Oranges in the sun - The collection

di Watashiwa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perché Hinata ha notato fin da subito Naruto, ammirandolo già in tenera età. ***
Capitolo 2: *** Perché Naruto giudica Hinata apparentemente male ma quel giudizio poi si rivelerà falso e sarà il primo che cambierà radicalmente. ***
Capitolo 3: *** Perché Hinata, nonostante il suo carattere, ha provato ad aiutarlo all'esame scritto. ***
Capitolo 4: *** Perché Hinata ha sempre provato un'enorme preoccupazione per Naruto. ***
Capitolo 5: *** Perché Hinata dimostra di conoscerlo davvero e Naruto la reputa oltretutto gentile. ***
Capitolo 6: *** Perché Naruto incoraggia Hinata con fermezza, come se la conoscesse da anni. ***
Capitolo 7: *** Perché Naruto giura col sangue di vendicare Hinata dalla strafottenza del cugino Neji, che rappresentava un male enorme. ***
Capitolo 8: *** Perché entrambi fanno una mezza confessione all'altro/a, portando a un miglioramento del loro rapporto. ***
Capitolo 9: *** Perché Hinata era preoccupata per lui durante lo scontro contro Neji e poi lui alla fine, pensa a lei. ***
Capitolo 10: *** Perché Hinata cresce con Naruto attraverso gli obiettivi comuni. ***
Capitolo 11: *** Perché i sentimenti di Hinata crescono con il tempo ***
Capitolo 12: *** Perché la loro empatia è forte anche con la semplicità. ***
Capitolo 13: *** Perché Hinata si è confessata e lo sguardo di Naruto ha suggerito tanta emozione. ***
Capitolo 14: *** Perché è tutto nei loro occhi. ***
Capitolo 15: *** Perché essere l'uno a fianco dell'altra li rende e renderà persone migliori. ***
Capitolo 16: *** Perché si sono sposati e hanno creato una bellissima famiglia...problemi a parte. ***



Capitolo 1
*** Perché Hinata ha notato fin da subito Naruto, ammirandolo già in tenera età. ***


Oranges in the sun - The collection

Premessa: avrete notato che ho un cattivo rapporto con le long, però qua certamente le idee non mancheranno, anche perché c'è sicuramente da scrivere.
Quest'idea nasce perché credo sia una cosa bella scrivere sul tuo pairing preferito e poi sinceramente voglio nel bene e nel male
 esporre le mie idee, scadenti ma per l'appunto idee.
Lo ammetto, l'idea può sembrare abbastanza ispirata da un'autrice che non cito (ma che stimo per il suo modo di scrivere), però voglio scrivere il mio punto di vista, anche perché si parla di personaggi diversi, ecco.
La lettura è consigliata a tutti, specie a chi non è per nulla fan del NaruHina: oltre a delle emozioni, vorrei far avvertire agli altri che questo non è (e sarà) solo una serie di: 'perché Hinata ha...' e cose simili.
No, ci sarà anche e soprattutto Naruto: per soprattutto intendo cose significative per loro ma anche secondo la mia visione personale.
Bene, la pianto che altrimenti il capitolo risulta più breve dell'introduzione.

Buona lettura!



 

1. Perché Hinata ha notato fin da subito Naruto, ammirandolo già in tenera età.
 

 

Ci sono persone che si ricordano di tanti soggetti che incontrano nella loro vita.
Questi individui a prima impressione ci possono sembrare completi estranei, a volte però può accadere l'esatto opposto nel profondo del proprio cuore.
Hinata Hyuuga era semplicemente così, forse una bambina troppo ingenua che cercava di vedere dello staordinario in tutti quanti, si sforzava di osservare e di creare un'opinione solida dentro di sé: non le dispiaceva, perché sapeva già da 8 anni di fare dei ragionamenti differenti da chiunque altro.
Era diversa nel bene e nel male e, notando la sua condizione molto triste e altamente indesirabile, erroneamente convinta di essere in errore, o comunque di dovere sempre qualcosa a chiunque fosse intorno a lei o le rivolgesse un minimo di attenzione.
Ma quando lei lo aveva incontrato in quella particolare occasione, aveva avvertito dentro di sé una naturalezza forbita nel pensare e soprattutto nell'agire.
Lo vedeva praticamente sempre, alla fine delle lezioni in accademia, trascinarsi fino a quella solitaria e maledetta altalena di legno e dondolarsi malinconicamente, come nella dolce, struggente melodia del carillon che troneggiava nel comodino della sua cameretta.
Ambedue le cose le procuravano una tristezza inspiegabile: inconsciamente sapeva che il suono di quel magnifico oggetto era la colonna sonora della sua fragile vita, imprigionata nel giudizio pungente di un clan che la ripudiava ogni giorno che passava e le stava sempre più stretto.
E Naruto
questo il suo nome  esprimeva nei suoi occhi cerulei rivolti verso il basso la sua vita fatta di cocente solitudine: a Hinata faceva male notare della sofferenza negli altri e non poter fare niente per alleviare tale emozione.
Ma con lui era diverso: bastava osservarlo con i suoi occhi perlati per sostenerlo e avere l'illusione di donargli sostegno, quello che nessuno sembrava riservargli.
Come quando lui, inaspettatamente, l'aveva seguita per proteggerla da dei bulletti idioti e sfacciati, tirando fuori le unghie ed una tremenda determinazione, seppur con scarsi risultati.
Hinata sapeva che l'anima di Naruto era diversa, era travolgente in ogni situazione quotidiana.
A lei piaceva, eccome se le piaceva: ne era rimasta stregata, incantata nel più positivo degli incantesimi.
Hinata si ricordava ancora quel primo giorno, il primo giorno quando avvennero quei fatti così salienti per la sua infanzia: e durante la notte spesso si domandava se Naruto Uzumaki – la prima persona che le aveva fatto battere il cuore incondizionatamente –, custodiva nella sua mente quei piccoli e particolari attimi.
Tuttavia Hinata non ebbe più delle occasioni simili per avere a che fare con lui: l'unica speranza che le rimaneva era creare un'occasione per conoscerlo, per poter spezzare l'abitudine di poterlo apprezzare da lontano.
Da lontano lo ammirava in silenzio con la sua pura semplicità, unita a una profondità affascinante e sempre più crescente e all'erede del nobile clan questo bastava, fino a quel momento.
Anche perché lei possedeva quegli occhi che, come la sua abilità innata, andavano oltre l'apparenza di una persona con una facilità estrema.
Possedeva uno sguardo vitreo che penetrava nei cuori di chi
secondo lei ovviamente meritavano la sua attenzione.
Perché la timidezza è ancora un gran bell'ostacolo e a volte la Hyuuga era convinta che nulla sarebbe cambiato nella sua vita.
Ma a volte il tempo ti fa riflettere e cambiare opinione su determinate cose.

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Capitolo 2
*** Perché Naruto giudica Hinata apparentemente male ma quel giudizio poi si rivelerà falso e sarà il primo che cambierà radicalmente. ***


2. Perché Naruto giudica Hinata apparentemente male ma quel giudizio poi si rivelerà falso e sarà il primo che cambierà radicalmente.

Naruto era tremendamente entusiasta di partecipare all'esame Chuunin.
Lui, estremamente fiducioso delle sue capacità, puntava a due obiettivi precisi: il primo e più importante era quello di diventare Hokage e spodestare una volta per tutte Hiruzen Sarutobi da quel ruolo.
L'altro, seppur in maniera minore, era far colpo su Sakura-chan: lei era la ragazza per la quale l'Uzumaki provava una cotta abbastanza misteriosa ma ancora forte nel suo cuore.
Questi due obiettivi lo caricavano e uniti alla sua ferrea determinazione, lo rendevano tremendamente spocchioso e ottimista.
Sakura, seppur nervosa per il grande numero di concorrenti e per il suo risultato finale in quella competizione, aveva trovato più serenità grazie ad un aiuto implicito del suo Sasuke-kun, caricandola quanto giustamente bastava.
Sasuke era ancora sicuro di se stesso e del valore enorme del suo clan: non poteva ancora sapere che subito dopo si sarebbe ricreduto mestamente.
Arrivarono improvvisamente il team 10, composto da Shikamaru Nara, Chouji Akimichi e Ino, sopraggiunta esplicitamente per salutare Sasuke e il team 8, formato da Kiba Inuzuka, Shino Aburame e Hinata Hyuuga.
Naruto non aveva tante belle opinioni su di loro: era consapevole che, tralasciando la sua vita difficile e solitaria, aveva poche belle parole per soggetti del genere.
Lui era capace di trovare ogni difetto nei loro caratteri per lui 'smorti', troppo presuntuosi della propria persona, troppo spacconi per la sua grandiosa personalità.
Solo Sakura-chan poteva godere di questo trattamento anche se pensandoci bene, Naruto l'aveva giudicata in base alla qualità esteriore e conosceva ancora poco del suo imprevedibile carattere.
Ma dal canto suo, pensava ci sarebbe riuscito, prima o poi.
Intanto Kiba lo provocava molto velatamente e Naruto gli replicava con fare tra lo stizzito e il divertito, con l'intenzione anche di scannarlo pur di aver ragione su quel baka.
Improvvisamente una flebile voce femminile si fece sentire, con l'intenzione di calmare gli animi tra i due giovani, dicendo:
'S-scusa Naruto-kun, Kiba-kun non aveva i-intenzione di...'
Naruto la scrutò superficialmente veramente per la prima volta: si ricordava di quando l'aveva aiutata diversi anni prima contro una mini-banda di bulletti, erano stati compagni di accademia ma non l'aveva mai conosciuta sul serio.
Quell'occhiata così effimera provocò in Hinata un calore non indifferente che gli si evidenziò nelle guance delicate della Hyuuga, spostando lo sguardo perlaceo altrove.
Fu allora che il ragazzo biondo pensò intensamente per diversi secondi:
'Hyuuga Hinata: una tizia assurda che sposta sempre lo sguardo quando la osservo, una ragazza strana e timida.'
Naruto la reputava strana perché sapeva di non conoscerla in realtà per niente, quasi proprio quanto Sakura.
Hinata era però diversa dalla sua compagna, erano completamente opposte l'una dall'altra.
E nella sua mente si chiedeva se avrebbe potuto conoscere più i motivi di questo suo modo di essere: la curiosità era sempre stato il suo forte.
E se la giovane erede Hyuuga sembrava così trasparente e diversa da lui, Naruto non sapeva che, in quel giudizio dalle apparenti sensazioni negative si nascondevano fragili e stupide bugie di giudizio.

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Capitolo 3
*** Perché Hinata, nonostante il suo carattere, ha provato ad aiutarlo all'esame scritto. ***


3. Perché Hinata, nonostante il suo carattere, ha provato ad aiutarlo all'esame scritto.

E finalmente l'esame Chuunin era cominciato con il suo tremendo furore ed entusiasmo dei partecipanti.
Proprio quello che Naruto aveva perso progressivamente quando gli era stato annunciato che la prima prova era un compito scritto.
Naruto Uzumaki detestava la teoria e tutte quelle nozioni che gli venivano insegnate, non voleva per nulla sfregiare la sua mente con -secondo la sua opinione- inutili bazzecole.
Non poteva contare su Sakura e nemmeno su Sasuke, due tra i giovani ninja che al contrario spiccavano per intelligenza e conoscenza: e Naruto sapeva inoltre che, se fosse rimasto a zero punti, quei due si sarebbero arrabbiati a morte.
Macché arrabbiati, lo avrebbero squartato completamente.
Si teneva le mani nei capelli biondi come il grano e scuoteva la testa come un volpacchiotto in trappola: che buffo fare questo paragone.
Mentre il chiassoso genin di Konoha si disperava mentalmente, due occhi chiarissimi come il riflesso lunare lo osservavano insieme ad un sorriso timido ma quasi comprensivo, vista la situazione.
Tra mille difficoltà, era riuscita ad augurargli di fare del suo meglio per continuare e passare la prova, per poi osservare la sua reazione e la conseguente risposta sicura.
E mentre Naruto pensava ininterrottamente a come uscirne con le sue incredibili forze, una voce delicata gli fece:
'Naruto-kun, se vuoi... puoi copiare il mio test'.
La voce di Hinata risuonò lentamente e cristallina nelle orecchie di Naruto; aveva sentito bene?
Senza rispondere alla ragazza, i pensieri nella sua mente viaggiavano su un altro binario per trovare una risposta a quel gesto: perché mai?
Perché quel gesto così improvviso, voleva forse metterlo fuori gioco?
No, lei non era così maliziosa, falsa e doppiogiochista.
Naruto sapeva che Hinata faceva parte del team 8, con Kiba: e se fosse stato quel deficiente a spingerla a tanto?
Decise di farle la domanda con eccessiva calma e curiosità.
La giovanissima erede avvampò, giocherellando nervosamente con i suoi indici, nel tentativo che il sangue le arrivasse in testa e la aiutasse a mantenere un minimo di contegno.
'Io... io... non voglio che tu venga squalificato qua'.
Naruto la guardò interrogativo ed Hinata spostò ancora lo sguardo da quello ipnotico dell'Uzumaki.
'Vedi... siamo arrivati in nove e mi piacerebbe che riuscissimo... a passare tutto l'esame, e-ecco' disse quasi tremando per l'eccessiva timidezza.
Naruto le sorrise, semplicemente. Ma ad Hinata bastava poterlo aiutare, nient'altro.
Nel mentre gli porgeva il foglio con le risposte alle nove domande, Naruto si compiacque di essersi seduto di fianco ad Hinata ma, roteando gli occhi felice come una pasqua, vide per un attimo il sorriso quasi sadico di Izumo, uno dei tanti esaminatori.
Naruto deglutì, ancora impaurito.
'Hinata... tu non puoi capire: i ninja fantastici come me non hanno bisogno di copiare per continuare!' fece l'Uzumaki nascondendo la paura agli occhi di Hinata.
Non sapeva perché, ma non ci teneva a farsi vedere così da lei.
'M-ma... Naruto-kun, tu...' disse flebilmente lei, come di consueto.
'...In più, se ti scoprono, passerai dei guai gravi e non voglio!' sentenziò con sfacciataggine.
Hinata sentì la faccia rossa, rossa più che mai. Nella sua mente poteva solo riflettere all'eccessiva bontà del ragazzo che adorava.
'S-scusami, avrei dovuto farmi gli affari miei' fece molto dispiaciuta.
'Tranquilla Hinata, va tutto bene!' disse lui cercando di mantenere un minimo di autocontrollo, seppur con evidente difficoltà.
Dentro di sé Naruto rifletteva sulla sua stupidità per non aver sfruttato e l'occasione e... strano ma vero, alla tremenda ed inconsueta gentilezza che Hinata gli aveva rivolto.
Mai nessuno aveva fatto qualcosa di simile per lui, a parte Iruka-sensei.

