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Autore: borndumb3dumber    09/04/2016    2 recensioni
«Devi dire che sono il tuo preferito o vado da Yun»
Spalanco la bocca alla sua richiesta, esterrefatta dall’assurdità della questione, ma nell’esatto istante in cui provo a contestarlo, muove un dito verso il pulsante dell’ascensore. [...]
«E va bene!» mi arrendo. Porto le mani alle tempie e chiudo gli occhi. Un profondo respiro e sto guardando di nuovo le sue iridi scure. [...]
«Sei il mio preferito» borbotto le parole e mangio consonanti volutamente in modo da distorcerne il suono. Come mi aspettavo, tuttavia, il ragazzo non se lo fa bastare.
«No» scuote la testa «Devi dire il mio nome e scandire le parole. Potresti averlo detto a chiunque»
«Ho detto» ripeto, stringendo i denti per non dare di matto proprio adesso «che tu, Junhoe, sei il mio preferito»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avevo totalmente dimenticato quanto Junhoe potesse essere irritante.
Il non essere stati in buoni rapporti per qualche tempo aveva suscitato in me una mancanza che adesso non riesco neanche a ricordare, perché tutto quello che vorrei fare in questo istante è colpirlo in faccia. Che novità.
«Perché sei così ossessionato dai telefoni altrui? Non vuoi vivere cent’anni?» domando retorica a Junhoe, in aereo, mentre scorre le mie chat e sottrae il telefono alle mie mani che tentano di prenderlo nuovamente.
«Non mi interessano i telefoni altrui, mi interessa solo il tuo» che dovrebbe significare?
«Non mi importa, molla l’osso» dico in ogni caso, seriamente preoccupata che possa in qualche modo aprire la chat con Jungsu. Non ci siamo davvero detti molto per messaggio, ma l’idea che Junhoe possa leggere le mie conversazioni con lui mi infastidisce in qualche modo, quasi mi imbarazza.
Junhoe non ascolta le mie suppliche ed inizio a pensare che sia un’abitudine che non riesce a togliersi, ricordando quando l’ho trovato a trafficare per la prima volta con il mio cellulare durante le riprese del loro video musicale.
«Non posso credere che tu non abbia il mio numero salvato!» dice, voltandosi a guardarmi contrariato.
«Che primadonna! So che quello è il tuo numero» ma Junhoe non ascolta. Scorre la mia rubrica e emette dei lamenti scocciati quando legge i nomi dei suoi amici nonché parte del  suo stesso gruppo.
«”Jinny” addirittura» si ferma sul numero del più grande e sposta ad intervalli regolari lo sguardo dal cellulare nelle sue mani e il suo amico seduto lontano.
«Adesso siete migliori amici? Spettegolate mentre mettete lo smalto?» domanda, un pizzico di fastidio nella voce. Crede davvero che io possa rubargli l’amico?
«Non dire sciocchezze! Solitamente sperimentiamo nuovi preliminari»
Neanche il tempo di pronunciare le parole –palesemente ironiche-, che Junhoe si gira a guardarmi con le sopracciglia aggrottate e le labbra in una smorfia. Dalla mia espressione, però, deve essersi reso conto dell’assurdità della cosa e si rilassata visibilmente sul sedile, il telefono ancora stretto nella sua morsa e lontano dal mio campo di ricezione.
«Stavo seriamente per lanciarmi da questo aereo» commenta e non posso fare a meno di ridere.
«Non fare il pudico, non ci crede nessuno» ribatto scuotendo la testa.
«Ah, non si tratta di essere o non essere pudico. Solo che tu e Jinhwan… no, grazie» e chiude gli occhi, forse cercando di scacciare un’immagine sconveniente dalla sua mente.
«Perché? Saremmo una bellissima coppia» Junhoe apre gli occhi di scatto e mi guarda serio prima di dire: «Non accadrà un’altra volta»
Non faccio in tempo a domandargli cosa volesse dire perché la hostess ci interrompe per assicurarsi che non necessitiamo nulla. Appena questa procede, apro la bocca per poter porre i miei dubbi a Junhoe, ma lui ha già infilato gli auricolari e guarda nel corridoio dell’aereo. Prendo un profondo respiro e abbandono la testa sulla mia mano, il cui braccio è incastrato in qualche modo sulla cornice del finestrino.
