Lo Sciabordio di un'Onda che si Infrange

di floricienta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Il ragazzo timoroso e il ladro impavido ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Sentimenti celati nel palmo della mano ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Rimpianti che sbocciano in promesse ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Il risveglio dall'abisso ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Ogni cosa che esiste ha una sua conchiglia ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - La consapevolezza di affogare ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Come un castello di sabbia ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Il vuoto che lascia una scelta ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - L'acqua che disseta e soffoca ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Come a una pianta le radici ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - L'elemento che un padrone sceglie di avere ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Di amicizia, sconforto e accettazione ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Anche il frutto maturo vuole rimanere aggrappato al proprio ramo ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Il Sacrificio ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Quando tutto ebbe inizio (prima parte) ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Quando tutto ebbe inizio (seconda parte) ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Quando tutto ebbe inizio (terza parte) ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - 10 Gennaio ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - 431 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - 432 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - 433 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - 434 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - 435 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Una nuova vita in Cielo ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Cenere bruciata ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 - La volontà di un'anima di raggiungere quella persona ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - La volontà di una persona di raggiungere quell'anima ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 - La verità che si cela all'interno di un sogno ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 - Sperare in una svolta ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - Un legame che trascende la vita ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - Padre e figlia ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 - Un abisso oscuro come l'inferno ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 - A costo di mangiarsi la coda ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 - La notte prima della battaglia ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 - Combattere contro se stesso ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 - L'isola delle illusioni ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 - Ciò che era spuma adesso è tempesta ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 - La mano che custodisce il potere di una divinità ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 - Rinascere dalla terra ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 - Il canto del mare è nascosto in una conchiglia ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 - Colui che canta lo sciabordio di un'onda che si infrange ***
Capitolo 42: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Il ragazzo timoroso e il ladro impavido ***


CAPITOLO 1
 IL RAGAZZO TIMOROSO E IL LADRO IMPAVIDO


Aprile, anno 439 del XII periodo

Tremava nella sua cella, seduto a terra a contatto con il metallo ghiacciato. Non era di certo come quelle persone che alloggiavano nei piani altolocati dell'aeronave. Si tirò sulle spalle la coperta che stava per scivolare via e soffiò all'interno della coppa creata dalle mani per riscaldarle.

Da quando l'umanità si era dovuta ritirare a vagabondare nei cieli a causa del Dio del mare, Tangaroa, che aveva minacciato di distruggere ogni lembo di terraferma, non ricordava più cosa fosse il calore. Non era autorizzato a possedere un climatizzatore nella sua cella, composta da una brandina, un piccolo armadio, uno specchio e il catino per lavarsi.
Certo, sulla Terra non disponeva di ricchezze e privilegi, ma in Cielo gli era andata decisamente peggio. Tutto perché il genere umano era stato suddiviso in base alla sua precedente classe sociale. Suddivisi era un eufemismo. Esistevano solo tre gruppi: i Facoltosi – che potevano dormire persino su un letto di soldi – ed erano composti dai governatori, i possessori del Mana (i maghi) e i ricchi; i Normali, ovvero tutti quelli che erano considerati cittadini con un lavoro rispettabile; e i Sacrifici, tutti coloro che sulla Terra non erano che poveri, mendicanti, senza cittadinanza o carcerati e che adesso servivano solo a placare l'ira degli dei, scelti dai maghi e trasportati davanti al Consiglio per essere giustiziati attraverso un rituale.

Il ragazzo si strinse di più nella coperta, anche se ormai non sentiva più il fondo schiena da quanto fosse congelato. Non riusciva a dormire, per questo si era messo con la schiena contro la spalliera del letto, seduto a terra, a guardare fuori dalla finestrella le stelle che apparivano più vicine di quanto avesse mai osservato dalla terraferma.
Un leggero bussare alla sua porta e un sussurro lo destarono dai suoi pensieri.
“Ari, sei sveglio?”
Il ragazzo si alzò e socchiuse appena la porta. Natanael – o come lo chiamava affettuosamente Ari, Nael – era lì davanti a lui con un sorriso che andava da un lato all'altro della bocca. Lo guardava con gli occhi spalancati pieni di entusiasmo, gli stessi che avevano stregato in qualche modo Ari dal primo momento che li aveva visti. Nael aveva la strana peculiarità dell'eterocromia: il suo occhio sinistro era verde acqua, quasi del colore dell'oceano quando si fissa l'orizzonte; mentre il destro era di un nero abissale dal quale non potevi che sprofondare e riemergere in continuazione. Lo stesso valeva per i suoi capelli, arruffati e corti tanto da coprire a malapena le orecchie, erano nero corvino ma splendenti.
“Prima o poi ti beccheranno se continui a svignartela dalla tua cella di notte, Nael. Lo sai che non ci è concesso.” sentenziò Ari, parlando con un tono molto basso.
“Stai zitto e non rovinare quello che ho preparato per stanotte.” il moro poggiò una mano al cardine della porta e si sporse verso il viso dell'altro, di qualche centimetro più basso del suo.
Dopotutto avevano quattro anni di differenza e Nael, nei suoi ventiquattro anni, era abbastanza ben piazzato, al contrario di Ari che era più gracile e affusolato.
“Che cosa avresti preparato?” Ari lo guardò di sbieco, quasi spaventato, notando poi che l'amico non aveva i vestiti da notte addosso, ma i suoi soliti abiti da giorno. Abiti... Stracci forse era una definizione migliore. Una maglia verde oliva a maniche lunghe, dei pantaloni rosso sbiadito lacerati sul ginocchio destro e la coscia sinistra e un gilet nero aperto e smanicato. Più volte, Ari, aveva cercato di convincerlo a prenderne degli altri negli ultimi due anni che avevano passato sull'aeronave, tuttavia, il ragazzo era così testardo da non voler comprare nulla che desse maggior potere ai piani alti – Semmai ne ruberò qualcuno – così aveva risposto e così aveva fatto.

Ladro era e ladro è rimasto.

Si ritrovò a ridacchiare tra sé e sé Ari.
“Andiamo a fare perlustrazione!” esclamò Nael. “Quindi togliti quella camicia da notte e mettiti qualcosa di comodo o ci farai scoprire subito.” dicendo così, entrò nella stanza e si accomodò sul letto dell'amico senza complimenti.
Ari sapeva che non stava affatto scherzando e la cosa lo terrorizzò ancora di più.
“Non possiamo!” il minore chiuse la porta dietro di sé e rimase immobile davanti a essa. “Se ci scoprissero, ci potrebbero anche uccidere all'istante.”
“Non preoccuparti. Finché ci sono io al tuo fianco, non potrà scoprirci nessuno.”
Per quanto Ari potesse lottare contro di lui, era consapevole che avrebbe sempre perso. Non sapeva imporsi quanto lui e il sorriso con il quale pronunciava ogni frase gli faceva dimenticare il perché stessero ancora discutendo. Alla fine, era sempre lui quello che cedeva. Anche perché, se così non fosse stato, Nael gliel'avrebbe lamentata per almeno una settimana.
Sospirò, aprì l'armadio in acciaio e tirò fuori una maglia bianca a maniche lunghe, dei pantaloni scozzesi rossi, quasi bordeaux, e un chiodo grigio scuro tagliato in vita, oltre a un paio di stivali in pelle nera con tre fibbie argentate ai lati. Si cambiò di fronte all'amico senza vergogna; dopotutto, avevano vissuto insieme da soli per sei anni prima di essere trasferiti sull'aeronave e non c'erano più quei problemi di privacy tra loro. Anche perché erano sempre stati insieme dalla mattina a quella seguente per così tanto tempo, che durante i primi mesi nel Cielo gli era sembrato strano non poter più avere intorno Natanael costantemente.
Non che dopo due anni si fosse pienamente abituato. Per questo il moro sgattaiolava via dalla propria cella e lo raggiungeva nella sua, andando contro a tutte le regole impartite da chi deteneva il potere.
Finì di sistemarsi davanti allo specchio – e sotto lo sguardo fisso di Nael – passandosi una mano sulla parte sinistra della testa, quasi completamente rasata, al contrario della parte destra, dove un ciuffo di capelli biondo cenere gli ricadeva sugli occhi cristallini e quasi trasparenti come il ghiaccio e il resto poggiava delicatamente sul collo diafano, le spalle e poco oltre. Si assicurò, poi, che il piercing al lobo dell'orecchio sinistro fosse chiuso per bene e in quel momento sentì la mano dell'altro sulla sua spalla.
“Per quanto possa essere bellissimo ammirarti allo specchio, è il momento di andare.” gli sorrise ancora e lo prese per il polso, trascinandolo al di fuori della camera.
La presa sul polso di Ari si affievolì non appena uscirono e andò poi alla sua mano.
“Dove vorresti andare?” azzardò a chiedere.
“Te l'ho detto. Perlustrazione.”
“Perché?”
Nael si girò appena verso di lui, mostrando l'occhio nero. “Chiudi la bocca.” così fece il minore e accelerò il passo per fiancheggiare il suo amico. “È noioso rimanere a fare niente.”

Natanael non era per niente il tipo a cui piaceva restare nel letto a poltrire per qualche ora. Se avesse trovato la minima cosa da fare, allora, per certo, si sarebbe messo in azione e ogni volta si sarebbe portato dietro con sé Ari a dispetto di tutte le preoccupazioni che poteva avere e che non tralasciava di ribadire in continuazione.
Era sempre stato così da quando aveva deciso di badare a lui, da quando erano morti i genitori di Ari e l'aveva conosciuto, decidendo poi di vivere con lui che ormai era rimasto solo in quella che poteva definirsi una cascina – se ne vedevano poche di quei tempi dove la magia e la tecnologia avevano avanzato grandi cambiamenti in ogni campo. Per Nael non c'erano problemi, dato che si ritrovava a fare il ladruncolo per strada senza un tetto sulla testa da parecchi anni prima di incontrare quel ragazzo. Era stato un buon compromesso per entrambi.
“Tipico da te.”
Ari non poteva che seguirlo. L'aveva accudito proprio come un genitore, era sempre rimasto al suo fianco facendolo ridere e risollevare nei momenti di malinconia, tristezza e depressione. Aveva colmato quella solitudine dovuta alla perdita dei propri genitori e gli aveva sempre dato la forza per rialzarsi, oltre a una marcia in più per vivere a pieno ogni singola giornata, fino a farlo sorridere di nuovo, così come quel sorriso sempre presente sul viso del moro.
Gli strinse la mano con più forza e non parlarono più per qualche minuto.

L'aeronave di notte aveva un qualcosa di magico, dato dal fatto che in tutte le pareti apparivano come dei piccoli flash a intermittenza colorati, causati dall'energia del mana che fluiva attraverso di esse e che faceva fluttuare in aria quella piccola città galleggiante. La loro era adibita esclusivamente ai Sacrifici, per questo appariva come una prigione: migliaia di piccole celle erano distribuite lungo più piani per poi arrivare a quelli più alti, dove risiedevano le guardie, alcuni dei maghi possessori di mana e dei comandanti e rappresentanti del governo.
Quelle scintille illuminavano i loro volti e il resto della nave, accompagnandoli lungo il tragitto. Le pareti in metallo chiaro, così come quasi tutto il resto, non facevano che amplificare il gioco di luci. I corridoi si susseguivano uno uguale all'altro, silenziosi e pieni di camere, fin quando non giunsero alle scale.
“Per di qua.” affermò Nael e cominciò a correre sui gradini, lasciando la mano dell'altro.
“Andiamo in alto?”
“Secondo te?”
“Non possiamo spingerci oltre un certo livello.”
“Ari...” si portò una mano alla fronte, schiacciando contro di essa un ciuffo di capelli. “Secondo te mi importa?” sorrise con lo sguardo sornione.
“Non credo.” dovette ammettere sconsolato.
“Hai paura?” Nael scese qualche gradino per riavvicinarsi al minore.
“Un po'.”
“Andiamo!” allargò le braccia, entusiasta. “Non accadrà niente. Ti fidi di me?”
Ecco che aveva usato quella frase.
“Lo dici sempre per convincermi di qualcosa.” Ari mise su il broncio e incrociò le braccia. Non poteva certo dire di no e, allo stesso tempo, avrebbe voluto dirlo per tornare nel suo letto e provare a dormire prima di una giornata che, probabilmente, sarebbe stata piena di lavoro per entrambi.
“Però funziona.”
Ari puntò gli occhi in quelli dell'altro, finendo così per far svanire quella modesta rabbia fasulla che aveva provato a inscenare.
Natanael gli prese il mento tra il pollice e l'indice, glielo sollevò e posò un bacio fugace sulle sue labbra prima di riprendere la scalinata. “Anche questo funziona.” lo canzonò.
Non era stato che un semplice schiocco percepito solo da loro due, così come le labbra si erano sfiorate, allo stesso modo si erano separate. Da qualche anno, Nael, aveva preso l'abitudine di baciare Ari quando si sentiva triste per consolarlo, o quando era arrabbiato per calmarlo e il biondo non si era mai opposto a quel semplice contatto e non avevano mai davvero parlato di quel comportamento che poteva sembrare strano agli occhi di un esterno. Per loro non lo era. Ad Ari piaceva ricevere tutte le attenzioni di Nael e, allo stesso modo, all'altro piaceva darle e riceverle in cambio. Non potevano definirsi fidanzati, ma neanche semplici amici e ancor meno fratelli. Il loro era un legame unico che andava bene a entrambi e non si facevano domande al riguardo.
Ari arrossì lievemente e si portò dietro le orecchie il ciuffo di capelli, rivelando un ulteriore piercing nel lobo superiore dell'orecchio destro. Se la paura gli era passata, il battito del cuore ora era aumentato per un altro motivo.
“Non vale...” si lamentò e cominciò a salire anch'egli le scale.
Salirono ben oltre il piano per cui potevano girare liberamente. Per quanto fossero avanzati nella tecnologia, non c'erano sistemi di sicurezza sulle aeronavi o blocchi che impedissero il raggiungere di un piano o un altro. Tutto ciò a cui dovevano fare attenzione erano le guardie e i loro turni di controllo.
“Nael... torniamo indietro.” gli strinse la maglia tra le dita e lo strattonò appena.
Questo si girò e mise l'indice davanti alle labbra e portò l'altro all'orecchio e lo allontanò velocemente da esso, indirizzandolo verso l'uscita. Ari si ammutolì subito e aspettò un segnale dell'altro per procedere, ritrovandosi a pensare che non avrebbe mai perso la sua indole da ladro e non sapeva se ne fosse felice o meno.
Natanael si sporse verso l'esterno, sbirciando e appurando che non ci fosse nessuno. Allungò il braccio verso il biondo, senza distaccare lo sguardo, e lo agitò in aria fino a trovare il suo gomito, che strinse e lo usò come leva per avvicinarlo a sé.
“Stammi vicino.”

Si inoltrarono nel corridoio. Anch'esso era tutto in metallo e acciaio, ma alle pareti vi erano dei tubi che lo percorrevano in verticale e in essi fluiva rapidamente del mana. Questo era sotto forma viscosa, attraversava tutte le lunghezze d'onda dello spettro visibile rendendolo d'infinite tonalità e pulsava come sangue che veniva pompato nel cuore a una velocità impressionante.
Ari spalancò gli occhi a quella vista. Per quanto non fosse affatto piacevole vivere come un condannato da ben due anni, l'aeronave rimaneva comunque affascinante e allietava, anche se di poco, il loro animo. Era confortevole, dopo una giornata passata rinchiusi a lavorare, andare nella parte di città allestita come un parco: nel bel mezzo della nave, infatti, vi era uno spazio verde, pieno di alberi e fiori, tenuti sotto controllo dal potere dei maghi legato alla Natura stessa. Quello era uno dei pochi conforti concessi ai Sacrifici.
Tutto questo era possibile grazie al Mana. Una forza che scaturiva all'interno di alcune persone, volgarmente definite maghi, che possedevano un flusso di energia derivato dagli elementi naturali – Fuoco, Acqua, Terra, Vento, Luce, Buio – e lo trasformavano a proprio piacimento per governare gli elementi stessi e trarne vantaggio. Le intere aeronavi erano sostenute da questo potere, senza di esso non avrebbero avuto i rifornimenti necessari per essere mantenute sospese in aria per un tempo così prolungato, senza consumare completamente le fonti di carburante utilizzate solitamente durante le spedizioni aeree.
Gli uomini non sapevano come avessero fatto a modificarle e crearle in modo tale da contenere l'intera umanità secondo la divisione che avevano stabilito, ma, probabilmente, nessuno si era posto questa domanda, dato il problema ben maggiore rappresentato dalla divinità che voleva sterminare il genere umano e la paura dei Sacrifici di essere scelti in qualsiasi momento. Semplicemente si erano adattati a vivere sospesi in aria, lasciando tutto quello che possedevano sulla Terra.
Questo comprendeva anche il poter stare con i capelli al vento e i raggi del Sole che pungevano sulla pelle. Ad Ari mancava terribilmente quel calore, seguito da un bagno fresco nel fiume a pochi metri da casa sua per metterlo a tacere.
“Bello, vero?” ruppe il silenzio Natanael.
“Fantastico.” biascicò Ari, alzando il viso al cielo e rendendosi conto che sul soffitto i tubi si intrecciavano tra loro, creando scosse di mana opposti che si imbattevano per poi cambiare strada “Dove siamo?”
“È il piano dei maghi.”
Ari inghiottì a vuoto, sentendosi trapassato da un brivido di paura.
“Ci sono cose interessanti qua, sai?” continuò a parlare Nael.
“Nael, non dirmi che ci sei già venuto. Sei completamente impazzito!”
“Ehi, ehi... non arrabbiarti.” mise le mani davanti a lui, agitandole vicino al viso.
In quel momento si sentì un rumore di passi provenire dietro di loro e Nael agì prontamente. Afferrò con decisione la manica del chiodo dell'altro e si intrufolarono in una stanza con una targhetta in ottone affiancata alla porta, che Ari non riuscì a mettere a fuoco da quanto si svolse tutto velocemente. Natanael chiuse la porta con il minimo rumore possibile e rimase poggiato contro di essa con l'orecchio e la schiena. Nello stesso tempo, circondò Ari per le spalle e lo strinse al suo petto.
Ari aveva il cuore che batteva a mille dallo spavento. Non voleva neanche immaginare quali crudeltà avevano in programma per loro se fossero stati scoperti a girovagare per posti proibiti. Perciò rimase curvo, con la testa intrappolata dalla mano dell'amico, ad ascoltare il suo battito regolare.

Come può essere così calmo?

Alzò gli occhi sul suo viso che non tradiva la minima ansia e si sentì protetto, come sempre da quando era rimasto al suo fianco.
Dalla bocca carnosa di Ari, semiaperta, usciva un flebile respiro irregolare che riusciva a malapena a percepire lui stesso, ma del quale si era accorto Nael. Infatti, quest'ultimo aveva preso ad accarezzargli la guancia con il palmo della mano, per poi spostare il pollice fino al suo labbro inferiore, lambendolo delicatamente.
Per un breve secondo, Nael spostò il volto sul suo e gli sorrise per calmarlo, poi tornò a porre l'attenzione sui passi al di fuori della stanza. Solo quando fu sicuro di non essere più in pericolo, lasciò andare la presa sul minore e si stiracchiò le braccia.
“Ci è andata bene, eh?”
Ari lo fulminò con lo sguardo, cercando ancora di riprendersi dalla paura appena provata.
“Mi chiedo come possa scherzare anche in un momento come questo.”
“Guardati intorno, piuttosto.” Natanael intrecciò le mani dietro la testa e fece segno con il mento al resto della stanza.
Effettivamente, Ari non si era neanche reso conto di dove si trovasse fino a quando non gliel'aveva fatto notare. Si guardò intorno e rimase affascinato da quello che vide. Libri. Migliaia di libri. Ora aveva capito cosa ci fosse scritto sulla targhetta: biblioteca.
“So che ti piace.” gli diede qualche pacca sul capo e si incamminò verso la finestra dalla quale riusciva a penetrare perfettamente il bagliore della Luna. “Quindi esplora fino a quando ne hai voglia.”

L'ha fatto per me?

Ari scosse la testa, lasciandosi scappare un lungo sospiro. Il fatto che Nael si fosse prodigato per lui per l'ennesima volta, non poteva che renderlo felice, anche se correvano moltissimi rischi. Si chiese se sarebbe stato sempre così, se Nael avrebbe continuato a pensare a lui e viziarlo fino a quando non fossero diventati anziani. Ancor più, si meravigliava di come fosse proprio uno che non aveva mai avuto niente nella vita, a continuare a elargire per qualcuno che non fosse lui stesso. Ormai si era abituato al comportamento dell'amico, ma allo stesso tempo lo trovava una sorpresa ogni volta.
Non sapeva come avrebbe fatto senza di lui.
Colto da una nuova euforia, Ari prese a girovagare per tutta la stanza, indeciso su quale scaffale catturasse maggiormente la propria attenzione. C'erano racconti antichi, libri scolastici per maghi, tomi sulle leggende mitologiche con le varie storie delle divinità e una sezione piena di scartoffie. Si diresse verso questa senza troppi indugi ed estrasse una pergamena arrotolata, l'aprì e vide il progetto di quello che sarebbe dovuto essere un macchinario per scavare in profondità nel terreno. Cose che non aveva mai visto in quei tempi, erano disegni che appartenevano sicuramente a un passato lontano dal loro.

O al futuro.

La sua conoscenza era stata limitata per ciò che veniva fatto imparare nelle scuole, perché non ne aveva mai frequentata una. In compenso, i suoi genitori erano stati gli istruttori migliori che potesse avere nell'intera vita. Gli avevano insegnato tutto quello che doveva sapere, dalle materie umanistiche a quelle scientifiche fino a quelle divine. Era sempre stato un bambino con un'intelligenza superiore alla media e apprendeva in fretta, nello stesso tempo era stato educato in modo tale da riuscire a badare a se stesso e dare una mano nella cascina. Aiutava nella cura degli animali, nella coltivazione dell'orto e faceva persino le faccende di casa.
Un bambino che non era accettato dalla comunità a causa dei genitori che erano andati contro il volere del governo, rinunciando alle nuove tecnologie, e che sostentavano unicamente grazie al proprio lavoro di contadini. Così era cresciuto, in solitudine, senza aver mai provato la gioia di avere un amico. Non che gli fosse mai dispiaciuto, amava stare con i suoi genitori.
Però, quando Nael era entrato nella sua vita dopo la loro morte, si era reso conto di quanto quella solitudine avesse fatto male al suo cuore. Si era chiuso in se stesso, aveva paura del mondo per quanto ne fosse affascinato e non sapeva come potesse essere distinto un altro amore oltre a quello provato per i propri genitori. Perciò aveva catalizzato il proprio interesse nella letteratura o qualsiasi cosa avesse delle pagine da leggere. Voleva sapere e capire come funzionavano le cose per le persone normali e i sentimenti, come fossero arrivati a una civiltà del genere, come un fiore potesse assumere le sembianze di un insetto femminile agli occhi di uno maschile.
“Hai trovato qualcosa di interessante?” Nael gli sfilò dalle mani uno dei tanti libri che aveva preso negli ultimi dieci minuti.
“Mi piacerebbe prenderli tutti per leggerli.”
“Per quanto la cosa mi alletti, questo è proprio impossibile.” lo rimise sullo scaffale e ne prese un altro per lui e uno per Ari. “Purtroppo immagino che lo verrebbero a scoprire subito se mancasse qualcosa.”
“Hai ragione.” Ari sospirò e sfogliò velocemente il libro.
Natanael gli mise un braccio intorno al collo e lo avvicinò a sé. “Però possiamo venire qua tutte le volte che vogliamo!”
“E rischiare come poco fa? No, grazie.”
“Sei proprio un guastafeste.”
“Ci tengo alla vita.” posò il volume e s'incamminò verso la porta dopo essersi scrollato di dosso l'altro. “Credo che mi farò bastare quelli delle biblioteche dei nostri piani.”
Improvvisamente vide qualcosa illuminarsi tra i vari tomi dedicati alla magia. La luce gli esplose direttamente negli occhi come un lampo, facendo assumere riflessi glaciali alle sue iridi. Fece un passo indietro spaventato.
“Che succede, Ari?”
“Non hai visto?”
“Cosa?”
Quella luce blu...” lo disse in tono sbalordito. Era stata così evidente che non poteva non averla notata. “Nael, si è illuminata la stanza.”
“Accidenti, la mancanza di sonno deve averti intontito per bene.”
“Non sto scherzando...”
“Forse è meglio se torniamo indietro. Sono passati anche parecchi minuti.”
Il biondo tentò di avvicinarsi al libro, ma la presa salda sulla sua mano lo fece desistere.
“Ari, andiamo.”
“Mh...” il ragazzo annuì, rimanendo con lo sguardo fisso sul punto esatto da dove era partito il segnale luminoso, anche quando si dovette girare per uscire dalla stanza. Riuscì soltanto a scorgere il titolo sul dorso del libro: Tangaroa.



Non poteva essere stata un'allucinazione. Era sicuro di quello che aveva visto, solo che non si spiegava come non l'avesse visto anche Nael. Non era ancora arrivato al punto d'impazzire da avere visioni.
C'era qualcosa che non si spiegava e che non avrebbe avuto una risposta fin quando non avesse preso tra le mani quel tomo magico. Anche se qualcosa dentro di lui gli ripeteva che neanche quel libro contenesse la risposta.

Non me lo sono immaginato...

Si rigirò nel letto, facendo attenzione a non svegliare Nael, che aveva deciso di rimanere con lui per la notte – Tanto nessuno viene a controllare nelle stanze e l'appello viene fatto solo una volta che si è a lavoro. – era sempre quella la scusa che convinceva Ari a farlo dormire nella propria stanza. Si ritrovò con il viso dell'altro di fronte al proprio, dormiva profondamente e senza pensieri, il suo petto si alzava e abbassava ritmicamente, il suo braccio destro teneva stretto il proprio corpo.
Ari decise di chiudere gli occhi e provare ad addormentarsi, lasciando stare quello che aveva visto in biblioteca. Ci volle qualche minuto, ma alla fine crollò, devastato dal sonno.




Ari stava nuotando nel fiume vicino casa sua. L'acqua gelida lo colpiva per tutta la pelle nuda facendolo rilassare. S'immerse completamente e provò a raggiungere il fondo, dato che arrivava a malapena a tre metri e lui riusciva a tenere il fiato per parecchio tempo.
Le sue gambe si muovevano a ritmo costante, creando piccoli vortici intorno a lui, tuttavia, il fondale sembrava non arrivare mai.
Ari guardò in basso e vide solo ombra, rialzò gli occhi al cielo e si accorse che tutt'intorno a lui l'oscurità si stava espandendo. Spaventato, tentò di tornare in superficie, ma qualcosa lo prese per la caviglia sinistra e lo trascinò giù con sé.
Ormai aveva quasi finito il fiato e la luce era sempre più fioca, il buio sempre più fitto. Si portò una mano alla gola e si graffiò con le unghie. Fu solo quando tentò di urlare che si rese conto di poter respirare.
Era sgomento. Una forza estranea continuava a trascinarlo verso il basso e Ari non riusciva più a riconoscere nulla intorno a sé.
“Ari.”
Sentì una voce possente chiamarlo. Si voltò in tutte le direzioni, ma non era in grado di distinguere da dove stesse arrivando.
“Ari.”
Ripeté la voce.
“Chi sei?”
La sua bocca non si mosse, ma i suoi pensieri si tramutarono comunque in parola.
“Tangaroa.”
“Il Dio del mare?”
“Salvami.”
Il biondo non capiva cosa stesse succedendo, come fosse possibile che avesse ancora fiato per stare in apnea e come potesse sentire quella voce e risponderle. Soprattutto come fosse possibile che appartenesse a una divinità.
“In che modo?”
Questa volta i suoi pensieri andarono ben oltre quello che avrebbe voluto dire. Era come se improvvisamente si trovasse in un corpo che agiva per conto proprio.
“Non lasciare che venga liberato.”
“Chi?”
“...”
Ari non riuscì a capire bene la risposta. Gli arrivò alle orecchie solamente un suono ovattato.
“Dimmi chi!”
Si agitò e cominciò a dimenarsi. La presa sulla sua caviglia si era allentata e il fondale stava tornando del suo colore naturale, ma solo in parte. Una zona era rimasta ancora oscura, mentre l'altra si era schiarita. Alzò lo sguardo e rivide la superficie.
“Ari...”
Non riuscì più a ribattere. Sentiva solamente il suo nome venir continuamente pronunciato. Si portò le mani alla testa, scuotendola violentemente fino a quando non percepì una sensazione di svenimento.





“Ehi, Ari? Svegliati.”
Spalancò gli occhi e fece un sospiro come se l'avesse trattenuto per minuti e minuti.
“Finalmente! Ti stavi agitando nel sonno. Hai fatto un incubo?”
“Nael...”
“Stai bene? Sei pallido.” Nael si preoccupò subito, posando una mano sulla sua fronte per sentire se fosse caldo e scosse la testa.
“Sto bene, tranquillo.” si sollevò a sedere e si voltò verso il suo amico.

Se gli dicessi anche di questo sogno, mi prenderebbe per pazzo dopo la storia di ieri. Forse sono stato condizionato proprio da quello...

“È stato solo un incubo.” gli sorrise dolcemente. “Ho sognato Tangaroa.”
“Oh cielo! Prima vedi luci e poi sogni la divinità che ci minaccia di morte?” Natanael scoppiò a ridere, tenendosi una mano sulla fronte. “Certo che sei messo male.”
“Lo sapevo che mi avresti preso in giro.”
“Scusa. Sai quanto è divertente.” anche l'altro si mise a sedere e lo agguantò per la vita, facendogli la linguaccia.
Ari non poté che sorridere in risposta, ma dentro di lui sentiva qualcosa di strano. Per quanto fosse solamente un sogno, sentiva quella voce dentro la sua testa in maniera vivida, così come percepiva ancora pulsare la caviglia che gli era stata afferrata e un formicolio nelle dita delle mani che non l'abbandonò per l'intera giornata.
 





NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti! Questa è la prima volta che pubblico una storia originale e sono orgogliosa di presentarvi Lo Sciabordio di un'Onda che si Infrange!
Mi scuso in anticipo se questa nota d'autore verrà lunghetta, ma ho bisogno di dirvi alcune cose prima di intraprendere questo lungo viaggio :)
Prima di tutto, sono esaltata all'inverosimile, questa è la prima volta che invento personaggi completamente miei, con una storia che ha seguito una trama ben delineata nella mia testa per mesi e mesi e che posso davvero dire che mi appartiene (e fidatevi se vi dico che mi appartiene, Ari e Nael sono dentro di me ormai da Gennaio, quando è nata questa storia ed esprimono tutto il mio io). Nonostante ciò, devo ringraziare assolutamente una persona, senza di lei non avrei potuto neanche cominciare questa avventura.
Se fosse un libro, prima del primo capitolo ci sarebbe scritto:

A Serena,
che mi ha sopportato dall'inizio.

E non posso che ringraziarla dal profondo del cuore per avermi davvero sopportato e anche supportato per ogni singola decisione, per avermi fatto riflettere su quale fosse la strada migliore da compiere in vari passaggi e che ho stordito facendole entrare nell'anima Ari e Nael anche a lei ahah!
Questa storia è dedicata a te <3
Passando al punto successivo, EFP permette di segnare solo tre generi, ma questa storia spazia davvero ovunque. Il fulcro, il perno su cui gira è l'amore, per questo non ci sono dubbi che sia nella sezione Romantico, ma non posso classificarla precisamente. Ho scelto romantico, drammatico ed introspettivo perché credo siano i generi che risaltano di più, sebbene ci sia molto altro, partendo dal fluff a sacchi di dieci chili alla volta, anche angst in egual misura, un'ambientazione a metà tra il fantasy e il fantascientifico e anche azione e avventura se vogliamo chiamarli così, senza mancare anche di una parte erotica sentimentale.
Inoltre, saranno trattate tematiche un po' delicate così come ho messo negli avvertimenti ;)
Passando credo all'ultimo punto importante, i nomi che ho usato non sono dettati dal caso. Mi sono fatta una cultura polinesiana, che adesso posso dire di essere anche io polinesiana, per questa storia. Tangaroa è la vera divinità degli oceani in cui credono queste civiltà e, per ora, non posso aggiungere altro senza fare spoiler con cose che ancora non avete neanche letto ahah! Man mano che pubblicherò i capitoli vi dirò che informazioni ho utilizzato e di come le ho amalgamate con la mia storia, rendendola anche più vera se così posso definirla.
Aggiornamenti: La storia è già bella che conclusa nel mio pc, quindi sarò regolare con gli aggiornamenti. La mia idea era quella di postare un capitolo ogni 10 giorni (al massimo 14 se ho problemi personali, ma ne dubito), però, se vedo che è seguita e che piace, allora posterò un capitolo alla settimana senza alcun problema :)
Se mai dovessero esserci ragioni per cui io non possa, aggiornerò prima avvisandovi di non preoccuparvi se sparisco per qualche giorno xD
Detto ciò, io spero davvero che a molti di voi piaccia e che mi possiate far sapere cosa ne pensate con un commento, perché – come ho già detto – questa è la mia prima originale e la amo dal profondo del cuore perché ci ho messo davvero tutta me stessa. Se vi ha incuriosito, quindi, sarei felicissima di saperlo (anche se in questo capitolo vediamo solamente la presentazione dei personaggi e un minimo di situazione generale, proprio per questo spero di avervi incuriosito).
Grazie a tutti quelli che la commenteranno, metteranno nei preferiti, seguite ecc e che la leggeranno!
Scusate per questa nota lunghissima, ma era d'obbligo e alla prossima!
Flor ^w^

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Sentimenti celati nel palmo della mano ***


 

CAPITOLO 2
SENTIMENTI CELATI NEL PALMO DELLA MANO


Aprile, anno 439 del XII periodo

Per quanto Ari fosse estremamente melodrammatico ed esagerato, in realtà, il trattamento riservato ai Sacrifici non raggiungeva i limiti del terribile.
Alla mattina tutti dovevano recarsi nella zona mensa, dove veniva distribuita la colazione dai Sacrifici addetti alla cucina. La mensa si mostrava come un'enorme stanza dalle pareti in ferro grigio, suddivisa in file e file di tavoli in acciaio bianco e delle colonne, che amplificavano questa divisione, nelle quali fluiva del mana a sostenere il soffitto, anch'esse di un materiale che ricordava quello del resto dell'aeronave. Tutto quel metallo dava alla testa e, dopo qualche tempo, ci si sentiva oppressi dalla monotonia della struttura.
Acciaio, ferro; ferro, acciaio.
Ormai si era dimenticato cosa si provasse sotto il calpestio della ghiaia o come fosse piacevole rimanere all'ombra di un'enorme quercia con la schiena poggiata al legno.

Dopo aver consumato la colazione, ognuno doveva raggiungere quello che veniva considerato il proprio posto di lavoro. Chi si dedicava alla pulizia della nave, chi si prodigava per la preparazione del pranzo, chi produceva gli alimenti stessi, chi si occupava di manutenzione e così via.
Ari aveva sfruttato le proprie conoscenze di contadino e allevatore e gli avevano assegnato la cura degli animali, che venivano clonati ormai da parecchi anni nella loro società per assicurare i prodotti più privilegiati, sicuri, controllati e selezionati.
A Nael era andata decisamente peggio. Quando vivevano sulla Terra, lui era semplicemente un ladruncolo di strada che non possedeva la cittadinanza in nessun paese conosciuto, non era registrato da alcuna parte. Inoltre, non aveva mai frequentato la scuola, né era mai stato assunto per un qualsiasi lavoro, dunque gli era stato assegnato uno dei compiti più pesanti: doveva girare per i diversi stabilimenti per ritirare le merci prodotte e raccattarle nel magazzino situato nel piano più basso dell'aeronave. Questo gli consentiva di andare quasi ovunque, ma nello stesso tempo era richiesto un grande sforzo fisico.
Nael, in realtà, non ne era dispiaciuto. Era contento di non dover restare fisso in un posto, magari dietro a un macchinario; per di più, se avesse fatto il giro di raccolta in tempi brevi, avrebbe potuto spendere il resto della giornata come più gli aggradava. Il più delle volte andava a far visita ad Ari, che doveva rimanere con gli animali fino alla fine del turno, e gli teneva compagnia senza che nessuno gli facesse una ramanzina.

Finito di lavorare, i Sacrifici erano liberi di dedicarsi al riposo e allo svago fino all'orario di cena, facendo passeggiate nelle zone autorizzate, leggendo prendendo in prestito i libri dalle biblioteche o qualsiasi altra cosa non andasse contro il regolamento. Dopo il pasto serale erano obbligati a ritirarsi nelle proprie celle e non potevano uscire dalla zona dormitorio fino alla mattina seguente.
Le giornate successive si ripetevano più o meno sempre uguali.
Per quanto riguardava il controllo, veniva eseguito un appello ogni mattina sul posto di lavoro da parte dei capi – gente che apparteneva alla classe dei Normali – e uno alla sera dopo cena dalle guardie, anch'essi Normali. Non vi erano allarmi, telecamere di sicurezza o qualsivoglia altra forma di sorveglianza. Solamente alcuni addetti giravano per la nave, assicurandosi che fosse tutto in ordine.
I Sacrifici non avevano idea di come funzionassero le cose sulle altre aeronavi, probabilmente il governo non voleva sprecare personale utile nelle altre pseudo-città aeree per gente che pian piano si sarebbe sempre di più decimata. Ciò di cui erano sicuri, era che dovevano comportarsi regolarmente o ci sarebbero state punizioni come conseguenza, una di queste sarebbe potuta essere quella di diventare sacrifici immediati, per quanto non fosse quello il metodo per capire chi fosse idoneo e chi no. In ogni caso, non c'erano mai stati problemi o casi estremi d'insubordinazione.
In sostanza, l'aeronave dei Sacrifici funzionava come un'enorme città-lavoro, senza troppa esigenza e con dello spazio libero per potersi ancora definire persone.




Ari si trovava sdraiato sull'erba – che i maghi erano riusciti a ricreare grazie ai loro poteri collegati alla natura – e intorno a lui si percepiva il muggire delle mucche a cui stava badando. Tirava un leggero venticello, che fuoriusciva dai condotti d'areazione e che buttava all'interno dell'aeronave l'aria purificata proveniente dall'esterno. Per quanto fosse pura e incontaminata, c'era comunque qualcosa di strano che non ricordava per niente l'aria che era solito inspirare a fondo mentre si trovava sulla Terra. Era quasi anonima, senza emozioni da comunicare.
Con lo sguardo cristallino fissava sopra di sé la cupola in vetro, una delle poche zone dalle quali era ben visibile il Cielo, e aspettò di incontrare di nuovo l'azzurro di esso mentre la nave attraversava una nuvola candida, che ricordava vagamente la sensazione di avere davanti agli occhi della schiuma.
I suoi pensieri erano ben lontani dagli animali intorno a sé e per nulla tranquilli come quel momento apparente di beatitudine.

Che mi stia prendendo un malanno? Ho ancora le dita intorpidite, forse sono allergico a qualcosa? Per non parlare della mia caviglia...

Dopo che Nael se n'era andato dalla sua stanza, si era controllato la gamba che gli pulsava e aveva notato un evidente segno rosso della larghezza di due dita. Non aveva memoria di come avesse potuto procurarsi una ferita del genere, l'unica cosa che gli tornava alla mente era quel sogno strano che gli aveva gettato addosso un insieme di ansia e preoccupazione.

Era solo un incubo... da quanti anni ormai non faccio che incubi? Non dovrebbe essere una novità. Però era tutto così reale e strano nello stesso tempo e non capisco perché mi senta così...

Una minima parte di cielo cominciava a uscire fuori, mostrando un azzurro intenso che si rifletteva nelle iridi diventate quasi trasparenti.

Tangaroa che mi parla in sogno, colui che ci vuole tutti morti e viene a chiedere aiuto a me... era indubbiamente solo un sogno.

Allungò la mano destra verso il soffitto, con le dita ben aperte vedendo attraverso di esse. Il formicolio era presente soprattutto sulle punte e andava scemando verso il palmo. Era qualcosa che andava e veniva, ma quando ci faceva attenzione lo percepiva estremamente nitido. Aveva provato anche a toccarsi i nervi per vedere se fosse un problema del sistema nervoso, ma aveva capito che era una percezione diversa da quella di un nervo leso. Per qualche istante gli era anche venuto il dubbio che fosse un avvertimento sul fatto che sarebbe potuto diventare il prossimo sacrificio, ma non poteva essere. Sapeva bene come avveniva e quello non era mai accaduto a nessuno. Irrigidì le dita e si morse il labbro inferiore mentre lasciava vagare ancora i pensieri.

Devo smetterla di rimuginarci troppo. Sarà solo stanchezza. Se andrà avanti a lungo, vedrò di farmi controllare.

In quel momento, Nael si avvicinò da dietro, protese la mano verso quella del ragazzo dai capelli cenere e poi intrecciò le dita insieme, accostandosi a lui. Lo salutò con un sorriso, stando in piedi al suo fianco e con le mani unite insieme.
“Hai finito di lavorare?” gli chiese Ari.
“Già! Sono stato bravo, eh?” gli strinse di più la mano e si sdraiò al suo fianco senza perdere il contatto con essa. Si mise prono con il gomito poggiato sul terreno e la mano sinistra chiusa a pugno per tenere sollevato il volto.
“Buongiorno, Natanael.” una voce arrivò da qualche metro lontano da loro. Era il capo di Ari che ormai si era abituato a ricevere la visita del ragazzo moro quasi ogni giorno.
“Buongiorno a lei.” ricambiò il saluto e poi si concentrò nuovamente sull'amico. “Ti manca ancora molto?”
Ari scosse la testa e Natanael sbuffò di rimando.
“Che c'è?”
“È da qualche giorno che hai quella faccia. Che ti succede, Ari?”
“Niente. Cosa mi deve succedere?”
“Questo lo sto chiedendo io a te.”
Come al solito, Nael riusciva a capire qualsiasi cosa riguardasse Ari e quest'ultimo non se ne stupì. Scosse ancora la testa e pensò che non c'era bisogno di dirgli alcunché, dato che probabilmente si stava facendo una marea di problemi per niente.

E poi non voglio farlo preoccupare più di quanto non faccia già di suo.

“Dai, dimmelo!” insistette.
Ari si portò le loro mani unite sul proprio petto e all'improvviso si accorse che era svanito il brulichio su cui stava tanto ragionando nelle ultime ore.
“Davvero, non è niente.”
Il cielo si scoprì del tutto e una forte luce colpì intensamente il volto di Ari, che dovette strizzare gli occhi non riuscendo a sopportarla. Un istante dopo avvertì un fiato caldo che soffiava all'angolo delle sue labbra.
“So quando menti, non credere di poter evitare per sempre la domanda.” il tono che Nael aveva usato era affettuoso e delicato. Non c'era la minima punta di minaccia, a dispetto di quanto potesse essere il significato della frase stessa.
Ari provò a riaprire gli occhi, ma ancora non riusciva ad abituarsi e dovette richiuderli subito. Non sapeva come ribattere, perché era cosciente del fatto che sarebbe stato difficile evitare l'argomento con Natanael una volta che si fosse impuntato, quindi rimase in silenzio a sentire la parte destra del proprio viso continuamente colpita dal respiro caldo dell'amico. Probabilmente, a questo punto, aveva il viso arrossato e questo rossore aumentò ulteriormente appena la sua guancia fu vezzeggiata dal naso di Nael.
“Hai qualche problema qui a lavoro?” continuò il moro, lasciando la sua voce a un sussurro.
“No.” Ari venne accarezzato da quel suono e provò pace finalmente per i suoi sensi.
“Con qualcuno?”
“No, Nael. Smettila.” avrebbe voluto usare un tono tagliente, ma la situazione non glielo permetteva.
Davvero quel ragazzo oltrepassava qualsiasi barriera, lo faceva sciogliere come niente e ancora non si capacitava del perché lo lasciasse fare, o, almeno, non l'aveva mai espresso a parole per quanto lo sapesse. Se il suo capo l'avesse visto, avrebbe sicuramente pensato che quelli erano atteggiamenti poco consoni da tenere in pubblico.
“Ti ho visto troppe volte quel faccino. Non credere che sia contento di vederlo ancora senza sapere cosa ti turba.” Natanael premette il naso contro la pelle dell'altro e lo fece scivolare fino al collo, dove gli diede un piccolo bacio e rimase con il proprio viso incastrato nell'incavo tra la spalla e il collo di Ari.
“Non guardarlo, allora.” il biondo non cedette, per quanto ormai anche la sua voce non era che ridotta a un sussurro, non voleva raccontare nulla.
Era un qualcosa che percepiva dentro di sé, un qualcosa che doveva tenere per sé senza coinvolgere altri. Non era che semplice paura di riflesso. Certo, questo non spiegava il perché avesse visto quella luce in biblioteca o perché avesse un segno sulla caviglia, ma non voleva dare spiegazioni. Anche perché non esistevano nella sua mente spiegazioni tali da essere credibili e neanche che non lo fossero. Non esistevano e basta.
La bocca carnosa di Nael sulla sua gola, però, gli stava facendo dimenticare tutte quelle preoccupazioni, tanto da non riuscire più a pensare. Era davvero arrivato a questo punto senza accorgersene nei lunghi otto anni e ancora si faceva andare bene le cose come stavano. Aveva paura anche di quello che provava per Nael. Era consapevole che il loro era un rapporto strano, ma non aveva un nome. E chiederlo gli avrebbe procurato solo ansia per una risposta che non voleva sentire.
“Mi chiedi troppo. Come faccio a parlarti senza guardarti? È maleducazione.” continuò a sussurrare il ragazzo dai capelli scuri, riprendendo un percorso inverso con le labbra.
Però, quando Nael ci si metteva, andava davvero in là e il tutto lo faceva esplodere da dentro. Le loro mani erano ancora unite, talmente tanto da essere diventate ormai bianche da quanto si tenevano forte; la bocca di Natanael ancora si spostava lungo la sua pelle ed era arrivata all'orecchio e lì aveva deciso di posarsi; gli occhi erano fissi sul suo viso e poté constatarlo non appena riuscì a riaprire i propri. Era un qualcosa che non voleva assolutamente rovinare. Per quanto fosse imbarazzato e consapevole che l'altro se ne fosse reso conto – e nonostante questo non la smetteva – poteva sopportare benissimo quel lieve turbamento per poter rimanere così con Nael.
Lo fissò nelle iridi, specchiandosi in una e perdendosi nell'altra. Se qualcuno lo considerava strano anche per quel carattere, Ari, invece, lo trovava molto attraente. Una delle prime volte che l'aveva osservato con occhi non più da bambino l'aveva definito semplicemente bellissimo e ancora lo pensava, anzi, era diventato sempre più bello nel corso degli anni. La possanza del suo corpo e l'intensità del suo sguardo era andata sempre più migliorando, tanto da farsi venire complessi per il proprio aspetto per quanto non ce ne fosse bisogno e da quanti complimenti gli rivolgesse sempre l'amico.
“Mi dici adesso che ti prende?” perseverò nella richiesta.
Ari negò con il capo, facendo spallucce.
“Ah! Ma uffa!” Nael si staccò improvvisamente, lagnando come un bambino e sbattendo le gambe per terra. “Io lo voglio sapere!”
Il minore si svegliò da quel dolce momento, che era durato troppo poco, e non poté che ridere davanti a quella scena patetica.
“Bene.” Nael si rimise in piedi, lasciando andare con dispiacere la mano dell'altro e picchiettandosi sui vestiti, sempre gli stessi, per liberarsi da ciuffetti d'erba e polvere. “Ti aspetto nella tua camera allora. Ci vediamo dopo.”
“A dopo.”



Natanael arricciò il naso e se ne andò, lasciandolo lavorare. Prima di raggiungere la stanza di Ari, però, fece una piccola deviazione.
Ormai si prendeva cura di lui da parecchio tempo, non avrebbe mai potuto lasciarlo solo, anche se le circostanze in cui era avvenuto il loro incontro e la loro successiva convivenza erano state molto insolite. Si era trovato davanti un ragazzino chiuso, timido e malinconico e pian piano aveva cercato di far sparire tutta la tristezza dal suo volto. Ogni volta che vedeva dei primi cenni in quegli occhi glaciali, subito si preoccupava e non poteva assolutamente rimanere con le mani in mano.
Ari era un qualcosa da dover proteggere. Tutto di lui gli urlava nella testa che doveva rimanere al suo fianco e stringerlo così forte da non farlo scappare. Così i suoi sentimenti si erano sempre di più accresciuti e, allo stesso tempo, non perdeva mai occasione di scambiare qualche piccola effusione.
Finché Ari lo lasciava fare non c'era alcun problema e Nael sperava che questo non cambiasse mai; d'altro canto, non voleva spingersi troppo oltre per quanto il suo corpo lo pregasse, ed era convinto che questo suo trattenersi fosse per il bene di entrambi. Non c'erano metodi per scoprire chi sarebbe stato il prossimo sacrificio, soprattutto negli ultimi due anni dove i rituali si susseguivano frequentemente e regolarmente, quindi non voleva dare una falsa speranza di un futuro insieme all'unica persona di cui si era fidato in tutta la sua vita, l'unica per cui aveva provato dei sentimenti di qualsiasi genere.
Il futuro era troppo incerto.
Era come una conchiglia sotterrata nel fondale marino, che improvvisamente veniva spazzata via dalla propria casa da una forte corrente e sbattuta sul bagnasciuga da un'onda dirompente e lasciata lì a seccare.
Ma non sapeva per quanto tempo ancora il proprio cuore non sarebbe esploso. Si sentiva sempre sul punto di star per valicare il leggero confine che aveva stabilito con Ari senza bisogno di parlarne e si dava dello stupido per questo. Se si era auto-imposto di trattenersi, allo stesso modo non era convinto che fosse la soluzione migliore. In ogni caso, Ari non aveva mai fatto niente di particolare per fargli intendere che volesse qualcosa di più, quindi si era accontentato del loro rapporto così com'era.
L'unica cosa che Natanael era davvero sicuro di volere, era il volto sorridente di Ari, per questo non gli dispiaceva passare anche qualche guaio se questo avesse raggiunto il suo scopo. E per questo si era ritrovato a rubare per l'ennesima volta dal magazzino.

Aspettò con impazienza che Ari tornasse da lavoro, seduto sul letto con la schiena contro la parete e socchiudendo gli occhi per riposarsi un poco. Quando sentì il pomello ruotare, si destò di colpo e fu subito pronto ad accogliere il suo amico con un sorriso.
“Sono tornato.”
“Hai ancora la testa tra le nuvole?” gli chiese con un sorriso sghembo e il ragazzo dagli occhi celesti fece un gesto con la mano come per cambiare discorso. Nael picchiettò il materasso per fargli cenno di sedersi al suo fianco, comando che venne subito eseguito. “Sai cosa manca in questa cella?” continuò poi Natanael, guardandosi intorno.
“Che cosa?” Ari alzò un sopracciglio, non capendo dove volesse andare a parare.
“Un po' di colore!” con un balzo il moro scese dal letto e prese da sotto di esso un barattolo di vernice e due pennelli.
L'altro rimase a bocca spalancata e senza parole. Quale altro piano sconsiderato aveva attraversato la sua mente?
“Da dove li hai presi?”
“Dal magazzino.”
“Li hai rubati insomma.”
“Sono bravo in questo, no?” la sua faccia sprizzava ironia da tutti i pori mentre gli porgeva un pennello.
“Ma non possiamo dipingere la cella!” Ari prese comunque lo strumento in mano, osservando l'amico che apriva il barattolo e intingeva il pennello nel colore.
“È lavabile se la cosa ti preoccupa. Come tutto del resto.” commentò sarcastico.
“Davvero gentile da parte tua.” aggrottò la fronte, inclinando il capo verso sinistra così che i capelli gli andarono tutti davanti al volto.
“Ci divertiamo solamente un po'.” gli fece l'occhiolino e Ari sospirò esageratamente, lasciandosi andare a un sorriso.
Nael gli spostò la ciocca di capelli biondi dagli occhi, portandola dietro le orecchie, e avvicinò il proprio viso fino a sfiorare la punta dei nasi.
“Bravo bam-bi-no.” scandì ogni sillaba, sottolineando per bene la parola per poi cogliere di sorpresa il minore. Gli diede una pennellata sulla fronte, sporcandolo tutto.
Ari si portò una mano su di essa e vide gocciolare della pittura grigia metallizzata dalle sue dita. Gli ci volle qualche attimo per capire che era stato colpito, dato che non se lo sarebbe mai aspettato. “Nael!” gridò ad un certo punto e scattò in piedi.
“Ti dona quella striscia.” Natanael si stava tenendo la pancia dalle risate.
Ari si lanciò sul barattolo per intingere il proprio pennello e diede una striata sulla guancia dell'altro. Questa volta fu lui quello che scoppiò a ridere, mentre Nael sbatteva gli occhi incredulo che il minore avesse reagito così prontamente.
“Vuoi la guerra quindi!” rispose Nael, facendo il vocione e gli si gettò contro.

In men che non si dica, la stanza si trasformò in un vero delirio. Non solo avevano imbrattato la propria pelle e i propri abiti, ma anche le pareti, le lenzuola e lo specchio. Risero per tutto il tempo, con Ari che cercava di primeggiare e intrappolare l'altro per dipingergli i capelli e Nael che muoveva il pennello come se fosse una spada, sporcando ancora di più in giro.
Ad un certo punto, Ari crollò a terra ridendo a perdifiato. La sua testa era rivolta verso il soffitto, gli occhi serrati e le spalle che tremavano a ogni suono cristallino che fuoriusciva dalla sua bocca. Nael s'incantò nell'ammirarlo, contento che ogni minima traccia di preoccupazione fosse svanita dal suo volto e s'inginocchiò davanti a lui. Sentire quella risata lo faceva star bene più di qualsiasi altra cosa.
“Ho vinto.” annunciò poi fiero, guardandolo sornione.
Ari smise di ridere, rimanendo con il volto sereno e felice, subito dopo gli rivolse lo stesso sguardo e gli diede un'ultima pennellata sul naso.
“Non credo proprio.” accostò il proprio viso a quello del maggiore e proruppe nuovamente in una risata, che fu seguita subito da quella di Nael.
Dopo qualche minuto, si alzarono dal pavimento e si diedero un contegno.
“Grazie, Nael.” Ari lo prese per la manica e la strinse forte tra le dita esili.
“Non ho fatto niente.” gli scompigliò i capelli di risposta.
“Guarda che cosa abbiamo combinato...” Ari si guardò intorno, notando che la vernice aveva lasciato illese ben poche cose. Avrebbe dovuto portare tutto a lavare e, a proposito di lavare, dovevano farsi decisamente un bagno.
“Però ti sei divertito.”
Ari annuì e fu colto di sorpresa quando il ragazzo dai capelli neri lo prese per le gambe e lo tirò su a mo' di sacco.
“Cosa stai facendo?” esclamò alzando la voce.
“Ti porto a prendere dell'acqua per pulire tutto.”
“E devi portarmi così? So camminare con le mie gambe. Non sono un neonato.”
Nael lo poggiò contro la parete e gli bloccò i movimenti tenendolo racchiuso dalle braccia e lo fissò intensamente negli occhi.
“Ah, no?” rise. “Pensavo di sì, sai?”
Quanto adorava punzecchiarlo a quel modo, soprattutto se dopo averlo fatto notava comparire del rossore su quelle guance nivee così morbide al tatto. Infatti accadde anche quella volta. Le pupille di Ari si erano ingrandite leggermente, il colore dell'iride in quel momento era di un azzurrino intenso e intenso era anche l'imporporamento sugli zigomi, che li faceva apparire rosati. Era una visione di cui il suo corpo si beava, un qualcosa che gli trasmetteva l'impulso di prendergli il volto tra le mani e baciarlo per far diventare quel rosino di un rosso scarlatto. Però mantenne l'autocontrollo e si limitò a pizzicargli una guancia in modo affettuoso.
“Guarda che te sei decisamente peggio di me se stiamo a vedere la maturità.”
E Ari non si lasciava sfuggire l'occasione di ribattere quando gli era servita la battuta sul piatto d'argento. Forse non accadeva spesso, ma quando succedeva, si compiaceva di se stesso. Inoltre, questo gli faceva sviare per un attimo i pensieri dal contatto con Nael, dai suoi occhi sempre fissi nei propri, dalla sua bocca sempre così dannatamente vicina alla propria. La paura non gli consentiva di annullare quella minima distanza, non di sua spontanea volontà. L'imbarazzo faceva lo stesso, oltre a palesarlo proprio davanti al moro. Al contrario suo, Nael non trapelava nessuna emozione d'impaccio e turbamento, ma gli occhi erano lascivi quasi a imprimergli sulla pelle una bruciatura che scottava terribilmente fino a lasciargli la cicatrice. L'unica cosa che era in grado di compiere, era quella di scostare lo sguardo per qualche secondo per riprendere fiato e non cedere a quelle strane sensazioni che aveva solo letto nelle pagine dei libri.
“Sempre meglio essere un bambinone, che assomigliare a un vecchietto come te.”
“Non sono vecchio!” Ari irrigidì le braccia contro il busto e strinse i pugni, facendo il finto offeso.
“Ah, giusto... Sei un neonato. Me lo eri dimenticato, perdonami.”
Nael non riuscì a trattenere l'ennesima risata, accasciandosi sul corpo dell'altro, sentendo i suoi capelli pizzicargli le palpebre e schiacciandolo contro il muro. Ari, di rimando, lo strinse tra le proprie braccia e lo premette contro di sé, rilassandosi. Anche se la sua bocca non voleva aprirsi per dar sfogo a tutte le domande che gli opprimevano il petto, nella sua mente scorrevano una dietro l'altra e a tutte lui aveva già la risposta pronta.




Pochi minuti dopo si recarono in un'area dove potevano riempire i propri catini d'acqua e utilizzarla per lavarsi nella propria stanza. Infatti, i bagni non erano muniti di docce, ma in ogni cella vi era un canale di scolo che raccoglieva tutta l'acqua utilizzata dai Sacrifici e i maghi si premunivano di depurarla per usarla per diversi cicli consecutivi. Dopo aver riempito le catinelle, tornarono nella camera di Ari per pulire prima il macello che avevano combinato e successivamente presero altra acqua per lavare loro stessi.
Stranamente, la nudità era un problema gestibile per entrambi. Si erano visti per così tante volte anche prima che nascessero i loro sentimenti, che era quasi normale. Certo, Ari si riscopriva ad ammirare di nascosto molto spesso i muscoli scolpiti dell'altro. Partendo dalla linea del collo scendeva ai pettorali e alla tartaruga abbastanza evidente su quell'addome degno del David di Michelangelo, ma sicuramente più caldo e morbido. Le braccia ormai le conosceva bene da quante volte si era sentito racchiuso da esse ed erano possenti, forti e rassicuranti; le gambe davano la stessa impressione. Per pudore non si era mai soffermato a lungo su altro, nonostante quando si ritrovava Nael girato di schiena, l'occhio non poteva che cadere ai suoi glutei, ma poi alzava il viso e notava le spalle ben piazzate e la linea della schiena perfetta. Aveva un corpo da invidiare e si sentiva in qualche modo sollevato che lui avesse il privilegio di goderne la vista quando più gli pareva.
“Dai, vieni che ti lavo.” Nael prese uno sgabello e si sedette davanti al catino dell'altro, che si immerse dentro, inginocchiandosi per quanto fosse piccolo da riuscire a contenere il corpo solo in parte. Era davvero un metodo scomodo per lavarsi, soprattutto in inverno quando faceva più freddo, ma non c'erano altre alternative.
Subito dopo, Ari sentì le mani del maggiore sulle proprie spalle che cercavano di grattare via la pittura e che lo massaggiavano dolcemente. Poi si dovette girare per permettergli di pulirlo in volto, dove era più sporco in assoluto, compresi i capelli. Natanael gli prese il viso tra le mani e strofinò sulla sua fronte.
Il ragazzo dagli occhi cristallini sentì le gocce d'acqua tiepida scivolare sulle ciglia e colare via appena sbatteva le palpebre, la vista era leggermente annebbiata e al di là poteva scorgere quell'occhio profondo e abissale concentrato nel suo lavoro. Infatti, Nael cercava di non essere distratto dal corpo nudo dell'amico. Lo trovava così bello nella sua interezza e forse Ari non capiva che potere seducente ed attraente avesse su di lui. Ringraziò se stesso di riuscire a mantenersi lucido anche in certe circostanze e a rigettare indietro gli impulsi animaleschi che sentiva crescere e che lo picchiettavano con insistenza. Forse non eccedeva in quanto muscolosità, ma a Nael non importava niente perché quel corpo aveva proporzioni perfette per un ragazzo come Ari: dalle guance leggermente paffute, alle lunghe dita, agli addominali che comunque non mancavano, a quel sedere che tante volte si era immaginato di tastare con le proprie mani per capire se fosse davvero morbido come quello di un bambino. Scrollò la testa a quel pensiero, non volendo crearsi qualche disagio, e continuò a lavarlo con cura.
“È quasi passato un mese...” disse ad un certo punto Ari.
“Non ci devi pensare, stai tranquillo. Tangaroa non vorrà te.” Ari trovò quella frase molto ironica a giudicare dal sogno che aveva fatto pochi giorni prima e sorrise tra sé e sé. “Troverà qualcun altro come sacrificio per il prossimo mese.” continuò Nael, facendolo alzare dalla bacinella e asciugandogli i capelli. “Certo neanche me.” rise infine.
“Sei davvero così tranquillo?”
“Che altro posso fare? Non è di certo colpa mia che venga scelto un Sacrificio al mese per offrirlo alla divinità. Posso solo sperare che non sia io, no?”
“Immagino di sì...”
“Via! Via quella faccia! Non la voglio vedere più per almeno un anno.” gli agitò un dito davanti al volto per poi prendergli il naso tra indice e medio.
“Sembra che abbia solo questa.”
“A me invece piace quella che avevi mentre pitturavamo in giro.” ammise provando un lieve imbarazzo. La sua attenzione poi si spostò sulla gamba sinistra dell'altro dove vide un livido. “Che hai fatto?” si preoccupò subito.
Lo sguardo di Ari andò alla propria caviglia, sapendo già che si stava riferendo a essa. “Non lo ricordo.” si grattò la parte di testa quasi completamente rasata e accennò una piccola risata.
Nael lo fissò storto per poi abbassarsi su di essa e prenderla per esaminarla con accuratezza. Questo fece perdere l'equilibrio all'altro che dovette aggrapparsi alle sue spalle per rimanere in piedi.
“Nael!”
“Ti sei fatto medicare?”
“No...”
“Non è possibile che non te ne sia accorto. È come se qualcuno ti avesse stritolato la caviglia.”

Lo so. Lo so perfettamente dato che è andata proprio così, anche se era in sogno.

Avrebbe voluto dirlo, ma sarebbe stato preso per matto ancora una volta.
“Vado a prenderti del ghiaccio.” Natanael lo lasciò andare e fece per rivestirsi, tuttavia, fu bloccato dal braccio dell'altro.
“Lascia stare, non mi fa male.” ormai Nael era entrato in modalità allarme, sarebbe stato difficile farlo desistere. “Dico davvero e poi ora devi lasciarti lavare.” prese la spugna tra le mani e gliela lanciò dritta in faccia. A causa di quel gesto, Nael decise di far partire l'ennesima lotta e si lanciò contro Ari, atterrandolo in men che non si dica.
Successivamente tornarono lindi e profumati nei loro vestiti, si recarono in quella che poteva venir considerata la lavanderia dell'aeronave, cenarono e andarono a dormire insieme nella cella di Nael, molto più presentabile di quella del biondo.




Ari camminava sulla sabbia bagnata, davanti a lui si estendeva l'oceano talmente limpido da potersi rispecchiare perfettamente e poter vedere al di sotto i piccoli pesciolini sguazzare a destra e sinistra. Sentiva della malinconia in quel posto, nonostante fosse bellissima la sensazione dell'acqua fresca che si insinuava tra le dita dei piedi e si ritirava a ritmo costante.
Cambiò posizione per non sprofondare sul posto ed entrò nell'oceano, camminando passo passo verso le acque più profonde, completamente vestito. I pantaloni si allargavano a causa della leggera corrente che si sprigionava dal di sotto e la maglietta gli si era incollata alle braccia, allo stomaco e al petto, così da far intravedere la propria pelle candida sotto la stoffa bianca.
“Bentornato, Ari.”
All'improvviso gli parve di udire una voce familiare.
“Tangaroa!” urlò al vento, avanzando sempre di più, fin quando arrivò a non toccare più il fondale e rimase a galla agitando un poco le braccia e i piedi. Pronunciare quel nome gli aveva procurato un piccolo brivido lungo la schiena che gli fece venire la pelle d'oca.
“Palesati!” continuò a parlare non ricevendo alcuna risposta.
“Devi svegliarti e salvarmi.”
Ancora la stessa storia. Salvare una divinità, un povero essere umano. Da chi? Da cosa?
“Non hai ancora risposto alla mia domanda.”
“Perché tu stesso non me lo permetti.”
Ari si sentì confuso. Quel discorso non aveva un contesto, neanche un senso logico e non ne riusciva a venire a capo.
D'un tratto esplose come un fulmine qualcosa lontano da lui, molti metri più avanti, e vide una pinna fuoriuscire dall'acqua.


Uno squalo!

Pensò e fu preso dalla paura. D'istinto cominciò a nuotare verso la riva notando che l'animale si stava dirigendo proprio verso di lui.
“Aiutami Tangaroa!” esclamò affannato, mentre le sue braccia e le sue gambe si dimenavano il più velocemente possibile.
“Sei tu che devi aiutare te stesso. Altrimenti non potrai sottrarti a un destino doloroso.”
Tutte quelle parole non facevano che accrescere l'ansia dentro di sé. Voltò appena lo sguardo e vide lo squalo a pochi centimetri di distanza. La bocca era aperta e puntava direttamente al suo corpo. Concepì all'istante l'idea che per lui fosse la fine.
“Svegliati, Ari!”
Al contrario delle altre frasi, questa era stata pronunciata con un tono imponente, quasi spaventoso e Ari si sentì ancora più turbato.
Non si rese neanche conto di star inalando acqua e che pian piano stava affogando sommerso dall'immenso oceano.
Dello squalo neanche l'ombra.





Si svegliò di soprassalto, boccheggiando alla ricerca d'aria.

Ancora... un altro incubo. Di nuovo Tangaroa.

Sentì accanto a sé la presenza di Nael, che stranamente non si era svegliato a causa sua; doveva essere molto stanco.
Ari ripercorse l'intero sogno, cercando di ricordare ogni singola parola. Il cuore gli batteva all'impazzata, alle dita era tornato il formicolio e cominciò a credere che quel fastidio fosse causato dalla paura stessa, anche se non gli era mai successo, il respiro non era ancora del tutto regolare.

Salvarlo... che voglia dire... essere il prossimo sacrificio?

Un mese ormai era quasi passato, questo significava che a breve sarebbe stato scelto qualcun altro e portato via per compiere il rituale e consacrato alla divinità. Forse quello era un segnale che lo avvisava che sarebbe stato il prossimo. Non ne aveva la minima idea, ma più rifletteva sulle parole di Tangaroa e più quella era l'unica opzione sensata.
Percepì un qualcosa di bagnato sul proprio viso. Erano lacrime che sgorgavano dapprima silenziose dai propri occhi e scivolavano via sulle guance.
Il timore che sarebbe stato il prossimo a morire e che non avrebbe più rivisto Nael l'aveva sfiorato per un momento e questo aveva innescato quel pianto senza poterlo controllare. Si portò la mano alla bocca per contenere i gemiti, ma si accorse comunque che Nael si stava svegliando. Prontamente si girò verso il muro, così da non farsi vedere, tuttavia alle sue orecchie giunse comunque una voce parecchio assonnata.
“Ari, stai piangendo?”
“No.” negò con la testa per enfatizzare la risposta.
“Certo, come no... sai cosa sono le domande retoriche?” Natanael lo girò verso di lui e vide gli occhi dell'altro arrossati. “Non dirmi che hai fatto un altro incubo.”
Ari annuì.
“E questo ti fa stare così male da piangere?”
“Ho paura.”
In quel momento, Nael vide nel suo amico proprio quel lato che voleva proteggere da tutto e tutti. Si sentì stringere il cuore a quella vista. Perché nella sua vita doveva sempre esserci qualcosa che lo preoccupasse o che lo spaventasse? Come poteva cancellare tutte le sue sofferenze dall'animo?
Sospirò e gli asciugò le lacrime con la propria manica. “Di cosa hai paura?”
“Di non rivederti mai più.”
“Sciocco! Che diavolo stai-...”
Non riuscì a finire la frase, che Ari gli cinse le braccia al collo e lo abbracciò così forte da non permettergli di parlare. Il corpo del biondo tremava sotto il suo, era scosso da piccoli tremiti che gli fecero decidere di non domandare più niente per non far intristire ancora di più quel ragazzo. L'unica cosa che fece fu abbracciarlo a sua volta e lasciargli qualche schiocco sulla guancia per tranquillizzarlo. Poi lo incitò a riaddormentarsi prima di dargli un leggero bacio a fior di labbra.
 




NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti! Bentornati insieme ad Ari e Nael! :)
Scusate per il primo paragrafo forse un pochino noioso, ma c'era da spiegare alcune cose direi ahah giusto per fare il quadro della situazione in un contesto che non si può associare a niente di reale, spero di essere stata chiara.
A parte questo, avete avudo modo di scoprire qualcosa in più sui due protagonisti! *-* Awww quanto sono bellissimi! So che non è successo molto a livello di trama, ma date tempo ancora un capitolo, massimo due, ed entreremo nel pieno della storia. Per ora vi beccate il loro amore così palese e così nascosto (così come suggerisce il titolo del capitolo). Come li trovate? Non sono forse bellissimi? *sospira persa in un mondo di unicorni e arcobaleni*
E spero di avervi incuriosito con l'ennesimo sogno di Ari! Cosa sta succedendo a quel povero ragazzo? Davvero Tangaroa vuole farne il prossimo Sacrificio? Voi come la pensate?
Ringrazio tutti quelli che la leggeranno, commenteranno e aggiungeranno nei preferiti ecc! Vi chiedo cinque minuti del vostro tempo per farmi sapere se vi sta piacendo con una piccola recensione e ci vediamo la prossima settimana!
Un bacio.
Flor ^w^

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Rimpianti che sbocciano in promesse ***


 

 

CAPITOLO 3
RIMPIANTI CHE SBOCCIANO IN PROMESSE

 

Maggio, anno 439 del XII periodo

Ari non aveva più fatto cenno a Nael dei suoi incubi, se n'era persino inventato uno per non confessargli i propri timori riguardo a poter essere il prossimo sacrificio. Non voleva vedere il volto turbato del proprio amico, non era mai successo e non voleva sperimentarlo. Soprattutto non voleva vedere della compassione per lui in quegli occhi magnetici, si sarebbe disprezzato se avesse passato gli ultimi giorni della sua vita con quello sguardo fisso su di lui, non era così che voleva ricordare Nael, non era con la disperazione della persona che più gli importava che voleva trascorrere le giornate.
Gli bastava condividere già la propria.
Ormai, il giorno dove si sarebbe scelto il sacrificio era molto vicino, Aprile era passato, quindi, da un momento all'altro, ci sarebbe stato un Sacrificio in meno sull'aeronave. Sperò con tutto il cuore di sbagliarsi e che fosse solamente impazzito a causa del mana impregnato nelle pareti e in qualsiasi oggetto. Però, dopo quel sogno non ne erano seguiti altri che ricordasse così chiaramente e la pressione sulle sue dita si era affievolita ultimamente.
“Sto morendo di fame!” esclamò Natanael, picchiettandosi il petto in maniera teatrale.
Era ora di cena e si stavano dirigendo verso la mensa.
“Quelle tue mucche spero che le abbia allevate bene, perché ho intenzione di mangiarmene una intera.” scoppiò a ridere, dando una spallata ad Ari, che scosse la testa voltando gli occhi al cielo.
“Non credo proprio che nel nostro menù ci sia una mucca a testa.”
“Questo perché sono dei taccagni che risparmiano sulle porzioni. Mi devo nutrire per mantenere questo bel fisico, sai?”
Ari si ritrovò ad annuire con un sorrisino in volto. Davvero non poteva rovinare tutto con le sue preoccupazioni e rinunciare a quell'espressioni piene di energia che gli venivano rivolte in continuazione.
“Non trovi anche tu che abbia un fisico pazzesco?” chiese Nael.
Ari spalancò gli occhi, sentendo premere dentro di sé non solo il fatto di volergli dire quanto fosse bello, ma anche che non aveva mai visto una corporatura scultorea e marmorea come la sua e che aveva decisamente ragione a riguardo.
“Come credi tu, Nael.” lo liquidò semplicemente.
Gli angoli della bocca di Nael si curvarono all'insù mentre lo guardava di sbieco, notando i suoi occhi cristallini fissi sul pavimento come per nascondersi.

Attraversarono l'area con le celle e si diressero nell'ala opposta dove vi era la mensa. Per far questo, dovettero passare per il parco, raggirandolo, e, all'improvviso, sentirono un urlo provenire da qualche metro davanti a loro.
Nael corse immediatamente, afferrando la manica della camicia nera dell'altro e trascinandolo verso il luogo da dove era partito il grido. Appena arrivarono, videro un uomo sulla quarantina poggiato alla parete per sorreggersi, lo sguardo trasmetteva solamente disperazione e ne aveva tutto il diritto.
Il suo corpo era completamente avvolto da una luce di un verdino molto chiaro, ma intenso, tanto che faceva male alla vista fissare la sua figura per un periodo troppo prolungato.
Uscì un lamento dalle sue labbra e si lasciò cadere sulle ginocchia, portandosi le mani davanti al volto prima di scoppiare in un pianto angosciato.
“Aiutatemi!” il suo grido fece venire la pelle d'oca.
Tutti quelli che gli stavano intorno si allontanarono sempre di più, lasciando che venisse circondato da quel bagliore, tanto che ormai era indistinguibile persino il colore dei suoi capelli.
Scosse la testa, racchiusa tra le sue grosse mani piene di vesciche, mentre il pianto non cessava di uscire fuori dai suoi occhi sottili.
“Non posso essere io! Non posso! Perché?”
Continuò a gridare e si mise a carponi. Le lacrime avevano creato una piccola pozza sul pavimento.
Ari era rimasto paralizzato sul posto, con la stretta di Nael ancora sul suo braccio.

Non sono io...

I suoi grandi occhi cristallini erano diventati trasparenti a causa della luce riflessa al loro interno, ma non la smettevano di osservare quell'uomo in preda alla sofferenza per quello che gli stava capitando. In una parte profonda del suo cuore provò del sollievo e si sentì in colpa l'attimo successivo per aver dato sfogo a un pensiero tanto egoista.
Era la seconda volta che gli capitava di vedere con i suoi stessi occhi qualcuno illuminarsi a quella maniera e sapeva perfettamente cosa sarebbe successo nel giro di pochi minuti. Dei ricordi ormai lontani si palesarono nella sua mente e lo colse una stretta al cuore che gli fece venire un senso di nausea.
L'uomo prese a strisciare sul pavimento, ormai ogni centimetro del suo corpo emanava quella luce verde. Implorava ancora aiuto, tuttavia, nessuno azzardava a muoversi anche solo di un passo.
Stava avanzando verso la direzione dei due ragazzi e Nael passò prontamente un braccio intorno alle spalle dell'altro e lo trasse a sé, arretrando di un poco.
“Per favore...” riprese a parlare l'uomo.
“Non guardare, Ari.” la sua voce era tremante, in quel momento Ari si accorse che anche lui poteva temere qualcosa e quel qualcosa era la morte. Era ovvio, per quanto facesse sempre lo sbruffone, essere di fronte a essa non poteva che far raggelare il sangue, anche se non era venuta per portare via lui stesso.
Ari sentì le dita dell'altro affondare nei suoi capelli cenere per permettergli di girargli il volto e premerlo contro la sua spalla. Non si oppose a quel gesto e rimase a occhi stretti con il fiato che sbatteva contro la maglia rovinata dell'altro, ma il chiarore verdino continuava a mostrarsi anche sotto le sue palpebre.
Natanael indietreggiò più che poté. Provava pena per quell'uomo, eppure nello stesso tempo non voleva averci niente a che fare, oramai non c'era niente che potesse aiutarlo.
Era stato scelto.

Proprio in quel momento si materializzarono due persone. Quello sulla destra aveva una lunga barba bianca, che allungava ancora di più il volto più di quanto non fosse già, e degli occhiali erano poggiati appena sul naso aquilino; quello sulla sinistra teneva una barba incolta grigia che si attaccava ai capelli ricci di una tonalità più scura, gli occhi erano sottili e sprizzanti di vita.
Entrambi indossavano una tunica di colore bianco sporco che arrivava a coprire quasi completamente i piedi. Sui bordi delle maniche – che si allargavano al di sotto del gomito – intorno al colletto e sulla parte terminale della tonaca vi erano dei ghirigori pieni di linee curve che si alternavano ad altre quasi geometriche e avevano un colore diverso sugli abiti dei due: per il primo erano rossi e per il secondo verdi.
Una mitra ricopriva le loro teste e su di essa vi erano incisi due simboli diversi, di cui nessuno dei presenti sapeva il significato. Sul petto ciondolava una catenella con una pietra luminosa al suo interno, questa proiettava lo stesso tipo di bagliori che emettevano i tubi sulle pareti dell'aeronave.
Erano due maghi.
Si comportarono facendo finta che nessun altro ci fosse a parte loro e quell'uomo in preda ai tremiti e alle grida.
Quello che sembrava più giovane si abbassò su di lui e gli pronunciò qualcosa all'orecchio senza farsi sentire, poi lo prese per un braccio per farlo alzare.
“No!” urlò l'uomo e Ari sbirciò appena con la coda dell'occhio cosa stesse succedendo. La presa intorno al suo corpo si era fatta più vigorosa.
“Non fare resistenza o saremo costretti a usare la forza.” la voce del mago anziano era possente e decisa, mentre si accarezzava con fare saggio la lunga barba.
“Ho una moglie e dei figli! Non potete uccidermi!” lo strazio con cui parlava quello che ormai non era che il prossimo sacrificio era palpabile in ogni singola parola.
“Non ti uccideremo infatti.” rispose l'altro mago. “La tua anima sarà offerta in dono alla divinità Tangaroa che governa gli oceani e tutte le acque. La tua famiglia sarà ben lieta di sapere del tuo contributo per la salvezza del genere umano.”
“Puttanate!” l'uomo rotolò su un fianco, finendo seduto a terra e puntando un dito contro i due maghi. “Continuate a uccidere povera gente, ma non prendete mai uno di voi! Cosa può importare a Tangaroa dell'anima di un mascalzone, quando può avere quella dei possessori del Mana!”
Ari ebbe l'impulso di coprirsi le orecchie, ma ci pensò Nael a farlo per lui. Il cuore di entrambi i ragazzi batteva all'impazzata di fronte a quella scena.
“Ti chiedo cortesemente di smetterla.” disse il più giovane.
“Non mi lascerò soggiogare da voi! Andate a cercare qualcun altro!”
La situazione era degenerata. Di solito un Sacrificio scelto cedeva quasi subito, ormai consapevole che non ci sarebbe stata nessuna scusa per salvarlo, ciononostante quell'uomo non ne voleva sapere di arrendersi.
“Basta.” la voce del mago più anziano proruppe maestosa e furente allo stesso tempo. Agitò le mani con gesti armoniosi e precisi e, all'improvviso, l'uomo fu circondato da una gabbia di fuoco.
Tutte le persone che erano ancora nel corridoio si misero a urlare spaventate, alcune scapparono ed altre rimasero ad assistere con il terrore negli occhi.
Ari e Nael erano troppo vicini alla scena, ma subito si resero conto che quel fuoco, per quanto fosse scoppiettante e sembrasse poter divorare e tramutare ogni cosa in cenere, in realtà non emetteva nessun calore. Molto probabilmente non sarebbe stato gradito dai piani alti che il sacrificio del mese fosse stato ferito o addirittura ucciso prima del tempo.
Nonostante ciò, si allontanarono ancora di qualche passo.

Natanael era rimasto a bocca aperta, incapace di volgere lo sguardo altrove. Dentro di lui si stava espandendo un sentimento simile all'odio e la compassione era già svanita, perché il suo pensiero era concentrato unicamente sulle persone che stavano per portarsi via il sacrificio.
Sapeva che il perché Ari stesse tremando tra le sue braccia era proprio dovuto ai due maghi, quelle circostanze l'avevano di certo riportato indietro con la memoria. Il moro immaginò che sarebbe dovuto andarsene all'istante da lì per il bene dell'altro, ma qualcosa lo teneva bloccato ad assistere fino a che punto si sarebbero spinti.
“Tranquillo.” sussurrò Nael sperando che lo sentisse, infatti, udì un lieve mugolio uscir fuori dalle sue labbra come risposta.
“Liberatemi! Qualcuno mi aiuti!” l'uomo non la smetteva di urlare, impaurito per le fiamme che vedeva intorno a lui. “Siete dei mostri. Dei mostri! Luridi figli di puttana!”
Non ci volle altro che un piccolo gesto con le dita da parte del mago anziano, che la gabbia si sollevò in aria emettendo un crepitio e delle scintille esplosero dalle sbarre, finendo con il cadere per terra e spegnendosi all'istante.
Lo sguardo di Ari andò sulla strisciolina di fumo per qualche secondo e ingoiò a vuoto.
“Continuate pure con i vostri impegni.” disse il mago con i simboli verdi rivolto verso il resto delle persone e alzò il braccio verso il cielo, così che la manica scoprì la pelle piena di peli grigi come la barba.
Intorno a loro si sprigionò un piccolo tornado che fece scompigliare la capigliatura dei presenti, nonostante sembrò non sfiorare minimamente i due maghi. Ari provò per qualche secondo una fitta glaciale fino in fondo alle sue ossa e si strinse contro Nael, il cui gilet ondeggiava spinto dal vento.
In un attimo svanirono così come erano arrivati, portandosi con sé l'uomo e senza lasciar alcun segno del loro passaggio.
Solo in quel momento Ari si accorse di aver trattenuto il fiato a lungo e cadde sulle ginocchia. Le mani erano appoggiate sul pavimento freddo e tremavano convulsamente.

Non ero io il sacrificio... sono ancora vivo. Sono ancora con Nael.

“Ari!” l'altro ragazzo si abbassò subito su di lui, preoccupato.
Il minore fece dei lunghi respiri profondi mentre sentiva le lacrime pungergli gli occhi. Aveva temuto per giorni di essere lui il prossimo sacrificio a causa degli incubi che l'avevano perseguitato e di quella sensazione di formicolio nelle punte delle dita, ma quella sera era stato partecipe della cattura di quello che sarebbe diventato il vero agnello sacrificale e tutte le sue ansie erano svanite all'istante.
Per giorni aveva temuto di vedere quella luce verde venir fuori a macchie per tutto il suo corpo, prima di esplodere in un chiarore accecante, aveva avuto il terrore di guardarsi allo specchio o di scorgere negli occhi di Nael dello sgomento.
Fortunatamente non era successo.
Lui sarebbe rimasto in vita sicuramente per un altro mese, avrebbe potuto vedere il sorriso di Nael ancora e tutto quello che l'aveva tormentato sarebbe scomparso.

Forse la mia ansia, i sogni, quella strana sensazione... tutto era dovuto alla paura stessa di diventare il prossimo. Mi sono immaginato tutto.

Ansimò a bocca spalancata, togliendosi un peso dal cuore. Non era mai stato così sollevato come in quel momento, anche se le grida di quell'uomo si erano insinuate nelle sue orecchie e faticavano a uscire.
“Ari?” Natanael lo percosse un po', cercando di farlo riprendere.
“Scusa.” riuscì a rispondere.
“Stai bene?”
“Sì...” cercò di far andare a posto i pensieri, si sentiva ancora un po' sconvolto. “È solamente un po' di...” non riuscì a trovare neanche lui la risposta adatta per esprimere quello che avrebbe voluto, perché non voleva far sapere cosa l'aveva afflitto negli ultimi tempi, quindi scosse lievemente la testa e si rimise in piedi.
“Uno spettacolo non da tutti i giorni.” Nael gli posò una mano sulla schiena, avvertendo chiaramente che fosse sudato. “Andiamo a mangiare.”
“Non ho tanta fame.” Ari abbassò la testa. Per quanto fosse felice di non essere la prossima vittima sacrificale, si era insinuata in lui un'altra angoscia.
Si chiese quando sarebbe arrivato il giorno dove non avrebbe più avuto preoccupazioni.
“Non m'importa un bel niente.” Nael si mise dietro di lui e portò entrambe le mani sulle spalle e cominciò a spingerlo.
“Ehi! A-aspetta!”
Il ragazzo dagli occhi eterocromi non lasciò che neanche un ma uscisse fuori dalle labbra dell'altro e lo costrinse ad andare in mensa, dove si sedettero e mangiarono il loro pasto, come al solito, prima di tornare nelle loro camere.




“Non ti lascio da solo questa notte.” il tono di Natanael era calmo, mentre se ne stava seduto sul materasso dell'amico.
“Quando mai mi lasci da solo?” Ari si stava cambiando per mettersi la camicia da notte, sul suo volto si accese un piccolo sorriso.
“Guarda che so a cosa stai pensando da qualche ora.” l'ammonì, calciando via le scarpe e sdraiandosi completamente sul letto.
Ari sospirò.
Non poteva essere altrimenti; Nael era capace di riconoscere cosa non andasse in lui anche a un chilometro di distanza, anzi, anche se si fosse trovato in un'altra galassia.
Infatti, il ragazzo dai capelli corvini era rimasto per tutto il tempo a fissare l'altro mentre mangiava controvoglia il piatto di zuppa, con gli occhi tristi e abbassati; una lacrima gli era anche sfuggita, ma aveva cercato di fare in tempo per cacciarla via con la manica della camicia, sulla quale era rimasto un piccolo segno bagnato per qualche minuto. Durante il pasto non avevano quasi neanche parlato; per una questione delicata come quella gli era quasi impossibile trovare delle parole che non infastidissero Ari invece di risollevarlo, quindi aveva preferito restare in silenzio a lamentarsi mentalmente che la porzione di zuppa era troppo poca per uno come lui.
Dopo quello, il biondo non aveva fatto altro che sospirare fino a quando non ebbero raggiunto la sua camera e si era iniziato a spogliare. Non c'erano dubbi sui pensieri che gli affollavano la mente e Nael sentiva un'oppressione al petto nel vederlo così senza poter fare niente.
“Non voglio stare così.” Ari piegò con cura i suoi abiti e si andò a sedere sul letto all'altezza del bacino dell'altro.
“Secondo te io voglio vederti così, invece?” allungò una mano sul suo volto, accarezzandogli dolcemente la gota. “Non perderti nel passato, guarda davanti a te.”
“E questa da dove ti è uscita?” alzò un sopracciglio.
“Stavo cercando di fare il serio per una volta.” Nael mise il broncio, mettendosi anche lui a sedere.
“Non ti riesce molto bene, se devi usare frasi lette chissà in quale libro.”
“Vedo che la parlantina ti è già tornata.” Natanael lo guardò ironico, avvicinando il volto al suo fino a percepire il fiato colpirgli la guancia. “Meglio così.”
Il sospiro che seguì, però, non era esattamente il segno che sperava di ricevere da lui.
“Ari?” puntò gli occhi in quelle iridi che nel buio della stanza erano diventate quasi blu e l'altro sostenne il suo sguardo. “Tua madre non vorrebbe che il proprio figlio avesse come ricordo di lei questo.”
“Ma è l'ultimo ricordo che ho di lei.”
La pressione delle dita sulla sua faccia aumentò di un poco e l'altra mano andò a posarsi sul suo collo.
“Sono sicuro che ne hai tanti altri migliori di questo.”
Ari rivide per un istante di nuovo quella luce verde inizialmente pallida, una domanda che gli uscì spontanea e un sorriso che si spense immediatamente. Poi il caos, parole prive di significato, le lacrime, le urla e improvvisamente la solitudine.
Quanto dolore aveva provato da quel giorno, quante cose non aveva capito se non con il passare degli anni.
“Hai ragione.” ammise, infine, con un piccolo sorriso forzato.
“Come se fosse una novità!” Nael non ci pensò due volte e l'abbracciò forte, cingendogli il collo con le braccia e lasciandogli un piccolo bacio sulla nuca.

Subito dopo, si distesero sul letto per poter finalmente dormire dopo gli eventi estenuanti della giornata. Natanael dava le spalle all'altro, che teneva poggiata la fronte sulla sua schiena, un gesto che era abituale per loro da qualche tempo e che dava un senso di calore e rassicurazione.
Nonostante avesse cercato in tutti i modi di tirarlo su di morale, Ari non riusciva a dormire. Aveva troppe immagini che lo perseguitavano costantemente e che non gli permettevano di lasciarsi cullare dal sonno. Si odiava per essere sempre così, ma non riusciva a superare le proprie paure.
Per questo si era messo a riflettere sull'accaduto, sul passato e sul futuro. Provò a cercare delle risposte che non fossero solamente – Non puoi farci niente, Ari. Sei solo un essere umano dimenticato dal mondo, talmente piccolo da non servire a nulla e talmente timoroso da non avere il diritto di essere felice.
Sentì il magone che cominciava a salirgli dallo stomaco e si rannicchiò di più per provare a darsi un minimo di conforto. Aveva bisogno di qualcuno, non poteva tenersi tutto dentro. Ormai era stato scelto un Sacrificio e tutti i suoi incubi avevano perso di significato, sperò anche che non gli tornasse più quel fastidio alle dita.
Serrò i pugni e si avvicinò al corpo dell'altro per trovare un po' di calore, lo sfrusciare delle lenzuola gli procurò un piccolo brivido. Aveva deciso di dirgli la verità, era stato uno sciocco a non farlo prima, però, ora che era tutto passato, poteva lasciarsi andare completamente.
Per un istante si vergognò e diventò rosso in viso.
Confidò nell'altro e nella sua capacità di comprenderlo. Inoltre, c'era ben altro di cui voleva rendere partecipe quel ragazzo che non l'aveva mai lasciato solo per ben otto anni.
Voleva parlare con Nael ancora, voleva rivelargli quello che gli aveva nascosto in quegli ultimi giorni e che gli stava pesando nel petto. Non avrebbe mai avuto fine quell'angoscia, altrimenti, e sentiva il bisogno di avere delle parole rassicuranti dalla persona di cui più gli importava al mondo.
“Nael..?” provò a chiamarlo sperando che fosse sveglio.
Questo non emise alcun suono, quindi gli strinse con forza la maglia tra le dita, sospirando.

Per una volta che ero riuscito a trovare un minimo di coraggio per affrontare una situazione, tu stai dormendo...

Una parte di lui aveva già desistito. Non era pane per i suoi denti quella situazione.
Lo avvolse con le braccia, finendo con il volto nei suoi capelli scuri e inspirando a fondo il suo odore per tranquillizzarsi. In quel momento lo sentì muoversi e, poco dopo, sbadigliare.
“Ari...” la sua voce biascicava. “Non dirmi che è già giorno.”
“No.” il ragazzo dagli occhi azzurri sussultò prima di parlare contro la sua testa, facendo uscire un suono ovattato. “Siamo ancora in piena notte.”
“Menomale...” fece qualche verso con la bocca come se fosse impastata e chiuse nuovamente le palpebre.
Ari aveva leggermente il respiro accelerato, cercando di ritrovare un po' di audacia, poi percepì la presa salda dell'altro sulla sua mano posata sullo stomaco e il cuore prese a battere più veloce.

Devo farlo.

“Nael?” lo chiamò ancora.
“Mh?”
“Non voglio morire.” quella frase gli uscì tutta d'un fiato, soffiandola ancora tra i capelli scuri di Nael, che sbarrò gli occhi all'istante.
“Che cazzo stai dicendo?”
Era strano sentir pronunciare da Natanael delle parolacce, nonostante fosse il tipo da imprecare spesso. Infatti, da quando aveva iniziato a convivere con Ari, aveva cercato di limitarne l'uso solo in determinate circostanze. Doveva averlo fatto arrabbiare o turbare in qualche maniera e profondamente.
Il moro balzò seduto, facendogli sbattere la testa sul muro da quanto si era mosso rapidamente, e fu costretto a portarsi una mano verso di essa per massaggiarla.
“Non provare neanche a fare pensieri come quelli! Davvero, Ari, ma che ti prende? Me lo vuoi dire?” il tono di Nael era realmente furioso mentre agitava istericamente le braccia.
In quel momento, Ari provò terrore a fissarlo negli occhi, convinto che sarebbe stato fatto prigioniero in quell'abisso oscuro. Ingoiò a vuoto prima di iniziare a raccontare dei suoi sogni e del formicolio alle dita, di come avesse pensato di essere il prossimo sacrificio e del sollievo provato qualche ora prima, ma l'ansia non se ne andava via dal suo cuore.
Quella era la parte facile di cui discutere.



Non ci volle che qualche minuto che il volto di Nael si addolcì.
“Perché non me ne hai fatto parola prima?”
Ari rimase in silenzio, socchiudendo gli occhi e mettendosi le mani tra il cuscino e la guancia.
Nael si chinò su di lui per baciargli uno zigomo.
“Ti avrei preso in giro sicuramente per un po'.” fece una piccola risata. “Ma poi ti avrei dato retta. Lo sai.”
“Non volevo vederti triste per me, non volevo che provassi pena per me.”
“Non l'avrei mai fatto.” gli accarezzò affettuosamente la testa dove i capelli stavano ricrescendo pian piano. Lui che cercava così disperatamente di alleviare l'animo di quel ragazzo, a volte si dimenticava che, invece, molto spesso non poteva farlo, semplicemente perché anche l'altro si preoccupava per lui.

Non volevi che cambiassi il mio comportamento nei tuoi confronti.

Sentì una stretta piacevole e un calore che si espanse nel petto. Quanto poteva volergli bene solo per quel pensiero che aveva avuto per lui.
Gli schioccò un altro bacio sulla tempia e si rimise sdraiato, la fronte era poggiata a quella calda di Ari e gli occhi puntati sulle sue ciglia lunghe e folte.
“Ascolta...” Nael fece una piccola pausa, carezzandogli dolcemente il braccio su e giù. “Ti prometto che ti difenderò da chiunque provasse solamente a torcerti un capello e che non ti lascerò mai solo.”
Ari trasalì, pregando che l'oscurità della stanza non mostrasse il rossore sulle sue guance.
“Però...”
“Mai.”
Il ragazzo dagli occhi cristallini nascose il viso nel cuscino.
“L'aver visto quell'uomo, oggi, mi ha fatto riflettere, però, che non potrà essere così per sempre.”
“Magari Tangaroa si stuferà presto e ci lascerà vivere tutti sulla Terra felici e contenti.” ironizzò Nael.
“E se non lo facesse?”
Il suo tono preoccupato era così evidente che gli sembrava impossibile fargli cambiare idea. Neanche lui era convinto delle sue stesse parole, però avrebbe insistito fino a quando non avrebbe rivisto il volto sorridente dell'altro.
“Allora gli daremo una bella lezione.”
“Come se fosse possibile.”
“Tsk, sai con chi stai parlando?”
“Con uno sbruffone.”
Nael fu preso talmente in contropiede da non saper ribattere, poi vide Ari fargli la linguaccia e si lasciò andare a una risata.
“Aveva ragione quell'uomo. Sono tutte stronzate.” Natanael tornò serio, dandogli nuovamente le spalle. “Questa storia di uccidere la gente sperando che un Dio possa darti la pace non ha assolutamente senso.”
“Il mondo è governato dalle divinità.”
“Il mondo è governato da quelli che hanno i soldi e il Mana dalla loro.”
“Se fosse così, a quest'ora saremmo a casa nostra.” la visione sempre realista di Ari era un punto a suo sfavore, che non era in grado di confutare. “E non qui aspettando di morire.”
Nael provò un'amarezza in bocca di cui si era dimenticato il sapore da ormai tanto tempo. Ari aveva creduto di morire e lui non lo sapeva perché non si era confidato con l'unica persona con cui poteva parlare. In realtà, quel ragazzo aveva ragione; se gliel'avesse riferito, una tristezza sarebbe piombata su di lui come un macigno.
L'idea di perdere Ari era un qualcosa di assolutamente inconcepibile.
Strinse i denti e un brivido lo percorse lungo la schiena. Doveva subito cambiare discorso, non era qualcosa che voleva affrontare, perché sapeva che non sarebbe stato in grado di controllare il suo corpo e i condotti lacrimali e non avrebbe mai voluto che Ari lo vedesse così.
Era lui quello che doveva infondergli la forza e non il contrario. Si era sempre mostrato a quel modo e questo era quello che doveva vedere quel ragazzo così bisognoso di amore, altrimenti avrebbe buttato via anni della sua vita in cui aveva messo da parte tutte le proprie paure per Ari.

Solo per te, Ari. Perché sei tutto per me.

“Non dovresti sprecare il tuo tempo con queste ossessioni.” disse infine Nael.
“Per questo sono arrivato a una conclusione.” annunciò finalmente con un tono flebile, afferrando la maglia dell'altro e provando a dar sfogo alle sue riflessioni.
“Cosa intendi?” inclinò leggermente il capo all'indietro, senza riuscire comunque a distinguere la figura dell'altro.
“Viene scelto un Sacrificio al mese affinché possiamo beneficiare il volere degli dei, ma non abbiamo modo di sapere quando saremo scelti. Mi fa così male provare tutti questi sentimenti, che alla fine ho capito che c'è un solo modo per andare contro a tutto questo.”
“E quale sarebbe?” ansimò Nael, che era sorpreso di sentir parlare così l'altro.
“Credo che dovremmo vivere la nostra vita a pieno, vivere come se ogni giorno fosse l'ultimo, noncuranti che ci aspetta la morte. Certo, io non sono proprio il più adatto a dire una cosa del genere, ma, se non facciamo così, allora ce ne pentiremo per sempre.”
Nael si paralizzò.
Quante volte aveva represso l'istinto di rivelare i propri sentimenti ad Ari, quante volte si era morso internamente le labbra per non piombarsi su quelle allettanti dell'altro, quante volte aveva lasciato vagare la sua mente in quelle fantasticherie solamente per non turbarlo realmente.
E, adesso, gli stava dando un lasciapassare che non poteva farsi scappare.

Me ne pentirò per sempre, eh?

Si strinse nel proprio corpo, arrivando a toccare con le ginocchia l'addome, e trattenne un respiro profondo.
Quelle parole avevano un senso logico perfetto. Se da una parte aveva sempre mantenuto l'autocontrollo per non fare del male a entrambi, dall'altra avrebbe anche dovuto lasciarsi andare, perché altrimenti non sarebbero più tornati quei giorni. Non voleva far svanire quel sentimento che insisteva a sbocciare ogni giorno che rivedeva quegli occhi cristallini, così limpidi da scorgere l'anima pura e bellissima di Ari.
Si lasciò scappare un piccolo sorriso mentre tornava a distendere i muscoli.
“Promettimi che lo farai.” riprese a parlare il biondo. “Promettimi che mi dirai tutto quello che ti passa per la mente, che mi costringerai sempre in tutte le tue folli idee, che vivrai con me nel modo che vuoi per davvero.”
Ari si chiese da dove gli fosse uscita quella frase, non credeva avrebbe mai avuto il coraggio. Si ritrovò ad arrossire ancora di fronte a quella dichiarazione implicita e non poté vedere che era capitato lo stesso alle gote di Nael.
“Non dobbiamo sprecare neanche un giorno, dici?”
“Sì.”
Dopo quello come poteva mantener fede a tutto ciò che si era auto-imposto? Avrebbe potuto continuare la sua farsa, ma era troppo sentire un qualcosa del genere uscire fuori proprio dalle labbra di colui dal quale non se lo sarebbe mai aspettato. Nascondeva al suo interno un significato più profondo, che sperò di non aver travisato.
“Tu farai lo stesso?”
“Ci proverò.” rispose timidamente Ari con un lieve sorriso.
Nael si girò sul fianco opposto, tornando con il volto davanti a quello del minore e rimase a fissarlo per un tempo che parve lunghissimo, accarezzandogli le guance – che anche se non riusciva a vederle a causa del buio, sapeva benissimo che si erano dipinte di una splendida tonalità scarlatta.
“Te lo prometto, Ari.” spostò la faccia fino a sentire il fiato, non del tutto regolare dell'altro, colpirgli il naso. “Però, questo mi permette di fare una cosa.”

Ari non fece neanche in tempo a domandare che sentì premere le labbra tiepide dell'altro sulle sue. In un primo momento rimase spiazzato, ma subito si lasciò andare a un senso di protezione e beatitudine. La bocca di Nael lo cullava, assaggiò il suo sapore delicato e agrodolce che non gli dispiaceva affatto, le dita lo sfioravano appena sulla tempia per poi scendere vicino al suo orecchio e giocare con il piercing.
Nael non era più riuscito a controllarsi, si era buttato con leggerezza per non far spaventare l'altro, cercando di rassicurarlo semplicemente con il tocco delle sue labbra e si ritrovò in bocca quella fragranza che non aveva mai decifrato per bene solo attraverso i loro baci fugaci. Dopo qualche secondo, però, si staccò appena da lui per poi rifiondarsi con più impeto. Gli vezzeggiò le labbra con le proprie, incastrandole, succhiandole avidamente e respirando profondamente la sua essenza.
Ari si lasciò baciare e cercò anche di ricambiare, impacciato. Gli afferrò con forza tra le dita la maglietta e si strinse contro il suo corpo sperando di apparire come uno dei tanti personaggi che aveva letto solo nei libri.
Era la seconda volta che riceveva un bacio del genere ed era la seconda volta che lo riceveva da Nael.
Andò per un istante indietro con i ricordi, ma subito tutto venne spazzato via dalla passione che si stava accendendo nell'altro e che era ben evidente dal respiro affannato che gli graffiava il viso. Non ne era sicuro, eppure sentiva come se avesse dato libero sfogo a qualcosa che si era dovuto tener dentro e si diede dello stupido per non aver mai avuto anche lui il coraggio di un gesto del genere, per quanto l'avesse sempre voluto.
I minuti sembravano non passare mai o forse si stavano baciando da un'eternità. Nessuno dei due ne era certo, ma tutto quello che era chiaro da quel bacio erano i sentimenti sempre celati da entrambi: l'ardore, la dolcezza, la voglia di amare ed essere amati.
Ad un certo punto, Natanael fece socchiudere di più le labbra dell'altro per un qualcosa di più profondo, ma, non appena Ari percepì la punta della sua lingua toccare la propria, si ritirò affannato. Non che volesse respingerlo, tuttavia si era sentito avvolto da una scarica che non aveva mai provato e che gli aveva fatto incendiare ogni singola parte del suo corpo.
Il fiato di Nael – anch'esso ansante – gli sbatté sul ciuffo biondo cenere e si preoccupò subito di non averlo ferito allontanandosi, perciò alzò lo sguardo e notò un sorriso bellissimo che lo incantò e lo fece sospirare dal sollievo.

“Ari, provo qualcosa per te.”
Era stato semplice e diretto, cosa che fece palpitare il cuore di Ari, ma che lo fece rimanere in silenzio. Dentro di sé provava una gioia immensa, tutte le sue ansie su quell'argomento erano evaporate. Ringraziò se stesso in qualche modo per essere riuscito nell'impresa del discorso di qualche minuto prima, o Nael non l'avrebbe mai fatto e lui men che meno.
Nael, d'altro canto, aveva dovuto richiamare tutta la sua forza per quella semplice frase, nonostante le sue labbra avrebbero voluto dire qualcosa di più, quindi si sforzò di andare avanti dato che non stava ricevendo risposta.
“Da così tanto tempo che...” improvvisamente si era fatto goffo e incespicava con le parole. Imprecò tra sé e sé.
“Nael.” Ari si protese fino a sfiorargli la punta del naso con le ciglia, lo sguardo abbassato dalla vergogna di quello che stava per pronunciare. “Anche io provo qualcosa per te e mi ha sempre riempito ogni giorno che avanzava. Non posso pensare ad altri al mio fianco che non siano te. Non voglio altri al mio fianco che non siano te.”
“Davvero?” la voce che gli uscì era strozzata dallo stupore.
Il minore annuì lievemente con il capo.
“Accidenti!”
“Che problema c'è, Nael?”
“Sai quanti problemi mi sono fatto per reprimere l'istinto di saltarti addosso?” la sua era evidentemente una provocazione, infatti, le pupille di Ari si allargarono, sorpreso e colto da un imbarazzo esagerato. Il moro scoppiò a ridere, picchiettandosi la fronte con il palmo. La sua risata era così limpida, che l'altro non poté che rilassarsi di nuovo.
Ad un certo punto, Nael si sporse con il corpo su quello dell'altro, puntellando i gomiti sul materasso e fissandolo ardentemente negli occhi.
“Hai ragione, non posso sprecare altro tempo sopprimendo questo sentimento troppo grande da essere contenuto. Ho già anni di baci da recuperare e non è poco.”
Ari scosse la testa con una risata, allacciando le braccia dietro al suo collo e traendolo di più contro il suo viso.
“A te sta bene avere questo rapporto con me?” disse poi Nael, tornando serio.
“L'ho sempre voluto.”
Una felicità scoppiò nel petto. Gli occhi gli brillavano, avrebbe voluto piangere e nello stesso tempo ridere a crepapelle; troppe emozioni gli fluivano nelle vene.
“Mi permetti di iniziare a rimediare?” gli chiese con una punta di leggiadria e ironia nella voce.
“Non hai bisogno di chiedere.”
Nael si abbassò di nuovo sulle sue labbra e lo baciò lentamente. Le braccia di Ari erano intorno al suo collo e le mani affondate nei suoi capelli corvini; le proprie mani erano poggiate sul suo viso tanto da celare quel bacio a chiunque li avesse visti dall'esterno.
Era un momento unicamente per loro.
La lingua di Nael si intrufolò quasi subito nella bocca dell'altro e, questa volta, lo lasciò fare, anche se era rimasto immobile, incapace di come muoversi. La piccola risata che seguì da parte di Natanael gli fece ingrossare le guance.
“Hai intenzione di fare qualcosa anche tu o devo fare tutto io?”
“Stai zitto.”
Si baciarono ancora una volta e, pian piano, Ari prese confidenza con quei movimenti e rimasero a esplorare le reciproche bocche per lungo tempo.
I cuori battevano in sintonia euforici di quell'amore ricambiato; i respiri erano appena appena accelerati presi dal momento; e le labbra continuavano a scambiare gesti affettuosi. Si inebriarono ognuno dell'altro fino a quando non ce la fecero più, solo per poi riprendere dopo qualche secondo.
Non esistevano pensieri negativi che potessero rovinare quell'attimo, così come non esistevano altri tipi di pensieri, perché tutto quello che riuscivano a collegare era quello che stavano provando fin nel profondo.
Quando si guardarono negli occhi poterono notare tutte queste cose senza bisogno di dire niente.
Nael cadde di peso sul corpo di Ari e lo strinse forte contro di sé per poi sussurrargli all'orecchio.
“Ti prometto che starò sempre con te, Ari.”





NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti! So che avevo detto che avrei postato ogni 10 giorni, ma mi sono resa conto che in questo fandom è parecchio difficile anche solo farsi leggere perché è bello pieno di gente che scrive (per non parlare della mia euforia di voler pubblicare ahahah) quindi ho deciso di accelerare per i primi capitoli in modo tale da far entrare nel vivo la storia. Già con questo capitolo finalmente si vede qualcosa di importante e ci sono riferimenti al passato solo accennati che potrebbero avervi fatto comprendere meglio Ari (quel bambino bellissimo così pieno di problemi ;^;) 
E poi... il bacio! Oww! Se per noi può sembrare un "Ma come?? Già nel terzo capitolo??" per loro è un "Diamine finalmente dopo 8 anni!" ahahah
Anche per questo scoprirete tutto a tempo debito, il passato è molto importante da come potete intuire u.u
Non ho molto altro da dire, spero che siate annegati nei sentimenti e sprecate cinque minuti del vostro tempo per farmi sapere cosa ne pensate!
Ringrazio tutti quelli che leggeranno, commenteranno, aggiungeranno nei preferiti ecc come al solito e ci vediamo presto con il nuovo capitolo!
Un bacio a tutti.
Flor ^w^

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Il risveglio dall'abisso ***


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CAPITOLO 4
IL RISVEGLIO DALL'ABISSO

Maggio, anno 439 del XII periodo

Ari stava caricando il fieno sul carretto per poterlo trasportare nella stalla e distribuirlo alle mucche.
Erano passati un paio di giorni da quando era stato scelto il sacrificio per Tangaroa e la tensione tra tutti quanti era stata palpabile, soprattutto mentre erano nella mensa ed era calato il gelo. Le cose, però, stavano già tornando alla normalità, dato che tutti avevano potuto tirare il fiato per non essere stati eletti, passando così un altro mese tranquilli, per quanto potesse avere un significato reale quella parola in mezzo a coloro che vivevano le giornate sempre oppressi dalla paura e dalla morte.
Anche per Ari era sempre stato così, ma nelle ultime ore qualcosa era cambiato in lui. Si era baciato con Nael, gli aveva confessato i suoi sentimenti – in parte, in realtà, dato che la sua lingua si era bloccata ben più di una volta quando avrebbe voluto dirgli, davvero, cosa provava nel profondo della sua anima – e Nael lo ricambiava. Era stato così sciocco a non accorgersene prima, ad avere il timore che la risposta sarebbe stata negativa.
Era evidente che non sarebbe mai stata negativa.
Adesso vantava una scintilla negli occhi che non si azzardava a spegnersi e in quella vi era riflessa e scolpita la figura di Natanael, che lo guardava con quello sguardo che lo faceva semplicemente sciogliere e tremare le ginocchia.

Ora posso dire di essere davvero felice.

Sì, poteva definirsi finalmente felice.
Era bastato così poco per cambiare tutte le carte in tavola e la cosa non faceva che riempirlo di un calore che gli bruciava gli organi per fungere come nuovo carburante per il suo corpo al posto di quelli e del sangue.
Di tutti gli amori che aveva letto nei libri, non gliene veniva in mente neanche uno che avesse questo senso di completezza interiore, si rese conto che non avrebbe mai potuto capire a fondo quel sentimento solo leggendone e sentendone parlare.
Entrò nella stalla e prese il forcone per ripartire il fieno. In quel momento, non solo si sentiva rinato nel petto, ma aveva anche una forza fisica completamente nuova che non gli era mai appartenuta; per non parlare del sorriso che non accennava a scomparire.
“Ari?”
Quella voce lo fece sobbalzare così tanto da fargli mancare un battito. Si voltò di scatto mentre lasciava cadere il fieno davanti al muso di una vacca che si era già buttata su di esso per mangiarlo.
“Nael!” l'entusiasmo nella sua voce era come una secchiata d'acqua fresca in una giornata soleggiata. “Hai già finito?”
“Avevo i miei buoni motivi per finire al più presto.” fece un sorriso sornione, avvicinandosi e prendendogli il volto tra le mani per lasciargli un lungo bacio a stampo.
“Fermo, potrebbe entrare il mio capo.” Ari si staccò appena, soffiando sulle sue labbra.
“Vorresti colpirmi con quel forcone?” si mise a ridere. “Potrei essere terrorizzato al momento e con la coda tra le gambe, pronto a scappare e salvarmi la vita.”
“Dovresti smetterla con queste battute che non fanno ridere nessuno.” disse con un tono affabile, portando il braccio libero dietro al collo per grattargli l'attaccatura dei capelli.
“Ma io sono serio.”
“Allora vattene.” lo prese in giro.
“Certo, come no.” Nael si appropriò con foga delle labbra di Ari, facendolo anche indietreggiare di qualche passo per poi sbattere contro una colonna di quello che poteva essere definito legno, benché fosse solamente il risultato del mana utilizzato dai maghi.
Ari fece un lamento quando picchiò con la schiena e si lasciò scivolare l'attrezzo di mano, che cadde a terra con un tonfo. Così facendo, circondò il collo dell'altro per trarlo di più a sé.
Nael inclinò il capo e sembrò divorare letteralmente la sua bocca . Lo mordeva senza fargli male, i denti gli stuzzicavano persino la lingua che poi prese a succhiare e ci giocò insieme alla propria. Dovette affermare che era bastato poco a quel ragazzo per migliorare.
Ari boccheggiò alla ricerca d'aria, guardando a terra e notando che gli tremavano le gambe.
“Non credi di esagerare?”
“Stai tranquillo.” Natanael gli scostò i capelli dal viso, portandoli dietro all'orecchio. “E poi sei stato avvisato che avevo molto da recuperare.”
“Vorrei solamente non finire nei guai, in fondo siamo Sacrifici e il mio principale è un Normale.”
“Ci ho parlato prima di entrare nella stalla ed era parecchio occupato.” quel sorriso beffardo non accennava a svanire dalla sua faccia.
Il minore mugugnò qualcosa di incomprensibile e strisciò con il piede per terra avanti e indietro come preso dall'imbarazzo.
La dolce risata di Nael lo colpì alle orecchie e lo guardò dritto in volto per potergli rispondere allo stesso modo.

Nael non poteva essere più energico di così. Si stava lasciando andare a tutto quello che aveva sempre represso e si chiedeva, in realtà, come l'altro potesse sopportarlo ancora, dato che si era attaccato a lui peggio del solito e ogni momento gli pareva buono per afferrarlo, abbracciarlo, baciarlo e dirgli parole dolci.
La bellezza del volto di Ari mentre faceva tutto questo, però, era un regalo inestimabile. Quelle ciglia che si abbassavano per coprire una parte degli occhi cristallini, dilatati in modo tale da risultare un vetro che rifletteva ogni raggio di luce; quelle gote rosse come il bocciolo di una rosa e quelle labbra paffute e arrossate, leggermente dischiuse per poter essere prese ancora e ancora.
Si sentiva così fortunato nell'avere Ari e apparteneva solo a lui per il resto della vita.
“Sei stupendo.” gli sfuggì quel complimento mentre era rimasto incantato a fissarlo per l'ennesima volta.
“Anche tu lo sei.” rispose Ari, socchiudendo le palpebre.
“Non avevo dubbi.”
“Ritiro quello che ho detto.”
Nael alzò un sopracciglio, guardandolo ironico.
Se prima il loro legame era speciale, adesso si era amplificato mille volte di più. Così voleva vedere Ari sempre al suo fianco.
Il moro si abbassò per prenderlo dalle cosce e lo tirò su di peso, Ari non poté che allacciarsi con tutte le sue forze per non cadere: le gambe intorno alla sua schiena e le braccia al collo.
“Cosa stai facendo? Lasciami andare!” per quanto questo fu quello che gli uscì, si aggrappò ancora di più a lui.
Nael fece un sibilo per farlo tacere, portò le mani un po' più in alto, appena sotto i glutei, per reggerlo e lo sbatté di nuovo contro la colonna. Il suo sguardo lascivo era così penetrante da non poter più ribattere.

Ari fissava stregato prima il suo occhio verde, che gli conferiva un senso di libertà unico e poi andava su quello nero, che lo faceva sentire legato a lui senza possibilità di scampo.
Era così strano.
Potevano coesistere la libertà e la prigionia? L'amore non era forse un sentimento che faceva vivere tra le nuvole, ma nello stesso tempo ti metteva le catene ai polsi?
Non che questo significasse che fosse spiacevole. Il dolore provocato aveva la morbidezza della spuma creata da un'onda sul bagnasciuga che ti sfiorava le punte dei piedi.
Questa volta fu lui a baciarlo, premendo le labbra quasi impercettibilmente e dandogli tanti schiocchi, fino a quando non gli leccò il perimetro delle labbra e scontrò il suo muscolo bagnato.
Rimasero minuti così prima di sentire i passi di qualcuno che si avvicinava alla stalla e furono costretti a dividersi e Ari riprese in mano il forcone per concludere il suo lavoro.




Le loro risate erano amplificate nel bagno, mentre si trovavano nella vasca per lavarsi. La schiuma faceva da padrona in quel metro e mezzo appena di superficie e, Ari e Nael, erano costretti a stare vicini l'uno contro l'altro. La schiena di Ari poggiata delicatamente al petto possente dell'altro.
Dovresti comprare una vasca più grande.”
“Certo, i soldi li rubi te, tanto questo è il tuo mestiere.” rispose ironico, ricevendo in cambio un pizzicotto sul braccio.
“Se me lo chiedi tu potrei anche farlo.”
“Non ti azzardare.”
Ari si appoggiò completamente su di lui e chiuse gli occhi per bearsi di quel momento di pace.
Percepiva unicamente il dolce suono emesso dai movimenti dell'acqua attorno a loro e il piccolo vortice intorno al suo braccio immerso che stava venendo accarezzato da Natanael.
“Ari.”
“Cosa c'è?” inclinò leggermente indietro la testa per osservare l'altro, ma questo gli rivolse uno sguardo confuso.
“Non ho parlato.” rispose Nael.
“Ari.”
Di nuovo il ragazzo dagli occhi cristallini sentì qualcuno chiamarlo e, questa volta, poté notare da lui che non fosse stato Natanael a farlo.
Chiuse le palpebre cercando di non darci peso e si lasciò di nuovo cullare.
“Ari, svegliati. Ormai è giunta l'ora.”
Il ragazzo sussultò. Adesso era convinto che quella voce rimbombava dentro di sé ed era a lui familiare.

Tangaroa.

