Egocentric (jun)Hoe

di borndumb3dumber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Modifiche! ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


                 
Dall’esatto istante in cui ho messo piede fuori dal letto, questa mattina, una sensazione familiare ha iniziato a diffondersi per tutto il corpo, arrivando, alla fine di un percorso tortuoso e fastidioso, a depositarsi in un angolo remoto della mia mente. Purtroppo per me, però, conosco molto bene questa sensazione: la consapevolezza che questa sarebbe stata una giornata di merda.
Lancio uno sguardo tutt’altro che amichevole alla ragazza che ora mi affianca e scuoto le mani nel tentativo di scrollarmi di dosso più cappuccino possibile. La guardo nuovamente, sperando che per lo meno si offra di aiutarmi, ma non alza un dito se non per controllare che la sua manicure nuova di zeccha sia intatta.
Lo ha fatto apposta, ne sono sicura: era troppo lontana per finirmi addosso con la bevanda e non c’è stato neanche nessun pretesto perché questo sia potuto accadere spontaneamente.
Riesco a vedere un sorriso beffardo dietro al suo sguardo fintamente dispiaciuto e mordo la lingua più forte che posso per non lasciarmi sfuggire parolacce.
Mi prendo qualche secondo per respirare e, con grande difficoltà, lascio che un sorriso mi si dipinga sul volto. Non reagire non reagire non reagire.
Alla fine, non lo faccio. Mi siedo in una carrozza diversa del treno e concentro tutte le mie attenzioni sulle macchie sulla mia nuova blusa bianca: volevo indossare qualcosa di diverso per il primo giorno di lavoro, ma conciata così sembro appena strisciata via da una fogna. Sbuffo infastidita e il volto curato della ragazza di prima mi torna in mente con prepotenza, ma mi costringo a cacciare il pensiero per non peggiorare la già penosa situazione.
Infilo la giacca che fino ad ora avevo portato in mano e cerco di coprire il più possibile le zone incriminate, riuscendoci meglio di quanto mi aspettassi. Il treno si ferma e le mie gambe si muovono in automatico, dirette fuori dalla metro.
E’ una giornata uggiosa e sembra quasi che stia per piovere. Le giornate così non mi piacciono particolarmente, sono tristi e mi mettono di cattivo umore. Ignoro il colore grigiastro del cielo il più possibile e cammino a testa alta per il tragitto mancante fino al luogo del mio lavoro. Non è stato difficile trovarne uno, mi è bastato mandare il curriculum e nel giro di un paio di giorni mi avevano assunta: assistente manager. Non ho assolutamente idea di cosa questo lavoro implichi, ma neanche mi interessa, imparo in fretta e cerco solo un lavoro temporaneo.
Raggiungo l’edificio il cui indirizzo è segnato sul mio telefono e non esito prima di entrare: una donna ben vestita e sulla trentina sembra stare aspettando qualcuno, guardando di tanto in tanto l’orario sul telefono. Quando il suo volto assume un’espressione sorpresa ed inizia ad avvicinarsi, capisco che stava aspettando proprio me.
«Sunhee-ah?» dice con una voce vellutata e leggermente giovanile, squadrandomi senza però palesarlo. Annuisco infastidita dal quel gesto, ma lascio correre perché ci avviamo già da subito verso un ascensore nella parte interna dell’edificio.
«Credevo fossi più grande» commenta camminandomi di fronte, i capelli che le ondeggiano neri sulle spalle «Ma non sarà un problema» conclude poi. Aspetta che io entri nell’ascensore prima di premere il numero 5 sulla tastiera e le porte si chiudono davanti ai nostri occhi.
«Ora, ci sono poche cose che devi sapere» parla forte e chiaro così che io non possa fraintendere «Prima di tutto io sono il tuo capo, ti dirò cosa fare e quando farlo e se questo non avviene dovrai assistere Mike, a breve lo conoscerai» metabolizzo le sue parole e annuisco più convinta di quando io sia in realtà.
«Devi essere veloce: non c’è spazio per persone pigre, qui. Abbiamo delle scadenze da rispettare e il tempo non si ferma per nessuno» guarda il suo telefono un’altra volta e lo blocca quando non ci trova nessun messaggio. Si accorge che lo sto fissando e dice «Ne avrai uno anche tu. Devo avere modo di comunicare con te in qualsiasi istante, quindi non perderlo di vista perché, come ti ho detto, il tempo…»
«…non si ferma per nessuno» finisco la frase al posto suo e un sorriso le illumina il volto.
«Impari per davvero in fretta»
Le porte dell’ascensore, nel frattempo, si sono aperte e non attendiamo nessun istante prima di immetterci nel lungo corridoio del piano. L’unico suono che fende l’aria è il rumore frequente delle nostre scarpe sul pavimento, almeno fino a quando non parla di nuovo.
«Oh» si ferma improvvisamente davanti ad una porta ed entra nella stanza trascinandomi con lei. La stanza è molto buia e non accende la luce, così aspetto finché non finisce di cercare rapidamente qualcosa in un angolo.
«Spogliati» dice senza troppe cerimonie, ma si appresta a chiarire davanti alla mia faccia contrariata «Devi cambiarti. Sei venuta in metro?»
«Sì» rispondo spaesata, togliendo la giacca e poi la blusa completamente maculata.
«Imparerai ad evitare situazioni del genere» dice, comprendendo da macchie anonime su una maglia cosa sia successo.
«Quel tipo di ragazze capitano a tutte, prima o poi, soprattutto in metro e soprattutto se sei vestita meglio e più bella di loro» mi ha appena fatto un complimento? Cerco le parole adatte da usare per non sembrare fin troppo turbata dalla situazione, ma lei non sembra attendere una risposta.
«Ora andiamo, abbiamo tantissime cose da fare»




 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



 
Mi hanno sempre elogiata per la forza di volontà, un po’ di meno per il temperamento  ostinato e per la mia testardaggine. Ma, a discapito dell’azione negativa di queste caratteristiche nelle relazioni sociali, ho scoperto di avere un enorme vantaggio in questo particolare periodo della mia vita. Per fare un esempio: il lavoro è faticoso. Prendo l’ascensore centinaia di volte anche nello stesso giorno e c’è un taxi ad aspettarmi sempre, ormai, vicino all’edificio. Haewon –il mio capo- non mi da tregua un attimo, però è anche vero che neanche lei sembra avere molto tempo per riposare. E’ tutto un correre per cose, poi, assurde: “Sunhee-ah, in un minuto esatto voglio il completo a cui sto pensando dall’assortimento di vestiti al secondo piano” o “Portami qui il modello in plastica del cane gigante dalla reception e cerca di non usare l’ascensore!”.
Cosa se ne facciano non ne ho assolutamente idea. A dire il vero, non so neanche in che tipo di azienda io stia lavorando e ormai è passato un mese, ma finché lo stipendio resta così alto e assicurato, a me sta bene. Quello che so per certo è che le persone di questo ambiente sembrano essere molto appassionate di moda e non indosso più metà delle cose del mio armadio se devo venire qui, perché in ogni caso mi danno altri vestiti.
«Hai ricevuto il messaggio?» Mike, il capo in seconda di Haewon, è forse l’unica persona con cui io abbia realmente parlato da quando ho iniziato. E’ estremamente estroverso e dalle idee stravaganti, per non parlare del suo look alternativo in cui preponderano dei capelli blu elettrico.
Annuisco e continuo a digitare sul computer che ho davanti. Il messaggio è di Haewon e, ovviamente, si tratta di un’altra richiesta.
«Sto controllando l’inventario di decine di negozi, ma pare che il costume da ladro sia sold out quasi ovunque» dico, passando una mano sugli occhi che bruciano per la luce dello schermo.
«Farai bene a trovarlo» commenta Mike, con una mano al mento «Sai com’è quando si innervosisce». Oh sì, purtroppo lo so. E’ come avere un tornado che sbraita a due metri da te (se sei tra i più fortunati). Non se la prende realmente con le persone, è perfettamente consapevole che certe richieste siano sull’orlo dei limiti umani, tuttavia sente la necessità di sfogare le sue frustrazioni. Con “Il tempo non si ferma per nessuno” non aveva torto.
«Trovato!» esulto, felice di non dover assistere nuovamente ad una crisi di nervi del capo. Chiudo il laptop dopo essermi segnata l’indirizzo e il numero del negozio, e scendo in fretta le scale diretta al taxi in attesa nel parcheggio. A volte evito di prendere l’ascensore perché, soprattutto verso il primo pomeriggio, c’è un afflusso di gente incontenibile. “Non c’è posto per i pigri, qui” Haewon aveva ragione anche su questo.
Nel taxi chiamo il negozio.
«Negozio di costumi Mask&Fun, come posso aiutarla?» la voce appartiene decisamente ad un ragazzo ed è pulita e pacata.
«Salve, mi domandavo se aveste in negozio il costume da ladro»
«Mh, lasci che controlli» sento il suono indistinto del telefono che viene lasciato e dei passi ovattati –probabilmente i suoi- che si allontanano. Non ci mette molto a riprendere la cornetta: «E’ stata fortunata! Ne è rimasto uno. Vuole che glielo spedisca?»
«No, ne ho necessità immediata» dico subito, allarmata dalla paura inverosimile che nei pochi minuti che mi mancano per raggiungere il luogo, qualcuno arrivi in negozio richiedendo lo stesso articolo.
«Può metterlo da parte?» chiedo in tutta fretta «Sarò lì a minuti»
«Nessun problema. A tra poco»  risponde la sua voce armoniosa.
Il taxi si ferma esattamente davanti al negozio, un locale di media grandezza con le vetrine ad esporre costumi di ogni tipo e l’insegna colorata che recita “Mask&Fun”.
Apro la porta e si sente subito il campanellio che avverte del mio arrivo. Mi prendo un momento per guardarmi intorno:  ogni scaffale, mensola o appendiabiti presente nel negozio è occupato da cappelli, maschere e abiti di ogni epoca e stile. La luce del negozio, soffusa il giusto e dai colori caldi, rende l’atmosfera anche più sovversiva.
«Devo supporre che fosse lei al telefono» una voce alle mie spalle attira la mia attenzione e mi volto sapendo chi avrò davanti. Tuttavia, rimango pietrificata per un istante da un volto oggettivamente stupendo: due occhi neri perforanti e labbra generose a completare la forma non eccessivamente spigolosa del viso.
Mi schiarisco la voce prima di rispondere.
«Sì, ero io» confermo annuendo e cercando di non fissarlo troppo. Sorride e tira fuori da uno scaffale un costume in una custodia per abiti trasparente.
«Va bene?» si avvicina per mostrarmi l’articolo e non riesco a fare a meno di irrigidirmi.
«E’ perfetto, grazie!» rispondo con troppo entusiasmo e mi mordo forte un labbro quando mi rivolge le spalle per raggiungere la cassa. Non è il momento di fare figure, sono qui per lavoro e solo per questo. Respira.
Pago il più in fretta possibile sperando di porre fine a questa tortura, ma quando parla di nuovo non mi irrigidisco, mi pietrifico del tutto.
«Posso sapere il tuo nome?» domanda realmente incuriosito, un sorriso gentile dipinto sulle sue labbra perfette.
«Sunhee» rispondo di riflesso e lui annuisce, come se lo sapesse già. Aggrotto le sopracciglia d’istinto non capendo quel gesto, facendolo scoppiare in una risata.
«Vedi» comincia «”sun” in inglese è “sole” e ti si addice particolarmente». Resto ammutolita. Tutto mi hanno detto tranne che io sia una persona solare.
«Oh no» scuoto la testa «Moonhee sarebbe stato perfetto» replico, rilassandomi un po’. Sono una persona lunatica, a pensarci bene, e per fortuna il ragazzo sembra capire il senso del nome.
«Aspetta» realizzo «io non so il tuo nome»
«Sono Jungsu» sembra contento che io glielo abbia chiesto e sento di arrossire. Il telefono che squilla, per fortuna o per sfortuna, mi salva da una situazione imbarazzante.
«Haewon sta iniziando a dare i numeri, dove sei?» Mike sembra più scocciato che agitato e in questo poco tempo ho imparato a fare il callo delle sue reazioni singolari.
«Sto arrivando» dico, afferrando con la mano libera il costume e riponendo il telefono nella tasca.
«Devo proprio andare» il volto del ragazzo si rattrista per un attimo, ma un sorriso dolcissimo appare sul suo volto di nuovo.
«E’ stato un piacere, Sunhee» sento alle mie spalle, scappando dall’imbarazzo per rifugiarmi nel taxi.
 
Quando rientro è come se fossero tutti andati via.
Vado piano perso l’ascensore e premo sospettosa il tasto del sesto piano, dove Haewon e Mike mi aspettano. Approfitto di questo tempo per sistemare meglio il costume dopo la folle corsa in taxi e quasi non mi accorgo dell’ascensore che si ferma al secondo piano. Qualcuno, entrando, calpesta per sbaglio l’orlo della custodia.
«Sta un po’ attento» dico infastidita, trovandomi davanti un ragazzo biondo e vestito da fighetto. Ha anche lui uno sguardo perforante e rientra decisamente nei miei canoni di bello. Ma non è tanto bello quanto quel Jungsu, penso d’istinto e mi mordo la lingua per il fatto che mi sia venuto in mente proprio ora.
«Non è colpa mia se usi quel coso per pulire il pavimento» risponde noncurante, le mani in tasca e lo sguardo davanti a sé. Divento rossa anche questa volta, ma sicuramente non perché io sia in imbarazzo. Mi sto innervosendo.
«Hai mangiato simpatia a pranzo?» sbotto e alle mie stesse parole lo stomaco emette un brontolio. Controllo l’orologio e comprendo di aver saltato completamente il pranzo. Il ragazzo si volta a guardarmi la pancia a quel suono ed esita un secondo sul mio volto, per poi ritornare a guardare le porte dell’ascensore.
«Io almeno ho pranzato» dice ed esce dall’ascensore non appena questo si ferma e lascia che le porte si aprano.
Su questo piano vige il caos: gente ovunque che trasporta oggetti di ogni tipo, tra i quali coperte, cuscini e alcuni addirittura un materasso. Il ragazzo biondo è scomparso nel flusso di gente.
Che diavolo sta succedendo? Per quando possano essere caotiche le mie giornate lavorative, non c’è mai così tanta gente ed è uno dei motivi per cui quelli presenti hanno tantissime cose da fare. Urto qualcuno mentre cammino, in cerca di un volto familiare, ma dopo qualche minuto di vana ricerca prendo il telefono. Haewon risponde subito.
«Hai il costume?» chiede ansiosa.
«Sì, ce l’ho» quando rispondo, un sospiro di sollievo mi giunge alle orecchie.
«Perfetto. Vieni nella stanza A4»
Ogni piano è munito di diverse stanze, alcune delle quali parecchio spaziose e che conducono ad altre stanze ancora. Io ne ho realmente viste pochissime e tutte di modeste dimensioni, con al massimo una scrivania e scaffali, o la zona pranzo. La A4 non è una di quelle.
Setaccio i numeri sulle porte con fretta, continuando ad evitare persone che camminano velocemente e trovo la stanza dopo quelli che sembrano secoli. Esito davanti alla porta qualche istante, indecisa se bussare, ma alla fine abbasso semplicemente la maniglia.
«Sunhee-ah, finalmente. Vieni» mi incita Haewon. Chiudo la porta alle mie spalle e, mentre cammino verso di lei, mi concedo un momento per osservare la stanza: uno spazio che sembra riprodurre una camera da letto è illuminato da alcuni fari, dietro ai quali alcune persone sistemano diverse attrezzature elettroniche come una macchina da ripresa. Ci sono anche altri spazi, nella stanza, ma sono ancora quasi spogli nonostante le persone che ci lavorano. Uno di questi mostra chiaramente il tentativo di ricreare una strada, un'altra invece un… deserto? Non saprei davvero dirlo con certezza. Lo definirei come un set.
Haewon era intenta parlare con un uomo all’incirca della sua età, discutendo con gli occhi puntati su dei fogli nelle sue mani. Quando le porgo il costume, però, l’uomo si allontana per dare indicazioni a coloro che lavorano alla scenografia e il mio capo non sembra farci troppo caso. Non deve essere la prima volta che lavorano insieme evidentemente.
«Perfect, honey!» dice in inglese. Aggrotto le sopracciglia a questo repentino cambio di atteggiamento e l’unica spiegazione che riesco a darmi è che si sia costruita una certa immagine con chiunque siano queste persone e ora voglia mantenerla.
«Puoi portarlo da Mike» me lo riporge e mi indica in quale stanza si trova adesso. Decido di evitare l’ascensore per scendere di un solo piano –è lì che si trova Mike- e prendo le scale, deserte. Così anche il corridoio che mi trovo davanti. Vado verso la stanza in cui dovrei trovare Mike e il vociare di numerose persone è la prima cosa che noto. La seconda: è una specie di camerino.
«Mike?» chiamo, sperando che possa sentire la mia voce sopra quelle di tutti gli altri. Non ricevo risposta, ma riesco, dopo opportune occhiate ad ogni angolo, a individuare una chioma blu riflessa in uno specchio posto malamente per terra. Supero lo spazio iniziale per scoprire che la stanza è munita di un’altra zona di trucco e parrucco, specchi enormi e postazioni incluse, separata da una porta trasparente.
«Accidenti, no! Deve far finta di dormire, non sfoggiare una tenuta da lord!» la voce di Mike e squillante mentre protesta contro una donna. Mi da le spalle, ma si volta subito come se avesse avvertito la mia presenza.
«Il costume?» domanda avvicinandosi. Invece di rispondere con l’ovvietà, mi lascio sfuggire: «Sei uno stilista?»
Mike mi osserva per tre secondi netti e poi scoppia a ridere.
«Ma certo! Cosa credevi che facessi?» arrossisco alle sue parole, perché, mi rendo conto, non ho davvero pensato a delle possibilità. Credevo che fosse anche lui un manager, come Haewon, però è anche vero che non l’ho mai visto fare niente delle cose che invece occupavano il mio tempo e quello del mio capo.
«Ah, tranquilla!» dice lui prima che la mia bocca possa emettere un solo suono «L’importante è che tu adesso lo sappia. Hai qualche compito da Haewon?»
«No, mi ha detto di dare una mano a te»
«Fantastico! Ho bisogno del parere di qualcuno su questi vestiti» dice allegro. Nonostante io non ami particolarmente vestirmi alla moda, so riconoscere dei bei look. Mi lascio scappare una risatina e annuisco, confermandomi entusiasta in questo ruolo.
«Aspetta. Bobby-ah, potresti venire qui?» alle parole di Mike, una testa sbuca fuori una pila di vestiti nell’angolo e un ragazzo ne fa capolino piuttosto sconvolto.
«Quante altre cose devo ancora provare?» dice, visibilmente esausto. Ha un’aria che mi ricorda un… coniglio, direi.
«Prometto che è l’ultimo. Sono sicuro che ti piacerà» Mike lascia che lui prenda la sacca con il costume da ladro e, appena lo vede, Bobby sembra rallegrarsi in un batter d’occhio. Corre a cambiarsi da qualche parte e io e Mike aspettiamo che venga fuori.
«E’ sempre stato il mio sogno vestirmi così» commenta, ancora euforico. Il mio amico stilista annuisce consapevole.
«E’ stato merito di Sunhee-ah. Ha passato ore a cercarlo» Bobby sembra accorgersi solo ora della mia presenza e si volta a guardarmi del tutto. Allarga le braccia per mostrarmi come gli sta e l’attimo dopo mi porge la mano, chinandosi più volte.
«Grazie mille, sono molto felice. Sono Jiwon, comunque, in arte Bobby»
«In arte?» chiedo incuriosita. Forse è un mago e aveva bisogno del costume per un nuovo spettacolo.
«Oh, giusto» si intromette Mike «Fa parte di un gruppo, gli iKON. Non ne hai mai sentito parlare?»
«Veramente no» rispondo, scuotendo la testa. La faccia di Bobby assume un’espressione rattristata.
«Non siamo ancora molto conosciuti» si gratta la nuca a disagio e mi affretto a chiarire le cose.
«No! Davvero, non ne so molto» ribatto «Sono tornata dall’estero qualche mese fa, dopo sette anni» non è esattamente una bugia. Sono tornata alcune volte, per le feste, in particolare, o durante l’estate, ma ho frequentato la scuola all’estero da sempre e tornare non mi sembrava una buona idea. Evito di dire altro.
L’espressione di Jiwon riprende immediatamente carattere e non sembra più colpito dalle mie parole.
«Grazie ancora per il costume» dice, sorridendo timido.
«E’ il mio lavoro» rispondo e prendo una sedia quando Mike tira fuori altri vestiti.
«Non esiste! Voglio andare a mangiare» alle parole di Bobby, lascia andare il completo che aveva nelle mani e sbuffa, le braccia ai fianchi e il volto pensieroso. Il mio stomaco, nel frattempo, brontola rumorosamente e il suono si disperde limpido nella stanza silenziosa e quasi deserta, in netto contrasto con la rumorosa presenza di altre persone nella stanza annessa a questa.
«D’accordo allora. Vai a mangiare e fai venire qualcun altro per provare i vestiti» Bobby annuisce contento e procede verso il camerino per cambiarsi. Quando ha fatto, promette che costringerà qualcuno a venire qui. Mike poi aggiunge: «Ci puoi giurare. E fagli portare del cibo per la nostra Sunhee-ah, ok? Ha bisogno anche lei di mangiare». Jiwon mi guarda e sorride.
«Non c’è problema! A dopo» e sparisce dietro la porta.



   

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



 
«Non sapevo fossi stata all’estero» esordisce Mike quando siamo completamente soli. La ragazza che stava sgridando quando sono arrivata deve essere andata ad occupare il tempo in qualche altro modo.
«Hai frequentato la scuola lì?» continua quando non rispondo. Annuisco, prendendo di proposito la parola “scuola” come molto vaga.
«E sei tornata a Seul per iscriverti all’università?» Accidenti! Avrei voluto evitare di dirlo, cercando di portare il discorso su altri argomenti, ma con a questa domanda non posso sottrarmi.
«In realtà no… sono qui per un master»
«Quindi sei già laureata. Scusa la domanda, ma quanti anni hai? Credevo fossi più piccola» Le sue parole mi fanno immediatamente pensare a quelle di Haewon il mio primo giorno: “Credevo fossi più grande”. Effettivamente nel mio curriculum non ho specificato la mia età e non c’era neanche una mia foto, quindi deve aver pensato, ovviamente, ad una ragazza decisamente più grande.
«Ne ho…» esito un po’, ma poi mi lascio andare e dico sicura «Ne ho diciotto, da due mesi». La bocca di Mike assume la forma di una “O” e mi fissa con gli occhi spalancati.
«Sei un genio e lavori qui!» è l’unica cosa che dice, stupito. Rido per la sua reazione e scuoto la testa.
«No, non lo sono! Sono solo molto motivata in quello che faccio»
«Come no» dice inarcando un sopracciglio «E io non sono gay»
«Dico sul serio!» sbotto, ancora divertita dalle sue parole «Studiare mi è sempre piaciuto e non è che avessi molti amici con cui passare il tempo».
Sono sempre stata abbastanza solitaria. Apprezzavo –e apprezzo tutt’ora- una buona compagnia, ma per la maggior parte del tempo non riesco a sopportare la presenza di qualcun altro. Ho bisogno di spazio, non solo da un punto di vista fisico,  ma anche da uno mentale: come posso lasciare che la testa vaghi incondizionata in un afflusso di pensieri di ogni genere se qualcuno mi trascina verso conversazioni di cui non mi importa nulla? Ho avuto parecchi amici, durante le superiori, mai tutti contemporaneamente, perché credevano di trovare qualcuno con cui poter passare 24 ore al giorno e finivano per essere respinti la maggior parte delle volte. Si aspettavano da me qualcosa che non potevo offrirgli e che non avevo mai promesso, rimanendone delusi di conseguenza.
Mike apre la bocca per dire qualcosa circa la conversazione precedente, ma il rumore della porta trasparente che si spalanca lo distrae dalla. Dal canto mio, un’ondata di fastidio si sprigiona nella pancia: il ragazzo dell’ascensore cammina sicuro nella nostra direzione con una busta tra le mani. Non mi lascio sfuggire il quasi impercettibile cenno di curiosità nel volto quando mi vede nella stanza.
«Non mi aspettavo che venissi tu, se proprio devo dirtelo, Junhoe » commenta lo stilista, ammirando com’è vestito. «Bel giacchetto» dice poi «Forse mi hai dato un’idea» e sparisce a qualche metro da me per cercare tra la pila di vestiti.
Questo Junhoe, nel frattempo, lascia la busta sul tavolo che mi affianca e mi incita a guardarci dentro con un gesto della mano, visibilmente poco interessato al fatto che io lo faccia o meno.
«Non ringraziarmi» parla risaputo nel momento in cui estraggo un piatto sigillato di qualcosa con un buon odore. Il mio stomaco emette un altro rumore poco elegante e mi lecco il labbro inferiore immaginando il sapore che questo piatto possa avere. Sono via dalla Corea da molto tempo e a volte non ricordo se alcuni cibi io li abbia mai assaggiati.
«Non avevo comunque intenzione di farlo» ribatto scocciata dal suo atteggiamento «E’ stato merito di Bobby se non perderò i sensi oggi». Mi riprometto di ringraziarlo la prossima volta che lo incontro; non era tenuto a ricordarsi della mia pancia brontolante e non immagino cosa abbia fatto per costringere Junhoe a compiere un atto di gentilezza verso una persona che neanche conosce.
Il ragazzo si lascia sfuggire un suono di stizza e si allontana a controllare i capelli in uno specchio adibito al trucco.
«Bobby non te lo ha portato fino a qui,» mi guarda per un secondo attraverso lo specchio «ma sarà sicuramente felice della tua gratitudine. Potrete farvi una foto di certo» dice dopo essere tornato a specchiarsi.
Non ho il tempo di ribattere che Mike esordisce con: «Di che parlate?»
«Di quanto sia stato premuroso Jiwon a ricordarsi che non ho mangiato» mi rifaccio sorridendo sorniona e Junhoe rotea gli occhi prima di darmi le spalle. Prende i vestiti che ha in mano Mike e si dirige a cambiarsi.
«Che tipo» commento a bassa voce in modo che possa sentirmi solo lui. Lo stilista ridacchia e prende una sedia per affiancarmi.
«Vedo che ti sta simpatico» ascolto a malapena Mike mentre afferro le mie bacchette e il piatto con l’intento di placare il fastidioso languore. Mi concedo qualche verso di approvazione e annuisco convinta assaporando ogni boccone.
«Per carità, non renderci partecipi di questa oscenità»sbotta Junhoe dopo essersi cambiato «sembrava quasi di ascoltare un porno». Rispondo con una smorfia non appena ho mandato giù tutto, ma non resto indifferente alla visione che ho davanti: indossa una maglia bianca a righe nere su dei pantaloni, anch’essi neri, con degli strappi al livello delle ginocchia. Al completare il tutto, una giacca in pelle nera molto simile a quella che indossava, ma più stile Grease. Dire che sta bene è un eufemismo.
«Allora? Che dite?» domanda, girando su se stesso per osservarsi meglio allo specchio.
«Mmh» rispondo soltanto, le labbra arricciate e continuando ad osservarlo, fintamente indecisa.
«Lo prendo per un “sei estremamente figo”»
«Secondo me st…» inizia Mike, ma riesco ad attirare la sua attenzione facendogli l’occhiolino «Secondo me» tossicchia «staresti meglio con qualcos’altro. Non so, non ti valorizza»
«Scherzate? E poi, sono io a valorizzare i vestiti» scuoto la testa contrariata del suo egocentrismo e mi alzo sorpassandolo per dirigermi alla serie di vestiti nell’angolo della stanza. Tiro su una maglia e un pantalone abbastanza a caso e dai colori sgargianti e glieli lancio, ritornando a sedere.
«Assolutamente bellissimi!» esulta Mike, tenendomi il gioco. «Forza, provali».
Non troppo convinto, Junhoe si porta i vestiti dietro e io e lo stilista ridacchiamo in silenzio aspettando di vederlo. Esce poco dopo e la scena è più che esilarante: la maglia, oltre ad essere di un terribile color giallo canarino, ha frange sfilacciate di diversi colori e sparse un po’ come capita, mentre i pantaloni sono semplicemente osceni, in diverse sfumature di rosa. Lo guardiamo entrambi per qualche attimo, ma il secondo dopo siamo costretti a tenerci la pancia per le risate troppo forti. Mi lascio cadere sul pavimento per rannicchiarmi a ritmo degli spasmi muscolari e sento Mike battere una mano sul tavolo.
«Ah-ah» commenta Junhoe, dopo aver finalmente capito che lo stavamo prendendo in giro «Mai pensato di fare gli MC?»
Mike ed io abbiamo il tempo di riprenderci mentre Io-Valorizzo-I-Vestiti-Junhoe rimette i suoi indumenti.
«Io andrei» annuncia, ma lo stilista lo blocca subito.
«Fermo là, non hai provato il pigiama» mi giro a guardarlo e mi ricordo improvvisamente di una cosa: «In tutto questo c’entra anche un cane gigante?»
«E tu come fai a saperlo?» domanda Junhoe, sorpreso.
«Lavoro anche io qui, sai» rispondo infastidita.
«Devo averti scambiata per la figlia viziata del capo» un sorrisetto di scherno compare sul suo volto e stringo forte il piatto ormai vuoto che ho tra le mani, alzandomi con l’intenzione di lanciarglielo. Un secondo prima che io apra bocca per replicare, il telefono nella mia tasca destra inizia a suonare e mi costringe a darmi una calmata.
Da: Boss
Sunhee, ho bisogno di due tute d’astronauta. Corri
«Il lavoro chiama!» annuncia Mike per calmare la tensione nell’aria. Lascio la presa ferrea sul piatto e rilasso le spalle, sfoggiando il mio sorriso migliore.
«Allora a dopo, Mike. Spero tu riesca a sopportare tanto ego in una sola stanza» Junhoe, alle mie parole, avanza verso di me a passi lunghi e decisi, ma Mike arriva prima.
«Ricordati Sunhee, il tempo non aspetta per nessuno!» mi guida gentilmente verso la porta trasparente e contemporaneamente mi scherma con il suo corpo dal biondo.
Lui, che non aveva mai sentito il mio nome, dice spaccone: «Che nome di merda»
«Disse JunHOE!*» riesco a rispondere, prima che Mike mi sbatta fuori dalla stanza.
 
Lancio le chiavi sul tavolo vicino alla porta e chiudo quest’ultima per poi poggiarmici un momento, esausta. Trovare i due vestiti d’astronauta è stato più che omerico, ma di parte è anche il fatto che mi sia rifiutata di controllare nel negozio online di Mask&Fun. Troppo imbarazzo per un solo giorno. Sistemo i due costumi nella piccola cabina armadio vicino all’entrata, così che domani possa ricordarmi di portarli.
Levo le scarpe e mi dirigo a tentoni verso il divano, lasciandomi cadere su di esso di faccia. Soffoco un urlo nel cuscino quando mi ritorna in mente Junhoe e quell’atteggiamento da fighetto. Andasse al diavolo! Il mio lavoro non prevede doverlo sopportare e semplicemente non lo farò. Per quello che mi ha detto Mike, le riprese del nuovo video musicale dureranno ancora qualche giorno e poi ciaociao. Non ho niente contro gli altri membri del gruppo (di cui tra l’altro conosco solo Jiwon), ma una persona come lui non posso sopportarla, non se, oltre questo, devo correre ovunque per le richieste di Haewon.
Il mio sguardo cade distrattamente sul portatile che giace sul tavolino di fronte al televisore e un istinto di curiosità mi prende in pieno. Conoscere bene per chi stai lavorando può risultare un vantaggio se si fa un buon uso delle informazioni, mi dico, provando a convincere me stessa che non ci sia nulla di male nel saperne qualcosa di più. Cambio posizione sul divano fino a ritrovarmi seduta e mi porto il computer sulle gambe, ancora chiuso. Passo una mano sulla sua superficie, indecisa sul da farsi. Ma perché così tanti problemi? Sono informazioni di dominio pubblico, quindi anche io posso averle, se voglio.
Apro con questa consapevolezza il computer e aspetto diligentemente che si accenda prima di digitare sul motore di ricerca “iKON”. Mordicchio un’unghia nell’attesa e clicco sul primo video musicale che appare, dal titolo “Rhytmh Ta”: non riconosco il primo che canta e neanche il successivo, ma individuo nel gruppo sia Jiwon che Junhoe. Quando quest’ultimo inizia a cantare rimango stranamente sorpresa nel sentire una voce così bella, bassa da far accapponare la pelle dalla goduria. E’ un peccato che lui, invece, sia una tale testa di cazzo, considerato anche il suo aspetto oggettivamente piacevole. Riascolto la canzone almeno altre tre volte prima di costringermi a mollare tutto per fare una doccia.
Il giorno seguente arriva in un lampo e le ore di sonno di questa notte non sembrano essere state sufficienti a rimettere in sesto le mie forze. Striscio fuori dal letto e mi appresto alle consuete pratiche igieniche giornaliere. Per la colazione aspetterò di arrivare a lavoro: Haewon ha detto a tutti di mangiare esclusivamente lì a turni in maniera da evitare qualsiasi spreco di tempo. Mi concedo un paio di sbadigli in metro, a quest’ora deserta, e la fine del tragitto sembra arrivare troppo in fretta. Trascino le due tute d’astronauta pentendomi di non averle lasciate nell’ufficio del capo direttamente ieri sera e le sollevo per bene solo una volta giunta a destinazione.
«Vedo che non abbiamo dormito molto stanotte» dice una voce alle mie spalle «Incontro d’amore?» Mike entra nell’ascensore con me e preme il quinto tasto e poi il sesto, quello in cui sono diretta. Scuoto la testa alla sua domanda e mi lascio scappare un altro sbadiglio.
«Devi farli provare?» cambio conversazione indicando i due costumi nelle mie mani.
«No, Jiwon e Hanbin non ne vogliono sapere» fa spallucce e si inarca per osservare meglio gli indumenti «Però dovresti prendere anche i caschi. Sono importanti».
Spalanco gli occhi qualche secondo in ritardo come reazione alle sue parole e quasi non prendo a testate il muro per la mia dimenticanza. Devo averli lasciati nella cabina armadio da ieri sera e credo proprio che mi toccherà ritornare a casa per prenderli. Nel frattempo le porte dell’ascensore si aprono e Mike si affretta ad uscire. Prima che queste si chiudano, però, mette una mano sul lato di una porta perché restino aperte e mi guarda apprensivo.
«Quando hai un po’ di tempo libero raggiungimi, intesi?» annuisco e lo saluto con un sorriso, vedendo sparire la sua chioma blu dietro il colore metallico dell’ascensore.
Quando raggiungo Haewon la trovo estremamente calma e colgo l’occasione per parlare dei caschi.
«Queste sono le tute» dico porgendogliele «…ma ho bisogno di un po’ di tempo per recuperare i caschi. Sarò super mega iper veloce, prometto!» parlo velocemente per paura di una reazione poco carina, ma il mio capo annuisce con serafica tranquillità.
«Puoi fare con calma, oggi il regista arriverà più tardi e fino ad allora non possiamo fare nulla» mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo che non viene sentito da Haewon perché già impegnata a parlare al telefono per una telefonata arrivata adesso. Lascio la stanza-set e le due tute e raggiungo Mike, non prima però di aver mangiato qualcosa. Con lo stomaco pieno mi sento già più sveglia e la giornata non sembra ancora caratterizzata dalla solita frenesia.
Lo stilista è impegnato nel visionare diversi abiti e outfit quando arrivo e mi siedo, come ieri, su una sedia come osservatrice. Uso per un po’ il telefono che mi ha dato Haewon per controllare i miei social network, ma lo lascio sul tavolo quando Mike mi chiama per aiutarlo a portare delle cose.
«Puoi approfittare di questo tempo per riposare, lì dietro c’è una pila di vestiti che non usano più e potresti servirtene come giaciglio» mi propone, come se non ci fosse nulla di male.
«Scherzi? Non potrei mai» rispondo scuotendo la testa. Dormire sul posto di lavoro non è la cosa migliore che mi verrebbe in mente di fare.
«Sunhee, tranquilla, lo fanno tutti. In un lavoro come questo si è spesso esausti e si approfitta dei momenti di buco per riprendere energia»
«Vuoi dire che anche Haewon lo fa?» domando e ripenso alla sua acconciatura sempre al meglio e il suo trucco impeccabile. Mike sembra capire a cosa sto pensando e accenna una risata «Non intendevo tutti tutti»
«In ogni caso, credo che farò tesoro di questo tempo per andare a prendere i caschi prima che il regista arrivi» annuncio, lasciando gli ultimi vestiti nel punto che lo stilista mi aveva indicato.
«Come preferisci, allora» sorride e ritorna con la testa concentrata sul lavoro. Prendo il giacchetto che avevo lasciato sulla sedia e procedo con calma verso la metro. Non mi va di chiamare un taxi, non è così urgente e posso perdere un po’ di tempo a camminare. Magari prendere aria mi farà bene.
Arrivo a casa una mezz’ora dopo e trovo i caschi esattamente dove li avevo lasciati la sera prima. Cerco il telefono nelle tasche per avvisare il capo che presto li porterò nel suo ufficio, ma più cerco e più mi rendo conto che non c’è nessun telefono, ricordando quasi subito di averlo lasciato sul tavolo da Mike. Sbuffo per la mia capacità di distrarmi così facilmente e mi consolo sapendo che Haewon non si aspetta nessun messaggio da me e che non è così grave; le porterò semplicemente le parti mancanti del costume. Impiego un’altra mezz’ora per tornare in ufficio e mi dirigo direttamente dal capo. Lei mi ringrazia per i caschi e mi congeda, ripetendomi nuovamente che il regista non è ancora qui. Scendo le scale per andare al piano di sotto e vado diretta verso il “camerino” in cui Mike sarà sicuramente intento ad ideare nuovi abbinamenti. Me lo immagino mentre, con sdegno, parla ai suoi aiutanti quando scelgono una maglia che non rientra nei suoi gusti e me lo immagino masticare una chewingum spocchiosamente –nonostante so che non sia vero- perché fa figura.
Ma mai avrei immaginato di trovare Junhoe, seduto sulla sedia che un’ora fa occupavo io, a trafficare liberamente con il mio telefonino.