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Capitolo 4
*** Perché Hinata ha sempre provato un'enorme preoccupazione per Naruto. ***


4. Perché Hinata ha sempre provato un'enorme preoccupazione per Naruto


Stare in quella Foresta così cupa e tenebrosa era davvero dura ma erano le condizioni per continuare la prova Chuunin.
La sua squadra era stata assegnata al cancello 16: come di consueto Kiba era molto confidente nella buona riuscita dell'impresa, Shino stava in disparte, nascondendo le sue emozioni nei suoi occhiali da sole e lei, Hinata, pensierosa come sempre.
In totale il Team 8 ci mise semplicemente tre giorni nel prendere i due rotoli richiesti: avevano collaborato come un vera squadra, utilizzando i loro straordinari punti di forza per la realizzazione dell'obiettivo.
Kiba continuava a sorridere con fare spaccone, forse con molta più naturalezza dell'inizio e Shino aveva addirittura abbozzato ad un mezzo sorriso impercettibile.
Ma la Hyuuga continuava a tenere un comportamento identico al principio, sorridendo giusto nelle situazioni opportune, sorridendo mascherando un'evidente preoccupazione.
Una preoccupazione per Naruto, solo per lui.
Il suo animo già vacillante si era altamente preoccupato quando Anko Mitarashi (l'esaminatrice della seconda prova) lo aveva zittito giocando con la ferita vermiglia sul suo viso: non vederlo le procurava ansia.
Un'ansia così grande che non aveva mai provato per nessuno, che però non smetteva di calmarsi in determinati casi e situazioni.
Una volta che il Team 8 arrivò alla torre si sentì leggermente più sollevata e serena per la buona riuscita dell'esame, dopo tutto quello che era successo all'interno di quella foresta oscura.
Ma mai fu grande il suo sorriso quando lei avanzò verso il luogo centrale del piano e là vide il Team 7 al completo.
Erano salvi.
Naruto-kun era salvo!
E mai gli rivolse un'occhiata serena e quasi affascinante come allora.

**

Dopo che il Terzo Hokage aveva spiegato con tremenda calma come proseguire il torneo dei Chuunin, cominciarono tutti gli scontri tra i vari Genin.
Poi arrivò quello scontro, una battaglia sicuramente interessante per pochi e tant'ovvia per quasi tutti:

Uzumaki Naruto vs. Inuzuka Kiba

Hinata era di nuovo in preda al panico già alla vigilia di quello scontro e si accorse che quella preoccupazione, una preoccupazione percettibile ascoltando i battiti irregolari del suo cuore, si era fatta vigliaccamente viva.

'M-mi piacerebbe tifare per Naruto-kun... però Kiba-kun fa parte del mio t-team... non vorrei che si infuriasse dopo'.

E Hinata capì che, quando provi un sentimento di una certa portata per un ragazzo, l'ansia e la preoccupazione erano due brutte bestie che la tenevano morbosamente sotto braccio.
Ma tutto sommato per lei tutto era ancora normalissimo, fino ad ora.

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Capitolo 5
*** Perché Hinata dimostra di conoscerlo davvero e Naruto la reputa oltretutto gentile. ***


5. Perché Hinata dimostra di conoscerlo davvero e Naruto la reputa oltretutto gentile.

Naruto e Kiba avevano cominciato a lottare già da un paio di minuti e l'Inuzuka sembrava primeggiare su tutti i fronti sull'Uzumaki, spavaldo come sempre ma sul quale non scommetteva anima viva.
O meglio, quasi tutti non avrebbero mai scommesso su di lui.
Il Maestro Kakashi analizzava serio lo scontro con quello sguardo criptico che spesso rivolgeva a molte persone, così apparentemente non curante e tediato.
Lui pensava e traeva delle conclusioni piuttosto razionali ma giuste, frutto di un'esperienza gloriosa e quasi leggendaria che lo acclamava.
Totalmente diverso il temperamento di Sakura: urlava e incoraggiava coraggiosamente il suo compagno di team, comprendendo finalmente l'impegno e le sfaccettature del sogno più grande di Naruto.
Nella sua intelligenza indiscutibile, poteva affermare che si era sbagliata e ora lo conosceva meglio per poterlo esortare a pieni polmoni, senza esagerare.
Ma per quanto intelligente potesse essere, Sakura non aveva ancora capito una cosa: quando si ha a che fare con una persona a volte è necessario essere avidi di conoscenza, conoscenza legata a molti momenti della persona in questione, passati e attuali.
Nella sua anima lacerata dalle indecisioni, era Hinata a poter affermare di conoscere più sull'Uzumaki, se mai ci fosse stata occasione di verificarlo con qualcosa di concreto.
Era un'anima in pena, ansiosa e preoccupata allo stremo per Naruto, colpito ripetutamente da Kiba e Akamaru con la Jūjin Bunshin; restava in silenzio ma continuava ad avere fiducia in lui perché anche una sconfitta non l'avrebbe smossa dalle sue opinioni.

'Non posso perdere... il mio sogno di diventare Hokage...' bofonchiò Naruto dolorante a terra, cercando di ricomporsi per proseguire l'incontro.
'Cosa? Tu Hokage? Non farmi ridere, proprio tu che sei più debole del sottoscritto... arrenditi prima che finisca male!' sentenziò l'Inuzuka con eccessiva sicurezza e strafottenza, ridendo poi in maniera sguaiata con l'intento di canzonare il suo contendente.

Hinata continuava a seguire lo scontro e nel suo mondo faceva riaffiorare dei ricordi preziosi quanto unici, che appartenevano solo alla sua anima e ai suoi occhi perlati.
Rammentava incessantemente vari episodi del passato importanti, per lei impossibili da condividere con anima viva perché sarebbero stati incompresi e morti in una conversazione non memorabile.
 

'Ti sbagli, Kiba-kun... Naruto-kun non è così debole'.

Nel suo cuore aveva visto quella forza che lo contraddistingueva dagli altri ragazzi del suo villaggio, dai suoi coetanei e — per la giovane guerriera — anche da alcuni chunin dello stesso villaggio.

'Al contrario di me, Naruto-kun ha avuto sempre fiducia in se stesso'.

Era consapevole di risultare diversa e di aver vissuto un'esistenza piena di difficoltà e di soprusi che tutt'ora non la lasciavano minimamente in pace.
Probabilmente, se quel giorno così importante per lei si fosse svolto in un'altra maniera arrivando a non conoscerlo affatto, Hinata sarebbe sprofondata in un mare nero che l'avrebbe inghiottita nella sua integrità, sparendo dalla quotidianità di familiari e conoscenti, ma nessun amico.

'Pensavo davvero che fosse incredibile, perché io capisco quanto sia difficile... che qualcuno ti capisca o provi a riconoscerti come sei realmente: ma oggi tutti i presenti lo stanno facendo semplicemente osservandoti'.

Lui non aveva segreti per lei, era così incredibile ma reale, non le importava se per lui era esattamente lo stesso: era semplicemente felice se anche gli altri la pensassero finalmente come lei in quel preciso frangente, o almeno cambiassero opinione su Naruto, vedessero la sua prodigiosa, irradiante luce.
 

**

'Hahaha! È stato facile!' sbraitò Naruto raggiante e più carico che mai, dopo l'incontro.

Era finita. Naruto Uzumaki aveva sconfitto i suoi due avversari tra lo stupore generale e si era assicurato un passaggio del turno immediato, meritandoselo per davvero.
E mentre tornava al suo posto, Hinata ebbe il coraggio di farfugliare maldestramente il suo nome, tra una lotta interna non certamente indifferente.
Naruto la sentì nonostante per lui fosse come uno squittio flebile e si girò, di primo acchito stranito.
Lei fu lesta e ancora tremante gli porse un barattolino che conteneva dell'unguento medicante.

'Che cos'è?' disse il biondo ammettendo la sua più totale sopresa del dono offertogli.
'Una crema curante!' gli rispose Kurenai Yuhi, la prorompente ma al contempo discreta sensei di Hinata.

Kurenai sapeva, sapeva di quanto Hinata provasse un sentimento per Naruto e, nonostante la conoscesse relativamente da poco, aveva capito tantissime cose semplicemente dai suoi gesti e dalla sua storia, anche ripensando ai suoi trascorsi personali e alle sue esperienze.

'E perché desideri donarmela?' continuò stupito Naruto che si chiedeva perché la volesse dare proprio a lui e non a Kiba e Akamaru, certamente più bisognosi di cure.

Kurenai scosse la testa ma pazientemente rispose, cercando di mantenere un tono chiaro quanto premuroso nei confronti della sua pupilla.

'Dovresti semplicemente accettarla, non credi?.'
'Uhm d'accordo... grazie Hinata, sei molto gentile!' risposte finalmente dopo un attimo di riflessione per scacciare ogni dubbio e perplessità sulla volontà di quel regalo del tutto inaspettato.

Il genin si allontanò per ritornare al posto con il suo team e iniziò a sorridere spontanea e naturale, sfoderando un sorriso dolce e timido che avrebbe sciolto Hinata per l'intrinseca bellezza di quell'espressione: il giovane non sapeva perché, ma quella gentilezza così pacata gli trasmetteva buone cose.
Quando Naruto vedeva nascere delle buone opinioni e sensazioni su qualcuno, difficilmente si sbagliava.

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Capitolo 6
*** Perché Naruto incoraggia Hinata con fermezza, come se la conoscesse da anni. ***


6. Perché Naruto incoraggia Hinata con fermezza, come se la conoscesse da anni.

Kiba non poteva ancora credere di aver perso con Naruto con un'assurda combo di calci.
Il biondo era riuscito a sconfiggere prima il suo più fedele amico a quattro zampe e poi (senza nemmeno troppi complimenti) lui.
Lui che aveva affermato spavaldo che sarebbe stato un incontro fin troppo semplice.
Ancora pensieroso per la batosta morale ricevuta, non vide quasi la pacata figura della sua compagna di team venirgli incontro.
Aveva in mano un unguento medico particolare; lo teneva con fare quasi decente e materno, tipico del suo modo di essere.
'Kiba-kun, ho portato quest'unguento per te e Akamaru, funziona davvero...' fece la Hyuuga con semplicità, quasi mormorando.
Il giovane Inuzuka sorrise a denti stretti, tuttavia contento di come Hinata si preoccupasse per loro.
'Hinata, dovresti iniziare a preoccuparti per te stessa' disse serio ma seriamente coinvolto nelle parole.
L'erede della casata Hyuuga lo osservava con quegli occhi candidi, attenta.
'Siete rimasti tu, Neji, Rock Lee, Choji, il tizio del Suono e quel Gaara che proviene da Suna' proferì Kiba, continuando con quell'espressione seria e quasi preoccupata.
Poi continuò, dopo aver voltato lo sguardo verso gli spalti.
'Se capiti con quello della Sabbia dai subito forfait... e se capitassi con Neji, arrenditi ugualmente!' pronunciò con fare deciso 'Lo sai, lui ti ammazzerebbe!'.
Dopodiché, l'equipe medica lo portò via alla sala d'ospedale dove egli avrebbe potuto riposare dopo il combattimento e guarire dalle ferite ricevute.
Nello stesso istante in cui Kiba fu portato via, gli occhi dei due giovani Hyuuga si incrociarono: avrebbero dovuto combattere, come sfortunatamente Kiba non si augurava affatto.
Lo sguardo del ragazzo della nobile casata era deciso e quasi omicida, quello dell'erede era davvero pietrificato e stranito, pauroso.
Entrambi si diressero verso l'arena di combattimento con fari decisamente diversi, come del resto era prevedibile per chi conoscesse le due personalità, anche solo un minimo.
'Non avrei immaginato che alla fine avrei dovuto combattere contro di lei, Hinata-sama - iniziò a parlare Neji mascherando per un momento il rammarico per l'odiata cugina'.
'Neji nii-san...' rispose semplicemente Hinata con fare timido.
I due si scrutarono e valutarono in silenzio, mentre dagli spalti si sentivano vociferare riguardo i due.
Quel vociferare proveniva dalla zona dove stava Naruto.
Ad un tratto Neji volle rompere il ghiaccio, spezzando il silenzio armonico che si era venuto a creare:
'Prima di cominciare.. vorrei dirle una cosa Hinata-sama...' fece deciso il genio della casata, quasi sibilando '...si arrenda, lei non può far nulla!'
E da lì fu una completa giostra di paroloni sul destino, sull'impossibilità di cambiare se stessi, con un'Hinata sull'orlo del pianto disperato e quasi isterico che l'aveva accompagnata per diverse giornate.
Il pubblico osservava i due e ascoltava silenziosamente il discorso di Neji: aghiacciante, davvero cupo e con un filo di troppa tristezza.
Solo Naruto sembrava irritarsi a tale spacconeria, digrignando i denti come un animale provocato e pronto all'attacco e stringendo i pugni con fare cattivo, più di quanto avesse fatto contro Kiba e Akamaru.
'Ed è per questo che una persona come te non può...'
'SI CHE PUO'!'
Naruto urlò e straziò la tensione della scena tra i due Hyuuga, ormai soffocante.
Hinata volse lo sguardo verso la persona che ammirava di più nella sua vita, con occhi increduli.
'HINATA, SPACCA IL CULO A QUELLO STRONZO! E DIMOSTRAGLI CHE SI SBAGLIA DI GROSSO!'
Naruto era sconvolto ma Hinata lo era più di lui.
Ma sentire quelle calde parole dal ragazzo che la rendeva più forte di quanto fosse mai stata era comunque una ventata di belle sensazioni, una benedizione.
Tant'è che la ragazza cambiò improvvisamente espressione e ringraziando mentalmente Naruto per le – secondo lei – belle parole di conforto, decise di affrontare suo cugino e di mostrargli che quello che diceva di lei, che voleva cambiare per se stessa, lo sentiva davvero.
Per Neji, per Kurenai-sensei che era come una madre per loro.
Ma soprattutto per Naruto.

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Capitolo 7
*** Perché Naruto giura col sangue di vendicare Hinata dalla strafottenza del cugino Neji, che rappresentava un male enorme. ***


7. Perché Naruto giura col sangue di vendicare Hinata dalla strafottenza del cugino Neji, che rappresentava un male enorme.

