L'Accademia Della Guerra

di ChrysTheElf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Due studenti eccezionali ***
Capitolo 2: *** II.Che compagni interessanti! ***
Capitolo 3: *** III. Squadre senza pari ***
Capitolo 4: *** IV. Si comincia! ***
Capitolo 5: *** V. Nella Città Eterna ***
Capitolo 6: *** VI. Saluti Roma ***
Capitolo 7: *** VII. Vi divertite, vero? ***
Capitolo 8: *** VIII. Un incontro, una storia ***
Capitolo 9: *** IX. Una forza non voluta ***
Capitolo 10: *** X. Incubi ***
Capitolo 11: *** XI. Leonard Edison ***
Capitolo 12: *** XII. Una serata come tante ***
Capitolo 13: *** XIII. La Vita ***
Capitolo 14: *** XIV. Dolore condiviso ***
Capitolo 15: *** XV. Nuova città, nuovo futuro ***
Capitolo 16: *** XVI. Amore? ***
Capitolo 17: *** 16.5 Extra 1: Solitario nella notte ***
Capitolo 18: *** XVII. Il vero Oltre ***
Capitolo 19: *** XVIII. Presagi? ***
Capitolo 20: *** XIX. L'ultima occasione ***
Capitolo 21: *** XX. Un duello imposto dal destino ***
Capitolo 22: *** XXI. Dialoghi? ***
Capitolo 23: *** 21.5 Extra 2: Tre piccole pesti ***
Capitolo 24: *** XXII. Benvenuti in Cina ***
Capitolo 25: *** XXIII. Scheletri e mostri, storie e tesori ***
Capitolo 26: *** XXIV. Memories of the Skeleton Man ***



Capitolo 1
*** I. Due studenti eccezionali ***


Quel dannato corridoio! Quindici minuti che girava in tondo, e sembrava essere sempre nello stesso punto. E chi l’aveva progettata quella scuola, Peter Griffin? Quel posto non aveva nessun senso!
Svoltando a sinistra per l’ennesima volta, vide finalmente qualcuno. Un ragazzo, probabilmente uno studente. Stava quasi per chiedergli aiuto, ma una volta vicina, si accorse che il tipo sembrava spaesato quanto lei. “Evviva!” pensò sarcastica “Primo giorno e già in ritardo. Almeno avrò un compagno di sventura.”
-Hey!- Salutò -Pure tu sei nuovo?-
Il ragazzo si voltò,, stupito -Ciao!- Le disse sorridendole. Era bello. Palestrato, bel viso… sì, era il suo tipo. -Sì, sono nuovo anch’io. Mi han detto che la mia classe sarebbe stata la 1° C, ma… Non ho proprio idea di quale sia!-
-Già, siamo in due.- Gli rispose -Comunque anch’io sono della 1°C. Mi chiamo Kate Evans. Ma gradirei mi chiamassi solo K (n.d.Io: si pronuncia Kei)(n.d.Io: sì, comunque sono sicuro che l’avevate già capito da soli).-
Il tono con cui lo disse sottintendeva “Chiamami K o ti rompo il c**o”, quindi il bel tipo non ci pensò neanche troppo su.
-Oh, piacere! Io mi chiamo Leonard, Leonard Edison! Se preferisci puoi chiamarmi solo Leo, però!- Cavolo. Certo che quel tipo sembrava davvero entusiasta, per averla appena conosciuta. Doveva essere un sempliciotto, pensò K.
-Comunque- Riprese -Tu che tipo di magia usi?-
-Sei diretto, eh? Io sono un’elementalista dell’acqua. Ma prima di fare queste domande dovresti dirmi tu, la tua magia.-
-Che coincidenza! Pensò un po’, io uso il ghiaccio! Cavolo, i nostri due elementi si combinano bene!
K stava ragionando un attimo sul significato di quella frase, quando un ragazzo alto, dai capelli color grigio argento la travolse.
-Hey, occhio a dove vai, coglione!- Gli urlò.
-Zitta pivella. No ho tempo, adesso.-
-Pivella sarà tua madre!- Gli urlò dietro K, mentre il ragazzo spariva velocemente in uno dei tanti corridoi.
-Woah! Ne hai di carattere! Solo a titolo informativo, quello era appena uscito da un’aula di quarta.- Le disse Leo, ammirato.
-E che me frega? Piuttosto, cerchiamo la nostra classe, ora.
 
Nella “famosa” 1°C, intanto, erano tutti ansiosi di conoscere i nuovi compagni. Ormai era già gennaio, quindi quei due, chiunque fossero, avevano fatto il primo quadrimestre in un’altra scuola.
-Ho sentito che la ragazza, la nuova, dovrebbe essere una gran figa!- -E io, invece, ho sentito anche che è una con le palle. Non so se mi spiego.--Il tipo com’è?--Oh, un bel ragazzo, mi hanno detto: palestrato, bel viso, simpatico…-
La prof Heartphilia stava facendo una certa fatica a zittire tutto questo brusio e continuare la lezione. Anche lei si chiedeva che ragazzi fossero i due nuovi, ma, ad ogni modo, il programma doveva essere portato avanti.
Fortuna vuole che, però, i due ragazzi alle 8:30 arrivarono. Mezz’ora di ritardo, sì, ma quei corridoi erano un vero labirinto. Difficile non perdersi, il primo giorno.
Al loro ingresso in classe ci fu un brusio. Bisbigli di ammirazione e di invidia, mischiati anche a qualche dubbio: sarebbero stati simpatici? Andavano bene a scuola? Facevano copiare le verifiche?
-Ragazzi, un attimo di silenzio!- Chiamò la prof -Lasciate che si presentino.-
Il ragazzo aveva i capelli neri e gli occhi verdi. La pelle era un po’ più abbronzata di quella degli altri compagni: che venisse da una località costiera? Indossava dei pantaloncini mimetici e una maglietta a mezze maniche attillata. Voleva mettersi in mostra, il narcisista!
-Salve, ragazzi!- Si presentò -Io mi chiamo Leonard Edison. Vengo da Filadelfia, in Pennsylvania, e mi sono trasferito qui a Parigi perché volevo frequentare un’accademia di magia, e i miei dovevano venire in Francia per lavoro. Uso la magia del ghiaccio.-
No, non veniva da una località costiera. Ma era abbronzato lo stesso.
-E tu, invece sei…?- Chiese la prof a K.
-Hey, profe! Posso cambiare classe?- Le rispose questa -Qui non vedo nessun ragazzo figo, oltre a Leo.-
Questo commento raggelò l’atmosfera peggio di una battuta di Silvio Belrusconi. Tutti ammutolirono e guardarono sbigottiti la ragazza. Tutti, tranne una voce furente dal fondo della classe.
-Che cazzo stai dicendo? E questo ti sembra un buon motivo per cambiare classe?!- Il volume era controllato, ma il tono lasciava trasparire (volutamente) una rabbia furibonda.
-Ok, novellina. Tu hai bisogno di una lezione!-
Il ragazzo che aveva parlato aveva i capelli castani, molto lunghi, e indossava uno smanicato di jeans sopra una normale maglietta a mezze maniche. Aveva un fisico in forma. K non l’aveva notato, prima di fare quel commento. Ma probabilmente non era arrabbiato per non essere stato considerato “figo”. Più che altro non sembrava sopportare le persone arroganti.
Fu una specie di fulmine. Le arrivò alle spalle senza farsi vedere, e finse di minacciarla toccandole la nuca con un dito.
K si girò d’istinto, col pugno già pronto, il braccio teso. Ma il ragazzo fu di nuovo più veloce: questa volta arrivò in un lampo davanti alla finestra. Vento? Fulmine? K non lo sapeva, ma quel tizio ormai l’aveva fatta incazzare.
Gli scagliò contro un getto d’acqua, ma questo uscì semplicemente dalla finestra. Dal TERZO PIANO!
K si affacciò per vedere se fosse diventato solo una semplice macchia di sporco, ma una voce alle spalle la fece raggelare.
-Sai che avrei potuto buttarti di sotto, se l’avessi voluto, vero?- Di nuovo! Era arrivato dietro di lei! Come era possibile? Lei mica era così debole da non riuscire neppure a seguire un avversario! Chi era quel tipo?
-Hey, Mera, datti una calmata!- Urlò qualcuno, terrorizzato, dall’altro capo della classe. Una ragazza, a giudicare dalla voce.
-Sì, tranquilla, Martina.- Rispose questo -Ormai la pivella ha capito chi comanda.-
Ed era vero.

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Capitolo 2
*** II.Che compagni interessanti! ***


Ora, immagino pretendiate delle spiegazioni. In questo mondo, per quanto geograficamente molto simile al nostro, il 5% delle persone (circa, non sono mica dati numerici!) è in grado di usare la magia. I maghi sono quindi relativamente comuni, pertanto esistono scuole apposta per loro, dove, oltre alle materie d’obbligo (lettere, lingue straniere, matematica, scienze, etc…) si studiano anche materie d’ambito magico.
Queste scuole sono accessibili solo dal liceo, ma gli anni di scuola sono un po’ diversi dai nostri: ci sono 5 anni di elementari, 5 anni di medie, e 4 anni di superiori (licei magici e classici). Ciò significa anche che, pur essendo in prima, i nostri protagonisti hanno l’età che avremmo noi in terza superiore.
Non intendo annoiarvi oltre con le spiegazioni. Torniamo alla storia.
 
Il resto della giornata era trascorso in maniera quasi tranquilla. K, riconosciuta l’abilità del tipo era diventata un po’ più docile e si era presentata normalmente. A quel punto per lei e per Leo, non restava che essere assegnati ad una squadra.
-Dovete sapere che, mentre per le materie “classiche” lavorerete da soli, come in una scuola normale, mentre per le materie prettamente magiche, e per i lavori di gruppo, dovrete far parte di una qualche squadra con i vostri compagni.- Aveva detto la prof Heartphilia -Qualcuno li vuole come compagni, o li devo assegnare io?-
-Io, profe.- Rimasero tutti stupiti da quella risposta, ma non tanto per la frase, quanto per chi l’aveva pronunciata. -Con quei due sono sicuro che lavorerò bene. Mi sembrano in gamba.- Aveva deciso Mera.
-Allora- era intervenuta una ragazza -Starò anch’io in squadra con loro e Mera.-
-Davvero, Martina? Ma è perfetto!- Aveva esclamato entusiasta la prof -Anche voi due non eravate ancora membri di nessun team! Come pensate di chiamarvi?-
-Team Peace!- Aveva proposto Mera -Per me è un bel nome. Come vi sembra?-
Non avendo idee migliori, nessuno trovò nulla da obbiettare. Il Team Peace si era appena formato.
 
All’intervallo, poi, Mera volle parlare in privato con Leo. Andarono in uno dei corridoi meno frequentati (e ce n’erano, credetemi...), e lì Mera cominciò -Tu hai già capito qual è la mia abilità, vero?- Aveva domandato, serio.
-Oh! Mi prendi alla sprovvista! Comunque sì, penso di sì… Sei un elementalista del vento?- Rispose Leo.
-Esatto.- Disse Mera, cupo -Tu, invece… Qual è il tuo VERO potere? Non sei un manipolatore del ghiaccio. Gli elementalisti li riconosco a occhio. Cosa-sai-fare?-
Leo rimase sbigottito. Chi era quel tipo? Non gli ci era voluta neanche mezza giornata per scoprire la sua abilità! Ed erano anni che riusciva a fingersi un manipolatore del ghiaccio senza che nessuno lo scoprisse!
-Parla!- Lo esortò.
-E va bene. Io… sono un negromante. Negromante ed evocatore.-
-Wow! Ma è un potere fighissimo! Come mai lo tenevi nascosto?!?- Domandò Mera entusiasta. Allora non era sempre così serio ed insensibile. Anche lui provava interesse, ogni tanto.
-Sei… sei serio?- Chiese Leo, sconcertato. -Io… non ho più rivelato a nessuno questo potere da quando avevo dieci anni.- Raccontò -E’ un potere che ho ereditato da mio papà, ma quando lo raccontavo… sì, insomma, ogni volta che dicevo di essere un negromante ed un evocatore le persone mi guardavano in modo strano. Odiavano il fatto che si potessero manipolare i cadaveri e gli spiriti dei morti, e non potevo dargli torto. E’ da quando l’ho capito che ho cominciato ad esercitarmi con la magia elementale. Non sono proprio portato, ma almeno qualcosa col ghiaccio riesco a combinare.-
-Capisco.- Gli rispose Mera -Sono serio, ho avuto anch’io un problema simile. Ma ti chiedo una cosa: non dovrai mentire sui tuoi poteri ai tuoi compagni di squadra!
 
Nel frattempo, anche K e Martina stavano avendo un dialogo del genere.
-Quindi tu usi l’acqua, eh?- Domandò Martina -E’ divertente avere tutti questi elementalisti in squadra! Mera, Leo, tu...-
-Tu, invece?- Chiese K, anche se non aveva molta voglia di parlare.
-Io uso la divinazione. Non è molto utile, per combattere, ma fa comodo in molte altre occasioni. Tipo nelle verifiche!- Le rispose. Poi si fermò un attimo a squadrare la faccia della ragazza: era un misto di delusione e rabbia, e forse anche di sconforto. -Ti senti umiliata da Mera.- Decise alla fine. -Sai che ti ha fatto fare una figura di merda, e ti stai chiedendo se qui tutti sono come lui.-
-Cosa? Ma… come…?- K non riusciva a crederci. Aveva indovinato TUTTO. Tanto di cappello.
-Non preoccuparti.- Le rispose con calma Martina -Tu sei molto in gamba, l’ho visto prima. E’ solo che Mera è un vero mostro. In classe non ha rivali, anzi! E’ senza dubbio uno dei maghi più forti della scuola, anche contando professori e ragazzi più grandi! Credo che sia dovuto anche ai suoi genitori, ma comunque… puoi ritenerti fortunata ad averlo come compagno.-
K era rimasta basita. Che diavoli di compagni si era trovata?
 
Io: Okay, per chi non avesse letto altre mie storie (quasi tutti suppongo), sappiate che alla fine di ogni capitolo lascio un piccolo spazio per dialogare con i personaggi.
K: Che senso può avere questa cosa?
Io: Mmh... beh... cioè... Anche l’autore vuole la sua parte!
Leo: Concediglielo, K. Dopotutto, se non fosse per lui, noi nemmeno esisteremmo.
K: Oh, tu! Capiti a proposito! Come sarebbe a dire che in realtà sei un negromante?!?
Leo: Beh, non volevo farlo sapere... perché la gente mi ha sempre guardato male, quindi... sì, cioè... mi vergognavo...
Martina: Niente paura. Tutti hanno dei problemi, non preoccuparti. E a tal proposito, Mera... Che volevi dire con “Ho avuto anch’io un problema simile”?
Mera: ...Non posso dirlo.
Io: Ah no! Dillo!
Mera: No, no, no! Non mi avrete mai!!!
*salta dalla finestra*
Io: Uhm... sì... Okay, ragazzi direi che possiamo chiudere! Recensite assolutamente perché voglio sapere il vostro parere, seguite e magari date un’occhiata anche alle altre storie! Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** III. Squadre senza pari ***


Era trascorso un mese dall’arrivo dei nuovi. Il Team Peace ingranava, erano sempre i migliori, sia nei lavori di gruppo, sia nelle prove di magia. Erano una squadra inarrestabile, singolarmente, e ancor di più nel suo insieme. Leo aveva rivelato il suo vero potere anche a K e Martina, ma aveva preferito continuare a tenerlo nascosto agli altri. Si vergognava ancora, malgrado tutto.
Comunque sia, quel giorno, loro e gli altri compagni si stavano dirigendo in auditorium per un annuncio importante.
-Una gara tra le scuole?- Domandò Leo stupito.
-Esatto.- Rispose Mera, con la sua solita tranquillità -Ogni anno, la scuola sceglie due squadre partecipanti. E’ una gara internazionale.-
-Woah! E se magari venissimo scelti proprio noi?- Chiese a quel punto K.
-Mmmh… E chi può dirlo?- Le rispose Mera, enigmatico.
 
In auditorium, il brusio era assordante. Tutti gli studenti erano riuniti per sapere chi avrebbe partecipato. Sebbene soltanto 2 squadre, composte da 5 persone l’una al massimo su oltre 1200 studenti, sarebbero state scelte. Ciononostante, erano quasi tutti fiduciosi.
-Chi avranno preso?--Mah, due di quarta, come sempre?--Dici?eppure ho sentito che l’anno scorso una delle due squadre era di terza! Perché non anche quest’anno?...
Dovette intervenire il preside Chopin (no, no il pianista), per stabilire un momento di calma. Sarà l’aura del professore o il fatto che quella mattina l’avessero svegliato alle 5, ma quando parlò, tutti si zittirono.
-Sono state scelte le due squadre che ci rappresenteranno alla “Coppa delle Epoche”! La prima già la conoscete, quindi bando ai convenevoli! Ecco il Team I Paladini di 4°D!!!!-
Si levò un’ovazione, e i 4 membri del Team salirono sul palco. Ovviamente, successe l’impensabile: alla testa della squadra c’era niente meno che… il ragazzo dai capelli grigi!
-Capitano: Michel (n.d.Io: pron: Mìscel) Dragonil! Dietro di lui Micaela Riley, Hajrudin Fahiti, e ultimo, ma non per importanza Nikita Rublëv!!!-
Gli applausi scrosciarono per i beniamini della scuola, finché non decise il preside in persona di fermarli. -Un po’ di contegno, ragazzi! Devo ancora annunciare la seconda squadra! Perché, se i primi sono ormai conosciuti, i secondi sono un’assoluta novità! Salga sul palco il Team… rullo di tamburi…-
Tutti trattennero il fiato. Poteva essere la loro occasione, ma una sola parola e le loro speranze si sarebbero spente.
-Il Team Peace, di 1°C!!!!!-
-Cosa?!?--Dei primini?!?--Ma stiamo scherzando?!?- -No, dai, seriamente!...-
-SILENZIO!- tuonò il preside. -Che si faccia avanti il Team Peace! Capitano: Mera Dreyar. Seguito dai compagni Leonard Edison, Martina Termali e Kate Evans!-
I quattro si fissarono, sbigottiti. Alla fine Mera decise di alzarsi e si diresse sul palco. I compagni lo seguirono, ancora increduli.
 
La loro presentazione fu un disastro: fischi, insulti, ma a loro tutto questo non importava. Erano stati selezionati, su oltre 300 squadre! E poi, K e Leo avevano anche altro a cui pensare.
-Quindi ho dato del figlio di *cough, cough* ad uno degli studenti più forti di questa scuola!- Stava dicendo K.
-Chi, Michel? Ah, se è per questo, lui è anche figlio della prof Heartphilia. E, prima che ci pensiate, no. Non è raccomandato. E’ l’unica persona in tutta la scuola che consideri al mio livello.-Rispose Mera.
-Arrogante, eh?- Lo sfotté Leo, ma senza entusiasmo. Era preoccupato per quello che avrebbero dovuto affrontare, oltre che amareggiato per le reazioni degli altri studenti in palestra. A lui un po’ era importato.
-Bah! Comunque, sappiate che, oltre ad essere così forte, non è neppure comprensivo come me.-
-TU comprensivo?!? E che mi dici di quello che è successo il primo giorno?- Lo riprese K sarcastica.
-Io non ti ho colpito, in quell’occasione. Lui l’avrebbe fatto. E con la forza che ha, non ne saresti uscita illesa. E’ figlio di un drago, dopotutto. Come me.-
-Figlio di un drago?!?- Esclamò K.
-Eh, eh...  sì, cioè non proprio... più che altro è che sia mio padre sia il suo conoscono la magia per uccidere i draghi. Lui, tra l’altro, ha preso lo stesso elemento del padre, mentre io ho cambiato il fulmine con il vento. Mi è sempre piaciuto andare veloce, ma anche volare, ed il vento era l’unico elemento che mi consentisse entrambe le cose.-
Ci fu un attimo di silenzio, rotto infine da un commento di Martina -Dovete sapere- cominciò -che la gara consiste in una specie di Caccia al Tesoro in giro per il mondo. L’obbiettivo è semplice: ritrovare il maggior numero possibile di reperti archeologici nascosti dagli organizzatori. Il campo di ricerca è tutto il pianeta, e gli unici limiti imposti sono quelli relativi al tempo: tre mesi a partire dalla cerimonia di settimana prossima per ritrovare i reperti, per poi consegnarli alla sede degli organizzatori. Non sembra difficile, ma bisogna contare che il numero di tesori è uguale a quello delle squadre partecipanti: ciò significa che, teoricamente, quasi tutte le squadre riusciranno ad accaparrarsene almeno uno.-
Gli altri ascoltarono in silenzio fino alla fine. Quella notte, nessuno di loro riuscì  a dormire.
 
Leo: Un po’ corto, non trovi?
Io: Sì, certo, ma questo capitolo è solo d’introduzione.
Michel: E finalmente mi hai fatto comparire! Tre capitoli che mi fai che sono importante, ma l’unica cosa che avevo fatto finora era stata sbattere contro ‘sta qua nel primo capitolo!
K: “’Sta qua” ha un nome, bello!
Michel: Ma non scassare! Che poi tu invece, “l’unico che consideri al mio livello”! Te l’hanno mai detto che sei uno sbruffone?
Io: State buoni! Più che altro, Michel, faresti sapere ai lettori quanto siete arrivati l’anno scorso?
Michel: Quinti, su scala mondiale. Ma non avevamo ancora in squadra Micaela, che prima era con altri due. L’anno scorso quelli sono stati bocciati, e quindi...
Mera: Vorrà dire che quest’anno arriverete secondi.
Michel: Qualcuno mi sembra sicuro di sé, o sbaglio? Qualcuno che ha tre anni di esperienza in meno, tra l’altro.
Martina: Non ci sottovalutare. Se ci hanno scelti ci sarà stato un motivo, non ci arrivi?
Io: Uuuuh! Rivalità accesissima! Credo che nei prossimi capitoli vedremo qualcosa di favoloso (cioè, non è che lo credo, ho già in mente la trama)! Ultima cosa, i cognomi Dreyar e Dragonil sono presi dai volumi italiani del manga, quindi per tutti quelli abituati a leggere Dreher e Dragneel... Beh, adattatevi! Recensite e continuate a seguire! Alla prossima!

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Capitolo 4
*** IV. Si comincia! ***


Trascorse un’altra settimana. Un inferno per i nostri quattro tesissimi giovani, che la trascorsero con un prolungato panico da gara.
Fino a che, non era arrivato il giorno prima della cerimonia di apertura, che quell’anno si sarebbe svolta a Berlino, ed il preside trasportò di persona loro ed il Team I Paladini alla città via autobus.
Arrivarono verso sera, un po’ tardi per fare del turismo. Tanto avevano la mente troppo impegnata, per poter visitare la città. Durante tutto il viaggio (relativamente breve, grazie alla magia), le due squadre non si erano scambiate neanche una parola. Avevano chiacchierato e ascoltato musica tra loro, ma non c’erano state molte interazioni con gli avversari. Per loro era come se la sfida fosse già cominciata.
Inoltre, il preside aveva consegnato ad entrambe le squadre il budget messo a disposizione dalla scuola (3000€ ciascuna), e le chiavi dell’albergo per quella notte. Albergo veramente magnifico, tra l’altro. In quel posto pernottavano altre tre scuole, ogni squadra con la propria camera. Avrebbero dormito tutti insieme, ma dovevano farci l’abitudine, visto che ci sarebbero stati costretti per molto tempo.
Passarono buona parte della notte parlottando, chi più preoccupato, chi più tranquillo, ma tutti avevano dei dubbi. Tutti erano preoccupati di quel che sarebbe successo tra meno di 12 ore. L’ansia, la paura, la nostalgia di casa... la gara non era neppure cominciata, eppure erano questi i loro stati d’animo prevalenti. Chissà se erano solo loro quattro, poveri neofiti del primo anno a sentirsi così?
Leo, in particolare, faticò da matti ad addormentarsi. All’ una circa, si alzò per fare due passi fuori dall’albergo. Aveva bisogno di schiarirsi le idee in qualche modo. Da Filadelfia a Parigi all’improvviso, e dopo solo due mesi, andarsene di nuovo. Come c’era finito in mezzo a tutto quel casino? Chi glielo faceva fare, di essere un mago, se poi gli toccava questa vita così assurda?
Era così assorbito in quei pensieri, che nemmeno si accorse quando un ragazzo gli arrivò alle spalle.
-Fatica a prendere sonno?-
Si voltò così di scatto, che quasi perse l’equilibrio. Ma la sorpresa più grande fu quando riconobbe l’interlocutore.
-Michel?-
-Proprio io. Che credi, che avendo partecipato anche l’anno scorso io non sia agitato?- Rispose con calma il ragazzo.
Si guardarono per un attimo. -Non dovremmo parlare io e te, sai?- disse Leo.
-Oh, tranquillo, non è un problema. Piuttosto...- fece una pausa e divenne di colpo più serio -Voi verrete schiacciati.
Leo si sentì una rabbia improvvisa salirgli dentro a sentire questa affermazione. Michel era tosto, è vero, ma cosa gli faceva credere di poter parlare in quel modo così arrogante? No, non lo poteva accettare!
-Lo vedremo. Non sottovalutare Mera.
Michel rimase sbigottito da questa affermazione. “Non sottovalutare MERA?!?” Perché quel tutta quella fiducia verso il suo amico? Ma se davvero fosse stato così forte da meritarsi questa stima...
-Ci divertiremo, Leonard Edison. A domani!
-A domani. Ma ricordati che non sarò io il tuo avversario.
 
La cerimonia fu a dir poco sfarzosa. Un buffet gigantesco, 120 squadre per un totale di quasi 400 ragazzi, e il tutto addobbato che neanche le Olimpiadi.
Il capo degli organizzatori tenne un discorso sul regolamento e gli obbiettivi  della competizione (NOTA: Buona parte dei dialoghi da qui in poi sarebbero in inglese. Per comodità ho deciso di tradurre tutto in automatico, ma giusto per ricordarvi che non tutti parlano la stessa lingua, al contrario di ciò che si vede nei fumetti). Nulla di nuovo, tutto più o meno come aveva detto Martina: tanti tesori, trovarli, essere veloci... l’unica precisazione in più, era il permesso di rubare tesori agli avversari! Non è difficile riassumere il pensiero di tutti i partecipanti a quella frase: sostanzialmente può essere un “Che figata!”
I pensieri di tutti, ho detto, meno che di tre maghi vestiti di bianco seduti proprio dietro i ragazzi del Team Peace. Questi parlottarono un po’ fra loro cercando di non essere sentiti, ma Martina riuscì comunque a decifrare qualcosa: -Cosa cambia?--Il nostro Teletrasporto ci assicura la vittoria in ogni caso...--Chi ha bisogno di rubare?...-
Teletrasporto? Preoccupante! Avrebbero potuto raccattare tutti i tesori nel giro di due giorni! Mera doveva saperlo!
-L’inizio ufficiale si svolgerà tra due ore!- Stava annunciando l’organizzatore -Si partirà dalla Hall del palazzo, e da lì dovrete correre in linea retta per 100 metri. Arrivati in fondo, vi verrà consegnata la mappa con indicata la posizione dei tesori. Ora potete andare a prepararvi.
 
In stanza, Martina riferì ai compagni ciò che aveva visto. Nessuno di loro si preoccupò poi più di tanto.
-Hey, K!- Chiamò Mera -So come occuparcene, ma dovrai pensarci tu. Ti va come idea?-
-Nessun problema.- Gli rispose K. Si era legata i lunghi capelli castani in una coda, e aveva indossato un vestito aderente, che metteva in evidenza l’atletismo e le curve del corpo. I suoi occhi nocciola così tranquilli, lasciavano intendere che non era per niente turbata dalla gara che stavano per affrontare. O quantomeno, che era molto brava a nasconderlo.
-Dai, zaini in spalla, adesso, e prepariamoci a raggiungere il luogo d’inizio!
 
