How the Ice met the Snow

di Laly of the Moonlight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Sight ***
Capitolo 2: *** The First Close-Up ***
Capitolo 3: *** Star-Crossed Ways ***
Capitolo 4: *** Prison Break ***
Capitolo 5: *** War ***
Capitolo 6: *** Showdown ***



Capitolo 1
*** First Sight ***


Disclaimer: Tutti i personaggi presenti in questa storia sono di mia esclusiva proprietà.





Era una notte grigia e tempestosa. Nella foresta, gli unici suoni che si potevano udire erano lo scrosciare della pioggia e l'infrangersi delle gocce sulle foglie e al suolo.
No, non erano gli unici.
Rumore cadenzato di suole di pelle sul terreno umido e scivoloso.
Schizzi d'acqua sulla vegetazione circostante.
Una giovane elfa, ammantata di verde e incappucciata, correva nella notte buia e piovosa alla ricerca di un riparo.
Non conosceva quel bosco, ci si era addentrata alcuni giorni prima proprio per esplorarlo, ma senza la luce del Sole e delle Lune era tutt'altra cosa orientarsi in quel groviglio verde e marrone.
La povera ragazza era inzuppata d'acqua, il liquido chiaro colava copioso dai bordi del mantello e del cappuccio. Il temporale continuava imperterrito, senza curarsi di quegli occhi verdi spaventati.
La vegetazione del sottobosco le rallentava di molto i movimenti e più di una volta i rami sporgenti degli alberi le si impigliarono nel cappuccio e le graffiarono il viso, lasciando lunghi segni rossi sull'incarnato chiaro della fanciulla.
Ad un tratto, l'elfa scivolò e cadde a terra, emettendo un lieve grido di sorpresa. A fatica si rimise in piedi, poggiando al suolo un ginocchio, ansimante. Con la sua vista particolarmente acuta scrutava le tenebre alla disperata ricerca di un indizio, qualcosa di familiare che le permettesse di ritrovare la strada verso casa.
Ma l'oscurità e il temporale avevano reso quel luogo ostile, un intrico di rami e cespugli.
La ragazza chinò lievemente il capo, sconsolata, poi, facendo leva sulle gambe, si rialzò, cercò di scuotere via l'acqua e il fango dal mantello e si rimise a correre, volgendo spesso lo sguardo a destra o a sinistra.
Correva e correva ancora l'elfa, incurante del torrente d'acqua che il diluvio le riversava addosso, continuando ad andare avanti con ostinazione e caparbietà.
Ad un tratto...una luce.
Una luce tenue, rossastra, un puntolino seminascosto dall'oscurità e dalla vegetazione.
La ragazza si fermò un istante, sbattendo diverse volte le palpebre per assicurarsi che quello non fosse un miraggio creato dalla sua mente stanca. Poiché il bagliore continuava a persistere, lei, ormai stremata, riprese a correre, i polmoni che si gonfiavano come mantici, i muscoli tesi per lo sforzo.
Più si avvicinava, più il punto di luce si allargava, delineando l'entrata di una piccola grotta.
La ragazza rallentò l'andatura: l'imboccatura della caverna stava di fronte a lei, invitante come un banchetto prelibato dopo giorni e giorni di digiuno.
Era una ragazza giovane, ma non sprovveduta. Lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, si avvicinò ad un angolo della grotta e sbirciò dentro.
Era vuota.
Non era possibile.
Qualcosa non andava.
- Cerchi qualcosa? -
La ragazza sussultò sentendo quella voce maschile, calda...strana.
Si voltò, cercando di prendere una delle armi dal fodero, ma l'uomo, con un movimento fulmineo, le bloccò il braccio. I suoi occhi erano blu e risplendevano come zaffiri alla debole luce del fuoco che crepitava all'interno della caverna.
- Non ce n'è bisogno. Entra pure. -
L'uomo lasciò l'arto della ragazza ed entrò tranquillo nel rifugio.
Lei rimase immobile, sotto l'interminabile nubifragio.
- Se resti lì fuori ti prenderai un malanno. -
La voce dell'uomo risuonò di nuovo nella notte, riscuotendo la giovane elfa dal suo torpore. Sospirò ed entrò nella piccola grotta.
Subito il calore e l'asciutto del riparo la accolsero, dando sollievo alle sue membra intirizzite.
Accanto al fuoco vide alcuni pezzi di carne messi ad arrostire, insieme ad alcune radici e tuberi commestibili. L'uomo era girato di spalle, si era privato della cappa che giaceva ora distesa ai suoi piedi e stava trafficando con un coltello, intento a pulire le carcasse di due conigli appena catturati.
Non si voltò nemmeno sentendo i passi della sconosciuta avvicinarsi a lui.
- Togliti il mantello e mettilo accanto al fuoco. Si asciugherà prima. -
La giovane fece come lui aveva detto: sganciò la fibbia che teneva unito il suo manto, tirò indietro il cappuccio e tolse definitivamente l'indumento, rivelandosi completamente.
L'uomo le gettò una breve occhiata, di sottecchi, senza per questo fermare il proprio lavoro.
Affettò con cura la carne, infilò i pezzi in lunghi rametti che poi piantò tutt'intorno al fuoco, affinché il cibo cuocesse.
La ragazza, nel frattempo aveva strizzato il mantello bagnato e lo aveva appoggiato per terra, usandolo come stuoia.
- Mangia. Qualcosa di caldo nello stomaco ti farà senz'altro bene. -
Lei obbedì, prese un tubero abbrustolito e iniziò a sbocconcellarlo, senza fretta.
Ora poteva vedere bene in faccia colui che le aveva offerto riparo.
Era un uomo alto, dimostrava circa 30-35 anni. Aveva capelli castano scuro, lunghi fino alle spalle, sciolti e bagnati, gli occhi color zaffiro, mascella squadrata, muscoli ben definiti che appena si intravedevano sotto gli abiti: l'immagine di un uomo che dettava le proprie condizioni alla vita, un uomo che non si arrendeva mai.
Nel complesso, non si poteva dire che fosse bello, ma sicuramente possedeva un qualche tipo di fascino esotico.
Anche lui, tra un controllo del cibo ed un altro, scrutò la ragazza di fronte a sé.
Elfa, capelli biondo platino, occhi verde smeraldo, fisico minuto e asciutto, lineamenti dolci.
Era bella, bella come nessuna creatura l'uomo avesse mai incontrato.
La ragazza alzò gli occhi e incontrò lo sguardo dell'uomo.
- Vi ringrazio per avermi aiutata. Io...sono Karyl. -
L'uomo annuì.
- Il mio nome è Khynd. -
La ragazza inghiottì un altro pezzetto di tubero.
- Un nome insolito. Venite da lontano? -
Lui si limitò ad annuire, mentre girava alcuni spiedi, onde evitare la carne si bruciasse.
Ora erano l'uno di fronte all'altra, solo il fuoco a dividerli.
- Cosa ci fa una bimba come te in un posto del genere, con questo tempaccio? -
- Non sono una bambina! Io sono un'elfa adulta! - Karyl scattò in piedi.
- Mmm...se lo dici tu... -
- Sono abbastanza grande per decidere da sola dove andare! -
Lui la guardò negli occhi, posando il suo sguardo tranquillo in quello irritato della ragazza.
- Che caratterino. -
La ragazza si limitò a sbuffare, tornando a sedersi sul suo mantello.
- Ero venuta solo ad esplorare questo posto. Era bel tempo, qualche giorno fa...non pensavo che qui in montagna il tempo cambiasse così rapidamente... -
- Bisogna fare attenzione, sì. - disse lui, porgendole un altro spiedo di tuberi, che lei accettò chinando leggermente il capo.
L'uomo si prese un pezzo di carne, che morse avidamente, mostrando canini aguzzi e sporgenti, candidi come la neve. Fu solo un attimo, uno scintillio alla luce del fuoco. La ragazza sbatté due o tre volte le palpebre, pensando di aver preso un abbaglio, di essersi sognata tutto.
Finirono pian piano tutto quello che era stato cucinato, parlando raramente.
La ragazza si stiracchiò e prese a rovistare all'interno della bisaccia, sorridendo trionfante dopo aver trovato quello che cercava.
Khynd la guardava incuriosito dall'altra parte del falò.
La ragazza sedette a gambe incrociate, posando in grembo un grosso pezzo di pergamena bianca ed iniziando a tracciare linee immaginarie con la punta delle dita.
- Che fai? -
- Sto cercando di orientarmi, ma questi boschi sono tutti uguali... -
- Mmm...fammi vedere un po'... - Khynd si alzò in piedi e andò a sedersi accanto alla ragazza, prendendo in mano la mappa.
- Dunque, noi ci troviamo qui. – disse poi, indicando un punto della mappa vicino alle montagne Nord-Ovest.
- Come fai ad esserne sicuro? -
- Passo per questi boschi abbastanza di frequente. La selvaggina abbonda e gli elfi della città vicina non sono soliti avventurarsi in questi luoghi. Suppongo che questa mappa non l'abbia disegnata tu, ma qualcuno con un senso dell'orientamento migliore del tuo. Potresti farti insegnare qualcosa da lui. - la ragazza accanto a lui si rabbuiò improvvisamente, strappò malamente la mappa dalle mani del cacciatore e aprì la bisaccia per riporla al suo interno, sotto lo sguardo interrogativo dell'uomo.
- E' morto. - disse lei, con fare sbrigativo - L'uomo che ha disegnato questa mappa è morto molti anni fa. - Khynd tenne lo sguardo fisso su di lei che stringeva con forza il foglio sgualcito.
- Doveva essere una persona a te cara. - lui si alzò e tornò a sedersi sul proprio giaciglio, mettendo qualche pezzo di legno nel fuoco affinché non si spegnesse.
- Era mio padre. - dopo averlo detto, la ragazza rimase in silenzio a guardare la danza infinita delle fiamme davanti a sé, per poi riprendere a parlare solo parecchio tempo dopo.
- I nostri avi si trasferirono qui per sfuggire ad una brutta guerra scoppiata nell'Ovest del Paese, ma mio padre non era felice di starsene rintanato in mezzo a queste montagne. Ogni volta che poteva, prendeva con sé mio fratello e il suo primo ufficiale, Litharas, con la scusa dell'andare in perlustrazione nei boschi intorno alla città. Un giorno, per caso, si imbatterono in un manipolo di banditi che uccisero sia mio padre che mio fratello. Litharas fu l'unico a tornare a casa vivo, ma ferito, trascinando con sé il corpo di mio padre. -
- Brutta storia. Mi dispiace. -
- Questa mappa è l'unico ricordo che ho di lui. Il suo sogno era quello di lasciare il governo della città ad altri per poter viaggiare liberamente ed esplorare questo pianeta, riuscendo così a completare tutta la mappa. - riaprì la pergamena, stendendola in tutta la sua grandezza, mostrando a Khynd il mare bianco che circondava la piccola isoletta inchiostrata. - Forse un giorno riuscirò a realizzare il suo desiderio. -
Khynd osservò la ragazza, lo sguardo triste puntato alla base del fuoco, dove il legno crepitava a causa del calore.
- Devi essere a pezzi. Dormi. - disse d'un tratto l'uomo, mentre buttava i legnetti degli spiedi tra le fiamme. La ragazza lo guardò, inclinando la testa verso la spalla destra.
- Dormire? E i turni di guardia? -
- Non ho intenzione di fare la sentinella. Se vuoi restare sveglia, fai pure. -
Detto ciò, Khynd si sdraiò comodamente sul suo mantello, girandosi verso la parete.
Dopo pochi minuti un sonoro russare proveniva dal fagotto in cui si era rinchiuso.
“Ma tu guarda! Un vero uomo avrebbe insistito affinché gli lasciassi fare la guardia...e invece guardalo come dorme beato!! Bella roba!"
Stizzita, la ragazza mise via la mappa e tirò fuori la sua spada corta poggiandosela in equilibrio sulle ginocchia, pronta a scattare ad ogni evenienza. Minuto dopo minuto, le palpebre si facevano sempre più pesanti e il suono leggero e ritmico della pioggia fuori dalla grotta contribuiva alla sua sonnolenza.
Si girò verso l'uomo e si chiese se era il caso di svegliarlo per scambiarsi i turni di guardia. Si alzò in piedi e gli si avvicinò silenziosamente.
Dormiva docile, il respiro lento e tranquillo, una mano dietro la testa, un'altra morbidamente appoggiata allo stomaco.
Karyl rimase ipnotizzata davanti a lui. Non riusciva a capacitarsi del fascino che Khynd esercitava su di lei.
Era come se tutto il suo corpo sprigionasse forza.
Il sonno.
Era di sicuro il sonno che le faceva venire quegli strani pensieri.
"Ora mi riposo qualche minuto, così poi sarò in perfetta forma!"
Si acciambellò, poggiando la testa sul braccio dell'uomo, senza rendersene nemmeno conto.
In quel momento, uno degli occhi dell'uomo si aprì, mostrando un'iride blu zaffiro, da drago.


