto nel treno, ricomparve d’improvviso.
“Rose! Albus! Siete ancora qui?” disse tra il divertito e lo
scocciato a me e ad Albus, il suo fratellino.
“Stavamo salutando.”
risposi io, con le braccia incrociate.
“Hehe!”
rise James “Mammoni!”
“Non c’è niente da
ridere, James.” lo rimproverai io, arrabbiatissima.
“Certo, certo!
Venite! Ho trovato uno scompartimento libero.” continuò lui, facendo cenno di
seguirlo.
Gli andammo dietro
fino a quando non si fermò davanti ad uno dei tanti scompartimenti. Albus se ne stava in silenzio. Odiava quando James lo
prendeva in giro, ma non aveva mai il coraggio di ribattere. James dal canto
suo era molto più coraggioso e carino, ma quel che era peggio era che lui aveva
ereditato il carattere pestifero dello zio George, uno dei fratelli più grandi
di papà.
Entrammo nello
scompartimento. Dentro non c’era nessuno, eccetto che per un ragazzo biondo,
che guardava fuori dal finestrino – a me sembrava di averlo già visto da
qualche parte.
“Beh! A parte lui,
questi posti sono sgombri.” annunciò James, in tono solenne.
“Ma potrebbero essere
occupati.” dissi io.
“Ma va!” rispose lui,
poi si rivolse al ragazzo biondo “Hey, amico,
possiamo sederci?”
Il ragazzo volse la
testa, mostrando uno sguardo severo e glaciale – infatti aveva gli occhi di un
colore grigio azzurrino – e fece un brusco cenno di assenso con la testa.
“Visto?” ci disse
James con un falso sorriso, leggermente spaventato dallo sguardo del biondino.
Tutti ci sedemmo e
rimanemmo in silenzio a lungo. Il ragazzo biondo tornò di nuovo a guardare
fuori dal finestrino. Sfortunatamente il posto accanto a lui era capitato a me.
Io oltretutto mi ero ricordata subito chi fosse e ciò incrementava la mia
agitazione. Papà poco prima che salissi sul treno mi aveva espressamente
raccomandato di non avere niente a che fare con quel tipo. Sì, lui era ScorpiusMalfoy, il figlio
dell’acerrimo nemico di papà. Ormai lo sapevano tutti che la famiglia Weasley e la famiglia Malfoy
erano in lotta da sempre. Basta ricordare che nonno Arthur e il signor LuciusMalfoy e che, nella
generazione successiva, papà e il signor DracoMalfoy si odiavano. Insomma sono esempi fondamentali per
capire da quanto durasse quella contesa.
Malfoy Junior, accortosi
che il mio sguardo era fisso su di lui da più di dieci minuti, si girò a
guardarmi.
“Ti occorre
qualcosa?” mi chiese quasi in un sussurro.
A quelle parole
sobbalzai come se un granchio mi avesse pizzicata. Scorsi lo sguardo spaventato
di Albus. Probabilmente anche lui si era accorto di
chi fosse quel ragazzo, o forse era semplicemente spaventato dal suo sguardo
glaciale.
“No ...” gli risposi,
imbarazzata.
Ecco, ho sempre
odiato terribilmente questa caratteristica di me. L’ho ereditata da papà.
Praticamente, un Weasley arrossisce anche per piccole
cose come questa. E poi non sono mica solo le guance a diventare rosse ... No,
anche le orecchie ... Odio quando succede ...
“Bene.” mi rispose
lui, tornando alla sua occupazione.
Come avremmo potuto
resistere a quello strazio, in silenzio, terrorizzati, per tutta la durata del
viaggio? Ma, come ho detto prima, il più coraggioso di tutti noi era James.
Infatti fu lui ad intraprendere un discorso in quell’atmosfera lugubre.
“Allora, Al?” chiese
rivolgendosi al fratello “In che casa avevi detto di voler andare una volta
arrivato a Hogwarts?”
Ecco che ricominciava
a stuzzicare Albus. Era il suo passatempo preferito. Ma
possibile che non aveva nient’altro da fare?
“Mi accontento di
tutto ... Ma non voglio andare a Serpeverde ...”
sussurrò lui preoccupato.
“Che peccato! Sai,
credo proprio che tu stia a pennello con i Serpeverde.
Haha!” rise James.
“E dai, Jamie, finiscila!” dissi io, stufa di vedere il viso di mio
cugino triste.
“Anche tu, Rosie, finirai a Serpeverde.”
continuò cacciandomi la lingua.
“Sì. Certo, James.
Hai perfettamente ragione.” dissi sarcastica.
“Uffa! Con te non c’è
sfizio, Rose ...” si lamentò James – questo metodo funzionava sempre per
tenergli testa.
“Non ti preoccupare,
Al.” lo consolai io “Nessuno di noi due finirà a Serpeverde.
Te lo prometto.”
“Grazie, Rosie ...” mi sorrise Albus.
I suoi sorrisi erano
sempre così dolci, forse perché aveva gli occhi di quel verde smeraldo
meraviglioso. Anche zio Harry aveva gli occhi verdi e, a sentire papà, li aveva
ereditati dalla madre. A quanto pareva Albus era
l’unico ad avere gli occhi dello zio Harry. James invece aveva gli stessi occhi
castani della zia Ginny.
“Uffa! Che noia ...”
disse James, sbadigliando e stiracchiandosi, poi continuò a parlare rivolto a
me e a suo fratello “Se capitate a Grifondoro, vedete
di non farci perdere punti. Quest’anno dobbiamo di nuovo battere quelle odiose
serpi.”
Già, serpi... Era
così che James definiva quelli di Serveverde. Per
l’amor del cielo, era un soprannome azzeccatissimo,
però a me non pareva proprio il caso di parlarne davanti a un futuro Serpeverde.
“Quest’anno poi
entrerò a far parte della squadra di Quiddich!”
continuò James soddisfatto “Voglio assolutamente disputare una partita con
quegli idioti di Serveverde.”
Ed ecco la cosiddetta
goccia che fa traboccare il vaso. Il “ghiacciolo”,
che era di fianco a me, a quel punto non ci vide più dalla rabbia, si alzò e
prese James per la collottola.
“Che ne sai tu dei Serpeverde!?” urlò a mio cugino.
Io per lo spavento mi
alzai. Volevo dividerli, ma non sapevo dove mettere mano. Non potevo permettere
che James si mettesse nei guai mezz’ora prima che fosse cominciata la scuola,
per giunta scatenando una rissa con il figlio dell’acerrimo nemico di papà e
dello zio Harry. Sì, perché non vi avevo detto che il signor DracoMalfoy era anche l’acerrimo
nemico dello zio – anche se lo zio dice che non ha più rancore nei suoi
confronti.
“Lo sapevo che prima
o poi sarebbe andata così ...” sussurrò Albus
sull’orlo delle lacrime, rannicchiato in un angolino del sedile per tenersi a
debita distanza dal pericolo.
“Ma guarda ...”
rispose James tutto tronfio a Malfoy “E così aspiri
ai Serpeverde tu?”
“E’ ovvio!” esclamò
il futuro Serpeverde “Tutti i Malfoy
come me erano dei Serpeverde.”
A quell’esclamazione
di Malfoy, James rimase di sasso, come se gli si
fosse bloccato qualcosa in gola.
“Malfoy?”
sussurrò.
“Esatto!” disse
freddamente Malfoy.
Io, riscossami dalla
scena coinvolgente, presi la decisione di fare qualcosa.
“Su, non litigate ...”
dissi sorridendo.
Malfoy si voltò di scatto
verso di me rivolgendomi uno sguardo agghiacciante.
“Tsk!
Al contrario di voi ...” cominciò a dire, lasciando andare James, con un
sorriso gongolante sulle labbra “... io so benissimo chi siete.”
Fece una pausa e si
avvicinò a me, quanto bastava perché i miei occhi si specchiassero nell’argento
dei suoi.
“Capelli rossi, ...”
cominciò a elencare squadrandomi “... Lentiggini e una vecchia toga di seconda
mano ... Tu sei sicuramente la figlia di Weasley e Granger. Mezzosangue anche tu.”
Ero ormai diventata
completamente paonazza, non perché fossi imbarazzata – in quel momento ero
tutt’altro che imbarazzata – ma perché ero arrabbiata. Come si era permessa
quella serpe ambulante di chiamarmi Mezzosangue?
“Hey!
Ritira ciò che hai detto!” esclamò James furioso.
Se c’era una cosa che
non sopportava James, era che qualcuno offendesse i suoi amici e i suoi
parenti. Diceva sempre che solo lui poteva avere il lusso di prenderli in giro.
“Beh ...” rispose Malfoy “Non ho iniziato io ad offendere, Potter.”