Il posto era stato preparato come fosse la partenza di una maratona: un lungo nastro bianco, e tutti i partecipanti dietro pronti a scattare.
-Siete tutti pronti? 5... 4... 3... 2... 1...-
Lo starter sparò. La gara era iniziata.
Mentre tutti si accingevano a partire, Mera si rivolse a K: -Vai! Tramortiscili! Ma non ucciderli!-
K si trasformò semplicemente in acqua, e si spostò dietro il terzetto vestito di bianco, i ragazzi già pronti a teletrasportarsi. Due potenti getti d’acqua, e i tre caddero come birilli, mentre gli altri partecipanti scattavano per raggiungere le mappe. La gara era cominciata.
 
Io: E K si dimostra più forte del previsto! Complimenti, ragazza!
K: Grazie, so di essere fantastica.
Mera: E tu come mai tutta quella fiducia proprio in me?
Leo: Beh, perché sei tu il capitano. E poi ho visto quel che sai fare. Anche se Michel è preoccupante...
Martina: Dai, ragazzi, non preoccupiamoci inutilmente! Godiamoci la fine del capitolo per riposare, piuttosto!
Io: Credo di non aver capito il senso di questa frase...
Michel: Per stavolta voglio dirlo io! Ci si vede al prossimo capitolo! Recensite e seguite! Ci divertiremo!

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Capitolo 5
*** V. Nella Città Eterna ***


La mappa c’era. K li aveva raggiunti. I tre sfigati erano fuori gioco. Tutte le squadre si allontanarono immediatamente l’una dall’altra. Ovviamente, non potevano certo mostrare i loro trucchi fin da subito.
Raggiunto un posto tranquillo e isolato dalle altre squadre, i quattro aprirono la mappa.
-Dobbiamo decidere la prima tappa.-Affermò Mera.
-Caaaaaazzo, non ce ne sono di vicine! Che facciamo?- Chiese K preoccupata.
-Quelle meno distanti sono in Italia.- Osservò Martina -Perché non andiamo lì?-
-Può essere un’idea. Come ci arriviamo?- Fece Mera.
Discussero ancora per un attimo, finché Leo non perse la pazienza.
-Hey, perché nessuno vuole sapere come la penso io? Smettetela di ignorarmi!-
Si voltarono tutti. Leo? Urlare? Era il ragazzo più rilassato del mondo! Forse, ma solo forse, aveva qualcosa d’importante da dire.
-Come sapete, io sono statunitense. Dato che compio gli anni ad aprile, che tra l’altro è fra un mese segnatevelo, ne avevo già 16 prima di trasferirmi in Francia. Ne consegue che ho la patente.-
-Sei serio?!? Evvai, ora ci manca... solo... la macchina...-L’entusiasmo iniziale di K scemò lentamente.
-E dov’è il problema?- Disse Mera -La rubiamo!
 
Ovvio. Cosa c’era di strano nel portarsi dietro 3 maghi sedicenni per 1500 kilometri su una macchina rubata? Ma che domanda interessante... aspetta che la ripeto: COSA C’ERA DI STRANO NEL PORTARSI DIETRO 3 MAGHI SEDICENNI PER 1500 KM SU UNA MACCHINA RUBATA?
Ok, loro erano tutti in grado di difendersi anche se fossero arrivati dei poliziotti a controllarli, ma ciò non toglie che stavano andando da Berlino a Roma su una macchina rubata. Quel povero berlinese che avevano tramortito prima di prenderla non l’avrebbe più rivista per un sacco di tempo. Un po’ si sentiva in colpa.
-Sarà un viaggio lungo, faremo 2-3 fermate, più una sosta per la notte. Non arriveremo prima di domani nemmeno con l’aiuto dei venti di Mera, perciò vi conviene prendervela comoda.- Preferì avvisare i compagni per evitare lamentele in seguito.
Chiacchierarono per buona parte del viaggio. Gli argomenti principali erano le altre squadre, la gara appena iniziata, i tesori ancora tutti da trovare! Di notte, si fermarono in un economico bed & breakfast. Nessuno di loro faticò ad addormentarsi, stavolta.
 
Erano atterrati, finalmente. L’aeroporto La Guardia non era poi male. C’erano senza dubbio almeno una ventina di altre squadre in quel posto, era impossibile non percepirle. Il volo fino a New York era stato abbastanza dispendioso, non avrebbero potuto viaggiare ancora con lo stesso mezzo, a meno di rubare qualcosa. Ma probabilmente l’avrebbero fatto.
Un’altra squadra tentò di avvicinarli, forse per proporre un’alleanza, forse per attaccare briga. Impossibile saperlo: Nikita li stese con un colpo troppo rapido, così che questi non ebbero neppure l’occasione di dimostrare le loro vere intenzioni.
Si diressero verso un albergo. Anche I Paladini erano entrati in partita.
 
Arrivarono a Roma verso le 3 del pomeriggio, grazie anche all’aiuto dei venti di Mera. La città era fantastica, ma non avevano abbastanza tempo per ammirarla. Appena giunti a destinazione, raggiunsero un albergo e, giunti in camera, iniziarono la loro gara.
Martina prese un pendolo, puntandolo su una cartina di Roma. Manteneva gli occhi chiusi per aumentare la concentrazione.
-Ci sono altre due squadre in questa città, e un’altra sta per arrivare. Nessuna di loro ha già recuperato dei tesori, e le due già qui alloggiano in posto abbastanza distante da qui. I tesori, invece...- si concentrò ancora di più -Sì, li vedo! Ce ne sono due  sotto il Colosseo, e uno sepolto nel letto del Tevere.-
-Ottimo! In tal caso, proporrei di dividerci. Due da una parte e due dall’altra.- Propose Mera.
-Ok!- Approvò Leo entusiasta -Io sto con K!-
-E sia.
 
Ma certo! Che fortuna, naturalmente! Quei due a godersi il Colosseo, e a loro rischiare di affogare sul fondo di un fiume. Ma forse c’era un lato positivo in tutto ciò. Insomma, K era un’elementalista dell’acqua, no? Magari avrebbe potuto rilassarsi tranquillamente mentre lei si occupava del reperto.
Infatti, non appena raggiunsero il punto indicato da Martina, K lo avvisò -Tu stai qui e pensa agli avversari, se arrivano. Al reperto penso io.-
Leo rimase perplesso -E ti tuffi... così? Totalmente vestita?-
-Non mi bagno, se non sono io a volerlo! Ci speravi di vedermi in costume, eh?- Lo prese in giro la ragazza prima di tuffarsi.
-Un po’ sì...- Mormorò Leo, mogio.
 
“Ok, il reperto non dovrebbe essere un problema. Qua sotto ci vedo, il fondale è tranquillo, e un resto degli antichi romani non dovrebbe essere difficile da distinguere.” Stava pensando K, tranquilla. Ma se la situazione era così calma, naturalmente non poteva che peggiorare.
Ma K lo immaginava, e sentiva di essere preparata ad ogni evenienza. Lo sentiva, prima di vedere lo squalo.
“Ma che...? Uno squalo in un fiume? Non è possibile! Che sia... un mago di un’altra scuola?”. Naturalmente aveva indovinato, anche se per il momento erano solo ipotesi. Per sua fortuna, però non aveva problemi contro avversari di questo genere. Era allenata a combattere mostri e animali acquatici.
Schivò l’affondo dell’avversario, e poi diresse un getto d’acqua contro il suo stomaco, dal basso. Un colpo potente e preciso, che lo “squalo” non riuscì a schivare.
 
Stranamente Leo non si scompose quando vide uno squalo volare fuori dal fiume e trasformarsi in umano durante la caduta. In altro circostanze sarebbe rimasto stupito, ma dal momento che aveva appena finito di malmenare due ceffi che l’avevano attaccato, se l’era aspettato. Se non altro, era contento di non aver dovuto usare il suo potere di fronte a K. Preferiva non mostrarlo, se poteva.
K uscì dall’acqua con un vaso in mano. Non sembrava aver riportato graffi o lividi. Sorrise e si vantò un po’, mentre Leo la stava ad ascoltare con interesse. Era bello starle vicino.
 
Il sotterraneo era buio, ed era intricato come un labirinto. Anzi, probabilmente lo era davvero, un labirinto. Un labirinto magico. E quel che è peggio, qualcuno li stava seguendo.
 
K: ...E concludi... così?
Leo: Perché no? Un po’ di suspance non può fare che bene.
Io: In questo capitolo sono successe un sacco di cose: la gara è iniziata, I Paladini sono arrivati a New York, voi a Roma, e addirittura avete già recuperato un reperto.
Mera: Sì, un buon lavoro, senza dubbio! Ma è solo l’inizio, perché da qui in avanti daremo il massimo!
Martina: Possiamo farcela! Continuate a seguirci, recensite per farci sapere, e magari mettete tra i preferiti! Alla prossima!
*Io: Ma dovevo dirlo io! TOT*

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Capitolo 6
*** VI. Saluti Roma ***


Volevo iniziare questo capitolo anzitutto ringraziando Xaminé, che ha sempre la pazienza di recensire ogni mio capitolo. Grazie davvero, è in gran parte merito tuo se sono sempre spronato a continuare.

Quel labirinto era piuttosto complesso. Riuscivano ad orientarsi grazie a Mera che riusciva a percepire le correnti d’aria, ma nemmeno lui era infallibile, in quel posto incantato. Un paio di volte erano finiti in un vicolo cieco, qualche altra per poco non si beccavano delle frecce sul muso. Addirittura per poco non erano caduti in una voragine che si era aperta sotto di loro all’improvviso!
Ad un certo punto, però, Mera si fermò.
-Va bene, adesso fatevi vedere!- Ordinò, il tono calmo ma inflessibile di uno che ha l’autorità del comando.
Nessuna risposta. Il ragazzo mosse rapidamente un braccio verso sinistra, e due ragazzi vennero scaraventati contro la parete del labirinto.
-Quando chiedo a qualcuno di mostrarsi, mi fa piacere che questi lo facciano!-
I due tizi erano immobili, schiacciati contro il muro. Un ragazzo e una ragazza. Martina li osservò per un attimo: il ragazzo era biondo, atletico e chiaramente furioso; la ragazza aveva i capelli neri, che si mischiavano alla penombra del sotterraneo, era molto più minuta del compagno, e la sua espressione era semplicemente spaventata.
-Avrete capito che finché continuo a mantenere il flusso di vento non riuscirete a muovervi- li avvisò Mera   -di conseguenza, vi consiglio di dirmi chi siete e le vostre intenzioni, e cercate di essere sinceri. Riconosco al volo le bugie.-
Il ragazzo, visibilmente preoccupato, anche se forse più per la ragazza che per lui stesso, vuotò il sacco.
-Siamo maghi di un’altra scuola. Cercavamo il tesoro qua sotto e quando vi abbiamo visti entrare abbiamo deciso di seguirvi. Cosa c’è di strano, eh?- Chiese con arroganza.
-Mera, lasciali liberi.- Ordinò Martina con calma -Siete stati due incoscienti. Vi avviso, c’è un abisso a separare voi e Mera. Se volete proseguire, state dietro di noi e non fate gesti avventati, altrimenti siete liberi di tornare indietro.-
I due ragazzi si guardarono, a metà tra lo spaventato e il sollevato.
 
Certo che era proprio una cosa strana. Adesso quei due erano docili come agnellini. Tanto meglio, tanto più che ormai sembravano quasi arrivati a destinazione.
-Guarda Mera! C’è qualcosa che luccica, laggiù!- Esclamò Martina.
I quattro ragazzi corsero velocemente verso la stanza indicata, seguire quella luce non era difficile in tutta quella penombra.
-Woah!- Mera rimase stupefatto. Oltre ai reperti, contrassegnati da una λ greca verde luminosa, in quella stanza c’erano anche decine e decine di monete d’oro. Una tonnellata di aurei romani, che sembravano messi lì apposta per essere presi...
Per assicurarsi che nessuno li toccasse (non poteva che essere una trappola: eddai chi sarebbe così stupido da perdere una tonnellata di aurei in un labirinto sotto un anfiteatro in disuso?) schiacciò tutti contro il muro con una folata di vento. Appena sfiorati i reperti, una porta si aprì nel muro. Lasciò liberi i tre ragazzi e  l’attraversarono tutti insieme.
 
Avevano salutato i due maghi dell’altra scuola una volta usciti da là sotto. Appena tornati all’albergo avevano raccontato ciò che gli era successo e si erano informati su quanto accaduto ai compagni.
-Però, complimenti! Bella prova!- Aveva commentato Leo. Non che facesse testo, visto che quel ragazzo riusciva a vedere il lato positivo di un’apocalisse zombie.
-Sì, siete stai davvero bravi!- Beh, a quel punto, se lo diceva anche una tipa orgogliosa come K, non c’era da dubitarne.
Trascorsero un’altra buona mezz’ora a decidere come comportarsi in seguito. Alla fine scelsero di prendere il volo di sabato diretto a Città del Messico, per poi dirigersi in Sud America. Dopodiché, andarono tutti a riposarsi.
 
Dopo essersi fatto una doccia veloce, Leo sentì il bisogno di parlare con Mera. Dopo il suo arrivo in quella scuola, i due erano diventati grandi amici, malgrado il carattere diametralmente opposto: calmo e deciso quello di Mera, allegro e spensierato il suo.
Lo trovò in camera, appollaiato sulla sua fida amaca che si portava dietro da Parigi, intento a strimpellare col basso le dolci note di Still Loving You, mentre la canzone andava in sottofondo dal cellulare. Fece un fischio di ammirazione.
-Fi-fiuuu! Scorpions, giusto? Still Loving You. Una gran canzone e, se posso permettermi, la suoni parecchio bene.-
-Grazie! Vedo che te ne intendi di musica!-
-Sì, abbastanza. Non è che conosci anche Sweet Home Alabama che è un tantino più allegra? No, aspetta un attimo! Che centra? Dovevo dirti un’altra cosa! Perché mi lascio distrarre così?-
Mera appoggiò il basso contro il muro e fissò attento l’amico. -Sì? Che c’è?-
-Senti, volevo chiederti... sii sincero...-Era imbarazzante -Tu cosa ne pensi di K?-
Mera curvò appena la testa e lo guardò con curiosità -E’ una bella ragazza. E penso che sarebbe perfetta per te. -
Leo rimase basito. Come perfetta? Loro due non avevano niente in comune!
.Mi spiego meglio- disse l’amico -Tu sei sempre così allegro, così tranquillo... lei invece, senza offesa, è proprio una stronza. E’ sicura di sé, sbruffona, ma in fondo è una ragazza a posto. Sai come si dice, no? Gli opposti si attraggono. E poi, personalmente, non sono interessato a lei.-
Leo rimase un attimo a pensare a quelle parole. Sorrise. -Grazie, Mera.-
Fece per andarsene, ma il compagno lo richiamò.-Ehi, fermo! Dove vai?-
Riprese il basso e si mise a suonare Sweet Home Alabama, Leo seduto sul letto ad ascoltarlo.
 
Io: La potremmo definire una vittoria schiacciante, eh?
Mera: Quanto basta. Quei due, poveracci, alla fine non sono serviti praticamente a niente.
Io: E a proposito, non li ho fatti nemmeno presentare! Come si chiamavano?
Martina: Antonio e Francesca. Erano italiani. Pensavano di giocare in casa.
Io: Oh, sì, giusto. Qualcosa da aggiungere sul capitolo?
Martina: Leo e K anch’io ce li vedo bene insieme.
Io: Molto bene, e su questo si chiude! Seguite, recensite, e alla prossima!
 
Extra:
Chiedo perdono se non si capiscono bene le immagini, ma non avendo ancora una tavoletta grafica, ho fatto a mano e scansionato. Comunque, nel caso non si capisse quanto scritto ecco un riassunto:
Nome=> Canzone preferita (e autore)/ Colore preferito/ Supereroe preferito/ Nazionalità
Leo => The Kill (30 seconds to Mars)/ Nero/ Daredevil/ Statunitense
Kate => Holiday (Green Day)/ Blu oceano /Thor/ Francese (Bisnonni paterni inglesi)
Mera => Rock You Like a Hurricane (Scorpions)/ Grigio argento/ Spiderman/ Francese
Martina => Otherside (Red Hot Chili Peppers)/ Giallo oro/ Wonder Woman/ Francese (Genitori italiani)

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Capitolo 7
*** VII. Vi divertite, vero? ***


Città del Messico. A dir poco caotica, ma anche parecchio interessante. K rimpianse per la terza volta in 5 giorni di non avere tempo per fare del turismo. A quanto aveva stabilito Mera, addirittura, non avrebbero neppure potuto fermarsi lì per la notte. Ma essendo arrivati alle 18:30, non è che avessero molte alternative.
-Hey, Mera. C’è un problema...- Si girarono tutti. Se Leo se ne usciva con una frase del genere, doveva essere qualcosa di davvero grave.
-Abbiamo quasi finito i soldi.
K sbiancò. Dovevano girare il mondo da soli, contando solo sulle loro capacità, cercare tesori nascosti in luoghi impensabili, combattere contro una marea di maghi provenienti da tutto il mondo... e stavano per farsi fermare dalla cosa più stupida in assoluto: un budget molto limitato!
Mera, del canto suo, si fece una grassa risata, stroncata da un’occhiata di K del tipo “Se lo sguardo potesse uccidere, tu saresti un mucchietto di cenere”. -Scusa, scusa -si giustificò l’amico -E’ solo che non è un problema, davvero! Quanti soldi ci sono rimasti?-
Leo fece due conti -Dunque, siamo partiti con tremila euro, ora ce ne rimangono solo... 350.-
-Ah, bene! Tranquilli, vedrete che entro stasera saranno almeno diecimila.
Lui e Martina si scambiarono un’occhiata molto complice. K avrebbe pagato per sapere cosa frullava sempre nella testa di quei due.

-...Un casinò? ...Seriamente?-
La mole imponente del Lucky Peso si stagliava di fronte a loro. Leo non era minimamente convinto di questa idea. Di solito il casinò è il posto perfetto per rovinarsi, quasi mai per fare soldi.
All’interno il posto era stupendo, decorato con un tocco esotico unito all’idea che il turista medio ha del Messico: croupier vestiti da mariachi giravano per la sala, agghindata dappertutto con palme e vasi di fiori. I tavoli del poker e della roulette erano senza dubbio quelli più affollati, ma anche alle slot machine e al blackjack c’era non poca gente. Ma Leo era ugualmente preoccupato.
-Vuoi spiegarmi il tuo piano geniale?-
-Semplice! Avete noi due!- Rispose Mera entusiasta, indicando sé stesso e Martina.
-E... cioè?- Intervenne K, anche lei poco convinta.
-Beh, ovvio! Martina usa la divinazione, ricordate? Io l’ho vista, una volta, e vi assicuro, è in grado di prevedere ogni singola giocata! Nessuno al mondo può batterla!-
Beh, non faceva una piega...
-Quanto a me...- Abbassò la voce -Io sono un ottimo baro. Credetemi, grazie al controllo del vento, posso mischiare le carte come voglio, spiare quelle degli avversari, fermare la pallina dove voglio! So che può sembrare scorretto, ma... ognuno ha le sue abilità!-
Leo aveva ancora dei dubbi, ma decise di dargli fiducia. Non rimase deluso.
Passarono tutta la serata girando da un tavolo all’altro: blackjack, poker, baccarat, Australian Pontoon, niente poteva fermarli! Entrambi continuarono a vincere, e vincere, e vincere! Fecero saltare quasi tutti i banchi, e quelle volte che si incontrarono diedero davvero spettacolo: poker? Ci pensa Mera! Mescola le carte a suo piacimento, dandone di ottime agli avversari, di eccezionali a Martina, riservando per sé la mano peggiore. Poi carica il banco a puntate altissime, e tutti gli avversari, convinti come non mai di vincere accettano... per poi venire malamente distrutti da Martina! E ancora, alla roulette, era Mera a decidere dove fermare la pallina. Niente poteva batterli!
Tirarono l’una in quel modo, mentre K e Leo se ne stavano comodamente seduti al bar a bersi qualcosa o semplicemente a chiacchierare. Nessun argomento in particolare, tante cose messe assieme per passare il tempo e magari conoscersi un po’ meglio: famiglia, musica, aspirazioni future... dopotutto, nessuno dei due sapeva molto dell’altro. Quando Mera e Martina li raggiunsero con in mano una valigetta di metallo stavano parlando del torneo, ma si zittirono subito alla vista del contenuto della valigetta: 170000 pesos! Una cifra da far girare la testa, tanto più che ci avevano messo solo poche ore a racimolarla. Leo rivalutò i suoi amici: forse erano davvero in gamba come dicevano di essere.

In strada, l’aria era gelida. Ma in fondo che ci si può aspettare da un orario del genere? L’una di notte! Contando che il giorno dopo si sarebbero dovuti avviare piuttosto presto, forse avevano tirato un ora un po’ indecente.
Eppure Martina inizialmente non si sorprese nel vedere tutta la gente che ancora girava per la città. Decine di persone si riversavano come formiche in alberghi, bar o casinò, senza contare tutti i lavoratori nei negozi ancora aperti e chi, come loro, cercava semplicemente la sistemazione per la notte.
Però che la gente fosse ancora in giro era normale... un po’ meno normale era una figura incappucciata diretta verso di loro! Era piuttosto minuta, ma aveva un qualcosa che la metteva a disagio... il mantello che aveva sulle spalle, forse? O magari semplicemente il fatto che si stava avvicinando a loro con il volto coperto all’una passata? Mah!
-Salve- li salutò -Vi stavo cercando.

Io: Ciaociaociaociaociao, perdonate il ritardo, ma sabato sono finito dal preside (lasciamo perdere che ancora sono incazzato) e i miei mi hanno vietato il computer per due settimane. Alla fine sono riuscito a patteggiare le pena e mi hanno permesso di usarlo per scrivere la storia, ma intanto il proposito di fare uscire un capitolo al lunedì di questa storia e un capitolo al sabato di quest’altra è andato a farsi benedire. Ma saltiamo le premesse e andiamo al sodo! Qualcosa da dire?
Mera: Per tutti coloro che stanno pensando male, sì! Sono un fottuto baro! E allora?!? E’ forse un difetto questo?!? Eh?!?
Leo: Calmati.
Martina: Io non ho neanche avuto bisogno di barare! La divinazione sarà pure inutile contro qualcuno, ma torna comoda in qualche occasione!
K: Io invece volevo dire questo: perdonateci se non siamo proceduti granché in questo capitolo ma, sapete com’è, senza soldi non si va da nessuna parte.
Io: Ottimo! Ciao a tutti ragazzi, e ci si vede al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** VIII. Un incontro, una storia ***


Convocata dal capo. Non era un buon segno. Di solito ti convocava solo per affidarti dei compiti. Generalmente impossibili.
La tenda era semiaperta, quindi non si fece problemi ad entrare. Dentro era ben arredata, con teli e arazzi decorati dalla defunta nonna del capo, e vasi tipici della loro tribù che potevano risalire a secoli fa come al giorno prima. Tutti uguali le sembravano.
-Eccoti. Sono felice che tu sia arrivata subito.- Mirrodin sedeva in silenzio, seduto su un tappeto di pelle di giaguaro. Come si fosse accorto della sua entrata rimaneva un mistero, visto che teneva ancora gli occhi chiusi.
-Non c’è problema, Mirrodin. Mica posso disobbedire ad un ordine del capotribù.- Lei era una delle poche persone che ancora lo chiamavano per nome. Dopotutto, le loro famiglie erano amiche da anni.
-Siedi. Ho da raccontarti un sogno, un sogno che ti riguarda.- Cominciò -C’era un piccolo pulcino, che viagg...-
Lo interruppe subito. Non le andava di interpretare lei, il sogno -Senta, Mirrodin, potrebbe parlarmi direttamente del suo significato?-
L’uomo inarcò un sopracciglio in segno di disappunto, ma alla fine sembrò convincersi che era meglio così. Non era mai piaciuto neanche a lui quando suo padre, il capo precedente, gli parlava per enigmi. E poi non aveva senso sprecare tempo.
-Ok, in breve sei tu la protagonista di questo sogno. Conosci la gara che i maghi fanno tutti gli anni? E’ una specie di enorme caccia al tesoro, e la nostra tribù è sempre stata disponibile ad offrire uno dei nostri cimeli da ricercare. Ma quest’anno, gli organizzatori hanno deciso di prendere l’unico tesoro intoccabile, e senza dirci nulla: il Vaso del Sole. Più che per l’oltraggio in sé, sono molto arrabbiato per i poteri di quel vaso.- Lo capiva. Quel vaso, per quanto sembrasse uguale agli altri, era sempre stato un simbolo di protezione per il loro popolo. Si diceva avesse poteri magici. Ma lei... doveva andarlo a riprendere? Da sola? -Ho sognato che sarai tu a recuperarlo, e lungo il tuo percorso  incontrerai quattro giovani disposti ad aiutarti. Capiranno la nostra lingua, perciò li riconoscerai subito. Anche loro partecipano alla gara, e hanno capacità fuori dal comune persino per dei maghi. Ti aiuteranno.-
Ancora non era sicura di aver capito: il Vaso del Sole? Rubato? E toccava a lei recuperarlo? Con l’aiuto di quattro maghi che nemmeno conosceva? Va bene, socializzava con tutti, ma era un po’... come dire... eccessivo!
-Perché?- Ogni tanto faceva proprio fatica a tenere la bocca chiusa -Non è meglio che ci vada qualcuno di più grande?-
-No, mi dispiace. Sei proprio tu, la più giovane dei nostri guerrieri, a dover andare. Credimi, per i vostri poteri la tua famiglia è quella più indicata, e purtroppo tua sorella è già troppo grande per essere il pulcino del mio sogno. Non c’è scelta.-
Non sapeva neppure come ribattere. Da un giorno all’altro il capo le ordinava di lasciare la famiglia, il villaggio, e la  foresta per andare alla ricerca di un cimelio. Cosa avrebbe potuto dire? Semplicemente si alzò per andare a prepararsi.
-Credimi, Yupika (N.D.Io: l’accento va sulla « u »)(N.D.Lettore: Sì, però hai rotto il cazzo con tutte ‘ste pronunce!)- Il capo sembrava davvero mortificato -Se fosse stato possibile avrei preferito evitare. Purtroppo, non posso fare altro che augurarti buona fortuna.-
Uscì dalla tenda. Piangeva.
 
K tenne la guardia alzata, in attesa di un probabile attacco. La figura di fronte non sembrava minacciosa, ma non puoi giudicare l’abilità di un mago dall’aspetto esteriore. Però, anziché attaccarli, iniziò a parlare.
-Sono sicura che siate voi.- Una ragazza? La voce dava quest’idea, ma non si può mai essere sicuri quando si ha a che fare con dei maghi -Sì, stavolta non posso sbagliarmi. Non c’è dubbio, si vede che siete tipi in gamba, e mi sembrate anche delle brave persone.-Sembrava parlare più tra sé che con loro, ma la cosa incuriosiva parecchio.
-Siamo noi cosa? Perché ci cercavi?-
Nessuna risposta. Si guardò un attimo attorno e si accorse che i suoi compagni la fissavano sbigottiti. Mera abbozzò un sorriso storto, come quando in classe si preparava a ficcarti un petardo nella giacca (sì, era un ragazzo vivace). Leo e Martina, invece, sembravano solo stupiti.
“Oh no. L’ho fatto di nuovo. Non ci credo. Ogni volta ci penso... e poi ci ricasco!” Ma rimproverarsi non serviva. Non era un potere che poteva controllare, e comunque non non le interessava dare spiegazioni. Al momento aveva altro per la testa.
-Allora avevo ragione, conosci la lingua Maya. Quindi siete proprio voi quelli che dovevo incontrare.-
La figura si tolse il cappuccio. Una ragazzina.
-Io mi chiamo Yupika!- Esclamò sorridente -Felice di conoscervi!
 