Il mattino dopo la ragazza si svegliò sentendo un profumo invitante di tè. Si alzò leggermente sui gomiti, scoprendo di essere stata coperta col suo mantello. Per quanto aveva dormito? Perché era in quell'angolo di grotta e non al suo posto? Proprio non ricordava.
- Hai fame? Qui c'è la colazione se vuoi. -
- Eh? - guardò l'uomo davanti a lei, i suoi occhi blu zaffiro e un leggero sorriso sul volto.
Era intontita, non sapeva bene nemmeno lei cosa le stesse succedendo. Si alzò comunque e si avvicinò al fuoco, prendendo una piccola tazza di tè e qualche tubero avanzato dalla sera precedente. Finita la colazione, notò il sole che splendeva radioso fuori dalla grotta. Raccolsero entrambi i loro vestiti e si avviarono verso l'uscita.
- Beh...allora, grazie. -
- Uh? Di nulla, piccola elfa. Fai attenzione la prossima volta. Addio. -
L'uomo si voltò verso Ovest, verso le alte cime innevate che si intravedevano in lontananza e si incamminò, sparendo nel folto della foresta. Karyl sospirò e partì anche lei, verso l'Est e il sole nascente. Gettò solo un'occhiata fugace alla grotta che l'aveva ospitata la sera precedente, sorrise e si inoltrò nel bosco.

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Capitolo 2
*** The First Close-Up ***


Qualche mese dopo, Karyl si ritrovò a vagare per le stesse foreste in cui aveva conosciuto il cacciatore umano.
Era una splendida giornata di inizio autunno e una lieve foschia aleggiava negli strati più bassi del bosco. I raggi del Sole filtravano attraverso il manto rossastro delle foglie sovrastanti arrivando fino al terreno, creando un'atmosfera quasi surreale.
La ragazza rabbrividì leggermente, stringendo ulteriormente i lembi del mantello onde evitare i morsi gelidi della bruma che avviluppava ogni cosa nel suo candido abbraccio.
I suoni giungevano ovattati alle orecchie dell'elfa, attutiti dal pavimento di foglie morte che in quel periodo dell'anno ornava il sentiero e tutti i tratti liberi di terreno.
Tutta presa dallo spettacolo di luci e ombre, Karyl se ne stava col naso all'insù ammirando gli uccellini variopinti che gorgheggiavano placidamente nella tranquillità del luogo. Ed ecco che uno dei suoi piedi scivolò su alcune foglie umide, facendo finire la ragazza a gambe all'aria.
- Ohi ohi ohi ohi. - si mise seduta, massaggiandosi platealmente la schiena e continuando a lamentarsi.
Si rialzò in piedi, imprecando contro la propria sbadataggine e approfittò della sosta forzata per tirare fuori dalla sua bisaccia la mappa di suo padre. Le dita aumentarono la presa sulla pergamena per un momento e la tristezza si impadronì del suo volto, mentre la ragazza ripensava al genitore defunto. Scacciò via quelle brutte sensazioni e si concentrò sui segni vergati sul pezzo di carta. Secondo i suoi appunti, la grotta che l'aveva ospitata quella notte tempestosa non doveva essere molto lontana.
Ripose la mappa e si avviò lungo il sentiero, percorrendolo finché non trovò un piccolo viottolo leggermente nascosto da alcuni cespugli. Era poco più grande del letto di un ruscello montano, ma la ragazza sapeva che era ciò che stava cercando.
Percorse il tracciato per tutta la sua lunghezza, raggiungendo la caverna e trovandola, ovviamente, vuota.
“Chissà cosa mi ero aspettata di trovare...”
La ragazza guardò sconsolata l'entrata buia, mentre la tristezza si impadroniva di lei ancora una volta.
“Chissà perché desidero rivedere quell'uomo...”
Lanciò un rapido sguardo ai dintorni, poi scosse la testa, si voltò e riprese il cammino verso il luogo da cui era venuta.

Nascosto tra i cespugli che punteggiavano la radura, il cacciatore dagli occhi blu osservava la scena, divertito.
“Chi non muore si rivede...eh, Karyl?”

Karyl ripercorse la strada che aveva fatto all'andata, giungendo alla cittadina poche ore prima del tramonto, quando il Sole colorava di rosso le mura bianche e il mare su cui si affacciava il piccolo porticciolo, prima di sparire dietro le alte cime montuose ad Ovest. Guardando verso l'orizzonte, la sua attenzione venne catturata da una vista piuttosto insolita: due velieri erano ancorati nelle vicinanze del porto, poiché troppo grossi per poter attraccare direttamente alla banchina. Le imbarcazioni erano di legno scuro, i boccaporti dei cannoni vuoti come orbite prive di occhi.
Non erano navi elfiche e non erano soliti ricevere visitatori dal mare, quindi la ragazza si chiedeva chi potessero essere le persone sbarcate.
I pochi elfi che si trovavano sul pontile non sembravano preoccupati o intimoriti dai nuovi venuti, eppure Karyl aveva un brutto presentimento.
Con un peso opprimente a livello del petto, la ragazza si diresse a passo spedito verso la costruzione più imponente della città, il palazzo del governatore, in cui abitava insieme alla madre.
Ivi giunta, una delle cameriere la informò dell'arrivo di un ricco mercante dall'Ovest, invitato dalla Duchessa sua madre per un banchetto di benvenuto, come esigeva la tradizione ospitalità elfica. L'elfa dagli occhi verdi sospirò al pensiero di doversi sorbire una cena completa di etichetta e bon ton. Sconsolata, si avviò verso le proprie stanze, dove un buon bagno caldo levò di dosso il sudore e parte dei pensieri negativi che affliggevano il suo animo.
Uscì dalla vasca rilassata e di umore decisamente migliore, ma la vista dell'abito, disteso sul letto, le fece storcere la bocca.
Odiava quel tipo di vestiti, il corpetto le stringeva sulla vita e sul petto, rendendole difficile anche il semplice respirare, mentre la gonna rischiava di farla inciampare più spesso di quanto non succedesse normalmente.
Una volta pronta inspirò profondamente, uscì dalla propria stanza, scese le scale e si avviò verso la sala da pranzo, da cui proveniva un sonoro vociare.
Aprendo la porta si ritrovò davanti una tavolata piuttosto ricca, sia di portate che di ospiti. Al suo arrivo tutti quanti si voltarono verso di lei, mentre la madre si alzava in piedi sorridendo.
- Oh, mia cara, finalmente sei tornata. Lascia che ti presenti il signor Rivok, un mercante che viene dalle terre dell'Ovest. -
- Oh, quindi voi dovete essere Karyl, la figlia della Duchessa Silwing. È un piacere fare la vostra conoscenza, Altezza. -
- Il piacere è mio, Signore. -
Senza aggiungere altro, la ragazza avanzò a testa alta fino ad arrivare alla tavola imbandita e sedette alla destra della madre. Da quella posizione ebbe modo di osservare meglio l'uomo presentatole come Rivok, che stava esattamente di fronte a lei. Durante la cena sostenne piacevolmente la conversazione con i nuovi arrivati, onde scoprire qualcosa in più sul loro conto, senza però sembrare indiscreta.
Il suo intuito da guerriera, infatti, le diceva che quell'uomo aveva qualcosa di strano, ragion per cui lo tenne d'occhio durante tutta la cena, fingendosi interessata alle sue chiacchiere.
Arrivati al dolce, la ragazza aveva ottenuto molte informazioni sull'ospite: oltre al nome, aveva rivelato essere un ricco mercante intento a tracciare una nuova rotta per il commercio di beni preziosi come spezie, sale e tessuti. Nel tentativo di scoprire un nuovo itinerario, più economico e breve, stava cercando piccole cittadine portuali come quella per permettere alle proprie navi uno scalo sicuro in cui rifornirsi di cibo e acqua dolce in cambio di parte delle merci trasportate.
L'uomo si affrettò inoltre ad aggiungere che già altre città avevano accettato questo semplice ma vantaggioso accordo.
Eppure, Karyl non era del tutto convinta della proposta fatta dal loro ospite.
L'uomo sosteneva di essere un semplice mercante, ma il suo corpo diceva ben altro. Sotto i raffinati vestiti in tessuto damascato, risaltava infatti un fisico che sembrava temprato da una vita di guerra, più che da quella di un semplice marinaio.
Aveva un atteggiamento guardingo, i suoi occhi guizzavano spesso da un lato all'altro della stanza, senza apparente motivo: i tratti distintivi di chi è abituato a guardarsi le spalle.
Tratti che la ragazza conosceva molto bene.

Alla morte del marito, la Duchessa Silwing decise di occuparsi soltanto delle faccende burocratiche, lasciando le incombenze militari al Capitano Litharas.
Karyl, dal canto suo, chiese ed ottenne la possibilità di studiare scherma insieme alle truppe militari che un tempo erano sotto il comando di suo padre.
I soldati furono ben contenti dell'interessamento della figlia del precedente Comandante, dato che quello nuovo non era di loro gradimento: era un uomo meschino e spregevole, che amava comandare dalle retrovie piuttosto che combattere in prima linea.
Durante il suo addestramento, la ragazza ebbe la possibilità di vedere più di una volta i corpi dei propri compagni di sesso maschile temprati dalle battaglie e dagli allenamenti quotidiani, per questo poteva dire con certezza che l'uomo presentatosi come Rivok aveva molto in comune con i guerrieri, ma ben poco da spartire con i mercanti.

Così, quando l'uomo si congedò, dichiarando una grande stanchezza dovuta al lungo viaggio, Karyl decise di seguirlo di nascosto.
Con la scusa di un gran mal di testa, la ragazza prese congedo dalla madre e si rifugiò in camera sua. Buttò sul letto tutti i vestiti che indossava, sostituendoli con abiti scuri e comodi. Come tocco finale, si gettò sulle spalle un mantello con cappuccio, in modo da coprire i lineamenti femminili ed il volto.
Silenziosa come un gatto, sgusciò fuori dalla stanza, per poi uscire senza far rumore da una delle finestre del piano terra della Reggia della madre, incamminandosi per le vie silenziose della cittadina. Sapeva che l'uomo si era diretto ad uno dei due vascelli per riposare, anche se non sapeva quale. Decise quindi di prendere una scorciatoia, giungendo al porto appena in tempo per vedere la scialuppa dei marinai staccarsi dalla banchina fiocamente illuminata, dirigendo la prora verso la nave più grande, ancorata sulla sinistra e più lontano rispetto all'altra.
Attese nell'ombra, osservando la scialuppa accostarsi alla grossa imbarcazione di legno reso ancora più scuro dall'oscurità. Dal parapetto della nave venne gettata una scala di corda, per permettere a tutti di salire a bordo e godersi una buona notte di sonno.
La ragazza attese ancora, finché non notò varie luci cominciare ad illuminare la cabina del capitano, situata sotto il castello di poppa.
Fu solo in quel momento che iniziò ad elaborare un piano per poter ottenere nuove e preziose informazioni.
Si tolse il mantello ed entrò in acqua da una spiaggetta poco lontana, poco più che una laguna piena di giunchi e sterpaglia, l'ideale per non essere scoperta. Nuotando lentamente e sotto il pelo dell'acqua, giunse alla chiglia della nave.
Nonostante la temperatura non fosse elevata, le finestre vennero comunque aperte per dare aria alla camera, impregnata della puzza di chiuso e sudore. Grazie a questa piccola disattenzione da parte dei forestieri, Karyl ebbe modo di sentire le voci di due uomini, impegnati in una conversazione piuttosto fitta.
Uno dei due si muoveva parecchio, facendo cigolare le assi del pavimento della stanza, impedendo così alla piccola spia di seguire il discorso nei dettagli. Alle orecchie della ragazza giunsero soltanto dei frammenti di discorso, piuttosto oscuri per di più.
- Sì, ne sono consapevole, tuttavia... -
- Non c'è di che preoccuparsi...dovrai avere pazienza... -
- Gli uomini ai valichi... -
La ragazza trattenne il fiato.
Uomini ai valichi?
In quel momento, le finestre della cabina vennero chiuse e la luce spenta. Karyl capì che non avrebbe più sentito nulla per quella sera, quindi tornò indietro, sulla terraferma. Uscì dall'acqua in mezzo alle canne, tenendo la schiena curva onde non essere vista. Stillante d'acqua, guadagnò la riva, per poi sedersi sulla spiaggia semi-nascosta, rimuginando su quanto aveva scoperto e attendendo che gli abiti smettessero di gocciolare.
“Hanno parlato di uomini ai valichi...ma in città nessuno parla di intrusi o di nomadi accampati vicino alle montagne! Il che significa che se sanno qualcosa non hanno avvertito né mia madre né il Capitano delle guardie.
Ammettiamo che non sappiano chi sono questi forestieri. Per quale motivo se hanno un'informazione del genere non hanno detto niente a nessuno?
No...è chiaro che sanno chi sono questi uomini...ma qual è il loro obiettivo, allora? Devo vederci chiaro...devo andare a controllare. Partirò domattina dicendo che andrò a fare un'escursione e che starò via qualche giorno, nessuno si insospettirà.”
Con questi pensieri, la ragazza riprese la via di casa, rientrò furtiva al palazzo, chiudendosi poi la porta di camera sua alle spalle.