Si piegò in avanti per gettare il capo sott'acqua e, quando uscì fuori, schizzò piccole goccioline ovunque. Sperò in questo modo di cacciar via quella voce dentro di lui.
“Sei pronto.” parlò ancora la divinità.
Ari si voltò verso Nael e lo riscoprì addormentato con un'espressione dolce sul viso. Quando tornò a guardare davanti a sé, la schiuma nella vasca si stava increspando, delle bolle di sapone avevano cominciato a fluttuare nella stanza. Dentro di esse, Ari, si vide specchiato con intorno un alone azzurrino che lo avvolgeva dolcemente e che gli stava affluendo energia positiva e potente.
Portò le mani davanti a sé, ma non vi riscoprì per niente quel bagliore sul suo corpo, quindi come poteva vederlo chiaramente nelle bolle?
“Non c'è più molto tempo.”
Lo sguardo del ragazzo andò di nuovo sulla superficie dell'acqua. Al di sotto c'era evidentemente una figura che non poteva essere riconosciuta, poteva essere se stesso, ma allo stesso tempo era sicuro che non poteva essere tale. Non si riusciva a distinguere nulla se non un'ombra blu scuro circondata da infiniti vortici, come se l'acqua la stesse risucchiando via.
“Smettila, Tangaroa.” la voce era quasi strozzata e spaventata.
“Non cacciarmi ancora, non è questo il tuo compito.”
“Che compito avrei io?”
“Salvarmi.”
Ancora. Ancora la stessa storia. C'era un tassello che mancava in tutto quel discorso ed era proprio quello che la divinità si rifiutava di fornire.
“Se si libererà, non ci sarà più scampo per il tuo destino.” continuò Tangaroa.
“Chi?”
Sapeva che chiedere quella domanda non aveva senso, dato che non avrebbe avuto una risposta, tuttavia la sua bocca parlava per lui senza poter decidere cosa dire e cosa no.
“...”
“Tangaroa, per favore, spiegami.” Ari diede una piccola occhiata al ragazzo dietro di lui, sperando che stesse ancora dormendo e che non lo beccasse a parlare da solo con una voce immaginaria dentro la sua testa.
“I tuoi sentimenti ti hanno aperto la strada per svegliarti. Più di così non mi permetti di spiegare.”
“Non te lo permetto?”
“Ari.”
Il suo nome venne ripetuto più volte, in maniera sempre più possente fino a fargli male alle orecchie, tanto che dovette premere forte le mani su di esse, convinto che stessero per sanguinare. L'ansia era crescente dentro di lui e, dopo qualche secondo, si accorse che l'acqua stava cominciando a uscire dalla vasca velocemente, inondando tutta la stanza.
Un getto potente lo fece scivolare fuori da essa e, in men che non si dica, si ritrovò sommerso nel bagno con l'acqua che arrivava fino al soffitto.
Come era già successo una volta, lui riusciva a respirare.
Improvvisamente, notò Nael con il volto sofferente e le mani intorno alla gola che stringevano con veemenza.
“Nael!” nuotò rapidamente verso di lui, che si trovava sul pavimento, e cercò un luogo da cui uscire, ma non c'erano né finestre né porte.
Ari andò nel panico, non poteva permettere che Nael morisse. Cosa poteva fare?
“Accadrà di peggio se non ti sveglierai.” la voce della divinità parlò come se sapesse i pensieri che stava facendo.
Ari sentì le lacrime uscire fuori dai suoi occhi, mentre Nael si contorceva in preda agli spasmi.
Non riusciva più a parlare, neanche se si sforzava e, pian piano, intorno a lui si fece tutto buio, qualcosa lo colpì sulla schiena, facendolo sbattere con la testa per terra e svenne.




Ari si svegliò con le guance rigate da lacrime secche. Sentì la pelle screpolarsi a causa di questo e, subito, cercò di cacciarle via prima che l'altro si svegliasse.
Di nuovo aveva avuto un incubo e di nuovo era coinvolto Tangaroa, ma questa volta anche Nael era finito dentro quella storia e vederlo in quello stato l'aveva angosciato terribilmente. Il sacrificio era stato scelto, quindi stava semplicemente impazzendo? Non aveva più una risposta sensata ormai.

Cosa devo fare? Lo dico a Nael?

Si voltò verso l'altro, che gli stava premendo lo stomaco con un braccio, e fu come se tutto gli fosse già passato.
Gli prese ad accarezzare i capelli dolcemente, pensando che a breve avrebbe dovuto tagliarglieli, dato che stavano crescendo troppo sulla fronte e gli sarebbero ricaduti sugli occhi nascondendo quelle iridi bellissime.
Magari, quegli incubi erano causati soltanto dalla sua mente che viaggiava a una velocità impressionante per un ventenne come lui, o era allergico a qualcosa che usavano nel cibo – Perché no? – si ritrovò a dire tra sé e sé.
Non ci diede molta importanza questa volta, la sua soglia di paura e inquietudine era molto calata rispetto a qualche giorno prima.
Inaspettatamente, tuttavia, fu colpito come da una scossa che lo attraversò dal petto e che affluì nel palmo della sua mano, proprio quella con cui stava accarezzando Nael. Le dita presero a tremare senza poterle controllare e di nuovo lo colse quella sensazione di formicolio, ma era accentuato rispetto al solito.
Ritrasse immediatamente la mano e se la strinse con l'altra, premendo talmente forte le dita che diventarono bianche e si procurò del dolore da solo. Strinse anche gli occhi, provando a far scemare quel fastidio solamente pensando ad altro, ma non ci riuscì.
Neanche pensare a Natanael lo confortò, anzi, la fitta si estese su tutte e cinque le dita nitidamente e passò anche all'altra mano.

Che mi sta succedendo?

Ari prese a boccheggiare e volle scappare da lì, però, se l'avesse fatto si sarebbe svegliato l'altro e non poteva permettere di esser visto in quello stato. Come l'avrebbe spiegato?
Le dita presero a pulsargli terribilmente, il tremolio non accennava a calmarsi e senza neanche accorgersi aveva ripreso a piangere.
“Basta, ti prego. Basta.” sussurrò tra le labbra con un piccolo sibilo.
Non era convinto se stesse tremando per la paura o se davvero non potesse fermarlo, anche se il tutto lo stava facendo impazzire.
“Basta.”
Non riusciva nemmeno a esplicare la natura del formicolio. Era come un'energia fuori controllo che non trovava il modo di uscire, quindi si limitava a rimanere nelle dita, scontrandosi nella sua stessa coda ed emettendo quel brulichio insistente che a tratti gli faceva anche male.
Ari fece dei respiri profondi, un braccio poggiato sui suoi occhi per non far uscire più il pianto, il naso si era già tappato e la saliva gli era aumentata notevolmente, nonostante avesse la gola secca. In quel momento aveva bisogno di un bicchiere d'acqua, ma allo stesso tempo non voleva più avere a che fare con essa.

Basta!

Il tutto svanì così come era arrivato. Solo ora che era tutto finito si accorse delle mezzelune rosse sul suo palmo, causate dalle unghie che si era infilzato nella pelle, e fece un piccolo lamento di sofferenza.
Si racchiuse il corpo tra le braccia e strinse i denti. Il ciuffo biondo cenere era andato a nascondergli una parte del volto e si stava inzuppando a causa delle lacrime che stavano uscendo di nuovo dai suoi occhi cristallini, che ormai erano diventati arrossati.




“Devi farti vedere da qualcuno.”
“No.”
“Cosa significa no?” il tono di Nael non ammetteva repliche. “Ti sembra normale quello che ti è successo?” incrociò le braccia e aspettò una risposta più sensata di quella che gli era appena stata fornita.
Ari abbassò il capo, sconfitto. Aveva raccontato a Natanael quello che gli era capitato, o meglio, il ragazzo si era svegliato poco dopo e l'aveva ritrovato piangente e tremante e aveva insistito affinché gli spiegasse per filo e per segno cosa lo turbasse.
All'inizio, Nael era rimasto incredulo davanti a quel fatto così assurdo, eppure non poteva credere che Ari si stesse inventando tutto. Era da un mese che andava avanti con quella storia, quindi qualcosa di vero doveva esserci e Natanael sperò con tutto il cuore che non fosse chissà quale strana malattia.
“Ma per farmi vedere da un medico devo chiedere un permesso.”
“E quindi?” Nael era irremovibile davanti a tutte le scuse che ormai da ben dieci minuti stava provando ad accaparrarsi l'altro. “Sono preoccupato per te.”
“Lo so.”
“Allora il discorso si conclude qua.”
Lo sguardo triste del biondo lo fece sospirare. Era stato finalmente contento di non vederlo più per qualche giorno, ma sembrava che la malinconia non potesse sparire così facilmente da quel ragazzo che non aveva fatto niente per meritarselo.
Fece cadere le braccia lungo il busto, prima di avvicinarsi a lui e afferrargli una mano, che venne, però, subito ritratta e nascosta dietro la schiena, facendo rimanere male il ragazzo dagli occhi eterocromi.
“Ti fa male?”
“Ora no, però mi dà fastidio.”
Nael non si arrese e gliel'agguantò contro la sua volontà, anche se Ari cercò di arretrare e di divincolarsi, senza successo. Non che non volesse farsi stringere la mano, ma aveva paura che potesse succedere come era accaduto qualche ora prima e non voleva che Nael lo vedesse assolutamente in quello stato.
Il maggiore mantenne la presa salda e avvicinò la mano alla propria bocca e gli baciò le dita, facendolo rimanere sconcertato da quel gesto.
“Così passa la bua.” disse con tono scherzoso, per poi scoppiare a ridere.
Ari lo guardò di sbieco e roteò gli occhi al cielo prima di sentirsi strattonare e venir intrappolato dalle braccia possenti dell'altro.
“Devi andare a farti controllare.” continuò a parlare Nael, soffiando sulla sua capigliatura leggermente spettinata.
“Lo farò.”
Rimasero abbracciati per qualche minuto in silenzio, fino a quando non arrivò l'ora di andare in mensa per iniziare una nuova giornata.




Dalla cupola posta al centro dell'aeronave si poteva vedere che fuori il tempo non era dei migliori. Il cielo grigio era sconquassato da tuoni e lampi continui che rimbombavano persino all'interno della struttura. Si poteva definire una giornata davvero fiacca, dove neanche Nael aveva voglia di eseguire i suoi giri velocemente per poi dedicarsi ad Ari per il resto del tempo disponibile.
Ogni volta che infuriava un temporale del genere, provava un'angoscia nel petto che gli martellava senza sosta. Per non parlare del mal di testa che lo colpiva sempre appena sopra il sopracciglio destro e che lo torturava per ore e ore. Inoltre, si sentiva sempre scombussolato nei visceri e la nausea l'opprimeva.
Si diresse verso la mensa a passo svelto, dove trovò Ari ad aspettarlo proprio davanti all'ingresso, poggiato contro una parete a scrutare i volti di tutti quelli che passavano. Non appena lo vide gli porse un sorriso enorme che venne ricambiato.
“Buongiorno, Ari.” gli diede un piccolo bacio sulla fronte prima di entrare e sedersi ai loro soliti posti nella fila laterale più distante da dove veniva servito il cibo.
Intorno a loro c'era il solito vociare di persone che parlavano del più e del meno; le scie di mana si riflettevano nel vetro dei bicchieri e persino nei piatti, per poi colpire con forza le iridi di entrambi, che dovevano socchiudere gli occhi per l'intensità di alcune scintille.
“Sei andato dal medico?” parlò Nael con un tono piatto, mentre si portava alla bocca una fetta di carne.
“Sì.” Ari fece una piccola pausa, stringendo la mano a pugno e rilassandola subito dopo. Ancora non era svanito completamente il brulichio. “Mi ha detto che uno stress continuo e una mancanza di sonno possono portare il corpo a cedere fino addirittura sentirlo formicolare e tremare. Ha dato la causa allo sforzo che compio sul lavoro e alla paura incondizionata di venir scelto come sacrificio.”
“Ti ha fatto domande su questo?”
“Mi ha domandato come vivessi questa situazione.”
“Che incompetente. Secondo lui come si può vivere una situazione del genere?” Nael sembrava davvero infuriato, più perché uno sconosciuto era andato a chiedere riguardo cose personali di Ari, piuttosto che per la banalità della domanda in sé.
“Che hai?” Ari gli sorrise.
La forchetta di Nael si fermò a metà strada e lo guardò sbattendo più volte gli occhi.
“Il tempo.”
“L'avevo immaginato.”
Il minore allungò una mano verso di lui e gli afferrò il polso, avvertendo chiaramente il battito non proprio regolare. Questo lasciò scivolare la presa fino a incrociare le dita, unite sul tavolo tra i due.
“In ogni caso...” riprese a parlare Nael. “...ti senti stressato o cosa..?”
“L'unica cosa che mi agita sono proprio i sogni che faccio, per il resto sono sempre il solito. Il medico mi ha, comunque, consigliato di rimanere una settimana a riposo. Ne ho già parlato con il mio capo e ha detto che va bene.”
“Che noia. Una settimana chiuso nella cella a fare niente.” lo prese in giro, anche se gli vennero i brividi a pensare di rimanere con le mani in mano per così tanto tempo. Piuttosto sarebbe andato a infastidire il resto dei Sacrifici e le guardie.
“Più tempo per stare con me, non ti va bene?” ribatté facendo il broncio.

Quanto è adorabile.

Si ritrovò a pensare Nael.
Fece leva sul tavolo per alzarsi e sporgersi verso quel viso così niveo e tenero per stampargli un bacio sulle labbra. Poco importava della gente intorno a loro, non avrebbero comunque azzardato a fare qualche commento ad alta voce.
La loro società era libera per quanto riguardasse i rapporti omosessuali e, anche se ci fosse stato qualche presente a cui dava fastidio, i Sacrifici erano composti per lo più da gente povera, criminali e persone senza cittadinanza che non ambivano di certo ad andare a fare la spia per un motivo futile come quello, rischiando di beccarsi un ammonimento. Persino le guardie sarebbero state immobili di fronte a qualche effusione in buona fede, senza esagerare.
“Nael...” lo ammonì con un tono poco convincente, sbirciando intorno per vedere se qualcuno ci avesse fatto caso. Non era il tipo da voler dare nell'occhio e, appena notò una ragazza forse della sua stessa età che li fissava, si voltò immediatamente rosso fino alle orecchie.
Il moro si risedette e gli sorrise, giocando con le sue dita. Era troppo divertente farlo imbarazzare a quel modo.
“Puoi sempre venire a lavorare con me.”
“Neanche per sogno. Passerò il mio tempo a leggere.”
Natanael sospirò esageratamente e sentì un tuono provenire dall'esterno, che fece sobbalzare un po' tutti quanti. Chiuse gli occhi per un attimo e scosse la testa che ancora gli doleva. Neppure si era accorto che l'altro si era alzato reggendo il piatto e le posate e che si era accostato alla sua sedia – facendo il giro del tavolo, dato che erano nell'ultimo posto prima del capotavola – guardandolo stranito e preoccupato.
“Va tutto bene.” si limitò ad affermare con un piccolo sorriso sforzato, facendogli gesto di sedersi sulle sue gambe.
Ari esitò, ma poi lo fece.
Nael avvolse il suo corpo con le braccia, stringendolo forte all'altezza dello stomaco e affondando la testa nel tessuto del maglione, che sfumava dal bianco al blu, di Ari – talmente largo che quasi gli arrivava alle ginocchia e che aveva dovuto fermare sui polsi con due braccialetti d'acciaio per non farlo ricadere sulle mani. Provò del calore familiare e gratificante che gli fece, pressapoco, sparire del tutto il mal di testa.
“Mi stai mettendo in soggezione.” sussurrò Ari.
“Zitto, bambino.” lo prese ancora in giro, dandogli un bacio sulla schiena, facendosi entrare un pelucco in bocca che subito sputò via.
Non vedeva davvero l'ora che il Sole tornasse a splendere.




Erano seduti per terra nel parco, mentre un via vai di gente rideva e chiacchierava e i bambini giocavano contenti per qualche ora. Ari e Nael si erano ritrovati un angolino tutto per loro, dove non avrebbero dato fastidio a nessuno. Per quanto non fosse la giornata adatta per rimanere nel parco, dato che la luce proveniva unicamente dal mana che circolava mentre all'esterno era ancora tutto grigio e cupo, in quel punto si poteva respirare l'aria migliore in tutta l'aeronave e avevano decisamente bisogno entrambi di una boccata d'aria fresca.
Erano rimasti a parlare di sciocchezze, tra un commento ironico di Nael e le guance arrossate e le successive battute di Ari.
Natanael strappò un filo d'erba da terra e se lo rigirò tra le dita per poi usarlo per accarezzare la guancia dell'altro.
“Smettila, dai!”
“Perché dovrei? È così divertente.”
Non ci vollero che pochi secondi perché il filo scomparve tra le sue mani, scoppiando in piccole scintille luminose che caddero illuminando per poco il resto dell'erba per poi svanire del tutto. Il risultato del mana che aveva cessato d'agire non appena era stato tolto dal luogo in cui doveva essere.
“Ti sta bene.” si mise a ridere Ari, tenendosi la pancia nel vedere lo sguardo sgomento dell'altro.
Nael gli fece il verso prima di appoggiare la testa sulla sua spalla e venir cullato dalle sue mani diafane e delicate che lo accarezzavano sul collo e i capelli.
In quel momento, Ari sentì il cuore balzargli fuori dal petto. Fece un lamento che cercò di trattenere tra i denti e si portò immediatamente le mani sul cuore, stringendo forte e provando anche una sensazione di nausea.
“Che ti succede?” chiese subito, preoccupato.
Ari non riuscì a rispondere.

Ari. Ari.

Quella voce. Non poteva essere. Era sicuro di non star sognando.
Si guardò intorno, cercando di capire da dove provenisse, nonostante sapesse che era una voce insinuata dentro la sua testa.
Il dolore al petto si dileguò, ma una scarica lo percosse fino a raggiungere le mani. Non riuscì a trattenere un urlo, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica ad alta tensione.
“Ari!” Natanael non sapeva cosa fare, lo guardava mentre si contorceva dal dolore.
Ari ansimò con veemenza.

No, ti prego. Non ancora...

Aveva perso definitivamente il contatto con le proprie dita, si accorse subito che stavano tremando e quello che seguì gli fece raggelare il sangue: la punta di tutte e dieci le dita si stava illuminando lentamente di un azzurrino lieve lieve che dava fastidio alla vista.

Che cosa..?

Gli si fermò il fiato, la gola era completamente secca e le pupille dilatate.
“Ari ti stai illuminando... ma che cazzo sta succedendo? Non è stato appena scelto un Sacrificio?” la voce di Nael era terrorizzata, mentre non riusciva a muovere un singolo muscolo.
Aveva ragione, avevano assistito personalmente al Sacrificio che veniva portato via dai maghi, avvolto nella solita luce verde.

Questa non è la luce di un sacrificio, non è come quella. È totalmente diversa.

Non sapeva come, ma Ari ne era assolutamente convinto. Prima di tutto era azzurra e ormai era evidente, dato che era diventata intensa come il cielo in estate privo di nuvole, per secondo, invece, lo sentiva dentro di sé, per quanto non valesse come motivazione, se lo fece bastare.
Questo però non tolse la paura che stava provando in quel momento. Provò a chiudere le mani a pugno, ma non ci riuscì perché non aveva più il controllo dei muscoli dal gomito in giù, cosa che non gli permise neanche di nasconderle sotto al maglione.
Le lacrime gli punsero gli occhi e si rese conto di esser guardato dalla gente nel parco con il panico sul volto.

Svegliati.

La voce della divinità tuonò nella sua testa e ci fu un'esplosione che costrinse tutti a chiudere gli occhi. Successivamente, dalle dita di Ari stava fluendo un liquido viscoso azzurro che andava verso l'alto e si diramava in forme e linee astratte. Assomigliava a un vortice che si creava sott'acqua, il suo aspetto aveva anche quello dell'acqua.
Ari rimase sbalordito, lo stesso Nael al suo fianco aveva perso la parola.

Che cos'è questo..?

Il biondo stava rabbrividendo dalla paura e in un attimo decise di alzarsi e scappare via. Cominciò a correre a per di fiato per allontanarsi da tutti, sperando che anche quella cosa che era uscita da lui rimanesse indietro, ma questa lo seguiva continuando a uscire e rimanendo ferma sulle sue unghie, per poi cadere come grandi goccioloni a formare delle piccole pozze che andavano svanendo immediatamente a contatto con il terreno, come se venissero risucchiate.
Si appoggiò ansimante contro la parete di un corridoio e si lasciò scivolare privo di forze sul pavimento con le ginocchia premute contro il petto e quella scarica che non accennava a diminuire di intensità. Forse era proprio quella che gli stava facendo perdere tutta l'energia nel corpo.
“Ari!”
Voltò la faccia di scatto e vide Nael che l'aveva seguito.
“Allontanati!” urlò con quanta voce aveva in corpo, anche se l'altro non gli diede retta.
“Che cosa ti sta succedendo? Questo non è il segnale per essere un sacrificio e i maghi non sono intervenuti. Quindi...” non terminò la frase e si inginocchiò al suo fianco, provando a prendergli una mano, ma percepì come uno scudo intorno a essa che non gli permise di afferrarla.
“Non lo so...” Ari scoppiò a piangere mentre non poteva volgere lo sguardo da altre parti che non sulle proprie mani ancora azzurre fino ai polsi e quasi scoppiettanti. Sembrava come se dei sassolini fossero stati lanciati sulla superficie di un corso d'acqua creando tante crepature e cerchi concentrici. “Aiutami, Nael. Ti prego.”
“Io...” Natanael serrò la mascella non sapendo cosa fare.

In quel momento si avvicinò loro una guardia che aveva seguito entrambi i ragazzi quando si era accorta del trambusto nel parco.
“Rimani fermo dove sei!” urlò contro Ari, puntandogli un bastone di metallo e mana imprigionato all'interno. “Ma dove sono finiti i maghi? Non sono neanche in grado di fare il loro lavoro.”
“Sei tu quello che non sa fare il proprio lavoro, coglione!” Natanael era evidentemente agitato e si era addirittura alzato, pronto ad affrontare la sentinella. “Non ti accorgi neanche che non è la luce del sacrificio? Quante ne hai viste negli ultimi due anni? Sta succedendo qualcosa a questo ragazzo. Non vedi che è in preda al panico e tu ti permetti di puntargli contro un'arma?”
“Nael...” sussurrò Ari, tirando su con il naso.
“Che hai detto, sudicio Sacrificio?”
L'uomo gli diede un colpo con il bastone, che riuscì a evitare, ma non poté scansare anche la spinta che gli diede facendolo inciampare nei propri piedi e rotolare per terra.
Ari cercò di strisciare verso il ragazzo – che già si stava rimettendo in piedi – ancora incapace di utilizzare le mani; venne prontamente fermato dalla guardia che lo prese forte per un braccio e lo strattonò per alzarlo da terra.
“Tu ora vieni con me.”
“Dove mi vuoi portare? Lasciami! Nael!” cercò di liberarsi, ma era troppo scosso e senza forze per farlo.
“Hai sentito? Lascialo!” si gettò contro di loro, tuttavia qualcuno lo prese da dietro le spalle. A quanto pare l'uomo aveva chiamato alcuni suoi colleghi per aiutarlo.
Uno si accostò al primo e lo aiutò a prendere di peso il ragazzo dagli occhi cristallini, mentre il terzo, che era il più robusto, teneva fermo Natanael.
“Smettila se non vuoi che ci siano dei provvedimenti anche per te.” gli ringhiò nell'orecchio e Nael osservò lo sguardo sconvolto del biondo che lo supplicava di non andare oltre e si arrese.
“Va bene, va bene.” disse alla guardia e si calmò. “Ma non portatelo via, vi prego.”
“Dobbiamo.” gli rispose uno di loro. “Questo non è certo un caso che possiamo gestire noi.”
“Sarà sottoposto al Consiglio dei Maghi di questa aeronave.” aggiunse un altro.
Ari sgranò gli occhi. Quante possibilità c'erano che avrebbe rivisto Nael e che andasse tutto bene? La paura si impossessò di lui ancora una volta.
Urlò con quanto fiato avesse in gola e una luce esplose di nuovo a partire dai palmi. Una piccola pioggerellina cominciò a scendere e posarsi sulla loro pelle, era fresca e provocò un piccolo solletico a tutti i presenti. Nessuno capì cosa stava succedendo, erano rimasti tutti sbalorditi e senza parole di fronte a quello spettacolo.
Nael sbatté le palpebre più volte, una piccola goccia gli cadde proprio sotto l'occhio, simulando una lacrima che venne sostituita subito da una vera.
Ari era svenuto, il corpo floscio lo trascinava verso il pavimento.

Finalmente ti sei svegliato.

 




NOTE DELL'AUTRICE:
Buona Domenica ragazzi :)
Siamo davvero entrati nel boom della storia! Anche Ari ha fatto boom ahahah, a parte questo... Cosa gli è successo? Cos'è quella luce azzurra e cosa significa che si è svegliato? Perché oggi Nael è più scorbutico del solito e va con il tempo? Che diamine vuole Tangaroa da quel ragazzo così fragile? Ma in tutto ciò quanto sono teneri Ari e Nael?
Ve le siete poste queste domande? Spero di sì ahah! xD
Il disegno l'ho fatto io qualche tempo fa e Ari indossa il maglione del capitolo come potete notare è molto fashion u.u Così, anche se sono con quello stile un po' strano, avete un'idea di come sono fatti. Ad ogni modo, prossimamente metterò nei capitoli altri miei disegni di loro due, dato che ne ho fatti un po' e potrebbero anche aumentare xD (sono entrati nella mia vita <3)
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e ringrazio tutti quelli che mi seguono e che mi seguiranno. I commenti sono sempre ben accetti e ci vediamo domenica prossima con un nuovo capitolo!
Ciao a tutti!
Flor :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Ogni cosa che esiste ha una sua conchiglia ***


CAPITOLO 5
OGNI COSA CHE ESISTE HA UNA SUA CONCHIGLIA

 

Maggio, anno 439 del XII periodo

Ari non ricordava come fosse finito in quella stanza, su quel letto, ma tutto era decisamente diverso dalla cella in cui era costretto a dormire da ormai due anni. Dei drappi colorati di bianco erano appesi alle pareti e questi erano luminosi e sembravano emanare luce anche al buio; il letto aveva un materasso così morbido che era sicuro di non aver mai dormito su qualcosa di più soffice, per non parlare delle lenzuola finemente decorate da linee dorate e argentate, che creavano una ragnatela intricata astratta. Sopra la sua testa c'erano dei tubi in cui il mana scorreva veloce e affluiva fino alla sponda del letto.
Si sforzò di andare indietro con i ricordi, tuttavia vedeva solo nero nella sua mente e nessuna immagine ben distinta.
Fece un sospiro profondo e rimase a fissare il soffitto. Si sentiva un po' intontito, come se il suo corpo avesse prosciugato di colpo tutte le proprie energie e non fosse ancora riuscito a riprendersi.
Rimase con gli occhi – che in quel frangente erano di un azzurro intenso – fissi sui tubi sopra di sé e vide una scossa di mana generarsi da due fluidi che si scontrarono, uno blu e uno arancione, e repentinamente ricordò tutto: la guardia che lo teneva, Nael che infuriava contro di essa e le sue mani illuminate da una luce azzurra. Era svenuto all'improvviso proprio mentre aveva sentito esplodere dentro di sé una bomba di energia che si era dissipata immediatamente senza ben sapere come.
Si guardò d'istinto le mani e notò con sollievo che erano tornate del loro colore naturale e che non gli dolevano più. Non riusciva a spiegarsi nulla di tutto quanto gli fosse capitato. Fece un altro piccolo sospiro, ma, poi, la figura di qualcuno d'importante gli balenò davanti agli occhi.

Nael!

Ari si tirò su di scatto, senza che gli vennero giramenti o nausea, e si diresse subito alla porta, che cercò di aprire invano.

É chiusa...

Si agitò e prese a camminare avanti e indietro, pensando a come poter uscire da lì, e venne colpito da un attacco di panico. Gli si accelerò il fiato e prese a girargli la testa, costringendolo a risedersi sul letto. La sua mente stava riflettendo solo su tutti gli aspetti pessimisti della faccenda: perché lo avevano rinchiuso? Era ancora sull'aeronave dei Sacrifici? Lo avrebbero usato come prossima vittima? Cos'era successo a Nael? Avrebbe avuto occasione di rivederlo?
Ari percepì le lacrime e premette le mani sul viso, inspirando ed espirando per provare a calmarsi. Non doveva continuare a porsi quesiti del genere, si sarebbe sistemato tutto.

Non preoccuparti, andrà tutto bene.

Sicuramente Nael gli avrebbe detto qualcosa del genere e l'averlo fantasticato con la sua voce gli diede la forza per tranquillizzarsi. Sarebbe arrivato qualcuno prima o poi e gli avrebbe spiegato la situazione, doveva solo aspettare.
Il ragazzo immerse una mano tra i propri capelli e li spostò indietro, mostrando così la fronte e percependo una piccola brezza su di essa. Alzò gli occhi per accorgersi che una ventola arieggiava la stanza, girando a ritmo lento. Non aveva mai visto qualcosa del genere, era un metodo decisamente antico per produrre aria, però, dovette ammettere che fosse piacevole.
Ricacciando indietro le lacrime, si sdraiò di nuovo sul letto, sotto le coperte morbide, e prese ad aprire e chiudere la mano davanti alla sua faccia.

Cos'era quella luce e quello che è uscito dalle mie dita? Che abbia a che fare con i sogni dell'ultimo mese? Magari ho in me qualche maledizione, forse non sono altro che un essere creato per il puro divertimento di Tangaroa.

Scacciò con la testa quel pensiero assurdo, sebbene non trovasse davvero una spiegazione. Semplicemente un qualcosa si era sprigionato da lui sotto forma di liquido viscoso azzurro, che tanto assomigliava a un vortice d'acqua, e la cosa non aveva assolutamente senso.
Avrebbe potuto sprecare l'intera giornata per cercare di trovare un motivo a tutto ciò senza giungere a nulla, decise, quindi, di pensare ad altro e, inevitabilmente, la sua mente vagò a Nael.
Chissà se stava bene, se anche lui era stato portato via o se a quest'ora si trovava...

Sarà ormai sera?

Non c'era nessun indizio che potesse confermarlo, sapeva solo che la stanza era in penombra, quella stessa penombra che sulla Terra comunicava che il Sole stava per sparire al di là delle montagne, ma che nel Cielo accompagnava gran parte delle loro giornate.
Sperò con tutto il suo cuore che non gli avessero torto un capello; era convinto che il fatto della loro improvvisa separazione l'avesse fatto infuriare e preoccupare e questo significava che ci sarebbe stato un Natanael pronto a qualsiasi sconsideratezza in libertà sulla nave.
Sorrise appena, ma un vuoto che era stato tale nel suo cuore troppo a lungo si stava riformando a causa di tutto quello.

Voglio solo tornare da te.

In quel momento sentì un rumore provenire dall'esterno, quindi sbucò fuori dalle lenzuola e si mise a sedere. Successivamente, udì la serratura scattare, la porta si aprì silenziosa ed entrò un uomo che Ari aveva già avuto occasione di vedere pochi giorni prima: era uno dei maghi incaricati di prendere il sacrificio del mese precedente, quello più giovane.
Ari notò subito il suo abbigliamento identico a quella volta e i suoi occhi cristallini si posarono sul simbolo sulla mitra, che improvvisamente parve riconoscere. Un qualcosa dentro di sé lo cercava tra infinite immagini che scorrevano come pagine di un libro sfogliato velocemente, eppure non riusciva a giungere a una risposta.
Si portò una mano alla testa, che aveva preso a pulsare, ma la presa sulla sua spalla da parte del mago gli fece sparire tutto così com'era arrivato. La mano di quell'uomo era fresca e la poteva sentire anche attraverso la stoffa del maglione, inoltre, sapeva di brezza mattutina. Era un dettaglio a cui non aveva potuto farci caso al loro primo incontro ed estremamente benevolo per il suo corpo.
“Ben svegliato, Ari.” il sorriso che si intravide al di sotto della barba ispida era in qualche modo rassicurante.
“Come sa il mio nome?” la sua domanda era così sciocca. Ogni Sacrificio aveva un numero inciso sulla pelle, non sarebbe stato difficile arrivare alla sua identità, ma quella situazione lo aveva scombussolato e non era capace di ragionare lucidamente.
Il mago fece un altro sorriso e agitò la mano nel vuoto. Anche quel gesto aveva acceso in Ari un qualcosa che non riusciva ad acchiappare, seppure familiare.
Subito si sentì investito da una ventata fredda che gli alzò il maglione fino a scoprirgli la pancia e parte della schiena, i capelli cenere fluttuarono leggeri in aria e tutto il corpo si riempì di brividi.
Aveva paura, non sapeva cosa stava succedendo, ciononostante, nello stesso tempo, quell'aria era così pura, che penetrava dalle sue narici e arrivava nei polmoni facendoli espandere e riempendoli di qualcosa di buono e fresco; un'aria a cui ormai non era più abituato a respirare.
Ari chiuse gli occhi e si lasciò pervadere da essa, mentre tutto il corpo si alleggeriva e la mente si svuotava dai timori. Un attimo dopo era seduto ancora sul letto con i capelli in disordine che ricadevano sul viso e il maglione che di nuovo lo ricopriva per bene. Fu la voce del mago a risvegliarlo da quel torpore.
“Come stai?”
Ari aprì gli occhi e fissò quelli scuri dell'altro. Credette di aver perso l'uso della parola, come incantato da un piacevole sortilegio, e per un istante pensò davvero che quel mago gli avesse fatto qualcosa di male, tuttavia, il senso di serenità che gli aveva attraversato il corpo per qualche secondo non gli permise di tramutare quel pensiero in qualcosa di più concreto.
Rimase in silenzio, serrando le labbra e facendo sfrigolare appena i denti.
“Immagino che avrai tante domande per la testa.” continuò il mago. “Ma anche noi ne abbiamo molte per te. Ti prego di seguirmi.”
“Dove mi vuole portare?” Ari riuscì finalmente a parlare, con un tono preoccupato.
Avrebbe preferito rimanere in quella stanza che gli dava un senso di conforto, piuttosto che uscire fuori e attraversare chissà quali corridoi per incontrare non sapeva chi. Doveva prepararsi a qualsiasi situazione e gli venivano in mente solo le peggiori.
“Dal mago che governa su questa aeronave.” gli porse il braccio per farlo alzare dal letto, ma il ragazzo fu restio ad afferrarlo.
“Non voglio...”
“Ti pregherei di non fare resistenza. Sono capace anche di generare un tornado, sai?” lo continuò a fissare con un sorriso, nonostante lo avesse appena minacciato palesemente, e Ari ingoiò a vuoto per poi alzarsi senza il bisogno di nessun aiuto.
Doveva essere forte anche se non ne era in grado. Non da solo.
“Bravo, ragazzo.”

Uscirono dalla stanza e quello che si ritrovarono ad attraversare era uguale al corridoio che qualche tempo prima Ari e Nael avevano esplorato insieme. Non sapeva se fosse proprio lo stesso, ma sicuramente era molto simile, come la maggior parte delle navi d'altronde.
Ari camminava a testa bassa, le braccia ciondolavano lungo il busto, le dita che non stavano ferme e che si chiudevano sul palmo e lo lasciavano andare di continuo. In qualche modo si sentiva osservato, ma non aveva il coraggio di sbirciare.
“Che scortese.” affermò il mago. “Non mi sono neanche presentato. Se è come crediamo, starai molto tempo con noi, quindi devi iniziare a conoscerci.”
Il volto di Ari girò di scatto verso quello dell'uomo, il sorriso perennemente stampato su di esso.

Che cosa? Stare con loro? Perché dovrei? Io non voglio rimanere qua. Questo non è il mio posto, il mio posto è con Nael e solo con lui. Voglio andarmene.

“Io sono Wayra, mago del vento, possessore delle brezze gelide del Nord che fischiano tra le nubi, come un lupo ulula alla Luna.”
Il ragazzo dagli occhi cristallini percepì dell'orgoglio in quella frase e nelle sue orecchie si riversò il suono del vento che si insinuava scaltro tra le foglie, che smuoveva i cieli e si disperdeva scomparendo nel nulla. Immaginò che dovesse essere stupendo controllare un potere del genere e nello stesso tempo spaventoso. Non aveva forse detto che era in grado anche di formare un tornado? Non poteva essere nulla di positivo.

Non è il mio posto.

“Suona bene, vero?” il mago sembrò leggergli il pensiero, forse questo era dovuto alla bocca spalancata e lo sguardo fisso su di lui, quindi, Ari si diede un contegno e riprese la marcia verso una meta a lui sconosciuta.
“Siamo arrivati.” Wayra si fermò davanti a una porta e bussò lievemente sull'acciaio. “Avanti, prima tu.”
Le gambe di Ari presero a tremare e non seppe dove prese la forza di mettere un piede davanti all'altro, fino a quando entrò dentro la stanza. Sembrava un ufficio, ma nello stesso tempo non aveva niente di tale: una scrivania era posta al centro, era di legno scuro e sembrava di grande qualità; molti oggetti, apparentemente privi di qualsiasi utilità, erano disposti a decorare ogni singolo angolo della stanza e alcuni di essi emanavano delle scintille di luce o mana – Ari non ne era certo – e questi gettavano delle ombre che si univano tra loro proprio nel centro dell'ufficio. Dei tendaggi erano disposti su tutte le pareti con le raffigurazioni degli elementi su ognuno di esso e con rappresentazioni astratte.
Nella testa del ragazzo quelle immagini non erano semplicemente qualcosa d'indefinito, ancora una volta percepì come se sapesse cosa ci fosse illustrato realmente, ma la sua mente non riusciva a metterlo a fuoco, così come non riuscì a vedere l'inizio del tappeto e quasi vi inciampò. Per fortuna mantenne l'equilibrio e rimase in piedi, pensando che non poteva fare una presentazione più terribile di quella di fronte al mago che governava su quell'aeronave.
In ogni caso, questo non se ne sarebbe accorto, perché la sua figura era voltata di spalle, ad ammirare fuori da una finestra ovale, grande tanto quanto lui, dalla quale entrava una luce così forte che non poteva dipendere unicamente dal Sole esterno e che avvolgeva l'intera sagoma dell'uomo.

Ari si fermò a guardare il mago. Teneva le spalle ricurve così tanto che gli si era formata una piccola gobba sulla schiena, a malapena era visibile il collo, ma la mitra spuntava fiera al di sopra e subito il ragazzo si domandò quale altro simbolo ci fosse su di essa. Era vestito come tutti gli altri e nient'altro poteva scorgere fin quando quell'uomo fosse rimasto in controluce e voltato dalla parte opposta.
Abbassò il capo e rimase in silenzio, il pensiero fisso su quella cella che aveva odiato per due anni e che ora voleva raggiungere al più presto. Strinse i pugni e stette in attesa di qualcosa, che, però, non avvenne. Era indeciso se voltarsi indietro per vedere se Wayra fosse ancora presente o se ne fosse andato, oppure se fare un colpo di tosse per richiamare l'attenzione dell'altro. Sia le sue corde vocali, che i suoi occhi non accennarono a eseguire gli ordini.

Stai calmo, Ari. Stai calmo.

La sua attenzione venne richiamata da una sfera posta su uno scaffale, che stava cambiando colore. Era sicuro che appena entrato fosse bianca, ma ora stava diventando verde acqua con striature dorate e gli sembrò bellissima, tanto che si rilassò per un attimo, dimenticandosi della tensione che lo graffiava nel petto.
“Non scagliarti con le braccia spalancate nella luce...”
Ari sussultò e fece un passo indietro. Il mago aveva parlato all'improvviso, la sua voce era quella di una persona dall'età parecchio avanzata, rauca e sibilante come se stridesse a ogni sillaba e faticasse a parlare, eppure continuò ugualmente.
“...se non sei sicuro di poter abbandonare le tenebre che albergano dentro di te.”
Il ragazzo dagli occhi cristallini rimase interdetto, senza cogliere a pieno il significato di quella frase, troppo intento a mantenere il controllo per non tremare.
Il mago si voltò verso di lui, la luce che entrava dalla finestra si era placata, rivelando per bene il volto di quell'uomo: era rugoso e vecchio, due piccoli occhi grigio chiaro erano avvolti da enormi sopracciglia bianche, così come la barba e i baffi lunghi pochi centimetri, ma che ricoprivano le labbra e quasi nascondevano la bocca.
Se Ari si fosse ritrovato all'interno di uno dei suoi libri, quella sarebbe stata la descrizione di qualcuno di molto saggio e, probabilmente, l'uomo che aveva davanti lo era per davvero e non solo perché aveva esordito con una frase che poteva benissimo assomigliare a un detto di chissà quale tribù antica.
Il mago gli si avvicinò tenendo le mani a coppa dietro la schiena e, man mano che avanzava, Ari poté notare che fosse più basso di lui, tanto che dovette chinare il capo per guardarlo negli occhi quando gli fu a pochi passi di distanza.
“Il mio nome è Hamar, colui che anche nel buio più impenetrabile riesce a portare un frammento di luce.”
Il volto di quell'uomo sembrava gentile e forte nello stesso tempo e i suoi occhi emanavano una scintilla che fece percorrere un brivido lungo la schiena del ragazzo. Non aveva mai visto i maghi sotto quell'aspetto, ne era sempre stato spaventato e, allo stesso modo, inorridito e arrabbiato contro tutti loro. Però, adesso che aveva parlato solamente con due di essi si ritrovava affascinato, come se avesse riscoperto qualcosa dentro di lui che lo assicurava che non potessero essere il male.
Non sapeva se dare ascolto a quella riflessione fosse la cosa giusta da fare.
“Io... sono Ari.” si ritrovò a balbettare, riuscendo a trovare il coraggio di parlare.
“Lo so, ti conosco.”
“Mi scusi...”
“Ma tu quanto conosci te stesso?” Hamar sembrò non ascoltare neanche le sue parole.
Ari sentì una goccia di sudore scivolare lungo gli zigomi.

Andrà tutto bene.

Cominciò a ripetersi quelle parole nella sua testa più e più volte fino a quando credette di convincersi, ma l'uomo non aspettò una sua risposta e si girò con fare lento, andando a sedersi su una sedia al di là della scrivania. Dovette spostare alcuni libri posti su di essa per poterlo fare e il gesto fu accompagnato da un lamento come se fosse stato uno sforzo eccessivo.
“Hai delle domande da pormi, non è così?” Hamar si sedette e incrociò le mani davanti al viso come in segno di preghiera.
Ari sussultò nuovamente e in quel momento sentì una mano posarsi sulla propria spalla e cacciò un urlo, voltandosi di scatto e respirando profondamente alla vista di Wayra.
“Il Sommo Hamar ti sta beneficiando del suo sapere, dovresti approfittarne prima che i ruoli vengano capovolti.”
Il biondo non era sicuro se Wayra fosse o no degno di fiducia, se da una parte aveva sempre un sorriso in volto, dall'altra pronunciava delle frasi con delle sfumature terribili e raggelanti. Però aveva ragione, doveva chiedere tutto quello che gli vorticava ormai da ore dentro di sé.
“Siamo ancora sulla nave dei Sacrifici?” quella fu la prima cosa che gli venne in mente, forse la più importante perché, se così fosse stato, avrebbe potuto chiedere di Nael e delle sue condizioni.
“Certo. Questo è il piano dei maghi dell'aeronave sulla quale vivi da due anni.”

Quindi sono davvero sullo stesso piano che ho visitato con Nael... e lui si trova qui, qualche metro più in basso...

“E...” Ari fece un passo avanti, portandosi una mano sul cuore. “Dov'è il ragazzo che era con me quando sono stato catturato?”
“Catturato... Sei per caso un criminale?” il vecchio gli porse un piccolo sorriso.
“B-Beh... Io...” il ragazzo abbassò la testa e il ciuffo gli ricadde in avanti, coprendogli gli occhi e metà volto.
“Ad ogni modo, non so niente di quest'altro ragazzo di cui parli, tuttavia, se ci tieni, posso attuare un controllo.”
Gli occhi di Ari si illuminarono per un istante, diventando di un azzurro intenso, e sentì il cuore stringergli. “Lo farete davvero?”
“Non sono mai stato uno che mente.”
“Fidati, è così.” Wayra gli diede qualche pacca sulla schiena, talmente forte che pensò di rotolare in avanti e finire sul pavimento.
“Grazie.”
“Qualche altra domanda?”
Ari serrò la mascella e ripensò al formicolio che aveva sentito per così tanti giorni e a quello che era successo prima di risvegliarsi in quel posto.

Forse loro possono darmi una spiegazione.

“Che cosa mi è successo prima di svenire? Le guardie mi hanno detto che mi stavo illuminando, ma non è così. Lo so che non è così, non era la stessa luce, non sono la prossima vittima. È così vero?”

Vi prego, ditemi che è così...

“Non lo sei.” Hamar chiuse gli occhi e scosse la testa.
“E allora cos'era quel bagliore? Cosa colava dalle mie dita?” la voce del ragazzo era tremante, voleva a tutti i costi venire a conoscenza di quello che stava passando. “Perché dovrei essere sottoposto al vostro giudizio?”
“Ari, questa è la parte dove noi dovremmo fare le domande.” sentenziò il vecchio, spostandosi la mitra dalla testa per potersi grattare il capo privo di capelli se non qualche ciuffo grigio qua e là. Solo in quel momento Ari si accorse che il colore dei ghirigori sui vestiti era un lilla leggero leggero, tendente al bianco, e che ancora una volta non sapeva riconoscere il simbolo. Lo stesso di uno di quelli rappresentati sulle tende.
“Che significa?”
Il mago indicò alla sua destra e Ari seguì il dito con lo sguardo fino a quando i suoi occhi si posarono su una sedia completamente sommersa da fogli e matite intagliate nel legno. Probabilmente gli stava facendo segno di sedersi, così la liberò spostando le cose a terra – sentendo una matita scappar via dal resto e rotolare fino alla scrivania – e si sedette.
“Ari, quello che è successo mi ha lasciato sgomento. All'improvviso un'esplosione di Mana ha fatto risplendere il mio ciondolo.” si indicò quello che teneva al collo, lo stesso che possedevano anche tutti gli altri maghi, ma che nessuno dei Sacrifici si era mai chiesto che cosa potesse essere. “Un'energia tale deve essere usata sotto il mio controllo all'interno di quest'aeronave, nessuno utilizza in questo modo i propri poteri senza una supervisione. Ho davvero temuto che avrei dovuto farmi incastonare una nuova pietra.”

Ma di che sta parlando? Cosa c'entra il suo ciondolo con me? Perché non può parlare chiaro e basta?

Neanche si rese conto che il ginocchio aveva cominciato a tremargli e che picchiettava nervosamente con il piede sul pavimento. Voleva solamente delle risposte.
“Questo è successo proprio un attimo prima che tu svenissi, quando quella pioggia ha cominciato a cadere sprigionata dal nulla. Quelle gocce che si sono create erano una forma di Mana. Il Mana che tu hai utilizzato.”
“Mana... Che ho utilizzato...io?” Ari sussurrò a voce così bassa che fu sicuro nessuno dei presenti poté sentirlo, era rimasto a bocca spalancata, incredulo di fronte a quella frase.
“Esattamente.”
Rimasero tutti in silenzio per qualche minuto. Il ragazzo cercò di assimilare quello che gli era appena stato detto, ma ora gli era tutto più confuso di prima. Non aveva mai mostrato dei poteri prima di allora e non poteva, di certo, essere un mago, poiché nessuno nella sua famiglia lo era, se ne sarebbe accorto.

Se fossi stato un mago, non avrei vissuto in una cascina a spaccarmi la schiena già da bambino, considerato una nullità dal governo allo stesso livello di un carcerato, rinnegato da tutti perché costretto a vivere in questo modo, cresciuto in solitudine soltanto con i miei genitori fino a quando non mi sono stati strappati. Non è possibile. Non è questo il motivo, è tutta colpa dei maghi se la mia vita è stata così, quindi non può essere questo il motivo. Tutta colpa...

“No! Non ho mai avuto poteri!” senza rendersene conto si era alzato in piedi e aveva cominciato a urlare. “Non possono sbucare fuori dal nulla senza che un mio antenato li avesse e, inoltre, io non so assolutamente nulla di Mana e queste cose sovrannaturali.” enfatizzò la frase con ampi movimenti delle braccia e indicando i tendaggi della stanza.

Non sono un mago.

“Sono un agricoltore e allevatore di bestiame che nessuno ha mai preso in considerazione per potermi offrire un'educazione insieme ad altri bambini, che ha visto portar via i propri genitori da quelli come voi. Non vi uccidete tra maghi, giusto? Voi non potete illuminarvi, vero? Io... Io...”
Ari si abbandonò alle lacrime che scorrevano silenziose sulle guance e gli davano un brivido caldo sul collo.

Io non voglio essere un mago.

Nonostante, se così fosse stato, non avrebbe più avuto la preoccupazione di venire sacrificato da un momento all'altro, avrebbe significato poter avere ogni bene possibile, poter dominare un potere enorme solamente con qualche gesto della mano. Non voleva diventare come quelli che avevano ucciso i suoi genitori e che allo stesso modo avevano fatto con moltissime altre persone.
Prese dei respiri profondi e si portò una mano alla faccia, con il ciuffo di capelli che si appiccicò contro di essa, ormai tutto bagnato.
“Riportatemi da Nael, per favore...” sussurrò lievemente.
“Non possiamo.” la voce del vecchio era sempre più gracchiante e quasi dava fastidio alle orecchie, ma sembrava che non avesse dato minimamente peso alle parole del ragazzo. “Crediamo che in te ci sia del mana e, se lo è per davvero, dovrai ricevere un addestramento così come tutti noi abbiamo dovuto compiere all'inizio dei nostri studi, potrai diventare forte e saggio e capace di aiutare l'umanità.”

Quindi è questo che credete? Di aiutare l'umanità uccidendo povere anime per Tangaroa...

Ari si asciugò le lacrime con il maglione e si umettò le labbra salate, gli occhi avevano assunto una tonalità quasi trasparente.
“Sono costretto?”
“Non puoi più vivere in mezzo ai Sacrifici, se nel tuo sangue scorre il Mana, fonte di potere donataci dagli dei.”
Il cuore del biondo perse un battito.

E Nael?

“Ma ora non stiamo ad affrontare un discorso così complicato. Sei già alquanto scosso e hai bisogno di un po' di riposo per metabolizzare la notizia prima di iniziare il rito. Per ora dovremo solo assicurarci che in te ci sia davvero del mana.” Hamar gli sorrise e una piccola luce sbucò fuori dalle sue mani, era calda e avvolgente e subito sparì oltre la finestra, senza neanche dargli il tempo di poterla assaporare lui stesso. “Cosa accadrà dopo si deciderà al momento opportuno.”
Era davvero così che andava a finire? Lui rilegato in quel piano, così in alto rispetto a dove si trovava Nael, così in alto rispetto a dove sentiva di appartenere.
Ari sospirò e si risedette a testa bassa.

Non voglio tutto questo... Se io diventassi un mago...

Ad un tratto un pensiero in lui prese forma e si insinuò persistente nelle vene. Forse qualcosa di positivo poteva esserci in tutta quella storia.
“Va bene...” esordì ad un certo punto. “Farò quello che dite.”
Le spalle di Wayra si rilassarono e la fronte di Hamar si riempì di ancora più rughe, per quanto fosse possibile.
“Scopriamo se ho il mana.”




Ari fu scortato nuovamente nella stanza dove si era risvegliato qualche ora prima. Gli era stato detto di non muoversi di lì – anche se non avrebbe potuto farlo, dato che era stato chiuso a chiave all'interno – e che avrebbero cominciato i preparativi per questo misterioso rito all'istante, quindi doveva solo portare pazienza e aspettare.
Si sdraiò sul letto, gustandosi la morbidezza di quel materasso ancora una volta, mentre lasciava vagare i pensieri.

Se ho davvero i poteri, come si sono manifestati? Forse un mio lontano parente era un mago? Oppure è colpa di quello che è successo quando io e Nael siamo entrati di nascosto nella biblioteca... Quel libro mi chiamava.

Spalancò gli occhi. Ora si trovava proprio nello stesso piano di quella biblioteca, sarebbe potuto andare a controllare il contenuto del volume in qualsiasi istante non appena avesse messo piede fuori di lì. Sempre che non gliel'avrebbero proibito.

Tangaroa che ha continuato a parlarmi in sogno... magari è stato il suo volere a conferirmi il Mana. Ma perché io?

Si girò su un fianco, appallottolandosi e schiacciando la fronte contro il cuscino, fino a quasi farsi mancare il fiato.

E se invece non avessi i poteri, tornerebbe tutto come prima. Un errore... Un qualcosa che mi sono immaginato, che tutti ci siamo immaginati. Uno scherzo di una divinità a cui piace giocare con le vite degli umani.

Si sentì stringere lo stomaco e risalire un conato di vomito, che ricacciò prontamente indietro.

In ogni caso, se diventassi anche io un mago, allora potrei chiedere qualsiasi cosa e metterei in salvo Nael proteggendolo dal sacrificio e facendolo tornare al mio fianco. Se così non fosse, torneremo alla nostra vecchia vita per quanto lunga possa essere.

Emise un lungo sospiro, boccheggiando alla ricerca d'aria, e si fermò a fissare le pale che ancora giravano sopra la sua testa.

Solo per questo voglio compiere la cerimonia: per tutelare Nael e me e poter tornare alla svelta da lui.

Neanche si accorse che la palpebra gli ballava e pian piano si chiudeva fino a farlo addormentare.





Fu svegliato da una mano che lo scuoteva senza curarsi di essere minimamente gentile o premuroso.
Ari sbatté più volte gli occhi, leggermente arrossati, e distinse la figura di un uomo che non era né Hamar né Wayra, ma che riconobbe in quanto era il mago che aveva intrappolato il Sacrificio all'interno di una gabbia di fuoco.
Lui incuteva paura più di tutti gli altri.
“Alzati, non abbiamo tempo da perdere.”
La lunga barba dell'uomo lo colpì dritto in faccia mentre lo costringeva a mettersi seduto.
Per quanto volesse ribattere e lamentarsi della forte stretta sul suo braccio, Ari non ci riuscì.
In un attimo furono fuori e di nuovo venne scortato in un posto sconosciuto. La faccia burbera dell'altro accompagnò quel viaggio, un grugnito era presente sulle sue labbra e gli occhiali stavano per scivolare dal suo naso aquilino, ma non provò neanche a metterli a posto.
“Farà male?” esordì ad un certo punto Ari.
“Sì.” rispose semplicemente e il ragazzo ebbe un sobbalzo. Per questo il mago continuò il discorso anche se spazientito. “Questo è un rito che non avviene spesso. Di solito si è in grado di distinguere un mago da chi non lo è perché proviene da una famiglia di altrettanti maghi e il potere a lui assegnato compare fin dalla nascita, o quasi. Ma in alcuni casi una persona è predisposta a diventare mago – magari in passato la sua famiglia lo era, oppure è venuta a contatto con oggetti sacri – e questo è l'unico modo per accertarsi che possegga Mana e quale sia l'elemento da lei controllato.”
“E come si fa a capirlo?” chiese curioso.
“Verrai sottoposto al giudizio degli Elementi stessi.”
“E perché sara doloroso?” continuò a domandare, ottenendo un ringhio come prima risposta.
“Questi mocciosi che non sanno niente.” sussurrò il mago tra i denti e continuò a camminare per qualche istante senza proferire parola, poi si decise a rispondere. “Gli Elementi verranno da te uno ad uno, in un ordine stabilito dalle Leggi dell'Universo. Ogni Elemento che non ti appartiene ti causerà un dolore diverso, fino a quando non verrai sottoposto al giudizio di quello che scorre nelle tue vene e, a quel punto, potremo essere sicuri che possiedi il Mana e quale esso sia.”
Ari ingoiò a vuoto. Non voleva trovarsi in quella situazione. Sembrava molto più tranquillo mentre parlava con Hamar, ma quel mago l'aveva decisamente sconquassato.
“Essere un mago è simbolo di potenza.” continuò a parlare l'uomo. “Se non sei neanche in grado di superare una prova del genere, allora forse ti conviene tornare nelle celle squallide in cui hai sempre vissuto.”
Ari strinse i pugni.
Come osava insultarlo in quella maniera? Lui, insieme a tutti i Sacrifici, era stato costretto a vivere in quel modo. Non era colpa loro se venivano usati come agnelli sacrificali dai maghi e quell'uomo parve non importarsene minimamente. Anzi, era schifato da loro.
Non gli piaceva per niente.
“Ehi, Niremaan.” Wayra era proprio davanti a loro, accanto a una porta chiusa. “Dalla faccia del ragazzo immagino che non abbiate avuto una delle migliori presentazioni.” sorrise per poi rivolgersi ad Ari. “Perdonalo, non ha ancora imparato le buone maniere, sarà il fuoco che gli ha dato alla testa.”
“Wayra, come osi dare quest'immagine di me davanti a un Sacrificio?”
“Fra qualche minuto questo Sacrificio potrebbe non essere più tale e unirsi a noi.”
Il più anziano, che a quanto pare si chiamava Niremaan, schioccò la lingua in segno di disapprovazione.
Ari era semplicemente rimasto a osservare la scena senza emettere fiato, troppo nervoso per quello che sarebbe accaduto a breve. Però, quando i due ebbero finito il loro battibecco, Wayra si voltò verso di lui e lo accolse con un ampio gesto delle braccia.
“Puoi entrare, adesso. Noi ti aspettiamo qui fuori.”
“Ma cosa devo fare?”
“Tranquillo, basta che ti posizioni al centro della stanza e il resto verrà da sé.”
Il ragazzo prese un lungo respiro e aprì la porta.

Posso farcela... Andrà tutto bene.

Il viso di Nael che gli ripeteva quelle parole si fece strada in lui ancora una volta.

Andrà tutto bene.





Entrò e la porta si richiuse dietro di sé in automatico.
La stanza che gli si presentò davanti era circolare e illuminata da scie di mana di ogni forma e colore, che passavano emettendo un piccolo fischio, si scontravano tra loro cambiando direzione e sbattevano contro le pareti per poi svanire nel nulla.
Era uno spettacolo meraviglioso, tutte quelle tonalità e quell'energia che volteggiava attorno ad Ari lo riempivano di un calore intenso e nello stesso tempo di un freddo pungente che quasi gli impedì di raggiungere il centro.
Una scia viola lo attraversò appena al di sopra dello stomaco e gli venne da ridere per il solletico, si portò la mano lì dove era stato colpito, tuttavia non c'erano segni del suo passaggio né sul maglione né sulla sua pelle.
Non appena raggiunse il centro, le luci si bloccarono all'istante.

Che sta succedendo?

Ad Ari quasi venne un attacco di panico e subito dopo si accesero sei bagliori posti in sei parti diverse della parete.
Da queste luci si materializzarono degli oggetti che si avvicinarono a lui fino a intrappolarlo nel mezzo in una finta gabbia. Una conchiglia bivalve brillava di un azzurro intenso, un seme ardeva in una fiamma rossa crepitante, un piccolo tornado emanava luce verde, una radice di quello che doveva essere sicuramente un albero molto antico risplendeva di giallo, una nuvola aveva una colonna di luce violetta candida che l'attraversava e un teschio aveva le orbite degli occhi ricolme di un bagliore nero.
Ari non sapeva dove guardare, troppo accecato da tutto quel chiarore, inoltre doveva essere pronto ad affrontare qualsiasi cosa da un momento all'altro. Chiuse fortemente gli occhi, ma qualcosa glielo impedì e fu costretto a riaprirli.

Andrà tutto bene...

Gli oggetti ondeggiarono intorno a lui, rimanendo a mezz'aria e, ad un tratto, cominciarono a girare in cerchio, dapprima lentamente poi sempre più veloce.
L'energia che fuoriusciva da esse formò un cerchio di mana dai colori più svariati, fino a quando non cominciò a prendere forma un'unica scia di mana dal colore verde chiaro con sfumature più scure.
Ari si ritrovò consapevole che fosse l'Elemento del Vento e percepì una leggera brezza tra i suoi capelli. Questa aumentò sempre di più, portando con sé un fischio lieve. Era molto piacevole e non capì perché avessero detto che sarebbe stata una prova dolorosa.
Forse aveva già trovato il suo potere?

Ma è Tangaroa quello che è venuto in sogno, la divinità dell'oceano... pensavo che fossi destinato all'acqua.

I pensieri del ragazzo si bloccarono all'istante, non appena il fischio si tramutò in un urlo assordante. Si dovette premere le mani sulle orecchie e neanche si rese conto di essersi buttato con le ginocchia a terra.
Il cuore gli martellava pesantemente nel petto e non c'era niente che potesse fare per evitare quell'agonia, quel grido straziante che aumentava d'intensità. Lo sentiva rimbombare dentro la testa, fracassargli le ossa una a una mentre il vento non faceva altro che sbattere violentemente contro il suo viso, facendogli quasi mancare il fiato.

Fatelo smettere, vi prego...

La disperazione dell'urlo era terribile, così acuta e palpabile che poteva avvertire lo stesso sentimento di tristezza dentro di sé.
Dopo qualche istante cominciò a placarsi; Ari si tolse le mani dalle orecchie e poté notare del sangue su di esse. Spalancò gli occhi rabbrividendo, si toccò nuovamente le orecchie per constatare se stesse sanguinando ancora ed emise un suono gutturale con la bocca, rassicurandosi di poterlo sentire.

Non sono diventato sordo.

Tamponò ancora con le mani, testimoniando di non sanguinare più, e cominciò a sudare freddo. Anzi, stava davvero sudando. La fronte grondava di sudore e questo gocciolava a terra formando piccole pozze d'acqua
Alzò gli occhi e si accorse che il colore del cerchio di mana era diventato rosso acceso.

Questo deve essere l'Elemento del Fuoco.

Si sventolò per farsi aria, ma mancava l'ossigeno intorno a lui. Il maglione ormai era talmente pesante che dovette toglierselo e lanciarlo a terra.
Si portò una mano tra i capelli per tirarli indietro e si rese conto che erano diventati secchi come paglia, quando tolse le dita ne rimasero impigliati parecchi e cacciò un urlo vedendo che anche le mani erano diventate rugose e piene di pelle morta.
La temperatura era diventata così insostenibile che si gettò sdraiato a terra ansimante, non appena si mosse, però, sentì tutto il corpo venir lacerato e tante piccole ferite gli comparvero su ogni centimetro di pelle.
Gridò questa volta di dolore e rotolò a pancia in giù.

Qualcuno mi aiuti...

Provò a far leva e rimettersi in piedi. Puntellò così le mani sul pavimento e riuscì a stare a carponi.
In quel momento notò con orrore che la pelle si stava staccando dal suo corpo e lasciava intravedere i muscoli.
Si sgolò con l'ennesimo urlo, tanto da farsi venire male alla gola.

Nael, aiuto...

Non riuscì a trattenere un pianto e le lacrime cominciarono a sgorgare dai suoi occhi.

Tangaroa...

Una delle piccole perle scivolò giù lungo il mento e finì per colpire la mano.
Il dolore scomparve improvvisamente.
Ari continuò a piangere, eppure percepì tutto il corpo guarire, persino la sua pelle era tornata al suo posto e il caldo era svanito in un batter di ciglia. Dovette alzare di nuovo gli occhi per vedere che adesso il mana era azzurro.

Ari, finalmente ti sei svegliato.

Quella voce la conosceva bene.
“Tangaroa.” affermò il ragazzo e si rimise in piedi. Il suo sguardo era puntato contro la conchiglia ferma nel bel mezzo della scia di mana e dalla quale sembrava provenire la voce.

Accogli il mio potere.

Ari non ci pensò un attimo, il suo corpo agì da solo. Fece qualche passo verso la conchiglia e allungò le braccia verso di essa fino a quando non la sfiorò con le dita appena appena. La sensazione che percepì era benevola e confortante.
Ritrasse di poco la mano, poi si fece ancora più coraggio e afferrò l'Elemento dell'Acqua saldamente.
Venne investito da una valanga di sensazioni. Un potente flusso di mana si sprigionò intorno a lui, avvolgendolo in un vortice d'acqua che lo sollevò di qualche centimetro da terra e che penetrò in lui ogni qual volta si scontrava con la sua pelle, come risucchiato dal suo corpo.
Le vene cominciarono a pulsare, alle dita tornò il formicolio che l'aveva accompagnato per parecchie giornate, ma questa volta era piacevole.

Quindi avevo ragione. È l'Acqua.

Tutte le ferite si rimarginarono nel giro di qualche secondo e la sua mente si placò. Per la prima volta nella sua vita sentiva di non aver paura di niente e che fosse in grado di fare qualsiasi cosa desiderasse. Così avrebbe voluto essere ogni singolo giorno.
Il vortice si placò e Ari tornò a toccare il pavimento con gli stivali, la conchiglia era ancora tra le sue mani con un'aura azzurra attorno, lo stesso colore che si era impossessato dei suoi occhi.
Rimase immobile al centro della stanza, mentre gli altri oggetti sacri tornavano al loro posto; le scie di mana ripresero a volteggiare nella stanza di ogni tonalità di blu. Non riusciva a pensare a niente, il suo sguardo sempre fisso sull'Elemento dell'Acqua.
All'improvviso sentiva di appartenere a qualcosa.
“Ogni cosa che esiste ha una sua conchiglia.”
 



NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti, buona Domenica! Mi scuso in anticipo, ma ho delle cose da dirvi che forse non vi interessano completamente, ma danno una spiegazione a quello che è successo in questo capitolo (perché è stata una ricerca estenuante, davvero..!)
Partiamo dai maghi. Ho già detto che ogni nome utilizzato in questa storia non è per caso e qua si vedono tre nuovi personaggi che portano un nome che riflette il loro essere: Hamar significa “geniale”, semplicemente è un vecchio saggio che spara frasi ad effetto ahaha; Niremaan è “brillante come il fuoco” infatti possiede il potere del fuoco; Wayra “vento” anche qua molto semplice ahah diciamo che ci sono personaggi con nomi più ricercati, ma volevo rendervi partecipi.
La parola mana: come potete notare a volte ha la lettera minuscola, altre maiuscola. Non perché sono mie sviste, ma perché esiste una sottile linea che divide il Mana come fonte stessa di energia e il mana per indicare il potere che possiede un umano. A volte anche io non so bene come scriverlo perché può avere doppia interpretazione, tuttavia, questo è parecchio irrilevante, era solo un appunto per dirvi che non sono così distratta ahah
La Prova degli Elementi: eh.. eheh...accidenti... Mi sono andata a complicare la vita! Praticamente tutto doveva seguire un filo logico, quindi vai di mitologia polinesiana a cercare manufatti e situazioni che adesso vi spiego! Le nuvole per la Luce sono perché nella cultura polinesiana le nuvole sono associate al concetto stesso di Luce e rappresentate con una colonna di luce appunto; il figlio del dio del sole venne mandato sulla terra per portare il seme del fuoco e da qua il seme avvolto dalla fiamma per il Fuoco; il dio del vento ha iniziato ad urlare per disperazione quando gli è stato ucciso il padre, per questo Ari affronta questa sfida e il tornado è semplicemente un simbolo rappresentativo di distruzione legato al Vento; il teschio non ha bisogno di spiegazione; la radice riguarda il corrispondente dell'albero della vita (conosciuto come Yggdrasil in alcune culture) per la Terra e, infine, arriviamo all'Acqua.
Si racconta che Tangaroa in principio fosse rinchiuso in una conchiglia quando ancora non esisteva niente al mondo (lui è uno dei tre figli di chi ha creato il mondo). Quando è uscito da essa si è reso conto che non esisteva nulla e ha iniziato a tirare fuori conchiglie dalla propria conchiglia e da esse sono nate tutte le cose e si dice che il cielo sia la conchiglia per il sole, le stelle, la luna; il mare per quello che vi è nel mare e così via... Perciò questo racconto insegna che nell'universo ogni cosa che esiste ha una sua conchiglia, ed ecco spiegato anche il perché del titolo!
Scusate se sono stata prolissa come al solito, ma volevo condividere con voi le mie ricerche u.u

Per quanto riguarda il capitolo, sono sicura che abbiate sentito la mancanza di Nael, non vi preoccupate torna presto! XD
Spero che vi stia piacendo come si sta evolvendo la situazione, insomma, povero Ari! Adesso che cosa gli accadrà dato che ha i poteri da mago? Come diamine fa ad averli? Quante domande spero che abbiate ahah e altrettante teorie! :3
Fatemi sapere con un commento come sta proseguendo questa storia e spero di potervi appassionare il più possibile! Grazie mille a tutti quelli che mi hanno commentato e quelli che lo faranno e a quelli che mi hanno seguito e che lo faranno e ci sentiamo Domenica prossima con un altro capitolo! Non mancate!
Flor ^w^

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - La consapevolezza di affogare ***


CAPITOLO 6
LA CONSAPEVOLEZZA DI AFFOGARE

Maggio, anno 439 del XII periodo

“Accogliamo fra noi il nuovo mago dell'acqua, Ari.” Hamar alzò verso l'alto un bicchiere colmo di vino, lo stesso fecero Wayra e Niremaan.
Ari indugiò nel sollevare il proprio, ma alla fine si ritrovò costretto e tutti ne bevvero un sorso. Il sapore era amarognolo e fece storcere il naso al ragazzo, non abituato a bevande di quel genere. Avrebbe tanto preferito una buona cioccolata calda.

Sono davvero un mago adesso. Non avevo contratto nessuna malattia, non stavo impazzendo.

I suoi pensieri tornarono a qualche ora prima.

Dopo aver ripreso il controllo del proprio corpo, aveva lasciato andare la conchiglia, che era tornata al suo posto senza smettere di irradiare la stanza di luce azzurrastra. La sensazione che aveva provato non l'aveva ancora abbandonato e si era ritrovato a chiudere gli occhi e inspirare a fondo.
La sua mente era libera dai pensieri, quasi non coglieva il tempo e lo spazio, ma mai si era sentito così bene.
Aveva avvertito una voce dentro di sé che gli parlava orgogliosa – Ben fatto, Ari – così aveva detto Tangaroa prima che il ragazzo scivolasse nel sonno, crollando a terra.
Qualche minuto dopo era stato portato in una stanza e messo sotto le coperte a riposare.
Al suo risveglio aveva cercato di fare mente locale per ricordare tutti gli avvenimenti. Aveva ispezionato qualsiasi area del corpo per vedere se ci fossero segni evidenti dell'accaduto e se avesse ancora tutti i capelli, e fu contento di scoprire che fosse tornato come nuovo.
Successivamente era stato accompagnato da Wayra in quella che doveva essere la sala da pranzo dei maghi, dove si trovavano anche Hamar e Niremaan seduti al tavolo.

E adesso si trovava lì, coinvolto in una specie di festeggiamento per lui e i suoi ritrovati poteri; un festeggiamento a cui non voleva partecipare a dire la verità.
Voleva solo dormire e rilassare la testa, inoltre, aveva dei sentimenti contrastanti dentro di sé.

È giusto dover essere felice per essere diventato come quelli che hanno distrutto la mia vita?

No, certo che non lo era.
Lui non voleva essere lì. Per quanto l'aver domato per pochi istanti quel potere gli avesse trasmesso la pace dei sensi, lui non doveva essere lì.

Eppure c'è stato un momento in cui ho pensato che invece è proprio questo il mio posto.

Si sentiva confuso.
Com'era possibile che l'aver sperimentato il Mana sulla propria pelle gli avesse fatto cambiare idea in quel modo? Da che parte voleva stare? Quella dei maghi o delle persone comuni? Avrebbe tanto voluto avere una risposta, perché, se per un attimo si era convinto che quel potere gli spettasse di diritto, appena si fu svegliato quella certezza era svanita nel nulla.
Tuttavia, in cuor suo, il primo posto andava sempre a Nael e rimuginava su come avrebbe preso la notizia non appena sarebbe venuto a saperlo. Voleva parlare con lui immediatamente.

“Posso vedere Nael?” domandò con una botta di coraggio, posando il calice sul tavolo, ancora mezzo pieno.
“Non credo che tu possa al momento.” rispose Hamar con la sua voce arrochita.
“Perché?” il ragazzo si allarmò, alzando leggermente il tono.
“Quello che è importante adesso è il tuo addestramento.”
“Ma io voglio vedere Nael. Lui è la mia famiglia!”
Il mago della luce scosse la testa.
“Dovrai aspettare ancora.” s'intromise Wayra. “Non possiamo lasciare che un Mago si mescoli con i Sacrifici. Ormai non puoi più vivere con loro.”
“Avevate promesso che mi avreste dato sue notizie!” continuò Ari, alzando sempre di più la voce.
“Infatti manterrò quella promessa. Ho già mandato una richiesta per questo Sacrificio.”
“Lo porterete qua?”
“Cosa devono sentire le mie orecchie!” Niremaan proruppe con tono rabbioso. “Un Sacrificio non è degno di metter piede nel nostro piano. Non verrà insudiciato da qualcuno di così impuro.” batté un pugno contro il tavolo.
Ari ingoiò a vuoto, cercando di cacciar giù gli insulti, ma una forza dentro di lui lo costrinse a controbattere, alzandosi in piedi dalla foga e puntellando le mani sul piano.
“Nael non è impuro! Non azzardarti a sputare sentenza contro di lui senza neanche conoscerlo!” le guance di Ari erano arrossate e ingrossate, così come le sue pupille dilatate.
“Qualcuno dovrebbe imparare l'educazione.” rispose il mago del fuoco e le punte delle sue dita cominciarono a illuminarsi di una fioca luce rossa.
“Va bene, va bene.” interruppe il litigio Wayra. “Non ci si comporta così tra colleghi e amici. Dovreste imparare a convivere per poter assaporare i piaceri della vita.”
Ari si risedette, colto dall'imbarazzo, e abbassò il capo, vergognoso.
“Scusatemi.”
“Sta bene.” disse a un tratto Hamar, facendo finta che non fosse successo niente, e Ari risollevò la testa.
“Davvero?”
“Davvero. Sta continuando la sua vita nei piani bassi.”
Il ragazzo dagli occhi azzurri rifletté su quelle parole. Nael forse stava indubbiamente bene, ma di certo non se ne stava con le mani in mano aspettando che lui tornasse prima o poi, senza neanche provare a sapere cosa gli fosse successo.
“Non ha fatto niente di sconsiderato?” chiese ancora Ari.
“Del tipo?” tossicchiò il più anziano.
“Beh... Tipo cercarmi e chiedere di me.” Ari arrossì e abbassò anche la voce.
“Non ho domandato questo genere di cose. Mi sono solo assicurato della sua salute fisica.” la risposta non fu soddisfacente per il ragazzo, tuttavia non poteva insistere oltre. “Potrai vederlo una volta completato il tuo addestramento.”
“Addestramento...” sussurrò confuso. “Ne avete già parlato, ma cosa significa?”
“Imparerai a governare il potere che ti è stato donato.” spiegò Wayra. “Sarai in grado di sfruttare le correnti d'acqua, la pioggia, persino le lacrime, se ti impegnerai.”
“Quindi andrò in una specie di scuola per maghi?”
“No, non ancora. Prima noi ti insegneremo come utilizzare il Mana e solo successivamente avrai accesso alle dottrine scolastiche per apprendere tutto sulle arti del Mana e le divinità che regolano le Leggi dell'Universo.”
La prospettiva non era delle migliori. Tutto sembrava richiedere parecchio tempo.
Si sentì in qualche modo preso in giro, probabilmente erano stati in grado di giocare con la sua testa perché era solamente un ragazzino timoroso e senza spina dorsale, incapace di prendere le proprie decisioni e che era stato costretto a seguire gli ordini imposti da qualcun altro. Qualcuno che, come al solito, lo considerava meno di niente.

Davvero appartengo a questa realtà? Io non sono in grado di comportarmi come loro, non avrò mai la loro forza e non voglio usarla. Non esaudiranno mai le mie richieste.

Sprofondò nella sedia, convinto che non avrebbe mai potuto controbattere per far valere il proprio desiderio.

Ben fatto mi hai detto, Tangaroa, ma sei sicuro di aver consegnato il Mana alla persona giusta?

Ari si fissò la mano, chiudendola a pugno e riaprendola pian piano. Sentiva qualcosa di diverso dentro di lui, una scossa che lo percorreva dalla punta dei piedi a quella dei capelli, tuttavia rimpiangeva la sua vita monotona e sempre in preda all'ansia che aveva trascorso con Nael.





“Non ci riesco.” la voce tremava, così come il braccio allungato davanti a sé e posto all'altezza del petto.
“Se continui a dire così è ovvio che non ci riuscirai mai.” il modo di fare burbero di Niremaan non aiutava in quella situazione.
Ari strinse la mascella.
Era da un'ora in quella stanza che avevano allestito per il suo addestramento, ma neanche una singola goccia di mana era fuoriuscita dalle sue dita, neppure lo sentiva fluire dentro il suo corpo e non c'erano segnali di brulichio.
“Devi solamente rilasciare il tuo potere, non è difficile.” Niremaan si mise a pettinare la sua barba lunga con la mano destra. “Non ti abbiamo chiesto di calibrare il getto in modo tale da allagare solo le celle dal numero pari.”
Il ragazzo s'innervosì per un istante.

Ho provato a pensare a Tangaroa, a tutti i sogni, a tutte le volte che mi dolevano le dita e a quando ho usato per la prima volta il mio potere senza neanche saperlo, ma non funziona.

“Te l'ho detto una miriade di volte: devi focalizzarti su un sentimento, un ricordo, un qualcosa per cui valga la pena lottare.” si spazientì Niremaan, spostandosi gli occhiali con l'indice e sbuffando sonoramente.
“È quello che sto cercando di fare...” sussurrò a se stesso in modo che l'altro non potesse sentirlo e abbassò il braccio, sconfitto.

Sono un inetto, un buono a nulla, un rifiuto della società e sempre lo sarò.

Cominciarono anche a tremargli le gambe e non trovò più la forza di stare in piedi.
Si accasciò a terra, picchiando con violenza le ginocchia contro il pavimento in acciaio. Le braccia erano a penzoloni lungo il busto mentre non riusciva a controllare il tremolio del mignolo della mano sinistra.

Come posso aiutare Nael se non sono in grado nemmeno di usare il mezzo per farlo?

“Che stai facendo, moccioso? Alzati e continua a provare.”
“Non ce la faccio...” di nuovo parlò a se stesso.

Non posso farcela, non io.

“Allora?” insistette il mago del fuoco, inarcando un sopracciglio.
“Sono inutile.” Ari singhiozzò, la vista gli si fece a poco a poco annebbiata e strizzò gli occhi per non far uscire le lacrime.

Non potrò neanche aiutare Tangaroa, qualsiasi cosa questo significhi. È evidente che abbia scelto la persona sbagliata.

Continuò a ripetere quelle frasi nella sua mente, un flusso di sentimenti negativi gli percosse il corpo fino a quando non cadde nella depressione.

Inutile... sono solo questo.

Gli rabbrividirono anche le spalle, ormai incapace di trattenere i singulti, e si strinse il busto con le proprie braccia.

Adesso so che non può essere questo il mio posto perché io non appartengo a nulla.

Avvertì dei passi pesanti attraversare la stanza e avvicinarsi a lui, poi fu preso per il colletto del maglione e vide davanti a sé la faccia adirata di Niremaan.
Subito dopo, un sonoro ceffone lo colpì a pieno sul volto, lasciando il segno di cinque dita rosse su di esso.
“Smettila di piangerti addosso e comportati da vero mago!”
Ari ingoiò a vuoto, sentendo pulsare la guancia da quanto era stato colpito forte.
“Non credo di esserlo...” affermò non riuscendo a sostenere il viso dell'altro.
“O non vuoi esserlo?” la voce di Niremaan era sempre più furiosa e tonante, così possente per uno della sua età. “Scommetto che non ci hai davvero provato e ci stai facendo solo perdere tempo.”
Lo lasciò andare e si allontanò a grandi passi, sbattendo la porta dopo essere uscito.
Ari rimase a fissarsi le mani, ancora inginocchiato a terra.
Gli doleva la testa come non mai e credette che stesse per scoppiare.

Da solo non sono in grado di fare niente, non ci si può aspettare nulla da me.

Provò ancora a focalizzare il pensiero su qualcosa per riuscire a emettere almeno un piccolo rivolo di mana. Se ci era riuscito quando ancora non sapeva di avere i poteri, non doveva essere così difficile ora che ne era consapevole.
Tuttavia, lo sforzo fu inutile e scosse il capo tristemente.

Ho bisogno...

“...di Nael.”





“Brutti bastardi! Lasciatemi andare!”
Nael stava picchiando contro la porta della cella – nella quale era ormai rinchiuso da tre giorni – da minuti interminabili, ma nessuno gli dava retta.

Dopo che ebbero portato via Ari, svenuto tra le braccia di due guardie, lui fu messo in isolamento per aver minacciato e picchiato degli ufficiali. Lo avevano bastonato, aveva sputato sangue a terra e dei grossi lividi si erano formati sulla sua faccia, ma lui non aveva desistito.
Aveva continuato a urlare di venir liberato, a chiedere informazioni su Ari e aveva calciato così tante volte sulle pareti che, ormai, gli doleva persino la pianta del piede.

“Merda.” sputò a terra e si accasciò mettendosi seduto a gambe incrociate.
Vedersi portar via Ari in quel modo gli aveva spezzato il cuore, non credeva sarebbe mai arrivato il giorno in cui si sarebbero separati ed era la prima volta in otto anni che non lo vedeva da più di ventiquattro ore.
Era decisamente troppo per lui.

Se solo stanno facendo del male ad Ari, io...

Strinse forte il pugno, facendosi diventare le nocche bianche, e lo picchiò subito dopo sul pavimento, lamentando con un mugugno.

Respira profondamente, Nael, respira. Va tutto bene.

“Va tutto alla grande.”
Non si convinse neanche un po', ma almeno si era dato un attimo per calmare la gola arrossata da quanto aveva strillato nelle ultime giornate.
Si trovava solo, rinchiuso in quelle che venivano usate come prigioni per chi commetteva qualche atto illecito, un motivo in più per continuare a gridare, dato che non avrebbe disturbato nessuno.
Durante il suo trasferimento si era abbandonato alle lacrime e alla tristezza, solo dopo qualche ora aveva deciso di reagire finendo con il venir malmenato, però poco gli importava.
Aveva anche avuto modo di riflettere su quello che era successo, senza venirne a capo.

Che cos'era quella luce? Possibile che fosse mana? Perché mai, Ari, avrebbe un potere del genere. Lui non è un mago, così come non lo erano i suoi genitori.

Strisciò fino a una parete e vi si appoggiò con la schiena e il capo, i capelli ricaddero dalla sua fronte.

No, deve essere qualcosa di diverso.

“Spero solo che non ci siano conseguenze...”
Cacciò dalla testa quel pensiero. Non poteva sopportare di non vedere più Ari, ma ancora meno poteva sopportare la sua morte. Sperò con tutto il cuore che non gli accadesse niente del genere.
Gli brontolò lo stomaco, dato che non mangiava da parecchio tempo, tuttavia a causa dei suoi tormenti fu colto da un senso di nausea, tanto che si mise subito a carponi e vomitò succhi gastrici.
Si ripulì la bocca con la manica della maglietta sgualcita e strappata in più punti, successivamente si rimise in piedi e si avvicinò di nuovo alla porta della cella. Proprio in quel momento percepì un rumore di passi.
“Fatemi uscire!”
“Vuoi chiudere quella boccaccia, Sacrificio?” il tono rude della guardia non poté nulla contro i bollenti spiriti di Natanael.
“Siete dei luridi pezzi di merda.”
“Ho ricevuto l'ordine di farti tornare nei dormitori, ma mi stai facendo venir voglia di disobbedire.”
Nael sobbalzò e strinse la mascella.
“Avresti bisogno di un'altra lezione.” continuò la sentinella.
Il ragazzo indietreggiò di qualche passo, senza distaccare gli occhi dalla porta, che si aprì. L'uomo gli si avvicinò e gli legò le mani per precauzione, spingendolo poi per uscire.
“Ma dato che non voglio avere grane, sono costretto a riportarti nella tua stanza.” concluse la guardia.
“Dov'è Ari?”
“Chi?”
“Il ragazzo che è stato portato via.”
“Non ne so niente e non me ne importa niente.” gli diede uno scossone. “Ora muoviti e cammina o ti abbono un altro paio d'ore qui dentro.”
Nael quasi inciampò ed emise un suono gutturale quando venne stretta ancora di più la corda, tanto che era sicuro di avere già i segni sui polsi.

Sicuramente non gli avrebbero detto niente riguardo ad Ari, benché lui volesse sapere.
Avrebbe tanto voluto scappare e correre nei piani alti, entrare in tutte le stanze fino a quando non avrebbe trovato Ari e trascinarlo di nuovo giù con lui con la forza, combattendo contro tutti quelli che si sarebbero opposti alle sue azioni.
Sfortunatamente non poteva esaudire quel suo capriccio.
L'avrebbero acciuffato senza vie di scampo e, probabilmente, rinchiuso di nuovo in isolamento e chissà per quanti giorni ancora.
D'altro canto, Ari poteva essere già tornato e lo stava aspettando nella sua camera pazientemente.

Sarebbe meraviglioso se così fosse...

Sorrise appena, sebbene non avesse niente per cui essere felice. Tutta la sua forza d'animo che aveva sempre esibito davanti al ragazzo dagli occhi cristallini era svanita nel nulla non appena se n'era andato dal suo fianco.
Tutte le idee strampalate che gli erano venute in mente erano inattuabili al momento e si sentiva davvero rinchiuso in trappola, anche adesso che era stato rilasciato.
“Non ti azzardare a lasciare il dormitorio senza permesso e vedi di metterti qualcosa di decente e pulito, altrimenti non ti faccio entrare in mensa.”
L'uomo lo spinse ancora una volta, facendolo sbattere contro la porta della propria camera e lo premette contro di essa mentre gli toglieva la corda dai polsi.
Nael imprecò mentalmente e prese a massaggiarsi lì dove aveva dei segni rossi e violacei ben evidenti. Non fu che un attimo che si ritrovò a terra, dopo esser stato colpito in pieno stomaco da una bastonata.
“Figlio di puttana.” digrignò tra i denti, boccheggiando subito dopo.
“Quando ti viene dato un ordine, si deve rispondere al proprio superiore.” commentò l'uomo e gli diede un'altra botta forte sulla schiena, facendolo atterrare completamente con la faccia al suolo. “Vedi di non farmi incazzare ancora, se non vuoi prenderle più forte.”

Nael rimase a terra, con alcuni Sacrifici che avevano assistito alla scena e che erano rimasti sbigottiti e ammutoliti. Non accadeva spesso che qualcuno venisse messo in isolamento e ancora meno che venisse picchiato davanti a tutti, per questo erano impauriti e l'unica cosa che potevano fare era osservare o andarsene a testa bassa.
Il ragazzo dai capelli neri si rialzò con fatica, le forze integralmente prosciugate, ed entrò nella sua camera sbattendo la porta e accasciandosi subito al di là di essa.
“Devo... andare... da Ari.” inspirò ed espirò con vigore, cercando ancora di riprendersi dalla mazzata, sicuro che gli avesse compresso i polmoni per un attimo – o forse era talmente stanco che anche un semplice colpo l'avrebbe abbattuto senza problemi.

Forse è nella sua stanza...

Rimase a terra per qualche minuto, fissando davanti a sé la luce fioca che entrava dalla finestrella posta in un angolo della cella.
Ormai il sole stava calando e fra poco non avrebbe avuto più il permesso di uscire. Inoltre, non era proprio nelle condizioni di poter sgattaiolare via come aveva sempre fatto negli anni passati.
Decise di andar in mensa, se ci fosse stato Ari l'avrebbe sicuramente visto, perché si sarebbe seduto al loro solito posto per mangiare.

Ne sono sicuro.

Si alzò poggiando una mano sulla parete fredda per aiutarsi, si cambiò velocemente i vestiti per non avere altre sorprese con quella guardia e uscì.





Dopo esser rimasto seduto al tavolo, con il piatto vuoto davanti, fino a quando l'ultima persona non aveva lasciato il refettorio, Nael capì che Ari non si trovava più lì insieme ai Sacrifici.

Deve essere ancora nelle mani dei maghi.

Sospirò pesantemente e se ne andò con fare triste.
L'aver messo qualcosa sotto i denti gli aveva dato qualche energia in più, nonostante avesse dolori in ogni parte del corpo, ma era indeciso sul da farsi. Se l'avessero beccato, gli avrebbero potuto dare una pena ben maggiore dell'isolamento, sarebbero potuti arrivare alla morte o magari usarlo come prossimo sacrificio per Tangaroa.
Sarebbe stato inaccettabile e Natanael non se lo sarebbe mai perdonato.

Non posso causare un dolore simile proprio a lui.

Concluse di aspettare almeno l'indomani dopo aver riposato e con mente più lucida avrebbe escogitato qualcosa per riprendersi Ari.
Senza neanche rendersi conto si stava dirigendo proprio verso la stanza del biondo e ci si intrufolò senza problemi. Era uguale a come l'aveva vista l'ultima volta – non che le celle fossero mai diverse con il passare dei giorni – tuttavia poté notare il ricambio di vestiti che Ari aveva posato sul letto e che non aveva, però, potuto indossare.
Nael li ordinò nell'armadio, per poi sistemarsi sotto le lenzuola.
Il pensiero era fisso su quel ragazzo e su cosa gli stessero facendo.
Nonostante ciò, crollò in un sonno profondo, abbracciando saldamente il cuscino e rannicchiandosi contro di esso.





Era notte fonda, il silenzio era assordante nel dormitorio e si poteva udire solamente il sibilo che fuoriusciva dalle labbra di Nael, addormentato come un sasso.
Nel sogno che stava facendo si trovava di nuovo nella cascina dove aveva vissuto con Ari e stavano passeggiando in mezzo ai campi. A un certo punto il vento gli portò alle narici il profumo di quel ragazzo. Sembrava così reale che era come se fosse davvero vicino a lui e lo stesse annusando.

Un profumo salmastro, con una punta dolce.

Così l'aveva definito una volta ed era buonissimo.
Si ritrovò a sorridere nel sonno e un attimo dopo si svegliò di soprassalto, sentendo un peso sopra di lui e un urlo a seguire.
“Che cazzo...!” Nael non fece in tempo a finire la frase, che spalancò la bocca.
La visione che gli si presentò davanti, nonostante fosse quasi buio pesto, era la più luminosa che avesse mai visto.
“Nael, mi hai fatto prendere un colpo.” un lieve sussurro che sfiorò appena le orecchie del moro, ma un suono che le aveva colmate con la sua tenerezza. “Cosa ci fai nella mia camera?”
“Ari...” si rese conto di avere le lacrime agli occhi, quindi le cacciò giù ingoiando a vuoto. “Sto ancora sognando?”

Dimmi che non è un sogno.

“No.” sorrise l'altro e Nael poté notare che anche la sua voce era tremante.
“Ari!” si gettò su di lui, abbracciandolo con tutta la forza che aveva nel corpo e quel gesto venne ricambiato.
“Mi sei mancato così tanto...” il biondo si lasciò andare a qualche lacrima, incapace di trattenerle oltre. Già avrebbe voluto non appena aveva visto il volto dell'altro davanti al suo.
“Anche tu.”

Il fiato di Nael sbatteva contro i capelli di Ari, stringendolo ancora di più contro di sé, e sentiva scorrere sulla sua schiena delle piccole lacrime calde.
Si sciolse dall'abbraccio e gli prese il volto tra le mani per baciarlo. Scontrarono le labbra dolcemente e un delicato sapore salato si insinuò in esse, tuttavia erano così buone che non si sarebbero staccati tanto facilmente.
Solo dopo infiniti minuti Nael prese a parlare.
“Che cos'è successo? Cosa ti hanno fatto?” la fronte era poggiata a quella dell'altro, la voce ridotta a un soffio.
Ari gli accarezzò la guancia come per tranquillizzarlo, ma proprio in quel momento fu lui quello che si preoccupò. Repentinamente fece un balzo indietro e poté osservare nell'ombra che il viso di Nael fosse tumefatto e pieno di lividi.
“Cosa hanno fatto a te!” il suo cuore prese a palpitare. “Mi avevano detto che stavi bene, che continuavi a vivere normalmente.” cercò di trovare le parole adatte, ma non riusciva a collegare i pensieri. “Avevo ragione: mi hanno mentito. Non poteva essere vero che te ne stavi qua buono aspettando il mio ritorno.”
“Quanto parli.” lo bloccò Nael, afferrandogli la mano che aveva sulla guancia e schiacciandola di più contro di essa.
In poco tempo gli spiegò come aveva passato gli ultimi giorni e di come non avesse fatto altro che pensare a lui e a un modo per andarlo a riprendere, per quanto fosse impossibile.
Ari si mise a ridere al pensiero, era sicuro che avrebbe reagito così e, difatti, non si era sbagliato.
“Ma dimmi di te.” affermò il maggiore, portandosi la mano dell'altro al ventre. “Sei stato rinchiuso come me?”

Ari negò con la testa e questa volta fu il suo turno di raccontare la vicenda.
“...e dato che non riuscivo a usare il mio potere, il mago Hamar mi ha convocato nel suo ufficio e mi ha detto che è inconcepibile che un mago non riesca a usare la propria magia, per questo non possono considerarmi tale e sono inutile nella loro società.” fece un piccolo sospiro misto tra la rassegnazione e la tristezza. “Però, se ho manifestato i poteri, significa che il Mana affidatoci dalle divinità scorre in me, così è stato affermato anche dalla prova degli Elementi, quindi mi hanno consegnato questo ciondolo.”
Ari tirò fuori da sotto il maglione una piccola catenella d'argento su cui vi era incastonata una pietra trasparente nella quale fluiva qualcosa di viscoso e che emanava una piccola luce rosata.
Nael la sfiorò appena, percependo del calore provenire da essa.
“Serve ad avvertire nell'immediato i maghi nel caso in cui utilizzerò di nuovo il mana inconsciamente. In quel caso non mi hanno confermato cosa mi accadrà, ma da quello che ho sentito sarò costretto a iniziare gli studi e l'addestramento per controllarlo.”
“Beh, spero che allora non lo userai mai più...” Nael si grattò la testa e spostò gli occhi sul pavimento.

Quindi è un mago... Lo è per davvero? Ah, non ci capisco niente di tutta questa roba.

“Credo di sperarlo anche io.”
“Credi?” Natanael alzò gli occhi sul ragazzo.
“Beh, potremo vivere tranquilli se diventassi parte dei Facoltosi.”
Il moro sorrise e gli prese la testa con la mano libera per farla poggiare contro la propria spalla. I capelli cenere andarono a pizzicargli il petto.
“L'importante è che stiamo insieme. Non importa se come Sacrifici o come Facoltosi.”
Nael ci credeva davvero a quelle parole e non voleva che Ari se ne andasse ancora. Non avrebbe mai sopportato altri giorni come quelli che aveva appena passato, sarebbe crollato nella disperazione e non avrebbe più avuto una ragione per vivere.

Basta che rimani il mio Ari.

“Basta che rimani il mio Ari.” diede sfogo ai suoi pensieri anche con la bocca e si ritrovò quasi ad arrossire, sicuramente l'altro l'aveva fatto.
“Se io diventassi un mago non lo sarei più? È questo che intendi? Ti darebbe fastidio?”
“No.” Nael scosse la testa, preso in contropiede. “Vorrei solo che non diventassi come le persone che odi.”
“Non lo farò, di questo puoi starne certo.”
“Me lo prometti?”
“Te lo prometto.”

Si sistemarono entrambi sotto le lenzuola, stretti nell'abbraccio reciproco.
Nael cominciò a riflettere su tutto quello che gli era appena stato raccontato. Di sicuro doveva aver sofferto tanto quanto lui, anche fisicamente, inoltre gli era piombata addosso una notizia che doveva averlo turbato parecchio.

Diventare come coloro di cui si ha paura, con cui non si vuole avere niente a che fare. Non deve essere piacevole per niente.

Prese ad accarezzare i capelli dell'altro, per poi soffermarsi sull'orecchio e giocare con il piercing.
“Alla fine non eri pazzo. Tangaroa ce l'aveva proprio con te.”
“Quindi mi consideravi un pazzo?” chiese ironicamente Ari.
“Un po'.”
Entrambi si misero a ridere e si cullarono ancora di più.
“Mi dispiace di non esserti stato d'aiuto.” biascicò Nael, ottenendo uno sguardo perplesso sul suo volto.
“Lo sei stato invece.”
“Ero rinchiuso in una cella e...”
“E non avresti potuto fare niente comunque.” Ari avvicinò le labbra al suo naso e gli diede un piccolo bacio sulla punta. “Sei sempre stato con me e tanto basta.”
“Accidenti. Questi giorni di reclusione devono avermi rammollito e a te invece rinvigorito. Da quando in qua sei tu che consoli me?” Natanael scoppiò a ridere e l'altro si sentì offeso, tanto che le pupille si dilatarono e le guance si arrossarono.
“Non mi sei mancato per niente.” affermò con tono acido.
“Poco fa hai sostenuto tutto il contrario.” lo guardò ironico per poi schiacciarlo con il proprio corpo contro il materasso.
Ari pensò che non avesse niente a che fare con la morbidezza del letto su cui aveva dormito nei giorni precedenti, eppure preferiva di gran lunga il calore di quello su cui era sdraiato adesso.
“Devi aver avuto un'allucinazione.”
“Non credo.”
Nael lo baciò a stampo, per poi schioccargli tanti altri baci su tutto il volto. All'improvviso lo colse un dubbio.
“Ari? Come mai sei tornato di notte? Non dormono i maghi?”
La faccia del minore si incendiò di colpo, provò a nasconderlo ma fu impossibile.
“H-Hamar mi ha detto che sarei tornato domani, anche se io avevo insistito per farlo subito dopo cena...” ingoiò a vuoto, vergognoso di quello che stava per dichiarare. “Allora sono andato a dormire, ma non riuscivo a prendere sonno, quindi... Quindi ho lasciato un biglietto e sono scappato via.”
Nael sbatté più volte gli occhi, incredulo.

L'hai fatto per me?

Qualcosa dentro di lui gli diceva che fosse proprio così. Essere il motivo per cui Ari era arrivato a disobbedire agli ordini era fonte di grande orgoglio per lui, a stento ci credeva; anzi, gli era impossibile farlo.
“Però era davvero tardi e non sapevo se fosse il caso di venire a disturbarti nella tua cella, quindi sono tornato nella mia e... ti ho trovato comunque.”
“Stai scherzando?”
Ari scosse velocemente la testa, strizzando gli occhi.
Un risata cristallina uscì fuori dalle labbra di Nael e si accasciò sul suo corpo, felice come non mai.
“Fa così tanto ridere?” Ari sentiva il cuore esplodere fuori dal petto per quello che aveva fatto e l'altro sembrava esserne divertito. Non sapeva se lo stesse prendendo in giro o no.
“Sei fantastico.” esclamò poi Natanael, fissandolo negli occhi con un'espressione piena d'affetto.

Il biondo non rispose, ritrovandosi a giocare con le proprie dita intrecciate dietro al collo dell'altro.
Nael lo baciò con impeto, fiondandosi letteralmente su quelle labbra che tanto gli erano mancate, così come l'ossigeno poco prima di affogare. Le vezzeggiò a lungo, mordicchiandole e abbracciandole con le proprie fino a quando non le sentì prosciugate del loro sapore.
Obbligò Ari ad aprire la bocca per poter giocare anche con la sua lingua.
Persino baciarsi era come affogare: i polmoni – che fino a poco prima erano pieni d'aria – man mano si stavano sgonfiando in balia della pressione esercitata dal trasporto che mettevano nei loro gesti; il sangue era affluito tutto al cervello e il cuore pompava talmente veloce che sarebbe esploso a breve; i muscoli avevano perso la loro sensibilità per consegnarla tutta alla bocca per assorbire a pieno le sensazioni che si trasmettevano a vicenda.
Credettero di star per morire.

Si staccarono affannati, ma subito Nael prese a baciarlo lungo il collo e scivolò giù lungo la clavicola. Solo in quel momento si accorse che indossava ancora gli stessi abiti di quando era stato portato via, ma non era certo l'occasione giusta per pensare a cose del genere.
Portò una mano sotto il maglione e lo alzò fino a metà busto per andare a tastare lo stomaco prima con le dita e poi con le labbra. Ari lo lasciò fare, portandosi un pugno stretto davanti alla bocca per non far uscire gli ansimi che gli procurava quel semplice gesto.
Natanael non era sicuro di cosa gli fosse preso, eppure stava impazzendo nel sentire le reazioni timide dell'altro per un niente come qualche effusione sulla sua pancia e poi più giù, dove era posato l'orlo dei pantaloni che lasciava intravedere la linea dell'inguine.
Ricacciò indietro tutti i pensieri lascivi che stavano scorrendo nella sua mente come inferociti. Lui era dolorante quasi ovunque e Ari era sicuramente ancora scosso dagli avvenimenti.

Merda...

Si pentì di quello che aveva appena fatto. Non avrebbe dovuto risvegliare i suoi sensi, e forse anche quelli dell'altro, per poi lasciar stare.

Avrei dovuto pensarci prima.

Riprese il percorso inverso, risalendo di nuovo al collo di Ari, e gli abbassò il maglione ricoprendogli la pelle che aveva scoperto poco prima. Gli morse l'orecchio per poi riappropriarsi delle sue labbra e stendersi infine al suo fianco.
“Nael?” lo chiamò preoccupato.
Il moro gli sorrise e lo trasse di più contro il suo corpo.
Poteva aspettare ancora per poter amare Ari anche in quel modo, aveva aspettato per lunghi anni e una notte in più non cambiava niente per lui. Inoltre, la cosa più importante era averlo di nuovo al proprio fianco.

Perdermi nei tuoi occhi cristallini, nella tua voce melodiosa, nel tuo profumo così buono. Non mi lasciare mai più, te ne prego.

“Non sai quanto bene ti voglio.” gli sussurrò in un orecchio prima di dargli un ulteriore bacio.
Ari rimase pietrificato, nonostante ne fosse consapevole non gliel'aveva mai confessato.
“Anche io...” ammise infine, poggiando la testa sul suo petto e percependo il battito veloce del suo cuore.
“È ora di dormire, bambino.”
“Buonanotte.”

Non immagini neanche quanto.




NOTE DELL'AUTRICE:
Buona Domenica! Come state? Eccoci arrivati al sesto capitolo, ve l'avevo detto che Nael non sarebbe mancato a lungo u.u ed è tornato dolorante, pieno di lividi, piangente, arrabbiato nero... Ottimo ritorno! Ahah
Allora... Ari è un mago, ma non sa usare i suoi poteri, è scappato beatamente per tornare da Nael e adesso? Quali pieghe vedranno questa storia? Dove voglio andare a parare? Eeeeeh chissà chissà u.u ditemi le vostre teorie che mi farebbe un enorme piacere leggerle.
In questo capitolo pieno di amore sofferto spero di aver suscitato il batticuore a qualcuno di voi e ci si vede la prossima settimana con il prossimo capitolo!
Grazie a tutti quelli che leggono, che commentano, aggiungono nelle preferite ecc...
Aiutatemi ad espandere il verbo della Nari (sì, hanno un nome ship... Nael + Ari = Nari è così da gennaio e sempre così sarà ahah) a tutti i vostri amici e alla prossima!

Flor =3=


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Come un castello di sabbia ***


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CAPITOLO 7
COME UN CASTELLO DI SABBIA

 

Maggio, anno 439 del XII periodo

 

Ari si risvegliò tra le braccia di Nael.
Grazie alla flebile luce mattutina che penetrava dalla finestra riuscì a distinguere per bene il suo volto e quanti lividi avesse sul resto del corpo. Lo accarezzò dolcemente con la punta delle dita su quelle zone violacee, sperando di non causargli dolore, e si sentì colpevole di quello che gli era successo.
Lo tastò appena sul petto, lì dove il respiro profondo lo faceva alzare e abbassare regolarmente, e percepì anche il battito del suo cuore fluire attraverso le dita come una piccola scossa.
Improvvisamente arrossì.

Ieri lui stava per...

Gli era letteralmente saltato addosso e sembrava che nessuno l'avesse mai potuto fermare, invece si era bloccato dopo neanche aver iniziato. Non che Ari ci fosse rimasto male, tuttavia non se lo sarebbe aspettato. Non così almeno.
Il suo rapporto con Nael era talmente profondo, che un qualcosa di così puramente fisico lo spaventava.

Ammetto di averci pensato più volte, ma non so se sarei in grado di arrivare fino in fondo... Che cosa sto pensando?!

Si sbatté la mano sulla fronte, coprendosi gli occhi con l'anulare e il mignolo.
Se aveva mai desiderato quel corpo scolpito dalle divinità? Certo che sì.
Se aveva mai fatto pensieri impudici su di esso? Ancora una volta sì.
Eppure era troppo timoroso e impacciato per poterli trasformare in realtà. Se non ci era riuscito con un semplice bacio mancato per anni, figurarsi con qualcosa di così complicato e libidinoso.
In qualche meandro del suo spirito immaginava che Nael si stesse trattenendo proprio per questo, ma che in realtà avrebbe voluto spingersi oltre chissà da quanto. E Ari non voleva che per colpa sua questo potesse allontanarlo.
Non si erano forse ripromessi di fare tutto quello che avrebbero voluto prima di morire?

Facile a dirlo, quando sono proprio io il primo che non riesce.

Fece un piccolo sospiro e si aggrappò di più all'altro, richiudendo gli occhi.
Qualche attimo dopo avvertì la mano di Natanael sul suo braccio che lo massaggiava avanti e indietro.
Alzò il capo per potersi scontrare con un paio di occhi assonnati e stupendi.
“Buongiorno.” Nael lo salutò e gli prese il mento per potergli lasciare un bacio a stampo.
“Come stai?”
“Indolenzito.” rise con un accenno.
“Dobbiamo andare in infermeria.”
“Ci andrò dopo il lavoro.”
“Ci andremo insieme.”
Nael si mise seduto, obbligando l'altro a spostarsi e sprofondare con la testa nel cuscino.
“Va bene, va bene. Ma non è niente, è solo qualche livido.” sbadigliò. “Ho passato situazioni ben peggiori.”
Ari rimase a fissarlo in tutta la sua bellezza e di nuovo tornò con i pensieri alla notte precedente.
Scosse violentemente la testa e si mise carponi facendo leva con le mani sul materasso; subito dopo si sporse verso il volto del moro per poterlo baciare e non gli diede nemmeno il tempo per ricambiare il gesto che l'aveva già intrappolato con un braccio dietro al collo e lo spingeva più in profondità nella sua bocca.

Se questo ti farà capire che non eri obbligato a fermarti ieri...

Il ragazzo dagli occhi cristallini non ragionava più come era solito fare. Forse sperava che, con quel semplice atto, Nael potesse comprendere che volevano le stesse cose dall'altro.
Si sentì parecchio stupido, d'altro canto non aveva avuto idee migliori.
Non era certo se dovesse preoccuparsi di più perché stava dando tanto peso a qualcosa di futile come quello o perché era talmente incapace da riuscire solamente a baciare Nael come se potesse risolvere il problema.
Non gli importò più di tanto quando le braccia possenti dell'altro lo cinsero sulla schiena e lo schiacciarono contro il suo corpo. Il petto nudo era appena sudato e Ari lo avvertì comunque attraverso il maglione – che, tra parentesi, doveva assolutamente cambiare per indossare qualcosa di pulito.
Un piccolo mugugno uscì fuori dalle labbra di Nael, mentre Ari violava ancora di più la sua bocca senza mai staccarsi da essa.
Senza sapere come, si erano ritrovati di nuovo entrambi stesi sul letto. Il corpo del minore era compresso contro il materasso da quello dell'altro, che con le mani sulla sua schiena lo avvicinava ancora di più a sé.
Solo dopo parecchi minuti Nael si fermò e gli soffiò a un niente dalle labbra.

“Che ti è preso?” rise ironicamente.
“I-io... niente... Perché?” il cuore di Ari prese a tamburellare.
“Beh, se il Mana ti ha fatto questo effetto... buon per me.” scherzò ancora, prima di succhiargli il labbro inferiore lentamente.
Ari gli si aggrappò con le gambe, incredulo di tutta quella spavalderia. Era rimasto a occhi aperti, osservando il suo volto rilassato, vedendo un lieve rossore sulle sue guance più abbronzate delle proprie.

È bellissimo.

Così come lo era il resto di quel ragazzo da cui ormai dipendeva assolutamente. Questa volta non solo perché fosse convinto che da solo non sarebbe servito a nulla, ma perché sarebbe morto senza Nael al suo fianco. Con lui, in qualsiasi posto si sarebbe trovato, sarebbe stato sempre come vivere all'interno di un enorme castello sontuoso, pieno di ogni bene e dove poteva realizzare ogni più piccolo desiderio.

Questo sentimento così grande nei suoi confronti non può che essere...

Nael gli diede un buffetto sulla guancia, prima di alzarsi da lui e far ondeggiare il braccio con forza, perché gli si era addormentato nello stare nella stessa posizione a lungo.
“Dove vai?”
“Per quanto sarebbe meraviglioso passare tutta la giornata con te, adesso dobbiamo andare a far colazione e poi io a lavorare.”
Una sirena stava risuonando fortemente per i corridoi del dormitorio, segnale che annunciava che ormai era ora di svegliarsi e cominciare una nuova giornata, ma Ari non ci aveva neanche fatto caso.
Nel suo castello non esistevano rumori.
Esisteva solo la voce di Nael.





“Quanto me li hai tagliati!” esclamò Ari, tastando la parte posteriore della nuca, dove adesso i capelli erano lunghi appena fino a metà collo.
“Aaah, stai zitto, ti stanno benissimo.”
“Certo, finché fai le tue prove su di me, va tutto bene per te.”
“Ti lamenti come una donna.” sbuffò Nael, arruffando la capigliatura biondo cenere che aveva appena sistemato.
Ari fece un piccolo grugnito e alzò il viso su quello dell'altro. Era seduto sul catino rivoltato sottosopra per usarlo come sedia e il moro si trovava in piedi dietro di lui, quindi dovette sollevare il capo all'indietro lasciando ricadere il ciuffo sulle spalle.
Natanael gli prese il volto tra le mani, troppo divertito da quanto fosse facile prenderlo in giro, e gli lasciò un piccolo bacio a stampo sulle labbra.
“Ora è il tuo turno.” gli disse Ari.
“È una minaccia?” Natanael gli sorrise ironico e prese posto sulla bacinella offrendogli le forbici.

Le avevano prese in prestito dal magazzino, ormai stava scadendo l'orario e avrebbero dovuto riconsegnarle se non volevano una bella ramanzina o, peggio ancora, un ammonimento seguito da una punizione. E per gli ultimi giorni ne avevano avuti abbastanza di problemi.
Nella settimana passata Ari non aveva dato segno di possedere il Mana e neanche le sue dita l'avevano avvertito, quindi pensò che fosse stato un immenso errore.

In realtà era combattuto.
Più passavano i giorni e più si era reso conto che la sensazione che aveva provato mentre reggeva tra le mani l'Elemento dell'Acqua era qualcosa di impagabile. Qualcosa che non avrebbe mai più sperimentato sulla propria pelle e ne era dispiaciuto.
Da una parte voleva quel potere, quasi tanto da volerne essere soggiogato.
Dall'altra, però, l'idea di diventare un mago non lo allettava per niente. Non voleva separarsi da Nael e non voleva neanche andare in una scuola per apprendere le arti della magia e avere tutte quelle responsabilità.

Per ora mi ritrovo in un eterno limbo dal quale non potrò mai uscire.

Prese tra le mani la pietra che era costretto a portare al collo e avvertì un pizzicore sul palmo, come se questa lo stesse ammonendo per non aver saputo adempiere al proprio compito.
Strinse le forbici e cominciò a tagliare i capelli corvini di Nael.

Se gli dicessi che ho intenzione di imparare a usare il Mana lo deluderò?

Non era convinto che volesse farlo davvero. Cosa avrebbe comportato tutta quella situazione?
A ogni modo, in quel momento non dipendeva unicamente da lui.

“Inconcepibile che un mago non riesca neanche a sprigionare il proprio mana!”

Così aveva urlato Niremaan, mentre Wayra tentava di elemosinare un'ulteriore possibilità per quel ragazzo che stava ascoltando tutto da dietro la porta. Non che avesse potuto evitarlo, dato che stavano urlando da minuti per decidere cosa fare con lui.

Già, non ci sono mai riuscito, neanche una volta, non potrò mai essere un mago.

Perché se ne dispiaceva? Lui non voleva diventare come loro, eppure gli era venuto più volte l'istinto in quella settimana di salire le scale e raggiungere l'ufficio di Hamar.

“Totalmente inutile. Se in tre giorni non è riuscito, allora non abbiamo altre aspettative per lui.”

La voce rauca del mago della luce si insinuò nelle orecchie di Ari e gli punsero gli occhi. Sbatté le palpebre più volte e fermò per qualche istante la mano per non tagliare via il lobo di Natanael che fischiettava un motivetto allegro mentre si picchiettava il mignolo sul ginocchio.

Inutile, inutile... sempre inutile. Anche quando qualcosa dovrebbe appartenermi.

Si sfregò gli occhi con la manica della maglietta bianca e riprese a fare da parrucchiere.
Non avrebbe dovuto darci tanto peso. In fondo, tutto quello che aveva sempre voluto era di rimanere con Nael per il resto della sua fragile vita e così lo era ancora. Avrebbe rinunciato a ogni privilegio per lui, all'essere un mago e al senso di pienezza che aveva provato quando era stato investito dalla fonte di potere dell'Acqua.
Sarebbe stato stupendo avere entrambe le cose.

Ma per uno che non ha neanche mai posseduto la metà di quello che avrebbe potuto, è impensabile che all'improvviso possa ottenere tutto.

Decise di concludere lì tutto quel rimuginare sopra a qualcosa che non portava a niente. Per quanto potesse andare avanti per ore e ore, se non giorni, non doveva fasciarsi la testa a quel modo. Si stava solamente facendo del male da solo.
Avrebbe riempito la propria vita con i nuovi sentimenti che stava provando per quel ragazzo seduto davanti a lui e che gli aveva appena fatto tornare il sorriso senza neanche accorgersene.
Subito si sentì nuovamente bene e gli accarezzò il volto con la mano sinistra.
“Hai già finito?” domandò Nael, voltando appena il capo, mostrando l'occhio nero.
“Mh.” rispose annuendo. “Ma di questa barba che ne facciamo?” ironizzò, dato che al moro stava crescendo un poco di peluria sul mento e il tutto, a dire la verità, lo rendeva molto più affascinante e maturo.
Nael si toccò il viso e fece un piccolo ghigno.
“Non sono forse sempre bellissimo?”
“Idiota.” gli diede un bacio sulla testa.
“Forse dovresti assicurarti che non ti dia fastidio.” nella sua testa era suonata bene quella frase, ma detta ad alta voce si rese conto di quanto fosse sciocca e insensata, nonostante l'avesse detta apposta per prendere in giro l'altro e ricevere un bacio.
Ari si mise a ridere e Nael si girò totalmente verso di lui e lo costrinse ad abbassarsi. Si baciarono delicatamente fino a quando il minore non giunse a una conclusione.
“Mmh... forse posso accettarti anche così fino a quando non diventerai un orso.” lo baciò ancora come per assicurarsi che fosse la sua ultima decisione e si mise a ridere sulle sue labbra.

Che stupido che sono. Non ho bisogno di altri che Nael per potere stare bene.

La mano di Natanael andò a massaggiargli il braccio fino a giungere alle forbici, che prese e buttò a terra senza farci particolare attenzione.
Il tonfo fece sussultare Ari che mugugnò qualcosa tra i denti dell'altro, ottenendo come risultato la lingua intrufolata nella propria bocca che aveva già cominciato a giocare con la sua.
Nael si alzò senza staccarsi da lui e lo fece indietreggiare fino al letto. A un certo punto, Ari scontrò il retro delle gambe con il ferro della struttura e non riuscì a mantenere l'equilibrio, finendo con lo stramazzare sul materasso.
Natanael scoppiò a ridere, lasciandolo andare proprio mentre stava cadendo, e si sedette al suo fianco. Allungò una mano verso il suo volto e tracciò il contorno delle labbra.
Il ragazzo socchiuse gli occhi azzurri per poter assorbire tutto il calore e le piccole scosse frenetiche che stava ricevendo. Allo stesso tempo, Nael stava di nuovo risvegliando una parte del suo istinto che aveva represso a lungo.
Dopo qualche secondo, questo si picchiettò sulle ginocchia e Ari si sollevò sostenendosi con i gomiti per osservarlo, per poi capire che voleva si sedesse su di lui.
Obbedì a quell'ordine implicito, sedendosi sulle cosce e circondandogli il collo con le braccia.
L'intensità degli occhi di quel ragazzo lo colpì nel profondo. Avrebbe voluto chiedergli cosa stesse pensando, ma era convinto che se l'avesse saputo sarebbe diventato rosso fino alla punta delle orecchie.
Certo, degli occhi che ti fissavano a quel modo non lasciavano molto spazio all'immaginazione, e il suo cuore prese a palpitare.
Si mise a guardare per terra, dove i piedi erano penzoloni e picchiavano contro la coscia dell'altro, avvolta da un paio di jeans sbiaditi.

“Ari?”
Lo chiamò con un sussurro roco e questo lo pietrificò ancora di più sul suo piede nudo e tremolante.
Il fascino di Nael era parecchio amplificato in quel preciso istante. Si stava comportando come il degno principe del loro castello, quello che tutte le donne avrebbero bramato, quello che lui ardeva di possedere.

Quindi io sarei...

Scrollò la testa senza finire il pensiero imbarazzante, i capelli gli finirono dritti sul volto e ci pensò subito il maggiore a riportarli indietro, per poi posare una mano sulla guancia, costringendolo a voltarsi.
“È maleducazione non rispondere quando si è chiamati, sai?” gli fece un sorriso beffardo e si avventò sul suo collo per mordicchiarlo. Gli spostò ancora la capigliatura per potersi godere di più di quella pelle nivea e delicata.
I denti gli fecero appena il solletico, poi si avvinghiarono nella sua pelle. Ari fece un piccolo lamento e strizzò gli occhi imbarazzato.
Nael lo morse come se stesse assaggiando un cibo prelibato, il più buono che avesse mai potuto mangiare e l'unico che voleva divorare.
Qualche istante dopo, Ari si ritrovò un segno evidente rosso, un segno che fortunatamente avrebbe potuto coprire con i capelli.
Si accorse che Nael teneva gli occhi socchiusi, come se fosse entrato in uno stato di trance. Questo prese a torturare di nuovo il suo collo qualche centimetro più in basso, questa volta succhiandolo e leccandolo.

Ari cominciò a sentire la salivazione diminuire in modo esponenziale e gli mancava persino l'ossigeno nei polmoni. Mai nessuno gli aveva riservato un trattamento del genere e mai avrebbe pensato di poterlo ricevere, eppure si sentiva così soggiogato da quelle labbra, così incantato e maneggevole sotto alle mosse di Nael che aveva cominciato ad accarezzargli la schiena da sotto la maglia.
Un tocco delicato e altalenante, che passava da appena sotto la spalla a quasi l'osso sacro per poi tornare su e premere su ogni dove.
L'istinto di Nael gli diceva di continuare e lasciava che fosse quello a parlare per lui, guidato da un sentimento intrinseco che lo faceva desiderare sempre di più, ardere ancora e ancora.
E Ari non poté che lasciarlo fare, trasportato dallo stesso sentimento.