Aveva raccontato loro la sua storia, durante il tragitto per l’albergo. Erano tutti disposti a collaborare, dopotutto un tesoro in più uno in meno cosa cambiava? Più che altro, però, Mera era parecchio interessato a K. “Il Dono delle Lingue, eh? Buono, può fare molto comodo. Non c’è che dire, ho buon occhio quando devo valutare l’abilità di una persona!”
-Ma tu quanti anni hai?- Stava domandando Leo a Yupika -Sembri un po’ più piccola di noi, ne avrai... 14? 15?-
-No no. Ne ho tredici! Ma dicono tutti che le ragazze della mia tribù sembrano molto più grandi di quel che sono. Mia sorella ha diciannove anni, ma di solito la gente della città glie ne dà 23.-
-Urca! Allora sei proprio giovane! Noi ne abbiamo tutti sedici!-
Era bello vedere che i suoi compagni socializzavano così in fretta. Purtroppo, nei doveri di un capitano rientrava anche preoccuparsi della gara.
 
Bella Austin. Una miniera di tesori, soprattutto. Erano lì da poco più di tre giorni ad avevano già cinque reperti. Certo, due li avevano rubati ad un’altra squadra, ma che importava?
Ormai erano le dieci di sera, si trovavano tutti in casa. Nikita insisteva a tenere aperta la finestra, mentre Hajrudin si lamentava del freddo e continuava a chiuderla. Micaela, del canto suo, si era ubriacata di Whiskey al punto di crollare per terra dopo aver vomitato l’anima. Ordinaria amministrazione.
Anche lui era piuttosto rilassato. Aveva i suoi bei grattacapi a comandare la squadra, e la vicinanza di tanti avversari lo preoccupava, ma ogni tanto era anche bello godersi una serata con i suoi amici. Anche rilassarsi era importante per vincere.
 
Io: Yupika! Ed eccola! Una ragazza simpatica, non trovate? E, prima di pensar male, mi sono documentato: alcuni esponenti della civiltà Maya esistono ancora, nel nostro mondo, quindi non vedo perché non dovrebbero nel mondo dei nostri protagonisti! Mi scuso comunque per il capitolo un po’ lungo, ma c’era tutta la storia, la faccenda dell’incontro, i Paladini che -poveracci- ancora non avevano quasi fatto niente...
Mera: Hey, stai monopolizzando l’attenzione!
K: Allora ci penso io! Ecco un segreto! Da quel che so, voci di corridoio, Yupika è il personaggio più ragionato in assoluto! Anche più di noi protagonisti!
Leo: Cosa-cosa?!?
Martina: Massì! Corre voce che Chrys abbia già in mente il ruolo di Yupika, la sua storia, ed anche l*...
Io: No, basta così! Niente anticipazioni! Qualcuno ha qualcosa da aggiungere?
Yupika: Sì, io! Seguite, recensite, e al prossimo capitolo! Yey!

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Capitolo 9
*** IX. Una forza non voluta ***


Yupika era una ragazza interessante, molto sociale, e si faceva andar bene qualsiasi cosa. E poi suonava benissimo il flauto traverso, tanto che Martina aveva cominciato a farsi dare lezioni. Aveva sempre voluto imparare a suonare uno strumento.
E poi sembrava aver socializzato particolarmente con Leo. K (chissà perché) non sembrava molto contenta, ma visto che Leo la trattava come fosse ancora una bambina, riusciva in qualche modo a passarci sopra.
Visto che Yupika aveva ancora bisogno di orientarsi, si erano fermati a Città del Messico per un paio di giorni, ma ora erano di nuovo in viaggio, diretti alla penisola dello Yucatan.
Mera si era infilato le cuffie non appena partiti, e subito la familiare voce di Dolores O’ Riordan gli aveva riempito le orecchie. E, dopo un viaggio di tredici ore (tutta la notte in pratica, e grazie magia che aveva accorciato i tempi), avevano raggiunto Chichén Itzá.
Il fantastico monumento del Kulkulkan troneggiava sopra le loro teste. L’imponenza dei suoi 30 metri non faceva altro che inculcare nella sua mente un senso di impotenza. Ma se il tesoro fosse davvero stato lì, non avrebbero potuto che entrare a cercarlo. La cosa si faceva sempre più divertente.
 
Avevano deciso di soggiornare lì per un po’. Non era il caso di andare subito a recuperare il tesoro, anzi Mera aveva espressamente suggerito di attendere l’arrivo di altre squadre per potergli rubare quanto avevano recuperato. Nel frattempo, a lei toccava fare la spesa.
Aveva chiesto di evitare, ma con i turni già stabiliti c’era stato poco da discutere. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non andarci con quel tempo. Pioggia. Proprio come quel giorno...
Quando si accorse che i suoi occhi si erano fatti umidi, decise di darsi una controllata. Non era il momento dei flashbacks! Più tardi, nella solitudine di camera sua, avrebbe avuto tutto il tempo per piangere.
-Ciao maghetta!- Un tizio vestito di verde le era appena comparso davanti. Qualunque cosa volesse da lei, quella presentazione non sembrava amichevole. -So che tu sei nel “Team Peace”, giusto? Che ne diresti di rivelarmi la posizione dei tuoi compagni? Preferisco evitare di farti troppo male.
Come si permetteva?!? K mollò d’istinto le borse della spesa, prima di pensare che avrebbe dovuto mantenere il controllo. Non poteva permettersi di arrabbiarsi, non in quelle condizioni! Non voleva rifare lo stesso errore...
-Che fai, non rispondi? E va bene, te la sei cercata!
 
Faceva male. I fulmini la ferivano, ma non era ancora intenzionata a reagire.
-Ma allora non capisci?- Stava urlando il ragazzo -Perché non cedi? Sarebbe più facile, no?
-Smettila!- Rispose -Tanto l’hai capito che non ti dirò niente. Ed ora smettila, se non vuoi essere tu a farti del male.
-COSA? Come ti permetti?!? Chi pensi che abbia il controllo della situazione, ora come ora? Tu non puoi farmi proprio niente!
Questa sicurezza la fece arrabbiare. Quel tipo non aveva capito niente. Gli avrebbe fatto entrare in testa il concetto a modo suo, a quel punto.
-Non so sei ci hai pensato...- Cominciò -Ma in genere non è una buona idea attaccare una come me sotto la pioggia.
-Perché? Che hai, sei meteoropatica?
-Non dire idiozie- Rispose -Io... sono una manipolatrice delle acque!
Ora era cominciato. Assoluto, devastante. Incontrollabile. Dapprima l’acqua già caduta, poi anche la pioggia ancora sospesa. Tutta l’acqua che la circondava iniziò a sollevarsi e a compattarsi di fronte a lei. Era finita. Non avevano scampo, né lei né il nemico. Avrebbe dovuto mantenere il controllo. Ma adesso era troppo tardi.
 
Con quel tempo non c’era molto da fare. Yupika stava dando lezioni di flauto a Martina, K era fuori a far la spesa, quanto a lui... ammazzava il tempo con una partitina a briscola contro Mera.
-Ah, fregato!- Esclamò.
Raspò il dieci di coppe di Mera con il suo Asse. 15 punti. Non male.
Stava per pescare una carta quando si bloccò. Un’energia abissale aveva appena pervaso l’aria. Guardò in faccia Mera, e vide che era spaventato quanto lui.
-Cos’è questo?- Gli chiese sconvolto.
-Non so. E’ spaventoso, sembra l’energia di K, ma è molto più forte e più espansa di quanto dovrebbe. Non capisco- Mera non sapeva spiegarselo. Ma Leo era d’accordo con lui su una cosa.
-Anche a me questa forza ha ricordato K- Convenne.
-Cosa aspetti?- Gli rispose l’amico -Valla a cercare!
Leo uscì di corsa, senza neppure prendere la felpa. Chi se ne importa del diluvio? Doveva salvare K.
 
Io: Con un ritardo inconcepibile, ma sono tornato. Contenti?
Pubblico:...
Io:...
Pubblico:...
*cicala*
Io: Grazie, molto gentili.
Yupika: Eddai, non buttarti giù! Yey!
K: In questo capitolo sto facendo un po’ casino...
Leo: Stai tranquilla! Finché ci sono io non c’è problema!
Mera: Eroico! Comunque seguite, recensite e al prossimo capitolo!
Martina: Ci si vede presto! 

E di nuovo, nel caso non si leggesse:
Yupika Satzalco --> Nazionalità: Messicana/ Colore preferito: Verde prato/ Supereroe preferito: Vedova Nera/ Canzone preferita: Losing My Religion (R.E.M.)

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Capitolo 10
*** X. Incubi ***


L’avatar era comparso. Una figura d’acqua identica a lei, tranne giusto per quei tre-quattro metri che li separavano. A quel punto non restava niente da fare.
-Che cazzo è quel coso?!?- Urlò il mago vestito di verde. Sembrava nel panico, anche se per lo stato mentale di K era difficile capire se non se lo stesse solo immaginando. Aveva evocato l’avatar da solo cinque secondi e già faticava a stare in piedi.
L’avatar lo attaccò. Un semplice colpo di mano, con l’unica particolarità che a scagliarlo era stata una gigantessa di cinque metri fatta d’acqua. Il ragazzo tentò di difendersi scagliando un fulmine, ma questo si limitò a friggere leggermente il palmo della creatura senza danneggiarla. Perlomeno la rallentò quel tanto che bastava per riuscire a schivare il colpo.
-E’ inutile- Mormorò K -Ormai è finita...
L’avatar riuscì a serrare la propria mano intorno all’intero corpo dell’avversario. Il secondo colpo era stato troppo rapido, e lui non era stato in grado di schivarlo. Ormai K aveva le allucinazioni, tale era lo sforzo, seppure involontario, di evocare quel coso, ma riusciva comunque a sentire le orribili grida di dolore del ragazzo.
“E’ tremendo” pensò confusa, in colpa, e anche addolorata “Ed è colpa mia! Basta! Non ce la faccio...!”
E poi, qualcosa di sorprendente. Leo era arrivato brandendo una... spada di ossa? Aveva reciso il braccio dell’avatar, salvando momentaneamente il ragazzo, ma a cosa poteva servire? Un paio di secondi al massimo e si sarebbe rigenerato, e ora era in pericolo anche lui... No, lui no...! di tutti, perché proprio lui? Non era giusto...
Ma Leo corse da lei. L’abbracciò.
-Tranquilla- Le disse piano -E’ finita. Quel ragazzo è a terra, ma è vivo. Io sono qui. Tu stai bene. Io sto bene. Ora calmati, vedrai che tutto tornerà al suo posto.
Era così calmo, tranquillo... l’avatar si dissolse da solo, lasciando solo una grossa pozza d’acqua. Ma adesso era tutto confuso, inspiegabile... perché Leo si stava sdoppiando? E la spada, che ora portava appesa alla spalla... si stava sciogliendo? Non aveva senso... K svenne.
 
-Guarda, sta di nuovo arrivando François. Speriamo che non ci faccia qualcosa- Stava dicendo la sua amica Marie. Kate era d’accordo con lei: avevano appena costruito un bellissimo castello di sabbia, e di certo non avrebbe voluto che quello sbruffone lo distruggesse.
Li aveva conosciuti entrambi quell’anno al mare, Marie e François. La bambina le era subito stata simpatica, il ragazzino... un po’ meno. Aveva due anni in più di loro, e quando non era in giro con i suoi amici andava sempre a disturbarle. Cosa che non risultava troppo difficile per un bambino di nove anni alto un metro e quarantacinque.
-Ciao bimbette!- La simpatia in persona -Cosa state facendo di bello?
-Vattene François- Aveva risposto -Non ti interessa!
-Ma che scontrose- Abbassò per un attimo lo sguardo. Aveva visto il castello -Oh, ma pensa! Un castello di sabbia! Sapete una cosa? Non siete state gentili quando mi avete salutato. Ve lo distruggo!
Avevano iniziato a scendere due gocce di pioggia. François aveva spostato K di lato con uno spintone per poi distruggere il castello con un calcio. Marie non ci aveva visto più. Si era impegnata tanto per costruire quel castello, la sabbia bagnata, i secchi d’acqua, le conchiglie che aveva scelto per decorarlo...
Era saltata addosso a François per mordergli un braccio. Il ragazzino aveva tentato di scrollarsela di dosso, ma visto che la bambina non mollava, aveva iniziato a darle dei pugni. Più forti. Più forti. E ancora, ancora.
Ormai pioveva seriamente, e la pioggia stava svegliando suo padre dal suo riposo pomeridiano sulla sdraio. Ma K non aveva aspettato suo papà per difendersi da François. Aveva urlato, e all’improvviso la pioggia si era disposta davanti a lei. Poi l’acqua del mare. In un attimo, una figura identica a lei fatta d’acqua, alta un paio di metri, le era comparsa davanti.
L’avatar aveva colpito François allo stomaco, lanciandolo a metro di distanza. Ma non era soddisfatto: voleva colpirlo ancora, e ancora, come lui aveva fatto con Marie...
All’epoca, nessuno era a conoscenza dei poteri di K, men che meno lei stessa. Ma suo papà, uomo normale senza la minima goccia di magia dentro di sé, si era precipitato a fermarla. L’aveva abbracciata, dicendole qualcosa di rassicurante che però lei non ricordava, perché si sentiva tanto stanca... perché era così stanca? E perché all’improvviso il mondo era diventato giallo e si era messo a girare?
Chiuse gli occhi crollando tra le braccia del padre, mentre tutto il casino attorno a lei si placava...
 
Spalancò gli occhi di soprassalto. Eccolo il flashback che non aveva voluto rievocare, eccolo che tornava a tormentarla sotto forma di incubo. Un incubo che ora sentiva il bisogno di condividere.
Com’era presumibile, era nel suo letto, anzi il letto che condivideva con Yupika e Martina, sue compagne di stanza . Leo doveva avercela portata mentre era ancora svenuta. Si girò, pensando di raccontarlo a Martina, la sua migliore amica, ma trovandola addormentata preferì evitare. Probabilmente Martina si era presa cura di lei per tutto il resto della giornata, visto che si era svegliata in pigiama e perfettamente asciutta. Si meritava un po’ di riposo.
Un momento! E Yupika? Che fine aveva fatto? Di solito dormiva tra loro due, ma se ora riusciva a vedere direttamente Martina...
Si alzò per cercarla, più lucida di quanto si aspettasse. Girovagò un po’ per i corridoi della casa che avevano affittato, finché non vide la porta della camera dei maschi aperta e decise di dare un’occhiata all’interno. Meno male! Yupika era lì, avvinghiata al braccio di Leo come fosse un peluche. Chissà come mai aveva legato così tanto con lui? “E chissà come mai io ho legato così tanto con lui?” Pensò, stupendosi subito dopo. Da quando le venivano in mente queste cose? Leo era solo un amico per lei. O no?
Andò un attimo in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, con l’intenzione poi di tornare a letto. Si sedette al tavolo a bere, guardando per un attimo l’orologio. Le quattro del mattino. Ecco perché le sembrava di non avere più sonno.
-Ti senti meglio?- Per poco non sputò fuori tutta l’acqua che stava bevendo. Leo le era appena comparso alle spalle,per poi sedersi sulle sedia di fronte a lei. Era a torso nudo, ma K lì per lì non fece caso ai suoi pettorali e ai suoi addominali scolpiti, no, proprio no...
Ricordò l’incubo di poco prima. Al diavolo, non poteva tenerselo dentro. E comunque si fidava di Leo, quindi decise di vuotare il sacco.
Terminato il racconto, ci fu un breve silenzio, rotto solo dal monotono ticchettio dell’orologio appeso alla parete. Fu Leo a parlare.
-Ma tu... pensi che l’”avatar” si sarebbe fermato anche senza il mio intervento, una volta che tu fossi svenuta?
-No, non penso- Gli rispose -Da quel che ho capito, l’avatar si ferma solo quando il mio cuore è in pace. Che può significare quando qualcuno riesce a calmarmi, o...- “Quando il bersaglio muore” Pensò, ma preferì evitare di dirlo. Tanto Leo di sicuro l’aveva capito da solo.
Ci fu un’altra pausa. Poi Leo incominciò ad esultare.
-Seeee! Sono mitico! Ma quanto sono figo?
K rimase stupefatta. -Che c’è da esultare?
-Come che c’è? Sono l’unico a parte tuo papà che è riuscito a fermarti! Non sono fantastico?
No, basta. Ok tutto, ma questa reazione era proprio insensata. K si alzò indignata per tornare a letto,e Leo la seguì, sorpreso dalla sua reazione.
-E vabbeh, d’accordo, scusa! Lo so che forse era fuori luogo, però cerca di capirmi! Ero esaltato, cioè...
Continuò a blaterare cose di questo genere fino alla porta della camera delle ragazze, quando K si girò. Aveva uno sguardo strano... era arrabbiata?
Forse no. Gli schioccò un bacio sulla guancia, per poi dirgli -Forse è ora che torni a dormire. Buonanotte!
 
Martina: Uhm...
Mera: Uhm...
Io: Uhm... sì, forse Leo meritava qualcosa di più.
*K mi guarda malissimo*
Io: Va bene, evito commenti fuori luogo! Una specificazione per tutti quelli che all’inizio avranno pensato “Eh, ma il fulmine sull’acqua””Avrebbe dovuto disintegrare l’avatar” etc, etc... L’acqua è vero che è un ottimo conduttore, ma questo significa non che il fulmine la fa esplodere, ma che trasmette bene la corrente elettrica. Ma dato che K non stava toccando l’avatar, questo ha solo trasmesso la corrente al terreno, che l’ha dispersa senza danni.
Leo: E’ arrivato lo scienziato...
Io: Senti, Leo. Taci. E ora un dettaglio tecnico, o meglio un piccolo avviso: questa storia (che nella mia testa è già completa) dovrebbe teoricamente essere lunga una ventina di capitoli. E, dato che sono tutti importanti, non intendo fare variazioni. Alcuni saranno anche lunghetti, come questo, ma detto ciò... seguite, recensite, e al prossimo capitolo!
Yupika: E, giusto per concludere, yey!

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Capitolo 11
*** XI. Leonard Edison ***


Aprì lentamente gli occhi. Il sole filtrava appena dalle tapparelle mal chiuse, Leo le dormiva accanto, e un braccio penzolava beatamente dal letto di sopra. No, un momento... Leo le dormiva accanto?! Era finita nella camera dei maschi?! Era sonnambula?
Poi, però, si ricordò di esservi entrata volutamente dopo aver avuto un incubo. Non che K e Martina non le stessero simpatiche, ma aveva sentito il bisogno di acciambellarsi accanto a Leo prima di sentirsi di nuovo tranquilla. Non sapeva perché, ma Leo le dava una sensazione particolare... era il più sereno e spensierato tra quei quattro ragazzi, e lei se n’era accorta subito. E gli si era affezionata per questo.
Il braccio penzolante venne richiamato al proprio letto d’appartenenza. Sentì Mera che si batteva una mano sulla fronte.
-Mmm... ciao Yupika.- Si era accorto che era lì. Naturale, quel ragazzo era il più incomprensibile tra i quattro. Aveva... qualcosa in più, forse. Però era simpatico. -Potresti guardare che ore sono, per favore?
-Le 8 e 45.- Lesse. Quel catorcio di sveglia che i maschi avevano sul comodino era tutto impolverato e risaliva almeno agli anni ‘40, se non prima. Però, chissà perché, era preciso.
-Oh, cavolo.- Borbottò -La colazione. Va beh, tra mezz’ora sveglia gli altri e scendete. Io vado a preparare.
Fluttuò con grazia giù dal letto a castello, aprì la porta e scese in cucina.
-E io che faccio, intanto?- Si chiese Yupika. Alla fine, decise di tornare a dormire, per quel poco che le restava.
 
Mera sarebbe stato un ottimo maggiordomo: il suo caffè era spettacolare, e per colazione aveva comprato croissant e pasticcini dalla pasticceria di fronte, oltre ai fantastici biscotti che aveva preparato la sera prima. Certo, nessun maggiordomo si sarebbe seduto a tavola in pigiama, ma... questi sono dettagli!
-Ben svegliati!- Li salutò.
-Non ti sembra un po’ esagerata come colazione?- Chiese K. Sembrava essersi già rimessa da quanto accaduto il giorno prima. Dopotutto, quindici ore di riposo non possono che fare bene in quei casi.
-No. Oggi dovrete essere in forma per affrontare il Kulkulkan.
-Ah, quindi si va oggi?- Gli chiese Leo, per nulla turbato.
-Già: ormai abbiamo verificato che ci sono altre squadre in questo posto, quindi non vedo perché aspettare oltre. Sempre che tu te la senta, è ovvio.- Aggiunse rivolto a K.
-Sì, sì, non preoccuparti. Ce la faccio.- Sembrava un po’ giù di corda, anche se fisicamente sembrava star bene. Che aveva? A meno che... forse...
-Sei preoccupata per il ragazzo che lanciava fulmini?- Le domandò Yupika.
Bingo! K sollevò lo sguardo: era spento, depresso, non c’era dubbio che Yupika avesse centrato il punto.
-Stai tranquilla.- Le disse -Sta bene. Leo l’ha portato in ospedale dopo aver accompagnato te a casa. Non era conciato benissimo, ma non è nemmeno in pericolo di vita.
K sembrò sollevata. Evidentemente l’idea di aver quasi ucciso qualcuno non la rendeva felice, ma ora che sapeva che quel ragazzo stava bene, poteva concentrarsi meglio sull’obbiettivo della giornata. E magari anche evitare di finire ammazzata da una qualche trappola.
-E... a che ora partiamo?- Chiese a quel punto Martina.
-Partiremo verso le due. Ci sono obiezioni o domande?
Nessuno rispose.
-Ottimo.
 
Leo capì che era stata una pessima idea quando vide il Golem. E dopotutto è difficile non vedere un gigante di pietra alto quanto tutta una stanza.
Avevano superato indenni fors’anche una decina di corridoi, guidati dall’istinto e dalla capacità di controllare i venti del loro capitano. Avevano schivato lance, frecce, buche e serpenti, ma nulla di troppo difficile. L’unico momento preoccupante era stato quando Yupika stava per morire impalata su degli spuntoni metallici comparsi dal terreno. Come dicevo prima: nulla di troppo difficile.
L’ultimo corridoio li aveva infine condotti in una grande stanza a pianta circolare riccamente decorata. Le pareti erano completamente affrescate da disegni di spiriti e divinità zoomorfe. L’altare al centro della sala era rivestito d’oro, e su di esso era posto un vaso. Il Vaso del Sole.
Prima ancora che qualcuno potesse avvicinarsi per essere ripreso dagli altri gridando “Dove cazzo vai, è una trappola”, il pavimento iniziò a muoversi. Brutto segno. Un mucchio di terra prese a sollevarsi. Bruttissimo segno. Il mucchio di terra assunse una forma molto vagamente umanoide ed un’espressione decisamente arrabbiata. Pessimo segno.
Tutto il suo corpo urlò qualcosa come “Via!”, e lui sarebbe anche stato d’accordo. Lui.
-Leo- lo chiamò Mera con tranquillità -Ci pensi tu, d’accordo?
-Io?!? Ma come?!? Non ci sono cadaveri qui, cosa pensi che possa fare?!?- Rispose il negromante.
-E quella spada che impugnavi quando mi hai fermata?- Gli chiese K.
-Quella l’avevo creata manipolando delle ossa prese da un cimitero. Ne vedete qualcuno qui?- Rispose Leo velocemente. Il Golem orami si era alzato in tutta la sua statura, e il modo in cui li guardava non sembrava per niente amichevole.
-Cimiteri no, ma sbaglio o quando tu mi hai parlato dei tuoi poteri avevi detto chiaramente di essere negromante e evocatore?- Mera sapeva sempre centrare il punto. Specie se si trattava di qualcosa di cui non volevi che qualcuno parlasse.
Cosa poteva fare? Combattere contro il Golem, mostrando per di più a tutti il proprio potere, o seguire l’istinto e scappare? Però, per quanto quel mostro potesse essere spaventoso, Mera lo era molto più di lui.
-D’accordo!-  Urlò -Fatevi indietro!
Cacciò un urlo mostruoso e quattro fantasmi comparvero accanto a lui. Sembravano stranamente solidi, ma l’energia che li circondava... sì, non c’era dubbio che fossero fantasmi.
-Heylà, capo! Come va?- Domandò un tizio vestito completamente di nero. Sembrava amichevole, malgrado fosse un cazzo di palestrato con un mitra e una spada agganciati alla cintura.
-Non è il momento, Richard.- Gli rispose un altro. Indossava una tunica militare, era grosso quanto un armadio e in mano teneva un M16. -Ho il sospetto che ci sia un problema.
Gli altri due non dissero niente. Uno dei due doveva essere chiaramente un pellerossa, abbastanza mingherlino, con i capelli lunghi e neri, l’altro dava tutta l’idea di essere un boxer: torso nudo, guantoni e dei pantaloncini corti. Tutti e quattro guardavano torvo il gigante. Se avesse avuto un cervello, sarebbe sicuramente scappato. Invece li attaccò.
 
Quello che successe dopo fu un confuso susseguirsi di frecce, proiettili e cazzotti. Il soldato -Nathan-  sparò diverse raffiche di M16 in faccia al Golem (5,56 × 45 mm NATO, per chi non lo sapesse!); il boxer -Francis- gli scassò una gamba a furia di pugni; Piuma di Vento, il pellerossa, era inaspettatamente dotato di micidiali frecce esplosive, che trasformarono il braccio destro del mostro in una poltiglia informe; ultimo, ma non per importanza, Richard l’assassino, che tra fendenti di spada e cartucce di RPD (7,62 × 39 mm) devastò tutto quello che restava. Leo, del canto suo, rimase in disparte a soffrire come un cane per tutti i colpi che gli spiriti ricevevano senza poter sentire.
Dopo una decina di minuti, del Golem non rimase che un mucchietto di terra.
Mera fischiò ammirato. Gli altri rimasero a guardare ammutoliti mentre i quattro fantasmi si avvicinavano a Leo.
-Finito.- Disse Nathan -Ma la prossima volta che ci chiami, non potremmo semplicemente farci una chiacchierata? Un caffè, magari, un paio di pasticcini... Qualcosa di più tranquillo insomma!
-Ci... penserò. -Rispose debolmente Leo -Ora andate pure.
I quattro si dissolsero. Leo si alzò in piedi traballante, diretto verso i compagni.
-Ora prendiamo il Vaso e ce ne andiamo, giusto?
 