E dormo.
 
«Non vedo l’ora di provare quanto siano elastici i letti di quest’hotel!»
Yunhyeong si riserva uno schiaffo sul collo da Hanbin che sottovoce gli dice «Vuoi che ti sentano tutti? Moderati»
Siamo stipati in un ascensore esageratamente grande e ci sono persone esterne allo stuff, quindi comprendo perché Yunhyeong sia stato ripreso. Tuttavia, quando sto per rivolgere al leader uno sguardo di pura ammirazione per la maturità dimostrata rispetto all’amico, ormai imbronciato, aggiunge «Comunque scommetto che mandano molto più in alto dei precedenti».
Do loro le spalle nell’unico movimento che mi è concesso in questo spazio per non doverli ascoltare ulteriormente e Junhoe e Jinhwan smettono di parlare di qualsiasi cosa riguardasse la loro conversazione.
«Sei stanca?» chiede il più grande e annuisco, sfregandomi gli occhi.
«Ho bisogno del mio sonno ristoratore»
«Hai bisogno di dormire regolarmente otto ore a notte» mi corregge Junhoe e lo fulmino con lo sguardo.
«Cavolo ne sai tu di quante ore dormo?» in risposta, il moro rotea gli occhi.
«Non è necessario essere nelle forze segrete per notare le occhiaie che hai perennemente in periodo di lavoro»
«Ha ragione!» infierisce Jinhwan «La sera di Natale a casa di Mike non le avevi»
Involontariamente guardo Junhoe.
E lo vedo.
Vedo il suo volto dipingersi di un’espressione indescrivibile. Deglutisce, spostando gli occhi a concentrarsi sulla porta metallica dell’ascensore. Vorrei negarlo a me stessa, ma so che sta pensando all’incontro con Jungsu e alla nostra conversazione lampo, perché lo faccio anche io.
Sembra che alcune cose debbano ancora essere discusse a dovere prima di passare oltre.
Le porte dell’ascensore si aprono e un po’ di persone escono, compresi Jinhwan, Donghyuk e il loro manager. Yuna si avvicina a me, ora che lo spazio per muoversi è maggiore e allaccia un braccio al mio per non perdermi di nuovo. Siamo in stanza insieme, naturalmente, come la disposizione iniziale dello stuff per l’aereo.
«Junhoe, vengo da te tra un po’» dice Jinhwan una volta fuori, ricevendo un accenno con la testa in risposta.
Arriviamo al nostro piano qualche secondo dopo e Hanbin mette un suo braccio sulle mie spalle per stringermi in quello che sembra un abbraccio totalmente personalizzato.
«Vieni a saltare con noi?» chiede sotto lo sguardo speranzoso di Yunhyeong. Sorrido per la proposta e sono realmente tentata di rispondere affermativamente, ma la stanchezza si fa sentire più che mai.
«Magari domani, il mio corpo anela un letto adesso» e Hanbin mi fa un occhiolino prima di allontanarsi con i suoi compagni di stanza.
«Che stanza avete?» sento Yuna chiedere a Chanwoo, il quale le mostra il numero sulla chiave: è la stanza di fianco alla nostra.
Anche la mia collega se ne accorge ed esala un sospiro di sollievo «Per fortuna! Ho l’ansia in posti che non conosco»
Mi fermo davanti alla porta della nostra stanza e maneggio con la chiave elettronica per trascinarla nel verso giusto. Tento a più riprese e mi innervosisco anche di più quando Chanwoo riesce ad aprire la sua prima di me. Provo almeno altre tre volte quando la carta mi viene sottratta dalle mani in un gesto così fugace da non permettermi di opporre resistenza e osservo in silenzio Junhoe strisciare la chiave nell’apposito spazio con una calma disarmante. Le luci del dispositivo diventano verdi –e non rosse, come capitava a me- e Yuna esulta alle mie spalle, totalmente ignorata da me perché troppo occupata a guardare il ragazzo che mi è di fronte senza sapere esattamente cosa fare.
Così mi cimento nella cosa che so fare meglio: rovinare tutto.
«Ti sembro mica stupida?»
