Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Note dell’Autore: Gran parte dei capitoli sono nati durante e
grazie all’ascolto delle Gnossiennes di Eric Satie, motivo per cui ogni
capitolo è abbinato ad una di esse.
Questa non è propriamente una song-fic, ma
queste melodie fanno ormai parte integrante del racconto e consiglio di
ascoltarle durante la lettura (soprattutto perché sono molto belle).
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia
non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene
i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia
sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso
per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa
storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna
violazione del copyright è pertanto intesa.
Gnossienne n° 1
1 luglio 1980
Viviamo in
tempi duri, tempi che non risparmiano nessuno, ma ormai ci sono quasi abituata.
Abituata ad
essere in apprensione per James, ad essere preoccupata per il futuro del mio
bambino, sapendo che per lui potrebbe non esserci un futuro.
A volte mi
domando cosa sarebbe accaduto se non fossimo vissuti in questi tempi bui.
Mi vergogno
un po’ ad ammetterlo, con un figlio in arrivo (un piccolo elefante, a giudicare
dalla mia pancia!) e un marito che amo, ma quando penso a cosa poteva essere
diverso, penso soprattutto a Severus Snape.
Lo conoscevo
bene. Ho condiviso con lui gli anni più sereni della mia infanzia e della mia
adolescenza, prima che mi rendessi conto che la vita è molto più complicata di
quello che uno immagina da bambino.
Sono sicura
che da qualche parte quel bambino malinconico, quell’adolescente un po’ goffo
ma a suo modo affettuoso a cui ero tanto affezionata è ancora presente nel cuore
di Severus. Deve essere così.
Verso di lui
provo un’incredibile, insopprimibile senso di colpa, di cui non posso parlare a
nessuno. Nessuno delle persone che conosco lo ha mai amato, e ora, con lui dall’altra parte, si vantano tronfi di
aver sempre capito di che pasta era fatto.
Mi sento in
colpa proprio per questo: mi hanno convinto che era come tutti gli altri
Serpeverde, spietato e arrivista.
Ci ho
creduto come una stolta, spaventata com’ero dalla sua ossessione per le Arti
Oscure e allontanarlo è stata la soluzione più facile. Più facile per me, si
intende, non per lui.
La mia
amicizia era l’unica cosa che gli impediva di cadere nel baratro della Magia
Nera e sono stata io stessa a spezzare quel filo, a dargli il calcio per
spedirlo in picchiata nel burrone.
A sedici
anni non me ne resi conto.
Avrei
dovuto, ero una ragazza sensibile e volevo realmente bene a Sev.
Avrei dovuto
capirlo. Severus non è mai stato come gli altri; cercava il suo posto nel mondo
e l’ha trovato tra i peggiori.
I suoi
genitori si odiavano e usavano ogni mezzo pur di farsi male l’un l’altra.
Severus era il loro strumento preferito.
Non mi raccontava spesso cosa realmente accadeva, ma a volte mi diceva che non
capiva perché non si separassero, invece di rimanere insieme con il solo scopo
di distruggersi a vicenda.
Molti
ragazzi trovano una seconda casa a Hogwarts, ma non sono sicura che per Sev
questo sia accaduto. A parte me, non credo che avesse altri amici. Girava con
Mulciber e Avery, ma quei due erano davvero troppo stupidamente tracotanti
perché fossero qualcosa di più di compagni di malefatte. Purtroppo, ne subiva
l’influenza negativa.
Grifondoro,
Serpeverde, Corvonero e Tassorosso vengono chiamate Case per questo motivo: è
con i propri compagni che si passa la maggior parte del tempo, si condividono
le lezioni, i dormitori, la squadra di Quidditch e qualsiasi altro tipo di
circolo ricreativo. A sedici anni credetti che io, da sola, non potevo nulla
contro tutti i suoi compagni di Casa che, in cambio di aiuti scolastici, gli
davano quella solidarietà cameratesca che lui cercava.
Avrei potuto
salvarlo, salvarlo da se stesso e dall’influenza degli altri Serpeverde.
Forse se gli
avessi chiesto di smettere, di farlo per me, per farmi felice, mi avrebbe
accontentato.
Provava dei
sentimenti per me, sentimenti che non sono mai riuscita a capire quanto fossero
profondi.