Io: Siamo ancora qui! Siete contenti? Finalmente ho svelato il potere di Leo.
Leo: Una parte del potere di Leo, prego. Anche se avrei preferito non doverlo mostrare.
Mera: Mi spiace, ma se vuoi vincere, qualcosa devi fare anche tu.
Leo: La fai facile! Intanto non hai ancora mostrato di cosa sei capace veramente!
Mera: Prima o poi lo vedrai, tranquillo. Prima o poi...
K: E’ STATO FIGHISSIMOOOOOO!
Martina: E’ stato allucinante! Cioè, nel senso di fantastico, ma anche di assurdo.
Yupika: Anche a me è piaciuto! Yey!
Io: Ok, questo angolo sta lentamente andando a p*****e! Seguite, recensite, e al prossimo capitolo! Oh, e non dimentichiamoci: buon Natale, buon Santo Stefano, e forse dovrei riuscire a darvi il felice anno nuovo nel prossimo capitolo! Auguri a tutti!
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Capitolo 12
*** XII. Una serata come tante ***


Uno specchio azzurro e liscissimo. Ecco cosa gli veniva in mente guardando il mare in quel momento, mentre una tranquillità irreale gli attraversava l’anima. Era da un po’ che non si sentiva così. E sembrava che non fosse l’unico a voler godere di quella pace.
-Piacevole, vero? - Gli chiese Nikita arrivandogli alle spalle.
-Già. Mi fa sentire così rilassato.. Peccato solo che fra due giorni saremo già a Rio.- Rispose Michel sospirando.
Seguì una breve pausa, mentre tutti e due fissavano la gigantesca massa d’acqua sotto di loro: l’Oceano Atlantico, in tutta la sua maestosa potenza.
-Hey- Riprese Michel -Ricordi i quattro pivelli?
-Il Team Peace? Certo. Anzi, era da un po’ che mi chiedevo dove fossero. Chissà come sono messi adesso?
-Credo che finora non abbiano incontrato troppe difficoltà. Mi sono sembrati dei tipi in gamba. Soprattutto Mera, quello sembra avere qualcosa... Ma cosa importa! Tanto sono sicuro che in Brasile li rivedremo.
-Come mai questa convinzione?- Chiese Nikita stupito.
-Non saprei... diciamo solo che ho la sensazione che il nostro incontro sia parecchio, ma parecchio vicino. E, prima che tu mi chieda perché, ripeto: è una sensazione.
Nikita rimase ad osservarlo divertito. Michel era in gamba, anche se qualche volta si comportava in modo davvero strano. Ma in fondo, chi non è strano a modo suo?
 
Bel lavoro. Davvero, Leo si era dimostrato più che all’altezza delle aspettative. Quattro fantasmi insieme, e tutti dotati di un corpo fisico? Notevole, senza dubbio.
Dopo la distruzione del Golem, Yupika si era precipitata a recuperare il Vaso del Sole, dopodiché erano corsi tutti fuori, con lui, Mera, che portava in groppa un esausto Leo. Non che avessero paura che tutto il Kulkulkan gli crollasse addosso (insomma, non che gli organizzatori potessero permettersi di distruggere un monumento d’importanza internazionale solo per “rendere la sfida un po’ più interessante”), ma non si sa mai.
Arrivati a casa, diede a tutti una grande notizia.
-Mie care ragazze! - Annunciò.
-Hey, e io chi sono?!?- Gli urlò contro un redivivo Leo.
-Sì, giusto. Ragazzi e ragazze...- Si corresse -Stiamo per lasciare il Messico!
Tutti quanti lo fissarono confusi.
-Sì - Spiegò -Dopodomani andremo a restituire il Vaso del Sole alla tribù di Yupika, dopodiché partiremo per il Brasile! Al che vengo al secondo e al terzo punto del discorso...- Si girò verso Yupika -Ti andrebbe di venire con noi anche lì?
Tutti puntarono i propri sguardi su di lei. La ragazzina mostrava evidenti segni di imbarazzo, e sembrò pensarci su per una decina di secondi, prima di rispondere -Voi... sì, ecco, mi state molto simpatici, ma... penso di dover chiedere ai miei genitori. Mi piacerebbe, comunque, ma devo anche sapere cosa ne pensano loro.
Una soddisfazione a metà. Ma era giusto, dopotutto, e il fatto che Yupika fosse così affezionata a loro bastava a renderli felici.
-Ok, mi sembra equo. - Disse Mera -Quanto al terzo punto... visto che stiamo per lasciare questo paese, stasera volevo proporre di andare tutti a cena al ristorante!
Un boato di esultanza si levò dal tavolo. Almeno, su questo nessuno aveva dubbi.
 
Finalmente una serata di riposo? Quello che sperava anche Martina. Le birre facevano schifo, ma in compenso le bistecche di picanha erano ottime.
Leo e Mera si stavano ingozzando come una coppia di maiali. Non che mangiassero in modo schifoso, ma mangiavano schifosamente tanto. Poi Yupika sembrava aver iniziato a trovarlo divertente e ci si era messa anche lei. Nel giro di mezz’ora, Yupika si era sbafata 5 piatti, Leo e Mera ben 7 a testa! Almeno lei e K riuscivano a mangiare in modo normale.
Ad un certo punto, notò distrattamente un uomo vestito di nero entrare e sedersi a qualche tavolo di distanza tra loro. Non era solita fare caso a queste cose (di solito le lasciava a Mera, il più sveglio, o K, la più attenta), ma quel tipo spiccava in particolar modo. Preoccupante.
Voltandosi verso i suoi compagni capì che anche loro lo avevano notato, fatta forse eccezione per Leo e Yupika che continuavano ad ingozzarsi come se niente fosse.
Decisero di continuare a far finta di niente, e per un po’ la serata continuò tranquilla e senza intoppi. Fu una cosa molto più improvvisa.
Mera si stava portando alla bocca un altro bicchiere di birra, quando questo sembrò tremare leggermente. Lo scagliò via appena in tempo, e il bicchiere si frantumò ad appena mezzo metro di distanza, ancora in aria. Fortunatamente Mera doveva averlo circondato con una bolla d’aria, perché nessuno venne ferito dalle schegge.
Leo e K furono i primi ad alzarsi e precipitarsi contro il tizio vestito di nero, ma il loro intervento non fu necessario: Martina estrasse dalla tasca alcuni tarocchi che usava per le sue predizioni, e li comandò col pensiero a circondare il loro Man In Black.
Questo tentò di alzarsi e fuggire, ma ormai aveva una gabbia di energia intessuta intorno. Leo e K rallentarono sbalorditi, mentre Mera e Martina si avvicinarono con calma seguiti da Yupika.
-Brutta sensazione, vero?- Chiese il mago del vento al ragazzo misterioso -Ti capisco. E ti suggerisco di non provare a sfondarla. Una volta Martina ci ha rinchiuso pure me perché le avevo nascosto la cartella nel laboratorio di scienze e, dopo averla cercata per due ore, ha pensato bene di immobilizzarmi finché non le avessi detto tutto. Forse con un tornado avrei anche potuto liberarmi, ma a meno che tu non sia in grado di crearne, e sia pure disposto a rischiare di morirci... beh, ti conviene non fare mosse brusche.
-Ah, e tanto per essere precisi- Finì Martina -Quella gabbia assorbe tutti gli incantesimi lanciati dall’interno. Vedi un po’ tu.
Doveva essere un tipo sveglio, visto che non iniziò a dimenarsi o a colpire la gabbia per uscire. Si limitò a tornarsene a sedere, accendersi una Camel blu, e tirare una boccata.
-Vi sentite sicuri, vero?- Chiese mentre soffiava il fumo dalla bocca. Il tono era più che volutamente provocatorio -Non pensate, che so, alle rappresaglie?
-Toglimi un dubbio - Gli disse Leo -Non è che per caso sei amico di Testa di Fulmine?
“Nero” intuì subito chi fosse Testa di Fulmine -Ci hai preso, socio. Ma...
-Tutti giù!- Yupika interruppe improvvisamente il suo discorso e buttò a terra K e Leo, mentre Mera faceva lo stesso con Martina senza sapere esattamente perché.
Dei proiettili luminosi passarono sopra le loro teste, mentre il muro del ristorante esplodeva e sei tizi armati di bordone (N.d.Io: Il classico bastone da mago) facevano irruzione nella sala. Come aveva fatto Yupika a prevederlo, se neppure Mera si era accorto della loro presenza? Domanda interessante, si disse Martina, ma forse non era il caso di porsela mentre venivano attaccati da un gruppo di maghi con l’intenzione di ucciderli.
Ma, a parte per quell’attacco a sorpresa, non si rivelarono nulla di speciale. Lei era ancora impegnata a sigillare “Nero” nella barriera, ma i suoi compagni se la cavarono egregiamente anche senza il suo aiuto: K ne travolse due con tutte le bibite e gli alcolici del locale, Leo evocò il pugile -Francis, se non ricordava male- che se la prese con un altro, mentre Mera scaraventò in aria gli ultimi tre grazie ad un tornado in miniatura -sembrava che ancora non volesse usare i suoi colpi più bastardi... mah! Affari suoi.
In men che non si dica, i sei nemici si ritrovarono spiaccicati per terra svenuti, e il Team Peace si ricompose al centro della sala. i clienti, apparentemente illesi, li fissavano con un’espressione shockata del tipo “cosa-cazzo-ho-appena-visto?!?”.
-Non erano poi così ostici...- Commentò Leo.
-No, infatti.- Confermò K, per poi rivolgersi a Yupika -Ma tu come facevi a sapere che stavano per colpirci?
-Non è importante per adesso.- Intervenne Mera rivolgendo un’occhiata alla ragazzina -La cosa più importante sono quei tizi: se è vero che le squadre sono composte da un minimo di due ad un massimo di cinque ragazzi...- Un espressione sconvolta si dipinse sul volto dei compagni -Come potevano, loro, essere così tanti?
 
Io: Una nota molto felice con cui chiudere il capitolo!
Mera: Oh, senti, la cosa è preoccupante. Non è che posso tralasciarla!
K: Adesso sarò in ansia fino al prossimo capitolo.
Martina: Speriamo lo siano i lettori, più che altro...
Leo: Massì, dai ragazzi! Che siano cinque, sei, o anche mille, finché sono così scarsi li pestiamo senza problemi!
Io: Vedo che almeno qualcuno è ottimista! E tu, Yupika? Niente da dirci sui tuoi poteri?
Yupika: Come?!? Non hai intenzione di svelarlo in uno dei prossimi capitoli?
Io: Ah, sì, giusto... Allora ho un’altra domanda: quell’esclamazione che dici sempre, “yey”... da dove la prendi?
Yupika: In realtà, lo dico solo così, è un’abitudine. Yey! Ah... Ops.
Io: Capisco. Va bene, buon anno nuovo a tutti, e ci si rivede al prossimo capitolo! Oh, giusto, nel prossimo capitolo inserirò anche le immagini dei Paladini! A presto!
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Capitolo 13
*** XIII. La Vita ***


Le immagini dei Paladini che compaiono sono, nell’ordine, Michel, Nikita, Micaela e Hajrudin. Lo spiego qui perché stavolta non c’è lo spazio in chiusura. Perché? Lo capirete da soli. Oh, giusto! Chiedo perdono per i colori, ma quel cretino del mio computer ha fatto casino col cambiamento del formato.
Vi metto il link per le versioni originali.
Michel
Nikita
Micaela
Hajrudin

 Il tizio “Nero” non aveva più detto una parola sul numero dei compagni. Certo, avrebbero potuto obbligarlo a parlare con la forza, ma nessuno sembrava entusiasta dell’idea. Picchiare qualcuno che non era in grado di difendersi... no, non era nel loro stile. Avevano deciso di lasciar perdere: se quello teneva la bocca chiusa, tanto di cappello alla sua lealtà. Ma il conto dei danni se lo pagava lui. Per quanto riguarda gli altri sfigatelli, quelli erano precipitati da un po' nel mondo dei sogni. Utili come una cicca sotto la scarpa.
Tornati in albergo, andarono tutti a letto. C’era ancora la questione di Yupika, ma che senso aveva parlarne proprio in quel momento? C’era tempo tranquillamente fino all’indomani mattina, nessuna fretta.
 
Una nottata normale! Non aveva dovuto alzarsi per parlare con K e Yupika non gli si era infilata nel letto di nascosto. Per di più, si sentiva felice: aveva la sensazione assurda che in quella data sarebbe dovuto succedere qualcosa di speciale, e avesse avuto un calendario, magari si sarebbe anche ricordato cosa! Perché, per una volta che dormiva tranquillo e si sentiva particolarmente in forma, gli toccava alzarsi per preparare la colazione?
“Vabbeh” pensò “Non ho molte alternative.”
Preparò il the e andò a comprare le brioche. Quando tornò, trovò gli altri già seduti a tavola con le facce scure.
-Che c’è?- Chiese preoccupato -Ho sbagliato brioche?
Mera sospirò. -Secondo te? Non è quello il problema!
-I piani sono cambiati- Gli disse K -Ce ne andremo oggi.
-Cosa? Non era domani la partenza?
-In teoria sì- Rispose Martina -Ma dopo l’attacco di ieri sera c’è venuto il sospetto che più squadre si siano coalizzate tra loro. E’ molto meglio se ce ne andiamo il prima possibile. Si parte oggi alle tre.
-Oh- Leo era un po’ confuso, ma non fece domande -D’accordo. E per quanto riguarda lei?- Chiese indicando Yupika -Qual è il suo potere?
-Stavamo aspettando te per chiederglielo- Rispose Mera, per poi domandare alla diretta interessata -Qual è?
Yupika sembrò titubante. Ma sapeva di potersi fidare dei suoi amici. -...La Visione Futura- Rispose infine.
-Cioè?- Domandò Leo -Puoi prevedere il futuro?
La ragazzina gli lanciò un’occhiataccia -Secondo te perché si chiama così?
-Oh, beh... giusto...
-Però- Riprese -Non lo posso controllare esattamente come voglio. E’ un po’... strano. Cioè, ogni tanto vedo delle immagini, come un film, ma non è che lo posso attivare a comando.
-Interessante- Disse Mera -E’ quello il potere tipico della tua famiglia di cui parlava il tuo capo? Quello per cui ha scelto te?
-No. Quello è...- Yupika s’interruppe. Ok la Visione Futura, ma quel potere non voleva rivelarlo. Nemmeno lei sapeva esattamente come e se funzionasse. Per il momento, meglio tacere.
I compagni sembrarono percepire il suo disagio, quindi non fecero altre domande.
-Va bene- Disse Leo -Ce ne parlerai quando ti sentirai pronta. Ora chi vuole dei croissants?
 
Come poteva andare peggio di così, si chiese K? Avevano fatto sì e no 30 km in auto, neppure erano arrivati al casello autostradale e già avevano dovuto scendere. Gomme forate? Magari! La Alfa Romeo che avevano stoccato a un povero messicano purtroppo era in ottime condizioni, quando l’avevano presa. C’era di peggio.
Dieci tizi avevano circondato la loro auto e li avevano intimati di scendere. Maghi, ovviamente, ma giusto per evidenziare il concetto avevano fatto saltare in aria la Alfa Romeo con una palla di fuoco. Ed era pure una bella auto.
Fortunatamente, si erano già buttati giù dalla vettura, quindi ne uscirono illesi. Ma forse non per molto.
-Ecco gli stronzi che hanno fatto strage dei nostri compagni- Disse il ragazzo al centro che indossava una bandana verde sulla fronte. “Il capo” suppose K.
-Che cazzo volete?- Gli chiese Mera. Aveva un’espressione insolita: sorrideva, e i suoi occhi riflettevano la luce del sole in una sfumatura sinistra. A scuola aveva sentito dire che, quando prospettava un combattimento interessante, gli capitava spesso di avere quello sguardo. E l’energia che lo circondava... come una bomba sul punto di esplodere. Lui era sempre rivestito di uno strato di magia che ne sottolineava e ne incrementava la forza, ma ora... “Fenomeno!” pensò K ridendo fra sé.
Anche gli avversari dovevano avere intuito qualcosa, perché iniziarono ad indietreggiare... o forse stavano solo fingendo! Fecero appena due passi indietro per poi ghignare e iniziare a lanciare incantesimi.
-Noi siamo 4 squadre! (N.d.Io:nel numero sono inclusi i pirlotti già malmenati)! Che cazzo pensate di farci?!?
Iniziò uno scontro furibondo: getti d’acqua, palle di fuoco, pietre, pietre, frecce e proiettili volavano da tutte le parti. Presi singolarmente, loro erano più forti, ma si trovavano a fronteggiare avversari che erano in numero doppio rispetto a loro.
Yupika venne ferita sul braccio. Lei non era in grado di combattere, quindi si era tenuta un po’ in disparte rispetto ai compagni. A vedere il sangue che le scorreva lungo il braccio, K perse il controllo. Non gli importava più se uccideva qualcuno. Quei bastardi avevano ferito una ragazza che non gli aveva fatto nulla di male. Dovevano pagare.
Condensò il vapore presente nella torrida aria messicana e lo trasformò in un getto d’acqua bollente, travolgendo cinque avversari insieme.
Anche Leo doveva essere furibondo, perché aveva congedato i suoi fantasmi e si era buttato nel corpo a corpo con una spada fatta di ossa d’animale. E poi c’erano altri nemici che sembravano stare soffocando... si tenevano il collo come gli mancasse l’aria... Aria? Guardò Mera e vide un sorriso malvagio dipinto sul suo volto, mentre teneva le mani tese in avanti. Era lui! Allora erano queste le sue vere capacità: togliere l’aria attorno ad una persona per farla morire soffocata!
Martina fulminò il suo avversario con i tarocchi, poi si girò verso Mera e gli urlò di fermarsi. Il ragazzo sembrò rendersi conto solo in quel momento di quello che stava facendo.
Liberò i suoi avversari che caddero a terra privi di sensi, poi si guardò intorno: non c’era un solo nemico in piedi, e Yupika gemeva per il dolore al braccio destro.
Corsero tutti ad aiutarla. No, K no... stava correndo, ma cosa...? Per quale motivo barcollava? E poi...Sangue? Perché stava sanguinando dal petto? Guardò giù e vide un buco: le avevano perforato il petto. Bastardi! Ma quando...?
Poi si girò. Il capo aveva un braccio alzato. Sorrideva.
Per la seconda volta in pochi giorni, K crollò al suolo.
 
Cosa sta succedendo? Perché sto fluttuando? Non capisco... sono morta? E quello? Cos’è quella sagoma?
Faccio qualche passo in avanti. Di fronte a me c’è una persona, girata di spalle. Non lo conosco, non ne vedo il viso, ma so chi è. E’ totalmente nero. La pelle è nera, senza vederlo so che non ha occhi. Indossa il mio pigiama. So che devo parlargli. Inizio un discorso quasi senza senso. Non mi sembra nemmeno che sia io a parlare, è come se le parole mi venissero suggerite da qualcuno...
 
Ho paura di te, lo sai.
E allora perché sei così calma?
                                                                                  Perché sapevo che questo momento sarebbe arrivato.
...
...Perché mi trovo qui? Tu chi sei?
Sai chi sono. Sono te. E sono qui perché
hai bisogno del mio aiuto.
Io... sono morta?
Non ancora. Ma ci sei vicina. Tu devi essere più forte.
Devi essere veramente te stessa. L’hai capito?
Ma come posso fare?
Devi cominciare accettando ciò che provi.
Non puoi continuare a fingere di odiare tutto il mondo.
Tu sai di avere degli amici, ma non riesci ad accettarlo.
E quel Leo... lui è più di un amico per te, lo sai.
Ma io...
...Hai capito?...
Sì...
Allora preparati. Dovrai tornare indietro, ma non
 prima di incontrare qualcuno...

 
K continuava a non risvegliarsi. Perché? Perché non voleva aprire gli occhi?! Davvero era già pronta a mollare tutto così?! Perché? No, lui non poteva perderla, no...
Continuava a tenerle il volto fra le mani, bagnandolo con le sue lacrime. Anche gli altri piangevano. L’unica che riusciva a trattenersi era proprio la piccola Yupika. Si avvicinò a Leo e K tenendosi con la mano il braccio ferito,  per poi inginocchiarsi accanto a loro.
-Potresti... lasciarla a me?- Chiese timidamente.
Leo non voleva staccarsi da lei. Ma che scelta c’era? Qualunque cosa Yupika volesse tentare, non poteva essere peggio che lasciarla morire così. Pose dolcemente il capo di K sulle gambe della ragazzina e fece due passi indietro.
-Ricordate l’incantesimo della mia famiglia di cui non volevo parlare?- Chiese Yupika con la voce sottile come un filo di nylon.
Tutti annuirono debolmente con la testa.
-Si chiama Figlia Della Vita. E adesso sto per mostrarvelo.
Dicendo questo, iniziò a brillare, dapprima debolmente, poi in un attimo era diventata una piccola stella dorata.
-Anch’io sono ferita. Non voglio rallentarvi. E ancora meno voglio lasciare morire K. Mi dispiace.
Leo vide distrattamente Mera fare una faccia sconvolta e terrorizzata, e si chiese perché. Poi capì anche lui.
Non fece neppure in tempo ad urlare “No!”, che Yupika, ora splendente come un sole in miniatura, diede un bacio a K. Rimasero così per qualche secondo, mentre la luce, lentamente si diffondeva anche nel corpo della ragazza.
Poi tutto scomparve, e Yupika si accasciò sul corpo incosciente di K.
Di chi parli?
Guarda.
Ora sta brillando. Cosa succede. Quella sagoma, ma è...?
...Yupika?
Certo K. Voglio salutarti.
 
Non capisco. Di cosa parla? Cosa sta succedendo?
 
Perché sei qui? Questo posto...
Non dovrebbe essere la mia testa?
Come ci sei entrata?
Stavi morendo K, lo sai vero?
Questo è il potere che tenevo nascosto.
Posso trasmettere la mia vita a qualcun altro.
Ma, come puoi capire, il prezzo da pagare...
 
Sono sconvolta. No, non ci credo! Piangerei, se avessi un corpo...
...E’ la tua morte.
Beh, in realtà no. Non proprio. Io ci sono ancora,
finché tu resti viva. Ora è come se una parte di
me fosse entrata nel tuo corpo. Lo capisci, vero?
Ma tu... tu non avrai più un corpo tuo.
No. Ma tu potrai parlare con me quando lo
vorrai. Ti basterà chiamarmi nella tua testa.
E per gli altri? Loro non possono parlarti!
A loro non pensi?!
E’ proprio perché penso anche a loro che ti
ho salvata. Ma adesso ascoltami: devi riportare
il mio corpo ai miei genitori.
Non si arrabbieranno, se gli spieghi ciò che è
successo e mi permetti di parlargli.
 
...Non so cosa dire... Yupika... Come  ha potuto fare tutto questo per me?
Yupika, io...
No, ora basta K. E’ tempo che torni dagli altri.
E ti prego, digli la verità.
Ciao. Mi raccomando, ti affido Leo!

 
Il suo cuore! Batteva! La ferita si stava rimarginando da sola. K era salva.
Leo gridò di sollievo e abbracciò il suo corpo, ancora svenuto. Poi ritornò a preoccuparsi: Yupika!
Rivoltò il suo corpo sullo stomaco e le ascoltò il petto. Nulla. Ma come? No...!
Guardò gli altri, come cercando delle spiegazioni, ma Mera e Martina non dissero niente. I loro sguardi erano vuoti e disperati come doveva esserlo il suo, e i loro occhi cominciavano a luccicare.
Per sbaglio, l’occhio gli cadde sull’orologio di K. Il 3 aprile.
Ma no, non era possibile... perché? Perché il destino gli aveva fatto questo?
Le lacrime iniziarono a rigargli le guance, copiose e disperate. Perché? Perché Yupika doveva morire proprio il giorno del suo compleanno?

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Capitolo 14
*** XIV. Dolore condiviso ***


Leo stava guidando. Martina era nel sedile posteriore a prendersi cura di K, che ancora non era rinvenuta dopo essere stata ferita, per quanto non sembrasse più in pericolo di vita. Il cadavere di Yupika occupava il bagagliaio. Quanto a lui, si sentiva un completo fallimento. Che senso aveva essere il capitano, se poi doveva perdere i suoi compagni? Che senso aveva saper usare la magia, se le persone a cui teneva morivano comunque?
Avrebbe voluto piangere, ma aveva già consumato tutte le sue lacrime prima di salire in macchina. Per di più, aveva quasi ucciso delle persone, a causa del suo potere. Lui non era un ragazzo. Era una merda vivente.
Ma se lui si sentiva così, si chiese come dovevano sentirsi i suoi compagni: K, non appena avesse saputo quel che era accaduto si sarebbe odiata, per non parlare poi di Leo: non solo aveva rischiato di perdere la ragazza che amava ( e di questo avevano parlato più volte), ma aveva pure dovuto sopportare che Yupika si sacrificasse per lei.
Con che coraggio, d’ora in poi, si sarebbero più guardati in faccia?
Non fecero più alcuna sosta e raggiunsero il villaggio di Yupika verso le sette del mattino successivo. K rinvenne poco prima che arrivassero, ma non disse comunque una parola. Appena scesi dalla macchina, entrarono subito nel villaggio, già sveglio nonostante l’ora.
Non appena gli abitanti li videro trasportare il Vaso del Sole, e soprattutto il corpo esanime di Yupika, si fecero in disparte. Tre o quattro si diressero verso due tende. “Il capo e la famiglia di Yupika” dedusse Mera.  Si sorprese lui stesso di riuscire ancora a formulare dei pensieri coerenti nonostante il casino mentale ed emotivo che provava. Il dolore, il senso di colpa, si mischiavano alla paura per le possibili reazioni dei Maya. Non sapeva più che cosa fare, né per i suoi compagni, né per quella gente, che ora avrebbe sofferto senza avere alcuna colpa.
Ma tutti i pensieri svanirono alla vista di una famiglia. Un uomo col fisico robusto di un atleta ed una lancia in mano, e due donne, una in età abbastanza avanzata, l’altra all’apparenza poco più che ventenne. I loro occhi erano già gonfi quando si presentarono dinanzi a loro.
 
K si mosse in automatico. Fece due passi verso la famiglia di Yupika e parlò in una lingua non sua. Il Dono delle Lingue, di nuovo.
-Abbiamo riportato il vostro Vaso- Disse -E... purtroppo abbiamo con noi anche qualcos’ altro.
-Sei tu quella che sa parlare la nostro lingua, dunque.- Ribatté l’omone -Cos’è successo?- Aggiunse indicando Yupika con un cenno del mento.
-Sì è sacrificata- Rispose K, tornando a parlare in inglese. I compagni la guardarono basiti. Come ne era venuta a conoscenza? -E la causa... sono io.
L’uomo non assunse nessuna espressione particolare. Forse solo un po’ di amarezza, velata nello sguardo.
-Ha usato quell’incantesimo, vero? La Figlia della Vita.
-Sì. Ero ferita, e lei ha deciso di tenermi in vita. No ho potuto...- Iniziò a singhiozzare.
-Capisco- La interruppe -Quindi... posso parlare con lei? Un’ultima volta?
-Certo papà- Le lacrime sparirono. Non era più K a parlare. Cioè, la voce era ancora la sua, ma il tono... Yupika. L’aveva sostituita per poter dare l’addio alla sua famiglia.
-Non te la prendere con loro. E’ stata una scelta mia. Ho deciso io di sacrificarmi.
-Non ne dubitavo, figlia mia. Ma tu... ora resterai per sempre nel corpo di quella ragazza, lo sai? Non potrò... Non potremo- Si corresse indicando la famiglia con un gesto del braccio -Mai più rivederti! Non potremo più parlare con te!- Adesso stava piangendo. Anche per un guerriero come lui dovevano esserci delle cose insopportabili.
-Papà, non piangere - Yupika, nel corpo di K, cominciò ad avanzare verso la sua famiglia -Torneremo qui ancora. So che, se glielo chiederò, non mi negheranno questo favore.- Guardò i suoi compagni con le lacrime agli occhi. Loro annuirono con un lieve cenno della testa, che lasciò intravedere gli sguardi: tristi, ma anche fieri. Fieri di aver avuto una compagna come lei, fieri del suo coraggio e del suo altruismo.
Abbracciò la sua famiglia. Era una sensazione strana, dal momento che quel corpo non era neanche il suo, ma da qualche parte della testa sentì K commuoversi.
Si separò dall’abbraccio. Tornò dai suoi compagni. Non un’altra parola fu proferita, mentre lasciavano il villaggio. Un saluto silenzioso, in cui nessuno si volse indietro a guardare. Non appena entrati in macchina, Leo inserì la prima. Lasciarono il villaggio, non con l’intenzione di un “addio” ma con quella di un “arrivederci”.
 