Nael, se provare queste sensazioni e questo imbarazzo per qualcosa di così piccolo, proprio perché sei tu a farlo...

La bocca del moro lasciò l'ennesimo segno rosso sulla sua pelle e gli tirò il colletto della maglia per scoprire più carne e posare i denti sulla spalla.
Ari non resistette più e si mise a cavalcioni sulle gambe dell'altro, aggrappandosi a lui il più possibile e lo coinvolse in un bacio mozzafiato. Si baciarono a lungo e diventò sempre più passionale e libidinoso.
Natanael alzò di scatto la maglia del biondo e gliela tolse. Le dita ora vagavano su quel petto che si abbassava ed alzava freneticamente proprio a causa sua.

...se desiderare di voler rimanere con te per sempre anche a costo della mia vita...

Ormai non erano più in grado di distinguere di chi fossero gli ansimi, troppo coinvolti nelle bocche reciproche.
In men che non si dica, anche Nael si era spogliato della parte superiore dei vestiti e, quando i due petti furono a contatto tra loro, avvertirono uno strepitare come quando si sfregano due pietre tra loro per poter accendere un fuoco. Così era successo anche a loro, avevano innescato la fiamma.

...se questa frenesia, che non è altro che un insieme di felicità, disorientamento, entusiasmo e anche un po' di paura...

Sebbene poco prima erano le pietre che avevano scatenato l'incendio, ora erano diventati le foglie che cominciavano a bruciare, e il calore divampava sempre di più.
Quando si staccarono per riprendere fiato, avevano entrambi le guance arrossate, così come le labbra ormai paffute e stanche.
Nael lo abbracciò all'improvviso, premendo il naso sul suo cuore e le dita sulla sua colonna vertebrale, e si mise a ridere lievemente.
“Va tutto bene, Nael?” si preoccupò subito, accarezzandogli le spalle e giocando con qualche ciuffo di capelli.
“Sono solo l'uomo più felice al mondo in questo momento.”

E Ari era felice? Poteva permettersi di dire una frase del genere?
Qualche giorno prima avrebbe potuto, ma ora...
No, qualcosa l'opprimeva. Sapeva di essere se stesso colui che ostruiva il coraggio di affermarlo, ritenendo di non potersi concedere la felicità. Quando finalmente sembrava andare tutto per il meglio, quando sembrava che solo il timore del sacrificio potesse incombere nella sua vita, ecco che si erano intromessi Tangaroa e i maghi nel suo cammino.
Ora, però, ne erano di nuovo usciti ed era tornato tutto al punto di partenza.
Anche lui adesso era felice. Doveva solo convincersi.

...se tutto questo significa amare qualcuno...

Le mani di Nael avevano preso a vagare sulle sue cosce e gli davano dei piccoli pizzicotti seguiti da dolci carezze e i fremiti non indugiavano a esibirsi. Tuttavia ad Ari non importava più, quella era la sua vita.
L'unica che voleva.
Ari gli accarezzò il petto muscoloso e premette così forte per imprimersi a lungo tutta la possanza di quel corpo che avrebbe potuto scolpire molto tempo prima nella sua memoria. Era bellissimo sentire il tocco di quella pelle, nonostante ci fossero ancora dei lividi a causa delle bastonate che aveva ricevuto una settimana prima, nonostante non fosse così liscia, ma che era semplicemente perfetta per lui.

...allora io sono follemente innamorato di te, Nael.

Arrossì da solo al pensiero e risalì con le dita verso le sue spalle e poi più giù oltre le braccia per poi tornare al cuore.

Sono felice perché ti amo.

In quel momento, il loro castello immerso finalmente nella quiete fu invaso da qualcosa che non aveva il diritto di stare lì, qualcosa che era venuto per portare via Ari e abbattere le mura. Un qualcosa a cui un prode cavaliere come Nael forse non sarebbe stato in grado di opporsi.
Avvertì il formicolio, quello stesso formicolio che ormai conosceva bene.

Che sta succedendo? No, no! No! Perché proprio ora?

Subito si disperò e cercò di non darlo a vedere per quanto fosse difficile per lui. Per fortuna gli occhi chiusi di Nael furono di grande aiuto.
Si guardò le dita che ancora erano poggiate sull'altro e ne captò chiaramente il brulicare. Avevano anche iniziato a fare male. Un dolore acuto che gli trasmetteva la voglia di immergerle in una vasca riempita di ghiaccio per poterlo placare.

Perché? Perché? Non è possibile, non voglio crederci. Ora andrà via, ne sono sicuro.

Nael lo baciò delicatamente su una guancia e gli schioccò qualche altro bacio in volto per poi scendere sul petto e riservare lo stesso trattamento, ignaro di qualsiasi cosa gli stesse accadendo.
Tuttavia, Ari aveva cominciato anche a perdere il fiato, la testa gli doleva e rimbombava come un'onda che s'infrangeva sugli scogli in una giornata di tempesta.

Passerà. Ora passerà.

Invece non scompariva per niente, anzi, si amplificava sempre di più e sempre con più insistenza.
Non voleva fare del male a Nael, ma, se fosse rimasto al suo fianco ancora a lungo, non sapeva cosa ne sarebbe potuto conseguire. Avrebbe anche potuto ucciderlo con le sue stesse mani.
“Aspetta...” sussurrò appena mentre l'altro l'aveva sollevato per potersi avventare con foga sul suo stomaco e più giù, incidendo i suoi glutei con forza e con le unghie.
“Tranquillo, Ari...” Nael rispose con tono lascivo e quasi provocatorio.
“No, no... Aspetta...” non gli era uscito che un verso strozzato tanto che fosse sicuro non l'avesse neanche sentito. “Aspetta!” scoppiò a piangere e urlò con quanto fiato aveva in gola, sebbene non ce ne fosse molto, ma fu abbastanza per fermarlo e allarmarlo all'istante.
“Ehi, Ari! Che ti prende? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“No... no.”
I suoi occhi si erano fatti trasparenti e fissavano le mani che sentiva si sarebbero presto illuminate e avrebbero rilasciato nuovamente il mana.
Si allontanò prontamente da Nael e indietreggiò fino a schiacciare le forbici che ancora giacevano a terra e che lo fecero inciampare e cadere all'indietro. Mugugnò di dolore quando picchiò contro il pavimento duro e freddo e, non appena posò le mani sull'acciaio per potersi rialzare, si accorse che ne aveva perso la sensibilità.





“Ari!” Nael si lanciò immediatamente su di lui.

Che sta succedendo? Perché è così spaventato?

“Ti prego, parlami.”
Ora che pensava che sarebbe andato tutto bene, ora che finalmente era in grado di amare quel ragazzo senza nessuna costrizione, si era ritrovato repentinamente inerme di fronte a una scena che non si sarebbe mai aspettato.
“Esci, Nael.”
Ari si trovava ancora a terra, incapace di potersi tirare su a causa della perduta sensibilità.
“Neanche per sogno!” si inginocchiò al suo fianco e fece per scuoterlo. “Mi prendi forse in giro? Mi stai rifiutando o c'è qualcosa di diverso?”
Gli afferrò saldamente il braccio e stranamente non udì nessun lamento di dolore.
“Che cosa ti turba?” insistette.
“Fra poco saranno qui i maghi. Non voglio che ti facciano del male.”
“Ma di che stai parlando? Non dovevano venire solo nel caso in cui avresti usato i tuoi poteri?”
Se fino a un attimo prima si era ritrovato in un sogno dove lui ne faceva da padrone, dove esistevano unicamente loro due avvolti da una brezza leggera che sibilava dolcemente, adesso stavano lottando contro un tornado con il vento che graffiava sulle loro guance tanto da far sanguinare.
“Nael, le mie mani...” provò a spiegare Ari, dato il suo sguardo sconcertato, ma ancora non riusciva a capire.
“Cos'hanno le tue mani?”

Improvvisamente tutto gli fu chiaro, non appena la pietra al collo del biondo aveva cominciato a risplendere debolmente di una luce azzurra, la stessa che ricordava di aver visto il giorno in cui era stato separato da Ari.
“Avevi detto che non sapevi fare queste cose.” il tono adirato con cui pronunciò la frase era causato dalla preoccupazione di dover salutare di nuovo quel ragazzo. Non voleva dividersi da lui.
Ottenne come risultato solamente un pianto da parte dell'altro e subito lo abbracciò per tranquillizzarlo e gli sibilò nelle orecchie mentre aveva preso ad accarezzargli i capelli.
“Mi dispiace, Nael. È tutta colpa mia.”
“Non dirlo, perché non è vero. Calmati e tutto andrà bene.”
“Non voglio andarmene.” singhiozzò nel suo collo mentre la luce si faceva più intensa.
“Impossibile. Non lo permetterò mai, non posso vivere senza di te.”

Trascorrere degli altri giorni come quelli di settimana scorsa... non ci penso neanche.

“Devi restare con me.” Nael serrò la mascella e lo strinse così forte da sentire il bruciore della collana sul proprio petto.
Stava odiando i maghi, odiava Tangaroa, odiava tutto e tutti. Avrebbe voluto tanto uscire fuori e prendere a calci qualcuno giusto per sfogare la rabbia che provava dentro di sé. In tutta la sua vita non era mai stato messo così alla prova come negli ultimi tempi, nonostante il suo passato non fosse stato dei migliori, quello che stava per succedere era definitivamente peggio.
“C'è ancora una speranza, no?” si allontanò appena da Ari e gli asciugò gli occhi con il pollice. “Non mi pare che tu abbia fatto qualche magia.”
Nael si aggrappò a quella frase con tutto se stesso.
Il riflesso del ciondolo gli dava fastidio alla vista ormai, nonostante non fosse più grande di una noce, e sgranò gli occhi.
Afferrò la collana e cercò di slacciare il gancio, anche se le sue mani stavano tremando e non riusciva a mantenere il controllo.
“Te la tolgo, così non sapranno mai niente.”
“Fermo!” la mano tremante di Ari agguantò prontamente la sua, senza sapere come aveva ritrovato la forza di muoverle. “Se la togli se ne accorgeranno.”
“Mh?”
“Hanno fatto un incantesimo, non so dirti altro.” abbassò il capo con ancora qualche lacrima che si era fermata sulle sue guance.
“Ma che cazzo! Cosa vogliono questi maghi! Non è abbastanza torturarci psicologicamente, spaventandoci con la storia del sacrificio per la divinità!” il maggiore enfatizzò il tutto con i movimenti delle braccia e si alzò di scatto, cominciando a vagare per la stanza.
“Merda, merda!”
Prese a calci il catino, facendolo ruzzolare fino alla parete, e strinse i denti a causa del dolore che si era procurato da solo.
“Nael...”
“No.” affermò deciso, interrompendolo. “Tu non te ne vai da qui, qualsiasi cosa accada. Che vengano pure a prenderti, dovranno passare sul mio cadavere e non sto affatto scherzando.”
“Non dirlo neanche per scherzo! Ti uccideranno se ti opporrai.” esclamò Ari, che ormai aveva ritrovato la sensibilità, sebbene il brulichio non fosse ancora cessato.
“Certo, quei tizi con i loro piccoli poteri dati da Dio si credono invincibili.” fece il verso ai maghi per poi tornare seduto vicino all'altro per terra e gli prese le mani tra le sue. “Combatterò per te, mi pare ovvio.”
“Sono più forti di te. Non ti azzardare neanche, non voglio perderti per davvero.”
“Sai che differenza? Se non saremo insieme è la stessa cosa.”

Era ben consapevole che non fosse vera quella frase e ne fu la conferma anche il volto di Ari, che lo stava letteralmente fulminando con lo sguardo. Se non avesse avuto il suo carattere a quest'ora lo starebbe picchiando di certo.
“Sì, va bene, non è così.” fu costretto ad ammettere Natanael. “Ma non ti lascio andare comunque.”
Ari fece un piccolo sorriso e lo abbracciò con tutte le forze che gli erano rimaste. Senza aver usato il mana sentiva comunque che l'energia lo stava abbandonando e la testa martellava tanto che avrebbe voluto vomitare.
Nael gli stava sussurrando delle parole dolci all'orecchio, voleva rassicurarlo il più possibile e in cuor suo sperava che non arrivasse nessuno a portarglielo via, dopotutto erano passati parecchi minuti e loro due erano ancora insieme.

Forse è stato un falso allarme, è il mana nel suo corpo che lo fa stare male. Quegli stronzi...

“Prima mi hai detto di essere l'uomo più felice.” cominciò a parlare Ari. “Sai, tante volte mi sono domandato se mai avessi provato sulla mia pelle la felicità.” ingoiò a vuoto non sapendo dove volesse andare a parare.
“Eh?”
“Ma poi ho capito che l'ho sempre avuta al mio fianco.” gli posò una mano sulla guancia, fissandolo intensamente negli occhi, i suoi erano ancora lucidi dal pianto precedente e arrossati.
Natanael non credeva alle sue orecchie. La gioia di quel discorso lo stava portando ben al di sopra delle nuvole, ancora più in alto di dove si trovavano adesso nel Cielo, fino a raggiungere i limiti del cosmo.
Senza neanche accorgersene il suo cuore aveva cominciato a battere molto più forte del normale.
“Sei tu, Nael.” concluse Ari, baciandolo lievemente sulle labbra.
Quello andava ben oltre la contentezza che aveva espresso poco prima. Ormai Natanael credette di esser stato lanciato nel mondo delle divinità a godere dei piaceri della vita seduto comodamente su un trono d'oro senza dover pensare ai problemi.
Era rimasto senza parole, il che era davvero un fatto estremamente raro per lui.

Quanto posso ancora innamorarmi di più di te? Non pensavo fosse possibile.

“Ari, io...”
Non riuscì a finire la frase che improvvisamente si sentì gelare sulla guancia, lì dove era posata la mano dell'altro, e spalancò gli occhi. Notò che anche le iridi del ragazzo si erano ingrandite e la bocca spalancata.
Il freddo intenso che aveva sentito un attimo prima era stato sostituito da una sensazione di bagnato e Ari tolse il palmo dalla sua pelle. Lo stesso palmo su cui ora era riposta la loro completa attenzione: un piccolo vortice d'acqua era comparso su di esso e rimaneva lì, espandendosi dalle dita al polso ma non traboccava di un millimetro al di fuori e non disperdeva gocce.
Nael non sapeva se rimanerne affascinato o impaurito.
Tutto quello che riuscì a fare, fu di toccarsi la gota e di assicurarsi che fosse davvero bagnata e che non si stesse immaginando tutto. Purtroppo lo era. Acqua ghiacciata che gli aveva fatto rizzare i peli.

“Che cosa..?” se prima era rimasto senza parole, adesso era anche peggio.
Vide il corpo tremolante di Ari e lo afferrò per le spalle, scuotendolo come se volesse destarlo da un sogno, ma, in realtà, era lui che voleva risvegliarsi da un incubo.
“Mi dispiace, Nael.” ripeté Ari, agitando la testa.
“Smettila...”
Natanael gli prese la mano e la chiuse pian piano. Il vortice diventò sempre più piccolo fino a scomparire.
Il minore lo guardò sbigottito.
Non c'era voluto niente che il suo tocco per richiudere quel potere dentro di sé. Com'era possibile? Lui da solo non era in grado di controllarlo e supponeva che anche Nael non avesse queste capacità, eppure era svanito senza sapere come.
“Non è colpa tua, mettitelo in quella testaccia che ti ritrovi.” Nael lo disse con fare scherzoso e gli baciò le nocche, soffermandosi qualche secondo su di esse con le labbra e strizzando così forte gli occhi da vedere le stelle all'interno delle palpebre.
Fra pochi istanti sarebbero arrivati i maghi e sarebbe finito tutto.

Non potrò più vederti, toccarti, sentire la tua voce. No, no... Non esiste! Come farò ad addormentarmi la notte senza la forza che mi permette di alzarmi al mattino?

Voleva piangere e urlare. Urlare ancora e affogare nelle lacrime.

Senza la mia luce, il mio calore, il mio sangue...

Baciò Ari come se tutto potesse dipendere da quello. Più che altro si sforzò di concentrarsi su qualcosa di diverso per non cedere a quella malinconia devastante.

Senza la persona che amo.

Gli prese il volto con una forza spropositata e s'insinuò ancora di più nella sua bocca, soffocando tutti i gemiti all'interno.
E fu proprio in quel momento che avvertirono entrambi un'ondata d'aria ghiacciata sulla loro pelle, mezza nuda. Non era affatto piacevole, sapendo quale sarebbe stata la conseguenza di quel vento.
Nael non voleva interrompere il contatto con Ari, ma fu costretto dalla situazione. Si staccò imprecando tra sé e abbassò il capo sconfitto, prima di posarlo sulla figura dell'uomo che era comparso proprio davanti alla porta della cella.

Senza di te, Ari.

Quello che tanto temeva era giunto e mascherava la sua malvagità dietro a un falso sorriso.
“Piacere di rivederti, Ari.”




NOTE DELL'AUTRICE:
DANDANDAAAAAN!

Sono malvagia, lo so u.u mi spiace ma anche no ahaha
Alloooora... capitolo pieno zeppo di eros, ancora non sono arrivati al dunque e adesso... Adesso? Ari se ne deve andare. Lo farà davvero? Si porterà dietro Nael? Fatemi sapere i vostri pareri e teorie, sono la cosa che mi rende più felice, quindi fatelo :3
Questo capitolo doveva contenere anche il prossimo, ma, come vedete, la mia capacità di sintetizzazione si è fatta sentire ancora e ho fatto amoreggiare i due ragazzi per almeno sette pagine ahaha meglio per voi e per me e per tutto il mondo u.u
Spero davvero di avervi trasmesso un saccoccio (?) pieno di sentimenti con questo capitolo e spero che le cose si stiano facendo ancora più interessanti in questo amore travagliato di cui dovete conoscere ancora tante cose!
Ringrazio tutti quelli che leggono e commentano e aggiungono ai preferiti ecc e spargete questa storia per tutto l'universo <3 Ari e Nael ringraziano <3
Il disegno l'ho fatto io e spero che anche quello vi piaccia dopo che ho imprecato sui capelli di Ari per ore e ore... e la mia mano era diventata nera perché ad un certo punto ho iniziato a colorare con le dita e tutto il palmo e cose assurde che lasciamo stare °^°
Grazie ancora e alla prossima settimana!
Flor ^w^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Il vuoto che lascia una scelta ***


CAPITOLO 8
IL VUOTO CHE LASCIA UNA SCELTA


Maggio, anno 439 del XII periodo

“Piacere di rivederti, Ari.”
Wayra aveva il suo solito sorriso stampato in faccia, gli occhi non erano che una fessura fissante incessantemente i due ragazzi che si trovavano a terra, ognuno tra le braccia dell'altro. Nael era visibilmente arrabbiato, mentre Ari triste e sconsolato.
“Mi dispiace se ho interrotto qualcosa, ma credo che sia ben evidente il perché io mi trovi qui.” continuò a parlare il mago, avanzando di un passo verso di loro.

Purtroppo era davvero così: Ari aveva usato il mana senza neanche sapere come e non aveva più vie di scampo.
Se ne sarebbe dovuto andare chissà per quanto tempo, non gli sarebbe stato permesso di vivere come Sacrificio e, anche se questo comportava il non poter essere scelto come vittima, ne conseguiva anche che doveva abbandonare Nael.
Ari rimase immobile sul pavimento, che in quel momento sembrava più freddo di qualsiasi altra cosa, e le braccia, che fino a poco prima reggevano l'altro ragazzo per la schiena, si erano afflosciate lentamente fino a toccare con i palmi l'acciaio.

“Beh, te ne puoi anche andare adesso!” Nael si alzò di scatto, parandosi di fronte a Wayra e sfidandolo direttamente con lo sguardo. Era pieno di veleno e gli stavano tremando i pugni dalla foga che aveva di picchiarlo.
“Calmo, ragazzo. Non c'è bisogno di essere così scontroso.” gli rispose con fare accomodante, ma sul suo volto non c'era più il sorriso che lo contraddistingueva.
“Sei pazzo se credi di potermi portare via Ari.” Natanael sembrò non ascoltare nemmeno le parole del mago, aveva solo voglia di rompere tutto e di dimostrare quanto quel ragazzo, che stava facendo da spettatore, fosse importante per lui.

Ari palpitò per un istante.
Ancora una volta era Nael quello pronto a salvarlo, mentre lui se ne stava lì con le mani in mano, incapace di muovere un muscolo dalla troppa paura per le conseguenze.
“Ari non è più un Sacrificio da oggi, quindi ha l'obbligo di seguirmi, e prometto che mi prenderò cura di lui.”
“Non me ne frega un cazzo!” il moro urlò con quanto fiato aveva in gola, picchiando con un piede per terra e stringendo così forte i pugni da non farsi più circolare il sangue. “Sono io quello che deve occuparsi di lui.” sbatté una mano sul petto per poi continuare. “Di certo non degli stupidi maghi che si credono chissà chi solo perché sanno richiamare il vento o il fuoco o quello che è!”
“Il tuo comportamento deplorevole meriterebbe di essere punito.”
Nael fece un ulteriore passo verso di lui.
“Provaci e te ne pentirai amaramente.”
La sua iride nera era ancora più intensa del solito, così profonda e oscura che metteva soggezione, e sembrava scurire persino l'altra, che in quel momento di verde acqua non aveva niente se non piccole striature vicino alla pupilla.
“Non credo tu sia nelle condizioni di poterti ribellare a un mago.” ribatté l'uomo, ironico, squadrandolo da capo a piedi.
“Io credo, invece, di poter fare tutto quello che voglio.”
“Sono stufo della tua insolenza.”
La mano di Wayra si stava lentamente avvolgendo di una luce verde intensa, e già si poteva distinguere chiaramente il sibilio del vento che si stava generando sulle sue dita.

“No!”
Ari scattò fulmineo verso i due e allungò un braccio per poter afferrare il polso del mago, ma dalle sue dita uscì fuori un flusso d'acqua cristallina che colpì in pieno Wayra, bagnandolo all'altezza del petto.
I due ragazzi rimasero a occhi spalancati. Il biondo si era fermato nel bel mezzo della stanza, con il fiatone, come se avesse consumato una notevole quantità di energia, e Nael con il volto verso di lui che lo fissava senza sapere cosa dire.
“Noto che sei in grado di richiamare i poteri quando vuoi.” sorrise il mago del vento, creando un piccolo turbinio che asciugò alla svelta la sua tunica grondante.
“No... io...”

Ho davvero usato il Mana per attaccare Wayra. Come ho fatto?

Ari strinse il pugno davanti alla propria faccia, per poi abbassarlo deciso e guardare il mago in segno di sfida.
“Non osare fare del male a Nael.”
Il maggiore si ritrovò a sorridere, contento che stesse prendendo le sue parti per proteggerlo. Gli si avvicinò per circondare la sua vita con un braccio e avvicinarlo.
“Lui non vuole venire con te.” affermò Natanael.
“Mi dispiace, tuttavia questi sono gli ordini.”
“Significa che verrai spazzato via dalla potente magia di Ari e dai miei pugni.”
“Io non so come...” provò a parlare il biondo, però venne prontamente fermato dall'altro.
“Sono sicuro che nel profondo del tuo spirito sai usarlo perfettamente. Devi solo credere in te stesso.”
“Anche se così fosse, come potrei mai sconfiggere un mago?” sussurrò ancora Ari.

Sicuramente era in grado di controllare il Mana in qualche modo, eppure non sapeva come e, di certo, non poteva confrontarsi contro qualcuno che aveva imparato a domarlo fin dall'infanzia e che adesso si ritrovava addirittura tra i maghi deputati alla conduzione dell'aeronave dei Sacrifici.
Provava dell'orgoglio nel fatto che Nael credesse in lui, sebbene entrambi sapessero benissimo che non c'era storia per una sfida.

“Smettiamola con queste bambinate.” Wayra era evidentemente infastidito dalla situazione.
“Ari non vuole diventare un mago, quindi puoi sloggiare.”
“Beh...”
Il volto di Nael scattò subito sul suo.
“Cosa significa beh?” storse il naso e mollò di poco la presa sul suo corpo.
“Non lo so ancora cosa voglio.” Ari cercò di giustificarsi.

Era finito in una circostanza terribile: sentire di nuovo quel potere in lui gli aveva risvegliato il pensiero che, in fondo, non era qualcosa di negativo possedere il Mana. Poteva salvare se stesso e anche Nael da un futuro orribile, dove solo la morte li avrebbe accolti. Purtroppo non aveva mai avuto l'occasione di parlarne con Nael e non gli aveva mai spiegato come si fosse sentito durante la Prova degli Elementi e di come fosse stato appagante il complimento che Tangaroa gli aveva dedicato appena dopo.

Non voglio essere un mago, ma al tempo stesso questo potere mi fa stare bene... In qualche modo sento che mi appartiene.

Era troppo combattuto dentro di sé per poter giungere a una conclusione. Per questo aveva cercato di pensarci il meno possibile e non si era ancora dato una risposta.
“Che?” il moro si allontanò del tutto dal ragazzo. “Quando avresti voluto dirmi che intendevi andartene con questo tipo?” indicò Wayra con un ampio movimento del braccio.
“No, aspetta, non intendevo questo.” Ari scosse la testa più e più volte, sentendo i lacrimoni agli occhi. “Ti prego non fraintendere le mie parole. Ti ho già spiegato che se facessimo parte dei Facoltosi, allora...”
“Tu ne farai parte.” affermò Nael. “Sarò escluso dal tuo mondo.”
“Sei la mia famiglia, quindi anche tu lo diverrai. Ti prenderò sotto la mia custodia, ma non lascerò che ti venga fatto del male. Te lo giuro.”
Natanael negò con il capo, incapace di formulare una frase sensata. Il cuore gli si era chiuso nel petto e gli doleva pesantemente, e Ari non poté che addolorarsi di fronte a quella vista.
“Nael...” si protese verso di lui e gli afferrò il polso con le dita tremolanti.
Subito dopo vennero sovrapposte da quelle calde e più sicure dell'altro, e pensò le volesse allontanare da lui.
Non poteva aver rovinato tutto il loro rapporto solo per quello. Non aveva quasi mai litigato con Nael e non voleva cominciare proprio adesso che se ne doveva andare via.

Non sopporterei l'idea di andarmene con te arrabbiato.

Però non venne allontanato, anzi, Nael si buttò tra le sue braccia, e Ari percepì qualcosa di bagnato colpirlo sul collo.
“Se avete finito con i saluti...” li interruppe Wayra con un piccolo sorriso.
Natanael non lo ascoltò neanche e rafforzò la presa sul ragazzo.
“Perché non ti sei confidato con me?”
“Perché non è mai stata mia intenzione quella di lasciarti qui. È vero, i poteri mi fanno sentire strano in maniera positiva, malgrado ciò, niente vale come averti al mio fianco.”
Era stato sincero, per quanto le idee ancora vagassero senza meta nella sua mente.
“Tu vuoi andare?”
“No.”
Nael si staccò quanto bastava per poterlo osservare negli occhi, e Ari provò una stretta al cuore che gli fece di nuovo venire da piangere.
“Ma vorresti imparare a usare il Mana.”

Il biondo annuì e cominciarono a scendere le prime lacrime, una delle quali venne catturata dalle labbra dell'altro.
Sentiva di aver spezzato ogni cosa in Nael, lo avvertiva chiaramente sulla sua guancia con quelle labbra tremolanti, con le dita sudate che gli stringevano forte entrambe le braccia e il lamento gutturale che udì subito dopo.
“Quando tornerai da me?” aveva provato a parlare Nael, ottenendo una frase sconnessa dai singhiozzi. Non avrebbe mai voluto farsi vedere così dall'altro, ma non riusciva a darsi un contegno.
“Non tornerà per molto tempo.” rispose al suo posto Wayra. “Dovrà imparare l'arte del Mana, poi sarà trasferito su un'aeronave adepta ai maghi e al loro apprendistato.”
“Cosa?” Ari urlò con un verso strozzato. “Non può venire anche lui?”
“Non è che un Sacrificio, questo è il suo posto, come il tuo è con noi.”

Ari sentiva la testa pulsare.
Era esausto, troppo per poter continuare ancora a rimanere in piedi nel bel mezzo della stanza con Nael distrutto proprio davanti a lui e Wayra che non faceva altro che rigirare il coltello nella piaga. I suoi occhi cristallini non facevano che spostarsi dal moro al mago, poi sul suo letto dalle lenzuola sgualcite e poi alle forbici che ancora si trovavano a terra.
Quale delle due cose era più importante? Nael, su questo non c'erano dubbi, ma al tempo stesso era obbligato a seguire Wayra o ci sarebbero state conseguenze, e quelle sarebbero ricadute proprio sul ragazzo che voleva proteggere a ogni costo.

Nael, ti prego non odiarmi. Lo faccio per te e anche per me, solo per un nostro futuro. Per una volta sono io quello che vuole cancellare le lacrime dal tuo volto per far risplendere il sorriso.

Così pensando fu lui stesso quello che sorrise e baciò dolcemente Natanael sulle labbra, gesto che venne ricambiato all'istante. In men che non si dica furono intrappolati l'uno nelle braccia dell'altro ancora una volta, noncuranti che ci fosse Wayra a osservarli.

Solo perché un giorno avrò il coraggio di dirti che potremo vivere felici per sempre...

Le mani di Ari andarono ad afferrare con forza qualche ciocca di capelli corvini.

...e che ti amo più della mia stessa vita.

Delle piccole gocce d'acqua cominciarono a colare da esse, bagnando la capigliatura di Nael e scivolando giù lungo la sua schiena nuda, fino a incontrare i pantaloni e scendere giù alle caviglie e creare una pozza ai loro piedi.
“Ari, sei un disastro.” Nael scherzò affettuosamente, scrollando lievemente la testa, facendo così ricadere qualche goccia intorno a loro, e Ari gli vezzeggiò il naso con il proprio.
“Credo che d'ora in poi sarà molto più facile il tuo addestramento.” prese a parlare Wayra. “Ora che hai finalmente capito cosa fa scatenare il potere.”
Si voltarono entrambi verso di lui e notarono che stava fissando attentamente Natanael, che sbatté le palpebre più volte.
“Sei tu, Nael...” disse Ari un po' confuso.
“Mi stai forse dando la colpa?” si agitò l'altro.
“Sono i sentimenti che prova per te, ragazzo.” rispose il mago.
Ma certo, non poteva che essere così. Era Nael il pensiero che doveva focalizzare.
Quello che gli aveva ripetuto più volte Niremaan nei soli tre giorni di prova lo schiaffeggiò con vigore.

Non potevi che essere tu il motivo della mia forza. Sono stato uno sciocco a non arrivarci prima.

Notò le guance di Nael che si erano appena appena colorate di rosso e lo abbracciò forte.
“Perdonami, Nael.”
“Smettila di scusarti con me.” il maggiore affondò il naso nei suoi capelli biondo cenere. “Devi andartene per davvero, eh?”
“Troverò il modo per tornare o li convincerò per farti vivere con me.”
“Non credo lo faranno.” gli sorrise, nonostante non avesse alcun motivo per farlo. “Piuttosto sono io che troverò il modo di sgattaiolare da te.”
Ari si mise a ridere per poi rivolgersi a Wayra.
“Se davvero Nael è quello che mi serve per scatenare il mana, allora non potete evitare che lo veda.” si era deciso a provare il tutto per tutto, era disposto a qualsiasi cosa. “Altrimenti non sarò in grado e dovrete rispedirmi con i Sacrifici. È uno spreco di tempo per voi.”
Il mago del vento si batté la mano sulla fronte e sospirò pesantemente.
“Certo che i ragazzi d'oggi sono impossibili.” si avvicinò ad Ari e gli mise una mano sulla spalla. “Io non posso prometterti niente e non voglio assolutamente farlo, perché va contro il regolamento, ciononostante potrai discuterne con il Sommo Hamar e lui potrebbe darti il permesso.”
Gli occhi di Ari si illuminarono per un istante, poi il mago continuò.
“Ma non dovranno esserci distrazioni durante l'addestramento, quindi per un po' di tempo dovrai comunque dirgli addio. Tireremo fuori la questione solo quando il tuo percorso sarà concluso.”
“Cosa significa? Per quanto tempo sarebbe?”
“Dipende tutto da te.” Wayra si diresse verso la porta. “Ora è tempo di andare. Per favore, vieni al mio fianco.”

Ari indugiò nel lasciare Nael del tutto, lo guardò con il volto ferito, ricevendone uno uguale in cambio.
“Non è un addio, Ari.”
“Ma è un lungo arrivederci...”
“Sapremo cavarcela, suppongo.” Nael gli diede un piccolo buffetto sul lobo e prese a giocare con il suo piercing. “Vorrei solo sapere una cosa.” si voltò verso il mago. “Come mai hai cambiato idea sul mio conto così dal nulla?”
Wayra tossicchiò più volte, quasi come se fosse in imbarazzo di fronte a quel quesito.
“Sarò un mago, ma sono pur sempre un essere umano. È stato davvero difficile rimanere calmo e composto di fronte a una scena d'amore come la vostra. Ho dovuto trattenere i sospiri.”
Nael non si aspettò una risposta come quella e scoppiò a ridere tenendosi la pancia.
“Sono davvero... impressionato.” ammise il moro e, non appena percepì la mano di Ari toccare la propria, tornò serio.

Era giunto il momento di separarsi veramente.
“Salutatevi. Poi, Ari, è meglio che ti rivesti e partiamo.” Wayra si voltò come se volesse dar loro spazio per la privacy.
“Se non ci fossi stato io, tu non avresti mostrato i tuoi poteri.” Nael gli strinse forte la mano e la premette contro la propria guancia.
“Se tu non ci fossi stato, io sarei già morto da otto anni, e non potrei mai immaginare una vita senza di te.”

Si buttarono ferocemente l'uno sulla bocca dell'altro.
Si baciarono trattenendo il respiro, gli occhi strizzati per frenare le lacrime e i corpi incollati per sentire per un'ultima volta il loro calore.
“Mi mancherai da morire.” Nael gli soffiò a un niente dalle labbra.
“Anche tu.” per l'ennesima volta, Ari finì con il piangere.
Dopo qualche minuto, dove rimasero abbracciati a ripetersi dolci parole, Ari si rimise la maglia e avvisò che era pronto. Proprio mentre si stava avvicinando al mago, Nael, però, lo agguantò ancora per il polso e lo guardò con il labbro tremolante.
“Ari...”

Il biondo indietreggiò fino a quando non lo poté che sfiorare con la punta delle dita, gli occhi erano così arrossati che faceva fatica a metterlo a fuoco e le sue spalle erano continuamente interrotte dai singhiozzi. Gli faceva male separarsi da lui come non avrebbe mai immaginato. Ormai era abituato ad averlo intorno per ogni singola sciocchezza, che non sapeva se sarebbe stato in grado di sopravvivere a lungo.
Proprio per questo doveva assolutamente convincere Hamar a poterlo vedere una volta ogni tanto e, magari, Nael sarebbe stato così furbo da scappare dalla cella di notte per andare al suo piano.
Era comunque troppo doloroso per lui.
“Ciao, Nael...”
“A presto.” disse Wayra con un inchino, e in men che non si dica richiamò un tornado.

Questo avvolse il corpo dei due. La maglietta del ragazzo si sollevò, i capelli ondeggiarono e dovette socchiudere gli occhi, perché gli stava dando fastidio; al contrario, Wayra sembrava non percepirlo neanche, poiché la sua tunica era composta e la mitra sulla sua testa non accennava a spostarsi di un millimetro.
Ari rimase con gli occhi sul volto di Nael, capendo perfettamente che stava trattenendo il pianto.
All'improvviso, Nael non era più davanti a lui.





La mano di Nael era ancora tesa verso la porta della cella, ma Ari non era più davanti a essa.

Te ne sei andato definitivamente...

Si sentiva distrutto, già un vuoto aveva cominciato a scavare nel suo petto e lo squarciava a poco a poco.
Crollò sulle ginocchia e finalmente poté lasciarsi andare.
Cominciò a piangere, le lacrime cadevano a goccioloni per terra e i suoi ansimi stavano riempiendo la stanza. Era un pianto disperato, le mani gli coprivano gli occhi, sperando che potessero contenerlo, eppure non fecero che aumentare il rossore in essi.
I sospiri pian piano si trasformarono in urla e grida tormentate che rimbombarono nella stanza, come quelle delle anime che vagabondano nell'oltretomba in un circolo eterno.

Come farò senza di te?

Vedere Ari che spariva proprio di fronte a lui era stato come strappargli via la carne dalle ossa, gli mancava già una parte di lui, quella in grado di farlo rimanere la persona che era.
Non aveva mai vissuto senza di lui per un periodo prolungato negli ultimi otto anni e, se solo l'aver passato tre giorni da solo gli era stato impossibile, adesso era sicuro che ne sarebbe rimasto ucciso.
Ari aveva cercato di convincerlo che si sarebbero rivisti presto e che avrebbe fatto di tutto per tornare insieme, ma quanto potevano valere le sue parole? Non che non si fidasse, tuttavia non dipendeva da lui purtroppo e non conosceva gli altri maghi della nave per rendersi conto se poteva davvero far affidamento su quella promessa.

Come affronterò le giornate?

Inoltre, lui aveva sussurrato all'orecchio del ragazzo che avrebbe provato a fuggire dal dormitorio per andare da lui, e in qualche modo ci sarebbe riuscito, così come aveva già fatto più di una volta. Sarebbe stato comunque complicato. Di sicuro Ari sarebbe stato controllato, dato che già per tornare la prima volta era scappato – e Nael ancora si chiedeva dove avesse trovato il coraggio per un gesto del genere – e anche per lui sarebbe stato difficile; ormai i maghi sapevano del loro rapporto e, se davvero erano malvagi quanto credeva, li avrebbero ostacolati in ogni modo per portare a termine senza problemi l'addestramento di Ari.
Nael non riusciva a fermare le lacrime e la testa aveva preso a girargli, per non parlare della nausea che stava risalendo il suo stomaco fino ad arrivare alla gola.
Tossì un paio di volte, pensando che avrebbe vomitato a breve, invece si fermò e così anche le urla.
Respirò profondamente e puntò le mani sul pavimento. Le unghie stridettero contro l'acciaio e il suono acuto s'insinuò nelle sue orecchie, ma lui neppure se ne accorse, troppo impegnato con i pensieri.

Non mi avevi neanche confessato che avresti voluto provare a essere un mago.

I suoi occhi si assottigliarono, il nero come catrame unito all'arrossamento esterno lo faceva somigliare a quello di un demone inferocito.

Io non sono stato abbastanza per te? Non sono riuscito a darti la vita che avresti voluto vivere?

Si sentiva male. Aveva il bisogno urgente di una rissa dove poter sfogare la rabbia.
Non era arrabbiato con Ari, ma con se stesso che non era stato capace di accudire l'unica persona di cui gli era mai importato. E anche con i maghi, perché gliel'avevano strappato dalle uniche braccia di cui un tempo era convinto potessero adempiere a quel compito.

Ovviamente no. Sono solo un ragazzo che non ha mai portato a nulla di buono. Come ho potuto anche solo fantasticare che lo stare con te mi avrebbe cambiato?

Si mise a picchiare per terra con un pugno, poi il suo sguardo si posò sulle forbici. Le raccolse senza pensarci due volte e si scaraventò contro una parete, infliggendo un taglio lungo qualche centimetro.
Boccheggiò alla ricerca d'aria e poggiò il viso contro il muro freddo. Le guance si erano incrostate di lacrime secche, ma subito furono bagnate via da nuove che ricominciarono a sgorgare fuori.
La consapevolezza che tutto fosse causa sua lo faceva stare anche peggio.

Se solo non ti avessi amato, se non mi fossi mai avvicinato a te...

Si staccò dalla parete e indietreggiò di qualche passo. Si portò una mano al volto e cercò di tranqullizzarsi.
Osservò la stanza attraverso le dita e poté vedere Ari che si sistemava davanti allo specchio, che gli sorrideva dopo una battuta orribile, che arrossiva a causa dei suoi baci e che chiamava il suo nome, come se fosse la parola più pura che potesse mai uscire dalle sue labbra.

...se solo non fossi mai entrato nella tua vita.

Nael urlò afferrando il catino, lo lanciò in aria con violenza e questo ricadde con un tonfo sordo e fastidioso, rotolando fino a un angolo della stanza.
Era un tormento troppo insopportabile per poter resistere.
Si sedette sul letto, le mani nascondevano il suo volto e la bocca era semiaperta per permettere agli spasmi di uscire strazianti.

Che sto dicendo? Se non fossimo entrati nella vita dell'altro, a quest'ora saremmo morti entrambi. Hai ragione Ari, una vita senza di te non ha senso.

Sprofondò con la testa nel cuscino e si rannicchiò più che poté.
Voleva Ari.
Lo voleva al suo fianco.
Non poteva finire così la loro storia, non l'avrebbe mai accettato.

Non ti dimenticherai di me, vero?

Ari era la sua unica famiglia, non ne aveva mai avuta una che sentisse di chiamare tale, nessuna a cui apparteneva davvero. Quel ragazzo così fragile, timido e dolce era l'unico che l'aveva fatto sentire bene per la prima volta dopo quasi sedici anni, quando era iniziata la loro convivenza.

Ari...

All'improvviso sentiva freddo e solo ora si era reso conto di avere ancora la testa, i pantaloni e parte del corpo bagnati.

Ari...

Si sentiva a pezzi, tra l'agonia e la collera, per non parlare del completo senso di vuoto che lo stava opprimendo. Non sarebbe più stato quello di una volta, ormai aveva perso la parte più importante di lui, portata via come un seme al vento.
Solo il nome di quel ragazzo continuava a ronzare nella sua testa, e alla fine non resistette più e urlò facendosi male alle corde vocali.
“Ari!”





“Da domani inizierai il tuo addestramento, Wayra si è offerto di farti da mentore.” sentenziò Hamar con voce roca.

Ari si trovava al di là della scrivania, con le braccia rigide lungo il busto e le spalle che ancora tremavano per via delle lacrime che non si erano fermate da quando aveva lasciato la propria cella.
Adesso avrebbe avuto la possibilità di imparare a sfruttare il potere che Tangaroa gli aveva concesso, e doveva farlo alla svelta per poter tornare da Nael. Dipendeva unicamente da lui e dalla sua forza di volontà.

“Dovresti essere orgoglioso di far parte dell'élite.” continuò il mago della luce, e Ari annuì debolmente.
Orgoglioso? Di diventare come quelli che avevano ucciso migliaia di persone? Non lo sarebbe mai stato. Voleva solo capire perché il Mana era dentro di lui, perché gli conferiva una forza che non pensava di possedere e perché nella sua mente vorticava la voce di Tangaroa che gli chiedeva di aiutarlo. Ancora era all'oscuro di cosa significasse.
“Vedrai, andrà tutto bene.” Wayra gli posò una mano tra i capelli, e Ari sussultò al contatto.
Non era quella la voce che doveva dirgli certe cose, non era quella la mano che doveva toccarlo per rassicurarlo.

Come posso appartenere a due mondi e nello stesso tempo a nessuno?

Venne scortato in quella che sarebbe stata la sua stanza per i prossimi giorni, la stessa in cui aveva dormito l'ultima volta. La visione di quel letto vuoto era un duro colpo al cuore, per quanto potesse essere morbido, sarebbe sempre stato freddo e portatore di incubi.
“Prenderemo i tuoi oggetti personali al più presto e verrai rifornito con altri nuovi.”
“Posso andare a prenderli da solo.” affermò a testa bassa.
Wayra si mise a ridere sotto i baffi.
“Per poter vedere quel ragazzo?”
“Non vedo il problema.”
“Sarà impossibile separarvi di nuovo.” il mago si tolse la mitra dalla testa e slacciò dal collo del ragazzo la collana, per riporla al suo interno. “Non vorrai essere un disonore per tutti i maghi? Un Sacrificio non è ben accetto tra noi.”
“Non mi importa.” la voce di Ari era atona, svuotata da qualsiasi sentimento.
“E la storia di imparare a usare il mana?”
“Non significa che voglio diventare uno di voi!”
Wayra sospirò esageratamente, rimettendosi la mitra sul capo con attenzione.
“Ci sono già stati casi in passato dove maghi hanno diffamato la nostra stessa autorità, alcuni hanno persino rinunciato al dono delle divinità e hanno finito per vivere una vita insulsa e senza appagamento, diventando Sacrifici. Tu vuoi esserlo? Vuoi avere paura di morire ogni singolo giorno?”

Sembrava che Wayra avesse letto attentamente dentro di lui.
Ari non voleva convivere ancora con la paura della morte, gli era bastato in due lunghi anni. Proprio per questo voleva imparare e fuggire dalla possibilità di essere la prossima vittima, ma il prezzo era troppo alto da pagare.

Non si può ottenere nulla senza dare qualcosa in cambio.

E il suo prezzo era Nael. Avrebbe potuto rinunciare immediatamente al Mana e tutta quella storia sarebbe finita. Eppure, tra il tornare a una vita piena di ansie, e il riuscire a sopravvivere per qualche mese da solo per poi salvare entrambi...
La seconda opzione era una prospettiva migliore.

Mi impegnerò al massimo per finire il prima possibile il mio addestramento e tornare da te.

Ari scosse la testa, non ancora del tutto convinto di aver preso la decisione migliore, ma speranzoso che lo fosse.
“Adesso riposati. Hai bisogno di energie per domani.” il tono del mago del vento sembrava come quello di un padre che si preoccupava per il proprio figlio. Forse davvero non tutti i maghi erano malvagi, forse Ari non avrebbe dovuto essere così timoroso e avrebbe avuto comunque qualcuno al proprio fianco che gli avrebbe dato una mano.
Lo stesso non poteva dire per Nael, lui si trovava da solo, e sperò con tutto il cuore che la forza d'animo che aveva sempre mostrato davanti a lui avrebbe resistito fino a quando non sarebbe tornato.





Era ormai passata una settimana e Nael non aveva fatto altro che trovare qualcosa con cui impegnarsi ogni giorno, per non stare con le mani in mano a pensare e rattristarsi.
Già lo era abbastanza quando di sera non aveva nessuno con cui parlare, quando il suo letto si impregnava delle lacrime salate, che non poteva gestire. La sua mente tamburellava fino a quando non sentiva una voce straziante dentro di sé che gli diceva che non avrebbe mai più rivisto Ari e che sarebbe stato per sempre solo.
Quel giorno aveva finito presto di lavorare e si maledì per esser stato così celere. Camminava a passo svelto, le mani strette a pugno lungo i fianchi, gli occhi infuriati che facevano mantenere da lui la distanza a chiunque gli passasse di fianco.
Era ancora evidentemente arrabbiato.

Come volevasi dimostrare, non era nemmeno riuscito a svignarsela di notte per raggiungere il piano dei maghi: le guardie avevano aumentato i turni, perché sicuramente erano state avvisate dell'eventualità di una sua fuga, quindi doveva solo aspettare che calassero i controlli. Chissà per quanto tempo ancora però.
Ogni giorno si domandava se Ari stava bene, se mangiava, se non si sforzava troppo e se lo pensava.

Sono talmente perso senza di te che non faccio che immaginarti ancora qui al mio fianco.

“Natanael!”
Qualcuno lo chiamò da lontano e lui si voltò per vedere chi fosse: era il capo di Ari, o meglio, l'ex capo.
Sbuffò sonoramente, non era certo una persona che avrebbe voluto incontrare, ma gli si avvicinò per scambiare quattro chiacchiere, magari lo avrebbero distratto.
Per qualche minuto fu così effettivamente, si misero a parlare di sciocchezze e del reciproco lavoro, non che avessero molto altro da spartire. Rimanevano comunque un Sacrificio e un Normale.
“Ultimamente non vieni più alla stalla.”
Nael sussultò a quell'affermazione.
“Immagino che senza Ari non sia più divertente passare un po' di tempo con le mucche, eh?” continuò a parlare l'uomo.
“Infatti.” Natanael rispose secco, con un tono duro.
Non voleva parlare di Ari, l'avrebbe solo ferito maggiormente ed era stufo di quella situazione, tuttavia l'altro insistette con un sorriso, non immaginando neanche il suo stato d'animo.
“Chi l'avrebbe mai detto che fosse un infiltrato tra i Sacrifici. Mi piaceva quel ragazzo, tranquillo e sicuramente un tipo a posto.”
“Lui non era un infiltrato.”
“Ma se ha nascosto per due anni di possedere il Mana.”
“Non lo sapeva!”

Ari non è come loro.

Non comprendeva il perché, ma improvvisamente stava perdendo il controllo. Il pensiero che Ari gli avesse nascosto quel potere non gli aveva neanche mai sfiorato l'anticamera del cervello, e non sarebbe stato un uomo qualsiasi a mettergli quella pulce nell'orecchio. Non poteva avergli mentito per otto anni, non Ari. Non ne sarebbe mai stato in grado.
“Come fai a dirlo? Certo, deve essere stato bravo a non mostrare segni e a non usarlo mai.”
“Smettila...” sussurrò tra i denti.

Non osare insultarlo.

Le nocche gli erano diventate bianche da quanto stava tenendo le mani strette a pugno e il sangue stava affluendo fino a fargli diventare il volto arrossato.
“Deve essere stato un duro colpo per te, dato che eravate così amici.”

Basta!

Il suo corpo reagì al suo posto.
“Ho detto di stare zitto!”
Gli tirò un pugno dritto in faccia, facendolo barcollare all'indietro. Si lamentò perché si era fatto male alla mano e la scosse davanti al viso, tenendola poi con la sinistra.
“Ma che ti è preso?” l'uomo parlò con la voce soffocata dalla mano che aveva davanti alla bocca, probabilmente gli aveva fatto uscire del sangue.
“Non osare parlare di Ari come se sapessi davvero qualcosa di lui!” Nael gli si avventò contro e ruzzolarono insieme sul pavimento. “Non osare parlare di noi due come se sapessi di noi!” gli diede una serie di altri pugni e l'altro non riuscì a reagire, troppo preso alla sprovvista. “E non osare parlare di me come se comprendessi i miei sentimenti!”
Gli stava per tirare l'ennesimo colpo in faccia, però fu fermato da una botta che gli arrivò dritta sulla schiena e che lo fece cadere sbattendo il mento a terra.
Non ebbe il tempo di capire cosa fosse successo che era stato preso per i capelli e tirato su a forza, per poi essere di nuovo lanciato sull'acciaio come un sacco della spazzatura.

Merda...

“Rimani fermo dove sei o sarò costretto a passare alle maniere forti.”
Nael riuscì a distinguere con la coda dell'occhio una guardia che gli si era messa a cavalcioni sulla schiena e che gli aveva tirato con noncuranza le braccia dietro di essa per legargli i polsi.

Non di nuovo...

Eppure se l'era cercata. Aveva aggredito il capo di Ari senza una vera motivazione, gli era solo scattato qualcosa che l'aveva fatto diventare violento.
Negli ultimi giorni si era sentito sempre così, ma non pensava sarebbe arrivato a commettere qualcosa di così avventato per una stupida frase, detta da un uomo che non conosceva assolutamente la versione reale dei fatti.
Sospirò e chiuse gli occhi senza opporsi ancora.
In men che non si dica fu rinchiuso nuovamente in una cella d'isolamento.
L'unica cosa di cui era sicuro, era che neanche quella notte avrebbe potuto rivedere Ari.

Perdonami.




NOTE DELL'AUTRICE:
*si asciuga gli occhi e soffia il naso*
Si sono separati, che tristezza... Non c'è mai fine alla tristezza.
In ogni caso, condividete la decisione di Ari? Alla fine ha scelto di dividersi da Nael solo per il loro futuro, credo sia un comportamento coraggioso per uno come lui che non lo si è dimostrato per niente (almeno da quello che si è capito in questi pochi capitoli, no?).
E Nael?! ;^; quel bambino bellissimo che ha reagito in quel modo! Aaaah spero di avervi straziato il cuore! =w= tutto intenzionale =w= per quanto mi dispiaccia, la scena appena dopo Ari che svanisce volevo scriverla tantissimo. Era da due capitoli che mi dicevo: “Allora? Quando va via Ari che devo scrivere di Nael che soffre?” giustamente quando è arrivato il momento è entrata mia madre a dirmi di andare a letto e ho dovuto scriverla su un promemoria del telefono xD e che cavolo! L'ispirazione ce l'avevo da tutto il giorno ahah
Cosa accadrà ancora? Ari inizierà l'addestramento? Nael spaccherò tutto e andrà a salvare Ari? Ditemi, sono tutta orecchie!
Grazie a tutti voi che leggete, lasciate un commento e mi farete felice, così come se aggiungerete la storia alle preferite, seguite, ricordate! <3
Alla prossima settimana!

Flor <3

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - L'acqua che disseta e soffoca ***


CAPITOLO 9
L'ACQUA CHE DISSETA E SOFFOCA


 

Luglio, anno 439 del XII periodo

“Il Consiglio Maggiore?” la voce sorpresa di Hamar uscì fuori con un verso strozzato e dovette schiarirsi la gola con un colpo di tosse. “Ne è sicura, Somma Keneke?”

Il mago stava avendo una conversazione attraverso una sfera trasparente, che mostrava una donna dai capelli ricci e rosso fuoco, tenuti in ordine da una coda di cavallo dalla quale, però, era sfuggita una ciocca che ricadeva a elica sul suo occhio destro, di un blu intenso.
Era il Capo del Consiglio Maggiore dei Maghi in carica da poco dopo che l'umanità era stata trasferita sulle aeronavi. Una donna dall'immensa forza sia fisica che mentale e, nonostante la sua giovane età di appena trentaquattro anni, era già arrivata alla vetta dell'autorità grazie al suo carattere deciso e composto e ai suoi valori che la rispecchiavano come una combattente per la salvaguardia del genere umano. Inoltre, discendeva da una famiglia di cui avevano fatto parte altri ex-membri appartenenti al Consiglio.

“Ne abbiamo discusso a lungo e siamo giunti alla conclusione di dover continuare il suo apprendistato qui da noi.”
“Ma è ancora giovane e inesperto. Sono passati solamente due mesi da quando ha iniziato a usare i suoi poteri.”
“Sono stati più che sufficienti per lui.” ribatté Keneke con tono duro.
“Ma...”
“E io lo voglio al più presto nella mia cerchia di maghi.” concluse la donna con un sorriso, poggiandosi per bene alla sedia e mostrando in questo modo il simbolo rosso che padroneggiava sulla sua mitra.
“Pensa che sia pronto per un compito e una prova così importante?”
“Non solo lo penso, ne sono assolutamente certa.”
Si sentì il bussare alla porta e Keneke spostò lo sguardo per un istante.
“Hamar, purtroppo ti devo lasciare. Ti contatterò ancora per i dettagli del trasferimento.”

Così dicendo interruppe il contatto, ancora prima che il mago della luce potesse congedarsi, e ripose tutta la sua attenzione sull'uomo a cui aveva appena dato il permesso di entrare.
I ghirigori neri risaltavano sulla sua tunica e rendevano la pietra che portava al collo ancora più luminosa.
“Sommo Keyondre, qualcosa ti turba?”
“Sei davvero sicura di voler quel ragazzo in mezzo a noi?”
“La decisione è stata presa in democrazia, hai già avuto l'occasione per esprimere la tua opinione e io, così come il resto del Consiglio, ti ho ascoltato, purtroppo i voti sono andati in tuo sfavore.”
L'uomo non si mostrò turbato di fronte a quella risposta, ormai aveva imparato a celare le proprie emozioni per non mostrare le debolezze all'avversario.
“So bene il motivo per cui non ti va a genio questa soluzione.” Keneke si alzò dalla sedia e gli si parò davanti. Il suo volto non arrivava che alle spalle dell'altro mago, nonostante ciò non si sentiva per niente in svantaggio per una piccolezza come quella. “Ed è proprio il motivo per cui lo esigo su quest'aeronave. Voglio vederlo con i miei occhi.”
“Una motivazione piuttosto infantile, non trovi?”
“Keyondre, non essere ostile.”
“Non eri che una bambina quando è successo.”
I loro toni non erano per niente minacciosi, anzi, si stavano parlando come due amici che si conoscevano da tempo e stavano amorevolmente prendendo una tazza di tè.
“Ti ricordo che all'età di dodici anni ho indossato la tunica e ricevuto la Pietra del Mana.” gli sorrise maliziosa e orgogliosa delle sue capacità.
Il mago del buio fece una piccola risata.
“Immagino che non ti smuoveranno neanche le divinità.”
“Esattamente.”
“Spero davvero che non ti si ritorcerà contro non appena lo verranno a sapere tutti i maghi.” l'uomo le voltò le spalle e si avviò verso la porta.
“Per ora non lo dovrà sapere nessuno.”
“Lo immaginavo.”
“E confido nei membri del Consiglio che ciò non accada.” continuò con voce risoluta, poggiandosi con il fondoschiena alla scrivania, le mani puntellate dietro di lei sul legno.
“Ovviamente, Somma Keneke.” il mago fece un piccolo inchino. “Con il tuo permesso.”





Ormai Ari viveva da due mesi nel piano dei maghi. All'inizio era stato difficile, soprattutto a causa della mancanza di Nael e perché si ritrovava ogni giorno sempre più distrutto dopo l'addestramento; inoltre, Niremaan lo trattava come un completo estraneo a quel mondo – così come effettivamente era – e ci volle del tempo perché iniziassero a non esserci più ostilità.
Adesso, invece, stava meglio sia fisicamente che mentalmente, era riuscito a imparare molte cose grazie all'aiuto di Wayra e aveva scoperto che gli strani simboli che avevano sulla mitra altro non erano che un emblema del loro potere, diverso per ogni elemento. Era convinto di saperlo già, ma non sapeva perché non ci fosse mai arrivato, nonostante quei simboli erano apparsi nella sua mente più volte.
Però, lo scopo principale del suo apprendistato era quello di imparare a padroneggiare il Mana, quindi si era dovuto mettere anima e corpo, partendo semplicemente dall'evocarlo a calibrarne la forza.

Il suo primo giorno era riuscito a richiamare il mana per qualche secondo, delle grosse gocce d'acqua erano cadute ai suoi piedi, ma poco dopo si era ritrovato stramazzato al suolo privo di energie. Ci volle qualche tempo perché apprendesse a dosare la forza corporea con quella del mana e, quando finalmente ci era riuscito, aveva sentito una gioia esplodere nel suo cuore e la voce di Tangaroa che gli ripeteva di essere stato bravo.
Per una volta si era sentito davvero in grado di poter fare qualcosa con le proprie mani.
Successivamente era stato sottoposto a varie prove, gli avevano detto che servivano a prepararlo per l'esame che avrebbe dovuto sostenere una volta pronto per diventare a tutti gli effetti un mago e ricevere la tunica, ricamata in azzurro, la mitra con il simbolo dell'Acqua su di essa e la Pietra del Mana che tutti i maghi portavano al collo.

Prima di tutto aveva imparato a richiamare il potere e a creare immagini con esso, aiutato solamente dalla propria fantasia. Era molto più difficile di quanto si aspettasse. Anche se il rivolo d'acqua usciva fuori dalle sue dita – e non sempre in maniera equilibrata – ricadeva a terra senza che potesse fare niente, oppure vorticava su se stesso facendo infinite spirali fino al soffitto.
Wayra gli aveva spiegato che la sua mente era bloccata ancora da qualcosa e non voleva lasciarsi andare a quel potere che per ora lo soggiogava, invece di affluire insieme ai suoi pensieri; quindi passarono a un altro tipo di allenamento.
Gli era stata posta davanti una candela e tutto quello che doveva fare era spegnerla. Ci riuscì al primo tentativo, sebbene avesse usato così tanto mana da aver allagato metà stanza delle esercitazioni. Con il passare dei giorni era andato sempre migliorando fino a quando non aveva posseduto completamente il controllo del fluire dell'acqua dentro di sé e al di fuori.
Fecero molti esercizi di diverso genere e gli fu insegnato a gestire il flusso, la forza, l'intensità e la direzione di esso.

Era tutto così nuovo e strano per lui, ma nello stesso tempo quel potere gli stava dando una vitalità che pensava di non aver mai posseduto in tutta la sua vita. Non sapeva perché ce l'avesse, eppure sentiva che doveva essere così, che se gli era stato donato da Tangaroa era perché gli apparteneva.
Era felice di aver imparato a sfruttarlo, felice che il destino gli avesse offerto questa possibilità, e persino la convivenza con gli altri tre maghi della nave alla fine non era così male.
Niremaan lo guardava sempre dall'alto al basso, benché avesse capito che doveva essere così fin dalla sua giovinezza e non avrebbe di certo cambiato il suo comportamento da un giorno all'altro; Wayra era sempre accondiscendente e lo trattava con rispetto e severità allo stesso tempo, alternando frasi da perfetto padre ad altre da insegnante scorbutico e severo, era un tipo difficile da inquadrare; Hamar, invece, dispensava frasi di saggezza a destra e manca come se avesse sperimentato ogni cosa nella vita e, sinceramente, gli veniva da ridere a sentirlo parlare sempre in quel modo.

Tuttavia, Nael gli mancava da morire.
Durante i primi giorni aveva provato a sgattaiolare fuori dalla propria stanza di notte e si era spinto fino alle scale, vigile che nessuno lo vedesse o seguisse, eppure aveva aspettato per ore a vuoto. Più volte aveva pianto in silenzio, con la testa incastrata tra le ginocchia, ma Nael non si era comunque fatto vedere.
Era arrivato a pensare che si fosse già dimenticato di lui, che non gli importasse così tanto come aveva sempre creduto e gli aveva sempre dimostrato, quindi per un po' ci aveva rinunciato. Inoltre le lezioni gli toglievano quasi tutte le energie ogni giorno ed era difficile riuscire a stare sveglio e trovare la forza di andare su quelle scale per niente.
Dopo quasi un mese, però, ci aveva riprovato. Una notte si era svegliato di soprassalto in seguito a un incubo e non riusciva più a prendere sonno, quindi aveva deciso di uscire e tornare alle scale. Molte volte aveva pensato di scenderle lui stesso, ma sapeva che, se l'avessero scoperto, tutte le conseguenze di quel gesto sarebbero ricadute su Nael, e lui non voleva assolutamente causargli altro dolore.
Il motivo per cui adesso si trovava in quel piano era proprio l'opposto.
Voleva salvarlo.
Quella volta era arrivato mogio mogio alle scale e l'istante dopo aveva spalancato gli occhi: sul muro c'era inciso un messaggio, era scritto molto in piccolo e doveva aver usato qualcosa di appuntito per farlo.

Domani.

Poteva significare solo una cosa.
Ari aveva sorriso per la prima volta da quando era con i maghi e aveva dovuto contenere tutta la sua contentezza per non farsi scoprire. Era corso velocemente di nuovo nella propria stanza e non era riuscito comunque ad addormentarsi, troppo esaltato.
Si sentì uno sciocco per aver anche solo immaginato che Nael l'avesse dimenticato.

Il giorno dopo era euforico, Wayra gli aveva chiesto più volte cosa gli fosse successo, ma lui aveva scrollato la testa imbarazzato e per sbaglio l'aveva colpito in pieno con un'ondata di acqua gelida, sviando così il discorso su una ramanzina riguardo all'uso improprio dei suoi poteri.
La notte sembrava non arrivare mai, malgrado ciò alla fine era giunta.
Era rimasto vigile che nessun rumore provenisse dai corridoi, poi aveva corso come un matto e, quando finalmente era giunto alle scale, l'aveva visto, poggiato alla parete con un piede e le braccia incrociate; si era dovuto mettere le mani sulla bocca per non urlare dalla gioia.
Subito dopo venne accolto con un “Sei in ritardo.” e si scaraventò subito tra le sue braccia.
Si erano seduti sui gradini, stretti l'uno contro l'altro, e avevano cominciato a raccontare di qualsiasi cosa gli fosse successa durante la loro divisione.
Ari aveva notato alcune ferite sul volto di Nael, che gli spiegò di come avesse dato di matto e fosse stato messo in isolamento, dove aveva avuto modo di pensare e, una volta uscito, si era impegnato per imparare da capo gli spostamenti delle guardie, non dormendo per una settimana di fila solamente per poterlo rivedere senza essere beccato e punito.
Ari lo baciò e lo baciò ancora, sollevato che non avesse dimenticato il suo sapore, malgrado gli fosse mancato immensamente. Lo stesso valeva per Nael.
Il loro incontro, purtroppo, non era potuto durare che poco più di un paio d'ore, scandite dalla posizione della luna, e si dovettero di nuovo separare. Non poterono nemmeno darsi un appuntamento preciso, ma sapevano che si sarebbero rivisti, questa era l'unica cosa che li spingeva ad andare avanti con le loro vite.

La seconda volta si videro sul finire di Giugno.
Ari non aspettava altro se non quei pochi minuti insieme. Aveva provato a convincerlo per passare quasi tutta la notte insieme, ma – nonostante Nael ne fosse altamente provocato – non era possibile, li avrebbero scoperti di sicuro.
Ogni volta che si vedevano era una gioia l'incontro e un'angoscia l'arrivederci, perché non sapevano quando e come si sarebbero potuti per davvero rivedere. Infatti, dopo il secondo incontro, ne seguirono solamente un altro paio.
L'ultimo di essi era avvenuto giusto la notte precedente.
 





Ari si stava dirigendo nella solita stanza delle esercitazioni, agghindato con gli abiti per l'apprendistato: una maglia blu scura lunga fino alle cosce, con le maniche larghe fino al gomito che poi si stringevano sul braccio e i polsi, era tenuta in vita da una cintura in cuoio; i pantaloni di un blu più chiaro cadevano morbidi e comodi per poter compiere qualsiasi tipo di addestramento.
Stava attraversando il corridoio principale e il suo sguardo fu catturato da una targhetta posta al di fianco di una porta, la stessa che aveva visto la prima notte che si era intrufolato con Nael in quel piano.

Alla fine quel libro non era che un insieme di racconti tramandati sulla nascita di Tangaroa. Probabilmente si era servito di quel volume come catalizzatore per riuscire a comunicare con me prima di entrare nei miei sogni...

Ari trovò Wayra ad aspettarlo a braccia conserte come al solito, che, non appena vide il ragazzo, gli porse un sorriso che venne ricambiato con una leggera titubanza.
“Sei pronto? L'addestramento di oggi valuterà le tue capacità.”
Il biondo strinse i pugni e si ritrovò a fare un sospiro profondo.
“Sono pronto.”
“Bene, cominciamo.”
In quel momento udirono la porta aprirsi dietro di loro e si girarono entrambi per vedere chi fosse. Fece il suo cospetto Niremaan, con la sua tipica faccia burbera e gli occhiali che pendevano sulla punta del naso.
“Come mai abbiamo l'onore della tua presenza?” ironizzò Wayra, avvicinandosi al mago, che sbuffò sonoramente.
“Voglio proprio vedere se questo moccioso si è rivelato uno spreco di tempo così come credo da quando è venuto a stare con noi.”

Ari ingoiò a vuoto, percependo chiaramente lo stomaco rivoltarsi al suo interno. Se prima si sentiva pronto, adesso provava solo agitazione nel dover dimostrare qualcosa a qualcuno che non riponeva alcuna speranza in lui.
L'unico appiglio che gli dava qualche aspettativa era quello di essere sempre più vicino allo scopo di rivedere Nael e poterlo proteggere dalla morte, per vivere finalmente insieme senza nessun ostacolo.
In quel momento non esisteva la parola fallimento. Doveva riuscire e confermare a tutti che si era impegnato in quei due mesi, anche se era stato messo con le spalle al muro, privo della persona che amava, costretto a diventare qualcuno che non voleva diventare.
Tutto per un futuro migliore di quello che gli si era sempre presentato.
Ari si posizionò al centro della stanza e aspettò un comando dal mago del vento.

“Bene, Ari. Come prima cosa richiama semplicemente il tuo potere.”
Il ragazzo annuì lievemente.

Questo lo so fare... Coraggio, Ari, non è difficile. Ormai hai imparato.

Chiuse gli occhi per qualche istante e percepì un fluido partire dall'ombelico e giungere fino alle proprie mani con una velocità sorprendente. Non ci volle che qualche frazione di secondo che le sue dita divennero azzurre, illuminate da quel mana che adesso richiedeva di uscire dopo esser stato invocato.
“Bravo.” si complimentò con lui Wayra.
“Ah, sciocchezze.” sentenziò Niremaan, prendendo ad accarezzarsi la barba.
Ari non si lasciò deconcentrare da quel commento e aspettò la prossima richiesta.
Sentì una ventata d'aria smuovergli i vestiti e si accorse che erano comparse molte candele davanti a lui, che furono accese in un attimo grazie al mago del fuoco.
“Prova a spegnerle tutte con un unico flusso.”
“Senza allagare la stanza” aggiunse il vecchio.
Ari doveva calibrare non solo la potenza del getto, ma anche la sua portata.
Non bastava soltanto riuscire nell'impresa, voleva stupire entrambi per far capire loro quanto fosse migliorato e per potersi permettere qualche richiesta personale.

Posso farcela...

Ari guardò fisso davanti a lui, gli occhi si erano illuminati di un azzurro intenso che sfumava al blu verso la pupilla, e alzò il braccio all'altezza del petto.
Erano decine di candele, forse arrivavano al centinaio, ma non poteva tirarsi indietro.
Si ripeté mentalmente tutti gli insegnamenti che aveva ricevuto negli ultimi due mesi.

Il Mana è parte di me. È come una porzione del mio corpo, quindi posso controllarlo a mio piacimento.

Il palmo della sua mano destra si illuminò sempre più vivamente.

Scorre nelle mie vene insieme al sangue, mi permette di vivere e mi dà la forza che le divinità hanno deciso di donarmi. Per quanto sia difficile, il suo flusso è un qualcosa distaccato dai liquidi corporei, quindi deve obbedire alla mia volontà.

Chiuse gli occhi per concentrarsi ancora di più, disegnando nella propria mente ogni singolo dettaglio di quella stanza e la disposizione delle candele.

Se non sono in grado di gestire un potere donatomi da Tangaroa, allora sarebbe come tradire la fiducia che gli dei hanno riposto in me come loro adepto.

Ari non era particolarmente sicuro riguardo a quelle parole, esisteva ancora dentro di sé una parte che gli impediva di riconoscersi come qualcuno di potente e altolocato, sempre abituato alla sua vita miserabile, ma adesso non era il tempo adatto per rimuginare su certe cose, doveva solo lasciarsi andare.

Devo solo sentirlo scorrere....

Si vennero a creare dei vortici nel suo corpo, li avvertì chiaramente risalire lungo l'addome per poi affluire nel braccio e giungere alle dita in attesa di qualche ordine.

...modellarlo nella mia mente...

Ari pensò al percorso che doveva seguire per spegnere tutte le candele in una volta sola. Il suo fiato era regolare e sentiva esplodere dentro di sé una sicurezza che non gli era mai appartenuta e una forza tale da renderlo inarrestabile.

...e rilasciarlo prima che possa sfuggire al comando di un umano per cercare una strada e tornare dalla propria divinità madre.

Il ragazzo aprì gli occhi di scatto, il suo volto era risoluto; una piccola goccia di sudore sulla tempia, però, lasciò trasparire l'agitazione dentro di lui.
Ormai sapeva quale sarebbe stata la mossa seguente.

Ora!

Fece un piccolo grido e fuoriuscì dal suo palmo un getto violento d'acqua. Neanche una goccia colpì il pavimento e, man mano che avanzava, si plasmava ad assumere la forma di un lungo drago che ondeggiava in aria, seguendo un percorso calcolato per filo e per segno dal ragazzo.
Si scontrò con la prima candela e in seguito colpì tutte le altre, una dopo l'altra, senza mai arrestarsi, vorticando e aggrovigliandosi su se stesso, finendo con l'agire come onde che sbattevano sulle rocce con furia per poi allontanarsi alla stessa maniera.
Nel giro di pochi istanti ogni candela era spenta e il flusso d'acqua scomparve così com'era apparso, fluendo nuovamente nel corpo di Ari.
Quando tutto fu finito, Ari riprese a respirare, e un piccolo sorriso si impossessò del suo volto. Chiuse la mano a pugno e la strinse forte contro il proprio petto, ancora pieno di energie.

Ce l'ho fatta... Proprio io, con le mie sole forze.

Si girò contento verso i suoi esaminatori e li guardò speranzoso di aver passato il test.
“Ottimo lavoro.” Wayra si mise ad applaudire e il ragazzo si riempì di orgoglio.
“Dovevi spegnerle tutte nello stesso istante.” si ritrovò a commentare Niremaan.
Ari fece un balzo indietro e lo guardò assottigliando gli occhi.
“Doveva essere un unico flusso, non mi è mai stato detto che doveva anche essere nello stesso istante.” trovò il coraggio di parlare, sostenendo lo sguardo minaccioso del mago. “Ma se proprio ci tiene, posso affrontare anche questa prova.”
Era sempre così. Dopo aver usato il mana si sentiva più audace, ma in quel momento si volle maledire per aver sfidato così Niremaan, di certo non voleva grattacapi da gestire.
“Ha ragione il ragazzo.” affermò Wayra. “Ha fatto quello che gli è stato detto e ha superato la prova in maniera egregia. Se penso che fino a qualche tempo fa non era in grado neanche di richiamare un piccolo spruzzo...” il mago sospirò e si avvicinò al biondo, posandogli una mano sulla spalla. “Davvero un ottimo lavoro.”
Si sentì il grugnito del mago del fuoco provenire da dietro di loro, ma non ci fecero caso.
“Sei pronto per diventare un mago, Ari.” continuò Wayra.
Il ragazzo annuì, non sapendo come rispondere, e sentì crescere dentro di lui un sentimento che non seppe come catalogare, qualcosa che non era sicuro di aver mai provato prima d'ora.

Sta davvero per succedere.

“Il prossimo passo è la scuola.”
“Quanto durerà?”
“Potrebbe durare anni, abbiamo già affrontato questo discorso.”
Ari abbassò il capo, non più così entusiasta dell'obiettivo appena raggiunto.
“Lo spero, così non avremo più tra i piedi un moccioso come te.” aggiunse Niremaan.
“Non essere così scontroso, povero ragazzo.”
“Allora dirò che spero che il suo trasferimento avvenga presto.”

Il mio...trasferimento...

“Sei davvero incorreggibile!” l'ammonì il mago del vento.
“Non osare parlare così a chi è più anziano di te.” Niremaan puntò l'indice contro l'altro e dalla punta uscì fuori una fiammella, rimanendo attaccata ad essa.
Non fu che mezzo secondo che Wayra la spense puntando a sua volta il dito contro di lui e generando una grande ondata d'aria che per poco non fece cadere la mitra del mago del fuoco. Successivamente un sorriso vittorioso si stava espandendo sulla sua faccia da orecchio a orecchio.
“Vorrei parlare con il Sommo Hamar.” interruppe il litigio Ari.
I due maghi si voltarono verso di lui, che ancora teneva il capo chino, e subito lo scortarono dal mago della luce.





“Complimenti per aver superato il tuo ultimo esame.” si congratulò Hamar con voce rauca, facendolo accomodare su una sedia dell'ufficio. “È incredibile quanto velocemente tu sia riuscito a gestire il Mana e a imparare. Sei davvero portato.”
“La ringrazio, Sommo Hamar.”
Ari stava tenendo le mani unite sulle cosce, le dita non riuscivano a stare ferme e si torturavano a vicenda.
“So che volevi parlare con me.” continuò il mago. “Ma ho anche io qualcosa da dirti ed è molto importante.”
L'attenzione del ragazzo fu richiamata da quelle parole.
“Vorrei che tu mi stessi ad ascoltare con calma.”
“Ho per caso fatto qualcosa di sbagliato?”
“Oh, cielo! No, nient'affatto. Tutto al contrario.” si accomodò al meglio sulla sua poltroncina e riprese la parola. “Ho parlato con la Somma Keneke, Capo del Consiglio Maggiore dei Maghi, e mi ha confidato di volerti aggiungere alla sua cerchia di maghi e di passare sotto la sua custodia.”

Il Consiglio Maggiore dei Maghi?

Ari non seppe cosa rispondere, sentiva il fiato mancargli tutto d'un tratto. Qualcosa gli diceva che non andava affatto bene.
“Questo è un grande onore. Studiare direttamente al suo fianco e al fianco dei Maghi più illustri che esistono al momento, dove solamente i migliori sono accettati e quelli su cui noi tutti riponiamo la nostra fiducia per il futuro.”

E vogliono me? Cosa posso fare io, un mago che non sapeva di essere tale, che ha appena imparato a usare un minimo dei suoi poteri, che non è in grado di proteggere neanche l'unica persona che gli sta a cuore.

Ari stava per vomitare. La testa gli girava, non voleva sentire quelle cose. Da dove erano uscite fuori? Tutto il suo piano di diventare alla svelta un mago e di prendere sotto la propria ala protettiva anche Nael per non farlo sacrificare stava andando in fumo.
Come poteva fare tutto ciò, se sarebbe rimasto intricato nell'aeronave con i personaggi più illustri del loro mondo?
“Aspetti!” il ragazzo si alzò di scatto. “Cosa significa? Perché io? Come fanno a sapere chi sono?”
“Calma, Ari. Queste sono davvero molte domande a cui io non posso rispondere, se non confondendoti ancora di più le idee.”
Tutto quello non aveva senso. Se non erano in grado di fornirgli una spiegazione, come poteva stare tranquillo, come potevano anche solo pensare che lui si sarebbe lasciato sbattere di qua e di là senza nemmeno prima discuterne con lui.

Quindi è così... Alla fine io non conto mai nulla. Devo sempre eseguire gli ordini di qualcun altro e lasciare che venga trattato come un burattino nelle mani di chi crede di poter gestire la vita degli altri.

Non si rese conto del sussulto di pianto che gli fece tremare le spalle, tuttavia ricacciò indietro le lacrime.
“Stiamo preparando il tuo trasferimento che avverrà nel giro di pochi giorni.”

Cosa?

Ari strabuzzò gli occhi. Questo davvero non se l'aspettava: non solo non avrebbe avuto il tempo per elaborare la notizia e accettarla, ma non avrebbe avuto modo di dirlo a Nael, lasciandolo aspettare per mesi e mesi su quelle scale senza mai incontrarsi. Alla fine, il moro si sarebbe stufato di attenderlo e si sarebbe dimenticato di lui prima che fosse riuscito a diventare un mago a tutti gli effetti e avrebbe avuto il potere di salvare le loro vite.
“No!” Ari picchiò con forza una mano sulla scrivania. “Non potete costringermi! Ho già dovuto accettare una marea di cose: ho dovuto abbandonare Nael, accogliere il Mana come se fosse stata una mia scelta e mi sono impegnato come mai prima d'ora per imparare le arti magiche.”
“Sapevi che alla fine avresti lasciato questa aeronave per gli studi da mago apprendista.”
“Non in questo modo!” Ari non sapeva come controbattere.
Dopotutto, Hamar aveva ragione, ma quello era stato un fulmine a ciel sereno. Ari sperava che prima ci sarebbero stati dei preparativi, che avrebbero aspettato l'inizio di un nuovo anno accademico, invece si ritrovava improvvisamente catapultato all'interno di quel mondo senza possibilità di scampo.
Quando non era che un pensiero lontano non si era ancora reso conto quanto questo costasse per il suo povero spirito, logorato dal dolore.

Adesso per davvero non vedrò più Nael...

“Fra quanti giorni?”
“Una settimana, non di più.”
Ari sussultò ancora, cominciando a far cadere le lacrime sul colletto della maglia.
“Pensavo che volessi imparare a sfruttare il Mana.” il mago della luce si schiarì la gola, ricevendo in risposta un cenno della testa positivo.
Il ragazzo si ripulì gli occhi con la manica, trovando il coraggio di esprimere quello per cui aveva chiesto di avere un colloquio con Hamar.
“Mi faccia passare questi ultimi giorni con Nael.”
“Dunque era questo...” il mago si grattò uno zigomo e lo sfregare delle unghie sulla pelle fece venire i brividi al biondo.
“La prego.” insistette, fissandolo con gli occhi cristallini e il labbro tremante.
“Un mago non può mischiarsi con i Sacrifici, questo comporterebbe il disonore del mago stesso e di tutti quelli che lavorano al suo fianco.”
“Questa è un'assurdità.” Ari scosse il capo con violenza, alzando anche il tono di voce. “Voi non siete migliori degli altri!” si bloccò subito dopo, abbassando la testa e chiedendo scusa.

I minuti passavano senza che nessuno emetteva parola. Il silenzio era glaciale, soprattutto per Ari, che pensava di aver rovinato in partenza la sua richiesta dopo aver insultato il Sommo Hamar, e che per davvero non avrebbe mai più rivisto Natanael per chissà quanto tempo. I suoi occhi non facevano che vagare per tutta la stanza, soffermandosi poi sul telo dove vi era rappresentato il potere dell'Acqua con Tangaroa.

“Il tuo animo è puro, posso scorgerlo perfettamente.” prese a parlare Hamar a un certo punto, cogliendolo di sorpresa. “E non posso certo biasimarti se vuoi rivedere il ragazzo che ami, questo rende il tuo spirito ancora più nobile e luminoso. D'altro canto, mi stai tentando verso una via oscura, che mi fa molto riflettere su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.”
Ari ingoiò a vuoto.

Voglio rivedere Nael...

Era l'unica frase che si ripeteva di continuo nella sua mente, tutto il suo corpo era in preghiera per far sì che potesse accadere.
“Dovrei mettere sulla bilancia due cose così diverse da non poter essere misurate allo stesso modo: l'amore o il rispetto.”
“Se posso permettermi...” prese la parola Ari. “Il mio amore nei confronti di Nael non manca assolutamente di rispetto verso alcun mago. Io sono stato cresciuto al di fuori della vostra società; Nael mi ha cresciuto, e anche lui era uno scarto come me. Le circostanze che mi hanno portato a diventar parte del vostro mondo... questo sarebbe irrispettoso. Se voi maghi impediste a un altro mago di poter esprimere i propri sentimenti verso l'unica famiglia che ha, per costringerlo a intraprendere un percorso a cui non ha potuto obiettare, sarebbe oltremodo oltraggioso verso la persona che avete detto di voler proteggere e far entrare nel vostro circolo. Questa persona non vorrebbe mai più fidarsi di voi. E io, di certo, mi comporterò come quella persona.”
“Questa argomentazione ribadisce quello che è sempre stato il mio pensiero. Hai tanto dentro di te, Ari, non mi stupisce che l'Acqua sia il tuo elemento. Così calma, dissetante e rinfrescante, ma che può diventare burrascosa, soffocante e gelida nei momenti opportuni.”

Sono davvero così? Posso diventare anche in quel modo?

Ari si sentiva confuso, non riusciva a cogliere il significato di quelle parole.
“Va bene.” disse poi Hamar.
“Eh?”
“Puoi stare con quel ragazzo fino alla tua partenza.”
Il cuore del biondo prese a battere all'impazzata.
“Davvero?”
Il mago della luce annuì più e più volte.
“La ringrazio! Grazie infinite Sommo Hamar!”

Posso stare con Nael ancora una volta. Posso passare qualche giorno con lui prima di partire. Posso ancora rivederlo.

“Non perdere altro tempo e vai. Fra sei giorni esatti dovrai ripresentarti qua da noi, non accetto repliche o insubordinazioni.”
“Sì! Grazie ancora!”
Con infinito entusiasmo, Ari uscì dall'ufficio, continuando a ringraziare il mago e, senza pensarci due volte, corse a perdifiato verso i piani dei Sacrifici, con il sorriso stampato sul volto e una speranza che si era accesa nuovamente in lui.





Nael era svogliato per qualsiasi cosa. Mai si era ritrovato in una situazione del genere, di solito era quello che non poteva mai stare fermo a procrastinare, ma negli ultimi tempi tutto gli dava noia, non aveva niente per cui combattere, se non quel paio di ore occasionali dove era riuscito a vedere Ari di notte.
Per fortuna si erano visti proprio la notte precedente, questo l'aveva tirato un po' su di morale.

Mi manchi da morire...

Passava le giornate senza uno scopo; non parlava con nessuno, a malapena scambiava quattro chiacchiere con i propri colleghi di lavoro. Per il resto della giornata se ne stava a letto a pensare al passato e a quanto tutto fosse cambiato e lui non avesse il potere di farlo ritornare com'era.
Quel senso di impotenza l'opprimeva.

Perché è dovuto succedere? Cosa abbiamo fatto per meritarcelo?

Nonostante vivesse con il broncio perenne sul volto, non aveva commesso più errori, per avere l'opportunità di riuscire a svignarsela il più possibile, eppure gli sembrava molto difficile. Più volte era stato tentato di picchiare qualcuno o di insultare una guardia anche solo per il semplice piacere di farlo, tuttavia il viso di Ari si metteva proprio di fronte al suo e lo guardava con ammonimento e lo bloccava prima di compiere qualche sconsideratezza.

Natanael sospirò e lasciò che cadesse a terra uno scatolone pieno di chissà quali strumenti, che tintinnarono tra loro non appena toccò il pavimento.
“Ehi, stai attento con quello!” venne rimproverato da un suo collega. “Vuoi una mano?”
“No, faccio da solo.” rispose sbrigativo e riprese in mano lo scatolone, poggiandolo alla spalla per tenerlo in equilibrio.

Mi chiedo se possa andare ancora peggio di così...

“Nael.”
Il ragazzo spalancò gli occhi. Stava forse avendo un'allucinazione?

O forse può andare per il meglio...

Si girò lentamente, attirato da quella voce che non doveva essere lì al momento, ma che sperò con tutto il cuore che si stesse sbagliando e fosse effettivamente proprio dove l'aveva sentita.
E in quell'istante lo vide, raggiante, con un sorriso più bello che mai, dei vestiti che non gli erano mai appartenuti prima d'ora ma che gli calzavano a pennello.
“Ari...”
Lo scatolone gli scivolò dalla spalla, cadendo a terra e rovesciando tutto quello che era al suo interno.



NOTE DELL'AUTRICE:

Buona domenica a tutti!
Allora, qua iniziano ad uscire fuori dei piccoli misteri che non fanno più capire niente al lettore, spero vi piaccia la cosa ahaha u.u
Che diamine vogliono da Ari e perché? Mah, sentiamo le vostre teorie xD
Come avete visto, non sono riusciti a stare lontani neanche in questa occasione, per quanto si siano visti pochissime volte nel giro di due mesi e adesso si dovranno separare di nuovo. Credo di ripetermi se dico: avrà mai fine la sofferenza?
Adesso hanno una settimana neanche davanti a loro per restare insieme e diamo le nostre condoglianze allo scatolone caduto che era pieno di oggetti fragili che adesso non esistono più u.u
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e sarebbe bellissimo ricevere qualche commento!
Ringrazio tutti quelli che seguono Ari e Nael e tutti quelli che aggiungono nei preferiti, seguiti, ecc...
Ci sentiamo la prossima settimana!
Un bacio a tutti
Flor ^w^

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Come a una pianta le radici ***


CAPITOLO 10
COME A UNA PIANTA LE RADICI

 

Luglio, anno 439 del XII periodo

La felicità per il ritorno di Ari non era durata molto a lungo.
I due ragazzi se n'erano andati dal posto di lavoro di Nael – con un permesso emesso appositamente da Hamar per i successivi sei giorni – e se l'erano svignata andando a parlare nel parco, che a quell'ora era ancora vuoto.
Ari gli aveva raccontato del suo discorso con il mago della luce e che fra una settimana sarebbe stato trasferito sulla nave del Consiglio Maggiore. Nael era rimasto semplicemente a bocca aperta, incapace di concepire qualsiasi forma di pensiero con un minimo di senso.

“Perché?”
“Non lo so.” rispose Ari, accarezzandogli i capelli, dato che aveva la testa poggiata sulle sue gambe.
“Non è giusto.” chiuse gli occhi Nael, cercando di trattenere la tristezza dentro di lui. “Per quanto non potremo vederci?”
“Non so neanche questo.” la voce addolorata di Ari era come un pugno nello stomaco per lui, che afferrò con forza la sua maglia all'altezza della vita e sprofondò il viso nel tessuto.
“Vorrei tanto venire con te.” soffocò la frase nella stoffa e il biondo fece una piccola risata.
“Non sai quanto lo vorrei anche io.”
Natanael si tirò su a sedere e voltò il capo per poterlo ammirare; prese a vezzeggiargli una guancia con la punta delle dita fino a spostargli il ciuffo dietro l'orecchio e giocare con il piercing sul lobo superiore.
Avvicinò il proprio viso al suo e lo baciò dolcemente.
Gli diede un piccolo bacio all'angolo della bocca e, quando avvertì Ari provare a richiedere un contatto più profondo, indietreggiò e passò all'altro angolo, ottenendo un verso di disappunto.
Si mise a ridere e fissò intensamente Ari negli occhi, che in quel momento erano così chiari da riuscire a specchiarsi.
“Mi stai prendendo in giro?” sussurrò Ari con un tono di voce lievemente arrabbiato.
“No, perché lo pensi?” lo guardò sornione, premendo il naso contro il suo zigomo.
“Perché voglio baciarti.”
Nael si ritrasse appena, sbattendo gli occhi più volte.

Cos'ha appena detto?

“Ripetilo.”
Ari diventò subito rosso e le iridi si allargarono.
“Ripetilo o non te lo lascerò fare.”
Quelle parole pronunciate dall'altro non poterono che farlo contento, d'altro canto, era impossibile lasciarsi scappare un'occasione del genere per farsi beffa di lui e per beneficiare ancora e ancora le sue orecchie e il suo cuore.
“Non credo che riuscirai a resistere più di tanto...” provò a controbattere Ari.
“Non sai quanto posso essere ostinato?”

Era bellissimo.
Tutto di quel ragazzo era bellissimo in qualsiasi stato e forma lo si potesse mettere.
Le labbra appena dischiuse, il rossore al di sotto degli occhi, la pelle candida che non faceva che mettere in risalto tutto quello che di più attraente avesse.
Ari gli posò una mano sul collo e si avvicinò alla sua bocca.
“Voglio baciarti.”
“Bastava chiedere.” rispose burlandosi ancora di lui.
Un attimo dopo erano uno sulle labbra dell'altro.
Le lingue erano calde e morbide e si cullavano con tenerezza, lasciando spazio anche a qualche bacio più casto e dolce, al contrario della presa di Nael sul braccio dell'altro, così stretta da non volerlo lasciare andare neanche se gli avesse fatto male. Anche Ari si era aggrappato a lui, circondandogli il collo con tutta la forza che possedeva e lo teneva fermo sul suo viso senza permettere che scappasse.
Quando si staccarono rimasero a fissarsi; le ciglia di Ari solleticavano quelle di Nael e quest'ultimo gli soffiò sulla punta del naso prima di baciarla.

“Vuoi vedere cosa sono capace di fare?” propose a un certo punto il minore.
“Intendi con il Mana?”
Ari annuì con un sorriso pacato.
“Non potrei usarlo senza permesso, ma basta fare cose semplici che non implichino un dispendio eccessivo di energia.”
Nael indietreggiò e posò le mani sul prato, mettendosi comodo per poter osservare quello che avrebbe fatto l'altro. Non credeva che sarebbe mai arrivato il giorno dove avrebbe assistito a qualche trucchetto di magia di quel genere senza provare odio per chi lo stava facendo. Di certo non avrebbe odiato Ari per nulla al mondo, anzi, pensò che potesse essere addirittura divertente.
“È sicuro?”
“Certo che lo è!” esclamò Ari, incrociando le gambe e aprendo il palmo verso l'alto. “Stai a guardare.”
In men che non si dica, una fioca luce azzurra era apparsa sulla sua mano e da questa stava uscendo un piccolo rivolo che poteva essere scambiato perfettamente per acqua vera. Questo salì fino a raggiungere l'altezza del volto e lì si fermò.

Quindi è questo il potere delle divinità...

Nael ne rimase affascinato o, almeno, era quello che credeva.
Il piccolo flusso si mosse ancora e andò a umettargli le labbra. Persino il sapore era quello dell'acqua.
Ari rise e l'attenzione di Nael si focalizzò sulla sua figura. Non ricordava quando era stata l'ultima volta che aveva visto sul volto del ragazzo un sorriso del genere e uno sguardo così tranquillo e sereno per qualcosa che non riguardasse lui.

Ti fa sentire davvero bene questo potere, non è così?

Non seppe se esserne felice o meno. Se da una parte gli dava sollievo il fatto che l'altro fosse così rilassato per quello che gli stava succedendo, dall'altra non lo voleva affatto, perché questo significava che, probabilmente, con il passare del tempo, si sarebbe dimenticato di lui, preferendo il Mana e tutto quello che ne conseguiva.
Una vita dove non erano più fianco a fianco.

Ti sta davvero bene tutto questo?

Il rivolo lo sfiorò appena sulla guancia prima di girare attorno al suo corpo e intrappolarlo in quella che poteva essere una corda d'acqua.
“Così non mi scappi più.” rise Ari e Nael gli sorrise di rimando.

Puoi stare bene anche senza di me...

“Qualcosa non va?” si preoccupò subito il biondo, vedendo uno sguardo sgomento dipinto sulla faccia di Natanael.
Questo scosse la testa, cercando di darsi un contegno davanti all'altro. Non voleva fargli sparire il sorriso che da tanto tempo aveva aspettato di vedere. Si gettò tra le sue braccia, non curandosi del fatto che in quel modo si fosse bagnato tutti i vestiti.
L'acqua evocata si schiantò subito a terra creando una piccola pozza che svanì nel giro di qualche secondo come risucchiata via.
“Va tutto a meraviglia.” Nael gli sussurrò sbattendo il fiato contro il suo orecchio.

Ma io riuscirò a fare lo stesso senza di te?





Ormai era quasi ora di coricarsi e Nael aveva tenuto un comportamento strano per tutto il pomeriggio.
Ari non ebbe il coraggio di chiedere cosa gli passasse nella testa, convinto che fosse a causa della loro divisione che sarebbe avvenuta a breve. Sicuramente era un pugno nello stomaco per entrambi e davvero doloroso, uno di quelli che ti fanno risalire i succhi gastrici fino alla gola e sentir premere le costole sui polmoni e stringere sempre più.
Tuttavia, non era il pensiero che avrebbero dovuto tenere per la durata della settimana o non si sarebbero goduti gli ultimi giorni insieme. Gli ultimi prima di chissà quanto.

Adesso si trovavano nella vecchia cella di Ari, pronti per tornare a passare una notte assieme come ai vecchi tempi.
Nael si tolse la maglietta, dato il caldo di quei giorni, e la posò sul catino senza neanche ripiegarla.
“Ordinato come al solito.” commentò Ari.
Natanael gli fece un cenno con la mano e una smorfia.
L'attimo dopo, Ari agguantò Nael per la vita, sentendo la sua schiena nuda contro il proprio petto. Lo trascinò verso il letto, con una piccola risata, e crollarono entrambi seduti sul materasso.
Il moro voltò il capo per lasciargli qualche bacio sulla testa, poggiata contro la propria spalla, e gli accarezzò dolcemente il braccio che lo teneva inchiodato al letto.
Ari si tranquillizzò lievemente vedendo che comunque non mancava di porgergli attenzioni, poi i suoi occhi caddero sulla sua clavicola.
“Con cosa ti sei sporcato?” provò a passare sopra il pollice, ma aveva tutta l'aria di non volersene andare via.
“Forse uno scatolone era sporco di pittura.” rispose con noncuranza. “Aspettami, vado a lavarla e torno. Faccio subito.”
“Non ce n'è bisogno. Lascia fare a me.”
Dal dito che ancora premeva sulla macchia sporca uscì qualche goccia d'acqua, che insieme allo strofinio di Ari fece tornare pulita la pelle di Nael.

Questo fece un sospiro e abbassò il capo.
Di nuovo erano entrate nella sua testa quelle idee a cui aveva pensato per tutto il pomeriggio. Non sapeva se dare retta o passare oltre, era solo cosciente del fatto che gli procurassero una rabbia e angoscia tale da farlo rabbrividire.
“Per favore, rimani il mio Ari.” il sussurro fu così flebile che non fu sicuro che venne colto.
“Che ti prende?” Ari non riusciva a capire il comportamento dell'altro, lo sentiva solo tremare tra le proprie braccia e la cosa non era piacevole per niente.
Negli ultimi mesi aveva scoperto più paure e ansie di Nael di quante ne avesse mai carpite in otto anni di convivenza.

Non ero consapevole che Nael mi considerasse così importante al punto da dipendere da me tanto quanto io dipendo da lui.

In qualche modo avrebbe dovuto capirlo e in quel momento glielo stava sbattendo in faccia con prepotenza, e la sua voglia di partire verso la scuola del Consiglio si affievolì ancora di più.
Il maggiore si alzò con vigore e cominciò a vagare per la stanza.
“È solo che... sembra che quel potere sia riuscito a eliminare tutte le tue paure in solamente due mesi...” Nael prese a parlare con un ringhio, facendo uscire fuori tutti i suoi sentimenti. Si avvicinò poi ad Ari, portando una mano tra i suoi capelli e stringendo qualche ciocca. “Mentre io non ci sono mai riuscito in otto anni.”

Nael sussultò alle sue stesse parole. Aveva tentato così tanto di non mostrare mai i propri timori davanti all'altro e adesso non faceva che buttarglieli addosso rischiando di intristirlo, tutto perché non era più in grado di mantenere quella maschera di ferro che l'aveva sempre accompagnato, perché non era mai stato messo davvero alla prova.
Aveva perennemente dato per scontato che Ari sarebbe rimasto per sempre al suo fianco e che avrebbero affrontato il resto della loro vita insieme, che un giorno avrebbe visto il suo sorriso risplendere unicamente per lui, ma adesso era tutto cambiato. Per quanto non lo volesse ammettere era davvero così.
Ari non riuscì a credere a quelle parole e non poté nemmeno ribattere.

“Ho sempre voluto che mi vedessi come il tuo eroe, l'unica persona in grado di proteggerti.” Nael lasciò scivolare la mano sulla guancia, dove premette facendo un poco di pressione appena al di sotto dell'occhio. “Invece non ti servo a niente. Hai imparato a difenderti da solo.”

Cosa stai dicendo, Nael? Smettila.

Il biondo non riuscì a tramutare quel pensiero in suono, troppo scosso da quelle rivelazioni.

Quindi anche tu hai molte paure. L'unica differenza tra me e te è che riesci a nasconderle agli altri e a sorridere in qualsiasi situazione.

Non voleva vederlo ridotto in quello stato, gli addolorava terribilmente il petto e subito gli afferrò la mano che lo stava accarezzando.
“Sono così patetico...” affermò ancora Natanael.
“Sei uno stupido, invece.” trovò il coraggio di rispondere. “Tutti questi anni a ripetermi di abbandonare i problemi inutili, di non creare più ansia di quanta già non ne avessi per ogni minima cosa e poi sei tu il primo che si fa questi crucci mentali.” la sua voce era determinata, il suo sguardo glaciale aveva una nota premurosa.
“Sei arrabbiato?” il moro si sedette di nuovo al suo fianco, senza lasciare la presa sulla mano.
“Certo... per non esserti confidato prima con me.” le guance di Ari si colorarono appena di una leggera tonalità rosea, le iridi sempre più chiare risplendevano nella penombra.
“Io...”
“Sei sempre stato l'unico ai miei occhi.” lo interruppe ancora. “E sempre lo sarai. Non azzardarti più a dire che non mi servi a niente... io non esisto senza di te.”
L'imbarazzo lo colse ancora una volta, ormai completamente rosso, nonostante provasse a mantenere un contatto con il volto dell'altro senza mai staccarlo.
“Forse il Mana mi ha infuso un po' di coraggio, forse mi ha dato un po' di speranza. D'altronde è la speranza di poter sfruttare al meglio questa mia nuova capacità per rimanere sempre al tuo fianco. Se questo a te sembra un cambiamento troppo grande, tanto da non riuscire a sopportarlo, allora me ne farò una ragione con il tempo... credo...” fece un piccolo sospiro, cercando di trovare le parole giuste per un discorso che non sapeva com'era riuscito a sorreggere finora. “Ma io ho bisogno di te come a una pianta le radici.”
“Che paragone orribile.” biascicò Nael, colto da un improvviso imbarazzo per quelle parole, e ricevette in cambio un pizzicotto sul braccio.
“Se leggessi un po' di più, sapresti che intendo dire che sei ciò che mi fa rimanere in piedi contro ogni avversità, che assorbe l'energia necessaria per non farmi morire e che trattiene dentro di sé il coraggio per infondermelo quando ne ho più bisogno.”

Ari prese a respirare più velocemente, troppo agitato lui stesso dalle proprie affermazioni, il cuore aveva ormai accelerato i battiti ancora prima di iniziare. Sperò di esser riuscito a cacciar via tutti i timori di Nael così come lui aveva sempre fatto prima d'allora; per una volta era il suo turno di farsi vedere come il protettore che tanto Nael vaneggiava.
“Hai ragione.” rispose il moro, accostandosi ancora di più al suo corpo. “Sono davvero uno stupido.”
In quel momento, Ari poté vedere il solito sorriso pieno di luce sul volto di Natanael e gli si riempì il petto di gioia.

Non farmi mai più spaventare in questo modo. Se anche tu crollassi, chi mi reggerebbe?

Era un pensiero egoista, lo sapeva bene, ma non era forse quello che volevano entrambi? Natanael voleva custodirlo come il più prezioso dei tesori e lui voleva rimanere intrappolato nelle sue catene senza mai allontanarsi.
Senza l'uno, l'altro avrebbe cessato immediatamente di vivere.
“Mi sono davvero rammollito, eh? Non era una fantasticheria la mia.” parlò poi Nael, di nuovo con quel tono rassicurante e quegli occhi che trasmettevano tutto la loro sicurezza.
Il biondo scosse con violenza la testa, rilassandosi.
“Ari, vale ancora quel discorso sul non sprecare neanche un singolo giorno della nostra vita?”
“Certo, ora credo che valga ancora di più. Perché me lo chiedi?”
Natanael lo afferrò per un orecchio e l'obbligò a baciarlo senza incontrare resistenza. Quando si staccarono, gli soffiò a un niente dalle labbra.
“Voglio fare l'amore con te.”

Ari spalancò la bocca, sapendo che quel giorno sarebbe arrivato prima o poi, tuttavia, non avrebbe mai creduto che glielo avrebbe chiesto così spudoratamente.
Non poté fare altro che annuire, ma si rese conto che Nael era rimasto a occhi chiusi, pronto a ribaciarlo qualunque fosse stata la sua risposta e, neanche un secondo dopo, si ritrovò di nuovo con le labbra del ragazzo sulle sue.
Nael lo spinse fino a farlo distendere completamente sul materasso, accompagnando ogni movimento con un bacio, e si sistemò per bene sopra al suo corpo.
Ari non sapeva come agire, non era mai stato in una situazione del genere, nonostante tempo prima stessero già per varcare quella soglia e, quella volta, si era lasciato trasportare dalla passione che gli aveva instillato Natanael. Pensò, quindi, che fosse la cosa giusta da fare anche questa volta.
Aprì appena gli occhi per poter notare quelli socchiusi dell'altro e le ciglia che vibravano impercettibilmente.

Sei così bello.

Avvertì il corpo del ragazzo schiacciare il suo come a peso morto, e provò una sensazione di soffocamento così piacevole che lo trasse ancora di più contro di sé, abbracciandolo.
La pelle nuda della schiena di Nael era calda e liscia. Sentì appena la sua colonna vertebrale per tutta la lunghezza, troppo impegnato a tastare per bene i muscoli.

Così maledettamente bello.

Il contatto tra le loro bocche divenne sempre più profondo e passionale, tanto che cominciava a sentire il respiro affannato dell'altro mischiarsi con la sua saliva.
Le mani di Natanael andarono ad accarezzargli i capelli e successivamente scesero sul suo volto, tracciando ogni singola linea fino ad arrivare alle orecchie, dove non mancò di giocare con uno dei suoi piercing. Dopo di che, continuarono il loro percorso lambendogli appena il collo e Ari rabbrividì lievemente.
Quel tocco era così gentile da farlo cadere in una sensazione di torpore che solo stando vicino a Nael poteva provare. Un piacere che si propagava in tutto l'organismo, arrivando a sfiorare ogni senso e amplificandolo sempre di più.

I suoi occhi vedevano solo la figura profonda e piena d'amore che era Nael; le orecchie udivano il suono dei suoi ansimi che si perdevano tra i loro innumerevoli baci; il naso odorava il profumo della pelle che ormai si era insinuato nelle narici e che avrebbe riconosciuto tra migliaia di persone; la lingua gustava il suo sapore ed era buono da perdere la testa; il tatto percepiva unicamente quel corpo così possente che lo sovrastava e che s'imprimeva nel suo.

Non voglio perdere tutto questo.

Si ritrovò a pensare Ari, strizzando gli occhi per non rovinare quel momento con le sue incertezze.
Per fortuna, Natanael non se ne accorse neanche, troppo preso a occuparsi di lui. Lasciò la sua bocca per dedicarsi alle altre parti del viso, schioccando qualche bacio sulla fronte, sul naso e sulle guance; le sue mani erano scese ancora arrivando alla vita e passando al di sotto della maglia blu per tastargli lo stomaco e l'addome.
Ari si lasciò andare a un sospiro che sbatté contro il padiglione dell'altro.
“Ti vedo piuttosto tranquillo...” Natanael si prese gioco di lui, baciandogli uno zigomo.
Il volto del biondo si ritrovò ancora una volta a diventare arrossato, ancora di più quando quelle dita gli toccarono con poca delicatezza un capezzolo, facendogli emettere un suono gutturale che non riuscì a controllare.
La risata di Nael si diffuse intorno a loro.

Da quanto tempo il moro aveva aspettato quel momento. Così tante volte immaginato per filo e per segno nella sua testa, ma mai potuto realizzare, e si ritrovò a scoprire che era ancora meglio di come l'avesse fantasticato.
Nei suoi pensieri Ari agiva come voleva lui senza inibizione e non poteva neppure avvicinarsi al vero sguardo che lo stava fissando proprio in quel momento. Così acceso e luminoso, un vortice che lo colpiva scuotendolo fin nel profondo dell'animo, quell'amore a cui non avrebbe mai rinunciato per niente al mondo.

“Ari...” pronunciò con voce soave, mentre accostava di nuovo le labbra alle sue, fino a inumidirle con le proprie.
“Cosa succede?” il fiato di Ari vibrò sulla sua pelle provocandogli un leggero solletico.
Nael ingoiò a vuoto, incapace di esprimere ancora una volta quel sentimento, sentendosi uno stupido.
Gli diede un bacio e lasciò perdere, per poi slacciargli la cintura di cuoio in vita e togliergli la maglietta dell'addestramento. La gettò lontana da loro e poté riprendere il percorso delle sue mani che gli sfiorarono le spalle e le braccia fino a unirsi con quelle dell'altro.

Ari le strinse forte fino a farsi diventare le nocche bianche.
“Ehi, così mi fai male.” sorrise Nael.
“S-scusa...” lasciò andare di poco la presa e aspettò la prossima mossa.
Non dovette attendere molto, perché Nael cominciò a lasciare una scia di baci lungo tutto l'addome, vezzeggiando parti di corpo che mai nessun altro aveva toccato, suscitandogli ulteriori brividi.
Ari cercò di trattenere gli ansimi che voleva liberare, però, si sentiva troppo in imbarazzo a reagire in quella maniera per un nulla, quindi voltò il capo per affondarlo in parte nel cuscino.
“Che carino.” commentò Natanael prima di andare a torturare proprio quella zona sul suo petto che l'aveva reso così vulnerabile in poco tempo.
Sfruttò la lingua e i denti, mordicchiandolo fino a quando non udì dei piccoli lamenti finalmente venir fuori dalla gola del biondo.
Ari non riusciva a stare fermo, continuava a girare la testa da una parte all'altra, irrigidendo prima i muscoli delle gambe e poi contrarre lo stomaco non appena sentiva risalire l'ulteriore gemito.

Quanto posso essere un bambino sotto questo punto di vista?

Ma a Nael non importava, proseguiva con le sue attenzioni, sempre più audaci, liberando una mano per riprendere con le carezze e giungere alle sue cosce. Non appena le toccò, Ari lo tirò per i capelli, massaggiandolo e incastrando qualche ciocca tra le dita.
Natanael tornò con il volto sul suo e lo baciò per l'ennesima volta.
Non fu che un attimo che intrufolò una gamba tra le sue, premendo di nuovo con tutto il corpo, ed entrambi sentirono una scarica elettrica attraversarli da capo a piedi.
Ari, in quel momento, capì che stavano facendo sul serio e non poteva più tirarsi indietro.

Non voglio tirarmi indietro.

Aveva aspettato anche lui a lungo di avere un rapporto del genere con Nael e il piacere inconfondibile era già penetrato al suo interno e non voleva che svanisse mai. Voleva provarlo ancora e ancora per cancellare tutti i tormenti della sua vita.

Questi sono i miei ultimi giorni con te prima di dividerci...

Si ripeté.

...e voglio assaporarti in ogni centimetro, imprimermi ogni parte del tuo essere...

Il continuo strofinio del moro aveva ormai acceso l'eccitazione in entrambi e Ari perse il filo dei suoi pensieri per un attimo.
Sentì un mugugno uscire dalla bocca di Nael, roco e soffocato, e la cosa lo stimolò di più nei sensi.
Era anche di questo che voleva bearsi, per quanto potesse essere non molto innocente.

Non c'è altro di cui io voglia vivere se non di te.

Ari lo massaggiò lungo la colonna vertebrale fino ad arrivare al fondoschiena sul quale si soffermò: i denti di Nael erano sul suo collo e lo mordevano incessantemente tra un gemito e l'altro, lasciandogli anche qualche segno.

Voglio che tu mi appartenga, così come io voglio appartenerti.





Ormai era impossibile nascondere la conseguenza del loro atteggiamento.
Se fino a poco prima era arrivato a odiare quel potere che scaturiva dalle mani del biondo sotto di lui, adesso ne avrebbe fatto volentieri uso per spegnere l'incendio che si stava divulgando su ogni centimetro di pelle.
Una raffica di sensazioni dietro l'altra affluiva nella sua testa, tanto che credette di star morendo di febbre, quando in realtà non era che desiderio che si era completamente impossessato di lui.
D'altro canto, non voleva perdere la testa in un atto di passione. Aveva tutta l'intenzione di trattare Ari nella maniera più gentile possibile, trasmettergli tutto quello che aveva sempre provato per lui e fargli agognare quelli stessi sentimenti per egli stesso.

La voce soave di Ari nelle sue orecchie gli stava facendo perdere la ragione, per non parlare del flusso di sangue che si stava concentrando in parti specifiche del suo corpo.
Era tutto così piacevole che si ritrovò al più presto in balia di esso e volle solamente aumentarlo.
Si alzò appena dal corpo di Ari per riuscire a togliersi i pantaloni e vide che il minore stava facendo lo stesso con i propri, senza neanche pensarci sopra.
Nael lo bloccò nemmeno a metà percorso per sfilarli lui stesso e prese, poi, a massaggiargli l'interno coscia, sfiorando la sua erezione ben evidente.
Ari sprofondò nel materasso, lasciando sfuggire altre piccole note di lamenti, troppo soggiogato dalle azioni dell'altro, inibito unicamente dal fatto che lo volesse tanto quanto lui nonostante l'imbarazzo.
L'attimo dopo, Natanael aveva cominciato a toccare la sua intimità, privandolo anche dei boxer. Il suo tocco era lieve e pacato e i suoi occhi eterocromi si persero nell'ammirare quel corpo nella sua interezza, benché già lo conoscesse a memoria.
I muscoli del biondo si facevano sempre più tesi ogni volta che lo stimolava in certe zone, gli occhi erano dischiusi per poterlo osservare, malgrado la patina che gli velava la vista, la bocca semiaperta non riusciva a contenere i gemiti.

Non credevo che si potesse arrivare ad amare una persona a tal punto...

Nael non aveva mai toccato nessuno a quel modo e nessuno si era mai avvicinato ad Ari così, e questo lo rendeva ancora più speciale, ancora più unico. Entrambi non si erano mai concessi a nessun altro perché a nessun altro spettava quel posto che faceva straripare i loro cuori.
Nael si sentiva così felice da voler piangere.

...da voler vivere solamente per lei.

Posò la fronte su quella di Ari, che lo circondò con le braccia e che gli diede qualche bacio a schiocco tra un sospiro e l'altro. Quella sensazione così nuova per il biondo gli sembrava talmente normale che pensava che solo con Nael avrebbe potuto condividerla. Inoltre, non voleva soltanto ricevere, era arrivato il momento anche di far sentire quanto gli importasse di quel ragazzo che si era sempre preso cura di lui per ben otto anni.
Quando Nael sentì scivolare la mano del ragazzo dagli occhi azzurri – che adesso erano persino più intensi del cielo a mezzogiorno – fino ad arrivare al suo stesso membro, trasalì, facendo un gemito arrochito, non aspettandoselo. Forse, dopotutto, le sue fantasticherie si sarebbero avverate più del previsto.
Di come Ari si fosse lasciato andare a quella maniera non ne aveva idea, sebbene, ovviamente, la cosa lo rendesse ancora più soddisfatto e appagato.
Le dita del ragazzo tremavano appena al di sopra della stoffa dell'intimo, ma i movimenti erano decisi e forse persino troppo vigorosi, da far credere a Nael che non sarebbe durato molto.
Si distese al suo fianco lasciando che continuasse e riprendendo a toccarlo anch'egli.
Rimasero fissi a contemplare i reciproci volti, così dissimili eppure così uguali in quel momento: entrambi avevano le guance arrossate, le labbra gonfie, gli occhi pieni d'affettuosità e il fiato ansimante.

“Sei la creatura più bella che io abbia mai visto.” affermò a un certo punto Natanael, sorridendo e sbattendo il suo respiro sul naso dell'altro, baciandolo di conseguenza.
“Mai quanto te.”
Senza rendersene conto, Nael si ritrovò sovrastato da Ari.
Si era portato a cavalcioni su di lui e aveva cominciato a imprimere il suo passaggio ovunque. Le labbra non si staccavano mai dalla sua pelle, seguendo una linea dalla fronte fino all'ombelico, e dovette inarcare più volte la schiena per non emettere suoni troppo strani.

Non credevo che avresti preso il comando in questo modo.

Si ritrovò a ironizzare tra sé, sbuffando allegramente.
La concentrazione del ragazzo sopra di lui era impagabile, muoveva le labbra ovunque lo portasse l'istinto e queste gli solleticavano la pelle e l'umidificavano. Successivamente, si soffermarono sul suo addome e cominciarono a succhiarlo avidamente fino a fargli rimanere un segno rosso.

Non credevo neanche che sapessi fare cose di questo tipo.

Nael lo prese ancora in giro nella propria testa e inarcò per l'ennesima volta la schiena quando le mani si posarono di nuovo sulla sua erezione, riprendendo da dove avevano lasciato poco prima.
“Ari...” non seppe che altro dire, troppo scosso dal comportamento audace, troppo sottomesso a quel piacere.

Troppo dipendente da te.

Non si accorse neppure di essere all'improvviso nudo.
Neanche Ari sapeva cosa gli fosse preso tutto d'un tratto; l'unica cosa di cui era consapevole era che a causa sua e dei suoi timori avevano perso chissà quanti giorni, mesi o anni nascondendo i loro sentimenti, e adesso doveva ripagare Nael di ogni singolo secondo. Se a parole gli era difficile, allora avrebbe usato i gesti, sebbene questi gli procurassero un imbarazzo eccessivo.
Però, nella sua mente, continuava a ripetersi che era per Nael e solo per Nael, quindi poteva anche sorvolare su qualcosa come il disagio puramente corporale e amarlo com'era giusto che fosse, soprattutto dopo il dolore e i problemi che gli aveva creato.
Natanael riprese a muovere il bacino, cercando un contatto più profondo con la mano di Ari, ormai era diventato tutto così amplificato che non gli bastava soltanto qualche carezza leggera.
Voleva assolutamente dipendere da quel ragazzo.

Sei sicuro che sia io la radice e non tu?

Ari credeva davvero in quelle parole, altrimenti non le avrebbe mai dette, e Nael ne era ben lieto di averle udite, solo non era sicuro che fosse un discorso a senso unico.
Se lui era la fonte di sostentamento per Ari, in ugual maniera Ari lo era per lui.
Non era il singolo che dava la forza all'altro.
Era la loro unione che permetteva a entrambi di continuare a esistere in quella vita.
Nael si tirò su a sedere e, senza indugi, prese il biondo per i glutei e lo avvicinò al proprio bacino, muovendolo sempre più forte. Questo lo lasciò fare, aggrappandosi a lui con tutta la forza che possedeva e andando a ritmo procurando sempre più brividi.
Il moro prese a succhiargli la clavicola fino a ottenere un evidente marchio rosso, successivamente, fu catturato per il volto e costretto a un bacio profondo, scandito dagli ansimi crescenti in entrambi.
Andarono avanti per qualche minuto, fino a quando Nael non decise che fosse arrivato il momento di proseguire oltre.
Andò a stimolare l'apertura di Ari con le dita, sentendolo irrigidire immediatamente i muscoli, e gli soffiò lievemente nell'orecchio per tranquillizzarlo.
“Va tutto bene...”

Lascia che ti faccia mio.

Ari annuì con gli occhi lucidi mentre un dito si faceva strada in lui, abituandolo alla successiva intrusione di un secondo dito.
Stava succedendo per davvero, nessuno dei due se lo stava immaginando, finalmente era arrivato il momento dove si sarebbero concessi all'unica persona che avevano mai amato in quel modo in tutta la loro vita.
Per quanto sapesse bene che sarebbe stato doloroso, Ari strinse i denti accogliendo quell'invadenza nelle sue parti più intime, cacciando indietro la paura e l'impaccio per lasciarsi trasportare da tutto il resto che di positivo albergava dentro di lui.
Nael sentiva di non resistere più, ma non voleva fargli del male, quindi impiegò tutto il tempo necessario per prepararlo, consolandolo con frasi dolci e baciandolo in continuazione fin quando non lo sentì rilassato contro di sé.
Lo fece stendere di nuovo sul materasso e, con una mano tra i suoi capelli e le labbra incollate alle sue, entrò piano in lui.

Tu mi appartieni, così come io appartengo a te.