Indubbiamente
abbastanza da farlo soffrire di una cupissima gelosia quando fu chiaro che
uscivo con James, da sempre il suo più acerrimo nemico.
Indubbiamente
abbastanza da non accettare il mio allontamento, da spiarmi per i corridoi pur
di trovare un’occasione per un ultimo, breve contatto.
A volte spero
di incontrarlo di nuovo, di poterci parlare almeno una volta, dirgli che
anch’io ho fatto una scelta sbagliata, che gli volevo veramente bene e davvero,
davvero mi dispiace…
…ma poi mi rendo conto che, se lo dovessi
rincontrare,sarebbe il mio avversario e
allora mi cala addosso una insopportabile tristezza.
Con tutto la disapprovazione del mondo da parte di Petunia,
Severus era rimasto a dormire a casa di Lily.
Tra una partita a Scacchi Magici e un’altra si era fatta ora
di cena e, dopo cena, Severus non aveva ancora voglia di tornare a casa.
D’altro canto né Lily né i suoi genitori erano d’accordo a fare a fargli
attraversare la cittadina a quell’ora.
L’invito a passare la notte a casa loro era arrivato
naturale e Severus l’aveva accettato con grande entusiasmo.
La stanza di Lily era piccolina, graziosa e accogliente, ed
era dotata di un letto in più, che in caso di necessità veniva accostato al
letto di Lily, quasi a formarne un prolungamento.
Mamma e papà Evans lo avevano comprato alla figlia per
ospitare i suoi amici, ma in realtà da allora Severus era stato praticamente
l’unico ad usarlo.
Severus era felice di poter condividere lo stesso letto di
Lily e, lo doveva ammettere, talvolta faceva proprio di tutto pur di far farsi
invitare a passare la notte a casa sua.
Per quanto orribile potesse essere stata la giornata, per
quanto i suoi genitori avessero litigato e urlato, per quanto tutto potesse
essere andato storto, passare un’intera nottata con la sua migliore amica a
parlare fino a tardi e a ridere su qualsiasi sciocchezza gli risollevava sempre
il morale.
Nonostante avessero aperto la finestra, Severus si svegliò
di notte per il caldo.
Era una bella notte, con il cielo terso e la luna quasi
piena e luminosissima, visibile dalla finestra spalancata.
Severus guardò Lily, profondamente addormentata e sentì il
cuore pieno di tenerezza.
Con la luce della luna che la illuminava, la sua cara amica
aveva un che di etereo che gli fece pensare ad una ninfa dei boschi.
Durante l’anno Lily aveva iniziato a perdere le sue fattezze
da bambina per prendere quelle ancora innocenti, ma decisamente più seducenti
di fanciulla.
Il sottile pigiama estivo rivelava un piccolo e aggraziato
seno, che la casta divisa scolastica fino ad allora aveva nascosto. Severus le guardò
le braccia bianche e sottili e non riuscì a non pensare che Lily stava
diventano davvero bellissima.
Avvicinandosi un pochino, vide che il naso della ragazza era
cosparso di goccioline di sudore.
Esitò un istante, poi con due dita glielo carezzò delicatamente,
per toglierle il sudore.
Non aveva mai toccato Lily in questa maniera.
Dal naso, le sue dita scivolarono con dolcezza sulla guancia
rosea, attraversando tutta la mandibola per arrivare infine al mento. Il
mignolo inavvertitamente le sfioròl’angolo della bocca e Severus
ritrasse la mano velocemente, quasi spaventato.
Lily continuava a dormire indisturbata.
Tranquillizzato dalla scoperta, Severus riprese coraggio.
Gli era presa la curiosità di sapere di cosa profumava la
sua pelle, che odore aveva la sua Lily, e improvvisamente gli sembrò di non
poter vivere senza averlo scoperto.
Lentamente si accostò ancora una volta al suo viso, e
avvicinò il naso fino al punto in cui il lobo dell’orecchio si congiunge con il
collo e con la mandibola.
I capelli di lei – quei capelli che gli era impossibile non
lodare – gli solleticavano il viso.
Inspirò, con gli occhi chiusi.
Odorava di spensieratezza, di giovinezza e, beh, sì, di
Lily.
Completamente soddisfatto, si sdraiò nuovamente sul suo
lettino e, dopo aver stretto un dito di lei nella sua mano, si riaddormentò.