 





*so perfettamente che il suo nome non venga pronunciato come l'inglese "hoe", ma in questo caso me ne sono servita per "finalità artistiche". Spero non sia un problema ^^
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



 
«Giù le mani!» urlo prendendo la rincorsa e dirigendomi verso di lui. Junhoe si alza e mi da le spalle, impedendomi di afferrare il telefono.
«Ridammelo!» gioco la carta della voce perentoria, ma sembra non toccare minimamente il ragazzo che continua indisturbato a leggere qualcosa.
«Lasciami giocare un altro po’, dai» dice allora lui, continuando a darmi le spalle e a spostarsi «Questo Jungsu sembra simpatico»
«Cosa?» domando e mi blocco. Come fa a sapere di Jungsu? Approfitto di una sua momentanea distrazione e chiudo entrambe le mani sul mio telefono, sottraendoglielo.
«Ehi!» si lamenta, tentando di riprenderlo. Controllo lo schermo e la mascella quasi non mi arriva a terra per quello che leggo: Junhoe faceva finta di essere me scrivendo a Jungsu su kakao talk. Lo guardo furente e lui alza le mani in difesa, con le sopracciglia inarcate e lo sguardo innocente.
«Ti ho aiutato a smuovere un po’ le cose» prova a salvarsi. Scorro i messaggi fino a risalire al primo e spalanco gli occhi vedendo che lo ha mandato proprio Jungsu. Nel suddetto dice di non aver resistito e che avendo il mio numero -sicuramente per la telefonata fatta prima di arrivare in negozio- non si è trattenuto dallo scrivermi.
«Io non scrivo cose del genere» lo ammonisco voltando la testa e ritrovandomelo appiccicato alla schiena nell’intento di leggere nuovamente i messaggi. Mi allontano imbarazzata –ma ancora arrabbiata- e gli rifilo uno schiaffo sul petto, per il quale emette un sottile lamento.
«Lui non lo sa» afferma convinto mentre si massaggia la zona colpita «E, ancora una volta, non devi ringraziarmi»
«Ancora una volta, non avevo comunque intenzione di farlo. Sarei stata in grado di vedermela anche da sola» ribatto. Non sarò esattamente la persona più socievole del pianeta, ma so capire quando qualcuno prova interesse nei miei confronti e so sfruttare le occasioni quando queste si presentano. Di certo non avrei scritto delle frasi così spavalde, come invece ha fatto lui, ma avrebbe funzionato comunque.
«Junhoe» dice una voce alle mie spalle «adesso basta con quel Jungsu».
Mi volto ancora più esterrefatta e un ragazzo piuttosto carino solleva lo sguardo dal suo telefono, saettando gli occhi da me al suo amico così in fretta che ho paura si possano staccare dalle orbite.
«Oh» dice infine, mandando giù un groppo in gola «Tu devi essere…»
«Sunhee, sì» concludo per lui e lo osservo avvicinarsi a Junhoe in cerca di supporto, rendendo così evidente la loro notevole differenza d’altezza. Io e Jinhwan siamo più o meno alti uguali e immagino quanto anche io possa essere ridicolmente bassa di fianco a Junhoe.
«Vedo con piacere che avevi un complice» dico rivolta a lui ma guardando Jinhwan. Diventa subito rosso e ridacchia con un fondo di isteria, seguito poi da una serie di inchini accompagnati da scuse.
«Non fa niente» sbuffo, tornando a guardare il telefono «Ma non ficcate più il naso tra le mie cose, chiaro?»
Junhoe mi fronteggia facendo un passo avanti e lasciandosi alle spalle uno Jinhwan preoccupato. Questi prova ad acchiapparlo dalla manica del maglione per convincerlo a non fare o dire niente, ma nulla sembra essere efficace.
«Altrimenti?» dice infatti. Avanzo anche io di un passo fino ad averlo a dieci centimetri di distanza e alzo la testa per guardarlo negli occhi.
«Altrimenti girerete il prossimo video musicale con un passamontagna rosa sulla faccia e schiacciati da mani giganti» minaccio. Junhoe lancia uno sguardo verso Mike, a una ventina di metri da noi, e poi ritorna su di me. Si ammutolisce e ritorna al posto di prima di fianco a Jinhwan che sospira di sollievo.  Sogghigno soddisfatta e, più o meno sicura di aver fatto presa, li lascio parlottare per andare da Mike.
«Hai recuperato i caschi?» mi domanda quando sono al suo fianco. Alla mia risposta affermativa, mi porge un paio di stivaletti neri.
«Se non sbaglio sono della tua taglia. Puoi tenerli, non servono più»
«Non mi pagate in abiti, vero?» chiedo retorica e rido, afferrando le scarpe «Mi dovrebbero entrare».
«Haewon ti stava cercando una decina di minuti fa» si ricorda Mike, fermandosi a metà in quello che stava facendo «Ha detto che non riusciva a contattarti».
Guardo il telefono e ci trovo tre chiamate perse da parte sua. I miei occhi puntano alla conversazione con Jungsu e mi costringo a rispondere di non poter parlare attualmente causa lavoro.
«Accidenti» dico appena ripenso a Haewon. Inizio ad affrettarmi verso l’uscita, ma Mike mi rassicura «Non sembrava una cosa urgente»
«Giusto, una cosa urgente merita dieci chiamate perse, non tre» commento ironica. Tuttavia, mi fido dello stilista e mi calmo un attimo.
«Jinhwan,» chiamo il ragazzo e lo vedo girarsi assieme a Junhoe «se il mio capo mi licenzia, prenderò il tuo posto nel gruppo».
Lo sento scusarsi per la centesima volta mentre lascio la stanza.
 
Dal momento in cui metto piede nel sesto piano, è chiaro che il regista sia arrivato. Il solito afflusso di gente è ripreso e trovo la cosa stranamente consolante, come se questa frenesia mi fosse mancata.
Raggiungo la stanza A4 e ci metto un po’ per trovare Haewon.
«E’ di lei che vi parlavo» dice facendomi avvicinare. Riesco così a vedere meglio l’uomo con cui parlava l’altra volta, un ragazzo che mi è familiare e, infine, Jiwon.
«Hai procurato tu i costumi, giusto?» mi chiede l’uomo, sorridendo cordiale. Rispondo affermativamente e non esita quando dice «Voglio che venga anche lei! Parli giapponese?» annuisco solo alla sua domanda, ancora ferma con la mente alla sua prima frase. Dov’è che devo andare?
Fortunatamente Haewon legge la domanda sul mio volto e, stringendomi una spalla con la mano, dice entusiasta «Andremo in Giappone per gestire gli outfit dei concerti».
La notizia mi piace, davvero, visitare il Giappone rientra tra i miei desideri di viaggio più ambiti, ma quando dalla mia bocca esce “Sono felice”, contemporaneamente vedo Junhoe entrare nella stanza A4 e la frase subisce una deformazione di carattere.
«Parleremo dopo» annuncia lo stesso uomo rivolto ad Haewon «Lascio che si prenda del tempo per… metabolizzare, insomma» sorride e sparisce.
«Tutto ok? E’ un’esperienza importante» mi fa notare il mio capo e cerco di riprendermi per formulare una frase di senso compiuto e che compedi l’entusiasmo che provavo inizialmente.
«E’ solo che non me lo aspettavo» non mento del tutto. Nonostante il fatto di dover lavorare per Junhoe mi dia fastidio, non è quello che avrei mai pensato di sentire raggiungendo questa stanza, cinque minuti fa.
«Dimenticavo: loro sono Hanbin e Jiwon. Sono parte degli iKON» ci presenta Haewon. Guardo meglio il primo dei due e riesco finalmente a dare una spiegazione alla familiarità che mi suscita il suo volto: era anche lui nel video che ho visto ieri, se non erro il primo a cantare. Jinhwan deve essere il secondo, ma non riesco a dirlo chiaramente perché non ricordo molto bene il suo volto.
«Ci siamo già conosciuti» parla per primo Jiwon, interrompendo i miei pensieri, e gli sorrido per confermare le sue parole. Tendo la mano verso l’altro ragazzo «Piacere di conoscerti, Hanbin. Il mio nome è Sunhee»
«Il piacere è mio,» risponde lui, lasciando un bacio amichevole sul dorso della mia mano «ma adesso devo occuparmi di ultime cose. Grazie per i costumi da astronauta» e l’attimo dopo è seduto a scarabocchiare su dei fogli.
«E’ il leader del gruppo» spiega Jiwon, seguendo il mio sguardo verso Hanbin «Vuole sempre essere sicuro di sapere quello che dobbiamo fare».
«Devi stimarlo molto» ipotizzo. Prima che arrivassi, infatti, lui e il leader scherzavano animatamente come amici di vecchia data e la luce di ammirazione negli occhi di Jiwon non mi stupisce. Lui annuisce semplicemente e si offre di farmi fare un giro per i set, per conoscere un po’ gli altri collaboratori e, se riesce a trovarli, anche gli altri membri del gruppo.
«Quanti siete in tutto?»
«Siamo in sette, ma diciamo che è una storia un po’ complicata» Jiwon si gratta la nuca e mi guida verso il set che ricrea una camera da letto. Nell’angolo due ragazzi emettono schiamazzi girando intorno a quello che pare essere lo stesso cane gigante che ho trasportato per sei piani di scale. Ma con tutte le persone che lavorano qui, perché ho dovuto farlo io? E soprattutto, perché da sola? L’unica spiegazione che realmente riesco a darmi è che Haewon stesse testando la mia determinazione.
«Jiwon, guarda un po’ questo cane!» urla uno dei due ragazzi, arrivando fino a trascinarlo di fronte al giocattolo enorme.
«Che idea geniale» dice Bobby, tastandolo per controllarne la resistenza. Ci mette un po’ a ritornare nella realtà, ma quando lo fa si premura di presentarmi ai due ragazzi.
«Sunhee, questi due esaltati sono Yunhyeong» parla del ragazzo che lo ha chiamato «e lui il nostro maknae, Chanwoo». Entrambi si inchinano molto gentilmente, ma l’attimo dopo sono impegnati in un acceso dibattito sul peso del cane.
«Pesa sicuramente abbastanza per far venire un mal di schiena, ma a sufficienza per riuscire a trasportarlo per le scale» si fermano entrambi a fissarmi e, quando penso che il silenzio ci ucciderà tutti, Yunhyeong scuote la testa convinto «Non credo proprio che sia fattibile portarlo per le scale»
«Già» gli da man forte Chanwoo «Devono averlo sicuramente portato con l’ascensore»
«E’ più alto di almeno cinque centimetri» ribatto alle ipotesi di entrambi «Credetemi, prima di trascinarselo per sei piani di scale una persona si accerta che non ci siano vie più brevi»
«E’ il tuo lavoro?» dice in un misto di ironia Jiwon, ricordando quando ho risposto con la frase nella forma affermativa al suo ringraziamento per il completo da ladro.
«E’ il mio lavoro» confermo.
«Perché Jinhwan sta piangendo addosso a B.I?» ci fa notare Chanwoo, puntando lo sguardo alle nostre spalle.
«B.I è Hanbin, giusto?» chiedo conferma e ricevo degli accenni con la testa da tutti e tre.
«Oh lasciate stare» sventolo le mani per convincerli a non farci caso «Gli ho detto che avrei preso il suo posto nel gruppo»
«Magari! Chiunque preferirebbe una bella ragazza a quel nano dello hyung» commenta Yunhyeong. Bobby lo colpisce sulla testa con il pugno chiuso e lo ammonisce per aver definito Jinhwan “nano”.
«Lo sai che se dovesse sentirti, inizierebbe a farci il discorso sul fatto che è il più grande e dobbiamo rispettarlo» mormora per paura che qualcun altro possa sentirlo «E sinceramente mi è bastato sentirlo dieci volte nell’ultimo mese»
«Aspettate» lo interrompo «Lui è il più grande?»
«Ne siamo coscienti, sembra un quindicenne» osa ancora Yunhyeong e non si salva da un altro scappellotto di Jiwon e un “Sta zitto, ho detto!”.
«Basta!» sbotta alla fine «Me ne vado a borbottare insulti allo hyung altrove» e Chanwoo segue il suo amico fuori dalla finta stanza.
«Cose del genere succedono sempre» spiega Jiwon di fronte alla mia faccia stralunata «Se verrai con noi in Giappone, ne farai presto l’abitudine» scuoto la testa e chiudo la conversazione.
Jiwon continua a mostrarmi gli altri ambienti del set e a presentarmi vari collaboratori, impegnati in qualsiasi tipo di attività. Il gruppo ha anche qualcuno che si occupa di mantenerli idratati ogni ora durante le riprese o i periodi di particolare stress e con continue prove per una coreografia. Non immagino neanche quanta altra gente abbiano assunto per ruoli così inutili.
«Jiwon» ci interrompe Jinhwan, guardando una sola volta nella mia direzione «Il manager ha detto che vuole parlarci». Dopo che Bobby annuisce, si avvicina a lui e sottovoce dice «Non è che vogliono mandarmi fuori dal gruppo?»
«Non dire sciocchezze!» replica l’altro ridendo e mi guarda di sottecchi, ricordando le mie parole precedenti. Non avrei mai pensato che Jinhwan potesse credere alle mie parole, ma mi sarà sicuramente utile quando avrò bisogno di costringerlo a fare qualcosa.
«Spero che il tour ti sia piaciuto, ora devo lasciarti. Però ci vediamo dopo» dice Jiwon rivolto a me prima di allontanarsi con un ancora preoccupato Jinwhan. Sogghigno e ritorno a quello per cui sono qui: lavorare.
 
I giorni seguenti non passano mai. Preparare un video musicale è molto più laborioso che girarlo, noto, morente su un divanetto con lo sguardo fisso sui ragazzi che si dimenano nel letto della finta stanza e ballano in sincrono a ritmo di una canzone. Non faccio realmente caso a quello che fanno e annuisco disinteressata quando Yunhyeong mi raggiunge, tra una ripresa e l’altra, per sfoggiare un pigiama o il giacchetto come quello che Junhoe ha provato tempo fa nei camerini. Per quanto riguarda lui, ignoro palesemente anche le sue battutine, alle volte neanche di proposito: sono così esausta che ho trasformato il giaciglio che mi aveva consigliato Mike in un vero e proprio luogo di ristoro. Non ci vado sempre per dormire, la presenza di altre persone mi mette a disagio e non concilio il sonno a discapito della stanchezza, ma è di sicuro favorevole per riposarsi un po’.
Sbadiglio esausta dalla mia postazione fin troppo comoda ed emetto un suono a metà tra un lamento, per il fatto di dovermi alzare, e a metà tra un’esultanza nel momento in cui un ragazzo annuncia che il terzo gruppo –cioè quello di cui faccio parte- può fare pausa pranzo. Il cibo è l’ultima cosa a cui sto pensando ultimamente, ma Mike mi costringe a mandare giù qualcosa anche quando non posso fermarmi, imboccandomi mentre faccio telefonate –e sono costretta a ripetermi più volte per questo- o controllo per Haewon che alcuni documenti siano in ordine. Oggi ho tutta l’intenzione di fare le cose con calma.
Prendo così posto in un tavolo nella cucina quasi vuota –preferiscono tutti andare a mangiare fuori- e verso in un recipiente una parte di quello che ormai è diventato il mio piatto preferito, lo stesso che Bobby mi ha mandato tramite Juhnoe giorni fa. Presa dal mio pasto non mi rendo quasi conto della presenza di un’altra persona nella stanza: un ragazzo osserva nel frigo pensieroso e afferra di tanto in tanto qualcosa per poi rimetterla al suo posto. Osservo il mio piatto colmo e l’altra quantità di cibo avanzata e mi schiarisco la gola, attirando l’attenzione del ragazzo. Il suddetto chiude il frigorifero e si rende forse conto anche lui solo ora della mia presenza.
«Scusami» dice infatti «Ero assorto nei miei pensieri e non ho notato ci fosse qualcuno»
«Non devi scusarti» rispondo, intendendo realmente le mie parole. Il ragazzo sorride e mi ricordo cosa avevo intenzione di fare.
«Perché non mangi questo?» gli indico la quantità di cibo ancora nel recipiente «Per me è davvero troppo, non mi dispiace condividere».
«Davvero?» chiede, sopracciglia inarcate e sguardo sorpreso. Annuisco e lui indugia qualche secondo, prima di afferrare delle bacchette dal piano cucina e sedersi di fronte a me.
«Sto morendo di fame, grazie»
Parliamo del più e del meno durante il pasto e intuisco da subito la natura premurosa del ragazzo. Ha maniere gentili e sembra riservare solo sorrisi per gli altri. Lo osservo meglio quando si alza per portare i piatti nella lavastoviglie e i suoi vestiti mi fanno realizzare una cosa.
«Tu sei uno di loro» dico più a me stessa che a lui, ma mi guarda come se avesse capito tutto e sorride soltanto. Jiwon ha parlato di sette membri, ma ne ho conosciuti solo sei. Lui è sicuramente l’ultimo.
«Mi aspettavo che non te ne fossi accorta, guardi tutto quello che facciamo ma sembri in modalità automatica» commenta appoggiato alla cucina, un mezzo sorriso ancora sulle labbra.
«Sto morendo di sonno, non capisco come facciate con delle schedule così»
«A volte non lo so neanche io. Dormiamo un po’ ovunque, questo è certo» la sua affermazione mi fa scappare una risata, ma non ho il tempo di dire nulla perché si scusa per rispondere ad una telefonata.
«Yunhyeong, non parlare così veloce, non capisco. No, stavo mangiando» si ferma un attimo per ascoltare e riesco a distinguere alcune parole. Roteo gli occhi quando intuisco, sentendo il mio nome, che Yunhyeong stia chiedendo di me. Faccio cenno al ragazzo di non dire che sono qui e risponde evasivo «Non l’ho vista. Comunque sto arrivando, non c’è bisogno che tu venga qui» e chiude la chiamata.
Sospiro di sollievo al pensiero di poter evitare per almeno altri dieci minuti il parlare continuo di Yunhyeong. Possibile che non si stanchi mai?
«Devo andare, altrimenti verrà sul serio qui» annuncia il ragazzo e poi aggiunge «Sono Donghyuk, comunque» ed è fuori dalla stanza.
IKON conosciuti: 7 su 7.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



 
«Abbiamo finalmente finito di riprendere il video e il direttore è rimasto molto felice del nostro lavoro» Haewon parla entusiasta e mi trasmette la sua energia positiva. Ho contribuito anche io a questo lavoro e lei me lo sta riconoscendo anche solo parlandomene.
«Alla luce di questo,» aggiunge «non vuole aspettare fino alla partenza per il Giappone, ad inizio dell’anno nuovo, per collaborare nuovamente con noi»
La guardo un attimo e i secondi che seguono sono forse i più lunghi della mia vita. Trattengo il respiro finché non dice «Quindi mi ha offerto di organizzare anche un altro video! Non sei contenta?»
«Sprizzo felicità da tutti i pori» fingo un sorriso a trentadue denti e mi allontano verso Mike, poco distante da noi, il quale ha assistito a tutta la scena. Faccio finta di portare due dita alla gola per simulare di rimettere, scaturendo una risata dello stilista.
«Passerà in fretta, pensa solo allo stipendio» prova a consolarmi e mi ripeto nella testa Master, master, master. Respiro lentamente e bevo un bicchier d’acqua al suono dei passi di Mike che si allontana.
Non sarà un problema.
«Dovrai prenderti il cibo da sola d’ora in poi» parla una voce alle mie spalle. Sospirando con evidenza, poggio il bicchiere d’acqua mezzo pieno sul tavolo e mi giro per fronteggiarlo.
«E come mai?» sto al gioco, lasciando che il tavolo dietro di me sostenga il mio peso. Incrocio le braccia per costringermi a creare una barriera nella mia mente tra l’aspetto del ragazzo e il suo atteggiamento. Tutta immagine.
«Andiamo via» avanza Junhoe fino a massimo due passi da me «e non potrò più portarti niente» fa spallucce, un ghigno leggerissimo disegnato sulle labbra perfette.  Sto veramente pensando a questo?
«Mi dispiace, ma temo che dovrai farmi da cameriere ancora per un po’»
Junhoe avanza ancora, costringendomi ad appoggiarmi maggiormente al tavolo. Con il cervello completamente andato, mi blocco un attimo quando allunga una mano alle mie spalle. Cerco di mantenere un’espressione infastidita nonostante questo, ma non gli sfugge il leggero tremore che mi scuote impercettibilmente. Junhoe si fa indietro con il mio bicchiere d’acqua tra le mani.
«Sarà un piacere allietarti le ore di lavoro per qualche giorno in più» e sorseggia noncurante.
«Non avevo alcun dubbio al riguardo» sbuffo. Tutti i miei propositi di mantenere la calma e tenere duro fino alla fine sono andati in frantumi non appena mi ha parlato, oggi. Come farò durante le riprese del video? E in Giappone?
«Va bene» lascia il bicchiere nell’esatto punto in cui era prima e compiendo le stesse azioni che aveva impiegato nel prenderlo «Andrò a relegare questo compito a Yunhyeong» mi da le spalle e procede a grandi falcate –mantenendo comunque una tranquillità serafica- verso l’ascensore. Mi stacco allora dal tavolo e lo raggiungo correndo prima che prema il pulsante di chiamata.
«Non ce n’è bisogno» lo fermo afferrandogli una manica della felpa.
«Quindi dovrei poter supporre che preferisci me tra i due» roteo gli occhi. Stiamo tra l’altro parlando del nulla, perché l’unica volta in cui mi abbia portato da mangiare è stato quel giorno nel camerino e solo perché Jiwon ha avuto decenza di ricordarsi della richiesta di Mike. Andare a dire a Yunhyeong che può portarmi il pranzo, però, significherebbe dover anche sopportare minuti preziosi di silenzio rovinati dal suo chiacchiericcio. Mi sta simpatico, davvero, ma non conosce la parola “pausa”.
«E’ una questione di convenienza» ribatto alla fine e mollo la presa dalla sua manica. Da lontano deve sembrare tutt’altro che una conversazione priva di senso.
«Lo devi dire» mi fronteggia e questa volta è lui a incrociare le braccia.
«Devi dire che sono il tuo preferito o vado da Yun»
Spalanco la bocca alla sua richiesta, esterrefatta dall’assurdità della questione, ma nell’esatto istante in cui provo a contestare la sua richiesta, muove un dito verso il pulsante dell’ascensore. Chiudo subito la bocca, pronta a riformulare il pensiero e a sottomettermi al suo volere per il mio quiete vivere, ma una parte di me spera ancora che sia un bluffe. Lo seguo nell’ascensore e così fuori nel corridoio del secondo piano, dove i ragazzi tenevano le loro cose.
Davanti alla porta del loro camerino inizio a sudare freddo. Non lo fa non lo fa non lo fa.
«Yun-» urla dal principio, ma gli tappo la bocca con una mano e lo trascino lontano dalla zona, nel vano scale.
«E va bene!» mi arrendo. Porto le mani alle tempie e chiudo gli occhi. Un profondo respiro e sto guardando di nuovo le sue iridi scure. Che palle.
«Sto aspettando» mi incalza, lo sguardo di un bambino che sa di stare per ottenere ciò che vuole. Ho per un solo momento l’istinto di colpirlo sul volto in modo da non lasciarmi influenzare dagli zigomi alti e gli occhi penetranti, ma ritorno quasi subito alla realtà. Per carità, Sunhee, è un idol, la faccia gli serve come a te un telefono.
«Sei il mio preferito» borbotto le parole e mangio consonanti volutamente in modo da distorcerne il suono. Come mi aspettavo, tuttavia, il ragazzo non se lo fa bastare.
«No» scuote la testa «Devi dire il mio nome e scandire le parole. Potresti averlo detto a chiunque»
«Ho detto» ripeto, stringendo i denti per non dare di matto proprio adesso «che tu, Junhoe, sei il mio preferito» espiro profondamente e mi sento più tranquilla nell’aver mandato giù la questione.
Junhoe ridacchia e porta una mano nella tasca «Grazie mille. Arma di ricatto preferita: prova audio» estrae il telefonino e preme sullo schermo. Aspetto qualche secondo attonita e il suono della mia voce si propaga limpido e nevrastenico nella tromba delle scale, ripetendo quelle odiose parole e quell’odioso nome un’infinità di volte.
«Che vorresti farne?» domando derisoria «A parte farmi prendere in giro dagli altri per la scelta poco consona, non puoi usarla in nessuna maniera»
«Oh, secondo te andrebbe bene al nostro manager assumere una nostra fan
«Non oseresti» replico sottovoce. Ho bisogno di questo lavoro, cavolo. Questa volta la voglia di spaccargli la faccia ha motivazioni ben diverse dal suo aspetto.
«Vedremo. Dovrai solo fare delle sciocchezze per me, niente di così strano, assolutamente fattibile» dice Junhoe come se fosse la cosa più normale del mondo avermi appena ricattata. Mi muovo in fretta e, dopo essergli passata accanto con una spallata, sono già nell’ascensore. Lui non aspetta molto per raggiungermi, ma le porte si stanno ormai chiudendo e l’unica cosa che vedo prima che questo accada completamente sono i suoi occhi che saettano compiaciuti tra il mio volto e il dito medio che gli ho mandato. Troverò mai un modo per infastidirlo davvero?
 
«Sunhee, un cerotto» alzo lo sguardo dal telefono e lo mollo con riluttanza per prendere quello che Junhoe mi ha chiesto. E’ passato dal biondo al castano scuro e mi prendo mentalmente a padellate in faccia quando il pensiero che sia attraente con entrambi i colori mi attraversa la mente.
Da qualche giorno, inoltre, parlo con Jungsu tramite messaggi e devo ammettere che sia esattamente piacevole come mi aspettavo. Non si risparmia complimenti velati e mai oltre il limite, il tutto condito con una sottile ironia: il ragazzo ha decisamente fascino.
Vado verso Junhoe, il quale attende con la fronte aggrottata e il dito indice in bocca per succhiare via del sangue da un taglio. Me lo porge nel momento in cui lo affianco, lasciando che lo circondi con il cerotto –il più sgarbatamente possibile per quello che mi è permesso.
«Non mi guarisci con un bacio?» mormora in modo che gli altri non sentano. Lo fisso impassibile e ne deposito uno leggero sulla punta, sorridendo falsamente prima di allontanarmi per ritornare al mio telefono.
«Sul set!» urla il regista e osservo i ragazzi dirigersi di fronte alle telecamere e riflettori.
Questa volta il video verrà girato all’aperto, in quello che sembra un cantiere sistemato per la scena. Delle ragazza –parecchie- e alcuni ragazzi si posizionano qualche metro dietro gli iKON e attendono per delle istruzioni dal regista, il quale, però, non sembra essere convinto di qualcosa. Fa cenno a Mike di raggiungerlo e parlano sottovoce, dubbiosi sul da farsi. Riesco a captare le parole “fan” e “gelosia”. Evidentemente hanno realizzato solo ora che la presenza di tutte quelle ragazze di bell’aspetto e con dei vestiti così stretti possa causare dei problemi con le fan.
«Ahi!» un urletto femminile fende l’aria e tutti, me compresa, si girano verso la scena: una ragazza è per terra e si mantiene la caviglia, quasi ignorando il ginocchio sanguinante. Altre ragazze la aiutano ad alzarsi senza puntare troppo peso sull’arto e riesco ad intuire che abbia provato a scendere da un muretto discretamente alto con un salto finito male.
«Ok gente, nulla di grave» attira l’attenzione il regista «Voi ragazze in fila per favore, riceverete una cosa dallo stilista» e, nel guardarlo mentre dice queste cose, noto Junhoe al suo fianco. Mi rendo conto del perché solo nel momento in cui Mike ritorna con dei pezzi di tessuto lacerati dai disparati colori e le mani giganti usate per l’altro video.
Non ci posso credere!
Ha usato la mia minaccia come idea per il video, risolvendo la situazione egregiamente. Junhoe punta il suo sguardo nel mio, beccandomi a fissarlo con le sopracciglia sollevate dall’incredulità. Mima un “grazie” con le labbra e mi lancia un occhiolino prima di tornare dagli altri. Sentendo di averne abbastanza, lascio il set –non senza aver chiesto ad Haewon di anticipare la mia pausa pranzo- e mi infilo nel primo taxi che trovo per strada. Indico l’indirizzo del negozio di Jungsu, Mask&Fun.
“Hai da fare?” digito di getto nella sua chat. Non ci impiega molto a rispondere.
“No, calma piatta come sempre. Perché?”
“Sto passando a trovarti” e infilo il telefono nella tasca.
Ignoro il tremore alle mani e il nervosismo nelle ossa e scendo dal taxi, arrivata a destinazione una decina di minuti dopo. Proseguo lentamente verso il negozio e rimodulo l’espressione del mio volto per non apparire troppo in ansia. Dopodiché apro la porta: lo stesso campanellio della prima volta mi accoglie e non ci metto molto per rintracciare Jungsu, seduto dietro la cassa con un giornale in una mano e il cellulare nell’altra. Alza subito la testa e non posso evitare di sorridere quando lo vedo arrossire. Sapere di non essere l’unica a sentire un certo imbarazzo mi tranquillizza enormemente.
«Salve, posso aiutarla?» domanda ironicamente, sorridendo a tutti denti. Ridacchio e annuisco.
«Mh, in effetti sì! Avrei bisogno di un costume da rabbino»
«Barba media o lunga?» continua, lasciando il posto dietro al bancone per avvicinarsi.
«Mi stupisca»
Si gratta la nuca, arrossendo ancora di più per la vicinanza. Dal canto mio sento le orecchie andare a fuoco e scommetto di avere la sua stessa espressione. Deve essere una scena molto carina da guardare.
«Sono molto felice di vederti» dice, interrompendo la gag di prima «Sei praticamente scappata la prima volta»
«Andavo di fretta, sai, il lavoro» mi scuso, non esattamente cosciente di quanto debole possa sembrare la mia frase. Non sembra comunque farci caso.
«Già» allarga le braccia «Capisco la sensazione di essere indaffarati» e si guarda intorno, divertito. Rido di gusto per le sue parole e faccio una domanda di getto: «E’ sempre così qui dentro?» l’attimo dopo mi scuso amareggiata per aver fatto uscire la questione così male.
«Non fa niente, Sunhee» mi formicola la schiena quando pronuncia il mio nome «La maggior parte dei miei acquirenti ordina da internet, ma» si interrompe per guardarsi intorno «a me piace proseguire in vecchio stile, sai»
«E’ un bel pensiero» commento, credendoci davvero. Quasi mi vergogno per il mio lavoro, così freddo verso le relazioni personali. Ma Junhoe si comporta tutt’altro che con distacco! Mi ritrovo a pensare e scuoto la testa per mandarlo via.
«Proprio per questo» comincia Jungsu esitante «avevo pensato di chiederti di… uscire» arrossisce anche di più se possibile. Sorrido piuttosto entusiasta della sua richiesta e la mia reazione positiva lo tranquillizza visibilmente.
«Preferisco parlarti di persona che attraverso un’app»
«Sei magnifico» mi lascio sfuggire e porto una mano alla bocca con la volontà di rimangiarmi le parole. Che imbarazzo.
«Ho pensato la stessa cosa la prima volta che ti ho vista» dice però lui e lascio che la mano cada debole su un fianco. Il telefono suona inopportunamente come sempre e mi scuso quando leggo “Boss”.
«Odio doverlo dire proprio adesso» parlo, una volta chiusa la chiamata «Ma…»
«Devi andare, lo so» conclude lui la frase per me. Tuttavia, non sembra arrabbiato e sento di poter lasciare il negozio in completa tranquillità.
«Che ne dici di questo venerdì?» mi chiede e impiego qualche secondo per fare mente locale. Mi ha chiesto di uscire! Giusto.
«Va benissimo» confermo sorridendo e mi appresto con riluttanza a salutare. Inaspettatamente, Jungsu mi prende con delicatezza una mano tra le sue e poggia le labbra sul suo pollice che le copre per non toccare la mia pelle, esattamente come l’antica usanza. Percepisco con chiarezza la differenza tra questo bacio e quello di Hanbin quando ci siamo conosciuti: non ha affatto l’aria di un comportamento solo amichevole. Mi concentro intensamente per non svenire dall’emozione e sorrido stordita anche nel taxi, mentre indico dove deve dirigersi.
 