Erano diventati una cosa sola.
Nessuno dei due era più in grado di pensare, troppo presi l'uno dall'altro.
Nael non sapeva se esistevano delle parole per descrivere la sensazione di ritrovarsi nel corpo di Ari, e Ari non sapeva se poteva permettersi di essere talmente felice da non curarsi molto della fitta di dolore che gli fece scappare qualche lacrima.
Era così che ci si doveva sentire quando si capiva di appartenere a qualcuno?
Era così che si condivideva una vita?
Era così che nessuno dei due avrebbe più potuto sciogliere il legame che condivideva con l'altro?
Entrambi speravano che la risposta a tutte queste domande fosse sempre .

La delicatezza con cui Natanael si muoveva, fece piangere Ari ancora di più e tutte quelle lacrime vennero asciugate dalle labbra del moro, che poi lo baciò per fargli assaporare quel sapore salato che custodiva dentro di sé tutta la gioia che non aveva mai percepito sulla propria pelle nell'intera vita.
Entrambi compresero in quel preciso istante che, se fosse esistito un sentimento che pompava il sangue al posto del cuore, che scambiava aria al posto dei polmoni e che ti dava la forza di muoversi al posto dei muscoli, quello sarebbe stato proprio il sentimento che provavano l'uno per l'altro.
Non c'erano eccezioni a quest'affermazione.
Era sempre stato così.
Davvero potevano vivere solo in relazione all'altro.

Le spinte di Nael erano accompagnate dai movimenti di bacino di Ari, sempre più intense e sempre più veloci, oltrepassando la soglia della tenerezza, diventando ossessione, smania d'eccitazione e voglia di possedere i reciproci corpi.
Ormai Ari si era ben abituato a quell'intrusione e Nael si era lasciato completamente andare.
Gli ansimi si mischiavano nelle loro bocche, incollate tra loro il più possibile, non permettendo neanche all'ossigeno di passare fin quando non ne avessero avuto davvero bisogno; la loro pelle era sudata e non tralasciava neanche uno spazio aperto tra i due corpi.
“Ari...” ogni tanto Nael si lasciava scappare il nome dell'altro con quel suo tono roco, gemendo al tempo stesso, e il minore non poteva che mancare un battito e perdersi negli occhi del ragazzo che lo fissavano incessantemente.
Fu anche sul punto di lasciar fluire il mana per un paio di volte, incapace di gestire sia quello che stava provando che quell'energia dentro di lui, ma fortunatamente non si ritrovò nessuno dei due madido d'acqua.
La passione prevalse ancora per qualche minuto fino al raggiungimento dell'apice e crollarono esausti dal trasporto appena concluso.





Il respiro di Nael sbatteva con vigore sulla sua guancia e lo strinse contro di sé, accarezzandogli su e giù il braccio intanto che anche lui riprendeva fiato.

Questo è amare anima e corpo qualcuno?

Voltò il capo appena per riscontrarsi nel profondo occhio nero di Natanael, che lo guardava ancora con un velo opaco davanti a sé, e gli sorrise. Nael ricambiò il sorriso, posandogli un casto bacio sulle labbra, e una piccola lacrima lo colpì sul mento.
“Perché stai piangendo?” domandò Ari, asciugando quella piccola perla che era sfuggita da quegli occhi.
Il moro trasalì, non essendosi neanche reso conto di star piangendo.
“Deve solo essere...” cercò di trovare le parole. “Ah... non lo so... felicità.”

Completezza. Voglia di vivere. Soddisfazione.

Pensò tra sé e sé Ari, riuscendo a capirlo guardandolo attentamente e vedendo una scintilla speciale illuminargli le iridi.
Nael poggiò la testa sul suo petto e tracciò linee immaginarie con il dito su di esso, in risposta venne cullato teneramente con delle carezze tra i capelli e il viso.
“Dannazione.” esclamò a un certo punto il maggiore.
“Mh?” mugugnò Ari, sentendo che stava per precipitare in un sonno profondo.
“Mi dici come faccio adesso a stare in astinenza per chissà quanti mesi?” la sua voce lasciava trapelare solo serietà.
“Nael!” l'ammonì Ari.
“Questo è un problema serio!” Nael si alzò sui gomiti, spostando il ciuffo biondo cenere dalla fronte dell'altro.
Il volto di Ari si incendiò, le pupille si dilatarono e non seppe come rispondere, pensando unicamente che fosse uno stupido e che per l'ennesima volta fosse stato preso in giro nella maniera più facile possibile.
“Sei insopportabile...”
“Sì, sì...”
Nael non gli diede retta e lo baciò ancora una volta, prima di addormentarsi al suo fianco con le mani e le gambe intrecciate tra loro a simboleggiare che la loro unione non sarebbe mai finita.
Erano entrambi la radice del cuore dell'altro.




NOTE DELL'AUTRICE
Aaaaah =w= che patati.
Finalmente hanno consumato il loro amore, che stava durando da molti anni senza che lo sapessero perché sono stupidi y.y No, non lo siete, ma, come dice Nael, avete da recuperare un sacco u.u
Vi è piaciuta la scena d'amore? Ho cercato di renderla il più dolce, tenero, pieno di sentimento possibile :3
Non ho molto da dire, se non che ringrazio fisiologia vegetale che mi ha fatto venire l'illuminazione durante la stesura del capitolo qualche mese fa ahaha! Anche fisiologia animale u.u Brava università, ti meriti i complimenti.
Spero abbiate anche apprezzato Nael, perché avete capito come è davvero. Anche lui ha insicurezze, anche lui soffre e non è quel ragazzo che ho definito “ladro impavido” nel primo capitolo. Inoltre, adoro vedere il lato debole nei personaggi, sono le scene di cui mi piace di più scrivere.
Detto ciò, vi lascio ai vostri sentimenti (sperando che siano tutti positivi!) e ci sentiamo la prossima settimana con un nuovo capitolo della Nari!
Amate e fateli amare a tutti quanti <3
Grazie a tutti, davvero e buona giornata!
Flor <3

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - L'elemento che un padrone sceglie di avere ***


CAPITOLO 11
L'ELEMENTO CHE UN PADRONE SCEGLIE DI AVERE

 

Agosto, anno 439 del XII periodo

I sei giorni passarono più velocemente del previsto.
Se lo sarebbe dovuto aspettare, ma, adesso, Ari non era per niente convinto di volersene andare lasciando Nael per l'ennesima volta e chissà per quanti mesi; non voleva andare alla scuola dei maghi e non voleva trasferirsi sulla nave del Consiglio Maggiore.
Solo adesso che doveva partire si era reso conto che sarebbe stato da solo, in mezzo a gente che non aveva neanche mai visto e con la quale non voleva averci niente a che fare.
Sarebbe stato uno dei periodi peggiori della sua vita.
“Non te ne andare.”
E Nael non aiutava per niente con la sua insistenza e la sua voce tremante.
Ari negò con la testa e si sforzò di sorridergli.
“Fammi venire con te.” insistette. “Posso rimanere rinchiuso nella tua stanza tutto il giorno senza farmi vedere da nessuno, non avrò neanche bisogno che mi porti da mangiare. Starò a digiuno!”
“Per mesi?” lo guardò di sbieco per quell'idea folle.
“Posso resistere!”
Ari rise e lo abbracciò forte.

Non voglio...

La lontananza, la solitudine, l'inettitudine. Tutte queste sensazioni attraversarono la mente del ragazzo dagli occhi cristallini, che non riuscì a trattenere le lacrime.

Non voglio.

“Ari sei tutto per me.” Nael lo strinse con maggior vigore, premendo sulla sua testa e schiacciandola contro la propria spalla.
“Non dire queste cose, altrimenti mi costringi a rimanere.” singhiozzò.
“Allora te lo dirò fino a quando non sarà così.”
“Ti faranno del male se non mi presento entro qualche minuto...” premette il naso contro il suo collo e gli posò una serie di baci leggeri.
“Fai tra qualche ora...” rispose Nael lascivo, portando una mano verso i glutei dell'altro, finalmente contento di aver potuto assaporarne la morbidezza così come aveva sempre creduto che fossero, e anche ben più di una volta.
“Non posso.” Ari gli fermò la mano e se la portò alla bocca per baciarne ogni nocca, tremando appena. “E poi sei un pervertito.” aggiunse mordendogli un dito.
“Che vuoi? Non è mica colpa mia. Anche qua avevo da recuperare.”
Ari fu gratificato dal fatto che Nael la stesse prendendo a quel modo, malgrado la tristezza che incombeva sopra le loro teste, ma, probabilmente, stava tenendo quell'atteggiamento solo per non causare ulteriori ferite e si sarebbe sfogato solo in seguito.

Non voglio!

“Nael..!” si gettò ancora tra le sue braccia e scoppiò in un pianto disperato, seguito da un sospiro pieno di avvilimento del maggiore, che non poté resistere nel vederlo in quello stato.
Ari si staccò appena per baciarlo. Scontrò le labbra in maniera rabbiosa e furente, violando subito l'interno della sua bocca, lambendogli il palato con la lingua e giocando con la sua fino a quando non sentì un singulto risalire dalla gola e dovette fermarsi per rovesciare ulteriori lacrime.
Nael gli prese il volto tra le mani e riprese a baciarlo, questa volta con più delicatezza, imprimendo il sapore in modo da non scordarsene per almeno qualche giorno.

Non credo di sopportare così tanto tempo senza di te, Nael... io... se solo potessi...

“Prometto che verrò a trovarti...” affermò, poi, Ari.
“Come fai a prometterlo?” gli spostò il ciuffo dietro l'orecchio, prendendo a giocare con il piercing.

Quanto mi mancherà questo gesto...

“Chiederò dei permessi...” il suo sguardo si fece d'un tratto risoluto. “Li sfinirò fino a quando non accetteranno.”
Natanael scoppiò a ridere, anche se in realtà avrebbe tanto voluto piangere.
“Non sto scherzando!” le guance di Ari si ingrossarono appena. “Voglio venire a trovarti di tanto in tanto, altrimenti non seguirò gli studi.”
Le spalle del moro cominciarono a tremolare, incapace di reggere oltre. Da quando non era più in grado di mostrarsi forte davanti ad Ari? Forse da quando aveva abbattuto tutto quello che lo faceva sembrare un ragazzo tenace e coraggioso ai suoi occhi, gli aveva mostrato le debolezze che si celavano nel suo animo e gli aveva permesso di abbracciarle tutte.
Debolezze accompagnate dai sentimenti che non facevano che accrescersi giorno per giorno.
“Sei stato troppo al mio fianco che adesso inizi a parlare anche come me.” rispose con quella frase, catturando il corpo di Ari e incastrandolo tra le proprie braccia, in modo da non fargli vedere le lacrime che avevano cominciato a sgorgare dai propri occhi e rimasero in quella posizione fin quando non ebbe finito di piangere.
“Posso accompagnarti?” propose Nael.
“Non puoi salire fino al piano dei maghi...”
“Almeno alle scale...”
Ari annuì e insieme uscirono fuori dalla cella.
Il braccio di Natanael circondava le spalle dell'altro, che lo tenne stretto per la vita fino a quando non dovettero separarsi per davvero, entrambi riluttanti all'idea, seppure costretti da un qualcosa che non potevano decidere.


“Abbiamo completato tutti i preparativi per il trasferimento del ragazzo.” la voce della Somma Keneke risuonava all'interno della sfera, nell'ufficio di Hamar. “Ti pregherei di avvisarmi non appena sarete pronti per la procedura.”
“Ovviamente, Somma Keneke.” la voce arrochita del mago fu accompagnata da un cenno del capo.
“Il ragazzo non sa cosa sta per affrontare, vero?”
“Mi sono premurato di raccontargli solamente quello che mi ha riferito.”
“Ottimo.” la donna sprofondò nella sedia e incrociò le braccia.
“Spero che abbia fatto la scelta giusta.” commentò Hamar.
“Cosa ti fa credere che non lo sia? Dubiti per caso del Consiglio Maggiore?” il tono della maga era duro e autorevole.
“No, certo che no.” ingoiò a vuoto il vecchio, grattandosi la tempia sinistra.
“Lo immaginavo.” rispose con una punta di scherno e passò qualche secondo prima che parlasse ancora. “La Somma Freya verrà a farvi visita, non appena sarà tutto terminato, per prendere gli oggetti personali del giovane apprendista; avvisi quindi il ragazzo di non preoccuparsi.”
“Certo, Somma Keneke.” in quel momento pensò di dover fare le pulizie per ospitare per qualche minuto nel suo ufficio la maga del vento del Consiglio, ma convenne che fosse meglio non mostrarglielo affatto e lasciarle unicamente la borsa con i vestiti di Ari.
“Aspetto tue notizie, non farmi attendere a lungo.”
Senza neanche aspettare una risposta, la donna interruppe la chiamata e Hamar si alzò dalla sua sedia per andare a controllare dove fosse finito quel ragazzo.
Ormai i sei giorni erano passati, tuttavia, dai racconti di Wayra, non sapeva se fosse stata una giusta scelta lasciarlo con quel Sacrificio per così tanto proprio prima di un giorno talmente importante per lui. Probabilmente si sarebbe lasciato corrompere e non sarebbe tornato in tempo e lui ne avrebbe sorbito le conseguenze direttamente dalle decisioni del Consiglio Maggiore.
Non voleva, di certo, perdere il suo posto di lavoro.
In quel momento, però, vide avanzare verso di lui il ragazzo dai capelli biondo cenere che gli coprivano metà viso, dato che stava a testa bassa, tremante presumibilmente dal pianto.
“Bentornato, Ari.”
Ari non alzò lo sguardo, facendo solo un cenno del capo come risposta e strinse i pugni per non cedere alle lacrime disperate di cui aveva tanto bisogno in quel preciso istante.
“È giunto il momento di partire.” continuò il mago della luce.
Ari sussultò e nemmeno si accorse di essersi morso il labbro in modo tale da farsi uscire qualche goccia di sangue.


“Mi mancherai.” la voce di Wayra era gentile. “Spero davvero che tu possa tornare qui da noi.”
“Anche tu mi mancherai.” quella frase era a metà tra la verità e formale cortesia.
“Non come questo qui, immagino.” continuò il mago del vento, indicando Niremann che borbottò qualcosa di inudibile per entrambi. “Comportati bene, mi raccomando, e impara il più possibile. Voglio che un giorno anche tu possa sedere in mezzo ai membri del Consiglio. Ne hai tutte le capacità.”

Ti ringrazio, Wayra, di porre così tanta fiducia in me, ma questo non è il mio obiettivo.

Annuì semplicemente e si portò una mano tra i capelli, spostandoli dietro all'orecchio.
“Ricorda.” cominciò a parlare Hamar. “Libera il tuo animo o sarai sopraffatto dalla malevolenza.”
Non poteva aspettarsi che una frase ad effetto dal vecchio e lo ringraziò ancora una volta per tutto quello che aveva fatto per lui nei due mesi passati su quel piano dell'aeronave.
“Potete aprire il portale.” la voce possente di Niremaan sbatté contro una sfera posta sulla scrivania.
Ari non riuscì a vedere con chi stesse parlando, però, riconobbe una voce femminile.
“Siamo pronti al trasferimento dell'allievo.”
Tutto nella stanza cominciò a vibrare, tanto che sembrava essere scoppiato un terremoto.
Ari si fece prendere dal panico non sapendo cosa fare e come comportarsi, ma notò lo sguardo fermo degli altri tre maghi e cercò di darsi un contegno.

Non devo avere paura, o non ce la farò mai a salvare Nael.

Puntò gli occhi sulla finestra ovale dove la prima volta aveva visto Hamar affacciato e si rese conto che stava succedendo qualcosa: una luce bianca intensa, che gli fece diventare gli occhi come vetro, si stava ingigantendo sempre di più a partire dal centro di essa.
Tutto si illuminò e diventò bianco, i colori erano ormai impossibili da distinguere nella loro reale forma e dovette mettersi una mano davanti al volto, incapace di sostenere oltre quella luce.

A salvare me.

Quando l'intera finestra risplendette di quel bagliore, gli oggetti cessarono di tremare e si sentì solo un suono come di una pulsazione provenire da quella fessura che si era aperta.
“Buona fortuna.”
La grande mano di Wayra si posò sulla sua spalla e il ragazzo capì che quello era il portale di cui poco prima aveva sentito parlare.
Ingoiò a vuoto e fece un passo alla volta verso la luce, lentamente, cacciando indietro tutti i timori che in quel momento gli stavano urlando a gran voce di prendere e correre più veloce che poteva e scendere le scale per raggiungere Nael.
Però non lo fece e continuò ad avanzare verso di essa, fino a quando non entrò prima con una mano e poi con il resto del corpo.

A salvare entrambi.

All'improvviso, l'unico colore che i suoi occhi riuscivano a percepire era il bianco.


Attraversare il portale gli aveva fatto salire un senso di nausea, che per poco non lo fece vomitare.
Inspirò ed espirò più volte, cercando di tranquillizzarsi, e si diede qualche pizzicotto sul volto per riprendere il colorito.
Non appena si era ritrovato completamente immerso nel portale, si era sentito come librare nel vuoto; gli occhi erano rimasti chiusi per tutto il tempo, incapaci di aprirsi, quindi non poté vedere nulla fino a quando non capì che fosse tutto finito.
Sperò che al loro riaprirsi avrebbe scorto dei volti nuovi che lo stavano attendendo sull'aeronave, invece non fu così.
Era in un enorme spazio aperto, dove il colore dominante era il bianco, tanto che non era neanche sicuro che ci fosse un pavimento sotto di sé, ma il fatto che, in quel momento, fosse appoggiato a terra con il corpo doveva significare che qualcosa di solido e concreto doveva esserci al di sotto. Per il resto non si poteva distinguere nulla perché nulla c'era da guardare.
Solo bianco, bianco ovunque.

Che posto è questo?

Ari si alzò da terra un po' barcollante, ancora il senso di nausea non era svanito del tutto.

Devo aspettare qualcuno?

Perché non gli era stato detto cosa avrebbe dovuto fare? Perché non aveva posto egli stesso una miriade di domande per capire come si sarebbe svolto il suo trasferimento?
Strinse i pugni per fermare il tremore delle dita e si morsicò il labbro.
Avanzò di qualche passo, giusto per assicurarsi che ci fosse davvero un pavimento sotto ai suoi piedi e poté constatare che non stesse camminando nel vuoto.
La cosa lo rassicurò appena.
Si girò più e più volte, tentando di captare qualche rumore di passi, di vedere qualcuno avvicinarsi o qualsiasi cosa che non fosse quel silenzio e quel bianco abbagliante che gli stava facendo venire anche mal di testa.
All'improvviso, un fulgore scoppiettò all'orizzonte, non riuscì a capire quanti metri fosse distante, eppure era sicuro che fosse successo qualcosa.

Forse sono venuti a prendermi...

Avanzò più sicuro verso di esso, ma più camminava e più tutto rimaneva costante, senza cambiare di una virgola e nessuna ombra faceva capolino ai suoi occhi cristallini.
D'un tratto si fermò sul posto, sussultando e sgranando gli occhi.

E se avessero sbagliato la procedura?

Era un pensiero orribile, che gli ronzò nella testa e che gli fece bloccare le gambe.

Se avessero commesso davvero qualche errore e fossi destinato a rimanere in questo posto desolato per sempre? Morirei nel giro di qualche giorno senza cibo né acqua e non potrei più fare niente...

Cadde in ginocchio, facendosi anche male dal colpo e si portò le mani alla testa, aggrovigliando le dita tra i capelli e scuotendo il capo.
“Non è possibile...”
Non poteva essere davvero così. Se ci fosse stato un qualche pericolo, Niremaan avrebbe subito colto l'occasione per spaventarlo e, invece, tutti sembravano così calmi e tranquilli per questo passaggio verso l'aeronave del Consiglio.

Che cosa faccio? Che cosa faccio?

Ari si scervellò, cercando di capire come uscire da quel posto. Forse doveva solamente attendere, ma i minuti ormai stavano scorrendo e lui non aveva fatto altro che rimanere inginocchiato a terra a tremare e a fare pensieri negativi di ogni genere.
“Maledizione!” esclamò tra i denti, picchiando una mano a terra e sentendo affluire il mana.
Come una piccola scossa, questo schizzò via dalle dita con un getto potente proprio davanti a lui.
Alzò lo sguardo e notò che questo emise lo stesso crepitio che aveva percepito qualche minuto prima.

Che cos'era?

Ari si sentiva confuso.
Non capiva dove fosse, perché non gli avessero spiegato come uscire da lì e perché nessuno ancora si stesse preoccupando di venire a recuperarlo.
Si rimise in piedi e procedette verso il punto dove il mana era esploso in una piccola pioggerellina prima di svanire.
Quando arrivò, gli si presentò davanti una visione del tutto nuova e inaspettata.
Una miriade di scie di Mana di tutti i colori dello spettro visibile stavano volteggiando per tutta la zona e si scontravano tra loro creando piccoli strepitii, così come quelli che aveva visto poco prima. In qualche modo gli ricordò la stanza dove aveva eseguito la Prova degli Elementi.
Si mischiavano tra loro, si abbattevano l'un l'altro o deviavano strada ad ogni loro scontro, riflettendosi tutti negli occhi di Ari che li catturava come uno specchio.
Quello spettacolo gli scaturì una sensazione di meraviglia e paura nello stesso tempo.
“Ma dove...”
Avanzò ancora, a bocca aperta e a testa alta, continuando a girarsi di qua e di là per captare tutti gli spostamenti del Mana.
Fu attraversato da più di essi e, come la volta precedente, questo non gli causò dolori o particolari conseguenze sugli abiti e il resto del corpo.

Sembrano tutti provenire da laggiù...

Ari seguì con gli occhi lo spazio dal quale sembrava che tutti scaturissero fuori e decise di avviarsi verso di esso, questa volta più sicuro di sé, pensando che forse si stesse avvicinando all'uscita.

Se esiste un qualcosa da cui esce fuori tutto questo Mana, allora quel qualcosa può anche condurre all'esterno.

Dovette camminare per ancora parecchi minuti. Non ne era sicuro, ma credette che fosse passata quasi un'ora da quando si trovava in quell'area.
Le scie si facevano più intense e vicine tra loro, probabilmente era un segno che fosse quasi arrivato a destinazione, dato l'ammasso di energia che incombeva su di lui in quel momento e che lo pressava su ogni parte del corpo, rendendo difficile controllare il flusso che si muoveva al suo interno e che stava chiedendo di liberarsi.
Per l'ennesima volta si ritrovò davanti a qualcosa a cui non era in grado di fornire una spiegazione: ormai l'intera zona era talmente impregnata di tutte le forme di Mana che il bianco sottostante, che fino ad allora aveva dominato, adesso era inesistente, sostituito da ogni colore che si trovava in natura.
Il problema era che non esisteva nessuna finestra, nessun portale, nessun buco da cui tutta quell'energia sgorgava. La stanza finiva con un enorme muro intriso di potere dalla quale si staccavano tutte le luci che prendevano a viaggiare senza comando.

È forse uno scherzo?

Ari fu preso ancora dal panico.
Non esistevano vie d'uscita, sarebbe stato per sempre rinchiuso in quel posto. Ora ne era certo.
Trattenne le lacrime, non volendo cedere ancora a quelle debolezze.
Si era ripromesso di essere forte e tale doveva restare, non importava tutta la paura che albergava in lui e neanche il fatto che l'ansia cresceva sempre di più da fargli esplodere la testa.
Picchiò un pugno sul muro e cacciò un urlo.
Non per la rabbia, ma perché il contatto con esso gli aveva procurato un dolore acuto insopportabile. Si guardò la mano, riscoprendola arrossata come se avesse subito una bruciatura e il semplice sfiorarla gli fece raggelare il sangue dalla fitta.

Perché il Mana mi dovrebbe procurare...?

Non finì neanche il suo pensiero che un'idea gli balenò nella mente.

Devi stare calmo, Ari. Non preoccuparti, andrà tutto bene.

Il sorriso di Nael si fece spazio dentro di lui.

Per due mesi mi è stato insegnato a comandare il mio potere, quindi non devo far altro che sfruttarlo a mio vantaggio.

Non era sicuro di quale fosse il suo piano o di quale connesso ci fosse tra quella stanza e il Mana dell'Acqua, tuttavia, l'avrebbe subito scoperto.
Si mise in ginocchio, con la schiena dritta e le braccia alzate perpendicolari alla spalla. Socchiuse gli occhi così come i pugni, rivolti verso l'alto, e si concentrò mentalmente, scacciando via tutte le incertezze.
Liberò la mente da ogni cosa fino a quando non percepì unicamente il pulsare del proprio cuore e il defluire dei fluidi nel suo corpo. Era così chiaro adesso distinguere il mana dal resto, così nitido il suo scorrere, così scoppiettante la sua energia.
Lasciò che questo prendesse il sopravvento sul suo corpo, facendolo scontrare nelle sue vene, lasciandolo fluire nello stomaco fino a quando non sentì ripiombare la nausea, ma si trattenne e rimase immobile, aspettando un segnale che non sapeva come avrebbe riconosciuto, sebbene sicuro di potercela fare.

Mostrami la strada.

Le sue mani stavano diventando di un azzurro intenso, ma ancora non lasciò andare la presa.

Tangaroa, questo è il Mana che hai voluto donarmi, mostrami cos'è in grado di compiere il volere di una divinità.

Spalancò gli occhi insieme alle mani, un flusso vigoroso ne scaturì fuori ed eruppe con un rumore assordante, picchiando sul muro con forza, come a volersi creare da solo un'uscita.
Ad ogni botta ne seguiva un fracasso come di un'onda che s'infrange sugli scogli in un giorno di tempesta, incontrando sempre più ostacoli sul suo cammino.
Tutto il Mana che fino a poco prima stava affluendo fuori da quel muro, pian piano stava venendo assorbito dal suo flutto, richiamando ancora più potenza in sé e sbattendo sempre più ardentemente, risucchiando più forza e così via in un giro eterno.
Ari rimase a bocca spalancata di fronte a quello spettacolo, cercando di mantenere la mente lucida per non fare cessare tutto, nonostante stesse usando un'energia tale che non sapeva quanto sarebbe durato ancora. Sperò che non si protrasse ancora a lungo in ogni caso.
Ormai la sua scia d'acqua aveva preso possesso di tutto il Mana disponibile tranne quello che probabilmente veniva dalla stessa fonte del proprio. Infatti, intorno ad Ari, si espandevano solo luci azzurre e blu di ogni tonalità e lo avvolgevano da capo a piedi creando come uno scudo intorno al suo corpo.
La sensazione che stava provando era stupenda: la freschezza gli lambiva la pelle, la vitalità gli stava restituendo il coraggio e sentiva di starsi nutrendo anch'egli di tutto quello.
All'improvviso, un vortice azzurro si creò proprio davanti ai suoi occhi al posto del muro e, quando si fu formato completamente, diventò bianco. Lo stesso bianco accecante del portale da cui era entrato.

Ce l'ho fatta...

Ari sorrise e si alzò in piedi per poterlo attraversare, ma il proprio flusso che aveva appena generato lo circondò totalmente e lo travolse trasportandolo all'interno di esso senza che potesse comandarlo.
Cacciò un urlo mentre attraversava il portale, di nuovo tenne gli occhi chiusi dallo spavento e sentiva solo il fluire dell'acqua intorno a sé che lo proteggeva e che nello stesso tempo gli aveva infradiciato i vestiti e i capelli.
Dovette fermare ancora un conato di vomito che stava risalendo dalla sua gola e in più si tappò le orecchie per frenare lo stridio incessante che aleggiava nell'aria.
Non durò che qualche secondo, nonostante gli sembrò essere passato molto più tempo, e, d'un colpo, tutto finì.
Ari si ritrovò schiantato contro il pavimento, un dolore violento lo colpì allo stomaco e alla spalla con la quale sbatté a terra; la testa gli vorticava talmente tanto che non riuscì a distinguere niente, dovette anche sputar fuori dell'acqua che era riuscita ad insinuarsi nella sua bocca.

Dove sono?

Si fece comunque forza e provò a mettersi a carponi, sbattendo il muso subito dopo, dato che si sentiva così stremato che i muscoli non rispondevano ai suoi comandi.
Fu in quel momento che udì un rumore di passi, precisamente di un paio di scarpe con il tacco, avanzare verso di lui. Alzò gli occhi al cielo e si riscontrò con la figura di una giovane donna dall'aria autoritaria, con i capelli rosso fuoco raccolti in una coda di cavallo e degli occhi di un blu profondo che le davano un aspetto ancora più rigido, il sorriso però sul suo volto era gentile e confortevole.
“Benvenuto, Ari, Mago dell'Acqua.” anche nel tono della sua voce c'era un contrasto tra tirannia e cordialità.
La vista del ragazzo si fece offuscata e l'istante dopo giaceva sul pavimento privo di coscienza.


Quando si risvegliò, Ari si trovò in una stanza molto più accogliente di quella in cui era solito dormire negli ultimi due mesi, persino la morbidezza del materasso non aveva storie a confronto.
Non ebbe il tempo di guardarsi per bene attorno, che nuovamente gli si palesò davanti la figura della stessa donna di poco prima.
“Finalmente ti sei svegliato, stavo per chiamare altre Curatrici.”

Curatrici..?

Ari si rese conto di avere il corpo pesante come se un macigno gli fosse piombato addosso e fosse rimasto bloccato sotto.
“Dove...sono..?” anche la voce gli uscì strozzata e rauca.
“Sei sull'aeronave del Consiglio Maggiore dei Maghi e io sono la Somma Keneke, Capo del Consiglio e Maga del Fuoco, colei che brucia e rinasce più forte dalle ceneri.”
Solo in quel momento il ragazzo notò la mitra che era posata sulla sua testa e poté ben distinguere il simbolo rappresentativo del Mana del Fuoco impresso su di essa e i ghirigori rossi sulla sua tunica. Sperò che non avesse lo stesso temperamento di Niremaan.
“Hai superato la prova egregiamente.” continuò a parlare, incrociando le braccia e guardandolo dall'alto al basso. “Sono esperienze come queste che mi rendono orgogliosa delle mie scelte.”

Prova? Quindi era un ulteriore test?

Ari non capiva di cosa stesse parlando. Avrebbe voluto chiedere, ma la gola gli faceva troppo male per parlare ancora. Per fortuna non ebbe bisogno di esprimersi a parole, dato che il suo viso bastava e avanzava.
“Vuoi delle spiegazioni, immagino.”
Il ragazzo dagli occhi azzurri annuì lievemente, riscoprendo anche un dolore alla schiena.
La donna si allungò per afferrare una sedia e si sedette elegantemente con le gambe accavallate, le braccia sempre incrociate tra loro.
“I maghi appartenenti alla nave dei Sacrifici ti hanno inizializzato alla comprensione e utilizzo delle arti magiche e tu hai superato tutti i loro esami. Quello che non sai, è che ho detto loro di non farti scoprire che questo era il tuo ultimo esame prima di diventare ufficialmente Mago dell'Acqua.” si spostò indietro un ciuffo che era balzato fuori dall'acconciatura.

Sono diventato un Mago? Così in fretta..?

“La prova definitiva: la canalizzazione del Mana.” continuò Keneke.

Posso già...

“Quindi ho già completato gli studi?” si schiarì la gola e lasciò fluire le parole anche se con fatica. “Mi aspettano già la pietra e la divisa?”
La maga del fuoco scoppiò a ridere. Una risata limpida e innocente, ma che fece rabbrividire il ragazzo.
“Parti proprio da zero tu, eh?” si sporse in avanti verso di lui. “Adesso iniziano le cose serie. Dovrai studiare ed esercitarti a lungo...” si alzò in piedi e cominciò a vagare per la stanza. “...apprendendo tecnica, risolutezza, comando e qualche buona nozione di storia divina che non fa mai male.” elencò il tutto accompagnandolo con le dita e si voltò verso Ari per porgergli un sorriso. “Il tutto sotto la custodia mia e del Consiglio. Diventerai un mago straordinario.”
“Perché?” la domanda gli uscì spontanea.

Perché io? Cosa c'entro in tutto questo?

“Ci sono tante cose che non sai, giovane Ari. Tutto a tempo debito.” si risedette, questa volta sul letto. “Tutto a tempo debito. Per ora sappi che voglio che tu mi renda orgogliosa di te, altrimenti mi farai fare una figuraccia con il Consiglio. Sono il capo, non posso permettermi certi colpi bassi.”
Ari la trovò una donna del tutto fuori dalle righe. Aveva quella strana capacità di essere due cose contemporaneamente: forte, coraggiosa e saggia, ma anche ironica, affabile e parecchio seducente.
Nonostante ciò, lui voleva sapere.

Forse Tangaroa non è venuto solo da me, forse ha avvisato anche lei e gli ha parlato di me...

Quella era una spiegazione più che soddisfacente al momento, dato che aveva capito non gli avrebbero mai confidato nulla. Non ancora almeno.
“Adesso che mi sono appurata personalmente della tua salute, posso lasciarti riposare per oggi e ci faremo un'altra chiacchierata una prossima volta. Buon riposo.”
La donna lo lasciò solo nella stanza, non prima di avergli comunicato le ultime cose riguardanti dove andare per la cena e a chi rivolgersi se avesse avuto bisogno d'aiuto. Per tutto il resto, aveva chiesto a una Curatrice di andare da lui per chiarirgli le idee su come si sarebbero svolte le prossime giornate della sua nuova vita.
Si guardò intorno e finalmente poté dare per bene uno sguardo alla camera. Sembrava un piccolo appartamento apposta per lui: un tavolo era posto proprio al centro con due sedie in legno – chissà se è vero legno o il prodotto della magia – si ritrovò a pensare; il letto era attaccato alla parete e proprio davanti a lui c'era la porta che conduceva al suo bagno personale. Due grossi armadi erano sulla parte opposta e c'era addirittura una scrivania con una lampada e dei libri poggiati sopra.

La gente del Consiglio si tratta proprio bene...

Era tutto così diverso da prima, sembrava di essere in un altro mondo.
La casa in cui viveva sulla Terra era molto bella rispetto alle condizioni a cui si era dovuto abituare nella cella della nave dei Sacrifici e quella camera lo riportò quasi indietro a quei tempi.
L'unica cosa che mancava era Nael al suo fianco.
Sospirò e provò a riaddormentarsi, mentre i pensieri vagavano senza nessi logici.

Adesso ha tutto inizio... questo sarà uno dei periodi più brutti della mia vita.


“Non c'era bisogno di fare la spia, sai?” la voce divertita di Keneke era rivolta verso Keyondre, che era rimasto al di là della porta della stanza di Ari per tutto il tempo.
“Volevo solo assicurarmi di come fosse ridotto il suo corpo dopo la prova.” rispose senza il minimo turbamento.
“O forse ti ha spinto qualcos'altro?” ironizzò la maga, dandogli una gomitata nello stomaco.
“A cosa ti riferisci?” di nuovo i suoi occhi non mostrarono alcuna emozione.
“Proprio per questo ho preso una decisione.” Keneke non l'ascoltò neanche, continuando a camminare a passo svelto e con il mento alto. “Sarai il suo tutore e insegnante fino a quando sarà pronto per la Cerimonia della Pietra.”
L'avanzare di Keyondre si bloccò all'istante.
La maga del fuoco se ne accorse e si voltò di scatto verso di lui, mettendosi le mani sulla vita.
“È un ordine.” il suo sguardo malizioso non reggeva confronti.
“Keneke...” l'uomo si rischiarò la voce, rendendosi conto che erano nel corridoio dove qualsiasi passante avrebbe potuto sentirli ed era un oltraggio rivolgersi senza l'appellativo al Capo del Consiglio, quindi si corresse. “Somma Keneke, ti stai forse divertendo alle mie spalle? Sai che sono sempre stato contrario a tutto questo.”
“Keyondre, sono convinta che tu sia l'unico in grado di comprendere quel ragazzo a pieno e per motivi che sappiamo bene. Non è forse così?” gli si avvicinò e alzò gli occhi blu su quelli grigi del mago. “Sei il più adatto per questo dovere e con la tua esperienza renderai Ari un mago eccezionale.”
“Proprio questo intendevo. Lui...”
“Lo so.” lo bloccò mettendogli una mano davanti al volto, il guanto bianco che indossava le metteva in risalto le bellissime affusolate dita. “Sarà un mago eccezionale.” ribadì e riprese a camminare davanti a lui.
Keyondre si massaggiò la tempia, consapevole che fosse impossibile ribattere con una tipa come lei e sospirò appena.
“Non mettermi il broncio, è chiaro?” urlò Keneke, ormai distante da lui di qualche metro e salutandolo muovendo la mano in aria con un cenno.
L'uomo scosse la testa e si voltò indietro verso la stanza dove stava riposando il ragazzo.



NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti, bentornati :3

Questo capitolo è stato un parto scriverlo e anche correggerlo, ho davvero temuto di non avere il tempo per farlo. Un capitolo di transito, che non sapevo scrivere, che mi ha tenuta bloccata per un po' di tempo perché non volevo scriverlo ahah
Non sapevo come far svolgere la prova nel portale, poi mi sono detta: “Ehi, lasciamo ad Ari il libero arbitrio.” ed è partita l'ansia e, quello che pensavo durasse un paio di pagine, ecco che è diventato un capitolo intero ahaha! Ma diamine! Come al solito u.u
Ari sta crescendo sempre meglio <3
E il mistero intorno a lui si infittisce. Di che costa stanno parlando Keneke e Keyondre? Cosa c'è che non va in tutta questa storia? A voi le teorie più disparate u.u
Dato che Keneke si è già presentata, vi informo che il suo nome significa “nato dal fuoco”, da qua deriva, ovviamente, il suo epiteto da maga :)
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti quelli che mi seguono.
Continuate ad amare Ari e Nael, perché ne avremo ancora da passare tante insieme.
Un abbraccio a tutti.
Flor <3

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Di amicizia, sconforto e accettazione ***


CAPITOLO 12 
DI AMICIZIA, SCONFORTO E ACCETTAZIONE


Settembre, anno 439 del XII periodo

Il primo mese di Ari sull'aeronave del Consiglio Maggiore si rivelò meno terribile di quanto aveva pensato, nonostante gli fu parecchio difficile abituarsi a quello stile di vita e alla mancanza giornaliera che provava nel profondo del petto – e a cui probabilmente non si sarebbe mai abituato.
Durante la sua prima giornata, gli si era presentato in camera un uomo che doveva da poco aver sfiorato i quaranta – in realtà ne aveva quarantadue – dalla carnagione mulatta, molto alto e robusto, con degli occhi grigi scuri e dei capelli che avevano la tonalità del cielo in una notte senza stelle, a metà tra il nero e il blu scuro, lunghi fino a più di metà schiena e raccolti in un'enorme treccia; i disegni e il colore sulla sua tunica lo fecero identificare come un mago del buio e il suo nome era Keyondre.
Sarebbe stato il suo tutore e insegnante per i prossimi mesi e la persona a cui si sarebbe dovuto rivolgere per qualsiasi problema o dubbio. All'inizio non lo guardava nemmeno in faccia quando gli parlava e i suoi unici argomenti erano lo studio, le arti magiche e il doversi impegnare fino in fondo per riuscire a diventare un mago potente, ma, più passavano i giorni e più il ragazzo sentiva di aver instaurato un buon legame con lui, soprattutto grazie alla figlia di quest'ultimo.
Un giorno era entrata nell'aula, dove stava tenendo lezione con Keyondre, una ragazza con la pelle della stessa tonalità del mago del buio e si era buttata letteralmente addosso a lui chiamandolo padre e, in effetti, la somiglianza era innegabile: per quanto fosse abbastanza bassa, aveva degli occhi grigi dalle sfumature verdi verso la pupilla e i capelli identici a quelli dell'uomo sia per il colore che per la lunghezza.
Ari pensò che Keyondre l'avrebbe sgridata, dato il suo carattere, invece, le aveva accarezzato dolcemente la testa e le aveva dato un piccolo bacio sulla fronte. Subito dopo, la ragazza, si era presentata e aveva cominciato a parlare come se si conoscessero da sempre.
Aveva la stessa età di Ari e si chiamava Inaya. Era sempre allegra e solare, pronta a farsi in quattro per qualsiasi cosa e possedeva anche un bel temperamento e la lingua lunga.
Ari non aveva mai conosciuto una ragazza del genere, anche perché non ne era mai venuto a contatto prima nella sua vita, ma per certi versi le ricordava Nael.

Sicuramente andrebbero molto d'accordo.

Così aveva pensato un giorno mentre stava chiacchierando con lei e, in men che non si dica, erano diventati amici.
Il ragazzo dagli occhi cristallini era così contento di aver trovato un'amica in quel momento di solitudine interiore e quasi si sentì in colpa per questo perché il suo pensiero andava sempre a Nael, da solo sull'aeronave, e l'entusiasmo gli si smorzava poco dopo, sospirando ogni qual volta che rientrava nella propria stanza.
L'avrebbe tanto voluto lì ad aspettarlo e, invece, non lo attendevano altro che libri e libri su cui doveva sbattere la testa per apprendere tutto quello che vi era scritto.
Un altro aspetto positivo, però, era proprio questo.
Aveva assimilato così tante notizie concernenti le divinità, la loro vita e tutto quello che riguardava i loro poteri, che stava diventando sempre più facile controllare il proprio mana e questo lo faceva sentire completamente una persona nuova. Lo rassicurava, gli dava forza e gli permetteva per una volta di pensare solo al proprio bene quando lo stava utilizzando.
Keyondre era anche un ottimo insegnante e questo gli aveva concesso di imparare più in fretta e molto meglio. Quando poi scoprì che anche lui era un membro del Consiglio, la cosa non lo sorprese più di tanto.
Piuttosto, fu sorpreso quando Inaya gli confessò che suo padre non solo era in grado di usare il potere del buio, ma anche quello degli altri elementi e Ari rimase a bocca aperta, incapace di concepire come qualcosa del genere fosse possibile. La risposta della ragazza fu che i maghi più potenti, grazie all'impegno e alla devozione, arrivavano ad un punto tale da riuscire a comunicare con le divinità stesse e, quando questo accadeva, venivano dotati di nuovo Mana.
Neanche si rese conto di aver avuto per qualche millesimo di secondo l'idea di voler anche lui impossessarsi di tutti i poteri degli elementi, sarebbe stato un qualcosa di anche troppo per un ragazzo come lui che ancora si reputava non così importante da contare nella società. Figurati se le divinità avrebbero voluto parlare con lui, nonostante fosse stato proprio Tangaroa a conferirgli il Mana.
Avrebbe voluto fare ricerche su di lui, aveva provato a chiedere a Keyondre quando ormai si era sentito di potergli rivolgere abbastanza fiducia, tuttavia, lui aveva scosso la testa e gli aveva fornito una semplice spiegazione: aveva da tempo quel potere dentro di sé e Tangaroa si era solo assicurato che lo usasse.
Ari non ne era molto convinto, ma a quanto pare esistevano argomenti tabù a cui non sarebbe mai giunto a una conclusione se non tra le migliaia di teorie nella sua mente.
A parte Keyondre e Inaya, non aveva avuto contatti con molti altri, anche perché non era sicuro di sapere come si facesse ad approcciare qualcuno. Era capitato che qualche altro mago gli parlasse durante alcune lezioni comuni, ciononostante, alla fine, non aveva mai avuto conversazioni molto ampie. L'unica che invece quasi lo forzava ad emettere qualche suono era Inaya, anche se lei non partecipava ai suoi stessi insegnamenti, dato che il suo ruolo non era quello di Mago, ma di Curatrice.
Aveva imparato che non tutti i possessori del Mana erano banalmente maghi e questi si distinguevano secondo una gerarchia.
Sopra a tutti quanti vi era il Capo del Consiglio, eletto democraticamente da tutta la popolazione magica insieme agli altri cinque membri del Consiglio Maggiore dei Maghi; appena al di sotto vi erano i maghi deputati al rituale del Sacrificio, inizializzati secondo ulteriori studi avanzati per poter compiere il rito di separazione delle anime dai corpi delle vittime sacrificali.
Le Curatrici erano un gruppo composto unicamente da donne che comandavano il potere della luce, presiedevano al Sacrificio ed erano predisposte alle arti curative e di difesa, proprio per questo seguivano lezioni diverse per apprendere in particolar modo questa branchia delle arti magiche. Ancora più sotto c'erano gli addetti al trasferimento dei Sacrifici, ovvero quelle persone che possedevano una pietra particolare in grado di identificare con precisione il luogo e la persona che si era illuminata – così come era il compito di Wayra e di Niremaan – e la scortavano con diligenza fino a quell'aeronave.
Successivamente, vi erano quei maghi che sulla Terra gestivano il governo delle città, ma che ormai erano deputati come comandanti delle navi e gestivano ogni affare al loro interno; infine c'erano tutti i loro sottoposti e tutti gli altri maghi che lavoravano normalmente per far rispettare le regole e che controllavano i prodotti realizzati prima di venir messi in commercio (o di venir serviti alle tavole se si trattava di cibo).
Ari non ambiva a nessuna di queste categorie, però, la Somma Keneke era stata chiara: i suoi studi erano designati apposta per renderlo un mago potente, quindi si aspettava molto da lui e probabilmente aveva in mente di offrirgli dei lavori prestigiosi se ne fosse stato in grado.
Questo gli fece pensare più volte di chiederle di Nael e di lasciarglielo vedere, sebbene, forse, fosse ancora troppo presto e non gli avrebbe dato il permesso, addirittura avrebbe potuto peggiorare la sua situazione, quindi lasciò perdere e si concentrò sul suo nuovo addestramento.
Tutto quello che poteva fare era resistere e impegnarsi il più possibile per arrivare alla Cerimonia della Pietra.


Ari si trovava in aula, Keyondre era poggiato con il fondo schiena alla cattedra e stava affrontando una lezione su...
A dir la verità non ne aveva idea, dato che stava ammirando il disegno che Inaya stava facendo proprio sul suo banco e rappresentava il padre con le fattezze da demone con zanne, denti aguzzi e l'aria spiritata.
Inaya aveva cominciato un giorno a fargli compagnia durante alcune lezioni speciali, nonostante non le servissero per il suo percorso studi, e Keyondre era il tipo di papà che non diceva mai di no alla figlia pur di renderla felice, quindi non aveva obiettato minimamente. La ragazza gli aveva confidato che lo faceva per due semplici motivi: il primo era che le dispiaceva davvero vederlo sempre solo con quella faccia da ragazzo preso a pugni dalla Somma Keneke in persona – queste erano state le sue precise parole e Ari non era potuto rimanere serio davanti ad un'immagine del genere, benché da una parte si sentì impaurito nel sapere della reputazione della maga del fuoco – il secondo era che lo trovava molto simpatico e intelligente, a differenza della maggior parte delle persone che aveva conosciuto su quell'aeronave, e si divertiva insieme a lui.
Ari non poté che esserne più felice.

Qualcuno che mi considera realmente come essere umano oltre a Nael... è una sensazione così piacevole...

Sorrise quando Inaya aggiunse anche un paio di corna.
Stava sperimentando un nuovo sentimento che non si era mai insinuato dentro di lui e la cosa lo spaventava. Certo, il suo primo amico era stato Nael, ma con lui le cose erano state totalmente diverse; se l'era ritrovato in casa a causa di varie circostanze ed erano cresciuti contando solo sull'altro fino a quando non aveva capito che il sentimento che tanto aveva cercato di comprendere fosse amore.
Quella che stava assaporando in quel momento, invece, era pura e semplice amicizia.

Mi è sempre mancato qualche tassello della vita e, questa esperienza, per quanto io non la voglia, mi sta formando non solo come mago, ma anche come persona e da una parte posso esserne grato.

Quando si trovavano insieme, in realtà, era quasi sempre Inaya a parlare – o almeno così per le prime settimane – adesso si era aperto di più con lei e le aveva addirittura raccontato di come avesse ottenuto i poteri.
Quando mai l'avesse fatto.
L'aveva stordito così tanto con le sue domande su cosa aveva provato quando era esploso il potere, sul ragazzo che era insieme a lui quando era successo e tantissime altre domande a cui Ari non riuscì a tenere il passo e a cui non era totalmente convinto di voler rispondere dato comunque il suo essere timido e introverso.

Posso dire che ho trovato qualcun altro a cui poter dare fiducia.

Una ciocca di capelli blu notte cadde davanti agli occhi della ragazza e se li sistemò dietro l'orecchio. Lo sguardo di Ari si diresse verso la sua capigliatura e si ritrovò a scuotere la testa.
Quella ragazza era capace di stupirlo persino con i suoi capelli. Ogni giorno che la vedeva aveva un'acconciatura diversa e una più complicata dell'altra.
Quest'oggi, in particolare, aveva una treccia che partiva dall'attaccatura sulla fronte e si fermava sulla nuca con un fiocco creato dai suoi stessi capelli e poi scendeva una cascata oscura di treccine, bloccate ognuna da un fiocchetto bianco con un brillantino proprio nel mezzo.
Più volte si era ritrovato a chiedersi chi le sistemasse i capelli a quel modo. Il primo pensiero andò alla madre, benché fosse sicuro di non averla mai vista insieme a lei, ma solo ed esclusivamente insieme a Keyondre. Forse non aveva la madre, non lo sapeva ed era un discorso che non voleva affrontare perché sarebbe stato doloroso sia per lui ricordare che per lei, se davvero le cose stavano in quella maniera.

Eppure lei è così forte, al contrario di me.

Nonostante i suoi mille crucci mentali, Ari era felice di quell'amicizia e sperò che potesse rimanere tale per tutto il tempo del suo addestramento.
“Ari?”
Il suo flusso di pensieri fu bloccato dalla voce autoritaria di Keyondre. Si voltò immediatamente verso di lui e fece un piccolo mugugno.
“La risposta è..?” provò ad incitarlo il mago.
“I-io... ehm...” cercò di prender tempo, dato che non stava ascoltando mezza parola da almeno dieci minuti.
Keyondre si portò una mano alla fronte con molta eleganza e scosse la testa.
“Inaya, ti ho dato il permesso di seguire le lezioni, ma non quello di distrarre anche il mio allievo.”
“Perché dai la colpa a me?” si mise subito sulla difensiva, alzando il tono di voce e ondeggiando con la sedia avanti e indietro.
“Perché sono tuo padre e ti conosco.”
Ari si mise a ridere, soprattutto quando udì Inaya borbottare qualcosa di incomprensibile; subito dopo ricevette un libro dritto sulla testa.
Si portò una mano verso di essa per massaggiarla e si voltò verso il suo insegnante.
“Scusi...” sussurrò a capo chino.
“Ti devi impegnare se vuoi diventare un mago.” la sua voce era possente e gentile.
“Lo so.”

Lo so bene, sono qui per questo e nello stesso tempo voglio andarmene via il prima possibile.

“Allora non farti distrarre dalle pessime capacità artistiche di mia figlia.”
“Padre!”
Keyondre le rivolse un sorriso provocante e ironico e Inaya finì con l'incrociare le braccia e mettere su un broncio adorabile che fece sospirare l'uomo.
“Ari.” richiamò poi l'attenzione del ragazzo. “Leggi ad alta voce il paragrafo a pagina cinquantasette e rispondi alla domanda.”
Il biondo annuì e la lezione seguì normalmente fino alla sua conclusione.
“Sommo Keyondre?” Ari gli corse dietro dopo esser uscito dall'aula, dato che il mago se n'era andato alla velocità della luce. “Posso farle una domanda?”
“Certo, Ari. Cosa ti turba?” il carattere dell'uomo passava da un estremo all'altro. Se durante il suo ruolo di maestro era severo e quasi burbero, non appena non avevano più il ruolo di insegnante e studente, l'aria intorno a loro si alleggeriva e potevano parlare quasi come due confidenti.
“Prima parlavamo di come è stato conferito per la prima volta il Mana a un umano.” Ari teneva i libri stretti al petto, mentre faticava a tenere il passo dell'altro. “E mi è venuta in mente una curiosità riguardante la Prova degli Elementi.”
Keyondre lo guardò di sbieco per poi ripuntare gli occhi davanti a sé.
“Mi è stato detto che ogni Elemento provoca un dolore diverso se non appartiene al tuo stesso Mana.”
“Esatto.” l'interruppe subito il mago del buio. “Non l'hai sperimentato tu stesso?”
“Sì, Vento e Fuoco, ma volevo sapere cosa sarebbe successo con gli altri.”
Ci aveva ragionato su molte volte, ma non avendo le conoscenze adatte, non era mai venuto a capo di niente, neanche adesso che aveva tutti quei libri a disposizione. Inoltre, non si era mai sentito così a suo agio come con Keyondre con i maghi sulla nave dei Sacrifici, quindi si era tenuto la curiosità fino a quel momento.
“Come mai?”
Ari abbassò il volto, sicuro di essere diventato rosso per una sciocchezza del genere a causa dell'imbarazzo provato nel chiedere un'informazione così futile a qualcuno di importante.
“La Luce ti avrebbe reso cieco e, nonostante ciò, avrebbe continuato a brillare nei tuoi occhi facendoteli sanguinare; la Terra avrebbe trasformato il tuo corpo in un albero secco e senza vita e avresti avuto la sensazione di sgretolarti in milioni di pezzi e il Buio ti avrebbe fatto vedere tutte le persone a te care morire una dopo l'altra, proprio davanti ai tuoi occhi e senza che tu potessi fare niente per aiutarle.”
Ari sobbalzò per quella risposta e bloccò il suo camminare.

Atroce.

Subito dopo avvertì la grande mano di Keyondre sulla sua spalla.
“Sono contento che tu non abbia dovuto affrontare il Buio. Non che tu non possa essere in grado di superare una visione del genere, ma una volta ho conosciuto una persona che dopo questa prova è impazzita, a quanto pare non aveva un animo abbastanza forte per sostenere un peso tale.”
Ari annuì appena, solo un piccolo cenno del capo.

Se avessi visto morire Nael davanti ai miei occhi, sarei impazzito anche io.

Aveva già dovuto affrontare la sfida della perdita di qualcuno ed era stato terribile, senza Natanael non si sarebbe mai sollevato, quindi non avrebbe potuto sopportare ulteriori perdite. Quella era la sua più grande paura: rimanere da solo e non essere amato da nessuno, riscoprendo quella sensazione che già gli era ben nota.
“Hai davvero la stoffa per diventare forse addirittura parte del Consiglio.” continuò Keyondre. “Nonostante tu possegga il Mana da così poco tempo, sei in grado di domarlo come poche persone ci riescono. Mi ricordi in qualche modo la Somma Keneke.”
Ari alzò gli occhi su di lui e vide quanto fosse serio nel parlare.
“Devi crederci anche tu.”

Parte del Consiglio... paragonato addirittura alla Somma Keneke... non mi conoscete neanche, non potete parlarmi come se sapeste quello che desidero o perché lo sto facendo.

Ari annuì nuovamente.

Però ha ragione. Devo credere in me stesso.

“Quindi adesso puoi dirigerti nella tua stanza e passare il resto della giornata sui libri di studio.”
“Bella prospettiva...” ironizzò il ragazzo e in cambio ricevette delle pacche sulla testa e una risata imponente.
“Buona giornata.” il mago si congedò e Ari tornò nella sua camera, pronto ad affrontare un nuovo pomeriggio tra i libri.


Ari stava leggendo per la quarta volta lo stesso paragrafo, dato che i pensieri lo tenevano lontano dalla concentrazione, e ringraziò che in quel momento qualcuno avesse bussato alla sua porta.
“Sono Inaya!” squillò una voce pimpante dall'altra parte del muro.
Il ragazzo andò ad aprire e si ritrovò davanti la maga, che sfoggiava una piccola treccia che andava a zig zag incrociandosi con i capelli sulla sua nuca e poi il resto le ricadeva sulla spalla destra, sul seno e giù fino allo stomaco ed erano bloccati appena al di sotto del petto da un nastrino blu e argento tutto glitterato.
“Forza, molla tutto e andiamo a farci una passeggiata nel parco!” il sorriso stampato sul suo volto non ammetteva repliche.
“Non credo di avere molta voglia...” rispose il biondo, ancora perso nel suo mondo.
“Invece ce l'hai.” incrociò le braccia e sbuffò. “Perché mi devi spiegare cos'è quel muso imbronciato.”
Non poté neanche controbattere, che venne preso a braccetto e scortato lungo il corridoio fino ad arrivare al parco, molto più grande e di bell'aspetto di quello a cui era solito nella nave dei Sacrifici. Quello che invece era uguale, era la cupola proprio al di sopra e quella stessa aria insapore che impregnava tutta la zona.
“Stai pensando a quel ragazzo?” Inaya spezzò il silenzio che si era creato da minuti ormai, camminando con le braccia dietro la schiena e saltellando qua e là come una bambina nonostante i suoi vent'anni.
Ari si sentì letto perfettamente nella testa.
“Non è difficile capirlo.” continuò la ragazza come se sapesse sul serio leggergli il pensiero. “Ci tieni davvero così tanto?”
Il biondo non sapeva cosa rispondere. Non era certo se parlare di lui gli avrebbe procurato solo più nostalgia e tormenti o se, invece, l'avrebbe fatto sentire meglio.

Lo amo talmente tanto da essermi separato da lui per sperare nel nostro futuro, certo che ci tengo così.

Arrossì da solo a quel pensiero. Non l'avrebbe mai detto ad alta voce, sebbene fosse ben scolpito nel suo cuore.
“È la persona a cui tengo di più al mondo.” fece, invece, semplicemente.
“Perché non chiedi di fartelo incontrare?” domandò con aria innocente, come se fosse la cosa più ovvia da fare.
“Sai come sono le regole tra i maghi. Non mi darebbero il permesso, non ancora. Non sono così importante da poter fare una richiesta del genere.”
“Ci hai provato?”
Ari negò con il capo.
“Però ho promesso a Nael che sarei andato a trovarlo presto.”

Presto è un tempo impreciso. Quando arriva questo presto?

Strinse i pugni e andò a sedersi all'ombra di un albero, seguito dalla ragazza.
“Allora devi fare subito richiesta.”
“Davvero credi che mi lasceranno andare prima di aver completato gli studi?”
Tutti i suoi problemi erano sbucati fuori come niente. Se prima era stato deciso a combattere per vedere Natanael, se aveva detto che avrebbe insistito, ora che si trovava davanti al Consiglio aveva perso tutto quel coraggio che aveva incanalato dentro di sé.

Penso che quel coraggio sia venuto fuori solo perché ero davanti al tuo viso...

Si poggiò con la schiena al fusto e sospirò chiudendo gli occhi, pregando di non piangere davanti a Inaya.

Sono solamente un codardo come sempre. Non si può cambiare la propria natura con uno schiocco di dita, neanche il Mana ne è capace.

Provò con tutto se stesso, ma lasciò che una piccola lacrima silenziosa gli scorresse lungo la guancia per poi bagnargli la maglia blu, simbolo del suo essere un apprendista dell'acqua.

Mi mancano i tuoi occhi che mi fanno perdere in un oceano senza fondo...

Inaya lo guardò dispiaciuta per lui e gli offrì un fazzoletto.

...le tue braccia che mi proteggono e stringono come se avessi solo me a cui aggrapparti...

Si asciugò il volto, riscoprendolo ancora più bagnato di prima.
“S-scusa...” provò vergogna a farsi vedere in quello stato, tuttavia, vide Inaya sorridergli come era solita fare.

...la tua voce che mi riempie le orecchie e che mi fa ridere a dispetto di tutti i miei tormenti.

Si ritrovò a grattarsi gli occhi per fermare le lacrime, ottenendo un risultato migliore dell'atteso.

Mi manca tutto di te. Mi manchi, Nael.

“Chiedi a mio padre.” esordì ad un tratto Inaya.
“Cosa?” chiese confuso.
“Lui è il tuo tutore e, inoltre, io sono sua figlia. Non può dirmi di no.” l'ammiccò con lo sguardo e gli prese le mani per farlo alzare da terra.
“Non voglio coinvolgerti nei miei problemi.”
“Zitto, zitto!” sospirò esageratamente. “Siamo amici, no?”
“Immagino di sì...”
“Immagini bene!” lo colpì alla fronte con il medio, facendolo scattare come una molla con il pollice. “Quindi dobbiamo condividere anche queste cose.”
Ari provò a ribattere, ma fu solamente bloccato dalla mano dell'altra che premeva fortemente sulla sua bocca.
“No, non accetto obiezioni. Sia ben chiaro.”
“A volte è impossibile trattare con te, sai?”
“Perché con me non si tratta. Si eseguono gli ordini e basta.” continuò a prenderlo in giro con un tono di voce troppo angelico per potersi arrabbiare per davvero.
“Se tuo padre ti sentisse.” sorrise Ari.
“Ah, guarda! Hai sorriso!” la ragazza scoppiò a ridere e prese a correre davanti a lui. “Forza, vieni!”
Il biondo rimase pietrificato da tale vivacità.
Come poteva una persona essere così allegra e pimpante? Dove nascondeva tutte quelle energie? Sarebbe stato contento se gliene avesse regalate un po', dato che a lui mancavano totalmente.
“Ehi, aspetta!” le urlò dietro, non convinto del tutto che l'avesse sentito da quanto ormai si fosse distanziata.

Se avesse davvero ragione e riuscissi a rivedere Nael, allora credo che potrei diventare come lei anche io per qualche ora.

Un piccolo sorriso si impossessò delle sue labbra mentre correva dietro alla giovane Curatrice, finendo con avere il fiatone.


“Padre!”
Inaya sbattè la porta della camera che condivideva con Keyondre e Ari scoprì che in quell'aeronave esistevano anche piccoli appartamenti – come quello, composto da una sala, cucina, due camere da letto e un bagno – ma, probabilmente, erano solamente per i membri del Consiglio.
“Padre, ci sei?” diede una rapida occhiata nella stanza da letto e bussò alla porta del bagno, senza ottenere risposta. “Forse è nel suo ufficio. Andiamo!”
Agguantò Ari per il polso e corse fuori.
“Aspetta! Non c'è bisogno, davvero!”
La ragazza non lo considerò neanche, camminando solamente a passo più svelto fino a quando non si ritrovò davanti all'ufficio del padre. Diede qualche colpo con le nocche e poggiò l'orecchio per sentire una risposta, ma non arrivò niente al suo udito.
Ari sospirò.

A quanto pare qualcuno non vuole che io riveda Nael...

“Ma dove si è cacciato?” la maga riprese il biondo per il braccio per trascinarlo chissà dove ancora e questo si liberò dalla sua stretta. “Che ti prende?”
“Lascia stare... non ha importanza.”
“Certo che ha importanza.” finì con alzare la voce, mantenendo uno sguardo duro.
“Non mi lascerebbero parlare con lui comunque.”
Ari si sentiva esausto. Dentro di lui aveva troppi sentimenti contrastanti che non gli permettevano di vivere le giornate a pieno e con tranquillità e non riusciva a farsene una ragione, continuando invece a tormentarsi e aumentando così le emozioni dentro di lui fino a quando non scoppiava letteralmente sentendo pulsare le tempie.

Mi odio per essere così.

“Volevo aiutarti...” ammise Inaya, con un'espressione dispiaciuta in volto.
“Lo so e ti ringrazio, ma lasciamo le cose come stanno e pensiamoci più avanti.”
“Devi lottare per quello che vuoi ottenere, altrimenti non lo stringerai mai tra le mani.” fece una piccola pausa prima di esordire un sorriso. “Mio padre me l'ha insegnato.”
“E io lotterò per averlo!” Ari fece un passo avanti, portandosi una mano chiusa a pugno sul petto.

Incapace sotto ogni punto di vista. O non riesco neanche ad esprimermi...

“Solo, non adesso...” concluse il ragazzo abbassando il capo.

...o non sono in grado di tenere fede alle mie stesse parole.

“Ci vediamo domani, Inaya.”
Ari se ne andò via, prendendo la strada del ritorno verso la propria stanza, sentendosi uno stupido totale per il suo ignobile comportamento e scosse la testa più volte per provare a cacciar via tutti i pensieri negativi che gli impregnavano il cervello.

Sei uno stupido, Ari. Come al solito.

Perché permetteva sempre alle sue paure di sovrastarlo a quel modo? Perché non era capace di ragionare e agire secondo il proprio volere invece che sottomettersi a quei timori?

Mi odio.

Aumentò il passo, senza neanche guardare dove stava andando, attraversando corridoi su corridoi.

Mi odio così tanto.

All'improvvisò, sbatté contro qualcuno e per poco non perse l'equilibrio.
“Eccoti, Ari. Ti stavo cercando.”
Il ragazzo alzò lo sguardo per incontrare degli occhi grigi che lo stavano fissando quasi con agitazione.
“Sommo Keyondre...”
Trovò ironico che come lui stesse cercando il mago, anche quest'ultimo si stesse prodigando nella sua ricerca, ma senza qualcuno ad incitarlo non riuscì a dire nulla di quello che avrebbe dovuto.
“Devi seguirmi, adesso.” il tono dell'uomo era duro e graffiante e la cosa fece spaventare Ari.
“È successo qualcosa di grave?” il suo cuore sussultò per un attimo.
“Tu seguimi e poi capirai.” lo precedette e il ragazzo fu costretto a fare come gli era stato detto.
Se fino a poco prima il suo animo era sconvolto per i suoi problemi, ora si era aggiunto anche questo. Anche se Keyondre non dava il segno di minimo turbamento, in realtà, sentiva intorno a loro un'aria agghiacciante e sicuramente c'era qualcosa che lo preoccupava nel profondo.
Cominciarono a salire di piano in piano fino a ritrovarsi in luoghi in cui ad Ari non era concesso andare e, dopo qualche minuto, erano davanti ad un'enorme porta che conduceva in un luogo ben peggiore: la Sala del Consiglio.
“Perché mi ha condotto qui?” provò a chiedere il biondo, ricevendo una pacca sulla testa da Keyondre ed entrarono insieme.
“Benvenuto, Ari.” Keneke l'accolse con un sorriso e gli si avvicinò per poi parlare con l'uomo. “Non sono ancora arrivati tutti, dobbiamo aspettare qualche minuto.”
La donna non aveva la solita divisa che aveva sempre visto indossare ai maghi, ma era completamente rossa fuoco con i ghirigori bianco sporco. Praticamente i colori erano invertiti rispetto alla tunica originale. Lo stesso valeva per la mitra.
Ari era rimasto confuso dalla situazione.

Se mi hanno portato qui significa che mi vogliono punire in qualche modo? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Per caso vogliono dirmi che mi cacciano dall'aeronave perché non sono capace di fare il mago?

Ari sentì il fiato fermarsi in gola e dovette fare dei respiri profondi per calmarsi.
Si guardò intorno e poté notare un gigantesco tavolo rettangolare che percorreva tutta la stanza e sei sedie, due di queste erano occupate.
Nella prima vi era seduto un uomo piccolo di statura, ma dalla corporatura talmente robusta, che aveva sicuramente dei muscoli di cui Ari non aveva mai sentito l'esistenza anche se la sua età si aggirava sulla cinquantina, la sua tunica era gialla e sulla mitra risplendeva il simbolo della Terra. Non poteva che essere il Sommo Hallgeir, Mago della Terra, colui che con una lancia di pietra abbatte persino le montagne.
Proprio di fronte a lui c'era una donna, anche lei sembrava in là con gli anni e una moltitudine di ricci neri le ricoprivano le rughe che aveva sul viso, nascosto in parte anche da degli occhiali tondi dalla quale si potevano notare i suoi brillanti occhi verdi. Era la Somma Elin, Maga della Luce, colei che nella fede trova la grazia e la dona agli umani, e lo si poté constatare dalla sua tunica lilla e il simbolo sul copricapo.
Ari avvertì una mano posarsi sulla sua spalla e voltò appena il viso per vedere Keyondre. Solo adesso si era reso conto che anche lui aveva una tunica completamente nera se non fosse stato per le rifiniture bianche. Vestito a quel modo pareva ancora più autorevole di quanto già non fosse e pensò che il suo epiteto fosse più che giusto soltanto guardandolo negli occhi: Sommo Keyondre, Mago del Buio, colui che condanna le anime all'oblio.
“Stai tranquillo.” la sua voce risuonò, però, come quella di un padre.
“Come si fa?”
Keyondre rise appena e lo trascinò fino alla propria postazione, facendolo sedere al suo posto.
Proprio in quel momento entrarono gli ultimi due maghi che mancavano all'appello.
Il primo era un uomo alto e snello, i capelli erano di un biondo platino così chiaro da sembrare quasi bianchi con sfumature dorate e gli occhi nocciola facevano da contrasto in quel volto angelico; non aveva più di trentacinque anni e la tunica azzurra con lo stesso simbolo, che un giorno sarebbe stato anche sulla testa di Ari, lo fece riconoscere come il Sommo Molan, Mago dell'Acqua, colui che anche nella tempesta più impetuosa serve con dedizione le divinità.
Subito dopo entrò anche una donna, della stessa età di Keneke, aveva un piccolo volto tondo incorniciato da due lunghissimi ciuffi castano scuro che le arrivavano fino alla vita, mentre i capelli sulla parte posteriore non oltrepassavano le spalle, gli occhi avevano la stessa tonalità di questi e risplendevano di luce propria. A vederla di fianco al mago dell'acqua pareva la metà di lui e così tutto il resto del corpo era gracile e minuto ma molto bello.
Ari l'aveva già conosciuta quando si era trasferito su quell'aeronave, gli aveva portato i suoi oggetti personali nella stanza. Era la Somma Freya, Maga del Vento, il cui soffio riecheggia tra le foglie per restituire la vita.
Si sedettero ai loro posti e Ari capì di doversi alzare, ma la grande mano di Keyondre lo bloccò e gli annuì con il capo come per dirgli che andava tutto bene.
“Promettimi solo che non andrai su tutte le furie.” gli sussurrò ad un orecchio.
Ari lo guardò con gli occhi spalancati.
“Cosa..?”
Non fece in tempo a chiedere che Keneke aveva cominciato a parlare.
“Ora che ci siamo tutti, è il momento di scoprire il perché sei qui, giovane mago.”
Ari ingoiò a vuoto, aspettando qualche spiegazione.
“Dopo aver discusso a lungo con il tuo tutore, il Sommo Keyondre, riguardo a come stavano procedendo i tuoi studi, mi sono resa conto che il tuo è un dono meraviglioso. Le tue capacità vanno ben oltre quello che ti stiamo facendo apprendere.”
All'improvviso il ragazzo si rilassò.

Forse sta andando tutto per il meglio... forse vuole dirmi che sono già pronto a diventare ufficialmente un mago?

Si rafforzò la presa sulla sua spalla e fu tentato di lamentarsi, tuttavia, si trattenne.
“Ho quindi pensato di cambiare il tuo percorso studi e farti beneficiare del prestigio di diventare parte della cerchia di maghi addetti al Sacrificio.”

Cosa..?

Il mondo gli crollò addosso. Gli sembrò una presa in giro.

Io che sono sempre stato uno di loro, adesso dovrei essere il carnefice?

Una rabbia si stava espandendo dentro di lui e poté solo scusarsi mentalmente con il mago del buio, perché non resistette oltre. Si alzò di scatto, sbattendo una mano sul tavolo e Keyondre si portò una mano alla fronte, sospirando.
“Non voglio!” affermò deciso.

Come potrei, dopo aver sperimentato la paura stessa di morire, vedere morire davanti a me tutti gli altri?

“Ari, capisco il tuo punto di vista...”
“No, non lo capisce!”
“Non osare parlare con quel tono alla Somma Keneke.” la voce di Hallgeir rimbombò furente nella stanza. “Mostra rispetto, non sei che un microbo in confronto a noi e non ci vuole che un secondo per risbatterti insieme ai luridi Sacrifici.”
“Sommo Hallgeir!” Freya sbatté gli occhi più volte, sorpresa da quella reazione. “È solo un ragazzo che ha sempre vissuto nella povertà, non è un qualcosa che si può accettare su due piedi.” si voltò poi verso Ari, facendo ondeggiare i suoi capelli in una maniera del tutto innaturale, sebbene semplicemente meravigliosa. “Ari, percepisco la tua ostilità verso questa proposta, ma se ti stiamo offrendo quest'opportunità, significa che hai qualcosa di speciale dentro di te.” gli sorrise nel modo più dolce possibile.

Io? Speciale? Non lo sono mai stato e non voglio esserlo, non in questo modo.

Il biondo era evidentemente agitato, non sapeva più esprimersi, troppo impegnato a riordinare i pensieri e a calmare il battito del cuore.
“Io...” balbettò in preda al panico.
“Non è un qualcosa che puoi rifiutare, in ogni caso.” aggrottò la fronte il mago della terra.
Ari si voltò verso Keyondre e quello negò con il capo con aria affranta, come a dar ragione a quelle parole.

A cosa serve essere speciale se non hai neanche il diritto di decidere della tua vita?

“Il tuo è un dono.” ribadì Elin, poi riprese la parola la maga del fuoco.
“Sei capace di comprendere l'animo delle persone, riesci a legare con loro e a comunicare.”
Il ragazzo scosse la testa, non sapendo a cosa si stesse riferendo.
“Tu non ti rendi conto, ma quando ti eserciti con il Sommo Keyondre nelle arti magiche, lui è in grado di percepirlo.” provò a spiegare Molan, anche se sembrava più impacciato di quanto desse a vedere.

No. Non può essere vero!

“Una capacità del genere sarebbe di estrema utilità durante il rituale. Chi ha una connessione come te con l'animo umano è in grado di recidere lo spirito dal corpo con maggiore facilità e giova al Sacrificio stesso.” continuò Keneke.
Nella mente del ragazzo dagli occhi cristallini tutte quelle parole non erano che prive di senso, incomprensibili e gli facevano male.
Cadde a peso morto sulla sedia.
Lui era sempre stato un Sacrificio e ancor prima un escluso dalla società, aveva imparato a vivere in un certo modo e, adesso, non solo aveva dovuto cambiare radicalmente questo stile, ma si ritrovava anche coinvolto in un qualcosa molto più grande di lui che non voleva fare.
Non avrebbe mai sopportato l'idea di veder uccisi davanti ai suoi occhi decine di sconosciuti, anzi, probabilmente la maggior parte di loro li aveva intravisti a bordo dell'aeronave.
Come potevano aver preso una decisione del genere senza prima discuterne con lui?
Ancora una volta si ritrovò controllato come una marionetta a cui muovevano i fili solo per portarla verso un futuro doloroso.
“E se io mi rifiutassi..?” sussurrò cercando di trattenere il pianto.
“Verrai rispedito tra i Sacrifici.” affermò Keneke. “Non puoi disobbedire a un ordine, soprattutto quando dovrebbe essere una grande opportunità per cui molti maghi farebbero i salti mortali per ottenerla.”
La voce della donna era dura e gli graffiava le orecchie. Non voleva sentire, voleva solo scappare.
Forse la soluzione migliore era proprio quella di abbandonare tutto e tornare indietro.

Almeno rivedrei Nael...

Però, proprio quel pensiero gli diede un briciolo di forza.

Se mi arrendessi ora, avrei sprecato mesi per nulla lontano da lui per poi riavere la paura fissa di morire ogni giorno della mia vita.

“Allora, qual è la tua risposta?” domandò Keneke.

Almeno questo mi farà acquisire il titolo di Mago molto prima del previsto.

Non era una grande soddisfazione, ma pensò che forse, dopo tutta quella storia, avrebbe avuto lui il coltello dalla parte del manico e avrebbe potuto fare le richieste che tanto gli opprimevano il petto senza alcun remore. Avrebbe preso sotto la sua ala protettiva Nael e sarebbero rimasti per sempre insieme.
Poteva essere più egoista di così? Per qualcuno che non sapeva cosa fosse la felicità, l'egoismo era l'ultimo dei suoi problemi.

Perdonatemi tutti quanti.

Doveva solamente prendersi del tempo per accogliere quella situazione e, forse, un giorno, ci sarebbe riuscito insieme all'aiuto di Inaya, che l'aveva sempre sostenuto, e Keyondre.
“Accetto.”




NOTA DELL'AUTRICE:

Buona domenica, ragazzi!
Ad Ari non ne va bene una, eh? Non ci possiamo fare niente, credo che abbia la sfiga appresso.
I tempi di lontananza si allungheranno o si restringeranno? Mah, chissà!
Quel bambino ragiona sempre in dipendenza da Nael, ha accettato per lui, ma sarà davvero così semplice?
Nuovi personaggi! Partiamo con Inaya, che ha dei capelli stupendi che vorrei anche io mannaggia a lei xD Spero vi piaccia come personaggio, anche se si è visto poco per ora. Personalmente, la adoro, porta un po' di colore e felicità anche nei capitoli di sofferenza. Il suo nome significa la preoccupazione, la cura, mai nome fu più adeguato per la situazione ahah.
Keyondre, altro personaggio che è stato già presente a tratti, adesso è diventato il tutore di Ari. Positivo o negativo? Il suo nome significa uomo di saggezza che c'entra con il buio? C'entra, perché lui è un mega pro con anche il potere degli altri elementi (sì, amo anche Keyondre).
Il Consiglio Infam-...emh... Maggiore dei Maghi merita anch'esso di essere presentato con i significati dei nomi: Hallgeir, lancia di pietra; Elin, Dio è la mia luce; Molan, servo della tempesta; Freya, foglia. Come potete notare, ho cercato nomi adatti al loro potere e trasformati in modo tale da essere il loro nome completo da Mago.
Che altro dire? Capitolo con poco amore, tanta sofferenza, tanta infamia e spero che vi sia piaciuto.
I commenti sono sempre ben accetti e grazie a tutti quelli che stanno seguendo questa storia, mi rendete felice <3
Ci sentiamo la prossima settimana, non mancate!
Flor <3

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Anche il frutto maturo vuole rimanere aggrappato al proprio ramo ***


CAPITOLO 13
ANCHE IL FRUTTO MATURO VUOLE RIMANERE AGGRAPPATO AL PROPRIO RAMO

Ottobre, anno 439 del XII periodo

Quel giorno sarebbe stato tra i più importanti nella vita di Ari.
La Cerimonia della Pietra.
Aveva passato l'intero mese a condannarsi mentalmente per quella scelta, ma non sapeva che altro avrebbe potuto fare, dato che non aveva avuto libero arbitrio.
Una parte del suo corpo, però, era lieta di quella decisione.
Il potere si era accresciuto in particolar modo, gli erano state insegnate delle magie stupefacenti e aveva imparato molti gesti che servivano per compiere tali magie; un'energia aveva cominciato a sprigionarsi dentro di lui che non credeva neanche di possedere e, per l'ennesima volta, si era reso conto di quanto il Mana lo facesse sentire bene.
E, finalmente, era arrivato il giorno del suo passaggio da apprendista a Mago.
Persino Keyondre si era stupito di come era avvenuto tutto troppo velocemente e non avrebbe mai pensato che un ragazzo come Ari ne sarebbe stato in grado, invece, l'aveva stupito con la sua perseveranza. Aveva intuito che dietro a quel comportamento ci fosse una ragione molto importante, altrimenti non si spiegava.
Ari si era alzato alle cinque del mattino quel giorno, dato che non riusciva a dormire.

Sto davvero per diventare un Mago... mi sembra tutto così impossibile.

Si rigirò nel letto e sospirò profondamente.

Sei orgoglioso di me, Nael?

Chiuse nuovamente gli occhi e pensò al volto sorridente del ragazzo.
Era così dura affrontare le giornate senza di lui, tuttavia, era convinto che non ci sarebbe voluto ancora molto per la loro riunione.

Non aspetto altro.

Incapace di ricadere nel mondo dei sogni, si tirò su in piedi e cominciò a prepararsi.



Il suo primo appuntamento prima della cerimonia era con Freya, che l'avrebbe aspettato al centro del parco.
Quando arrivò, la vide mano nella mano con il Sommo Molan e subito pensò che tra i due dovesse esserci qualcosa di romantico e si ritrovò a sorridere.
Lo stesso fecero i due maghi quando il ragazzo si avvicinò a loro.
“Come stai, ragazzo?” chiese il mago dell'acqua.
“Agitato.”
“Non hai motivo di esserlo.” Freya s'inchinò appena su di lui e gli mise una mano tra i capelli – che si era tagliato la sera prima per rendersi più presentabile.“È un giorno di grande gioia.”
Ari annuì.
Gioia.
Non sapeva se fosse la parola più esatta per quello che stava per accadere, ma, sicuramente, doveva esserne molto fiero per quanto non si sentisse ancora pronto per affrontare la morte di altre persone.
“Adesso andiamo a scoprire il tuo destino.” fece la donna, con una risata limpida.
Ari venne scortato dai due membri del Consiglio ancora nei piani alti, fino a raggiungere una stanza nella quale lo stava aspettando una Curatrice, il cui compito era quello di sfruttare il potere della luce per imprimere sulla pelle un simbolo che avrebbe sancito il patto tra Ari e le divinità.
In sostanza, sarebbe stato come farsi un tatuaggio del quale non sapeva, però, la forma.
“Benvenuto.” gli sorrise la ragazza, che doveva essere poco più grande di lui. “Sono Eirny.”
“Ari, molto piacere.”
“Accomodati pure.”
Si andò a sdraiare sul lettino e poté notare che non c'erano strumenti di chissà quale genere con cui pensava gli avrebbe disegnato il tatuaggio.
Quella situazione gli fece tornare alla memoria quando Nael l'aveva obbligato a farsi i buchi alle orecchie, senza neanche sapere come fare e cosa utilizzare, mettendosi davanti a lui con un ago riscaldato sulla fiamma. Aveva bruciato da morire quella volta.
“Ti hanno spiegato a cosa serve questo rituale, giusto?” Eirny aveva un tono di voce calmo e pacifico.
“Ad amplificare la connessione con le divinità in modo da disporre di Mana puro.” rispose in breve, continuando a sperare dentro di sé che non avrebbe fatto alcun male.
“Bravo, hai studiato.”
La donna prese quella che aveva tutta l'aria di essere un incrocio tra una bacchetta e una penna: era intagliata nel legno e aveva splendidi ghirigori che assomigliavano a tante piccole onde che nascevano l'una dall'altra, fino ad esplodere in una cascata immensa dalla parte opposta della punta.
Ari si dovette alzare la maglia, perché il tatuaggio andava fatto sul ventre, il luogo da cui il Mana aveva origine in ogni essere umano.
“Stai tranquillo. Il tuo corpo non sentirà niente, ma dovrai tenere sotto controllo il tuo potere.”
“Lo so.”
“Scopriamo quale messaggio hanno per te le divinità.”
Eirny chiuse gli occhi e prese un respiro profondo prima di cominciare una cantilena di cui Ari non capiva la lingua e ancora meno il significato.
Rimase a fissarla estasiato, mentre attorno alla penna stava cominciando a generarsi una luce azzurra non appena colse tra le tante parole Tangaroa e l'attimo dopo aveva l'attrezzo sul ventre. Lo pizzicò appena, ma non provava alcun dolore, anzi, era quasi piacevole come il solletico.
La mano della Curatrice cominciò a muoversi e a incidergli la pelle con estrema calma, quasi fluttuava trasportata da un'energia esterna.
Fu in quel momento che Ari si accorse che qualcosa stava cambiando dentro di lui.
Il mana aveva cominciato a sbattere contro le pareti dei suoi organi e correva furioso al suo interno, cercando una via d'uscita. Dovette strizzare i pugni e gli occhi per mantenere la padronanza di esso.
Si sentì prudere le dita così come gli era capitato nei giorni prima di scoprire che avesse i poteri e non gli mancò per niente quel formicolio che gli aveva causato più guai che altro.
Socchiuse appena un occhio per vedere cosa stava uscendo fuori sulla sua pelle, anche se non avrebbe saputo dargli un significato.

Non riesco a capire...

Il tatuaggio era avvolto dalla luce azzurra, che si faceva sempre più intensa andando a ricoprire anche tutto il proprio addome e metà braccio della maga.
Solamente dopo qualche minuto, il mana dentro di sé cominciò a calmarsi, riprendendo a circolare tutt'uno con il sangue e gli altri fluidi, e la mano della donna si fermò così come la cantilena.
La luce scomparve non appena la penna abbandonò la sua pelle e tutto sembrò tornare normale.
Ora poté ammirare il simbolo sul suo ventre.

È un...

“...riccio di mare?”
Al centro vi era un cerchio vuoto, all'esterno di questo un ulteriore cerchio pieno e tutto intorno partivano degli aculei tondeggianti che davano l'impressione di essere molto morbidi e protettivi nello stesso tempo.
Lo trovò molto bello.
“Tangaroa è stato notevolmente gentile con te. Devi piacergli particolarmente.” scherzò Eirny, posando la penna su un tavolino lì a fianco.
“Cosa significa?” Ari si puntellò sul lettino con i gomiti e contemplò ancora il simbolo sul suo ventre.
“La luce nelle tenebre.”
Ari rimase sorpreso.
Come poteva associare a se stesso quel significato? Non era sicuro di quello che gli volesse comunicare Tangaroa da quando aveva scoperto di essere un mago, anche perché non era più tornato nei suoi sogni e non gli aveva più chiesto di aiutarlo – anche se, da come erano andate le cose, era logico supporre che fosse da sempre stabilito che sarebbe diventato parte dei maghi del Sacrificio che donano le anime proprio a Tangaroa.
Quel simbolo su di lui, però, lo fece stare meglio di quanto avesse creduto.
Sentiva crescere a dismisura dentro di sé la forza ed era sicuro di riuscire già a gestirla anche senza la Pietra del Mana.
Sfiorò il tatuaggio con le dita e si accorse che era fresco come l'acqua.
Sorrise e si sentì pronto per affrontare il resto dei giorni che sarebbero arrivati.



Tutti i suoi compagni e i membri del Consiglio erano nella sala dove si sarebbe svolta la cerimonia.
Ari si trovava proprio sul palco insieme a Keneke e Keyondre, che teneva in mano la tunica ripiegata, la mitra e su di essa vi era appoggiata la pietra.
La maga del fuoco stava tenendo un discorso su quanto fosse importante impegnarsi nello studio per raggiungere risultati come i suoi in così poco tempo, che se qualcuno era davvero portato per la magia allora sarebbe arrivato subito a ricoprire posti prestigiosi e altre cose del genere.
Ari si sentì in imbarazzo a venire lodato a quel modo davanti a gente che di fatto non conosceva, ma che lo stava osservando. Alcuni con aria incuriosita, altri evidentemente invidiosi, sebbene molti altri fossero semplicemente orgogliosi che qualcuno ce l'avesse fatta.
Tra questi c'era Inaya, che sfoggiava una delle sue solite capigliature: i capelli erano stati intrappolati in un tubicino bianco perpendicolare alla sua testa e da esso ricadevano come se fosse una stupenda fontana piena di onde. Inoltre, il glitter argentato e dorato, che si era sparsa su alcune ciocche, dava ancora più risalto alla sua bellissima chioma.
La ragazza lo salutò con la mano quando incrociarono lo sguardo e lui abbassò gli occhi ancora più impacciato.
Non era mai stato il tipo da voler essere al centro dell'attenzione.

Sto davvero per diventare un Mago.

Ignorò per qualche istante il discorso di Keneke, che era passata a discutere di quanto le divinità fossero importanti per la loro vita.

Questo segnerà il mio percorso.

“Sono quindi orgogliosa di consegnare la tunica e la Pietra del Mana a questo giovane ragazzo.” la donna prese dalle mani di Keyondre il ciondolo e si avvicinò ad Ari.

È un passo verso un nuovo futuro.

“Congratulazioni.”
Glielo mise al collo e un'ondata di calore l'avvolse per tutto il corpo, sentendo che qualcosa veniva plasmato dentro di sé.
“Ari, Mago dell'Acqua.”

Verso un nuovo me.



“Ehi, guarda chi dà sfoggio di essere diventato un Mago!” esclamò Inaya, vedendolo con l'uniforme nuova di zecca mentre si stava specchiando nella sua camera.
Ari rise e si aggiustò il copricapo sulla testa per bene.
Vedere quella tunica decorata con quell'azzurro, che trovava semplicemente meraviglioso e che gli ricordava il fiume di fianco a casa sua, gli aveva messo una contentezza addosso tanto da dimenticarsi che fosse quasi da ventiquattro ore in piedi.
“Come mi sta?” chiese poi voltandosi allegro.
“Davvero bene.” alzò il pollice in su e si sedette con poca eleganza sul letto del ragazzo, sprofondando nel materasso.
Ari si rigirò il ciondolo tra le dita e poté notare il Mana che vi scorreva all'interno scontrandosi l'un l'altro.
“Menomale che sei più felice di quanto mio padre avrebbe scommesso.”
“Cosa?” domandò Ari, tornando nel mondo reale.
“Credeva che non fosse quello che volevi davvero.”
“Infatti è così da una parte...” Ari si sedette al suo fianco, sentendo il tessuto morbido aderire perfettamente al suo corpo. Avrebbe dovuto abituarsi anche a quello.
“Allora perché hai accettato? Non dovresti fare quello che vuoi seriamente?”
La franchezza della Curatrice lo destabilizzò per un attimo.
“Ma questo è sempre stato il mio scopo fin da quando mi sono trasferito. Sto tenendo duro solo per la speranza di un futuro dove non avrò più paura e potrò rimanere insieme a Nael.”
La ragazza puntellò le mani dietro di sé e alzò le gambe ondeggiandole su e giù.
“Non vuoi che sia più un Sacrificio?”
“Certo che non voglio che lo sia.”
“Spero che ci riuscirai.” Inaya inclinò la testa di lato, facendo ricadere un ammasso di capelli sul suo volto.
In qualche modo, avvertì una nota triste nella sua risposta, ma non sapeva da cosa fosse data.
“Sai, anche io avrei voluto che qualcuno non fosse più un Sacrificio.” riprese a parlare, alzando gli occhi al cielo e sospirando con un sorriso nostalgico.
“Chi?” domandò Ari schiettamente, senza neanche riflettere sui sentimenti dell'altra.
Inaya scosse la testa e si mise a giocare con la sua Pietra, riflettendo i suoi occhi, che in quel momento avevano il colore della buccia di una mela verde – erano davvero strani delle volte come cambiassero la loro tonalità.
“Questo è il tuo giorno e non voglio rovinarlo con sciocchi racconti tristi!” esclamò ritrovando la solita energia di sempre.
Ari si ritrovò a pensare che voleva saperne di più di lei, voleva conoscere il suo passato, dato che non ne avevano mai parlato, e voleva sapere molte altre cose. Per una volta si sentì quello che voleva fare domande e non quello che ne riceveva una caterva da lei.
Non ci aveva mai riflettuto attentamente, ma anche una ragazza con quel carattere aveva dovuto avere i suoi momenti negativi nella vita e lui non si era mai premurato di interessarsene.
In quel momento aveva deciso di coltivare seriamente la sua prima amicizia e che si sarebbe fatto coraggio nei giorni a seguire per imparare a conoscere davvero Inaya.
Quello sarebbe stato il suo primo passo come Ari maturo e conscio di poter cambiare il suo futuro.
Il prossimo passo sarebbe stato Nael.



Nael ne era uscito ancora più devastato dalla seconda separazione.
Questa volta non aveva neanche la possibilità di sgattaiolar via dalla cella per poter raggiungere Ari nei piani sovrastanti e si sentiva solo come non lo era mai stato prima.
Non ricordava un dolore così grande come quello.
Per i primi giorni aveva avuto di nuovo l'impulso di rompere ogni cosa, aggiungendo un graffio accanto a quello che aveva fatto la prima volta con le forbici sul muro. Svolgeva il proprio lavoro con estrema lentezza per farlo durare il più a lungo possibile e non rimanere con gli altri nel magazzino, tanto non avrebbe rivolto loro comunque la parola.
Era così arrabbiato con il mondo intero che era meglio così.
Non voleva intorno nessuno, tanto nessuno sarebbe stato in grado di sanare quel vuoto nel suo cuore e pensò che la solitudine fosse meglio che la compagnia di qualcuno di cui non gli importava niente.
Nonostante fosse sicuro di questo, alla sera si coricava sempre tra le lacrime. Il cuscino ormai era perennemente bagnato, avendo assorbito tutte le lacrime che erano uscite dai suoi tristi occhi.
L'unica cosa che lo tranquillizzava un po' era la promessa che Ari gli aveva fatto prima del suo trasferimento.

Tornerà da me, ne sono certo.

E questa era accompagnata da una delle magliette che l'altro era solito indossare, piena del suo profumo e con la quale aveva preso a dormire tutte le notti, abbracciato ad essa.
Si sentiva così inutile senza Ari accanto a sé, così vulnerabile e impaurito, che ormai aveva ben compreso quei sentimenti che avevano sempre affiancato il ragazzo dagli occhi cristallini e li aveva fatti propri.
Almeno questo era ciò che provava rimanendo da solo nella sua cella o in quella di Ari, ma, non appena usciva da essa, tornava con il volto rigido, i suoi occhi quasi atoni e neanche la sua caratteristica dell'eterocromia gli davano qualche emozione. Il tutto era mascherato da una profondità senza fine, oscura e malinconica.
Il suo istinto aveva anche cercato di spingerlo a commettere qualcosa giusto per avere un po' d'azione, tuttavia, ricordava come si era sentito rinchiuso in isolamento e non voleva riprovare quella sensazione dove tutti i tormenti bussavano incessantemente nella sua testa per costringerlo a soffrire ancora e ancora.
Già gli bastava vedere costantemente Ari davanti a sé e non poterlo toccare per procurarsi una fitta indicibile nel petto e non riusciva a smettere di pensarci.
Le sue giornate passavano tutte uguali, nessuna novità, nessun cambiamento dentro di sé. Solo il vuoto la mattina e solo la speranza di sera di poter sentir bussare alla propria porta perché c'erano delle notizie per lui.
I giorni continuavano a passare e tutto rimaneva costante.
Era ormai arrivato al limite.
Durante un pranzo, mentre era in mensa a gustare con poca voglia il cibo nel suo piatto, gli si era avvicinata una ragazza, forse di qualche anno più grande di lui. Era molto bella, con i ricci biondi che le cadevano dolcemente sulle spalle e gli occhi scuri, la figura esile e armoniosa e le labbra avevano un'adorabile forma a cuore che la rendeva ancora più graziosa.
Non si era presentata nei migliori dei modi, dato che aveva esordito con un: “È da un po' di tempo che non ti vedo con quell'altro ragazzo.”
E Nael aveva schioccato la lingua, stizzito, percependo come se qualcuno l'avesse mandata apposta per rigirare il coltello nella piaga.
Nonostante questo, si era seduta e aveva cominciato a parlare. Nael non aveva voglia di starla a sentire, ma non la cacciò neanche, prima di mettersi in qualche pasticcio, data la voglia di tirarle un pugno nonostante fosse una donna; quindi rimase fermo al suo posto, continuando a mangiare e ascoltando i racconti di quella ragazza insistente.
Anche durante i pasti dei giorni successivi accadde lo stesso e aveva scoperto che era molto più simpatica di quanto avesse voglia di credere.
Si chiamava Sanna ed era sulla nave dei Sacrifici insieme ai suoi genitori e il fratello più piccolo, qualche tempo prima era con loro anche il nonno, ma si era illuminato uno dei primi mesi dopo il loro spostamento in Cielo. La tristezza che aveva negli occhi mentre parlava di lui era quasi paragonabile a quello che Nael stava provando in quel momento, nonostante Ari non fosse morto.
Fu quello che lo spinse ad iniziare una vera conversazione con Sanna, finendo anche con il passare qualche pomeriggio insieme a lei dopo aver finito il lavoro.
Quello lo fece rimuginare sul fatto che né lui né Ari avessero mai avuto altri amici con cui confidarsi, perché tanto bastavano l'un l'altro. Tuttavia, adesso erano distanti e non voleva che Ari fosse rimasto rinchiuso nella sua conchiglia senza riuscire a comunicare con gli altri a causa della sua timidezza o per il fatto che non sapesse come gestire certe situazioni.
Sperava, invece, che avesse trovato qualcuno – benché sarebbe stato un mago e la cosa non gli andava molto giù – con cui poter alleviare quei giorni.
Lui stesso si sentiva un po' meglio dopo l'incontro con Sanna e ne fu compiaciuto; persino le lacrime erano diminuite e non credeva sarebbe stato così facile. Aveva provato ad allontanarsi da tutti, ciononostante la soluzione era proprio il contrario.
“Natanael...” la ragazza incrociò le gambe sul prato e si sedette più composta. “Ma tu e quel ragazzo avete litigato? Vi vedevo sempre insieme e non riuscivo ad avvicinarmi a te, ma adesso sembra svanito nel nulla... pensavo che voi due...”
“È una questione complicata.” la interruppe subito, non volendo affrontare quel discorso e Sanna sembrò rendersene conto.
“Beh, meglio così.”
“Mh?” il ragazzo la guardò di sbieco.
“Mi sono sempre voluta avvicinare a te perché ti ho sempre trovato affascinante, ma non riuscivo mai a trovare l'occasione e il coraggio di farlo.” si dichiarò con un piccolo sorriso e le guance che diventarono appena più rosee del resto del volto.
Nael rimase sorpreso da quell'affermazione. Non aveva mai considerato le persone intorno a sé da accorgersi che poteva far effettivamente colpo su qualche ragazza.
“Poi ti ho visto sempre solo e allora mi sono detta: Sanna, queste sono le divinità che ti concedono un'opportunità! O adesso o mai più!” rise appena. “E poi ti ho parlato...”

Questa è una dichiarazione d'amore?

Nael alzò un sopracciglio, non sapendo come rispondere, e subito dopo avvertì la mano della ragazza afferrargli il braccio.
“E sei ancora meglio di quello che credessi. Certo, forse all'inizio eri un po' rigido, invece sei un ragazzo così premuroso e dolce.” strinse ancora di più la presa come ad avvalorare il peso di quelle parole.

Peccato che il mio cuore appartenga già a qualcuno.

Nael sussultò per quel pensiero.
Peccato? Non era affatto un peccato Ari, anzi, era la pura innocenza.

Piuttosto sono io il peccato.

Afferrò la mano di Sanna e la stritolò quasi a farle male.
“Natanael, tu mi piaci.”

Non ho il candore del tuo viso, io sono un demone.

La ragazza provò ad avvicinare il volto a quello di lui.
“Dimmi che anche io ti piaccio.”

Tu l'hai sempre oscurato, ma adesso non so come tenerlo dentro di me.

Sanna portò la mano sulla sua guancia e l'accarezzò dolcemente.

Non sono forte come ti ho sempre fatto credere.

Non riusciva a collegare i pensieri. Aveva sentito solamente esplodere quello stesso sentimento di rabbia che l'aveva scortato per giorni e giorni e che aveva cercato di trattenere per non commettere qualche stupidaggine, ma adesso non lo conteneva più.
Da cosa era convenuto? Neanche a questo riusciva a dare una risposta.
Semplicemente, vedere Sanna quasi sul punto di piangere, che continuava a mostrare un sorriso gentile e che aveva aperto il cuore così con lui, lo fece andare fuori di testa pensando che Ari non era più al suo fianco e, probabilmente, non l'avrebbe mai più rivisto e tutte le speranze a cui aveva cercato di aggrapparsi non erano che futili.

Ti hanno allontanato da me per sempre. Non tornerai mai. D'altronde, sono contento che tu non debba più stare al fianco di un mostro come me.

“Natanael..?” provò a richiamare la sua attenzione, senza ottenere alcuna risposta.
La voce che sentì, però, non era quella della ragazza.
Il moro socchiuse le labbra sul punto di dire qualcosa, ciononostante un singulto lo colse prima di poter spiaccicare qualsiasi parola.

Cosa sto dicendo?

Il volto di Ari si sovrastò a quello di Sanna. Erano quelli gli occhi che voleva vedere davanti a sé, erano quelli gli zigomi che dovevano dipingersi di una splendida tonalità scarlatta ed erano quelle le labbra paffute che dovevano arrossarsi a causa dei suoi baci.

Io...

“Perdonami.” Nael si alzò di scatto e corse via, lasciando dietro di sé la ragazza inebetita.

...sono davvero terribile.

Scappò nella sua cella, sbattendo con forza la porta.
Gli tremavano le ginocchia e aveva il fiatone come se avesse corso per chilometri, si appoggiò ad esse incurvandosi in avanti.

Ari, come ho potuto? Sono davvero un mostro.

Non aveva concluso nulla, però, il solo fatto che gli era balzato alla mente per un istante di poter baciare Sanna senza nessun problema gli fece contorcere le interiora.
Tradire a quel modo Ari. Non pensava sarebbe mai successo e che avrebbe ceduto così facilmente.
Si pentì amaramente di tutto, quasi gli venne anche un conato di vomito e si gettò sul letto con le braccia spalancate, cercando di incanalare più aria che potesse, espandendo il torace sempre di più.

Scusa. Perdonami, ti prego.

Lo colse anche una piccola lacrima che sfuggì via cadendo sul cuscino e creando un piccolo alone bagnato.
“Quanto sono stupido?”
Domandò a se stesso, rimettendosi seduto dopo essere riuscito a calmarsi.
Gli faceva male il petto e l'unica cosa che i suoi occhi percepivano era il volto di Ari che lo fissava con ammonimento e che gli dava un pizzicotto sul braccio come punizione.

Scusami...

Si ritrovò a dare un calcio alla struttura del letto, facendolo traballare.

Io ti amo. Sono innamorato di te. Ti amo più della mia stessa vita.

Nascose il volto tra le mani, respirando con fatica.

Sei tu la mia vita e così deve essere.

Cercò di darsi un contegno cominciando a vagare per la stanza per scaricare la tensione, ritrovando quel barlume di fiducia dentro di sé. L'unica cosa che poteva davvero tenerlo con i piedi per terra e a cui stava affidando tutto.

Ti amo, Ari.



Il giorno seguente, Nael, si era sentito in dovere di chiarirsi con Sanna, ricevendo un bel segno rosso di cinque dita sulla guancia. Mai avrebbe creduto che in fondo avesse un temperamento del genere, ma era stato meglio così.
Era tornato alla sua solitudine, anche se un po' più tranquillo.
Aveva cercato di fare chiarezza anche dentro di lui. Riguardo ai suoi sentimenti non c'erano dubbi; aveva capito che era molto più di quello e che doveva smetterla di tirarsi addosso calunnie, soffrendo più di quanto già non lo stesse facendo.
Una cosa, però, era immutabile in tutta quella storia: amava Ari in un modo che non aveva mai sentito in nessuna storia d'amore prima d'ora e lo voleva indietro ad ogni costo.
Quel pomeriggio si stava lavando nella stanza di Ari, dove ormai si era trasferito completamente, e ringraziò che nel caldo di quelle giornate poteva almeno rinfrescarsi con quell'acqua che era appena andato a prendere.
Si riempì di sapone, nonostante non ne avesse molto di cui usufruire, e si sciacquò poi con dedizione, ritrovando un po' di calma nel godersi un bel bagno – se così si poteva definire.
Davanti a sé c'era lo specchio e controllò che non avesse più sapone tra i capelli.

Dovrò darci una bella spuntatina domani...

Notò tirando un ciuffo davanti ai propri occhi, troppo lungo rispetto al solito.
Successivamente gli cadde lo sguardo sul petto, dove vide un qualcosa di verde proprio sopra di esso.
“Ma cosa..?”
Immerse la spugna nell'acqua, la strizzò lievemente e prese a grattar via, accorgendosi che non accennava a togliersi. Un istante dopo, una fioca luce verdina comparve proprio sul punto dove c'era la chiazza.
“C-cosa?!”
Nael venne sopraffatto dal panico. Non voleva credere a quello che stava succedendo e ancora non era sicuro se stesse accadendo per davvero.
Riprese a strofinare con violenza fino a quando non graffiò la pelle e una piccola goccia di sangue imbrattò la spugna. Non importava del dolore che si stava auto-infliggendo, voleva solamente che fosse un sogno. Un terribile incubo in cui era arrivato il momento di svegliarsi di soprassalto.

No. No. No. No!

“Cazzo!”
Il petto non accennava a tornare del proprio colore, anzi, la luce verde si faceva sempre più intensa e larga fino ad arrivare a ricoprire totalmente la zona superiore del busto.
Si guardò le mani e gli cadde la spugna, che sbatté a terra con un tonfo poiché intrisa d'acqua. I suoi occhi erano sbarrati e increduli.
Sulle sue mani si stavano espandendo tante piccole macchie verdi luminose che si ingrandivano per ricoprire un'area sempre più vasta.
“No...”
Scosse la testa con vigore senza neanche accorgersi che aveva cominciato a piangere.
“No... merda!”
Indietreggiò fino ad incontrare il catino, per poco non perse l'equilibrio, ma lo rovesciò del tutto bagnando il pavimento e l'acqua cominciò a concentrarsi verso il canale di scolo posto al centro della stanza.

Ari...

Si portò una mano alla bocca mentre il suo corpo non faceva che illuminarsi sempre di più, fino a quando ormai non distinse più alcuni tratti del proprio corpo totalmente immersi in quel bagliore.

Dovevi venire a vedere come stavo. Era una promessa, ma ora...

Singhiozzò più e più volte cercando di trattenere i gemiti nella mano davanti alle sue labbra.
Il suo corpo era paralizzato mentre la vista si stava facendo appannata a causa di quella luce troppo accecante.
“No! No! Non è giusto! No!” urlò in preda alla rabbia, tirando un calcio al catino e neanche si curò del dolore.

Non ti vedrò mai più. Non saprai mai cosa mi è successo. Io... io dovevo dirti così tante cose!

Si osservò ancora allo specchio, ormai incapace di vedere il suo vero riflesso, circondato da un alone verde chiaro e brillante.
“Lui piangerà ancora...” cominciò a tremare, una convulsione dopo l'altra seguita dai singulti del pianto. “E io non potrò più consolarlo...”

Dovevamo vivere fino alla fine, insieme, senza sprecare tempo proprio perché saremmo potuti morire... eppure, non sono riuscito a dirti tutto quello che avrei voluto, non ti ho abbracciato fino a sentire i muscoli troppo stanchi e tesi, non ti ho baciato fino a non sentire più l'ossigeno nel cervello.

Tremò ancora, sentendo scorrere le lacrime sul volto e colpirlo come carboni ardenti sul collo e il petto e giù fino al ventre.

Non ti ho detto quanto ti amo.

Crollò sul materasso a peso morto.
Tutto ciò in cui aveva ritrovato la forza di sperare era nuovamente svanito nel nulla a causa di un qualcosa che andava al di là dell'essere umano e sarebbe stato impossibile contrastare il volere di una divinità. Quella stessa divinità che gli aveva portato via Ari e che non gli avrebbe mai più permesso di incontrarlo ancora.
“Perché? Mi merito tutto questo?” gridò con quanto fiato aveva in gola e la voce tremolante, alzando gli occhi verso il cielo come se il suo interlocutore fosse proprio Tangaroa. “Gli dei mi vogliono punire per essere un farabutto? Perché non ho avuto il coraggio di esprimere prima i miei sentimenti?”
Prese un respiro profondo, sentendo che ormai la luce era arrivata al massimo del suo splendore e a breve sarebbero arrivati i maghi a prelevarlo.
“È forse un castigo divino?!”

Ari...

Nael sussultò ancora e pianse più di prima.
Si guardò attorno nella stanza e di nuovo poté scorgere il viso di Ari che lo guardava in un modo in cui soltanto lui era capace, con tutto l'amore che una persona poteva metterci.
Era così bello, così tanto che il suo stomaco era pieno soltanto ammirandolo.
“Ari...”

Voglio vederti ancora una volta...

“Ari..”
Scoppiò in un pianto ancora più disperato del precedente e si ricoprì il volto con le mani, lasciando uscire tutta la tristezza che lo stava opprimendo. Era incapace di dar vita a qualsiasi forma di pensiero.
L'unico nome che girava nella sua mente era quello di Ari e si scusò con lui fino a quando anche la parola scusa non perse di significato di fronte ad un qualcosa come la morte.
Non esisteva più un futuro per lui, non esisteva più un futuro per lui e Ari.
Era tutto finito.
All'improvviso smise di piangere, come se ormai non avesse altre lacrime da versare o come se fossero inutili.
Rimase seduto sul letto a testa bassa, i capelli neri gli ricoprivano il volto e i tremiti non avevano ancora del tutto abbandonato il proprio corpo.
Non fu che qualche istante dopo, che avvertì un'aria gelida colpirlo.
Sapeva perfettamente cosa fosse appena successo, ma non alzò comunque lo sguardo.



Wayra e Niremaan erano arrivati nella cella per prendere quello che sarebbe stato il Sacrificio del mese, così come erano soliti fare, ma il mago del vento non si aspettò di dover trattenere un sussulto quando vide chi sarebbe stata la prossima vittima.
Il ragazzo non accennava a parlare, rimanendo immobile sul materasso.
Tuttavia, Wayra non ebbe il coraggio di ripetere quelle parole che pronunciava a tutti i Sacrifici poco prima di portarli via, qualcosa dentro di lui gli stava dicendo che era sbagliato per una volta condannare una persona a quel modo.
Non poté comunque lasciarsi andare a certi sentimentalismi. Ogni Sacrificio era come tutti gli altri, questo era un dato di fatto e non importava che questo fosse proprio il ragazzo amato da quello che era stato suo allievo per due mesi.
Wayra fece un cenno di saluto, inchinandosi appena. Il sorriso che era solito avere era sparito dal suo volto, sostituito da un'espressione atona.
Si fece coraggio e disse quella frase di cui solamente adesso sentiva il peso sulle proprie spalle.
“Che la tua anima possa placare l'ira delle divinità.”



NOTE DELL'AUTRICE:

*inizia a fare le valigie per un posto molto lontano*
Ragazzziii! Ben tornati nella Nari! :D *sicuramente fare la finta tonta distoglierà*
Mancano ancora così tanti capitoli alla fine! Eeeeh °^° sta funzionando fare la finta tonta? °^°
Ari è diventato un mago! Festeggiamo! Sììì! Gli sta così bene la divisa! Davvero un bambino bellissimo e qua mi tocca spiegare la storia del tatuaggio.
Mi rifaccio sempre alla cultura polinesiana. Prima di tutto, la posizione del tatuaggio sul ventre indica, proprio come ho accennato nel capitolo, il luogo da dove il Mana ha origine. Secondo, ogni simbolo ha un proprio significato e ti riconosce come persona di una certa posizione all'interno della società, nel mio caso, ogni mago possiede un tatuaggio fatto il giorno della Cerimonia. Quello di Ari è un riccio geometrico e stilizzato che significa la luce nelle tenebre. Molto semplicemente (la ricerca no, quella è stata estenuante, soprattutto trovare l'immagine di quel tatuaggio...)
Nael... è tornato, non siete felici?! :D
Stava anche per baciare Sanna! Ehm... u.u *tossicchia* non credo di poter commentare oltre, spero soltanto di essere riuscita ad esprimere tutti i sentimenti in contrasto in Nael, il suo sentirsi un mostro, il condannarsi per un niente, la speranza svanita nel nulla...
Abbiamo ancora un lungo viaggio davanti a noi, non disperate!
Ringrazio tutti quelli che commenteranno, mi farebbe davvero piacere sentire le opinioni di tutti voi e ringrazio chi mi segue anche in silenzio :)
Ci sentiamo domenica prossima!
Flor ^w^

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Il Sacrificio ***


CAPITOLO 14
IL SACRIFICIO

 

 

 

Ottobre, anno 439 del XII periodo

“Siamo sicuri di quello che abbiamo fatto?” Elin si pulì gli occhiali con dedizione per poi rimetterseli addosso.
“Abbiamo deciso democraticamente.” rispose Molan, incrociando le braccia.
“Io sono comunque contrario a questa buffonata.” Hallgeir schioccò la lingua sonoramente.
“Sommo Hallgeir, ti prego di non essere così ostile.” intervenne Keneke. “Siamo a conoscenza di chi sia quel ragazzo e sappiamo che un potere come il suo non è solito comparire a chiunque.”
“Per quanto sia raro, mi dispiace per lui.” Freya abbassò il capo, ma venne posata una mano sulla sua spalla dalla maga del fuoco.
“Amica mia, non addolorarti. Anche tu eri contraria all'inizio, a causa del tuo potere di percepire le aure altrui, ma capisci che è per il bene della nostra razza.”
“Il suo tatuaggio è la luce nelle tenebre.” continuò la maga del vento.
“Motivo in più per credere che abbiamo fatto la scelta giusta.”
“Somma Freya.” prese la parola Molan, ma non aggiunse altro, porgendole un dolce sorriso che venne ricambiato.
Keyondre rimase in silenzio ad ascoltare tutti i commenti dei suoi colleghi, non aveva voglia di stare a discutere con loro di un qualcosa che non avrebbero capito, perché non l'avevano mai sperimentato sulla loro pelle.
Si lasciò scappare un piccolo sospiro e si rilassò sulla sedia, sapendo che qualche ora dopo avrebbe dovuto affrontare un paio di occhi spaventati e tristi.



Ari era appena diventato un vero mago, non era passata neanche una settimana e già Keyondre gli aveva comunicato che avrebbe partecipato al suo primo rituale.
Aveva spalancato gli occhi e le dita avevano cominciato a tremare. Sapeva che sarebbe successo, solo non si aspettava così prontamente, ancora non aveva metabolizzato del tutto.
“Un Sacrificio?” annaspò alla ricerca d'ossigeno e fu obbligato a sedersi.
“Va tutto bene. È normale che tu sia così agitato.” gli disse premuroso l'uomo.
“Non è solo agitazione...”

Non voglio veder morire qualcuno davanti a me senza poter far nulla per salvarlo, anzi...

“Lo so, Ari.” gli diede una pacca in testa, scompigliandoli i capelli con fare affettuoso.

...facendogli credere che l'unico modo per salvarlo sia quello di ucciderlo.

“Non è vero.”
“E invece è così.” alzò il tono di voce e lo afferrò per le spalle.
In quel momento, ad Ari venne in mente di quando Inaya gli aveva parlato che qualcuno che conosceva era diventato un Sacrificio, forse quel qualcuno lo conosceva anche Keyondre e aveva provato il dolore della perdita di una persona importante.

Davvero non c'è altra soluzione?

Inaya entrò nella sala, dato che si trovavano nell'appartamento di Keyondre, e si accorse della situazione prima che potesse salutare a gran voce e interromperli.
“Non so se sono capace di affrontare un qualcosa del genere...” continuò il ragazzo.
La Curatrice gli si accostò, per la prima volta la vedeva con i capelli lasciati sciolti e le arrivavano al fondo schiena. Sembrava scomparire nel cielo notturno, data la sua statura e corporatura minuta.
“Invece ne sarai in grado.” lo incitò il mago del buio. “Tu vuoi fortemente qualcosa, dico bene?”
Ari alzò il viso su di lui e si ritrovò ad annuire.
“Proprio per questo, allora, potrai sopportare la sofferenza e sacrificare te stesso, se questo comporterà al raggiungimento del tuo scopo.”
Nessuno gli aveva mai parlato a quel modo, neanche suo padre, neanche Nael, eppure sentiva che avrebbe voluto qualcuno che gli parlasse così da sempre.

Dove la trovo la forza per compiere tale brutalità?

“Non sono io quello che verrà sacrificato...” era un'infelice battuta, tuttavia, la verità.
“Una parte di te lo sarà sicuramente.” fece una piccola pausa. “Sai che anche io devo assistere ai Sacrifici.”
“E con questo?”

Mi stai forse dicendo che non sarà colpa mia? Che lo sguardo di disprezzo che vedrò non sarà indirizzato a me?

“Mi ricordo ogni singolo volto di ogni singola persona morta.”
Ari sussultò e socchiuse le labbra.
“È terribile.”
Keyondre gli fece un cenno col capo.
“Questo mi ha reso ancora più forte. Ha plasmato il mio animo, mi ha costruito una corazza e una spada che posso usare per proteggere tutti gli altri.”
“Quindi è inevitabile...”

Quindi anche io diventerò una persona migliore proprio a causa di queste atrocità?

“Ari, tu sei speciale. Ricordati sempre che hai qualcosa di speciale.”
Il ragazzo non ci pensò due volte e l'abbracciò.
L'uomo rimase un po' spiazzato, ma poi ricambiò la stretta. Non ci volle che un attimo che anche Inaya si unì a quell'abbraccio.
“Sei come un padre per me.” sussurrò Ari, mettendo da parte tutte le formalità. Voleva solamente il calore di una famiglia.
Keyondre fece un piccolo verso di sorpresa.
“Questo fa di me tua sorella!” esclamò Inaya con un enorme sorriso e puntandosi l'indice contro.
“S-se vuoi esserlo...” rispose il ragazzo timidamente e arrossato in viso.
“Sempre queste domande stupide.” gli diede un forte pizzicotto sul braccio, spiegazzandogli la tunica. “Hai sentito, padre? Adesso ho un fratello!” si mise una mano sul cuore, tutta contenta. “Un fratello gemello!”
La vivacità della ragazza non poté che contagiare anche gli altri due, che si ritrovarono a ridere di gusto di fronte alle guance paffute di Inaya, che aveva iniziato a sproloquiare a destra e a manca di qualsiasi argomento quel discorso le aveva messo in testa.



Nael non aveva opposto la minima resistenza.
Era stato scortato da Wayra e Niremaan da colui che faceva le veci di capo su quell'aeronave e, subito, il mago si era prodigato di avvisare la nave, dove si sarebbe tenuto il rituale, che avevano la prossima vittima.
La luce verde era scomparsa nell'attimo in cui quel vecchio con la gobba l'aveva toccato sulla spalla, pronunciando non sapeva bene che parole. Lui era rimasto seduto per tutto il tempo in quell'ufficio senza emettere un suono, senza alzare mai lo sguardo.
Un misto di odio e tristezza si faceva strada in lui man mano che passavano i minuti e sentiva parlare i maghi tra loro su quello che andava fatto.
Lo avevano rinchiuso a chiave in una stanza per una manciata di ore. Questa era provvista di un letto, una sedia e poco altro, tutte cose di cui neanche si curò.
Si era seduto sul pavimento freddo in acciaio, portandosi un ginocchio all'altezza del petto, e aveva posato sopra la testa. Dopo qualche minuto, i suoi occhi vitrei si erano alzati al soffitto, dove una pala stava girando e rinfrescava la camera grazie al venticello prodotto da essa.
Il tempo era passato anche più veloce del previsto e Nael era stato nuovamente scortato nell'ufficio del mago – di cui aveva captato il nome Hamar – e gli era stato detto di avvicinarsi alla finestra.
Così aveva fatto e dopo qualche secondo si era ritrovato scaraventato in una dimensione del tutto diversa, immersa di luce bianca e, dopo qualche altro secondo, era caduto malamente su un pavimento, anch'esso freddo come quello a cui era abituato.
Si era massaggiato la spalla che aveva picchiato e si era rialzato in piedi.
Davanti a lui c'erano delle persone che non aveva mai visto, ma che aveva riconosciuto subito.

Maghi.