Neji osservava con evidente disprezzo la sagoma bionda di Naruto Uzumaki: le parole che sbraitava per incoraggiare la cugina lo avevano fatto innervosire ancor prima di cominciare lo scontro.
Ma dato il suo pacato ed innato auto-controllo, decise solo di mandarlo al diavolo mentalmente e di riconcentrarsi sulla cugina, che credeva ormai distrutta sotto ogni parte mentale e fisica.
Fu quella la prima volta dove si accorse di aver sbagliato del tutto i suoi calcoli meticolosi.
Dal canto suo, Hinata aveva chinato il capo con una lentezza notevole, chiudendo gli occhi grandi e belli, quasi come se fosse una conseguenza riflessiva del gesto da lei compiuto in precedenza.
Le parole di Naruto le rimbombavano fortemente nella sua testa e, una volta che interpretava quel messaggio, sentiva una seria fiducia e voglia di fare, che contagiava anche un cuore e un corpo piccolo come il suo, della giovane Hyuuga.
Neji fu sorpreso di vedere sua cugina reagire in quel modo così strafottente, in quella maniera così silenziosa e testarda che neanche sapeva le appartenesse.
‘Non vuole dare forfait, bene allora, combattiamo! – fece il genio Hyuuga con la sua pacatezza e sicurezza di sempre, quasi come se volesse ulteriormente spaventarla ‘.
E Hinata lo sfidò con quello sguardo nuovo, che stupì chiunque, persino lo spettatore che aveva scatenato quella reazione nell’erede della casata.
Quando entrambi gli Hyuuga si misero nella tipica posizione da combattimento, Naruto capì subito che non sarebbe stato un combattimento ordinario rispetto al resto: c’era qualcosa di strano che aleggiava nell’aria e persino lui avvertiva la presenza di quella tensione.
E quando sgranò gli occhi azzurri, pensando a come Hinata si sarebbe fatta valere in quel match, i cugini avevano già cominciato a darsi battaglia.
Movimenti veloci, palmi gentili che si contrastavano con la volontà di sbriciolare qualche parte fisica e occhi che si contrastavano, fieri e duri con l’avversario.
Nonostante tutto, Naruto non capiva ed oltretutto non notava ogni movimento dei due sfidanti, ma ciò non gli impedì di incitare dei cori da stadio in favore della coetanea corvina, incoraggiandola a combattere e mostrare il suo grande valore.
 E Hinata lo faceva, in nome di tutto il piacere che provava per Naruto; ciò nonostante, questo non bastò a combattere il male comune.
Neji iniziava a contrastarla fisicamente e il suo stile di combattimento e la sua esperienza individuale erano meglio rispetto a tutto, per la preoccupazione evidente del giovane Uzumaki.
Non servì che continuasse ad urlare, perché ogni volta che vedeva che Hinata si rialzava seppur sputando e perdendo sangue da ogni dove, una stretta al cuore gli impediva di dire ciò che provava, a gran voce.
‘Non mi rimangio la parola data, Neji nii-san, perché questo è il mio nindo!’.
La corvina aveva una voce decisa e cristallina, che intaccava ogni animo sensibile che realmente credeva in lei: sfortunatamente, in quel momento era convinta di farlo solo per se stessa.
Ma Naruto incrociò per la prima volta il suo sguardo nel suo, senza che lei provasse remora: lei non era sola, non lo sarebbe stata più, affatto.
‘Non immaginavo che Hinata fosse così straordinaria!’
Quasi non si accorse di aver pronunciato quelle parole, dato che era da diversi minuti che il suo cervello non connetteva automaticamente col cuore.
‘Già,  è molto simile a te!' disse Lee con il suo tipico sorriso gentile e infantile.
Anche Sakura parlò, affermando di aver notato la giovane Hyuuga osservare costantemente Naruto durante questi anni, all’accademia e durante la prima prova.
Ma non fece in tempo a riflettere su quelle parole che il corpo di Hinata si era arreso ai suoi limiti, dopo che aveva tentato di comprendere il cugino con il suo dolore, intaccando però il discorso sulle due casate, tanto caro a Neji.
Dopo esserle stato vicino durante lo scontro, il biondo si precipitò immediatamente dalla ragazza sconfitta, che però aveva vinto una cosa: la sua stima e soprattutto un grande peso liberato dalla sua anima, che lentamente si faceva meno personale.
Sbruffone e algido, Neji cominciò a blaterare sul destino, su cose che Naruto non concepiva e non avrebbe mai condiviso nella sua intera esistenza.
Stufo di quelle litanie così austere e sprezzanti, si inginocchiò e prese un po’ del sangue che Hinata aveva perso durante il combattimento, di color scarlatto, quasi come se rappresentasse la vita della stessa ragazza: dentro di sé custodiva una grandiosa vitalità, diversa, forse coinvolgente.
Intrise la sua mano destra di quel sangue così caldo e vivo e si fece serio, prendendo la questione come una promessa da mantenere, anche a costo di morire.
‘Io ti batterò!’
E mentre il diretto interlocutore e i suoi amici lo guardavano interrogativo e poco convincenti, Naruto non aveva che occhi per Hinata e per quella promessa silenziosa che univa due cuori fin troppo simili, segnati  da un sangue che scorreva dentro di loro, vivo e scarlatto come la grinta che avevano nei momenti più importanti.
Perché Hinata era già questo, per Naruto: importante.


 

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Capitolo 8
*** Perché entrambi fanno una mezza confessione all'altro/a, portando a un miglioramento del loro rapporto. ***


8. Perché entrambi fanno una mezza confessione all'altro/a, portando a un miglioramento del loro rapporto.


Naruto era sempre stato un tipo che non aveva mostrato le sue paure a nessuno.
Un tipo incredibile e geniale come lui sarebbe stato sicuramente deriso e preso per un bambino idiota: e questo Naruto non poteva permetterselo in nessuna circostanza, per la sua crescita, per i progressi fatti e per la sua vita.
Però Neji Hyuuga era un avversario così temibile che faceva tanta, tanta paura.
Il solo pensiero che sarebbe stato suo avversario il giorno successivo, dopo quella notte così pacata, pietrificava Naruto, che rimaneva rigido sul suo letto morbido ad una piazza.
Con i pensieri e le preoccupazioni tipiche della facciata seria del suo carattere, cadde in un sonno profondo, che terminò ben presto - così anche a detta di Naruto - tra le prime luci del giorno, soleggiato e sereno, tutto il contrario di quello che era il giovane biondo in quella giornata.
In effetti quella mattina aveva dimenticato a casa la sua maschera estroversa, ma passeggiando per le vie di Konoha a nessuno sembrava una cosa di notevole importanza.
I suoi passi erano lenti e piuttosto sostenuti, avvertiva ancora paura del suo avversario e le sue mani che tremavano appena ed appoggiate alle spalline del suo zaino ne erano la conferma più assoluta.
Giunse senza nemmeno rendersene conto al campo allenamento dove - del tempo addietro - ricevette una delle più sonore lezioni della sua vita dal suo sensei, Kakashi.
Ma in quel delicato momento non c'era nessuno del suo team e probabilmente, nessuno di loro avrebbe capito il suo stato d'animo e le sue strane contraddizioni mentali che non gli davano tregua, dal momento che Neji gli avrebbe dato molto filo da torcere.
Camminò lento e quasi stranito verso il campo d'addestramento, luogo di ricordi e vergogna, considerando quello che accadde a lui, contrariamente ai suoi compagni di team.
Ma appena alzò lo sguardo che inizialmente volgeva al cielo illuminato dal sole più caloroso, la vide e la osservò, sorpreso della sua ripresa, dopo il fatidico scontro con Neji.
'Hey Hinata, ti sei ripresa?'
Per la giovane corvina, quelle parole furono un completo tuffo al cuore: non si aspettava che la persona che ammirava di più fosse lì, dove lei segretamente pensava e rifletteva sull'avvenire, confuso e pieno di nebbia.
Pigolò il suo nome con evidente riservatezza, chiedendo cosa ci facesse nel campo d'addestramento, ancora stupita del consueto incontro con il biondo.
Lui le rispose leggermente nostalgico, dicendole che il luogo in sè gli evocava dei ricordi molto speciali,del quale Naruto sembrava andasse molto fiero.
'Oh... perché?' fece la piccola Hyuuga con fare curioso.
Ma per tutta risposta Naruto le rispose che in fondo non era importante come potesse sembrare, causando una sorta di chiusura in Hinata che, scusandosi, causò un momento di silenzio piuttosto imbarazzante.
Quasi per sforzare l'atmosfera, l'Uzumaki iniziò a domandare su Neji, prossimo su avversario del quale sembrava particolarmente offensivo e tremendo, domandando ad Hinata se fosse suo cugino e - sopratutto - fosse tremendo: lei rispose di sì, rassegnata dalla sua furia ancora emergente ma paurosa.
'Potresti sconfiggerlo, però... perché io... - tentò di dire la corvina con fare incoraggiante' - ma Naruto, che era solito interrompere e fare l'idiota patentato, improvvisò, vantandosi in maniera così vertiginosa tanto da causare un momento di silenzio tombale colossale.
Stranamente, fu la stessa giovane erede degli Hyuuga a rompere il silenzio, parlando di se stessa e tentando di esprimere ciò che sentiva, nella sua marea di insicurezza cronica, ancora troppo elevata.
'Vedi, quando mi hai incoraggiata... - esordì in questa maniera la fanciulla - ho sentito più forza, iniziando ad apprezzarmi di più.'
Così proseguiva il suo discorso, giocherellando nervosamente con gli indici, scatenando un'attenzione da parte del biondo.
'Probabilmente agli altri che osservavano non è cambiato niente, ma io sento di essere cresciuta... e questo - disse arrossendo lievemente - è stato grazie a te, Naruto!'
Al ragazzo per un attimo venne da sorridere sornionamente, sapendo ironizzare sul fatto quanto lui riuscisse ad influenzare qualcuno, ma quel momento duro menò di una manciata di secondi.
'Hey Hinata, sei sicura di quello che dici? - fece Naruto con fare nervoso e triste -.
Sai, potrei sembrare forte, ma se mi comporto da frustrato è perché ho paura di fallire sempre...'
Questa volta fu la sua interlocutrice ad interromperlo in maniera speciale, ribattendo quanto in realtà diceva cose non vere.
'Naruto-kun, anche se fallisci sempre, per me sei un perdente orgoglioso!'
Per un attimo non si ricordò di avere un grande peso come la timidezza, parlandogli a mezzo cuore libero.
'E' vero, tu non sei perfetto, ma hai sempre la forza di rialzarti ed andare avanti, credo che quella sia la vera forza!'
Per un attimo, Naruto rimase incantato ad ascoltare il suo discorso, arrossendo leggermente e poi, osservandola negli occhi, le sorrise, ringraziandola caldamente, dicendole che ora si sentiva decisamente meglio.
Ed Hinata, che stava goffamente nascosta dietro un tronco, sorrideva in maniera tale da risultare quasi contenta di avergli detto tutte quelle belle cose.
'Sai Hinata, quando ti ho visto per la prima volta, pensavo... - pronunciò Naruto con serenità - pensavi fosse una tipa assurda, riservata e strana.'
Lei portò il proprio sguardo fino al terreno, quasi amareggiata per il pensiero iniziale che gli diede.
'Ma sai, una cosa? Una persona come te... mi piace molto.'
Ad Hinata non solo brillarono gli occhi dall'emozione, ma anche la sua anima vibrò dalla felicità, manifestata dal rossore della sua faccia.
Era il primo passo per essere apprezzata da lui, una cosa a cui ambiva profondamente.
Hinata non sapeva il perfetto significato di quel gesto e di quelle parole, lei non sapeva cosa dicesse il suo cuore a proposito, sta di fatto che non seppe cosa dire, presa dall'emozione più vera.
Sentì in sottofondo il desiderio di Naruto del volerla vedere al suo scontro e ancora di meno le parole di Kiba, che si domandava cosa fosse successo, nel vederla in quello stato così statuario.
E mentre Naruto correva verso lo stadio, si rese conto di quanto Hinata fosse particolare: aveva dei pesi da levare nella sua anima come lui stesso, ma era l'unica ragazza che, con il suo fare gentile e dedicato, l'aveva trattato da uomo.
Come una mamma, un'amica, una sorta di complice.
Ma questo Naruto non poteva capirlo ancora del tutto.

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Capitolo 9
*** Perché Hinata era preoccupata per lui durante lo scontro contro Neji e poi lui alla fine, pensa a lei. ***


9. Perché Hinata era preoccupata per lui durante lo scontro contro Neji e poi lui alla fine, pensa a lei.

I colpi che ha ricevuto Naruto in tutto il corpo non sono quasi niente in confronto a quanto Hinata stava provando dentro in quel momento maledetto.
Forse era piuttosto egoista pensarlo ma a volte le sensazioni interiori che si provano sono più forti e taglienti di qualsiasi coltellata inferta al stomaco, oppure data direttamente al cuore.
Neji stava sconfiggendo Naruto e dopo la chiusura delle sessantaquattro porte sembrava proprio che i giochi fossero chiusi: dal canto suo, Naruto si lanciava all'attacco e veniva sbattuto ripetutamente a terra, causando anche una crescente preoccupazione in Hinata che, se all'inizio gli sorrideva incoraggiante, mostrandogli da lontano una premura familiare davvero magnetica e particolare, ora era preoccupata per la sorte che sarebbe crollata inesorabile sulla sua persona.
Tossiva - non ancora ripresasi dopo lo scontro contro Neji - piena di ansia e di paura, continuava e proseguiva, fino a che non perse i sensi, sopraffatta da ogni sorta di pensiero legato a Naruto: non conosceva ancora lo straordinario e pericoloso potere di Naruto ed aveva invocato silenziosamente a Naruto di non continuare a sforzarsi così tanto, in ansia palpabile per lui.
Perché Hinata non poteva vedere la persona che più ammirava ridotta peggio di quanto non fosse stata lei, Naruto non meritava ulteriore sofferenza che lei aveva visto nei suoi occhi cerulei, che persisteva negli anni precedenti, durante i giorni d'accademia.
Naruto aveva vinto dopo aver liberato coraggiosamente il chakra del Kyuubi, sconfiggendo Neji con tanta determinazione e voglia di una rivalsa più accesa, nonostante avesse faticato un botto per sconfiggerlo e mantenere la sua promessa fatta con il sangue.
Tutti erano inizialmente esterrefatti, accennando a qualcosa di più unico che raro, poi si levarono le urla di acclamazione, facendo scatenare un tifo molto accesso e continuo.
In tutta la sua vita Naruto non era mai stato così sereno e soddisfatto di se stesso: correva per l'arena come un matto, lanciando baci ed esultando alla sua maniera, in maniera gaia e ridente, com'era solito fare.
Urlava con tutto il fiato che aveva in gola, alzando le mani al cielo: e fu allora che si chiese dove fosse Hinata e se l'avesse guardato, con fare festante.
L'aveva protetta dalle parole fredde di Neji quando mostrava ostinatezza a Naruto, affermando di come lei avesse superato i suoi limiti e soffrisse, pur di raggiungere il suo obiettivo e proteggere il suo nindo, il suo credo ninja.
La teneva stretta a sè nei suoi pensieri, in modo tale che le facesse forza in quei momenti di pura difficoltà e aveva funzionato, aveva funzionato alla grande.
L'aveva ormai rivalutata con sicurezza e gliel'aveva dimostrato con fatti e parole: da quel giorno lui poteva dire sicuramente di contare pienamente su di lei, per ancora tanto tempo.