«Cosa?» dice Junhoe evidentemente sorpreso dalla mia reazione «Volevo solo darti una mano»
Sbuffo per l’ennesima volta oggi e Junhoe passa una mano sul volto, esausto del mio atteggiamento evidentemente troppo aggressivo.
«Fa un po’ come ti pare» e si dirige alla sua stanza, sbattendo la porta.
«Lo farò!» quasi urlo di rimando, chiudendo a mia volta la porta della stanza con più violenza perché Junhoe lo senta. Borbotto qualche insulto a mezza voce, il volume minimo perché Yuna mi senta perfettamente. Infatti, alzando gli occhi dalla mia valigia alla sua faccia, la ritrovo con uno sguardo perplesso e la fronte aggrottata, spostando l’attenzione dalla mia faccia a qualcosa alle mie spalle.
«E’ meglio se ti gir-» inizia con il dire, ma un’altra voce proveniente dal luogo delle sue attenzioni la interrompe.
«Che diavolo?»
Mi giro lentamente solo per ritrovarmi la faccia sorpresa di altre due persone, viste appena due secondi fa: Chanwoo ha la bocca totalmente spalancata, mentre Junhoe si limita ad avere quella faccia infastidita che sembra possedere ventiquattro ore al giorno tranne quando è troppo impegnato a cantare. Mi concedo un momento per osservare meglio il motivo per cui tutto questo sia possibile e resto allibita dal notare che nel muro che dovrebbe separare le nostre stanze, c’è un grande varco che lascia spazio ad una porta da esso ricava e, più in là, quella che definirei una finestra che si affaccia dall’altro lato e quindi nella stanza dei due ragazzi.
«Qualcuno lassù mi odia parecchio» mormoro, totalmente contrariata dal dover fondamentalmente condividere la mia stanza con loro, con Junhoe.
«Ne sapevate qualcosa?» chiede allora Yuna, prendendo la parola dopo minuti di silenzio collettivo e istanti di smarrimento. La sua domanda sembra portarci tutti nuovamente con i piedi per terra e pronti a venire a capo della più che ridicola situazione.
Chanwoo è il primo a rispondere «Niente di niente, sono stupito quanto te»
Junhoe alza le spalle per affermare la stessa cosa e tutti guardano me, ricevendo un accenno negativo del capo prima che io proponga una soluzione.
«Bene, allora andiamo a parlare della questione con la reception»
 
«Spero nessuna di voi dure russi, coinquiline» afferma Junhoe ironico una volta ritornati nella nostra stanza. Siamo stati per più di mezz’ora a discutere con l’addetto alla reception di notte, il quale era stato, tra l’altro, appena assunto e per questo non sapeva cosa fare e chi chiamare. Ovviamente non parlava il coreano e si è creata anche più confusione perché dovevo tradurre tutte le lamentele che gli altri tre elargivano contemporaneamente.
Chanwoo è stato il primo ad arrendersi, ormai esausto e con le palpebre calanti. Yuna lo ha seguito a ruota e anche io lo avrei fatto se solo Junhoe non sembrasse così determinato nell’assicurarsi l’inesistenza di una via d’uscita.
«Puoi anche finirla qui, non abbiamo occupato noi tutte le altre stanze dell’hotel» rispondo seccata, pensando ai molteplici controlli che abbiamo fatto fare al receptionist prima di andare via sconfitti dall’inevitabile: nessun’altra stanza disponibile per almeno due settimane.
«Scusate» dice quindi, sforzandosi «La cosa non mi va molto giù»
Non posso fare a meno di concordare silenziosamente con lui. Al di là dei nostri conflitti, essere in camera con Junhoe e Chanwoo significa dover rinunciare alla nostra privacy, il che andrebbe bene se solo non dovessimo restare qui per più di tre settimane.
«Per quanto tempo hai detto?» mi domanda Yuna pensierosa mentre avvicina le sua valigie al letto che ha scelto, quello più lontano dall’altra stanza. A me toccherà il più vicino, simmetrico al letto che Junhoe ha dovuto prendere dopo aver perso contro il più piccolo a morra cinese.
«Un paio di settimane» risponde Junhoe prima di me, indaffarato a sistemare gli indumenti della sua valigia nei cassetti del comodino affiancato al suo letto.