***
Ernil, purepura e draco92, vi ringrazio
davvero per le recensioni, è sempre bello sapere di essere letti e recensiti, è
un ottimo incoraggiamento per me! :D
Il dormitorio maschile di Serpeverde, quando rimaneva
illuminato solo dalle deboli luci delle bacchette degli studenti, aveva un che
di tetro. Severus si era sempre chiesto se anche gli altri dormitori erano così
bui e così vagamente opprimenti.
Di certo non lo era quello di Grifondoro, che sapeva stare
in una torre ben illuminata e non sotto il lago.
Nella sala comune, altri studenti, come lui erano svegli. I
suoi compagni parlavano dei soliti argomenti, non molto variati, in realtà, ma che
riscuotevano sempre successo.
“...anche Malfoy si è unito alla causa. E Macnair ieri mi ha
mostrato il Marchio. Dovreste diventare Mangiamorte anche voi, il Signore
Oscuro sta reclutando moltissima gente…”
“Credevo che volesse solo maghi e streghe diplomati…”
“No, mio caro Yaxley. Cosa credi che importi al Signore
Oscuro di un pezzo di carta? Lui richiede solo la più cieca fedeltà! E il
sangue puro, ovviamente!”
Severus non ascoltava attentamente i discorsi, impegnato con
il suo amato libro di Pozioni.
Proprio quel pomeriggio aveva trovato un modo più facile per
distillare l’Amortentia, senza dover tagliare in quel modo indecoroso le radici
di leucanto con il rischio di pesanti bruciature, e lo stava appuntando al lato
del libro.
“Ehi Snape… SNAPE!”
Severus si girò, non avendo sentito fino ad allora Avery che
lo chiamava.
“Severus, non puoi stare tutto questo tempo a studiare…”
Severus non rispose.
“Cosa ne pensi della questione dei mezzosangue? In parte il
loro sangue è puro, ma uno dei due genitori è così dannatamente sporco…”
Sapeva perfettamente dove Avery voleva andare a parare.
Aveva detto ai suoi compagni di essere purosangue, ma poiché il suo cognome non
rientrava tra quelli delle più famose famiglie purosangue, non era riuscito a
negare che suo padre doveva avere origini babbane. In realtà, non aveva solo
origini babbane. Era un babbano.
La cosa disgustava anche lui, per la verità. Ma quando era
sicuro di aver raggiunto il massimo del disgusto per i Babbani, quando credeva
di pensare - come Avery, come Mulciber, come Yaxley e tutti gli altri - che i
Nati-Babbani erano solo feccia, ecco il viso di lei gli compariva
davanti.
“Io credo che è ora per tutti di smettere di interrompermi,
è grazie a queste ore notturne che i miei voti sono eccellenti mentre i vostri
sono appena mediocri.”
Avery emise un suono di disapprovazione, ma non disse altro.
Severus tornò al suo libro: Pozioni era la sua materia
preferita da quando… da quando…
Emise un breve sospiro.
Le lezioni di Pozioni ancora lo legavano a Lily Evans. Lei
non riusciva più a capire le sue scelte, gli anni stavano passando e si stavano
allontanando. Non l’aveva mai perdonato per averle dato del Sanguesporco. Ciò
nonostante, durante le ore di Pozioni, lei gli si sedeva accanto.
Lui le faceva vedere le sue indicazioni, scritte a mano al
bordo del libro di testo, che lei eseguiva in silenzio.
In brevi momenti riusciva a sentire l’alchimia di un tempo,
si ricreava quella perfetta intesa che per lunghi anni era stata la base della
loro amicizia.
Lo faceva per lei, quello studio extra, di notte, faticando
a leggere a causa della luce troppo fioca. Lo faceva per lei, perché finché lui
appuntava procedimenti più facili sui bordi della pagina, lei si sarebbe seduta
vicino a lui. Finché continuava a scrivere formule e semplificazioni, lei avrebbe
avuto un motivo per stargli accanto, almeno per qualche ora alla settimana; finché
lui l’aiutava in Pozioni, lei non poteva biasimarlo totalmente.
Lei avrebbe pensato a lui come un ragazzo intelligente e
studioso, e generoso con lei.
Severus chiuse gli occhi. Il pensiero di lei accanto, che a
bassa voce gli chiedeva gli ingredienti, lo fece rabbrividire per un istante. I
loro occhi si erano incontrati, alla lezione del giorno prima.