E così dicendo uscì
dallo scompartimento sbattendo la porta. Avevamo iniziato proprio bene l’anno
scolastico. Litigare con ScorpiusMalfoy,
insultandoci a vicenda. E meno male che la mamma aveva detto a papà di non
metterci l’uno contro l’altro prima ancora di cominciare la scuola. Insomma, ci
eravamo dati da soli la zappa sopra i piedi. Rivolsi uno sguardo di rimprovero
a James, che ricambiò guardandomi innocentemente.
“Mica lo sapevo io
che era Malfoy.” si giustificò lui.
Io sospirai
esasperata.
“Se fossi stato
presente prima della partenza, avresti saputo chi fosse.” gli dissi.
“Ma stavo salutando i
miei amici ...” rispose lui scocciato.
“Vabbé!
Ormai il danno è fatto ... Anche per questa generazione esisterà l’odio tra Weasley e Malfoy ...” sospirai
io.
“E Potter!” aggiunse
James.
“Già ...” piagnucolò Albus.
In quel momento io e
James ricademmo pesantemente sul sedile.
“Beh, se non altro
non daremo un dispiacere allo zio Ron.” disse ancora James facendo cenno di sì
con la testa.
Io gli rivolsi un
altro sguardo in tralice. Poi mi sistemai vicino al finestrino, dove prima
stava seduto Malfoy, e cominciai a contemplare le
colline, che scorrevano veloci davanti ai miei occhi. Beh ... Almeno non avevo
più nostalgia di casa.
Una mezz’oretta dopo,
il treno arrivò alla stazione di Hogsmeade.
Albus era ancora rannicchiato
sul sedile e dormiva profondamente. James si alzò e iniziò a contemplare il
fratellino – io credo – in cerca di un idea per svegliarlo nel peggiore dei
modi. Infatti dopo due minuti di riflessione, gli avvolse il collo con un
braccio e cominciò a spettinargli i capelli con l’altra mano.
“Sveglia, Al!” urlò a
mo di sveglia.
“Come sei delicato ...”
commentai io, con le mani sui fianchi.
“Beh ... Mica vorrà
rimanere qui per tutta la durata dello smistamento?” chiese lui sarcastico,
mollando un buffetto ad Albus.
“E dai, lascialo in
pace.” gli dissi io “Non so proprio come fa Al a sopportarti tutto il giorno a
casa?”
“Hey!
Che vorresti dire?” mi domandò James, con gli occhi ridotti a due fessure.
“Nulla, nulla!” lo
rassicurai io “Forza, andiamo.”
E così uscimmo dallo
scompartimento. In quel momento, io mi guardai in giro tra i tanti ragazzi che
si affrettavano a scendere dal treno, forse in cerca di Malfoy.
Beh, fatto sta che non lo vidi. Ma tanto che m’importava di quell’odiosa serpe ...
“Ci vediamo dopo!”
disse James, mentre correva da un suo compagno.
Io e Albus scendemmo dal treno. James aveva detto che avremmo
raggiunto Hogwarts in barca, ma io non vedevo nessuna
barca. Poi sopra le teste di noi studenti si accese la luce di una lanterna,
tenuta in mano da un omone enorme.
“Primo anno!” chiamò
una voce grossa in lontananza “Da questa parte!”
Vidi che era stato Hagrid a parlare. Hagrid era un
mezzo gigante ed era stato – e lo era ancora – un grande amico del papà, della
mamma, dello zio Harry e della zia Ginny. Aveva una
folta barba e dei lunghi e crespi capelli neri, che gli coprivano quasi tutta
la faccia, e un grosso pastrano indosso.
“Tutti qui, quelli
del primo anno!” urlò ancora incitando tutti coloro che si sarebbero apprestati
a frequentare il primo anno della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts a seguirlo.
“Andiamo.” dissi ad Albus, che mi rispose con un cenno di assenso.
Ci avvicinammo al
gigante, che si girò subito – probabilmente aveva visto il colore rosso
sgargiante dei miei capelli.
“Salve, Al!” salutò,
rivolto a mio cugino.
“Ciao, Hagrid.” rispose lui, leggermente imbarazzato, poiché molti
ragazzi si erano girati a guardarlo, stupiti che conoscesse quel grosso tipo.
“E tu sei Rose,
vero?” continuò Hagrid, rivolto a me.
“Oh, sì!” gli risposi
io.
“Sei cresciuta
tanto.” continuò lui “L’ultima volta che ti ho visto c’avevi sei anni. Ci
somigli sempre di più a Ron ...”
Fece una pausa.
“... A parte per gli
occhi. C’hai gli occhi e, per quanto mi hanno detto, anche il cervello di Hermione.”
“Grazie.” risposi io
compiaciuta del complimento.
“Bene. Credo che sia
ora di andare.” annunciò il gigante, poi urlò ai ragazzi “Seguitemi! Attenti a
dove mettete i piedi!”
Così seguimmo Hagrid, fino ad arrivare ad un sentiero ripido, stretto e
scivoloso. Il buio era molto fitto, forse perché il sentiero era fiancheggiato
da folti alberi.
“Fra un attimo avrete
una vista panoramica di Hogwarts!” annunciò Hagrid “Ecco, dopo questa curva!”
Svoltammo la
cosiddetta curva e dalle prime file della folla si innalzò un coro di “Oooh!”.
Eravamo sul bordo di
un grande lago nero. Davanti a noi, appollaiato in cima a un’alta montagna, con
le finestre illuminate che brillavano contro il cielo stellato, si stagliava un
grande castello con molte torri e torrette. Era spettacolare.
Finalmente avvistai
le barchette che ci avrebbero portato a Hogwarts.
“Non più di quattro
per battello.” avvertì Hagrid indicando la flotta di
piccole imbarcazioni in acqua, vicino alla riva. Io e Albus
salimmo su una delle barche, seguiti poi da due ragazzi che non conoscevamo.
“Possiamo?” domandò
uno di loro.
“Certo!” assentì Albus, facendo loro cenno di sedersi.
“Tutti a bordo?”
gridò Hagrid che aveva un’imbarcazione personale
“Bene ... Si parte!”
E così le tante
barchette si staccarono dalla riva, scivolando sul lago liscio come vetro. Io
mi guardai attorno. Scorsi Malfoy in lontananza. Era
insieme a tre ragazzi, ma pareva che non li conoscesse, poiché era indifferente
ai loro animati discorsi. A un certo punto alzò lo sguardo verso di me. Il suo
sguardo agghiacciante sembrò sorpreso. Io distolsi lo sguardo arrossendo
violentemente.
“Tutto bene, Rose?”
mi chiese Albus, notando la mia agitazione.
“Sto bene!” urlai io
sobbalzando, mentre anche le mie orecchie andavano in fiamme.
“Che carina ...” sentii
sussurrare i ragazzi che erano in barca con noi – la mia faccia ormai era
completamente rossa.
“Giù la testa!” gridò
Hagrid quando le prime barche raggiunsero la
scogliera; io e tutti gli altri ragazzi obbedimmo e i battelli ci trasportarono
attraverso una cortina d’edera che nascondeva una grande apertura davanti alla
scogliera stessa. Poi attraversammo un lungo tunnel buio, che sembrava portare
dritto sotto il castello, e infine raggiungemmo una sorta di porto sotterraneo.
Io e Albus scendemmo dalla barchetta, preceduti dagli
altri due ragazzi, e ci arrampicammo tra scogli e sassi. Poi proseguimmo per un
passaggio nella roccia, preceduti dalla lampada di Hagrid,
e finalmente emergemmo sull’erba morbida e umida, proprio all’ombra del
castello.
Salimmo la scalinata
di pietra e ci affollammo davanti all’immenso portone di quercia.
Voltando leggermente
la testa vidi che ScorpiusMalfoy
era a pochi metri da me e che mi stava fissando. Tornai di scatto a guardare,
più indifferente possibile, davanti a me, dove c’era Hagrid
che alzò il pugno gigantesco e bussò tre volte.
… to be continued …
• ••••••••••••••••••••
Salve a tutti!
Sono Vale-chan e sono qui su EFP a presentarvi una mia ficcy su Harry Potter, incentrata sulla New Generation!
Quei mocciosetti sono così lovvosi!!
*.*
Ringrazio tutti coloro che commenteranno,
metteranno tra i preferiti o anche solo leggeranno questa ficcy!
E aspettando un vostro giudizio, mi metto a lavorare sul prossimo chappu, in modo da non lasciarvi per troppo tempo in sospeso.
Il grosso portone di
quercia si aprì, emettendo un acuto scricchiolio, che mi fece sobbalzare. Vidi
un uomo nell’ombra, che sorrideva in modo sinistro. Sentii Albus
tremare al mio fianco.