Nael stava venendo accompagnato in quella che pensava sarebbe stata la sua cella fino al giorno del rituale.
Il rumore dei suoi passi insieme a quelli dei due maghi affiancati a lui gli riempiva le orecchie peggio del rumore di un'esplosione. Strinse i denti per non cedere alla tentazione del formicolio nel suo stomaco, che avrebbe voluto prendere a pugni e calci i due uomini.

Stai calmo, Nael...

Si ripeteva dentro di sé, sebbene ormai non gli importasse più di niente. Sarebbe comunque morto, quindi non avrebbe cambiato le cose se avesse aggredito o no qualcuno, magari avrebbe ottenuto solo una morte anticipata.

Anzi, mi prenderei una rivincita su questi fottuti bastardi.

Fece un piccolo ringhio e un sorriso che non gli apparteneva si dipinse sul suo volto.
“Devi essere parecchio esausto della vita se ti ritrovi a ridere in una situazione del genere.” prese a parlare quello che gli stava sulla destra.
Nael non rispose, continuando a camminare, pensando al modo migliore per ucciderli entrambi, anche se sapeva che nel profondo non l'avrebbe mai fatto perché c'era qualcuno che gli teneva ferma la mano e che l'avrebbe odiato per sempre.

Anche se sto per andare all'Inferno, non voglio sulla coscienza l'odio di Ari. Non lo sopporterei ancor peggio della morte.

“Beh, staremo a vedere se dopo oggi ne avrai ancora voglia.” rispose l'altro mago.
“Non parli?” fece il primo dopo qualche minuto di silenzio.

E sprecare il mio fiato con voi? Non ve lo meritate.

I due uomini fecero spallucce e continuarono il resto del viaggio in quiete.
Nael sentiva rimbombare sempre di più le sue scarpe contro l'acciaio, lo strusciare delle vesti degli altri due ad ogni passo, un ticchettio che proveniva da chissà dove che non la smetteva di seguirli.
Credette di star per impazzire.
Non riusciva a pensare ormai da quando aveva capito di essere il prossimo Sacrificio, ma così era ancora peggio. Neanche il volto allegro di Ari gli dava conforto.
“Eccoci arrivati.”
Venne rinchiuso nuovamente in una cella, ma in questa vi era solamente una brandina e un angolo che pensò avrebbe servito da bagno. Storse il naso e sospirò, gettandosi sul letto.

Sto per morire davvero.

Sentì gli occhi pungergli, però ricacciò indietro le lacrime.

Non posso accettarlo. Non posso. Come farò senza Ari? Come farà lui senza di me?

Era un dolore troppo forte da poter resistere e scoppiò ancora in un pianto.
In quel momento avvertì una sensazione di pesantezza intorno a lui.
Aprì gli occhi e rimase a bocca aperta mettendosi seduto: una miriade di flussi di quello che pensò fosse Mana stavano vorticando per tutta la stanza. Erano di tutte le tonalità dal bianco al trasparente e fischiavano con un suono terribile, così acuto e penetrante che Nael dovette tapparsi le orecchie con le mani.

Cosa sta succedendo?

Natanael era spaventato. Non aveva idea di cosa sarebbe successo prima della sua morte, non aveva neanche idea di come si compiva il rito. Pensò solamente che fosse già arrivata la sua ora quando alcuni di essi si abbatterono con violenza su di lui.
Lo attraversarono in pieno petto e nell'ombelico e si piegò in avanti colpito da un conato di vomito.

Fa... male...

Non aveva sangue, ma la fitta che gli aveva procurato era sicuramente reale. Inoltre, gli si era palesato nella sua mente una scena che pensava ormai di aver dimenticato, una scena che non aveva più avuto intenzione di rivivere da così tanti anni, che non sapeva perché fosse apparsa proprio adesso.
Molti altri flussi si scagliarono contro il suo corpo, oltrepassando il cranio, l'addome e qualsiasi altra parte del corpo che fosse esposta. Ad ogni colpo inflitto una parte del suo passato si presentava davanti a lui, anche quelle cose che pensava di non ricordare più e facevano una più male dell'altra.
“Basta! Smettila!”
Non sapeva con chi stesse parlando, ma sperò che qualcuno lo sentisse da fuori e che si precipitasse da lui per salvarlo, benché non sarebbe mai successo. Balzò in piedi alla ricerca di un rifugio che non esisteva.
Un insieme di sentimenti era scoppiato dentro di lui: dalla collera alla delusione, l'angoscia e la disperazione.

Ti prego... Basta!

“Perché?” strinse forte la maglia all'altezza del cuore e si sentì soffocare.
L'energia non diminuiva mai, continuava a girare di qua e di là sbattendo contro le pareti e raggiungendo il ragazzo che aveva preso ad urlare sempre più forte ed era caduto a terra, picchiando fortemente la stessa spalla di poco prima.
Le lacrime avevano creato una pozza sul pavimento che si ingrandiva con lo scorrere dei minuti.

Aiutami, Ari...

Non poté che pensare a lui quando l'ennesimo flusso di Mana gli riportò alla mente di quando si erano dovuti separare la prima volta.

...perché io non sono più in grado di salvare nessuno.

Nella stanza girava solamente ancora un unico involucro di forza e, quando lo penetrò, si rivide nella vecchia camera di Ari con la spugna che cadeva dalle sue mani e lo sguardo pieno di stupore.

Mi dispiace.

Qualche secondo dopo, Nael svenne.



Era ormai tutto pronto per il sacrificio che si sarebbe tenuto il giorno seguente.
Ari aveva dovuto imparare a memoria la cantilena per la separazione delle anime dal corpo, nonostante già l'avesse studiata nel mese di preparazione, ma non aveva possibilità di errore o avrebbe potuto causare chissà quali fatalità.
Era una gran bella responsabilità dopotutto.
Aveva conosciuto gli altri maghi che avrebbero presieduto alla cerimonia e scoprì che, tra questi, ci sarebbe stata anche Inaya. In quanto Curatrice aveva il compito di utilizzare la propria arte magica curativa nel caso qualcosa fosse andato storto e anche per prendersi cura del corpo della vittima.

Un compito così ingrato...

Adesso si trovava nei piani più bassi dell'aeronave, dove si sarebbe compiuto il rituale, e aveva passato l'ultima settimana insieme ai maghi della cerchia e la maggior parte erano molto più grandi di lui. Fortunatamente il suo coinquilino aveva solo qualche anno in più e non ebbe particolare fastidio a condividere la stanza per qualche giorno, nonostante il forte imbarazzo.
Ari si stava prendendo una pausa da quella lingua sconosciuta che non faceva che vorticare nella sua testa e, proprio in quel momento, piombò nella camera il suo coinquilino.
“Ari, ti ho portato la tunica per la cerimonia.”
“Grazie, Dillon.”
La tunica era color panna, dalle ampie maniche, e aveva ricamati dei simboli che non erano su tutte le altre divise: emblemi riguardanti il passaggio dalla vita alla morte. Questi erano decorati con un nastro dorato e risaltavano alla perfezione. Inoltre, era munita di un cappuccio anch'esso largo che avrebbe ricoperto quasi totalmente il suo volto.

Forse riuscirò a non vedere gli occhi la vittima davanti a me.

Nonostante il discorso tenuto da Keyondre, non aveva proprio voglia di assistere alla morte di qualcuno, il solo pensiero gli faceva venire le vertigini.
“Avanti, provala. Se no devo andare a prendere un'altra taglia.”
“Mh...” affermò Ari poco convinto e si tolse la propria per quella nuova e la riscoprì semplicemente perfetta per la sua corporatura e altezza.
“Ehi, te l'ha detto nessuno che sembri fatto apposta per indossare certe cose?” disse Dillon sfacciatamente. “Il tuo corpo sembra esser stato creato per queste divise.”
“Non è quello che definirei un bel complimento...” sussurrò il biondo, mettendosi anche il cappuccio e notando che, purtroppo, riusciva a vedere davanti a sé.
“Scusa.” si mise a ridere il suo compagno di stanza. “Volevo soltanto spezzare la tensione. Te l'ho detto, no? Questo è anche il mio primo Sacrificio.”
“E sei così esaltato?”
“Ho sempre voluto servire le divinità con tutto me stesso e quello che ho da offrire.” rispose serio.

E credi che questo sia il modo migliore per farlo...

“Ho capito. Scusa.” fece Ari freddamente e rimettendosi gli abiti di prima.
Prese a recitare la cantilena insieme al Dillon, che tra l'altro era anch'egli un mago dell'acqua, e, esausto non solo per la stanchezza, ma anche per il solo pensiero di quello che sarebbe successo l'indomani, andò a dormire.
Il giorno seguente, Ari si svegliò presto e cominciò immediatamente i preparativi.
Indossò la divisa e si mise la Pietra al collo, facendola risaltare sopra ai vestiti; successivamente si diresse in mensa per far colazione anche se il suo stomaco si era chiuso e dopo ancora raggiunse il luogo dove si sarebbe tenuta la cerimonia.
Era una stanza situata nel piano più basso dell'aeronave ed era di forma circolare. Pareva esser stata scolpita nella roccia come una caverna e le pareti erano tutte irregolari e scure. Per terra vi era disegnato un cerchio con i simboli dei sei elementi e altri che comparivano anche sui loro abiti; proprio nel mezzo vi era un ulteriore cerchio dove si sarebbe dovuto posizionare il Sacrificio.
Ari sospirò e Inaya gli andò subito in contro.
“Buongiorno!” esclamò con un sorriso.
“Buongiorno a te.”
Ari la squadrò da capo a piedi e vide che indossava una vestaglia di un bianco candido che non faceva che risaltare la sua pelle mulatta e quei suoi capelli scuri che erano raccolti in due codini laterali e, da dietro l'attaccatura del collo, partivano delle ciocche finte che cadevano fin sotto alla vita di colore bianco e argento.
“Non essere così angosciato.” gli disse afferrandogli un braccio e capendo perfettamente il suo stato d'animo.
“Quante volte l'hai fatto tu?” chiese senza ascoltarla.
“Questa è la quarta...”
“E come fai...a...”
“Rimanere impassibile?”
Ari annuì.
“Non lo sono, ma cerco di andare avanti comunque. Mio padre mi ha aiutata molto.”
“Perché lo...”
Non riuscì a finire di domandare, che si avvicinò loro Keyondre.
“Siete pronti? È quasi giunta l'ora di mettersi in formazione.”

Andrà tutto bene, Ari...

Pensò tra sé e sé, sperando che fosse davvero così.

Andrà tutto bene.



Nael aveva perso non solo la speranza, ma era rimasto completamente svuotato del proprio essere.
Rivivere tutti quei ricordi l'aveva prosciugato fin nel profondo e tutto quello che aveva potuto fare nelle ore seguenti era finire le ultime lacrime che ancora possedeva in corpo, rimanere sdraiato sul pavimento e riflettere sul fatto che non aveva combinato mai nulla di buono nella vita e tutti i suoi obiettivi erano svaniti nel nulla ancor prima di poterli anche solo sfiorare.

Quando pensavo di poter essere finalmente felice con Ari...

Tremò appena, rannicchiandosi.

Non esiste la felicità a questo mondo.

Continuava a condannarsi mentalmente, pensando che fosse colpa sua tutto quello che era successo e non riusciva a trovare pace per i suoi tormenti.
In quel momento qualcuno entrò nella cella e l'obbligò a mettersi in piedi.
“È giunta l'ora.” disse semplicemente.
Nael riconobbe che fosse uno dei maghi che l'aveva accompagnato qualche giorno prima, ma non prestò attenzione a nessun altro particolare.
“Prima dobbiamo marchiarti.”
L'uomo era conciso e privo di emozione, chissà quanti altri aveva scortato da una parte all'altra della nave per poi spedirli al patibolo, tanto da essere diventato apatico di fronte a qualcosa che avrebbe dovuto spaventare qualsiasi uomo.
Entrarono in una stanza dove un altro uomo molto più grande del moro li stava aspettando con in mano una specie di stiletto.
Nael fu costretto a spogliarsi della parte sopra dei vestiti e a sdraiarsi sul lettino.
Sentì pronunciare qualcosa che per le sue orecchie non aveva senso e la stanza si illuminò di una tonalità cupa che gli mise inquietudine addosso, tuttavia, rimase impassibile e osservò l'uomo che poggiava il pennino sulla sua pelle e che gli incideva qualcosa, proprio al di sotto dell'ombelico.
La voce dell'altro mago sovrastò appena quella del vecchio.
“L'ombelico indica il contatto con il cordone ombelicale della madre, colei che ti ha dato la vita, e questo tatuaggio appena al di sotto di esso serve a canalizzare tutto il potere che sarà concentrato durante il rituale per spezzare questo legame. Un legame che possiedi con la terra e il tuo istinto carnale per un futuro come anima servitrice delle divinità.”

Come se mi potesse interessare...

Si stupì di come non gli stesse procurando alcun tipo di dolore, si era già preparato a dover subire un altro trattamento come quello di qualche giorno prima, invece percepiva solo una sensazione di torpore che gli rilassò la mente quasi a farlo addormentare.
Quando tutto fu finito, poté vedere il disegno di una conchiglia sotto il proprio ombelico.
“Ironico...” si ritrovò quasi a sorridere il mago più giovane.
Nael lo guardò con aria confusa.
“La conchiglia bivalve, simbolo di unione con qualcuno, coppia e matrimonio.” spiegò subito il più anziano.
“Non devi piacere molto alle divinità se si prendono addirittura gioco di te il giorno della tua morte.”
Nael serrò la mascella guardandolo con aria truce. Non capiva perfettamente cosa significasse tutto quello, ma si sentì preso in giro. Non ebbe comunque le forze per alzare neanche un dito.
“Ora andiamo, muoviti.”
Camminarono ancora e fu portato nell'ennesima stanza dove si dovette spogliare del tutto – privandoti di qualsiasi contatto con questo mondo – o almeno così aveva detto il mago e, successivamente, venne legato per i polsi da qualcosa che non aveva consistenza, ma che lo stringeva fino a non fargli più circolare il sangue alle mani. Infine, gli venne messo in testa un cappuccio in modo tale da ricoprire tutto il volto e fermato al collo con qualcosa che non poté vedere.

Sto per morire e non ho rivisto il tuo volto...

Un istante dopo stava entrando nella stanza dove la morte l'avrebbe accolto a braccia aperte.



Erano tutti messi in posizione: in sei estremità diverse vi era un rappresentante per ogni Elemento, tra questi Keyondre ed Elin, un passo dietro loro vi era tutta la cerchia di maghi tra cui Ari, ancora più indietro un ulteriore cerchio composto dalle Curatrici.
Proprio queste ultime avevano cominciato ad intonare una cantilena che pareva quasi una poesia melodiosa, grazie anche al fatto che le loro voci erano gentili e pacate.
Subito dopo fu il turno di tutti gli altri di cominciare con la prima strofa.
Tutti tenevano poggiata sul palmo della mano la Pietra che si stava illuminando di ogni tonalità di colore esistente man mano che il rito andava avanti.
Ari aveva le ginocchia che tremavano, ma era pienamente concentrato in quello che stava facendo senza commettere neanche un errore.
In quell'istante entrò un mago che teneva per un braccio la vittima e la fece inginocchiare proprio al centro.
Ari constatò subito che fosse un uomo, anzi, probabilmente un ragazzo abbastanza giovane e si dispiacque subito per lui. Sospirò mentalmente e continuò a recitare, mentre la voce possente del principale mago che avrebbe svolto la cerimonia si alzò sopra le altre.
“Siamo qui di fronte a te, Tangaroa, per donarti l'anima di questo essere umano che ha deciso di placare la tua sete di vendetta.”
Ari volle storcere il naso a quella frase, tuttavia, si trattenne.
Il mago si mise dietro al corpo del Sacrificio e gli slacciò la corda che teneva al collo, liberandolo dal cappuccio.
Tutto si fermò.
Il suo fiato, il suo cuore, la sua lingua.

Non può essere...

“Nael!”
Non ci pensò due volte e si gettò subito in mezzo al cerchio, sotto lo sguardo sgomento di tutti.
Inaya, tra di loro, spalancò gli occhi e si mise una mano sul petto.
“Nael! Nael!” si scaraventò su di lui e l'abbracciò più forte che poté.
“Ari...” il moro era rimasto inebetito.
Non si sarebbe mai aspettato di rivederlo in quelle circostanze. Aveva sempre tenuto il capo chino, ma non appena aveva sentito pronunciare il suo nome da quella voce che conosceva bene, non aveva potuto che mancare un battito e alzare subito lo sguardo prima di essere travolto dal suo abbraccio furente.
“No... no...”
Ari cominciò a piangere, incredulo, e provò anche a liberarlo dalle corde di mana che gli tenevano legati i polsi, benché non servì a niente perché non era in grado di slegarle.
“Come osi interrompere la cerimonia?” inveì il mago davanti a lui.
“Non potete sacrificarlo!” urlò Ari con tutto il fiato che aveva in gola.
“Questo è il Sacrificio per Tangaroa.”
“No!” gridò ancora più forte e si aggrappò al ragazzo inginocchiato a terra che non poteva ricambiare la stretta, ma che aveva appoggiato la testa sul suo petto per sentire ancora per una volta quel calore che tanto amava.
“Allontanati subito!” esclamò furioso l'uomo e afferrò Ari per le spalle per costringerlo a staccarsi.
“No!” non riusciva a dire altro, troppo agitato.

Non è vero tutto questo. È solo un incubo!

Gli prese il volto tra le mani e si specchiò in quelle iridi che parevano così vuote in quel momento, tanto da sentirsi male nel vedere in che condizioni fosse Nael. Le dita erano aggrovigliate con l'ammasso di capelli neri sulla sua testa e le lacrime cadevano sul naso del ragazzo.
“Ari... andrà tutto bene.” Natanael gli sorrise come era solito fare.

Andare bene?

Come poteva dire una frase del genere.
A breve sarebbe morto e lui non aveva il potere di evitarlo, non poteva fare nulla contro una decisione divina e nessuno l'avrebbe mai ascoltato veramente, neanche il Sommo Keyondre.
Scosse il capo più e più volte. Si sentiva morire dentro.

Tutti questi mesi dove ho lottato per il nostro futuro a cosa sono serviti? Mi hanno solo fatto perdere del tempo che potevo passare con te prima della tua morte.

Ancora non riusciva a crederci.

Non è vero. Non può essere vero.

Nella sua mente turbinava unicamente quel pensiero e quasi si sentì svenire nell'apprendere che non fosse un incubo, ma che fosse tutto reale e lo stava toccando proprio con le sue stesse mani.
“Non andrà bene! Come può andare bene! Non puoi morire!” la sua voce usciva fuori strozzata e frammentata dai singulti.
“Basta! Questo è troppo!” si infuriò ancora il mago e in quel momento intervenne Keyondre.
“Lascia che si parlino per qualche minuto.”
“Ma Sommo Keyondre...”
“Nessun ma. Questo è un ordine.”
Il mago fu costretto a tacere di fronte ad un comando impartito dal Sommo Mago del Buio e dovette indietreggiare.
Ari neanche si accorse in un primo momento di quello che avesse fatto per lui, troppo impegnato a tenere tra le sue braccia Nael e a continuare a piangere fino a farsi venire male alla gola.
“Volevo proteggerti fino alla fine, ma credo di non poter più rimanere al tuo fianco.” Natanael sorrise ancora, fissando quel paio di occhi cristallini che adesso erano arrossati e nascondevano tutto il loro splendore.
“Smettila! Perché sei così tranquillo?” Ari cercò di usare un tono duro e autoritario, invece lasciò trapelare tutta la sua tristezza. “Smettila di sorridere!”
“Ari...” Nael premette il volto contro il suo petto, strofinandolo appena, poi riprese a guardarlo in faccia. “Sto cercando di non piangere ancora davanti a te. Non voglio che mi ricordi come un patetico essere umano che non ha saputo renderti felice.”
Ari sussultò.

Non è così! Non è così! Tu mi hai reso felice dal primo momento che sei entrato nella mia vita, hai continuato a farlo per tutti questi anni e sei l'unico con cui io voglio condividere la mia felicità. Non abbandonarmi, ti prego. Io non esisto senza di te. Non servo a niente se non a stare al tuo fianco.

“Sei uno stupido.” gli accarezzò una guancia dolcemente con le dita tremanti.
“Mi dispiace.”
“Nael...”
Ari avvicinò il viso a quello dell'altro e lo baciò.
Ancora una volta fece rimanere stupefatte il resto delle persone in quella stanza.
Nael ricambiò quel bacio, consapevole che sarebbe stato l'ultimo della sua vita. Se all'inizio era delicato e solamente qualche carezza con le labbra, all'improvviso diventò furioso e bramato. I respiri si mischiarono tra loro con veemenza, i mugugni causati dal pianto che Ari aveva dovuto bloccare in gola si riversavano nella bocca dell'altro e, quando si staccarono, Ari poggiò la fronte sulla sua e si specchiò nelle sue iridi eterocromatiche.
“Ti amo.”
Sussurrò con un filo di voce, tuttavia, le orecchie del moro lo sentirono bene e anche lui crollò cominciando a piangere.
“Dannazione... mi hai fatto piangere...” provò a dire con un sorriso che non gli uscì e prese a lacrimare sempre più forte.
“Non voglio lasciarti.” lo abbracciò ancora, sperando che potesse cambiare le cose in qualche modo.
Avrebbe potuto sabotare il Sacrificio, ma le conseguenze sarebbero state terribili: Nael sarebbe morto comunque e lui probabilmente l'avrebbe seguito.

Forse sarebbe meglio che vivere senza di te...

“Non mi abbandonare, ti scongiuro.”
“Ari, devi continuare il rito.” fu una frase difficile da pronunciare, eppure era sicuro che sarebbe stata la cosa migliore da fare per salvare la vita della persona che amava.
“Non voglio.” scosse la testa in risposta e si aggrappò ancora di più a lui, inspirando fortemente l'odore dei suoi capelli.
“Devi o morirai anche tu.” provò ancora a convincerlo Nael.
“Non m'importa.”
“Sì, invece. Per favore, Ari. Non fare sciocchezze come tutte quelle che ho fatto io nella mia vita. Questo è il tuo posto e qua devi restare per poter continuare a vivere.” neanche lui credeva a quelle parole, ma non sapeva che altro fare per persuaderlo prima di far infuriare ancora di più i maghi di quella camera. “Ti prego.”
“Non voglio lasciarti!” insistette Ari.
“Neanche io... ma ora...”
“Dobbiamo continuare la cerimonia. Vi abbiamo lasciato anche troppo tempo per i saluti.” s'intromise l'uomo con voce furente.
“...devi andare.” concluse Nael, tirando su con il naso e porgendogli un ultimo sorriso.

Non posso...

Ari si rialzò in piedi e tenne una mano sulla guancia dell'altro, imprimendola forte su di essa e guardandolo per ricordarsi tutti i dettagli di quel volto.

La prima cosa che vedevo appena sveglio e l'ultima che vedevo prima di dormire. L'unica cosa che cercavo quando ero da solo e che speravo di ritrovare nei miei sogni.

Indietreggiò di qualche passo fino a quando non poté che sfiorarlo appena con la punta delle dita.

Perché, Nael?

Il suo corpo era continuamente scosso dai singulti e continuò ad indietreggiare fino a quando non raggiunse la propria postazione.
Si rimise il cappuccio in testa e non distolse mai lo sguardo, così come anche Nael stava facendo.
“Ricominciamo da capo.”
La cantilena ripartì dall'inizio e Ari fu costretto, anche se la sua voce non era che un flebile sussurro tremante.
Qualche secondo dopo, vide che Nael gli stava sorridendo ancora per poi mimare con le labbra: Ti amo, Ari...
Si portò una mano davanti alla bocca per contenersi, mentre con l'altra teneva il ciondolo e ancora faceva fluire le parole una dopo l'altra.
I maghi che rappresentavano i sei Elementi si avvicinarono al Sacrificio, portando le braccia al cielo e usando i loro poteri per innalzare Nael in aria fino a non toccare più il pavimento, la sua posizione ricordava quella di un crocifisso e Ari volle tanto distogliere la sguardo, ma non poté.
Insieme catalizzarono i poteri tutti nelle mani di quello che presiedeva il rituale fino a formare una lancia di Mana.
Il cuore di Ari si era ormai fermato da tempo. Come poteva davvero stare lì a fare niente mentre il ragazzo che amava stava per essere ucciso? Semplice...

Sono solo un ragazzo incapace di qualsiasi cosa, che non sa cosa sia la felicità e che non la toccherà mai con le proprie mani. È normale che tutto mi venga portato via, perché io non posseggo niente.

“Che la tua anima possa giungere alla dimora di Tangaroa e che tu possa servirlo fino a placare la sua ira.”
Il mago gettò la lancia proprio nel petto del ragazzo, trafiggendolo da parte a parte.
La magia che teneva sospeso il corpo di Nael in aria si dissolse e questo cadde a terra con un tonfo sordo; anche Ari cadde sulle ginocchia e gli occhi spalancati, l'animo dilaniato dal dolore.

Nael...

“Portate via il suo corpo.” aggiunse il mago, rivolto alle Curatrici, ma quello fece scattare un improvviso attacco adirato nel biondo.
“Non toccatelo!” urlò lanciandosi sul corpo di Nael, strisciando fino ad esso.
Tutte le donne rimasero immobili, prima tra queste Inaya che sentiva propria la sofferenza del suo amico e che aveva iniziato a piangere durante la cerimonia.
“Nael!”
Ari girò il ragazzo a pancia in su, gli poggiò la testa sul proprio ventre e poté notare i suoi occhi spalancati e ormai vuoti.

Non vedrò più la scintilla che hai sempre avuto...

Gli chiuse le palpebre passando sopra la mano e rimase qualche istante ad osservare il resto del corpo, ancora incredulo di quello che fosse appena accaduto. Un buco lo trapassava da parte a parte proprio all'altezza del cuore e il sangue sgorgava fuori copioso, imbrattando a terra e creando un'enorme pozza rossa; il cadavere nudo era pesante e immobile e non riuscì a resistere a quella visione.
Scoppiò come non era ancora scoppiato prima d'ora.
Urlò il suo nome per più volte, mentre lo stringeva a sé tirandolo su per abbracciarlo da dietro, finendo con lo sporcare tutta la tunica, sebbene non gli importasse niente.
Ormai non esisteva niente che potesse importare qualcosa per Ari, perché l'unica cosa davvero necessaria era tra le sue braccia, priva di vita e priva di quel calore che l'aveva sempre protetto.

...non mi parlerai più, non mi sorriderai più...

“Nael!” aveva ormai perso la voce da quanto aveva gridato e tossì così forte da farsi venire la nausea.
Le sue mani erano macchiate di sangue in una maniera tale che neanche un centimetro di pelle era del suo colore naturale, ma neanche questo lo fermò dal tenere stretto a sé Nael come se tutto dipendesse da questo, come se avesse potuto infondergli un po' d'energia per farlo rinascere come succedeva nelle fiabe.

...non mi accarezzerai più e non mi bacerai più.

Gli mise una mano tra i capelli, percependone tutta la morbidezza ancora per un'ultima volta.

Chi mi farà pompare il cuore e mi darà l'ossigeno per respirare?

Non sapeva da quanto tempo fosse rimasto lì a terra e non si sarebbe alzato per niente al mondo, neanche se l'avessero costretto. Nulla contavano gli sguardi che aveva sicuramente puntati addosso e le voci che gli sfioravano a malapena le orecchie.
Tutto quello che esisteva era lui e Natanael, così come era sempre stato tra loro.
“Ti amo. Ti amo. Torna da me, ti prego.”
Ari lo baciò, poggiando appena le labbra su quelle dell'altro che già stavano diventando violacee.

Ti amo.

Tuttavia, neanche il bacio del vero amore avrebbe risvegliato Nael dal sonno eterno.




NOTE DELL'AUTRICE:

Ok... probabilmente adesso volete uccidermi e insultarmi, prego, fate pure u.u
*è già partita verso orizzonti lontani*
L'unica cosa che posso dire in mia discolpa è che non siamo neanche a metà storia, da adesso parte tutto! *coff coff*
Sarò breve con le spiegazioni, lasciandovi alla vostra tristezza.
Dillon significa figlio dell'oceano (giusto per buttarlo dentro ahah)
Spero di aver messo in risalto il rapporto che si è creato in questi pochi mesi tra Ari, Inaya e Keyondre, benché si siano visti ancora così poco. Per quanto riguarda il tatuaggio, è già stato spiegato nel capitolo, ma lo ribadisco: l'ombelico simboleggia il legame con la vita terrena, marchiare qualcuno prima della morte simboleggia spezzare proprio la vita stessa. Il significato... beh... questo lo lascio a voi.
La scena del Sacrificio potreste averla trovata poco descritta, magari non curata per bene nelle emozioni, ma è fatta apposta in questo modo. L'ho scritta completamente dal punto di vista di Ari, quello che volevo farvi provare è panico, ansia, percezione di niente perché non capisci più niente e ci sarà spazio anche per gli altri sentimenti.
Devo ammettere che tutto è partito da questa scena. Nel primo capitolo dovrei aver scritto che un sogno mi ha ispirato la storia, ecco, il sogno partiva con il sacrificio (che non era proprio così, ma ok xD) ed è stata la prima scena abbozzata che ho immaginato e scritto. Non vedevo l'ora di scriverla per davvero, in realtà y.y pensate che doveva succedere nel 12 ma si è dilungata la faccenda un pochino ahah.
Ok, per ora non aggiungo altro. L'unica cosa che spero è di avervi lasciato qualche sentimento, magari di avervi commosso e fatto piangere.
Ringrazio tutti quelli che mi seguono e sostengono, fatemi sapere con un commento le vostre impressioni e spargete la Nari ovunque xD
Ci vediamo domenica prossima!
Un bacio.
Flor :)

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Quando tutto ebbe inizio (prima parte) ***


CAPITOLO 15
QUANDO TUTTO EBBE INIZIO (PRIMA PARTE)
 

 

Novembre, anno 418 del XII periodo

Tangaroa era ormai esausto e stava riprendendo fiato dietro ad alcuni coralli.
Percepiva con chiarezza l'avvicinarsi di quell'essere con il quale stava combattendo da qualche minuto.
Tinirau.
Suo figlio.
Com'era possibile che non si fosse accorto del potere immenso che l'aveva avvolto ultimamente? Un potere enorme ma maligno, atroce e crudele, che non aveva niente a che fare con tutti gli insegnamenti che aveva dato ai suoi innumerevoli figli. Ed era riuscito a celarsi al cospetto della divinità degli oceani, non ne aveva mai sentito la presenza fino a quel giorno.
Si era sentito soffocare da quella che era la sua stessa forza, era corso per placare l'immensa energia malvagia che lo addolorava, tuttavia, si era imbattuto in una guerra a cui non avrebbe voluto partecipare, contro il sangue del suo sangue.
Com'era possibile che la parte mostruosa di Tinirau fosse scaturita fuori a quel modo? Come aveva potuto ingannare il proprio padre per cercare di ucciderlo e diventare una divinità maggiore dell'oceano? E come mai, ora, era costretto a combattere contro quella creatura che aveva dato alla luce per la salvaguardia della fauna marina?
Sapeva a chi dare la colpa di tutto.
L'animo umano.
Corrotto, assetato di potere, egoista ed egocentrico.
Tinirau doveva esser stato imbrogliato dall'anima di qualche umano che, sotto forma di Mana, era tornata agli abissi e da quel momento la divinità minore si era lasciata soggiogare, arricchendosi sempre di più di quella malevolenza fino a mutare se stesso.
Un tempo le cose non erano così, lui aveva posto fiducia negli umani, aveva concesso loro di possedere il Mana dell'Acqua e questo era il suo ripagamento.
Tangaroa si lasciò andare ad un sospiro furente al sol pensiero di quanto gli uomini avessero rovinato il mondo. In quel momento, le decisioni di secoli di storia si stavano riversando su di lui e la sua forza di volontà.
Tinirau era forte, estremamente forte da avergli consumato tutte le energie in poco tempo e non poteva permettersi di venir sconfitto e che fosse suo figlio a commettere quell'atrocità. Doveva agire per primo, cercando di bloccare quella parte diabolica, e questo implicava addirittura porre fine alla sua vita.
Era suo compito quello di proteggere l'oceano ed era più importante del bene che si poteva provare per un figlio, per quanto fosse terribile, così stavano le cose.
Era il compito che gli era stato donato dai suoi genitori.

Doveva far spazio dentro di sé e continuare quella lotta. Uscì fuori dal suo nascondiglio e vide in lontananza un'ombra oscura avanzare velocemente verso di lui.
Lo spettacolo era terribile. Quello non assomigliava più a suo figlio.
La parte destra – che un tempo aveva forma umana – era incrostata da spugne che si potevano definire secche nonostante fossero sul fondale oceanico e rendevano impossibile vedere la pelle al di sotto; la sua parte animale – dalla forma di squalo – aveva sfumature nere come la pece che aveva inquinato il suo reame più di una volta e che continuava a farlo.
Si scaraventò contro di lui, convinto della propria decisione.
Non avrebbe mai creduto che una creatura divina nata per il bene del mondo sarebbe potuta diventare così.
Non Tinirau.
Eppure, quella sua parte di squalo gli aveva creato problemi più di una volta, benché fosse la parte rappresentante il suo carattere forte e sicuro di sé. Forse aveva fatto un errore di considerazione lasciandogli troppa libertà di azione.
“Finiscila, Tinirau.” la sua voce usciva soave e grave allo stesso tempo. “Non è la cosa giusta, lo sai. Non commettere questo scempio.”
Dentro di sé desiderava che ci fosse ancora speranza per mettere fine a quella storia semplicemente facendo leva sulla sua parte pura, che era sicuro possedesse ancora da qualche parte.
“Zitto, padre. Tu non sai quanto ho lavorato duramente per arrivare a questo giorno.” la calma con cui pronunciò quella frase fece raggelare il sangue in Tangaroa, che strinse i denti, e venne colpito e scaraventato lontano.
Non doveva mollare, nonostante tutto. Se le parole non bastavano più, gli rimaneva una sola cosa da fare.
Mosse le braccia velocemente in avanti, generando un turbine che andò a schiantarsi contro Tinirau, senza che potesse difendersi, e cadde sulla sabbia, alzando un'infinità di granelli che presero a galleggiare prima di ricadere piano piano.
“Non mi lasci altra scelta, figlio mio.”



La tempesta imperversava sopra di loro, sotto di loro, ovunque il bambino volgesse i suoi occhi – nonostante i capelli neri continuassero ad andargli davanti – verdi come l'oceano che in quel momento sembrava volerlo inghiottire in un solo colpo.
Fino a pochi minuti prima regnava la calma e lui, insieme ad alcuni bambini sconosciuti e i suoi genitori che lo controllavano, stava giocando sul ponte della nave che li stava portando verso un nuovo paese dove avrebbero vissuto in pace.
In realtà, quando i suoi genitori gliel'avevano spiegato, lui non aveva capito molto. In fondo, aveva solo tre anni e non poteva comprendere qualcosa come la guerra e la pace, il non poter più abitare nella loro casa e il doversi trasferire. Tuttavia, il viaggio su un'enorme imbarcazione attraversando come un pirata il mare e la nuova casa – che a parer dei suoi sarebbe stata meravigliosa – era un qualcosa di magico per un bambino dall'immaginazione come la sua.
Purtroppo, ad un certo punto le acque avevano cominciato ad agitarsi in una maniera così violenta che la nave aveva preso a muoversi in preda al delirio, sotto lo sguardo sgomento di tutti, che non si spiegavano come potesse star accadendo quando nell'aria non c'era il minimo segnale di pioggia. In men che non si dica, però, aveva cominciato anche a diluviare e il cielo si era oscurato troppo velocemente per poter essere un normale cambiamento di tempo.
Molti erano corsi al riparo all'interno, ma il bambino si era nascosto dietro ad alcune casse sul ponte e si era rannicchiato con le ginocchia al petto e la testa incassata tra di esse.
“Natanael! Natanael!” la voce della madre gli giungeva soffusa e quasi non la riusciva a distinguere tra l'infinito frastuono che provocavano le onde.
Una di esse aveva scavalcato il cornicione, bagnando vicino a dove si trovava, e indietreggiò più che poté.
“Mamma...” sussurrò con la voce piangente e qualche istante dopo si sentì tirare per il braccio.
Si voltò e vide il viso di suo padre che, spaventato, prese in braccio il figlio e cominciò a correre per entrare all'interno.
“Mamma...” disse ancora il bambino, aggrappandosi al collo dell'uomo.
“Tranquillo, Natanael, ti sto portando dalla mamma.”
Era difficile muoversi mentre l'imbarcazione ondeggiava a ritmo delle onde furiose ed era talmente scivoloso da non riuscire a mantenere l'equilibrio.
In quell'istante, una forte botta fece inclinare troppo la nave, così il padre non riuscì a reggersi in piedi e cadde facendo rotolare lungo le assi di legno il bimbo.
Questo urlò, preso ormai dal panico, e prese a scivolare lungo il ponte, incapace di rimettersi in piedi.
Le lacrime entravano salate nella sua bocca, ma pochi secondi dopo, non riuscì più a distinguere se fossero le sue lacrime o l'acqua del mare, poiché un'onda l'aveva completamente avvolto e trascinato via con sé nel fondo dell'oceano.
L'ultima cosa che vide fu il volto di suo padre, privo di coscienza, anche lui caduto in mare, e la nave che si stava ribaltando completamente. Successivamente, cominciò a mancargli l'ossigeno e tutto diventò nero.



“Arrenditi, padre! Non riuscirai a vincere questa volta.” Tinirau aveva quasi la vittoria in pugno, neanche i migliori attacchi l'avevano sfinito, al contrario di Tangaroa che giaceva ansimante sul fondale.
La divinità degli oceani pensò che fosse arrivata la sua ora, non aveva altre carte da poter giocare e l'energia stava diminuendo sempre di più, sovrastata da quell'aura di malignità che regnava nel perimetro circostante e che gli aveva straziato il cuore.
In quel momento vide un corpo volteggiare nelle trombe d'acqua che i loro incantesimi avevano creato e questo si accasciò proprio al suo fianco. Era un bambino di pochi anni, con il volto tranquillo come se stesse dormendo e la bocca socchiusa dalla quale fuoriuscivano delle piccole bolle d'aria.
A Tangaroa venne un'idea e ritrovò la speranza. Forse non sarebbe morto nessuno quel giorno.
“Tinirau, sei tu che non vincerai.” il tono solenne fece rabbrividire appena l'altro, ma subito si scagliò contro di lui per morderlo con i denti dello squalo.
Tangaroa rimase immobile fino a quando non fu abbastanza vicino da poter allungare la mano e trapassargli il petto della parte umana, frantumando le spugne in tante piccole scaglie, e lanciò un urlo estraendola.
All'interno del suo palmo vi era un vortice oscuro che cercava di scappar via, ma che rimase intrappolato nella gabbia illusoria creata dalle dita di Tangaroa.
Tinirau si accasciò sulle ginocchia, ansimando e facendo dei piccoli ruggiti.
Tangaroa si accostò al bambino e chiuse gli occhi.
“Il tuo corpo sarà la prigione dell'animo malvagio di mio figlio.” cominciò a parlare con il bimbo, nonostante fosse consapevole che non potesse sentirlo. “Quest'animo non riuscirà a scappare e tornare all'interno di Tinirau in quanto tu, essere privo di Mana, non potrai manifestare questi poteri. Proverà a combinarsi con il tuo vero spirito, combatterà per prendere il sopravvento, tuttavia, la bontà del tuo cuore innocente di bambino si svilupperà sempre di più per fare in modo che non accada.”
Tangaroa inserì con cautela la mano nel petto del bambino fino a quando scomparve totalmente in esso e poi la estrasse allo stesso modo.
Le grida di supplizio di Tinirau colmavano le orecchie del padre e sospirò, sapendo di aver comunque fatto la cosa giusta.
“Ti darò nuovamente la vita...” riprese a parlare con quello che era diventato il recipiente della parte oscura di Tinirau. “...affinché tu possa adempiere a questo compito.”
Creò una bolla attorno al corpo del piccolo e soffiò forte. Questa risalì la corrente fino a sparire alla loro vista.
“Sei il dono di Dio.”
Tangaroa notò che qualcosa stava precipitando a picco. Una grande nave.
La sua lotta con Tinirau aveva avuto delle conseguenze spiacevoli in ogni caso; ad ogni modo, adesso era lui quello che possedeva il coltello dalla parte del manico e che aveva vinto.
Si avvicinò al corpo sofferente del figlio e fece dei disegni davanti a lui, facendo ondeggiare le mani.
“Sarai esiliato e rinchiuso e ti verrà tolto il compito di protettore degli animali marini fino a quando tutta la tua indole malvagia non si sarà consumata.”
Non fu che qualche secondo che il corpo di Tinirau svanì nel nulla, lasciando al suo posto alcune scaglie di entrambe le sue pelli.
“Buon riposo, figlio mio.”



Un bambino di sei anni stava correndo lungo la battigia con un aquilone dalla forma di aquila in mano, ammirandolo fluttuare nel cielo come se fosse davvero l'animale che rappresentava.
“Non ti allontanare troppo, Kaleo.”
La voce di suo padre gli giunse lontana, ma si voltò verso di lui e alzò il pollice verso l'alto.
L'acqua era calma e gli rinfrescava i piedi ad ogni passo, le goccioline arrivavano persino a bagnargli i polpacci e anche i pantaloni che si era risvoltato per non inzupparli.
Continuò a correre e a saltellare fin quando notò che l'aquilone si stava pian piano afflosciando per cadere sulla sabbia, così come accadde qualche secondo dopo.
Fece ancora qualche metro per recuperarlo e, dopo averlo preso in mano, i suoi occhi si puntarono poco più distante da lui e si spalancarono spaventati.
“Mamma! Papà!”
Corse indietro verso i propri genitori che si erano preoccupati a sentirlo così agitato.
“C'è un bambino! Un bambino sulla sabbia!” urlò ancora il figlio e i due lo seguirono all'istante.
Quando arrivarono, videro che un bambino, che doveva avere pochi anni, era steso a faccia in giù ed era bagnato fradicio dalla testa ai piedi.
“È morto?” domandò il figlio, nascondendosi dietro le gambe della madre.
L'uomo girò supino il bambino e poggiò l'orecchio sul suo petto, avvertendo chiaramente il battito e il respiro flebile.
“È vivo! Respira ancora.” esclamò e provò a farlo rinvenire.
Qualche istante dopo, il bambino si riprese con un enorme sospiro e sputando fuori l'acqua salata che gli era entrata nei polmoni.
“Oh, cielo! Stai bene!” disse la donna, inginocchiandosi subito al suo fianco e provando a farlo sedere.
Il bambino si guardò intorno. Vedeva unicamente il mare davanti a sé e, se fino a qualche ora prima lo spaventava a causa dei suoi turbinii, adesso era calmo e tranquillo come se non fosse successo niente e quasi era rilassato da quella visione.
Successivamente vide quei due sconosciuti di fianco a sé e quel bambino dalla faccia spaventata tanto quanto la sua.
“Piccolo, ti ricordi chi sei?”
Il bimbo non stava capendo cosa fosse successo, dove si trovava e perché fosse da solo, ma era troppo confuso per averci anche solo provato a pensare.
“Come ti chiami?” lo incitò ancora l'uomo.
“Natanael.” rispose flebilmente.
“E dove sono i tuoi genitori?”
Natanael riprese a mirare il mare e, come un lampo, si fecero strada nella sua mente tutti i ricordi di poco prima: la pioggia, le onde, suo padre che cadeva nell'oceano appena dopo di lui.
Cominciò a piangere, dapprima silenziosamente e poi sempre più forte fino a faticare a respirare.
Alzò il braccio e puntò il dito verso l'acqua salmastra che gli stava accarezzando la pianta dei piedi.
I due genitori si guardarono l'un l'altro, apprendendo in un battibaleno cosa fosse successo.
L'uomo lo prese in braccio, ancora piangente, e cercò di tranquillizzarlo.
“Tranquillo, Natanael, adesso ci siamo noi con te.”

 

Luglio, anno 419 del XII periodo

Heirani stava tenendo tra le braccia il proprio figlio, di appena sei mesi, e lo stava facendo giocare con l'acqua del fiume che si trovava proprio di fianco alla casa dove abitava con suo marito Temaru – nonostante non avessero entrambi che ventidue anni. Una vecchia cascina molto distaccata dalla zona centrale della città nella quale allevavano animali e coltivavano i prodotti della terra a dispetto delle nuove tecnologie che non facevano che avanzare con il passare degli anni.
Loro, però, si tenevano ben a distanza da quel nuovo modo di vivere. Andava contro tutti i loro valori e non si capacitavano come nessuno si fosse mai opposto a quel governo dove i Maghi ne facevano da padroni, invece di rappresentare il potere che le divinità avevano gentilmente offerto alla razza umana.
Heirani e Temaru erano comunque felici della loro vita da esiliati, ancora di più adesso che avevano avuto un figlio in forza e salute. Era il momento più bello della loro vita.

“Ari, schizza la mamma!” il padre teneva i pantaloni alzati fin sopra le ginocchia e le maniche della camicia sopra i gomiti mentre picchiava le mani in acqua incitando il figlio.
Questo si muoveva tutto agitato e felice come se non vedesse l'ora di imitarlo e sbatteva forte le mani a destra e sinistra fino ad incontrare l'acqua ed emettere versi di soddisfazione. Le sue guance paffute erano tutte arrossate perché concentrato in quel lavoro e gli occhi, più cristallini dell'acqua sotto di sé, erano spalancati come due fari luminosi.
Heirani si mise a ridere, tenendo con maggiore forza il pargolo per non farlo scappare via e lo avvicinò di più alla superficie in modo che potesse immergere il braccio ancora più in profondità.
“Credo che a questo bambino serva un bel bagno più tardi.” affermò la ragazza notando che si fosse bagnato quell'ammasso di capelli biondo cenere che gli ricopriva ormai quasi tutta la testolina. “Vero, mio piccolo Ari?” lo sollevò in aria e gli fece qualche pernacchia sulla pancia sentendo una risata strozzata e lo fece ancora un paio di volte.
Non poteva essere tutto più calmo di così.
Vivevano con la persona che amavano, lavoravano sodo ricavando soldi dal loro terreno e Ari era il bambino più buono che potessero mai desiderare, anche se alla notte non li lasciava quasi mai dormire.
Rimasero tutto il pomeriggio a giocare all'esterno, in riva al fiume, dato che la giornata era talmente calda e meravigliosa che non potevano passarla completamente chiusi in casa. Quando rientrarono, si stava facendo buio ed era venuta l'ora della pappa per il piccolo bimbo e lo fece sentire bene quando cominciò a piangere dalla fame, nonostante fu fermato subito dal padre che gli mise in mano un giocattolo e iniziò a metterlo in bocca e ad agitarlo facendoselo scappare più volte dalla presa.



Heirani aveva appena finito di lavare i piatti e si era seduta sul divano con il marito, che teneva una mano dietro la schiena del bambino. Questo era seduto anch'egli e aveva trovato un nuovo gioco nel telecomando del televisore, a quanto pare doveva avere un sapore buonissimo e, come lo metteva in bocca, magicamente succedevano cose che non sapeva spiegarsi ma che lo divertivano tantissimo.
“Ridai il telecomando a papà che vuole vedere la televisione.” cercò di prenderlo indietro e dopo qualche secondo ci riuscì.
Ari fece qualche versetto muovendo le braccia su e giù e venne preso in braccio dalla madre che cominciò a cullarlo per farlo addormentare.
In quel momento si sentì lo scorrere dell'acqua del lavandino.
“Temaru, non avrò chiuso bene il rubinetto, puoi andare a chiuderlo?”
Il ragazzo si alzò e, arrivato in cucina, udì l'urlo della moglie. Corse nel salotto in preda al panico e quello che vide lo lasciò pietrificato: attorno alla figura di suo figlio era comparsa una debole luce azzurra e dei flussi vorticavano intorno al corpo e lui rideva nel vederli.
“Temaru...” la ragazza lo guardò con gli occhi sgomenti. “Pensavo che lui non avrebbe...”
“Dobbiamo andare.”
“Ha solamente sei mesi. È così piccolo.”
“Non abbiamo altre soluzioni. L'avevamo già messo in conto.”
“Credi che ci aiuterà per davvero?”
“Era il mio migliore amico, lo è sempre stato anche se non possiamo più avere rapporti. Ci darà sicuramente una mano.”
Heirani guardò il proprio figlio, che osservava attento quelle emanazioni di luce che lo attraversavano andando fin sotto la tutina che indossava.
“Il mio piccolo Ari.” sfregò il naso contro quello del bambino e nuovamente sentirono lo scrosciare dell'acqua del rubinetto.
“Dobbiamo muoverci.”
Temaru corse in soffitta e prese a rovistare in alcuni cassetti fino a trovare quello che cercava. Un piccolo regalo del suo migliore amico nel caso fosse successo qualcosa e quella era l'occasione giusta per utilizzarlo.
Era contenuto in una boccetta e non sapeva se avrebbe funzionato, ma lo sperò con tutto il cuore. Si voltò e vide la moglie con in braccio Ari che ancora si agitava.
“Sei pronta per la partenza?” le sorrise per confortarla e Heirani annuì con il capo.
Aprì la fiala e il contenuto uscì fuori da solo, finalmente libero da quella costrizione. La stanza prese a tremare per qualche secondo mentre si creava un buco sempre più grande proprio davanti a loro, risplendente di un bianco accecante, tanto che la madre dovette coprire gli occhi al figlio e stringerlo contro il proprio petto. Poco dopo, si era creato un passaggio da utilizzare per viaggiare nello spazio e raggiungere altri posti.
Temaru prese la mano della moglie e insieme varcarono il portale.



Si ritrovarono davanti ad una villetta sul mare, una casa che Temaru conosceva bene fin dalla sua infanzia e nella quale aveva passato molte estati insieme al suo amico ed era lì che al momento si trovava.
Il bambino si era messo a piangere a causa del viaggio, ma furono lieti di scoprire che la luce si era placata e anche i flussi non uscivano più dal suo corpo. Heirani non poté far altro che cercare di zittirlo con qualche coccola e, insieme al marito, si avvicinò all'ingresso.
Temaru bussò più e più volte, finendo anche con il gridare e, alla fine, la porta venne aperta.
Si ritrovarono davanti un ragazzo della loro stessa età con la pelle mulatta, dei lunghi capelli blu notte che erano tenuti insieme da una coda bassa e degli occhi grigi che si spalancarono sorpresi non appena li vide.
“Temaru! Heirani!” esclamò irrigidito, poi il suo sguardo cadde sul bambino che ancora non aveva finito di piangere.
“Keyondre, amico mio.” il ragazzo l'abbracciò. “Sono passati già quattro anni.”
“E vedo che hai combinato qualcosa di buono nella vita.” rispose riferendosi all'anello che portava al dito e al neonato.
Temaru sorrise e gli diede una pacca sulla spalla.
“Andiamo in casa, sapete che non potete farvi vedere con noi maghi e qua fuori non si può mai sapere. Ma dimmi, cosa ci fai qui? Non dirmi che hai sprecato il portale che ti ho dato per una semplice visita di cortesia.”
“No, no...” provò a parlare il padre, seguendo all'interno il padrone di casa.
Si misero comodi su delle poltrone e, poco dopo, arrivò nella sala anche la fidanzata di Keyondre, che mostrava un bel pancione già al sesto mese di gravidanza.
“Vedo che anche tu hai deciso di combinare qualcosa di buono nella vita.” Temaru gli rigirò la frase e si misero a ridere, poi l'atmosfera si fece più seria. “Keyondre, abbiamo un problema.”
“Che cosa è successo?”
“Ari... nostro figlio, ha mostrato di possedere il Mana questa sera.”
Keyondre rimase nuovamente spiazzato, poi scosse il capo.
“Credo di aver capito cosa volete da me, ma non posso farlo.”
“Perché?” la voce di Heirani era tremante e supplichevole. “Non possiamo lasciare che diventi un mago come...”
“Come voi?” la interruppe il ragazzo dai capelli blu notte.
“Keyondre, ti prego...” lo implorò Temaru, fissandolo negli occhi.
“Temaru, saresti potuto diventare il mago della luce più bravo dell'ultimo secolo, saresti potuto entrare nel Consiglio in un battito di ciglia e tu, Heirani, una maga del vento che avrebbe dato del filo da torcere alla maggior parte dei maghi che conosco. Eppure, siete voluti andare contro a tutti quanti finendo con l'aver perso tutti i vostri poteri e l'essere espulsi persino dalla città e da qualsiasi istituzione.”
“Il compito dei maghi è quello di proteggere e difendere l'essere umano e la natura nella quale viviamo, non quello di usarlo come sacrificio per ripagare ai danni stessi inflitti dall'uomo. Va contro ogni valore.” affermò decisa Heirani. “Anche tu sei sempre stato contrario a questo.”
“Io, però, ho deciso di combattere dall'interno per cambiare le cose, mentre voi avete lasciato tutto come se non ve ne importasse niente!” sbatté forte la mano sul tavolino in mezzo a loro, facendo spaventare Ari. “Scusate...” si ricompose tossicchiando un paio di volte.
“Sapevamo che, anche se il nostro Mana ci era stato prosciugato, avremmo potuto avere un figlio con dei poteri.” disse il ragazzo, cambiando discorso.
“E adesso volete che io li tolga a lui.”
“Soltanto un sigillo usando noi come catalizzatori.” insistette.
Keyondre sospirò, massaggiandosi la fronte.
“Keyondre, non siamo forse amici?” continuò Temaru.
“Certo che lo siamo.”
“E non hai forse detto di venire da te per qualsiasi problema?”
“Questo è ben più grande di un problema. Mi stai chiedendo di compiere un incantesimo del genere su un bambino di pochi mesi.”
“Sei l'unico che può riuscirci.”
“Mi fa immenso piacere sapere che riponi ancora così tanta fiducia in me, ma rimane comunque pericoloso e non voglio assumermi la responsabilità di vostro figlio se qualcosa andrà storto.”
“Ritieniti reciso da ogni responsabilità. È una cosa che ti sto chiedendo con il cuore in mano in onore di tutti i nostri anni di amicizia.”
Gli occhi grigi del mago si posarono prima sulla figura dell'amico, poi su quello della moglie e infine sul piccolo bambino che lo guardava incuriosito e che si era allungato più di una volta verso di lui. Si alzò in piedi e si mise proprio davanti all'amico.
“Sei sempre stato terribile fin da quando non eri che un poppante.”
“Pensa a quando abbiamo iniziato a combinarne di ogni insieme.” Temaru rispose con una risata, seguita da quella dell'altro.
“Siete sicuri?”
“Non voglio che faccia parte di quella parte di maghi corrotti, non voglio che abbia niente a che fare con loro.” Heirani aveva la voce sempre più tesa, le braccia le tremavano e non riusciva a tenere Ari fermo.
“Ho bisogno di prepararmi prima, non posso compierlo così su due piedi.”
“Di quanto tempo hai bisogno?”
“Solo una giornata. Nel frattempo potete rimanere qua e fate come se foste a casa vostra.”
“Ti ringrazio.” disse la ragazza e Keyondre le offrì un dolce sorriso.
Ari fece qualche verso e ingrossò le guance, successivamente un forte rumore attirò l'attenzione di tutti: i rubinetti dei bagni e della cucina si erano aperti all'unisono.
Keyondre si portò una mano alla fronte e scosse il capo.
“Si vede proprio che è figlio tuo.”



Keyondre passò il giorno seguente a meditare e a richiamare energia dentro di sé.
Per quanto fosse giovane, disponeva di un potere molto maggiore per uno della sua età ed era capace di magie potenti così come potente era l'Elemento che aveva deciso di risiedere in lui: il Buio.
Non era da tutti poter compiere un incantesimo che creasse un sigillo per il Mana, era un qualcosa che richiedeva molta pratica e anni di studio e Keyondre non ne aveva mai fatto uno prima d'ora. Tuttavia, doveva contenere un potere abbastanza piccolo, che si era appena formato nel corpo di un neonato e avrebbe avuto come catalizzatori due persone che avevano avuto dei poteri paragonabili a quelli di molti maghi anziani. Sarebbe andato tutto bene, ne era certo.
Scrisse su alcuni fogli la cantilena che avrebbe dovuto recitare e la imparò a memoria, successivamente imparò i movimenti delle mani tracciando linee immaginarie in aria e, solamente verso sera, si sentì abbastanza pronto da procedere oltre.
Attraversò mezza villa fino a raggiungere il salotto, dove trovò Temaru intento a giocare con il figlio e che si fermò subito non appena lo vide entrare.
“Sono pronto.”
Temaru annuì e chiamò Heirani per assistere al rituale.
Keyondre prese in braccio il bambino, che in un primo momento sembrò avere i lacrimoni agli occhi, poi il suo sguardo cristallino si puntò contro una ciocca di capelli scuri che ricadeva sulla spalla del mago e si impegnò con tutto se stesso per afferrarla.
Quando ci riuscì, la strattonò così forte che il mago dovette cacciare un urlo di dolore.
“È esattamente uguale a te!” si lamentò Keyondre, riferendosi a Temaru.
“Io non ti ho mai tirato i capelli.”
“Questo perché non te lo ricordi.”
Il neonato non aveva ancora finito di giocare con la sua capigliatura, ma, adesso, era più calmo dopo aver capito che in fondo non fosse così divertente. Per questo decise di provare a sapere che gusto avesse il mago, attaccandosi alla sua spalla e sentendo il tessuto della maglia leggermente ruvida sulle gengive.
“Ari...” l'ammonì con tono grave Keyondre, anche se non ottenne nessun risultato se non ulteriore saliva sulla maglietta.
“Così prendi mano nel fare il genitore, dato che a breve avrai un pargoletto che correrà per tutta casa e ti distruggerà ogni cosa.” lo prese in giro Temaru.
“Credo che il tuo ti darà ben più grattacapi.” rise e gli massaggiò la schiena fino a farlo calmare. “Comunque avrò una figlia.”
“Hai già il nome?”
“Inaya.” sorrise.
“Verremo sicuramente a trovarti quando sarà nata.” gli sorrise di risposta l'amico.
“Significa che devo preparare un altro portale? Guarda che sto rischiando molto la mia posizione.”
“Quindi non lo farai?”
“Quindi vedi di portare qualche bel regalo per la mia bellissima futura moglie e mia figlia.”
Temaru annuì sorridendo ancora e finalmente iniziarono il rito per sigillare i poteri di Ari.



Keyondre lo fece stendere sul tavolino sotto il quale aveva messo una coperta e Heirani gli era vicino per tenerlo fermo e non farlo cadere.
La voce del mago aveva cominciato a fluire fuori come un sibilo che increspava la superficie del mare e man mano si faceva sempre più forte. Le mani che vorticavano in aria erano dipinte da una luce nera che plasmava disegni simbolici in base ai loro movimenti e questi si insinuavano sotto la pelle di Ari, che era rimasto incantato nel capire cosa stesse succedendo e che scalciava ogni tanto colto da un lieve solletico.
Il corpo del bambino iniziò ad illuminarsi di azzurro, sempre più intenso, e di nuovo il mana aveva preso ad uscire da lui senza controllo, ma si scontrava con quello creato da Keyondre e veniva risucchiato al suo interno.
In quel momento, anche Temaru si avvicinò al figlio e gli prese la piccola manina e il mago ricominciò da capo la cantilena. Più passavano i minuti e più il bagliore azzurro si fece fioco, sostituito da quello nero che scompariva poco dopo fluendo nelle mani dei genitori.
Ci volle parecchio tempo, ma alla fine tutto si fermò: la voce di Keyondre, le sue mani, l'energia nera e quella azzurra.
“Possa questo sigillo contenere il Mana nei vostri cuori.”
Tutti e tre si guardarono per un istante a fiato sospeso, poi i loro volti andarono su Ari che sorrideva con gli occhi quasi trasparenti, allungando le mani verso Keyondre per essere preso in braccio.
L'incantesimo era riuscito.



NOTE DELL'AUTRICE:
Immagino che vogliate ancora uccidermi per quello che ho fatto a Nael e perché vi sto lasciando come dei fessi tornando indietro nel tempo, ma, ehi! Questo capitolo vi dovrebbe aver aperto un mondo ahahah
Capitolo pieno di risposte a molte domande e pieno di domande che necessitano ulteriori risposte.
Tinirau, uno dei tanti figli di Tangaroa, esiste veramente e in molte leggende si dice che abbia questa doppia forma uomo/squalo e si tramanda anche del suo carattere violento in alcune, da qui l'illuminazione di farlo diventare bivalente, con questa sua anima malvagia e corrotta. Non vi dico altro su di lui per ora ;)
E Nael? Colpo di scena! Nael era già morto da bambino ed è diventato il contenitore di Tinirau. A questo proposito, vi consiglio di ripensare ai sogni dei primi quattro capitoli, adesso hanno acquisito perfettamente senso tutte le frasi che Tangaroa dice ad Ari. Andate a rileggere e vi si accenderà la lampadina xD
E vogliamo parlare di Ari? Lui era sempre stato un mago in tutto e per tutto con i poteri sigillati nei suoi genitori. Non è stato scelto da Tangaroa, non c'è un destino scritto per lui come prescelto, lui era ed è un mago. Adesso dovrebbe avere anche un senso tutto quello che dice Keyondre su di lui. Insomma, era il migliore amico del padre!
Altra cosa assolutamente importante prima di andare: i nomi.

Natanael come vedete “stona” questo perché il suo nome è ebraico e significa il dono di Dio (e ha senso perché lui è un emigrato, non poteva avere un nome polinesiano); Temaru è la sacra aurora e Heirani la corona di nuvole nel cielo (sempre riferiti ai loro poteri da mago).
Spero di avervi stupito in qualche modo e anche di avervi fatto fare tanti urletti teneri per quel pacioccone di Ari bimbo che è di una tenerezza assoluta che me lo voglio portare a casa! (?)
Grazie a tutti voi, lasciate un commento per sapere come sta procedendo e diffondete il verbo di Tangaroa ahaha
Il prossimo aggiornamento sarà il 21 perché le vacanze natalizie mi scombussolano un po' le domeniche e quello dopo ancora il 28 o 29 ma vi terrò aggiornati!
Un bacio a tutti.
Flor :)

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Quando tutto ebbe inizio (seconda parte) ***


CAPITOLO 16
QUANDO TUTTO EBBE INIZIO (SECONDA PARTE)


 

Marzo, anno 427 del XII periodo

Natanael non voleva andare a fare qualche compera, quel giorno.
Pioveva e non aveva voglia di farsi tutta la strada a piedi insieme a suo fratello Kaleo. O meglio, suo fratellastro.
Dopo esser stato ritrovato sulla riva della spiaggia all'età di tre anni, era stato accolto da quella famiglia.
La notizia del giorno dopo il suo ritrovamento, riguardante un incidente in mare che aveva coinvolto una nave di clandestini causando la morte di tutti, aveva fatto capire ai due coniugi che Natanael fosse un sopravvissuto di quella tragedia.
Il bambino si era rifugiato in una cupola silenziosa per qualche settimana, impaurito e non consapevole di cosa fosse successo davvero, nonostante avessero provato a spiegarglielo. Non perché non capisse la lingua, anzi, quello non era un problema perché era la stessa che aveva sempre sentito pronunciare dai suoi genitori, piuttosto, era il significato stesso di essere diventata un'anima al servizio delle divinità.
Tuttavia, con il passare del tempo, Natanael si era attaccato sempre di più a loro, imparando a crescere come un bambino normale in una famiglia normale, anche se aveva molte costrizioni poiché gli era stato dato un posto in cui dormire, mangiare e vivere, ma non aveva mai ottenuto la cittadinanza e non aveva il diritto di andare a scuola o frequentare qualsiasi altra istituzione.
Fin quando non era che un bambino, non se ne preoccupava, passando le giornate a giocare, nonostante spesso si fosse sentito solo perché il fratello era a scuola e i genitori a lavorare; crescendo aveva cercato di essere sempre occupato facendo le commissioni per la famiglia, disturbando qualche negoziante che lo accoglieva con un sorriso e un'infinità di storie per lui e la sua immaginazione e prendendo qualche lezione da Kaleo, di tre anni più grande di lui.
Se fino a qualche anno prima la cosa non gli dava alcun fastidio e neanche ci faceva caso, adesso la situazione lo stava mandando fuori di testa. Non si sentiva per niente parte di quella famiglia, aveva anche cominciato a non chiamare più mamma e papà le due persone che l'avevano salvato e la sola presenza di Kaleo gli procurava prurito in tutto il corpo.
Non che si fosse svegliato una mattina e avesse deciso che era stufo di tutti, più che altro, erano proprio loro che avevano cominciato a trattarlo in maniera diversa e ne era assolutamente convinto.
Sentiva dentro di sé di non appartenere a quel nucleo familiare, di essere soltanto un mobilio messo in salotto per risaltare il valore dell'abitazione e gli procurava rabbia.
I due genitori avevano provato per anni a farlo sentire come se fosse per davvero loro figlio, ma, da qualche tempo, lo paragonavano a Kaleo in continuazione anche senza accorgersene. Se venivano sempre esaltate le sue abilità tanto da metterlo su un piedistallo, le proprie erano oscurate ogni volta ed era in fondo alla scalinata con tutti i gradini rotti per non poter proseguire oltre e neanche una corda per issarsi.

“Hai preso un voto magnifico, Kaleo, siamo così orgogliosi di te.”

“La professoressa ci ha detto che sei il più beneducato di tutta la classe, dovresti insegnare un po' di buone maniere anche a tuo fratello.”


Natanael si guardò furente allo specchio, ripensando a tutte quelle volte che avrebbe voluto picchiare il fratellastro.

Certo, io non posso andare a scuola, non posso fare niente. Come faccio anche solo a provare a dimostrare che posso essere bravo e intelligente come Kaleo?

Per quanto riguardava la scuola aveva ragione, tuttavia, non si poteva dire lo stesso per il suo carattere. Man mano che passavano gli anni era diventato sempre più scontroso, se la prendeva per qualsiasi cosa, si intrometteva in risse di strada e, più volte, aveva risposto male ai due genitori, arrivando addirittura a vederli spaventati di fronte a lui; così finiva per chiudersi in camera a sfogarsi con il cuscino.
Da piccolo non aveva mostrato tendenze del genere, era stato sempre abbastanza calmo e il massimo che era capitato era stato un morso al braccio di Kaleo perché non voleva fargli vedere il suo programma preferito in televisione. Quella volta si era ricevuto una bella sgridata, nonostante fosse orgoglioso del profilo dei denti appena al di sotto del polso del fratello.
D'un tratto, invece, qualcosa in lui era cambiato. Aveva cominciato a capire come funzionavano le cose nella città dove abitava, aveva compreso il motivo per cui a lui non era concesso andare a scuola, perché gli altri bambini non gli si potevano avvicinare più di tanto quando cercava qualcuno con cui giocare al parco, perché fosse ovvio che la coppia di coniugi volesse più bene a Kaleo piuttosto che a lui.

Si mise una felpa, spettinandosi i capelli neri corvino.
“Natanael, andiamo?” il fratello entrò nella sua camera con già l'ombrello in mano.
Qualsiasi persona avrebbe potuto dire che, in effetti, fossero davvero fratelli, in quanto si assomigliavano abbastanza e sembrava avessero gli stessi capelli. Tuttavia, lo sguardo di Kaleo e i suoi occhi erano uguali a quelli del padre, invece, Natanael aveva l'occhio sinistro del colore dell'oceano, il destro del colore delle ombre e si poteva notare, ad una prima occhiata, che non fosse proprio di quel paese. Più volte si era domandato se fosse normale avere delle iridi del genere, non aveva mai visto nessun altro con due tonalità diverse e, anche a causa di ciò, spesso gli altri ragazzini lo guardavano spaventati come se fosse una sua colpa o un qualcosa di male. I suoi genitori adottivi gli avevano spiegato che era qualcosa legato al suo corpo e che non c'era niente da vergognarsi, eppure avvertiva che anche quella caratteristica fosse uno svantaggio in confronto agli occhi nocciola di Kaleo.
“Aspetta un attimo.” gli rispose senza neanche guardarlo in faccia e questo entrò sedendosi ai piedi del letto. Natanael lo vide attraverso lo specchio, con un sorriso in volto che gli dava parecchio fastidio, in quel momento.
Kaleo, al contrario di tutti gli altri, non si era mai fatto allontanare dai suoi atteggiamenti. Benché spesso lo trattasse male di proposito facendogli capire che la sua presenza intorno non era ben accetta, lui insisteva nel voler rimanere con lui e gli sorrideva sempre, non aveva mai esitato nel porgergli un sorriso e mai si notava dietro di esso una punta di paura o tristezza.
Non capiva proprio come facesse a sopportarlo.
Kaleo aveva dovuto accettare un fratello sbucato dal nulla in poco tempo, ma la cosa non sembrò turbarlo, anzi, gli piaceva stare sempre con Natanael e lo trattava nel migliore dei modi, prendendosi quasi più cura lui del bambino piuttosto dei suoi genitori. Infatti cercava di giocare con lui il più possibile e gli faceva da maestro – insegnandogli perfino a leggere e scrivere – si era sempre divertito con la fervida immaginazione di quel bambino e gli aveva sempre dato il carburante per accendere nuove fantasticherie.
Però, nell'ultimo anno, aveva percepito un cambiamento in Natanael. Si era allontanato, a malapena gli rivolgeva la parola e aveva lo sguardo freddo, quasi era rimasto intimorito da quegli occhi così duri, eppure non si era arreso e aveva continuato a sorridergli e a far di tutto per passare delle ore insieme come due fratelli normali.
Inoltre, a Kaleo piaceva rimanere con Natanael, gli voleva davvero bene e lo sentiva parte della famiglia più di quanto non si sentisse lui stesso. Lo considerava il suo migliore amico e gli faceva male sapere che adesso non era più così e non ne capiva il motivo.

“È da parecchio tempo che non vieni ad intrufolarti nella mia camera per farti raccontare qualche storia sui pirati.” pronunciò ad un tratto Kaleo.
Natanael si bloccò nel mettersi lo scarpone e per un piccolo istante provò davvero nostalgia per quei tempi dove sembrava andasse tutto per il meglio.
“Non sono più un bambino.” rispose con indifferenza.
“Non sei neanche un adulto.” tenne in equilibrio l'ombrello mettendolo tra i piedi.
Il minore sospirò e si voltò verso di lui con le braccia conserte.
“Allora? Muoviamoci ad andare.”
Natanael si era sempre divertito con Kaleo, questo non lo metteva in dubbio, e anche adesso avrebbe voluto farlo, benché fosse stato spinto dai genitori ad odiarlo a quella maniera. Era proprio per questo che non ci riusciva più. Si sentiva inferiore.

Non sono inferiore, non lo sono.



Uscirono di casa e si avviarono al mercato. Quel giorno le bancarelle riempivano la strada principale e la loro missione era quella di comprare della verdura per il minestrone della sera e della frutta di stagione.
Camminavano fianco a fianco in silenzio, la pioggia non era molto forte e neanche fitta e il suono delle gocce che cadevano sugli ombrelli scandiva il tempo che passava.
“Stiamo andando in missione, Capitano Natanael.” disse ad un certo punto Kaleo.
Natanael lo guardò di sbieco e sbuffò.
“Che stai dicendo?”
“Rendo le commissioni più interessanti.” sorrise inclinando il capo.
“Non è divertente.”
“Qualche tempo fa non era così.”
“Esatto: qualche tempo fa. Ora è diverso.” aumentò il passo per precederlo, ma venne seguito subito.
“Cosa è diverso?” insistette.

Stai zitto, Kaleo. Non voglio sentirti. Tu sei perfetto, intelligente, bellissimo e io cosa sono? Non sono nessuno ecco cosa sono.

“Puoi anche finirla di giocare alla bella famigliola felice.”
“Che sciocchezze stai dicendo, Natanael?” gli afferrò un braccio, bagnandosi la manica del giubbotto, ma venne subito scansato.
Il ragazzino scosse il capo e fu contento di aver intravisto tra la folla la bancarella della verdura. Comprò quello che doveva e, quando tornò indietro, vide che anche Kaleo aveva già fatto la sua parte.
“Allora, Natanael? Cosa intendevi dire?” fece per prendere la busta del fratellastro, tuttavia, questo lo evitò.
“Niente. Torniamo a casa.”
“Perché sei diventato così freddo con me? Non siamo forse fratelli?”
Natanael si bloccò di colpo e si voltò verso di lui.
“Hai proprio centrato il punto. No, non siamo fratelli.” allungò il passo per tornare a casa.
Neanche si preoccupò del fatto che l'altro fosse rimasto di sasso davanti a quell'affermazione e che si fosse bloccato in mezzo alla marea di persone. Solo dopo qualche istante sentì nuovamente i suoi passi dietro di lui.
Entrò in casa quasi con il mal di testa e poggiò il sacchetto sul tavolo della cucina.
“Natanael, spiegami.” riprese il maggiore quando l'ebbe raggiunto.
“Ancora, Kaleo? La finisci?”

Non mi devi parlare, mi dai fastidio. Voglio solamente rimanere da solo.

“Non so che strane idee ti sei fatto in questi mesi, ma tu sei mio fratello.” neanche lo sguardo triste del ragazzo fece cambiare idea all'altro.
“In quale vita? Perché in questa io sono figlio unico e senza più genitori.”
Kaleo sussultò e abbassò lo sguardo.
“Hai noi. Hai me.”

Siete voi i primi che non mi volete, quindi non fare la vittima, perché non lo sei.

“Perché non vuoi capirlo?!” si agitò Natanael. “Come faccio ad essere tuo fratello se neanche sono stato riconosciuto come cittadino in questo Paese!”

Avrò appena quasi dodici anni, ma non sono stupido quanto credete.

“Cosa sta succedendo, ragazzi?” entrò la madre. “State litigando?”
“Non mi piace stare qua, non voglio abitare in questa casa e con voi!” Natanael neanche si rese conto della presenza della donna, continuando a inveire contro Kaleo.
Era una pessima giornata da quando si era alzato e aveva sentito sbattere il vento e la pioggia contro le tapparelle e l'insistenza del fratellastro l'aveva fatto andare fuori di testa facendolo scoppiare di colpo.
“Natanael!” esclamò la madre.
Il ragazzino si voltò verso di lei per niente scosso.
“Come puoi parlare così delle persone che ti hanno dato un posto in cui vivere?” la donna era sconvolta e parlava con gli occhi sgranati. “Come puoi aggredire così Kaleo?”
“Ah, certo.”

Kaleo... Kaleo...

“Sempre Kaleo!” urlò Natanael. “In questa casa non si parla d'altro che di lui, io non valgo neanche la punta delle scarpe di Kaleo. Avete il vostro figlio perfetto, tenetevelo, perché io da oggi non esisto più.”
“Natanael...” il ragazzo lo acciuffò per il polso, ricevendo in cambio una spinta contro lo spigolo del tavolino e ottenendo così una fitta di dolore al fianco.
“È così che ripaghi chi ti ha dato da mangiare e un tetto sulla testa?” la madre quasi aveva i goccioloni agli occhi, sebbene si sforzasse di fare la dura. “Se non fosse stato per noi a quest'ora saresti morto.”

Bastarda...

Natanael non ci vide più dalla rabbia. Strinse i pugni fino a farsi diventare le nocche bianche e assottigliò gli occhi fino a quando quello nero non divenne una pozza profonda che incuteva terrore.
La donna lo guardò spaesata e impaurita che potesse reagire in qualche maniera violenta.
“Sempre meglio che vivere con voi.”
Natanael riuscì a trattenere l'impulso di saltarle addosso. Riversò tutta la sua ira in quelle parole dure in modo da ferirli così come lui aveva sempre creduto avessero fatto.

Non mi hai salvato, mi hai reso solo un cumulo di spazzatura.

“Ti odio, così come odio tuo marito.” si voltò poi verso il fratellastro. “Così come odio te, Kaleo.”
Scappò e corse nella sua camera senza ascoltare le urla della madre che lo incitavano a scendere e a parlare e calmarsi.
Prese uno zainetto e infilò qualche vestito in fretta e furia, aprì il cassetto dove aveva custodito le mance che aveva accumulato negli anni e mise dentro anche quelle, insieme a qualche snack che teneva sulla scrivania.

Voglio andarmene e non tornare mai più. Questo non è il mio posto, me la caverò anche senza di loro in un luogo migliore dove sarò accettato da qualcuno.

Si fiondò di nuovo in cucina per prendere qualche cibo che poteva portare via con sé e fu sorpreso di scoprire che non c'era più la donna.

Questo è quanto ti importa di me.

In quel momento entrò Kaleo che l'aveva sentito uscire dalla propria camera.
“Dove vai?” il suo tono era afflitto.
“Non sono affari che ti riguardano.”
“Invece sì. Non voglio che abbandoni questa famiglia.”
“Dovevi pensarci prima.” Natanael gli parlava senza neanche guardarlo in faccia, arraffando più cibo che poteva.
“Posso almeno sapere cosa ti ho fatto?” gli si avvicinò di un passo e l'altro indietreggiò.

Cosa mi hai fatto?

Davvero ai suoi occhi non era mai apparso nulla di strano? Era lui l'unico che percepiva quella sensazione di estraneità? Non poteva essere vero, non se lo stava immaginando.
Non era convinto di cosa gli fosse preso tutto d'un tratto, eppure aveva avuto l'impulso di agire in quel modo e non si era pentito neanche un attimo.
“Niente. Cosa può aver fatto il perfetto Kaleo?” ironizzò.
“Smettila... non so perché continui con questa storia.”
“Se non lo capisci, allora non ho nient'altro da dire. Non fa che affermare la mia teoria che non sono importante per voi.”
Natanael, all'improvviso, si sentì afferrare per la spalla: la mano di Kaleo vi era appoggiata sopra e quasi sussultò quando vide il sorriso sul suo volto.
“Non provare neanche a pensare che non sei importante per me. Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre.”
Il minore esitò per un istante, ma tutto quello che avrebbe dovuto sopportare ancora, se fosse rimasto, era ben più grave di quella scelta, quindi scosse il capo.
“Resta.” lo pregò ancora, Kaleo.
“Non lo farò.”
“E dove avresti intenzione di andare? Vuoi vivere per strada?”
“Troverò qualcosa, non ti preoccupare per me.” lo superò e si avviò alla porta d'ingresso.
“Natanael...” provò di nuovo a richiamare la sua attenzione senza però riceverla, una piccola lacrima scivolò lungo la sua guancia.
“Stammi bene, Kaleo.”
Natanael uscì con lo zaino in spalla e non fece mai più ritorno in quella casa.

 

 

Maggio, anno 427 del XII periodo

Natanael aveva passato la prima settimana a girare per la città alla ricerca di un posto da usufruire come abitazione senza molto successo. Alla fine, si era allontanato da dove era solito vivere e si era arrangiato tra un vicolo e l'altro.
All'inizio si era trovato spaesato, costretto a fermarsi sui marciapiedi o nei parchi con molte persone che si giravano a fissarlo per non sapeva bene quale motivo. Probabilmente non aveva l'aria di un ragazzino per bene, vestito con abiti ormai sporchi così come i capelli e il resto del corpo. Si era anche sentito impaurito per i primi giorni, non sapendo bene cosa fare e sempre con l'ansia che qualche altro mendicante lo fregasse rubando le sue scorte di notte, quindi aveva tenuto sempre un occhio vigile perdendo molte ore di sonno e ottenendo delle enormi occhiaie.
In poco tempo aveva anche finito le scorte di cibo e non poteva andare avanti mangiando solo merendine e qualche frutto che aveva anche iniziato ad andare a male. Quindi era passato all'elemosina, sebbene di nuovo senza alcun trionfo. I soldi che guadagnava in una giornata erano così pochi che erano a malapena sufficienti per un panino, a volte.
Arrivò il giorno dove fu costretto a barattare lo zainetto per un po' di cibo, che avvolse nel giubbotto e lo consumò il più lentamente possibile per farlo durare almeno una settimana.
Ormai viveva per strada da quasi due mesi e si sentiva esausto, eppure non rimpiangeva quello che aveva fatto.

Non ho intenzione di rivedere mai più quelle persone con il finto sorriso stampato in faccia.

Però, aveva sperimentato quanto fosse dura cavarsela da solo in mezzo alla strada quando tutti ti trattavano peggio della feccia. Voleva dormire in un letto, farsi una doccia che non fosse nel fiume sporco che percorreva la città, mangiare qualcosa fatto in casa e cambiarsi gli abiti. La solitudine non lo aiutava per niente.
Adesso stava camminando un po', arrancando verso la zona del mercato, sperando che la gente fosse più generosa di quanto lo era stata finora. Si sedette per terra con un sacchetto per racimolare i soldi e rimase ad aspettare per ore, vedendo solo qualche monetina precipitare sotto i suoi occhi.
“Distrailo mentre io le prendo.”
Natanael alzò lo sguardo e vide un ragazzo, sicuramente più grande di lui, dai capelli arancioni e le lentiggini sul naso, vestito con abiti poveri e un berretto in testa a mascherare in parte il suo volto, che stava parlando con un altro ragazzino che gli somigliava parecchio.
In men che non si dica, il minore era andato a parlare con un venditore che gli urlò dietro di andarsene e non farsi più vedere e, nel trambusto, il maggiore aveva rubato quattro mele ed era corso via senza che nessuno se ne accorgesse, troppo impegnati a osservare la scena.
Natanael si alzò di scatto, senza dimenticare le monete, e si avviò alla rincorsa di quel ragazzo senza pensarci due volte.
Era stato veloce e non riusciva a vederlo più tra la folla, poi scorse il suo berretto e un ciuffo di capelli arancioni spuntar da questo e cominciò a spingere con i gomiti per passare e raggiungerlo.
Quando gli fu abbastanza vicino, lo afferrò per la manica della maglia e lo bloccò.
“Ehi, che vuoi?” il ragazzo si scrollò Natanael di dosso e lo guardò scocciato.
“Sei stato magnifico.” disse con un'espressione da ebete in volto.
“Che?”
“Puoi insegnare anche a me?”
Non era convinto del perché, ma per un attimo aveva pensato che, forse, il saper rubare gli avrebbe facilitato di parecchio la vita e, magari, sarebbe potuto entrare a far parte di quella banda di ragazzi per non star più solo.
“Non capisco di cosa stai parlando.”
Natanael si guardò intorno con fare circospetto, poi avvicinò la mano alla bocca e gli parlò con un sussurro.
“Di quelle mele che hai rubato.”
Il ragazzo dai capelli arancioni scoppiò a ridere e si portò una mano alla fronte.
“Sei affamato anche tu?” gli domandò poi cambiando totalmente tono di voce, adesso era allegro e pimpante.
Natanael annuì.
“Beh, si vede che sei anche tu uno di strada, direi.” si grattò appena il mento vedendo in che condizioni fosse messo il ragazzino. “Non va per niente bene, devi curare il tuo aspetto almeno un po'.”
“Non sono ancora pratico. Sono in mezzo alla strada solamente da due mesi.”
“E sei ancora vivo? Wow, questo sì che è sorprendente!”
“Perché?”
Il ragazzo lo afferrò per la maglia e lo trascinò via dalla folla con un sorriso in volto, evitando abilmente ogni singola persona come se sgusciasse tra di loro.
“Non sono molti i bambini come te che riescono a resistere da soli.”
“Non sono un bambino.” puntualizzò.
“No, certo, e io sono una bellissima donna.”
Natanael si zittì e lo seguì fino a quando raggiunsero un piccolo stabile in malora. L'aspetto non era dei più rassicuranti, sembrava sul punto di crollare da un momento all'altro, eppure il ragazzo vi entrò comunque come se fosse il posto più sicuro per lui.
“Dai, non stare lì immobile come un pesce lesso.”
Quando Natanael fece un passo all'interno dell'edificio, poté notare quanto fosse messo peggio di quello che credeva solamente dal di fuori.

Sembra una discarica...

“Se vuoi cambiarti quegli abiti luridi che ti ritrovi, prova a cercare in questa montagnetta, forse trovi qualcosa adatto alla tua taglia.”
Natanael si avvicinò e cominciò a scavare tra quegli abiti che erano stati sicuramente raccattati chissà in quante case e strade. Quando trovò un paio di pantaloni della sua misura e una maglietta, se li mise senza problemi.
“Questo significa che mi fai entrare nella tua banda?” domandò schiettamente, buttando i suoi vecchi vestiti nel mucchio.
“Chi ha mai detto una cosa del genere?” il ragazzo agitò le mani davanti a sé.
“Ma io voglio imparare ad essere un ladro!”
Si sentì uno stupido in quel momento, ma era la sua occasione per cambiare.
“Certo che sei strano.”
Era vero, era strano. D'altronde era l'unico modo per sopravvivere in quel mondo dove nessuno lo riconosceva come persona.
“Accoglierti significa avere una bocca in più da sfamare.” continuò il rossiccio.
“Posso cavarmela anche da solo, se solo mi insegni.”
“E sei anche piuttosto ostinato.”
Lo sguardo di Natanael non si voltava mai da nessun'altra parte, rimanendo fisso sulle lentiggini del maggiore.
“Wow!” esclamò ad un tratto lo straccione e si scaraventò addosso a Natanael. “Ma i tuoi occhi sono di due colori diversi!”

Solo adesso lo nota?

Anche Natanael pensò che quel tipo fosse parecchio particolare. Non era sicuro che volesse avere a che fare con lui, ma, da una parte, invece, gli pareva la cosa più giusta da fare.
“Senti, vuoi davvero imparare ed essere un furfante come noi?” indicò tutto l'edificio anche se non c'era nessuno a parte loro due all'interno e il ragazzino annuì. “Allora potrei metterti in un periodo di prova...” disse con fare pensieroso, prendendo a camminare avanti e indietro.
“Sarò il migliore!”

Per una volta sarò io quello che prevale sugli altri, senza esser messo a paragone con nessuno.

La risata del ragazzo dai capelli arancioni echeggiò nella stanza.
“Va bene, va bene, ho capito.” gli si mise davanti e allungò una mano verso di lui. “Io sono Rorik.”
“Natanael.” l'afferrò saldamente e per la prima volto dopo tanto tempo avvertì il calore di un altro essere umano.
“Benvenuto nella mia ciurma, Natanael.”

 

Settembre, anno 430 del XII periodo

Ormai era da più di tre anni che Natanael era entrato a far parte della banda di ladruncoli di strada migliore in circolazione.
La sua vita, da quel momento, era davvero cambiata, così come era cambiato lui.
Aveva incanalato tutta la sua rabbia e l'aveva usata per diventare un rapinatore provetto. Acchiappava cibo, vestiti e oggetti da rivendere per quasi l'intera banda e questo l'aveva calmato parecchio rispetto a prima.
Con il passare del tempo aveva trasformato quel suo lato scontroso in uno sempre positivo, con il sorriso perenne sul volto e la voglia di vivere anche se nella povertà. In parte era stato anche grazie a Rorik, che l'aveva contagiato con la sua personalità e non solo, dato che aveva imparato un nuovo amplio vocabolario che non si addiceva ad una persona per bene.
Grazie a lui e agli altri ragazzi era riuscito a scacciare la solitudine e, finalmente, qualcuno si rivolgeva a lui nel modo in cui aveva sempre voluto; gli davano importanza e lui si sentiva tale da riempirsi di orgoglio anche se per un qualcosa del genere.
Di certo, la sua vecchia famiglia non sarebbe mai stata fiera di lui per come agiva, ma non era un qualcosa che lo riguardava.
Adesso si sentiva bene con se stesso.
“Natanael, sei sicuro? Non mi sembra un buon piano.” la voce di Rorik era più divertita di quanto sembrasse.
“Ho mai commesso un errore?” Natanael lo guardò sornione, sistemandosi il berretto in testa per celare parte del viso.
“Quello l'ho commesso io facendoti entrare nella mia banda e facendoti diventare persino migliore di me!” il rossiccio si mise le mani sui fianchi e Natanael scoppiò a ridere.
“Eri stato avvisato che sarei diventato il migliore. D'altronde, lo sono sempre stato.”
“Non ti montare la testa e vedi di non cacciarci nei guai.”
“Stai tranquillo.” fece un altro sorriso beffardo e si voltò verso la casa che aveva deciso di derubare quella notte.
Era una cascina, una di quelle che non si vedevano da anni ormai nel loro mondo tecnologico, dove l'agricoltura era stata sovrastata dai prodotti creati in laboratorio attraverso esperimenti genetici. Non poteva esistere luogo migliore da saccheggiare: qualche uova, una gallina intera o addirittura qualche attrezzo da rivendere nei negozi. Potevano farci una fortuna con quel posto.
“Chissà chi è quell'imbecille che vive ancora in questa maniera.” disse Rorik.
“Sempre meglio che non avere un tetto sulla testa, dico bene?” ironizzò Natanael.
Il rossiccio fece spallucce.
“Almeno è divertente e non ho bisogno di lavorare.”
“A proposito di questo, ti pregherei di muovere quel culo che ti ritrovi, ogni tanto, invece di lasciar fare sempre a me.”
“Stai zitto. Io sono il capo.”
Natanael roteò gli occhi al cielo con aria divertita e si avvicinò alla casa.
“Ti copro le spalle.” affermò Rorik, ottenendo in risposta un gesto poco carino con la mano.
Il ragazzo dai capelli neri corse senza far alcun rumore fino all'ingresso di quella che doveva essere la stalla e si sporse al di là di essa.
Le luci erano tutte spente, segno che ormai i proprietari stessero dormendo, e poté proseguire il suo piano senza alcun intoppo.
Si diresse verso l'aia, con il sacco pronto sulla spalla, ed entrò più cautamente possibile.

Domani si mangia pollo arrosto.

Era talmente buio che non riusciva a vedere ad un palmo dal naso, ma pensò che fosse meglio non usare la torcia per non spaventare le galline.
Purtroppo, andò a sbattere con il piede contro una gabbietta lasciata nel mezzo.

Oh, cazzo!

All'improvviso si svegliarono gli animali e cominciarono ad agitarsi intorno a Natanael, facendo un rumore così assordante, che dovette pregare per far in modo che nessuno l'avesse sentito.
Allungò un braccio verso una chioccia e quasi venne beccato.
“Eh no! Non rinuncio al mio stomaco pieno!”
Non si arrese e prese sotto braccio uno di quei pennuti, buttandolo nella sacca e chiudendola forte, sentendo l'animale muoversi impaurito all'interno.

Sicuramente Rorik se la starà ridendo là fuori.

Schioccò la lingua e si mise a correre per allontanarsi il più possibile da quel posto.
Non appena uscì, vide che le luci della casa si erano accese e che la porta era spalancata. Un uomo con in mano un qualcosa di allungato che non riuscì a vedere per bene – forse un bastone o addirittura qualcosa di più pericoloso come un fucile – stava correndo verso di lui minacciandolo.
“Brutto ladruncolo! Se ti prendo ti faccio mangiare dalle mie mucche!”
Natanael sarebbe voluto scoppiare a ridere, ma pensò bene di scappare il più in fretta possibile mentre veniva inseguito.
Era parecchio veloce e già non sentiva più i passi dell'uomo dietro di lui, probabilmente si era fermato molto prima, quando aveva capito che non sarebbe riuscito ad acciuffarlo.
Si nascose nell'erba alta, gettandosi a terra e riprendendo fiato, poi i suoi occhi si girarono verso il prezioso bottino che stringeva tra le mani e fu orgoglioso di se stesso.
Lasciò passare qualche minuto prima di alzarsi e tornare da Rorik, ma, prima, si voltò ancora una volta verso la fattoria e poté notare una luce accesa al primo piano, la finestra era spalancata e l'ombra di quello che doveva essere un bambino guardava fissa dalla sua parte.
Fece un piccolo inchino togliendosi il berretto e portandoselo al petto, successivamente gli porse un enorme sorriso soddisfatto di ringraziamento – per quanto non fosse sicuro che l'avrebbe visto per davvero – e si rintanò nella notte, pronto a tornare dai ragazzi della banda per raccontare del suo successo.

 


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti con questo aggiornamento speciale del mercoledì xD
Siamo entrati nel passato di Nael! Spero che sia chiaro a tutti, adesso, da dove deriva il suo atteggiamento. Avete visto come l'anima di Tinirau stia combattendo dentro di lui per prevalere, di come ci sia riuscita molte volte (povero Kaleo, compare manco per dieci minuti e già lo amavo... è stato brozonato *stile friendzone ma con bro ahah* anzi, in realtà ancora meno di quello...) e avete visto come è diventato il ragazzo che tutti amiamo e conosciamo! Circa u.u manca ancora qualche piccolo dettaglio u.u
Tutte le esagerazioni di Nael, tutti i suoi pensieri cattivi e le sue reazioni sono dovute a Tinirau che le ingigantisce, mi pare ovvio, ma non vorrei che qualcuno lo trovasse innaturale. Lo è perché ha dentro di sé qualcosa di terribile.
E a fine capitolo chi abbiamo? Ehehe =w= un'ombra bellissima <3
Il nome di Rorik significa semplicemente rosso e non ho voluto dare volto e nomi ai genitori di Kaleo, che significa suono, perché non era importante saperlo.
Il prossimo aggiornamento ho deciso che sarà il 29 o il 30 alla fine, così da dare il tempo di venir letti questi due capitoli messi a distanza ravvicinata, poi si tornerà regolari la domenica dall'8 Gennaio :3 scusate per questa confusione, colpa delle feste!
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e ci sentiamo al prossimo con altre memorabili scoperte!
Un bacio a tutti e grazie per continuare a seguire questa storia.
Ci sentiamo al prossimo capitolo!
Flor :)

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Quando tutto ebbe inizio (terza parte) ***


 

 

CAPITOLO 17
QUANDO TUTTO EBBE INIZIO (TERZA PARTE)


Dicembre, anno 430 del XII periodo

 

Ari stava crescendo come un bambino normale, insieme ai suoi genitori nella fattoria dove suo padre e sua madre allevavano diversi animali e coltivavano i prodotti della terra a dispetto della tecnologia che sapeva esistere al di fuori del loro piccolo mondo, situato ben lontano dal centro delle città, che solo raramente visitava.
Non gli era mai stato fatto cenno della magia, non sapeva che dentro di lui c'erano dei poteri ben sigillati e che anche i suoi genitori, un tempo, erano stati dei maghi; era stato tenuto distante da quell'esistenza e Temaru ed Heirani speravano ogni giorno che non ne sarebbe mai venuto a conoscenza.
Purtroppo, vivevano in un periodo dove la divinità degli oceani, Tangaroa, aveva scagliato contro l'umanità la sua ira a causa dell'inquinamento delle acque, dovuto a tutti gli strumenti che utilizzavano gli uomini per sopravvivere al meglio delle loro possibilità. Quindi, era successo che da parecchi anni, ogni mese, veniva scelta una persona che servisse da sacrificio alla divinità stessa per purificare le azioni malvagie di cui si erano macchiati tutti.
Per questo non avevano potuto tener lontano Ari completamente da quella vita, dove chi regnava era chi possedeva il Mana, ovvero i Maghi. Fortunatamente, non avevano ancora affrontato questo argomento, non avrebbero mai voluto vederlo impaurito per qualcosa come la morte a cui neanche loro erano capaci di poter dare un significato.
Avevano sempre pensato che fosse meglio così.


Fin dalla sua infanzia, Ari non era mai entrato in contatto con altre persone, o quasi mai. Accadeva ogni tanto che arrivasse un cliente che volesse frutta, verdura o qualche altro prodotto direttamente dalla loro cascina, ma lui se ne stava in silenzio, seduto composto sul divano o sulla sedia in cucina e aspettava che se ne andasse, non avendo il coraggio di andare a disturbare come avrebbe fatto qualsiasi altro bambino.
Questo distacco verso le persone era dovuto al fatto che loro non erano mai stati considerati cittadini all'interno della società, quindi Ari non aveva il diritto di andare a scuola o di frequentare biblioteche o altre zone pubbliche dove servisse un documento. Ma a lui non aveva mai importato molto perché aveva sempre passato tutte le sue giornate con i genitori.
La madre gli aveva fatto da maestra, insegnandogli a leggere, scrivere, far di conto e tutte quelle materie che giovani studenti erano costretti ad apprendere stando seduti dietro ad un banco, mentre lui comodamente anche sul proprio letto – nonostante la madre fosse più rigida di quanto si mostrasse normalmente, perché ci teneva particolarmente alla sua istruzione. Così era diventato un bambino molto intelligente, con nozioni su ogni argomento, e aveva preso il piacere di leggere libri che lo aiutavano a scoprire quel mondo da cui era escluso.
Se da una parte non gli importava molto, dall'altra era comunque curioso di sapere come sarebbe stato avere un amico, una persona a cui volere bene, che non fossero unicamente i suoi genitori, e qualcuno con cui ridere, arrabbiarsi o addirittura piangere. Erano tutte emozioni che non aveva mai sperimentato nella sua vita, se non solo per qualcosa concernente il rapporto con i genitori.
Questo l'aveva portato ad essere introverso e chiuso con qualsiasi estraneo si presentasse nella loro casa, perché non sapeva come comportarsi e quasi ne aveva paura poiché poteva sembrare strano agli occhi di chiunque.
Anche suo padre gli aveva insegnato molto su tutto quello che riguardasse la coltivazione della terra e la cura degli animali. Infatti, accadeva spesso di alzarsi presto la mattina per aiutarlo con la mungitura delle vacche, la raccolta nei campi e qualsiasi altro piccolo lavoro potesse fare un bambino. Aveva anche imparato a zappare, strappare le erbacce e riconoscere quale frutto fosse maturo e quale no e si divertiva nel farlo.
Se tutti i bambini avevano un sogno per il futuro, il suo era quello di diventare un figlio perfetto per i suoi genitori, che lo trattavano con così tanta cura e amore, fino ad emularli per poter continuare a vivere in quella fattoria per il resto della sua vita.
Inoltre, era ormai capace alla sua età di quasi dodici anni di prendersi perfettamente cura di se stesso e della casa: sapeva pulire, cucinare, lavare i vestiti e quasi tutti i mestieri che ci si aspettava si facessero per mantenere un appartamento.

La sua vita poteva avere l'apparenza di essere più dura rispetto a quella di chiunque altro della sua età, ma ad Ari piaceva. Lui era felice di passare tutto il proprio tempo con la mamma e il papà, era felice di aiutare Heirani per il pranzo, spostare il fieno tra un compito e l'altro e poi lavare i piatti di sera prima di coricarsi, distrutto e con il sorriso.
Era arrivato anche al punto di pensare che il mondo esterno quasi non esistesse, che non ne aveva bisogno perché tutto quello che gli serviva era incluso in quel recinto bianco che ne faceva da perimetro.
La sua era una vita tranquilla e gli andava bene così, perché non conosceva altre vite. Però, a volte, provava un senso di solitudine dovuto a quello stesso steccato.
Finiva così per perdersi in fantasticherie.

Dai cinque ai sette anni aveva avuto un amico immaginario che abitava lungo il fiume – che scorreva di fianco alla propria casa – e che nuotava con lui d'estate, si riparava nella stalla quando pioveva e beveva con lui la cioccolata nelle giornate invernali più fredde. Poi, sua madre aveva preso la tazza che riservava sempre per quel suo amico e Ari si era arrabbiato molto, sostenendo che fosse una donna insensibile per mancare così di rispetto ad una persona buona come il suo amico. Heirani era scoppiata a ridere e aveva deciso che quel giorno l'avrebbe portato in città per la prima volta a giocare in un parco pubblico con altri bambini come lui.
Ari si era stretto alla gonna della mamma e camminava a testa bassa dietro di lei. Vedere case molto diverse dalla propria e una folla di gente che passeggiava tra vie asfaltate l'aveva stordito e impaurito. Era tutto nuovo per lui e così diverso da quello che era solito conoscere, che sentiva solo il battito accelerato del suo cuore a causa dell'ansia.
Quando finalmente erano giunti al parco, Ari non era riuscito a staccarsi dalla madre, nonostante l'avesse incitato per andare a giocare con gli altri. Dopo parecchi minuti, si era convinto e aveva camminato mogio mogio verso un bambino con gli occhiali e i capelli a spazzola che stava costruendo una fortezza con sassi e foglie.
Gli si era messo davanti ed era rimasto lì immobile fino a quando l'altro gli aveva detto di spostarsi perché era sopra a quello che sarebbe diventato il ponte levatoio. Si era scusato e aveva fatto un complimento per il castello, così erano finiti a giocare insieme e si era divertito tantissimo. Quando erano tornati dalle proprie mamme con il viso tutto sporco di fango, le due donne stavano parlando insieme, anche se si sentiva una tensione nell'aria e l'altra aveva preso il figlio e si era allontanata dicendo che non doveva più giocare con lui.
Ari si era voltato verso la mamma, che con un sorriso gli aveva detto: “Almeno ci abbiamo provato.” ed erano tornati nella loro cascina.
Una volta giunti a casa, gli era stato spiegato il perché quella donna avesse agito così. Non erano cittadini e non erano molte le persone che volevano avere a che fare con quelli come loro, quindi sarebbe stato difficile farsi un amico vero.
Ari non aveva capito molto, ma era corso tra le braccia della mamma e le aveva detto che non voleva degli amichetti, voleva solamente stare con lei e il papà.

Perciò era arrivato a questo punto.
Non conosceva nessuno al di fuori e non era neanche sicuro di volerlo conoscere. Si era fatto bastare tutte le sue illusioni e i suoi viaggi mentali mentre leggeva una storia appassionante, creandosi situazioni fasulle nella sua mente e fantasticando su possibili avvenimenti che puntualmente non accadevano.
Da quella volta, però, era stato costretto dalla madre ad andare con suo padre per delle commissioni in città quando ne aveva la possibilità e Ari, dopo parecchie spinte, aveva accettato e così aveva iniziato a guardare il mondo esterno con degli occhi diversi, sempre più curiosi e inesperti e i suoi pensieri aumentavano giorno per giorno, immaginando una storia d'amore che nasceva tra i tavoli di un bar e un litigio nel vicolo opposto, ma lui non era mai il protagonista. Osservava tutto da spettatore in un angolo dove nessuno poteva accorgersi di lui e se lo faceva bastare.
Si sentiva tranquillo, nonostante tutto, e non pensava che sarebbe mai capitato il giorno in cui questa tranquillità si potesse spezzare.

Una notte di Settembre aveva sentito suo padre urlare e si era svegliato, la madre gli aveva detto di rimanere in camera, quindi era andato a sbirciare dalla finestra e aveva visto un ragazzo scappare veloce come il vento con in mano un sacco che si agitava da solo.
Solo dopo aver sentito le grida del padre, aveva capito che quello era un ladro e subito si era sentito terrorizzato, pensando che avrebbe potuto far del male alla sua famiglia, invece lo vide sparire nell'erba alta tutto d'un tratto. Era troppo allarmato per tornare a dormire, quindi era rimasto a fissare fuori facendo ben attenzione che non tornasse per avvisare il padre.
Ad un certo punto, il ragazzo era sbucato fuori dai campi e si era voltato proprio verso di lui. Ari aveva sussultato, ma era rimasto immobile dalla paura, continuandolo a fissare fino a quando non si sentì preso in giro dal suo inchino e il successivo sorriso, che era sicuro di aver scorto nel suo volto per quanto fosse lontano.
Dopo quella notte, era successo ben più di una volta che quel ragazzo tornasse nella cascina e, puntualmente, mancavano all'appello una gallina o una piccola parte del raccolto o un coniglio.
Ari, da quel momento, aveva sviluppato una leggera forma di panico nell'andare a dormire perché aveva sempre il pensiero di rivedere quel ladro, però, aveva capito che non gli interessava nient'altro che un po' di cibo e questo lo fece riflettere sul fatto che fosse solamente un poveraccio che non aveva di che mangiare e quasi provò pena per lui.
Tuttavia, dopo qualche settimana che non si fece più vedere, si dimenticò addirittura di lui e pensò di esser tornato alla sua vita calma e tranquilla.
L'unica che conosceva fino a quel giorno.



Stava facendo un giro in città con sua madre e suo padre, che avevano approfittato di un giorno dove non vi era nulla da fare in fattoria per passarlo completamente con lui.
Camminava mano nella mano con la mamma e il padre era di fianco alla donna. Avevano appena comprato delle caramelle e Ari ne stava gustando giusto una alla fragola.
“Non sembra neanche che abbia nevicato ieri.” disse Temaru guardandosi intorno.
Le strade erano già state ripulite e la neve si poteva notare solo sugli alberi e poco altro.
“È molto più bello da noi.” rispose Ari con un sorriso.
“Per te che puoi stare sotto le coperte tutto il giorno.” scherzò Heirani mettendosi a ridere.
“Non sto sotto le coperte tutto il giorno!” ingrossò le guance, ottenendo una risata ancora più alta.
Ari si sentiva calmo anche nel centro della città se con lui c'erano i suoi genitori e la caramella che aveva in bocca si stava sciogliendo, regalandogli uno squisito sapore che sperò durasse a lungo sul palato.
Alzò gli occhi al cielo e lo riscoprì di un bianco sporco che si rifletté nelle sue iridi, che in quel momento erano di un azzurro intenso. Prese un grande sospiro e continuò a camminare.

L'aria di città non ha niente a che fare con quella della cascina, ma ha un qualcosa di buono comunque.

Era vero, era diversa. La sentiva impregnata di qualcosa che non aveva mai sentito. Era un'aria vissuta molto di più di quella che era solito respirare nella parte incontaminata della città.
Scosse la testa e fece per staccarsi dalla madre per mettersi le mani in tasca, dato che aveva freddo e non si era messo i guanti, convinto che non ne avesse bisogno.
In quell'attimo, i suoi occhi furono attraversati da una debole luce. Si girò completamente verso di essa e vide la mano della donna colorata di un flebile verdino che ricordava l'erba dell'orto in estate colpita dal Sole, eppure non sembrava per niente un buon segno.
“Mamma?” disse con una punta tremante nella voce.
“Cosa c'è, Ari?”
“La tua mano... che cosa...?”
Heirani voltò lo sguardo e, subito dopo, sgranò gli occhi.
“Com'è possibile?” sussurrò quasi a se stessa.
“Oh, Santo...” Temaru bloccò la frase prima di pronunciare qualche imprecazione di fronte al figlio.
“Cosa succede?” domandò ancora Ari.
“Niente, piccolo mio.” provò a rispondere con un sorriso.
Non poteva essere niente. La sua mano, così come il polso e il braccio, si stavano illuminando sempre di più e tutti quanti per strada si erano fermati a guardare la scena.
Ari se ne accorse e si strinse nelle spalle, avvertendo chiaramente il cuore battere velocemente e la paura che gli premeva alla gola.

Cosa sta succedendo?

Il ragazzino era rimasto a bocca aperta mentre non riusciva a cogliere le parole che si stavano rivolgendo i propri genitori, ma sentì chiaramente l'agitazione del padre e vide il volto bagnato dalle lacrime della madre.
“Mamma...” provò ad attirare la sua attenzione, spaventato da quel bagliore che non accennava a sparire, piuttosto si allargava sempre di più, ricoprendo più zone e facendo diventare lo splendido cappotto rosso di un verde amaro.
“Ormai stanno per arrivare.”
Heirani abbassò il capo, sconsolata, poi si inginocchiò di fronte al figlio e gli mise le mani sulle spalle.
“Piccolo mio, devi promettermi che farai il bravo.”
“Perché?” la voce di Ari era strozzata, completamente paralizzato davanti a quello che stava succedendo e che ancora non aveva compreso.
“La mamma sta per andare via, però non devi essere triste, va bene?”
“Dove vai?” urlò prendendole le mani sulle proprie spalle.
“Tangaroa mi sta chiamando. Vuole che vada a servirlo nella sua dimora.”
“Non devi andarci per forza! Tu hai già un posto dove vivere!”
“Purtroppo non posso decidere io.” gli sorrise accarezzandogli la guancia dove stava cadendo una piccola lacrima.
“E quando tornerai da me?”
“Presto.” mentì.
“Davvero?”
“Il tempo passerà più in fretta di quanto pensi.”
“Non voglio che vai via.” insistette con ormai il pianto alle porte. “Non posso venire con te?”
“Tu devi occuparti di papà, devi fare in modo che mangi tre volte al giorno, devi aiutarlo nei campi e dovete farvi forza a vicenda.”
Ormai anche il volto della donna si stava dipingendo di verde.
Ari annuì non sapendo che altro fare.
“Ari, promettimi anche che ti sforzerai per trovare un amichetto che ti accetti così come sei.”
“Ma...”
Ari non riuscì a ribattere che venne stretto dall'abbraccio della madre.
“Non è un addio, mio piccolo Ari.”
“Mamma...”
Qualche lacrima cominciò a scendere anche sulle gote di Heirani, successivamente, diede un piccolo bacio sulla fronte del figlio e si rialzò per parlare con il marito.
“Portalo lontano, non voglio che veda.”
“Heirani...”
Ari notò che anche il padre ormai era sul punto di piangere e salutò la moglie con un bacio e un abbraccio.

Se non è un addio, perché sembra tanto che lo sia...

Era arrivato al punto da non riuscire più a distinguere per bene i lineamenti della mamma, la luce si era fatta intensa e quasi gli bruciava agli occhi.
Non aveva neanche fatto caso alla folla di persone che si erano accerchiate intorno a loro e che bisbigliavano frasi di ogni genere, da sollevate a stizzite a terrorizzate, ognuno con un riflesso verde nelle iridi che non gli piaceva per niente.
“Andiamo, Ari.”
Il padre lo prese per la mano e lo trascinò via a denti stretti.
“Cosa? No! Mamma!” il ragazzino si agitò, voltandosi verso la donna che lo guardava con un sorriso e che lo stava salutando con la mano. “Non possiamo lasciare la mamma!”
“Ari, per favore, fai il bravo e vieni con me.”
“Mamma!”
Cosa stava succedendo? Come era possibile che si stava separando dalla propria madre senza un motivo? Cos'era quella luce verde? Non sapeva dare una risposta a nulla di tutto ciò, tutto quello che sentiva in quel momento erano le mani fredde del padre sulle sue dita che non accennavano a lasciare la presa, il vento che si insinuava al di sotto della sua sciarpa e che gli aveva seccato le labbra e quel colore verde chiaro che stava odiando dal profondo del suo cuore.
Era confuso. Poteva solo continuare a camminare tenendo lo sguardo fisso verso la madre.

Ad un certo punto, sentì uno scossone e quasi perse l'equilibrio.
Temaru si era fermato con la mano chiusa a pugno, tremante.
“Ari, nasconditi qua dietro e non uscire per nessun motivo.”
Adesso era ancora più disorientato.
Il padre l'obbligò ad acquattarsi dietro ad un cespuglio colmo di neve ancora fresca.
“Dove vai, papà?” lo afferrò per la manica e il padre gli diede una carezza in volto.
“Vado a riprendere la mamma. Tu non farti vedere e, se dovesse succedere qualcosa, scappa più veloce che puoi, va bene?”
Ari respirava a fatica, creando tante piccole scie di fumo che gli uscivano dalle labbra.
Vide il padre allontanarsi ancor prima di poter dare una risposta.



Temaru era stato colpito dall'istinto. Voleva salvare a tutti i costi la propria moglie, non voleva che diventasse la prossima vittima e sperò di poter davvero cambiare qualcosa grazie alla posizione che avevano ricoperto da giovani all'interno della società.
Di certo, doveva anche salvaguardare il proprio figlio e, per il suo bene, non avrebbe dovuto compiere avventatezze, altrimenti l'avrebbe lasciato da solo, eppure, in quel momento, la ragione era scomparsa ed era stata rimpiazzata da un fervore dentro di sé che gli diceva di aiutare Heirani a qualunque costo.
Non voleva vedersi portar via la moglie con il rimpianto di non aver provato a salvarla.
Corse come un matto fino a tornare da lei.
“Temaru! Cosa ci fai qui? Dov'è Ari? Ti avevo detto di andartene!” la voce della donna era impaurita.
“Ari è al sicuro e anche tu lo sarai.”
“Temaru, non...”
All'improvviso tremò la terra per qualche secondo e, un istante dopo, comparvero due maghi davanti a loro, distinti dalla loro tunica – una dai ghirigori gialli e l'altra neri – e dalla pietra al collo.
“Che la tua anima possa placare l'ira delle divinità.” affermò il mago della terra.
Heirani abbassò il capo, sconfitta, e camminò verso di loro, però, venne afferrata saldamente al polso dal marito.
“No!” esclamò. “Non la porterete via!”
“Non hai il diritto e il potere per metterti contro dei maghi, quindi fatti da parte e lasciaci eseguire il nostro compito.”
“Quale compito?” urlò Temaru. “Quello di approfittarvi delle persone prive di Mana per darle in pasto alle divinità? Non è quello che dovrebbero fare dei maghi.”
“Come osi parlare a questo modo. Non sai neanche il significato di quelle parole.”
“Invece lo so bene.” lo sguardo dell'uomo era duro ed evidentemente arrabbiato. “Voi maghi siete diventati tutto quello che più di corrotto possa esistere al mondo.”
“Temaru!” Heirani richiamò la sua attenzione, spaventata da quelle parole imprudenti.
Un attimo dopo, Temaru si ritrovò inginocchiato a terra con una mano stretta al cuore, che si lamentava di dolore.
Gli occhi della donna caddero sulla mano del mago del buio, illuminata di nero.
“Lasciatelo stare! Vi prego! Non è lui quello che volete!”
“Insultare dei maghi non è certo la cosa migliore per un semplice umano come te.” il mago non la stette neanche ad ascoltare. “Verrai giudicato per la tua immoralità dal Consiglio stesso e lasceremo a questo la decisione riguardo la tua punizione.”
Temaru cadde a terra privo di coscienza e Heirani gli fu subito addosso per sorreggerlo, mentre il pianto aveva preso il sopravvento al pensiero di Ari che da qualche parte, probabilmente, stava assistendo a tutta la scena e che adesso sarebbe rimasto solo.
“Piccolo mio... mi dispiace. Pregherò le divinità per te.”
Heirani sentì tremare la terra sotto di sé e un istante dopo era svanita nel nulla insieme al marito.



Ari aveva osservato tutto quanto da dietro il cespuglio.
Quando erano comparse quelle due persone, non aveva la minima idea per cosa fossero venuti, li aveva solo identificati come maghi grazie a quello che aveva imparato negli anni dai libri.
Non era riuscito a sentire neanche mezza parola di tutto quel trambusto, ma era più che evidente che fossero successe moltissime cose spiacevoli e negative.
Quando aveva visto inveire il padre contro i due maghi, le gambe avevano cominciato a tremare e non aveva avuto la forza di andare da loro per prenderli e trascinarli via. Inoltre, continuava a ripetersi l'ammonimento che gli aveva ripetuto poco prima e non gli avrebbe mai disobbedito.
Poi, suo padre era crollato a terra e Ari si era sentito mancare il fiato, le unghie erano infilzate nel terreno sotto di sé e aveva cominciato a piangere.
“Papà!”
Aveva urlato con quanto fiato aveva in gola, prima di rendersi conto che non gli era uscito a causa del pianto. Qualcuno si era girato verso di lui, ma non ci aveva dato troppo peso, intento a fissare quello che stava accadendo a metri di distanza.
Aveva provato a mettersi in piedi, tuttavia le ginocchia tremavano ancora più forte e la vista gli si era appannata da quanto gli occhi fossero ormai gonfi.
Quella luce nera che illuminava la mano di uno dei maghi era terribile, aveva percepito dentro di sé la malvagità di quel potere e aveva scosso la testa fortemente, sperando che quel dolore finisse al più presto.
All'improvviso i due maghi erano spariti, portando con loro i suoi genitori.



Ari si sporse in avanti per guardare meglio, ma cadde con la faccia per terra, incapace anche di sorreggersi con le braccia, troppo spaventato da ogni cosa.

Mamma... Papà...

La gente ancora stava farfugliando, anche dopo che tutto fu concluso, sebbene alle sue orecchie non giungeva nessun suono.

Perché? Cosa vogliono i maghi dai miei genitori? Cosa è successo?

Aveva gli occhi talmente arrossati e il naso gli colava. Si ripulì il volto con la manica del giubbotto e prese a correre ritrovando in un baleno tutte le forze. Corse fino al punto dove prima vi erano i suoi e dove adesso la folla si stava sparpagliando.
“Mamma! Papà!”
Urlò più volte, mentre tutti si voltavano verso di lui, qualcuno cosciente che fosse il figlio della coppia che era appena stata scelta come prossimo sacrificio.
Ari notò lo sguardo pieno di pietà nei loro volti e si ritrovò a respirare con affanno.
Le ginocchia gli cedettero e cadde nel mezzo della strada, gridando e piangendo più forte che poteva.

Sono solo...

Come sarebbe sopravvissuto? Aveva sempre avuto solo ed esclusivamente i propri genitori al suo fianco, ora, invece, come avrebbe vissuto le sue giornate?
Non era che un bambino di quasi dodici anni e, anche se sapeva cavarsela, non avrebbe mai potuto affrontare in solitudine il resto della sua vita. C'erano così tante cose che ancora non conosceva e che non avrebbe più potuto conoscere.

...nessuno mi vorrà più bene...

Chi altro si sarebbe preso cura di lui? Era sempre stato evitato da tutti quanti, le uniche persone con cui aveva avuto un minimo di contatto erano gli acquirenti che si recavano alla fattoria per il cibo.
Sapeva che quello era un addio, l'aveva capito nonostante tutto, nonostante non sapesse il significato di quell'avvenimento. Lo sentiva dentro di sé e sentiva esplodere il petto dalla disperazione.
“Non mi lasciate!”
La fronte toccava l'asfalto e le lacrime cadevano all'interno della sua bocca aperta per gli ansimi, i capelli biondo cenere ricadevano anch'essi per terra nascondendogli il volto agli estranei.
Aveva perso tutto.
Il suo tutto erano sempre stati i genitori e adesso cosa poteva succedere ad un ragazzo come lui?

Sarò costretto a vivere per strada o verrò portato via... Cosa mi accadrà?

Piangeva ancora sotto lo sguardo sconcertato di tutti quanti, alcuni erano andati via come per allontanarsi da quella faccenda che non gli concerneva.

Voglio la mamma e il papà.

Sentiva il corpo pesante, la testa nella stessa maniera.

Vi prego, tornate da me.

In quel momento, una mano lo toccò sulla schiena e si tirò su di scatto, colto alla sprovvista.
“Posso fare qualcosa per te, ragazzino?”
Era una signora anziana, con la gobba e una montagna di rughe che le ricoprivano il volto, insieme ad un enorme scialle.
Ari si pietrificò all'istante.