K pianse per tutto il tragitto fino a Città del Messico. Martina non ci provò neanche a consolarla: era giusto che si sfogasse anche lei proprio come prima avevano fatto loro.
Neppure Leo e Mera dissero nulla, ma nei loro sguardi, ora, si poteva vedere una specie di sollievo prendere il posto della tristezza: dopotutto Yupika era ancora viva, per quanto non più fisicamente tra loro; K stava bene; e il Brasile si avvicinava.
Una nuova pagina della loro avventura stava per essere scritta.
 
Io: Sebbene anche questo capitolo non sia così allegro, si ritorna comunque al caro vecchio angolino. Niente, oggi vi parlo solo io perché non mi sembra il caso di importunare i nostri protagonisti dopo il casino che è successo, e sarà una cosa piuttosto breve. Anzitutto, la morte di Yupika: era programmata fin dalla sua prima comparsa. Ricordate, nell’angolino finale “Martina: Massì! Corre voce che Chrys abbia già in mente il ruolo di Yupika, la sua storia, ed anche l*...” l’interruzione è arrivata sul punto che doveva essere “la sua morte”. Già, stava anche per esservi spoilerato. Non fatevi domande su come facesse Martina a saperlo e su perché comunque non ne sapeva nulla quando è successo, perché l’unica spiegazione è: nelle sezioni extra può succedere di tutto.
L’altra cosa, erano le curiosità sui Paladini, nel solito schema Nome=> Canzone preferita (e autore)/ Colore preferito/ Supereroe preferito/ Nazionalità
Michel=> London Calling (The Clash)/ Rosso fuoco/ Spettro/ Francese
Nikita=> Smells Like Teen Spirit (Nirvana)/ Bianco neve/ Iron Man/ Russa (arrivato in Francia a sei anni)
Micaela=> Wonderwall (Oasis)/ Indaco/ Vedova Nera/ Francese
Hajrudin=> Hotel California (Eagles)/ Arancione/L’incredibile Hulk/Marocchina (in Francia a quattro anni)

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Capitolo 15
*** XV. Nuova città, nuovo futuro ***


Erano in alto. Lontani dalla terra. Ma non dal dolore. Appena raggiunta Città del Messico avevano preso l’aereo per Rio: lo scopo era separarsi da un luogo che procurava ricordi dolorosi; ma anche da lontani, non avrebbero mai potuto scordare quel che era accaduto.
Martina si alzò un attimo per andare in bagno. Non che ne avesse un vero bisogno, ma anche se tutti gli altri dormivano lei non era riuscita a prendere sonno. Magari bere un goccio d’acqua sarebbe servito a qualcosa.
Arrivata alla toilette, si sciacquò velocemente la faccia e si guardò allo specchio. Gli occhi erano gonfi, le occhiaie marcate, e i capelli erano un groviglio incasinato: un mostro, in pratica.
Si sistemò i capelli alla buona con le mani e decise che appena tornata al proprio sedile si sarebbe messa a dormire profondamente. Uscì dal bagno fermamente convinta di questa idea, ma desistette a pochi metri dall’arrivo.
Si era fermata a guardare il sedile dietro, quello di Leo e Mera. Il ragazzo del vento le era subito piaciuto dal primo giorno di scuola, ma aveva preferito tenere per sé la cosa: soltanto K ed un’altra loro compagna ne erano a conoscenza. Però, almeno quando dormiva, le era possibile osservarlo senza che capisse.
Era carino. Arruffato. Con quei soliti capelli lunghi in disordine, ispirava anche una sensazione di buffo. Certo, non era bello come Leo, ma aveva senza dubbio un suo fascino.
Si soffermò un attimo sulla sua espressione. Non doveva stare facendo un sogno particolarmente bello, perché la fronte era corrugata, e i denti erano serrati. Capì che probabilmente doveva sentirsi un fallimento come capitano, dopo quanto era successo. Avrebbe voluto consolarlo, ma la verità è che anche lei aveva bisogno di qualcuno che la consolasse. E soprattutto, la prima a cui doveva stare accanto, per adesso, era K.
 
Il risveglio fu più dolce del previsto, così come i sogni peraltro. Aveva temuto (o forse sperato?) che Yupika le si presentasse in sogno, che avesse qualcosa da dirle, eppure niente. Il sonno più profondo di tutta la sua breve vita di sedicenne.
Al suo fianco, Martina dormiva ancora. Dopotutto, doveva essersi addormentata molto dopo di lei, visto che quando aveva chiuso gli occhi, la ragazza era ancora perfettamente sveglia. Valutò se girarsi verso i sedili posteriori e svegliare i ragazzi, ma alla fine decise di restare comodamente seduta dov’era. Se ancora dormivano, era meglio lasciarli fare. I sogni non potevano essere più duri della realtà.
Era appena arrivata a questa conclusione, che sentì un grugnito venire da dietro di lei. Poi una voce da zombie proprio sopra la sua testa.
-Mmmh...‘orno.
Per poco non tirò un urlo. Non so se vi è mai capitato di sentire una voce inquietante alle vostre spalle e vedere una faccia sbucare improvvisamente di fronte al vostro naso dopo che vi siete appena svegliati. No? Beh, non è bello, credetemi.
-Leo! Per poco non mi veniva un infarto!
-Chie’o p’rdono...- Sembrava ancora più di là che di qua. Gli sparò un getto d’acqua negli occhi per svegliarlo.
-Agh! Smettila! Ok, sono sveglio!
Si fermò e ammirò l’operato. Certo che Leo aveva proprio una faccia da tonto, ridotto in quel modo. Si lasciò sfuggire una risatina.
-Che c’è? Come mi hai conciato?!
K trasformò la mano in uno specchio d’acqua: chissà perché, ma nessun altro, tra quelli che conosceva aveva mai pensato di usare l’acqua a quel modo. Era sorprendentemente utile.
-Maddai! Guarda in che stato!
-Colpa tua. Dovevi svegliarti del tutto prima di parlarmi.- Gli rispose continuando a ridere. Era così stressata, e la scena era così buffa, che riuscì a dimenticare tutti i propri problemi.
Leo si asciugò alla buona l’acqua dalla faccia usando la manica, poi guardò K negli occhi. K rimase per un attimo incantata da quegli occhi neri come la pece. Vide il volto di Leo che si avvicinava lentamente al suo... Sentiva di non riuscire a distogliere lo sguardo... ma la coda dell’occhio fu sufficiente, per notare Mera e Martina intenti ad osservarli.
Si fermò improvvisamente, rendendosi conto di quello che stava facendo.
-Hey!- Urlò rivolta ai due ragazzi.
-Te l’avevo detto che non sarebbe successo- Disse Mera rivolto a Martina -10 euro!
-Ah!
Avevano pure... scommesso?!? Bastardi!
-Cosa?! Come...?!- Era talmente arrabbiata e imbarazzata che non trovava neppure le parole.
-No, no, se vuoi continuate pure- Le disse Mera -Comunque, guarda che è colpa tua se ci siamo svegliati. Poi abbiamo solo deciso di goderci la scena.
Bastardi. Ma non poteva arrabbiarsi più di tanto. Al posto loro, avrebbe fatto così anche lei. Decise di riderci sopra, su esempio di Leo che si stava sbellicando da quando la scena era iniziata.
 
Rio! Sole, mare, spiagge, ombrelloni, belle ragazze! E caldo! Un caldo atroce. Leo si era già tolto tutto il togliibile, ma ancora continuava a crepare di sudore.
-Scusa Mera- Chiamò -Non è che potresti evocare una corrente fresca?
-Sì, subito- Rispose l’amico. Perché non l’avesse fatto prima era un mistero: possibile che fosse l’unico a patire in quel modo?
L’atmosfera, comunque, sembrava notevolmente più leggera rispetto a due giorni prima. Le ultime due ore di viaggio le aveva trascorse discutendo con Mera di musica, o di sport, o di qualunque cosa che riuscisse a distrarli, mentre le ragazze, davanti, sembravano parlare di cose più o meno private. Che in qualche modo li riguardavano, ma erano comunque “private”.
Come al solito Mera non poteva fare a meno di prenotare l’albergo più lontano dall’aeroporto, e naturalmente si rifiutava di prendere un taxi. Facile per uno che tanto può volare, nel frattempo a loro tre toccava scarpinare. Per un’ora e mezza!
Giunti in albergo e sistemate le valigie, si mise a contare i reperti insieme a Mera. Insieme al Vaso del Sole ne avevano trovati altri due, più quelli rubati agli aggressori... sì, 13 in tutto, per il momento. Non male, tutto sommato. E poi il Brasile sembrava molto ricco, tanto di tesori, quanto di squadre a cui fregarne. Avrebbero fatto progressi, ne era certo.
-Allora...- Iniziò -Che te ne è parso della scena di stamattina?
-Il quasi bacio?- Rispose Mera -Ti dirò... in realtà speravo di perderla, la scommessa.
Leo ci rifletté un attimo. Avevano già avuto altre volte discorsi di quel genere, ed ora come allora gli era sempre sembrato che Mera stesse dalla sua parte. Era fortunato ad avere un amico così, ma ancora non aveva avuto successo con K.
Era una cosa strana, in fondo: quando abitava a Filadelfia, non aveva mai avuto problemi con le ragazze, anzi! Era stato fidanzato un paio di volte, e ne aveva sempre una o due che gli facevano il filo. Nessuna delle due volte era durata molto, perché finiva sempre che scopriva di non essere interessato alla ragazza in questione, ed è per questo che la maggior parte delle ragazze venivano rifiutate.
Ma con K era tutto il contrario. All’inizio, di lei non gliene fregava niente, ma col tempo aveva finito per scoprire molti lati del suo carattere. E ne era rimasto affascinato. Ma lei, chissà perché, sembrava... non rifiutarlo, più che altro sembrava indecisa.
-So cosa pensi- Lo interruppe Mera, sincero -Lascia stare, e ricordati il proverbio: le donne...
-Chi le capisce è bravo!- Sospirò.
 
Com’era possibile? Lo stava seguendo da mezz’ora, ma ancora non era riuscito ad avvicinarsi. Quel tipo sembrava completamente rilassato, ma allora... perché? Com’era possibile che, senza sforzarsi per niente, riuscisse ad espandere la sua energia per un raggio di quattro metri? Com’era possibile che, in quell’area, riuscisse a tenere sotto controllo qualunque cosa accadesse?
Ora erano in un parco, e quel ragazzo mago dai capelli argento si era sdraiato contro un albero. Era perfettamente tranquillo e si godeva la giornata, ma come faceva ad essere così pienamente conscio di tutto quel che succedeva?
Decise che avrebbe aspettato che il mago si addormentasse. Sì, era l’idea migliore: attaccarlo nel sonno. Per quanto uno potesse essere bravo, nel sonno era di sicuro molto più vulnerabile.
Trascorsero dieci minuti. Venti. Trenta! Dopo un’ora si arrischiò a sporgersi per guardare. Sembrava dormire veramente. E la sua aura? No... impossibile... era diminuita. Stava dormendo sul serio. E allora perché riusciva a coprire ancora un raggio di tre metri?
 
Io: Per chi non l’avesse capito, l’ultimo paragrafo è raccontato dal punto di vista di un tizio a caso che sta pedinando Michel.
Mera: Va bene, ma parliamo del quasi bacio di Leo e K!
Io: Ecco, appunto! Non sono l’unico che ne vuole parlare, allora!
*Mega getto d’acqua*
K: Sono cose che non vi riguardano!
Leo: D’accordo, ma non è un po’... esagerato?
*sguardo glaciale di K*
Martina: Meglio finire così. Seguite, recensite, e al prossimo capitolo!
Io: Alt! Volevo chiedere perdono a tutti quanti per il mostruoso ritardo, ma proprio non sono riuscito a pubblicare, in queste settimane. Ma ora state tranquilli, perché ripartirò più forte e creativo di prima!

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Capitolo 16
*** XVI. Amore? ***


"Ripartirò più forte e creativo di prima"! Sì, proprio. Tenendo conto di verifiche e interrogazioni, però! Perdonatemi, ma davvero, queste settimane sono state un vero e proprio massacro, e ho paura che sarà così ancora per un po'. Vi assicuro che farò il possibile, ma non sono sicuro che riuscirò ugualmente a pubblicare un capitolo a lunedì.
Detto questo, buona lettura.


Un sogno. Tutto quello che era accaduto quel giorno si era basato su un sogno. E la cosa fantastica? Non se lo ricordava neppure, quel sogno! Sapeva solo di essersi svegliato improvvisamente cosciente di quel che provava per K, e con l’impulso assurdo ( e in un certo senso ingiusto) di doverglielo dire ad ogni costo. Non se lo spiegava, eppure era così.
Rimasto seduto a letto iniziò a ripercorrere mentalmente tutto quello che aveva passato con la ragazza da quando l’aveva conosciuta: il primo incontro in mezzo ai corridoi, i lavori di gruppo sotto la guida di Mera, poi la grande Caccia al Tesoro, Roma, il Tevere, il gelato mangiato visitando i monumenti della Città Eterna loro due soli, poi era arrivato il Messico, dove aveva salvato K dal suo stesso potere e l’aveva quasi vista morire tra le sue braccia, pagando come prezzo della sua vita una loro grande amica... non poteva più aspettare! Doveva farsi avanti!
Era stata soprattutto la morte di Yupika a scuoterlo. Gli aveva fatto capire che la morte, soprattutto in una competizione del genere, era sempre lì che ti accompagnava ogni passo che facevi, e ti ricordava di sfruttare al massimo ogni momento della tua vita.
Gli tornò in mente una conversazione avuto con Mera poco tempo prima:
“-Sai, penso che dovresti sfruttare il tempo che ti rimane- Aveva detto l’amico -Il prossimo potresti anche essere tu.
-Questo io lo chiamo portare sfiga. Ma comunque potrebbe toccare anche a te. Quindi questo discorso non vale solo per me- Gli aveva risposto.
-Hai ragione. Anzi forse è ancora più probabile che sia proprio io a schiattare.
-Ma allora cosa...?
-Non fare domande. Preferisco sia tu ad avere la precedenza. Ma bada di non farmene pentire.
Così dicendo si era alzato e se n’era andato, lasciando Leo profondamente colpito. ”
Sorrise. A quel punto doveva farlo anche per il suo migliore amico.
 
Un sogno. Un sogno assurdo. Yupika aveva detto di doverle parlare, e quando l’aveva vista, si era messa a piangere anche nel sogno. Aveva scoperto poi che aveva pianto per davvero, dato che aveva trovato il cuscino bagnato e aveva le guance appiccicose. Yupika aveva deciso di “parlarle chiaramente” di un argomento che stava a cuore ad entrambe: Leo. La ragazzina, ancora prima di stabilirsi nella testa di K, aveva capito benissimo chela ragazza era già innamorata persa dell’americano, e ormai era stufa della sua indecisione.
Era stata irremovibile e forse anche un po’ dura, ma aveva precisato di farlo per il suo bene: un po’ come quando i tuoi genitori ti obbligano a prendere una medicina che dal sapore fa schifo, ma “magicamente” due giorni dopo sei guarito.
Ma visto che Yupika non l’aveva convinta del tutto, ne aveva parlato anche con Martina quel mattino. E, neanche a dirlo, la ragazza era del medesimo avviso.
Ormai era deciso. Lei e Leo dovevano parlare.
 
Il sacrificio di Mera! Aveva deciso di lasciare un po’ soli lui e K, e aveva praticamente obbligato Martina ad andare con lui. Capirai che gran sacrificio, andarsene in giro tutto solo con Martina! Cosa strana, la ragazza non aveva assolutamente fatto storie, anzi. Sembrava quasi come se anche lei volesse tirarsi via in fretta da lì...
Ma che importanza aveva in quel momento! K era lì da sola con lui, così non si fece troppe domande e le si avvicinò. Lei si alzò e gli venne incontro.
-Senti...- Dissero i due all’unisono prima di bloccarsi.
-Oh, scusa. Vai pure, prima le signore- Le disse imbarazzato.
-Non essere sciocco- Gli rispose dolcemente. Strano che non avesse usato un’espressione del tipo “non dire cazzate”. Sarebbe stato molto più consono al suo stile -Tanto sono sicura che entrambi vogliamo dire la stessa cosa.
Il cuore di Leo saltò un battito -C-come f-fai a s-saperlo?- Farfugliò.
-Te lo si legge in faccia- Gli si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio -Ti amo.
Il cervello di Leo si spense. Quella frase gli rimbombò più volte nella testa lasciandolo rintronato e indeciso su cosa fare. Alla fine scelse per l’opzione più diretta: continuò il bacio che avevano interrotto sull’aereo.
Un bacio che non centrava nulla con quello di qualche sera prima, un bacio intenso ed appassionato, che fece credere a Leo che il suo cervello si stesse sciogliendo e spargendo per tutto il corpo. Con quel poco di coscienza rimasta, pensò che nulla avrebbe potuto rovinare quel momento. Subito dopo, però, temette di essersela gufata da solo. Manco a dirlo, aveva ragione.
La parete alle spalle di K esplose, scaraventando a terra i due ragazzi. Tre ragazzi asiatici si stagliarono di fronte a loro, laddove fino ad un attimo prima c’era un muro.
-Ma figuriamoci!- Urlò Leo -Mai una volta che vada come voglio io! Mai!
-Desolato, amico- Rispose il ragazzo in mezzo al trio. Aveva un fisico piuttosto corpulento, alto e spallato. I capelli erano sorprendentemente chiari, per un cino-giappo-coreo-thailandese-quellochefosseLeononneavevaidea.
-Possiamo sapere almeno chi siete?- Domandò K con aria di sfida.
-Ma certo, bella- Questa volta aveva parlato il ragazzo più a destra, decisamente più magro del compagno, ma con una faccia molto meno amichevole -Noi siamo il Team 白日夢!
-Team... Sogno Impossibile?- Tradusse K.
-Oh, conosci il cinese? Sono sorpreso!
-Beh, non proprio... ma comunque sia, cosa cazzo volete da noi?!
-Semplicissimo: tutti i reperti che avete raccolto finora!- Rispose il ragazzo con un sorriso spavaldo in puro stile “sono stronzo e lo so”.
-Con calma e per favore!- Urlò una voce che K e Leo conoscevano bene.
Il trio si voltò indietro, ma chi aveva parlato non si trovava alle loro spalle: si trovava sopra di loro.
-Sono qui!
Il ragazzo in mezzo alzò la testa. Sorrise.
-Allora sei tu Mera!
 
-Lo sento...
Un sorriso comparve sulla faccia di Michel nel sussurrare quella frase, e anche se Nikita se ne accorse decise di far finta di nulla. Lui, come anche Hajrudin e Micaela, sapeva benissimo a cosa si stava riferendo: il momento decisivo era vicino.
 
Io: Doppio cliffhanger! Ta-daah!
K: Complimenti per l’entrata in scena.
Mera *sogghignando*: Complimenti a te per il bacio!
K: Cosa?!? Fino a che punto hai assistito?!
Martina: Niente paura, stavolta non l’ha visto. E’ tornato solo quando ha percepito il pericolo.
Leo: “Pericolo” è un parolone! Probabilmente ce l’avremmo fatta anche da soli.
Io: Mmmh... chissà. Un appunto! Fate pure ciao-ciao a Yupika, perché probabilmente non comparirà più da adesso (spoiler). Come sempre, seguite, recensite, e al prossimo capitolo!

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Capitolo 17
*** 16.5 Extra 1: Solitario nella notte ***


Quanto tempo era passato? Un mese? Uno e mezzo? Ormai cominciava a perdere il conto dei giorni; si alzava al mattino ad orari totalmente casuali, che variavano dalle cinque alle undici, e il momento di addormentarsi giungeva ad ore altrettanto indefinite, tra le nove quando si sentiva particolarmente stanco, e l’una quando era fuori per impegni.
Quanti tesori avevano trovato? Sedici? Diciassette, forse, o magari anche di più. In gran parte lo doveva ai suoi compagni: Michel, da tutti chiamato l’Imperatore della Luce, il loro capitano; Hajrudin, il cui incantesimo gli consentiva di evocare qualsiasi tipo di arma, da una spada ad un fucile a pompa, da un arco ad un carro armato; e poi Micaela, in grado di diventare incorporea a suo piacimento.
Nikita, del canto suo, era il medico del gruppo: poteva guarire in fretta qualsiasi ferita, e in mano a lui il bisturi si trasformava in una vera e propria arma di distruzione.
L’America si era rivelata una vera e propria miniera, tra reperti e avversari a cui rubarne, e il Brasile ora non prometteva meno, anche se in verità Michel aveva insistito per dirigersi lì più per trovare i novellini che i tesori. La cosa l’aveva incuriosito parecchio, anche perché, dopo che Michel gli aveva raccontato del dialogo con Leo, Nikita aveva cominciato ad essere piuttosto interessato al ragazzo: la fiducia sconfinata che questi riponeva in Mera, era più o meno la stessa cosa che legava lui e Michel.
E, collegata ai novellini, l’esperienza avuta l’anno precedente: al confronto quest’anno gli sembrava di essere a casa, da tanto si era sentito spaesato allora. Il momento peggiore era stato quando aveva salvato per miracolo Hajrudin da una ferita parecchio grave alla spalla destra. E ciò lo riportò ai ragazzi; non che non sembrassero in grado di cavarsela, ma un buon medico poteva davvero fare la differenza, in un contesto come quello. E loro non l’avevano.
Tutti questi pensieri gli stavano attraversando la mente, in quella calda notte di Rio. Era uscito da solo per potersi fare un giro in santa pace e pensare ai fatti suoi, e gli erano subito venute in mente un sacco di cose, brutalmente interrotte da un brivido: il suo sesto senso che lo metteva in guardia. Scartò di lato proprio nel momento in cui un ago di ghiaccio gli sfiorò il viso; se avesse esitato ancora un attimo, a quell’ora si sarebbe trovato con un foro sulla nuca. Decisamente una brutta prospettiva.
Chiunque fosse l’avversario, lo attaccò di nuovo senza una parola: estrasse un papiro, e ne evocò dei coltelli di fuoco, mentre Nikita tirava fuori il suo bisturi dalla tasca segreta della giacca, una tasca ben foderata così che non si tagliasse per sbaglio facendo movimenti bruschi, e che i nemici non si accorgessero che lui era armato.
Iniziarono a scontrarsi ad alta velocità: nel buio della notte, il fuoco dei coltelli e il riverbero della lama del bisturi sembravano quasi danzare con eleganza seguendo il ritmo preciso ed incalzante di un ballo mortale. Nikita si fece ferire di proposito alla gamba; il suo avversario, nel tentativo di approfittare del vantaggio abbassò momentaneamente la guardia, e si beccò una coltellata nella costola. Il russo Paladino si curò istantaneamente la gamba e si avventò sull’avversario deciso a dargli il colpo di grazia, ma questa volta fu lui ad agire con imprudenza: questi, infatti, estrasse dal nulla un altro papiro e lo colpì alla fronte con una spranga.
Ma Nikita non era così sprovveduto. Ignorò il dolore della botta e riuscì, quasi per miracolo, a colpire il nemico con un calcio, facendolo svenire sul colpo.
Si fermò un attimo a riprendere fiato. Cazzo, lui era un medico, mica un guerriero! In teoria il suo compito era salvare la gente, non pestarla. Ma c’era poco da farci. Controllò l’avversario inerte, ma nessun vero indizio sulla possibile squadra di appartenenza. Unica traccia, una scritta in cinese: 白日夢, qualunque cosa volesse dire.
Risultato della passeggiata? Due chilometri con conseguente dolore ai piedi, idee confuse quanto prima, e un cinese svenuto in mezzo alla strada. Forse la prossima volta avrebbe fatto meglio a restarsene a casa.
 
Io: Un capitolo un po’ diverso, un piccolo “extra”, per così dire.
Nikita: Che serata di merda. Ma questo è successo un paio di giorni fa, perché lo racconti solo adesso?
Io: Così, mi andava. E, visto che questo capitolo era solo un extra, ho già scritto il nuovo VERO capitolo, che però pubblicherò solo domani. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 18
*** XVII. Il vero Oltre ***


-Cosa?!- Leo non era affatto contento -Perché conoscete Mera?!
-Ha ragione!- Esclamò K -Come fate ad avere informazioni su di lui?
-Eh?- Leo fece una faccia confusa -No, guarda che io intendevo come mai conoscessero lui ma non sapessero nulla di me. Cioè, insomma, Mera riconosciuto al volo, e il grande Leo non se lo fila nessuno? Mi sento offeso!
K si trattenne dal mollargli un pugno, decidendo di ignorarlo semplicemente. Anche Mera e il Team cinese optarono per questa scelta.
-Comunque sia, ora scendi giù e battiti!- Urlò il ragazzo dai capelli chiari -Hai paura, per caso?
-Paura? Chi, io?- Rispose Mera. Si fiondò istantaneamente alle spalle degli avversari, che non ebbero nemmeno il tempo di accorgersi del suo spostamento -Ti andrà di scherzare.
Il trio si girò di scatto pronto a fronteggiarlo. Il ragazzo più basso, che ancora non aveva parlato, si rivolse al mago del vento con tono di scherno -Allora fatti sotto, coraggio! Cosa aspetti?
-Probabilmente aspetta di essere in un posto più consono- Rispose pacata Martina, arrivando in quel momento -Non ci arrivate? Se vi affrontate qui rischiate di distruggere mezza città, con chissà quanti danni fra i civili.
-Grazie, Martina. Sì, è proprio per questo- Rispose Mera sorridendole.
Il trio si guardò e confabulò per un attimo, confrontandosi per decidere la scelta migliore.
-D’accordo- Rispose il ragazzo in centro -Stasera! Spiaggia di Copacabana, ore 22! Ma prova a tirarci un bidone, e smetteremo di farci scrupoli!
-Non preoccupatevi- Rispose l’elementalista con un sorriso di sfida -Ci sarò.
 