Arrivo sul set più raggiante che mai ed Haewon mi accoglie con un «Qualsiasi cosa tu abbia fatto, dovresti farla più spesso» rifilandomi poi una lista di cose da fare.
«Jiwon» chiamo il ragazzo, seduto a sorseggiare un po’ d’acqua su degli scalini «State facendo una pausa?» annuisce e da delle leggere pacche al posto al suo fianco, invitandomi a sedere. Gli mostro la lista di Haewon e porta le mani avanti.
«Corri, mi è bastato vederla una sola volta urlare» non capisco a cosa si stia riferendo ma lascio stare per finire la lista il prima possibile. Tuttavia, passando per il camerino improvvisato per prendere del materiale, dei leggeri singhiozzi attirano la mia attenzione.
«Hyung, non devi pensarci» è Junhoe a parlare, ma i lamenti non vengono da lui. Mi avvicino per osservare meglio Jinhwan che strofina gli occhi, devastando il lavoro della truccatrice.
«Jinhwan» dico piano, catturando l’attenzione di entrambi «cosa è successo?»
Il sopracitato asciuga in fretta le poche lacrime che gli sono scivolate dagli occhi e borbotta un “niente”. Il roteare degli occhi di Junhoe evidenzia quanto sia una balla e infatti lui risponde «Il tuo capo lo ha quasi ucciso»
Forse è di questo che parlava Jiwon, prima.
«Perché?»
«Perché» questa volta è Jinhwan a parlare «un gruppo di ballerine ha… creato dei problemi e mi sono rifiutato di lavorare con loro»
«Con “creare dei problemi” vuole dire che gli hanno dato del nano» chiarisce Junhoe, beccandosi un pugno sul braccio e uno sguardo corrugato. Nonostante questo, il più grande non contesta.
«Chi se ne importa» cerco di tirarlo su di morale «non hanno metà del talento che hai tu». Lui tira su un altro po’ e mi ringrazia, palesando in ogni caso quanto la cosa non serva a farlo sentire molto meglio. Sospiro e mi siedo al suo fianco, dal lato opposto di Junhoe.
«Ascolta, puoi anche non averle intorno. Parlerò con Haewon e vedrò di convincerla a metterle il più lontano possibile dalla tua posizione in scena»
«Lo faresti davvero?» mi chiede con gli occhi sgranati. Annuisco con un mezzo sorriso e lo vedo rilassarsi visibilmente.
«Mi faresti un favore?» gli domando poi, quando mi viene in mente una cosa. Lui mi fa cenno di proseguire, titubante.
«Smettila di frignare per la storia della sostituzione. Stavo solo scherzando»
«Jiwon mi ha detto la stessa cosa» mi confessa e scuote la testa «Sono così stupido»
«Concordo» commenta Junhoe e un altro pugno non tarda a prendergli il braccio.
«Io comunque ho un’idea migliore» sogghigna nella mia direzione.
So già che non mi piacerà.










Angolo dell'autrice:
Salveeeeeee, spero che il quinto capitolo vi sia piaciuto. In realtà, spero che almeno a qualcuno la storia stia piacendo, cosa di cui non ho assolutamente la certezza perché nessuna recensione/storia tra le seguite/preferiti?? Per carità, la gloria terrena e la fama non sono sicuramente il motivo per cui ho condiviso la storia, ma solo perché mi sembrava carina e lasciarla impolverare tra i miei file sul computer era un nono. Ad ogni modo, il punto è che mi farebbe piacere ricevere un parere, negativo o postivo che sia, anche un commento di tre parole, per intenderci. Con questo non voglio costringere nessuno né tantomeno minacciare di sospendere la storia come molti fanno (are you serious?), ma mi sembrava corretto condividere questo mio desiderio di partecipazione con voi. Soooo, se avete un attiminoinoinoinoino per lasciare un commentinoinoinoino (è un po' di pena per la sottoscritta) mi rendereste la persona più felice del mondo!! (spunti di conversazione:Junhoe com'è nella storia? Sunhee vi sta sulle balle?? E Jungsu????????) (Stavo pensando di iniziare una storia JinhwanxJunhoe, vi farebbe un minimo piacere??)
Forse con il senno di poi cancellerò questo piccolo angolo perché non mi aspetto realmente che qualcuno accorra alla mia chiamata e risulterebbe alquanto imbarazzante per letture future, ma per il momento questo è quanto lol
Alla prossima settimana, baciucchio ♥

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



 
Sbuffo per l’ennesima volta e mi sistemo nervosamente i buchi per gli occhi. I vestiti che indosso sono troppo scoprenti per i miei gusti, anche se Mike si è impegnato per riservarmi quelli più sobri.
Lo sguardo di Junhoe mi ha fatto capire sin da subito che sarebbe andata in questo modo e trattengo gli insulti in una meditazione mentale.
«Sunhee » mi richiama Jinhwan «ma perché hai accettato se non vuoi?»
Adesso chi glielo spiega? Alla fine Junhoe ha avuto la brillante intuizione di sostituire la ragazza che si è fatta male sul set con me, in modo da dare manforte al più grande durante le riprese e farlo sembrare tranquillo nel video.
«Chiedilo al tuo amico» rispondo, indicando con il mento Junhoe a qualche metro da noi che parla animatamente con gli altri del gruppo. Jinhwan assume un’espressione interrogativa, ma non domanda altro.
«Sunhee?» chiama Jinhwan e vedo delle ragazze avvicinarsi a lui con sorrisetti beffardi sul volto.
«Aria, spilungone» le ammonisco da subito e aggancio un suo braccio al mio, portandolo vicino agli altri ragazzi. Questi mi guardano per un attimo e Yunhyeong parla per primo «Sembra Sunhee, non è vero?».
Mi aspetto che qualcuno gli dia un colpetto in testa per non essersi reso conto che sì, sono io, ma gli unici due a saperlo per certo, Junhoe e Jinhwan, scoppiano a ridere di gusto.
«Io sono Sunhee» chiarisco con il sottofondo delle loro risate. Il corpo di Yunhyueong si raddrizza di colpo e assume una posa più virile. Tossisce un po’ per schiarirsi la voce e inventa palesemente di aver finto per prendermi in giro. Nessuno se la beve e iniziano ad imitarne l’atteggiamento. Approfitto di questo momento per prendere Junhoe da parte.
«Non posso stare dietro Jinhwan in ogni istante, ci sono delle scene in cui non ho la possibilità di avvicinarmi. Dovrai vedertela tu» lui annuisce e mi guarda meglio.
«Chi è che indossa un passamontagna rosa adesso?» mi deride e digrigno i denti contrariata. Lo avevo minacciato di convincere Mike a fargli girare un video musicale nelle stesse condizioni che adesso affliggono me. L’unica cosa positiva è che nessuno ha la minima idea di chi io sia.
Il regista ci richiama tutti e assumiamo le nostre rispettive posizioni sul set. Per una buona ora andiamo avanti piuttosto tranquillamente e mi ritrovo compiaciuta a scuotere la cabina telefonica in cui Junhoe gira una scena. In una successiva il regista dice a tutti di interagire come in “un’amichevole colluttazione” e riesco anche a farlo cadere, ma per il resto passo la maggior parte del tempo a scuotere Hanbin per il colletto della sua maglia azzurra mentre mi ride in faccia o a tirare Jinhwan lontano dalle ragazze di prima.
Ad un certo punto ci siamo noi ragazze da un lato e gli iKON di fronte, schierati per quella che deve sembrare una partita di dodgeball.
Il momento della vendetta sembra arrivato: riesco ad appropriarmi di una delle palle messe a disposizione e, attendendo l’istante perfetto, miro a Junhoe, colpendolo al sedere. Spalanca la bocca e si appresta a ricambiare il colpo, senza però riuscirci. Continuiamo a girare la scena per quelli che sembrano secoli e il mio bersaglio non cambia. La situazione, però, ad un certo punto sembra degenerare.
Ho una palla in mano e carico il colpo dietro la testa per l’ennesima volta, ma mi blocco: qualcosa, proveniente dalla mia sinistra, mi colpisce la parte sinistra del volto facendomi finire per terra. Il dolore si irradia prepotentemente dalla guancia all’occhio e mi afferro la parte colpita in un gesto istintivo. Potrebbe essere stata una pallonata, ma il colpo mi è sembrato troppo violento. Nonostante abbia solo un occhio aperto –l’altro coperto dalla mia mano-, riesco comunque a vedere Yunhyeong1 farsi avanti a grandi falcate verso il nostro lato, togliendosi la giacca come prima di una rissa. Anche gli altri sembrano accorgersi di quello che è successo e, mentre Jinhwan mi guarda da lontano senza sapere come comportarsi, Hanbin si porta avanti nel tentativo di fermare Yunhyeong, il quale viene colpito al collo da una palla. Giro lo sguardo verso il punto di lancio e non sono molto sorpresa dal vedere le stesse ragazze che infastidivano Jinhwan. Lo “spilungone” non deve aver fatto loro molto piacere, evidentemente. Una di loro ha le nocche di una mano leggermente contuse: è stata lei a colpirmi.
I ragazzi non si lasciano scoraggiare e, anzi, iniziano un combattivo lancio di palle, contornato da urla di guerra e onore. La canzone continua a risuonare sul set e nessuno sembra voler fermare la situazione. Sono sicura che con i giusti tagli sarà possibile estrapolare la scena dal suo contesto per adattarla al video musicale. Mi alzo il più velocemente possibile e arrivo barcollante fuori dal set, dove Mike mi aiuta a sedermi.
«Ti hanno colpita proprio forte per una pallonata» commenta e mi toglie il tessuto che mi copre il volto. Evito di dire che non è stata una pallonata solo per non ingigantire troppo la vendetta di una vamp. Emetto qualche lamento al suo sfregare sul mio volto e con una mano mi mantengo salda alla sedia nel momento in cui la testa inizia a girarmi. Realizzo di avere l’occhio sinistro completamente chiuso solo quando Mike mi chiede «Ti fa tanto male?»
Osservo la zona in cerca di uno specchio che non trovo e chiedo allo stilista di aiutarmi ad allontanarmi dal caos per lo stordimento troppo forte. Mi aggrappo al suo braccio e siamo fuori dopo poco senza aver però scampato delle cadute dovute ai miei piedi che inciampavano l’uno sull’altro. La porta per il set si chiude alle nostre spalle e una cosa fredda mi viene premuta sul volto. Il suono ovattato della canzone si interrompe quasi subito, forse per un cambio d’abiti. Non rimarrei esattamente esterrefatta davanti alla noncuranza del cast all’avvenimento, in fin dei conti la scena è stata girata ed anche molto bene.
«Ferma» dice Mike in risposta alle mie lamentele, premendo ancora di più la sacca di ghiaccio.
«E’ tanto brutto?» domando in cerca di una risposta sincera. Non c’è bisogno che lui dica niente perché dal suo sguardo capisco che devo avere una palla viola al posto dell’occhio.
«Oltre alla fregatura anche la beffa» mormoro, ripensando al fatto che, non solo non volevo fare questa cosa, ma c’ho anche rimesso!
La porta del set si apre nuovamente rivelando un preoccupato Yunhyeong seguito da Bobby e Hanbin.
«Sunhee» prende delicatamente il mio mento tra l’indice e il pollice per osservarmi meglio e la sua fronte si aggrotta notando l’occhio. Si allontana poco dopo, il dispiacere dipinto sul volto.
«Non lavoreranno più con noi, questo te lo assicuro» garantisce Hanbin stringendomi una mano. Jiwon si siede al mio fianco senza dire niente, ma lascia che sia la mano sulla mia spalla a trasmettermi la sua mortificazione.
«Ragazzi non ho mica perso un braccio» replico, cercando di usare ironia nella voce, la quale però si incrina per il dolore alla guancia che il parlare mi ha provocato. Yunhyeong scuote la testa e passa una mano tra i capelli «Ti ha dato un pugno in faccia!»
«Un pugno?» esordisce Mike, fin’ora rimasto in silenzio «Credevo fosse stata una palla»
«Erano palle troppo leggere per una contusione del genere» spiega Jiwon e lo stilista scuote solo di più la testa come a non poterci credere.
«Mi avete difesa» faccio notare loro, abbandonando la tattica dell’ironia e cambiando direzione del discorso «Questo basta e avanza a farmi sentire meglio»
«Yunhyeong sembrava re Leonida» ridacchia Hanbin dopo essersi avvicinato per spintonarlo. Il diretto interessato abbandona finalmente la brutta cera sul volto e si concede una risata, scherzando sulla cosa.
«Mi ci sentivo! Avere una palla in mano non è mai stato così bello»
«Vorrei ricordarti che hanno colpito anche te, quindi non ti vantare troppo» gli fa notare Jiwon e Yunhyeong porta una mano al collo arricciando le labbra.
«Non l’ho neanche sentito» ribatte risoluto. Le risate vengono interrotte dal mio capo che ci raggiunge fuori.
«Dovete tornare sul set» dice rivolta ai tre ragazzi.
«Ma Junhoe…» inizia Hanbin. Viene interrotto dalle parole di Haewon «Non importa. Andate» e rientrano non senza prima avermi detto di prendermi cura dell’occhio e ritornare in forma.
«Jinhwan mi ha detto quello che è successo» comincia e Mike mi osserva con una domanda nascosta nello sguardo. Scuoto la testa nella sua direzione, non volendone parlare adesso.
«La prossima volta devi comunicare con me, Sunhee, avrei potuto risolvere la situazione evitando tutto questo»
Vorrei dirle che era esattamente ciò che avevo intenzione di fare, ma ripenso al ricatto di Junhoe e semplicemente abbasso la testa, fingendo un’afflizione che non sento realmente mia.
«Mi dispiace, non volevo creare problemi» dico con il tono più rattristato possibile e Haewon scuote la testa senza dirmi altro. Si rivolge poi a Mike per spiegargli la situazione a cui faceva riferimento e mi congedo asserendo di stare almeno un po’ meglio per prendere le mie cose e andare a casa a morire nella depressione e nell’impotenza per i prossimi tre giorni. Non proprio con queste parole, ma il concetto è quello.
Trovo Jinhwan ad aspettarmi nel camerino.
«Mi sento malissimo per quello che è successo, spero tu possa scusarmi» parte subito, seguendo il tutto con una serie di inchini.
«Jinhwan» lo fermo, afferrandolo per le spalle. Punta lo sguardo sul mio volto e anche lui, come gli altri, mostra dispiacere per l’occhio livido. Lo stringo in un abbraccio sentito e all’altezza del suo orecchio mormoro «Non mi è dispiaciuto prendere un pugno in faccia per un amico» e mi distacco da lui, con ancora le mie mani a stringere le sue braccia con affetto. Gli sorrido e lo sento sciogliersi sotto il mio tocco. Vuole dire altro ma lo blocco dal principio.
«Ora ho bisogno di andare a casa».
 
I tre giorni successivi sono merdosi esattamente come uno si aspetterebbe.
L’occhio è uno schifo, tumefatto e dolorante e, cosa ancora più devastante, venerdì è domani e questo vuol dire: appuntamento con Jungsu. Non so come dovrei comportarmi in questa situazione, se dirgli la verità o trovare una scusa per rimandare la serata.
Però poi penso che capirà sicuramente quello che ho fatto e perché l’ho fatto e non mi farà sentire così male; non mi farà sentire come mi ha fatto sentire Junhoe che prima mi ha tirata in una situazione scomoda e non si è neanche premurato di interessarsi alle mie condizioni. Non pretendevo un corteo di scuse o la promessa del suo primogenito maschio come sacrificio, bastava anche solo non fregarsene del tutto. E mi sta facendo sentire anche peggio perché gli sto addossando tutta la colpa quando so che non ha pianificato quel pugno.
Jungsu non è così.
Non mi avrebbe incasinato l’esistenza perché di me gli importa e non solo a causa di suoi eventuali sentimenti nei miei confronti, ma perché sono una persona e lui rispetta le persone indipendentemente dal legame che queste hanno con lui.
Prendo il telefono fisso –ho dimenticato il mio a lavoro ma me ne frego altamente di riprenderlo- e lo chiamo subito. Risponde dopo soli tre squilli e la sua voce sembra sorpresa.
«Ciao Sunhee! Come mai questa chiamata? Qualche problema per domani?»
«No, solo…» esito un po’, cercando un modo di fargli capire quello che è successo senza raccontargli l’effettiva storia «E’ successa una cosa» dico alla fine. Alla faccia della sintesi.
«Stai bene?» mi chiede preoccupato prima di ogni altra cosa e sento delle lacrime pungermi gli occhi. Tra tutte le cose che avrebbe potuto domandarmi, mi ha chiesto se sto bene. Asciugo via una lacrima solitaria e mi riprendo il più possibile prima di rispondere.
«Un occhio nero, ma sì»
«Qualcuno ti ha fatto male?» la sua preoccupazione cresce esponenzialmente nel tono della voce e mi affretto a rassicurarlo.
«Solo una ragazza troppo infantile per la sua età. Ascolta, ti ho chiamato perché il mio occhio fa più che schifo e vorrei passare una serata come si deve» ammetto «Ma non vorrei che questo ti portasse a pensare che io non voglia uscire con te, perché voglio, davvero tanto»
Per un secondo non sento null’altro che rumori di sottofondo, ma la sua risata cristallina interrompe qualsiasi altro mio pensiero.
«Credevo seriamente che volessi chiudere qualsiasi rapporto con me, sai»
«Non ci pensare neanche!» ribatto, più che certa delle mie parole.
«A me va bene, Sunhee. Aspetterei anche mesi pur di guardarti negli occhi una serata intera» mi dice alla fine e mi lascio sprofondare sul divano di casa, in estasi. Rimandiamo la serata a quando starò fisicamente meglio e chiudo la telefonata con un sorriso sulle labbra.













1---> questa è la scena a cui ho fatto riferimento: Yunhyeong 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



 
«Wow, sei uno schifo» Mike ha tra le braccia una serie di abiti e mi sento come se io non abbia realmente passato tre giorni a casa.
«Sono così contenta di conoscere persone tanto amorevoli» ribatto con evidente ironia e si lascia sfuggire una risata. Abbandona il mucchio di abiti vicino ad un carrello pieno di grucce e una ragazza inizia a sistemarli senza che lui dica niente, come di routine.
«Potevi restare qualche altro giorno a casa»
Scuoto la testa contrariata. Sono stati giorni noiosi e improduttivi, senza nulla da guardare in televisione e il frigo vuoto perché altrimenti avrei mangiato tutto. Almeno qui posso occupare il mio tempo, anche se questo significa correre ovunque, ma le riprese dei video musicali sono finite e per il momento dovremmo avere un po’ di pausa.
«Spero tu te lo sia fatta controllare» dice Haewon quando entro in quello che dovrebbe essere il suo ufficio. Annuisco anche se non è vero. E’ stato solo un pugno e sicuramente non è il primo che io abbia ricevuto: avere 13 anni ed essere all’ultimo anno di scuole superiori, oltre che un’attacca briga, ti rende un bersaglio facile per i bulli. Dovrò aspettare qualche altro giorno prima che l’occhio inizi a dare segni di miglioramenti significativi e con i farmaci che sto prendendo posso alleviare il dolore pulsante quando questo si presenta.
«Il tuo telefono è lì» indica uno scaffale alle mie spalle e mi avvicino per prenderlo «Mi sono presa la libertà di caricarlo. Ha squillato varie volte ma non ho controllato». Prendo il dispositivo e la ringrazio, uscendo dalla stanza già con gli occhi fissi sullo schermo. Sorrido quando vedo le diverse chiamate di Jungsu interrotte ieri pomeriggio, quando gli ho detto di non averlo con me. Controllo le email, continuando comunque a camminare, e rimango leggermente sorpresa nel vedere diversi messaggi. Li leggo in ordine cronologico e Jiwon è il primo, seguito da Yunhyeong che ha mandato degli audio su una applicazione. Devono aver approfittato durante le riprese del fatto che non fossi nei paraggi per armeggiare con il mio telefono, così mi segno mentalmente di controllare la conversazione con Jungsu, giusto per sicurezza. Accosto il telefono all’orecchio e sorrido alla parlantina di Yun, interrotta per qualche istante dalla voce familiare di Hanbin che si raccomanda di non prendere freddo. L’audio termina non senza un battibecco tra i due ed esco dalla app per tornare ai messaggi. Mi fermo l’attimo dopo per leggerne alcuni sotto il nome “Jinny”.

Aggrotto le sopracciglia al nome del suo amico. Mi ha scritto qualcosa? Guardo tra gli altri messaggi sul telefono e trovo che ne ho da leggere alcuni di un numero non salvato. Inizio a pensare che sia stato Jinhwan a prendere il telefono per salvare il suo numero e prendere il mio, che deve poi aver passato agli altri.
 

Mi mordo il labbro, pensierosa.
Ammetto di aver pensato male di lui in questi tre giorni, per non essersi minimamente chiesto come potessi stare e tutto il resto, ma leggendo questi messaggi non sono più poi così sicura della veridicità delle mie supposizioni.
Indugio più tempo del dovuto prima di digitare un “Avevi bisogno di qualcosa?” del tutto disinteressato e univoco. All’apparenza.
Non passa un minuto che il telefono comincia a squillare, un numero non salvato in rubrica comparso sullo schermo.
«Pronto?» dico alla fine con il tono di voce più inespressivo che la situazione mi permette di assumere. Dall’altro capito si sente solo silenzio per qualche secondo che nella mia mente sembrano dilatarsi in ore, ma poi una voce si schiarisce la gola e tossisce piano.
«Ehm… Sunhee?» riconosco subito Junhoe. Per quanto io odi ammetterlo, la sua voce è una delle cose più belle che io abbia mai ascoltato. In ogni caso non lo dirò mai ad anima viva e ringrazio che nessuno possa leggere i miei pensieri in questo istante.
«Chi parla?» fingo nonostante tutto. Meglio che non si faccia venire in mente strane idee. Riesco quasi ad avvertire il suo volto accigliarsi e mi domando se sia stata una mossa stupida perché sin troppo evidente nella sua finzione.
«Junhoe» dice solo e mi tranquillizzo nella convinzione che se dovesse aver capito che non avevo dubbi sulla sua identità, almeno non me lo farebbe notare.
«…ti dai una mossa?» sussurra una voce in lontananza che individuo come quella di Jinhwan. Sorrido leggermente e sento Junhoe schiarirsi la gola nuovamente, in imbarazzo.
«E’ terribilmente difficile per me dire una cosa del genere» comincia «Ma sono molto dispiaciuto per quello che è successo sul set» un sorrisetto ironico si piazza permanentemente sul mio volto e penso che alla fine dei conti, anche lui possa provare dei sentimenti verso gli altri.
«L’occhio fa male, però» decido di divertirmi un po’, ma non riesco a nascondere la sottile ironia della mia voce. Infatti, Junhoe ride e dice «La prossima volta ci penserai di più prima di insultare delle ragazze in maggioranza numerica»
«Lo ha fatto per me!» si oppone Jinhwan, il suono giunge ovattato. Junhoe lo liquida con uno sbuffo e il più grande, dopo aver esclamato, gli dice qualcosa che non riesco a comprendere.
«Ho anche pensato, o meglio, Jinhwan mi ha fatto notare che in parte è stata colpa mia» prende un profondo respiro «Quindi oggi ti offro il pranzo»
 
«Mh, bene»
«Ok»
La situazione è più imbarazzante di quanto credessi. Quando Junhoe ha detto di volermi offrire il pranzo, credevo che volesse semplicemente portarmi qualcosa da mangiare come settimane fa in camerino, ma quando mi ha dato l’indirizzo di un posto non troppo lontano dall’edificio in cui lavoro mi sono dovuta ricredere. Jinhwan doveva essere presente, ma all’ultimo il manager lo ha chiamato per rivedere alcune cose non chiare per la preparazione per il Giappone.
Rigiro nervosamente una forchetta, a destra del mio piatto, e lascio che il chiacchiericcio delle persone presenti nel ristorante mi distragga dall’alquanto strana situazione. Junhoe è seduto di fronte a me e finge palesemente di leggere il menù, nonostante siano passati diversi minuti da quando abbiamo ordinato. E, se devo dirla tutta, sono rimasta molto sorpresa dalla scelta del posto, tutt’altro che economico. Deve sentirsi davvero molto in colpa.
«Allora» provo a dire, per mettere fine a questo silenzio «Jinhwan aveva da fare?»
Ovviamente conosco già la risposta, è stata la prima cosa che mi ha detto, ma di cos’altro dovremmo parlare? Non è un segreto che ci sia una certa antipatia reciproca e sicuramente non dimentico che tiene le redini del mio futuro nell’azienda con Haewon. Non ha più parlato dell’audio in cui dico che è il mio preferito, ma questo non lo cancella dal suo telefono.
Junhoe, alla mia domanda, si guarda intorno e lascia il menù sul tavolo. Ci mette un po’ prima di guardarmi per rispondere.
«Già» dice soltanto.
«La situazione è già di per sé imbarazzante, se solo tu non rispondessi a monosillabi, faresti a entrambi un grande favore»
«Non sono molto…» inizia lui, grattandosi il collo nervosamente.
«Altruista? Loquace?» lo incalzo quando si interrompe. Mi manda uno sguardo torvo ma lascia passare. Cosa è successo al Junhoe estroverso e polemico del lavoro?
«Non mi rendi le cose semplici» commenta alla fine. Sbuffo e mi abbandono sulla sedia imbottita –e incredibilmente comoda- alzando le mani per concedergli di dire ciò che vuole senza interruzioni.
«Non sono molto bravo con le relazioni sociali, ecco»
Non riesco a trattenere una risata fragorosa e vedo Junhoe farmi segno di piantarla perché ci stanno guardando tutti. Dovrebbe ringraziarmi, probabilmente le ragazze sedute nei nostri paraggi devono invidiarmi per il fatto di avermi provocato una risata con qualcosa di divertente. Ed è bello, cosa da non sottovalutare.
Davvero fai?
Un po’ di saliva mi va di traverso e sono costretta a tossire furiosamente per riprendermi.
«Scusa» dico subito, sotto lo sguardo realmente intimidito di Junhoe «Non credevo davvero»
«Tu invece sei esattamente come sembri, vero?»
«Dovrebbe essere un insulto?» rispondo di rimando. La sua bocca assume una smorfia e scuote la testa.
«Sei trasparente e per me è una grande qualità» questa volta sono io a fare una smorfia. Mi viene in mente il mio periodo alle superiori e penso che no, non è per niente una grande qualità. L’arma più efficace contro chi ti vuole assoggettare è l’indifferenza verso le critiche offensive, ma non ne sono mai stata capace. Ormai è una fase più che passata della mia vita, ma ripensarci fa sempre uno strano effetto.
Avrei voluto non essere così debole.
«A cosa stai pensando?» Junhoe mi riporta alla realtà. Mi capita spesso di perdermi nei ricordi così tanto da non lasciare che ciò che mi circonda influenzi il mio viaggio mentale, ma ora sicuramente non è il caso.
«Come fai a sembrare tanto diverso sul set?» viro la conversazione su di lui «E’ comunque difficile fingere di sentirsi a proprio agio in quel modo»
«Non sono così timido, ma solitamente non mi ritengo una persona socievole»
«A volte dimentico che sei un idol» mi lascio sfuggire e la sua fronte si aggrotta.
«Non è una critica… almeno non in questo caso» mi affretto a dire per non lasciare spazio ai fraintendimenti «però non si può neanche dire che non funzioni così»
«Così come?» domanda, visibilmente incuriosito dalla situazione.
«Sai, no?  Fan service, ammiccamenti vari… tutto fa brodo» agito una mano, sperando che questo sia sufficiente a spiegare il mio punto di vista. Una laurea e ancora certe cose non sono capace di dirle come vorrei.
«Cosa dici che potrei fare ancora?» sorride e per un attimo è lo stesso Junhoe ironico del lavoro. Sorrido di rimando e porto una mano al mento, pensando a una risposta che sfiori la simpatia.
«Un occhio nero farebbe piangere tutte le ikonic, cento per cento testato» il suo sorriso svanisce e vedo nel suo sguardo un dispiacere più grande che mi aveva fatto credere di avere.
«Mi dispiace»
«Junhoe, guardami! Sono assolutamente in grado di fare qualsiasi cosa. Passerà» provo a confortarlo perché, per Giove, quest’espressione sulla sua faccia mi lacera lo stomaco.
«Basta con questa commiserazione assurdamente esagerata» mi slancio in avanti per afferrargli istintivamente una mano «Vi ho fatto girare un video musicale molto veritiero»
Junhoe porta lo sguardo dai miei occhi alla mia mano sulla sua e me la stringe come se fosse la cosa più naturale del mondo, provocando un fastidio insistente –ma piacevole?- alla bocca dello stomaco. Punta nuovamente lo sguardo nel mio e apre leggermente la bocca per dire qualcosa, ma l’arrivo del cameriere ci fa dividere bruscamente.
Cosa cavolo è appena successo?
Alzo lo sguardo giusto il tempo di vedere Junhoe fissare il suo piatto e ringraziare, a testa bassa, il cameriere. La situazione ritorna ad un imbarazzo anche più grande di quello iniziale e mangiamo in silenzio per tutto il tempo, il rumore emesso dalle nostre bocche a rimpiazzare forzatamente le parole di una conversazione.
Junhoe si alza dopo il dolce per andare a pagare e approfitto degli istanti in solitudine per controllare il telefono, abbandonato nella tasca della giacca. Jungsu mi ha scritto dei messaggi, ma questa volta non sorrido.
Perché mi sento in colpa?
Mi convinco che non è successo niente, me lo sono solo immaginata. Ho stretto la mano a Junhoe con lo stesso affetto – e nient’altro- con cui ho abbracciato Jinhwan giorni fa, per tranquillizzare un amico.
Un.
Amico.
«Sunhee?» Junhoe è tornato al tavolo e mi alzo più in fretta del previsto, colpendo il tavolo con una gamba e facendo rovesciare un bicchiere.
«Tutto ok?» chiede di fronte alla mia reazione. Annuisco con convinzione e afferro la mia giacca «Certo, andiamo».

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***



«Com’è andata? Vi siete uccisi? Sembri sconvolta» Mike mi tartassa di domande non appena messo piede nella stanza e mi libero della giacca prima di rispondere scuotendo la testa.
Non mi sono ancora del tutto ripresa. Ma poi perché? Junhoe aveva detto di volermi offrire il pranzo sicuramente perché voleva togliersi il senso di colpa di dosso. Solo per quello.
«Fan» rispondo sotto lo sguardo interrogativo dello stilista, mentendo. Non è una bugia che saremmo potuti incorrere in alcune fan e infatti Junhoe sembrava un eschimese vestito com’era, il che deve essere evidentemente bastato a non attirare l’attenzione. E poi ci siamo salutati abbastanza in fretta una volta fuori dal ristorante, io con la scusa della pausa pranzo limitata e lui per delle prove con il gruppo.
«Spero siate stati prudenti. Sai bene cosa inventano per gelosia» annuisco e basta perché non sono davvero preoccupata, anche se dovrei sembrarlo per rendere veritiera la mia bugia.
«Buon lavoro, Mike» dico e mi immergo con tutta me stessa nel lavoro.
 
Oggi è venerdì.
Questa è la prima cosa che penso quando mi sveglio giorni dopo, una mattina.
Stasera appuntamento con Jungsu.
Sento lo stomaco rivoltarsi ma non è solo eccitazione: la stessa sensazione di disagio che ho provato leggendo i suoi messaggi mentre pranzavo con Junhoe è ancora lì, una costante che mi tormenta quanto una zanzara nel periodo estivo.
Non averlo in giro per l’edificio, almeno, mi concede di lavorare in relativa tranquillità, nonostante io pensi sempre a quell’audio.
Prima o poi dovrò domandargli quali siano le sue intenzioni al riguardo, anche se preferisco aspettare il più possibile. Non sembra voler fare nulla e non mi ha neanche più chiesto “favori” usando come leva il ricatto.
Prendo a trasportare altro materiale di scena e sospiro pesantemente prima di sentire il mio cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Lo estraggo senza fermarmi mentre leggo il messaggio che mi ha mandato Jinhwan.
Se prima ero turbata, ora lo sono anche di più. Che cavolo prende a Junhoe? E perché a me importa così tanto? Potrebbe non essere dovuto al nostro pranzo perché non è davvero successo niente.
Sbuffo pesantemente e lascio il materiale di scena sugli scaffali della stanza. Faccio avanti e indietro per ancora una decina di minuti, ma mi rendo ben presto conto che non sono concentrata e l’unico modo che ho per ritornare ad esserlo non mi piace. Quando un martello di gomma mi cade in testa perché non l’ho sistemato per bene in una mensola alta, mi decido comunque ad agire.
Indugio con evidenza sulla tastiera touch del cellulare e mi convinco che devo semplicemente mandare un messaggio. Perché mai dovrebbe risultare difficile?
Forse perché devi mandarlo a Junhoe.
Un lamento di frustrazione abbandona le mie labbra in automatico e mi siedo sconfitta vicino lo scaffale, il telefono ancora a mostrare la sua chat. Alla fine mi decido e senza troppe cerimonie scrivo “Jinhwan mi ha detto che non stai bene”. Poi però penso che potrei mettere nei guai il più grande e cancello tutto. Come posso scrivergli qualcosa senza risultare troppo invadente? Alla fine della giostra, non ci conosciamo così tanto. In questo momento vorrei tanto avere Yunhyeong a distrarmi con qualche discorso che solo lui è in grado di seguire e piantarla di sentirmi così impotente.
L’arrivo di un messaggio da Jungsu mi riporta alla realtà e il telefono mi vola dalle mani per lo spavento. Gattono fino a riprenderlo, a qualche metro da me, e mi siedo nuovamente per terra. Mi sento una bimba in questo istante, con il broncio e, al contempo, le farfalle nello stomaco.
Sicura siano per due persone diverse?
Reprimo la mia coscienza canticchiando la prima canzone che mi viene in mente e apro il messaggio di Jungsu.
“Pronta per stasera?”
No, vorrei rispondere, voglio solo restare a casa a nuotare nei sentimenti contrastanti che sottomettono il mio corpo mortale. Ma alla fine scrivo “Più che pronta”.
E passo il resto della giornata a convincermi di esserlo.
 
Guardo il calendario, parecchie ore dopo, e mi rendo conto solo ora che tra una settimana è natale. Il tempo è passato così in fretta e, tra la quantità ingestibile di cose da fare, davvero ho perso il conto dei giorni. Una scritta rossa troneggia qualche giorno più in là e segna trionfante la parola “Giappone”, ricordandomi che non manca poi così tanto tempo. Il citofono suona fastidioso e mi ridesto dai miei pensieri, afferrando le chiavi e la borsa. Sistemo ancora una volta le pieghe della gonna che indosso e chiudo la porta di casa alle spalle.
Jungsu è stupendo, come sempre. Veste una camicia nera e dei jeans celesti, al contempo semplice ma elegante, pulito nella sua compostezza. Mi abbraccia quando mi avvicino e non posso fare a meno di sentirmi a disagio, ma non mi fermo ad interrogarmi sul motivo. Si gratta poi un braccio e, con la testa leggermente piegata, dice: «Sei bellissima».
Arrossisco, forse per circostanze o forse perché i complimenti mi imbarazzano, e ricambio pensando davvero quello che dico. Se c’è una cosa che posso affermare con certezza è che non parlo senza esserne convinta, non dirò mai una cosa che non penso davvero. Al massimo sto in silenzio nel momento in cui mi farei trovare da sola in una situazione scomoda, ma non mento. Spero che Jungsu faccia lo stesso.
Mi apre la portiera della sua macchina e gli sorrido per ringraziarlo della gentilezza. Quando mi capiterà di nuovo una cosa del genere? Chissà se Junhoe sta bene adess…
Stop! Terra chiama Sunhee, ritorna in te.
E questo mi ripeto per tutta la serata. Perché, per quanto io cerchi di farmi andare bene la cosa e per quanto Jungsu mi piaccia, non sento che sia la persona giusta per me. Decido, però, di aspettare un po’ di tempo in più. E’ una persona bellissima, dai sani principi e, elemento da non sottovalutare nel complesso, è di bell’aspetto.
Così, quando ormai la serata è finita e mi accompagna fino alla porta di ingresso, ricambio il suo bacio e lo saluto con la promessa di rivederci ancora.
La notte non dormo per un’ansia ingiustificata.
 