“Gazza!”
disse Hagrid, rivolto all’uomo “Accompagna i mocciosi
alla Sala Grande per lo smistamento.”
Ora
che mi veniva in mente, papà mi aveva detto che Gazza era il custode della
scuola, un uomo che aveva sempre cercato di mettere i bastoni fra le ruote a
lui, alla mamma e allo zio Harry.
“Venite!”
disse bruscamente, avviandosi dentro.
Noi
tutti lo seguimmo in silenzio. Anche se non mi voltai a guardare indietro,
sentii comunque lo sguardo gelido di Malfoy su di me,
quasi volesse divorarmi. Camminai insieme agli altri, salendo le scale
illuminate dalla fioca luce delle candele. Dopo parecchio cammino, arrivammo
davanti a un altro grosso portone.
“Aspettate
qui! A breve arriverà il vicepreside.” disse Gazza con una smorfia di
disappunto, mostrando i suoi denti gialli.
Quando
rimanemmo soli, tutti i ragazzi ricominciarono a chiacchierare. Io cominciai a
guardarmi intorno. In quella folla non riuscii a vedere ScorpiusMalfoy. Continuai a girare la testa a destra e a
manca, cercandolo, fino a quando Albus non mi tirò
una manica della divisa per attirare la mia attenzione.
“Qualcosa
non va, Rose?” sussurrò con la voce tremante.
“Ehm
... No! Piuttosto mi sembra che tu abbia qualcosa che non va.” dissi notando la
sua faccia pallida.
“E’
che comincio ad avere un po’ paura ...” mi rispose lui con sincerità.
“Andrà
tutto bene, Al!” lo rassicurai io sorridendogli, al che mi rispose con il suo
solito sorriso innocente.
A
quel punto, il portone si aprì, tanto poco da lasciar passare un uomo un po’
grassottello. Tutti tacquero e da dentro si sentì un rumoroso vociare. Egli
richiuse il portone e fu di nuovo silenzio.
“Salve,
ragazzi!” rispose l’uomo con tono gentile “Io sono il vostro professore di Erbologia, Neville Paciock, e
sono anche il vicepreside della scuola.”
Sì!
Ora che mi ero calmata un po’, mi ero resa conto che quell’uomo era davvero
Neville Paciock, il signore che ci veniva a trovare
spesso a casa. Era stato un compagno di scuola di papà, della mamma e dello zio
Harry, lo conosceva anche la zia Ginny. Era
praticamente uno di famiglia.
“Ora
entrerete nella Sala Grande e sarà messo sulla testa di ognuno di voi il
cappello parlante, che vi smisterà nelle case a cui siete destinati.
Seguitemi.” dopo aver detto ciò, aprì il portone e tutti lo seguimmo nella Sala
Grande, che come dice il nome, era davvero enorme. Un sacco di ragazzi ci
guardavano curiosi mentre attraversavamo i tavoli. Sentivo i bisbigli dei
ragazzi e delle ragazze creare una gran confusione. Avvistai James, che mi
salutava sorridente, agitando le braccia in aria. E finalmente, giungendo
davanti al tavolo dei professori, la fila di neo-arrivati si fermò. Il
professor Paciock a quel punto avanzò verso uno
sgabello su cui era poggiato un cappello da strega.
“Prima
di tutto, ragazzi miei, ...” parlò il professore “ ... vorrei presentarvi la
preside di questa scuola ... AnnabelRoswell.”
Una signora sulla
cinquantina d’anni, con i capelli biondi raccolti in una crocchia e un vestito
lungo ed elegante color verde acqua, si alzò dal tavolo degli insegnanti per
poi dirigersi al fianco del professor Paciock. Lui le
fece un cenno d’intesa, come per invitarla a parlare. Lei assentì e volse il
suo sguardo dolce, che sembrava quello di una madre verso i suoi figli, a noi
ragazzi.
“Buonasera a tutti
voi ...” cominciò la preside Roswell con la voce
flebile dall’emozione “Come molti di voi sanno, io sono diventata preside di
questa scuola solamente l’anno scorso. Tuttavia spero vivamente che si istauri
un buon rapporto tra me e voi, anche se non avrete a che fare con me spesso, e
che vi troviate bene qui. Voglio dare un benvenuto a voi neo-arrivati e un ben
ritrovati ai vecchi studenti. Ora lascio tutto al professor Neville Paciock, che effettuerà lo smistamento.”
“Grazie,
preside Roswell. Ora vi chiamerò ad uno ad uno e
verrete smistati nelle vostre case.” annunciò, sorridendo dolcemente per
rassicurarci, accortosi probabilmente che la maggior parte dei ragazzi fossero
agitati – me compresa.
Prese una pergamena,
poggiata sul lungo tavolo al quale sedevano i professori, insieme al preside.
“Amadeus
Cornelia!” lesse Neville, ehm ... il professor Paciock.
Dopo
aver ascoltato il primo nome della lista, mi immersi nei miei pensieri. Mi
voltai di soppiatto, in cerca di Malfoy. Incontrai
gli sguardi ebeti di quei due che erano venuti in barca con me ed Albus. Questi ultimi subito distolsero lo sguardo
imbarazzati.
“Cassio Robert!” disse per la seconda volta il professore,
al che uno dei due ragazzi, che erano arrossiti alla mia vista, corse dal prof.
“Grifondoro!” urlò il cappello. Il cappello? Il cappello da
strega ora aveva una faccia e parlava. Incredibile ...
Il
ragazzo di nome Robert si andò a sedere al tavolo dei Grifondoro.
Seguirono
un paio di ragazzi che finirono a Tassorosso. Altri
due, e precisamente quelli che erano stati in barca con Malfoy,
che andarono a Serpeverde. Poi l’altro ragazzo che
era stato in barca con me e Albus, il cui nome era Ginger
Alamis, andò a Corvonero. E
poi fu il suo turno ...
“MalfoyScorpius!”
Mi
voltai di scatto. Il suo sguardo gelido e inespressivo incontrò il mio. Avanzò
e i ragazzi, credo per la paura, gli aprirono il passaggio. Non smise di
guardarmi, fino a che non mi superò. Io lo seguii con lo sguardo. Arrivato dal
professor Paciock, si sedette sullo sgabello e si
pose lo strambo cappello in testa. A quanto sembrava di vedere, il cappello
stava indugiando molto sulla scelta da fare. Continuò a parlottare a Malfoy, fino a che lui non lo interruppe dicendo qualcosa.
“Serpeverde!” urlò il cappello mentre acconsentiva, come se
fosse stato Malfoy stesso a suggerirgli la casa in
cui mandarlo.
Lui
si tolse il cappello e si diresse a passo lento verso il tavolo dei Serveverde. Mentre camminava volse lo sguardo verso di me e
mi sorrise in modo sadico.
Seguì
qualche nome con la N e con la O, mentre mi arrovellavo su quella sua
espressione.
“Potter
Albus!” gridò il professore, con l’espressione di chi
è curioso di vedere cosa sarebbe successo di lì a poco.
“Vai,
Al!!” si sentì urlare James dal posto in cui era seduto.
“Coraggio.”
gli dissi io, risvegliandomi dai miei pensieri.
Albus mi guardò, assentendo con espressione coraggiosa.
Deglutì e avanzò verso lo sgabello, tremante. Si sedette e il professore gli
fece indossare il cappello.
“Grifondoro!” gridò il cappello quasi subito.
Il
professore glielo tolse, soddisfatto della sicurezza che aveva avuto il
cappello.
Quando
Albus giunse dal fratello, lui lo abbracciò quasi
commosso.
Seguirono
altri nomi e quando finalmente giunse il mio, mi diressi fermamente verso il
cappello. Mi sedetti e me lo misi in testa.
“Oh,
ecco un altro Weasley. La figlia di due grandi Grifondoro.” mi sussurrò “E tu ovviamente non potrai essere
altro che ... Grifondoro!”
Io,
strafelice, mi tolsi il cappello e corsi dai miei cugini. James mi strinse
forte, forte, felice di avermi nella sua squadra.
“Siamo
insieme!” disse Albus, tirandomi leggermente una
manica della divisa.
Sì, siamo insieme ...
…tobecontinued…
• ••••••••• •
Ciao a
tutti!!
Questo
secondo chappu, lo so, è un pochino breve, ma è già
qualcosa.
Inoltre so
che la maggior parte di voi si aspetta che Albus vada
tra i Serpeverde, ma io ce lo vedo con i suoi cugini,
a Grifondoro!!