Il mare era un’enorme distesa nera, una gigantesca macchia d’inchiostro che si muoveva in modo quasi ipnotico. La sabbia sotto i suoi piedi nudi era scura e fredda, ma l’aria, al contrario, era solo un po’ meno calda che nel pomeriggio.
Sebbene fossero in anticipo di qualche minuto, i loro avversari erano già lì ad aspettarli. Il ragazzo al centro fece un passo avanti e si rivolse a Mera.
-Credo che anzitutto sia meglio che mi presenti, prima di andare al sodo: io mi chiamo Hon. Ma ora passiamo allo scontro: devi sapere che un nostro compagno è finito all’ospedale un paio di giorni fa, per un qualche motivo. Non so bene cosa sia successo, ma l’abbiamo trovato svenuto in mezzo alla strada, quindi ora siamo solamente in tre.
Martina cominciava a capire dove volesse andare a parare -Perciò, la mia proposta era: cosa ne dici di affrontarci uno alla volta?
Mera alzò un sopracciglio, e Leo gli si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio -E’ sicuramente una trappola. Non fidarti, rischi di rimetterci la pelle.
-Hey!- Urlò l’avversario, indignato -Come osi?! E va bene, se non ti fidi, facciamo così: nessun membro di nessuna squadra potrà intervenire fino a scontro finito. Non ci credi?
-Leo- Disse Mera con tranquillità -Non preoccuparti. Voi terrete sott’occhio quei due nel caso decidessero di intervenire. Per il resto lascia fare a me- Si rivolse poi al cinese -D’accordo! Sono pronto!
Fecero entrambi due passi avanti e presero un respiro profondo. Poi Mera scomparve alla vista.
Riapparve alle spalle dell’avversario e lo colpì con un calcio; inspiegabilmente, però venne sbalzato indietro.
-Ma che...?!
Si rialzò subito, e tentò di colpire Hon con una lama di vento: niente, questa si dissolse poco prima di colpirlo. Mera iniziò a farsi un’idea della sua tecnica, ma per confermarla provò di nuovo a colpirlo, stavolta con un pugno accelerato da una corrente d’aria. L’avversario alzò semplicemente un braccio per difendersi, e di nuovo il mago del vento venne scaraventato via.
-Ok- Cominciò rialzandosi con un ghigno stampato sul volto -Ora puoi anche toglierti quel vestito.
Anche il cinese a quel punto abbozzò un sorriso di sfida -L’hai capito, eh?- Si sfilò la maglia, scoprendo decine di scritte tatuate sul suo corpo. Leo, K e Martina sussultarono nel vederle.
-Rune magiche! Ci ho preso, allora.
-Bravo, ma tutto ciò non ti aiuta minimamente. Anche perché mi pare che tu non abbia prestato molta attenzione ai miei movimenti.
D’impulso, Mera guardò la sabbia. Le orme lasciate dall’avversario formavano un cerchio tutto intorno a lui. Alla fine, Leo aveva ragione: era una trappola.
Crollò a terra urlando, preso da un dolore improvviso e lancinante. Si sentì come immobilizzato, e le forze  iniziarono a venirgli a mancare, sostituite da quel dolore atroce -Bastardo...! Allora era questo...!
-Certo. Ho raccolto parecchie informazioni su di te prima di sfidarti. Sapevo di non poter competere in quanto a forza, quindi ho deciso di prepararmi un piano in anticipo- Congiunse le mani, come in preghiera, e si sedette a terra -L’unico guaio di questo incantesimo è che non posso muovermi mentre lo uso, ma mi basterà aspettare che tutta la tua magia venga drenata e morirai da solo. Rassegnati, hai perso.
“Cazzo...! Ha... ragio-... rag-... ragione...” Il mondo tremò per un istante. Poi divenne nero.
 
Galleggiava nel nulla. Una sensazione neanche troppo spiacevole, in realtà, ma aveva il dubbio che non sarebbe dovuto essere lì. Dubbio che divenne certezza quando vide un uomo di spalle, biondo, alto, muscoloso, e con una giacca portata a mo’ di mantello sulla schiena: Luxus Dreyar, suo padre.
-Papà?
-Proprio io, figliolo- Rispose l’uomo.
-Il fatto che ti veda nella mia testa... non è un buon segno, vero?- Chiese Mera titubante.
-Ovviamente no. Sei messo piuttosto male, in realtà. Ma comunque io sono solo una proiezione generata dalla tua mente, per quanto sia del tutto identico all’originale.
-Ma io... sto per morire?
-Quasi- Luxus indicò una panchina spuntata dal nulla -Mettiamoci comodi, ti va?
Si sedettero l’uno accanto all’altro, e dopo un breve silenzio, l’uomo cominciò -Se stai pensando a quel che è successo a K, credimi: non sei ancora arrivato a quel limite. Lei ormai era condannata ed è stata salvata solo dall’incantesimo di Yupika, ma per te c’è ancora speranza.
-...Ovvero?- Rispose il figlio, esitante.
-Non prendermi per il culo. So qual è il confine massimo dei tuoi poteri. Se lo vuoi davvero, puoi salvarti.
-Beh, certo, potrei scatenare l’Inferno in Terra, ma non sono sicuro che sia proprio una buona idea...
-Hai paura di ferire i tuoi amici, vero? Sei tutto tua madre- Luxus sospirò e sorrise -Anche lei si tratteneva sempre per evitare di far del male agli altri...
-Certo, ma nel mio caso questa paura è pienamente giustificata: l’ultima volta che sono arrivato a quello, in seconda elementare, ho quasi ucciso due miei compagni di classe!
-Lo so, lo so benissimo. Ma, d’altro canto, se non vuoi morire a sedici anni...
 
-Bastardo!
Leo fece per scattare in avanti, ma inaspettatamente Martina lo trattenne. Parlò con una voce talmente calma e sicura, che Leo non osò muovere un passo.
-Avevamo promesso che non saremmo intervenuti, perciò TU NON DI MUOVI DI QUI.
-Ma quello sta ammazzando il mio migliore amico!- Urlò di rimando il ragazzo, furibondo.
-Non è vero. Conosco Mera quanto basta, e so che per lui non è ancora finita. E poi pensa a come reagirebbe se sapesse che lo abbiamo aiutato nonostante quello che avevamo detto prima- La sua voce si affievolì -Possiamo solo avere fiducia...
In realtà, nemmeno lei era veramente sicura di quanto aveva appena detto, ma credeva in Mera. In qualche modo lui ne sarebbe uscito. Ma certo, dopotutto se l’era cavata in situazioni anche peggiori di quella! O no?
-...Brava... Martina...
-Cosa?!?- Hon si voltò di scatto a guardare Mera. Il ragazzo stava schiudendo gli occhi, e,lo guardava con un’espressione estremamente minacciosa.
-No... Non puoi esserti ripreso! Non puoi! Anzi, aspetta...- Il ragazzo fece una risatina isterica -Chissene importa se hai riaperto gli occhi. La tua magia è ancora sigillata, quindi e solo questione di tempo, prima che tiri le cuoia!
-Sbagliato- Rispose Mera, e in quel momento una leggera brezza iniziò a sfiorare la pelle dell’avversario -Vedi, il mio vero potere non è quello di comandare l’aria in sé. La mia capacità più recondita è quella di “risvegliare” la magia normalmente presente in natura. Il problema è che svegliarla è un attimo... è governarla che diventa un po’ più difficile.
Mentre spiegava, la brezza si era intensificata diventando un vento abbastanza forte da sradicare gli ombrelloni fissati male, e non accennava a calare.
-Cosa vuoi dire?! Che stai facendo?!- Gridarono i due cinesi rimasti in disparte.
-Bah! Non ha importanza... tanto ormai è troppo tardi!
A quel punto, si stava scatenando un vero e proprio ciclone, tanto che i ragazzi, sia quelli del Team Peace sia quelli del Team 白日夢 dovettero aggrapparsi al suolo per evitare di essere scaraventati in aria. Ma così facendo, Hon perse la concentrazione.
-Bene! -Mera si sentì finalmente di nuovo in grado di muoversi. Si alzò in piedi e fluttuò verso l’alto, mentre ormai, attorno a lui, infuriava un tornado in miniatura.
-Sapete ragazzi- Urlò rivolto agli avversari -Avete appena ottenuto un posto in prima fila per assistere all’Apocalisse!
Il vento divenne ulteriormente più potente. I tre ragazzi si sollevarono dal suolo, mentre Leo, K e Martina si accorsero di essere di nuovo in grado di rimanere per terra senza fatica. Mera unì i polsi appoggiando la mano destra, con indice e medio alzati, sopra la sinistra chiusa a pugno. Aprì la bocca.
-Ragnarök: Crepuscolo degli Dei!
Per un istante, il Chaos. I tre ragazzi vennero sballottati violentemente in aria e per terra, mentre sembrarono scatenarsi un tornado, una tromba d’acqua, e una tempesta di sabbia insieme. Poi più nulla. I membri del Team白日夢 crollarono al suolo, e Mera discese dolcemente tra Leo e Martina.
-Bello spettacolo, vero?- Gli chiese sorridendo.
 
K: Tu! Mostro! Ma che poteri hai?!
Mera: Ihih. Li ho tenuti nascosti, che male c’è? Anzi ora vi racconto una curiosità: avete presente quando ho detto che ho quasi ucciso due bambini in seconda elementare? Bene, ora tornate un attimo al secondo capitolo...
SHOCK!
Martina: Ma allora era per quello che dicevi di avere avuto un problema simile a quello di Leo!
Mera: Sì. Da quell’occasione, gli altri ragazzi -ma non tutti, per fortuna- hanno cominciato ad evitarmi. E’ per questo che di solito non lo uso.
Leo: Wow! Certo che si tosto, amico!
Io: Sembra che vi stiate tutti dimenticando chi dovrebbe dirigere quest’angolo... Ma comunque, seguite, recensite, e al prossimo capitolo!

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Capitolo 19
*** XVIII. Presagi? ***


Dieci: le dieci di sera, l’ora di inizio ufficiale dello scontro. Due: due contendenti, Hon e Mera. Tre: tre gli avversari sconfitti da Mera con un unico colpo. Incalcolabile: incalcolabile la potenza dell’incantesimo finale di Mera. Uno: uno solo lo spettatore estraneo, Michel Dragonil.
Aveva deciso di andare ad assistere avendo sentito una magia spaventosa provenire da quel posto come se più di una persona estremamente potente si trovasse lì in quel momento: naturalmente aveva avuto ragione, così come ne aveva avuta sul fatto che tra le persone lì riunite ci fossero i novellini.
Dopo l’incanto che Mera aveva chiamato “Ragnarök”, aveva deciso che fosse abbastanza e si era allontanato soddisfatto. A quanto pareva, Leonard Edison non aveva mentito: quel mago del vento non andava preso sottogamba.
 
La prima cosa che lo colpì una volta entrato fu la musica. Riconobbe subito la voce di Anthony Kiedis che cantava Scar Tissue, e fu tentato per un attimo di andare a recuperare il basso da camera sua e suonarci sopra. Lo trattenne la vista di Martina.
-Scommetto che la conosci- Gli disse sorridendo.
-Già. Scar Tissue, RHCP- Ok, non era una risposta molto articolata, ma non sapeva bene cosa dire esattamente. Se ne uscì con la prima cosa che gli passò per la testa -K non c’è?
-No, è andata a farsi un giro qualche minuto fa, non l’hai sentita?- Mera scosse la testa -Volevi parlarle?
-No, no, tranquilla. In realtà è con te che volevo parlare.
-E sentiamo, cosa volevi dirmi?
-Nulla, volevo solo ringraziarti... sai, per ieri sera. Grazie per aver fermato Leo prima che facesse qualche cazzata.
-Non c’è di che- Il sorriso di Martina si fece più luminoso -Leo è un bravo ragazzo, ma penso che ogni tanto ci sia bisogno che qualcuno gli dia una regolata.
-Senza dubbio- Anche Mera rise -Poi, sai... se volevo ringraziarti è soprattutto per la fiducia che mi hai dato. Ti confesso che mi hai stupito, non credevo credessi in me fino a questo punto.
-Oh, questo non è niente...- Mormorò Martina fra sé.
-Cosa? Mmmh... Devo far finta di non aver sentito?
-Come?!- Martina lo guardò allibita -Hai... hai sentito?
-Già. Qual era il significato di quella frase?
-Ehm... no, in realtà...
-Ho capito. Non preoccuparti- Le disse col suo miglior sorrisetto da bastardo. Poi fece due passi verso di lei e le schioccò un bacio sulla fronte prima di girare i tacchi e andarsene.
Sulla soglia si voltò -Grazie ancora- Le disse con un sorriso, stavolta sincero, prima di uscire e lasciare Martina interdetta a chiedersi che significato potesse avere quanto appena successo.
 
Il pomeriggio era passato tranquillo. Aveva fatto una passeggiata con K e finalmente erano riusciti a stare un po’ insieme senza interruzioni da parte di maghi avversari. Starsene solo con lei gli era sembrato un sogno ad occhi aperti: niente scontri, niente caccia al tesoro, niente di niente. Solo K.
Ma adesso che era di nuovo a casa gli erano venute in mente un sacco di cose, perlopiù riferite a quanto accaduto la sera prima. Solo sul terrazzo, Leo rifletteva sulle capacità sue rispetto a quelle dei suoi compagni, salvo venire brutalmente interrotto da Mera.
-C’è qualche problema?- Gli chiese, arrivandogli alle spalle e facendolo sussultare.
-No, no... stai tranquillo, non è nulla.
Mera lo fissò intensamente negli occhi, prima di affermare convinto -C’è qualche problema.
L’americano sospirò.
-Sì, hai ragione. Stavo pensando... beh, a te.
-In che termini?
-Come capitano della squadra. Come membro della squadra. E ho capito che... sei fin troppo forte per me.
Mera fece un sorriso comprensivo -Non è vero, dai... Sono poco più forte di te, lo sai bene.
-No, non è vero! Tu e K... entrambi mi siete sembrati... diversi, da quando avete rischiato di morire. Lei da quel momento mi sembra molto più determinata, quanto a te, beh tu hai dimostrato di possedere una potenza allucinante! E anche ora che ti guardo... tu sei eccezionale.
Fissando il mago del vento, Leo aveva infatti notato l’aura che lo circondava: un’energia incredibile che gli ricopriva il corpo, accesa e in continuo tumulto. Se Leo avesse dovuto paragonarla a qualcosa, gli sarebbe sicuramente venuta in mente una bomba innescata: sempre sul punto di esplodere, ma che non distrugge tutto finché non viene sollecitata.
-Ti riferisci allo strato di magia che mi circonda? Certo, non è facile da mantenere, ma è quello che mi permette di raggiungere il mio limite molto più in fretta di quanto non possa fare tu. In termini semplici, mi permette di essere pronto in ogni momento ad arrivare al massimo, al contrario della maggior parte degli altri maghi che, per risparmiare le forze, non lo usano.
-Già... Ma sei comunque fantastico. Probabilmente devi essere anche più forte di me e K messi insieme- Gli rispose Leo mogio.
L’altro rise -Ahahah! Ma certo che no! Voi due insieme siete sicuramente in grado di battermi normalmente, e poi conta anche la fortuna: se per esempio ci trovassimo su un cimitero, sotto un temporale, e senza un filo di vento, non durerei dieci secondi! Non sopravvalutarmi così!
Notando il silenzio dello statunitense, decise di proseguire -Sai quello che a te manca? La determinazione.
Colpito e affondato. Riuscì a recuperare in un attimo l’attenzione di Leo, che gli domandò -In che senso?
-Nel senso che non serve essere ad un passo dalla morte per decidere che val la pena dare il massimo. Bisogna sempre prendere le cose sul serio e dare il massimo.
-Ma io lo faccio!- Ribatté il negromante, piccato.
-Non del tutto. Ti faccio un esempio: tu non vai benissimo in matematica, vero?
-Ehm...- Rispose Leo imbarazzato.
-Ecco, quando tu scopri di aver preso un 4 nell’ultima verifica, la tua reazione tipo è un: “Pazienza, andrà meglio la prossima volta”. E fai così in tutto! Non sei capace di innervosirti veramente quando le cose non vanno come devono. Ti va sempre bene tutto, e non è che questo sia un male in sé, ma ti impedisce di spingerti ai tuoi limiti!
-Capisco...
Mera gli mise una mano sulla spalla per confortarlo -Non ti preoccupare. E’ tutto qui il tuo problema. So che non avrai problemi a superarlo.
L’elementalista tornò in camera. Leo rimase fermo ancora un attimo a fissare la luna, prima di sorridere: se era davvero questo quel che doveva fare, allora l’avrebbe fatto.
 
Il giorno dopo si alzarono tutti di buon mattino, un po’ perché cucinava Martina (sicuramente la cuoca migliore del gruppo), un po’ perché avevano deciso di andare in esplorazione di una zona ancora sconosciuta della città.
Mentre Leo, K e Martina chiacchieravano amabilmente, Mera restava leggermente in disparte, pensando ai fatti suoi; quella mattina si era svegliato con un preoccupante formicolio lungo la nuca... Un presagio? Possibile, anzi, quasi certo. Con tutto quello che era capitato negli ultimi giorni, aveva imparato che ogni minima sensazione, ogni minimo accenno dell’istinto, non andava preso sottogamba. Ma anche per quello non vedeva l’ora di andare dove deciso; certo, era spaventoso e inquietante, ma tutto sommato anche piacevole. Un po’ come una droga: sai quanto ti faccia male, ma ciononostante non puoi fare a meno di prenderla. Ecco, lui si sentiva così.
Continuò a domandarsi cosa avrebbero trovato anche durante il tragitto, formulando ipotesi su ipotesi, ma dopo tanto girare la sua mente tornava sempre alla stessa idea: il Team I Paladini. Era altamente improbabile, ma in fondo non impossibile. Quindi perché no?
Una volta arrivati, poi, il silenzio opprimente,e anche innaturale per una città di quelle dimensioni, non fecero che confermare i suoi sospetti: c’era qualcuno.
La sensazione di potere che pervadeva l’aria lo spinse ad addentarsi ancora di più tra le favelas, al punto che credette di non riuscire più a fermarsi. Le voci dei suoi compagni dietro che gli dicevano di rallentare erano solo echi fiochi e distanti, mentre sentiva di poter comprendere gli effetti del canto delle sirene sui marinai.
Altri due passi. Ancora uno.
-No...- Mormorò.
-Che succede? Finalmente ti sei fermato!- Ansimò Leo.
-Indietro!- Urlò l’aeromante, facendo lui stesso un salto indietro, mentre una saetta di fuoco pioveva dal cielo, incenerendo il suolo dove si trovava fino a pochi istanti prima.
Eccoli. Erano loro. I Paladini, in tutta la loro sfolgorante potenza. Ciò che successe immediatamente dopo fu talmente rapido e confuso da essere difficile da descrivere.
-Via!- Gridarono in contemporanea i due capitani.
Scattarono tutti e otto. Leo attaccò Nikita con la spada di ossa già sguainata, ma questo bloccò con facilità usando un bisturi -che fosse un medico?-; K tentò di travolgere Hajrudin con un getto d’acqua, bloccato da un enorme scudo d’argento; Martina usò i tarocchi per tentare di colpire Micaela, mentre lui... sì, a lui toccò Michel.
Si separarono tutti quanti, gli scambi di battute erano rapidi e continui, mentre Mera si allontanava sempre più insieme a Michel. Loro due non si erano ancora colpiti, si tenevano a debita distanza l’uno dall’altro: Mera iniziò a chiedersi se non avessero in mente la stessa cosa.
Quando l’avversario si fermò, Mera gli chiese:
-Perché non mi stai attaccando?- Il tono era calmo, ma lasciava ugualmente trasparire l’agitazione che l’aveva assalito.
-Lo sai- Rispose Michel pacato -Da quel che ho visto, i nostri ragazzi sono più o meno alla pari. Ma sai com’è... ci tengo a loro.
-Mi stai chiedendo di vedercela solo noi due?
-Sì, ecco... proporrei di fermarli, per adesso. Forse è meglio che ce la sbrighiamo io e te da soli. Non vorrei mai che finisse male.
-Qui ed ora?
-No, siamo troppo vicini, a loro e alla gente comune. Se due come noi combattessero qui, potrebbe andarci di mezzo qualcuno.
-Allora quando?- Chiese Mera. L’adrenalina stava cominciando a cedere il passo all’ansia.
-Domani. Verso il quartiere deserto. Hai un giorno. Approfittane.
-D’accordo.
Discorso chiuso. I due capitani tornarono sul luogo degli scontri ed ordinarono una ritirata alle proprie squadre. Nessuno dei ragazzi sapeva con esattezza il perché, ma non ci furono obiezioni: se entrambi avevano deciso così poteva esserci un solo motivo. Volevano vedersela da soli.
 
Io: Si prospetta un bello scontro!
Leo: Cosa?! Ancora tu?! Ma volevo combattere anch’io!!! *piange*
K: Non preoccuparti. Tanto so che prima o poi toccherà anche a te, VERO?!
Io: Ho la sensazione che, se lo sguardo potesse uccidere, io avrei un buco sulla fronte...
Martina: Sicuramente.
Io: Bene! Seguite, recensite, e guai a chi si perde il prossimo capitolo!
*si spengono le luci*
Mera: No, un momento... e io?!?

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Capitolo 20
*** XIX. L'ultima occasione ***


Fortuna che, per previdenza, aveva pensato di portarsi dietro degli ossi di pollo avanzati dalle cene delle ultime sere. Non era riuscito a ricavarne una vera e propria spada, ma almeno un pugnale a qualcosa sarebbe servito.
Peccato che non avesse tempo di complimentarsi con sé stesso per la sua lungimiranza, perché il suo nemico non gli dava neppure un attimo per recuperare il fiato. Era bravo con il suo bisturi, decise Leo, tanto che lo superava ampiamente in velocità e tecnica.
Riuscì a spingerlo indietro di forza e ad approfittare del tempo guadagnato per indietreggiare di qualche passo, per mettere una distanza ancora maggiore ed evocare Richard per avere man forte.
Lo spirito si trattenne dall’uscirsene con una delle sue solite minchiate e si fiondò direttamente contro il russo fronteggiandolo con uno stiletto in una mano, ed una pistola nell’altra.
Mentre l’assassino teneva occupato l’avversario, Leo si concesse un attimo di pausa per verificare la situazione dei compagni: Mera era sparito insieme a Michel; K, al momento, si stava difendendo dalle pallottole sparate dall’ M4 di Hajrudin con un muro d’acqua; Martina, infine, stava tentando di colpire Micaela con delle scariche elettriche lanciate dai tarocchi, scariche che però, inspiegabilmente, si limitavano ad attraversare il corpo della ragazza.
-Hey, capo!- Lo chiamò Richard col suo solito tono strafottente -Mi daresti una mano? Sai, io starei lavorando per te...
Tornò a concentrarsi sulla sua battaglia, e vide che persino  l’assassino cominciava ad essere in difficoltà contro il pallido Nikita. Intervenne ad aiutarlo, e in due sembrarono riuscire -più o meno- a sopraffare l’avversario, ma vennero interrotto da un ritorno improvviso.
Mera e Michel stavano richiamando le loro rispettive squadre. Lo scontro era temporaneamente finito.
 
Le undici. Se ne stava seduto sul terrazzo, solo e con un bicchierino in mano a guardare il cielo. Aveva un volto sereno, ma forse era solo la rassegnazione.
-Ciao, amico mio.
Quel saluto turbò Leo non poco. -Hey!- Gli rispose -Da quando mi saluti in quel modo? Così sembra quasi un addio!
-Perché probabilmente lo è- Il tono di Mera era calmo, evidentemente aveva deciso di accettare il futuro senza tentare di scapparci. L’occhio di Leo cadde sul bicchierino che il mago del vento teneva il mano.
-E... quello?
-Oh, tranquillo. E’ solo il secondo shot di rhum. Mi aiuta a mandar giù i problemi.
Seguì un attimo di pausa: Leo non sapeva bene come iniziare il discorso, così alla fine, scelse il metodo più diretto.
-Domani affronterai Michel, vero?
-Mh-mh!- Annuì l’aeromante con tranquillità.
-Non devi fare così. Io so quanto tu sia potente. Perché devi dare per scontato che morirai?
-Perché tu non immagini neanche quanto sia forte Michel, e io non so cosa accadrà. Mi ha concesso questo giorno e questa notte perché potessi approfittare del tempo che mi rimane, ora non posso rifiutare lo scontro. Ma ora non mi chiedere altro, per favore- La voce cominciò ad incrinarglisi -Augurami solo buona fortuna.
Leo comprese cosa intendeva con “approfittare del tempo”, ma questo contribuì solo a farlo pendere per un attimo dalla tristezza. Qualsiasi cosa cercasse di dire, le parole non raggiungevano la sua bocca -Buona fortuna, amico mio- Rispose infine.
Si abbracciarono rapidamente, poi Mera entrò in casa. C’erano ancora tre persone da salutare.
 
K se ne stava seduta a tavola, una tazza di camomilla in mano. Mera le si sedette di fronte e la salutò.
-Ciao, Kate.
Alzò lo sguardo. Eccetto i suoi genitori, nessuno la chiamava mai col suo nome completo.
-Come mai mi chiami così? E’ perché questo sarà il nostro ultimo saluto?
-Sei più sveglia, rispetto al tuo ragazzo- Le rispose -Come forse immagini, domani mi scontrerò con Michel. Non so se riuscirò ad uscirne vivo, quindi voglio chiarire una cosa: se muoio, sarai tu il capitano della squadra. Non è che degli altri non mi fidi, però... non saprei, ho la sensazione che sia tu la persona più adatta ad essere un leader. Non hai nulla in contrario, vero?
Questa frase la colse così alla sprovvista che non seppe neanche cosa ribadire: perché non Leo, perché non Martina, avrebbe voluto chiedere. Ma era l’ultima richiesta del loro capitano. Come poteva rifiutare?
-D’accordo- Rispose a malincuore.
Mera si alzò -Prenditi cura della squadra. Proteggi i tuoi compagni, anche da parte mia. Sono la ragazza che amo e il mio migliore amico, dopotutto.
In un’ altra occasione, K si sarebbe sorpresa nel sentirgli pronunciare “la ragazza che amo”, ma in quel momento sentiva tutto scivolarle addosso senza lasciare traccia. Il mago del vento le passò in parte e le diede un bacio sulla fronte. Sul punto di uscire dalla cucina, le chiese:
-Martina è in camera vostra, vero? Per stanotte ti fa niente fare a cambio di camera con me?
 K, ancora shockata da tutto il dialogo, non rispose. “Chi tace acconsente” pensò Mera.
- Oh, giusto. Saluta Yupika da parte mia.
 
Martina era già accovacciata nel letto, con le coperte tirate su fino al mento. Aveva paura. Paura di parlare con Mera, paura di perderlo il giorno appena dopo, paura di concludere quel viaggio senza di lui. Senza il loro capitano. Senza colui che amava.
Mera le si sedette accanto.
-Hey- Le disse piano -E’ inutile che fingi di dormire. Ho una cosa da dirti.
Perfetto. E lei non voleva ascoltarlo! Non voleva che glielo dicesse. Se veramente era quello, in un altro momento ne sarebbe sicuramente stata più che felice, ma non ora! Non voleva soffrire ancora di più...
Ma lui non poteva più fermarsi. Era l’ultima occasione, con tutta probabilità, e solo uno sciocco l’avrebbe sprecata così. Le si avvicinò, le posò una mano sul braccio, e le sussurrò due parole: “Ti amo”.
Lei iniziò a singhiozzare -Ti... ti amo... anch’io...! Ma... perché... perché proprio ora?
Le si sdraiò a fianco -Perché potrei non avere altre occasioni. Non voglio rimpianti.
La paura di Martina, la sua tristezza, divennero rabbia. Una rabbia che, a ben pensarci, non era neppure del tutto immotivata. Rabbia verso di lui, che da un momento all’altro poteva lasciarla sola, verso Michel che stava per portarglielo via, verso quella maledetta competizione della morte! Perché poi?
-Perché lo devi fare?- Gli chiese con le lacrime agli occhi -Perché non potevi semplicemente rifiutare?
-Perché tutto il mondo non sarebbe abbastanza, per scappare da uno come lui. Perché ho sempre voluto confrontarmi con Michel uno contro uno. Perché glielo devo- Rispose Mera -Lui avrebbe potuto affrontarmi oggi, ma mi ha concesso un giorno per dirvi addio. Io devo mantenere il mio obbligo.
La baciò piano sul collo. Lei non lo allontanò. In mezzo a tutta quella paura, quella tristezza che l’aveva assalita, aveva bisogno di sentirlo accanto.
Le lacrime continuavano rigarle le guance, ma lasciò che l’altro continuasse. Era bello, piacevole, la faceva sentire come se Mera sarebbe stato lì per sempre. “Posso?” le chiese, e lei non rispose. La verità è che non lo sapeva. Non erano neppure fidanzati ufficialmente, ma sapeva che Mera non la stava semplicemente usando. E forse, se avesse detto di no, avrebbe perso per sempre quella possibilità.
Il ragazzo si fece man mano più ardito, non si fermò, la fece sentire come mai prima d’ora si era sentita. Era la prima volta per tutti e due, vennero entrambi, e andarono avanti, ancora e ancora. Si addormentarono solo verso le due, esausti. Lei era riuscita a dimenticare le sue paure, lui si sentiva sereno e a posto con sé stesso pur sapendo di stare andando incontro alla morte.
Quando la luce dell’alba li illuminò, erano ancora abbracciati. Mera si alzò piano per non svegliarla, raccolse da terra i suoi vestiti e scese al piano di sotto. Era stata la notte migliore che avesse mai passato. Purtroppo, forse, anche l’ultima.