«E’ tutto ok, cercheremo di collaborare per preservare le nostre necessità» mi rivolgo a lui gentilmente. Non si ferma ma mi riserva qualche secondo di attenzione nel quale mi ringrazia con gli occhi. E c’è anche del dispiacere? Probabilmente, e non posso negare di provarlo in prima persona al pensiero della stupide lite avuta per l’aiuto che mi ha concesso nell’aprire la porta.
«Va bene, ragazzi, credo che andrò a fare una doccia» annuncia Chanwoo e mi ricordo di guardare l’orario: ormai è mezzanotte passata. Yuna prende coscienza dell’orario qualche secondo contato dopo di me e mi fissa supplichevole.
«Non ti dispiace se occupo per prima il bagno? Prometto che farò in fretta» e non posso fare a meno di annuire. Sono stanca morta e vorrei dormire il prima possibile, ma è anche vero che non riesco a dire di no in certi casi e questo letto è super comodo. La mia collega non se lo lascia ripetere due volte e si fionda con il pigiama e l’intimo nel vano bagno, chiudendosi la porta alle spalle con un leggero rumore.
Stesa sul mio letto, punto lo sguardo a quello al mio simmetrico, nell’altro vano della stanza e vedo Junhoe armeggiare con il comodino. Seguo senza pensarci le linee del suo corpo e mi fermo, come sempre, ad osservargli troppo il volto, dalle labbra piene agli occhi come pietre scure ardenti. Scendo a delineare con lo sguardo le sue braccia che compiono lo stesso movimento, dalla valigia al comodino, dal comodino alla valigia e mi scappa una risata sommessa nel momento in cui è chiaro che non abbia la minima idea di quello che stia facendo: si limita a spostare quello che trova nei cassetti con lo scopo di svuotare la valigia, senza un filo logico nella sistemazione. Junhoe si accorge del mio sguardo e punta le sue iridi su di me, al di là del muro.
E, semplicemente, mi guarda.
Io lo guardo.
Senza dire niente, senza accennare ad abbandonare improvvisamente le nostri posizioni, bloccati dall’intreccio che i nostri occhi hanno creato con spontaneità.
Lui è il primo a distogliere lo sguardo e un moto di delusione si espande violento nello stomaco. Un lamento esce spontaneo dalla mia bocca e mi mordo un labbro per trattenerlo il più possibile. Ovviamente il moro sente benissimo e mi affretto a dire qualcosa per spiegare in qualche modo l’accaduto e i pensieri che mi frullano in testa.
«Non volevo fare la stronza» oh, grande Sunhee, 10 punti a te.
«Immagino» commenta lui soltanto, facendomi sentire ancora più stupida. Non so cos’altro dire e rimango in silenzio mentre lui si sdrai sul suo letto, nella perfetta posizione simmetrica alla mia.
«L’intento non era sminuirti» inizia ad un certo punto, il rumore dell’acqua delle docce che scroscia ovattata «Volevo davvero solo aiutarti»parla, riferendosi alla chiave elettronica.
Copro la faccia con i palmi delle mani e sospiro pesantemente, pensando alle sue parole che bruciano terribilmente perché ha ragione: non volevo essere sminuita.
«Sono abituata a cavarmela da sola» fornisco come scusa alla mia reazione, ma so che non è legittima a tutti gli effetti.
«Lo so, Sunhee. Sei in gamba, non è un segreto per me» non appena udite queste parole, il volto inizia ad andarmi in fiamme. Se per aver sentito il mio nome pronunciato da lui o per il significato generale della sua frase è ancora da determinare.
«Non farlo» ribatto nell’immediato, un tono di urgenza e ansia nella voce. Junhoe inclina la testa sul cuscino nella mia direzione e domanda «Cosa?»
Così rispondo «Crearti aspettative. Resterai deluso» e sulle sue labbra vedo distendersi un sorriso.
«Non me ne sto creando, sto semplicemente constatando la realtà. Solo una persona in gamba può avere già una laurea alla tua età»
La sua affermazione è così inaspettata che mi ritrovo a tossire in totale imbarazzo.
«Come…» comincio per scoprire come abbia fatto a saperlo. Sono abbastanza sicura di non averne mai parlato con qualcuno che non fosse Mike. Oh!