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Capitolo 3
*** Star-Crossed Ways ***


Come deciso, Karyl partì l'indomani mattina all'alba, equipaggiata di tutto punto per un'escursione in montagna. Lasciò detto ad alcune cameriere che sarebbe stata fuori qualche giorno, cosa che non destò alcun sospetto, come lei stessa aveva pianificato: sovente la ragazza si allontanava dalla casa del Governatore per poi tornare nei giorni successivi.
Si incamminò lungo il sentiero principale che si snodava dalla sua cittadina fin dentro il bosco, seguendolo per diverse ore. Come il giorno precedente, le foglie morte cadute a terra e la rugiada presente in tutto il sottobosco rallentarono molto la sua ascesa, rendendo il percorso scivoloso. A causa della sua sbadataggine, l'elfa si ritrovò più volte seduta a terra, mentre la parte posteriore dei pantaloni verde scuro assumeva una tonalità grigiastra, a testimonianza delle innumerevoli cadute.
All'incirca a mezzogiorno si fermò per mangiare un pezzetto di carne salata e bere un po' d'acqua, mentre provvedeva a tirare fuori la sua inseparabile mappa per consultarla. Ad occhio e croce, mancavano ancora diverse ore di cammino per giungere al primo dei cinque valichi che attraversavano la catena montuosa che sorgeva tutt'attorno alla città bianca, ragion per cui in pochi si avventuravano in quei luoghi. Dopo la breve sosta, Karyl si rimise in marcia, decisa a raggiungere il suo obiettivo entro il calar del sole.
A metà pomeriggio la stanchezza iniziò a farsi sentire. I suoi polmoni reclamavano ossigeno, mentre l'acido lattico ormai entrato in circolo le faceva dolere i muscoli.
Il terreno erboso lasciò il posto a tratti di nuda e scivolosa roccia, inframezzata da tappetini di muschio sui lati esposti al nord.
La ragazza si fermò un momento, piegando leggermente le ginocchia e appoggiandovi sopra i palmi delle mani, nel tentativo di riprendere fiato. Erano ore che camminava, era stanca, ma la sua meta si stava avvicinando. Guardò ansimando verso l'alto, le vette lontane dei Monti di Ghiaccio, così li chiamavano da quelle parti, per via della perenne coltre bianca che ne ricopriva le cime. Abbassò il capo, cercando di tirare fiato. Attese finché il suo respiro non si fu regolarizzato, facendole capire che il suo corpo si era ripreso un poco dalla fatica.
Riportò il busto in posizione eretta, strinse saldamente la bisaccia e riprese il cammino, di buona lena.
Le ci volle tutto il resto della giornata per salire il ripido sentiero e giungere in cima all'altopiano che segnava la linea di confine tra i boschi, territori di caccia degli abitanti della città di Perilia, e la zona delle Alte Montagne, regno della neve perenne e del freddo glaciale.
Karyl si voltò indietro, ammirando il paesaggio che si snodava placido e silenzioso ai suoi piedi: la vegetazione sottostante con le sue vesti autunnali, punteggiate di rosso e giallo, le candide mura della sua cittadina e poi, più in fondo, l'oceano, blu e sconfinato, solcato dalle incessanti onde orlate di schiuma e risplendenti di bagliori dorati.
Data la presenza di una catena montuosa così elevata, il Sole in quelle terre tramontava molto prima del normale, poiché esso spariva dietro i picchi e la sua luce rossastra non illuminava a lungo i boschi sottostanti e la città lontana.
Nonostante fosse soltanto tardo pomeriggio, l'astro dorato stava già calando, nascondendosi dietro le cime dei monti, creando un gioco di prospettive per cui il tondo sembrava venir trafitto dalle guglie aguzze.
Rimaneva dunque poco tempo, forse mezz'ora di luce, ragion per cui la ragazza affrettò il cammino, in mezzo alla brulla vegetazione montana.
Quando il Sole era già un ricordo e tutto ciò che rimaneva di lui era una piccola porzione di cielo arrossata, Karyl fu in vista del primo dei cinque valichi segnati sulla mappa del padre, scoprendo effettivamente un accampamento di forestieri, situato in una piccola radura a ridosso del sentiero che si inerpicava su per il crinale.
“Allora ci sono veramente degli uomini qui. La domanda è: chi sono? Amici o nemici?”
Ben nascosta in una piccola macchia composta da abeti bianchi, rossi e larici sparuti, l'elfa decise di utilizzare la poca luce rimasta per studiare il campo che si trovava di fronte a lei.
Diverse tende erano disposte a cerchio attorno al fuoco principale, davanti ad ognuna era appesa su una gruccia un'armatura in metallo o in cuoio borchiato; numerosi cavalli da battaglia brucavano placidi l'erba in un piccolo recinto di fortuna.
Tutt'attorno un cordone di sentinelle vegliava sul pasto serale dei compagni.
“Quelli non sono sicuramente dei nomadi. Sono guerrieri umani, armati ed equipaggiati per combattere. Ma perché sono qui?”
Un terribile dubbio si insinuò nella giovane mente della ragazza
“E se non fossero gli unici? Quei due sulla nave avevano parlato di uomini ai valichi, non avevano nominato un luogo specifico...devo assolutamente controllare. Speriamo che stanotte il cielo non sia troppo coperto.”
Karyl sedette a terra, la schiena appoggiata al tronco dell'abete che le offriva riparo, attendendo pazientemente il calare delle tenebre.
La fortuna le arrise, poiché una splendida luna crescente fece la sua apparizione, velata dai cirrostrati, lunghe nubi quasi trasparenti.
L'elfa approfittò di quella visibilità ideale per sgattaiolare via dal suo riparo, dirigendosi verso il secondo dei valichi, tenendosi sottovento e strisciando persino in alcuni punti, onde non essere scoperta.
Impiegò molto tempo, ma i suoi sforzi furono ripagati dalla vista di un secondo accampamento evidentemente militare. La preoccupazione di Karyl aumentò, provocando la formazione di rughe sulla pelle liscia della fronte.
Così come era venuta, se ne andò, acquattandosi nell'erba e scivolando silenziosamente verso il terzo dei cinque valichi che attorniavano la cittadina elfa, giungendovi quando il cielo iniziava a tingersi di rosa, segnale dell'alba ormai imminente.
Ancora una volta, la Dea Bendata decise di sorridere alla piccola spia elfa, dato che tutt'intorno a questo campo sorgeva un boschetto piuttosto fitto di abeti bianchi, completo di sottobosco formato da cespugli bassi ed intricati.
Fu qui che Karyl passò la giornata successiva, osservando attentamente i movimenti degli uomini che abitavano in quelle tende.
Li vide uscire dalle tende, chi sbadigliando e chi stiracchiandosi platealmente, per poi dirigersi verso il luogo in cui sorgeva il falò, dove il cuoco stava distribuendo la colazione.
Durante la giornata qualcuno lucidò l'armatura, altri provarono duelli con spade di legno, altri ancora si ritirarono nelle proprie tende per schiacciare un pisolino, nell'attesa della ronda notturna, il tutto sotto gli occhi attenti dell'elfa.
Al calar del sole, Karyl riprese la sua esplorazione, godendo di un'altra nottata di luce lunare velata di nubi.
Il quarto valico si presentò davanti ai suoi occhi dopo una mezz'ora di cammino, dato che si trovava molto vicino rispetto al terzo. Anche qui aveva trovato posto un campo, forse più piccolo degli altri, ma nel quale svettava una tenda enorme e di un colore rosso scuro, forse l'alloggio di un ufficiale o di qualche esponente importante. L'elfa si annotò mentalmente questa differenza rispetto i precedenti avvistamenti, poi riprese la strada verso l'ultimo dei passaggi per le terre dell'Ovest.
La ragazza giunse a destinazione in poco più di un'ora di viaggio, notando da lontano un quinto presidio, fiocamente illuminato dalla tenue luce dell'astro argentato.
Karyl non ebbe quindi nemmeno bisogno di avvicinarsi, preferendo invece sedersi a terra, appoggiando la schiena ad un abete solitario.
“Cinque valichi, cinque accampamenti. In pratica ci hanno tagliato ogni via di fuga terrestre. Ma per quale motivo fare una cosa simile? Perilia non è una città ricca, non abbiamo nulla che valga questo dispiegamento di forze.”
La ragazza tirò a sé le ginocchia, appoggiandovi sopra il mento, lo sguardo triste rivolto all'erba secca vicino ai suoi piedi.
Perché stava succedendo proprio a lei? Perché quegli uomini dovevano essere proprio lì? Perché c'erano così tante domande e così poche risposte?
Non lo sapeva.
Sapeva solo che c'era una moltitudine di soldati fuori dalla porta di casa sua, senza nessun motivo evidente.
Non poteva starsene con le mani in mano, ad attendere che i nemici facessero la loro mossa: doveva essere lei a colpire per prima.
In quell'istante, ricordò il particolare della grossa tenda rossa situata nel quarto accampamento e decise che quella sarebbe stata la sua meta: forse lì avrebbe trovato qualche indizio per iniziare a districare quella strana matassa che si era trovata tra le mani.
Si alzò da terra con rinnovato coraggio, mettendosi in marcia per raggiungere il campo precedentemente visitato, impiegando un'altra ora per ripercorrere tutto il cammino a ritroso.
Quando l'obiettivo fu in vista, Karyl si fermò un momento, studiando la situazione con i suoi acuti occhi verdi.
La tenda rossa si trovava sulla destra del bivacco, non molto vicina al centro ma in prossimità della linea delle sentinelle: una posizione molto pericolosa.
La ragazza si accucciò e prese a strisciare in mezzo all'erba, cercando di mantenersi sottovento onde evitare di essere sentita dai cavalli, muovendosi solo quando le sentinelle giravano lo sguardo.
Lentamente, con calma, si avvicinò alla grande tenda: nulla si muoveva, tutto sembrava tranquillo.
Karyl mosse un passo in avanti, mentre si guardava di lato, tendendo l'orecchio ad ogni rumore che presagisse un pericolo.
Proprio non si accorse del picchetto piantato a terra a cui era legata una delle corde che teneva in piedi la tenda stessa: l'elfa capitombolò a terra, rumorosamente.
Si riebbe immediatamente e si rialzò in fretta, mentre un sonoro vociare maschile si levava da tutto il campo.
- Allarme! Allarme! C'è un intruso! -
- Dove? Prendetelo! -
Dopo i primi momenti di sgomento, i guerrieri del campo iniziarono a reagire alla minaccia. Qualcuno andò ad accendere torce, altri iniziarono ad avvicinarsi al punto in cui si erano sentiti i rumori sospetti.
L'accampamento venne illuminato quasi a giorno, facendo capire all'elfa che l'unica cosa da fare era darsi alla fuga, mettendo quanta più distanza possibile tra lei e gli inseguitori.
Si mise a correre quanto più velocemente le consentivano le sue gambe indolenzite da giorni di cammino, inseguita da un nugolo di frecce scoccate dagli uomini dietro di lei.
Quasi tutti i dardi finirono per conficcarsi a terra, ma una di quelle fu più precisa delle altre.
Le sue orecchie elfiche captarono un lieve sibilo nell'aria, voltò leggermente la testa in tempo per vedere con la coda dell'occhio una freccia arrivare a conficcarsi direttamente nella sua spalla, facendola urlare di dolore.
Inciampò, portando un braccio alla spalla colpita, ma riuscì a mantenersi in piedi e a continuare a correre, disperatamente.
Raggiunse miracolosamente i primi alberi della foresta che si stendeva sotto l'altopiano, correndo e scivolando a tratti giù per la discesa.
Gli inseguitori erano dietro di lei, sempre più vicini, tanto che alla ragazza sembrava di sentire il loro fiato sul collo. Scacciò qualsiasi altro pensiero, concentrandosi solo sul riuscire a mettere un piede davanti all'altro senza cadere.
L'adrenalina era alle stelle, i ritmi frenetici della corsa non le davano tregua e il sangue colava copioso dalla brutta ferita alla spalla.
“Pensa, Karyl, pensa! Ci sarà pure qualcosa che puoi fare per salvarti la vita! Devo raggiungere Perilia...no, è troppo lontana! Non ce la farò mai! Cosa posso fare? Cosa posso inventarmi?”
I pensieri si susseguivano in un flusso ininterrotto, mentre l'inseguimento continuava. I soldati guadagnavano terreno, mentre l'elfa iniziava ad ansimare più del normale e l'aria faticava ad arrivare ai suoi polmoni sotto sforzo.
Il paesaggio attorno a lei iniziava ad assumere contorni indefiniti, quasi una vaga nebbia si fosse stesa su quei luoghi.
Karyl capì che non le rimanevano molte forze, doveva trovare una soluzione in fretta o sarebbe morta.
Casualmente passò accanto ad una grotta e ricordò improvvisamente dove si trovava.
Era la grotta in cui mesi prima aveva incontrato il cacciatore.
Durante le loro chiacchiere, l'uomo le aveva detto che si recava spesso lì, perché la selvaggina abbondava.
Si fermò col fiato spezzato, giocando la sua ultima disperata carta. Tirò fuori velocemente la sua mappa, macchiandola con le dita sporche del sangue che colava dalla parte alta del braccio, inzuppandole la manica del corpetto.
Lasciò cadere la pergamena in mezzo ai cespugli del sottobosco, vicino all'entrata della caverna, sperando con tutto il cuore che Khynd fosse nei dintorni e la trovasse, riuscendo così a capire che lei era nei guai.
Era un azzardo, le possibilità di riuscita di quel piano erano praticamente zero, ma nella follia del momento pensò che potesse funzionare.
Ormai allo stremo delle forze, si allontanò zoppicante dal luogo in cui aveva nascosto l'indizio per accasciarsi, parecchie decine di metri più in là, ansimando.
Riuscì a tenere gli occhi aperti solo per pochi istanti, mentre vedeva l'immagine sfocata degli uomini che la raggiungevano e si avvicinavano al suo corpo inerte. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi chiuse gli occhi verdi, mentre una stanchezza quasi mortale si impadroniva della sua mente. I suoi ultimi pensieri lucidi furono rivolti al Cielo.
“Non so se esiste un Dio in questo mondo o meno, ma se davvero c'è spero che questo mio pensiero giunga a Lui. Ti prego, fa che vada tutto bene. Salvami.”
I sensi abbandonarono infine il suo corpo, precipitandola nelle tenebre nere e fitte dell'incoscienza.