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Capitolo 21
*** XX. Un duello imposto dal destino ***


Mi scuso per il precedente capitolo, ma era -circa- introduttivo a questo. Ho voluto inoltre mettere in evidenza i rapporti di Mera con gli altri personaggi, pertanto vogliate perdonarmi se succede poco che porti avanti la storia. Non temete, con questo rimedierò ampiamente.
 
-Eccoti.
Non c’era calore nel saluto di Michel. Il che era strano, visto che lui era proprio un elementalista del fuoco. Mera rise al solo pensiero di quella cretinata, non tanto perché fosse veramente divertente, più che altro si trattava di una risata dettata dal nervosismo.
Guardò in faccia l’avversario, e sebbene lo conoscesse già da tempo per via dei loro genitori, gli sembrò di starlo osservando per la prima volta. Poi, all’improvviso, questo sparì.
Niente convenevoli. Niente discorsi introduttivi. Iniziarono subito ad affrontarsi furiosamente, ad una velocità quasi impossibile da seguire ad occhio nudo. La terra si scuriva per le fiamme; gli alberi perdevano le foglie, scossi dal vento; la natura stessa sembrava essere lì apposta per assistere a quello scontro.
Dopo un minuto circa di scontri fisici a calci e pugni, presero entrambi le distanze l’uno dall’altro, ed iniziarono a colpirsi con i migliori incantesimi di cui disponevano. Michel generò un’enorme fiammata per investire Mera, fiammata che però si spense poco prima di raggiungere il bersaglio.
Preso alla sprovvista, sembrò per un attimo confuso, ma durò solo una manciata di secondi; difatti, riprese subito a colpire con una pioggia di schegge di fuoco, che però si spensero anch’esse poco prima di colpire l’aeromante.
-Per quanto avresti intenzione di continuare?- Chiese Mera simulando noia.
-Posso anche smettere ora. Tanto ho capito come fai.
Il mago del vento inarcò un sopracciglio in segno interrogativo.
-Tu dissipi semplicemente l’aria di fronte a te generando una sorta di vuoto. E si sa, il fuoco non brucia, senza ossigeno- Affermò Michel con un sorriso beffardo stampato in faccia.
-Bravo, sei sveglio- Si complimentò sinceramente il mago del vento -Ma, se mi è lecito, come pensi di ovviare a questo problema?
-Lo vedrai.       
Il duello riprese più furioso di prima: stavolta il piromante decise di attaccare contemporaneamente con incantesimi di fuoco e colpi fisici e ravvicinati. La speranza era di trovare in qualche modo un punto scoperto nella difesa di Mera, punto che però scoprì inesistente dopo un paio di minuti di scontro a quella velocità. Ma anche l’avversario non si limitò a difendersi in quel lasso di tempo: cercò infatti in ogni modo di colpire Michel sfruttando la sua velocità superiore, ma ogni volta che sembrava lì lì per colpirlo, questo si difendeva circondandosi di fiamme. Perfetta parità.
-Così non andiamo da nessuna parte- Decise il mago del vento passandosi una mano sulla bocca in un gesto molto figo.
-Sono d’accordo. Quindi? Come vorresti risolverla?
-Non so... penso che continuerò fino a quando non ti avrò tirato via quel sorriso dalla bocca. A costo di romperti il muso!
Si scagliarono di nuovo l’uno contro l’altro. Uno bloccava le fiammate prima che queste riuscissero a toccarlo, l’altro bruciava le lame di vento che gli venivano scagliate contro. Nessuno dei due cedeva. Nessuno dei due mollava. Aumentarono nuovamente la velocità, portando lo scontro ad un livello addirittura superiore di quanto non fosse stato fino ad allora. Impossibile distinguere i colpi, e ancor più difficile stabilire chi fosse in vantaggio. Nemmeno loro stessi avrebbero saputo dirlo.
Si separarono l’uno dall’altro per riprendere fiato dopo mezz’ora buona di duello. Sembravano entrambi stremati, ma ancora determinati a vincere con tutte le loro forze.
-D’accordo- Disse Michel all’improvviso riprendendo fiato -Come pensavo, non ho scelta.
-Credo di immaginare cosa vuoi fare- Rispose Mera sorridendo -Questo non riuscirò a bloccarlo, vero?
-Temo proprio di no- Sospirò il Paladino, prima di aggiungere -Ti sei mai chiesto perché mi chiamino “Imperatore della Luce”?
-Sinceramente sì. Anche se non ho mai trovato una risposta.
-Allora te lo spiego: io ho combinato le magie dei miei genitori. La magia stellare di mia madre, con la magia del fuoco di mio padre. Il risultato...
-...Il calore di una stella!- Concluse Mera allibito.
-Esatto! Anche la sua luce, di conseguenza, ma questo poco importa. Io ora userò il mio incantesimo più potente, tu pensi di scatenare il Ragnarök?
-Mi hai osservato, bastardo?- Chiese l’aeromante a sentire il nome della tecnica -No, comunque no. Un po’ perché voglio vedere cosa farai senza il mio intervento, un po’ perché sono convinto che non basterebbe a fermarti.
-E sia- Concluse il mago del fuoco chiudendo gli occhi.
Sollevò le braccia di fronte a sé ed il suo corpo iniziò ad inondarsi di luce. In quell’istante Mera comprese che tentare di difendersi era inutile, come pure tentare di scappare. Quel colpo avrebbe probabilmente distrutto qualsiasi cosa nel raggio di una ventina di chilometri, e lui, per quanto fosse veloce, non poteva certo percorrerli in una manciata di secondi. Ma almeno sarebbe stato un pareggio! Perché, d’altronde, se lui non poteva sopravvivere, di certo non ce l’avrebbe fatta neppure Michel. Chissà poi perché era disposto persino a sacrificarsi? Mah, gliel’avrebbe chiesto in un’altra vita...
-Supernova!
La luce lo travolse. Stava davvero per morire. La cosa curiosa è che, stranamente, gli andava bene così. Si lasciò cullare da quel caldo abbraccio che sembrava venire direttamente dall’Inferno, senza pensare a nulla, senza più problemi...
“Addio.”
E poi, tutto si spense. Riaprì gli occhi e vide Michel crollare al suolo, mentre una figura stava ritta in piedi dietro di lui.
-Nikita...
-L’ho tramortito- Rispose il russo -Non l’ho fatto per te. L’ho fatto per lui.
-Ma il tuo braccio...- Mormorò Mera notando l’arto mezzo carbonizzato del ragazzo russo.
-La vita del mio capitano val bene un braccio- Rispose questi, prima di voltarsi ed aggiungere -Non ho dubbi che ci rivedremo ancora, Mera Dreyar. Prenditi cura della tua squadra.
Detto questo, il Paladino sparì nel nulla da cui era venuto, portando con sé il corpo incosciente del proprio capitano. In quell’istante, Mera sentì tutta l’adrenalina dello scontro cedere il passo e alla stanchezza e al sollievo. Svenne.

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Capitolo 22
*** XXI. Dialoghi? ***


Io: Che bello essere tornati! Perdonate il ritardo, non mi ero dimenticato, ero solo troppo impegnato...
K *fuori campo*: Sì, sì...
Io: Che vuoi?! E’ vero! Comunque, per farmi perdonare, uscirò con un doppio capitolo! Oggi questo, e domani il secondo speciale, questa volta incentrato su un personaggio principale! Buona lettura!
 
Si stava svegliando. Poveraccio, quando l’aveva trovato era a terra, svenuto, e coperto di lividi e bruciature, ma ora sembrava stare meglio. L’aveva trasportato fino alla sua stanza, depositandolo sul letto e affidandolo alle cure delle due ragazze, decisamente molto più brave di lui nel guarire i vivi.
-Buongiorno!- Lo salutò.
-L-Leo...- Mormorò Mera in risposta aprendo gli occhi.
-Stai meglio?
-Un po’- Disse, mettendosi faticosamente a sedere -Mi hai portato qui tu?- L’altro annuì.
-Sai- Riprese -Per un attimo ho davvero avuto paura di morire.
-Ma non dicevi di essere pronto anche a quello?- Lo prese in giro l’amico.
-Sì, lo ero, ma poi ho pensato... se io morissi, chi si occuperebbe di voi?
-Curioso- Rispose l’amico sorridendo -Io invece ho pensato “Se tu morissi, come farei a dirlo hai tuoi genitori?”
Il mago del vento si lasciò sfuggire una debole risata, e dopo un attimo di silenzio, Leo gli disse -E’ bello sapere che ci tieni così tanto.
-Grazie- Rispose con fatica l’aeromante.
Seguì un altro breve silenzio, spezzato questa volta dalla domanda di Mera.
-Eri preoccupato, vero?
Il negromante sorrise -E’ ovvio. Come avrei potuto non preoccuparmi?
-Ma scommetto che c’era qualcuno molto più in ansia di te.
-Martina, eh... sì, lei era davvero spaventata. Ma non ha mai perso fiducia, era convinta che saresti sopravvissuto.
-Aveva ragione- S’interruppe, per poi aggiungere -Anche se solo grazie all’intervento di Nikita.
-Ho saputo- Rispose Leo cupamente -Ma non credo comunque che avresti perso- Soggiunse recuperando il suo sorriso.
-Già, saremmo morti entrambi, ma sarebbe stato un pareggio- Gli disse Mera sereno -Ma, ora che ci penso, perché sei venuto a recuperarmi? E per quanto ho dormito?
-Calma, calma. Hai dormito “solo” dieci, ore adesso comunque. Non eri conciato poi così male, anzi, a tal proposito, complimenti. Quanto al come ho saputo di doverti venire a prendere...- Estrasse un foglio dalla tasca e lo mostrò al capitano -Questo me l’ha portato Micaela. C’è scritto che lo scontro era finito, e che c’era un cadavere da raccattare- Pronunciò l’ultima frase con un tono scherzoso, da presa in giro, e Mera rise confortato. Meno male che Leo non sarebbe mai cambiato.
 
Una ventina di minuti dopo, sentendosi già perfettamente in grado di alzarsi, scese in sala da pranzo dove, prima ancora di fare un passo, venne travolto dall’abbraccio di Martina.
-Hey, hey, non c’è bisogno! Sto bene!- Esclamò.
Lei strinse ancora più forte.
-Ok, basta! No, ferma! Le costole! Mi servono!
Soddisfatta, la ragazza lo lasciò andare -Mi fai preoccupare per nulla!- Gli disse con un finto tono di rimprovero, prima di baciarlo sulla fronte.
-Non lo farò più- Promise -La prossima volta, mi assicurerò di morire senza dirti nulla- Scherzò.
Anche K lo abbracciò contenta, ma fu molto più sobria dell’amica -Non ci riprovare- Lo ammonì con fare materno.
-Non c’è pericolo- Assicurò lui con aria sincera.
Si sedettero tutti quanti a tavola, e Mera fece una comunicazione importante.
-Ragazzi, ho qualcosa da dirvi! Chi indovina?
-Stiamo per lasciare il Brasile- Sparò K con tono annoiato.
-Brava...!- Disse sorpreso -Ma non subito. Dopotutto, siamo qui solo da una settimana. Resteremo ancora per altri sette giorni, poi ripartiremo in direzione della Cina! Ci state?
Un brivido percorse i presenti.
-La Cina?- Domandò Leo confuso -Perché? Non ti è bastata l’esperienza con il Team... quello là... come si chiamava? Mitico Sogno?
-Sogno Impossibile- Lo corresse K -Ha ragione, perché cerchi ancora rogne con i cinesi?
-Non è che cerco rogne, anzi! E’ stata proprio la loro conoscenza che mi ha suggerito la nostra prossima meta. Ma, se avete in mente altri luoghi da visitare, non ci sono problemi. Ne stiamo discutendo apposta.
Alla fine, anche se Leo non era proprio quel che si dice entusiasta, nessuno sembrò avere idee migliori. Non c’era molta scelta.
-Perfetto!- Esclamò contento il capitano -Allora è deciso! Andremo in  Ci...!
S’interruppe di colpo ed abbassò di scatto la testa. Un coltello con un foglio attaccato sfrecciò nel punto dove un attimo prima si trovava il suo orecchio, ed andò a conficcarsi nella parete in fondo alla stanza.
-Ma che...?
-Di chi è stata questa trovata?!- S’infuriò K, andando a recuperare il foglio allegato alla lama -Se lo trovo lo...!
Lasciò la frase sospesa a metà, leggendo il messaggio contenuto in quel pezzo di carta -Mera... leggi un attimo...
Mera si alzò confuso ed andò a leggere il messaggio.
 
“Mera
Michael vuole vederti questa sera al Rio Scenarium. E’ un buon ristorante, quindi dice di non mangiare prima e di approfittarne. Appuntamento alle 19:30, non presentarti troppo in ritardo.
                                                                                                                                             Hajrudin”
-Oh... Vuole vedermi quindi...
-Che hai intenzione di fare?- Gli chiese preoccupata Martina.
-Che domande! Ci vado!
 
-Ciao.
Un saluto pacato, allegro, senza ombra di ostilità. Mera squadrò il Paladino da cima a fondo, notando qua e là dei cerotti sparsi o dei lividi scuri: evidentemente, nemmeno lui era uscito indenne dallo scontro. I tranquilli occhi verdi, invece, non davano segni di preoccupazione o di pericolo. Era tutto a posto.
-Ciao Michel! Sai, se devo essere onesto, sono contento che tu abbia chiesto di vedermi- Gli disse l’aeromante -Avevo giusto qualcosa da chiederti.
-Immagino che riguardi il mio attacco suicida- Disse l’altro, quasi scherzando.
-Anche- Ammise Mera, sedendosi a tavola.
-Cosa ordini?- Gli chiese Michel.
-Non so, darò un’occhiata al menù. Nel frattempo, tornando alla mia domanda...
-Perché ero disposto a farlo? Per vedere fin dove potevo arrivare. Per mostrarti il mio limite, e perché lo vedessero anche tutti gli altri. Non hai idea di come sia vivere con mio padre.
Mera inarcò un sopracciglio con fare interrogativo, ma lasciò che l’altro continuasse -Lui è fortissimo, è una leggenda vivente. Con lui prima di me, io non posso risaltare. Eppure- Il suo tono si fece più duro -Io sono molto più forte di lui. La mia magia potrebbe surclassare la sua senza fatica, ma nessuno sembra rendersene conto. Tantomeno lui. Ma con un incantesimo del genere, probabilmente, ci sarebbe arrivato a capire che non era lui il genio di famiglia.
- Uh-uh!- Mera fece un sorriso di scherno -Sei un po’ complessato, fratello?
-Cosa?! No!
-Strano, l’idea che dai è quella.
-Non mi prendere in giro- Bofonchiò Michel, girando la testa.
-Ok, non te la prendere. E’ solo che non penso valesse la pena di arrivare a morire per far vedere quanti vali. Non so come sia vivere con tuo papà, ma io non credo che l’avrei fatto.
-Tu... non hai idea... di quanto sia infantile...!- Bofonchiò il piromante tornando a guardarlo con quei penetranti occhi rossi.
-E’ vero, però...- S’interruppe notando qualcosa di strano -Aspetta, ma i tuoi occhi non erano verdi?!
-Oh! Ah sì, l’hai notato!- L’altro rise -I miei occhi cambiano colore a seconda delle emozioni che provo. Diventano neri se sono arrabbiato, rossi se sono in imbarazzo, blu se sono concentrato, e così via... Se prima erano verdi, significa che mi stavo divertendo.
-Che figata! Ma quindi ora sei in imbarazzo!
Il rosso divenne ancora più intenso -Sì, ehm... se potessi evitare...
Mera si accorse che dagli altri tavoli lo stavano osservando tutti quanti -Oh. Giusto. Comunque, ho deciso che prenderò una feijoada! Tu invece?
 
Tutto sommato era stata una serata divertente. Non avrebbe mai pensato di potersi divertire in compagnia di un avversario (specialmente se l’avversario in questione era Michel), ma rimase piacevolmente sorpreso da quell’incontro. Aveva saputo che anche i Paladini avevano deciso di levare le tenda dal Brasile, e che sarebbero partiti due giorni dopo per il Sudafrica.
Si salutarono ad un incrocio: Mera doveva andare a destra, Michel a sinistra.
-Allora ciao- Salutò l’aeromante -Mi sono divertito stasera.
-Anch’io- Rispose allegro il Paladino -Che ne dici? Ti andrebbe di vederci ancora, quando finisce questa maledetta gara? Magari con il resto delle nostre squadre, perché no?
-Mi stai chiedendo indirettamente di diventare amici?- Rispose il mago del vento con un sorriso.
-Magari... non così direttamente...- Mentre pronunciava quella frase, gli occhi del piromante, da verdi che erano, si tinsero nuovamente di rosso.
-Capisco- Gli disse Mera allegro -Sì, perché no? A me va bene!
L’altro sorrise. Si strinsero virilmente la mano, e con un sorriso si diressero ciascuno ai propri alloggi. Era stata una serata proficua? Considerato che si era divertito, e che era tornato a casa con un amico in più di quando era partito... sicuramente sì.
 
Io: E rieccoci con un capitolo un po’ più tranquillo e -purtroppo- meno esplosivo del precedente. Anche se forse la decisione di Michel nello stesso capitolo (l’attacco suicida) può avervi lasciati un po’ confusi, io sapevo già perché l’aveva fatto. E con un padre come Natsu, onestamente, non penso di potergli dare torto.
Mera: Già, lo conosco. Non penso debba essere stato facile, per lui...
Io: Ma non sono qui per parlare solo di questo! Sapete, giusto oggi ho pensato a che animale potrebbe assomigliare ciascuno di voi!
Tutti: ...
Martina: ...Eh?
Io: Ma certo! Leo, tu ad esempio saresti un cane: molto fedele, ma anche parecchio pericoloso per i malintenzionati.
Leo: Non sono sicuro di esserne contento.
Io: K, saresti una lupa. Orgogliosa, solitaria, in gamba... sì, è proprio il tuo ritratto!
K: Ma che stai dicendo?
Io: Martina saresti una gatta. Sei carina e coccolosa, ma all’occorrenza sai tirare fuori gli artigli!
Martina: Ragazzi, aiuto, ma questo delira!
Io: E tu Mera saresti un leone. Forte, fiero, arrogante...
Mera: Mmmh... sì! Il leone mi piace! Hey, aspetta! Che hai detto a proposito dell’arrogante?
Io: E questo è tutto! Seguite, recensite e al prossimo capitolo!
*si spengono le luci*
*fuori onda*
Leo, K, Martina e Mera: *si avvicinano minacciosamente*
Io: Hey! No! Ragazzi! Che volete fare?! Un momento! Aiutooooo!

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Capitolo 23
*** 21.5 Extra 2: Tre piccole pesti ***


No. Uno, due, tre... no, decisamente qualcosa non tornava. Può capitare di sbagliare i conti, ma era piuttosto sicura di saper contare fino a quattro.
-Leo, dov’è Mera?
-Buona domanda- Le rispose questo -Non ne ho idea. Quando mi sono svegliato, il suo letto era vuoto. Piacerebbe anche a me sapere dove sia andato a quest’ora. Tra l’altro, anche ieri pomeriggio era sparito per conto suo...
-Cavolo!- Imprecò  -Tu K ne sai qualcosa? Sei stata tu la prima a svegliarsi per preparare la colazione, magari l’hai visto.
K distolse lo sguardo con aria imbarazzata -Ehm... no...!
-K, sei sicura?- La fissò intensamente negli occhi, e di nuovo lei girò il capo. Il che in pratica fu come dire “So benissimo dov’è ma non te lo voglio dire”.
-D’accordo- Sospirò Martina -Yuuupikaaa.
K ebbe un sussulto. Quando parlò, la voce non era più la sua. Era più infantile, più dolce.
-Che c’è?- Domandò la ragazza, spaventata.
-Tu e K sapete dov’è andato Mera, vero?- Chiese, con un tono dolce come una torta e finto come una banconota di carta igienica.
La ragazzina annuì spaventata muovendo la testa di K.
-E, per caso, Mera ha fatto promettere a K di non dire niente?
-Sì...- Mormorò Yupika con una smorfia sofferente.
-Ma tu non hai promesso, vero?
 
Andata. Un po’ gli dispiaceva di aver dovuto terrorizzare Yupika per farle vuotare il sacco, ma almeno adesso sapeva dov’era andato il suo ragazzo. Che, a quanto pareva, teneva a lei così tanto da non avvisarla neppure di stare andando in giro tutto solo per una città pullulante di maghi ostili, a due giorni dalla prossima partenza per la Cina. Peraltro, Mera aveva deciso di avventurarsi tra le favelas, in mezzo potenzialmente a ladri o delinquenti di vario genere. Perché quel ragazzo faceva sempre di testa sua? Ma soprattutto, perché la cosa lo faceva apparire così figo agli occhi di Martina?
Decise di guardarsi intorno per capire dove si trovasse e dove potesse essere l’aeromante. Il luogo era apparentemente deserto, adornato da molte case tutte uguali, qualche albero sparso qua e là, un campo da calcio in lontananza e -ma forse era solo la sua immaginazione- un’insegna luminosa con la scritta ‘Trappola’. Insegna che puntualmente la colpì in testa dopo neanche tre passi sotto forma di proiettile di fionda.
-Ahi!- Esclamò -Ma cosa...?
Si girò e vide due ombre correrle incontro per travolgerla, ma riuscì a scansarsi in tempo. Strano, quelle figure sembravano bassine, ed anche piuttosto esili... Quelli erano due... Bambini?!
Uno dei due le urlò qualcosa con un sorriso sicuro. Martina rispolverò in fretta quello che aveva imparato da un corso di portoghese di qualche anno prima, e capì che il succo era qualcosa come “Ah! Ci sei cascata”
Voltò la testa, e scorse un’altra figura -un altro bambino, sembrava- che tentava di assalirla da dietro. Senza pensare, usò le sue carte per difendersi e il bambino volò dall’altra parte della strada addosso agli altri due.
-Oh, desculpe! Io sinto muito- Gli disse, apprensiva -Você está machucado?
-Ahi! Cuida da sua vida!- Rispose arrabbiato uno dei ragazzini.
“Che maleducato!” Pensò Martina “Io mi stavo solo preoccupando per lui! Vabbeh, chiediamogli solo se hanno visto Mera e andiamocene.”
-Ragazzi (*n.d.Io.: La smetto di scrivere in portoghese, da adesso traduco in automatico. E sono anche meglio di Google Traduttore!), per caso avete visto un ragazzo passare di qui? Si chiama Mera, e...
-Conosci il Fratello Mera?- La interruppe quello che aveva colpito con i tarocchi, per poi domandarle in tono sospettoso -Cosa sei per lui? In che modo siete legati?
“Ma che bambino invadente! Ma sa dov’è Mera, quindi...” -Sono la sua ragazza- Rispose.
Proprio in quel momento, un ragazzo arrivò correndo lungo la strada con un sacchetto in mano; si fermò ansante dicendo -in perfetto francese-   -José! Rodrigo! Manoel! Finalmente vi ho trovati! Si può sapere dove...?- S’interruppe alzando lo sguardo. Nei suoi occhi brillò la paura, a vedere l’espressione della ragazza che stava di fronte ai tre bambini. Abbozzò un sorriso,e la salutò -Oh, ciao Martina...
 
-Cosa cavolo ci fai qui?
-Ma nulla, è solo che ho trovato questi tre bambini e ci ho fatto amicizia...- Mera sembrava abbastanza imbarazzato, ma se faceva così nella speranza di intenerire Martina... Beh, era la tattica sbagliata.
-Eravamo tutti preoccupati per te! Ti ricordo che sei ancora semi-convalescente, quindi, ti prego, dimmi cheche non ti stavi di nuovo cacciando nei guai- Gli disse, apprensiva ma severa.
-Ok... ero andato a rubare qualcosa al mercato...
-Cosa?!
-Ero andato a rubare qualcosa al mercato!- Ripeté con più convinzione.
-Che cavolo ti è saltato in mente?!- Esclamò Martina sconvolta.
-Ma cerca di capire! Loro sono poveri, li ho trovati ieri che stavano fregando del pesce e si sono quasi fatti beccare! Ho voluto dargli una mano per evitare che finissero in prigione!
-Come sai che sono poveri? Parli portoghese?
-In effetti no... ma mi hanno fatto vedere la loro casa e mi hanno spiegato tutto a gesti. Ti prego, l’ho fatto per loro, loro padre è disoccupato, e la mamma fa la parrucchiera! Con i soldi che guadagnano non riuscirebbero mai a tirare avanti!
-Veramente...- Intervenne timidamente il ragazzo che a quanto pareva doveva chiamarsi Manoel -Nostro padre è disoccupato solo da qualche giorno. Fino a due giorni fa lavorava per un posto che si chiama “Informática de Rio” . E’ stato licenziato.
-Por quê?- Domandò Martina.
-Nessun motivo, ha detto- Intervenne Rodrigo -E’ sempre andato al lavoro, e da quel che so era pure bravo...
-Che stanno dicendo?- Chiese Mera che non era riuscito a seguire la conversazione.
Martina gli tradusse tutto quanto. L’aeromante spalancò gli occhi con rabbia, a sentire la storia.
-No, questo non lo tollero!- Disse a denti stretti.
-E allora? Non fa piacere neanche a me, ma cosa vorresti farci?- Domandò Martina sconsolata.
-Non lo so ancora. Ma risolverò la faccenda.
 
Com’era prevedibile, Mera sparì anche il giorno dopo. Ritornò solo a tarda sera, con un aspetto stanco e trasandato.
-Eccoti!- Lo accolse Leo -Ma dove sei stato? Guarda che domani partiamo, dovevi fare la valigia...!
-Non preoccuparti- Lo interruppe il mago del vento -Lo faccio adesso, tanto con i miei poteri ci vuole poco...
Gli sorrise e chiuse la conversazione dirigendosi stancamente in camera, seguito a ruota da Martina.
-Hey!- Lo chiamò questa quando il ragazzo si trovava ormai sulla soglia -Leo non sa nulla dei tre ragazzi. Ma tu oggi non eri da loro, lo so per certo. Quindi... posso sapere dove sei andato?
-Ah eri preoccupata per loro, eh?- La prese scherzosamente in giro Mera girandosi verso di lei -Scommetto che sei stata con loro tutto il pomeriggio.
-Sì, volevo assicurarmi che non facessero nulla di pericoloso...-Ammise la ragazza -Ma non cambiare discorso, dove sei stato?
-Stai tranquilla, amore mio- Le rispose schioccandole un bacio sulla fronte come faceva spesso -Domani scoprirai tutto.
Le strizzò l’occhio ed entrò in camera, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Ore 8:35 del mattino. Aeroporto Tom Jobim. Un aereo diretto verso la Cina sarà in partenza tra soli 25 minuti. Quattro ragazzi attendono con tranquillità l’imminente imbarco.
-Che peccato!- Esclamò Leo -Rio era una città così bella...
-Non preoccuparti- Lo rincuorò K -Vedrai che anche Pechino sarà un bel posto.
-Lo spero tanto...
-Hey- Sussurrò Martina all’orecchio del fidanzato -Non mi hai ancora detto che hai combinato ieri.
-Aspetta- Rispose lui pacato come sempre -Tra poco lo scoprirai...
In quel momento, tre ragazzini corsero incontro a Mera abbracciandolo.
-Ma che...?- Si chiese Leo.
-Ola pessoal!- Li salutò, sfruttando quel poco che Martina gli aveva insegnato negli ultimi due gironi -Como você está?
-Papà è stato riassunto!- Risposero questi con entusiasmo -Siamo venuti a salutarti per dirtelo! Grazie di tutto, irmão Mera! E grazie anche a te irmã Martina!
In quel momento, un altoparlante annunciò l’imbarco dei passeggeri del volo PEK-298576.
-Ma di che? Non ho fatto nulla! Voi piuttosto, prendetevi cura dei vostri genitori e state lontani dai furti finché non ci sono- Li salutò il mago incamminandosi -Ver você em breve!
Fece un rapido occhiolino dirigendosi verso l’aereo, mentre alle spalle dei due ragazzi comparivano due signori sorridenti, un uomo sulla quarantina con radi capelli neri ed una donna più giovane dai lunghi capelli un po’ più chiari di quelli del marito raccolti in sobrie treccioline. Tutti e cinque salutarono felicemente i ragazzi in partenza.
-Allora è così!- Gli disse Martina -Ho capito cos’hai combinato ieri!
-Mah... diciamo che ho solo fatto una “visita di cortesia” al capo della vecchia azienda del loro padre e alla sera ho lasciato in biglietto a casa dei ragazzi per avvisarli della partenza. Non c’è nulla di male in questo, no?- Rispose il ragazzo con un sorriso beffardo.
-Sei un bastardo...- Lo rimproverò Martina sorridendo.
-E non ti intriga, la cosa?
Lei non resistette più. Lasciò cadere i bagagli e lo baciò, sotto gli sguardi compiaciuti di K e Leo.
-Sei il ragazzo migliore del mondo!
 