Riguardo al preside,
non sapevo proprio a chi farlo fare, la Rowling non ci ha lasciato detto niente
riguardo la sua identità. Per i nomi dei ragazzi non sapevo cosa inventarmi… :P
Un
ringraziamento ai “recensori” del chappu precedente: Pan_Tere94ealtovoltaggio. Un
grazie anche a coloro che hanno messo tra i preferiti la ficcy
e a coloro che l’hanno solo letta.
La sera stessa, quando giunsi assieme
agli altri nella Sala Comune dei Grifordoro, ero
piuttosto agitata, probabilmente per lo sguardo di sfida che mi aveva lanciato Malfoy. Avevo mangiato ben poco, nonostante il mio stomaco
si fosse lamentato a lungo. E ugualmente a lungo avevo fissato Malfoy dal posto. Lui non mi aveva guardato per niente –
non che m’importasse – ed era rimasto per tutto il tempo a fissare il suo piatto
con aria assente. Più volte qualcuno dei suoi compagni aveva cercato di
invitarlo a servirsi di quel poco modesto banchetto, ma lui aveva sempre
rifiutato con un cenno della testa.
Come
dicevo, mi trovavo nella Sala Comune, subito dopo il banchetto. Per
l’agitazione non mi veniva sonno e, verso le undici e trenta, ero rimasta
completamente sola, seduta sul rosso divano del grande ritrovo dei Grifondoro ... Sola con i miei pensieri. Nella mia testa si
figurava sempre Malfoy con quei suoi occhi color ghiaccio
e quel suo sguardo severo. Per tutta la sera avevo cercato quello sguardo,
perché mi aveva affascinata. Pensavo che al di là di quella durezza, che gli
compariva sempre in viso, ci fosse certamente un non so che di tristezza. Non
ne conoscevo la causa, ma ciò mi fece credere che ScorpiusMalfoy non era poi così malvagio come mi era apparso
in treno. A dir la verità quella tristezza, della quale solo in quel momento di
riflessione mi ero accorta, era già presente durante il viaggio in treno.
Mentre lui guardava dal finestrino le colline che scorrevano via dalla vista,
ero certa di averla già notata. E fu in quel momento di riflessione che la
curiosità mi assalì. Quel ragazzo che se ne stava da solo con quello sguardo
duro, nonostante i compagni cercassero di convincerlo a divertirsi con loro ...
A che cosa era dovuta quella tristezza?
Non
riuscii a rispondere a quella domanda e quando un rumore di passi mi giunse
alle orecchie l’immagine di Malfoy si smaterializzò
dalla mia mente come per magia. Voltai la testa verso il punto in cui proveniva
il rumore, e precisamente verso la rampa di scale che portava al dormitorio
maschile. Vidi Albus, in piedi, che mi guardava con
un’espressione preoccupata.
“Al!?”
dissi, stupita.
“Che
hai, Rose? Non stai bene?” mi chiese in un sussurro.
“No,
no! Sto bene!” risposi io, con un sorriso frettoloso “E’ solo che non mi viene
sonno.”
“Ti
manca casa?” mi chiese ancora lui.
Solo
allora mi resi conto che da quando eravamo partiti non avevo più pensato alla
mamma, a papà, a Hugo e al resto della famiglia.
“Umm ... Non è questo ...” risposi, sentendomi un po’ in
colpa per essermi dimenticata di loro, poi, dopo una lunga pausa, aggiunsi “Al,
secondo te ... Malfoy è un cattivo ragazzo?”
A
quelle parole Albus aveva avuto un leggero tremolio,
come se lo stesso nome di Malfoy potesse fargli del
male.
“I
... Io ... Penso ... Forse ... Lui ... Credo che n ... Non sia tanto b ...
Buono ...” balbettò lui.
Silenzio.
“Ho
capito ...” dissi io con sguardo afflitto “Vado a letto.”
E
con quelle parole salutai il viso di Albus, che con
la mia ultima frase aveva assunto un’espressione dispiaciuta.
“Buona
notte.” sussurrò lui in risposta.
Ma
io non gli risposi. Ero già di nuovo immersa nei miei pensieri. Era chiaro che
agli occhi delle persone Malfoy fosse il peggior
bullo della scuola. Ma come potevano non accorgersi di quella fioca luce di
tristezza, che brillava nei suoi occhi.
Come
previsto, quella notte non riuscii a chiudere occhio. Continuai a contemplare
il soffitto del dormitorio femminile, distesa a pancia in su sul mio letto e
avvolta fra le lenzuola rosso fuoco, fino a che le prime luci del mattino non
illuminarono la stanza. Mi alzai. Guardai l’orologio. Le sei e trenta ...
Decisi di alzarmi e mi diressi in Sala Comune. Mi avvicinai alla bacheca per
studiare l’orario delle lezioni della giornata.
C’era
scritto “Ore 8.30: Pozioni, con Serpeverde” ...
Sussultai.
“Oh,
mio Dio ... Oh, mio Dio ...” sussurrai tra me e me.
Le
mani cominciarono a tremarmi. Pensai che se avessi letto l’orario delle lezioni
ieri sera, avrei avuto un buon motivo per non dormire. Senza pensarci, corsi su
per le scale silenziosa come un gatto. In meno di cinque minuti avevo indossato
la divisa. Mi diressi in bagno, davanti allo specchio. Legai i capelli in due
codine alte, con due nastri rossi. Fatto ciò, andai a recuperare il libro di
Pozioni dal baule.
“Pronta!”
mi dissi con sguardo coraggioso e ritornai in Sala Comune.
“Ouuugh!!” sbadigliò Albus, in
maniera scomposta, mentre ci stavamo dirigendo nell’aula di Pozioni “Non
capisco perché tu mi sia venuta a svegliare alle sette ...”
“Perché
sapevo che ci avresti messo un’eternità a prepararti.” lo rimproverai io,
camminando a passo così veloce, che Albus faceva
fatica a starmi dietro.
Diedi uno sguardo
all’orologio. Le otto e venticinque. Accelerai e svoltai l’angolo del corridoio
in fretta e furia. Non capii cosa successe, fatto sta che andai a sbattere
contro qualcuno e lo buttai letteralmente a terra. Ma quando mi accorsi del
danno era troppo tardi. Mi trovavo lunga distesa su Malfoy,
che mi scrutava in malo modo.
“Oh ... Ciao ... Ma ... Malfoy...”
balbettai io con le guance color pomodoro.
“Salve,
Weasley.” mi rispose lui, gelido.
In
quel momento mi era quasi sembrato – o forse era stata solo una mia impressione
– che lui avesse un leggero colore roseo sulle guance. Mi accorsi che eravamo
davvero vicinissimi e che anche il più ghiacciolo dei ghiaccioli si sarebbe
sentito imbarazzato almeno un pochino.
“Hai
finito di usarmi come materasso?” mi chiese a un tratto con sguardo
infastidito.
“Scu ... scusa ...” mi affrettai a rispondere io, per poi
rialzarmi.
Mentre
mi lisciavo la gonna della divisa, lui si mise a sedere.
“Ah
... Lascia che ti aiuti.” dissi io, tendendogli una mano per aiutarlo ad
alzarsi – in quel momento non so cosa mi passasse per la testa.
“Non
ho bisogno del tuo aiuto ...” disse alzandosi da solo e, indietreggiando
leggermente, continuò “La gente si comporta gentilmente con me solo perché ha paura.”
Mi
vennero i nervi.
“E
perché dovrei aver paura?” risposi io, con sicurezza e rabbia.
Intanto notai che Albus si teneva a debita distanza da me e Malfoy. Quest’ultimo pareva non saper rispondere alla mia
affermazione, ma, dopo due minuti di sguardi intensi fra me e lui, trovò le
parole giuste.
“Ingenua
...” cominciò, pieno d’ira “Avrei picchiato il tuo adorato cuginetto, se ... se
non ti fossi messa in mezzo.”
Lo
guardai incredula.
“Cos’è?
Hai avuto paura di picchiare una ragazza?” gli urlai io.
Malfoy a quel punto sembrò perdere le staffe e mi spinse
contro la parete, sbattendo forte una mano contro di essa, di fianco alla mia
testa. Mi guardò con un sorriso sprezzante. Notai che l’altra sua mano era
stretta in un pugno.
“Pensi
davvero che non possa picchiarti?” mi chiese con un sibilo.
Albus stava appiattito contro il muro di fronte a me,
spaventato.
“Non
ne hai motivo ...” sussurrai io, un po’ spaventata.
Lui
si avvicinò di più al mio viso, con sguardo sempre più tetro.
“Invece
ce l’ho. Mi stai sfidando, Weasley? Pensi di avere
davanti un pivello? Pensi di essere la principessina di Hogwarts?”
disse lui, aumentando sempre di più il tono della voce.