Probabilmente, quella notte, il Fato e il Caso si giocarono ai dadi la scommessa fatta dalla ragazza poco prima di svenire.
Quale dei due vinse non si seppe mai, ma l'alba successiva vide il cacciatore dagli occhi di zaffiro fermarsi al limitare della radura, osservando con occhio critico i segni evidenti degli eventi di quella notte.

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Capitolo 4
*** Prison Break ***


Khynd si accucciò a terra, sfiorando con le dita un'impronta abbastanza fresca lasciata da uno stivale di fattura umana.
A giudicare dalla profondità dell'orma, dedusse che chi l'aveva lasciata doveva essere vestito in maniera molto pesante, forse indossava un'armatura di cuoio rinforzato o addirittura di ferro.
“Un uomo è passato di qui...più di uno a giudicare dalla serie di impronte sparse sul terreno. Che i soldati di quegli accampamenti su in montagna si siano spinti tanto in basso?”
Scosse la testa, giudicando poco probabile un avvicinamento simile da parte di guerrieri esperti. Doveva esserci un altro motivo per cui c'erano impronte lì.
Soltanto in quel momento notò alcune impronte leggere, che a prima vista gli erano sfuggite: c'era anche qualcuno dai piedi minuti, forse una donna o più probabilmente un'elfa, a giudicare dall'orma della suola.
Un terribile sospetto si insinuò nella sua mente, allarmandolo: che quella piccola intrigante di un'elfa si fosse cacciata nei guai?
Preoccupato, iniziò a cercare altri indizi su cosa fosse successo la sera precedente, scoprendo altre impronte e innumerevoli macchie di sangue sparse sul terreno umido.
L'inquietudine si impadronì del suo cuore, al pensiero che l'elfa potesse essere ferita, facendo sì che frugasse ancora più freneticamente nei dintorni, finché, dopo un tempo quasi interminabile, un puntolino bianco attirò la sua attenzione.
Avvicinandosi cautamente, scoprì che in realtà si trattava di una pergamena sgualcita e umida, sporca di sangue su uno dei lati. La aprì con le mani leggermente tremanti, trovandosi di fronte i segni inchiostrati che aveva visto quella notte, diversi mesi prima, sulla mappa di Karyl.
Fu come se gli avessero tirato un pugno in pieno stomaco: si accasciò sulle ginocchia, reggendo tra le mani quel pezzo di carta logoro, pensando ai peggiori scenari possibili. La ragazza, infatti, aveva affermato che quella mappa era l'unico ricordo tangibile rimastole del padre, non lo avrebbe mai lasciato cadere per distrazione.
Khynd aveva già notato del movimento nelle vicinanze dei valichi montani, ma non avrebbe mai pensato che la faccenda sarebbe degenerata così in fretta.
Sospirò, rassegnato.
Non aveva altra scelta, doveva andare a cercarla.
Seguendo a ritroso le tracce lasciate dalla ragazza e dai soldati, giunse ad uno degli accampamenti, trovandolo però completamente vuoto. Nessun cavallo, nessuna sentinella a guardia del campo, solo la desolazione più assoluta.
Khynd iniziò a perlustrare ogni tenda, sperando di trovare l'elfa scomparsa, ma purtroppo così non fu.
Non avendo trovato anima viva a cui chiedere gentilmente informazioni, l'uomo cominciò a studiare il terreno e le tracce più recenti, comprendendo che l'esercito era partito, puntando direttamente alla foresta, in direzione della città elfica che si adagiava tranquilla ai piedi di quelle montagne.
Il cacciatore dagli occhi di zaffiro non aveva idea del perché tutti quegli uomini armati fossero accampati lì, ma la cosa non presagiva nulla di buono. Lui, a differenza degli elfi, conosceva bene la situazione delle terre dell'Ovest, dilaniate da una guerra che sembrava senza fine; forse quegli uomini facevano parte delle forze schierate da una delle due fazioni in guerra, forse erano lì col semplice intento di conquistare la fortezza di Perilia, nonostante la povertà di risorse nel territorio circostante.
Khynd prese a correre giù per il ripido pendio della montagna, avvantaggiato dal fatto di portare solo leggeri abiti di cuoio invece di corazze e bardature pesanti e limitanti.
Anche i cavalli dovevano aver reso la discesa piuttosto lenta all'esercito che stava cercando di precedere, favorendo il cacciatore.
Egli corse fino ad intravedere la città, che scrutò attentamente: l'esercito dei nemici non era ancora arrivato, forse Perilia e la ragazza potevano ancora essere salvati.