Se non puoi ridarmi i miei genitori, allora non c'è niente che puoi fare per me.

Trovò il vigore di alzarsi in piedi, rimanendo in silenzio, e indietreggiò.

Se torno nella mia casa andrà tutto bene, quel posto è sicuro, lì troverò sicuramente mamma e papà.

Non comprendeva neanche lui il flusso di coscienza che non riusciva a fermare nella sua testa. Si era convinto che fosse tutto un incubo e che, non appena si fosse riparato al di là del recinto bianco, sarebbe tornato tutto alla normalità. Percepiva la città come un qualcosa di malvagio e pressante e lui non doveva trovarsi in quel luogo.
Gli venne in mente la voce di suo padre che lo incitava a correre se fosse successo qualcosa e così fece.
Partì in quarta, contrastando tutta la stanchezza del corpo, e la testa che gli vorticava tanto da voler collassare sull'asfalto e svenire per risvegliarsi nella fattoria. Ma si oppose a tutto questo e corse più velocemente che poté.
Quando giunse alla cascina non c'era nessuno ad aspettarlo, la casa era vuota e si sentiva unicamente il verso delle mucche che proveniva dalle stalle.



Quella sera, Natanael aveva proprio voglia di arraffare una grande quantità di cibo per riempirsi lo stomaco e non c'era posto migliore che la fattoria situata appena al di fuori della città.
Valeva la pena affrontare una notte gelida per una buona gallina e, probabilmente, anche un coniglio, dato che l'inverno era sempre stato il periodo più duro per la propria sopravvivenza. Infatti, era iniziato da qualche giorno Dicembre e il freddo peggiore sarebbe arrivato a breve. Si maledì solamente perché non sarebbe mai riuscito a prendere una mucca e portarla via.
Natanael teneva come al solito il sacco sulla spalla e scavalcò il recinto atterrando dall'altra parte senza il minimo rumore. Le luci erano tutte spente e il ragazzo si avviò prima di tutto verso la stalla, sperando di trovare qualcosa di piccolo e interessante da rivendere.
Aprì con cautela la porta in legno, illuminando un piccolo spicchio dell'interno, e subito la richiuse dietro di sé.

Vediamo cosa abbiamo qua...

Accese la torcia elettrica e la puntò contro una mucca che stava dormendo, guardandola affamato.

Se solo ti potessi portare con me...

Si ripulì la bava alla bocca e, in quel momento, sentì chiaramente un sussulto che non poteva appartenere a uno degli animali.

Che succede?

Si spaventò e controllò in ogni parte della stalla con la torcia, fino a quando non vide qualcuno rannicchiato per terra proprio in fondo ad essa.
Era un ragazzino molto più piccolo di lui – pensò non avesse più di dieci anni in confronto ai suoi quindici – dai lunghi capelli biondo cenere tenuti raccolti da una mezza coda sulla testa, che spuntava fuori dalle ginocchia strette al petto.
Gli puntò direttamente la luce addosso e si tranquillizzò nel vederlo.

È solamente un bambino...

Questo se ne accorse e fu preso da un attacco di panico, alzando velocemente il capo e Natanael poté notare, mentre si avvicinava a lui, quanto avesse gli occhi gonfi e lo sguardo impaurito.
“C-chi sei?” provò a parlare il bambino. “Vattene via!”
Natanael non lo ascoltò neanche, continuando a camminare verso di lui.
“Che ci fa un moccioso a piangere nella stalla di notte?” gli si parò proprio davanti e colse il tremolio nelle sue spalle, poi puntò la pila per terra per non accecarlo.
“Tu sei il ladro che viene spesso a rubare le galline...” disse il biondo con un sussurro.
“Ah, tu devi essere il figlio di quell'uomo che mi insegue con il fucile!” esclamò Natanael e si sedette proprio al suo fianco, spegnendo la torcia e rimanendo quasi nel buio totale. “Sono piacevolmente sorpreso di avere un faccino che rimane impresso.”
“Vattene!” ripeté il ragazzino, provando ad indietreggiare per non rimanergli vicino.
“Stai calmo, non ti faccio niente.” provò a tranquillizzarlo e si mise con la schiena poggiata alla parete e le gambe distese. “Come ti chiami?” chiese senza neanche guardarlo.
“Ari...” rispose tirando su con il naso e si rimise seduto vicino all'altro, incastrando ancora la testa tra le ginocchia.
Natanael notò chiaramente quanto fosse spaventato quel ragazzino e di quale sforzo stesse compiendo per non ricadere nel pianto, anche se non gli riuscì molto bene. L'attimo dopo, infatti, sentì risuonare nelle orecchie i gemiti ad intervalli regolari, quasi respirava a fatica.
“Cos'è successo? I tuoi genitori ti hanno sgridato e sei scappato via?” Natanael si mise a ridere ironico per quella situazione.

Non avrei mai pensato a un imprevisto del genere. Devo far andare via questo marmocchio prima che si faccia troppo tardi.

Vide Ari scuotere la testa, tirando ancora su con il naso e tossendo subito dopo.
“Mh?” insistette.
“Non ho genitori...” rispose Ari quando si fu calmato appena un poco, sussurrandolo tra le labbra.

Ma che problemi ha? Forza, non ho tempo da perdere!

“Ah, andiamo!” Natanael sventolò una mano in aria. “Cosa possono aver fatto di così terribile per essere trattati in questo modo!”
In quel momento pensò che lui aveva fatto molto di peggio, ma si sarebbe inventato di tutto pur di finire quel discorso al più presto e tornare ai suoi affari. Da una parte, però, si era reso conto di quanto fosse scosso quel ragazzino e poteva compiere la sua buona azione della giornata aiutandolo a tirarsi su di morale.
“Se ti sentissero, non sarebbero molto orgogliosi di te. Tutti i bambini vogliono bene ai loro genitori, quindi sono sicuro che puoi perdonarli.”
Natanael si morse il labbro internamente, consapevole che quella frase fosse un grande macigno per la sua anima, ma l'altro non accennava a porgergli il minimo sguardo, ormai fisso sul pavimento da minuti interi. Non sembrava neanche ascoltarlo per davvero.
Natanael rimase immobile, aspettando che accadesse qualcosa, e, solo dopo parecchio, tempo l'altro si convinse a parlare.
“Sono stati portati via dai maghi questo pomeriggio...” Ari sentì risalire le lacrime e fu costretto a continuare a piangere, riversando tutta la sua tristezza in quel modo non conoscendo altri modi per affrontarla.
Natanael si paralizzò.

I maghi...

Sapeva perfettamente cosa volesse dire, gli era stato spiegato da Kaleo durante una delle loro tante lezioni.

Quindi i suoi genitori sono ormai morti... la loro anima sarà offerta a Tangaroa...

Sgranò gli occhi, provando pietà per quel bambino. Nessuno si meritava qualcosa del genere e lui lo sapeva bene, avendo perso i propri genitori quando non era che un piccolo bambino di tre anni proprio nelle acque dell'oceano.
Strinse i pugni così forte da farsi diventare le nocche bianche e non volle cedere anche lui alle lacrime nel ripensare a quella giornata che non era mai svanita dai suoi ricordi, al contrario del volto dei suoi genitori che era andato sempre più sbiadendosi.
“Io... ecco...” provò a biascicare qualcosa. “Mi dispiace...” non riuscì a dire altro che questo, ma lo sentiva davvero dentro di sé.
Ari non aveva ancora smesso di piangere e non sapeva come calmarlo.
All'improvviso, la sua nottata all'inseguimento di qualche gallina si era trasformata in un tuffo nel passato e in quel sentimento martellante all'altezza del petto.
“Su, fatti forza...”
Natanael guardò altrove, incapace di trovare delle parole adatte per consolarlo.
Allungò una mano verso la sua spalla e la sfiorò appena. Non avvertendo nessun tremore, andò ad accarezzargli il braccio pungendosi il palmo con la stoffa del maglione.
“Andrà tutto bene.”
La sua voce era gentile e sincera.
Forse lo stava facendo davvero solo per compassione, però gli dispiaceva vederlo in quello stato.

È un duro colpo da affrontare da solo, almeno io ho avuto qualcuno al mio fianco per un po' di tempo.

Ari scosse la testa.
“Non hai altri parenti?” Natanael lo strinse di più.
L'altro scosse ancora la testa.
“Non puoi certo stare da solo...”
Natanael provò a ideare una soluzione. La prima cosa a cui pensò fu di portarlo dagli altri della banda, ma non sembrava un ragazzo così forte da poter resistere in mezzo alla strada. Oltre ad essere gracile e troppo piccolo, sarebbe stata anche una bocca in più da sfamare ed era talmente sconvolto al momento che non sarebbe stato di nessuna utilità.
Un lampo lo colse all'improvviso.

Non ci posso credere di quello che sto per dire. Cazzo, Natanael, tu e le tue idee strampalate.

“Se vuoi rimango io con te.” affermò deciso.
“Eh?”
Ari alzò di scatto il volto sul suo e lo guardò incredulo e impaurito allo stesso tempo.
Natanael poté notare che aveva degli occhi così cristallini da sembrare trasparenti e pensò subito che il rossore acceso che li contornava non gli si addiceva per niente.
“Sì, insomma...” rifletté bene sulle parole da usare. “Tu non sarai solo e io non ti ruberò più niente, vivendo insieme a te.”
In effetti, era quello il motivo per cui gli era venuto in mente. Aveva pensato che avrebbe potuto cogliere la palla al balzo per togliersi dalla condizione scomoda della strada.
Un bambino era appena rimasto da solo, senza genitori, in un'enorme casa al di fuori della città e lui avrebbe tanto voluto avere un tetto sotto cui stare per ripararsi dal gelo, dalla pioggia e dalla gente che si incontrava nei vicoli cui era solito frequentare.
Quale splendida occasione.
Avrebbe dovuto prendersi cura di un bambino e, sicuramente, imparare a lavorare nei campi e allevare gli animali, ma quello era il minimo, se poteva vivere una vita tranquilla senza più disperarsi per trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Inoltre, lui era ben contento di avere sempre qualcosa da fare piuttosto che rimanere con le mani in mano, avrebbe sfogato la propria noia impegnandosi al massimo.
Sarebbe stato sempre meglio che vivere un giorno da una parte e quello dopo dall'altra, senza mai essere sicuro di sopravvivere per il giorno successivo ancora. Avrebbe imparato a convivere con quel bambino e, se non gli fosse andato a genio, se ne sarebbe semplicemente andato via.

Sì, potrebbe funzionare.

“Perché?”
La domanda del biondo lo fece destare dai suoi pensieri, tuttavia, rimase ammutolito.
“Perché dovresti aiutare uno come me?” insistette.
I suoi occhi penetrarono a fondo in quelli nei propri e quasi si sentì un mostro nel mentirgli così spudoratamente.
“Perché no?” gli mise una mano tra i capelli, già scompigliati di loro. “Mi prenderò io cura di te.”
Ari sussultò e spalancò gli occhi, le lacrime avevano cessato di uscire tutto d'un tratto.
“Accetti?” domandò Natanael, porgendogli un sorriso dolce e vero, togliendo la mano dalla sua capigliatura.
Il biondo annuì appena dopo qualche secondo.
“Fantastico! Quindi ora asciugati quelle lacrime, alzati dal pavimento lercio e andiamo a dormire al caldo!”
Non c'era niente che avrebbe voluto fare di più in quel momento, ma sentì il fragile corpo dell'altro che si era buttato sul suo e che lo stringeva forte ricominciando a piangere.
“Ari..?”

Spero di non essermi cacciato in qualcosa di terribile...

Roteò gli occhi al cielo, portandosi una mano alla fronte, e rimase immobile in quella posizione, anche perché non avrebbe avuto modo di muoversi.
Lasciò che quel bambino piangesse contro il proprio gilet sgualcito e che lo bagnasse fino a quando non terminò le lacrime – purtroppo per lui – solo molto tempo dopo, finendo così con il passare la notte in quella stalla gelida, riscaldati unicamente dal calore reciproco.



NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti! Questa volta siamo entrati nel passato di Ari.
Allora, avete visto come il suo carattere sia dovuto al fattore “esclusione dalla società”. È sempre stato solo, non ha mai sperimentato nulla, questo l'ha reso il ragazzo dalle mille paure, dalle mille ansie, dai mille problemi (troppi, mio piccolo Ari, troppi u.u ma io ti amo comunque).
Adesso sapete come sono andate le cose per quanto riguarda i genitori. In una botta sola li ha persi entrambi ed è rimasto solo per poche ore in realtà, perché ha incontrato Nael!
Oooh il loro incontro! Spero vi sia piaciuto! Nael vuole solo mangiare, sono 17 capitoli che vuole mangiare una mucca e ancora non ce l'ha fatta ahaha chissà se ci riuscirà mai u.u
Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che spero vi abbia dato molti sentimenti diversi e contrastanti ;)
Ringrazio tutti quelli che commentano e che leggono e fate amare la Nari a tutto il mondo <3
Ne approfitto per farvi gli auguri di un buon anno nuovo e festeggiate insieme a chi vi vuole bene! Un bacio a tutti! Ci sentiamo domenica 8 con il prossimo aggiornamento.
Flor :)

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - 10 Gennaio ***


CAPITOLO 18
10 GENNAIO

 

Gennaio, anno 431 del XII periodo

Era passato un mese da quando Ari conviveva con quel ladruncolo – che aveva scoperto, la mattina dopo il loro incontro, si chiamasse Natanael – e ancora non si sentiva a proprio agio con lui.
Non si spiegava bene cosa fosse successo quella notte, aveva le idee troppo confuse anche a causa del dolore che provava nel petto e che non si era placato per niente con il passare dei giorni.
Non appena si era accorto di lui dentro la stalla, era stato colto da un attacco di panico e tutto quello che era riuscito a fare era restare immobile sul pavimento, aspettando che se ne andasse. Invece, gli si era avvicinato fino a sedersi al suo fianco e, anche se aveva evidentemente paura di quel ragazzo di cui neanche conosceva il nome e a malapena il volto, non aveva avuto la forza di scappare.
Era stremato dalla giornata terribile, ancora non si era capacitato che non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori e le sue gambe non gli avevano permesso di alzarsi; quindi era semplicemente rimasto a terra, continuando a piangere e ad ascoltare Natanael che gli parlava in maniera indiscreta.
D'un tratto, quel furfante aveva provato sicuramente pietà per lui, così come aveva fatto egli stesso quando si era reso conto che non era che un povero ragazzo che doveva guadagnarsi da vivere rubando le altre persone, per questo aveva provato a consolarlo e Ari non si era opposto.
Voleva qualcuno che gli infondesse un po' di tranquillità e sentire quella mano che lo accarezzava era stato un buon inizio. La paura verso di lui era scemata quasi all'istante, quando aveva percepito i suoi occhi su di lui che lo guardavano con tristezza solo per un attimo per poi sorridergli dolcemente.
Quel sorriso gli ricordò quello che era solito vedere sempre sulla faccia dei suoi genitori.
Quando poi Natanael gli aveva proposto di andare a vivere con lui, aveva sentito il cuore mancare un battito. Aveva alzato lo sguardo ed era rimasto impressionato da quella peculiarità che non aveva mai riscontrato in nessuno: aveva un occhio verde oceano e l'altro nero come l'oscurità che dominava nella stalla, ma non era il momento giusto per pensarci.

Perché?

Così gli aveva anche chiesto.

Io sono solamente un ragazzo escluso dalla società, non ho mai avuto nessuno con cui parlare, se non mamma e papà. Perché un perfetto sconosciuto dovrebbe provare anche solamente a tirarmi su di morale?

Era convinto che nessuno gli si sarebbe mai avvicinato, che tutti lo considerassero uno scarto con cui non dovevano avere nulla a che fare. Però, non aveva mai pensato che in quel mondo esistessero anche persone messe peggio di lui, che non avevano neanche un letto in cui dormire e che non avrebbero fatto gli schizzinosi nel parlare con uno come lui.
Natanael rientrava proprio in questa categoria.
Ancora, d'altronde, non era così convinto. Era comunque distaccato e non si fidava nello stargli vicino più di tanto, chiuso nel suo piccolo mondo di fantasticherie dove i suoi genitori erano ancora al suo fianco.
Gli aveva promesso che si sarebbe preso cura di lui, ma era lui stesso che non permetteva di avvicinarsi. Era troppo introverso ed impaurito da tutto ciò che non conosceva per lasciarsi andare.
Però, aveva visto una piccola luce nell'oscurità che gli era piombata addosso. Una persona che non l'avrebbe lasciato da solo per almeno un po' di tempo, anche se non sapeva per quanto sarebbe restato a vivere con lui.

Io pensavo che sarei rimasto da solo per sempre, invece è arrivato Natanael, come se l'avessero mandato mamma e papà per me.

Forse era davvero così, data l'incredibile coincidenza di come tutto era avvenuto in fretta. Nonostante ciò, non voleva dargli confidenza.
Non avevano neanche parlato più di tanto in quel mese, poiché Ari aveva passato la maggior parte del tempo chiuso in camera a piangere, la tristezza l'aveva colmato al posto del vuoto lasciato nel suo cuore e Natanael non era stato così insensibile da non importarsene per quello che era accaduto.
Gli aveva preparato da mangiare per i primi giorni, ritrovandosi contro un bambino che non voleva assolutamente mettere nulla sotto ai denti, eppure non aveva demorso. Aveva insistito ogni giorno perché mangiasse anche un piccolo frutto o una minima porzione di qualsiasi cosa fosse in grado di cucinare – e non che fosse capace di fare molto, anzi, per la prima settimana aveva preparato sempre lo stesso piatto – e non si era mai arrabbiato.
Provava sempre a sorridergli e a trattarlo con riguardo, forse perché si sentiva in debito per avergli concesso un posto in cui vivere e, puntualmente, lo consolava quando le lacrime non la smettevano di uscire.
Ari se ne stava semplicemente fermo, sentendo le carezze sulla sua testa in silenzio fino a quando non si calmava e allora precipitava nel mondo dei sogni. Era grato a Natanael per tutta la pazienza che ci metteva con lui e pensò più volte di ringraziarlo, ma non gli erano mai uscite le parole di bocca, poiché bloccate in gola dall'agitazione.

Superata la prima settimana, Ari era tornato ad uscire dalla propria camera e aveva esordito dicendo che c'era da prendersi cura dell'orto e degli animali come si deve, dato che aveva solo dato da mangiare al bestiame, per non farlo morire di fame, e per il resto non si era occupato di nulla.
Quel giorno aveva parlato davvero con Natanael e aveva scoperto che non sapeva fare niente di niente, a cominciare dalla pulizia della casa, alla cucina e a tutto quello che riguardasse la fattoria.
Ari aveva dovuto immaginarlo. Era stato costretto ad insegnargli mano a mano e questo l'aveva fatto avvicinare di un poco a lui, giusto quello che bastava per affrontare le giornate insieme come due colleghi di lavoro di due uffici distanti.
Occuparsi della fattoria lo distraeva un po' dai suoi pensieri e da quell'immagine che si ripresentava costantemente nella propria testa e nei propri incubi: la luce verde che sperava di non vedere mai più in tutta la sua vita, sua madre e suo padre che piangevano, il rumore assordante intorno a lui, i maghi e poi il vuoto.
Aveva dovuto concentrarsi su altro per superare quella difficoltà, anche se si chiedeva come potesse un ragazzo di neanche dodici anni. Però ci stava provando con anima e corpo per affrontarla.

La mattina si alzava molto presto e si dedicava agli animali, poi preparava la colazione e spariva nei campi fino a quando non arrivava anche Natanael, che lo aiutava come meglio poteva – e a dirla tutta, era molto utile grazie al suo fisico forte e alla sua voglia di lavorare, anche quella non riusciva a concepire – poi lasciava il ragazzo lì fuori per le faccende domestiche e per preparare il pranzo e le giornate si susseguivano tutte uguali una dopo l'altra, dove l'unica cosa che cambiava erano i turni che avevano stabilito per la convivenza forzata.
Dovette ammettere che Natanael aveva imparato in fretta tutto quello di cui c'era bisogno di sapere e fu soddisfatto di questo.
Ultimamente avevano cominciato a parlarsi di più, anche se sempre e solo di sciocchezze, e aveva scoperto quanto fosse solare e divertente e alleggeriva di parecchio l'atmosfera che aveva creato intorno a lui, benché non potesse pensare che fosse un periodo felice. Però, le sue parole di conforto c'entravano sempre il punto e lo calmavano con il passare dei minuti.
Si sentiva un debole per essere a quel modo e si odiava per il suo carattere, invece, Natanael non glielo faceva pesare e continuava a comportarsi in maniera normale con lui.

Mi chiedo come possa davvero sopportarmi, perché non se ne sia già andato abbandonandomi a me stesso...

Eppure non trovava una risposta a questo suo dilemma e più ci pensava e più si odiava, ricadendo in un circolo continuo, dove era proprio Natanael ad intervenire con la sua mano sulla propria testa e le dita tra i capelli biondo cenere per cullarlo.
Così era passato il primo mese di convivenza. Più velocemente di quanto pensasse a dirla tutta, anche se pieno di sofferenza per il suo povero spirito stremato.



Ari stava seduto in cucina, con la testa poggiata al tavolo e un ciuffo di capelli che gli ricopriva gli occhi azzurri, che fissavano il calendario appeso di fianco al frigorifero.
“Ari, devo pulire la tua camera o ci pensi te?” Natanael fece irruzione in cucina, il suo tono pimpante echeggiò nella stanza, ma subito si bloccò non appena lo vide. “Che hai?”
“Mh...”
Natanael roteò gli occhi al cielo.

Da quando aveva cominciato a vivere con quello che ormai non era che un orfano, la sua vita era cambiata ulteriormente.
All'inizio era stato difficile perché si era ritrovato in quell'enorme cascina senza conoscere niente riguardo alla gestione di una casa, per di più, Ari era distrutto e passava le proprie giornate a piangere e lui cercava in ogni modo di stargli vicino anche se non si sentiva ben accetto. Tuttavia, non ne fu sorpreso, era comunque un estraneo piombato in casa d'altri nel momento peggiore che potesse esistere e lui non aveva fatto di meglio quando aveva perso i propri genitori.
Si sentiva soddisfatto, però, quando vedeva che l'altro si rilassava sotto le sue attenzioni e riposava con le guance incrostate di lacrime secche.
A Natanael dispiaceva molto per lui, quindi si era prodigato nell'essere il più disponibile possibile per ogni cosa, finendo con l'imparare faccende degne delle migliori casalinghe e non gli dispiacque affatto.
Alla fine non era male vivere con Ari. Lavorava nei campi, lo aiutava con le faccende domestiche, aveva il suo tempo per riposare e lo spazio circostante era a dir poco stupendo, a dispetto della parte di città in cui era stato costretto a vivere mentre non era che un poveraccio. Non che ora non lo fosse, ma, almeno, aveva un tetto sulla testa e qualcuno con cui condividere le giornate.

Si avvicinò ad Ari e gli diede una pacca sulla testa così come aveva fatto un milione di volte nell'ultimo mese, sperando che anche quella volta bastasse a far calmare il ragazzino.
“Mi dici che hai?” insistette, abbassando il capo su di lui per sentire meglio.
Ormai doveva ben sapere cosa passasse per la sua testa ogni singolo giorno, ma solo fino a qualche ora prima non era così abbattuto, quindi pensò bene di indagare un po' per scoprire quale fosse il problema.
“Domani è il 10...”
“Quindi?” Natanael non colse il punto e scrollò le spalle.
“È il mio compleanno.”
“E non dovresti essere felice?” domandò ingenuamente.
Ari scosse la testa e si stravaccò di più sulla sedia, chiudendo gli occhi.
Non lo era per niente. Come avrebbe potuto essere felice se non c'erano i suoi genitori a festeggiare con lui? Non seppe cosa gli prese in quel momento, ma cominciò a fare uscire le parole senza rendersene conto.
“Domani mattina non mi sveglierò con il profumo di cioccolata calda, non aiuterò mia mamma a preparare la torta per me, non andrò con papà a pescare al fiume, anche se non sono mai stato capace.” fece un piccolo sorriso amaro prima che le spalle cominciassero a tremargli, sentendo risalire per l'ennesima volta il pianto.
Natanael rimase a bocca aperta. Non sapeva nulla di quel ragazzo, figurarsi la data del suo compleanno – e, a dir la verità, non sapeva neanche quella del proprio – e vederlo ridotto così gli strinse il cuore per un secondo.
Si sedette al suo fianco e spostò la mano sulla sua schiena, cominciando ad accarezzarla su e giù.
“Puoi sempre festeggiare con me. Va bene, non sarà il massimo, forse, ma io sono pur sempre il tuo tutore.”
Ari girò il capo verso di lui, sempre tenendolo poggiato al legno freddo del tavolo.
“Non ho voglia di festeggiare.”
Natanael sospirò e si alzò per tornare a fare le pulizie.
“La pulisco io la tua camera.” così dicendo se ne andò, lasciando il ragazzino da solo e sconsolato.



Natanael aveva capito che, ormai, non gli era indifferente Ari così come i primi giorni dove non era che un peso da sopportare; più lo vedeva triste e più aveva voglia di tirarlo su di morale. Per questo non ci pensò due volte e la mattina del 10 Gennaio si svegliò molto prima del solito, l'alba stava appena sorgendo e Ari stava ancora dormendo nel suo letto.
Si precipitò in soffitta, consapevole di quello che stava per andare a prendere, poiché se ne era già accorto quando aveva fatto pulizie là sopra.
Aprì un armadio e dentro vi trovò un set da pesca comprendente di due canne, retino e una cassetta con all'interno la lenza, le esche e i galleggianti.

Questo sarebbe stato oro per me fino a qualche tempo fa.

Pensò, ma quei giorni erano passati e sperava che non sarebbero più tornati.
Era tutto in perfette condizioni e lo prese con cautela per portarlo in salotto e metterlo sul divano.

Perché sto facendo tutto questo?

Gli era venuto subito in mente non appena aveva lasciato la cucina. Sperò in quel modo di sollevarlo e di fargli capire che c'erano ancora tanti motivi per sorridere.

Ora che ci penso, non l'ho ancora visto sorridere per davvero...

Natanael si diresse in cucina e afferrò una scatola con all'interno bustine di cioccolata già pronte. Non ne aveva mai fatta una, ma non sarebbe stato così difficile seguendo le indicazioni sul cartone.

...forse questo è il giorno buono e anche lui potrà lasciarsi alle spalle questo fardello.

Non ci volle molto che fu pronta. Una bella tazza fumante piena di cioccolata calda e gustosa.
Bussò alla porta del ragazzo, senza ottenere risposta, probabilmente era ancora perso nel mondo dei sogni.
Entrò con cautela e fu contento che le luci delle prime ore della giornata l'aiutassero, dato che non conosceva così bene quella stanza, poiché vi era entrato pochissime volte. C'era un armadio sul lato della porta e più avanti il letto matrimoniale, proprio nel mezzo della stanza con la testiera poggiata contro la parete e un comodino sul lato sinistro, sulla parte opposta alla porta vi era una scrivania proprio di fianco alla finestra, che aveva le tende tirate giù, quella stessa finestra dalla quale aveva visto Ari per la prima volta molti mesi prima.

Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe finita così?

Vi erano poi una cassettiera di fronte al letto e la stanza era riempita con tanti oggettini diversi, molti libri e tenuta ben in ordine.
Si avvicinò al letto e vi si sedette sopra.
“Ari?” provò a chiamarlo, scuotendolo anche un po'.
Il ragazzino aprì gli occhi lentamente e dovette sbattere le palpebre più volte per abituarsi a quella fioca luce.
“Buon compleanno!”
Ari non aveva ancora riordinato i pensieri, ma subito percepì l'odore di qualcosa di così familiare che credette di star ancora sognando o di avere le allucinazioni. Non poteva essere vero.
“Sveglia, sveglia, principino! Oggi è la tua giornata! Non vorrai passarla a letto.”
Ari si mise a sedere, ancora insonnolito, e si sfregò gli occhi con il dorso della mano.
“Ma se insisti, me la bevo io questa.”
Natanael gli mise la tazza sotto il naso e Ari si rese conto che non era un sogno.
Davanti a lui c'era Natanael, raggiante più che mai, che teneva tra le mani della cioccolata calda e che gliela stava offrendo.
“Natanael...”
“Non avevi detto che al tuo compleanno ti svegliavi con questo odore?” gli sorrise, incitandolo a prendere la bevanda.
Ari era sorpreso. Perché mai avrebbe dovuto fare ancora qualcosa per lui?
Annuì e prese la tazza, cominciando a soffiarci sopra per raffreddarla.
“È buona? Sai, non ne avevo mai preparata una.” continuò a sorridere e lo guardò sorseggiare con gusto.
“Sì, lo è.” Ari nascose un piccolo rossore sulle guance grazie al fumo creato dalla bevanda.
“E sai dopo cosa ti aspetta?”
“Cosa?”
“Ti aiuterò a preparare la tua torta!” Natanael si picchiò le mani sulle cosce e si alzò in piedi. “A dir la verità, sarai tu che aiuterai parecchio me, perché io non ho idea da dove si parta. Però, ho sfogliato uno dei libri di ricette e ho visto un paio di cose che posso esser in grado di cucinare senza incendiare la cucina, quindi...”
Stava parlando decisamente troppo.
Sembrava più euforico di un bambino a cui avevano dato le caramelle e, nello stesso tempo, era nervoso perché non aveva idea di quale sarebbe stata la reazione dell'altro, avrebbe potuto odiare tutto quello pensandolo come un rimpiazzo per i suoi genitori.
“Davvero?”
Tutto gli fu chiaro quando vide quel paio di occhi cristallini fissarlo con un luccichio in essi.
“Davvero.” rispose rilassando i muscoli, che aveva tenuto tesi fino ad allora. “Ti sta bene? Se non hai voglia puoi anche dirmi di no.”
“Certo che ho voglia!” Ari disse quella frase con il tono più entusiasta che avesse mai sentito prima d'ora.
Non solo aveva preparato la cioccolata, ma si stava sforzando di fargli rivivere il suo compleanno come aveva sempre fatto nella sua vita. Era un piccolo gesto, tuttavia si rese conto di quanto Ari dovesse averlo fatto preoccupare in così poco tempo per arrivare a quel punto.
“Perfetto! Allora adesso vado a dare il mangime agli animali e poi torno da te.”
L'istante dopo Natanael era già sparito.



Ari sentiva un'emozione diversa da quella che aveva provato nell'ultimo mese, qualcosa che si avvicinava al calore che provava tempo prima, una piccola punta di felicità per quel pensiero che aveva avuto per lui.
Inoltre, quella era stata una delle conversazioni più lunghe che avevano mai avuto e quasi si dispiacque quando Natanael se ne fu andato invece di rimanere con lui per continuare a parlare.
Non ci diede molto peso e in poco tempo fu pronto a mettersi in piedi.
Dopo un paio di ore, si ritrovarono entrambi in cucina dove il caos regnava assoluto.
“Natanael non si fa così! Stai sprecando le uova!” lo rimproverò Ari, vedendo che non era capace di separare il tuorlo dall'albume.
“Secondo te è semplice? Ci sto provando, ma queste cose mi odiano.”
Ari sospirò e gli fece vedere per l'ennesima volta come andasse fatto.
“Vedi? È semplice.” affermò deciso.
“Ari?”
Questo si voltò e l'istante dopo si ritrovò il viso pieno di farina.
Natanael scoppiò a ridere tenendosi la pancia e una mano sul bancone della cucina per sorreggersi mentre l'altro tossicchiava.
“N-Non è divertente...” rispose imbarazzato, non sapendo come reagire.
In quel momento sentì che la risata dell'altro era così sincera e benigna che lo rilassava sentirla, ed era la prima volta che rideva a quel modo così spontaneamente.
Avrebbe voluto farlo anche lui, invece fece un piccolo sorriso prima di lavarsi via la farina dalla faccia.
“Dai! Era divertente, potevi ridere almeno un po'.”

Non so se ricordo come si ride, Natanael.

La voglia di dirlo fu alta, ma avrebbe spezzato quell'allegria che si respirava nell'aria, quindi fece solamente un cenno con la testa. In fondo non sapeva se sarebbe riuscito a ridere ancora, sentiva che era troppo presto per poter essere felice per davvero di qualche cosa.
Dopo quello scherzo, il moro non fece più altre uscite fuori luogo e finirono di preparare la torta che poi misero in frigorifero.
Natanael convinse Ari a non muovere un solo muscolo per quel giorno e lui l'avrebbe servito e riverito e avrebbe svolto tutto quello che doveva fuori nei campi. Così in effetti fece, ma Ari si sentì un po' solo, in realtà, durante la giornata, passata a letto a leggere fino a quando Natanael non fece di nuovo capolino.
“Sei pronto?”
“Immagino per la pesca.” rispose il ragazzino, dato che aveva visto l'attrezzatura nella sala.
“Andiamo.” sorrise Natanael e insieme si diressero al fiume.



“Fa davvero freddo...” Natanael soffiò nelle mani unite a coppa davanti alla sua bocca. “Abboccherà mai qualcosa?”
“Non lo so. Io non ci sono mai riuscito.” ammise Ari.
“Che?! E cosa siamo qui a fare?”
Il biondo scosse la testa con un piccolo sorriso. Il modo di parlare di Natanael era davvero fuori dalle righe da quello che era solito sentire.
“Per il mio compleanno, no? L'hai detto tu.”
“Ottima risposta, te la do buona.”
Natanael si sdraiò sull'erba congelata, il cielo era grigio e probabilmente avrebbe nevicato.
Ari lo guardò di sbieco e poté notare l'occhio nero che rifletteva una piccola luce al suo interno. Era davvero una caratteristica particolare, ma l'aveva incantato più di una volta mentre parlavano tra loro e qualche volta si era anche perso nel meditare su come fosse possibile.
Fece un piccolo sospiro e inspirò quell'aria che tanto adorava, così come il fiume ai suoi piedi.
Ari aveva sempre amato quel fiume, ci andava ogni volta che poteva per immergersi e fare un bagno, o anche solo per distendersi sul prato ad ascoltare il fruscio dell'acqua che scorreva.
L'aveva sempre rilassato e anche quel giorno aveva ritrovato un po' di pace, nonostante la loro pesca non stesse dando i risultati sperati. Poco importava di quello, l'importante era riuscire a pensare ad altro e a fare ordine nella propria testa e nel proprio cuore e, probabilmente, adesso ci stava riuscendo, grazie al freddo che penetrava nelle ossa e al mormorio sommesso del flusso del fiume, unito alla lieve brezza che muoveva i fili d'erba che solleticavano la sua mano.
Era stato un bene che Natanael l'avesse portato proprio in quel posto.

Mi serviva proprio...

“Senti...” prese a parlare dopo un po' l'altro. “Ma quanti anni compi?”
“Dodici.”
Natanael si alzò di scatto e gli puntò il dito contro.
“Non prendermi per il culo! Te ne davo dieci!”
Ari ingrossò le guance, ormai rosse dal freddo, e spalancò gli occhi.
“Sarò pur fragile e piccolo, ma ho comunque dodici anni!” si arrabbiò, alzando il tono di voce.
“Ehi, stai calmo. Allora sai anche incazzarti, non pensavo...” disse più tra sé e sé. “Menomale.”
Ari abbassò il capo.
Non conosceva niente di Natanael. Sapeva solo il suo nome e che fosse finito a fare il ladro per strada. Tutto il resto gli era oscuro e non era normale per due persone che vivevano insieme da un mese.
“E te quanti anni hai?” trovò il coraggio di chiedere, rigirandosi le dita tra loro e fissando l'acqua nel punto in cui il galleggiante spuntava fuori, increspando leggermente la superficie.
“Quest'anno ne devo fare sedici.”
“Quindi ne hai quindici.” rispose ovviamente.
“Ah, non lo so. Potrei averne già sedici in realtà.” tornò a sdraiarsi per terra con le mani dietro la testa a fare da cuscino.
Ari lo guardò con aria incuriosita e l'altro se ne accorse.
“Non so quando sono nato. Sicuramente prima di Novembre, ma non è molto come indizio, no?”
“Perché non lo sai?”
Natanael gli spiegò dell'incidente che aveva avuto da bambino, senza alcun problema. Non era un qualcosa che avrebbe detto a chiunque, neanche Rorik ne era a conoscenza, eppure sentiva che poteva confidarsi con Ari e che l'avrebbe compreso.
Erano entrambi orfani, dopotutto.
Non scese nei dettagli per quello che successe dopo esser stato ritrovato sulla spiaggia, raccontandogli solamente che non ricordava quando fosse il suo giorno di nascita e che era già tanto che ricordasse i propri anni dopo esser rinvenuto, sempre che non fossero sbagliati pure quelli, e che la famiglia che l'aveva accolto gli aveva dato quella data come compleanno.
Era una cosa che non gli era mai andata giù. Non voleva essere felice quel giorno, quando avrebbe dovuto commemorare i propri genitori morti inghiottiti dalle onde, mentre lui si era salvato e continuava a vivere senza di loro.

Quindi anche lui è come me...

Pensò Ari, con lo sguardo mogio.
“Ma non devi essere triste per me.” continuò a parlare Natanael. “Come vedi, io sorrido ancora e sicuramente anche a te accadrà un giorno.”
Ari arrossì di nuovo e si rannicchiò con le ginocchia al petto.

Anche lui ha perso tutto, eppure non fa che sorridere e comportarsi in questo modo così solare e nello stesso tempo si prende cura di me, anche se lui stesso non ha più niente.

Ari cominciò a ragionare su chi fosse davvero messo peggio tra i due, senza arrivare a una conclusione. Non che questo l'avrebbe risollevato di morale, ma si sentiva male in quel momento nel sapere quanto fosse stato egoista e che anche Natanael, magari, avrebbe voluto un po' di conforto.
“Vuoi festeggiare con me?” la sua voce era poco più che un sussurro.
“Mh?”
Ari incespicò con le parole, non sapendo come ripetere la frase.
“Che stai dicendo, Ari?” strisciò con il fondo schiena, fino ad avvicinarsi a lui e guardarlo fisso negli occhi.
Il biondo ingoiò a vuoto. Non era mai stato così a contatto con qualcuno e non sapeva come comportarsi. Sentiva che si stava aprendo più di quanto avesse mai fatto nella sua vita e ne era spaventato.
“Vuoi festeggiare i nostri compleanni insieme?”
Natanael lo guardò per qualche secondo, come se stesse rielaborando la proposta, poi scoppiò a ridere.
“Ho... ho detto qualcosa di male?” Ari ormai era rosso come un peperone e voltò di scatto il viso verso la canna da pesca, che non accennava a muoversi neanche per sbaglio.
Subito dopo, avvertì la mano dell'altro sul suo berretto dargli qualche pacca.
“Davvero vorresti condividere la tua giornata speciale con me?” chiese divertito.

Condividere qualcosa con qualcuno...

Non l'aveva mai fatto.
Sentirlo pronunciare ad alta voce sembrava un qualcosa di importante e con un peso non indifferente. Lui voleva condividere il proprio compleanno con Natanael?

Sì.

Non aveva altre risposte. Perché non avrebbe dovuto farlo?

Lui è stato con me, anche se solo per un mese, è sempre stato con me per aiutarmi. Io non posso fare niente per lui, ma posso offrirgli un giorno dove ricordare che lui è ancora vivo e sta bene.

Lo considerò come un ringraziamento per Natanael e fu fiero quando si voltò con decisione verso quello sguardo sornione e annuì.
“Da oggi sei nato il 10 Gennaio.”
Le dita fredde di Natanael scivolarono lungo il suo zigomo e rabbrividì al contatto.
“Affare fatto.”



Natanael non pensava sarebbe mai arrivato il giorno dove quel ragazzino avrebbe mostrato qualche sentimento nei suoi confronti. Non sapeva neanche come gli fosse saltato in mente di raccontargli del proprio passato, quando lui stesso aveva sempre cercato di dimenticare.

Probabilmente ho sempre avuto bisogno di qualcuno che potesse accettare i miei sentimenti per non trasportarli solo con le mie spalle e Ari sembrerebbe la persona giusta per questo compito.

Non gli era neanche saltato in mente che, invece, avrebbe potuto causargli ancora più turbamenti. D'altronde, lui stava condividendo il dolore di Ari, reagendo quasi al suo posto e voleva aiutarlo facendogli assimilare che poteva tornare a vivere, avendo imparato una lezione in più da quello spregevole avvenimento avvenuto anni prima.

Siamo entrambi orfani, abbiamo avuto il nostro momento grigio. Io mi sono risollevato nonostante tutto, quindi tocca anche a lui.

Ne era convinto.
Alla fine non avevano pescato neanche un piccolo pesciolino, ma era sicuro che si fosse divertito lo stesso. Avevano parlato molto di più di quanto avessero fatto in tutto il mese di Dicembre e Natanael si era sentito capito all'istante.
Quello che aveva percepito nella proposta di Ari non era comandato da un senso di pietà, piuttosto di comprensione reciproca.
Inoltre, era stato divertente vederlo arrossire a causa di quella frase che sicuramente gli aveva fatto spendere un sacco di energie e di coraggio.
Eppure adesso era felice.
Non sapeva perché, ma provava felicità nel sapere che qualcuno che non conosceva per niente si era preoccupato per lui, quando nessun altro l'aveva mai fatto prima d'ora. Neanche la sua finta famiglia era arrivata a tanto; forse Kaleo, però, lui aveva sempre agito in base alla buona fede e non in base alle esigenze di Natanael. Era questo che intendeva nell'affermare che Ari fosse la persona giusta.
Ari era andato dritto al punto. Non sapeva quando sarebbe stata la data del suo compleanno ed ecco che non ci aveva pensato due volte per trovare una soluzione che andasse bene ad entrambi. Per lui, condividere quel giorno, sarebbe stato come un ricordo del periodo trascorso insieme ad Ari ed era un qualcosa che gli faceva estremamente piacere per nessuna ragione particolare.
Si ritrovò a sorridere mentre metteva via l'attrezzatura da pesca di nuovo al suo posto, per poi scendere in salotto dove Ari stava guardando la televisione comodamente sdraiato sul divano.
La casa non era tecnologica come la maggior parte che vedeva in città, ma disponeva di tutti i beni di cui necessitava e funzionava tutto alla perfezione. Anche quel televisore che andava di moda una decina di anni prima.
Proprio sul tavolino di fronte al divano c'era un piattino sporco appena di cioccolato, un residuo della torta che avevano preparato quella mattina e che era molto più buona di quanto avesse teorizzato.
Si sedette al suo fianco, stravaccandosi con poca classe.
“Sei stanco?”
“Esausto. Sono in piedi dalle quattro del mattino a causa tua.” rispose ironico.
“Ah... scusa...” Ari prese il telecomando e cambiò canale.
Il volto quasi atono del ragazzino lo fece sussultare.
“No, no! Non intendevo quello. Dai, cazzo, stavo scherzando.”

È ancora da prendere con i guanti bianchi. Devo stare attento a come parlo prima di rovinare tutti i miei sforzi per rallegrarlo almeno un po'.

“Natanael?”
“Che c'è?”
“Potresti moderare il tuo linguaggio?” chiese senza guardarlo in faccia, fissando il pulsante del volume.
“È troppo colorito per un bambino come te? Avrei dovuto pensarci. Scusa, cercherò di cambiare questo mio brutto atteggiamento.” gli rispose prendendolo in giro di nuovo, ma pensò seriamente che non sarebbe stato un problema e che, in fondo, gli avrebbe fatto bene tornare a parlare come un ragazzo come si deve e non come quello istruito da Rorik.
Ari ingrossò le guance e il moro rise appena.
“Sarà il tuo regalo di compleanno, dato che non ho avuto il tempo di comprartene uno.” si sdraiò completamente fino a portare le gambe sopra quelle di Ari, che si sentì a disagio.
“Tu me ne hai fatti tanti oggi. Sono io che non te ne ho fatto neanche uno.”
“Mi basta la soddisfazione di sentire che ti sei divertito.” Natanael continuò a stuzzicarlo.
Davvero voleva sapere che andasse tutto bene, si sarebbe tolto un peso dal petto. Non voleva rovinare ulteriormente la vita di quel ragazzino che stava soffrendo interiormente.

Però devo ammettere che oggi non ha ancora pianto, il che è un passo avanti.

“Mi sono divertito.”
Natanael sgranò gli occhi, incredulo.

L'ha detto davvero?

“E in realtà vorrei dirti un'altra cosa...” Ari strinse forte un pugno sulla coscia e sentì il peso della gamba dell'altro sulla sua. Era evidentemente agitato e non sapeva trovare le parole.
Natanael lo trovò adorabile sotto quella timidezza.
“Grazie.”
Passò qualche minuto in silenzio, dove solo la televisione emetteva un brusio, che nessuno dei due si fermò ad ascoltare per capire cosa stavano dicendo gli attori di qualche film.
“Di tutto, non solo per oggi.” continuò il biondo.
“Ari...”
“Grazie davvero.”

Questo bambino è molto più di quello che dà a vedere...

Natanael gli sorrise dolcemente, quasi commosso da quella semplice frase, e si mise seduto composto. Allungò una mano verso di lui e gli arruffò i capelli che cadevano morbidi sulle spalle.
“Non te l'avevo ancora detto.”
“Non fa niente.”
Gli parlò affabile e, per la prima volta, si spinse oltre ad un semplice contatto con la sua capigliatura.
Lo abbracciò lievemente e sentì l'altro ricambiare l'abbraccio con un po' d'insicurezza.
Era un comportamento strano per entrambi, eppure, in quel momento, sembrava così naturale che non poterono far altro che rimanere abbracciati per qualche minuto, fino a quando Ari non si staccò, dicendo di aver sonno e di voler dormire.
Natanael lo seguì con lo sguardo fino alle scale che portavano alle stanze del piano superiore e, successivamente, crollò sul divano con la testa piena di pensieri verso quel ragazzino dal volto impaurito, che avrebbe trasformato, prima o poi, in un sorriso gioioso.

Natanael, ti sei cacciato in un guaio ben più grande di quello che avevi concepito.

Si portò un braccio sulla fronte, socchiudendo gli occhi e vedendo davanti a sé di nuovo Ari per il quale stava cominciando a capire di provare un irrefrenabile senso di protezione.





NOTE DELL'AUTRICE:
 

Buona domenica! Finalmente si torna regolari (però domani si torna in uni e non voglio, help me!)
Ecco che comincia la mia parte preferita! Quella che ho scritto nel giro di un paio di settimane forse (?) non ricordo più manco io, in estate il tempo non lo si vede, quindi l'ho perso per strada xD (ero particolarmente ispirata, sì, avevo già tutte le scene in mente da tempo immemore).
Come vedete dalla data, i miei bimbi sono nati il 10 gennaio e lo sono nati davvero! Mancano solo due giorni al primo anniversario della loro nascita e sono emozionata all'inverosimile per questo. Gli farò i miei auguri quando sarà il momento u.u
Allora, a parte questo, vediamo come inizia la loro convivenza, vediamo un Nael diverso che parla come uno scaricatore di porto, che sta già cambiando però grazie ad Ari. Ari è il solito depresso, ma, insomma... come potrebbe non esserlo?
Avviso che questa parte sarà molto slice of life, ma ricca di sentimenti, quindi è perfetta così xD
Poi, quanto è stato dolce Ari a condividere il suo compleanno con Nael, eh?! *-* Ok, la smetto e lascio che siate voi a dirmi le emozioni che vi ha trasmesso questo capitolo.
Ringrazio tutti quelli che leggono e che stanno continuando a seguirmi e ci vediamo domenica prossima! Un bacio a tutti.
Flor ^w^

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - 431 ***


 

 

CAPITOLO 19
431


Maggio, anno 431 del XII periodo

Le giornate passavano tranquille e più spensierate nella fattoria dal giorno del suo compleanno.
Ari aveva provato in ogni modo a non piangersi più addosso per non far preoccupare ulteriormente Natanael, che continuava a prendersi cura di lui e che sentiva avvicinarsi sempre di più alla sua persona, riuscendo in qualche modo nel suo intento.
Non pensava che sarebbe rimasto a vivere con lui per così tanti mesi, eppure, quasi non gli staccava gli occhi di dosso. Passavano insieme tutte le giornate, erano rari i momenti dove stavano da soli e la cosa era estremamente piacevole.
Pensò più e più volte se fosse così il rapporto tra due amici, perché il loro aveva un qualcosa di strano a cui non riusciva a dare una spiegazione. Sicuramente non erano più semplici estranei, ma non era ancora arrivato al punto tale da fidarsi ciecamente di lui per qualsiasi cosa.
D'altronde, Natanael non faceva che mostrarsi sempre di più un ragazzo raggiante, che gli illuminava le giornate che altrimenti avrebbe passato nell'oscurità. Di questo ne era assolutamente convinto.
Però, non sapeva ancora molto sulla sua vita, così come Natanael non sapeva niente della propria. Non avevano mai raccontato più di tanto del loro passato, perché Ari si sentiva impacciato, e immaginò che il maggiore non volesse avere un rapporto così intimo con lui, quindi si limitò a prendere come venivano tutte quelle settimane.
Qualche volta, Natanael spariva per alcune ore senza dirgli dove andava, per poi tornare prima di cena con le tasche piene.
Lo stesso era accaduto quel giorno.

“Perché continui a rubare?” Ari cominciò a sparecchiare la tavola e a mettere i piatti nel lavandino.
“Che problema c'è?” Natanael fece un sorriso sarcastico, picchiettando le dita sul legno.
“Non dovresti averne più bisogno, dato che vivi qui.”
Non che gli desse fastidio, ma non voleva che fosse costretto a compiere un atto del genere perché non gli bastava quello che aveva da offrire in casa.
“Ari, mi diverte, do una mano alla mia vecchia banda e loro mi lasciano una parte del bottino, tutto qui.”
“Non dovrebbe divertirti rubare.” si piazzò di fronte a lui con le mani sui fianchi.
Da qualche tempo aveva preso a parlare con lui in maniera più diretta, lasciando da parte un minimo della propria goffaggine.
“Questo lo dici solamente perché non hai mai provato.”
Natanael fu sorpreso da quel discorso.
Sembrava come se Ari fosse diventato tutto d'un tratto sua madre e lo stesse sgridando di conseguenza. Provò una strana forma di gioia nel suo petto, per la preoccupazione che vide in quegli occhi cristallini che da qualche tempo non erano più sempre gonfi e arrossati.
“Inoltre non ne hai bisogno!” insistette, facendo finta di non ascoltarlo.
“Non ne ho più bisogno, infatti.” Natanael si alzò dalla sedia e gli si parò davanti, guardandolo dall'alto al basso. “Ora guadagno i soldi in maniera onesta, o sbaglio?”
Ari abbassò il capo.
Da quando non c'erano più i suoi genitori, era Natanael che aveva preso in mano la gestione degli affari della fattoria, contattando i vecchi clienti e facendo da tramite al suo posto. Lui non ne sarebbe mai stato in grado, però, non poteva permettere di non fare più da venditore, altrimenti non avrebbero avuto un'entrata di denaro per sopravvivere.
Natanael era stato ben propenso a prendere sotto braccio quella questione e non si era mai lamentato. Inoltre, se la sapeva davvero cavare con le parole, trattava tutti i compratori con riguardo e gli affari procedevano tranquillamente.
Era anche la persona che andava in città per le commissioni, su questo non c'era stato molto da discutere. Semplicemente, Ari, aveva scosso più volte la testa al sol pensiero di tornare in centro e rivedere quelle vie asfaltate. Non si sentiva ancora pronto e l'altro non aveva avuto problemi a prendersi anche quell'incarico.

Se vuole rimanere con le vecchie abitudini, forse non sono io il più adatto a fargli cambiare idea.

“Ari, hai forse paura per me?”
Il biondo sentì una piccola punta di scherno in quella frase.
Un'altra cosa che aveva preso l'abitudine di fare Natanael era quella di prenderlo in giro per qualsiasi sciocchezza e si divertiva nel vederlo ribattere imbarazzato. A dir la verità, non era un qualcosa che gli dispiaceva e stava diventando sempre più bravo a controbattere.
“Non ho paura...”
“Stai tranquillo. Non mi farò beccare dalla polizia, né da chiunque altro.” alzò il tono di voce, mettendosi le mani incrociate dietro al capo e girando i tacchi per andare a sdraiarsi sul divano. “Questa è casa mia e non ho intenzione di abbandonarla.” si lasciò cadere su di esso.
Ari sentì mancargli il fiato per un attimo.

Davvero considera questa la sua casa? Quindi siamo... una famiglia?

Si avvicinò con cautela al divano e affondò le unghie nel poggia-schiena, osservando l'altro che stava decidendo con accuratezza quale programma vedere per il resto della serata.
Sarebbero potuti diventare davvero una famiglia. Non c'era niente a impedirlo, quindi non vide il perché non sarebbe potuto accadere. Nonostante ciò, c'era ancora qualcosa che mancava per far quadrare tutto alla perfezione.

La mia famiglia sono i miei genitori.

Ari non considerava ancora così importante quel ragazzo da conferirgli un titolo del genere. Come avrebbe potuto tradire sua madre e suo padre per qualcuno di cui non sapeva nulla.
Strinse più forte la presa sulla stoffa del divano e si morse il labbro inferiore.
“Stai bene?”
Non sentì neanche quella domanda, troppo intento a riflettere su come fosse cambiata la sua vita e su come avrebbe voluto che diventasse in futuro. Purtroppo, non riusciva a pensare così lontano; tutto quello che esisteva al momento era la tristezza nel suo petto, l'allegria di Natanael e l'incertezza che gli appesantiva le gambe e gli bloccava la voce in gola.
“Ari?” provò di nuovo, mettendosi a sedere, e, finalmente, l'altro si riscosse. “A che pensi?”

Com'è possibile che sappia sempre che ho qualcosa che non va? Lo si legge così chiaramente sulla mia faccia?

“Niente.”
“Non dire caz-...” si interruppe. “...sciocchezze.”
Era stato più difficile di quanto aveva creduto trattenere le parolacce, però erano diminuite parecchio rispetto ai primi tempi.
“A te piace stare qui?” trovò la forza di domandare.
Natanael posò una mano sopra la sua e nuovamente percepì un senso di disagio nell'avere un contatto fisico con lui, non ci era abituato.
“Credi che non sia così?” gli rispose con un'altra domanda.
“Non lo so...”
Natanael vide in lui quel ragazzino fragile che stava penetrando lentamente nella sua anima, con la forte richiesta di salvarlo dal dolore e lui avrebbe risposto sicuramente a quella preghiera.
“Ho un letto, cibo, posso lavarmi tutte le volte che voglio e anche stare delle ore nella vasca. Per non parlare del fatto che guadagno soldi, sono attivo quando ce n'è bisogno e mi riposo allo stesso modo e ho un tenerissimo bambino a farmi compagnia.” lo guardò sornione, notando le pupille dell'altro ingrossarsi e la mano spostarsi dalla sua. “Secondo te posso stare male?”
Ari scosse il capo.

Davvero, quindi, a lui piace vivere con me..?

“Confidati con me se hai qualcosa che ti turba.” ad un tratto, Natanael si fece serio.

E a me piace vivere con lui?

Non ci aveva mai pensato per davvero, dando per scontato che quel periodo non sarebbe durato a lungo, ma, adesso, Natanael aveva affermato di voler abitare in quella casa insieme e non aveva esitato nel pronunciarlo. A volte avrebbe voluto essere come quel ragazzo che non aveva paura di dire quello che gli passava per la testa e che sicuramente non ragionava molto, affidandosi di più all'istinto.
“Per caso temi che possa abbandonarti?” lo guardò fisso negli occhi, domandando ancora.
I suoi erano così penetranti e così profondi che era impossibile evitare lo sguardo.
Ari sussultò e indietreggiò di un passo.

Temo di restare da solo o temo che lui rimanga?

Era un quesito difficile e sul quale non aveva mai rimuginato. Solo adesso aveva creato questo nuovo grattacapo fantasticando come al solito su infinite possibilità, una più negativa dell'altra.
“Io...” non seppe cosa rispondere e si allontanò dall'altro.

Non posso paragonare la solitudine con Natanael. Con la prima opzione morirei sicuro, con la seconda invece...

Si diresse alla finestra e si perse nel guardare verso lo steccato bianco, anche se ormai il buio predominava sulla campagna.
“Ari?”
Natanael era rimasto inebetito da quel comportamento, senza venire a capo di quello che stava inventando la mente di quel ragazzino. Quello di cui era sicuro era che non dovevano essere cose positive.
“Ti ho fatto una domanda, rispondimi.” si alzò dal divano, stringendo i pugni lungo i fianchi e marciò verso di lui. Era quasi arrabbiato, odiava essere ignorato a quel modo e, per un breve istante, pensò che non avrebbe mosso un dito se Ari si fosse di nuovo abbandonato alle lacrime, anche se non avrebbe mai obbedito a quell'ordine auto-imposto.
Ari non lo ascoltava più, ammirando le ombre che si venivano a creare a causa delle nuvole che ricoprivano la Luna e scappavano via dopo qualche secondo.
Fu in quel momento che vide qualcosa di strano attraversare le sbarre del recinto con agilità ed intrufolarsi all'interno della fattoria.

Una volpe!

Trasalì e subito la sua mente andò al fucile del padre.

Non posso... io non sono capace. Come posso usare un'arma per spaventare quella volpe? Io...

Si voltò con gli occhi sgranati e notò davanti a sé il volto di Natanael, infuriato come non l'aveva mai visto prima.
Doveva abbandonare una volta per tutte quello scudo che non gli permetteva di fidarsi delle persone e non permetteva a queste di avvicinarsi a lui. Gli serviva qualcuno che lo aiutasse in quel mondo malvagio, gli serviva qualcuno che gli avrebbe infuso coraggio e gli serviva qualcuno che lo allontanasse dalla solitudine e che gli facesse tornare il sorriso sul viso stando al suo fianco.

Natanael...

E Natanael era proprio al suo fianco.



“Cosa? Io?”
Natanael quasi non aveva creduto alle proprie orecchie quando Ari l'aveva implorato, con la voce tremante, di andare a prendere il fucile del padre per cacciare la volpe che si era intrufolata nella fattoria. Eppure, sembrava una faccenda seria.
“Non puoi semplicemente aspettare che se ne vada da sola?”
“No!” Ari urlò esagitato. “Potrebbe ammazzarci un sacco di galline e conigli e ferire le mucche e rovinare persino l'orto!”

È terribilmente agitato.

“Ma io non ho mai usato un'arma prima d'ora!”
Non che Natanael non lo fosse. Quella era ben più grande della richiesta di prendersi cura di lui, degli affari, della spesa e tutto quello che aveva imparato a gestire in quei mesi di convivenza.
“Neanche io...”
“Ah, quindi lasci il lavoro sporco agli altri? Non ti facevo così, sei estremamente furbo.” incrociò le braccia e lo guardò ironico, sperando di sortire un buon effetto su di lui.
In quel momento si sentì un rumore provenire da fuori.
“Natanael, ti prego!”
Si rese conto di quanto ci tenesse alla fattoria.

Di sicuro è così. Non può essere diverso, dato che è il luogo in cui ha vissuto tutta la sua vita con i suoi genitori... non vorrebbe mai che venisse distrutta.

Sospirò al cielo esageratamente.
“Va bene. Va bene. Ma dovrai ringraziarmi come si deve una volta che avrò finito.”
Ari annuì, rosso in viso dall'agitazione.

Tanto per cominciare, voglio mangiare un'enorme porzione di carne fresca...

Natanael corse nella camera dei genitori di Ari – che era rimasta intatta così come era stata lasciata il giorno della loro morte – e prese da un baule il fucile.
“Come si carica questo affare?”
Dopo qualche tentativo riuscì nell'intento e subito si scaraventò al piano di sotto, dove trovò Ari affacciato alla porta.
“Fai presto!”
“Stai calmo, ragazzino.”

Che cosa mi tocca fare, cazzo!

Uscì nel cortile con il fucile puntato verso il vuoto.

Che cosa dovrei fare? Devo ucciderla? Devo sparare? Che cosa?

Si avvicinò all'aia, dove sentiva provenire un piccolo rumore, come di unghie che grattavano alla porta.

E se mi uccide?

Scosse il capo e lo girò appena verso la casa, notando Ari che stava assistendo a tutta la scena attaccato alla maniglia della porta.
Ingoiò a vuoto e si avvicinò ancora di più.
“Ehi, volpe!” urlò. “Forse è meglio che te ne vai via se non vuoi una pallottola su per il...”

No, Natanael... che cosa stai dicendo?

In quel momento vide uscire fuori l'animale, che sembrava non aver preso nessun ricordino dal pollame, e se ne compiacque con un piccolo sorriso.
Quello che successe dopo, invece, fu confuso.
Senza sapere come era partito un colpo dalla canna e la volpe aveva preso a correre per scappar via, Natanael non aveva resistito al rinculo ed era caduto a terra con il fondo schiena e si era lamentato per la botta, portandosi una mano a massaggiare la parte lesa.
“Natanael?”
La voce del biondo gli arrivò alle orecchie, distante. Si voltò verso di lui e alzò il pollice per tranquillizzarlo. Successivamente, si rialzò da terra e andò a controllare che fosse tutto a posto, notando che c'erano dei graffi sul legno, ma, per fortuna, non era riuscita ad entrare per rubarsi una gallina come spuntino di mezzanotte.
Rientrò in casa trionfante, con un sorriso da orecchio a orecchio e il fucile in spalla come se avesse compiuto chissà quale eroica impresa.
“Ecco fatto, quella volpe adesso non ci stresserà più.”
Poggiò una mano sulla spalla di Ari e la riscoprì tremante. Dovette far un minimo di attenzione per rendersi conto che anche il resto del corpo tremava e sembrava sul punto di crollare.

Deve aver avuto paura per davvero...

Natanael si sentì colpito al petto. Possibile che fosse davvero così preoccupato per le galline? O forse c'era sotto qualcos'altro? Perché doveva sempre vedere quel ragazzino in quello stato?

Sono stufo e non perché mi dia noia il fatto di vederlo sempre così...

Lasciò che il fucile scivolasse sul pavimento e afferrò il mento di Ari per sollevarlo al suo viso.

...ma perché mi fa male il cuore ogni volta che si trova in queste condizioni e io non ho alcun potere per farlo sentire meglio.

“Va tutto bene, Ari.”
Si specchiò nelle sue iridi azzurre, ritrovando l'oscurità del suo occhio destro in esse.
Perché si sentiva opprimere lui stesso? Non afferrava la risposta, sentiva di esserci vicino, ma continuava a sfuggirgli.
L'unica cosa che gli era chiara e scolpita nella testa era che non avrebbe lasciato Ari da solo per nessun motivo al mondo.

 

Luglio, anno 431 del XII periodo

Natanael stava dormendo così beatamente quella notte, nonostante il caldo l'avesse costretto ad abbandonare le coperte e la maglietta da qualche parte della stanza, nella quale, ormai, dormiva da mesi, una delle camere degli ospiti che faceva parte di quella grande fattoria.
Ad un certo punto, però, fu svegliato di soprassalto da un urlo.
Riconobbe la voce all'istante.

Che cazzo sta succedendo?!

Rotolò giù dal materasso e corse nella camera adiacente dove vi dormiva Ari.
Aveva quasi il fiatone per quei pochi metri di corsa e il cuore gli batteva all'impazzata dall'ansia.
“Che succede, Ari?”
Si scaraventò contro il letto con gli occhi sgranati e si rese conto che l'altro stava ancora dormendo. Lo scosse appena per destarlo dal sonno.
“Ari!”
Era più agitato di quanto non lo fosse mai stato nella sua vita, tutto a causa di quel ragazzino.
Più passavano i mesi e più si era avvicinato ad Ari. Lo sentiva come un piccolo tesoro prezioso che doveva proteggere dall'avidità delle persone per reclamarlo solo per sé.
Non sapeva come fosse arrivato a quella conclusione, ma l'istinto di proteggerlo era così grande in lui, che ogni minima cosa lo riguardasse lo metteva all'erta. Era consapevole che quel suo comportamento fosse quasi anomalo e che, probabilmente, era lui stesso a spaventare Ari delle volte, però non riusciva a farne a meno.
Per questo era scattato come una molla non appena l'aveva sentito.

Se solo ti succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.

Finalmente lo vide aprire gli occhi ed era spaventato all'inverosimile.
“Natanael...”
Cominciò a piangere, portandosi le mani davanti alla bocca per contenere i gemiti e bagnando tutto il cuscino in breve tempo.
Il maggiore si inginocchiò per terra e lo tenne per il braccio.
“Era solo un incubo.” gli sorrise dolcemente.
Ari annuì, incapace di arrestare le lacrime.
“Quello che hai sognato non è reale ed è già svanito.” continuò con fare gentile.
Lasciò scivolare la mano verso la sua guancia madida e l'accarezzò per togliere quelle piccole perle che continuavano ad uscire dai suoi bellissimi occhi.

Non piangere più...

Poi continuò ad accarezzarlo sfregando appena sugli zigomi e, infine, incastrò le dita in quell'ammasso di capelli biondo cenere che erano tutti scompigliati e ricadevano scomposti sul suo volto e il cuscino. Glieli spostò dalla faccia e continuò a dargli quelle piccole attenzioni, con il sorriso, per tranquillizzarlo.
“Andrà tutto bene.”
“Sì...” affermò Ari, poco convinto.
“Dico sul serio.” sorrise ancora, mentre la mano giocava con alcune ciocche morbide.
Era una sofferenza per Natanael, quasi gli si contorceva lo stomaco.
Ari tirò su con il naso e riprese a piangere, facendo scorrere nella sua mente le immagini terribili che l'avevano accompagnato dallo scorso Dicembre e che gli si erano ripresentate in maniera ancora peggiore quella notte in sogno.
Ringraziò che fosse corso a svegliarlo e che fosse rimasto con lui per calmarlo, anche se non riusciva a smettere di lacrimare. Era stanco di quelle visioni che lo tormentavano ed era stanco di sentirsi così uno strazio. Voleva solo andare avanti con la sua vita e per farlo aveva bisogno di un supporto di cui già conosceva il nome.
“Stai con me?” domandò ad un certo punto Ari.
Natanael non fu sicuro di aver ben compreso quella richiesta e sussultò appena, fermando il movimento della sua mano. Avvertì chiaramente le guance andare a fuoco e fu sollevato dal fatto che intorno a loro ci fosse solamente buio.
“Intendi dire questa notte?” fece incerto e imbarazzato. “Dormire con te?”
In quel momento gli vennero in mente pensieri che non avrebbe dovuto fare. Si diede dello scemo da solo per aver provato ad immaginare un qualcosa che non era di certo adatto a quella situazione.
Ari annuì e gli strinse il polso con forza, troppa rispetto a quella che aveva sempre mostrato.
Natanael sbatté le palpebre più volte, percependo il calore di quelle dita nivee contro la propria pelle ancora più accaldata.
Passarono pochi secondi che si distese al suo fianco, sopra al lenzuolo.

Siamo sicuri che vada bene così? In fondo, è solamente spaventato e vuole un po' di conforto...

Allungò di nuovo la mano sul viso del ragazzino e gli lambì le guance con il pollice, poi passò alle orecchie e fece lo stesso con il padiglione, infine, posò la mano sul suo collo e prese a giocare con l'attaccatura dei capelli.
Ari non si oppose e si concentrò su quelle piccole attenzioni dedicate unicamente a lui.
In quell'istante si persero l'uno nell'altro.
Si fissarono intensamente in volto, scrutandosi e cercando di capire i pensieri dell'altro. Le dita di Natanael non la smettevano di toccarlo e si muovevano quasi automaticamente, seguendo una danza sulle note di una musica che non esisteva, accompagnata dai loro respiri.
Il pianto di Ari si era calmato di parecchio e questo convinse il maggiore a continuare con quelle premure, assaporando la tenerezza di quella pelle liscia e la setosità dei capelli.
Ari si mosse appena, facendo sfrusciare le coperte e gli si gettò sul petto, abbracciandolo talmente forte che quasi perse il respiro.

Che..?

Natanael era confuso e ancora più imbarazzato di prima.
Era un ragazzo di sedici anni e si stava facendo mettere decisamente i piedi in testa da un bambino, a causa delle emozioni che non riusciva a controllare. Non gli era mai capitato con nessuno e non sapeva dare una definizione a quel sentimento.
Fu così che decise di smetterla di ragionarci su, poiché non sarebbe arrivato comunque a una conclusione.
Strinse forte gli occhi e ricambiò l'abbraccio con tutto il vigore che possedeva, incollando Ari al proprio corpo, stavolta sicuro che non sarebbe più stato in grado di respirare.
“Grazie...”
Sentì il suo sussurro scontrarsi contro il proprio petto nudo.
“...Nael.”
Lasciò appena la presa su quel corpicino, quanto bastava per poterlo guardare di nuovo negli occhi.

Nael?

Ari teneva le labbra socchiuse e gli occhi erano arrossati, nonostante ciò ripeté quella frase.
“Grazie, Nael.”
“Nael, eh?”
Avrebbe voluto ridere, si sentiva esplodere dentro e ancora non riusciva a cogliere il perché.
Tutto quello che fece fu sorridere e stringere di nuovo Ari, cullandolo contro di sé e accarezzandolo lungo la schiena.
“Ora puoi dormire tranquillo, Ari.”



Ari non aveva mai pensato che sarebbe stato così bene tra le braccia di qualcuno che non fossero i suoi genitori, ma, quella notte, si sentiva protetto come mai prima d'ora tra le braccia di Natanael.
Quando l'aveva visto entrare nella sua camera affannato a quel modo aveva capito che davvero non stava fingendo e che non provava semplice compassione, piuttosto forse...

Affetto..?

Sicuramente non era più un rapporto tra due sconosciuti che provavano una convivenza forzata, ma si era trasformato in qualcosa di più.

Credo di iniziare a voler bene a Nael...

Dovette ammettere di aver fantasticato anche su Natanael – così come era solito fare per tutte le persone che vedeva per strada quando andava in città con suo padre – e, nella sua immaginazione, aveva avuto un discorso con lui nel quale aveva deciso di trovare un soprannome perché Natanael era un nome fin troppo lungo e non si addiceva completamente al suo volto.
Nael.
Era decisamente meglio.
Era arrossito, colto dal suo solito imbarazzo, ciononostante era riuscito a chiamarlo in quel modo e non si era sentito rifiutato.
Adesso era ancora abbracciato a lui a ricevere tutte quelle carezze, che lo stavano facendo rilassare per cadere nel mondo dei sogni.
L'aveva stretto senza neanche riflettere e non l'avrebbe lasciato per tutta la notte, non importava del caldo pazzesco di quella sera e neanche avrebbe accettato che Nael si volesse staccare da lui. Tuttavia, considerata la sua reazione, non l'avrebbe fatto.

Nael, stai diventando quella persona di cui ho realmente bisogno. È forse normale?

Sfregò il muso contro il petto del ragazzo e affondò di più contro di lui, avvertendo un piccolo mugugno.
“Non riesci ancora a dormire?”
“Sto bene.”
“Mi fa piacere sentirtelo dire.” Nael aveva evidentemente la voce assonnata, ma aveva ripreso ad accarezzarlo appena al di sotto del collo.
“Posso chiamarti Nael?”
“Non l'hai forse già fatto?” gli diede un piccolo pugno in testa. “Di solito si chiede prima di agire.”
“Scusa.”
Natanael lo strinse bene con entrambe le braccia e Ari poté sentire il lieve sudore sul suo petto per causa sua.
“Mi piace.” ammise poi il moro. “Chiamami pure così tutte le volte che vuoi.”
Ari si ritrovò ad arrossire, cullato dalla sua voce pacata.
Inspirò ed espirò a fondo, percependo un pizzicore agrodolce al naso che veniva dalla pelle di Nael. Non se ne curò e portò le mani sulla sua schiena, incastrando la testa appena al di sotto del suo collo.
Avrebbe dovuto provare imbarazzo. Era un ragazzino di dodici anni avvinghiato ad uno di sedici così come non aveva neanche mai visto fare ai suoi genitori.
L'imbarazzo c'era, solo che la quiete generata da loro due così vicini aveva superato di molto quell'impaccio, tant'è che anche lui si mise ad accarezzarlo sulla schiena.
“Buonanotte, Nael.” sussurrò quasi impercettibilmente.
“Buonanotte.”
E quella lo era stata.
Quella notte dove Nael aveva capito di voler rimanere con Ari per essere la sua personale armatura, che l'avrebbe difeso da ogni singola malvagità del mondo in cui vivevano, e il suo coraggio, che gli avrebbe riportato la felicità nel cuore.
Quella notte dove Ari aveva capito di voler rimanere con Nael per essere una famiglia e sarebbero stati l'un l'altro il luogo in cui avrebbero dovuto sempre rincasare per non sentirsi più soli e dove lui avrebbe appreso l'importanza di amare ed essere amati per colmare il vuoto dentro di lui.



NOTA DELL'AUTRICE:
 

Buona domenica a tutti!
È un miracolo che riesca a pubblicare. Questa settimana terribile è finita nel peggior modo possibile, ma pensiamo ai nostri sposini.
Questo è un capitolo molto importante, dove c'è una delle scene che preferisco (dove lo chiama Nael per la prima volta)... Ricordo ancora quel pomeriggio in macchina dove l'ho pensata xD comunque, non divaghiamo. Questo capitolo è importante perché da qui ha inizio quel mondo dove esistono solo l'uno per l'altro. Partiamo da un Ari che non sa se può formare una famiglia con Nael, a quella volpe che ha dato una spinta ad entrambi per avvicinarsi (brava la volpe, probabilmente Nael ti voleva mangiare lol), a quella notte dove si sono scambiati reciproca fiducia. Nael è un pervertito, pedofilo u.u ma questa è un'altra questione u.u
Spero vi sia piaciuto, io perdo sempre un battito quando lo chiama Nael la prima volta! *-*
Ringrazio chi commenta, mi segue e legge e ci sentiamo domenica prossima (a questo punto lo spero, in caso contrario non saprei come avvisare su EFP) e un abbraccio a tutti!
Flor :3

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 - 432 ***


CAPITOLO 20
432

 

Ormai era passato più di un anno da quando Nael e Ari convivevano nella fattoria di proprietà dei genitori di quest'ultimo, portati via dai maghi.
Solo da qualche tempo, Ari aveva scoperto cosa fosse successo realmente quel giorno. L'aveva domandato a Nael, con il quale aveva instaurato un rapporto di fiducia reciproca, e questo non era rimasto sorpreso dal fatto che non lo sapesse.
Aveva capito che Ari era stato tenuto ben lontano da tutto quello che di crudele esisteva, racchiuso nella cascina ed esiliato con i genitori, quindi gliel'aveva spiegato cercando di trovare le parole più adatte per non sconvolgerlo troppo. Era stato un argomento difficile da discutere, non aveva mai dovuto calibrare le proprie frasi per non far star male una persona.
Infatti, Ari era finito a piangere, continuando a sussurrare “Perché? Perché?” e Nael l'aveva abbracciato senza indugi, premendo sulla sua colonna vertebrale per cingerlo il più possibile tra le sue braccia e dargli rifugio. Gli batteva così forte il petto quella volta, che si diede dello sciocco da solo, soprattutto quando pregò tra sé e sé che Ari non se ne accorgesse prima di dover dare spiegazioni anche su quello.
Era qualcosa a cui non sapeva dare una spiegazione.
Semplicemente, aveva imparato a voler bene a quel ragazzino e gliene voleva così tanto da preoccuparsi costantemente per lui e condividere il suo stesso dolore. Però, si mostrava forte ai suoi occhi e non permetteva mai a una lacrima di solcare il suo viso o a un broncio di apparire, in modo tale da rendere sempre raggiante e solare l'atmosfera intorno ad Ari.

E di questo, Ari, se ne era accorto per bene. Lo stare insieme a Nael ogni singolo giorno era diventato un bisogno necessario e non più semplice abitudine o costrizione.
Voleva avere intorno a lui quel ragazzo, voleva continuare a sentire le battute pessime che uscivano dalle sue labbra e voleva che lo prendesse costantemente per i fondelli, facendolo arrossire.
Era sicuro che fossero diventati una famiglia in tutto e per tutto e non avrebbe mai voluto che le cose cambiassero.
Per questo aveva cominciato a provare una paura diversa da quelle con cui era solito confrontarsi. Aveva paura di rimanere solo, non perché lo fosse per davvero, ma perché non avrebbe avuto più intorno Nael e non poteva accettarlo. Tutto il suo corpo si rifiutava di accogliere l'idea che un giorno si sarebbero potuti dividere.
Da tempo aveva capito che la sua sola presenza era indispensabile per lui e sperava ogni singolo giorno che non se ne andasse mai via.
Di certo, lui non si sarebbe mai allontanato da Nael, tuttavia, non poteva essere convinto anche del contrario.
Capitava non troppo raramente che Nael lasciasse la fattoria per tornare in città, dove, probabilmente, si incontrava con i ragazzi della banda di ladruncoli di strada di cui faceva parte quando era ancora uno straccione e veniva coinvolto in altri piccoli furti, oppure era semplicemente un modo per cambiare aria e tornare dove era sempre stato solito vivere. Era anche arrivato a pensare che lo facesse perché non voleva davvero abitare con lui.
Questo Ari non lo sapeva, ci aveva rimuginato a lungo senza arrivare ad una vera risposta sul perché Natanael uscisse così tante volte, nonostante fosse anche essenziale che lo facesse per le varie commissioni necessarie per portare avanti la fattoria.
Forse era solamente tutto frutto della sua immaginazione, ma, ogni volta che Nael usciva per recarsi in città, aveva il timore che non sarebbe più tornato indietro. Per questo lo accoglieva, nascondendo dentro di sé la gioia nel rivederlo, con un enorme bentornato ogni volta che rientrava in casa e Nael ricambiava quel saluto dandogli un bacio sulla guancia.

Man mano che i mesi passavano, Nael aveva preso questa abitudine d'instaurare un contatto fisico.
Se prima era solo qualche carezza sulla testa per calmarlo, poi era arrivato ad abbracciarlo e a tenerlo vicino alla sera quando si rilassavano davanti al televisore, perdendosi in qualche carezza, fino a dargli addirittura un bacio o sulla testa o sulla guancia – anche se più di rado – per salutarlo quando se ne andava e tornava a casa e prima di andare a dormire.
Inoltre, da quella sera dell'anno precedente, dove aveva capito di potersi fidare davvero di Nael, capitava che dormissero insieme nella propria camera. Non succedeva più di una volta a settimana, ma, quando accadeva, il maggiore gli restava vicino tanto da sentire il suo fiato sbattere sul viso e prima di addormentarsi si facevano qualche coccola.
Ari non si tirava indietro neanche a quelle attenzioni, nonostante le trovasse un po' strane. A quanto pare, Nael, aveva preso seriamente la sua promessa di occuparsi di lui, tanto da fargli quasi da genitore.
Ari non lo considerava tale, non era neanche sicuro di chiamarlo amico e nemmeno fratello. Non aveva la minima idea di cosa fossero, ma era un problema inutile fin tanto che le cose andavano bene ed entrambi vivevano tranquillamente.
Così era già passato un anno.
 


Febbraio, anno 432 del XII periodo

Nael stava osservando Ari mungere una mucca, in piedi, con aria assorta e le braccia conserte.
“Perché non lo lasci fare a me?” domandò con tono scocciato.
“Sarai utile nei campi e in casa e in parecchie altre cose, ma non hai ancora capito come si munge.”
Natanael roteò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.
“Questo lo dici te.”
“Non farai del male alla mia Ayau.” Ari rispose con un tono più serio del dovuto.

Ama davvero i suoi animali.

Si ritrovò a pensare e gli si avvicinò appena di un passo, osservando i movimenti delle sue mani.
“Ho quasi fame.” affermò ad un certo punto e vide l'altro scuotere la testa.
“Stai calmo, dopo andiamo a fare colazione.”
Natanael sentiva che più passava il tempo e più Ari gli rispondeva a tono, gli parlava senza esitazione e si tratteneva molto meno rispetto ai primi mesi e la cosa lo riempiva di orgoglio. Da una parte si riteneva il fautore per quel cambiamento nel ragazzino, però, dall'altra, sapeva che fosse anche dato dal fatto che stava crescendo e, presumibilmente, stava lasciando da parte tutti i timori che lo avevano sempre appesantito.
Nael fece un lamento e schioccò la lingua.
“Non sei stato un buon insegnante, per questo non sono capace.”
“Non è vero.” ribatté secco, continuando a strizzare le mammelle della giovenca. “Sei tu che sei incapace.”
“Essere insultato così da un bambino, quale disonore.” usò un tono melodrammatico, sbattendosi il dorso della mano destra alla fronte.
Ari lo guardò di sbieco, trattenendo un ulteriore commento verso di lui, e continuò il suo lavoro con dedizione.
“Però...” Nael riprese a parlare, portandosi le mani incrociate dietro la testa e, in quel momento, perse per un attimo l'attenzione.
Rimase a fissare Ari.
I capelli biondo cenere erano tenuti raccolti da una mezza coda alta, mentre il resto scendeva lungo le spalle, forse erano troppo lunghi per un ragazzo della sua età, sarebbero potuti essere troppo femminili, invece, pensò che gli stessero proprio bene. Le sue dita esili toccavano con molta cura l'animale e il latte finiva per cadere nel secchio, posto al di sotto, in maniera regolare, senza mai perdere il ritmo.
Poi, i suoi occhi eterocromi si posarono sulle maniche della felpa grigia, arrotolate fin sopra al gomito per non sporcarsi, e che lasciavano vedere la pelle candida delle braccia, abbastanza esili così come il resto del suo corpo.
Avrebbe voluto incontrare le sue iridi cristalline per sapere quale tonalità avessero assunto durante quel compito, ma la posizione in cui si trovavano non gliel'acconsentì.
“Però?” lo incitò Ari, dato che non accennava a continuare il discorso.
Nael si destò per un secondo dai suoi pensieri.

Perché continua a succedere?

Non era la prima volta che si perdeva nell'ammirarlo. Quando lavava i piatti, era da solo a riposare sul divano, spazzava per terra, dormiva al suo fianco. Ogni occasione era buona per abbandonarsi alla visione di Ari.
L'aveva scrutato così tante volte da sapere a memoria i suoi lineamenti.
Era strano e lo sapeva benissimo, eppure non riusciva a farne a meno. Vederlo impegnato in qualcosa o con il volto rilassato provocava una splendida sensazione nel suo petto. Aveva riconosciuto questo sentimento come il voler bene a una persona e magari reagiva in questo modo perché non ne aveva mai voluto a nessuno e questo lo destabilizzava.
Eppure, Ari lo rimetteva in piedi poco prima di cadere ogni volta.
Quando ci rifletteva sopra si sentiva come camminare sugli scogli bagnati e scivolosi, saltellando da uno all'altro per raggiungere la riva e, quando stava per perdere l'equilibrio e finire in mare, ecco che spuntava Ari dal nulla e la sua mano lo teneva forte e lo portava via da quelle riflessioni. Così non arrivava mai a una conclusione e si lasciava di nuovo trasportare da quel ragazzo, fino a quando non si ritrovava da solo con i suoi pensieri.

Non è normale. È un ragazzino di tredici anni, Nael... smettila.

Ormai anche lui era arrivato a chiamare se stesso con quel soprannome che adorava, soprattutto quando pronunciato dal biondo.
“Nael?”

Merda.

“Però...” riprese il discorso facendo finta di niente. “Tu mi hai insegnato a cucinare, stirare, fare il bucato e zappare la terra.”
“E tante altre cose.” lo interruppe Ari.
“Beh, insomma, qualche cosa. Mentre io non ti ho ancora insegnato nulla di concreto e serio!” il suo tono era severo e responsabile.
Il minore lasciò appena la presa sulla mammella e voltò il capo verso di lui per dargli tutta la sua attenzione.
“E cosa vorresti insegnarmi?”

Ah, i suoi occhi hanno la sfumatura della spuma nel mare.

Nael fece finta di pensarci su, poi esclamò.
“Quello che so fare meglio, ovviamente! Ti insegnerò a rubare.”
“Nael...?”
“Mh?”
Il moro rimase confuso da quello che successe dopo. Tutto quello che sapeva era che adesso la sua maglietta aveva un'enorme macchia bianca che colava a terra, facendo una pozza ai suoi piedi e che Ari teneva puntata verso di lui una mammella della mucca, anch'essa gocciolante.
Sbatté le palpebre più e più volte prima di rendersi conto che fosse stato proprio lui a colpirlo. Non se lo sarebbe mai aspettato.
“Ehi! Ma che diavolo fai?” esagerò con la reazione, gridando contro l'altro. “Adesso me la paghi!”
Non fece in tempo a buttarsi su di lui che sentì qualcosa che ancora non aveva mai sentito in quell'anno passato insieme.
Ari stava ridendo.
Stava ridendo di gusto.
Si stava tenendo una mano appena al di sopra della pancia, gli occhi erano socchiusi e la bocca spalancata nel far uscire quel dolce suono così puro che assomigliava alla sinfonia di un'orchestra.
Nael si paralizzò sul posto per qualche istante, contemplando la figura di Ari davanti a sé.

Non si era mai comportato così spontaneamente con me prima d'ora...

Era piacevolmente sorpreso, il suo cuore aveva preso a battere più velocemente del normale.

È la prima volta che lo sento ridere in questo modo.

Lo trovò bellissimo. Se aveva imparato a conoscere quella parte di Ari sempre triste e malinconica, adesso voleva imparare a conoscere questo lato spensierato e allegro.

Si è finalmente lasciato andare.

Rilassò completamente i muscoli e gli comparve un sorriso sul viso.
Eliminò la distanza tra di loro e allungò il braccio per dargli una pacca sulla testa, subito dopo fece scivolare le sue dita all'orecchio sinistro del ragazzo e glielo tirò lievemente.
Ari smise di ridere e lo guardò negli occhi, ricambiando il sorriso.
Nael voleva assolutamente vedere quel volto ogni singolo giorno della sua vita. Si ritrovò ad essere felice solo per quel gesto da parte dell'altro.
Si abbassò su di lui per dargli un bacio sulla fronte, rimanendo qualche istante con le labbra sulla sua pelle leggermente accaldata.
Ari non disse niente, lasciandolo semplicemente fare, con un lieve rossore sugli zigomi, ma con un senso di gioia nel petto.
Gli era venuto spontaneo. Aveva voglia di punirlo per quella stupida idea che gli era venuta in mente ed era accaduto tutto senza pensarci.
Si sentiva così bene dopo quella risata, si sentiva ancora meglio sentendo il calore della mano di Nael sulla sua testa e poi sul lobo. Quando aveva alzato gli occhi aveva visto un piccolo luccichio in quelli bicolore dell'altro, quasi sembrava sul punto di piangere, tuttavia, la sua espressione era esattamente l'opposto.
Le labbra sulla sua fronte lo stavano pizzicando ormai da qualche secondo.
“Vado a cambiarmi.”
Nael sussurrò quella frase sulla frangia bionda e abbandonò la stalla con un'infinità di pensieri che gli vorticavano nella testa.

 

 

Maggio, anno 432 del XII periodo

“Non voglio.”
“Ari, capisco il tuo punto di vista, ma hai intenzione di vivere per sempre rinchiuso qua dentro?” la voce di Nael era severa.
“Esatto.” e Ari non demordeva per niente.
Da qualche giorno, Natanael stava cercando di convincerlo ad uscire dalla fattoria per andare in città. Aveva insistito nel dire che anche lui doveva darsi da fare con qualche commissione e che non poteva rimanere per l'eternità chiuso nella cascina senza nessun contatto con terzi.

“Parlo con te, non è sufficiente?”

Così aveva risposto una delle prime volte e il maggiore si era spazientito all'istante.
“Non ti succederà niente. Rimarrai al mio fianco tutto il tempo, così potrai controllare che io non me ne scappi da qualche parte.”
Ari credeva a quelle parole, eppure la paura di quello che era successo non l'aveva ancora abbandonato. Era un qualcosa di troppo grande per lui da lasciarsi dietro le spalle, quindi continuava a ribadire il suo disappunto.
“Sai che non è per quello...”
“Oh, invece è questo.” Nael lo afferrò saldamente per un polso, non facendolo svincolare nonostante ci provasse. “Guarda che ormai ti so capire alla perfezione.”
Ari sussultò e voltò il capo, incapace di sostenere quegli occhi così profondi.

Sì, Nael, è per questo. Ho paura che, se tornassi in città, finirei di nuovo da solo e non voglio.

“Io...” provò a rispondere, senza riuscire a emettere suono.

...non voglio perderti.

Quella frase non gli uscì, ma fu l'altro a spezzare il silenzio.
“Guarda che così potrei pensare che tu non mi voglia tra i piedi, quindi te ne approfitti di queste giornate dove vado in città.”
Era un colpo basso e lo sapeva benissimo.
Lo stava prendendo in giro, giocando con la sua psiche, e ci stava riuscendo perfettamente.
Poteva essere subdolo delle volte.
“Non è vero!” urlò Ari, agitato.
L'attimo dopo si sentì trascinare contro il petto di Nael, che lo strinse dandogli tanti baci a schiocco sul capo.
“C-Cosa fai..?” avvertì il volto paonazzo.
L'abitudine del maggiore di avere questo rapporto fisico era aumentata negli ultimi mesi e delle volte provava una vergogna esagerata per quell'atteggiamento, anche se doveva ammettere che non gli dispiaceva per niente.
“Vieni con me in paese.” disse con tono lascivo. “Oppure me ne vado di casa.”
“Questo è un ricatto.” Ari avrebbe voluto usare un tono più duro, tuttavia era troppo rilassato contro il corpo di Nael perché gli uscisse tale.
“Gioco le mie carte.” rise.
Ari percepì la sua mano andare a sfiorargli la guancia e a quel gesto si scansò da lui, con il volto basso nascosto dai capelli.
“Andiamo?” chiese ancora.
Davvero non sapeva quale strano incantesimo avesse fatto quel ragazzo su di lui. Non era mai stato uno che si imponeva su qualcosa e faceva sempre quello che gli dicevano i genitori, però, Nael era capace anche di farlo ballare sul tavolo insieme a una gallina se solo gliel'avesse chiesto.
Si sentiva imbarazzato per quello che provava. Tra l'altro, non lo sapeva neanche lui.
Non aveva ancora deciso se Natanael fosse il perfetto fratello maggiore o il miglior padre del mondo o, semplicemente, un ragazzo straordinario con un carattere interamente opposto al suo che lo trascinava in qualsiasi cosa e che gli dava un conforto immenso.

Qualunque cosa sia, non voglio che svanisca.

“D'accordo.”



Stavano camminando lungo un ponticello che sovrastava un fiume e Ari teneva in mano una borsa con all'interno la spesa, lo stesso stava facendo Nael.

Non è successo niente, sta andando tutto bene...

Ari continuava a rassicurarsi mentalmente, così come aveva fatto l'altro a voce per minuti e minuti durante la passeggiata fino alla città.

Abbiamo fatto la spesa e adesso torniamo a casa.

Aveva ancora paura, però non lo dava a vedere dall'esterno. Il suo viso era concentrato su dove metteva i piedi e pareva addirittura quasi arrabbiato.
In quel momento, i suoi occhi cristallini si posarono sulle vetrine di una libreria e si spalancarono.
“Nael?” lo chiamò, tirandolo per la maglia. “Posso andare a dare un'occhiata?”
Il maggiore si voltò verso di lui e lo vide indicare la libreria. Pareva un bambino di fronte al suo giocattolo preferito, non gli avrebbe mai risposto di no.
“Certo, io ti aspetto qua fuori.”
Non fece neanche in tempo a finire la frase, che Ari era già sparito alla sua vista, entrando all'interno del negozio.
“Natanael?”
Strizzò gli occhi, sbuffando e girandosi verso quella voce. Vide davanti a sé due dei ragazzi della banda in cui era solito stare tempo prima.
“Ciao, ragazzi. Non ci si becca da un bel po', eh?” fece il finto tonto, parlando normalmente.
“Infatti! Che fine hai fatto? Hai lasciato così di punto in bianco tutti noi.”
“Sei sparito da quanto?” intervenne l'altro. “Un anno forse e non ti sei mai fatto sentire. Ti sei trovato un'altra gang?”
“Sono solamente cambiate alcune cosucce nella mia vita.” rispose con un tono ingenuo, cercando una scusa per allontanarsi, ma non poteva andarsene senza Ari.
“Sei un ingrato.” scherzò il primo. “Rorik ti ha accolto e tu l'hai tradito così.”
“Ehi, ehi.” Nael agitò le mani davanti tra lui e i due straccioni. “Non fatene una questione personale.”
Ari uscì dalla libreria proprio in quel momento e vide il maggiore parlare con due ragazzi che, ovviamente, non poteva conoscere, benché fosse ben chiaro chi potessero essere a causa dei loro vestiti.

Sono loro...

La sua mente andò subito ad un pensiero negativo, soprattutto quando sentì pronunciare ad uno dei due: “Dai, torna con noi.”
Ari si sentì mancare un battito e fece qualche passo verso di loro con le lacrime che gli pungevano gli occhi.

Non portatemelo via...

Malgrado non fosse la stessa scena dei suoi genitori, sentiva che, se non fosse andato subito da Natanael e non l'avesse preso e trascinato con sé, sarebbe successo di nuovo. Qualcuno si sarebbe portato via l'unica persona a cui voleva bene e non poteva permetterlo.

Nael è...

“Mi dispiace, ragazzi. Ora devo andare, ci si vede in giro!”
Non aveva neanche fatto in tempo ad arrivare, che Nael l'aveva preso per un braccio quasi a volerlo stritolare e se ne stavano andando a passo svelto.
L'ansia di quei pochi secondi svanì all'istante, ma ancora non aveva ripreso a respirare.
“Nael..?”
Era rimasto un po' confuso dalla situazione, aveva solo notato lo sguardo scocciato dell'altro che dava qualche occhiata dietro di sé, per accertarsi che non li stessero seguendo.
“Che seccatura...” Nael sussurrò tra i denti.
“Sono amici tuoi?” trovò il coraggio di chiedere.
“No, non lo sono.”
“A me sembrava di sì.” il suo tono era triste.
Nael si bloccò in mezzo alla strada e scoppiò a ridere, ottenendo due guance ingrossate da parte dell'altro. Il maggiore si era accorto dell'agitazione in lui.
“No, davvero non lo sono.” gli sfiorò appena la punta delle dita. “Ogni volta che incontro qualcuno in città della mia vecchia compagnia, cerca sempre di mettermi in mezzo e di convincermi a tornare nel gruppo, ma a me non è mai interessato.”

Quindi quando va in città non è per loro...

Ari era rimasto a bocca aperta, mentre l'altro continuava a parlare.
“Ci parlo senza problemi solo perché non voglio grane.” gli fece un occhiolino, lasciandogli la mano.

Vuole davvero rimanere con me, così come io voglio rimanere con lui. Non si fa trascinare dagli altri, non mi vuole abbandonare.

Un sorriso lo colse all'improvviso, poi un altro pensiero gli balzò alla mente.
“Significa che non hai nessun amico?”
Il moro si grattò la testa non sapendo come rispondere a quella domanda.
“No, non credo che mi servano...”
“Anche io non ne ho mai avuto nessuno.” abbassò il capo con un sorriso amaro.

Siamo davvero più simili di quanto creda...

“Ehi!” Ari venne riscosso da quell'esclamazione. “E io cosa sono?”
Una piccola felicità si espanse nel suo petto.
“Ah!” gli puntò un dito contro. “Allora ti serve qualche amico!”
“Ma che..?” Nael era rimasto sconcertato da quel comportamento che stava diventando sempre più brioso e piacevole. “Dannazione, mi hai tirato un colpo basso. Non ti facevo così astuto.”
Ari si mise a ridere, contento di riuscire a prenderlo per i fondelli qualche volta.
Tutte le sue preoccupazioni erano scomparse non appena aveva avuto la certezza che Nael voleva rimanere al suo fianco e aveva ripreso a comportarsi di conseguenza, facendosi tornare l'allegria che aleggiava intorno a quel ragazzo.
“Quindi siamo amici?” chiese poi Natanael.

Amici... lo siamo? Posso dire di avere finalmente un amico?

Ari annuì soddisfatto e sentì la mano di Nael sulla propria testa che gli scompigliava dolcemente i capelli per poi scoppiare a ridere.
Non sapeva se ci fosse un motivo per ridere a quella notizia, ma non poté che seguirlo, contagiato da quella melodia che gli dava la forza giorno per giorno per sopravvivere.
Successivamente, la mano di Nael tornò ad afferrare la propria e tornarono insieme nella fattoria con un nuovo sentimento che si faceva strada dentro di loro.

 


 

Ottobre, anno 432 del XII periodo

Quel giorno, Ari non si sentiva affatto bene e Nael se n'era accorto già dalla mattina appena sveglio, quando aveva aperto gli occhi e aveva trovato il ragazzino che, mentre si stava vestendo, aveva tirato un sospiro sommesso.
Gli aveva augurato il buongiorno come al solito e gli aveva stampato un bacio sulla guancia prima di andare a preparare la colazione.
Il resto della giornata era passata normalmente, anche se sentiva che qualcosa non andava, tuttavia Ari non voleva rispondere alle sue domande. Non volle far pesare qualche ulteriore tormento sulle spalle del ragazzino, quindi lo lasciò stare, sperando che gli passasse quel musino triste che gli era comparso dalle prime ore del giorno.
Purtroppo, ora si trovavano di nuovo distesi sul materasso a notte fonda e nessuno dei due sembrava riuscire ad addormentarsi: Nael troppo preoccupato e Ari ancora sovrappensiero e mogio mogio.
“Ari?” lo chiamò sussurrando e l'altro si voltò a pancia in giù, ignorandolo e affondando la faccia nel cuscino.
Nael prese a massaggiargli la schiena con movimenti circolari.

Se solo potessi far sparire questa tristezza.

All'improvviso spalancò gli occhi, facendosi venire un'idea.
“So io cosa ci vuole per far sparire quel broncio!” esclamò con tono allegro.
“Mh?” Ari sollevò appena la testa per sbirciare con la coda dell'occhio.
“Seguimi.”
Si alzò velocemente dal letto, mettendosi in piedi, e si portò le mani ai fianchi aspettando l'altro.
“Ma è notte fonda...” rispose Ari con poca enfasi.
“Che importa?”

Potresti almeno aiutarmi e farla facile.

Natanael lo prese per il polso a forza e lo trascinò fuori casa senza troppe obiezioni.
Camminarono per qualche minuto, sentendo l'aria fredda colpirgli le guance e infilarsi al di sotto della maglietta che faceva da pigiama. Nessuno dei due si era neanche messo il giubbotto addosso e non era il massimo stare fuori casa di notte a Ottobre senza essere coperti per bene.
Poco importava per Nael, convinto nel seguire il suo piano.
“Dove stiamo andando?”
“Stai zitto e fidati di me.”
Si bloccò per un istante, lasciando quasi andare la presa delle dita, che erano scese pochi minuti prima a tenere ben salda la mano di Ari.

Fidarsi di me...

Si voltò verso di lui, quasi con le guance arrossate e una punta di angoscia negli occhi.
“Perché tu... ti fidi di me, giusto?”
Rimasero immobili e in silenzio a specchiarsi nelle iridi altrui.
“Certo.” rispose Ari.
Il cuore di Nael sussultò e quasi gli mancò il fiato.

Qualcuno si fida di me. Qualcuno a cui tengo si fida di me.

“Davvero?”
“Davvero, Nael.”
Si accorse che gli tremava la voce e si sentì scoppiare di gioia a quella frase. Era tutto troppo strano per lui, ancora non aveva fatto l'abitudine con i suoi nuovi sentimenti.
Girò il viso da un'altra parte, provando a nascondere il rossore.
“Beh... allora andiamo!”

Cos'è questo imbarazzo?

Scosse la testa e cominciò a correre trascinandosi dietro di sé l'altro, fino a quando non arrivarono sulla riva del fiume che tanto piaceva ad Ari e che pensava l'avrebbe fatto tranquillizzare almeno un po'.
“Cosa ci facciamo qua?” domandò il minore con il fiatone.
Nael lo guardò sornione senza dargli una risposta e cominciò a levarsi i pantaloni e la maglia.
“C-Che stai facendo?” le pupille di Ari s'ingrandirono all'istante e balbettò appena.
“Una bella nuotata è quello che ci vuole.”
“Ma è notte fonda e l'acqua sarà congelata.”
“Bla, bla, bla...” accompagnò quelle parole con la mano e roteò gli occhi al cielo. “Muoviti e togliti i vestiti. Non fare la mammoletta.”
“Ma...”
Nael, ormai, era rimasto solo in boxer e tremava dal freddo. Nonostante ciò, non dava segni di cedimento.
“Così ci prenderemo un malanno.” insistette Ari, non volendo lasciarsi andare a quella pazzia.
Eppure, Natanael era così. Sempre pronto a fare qualsiasi cosa, per quanto sciocca o insensata fosse, pur di prendersi cura di lui e farlo sentire bene.
“Se non lo fai tu...” il moro sospirò esageratamente e gli si avvicinò per tentare di spogliarlo.
“Ehi!” Ari indietreggiò non appena fu bloccato per la vita e sentì la schiena venire a contatto con l'aria gelida.
“Stai fermo!”
Combatterono un po' perché nessuno dei due voleva arrendersi all'altro e, tutto d'un tratto, si ritrovarono a terra con Nael sopra al corpicino di Ari.
Natanael capì di essere in una posizione scomoda e non perché fossero uno sopra l'altro, ma perché era rimasto imbambolato per l'ennesima volta ad ammirare il volto di Ari, facendosi così esplodere il cuore da quanto stava battendo veloce.

È bellissimo.

Non poté che pensarlo mentre si rispecchiava nei suoi occhi, che in quel momento si erano fatti più scuri a causa della notte, con qualche striatura sul blu che circondava la pupilla.
Non solo voleva proteggerlo da qualsiasi cosa, ma era arrivato al punto da volerlo reclamare solo per sé.Voleva Ari e questo gli faceva tamburellare la testa in una maniera terribile.

Dovrei vergognarmi.

Cercò di darsi un contegno, prendendo un respiro profondo, e fece scivolare le mani lungo il suo busto, alzandogli appena la maglietta.
“Si lascia togliere i vestiti, piccolo guastafeste?”
“Sono capace anche da solo...” Ari voltò il viso, distaccando lo sguardo da Nael e facendo ricadere un ciuffo di capelli su di esso quasi a volerlo nascondere.

È adorabile...

Davvero non riusciva a smetterla di fare quel genere di pensieri e non sapeva se starci male o lasciare che questi lo penetrassero a fondo.
Però, intravedere ancora quel rossore sul volto dell'altro e sentire il suo respiro un po' affannato, distinguibile dal petto che si alzava e abbassava contro il proprio, soffermarsi su quelle labbra dischiuse e paffute che si erano appena seccate e avvertire il leggero tremolio di disagio che l'aveva colto alle dita sulle sue braccia nude lo stava facendo andare fuori di testa, facendogli addirittura dimenticare che stesse congelando dal freddo.
Per quanto si fosse reso conto che a tutti gli effetti era ancora poco più che un ragazzino, non gli importava niente. Di certo la loro differenza di età non poteva fermarlo nel provare quei sentimenti a cui non aveva ancora dato un nome, benché si fossero imposti sempre con più insistenza.
Si ritrovò a ridere senza un motivo ben preciso, forse colto dall'imbarazzo che non sapeva gestire, e si accasciò sul corpo dell'altro.
Sentì Ari dargli quasi un abbraccio, ma si fermò poco prima di stringerlo completamente.
“Alzati, dai...” gli sussurrò tra i capelli neri, soffiando a pochi centimetri dal suo orecchio.
Nael si poggiò sui gomiti, facendo come gli era stato richiesto.
“Ti fidi davvero di me?”
“Perché non dovrei?”
“La domanda è perché dovresti.” gli sfiorò una ciocca di capelli, portandola dietro l'orecchio.
Ari fece spallucce e si guardò intorno per poi ripiombare con gli occhi su di lui senza aver trovato una risposta.
“Ti ho rubato in casa così tante volte.”

Come fai a fidarti di qualcuno come me di cui hai avuto paura?

Non capiva perché fosse un tarlo per lui, probabilmente era stato segnato dagli avvenimenti del suo passato più di quanto pensasse. Non si era mai fidato di nessuno, né dei suoi pseudo-genitori, né di Kaleo; neanche Rorik era mai stato un vero amico su cui contare. Non aveva permesso a nessuno di avvicinarsi a quel modo a lui e adesso pregava con tutto se stesso che fosse il ragazzino sotto di sé a farlo.
“Ormai non ha più importanza.”
“E mi conosci anche da poco tempo.”
“E tu perché mi accudisci? Vale la stessa cosa.”
Nael sussultò.
All'inizio era per il proprio tornaconto e per non vivere più come un accattone, ma adesso...

Adesso posso anche vivere sulla riva di questo fiume, basta che al mio fianco...

Natanael si sollevò di scatto, convinto che, se fosse rimasto in quella posizione ancora per qualche secondo, non sarebbe stato più capace di gestire il suo corpo e non era affatto il caso.
“Allora?” cercò di fermare il tremolio della sua voce, fortunatamente pensò che Ari potesse riconoscerlo semplicemente come causa dell'aria notturna autunnale. “Lo facciamo questo bagno?”
Allungò la mano verso di lui e il biondo l'afferrò tirandosi su anch'egli.
“Non so perché, ma ho l'impressione che non posso vincere questa battaglia.”
“Infatti è così.” gli sorrise subdolamente.
Ari sbuffò e cominciò a spargere il prato con i suoi vestiti.
L'attimo dopo erano già in acqua, nonostante Ari ci avesse messo parecchio tempo per convincere il proprio corpo ad entrare completamente da quanto era gelida.
Passarono un paio di ore a giocare nel fiume e a farsi scherzi a vicenda.
Nael fu pienamente felice di vedere il volto sorridente dell'altro, che nemmeno si accorse che gli fosse svanito il broncio, se non quando erano tornati a casa e si erano messi addosso tre coperte per riscaldarsi e si erano seduti ai piedi del divano, abbracciati l'uno contro l'altro e l'aveva ringraziato lasciandogli un bacio sulla guancia.




NOTA DELL'AUTRICE:

Buona domenica ragazzi :)
Come vedete ho potuto pubblicare u.u
E siamo ancora alla scoperta del passato, del loro innamoramento graduale e si vede come Nael sia già partito abbastanza di testa ahaha pedofilo, non si fa u.u
Ari si è aperto molto, ha riso (no, cioè, HA RISO) davanti a Nael, gli ha detto che si fida, non vuole assolutamente che gli venga portato via. Cosa altro si vuole di più dalla vita? È un bambino bellissimo <3 Qualcuno ha idea di come si potrebbe concludere il pensiero di Ari: Nael è...
Uhuhuh non lo scoprirete mai u.u
*fu così che non venne pubblicato alcun capitolo 21 perché i due baldi giovani si sono beccati una polmonite* eeeeh... i ragazzi di oggi cosa mi combinano (?). A parte gli scherzi, spero che anche questo capitolo vi abbia fatto palpitare. Fatemelo sapere con un commento o un voto o qualcosa, ringrazio tutti quelli che mi stanno seguendo e continuano a farlo! Ci sono ancora tante altre emozioni e alla prossima settimana!
Flor ^w^

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 - 433 ***


CAPITOLO 21
433

 

Marzo, anno 433 del XII periodo


Ormai, Nael, dormiva ogni singola notte nel suo letto.
Ari non si era neanche accorto di come fosse avvenuto il passaggio da una volta quando capitava a sempre, di certo non gli era stato chiesto il permesso. Era semplicemente successo.
Stava pensando a come fossero finiti a dormire insieme, ma tutto quello che gli venne in mente fu una sera dove aveva affermato di avere freddo e Nael si era presentato nella sua camera, qualche minuto dopo che si era coricato, e si era sdraiato al suo fianco.
Dopo quella volta non ricordava più una singola notte passata da solo.
Non che gli dispiacesse, anzi, più aveva intorno a sé quel ragazzo e più sentiva il cuore leggero.

Sono già passati più di due anni...

Era un lungo periodo di tempo, eppure sembrava che fosse trascorso in un batter d'occhio.
Così come era cambiata la loro relazione, che d'un tratto era diventata molto più intima di prima. Erano arrivati a raccontarsi tutto l'uno dell'altro e non c'era più niente che non sapessero del passato reciproco. La cosa li aveva avvicinati di parecchio, nonostante già lo fossero abbastanza.

Ha perso i suoi genitori che non era che un bambino piccolo, poi è scappato di casa, ha vissuto da mendicante... per quanto possiamo condividere certi dolori e sembrare uguali, in realtà siamo molto diversi. Io non avrei mai avuto il coraggio che ha avuto lui nell'abbandonare tutto per inseguire una strada che potesse renderlo più felice.

Un qualcosa che li distingueva era il carattere con cui affrontavano la vita: se Ari era quello timido, impacciato e pauroso di tutto, Nael era quello spavaldo, sempre solare ed esuberante.

Facciamo proprio una bella accoppiata.

Trattenne una risata per non far svegliare l'altro.
Si girò a pancia in su e voltò il capo verso di lui, scorgendo la capigliatura nera che sbucava da sotto le coperte e percependo il sospiro leggero che usciva dalle labbra, che dovevano essere socchiuse.
Ultimamente aveva osservato parecchio Nael, ne aveva tutto il tempo in quelle notti dove non riusciva a cadere tra le braccia di Morfeo, e aveva prestato attenzione per la prima volta ai suoi lineamenti.
I capelli non erano lunghi ma molto folti e alcuni piccoli ciuffi ricadevano delicatamente sui suoi occhi, questi erano stupendi e magnetici e si dispiaceva di non poterli vedere anche mentre dormiva; si sarebbe sicuramente perso nell'ammirarli. Il suo volto aveva proporzioni perfette e così il resto del corpo, che si era sviluppato con il passare del tempo fino a mostrare dei muscoli tonici.

Semplicemente bellissimo.

Di fatto era il ragazzo più bello che avesse mai visto, ma dall'altra parte si sentiva terribilmente a disagio nel pensare ad una cosa del genere, però lo era e questo lo convinse che non fosse un male ribadirlo.
In quel momento, però, era voltato verso la porta e dovette lasciar vagare l'immaginazione. Vide Nael davanti a sé che lo rassicurava e fu contento che, in realtà, stesse dormendo, perché le sue guance avevano preso una tonalità rossa accesa e si addormentò con questi pensieri nella mente e il sorriso sulle labbra.



Nael si svegliò che era ancora notte fonda, sentiva i suoi occhi chiedere pietà per tornare a dormire e il resto del corpo richiedeva lo stesso.
Avvertì, però, qualcosa che lo solleticava sulla schiena; solo voltandosi capì che fosse la mano di Ari abbandonata sul materasso al di sopra delle lenzuola che l'aveva sfiorato sulla maglietta con le dita.
Da quando aveva preso a dormire con lui tutto era andato in salita, o in discesa, dipendeva da che punto lo si guardasse.
Natanael non faceva che volergli rimanere vicino e quello che provava si era amplificato ancora di più.

E io non faccio che venir trascinato giù a picco da questo calore, che non so se sia giusto provare per qualcuno che non mi mostra di voler esser riscaldato.

Ingoiò a vuoto e si mise supino senza distogliere gli occhi dal volto del biondo.
Ari gli aveva raccontato tutto della sua vita e finalmente poteva comprenderlo a pieno e lui aveva fatto lo stesso. Sentirlo narrare di sé con la voce timida e a volte tremante gli aveva riempito il cuore ancora una volta e più ci pensava e più credeva che non fosse del tutto naturale quello che gli stava succedendo.
Aveva voglia di piangere.
Essere coinvolto in questo modo era qualcosa che non aveva mai sperimentato nei suoi diciotto anni di vita. Proprio per questo ancora non l'aveva accettato, non voleva ammetterlo.

Sono uno stupido...

Non c'era bisogno di sentirsi così, non poteva permettersi di farsi vedere in quello stato da Ari o avrebbe mandato in fumo i due anni dove aveva provato a fargli tornare il sorriso, tutto per un suo capriccio.

Lo sono davvero.

Fissò la mano del ragazzo. Le dita erano appena ripiegate su se stesse ma erano piuttosto rilassate, senza chiudersi a pugno.
Natanael sospirò appena e non ci pensò due volte che avvicinò la propria mano alla sua, senza toccarla. Mosse lievemente il mignolo fino a sfiorare il pollice di Ari e lo accarezzò con tenerezza.
Quante volte avrebbe voluto buttarsi su quel ragazzo mentre dormiva e tenerlo stretto a sé per tutta la notte, baciandogli la chioma bionda e sentendo il respiro sul suo collo.
Non sapeva se l'altro gliel'avrebbe permesso, quindi non si era azzardato a qualcosa del genere. Inoltre, capitava che la sua mente viaggiasse anche molto più in là di quello.
Avvicinò ancora di più la mano e intrecciò il pollice e l'indice di Ari con le sue dita, senza stringere troppo, e ammirò il suo volto rilassato che stava dormendo profondamente.

Ari...

Sentì chiaramente le lacrime agli occhi, ma le cacciò via strizzandoli e pensando ad altro.

Non riesco a pensare ad altro se non a te.

Si portò il braccio libero sulla fronte e prese un respiro profondo.
Aveva la gola secca e si concentrò unicamente su quel contatto che lo stava facendo sentire bene da una parte e ancora più in colpa dall'altra.
Ingoiò a vuoto e provò a riprendere sonno.
Qualche istante dopo spalancò gli occhi.

Sto sognando?

La mano di Ari si era stretta alla sua e lo teneva forte, troppo forte per un ragazzo che stava dormendo.
Voltò lentamente il capo fino a far cadere lo sguardo sulle loro mani che erano davvero unite e poteva sentire i muscoli dell'altro contratti su quella morsa.

Ari?

Non riuscì a emettere nessun suono, ma non ce ne fu bisogno perché anche il biondo si era accorto che fosse sveglio e le sue guance si erano dipinte appena di rosso.
Ari provò a lasciare la sua mano, tuttavia Nael non glielo permise, intrecciando le dita ancora più forte fino a farle diventare bianche e provando un lieve dolore.

Forse mi sto facendo troppi problemi per nulla.

Natanael gli sorrise e rilassò i muscoli senza lasciare la presa; così Ari gli sorrise in risposta.
Aveva sentito subito le dita di Nael sulla sua mano, ma non aveva avuto il coraggio di avvertirlo che fosse sveglio e aveva intenzione di vedere fin dove si sarebbe spinto e, quando aveva sentito le sue dita non muoversi oltre, non aveva esitato nell'intrecciare completamente le mani.
Era un contatto così piacevole.
Però, non si era aspettato che fosse ancora sveglio dopo tutti quei minuti e si era sentito sprofondare nell'imbarazzo. Per fortuna, il sorriso di Nael gli aveva regalato l'ulteriore senso di protezione.
Non doveva stupirsi del fatto che non si fosse ritirato a quel contatto; era semplicemente ovvio.
Forse era un comportamento strano, forse non avrebbe dovuto, eppure quanto voleva che Nael adesso lo abbracciasse e gli sussurrasse qualche frase dolce.
Non accadde, malgrado Nael si fosse avvicinato di poco a lui senza staccare le mani e avesse continuato a sorridere.
Passarono qualche minuto a guardarsi a vicenda senza pronunciare mezza parola, ognuno troppo impegnato nelle proprie fantasticherie.
Probabilmente era passata almeno un'ora prima che Ari si fosse addormentato di nuovo e Nael lo stava ancora osservando nell'oscurità.

Devo smetterla di complicarmi la vita quando, invece, dovrei solo prendere quello che essa mi offre.

Sfrusciò una gamba sotto le coperte fino a incontrare quella di Ari e si accostò a questa.

In questo momento mi sta offrendo Ari...

Non resistette più e si lasciò sfuggire una lacrima e poi un'altra ancora e così via, in silenzio senza smettere di sorridere.

...e io non me lo lascerò scappare.

Valeva più del cibo che era costretto a rubare per non morire mentre viveva per strada.
Chiuse gli occhi ancora inumiditi e le guance incrostate, riprovando a dormire.
Le loro mani erano unite più che mai.

Ti voglio bene, Ari.

 

 

Aprile, anno 433 del XII periodo

Ari tossì più volte, toccandosi la gola.
Ormai il suo corpo si stava sviluppando verso l'età adulta e la sua voce aveva appena iniziato a stabilizzarsi ed era scesa di qualche tono rispetto a quando non era che un bambino.
“Sembri un'oca.” esordì Nael.
“Stai zitto.”
Ari lo fulminò con lo sguardo e mise al suo posto i secchi appena usati per distribuire il mangime delle galline.
“Forse dovresti tu.” continuò a prenderlo in giro solo per misurare la sua reazione e poter vedere le guance imporporirsi.
Invece, Ari uscì dalla stalla con passo svelto e i pugni serrati lungo i fianchi, come se si fosse arrabbiato sul serio.

Che bambino.