“No!!”
urlai per farmi sentire bene da lui, benché il mio sguardo ormai fosse perso
nel ghiaccio dei suoi occhi e non riuscissi più a seguire la conversazione.
Lui
respirò a fondo l’aria che lo circondava, come per calmarsi. Io lo guardai
fermamente, senza distogliere lo sguardo.
“Io
...” continuai con un tono normale “... voglio solo essere amica di tutti.
Anche di un Serpeverde, se vossignoria permette.”
Lui
indietreggiò, con un viso indignato, quasi spaventato dalle mie parole.
“Non
mi serve come amica una mezzosangue!” disse lui, prima di scappare via, in
direzione opposta all’aula di pozioni.
“E
chi ha detto che voglio essere amica tua?”
gli urlai io da lontano, sottolineando bene l’ultima parola.
Albus si staccò dal muro e mi si avvicinò.
“Che
ti avevo detto ieri sera ... Fa paura quello ...” mi disse, ancora tremante.
“Ma
non dire scemenze. Sei un Grifondoro oppure no?” lo
rimproverai io “E comunque ... Chissà dove va? Ha lezione con noi, no?”
Stavo
quasi per dirigermi nella direzione in cui era andato Malfoy,
ma Albus mi tirò per una manica.
“Siamo
in ritardo. Dobbiamo andare.” mi implorò lui con i suoi occhi verde smeraldo.
Sospirai
rumorosamente.
“Okay!
Andiamo ...”
Arrivammo
nell’aula di Pozioni in tempo. A quanto pareva non eravamo poi così in ritardo,
solo che Albus non voleva che mi impicciassi degli
affari di quel Malfoy odioso e tremendamente bullo.
La serpe non si presentò alla lezione e il professor Berillius
non diede segno di fare caso alla sua assenza nella prima mezz’ora di lezione,
ma poi fu costretto a uscire dalla classe per andare a cercarlo, poiché i suoi
compagni dicevano che prima o poi, chissà quando, sarebbe venuto – testuali
parole. L’ora finì in fretta e il professore tornò affannato in classe, come se
avesse appena finito di correre.
“Mi
è sfuggito.” lo sentii borbottare, mentre metteva a posto le sue cose.
Io
e Al uscimmo dall’aula. Dopo avremmo dovuto avere un’ora libera. Mentre
camminavamo diretti alla Sala Comune, qualcuno mi chiamò.
“Rose!!”
Mi
voltai e riconobbi il viso di Ginger Alamis dei Corvonero. Si fermò davanti a me col fiatone. Mi era corso
dietro da chissà quale enorme distanza.
“Ciao.”
disse lui con un sorriso enorme, quando ebbe ripreso fiato.
“Ehm
... Ciao.” disse Albus confuso, non ricordandosi chi
fosse.
“Ciao
... Ehm ... Alamis?” risposi io, non rammentandomi
bene il suo nome.
“Sì,
Alamis!” annuì lui entusiasta per il fatto che mi
fossi ricordata il suo nome “Sono felice di fare la tua conoscenza. I tuoi
genitori sono famosi qui ad Hogwarts.”
“Il
piacere è soprattutto mio.” dissi fingendomi contenta.
Ma
proprio in quel momento il mio entusiasmo scemò, in quanto una persona aveva
svoltato l’angolo. E chi altri se non Malfoy ...
“Ti
andrebbe un giorno di questi di studiare assieme?” mi chiese allegro.
Sulle prime non
sentii neppure la domanda, poiché ero concentrata sugli occhi di Malfoy che fissavano non me ma Alamis,
acidi come non li avevo mai visti, poi Albus mi diede
una gomitata e io annuii senza neppure pensare alla domanda che mi era stata
posta.
“Penso
sia una buona idea.” dissi – mi sentivo una scema a rispondere a una domanda
che non avevo capito.
“E’
fantastico!” esclamò il Corvonero “Spero vivamente
che diventeremo amici.”
“Oh!”
risposi io distogliendo lo sguardo da Malfoy “Lo
spero anch’io.”
Alamis sorrise, raggiante.
“Bene!
Allora ci si vede in giro.” mi salutò.
Io
annuii nuovamente e con Albus mi incamminai nella
direzione opposta di quella che aveva intrapreso lui. Con la coda dell’occhio
vidi Malfoy scostare la schiena dal muro al quale era
poggiato. Svoltammo l’angolo del corridoio e sentii un tonfo e un forte gemito,
provenienti dal corridoio che avevamo appena lasciato. Mi arrestai. Albus mi guardò preoccupato.
“Cosa
c’è?” mi chiese – evidentemente non aveva sentito niente.
“Ho
sentito un rumore ...” dissi, girando sui tacchi, e sbirciai nel corridoio da
dietro la parete.
Vidi
Malfoy insieme a due energumeni, tutti e tre
gongolanti, e a terra Alamis raggomitolato su se
stesso. Uno dei compagni di Malfoy, a un suo cenno
della testa, diede un calcio nello stomaco ad Alamis,
che si raggomitolò di più. Albus era al mio fianco e
con la bocca aperta guardava la scena spaventato.
“Al!!”
gli urlai “Vai a chiamare aiuto!!”
Albus mi guardò sempre più terrorizzato, poi indietreggiò
annuendo e corse via.
Continuai
a guardare quella scena per circa due minuti, poi non riuscii a resistere.
Entrai in scena, con un viso coraggioso.
“Cosa
state facendo?” urlai, facendo riecheggiare la mia rabbia nel corridoio.
Malfoy spostò lo sguardo da Alamis
a me. Era stupito, ma non così tanto da essere incapace di mantenere
quell’espressione di ghiaccio.
“Ci
penso io a lei.” disse ai due compagni, che in un attimo ricominciarono a
massacrare la loro vittima – erano molto grossi e muscolosi, dovevano essere
del quarto anno.
“Lasciate
stare Alamis!” urlai io, ma sembrò che nessuno mi
ascoltasse.
La
serpe mi si avvicinò a passo lento. Mi venne la pelle d’oca quando fu a un
metro di distanza da me. Nonostante la vicinanza non si fermò. Continuò ad
avvicinarsi ed io indietreggiai, mantenendo sempre il mio sguardo fisso sul suo
ghigno gongolante. La mia schiena toccò il muro dietro di me e non potei fare
altro che arrestarmi. Allora Malfoy mi afferrò i
polsi con una presa ferrea per impedirmi di fuggire.
“Guarda
un po’ chi abbiamo qui.” disse ad alta voce, col solito ghigno stampato sulla
faccia.
Lo
fissavo, ma non ero capace di aprire bocca. Mi stringeva sempre di più i polsi.
Non credevo che un tipo mingherlino come lui potesse avere tutta quella forza.
Non avevo mai avuto così paura come in quel momento.
“Un
topolino fastidioso si è trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato.”
continuò a gongolare.
La
metafora col topolino era chiara. Mi considerava una stupida pezzente.
“Che
me ne faccio di te?” Altrettanto evidente. Domanda retorica.
Cominciò
a tirarmi verso di sé e con forza mi trascinò nel corridoio accanto. Vidi con
la coda dell’occhio che i suoi compagni continuavano a picchiare Alamis. Malfoy mi accostò di
nuovo ad una parete e avvicinò le sue labbra ad una mia guancia tuttavia senza
toccarla.
“Non
ti intromettere mai più ...” mi sussurrò dolcemente all’orecchio e, lasciandomi
liberi i polsi, mi disse “Vattene.”
Mi
sentii indignata, mentre lui faceva marcia indietro verso la sua vera vittima.
Strinsi i pugni più che potei.
“Ferma,
serpe!” lo chiamai – avevo una vena pulsante sulla fronte.
Lui
si voltò. Non feci caso alla sua espressione, poiché presi la rincorsa e partii
in quarta col pugno puntato sulla sua faccia. Quest’ultimo lo colpì in pieno
sul naso, scaraventandolo a terra. Dalle mie narici ormai usciva del fumo,
tanto ero arrabbiata. I due energumeni accorsero a vedere cos’era successo.
Videro a terra il loro capo e mi rivolsero uno sguardo minaccioso. Uno dei due
mi afferrò il braccio.
“Fermi!”
urlò loro Malfoy, con una mano sul naso sanguinante.
I
due si voltarono verso di lui.
“Ci
penso io ...” disse.
“A
fare cosa, Malfoy??” urlò una voce familiare in fondo
al corridoio.
James
fissava Malfoy furibondo ed Albus
stava dietro di lui preoccupato.
Ero
felice che fosse arrivato James, ma allo stesso tempo spaventata da ciò che
avevo fatto a Malfoy. Non me lo avrebbe mai
perdonato. In quel momento fissava James con odio, ma sapevo che ce l’aveva con
me.