Nel frattempo, a bordo di una delle navi ancorate vicino alla banchina della cittadina elfa, Karyl si risvegliò, la testa che pulsava e la spalla dolorante.
Cercò di aprire gli occhi, socchiudendoli subito dopo a causa di una fitta di dolore. Ne riaprì cautamente uno, poi vedendo che non succedeva nulla si arrischiò ad aprire anche l'altro.
Ci mise un po' a mettere a fuoco i contorni della stanza in cui si trovava, immersa com'era nella penombra. La luce filtrava scarsamente da una piccola feritoia situata nella parte alta della porta che stava da qualche parte alla destra del suo campo visivo distorto.
Insieme alla vista tornarono anche gli altri sensi, permettendole di riprendere il controllo del resto del corpo.
Si ritrovò seduta a terra, la schiena appoggiata ad una parete.
“Dove sono?”
Girò la testa leggermente verso la sua sinistra, trovando assi verticali nella parte bassa e orizzontali in quella alta.
“Sembra...una stiva.”
Cercò di muovere un braccio, scoprendo di avere entrambi i polsi legati strettamente dietro la schiena. Una sola occhiata fu sufficiente per notare che lo stesso trattamento lo avevano subito le sue caviglie e che alla cintura mancavano sia il fodero della spada che il chakram1.
Reclinò stancamente la testa all'indietro, sbattendo leggermente la parte alta del capo contro il legno, alzando lo sguardo verso la fila ordinata di assi che componevano il soffitto di quella stanza.
Man mano che la sua mente si faceva più lucida, nuovi dettagli arricchirono le sue osservazioni: si accorse infatti che la superficie su cui era distesa dondolava leggermente.
“Deve proprio essere una nave.”
Provò ad allentare i nodi delle corde che le stringevano gli arti, ma ad ogni sforzo la spalla ferita le doleva da impazzire, strappandole mugolii di dolore.
Smise solo quando un rivolo di sangue scarlatto prese a colare copiosamente dalla fasciatura.
Doveva calmarsi, ragionare.
Ma non vedeva alcuna via d'uscita: era davvero in trappola.
Mentre cercava di esaminare con lo sguardo le corde ai piedi, la porta della stiva si aprì, lasciando entrare il suo carceriere.
- E così ti sei svegliata, Altezza? Ne sono felice. -
Davanti a lei si ergeva in tutta la sua statura Rivok il mercante. O meglio, colui che si spacciava per tale.
Lei per tutta risposta lo guardò con odio, troppo debole persino per parlare.
- Spero che tu abbia passato una buona nottata. Ti ho fatto medicare quella brutta ferita alla spalla. Sai, la merce perde valore se danneggiata. -
“Merce?”
- Oh sì, - continuò lui vedendo lo sguardo interrogativo negli occhi della giovane elfa – merce, mia cara. Sei troppo preziosa per ucciderti ora. Al mercato degli schiavi di Isgat pagheranno un prezzo molto alto per averti. Dovresti considerarti fortunata, dato che almeno tu uscirai viva da questa città, non trovi? Purtroppo i tuoi compaesani non avranno lo stesso tuo trattamento...un vero peccato. -
Ad ogni parola, lo sguardo della ragazza si caricava ulteriormente di rabbia e odio.
- Su, su, non guardarmi così. In fondo... - dei rumori al di fuori della porta fecero girare l'uomo – Ma che diamine... -
Rumori di ossa spezzate e tonfi di corpi che cadevano a terra.
Rivok mise mano all'elsa della spada che portava alla cintura, mentre i gradini che portavano sottocoperta cigolavano al ritmo cadenzato del passo di qualcuno.
Pochi istanti ancora e una figura alta e possente fece il suo ingresso nella stanza.
- E tu chi diavolo sei? -
- Salve, sto cercando una ragazza. È uno scricciolo a cui piace molto cacciarsi nei guai, però poi non sa mai come uscirne...dimmi, l'hai vista per caso? Oh aspetta...non è forse lei? -
Karyl guardò negli occhi l'uomo che era appena entrato, riconoscendo in lui Khynd, il cacciatore umano dagli occhi di zaffiro. Sospirò di sollievo.
- Vattene subito, se non vuoi finire male. -
- Ma davvero? E chi ti dice che a finire male non sarai invece tu? -
- Maledetto! -
Rivok sfoderò la propria arma e si avventò contro Khynd, cercando di trafiggergli il basso ventre con una stoccata, ma l'altro fu più veloce, scartando lateralmente e rotolando alla sinistra dell'avversario.
Dopo la capriola stabilizzò la propria posizione mettendo un ginocchio a terra e sfoderando a sua volta un'arma.
- Presumo che nessuno ti abbia insegnato le buone maniere. -
- Taci! -
L'uomo continuò la sua offensiva, mendando fendenti a caso e cercando una possibile apertura nell'avversario, ma lo stile di Khynd era talmente impeccabile da sembrare privo di punti deboli.
All'ennesimo assalto del mercante, Khynd decise che ne aveva abbastanza. Parò l'attacco, frapponendo la propria spada tra il suo corpo ed il suo avversario. Iniziò così una danza vorticosa, fatta di finte, attacchi, parate e affondi.
Eppure, c'era qualcosa di strano, Karyl se ne accorse fin troppo bene: i colpi, la velocità, i movimenti di quell'uomo erano tutt'altro che comuni. Nonostante lo scontro fosse particolarmente duro, lui sembrava stare soltanto giocando.
All'elfa venne in mente che forse nemmeno lui era chi diceva di essere.
Qualcuno si sarebbe mai deciso a dirle la verità?
Dopo lunghi minuti di scontro, Khynd si stancò della piega presa dal combattimento e decise di porvi fine.
Con una finta indietreggiò, facendo in modo che l'avversario si sbilanciasse in avanti. In quell'istante, il cacciatore riportò il peso in avanti, superò l'avversario e lo colpì col pomolo della spada proprio dietro il collo.
Rivok cadde a terra, privo di sensi.
Accertatosi delle condizioni del finto mercante, il cacciatore si avvicinò all'elfa, che giaceva a terra.
- Ti hanno proprio legata come un salame eh? Forza, adesso ti libero io. -
Pochi colpi secchi di spada e le corde che legavano la ragazza caddero a terra. Dopodiché, lui raccolse un'altra corda e la utilizzò per legare strettamente Rivok, evitando così una sua possibile fuga nel momento in cui si fosse risvegliato.
- Su, usciamo da qui. -
Khynd la prese per mano, ma lei rimase ferma, guardandosi attorno.
- Cerchi qualcosa? -
- Le mie armi... -
- Probabilmente le hanno riposte in qualche cabina al piano superiore. Andiamo a controllare. -
Salì la scaletta di legno, seguito a ruota dalla ragazza, giungendo così ad un ponte intermedio. I due perlustrarono diverse stanze, trovando infine le armi di lei appoggiate ad una parete di quella che doveva essere l'armeria.
Trovato ciò che cercavano, salirono un'altra rampa di scale, fino a raggiungere la tolda della nave.
- Bene, adesso possiamo salpare le ancore e andarcene da questo inferno. -
- Cosa...? -
La ragazza volse lo sguardo verso la terraferma e vide diverse torri di fumo denso e nero ascendere al cielo. L'odore acre di bruciato giunse alle sue delicate narici, facendo sì che lei si voltasse di lato, proteggendo il naso e la bocca con una mano.
- Che sta succedendo... -
- A quanto pare quei banditi hanno dato inizio all'attacco. Non senti anche tu il rumore della battaglia? -
La ragazza tornò ad osservare il profilo di Perilia, mentre le sue orecchie iniziarono a riempirsi delle urla dei soldati trucidati e del suono perforante provocato dal contatto tra le lame delle spade.
- A giudicare dal casino, si direbbe una carneficina in piena regola. -
- Perché.... -
- Uh? - l'uomo si girò verso Karyl, notando gli occhi lucidi di lei.
- Perché stanno facendo una cosa simile? Qui non c'è oro, né ricchezze di alcun genere. Allora perché... -
- Sono uomini dell'Ovest, temprati dalle guerre che infuriano in quei territori. A loro non interessa nulla di tesori o beni, quello che vogliono è soltanto seminare morte e distruzione. La loro mente è annebbiata da empi desideri, nulla di più. -
Il cacciatore abbassò leggermente il viso, chiudendo per un momento gli splendidi occhi blu, per poi riaprirli e dirigersi verso l'argano che permetteva di levare le ancore. Riuscì a compiere soltanto pochi passi, poi sentì la pressione di due mani attorno al suo braccio destro.
- No! -
- No...cosa? -
- Non voglio andare via! -
- E cosa vorresti fare? Non c'è nulla che tu possa fare per salvare la tua città e i suoi abitanti! -
- Forse hai ragione, però... - rispose lei, lasciando la presa e rimanendo in piedi davanti a lui, le mani strette a pugno.
- Però? - la incalzò lui.
Karyl rimase in silenzio.
- Hai detto tu stessa che volevi continuare il sogno di tuo padre... - continuò l'uomo, tirando fuori da una delle tasche una pergamena sgualcita.
- La mia mappa... -
- Come farai a terminare questa mappa e a far avverare i suoi sogni se vai a morire laggiù?! -
Karyl strinse ancora di più i pugni, mentre le lacrime si facevano strada nei suoi occhi.
- A che serve viaggiare se poi non hai nessuno da cui tornare a raccontare quello che hai visto? Dimmelo! - urlò alla fine, dando sfogo a tutta la sua rabbia.
L'uomo rimase silenzioso.
- Forse non posso fare nulla. Forse andrò soltanto a morire, ma non voglio scappare come una codarda quando la mia città ed il mio popolo hanno bisogno di me! -
La ragazza strinse i denti, come a voler trattenere le parole che sentiva affiorare alla bocca, poi si diresse verso il parapetto.
- Tu vattene pure, non è la tua gente, non è la tua guerra. Grazie per avermi salvata. Se dovessi miracolosamente rimanere in vita troverò il modo di ripagare il mio debito. È una promessa. -
Si voltò a guardare un'ultima volta il suo salvatore, un miscuglio di tristezza e determinazione ben visibile negli occhi verdi.
Senza alcun preavviso, saltò oltre la balaustra, sparendo tra le onde dell'oceano.
Khynd corse laddove fino a qualche secondo prima c'era l'elfa, vedendola nuotare disperatamente verso la riva, nonostante la spalla dolorante.
L'ombra di un sorriso apparve sul volto del cacciatore, che non esitò un istante a gettarsi in acqua, nuotando sott'acqua e raggiungendo la banchina prima di lei.
Quando la ragazza arrivò, stanca e ansimante, lui era seduto su una delle sponde del molo, con le gambe a penzoloni sull'acqua.
- Finalmente sei arrivata. Mi stavo stancando di aspettarti. -
- Che ci fai tu qui? -
- Beh...prima avevi detto che se fossi riuscita a restare viva in mezzo a questo putiferio avresti saldato il tuo debito, no?
- Sì...però... -
- Molto bene, allora. Farò in modo che tu esca viva da questa battaglia.- l'uomo gettò a terra, davanti alla ragazza, l'arco e la faretra piena di frecce. - Tieni. Ti serviranno. -
La ragazza raccolse da terra le armi dell'uomo senza capire, poi vide lui sorridere e chiudere gli occhi.
Il corpo dell'uomo venne avvolto da una luce azzurra, così intensa da costringere la ragazza a coprirsi gli occhi.
Quando li riaprì, davanti a lei si ergeva in tutta la sua statura un gigantesco drago dalla livrea bianca screziata d'azzurro ghiaccio, il collo contornato da una folta pelliccia bianca e lunghe corna leggermente ricurve sulla sommità del capo.
- Ma cosa... -
- Il mio nome, come già sai, è Khynd, ma quello che non sai è che appartengo alla gloriosa stirpe dei Draghi di Ghiaccio. -
- Ah...eh... - l'elfa dai capelli biondi rimase imbambolata, completamente soggiogata dalle iridi di zaffiro del drago.
- Allora, resti lì o vieni con me a salvare la città? -
- Ecco...io... -
- Hai 3 secondi per decidere. Uno... -
- Io... -
- Due... -
- Vengo con te! -
- Ottimo. Forza, sali. - il drago piegò una delle sue enormi zampe in modo che la ragazza potesse usarla come gradino e salire fino alla base del collo, dove afferrò convulsamente la criniera dell'animale.
- Ora reggiti forte...e occhio al vuoto. -
Khynd prese una breve rincorsa, poi spiccò il volo. Non appena le sue zampe si staccarono dal suolo e le sue immense ali cominciarono a muoversi, la ragazza sentì il terreno mancarle da sotto i piedi ed ebbe la sensazione di cadere.
"Non temere, non ti farò cadere.”
- Hai parlato? -
“Basta che pensi le risposte, le parole non sono necessarie. Non più.”
“Ok...ma...ora che facciamo?”
“E c'è da chiederlo? Piombiamo sul campo di battaglia e seminiamo un po' di terrore.”
“Io...veramente...”
“Lo so, non hai mai combattuto una guerra. Si vede dai tuoi occhi, signorina. Ci sono io con te, non hai nulla da temere.”
“Se lo dici tu...” la risposta poco convinta della ragazza strappò una risatina al drago, che ritornò serio subito dopo, sbattendo più velocemente le ali per giungere più in fretta sul loro obiettivo.
Nel giro di due minuti, i due furono vicinissimi alla prima linea dello scontro, situata quasi a ridosso delle mura, e Khynd ruggì, facendo udire la sua voce su tutto il campo di battaglia, annunciando un cambiamento nei programmi dei soldati attaccanti.

 

1Fascia di metallo forgiata a forma di anello con un bordo esterno estremamente affilato.