 

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Capitolo 10
*** Perché Hinata cresce con Naruto attraverso gli obiettivi comuni. ***


10. Perché Hinata cresce con Naruto attraverso gli obiettivi comuni.

Hinata vedeva Neji ed Hiashi allenarsi con tenacia empatica e coinvolgente e sorrise in maniera incondizionata nei loro riguardi, come se volesse riflettere nei suoi occhi la felicità di vederli allenarsi insieme.
In realtà, la felicità non era dietro l'angolo e il suo cuore lo sapeva altrettanto bene: probabilmente non era nemmeno triste; però le ombre nel suo animo erano onnipresenti, specie da quando la missione per riportare Sasuke era fallita miseramente.
Sapere delle condizioni di Neji l'aveva resa molto pensierosa e un poco infelice ma quando le dissero di Naruto aveva sentito riscaldarsi fortemente il cuore di un turbine di emozioni indistinte, che non sapeva definire perfettamente.
Si era promessa di andarlo a trovare per parlargli un po' - non necessariamente di se stessa - ma nonostante tutto non era riuscita a realizzare il suo obiettivo perché nel vederlo disteso nel letto d'ospedale, con una buona parte delle bende macchiate di sangue, le avevano fatto quasi perdere i sensi e di conseguenza era tornata a casa amareggiata e delusa di se stessa.
"Padre, Neji nii-san... vi ho portato un po' di tè caldo" - affermò lei con tono pacato, per poi sedersi delicatamente sul gradino della piccola scala del cortile.-
Hiashi notò la figlia subito dopo e fece cenno a Neji di prendersi una piccola meritata pausa e che lui sarebbe tornato presto per riprendere la sessione.
Il ragazzo raggiunse e si avvicinò silenziosamente alla cugina che ormai diventata sempre più una compagna ed un'amica fidata; le sorrise con serenità, notando che i suoi occhi erano turbati da qualche pensiero negativo, immaginando per cosa soffrisse.
Osservò il tè con fare distratto, poi disse gentilmente ad Hinata: "Ho saputo che Naruto andrà via dal villaggio per allenarsi. Perché non vai a salutarlo?"
Hinata aveva un'aria leggermente assorta nel suo mondo, perché sapeva bene che Naruto sarebbe andato via dal villaggio per un addestramento per chissà quanto tempo.
Pigolò con tristezza un "va tutto bene" che invece trasmetteva tutto il contrario di quanto detto, non lasciando più spazio a gesti o parole esplicite.
Fu però fulmineo e sorprendente il momento in cui arrivò Kiba nella villa di casa Hyuuga per visitare Hinata, intromettendosi nella conversazione e rivelando in maniera spaccone al genio Hyuuga il probabile motivo per il quale Hinata nascondeva le sue reali intenzioni, parlando del suo tentativo di incontro con Naruto in ospedale e causandole profondo imbarazzo.
Fu in quel frangente che Neji la osservò con un'occhiata attenta e particolarmente complice, vedendo nel suo sguardo il reale sentimento che sentiva per Naruto, crescente e forte nella sua pacatezza, come poi in fondo era la stessa Hinata.
E non fu Kiba ad incoraggiarla a fare quello che desiderava tanto ma Neji, iniziando a dimostrare di capire le sue sfumature e il suo portamento, parlandole e sorridendole per la prima volta con vero e sentito piacere.
Naruto aveva finito l'ultima ciotola di ramen leccandosi i baffi, con Iruka che gli sorrideva in maniera malinconica e nostalgica perché sapeva che l'avrebbe rivisto dopo due anni e mezzo.
Una pacca sulla spalla, un sorriso aperto fatto con il cuore e un "coraggio!" sussurrato con allegria apparente: questa era una buona parte del loro rapporto cresciuto nelle intemperie dell'indifferenza del mondo.
Naruto era pieno di speranza e sotto quel cielo limpido non poteva che brillare e rinnovare le sue aspettative e i suoi sogni, sostenendo le sue idee con forza e tanta costanza.
Alzò il pugno trionfante verso i volti degli Hokage - verso quello del Quarto, precisamente - e con occhi pieni di forza e determinazione disse gioioso che avrebbe fatto del suo meglio, augurandosi che lo avrebbe guardato tutti i giorni della sua vita.
"Che stai facendo, Naruto? Sbrigati, forza!" - fece Jiraiya dall'altra parte della strada che lo chiamava a gran voce -.
Naruto corse verso il sannin, pronto a cominciare la sua nuova avventura e un'interessante sfida contro se stesso e il mondo intero.
Hinata, che non si era fatta viva per parlargli un po', rimase nascosta dietro ad un palo con il suo sorriso, osservandolo ed ascoltandolo in ogni cosa che aveva detto.
"Devo fare del mio meglio anche io..." - pensò Hinata, che voleva definitivamente cambiare molte parti del suo carattere e di se stessa.
Avrebbe mostrato a tutti i frutti del suo impegno, costante e sempre più quotidiano, sarebbe riuscita a diventare una persona apprezzabile e forte, sperando fortemente che Naruto l'avrebbe successivamente notato la sua nuova lei: era un obiettivo da realizzare, ad ogni costo.
Perché Hinata cresceva ogni volta che Naruto si rinnovava di speranza nuova.

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Capitolo 11
*** Perché i sentimenti di Hinata crescono con il tempo ***


11.Perché i sentimenti di Hinata crescono con il tempo.

La missione di salvataggio per il Kazekage era fortunatamente terminata e - grazie al cielo - i membri dei Team 7 e il Team 9 non avevano riportato grandi ferite, fatta eccezione per Kakashi, che aveva assolutamente bisogno di assistenza e meritato riposo.
Naruto sapeva benissimo che era necessario trovare dei membri in grado da evitare che lui e Sakura rimanessero fermi al villaggio a compiere scartoffie per Tsunade; non eraquello il momento per fermarsi.
Il pericolo e il rischio che quella missione gli aveva procurato erano risultati necessari per renderlo più adrenalinico che mai,  voleva capire cosa si nascondeva sotto quell'organizzazione così oscura, tetra e misteriosa, realizzare se era tutto un modo per arrivare più facilmente a Sasuke.
Pensò a lui con un'intensità lacerante e malinconica che però cacciò subito per evitare di scegliere in maniera non opportuna i nuovi commilitoni che avrebbero aiutato per la ricerca del giovane Uchiha.
Arrivò ben presto nella via dove aveva incontrato Sakura e Tsunade dopo due anni e mezzo d'allenamento e girò verso destra, in una via piuttosto larga e piena di incroci verso il centro del villaggio, caratterizzata dalla presenza di un grande ed imponente salice ombroso sempre sulla destra che donava sollievo nelle calde giornate estive di Konoha.
Naruto superò pensieroso quel punto orientativo, chiedendosi realmente chi potesse avere le capacità operative e maestrali del maestro Kakashi e chi potesse realmente avere delle caratteristiche originali e con il quale ci sarebbe potuto essere dialogo e perfetta cooperazione.
Non si accorse minimamente della figura che stava appoggiata al salice fino a quanto la profondità della sua voce e la sua immensa serietà non lo riportarono sulla terraferma.
«Ne è passato di tempo, Naruto» fece lo sconosciuto con tono grave, quasi atono, in modo che potesse essere udito e di conseguenza riconosciuto dal ninja biondo.
Il giovane sussultò appena girandosi di scatto verso quella voce che dapprima gli apparì quasi metallica e di un'altra dimensione, fino ad individuarla e a trovarne il proprietario.
«E tu chi saresti?» disse leggermente serio la forza portante non riconoscendo affatto il giovane uomo incappucciato.
Quest'ultimo indossava una mantella verde scuro che lo copriva da testa fino al busto, indossava degli occhiali da sole spessi e scuri e una giacca opaca che lo rendevano irriconoscibile a prima vista, come se fosse una spia o un uomo che lavorava per qualche squadra al servizio di Tsunade.
Naruto e i suoi occhi cerulei inquadrarono il coprifronte anch'esso nero ma sotto quella massa di vestiti larghi e quasi dismessi, non riuscì proprio a capire chi fosse quel ragazzo.
Cercò di aggiungere qualche parola per tentare di indovinare la sua misteriosa identità, ma quello lo sopraggiunse subito, dicendogli con un tono ancora più serio ed amaro: «Solo perché è passato un po' di tempo, non dovresti essere così smemorato sui tuoi compagni, sai? Potrebbero prenderla male, a riguardo.»
Qualcosa in Naruto si illuminò improvvisamente sentendo quella risposta così secca e decisa.
«Quel modo di parlare...» fece lui  in maniera carica e quasi seccata, indicando verso la sagoma coperta in maniera nevrotica «...non puoi essere che tu, Shino!»
Il novello Chuunin fece un cenno affermativo e iniziò a lamentarsi con tono mortificante per via del tempo impiegato a riconoscerlo.
Ma prima che Naruto potesse dargli bellamente dell'idiota e rinfacciargli che era incappucciato dalla testa fino ai piedi, un animale gigante e un ragazzo dai capelli scompigliati e castani sedutogli sopra raggiunsero il giovane Aburame, squadrando senza paura tutto il territorio circostante, fino a che i piccoli occhi dell'adolescente non videro il figlio del Quarto Hokage.
«Naruto, sei tornato finalmente!»
Riconobbe subito Kiba, i suoi caratteristici segni rossi in viso e i suoi modi similari ai suoi.
Ricordò con un po' d'orgoglio la battaglia per l'esame di selezione, le loro parole e tutte le mosse, anche se non poteva che rivolgergli una faccia tra il preoccupato e il disagio più spontaneo possibile, specie quando quell'essere iniziò ad abbaiare sonoramente ed entrò nella sua visuale.
Non riusciva a credere che quello fosse Akamaru dopo soli due anni e mezzo!
Bisbigliò qualcosa verso il fiero e quasi più spavaldo Inuzuka su come fosse diventato grande e se tutti i cani diventassero così giganti e rumorosi, non riuscendo ancora a capacitarsi di come quella palla di pelo che un tempo stava sulla testa dell'amico fosse ora a fianco a lui, con sguardo disattento e la lingua perennemente a penzoloni.
Cercò di smorzare la tensione richiedendo un'opinione a Shino in modo da non sentirsi più stupido del dovuto ma quello, di tutta risposta, continuava a lagnarsi abbastanza copiosamente di come Akamaru e Kiba fossero stati riconosciuti con tanto calore e facilità, mentre con lui c'era voluta un'eternità.
Un gracile grido di stupore e di sorpresa interruppero per un attimo quella scena così tetra e imbarazzante, destando da subito l'attenzione di Naruto che, incuriosito, inquadrò subito l'angolo da dove era provenuto quel suono, subito dopo l'albero dove aveva visto per la prima Shino dopo diverso tempo.
Una ragazza ansimava impaurita e rimaneva immobile sul muro di legno, in attesa di riprendersi da quello che i suoi occhi trasparenti avevano inquadrato in un secondo.
I suoi capelli corvini erano lunghi e le coprivano una parte del viso, così come la frangetta che aveva sempre portato fin da piccola e che le conferiva quell'aspetto riservato e chiuso che non era così tanto cambiato.
I vestiti larghi che portava non potevano però nascondere troppo le curve definite che le conferivano un aspetto più femminile ed aggraziato, nonostante la sua goffaggine non era del tutto scomparsa, specie quando si sentiva in difficoltà e il suo cuore accelerava senza sosta.
La giovine abbassò lo sguardo entrando quasi in uno stato di trance, riflettendo su come il suo modello e la persona che ammirava di più fosse lì e lei non riusciva ad approcciarsi come invece i suoi compagni - seppur in modi prettamente diversi - avevano appena fatto.
Maledì delicatamente la sua innocenza e la sua timidezza e si apprestò a trovare un modo per organizzare un discorso più sensato, sembrare amichevole e cancellare un po' quel rossore che imporporava la sua faccia così sfacciatamente.
Mosse un passo timido verso il gruppetto ma il biondo era già lì accanto a lei, domandandole cosa ci facesse là e cosa la tormentasse.
Hinata ebbe un sussulto.
Tutto quello che gli aveva detto quasi tre anni fa passò nella sua testa in maniera turbinosa, ricordando anche di primo acchito il momento in cui lo osservava mentre abbandonava il villaggio con un uomo canuto ed imponente, promettendogli mentalmente di essere più forte.
L'erede della casata Hyuga non ricordò molto dopo essere riuscita a guardare debolmente Naruto nei suoi occhi preoccupati ma più tranquilli di prima, anche se lei non poteva saperlo assolutamente.
Si risvegliò vicino all'albero della strada dopo un paio d'ore, con Kiba al suo fianco che cercava animatamente di farla rinsavire.
I suoi pensieri andarono subito a Naruto, capendo che quello che provava nel suo cuore non era affatto cambiato, se non che era diventato più grande e più forte, forse anche come la sua forza interiore.
«Naruto aveva da fare...» improvvisamente disse Kiba con fare leggermente canzonatorio, capendo subito dove la giovane stava per chiedergli «...e si è preoccupato tanto quando sei svenuta, tant'è che è stato lui a portarti in braccio qui dove stai ora!»
In un attimo Hinata si coprì la faccia violacea dall'imbarazzo con i lembi della sua felpa e una risata cristallina invase l'ambiente
circostante ai ragazzi: Kiba sapeva qual era il punto debole della sua compagna.
«K-Kiba-kun!»
«Non preoccuparti, stava solo scherzando» fece improvvisamente Shino come per consolarla ma ancora con tono grave e lagnoso «Ma si è molto preoccupato quando sei caduta per terra...e tra l'altro, lui ti ha riconosciuta immediatamente.».
Hinata sorrise di nascosto, contenta che Naruto non avesse detto o pensato altro di male su di lei.
Per il momento poteva essere sufficiente, ma non poteva andare così per sempre.
Se ci fosse stata occasione, non si sarebbe più tirata troppo indietro per mostrargli cos'era diventata in quegli anni.
Avrebbe preso la palla al balzo quando l'Hokage si sarebbe decisa a parlarle di quello che il team 7 stava facendo fuori dal villaggio, probabilmente per cercare Sasuke.
Perché se c'era qualcosa che Hinata poteva fare ancora, era aiutarlo con tutta se stessa: il cuore avrebbe trovato modo per aprirsi liberamente.
Aveva semplicemente bisogno di tempo, come tutte le persone più riservate.