Passata quasi una settimana, io e Jungsu ci siamo visti parecchie volte. La nostra relazione non è definita e, nonostante il fatto che ci teniamo per mano e ci baciamo, nessuno dei due osa ancora farlo. Penso che sia ovvio che ormai mi consideri la sua ragazza e io lo consideri il mio ragazzo.
Continuo a ripetermi che sia giusto così, che Jungsu sia la persona con cui adesso voglio stare. E me lo faccio bastare.
«Sunhee, quando hai finito puoi andare» Haewon mi ferma quando le passo di fianco, in corridoio. Annuisco con un leggero sorriso sul volto e le auguro di passare una buona giornata domani.
In America festeggiavo il Natale con i parenti, ma qui sono in Corea, ed è una festa riservata alle coppie. Abbastanza triste, a pensarci. Ovviamente passerò la giornata con Jungsu, ma se non fossimo arrivati a questo punto della relazione cosa avrei fatto?
«Mike, buon Natale in anticipo» dico allo stilista prima di andar via, porgendoli un pacchetto regalo.
«Cos’è?» domanda e lo invito ad aprirlo. Scioglie i nastri con delicatezza per preservarne l’integrità e procede poi con la carta, per rivelare una scatola nera di un marchio che lui sicuramente conosce. I suoi occhi, infatti, brillano e mi abbraccia con trasporto prima di tirar fuori il cappello di cui lo avevo sentito parlare ultimamente.
«Sono così felice che abbiano assunto te e non qualche vecchia arpia» commenta, ancora felice per il regalo.
«Domani hai da fare?» chiede poi, ma non mi da il tempo di rispondere che subito aggiunge «Organizzo una piccola cosa a casa mia, potresti passare»
Tentenno qualche istante, conscia di dover rifiutare perché devo passare a giornata con Jungsu, ma la tentazione di sentire almeno un po’ profumo di casa mi fa cedere.
«Un’oretta, perché no» confermo la mia presenza, «Oh, è un problema se porto qualcuno?»
 
«Dove hai detto che stiamo andando?»
Jungsu guarda la strada mentre guida, ma ogni tanto i suoi occhi saettano verso di me. Non riesco a capire se sia entusiasta della cosa o semplicemente indifferente, ma non importa. Sono sicura che me la darà vinta.
«E’ a casa di un amico. Sai, lavoriamo insieme»
«Sì? E quanti anni ha?» domanda con una punta di nervosismo nella voce. Sogghigno divertita e scuoto la testa «Sono abbastanza sicura che tu possa essere il suo tipo»
«Oh» arrossisce visibilmente per la gaffe appena fatta. E’ carino vederlo ingelosito, anche di più vederlo imbarazzato e non posso fare a meno di sorridere ancora un po’.
«Prometto che non staremo tanto. Spero solo che ci sia da mangiare» massaggio la pancia e mi lamento di non aver mangiato qualcosa prima di uscire di casa.
«Dopo possiamo andare a rimpinzarci» propone Jungsu e mi sbilancio dal sedile per stampargli un bacio sulla guancia e lo vedo sorridere.
«Mi piacciono le tue idee»
Arriviamo sotto casa di Mike, secondo l’indirizzo che mi ha indicato, e mi appresto a scendere da l’auto. La mano di Jungsu mi blocca sul sedile.
«Sunhee, avrei voluto farlo prima ma… ero troppo nervoso» comincia e lo guardo, in attesa.
«Lo sono anche adesso, a dirla tutta, però lo farò e basta» fa una pausa lunghissima e pronuncio un paio di volte il suo nome per rassicurarlo.
«Non essere così agitato» gli massaggio una spalla e un sorriso radioso gli illumina il volto.
«Vuoi essere la mia ragazza?»
Scuoto la testa divertita e confesso che mi consideravo già tale, ricevendo in risposta un “Mi sentivo di dovertelo chiedere comunque”. Lo bacio prima di uscire dalla macchina e suonare al citofono di Mike. Jungsu è in un lampo al mio fianco e mi stringe con un braccio quando tremo leggermente.
Il portone si apre e raggiungiamo in fretta l’appartamento, in cerca di calore per riscaldare i nostri nasi congelati a causa delle rigide temperature di questo periodo. E’ un posto carino e stravagante, esattamente come lo stilista. Oggetti un po’ minimal –e forse un po’ presi a casaccio?- sono spari ovunque e quadri enormi occupano le pareti principali. C’è parecchia gente, più di quanta mi aspettassi, e non tutti sono del lavoro. Intravedo la chioma colorata di Mike in un angolo, intento a conversare con due invitati che non ho mai visto e afferro la mano di Jungsu per trascinarlo in quella direzione attraverso tutte le persone presenti.
«Sunhee, sei venuta! Ci speravo molto. E lui è…» guarda Jungsu e gli porge la mano sorridente.
«Mi chiamo Jungsu, sono il suo ragazzo» risponde con le guance rosse per il calore corporeo che si ristabilisce. Mike mi guarda con le sopracciglia alzate e mi lancia un occhiolino evidentissimo quando si allontana per accogliere altri arrivati.
«Lo avevo detto che eri il suo tipo» faccio per dire, ma mi blocco quasi subito perché sento il mio nome in lontananza. Mi giro alle mie spalle e rimango per un attimo scossa nel poter notare che non solo Jinhwan è qui, ma Junhoe e Bobby sono con lui. Inizio ad agitarmi e litigo con me stessa per convincermi di non saperne il motivo, più che palese: le cose tra me e Junhoe sono diventate strane dal pranzo insieme, è innegabile. Più vedo i tre avvicinarsi, più il cuore mi scoppia nel petto e mi costringo a bere qualcosa per calmarmi.
Jinhwan è il primo a raggiungerci e non si fa troppi problemi ad abbracciarmi con affetto.
«Sono felice di vedere che il tuo occhio sia guarito» è la prima cosa che dice e rispondo «Sono una tipa tosta»
Jiwon arriva l’attimo dopo con Junhoe e mi limito a salutarli entrambi e ad augurare ad entrambi un buon Natale. A Jinhwan non sfugge la freddezza del gesto e le sue sopracciglia si aggrottano. Faccio finta di niente e, alzando lo sguardo dai miei piedi, vedo Junhoe fissare un po’ troppo con insistenza Jungsu.
«Finalmente conosco gli amici di Sunhee» attira l’attenzione Jungsu, resosi probabilmente conto dello sguardo insistente di Junhoe. Infatti, gli porge la mano e dice «Sono Jungsu, il suo ragazzo» e non capisco se la leggera smorfia che si forma sul volto del cantante sia solo frutto della mia fantasia. In ogni caso, stringe la mano del ragazzo al mio fianco prima degli altri due e sento il suo sguardo su di me mentre parlo con Jinhwan.
Una decina di minuti dopo siamo ancora tutti e cinque lì, in piedi, a parlare di quel che capita e sono contenta che Jungsu non si senta in imbarazzo nel parlare con i tre ragazzi. In realtà, rivolge la parola esclusivamente a Jiwon e Jinhwan, perché Junhoe si è chiuso in un silenzio inquietante. A volte si lascia sfuggire qualche frase sarcastica su quello che dice Jungsu, ma non sembra interessargli davvero partecipare alla conversazione. Il suo comportamento mi fa innervosire così tanto che sono costretta a lasciarli un attimo per andare in bagno a liberarmi dei numerosi bicchieri di acqua mandati giù.
Esco soddisfatta dal bagno, beandomi della solitudine in questa zona della casa, ma una voce che si schiarisce fa pompare il cuore nel mio petto come un cavallo impazzito.
«Non mi ringrazi?» Junhoe è a un metro da me e mi guarda serio, nessuna ironia nella sua voce.
«Per cosa?» chiedo e lo vedo storcere la bocca, contrariato delle parole che sta per pronunciare.
«Ti ho fatto fare un passo avanti enorme con quel Jungsu»
«Quel Jungsu sta con me perché ha voluto parlarmi di persona, non perché tu hai scritto due frasi da un telefono» ribatto, improvvisamente infuriata dal suo atteggiamento insensato. Qual è il suo cavolo di problema? Gli agguanti al bagno non me li sarei mai aspettati.
Junhoe ride e mi allontano senza lasciargli possibilità di replicare.
«Scusate ragazzi, ma non mi sento molto bene» dico, rivolta a Jinhwan e Jiwon.
«Possiamo andare?» chiedo a Jungsu e lui annuisce, passandomi una mano sulle spalle visibilmente preoccupato. Saluto Mike, mimo a Jinhwan un “Ti chiamo” vicino alla porta e in un istante siamo di nuovo con il sedere congelato per strada.
«Hai bevuto qualcosa di strano?» Jungsu mi apre la portiera della macchina e mi lancio affranta sul sedile.
«No» scuoto la testa «Troppa gente. Andiamo a mangiare qualcosa»
E spero che lo stomaco pieno possa levarmi dalla testa la faccia delusa di Junhoe.






 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***



 
Mi rendo effettivamente conto di non aver chiamato per niente Jinhwan quando vedo il suo nome apparire sul telefono e la suoneria interrompere il silenzio della stanza. Mi alzo dal pavimento e lascio la valigia nella totale confusione di vestiti e intimo per afferrare l’apparecchio. La mano un po’ mi suda e la passo sui pantaloni per poi trascinare il tasto verde della risposta alla chiamata.
«Ah! “Ti chiamo” un corno, Sunhee. Buon primo dell’anno più che passato. Mai stato in ansia per la chiamata di una ragazza per neanche riceverla, poi» prorompe subito, la voce un misto di ironia e rabbia accennata. Sbuffo e passo una mano sul volto, osservandomi intorno: la camera è un disastro, roba sparsa ovunque e attualmente non riesco a capire dove si trovi il mio letto. Le so preparare le valigie, insomma.
«Non sbuffare!» rimprovera Jin dall’altro capo del telefono e roteo gli occhi d’istinto. Da quando è diventato così mia madre?
«Dai, non l’ho fatto di proposito. L’hai conosciuta Haewon» ribatto, usando il lavoro come scusa. In realtà non mi sono dimenticata di chiamare Jinhwan, l’avrei fatto la sera stessa di Natale. Solo, poi ho cambiato idea. Sembrava così sensato in quel momento! Volevo parlargli di tutto quello che sta succedendo, di me, di Jungsu, di… Junhoe. Alla fine mi sono tirata indietro come una codarda, pensandomi paranoica circa la situazione e ho creduto di poter accantonare la cosa senza troppi problemi. Per due settimane. Ora che sento la voce amica e rassicurante di Jinhwan, però, non credo più di poterci riuscire.
«Jinny» dico, prima che lui introduca un altro discorso e mi lasci il tempo di cambiare nuovamente idea «Ho bisogno di un amico, adesso. Posso contare su di te?»
 
«Ok, se me lo avessi detto prima, avrei risposto di no»
Jinhwan è in piedi, sulla porta della mia stanza, e si osserva intorno confuso. Lo guardo impassibile dal letto, che sono riuscita a trovare, dopo essermi ricavata uno spazio dai vestiti e ragiono su come introdurre il discorso. Al telefono non gli ho detto praticamente nulla e forse avrei dovuto almeno accennare la situazione, perché dal vivo è anche più strano.
«E’ solo qualche valigia» dico e il suo sguardo saetta sul mio volto, cercando di capire se io stia scherzando. Quando non rido, alza le braccia frustrato.
«E credi che io sappia prepararle?»
«Sì? Sei il più grande del gruppo, hai delle responsabilità» incrocio le braccia e lo fisso con il broncio, sperando che questo possa convincerlo a darmi una mano.
«Non sono tua madre e tu sei abbastanza grande» cerca di resistere alle mie suppliche, ma non mi arrendo.
«Come no! Mezz’ora fa mi stavi rimproverando di non averti chiamato»
«D’accordo, allora! Non ti lamentare di quello che esce» cede alla fine «Ma non pretendere che io faccia tutto da solo».
Scuoto la testa sorridendo e balzo giù dal letto, felice della conquista. Non perdiamo un momento e le valigie diventano la priorità per tutta l’ora successiva. Un’ora bella abbondante, nella quale sbuffo e Jinhwan mi lancia sguardi torvi alternati ad altri sguardi di sottecchi che non riesco a decifrare. O almeno fino a quando non dice:«Quanto ancora hai intenzione di aspettare prima di vuotare il sacco? Spero davvero di non essere qui solo per le valigie»
Oh, diamine. Credo di amarlo follemente.
«Quanto ancora TU avevi intenzione di far finta di nulla?» domando, non del tutto esterrefatta dalla cosa. In fondo, Jinhwan deve essere abituato a sistemare le cose nel suo gruppo nel ruolo di più grande e certi stati d’animo dovrebbero essere a lui palesi. Ora si tratta solo di capire quanto abbia effettivamente compreso.
«Non volevo pressarti, però ho bisogno di una pausa da questa quantità assurda di vestiti» e allora accetto la proposta, più che felice di allontanarmi dalla confusione della stanza e cercare di fare chiarezza, con lui, su quella nella mia testa. Ci sediamo al tavolo in cucina e prendo qualche bevanda e snack che Jinhwan non esita a mangiare: è in un qualche modo strano –ma piacevole- sapere che si senta così a suo agio con me, nonostante non ci conosciamo da così tanto tempo.
«Tutto questo ha a che fare con Junhoe» afferma convinto e sbatto una mano sul bancone della cucina, facendolo sobbalzare.
«Dove hai messo la palla di cristallo?»
«Sunhee, te l’hanno mai detto che sei un libro aperto?» be’, quasi. E’ stato Junhoe, il giorno del pranzo: mi ha detto che invidia il fatto che io sia esattamente come sembro. Forse parlava anche di questo.
«Non capisco perché si comporti così! Cosa gli ho fatto?» gli chiedo, liberandomi del peso sullo stomaco almeno parzialmente. Jinhwan prende un altro snack e scuote la testa sgranocchiando.
«Devi mangiarli tutti adesso?» faccio spazientita. Ho bisogno che la cruda realtà dei fatti mi venga sbattuta in faccia.
«Una cosa importante da sapere su Junhoe è che non sa esprimere come si sente per il novanta percento delle volte» comincia, sgranocchiando di tanto in tanto qualcosa «Quindi capisco come questo possa causare disagio»
«Quanto me ne frega. Lo sai che mi ha ricattata?» sputo fuori in un lampo, sperando in una reazione davvero più esagerata del necessario che tuttavia non arriva. Poi, i pezzi iniziano ad unirsi lentamente.
«Tu lo sapevi! Lo hai sempre saputo!» gli punto un dito contro e in risposta abbassa la testa, confermando le mie parole.
«Non posso crederci» sussurro, camminando avanti e indietro per sbollentare, senza però riuscirci.
«Come…» cerco di dire, ma nulla sembra fare al caso mio in questo istante.
«Sunhee, ferma un attimo» cerca di calmarmi e mi blocco sul posto solo per puntellare i piedi per terra e incrociare le braccia con evidente delusione.
«E’ vero, lo sapevo, ma non ho detto né fatto nulla perché non gli avrei mai permesso di divulgare quell’audio» mi rassicura «Junhoe, comunque, non lo avrebbe mai fatto»
«Stronzate» scuoto la testa alla sua ultima affermazione «Lo avrebbe fatto eccome. Si è comportato come se volesse rovinarmi l’esistenza, sempre. Non capisco cosa dovrebbe essere cambiato»
Alle mie parole, Jinhwan scuote solo la testa con più evidenza ed insistenza.
«Te l’ho già detto, è difficile per lui»
Sono pronta a ribattere quando mi interrompe «Sei innamorata di Jungsu?»
Mi ammutolisco. Qual è la risposta alla domanda? Ho cercato di non darmene una, ho cercato di evitarla il più possibile.
«E’ così difficile» grugnisco e mi accascio sulla sedia di fronte a quella di Jinhwan, dall’altra parte del tavolo. Passo le mani sul volto e chiudo gli occhi, sperando che il momento di adesso si blocchi per lasciarmi pensare a una scappatoia.
Ma Jinhwan mi afferra e mi costringe alla realtà.
«Non lo è. Anzi, è una domanda abbastanza semplice» lo guardo ancora, i gomiti poggiati al tavolo e le mani a sorreggermi il volto. Poi guarda l’orario sul mio telefono e si alza in fretta, raccogliendo la sua roba sparsa nella mia stanza.
«Che è? E’ scattata mezzanotte e cenerentola deve tornare a casa?» dico mentre lo seguo nella sua raccolta di chiavi, telefono e oggetti vari dal pavimento.
«Più o meno. Oggi devo rientrare entro un certo orario» risponde senza neanche guardarmi. Sospiro e lo accompagno alla porta, insoddisfatta dalla nostra conversazione. Forse mi aspettavo che Jinhwan non prendesse le parti di Junhoe, sperando vanamente, e ovviamente la conversazione ha preso una piega sfavorevole.
«Ascoltami» richiama la mia attenzione prima di uscire definitivamente dalla porta «Non ti posso dire quello che provi, perché non sono te. Ma a me sembra abbastanza ovvio che tu una risposta te la sia già data, solo non ti piace»
Appunto.
«Ci devo pensare su» parlo fievolmente, torturando la maniglia della porta e senza alzare lo sguardo sui suoi occhi.
«Già, dovresti. E dovresti anche parlare con Junhoe, seriamente»
«Ma non fa altro che aggredirmi con le sue battutine! No» protesto e sento Jinhwan sospirare.
«Non partire prevenuta. Ti ho detto che il novanta percento delle volte non sa esprimere le sue emozioni: offrigli la possibilità e ti darà tutto il restante dieci percento»
«Ci vediamo domani pomeriggio per il volo, non scordare lo spazzolino» dice e si affretta verso il dormitorio.
E poi non si comporta come mia madre.
 
Il giorno dopo arriva in un’attesa straziante e piena di ansia, peggiorata dalla presenza di Jungsu la mattina stessa della partenza. E’ così evidente quanto sia dispiaciuto dal fatto che io stia via per un periodo, ma non riesco davvero a sentirmi allo stesso modo. Jungsu mi piace, ma non sento la necessità di passare tutto il tempo che ho con lui. E’ normale in una relazione? Vorrei poter dire che sia dovuto alla mia inclinazione alla solitudine, tuttavia sarebbe estremamente ipocrita da parte mia perché scalpito per vedere Junhoe, per chiarire con lui. Le incomprensioni non mi lasciano vivere serena.
Jungsu mi abbraccia forte in aeroporto e mi bacia una volta prima di salutare con un braccio lo staff di lavoro al completo poco lontano da noi. Li raggiungo in fretta, schivando persone che sfrecciano con numerose valige, ed Haewon mi domanda subito se io sia sicura di aver preso tutto. Mi porge il biglietto e l’attimo dopo procede allo stesso modo con i collaboratori appena arrivati.
«Pronta per questa nuova esperienza?» domanda Mike, il biglietto già in una mano e il carrello colmo di valigie vicino ai suoi piedi.
«Hai portato davvero tutta quella roba?» evito di rispondere alla domanda e porto la conversazione su di lui, seriamente sorpresa della quantità di vestiti che possa esserci nelle valigie.
«Sono uno stilista. Se non io, chi? Avrò la possibilità di prendere parte a tantissime sfilate, non posso presentarmi in pigiama» e non posso far altro che concordare con lui.
«Ehi, Sunhee! A quanto pare passeremo il viaggio in aereo insieme» si avvicina a noi una ragazza del lavoro, Yuna, e sorrido sollevata dalla notizia. Posso dire che mi stia simpatica e almeno potremo parlare di qualcosa durante le due ore che ci aspettano.
Il gruppo al completo, preceduto dal loro manager e altri dello staff, arriva poco dopo.
Entro ed esco dalle applicazioni sul mio telefono, non realmente interessata, solo per non posare lo sguardo su una certa persona.
«Spazzolino?» interrompe tutti i miei sforzi Jinhwan. Gli occhi cercano istintivamente Junhoe, occhiali da sole e look total black. I suoi capelli, infatti, ora sono neri e, oh madre, sembra che il colore esista solo perché lui possa portartlo ed indossarlo in ogni maniera possibile.
«Terra chiama Sunhee» mi riporta Jinhwan alla realtà e borbotto un «Mi ero persa nei pensieri…» e gli chiedo subito dopo di dare uno sguardo alle mia valigie e mantenermi il biglietto perché devo andare in bagno prima del volo. Mi fa un certo senso andarci in aereo, oltretutto non ho assolutamente intenzione di levare le mia natiche dal sedile.
Quando torno, ci affrettiamo per il check-in e alle ore di volo si somma l’assurda attesa delle procedure per salire sull’aereo. Stranamente Yunhyeong non mi parla troppo, ma non sembra arrabbiato. Si offre di portare la mia valigia che non verrà imbarcata, nonostante abbia fatto mettere le sue tutte in stiva per non dover portarsi nulla dietro. Sull’aereo, la sistema in uno degli appostiti spazi sopra i sedili e mi stringe una mano mentre si dirige qualche metro più dietro. Dal canto mio, prendo posto al sedile indicato sul mio biglietto e non posso fare a meno di esultare perché si trova vicino al finestrino. Vedo Yuna salire a bordo e si avvicina entusiasta. Siede sollevata di potersi rilassare per le prossime due ore e Junhoe, salito dopo di lei, si ferma esattamente in corrispondenza dei nostri posti nel corridoio dell’aereo. Sto già per domandargli, con irritazione, quale sia ora il suo problema, ma mi precede rivolgendosi a Yuna.
«Credo che questo sia il mio posto» e sposta gli occhi su di me per un secondo, prima di tornare a guardare la mia amica. Lei cerca frettolosa nella borsa ed estrae dopo poco il suo biglietto aereo, il tutto con me che osservo la situazione con le sopracciglia aggrottate.
«Oh, devo aver visto male la lista di Haewon» parla sottovoce e alza la testa verso di me «Mi spiace, Sunhee. Magari ce la facciamo per il viaggio di ritorno» e mi lascia lì, imbambolata, a seguire i movimento di Junhoe che dapprima porge la valigia a Yuna per sostituire lo spazio sul suo sedile con la sua valigia.
L’atmosfera è pesante e lo sento sbuffare diverse volte. Penso a cosa fare adesso e il pensiero di dover  sopportare questo per due ore mi fa disperare in silenzio. Mi sollevo leggermente con le gambe per osservare la disposizione degli altri e noto Jinhwan esattamente seduto vicino a Yuna. Ok, qualcosa non va.
In particolare perché lo sanno tutti che il più grande e Junhoe siano molto amici e, soprattutto, è alquanto improbabile che Haewon abbia commesso un errore nel segnare i posti dei biglietti. Il suo lavoro le impedisce di essere distratta e aver eseguito per lei compiti per mesi non mi lascia nessun dubbio.
Prendo il telefono e digito qualcosa sulla chat di Jinhwan, e la conversazione
si sposta lì.
Provo a scrivergli altri dieci messaggi, ma non ricevo nessuna risposta. Mi sollevo nuovamente per controllare cosa stia facendo e lo vedo mostrarmi il telefono che si sta spegnendo.
Sbuffo infastidita da questi complotti e metto il mio in modalità volo. Prendo un profondo respiro e mi sistemo meglio per fronteggiare il ragazzo al mio fianco.
«Junhoe» lo chiamo e toglie dalle orecchie gli auricolari. Mi guarda, sorpreso e con la fronte leggermente aggrottata, ma non dice nulla. Leggo dalle sue iridi scure che non stia esattamente bene e spero che non sia a causa della tensione che ormai è una costante tra di noi.
«Questa situazione è assolutamente insostenibile. Se ho fatto qualcosa che abbia urtato la tua sensibilità» mi trattengo dal ridere «mi dispiace davvero. Ma non riesco a sopportare che tu non mi parli più» dico tutto d’un fiato. Junhoe non dice davvero niente per i seguenti due minuti e inizio a pensare di aver dato una strana impressione, così aggiungo «O a sentire le tue sparate egocentriche, sul serio. Non posso giurare che me le farò piacere ma per favore, dì qualcosa»
«Ero certo che prima o poi avresti sentito la mancanza della mia impeccabile ironia» lo colpisco ad un braccio.
«E’ davvero questa la prima cosa che ti sia venuta in mente?»
«No» risponde ridendo «Però è quella che mi è piaciuta di più»
Fantastico, egocentric Junhoe is back.
E a me non dispiace.
La hostess di volo ci costringe a fermare la conversazione, ma non ascolto un accidente di quello che dice perché troppo euforica di avere indietro questa strana amicizia. Concentro tutta me stessa nella procedura di emergenza, ma mi volto verso Junhoe senza pensarci nel momento in cui avverto i suoi occhi sul profilo del mio viso.
«A che pensi?» gli chiedo allora, rendendomi conto del suo sguardo assorto.
«Che anche tu mi sei mancata» e non riesco a evitare che un sorriso si pianti sulle mie labbra.
Se questo è un assaggio del suo dieci percento, non vedo l’ora di conoscerlo del tutto.






Angolo del nonsense:
Hello everyone!
Solitamente evito di scrivere qualcosa alla fine perché aggiorno durante la notte, ma oggi mi ritrovo a mettere il capitolo nel pomeriggio ed ho un po' di tempo.
Voglio innanzitutto ringraziare formalmente le persone (3!!!!) che hanno aggiunto la storia tra seguite/preferite perché mi fa molto più che piacere, e chi si premura di lasciarmi sempre una recensione ai capitoli, è bello trovare qualcosa da leggere su quello che scrivo (e amo gli scleri alle bastardate che metto sempre:-)).
Passando invece alla storia, vorrei dire che mi rendo conto che questi due capitoli siano stati un po' Meh, Junhoe appare a tratti ed è quasi sempre scazzato, ma da questo momento in poi ritornerà in scena stronger than beforrrrrrrrre. So prepare yourselves to quello che accadrà ora che arrivano in Giappone perché vi vorrete strappare il cuore, modestia a parte insomma (poi magari questo pezzetto lo cancello se realizzo di aver scritto 'na bella cagata). Jinhwan penso che sia perfetto nel ruolo di angelo/diavolo custode e spero piaccia anche a voi!
Ora una domanda: #teamJunhoe o #teamJungsu? A dirla tutta, non ho ancora chiaro in mente come la storia finirà, questo vuol dire che tutto può succedere!!!!! Magari Mike diventa etero e scoppia l'amore
E niente, ditemi pure ciò che pensate.
Ah, mi scuso per l'infarto che vi ho probabilmente causato con la gif inizio capitolo e con le precedenti, ma certe cose VANNO fatte.
Baciucchi 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Avevo totalmente dimenticato quanto Junhoe potesse essere irritante.
Il non essere stati in buoni rapporti per qualche tempo aveva suscitato in me una mancanza che adesso non riesco neanche a ricordare, perché tutto quello che vorrei fare in questo istante è colpirlo in faccia. Che novità.
«Perché sei così ossessionato dai telefoni altrui? Non vuoi vivere cent’anni?» domando retorica a Junhoe, in aereo, mentre scorre le mie chat e sottrae il telefono alle mie mani che tentano di prenderlo nuovamente.
«Non mi interessano i telefoni altrui, mi interessa solo il tuo» che dovrebbe significare?
«Non mi importa, molla l’osso» dico in ogni caso, seriamente preoccupata che possa in qualche modo aprire la chat con Jungsu. Non ci siamo davvero detti molto per messaggio, ma l’idea che Junhoe possa leggere le mie conversazioni con lui mi infastidisce in qualche modo, quasi mi imbarazza.
Junhoe non ascolta le mie suppliche ed inizio a pensare che sia un’abitudine che non riesce a togliersi, ricordando quando l’ho trovato a trafficare per la prima volta con il mio cellulare durante le riprese del loro video musicale.
«Non posso credere che tu non abbia il mio numero salvato!» dice, voltandosi a guardarmi contrariato.
«Che primadonna! So che quello è il tuo numero» ma Junhoe non ascolta. Scorre la mia rubrica e emette dei lamenti scocciati quando legge i nomi dei suoi amici nonché parte del  suo stesso gruppo.
«”Jinny” addirittura» si ferma sul numero del più grande e sposta ad intervalli regolari lo sguardo dal cellulare nelle sue mani e il suo amico seduto lontano.
«Adesso siete migliori amici? Spettegolate mentre mettete lo smalto?» domanda, un pizzico di fastidio nella voce. Crede davvero che io possa rubargli l’amico?
«Non dire sciocchezze! Solitamente sperimentiamo nuovi preliminari»
Neanche il tempo di pronunciare le parole –palesemente ironiche-, che Junhoe si gira a guardarmi con le sopracciglia aggrottate e le labbra in una smorfia. Dalla mia espressione, però, deve essersi reso conto dell’assurdità della cosa e si rilassata visibilmente sul sedile, il telefono ancora stretto nella sua morsa e lontano dal mio campo di ricezione.
«Stavo seriamente per lanciarmi da questo aereo» commenta e non posso fare a meno di ridere.
«Non fare il pudico, non ci crede nessuno» ribatto scuotendo la testa.
«Ah, non si tratta di essere o non essere pudico. Solo che tu e Jinhwan… no, grazie» e chiude gli occhi, forse cercando di scacciare un’immagine sconveniente dalla sua mente.
«Perché? Saremmo una bellissima coppia» Junhoe apre gli occhi di scatto e mi guarda serio prima di dire: «Non accadrà un’altra volta»
Non faccio in tempo a domandargli cosa volesse dire perché la hostess ci interrompe per assicurarsi che non necessitiamo nulla. Appena questa procede, apro la bocca per poter porre i miei dubbi a Junhoe, ma lui ha già infilato gli auricolari e guarda nel corridoio dell’aereo. Prendo un profondo respiro e abbandono la testa sulla mia mano, il cui braccio è incastrato in qualche modo sulla cornice del finestrino.
E dormo.
 
«Non vedo l’ora di provare quanto siano elastici i letti di quest’hotel!»
Yunhyeong si riserva uno schiaffo sul collo da Hanbin che sottovoce gli dice «Vuoi che ti sentano tutti? Moderati»
Siamo stipati in un ascensore esageratamente grande e ci sono persone esterne allo stuff, quindi comprendo perché Yunhyeong sia stato ripreso. Tuttavia, quando sto per rivolgere al leader uno sguardo di pura ammirazione per la maturità dimostrata rispetto all’amico, ormai imbronciato, aggiunge «Comunque scommetto che mandano molto più in alto dei precedenti».
Do loro le spalle nell’unico movimento che mi è concesso in questo spazio per non doverli ascoltare ulteriormente e Junhoe e Jinhwan smettono di parlare di qualsiasi cosa riguardasse la loro conversazione.
«Sei stanca?» chiede il più grande e annuisco, sfregandomi gli occhi.
«Ho bisogno del mio sonno ristoratore»
«Hai bisogno di dormire regolarmente otto ore a notte» mi corregge Junhoe e lo fulmino con lo sguardo.
«Cavolo ne sai tu di quante ore dormo?» in risposta, il moro rotea gli occhi.
«Non è necessario essere nelle forze segrete per notare le occhiaie che hai perennemente in periodo di lavoro»
«Ha ragione!» infierisce Jinhwan «La sera di Natale a casa di Mike non le avevi»
Involontariamente guardo Junhoe.
E lo vedo.
Vedo il suo volto dipingersi di un’espressione indescrivibile. Deglutisce, spostando gli occhi a concentrarsi sulla porta metallica dell’ascensore. Vorrei negarlo a me stessa, ma so che sta pensando all’incontro con Jungsu e alla nostra conversazione lampo, perché lo faccio anche io.
Sembra che alcune cose debbano ancora essere discusse a dovere prima di passare oltre.
Le porte dell’ascensore si aprono e un po’ di persone escono, compresi Jinhwan, Donghyuk e il loro manager. Yuna si avvicina a me, ora che lo spazio per muoversi è maggiore e allaccia un braccio al mio per non perdermi di nuovo. Siamo in stanza insieme, naturalmente, come la disposizione iniziale dello stuff per l’aereo.
«Junhoe, vengo da te tra un po’» dice Jinhwan una volta fuori, ricevendo un accenno con la testa in risposta.
Arriviamo al nostro piano qualche secondo dopo e Hanbin mette un suo braccio sulle mie spalle per stringermi in quello che sembra un abbraccio totalmente personalizzato.
«Vieni a saltare con noi?» chiede sotto lo sguardo speranzoso di Yunhyeong. Sorrido per la proposta e sono realmente tentata di rispondere affermativamente, ma la stanchezza si fa sentire più che mai.
«Magari domani, il mio corpo anela un letto adesso» e Hanbin mi fa un occhiolino prima di allontanarsi con i suoi compagni di stanza.
«Che stanza avete?» sento Yuna chiedere a Chanwoo, il quale le mostra il numero sulla chiave: è la stanza di fianco alla nostra.
Anche la mia collega se ne accorge ed esala un sospiro di sollievo «Per fortuna! Ho l’ansia in posti che non conosco»
Mi fermo davanti alla porta della nostra stanza e maneggio con la chiave elettronica per trascinarla nel verso giusto. Tento a più riprese e mi innervosisco anche di più quando Chanwoo riesce ad aprire la sua prima di me. Provo almeno altre tre volte quando la carta mi viene sottratta dalle mani in un gesto così fugace da non permettermi di opporre resistenza e osservo in silenzio Junhoe strisciare la chiave nell’apposito spazio con una calma disarmante. Le luci del dispositivo diventano verdi –e non rosse, come capitava a me- e Yuna esulta alle mie spalle, totalmente ignorata da me perché troppo occupata a guardare il ragazzo che mi è di fronte senza sapere esattamente cosa fare.
Così mi cimento nella cosa che so fare meglio: rovinare tutto.
«Ti sembro mica stupida?»
«Cosa?» dice Junhoe evidentemente sorpreso dalla mia reazione «Volevo solo darti una mano»
Sbuffo per l’ennesima volta oggi e Junhoe passa una mano sul volto, esausto del mio atteggiamento evidentemente troppo aggressivo.
«Fa un po’ come ti pare» e si dirige alla sua stanza, sbattendo la porta.
«Lo farò!» quasi urlo di rimando, chiudendo a mia volta la porta della stanza con più violenza perché Junhoe lo senta. Borbotto qualche insulto a mezza voce, il volume minimo perché Yuna mi senta perfettamente. Infatti, alzando gli occhi dalla mia valigia alla sua faccia, la ritrovo con uno sguardo perplesso e la fronte aggrottata, spostando l’attenzione dalla mia faccia a qualcosa alle mie spalle.
«E’ meglio se ti gir-» inizia con il dire, ma un’altra voce proveniente dal luogo delle sue attenzioni la interrompe.
«Che diavolo?»
Mi giro lentamente solo per ritrovarmi la faccia sorpresa di altre due persone, viste appena due secondi fa: Chanwoo ha la bocca totalmente spalancata, mentre Junhoe si limita ad avere quella faccia infastidita che sembra possedere ventiquattro ore al giorno tranne quando è troppo impegnato a cantare. Mi concedo un momento per osservare meglio il motivo per cui tutto questo sia possibile e resto allibita dal notare che nel muro che dovrebbe separare le nostre stanze, c’è un grande varco che lascia spazio ad una porta da esso ricava e, più in là, quella che definirei una finestra che si affaccia dall’altro lato e quindi nella stanza dei due ragazzi.
«Qualcuno lassù mi odia parecchio» mormoro, totalmente contrariata dal dover fondamentalmente condividere la mia stanza con loro, con Junhoe.
«Ne sapevate qualcosa?» chiede allora Yuna, prendendo la parola dopo minuti di silenzio collettivo e istanti di smarrimento. La sua domanda sembra portarci tutti nuovamente con i piedi per terra e pronti a venire a capo della più che ridicola situazione.
Chanwoo è il primo a rispondere «Niente di niente, sono stupito quanto te»
Junhoe alza le spalle per affermare la stessa cosa e tutti guardano me, ricevendo un accenno negativo del capo prima che io proponga una soluzione.
«Bene, allora andiamo a parlare della questione con la reception»
 