Nael scosse la testa e quasi corse verso di lui, ormai già fuori dalla stalla, e lo abbracciò da dietro, circondandogli il collo con le sue braccia muscolose.
Ari si bloccò di colpo e sussultò appena sentendosi così avvinghiato, tuttavia non si oppose, anzi, si rilasso contro il petto dell'altro e socchiuse gli occhi.
Ormai aveva capito perfettamente di aver bisogno di quelle attenzioni, così come la girandola del vento o non sarebbe servita al suo scopo. Così credeva di essere senza Natanael, inutile e dimenticato dal mondo. Invece, il suo calore, le sue effusioni – che erano aumentate di parecchio rispetto al solito e ancora non capiva dove fosse stato il passaggio per farle diventare così abitudinarie – e persino le sue battute derisorie erano una necessità per il proprio corpo e per continuare a stare bene.
Nael, difatti, aveva notato che l'altro lo lasciava fare e lui ne aveva approfittato per il proprio vantaggio e aveva preso a stringersi contro di lui ogni qual volta ne avesse l'occasione. Soprattutto di notte l'avvolgeva con un braccio dietro la schiena e lo premeva contro di sé e così succedeva anche durante la giornata senza un motivo preciso.
O meglio, Natanael aveva ben capito quale fosse il motivo per quanto riguardasse se stesso, ma non era convinto che fosse ricambiato allo stesso modo, nonostante Ari non mostrasse mai segni di turbamento eccessivi, se non il solito imbarazzo che aveva imparato ad apprezzare perché gli faceva diventare di una tonalità magnifica le iridi e gli zigomi.
Sentiva in fondo al suo cuore ancora della tristezza per quel sentimento che non era in grado di gestire, eppure la felicità che ne scaturiva nell'avere Ari al suo fianco e di poterlo percepire in qualche modo andava ben oltre.
Nael affondò il mento nei capelli cenere dell'altro e prese a baciargli la capigliatura proprio nel punto in cui una piccola molletta teneva indietro il ciuffo, per non farlo andare sopra gli occhi mentre lavorava.
Sentì un piccolo verso fuoriuscire dalle labbra di Ari, forse avrebbe voluto lamentarsi di qualcosa, ma la timidezza l'aveva bloccato prima di riuscire a spiaccicare parola.
A volte, Nael, credeva di esagerare in effetti, però aveva surclassato il problema dell'età e non aveva posto molti freni alle sue azioni, almeno non per quelle piccolezze.
Inspirò l'odore di Ari, che tanto somigliava a quello che poteva sentire sulla riva del fiume che scorreva di fianco alla fattoria, e se ne inebriò rilassando i muscoli e continuando a schioccargli un'infinità di baci sulla testa.
Ad un tratto, percepì la mano dell'altro sulla sua e lasciò appena la presa sulla sua spalla per poter intrecciare le dita.
Ari si sentiva in imbarazzo, eppure fece in modo di non turbare l'altro con il suo atteggiamento timoroso e accolse con molto piacere quel contatto, rimanendo stretto a lui con un braccio a penzoloni e le gambe che quasi stavano per cedere.
“Com'è cresciuto in fretta il mio piccolo bambino...” sussurrò Nael tra la sua chioma.
Ari si sentì mancare il fiato per qualche istante e pensò davvero di cadere a terra senza sapere il motivo.
Natanael si divertì nel prenderlo ancora una volta per i fondelli, tuttavia era qualcosa su cui stava riflettendo realmente.

Era davvero non più che un bambino quando ci siamo incontrati e adesso è un bellissimo ragazzo e non solamente esteriormente. Tutto quello che fa lo dipinge come bellissimo...

Nael lo strinse fino a farsi diventare le nocche bianche e avvicinò le labbra al suo orecchio per posargli un lieve bacio.

Adesso lui ha quattordici anni e...

All'improvviso, spalancò gli occhi e si staccò dalla stretta.
“Nael?” Ari si voltò verso di lui, preoccupato.
Nella mente del maggiore stavano passando una serie di immagini che non sarebbero dovute essere lì in quel momento.
“Aspetta, aspetta...!” Nael frappose le mani tra loro due e le sventolò a destra e sinistra.
“Cosa ti prende?”
“Adesso sei grande e quindi...” ingoiò a vuoto. “Insomma... sai come funziona, no?”
Ari notò che fosse evidentemente agitato e non ne capiva la ragione.
“Cosa?” domandò confuso.
“Sai a cosa mi riferisco...” Nael si portò una mano alla fronte, sospirando esageratamente. “Il mondo è fatto di femminucce e maschietti e questi possono creare una nuova vita.” gesticolò un po' con le mani senza saper bene cosa fare.
“Nael..?” il volto di Ari diventò bordeaux, avendo intuito dove stesse andando a parare.
“Non dovrò mica farti il discorsetto da bravo padre!” Natanael era partito in quarta.
In fondo, lui l'aveva sempre visto come un fanciullo innocente che non sapeva niente della vita, ma c'erano cose che uno doveva pur sapere.

Non può certo credere che sia nato da sotto un cavolo.

Dato che Ari non accennava a rispondere, continuò a parlare.
“A me l'ha dovuto fare Rorik e non è stato per niente un bel momento, credo che mi abbia sconvolto parecchio con i suoi esempi, quindi cercherò di non prendere spunto da lui.”
“Smettila!” Ari ormai aveva la voce tremante dall'imbarazzo. “So già queste cose non c'è bisogno che sia tu a raccontarmele!”
Natanael si bloccò di colpo e indietreggiò di un passo con un sospiro profondo.

Cosa accidenti sono andato a pensare.

Si grattò la testa e prese a ridacchiare, tuttavia si accorse che l'espressione dell'altro non accennava a cambiare e un ulteriore pensiero si fece strada in lui.
“Ari...”
Non avrebbe dovuto parlare ancora di certe cose perché sentiva di non potersi controllare a pieno, tuttavia non poté non accertarsi anche di un'altra questione.
“Sai anche come funziona quello che ci distingue dalle femminucce?”
Il maggiore sentì le guance andare a fuoco.
“Nael! Basta!” Ari si tappò le orecchie e prese a camminare per tornare in casa.
Era stato cresciuto lontano da tutto e tutti, ma non era così ingenuo da non essere consapevole di certe cose e, di certo, affrontarle con Nael non sarebbe stato il massimo per lui e il suo impaccio.
Il moro gli si accostò.
“Guarda che è importante che tu sappia. Mi sto solo preoccupando per te e per i bisogni del tuo corpo.”

Oh, cazzo!

Adesso non solo le sue gote si erano incendiate. Aveva creduto che dirlo non sarebbe stato lo stesso di fantasticare Ari davanti a sé in quel modo, invece aveva sortito un effetto che il corpo di un diciottenne non poteva mascherare così facilmente.
Rimase dietro ad Ari sperando che non si accorgesse di niente.
“Non c'è bisogno che ti preoccupi, so già tutto e...e...” Ari era visibilmente turbato e in preda a un attacco d'ansia con la voce balbettante che non riusciva a compiere una frase di senso compiuto.
Ma come gli era saltato in mente di parlare di certe faccende? Non era un qualcosa che poteva gestire con un tipo come lui.

Bravissimo, Nael. Adesso non solo hai agitato Ari, ma hai bisogno di una bella doccia fredda in solitudine per placare quello che hai acceso con la tua immaginazione.

Si sarebbe voluto sotterrare dalla vergogna e, probabilmente, anche Ari avrebbe voluto. Ciononostante, la sua mente ormai aveva quella visione davanti ai propri occhi e sarebbe stato difficile farla scomparire.

Sono un pervertito senza il minimo pudore. Da quando ho cominciato a fantasticare su Ari in questo modo!

Cercò di mantenere il passo più piccolo rispetto all'altro per non farsi beccare e, solamente quando raggiunsero casa, poté correre al piano di sopra senza problemi.
Era da qualche mese che Ari non faceva che palesarsi nella sua testa anche in certi atteggiamenti e Nael non aveva l'autocontrollo per cambiare canale su un qualcosa che avesse il bollino verde adatto a tutta la famiglia.
Fortunatamente non era mai stato così stupido da permettere ad Ari di coglierlo sul fatto neanche una volta e proprio quello stesso pensiero rivolto a lui lo fece andare in crisi.
Si rimproverò tra sé e sé di non farlo accadere mai più in presenza di Ari e, quando uscì dalla doccia come nuovo, lo trovò a cucinare al piano di sotto e questo gli parlò come se avesse già dimenticato del discorso imbarazzante di pochi minuti prima e sul suo volto risplendevano nuovamente quel paio di occhi cristallini che lo guardavano con affetto.
Gli si avvicinò sfregandosi una salvietta in testa per asciugarsi i capelli e si abbassò per dargli un piccolo bacio appena al di sotto dell'orecchio.

Sono completamente cotto.

 



 

Agosto, anno 433 del XII periodo

Ari stava aspettando che Nael tornasse dalla città per poter mettere sui fornelli la cena, tuttavia, erano già passate parecchie ore e non era ancora arrivato.
Fuori c'era il Sole che stava cominciando a scomparire dietro alla collina, lasciando in ombra i campi.
Era rimasto a guardare fuori dalla finestra per tutto il tempo, ma non c'era traccia del ragazzo all'orizzonte e il suo cuore aveva preso a tamburellare fortemente in preda all'agitazione.

Dove sei, Nael?

Quasi stava per cedere al pianto.

Non te ne sarai forse andato, vero?

Quel pensiero era fisso nella sua testa.

Avevi detto che questa è la tua casa, che siamo una famiglia e stava andando tutto bene. Non puoi abbandonarmi per davvero.

Le lacrime avevano cominciato a fuoriuscire, incapace di padroneggiarle, e la vista gli si fece appannata.

Ti prego.

Tirò su con il naso e si portò una mano tra i capelli, disperandosi.
Aveva imparato a voler troppo bene a Nael per poter permettere che un qualcosa del genere accadesse. Più volte, ai primi tempi, si era ripetuto di non attaccarsi a lui per evitare di soffrire, ma era stato inevitabile.

Come non mi sarei potuto affezionare a te?

Tutto quello che aveva sempre fatto per aiutarlo e il modo in cui si era evoluto il loro rapporto era qualcosa di speciale che non poteva eludere il proprio cuore.
In quel momento vide una figura in lontananza che stava arrancando verso la fattoria, ma dovette aspettare che fosse più vicina per poterla riconoscere.

Nael!

Qualcosa non andava nel modo in cui camminava e non aveva con sé le buste della spesa.
Fu preso dal panico e corse da lui, che ancora non aveva superato la staccionata.
“Nael! Nael!” urlò con quanto fiato aveva in gola, le lacrime volarono via catturate dal vento.
Il moro lo vide e gli fece un sorriso, prima di accasciarsi sulle ginocchia come se finalmente fosse stato libero di riposare.
Ari sentì mancare un battito e si lanciò con più foga su di lui. Quando gli giunse appresso, notò che aveva delle contusioni sul volto e i vestiti strappati che lasciavano intravedere qualche graffio sulle ginocchia, per non parlare della fronte macchiata di sangue, probabilmente aveva una ferita su di essa.
“Che cosa ti è successo?” la sua voce uscì fuori strozzata e allarmata.
“Possiamo parlarne dopo?” sembrò quasi una supplica. “Mi fa male la testa e credo di star per svenire...”
Il sangue era uscito copioso dalla sua fronte e gli aveva macchiato tutta la parte destra del volto.
Ari fece un piccolo mugugno di consenso e usò tutta la forza che aveva per tirarlo su di peso e trascinarlo fino in casa. Optò che non fosse il caso di fargli salire le scale, quindi lo fece distendere sul divano in salotto.
“Vado a prendere qualcosa per pulirti, disinfettare, delle bende e dei cerotti!” disse tutto con foga, precipitandosi in bagno dove erano riposte tutte quelle cose.
Poi torno al piano di sotto e poggiò tutto sul tavolino.
“Ari...”
Si voltò verso di lui, tremante.
“Non piangere.”
Sobbalzò appena e si toccò le guance ancora bagnate da lacrime fresche.
“Non è successo niente di che. Sono solo un po' malconcio per colpa di un bastardo.” gli fece cenno di sedersi al suo fianco e così fece.
Gli portò una mano al volto per asciugargli le lacrime.
“Ti ha picchiato?”
“Oh, sì... eccome se mi ha picchiato.”
Nael gli spiegò in breve di come fosse stato coinvolto da alcuni ragazzi della banda di ladri di cui faceva parte e questi gli avevano chiesto di combattere contro un burbero di un'altra compagnia che li aveva derubati di una sacca di cibo.
Lui aveva pensato bene di derubarlo a sua volta, ma era stato scoperto e non aveva avuto possibilità contro quel tipo che se la sapeva cavare molto bene nel combattimento, al contrario di lui, però, era riuscito a scappare con la refurtiva e si era infine trascinato fino alla fattoria con un piccolo aiuto dei ladruncoli, che poi aveva congedato quando stava ormai per arrivare.

E io che ho pensato che te ne fossi andato da me. Invece ti sei premurato di tornare nonostante fossi ferito in questo modo.

“Dovevi scappare.” affermò Ari, dopo averlo spogliato per medicarlo anche sulle botte prese nel resto del corpo.
“Non si scappa dai problemi, soprattutto se sei tu stesso a crearteli.” non riuscì a finire la frase con un tono adeguato perché il biondo gli aveva appena messo dell'acqua ossigenata sul graffio sulla fronte e bruciava da morire.
“Scusa.”
Nael scosse il capo e si fece bendare.
Fortunatamente non sembrava così grave come dava a vedere e il sangue si era già fermato da qualche minuto. Ari sperò comunque che non avesse dei sintomi a causa di quel colpo sulla testa.
I capelli neri erano appiccicati alla pelle sudata al di sotto della fasciatura, ma Nael non si poté lamentare sotto le premurose cure di Ari e si ritrovò a sorridere.
“Questa è la prima volta che si invertono i ruoli.”
“Cosa?” domandò curioso.
“Di solito sono io quello che si occupa di te.”
Ari voltò il capo imbarazzato e lo puntò contro il pavimento. All'improvviso il suo cuore aveva preso a battere più velocemente.
“Grazie, Ari.”
“Non mi sembra che stia facendo qualcosa di molto utile...” sussurrò.
“Mh?”
“Rispetto a quello che hai sempre fatto tu per me, intendo.”
Nael sorrise di nuovo e, anche se ridotto in quello stato ammaccato peggio di una mela, era felice.
Felice che Ari lo stesse trattando con così tanto riguardo, felice che si fosse preoccupato per lui a quella maniera tanto da versare lacrime per lui, felice che si stesse crucciando per un qualcosa di così futile sempre perché lui era nel mezzo della situazione.
“Ari, sei uno stupido.”
Nael scoppiò a ridere e si dovette fermare poco dopo perché gli doleva la testa.
“Io stesso sono inutile.” continuò il biondo senza ascoltarlo. “Mi chiedo perché sei ancora qui.”

Perché dovresti vivere con uno come me? Ancora faccio fatica a comprenderlo.

Aveva dato sfogo a qualcosa che l'aveva sempre tormentato nel profondo. Lui non era come tutti gli altri, lui era un esiliato e per essere tale doveva rappresentare lo zero nella comunità.
“Che sciocchezze vai farneticando? Tu non sei inutile. Non deve neanche sfiorarti l'idea.”
“Come fai a dirlo?” strinse i pugni sulle ginocchia.
“Perché sono ancora qui.”
Ari si voltò di scatto verso di lui, spalancò gli occhi e li puntò in quelli eterocromi di Natanael, fissandolo intensamente.
Nael avrebbe voluto continuare quel discorso, dicendogli che non poteva essere inutile la persona che gli stava rubando il cuore poco a poco, che aveva quel sorriso capace di far sparire ogni singolo malore, che aveva quegli occhi che scrutavano a fondo nella sua anima tirando fuori solo il meglio che possedeva.
Tuttavia, dovette contenersi.
“Hai avuto paura, vero?” domandò Nael quasi con tono triste.
Ari non rispose.
“Che me ne fossi andato.” insistette.

Perché sa sempre quello che provo? Come è arrivato a capirmi meglio di me stesso?

Ari si ritrovò ad annuire e i suoi occhi caddero sul bracciolo del divano per non incontrare ancora quelli dell'altro.
“Te l'ho già detto: non ti lascio.”
“Nael...”
“Ti fidi di me?”
“Sì.”
Nael si mise seduto e non gli diede neanche modo di preoccuparsi per la sua salute, poiché gli parlò sopra.
“Allora credimi quando ti dico che non ti lascerò mai da solo.”
Il maggiore gli mise una mano sulla guancia e prese ad accarezzarlo teneramente senza distaccare lo sguardo da lui. Voleva proteggerlo più che mai, voleva sentir pronunciare la frase che stava bene ogni singolo giorno della sua vita e voleva far sparire quelle lacrime.
Ari non sapeva come reagire.
Il suo corpo era pietrificato e non dalla paura o dall'ansia, ma dalla commozione.

Sono davvero importante per qualcuno. Non valgo meno di niente.

Si lasciò scappare l'ulteriore lacrima, che venne catturata immediatamente dal pollice di Natanael.
“Basta piangere.”

Nonostante sia lui quello che sta peggio in questo momento, non fa che preoccuparsi per me e io sono così uno sciocco a comportarmi in questa maniera. Nael non si merita di vivere con uno come me al suo fianco, lui ha bisogno di qualcuno con cui condividere la sua allegria e non uno che gliela smorza perennemente.

Da dove gli fosse venuto in mente quel timore non ne aveva idea, eppure aveva chiaramente avvertito una morsa al petto, che stava stringendo con sempre maggiore insistenza.

Allo stesso modo non voglio che scompaia mai dalla mia vista.

Si abbracciarono nello stesso preciso istante.
Nael affondò il naso nel collo dell'altro e Ari lo premette così forte contro la propria canotta che sentì una piccola smorfia di dolore uscire dalle sue labbra.

Questo fa di me un egoista?

Un piccolo schiocco venne lasciato sulla pelle del suo collo e si ritrovò ad avere un brivido, di risposta gliene lasciò uno sulla spalla.

Ho il diritto di essere felice anche se sono così?

“Ari..?”
I suoi pensieri negativi vennero smorzati dalla voce pacata di Nael.
“Non ho fatto la spesa.”
Ari scoppiò a ridere senza un preciso motivo, tra le lacrime che ancora non avevano smesso di scendere, e lo stritolò ancora di più.
“Non importa, stupido.”

Forse con Nael posso esserlo.



NOTA DELL'AUTRICE:
 

Ben tornati con un nuovo capitolo!
Eeeeh questo Nael è partito di testa, eh? Innamorato perso di Ari, ormai. Sto pedofilo... ahahah
Sono diventati dei perfetti sposini, che dormono nel letto di Ari ogni notte e Nael sta soffrendo come un cane per i suoi sentimenti... abbracciamolo, per favore <3
Anche se ha pensieri sconci su Ari ahah! Che, tra l'altro, è diventato un ometto anche lui u.u sebbene sempre pieno di problemi mentali, ma povero il mio bimbo. Abbracciamo anche lui <3
Spero che anche questo capitolo vi abbia riempito di sentimenti e ci saranno altri missing moments da scoprire del loro passato, ancora per un po'!
Fatemi sapere cosa ne pensate e ringrazio tutti quelli che lo faranno e tutti quelli che leggono in silenzio :3
Il prossimo aggiornamento sarà sabato 4 febbraio, dato che alla domenica non ci sarò, ma no problem direi ahah
Buona giornata a tutti e un bacio.
Flor :)

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - 434 ***


CAPITOLO 22
434


 
 

Febbraio, anno 434 del XII periodo

Nael era arrivato al limite.
Il suo povero cuore stava urlando ai quattro venti di esprimere i suoi sentimenti, ma la sua bocca rimaneva chiusa, incapace di farlo e preoccupata per le conseguenze.
Non voleva rovinare il rapporto che aveva creato con tanto impegno con Ari, eppure, non sapeva quanto beneficio, quella situazione, potesse portare al suo spirito. Ogni giorno che passava sembrava sempre sul punto di commettere un passo falso e di mandare tutto all'aria, non sapeva neanche come fosse arrivato ai diciannove anni senza aver ancora messo una mano addosso ad Ari così come faceva nei propri sogni.

Ho sicuramente più auto-controllo di quanto creda...

Inoltre, Ari non faceva che diventare sempre più bello ai suoi occhi e sempre più aperto con lui, tanto che adesso non era il solo che gli rivolgeva qualche effusione, piuttosto, erano ben ricambiate.
Nonostante quello non voleva confessarsi.

Forse lui mi vede unicamente come una figura di appoggio, forse non vuole quel tipo di rapporto con me e io non voglio deluderlo. Non voglio rovinare niente di questa meravigliosa vita al suo fianco.

Non era solo quello il problema. Negli ultimi mesi era giunta la notizia che i sacrifici sarebbero stati più regolari e frequenti, diventando uno ogni due mesi.
Quando erano venuti a scoprirlo durante una delle loro diverse commissioni in città, aveva subito dovuto portare via Ari da lì prima che cedesse a una crisi di pianto, rivedendo i propri genitori venir catturati dai maghi.
Lui, invece, aveva cominciato a pensare seriamente a quella questione, sulla quale non si era mai veramente soffermato.

Se Ari diventasse il prossimo sacrificio, come farei a vivere senza di lui?

Questo l'aveva fermato in parte, perché si era convinto che, se fossero diventati per davvero amanti – o qualunque epiteto si volesse dare al loro rapporto, se avessero compiuto il passo in più – non sarebbe stato in grado di sopravvivere senza Ari, consapevole di quel sentimento che si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di meraviglioso per il resto della vita.

E se fossi io a diventarlo, come farebbe Ari a vivere senza di me?

E questo l'aveva completamente arrestato.
Non si sarebbe mai perdonato, neanche da morto, di causare un dolore così grande alla persona per il quale stava iniziando a provare qualcosa di più del semplice affetto. Non voleva sapere che Ari sarebbe diventato di nuovo triste, non voleva nemmeno pensare al suo volto piangente mentre si incolpava per qualcosa di cui non aveva peccato e tutto a causa, invece, sua, che gli aveva permesso di dargli quella piccola speranza di felicità di un loro futuro insieme come una coppia innamorata.
Semplicemente non ci riusciva.
Per questo cercava sempre di darsi un contegno, pensando unicamente al lato positivo della faccenda e accogliendo quel ragazzo come il dono più prezioso che avesse mai potuto ricevere nella sua intera vita.
Non aveva potuto, però, arginare certi atteggiamenti, come il dormire insieme ogni notte, rimanere coccolati sul divano, prenderlo di continuo in giro e una miriade di altri piccoli gesti che imbarazzavano sempre il minore.
Quella notte si era svegliato con in testa questi pensieri e non riusciva a riprendere sonno.
Era ancora piuttosto buio e faticava a vedere il profilo dell'altro, che stava sicuramente dormendo, e sperò senza ulteriori incubi come quelli che era solito fare nei primi tempi di convivenza.
Aveva la mano di Ari sul proprio fianco e questa gli teneva a malapena la maglietta del pigiama stretta tra le dita, era comunque una sensazione così piacevole.
A volte gli sembrava un piccolo cucciolo che cercava rifugio tra le braccia della mamma e, forse, questo l'aveva spinto ancora di più verso quei sentimenti che si erano fatti strada in lui.
Rimase ad osservarlo nell'oscurità, anche se vedeva poco o niente, ormai lo conosceva talmente a memoria che non aveva bisogno della luce.

Quanto è carino...

Gli prese ad accarezzare il mento, facendo attenzione a non destarlo dal sonno. Poi risalì fino all'orecchio e cominciò a torturargli il padiglione che era così soffice sotto il suo pollice; infine si dedicò ai capelli, passando una mano tra di essi e togliendoli tutti dal viso.

Così estremamente carino. A dir poco stupendo.

Lo fissò intensamente e a lungo. Tutti i problemi di poco prima erano svaniti non appena aveva focalizzato la concentrazione in quel ragazzo, che dormiva accanto a lui con un'espressione troppo adorabile per poter lasciar vagare i pensieri in altro che non fossero proprio Ari.
Nael avvicinò istintivamente il volto al suo, solo di qualche centimetro, e i suoi occhi si posarono sulle labbra carnose e socchiuse di Ari.

Cosa pensi di fare, Nael?

Domandò a se stesso e il cuore prese a martellargli con insistenza.

Dov'è finito il tuo auto-controllo di cui tanto vantavi poco prima?

Era impossibile reprimersi ancora a lungo, non se l'altro stava dormendo così beato e non sarebbe mai venuto a conoscenza di niente.
Si accostò ancora di più al suo volto fino a quando non sentì il respiro sulle proprie labbra, dolce e ritmato.
Nael era sicuro di essere diventato rosso così come era solito fare sempre l'altro, ma poco gli importava al momento.

Tanto non se ne accorgerà.

Socchiuse gli occhi e gli diede un piccolo bacio a fior di labbra, staccandosi un istante dopo.
Un brivido lo percorse da capo a piedi e quasi perse il potere di respirare per quel semplice atto.
Aveva baciato Ari mentre dormiva e si sarebbe dovuto seppellire sotto terra per quell'indecenza, invece, l'unica cosa a cui riuscì a pensare fu di volerne ancora.
Così fece.
Ari sembrava non essersene minimamente accorto, perciò Nael si accostò di nuovo alle sue labbra e gli lasciò tanti altri piccoli schiocchi uno di seguito all'altro.
Quanto avrebbe voluto dargli un bacio decente e sentire il sapore della sua bocca nella propria, inchiodarlo al letto con il proprio corpo e continuare così per tutta la notte, purtroppo, non poteva permetterselo e si accontentò di quei lievi baci che lo stavano facendo comunque impazzire.
Neanche si accorse che, ad un certo punto, Ari mugugnò qualcosa, intento a risvegliarsi.
Il minore aprì gli occhi e si ritrovò nel bel mezzo di una situazione che non aveva mai ritenuto possibile.
“Che...”
Il suo discorso fu interrotto da un bacio.
“...fai?”
Ancora un bacio.
Nael si destò dalle sue fantasie e spalancò gli occhi di soprassalto, disgraziatamente troppo tardi rispetto a quando avrebbe dovuto.

Merda!

Non aveva una spiegazione pronta per quel comportamento e non voleva dare la versione ufficiale del perché lo stesse baciando a quel modo mentre lui non era cosciente di cosa stava avvenendo.
Il suo corpo agì da solo.
Nael afferrò il volto di Ari con entrambe le mani e lo coinvolse in un vero bacio.
Aprì le labbra per poter succhiare quelle dell'altro, lo abbracciò con esse e continuò a vezzeggiarlo solo con esse per qualche tempo. Era un bacio abbastanza casto e affettuoso, senza troppa foga, quella che Natanael stava cercando di reprimere più forte che poteva.
Non lo sentì ricambiare quel contatto come avrebbe voluto, forse perché l'aveva sicuramente spaventato con un qualcosa del genere così di impulso e anche perché era certo non avesse mai dato un bacio in tutta la sua vita.

Ora sto davvero esagerando...

Incastrò il suo labbro inferiore e, dopo qualche altro secondo, si staccò completamente, quasi ansante a causa delle troppe emozioni che stavano bussando contro il proprio petto e sperò che Ari non si fosse accorto di niente.
Questo lo stava guardando a bocca spalancata e gli zigomi arrossati e anche lui stesso si sentiva andare a fuoco in ogni centimetro di pelle.
Scoppiò a ridere dal nervosismo e s'inventò su due piedi una bugia, nonostante fosse una delle balle peggiori che gli potesse uscire.
“Scusa, scusa!” continuò a ridere. “Avevi le labbra troppo irresistibili per non baciarle!”
Ari sbatté le palpebre più volte, intontito da ogni cosa.
“Che?”
Nael non smise ancora di ridere.
“Lascia stare e torna a dormire.”
Si voltò sul fianco opposto, cercando di nascondere l'evidente disagio che aveva creato.

Cazzo! Cazzo! Che figura da coglione! Adesso cosa penserà di me?

Si portò una mano al volto, sospirando appena per non farsi sentire e strizzò gli occhi, dato che gli era venuto un improvviso attacco di pianto, per non lasciarselo sfuggire.

Ho sicuramente rovinato tutto quanto...

Tutto il discorso per non cedere alla tentazione, lasciare le cose come stavano e non andare troppo oltre era sfumato per un suo capriccio.

Perché non so combinare niente di buono nella vita? Cazzo!

Era decisamente arrabbiato con se stesso.
Un istante dopo sentì una morsa opprimente al petto.

E se Ari non mi volesse più attorno a sé dopo questo? E se decidesse di non parlarmi più e si allontanasse da me? Dopo tutta la fatica perché si fidasse di me, non posso aver davvero distrutto ogni cosa.

“Nael..?”
Ingoiò a vuoto e non rispose, quasi a far finta che si fosse già riaddormentato.
Un attimo dopo sentì il braccio di Ari attorno alla sua vita che lo stringeva da dietro e la mano sul suo stomaco che gli afferrò ancora la maglietta.

Cosa..?

Poi le labbra calde del biondo si posarono sulla sua schiena e gli impressero un bacio su di essa, che poté captare attraverso la stoffa.
A quanto pare si era lasciato andare ancora verso troppi problemi inesistenti e si insultò nuovamente con il pensiero. Ari non gli avrebbe portato rancore per un bacio, ma, allo stesso tempo, non era sicuro di capire se perché fosse spinto dallo stesso tipo di sentimento che provava lui.
Gli prese la mano che aveva sulla pancia e la intrecciò con la propria, avvertendo chiaramente la stretta vigorosa dell'altro.

Ari...

Sorrise tra sé e sé, facendo scemare la rabbia e la tristezza che si stavano insinuando solo fino a qualche minuto prima.

...credo di essermi innamorato di te.




Ari era rimasto sconcertato.
Un paio di notti prima era stato baciato da Nael.
Neanche aveva avuto il tempo di svegliarsi del tutto che aveva visto il viso dell'altro troppo vicino al proprio, il suo respiro sbattere sul proprio naso e le sue labbra sulle proprie.
Era accaduto tutto troppo in fretta perché potesse anche solo ribattere e non aveva ancora preso piena conoscenza di sé quando si era sentito afferrare per il volto ed era stato coinvolto in un bacio ben più passionale rispetto a quello precedente, che l'aveva fatto destare dal mondo dei sogni.
La sua faccia era andata in fiamme e non aveva saputo come reagire.

Ancora non ho capito se volessi ricambiarlo o se volessi staccarmi.

Ari si sedette sul divano con le ginocchia al petto e la televisione che faceva da sottofondo sonoro ai suoi pensieri, ma non ci diede molta attenzione.
Era rimasto semplicemente immobile, aspettando che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa, e Nael si era allontanato da lui e l'aveva preso in giro. Neanche a quella battuta era riuscito a ribattere.
Solo dopo minuti che parvero eterni era riuscito a spiaccicare parola e l'aveva chiamato, senza ottenere una risposta.
Si era domandato se fosse colpa sua, se l'avesse offeso in qualche modo perché non gli parlasse più, ma, soprattutto, un'altra domanda premeva dentro di lui.

Perché mi ha baciato?

Forse l'aveva appunto ferito perché non aveva dato l'impressione di volerlo ricevere, mentre Nael l'avrebbe voluto.
Era troppo confuso in quel momento che nemmeno lui sapeva darsi una risposta. Per un attimo, però, ebbe paura che per colpa della sua reazione avesse rovinato il rapporto che si era venuto a creare tra loro e fu colto da un attacco d'ansia.
L'aveva stretto immediatamente e, quando aveva sentito la mano di Nael intrecciata alla propria, si era nuovamente rilassato, pensando che, forse, non aveva combinato nessun danno alla loro convivenza.
Non era riuscito a chiudere occhio per il resto della notte fino a quando non erano giunte le prime luci dell'alba, poiché aveva troppi timori che giravano per la sua mente.

È normale che ci siamo baciati? Non è qualcosa che fanno gli innamorati?

Per un attimo gli batté forte il cuore, ma scosse subito la testa.
Il giorno dopo, Natanael si era comportato normalmente, come se non fosse successo niente, e Ari aveva pensato che quel bacio fosse stato solamente una presa in giro e c'era passato sopra anche lui.
Tuttavia, quando rimaneva da solo con i suoi pensieri non poteva che ricordare la sensazione delle labbra di Nael sulle sue.

Calde e morbide, avevano il gusto di un nuovo cibo mai assaggiato prima d'ora.

Si ritrovò ad arrossire ancora e fece qualche respiro profondo.

Era il mio primo bacio e me l'ha dato Nael.

Gli era impossibile non rivedere dentro di sé quella scena e ripeterla più e più volte fino a impazzire. Non aveva mai pensato all'altro in quel modo, di certo l'aveva sempre trovato bellissimo ed era l'unica persona che l'avesse mai fatto sentire bene – non che avesse mai conosciuto altri oltre ai suoi genitori – però, quel passaggio in più non gli era mai balzato alla mente.

Certo, da coppia di amici intimi a coppia di innamorati forse il passo è breve...

In quel momento arrivò il diretto interessato dei suoi pensieri e si stravaccò sul divano senza molta eleganza.
Ari fece finta di niente, fingendo di guardare il programma in onda in televisione, e si chiuse di più nelle ginocchia. Le gambe dell'altro finirono subito accanto alle sue, passando al di sotto dell'arco creato dal suo corpo tra il fondo schiena e i piedi.
Probabilmente il passo era davvero breve.

Ma io cosa provo?

Non ne aveva idea, non era qualcosa che l'aveva mai sfiorato.

E perché mai, Nael, dovrebbe provare qualcosa per me? Non sono un qualcuno che una persona vorrebbe accanto a sé per il resto della propria vita e, sicuramente, non appena sarò più grande, Nael se ne andrà.

Quella era l'amara verità a cui era arrivato con il passare del tempo, per questo voleva approfittare di quegli anni insieme per poter accogliere anche un minimo di felicità. Non si sarebbe mai perdonato che non gli rivolgesse più la parola per un suo errore o che lo abbandonasse molto prima del previsto.
Tremò appena e dovette ricacciare indietro le lacrime.
“Che succede?”
La voce di Nael gli arrivò dritta al petto come una freccia scoccata a vicinanza.
Come al solito si era accorto che qualcosa non andava.
“Mh? Niente...” Ari cercò di non dare a vedere che fosse effettivamente così.
“Eppure non lo sembra affatto. Stai sicuramente pensando a qualcosa, perso nel tuo mondo.” gli rispose diretto, ma con un tono affabile che non dava per niente l'idea di un ammonimento.
“No, no... va tutto bene.”

Per favore, Nael, non domandare ancora o non resisterò oltre.

In quel momento non stava bene per niente. Era combattuto tra i suoi sentimenti per Natanael, sui quali non si era mai soffermato e che adesso stavano urlando con insistenza di avere un nome, e sul futuro che si prospettava davanti a sé, in solitudine e senza nessuno che gli avrebbe mai più voluto bene.
Ma il problema non era questo, non era un qualcuno a caso.

Senza più Nael e il suo affetto.

“Ti vedo un po' distaccato.” riprese a parlare e Ari sussultò. “È per quello che è successo l'altra notte?”
Ari negò con il capo. Da una parte era così, ma dall'altra era un'enorme bugia.
Non era sicuro di voler affrontare quell'argomento, anzi, non lo voleva affrontare di sicuro e sperò che Nael non insistesse oltre.
Intravide con la coda dell'occhio l'altro che aveva allungato le braccia verso di lui, come a richiamarlo per un abbraccio, e il sorriso sul volto.
Ari si sentì mancare ancora il fiato, ma non ci dovette neanche riflettere sopra che prese a gattonare sul divano, fino a quando non si distese completamente sul corpo di Nael con la testa sul suo petto.
Subito dopo si sentì racchiuso dalle braccia possenti del maggiore e anche lui lo strinse, schiacciandosi su di lui.
Non capiva quel comportamento.
Se fino a poco prima non si era mai posto la domanda del perché si scambiassero quelle effusioni senza alcun problema, adesso era diventato un tarlo nella sua testa, che gli chiedeva continuamente quali fossero i motivi che li spingevano ad agire in quel modo l'uno verso l'altro.
Da una parte, però, li vedeva come un qualcosa di normale e anche adesso gli parevano normali, solo si era insinuato in lui un non so che a cui non sapeva dare un appellativo.
Nael portò una mano al suo volto e prese ad accarezzarlo, fino a sfiorargli con la punta delle dita le labbra.
“Sicuro che vada tutto bene?”
“Ho detto di sì...”

Si preoccupa sempre per me...

Il dito sulle sue labbra, che si erano appena seccate, non poté non farlo pensare di nuovo alla scena del loro bacio e alla stupenda sensazione che aveva provato e di cui si era reso conto solo più tardi.

Perché mi ha baciato? Perché il mio respiro si è fermato? Perché è tutto così piacevole? Perché non riesco a fermare il mio cuore?

La testa di Ari stava per scoppiare, incapace di dare una risposta a tutte quelle domande.
Non riuscì a contenere oltre le lacrime che presero ad uscire dai suoi occhi cristallini silenziosamente fino a cadere sulla maglietta dell'altro.
Nael si accorse subito della sensazione di bagnato sul suo petto.
“Perché stai piangendo?” chiese preoccupato.
“Non sto piangendo.” ricacciò indietro il pianto e tirò su con il naso.
“No, certo, non stai piangendo.” Natanael gli prese il capo e lo alzò per poter vedere gli occhi arrossati. “Proprio per niente.”
Ari ingrossò le guance e provò ad evitare il suo sguardo senza successo.
“Io non piango mai.” affermò, causando una risata esagerata da parte dell'altro e reagì con un ulteriore sussulto, sapendo che l'aveva sparata davvero grossa, continuando a far scendere le lacrime.
Nael tornò con il volto sereno e gli sorrise, gli rialzò il proprio per poterlo fissare nelle iridi.

È così bello...

Ari non riuscì a completare il suo pensiero perché Nael stava avvicinando la faccia alla sua molto più di quanto fosse necessario.
Nael aprì la bocca e gli lambì il labbro inferiore e poi quello superiore, tirandolo appena come se avesse appena dato un morso ad una mela, e si staccò subito dopo.
Smise di piangere all'istante, incantato da quello che era appena successo.
“Ti ha dato fastidio?” si allarmò immediatamente Nael.
Ari scosse il capo, sicuro di aver perso l'uso della parola.
“Allora ha funzionato.” gli sorrise per l'ennesima volta e lo abbracciò di nuovo tenendolo contro il proprio petto.
Ari si abbandonò su di lui e rimuginò ancora più confuso.
Aveva risposto di riflesso, non gli aveva dato fastidio per niente, anzi, aveva provato un dolce tepore sulle sue labbra che si era poi esteso al resto del corpo.
Non ebbe il coraggio di chiedere il perché, si sarebbe tenuto tutto dentro e avrebbe provato a non darci troppo peso per non combinare qualche disastro.
Non arrivò a un'altra soluzione, mentre le mani di Nael lo accarezzavano amabilmente sull'orecchio e la testa, finendo con l'addormentarsi su di lui.

 


 

Ottobre, anno 434 del XII periodo

Ari stava mettendo a posto le stoviglie in cucina, sentendo il leggero fischiettare di Nael che stava scendendo in quel momento le scale.
L'attimo dopo, questo lo circondò con le braccia e posò il mento sulla sua spalla.
“Nael, staccati.” provò ad usare un tono duro senza riuscirci, infatti l'altro non accennò neanche ad obbedire.
“Che scontroso che sei.” gli rispose con delicatezza, premendo il naso sulla sua guancia e soffiando contro di essa.
Ari si fece quasi cadere la pentola dalle mani e sentì le ginocchia cedere.
Da quando si erano baciati molti mesi prima, la situazione tra loro era diventata ancora più intima. Non che gli dispiacesse, ma il suo corpo era totalmente inesperto in certe cose e molto immaturo rispetto alla sua età. Semplicemente non riusciva a rimanere calmo e quasi impassibile come l'altro.
Posò la pentola sul piano della cucina, prima che gli potesse davvero sfuggire, e si rilassò contro il petto di Nael.
“Non è vero.” riuscì a ribattere, ormai perso nel suo mondo.
Natanael fece un sorriso ironico e gli diede un bacio sulla guancia, cominciando ad accarezzarlo sul fianco, e Ari ingoiò a vuoto, succube di quelle attenzioni.
Dovette ammettere di volerne ancora e voltò appena il capo per intravedere l'occhio verde di Nael.
“Hai pulito tutto?”
Ari annuì e il moro gli diede un bacio sulla punta del naso e rimase con il volto così vicino al suo.
“Bravo bambino.”
Successivamente gli diede un bacio a fior di labbra e Ari ricambiò chiudendo gli occhi e premendo sulle sue.
Anche quella era diventata un'altra loro abitudine.
Nei momenti dove Ari si sentiva triste o arrabbiato o per convincerlo a fare quello che voleva l'altro o semplicemente perché gli andava, Natanael lo baciava appena e questo bastava per avere il totale potere su di lui.

È forse normale?

Ari non lo sapeva, ma lo era diventato con il passare del tempo.
Erano piccoli baci fugaci privi di significato. O meglio, Ari non aveva mai avuto l'audacia di chiedere perché lo facesse e se lo era fatto andare bene.
Tuttavia, da qualche tempo aveva riscoperto che quel gesto non lo rendeva indifferente per niente: il cuore gli batteva a mille e i suoi pensieri vagavano verso scene a cui non aveva mai pensato nel corso della sua vita e finiva inevitabilmente con lo sprofondare nella vergogna.
Si allontanò alla svelta da Nael, con il viso rosso, e si voltò subito per non farsi vedere così imbarazzato.
“Vado a fare una doccia.” trovò una scusa per allontanarsi il prima possibile.
“Senza di me?”
Ari si bloccò.

E questo lo è?

Già da quando erano più piccoli era capitato di lavarsi insieme, ma per un problema di soldi avevano dovuto risparmiare su molte cose per qualche tempo, tra queste era inclusa l'acqua calda. Per questo erano finiti a farsi sempre la doccia insieme e, anche dopo che non ce n'era più bisogno, non avevano mai cambiato questa abitudine.
A causa di quello che Nael provava nei confronti di Ari, all'inizio era stato un po' un problema per lui gestire il proprio corpo e semplicemente faceva alla più svelta possibile girato dalla parte opposta. Tuttavia, con il passare dei giorni era diventato sempre più abile nel lasciare quegli istinti animaleschi da parte, tanto che ormai era lui stesso che lo lavava quando capitava.
Per Ari, invece, non era mai stato un disturbo, almeno fino a quando non si era reso conto che, non solo i baci di Nael e le sue attenzioni gli provocassero un qualche turbamento nel suo petto, ma anche il suo corpo nudo accanto al proprio. Fortunatamente, il pudore l'aveva sempre placato e Nael aveva anche il buon senso di non farglielo notare per non creare un'ulteriore agitazione.
“Sono tutto sudato dopo aver pulito la cucina. Faccio in fretta.” così dicendo si dileguò al piano superiore e si chiuse in bagno.
Aveva il fiatone e finalmente poté crollare sulle ginocchia, strisciando contro la porta e finendo seduto sul pavimento.
Si portò le mani al viso per nasconderlo.
Il cuore non accennava a fermarsi.

Cos'è questo sentimento?

Non gli era mai capitato fino a qualche mese prima, ma adesso lo vedeva con altri occhi.
Nael stava cominciando a diventare la persona di cui aveva più bisogno, non soltanto perché si era preso l'impegno di occuparsi di lui o perché gli volesse davvero bene come non aveva mai fatto nessuno, ma perché stava iniziando a capire cosa fosse quella sensazione di cui parlavano alcuni protagonisti dei libri che leggeva.

Non so se è qualcosa di così grande...

Si strinse il cuore da sopra la maglia, cercando di far attenuare il battito.

...ma lo sta diventando.

Quello era un altro problema che si aggiungeva a quelli che aveva già.
Non avrebbe mai avuto il coraggio di confessarsi. A malapena riusciva a dire qualche frase dolce come quelle che Nael riservava per lui e si limitava a piccole effusioni.
Inoltre, non sapeva se sarebbe stato ricambiato allo stesso modo, poiché ancora non era totalmente convinto che qualcuno si potesse davvero affezionare a quella maniera ad uno come lui.

Potrebbe fare così solo per prendermi in giro, perché si diverte e perché anche lui è un ragazzo in preda agli ormoni.

Non sapeva neanche quale fosse il filo logico.

E se la sua risposta fosse negativa...

Aveva paura che se ne andasse, come al solito.

Ma non so neanche se quello che provo è una semplice cotta che scomparirà tra qualche settimana o qualcosa di più. Non so come sia l'amore, non so come riconoscerlo.

Era una contraddizione continua e non aveva nessuno con cui potersi confidare.
Nael era quel qualcuno, ma lui era anche il soggetto delle sue riflessioni, quindi era da escludere.
Doveva semplicemente tenersi tutto dentro ancora e sperare che quel sentimento scemasse o che accadesse qualcosa che lo facesse calmare.
In quel momento pensò che non aveva neanche aperto l'acqua e Nael poteva pensare che gli avesse mentito per allontanarsi da lui. Si alzò con un po' di fatica e la fece scorrere, per poi stringere il perimetro del lavandino, guardandosi allo specchio.
Aveva le lacrime agli occhi e la bocca socchiusa dalla quale fuoriusciva un respiro irregolare.
Avrebbe cercato le risposte ancora nei libri, li avrebbe consultati tutti dal primo all'ultimo. Non aveva altri modi.
Pensò bene di darsi una sciacquata con acqua ghiacciata per schiarirsi un po' le idee e, quando uscì con una salvietta a coprirlo in vita, trovò il moro in corridoio che stava spazzando.
“Tutto bene?”
Il suo sorriso lo fece rilassare appena.
Di nuovo non sapeva come gli fosse passato tutto solamente guardandolo in quegli occhi magnetici e ora esistevano solo loro due senza nessun problema a intralciare l'atmosfera.
Era evidentemente lo stesso Nael che l'avrebbe tolto da quella situazione anche senza esserne consapevole.

È normale tutto questo?

Gli si avvicinò senza rispondere, ricambiando il sorriso, e lo abbracciò inumidendogli appena la maglietta con il suo petto ancora un po' bagnato.
“Ehi?” domandò Nael, leggermente confuso da quel comportamento.
“Abbracciami.”
Natanael spalancò la bocca e lasciò cadere a terra la scopa per afferrare l'altro e premere fortemente sulla sua schiena.
Ari sorrise con i capelli neri che gli solleticavano le ciglia e gli diede un bacio lieve appena al di sotto dell'orecchio.
“Va tutto bene.” affermò ancora.
Rimasero abbracciati per qualche minuto senza parlare oltre, cullati solamente dalle loro mani sui reciproci corpi.

Sì, è assolutamente normale.




NOTE DELL'AUTRICE:
 

Ciao a tutti con questo aggiornamento del sabato! :)
Si sono baciaaatiii! Vi ricordate quando nel presente, durante il primo bacio, Ari pensa a un ricordo del suo primo bacio con Nael? Ecco, ora sapete com'è successo e quanto sta soffrendo quel povero disgraziato di Nael... povero.
Ma pensiamo ora ad Ari che è andato in completa confusione, ottimo lavoro xD e vediamo come entrambi sono così stupidi da lottare contro un sentimento che, invece, dovrebbero accogliere, dato che è il medesimo per tutti e due u.u
Spero come al solito di avervi fatto palpitare e sarei felice di sapere come stanno andando le cose attraverso i vostri commenti! :3
Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo ancosa questa storia e vi anticipo che manca davvero poco per abbandonare il passato, così come potete vedere dagli anni che passano. Chissà che altri batticuori ci attendono!
Un bacio a tutti e a domenica prossima!
Flor :)

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - 435 ***


 

CAPITOLO 23
435


 

Gennaio, anno 435 del XII periodo

Ari fece uno sbadiglio, stiracchiandosi appena.
Fuori la temperatura era andata sotto zero e l'unico posto in cui si stava bene al calduccio era sotto il piumino del suo letto e...

Tra le braccia di Nael.

Ari si ritrovò a sorridere vedendolo ancora dormire al proprio fianco, imbacuccato quasi fino alla punta del naso e con un braccio che lo teneva fermo per la vita.
Invece di scemare, l'affetto che provava nei suoi confronti si era imposto con prepotenza e questo gli fece capire quanto fosse davvero importante per lui quel ragazzo.
Era contento che le cose fossero andate così; nel profondo della sua anima non avrebbe mai voluto che quel sentimento scomparisse e tornasse ad essere semplice amicizia.
Non che la loro lo fosse mai stata.

Voglio bene a Nael, gliene voglio molto di più di quanto penso e molto di più di quanto riesco ad esprimere a parole.

D'altronde, si era sempre represso.
Non aveva il coraggio di prolungare quei lievi baci a schiocco che riceveva e neanche chiedere con quale nome dovesse chiamare il loro rapporto. La paura, purtroppo, prevaleva sempre.
Avvicinò il naso a quello dell'altro fino a toccargli la punta e lo strofinò su di essa. Era il massimo che riusciva a fare di sua iniziativa.
Qualche attimo dopo, avvertì che Nael si stava svegliando e si spostò lievemente per poterlo guardare negli occhi senza problemi.
Il maggiore li sbatté più volte per essere coscienzioso che fosse sveglio e subito si specchiò nelle iridi azzurre intense di Ari. Gli sorrise dolcemente e premette il naso sul suo.
Ari non si stupì di quel gesto.
Subito dopo parlarono all'unisono.
“Buon compleanno, Nael.”
“Buon compleanno, Ari.”
Si misero a ridere piano piano.
Nael portò una mano al suo viso per accarezzarlo e gli diede un bacio sulle labbra.
Ari rimase con gli occhi chiusi per qualche istante e, quando li riaprì, osservò Nael che si stava umettando il labbro superiore con la lingua.
Immediatamente i suoi pensieri lo fecero diventare rosso e si buttò sul suo petto per non darlo a vedere.
“Hai ancora sonno?” gli domandò innocente e Ari colse la palla al balzo.
“Già.”
“E i tuoi animali?”
“Vai tu a dargli da mangiare.”
Nael schioccò la lingua e gli diede un pizzicotto sul braccio, ottenendo un verso di dolore esagerato.
Rimasero in silenzio in quella posizione per qualche minuto ancora, sentendo unicamente i sospiri reciproci e lo sfrusciare delle coperte.

Quanto vorrei rimanere qua per tutto il giorno.

Ari sorrise contro il petto dell'altro e poggiò la guancia sul suo cuore sentendo la vibrazione di esso.
Purtroppo non sarebbe stato possibile, però era una bella fantasia da utilizzare per riuscire a prendere sonno nelle sere successive.
Avvertì la mano di Natanael che stava scendendo sulla sua schiena per poi arrivare alle cosce e un brivido gli fece rizzare i peli. Le dita passavano delicate sul suo corpo, quasi come se avessero timore di toccarlo per davvero e questo non faceva che creare una scossa dopo l'altra.
Poi la stessa mano si insinuò nei suoi capelli e glieli tirò appena.
“Ari, ho una sorpresa per te.”
“Per me? Cos'è?” domandò curioso.
“Se mi segui fuori dal letto e sistemiamo tutto quello che dobbiamo, poi te lo faccio vedere.”
Ari annuì, saltando giù dal materasso. Non sapeva quale stramberia fosse passata per la mente dell'altro, ma si sentiva già felice.



Il rumore di quello che era un rasoio elettrico rimbombò tra le pareti del bagno.
“Dove l'hai preso?”
Ari aveva le braccia conserte e guardava Nael con cipiglio.
Questo sospirò esageratamente.
“No, aspetta...” continuò. “Non dirmi che l'hai rubato.” il suo tono era evidentemente ironico e si portò una mano sulla faccia con disappunto.
Natanael si mise a ridere, sapendo di essere stato colto sul fatto.
“Ma che stai dicendo!”
“Nael, a chi l'hai rubato?” insistette.
Il maggiore non poteva mentire sull'evidenza.

Accidenti a lui.

“Al barbiere.” ammise. “Ma non è rubare! Appena fatto glielo riporto indietro... Giuro!” gesticolò più di quanto ci fosse bisogno.
Ad Ari dava fastidio il fatto che non avesse perso la sua indole da ladro, eppure, lui non riusciva a resistere nell'appropriarsi di certe cose.

Tutte di poco conto comunque.

Però aveva in mente quell'idea da un sacco di tempo e non c'era occasione migliore che sfruttarla proprio come regalo di compleanno per l'altro.
“Non ci credo.”
Nael si sentì trafitto dalla purezza dell'altro e scosse il capo ridacchiando appena.
“Dai, stai zitto e lascia fare a me, ora.” allungò la mano verso il suo polso.
“Aspetta, aspetta!”
Ari gli sfuggì dalla presa e scivolò dietro di lui con agilità.
Nael era andato da lui e gli aveva detto che tutti quei capelli erano troppo lunghi per un ragazzo e che non era più un bambino, quindi serviva una nuova acconciatura per variare. Ad Ari piacevano i suoi capelli biondo cenere che gli arrivavano appena al di sotto delle spalle e non aveva mai pensato di cambiare taglio, inoltre era restio ai mutamenti, quindi non era molto sicuro riguardo a quello che gli volesse fare.
“Devo farlo per forza?” domandò con una punta di ansia.
Nael lo guardò dapprima sarcastico.

Sei fin troppo adorabile in questo momento.

Poi provò a persuaderlo con il suo tono affabile e il suo immancabile sorriso.
“Fidati, starai benissimo.”
“Perché non lo fai su te stesso?”

Però anche fin troppo testardo.

Nael si passò una mano tra i capelli corvini, tirandoli sulla fronte per poterli vedere.
“I miei sono già corti...” sbuffò e allargò poi le braccia. “Invece tu ce li hai belli lunghi e verrà fuori benissimo!”
Ari l'osservò e fu come vedere un bambino alle prese con la prima volta che guardava il mare, con in mano un sacchetto pieno di caramelle e i suoi giocattoli preferiti intorno a lui.
Quanto sapeva essere infantile delle volte.
“Ma sei capace di usarlo?” si preoccupò ancora.
“Aaah, Ari! Smettila con queste apprensioni!” si spazientì.
“Non voglio ritrovarmi con la testa sanguinante.”
Nael gli afferrò il codino e lo lasciò scivolare a terra per poi arruffargli i capelli. Si abbassò su di lui per lasciargli un bacio sulla fronte.
“Sarai ancora più bello di quanto tu non lo sia già.” gli fece un occhiolino e poté bearsi della visione delle gote di Ari che si stavano arrossando poco a poco.
Si sentiva quasi in colpa a convincerlo con quelle maniere subdole.

Quando ci vuole, ci vuole.

“O-Ok...”
Ari si posizionò davanti allo specchio e si mise una mano tra i capelli, ammirando per un'ultima volta quella massa di ciuffi che gli incorniciavano il volto, prima del cambio radicale.
Vide nel riflesso Nael che gli si era avvicinato e che gli aveva posato una mano sul fianco mentre con l'altra aveva riacceso il rasoio.
“Sei pronto?”
“Sì.”
Nael ci mise qualche minuto e non fu così difficile come avrebbe creduto e, quando finì il suo lavoro, aspettò l'esito dal diretto interessato.
“Ammira!” esclamò contento, posando lo strumento sul lavandino.
Ari si specchiò nuovamente.
La parte sinistra della testa era quasi completamente rasata, solo un paio di millimetri la ricoprivano e sulla parta destra vi ricadeva un lungo ciuffo che gli arrivava fino al mento e che gli nascondeva appena un occhio. Tutto l'ammasso di capelli era concentrato nella parte destra del capo e lui si tastò ogni centimetro.
“Allora? Allora?” domandò Nael sempre più impaziente, dandogli una piccola gomitata. “Ti piace?”
Ari non accennava a rispondere e l'entusiasmo del moro andò smorzandosi.

Mi sa che ho combinato un disastro.

“Se non ti piacciono li fai ricrescere e basta...”
Vide il volto dell'altro che ancora si osservava quasi atono.

Merda!

“Ehi?”
“Mi piace.” spezzò finalmente il silenzio.

Eh?

Nael sbatté gli occhi più volte, non capendo ancora quale fosse la reazione dell'altro.
“Mi piace.” ribadì Ari, voltandosi completamente verso di lui con un sorriso.
I suoi occhi eterocromi si illuminarono.
“Davvero?”
“Davvero tanto.” Ari si mise a ridere dolcemente.
In quel momento, Nael poté osservare il risultato del suo lavoro.

Sta benissimo.

Il nuovo taglio aveva fatto perdere parte del lato innocente di Ari e sembrava più un ragazzo della sua età o addirittura più grande, se non fosse stato per i suoi lineamenti eterei. I suoi occhi risaltavano ancora di più attraverso i piccoli fili che gli ricadevano davanti, creando un gioco di chiaro scuro tra l'azzurro e la cenere. Tutto nell'insieme gli dava un certo fascino.
Un fascino che fece battere forte il cuore di Nael e spalancare la bocca.
“Te l'avevo detto!” cacciò indietro quei pensieri, senza mai distaccare lo sguardo da lui.
Gli mise le mani sulle spalle, tenendole forte su di esse.
“Sto bene?” chiese il minore con una voce pura e ingenua.
Natanael si abbassò sulle sue labbra e vi soffiò sopra.
“Sei bellissimo.”
Gli diede un lieve bacio e si ritrasse rimanendo alla sua altezza.

Da quando Ari gli aveva dato il lasciapassare per quei semplici baci, il suo petto aveva cominciato a causargli meno dolore.
Era un piccolo gesto, ma lui non perdeva occasione per darlo.
Sentire appena quelle labbra morbide premere sulle sue e il fiato accelerato del ragazzo che lo colpiva al mento, prima di quel breve attimo, era una sensazione stupenda.
Non gli era stato chiesto perché continuasse a baciarlo e lui non voleva affrontare l'argomento, quindi fu ulteriormente contento di come si era sviluppato il loro rapporto. Nonostante ciò, la loro situazione era in bilico.
Non erano fidanzati, non erano amici, non erano parenti.
Cos'erano?
Nael non aveva una risposta a questa domanda e pensò che non l'avrebbe avuta a breve, dato che non si sarebbe spinto oltre a quello – che già riteneva eccessivo, ma le sue labbra si muovevano al suo posto e non poteva dire di no.

L'unico peccato è che dura troppo poco e io vorrei sbatterlo al muro in questo momento.

La sua immaginazione prese a volare e non era per niente casta.
“Ora devi riportare indietro il rasoio.” Ari lo fece tornare alla realtà.
“Non posso lasciarti solo il giorno del tuo compleanno.” trovò in fretta una scusa. “Lo farò domani.”
“Nael!”
“Domani.” concluse lì il discorso e premette il naso contro il suo per poi lasciarlo scivolare fino alle labbra.
“Domani, non oltre.” Ari socchiuse gli occhi e glielo baciò, lasciandosi per l'ennesima volta comandare a bacchetta da quel ragazzo.

 


Maggio, anno 435 del XII periodo

“Prima i capelli e ora un piercing? Perché ho come l'impressione che mi stai usando come cavia per quello che in realtà vorresti fare tu?” Ari aveva la voce fintamente arrabbiata.
“Sei tu quello che ha commentato quel ragazzo per strada e ha detto che sarebbe spiccato con la tua nuova capigliatura.”
Il biondo si irrigidì e strinse i pugni lungo i fianchi.
“Questo non significa che lo voglia fare per davvero. Non devi prendere per oro colato tutto quello che esce dalla mia bocca!”
“Fidati, non lo faccio.” Nael lo guardò sornione e Ari cercò di ribattere con uno sguardo infuriato, ma quel sorrisetto subdolo era imbattibile.
Incrociò le braccia e si morse il labbro inferiore.
“Lo vuoi fare, vero?”
Era una questione così stupida, ma Ari voleva davvero farsi il piercing, solo che non voleva spendere soldi per un qualcosa del genere e, anche se Natanael si era offerto, non era convinto completamente di potersi affidare a lui, per quanto si fidasse.
Non era di certo il suo mestiere.
“Mi farai male?” domandò un po' incerto.
“Ho visto Rorik farlo ad un sacco di ragazzini e nessuno si è mai lamentato.”
Non sapeva se fosse per tranquillizzarlo e convincerlo, ma Nael era parecchio persuasivo quando ci si metteva.

O forse sono io che non so impuntarmi per niente.

Si morse ancora il labbro e ci rifletté sopra.
Vide Nael allontanarsi e lo seguì con gli occhi. Il ragazzo aprì un cassetto e afferrò qualcosa che non riuscì subito a distinguere.
“Allora?” gli mise davanti alla faccia l'oggetto che aveva appena preso.
“Nael! Devi sterilizzarlo!” Ari sgranò le pupille alla vista dell'ago che l'altro si stava rigirando tra le dita. “Ci sono un sacco di preparazioni che dovrò accertarmi che tu faccia prima che tu possa anche solo avvicinarti al mio orecchio.” si portò le mani al suo orecchio sinistro e le premette contro.
“Lo so, con chi credi di parlare?” Nael gli mise un dito sul naso. “No, non dirlo.”
Ari rise appena.
“Vado a prendere un accendino.”




“Sei sicuro che non faccia male?”
Ari era seduto su una sedia in cucina con un tappo di sughero dietro al lobo e Nael pronto davanti a lui con l'ago e l'orecchino – che aveva scoperto aveva rubato apposta qualche giorno prima, consapevole che avrebbe vinto quella discussione.
Avevano pulito tutto e Ari aveva già preparato del cotone e acqua ossigenata per qualsiasi problema, anche se Natanael gli aveva ripetuto più volte di non farsi tutte quelle paranoie.

La sicurezza prima di tutto.

“Va bene, sei pronto?” domandò Nael con lo sguardo concentrato.
“Pronto.”
Lo era davvero? Dubitava sarebbe mai stato realmente pronto per qualcosa che poteva causargli dolore, d'altronde, pensò di poter sopportare per una volta.

Non sarà così terribile.

Nael inserì l'ago nel lobo e Ari strizzò gli occhi.

Non ha fatto male come pensavo...

Tirò un sospiro di sollievo, ma questo si bloccò subito non appena cominciò a muovere l'attrezzo nel suo lobo.
“Nael, mi hai mentito.”
“Ehi, non è colpa mia se sei così delicato.” lo prese in giro. “Sto cercando di essere più aggraziato possibile. Resisti un paio di minuti, ti devo allargare il buco e mettere l'orecchino tutto in una volta, non è così facile come credevo.”
“Avevi detto che eri capace.”
“Rorik lo faceva come se fosse il suo lavoro, non sembrava difficile.”
Ari sospirò, sperando di non ritrovarsi a doversi tagliare via un orecchio.
“Stai tranquillo.” disse ancora Nael. “Pensa di star nuotando nel fiume.”
“Come se fosse facile.”
Sbuffò e serrò la mascella quando avvertì chiaramente l'ago star uscendo dalla parte posteriore e la punta dell'orecchino che era entrata al suo posto.
“Abbiamo quasi finito.” sorrise Nael, contento del risultato ottenuto dopo aver sigillato l'orecchino al suo lobo. “Ti sta davvero benissimo.”
Ari finì di tamponarsi il cotone per togliere la piccola goccia di sangue che gli era fuoriuscita e si rifletté nello specchio che il moro gli aveva messo davanti al volto.
Aveva ragione, gli donava.
“Così so che regalo farti per il prossimo compleanno.” Nael incrociò le braccia con un sorrisino.
“Rubandolo come tuo solito?”
“Ovvio.”
Ari scosse la testa, sapendo che quel lato dell'altro non sarebbe mai svanito, benché ormai non gli importasse più di tanto.
Lo guardò perdendosi nei suoi occhi, che stavano ricambiando il gesto, e allungò le braccia per farsi abbracciare. Nael gli fu subito addosso, baciandogli la testa.
“Grazie, Nael.”

 


 

Settembre, anno 435 del XII periodo

Quel giorno non aveva ancora smesso di piovere, anzi, stava diluviando talmente tanto che Ari sperò non si rovinassero i campi.
Sia lui che Nael erano rimasti in casa per tutto il tempo; il biondo era uscito unicamente per prendersi cura degli animali e assicurarsi che il temporale non facesse danni alla stalla, mettendo tutto al sicuro. Nael, invece, era a malapena uscito dalla propria camera.
Accadeva sempre così quando c'era un tempo del genere e Ari non poté fare altro che accettarlo.
Sapeva perfettamente il perché di quel comportamento, ma non sapeva come poterlo calmare.

Dopo tutti questi anni, ancora non sono riuscito a trovare un modo per farlo stare bene così come lui ha sempre fatto per me.

Sospirò tristemente, rientrando in casa e togliendosi l'impermeabile bagnato fradicio.
“Nael?” provò a chiamarlo, urlando forte per farsi sentire. “Ti va di preparare un dolce?”
Si sentiva così inutile per non esser mai stato capace di fargli tornare il sorriso in quelle giornate, piuttosto, era lo stesso Nael che gli sorrideva facendogli credere che andasse tutto bene, anche se evidentemente non era così.
Era un sorriso che riusciva a distinguere dai soliti.
Sarebbe stato strano se Natanael non avesse mai avuto un momento dove si sentisse giù di morale, poiché era sempre pronto a sorridere e a farlo divertire, eppure gli procurava un dolore al petto saperlo in quello stato.
Non voleva lasciarlo solo in quelle giornate, ma succedeva che a volte veniva allontanato e non aveva mai capito il motivo, anche se era più che ovvio: Nael non voleva assolutamente che Ari lo vedesse ridotto a quel modo e si malediva da solo nel non riuscire a trattenere quella sua paura insita.
“Nael?” provò ancora, senza ricevere risposta, e prese a salire i gradini per raggiungere il piano superiore.
Ari si preoccupò subito.
Era raro che lo ignorasse di sua spontanea volontà e non era una cosa a cui si sarebbe mai abituato. I sentimenti che provava per quel ragazzo non glielo permettevano.
Aveva capito che quello che sentiva dentro di sé era più che una semplice infatuazione, difatti non era mai svanita, al contrario, si era sempre di più infervorata fino a fargli tamburellare il cuore per ogni minima sciocchezza.
Aprì la porta della propria stanza e accese la luce, riscoprendo che non c'era nessuno al suo interno.
Spalancò gli occhi, pensando subito alle peggior cose.

Che fine ha fatto?

“Nael? Dove sei?”
Bussò al bagno, ma nessuno gli rispose ancora una volta.

Nella camera dei miei genitori non può essere entrato...

Lo escluse subito perché lui era l'unico che aveva messo piede in quella stanza negli ultimi anni per pulirla e tenerla incolume, così come era stata lasciata quando gli erano stati portati via i genitori.

...quindi non può che essere...

Spostò gli occhi nella stanza degli ospiti, quella dove Nael aveva dormito prima di stabilirsi fisso nella propria.
Bussò delicatamente, non così fiducioso di ricevere una risposta, e poggiò l'orecchio su di essa.

Entro o non entro?

Poggiò la mano tremante sulla maniglia, insicuro sul da farsi.

Se entro e si arrabbia con me? Dopotutto se mi avesse voluto intorno, me l'avrebbe fatto capire...

Si morse il labbro e, con un respiro profondo, entrò.
Lo vide seduto sul letto con la schiena poggiata alla parete e una coperta tirata su fino a coprirgli la testa, come se fosse stata un mantello con cappuccio.
Gli si strinse il cuore nel vederlo.
Decise di non accendere la luce, ma lo spiraglio che veniva dalla porta mezza aperta bastava per illuminare parte della stanza e del ragazzo.
“Nael, posso entrare?” si diede dello stupido da solo.
“Si chiede prima di agire. Pensavo di avertelo insegnato.” rispose ironico e a bassa voce, una piccola punta di scherno era presente in essa, sebbene non avesse la solita scintilla che l'accompagnava.
Ari gli si avvicinò e si sedette sulla sponda del letto.
“Stai bene?”
“Sì, tranquillo Ari.”

Non è vero, perché mi stai mentendo?

Non riuscì a domandarlo, limitandosi a sospirare per l'ennesima volta.
Protese la mano verso il suo viso, rivolto verso il basso, e gli toccò appena la guancia prima che l'altro si scansasse.
Ari spalancò gli occhi e non perché l'aveva allontanato, ma perché si era ritrovato le dita umide.

Sta piangendo...

“Perché sei in questa stanza?” Ari disse la prima cosa che gli venne in mente. “Dai, andiamo a cucinare dei biscotti.”
“Volevo stare un po' da solo nel mio letto.” Nael continuò a tenere il capo basso, ignorando la richiesta dell'altro, facendogli credere di aver fallito il primo tentativo.
“Capisco...”

Mi sto comportando da perfetto idiota. Non so cosa dirgli, eppure lo conosco così bene ormai... Non sono neanche in grado di consolare la persona a cui tengo di più?

In quel momento un tuono rimbombò nel cielo e la stanza si illuminò di colpo, facendo sussultare il maggiore più del dovuto.
Ari lo guardò con la coda dell'occhio e lo vide tremare. Sapeva che nella sua mente stavano sicuramente passando le immagini di quel giorno di quando aveva tre anni e che sentiva l'acqua avvolgerlo e trascinarlo verso il fondo.
Era strano come solo il temporale lo facesse sentire così, mentre non aveva problemi per quanto riguardasse il fiume, anzi, lo accompagnava sempre e perdevano le ore a giocare nelle sue acque.
Da una parte era meglio così.
Un ulteriore tuono echeggiò nelle loro orecchie, anche più forte del primo.
Ari avvertì chiaramente un singhiozzo da parte dell'altro e si girò di scatto verso di lui, riscoprendolo a nascondersi la faccia con le mani per non farsi vedere piangere.
“Nael...”
“Ari, puoi anche scendere. Non sei costretto a rimanere con me.” gli sorrise appena, togliendosi le lacrime con la felpa.

Sei uno stupido, Nael.

“Guarda che puoi piangere se vuoi.” posò una mano sulla sua coscia. “Non c'è nulla di male.”
“Detto da te, è un ottimo consiglio.” lo prese in giro, facendogli la linguaccia.
“Dico davvero. Sfogati.”
Nael scosse il capo e gli prese la mano che aveva sulla gamba. Subito dopo dovette ritrarla per via di un altro tuono e si ricoprì le orecchie più forte che poté.
Ari non resistette più.
Gli avvolse la testa con le braccia e lo trascinò verso il proprio petto, tenendolo stretto e lasciandogli dei baci tra i capelli neri. Natanael si lasciò un po' andare, infatti sentì le lacrime scorrere, anche se cercava di trattenerle, e lo abbracciò a sua volta.
“Grazie, Ari.”
“Ogni tanto servo a qualcosa anche io.”
“A me servi sempre.”
Il battito del biondo aumentò a dismisura e le sue guance si imporporirono.

Non quanto tu servi a me.

Socchiuse gli occhi e poggiò il capo su quello dell'altro, accarezzandolo dolcemente per farlo calmare e pensò di esserci riuscito dopo qualche minuto.
Quando si staccarono, si rivolsero a vicenda un sorriso e Ari fu di nuovo riempito da quello sguardo finalmente sincero come era solitamente.
Avrebbe voluto stampargli un bacio per tranquillizzarlo ancora di più, ma non aveva tutto quel coraggio da permettersi di agire a quel modo. Sperò che, invece, fosse l'altro a darglielo in quel momento. Purtroppo non accadde.
Si alzò dal materasso per andare a preparare da mangiare, dato che non sapeva che ore si fossero fatte, tuttavia una morsa lo afferrò al polso.
“Rimani con me ancora un po'?”
Ari perse il fiato per un attimo.
Le dita calde sul suo polso freddo lo stavano marchiando come se stesse camminando sui carboni ardenti e gli stavano trasmettendo una strana sensazione che si espanse in tutto il resto del corpo.
Si risedette e finirono per sdraiarsi sotto le coperte, abbracciati in quel letto ad una piazza, che era troppo piccolo rispetto al suo matrimoniale e che li aveva obbligati a stare molto più vicini del solito per non cadere.
Nael lo stava accarezzando, torturandogli il lobo superiore dell'orecchio destro, dove aveva deciso qualche mese prima di farsi un altro piercing, e stava giocando con esso.
Adorava quando l'altro lo toccava in quel modo e quasi pensò di finire nel mondo dei sogni solo per quello, tuttavia rimase ben sveglio a ricambiare quelle attenzioni, lambendogli la schiena con la punta delle dita.

Mi dispiace di non essere in grado di fare di più per te, di non sapermi prendere cura di te come vorrei e che non mi vengono in mente idee per riportarti il sorriso sul volto. Però, spero che la mia vicinanza ti basti per trovare un po' di sollievo così come succede sempre a me.

Ari sorrise e gli diede un bacio sulla fronte, sfiorandolo appena.
“Comunque...”
Prese la parola dopo qualche minuto e l'altro alzò la faccia su di lui.
“Il tuo letto si trova nella stanza a fianco.”
Nael scoppiò a ridere, troppo felice per quella frase, e abbracciò Ari talmente forte da far mancare l'ossigeno a entrambi per qualche secondo.

 



NOTE DELL'AUTRICE:
Buona domenica gente!
Bentornati insieme ai nostri bimbi belli! Capitolo abbastanza inutile a livello di trama, tranne la fine lol in realtà non è inutile, perché tutti volevate sapere come diamine Ari è arrivato ad avere quella capigliatura da bullo della scuola e i piercing, io lo so u.u
Due scene divertentissime da scrivere e adesso sapete come non sia stata tutta colpa di Nael, ma il nostro Ari ha un animo ribelle inside xD
E l'ultima scena abbiamo un Nael impaurito dal temporale, cosa che adesso tutti voi dovreste aver capito come mai, con Tinirau dentro di lui che gli fa provare certi sentimenti negativi non può che crollare, poverino :(
Come al solito, spero che vi abbia lasciato qualche emozione anche questo capitolo e dal prossimo... *si blocca* eeeeh, dal prossimo u.u tante cose dal prossimo u.u
Grazie a tutti quanti e ci sentiamo domenica prossima con un nuovo capitolo! Un bacio enorme a tutti.

Flor :3

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Una nuova vita in Cielo ***


 

CAPITOLO 24 
UNA NUOVA VITA IN CIELO

 

Dicembre, anno 436 del XII periodo

Ari stava lavando il pavimento con lo scopettone e un secchio ricolmo d'acqua al suo fianco.
Era da quasi sette anni che viveva con Nael e, ormai, aveva capito di essersene perdutamente infatuato e molto più di questo.
Se fosse arrivato il giorno in cui non l'avrebbe più avuto al suo fianco, sarebbe morto di conseguenza e non avrebbe mai voluto sperimentare ancora quel dolore, quella sensazione di solitudine che conosceva bene.
Tutto era proceduto normalmente e la loro era una convivenza fantastica. Ari aveva imparato ad appoggiarsi all'altro e Nael lo sorreggeva ancor prima che fosse lui a gettarsi.
Avevano un equilibrio perfetto e perfetti erano loro due insieme.
Certo, Ari voleva di più e portare tutto a un livello superiore, ma non aveva mai neanche sperato di potersi legare in quel modo a qualcuno, quindi figurarsi ottenere qualcosa di maggiore. Aveva sempre pensato che non esistesse una persona capace di voler bene a se stesso e al suo carattere.

Invece l'ho trovato...

Immerse lo scopettone nel secchio.

Anzi, è lui che ha trovato me.

Sorrise a quel pensiero e, per un attimo, ebbe il batticuore.
Si mise a posto la molletta che teneva fermo il ciuffo dietro l'orecchio e, in quel momento, si sentì chiamare a squarciagola.
“Ari! Ari!”

Nael?

Si avviò alla porta e la spalancò, trovandosi davanti il ragazzo, che stava correndo velocemente verso di lui con una faccia non molto rassicurante.
“Che succede?”
“Sta arrivando la polizia e con un furgone enorme!” parlò quasi a fatica, cercando di riprendere fiato.
Non aveva mai visto l'altro così sconvolto e questo non fece altro che buttargli addosso un'ansia esagerata.

La polizia? Cosa vorrà mai da noi?

Vide arrivare il veicolo, che frenò ai limiti della staccionata, e si sentì prendere per la vita dall'altro, che chiuse immediatamente la porta.
“Che cosa succede, Nael?”
“Merda!”
“Nael?”
“Ari, stai tranquillo. Andrà tutto bene.” disse con foga, mentre spostava un mobile per metterlo davanti alla porta per non farli entrare.

Aveva sentito parlare in città di quello che stava succedendo, ma non aveva avuto il coraggio di discuterne con Ari.
Tutta l'umanità sarebbe stata costretta a ritirarsi sulle aeronavi a causa della divinità Tangaroa, che aveva deciso di punire l'essere umano e di inondare la Terra per non sapeva quale causa; quindi era stato indetto un mandato per recuperare tutti i cittadini e caricarli sulle navi del Cielo per continuare a vivere, mentre sarebbero continuati i sacrifici per la divinità.
Si era sentito in colpa, tuttavia non avrebbe mai distrutto quella vita che finalmente era diventata tranquilla, rischiando di non vedere più il sorriso di Ari; aveva sperato che non sarebbe successo per davvero e invece erano arrivati.

Ari si mise un pugno sopra al petto e rimase a bocca aperta.
“Aprite la porta!”
Sussultò, sentendo una voce burbera provenire da fuori.
“Ari, usciamo dal retro.”
Venne afferrato per il polso e subito si mise a correre, senza capire cosa stesse succedendo intorno a lui.
“Stanno cercando te?” quella frase gli uscì spontanea.
Aveva pensato che, essendo stato un ladro, non gli fosse mai passata, quindi, magari, era stato beccato in qualche furto o qualcosa del genere.
“Ho una reputazione così pessima ai tuoi occhi?” ironizzò con un sorriso e scosse il capo.
Ari quasi inciampò nel tenere il passo di Nael, ma non poteva fermarsi nel bel mezzo e rischiare di essere presi per chissà quale motivo, dato che l'altro non accennava a parlare nonostante sembrasse sapere qualcosa.
Uscirono dalla porta sul retro e si ritrovarono dietro la stalla.
Ari aveva paura, soprattutto quando sentì il rumore del vetro che andava in frantumi – probabilmente avevano rotto una finestra per entrare – e si voltò appena verso la sua fattoria, sperando di non vedere dietro di sé qualcuno che li inseguisse.
“Ari, tieni il passo.”
“S-Sì...” rispose non molto convinto e aumentò la velocità.
Passarono di fianco alla stalla e in quel momento si sentì afferrare alla vita e cacciò un urlo.
“Ari!” Natanael cercò di strattonarlo, ma la presa dell'uomo era di gran lunga maggiore della sua e gli sfuggì di mano.
Il biondo si dimenò, con le lacrime agli occhi, senza successo.
“Brutto figlio di puttana!” Nael si lanciò al suo salvataggio, tuttavia, gli arrivò un calcio sulla schiena che lo fece barcollare e rotolare a terra.
“Cosa credi di fare, eh?”
“Nael! Nael!”
“Stai zitto anche tu.” gli disse il poliziotto che lo stava tenendo fermo, dandogli uno scossone.
Ari cominciò a piangere, completamente succube da quello che stava succedendo e che ancora non aveva compreso e vide Nael venir preso di forza dall'altra guardia e portargli le braccia dietro la schiena.
La smorfia di dolore sul suo viso gli fece capire che non lo stava trattando con molta leggerezza.
“Andrà tutto bene, Ari. Non opporre resistenza o lascerai vincere questi fottuti cani del governo.” gli sorrise beffardo, ricevendo un colpo alle ginocchia che lo fece cadere.
Ari strabuzzò gli occhi.
“Non fategli del male!”
Nael venne rimesso in piedi tirato dai capelli e arrivò un terzo poliziotto che fece da scorta fino al furgone.
Ari aveva un brutto presentimento in fondo al suo cuore.
Si voltò verso la fattoria e non ebbe neanche il tempo di notare la porta scassata e la finestra in frantumi a qualche metro di distanza, che una mano possente gli girò il capo a forza. Emise un lamento e continuò a camminare.
Entrambi vennero trascinati verso il veicolo e, quando gli uomini aprirono le porte, poterono notare un'altra decina di persone sedute a capo basso al suo interno. Successivamente, vennero fatti salire con prepotenza.
Ari questa volta non ebbe nessun impedimento ad ammirare la propria casa per imprimerla nella mente come una fotografia.

Rivedrò mai la mia casa e i miei animali?

Sentì lo stomaco ritorcersi e gli venne la nausea al pensiero di abbandonare la sua cascina per chissà quale ragione. Avrebbe voluto continuare a vivere in pace, invece, qualcosa era arrivato a distruggere la sua tranquillità.

Ora che stava andando tutto così bene...

Osservò il bianco della staccionata, i campi che dovevano essere coltivati e sentì il gorgoglio del fiume a qualche metro di distanza.
Sospirò tra i singhiozzi e allungò una mano verso di essa senza neanche accorgersene. Quando ebbe il presentimento di averla raggiunta, un rumore sordo lo colse.
Poi solo il nero delle porte del furgone che si chiusero davanti a sé.




Ari stava piangendo da qualche minuto, seduto a terra e con la testa contro la spalla di Nael che lo stava accarezzando per dargli conforto.
“Dove stiamo andando?” disse tra i singhiozzi.
“Non lo so...”
Ari alzò appena lo sguardo per vedere le altre persone, che avevano l'aria di essere tutta gente di strada povera e malconcia e l'odore che si respirava lì dentro poté confermare quella teoria.
“Lasciamo la Terra, ragazzo.” fece uno di loro, un uomo con la barba folta e un berretto di lana a ricoprirgli i ricci neri.
“Che?” domandò Ari.
In quel momento sobbalzarono tutti, colti alla sprovvista da una buca presa in pieno dal furgone.
Ari si aggrappò a Natanael e lo sentì tremare contro il proprio corpo.
“Scusami, Ari.”
“Per cosa?”
“Dovevo dirtelo prima...”
Lo vide mordersi il labbro e scurirsi in volto. Poi gli venne spiegato quello che aveva scoperto in città e rimase a bocca aperta.
“Non volevo rattristarti...” Nael trovò una scusa prima che potesse ribattere in qualche modo.
Ari, tuttavia, aveva perso l'uso della parola.

Quindi non rivedrò mai più la mia fattoria, non vivrò più con Nael. Sarà tutto distrutto da Tangaroa e saremo costretti a vivere sulle aeronavi militari?

Ari aveva troppe domande che non avrebbero avuto risposta.
Pensò ancora che la sua vita fosse stata rovinata dai maghi, che fosse a causa loro se la divinità degli oceani avesse scagliato la sua ira contro l'umanità, anche se, probabilmente, non era quello il reale motivo. Sapere che, però, sarebbero stati loro a controllare gli umani nel Cielo, gli aveva fatto rizzare tutti i peli dalla paura e dall'angoscia.
Perché non poteva vivere una vita tranquilla?
Il rumore del motore del veicolo si era insinuato nelle sue orecchie e già sentiva lontano il vento che sbatteva contro la finestra di notte, l'acqua fresca del fiume che lo faceva stare bene quando si sentiva giù di morale, il calore della propria casa e tutti i ricordi collegati a essa.
Non avevano neanche avuto modo di prendere degli oggetti personali, erano semplicemente stati buttati su quel furgone.

Ho perso tutto quello che mi rimaneva dei miei genitori...

Le lacrime ripresero a scorrere sulle sue guance e arrivò presto la mano di Nael per asciugarle.
“Io sono ancora al tuo fianco.” provò a sorridergli, senza ottenere nessun risultato.
Ari incavò il capo tra le ginocchia e rimase fermo in quella posizione senza emettere suono, se non i lamenti del pianto.
A Nael si strinse il cuore a quella vista. Come aveva potuto nascondere qualcosa del genere proprio a lui? Si sentiva male per quello che aveva fatto, però, si sentiva ancora peggio nel vedere che l'avesse allontanato non appena aveva confessato.
“Sei arrabbiato con me?” chiese ancora.
Ari rimase in silenzio.
Non era arrabbiato con Nael, ma la sua testa stava vagando in ricordi del passato e nel futuro che aveva tanto immaginato e che non sarebbe mai arrivato.

Perché deve succedere tutto questo? Perché la vita continua a illudermi che possa ottenere qualcosa di positivo, quando, invece, non fa che sbattermi a terra in continuazione?

Passò qualche minuto prima che il biondo si riappoggiasse all'altro, che fece un sospiro di sollievo non appena accadde, e lo strinse forte così come era ormai solito fare ogni giorno.
“Non mi abbandonerai, vero?” sussurrò Ari.
“Certo che no. E se dovessero dividerci, lotterò con le unghie e con i denti per ritrovarti.” lo allontanò appena per potersi specchiare in quegli occhi cristallini che si erano arrossati. “Sempre.”
Quella frase confortò Ari.
Vedere Natanael così serio in quella circostanza, che lo incideva a fondo nell'anima con il suo sguardo e quella voce matura e incantevole, lo fece sentire meglio.
Gli cinse le braccia al collo e rimasero così per parecchio tempo.

Finché ci sarà Nael con me non avrò di che preoccuparmi, perché mi farà sempre rialzare anche nelle peggiori situazioni.




Era passata almeno un'ora prima che il furgone arrestasse la sua corsa.
Nael non aveva lasciato per neanche un secondo la mano di Ari, mentre con l'altro braccio lo stava traendo contro di sé.
Non sapeva che cosa si sarebbero dovuti aspettare in seguito, sicuramente nulla di positivo. Poteva solo sperare che non fosse così terribile come credeva.

Se solo mi dovessero portare via Ari, io... non rispondo di me.

Serrò la mascella e assottigliò gli occhi.
In quel momento furono colpiti dalla luce esterna, dato che era stata aperta la portiera.
“Forza, scendete in maniera ordinata ed eseguite gli ordini che vi verranno impartiti.”
Nael notò subito il bastone che tenevano in mano e non era affatto un bastone normale.

È impregnato di mana, è sicuramente così.

Infatti, nell'arma circolavano dei piccoli flussi colorati e luminosi e si ricordò una delle tante lezioni che aveva tenuto con Kaleo riguardo alla scienza divina.

Non sono solamente cani del governo, sono dei fetenti schiavi della magia.

Ormai era arrivato a disprezzare anche lui i maghi, da quando aveva saputo il perché Ari fosse rimasto solo; aveva sviluppato un odio sempre più crescente che si era affermato anche a causa dei sacrifici a cui avevano obbligato l'intera umanità all'infuori di loro stessi.
Per colpa di quello aveva dovuto ricacciare indietro i suoi sentimenti e soffrire interiormente perché non poteva offrire un futuro sicuro alla persona che amava.

Mi fanno vomitare.

“Cos'hai da guardare? Scendi.” ordinò la guardia e il ragazzo fece come gli era stato detto.
Saltò giù dal furgone, poi si voltò per prendere la mano di Ari e aiutarlo a scendere, ma il poliziotto gli diede una spinta per farlo avanzare.
Nael lo vide in preda di nuovo all'ansia e rimase tutto il tempo voltato verso di lui fino a quando non lo raggiunse.
“Stai bene, Ari?”
“Sì...” rispose poco convinto.
Natanael gli prese la mano e continuarono a camminare fino a quando non si presentò davanti a loro qualcosa che non avevano mai visto.
Un'enorme aeronave era situata all'interno di un immenso garage e c'erano file di persone in attesa di salirvi sopra.
Se fosse stato ancora un bambino, in quel momento, Nael sarebbe stato ben entusiasta di quella visione e avrebbe voluto correre al suo interno al più presto per governarla come un perfetto capitano, tuttavia, l'entusiasmo non si addiceva per niente a quella situazione ed era stato rimpiazzato da disgusto e rabbia.
Ari, invece, era pietrificato dalla paura. Per uno che aveva sempre vissuto isolato dal mondo, quello era qualcosa che andava ben oltre la sua conoscenza, e la folla di gente armata intorno a lui non aiutava. Se fosse stata una visita guidata, allora lo stupore avrebbe prevalso, purtroppo non era così.
“Adesso vi verranno prese le impronte digitali.” cominciò a sbraitare il poliziotto per farsi sentire da tutto il gruppo. “Poi verrete marchiati per il riconoscimento e salirete sulle aeronavi in ordine.”
Nessuno rispose al comando, chi spaventato, chi senza speranza e chi troppo orgoglioso per dare una soddisfazione a quelli che li avevano arrestati.
Un altro agente cominciò a prenderli uno a uno per smistarli nelle diverse corsie.
Nael si voltò immediatamente verso Ari per tranquillizzarlo, però, i suoi occhi non gli permisero di farlo, poiché colpiti dalla scia di terrore che vedeva riflessa in quelli azzurri.
“Tu vai di qua e tu in quella.”
Il poliziotto spinse Ari per la spalla, facendolo barcollare in avanti.
“No, aspetti..!” Nael provò a ribattere tenendo il contatto con le dita del biondo.
“Chi darà atto d'insubordinazione verrà punito immediatamente. Muovetevi.”
Natanael spalancò gli occhi e fu costretto a lasciare la mano di Ari, che aveva ripreso a piangere.
Gli mimò con le labbra di calmarsi e che sarebbe tornato subito da lui.

Non so se sia io quello più in ansia senza Ari al mio fianco o cosa...

Andò a mettersi in fila con i pugni serrati sui fianchi e cercò tra la massa di gente un ciuffo di capelli cenere, poiché troppo preoccupato per lui.




Alla fine era stato costretto a separarsi da Nael, ma la promessa che gli aveva fatto qualche minuto prima gli aveva fatto calare di un minimo l'ansia. Non che fosse tranquillo.
Era in fila, aspettando il suo turno con impazienza e non sapeva cosa fare.
Era come un cucciolo smarrito che non era neanche in grado di procurarsi da solo i beni primari per la sopravvivenza.

Nael... Nael...

Continuava a ripetere il nome dell'altro dentro di sé, mentre si torturava le mani.
Voltò il capo e cercò di ritrovarlo tra la folla, però c'erano troppe persone e non sapeva in quale coda fosse finito.
Poi, i suoi occhi si posarono su quelli eterocromi dell'altro.

Eccolo!

Nael si trovava due file più in là ed era appena più indietro rispetto a lui. Lo stava fissando con un sorriso in volto e, in quel momento, il biondo capì che non l'aveva mai perso di vista.

Grazie, Nael. Grazie di cuore.

“Il prossimo.”
Ari rimase fermo a guardare l'altro e tutto il resto sembrò essere sparito.

Finché lui è con me, niente può farmi paura.

“Il prossimo!”
Gli sorrise di rimando e si portò il ciuffo dietro le orecchie.
“Ehi, ragazzo. Ti vuoi dare una svegliata?”
Ari si riscosse dai suoi pensieri e vide davanti a sé un uomo piuttosto spazientito che lo afferrò deciso per il polso e gli immerse il pollice in una scatoletta piena di inchiostro nero poi poi premerlo su un foglio di carta.
“Nominativo.” fece l'uomo, privo di qualsiasi sentimento.




Nael si sentì scorrere il fuoco nelle vene a quella vista.

Non osate trattare male il mio Ari.

Non che fosse successo qualcosa di grave, ma gli dava fastidio anche il solo fatto che qualcun altro che non fosse lui gli avesse messo le mani addosso e in maniera poco gentile.
Strinse forte i pugni lungo il busto e fulminò con lo sguardo quell'uomo.
Successivamente vide Ari un po' spaesato dirigersi verso una zona dove i suoi occhi non potevano arrivare, perché coperta.

Maledizione!

Si portò una mano sulla bocca e sospirò pesantemente.
Non si sarebbe mai perdonato di perdere Ari e non doveva succedere per nulla al mondo.

Quanto ci vuole ancora?

Aveva fretta e non di salire sull'aeronave, ma di andare a cercare il ragazzo, che era sicuramente impaurito e confuso.
“Il prossimo.”
Fortunatamente era il suo turno.
Lasciò l'impronta e diede il suo nome, poi gli venne consegnato un foglietto con sopra un numero che doveva consegnare alla guardia dietro al telo.
Corse subito verso quella direzione, il suo corpo si muoveva da solo mentre la sua mente vagava finendo sempre su Ari. Doveva fare più alla svelta possibile.
Quando arrivò, consegnò il foglio all'uomo e questo gli fece togliere i vestiti della parte superiore del corpo.
Nael si svestì senza esitazioni, poi l'uomo posò un pennino appena dietro la sua spalla e gli incise dei numeri, gli stessi che erano scritti sulla carta. Dovette stringere i denti a causa del dolore, anche se non era così eccessivo come farsi un vero tatuaggio.

Che diavoleria è mai questa?

Non sapeva cosa stessero utilizzando per marchiarlo a quel modo, eppure non era qualcosa di normale.

Probabilmente è ancora magia.

Volle sputare, ma si trattenne.

Spero che non abbia fatto male anche ad Ari.

Quello era impossibile, quel ragazzo era estremamente sensibile per tutto e di certo gli aveva procurato dolore. Tuttavia, cacciò quel pensiero dalla propria testa e pregò che finisse in fretta per dedicarsi a quello che doveva.
“Puoi andare.”
Natanael si rivestì alla svelta e pensò bene di correre, ma venne prontamente fermato da un'ulteriore guardia.
“Dove credi di andare, eh?” lo strattonò per il polso. “Muoviti e sali sull'aeronave.”
Dovette trattenere anche il pugno che voleva dare a quell'uomo e si diede una rapida occhiata intorno, senza trovare l'oggetto dei suoi pensieri, prima di salire sulla nave.
L'interno era più triste di quanto si aspettasse.
Sembrava uno strumento monocorde, tutto grigio e piatto, pieno unicamente di ferro e acciaio.
D'altro canto, non si curò più di tanto della struttura, dato che non gli importava un bel niente in quel preciso istante.
Fu costretto a seguire l'ennesimo poliziotto, che condusse un piccolo gruppetto di persone ognuno nella propria cella, identificandola con il numero che avevano tatuato sul corpo.
Quella era ancora più squallida del resto del veicolo: una brandina, un piccolo armadio e uno specchio. Nessun altro mobilio come decoro e neanche una punta di colore.
Già sentiva la mancanza della camera di Ari e del suo letto così confortevole.

Dove sarà Ari?

Non poteva stare lì ancora a lungo, doveva subito scappare e andarlo a cercare. Poco importava se sarebbe finito subito nei guai.

Devo accertarmi che stia bene.

Però, la struttura era talmente enorme che non sapeva neanche da dove cominciare.
Fu in quel momento che sentì una voce rimbombare nella stanza e nel resto del corridoio. Alzò lo sguardo per notare quello che doveva fungere da megafono.

Tutti vengano scortati nella zona centrale del proprio piano.

Nael spalancò gli occhi.

Forse questa è la mia occasione!




Ari era in un angolo del parco che era stato ricreato nel bel mezzo dell'aeronave, solo e tremante.
Intorno a lui c'erano facce poco raccomandabili, ma, probabilmente, quello era dato dal fatto che non si fidasse di nessuno all'infuori di Nael e vedeva tutti gli altri come una minaccia da cui era meglio allontanarsi.

Dove sei, Nael?

Si schiacciò contro la parete, mentre la folla di gente aumentava a dismisura arrivando a gruppetti e creando un brusio sempre più forte che gli dava fastidio.
La spalla dove era stato marchiato gli bruciava appena e per un attimo aveva pensato che stessero trattando tutti come animali da macello. Quello non era un trattamento che si doveva aspettare un essere umano, neanche i carcerati venivano tatuati in quel modo.
Loro erano peggio che prigionieri, solo che ancora non lo sapevano.
Si sfregò il pugno sugli occhi per cacciare indietro le lacrime.

Sono rimasto solo, come faccio adesso?

Quello era il timore più grande, non riusciva a pensare ad altro che quello. Non aveva così tanta importanza il resto, perché era a conoscenza che non sarebbe resistito a lungo in solitudine.

Come sopravvivrò?

“Ari!”
Improvvisamente, una voce gli giunse alle orecchie ed era la più bella che avesse mai sentito.
“Ari! Ari!”
Si guardò intorno e subito i suoi occhi cristallini si posarono su quel viso così familiare da fargli svanire le preoccupazioni di colpo.
“Nael!”
Era la visione più bella che potesse mai avere e gli si riempì il cuore di gioia.
Corse verso di lui, dando qualche sgomitata per poter passare in mezzo a tutta la gente e, quando furono abbastanza vicini, gli si gettò tra le braccia scoppiando a piangere.
“Pensavo che non ti avrei più rivisto.”
Natanael lo zittì dolcemente, stringendolo forte a sé.
“Va tutto bene adesso. Siamo di nuovo insieme, tranquillo.”
“Ho avuto tanta paura.” continuò.
“Lo so.”
“Nael..!” singhiozzò nel suo collo, mentre l'altro premette una mano sulla sua testa per non lasciarlo andare.
“Te l'ho detto che ti avrei ritrovato sempre.”
Ari annuì con un mugolio.
Non aveva mai dubitato di lui, ma il suo carattere l'aveva spinto a vedere solamente la parte negativa della situazione. Ormai era caduto nella depressione e solamente adesso stava risalendo.
“Non piangere più.”
Nael si staccò appena e gli prese il mento tra il pollice e l'indice, lambendogli il labbro inferiore con il dito.
Il sorriso sul volto del maggiore era così radioso da fargli scomparire tutta la paura in un istante e da fargli dimenticare dove fossero.
Natanael si abbassò su di lui per dargli un bacio, ma la stessa voce di poco prima echeggiò nell'aeronave, e dovette interrompersi a qualche centimetro dalla sua bocca.

Benvenuti, Sacrifici.”

I due ragazzi si guardarono confusi.

D'ora in poi questa sarà la vostra nuova casa.” continuò la voce. “A ognuno è stata affidata una cella e negli armadi troverete il minimo indispensabile per cominciare la vostra nuova vita. Verrete selezionati per poter svolgere vari lavori e poter contribuire al mantenimento di un pacifico stile di vita, come se foste ancora sulla Terra. Questo sarà il programma delle vostre giornate a partire da oggi.

Quello continuò a parlare, spiegando come si sarebbero svolti i giorni a cominciare dalla sveglia mattutina, la colazione in mensa e l'appello al lavoro, fino al coprifuoco notturno.
Ari si strinse a Nael, che lo stava massaggiando sul braccio senza mai smettere.

A causa della divinità Tangaroa, inoltre, siamo stati costretti a rivedere i termini dei sacrifici. Questi si svolgeranno regolarmente una volta al mese e i candidati scelti verranno tutti dalla classe, propriamente definita, Sacrifici. Di questa fate parte voi.

Dopo quella frase, si alzò un brusio generale, che quasi rese difficile comprendere la voce che non aveva ancora finito di parlare. Uno sparo a salve da parte di una delle guardie ristabilì il silenzio.

Siate grati di poter offrire la vostra anima per salvare l'intero genere umano.”

Ad Ari tremavano le ginocchia.

Che cosa ha appena detto..?

Era incredulo, non poteva essere vero. Non lo accettava.

Siamo Sacrifici? Siamo le prossime vittime che verranno uccise, così come hanno ucciso i miei genitori...

Gli mancò il fiato e si aggrappò alla maglia di Nael con tutte le sue forze.
Sentiva anche la nausea e il giramento di testa, tanto che pensava sarebbe svenuto a breve.

Alla fine è questo che mi è stato concesso dalla vita.

“Ari, respira.” provò a tranquillizzarlo l'altro, benché anche la sua voce fosse scossa.

La morte. Solo la morte.

Se prima credeva di odiare i maghi, adesso era decisamente peggio.
Una paura enorme si era insinuata in lui.

Se io dovessi morire? O se Nael dovesse morire?

Lo guardò in viso con la bocca spalancata.
I suoi pensieri erano scollegati, un timore dietro l'altro accompagnava quel viaggio mentale e, a ognuno che si aggiungeva, le sue gambe cedevano sempre di più.

Perché? Perché deve succedere tutto questo? Che cosa abbiamo fatto di male per meritarcelo?

“Nael...”
“Andrà tutto bene.”
Quelle parole risuonarono così false in quella situazione, eppure non poté che avvinghiarsi a esse con tutta la speranza che gli rimaneva.
Così tutto ebbe inizio.
Così ebbe inizio la loro nuova vita.
Una nuova vita in Cielo.




NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti!
Ecco un nuovo capitolo! Devo dire che è stato davvero difficile da scrivere, come potete notare ho evitato di raccontare la parte “politica” dietro all'organizzazione delle aeronavi, ma l'ho fatto di proposito. Prima di tutto perché Ari e Nael non sanno, così come non lo sa nessun altro dei Sacrifici, secondo perché sarebbe andato fuori dallo schema rispetto alla mia storia e noioso. Però, sappiamo tutti che in questo mondo si hanno tecnologie avanzate, il Mana, tutto è prodotto industrialmente grazie alla genetica (sempre sia lodata <3 ahah *animo da biologa*), quindi è molto meglio così.
Si evince che siamo arrivati alla fine del passato, quindi, da settimana prossima inizierà il terzo arco narrativo! Si torna al presente, ragazzi! Eh... già y.y bella o brutta notizia?
Ringrazio tutti quelli che mi seguono ancora, chi commenta e chi legge in silenzio.
Ci sentiamo settimana prossima con un nuovo capitolo e buona domenica a tutti!
Un bacio
Flor :3

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Cenere bruciata ***


CAPITOLO 25
CENERE BRUCIATA


Ottobre, anno 439 del XII periodo

Ari si trovava disteso sul letto, nella stanza che gli era stata assegnata nell'aeronave del Consiglio Maggiore dei Maghi.
Il cuscino era madido di lacrime e queste ancora non avevano cessato di uscire dai suoi occhi, che non si potevano più definire azzurri ma rossi, così come il sangue che aveva ancora addosso alla tunica e che percepiva sulle mani, nonostante le avesse lavate più e più volte.
La testa gli scoppiava e la gola gli doleva così tanto che aveva perso la voce e uscivano solo rantoli rauchi; lo stomaco si stava contorcendo e avrebbe voluto vomitare tutte le interiora.

Nael... Nael...

Era tutto quello a cui era riuscito a pensare da un giorno a quella parte e nuovamente compariva nella sua mente senza abbandonarlo mai, assieme a quel senso di nausea e solitudine che lo stava devastando fin nel profondo.
Ormai, credeva di non avere più un'anima.
Fu scosso da un singulto e di nuovo vide quella scena nella sua testa, le immagini scorrevano una dietro l'altra senza poterle fermare e riviverle tramite il ricordo lo faceva stare sempre peggio e, da una parte, pensò di meritarsi tutto quel dolore.
Nael era stato sacrificato.

È morto... Non tornerà mai più da me.

Si racchiuse di più, portandosi le ginocchia verso il petto.
Quando aveva visto Nael non poteva crederci e ancora faticava ad accettarlo. Semplicemente non voleva crederci.

Non è vero! Non è così! Nael... Nael!

Sentì il suo corpo nudo trattenuto tra le proprie braccia.
I loro abbracci avevano sempre sortito un effetto particolare su entrambi, ma quella volta aveva avvertito chiaramente degli aghi pungerlo su ogni centimetro di pelle.
Avrebbe voluto continuare ad abbracciarlo a lungo per spingersi gli aghi fino alla carne e far fuoriuscire il sangue fino a quando sarebbe morto dissanguato, piuttosto che assistere alla morte della persona più importante della sua vita.

Questa vita non ha senso senza di te. La mia non ha alcun senso.

E quel sorriso si ripresentò davanti a lui.
Natanael aveva avuto la spavalderia di sorridere anche di fronte a quella situazione e tutto per non farlo preoccupare e instillargli del coraggio, e Ari si maledì per averlo costretto ad agire in quella maniera solo per lui.
Nael si era sempre occupato di lui e Ari non aveva saputo ricambiare allo stesso modo.

Non sono mai riuscito a badare a te, sei sempre stato tu e solo tu quello che doveva sorreggermi, mentre io ti avrei lasciato cadere a terra incapace di possedere una tale forza.

Provò a prendere un respiro profondo, ma fu scosso da un colpo di tosse e quasi perse il fiato.

Quanto posso essere inutile?

Era entrato nel panico come suo solito, non era riuscito neanche a trovare una soluzione per poterlo evitare.

Avrei potuto sabotare la cerimonia.

Eppure non ne aveva avuto il coraggio, convinto che, se ci avesse provato, avrebbero ucciso entrambi. La figura di suo padre che provava a difendere sua madre, circondata da un alone verde chiaro, gli si era presentata davanti agli occhi e sapeva come sarebbe andata a finire.

Sarebbe stato meglio morire insieme.

Si portò le mani agli occhi e premette forte contro di essi, facendosi del male da solo.

Invece ti ho ucciso io.

Non sapeva perché avesse indietreggiato e l'avesse lasciato andare.
Era avvenuto tutto troppo in fretta. Non avrebbe mai voluto abbandonarlo, non avrebbe voluto tornare nel cerchio, tuttavia aveva sentito nel tono di Nael una preghiera.
Gli aveva chiesto di non morire per lui, di continuare a vivere in qualche modo e che ci sarebbe sicuramente riuscito.
Ari era sicuro di quello che aveva sentito nel suo cuore e non poteva far finta di niente. Tutto di lui, però, non voleva ascoltarlo, restio da un mondo senza Nael, ma il suo corpo aveva cominciato ad agire da solo e aveva percepito il palmo diventare sempre più freddo man mano che si staccava dal volto di Natanael.
L'energie l'avevano abbandonato non appena le sue dita non avevano più potuto toccare la guancia dell'altro.
Era davvero sicuro che quella fosse la soluzione migliori per entrambi? Ad Ari era sembrato solamente morire dentro e il cuore si era fermato, ghiacciato da quella sensazione che si era espansa dalle dita fino al resto del corpo.
Aveva creduto che il mana dentro di sé si stesse congelando fino a bloccargli il sangue circolante nelle vene e che sarebbe caduto privo di sensi da un momento all'altro.
Invece aveva continuato a indietreggiare, si era rimesso il cappuccio e aveva ricominciato la cantilena.

Come ho potuto? Ti ho ucciso! Ti ho ucciso con le mie mani!

Gridò e solamente un verso roco uscì dalle sue labbra, mentre si voltava di scatto sul letto e scuoteva fortemente la testa che stava per esplodere.
Continuava a pensarlo.
Era anche a causa sua se il rito era continuato, se la lancia si era generata nelle mani del mago.

Dopo che hai confessato di amarmi io ti ho ucciso!

Quella era la cosa che gli faceva più male.
Si strinse la tunica all'altezza del cuore, sentendo il ruvido che aveva lasciato il sangue incrostato su di essa.

Sono stato il fautore della tua morte.

Non sarebbe mai scomparsa quell'immagine dalla sua testa, non sarebbe mai guarito il dolore nel suo spirito, non si sarebbe mai perdonato per quello che aveva compiuto.

Come posso affermare di amarti se sono il tuo assassino?

Tutto gli era piombato addosso solamente quando la cerimonia si era conclusa e il corpo di Nael si era accasciato a terra.
Strisciando verso di lui aveva sentito le ginocchia grattare contro il pavimento e si era ritrovato una piccola abrasione, non si era reso conto di quanto fossero stati pesanti quei metri che lo separavano dal cadavere del ragazzo. Quando era finalmente giunto su di lui, non aveva più resistito e si era lasciato andare più di quanto non l'avesse ancora fatto.

Perdonami, perdonami!

Provò a riprendere fiato, ma dovette mettersi seduto in preda a una crisi che assomigliava all'asma, invece era solamente il suo ossigeno che non era più presente al suo fianco.

Come puoi perdonarmi? Sono un vigliacco. Mi sono salvato, ma non ho salvato te.

Si ributtò sul cuscino e si raggomitolò, scoppiando in un ulteriore pianto.

Non sono in grado di salvare nessuno...

Sentì il corpo pesante dell'altro sul proprio, ormai privo di vita.

...non mi merito il tuo amore, io non posso essere amato da nessuno.

E adesso era convinto che sarebbe stato così per davvero.
La solitudine era di nuovo entrata a far parte della sua vita e non l'avrebbe mai più abbandonato. Era la sua unica amica e tale sarebbe rimasta.

Non mi merito altro che questo.

Non aveva più nulla a cui aggrapparsi.
Se prima aveva intrapreso una piccola battaglia per proteggere entrambi, adesso sapeva di aver già perso la guerra.

Non ho più il sole del tuo sorriso, il calore del tuo corpo, la freschezza della tua risata, l'ossigeno del tuo respiro e la luce dei tuoi occhi.

Aveva perso tutto ancor prima di iniziare.

Non ho più te.

Eppure tutto quello che aveva posseduto negli ultimi otto anni lo doveva a Nael.
Lo percepiva anche nelle più stupide cose: nei propri capelli che ormai portava a quel modo da quando era stato costretto a tagliarli, nei piercing che aveva alle orecchie, nelle frasi tipiche dell'altro che non abbandonavano la sua mente, nei gesti che era solito fare durante le loro giornate assieme.
Affondò la faccia nel cuscino, invocando il suo nome per l'ennesima volta.
“Nael...” allungò l'ultima sillaba colto da un lamento e strinse il cuscino tra le braccia.

Nael torna da me, ti prego.

Quello che era adesso lo doveva solo a lui.
L'aveva risollevato dalla tomba che si era auto-imposto, era stato raccolto da terra ed era stato plasmato per essere una persona nuova, una persona che poteva amare, una persona che doveva imparare ad affrontare la vita senza che la paura si impossessasse di lei.

Senza di te, invece, non tornerò altro che polvere e mi disperderò nel vento, finendo con l'essere dimenticato da questo mondo.

E Nael, che aveva sempre resistito e represso tutte le sue paure, non c'era più a causa sua.

Dovevo morire io al tuo posto.

Sentì la gola andare in fiamme ed ebbe un assoluto bisogno di bere, tuttavia, non accennò neanche ad alzarsi.

Nael, mi manchi... Nael...

Era disperato.
Si guardò le mani e le riscoprì macchiate anche se non era vero, eppure il sangue di Nael le stava ricoprendo e colava sul suo petto fino a creare un'enorme pozza.
La sua mente stava rivivendo quella scena del giorno precedente.





“Nael! Nael!” Ari stava urlando tenendo ancora stretto a sé Nael, ormai morto con le labbra livide e la testa che cadeva pesantemente all'indietro, incapace di sorreggerlo poiché aveva perso tutte le sue energie nell'istante stesso in cui l'aveva visto crollare sul pavimento.
Lo afferrò più saldamente e poggiò la testa al suo capo, continuando a piangere contro il suo orecchio mentre lo incollava di più a sé e il sangue ancora fuoriusciva copioso dalla ferita sul petto e aveva imbrattato entrambi i ragazzi.
Le lacrime sul volto di Ari continuavano a scivolare velocemente una dietro l'altra, gli mancava la salivazione e gli bruciava la gola da impazzire, ciononostante non avrebbe smesso tanto presto solamente per quello.
Non avvertiva più il calore di Nael, non era rimasto più niente di quello che aveva imparato ad amare, se non il cadavere pesante che quasi lo schiacciava con oppressione.
“Ti prego, Nael.” sussurrò premendo il naso sul suo lobo, emettendo un lamento di dolore.
Gli faceva male ogni singolo organo, non c'era più niente che funzionasse in lui o che seguisse i propri ordini.

Non è vero, non sei morto...

“Apri gli occhi!” gridò ancora.
Natanael però non lo fece.
Tutto era in silenzio, non percepiva neanche il suono del proprio pianto, come incastrato in un mondo al quale non apparteneva.

Sto vivendo un incubo, non può che essere così...

Ari prese a dondolare avanti e indietro, cullando Nael.

...altrimenti potrei perdermi nei tuoi occhi e in questo momento mi sorrideresti dicendomi che andrà tutto bene come al solito.

Credeva di essere diventato pazzo.
Strinse di più Nael e osservò il sangue riversarsi sulla manica larga, che aveva completamente cambiato colore.

Sei vivo, sei ancora vivo.

Ari portò una mano verso il cuore dell'altro, ma quello non era che una cavità aperta che aveva smesso di compiere la propria funzione.
Avvertì una sensazione viscida sul proprio palmo e il sangue si espanse tra le fessure delle dita fino a macchiarlo totalmente.
Una goccia cadde finendo sulla coscia di Nael e così una dopo l'altra.

Sei...vi...

Ari spalancò gli occhi, si portò la mano davanti alla faccia e rimase a fissarla per un tempo che parve interminabile.
Rimase inorridito: il liquido era di un colore acceso, quasi ancora pulsante. Poteva percepire distintamente la richiesta del suo flusso di voler essere pompato agli organi, invece cadeva devastato e insignificante verso l'inesorabile morte.
Ari urlò disperato.
Aveva per un attimo preso coscienza di quello che era davvero successo e il suo spirito stava precipitando verso l'oscurità degli Inferi, dove le divinità si prendevano beffa di lui punzecchiandolo con tutti i ricordi dolorosi che possedeva, lanciandogli addosso tutti i tormenti che l'avevano accompagnato durante i suoi vent'anni, ridendo come se fosse lo scherzo meglio riuscito come punizione per un essere umano.
Cominciò a tremare e quasi perse il senso della vista.
Si schiacciò la mano sul volto e la passò tra i capelli, sentendo il sangue inchiostrarli. La cenere stava bruciando di rosso intenso come se fosse stato appiccato un incendio sulla sabbia del fondale marino e questo divampava fino a far scomparire ogni singolo granello, diventando fuoco.
Rosso.
Vedeva solo rosso.
“Nael!” urlò ancora con quanto fiato aveva in gola, con una voce che non gli apparteneva.
Afferrò saldamente il viso dell'altro e lo girò verso il proprio, macchiandogli la pelle.
“Perché non apri gli occhi? Perché?”
Le parole seguenti furono incomprensibili, angosciate dal pianto e dalla tristezza che stava provando.
Aveva visto morire tutte le persone che gli erano più care al mondo e quello era un colpo letale per la sua povera anima, logorata e lacerata fino a essere ridotta a brandelli. Nessuno l'avrebbe mai più aggiustata, nessuno gli avrebbe fatto tornare il sorriso, nessuno l'avrebbe mai più reso felice.

Perché?

“Non mi abbandonare anche tu...”
Fece un lamento e prese a lasciargli dei baci sulle guance, accogliendo un sapore amaro sulle labbra e quasi stomachevole.
“Ti amo. Per favore... Ti amo...”
Continuò a sussurrare tra un bacio e l'altro.
Improvvisamente si sentì toccare sulla spalla e fu terrorizzato nel riprendere possesso dei suoi sensi.
I Maghi e le Curatrici stavano facendo un brusio di sottofondo, la luce soffusa della stanza procurava dolore alla testa e la mano calda su di sé contrastava il freddo che proveniva dal cadavere di Nael.
“Dobbiamo continuare con la cerimonia e purificare la stanza.”
Era la voce di Keyondre, sommessa e quasi angosciata.
“No...” riuscì a rispondere, scuotendo forte la testa.
“Dobbiamo offrire il corpo all'oceano.”

Offrire il corpo..? Intendi forse dire gettarlo nelle acque perché non potete tenere i morti sulle aeronavi.

“Non vi lascerò Nael!” mosse rapidamente il braccio per colpirlo, ma non ebbe neanche la forza per una semplice spinta.

È mio. È solo mio e non l'avrà nessun altro se non posso averlo io.

“Ari...” il mago del buio sospirò.
“No, no!”
Si lasciò scivolare al suolo, portandosi con sé il corpo di Nael e finendo con lo sdraiarsi sul pavimento ancora aggrappato al ragazzo.
Vide la tunica bianca di qualcuno che si stava avvicinando e alzò appena gli occhi per osservare chi fosse.

Non lascerò Nael per nessuna ragione al mondo.

Lo strinse di più.
“Ari...” era Inaya che si era accostata a lui, inginocchiandosi poi sul pavimento con gli occhi goccioloni. “Devi lasciarlo andare.”
Ari rispose solo scuotendo il capo e nascondendolo tra i capelli corvini di Nael.
“Non puoi rimanere così, non puoi tenerlo con te.” parlò schiettamente per quanto facesse male.
“Sì, invece.”
“Non fare il bambino.” Inaya tirò su con il naso, provando a comportarsi da dura. “Secondo te, Nael, sarebbe felice di saperti in questo stato?”
“Non parlare di lui come se lo conoscessi...”
Inaya sobbalzò appena e provò a convincerlo in un altro modo.
“Per favore, alzati e andiamocene da qui. Non puoi più fare niente per quello che è successo, questo non ti deve comunque abbattere, perché hai ancora una lunga vita davanti a te.”
“Non la voglio, non voglio niente senza Nael.”
Il ragazzo prese ad accarezzare con delicatezza il contorno del viso di Natanael.

Perché non ti svegli dal sonno e mi porti via da tutto questo?

“Padre?” Inaya guardò implorante Keyondre, tenendosi un pugno chiuso sul petto.
“Se lascerai quel ragazzo in questo stato, finirai solo con rendere vano il suo sacrificio.” disse l'uomo.
“Non è vero. Sono tutte menzogne, non fate altro che mentirmi per manipolarmi a vostro piacimento.” avvicinò di nuovo le labbra allo zigomo di Nael e rimase fermo in quella posizione.
“Non mi lasci altra scelta.” Keyondre usò un tono duro.
Afferrò il biondo e lo trascinò via a forza.
“No! No! Fermo! Lasciami!” Ari si dimenò, benché non avesse il vigore per farlo, infatti, fu facile allontanarlo dal cadavere. “Nael! Nael!”
Ari allungò le braccia verso di lui, ma ormai stava venendo trasportato a mo' di sacco verso l'uscita. Neanche i pugni che diede sulla schiena del mago del buio gli fecero mollare la presa.

Non lo vedrò mai più. Non lo vedrò mai più.

L'ansia crebbe in lui.
“Lasciatemi ancora con Nael! Vi supplico!” i rantoli che uscivano dalla sua gola erano quasi incomprensibili e le lacrime entravano in essa mischiandosi al sapore di sangue.
“Concludete pure.” ordinò Keyondre.

No! Ridatemi Nael!

“Nael!”
Le sue urla non si fermarono neanche dopo che furono usciti dalla stanza sotterranea, lasciando sgomenti tutti quelli a cui passavano vicini, e non si calmarono fino a quando non venne costretto a bere un infuso preparato dalla Somma Elin, che lo fece precipitare nel mondo dei sogni.





Si era svegliato il mattino seguente e la vaga consapevolezza che Nael non fosse più al suo fianco gli fece riprendere il pianto e le urla.
Sapeva che ormai il suo corpo era stato gettato nell'oceano che stavano sorvolando e che non c'era nient'altro che potesse fare.
Mai avrebbe potuto rivederlo, mai avrebbe potuto risentire la sua voce.
Non era che un ricordo che si sarebbe offuscato con il passare degli anni per quanto avesse lasciato un segno in lui. Sarebbe diventato un'ombra informe, della quale non si poteva distinguere il colore di quel verde acqua così stupendo e di quel nero oscuro che ti faceva perdere in un labirinto d'incanto. A mano a mano anche quel tono melodioso sarebbe diventato irriconoscibile e si sarebbe perso nel tempo della memoria.
Ari non voleva tutto quello.
Pregava ancora di svegliarsi e riscoprire che fosse tutto un incubo e di ritrovarlo vicino a lui che gli dava il bacio del buongiorno per poi sorridergli illuminando la stanza.
Invece non esisteva più.
Il sangue non se ne andava dalla sua vista.
Quelle mani nivee erano ancora sudicie per quanto le si lavasse.

Ari si diede una rapida occhiata e neanche aveva pensato che non si fosse cambiato d'abito. Indossava la tunica sporca del sangue di Nael, i suoi capelli erano ancora impiastricciati di quel liquido viscoso, ormai secco, la sua faccia era incrostata e l'odore non spariva dalle sue narici.
Stava male come non lo era mai stato prima d'ora.
Si portò le mani al collo e lo strinse, non respirava più e la gola gli bruciava.
Serviva acqua, ma non aveva intenzione di generarla attraverso il proprio mana e nemmeno si sarebbe alzato per bere dal lavandino in bagno. Preferì rimanere sul letto a soffrire sempre di più.
All'improvviso, qualcuno bussò alla porta e il ragazzo sussultò.
“Ari?”
Era la voce di Inaya.
“Non sei venuto neanche a cena e non mangi da due giorni...” il suo tono era preoccupato e a tratti malinconico. “Ho pensato che, però, avessi fame, quindi ti ho portato qualcosa da mettere sotto ai denti.”
Ari non rispose e la ragazza si avvilì, nonostante l'avesse già messo in conto.
“Perché non mi apri, così possiamo fare quattro chiacchiere insieme a questa zuppa fumante.”
Ancora nessuna risposta.
Inaya sospirò.
“Siamo tutti preoccupati per te, sai?”