Lui le stava passando il suo mestolo e i loro occhi si erano
incontrati per un lungo istante.
Il desiderio di toccarla o di baciarla era stato forte, ma
aveva dovuto sopprimerlo.
Aveva abbassato lui per primo lo sguardo. Lei era sempre
così fiera, sempre.
Riaprì gli occhi, ma decise che era ora di andare a dormire.
Non poteva continuare a pensare a Lily.
Chiuse il grosso libro, che finì inavvertitamente sulla
retrocopertina.
“Questo libro è proprietà del Principe Mezzosangue”.
Con un dito toccò la parola “Mezzosangue”, quasi
accarezzandola.
Odiava il suo stato di nascita. Né Purosangue, né
Natobabbano.
Se fosse stato Purosangue, sarebbe stato come un
aristocratico, accettato dai suoi compagni di Casa e rispettato dagli altri –
mai nessuno aveva attaccato alle spalle un Malfoy, come Potter e la sua gang
facevano con lui.
Se fosse stato Natobabbano, non avrebbe mai conosciuto tutte
quelle persone che l’avevano allontanato da Lily, forse avrebbe potuto stare
accanto a lei come nel profondo del suo cuore desiderava ardentemente.
Forse...
Ma non era stato.
Con un gesto brusco, buttò il libro per terra, si girò da
una parte e si mise a dormire.
Era maggiorenne!Poteva andarsene di casa. Poteva
usare la magia fuori da scuola. Libero, finalmente, di decidere per conto
proprio.
Un paio di compagni di Serpeverde gli avevano promesso una
piccola festa, la sera, nella Sala Comune. In realtà, sarebbe stato contento
anche senza la festa.
Lily si era ricordata di lui.
Gli aveva fatto un regalo: un mantello nuovo, pesante e
caldo come non ne aveva mai posseduti. Era straordinariamente bello, oltre che
utile, con un colletto voluminoso che gli riparava il collo dal freddo e un
morbido interno di soffice panno.
Ma non era solo il regalo in sé a renderlo felice.
Non gliel’aveva fatto trovare, non gliel’aveva mandato
tramite te rzi. Gliel’aveva dato in mano, guardandolo negli occhi,
sorridendogli e facendogli gli auguri.
Per tutte le vacanze di Natale non si erano scritti. Tutti i
giorni sperava che gli arrivasse un gufo, tutti i giorni si trascinava fino al
piccolo parco dove si erano spesso incontrati. Ma lei non gli aveva mai
scritto, al parco non si era mai fatta vedere.
Non gli aveva mai neanche telefonato.
Non amava i metodi babbani, ma entrambi avevano un telefono
in casa e lui avrebbe volentieri accettato questo compromesso pur di sentire la
sua voce.
Finite le vacanze, l’aveva sempre salutato per i corridoi,
ma non si era mai fermata a parlarci, escludendo le brevissime conversazioni a
Pozioni, fatte per lo più da richieste di strumenti e ingredienti o da sguardi
fugaci e imprevisti.
Ma quel giorno l’aveva cercato. Per il suo compleanno, per
un compleanno così importante, l’aveva cercato e gli aveva portato il suo
regalo.
L’aveva rincorso per il corridoio, perfino. Era arrivata
ansimando e gli aveva detto con un poco di voce che l’aveva cercato per metà
castello. Questo era tantissimo per lui. Poi gli aveva dato il pacco, aveva
sorriso e l’aveva guardato mentre lo scartava.
Anche lui aveva sorriso. Il mantello gli piaceva, ma non riuscì
a ringraziarla. Non come voleva. Voleva darle un bacio, sulla guancia. Molto
casto. Da amici, insomma. Ma non ci riuscì.
Dalla sua bocca uscì solo un flebile “grazie”, mentre gli
occhi gli erano inavvertitamente scivolati fino alle labbra. Lily se n’era
accorta ed era visibilmente imbarazzata.
“Non fissarmi, mi fai sentire a disagio.”
Severus si scrollò.
“Scusami” mormorò piano.
La ragazza sorrise accondiscendente e fece per andarsene, ma
Severus la richiamò indietro.
“Lily!”
Lei si fermò e si girò.
“Perché non riusciamo più ad essere amici?”
Lily sorrise appena.