«Spero nessuna di voi dure russi, coinquiline» afferma Junhoe ironico una volta ritornati nella nostra stanza. Siamo stati per più di mezz’ora a discutere con l’addetto alla reception di notte, il quale era stato, tra l’altro, appena assunto e per questo non sapeva cosa fare e chi chiamare. Ovviamente non parlava il coreano e si è creata anche più confusione perché dovevo tradurre tutte le lamentele che gli altri tre elargivano contemporaneamente.
Chanwoo è stato il primo ad arrendersi, ormai esausto e con le palpebre calanti. Yuna lo ha seguito a ruota e anche io lo avrei fatto se solo Junhoe non sembrasse così determinato nell’assicurarsi l’inesistenza di una via d’uscita.
«Puoi anche finirla qui, non abbiamo occupato noi tutte le altre stanze dell’hotel» rispondo seccata, pensando ai molteplici controlli che abbiamo fatto fare al receptionist prima di andare via sconfitti dall’inevitabile: nessun’altra stanza disponibile per almeno due settimane.
«Scusate» dice quindi, sforzandosi «La cosa non mi va molto giù»
Non posso fare a meno di concordare silenziosamente con lui. Al di là dei nostri conflitti, essere in camera con Junhoe e Chanwoo significa dover rinunciare alla nostra privacy, il che andrebbe bene se solo non dovessimo restare qui per più di tre settimane.
«Per quanto tempo hai detto?» mi domanda Yuna pensierosa mentre avvicina le sua valigie al letto che ha scelto, quello più lontano dall’altra stanza. A me toccherà il più vicino, simmetrico al letto che Junhoe ha dovuto prendere dopo aver perso contro il più piccolo a morra cinese.
«Un paio di settimane» risponde Junhoe prima di me, indaffarato a sistemare gli indumenti della sua valigia nei cassetti del comodino affiancato al suo letto.
«E’ tutto ok, cercheremo di collaborare per preservare le nostre necessità» mi rivolgo a lui gentilmente. Non si ferma ma mi riserva qualche secondo di attenzione nel quale mi ringrazia con gli occhi. E c’è anche del dispiacere? Probabilmente, e non posso negare di provarlo in prima persona al pensiero della stupide lite avuta per l’aiuto che mi ha concesso nell’aprire la porta.
«Va bene, ragazzi, credo che andrò a fare una doccia» annuncia Chanwoo e mi ricordo di guardare l’orario: ormai è mezzanotte passata. Yuna prende coscienza dell’orario qualche secondo contato dopo di me e mi fissa supplichevole.
«Non ti dispiace se occupo per prima il bagno? Prometto che farò in fretta» e non posso fare a meno di annuire. Sono stanca morta e vorrei dormire il prima possibile, ma è anche vero che non riesco a dire di no in certi casi e questo letto è super comodo. La mia collega non se lo lascia ripetere due volte e si fionda con il pigiama e l’intimo nel vano bagno, chiudendosi la porta alle spalle con un leggero rumore.
Stesa sul mio letto, punto lo sguardo a quello al mio simmetrico, nell’altro vano della stanza e vedo Junhoe armeggiare con il comodino. Seguo senza pensarci le linee del suo corpo e mi fermo, come sempre, ad osservargli troppo il volto, dalle labbra piene agli occhi come pietre scure ardenti. Scendo a delineare con lo sguardo le sue braccia che compiono lo stesso movimento, dalla valigia al comodino, dal comodino alla valigia e mi scappa una risata sommessa nel momento in cui è chiaro che non abbia la minima idea di quello che stia facendo: si limita a spostare quello che trova nei cassetti con lo scopo di svuotare la valigia, senza un filo logico nella sistemazione. Junhoe si accorge del mio sguardo e punta le sue iridi su di me, al di là del muro.
E, semplicemente, mi guarda.
Io lo guardo.
Senza dire niente, senza accennare ad abbandonare improvvisamente le nostri posizioni, bloccati dall’intreccio che i nostri occhi hanno creato con spontaneità.
Lui è il primo a distogliere lo sguardo e un moto di delusione si espande violento nello stomaco. Un lamento esce spontaneo dalla mia bocca e mi mordo un labbro per trattenerlo il più possibile. Ovviamente il moro sente benissimo e mi affretto a dire qualcosa per spiegare in qualche modo l’accaduto e i pensieri che mi frullano in testa.
«Non volevo fare la stronza» oh, grande Sunhee, 10 punti a te.
«Immagino» commenta lui soltanto, facendomi sentire ancora più stupida. Non so cos’altro dire e rimango in silenzio mentre lui si sdrai sul suo letto, nella perfetta posizione simmetrica alla mia.
«L’intento non era sminuirti» inizia ad un certo punto, il rumore dell’acqua delle docce che scroscia ovattata «Volevo davvero solo aiutarti»parla, riferendosi alla chiave elettronica.
Copro la faccia con i palmi delle mani e sospiro pesantemente, pensando alle sue parole che bruciano terribilmente perché ha ragione: non volevo essere sminuita.
«Sono abituata a cavarmela da sola» fornisco come scusa alla mia reazione, ma so che non è legittima a tutti gli effetti.
«Lo so, Sunhee. Sei in gamba, non è un segreto per me» non appena udite queste parole, il volto inizia ad andarmi in fiamme. Se per aver sentito il mio nome pronunciato da lui o per il significato generale della sua frase è ancora da determinare.
«Non farlo» ribatto nell’immediato, un tono di urgenza e ansia nella voce. Junhoe inclina la testa sul cuscino nella mia direzione e domanda «Cosa?»
Così rispondo «Crearti aspettative. Resterai deluso» e sulle sue labbra vedo distendersi un sorriso.
«Non me ne sto creando, sto semplicemente constatando la realtà. Solo una persona in gamba può avere già una laurea alla tua età»
La sua affermazione è così inaspettata che mi ritrovo a tossire in totale imbarazzo.
«Come…» comincio per scoprire come abbia fatto a saperlo. Sono abbastanza sicura di non averne mai parlato con qualcuno che non fosse Mike. Oh!
«Ho sentito te e Mike parlarne prima che io arrivassi in camerino il primo giorno che ci siamo incontrati» conferma le mie idee e ritorno ad avere un respiro regolare per quel che mi è possibile.
«Spero che Jungsu si meriti queste tue qualità» dice di punto in bianco «A discapito del fatto che tu sia mestruata cinquanta ore al giorno»
«Dimmi qualcosa che già non so» ribatto sarcastica, consapevole della realtà di quello che dice. Perché Jungsu, però, viene sempre tirato in ballo?
«A te non piace» dico, dopo averci pensato un attimo.
«Di che parli?» chiede lui allora, in cerca di maggiori informazioni e rispondo semplicemente con il nome del mio ragazzo.
«Non saprei dirtelo, non lo conosco affatto» tenta, ma scuoto la testa senza accettare una risposta così vaga. La sua faccia e il tono della sua voce parlano chiaro ogni volta che Jungsu viene messo in mezzo. Lui stesso lo mette in mezzo quando discutiamo e mi pare palese la sua avversione nei suoi confronti, che lui voglia ammetterlo o no.
«Dai, non mi offendo» provo ancora,sperando che dica realmente ciò che pensa. Non che abbia molte attese al riguardo, ma tentar non nuoce.
Junhoe, prima di dire qualsiasi cosa, si mette a sedere e mi offre la vista delle sue spalle. Aggrotto istintivamente le sopracciglia alla sua reazione, stupita dal fatto che una domanda così semplice possa richiedergli tanto sforzo. Non ci vuole molto a dire “Mi sta sul culo”, o sbaglio? Mi siedo anche io, ma incrocio le gambe sul letto in sua direzione mentre lo vedo poggiare i gomiti sulle ginocchia e affondare il volto, esausto, nelle mani, per poi tornare con la testa a guardarmi il poco che basta per dire: «Non mi piace molto, ma ho paura che non sia un giudizio poi così incondizionato»
«Ovvero?» chiedo titubante. Mi sono rotta di queste risposte così vaghe, non hanno senso e mi mettono ansia. Junhoe tentenna e lo scroscio dell’acqua delle docce resta per un attimo l’unico suono nella stanza.
«Mi piacerebbe poterlo dire in un’altra situazione ma…» e la porta della stanza di Junhoe viene scossa da forti pugni prima che lui possa terminare la frase. Mi guarda e dai suoi occhi capisco che non sentirò mai le parole finali del suo pensiero.
Abbasso lo sguardo sulle mie mani e il moro si alza per andare ad aprire la porta, lasciando entrare Jinhwan che si lancia subito sul letto, il volto orientato opposto al muro e pertanto ignaro del doppio vano.
«Non ti sei ancora lavato?» chiede, infatti, al più piccolo e trattengo una risata quando poi continua «Penso che andrò da Sunhee allora»
Junhoe alza un sopracciglio e guarda in mia direzione, aspettando che io dica qualcosa.
«Neanche io sono riuscita a lavarmi» parlo chiaro e vedo Jinhwan, fermo per i due secondi successivi, alzare la testa dal cuscino e girarla verso di me con lo sguardo corrucciato.
«Cosa cavolo è questa storia» e si alza per controllare da vicino. Inizia a tempestarci entrambi di domande, ma né io né Junhoe abbiamo attualmente la facoltà mentali per rispondere con concretezza. A salvarci è infatti Chanwoo, poiché esce dal bagno vestito ma con i capelli bagnati e, dopo aver salutato il più grande, gli spiega tutto animatamente.
Junhoe, in silenzio e sotto il mio sguardo, prende i suoi vestiti e si chiude in bagno, accurandosi di non alzare la testa.
E nel frattempo penso, che vorrei che il muro metaforico tra me e Junhoe si distruggesse.









 
Buon sabato a tutti ^-^
SONO COSI' FELICE CHE LA STORIA VI STIA PIACENDO!!!! E mi dispiaccio moltissimo perché siamo arrivati al punto in cui le cose si complicano. Ops :-)
Perché Junhoe si comporta così? E cosa pensa realmente di Jungsu? Lo scopriremo nella prossima puntata
Oh, grazie mille alle due ragazze che hanno recensito i capitoli precedenti aw, mi avete resa molto felice ♥)
Baciucchi

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***



Il risveglio è strano. Per così dire.
Sono di lato che osservo l'altra stanza e guardo le spalle di Junhoe, ancora. Non ho dormito quasi per niente e infatti Chanwoo si è lamentato più volte durante la notte del fatto che mi rigirassi troppo tra le coperte. Ad un certo punto ho quindi deciso di scegliere una posizione comoda abbastanza e di smettere di tentare di prendere sonno, facendomi bastare gli intervalli di appisolamento di breve durata. Ho avuto numero notti insonni, ma mai per motivi del genere, mai per aver litigato –in un qual modo- con una persona.
Neanche Junhoe, comunque, si è mosso tanto.
Ricordo solo che stava a pancia in su e l’attimo dopo, quando ho riaperto gli occhi, era steso di lato e mi dava le spalle. Non saprei se interpretare il gesto come voluto e quindi per evitare il mio sguardo o come semplice ricerca di comodità in un letto che non è il suo.
Credo più la prima.
«Sunhee, puoi andare tu in bagno stamattina prima di me, se vuoi» Yuna è già in piedi e sistema per l’ennesima volta i suoi indumenti nei cassetti e nell’armadio della stanza. Si è portata davvero tante cose, ma d’altronde non la biasimo: è parte dello staff nell’ambito di moda e sicuramente vuole che questo sia evidente sul lavoro.
Annuisco soltanto alla sua concessione e altrettanto in silenzio cerco cosa mettermi tra i miei vestiti già sistemati, senza alzare la testa oltre il muro al rumore delle coperte del letto di Junhoe che si spostano.
 
«La colazione è la mia parte preferita della giornata» asserisce Jiwon, una volta seduto al tavolo. Ingurgita una quantità assurda di cibo, e sembra non rendersi conto che l’aria tra tutti noi è abbastanza pesante, forse per il sonno, perché non mi spiego altro. La cosa davvero inquietante è che il primo a non dire niente sia Jinhwan, il quale semplicemente a volte mi guarda, seduto di fronte a me, e alterna le sue occhiate a un morso della sua colazione o un sorso della sua bevanda. E’ pensieroso e me ne rendo conto, ma davvero non ho la forza psicologica di dirgli niente, adesso. Ci penserò più tardi.
«Perché state tutti così? E’ successo qualcosa che non so?» chiede ancora Jiwon, realizzando che il silenzio sia un dettaglio inusuale. Nessuno dei presenti accenna neanche minimamente a voler fornire una risposta.
«Rilassati un po’, Ji, siamo solo assonnati» risponde una voce alle mie spalle e non ho bisogno di girarmi per sapere che appartiene a Junhoe. Gira attorno al tavolo e prende posto tra lui e Jinhwan, evitando prontamente di alzare lo sguardo dal suo piatto con poco cibo. Il più grande nota come me la misera colazione e manda al moro un’occhiataccia, senza però proferire parola al riguardo. Solo, mastica con più violenza il suo pasto, la mascella contratta. Sobbalziamo tutti quando si alza dal suo posto con violenza e afferra il suo piatto.
«Non vi reggo più» dice e sparisce fuori dalla stanza. Incontro le iridi di Junhoe, ma dura un attimo, perché distolgo lo sguardo e mi alzo a mia volta dopo aver deciso di non voler stare seduta qui senza Jinhwan.
 
Inizio a sentire di dover parlare con il mio amico sempre di più man mano che la giornata procede.
Nel pomeriggio l’agenzia che ospita la nostra offre una visita nei luoghi tipici della città e, non riuscendo a reggere Yuna che parla senza interruzioni o qualsiasi altra persona, speravo di poter godere dell’appoggio silenzioso di Jinhwan. Lui, però, mi evita come se avessi la peste e sbuffo con evidenza quando tento di nuovo di avvicinarmi senza risultati soddisfacenti.
La voce fastidiosamente deliziosa dell’assistente giapponese che ci guiderà nella nostra permanenza fa roteare i miei occhi istintivamente e calcio un sassolino nel momento in cui pronuncia un’altra volta il nome di Junhoe con quel suo accento distorto.
«June» lo richiama con il nome con cui è noto nel gruppo «guarda un po’ questo laghetto!» e lui fa semplicemente quello che conviene, annuendo o sorridendo appena quando dice qualcosa che richiederebbe più partecipazione da parte sua.
Ammetto che mi innervosisce questo interesse e ammetto anche che sono felice che dal moro non sembri essercene poi così tanto.
Perché ho accettato questo lavoro? Avrei potuto sin dal principio racimolare qualche soldo il necessario per fare richiesta della borsa di studio e trovare un lavoro part-time per le altre spese. E invece no! Devo vivere quest’esperienza lavorativa da sogno con preoccupazioni di ogni genere verso una persona per cui non dovrei averne. Accidenti a me.
Sono fidanzata, per l’amor del cielo.
«Pensierosa quest’oggi?» chiede Mike avvicinandosi a me che ormai ho dato le spalle alla scena pietosa di qualche minuto fa.
«Un po’, Jinhwan mi sta evitando» ammetto, trovando nello stilista qualcuno di cui posso fidarmi adesso.
«Ho notato dei comportamenti strani, in effetti» commenta lui con una mano sotto al mento «Hai provato a parlarci?»
«No?» propongo con un tono di ovvietà «Ho detto che mi evita»
«Non mi sembra che Jinhwan sia una persona troppo restia ai chiarimenti» spiega il suo punto di vista Mike «Probabilmente per questa volta dovrai essere tu a fare il primo passo»
Emetto un lamento e mi stropiccio gli occhi, fregandomene del filo di trucco accennato stamattina per coprire i segni evidenti di una notte insonne.
«Quando cavolo ce ne andiamo da qui?» domando in risposta, evitando le parole dello stilista.
«Forza, Sunhee! Goditi l’ambiente»
«Ci tornerò da sola e senza tutto questo schiamazzo» dico un po’ troppo ad alta voce, udendo da lontano Junhoe e la giapponese parlare, e attraverso un piccolo ponte per allontanarmi maggiormente in vista dell’irritazione che aumenta. Continuo a camminare e vedo Jinhwan seduto ad una panchina sotto un albero, cercando magari di rilassarsi. 
Mi viene sinceramente da piangere e voglio il mio Jinny che sa sempre cosa dire.
Metto da parte per un attimo il mio temperamento aggressivo e mi lancio sulle sue spalle per abbracciarlo più forte possibile, seguendo il consiglio di Mike.
«Ma che diamin-» non riesce a finire di parlare perché precedo ogni sua richiesta dicendo «Jinny, per favore, non essere arrabbiato, ho bisogno di te» e chiudo gli occhi sperando che non mi cacci via dopo una dichiarazione così emozionante.
«Però non stritolarmi» risponde e allento la presa solo per potermi sedere di fianco a lui e abbracciarlo ancora.
«Cosa devo fare con te?» dice sospirando e accenno una risata perche, cavolo, ricorda davvero mia madre.
«Perché sei di cattivo umore?» chiedo, lasciandogli lo spazio per respirare ma afferrandogli comunque una mano. In questo istante ho bisogno di conforto e Jinhwan è il mio nuovo pupazzo umano.
«Mi fate esasperare»
«E’ per il muro?» prorompo subito «Davvero non lo abbiamo fatto di proposito, era assolutamente impossibile buttarlo giù così facilmente»
Ma Jinhwan scuote la testa e stringe di rimando la mia mano, fermandosi a fissarla pensieroso.
«Non possiamo parlarne adesso, non è il caso» risponde e mi appoggio alla panchina affranta. Dovrò aspettare sicuramente stasera sul tardi per poter avere qualche risposta circa il suo comportamento, se non peggio. Sapere che adesso non mi eviterà più, mi concede la volontà sufficiente per poter sopportare l’attesa e, osservando nuovamente il suo volto contrito, gli accarezzo una spalla con conforto. Non ho idea di cosa voglia parlare, ma cercherò di aiutarlo in ogni caso.
 
Il rientro in hotel per poterci cambiare e andare a mangiare qualcosa è abbastanza irritante e mi ritrovo seduta disgraziatamente –e dopo una silenziosa discussione con Yunhyeong- vicino ad Harumi, l’assistente giapponese, la quale a sua volta ha di fianco Junhoe. Per poter attirare l’attenzione del moro, infatti, si sporge su di me prepotentemente e agitando i suoi capelli terribilmente lunghi e di un nero pece sulla mia faccia, indicando cose che a nessuno interesserebbero mai: “Guarda, un cartello stradale tipico delle vie giapponesi!” o ancora “Un signore nel bel mezzo di una passeggiata” e via dicendo. Diciamo che dopo un po’ inizi a pensare se sia stupida di suo o se faccia finta, inevitabilmente. Harumi stessa mi conferma la seconda ipotesi una mezz’ora dopo, nella hall dell’hotel.
«Sunhee, giusto?» attira la mia attenzione e tutti i presenti la guardano come se fosse pazza. Da quando tutto questo interesse per me? Non credo neanche di essermi mai presentata a lei.
«So che parli giapponese» continua lei «Mi farebbe piacere parlare con te ogni tanto nella mia lingua! Che dici se facciamo un giro qui intorno?»
Guardo per un momento Jinhwan e lui mi fa cenno, titubante, di andare, lasciandomi la sicurezza che verrà a recuperarmi tra un po’ se necessario, in vista di questa situazione fin troppo ambigua.
Gli altri si avviano senza di noi e Harumi allaccia un mio braccio, trascinandomi di fronte alle enormi vetrate dell’hotel per osservare le luci della città. Inizia a parlare solo dopo essersi accertata che nessuno sia nei dintorni.
«Scusami tanto se ti sono sembrata strana» parte, la voce già più in un tono più serio rispetto a quello civettuolo di pochi minuti fa, in macchina «Ma mi sembri bene inserita con gli altri»
«Che vuoi dire?» domando allora, in cerca di maggiori chiarimenti su quello che in realtà vuole da me.
«Sai… ho visto che abbracciavi Jinhwan» spiega, un sorrisetto malizioso sul volto che non lascia spazio ai fraintendimenti. Crede davvero che io e Jinhwan….
«No! Ti sbagli davvero» mi affretto a dire, ma lei sembra non voler sentire ragioni e scuote la testa mentre si lancia in una risata fragorosa.
«Hee» abbrevia il mio nome «non devi spiegarmi assolutamente niente, non sono affari miei e non ti ho presa da parte con quella scusa mediocre per confidarci i segreti di una relazione» torna seria e poggia una sua mano sulla mia schiena, voltandomi nuovamente verso la vetrata e verso la vista della città.
«Hai visto June, no? E’ uno schianto» dice in giapponese e sento immediatamente un impeto violento attraversarmi il corpo, gli occhi appannarsi per un secondo.
«Junhoe» correggo, la voce forse troppo irata «Si chiama Junhoe»
«E’ uguale» sminuisce lei agitando la sua mano curata. La guardo torva e lei aggiunge «Non fare quella faccia, Hee. Quanto resterete qui? Due? Tre settimane? Il tempo di combinarci qualcosa e non avrò più bisogno di ricordare il suo nome»
«Stai scherzando» dico allora, allontanando la sua mano da me e fronteggiandola. Chi se ne frega della vista sulla città.
«Solo una stupida si lascerebbe sfuggire una situazione del genere, un gran bel pezzo di ragazzo del genere!»
D’accordo. Adesso voglio davvero schiaffeggiarla.
«Non sono cieca, ho afferrato il concetto» e mi rendo contro troppo tardi di sembrare davvero troppo infastidita dal suo interesse per il moro. Per evitare che qualcos’altro mi esca nello stesso tono, cerco di non farle domandare niente chiedendo «E  quale sarebbe il mio ruolo?»
In questo istante mi faccio più che schifo per averlo detto. Tuttavia, riflettendoci a dovere, quello che Junhoe fa non mi riguarda e non dovrebbe riguardarmi. Agisce come ritiene corretto, è adulto e vaccinato e io non ho motivo di intromettermi nelle sue scelte, giuste o sbagliate che siano. D’altronde –e sarà la decima volta che me lo ripeto in una settimana- noi non ci conosciamo poi così tanto. Il suo apparente disinteresse potrebbe essere, in realtà, una forma di palesato tentativo nei confronti di una ragazza.
In ogni caso non mi importa.
Bugiarda.
«Adesso inizi a piacermi!» commenta entusiasta la ragazza «Non devi fare molto, solo cercare di concederci più tempo da soli, sai, allontanando gli altri o cose così» e ascoltato ciò, annuisco, tornando a guardare la città illuminata.
«Credo di interessargli almeno un po’… i ragazzi fanno così, cercando di mostrarsi indifferenti» parla sovrappensiero, senza preoccuparsi troppo che io la stia ascoltando. Purtroppo per me lo faccio.
«Come fai ad esserne tanto sicura?» chiedo allora, un tono di voce che rasenta la sconfitta e non capisco perché, davvero no. Junhoe può farsela con chi gli pare. Sissignore.
«Non so spiegarlo… sensazione? Mi è sempre capitato così» cerca di dirmi lei, ma continuo a non capire. Continuo a sperare che non sia così, in verità.
«Penso che saremo grandi amiche» dice infine Harumi.
Torno in stanza una decina di minuti dopo e sbatto la porta più arrabbiata e irritata di quanto dovrei essere. Bella giornata di merda.
«Successo qualcosa?» chiede Chanwoo, sporgendosi dal buco del muro. Lo guardo torva per invitarlo a non dover ripetere il gesto –ancora non mi fido della solidità di quel muro- e rispondo con un evasivo «Niente»
Nel frattempo digito un messaggio a Jinhwan: “Quella lì è una psicopatica in astinenza” e mi sdraio sul letto sperando che tutto si spenga e mi lasci riposare per qualche istante.
«Va bene, allora» dice Chanwoo, affranto dalla mia risposta «Vado da Yunhyeong»
«Aspetta» lo fermo, rendendomi conto dell’assenza nella mia stanza «Dov’è Yuna?»
«Non sapeva cosa mettersi e tu non c’eri, così è andata da qualcuno al piano di sotto» e si chiude la porta alle spalle. Nello stesso momento, Junhoe esce dal bagno lindo e pulito dopo una doccia e mi volto dalla parte opposta del letto per non dover pensare alla conversazione che ho appena avuto.
«Non hai dormito stanotte» parla lui allora e maledico me stessa per non aver fatto più silenzio «Resti qui stasera per risposare?» e lasciare che quella piovra metta i suoi tentacoli su di te? Non esiste.
«Sto egregiamente, grazie» e mi metto a sedere per controllare la risposta di Jinhwan al mio messaggio.

Da: Jinny
??? Vieni in camera         

«Avevi detto che non vuoi fare la stronza» inizia Junhoe, senza che io possa guardalo negli occhi dalla posizione in cui mi trovo «Quindi perché adesso ti comporti così?»
«Non lo so, ok? Sono nervosa» rispondo e metto una mano sul cuore sentendolo battere all’impazzata. Ma che diamine?
«Credevo… credevo che avessi capito che mi puoi dire tutto» tenta Junhoe e mi domando se questo sua comportamento tanto sbilanciato dai suoi soliti canoni sia dovuto al fatto che non lo stia osservando dritto in faccia. Mi alzo in piedi e mi volto verso di lui per cercare di capirlo.
«Non so se sarebbe opportuno dirtelo» allargo le braccia e mi abbraccio subito dopo, a disagio. Come prenderebbe la situazione se glielo dicessi? Ci starebbe?
«Non puoi saperlo finché non me lo dici» prova ancora e leggo nei suoi occhi la speranza che io lo faccia davvero, non tanto per quello che direi, ma per il semplice fatto che lo farei senza raggiri o secondi fini. Solo perché mi fido nel dirgli certe cose.
«Harumi…» comincio e aggrotta le sopracciglia «Mi ha chiesto di dargli una mano con te» e concentro lo sguardo altrove.
«E tu cosa hai risposto?» chiede quindi titubante. Si gratta la nuca e una strana espressione gli si dipinge sul volto.
«Ho evitato di farlo, volevo prima sapere cosa ne pensassi tu» mento. In realtà non le ho propriamente risposto, ma non è neanche vero che io non lo abbia fatto: secondo lei le darò una mano con Junhoe.
«Visto? E’ stato un bene che tu me lo abbia detto» annuisce convinto e mi sorride leggermente, probabilmente grato che io lo abbia fatto davvero. Non sono sicura che due giorni fa glielo avrei accennato minimante, ma con il senno di poi penso che si meriti almeno un po’ di impegno da parte mia nel nostro rapporto altalenante. Per dirla tutta, è stato molto paziente nei miei confronti nonostante il mio atteggiamento spesso aggressivo e che avrebbe allontanato chiunque. Con questo non voglio dire che sia stato sempre onesto, basta ricordare che mi ha ricattato e infatti avrò modo in futuro di parlare anche di questo.
«Vado dagli altri, penso che vogliano fare una live veloce prima di uscire» mi informa mentre afferra il portafogli e la giacca «Se dovessi aver bisogno…» e mi mostra il cellulare dalla sua mano destra. Annuisco grata della richiesta, ma lo fermo prima che esca dalla porta.
«Junhoe» si gira verso di me e osserva il mio volto dalla piccola finestra «Non hai risposto»
«A cosa?» chiede lui allora e vedo che un secondo dopo ha già capito a cosa mi stessi riferendo.
«Oh» dice e ride, quasi incredulo. Afferra nuovamente la maniglia della porta e la apre, fermandosi sulla soglia per ritornare a fissare le sue iridi scure nelle mie.
«Sunhee, tu lo sai» parla piano, come se mi stesse raccontano il segreto dell’universo «Non vuoi saperlo perché ancora non lo accetti, ma lo sai» e mi lascia a guardare la porta della sua stanza chiusa.







Alloooooora non ho molto da dire, in realtà, ma ho bisogno di chiarire subito che l'ambientazione in Giappone è ovviamente in parte inventata, non credo neanche siano andati a gennaio. Insomma, non prendete tutto ciò che trovate come vero, ecco. 
E nulla, fatemi sapere cosa ne pensate se vi va e ci vediamo al prossimo capitolo ;)
Baciucchi

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



 
Per tutta la serata non faccio altro che essere pensierosa e, lo devo ammettere, abbastanza confusa.
Il locale non è niente male, tranquillo e riservato con decorazioni tipiche della tradizione giapponese. Il sushi, poi, è ottimo. La compagnia un po’ di meno.
Harumi, a tal proposito, procede con la farsa del quoziente intellettivo di una gallina sgozzata e la sua voce è più alta di quella di tutti. Non ho neanche bisogno di esplicitare chi abbia costretto a sedersi alla sua destra al tavolo.
Jinhwan è seduto più lontano da me e, prima di entrare in macchina fuori dall’hotel, ha provato a chiedermi con gli occhi spiegazioni circa il messaggio che gli avevo mandato sull’assistente giapponese, ricevendo in risposta un cenno negativo del capo. Non era davvero il momento adatto per parlarne, in particolar modo dopo che le parole di Junhoe mi avevano affollato la mente.
“Tu lo sai” ha detto e fin qui ci arrivo anche. Ma, quello che mi domando da qualche ora a questa parte: perché non ho idea di che cosa si stesse riferendo? Si presuppone che il sapere qualcosa voglia dire saperla sul serio e non so dove cercare l’informazione a cui alludeva Junhoe.
Jinhwan potrà aiutarmi, ne sono certa.
«Un brindisi!» urla Harumi ad un certo punto e si appresta a piazzarmi un bicchiere di qualcosa tra le mani dopo aver fatto la stessa identica cosa con Junhoe, al suo fianco. Mando giù la bevanda e la sento bruciare per la gola, trovandolo estremamente piacevole. Mi sento di essere in una di quelle fasi in cui ho bisogno di allentare i miei freni inibitori quel tanto da poter staccare la mia mente dalla realtà delle cose, ma so anche che non accadrà oggi con tutte queste persone. Pochi hanno avuto la fortuna di vedermi brilla.
«Sunhee, prendine un altro» incita la ragazza, ancora. Scuoto il capo evitando accuratamente di guardare quanti ne stia facendo bere a Junhoe –con il suo scopo ben evidente ai miei occhi- e mando giù altro sushi.
Harumi insiste più del dovuto e mi ritrovo a negare numerose volte l’offerta, con il risultato che mi sta facendo innervosire.
«Cara, sei molto persuasiva ma non credo sia il caso di continuare» accorre Mike in mio aiuto e un sospiro di sollievo mi esce involontariamente dalle labbra dischiuse.
Sto giusto pensando di doverlo ringraziare per questo salvataggio quando aggiunge: «Non vorrai forse privarci di un genio!»
Gli mando uno sguardo torvo mentre finge di ridere sguaiatamente e lo maledico per la sua boccaccia. Nessuno doveva saperlo, pensavo che avesse capito come potesse essere imbarazzante per me.
Questa volta, però, provo ad agire prima che la situazione degeneri.
«Non è davvero il caso di parlarne» dico aspramente e poso le mie bacchette sul piatto con troppa forza, facendo sobbalzare Yuna alla mia sinistra.
«Adesso sono curiosa» parla Harumi, passando lo sguardo da me a Mike con un luccichio negli occhi che mi mette i brividi. Fisso ancora una volta lo stilista e lui subito si tappa la bocca con del cibo, spostando l’attenzione sulle lucine che adornano il locale.
«Non esiste!» protesta la mora allora, comprendendo come la questione per me e Mike si sia chiusa qui. Batte le mani ripetutamente sul tavolo, facendo scuotere i piatti di tutti e non posso fare a meno di pensare che sia assolutamente ridicola.
«Hee, dimmelo» ordina, ottenendo da parte mia due sopracciglia aggrottate e nient’altro. Perché mai dovrei dirle qualcosa che mi riguarda sotto tanta insistenza anche se non voglio?
«Ho detto che devi dirmelo» continua ancora, facendomi arrivare al punto da volermi alzare da questa sedia solo per schiaffeggiarla. Sarei potuta arrivare al punto di dirglielo di mia sponte, ma a queste condizioni se lo può anche dimenticare.
«Mike stava solo scherzando» provo allora come ultima spiaggia, sperando che davvero possa credere a una cosa del genere. Tuttavia, la risata che libera subito dopo, sottile e irrisoria, chiarisce perfettamente che la cosa non la convinca.
«Mi sono accorta, sai» dice, agitando in aria l’indice e medio tra me e o stilista «di quello sguardo ammonitore. Non è uno scherzo affatto»
Pulisco la bocca dai residui del sushi e lascio aggressivamente il fazzoletto affianco al mio piatto.
«Certe cose non sono tenuta a raccontarle a te» ribatto, dando inizio ad una serie di botta e risposta così assurdi da farmi salire l’ira alle stelle. E’ una stupidaggine, non dovrei sentirmi a disagio nel dire a qualcuno di avere diciotto anni e di avere già una laurea, ma sento anche che in qualche modo mi metterebbe troppo al centro di un attenzione che non desidero. In più, l’unica persona che realmente è tenuta a sapere le cose è il mio capo, Haewon, a cui non frega niente. Cosa vuole adesso questa qui?
All’ennesimo “Dimmelo!” elargito con estrema prepotenza, mi alzo con violenza dalla sedia –sentendomi un po’ Jinhwan come questa mattina- e mi affretto a raccogliere le mie cose.
«Ragazzi, vengo con voi» alzo la voce per lasciare che alcuni dello staff che hanno deciso di andare via ora mi possano sentire.
«Penso di averne abbastanza per stasera» continuo a tono normale e lascio dei soldi a Mike perché paghi la mia parte. Guardo brevemente verso Harumi prima di uscire dalla porta e vedo Junhoe cercare di togliere le sue mani dalla sua maglietta con pochi risultati. Esco senza ammettere di averci dato un peso che non ha.
L’aria fredda della serata è un calmante da non sottovalutare e nel tragitto verso l’hotel ho modo di placare la rabbia che mi ribolle dentro.
Mi addormento nel rilassante silenzio di una stanza vuota.
 