 

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Capitolo 12
*** Perché la loro empatia è forte anche con la semplicità. ***


12. Perché la loro empatia è forte anche con la semplicità.

Tsunade aveva avvertito tutti loro, dal primo all'ultimo: quella missione non poteva non portare qualcosa di buono per la scoperta del nemico.
Era visibilmente preoccupata nonostante i suoi occhi nocciola ostentassero tutta la fierezza e l'orgoglio che il ruolo di Hokage le donava ormai da tempo, ma i suoi subordinati erano seri, capaci e volenterosi, sapeva di aver scelto il meglio per quell'incarico e non era intenzionata a cambiare idea per nessuna ragione.
Pioveva fitto quando Naruto incalzava il gruppo a partire subito per andare a ricercare qualche indizio riconducibile al suo migliore amico e in parte anche all'Akatsuki.
Sbraitava su come era necessario mettersi già in marcia per avvicinarsi al luogo indicato, su come i veri ninja non potevano stare un secondo di più inermi di fronte il loro dovere e come il suo credo ninja non poteva permettergli di aspettare una notte, cosa che volevano effettivamente fare i cani ninja, la tediosa Shizune e Shino, forse anche per ripicca per non averlo riconosciuto tempo fa.
Alla fine, tra una battuta sarcastica di Kiba sul suo temperamento e le pericolose minacce di Sakura a pugni chiusi e il suo sguardo deciso, Naruto si arrese all'evidenza e alle sollecitazioni varie, dirigendosi a casa come gli altri sotto la violenta pioggia battente, dando appuntamento ai suoi amici compagni per il giorno seguente.
Mentre i suoi passi pesanti si confondevano per le strade fangose di Konoha, la sua mente continuava a pensare incondizionatamente a Sasuke, al suo destino da vendicatore e alla sua ipotetica vita in quel preciso istante.
Il suo volto era sempre con lui in ogni momento della sua giornata, qualsiasi cosa facesse effettivamente.
In modo tale che in allenamento riuscisse sempre a superare i limiti della sua crescente potenza e del suo fisico e che, una volta di fronte a lui per la seconda battaglia, non gli avrebbe sferrato un pugno vuoto, di cieca empatia e più debole del suo, com'era accaduto tre anni prima in quella dannata valle desolata.
Gli chiese gentilmente scusa per il ritardo ancora una volta e il suo sguardo rivolto verso l'alto si fece meno cupo ed adirato, interpretando genuinamente quelle gocce d'acqua gelida come un segnale di buon'auspicio, che lo avrebbero portato più vicino alla soluzione delle cose che non riusciva ancora a comprendere, riducendo il male che circondava i cuori dei ninja e riacquistare quel briciolo di innocenza barbaramente scacciata da debolezza ed abuso di potere dalla sua quotidianità.
Il giorno seguente Naruto fu il primo a presentarsi di fronte alle porte del villaggio, carico e determinato come non mai, seguito a ruota dal suo team, il team 8 e dopo un quarto d'ora buono Kakashi, non giustificato affatto da un Naruto quasi iperattivo, da un Kiba nevrotico per essersi alzato presto quella mattina e una Sakura sia arrabbiata che preoccupata per le sorti di quella missione e il suo effettivo impiego: da quando aveva incontrato Sasuke, qualcosa in lei si era scosso vorticosamente e immaginava come doveva sentirsi Naruto a riguardo dopo le cure in infermeria, la sua disfatta come forza da prima linea e l'irrequietezza della sera scorsa nell'ufficio del Sannin.
In fondo lei sarebbe partita con gli altri in capo al mondo anche la scorsa notte ma recitare la parte della risoluta e della cocciuta turbata della squadra insieme a Yamato non le permetteva mai di viaggiare sulla stessa linea dell'empatia e della forza morale di Naruto e questo nel profondo le dispiaceva un sacco, come se fosse un effettivo peso in più per loro e per il legame di sangue tra il biondo e il suo adorato e dannato Sasuke, nella quale non si era mai sentita realmente parte e a fianco del loro valore umano e da guerrieri.
Kakashi si portò velocemente su un tetto a pagoda di un'abitazione distante qualche metro dalla porta del villaggio, seguito a ruota da tutti i suoi compagni di missione.
Iniziò a spiegare diligentemente tutti i movimenti necessari nel luogo distante 5 chilometri, di come ogni direzione dovesse essere sapientemente controllata ed accettata in maniera unanime, con i cani che avrebbero accompagnato ognuno di loro per la comunicazione a distanza e per segnalare qualche indizio.
Kiba aveva già il fido Akamaru, Sai, Sakura e Shino si affiancarono ai due cani prescelti per loro e più indicati per le loro indicati, Kakashi si scomodò per quel poco per Pakkun e notando la proverbiale insofferenza di Naruto, s'affrettò nel dirgli che Yamato ed Hinata lo avrebbero seguito al suo fianco; con le loro abilità speciali lo avrebbero sicuramente supportato a sufficienza.
Hinata ebbe un leggero sussulto quando Kakashi fece il suo nome affiancato a quello di Naruto.
Quello che iniziava a ronzarle in testa non era imbarazzo nello stare accanto al ragazzo per un limitato lasso di tempo, più che altro in lei nacque un forte senso di malinconia legata ad impotenza.
La sera prima era rimasta silente vicino alla scrivania dell'Hokage, mentre Kiba soleva pronunciare battute sarcastiche nei riguardi di Naruto e Shino farfugliava qualcosa nei riguardi della pazienza e della prudenza, di come i suoi insetti non sarebbero riusciti ad essere efficienti per l'incarico.
Tra voci rudi e determinate ad avere ragione, non faceva altro che aspettare che tutta quella discussione finisse per riuscire ad organizzarsi sul da farsi, qualunque fosse l'esito della scelta.
Non aveva neanche avuto il coraggio di raggiungerlo successivamente per accompagnarlo a casa, per dirgli qualcosa di incoraggiante, dimostrandogli comprensione ed affetto, quasi per tranquillizzarlo e renderlo più sereno per il giorno seguente.
Quello che era riuscita a fare era guardarlo di soppiatto dall'ingresso del palazzo mentre lui scompariva per la strada e si dirigeva nevrotico verso casa sua, abbassando lo sguardo sconsolata ed infelice per tutto il tragitto verso la sua imponente magione.
Sapeva che le sue abilità erano effettivamente più limitate rispetto a quelle di Neji nii-san ma finalmente l'occasione per lei e per dimostrare alla squadra e a Naruto di essere progredita come ninja era arrivata.
La speranza si impossessò improvvisamente del suo animo e lasciò che la negatività e l'ansia di quella nuova missione si slegasse dal suo cuore, in modo tale da rimanere concentrata e pronta ad agire con il suo Byakugan più potenziato.
Fece comunque uno, due, tre passi verso il giovane biondo, visibilmente inquieto e pensieroso come sempre da diverso tempo, guardandolo con dolcezza e l'empatia di qualcuno che teneva realmente alla sua felicità.
«I-Io non ti deluderò, Naruto-kun.» disse quasi in maniera soffiata la ragazza, arrossendo spontaneamente sperando per un attimo che il giovane non l'avesse sentita biascicare incerta quelle parole.
Naruto invece l'aveva sentita benissimo, forte e chiara come una luce pura e cristallina pronta a donargli più tenacia per quell'inizio un po' strano e carico di tensione nell'aria.
Si girò lentamente verso la direzione da dove proveniva quella voce così innocente e sottile e riconobbe quella ragazza che da sempre era stata gentile con lui, aveva sempre voluto dire qualcosa per tutti, forse troppo per lui.
Si limitò a sorriderle a trentadue denti e a dirle uno spontaneo quanto energico «Ok!» in modo convinto e fiero, dimostrandole la fede che si portava dietro per quel compito.
Hinata non poteva sapere che quelle poche parole avevano inferto a Naruto tanta forza d'animo in grado di fargli dimenticare per un attimo tutta la diffidenza che gli era stata rivolta il giorno precedente, cosa che nel profondo del suo cuore non poteva per niente digerire.
Era una ragazza così cara e buona, pensò il genin con genuinità, mai niente sarebbe cambiato tra di loro, mai il lato innocente della Hyuuga sarebbe mutato per delle sciocchezze.
Ma a volte Naruto dava per scontata persino la sua complicata vita e quello che con affetto gli stava accanto.

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Capitolo 13
*** Perché Hinata si è confessata e lo sguardo di Naruto ha suggerito tanta emozione. ***


13. Perché Hinata si è confessata e lo sguardo di Naruto ha suggerito tanta emozione.
«Non voglio perderlo. Lo sento così vicino a me. È sempre stato così».
(incipit capitolo 437)

Pain si era mostrato un nemico temibile e spietato fin dalle prime battute del combattimento.
Non solo aveva sfoggiato brutalmente la sua forza disumana sul villaggio della Foglia, ma la sua personalità tremendamente realista, tagliente e cupa non aveva tardato a manifestare il suo disappunto sul mondo.
Dopo uno scontro sofferto e pieno di pathos, con Naruto unica speranza di un villaggio ormai a pezzi ed infortunato da ferite profonde, Pain era riuscito ad immobilizzare a terra la forza portante con dei paletti succhia chakra, in modo tale da concludere quella lotta e adempiere la sua missione.
Circondati da un ambiente ormai sgombro di vegetazione, desolato e pieno di ampie voragini, simboli di guerra, dolore e morte, il membro dell'Akatsuki aveva parlato a Naruto a muso duro senza giri di parole, spiegando come gli ideali di Jiraiya, nonostante belli e puri come il suo modo di vedere il mondo, non potevano che essere tremendamente utopici ed irrealizzabili, mostrando a Naruto tutto quello che aveva combinato e chiedendogli insistentemente di replicare, di farlo senza tentennamenti.
Ma la verità era che Naruto non sapeva che dire a riguardo; stava esaurendo forza, pazienza e risposte a tutta quella catena d'odio che si era riversata sul mondo ancora una volta.
Avere il fardello del mondo sulle proprie spalle era una responsabilità che aveva implicitamente aspettato da quando aveva 12 anni, ma nessun compito pesava quanto sostenere l'innocenza di Jiraiya e delle sue parole di comprensione e di un unico mondo fatto d'amore e fratellanza.
«Io lotto per la mia giustizia e tu per quella del tuo villaggio, ma io e te vogliamo la stessa pace di cui il maestro Jiraiya parlava» aveva detto risoluto Pain mentre esponeva la sua invettiva contro la grandezza e la presunzione di Konoha e l'impossibilità di spezzare la catena dell'odio nel mondo dei ninja.
In quel momento tutto quel discorso del maestro sembrava impotente, così lontano dall'essere fiero e motivante e nonostante la testardaggine gli suggeriva di ripetere a Pain l'errore che stava realizzando, tutto si stava sgretolando per far realizzare la pace forzata che l'Akatsuki bramava da tempo.
Naruto era un ragazzo che non si arrendeva in ogni caso, ma mai quanto in quel momento non vedeva luci davanti al suo sguardo ceruleo.



A qualche centinaio di metri, gli occhi di Hinata tremavano e non riuscivano a credere che il nemico stesse avendo la meglio su Naruto.
In quella grande porzione di terra fangosa osservava silente lo scontro, distaccata ampiamente dalla sua guardia del corpo, Ko, che vegliava su di lei per evitare che la ragazza si ferisse o compisse delle scelte avventate e pressoché inutili, come quando dieci minuti prima lui l'aveva convinta a non intervenire per proteggere Naruto.
Ma come poteva una persona sentimentale come Hinata non intervenire, se era poi per supportare qualcuno di così importante?
La giovane percepiva tramite il Byakugan che Naruto sembrava - almeno per questa volta - non avere qualche asso nella manica e inoltre che più i minuti passavano, più la sua forza svaniva così come la sua risoluzione, cose che l'avevano sempre contraddistinto non solo in battaglia ma anche nel modo di essere un ragazzo unico nel suo genere.
I suoi occhi trasparenti erano in continua allerta ed erano più accorti che mai, sentendo un profondo silenzio disagevole che squarciava ogni speranza per i cuori che credevano nel bene.
Non sentiva il bisogno di piangere e disperarsi per trovare un modo di sfogarsi, ma la sua faccia mesta e preoccupata esplicitavano la condivisione e la comprensione del tutto e l'alba di una determinazione al voler operarsi e mettersi in gioco, questa volta in prima linea.
Disubbidire ai comandi era sempre stata una regola malvista nel mondo e nel codice ninja ma ancora più disonorevole era anteporre la propria salvezza verso un compagno, sia nella vita che in missione
Hinata, che era sempre stata trattata male dalla sua famiglia e aveva vissuto con il timore della sua stessa ombra, sentì in quel momento una fiamma ardente di sé crescere a dismisura, ampliandole il coraggio e la voglia di crescere, quella che tanto bramava alle stelle cadenti durante le notti sereni dopo allenamenti estenuanti per compiacere i saggi della sua casata, padre compreso.
Probabilmente sarebbe morta, ma morire per proteggere qualcuno d'estremamente importante era il modo per dimostrare il suo onore, la sua crescita e quei sentimenti che forse nessuno aveva mai compreso a fondo, se non il suo cuore.
Appena sentì vibrare il corpo di Naruto vibrare di dolore e vide la feroce mano nemica puntata verso di lui, Hinata non si curò minimamente di tutto il resto attorno a lei e si librò in aria, in direzione del punto preciso della battaglia.
A poco servivano le urla disperate e drammatiche di Ko, impossibilitato a correrle dietro con un dolore acuto alla gamba che lo inchiodava a terra, rendendolo tristemente consapevole di essere inutile per la casata, per Hiashi e per la sua protetta.
Naruto fu il primo dei due a vederla e la sua faccia già corrucciata si fece sempre più interrogativa e preoccupata nei millisecondi successivi, con lo schianto fulmineo del pugno gentile dell'erede sul terreno e lo spostamento di Pain, minimamente preoccupato del suo arrivo e del suo attacco improvviso.
Per un attimo Naruto pensò che fosse stata messa fuorigioco visto il polverone levatosi dopo l'impatto ma fu ancora più sorpreso nel vederla protesa verso Pain in maniera fiera e coraggiosa, facendogli da scudo e pronta a prendere il suo posto nella lotta.
«Non ti lascerò più toccare Naruto con un dito!» urlò spavalda Hinata al suo avversario, che nonostante ciò mantenne la sua espressione atona e quasi assente.
Naruto non credeva ai suoi occhi e alle sue orecchie: quella era veramente la ragazza che quotidianamente si ritraeva e stava perennemente in silenzio, la ragazza che arrossiva attorno a lei e parlava solo quando lo riteneva opportuno?
Non desiderava altro sangue versato innocentemente e nonostante volesse bene alla giovane, non voleva per nessuna ragione al mondo che Pain si adoperasse per fare fuori un'altra persona per lui importante.
«Cosa ci fai qui? Scappa! Non hai nessuna possibilità contro di lui!» aveva esclamato Naruto con un tono deciso ma che risuonava supplicante e mesto, come il suo umore in quel preciso istante.
Ciò che fece Hinata fu ribadirgli come sapeva tutto questo e sussurrando seriamente «Sto solo facendo l'egoista» lo spiazzò nuovamente, facendogli pronunciare ancora frasi scontate e al limite della preoccupazione più affettuosa.
Ma in quel momento il suo cuore sapeva inconsapevolmente che Hinata non gli avrebbe dato retta.
Mentre il vento sussurrava le sue parole di silenti consapevolezze e di desolazione, la ragazza gli si ergeva davanti, senza retrocedere di un centimetro, pronta a parlargli prima della catastrofe.
La sua voce si fece determinata, chiara e cristallina come mai lo era stata e gli occhi di Naruto brillavano di una luce curiosa e blandamente interessata, dato che il suo cuore batteva forte per via della preoccupazione che gli stava mangiando l'intestino.
«Sono qui di mia spontanea volontà. In passato non facevo che arrendermi, stavo per percorrere la via sbagliata. Ma tu... hai saputo mostrarmi quella giusta. Cercavo sempre di seguirti, di raggiungerti. Volevo essere con te, starti vicina in ogni momento...» pronunciava Hinata con solennità e purezza mentre il suo sguardo osservava il nemico ma fotografava ogni momento passato con il suo amato, la sua salvezza.
Nonostante Naruto non potesse osservarle il volto, riusciva ad assaporava la genuinità di quelle parole così belle e strane, in quanto nessuno mai gli aveva dedicato.
Tutto quello che poteva fare, piuttosto che sbraitare e augurarsi egoisticamente di lottare da solo, era ascoltare e farsi rapire, cosa che accadeva solo la notte quando pensava alla miseria che a volte la vita gli regalava.
«Tu mi hai cambiata! Il tuo sorriso mi ha salvata! Per questo non ho nessuna paura di proteggerti morendo. Perché io...»
Naruto sussultò.
Non era stato a sorprenderlo la dichiarazione di morte imminente da parte della ragazza ma... aveva sentito bene?
Quelle due parole riecheggiarono nella sua testa in maniera martellante in contrasto con l'interezza e la limpidezza usate.
Il suo corpo stanco e sporco di responsabilità divenne improvvisamente leggero, come se qualcosa si stesse librando in cielo per la prima volta per donargli una notizia inattesa ma tutto sommato piacevole.
Come aveva potuto mai accorgersene dietro rossori, occhi dolci che lo guardavano con candore e calore umano pronto ad accogliere qualcuno come lui?
Come aveva potuto mai parlarle sul serio e condividere con lei del tempo che aveva spesso buttato per idiozie croniche e non così importanti?
Lei era sempre stata lì, pronta a farsi conoscere e vedere nella sua integrità apparentemente comune ed ordinaria, ma riflettendoci meglio non era mai stata così strana e strano, considerando che era stato proprio lui a dirglielo quella mattina prima dello scontro del torneo Chunin.
Se solo avesse compreso l'orizzonte di quel cielo tenue prima di questo disastro...
Due fasci di luce blu e bianchi lo ridestarono improvvisamente da quel flusso di pensieri e quando inquadrò il corpo di Hinata a terra, per giunta infilzato da un altro paletto che Pain sfilò dalla sua mantella, sentì gli occhi azzurri iniettarsi di un mare di sangue, dello stesso che colava a poca distanza da lui dal costato della giovane.
Naruto non sentì nemmeno quello che Pain stava blaterando riguardo i suoi genitori, la morte e il dolore in quanto si era completamente perduto, la testa era da qualche parte, in un posto oscuro che non faceva presagire niente di positivo, la fine di un ciclo effettivo dal quale forse non sarebbe più uscito.
«Ti amo».
Ma l'amore, in quel momento, non poteva trovare più spazio dove germogliare.