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Capitolo 5
*** War ***


Il grande Drago di Ghiaccio piombò come un uragano nel bel mezzo della battaglia, portando con sé scompiglio, distruzione e morte.
“Inizieremo con un po' di pratica. Volerò rasentando il terreno, cerca di colpire i bersagli con le frecce.”
La ragazza annuì, poco convinta.
“D'accordo.”
Il drago ruggì di nuovo, virando verso sinistra, disegnò un ampio semicerchio e tornò a sorvolare le linee nemiche.
L'elfa, intanto, incoccò una freccia, tese la corda dell'arco e prese accuratamente la mira, ma un brusco movimento di Khynd le fece quasi perdere l'equilibrio.
Lanciò un urlo e si aggrappò con quanta forza aveva al collare di pelo del drago, ferendo, senza volere, l'animale con la punta della freccia.
“Ugh...bimba, fai attenzione.”
“Ah, scusa!”
“Accidenti, i novellini sono sempre una seccatura.”
“Scusami tanto se tu non sei un cavallo, eh?”
“È la stessa cosa! Stringi forte le gambe e approfitta del momento in cui c'è il vuoto d'aria per drizzare la schiena e scoccare la freccia.”
La ragazza gonfiò le guance, imbronciata, ma non disse nulla.
Prese un profondo respiro, strinse le gambe attorno al gigantesco corpo del drago e chiuse gli occhi.
Subito le tenebre più fitte l'avvolsero, facendola piombare in un abisso senza luce, vuoto e silenzioso, mentre la calma si impadroniva del suo cuore prima agitato come il mare in tempesta.
Pian piano, in quel buio cosmico, alcuni echi iniziarono a farsi udire. Inizialmente si trattava di rumori perlopiù indistinti, che giungevano come ovattati alle orecchie di Karyl, ma col passare del tempo, i suoni si fecero sempre più nitidi, assumendo identità ben chiare.
Il ritmico sollevarsi ed abbassarsi delle candide ali di Khynd aveva una cadenza ben precisa, mentre i movimenti della coda servivano a tenere la rotta, in mezzo a quel guazzabuglio di correnti ora ascendenti, ora discendenti.
Un'armonia pressoché perfetta, fatta di ossa, muscoli e tendini mossi all'unisono, una melodia che lei doveva fare propria per riuscire a coordinarsi nella maniera giusta col drago.
Un suono nuovo giunse alle orecchie della giovane elfa, facendole aprire gli occhi, uscendo da quel limbo interiore che si era creata.
Si sporse leggermente, vedendo una scia azzurrina screziata di bianco fuoriuscire dalle fauci di Khynd.
Seguì con lo sguardo quello strano raggio luccicante fino a vederlo impattare a terra, lasciando una striscia di spuntoni ghiacciati al suo passaggio.
“Ghiaccio...?”
Il drago chiuse la bocca e annuì, voltando lievemente il capo verso la sua amazzone.
“Esatto. Sono un Drago dei Ghiacci, quindi sputo ghiaccio. Mi sembra logico, no?”
“Ah...sì...”
“Tu, piuttosto, pensi di startene lì con le mani in mano ancora per molto? La battaglia va avanti anche senza di te, ma non sono sicuro dell'esito se non ti deciderai a scendere in campo.”
“Oh...giusto.”
Prese una seconda freccia dalla faretra assicurata alla sua schiena, incoccandola e prendendo la mira.
Questa volta il dardo partì, sibilando, andandosi a conficcare nel terreno. La ragazza sospirò, delusa.
“Almeno stavolta sei riuscita a scoccarla. Coraggio, riprova.”
La ragazza annuì, ripetendo nuovamente il procedimento, questa volta con più fortuna: la freccia colpì uno dei soldati nemici in pieno petto, scatenando l'esultanza di Karyl.
“Ce l'ho fatta!”
“Non distrarti, piccola birbante. Hai ancora un'intera guerra davanti.”
“Uff, come sei noioso.” sbuffò, stizzita.
I minuti successivi videro i due neo-compagni sorvolare più volte la prima linea dello scontro, inondando i nemici di ghiaccio e strali, finché ad un tratto la ragazza si accorse di non avere più frecce.
“Khynd...sono rimasta a secco. E adesso?”
“Adesso scendiamo e vediamo come te la cavi col corpo a corpo.” rispose lui serafico.
Con un guizzo di coda prese una favorevole corrente discensionale con l'intento di piombare a tutta velocità nel bel mezzo dell'avanguardia nemica, ridusse l'apertura alare il più possibile fino ad arrivare a poche decine di metri dal suolo.
Prima di sfracellarsi a terra insieme al proprio cavaliere improvvisato, spiegò completamente le grandi ali membranose, frenando la caduta libera e atterrando ben poco morbidamente, facendo sobbalzare l'elfa per il contraccolpo.
“Ehi, vacci piano!”
“Questa è una battaglia, Karyl, devi abituarti a qualsiasi tipo di manovra. Gli atterraggi morbidi lasciali ai viaggi di piacere. Ora scendi e vediamo cosa sai fare. Io sarò qui, pronto a coprirti le spalle. Vai!”
Senza farselo ripetere, l'elfa dagli occhi verdi si rizzò in piedi sulla schiena del drago e balzò agilmente a terra, sfoderando velocemente la spada corta che portava sempre con sé.
Un tanfo quasi insopportabile di sudore e urina, unito al sottile retrogusto metallico del sangue, accolse la sua discesa nel mondo terreno, lei che per molti minuti era rimasta nelle alte sfere celesti.
La sua prima reazione fu quella di portare la mano libera alla bocca, cercando di bloccare quelle esalazioni prima che giungessero al suo olfatto.
“Ugh...”
“Resisti. Questo odore lo sentirai su ogni campo di battaglia che calcherai.”
“Ma è rivoltante!”
“Mentre tu pensi all'odore, i tuoi nemici pensano a come ucciderti. A destra.”
La ragazza fece appena in tempo a voltarsi nella direzione indicatale dal drago, vedendo un manipolo di soldati correre verso di lei, urlando.
Il primo arrivò, mulinando un'ascia bipenne davanti a sé, sperando di fare a pezzi l'elfa con un sol colpo. Karyl spostò il busto indietro, evitando il primo fendente, per poi approfittare della guardia scoperta dell'avversario per trafiggerlo in piena pancia. Era talmente vicina a lui da poter vedere gli occhi perdere la loro scintilla di vita diventando vitrei, mentre un fiotto di sangue caldo inondava l'elsa della spada e le sue mani. Fu una sensazione orribile, così cruda e spietata da farle venire la nausea.
Quella era la guerra, tanto decantata nei libri e nei poemi, i cui combattenti venivano lodati e potevano fregiarsi del titolo di “Grandi Eroi”.
Nulla di ciò che era scritto era vero, la realtà era ben diversa, più raccapricciante e scabrosa.
Uomini che uccidevano altri uomini per futili motivi, ecco cos'era la guerra.
Perché nessun essere umano ha diritto di vita o di morte su un suo simile.
Karyl avrebbe voluto mollare immediatamente la presa sull'arma e accasciarsi al suolo, gridando e piangendo tutto il suo dolore, la sua rabbia e la sua frustrazione, ma sapeva che così avrebbe firmato la sua condanna a morte.
Strinse l'elsa della spada, mentre con gli occhi sull'orlo del pianto si difendeva dagli assalti dei nemici, falcidiandoli uno dopo l'altro, urlando ad ogni colpo, quasi a voler chiedere perdono per ogni vita che la sua lama elfica si prendeva senza permesso.
Esaurito il primo gruppetto di guerrieri, la ragazza si fermò, piantando la spada a terra davanti a sé e appoggiandovisi di peso, ansimante.
“La prima volta è così per tutti.”
“Non è molto consolante.”
“Beh...se non li avessi uccisi tu, a quest'ora saresti tu a giacere a terra priva di vita. Sul campo di battaglia vige una sola regola: uccidi o muori. Il tuo istinto di sopravvivenza ti ha salvata.”
Mentre Karyl ancora cercava di riprendere un po' di respiro, un guerriero si fece avanti alla sua sinistra, prontamente atterrato dalla gigantesca coda ornata di spuntoni ghiacciati di Khynd.
Karyl osservò il braccio inerte dell'uomo spuntare da sotto le squame caudali.
“Perché...”
Khynd scrollò la testa, facendo ondeggiare il manto bianco e vellutato che gli contornava il collo
“Non c'è un perché. Sopravvivi. Lotta per la tua vita. Questo è quanto.”
L'elfa si voltò verso di lui, lo sguardo vacuo di chi ha perso il proprio punto di riferimento, gli occhi di chi aveva appena perso un pezzo della propria anima.
Il drago fissò i propri occhi da rettile nelle iridi verdi e sperdute della ragazza.
“Guarda alle tue spalle, giovane elfa. Cosa vedi?”
Karyl si voltò indietro, vedendo sullo sfondo la bianca Perilia.
“Se tu vieni uccisa, se noi veniamo uccisi, chi resterà a difendere la città? I nemici entreranno, massacreranno donne e bambini, appiccheranno il fuoco a tutti gli edifici e ruberanno i vostri tesori. È questo che vuoi, Karyl?”
“No!”
“E allora prendi in mano la tua spada e combatti, per difendere la tua famiglia, la tua gente e la tua città.”
La ragazza obbedì alle parole del drago, con lentezza e movimenti quasi robotici riprese in mano la propria arma e si preparò a fronteggiare nuovamente i nemici.
- Perdono... - sussurrò in un soffio, poco più di un bisbiglio, prima di partire nuovamente all'attacco.
Karyl e Khynd ricominciarono la loro carneficina, mietendo vittime a destra e a manca, mentre i soldati dell'esercito di Perilia si radunavano vicino a loro, rassicurati dalla loro presenza. Con l'arrivo del drago e del suo cavaliere improvvisato, l'esito della battaglia volse decisamente a favore dei difensori, che attaccarono gli invasori con rinnovato coraggio, ma un nuovo evento rischiò di rovesciare le sorti dei combattenti.
Dalle retrovie si udì il suono di un corno.
Una volta.
Due volte.
Tre volte.
Karyl si fermò, così come tutti i guerrieri al suo fianco. Ad uno sguardo interrogativo di Khynd, lei rispose mentalmente.
“È la ritirata.”
“Suonano la ritirata quando stiamo per vincere la battaglia?”
Per tutta risposta, la ragazza rivolse la propria attenzione ad uno dei commilitoni.
- Igar, dov'è il Capitano Litharas? -
- Nelle retrovie, Mia Signora. Come suo solito. - aggiunse poi, con odio.
- Khynd, alle retrovie! Tenete la posizione, che nessuno si muova da qui fino a mio nuovo ordine! -
La ragazza balzò agilmente in groppa al maestoso animale, che prese immediatamente il volo verso la coda dell'esercito. Ivi giunto, vide un uomo assiso su un piccolo palchetto di fortuna, intento ad osservare la lontana prima linea di scontro.
- Capitano Litharas, che cos'è questa storia? Perché avete fatto suonare la ritirata? - cominciò la ragazza non appena mise i piedi a terra.
- Altezza...vedo che avete compagnia. - ribatté lui, freddamente.
- Non credo sia una cosa da discutere ora. Ho chiesto il perché di questo ordine. Stiamo vincendo, se non se ne fosse accorto. - un sottile sarcasmo trapelò dal suo tono di voce, mentre incrociava le braccia sotto il seno attendendo una risposta.
- Difenderemo meglio la città da dentro le mura. - disse lui, serafico.
- Ma è una pazzia! Ci massacreranno se ora entriamo! - replicò lei, abbandonando la momentanea posizione di difesa e piegando leggermente il busto in avanti.
- State tranquilla, Altezza, ho tutto sotto controllo. -
- Ne dubito fortemente, dato che dalle retrovie non si ha una visione chiara e completa della situazione. - si intromise Khynd, facendo udire distintamente la sua voce cavernosa.
- La vostra compagnia parla parecchio a sproposito direi... - Litharas squadrò con occhio critico il drago.
- Attento a come parli, Litharas. - lo minacciò Karyl, lanciandogli un'occhiata di fuoco.
- Come Sua Altezza desidera. Dobbiamo spostare la linea d'attacco, questo è quanto. È un ordine del Capitano. -
Con quest'ultima frase, egli considerò il discorso chiuso. Karyl si riavvicinò a Khynd, montando in groppa e andandosene, scornata.
Mentre l'animale si librava in aria, la ragazza sprizzava rabbia da ogni poro, borbottando fra sé e sé.
Come poteva quell'uomo essere tanto presuntuoso e superbo? Se si ostinava ad andare avanti con quegli ordini assurdi li avrebbe condannati tutti alla tomba!
- Dannazione, sembra quasi che voglia farci perdere a tutti i costi! Quel maledetto di Litharas! -
“Suppongo non ti stia molto simpatico...”
“Mi pare ovvio! Il Capitano non ha studiato! L'hanno assemblato alla Scuola Ufficiali con pezzi di ricambio di soldati morti! E ora si sta mostrando per quello che è, un bastardo senza cuore.”
“Piuttosto, non avete un sistema di sentinelle in questa città?”
“Uh? Certo che c'è. Ci sono due torri al limitare del bosco, poco prima dell'entrata di Perilia provviste di un corno per segnalare eventuali pericoli. Per ogni turno di guardia ci sono due uomini su ognuna delle torri. Perché?”
“Mmm...” se il drago aveva qualche dubbio, non lo espresse a parole.
La bionda elfa tornò a pensare all'incontro appena avvenuto con il Capitano, sentendo il cuore rigonfiarsi d'ira al ricordo delle parole sprezzanti di lui.
Quando tornò all'avanguardia dell'esercito, notò con rammarico che la linea d'attacco si era spostata notevolmente indietro, perdendo quei preziosi metri guadagnati col sangue da lei e da Khynd. I guerrieri elfi, infatti, faticavano a tenere duro a causa degli ordini contrastanti che erano stati loro impartiti e la confusione regnava sovrana.
Khynd atterrò, spiaccicando sotto le possenti zampe alcuni nemici e respingendone altri con l'onda d'urto creata dalle sue ali. I restanti nemici indietreggiarono, spaventati dalla possibilità di fare la stessa orribile fine dei loro compagni, dando respiro all'esercito elfico.
- Mia Signora! Allora...? - Igar osò avvicinarsi per primo alla ragazza, nonostante la collera fosse chiaramente visibile sul suo giovane viso.
- Quella testa dura non ha voluto sentire ragioni! Vuole a tutti i costi difendere la città dall'interno! -
- Dimmi una cosa, ragazzo. C'era qualcuno di guardia oggi? - chiese Khynd, rivolto a Igar.
- Beh...sì, Signore, C'erano Karani, Eiriki e... -
- Ne sei sicuro? -
- Certo, li ho visti partire io stesso dalla Caserma! E poi il Capitano Litharas ha voluto portare loro il pasto personalmente, una vera stranezza. -
- E allora perché non ho sentito suonare nessun corno? -
- Cosa? Non è stato suonato l'allarme? - chiese Karyl, allarmata; il drago scosse la testa in segno di diniego. Karyl impallidì.
- Sono uomini della generazione di mio padre! Mi rifiuto di pensare che possano anche solo aver pensato di tradirci! -
- Allora non ci resta che andare a controllare, non ti pare? -
Karyl annuì, salì nuovamente sulla schiena del drago, diretta stavolta alle torri delle Sentinelle, una spiacevole sensazione a stringerle le viscere.
Giunta sul luogo, il drago si appollaiò sulla cima di uno dei torrioni, permettendo al suo cavaliere di scendere.
- Ma cosa... -
Karyl guardò con orrore le sentinelle accasciate a terra, le espressioni di dolore puro dipinte sui loro volti irrigiditi dalla morte. Lei si inginocchiò accanto ad uno di loro, mettendogli due dita sotto al collo, sperando di sentire ancora il battito debole di un cuore vivo, ma quello che sentì furono soltanto il freddo della pelle non più irrorata dal caldo sangue e il silenzio.
Eppure, nessuna ferita era visibile sui loro corpi, nessuna macchia di sangue si allargava sotto di loro.
Khynd notò alcune scodelle di zuppa rovesciate davanti agli elfi, accanto agli stivali della ragazza. Istintivamente, allungò il collo fino a frapporsi fra lei e il soldato morto, allontanandola.
“Sono stati avvelenati, le esalazioni potrebbero uccidere anche te, non avvicinarti più.”
“Avvelenati?” chiese lei, agghiacciata. Il drago biancastro annuì.
“Probabilmente il veleno era nelle ciotole del pranzo.”
“Nelle ciotole...ma il pranzo glielo ha portato il Capitano! Ma allora...”
L'elfa si voltò verso le retrovie dell'esercito elfico, fissando il punto in cui doveva circa trovarsi quel fasullo e traditore Capitano dell'esercito di suo padre.
Il fuoco della furia cieca le accese le viscere, sprigionandosi dal basso ventre fino a divorarle il cuore e l'anima. Giurò nel profondo del proprio Io vendetta nei confronti di quell'individuo spregevole e arrogante.
Quasi le avesse letto nella mente, intervenne il drago.
“Non è il momento di pensare alla vendetta, Karyl. Laggiù ci sono uomini che ancora stanno combattendo, che ancora rischiano la vita per salvare Perilia. Ora devi pensare a loro, è una battaglia che possiamo ancora vincere. Coraggio!”
Le parole del drago fecero breccia nella cortina rossastra che aveva annebbiato la mente di lei, rendendola incapace di pensare lucidamente. Fece due profondi respiri, ritrovando un po' di calma all'interno del proprio animo agitato ed infuriato, poi afferrò saldamente un ciuffo di peli del collo di Khynd, risalendogli per l'ennesima volta in groppa.
“Andiamo. Prima prendiamo a pedate questi invasori, poi quel bastardo di Litharas se la vedrà con me!”
Il drago ruggì, in segno di assenso e spiccò di nuovo il volo, riportando a terra la sua passeggera, più determinata che mai a porre fine a quel sanguinoso scontro che, secondo il Capitano, avrebbe dovuto concludersi col massacro della sua gente.
Appena messo un piede a terra, iniziò a urlare ordini in ogni direzione.
- Annullate l'ordine di ritirata! Serrate i ranghi, fronte al nemico! -
- Ma il Capitano... -
- Litharas è un traditore! Le sentinelle sono state avvelenate da lui, per questo non è stato suonato l'allarme! Se una volta seguivate mio padre perché lo consideravate un uomo giusto, ora seguitemi nel suo nome, per vendicarlo! - passò in rassegna l'avanguardia elfica, leggendo negli occhi dei soldati sorpresa e sgomento per la sua strana presa di posizione. - Possiamo vincere! - ribadì lei. Si voltò verso il Drago dei Ghiacci, che era rimasto fermo durante tutto il breve discorso di lei.
- Khynd! Inonda questo inferno di ghiaccio! -
“Vacci piano con gli ordini, signorina. Non sono il tuo cucciolo da compagnia.”
“Oh, per la miseria, Khynd! Reggimi il gioco!”
Per tutta risposta, il drago ruggì, dispiegando le maestose ali e librandosi in volo, eruttando ghiaccio dalle fauci spalancate nel mezzo dell'esercito avversario.
- E ora tocca a noi. Vendichiamo i nostri compagni caduti, proteggiamo le nostre famiglie e le nostre case! Per Perilia! - Karyl sollevò in aria la spada, imitata da tutti i soldati nelle sue immediate vicinanze.
La battaglia riprese, più cruenta di prima. Davanti a tutti, Karyl menava fendenti a destra e a manca, il corpo minuto sostenuto da un'inesauribile vena di coraggio e determinazione. Dall'alto, Khynd sputava fiumi di ghiaccio infiniti, alternando la direzione da cui portava gli attacchi onde destabilizzare gli avversari. Saliva oltre la coltre di nubi, cambiava la propria posizione sfruttando le correnti e poi piombava nuovamente sul campo di battaglia, provocando ogni volta una moltitudine di vittime.
Decimati dal drago e respinti indietro dagli elfi guidati da una giovane furia, gli assalitori ben presto voltarono i tacchi e si diedero alla fuga, ben comprendendo che continuando la battaglia sarebbero andati tutti incontro a morte certa.
Quando gli ultimi uomini sparirono, correndo, nella foresta, un boato vittorioso si levò dall'esercito elfico, insieme ai ruggiti di Khynd, che sorvolava in circolo il teatro del conflitto.
Ma Karyl non era ancora soddisfatta.
“Khynd, scendi. Ho ancora un conto in sospeso con una persona.” il drago, obbediente, scese, atterrando a pochi metri dall'elfa. Senza una parola, lei si arrampicò lungo il fianco del drago, fino a sedersi alla base del collo. Lui prese la rincorsa e spiccò il volo, diretto alle retrovie dell'esercito, dove fino a poco tempo prima stava, tronfio come un pavone, il Capitano Litharas. Giunta a destinazione, scoprì che il codardo se n'era andato, millantando una sua discesa in campo a fianco delle truppe impegnate nello scontro.
- Dannazione, quel bastardo è scappato! -
- Altezza, possiamo mandare qualche esploratore a cercarlo nelle foreste. -
- Troppo pericoloso. I nemici potrebbero essere ancora in agguato nella boscaglia. Chissà dove potrebbe essersi nascosto... -
“Che ne dici di una delle navi ancorate al porto?”
“Uh? Che io sappia lui non ha mai manovrato una nave, non mi sembra plausibile. Perché”
“Perché una nave, non quella dove abbiamo lasciato il nostro bello addormentato, sta prendendo il largo proprio ora.”
“Cosa?!”
La ragazza volse lo sguardo verso il mare, notando che in effetti uno dei velieri stava issando l'ancora, preparandosi a partire. Strinse saldamente la pelliccia bianca del drago e lui per tutta risposta si librò in aria, portandola in pochi minuti a ridosso della nave.
I marinai sulla nave avvistarono immediatamente la grossa bestia che volava verso di loro con fare minaccioso: qualcuno urlò, altri si gettarono in mare, altri ancora sparirono sottocoperta. Ma la nave non accennava a fermarsi, le vele gonfiate dal vento in poppa le permettevano di mantenere un'andatura piuttosto veloce sul mare calmo.
“Come facciamo a fermarla?” chiese la ragazza, rivolgendosi mentalmente a Khynd.
“Beh...un modo ci sarebbe...”
“Ah sì? Quale?”
Per tutta risposta il drago ruggì, aspirò aria dal naso ed eruttò ghiaccio dalla bocca, girando in circolo attorno alla nave e congelando la superficie dell'acqua in ogni direzione: il suo soffio risultò così potente da ricoprire l'intera laguna.
Il veliero, intrappolato com'era nella morsa della novella banchisa, arrestò immediatamente la sua corsa, permettendo all'elfa dagli occhi verdi e tempestosi di saltare direttamente sul ponte superiore per cercare il Capitano traditore.