La seguente settimana passa stranamente.
Harumi non mi ha rivolto più la parola, ma non ha neanche fatto scenate, evitando invece di trovarsi sola con me e cambiando strada se mi vedeva in fondo ad un corridoio. A me sta più che bene.
Per tutti gli altri non posso dire che ci siano stati cambiamenti evidenti, se non che sembrano tutti, a volte, guardarmi con gli occhi di chi sa qualcosa più di te che ti riguarda. All’inizio mi creavo problemi sul dovermi chiedere o meno se mi interessasse, ma tempo qualche giorno e ho preso la saggia decisione di poter vivere anche senza quell’informazione. Se nessuno è venuto a dirmelo, non deve essere poi così importante.
E’ inevitabile pensare al fatto che tra poco più di due settimana torneremo a Seul e in anche meno di un mese ho intenzione di lasciare il lavoro.
Con questa esperienza metterò da parte abbastanza per poter fare domanda per il master e non dovermi preoccupare delle spese per un po’ di tempo. Sto vivendo la cosa con riluttanza quando mi aspettavo nessuna implicazione emotiva e non è mai neanche stato il mio obiettivo iniziale quello di rimanere a lavorare per l’agenzia per sempre. Prima o poi sarebbe dovuto accadere.
Con questi pensieri scendo le scale dell’hotel verso il piano di Jinhwan, dovendo, oltre a recapitare un messaggio di Haewon, parlare con lui di quella questione che mi accennava i primi giorni in Giappone. Un’altra volta, più che altro, perché si è categoricamente rifiutato di dire qualsiasi cosa rifilandomi un “non è così importante” che non mi sono bevuta.
Mando un ultimo messaggio a Jungsu dal telefono e busso alla stanza, realizzando in questo istante di aver interrotto una discussione piuttosto –sembrava- vivace tra Jinhwan e quella che pareva essere la voce di Junhoe.
«Sunhee entra pure, Junhoe stava giusto andando via» parla il più grande con un tono di disappunto nella voce. Il moro sospira affranto e sussurra un “Come ti pare” prima di sparire in corridoio.
Senza avermi degnata di sguardo.
Il nostro rapporto procede piuttosto amichevolmente e non abbiamo più litigato, quindi il suo atteggiamento non me lo spiego.
Mi convinco che la cosa mi renda indifferente.
«Problemi di coppia?» cerco di alleggerire la tensione facendo un palese riferimento all’otp dei due molto famosa tra le fan, ma la cosa non sembra far sorridere Jinhwan.
«Jinny» mi avvicino parlando con apprensione «che succede?»
Lui non fa altro che guardare per terra e non mi basta altro per capire che stia cercando di mandar via delle lacrime. Un altro passo verso di lui e ci stiamo abbracciando in un inconsapevole supporto reciproco: per il mio disagio lavorativo e per qualunque sia il suo problema.
«Non mi odi, vero?» chiede Jinhwan e istintivamente domando se sia forse impazzito, causandogli un riso leggerissimo ma ben gradito alle mie orecchie.
Mi invita a sedermi per poter parlare liberamente.
«Le cose tra me e Junhoe non vanno molto» ammette, torturandosi le mani sul grembo. Me ne ero accorta, in effetti. Durante i concerti si avvicinano solo per quel minimo fan service che serve a far urlare le ikonic e l’unico ambito in cui discutono è quello pratico musicale e nient’altro. Potrebbe sembrare pura collaborazione tra due persone che fanno parte di un gruppo, ma per chiunque abbia visto entrambi insieme fuori dal palco o dal lavoro, nota chiaramente che qualcosa non vada come dovrebbe.
«Era di questo che stavate parlando poco fa?»
«Sì» risponde Jinhwan «Ma la cosa che mi manda in bestia è che non mi dice chiaro e tondo quale sia il problema»
«E come spiega la cosa? Tu hai qualche idea?»
Il ragazzo mi manda un’occhiata che non riesco ad interpretare, ritornando nella stessa espressione di prima in un secondo. Scuote la testa, affranto.
«Dice che non se la sente di essere in mia compagnia»
«Evidentemente» cerco di tirargli su il morale «la compagnia di persone stupide come Harumi alleggerisce il suo animo» e ride leggermente.
«A proposito» si ricorda Jinhwan «non ti sta dando problemi, vero? Dopo quella sera…» e non conclude, lasciando aleggiare nell’aria il resto delle sue parole.
Questa volta sono io a guardarmi le mani mentre scuoto la testa in cenno negativo.
«E’ successo per una sciocchezza, sai» parlo, alzando lo sguardo giusto il tempo di controllare la sua espressione. Mi va di dirlo a lui, mi fido.
«Mi sono laureata un po’ prima di quando avrei dovuto» faccio spallucce «Tutto qui»
E Jinhwan scoppia a ridere furiosamente. Si contorce sul suo letto e non mi risparmio di sorridere di rimando per l’assurdità della cosa.
«Sembrava fosse qualcosa di veramente importante» commenta una volta ripreso dagli spasmi delle risate «Però è una cosa… interessante, direi»
«Mi spiace essere andata via così, comunque. Non ho detto nulla dopo perché mi sentivo a disagio» cambio ancora discorso e vedo lo sguardo di Jinhwan addolcirsi.
«Sono felice che Junhoe abbia ancora sentimenti di riguardo almeno per te» e un punto interrogativo mi si dipinge sulla faccia. Qual è la connessione con lui?
«Non capisco il nesso» dico allora e Jinhwan spalanca gli occhi forse avendo realizzato qualcosa. Si riprende subito e, con evidente difficoltà, cerca di spiegarmi. Dopo una serie di frasi sconnesse si blocca e pondera le parole da usare, dicendo poi «Ha detto ad Harumi di farsi, cito testualmente, i cazzi suoi»
«Blateri» parlo allora, incredula.
«Davvero!» insiste lui «Non smetteva di lamentarsi e di torturare Mike, così si è innervosito e ha detto quel che ha detto» scuote la testa con una risata accennata sul volto, nel ricordo del momento «E’ stata abbastanza divertente la reazione di Harumi»
Non gli chiedo cosa ha fatto la ragazza, perché posso immaginarlo e comunque non mi importa. Più che altro, mi ritrovo di getto a negare la tesi assurda di Jinhwan.
«Lo avrebbe fatto chiunque, quella ragazza è un calcio nei testicoli» affermo convinta «E sto cercando di essere gentile»
«No Sunhee, è abbastanza evidente che lo abbia fatto per te, non si sarebbe interessato così tanto per qualcun altro» prova a convincermi «Lo conosco bene» conclude e vedo la tristezza ritornargli nello sguardo. Gli massaggio una spalla senza proferire parola, aspettando che si calmi.
Inaspettatamente, è lui a prendere le redini e a continuare il discorso.
«E’ affezionato a te: ti sta dando il dieci percento» si ferma un attimo, pensieroso «Solo che a quanto pare non vuole fartelo sapere»
«Le ha solo detto di non rompere, Jin. Non voglio mettere in dubbio le tue convinzioni, ma mi sembra una teoria costruita sul nulla» ribatto, non volendo accettare che abbia detto quelle parole per me.
«Ovviamente non parlo soltanto di quella sera, mi riferisco anche al video musicale» e, di fronte al mio sguardo più interrogativo di prima, Jinhwan spalanca gli occhi anche più di quanto dovrebbe riuscire a fare.
«Possibile che tu non lo sappia?» scuote la testa, incredulo, e aggiunge «Il gruppo di ragazze che mi infastidiva e tra cui c’era quella che ti ha colpito, te le ricordi, no?» annuisco titubante e lascio che continui a parlare.
«Junhoe non ci ha visto più nulla sul serio. Ha fatto una sfuriata assurda e ha detto al manager che se non le avesse mandate via, si sarebbe potuto scordare la sua presenza nel video. E’ stato abbastanza suggestivo, a pensarci»
E io che…
Stupida.
Sono arrivata addirittura ad odiarlo ad intervalli regolari perché non si era interessato minimamente al mio occhio e invece si era assicurato che quelle ragazze non mettessero più piede nella sua stessa stanza.
Un brivido mi percorre la spina dorsale e un piacevole bruciore invade il mio stomaco.
Gli importava –e a quanto pare gli importa- tanto di me senza che ne avessi la minima idea, senza darmi la possibilità di ringraziarlo. Forse il nostro rapporto non farebbe così schifo se mi fossi comportata meglio o se lui mi avesse detto queste cose.
«Non ne avevo idea» rispondo in un sussurro a Jinhwan, ormai con la testa altrove.
«Te lo avrei detto prima se avessi saputo»
«Non fa niente, non è colpa tua. Sono felice, però, che tu me lo abbia detto adesso» lo ringrazio e lo abbraccio un’ultima volta.
«Devo andare a parlare con lui, non mi sento di aspettare di cambiare nuovamente umore e tornare ad odiarlo per poterlo affrontare» e Jinhwan semplicemente sorride e mi incita a lasciare la stanza in fretta, con la promessa che gli racconterò tutto.
Percorro i corridoi quasi saltellando e gli altri clienti dell’hotel mi guardano storto per questo, ma al momento non me ne curo. E cerco di non pensare all’inaspettata gioia che mi pervade da capo a piedi in questo istante, perché forse la motivazione non mi piacerebbe molto.
Mi rendo conto di non avere la minima idea di come introdurre l’argomento a Junhoe senza essere troppo imbarazzante non appena metto piede sul pavimento lucido del nostro piano.
Devo approcciarlo in stanza? Forse sarebbe bussare direttamente alla sua porta –continuo a pensare che in realtà quella stanza fosse stata concepita come una per via del doppio bagno e delle due porte. Potrebbe, però, non essere tornato direttamente qui e…
Una risata fin troppo riconoscibile mi stuzzica spiacevolmente le orecchie e mi blocco esattamente di fronte la porta della stanza che Junhoe e Chanwoo avrebbero dovuto condividere da soli. La voce proviene da lì, ne sono più che sicura, e per un attimo non so se andare nella mia e passare più tardi.
O andare altrove. Sarebbe come se fossi lì, dopotutto.            
Non ho il tempo di pensare ad un piano d’azione che la porta si apre con un click e il volto di Harumi viene attraversato da un istante di pura sorpresa prima di ritornare costruita e controllata.
«Sunhee, sei qui» parla, nessuna particolare emozione nella voce se non pura e semplice constatazione. Junhoe guarda meglio dalle spalle della giapponese ed è invece evidente un cambio di espressione sul suo volto. Non sembra sorpreso, piuttosto… sollevato?
Esito prima di rispondere «Sì, cercavo Junhoe» e lei sorride in risposta.
«Tutto chiaro» annuisce facendo un passo fuori dalla stanza.
«June, ci vediamo a lavoro, suppongo» la scelta delle sue parole mi lascia aggrottare le sopracciglia. Non voleva provarci?
Passandomi affianco, mormora un «Potevi dirmelo» e manda un bacio volante perché anche Junhoe veda che mi sta salutando. Che diavolo di problema hanno tutti? Dirle cosa, esattamente?
Sto ancora guardando l’immagine impressa nella mia mente dei suoi piedi che attraversano il corridoio quando Junhoe mi richiama alla realtà.
«Oh, sì, scusa» ritorno a concentrarmi su di lui, il quale mostra con evidenza che non sa come comportarsi. Ho detto che lo stavo cercando, prima.
Lascio da parte l’eventuale disagio che la situazione ha generato e chiedo, stranamente per via del fatto che condividiamo la stanza: «Posso… entrare?» 
In risposta il moro annuisce ed apre meglio la porta ponendosi di lato con essa per permettermi di passare. La chiude titubante.











 
Dedico questo spazio a ringraziare tutti coloro che seguono la storia e un grande bacione a chi ha avuto un attimo per lasciarmi una recensione!! Grazie Grazie Grazie Grazie per i mille complimenti che mi fate sempre per la storia e per la passione che dimostrate nel leggerla ♥♥♥♥ 
Ci vediamo al prossimo capitolo (che forse pubblicherò questa stessa settimana, vedreeeeeeemo, non voglio lasciarvi troppo in sospeso)

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***



«Non volevo interrompere nulla…» inizio, lasciando la frase in sospeso e sperando che capisca da solo che io mi stia riferendo ad Harumi.
«Ci ha provato davvero» dice dopo aver scosso la testa «Ma le ho fatto capire di non farlo» si gratta la nuca, prendendo oggetti a caso dal suo comodino per osservare qualcosa che non sia la mia faccia.
«Dicendole di farsi i cazzi suoi?» alza lo sguardo al suono delle mie parole e mi sento inaspettatamente così sollevata di poter avere i suoi occhi su di me.
Sunhee?
«No» ammette con un ghigno, senza fare domande su chi mi abbia detto dell’accaduto «Quello è stato solo il principio. Le ho detto che davvero non sono interessato»
«E l’ha presa bene» indago, riferendomi al fatto che sia venuta qui e sembravano non essere in cattivi rapporti.
Annuisce e dice «Sa accettare dei rifiuti ed è anche abbastanza simpatica quando non è troppo impegnata a mostrarsi ingenua»
Questa volta sono io a fare un ghigno «Di questo ancora non ho avuto esperienza, ma mai dire mai»
Sono ancora vicina alla porta, così mi prendo del tempo per osservare
stanza –non ho mai oltrepassato quella porta nel muro- e trovare le parole giuste per dire quello per cui sono qui.  
«Jinhwan,» dico, fermandomi un attimo ad esaminare se io abbia fatto bene a tirare in ballo il suo nome, visto il loro rapporto attuale, e Junhoe fa una leggera smorfia «mi ha detto una cosa»
Il moro assume un’espressione che nasconde una muta domanda e mi ritrovo a guardarmi intorno imbarazzata e un sorriso nervoso sul volto.
«E’ passato tantissimo, però non posso far finta di nulla ora che lo so» ammetto, lasciando volontariamente Junhoe sulle spine. Certamente non sto prendendo tempo per superare l’ansia.
«Pensavo che non ti importasse quando quella ragazza del video musicale mi ha colpita» comincio, non troppo sicura di voler sapere a cosa lui stia pensando adesso «Sinceramente, non lo credevo neanche quando mi hai offerto il pranzo. Per me Jinhwan ti aveva spinto a farlo e un po’ me ne vergogno» mi rendo conto di aver nominato il più grande un’altra volta dai pochi minuti che sono qui, ma Junhoe non sembra darci troppo peso. Piuttosto, sembra concentrato a capire dove io voglia andare a parare, nonostante dalla sua espressione sembra proprio che abbia inteso a quale evento io stia facendo allusione.
«Quello che voglio dire è che so cosa hai fatto e mi dispiace di aver avuto una così pessima opinione di te in quel periodo» dico in fretta, strappando il cerotto in una volta sola.
«Dovrebbe essere migliore adesso? La tua visione di me, s’intende»
Alzo improvvisamente il volto «Perché non dovrebbe? Il fatto che io spesso ti aggredisca non vuol dire che non ti ammiri» ammetto con un po’ di vergogna formarsi sulle mie guance «Non sono brava ad elogiare gli altri, a maggior ragione quando penso che ci siano motivi per farlo»
«E’ la prima volta che ti sento dire qualcosa di carino su di me» sogghigna Junhoe, questa volta senza evitare il mio sguardo «Sembra surreale»
«Non volevo che ti montassi troppo la testa» scherzo con evidenza e cerco di assumere un’espressione risoluta. Tuttavia, il moro sorride anche di più e di riflesso le mie labbra si incurvano all’insù.
«Penso sia troppo tardi ormai» sta al gioco, ma ritorna serio prima di dire «Non devi scusarti di niente, ad ogni modo. Quelle ragazze hanno esagerato ed ero abbastanza irritante anche io»
«Su quest’ultimo punto concordo,» ricordandomi di un argomento che ho sempre rimandato ma mai affrontato «per esempio c’è quell’audio»
Junhoe alza un sopracciglio e mi porge il telefono «L’ho cancellato da un pezzo, non avevo mai pianificato di farlo sentire a qualcuno»
Mi porge ancora l’apparecchio ma, se non per uno sguardo di sfuggita, non faccio altro. Non ho intenzione di farmi gli affari suoi e sono più che sicura che non ce ne sia davvero traccia.
«Questo lo so, ma non riesco a spiegarmi l’intera cosa con un semplice “ero irritante”, capisci?» ammetto con un pizzico di risentimento. Per quanto possa averlo fatto con al principio un bluff, mi sono seriamente preoccupata per mesi della possibilità che quell’audio venisse divulgato e sapere adesso che in realtà non ce n’era motivo, non cancella nulla.
«Sì che lo capisco» risponde Junhoe, le labbra in una smorfia «A parte scusarmi non so che altro dire»
«Dimmi il motivo reale, non è poi una domanda così difficile» tento allora, dovendo già iniziare a demordere in un’eventuale risposta quando una sua risata piuttosto ilare fende l’aria in un mormorio.
«Per te niente è difficile, a quanto pare, però voglio svelarti un segreto: lo è eccome» e questa volta sono io a fare una smorfia.
«Sei tu quello che giorni fa mi ha detto di potermi fidare» sputo fuori con la rabbia che monta dentro «e l’ho fatto, mi sono fidata! Speravo non fosse una cosa a senso unico, ma dai tuoi atteggiamenti recenti non posso fare a meno di pensarlo»
«Atteggiamenti recenti, dici? Sto cercando di essere il più amichevole possibile per venire incontro al tuo di atteggiamento!»
Passo una mano tra i capelli comprendendo una cosa piuttosto spiacevole: stiamo di nuovo litigando.
«Non credere che non me ne sia accorta, perché è quello che anche io ho tentato di fare» provo a dire con un tono più controllato ma sempre sull’orlo di uno scoppio aggressivo «Però cosa mi dici di queste “frecciatine” che mandi continuamente? Lanci la pietra e nascondi la mano il secondo dopo e se riuscivo a mandare giù la cosa, adesso inizio a stufarmi sensibilmente»
Junhoe si scalda a sua volta e si avvicina piuttosto arrabbiato –seppur anche lui controllato nel gesto- per poter replicare alle mie più che lecite accuse.
«Vuoi sapere cosa, Sunhee?» ribatte rosso in volto e una vena sul collo in rilievo «Chiedi e ti sarà dato» e alza le mani in rassegnazione, senza però riuscire davvero a placarsi. Mi avvicino d’istinto e premo il dito indice sul suo petto, tenendolo lì fermo sotto il suo sguardo in un misto di incomprensione e impulso rabbioso trattenuto allo stremo.
«Uno:» dico ad alta voce, premendo il dito con un pizzico di insistenza «in aereo hai detto “non accadrà un’altra volta” mentre scherzavo su me e Jinhwan come coppia e subito dopo hai evitato mie domande»
Aggiungo il medio all’indice sul suo petto. Mantengo gli occhi bloccati ad osservare le mie stesse dita ed evito di alzare lo sguardo sul volto del moro.
«Due: quando parlavamo di Jungsu» e il suo petto, al solo sentire il nome del mio ragazzo, ha un fremito quasi impercettibile «stavi per dire qualcosa, ma Jinhwan ci ha interrotti e mi hai fatto capire più che chiaramente che col cazzo che avresti continuato dopo»
«Tre: che cosa-» mi interrompo un attimo ricordarmi del conto che sto tenendo e, con evidente difficoltà, blocco il mignolo con il pollice e premo anche l’anulare sul suo petto «-Che cosa so che non so? Per quale merdoso motivo te ne esci con questi giochetti psicologici invece di dire le cose per quelle che sono?»
Aspetto che il mio respiro ritorni un minimo regolare per poi alzare la testa e incontrare, con sorpresa, lo sguardo più che rilassato del moro. Noto che la vena sul collo è pressoché sparita e non sembra turbato dalle mie parole. Piuttosto, pare rassegnato.
Sembrano passare secoli fino a quando, con i nostri occhi ancora incatenati, Junhoe alza una mano, posta fino a quel momento mollemente vicino al suo fianco, e vi chiude senza pressione le mie dita che gli perforano il petto.
«Sono quattro cose che vorresti sapere contando anche l’audio, non tre» parla piano, senza fretta o tensione. Di rimando il mio respiro torna presto ad essere normale e la rabbia a scemare con la stessa velocità con cui è arrivata. Mi dimentico di lamentarmi della sua correzione.
«Quando dico che è difficile dare una risposta, mi riferisco alle conseguenze che questa può portare, non all’effettiva risposta in sé» continua a parlare, la sua mano ora a racchiudere la mia ma non più sul suo petto.
Vorrei poter chiedere che tipo di risposta sia, ma mi ritrovo muta di fronte alla situazione. La spiegazione, comunque, arriva lo stesso.
«Non è per niente difficile, la risposta. Anzi, è più che basilare» comincia, la voce bassa che mi fa accapponare la pelle.
«Sunhee» sospira «credo proprio di aver preso un abbaglio per te. Estremamente vomitevole, aggiungerei, e il fatto che non mi importi dice molto»
Per un istante, rimango impietrita dal flusso di emozioni contrastanti che sento attraversarmi il corpo nello stesso momento.
Sono felice? Sì.                                                  
Non sono felice? Anche.
«Quindi…» provo a riprendere facoltà nel parlare, unendo i pezzi di un puzzle che solo ora si forma nella mia mente «…era questo che non sapevo ma sapevo» e ricevo in risposta un piccolo cenno.
«Oh mio Dio, Junhoe» affermo con stupore, ricordandomi ciò che ho pensato in aereo nella situazione del punto due:
“Crede davvero che possa rubargli l’amico?”
Ma lui non stava vedendo la situazione dal mio stesso punto di vista.
«Eri… sei geloso di Jinhwan!»
«Come posso non esserlo?» chiede retoricamente e mi giunge dalla memoria l’immagine del suo volto contrariato nel vedere come avessi salvato il numero del più grande. Apro la bocca per dire quanto sia stupido questo fraintendimento, ma penso che anche Harumi, vedendoci, credeva ci fosse qualcosa oltre l’amicizia. Stringo le labbra, pensierosa.
«Non allontanarti da lui per questo» dico in fretta, cercando di depistare la mia mente sulla nostra effettiva vicinanza fisica. Siamo fin troppo vicini e quando due persone lo sono così tanto, succede solo una cosa.
«Non c’è niente tra noi e lui non capisce perché tu abbia questo comportamento» e detto questo, cerco di prendere le distanze, rendendomi conto che gli sto guardando le labbra come non dovrei. Junhoe, però, mi trattiene non con troppa fatica.
«Non ti bacerò anche se vorrei» afferma convinto e la delusione si fa strada nel mio stomaco «non mi dimentico che hai un ragazzo»
Alle sue parole, un senso di nausea si affaccia prepotente.
Che cosa sto facendo?
Junhoe lascia la presa e barcollo un passo indietro. Jungsu non si merita questo.
Eppure la volontà di dimenticarmi per un attimo le mie implicazioni amorose è sempre più forte e le mie labbra sempre più desiderose di quelle del ragazzo che ho di fronte adesso.
«Ho voglia di baciarti così tanto che tu neanche immagini» ammette Junhoe e penso di riflesso che anche io vorrei! Ma sono consapevole che sarebbe un errore che non potrei perdonarmi.
«E so che piacerebbe anche a te» dice e aggrotto la fronte. E’ proprio il momento di fare il presuntuoso?
«Non provarci, Sunhee. Per quanto possa sembrarlo, non sono affatto ingenuo e di certe cose mi rendo conto subito»
«Non puoi essere sicuro di piacermi» provo a difendermi, con la paura che possa leggere la mia mente in questo istante e scoprire la palese menzogna.
«Chiamalo sesto senso maschile o evidenza, è più o meno la stessa cosa»
«Jungsu mi piace» inizio ad agitarmi. E’ vero, Junhoe non mi è indifferente e credo di averlo accettato solo adesso che la realtà mi è stata sbattuta in faccia, cruda e senza pietà, ma ciò non toglie che io provi qualcosa anche per il mio ragazzo.
«Non sei così stupida da stare insieme a qualcuno che non ti interessa e infatti non ho detto questo» si affretta a spiegare «Sto dicendo che ti piacciamo entrambi e rispetterò qualsiasi scelta tu abbia intenzione di perseguire»
«E se avessi già deciso?» lo stuzzico, per capire meglio la sua posizione.
Junhoe ride «Non mi staresti fissando le labbra così» dice indicandomi «e non ti sentiresti in competizione con Harumi»
Ecco quel sentimento odioso che mi viene quando vorrei picchiarlo. Non solo perché ha la presunzione di dire queste cose senza un briciolo di titubanza, ma anche e soprattutto perché ha ragione. Cavolo se ce l’ha.
«Ho mentito quando ti ho detto di Harumi» dico una quasi bugia per non fargli sapere che quello che crede sia corretto «Le ho detto che l’avrei aiutata in qualsiasi modo»
«Oh immagino, non prima di averle fatto imparare il mio nome correttamente. Junhoe non June, mh?»
La mia bocca assume la forma di una “o” e sono tentata di domandargli rabbiosamente come faccia a saperlo. Poi però realizzo che questo non farebbe altro che alimentare l’atteggiamento di palesata consapevolezza della diva che è in lui e taccio controvoglia.
«Parliamo piuttosto del fatto che io ti piaccio» cambio argomento «Pensi ancora che il mio nome faccia schifo?» alludo al primo giorno in cui ci siamo conosciuti, nel camerino di Mike e mi domando spontaneamente come sia capitato tutto questo, come quell’odio reciproco fine a se stesso sia tramutato in un’attrazione reciproca.
«Assolutamente» risponde, contro le mie aspettative, Junhoe «Rimango obiettivo su certe questioni. E poi, potrei sempre chiamarti “amore”, non sarebbe davvero un problema»
«Stai costruendo castelli in aria. Fino a prova contraria il mio ragazzo non sei tu» ribatto, irritata e un po’ scossa dall’impeto gioioso che la sua frase mi ha involontariamente provocato.
«Per il momento no, su questo non ci metto parola» alza le mani in difesa di se stesso «Vedremo ciò che il futuro porta»
«Sono stufa di starti a sentire» sbotto e mi avvio verso la porta. Tuttavia, Junhoe mi si para davanti in fretta e sono costretta a fermarmi bruscamente per non finirgli contro il petto e subire l’agognante processo di lotta interiore per non fare qualcosa che però vorrei fare.
«Presunzione a parte» mi guarda dritto negli occhi, più serio e risoluto «Ti sto chiedendo di pensarci per davvero, Sunhee. A noi due»
E detto questo, si sposta dalla porta per lasciarmi la possibilità di andar via. Non me lo faccio ripetere due volte.
Deglutisco a fatica e procedo a passi calcolati, ritrovandomi in un attimo nel silenzioso e vuoto ambiente del corridoio.
Ho bisogno di alcohol.










 
Here it is w.w 
Proprio a dirlo sinceramente, avevo in mente un'idea diversa per questa scena maaaaaa non so, è uscita così e devo ancora decidere se ne sono almeno in parte entusiasta. 
Ditemi pure cosa ne pensate voi, insomma! Il capitolo, come potete aver notato, è tutto incentrato sull'interazione Junhoe x Sunhee e spero non vi siate annoiati troppo, nonostante non abbiano semplicemente parlato del tempo ma ci sia stata una svolta abbastanza importante per l'intera storia. Dopo 12 capitoli di angoscia era ora :,)

Ringrazio come sempre chiunque legga questa storia e anche di più chi trova un minutino per rendermi contenta con una recensione sentita ♥
♥♥♥ la voglia di scrivere nasce anche dal riscontro che ne ottengo, non posso negarlo e non voglio! Grazie cuoricini ;-; 
Baciucchi

 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***



 
«Ok, basta così»
Jinhwan abbassa il mio gomito per impedirmi di mandare giù un altro drink e lo allontana sul bancone. Mi guarda di nuovo con gli occhi di chi ti sta giudicando tantissimo.
«Ne voglio un altro» lamento con la voce bambinesca e mi sporgo oltre lui per afferrare il bicchiere sottrattomi, ma mi blocca nuovamente e mi rimette a sedere sullo sgabello traballante.
«Sei già abbastanza brilla» mi rimprovera e sottraggo il braccio dalla sua stretta.
«No, evidentemente no»
Ho raccontato tutto a Jinhwan, da cima a fondo, senza saltare un dettaglio in una spiegazione più che obiettiva degli avvenimenti.
I sentimenti non sono stati neanche minimamente contemplati.
«Non troverai le risposte alle tue domande sul fondo di uno di quei bicchieri, Sunhee» prova nuovamente il mio amico, esausto di dover assistere ad una scena del genere «Andiamo via, per favore»
Ed è solo per l’evidente disagio che sta provando adesso e che traspare dalla sua voce che mi convinco ad annuire di malavoglia.
«Come preferisci» borbotto, cercando di stare in piedi senza ondeggiare troppo «Ma non torniamo in hotel»
Ci muoviamo furtivi –tentiamo di farlo, per quel che vale-, con Jinhwan coperto da capo a piedi per evitare di essere riconosciuto ed io aggrappata ad un suo braccio in cerca dell’equilibrio perduto da qui a un’ora.
«Non ce la faccio più, fermiamoci» parla il castano esausto, accostandomi al muro di una strada isolata e poco illuminata. Mi stava davvero sostenendo così tanto?
«Credo che potrei vomitare» annuncio senza molta preoccupazione e con la mente annebbiata a tal punto da non capire realmente cosa stia accadendo.
«Dovresti, meglio fuori che dentro e ti sentiresti meglio»
Un burp rumoroso fuoriesce dalla mia bocca senza preavviso e sono scossa dai fremiti di una risata quando dico «Ops, falso allarme»
Jinhwan non cambia troppo espressione e, anzi, mi aiuta a sedermi forse perché barcollo. Non saprei davvero dirlo con certezza.
«Secondo me lo sapevi» dico in un mormorio e con gli occhi chiusi per far sparire l’immagine sfocata e rotante della strada in cui ci troviamo.
Quando non ricevo nessun cenno da parte del più grande, aggiungo «Sapevi benissimo perché Junhoe non ti parlasse»
Ci sono arrivata più o meno nel momento in cui non mi è sembrato per nulla stupito durante il mio racconto, nel locale, di ciò che il moro mi ha detto. Ero lucida abbastanza, in quell’istante, da capire che non fosse la reazione giusta per qualcuno che non ha idea del perché uno dei suoi migliori amici non gli parli.
«Perché non me lo hai detto? Perché hai mentito?» chiedo nel silenzio un minuto dopo e sento un leggero grugnito precedere le parole di Jinhwan.
«Non ho mentito, sei stata tu a credere che non lo sapessi. Di fatto, però, non ne ho fatto parola»
«E’ troppo complicato per me adesso capire, ok Jinjin? Spiegamelo domani» la frase sembra venir fuori regolare, a parte la risata sommessa al nomignolo ridicolo inventato da me nell’immediato.
«Non ho ancora idea del perché io abbia assecondato questa stupidaggine» dice, sedendosi affianco a me a gambe stese accavallate.
«Non so, forse sei solo scemo»
Non ribatte e restiamo semplicemente in silenzio. Gli unici rumori che riempiono l’aria provengono dalle macchine che percorrono strade lontane a questa o gli insetti che abitano gli alberi della via.
E’ tanto piacevole che mi rendo conto di essermi appisolata quando Jinhwan mi scuote con gentilezza.
«Sunhee, è meglio se rientriamo» e non posso fare altro che concordare.
Mi ritrovo poco dopo a contemplare con ammirazione i quadri che adornano l’hotel e a domandarmi come io sia arrivata qui, da quella stradina.
«Dai, saliamo» mi sprona il castano e mi aggrappo a lui di nuovo senza fare domande. Magari, se ne avrò voglia, ci penserò domani.
Mi blocco improvvisamente al ricordo di un dettaglio non insignificante «Non posso andare nella mia stanza»
«Tranquilla» anticipa ogni mia preoccupazione «Stanotte dormi nella mia stanza»
 
L’asfalto sembra quasi luccicare sotto la luce calda del sole primaverile. Ne percorro spazi piccoli non troppo titubante, beandomi del torpore a cui la mia pelle è sottoposta per i raggi caldi e rassicuranti del sole alto in cielo. Presto i miei piedi calpestano erba alta e fiori di ogni genere appaiono nella mia visuale.
Mi rendo conto di stringere la mano a qualcuno.
«Sunhee, vuoi essere la mia ragazza?»
Jungsu è bello come il sole che ci riscalda e nel suo sguardo vedo amore, più di quanto io credo di poterne gestire. Ma la sensazione che mi provoca la sua richiesta non me ne fa curare.
Sono pronta a dare una risposta quando un vento alto mi scompiglia i capelli e porta sulle nostre teste nuvole grigie e poco promettenti.
«Sunhee» dice un’altra voce alle mie spalle.
I vestiti di Junhoe si agitano furiosi all’aumentare delle folate e pianta i piedi a terra per non traballare. Afferra la mia mano libera e mi avvicina il necessario perché io abbia l’altra in quelle di Jungsu.
«Vuoi essere la mia ragazza?» domanda ancora il ragazzo nel frattempo, uno sguardo corrucciato rispetto a quello rilassato e promettente di qualche secondo fa.
«Pensaci, Sunhee» ribatte Junhoe dal lato opposto a Jungsu «Per favore, pensa a noi due»
Il vento aumenta esponenzialmente e l’unica cosa che mi tiene ferma al suolo è la stretta decisa di entrambi i ragazzi al mio fianco. Porto lo sguardo da uno all’altro, indecisa a chi dei due dare per primo una risposta e il mio cuore sussulta nel notare come sembrino pendere dalle mie parole.
Finalmente provo a parlare, ma la tempesta è arrivata e la pioggia cade in grandi gocce nel prato grigio di questa giornata rovinata, non lasciando che il suono giunga alle orecchie di nessuno dei tre. Urlo sperando che mi sentano, abbandonando ogni sforzo quando neanche io capisco le mie parole.
«Mi dispiace» so di sussurrare prima di lasciare le mani dei due ragazzi catturata dalla forza del vento.
 