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Capitolo 14
*** Perché è tutto nei loro occhi. ***


14. Perché è tutto nei loro occhi.

Hinata era sempre stata una di quelle ragazze che aveva avuto a che fare con i sentimenti e li aveva sempre trattati con rispetto e cura, sia quelli che custodiva gelosamente sia quelli che doveva esternare nelle situazioni apposite per poter dire la propria e far comprendere agli altri il suo pensiero.
Veniva da una casata dove la faccia poteva esprimere tutto e niente; una sola occhiata di un familiare poteva farla rasserenare quanto rabbrividire per l'algidità e la violenza percepite, specie per il suo essere inferiore alle aspettative, non essere mai idonea, al posto giusto e al momento giusto.
Proteggeva il suo mondo come poteva ma a dispetto del suo cognome, i suoi occhi e i movimenti del suo volto erano bellamente incompresi o - ancora peggio - ignorati da chiunque.
Se c'era una cosa che Hinata aveva compreso con la crescita era che talvolta non poteva nascondere o trattenere un'emozione forte che le invadeva il cuore e l'avvolgeva con foga quasi fino a strozzarla.
Quando Katsuyu avvertì lei, Sakura e il Team Gai della vittoria di Naruto e della sua buona condizione fisica, non si vergognò di piangere, così come continuare a farlo quando la folla lo accolse come un eroe e lo elevò come persona per la prima vera volta.
Sorrise quando Sakura lo abbracciò per testimoniare la sua nuova fama al villaggio, sorrise in una maniera timida e spontanea perché quel gesto simbolico, così pregno di riconoscenza ed affetto, non poteva che dimostrare quanto le cose fossero cambiate in meglio per Naruto.
Era la riconoscenza per i suoi sforzi, la sua forza e il valore che lei aveva sempre riconosciuto e preso come ideale per essere migliore, per poter essere vista come una persona e non come un fantasma o una sorta di paragone vivente e quotidiano.
Una cosa era certa: da quel momento Hinata aveva rotto con la vergogna e il disappunto.
 

 
Da quel momento Hinata aveva avuto modo di vedere Naruto solo in gruppo con gli altri coetanei per parlare dell'incombente minaccia del tizio mascherato e della guerra alle porte, non riuscendo a proferire parola in quanto più che un incontro sembrava una crociata organizzata contro il ragazzo.
D'altra parte non risolsero niente, in quanto il biondo novello eroe rimase comunque dell'idea di proteggere Sasuke e andare in prima linea contro il mistero e l'intrigo che il male stava architettando contro tutto il mondo.
Di quell'incontro era rimasto solo un malumore generale che l'aveva scossa non poco e un'inaspettata chiacchierata con Shikamaru, anch'egli piuttosto silente durante quell'incontro aspro.
Non l'aveva trattenuta tantissimo in quanto non era mai stato un tipo estroso e ciarlone, semplicemente si era interessato di sapere se stava meglio e cosa ricordava del momento in cui Naruto aveva perso il controllo di se stesso.
"Quando Naruto-kun ha visto che Pain mi aveva colpito, ho percepito un chakra diverso, più aggressivo, un'entità che mai avevo sentito in tutta la mia vita" fece la giovane con pacatezza ma con uno sguardo tra il preoccupato e il risoluto.
"Come se tutta la sua vitalità e la sua persona fossero completamente scomparse per dare spazio alla violenza, al male assoluto".
Lo sguardo di Shikamaru fu piuttosto eloquente e con un cenno di capo e della mano sinistra ringraziò la giovane e se ne andò con evidente paura del futuro incombente.
Era tempo di dover affinare le abilità ed aspettare l'ordine di dover andare in guerra contro il male, era solo questione di giorni ormai.
Non poteva rimanere inerme senza far niente e vivere i malumori: dopo quel momento si sentiva diversa e più determinata, l'allenamento aveva bisogno di essere costante in modo tale da creare qualcosa di nuovo, senza fermarsi.
Una cosa era certa: Hinata stava maturando e comprendendo come diventare una donna di cui essere fiera, una kunoichi rispettabile per il suo modo di essere, per il suo clan, la sua terra.
Tuttavia, una cosa graziosa e simile a lei l'era ignota: Naruto era già andato via dal villaggio per allenarsi e sviluppare meglio questo potere ignoto e ancora maligno, in quanto non voleva più sentirsi così dopo aver visto Hinata moribonda sul terreno durante lo scontro contro Pain.
Naruto ricordava, non poteva non farlo.
Ma Hinata, questo, non poteva ancora dirlo con certezza.


Erano passati dei giorni e come prevedibile, la guerra era ormai germogliata, o meglio in procinto di cominciare.
Hinata aveva visto innumerevoli ninja, dai più temerari ai più strambi e il suo pudore l'aveva resa nervosa durante il raduno e l'iniziazione delle strategie e dei gruppi di battaglia.
Poteva stare tranquilla, da un certo verso: nonostante il pericolo mortale di giorni e giorni da passare insonni e con il pericolo attaccato alle spalle, nella sua divisione poteva contare l'aiuto saldo di Neji, della quarta divisione per completare la formazione e gli attacchi di diverso raggio e il capo Kitsuchi, un ninja del Villaggio della Roccia con un particolare e buffo naso ma dall'aura severa e seria, poco propensa ad andarci leggero contro il nemico.
Il primo giorno fu uno di quei momenti dove Hinata vide più sangue di quanto non ne avesse visto in quasi sedici anni di vita; correva da una foresta e l'altra con il Byakugan attivo da ore e piuttosto che il nemico principale e responsabile di quel marasma, incontrò delle creature albine, dall'espressione del viso pazzoide e quasi anormale, che si lanciavano a flotte ma venivano anche facilmente sconfitte.
Dopo quattro ore di nonstop continuo, il gruppo supportato anche dalla quinta divisione (dove militavano Kiba e Shino) si sistemò strategicamente in una zona di foresta aperta, dove potersi muovere liberamente e dove non fare il ruolo della preda in un luogo infestato da urla e dipinto dal rosso del sangue e delle ferite che circolavano tra i moribondi che chiamavano disperatamente un medico.
Quelle creature bianche avevano la capacità di trasformarsi in compagni di squadra dell'Alleanza e destare sospetto tra i ninja più inesperti e non avevano esitato nel creare scompiglio anche in quell'occasione, specie con quelli che stavano in seconda linea ed erano principalmente impulsivi ed impazienti di avere i famosi quindici secondi di merito in più.
Kitsuchi, un tipo riflessivo quanto forzuto come degno shinobi del suo villaggio, ordinò che ognuno si occupasse di un massimo di 5 avversari e che venissero separati in modo da creare delle competizioni meno assurde e squilibrate: e così venne fatto.
Hinata iniziò ad essere presa di mira dopo cinque minuti buoni e nonostante se la cavasse egregiamente nello spazzare e danneggiare i sistemi circolatori dei nemici, era come se tornassero più aggressivi e più carichi di prima.
E mentre l'erede della casata Hyuga decise che era il momento di una tecnica da sfoderare e mentre Neji era preoccupatissimo e gridava il suo nome, Hinata cadde supportata dalla presenza di un uomo circondato da un'aura gialla e che spazzò velocemente tutti i nemici restanti con una prontezza unica al mondo.
"Naruto-kun?" disse mormorando la corvina mentre si rialzava e sentiva quella persona non più tanto misteriosa quasi gridare che tutto sarebbe andato bene.
Gli altri raggiunsero Naruto ed erano increduli nel vederlo così risoluto e con quell'aspetto così inedito e quasi poco riconoscibile: e se fosse un'ulteriore trappola contro l'Alleanza?
"Il tuo chakra è diverso dall'ultima volta, così come il tuo odore... sei davvero Naruto?" esordì Kiba poco propenso a lasciarsi infinocchiare un'ulteriore volta, dato che il suo naso e quello del suo cane mai l'avevano tradito.
"C'è da dire che hai un aspetto diverso, così come il tuo chakra. Provaci che sei tu!" calcò la mano Neji che con il suo Byakugan cercava di comprendere il tutto.
Hinata, d'altro canto, non era dello stesso avviso.
Non aveva il Byakugan e aveva avuto modo di osservare il volto del suo salvatore che le aveva chiesto se stava bene e in un attimo il cuore le aveva suggerito la risposta al quesito che imperversava nel gruppo.
"È Naruto-kun, ragazzi!" fece in maniera ardita Hinata, quasi stufa dell'inutile diatriba.
"Guardate i suoi occhi e potrete capire la verità. E poi..." fece una piccola pausa, vedendo i lineamenti spigolosi di Kiba e Shino distendersi "...lui è venuto a salvarci!".
Una volta convinti tutti e aver preso stranamente le redini di una discussione delle quali soleva mettersi da parte, Hinata si sentì in dovere di scusarsi con il suo amato e lo sentì parlare, apprendendo del fatto che con la sua forza poteva realmente scovare subito i nemici e non avrebbero più dovuto comportarsi come dei fuggiaschi alla ricerca di un luogo per attaccare e che al resto ci avrebbe pensato lui, di non arrendersi e di andare dritti verso questo arduo cammino.
Ad Hinata prese una strana e profonda malinconia nel sentire queste parole e si rattristò, abbassando come ai vecchi tempi lo sguardo e riflettendo su come probabilmente non fosse così giusta per quel grande evento, sul fatto che non riuscisse veramente a proteggere chi realmente amava, chi voleva realmente proteggere ed assicurarsi che avesse tutto il bene di questo mondo.
Ma Naruto seppe sorprenderla senza battere ciglio.
"Non preoccuparti di questo, Hinata" disse Naruto con una strana nota di dolcezza nel rivolgersi a lei "e poi quello più debole sono io, considerando che tu sei venuta a salvarmi almeno due volte" concluse con una delicata dose di consapevolezza in ciò che affermava.
Non era usuale per lei essere letta nel profondo così e la risposta la spiazzò completamente; e mentre cercava un modo per dissimulare il tutto e trattenere un'emozione forte che la stava colpendo dritta all'anima, Naruto continuò il suo discorso.
"È tutto nei tuoi occhi, Hinata. Non preoccuparti, tu sei una persona molto forte!"
Naruto la vide per la prima volta come non mai dopo che quelle parole erano entrate così dolcemente nella sua anima e poi nel suo cuore e non potè fare a meno di sorridere, ripensando a quel gesto eroico ed inaspettato.
Aveva incontrato suo padre e anche sua madre e quegli incontri gli avevano aperto un mondo davanti, desiderava davvero essere come loro ed aveva appreso delle nuove visioni sul sacrificio e sulla volontà di essere un guerriero ma come prima cosa un uomo.
Avrebbe voluto stare poco più a guardarla e parlarle a viso aperto di quello che era successo, delle cose non dette e che dovevano assolutamente essere esplicitate da entrambi in modo tale da conoscersi meglio, come in quegli anni non avevano mai fatto realmente, almeno non così vicini come poteva essere.
Era tutta una questione di sguardi e sapeva che, qualunque gesto avrebbe compiuto, avrebbe ricevuto un aiuto e un cuore prezioso da sentir battere al suo fianco, senza nessun problema di separazione o di paura.
Naruto corse verso l'altra parte della foresta, incitando i suoi compagni a seguirlo e andare avanti in quest'avventura, come forse mai aveva fatto e potuto fare.
Hinata lo osservò e grido quasi spavalda un "OK" sincero, come se fosse un'ulteriore connessione tra loro due dopo quel momento che aveva totalmente estraniato gli altri con nonchalance.
Era felice e si sentiva più completa, improvvisamente, in un luogo che mai avrebbe potuto darle gioia e serenità.
Aveva finalmente trovato il modo per lasciare sprofondare con facilità le pesanti rocce che la rendevano così incerta e poco propensa alla crescita e alla maturazione che in fondo da lei gli adulti si aspettavano.
Ma una cosa era certa da quel momento, anzi due: come prima cosa, i sentimenti che provava la riconducevano senza problemi al suo vecchio modo di essere, alla determinazione attuale e la rendevano sempre consapevole di aver sentito la verità e la necessità di toccarli quasi con presa sicura, anche a costo di bruciarsi.
Seconda ed ultima cosa: i suoi occhi erano stati finalmente letti, nonostante il suo mondo, il suo modo di fare non fosse quelli di una persona accessibile e compresa.
Non c'era cosa più bella che sapere che quella persona così empatica e dolce era proprio la persona la quale Hinata desiderava di più.
Era tutto così bello e fantastico, dentro il suo cuore.
Il loro rapporto era ormai tutta una questione di sguardi con il quale parlare, rivolgersi equamente, stare insieme e chissà, un giorno amarsi così tanto da poter creare qualcosa.
L'alba di un sole che avrebbe accolto entrambi e si spera chi avrebbe avuto farne parte per tutta la vita.