“Severus, abbiamo preso strade molto diverse. Non siamo più
bambini, non possiamo più chiudere un occhio sulle nostre differenze e passare
il tempo insieme come se niente fosse. Come faremo se ci troveremo uno contro
l’altra?”
Severus era confuso e non riusciva a capire cosa Lily
davvero pensasse.
“Mi vuoi ancora bene?”
Non lo voleva dire. Gli era uscito fuori. Mesi di
frustrazione, mesi in cui si era domandato tutti i giorni come Lily potesse riuscire
a far finire così un’amicizia durata anni, come lei potesse mettere la parola
fine mentre lui non ci riusciva.
Lily lo guardò negli occhi, Severus vide nei suoi bellissimi
occhi verdi un lampo di qualcosa - tenerezza forse?
“Buon compleanno, Sev”.
E scomparì lungo il corridoio.
Pur non amando particolarmente
le note degli autori – o almeno, non quelle inutilmente lunghe -, mi ritrovo a
scriverne una, che spero non sia inutile.
Ho la necessità di ringraziare
BloodNyar e
dirkfelpy89per le loro belle recensioni, piene
di complimenti. Mi fa davvero piacere sapere che la mia storia vi sta piacendo
(in particolare il capitolo con Severus e Lily nello stesso letto, che in
realtà è anche quello che mi è più piaciuto scrivere) e che lo troviate un buon
approfondimento del personaggio di Severus e del suo rapporto con Lily.
Spero
che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Severus stava lì, accovacciato nel corridoio vuoto, in
attesa che lei comparisse.
Dicevano delle cose su di lei che non poteva sopportare.
Non si parlavano quasi più da parecchio tempo, e anche nelle
ore di Pozioni si sedeva sempre più raramente accanto a lui.
L’unico, flebilissimo contatto che aveva con lei era vederla
passare per i corridoi, o uscire dalle lezioni e seguirla con lo sguardo finché
non svoltava.
Lo faceva praticamente sempre.
Fingeva di riporre qualcosa, pur di rimanere nell’aula
finchè c’era anche lei. E poi la osservava correre fuori dall’aula per
raggiungere le sue amiche.
Lei sapeva (ne era certo!) di essere osservata a lungo,
sapeva che lui la scrutava e la guardava appena poteva, come a voler
memorizzare ogni suo movimento, ogni centimetro del suo corpo.
A questo non si era mai ribellata e si lasciava guardare da
lui. Severus sperava di capire dai suoi gesti il suo stato d’animo - se era
felice o arrabbiata o preoccupata - , e dai sui sguardi i suoi pensieri - se
stava pensando al fine settimana a Hogsmeade, oppure se avrebbe studiato il
sabato e la domenica. In tal caso l’avrebbe potuta incontrare in Biblioteca.
“Idiota!” si diceva, a volte.
Ma lo pensava solo quando sentiva quelle cose su di
lei.
Non era possibile… non era possibile che le cose stessero
davvero così, lui non se n’era quasi accorto! Possibile che fosse stato tanto
cieco?
Eccola. Aveva svoltato l’angolo e si stava dirigendo verso
di lui. E l’avrebbe superato anche, senza vederlo, come se avesse fatto un
Incantesimo di Disillusione, se lui non l’avesse chiamata.
Non l’aveva mai vista così: rilassata, con lo sguardo perso
nel vuoto, stringendo tra le mani un fiore.
Quando si girò verso di lui, sembrò cadere dalle nuvole. Non
si aspettava di vederlo.
“Co-cosa ci fai qui?”
“E’ vero che esci con Potter?” strillò, cercando di apparire
autoritario.
“Non sono fatti tuoi con chi esco o con chi non esco,
Snape.”
“Con… POTTER! Come puoi? E’ arrogante e presuntuoso, e…”
La sua voce si stava spezzando. Stava cedendo.
“Non parlare così di lui!” urlò Lily “James è un bravo
ragazzo, ed è molto gentile.”
“E si diverte ad umiliare chiunque non rientri nelle sue
simpatie, prendendolo alle spalle, se necessario”
“Almeno lui non si diverte con le Arti Oscure…” disse Lily
freddamente.
“Touchè” pensò Severus, abbassando lo sguardo.
Ci fu un lungo silenzio, in cui nessuno dei due si mosse.