Balzo fuori dal letto in uno scatto improvviso per raggiungere il bagno.
Mi piego con forza sulla tavola del gabinetto, aggrappandomi con mani salde e un po’ sudate mentre i conati si fanno più insistenti. Un paio di frasi ironiche mi attraversano la mente quando immagino che aspetto io abbia in questo istante, ma l’effettiva situazione non mi permette di gioirne a dovere.
Una mano piacevolmente fredda mi mantiene in un gesto inaspettato la fronte e tira indietro i capelli, per poi massaggiare con regolarità la mia spalla scossa dai tremiti. Solo nel momento in cui mi tiro indietro per afferrare della carta igienica noto che Donghyuk me ne porge già un po’ e lo ringrazio con lo sguardo.
«Rinfrescati il volto» mi suggerisce mentre aiuta a mettermi in piedi per raggiungere il lavello. Annuisco e faccio come dice, riprendendo un po’ di lucidità e di cognizione di tempo, ma senza riuscire a mandare via il dolore lancinante alla testa.
«Grazie» parlo alla fine, in leggero imbarazzo per quello che è appena successo. Questa è anche la sua stanza, penso, ricordandomi che lui e Jinhwan la condividono.
«Non volevo svegliarti» dico di istinto, ma noto subito che dev’essere in piedi da un bel po’ perché non appare per nulla assonnato ed è già vestito di tutto punto.
«Non preoccuparti» mi rassicura scuotendo la testa dopo aver intuito il mio ragionamento dallo sguardo eloquente ai suoi indumenti «Jinhwan ha pensato fosse meglio lasciarti dormire. E’ via da un po’ per comprare delle cose, quindi con molta probabilità è di ritorno»
Un piccolo “oh” fuoriesce dalle mie labbra e mi osservo intorno imbarazzata. Donghyuk se ne accorge e prende nuovamente la parola.
«Puoi farti una doccia se vuoi, prima di andare via ha preso dei vestiti dalla tua stanza sicuro che ne avresti avuto bisogno» parla di Jin.
Scuoto la testa sorridente alla sua affermazione «Lui sa sempre cosa fare»
Una volta di ritorno Jinhwan –e dopo aver preso uno dei farmaci che ha comprato per me- siamo andati direttamente a pranzare. Non mangio molto per via dello stomaco ancora non propenso all’assunzione di cibo ed evito accuratamente di incontrare Junhoe in giro. Tornata nella mia stanza per prendere alcune cose prima di andare con gli altri a lavoro, sobbalzo per una voce alle mie spalle.
«Dove sei stata stanotte?» chiede Chanwoo e ringrazio mentalmente che ci sia solo lui al di là del muro.
«Ho lavorato ad una cosa per Haewon» mento spudoratamente e lo vedo annuire, non del tutto convinto. Tuttavia, dopo poco scrolla le spalle accantonando la questione del tutto.
«Eravamo un po’ preoccupati, non rispondevi neanche al telefono» afferma prima di aggiungere «E il motivo principale è che lo avevi lasciato in stanza»
Il mio telefono!
«Junhoe te lo ha messo in carica qui» mi fa notare il maknae nel momento in cui inizio una furiosa ricerca tra le mie cose sparse un po’ ovunque. Alle sue parole però mi fermo e alzo lo sguardo per osservare meglio il suo volto.
«Che?» e in risposta lui annuisce e mi indica una presa sopra il comodino di Junhoe.
«Yuna aveva bisogno del suo caricatore e il telefono di Jun era carico» continuo a guardare perplessa il mio telefono e vengo interrotta da Chanwoo che mi avverte che ci stanno tutti aspettando. Mi porge il telefono una volta fuori dalla stanza e resto in silenzio fino all’arrivo nella hall.
«Belle occhiaie» nota subito Junhoe e non evito di guardarlo storto.
«Ho fatto un incubo,» ammetto «c’eri tu» e il moro incassa il colpo con una semplice smorfia.
Lo lascio indietro per seguire gli altri alle macchine e verso lo studio e il tragitto pare interminabile per via delle troppe buche, il mio stomaco una centrifuga di cibo. Metto piede a terra che per poco non rimetto nuovamente, ma Donghyuk, in macchina con me, mi raggiunge prontamente per accompagnarmi nella struttura, lontani da sguardi indiscreti.
«Non credo che lo farò mai più» commento tra un conato trattenuto e un altro, facendo ridere il ragazzo al mio fianco.
«Però devo ammettere che il “durante” è decisamente meglio del “dopo”»
«E’ un’arma a doppio taglio» scuote la testa Donghyuk, un sorrisino ancora a solcargli il volto angelico. Mi appunto di dovergli un favore enorme per tutto l’aiuto che mi sta dando nonostante non sia tenuto a farlo. Dopotutto, il successo non da alla testa a tutti.
Non appena mi sento meglio e riacquisto le facoltà primarie quali camminare e comunicare con qualcuno senza il rischio di rimettergli sulla maglietta, raggiungiamo gli altri e ognuno dei due riprende il proprio ruolo. Haewon non si risparmia, neanche questa volta, una lista lunga un chilometro, che mi ritrovo a seguire passo passo e di malavoglia nel momento in cui devo uscire dallo studio per acquisti assurdi come sempre.
Che cosa se ne fa un gruppo maschile di gonne e parrucche?
La risposta arriva in fretta un paio di giorni dopo in occasione di un loro concerto. Infatti, rientrati dietro le quinte per un cambio d’abiti –e, dal canto mio, cercando di evitare di fissare troppo i torsi e le gambe nude dei ragazzi- una domanda incredula mi sporge pressoché spontanea.
«Vi state vestendo da ragazze?» Jinhwan, totalmente fradicio di sudore e intento a compiere tre azioni diverse nello stesso momento –asciugare in parte il volto, infilare una gonna e cercare di respirare in tutto questo- ride in risposta e annuisce divertito.
«Sunhee» mi richiama Hanbin già quasi vestito e avendo ascoltato la mia perplessità «Occhi aperti, ti mostrerò cosa vuol dire essere sexy»
Quasi mi strozzo con la mia saliva prima di rispondere «Ci conto!»
Ma la mia attenzione, faticosamente tenuta sul volto di un Hanbin ormai scomparso tra lo stuff, finisce, senza che io possa oppormi, negli occhi infastiditi di Junhoe, pronto se non per la parrucca ancora in mano. Tuttavia, evita il mio sguardo in fretta, forse nel tentativo di non mostrare che un po’ le parole del leader verso di me lo abbiano ingelosito.
Se prima potevo avere solo dubbi e teorie, adesso che mi ha detto senza se e senza ma che gli piaccio è più difficile ignorare certe reazioni. In particolare quando neanche a te stessa sono indifferenti.
Osservo l’esibizione da un angolo nascosto dietro le quinte e mi ritrovo a sorridere divertita da quelle apparenti sette attraenti donne prorompenti che ballano e cantano senza tregua di fronte ad una distesa di fan urlanti. Mi riservo di guardare Hanbin e mi ritrovo a concordare che sa come muoversi in tutto e per tutto, ma presto ho gli occhi puntanti sulla finta chioma mora di Junhoe.
E’ palese che non si senta esattamente a suo agio in quelle vesti, ma saltella e si applica in movenze come tutti gli altri, spronato anche dall’energia dei suoi compagni. Vengo distratta da Mike che mi chiede di dargli una mano e mi allontano di controvoglia per sistemare i prossimi cambi in modo da perdere il minor tempo possibile nel far cambiare il gruppo.
I movimenti procedono meccanicamente per un po’, con lo stilista che sceglie i vestiti giusti da un guardaroba mobile e io che, girandomi, li distendo su un tavolo in ordine. Una confusione improvvisa generale anticipa l’arrivo dei sette che, senza troppi indugi, iniziano ad infilare i pantaloni abbandonando le poco virili gonne. Evito di non guardare nulla che non sia Chanwoo di fronte a me e lo aiuto ad abbottonare in fretta la camicia che costituisce il suo cambio. Mi ringrazia prima di correre a prendere le scarpe, appannaggio di altra gente dello stuff.
Le parole dei ragazzi dal palco rimbombano poco chiaramente anche qui e riesco a capire, anche dai lamenti del pubblico, che hanno appena annunciato che il concerto è giunto al termine. Non è vero ovviamente, ma uno di quei soliti bluff dei concerti e sicuramente anche le fan ne sono al corrente, restando al gioco forse per timore che questa volta sia vero o solo per compiacere il gruppo che seguono con ardore. Gli urli delle fan sono per un momento l’unico rumore che occupa l’ambiente, presto sostituiti con cori che disegnano sulla bocca di ogni persona il nome del gruppo, “iKON”.
Nel frattempo raccolgo le varie magliette lasciate alla rinfusa su sedie e tavoli per la necessità di fare il prima possibile e mi piego sulle gambe per prenderne una finita a terra.
Un paio di scarpe mi occupano il campo visivo e mi raddrizzo nell’immediato quando riconosco Junhoe. Non dovrebbe essere sul palco?
«Devo fare in fretta, dai, stanno aspettando» mi incatena una mano con presa ferrea ma gentile e mi trascina, sotto alla mia confusione, in una postazione poco prima del palco e molto vicina a quella che occupavo durante la loro interpretazione di esibizioni di gruppi femminili.
«La prossima te la dedico» ho la possibilità di capire nel momento in cui mi parla all’orecchio sinistro, ma non ne ho invece di ribattere perché si affretta a salire sul palco assieme agli altri negli urli di gioia del pubblico.
Ancora confusa dall’accaduto totalmente improvviso ed inaspettato, mi guardo intorno per scoprire che nessuno è nei paraggi e porto tutta la mia attenzione alle parole pronunciate dai ragazzi. Ringraziano il pubblico e annunciano che canteranno un’ultima canzone ancora, intitolata “My type”. Tendo bene le orecchie, iniziando ad intuire con facilità quale mai possa essere l’argomento da esso trattata. La musica inizia a diffondersi lentamente e i primi versi cantati da Bobby, ma ciò che davvero mi interessa arriva poco dopo.
Mi scopro a trattenere il respiro quando la voce bassa di Junhoe canta la sua strofa.

Oh oh your cute voice
Oh oh we’re getting closer
Why did you come now?
Love has finally come to me1


La canzone continua e, seppur non siano parti del moro, lui canta comunque ma senza avvicinare il microfono alla bocca. Sento le guance andarmi in fiamme nel momento in cui mi rendo conto che guarda spesso in questa direzione in un gesto apparentemente casuale. Conoscendo Junhoe, però, e sapendo che è stato proprio lui a portarmi in questo preciso punto, non metto in dubbio che stia cercando di farmi capire che l’intera canzone è dedicata a me, indipendentemente dal fatto che sia lui a cantare.

You’re my type,
You’re my type
Even if you don’t say anything, I have a feeling
From your head to your toes, everything
You’re my type
When I look at you,
I want you so bad I go crazy
I think about you even right before I go to sleep2


Penso che dovrei sentirmi estremamente contenta di tutte queste parole, del fatto che le stia cantando per me. E’ pressoché inevitabile correre con la mente alla realtà effettiva, al momento costituita non solo da Junhoe sul quel palco e di me qui dietro le quinte, ma di Jungsu, il mio ragazzo ancora in Corea e che crede che le cose non possano andare meglio di così tra noi.

We have a good connection
My heart is overwhelmed
Every time you call my name
I can’t stop smiling

Oh girl you know that I love you3

Il mio sorriso è completamente svanito adesso e trattengo a stento le lacrime, tirando su con il naso pietosamente. Perché, mi sembra adesso ovvio davanti ai sentimenti che Junhoe ha compresso con successo in pochi versi, un “noi” lo sto considerando.
L’ho sempre fatto, involontariamente, se escludiamo il nostro effettivo primo incontro e mi domando se l’audio non fosse soltanto un pretesto per potermi avere intorno di più. A rigor di logica, avrebbe potuto chiedermi di peggio, ma si è limitato a un cerotto sul dito e ad una mia partecipazione in un video musicale, forse congeniato perché facessi anche io parte del divertimento generale. Dopo la contusione al volto da parte dell’altra ballerina, inoltre, non mi ha chiesto più niente, probabilmente perché il gioco innocente gli si era rivoltato irrimediabilmente contro.
E, ancora, mi chiedo se anche lui col senno di poi iniziasse a pensare ad un “noi”. Magari sì, magari no. Fatto sta che, intrapresa la mia relazione con Jungsu, le cose devono essere necessariamente cambiate. Non era un’incognita contemplata, a maggior ragione perché era evidente che Junhoe non mi fosse del tutto indifferente. Quindi perché interessarsi a qualcun altro? Jungsu è, parlando per estremi, tutto ciò che Junhoe non è. Non sono esperta di psicologia, ma le coincidenze sono troppe per poterle ignorare.
E’ possibile che potrei aver scelto Jungsu proprio per la sua diversità dal moro –ciò non toglie che l’attrazione non sia falsa.
Resto chiusa nei miei pensieri anche a concerto finito e sono grata della presenza di tutte le altre persone che impediscono a Junhoe di tentare qualsiasi approccio nei miei confronti. Il tempo che passa diventa attesa e l’attesa ansia, noto, mentre nervosa metto le ultime cose in borsa prima di andare. Il mio posto in macchina è fortunatamente riservato di fianco a Jinhwan sotto sua richiesta con la scusa di “parlare di quanto sia stato bello il concerto”, ma so che riesce a leggere nel mio sguardo tutto ciò che mi turba. E riesce anche a leggere Junhoe, il che lo rende il personaggio onnisciente della storia che si è creata. Il più grande mi tiene semplicemente una mano e massaggia la schiena con fare apprensivo, parlando di tanto in tanto di ilarità avvenute durante il concerto per dare validità alla scusa di prima.
«Non mi piace vederti così turbata» dice a bassa voce dopo un po’ Jinhwan, riprendendo il secondo dopo e a voce più alta a raccontare del concerto. In risposta riesco solo a scuotere la testa e lui non aggiunge altro al riguardo.
Arriviamo in hotel che ormai è tardissimo e tutti procediamo in silenzio, ognuno verso le rispettive camere.
«Sunhee» attira la mia attenzione Yuna quando io e Jinhwan ci separiamo «Abbiamo una nuova camera»
«Come?» domando, non riuscendone a capire il motivo. La ragazza annuisce e dice: «Sono passate due settimane,ce ne hanno assegnate altre, le nostre cose sono già lì»
«Oh, va bene» rispondo, ma vengo distratta dalla voce di Chanwoo proveniente da qualche corridoio lontano e mi scuso con Yuna, facendomi dire la stanza e promettendo che la raggiungerò in breve.
Seguo la voce del maknae e non ci metto molto tempo prima di rintracciarlo, impegnato nell’aprire la porta della nuova stanza eccitato di scoprire se abbia o meno la stessa struttura dell’altra. Junhoe è dietro di lui e ogni tanto dice qualcosa per non lasciare al più giovane l’impressione di stare parlando da solo, ma a parte questo sembra silenzioso.
Prendo un profondo respiro per farmi coraggio e mi avvicino con un “Ehi”. Chanwoo sembra a malapena rendersene conto e risponde con un “Ciao” mugugnato.
Contrariamente Junhoe ha tutta l’attenzione su di me e non si muove di un millimetro neanche quando il più piccolo esulta di essere riuscito ad aprire la porta, fiondandosi dentro per gioire di “letti super elastici”. Penso istintivamente che sarebbe stato benissimo in camera con Yunhyeong e Hanbin.
«Vai pure tu prima in doccia» dice il moro a Chanwoo, il quale risponde affermativamente prima che il rumore della porta del bagno che si chiude arrivi fino a noi. Evidentemente ci sarebbe andato per primo in ogni caso.
Così, senza la presenza del maknae, restiamo solo io e Junhoe nel corridoio vuoto e silenzioso, complice la tarda ora. Non so esattamente cosa dire, non ci ho pensato, sono solo venuta qui sperando che avrei avuto qualche idea al momento.  Mi sbagliavo.
Quindi faccio l’unica cosa che sento adesso: mi avvicino senza esitare troppo per non cambiare idea e abbraccio Junhoe, forte. Inizialmente resta imbambolato, ma non ci mette molto a cingermi con le braccia e a stringere anche lui forte abbastanza ma senza farmi male.
Non mi importa che sia sudato o che questo potrebbe risultare altamente equivocabile, semplicemente mi beo dei sentimenti prorompenti che adesso mi pervadono, ponendo sempre un limite alle mie azioni. Un abbraccio ci rientra appieno.
Junhoe sospira con la testa tra il mio collo e la spalla e un brivido mi scuote per il soffio che mi sfiora la pelle nuda. Sento la risata del moro allargarsi sul suo volto dal contatto con il mio collo e gli tiro un pizzico leggerissimo e per nulla intento a fare male sulla schiena.
Restiamo bloccati in quell’intreccio fin quando i nostri muscoli e la stanchezza permettono.
E comunque non sembrava essere abbastanza.







 
Suppongo che la maggior parte di voi conosca l'inglese ma per sicurezza vi riporto le traduzioni italiane della traduzione inglese dei versi della canzone che ho utilizziato lol
1 --> Oh oh la tua voce carina
Oh oh ci stiamo avvicinando 
Perché sei arrivata solo adesso?
L'amore finalmente è arrivato da me

2 -->  Sei il mio tipo,
Sei il mio tipo,
Anche se tu non dici nulla, ho questo presentimento
Dalla tua testa ai piedi, tutto
Sei il mio tipo
Quando ti guardo,
Vorrei averti così tanto da andare pazzo
Penso a te anche prima di andare a dormire


3--> C'è intesa tra noi
Il mio cure è travolto
Ogni volta che chiami il mio nome

Non riesco a smettere di sorridere
Oh ragazza tu lo sai che ti amo


Ecco finalmente questo capitolo!! Ho avuto dei problemi di tempo e quindi l'altra settimana è saltata la pubblicazione, desolata ;-; Comunque sia, spero che vi sia piaciuto leggerlo e vorrei ringraziare nuovamente tutti coloro che hanno letto/recensito, con particolar riguardo a questi ultimi perché purtroppo non trovo mai il tempo di rispondere alle recensioni, sono PESSIMAAAAA ma preferisco dedicare i ritagli a scrivere il capitolo ^^ Sappiate che comunque leggo sempre tutte le cose belle che scrivete e mi fanno un sacco piacere!
Baciucchi e alla prossima settimana 


Oh, volevo svelare, per chi ancora non lo ha notato, che le gif ad inizio capitolo non sono per nulla casuali! Ognuna rivela qualcosa del capitolo stesso, bisogna solo stare attenti ;) 

La storia è anche su
wattpad per chi fosse interessato! Sono indietro con la pubblicazione dei capitoli ma ne metto uno al giorno perciò presto sarò in pari con efp.

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Capitolo 15
*** Modifiche! ***


Causa fine della scuola e quindi ultime verifiche questa settimana niente capitolo purtroppo ;-; non riesco a scrivere nulla di decente in poco tempo e preferisco risparmiarvi una schifezza. Comunque sia, nei ritagli di tempo ho avuto almeno modo di sistemare ciò che non mi convinceva (in parte) e ho eliminato la storia del muro crollato perché non aveva davvero senso lol i cambiamenti più """"radicali"""" sono al capitolo 10 che vi consiglio di riguardare anche solo nella parte in questione per prendere atto dell'avvenuta modifica. Per gli altri capitoli potete anche non rileggerli tutti, sono cambiamenti davvero minimi e il principio della storia è lo stesso. 
Baciucchi ♥


Vi lascio con Junhoe dal nuovo mv degli ikon WYD (CHECK IT OUT!!)


 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***



 
«Stamattina sembri di buon umore»
Emetto un suono ambiguo, lasciando che sia l’interpretazione personale di Jinhwan a rispondere al posto mio. Continua a masticare sornione la sua colazione, ma non smette di guardarmi. I suoi occhi hanno quella bella forma a mezzaluna di quando sta per ridere e non riesco a trattenere le mie labbra dallo stendersi in un lieve sorriso.
«Piantala» bofonchio con la bocca piena.
«Di fare cosa»
«Lo sai» lo rimprovero, abbassando questa volta gli occhi ad osservare la mia colazione abbondante. Normalmente il solo pensare al cibo disposto ordinatamente e per categorie di dolce e salato del ristorante dell’hotel mi avrebbe fatto venire un po’ di nausea. Stamani, tuttavia, la mia pancia sembrava brontolare più di quanto avesse mai fatto e non ci ho messo molto per riempire il mio piatto di una grande varietà di alimenti.
«Avanti Sunhee, prima o poi lo so che me lo dirai. Preferisco il prima» insiste il maggiore e scuoto la testa.
«Non capisco a cosa tu stia facendo allusione»
«Buongiorno» distrae entrambi Junhoe, sedendosi come tutte le mattine di fianco a Jinhwan. Dal canto suo, anche il moro sembra rilassato e sono felice che il suo rapporto con il più grande sia tornato quello di sempre. Devono essersi confrontati ultimamente su tutta la questione della gelosia, è evidente a chiunque, nonostante solo pochi ne sappiano il motivo.
«Jin, ripassiamo il ritornello insieme dopo? Ho un paio di idee» dice Junhoe e le sue parole danno il via ad una conversazione sul riscaldare la voce, la performance da poco aggiunta da migliorare e un’altra serie di problematiche ed entusiasmi legati agli ultimi concerti prima del ritorno in patria.
Può apparire come una situazione per nulla fuori dall’ordinario, ma c’è questa cosa nell’aria tra me e Junhoe che non posso e non voglio ignorare. E so, dagli sguardi fugaci ma intensi che ricevo dal suddetto, che non si tratta di una sensazione del tutto illusoria: è un’attrazione tanto nascosta quanto evidente.
Anche nei giorni a seguire, il ribollire incessante di sentimenti repressi non mi lascia pensare a nient’altro che non sia lui. Vomitevole, come lo definiva Junhoe, ma neanche a me importa poi tanto. Lo staff, ovunque per i preparativi, sfreccia senza sosta da una stanza all’altra del dietro le quinte dell’ultimo concerto come il battere imbarazzantemente incespicante del mio cuore quando i miei occhi intravedono la figura fasciata in un paio di jeans di pelle di Junhoe.
Espiro.
Inspiro.
E ritorno a lavoro.
Ma, sebbene il mio cuore possa riassumere il contegno iniziale e ritornare a battere ritmicamente, il flusso di pensieri è più difficile da fermare. Ho preso una decisione sulla questione, niente dubbi, come quelli che invece ho avuto per giorni. Ho voluto aspettare a darmi un ultimatum, perché non volevo che la gioia di un momento potesse condizionare la situazione interamente. A distanza di quasi otto giorni, con lo scemare dell’adrenalina, le idee appaiono ordinate e chiare.
Ancora un paio di giorni per cambiare idea, mi son detta, ma sarà difficile che questo accada.
«Sunhee, hai visto Yuna?» interrompe Hanbin i miei pensieri. Scuoto la testa negativamente, ma subito aggiungo: «Cosa vuoi che le dica se dovessi vederla?»
«Non è davvero importante, volevo chiederle se avesse preso anche il regalo per mia sorella dalla macchina» si guarda intorno, ancora in cerca della mia collega. Ha una sorella?
«Ma non fa niente» dice ancora poi, guardando me questa volta «Sono sicuro che anche lì non lo toccherà nessuno»
Intravedo Yuna poco tempo dopo e zigzago tra le persone per non far finire nessuno con il sedere per terra.
«Hanbin chiedeva del regalo della sorella»
«Oh, sì! L’ho preso, ovviamente. Lo vuole adesso?» domanda la ragazza, continuando a cercare chissà quale indumento dall’ammasso vagamente coloreggiante davanti a lei.
«Non lo so, non credo. Davvero ha una sorella?» Yuna si ferma un attimo per alzare gli occhi nei miei e sorridere.
«Certo, Hanbyul! E’ davvero adorabile, dovresti conoscerla» e il sorriso sul suo volto non svanisce, lasciandomi pensare che potrebbe essere tanto gradevole quanto me la sta descrivendo. Hanbin è qualche anno più grande di me, forse sua sorella ha la mia età o giù di lì. Sarebbe bello parlarle per un po’.
«Quando torniamo in Corea sicuramente» annuisco soddisfatta e Yuna mi accarezza un braccio affettuosamente prima di lasciarmi per proseguire con le sue mansioni e non distrarmi ulteriormente dalle mie.
Il concerto passa più in fretta di quanto mi sarei aspettata e il letto dell’hotel pare essere così confortevole dopo una giornata tanto stancante che piombo in un sonno costellato di sogni.
Il giorno seguente, a meno di dodici ore dalla nostra partenza per la Corea, i ragazzi spariscono per un po’ di tempo per partecipare ad un programma radio e ringraziare le fan giapponesi della calorosa accoglienza. La maggior parte dello staff, quindi me e Yuna comprese, resta libera di fare ciò che preferisce e decidiamo di dedicare il poco tempo che ci resta per fare dello sano shopping per le vie giapponesi affollate di negozi. In realtà, Yuna è quella davvero eccitata della cosa: l’unico mio pensiero attuale consiste nel poter godere nuovamente della privacy confortante e familiare di casa mia, ma fare un po’ di shopping, ho pensato, potrebbe far passare il tempo più in fretta.
«Oh, guarda Sunhee!» attira la mia attenzione la mia collega, indicando eccitata il televisore di un locale. Mi concedo qualche secondo per capire il motivo di tanto entusiasmo e sorrido senza rendermene conto quando le voci ormai abitudinarie degli iKON accompagnate dai loro volti piuttosto stanchi –ma sempre impeccabili- fanno capolino sullo schermo luminoso. Entrambe ci fermiamo per cercare di capire su cosa verte il discorso attuale e cerco di non muovermi troppo quando qualche domanda viene posta a Junhoe. Fortunatamente non sembra in vena di mostrare tutta la sua verve egocentrica e si limita ad offrire riposte calcolate ed esaustive.
Il conduttore radiofonico, dopo un po’ che restiamo lì ad ascoltare, domanda ad Hanbin in giapponese di sua sorella e attendiamo che la traduzione gli arrivi chiara per fornire una risposta. Non appena pronunciate le prime parole, tuttavia, il proprietario del locale cambia canale su qualche telegiornale e sbuffo infastidita. Mi avrebbe fatto piacere sapere qualcosa in più di Hanbyul e del rapporto che la lega al leader. E’ pur sempre un amico, tra l’altro solitamente molto riservato, ed avere qualche informazione in più non mi sarebbe dispiaciuto affatto.
Quasi ad aver ascoltato una mia muta richiesta, una ragazza seduta ad un tavolino con delle amiche si alza per domandare qualcosa al barman, il quale prende il telecomando abbandonato dal suo capo per cambiare nuovamente canale e rimettere al programma radiofonico.
«…sono molto protettivo nei suoi confronti, per questo non vorrei che legasse troppo con Junhoe»
Sentiamo chiaramente le parole di Hanbin, seguite da una risata generale degli altri e uno sguardo corrucciato del moro.
«Hanbyul mi adora, mi spiace» replica allora, scuotendo con un sorriso la testa.
Un sentimento non tanto sconosciuto mi pizzica il naso e sento improvvisamente la necessità di sapere di più riguardo a questo.
Parte una canzone, qualche secondo dopo, e io e Yuna conveniamo sia meglio continuare con lo shopping. La curiosità è troppa perché io possa fermarmi dal farle delle domande.
«Quindi… Hanbyul conosce gli altri del gruppo, vero?»
«Certo» conferma Yuna, guardando allo specchio il suo riflesso per fare subito una smorfia per il capo che evidentemente non le piace e che sta provando.
«Come ha detto Hanbin, lui è molto protettivo, ma è inevitabile che si conoscano in una maniera o nell’altra» mi ritrovo ad annuire alle sue parole, pensierosa, prima di sentirla proseguire «E il fatto che vada pazza per Junhoe non gli fa molto piacere. Lei è un amore, quindi lui si diverte a vedere Hanbin disperarsi»
«Posso immaginare» mormoro appena, lasciando cadere il discorso per passare a parlare di scarpe.
La nostra mattinata procede apparentemente senza problemi, ma un leggerissimo fastidio non sembra voler abbandonare il mio petto. E così mi ritrovo a pensare innumerevoli volte a questa Hanbyul e a come io mi ritrovi ad irritarmi al solo immaginarla perché probabilmente più carina e simpatica di me. E, soprattutto, a pensare al suo feeling evidente a tutti con Junhoe.
Junhoe.
A lui potrebbe piacere davvero Hanbyul, usando la scusa del fratello per passare del tempo in sua compagnia. Mi sento un po’ delusa, perché non me ne ha mai parlato, dandomi ulteriore motivo di dubitare che lui non provi nulla. Mi dice che gli piaccio e mantiene il cuore di un’altra ragazza nella mano che non si sporge ad afferrare il mio.
Torniamo in hotel per finire le valigie ed andare in aeroporto per il volo. Inutile dire che non degno Junhoe di uno sguardo, rispondendo a monosillabi quando mi domanda qualcosa. Dopo un po’, infatti, rinuncia, accasciandosi sulla sedia di fianco a Jinhwan per passare il tempo prima dell’imbarco. Se crede che mi lascerò fregare non ha capito niente di me. Forse ha creduto di poter giocare questa carta perché essendo io fidanzata, ma mostrando comunque dell’interesse per lui, non avrei avuto problemi con la poligamia. O non lo so. Mi sento solo molto avvilita, delusa da qualcosa di totalmente utopico tanto da partorire idee assurde.
A peggiorare la situazione è lui stesso che, sentendo Hanbin parlare al telefono con la sorella, lo prende in giro chiedendogli di salutarla per lui e di mandarle un bacio. Mi alzo innervosita dalla mia postazione per non dover subire ancora quella conversazione e mi ritrovo a girare per i negozi dell’aeroporto fino a quando Mike non viene a chiamarmi per partire.
«Il mio posto è vicino a quello di Yuna questa volta» ammonisco Jinhwan, il quale mi assicura di non aver fatto nulla per questo volo. Riesco a credergli solo quando siamo tutti al proprio posto e l’aereo parte senza imprevisti per le posizioni e gli eventuali abbinamenti.
Arrivati in Corea e dopo aver preso le mie valigie, saluto tutti senza troppo entusiasmo prima di prendere un taxi per tornare a casa. Jungsu si era proposto di venirmi a prendere, ma vista l’ora tarda ho preferito di no, promettendogli però di vederci il giorno seguente.
Non ho cambiato idea sulla questione.
Voglio lasciare Jungsu.
Io non lo amo, è questa la verità. Mi piaceva e mi piace tutt’ora come persona, per i suoi valori e per la sua inclinazione alla gentilezza, ma non potrò mai amarlo o dargli il mio cuore, perché non è mai stato nel mio petto: Junhoe me lo ha strappato via con lentezza agognante sin dal nostro primo breve incontro in ascensore e ora non riesco a riprendermelo.
Nonostante la delusione recente e l’evidente consapevolezza di un rapporto che tra me e il moro non potrà mai esistere, non posso continuare a prendere in giro una persona come Jungsu, non se lo merita e ne sono al corrente. Forse se ci fossimo conosciuti prima… ma non c’è spazio per probabilità irrimediabili nella realtà che corre.
Il giorno seguente mi preparo nervosa ad affrontare Jungsu, al quale ho detto di vederci direttamente in un coffee shop perché ho da fare degli acquisiti prima.
Ovviamente è una bugia.
Semplicemente non mi andava che venisse a prendermi da casa per poi sentirsi dire che voglio lasciarlo.
Arrivo in orario ma lui è già lì, seduto nel suo solito splendore etereo che si guarda intorno febbricitante. Ed è questa la parte difficile: vederlo così agitato di incontrarmi dopo quasi un mese di assenza mi fa male al cuore, perché mi sta dando emozioni che non posso ricambiare totalmente. Respiro profondamente prima di entrare e cerco di abbracciarlo senza vacillare dalle mie scelte e lascio anche che mi dia un bacio.
Per la prima mezz’ora conversiamo di qualsiasi cosa e mi trattengo dal pugnalarmi ferocemente con questo coltello assurdamente inutile che mi hanno dato per il pezzo di torta quando Jungsu dice più volte che gli sono mancata tantissimo. Rispondo con un sorriso estasiato e una stretta di mano sentita.
Usciamo dal locale poco dopo le nove di sera e gli propongo di fare una passeggiata. Le strade di Seul sono come sempre affollate e in poco tempo mi ritrovo a trascinarlo in un parco più isolato per potergli parlare senza troppi occhi ad osservarci. Troviamo una panchina tranquilla per sederci e all’inizio non trovo le parole per poter cominciare il mio discorso, limitandomi a sorridere e ad annuire quando mi porge domande che non richiedono troppo impegno. Quando, però, si sporge nuovamente per baciarmi, giro istintivamente il volto di lato per far finire le sue labbra sulla mia guancia.
Dai suoi occhi è evidente che abbia capito che qualcosa non va.
Ritorna lentamente seduto composto e il silenzio regna tra noi sovrano per attimi interminabili. E’ lui, dopo poco, ad interromperlo.
«Sunhee, non chiedo altro se non la tua completa onestà» e mi ritrovo ad annuire, d’accordo. Si merita la mia totale onestà.
«Non posso più stare con te» butto fuori di getto e sposto gli occhi sull’albero che ho davanti al primo accenno di pura delusione che si dipinge sul volto di Jungsu.
«Cosa è cambiato?»
«Mentirei dicendoti niente, ma è importante che tu sappia che il mio primo pensiero è sempre stato che avrei dovuto parlarti il prima possibile»
Scuote la testa, scosso visibilmente da questa notizia inaspettata «Qualcuno del lavoro, vero?»
Annuisco prima di dire: «Di fatto non… non c’è stato niente. Ma al di là di questo non meriti qualcuno che non ti ama, Jungsu, mi spiace solo essermene resa conto troppo tardi»
Gli prendo una mano con dispiacere e gliela stringo leggermente per poter confortare il suo cuore spezzato, perché da un lato sento la stessa cosa per Junhoe. Speravo davvero che ci potesse essere un qualcosa, ma Hanbyul era un’incognita nascosta e uscita allo scoperto solo da poco.
«Devi credermi, avrei voluto così tanto amarti. Resti una persona stupenda ai miei occhi»
«Spero che almeno questa persona si meriti il tuo amore» dice flebilmente e una risata sottile e senza speranza mi esce dalla bocca.
«Non è un amore ricambiato, purtroppo, ma… passerà, credo»
Per i seguenti venti minuti, Jungsu mi domanda ancora qualcosa sulla situazione e mi ritrovo a rispondere in imbarazzo. Non si è neanche arrabbiato, per l’amor del cielo. Io lo avrei fatto, avrei mostrato la mia frustrazione senza risparmiarmi e sarebbe stato terribile. Ma l’unica cosa che Jungsu fa è porre domande e dirmi di vivere la mia vita al meglio.
Trattengo ormai fiumi di lacrime miste di un dispiacere immenso per il ragazzo che avrei voluto amare e quello che in realtà amo, quando Jungsu decide che non ha più domande.
«Avanti» mi incoraggia, stringendomi la mano come io ho fatto prima con lui e mostrandomi un bel sorriso seppur forzato «Ti accompagno a casa»


 





FACCIO SCHIFOOOOO NE SONO CONSAPEVOLE SHAME ON ME E SULLA MIA MUCCA ;-----;
Sono passati tre giorni da domenica 6 giugno, data entro la quale avrei dovuto pubblicare questo capitolo, sono immensamente colpevole! Scriverlo è stato davvero un parto, perché ero indecisa sul fare o meno qualcosa che alla fine non ho più fatto (al prossimo vi spiego cos'è, anche se alcuni di voi potrebbero già capirlo, vedremo o-o) e gira e rigira sono passati TRE GIORNI. In più leggo le vostre recensioni (continuo ad amarvi, a proposito, siete delle stelline *^*) nelle quali mi dite di voler leggere la continuazione e ugh, mi prendo a pesci in faccia perché voglio accontentarvi ma al contempo non voglio rifilarvi una cagata assurda! Quindi spero che questo capitolo non lo sia ;;

Passando alla storia, cosa ne pensate degli sviluppi? Sospettavate che Sunhee avrebbe lasciato Jungsu? Li shippavate o #TeamJunhoe a vita? Fatemi sapere cuoricini ♥♥
See ya next chapter, baciucchi

 
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***



 
«E’ davvero la tua scelta definitiva? Non posso far nulla per persuaderti?»
Haewon ha il volto contrito per quanto la sua personalità le permette e posa lo uno sguardo deluso sui fogli di licenziamento che le ho poggiato minuti fa sulla sua scrivania ordinata.
«Non credo»
Lascia la sua posizione dietro la grande scrivania per trovarsi faccia a faccia con me: «La tua efficienza avrebbe potuto portarti lontano in questo ambito»
«E’ questo il punto» dico, ormai sicura di non voler tornare indietro «La mia efficienza non è ciò su cui voglio fare affidamento»
«Devo ammetterlo, è davvero un peccato»
Mi stringo nelle spalle prima di dire «Semplicemente non è questo che vedo nel mio futuro»
Ed è proprio al futuro che mi dedico, una volta lasciato permanentemente l’edificio in cui ho lavorato per mesi.
Fatta domanda per diverse borse di studio per dei master, non rimango particolarmente stupita quando a casa arriva la lettera di ammissione ad un corso in una rinomata università di Seul, con le spese coperte quasi interamente.
Non impiego molto tempo a trovare un lavoro part-time e un appartamento vicino a scuola e non troppo lontano dal posto di lavoro.
Inizio ad impacchettare tutta la mia roba almeno una settimana prima del trasloco e, nel bel mezzo dell’operazione, mi fermo per riposare un po’ dopo ore di organizzazione asfissiante.
Il telefono giace vicino a me sul pavimento e sporgo pigramente il braccio per afferrarlo in un gesto ormai automatico. Controllo i vari social network e, dopo poco, scorro i numeri in rubrica in cerca di un nome in particolare.
Il numero di Junhoe non è più in rubrica.
Arriccio le labbra e ricordo se mi sia capitato di cancellarlo in un momento di rabbia, ma mi ritrovo subito a smentire l’ipotesi. Sto cercando il più possibile di non pensare alla situazione, di lasciarmi scivolare addosso una serie di sentimenti che non potranno mai raggiungere un compimento soddisfacente, e cancellare il suo numero avrebbe significato dargli più importanza.
E quindi ovvio che sia stato qualcun altro a farlo, ma chi? L’ultima persona che abbia preso il mio telefono senza che io fossi nei paraggi è stato… Junhoe.
Oh.
La mente corre veloce e l’unica cosa che davvero spiega questo suo comportamento è il fatto che non si aspettava realmente di portare a termine qualcosa con me. Credevo fermamente, anche se con un passato di dubbi, che la sua proposta di lasciar caricare il mio cellulare quella sera in cui, ubriaca, sono rimasta da Jinhwan, fosse guidata soltanto dalla volontà di fare qualcosa di meramente gentile nei miei confronti –o in generale nei confronti di qualcuno che non fosse se stesso.
Ma evidentemente mi sbagliavo.
Mi sembra di aver pensato così tante volte questa frase che sono costretta a trattenere dei conati. Passo una mano sul volto e respiro profondamente, realizzando di essere tanto intelligente quando si tratta di conoscenza ma così stupida se ci sono di mezzo dei sentimenti.
Cosa diavolo mi aspettavo da una persona come lui?
E’ sul ciglio della fama, può avere chiunque desideri, e Hanbyul è probabilmente solo un altro sfizio di cui liberarsi in poco tempo.
Non mi pento comunque di aver lasciato Jungsu.
Speravo solo che mi sarei potuta sentire meglio nel fare la cosa giusta e non semplicemente quella più conveniente.
Mi sbagliavo anche su questo.
Il dolore all’altezza del cuore appare come un macigno da dover portare fino a quando questo non si sgretola e smetta di influire sul mio umore.
Porto le ginocchia al petto prima di avere il sensore che ci vorrà più di quel che vorrei.
 