 

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Capitolo 15
*** Perché essere l'uno a fianco dell'altra li rende e renderà persone migliori. ***


15. Perché essere l'uno a fianco dell'altra li rende e renderà persone migliori.

Iniziò a battere una forte pioggia, in quella landa così desolata.
Un grande sciame di ninja si stava dirigendo verso nord, dove scariche elettriche e di tensione esplodevano per via di un epico combattimento tra titani e grandi guerrieri.
La fanghiglia era così fastidiosa da percepire tra i piedi, ma il passo felpato e svelto del gruppo non lasciava spazio a queste sciocchezze, in quanto c’era una guerra da affrontare di petto e risolverla a favore del bene.
Nessun discorso inutile, nessun capo guida che motivasse la folla com’era successo spesso nei giorni precedenti, solo il rumore delle gocce incessanti e un rumore sordo e unico di passi uniti da un solo obiettivo.
Hinata sapeva benissimo quanto le menti dei suoi compagni fossero concentrate non solo sulla guerra ma anche su quello che Naruto, il novello eroe del villaggio, si stava portando sulle sue spalle con quella sfida che avrebbe deciso le sorti dell’intero universo.
Non poteva dire con certezza cosa gli altri stessero pensando a riguardo di quello che era diventata la ragione del suo cuore e dell’amore che aveva imparato a conoscere presto, fin da quando incrociò i suoi occhi perlacei ai suoi e ci vide un cielo limpido che però non si rifletteva verso l’alto.
Hinata poteva sempre immaginare, quando si trattava degli altri; cercava in maniera silente di empatizzare con i gesti, gli sguardi e particolarità che li contraddistinguesse da tutto il resto e dava a loro e i loro sentimenti un’importanza vivida ma comunque che non avrebbe condiviso mai così facilmente.
D’altra parte, una parte di sé sentiva che stava riflettendo su cose che ormai erano ovvie a chiunque la conoscesse un minimo ma dall’altra sapeva quanto gli altri non capissero tutto quello che lentamente sentiva si stesse per evolvere per il meglio, con un po’ di fortuna.
Lo aveva sempre seguito dandogli le spalle in quanto la timidezza e la proverbiale schivezza non le permettevano nemmeno un minimo di rapportarsi come gli altri potevano spontaneamente fare, anche solo per rimproverarlo e mortificarlo con poco.
Iniziava a rendersi conto di quanto interagire con Naruto nel corso degli anni – nonostante le sporadiche volte rispetto ad altri suoi compagni – l’avessero fatta realmente avanzare verso di lui, fino a quando il suo cuore esplose in un proverbiale momento inadatto ma coraggioso, così come la sua anima e quella a chi erano rivolte quelle dolci parole.
Lo stava seguendo anche in quel preciso istante, quasi intrappolata in un luogo immerso da persone conosciute ed estranee, dai fulmini e dal buio che il cielo stava togliendo ogni speranza negli occhi più brillanti e fiduciosi nel mondo.
Ma lei non aveva nessuna intenzione di lasciare che tutto quello di apparentemente oscuro la opprimesse e rendesse piccola come tempo, tempo fa.
Lei lo avrebbe protetto, anche a costo di rompersi le ossa nelle missioni più complicate, perdendo la possibilità di camminare e di sacrificarsi quasi totalmente affinché quella luce di speranza non venisse spenta da nessun nemico.
Con un po’ di fortuna e di coraggio avrebbero visto un arcobaleno più luminoso e lo avrebbero superato per sentirsi fieri di avercela fatta, insieme, come se fossero stati insieme per tutto questo tempo.
Hinata gli avrebbe stretto la mano, camminando per le rinnovate vie del Villaggio, sentendosi finalmente cresciuta e disposta a dare a Naruto ciò che quel cielo non percepiva attorno a sé: un affetto incondizionato e perenne.


Hinata non riusciva a ricacciare quelle lacrime, nonostante fosse sul campo di battaglia e dovesse essere concentrata verso l’obiettivo e la protezione di quanto richiesto dal generale del suo team.
Sulla sua spalla si era appoggiato Neji, il suo adorato cugino Neji, che aveva fatto da scudo a lei e a Naruto in onore delle parole che aveva silenziosamente detto loro un giorno di primavera, dove si rese conto quanto fossero importanti per la sua vita e di quanto male avesse fatto loro.
Naruto urlava in maniera isterica e spaventata, come forse mai aveva fatto davanti ad una situazione così atipica ed impossibile da prevedere, per chiunque.
Non riusciva a credere che il motivo per il quale aveva deciso di correre in loro aiuto - facendo grande scudo con il suo esile ma agile corpo – fosse perché la sua vita non era più la sua e perché era stato visto da sempre come un vero genio.
Aveva adempiuto ad un compito rischioso quanto silenzioso ed incompreso per chiunque ed aveva compreso che quello era il suo momento per essere finalmente libero e lasciare che loro andassero lontano senza di lui, senza riserva alcuna.
D’altro canto, Naruto si sentiva mortificato e come se non fosse riuscito a mantenere la sua parola che aveva rivolto sfacciatamente ad Obito, il temuto uomo mascherato.
Neji era perito sotto i loro occhi, aveva rivolto loro parole importanti riguardo la vita, la protezione di chi per lui era da sempre stato importante e di quanto non avesse assolutamente esitato nell’andare sprezzante contro il nemico e le intemperie che questa guerra stava vivendo.
“Prova a ridire che avresti protetto tutti i tuoi amici” non tardò a dire Obito, che voleva convincere prontamente Naruto di quanto i suoi ideali fossero sbagliati e sconclusionati.
Il ragazzo strozzò un singhiozzo, veramente impaurito da cosa la vita gli stava lentamente privando in quel momento così fine e delicato, abbassando pietoso lo sguardo, come se l’unica cosa che volesse fare era ascoltare quelle parole così sinistre ma un po’ invitanti.
“Questo significa avere degli ideali… ma la realtà è ben diversa da tutto quello che credi” proseguì sibilante l’uomo, che a suo contrario aveva perso ogni speranza con la morte della sua adorata Rin e del desiderio di dare prosperità al futuro.
“Non hai più Jiraiya, i tuoi genitori e molti dei tuoi compagni… tutto ciò in cui credi sono solo bugie” continuò, sprezzante e tetro, con lo scopo di essere ipnotico per la mente del giovane.
 “Vieni qui, adesso.”.
Naruto era intrappolato, imprigionato in un piano dove nessuno sembrava più donargli fede nel domani e dove l’obiettività del male era così allettante e…vera.
L’unico fiore vivo e profumato era quello che stava dall’altra sponda ed Obito glielo stava offrendo senza fiatare, con Madara pronto a comprendere la sua scelta, silente ma attento ad ogni suo gesto.
Era probabilmente l’ultima cosa sensata da fare per evitare che il mondo e il suo piccolo universo soffrissero ancora.
Aveva dimenticato tutto il tempo passato a proteggere gli amici, a cercare di portare Sasuke a casa, di ogni sorriso e ogni emozione che aveva condiviso con strana gelosia, di tempi che mai più sarebbero tornati.
La sua mano si sollevò verso Obito e il cielo buio, a testimonianza di una risposta a quella richiesta imperante di uno dei grandi nemici di quel conflitto così sanguinolento e…

Uno schiaffo.
Quel gesto lo ridestò e lo stupì profondamente, in quanto non è esattamente ciò che si sarebbe mai aspettato nella sua intera vita.
Hinata gli stava di fronte con fare severo e con la faccia scavata dalla stanchezza e dalle lacrime che aveva appena versato per colpa di Neji.
Lo osservava con un’intensità così vivida e fastidiosa che a stento riconosceva la dolcezza e la femminilità che tanto la contraddistingueva; dovette aprire bocca dopo innumerevoli secondi per poterlo stupire ma dare modo di riconoscere di stare ancora in vita.
“Naruto-kun… hai capito il significato delle parole che Neji nii-san ci ha appena rivolto?” disse soave ma determinata la voce della chunin, che non aveva smesso di accarezzare la guancia del guerriero per dargli conforto.
“Tutto ciò che credi, i tuoi sogni e i tuoi obiettivi…non sono una bugia! Proprio per questo è potuto andare avanti fino a questo punto” proseguì coraggiosamente e finalmente sicura non curandosi realmente dell’espressione di stupore che Naruto stava esibendo sul suo volto.
“Tutti hanno preso con ardore quelle parole e le hanno accettate ed è per questo che siamo tutti compagni in questa guerra. Se mollassimo tutti questi obiettivi, il sacrificio di molti amici e di Neji diverrebbero inutili. Per cui alziamoci insieme, Naruto-kun. Andando sempre avanti senza rimangiarsi la parola data… perché questo è anche il mio credo ninja!”.
Naruto iniziò a sentire e percepire qualcosa, come se quel contatto così caldo e particolare che Hinata gli stava donando con cura avesse un potere inedito e piacevole, una medicina personale che faceva bene sia al corpo che allo spirito.
Lei lo aveva sempre voluto fare e solo in quell’occasione così strana aveva capito quanto stargli accanto era un onore quanto un desiderio fortissimo che li avrebbe uniti senza nessun vincolo, se non quello di volersi sempre impegnare a comprendersi e a migliorare, insieme, sullo stesso piano.
Nella sua mente iniziò finalmente a riconoscerle quello che poteva diventare per lui, se solo avesse avuto la possibilità di permettere che lei diventasse sempre più che un’amica.
Pian piano la grinta di Kurama nel volerlo aiutare, la prestanza di Bee pronto a fare macello pur di combattere e il sacrificio vivido di persone per lui importanti ridestarono Naruto da quella pericolosa fase di trance, capendo finalmente e in via definitiva di quanto la sua personalità avesse realmente aiutato molte vite là fuori.
Toccò con delicatezza la mano di Hinata e la strinse, rialzandosi e guardandola con quella dolcezza e premura che mai gli era appartenuta, indice di una nascita di un sentimento per il suo cuore così particolare, quasi magnetico.
“Hinata…grazie mille! La mia vita non è una sola. E ti ringrazio per essere sempre rimasta al mio fianco.”.
Naruto le aveva preso ed afferrato la mano con una pacatezza e una determinazione tale che la giovane Hyuuga non poté sottolineare di quanto fosse grande, forte, dalla presa sicura quanto poderosa.
Non c’erano le gote rosse dall’imbarazzo o dalla vergogna, non c’era alcun motivo per sentirsi così dopo tutto quello che aveva passato e desiderato nel profondo.
Da molti anni Hinata aveva sognato questo momento, così come molti altri che riguardassero la sua relazione con Naruto, anni fa si era domandata come sarebbe stato, se tutte le sensazioni erano come alcune sue coetanee dicevano che fossero, con quella malizia in più che lei non aveva mai realmente conosciuto.
Tutto era avvenuto in maniera inusuale quanto coraggiosa, che l’avevano portata sempre a comprendere quanto valesse a dispetto di quello che gli altri potevano pensare su di lei e la sua gentilezza di fondo.
Sia lei che Naruto erano determinati e pronti a compiere un passo successivo e a stare finalmente sulla stessa lunghezza d’onda.
Una forza pervase la sua esile figura mentre Naruto si caricava e lasciava libero sfogo a tutte quelle emozioni che fino ad un momento credeva definitivamente sopite, praticamente morte.
“Andiamo, Hinata!”.
Hinata era più forte di quanto non lo fosse mai stata, iniziava a credere sempre di più in quell’arcobaleno che aveva sempre sognato con parsimonia e volontà, senza mai realmente mollare.
Sarebbe andata avanti fino alla fine riuscendo a compiere le imprese più ardue e grandi, nonostante la sofferenza, la perdita di Neji e le difficoltà reali del clan.
Non avrebbe mai lasciato quella mano ora che l’aveva stretta per la prima volta, era un segnale che poteva realmente portarla a vivere come non mai.
Era un nuovo inizio per quel posto così apparentemente perduto e per loro.
Nessuno avrebbe mai lasciato veramente andare quella mano.

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Capitolo 16
*** Perché si sono sposati e hanno creato una bellissima famiglia...problemi a parte. ***


16. Perché si sono sposati e hanno creato una bellissima famiglia...problemi a parte.

Fu decisamente un attimo.
Il sorriso sornione di Madara, così prepotente da far gelare il sangue nelle vene di chiunque l'avrebbe osservato, non prometteva nulla di buono fin dal primo secondo.
Il problema maggiore non era per niente la caduta dei meteoriti che piovevano ininterrottamente a ore 4 dell'ampio campo di battaglia, creati per far fuori più gente possibile e sconfiggere ogni forma nemica di Madara e i suoi alleati.
Ma Naruto non comprese subito e cercò fin dal principio - forse anche troppo impulsivamente - di ridurli in brandelli e proteggere tutti i suoi amici e compagni, in quanto era di principio il suo obiettivo, il suo scopo da raggiungere in quel frangente così drammatico e per niente ilare.
Non poteva permettere al suo cuore di arrendersi e di perdere battiti alla visione di una nuova, sanguinolente carneficina da parte delle forze nemiche; le sue forze dovevano adempiere alla protezione di ogni essere vivente che lottava per il bene.
Ma Sasuke, da sempre più calcolatore ed analista del suo rivale, fece largo al suo Susanoo, lo parò di fronte alla sua squadra, scongiurando una parte dell'imminente catastrofe.
Fu decisamente un attimo e lo Tsukuyomi infinito invase ogni angolo del mondo, partendo dalla luce più prominente all'ombra più fastidiosa: per nessuno, a parte le persone protette dal tempestivo Susanoo del giovane Uchiha, c'era più scampo di sopravvivere.
Molti dei ninja amici ed alleati di Naruto erano ormai avvolti nell'infinita e subdola illusione del nemico e non c'era modo di cambiare tutto quel pasticcio.
Persino Hinata, così determinata a fare qualcosa di determinante per quella guerra e per i suoi amici, non poté sfuggirci e chiudere gli occhi, un secondo prima di pronunciare il nome di quella persona a lei fin troppo cara per ogni cosa, ogni respiro della sua vita.
E non poté che sognare la sua fantasia più prediletta e ottimista, in un parco qualunque del villaggio dove poteva stringere la mano e l'essenza di Naruto, al suo fianco con un'emozione leggera scoppiarle dentro il cuore.
Con Neji ed Hanabi ad osservarli di soppiatto, per evitare che quella testa matta di Naruto si azzardasse a fare qualcosa di particolarmente sconveniente e diabolico.
Naruto però non poteva permettere che quei sogni tristemente viscidi rimanessero per sempre per sodomizzare identità ad un volere non richiesto.
Avrebbe riportato la felicità e la verità nelle vite di tutti, poi concretizzare qualche suo sogno nella sua vita.
Per tutti e per quelle piccole grandi consapevolezze che era riuscito a condividere a tu per tu con Hinata.
La sua vita non era più una sola, ormai in ogni senso immaginabile.