Io: Finalino romantico...
Mera: Invidioso?
Io: Perché mai? Piuttosto, ho una domanda per Martina: ora sappiamo che parli il portoghese, e dato che sei francese senza dubbio saprai anche questa lingua. Visto che i dialoghi con la gente di altri paesi, poi, sono in inglese do per scontato che tu conosca anche quella. E poi? Ce ne sono altre?
Martina: Beh, chiaramente l’italiano, visto che i miei genitori vengono dall’Italia...
Io: Beh, giusto.
Martina: ...E poi qualche tempo fa ho fatto un corso di spagnolo. Però non ho mai avuto occasione di imparare il tedesco.
Io: Accidenti! Complimenti, Martina, tu sì che sei acculturata! Ma con questa piccola chicca, io direi che possiamo chiudere! Spero che questo speciale sia stato di vostro gradimento, e ci vediamo al prossimo capitolo principale!

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Capitolo 24
*** XXII. Benvenuti in Cina ***


Leo non amava volare. L’aria era l’elemento di Mera, a lui piaceva restarsene ancorato con i piedi per terra. E poi in cielo non c’erano cimiteri a portata di mano, quindi le sue abilità di necromante, in volo, erano del tutto annullate. Ma a meno che non volesse andare in macchina sul fondo dell’oceano...
Il suo compagno, invece! Lui sì che sembrava tranquillo! L’aeromante sonnecchiava pigramente con la testa inclinata a sinistra da quando erano partiti. Probabilmente aveva del sonno arretrato da recuperare, pensò l’americano.
Comunque, sull’aereo sembrava tutto sotto controllo. Nessun motivo per preoccuparsi, ne dedusse Leo, ma non riusciva comunque a calmarsi del tutto. Tentò di distrarsi leggendo un libro, e per un po’ la cosa sembrò funzionare. D’un tratto, vide distrattamente un ragazzo dai capelli corvini alzarsi ed incamminarsi in direzione della cabina di pilotaggio. “Che strano” pensò “Il bagno è dell’altra parte. Mah, si sarà confuso”, e così pensando, decise che era meglio ignorare la cosa.
Tornò a preoccuparsi quando questi sbucò di nuovo fuori dalla cabina sogghignando e l’aereo inchiodò. Sì, avete capito bene, inchiodò in aria! Mera si svegliò di soprassalto e si guardò intorno, vedendo il corvino in piedi in mezzo al corridoio. Questi iniziò ad urlare, mentre l’aeromante continuava a fissarlo con aria assonnata.
-Chiunque sia un mago, qui dentro: alzi la mano!
Mera alzò la sua con fare annoiato.
-Ma che fai?!- Sibilò Leo -Sei impazzito?!
In risposta, l’amico lo afferrò per l’avambraccio e lo costrinse ad alzare anche la propria mano.
-Ma che...?!
-Voi due! Lì infondo!- Tuonò il ragazzo -Venite subito qui!
Il mago del vento si alzò con tranquillità mettendo le mani in tasca, subito seguito da un preoccupatissimo Leo.
-Tieni le mani alzate!
Mera le sollevò di nuovo ed giunse a portata del ragazzo. Era muscoloso, indossava una camicia bianca e dei pantaloni mimetici, e teneva un walkie-talkie allacciato alla cintura. Praticamente sembrava un reduce da una campagna militare già pronto per andare al matrimonio del fratello
-Che magia usate? Rispondete, svelti!
-Nervoso?- Rispose ironico l’aeromante -Lui è un negromante, e io controllo il vento, contento?
-Non fare lo spiritoso! Datemi subito tutti i tesori che avete con voi!
-Altrimenti?- Il tono di Mera era pericolosamente arrogante.
-Che domanda del cazzo! Altrimenti facciamo precipitare l’aereo, è ovvio.
-Allora prego, coraggio- Lo sfidò.
-Come?- La sicurezza del rapitore iniziava a vacillare -Vuoi avere sulla coscienza la vita di tutta questa gente?!
-Cos’è, una scommessa?
L’ironia nel tono del mago del vento gli fece perdere la pazienza -E sia!- Avvicinò il walkie-talkie alla bocca e disse al suo compagno -Josh, l’hai sentito, no? Sciogli il campo gravitazionale e accontentalo.
Tutti i passeggeri chiusero gli occhi e trattennero il fiato in preda al panico. L’aereo non si mosse.
-Cosa?!- Esplose Il ragazzo -Com’è possibile?! Josh!
-Oh, andiamo- Rispose Mera -Non avrai davvero pensato che fosse la patetica magia del tuo compagno a tener su questo catorcio.
-Come?
-Guardate!- Urlò un passeggero con la faccia schiacciata contro il finestrino -Ma cos’è?
-Una tromba d’aria- Rispose pacato il ragazzo - Non distruggerà questo trabiccolo, anzi; è solo per merito suo se siamo ancora tutti qui.
-Bastardo!- Imprecò l’altro -Josh...!
-Ah no!- Intervenne Leo tirandogli una gomitata in faccia. Poi, mentre quello cadeva a terra, urlò -K!
-Lo so!- Rispose questa, convogliando l’acqua di tutte le bibite servite nell’ultimo pasto in un unico grande getto, che poi prese a muoversi per l’aereo.
-Di là!- Le gridò Martina, e subito K direzionò il potente flusso d’acqua verso uno dei primi sedili.
Il ragazzo che lo occupava venne schiantato contro l’oblò del finestrino e tramortito istantaneamente. Si accasciò sul sedile.
-Ottimo- Disse Mera -Ora, c’è qualcuno che sappia pilotare un aereo?
 
E niente, alla fine gli era toccato aspettare che il pilota si rianimasse. Nel frattempo, Mera aveva dovuto mantenere quella tromba d’aria per circa quaranta minuti, impresa che lo fece dormire per tutto il resto del viaggio. Faceva tanto il figo, ma alla fine era umano anche lui.
Martina decise di svegliarlo solo una volta arrivati a Pechino, ma anche così lui sembrò piuttosto contrariato. Probabilmente avrebbe dormito volentieri fino a sera, ma visto che Leo non ci teneva a portarlo in spalla fino all’albergo, e che nessun altro sapeva dove questo si trovasse, era anche giusto che si riprendesse.
Scarpinarono per i soliti tre quarti d’ora buoni (quando mai Mera avrebbe deciso di prenotare vicino all’aeroporto?) finché non giunsero ad una specie di stamberga formata da quattro assi inchiodate insieme (male) e dei vetri storti che dovevano rappresentare le finestre. Altro dettaglio: un cimitero appena lì a fianco, cosa che mise tutti a disagio. Eccetto Leo: a lui non dispiaceva poter scambiare due chiacchiere con i morti, di tanto in tanto. Avevano sempre qualcosa da insegnarti, se solo avevi la pazienza di starli ad ascoltare.
-...Davvero?!- Domandò K una volta ritrovata la forza di parlare.
-Che strano, su internet non sembrava così...- Rimuginò Mera -Vabbeh, pazienza, entriamo!
La reception (sempre che si potesse chiamare così) era una semplice scrivania in legno, alle cui spalle una griglia con le chiavi delle stanze stava appesa al muro. La receptionist era una donna anziana, piccola e con i capelli bianchi, ma dal sorriso amichevole.
-Voi dovete essere quelli che hanno prenotato a nome Dreyar!- Li accolse.
-Esatto! Come ha fatto a capirlo?- Le chiese Mera, stupito.
-Semplice. Siete l’unica prenotazione del periodo...
-E ci credo!- Si lasciò sfuggire K sottovoce. Martina le mollò una gomitata, ma per fortuna, la donna parve non averla sentita.
-Prego!- Continuò l’anziana consegnando a Leo le chiavi -Stanza 012.
Salirono e depositarono le valigie sul pavimento di assi, e decisero di uscire per andare al ristorante dopo aver controllato gli orari per la cena. Sì, esatto. Non servivano la cena.
 
La serata trascorse tranquilla, cosa che non accadeva da un po’, quando uscivano a mangiare. I ragazzi passarono la maggior parte del tempo a tavola, ad arrabbiarsi con Mera per la scelta dell’albergo, ma per lui quello era l’ultimo dei problemi. Mancavano poco più di tre settimane alla fine della gara. Restavano ancora molti tesori da localizzare e molte squadre da affrontare. Ormai era praticamente lo sprint finale. Tutto poteva ancora succedere. Si poteva perdere. Si poteva vincere.
 
Martina: ...Finale aperto?
Io: Sì, ma è il finale solo di questo capitolo. Non preoccupatevi, ho intenzione di finire questa storia! Piuttosto, ho notato con dispiacere che gli ultimi due capitoli non sono stati recensiti.
Mera: ...Egocentrismo?
Io: Non sono egocentrico, è solo che vorrei sapere cosa ne pensano i lettori di questa storia. Se gli piace, se non gli piace, se hanno consigli da darmi o domande da farmi...
Leo: Capisco. Beh, fattene una ragione, è andata così.
K: Bene! Come sempre, seguite, recensite (fatelo, che sennò ci resta male) , e al prossimo capitolo! E dal prossimo capitolo, udite udite, potranno esserci grandi rivelazioni! Quindi non mancate!

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Capitolo 25
*** XXIII. Scheletri e mostri, storie e tesori ***


Allora. Visto che sono stronzo -e lo so- ho deciso che per mandare avanti questa storia i prossimi capitoli dovranno essere tutti recensiti. Egoistico? Forse, lo ammetto, ma mi interessa sapere cosa ne pensate. E se davvero vi interessa leggerla, non credo che tre righe di commento alla fine siano uno sforzo così eccessivo, dai.
 
Sembrerà strano, ma quel cimitero era il miglior luogo turistico della zona. Almeno per Leo.
Aveva deciso di farci un giro per ascoltare qualche vecchia storia, e si fermò di fronte ad una lapide che gli era sembrata interessante fin da quando ci aveva messo piede per la prima volta: un ragazzo morto nella strage di Piazza Tienanmen. Decise di richiamare i resti del suo corpo e ciò che era rimasto del suo spirito per poterci scambiare due chiacchiere
Mentre lo scheletro usciva dal tumulo, però, una vecchia cicatrice prese a pulsargli. Si afferrò la spalla destra, cercando di ignorare quella sensazione.
-E’ quella cicatrice, vero?
Si voltò, sorpreso. Mera camminava verso di lui, guardandolo con apprensione ma anche severità.
-L’avevi vista? Perché non mi avevi mai detto nulla?
-Ho intuito che non ti andasse di parlarne. Anche sulla spiaggia di Rio portavi sempre la maglietta. Evidentemente non volevi che qualcuno se ne accorgesse.
-Credi che qualcun altro ci abbia fatto caso?
-Non so... tu e K l’avete mai fatto?
-Hey, non tutti sono avanti come te!
Mera rise, facendolo sentire meglio, e gli mise una mano sulla spalla. Leo si sentì in colpa. Non poteva assolutamente dirglielo, nemmeno al suo migliore amico. Non avrebbe saputo neppure come spiegarglielo.
-Scusa- Mormorò -So che dovrei raccontartelo, ma... non ci riesco. Prima o poi arriverà l’occasione, ma per adesso è meglio di no.
-Figurati!- Lo rassicurò l’aeromante sedendosi accanto a lui -Tutti abbiamo qualcosa di cui non ci piace parlare. Anche io ho i miei segreti.
-E perché non me ne hai mai detto niente?- Gli chiese l’americano sentendosi improvvisamente offeso.
-Non mi hai mai chiesto nulla...- Rispose sorridendo.
Entrambi tacquero per un attimo, mentre lo scheletro si metteva a sedere sulla propria lapide -Vuoi restare ad ascoltarlo?- Chiese il negromante.
-Perché no? Magari potremo imparare qualcosa.
 
Era preoccupata. Leo le sembrava... pensoso. Cosa decisamente non da lui.
Da quando erano atterrati in Cina aveva passato gran parte del tempo nel cimitero sottocasa ad ascoltare le voci dei morti. Ok, era un negromante, quindi -forse- non sarebbe andato fuori di testa, ma di certo non era un comportamento normale.
Non che negli ultimi giorni l’avesse ignorata, comunque: erano usciti un paio di volte soli, la sera, in una settimana che erano lì, però anche in quelle occasioni le era sembrato... strano, quantomeno.
-Hey, ci sei?
Ritornò con i piedi per terra. Martina era un paio di metri dietro di lei che la chiamava.
-Eh? Ah, sì! Siamo arrivati?
La cartomante annuì. Fissava l’imponente ingresso della Sala della Benevolenza e della Longevità con una faccia preoccupata. Soltanto loro due erano andate a recuperare i tesori nascosti nella ex residenza imperiale, mentre Leo e Mera erano rimasti a casa a sorvegliare quel che già avevano.
-Che hai?- Le chiese K.
-Non so- Rispose l’amica, scrutando con attenzione un incensiere in bronzo a forma di drago -E’ solo che mi sembra strano. Ci sono ben due tesori qua dentro, e ancora nessuno li ha trafugati. Eppure la gara è iniziata da ben due mesi, ormai.
K rimase colpita da questa affermazione. Era vero: com’era possibile che due tesori così in vista non fossero stati ancora raccolti da nessuno? C’era una sola spiegazione.
-Ci sarà qualche trucchetto- Disse sollevando le spalle -Poco importa, vedrai che non ci saranno problemi.
 
Come da copione, tutta la sua spavalderia era andata beatamente a farsi friggere non appena aveva incontrato il drago. Come faceva un drago a nascondersi in un monumento patrimonio dell’UNESCO, senza farsi beccare da migliaia di turisti al giorno? Bella domanda! Gli organizzatori del torneo dovevano aver usato qualche incantesimo particolare per aggiungere un piano interrato al di sotto del pavimento, che poi doveva essere diventata la sua casa. E in cui, chiaramente, K e Martina erano rimaste intrappolate. Di contro, probabilmente erano state le prime a trovarlo.
Un puro miracolo: dopo mezz’ora di ricerche, K si era appoggiata ad un pannello del muro per riposarsi, e questo si era sfondato facendola precipitare di sotto.
-Come può esserci un drago?!- Stava urlando l’idromante, mentre scappavano disperatamente dal mostro -Ero sicura che i draghi non esistessero!
-Ah sì?- Le rispose ansante l’amica senza smettere di correre -Ti sei ricordata di farlo sapere anche a lui?
Il drago le rispose quasi incenerendole il sedere con una fiammata. No, forse non gliel’avevano detto.
-Che facciamo?- Domandò K nascondendosi con la compagna dietro una roccia.
-Che vuoi che ne sappia? Avatar?
-Vorrai scherzare! Già non so controllarlo, e poi qui sotto neppure piove!
-Giusto! Allora...
Il drago le interruppe bruscamente spaccando con una zampata la roccia dietro cui si erano rifugiate. Mentre riprendeva a scappare, K non poté fare a meno di girarsi a guardarlo, riflettendo su quanto fosse regale e magnifico quel bestione. Occhi di un brillante giallo topazio, ali e scaglie di un penetrante blu zaffiro e artigli neri e lucidi come l’ossidiana. Semplice ma perfetto. K pensò che le sarebbe quasi piaciuto venire uccisa da un mostro così. Ma non quel giorno, comunque.
-K! Ho un’idea!- Esclamò Martina senza fermarsi -Il lago! C’è il Lago Kunming proprio sopra di noi! Non riusciresti a sfruttare questa cosa?
-Che vuoi che faccia, che inondi il Palazzo d’Estate?! Ma sei impazzita?!
-Hai idee migliori?
-Lasciami pensare un attimo!
-Non abbiamo un attimo!
-Martina! Sei una vera iniezione di ottimismo, te l’hanno mai detto?!
-Oh, e va bene!- Martina si fermò di colpo, portandosi una mano in tasca e l’altra davanti alla faccia -Pensa ad una strategia, ma fai in fretta! Sai quanto sono scarsa a combattere.
Così dicendo, estrasse la mano dalla tasca tirando fuori i suoi famigerati tarocchi, e si lanciò all’attacco del drago.
Era una pazzia, senza dubbio, ma K aveva un po’ troppa urgenza di pensare ad un piano per farglielo notare. Osservò tutte le pareti della grotta sotterranea in cui si trovavano, alla disperata ricerca di qualcosa che potesse tornargli utile. Nulla, solo sassi e stalattiti a perdita d’occhio. A perdita d’occhio? Ma no, prima o poi la grotta sarebbe pure dovuta finire...
Si diresse rapidamente nella direzione di quello che lei riteneva il bordo più vicino, ed effettivamente la grotta terminava, dopo circa quaranta metri. Curioso che fossero quaranta metri proprio in direzione del lago. K sorrise, alla malsana idea che le era venuta in mente.
-Martina!- Chiamò, sfruttando il rimbombo della caverna -Quando senti un rombo, salta!
Non riuscì a capire esattamente la risposta, ma le suonò più o meno come un “Ok”. K condensò l’acqua presente nell’umida grotta attorno alle sue mani, ed iniziò a tirare pugni al muro. Uno, due! Al terzo, sentì una crepa aprirsi sotto il guantone d’acqua improvvisato.
“D’accordo!” Pensò “Ancora uno e...”. Non ebbe bisogno di finire la frase. Le bastò mollare un altro colpo e contemporaneamente richiamare a sé l’acqua del lago oltre la parete rocciosa. E il muro crollò.
 
Per fortuna, Martina era stata abbastanza sveglia e reattiva da cavarsela con solo un paio di lividi, oltre ad una bruciatura sulla gamba che le aveva procurato il drago. Dal canto suo, K stava benissimo, mentre il drago, dopo essere stato travolto dallo Tsunami di K, si era rivelato solo un innocuo varano trasformato dalla magia. Quanto all’improvviso abbassamento del livello dell’acqua del lago... beh, che diamine, ci avrebbero pensato gli organizzatori!
Cercando meglio nella grotta, infine, erano riuscite a recuperare due vasi Ming con la classica λ verde luminescente sulla superficie. Beh, alla fine avevano compiuto la loro missione, ne erano uscite relativamente illese, e avevano pure una storia interessante da raccontare. I maschi sarebbero morti d’invidia.
 
Martina: ATTENZIONE, per favore! Stavolta, la conclusione la faccio io da sola. Chrys mi ha chiesto di dirvi che gli dispiace un po’ per la nota ad inizio capitolo, ma che l’ha fatto solo perché ci tiene davvero a sapere il vostro parere, positivo o negativo che sia, e perché prima ha sempre cercato di tenere in considerazione i consigli delle vecchie recensioni. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 26
*** XXIV. Memories of the Skeleton Man ***


E quindi guarda un po' chi è tornato! Sarà destinata a durare questa cosa? E chi lo sa, chi può dirlo! Nel frattempo... divertiamoci!

La spesa. Una noia assoluta, o almeno per lui. Il supermercato, peraltro era a venticinque minuti di cammino dall’albergo, e Mera aveva rotto un sacco dicendogli che per tre settimane non sarebbe valsa la pena noleggiare una macchina.
“E dov’è il problema?” Gli aveva chiesto Leo “Possiamo sempre rubarla!”, ma l’amico non aveva voluto sentire ragioni.
Almeno, tornando a casa si fermò a fare due chiacchiere con un fantasma che vagava per il cimitero, chiedendogli perché invece non volesse andare in Paradiso e, come si aspettava,saltò fuori che quello spirito  stava aspettando qualcuno. Leo decise che non era il caso di obbligarlo a lasciare questo mondo; in fondo non faceva male a nessuno, e prima o poi se ne sarebbe andato da solo.
Rientrato in albergo, una scena gli fece raggelare il sangue. I suoi amici in un angolo, parzialmente cementati al muro; la stanza totalmente in disordine, con cassetti rovesciati a terra e oggetti di ogni genere sparsi sul pavimento; tre ragazzi giacevano al suolo in stato di incoscienza, mentre altri tre girovagavano per la stanza in cerca di qualcosa. Si accorsero di lui non appena varcò la soglia.
-Hey! E tu chi sei, un loro compagno?!
Dall’altra parte della stanza, nell’angolo, K mormorò qualcosa.
-Leo... non...
Il cuore del ragazzo sembrò fermarsi alla sua vista: la maglietta lacera lasciava intravedere i graffi su entrambe le braccia; il piede sinistro stava piegato in una angolazione innaturale, come se la caviglia si fosse dimenticata quale fosse la posa corretta; un rivolo di sangue le scendeva dalla tempia destra lungo la guancia.
Tutti i sentimenti negativi di Leo si concentrarono in un unico punto a quella vista. L’odio per chi aveva fatto quello, la rabbia mai sfogata per la morte di Yupika, persino -non ne andava fiero- una strana invidia nei confronti dei suoi compagni. K poteva evocare un avatar d’acqua di sei metri; Mera scatenava cicloni tropicali e trombe d’aria al solo pensiero; persino Martina era in grado di rinchiudere una persona in una gabbia magica da cui era impossibile uscire. E lui? Finora non aveva fatto altro che evocare di tanto in tanto degli spiriti che combattessero al posto suo. Ma ora basta.
Urlò, e tutta la stanza esplose.
 
Quando rinvenne tre ore dopo, gli raccontarono com’era andata. Lui riusciva a ricordare solo degli sprazzi qua e là, tra cui la raccapricciante immagine di sé stesso che lanciava un urlo disumano.
Gli raccontarono che un esercito di scheletri era uscito dai muri e dal terreno, iniziando a distruggere qualsiasi cosa. Si erano fiondati addosso ai corpi a terra e a due dei tre ragazzi ancora in piedi, mentre con quello che gli aveva rivolto la parola appena entrato, se l’era presa lui personalmente. Gli dissero che gli aveva persino afferrato la faccia con una mano e l’aveva sollevato da terra, prima di rendersi conto di quel che stava facendo. Infine, si era girato verso di loro ed era svenuto. Quando ebbero finito di raccontarglielo, Leo si alzò e disse di dover prendere una boccata d’aria, e Mera si offrì di accompagnarlo.
Non appena furono fuori, Leo iniziò a parlargli.
-Non ricordo esattamente quello che è successo, vedo solo delle immagini ogni tanto. Ma una cosa mi rimane in testa: stavo perdendo il controllo. Gli scheletri stavano per uccidere quei ragazzi, e poi se la sarebbero presa con voi. Ma la cosa peggiore- Gli tremò la voce -La cosa peggiore è che...
-Ti stavi divertendo- Concluse Mera. Leo non si chiese come facesse a saperlo -Ti capisco, sai? La sensazione che si prova... sapere di poter togliere la vita con un solo gesto... E’... difficile combatterla. Tu come hai fatto a resistere?
-E’ stato merito di K. Lei mi ha guardato mentre sorridevo, mentre sorridevo al pensiero di uccidere quei ragazzi. Mi ha fissato negli occhi. Ma non era arrabbiata. Era delusa. Era spaventata. Da me.
Entrambi tacquero per qualche momento, mentre Leo cercava disperatamente di cacciar giù quelle lacrime che gli stavano bagnando gli occhi. Non ci riuscì.
-Volevi sapere come mi ero fatto quello cicatrice?- Chiese singhiozzando con la faccia coperta dalle mani.
-Leo, non sforzarti. Se non vuoi...
-No, va bene. È giusto che te lo dica adesso. Ha a che fare con quello che hai appena visto. Avevo sette anni- Singhiozzò di nuovo -All’epoca, la mia famiglia aveva una cameriera, a Filadelfia; si chiamava Madelene. La adoravo. Al contrario, mio nonno la odiava, forse perché non era americana ma francese, non lo so. Ma comunque sia, all’epoca mi allenavo nella negromanzia, non sapevo ancora controllare del tutto i miei poteri...
-Aspetta, fammi capire un momento- Lo interruppe Mera, scioccato -I tuoi facevano esercitare un bambino di sette anni nel controllo dei morti?!
-Non era così traumatico come sembra- Rispose l’americano asciugandosi le lacrime -Mio padre mi diceva di esercitarmi solo un paio di volte a settimana, e solo con scheletri di animali di piccola taglia. Diceva che farlo troppo spesso, o con cadaveri umani, avrebbe potuto portarmi alla pazzia. Ma, tornando a noi, avevamo questa cameriera. Un giorno mio nonno venne a trovarci- Fece una breve pausa mentre cercava di asciugarsi le lacrime -Non so cosa successe di preciso, Madelene doveva aver rotto un piatto o qualcosa del genere, e mio nonno diede di matto. In quel momento io ero di fuori ad esercitarmi, ma dalla finestra potevo vedere tutto. Vidi mio nonno che le dava uno schiaffo. Vidi il suo naso sanguinare. E persi la testa. Mi hanno raccontato che a quel punto avevo iniziato ad evocare scheletri a casaccio, che distrussero tutto e se la presero con chiunque trovassero davanti. Eccetto Madelene.
Mera rimase in silenzio per un momento, allibito dal racconto dell’amico -Quindi... è stato uno dei tuoi scheletri a procurarti quella cicatrice?
Leo annuì, massaggiandosi la spalla -Un cane, o almeno così mi hanno detto. Quella è stata la prima volta in cui mi sono reso conto dei miei veri poteri. E’ stato orribile.
L’aeromante non aggiunse niente. Che cosa poteva dirgli? “Ti capisco”? Non sarebbe stato vero. Come poteva capire come si fosse sentito un bambino che vedeva picchiata una persona a cui voleva bene e reagiva evocando un esercito di scheletri? Decise di stare in silenzio, mentre Leo si asciugava la faccia, appiccicosa per via delle lacrime.
-Stai bene?- Gli chiese titubante.
-Non ti preoccupare- Rispose l’americano -Sto bene. Torniamo dentro, adesso. E, ti prego- Aggiunse con occhi supplicanti -Non dire a nessuno quel che ti ho raccontato. Nemmeno a K. Glielo racconterò io quando sarò pronto.
-D’accordo. Non dirò nulla.

Eh eh... devo dire che un po' mi erano mancati questi maghetti. Sono contento di rivederli dopo tanto tempo. Ma come ho detto all'inizio... chissà!

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