Poi Severus si avvicinò a Lily, lentamente. Sentiva i suoi
occhi riempirsi di lacrime, di rabbia e di impotenza. E di bruciante, bruciante
gelosia.
“Non-non puoi farmi questo…” mormorò, così piano che
probabilmente Lily riuscì a malapena a distinguere le parole.
Fece uno scatto in avanti, cingendole con una mano i
fianchi, mentre con l’altra le prendeva il collo e la spingeva con forza verso
di sé. Si impossessò delle sue labbra con rabbia, baciandole avidamente. Per un
attimo, credette che Lily ricambiasse quel bacio disperato e soffocante. Per un
attimo fu sicuro di aver sentito la mano di Lily sulla sua spalla, che lo
tirava a sé.
Ma fu solo un attimo. Poi lei mise una mano sul petto di lui
e lo allontanò con delicatezza.
Severus lasciò la presa. Se avesse voluto, avrebbe potuto
trattenerla con la forza, avrebbe potuto tenerla stretta a sé contro la sua
volontà. Ma non lo voleva fare. Ed era bastato un lieve gesto per farlo
distanziare da lei.
Lui stava tremando. Sentiva gli occhi gonfiarsi di lacrime e
pensò che da un momento all’altro sarebbero sgorgate senza controllo, come
ennesima umiliazione di fronte a Lily.
Lei lo guardò, con un velo di pena nei suoi occhi per quel
ragazzo che si era perduto in amicizie sbagliate e in idee violente, per quel
Severus che sotto sotto era ancora un bambino malinconico, che chiedeva la sua
compagnia per sentirsi meno solo.
“Mi dispiace per come sono andate le cose, Sev.”
Severus non la guardò negli occhi, non la vide andare via.
Rimase lì, aspettando di non sentire più i passi per accasciarsi e poter,
finalmente, piangere in solitudine.
NA: Ebbene sì, siamo giunti alla conclusione. E’ un
capitolo molto breve, in realtà, ma una volta finito di scrivere ho deciso che
andava bene così corto. In fondo, il concetto si capisce e non volevo essere
troppo ridondante.
Essendo l’ultimo capitolo, è
giunto il momento dei ringraziamenti e devo ringraziare voi, chi l’ha letta,
chi l’ha recensita o l’ha messa tra le storie preferite/seguite. E’ stato bello
sapere di essere letti e apprezzati per una storia in cui ho messo il cuore e
che ho aggiustato e limato a lungo.
Quindi, grazie ancora a tutti
e buona lettura!
Gnossienne
n° 4
25 Novembre 1981
La guerra è finita, ma secondo Dumbledore è solo iniziata
una tregua.
A Hogsmeade è stata indetta una festa lunga un mese intero e
le voci gioiose e la musica giungono fino alla mia stanza nel sotterraneo di
Hogwarts – il posto più oscuro e recondito del castello, l’unico, forse, dove
riuscirò ad elaborare il mio lutto.
La guerra si è conclusa con un tradimento (forse più di uno)
e un bambino sopravvissuto ad un massacro.
Sopravvissuto grazie al sacrificio della mia Lily. Vorrei
essere morto anch’io, per lei o accanto a lei, ma Dumbledore ha insistito
sull’inutilità della mia morte e su quanto la mia vita possa significare per
Lily – ovunque lei si trovi – e per suo figlio.
Ho pianto la sua morte a lungo, ho pianto così tanto che ho
pensato di morire anch’io. Ho pianto finché non mi sono sentito più senza più
lacrime, senza più forze, senza alcuna energia, troppo sfinito per pensare
ancora a lei.
Lily era la mia carne, il mio sangue, le mie ossa, il mio
cuore e ora mi sento soltanto un involucro, rigido e vuoto, senza più parole e
senza sensazioni, tranne quel senso di vacuità che mi pervade.
Sono pronto a cominciare una vita senza passioni, senza
interessi, senza voglie e con il solo scopo di attendere il giorno in cui il
bambino sopravvissuto verrà a Hogwarts.
Ho promesso a Dumbledore di proteggerlo, per lei, per
l’amore che lei ha provato per suo figlio e per quello che io ancora provo per
lei.
Proteggerò quella creatura che è l’incarnazione di una
crudele verità – che Lily ha amato un altro uomo e non me -, la proteggerò come
proteggo il mio amore per sua madre, anche se ormai non è nient’altro che un
fantasma riflesso nel mio Patronus.