“Se
l’è cercata!” urlò Malfoy, afferrandomi per un
braccio “Volevo risparmiarla, ma lei ...”
Si
bloccò e mi scaraventò contro il muro. Mi accasciai sulle ginocchia.
“Maledetto!”
James
perse le staffe e si precipitò su Malfoy. I due
iniziarono una lotta all’ultimo sangue. Albus,
spaventatissimo, mi venne accanto e avvolse le sue braccia attorno alla mia
vita, forse per impedirmi di soccorrere il fratello.
“Oh,
no!” disse guardando la scena macabra.
Si sarebbero uccisi a
vicenda se non ci fosse stato un intervento provvidenziale.
“Che sta succedendo?”
domandò il professor Paciock, appena svoltato nel
corridoio dove stava avvenendo la rissa.
Portava con sé
sottobraccio Alamis. In quel momento mi accorsi che i
due scagnozzi di Malfoy non c’erano più. Dovevano
essersela svignata non appena avevano fiutato il pericolo. James e Malfoy degnarono di uno sguardo il professore e
continuarono a prendersi a pugni. Quest’ultimo sfoderò la bacchetta.
“Stupeficium!” pronunciò e James e Malfoy furono
scaraventati via uno a destra e l’altro a sinistra.
Si
rialzarono quasi subito, ma non tornarono a picchiarsi. Si guardavano in
cagnesco. Malfoy aveva un rivolo di sangue che gli
colava dal naso e una guancia più rossa dell’altra. James invece si teneva con
le braccia lo stomaco dolorante. Il professore li guardava con un’espressione
che era un misto di preoccupazione e rimprovero.
“Posso
sapere perché vi stavate picchiando?” chiese quando si accorse che i danni che
avevano riportato i suoi studenti non erano così gravi.
“E’
stata colpa di Malfoy!!” ruggì subito James in mia
difesa “Voleva picchiare Rose!!”
“Ma
se è stata lei a colpirmi!!” attaccò Malfoy col suo
tono gelante “E poi sei stato tu, Potter ad attaccar briga!!”
“Cosa!?”
fece James.
Stava
quasi per tornare a picchiarlo, ma il professore li divise.
“Mi
spiegherete meglio nel mio ufficio.” troncò.
Così
ci fece cenno di seguirlo. Albus restò attaccato al
mio braccio e camminammo fianco a fianco, preceduti dai due litiganti e dal
professore. Alamis che ci seguiva, si avvicinò a me
zoppicando.
“Prevedo
guai.” si limitò a dire massaggiandosi un braccio.
Riguardo
a me, continuai a fissare Malfoy e a domandarmi
perché si ostinasse così tanto a fare la parte del cattivo.
…tobecontinued…
Salve!!
Grazie a tutti coloro che hanno letto, commentato e preferito la ficcy. Spero continui a piacervi.
Un freddo silenzio
permeava il vasto ufficio del professor Paciock.
Sembrava che in qualche modo la presenza di Malfoy,
che ora se ne stava seduto da solo osservando indifferente il pavimento di pietra
grigio, avesse esteso il gelo che occupava il suo cuore in tutta la stanza.
James batteva la punta del piede sul pavimento per il nervosismo e di tanto in
tanto scoccava uno sguardo truce a Malfoy. Mi teneva
stretta la mano nella sua, senza che io gli avessi chiesto niente. Albus invece stava alla mia sinistra e fissava preoccupato
James. Alamis era stato mandato da Madama Chips, in infermeria. Era quello che aveva riportato più
danni. Al momento il prof non c’era. Appena arrivati in quella stanza, aveva
subito detto, con un tono che sapeva di rimprovero, che avrebbe chiamato a
raccolta i nostri genitori. Immaginavo che nel meno tragico dei casi, papà
avrebbe spaccato il naso a Malfoy – il mio pugno non
era stato niente.
Finalmente,
dopo parecchi minuti, il professore ritornò nel suo ufficio, chiuse la porta e
si accomodò sulla sua poltrona. Allora ci squadrò tutti da capo a piedi, uno
per uno.
“Volete
raccontarmi che cosa è successo!?” disse, con una certa durezza nella voce.
Fu
James a parlare. Raccontò tutto quello che sapeva per filo e per segno, e,
nonostante i vari insulti, Malfoy non fece una piega.
Mentre James ne diceva di tutti i colori, lui mi fissava, con rabbia. Beh, se
il motivo della sua rabbia era il mio pugno, allora aveva pienamente ragione.
“Perché
lo hai picchiato?” chiese il professore a Malfoy, al
che lui distolse lo sguardo dal mio.
“Non
c’è un motivo … L’ho fatto per puro divertimento.” rispose lui e dal suo viso
vi posso assicurare che non traspariva alcun sentimento.
“Che
razza di risposta è questa!?!?” urlò James alzandosi, e tuttavia non lasciando
mai andare la mia mano.
Malfoy non rispose e riprese a fissare il pavimento di
pietra. Il professore fece un gesto con la mano, per intimare James a sedersi e
lui obbedì senza fare tante storie.
“I
vostri genitori comunque saranno qui tra venti minuti. Racconterete a loro come
stanno le cose.”
Malfoy alzò di nuovo lo sguardo, incrociando quello del
professore.
“Sì,
saranno qui anche i tuoi genitori, Scorpius.” disse,
come se avesse letto nel pensiero di Malfoy.
Il
Serpeverde non fece una piega, si limitò a ridurre
gli occhi a due fessure.
Ritornò
il silenzio. Il professore ora si era messo a leggere un libro. La copertina
recitava “rimedi per la cura delle piante del XIX secolo”. Noi altri ce ne
stavamo zitti a fissare il vuoto, a non spiccicare parola, ad aspettare nervosi
l’arrivo dei nostri genitori. Quest’ultimo non si fece attendere più di tanto.
Dopo circa un quarto d’ora, infatti, qualcuno bussò alla porta.
“E’
permesso?” riconobbi la voce di mia madre.
“Ma
cosa bussi!? Entra!!” e quella di mio padre.
“Ronald!”
lo rimproverò lei, mentre la porta si apriva di botto, e tutti gli sguardi
ricadevano su un Ronald Weasley senza fiato, poiché
probabilmente era letteralmente corso da me.
Papà
guardò, con ansia i presenti. Non appena il suo sguardo si posò su di me, mi
corse incontro.
“Rosie!!” urlò e mi abbracciò forte, forte.
Con
la coda dell’occhio vidi che lo sguardo di Malfoy era
fisso su papà, e conteneva un non so che di nostalgia, come se l’affetto di un
genitore a lui fosse ormai estraneo.
“Ti
prego di scusarlo, Neville. Era un tantino preoccupato.” si giustificò mia
madre.
“Oh,
non c’è problema.” le sorrise il professore.
“Rose,
che cos’è successo?” mi chiese papà, guardandomi negli occhi.
Stavo
per aprire la bocca, per dire come stavano le cose, ma James mi precedette.
“E’
stato Malfoy!! Voleva picchiarla!!”
Il
viso di papà passò dal rosa, ad un colore quasi pallido, per poi diventare
livido di rabbia. Voltò lo sguardo verso Malfoy di
scatto, stringendomi ancora più forte a sé. Lo sguardo di quest’ultimo era
ancora fisso su di lui, ma ora era ben diverso. Lo guardava con sufficienza.
“Tu!!
Come hai osato toccare mia figlia!?!?” gli urlò papà, e immediatamente mi
lasciò andare e si precipitò da lui.
Lo
prese per il colletto della camicia, i pugni serrati pronti a sferrare colpi.
Ma lo sguardo di Malfoy non era cambiato.
“Non
provare a sfiorare mio figlio, Weasley.” esclamò una
voce strascicata.
Mio
padre voltò lo sguardo verso la voce e così fecero tutti i presenti, compresa
io. Un uomo alto, dai capelli biondo platino, un po’ stempiato sulla fronte,
stava sulla soglia dell’ufficio del professor Paciock.
I lineamenti del viso ricordavano terribilmente ScorpiusMalfoy. Non c’erano dubbi, era proprio il signor DracoMalfoy …
“Ah!
Ecco la causa della cattiva educazione di questo nanerottolo.” replicò papà,
indicando Malfoy Jr.
Una
donna dietro il signor Malfoy si fece largo per
passare. I lunghi capelli corvini raccolti in una coda sotto la nuca
svolazzarono, mentre lei correva incontro a ... suo figlio. L’avevo vista alla
stazione. Era la moglie del signor Malfoy, Astoria Greengrass.
“Per
l’amor del cielo, lo lasci!” disse a mio padre, allontanando Malfoy Jr dalla sua presa “Qualunque cosa abbia fatto non
credo sia così grave da meritare la pena di morte!!”