Tutti i cimiteri hanno la caratteristica di trasudare di parole non dette, di emozioni che fanno brillare violentemente gli occhi, di scambi dolci e silenziosi tra le anime in vita e quelle dell'altra parte di un mondo oscuro e pauroso, forse puramente alieno.
Quello di Konoha aveva il grande pregio di risultare molto discreto ed accogliente, con una disposizione delle tombe e delle piante ordinata e molto precisa, come se fosse un progetto artistico da realizzare in maniera minuziosa, quasi schizofrenica nella sua bellezza educata e composta.
La tomba di Neji Hyuuga era una di quella che veniva visitata più spesso da amici, conoscenti e parenti, ancora profondamente increduli della sua scomparsa e del suo sacrificio valoroso ma al contempo emancipato, forse incompreso.
Ma se c'era qualcuno che desiderava ardentemente andare a trovarlo era senz'altro la piccola Himawari, la secondogenita di Hinata e Naruto.
Nonostante avesse solo cinque anni, alla bambina piaceva ascoltare le persone e conoscere nuove cose della vita, curiosare verso orizzonti che potesse aprirle nuove strade e consapevolezze inedite ma interessanti.
Passava la maggior parte del suo tempo con la madre per ovvie ragioni e la tempestava genuinamente di domande per parlare, scoprire ed affezionarsi al mondo; con quella vocina dolce, la tenerezza e un pizzico di estroversione spontanea, Hinata non riusciva a non rimanerne colpita e raccontarle per filo e per segno alcune cose, con la giusta moderazione del mondo.
"Mamma, perché nonno ha gli occhi un po' tristi quando andiamo a trovarlo?" aveva chiesto un giorno Himawari con fare spontaneo e particolarmente noncurante, con un tono tra il curioso e il preoccupato.
Fu allora che Hinata sentì l'esigenza di creare qualcosa di speciale con la sua bambina, di iniziare a parlare di quello che era stata la guerra, cosa era significata per i villaggi limitrofi e Konoha, chi era Neji, la sua storia, la sua maledizione...
La piccola non pianse e nemmeno sentì l'esigenza di rinchiudersi in se stessa, dopo la verità pacata che sua madre le raccontò con una calma disarmante ma comunque calorosa e sincera.
Se c'era qualcosa che lei poteva fare - da brava nipote - era portare un po' di allegria e sincerità nella nuova casa dello zio mai conosciuto ma al quale Himawari si sentì fin da subito attaccata e riconoscente per tutto ciò che aveva fatto in diciassette anni di vita.
"Mamma, pensi che zio Neji sarà felice di questo?" fece sorridente ed inginocchiata vicino al sepolcro, dopo aver appoggiato un vaso di girasoli accanto all'incisione.
"Ma certo. Dopotutto il suo cognome ha lo stesso significato dei girasoli*" rispose in maniera soffusa l'erede della casata, con gli occhi commossi e proiettati sul nome di Neji mentre il vento scompigliava i suoi lunghi e fluenti capelli.
Hinata era stupita dell'affetto che sua figlia riusciva a donare alle cose ma - soprattutto - alle persone.
La osservò con tutta la dolcezza del mondo e si perse per un attimo nei suoi piccoli e radiosi occhi azzurri, gli stessi dell'uomo del quale era innamorata da anni ma che preservavano amabilità ed interesse per tutto il mondo che la circondava.
Si compiaceva nel profondo che la sua infanzia stesse proseguendo con tutta la libertà del mondo, che fosse anche grazie alla sua presenza che tutto questo accadeva nel suo processo di crescita e di conseguente scoperta.
Le accarezzò con una mano i suoi capelli corti e bluastri continuando ad osservarla sorridente e improvvisamente confortata da quella realtà che le stava regalando uno scenario adorabile ma al contempo guadagnato con l'impegno e la determinazione.
Himawari sorrise, felice di vedere gli occhi della mamma dilatarsi di serenità e di una piacevole sensazione che però comprendeva a metà ma della quale si compiaceva pienamente.
"La prossima volta voglio venirci con mio fratello, però!" esclamò entusiasta la figlia di Naruto, desiderosa che fosse lui (più grande di lei di quasi sette anni) a farle un po' di compagnia, anche per vedere la sua reazione di fronte al tumulo di Neji.
Hinata sorrise gentile ma in realtà quell'affermazione la fece preoccupare per un attimo.
Boruto era esattamente la copia minuta e sputata di Naruto durante quei suoi anni difficili e da quando quest'ultimo era diventato il settimo Hokage, era solito fare qualcosa di tremendo e fastidioso per tutti gli abitanti del villaggio, comportandosi come un delinquente scapestrato in cerca di varie e costanti attenzioni.
Hinata sapeva benissimo perché si comportava in quel modo e qual era il motore che lo rendeva così apparentemente fastidioso ed infantile e sapeva che, nonostante tutte le raccomandazioni e le gentilezze, non avrebbe dato ascolto alle sue parole mature e sincere.
Scosse la testa, sperando che Boruto - almeno per quel giorno così particolare - non combinasse qualche guaio tremendo.
Prese per mano la figlia e si incamminò per la via di casa, confidando tutto quanto in Naruto e rivolgendogli tutto il bene che il suo cuore riservava per lui e per la loro vita insieme, così pacifica e così ben voluta da entrambi.



Boruto ne aveva combinato un'altra delle sue.
Rincorso dai Chunin e dai Jonin più valorosi di Konoha, si apprestava a svolgere in solitaria lo scherzo più collaudato e delinquente della sua vita, da solo.
Sebbene parlasse con i suoi compagni d'accademia, nessuno di loro si azzardava effettivamente ad accompagnarlo nelle sue scorribande per i più svariati motivi che lui trovava ridicoli e privi di fondamenta.
Come si permetteva Shikadai di dire che fare scherzi era profondamente fastidioso e che non era necessario farlo quel preciso giorno?
E perché Inojin si vergognava così tanto di fare qualcosa di trasgressivo per paura di essere sgridato da sua madre?
Certe volte non riusciva a capire quanto fossero individualisti e spocchiosi nel profondo!
Dipingere i volti degli Hokage e profanare la sacralità del loro nome era esattamente il modo più spocchioso e vincente per arrivare al suo obiettivo segreto, che si aspettava di portare a termine.
Quelle urla di rimprovero che provenivano perfino dal suo sensei, Konohamaru Sarutobi, erano esattamente ciò che gli serviva per attirare attenzione, la sua, la più importante.
Non fece in tempo a recitare la sua parte di stizzito nei riguardi di tutti gli Hokage con un sorriso beffardo che dietro di lui si parò esattamente il suo obiettivo, che gli bloccava la mano dove teneva uno shuriken che sventolava e - probabilmente - voleva lanciare per intimidire i passanti.
"Maledizione, Boruto! Quando la smetterai e ti deciderai a non darmi tormenti?" gridò spazientito l'Hokage in persona, stufo dei continui richiami che Moegi e Udon gli annunciavano d'improvviso.
"Non è giusto usare la tecnica del Trasferimento Istantan--" cercò di replicare a tono lamentoso il ragazzino, zittito però da un pugno secco ma non violento sulla testa.
Naruto si posizionò elegante di fronte al figlio per parlargli; ciò che gli faceva male era sapere esattamente perché il suo primogenito si comportava in quel modo così fastidioso ma non poter fare tanto durante la giornata, considerando la sua importante posizione.
Diventare Hokage era stato da sempre il suo sogno e dopo del tempo post-guerra, aveva continuato ad impegnarsi e a svolgere piccoli incarichi per Kakashi (Sesto Hokage) e per Konoha, in modo tale da mostrare la sua valenza anche nei processi più burocratici dell'incarico.
Aveva conosciuto meglio la famiglia Hyuuga, soprattutto Hiashi che malgrado lo vedesse sempre come una cocente testa dura e troppo diverso da sua figlia, lo aveva rivalutato come persona ed aveva acconsentito a frequentare e (successivamente) alla mano di sua figlia.
Aveva avuto modo di comprendere meglio i suoi sentimenti per Hinata, di stare più con lei, di perdersi nei suoi occhi e nei suoi aspetti che negli anni aveva ignorato bellamente per vari, troppi motivi.
Ed era bellissimo stare al suo fianco e capire quanto fosse buona, comprensiva e a lui complementare, una di quelle persone che non avrebbe incontrato neanche dopo cento anni.
I suoi bambini avevano i suoi stessi occhi, con la stessa energia e voglia di scoprire il mondo.
Era innamorato anche della piccola Himawari che lo adorava e lo accoglieva sempre con il giusto calore e clamore, così piccola ed innocente se trattata dolcemente...
Voleva tanto bene anche a Boruto perché parte di una famiglia che gli regalava affetto ed amore incondizionato espresso nelle maniere più eterogenee possibile ma era piuttosto evidente quanto il piccolo fosse problematico ed avesse dei problemi nei confronti di ciò che il padre stava diventando nella società.
Gli dispiaceva essere distante e più duro nei modi di porsi e parlargli ma si aspettava che il suo primogenito, nonostante la giovane età e quello che sapeva della sua vita passata, comprendesse e gli desse effettivamente spazio di dar vita al suo sogno.
"Ascolta, papà ha un importante incontro adesso. Quindi datti da fare e inizia a pulire questi scarabocchi che hai fatto, d'accordo?" esordì l'Hokage con voce decisa ma non scontrosa, osservando silente il volto del figlio, subito pentito del misfatto.
Boruto fece un broncio seccato e di resa, in quanto la sua maschera da duro era veramente facile da far crollare, specie con le persone con le quali aveva modo di rapportarsi con più profondità.
"E allora perché non li pulisci insieme a me?"
Quella frase era dettata più dal desiderio di un bambino ferito e che sentiva la mancanza di suo padre piuttosto che dalla maturità che cercava di ostentare per attenzione esagerata da parte di ogni abitante del villaggio.
Naruto gli si parò pericolosamente rannicchiandosi in avanti, mai smettendo di osservarlo negli occhi per creare un contatto profondo e di silenziosa ma presente intesa, gli mise poi una mano sulla testa in totale antitesi del gesto precedente e gli sorrise, addolcendo completamente la sua figura composta e vagamente austera.
"Boruto, con quello che faccio ora, tutti gli abitanti per me sono come una famiglia. E ci saranno molti momenti dove non sarò il padre più presente del mondo..." esordì mantenendo quella compostezza che gli donava rispetto ma cordialità nei riguardi di chiunque "...ma devi imparare ad essere energico e trarre forza da questo. Dopotutto, è anche per questo che sei un ninja!"
Boruto dilatò le pupille sorpreso, come se qualcuno gli avessero raccontato una delle più semplici soluzioni ad un problema che trovava insormontabile e irrisolvibile.
Sapeva in fondo che non avrebbe potuto fare in modo di portare suo padre a cambiare idea e fare il padre a tempo pieno come quelli dei suoi compagni, dopotutto lui era l'Hokage, la persona più importante del villaggio.
Però quel discorso era improvvisamente divenuto d'ispirazione, come se quelle parole avessero acceso in lui delle considerazioni e consapevolezze che ignorava bellamente per immaturità ed egoismo.
Suo padre era una buona guida ma al contempo si impegnava come un matto per essere presente per le persone alle quali teneva di più, nel suo cuore.
Gli sorrise incredibilmente timido, comprendendo un po' di più l'oneroso sacrificio che Naruto stava compiendo per essere la persona nella quale fare completo affidamento, senza nessun tipo di problema ed esitazione.
Avrebbe fatto il possibile per essere una persona meno avventata e immatura nonostante la dirompente impulsività e il suo essere principalmente istintivo, che gli aveva permesso di diventare un Genin senza alcun tipo di problema specifico, come era (invece) successo a suo padre.
Scesero dai volti, raggiungendo Konohamaru, divenuto il suo sensei da circa qualche mese (furente per l'atto sconsiderevole appena compiuto dall'allievo), lo "zio" Iruka che lo osservava con tutta la comprensione e simpatia di questo mondo e, distante dalla via cittadina, Sarada Uchiha, con uno sguardo indagatore e parecchio freddo, analizzatore.
Lo trovava così chiassoso e fastidioso la maggior parte delle volte ma non poteva fare a meno di sentirlo così simile a lui, per certi aspetti e per certe motivazioni che lei, nonostante stesse in silenzio, aveva già compreso nel profondo dell'animo.
Boruto si sentiva più sollevato dopo quel discorso.
Se c'era un modo per riuscire ad essere una persona valorosa era quello di impegnarsi e fare progressi come shinobi, mostrare la sua grandezza e crescere, fare un passo successivo verso la sua vita piena di un nuovo senso, significato.
Per dare orgoglio a sua madre, così buona e premurosa nei suoi confronti, per essere un esempio per sua sorellina e - non meno importante - onorare la via dello shinobi e quello che permetteva a tutti di essere in pace, in salute ma comunque in continuo progresso all'interno del villaggio, del mondo.
La sua famiglia era, è e sarà sempre il rifugio più sicuro e la forza più potente che nutriva il suo cuore ribelle ma comunque buono.
Boruto in fondo era una persona fortunata, così come tutta la sua famiglia, unita da un affetto incondizionato e invidiabile, unico.
L'amore vero e puro è esattamente così, senza macchia e senza paura.

* 
Il cognome Hyuuga è scritto (in giapponese) come la parola "girasole".
Il cognome significa "oltre il sole" e l'unico fiore che ha il "coraggio" di osservare in faccia il sole ed è proprio quello che Himawari mette vicino alla tomba di Neji (ndA)


 
The End


 


note conclusive
Ebbene sì, siamo giunti alla conclusione di questa raccolta, con un bel finale lieto che da tifoso del pairing non può che avermi fatto piacere, molto ma molto meno tutto il trascorso per la realizzazione e per la storia, divenuta molto mediocre e veramente noiosa, portando lo Shippuden ad essere aria fritta piuttosto che qualcosa di solido com'era la prima serie.
Sono quasi cinque anni che ho iniziato e tante, troppe cose sono cambiate... come tutti alcune in meglio, altre decisamente in peggio.
Questo ultimo capitolo è anche l'addio definitivo che do al mio tempo da autore di fanfiction su Naruto, in quanto ho perso totalmente la voglia e l'interesse verso la stesura e la creatività di questo manga, mi spiace.
Sono cresciuto e mi piacerebbe dedicare il mio tempo ad altre passioni che ora mi rappresentano di più; con questo non rinnego assolutamente quanto fatto dal 2011 fino ad oggi ed è per questo che non ho cancellato una singola storia della categoria (a parte una long del 2012 che poi non ho più ripreso in seguito) e ognuno può liberamente leggere e recensire, in quanto mi ricordano il passato e quanta strada io abbia fatto.
Non sono purtroppo più intenzionato a scrivere su momenti extra (filler, momenti anime particolarmente interessanti, The Last) proprio per questo, ho deciso di rendere la mia raccolta una serie di momenti manga (quindi più canon di così) che poi hanno portato i due ad essere due amici, poi complici, poi anche una coppia, amanti, genitori, guide.
Naruto e Hinata sono stati una delle prime coppie che io abbia mai supportato dal principio e una delle fedi più sicure e salde di ogni opera fumettistica che abbia mai avuto il piacere di leggere... non smetterò mai di dire quanto entrambi siano speciali e dei buoni personaggi che possono insegnare tante cose intrinseche a molte persone con delle infanzie non prettamente felici.
Ricorderò sempre con molto piacere Naruto (in ogni caso) in quanto è stato il manga che mi ha spinto verso questo bellissimo mondo culturale e tutto nipponico e mi ha appassionato fortemente allo shonen e insomma, è una pietra miliare che conserverò sempre nel mio cuore con affetto, nonostante tutto.
Grazie mille per ogni lettura, per ogni parere e per ogni messaggio, è stato un percorso meraviglioso e molto carino che non dimenticherò mai.
Un abbraccione a tutti quanti,

 
Watashiwa
 

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