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Capitolo 6
*** Showdown ***


Una volta atterrata sulla tolda della nave, di fianco all'albero di mezzana, Karyl si rimise in piedi e si guardò attorno. Non aveva avuto molte occasioni in vita sua per salire su un vascello, ma quel giorno era già la seconda volta.
Osservò attentamente la poppa della nave, situata alla sua destra, con il cassero, la sovrastruttura su cui erano situati il ponte di comando e il timone, la ringhiera superiore e la scaletta laterale che permetteva di raggiungere la parte rialzata.
Voltando lo sguardo verso sinistra, invece, poté osservare i due alberi maggiori della nave, a cui era assicurata la maggior parte della velatura. Una gran quantità di corde pendeva da essi, quasi fosse una giungla di liane.
Le grandi vele spalancate catturavano l'aria, gonfiandosi e tendendosi fino al limite, cercando inutilmente di disincagliare la nave.
Il ponte era invaso da una leggera nebbiolina, causato dalla sublimazione dello strato superiore del ghiaccio creato poco prima da Khynd pochi metri più in basso. Il silenzio era assoluto, quasi tombale; solo il leggero rumore delle assi di legno che scricchiolavano sotto i piedi della ragazza era udibile.
Karyl scese sottocoperta lentamente, la spada sguainata e le orecchie a punta tese per captare qualsiasi segnale d'allarme.
Un leggero rumore la fece trasalire e voltandosi si trovò di fronte ad uno degli uomini di Rivok, rimasto sulla nave. Di fronte a quegli occhi, pieni di terrore, la ragazza ebbe un moto di pietà e gli indicò semplicemente col mento l'uscita, per poi continuare a camminare nel ventre della grossa nave. La luce era poca, ovunque si poteva sentire un vago odore di stantio e legno vecchio, i passaggi stretti e quasi claustrofobici rendevano difficile e poco agevole la traversata di Karyl, ma lei continuò ad avanzare, spinta dalla collera nei confronti dell'uomo che aveva mandato i suoi compatrioti al macello.
Ad un tratto, un fruscio lieve, come di un tessuto mosso troppo bruscamente.
Karyl si gettò in avanti con una capriola, evitando per un soffio la lama che l'avrebbe trafitta. Si voltò, trovandosi di fronte Litharas, gli occhi iniettati di sangue.
- Tu...maledetta sgualdrina! -
- Vacci piano con gli insulti, Capitano. -
Per tutta risposta, l'uomo l'attaccò nuovamente, cercando di trafiggerle il basso ventre. Karyl roteò la spada, incrociandola con quella dell'avversario, facendo poi compiere alla propria arma un arco dal basso verso l'alto, spostando l'equilibrio dell'elfo. L'uomo, un combattente esperto, non si lasciò comandare ed iniziò subito ad incalzare la ragazza con una serie di veloci stoccate, cercando possibili aperture, frenato ogni volta dalla spada di lei.
Karyl, intanto, studiava il suo avversario.
Non aveva mai combattuto contro di lui, dato che il Capitano non la considerava una degna avversaria, ma si era misurata più volte contro altri guerrieri uomini, fisicamente molto più forti di lei.
Schivò l'ennesimo fendente, poi iniziò a contrattaccare.
Portava colpi ora da destra, ora da sinistra, cercando di confondere l'avversario, per poi provare un affondo.
Litharas, aspettandosi una tecnica simile da un avversario meno prestante fisicamente, semplicemente schivò spostandosi di lato e preparandosi a decapitare la ragazza fortemente sbilanciata in avanti.
La ragazza effettuò quindi una rondata1, cercando poi di attaccare con un ampio movimento dal basso, cercando di squarciare il petto dell'avversario in lunghezza. L'avversario fu però lesto a spostare il peso all'indietro, permettendo alla lama di lei di intaccare soltanto parte del corpetto di pelle, per poi contrattaccare portando una serie interminabile di assalti, facendo indietreggiare Karyl, fino a ritrovarsi, quasi per caso, sul ponte.
Una volta usciti alla luce del sole, la ragazza fece un paio di capriole all'indietro, allontanandosi a distanza di sicurezza dal Capitano, per poi ghignare soddisfatta.
- Là sotto si stava così male...qua c'è molto più spazio, non trovi? -
L'uomo digrignò i denti, conscio finalmente di essere stato preso in giro da quello scricciolo di elfa. La ragazza, infatti, aveva capito che non avrebbe mai potuto competere con lui a livello di forza, doveva per forza puntare su agilità e destrezza per avere la possibilità di vincere.
E saltellare schivando colpi in un angusto cunicolo di legno non era esattamente semplice.
Lui attaccò nuovamente, ma lei, ormai libera di compiere qualsiasi movimento, parò l'attacco, riprendendo la danza di lame interrotta poco prima.
Karyl tentò un affondo, che Litharas schivò saltando all'indietro; lei però continuò il movimento, piantando la spada nel ponte di legno e facendo leva su di essa per alzarsi in verticale e cercare di colpire l'avversario con un calcio dall'alto. L'uomo, non aspettandosi una mossa del genere, venne colpito alla clavicola sinistra, piegandosi in ginocchio sotto la spinta di lei.
Lui cercò di reagire con un ampio movimento della spada dinanzi a sé, ma la ragazza riuscì ad assestargli un calcio alla spalla, facendogli perdere l'equilibrio e allontanandolo, riguadagnando la distanza di sicurezza.
Continuarono a combattere nello stesso modo ancora per qualche minuto, finché la fatica fisica dello scontro non iniziò a farsi sentire.
Karyl si guardò intorno, cercando una soluzione rapida per lo scontro, che protratto ancora per molto l'avrebbe inevitabilmente portata alla sconfitta ed alla morte.
Guardando verso l'alto, notò i pennoni, assicurati agli alberi della nave per mezzo di sartie. Pur continuando a combattere, studiò l'intrico di corde fino a capire quali avrebbero fatto al caso suo, dopodiché iniziò la controffensiva.
Schivando, parando e attaccando, lei riuscì a portare il Capitano in un punto ben preciso della nave, poco distante dall'albero centrale. Finse un affondo, facendo in modo che Litharas si sbilanciasse, poi con una rovesciata all'indietro si spostò, sganciando dalla cintura il chakram e lanciandolo in aria. Il cerchio metallico andò a tranciare di netto le funi che reggevano il pennone dell'albero maestro, facendolo precipitare. Quando Litharas si accorse del pericolo incombente, era ormai troppo tardi per allontanarsi dal punto di collisione
Con un sonoro tonfo, il pesante palo in legno raggiunse il ponte, travolgendo Litharas in un tripudio di schegge vaganti e pezzi di cordame.
Dopo pochi secondi, Karyl raggiunse il luogo dove giaceva il suo avversario, stordito ma ancora vivo, con la gamba sinistra intrappolata sotto un grosso pezzo del pennone spezzato
Lei gli puntò la spada alla gola.
- Per te è finita, Capitano dei miei stivali. Pagherai per la tua condotta spregevole e per la tua arroganza. -
- Ahahahahah! Pensi di potermi giudicare, dopo esserti sporcata le mani col sangue di uomini innocenti, Altezza? - la ragazza si adombrò.
- Io ho difeso la mia terra, la mia città e la mia famiglia. Tu invece hai avvelenato le sentinelle e permesso a uomini corrotti di irrompere nelle nostre terre, seminando devastazione. Quali scusanti hai per il tuo comportamento, Litharas? Per quale motivo hai fatto tutto questo? -
- Perché, dici? Ma è ovvio...per il potere! -
- Di che cosa stai... -
- La supremazia che la famiglia Helkalossë2 ha su queste terre e su questa città...è questo ciò che voglio! Tuo padre era uno stolto, un sognatore! Invece di mettere se stesso al primo posto, facendosi servire e riverire, ha sempre pensato prima al benessere del suo popolo. Era un governante troppo tranquillo, che non pianificava mai nessun tipo di azione militare, non aveva nessuna ambizione di espansione. Fosse stato per lui saremmo rimasti per sempre dei poveri bifolchi! Un regno senza sudditi! Degli stolti e degli ingenui...esattamente come te! -
In quell'istante, Litharas, che aveva soltanto finto di essere immobilizzato in modo che la sua avversaria abbassasse la guardia, calciò via il pesante blocco di legno con la gamba destra rimasta libera e colpì con esso le gambe dell'elfa, che cadde a terra, battendo la testa.
La ragazza chiuse gli occhi dal dolore solo per pochi istanti, più che sufficienti però al Capitano per ribaltare la situazione.
Ora era lui a puntarle la sua stessa spada alla gola.
- Quell'uomo, Rivok...mi aveva promesso il governo della città, qualora lo avessi aiutato. Mi ha parlato dei suoi mercenari, stanziati ai valichi tra le montagne, e del suo capo, un uomo forte e coraggioso che avrebbe saputo ben ricompensare i propri alleati. Non ho avuto alcuna remora ad accettare, dato che finalmente avrei avuto l'occasione per rovesciare la sorte avversa che mi era toccata. -
- Eri il braccio destro di mio padre, sei subentrato come Capitano delle guardie dopo la sua scomparsa...e tu questa la chiami sorte avversa? -
- Sì! Sì, perché io meritavo di regnare, non quello smidollato! Così... - le sue labbra si incurvarono in un sorriso sadico – quando quel manipolo di banditi ci attaccò nel folto della foresta, ne approfittai per ammazzare lui e abbandonare suo figlio nelle mani di quegli uomini. In un sol colpo mi ero liberato di tuo padre e del suo erede. Buffa la vita, non trovi? -
A quelle parole, Karyl sentì montare dentro di sé una furia cieca.
Era dunque lui l'assassino di suo padre?
Era lui che l'aveva resa orfana?
Per un motivo tanto assurdo poi?
In quel momento decise che no, non avrebbe potuto fargliela passare liscia.
Doveva vincere ad ogni costo.
Con uno sforzo disperato, colpì il piatto della lama col proprio braccio, allontanando così il pericolo maggiore. Alzò il busto e rotolò in avanti, rimettendosi in piedi. Litharas, arrabbiato per essersi fatto giocare come un novellino, cercò di infilzarla, ma lei scartò di lato e colpì con forza il polso destro si lui, facendogli perdere la presa sull'arma. Colto alla sprovvista, l'uomo non reagì, dando il tempo alla ragazza di tempestarlo di pugni allo stomaco e concludendo il tutto con un calcio alto, diretto alla mascella di lui.
L'uomo, stordito, fece per rialzarsi, ma lo fece con una lentezza tale da permettere alla ragazza di recuperare la spada e avvicinarsi minacciosa a lui. Gli avrebbe mozzato la testa con un sol colpo, se una presa forte sul suo braccio non l'avesse trattenuta all'ultimo istante. La ragazza si voltò di scatto, trovandosi di fronte la forma umana di Khynd, Lei digrignò i denti, urlandogli di lasciarla andare, ma lui scosse la testa, rafforzando la presa sul suo polso.
- Se lo uccidi ora, mentre è disarmato, diventerai del tutto simile a lui. È questo che vuoi, Karyl? -
Le sue parole sembrarono fare effetto, dato che nello sguardo torbido e furibondo di lei si accese una scintilla di comprensione, mentre il suo braccio diventava più pesante.
- Da brava, questa dalla a me. - lui le prese, senza fatica, la spada dalle mani, mentre con la coda dell'occhio notò alcune figure issarsi oltre la fiancata e atterrare sulla tolda della nave: erano i guerrieri elfi, giunti per aiutare Karyl, i quali poterono soltanto constatare la sconfitta del loro vecchio Capitano.
Igar si prese la briga di legargli i polsi e condurlo via, verso le prigioni della Caserma, luogo in cui avrebbe atteso il giudizio di un tribunale.
Mentre la banchisa di ghiaccio si scioglieva, Khynd tornò a trasformarsi in drago, disegnò alcuni calmi cerchi in aria per poi riavvicinarsi alla nave, in modo che Karyl che potesse salirgli agevolmente in groppa. Poi puntò direttamente verso la terraferma, per riportare a casa l'eroina di quella battaglia