Jinhwan mi invita al dormitorio per telefono, pochi giorni dopo.
Il gruppo è impegnato nella promozione coreana di qualche nuovo singolo e non può uscire per via di schedule fitte, proponendo come unica soluzione che sia io ad andare da lui. Mascherata come si deve, ovviamente.
Liquido le sue domande su Jungsu dicendogli che ormai è una storia passata, ma chiudo la conversazione per raccontargli di come impacchettare tutta la mia roba per il trasloco sia estremamente arduo senza l’aiuto di mamma Jinhwan.
Lui ride e sembra non farmi pesare il cambio d’argomento. So che vorrebbe chiedermi di Junhoe e forse ne parlerei anche se questo non facesse altro che farmi stare di nuovo male. Jin, però, vive nella sua stessa casa, quindi dovrebbe sapere meglio di me i giochi in cui l’amico si è intricato e prendo il suo non chiedere come un’ulteriore conferma del fatto che sia un totale pezzo di merda.
Credo di essere entrata nella fase di totale odio verso il moro –o si suppone lo sia ancora- e la fonte di sollievo preferita nei miei momenti di maggior sconforto è trovare gli insulti più incomparabili che la mia mente riesce a partorire.
“Hoe” continua ad essere il mio preferito perché tremendamente azzeccato, ma le diverse variabili sono ben accette.
«E dai, Sunhee, perché non vuoi venire a trovarmi?» piagnucola il più grande al telefono.
Il borbottio inconfondibile del leader arriva ironico al telefono: «Hyung, hai me, possiamo fare attività di gruppo se è questo a mancarti. Senza offesa Sunhee»
«Te lo avrei chiesto se avessi voluto, no?» ribatte ovvio Jinhwan, il cellulare leggermente scostato dalla posizione precedente perché il suono giunge più lontano.
«E poi vedo la tua faccia tutti i giorni»
«La settimana prossima lavoreremo di nuovo con loro, perché non aspetti e la lasci vivere?» domanda ancora Hanbin e il dispiacere di non poter più averli intorno aggiunge peso al macigno ormai permanente.
Per quanto sia andata a rotoli la mia relazione con Junhoe, di qualsiasi natura essa potesse essere, ho legato anche con gli altri ragazzi e il doverli sentire solo per messaggi o telefonate nei loro momenti liberi non è entusiasmante.
«Mi sono licenziata!» urlo perché il suono della mia voce possa in qualche modo arrivargli chiaro. Tuttavia non capisce ed è Jinhwan a ripetere la frase per me, oltre a lamentarsi di avergli forato un timpano.
«Ma come, senza neanche salutarmi! Ti ho riservato lo spettacolo più sexy della tua vita vestito da donna e questo è il ringraziamento?» Jinhwan si lamenta alle sue spalle e capisco dalla voce del leader fin troppo forte che deve aver preso il telefono dalle mani del più grande.
«Quell’esibizione è un sogno erotico realizzato, te lo assicuro! Era solo un lavoro temporaneo, sarebbe successo prima o poi» rispondo rattristata e con gli occhi bassi a simulare un broncio esagerato, pur sapendo che non può vedermi.
«Che colpo basso, dovresti come minimo venire qui una sera»
«Ehi! Adesso non ti sembra un’idea così ossessiva, vero?» gli urla dietro Jinhwan quando il leader avanza la sua stessa proposta. Sento subito dopo i due litigare per il telefono e alla fine in più grande ha la meglio.
«Però vieni davvero, no?»
Mi mordo il labbro e sospiro affranta. Vorrei sul serio passare una serata con loro, ma sono consapevole al contempo che non potrei essere di buona compagnia per un motivo più che palese e che Jinhwan dovrebbe comprendere senza troppe cerimonie.
E invece, al mio rifiuto, continua con la sua persuasione.
«Che amica di merda? Vorrei gentilmente ricordarti che eri ubriaca fradicia una sera e l’unica persona con te ero io!»
Hanbin afferra nuovamente il cellulare per dire: «Vi siete ubriacati senza di me?»
Roteo gli occhi per quest’affermazione, senza restarne troppo sorpresa ripensando all’intensa discussione sull’elasticità dei materassi dell’hotel, svoltasi il primo giorno in Giappone tra lui e Yunhyeong.
«Ho tantissimo da impacchettare per il trasferimento tra tre giorni, magari dopo posso fare un salto» cedo infine, ormai arresa alle insistenze dei due ragazzi dall’altra parte della cornetta.
«Ora si ragiona!» esclama Hanbin entusiasta «Hyung, dopo il trasferimento»
«Molto contento. Mi ridai il telefono adesso ed esci dalla mia stanza?»
Hanbin sbuffa infastidito e mi saluta prima di cedere l’apparecchio al più grande, il quale apre di nuovo bocca solo quando la porta si chiude rumorosa segnando che leader è via.
«Non verrai» dice serio.
«Non ho intenzione di essere la protagonista di un nuovo diss di Hanbin, però non sarà poi così semplice»
«Lo avevo inteso, non volevo dire niente davanti a lui. Si può sapere quale sia il problema adesso?» chiede, a metà tra il curioso e lo scocciato dalla numerosa serie di incomprensioni susseguitasi tra me e il moro.
«Come fai a non sapere che se la fa con un’altra?» domando sinceramente stupita dal fatto che non ne abbia la minima idea. Ma ci vive o no insieme?
«Lasciamo stare per il momento. Sono molto stanca, okay? E devo impacchettare ancora il mondo. Ne parleremo meglio a trasloco ultimato, ho troppe cose per la testa»
Jinhwan sospira alla mia silenziosa richiesta di non insistere per oggi e rimanda la conversazione a quando avremo entrambi più tempo da dedicarci. Gli auguro di dormire bene e di dare il meglio, oltre ovviamente a salutare gli altri e chiudo la chiamata che sono più in pensiero di prima: finché vivranno tutti insieme, il mio rapporto con gli altri del gruppo sarà necessariamente ostacolato in qualche modo. E la cosa non mi sta bene.
 
La sera prima del trasloco, un paio di giorni a seguire, arriva tra scatoloni e mille oggetti da ricordare di portare che mi affollano la mente. Porto l’ultima scatola contenente oggetti fragili, quali piatti e bicchieri, nel soggiorno, il più vicino possibile alla porta e sopra tutte le altre scatole così da essere sicura del suo contenuto e fargli riservare il trattamento adeguato.
Porto le mani sulla testa per stendere i muscoli indolenziti per i giorni passati a fare solo questo avanti e indietro di scatole e stropiccio gli occhi guardando l’orologio: sarà meglio che io vada a dormire, domani il camion per il trasporto arriverà presto in mattinata e voglio essere il più riposata possibile.
Controllo per l’ennesima e ultima volta che tutto abbia trovato posto all’interno di una delle scatole e lascio le chiavi dell’appartamento vicino al tavolino di fianco alla porta, in modo da ricordare di doverle portare al proprietario prima di andar via. Sbadiglio annoiata da questa procedura ripetuta un’infinità di volte e raggiungo la stanza da letto per lanciarmi sul materasso e sperare che il vorticare rumoroso nella mia mente cessi per qualche ora.
A discapito delle mie rosee aspettative, il telefono trilla rumoroso interrompendo il mio stato di dormiveglia. Lo ignoro per quanto mi è possibile, sperando che chiunque stia chiamando con tanta urgenza a quest’ora si stanchi presti. Ma, una volta terminata una chiamata, a distanza di pochi attimi ne arriva un’altra e così per almeno dieci minuti. Mi alzo riluttante e borbottante per afferrare il telefono e rispondere senza neanche controllare chi sia il mittente.
«Cosa c’è?»
«Finalmente!» riconosco subito la voce di Jinhwan e, per un briciolo tranquillizzata da questa consapevolezza, ritorno sul letto cercando di non cadere addormentata. Vorrà sicuramente parlare di qualcosa riguardante una performance, come sempre.
«Non reagire male, ma devi venire ad aprire la porta»
Ho sentito bene?
«Che stai dicendo Jinhwan, è tardi» reclamo, sperando vivamente che sia uno scherzo non troppo divertente.
«Per favore, si congela» la sua voce lamentosa mi costringe ad alzarmi ancora e a raggiungere a tentoni il citofono. Senza controllare dalla telecamera, apro il portone e mi dirigo successivamente a sbloccare la porta del mio appartamento. Jinhwan è già stato qui, saprà trovare la strada giusta per raggiungermi e spero anche una buona scusa per essere qui a quest’ora. Capisco che sia un idol e abbia orari diversi dai miei, ma io ho bisogno di dormire la notte.
Il suono dei suoi passi arriva in poco tempo oltre la porta e non mi scomodo ad accendere la luce, mi darebbe fastidio agli occhi assonnati.
«Devi restare lì per molto ancora? Ho sonno»
La porta si apre lentamente.





 
Buonasera ~
Vi dico subito che la cosa che avrei dovuto dire a questo capitolo la dirò necessariamente al prossimo (che gioco di parole nauseante :S), perché avevo inizialmente pianificato di scrivere un unico grande capitolo finale (sarebbe quindi dovuto essere questo), ma poi non me la sono sentita di terminare la storia senza neanche darvi un anticipo e ho allungato questo per poter permettere una divisione calcolata. 
Tenetevi forti per il prossimo capitolo in quanto ultimo e uuuugh, ho già le lacrime per dover finire questa avventura con Junhoe, Sunhee e tutti gli altri compresi :( mi prolungherò nei ringraziamenti a tempo debito, in questo caso a quando pubblicherò il prossimo conclusivo capitolo di questa storicina.
Vi ricordo che la storia è presente anche su wattpad, per chi lo usasse maggiormente e preferirebbe seguire la storia lì (sì ormai è quasi finita ma per le prossime non si sa mai eheh)☻ Come sempre vi invito a lasciare una recensione piccina senza impegno per farmi sapere se gli sviluppi vi aggradano o meno! Al capitolo 17,
Baci ♥

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


E siamo finalmente all'ultimo capitolo! Emozionati? Io un po' :S 
Ci vediamo alla fine, buona lettura ♥

 


Per un attimo perdo il fiato davanti alla sagoma scura di qualcuno decisamente più alto di Jinhwan. L’istinto mi dice di urlare perché, dopo una vasta cultura di film horror, questa persona che sicuramente non è il mio amico potrebbe essere armata e approfittare del buio della stanza per mettermi a tacere. Quello che in realtà faccio, però, è afferrare il primo oggetto che mi capita a tiro e usarlo come difesa.

«Non provare a muoverti, sono armata della volontà di continuare a vivere!» e fendo l’oggetto ancora misterioso nel buio davanti a me.

«Sei impazzita?» resto stranita dal suono familiare dell’ultima persona a cui vorrei appartenesse questa voce e abbasso l’arma per accendere la luce nello sbigottimento che la situazione ha provocato in me.

«Junhoe, che cosa ci fai qui a quest’ora? E dov’è Jinhwan?»

La luce inizia a diffondersi fastidiosamente luminosa per la stanza e sono costretta a socchiudere gli occhi per non restarne troppo accecata. E’ vestito come sempre di nero e penso, senza potermi controllare, che adoro il fatto che i suoi capelli siano rimasti scuri.

Fa un passo insicuro in casa e si guarda intorno per poi grattarsi la nuca come ogni volta quando si trova in una situazione per lui scomoda.

«Non è qui, ho usato la registrazione di una vecchia chiamata»

«Ma allora le registrazioni sono una fissazione» dico ironica, mantenendo un tono distaccato e che non rasenta minimamente la volontà di essere amichevole.

«Se fossi venuto qui come me, mi avresti aperto?» chiede allora, alzando le mani all’evidente inesistenza di un’altra soluzione.

Al di là di tutto, non capisco cosa lui faccia qui, soprattutto a questa tarda ora. Se proprio aveva necessità di parlarmi, non poteva aspettare che arrivasse il giorno? Non me ne vado mica di nuovo in Giappone.

«Sicuramente non lo avrei fatto e per motivi legittimissimi. Piuttosto, che vuoi da me?»

Junhoe non sembra ascoltarmi davvero perché troppo impegnato ad osservare il mio look, un pigiama verde con l’unico scopo di tenermi al caldo e non ad accogliere persone indesiderate nel bel mezzo della notte.

«Smettila di fissarmi così, non aspettavo visite» mi abbraccio con le mani in imbarazzo per questa mise forse inadeguata.

Junhoe scuote la testa e distoglie lo sguardo per curiosare in casa mia, o almeno di quello che ancora è rimasto fuori.

«Non fa niente, sei carina»

La mia mente vorrebbe lasciare libera la lingua di formulare qualche commento tagliente e probabilmente offensivo, adatto ad esprimere come io mi senta adesso nei confronti del ragazzo che ho di fronte; ma il corpo, totalmente sintonizzato su una frequenza diversa, lascia che un rossore si formi sulle mie goti, costringendomi a girarmi di spalle e fingere di sistemare alcuni oggetti di arredo che lascerò qui per mancanza di spazio, inutilmente.

Le mie orecchie restano però vigili e assegnano una posizione nella casa a Junhoe in base al rumore dei suoi passi. Ad un certo punto i suoi piedi si fermano e so, anche senza avere conferme esterne, che si trova esattamente dietro di me, in attesa che qualcosa accada. Prima che possa prendere la parola per rifilarmi l’ennesima immensa illusione, mi volto per avere un faccia a faccia, ma la vicinanza mi lega la lingua un’altra volta, facendo vincere il corpo sulla mente. E’ come un dejà-vù di una situazione già avvenuta tempo fa, prima del Giappone, quando Junhoe credeva che non avremmo più lavorato insieme. Solo che, penso, in quel momento sentivo di odiarlo per ragioni decisamente diverse e senza troppe implicazioni emotive di rilevante importanza.

Apro più volte la bocca per provare a dire anche la cosa più stupida che possa venirmi in mente, ma finisco per boccheggiare davanti allo sguardo intenso dei suoi occhi sul mio volto.

«Posso parlare io o vuoi tentare ancora qualche minuto?»

Ah, si prende anche il lusso di prendermi in giro, adesso!

«Sono assonnata e sinceramente in imbarazzo, quindi potresti evitare anche solo per un momento di essere un totale pezzo di merda?» cerco di difendermi, trovando, come sempre, la volontà di fare o dire qualcosa solo nel momento in cui mi sento sminuita. Accidenti a me.

«Lascia stare. Perché sei a casa mia?» continuo poi allora per non dargli la soddisfazione di aver colpito il mio orgoglio, prendendo al contempo due piccioni con una fava e sapere il motivo di questa improvvisa invasione.

«Me lo stai davvero chiedendo?» domanda lui sbigottito passandosi una mano tra i capelli.

«Ti vedo l’ultima volta in aeroporto con il muso fino a terra, scompari per giorni e vengo poi a sapere da Hanbin che ti trasferisci! Perché non me lo hai detto?»

E’ forse gelosia quella nella sua voce? Prima con Jinhwan, adesso con Hanbin. E non ne ha neanche il mero diritto, visto che se la fa palesemente con un’altra ragazza!

«Perché avrei dovuto?» ribatto arrabbiata «Non sembra che te ne freghi poi così tanto di me quanto volevi invece far vedere»

Assume un’espressione vagamente ferita e fa un passo indietro, incredulo.

«Non capisco perché tu ti stia comportando così» dice piano.

«Non lo so, Junhoe, forse non mi piace essere presa in giro»

E’ bene che lo sappia, è bene che sappia che le sue azioni hanno ripercussioni che non può semplicemente evitare con due moine ed un bel viso.

Comincio ad innervosirmi visibilmente dal momento in cui il moro fa quella faccia stupita così ben costruita, di qualcuno che davvero sembra non capire come tu possa dire una cosa del genere. Stringo i pugni e respiro profondamente alla serie di stronzate che dovrò farmi scivolare addosso ancora una volta.

«Tutto quello che ti ho detto è vero in ogni aspetto, volevo davvero che pensassi ad un noi» sbotta lui, facendomi scuotere la testa contrariata. A chi vuole darla a bere?

«Neanche da bambina credevo alle favole»

«Hai scelto Jungsu, è per questo?» lo guardo stralunata mentre pronuncia queste parole e mi riservo di non dirgli che ho lasciato quello che era il mio ragazzo perché amo lui, grandissimo deficiente.

«Avresti potuto quantomeno farmelo sapere invece di lasciarmi sulle spine con ancora la speranza che potesse esserci qualcosa!»

Nell’esatto istante in cui la frase lascia la sua bocca, sento il sangue scorrere più in fretta e la vista appannarsi per una rabbia fin troppo repressa.

L’attimo dopo vedo il mio braccio alzarsi, senza che io possa far nulla, per dargli un pugno in faccia.

L’impatto è veloce e il dolore alle nocche arriva pochi secondi dopo assieme alla consapevolezza di ciò che ho fatto.

«Oh santo cielo!» mi faccio in avanti per afferrare Junhoe affinché non si sbilanci all’indietro e lo aiuto a sedersi ad una sedia mentre, dolorante, si mantiene la mascella rossa.

«Sunhee, perché diavolo mi hai colpito?»

Stendo le dita della mano destra ed emetto un lamento per il dolore. Ammetto che non sia stata la cosa più saggia che potessi fare, ma al contempo non posso evitare che la soddisfazione mi inebri i sensi.

Apro il frigorifero per prendere due sacche di ghiaccio, una per la sua mascella e una per me. L’adrenalina del colpo scema sempre più e il dolore si fa più acuto, un senso di disorientamento che accompagna ogni mia azione.

«Dovresti davvero finirla con questa messa in scena» dico inacidita da questa sua insistenza snervante. E’ solo colpa sua se sono arrivata a dargli un pugno.

«Se solo sapessi di cosa parli, forse potrei pensare di provarci»

Mi avvicino a lui e allontano la sua mano dalla mascella per poter premere con prepotenza la sacca di ghiaccio, facendogli emettere un lamento poco virile.

«Mi domando se nella tua testa vada bene dirmi che “ti sei preso un abbaglio per me” e avere già un’altra ragazza da corteggiare spudoratamente. Dimmi, Junhoe, quanto è lunga la lista?»

Concentro lo sguardo sul ghiaccio e sulla sua mascella, ma sono costretta a fermarmi perché Junhoe mi prende il polso per farmi smettere di evitare i suoi occhi mentre gli parlo.

«Ti posso anche giurare che non ho idea di cosa tu stia parlando» dice, e parrebbe sincero se solo non avessi un’altra versione dei fatti.

«Il nome “Hanbyul” ti dice niente?» strattono il polso con più forza di quanta ne fosse necessaria e mi allontano di un po’ da lui.

Sento che potrei mettermi a piangere dal nervoso, ma stringo i denti e mi ripeto che devo aspettare.

«La sorella di Hanbin?» mi domanda incredulo. Quindi non pensa neanche che quelle moine potessero dare fastidio, che grande attore in questa falsa!

«Sì, la stupenda e amorevole sorella di Hanbin, quella per cui non ti risparmi baci e risposte altrettanto melense in diretta radio» ravvio i capelli e agito una mano per enfatizzare la frase. Muovo due passi lontano da lui per non doverlo colpire ancora.

La mia volontà sparisce quando lo sento ridere.

«Lo trovi tanto divertente?» domando retorica, non riuscendo davvero a cogliere il lato ironico di tutta la faccenda.

Anche Junhoe si alza per avvicinarsi, un sorriso divertito dipinto sulle labbra, ma arretro con la sua avanzata. Se ne rende conto e si ferma per scuotere la testa.

«La gelosia ti rende esilarante, ma avrei preferito evitare il pugno»

«Non vedo cosa c’entri questo adesso e non capisco perché dovrei trovare la cosa divertente» ribatto evidentemente infastidita dal suo atteggiamento inspiegabile. Una persona ti sbatte in faccia che sa che giochi con un’altra ragazza e tu ridi? E’ più stupido di quanto immaginassi.

«Hanbyul è una bambina, Sunhee»

Una bambina? Ho davvero fatto congetture sul Junhoe e una bambina per tutto questo tempo?

Vorrei sprofondare nel pavimento e sparire per non affrontare le conseguenze dei miei infantili fraintendimenti, ma soprattutto per non dare la soddisfazione al moro di prendermi in giro per questo.

«Hanbin è grande… io credevo che… insomma…» porto le mani al volto a coprire le mie guance vistosamente imbarazzate di rosso e cercare di placare il calore di un orgoglio che sparisce totalmente.

«Accidenti a te, avresti potuto chiedermelo»

«Cosa? Se ti piacesse un’altra ragazza? Ovviamente la risposta sarebbe stata no!» provo a difendere le mie decisioni, ma Junhoe non sembra troppo convinto di riuscire a mantenere un tono neutro quando poi mi dice:

«Una bambina!»

«Io questo non lo sapevo» incrocio le braccia e metto su un broncio, sperando che abbia pietà di me e non continui con questa agognante tortura.

«Hai ancora intenzione di andar via?» domanda serio Junhoe, guardandomi dritto negli occhi e facendomi mancare un battito per il veloce cambio di umore.

«Sì?» rispondo, non riuscendo a comprendere perché questa situazione dovrebbe impedirmi di cambiare casa. Alla fine mi sarà più comodo essere vicino a scuola, no?

«Sunhee» il ragazzo si avvicina e posa le sua mani sulle mie spalle prima di far toccare le nostre fronti, in una posizione così intima per me da farmi arrossire, di nuovo.

«Ti assicuro che non c’è nessun’altra, ok? Voglio te e solo te, non mi importa a quale prezzo. Quindi, per favore, non costringermi a supplicarti di restare in Corea»

Le sue parole fanno nascere sulle mie labbra un sorriso e uno sfarfallio nel mio stomaco, ma mi soffermo solo alla fine sulle sue ultime parole per restarne confusa.

«Cosa?» dico infatti, aggrappando le sue braccia e staccandomi da lui per poterlo guardare in faccia «Non me ne vado dalla Corea»

«Hanbin mi ha detto che ti trasferisci» mi informa nuovamente, per poi aggiungere «E non mi sembra tu volessi mettere a posto la tua roba in delle scatole» accenna lievemente con la testa alla situazione disastrosamente squallida della mia casa.

Questa volta sono io a lasciarmi andare ad una risata spontanea per via della sua preoccupazione per un equivoco- sicuramente meno imbarazzante del mio, ma non lo ammetterò.

«Sì Junhoe, Hanbin ha ragione: cambio casa, ma a Seul» e scuoto la testa ancora sorridendo.

«Dici davvero?» chiede e riceve in risposta un cenno della testa.

«Non posso credere di aver rinunciato al mio sonno di bellezza quando avrei potuto parlarti tranquillamente domani!»

Per questa frase palesemente ironica si prende comunque un lieve colpo sul braccio, ma entrambi stiamo sorridendo e nessuno dei due è davvero arrabbiato per i rispettivi equivoci.

Ero arrabbiata prima, terribilmente, e il solo pensare al motivo adesso mi fa vergognare. Se solo avessi saputo, non avrei mai dubitato di una bambina. Chi lo avrebbe fatto?

Ma, ancora una volta, mi sono lasciata ingannare dalle mie fantasie, rischiando di mandare all’aria questa opportunità. Mi stavo quasi per arrendere ad un amore non ricambiato, con l’unica speranza di poter dimenticare tutto in un ipotetico futuro, però adesso sono felice che Junhoe abbia avuto più coraggio di me.

Abbandono i miei pensieri per concentrarmi sulla realtà e la prima cosa che mi salta all’occhio è che io e il moro siamo estremamente vicini e la cosa non mi dispiace.

Tuttavia, quando sembra che ormai ci siamo, Junhoe fa uno scatto indietro colpendo una sedia e agita una mano davanti a se, indietreggiando sorridente ma stordito verso la porta.

«Te l’ho detto che non posso finché… Jungsu, no? Chiamami tu quando hai… fatto, credo, non lo so» annuisce per convincere se stesso e si gira per percorrere spedito le scale fino all’uscita. Lo seguo in corridoio per potergli dire che tra me e Jungsu non esiste più un “noi”, ma è veloce e non posso urlare il suo nome adesso perché sveglierei tutto il condominio. Provo a bisbigliarlo il più forte possibile senza risultati: Junhoe ha ormai raggiunto il portone e se lo chiude in fretta alle spalle, sparendo dalla mia visuale.

Senza pensare troppo a cosa sarebbe più consono fare adesso, afferro le chiavi di casa che avevo lasciato sul tavolino vicino alla porta e, ancora scalza e chiusa nel mio non esattamente alla moda pigiama verde, mi lancio in una corsa sfrenata per raggiungere il moro prima che prenda un mezzo di trasporto qualsiasi più veloce delle sue gambe.

Incespico per le scale e mi mordo più volte la lingua per non lasciarmi sfuggire parole non adatte ad essere urlate nel cuore della notte. Raggiungo dolorante la fine dei gradini freddi al tatto con la pianta dei piedi e un brivido freddo mi attraversa la schiena all’arrivo di una folata ghiacciata dal portone ormai aperto. Mi faccio coraggio prima di lasciarmi l’antro alle spalle e mi osservo intorno in cerca della sagoma slanciata di Junhoe.

Ci metto qualche secondo prima di mettere a fuoco una figura non troppo lontana che ciondola sul marciapiede con le mani in tasca e la testa rivolta al cielo lievemente stellato. Ringrazio che con ci sia nessuno a vedermi conciata così prima di cominciare a correre verso di lui senza badare troppo al freddo che colpisce il mio volto e mi infreddolisce i piedi.

«Junhoe!» a questo punto poco mi importa che qualcuno ci senta, il freddo potrebbe tragicamente uccidermi prima che io arrivi da lui, quindi è necessario che il mio vicinato capisca l’urgenza della situazione.

Il moro si ferma incespicante e si guarda intorno incerto.

«Junhoe!» chiamo ancora e più forte e lo vedo finalmente voltarsi nella mia direzione, facendomi esalare un sospiro di sollievo durante questa pietosa corsa nel freddo.

Gli finisco addosso per fermarmi, ma lui mi cinge le spalle e mi stringe per strofinare le mani sulla mia schiena. Abbassa la cerniera della sua giacca per permettermi di godere del calore del suo corpo e, mentre metto i piedi nudi sui suoi e affondo il volto nel suo petto per riprendere calore, lo sento dire:

«Ti prenderai un raffreddore, perché sei uscita?»

Alzo il volto verso di lui quando sento che posso sopportare un altro po’ di freddo e gli afferro il colletto della giacca.

«Ho lasciato Jungsu da un pezzo per te»

Le nostre labbra si incontrano per la prima volta come se non stessero aspettando altro da sempre.

Le sue sono morbide e sanno di Junhoe, di una dolce passione riservata solo a me. Lo stuzzicante sfarfallio alla bocca dello stomaco mi fa tremare le gambe e sono grata che ci sia lui a sostenermi nel mio precario equilibrio.

Passo le mani tra i suoi capelli neri man mano che il bacio procede lento ed esasperante e sento le sue sulle mie guance ad aumentare il calore che si espande vorace ovunque. Vengo sopraffatta dalla serie di emozioni che prendono controllo delle facoltà del mio corpo e un freddo spiacevole mi arriva al volto nel momento in cui io e Junhoe ci allontaniamo per prendere fiato. Abbraccio il suo torace e affondo nuovamente la faccia nel suo petto con il respiro affannoso, non riuscendo davvero a sopportare l’aria gelata di febbraio.

Sento un sorriso non abbandonare le mie labbra e la testa di Junhoe appoggiarsi sulla mia per stringermi più forte.

«Credo che potrei abituarmi ad amare qualcun altro più di quanto io ami me stesso» commenta dopo poco ironico, ma percepisco nelle sue parole un senso più profondo, espresso nel suo solito modo con sincerità celata.

Rido contro la sua maglia e mi beo del suo calore corporeo, non molto intenzionata a retrocedere di anche un solo passo da lui. Mi convince soltanto quando aggiunge:

«Devi dormire, ok? Ti rimbocco le coperte»

 

«Sai una cosa, Jin? C’è qualcosa che davvero non mi spiego»

Alla fine ho accettato la sua proposta di passare una serata da lui, ma, vista la mia relazione con Junhoe procedere senza intoppi, è ormai passato un mese che vengo qui alcune volte a settimana abitudinariamente.

«Cosa?» chiede il più grande steso sul divano, offrendomi la ciotola dei popcorn mentre guardiamo questo nuovo film in TV. Junhoe sembrava molto stanco e l’ho convinto ad andare a dormire, quindi ora siamo solo noi due.

«Junhoe mi ha detto che è stato Hanbin ad informarlo del mio trasferimento. Allora perché non gli hai spiegato che non andavo via dalla Corea?»

Jinhwan continua a masticare i suoi popcorn con calma serafica e poi dice:

«Aveva bisogno di muovere il culo il prima possibile»

Mi sfugge una risata per la sua affermazione e non posso evitare di concordare con lui. Inoltre, la situazione non si sarebbe mai calmata se…

«Aspetta un po’, tu sapevi anche che io parlavo di Hanbyul»

Il più grande sbuffa e mette in pausa il film, mettendosi l’attimo dopo seduto a sgranocchiare infastidito dell’interruzione.

«Sì» dice mentre mastica «Sapevo parecchie cose a dirla tutta. Dovresti ringraziarmi»

«Mi stai dicendo che questa situazione si sarebbe risolta molto più in fretta?» chiedo incredula, pensando a tutte le volte che, parlando con Jin, lui probabilmente aveva già una chiara visione della mia mappa sentimentale.

«Si sarebbe risolta più in fretta se non foste entrambi due coglioni, ma se la metti in questi termini sì, è così» mi risponde con superiorità sotto il mio sguardo esterrefatto.

«Ma perché?» non riesco ad impedirmi di fare domande, nonostante ormai sia tutta acqua passata e sono convinta che abbia agito per il nostro bene. Delle spiegazioni adesso sono comunque opportune.

«Sunhee, non posso fare mica tutto io. Vi ho dato un mano per quanto mi era possibile»

Ci penso su qualche istante prima di dire «Forse è meglio far finta di non aver mai avuto questa conversazione, cupido»

Jinhwan prende il telecomando, si sistema in una posizione semidistesa sul divano come prima e manda il film.

«Come preferisci»

Passano diversi minuti prima che la porta dell’appartamento del gruppo si apra lasciando passare un infuriato Jiwon, il quale sfreccia a chiudersi nella sua stanza sotto il nostro sguardo stupito.

Poco dopo fa il suo ingresso anche Hanbin, esausto ed avvilito. Il volto di Jinhwan si illumina e lo saluta senza però sembrare troppo raggiante.

«Hanbin, ciao. Che succede?»

Il più piccolo scuote la testa ed indica la stanza di Jiwon senza proferire parola. Poi, sempre in silenzio e con un saluto debole con la mano sinistra nei miei confronti, si incammina verso il bagno, perché condivide la stanza con l’altro rapper e non sembra molto in vena di parlargli.

Jinhwan blocca in fretta il film, per la seconda volta ormai, e lascia stare la ciotola di popcorn sul tavolino di fronte al divano per andare da Hanbin.

«Scusa Sunhee, ti lascio a Junhoe. Cupido ha un nuovo compito»

Sbuffo al contempo divertita e lo lascio procedere con qualunque sia il suo piano. Mi avvicino alla stanza di Junhoe –fa ancora molto strano dire del mio ragazzo- e abbasso piano la maniglia, osservando un fascio di luce entrare presuntuoso nella stanza.

Richiudo la porta alle spalle e mi dirigo piano verso il letto che non sembra essere vuoto, arrivandoci proprio di fianco per constatare che effettivamente sia Junhoe quello sdraiato. Mi piego per controllare se stia dormendo e alzo un braccio per passargli una mano tra i capelli, ma una mossa repentina mi impedisce di fare qualsiasi cosa: Junhoe mi afferra per i fianchi e mi trascina con lui nel letto, sistemandosi meglio in modo da creare un intreccio tra i nostri corpi che non sia fastidioso per nessuno dei due.

«Ho immaginato tante volte che tu fossi con me durante la notte»

La sua affermazione mi fa avvampare e irrigidire per l’evidente ambiguità e il moro ride assonnato quando comprende ciò che ha detto.

«Ok, non in quel senso» si sbriga a dire, sfregando il naso sulla mia guancia «…non solo, almeno»

Rido sommessamente e mi sistemo meglio anche io, così che possa avere la testa sul suo petto e le braccia a circondargli il busto.

«Grazie per aver scelto me» butta fuori Junhoe all’improvviso.

Sono abbastanza sicura che questo sia uscito fuori proprio adesso per via del buio che lo protegge dalla mia vista e gli impedisce di sentirsi vulnerabile. Perché, se c’è una cosa su cui Jinhwan aveva più ragione, è che Junhoe ci mette un po’ a darti il suo cento per cento.

Interpreto questa sua frase come un inizio.

Per la mente mi passano tutti gli inevitabili problemi che avremo, dovuti al suo lavoro, ma anche al suo e al mio carattere, alla visione contrastante su argomenti che ancora non abbiamo trattato e tutti gli ostacoli che la vita può portare.

In questo momento non credo mi interessi molto.

«Junhoe?» chiamo piano quando sono passati diversi minuti di silenzio, passati ad ascoltare il battito regolare del suo cuore contro l’orecchio.

«Mmh?» risponde lui, quasi completamente nel mondo dei sogni.

Prendo un profondo respiro per inebriarmi i sensi del suo profumo prima di parlare per l’ultima volta, questa sera.

«Sceglierò sempre te»




 


E' finitaaaaaa ;~; ma andiamo per ordine:
Quello che dovevo dirvi è che, ovviamente, Hanbyul è una bambina! Non ero sicura che tutti lo sapeste, così semplicemente ho aspettato che fossero i personaggi a rivelarlo per evitare spoiler.

AVETE VISTO CHE NON E' FINITA MALE? Ammetto che mi prudevano le mani e il pensiero ce l'ho avuto. Poi però ho pensato che già la vita è un "mai na gioia", quindi la fan fiction DOVEVA finire bene. Siete contenti? ♥

Sono sinceramente commossa di essere arrivata alla fine di questo percorso. Inizialmente non credevo che così tante persone si appassionassero alla storia, ma dopo diciassette capitoli ci sono ormai più di sette persone ad averla inserita tra preferiti/seguite/ricordate e questo mi fa estremamente felice. Siete stati anche uno dei motivi per i quali ho continuato a scrivere la storia con -relativa- frequenza tra una pubblicazione e l'altra e non potevo chiedere lettori migliori.
Grazie tantissimo di cuore a tutti voi che avete letto la storia, l'avete commentata, ma soprattutto a coloro che si sono sentiti coinvolti dai personaggi e hanno voluto incoraggiarmi, ma anche chi ha preferito vivere la storia nel proprio silenzio (io vedo tutto! E vi ringrazio), perché siete stati un carburante fondamentale.
Temo di dover terminare qui, ahimè, non voglio dilungarmi troppo!

Ancora sentiti ringraziamenti per aver vissuto questa piccina esperienza con me e spero che anche il finale vi sia piaciuto~
Al prossimo capitolo Alla prossima storia!
Baci ♥♥

P.S.: A proposito mi faccio pubblicità, ho ritrovato questa piccola storia che avevo in cantiere da un bel po' su Jin dei BTS (Cutting Eyeteeth On Life) e mi son detta, perché no? Quindi, concludo la mia avventura con Junhoe e Sunhee per iniziarne un'altra spero altrettanto emozionante! E magari in futuro vedrete spuntare una JunhoexJinhwan dal nulla... chissà... stay tuned ♠

 




 

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