«Ho sentito te e Mike parlarne prima che io arrivassi in camerino il primo giorno che ci siamo incontrati» conferma le mie idee e ritorno ad avere un respiro regolare per quel che mi è possibile.
«Spero che Jungsu si meriti queste tue qualità» dice di punto in bianco «A discapito del fatto che tu sia mestruata cinquanta ore al giorno»
«Dimmi qualcosa che già non so» ribatto sarcastica, consapevole della realtà di quello che dice. Perché Jungsu, però, viene sempre tirato in ballo?
«A te non piace» dico, dopo averci pensato un attimo.
«Di che parli?» chiede lui allora, in cerca di maggiori informazioni e rispondo semplicemente con il nome del mio ragazzo.
«Non saprei dirtelo, non lo conosco affatto» tenta, ma scuoto la testa senza accettare una risposta così vaga. La sua faccia e il tono della sua voce parlano chiaro ogni volta che Jungsu viene messo in mezzo. Lui stesso lo mette in mezzo quando discutiamo e mi pare palese la sua avversione nei suoi confronti, che lui voglia ammetterlo o no.
«Dai, non mi offendo» provo ancora,sperando che dica realmente ciò che pensa. Non che abbia molte attese al riguardo, ma tentar non nuoce.
Junhoe, prima di dire qualsiasi cosa, si mette a sedere e mi offre la vista delle sue spalle. Aggrotto istintivamente le sopracciglia alla sua reazione, stupita dal fatto che una domanda così semplice possa richiedergli tanto sforzo. Non ci vuole molto a dire “Mi sta sul culo”, o sbaglio? Mi siedo anche io, ma incrocio le gambe sul letto in sua direzione mentre lo vedo poggiare i gomiti sulle ginocchia e affondare il volto, esausto, nelle mani, per poi tornare con la testa a guardarmi il poco che basta per dire: «Non mi piace molto, ma ho paura che non sia un giudizio poi così incondizionato»
«Ovvero?» chiedo titubante. Mi sono rotta di queste risposte così vaghe, non hanno senso e mi mettono ansia. Junhoe tentenna e lo scroscio dell’acqua delle docce resta per un attimo l’unico suono nella stanza.
«Mi piacerebbe poterlo dire in un’altra situazione ma…» e la porta della stanza di Junhoe viene scossa da forti pugni prima che lui possa terminare la frase. Mi guarda e dai suoi occhi capisco che non sentirò mai le parole finali del suo pensiero.
Abbasso lo sguardo sulle mie mani e il moro si alza per andare ad aprire la porta, lasciando entrare Jinhwan che si lancia subito sul letto, il volto orientato opposto al muro e pertanto ignaro del doppio vano.
«Non ti sei ancora lavato?» chiede, infatti, al più piccolo e trattengo una risata quando poi continua «Penso che andrò da Sunhee allora»
Junhoe alza un sopracciglio e guarda in mia direzione, aspettando che io dica qualcosa.
«Neanche io sono riuscita a lavarmi» parlo chiaro e vedo Jinhwan, fermo per i due secondi successivi, alzare la testa dal cuscino e girarla verso di me con lo sguardo corrucciato.
«Cosa cavolo è questa storia» e si alza per controllare da vicino. Inizia a tempestarci entrambi di domande, ma né io né Junhoe abbiamo attualmente la facoltà mentali per rispondere con concretezza. A salvarci è infatti Chanwoo, poiché esce dal bagno vestito ma con i capelli bagnati e, dopo aver salutato il più grande, gli spiega tutto animatamente.
Junhoe, in silenzio e sotto il mio sguardo, prende i suoi vestiti e si chiude in bagno, accurandosi di non alzare la testa.
E nel frattempo penso, che vorrei che il muro metaforico tra me e Junhoe si distruggesse.









 
Buon sabato a tutti ^-^
SONO COSI' FELICE CHE LA STORIA VI STIA PIACENDO!!!! E mi dispiaccio moltissimo perché siamo arrivati al punto in cui le cose si complicano. Ops :-)
Perché Junhoe si comporta così? E cosa pensa realmente di Jungsu? Lo scopriremo nella prossima puntata
Oh, grazie mille alle due ragazze che hanno recensito i capitoli precedenti aw, mi avete resa molto felice ♥)
Baciucchi
   
 
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