Quella sera, gli elfi organizzarono una grande festa in città: dopotutto bisognava festeggiare la vittoria e la cacciata degli stranieri. I caduti erano stati molti, ma anche loro avrebbero di gran lunga preferito vedere i propri concittadini e familiare brindare e divertirsi, piuttosto che piangerli nel silenzio delle loro case.
Da una delle terrazze della grande casa del Governatore, Karyl osservava la scena sottostante, mollemente appoggiata alla balaustra. Ovunque si potevano vedere i fuochi dei falò, la musica si alzava da un gruppetto di musicisti improvvisati, trasformando lo spiazzo davanti al palazzo in un'enorme pista da ballo. Grandi tavolate piene di cibarie erano state imbandite per ordine della Duchessa sua madre, mentre un andirivieni impressionante di domestici faceva in modo che il vino non mancasse mai e che i piatti da portata fossero sempre pieni.
La ragazza aveva indossato un abito da festa color verde smeraldo, come i suoi occhi, ma non riusciva a decidersi a scendere e ad unirsi alle danze.
- Qualcosa non va? - una voce maschile, calda. Karyl capì subito che dietro di lei doveva esserci Khynd, Non si voltò nemmeno.
- Pensavo... -
L'uomo le si avvicinò, appoggiando lui stesso i gomiti sul cornicione del balcone.
- È stata una giornata molto dura per te, giovane elfa. -
La ragazza annuì, più a se stessa che al suo interlocutore.
- Non avevo idea di cosa fosse una guerra. Mi sono precipitata sul campo di battaglia alla cieca, senza nemmeno sapere a cosa sarei andata incontro. Ho ucciso così tante persone da averne perso il conto, mi sembra quasi di vedere ancora il loro sangue macchiare le mie mani e miei vestiti. È come se... - alzò gli occhi alla volta stellata, cercando le parole giuste – come se oggi una parte di me fosse morta. -
- È del tutto comprensibile, Karyl. So che qualsiasi cosa dirò non servirà a farti stare meglio, ma ricordati che lo hai fatto per difendere la tua patria. -
- E poi...pensavo a quello che mi aveva detto Litharas...al perché della sua condotta. - fece un profondo respiro, prima di continuare a parlare - Devi sapere che questa città non fu fondata poi così tanto tempo fa...diverse decine di anni fa, alcune famiglia scapparono da una sanguinosa guerra che si stava combattendo all'Ovest. Era un conflitto fratricida, in cui gli elfi si ammazzavano a vicenda. Così, alcuni di loro, stanchi di perdere famigliari ed amici, decisero di muovere verso Est, per cercare un luogo in cui vivere in pace, lontano da qualsiasi campo di battaglia. Viaggiarono molto, fino ad arrivare al golfo di Itluna, in cui decisero di stabilirsi e fondare la città di Perilia, la mia città. - si fermò per respirare, mentre Khynd attendeva, paziente, che lei continuasse il racconto - Mio nonno, il padre di mio padre, era il Comandante del piccolo esercito di soldati che aveva deciso di unirsi alla migrazione. Era ritenuto da tutti un uomo giusto e saggio, per questo decisero di affidare a lui il compito di amministrare la città, con il titolo onorifico di "Duca". La mamma mi raccontava sempre che papà aveva seguito le sue orme, occupandosi sia dell'esercito che del governo della città in modo impeccabile. Quando mio fratello e papà morirono, mia madre fu presa alla sprovvista. Aveva una minima idea di come andasse amministrata la città, ma non sapeva nemmeno da dove iniziare per quanto riguardava la parte militare. Per questo motivo decise di affidare questo delicato compito a Litharas, nominandolo Capitano delle guardie. Lui era stato il braccio destro di mio padre e si era sempre comportato bene sotto la sua guida; le cose però cambiarono drasticamente dopo la sua promozione: egli infatti iniziò a mostrarsi per quello che era realmente, un elfo crudele ed egoista che pensava solo al proprio benessere. -
- Continua. -
- Pensavo che lui fosse un viscido verme, ma innocuo. Invece mi sbagliavo. Ho avuto l'assassino di mio padre sotto al naso per tutti questi anni e non l'ho mai capito! E poi... mio fratello... -
- Gli uomini come lui sono molto bravi a nascondere la propria vera faccia, indossando molte maschere di amicizia e lealtà. -
- Ha ucciso mio padre...soltanto perché era il Duca di Perilia! Per colpa di uno stupido ed inutile titolo nobiliare io e mia madre siamo rimaste sole! -
- Karyl, forse è il primo uomo meschino e corrotto che hai il dispiacere di conoscere...ma credimi, non sarà l'ultimo. -
- Khynd...davvero esistono altre persone che arrivano ad uccidere per cose così stupide? - la ragazza si voltò verso di lui, gli occhi appena velati di tristezza.
- Più di quante tu possa immaginare. - lui voltò appena il viso, lo sguardo perso come quello di chi rimembra avvenimenti passati. Si riscosse dai suoi pensieri, cercando un argomento di conversazione più leggero, anche per migliorare l'umore della ragazza.
- Quindi...ora toccherà a te comandare l'esercito, dato che sei stata l'eroina di questa battaglia. - la ragazza scosse il capo.
- No. È un compito che spetterà a mio fratello, quando lo troverò. Ero convinta che fosse morto... ma se Litharas ha detto la verità, potrebbe essere ancora vivo; potrebbe essere finito chissà dove, senza alcuna possibilità di tornare da noi. Forse pensa che papà lo abbia abbandonato, forse crede addirittura che papà sia ancora vivo. Devo trovarlo e riportarlo a casa. -
- Non hai nessun indizio di dove possa essere. -
- Ti sbagli. Rivok ha parlato di un mercato di schiavi in una città dell'Ovest...forse quegli uomini hanno portato là mio fratello per venderlo. Non è molto, ma voglio andare a controllare. Dovunque sia, se è ancora vivo, lo troverò, dovessi anche viaggiare in lungo e in largo per il Mondo! Anzi, questo mi permetterebbe di completare la mappa di mio padre - la ragazza tirò fuori la pergamena sgualcita e sporca di sangue dal corpetto dell'abito – e potrei finalmente realizzare il suo sogno. - per tutta risposta il drago sorrise, staccandosi dalla balaustra.
- E allora cosa stiamo aspettando? Prepara i bagagli, piccola intrigante, ci attende un lungo viaggio. -
- Verrai con me? - chiese la ragazza, sinceramente stupita.
- Certo che sì. Sei o no il mio cavaliere? -
- Dipende...sei o no il mio drago? -
I due si guardarono negli occhi, mentre un sorriso complice appariva sul volto di entrambi. Senza bisogno di ulteriori parole, Karyl corse in camera sua, indossò abiti comodi, legò i lunghi capelli biondi in una comoda treccia, prese le armi, una bisaccia con dei vestiti di ricambio e scese nelle cucine, dove rubacchiò un po' di cibo, giusto sufficiente per iniziare il lungo tragitto. Infilò in borsa anche un sacchetto di monete d'oro, dato che sicuramente avrebbero dovuto affrontare delle spese. Finalmente pronta, risalì sul terrazzo dove Khynd la aspettava, negli occhi una scintilla di sfida.
- Non sentirai nostalgia di casa, bimba? - lei scosse il capo.
- No, perché comunque avrò sempre un posto in cui tornare. -
Senza aggiungere nulla, Khynd si trasformò e lasciò che lei montasse in groppa. Quando Karyl si fu sistemata, ruggì alla luna e spiccò il volo.
Descrisse un paio di cerchi sulla piazza festante, che esplose in un boato al passaggio dei due eroi della battaglia, dopodiché risalì di quota.
Karyl guardò verso il basso, intravedendo la madre. Le due si guardarono per un interminabile attimo, poi Silwing annuì e sorrise alla figlia, augurandole silenziosamente buon viaggio.
Con pochi colpi delle poderose ali, Khynd portò Karyl in alto nel cielo, virando poi ad Ovest, verso le alte cime delle montagne che separavano Perilia dal resto del mondo.
Mentre vedeva le luci della città affievolirsi, inghiottite dal buio notturno, la ragazza si sentì spaesata ed eccitata allo stesso tempo. Diede una pacca affettuosa sulla spalla del drago, e quel contatto la fece sentire subito meglio.
Non era sola.
La loro avventura insieme era appena cominciata.


 

1Rondata: è come la ruota, ma circa a metà del movimento si uniscono le gambe per poi atterrare rivolti verso la direzione di partenza

2Ricordiamo che secondo il Quenya (alto elfico ideato da J.R.R. Tolkien) helka significa "ghiacciato, freddo come ghiaccio" e lossë significa "neve, bianco come la neve", quindi una possibile traduzione è neve ghiacciata, Iced Snow appunto.

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