“Questo
nanerottolo voleva picchiare mia figlia!” urlò papà, tirandomi a sé, come se da
un momento all’altro qualcuno avrebbe potuto rapirmi.
“Non
credo che lei fosse stato più alto di mio figlio alla sua età!” protestò la
signora Malfoy, infastidita dal soprannome che papà
aveva affibbiato a suo figlio.
“Ma
che dice, signora!?” si alzò in quel momento James “Se non fossi intervenuto
l’avrebbe uccisa.”
“Tieni
la lingua a posto, moccioso! Mio figlio non è un barbaro!”
Ormai
tutti ruggivano a destra e a manca. Tuttavia, Scorpius,
tra le braccia della madre, continuava a fissarmi, come se quelle urla solo lui
non riuscisse a sentirle. I suoi occhi erano come calamite. Non riuscivo a
distogliere lo sguardo da quelle due sfere di ghiaccio.
“Ehi,
ehi, ehi! Che succede?” disse lo zio Harry, entrando con la zia Ginny nell’ufficio.
“Harry,
vieni! Aiutami! Questa ha la testa dura.” disse papà, indicando la madre di Scorpius.
“Ron!!”
disse mia madre, con tono di rimprovero.
“Come
si permette!?” urlò la signora.
“Su!
Calmatevi e lasciate che parlino i ragazzi.” disse il professore, interrompendo
quel trambusto, e poi mi guardò “Rose, vuoi cominciare tu a spiegare ciò che è
accaduto?”
In
quel momento aprii e chiusi la bocca più volte.
“Certo.”
risposi dopo qualche secondo.
“E
vi prego di non interromperla.” aggiunse il professore.
Allora
raccontai di Alamis, di come io e Al ci eravamo
accorti che lo stavano picchiando, del fatto che avevo mandato Al a chiamare
aiuto, della mia entrata in scena coraggiosa e di come Malfoy
mi aveva snobbata, dicendo di non impicciarmi.
“Ed
è per questo che poi mi sono arrabbiata, ho preso la rincorsa e gli ho sferrato
un pugno in faccia.” dissi con parecchia enfasi.
“Sul
naso …” ci tenne a precisare Malfoy sottovoce.
Io
arrossii. E mentre mia madre mi rimproverava per quel gesto e mio padre invece
mi incoraggiava a farlo più spesso, io avevo gli occhi fissi nei suoi, quelli
di Malfoy, che in tutto ciò non aveva mai smesso di
guardarmi.
Finita
la ramanzina, il prof mi incitò a continuare. Ed io raccontai ancora
dell’entrata in scena di James, di come mi aveva difesa. Ma una mia idea mi
ronzava in testa e la esposi a tutti.
“Però
…” fu la parola che attrasse più di tutte l’attenzione dei presenti “E se Malfoy si fosse fatto solo coinvolgere da quei due
energumeni di Serpeverde, nonostante il suo
atteggiamento da capo banda? In realtà non voleva picchiarmi. Voleva mandarmi via,
quindi …”
“Prima
di arrivare a conclusioni che non stanno né in cielo né in terra, Rosie, sentiamo cos’ha da dire il diretto interessato.” mi
interruppe papà, girandosi a guardare ScorpiusMalfoy.
L’espressione
di Malfoy, indifferente e inespressiva, non cambiò.
Distolse lo sguardo dal mio viso e prese a fissare papà.
“L’ho
già detto al professor Paciock. Ho picchiato quel
ragazzo per puro divertimento …” si interruppe un momento, ma riprese quasi
subito, spostando lo sguardo su James “… e avrei picchiato anche Weasley, se non fosse intervenuto quel rompiscatole di
Potter.”
“Scorpius!” disse la signora Malfoy
incredula “Ma allora è vero!”
“Certo!”
si limitò a rispondere lui.
Non
ci potevo credere. Aveva di nuovo indossato i panni dell’antagonista. Ma cosa
diavolo gli passava in quello stupido cervello!?
“Beh,
mi pare di aver sentito abbastanza.” annunciò il professor Paciock
“E devo dedurre che tutti i ragazzi hanno un po’ di colpa.”
“Cosa!?”
disse la zia Ginny “Anche Albus?”
“Sì!
Anche Albus.” rispose il professore, sorridendo.
“Ma
scherzi?” fece lo zio Harry.
“Anche
Rose ha colpa?” chiese papà.
“Certamente.”
annuì l’insegnante “La colpa di Scorpius, beh, la
sapete. Quella di Rose è di aver reagito alla provocazione di Scorpius, usando la violenza. Quella di James è di aver
contribuito a creare una rissa. E infine quella di Albus
è di aver chiamato in aiuto il fratello, invece di chiamare me.”
“Ma
…” fece per dire James.
“Questo
è quanto. E avrete tutti e quattro una punizione.” lo interruppe il professore.
A
malincuore dovetti ascoltare quel dannato verdetto.
“Luciderete
la sala dei trofei da cima a fondo e comincerete da stasera.”
Un
sorrisino era dipinto sul volto del professor Paciock.
Papà, chissà come, aveva capito che la nostra sarebbe stata un’impresa. E che
impresa …
…tobecontinued…
Salve!
Non ho molto tempo … Ringrazio velocemente tutti coloro che hanno letto,
commentato o preferito la ficcy … Grazie a tutti!!
Ciau!!
Vale-chan
E
così eravamo finiti in quell’assurda situazione. Non appena era terminato il
colloquio, papà mi aveva avvicinata e mi aveva sussurrato un “buona fortuna”
per niente confortante. Intanto Neville sorrideva, compiaciuto del lavoro svolto.
Probabilmente ricordava perfettamente di quando papà era stato messo in
punizione e aveva dovuto pulire la sala dei trofei al secondo anno. La situazione
non mi rassicurava affatto. Avremmo dovuto passare non si sa quante serate in
punizione con Malfoy. E a proposito di Malfoy, prima che cominciasse la nostra prima avventura,
sentii la discussione, se così si può chiamare, che ebbe col padre. Infatti fu
solo il signor Malfoy a parlare.
“Se
volevi fare il bullo, non dovevi farti beccare.” gli sussurrò.
Solo
questa frase, poi DracoMalfoy
girò i tacchi, con l’intenzione di andare via da quel posto, nel quale
probabilmente non si trovava per niente a proprio agio. La signora Malfoy, invece, prima di andare via, abbracciò velocemente
il figlio.
“Cerca
di comportarti bene d’ora in poi.” gli disse, lasciandolo andare, e, solo quando
Scorpius assentì impercettibilmente, lei lo salutò
con un cenno della mano, per poi seguire la sua metà. Probabilmente anche la
frase del signor Malfoy aveva lo stesso significato
di quello della moglie. Pensai che era proprio dal signor Malfoy
che aveva preso Scorpius. Forse meno tronfio, da come
papà me lo aveva descritto.
Pochi
secondi e anche papà, mamma, lo zio Harry e la zia Ginny
ci salutarono e, quando rimanemmo soli col prof, notammo che il suo sorriso non
si era ancora affievolito.
“Andiamo
nella Sala dei Trofei.” disse gioviale.
Notai
allora che lo sguardo di Malfoy era pieno di
risentimento. Non voleva affatto passare una serata con noi.
Pochi
minuti dopo il professore ci lasciò nelle mani del vecchio Gazza, che era ben
felice che dei nuovi domestici fossero stati reclutati dal corpo studentesco.
“Impareranno
la lezione.” commentò non appena il prof gli ebbe spiegato la nostra
situazione.
“Non
ne dubito.” gli rispose, poi girò i tacchi e andò via “Buona fortuna!”
Non
appena fu lontano, Gazza assunse un’espressione sadica.
“Consegnatemi le
bacchette.” sogghignò.
“Cosa!?”
fece James, terrorizzato all’idea.
“Olio
di gomito, ragazzi. Olio di gomito.” esclamò il vecchio a mo di spiegazione.
Consegnammo
di malavoglia le nostre bacchette. Era la fine. Nemmeno un miracolo ci avrebbe
permesso di riuscire a terminare il lavoro. Non ce la potevamo fare.
Una
volta che le bacchette furono scivolate nella tasca dei pantaloni di Gazza, questo
aprì la porta che conduceva alla Sala dei Trofei e ci spinse dentro ad uno ad
uno.
“Verrò
a riaprirvi alle due.” disse, chiudendosi la porta alle spalle e girando
rumorosamente la chiave nella toppa.
Mi
voltai. C’erano centinaia – ma che dico? – migliaia di trofei su altissimi
scaffali di legno. Sentii James invocare “O santissimo Merlino”. A quanto pareva
non ero l’unica ad essere rimasta scioccata. Il viso di Al era molto più
spaventato di quando aveva visto suo fratello picchiarsi con Malfoy. Invece la serpe guardava con disgusto ogni singolo
scaffale.
In
un angolo vi erano quattro spazzoloni, quattro stracci e un secchio.
“Ci
conviene dividerci il lavoro.” dissi io “Io e Al ci occuperemo degli scaffali
più bassi. Mentre tu, James, e Malfoy di quelli
alti.”
“Perché
io devo pulire gli scaffali in alto??” chiese James.
“Perché
Al è più piccolo ed io sono una donna, perciò penso che tocchi a voi due.”
spiegò la giovane Grifoncina.
“Io
non farò proprio niente.” disse Malfoy, incrociando
le braccia al petto.
Ed
ecco che di nuovo la rabbia mi montava dentro.
“No,
mio caro.” cominciai a mo di ordine, poi indicai gli arnesi che avremmo dovuto
utilizzare “Vedi quelli? Sono quattro
spazzoloni e quattro stracci. E si
dia il caso che tu faccia parte delle quattro
persone che sono immischiate in questa punizione. Quindi tu ci aiuterai a
pulire!”
Sottolineando
la parola quattro ogni volta, avevo
fatto in modo che lui capisse quanto ero decisa a costringerlo a pulire quel
putiferio. Intanto James aveva inutilmente cercato di soffocare dei risolini.
“Non
devo sottostare agli ordini di nessuno.” continuò a dire, tuttavia,
testardamente.
James
bloccò le risate e cominciò a parlare anche lui.
“E’
colpa tua se siamo in questa situazione, quindi è tuo dovere aiutarci.” disse
mio cugino.
“No!
La colpa è vostra!” ribatté la serpe “Se non vi foste immischiati, quel dannato
Paciock non si sarebbe precipitato a soccorrervi e a
quest’ora sareste in Sala Grande ad abbuffarvi!”
“Poco
probabile visto che noi non ti avremmo mai lasciato far del male a quel
ragazzo, che per altro non ti aveva fatto niente!”
“Sta’
zitto! Sei intervenuto solo perché stavo per picchiare Lenticchia e non perché
ti importasse qualcosa di quell’altro.”
Lenticchia?!
Ma come si permetteva? Decisi di aspettare prima di sferrargli un altro pugno,
che avrebbe compromesso ancora di più la mia situazione scolastica.
“Senti
chi parla!” parlò intanto James “I tuoi amici se la sono svignata appena hanno
potuto, senza neanche avvertirti del prof che arrivava.”
Okay
… Però questo era sleale …
“James
…” lo chiamai per farlo smettere.
“Mi
sa che tu sei più solo di una specie in via d’estinzione! Altro che capo
banda!” continuò a deriderlo mio cugino.
Scorpius intanto digrignava i denti.
“James,
basta così …” tentai di zittirlo, ma lui continuò.
“Fai
solo la parte del grande capo, ma in realtà sei solo un pulcino senza cresta o,
per meglio dire, una serpe senza veleno.”
Ecco
James aveva esplicato ciò che pensavo io dalla sera precedente. Una serpe senza
veleno … Era proprio quella la perifrasi più adatta. Peccato per il pugno che
ne seguì.
James
finì a terra, con una mano sulla guancia dolorante. La lotta stava per
ricominciare. Mio cugino si alzò e prese la rincorsa.
“Jamie, no!!!” gli gridai io, al che lui si fermò,
voltandosi a guardarmi “Non ricominciate!”
James
diede ascolto alle mie parole e aspettò che fossi io a fare la mossa
successiva.
“Non
mi importa di ciò che è successo, di come Malfoy mi
sta provocando o della sua relazione con i compagni Serpeverde.”
annunciai solennemente “Ora dobbiamo metterci al lavoro e sperare di riuscire a
finire prima delle vacanze di Natale. Non so voi, ma io intendo tornare a casa
per le vacanze.”
Scorsi
gli occhi di Malfoy, mentre pronunciavo quelle
parole. Erano lucidi, come se stesse per piangere, come se ciò che aveva detto
James fosse la verità. Intanto stringeva ancora i denti e respirava
pesantemente, furioso più con sé stesso che con noi altri.
Quando
ebbi finito di parlare mi diressi verso gli spazzoloni, afferrai il tutto e
cominciai a distribuirli ad ognuno di noi. Arrivata a Scorpius,
misi a terra il mio spazzolone e il mio straccio e gli porsi i suoi.
“Scaffali
superiori.” gli ordinai.
Quella
fu la sua prima resa. Afferrò i suoi arnesi, recuperò una sedia su cui salire e
cominciò a lavorare in silenzio. Soddisfatta, mi misi anch’io a lavorare
insieme ai miei cugini, che seguirono il mio esempio. C’erano così tante
ragnatele che mi sorse il dubbio che quel posto non veniva lucidato da quando
papà era stato messo in castigo. Non fu brutto come mi aspettavo. Non facevo
pulizie in maniera babbana,
da quando ero andata a trovare il nonno e la nonna a casa: mamma mi aveva
costretta a non usare la magia. Ma ciò che non mi rendeva del tutto serena era
il silenzio che dominava. Malfoy era sceso dalla
sedia e si stava dirigendo verso il recipiente pieno d’acqua per bagnare il suo
straccio. Alzai gli occhi verso James, su una sedia a qualche centimetro da me.
Stava giocherellando con un trofeo che sembrava di vetro. Ne lucidava un lato e
ogni tanto lo lanciava e lo riafferrava per lucidarne l’altro.
“James,
fa’ attenzione con que …” lo avvertii, ma neanche il
tempo di dirlo che il trofeo stava già cadendo a terra, o meglio, sulla mia
testa.
Chiusi
gli occhi e caddi a terra trascinata da qualcuno. Quando sentii lo sfracellarsi
al suolo del vetro, i miei occhi si aprirono in uno scatto. Gli occhi di
ghiaccio di Malfoy mi fissavano seri.
Involontariamente le mie braccia si erano andate a cingere intorno al suo
busto. Un minuto di sguardi intensi, finché la voce di mio cugino non mi
riportò alla realtà.
“Rosie!!!” mi chiamò, strappando violentemente Malfoy dalle mie braccia “Stai bene?”
Mi
abbracciò forte – secondo la mia idea – sia perché era preoccupato, sia per
proteggermi dalla serpe. Al contrario di prima le mie braccia restarono inerti
e, con un’espressione disperata, sospirai.
“Starei
meglio, se non avessi fatto cadere quel trofeo … Ora chi lo sente Gazza?”
dissi.
“Dai,
ci inventeremo qualcosa!” rise lui, lasciandomi andare e aiutandomi ad alzarmi.
Il
suo sguardo però si volse subito verso Malfoy e non
era per niente amichevole.
“Ehm
… Continuiamo a pulire, forza!” dissi io, per non far scattare di nuovo la
rissa “E stavolta stai attento.” lo pregai infine.
Possibile
che dovevo fare la parte della balia? Bastava un nonnulla perché scattasse
l’inferno. Avrei dovuto ringraziare Malfoy per il suo
gesto. Ma quando? Non appena fosse venuto Gazza ad aprirci? No. Era meglio a
lezione, in modo che James non potesse origliare. Del resto, bastava che ci
vedesse parlare perché si arrabbiasse come una belva. Avevo il sospetto che
papà gli avesse promesso chissà quanti galeoni in cambio di protezione nei miei
confronti. Intanto mi domandavo anche il perché del gesto di Malfoy. Insomma, se lui mi avesse sferrato un pugno, io non
credo l’avrei aiutato. Ma allora perché? La risposta era così ovvia che mi
sfuggiva di mente, perciò mi concentrai sui trofei, sperando che quella serata
passasse in fretta. E fu così, il tempo passò così veloce, che, in men che non si dica, sentii la grossa chiave di Gazza
girare nella toppa, facendo ancora più rumore di prima.
“Ora
basta! Continuate domani!” disse con un sorriso ebete stampato in faccia.
Ci
consegnò le bacchette e poi, felici della fine della serata, ci fiondammo
letteralmente fuori dalla stanza, in direzione dei nostri dormitori, grati che
ci fosse un letto ad attenderci.
Intanto
Gazza gridava …
“Avete
rotto un trofeo, maledetti mocciosi!!” diceva, ma con un reparo lo rimise in sesto in
fretta.
…tobecontinued…
Salveee! Gli esami si sono conclusi e ho
pensato di rimboccarmi le maniche. Infatti, come qualcuno avrà notato, ho
pubblicato una nuova fic su Harry Potter: Full Moon.
Voglio
subito passare ai ringraziamenti, poiché la giornata è stata dura (fare la baby
sitter a cugini piccoli è terribile).