Preoccupati per me? Nessuno si preoccupa per me, solo Nael.

Il biondo si rigirò nel letto e decise di mettersi sotto le coperte.
“Davvero.” provò ancora a convincerlo, ma era consapevole che non le avrebbe aperto la porta, almeno per quel giorno. “E vorrei che tu mangiassi.”

Non ne ho bisogno...

Si ritrovò a pensare.
Tutto aveva talmente perso senso che non sentiva neanche la necessità dei bisogni primari.
A ogni modo non avrebbe mangiato, poiché lo stomaco gli si era chiuso e stava cercando di risalire per vomitare tutto quello che conteneva.
“Va bene.” disse Inaya dopo parecchi minuti. “Non ti disturbo oltre.”
Ari si nascose completamente sotto le lenzuola ed erano così fredde che non trovava un modo per riscaldarsi.
“Nael non vorrebbe che tu fossi ridotto così.”
A sentir pronunciare quel nome, le orecchie di Ari si fecero subito attente.

Ti ho già detto di non parlare di lui come se lo conoscessi...

“Sono sicura che il suo desiderio non fosse quello di saperti triste, ma avrebbe voluto che tu andassi avanti con la tua vita.”

Non sai niente di lui, niente. Come non sai niente di noi, quindi stai zitta.

Era un pensiero orribile da rivolgere alla sua amica, tuttavia non poteva controllare quelle emozioni. Le frasi uscivano una dietro l'altra, velenose, comandate dal dolore che provava.
“Il legame che vi unisce non è spezzato solo perché lui non c'è più.”

Non parlare oltre! Basta!

Si premette le mani sulle orecchie, anche se non servì a niente perché la voce della ragazza continuò a colpirlo e a trafiggerlo incessantemente.
“Continuerà a essere dentro di te, lui continuerà a vivere in te.”

A cosa serve averlo solo nei miei ricordi? Se non posso averlo al mio fianco è tutto inutile.

“E continuerà ad amarti.”
Ari scoppiò a piangere di nuovo.
Doveva essere grato per quel discorso, invece non faceva che procurargli dolore.
Era una ferita ancora troppo aperta per poterla anche solo provare a curare, perché, se avesse compiuto un minimo gesto errato, sarebbe morto di conseguenza.
“La sua anima ti accompagnerà per sempre e vorrà sempre che tu sia felice.”

Non posso essere felice, non posso più.

“Ari...”

Voglio Nael.

Uscì fuori dalle coperte, calciandole via con forza, e rimase a pancia in su respirando con fatica.
“Nael aveva il sorriso sulle labbra per tutto il tempo perché sapeva che la persona che ama si sarebbe salvata a discapito di tutto...” Inaya picchiò appena il pugno sulla porta.

Come fai a dirlo? Smettila, smettila...

“E...”

Non ce la faccio più.

“...quando ho purificato il suo corpo ho scorto quel sorriso ancora presente sul suo volto.”
Ari spalancò gli occhi e gli mancò un battito.

Cosa..?

“Questo vorrà pur dire qualcosa, no?” fece una piccola risata poco convinta che si spense nel giro di pochi secondi.

Io...

Non sapeva cosa volesse sostenere, se fosse solo un modo per rassicurarlo o se fosse per davvero così. Se così lo era per davvero, allora significava che Nael aveva raggiunto una completezza tale nella sua vita, e che si sentiva talmente appagato, da non preoccuparsi neanche della propria morte.

Significa che a lui importava di più della mia di vita che della propria...

Si schiacciò la fronte con entrambe le mani e la sentì pulsare ferocemente.
Era stanco, troppo stanco per poter riflettere ancora a lungo su qualsiasi cosa.
“Spero di trovarti domani in mensa.” pronunciò ancora Inaya. “Buonanotte.”
Ari era stordito, confuso, addolorato e disperato.
Non aveva neanche la forza di alzarsi per cambiarsi quei vestiti sporchi.
Tutto quello che provò a fare fu solamente di tranquillizzarsi giusto un poco, per trovare sollievo almeno nel mondo dei sogni, dove sperò di incontrare Nael.





Devo tornare nel mio corpo.

Una massa oscura informe stava vagabondando nel fondale oceanico.
Era l'anima di Tinirau, finalmente di nuovo libera.

Devo resistere all'attrazione verso Tangaroa.

Dovette far ricorso a tutta la sua forza, ma ormai non era che un'anima stremata che non aveva potuto agire per ben ventuno anni.
Nuotò velocemente girando in lungo e in largo.
Oltrepassò città sprofondate e cercò di nutrirsi della malvagità che aleggiava sott'acqua, eppure c'era un'aura purificatrice che non gli permetteva di cibarsi a dovere.
Non poteva che essere il dominio che aveva esteso Tangaroa su tutto l'oceano da dopo la sua sconfitta.
Ora, però, non doveva più esistere quell'atmosfera.
Doveva tornare al proprio corpo, ridargli l'energia malvagia necessaria per compiere il suo destino e doveva farlo alla svelta, prima che venisse completamente distrutto dalla potenza del flusso benigno di Tangaroa.
L'anima della parte maligna di Tinirau finì con lo strisciare sulla sabbia.
Creò delle pinne per rimanere ancorato al fondale e non venir risucchiato via da quell'oppressione.
Tuttavia, era troppo debole per resistere a lungo.

Ho bisogno di un contenitore.

Si guardò intorno e notò di possedere un'ampia scelta.
La zona in cui si trovava adesso pullulava di cadaveri di esseri umani di qualsiasi età.

Un contenitore forte.

Si trascinò fino a quello che doveva essere appartenuto a un uomo sulla trentina. Quello non aveva più un braccio e aveva un enorme buco sul petto, nonostante ciò poteva essere ancora usufruibile una volta che lo spirito sarebbe entrato in esso.
Lo penetrò e lo accolse una sensazione strana, ben diversa da quella a cui era solito da ormai molto tempo e anche da quella che sentiva quando apparteneva a Tinirau.
Qualcosa non andava.
Qualcosa era sbagliato, non era il recipiente adatto alla sua missione.

Non resisterebbe che per qualche metro.

Provò a uscire fuori, ma non ebbe neanche il tempo che su tutto il corpo cominciarono a uscire delle bolle che si ingrossarono sempre di più.
Non poteva mantenere il controllo sul cadavere e questo prese a camminare sofferente per poi accasciarsi a terra, mentre le bolle non facevano che aumentare.
La pelle si staccò piano piano da tutto il corpo fino a scoprire i muscoli che, tra l'altro, presentavano delle cavità. Il resto era in putrefazione.
In alcuni punti erano ben visibili le ossa e queste iniziarono a marcire fino a sgretolarsi.
Non fu questione che di qualche secondo che l'intero organismo esplose di colpo, lasciando i suoi resti su tutto il fondale.
L'anima fu spazzata fuori e prese a roteare su se stessa, creando un vortice nero che andò a scemare con il passare dei minuti.

Ho bisogno di un contenitore! Non posso desistere!

S'infuriò con se stessa e, in quel momento, sentì qualcosa cadere a pochi metri da lei.
Era il corpo nudo di un ragazzo dai capelli neri che stava affondando sempre più, fino a posarsi con pesantezza sul fondale dell'oceano.
L'anima di Tinirau rise interiormente.

Trovato.

 



NOTE DELL'AUTRICE:
Ed eccoci di nuovo al presente!

Prima di tutto, devo dire che questo è il mio capitolo preferito. Sì, lo so, odiatemi, ma io adoro descrivere le parti descrittive e soprattutto quelle piene di dramma e sofferenza. Quindi, dato che questo è un capitolo puramente introspettivo e doloroso, non potevo non amarlo. Ho anche pianto durante la stesura quest'estate xD dettagli ahah...
Non ho molto da dire, beccatevi un Ari che soffre come non mai, che ha perso tutto e che si lascia crogiolare nella disperazione. Povera Inaya, aggiungerei ahah...
E Tinirau? Ma guardate un po' chi è stato liberato °^° (come se non si fosse già capito ahah ormai dovreste avere tutti i pezzi circa). Che accadrà adesso?
Fatemi sapere se avete pianto anche voi u.u
Spero vi sia piaciuto e il prossimo aggiornamento sarà SABATO 4 MARZO, perché alla domenica non ci sarò u.u Un enorme bacio a tutti!
Flor :3

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 - La volontà di un'anima di raggiungere quella persona ***


CAPITOLO 26
LA VOLONTÀ DI UN'ANIMA DI RAGGIUNGERE QUELLA PERSONA


Ottobre, anno 439 del XII periodo

Nael si svegliò lentamente, sbattendo gli occhi più volte.
Era sdraiato sul pavimento, girato su un fianco, e si trovava in una stanza che non aveva mai visto prima d'ora.
Roteò appena gli occhi per vedere una porta semi-aperta che conduceva a un bagno, poi poggiò i gomiti al suolo e si alzò leggermente per notare una scrivania con alcuni libri e un tavolo con due sedie nel centro della camera.

Dove sono?

L'ultima cosa che ricordava era di essere stato convocato nell'ufficio del Sommo Hamar, poi il vuoto.
Fissò lo sguardo sulle assi del pavimento, che erano metà in legno e metà in acciaio, totalmente diverse da quelle della cella in cui viveva da due anni, dove prevaleva solo il ferro e il grigio senza neanche una minima tonalità di colore, se non fosse stato per il mana che vagava per le pareti.
All'improvviso spalancò gli occhi e si mise seduto, osservando fuori dalla piccola finestrella di fianco alla scrivania.

Devo essere arrivato sull'aeronave del Consiglio Maggiore, dove si trova Ari.

L'immagine di una luce bianca, che uno dei maghi aveva definito portale, si mostrò nella sua mente.

Deve avermi scosso parecchio il viaggio, se non ricordo più niente.

Si tirò su in piedi senza troppa fatica.

E devono essere degli inetti, se mi hanno fatto atterrare in questo modo e mi hanno lasciato qui.

Schioccò la lingua.

Che pessima organizzazione.

Si grattò la testa, mettendosi a posto i capelli, e si sgranchì le gambe.

Adesso devo solo trovare Ari, quindi.

Quel pensiero gli fece venire un sorriso da orecchio a orecchio.

Alla fine ce l'ha fatta.

La figura del ragazzo gli comparve davanti agli occhi.

Non avevo alcun dubbio.

Non trattenne una lieve risata e pensò bene di uscire da quella stanza, ma, come si voltò, vide un letto sul quale vi era un ragazzo sdraiato sopra che sembrava dormire tranquillo.

Ari!

Di colpo, Nael si sentì euforico.

Allora non sono così inetti come pensavo, mi hanno condotto direttamente da lui.

Fece qualche passo per annullare la distanza tra loro e alzò una mano in cenno di saluto, anche se il ragazzo stava dormendo rivolto verso la parete.
“Ehi! Ari!”
Il biondo si rannicchiò e l'altro pensò di averlo svegliato.
Era così esaltato di rivederlo e di risentire quel corpo che gli si gettava addosso per abbracciarlo. Tuttavia, Ari non accennava a muoversi.
“Dai, sveglia! Non mi riconosci? Guarda che mi offendo!”
Nael allungò una mano verso di lui per scuoterlo, neanche si rese conto che non aveva fatto presa con il suo braccio. Ari si coprì, colpito da un brivido di freddo.
“Ari..?” la sua voce si fece preoccupata. “Perché non mi rispondi?”

Che gli è successo? Mi hanno portato qui perché sta male?

“Che cazzo ti hanno fatto? Dimmelo subito che vado ad ammazzarli di persona uno a uno.” era parecchio agitato, ma il non sentire una risposta da parte dell'altro lo stava facendo andare fuori di testa.
“Nael...”
Tirò un sospiro di sollievo, anche se avrebbe voluto una reazione un po' più felice dopo tutto quel tempo che non si erano visti.

Forse è davvero malato e sta delirando...

“...perché sei morto?”

Sì, sta decisamente delirando.

Ari scoppiò a piangere e si strinse di più a sé, portandosi la mano davanti agli occhi.
“Ari! Sono qui, guardami! Va tutto bene!”
Nael si lanciò su di lui, tentando di girarlo verso di sé.
In quel momento capì che qualcosa non andava: le sue dita non incontrarono il fianco di Ari, bensì solo il nulla. Era come se stesse toccando Ari, ma nello stesso tempo avesse perso l'uso del tatto.

Che cosa sta succedendo?

Si portò il palmo davanti al volto, osservandolo.
La prima cosa che gli venne in mente fu che fosse successo qualcosa durante il suo trasferimento sull'aeronave, tuttavia, quel semplice viaggio non poteva esser stato così devastante.
Andò nel panico.
Si mise le mani tra i capelli, però, quello che scoprì fu anche peggio.

Ho perso la percezione di tutto.

Nonostante si stesse toccando, non avvertiva la morbidezza dei suoi capelli, non distingueva se facesse caldo o freddo, i suoi pantaloni avevano perso la loro ruvidezza e, anche se si provò a dare un pizzicotto, non avvertì nulla.
Nulla di nulla.
Era come intrappolato in una bolla invisibile e tutto il suo corpo era ricoperto da una pellicola trasparente che impediva ogni forma di contatto.
Indietreggiò di qualche passo, fino a scontrare la sedia, eppure questa non si spostò e lui non percepì il colpo sulla schiena.
“Perché sei morto?” ripeté Ari e il moro alzò lo sguardo su di lui, rimanendo a bocca aperta.
Dei flash comparvero nella sua mente uno dopo l'altro.
La spugna che cadeva dalle sue mani.
La luce verde che si espandeva.
La rabbia, il dolore, la rassegnazione.
Il volto disperato di Ari di fronte al suo.

“Ti amo.”
“Ti amo, Ari.”


Il buio.
Nael crollò sulle ginocchia senza avvertire alcun male e nemmeno il tonfo della caduta.
“Cosa mi succede..?”
Successivamente provò un indicibile dolore alla testa e dovette tenersela tra le mani.
Tutte le immagini del sacrificio si palesarono e finalmente si ricordò di tutto quanto.
“Sono morto...” sussurrò prima di riprendere fiato.

Sono davvero morto... Ero l'agnello sacrificale...

Prese a piangere, le lacrime caddero da sole sul pavimento, senza che potesse tenerle a bada.
Osservò il proprio corpo, vedendo che indossava i suoi soliti vestiti con il gilet grigio scuro che tanto adorava.
“Allora... questo cos'è?” ansimò con fatica, piangendo senza emettere alcun suono.

Sono un fantasma? È la mia anima? Sono... Cosa sono?

Sentì un piccolo fruscio e alzò lo sguardo per vedere Ari mettersi seduto sul materasso.
Il cuore gli si fermò di colpo.

Questo significa che... Ari... Io... 

Scosse la testa più e più volte.

L'ho abbandonato. Dopo tutte le promesse che gli ho fatto.

Per quanto non fosse stata colpa sua, si sentiva uno schifo per quello che aveva fatto. Era morto lasciando Ari a se stesso, senza nessuno che potesse capirlo come faceva lui, senza nessuno che potesse convincerlo per qualsiasi cosa, senza nessuno che potesse farlo sorridere ancora.

Sono un mostro...

Si alzò di scatto e si avvicinò all'altro.
“Ari!” cominciò a urlare, gesticolando esageratamente. “Ascolta, sono qui! Sono qui vicino a te, va bene? Non me ne sono andato!”
Per quanto potesse gridare, Ari sembrava non sentirlo minimamente e la cosa lo fece andare in crisi e spaventare come non gli era mai successo.
Era troppo confuso.
Se il rito doveva distaccare l'anima dal corpo perché potesse giungere a Tangaroa, cosa ci faceva lui lì? Perché non si trovava al cospetto della divinità dell'oceano? I sacrifici servivano davvero a qualche scopo?
Erano tutte domande a cui non aveva tempo di rispondere, tutto quello che lo preoccupava in quell'istante era l'idea di non poter più essere al fianco di Ari.
Per la prima volta in quei pochi minuti si accorse di come quel volto fosse distrutto, divorato dal pianto e dalla depressione. Delle ciocche di capelli erano ancora rossicce, tendenti al marrone, per via del sangue che Ari non era riuscito a pulire completamente.
Nael si sentì devastato al petto, anche se non aveva più un cuore che batteva e se ne accertò portandosi la mano su di esso.
“Ari! Ti prego, ascoltami!”

Come faccio a farmi sentire?

Ari sospirò e si alzò in piedi per poi camminare verso il tavolo.
Un secondo dopo aveva attraversato il corpo di Nael senza alcun problema.
Il moro spalancò gli occhi. La sensazione che avvertì fu come quella di una piuma che si poggiava sulla mano prima di riprendere il suo viaggio trasportata dal vento.
Ari si voltò all'istante, come se avesse sentito qualcosa di strano, ma le sue iridi non si posavano mai in quelle di Nael, anzi, lo guardava attraverso come se non esistesse.
Natanael si girò.
“A-Ari...” disse tra le lacrime.
“Fa così freddo senza di te.” Ari si abbracciò da solo per scaldarsi le braccia. “O forse sto prendendo qualche malanno.” parlò malinconico, cacciando indietro il pianto.
“Ma quale malanno! Sono io, Ari! Ti prego, sentimi!” allungò una mano verso il suo viso e la fermò a pochi centimetri da esso. “Cosa posso fare?”
Ari si sedette sulla sedia e poggiò il capo sul tavolo, privo di qualsiasi energia.
Quante volte l'aveva visto comportarsi in quel modo? Quando era triste, era solito mettersi in quella posizione sul tavolo della cucina e lì rimaneva fino a quando non arrivava lui che lo faceva alzare a forza, coinvolgendolo in ogni tipo di diavolerie che aveva architettato per tirarlo su di morale.

Non voglio mai più vederti così.

Gli si avvicinò, mettendogli una mano sulla schiena.

Non per causa mia.

Cercò di stringere la maglietta azzurra che teneva addosso, ma non ci riuscì.

Come posso sopportarlo?

“Come posso sopportare che sono io la causa del tuo dolore, eh?!” gli urlò con tutto il fiato che aveva in gola, ancora senza nessun risultato.

Non posso...

Doveva far capire ad Ari che si trovava in quella stanza con lui.
Se toccare il ragazzo non funzionava, allora doveva provare con tutti gli oggetti di quella stanza fino a quando non sarebbe riuscito.
Uno sguardo risoluto si impossessò di lui e cacciò via le lacrime con la manica della maglietta.
“Ti farò vedere quanto posso essere chiassoso e lo sai bene anche tu.”
Nael strinse i pugni tanto da infilzarsi le unghie nel palmo, benché neanche se ne accorse a causa della perdita del senso del tatto. Camminò con passo svelto verso la scrivania e afferrò un libro, o meglio, quello era il suo intento.
La sua mano non riusciva a chiudersi su di esso, come se fosse protetto da una barriera che lo ostacolava.

Merda! Merda! Non ci riesco! Non riesco neanche con questo.

Diede un pugno alla scrivania, ma non emise nessun rumore.
Passò qualche minuto a provare con tutto quello che gli capitava davanti, eppure non era riuscito a muovere di mezzo centimetro nessun oggetto e neanche a procurare un lieve sibilo.
“Sono vergognoso.” parlò Ari e Nael si voltò subito verso di lui a bocca aperta, sentendo martellargli il petto.
Il biondo alzò il capo e premette i palmi sui suoi occhi.
“Non faccio che piangere dal sacrificio...”
Natanael gli si accostò e si abbassò sulle ginocchia per rimanere alla sua altezza.
“Non sono capace di fare altro. Sono un buono a nulla pauroso e dimenticato da tutti.”
“Cosa stai dicendo, Ari?” afferrò la sua sedia, di nuovo senza successo, e si sporse sul viso dell'altro. “Smettila con queste stronzate! Ho detto che ci sono io con te!”
“Non esiste più nessuno che mi voglia bene...”
“Non ti lascio! Sono sempre al tuo fianco!”
“Nael...” Ari tirò su con il naso, invocando per l'ennesima volta quel nome.
“Ti prego, renditene conto...” Nael poggiò la fronte sul suo braccio. “Perché io... Io...” le lacrime ripreso a solcare le sue guance e si infilarono nella sua bocca. Non avevano nessun sapore. “...come faccio senza di te?”

Sono io quello che non ha più nessuno, tu puoi ancora farti degli amici, puoi ancora vivere e diventare un mago e fare tutto quello che desideri...

“Ari, voglio tornare da te.”

...invece io posso solo rimanere in questa forma senza poterti toccare, senza poterti parlare.

“Ari... ascoltami...” pianse ancora.

Quanto può far male essere così vicini alla persona che si ama?

“Non mi ignorare...”
Nael si accasciò a terra, distrutto.






Era passata poco più di una settimana dalla cerimonia del sacrificio e Ari non era mai uscito dalla propria camera, né aveva mai fatto entrare qualcuno.
Inaya si era, però, ostinata a lasciargli un vassoio di fronte alla porta a ogni pasto, per fare in modo che anche lui mangiasse qualcosa. Per i primi tre giorni non aveva toccato cibo, vivendo solo di acqua bevuta dal lavandino in bagno; successivamente il suo corpo aveva cominciato a reclamare – soprattutto il suo stomaco che gli dava segnali ben distinti e forti alle orecchie – quindi si assicurava che Inaya fosse andata via prima di aprire la porta, prendere il vassoio e spiluccare giusto quanto bastava per non morire di fame.
Lasciava il vassoio di nuovo in corridoio e si barricava nella sua camera, buttandosi sul letto.
Aveva passato così tutta la settimana, parlando tra sé e sé, piangendo e disperandosi.
Non sapeva che l'anima di Nael fosse al suo fianco, non ne percepiva l'esistenza, ma questo lo stava osservando da qualche giorno.

Nael aveva deciso che non si sarebbe smosso da lì fino a quando non fosse stata rilevata la sua presenza. Si era sforzato talmente tanto nel provare a spostare oggetti e a parlare con Ari, eppure non accadeva mai niente.
Solo la sensazione di freddo che a volte lo colpiva, ma non andava mai oltre quello.
Vederlo perennemente in quello stato lo stava facendo diventare matto, non sopportava tutto quel dolore sul viso di Ari, non avrebbe mai voluto che tornasse quel ragazzino dodicenne che aveva paura per ogni piccolezza, quello che conosceva solo la sua stessa cascina.
Tuttavia, sembrava proprio essere tornato indietro nel tempo.
Avvertiva chiaramente quel senso di protezione che fuoriusciva dal suo corpo e avrebbe voluto abbracciare Ari per tutto il tempo.
Così faceva, o meglio, così era quello che il suo pensiero faceva.
La notte aveva provato a mettersi al suo fianco e a tenerlo stretto come era sempre stato abituato, ma l'altro non se ne accorgeva e quando compiva certi movimenti attraversava parte del suo corpo come se lui non si trovasse lì. Inoltre, la sua sola vicinanza procurava quel freddo che fece pensare ad Ari di essere influenzato.
Per quanto ci provasse, in ogni caso, Nael non faceva più parte del mondo dei vivi.

Ari stava accettando questa cosa, non che questo significasse che la tristezza stava diminuendo, ma aveva cominciato a capire che Nael non sarebbe più tornato.
Aveva consumato tutte le lacrime, uscivano soltanto per brevi momenti e i suoi occhi non si erano mai sgonfiati, così come la sua testa non aveva mai smesso di pulsare.
Stava troppo male.
Voleva solo Nael e nient'altro.

Lui non c'è più...

Se fosse stato lì, gli avrebbe detto di smetterla mentre lo abbracciava fortissimo e gli avrebbe poi fatto la linguaccia, uscendosene con una delle sue battute inopportune e per nulla divertenti.

...e io non faccio che riviverlo nella mia memoria.

Ari non era ancora arrivato al punto tale da sorridere perdendosi nei ricordi, erano troppo dolorosi in quel momento da potersi lasciar andare a un sorriso.
Dopotutto non aveva altri ricordi che non fossero lui e, per quanto fossero uno più bello dell'altro, gli facevano tamburellare il cuore in una maniera totalmente diversa, che non voleva provare.
Ari era appena uscito dal bagno, quando sentì bussare alla porta.
“Ari.” la voce squillante di Inaya gli raggiunse le orecchie. “Ti ho portato il pranzo. Oggi la mensa ha dato il meglio di sé, quindi ti consiglio di mangiare tutto quanto.” allungò la u di tutto in maniera esagerata.
Ari scosse la testa.
Era ben compiaciuto che qualcuno si preoccupasse per lui e si era reso conto che Inaya lo era per davvero, eppure non gli bastava. Non era affatto la persona che doveva portargli da mangiare e tirarlo su di morale.
Si sentì uno sciocco nel pensare in quel modo riguardo a quella che era diventata una sua grande amica, d'altronde non poteva cambiare quel suo atteggiamento.
Non era Nael.
Questo bastava e avanzava per comportarsi in quella maniera così egoista.
“Te lo lascio qua fuori.” disse ancora la ragazza. “Comunque mi dovrai pagare il servizio da cameriera prima o poi.” si mise a ridere di cuore e, anche se Ari avrebbe voluto ricambiare, non gli riuscì.
“A stasera.”
Ari si avvicinò alla serratura della porta e vi guardò attraverso per assicurarsi che non ci fosse nessuno al di fuori.
“Certo che sei impossibile.” Nael parlò con le braccia conserte, sebbene non potesse essere sentito.
Il biondo si scostò dalla porta e poggiò la schiena su di essa, socchiudendo gli occhi.
“Insomma, quella ragazza è tua amica, no?” continuò Natanael. “Ammetto che sono lievemente geloso nel sapere che ti sei davvero fatto un'amica e vorrei anche vederla in faccia per capire se dovrei preoccuparmi in maniera seria o...” scosse la testa pensando che non fosse quello il momento adatto per certi assilli e che ne avrebbe discusso con Ari più in là. “A ogni modo, sembra che lei ci tenga a te e alla tua salute.”
Ari si riabbassò sulla fenditura, tenendo un occhio chiuso per osservare meglio.
“E fa bene!” esclamò Nael. “Devi mangiare regolarmente e prenderti cura di te.”
Era incredibile come Nael avesse cambiato il suo atteggiamento in così pochi giorni. Era passato dall'essere depresso per aver abbandonato Ari, a voler essere il suo angelo custode che si allarmava in qualsiasi forma, cercando di comunicare con lui perché era sicuro che prima o poi l'avrebbe sentito e gli avrebbe dato retta.
“Inoltre, non l'hai neanche ringraziata. Neanche una volta! Pensavo di averti insegnato l'educazione in tutti questi anni e, invece, guardati.”
Nael sospirò esageratamente e si portò una mano sulla fronte, un po' sconsolato.
Si avvicinò al ragazzo e gli passò le dita tra i capelli. Quanto faceva male non poterlo più sentire.
“Ari... prova ad andare avanti, ti scongiuro. Lo so che è ancora presto, che ci vorrà sicuramente del tempo...” lo abbracciò da dietro, avvertendo l'altro rabbrividire sotto il suo tocco. “Ma se l'ho capito io che non è vero che sei solo e che qualcuno ti vuole bene, allora devi capirlo anche tu. Non rimanere ancorato al mio ricordo per sempre.”
Ari prese un piccolo sospiro e aprì finalmente la porta.
Si abbassò per raccogliere il vassoio e, in quel momento, vide una tunica bianco sporco, su cui vi era ricamato un ghirigoro nero, proprio davanti a lui.

Il Sommo Keyondre.

Scattò all'indietro per rientrare in camera e rinchiudersi dentro, ma l'altro fu più veloce e bloccò la porta prima che potesse sbarrarla.
“Vattene.” disse semplicemente Ari.
“Ti sembra questo il modo di parlare al tuo tutore?” rispose il mago del buio. “Lasciami entrare.”
“No.” spinse con tutta la forza che aveva per tenerlo fuori.
Ari era ostinato. Non voleva vedere nessuno e tantomeno la persona che l'aveva preso a forza e l'aveva allontanato da Nael.
“Ricordati che sei tu che te le cerchi.” affermò Keyondre e mosse appena la mano per generare una piccola onda d'urto che investì il ragazzo e lo fece cadere a terra. In questo modo poté entrare senza problemi.
Nael squadrò da capo a piedi quell'uomo e il suo volto oscuro non lo trovò affatto rassicurante.
Ari tenne il capo basso mentre si rialzava in piedi e se ne andava a sedersi sul letto; venne seguito dall'altro ragazzo, che poggiò la schiena alla parete tenendo le gambe allungate.
“Ari, dobbiamo parlare.”
“Non ho nulla da dire.”
“Capisco che tu stia male e che...”
“No che non lo capisci!” urlò Ari, con la voce appena appena rotta. “Nessuno può capire come mi sento, perché non mi lasciate in pace?”
“Ari...” Nael si sentì colpito al petto e strinse i pugni fino a farli diventare bianchi.
Keyondre sospirò, tuttavia non cedette a quel comportamento.
“Hai saltato già una settimana di lezione.”
Ari sobbalzò.
Aveva appena perso Nael e tutto quello che sembrava importante per il mago erano le lezioni per continuare il suo percorso di studi.

È così che capisce quello che provo?

“Non puoi continuare in questo modo, se vuoi diventare un mago eccellente.” continuò l'uomo.
In risposta scosse solo la testa.

Non voglio diventarlo...

“Non puoi neanche rimanere rinchiuso in questa stanza per sempre.” il tono di Keyondre era rigido e risoluto. “Questo non è un gioco, hai già rischiato di essere cacciato dall'aeronave.”
Non capiva perché il mago lo stesse trattando in una maniera così dura, non aveva più avuto quell'atteggiamento negli ultimi tempi e non sapeva se ora lo stesse avendo poiché non avesse idea di come consolarlo o perché gli avesse sempre mentito.

E io che gli ho anche confessato che assomigliava a un padre per me...

“Vattene.” ripeté Ari, atono.

...invece sono sempre stato sfruttato. Persino da lui.

“No che non me ne vado fino a quando non ti avrò convinto a uscire da qua.”
“Lasciami in pace.”
Nael osservò tutta la scena, maledicendo di non potersi mettere in mezzo per rassicurare Ari e cacciare a calci nel fondoschiena l'uomo.
“La vita continua, Ari. Per quanto sia difficile, al di fuori del tuo piccolo mondo che ti sei creato esiste un altro mondo enorme e molto più bello di quello che pensi e, adesso che sei un mago...”
“Non voglio!” urlò Ari, facendo sussultare l'altro.
“Che cosa?”
“Non voglio essere un mago.” continuò quasi con il fiatone.

Che senso ha oramai..?

“Ari, non dire sciocchezze.”
“Non ho mai voluto i poteri.” le sue mani cominciarono a tremare e dovette stringerle a pugno per tenerle sotto controllo. “Il Mana non mi appartiene e adesso che Nael è morto non ne ho più bisogno.”

Solo per lui ho affrontato tutto questo, ma adesso per chi sto combattendo? Non posso più salvare nessuno, quindi non ha senso diventare un mago. Posso tornare tra i Sacrifici e aspettare il giorno della mia morte.

“Che discorsi sono questi, eh?” Keyondre si mise le mani sui fianchi e si inclinò appena verso il ragazzo con tono di ammonimento.
“Ho accettato di trasferirmi su questa aeronave, di imparare le arti magiche sotto la tua guida e di diventare uno dei maghi addetti alla cerimonia solo perché così un giorno avrei raggiunto il prestigio di poter vivere tranquillo con Nael, facendo in modo che non fosse più un Sacrificio.” prese un piccolo sospiro mentre piccole lacrime avevano cominciato a cadere sui dorsi delle mani. “Invece lui è morto... quindi non serve più.”
Nael lo guardò sbalordito. Il pensiero che Ari avesse sopportato la loro divisione e la convivenza con i maghi, verso il quale provava odio e terrore, solo per lui, solo per proteggerlo per il loro futuro, lo fece riflettere.
Non era unicamente quel ragazzino che voleva tanto difendere, non era quel ragazzino che aveva bisogno di un rifugio, ormai aveva dentro di sé anche l'uomo che si prodigava per gli altri a discapito di se stesso.
Probabilmente l'aveva già capito prima, ma adesso ne aveva l'assoluta certezza e non poté che provare ancora più amore verso di lui e l'istinto di gettarsi addosso per abbracciarlo e ripetergli quanto lo amasse. Se solo l'avesse sentito.
“Se davvero credi questo...” disse Keyondre e Ari annuì.
Era la pura e semplice verità.

Perché dovrei diventare come quelli che hanno portato via i miei genitori e Nael?

“Toglietemi pure i poteri, mettetemi in esilio e tutto quello che volete.”
Keyondre rivide in quelle parole un ricordo lontano, del suo migliore amico d'infanzia. Era sicuro che una parte di Temaru vivesse in Ari e quella ne era la dimostrazione.
Sacrificare un dono di quel calibro per i propri ideali, anche se questo gesto avrebbe portato a una vita molto più difficile, era il modo in cui aveva vissuto il padre di quel ragazzo.
Ari continuò a lacrimare e tremare.
Il mago del buio fece per andarsene, tuttavia si bloccò poco prima di aprire la porta e si rivoltò verso il ragazzo.
“Il tuo nome da mago dovrebbe essere: Ari, Mago dell'Acqua, colui che è in grado solo di piangersi addosso.”
Ari non si smosse, quelle parole non l'avevano colpito in alcun modo. Nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea, nessuno l'avrebbe scosso talmente tanto da fargli riprendere gli studi da mago.

Voglio solo andarmene.







“Chi cazzo ti credi di essere per parlare in questo modo ad Ari, eh?” inveì Nael, incapace di restare in silenzio davanti a quel viso triste.
Si alzò di scatto e si mosse verso il mago puntandogli il dito contro.
“Se solo potessi prenderti a botte, lo farei immediatamente.”
L'uomo si guardò per un istante intorno a sé, poi fece ricadere lo sguardo su Ari.
“Non hai nulla da dire?”
Ari negò con il capo.
“Che sei uno stronzo, ecco cosa ti vorrebbe dire.” imprecò ancora.
Keyondre si portò una mano sulla fronte, poi abbandonò la stanza, sbattendo forte la porta.
Ari si lasciò scivolare completamente sul materasso, tra i singhiozzi.
“Bravo, vattene.” Nael incrociò le braccia e comparve un sorriso ironico sul suo viso. “Hai avvertito la paura.”
In quel momento venne riscosso dalla voce dell'altro.
“Ari, non piangere.” gli si avvicinò, allungò una mano verso la sua coscia e lo accarezzò delicatamente.
Anche il sorriso che fece aveva la stessa dolcezza.
Si sdraiò al suo fianco, portò la sua testa al petto e gli lisciò i capelli senza che se ne accorgesse minimamente.
“Hai fronteggiato una sfida del genere solo per me.” gli soffiò tra la capigliatura. “Solo per poter vivere con me.”
Fece una lieve risata e vide che il ragazzo si stava avvolgendo sotto le coperte; ne fu travolto anche lui.
“Nael...”

Quante volte hai invocato il mio nome in questi giorni? Davvero non fai che pensare a me?

Si rivide in lui durante il periodo della loro separazione.
Aveva passato giorni a pensare solo a quel ragazzo, a chiamare il suo nome, ad agognare di poterlo avere di nuovo al proprio fianco e, invece, non aveva ottenuto che oscurità e rabbia.
Adesso che poteva vederlo di nuovo, però, era peggio di prima.
Non aveva senso una vita – se la sua si potesse chiamare vita, dato che ormai non era che un'anima – dove non potesse essere riconosciuto dalla persona che più amava.
Sibilò affettuosamente per calmarlo, dato che stava ancora piangendo.
“Basta così, Ari.” gli parlò affabile per cullarlo. “Addormentati e incontrami nei sogni.”
Sperava che così fosse.

Se solo potessi entrare nella tua testa per rassicurarti e dirti che sono sempre con te e che non ti lascerò mai.

Un sentimento strano si fece strada in lui.
“Troverò il modo!” esclamò a un certo punto. “Mi impegnerò con tutto me stesso e sarò in grado di raggiungerti nei sogni, se non c'è altro modo.”
Ari sembrò calmarsi appena, forse entrato in uno stato di dormiveglia.
“Te lo prometto, Ari.”
Lo abbracciò più forte.

Te lo assicuro, ce la farò.

“Aspettami.”



NOTE DELL'AUTRICE:
 

Maccciao Nael =w= anzi, ciao spirito di Nael =w= mi sei mancato <3
Non ve l'aspettavate, eh? Qualcuno ha capito che diamine è successo? Fra poco capirete tutto, ve l'assicuro u.u attendete.
Non nascondo le lacrime anche nel pezzo dove si rende conto che è morto e parla con Ari disperato *ha la lacrima facile* dettagli ahah. Quindi adesso abbiamo un'anima Nael che è di nuovo al fianco di Ari e che è decisamente tornato il Nael di una volta, forse anche meglio di una volta. Insomma, guardatelo come fa la mammina e lo protegge da Keyondre, avrebbe voluto ucciderlo xD oh, e vorrebbe uccidere anche Inaya, la gelosia è parte di lui ahaha. Peccato che Ari non senta una mazza di quello che gli dice e non senta il suo tocco... quindi, che si fa adesso?
Lo scoprirete domenica prossima <3
Ringrazio tutti quelli che seguono ancora questa storia, lasciate un commento se vi è piaciuto e un bacio a tutti quanti!
Flor =w=

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - La volontà di una persona di raggiungere quell'anima ***


CAPITOLO 27
LA VOLONT
À DI UNA PERSONA DI RAGGIUNGERE QUELL'ANIMA


Novembre, anno 439 del XII periodo

“Come sta?”
“Non esce ancora dalla sua stanza.”
Keyondre si accomodò sulla sedia nell'ufficio della Somma Keneke, portandosi una mano alla fronte e sospirando.
“Quante settimane sono passate? Tre? Quattro?” fece la donna, incrociando le braccia e mettendosi al suo fianco, con il fondoschiena poggiato alla scrivania.
“È quasi passato un mese, ormai.” la voce del mago del buio era sconsolata.
“Non va bene.”
“Mi chiedo perché non gli abbiate ancora tolto i poteri.”
“Così come hai fatto tu?” domandò ironica con un piccolo sorriso.
“Ti sbagli, io ho sigillato il mana che possedeva dentro di sé, usando come catalizzatori i suoi genitori. Da quando sono morti, il sigillo si è spezzato sempre di più e...”
“Siamo arrivati alla situazione di oggi. Lo so.” lo interruppe con un cenno della mano.
“Keneke, quel ragazzo è distrutto.”
“Lo supererà prima o poi, dobbiamo solo aspettare.”
“Aspettare per cosa?” picchiò la mano sul tavolo, furente.
“Non mi lascerò scappare un potere come quello. È forte. Uno dei più grandi che io abbia mai visto nei miei quasi trentacinque anni di vita.”
Keyondre l'osservò camminare avanti e indietro per la stanza, pensierosa.
Un piccolo ciuffo fuoriuscì dalla sua coda di cavallo per appoggiarsi a spirale sulle folte ciglia.
“Ma lui non vuole essere un mago.” affermò l'uomo. “Sta rifiutando questo mondo, ci disprezza e non vuole più averne niente a che fare.”
“Keyondre, non è da te arrenderti in questo modo.”
Keneke gli si accostò di nuovo e gli posò le mani sulle spalle, mettendosi dietro di lui e abbassando il viso al suo orecchio.
“Se lasciassi andare Ari, togliendogli il Mana, sai che fine farà?”
Keyondre non fece notare anche alla donna il turbamento interiore che lo fece sobbalzare.
“Tornerà un Sacrificio.”
“Esatto.” la maga del fuoco fece una piccola pausa. “Questo vorrebbe dire che potrebbe morire da un momento all'altro.”
Sul viso dell'uomo comparve un debole sorriso.
A quanto pare, anche se la conosceva da molti anni, non era ancora in grado di comprendere a pieno tutte le sue mosse e continuava a sorprenderlo.
“Lo vuoi proteggere.”
“È il tuo figlioccio, no?” gli diede una pacca sulla schiena e si rimise in posizione eretta.
“Keneke...”
“No.”
“Mh?”
“Non c'è bisogno che mi ringrazi.” si parò davanti al mago con un sorriso vittorioso dipinto in faccia.
“Non ti stavo affatto per ringraziare.” si alzò dalla sedia, guardando dall'alto al basso il Capo del Consiglio, anch'egli con un sorriso sprezzante.
“Che maleducato.” Keneke fu costretta a sollevare il mento di parecchio per non perdere il contatto con i suoi occhi grigi e mantenere così una certa autorità.
“Solo non pensavo che anche a te stesse a cuore Ari, tutto qua.” dichiarò Keyondre, non prestando attenzione alla critica che gli aveva smosso la maga del fuoco.
“Non dovrebbe?” ribatté, alzando un sopracciglio e sostentando quell'aria furba fissa sul volto.
“A volte, mi dimentico che anche la dura Somma Keneke, in fondo, ha un animo nobile.”
Il mago del buio si prese gioco di lei e fece per andarsene.
“Esigo più rispetto da te, anche se sei un membro del Consiglio.”
Le loro battute si susseguivano una dietro l'altra.
Se uno riceveva una punzecchiatura, l'altro ribatteva allo stesso modo senza cedere il comando all'altro. Nessuno dei due avrebbe mai desistito per ottenere la vittoria finale. Tuttavia, quell'occasione richiedeva decisamente un vincitore.
Keyondre aprì la porta e si voltò un'ultima volta verso l'altra.
“La ringrazio, Somma Keneke.”
I due si sorrisero e il mago del buio abbandonò l'ufficio.





“Maledizione!”
Nael tirò un calcio alla sedia, colto dalla rabbia, sebbene non ottenne alcun suono o spostamento.
“Non ci riesco, cazzo!”
Ormai, era da almeno tre settimane che stava provando senza sosta a farsi percepire da Ari, eppure non ci era mai riuscito; neanche una sola volta.
Trovava parecchio noiosa quella vita da spirito privo della percezione del tatto.
Non aveva niente da fare per tutta la giornata e questa era spesa osservando Ari, che era sempre più distrutto e non aveva dato, ancora, cenni di miglioramento.
A Nael si rivoltavano le interiora nel vederlo così e la cosa peggiore era che non esisteva nulla per risollevarlo di morale, neanche quell'amica che si ostinava a venire a ogni pasto per portargli un vassoio di cibo – e che era finalmente riuscito a vedere in faccia, quando aveva scoperto che riusciva ad attraversare senza problemi la porta, e l'aveva trovata molto carina, da esserne ancora più geloso.
E, a proposito di cibo, gli mancava poter mettere qualcosa tra i denti. Aveva vissuto per anni per strada dovendo lottare per un minimo pezzo di pane e aveva così tanto sofferto la fame, che adesso gli sembrava strano non sentire più lo stomaco brontolare e non potersi gustare una bella bistecca al sangue.
Di certo, quello non era il male maggiore.
Nemmeno il fatto che non avesse nulla da fare.
Il massimo del dolore era occupato da Ari.
Vegliare su Ari era la cosa più importante in assoluto, su questo non c'erano dubbi, però non poteva rimanere per tutto il tempo a guardare un ragazzo che non faceva che disperarsi e disperarsi ancora.
Questo lo devastava.

Ari si spostava dal letto al bagno, poi tornava sul letto, si sgranchiva un po' le gambe camminando per la stanza e il tutto era sempre accompagnato da sospiri. Solo poche volte parlava ad alta voce, come se sapesse che l'altro fosse ancora vivo al suo fianco, ma non poteva sapere che, invece, Natanael gli rispondeva sempre.
Nael parlava più che poteva con Ari, sperando di venir sentito prima o poi.
Aveva davvero discusso di quella ragazza, della quale ancora non sapeva il nome, e gli aveva fatto un elenco di cose che poteva e non poteva fare stando con lei, con la clausola che non sarebbero mai dovuti stare soli nella sua camera. Su questo non c'era da obiettare.
Gli aveva poi raccontato tutto quello che era successo durante i loro mesi di lontananza, era persino arrivato a confessargli di Sanna, vergognandosi di se stesso mentre parlava – quella fu l'unica parte che sperò non sentisse – poi si era perso nei ricordi che aveva con Ari e aveva rivissuto parte della loro vita insieme.
Nulla di tutto questo smosse minimamente il biondo.
Nonostante ciò, Nael non pensò minimamente di aver sprecato fiato, anzi, era convinto che più avrebbe insistito e prima sarebbe arrivato il giorno che tanto attendeva.

Riuscirò a tornare da te.

Mentre Ari dormiva, però, Nael non aveva neanche quel piccolo sfogo di poter stare con lui e rassicurarlo, quindi aveva cominciato a fare perlustrazione dell'aeronave.
Era incredibile come nessuno si accorgesse di lui.
Camminava a testa alta, raggiungendo tutti i piani che voleva, senza nemmeno il bisogno di dover sgattaiolare. D'altro canto, la indole di ladro era così insita in lui che prendeva comunque qualche precauzione, rimanendo sempre vigile e attento per non rischiare di commettere qualche sciocchezza senza volerlo.
Il fatto che non potesse essere visto era, comunque, un enorme vantaggio.
Aveva in mente di trovare un modo da solo, anche perché non poteva altrimenti, per riuscire a entrare nei sogni di Ari o per capire cosa fosse diventato e se fosse stato possibile tornare quello che era.
Per pura fortuna, e un ottimo senso dell'orientamento, aveva trovato una delle biblioteche della nave, ma tanto era valso perché non riusciva a maneggiare neanche un libro, se non quelli lasciati aperti, senza potere però voltare pagina.
Avrebbe dovuto pensarci prima, era ovvio che, se non poteva toccare Ari e gli oggetti nella sua camera, non avrebbe potuto neanche con tutto il resto.
Arrivò a credere che l'unico modo per combinare qualcosa di rilevante fosse quello di affidarsi a un mago. Ci sarebbe stato, tra tutti, uno che avrebbe notato la sua presenza.
Nei giorni seguenti aveva preso a uscire anche al mattino, quando i corridoi si riempivano di gente, ed era stato terribile. Una marea di persone l'avevano attraversato da parte a parte come se non esistesse e la sensazione non si avvicinava mai a quella che aveva provato quando era capitato con Ari.
Non capiva come il suo passaggio non allarmasse nessuno, a lui era sembrato che Ari si fosse accorto che era successo qualcosa, eppure con gli altri non era mai accaduto.

Quella mattinata, Nael aveva provato a cercare uno dei pezzi grossi, così l'aveva definito mentre si dirigeva sicuro verso i piani superiori, però gli era stato impossibile andare oltre un certo livello.
Doveva esserci un potere troppo forte per poterlo contrastare semplicemente con la sua anima.
Quindi, era tornato in camera di Ari mogio mogio e si era seduto sulla sedia osservando il ragazzo, che stava mangiando controvoglia davanti a lui.
Un ciuffo cenere gli ricadeva davanti al volto e quasi finiva sulle labbra; gliel'avrebbe voluto togliere e portare dietro l'orecchio, invece si ritrovò a sospirare sommesso.
“Ari, come facciamo?” cominciò a parlare ironico. “Non vorrai mica mangiarti i tuoi stessi capelli? Tra l'altro ti stanno crescendo troppo, è ora di tagliarli.”
Si passò una mano tra i propri corvini e non li trovò cambiati di una virgola, nonostante fossero passate settimane. D'altronde, non aveva neanche bisogno di cambiarsi i vestiti, perché non si sporcavano, non emettevano odore, e così il suo corpo che non aveva bisogno di niente per rimanere com'era.
“Mi mancano i tuoi zigomi arrossati, sai?” sorrise appena, poggiando il mento sui palmi di entrambe le mani e guardandolo intensamente. “E i tuoi abbracci, i tuoi baci... per non parlare di quel magnifico sedere.”
Si diede dello stupido da solo, scuotendo il capo e sporgendosi verso di lui per lasciargli un bacio sulla fronte.
“Ti amo, Ari.”
Tornò a sedersi.
“Ti giuro che sto facendo tutto il possibile, ma non posso combinare molto, se non ho neanche la forza di toccare un semplice oggetto. Però tu continua ad aspettarmi, ti prego.”
Gli era inammissibile pensare che Ari non l'avrebbe mai più sentito, quindi ogni giorno si auto-convinceva che ci sarebbe riuscito e così lo credeva davvero.
Improvvisamente spalancò gli occhi.

Se posso attraversare le persone, posso anche entrare dentro di esse e rimanerci? Se potessi farlo, forse potrei usare il corpo di Ari per parlare con lui, oppure...

Il fiato gli accelerò e si alzò di scatto andando verso il biondo.

...oppure potrei provocare dei grossi danni...

Allungò una mano verso la spalla dell'altro, ma la ritrasse subito.

Non ho idea se questo sia possibile, inoltre non conosco le conseguenze e non sono neanche sicuro di poterci effettivamente riuscire.

Tese nuovamente le dita verso Ari e premette sul suo braccio.
Rimase in bilico, non lo toccava ma non lo penetrava neanche.

È meglio di no.

“Già sei ridotto così per causa mia, non voglio peggiorare la situazione. Non me lo perdonerei mai.”
C'erano troppi timori dietro a quella teoria: avrebbe potuto prendere possesso del corpo del ragazzo, ma, una volta al suo interno, cosa sarebbe successo? Ari avrebbe perso i sensi e non si sarebbe ricordato di niente? O non avrebbe potuto comunque parlare con lui e farsi sentire, anche se cosciente? Peggio ancora, avrebbe potuto uccidere l'animo di Ari?
Nael avrebbe dato di tutto per poterlo risentire, ma non valeva un rischio del genere.
Quindi desistette nel giro di qualche minuto.
“Cos'altro posso fare?”
Nael si sedette a gambe incrociate sul pavimento, con la schiena ricurva, e lì rimase per tutta la giornata, escogitando un modo per poter parlare ancora una volta con Ari.





Ari stava sempre peggio.
Si era domandato perché fosse ancora lì, perché la Somma Keneke non avesse deciso insieme al Consiglio di cacciarlo e rimandarlo sull'aeronave dei Sacrifici.

Probabilmente sono convinti che passerà questo periodo e tornerò a studiare.

Picchiò il pugno contro il muro, con lo sguardo arrabbiato, e fece un piccolo lamento.

Come possono anche solo credere che possa rientrare nella cerchia del rito?

Il suo non era un semplice capriccio, era davvero inammissibile che tornasse a fare parte di quella classe sociale. Era qualcosa che non aveva mai voluto e non gli importava neanche di essere sbattuto di nuovo tra i Sacrifici.

Lo sono sempre stato e continuerò a esserlo...

Non c'erano obiezioni su questo.
L'unica cosa che era migliorata era l'appetito, ma solamente da qualche giorno, perché il suo corpo stava cedendo a causa della malnutrizione.
Non che gli sarebbe dispiaciuto lasciarsi andare fino a morire di fame, però non era la soluzione migliore da prendere in quel caso.
Aveva rimuginato parecchio negli ultimi giorni ed era arrivato alla conclusione che fosse giunto il momento di mettere finalmente il piede fuori dalla stanza.
Per tutto il mese non aveva visto nessuno, se non Keyondre che aveva fatto irruzione, aveva sentito solo la voce di Inaya quando gli portava da mangiare e il brusio della gente che passava per il corridoio e che aveva la camera vicina alla sua.
Aveva fatto preoccupare abbastanza la sua unica amica, che si era tanto prodigata per lui, e voleva ringraziarla faccia a faccia.

Si diresse verso la mensa, dato che era arrivata l'ora di cena ormai, e sperò di vederla seduta al tavolo al solito posto.
Non fece neanche in tempo ad arrivare, che Inaya spalancò gli occhi e gli corse incontro, stringendolo in una morsa letale.
“Ari! Finalmente sei uscito!” gridò in moto tale che fece voltare molti dei maghi presenti. “Non vedevo l'ora di rivederti! Mi hai fatto stare così in pensiero, stupido!” continuò a urlare, con un flusso di parole dietro l'altra.
Il ragazzo ricambiò appena la stretta.

Era davvero preoccupata per me.

“Ci stanno guardando tutti.”
“Secondo te mi importa?” disse ancora la ragazza, cingendogli di più il collo, con le lacrime agli occhi.
Ari sospirò, il suo sguardo era atono, neanche un sorriso accennava a comparire.
“Scommetto che starai morendo di fame.” Inaya si staccò appena, asciugandosi con la manica della tunica.
Ari abbassò il capo, vedendo un brillantino sulla sua maglia azzurra; in quel momento si rese conto che Inaya aveva una treccia a spiga che partiva dall'attaccatura sulla fronte e che sfociava in una coda piena di onde e i capelli erano cosparsi di glitter oro e argento e alcuni di questi erano rimasti attaccati al suo vestito.
Se li scrollò di dosso mentre l'altra l'aveva preso a forza per un polso per trascinarlo a sedere.
“Vado a prenderti un vassoio.”
Ari rimase immobile, osservandola sparire tra la folla.

Ci sono troppe persone...

Sentì quasi mancargli il fiato.

Dovevo rimanere nella mia stanza, non voglio essere circondato da tutti questi maghi.

Si mise l'indice tra il collo e il colletto e lo tirò appena per allargarlo e far entrare aria.

Devo resistere un paio di ore.

Inaya arrivò scattante con la sua cena e gliela servì con molta grazia e un enorme sorriso, per poi sedersi davanti a lui e finire il proprio pasto.
“Allora, come stai?”
Ari scosse la testa. Non aveva nemmeno voglia di parlare.
“Lo immaginavo...” la ragazza chinò il capo, mettendosi a giocare con il cucchiaio nel piatto. “Però, se sei qui, significa che ti stai sforzando ad andare avanti.”
“Forse...” rispose semplicemente.
Inaya si ammutolì subito dopo. Era evidente che Ari non avesse per nulla voglia di rimanere a quel tavolo e che avrebbe preferito tornare indietro e lei non sapeva quale argomento usare per farlo sentire meglio.
“Volevo ringraziarti.” affermò a un certo punto il ragazzo.
Inaya sollevò la testa e lo fissò nelle iridi cristalline.
“Ti sei occupata di me in questo mese.”
“Ti ho portato solo i pasti, avrei voluto fare molto di più.”
“Non potevi fare altro.”
Il tono con cui Ari parlava era piatto e privo di sentimenti, l'unica cosa che cercava di fare era di non piangere per l'ennesima volta.
“Ari...”
“Grazie.” la interruppe. “Grazie ancora. Sei una cara amica e volevo che lo sapessi.”
Ari non aveva trovato altro da dire, era stato semplice e diretto.
“Anche tu sei un caro amico, sei mio fratello, anzi.” gli sorrise inclinando la testa.
“A proposito di questo, vorrei che ringraziassi anche il Sommo Keyondre da parte mia.”
“Potrai dirglielo di persona più tardi, se vuoi.” parlò squillante. “Possiamo andare nel mio appartamento e rimanere a chiacchierare fino a tardi e mangiare un sacco di schifezze!”
“No, preferisco di no...”
Era uno strazio quella discussione.
L'aria era così tagliente e le aure intorno a loro si scontravano con prepotenza: se quella di Inaya era gioviale e solare e cercava di mantenere quell'allegria per tirarlo su di morale, quella di Ari era depressa e fiacca e cadeva poco a poco nell'oblio.

Voglio andarmene.

“Va bene, Ari. Sarà per un'altra volta.”
Il biondo annuì e prese a mangiare in silenzio.
Entrambi finirono la cena e Inaya provò ancora un paio di volte a convincerlo per fare qualcosa insieme quella sera, invece che passarla da solo, ma Ari fu irremovibile e tutto quello che le disse fu ancora grazie e poi che sarebbe tornato in stanza a breve.

Inaya se n'era andata via e così il resto delle persone, ormai la mensa stava per chiudere e Ari si era appostato appena al di fuori di essa in modo tale da non farsi beccare da nessuno.

“Ci vuole pazienza, non è una cosa semplice che, quando ti gira, la fai.”

La voce di Nael risuonò nelle sue orecchie.
Aspettò almeno un'altra mezz'ora prima che tutti se ne furono tornati al dormitorio.
Quando fu sicuro di essere da solo, si alzò dal suo nascondiglio e si avviò alla porta della mensa. Come pensava, era chiusa.
Prese un grande sospiro e distese per bene il palmo davanti alla serratura.

“Devi prendere atto di tutte le tue capacità e sfruttarle al massimo.”

Si concentrò e fece uscire un rivolo azzurro che s'infilò nel buco, poi socchiuse appena gli occhi per percepire meglio il potere e lo plasmò dandogli la forma di una chiave. Quando l'ebbe creata, usò un trucchetto che gli aveva insegnato Keyondre: grazie alla forza generata dall'altro palmo ghiacciò il mana in quella forma, così ottenne una chiave vera e propria.

“Solo così potrai essere orgoglioso del risultato.”

La girò nella serratura fino a quando non sentì un clang e aprì finalmente la porta.
Entrò in mensa cercando di fare meno rumore possibile e corse direttamente alle cucine.

“Agire come un gatto nero al buio, senza essere visto né sentito, ma scaltro, veloce e agile.”

Si guardò intorno e cominciò a scavare in tutti i cassetti.

“Inoltre è importante che tu capisca bene cosa puoi e cosa non puoi rubare.”

Aprì l'ennesimo cassetto e trovò un armamentario di coltelli di ogni lunghezza e taglio.

“Deve essere qualcosa che non dia nell'occhio, qualcosa che il proprietario non si accorga che è scomparso.”

Ne prese uno a caso, che fosse abbastanza grande e affilato per il suo scopo.

“Dopo basta che tu sia in grado di svignartela lasciando il resto com'era.”

Sistemò i coltelli così come li aveva trovati e chiuse il cassetto dolcemente.
Successivamente corse fuori dalla mensa e utilizzò la stessa chiave creata poco prima per richiudere la porta senza lasciare traccia.

“Una volta che sei fuori, il gioco è fatto e puoi goderti il tuo prezioso bottino.”

Le lezioni impartitegli da Nael erano state più utili del previsto, non credeva avrebbe mai utilizzato quei consigli, né che sarebbe stato in grado di compiere un tale gesto.
Nascose la lama in un panno che si era portato dietro e lo infilò all'interno della maglia con molta attenzione.
Camminò spedito fino alla propria stanza e si richiuse dentro. Quando girò la chiave cacciò un enorme sospiro di sollievo e posò il panno con dentro il coltello sul tavolo, sedendosi su una sedia.

In quel momento, l'anima di Nael fece il suo ritorno in camera, dopo che aveva tentato per l'ennesima volta di leggere qualche libro dalla biblioteca.
“Ciao, Ari. Sono tornato.” gli passò una mano tra i capelli e lo sentì singhiozzare. “Che ti succede?”
Ari stava cercando di reprimere il pianto e si nascose il viso tra le mani, puntando i gomiti sul legno.
“Ho deciso...” pronunciò a bassa voce. “Ormai ho deciso.”

Non servo più a niente.

Non solo era uscito dalla stanza per ringraziare Inaya per quello che aveva fatto per lui, la motivazione che l'aveva spinto ad agire in quella maniera era ben altra.

Non ci sono altre opzioni che il suicidio.

Era convinto di quello che pensava, ci aveva riflettuto molto e a lungo, per un'intera settimana quasi.

Così come ho ucciso Nael, non mi merito altro che questo.

Si sfregò i palmi sul volto per asciugarsi le lacrime e già i suoi occhi si erano arrossati.

È la mia punizione per avere ucciso la persona che amo.

Allungò la mano, tremante, verso la stoffa e la svolse, rivelando il coltello.
“Perché ti sei tenuto il coltello?” domandò ingenuamente Nael, pensando che l'avesse dimenticato fuori dal vassoio, dato che non sapeva che fosse andato in mensa, e, a una prima occhiata, non fece neanche caso che non fosse un semplice coltello per il pasto.
Ari fu dubbioso nell'afferrarlo, ma alla fine lo fece.
“Che cosa stai facendo? Ari? Ari?!” Nael si allarmò immediatamente. All'improvviso, sentiva che le cose stavano andando peggiorando in una maniera disastrosa.

Non posso che morire e farlo con le mie mani.

Ari si alzò dalla sedia e andò ad accomodarsi sul materasso con una camminata traballante.
Sprofondò su di esso e fece un altro sospiro profondo.
Aveva perso i suoi genitori, aveva perso la sua cascina, aveva perso Nael, aveva perso tutto ciò a cui teneva e l'unica cosa che gli rimaneva erano i ricordi, talmente dolorosi da non volere più neanche quelli.

Non ho più niente.

Inoltre, pensava che non ci sarebbe stato nulla che potesse risollevarlo, neanche quella nuova amicizia con Inaya, neanche il Mana che gli dava una lieve sicurezza.

Non mi resta che la morte.

“Ari?!” Nael stava gridando a squarciagola.
Non era per niente normale un comportamento del genere e sperò con tutto il cuore che non stesse pensando a qualche sconsideratezza che avrebbe portato a qualcosa di irreversibile.
Ari pianse più forte, alzando il coltello in aria e ammirandone la punta.
“Così potremo riunirci.” disse con un lieve sorriso mascherato dalle lacrime che scendevano copiose sul suo volto.
“Che cazzo stai dicendo? Ari, ti prego, metti giù quel coltello!”
Nael era entrato nel panico. Ora più che mai avrebbe voluto essere sentito.
Non poteva lasciarlo morire, era inconcepibile. Mai avrebbe voluto che la vita dell'altro terminasse così presto, soprattutto non con un suicidio.
Tutto quello che aveva fatto per oltre otto anni, cercando di eliminare la sua tristezza e di fargli tornare il sorriso, si stava rendendo vano per quell'azione che aveva dell'incredibile.
Non credeva Ari capace di compiere un tale atto, lo vedeva così innocente che il solo pensiero delle sue mani macchiate di sangue gli fece venire da vomitare.
“Nael, mi dispiace...” Ari singhiozzò e abbassò per un attimo il capo. “Non ci riesco senza di te.”

Non voglio più vivere.

“Non è vita senza di te.” ribadì ancora.
Si puntò il coltello al cuore, tenendolo ben saldo con entrambe le mani e lasciando che la punta poggiasse appena alla maglia, creando delle increspature.
“Ari, smettila!” Nael si lanciò sul letto, ma gli passò attraverso. “Merda! Merda!”
Il moro cominciò a piangere dall'agitazione e si mise seduto vicino all'altro, cercando in tutti i modi di chiamarlo e di spostargli il braccio senza riuscirci.
Ari strizzò gli occhi, poi li socchiuse appena vedendo solamente uno strato patinato davanti a sé, causato dalle lacrime.

Non voglio più soffrire.

Premette la lama leggermente e un lamento lo colse all'improvviso.

Me ne vado da questo mondo, tanto non si noterà la mia assenza. Sono talmente piccolo e inutile che tutti andranno avanti come se non fosse mai successo niente.

Ari socchiuse le labbra, lasciando fluire all'esterno dei piccoli gemiti e cercò di respirare a fondo.

Non mi mancherà nulla, tornerò dai miei genitori e da Nael.

“Fermati! Fermati, Ari!” Nael stava impazzendo.
Restarsene immobile a osservare la scena era peggio di quanto volesse ammettere.
Per un attimo comprese quello che aveva provato l'altro quando aveva dovuto assistere al suo sacrificio.
“Ti scongiuro, ascoltami. Sono qui, Ari...” provò ancora ad attirare la sua attenzione, senza successo. “Sono... qui...”
“Per chi non ha mai raggiunto il vero valore della felicità.” Ari cominciò a parlare, come se stesse celebrando una liturgia. “Per chi vale meno di zero e per chi non ha più il diritto di vivere.”
Fece una piccola pausa, allontanando appena il coltello dal petto per poter dare un colpo secco.
“Che la mia anima possa raggiungere le divinità e trovare finalmente la pace.”
“No!”
Nael gridò e si gettò su di lui un istante prima che la lama lo trafiggesse.
La spinta che diede fece spostare il braccio di Ari, tanto che il coltello gli volò via dalle mani e cadde a terra con un tonfo vicino alla porta del bagno; il biondo, invece, si era ritrovato semidisteso sul materasso con gli occhi e la bocca spalancati.
“Ce l'ho fatta...”
Natanael si alzò dal corpo dell'altro.
Le lacrime si erano bloccate nell'istante stesso in cui aveva sentito il rumore sordo del coltello sul pavimento. Il petto si alzava e abbassava a una velocità esorbitante e lo trovò strano per quanto non fosse più un corpo che aveva bisogno di respirare.

“Ari! Maledizione, Ari, volevi ucciderti?! Sei matto?!”
“C-Chi è?” il minore scattò in piedi e si guardò intorno impaurito.
Aveva chiaramente avvertito qualcosa dargli un colpo sul braccio e un urlo era risuonato nella sua testa, tuttavia era qualcosa privo di suono. Non sapeva come spiegarlo, era una voce priva di se stessa, ma che era riuscita comunque a penetrare nella mente.
Adesso c'era solo l'ansia a fare da padrona e la paura ad accompagnarla.
“Mi senti? Davvero?” Nael spalancò gli occhi e fu così felice da buttarsi senza pensarci due volte sull'altro.
Questo si ritrasse subito, non appena sentì qualcosa di freddo toccargli il collo.

Sto impazzendo? Anzi, sono già impazzito?

Ari continuava a muoversi nella stanza e quasi inciampò sui suoi stessi piedi.
“Sono io, Nael.”
Alle orecchie di Ari arrivavano suoni evanescenti, senza un senso logico, senza parole che prendevano forma.
Il moro si rese conto che non stava facendo altro che spaventare il ragazzo, ma, ora che era riuscito, non poteva arrendersi e aspettare che quel piccolo momento svanisse. Doveva insistere fino alla fine.
“Ari, mi senti? Ari?” lo afferrò per il polso.
Ari si osservò la zona presa e la sentì più fredda del normale.

Cosa sta succedendo? Cos'è? Aspetta, non dirmi che...

“Tangaroa?” lo chiamò a gran voce.
“Che?” Nael si staccò da lui, alzando un sopracciglio.
“Stai cercando di parlare con me, Tangaroa?”
Natanael scoppiò a ridere.
“Questa sì che è bella.” si mise le mani sui fianchi. “Ho sempre pensato di essere importante e di voler diventare prestigioso prima o poi, ma addirittura essere paragonato alla divinità dell'oceano!”
Ari era sempre più terrorizzato.
A parte la sensazione di freddo e dei piccoli sibili non aveva altri segnali che potesse riconoscere come Tangaroa o qualsiasi altra entità.
Indietreggiò fino a sbattere con la schiena alla scrivania, tremando. La luce della luna che proveniva dall'esterno gli colorava di una tonalità nivea la pelle del volto e i capelli sembravano fili intrecciati d'oro e d'argento.
“Aspetta...” fece a un certo punto Nael. “A proposito di Tangaroa, com'era quella storia che mi hai detto sul Mana e il suo utilizzo?”
Natanael si massaggiò le tempie, dandosi dell'idiota per non aver prestato particolare attenzione al discorso dell'altro su quanto riguardasse le arti magiche.
Si batté poi il pugno sul palmo.
“Devo concentrare tutte le mie energie in un sentimento.” si avvicinò al ragazzo che continuava a guardarsi intorno. “Fin'ora ho sempre pensato devo tornare da Ari, invece, dovevo pensare a un'altra cosa, molto più semplice...”
Gli afferrò di nuovo il polso e si rallegrò nel constatare che l'altro fece scendere subito lo sguardo su di esso.
“Ari. Questo dovevo pensare, solo Ari.” lo abbracciò.
Il biondo si sentì chiamare, eppure non assomigliava per niente alla voce di Tangaroa.

Ma se non è lui, chi può essere?

Di nuovo fu avvolto dal freddo e sentì premere in certe parti della schiena.

Che cosa...?

Tremò senza riuscire a smettere e, l'attimo dopo, accadde qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Si sentì tirare l'orecchio sinistro.
Nael, infatti, si era staccato appena e aveva portato la mano al suo lobo e aveva cominciato a giocare con il suo piercing.
Ari stava per svenire.

Questo modo di toccarmi l'orecchio...

Il suo pensiero non poté che andare in un'unica direzione.

...è impossibile sbagliare, so a memoria tutte le movenze.

Il cuore prese a martellargli con prepotenza.
Nael gli sorrise, senza staccare la mano dall'orecchio, e con l'altra gli mosse appena il ciuffo di capelli dietro quello destro, riuscendoci alla perfezione.

Non può che essere...

Non ci credeva, era troppo assurdo per essere vero.
Dischiuse appena le labbra per emettere un flebile suono soffiato.
“Nael.”





NOTE DELL'AUTRICE:
 

Un capitolo bello intenso, eh?!
Come potete vedere, i maghi non sono tutti malvagi u.u Keyondre e Keneke stanno proteggendo Ari a modo loro, apprezziamolo. Tra parentesi, adoro il rapporto tra loro due ahaha, ma questo è un dettaglio...
Ari è un alunno bravissimo <3 ha seguito tutte le lezioni di Nael e il brigantaggio ahah. A parte gli scherzi, spero vi siano venuti i brividi nella scena del quasi suicidio, perché è stata un'altra delle mie scene preferite da scrivere (sì, ormai avete capito che io amo scrivere il dolore ._.) e alla fine Nael ce l'ha fatta a farsi sentire! Insomma, grande punto di svolta da questo capitolo!
Come al solito, ringrazio tutti quanti, fatemi sapere le vostre emozioni e le vostre teorie per quello che accadrà con un commento e grazie ancora! Ci sentiamo la prossima settimana e un bacio enorme!
Flor ^w^


 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 - La verità che si cela all'interno di un sogno ***


CAPITOLO 28
LA VERITÀ CHE SI CELA ALL'INTERNO DI UN SOGNO

 

Novembre, anno 439 del XII periodo

“Nael...”
Il cuore di Ari batteva a una velocità esorbitante, tanto che credette di star per morire sul serio.
“Nael...” ripeté portandosi una mano davanti alla bocca per contenere i gemiti che voleva far uscire.
Natanael stava ancora giocando con il suo piercing.
Era così strano.
Era riuscito a toccare Ari, ma nello stesso tempo era come se non lo stesse facendo. Non sentiva nulla, eppure stava muovendo quell'orecchino e gli stava spostando i capelli dal volto.

Ce l'ho fatta, finalmente.

Nael sorrise dolcemente e non si azzardò a staccare il contatto che aveva instaurato con l'altro.
Anche se non poteva sentirlo alla perfezione, era così contento dentro di sé che sarebbe voluto rimanere in quel modo per tutta la nottata.
“Sono qua.” gli disse affettuoso.
“Sei tu, Nael?” Ari spalancò gli occhi e provò a guardare con attenzione davanti a sé senza scorgere nulla.
“Sì, sono io. Non mi riconosci?”
“Nael?” continuò a chiedere.

Non mi sente...

Natanael aveva come l'impressione che, anche se poteva percepire il suo tocco, lo stesso non valeva con la voce. Sembrava che il biondo non riuscisse a sentirlo per davvero.
“Ari, mi senti?”
Ari strinse il bordo della scrivania fino a farsi diventare le nocche bianche.
“Non è possibile...” cominciò a parlare. “Sto impazzendo, sono talmente scosso che inizio a sentire le voci e spiriti che giocano con me.”
Gli tremarono le gambe e credette di star per cadere, per questo si tenne in equilibrio con più forza.
Strizzò gli occhi per far sparire tutto quello che gli stava accadendo intorno, ma la sensazione di freddo al suo lobo e quel leggero vociare senza forma non accennavano a svanire.
“Non senti le voci e io non sono uno spirito qualunque.” lo prese in giro Nael, dandogli un pizzicotto al braccio e facendolo sobbalzare.
“Non è possibile.” continuò a ripetere Ari.
“Certo che è possibile! Sono qui, proprio davanti a te.”
Nael non aveva idea di come poterlo convincere più di così e la felicità che aveva provato giusto un attimo prima stava venendo spazzata via di nuovo dall'agitazione.
“Nael è morto, non esiste più.”
“Mi stai facendo arrabbiare adesso.”
“L'ho ucciso io.” singhiozzò.
“Che cazzate vai dicendo? Non sei stato tu...”
Il moro fece un piccolo passo indietro.

Aspetta...

“Per questo volevi suicidarti? Ma cosa ti è passato per la testa, eh? No, dico, ti sembra normale? Credi che io volessi che ti uccidessi così senza problemi?”
Nael sbraitò, staccandosi da Ari per gesticolare, e scosse violentemente la testa.

Ti sei ritenuto responsabile per la mia morte e non hai potuto sopportare oltre, così come io non sopporto anche solo l'idea di procurarti del dolore.

“Mi dispiace, Nael.”

Mi dispiace, Ari.

Natanael alzò il volto su quello dell'altro, riscoprendolo per l'ennesima volta piangente.
“Scusami se non ce l'ho fatta a proteggerti come avrei voluto. Dovevo ripagarti per tutto quello che hai fatto per me e, invece, sono la persona che ti ha ucciso.” Ari cadde sulle ginocchia e si portò le mani sulla faccia per nasconderla.
“Non è così. Non è così, credimi!” Nael si abbassò su di lui, consapevole che stessero tenendo due dialoghi separati perché non avrebbe mai avuto una risposta.
“Come ho potuto assassinare la persona che amo?”
Nael si allungò verso la sua fronte, gli spostò il ciuffo dal davanti e gli posò un bacio.
La reazione che ebbe Ari gli fece pensare che fosse riuscito di nuovo a entrare in contatto con lui.
Ari, infatti, spalancò gli occhi, bloccando le lacrime, e respirò con affanno.
“Non mi hai ucciso.” gli soffiò a un niente dalla sua pelle candida. “Sono ancora qui con te e non me ne andrò mai.”




Quella era indubbiamente la voce di Nael.
L'aveva sentita bene.

Cosa sta succedendo?

Come poteva essere la voce di Nael, se lui era morto da quasi un mese e la sua anima era intrappolata negli oceani appartenenti a Tangaroa? Come poteva essere davanti a lui?
Gli venne in mente lo sguardo di Keyondre e quello del mago che aveva diretto la cerimonia e la loro voce che gli ripeteva che stava interferendo con il rituale e che poteva mandarlo a monte.

Non è mai andata via l'anima di Nael?

Era la prima conclusione a cui poteva arrivare.

No, è assurdo. Non è possibile qualcosa del genere, mi sto inventando tutto solo perché lo rivoglio al mio fianco.

Eppure quel bacio sulla fronte l'aveva sentito bene e anche la frase successiva.

Se fosse davvero lui, significa che è rimasto con me per tutto questo tempo e che adesso non è che un'anima incorporea, ma viva.

Quella teoria gli fece battere il cuore a mille, come se già non stesse accadendo da qualche minuto.
I suoi occhi caddero sul coltello che giaceva di fronte alla porta del bagno.

Qualcuno mi ha spinto, su questo non ci sono dubbi.

Si rimise in piedi e strinse i pugni lungo il busto. Una ventata fredda gli arrivò di nuovo sul polso e si spostò più verso il dorso della mano e alle dita, come a volerle liberare da quella morsa.

E chi non vorrebbe che morissi?

Alleggerì la stretta e le fessure tra le sue dita si raffreddarono immediatamente.

Nael, solo lui.

Chiuse appena la mano come se ne stesse stringendo un'altra.

Non può che essere lui.

“Nael.”
La voce che gli uscì era decisamente più stabile di quella di poco prima, ormai priva del tremore impaurito.
“Sei davvero Nael?”
“Sì.”
Ari sobbalzò.

L'ho sentito di nuovo. È...

“...la tua voce.”
Ancora non era del tutto convinto. Gli sembrava troppo bello per essere la realtà, somigliava di più a un sogno stupendo dal quale non si sarebbe mai voluto svegliare.
“Mi hai sentito?”
Natanael era rimasto sorpreso, finalmente, forse, era riuscito a stabilire un vero contatto con Ari. Questo annuì lievemente dopo qualche secondo, che gli servì per cogliere a pieno le parole che non erano che lievi suoni sussurrati al vento.
Il moro scoppiò in una grossa risata di gioia e saltellò contento per tutta la stanza, urlando.
“Finalmente! Ce l'ho fatta! Ari, quanto è bello sapere che possiamo ancora parlare insieme e che posso accarezzarti e...”
“Devo chiedere aiuto.” il minore lo interruppe, anche se non sapeva di averlo fatto.
“Mh?” si bloccò Nael e si riavvicinò a lui.
“Se ci sei realmente, voglio poterti percepire chiaramente.” il tono di Ari aveva ritrovato una punta di speranza. “Sono diventato un mago, quindi posso provare a imparare a comunicare con le anime o qualsiasi cosa tu sia.”
Sul volto di Nael comparve un sorriso sprezzante nel vedere come l'altro fosse partito in quarta.

Se sei ancora qui, forse c'è un modo per salvarti.

Appena aveva avuto la leggera consapevolezza che Nael non fosse completamente svanito dalla sua vita, subito si era insinuata in lui l'idea che, forse, poteva farlo ritornare. Non sapeva se sarebbe stato possibile, non sapeva neanche se fosse davvero Nael o tutto frutto della propria immaginazione, tuttavia non aveva altro a cui aggrapparsi se non a quella strana sensazione che gli arieggiava intorno da qualche tempo e che solo adesso aveva capito essere lui.
Tutte le volte che aveva pensato di essersi preso un malanno, per via di come si era trasandato dopo la morte dell'altro, tutte le volte che avvertiva un gelo soffiare appena, era sempre stato lui che non si era mosso dal suo fianco.
Non poteva che essere Nael.
Chi altri l'avrebbe avvolto di notte, chi avrebbe giocato con il suo orecchio, chi avrebbe intrecciato le dita con le sue, come era sicuro stesse accadendo in quel momento.
“Però da solo non sono in grado.”
Ari abbassò il capo e si mise a riflettere.
“Non posso dirlo al Sommo Keyondre.” lasciò fluire i suoi pensieri in parole, convinto che l'altro lo stesse ascoltando e così era. “Dopo il nostro ultimo discorso, non sono sicuro voglia essere ancora il mio tutore e gli ho confessato in faccia che non voglio più essere un mago. Non posso neanche dirlo a Inaya, lei non è che una...”
Si bloccò per un istante e alzò di scatto il volto.
“Lei è una mia amica, sai? È la figlia del Sommo Keyondre e...” si interruppe di nuovo.

Sto parlando da solo...

Si sentì uno stupido per qualche secondo. Stava davvero parlando con qualcuno o era totalmente impazzito? Era giusto avere una conversazione con qualcuno che non avrebbe potuto rispondere, o dal quale, perlomeno, sarebbe stato difficile sentire la risposta?
Le guance di Ari si imporporarono lievemente e Nael non poté che sorridere a quella vista che tanto gli era mancata.
“So che è tua amica, ti ho anche fatto un lungo discorso a riguardo e credo che dovrò rifartelo.” il moro fu felice di aver scoperto il nome di quella ragazza, sebbene colto ancora per un istante dalla gelosia.
Ari captò solo delle parole sconnesse e nemmeno per intero.

C'è davvero qualcuno con me.

“Comunque...” riprese il discorso un po' imbarazzato. “Non può insegnarmelo neanche lei, serve qualcuno che possa aiutarmi.”
Passò qualche minuto dove mosse leggermente il pollice come se stesse accarezzando il palmo di qualcun altro, sperando che fosse davvero così.
Nael non poteva palpare per bene quelle effusioni, eppure era davvero troppo contento che gli andava anche bene così.
“Tangaroa!” esclamò a un certo punto Ari.
“Ancora lui?” Natanael alzò un sopracciglio, confuso.
“Lui può aiutarmi e spiegarmi quello che sta succedendo!”
“E come credi di contattarlo? I maghi sanno, per caso, comunicare con le divinità?”
“Dovrò richiamarlo nei miei sogni.” rispose, anche se non alla domanda dell'altro, ma alle proprie nella testa. “Devo riuscirci, non ho altro modo.”
La determinazione si prese possesso di lui.
Poche volte nella sua vita aveva agito a quel modo, ma, se ci fosse stata anche una minima probabilità di tornare con Nael, allora avrebbe messo da parte qualsiasi paura e qualsiasi timore solo per quell'obiettivo.
“Te lo prometto, Nael.”
Natanael sorrise ancora e gli diede una pacca sulla testa.
“Il mio bambino è davvero cresciuto più in fretta del previsto.” lo prese in giro, con un sospiro.
Dopo ciò, Ari raccolse il coltello e lo rimise nel panno per poi lasciarlo sul tavolo, pensando a quale sciocchezza stava per compiere se non fosse stato fermato. Già immaginava lo sguardo che doveva aver avuto Nael mentre l'osservava quasi togliersi la vita.

Perdonami se ti ho fatto preoccupare ancora per me.

Si mise sotto le coperte e si schiacciò di lato come a voler fare spazio all'altro, che non ci pensò due volte a mettersi sdraiato vicino e ad avvolgerlo con un braccio.
“Buonanotte, Nael.”
Ari chiuse gli occhi e pensò fortemente a Tangaroa, richiamandolo come se stesse facendo una cantilena, ma in quel momento sentì la voce dell'altro rispondere con un “Buonanotte.” e, per la prima volta dopo un'infinità di tempo, gli tornò il sorriso sul volto.

 




 

Dicembre, anno 439 del XII periodo

Tangaroa non si era ancora fatto vivo nei suoi sogni.
Ari non sapeva più come fare. Si era sforzato per così tanto tempo, passando le intere giornate a letto per tentare di incontrarlo, ma la divinità era sempre sfuggente.
Aveva richiamato i suoi poteri, si era chiuso in una bolla d'acqua per estraniarsi dal mondo esterno, aveva fantasticato sul loro possibile confronto, tuttavia non era mai successo.
I suoi sogni non facevano che essere bui e privi di quella presenza, al suo posto comparivano i suoi genitori, Nael e situazioni prive di trama o con trame assurde come accadeva a tutte le persone normali.
Per questo aveva deciso di impiegare il suo tempo anche in altro modo.
Aveva ripreso a uscire dalla propria stanza solamente per i pasti e Inaya era ben felice di questo suo cambiamento. Però, Ari non aveva mai fatto cenno su quello che credeva gli stesse succedendo e sul suo piano di richiamare Tangaroa per delle spiegazioni e aiutarlo a risolvere la questione. Era sicuro che l'avrebbe preso per pazzo e gli avrebbe detto che era tutto frutto della sua immaginazione.
Invece, parlava appena con lei, giusto il minimo indispensabile per non farla impensierire, e la ragazza si era accorta che aveva ritrovato lievemente il sorriso e la cosa la rese felice. Lo costrinse anche ad andare nella sua camera e, per fortuna, non ebbe modo di vedere il Sommo Keyondre.
Per il resto, aveva cominciato a passare i suoi pomeriggi in biblioteca.
Aveva pensato che avrebbe potuto trovare anche da solo parecchie informazioni sia su Tangaroa, sia sulla comunicazione con le anime e, in effetti, abbondavano i libri che poteva consultare.
Nessuno però era competente al suo scopo.
Erano tradizioni, racconti tramandati di gente che aveva avuto un contatto con i propri parenti morti e piccoli incantesimi per richiamare le anime dall'aldilà; il problema era che quella che stava attorno a lui costantemente non faceva affatto parte di un altro mondo.
Aveva scoperto in un altro volume una teoria che riguardava gli spiriti, ovvero che questi si risvegliassero di fianco ai propri cari per vegliare su di essi fino a quando non avrebbero trovato un contenitore simile a loro per potersi reincarnare. Per quanto questo significasse che Nael avrebbe rivissuto in qualche modo, non voleva affatto la sua reincarnazione.
Se doveva rinascere, doveva accadere solo come Nael.
Una volta si era messo d'impegno e aveva provato uno degli incantesimi, ma il risultato non fu diverso dal solito: percepiva qualcuno che a volte aveva la voce di Nael, altre volte incorporea, e provava freddo quando veniva toccato, inoltre le parole erano spezzettate e solo di rado comprendeva intere frasi.
Così aveva rinunciato a quella tattica perché non sarebbe arrivato da nessuna parte.
C'era da sottolineare un fatto, d'altro canto: da quando aveva avuto la consapevolezza che ci fosse qualcuno al suo fianco e che quel qualcuno potesse essere Natanael, tutto era andato sempre migliorando.
Era una piccola speranza che si era accesa in lui e che stava coltivando sempre di più fino a riaccendergli il sorriso. Si svegliava dando il buongiorno e si addormentava dando la buonanotte, sentendo in cambio la risposta e qualcosa che lo sfiorava appena e che tanto gli ricordava la sensazione dei baci che era solito dargli Nael.
Era sempre più convinto che fosse lui e non vedeva l'ora di contattare Tangaroa per chiedergli aiuto.

Anche quella notte era andato a letto fiducioso per un incontro con la divinità.
Si era stretto sotto le coperte, lasciando lo spazio, come al solito, per l'anima al suo fianco, ed era riuscito ad addormentarsi in breve tempo, tra una fantasticheria e l'altra.





Ari stava camminando sul fondale oceanico, sentendo la sabbia bagnata che si sollevava al suo passaggio in tanti piccoli granelli, lasciando la propria impronta passo dopo passo.
C'era qualcosa di diverso in quel sogno rispetto ai soliti, sentiva di avere il perfetto controllo di se stesso e questo gli fece sperare che fosse finalmente giunto il momento tanto atteso.
Avanzò nel vuoto più totale per qualche minuto, fino a quando iniziarono a comparire delle alghe, coralli, pesci di diverso tipo e conchiglie.
Un piccolo paguro gli passò davanti e Ari sorrise nel vederlo correre svelto per poi ritirarsi nel suo guscio come spaventato da qualcosa.
Più andava avanti e più il fondale si stava creando e dipingendo di mille colori.
Il colore della sabbia somigliava ai suoi capelli e una luce proveniva dall'alto, a creare un miliardo di sfumature e bagliori di ogni genere quando si scontrava con del corallo rosso splendente o con la corazza di una tartaruga di mare, che stava camminando lentamente verso un ciuffetto di foglie marine che avrebbe voluto utilizzare come cibo.
I pesci presero a ballare intorno al ragazzo per nulla spaventati e lui rimase immobile nell'osservarli e allungò anche una mano per toccarli e avvertì le squame sul suo dito.
Sorrise appena e riprese il proprio percorso.
Era tutto così tranquillo che anche il suo animo ebbe lo stesso effetto e avrebbe voluto perdersi in quei colori e in quell'atmosfera così pacifica come non lo era lui da ormai molto tempo.
Improvvisamente, vide in lontananza una grotta incastrata tra massi rocciosi bianchi e pieni di luccichii, come se fossero una pietra preziosa e che risplendeva più di qualsiasi altra gemma.
Ari si mise a correre per raggiungerla e, quando si ritrovò davanti, la riscoprì molto più grande di quanto sembrasse da lontano.
Si portò un pugno al cuore e assunse un'aria decisa.


Ci siamo, sto per incontrare Tangaroa.

Entrò senza esitazione e quello che vide fu ancora più meraviglioso dell'esterno.
Le pareti luccicavano e riflettevano lampi sulle sue vesti e sul suo volto, facendogli apparire di una tonalità quasi trasparente gli occhi che fungevano da specchio.
Rimase a bocca aperta di fronte a quello spettacolo e, più avanzava, più quella luce diventava abbagliante senza dar comunque fastidio alla vista.
Delle piccole pietre erano incastonate sulle pareti della grotta e queste erano di tutte le sfumature di azzurro.
“Benvenuto nella mia dimora, Ari.” il ragazzo sentì perfettamente quella voce nella sua testa. “Perdonami se ti ho fatto attendere.”
All'improvviso provò un po' di disagio nel dover parlare con una divinità.
“Tangaroa, ho bisogno di te.”
“Lo so.”
Ari si arrestò sul posto, ma venne incitato da Tangaroa a proseguire.
Non ci volle che una manciata di minuti che Ari si ritrovò in un'enorme stanza costruita nella caverna e che disponeva di un letto fatto di spuma bianca, un tavolo intagliato nel corallo, dal colore che andava dal rosso all'arancione, e quattro sedie fatte nella stessa maniera. C'era anche molto altro, ma i suoi occhi non riuscirono a mettere a fuoco.
Tutto, però, dava l'impressione di essere bellissimo, pieno di onde e ghirigori ovunque che ricordavano l'acqua.
“Siediti.” ordinò con voce pacifica Tangaroa e così fece, notando, anche, quanto fosse comoda la sedia.
Ad un tratto comparve davanti a lui una figura maestosa. Era molto alta, con la pelle del colore del mare infranto dalle onde; gli zigomi ben marcati e una lunga chioma blu era racchiusa in una coda di cavallo e si disperdeva nell'oceano come se svanisse all'improvviso; il volto e le braccia erano completamente ricoperti di tatuaggi neri a cui Ari non sapeva dare un significato, ma che gli davano un'autorità che non aveva mai visto in nessun'altra persona. Forse perché lui non era una persona qualunque. Non era neanche una persona.
Era Tangaroa.

Spalancò gli occhi non appena lo vide e si chiese come non se ne fosse accorto prima, tuttavia quello era un sogno, non c'era bisogno di alcuna spiegazione.
La divinità gli si sedette davanti e Ari lo guardò intensamente, finendo con lo distogliere lo sguardo all'istante, imbarazzato dalla sua presenza.
“Ari, non sei riuscito nel tuo intento.”
“Cosa?” il ragazzo alzò subito gli occhi e notò che non c'era alcun ammonimento in lui.
“Hai lasciato che si liberasse.”
La mente vagò indietro ai primi sogni che aveva fatto con Tangaroa e neanche adesso riusciva a cogliere il senso di quelle parole.
“Chi?” domandò di nuovo.
“L'anima malvagia di mio figlio, Tinirau.”
Ari rimase in silenzio, confuso. Aveva studiato insieme a Keyondre gran parte delle divinità e sapeva che Tinirau fosse figlio di Tangaroa e responsabile dei pesci dell'oceano, ma non vedeva il collegamento con quello che era successo in tutti quei mesi.
“Per questo non sono riuscito a contattarti prima.” continuò il dio. “Ho dovuto impedire all'anima di raggiungere il suo vero corpo, prima che riuscisse a liberarlo e, in quel caso, ci sarebbero state gravi conseguenze per l'intero equilibrio del mondo.”
Ari scosse il capo, senza comprendere ancora quelle parole.
“Tinirau vuole prendere il mio posto e non perché spinto da grandi valori. Vuole commettere un parricidio e ottenere il mio enorme potere e usarlo per il proprio tornaconto. Pensavo di poter contenere la sua indole maligna, ma voi umani con i vostri peccati avete ingrandito sempre di più questo suo lato, fino a quando non è più stato gestibile.”
“Noi umani?”
“Le anime umane condizionano le divinità.” affermò semplicemente, come se non volesse affrontare oltre quell'argomento.
“È per questo che hai minacciato l'umanità.” disse ad un certo punto Ari, convinto di se stesso. “Per questo stai chiedendo che vengano offerti dei sacrifici, ti stai vendicando per quello che è successo a tuo figlio.”
“Questa è la giusta punizione per aver distrutto l'armonia che governa il mondo.”
Aveva sempre pensato che fosse per l'inquinamento delle acque, invece era molto più di quello. Il ragazzo trovò della verità in quelle parole, tuttavia non era giusto. Aveva perso tutto a causa di persone che neanche conosceva e nessuno glieli avrebbe portati indietro.


Però, ho ancora una possibilità.

Non sapeva come inserire la sua richiesta dopo quel discorso.
“I dubbi che ti assillano sono collegati alla missione che ti ho ordinato.” parlò Tangaroa, spezzando il silenzio. “Vedi, Ari, so cosa vuoi chiedermi.”
“Sai di Nael?”
“Era lui la tua missione.”
Il ragazzo rimase a bocca aperta, sempre più disorientato.
Tangaroa seguì a raccontargli di quel giorno di ventun'anni prima, dove aveva combattuto contro Tinirau, della sua quasi sconfitta fino a quando non aveva visto il corpo di un bambino cadere sul fondale marino e di come avesse intrappolato la parte malvagia di suo figlio dentro quel bambino per salvare gli oceani.
“...quel bambino era Nael.”
“C-Co-...” Ari cominciò a balbettare, i pensieri vagavano nella sua testa privi di una meta.


Significa che l'anima di Nael, in realtà, è sempre stata quella di Tinirau? No, non è possibile...

“L'ho sempre sorvegliato, fino a quando non è arrivato a te.” continuò Tangaroa. “In quel momento ho capito che potevo stare tranquillo perché era nelle mani di una persona che condivideva parte del mio Mana.”
“Io?” domandò ingenuamente.
“Ari, a quanto pare devo partire a narrare da molto prima.” gli sorrise senza perdere la sua autorità. “I tuoi genitori erano dei maghi.”
Quella notizia lo sconvolse. Come poteva non essersi mai accorto che i suoi genitori avevano dei poteri? Era semplice, perché non ce li avevano.
Se così fosse stato non avrebbe vissuto escluso dalla società, sarebbe andato a scuola, avrebbe avuto molti amici e avrebbe manifestato anche lui i poteri fin da subito.
Ora aveva molte più domande di prima.
“Hanno rinunciato ai loro poteri, per questo sono stati esiliati dalla comunità.” la divinità sembrò leggergli nel pensiero. “E hanno chiesto al mago, che voi chiamate Keyondre, di sigillare i tuoi non appena li hai manifestati.”
Ari sgranò gli occhi.
Persino Keyondre era implicato in tutto quello.


Quindi ha sempre saputo chi fossi.

Aveva troppe altre preoccupazioni oltre a quella, che era la minore. Tutta la sua vita era stata una menzogna, i suoi genitori gli avevano sempre mentito.

Sicuramente per il mio bene e perché non volevano che fossi implicato in questo mondo, dove sei costretto a uccidere altra gente per sopravvivere.

Lui aveva sempre avuto i poteri, solo che non lo sapeva.
In quel momento pensò che, forse, sarebbe stato meglio essere un mago fin da subito perché non avrebbe perso i suoi genitori, ma nello stesso tempo non avrebbe mai conosciuto Nael. Era combattuto per questa cosa, tuttavia non poteva più cambiare il passato, se non in una prossima vita, che sperò comunque non fosse uguale a quella.
Tangaroa continuò a raccontare che, quando erano morti i suoi genitori, quel sigillo si era spezzato poco a poco, ma questo fu decisivo quando la divinità aveva capito che Nael sarebbe diventato a breve il prossimo sacrificio.
“Come potevi saperlo?”
“Un sacrificio diventa tale quando raggiunge la propria maturità. Non c'è un'età precisa, non si deve essere per forza adulti. Natanael è diventato maturo grazie al sentimento che prova per te, così come questo amore è riuscito a sbloccare a pieno i tuoi poteri.”
Ari si fece immediatamente attento, senza rendersi conto che ascoltava con il fiato sospeso.
“Le vicissitudini che sono accadute, la vostra lontananza, la piena consapevolezza che fosse qualcosa di incontaminato, tutto nell'insieme ha portato Natanael a diventare un perfetto sacrificio per me. La sua purezza avrebbe lenito l'oscurità che ha impregnato i fondali oceanici a causa di Tinirau.”


Significa che è morto a causa mia, dopotutto...

Le spalle di Ari presero a tremare.

Sono davvero il responsabile della sua morte.

Una piccola lacrima scivolò lungo la sua guancia e distolse lo sguardo da Tangaroa.
“Il tuo dolore è giustificato.”
Ari le prese come parole di conforto, ma il suo cuore non poteva essere rappezzato semplicemente con quello.
“Questo ci porta al tuo quesito.”
Il ragazzo si ripulì il volto con la manica della maglietta e riprese ad ascoltarlo.
“Natanael era composto da due anime: quella di Tinirau e la propria che cercava di tenerla a bada.”
Ari si domandò se Nael ne fosse a conoscenza, ma era impensabile.
“Il rituale non è in grado di separare due anime da un corpo, solo una, quindi, si sarebbe staccata. Quella di mio figlio è molto più forte ed è riuscita a liberarsi per poter tornare nel proprio corpo invece che giungere a me. Quella del ragazzo non aveva più un posto dove andare, eppure è stata controllata dal suo desiderio più grande.”


Il suo desiderio?

“Non poteva che risvegliarsi al tuo fianco.”

Quindi è davvero Nael!

Ari si alzò di scatto, quella notizia l'aveva reso improvvisamente euforico e la certezza che fosse realmente Nael quasi lo fece svenire.
“Quindi non è morto! Lui esiste ancora!” esclamò a gran voce.
“Sì, lui esiste.”
Un sorriso si impossessò delle sue labbra e strizzò gli occhi ringraziando mentalmente tutte le divinità, poi li spalancò, pronto per la sua richiesta.
“Voglio riportarlo in vita.”
“Non sarà così facile.”
“Quindi è possibile?”
Non ci poteva credere. Tangaroa aveva detto che non sarebbe stato facile, ma a lui pareva molto più semplice del previsto.


Serve solo...

“Il suo corpo è stato preso dall'anima di Tinirau per usarlo come contenitore temporaneo.” la divinità dell'oceano rispose al suo pensiero prima che potesse completarlo.
Ari sobbalzò e quasi inciampò nella gamba della sedia di corallo.
“Vuoi davvero salvarlo?” gli chiese Tangaroa.
“Non desidero altro che riaverlo con me.”
“Dopo la liberazione dell'anima oscura...” continuò a parlare Tangaroa come se non avesse prestato caso alla risposta di Ari. “...ho dovuto rintracciarla e intrappolarla in un tempio sommerso dalle acque, prima che potesse raggiungere Tinirau, anche lui imprigionato nella sua isola circondata da una barriera innalzata da me. Se vuoi riavere il corpo di Natanael, devi sconfiggere l'anima di mio figlio.”
“Io? Come potrei mai sconfiggere una divinità?”
“Io non recupererò il cadavere di quel ragazzo ancora una volta, non è una questione che mi appartiene.”
Ari assottigliò gli occhi.
Tangaroa gli stava dicendo che, se non risolveva lui stesso la questione, poteva anche dire addio a Nael, perché un dio non si sarebbe abbassato a compiere il desiderio di un umano, quando egli stesso odiava l'intera umanità che aveva causato tutto quello. Era un circolo vizioso che non aveva termine e Ari doveva prendere la situazione sulle spalle.


Per Nael, soltanto perché lo rivoglio con me al più presto e perché lo amo come non amerò mai nessun'altro.

Il ragazzo strinse i pugni e annuì deciso.
“Sono pronto a uccidere l'anima di tuo figlio per recuperare Nael.”
“Sono sicuro che il tuo animo sia pronto.”
Ari annuì di nuovo.
“Ma devi ancora ingrandire il tuo potere perché non è abbastanza forte per poterlo affrontare.”
“Ce la farò.”
Tangaroa gli sorrise e si alzò puntellando le mani sul tavolo.
“Non posso affidare ad altri che a te questo compito. Se riuscirai a riportare il corpo del ragazzo da me, io farò in modo che la sua anima torni in lui e ricominci a vivere.”
“E per quanto riguarda i sacrifici?”
La domanda che gli uscì spontanea, ma, se Tinirau fosse stato ucciso, non ci sarebbe più stato bisogno di quel rituale.
“Questo è un argomento che affronteremo solo una volta che avrai portato a termine il tuo intento.” la sua risposta non ammise repliche e Ari fece solamente un mugugno di assenso.
Rimasero a parlare ancora per qualche minuto, dove Tangaroa gli spiegò per filo e per segno cosa si aspettava da lui e gli promise che sarebbe riuscito a percepire sempre meglio lo spirito di Nael fintanto che era al suo fianco e che doveva studiare ancora per diventare sempre più forte.
Ad un certo punto la figura del dio scomparve e così tutta la grotta si spense fino a non emettere più luce. Tutto tornò silenzioso e vuoto e Ari capì che era giunto il momento di svegliarsi.





Ari sbatté più volte le palpebre, ritrovandosi nella sua solita stanza.
La sua mente andò subito al sogno appena fatto e lo rivisse tutto dalla prima all'ultima parola.

Posso salvare Nael e per farlo ho sulle spalle il futuro dell'intera umanità.

Fu preso da un attacco d'ansia e scattò seduto, ripensando a quello che aveva appena accettato.

Può davvero uno come me essere in grado di compiere una missione di tale importanza?

Lui, che non era mai stato che un granello di sabbia nell'intera comunità, adesso aveva una responsabilità enorme tra le mani.
Il Mana dentro di lui cominciò a vibrare e quasi gli fece venire la nausea.
Si portò una mano sul ventre e lo massaggiò appena, riscoprendo una lieve protuberanza che aveva la forma di un riccio di mare.
Improvvisamente aveva capito il significato di quel tatuaggio.




 

NOTA DELL'AUTRICE:
Direi che Tangaroa ha detto tutto quello che c'era bisogno di dire u.u
Adesso non ci sono più segreti, tutto è stato rivelato dal primo all'ultimo dettaglio. Ari ha capito che Nael è ancora nel loro mondo, che può essere salvato, sa tutto del suo passato e gli sono state versate addosso così tante informazioni, che credo avrà passato almeno i tre giorni seguenti a dormire lol!
La storia sta prendendo una nuova piega, possono succedere così tante cose che una volta le ho contate tutte, non avendo niente da fare °^° (poi ne è stata scelta solo una, ovviamente ahaha).
Spero che sia tutto chiaro e, se volete chiedere qualcosa, fatelo pure, dato che adesso non posso nascondere più niente xD
Ringrazio tutti quelli che leggono e chi commenta e chi mi continua a seguire, ci vediamo domenica prossima con un Ari confuso e un Nael mega felice per essere stato sentito! Ahaha
Un bacio.
Flor :3

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 - Sperare in una svolta ***


CAPITOLO 29
SPERARE IN UNA SVOLTA

 

Dicembre, anno 439 del XII periodo

Dopo quel sogno, Ari aveva troppe informazioni da assemblare.
Prima di tutto c'era la questione dei suoi genitori.

Sono un mago non perché è stato un caso o sono stato scelto da Tangaroa, ma perché sono il figlio di una coppia di maghi che ha rinunciato ai suoi poteri.

Gli sembrava assurdo. E ciò che lo era più di tutti era che loro erano morti proprio a causa dei maghi, della società di cui facevano parte e che li aveva espulsi. Non sapeva perché avessero rinunciato a tutto e c'era solo una persona a cui poteva chiedere, ma non avrebbe mai affrontato quel discorso con Keyondre, poiché sapeva che non ne sarebbe stato in grado.
Eppure era stato colui che gli aveva sigillato i poteri, usando come catalizzatori proprio i suoi genitori e, probabilmente, sapeva perfettamente chi fosse non appena era giunto sull'aeronave.
Forse era stato il motivo per cui era diventato il suo tutore e l'aveva allenato così severamente.
Ari si mise a riflettere su che rapporto dovesse avere Keyondre con i suoi genitori, se erano amici o semplici conoscenti, e in quel momento capì che c'erano così tante cose che non sapeva di loro e che avrebbe voluto farsi raccontare.

Chissà che elemento possedevano.

Sorrise amaramente e scosse la testa.
Non gli era difficile immaginare il perché avessero abbandonato tutto. La causa poteva essere i sacrifici verso i quali non sarebbero mai stati favorevoli.
Quello ormai era il passato e c'erano ben altri problemi da affrontare.
Aveva sancito un patto con Tangaroa e non poteva permettersi di venirne meno.

Certo, il fatto che la parte malvagia di Tinirau risiedesse in Nael ha dell'incredibile.

Ari rimuginò sul fatto che le azioni di Nael potevano essere state soggiogate da essa, che lui in realtà era diverso da quello che gli era sempre parso, ma questo significava anche che il Nael che lui conosceva non poteva essere una persona così buona e che l'aveva aiutato in ogni occasione da anni.

No, non sarebbe stato con me se avesse prevalso l'anima oscura, non sarebbe la persona che ho imparato ad amare e non sarebbe...

Sorrise portandosi una mano tra i capelli e spostandoli indietro.

...qui con me.

Natanael era l'anima che gli girava attorno da qualche tempo e adesso non aveva più dubbi.

Nael aveva il desiderio di risvegliarsi al mio fianco.

Sorrise ancora e non poté essere più felice di così. Si sentì battere forte il cuore mentre pensava che l'altro fosse tornato esclusivamente per lui e che l'aveva salvato prima di commettere il suicidio.
Si scusò mentalmente con lui per quel gesto.

Adesso è il mio turno di salvarti.

Strinse forte il pugno e picchiò contro la coperta, con lo sguardo duro.
Per salvarlo doveva recuperare il corpo di Nael e questo si trovava negli abissi, rinchiuso in un tempio circondato da una barriera emessa da Tangaroa per non far uscire lo spirito di Tinirau. Non sarebbe stato facile.

Come posso sconfiggere una divinità? Non sono neanche in grado di usare a pieno il mana e, come ha detto Tangaroa, non sono ancora forte abbastanza.

Le sue spalle tremarono appena e fece un sospiro profondo.

Ho una paura tale che mi fa pentire di aver accettato.

“Nael?” chiamò ad alta voce.

È normale avere paura...

“Ci sono riuscito.” affermò contento, mascherando leggermente la sua preoccupazione. “Ho parlato con Tangaroa.”
“Davvero?” Nael spalancò gli occhi e si avvicinò all'altro, sedendosi sul materasso.
Ari non lo sentì, ma continuò a parlare.
“Devo raccontarti molte cose...” abbassò appena il capo e avvertì una sensazione fredda sulla sua guancia.
Gli venne in mente che la divinità degli oceani gli aveva promesso che sarebbe riuscito a percepire sempre meglio lo spirito di Natanael, probabilmente adesso lo stava accarezzando proprio sugli zigomi.

...però non posso lasciarmi abbattere da essa...

Cominciò a narrare tutto quello che aveva carpito in quelle ore di sonno, dalla prima all'ultima notizia, e si immaginò le reazioni dell'altro nello scoprire delle sue due anime, del fatto che potesse ancora tornare nel mondo dei vivi e della missione che doveva affrontare per farlo avvenire.
“Quindi farò di tutto perché tu possa tornare da me.” concluse Ari.

...perché altrimenti non ci riuscirò mai.

“Ari, sei sicuro? Vuoi farlo davvero? Sembra pericoloso.” si allarmò subito Natanael, tuttavia il suo petto si riempì di gioia nel sapere fino a dove si sarebbe spinto il biondo unicamente per il suo bene e per farlo rivivere.
“Non ti lascerò morire.” dichiarò Ari semplicemente.

E non posso permettermi di fallire.

Non ricordava quando le sue azioni erano state così determinate negli ultimi anni, se non quando aveva deciso di diventare un mago per salvare se stesso e Nael, e neanche quando era stato così impavido dopo aver sentito scorrere il mana dentro di sé, in seguito alla Prova degli Elementi. Tuttavia, doveva trovare la sicurezza dentro di sé e manifestarla il più possibile per sconfiggere Tinirau, per poter sperare in un suo futuro felice insieme alla persona che amava.
“Sei meraviglioso, Ari.” rispose Nael e si avvicinò alle sue labbra baciandolo lievemente, senza avvertire il solito sapore che aveva imparato a conoscere.
“Però ho bisogno ancora di aiuto.” Ari continuò.
Gli serviva qualcuno che potesse addestrarlo e far accrescere i suoi poteri in vista della battaglia che lo aspettava e non c'erano molte persone a cui poteva confessare qualcosa del genere. Aveva solo due opzioni: Inaya come supporto morale e Keyondre come maestro.
Il mago del buio, inoltre, essendo implicato già in vecchi affari della sua famiglia, forse l'avrebbe compreso e aiutato, ma Ari non voleva andare da lui dopo l'ultima loro discussione.
Gli aveva sbattuto in faccia che non voleva assolutamente diventare un mago e che il Consiglio poteva persino togliergli i poteri, mentre ora sarebbe andato da lui a domandargli di farlo diventare più forte per salvare il corpo della persona che amava.
Poteva già immaginare quale sarebbe stata la sua risposta.
“Nael?” provò a chiamarlo ancora, sperando di trovare conforto in lui per quanto potesse sentirlo. “Vorrei tanto abbracciarti in questo momento.”
“Anche io.”
Ari sorrise, felice di averlo percepito alla perfezione.
“Tangaroa mi ha confessato anche che d'ora in poi riusciremo a comunicare sempre meglio, ma dobbiamo esercitarci entrambi.”
Anche per quello gli serviva la mano di qualcuno. Da solo non sapeva proprio da dove partire e non sapeva quanto tempo sarebbe passato prima che fosse stato pronto per affrontare Tinirau, quindi voleva sfruttare al massimo il tempo con Nael, sebbene in quella forma incorporea.
“Sai, ho tante cose da raccontarti su tutto quello che è successo mentre eravamo separati.” disse ancora Ari.
“Quindi immagino che io debba farlo da capo.” sbuffò il moro, ironico.
“Perciò diamo il meglio di noi per farlo succedere, perché ho anche voglia di sentire la tua voce.”
Una sola lacrima cadde dal suo occhio sinistro e allargò le braccia come a voler essere abbracciato. Nael non ci dovette riflettere un secondo per buttarsi su quel ragazzo, anche se era tutto diverso da prima e il suo gesto non stava venendo ricambiato come avrebbe voluto.
Natanael fu convinto dalle parole di Ari. Anche lui voleva sentirlo come sempre, era stufo di quel corpo che non aveva più la percezione delle cose.
Per tutta la giornata, Ari rimase nella sua stanza. Aveva troppi pensieri da mettere in ordine, troppe scelte da fare e troppi sentimenti da capire.
Tutto ciò di cui era certo era che Nael era al suo fianco e non l'aveva mai abbandonato come aveva promesso, che avrebbe fatto di tutto per riportarlo indietro anche a costo di morire, perché non aveva altro da perdere e perché solo per lui avrebbe potuto compiere una decisione del genere, e che si sarebbe rivolto prima di tutti all'unica persona che l'aveva sempre sostenuto e la prima che era diventata sua amica.
Inaya.




Nael era sbalordito.
Mai avrebbe pensato che fosse già morto una volta e che fosse stato Tangaroa a riportarlo in vita, usando il suo corpo come contenitore dell'anima di suo figlio. Non gli riusciva a entrare in testa, anzi, più se lo ripeteva e più perdeva significato.

Quindi devo ringraziarlo per avermi resuscitato o devo odiarlo per tutto il resto?

Il ragazzo era seduto sul materasso di Ari, sentendo l'acqua della doccia scrosciare ormai da qualche minuto.
Non riusciva a venirne a capo. Se da una parte era grato a Tangaroa perché senza di lui non avrebbe mai potuto conoscere Ari e, anzi, sarebbe morto da ventun'anni, dall'altra non voleva essere in debito con la divinità che era stata causa di tutto il dolore di entrambi. Era colpa sua se i genitori di Ari erano morti, se lui stesso era di nuovo morto e se Ari doveva compiere un'impresa titanica per il suo salvataggio.
Non poté nascondere il fatto che fosse preoccupato all'inverosimile per la missione dell'altro.

Perché dovrebbe farlo lui? Tangaroa non è capace di sconfiggerlo da solo?

Ari gli aveva spiegato che Tangaroa non sarebbe arrivato a uccidere il proprio figlio, fin quando fosse stato capace di tenerlo racchiuso nella barriera che aveva eretto e, se mai fosse successo, non avrebbe recuperato il suo corpo per potergli donare di nuovo la vita. Quindi solo lui poteva andare e uccidere Tinirau per riottenere il suo corpo.

Ancora una volta lo stai facendo per me.

Nael sorrise e già erano svanite tutte le sue considerazioni di qualche attimo prima.
Sapere che Ari si era spinto a tanto, che aveva abbandonato tutte le sue paure – o che almeno ci avrebbe provato – solo per lui lo riempiva come mai prima d'ora.
Quando era cresciuto in quel modo? Pensava di esserselo perso e si maledì volendo tornare indietro per vedere l'attimo preciso in cui Ari aveva cambiato atteggiamento.
Voltò appena il capo verso la porta del bagno e, in quell'istante, l'acqua fu chiusa.
La sua mente era un fiume in piena, un'immagine dietro l'altra gli passava attraverso e adesso si era soffermata su un'altra questione che non poteva più esistere fin tanto che era uno spirito.

Ah, allora non era la parte oscura di Tinirau a farmi essere un pervertito...

Rise alla sua stessa pessima battuta e si alzò dirigendosi verso il bagno e attraversando la parete fino a entrare.
Vide Ari intento ad asciugarsi le gambe e poi il petto e così il resto del corpo.

Rimane sempre bellissimo.

Aveva una voglia di saltargli addosso che gli sembrò di tornare ai primi anni di convivenza, dov'era stato costretto a trattenere i propri impulsi ogni qual volta lo vedeva nudo, benché adesso fosse molto più facile dato che non si doveva frenare, perché nulla in lui era vivo.
“Ari, mi senti?”
Il biondo alzò appena lo sguardo, anche se la direzione in cui lo puntò non era quella giusta da cui arrivava la sua voce.

Avremo molto da lavorare...

“Nael?” si mise l'asciugamano in vita e avvertì la testa farsi più pesante del normale. “Sei il solito pervertito.”
Nael sorrise.
Pareva che fosse tornato il buonumore nell'altro e la cosa non poteva che renderlo felice come non mai. Non aveva creduto che la semplice speranza della sua possibile salvezza potesse cambiare le emozioni di Ari così repentinamente.
“Lo so bene.” rispose, massaggiandogli la nuca.
Più volte si era sentito un mostro nella sua vita, più volte aveva agito con esagerazione e più volte si era sentito oppresso in una maniera che considerava strana, ma adesso era convinto che fosse tutto a causa di Tinirau dentro di lui. Eppure aveva sempre creduto che Ari fosse riuscito a tenere a bada quel suo lato e, infatti, non gliel'aveva mai mostrato, con lui era sempre stato Nael in tutto e per tutto.
Per questo non si sentiva diverso da prima restando al suo fianco.
Con Ari vicino, lo spirito maligno di Tinirau non era mai esistito.
Esisteva solo Nael.
E non vedeva l'ora di tornare completamente.




“Adesso mi vesto e andiamo a cena, così ti faccio conoscere Inaya.” disse Ari, cominciando a vestirsi.
“Quale gioia.” Nael roteò gli occhi al cielo.
“Spero non mi prenda per matto.”
Ari aveva deciso di confidarsi con Inaya e le avrebbe raccontato il sogno in cui aveva incontrato Tangaroa e della sua volontà di andare a salvare Nael.
Non ci volle che qualche minuto che uscirono dalla stanza e si diressero verso la mensa.
“Ari!” esclamò Inaya appena lo vide. “Non sei venuto a pranzo, mi stavo preoccupando!” ancora una volta la sua voce era fin troppo alta da attirare l'attenzione dei presenti. “Però non sono riuscita a venire da te e...”
“Tranquilla, Inaya.” Ari le sorrise e la ragazza non poté che rimanerci di sasso.
“Stai bene?”
“Molto bene.”
“Davvero?” alzò un sopracciglio, confusa.
Non che le dispiacesse che il suo amico stesse meglio, ma passare da un estremo all'altro in meno di una giornata era qualcosa di impensabile, dopo un colpo del genere. Finora i suoi sorrisi le erano sempre risultati piuttosto di circostanza che spontanei, però quello sembrava più vero che mai.
“Davvero.”

Dopo essere andati a prendere i propri vassoi, si sedettero per mangiare.
I primi minuti passarono in silenzio, mentre Ari cercava di convincersi a parlare.
Nael, invece, era rimasto per tutto il tempo in piedi al suo fianco, con le braccia conserte a osservare la ragazza da capo a piedi: era piuttosto bassa, tanto che la distanza tra lei e Ari poteva essere paragonata a quella tra lui stesso e il ragazzo; i suoi capelli blu notte la fasciavano completamente, se solo non fossero stati raccolti in una treccia a undici ciocche, e la sua pelle mulatta rifletteva la luce che proveniva dal mana vagante nelle pareti, così come i suoi occhi che non aveva ancora capito se fossero verdi o grigi.
Era piuttosto bella, ancora di più di quanto si ricordava dopo averla vista la prima volta, e la cosa lo fece ingelosire maggiormente.
“Potevi anche mangiare in camera.” affermò Nael, quasi arrabbiato, ma non poteva farci niente.
“Inaya, possiamo parlare?” trovò il coraggio di chiedere Ari a un certo punto.
“Certo!” esclamò con un enorme sorriso che non fece che far sbuffare Natanael.
“Come reagiresti se ti dicessi che Nael non è morto?”
La ragazza in un primo momento rimase a bocca aperta, poi cercò nella sua mente una risposta che non avrebbe ferito i sentimenti dell'altro.
“Ari, capisco che sarebbe strepitoso, però non sono sicura che sia possibile.” abbassò il capo, sapendo che non erano quelle le parole più adatte.
“Ma lui è davvero ancora vivo.”
Nael gli afferrò saldamente la spalla come per dargli sostegno.
“Ari...”
“È qui alla mia destra.” lo indicò, sicuro della mano poggiata sulla sua maglia.
Inaya alzò il viso, rimanendo sconcertata.
Non sapeva se fosse totalmente uscito di testa o se si fosse creato un nuovo mondo dove quel ragazzo gli era ancora vicino, per riuscire a sopportare il dolore, e lei non era sicura se dovergli dar retta e fare finta che fosse effettivamente così o riportarlo alla realtà.
“Non vedo nessuno.” ammise con la voce sconsolata.
“Anche io non posso vederlo, perché il suo corpo non è davvero qui. C'è solo la sua anima.” Ari era ben consapevole che fosse un discorso assurdo e che non era stato capace di trovare il modo adatto per dirlo, ma, alla fine, non poteva riavvolgere quella conversazione e cercò di rimandarla sulla giusta direzione. “Ho parlato con Tangaroa.”
“Di nuovo ti è apparso in sogno?” domandò la ragazza, dato che sapeva dei suoi sogni prima di diventare mago.
“Cosa? Sa anche questo? Le hai raccontato tutto?” sbraitò Nael, incapace di stare zitto in un momento del genere e solo qualche parola giunse all'orecchio del biondo, che si ritrovò a sorridere sentendo la sua reazione di eccessiva gelosia.
Ari annuì e le raccontò tutto d'un fiato del sogno della notte precedente e delle cose più importanti: il suo essere figlio di maghi, l'esistenza dell'anima di Tinirau incastrata nel corpo di Nael, il fatto che ora il suo spirito si era risvegliato al suo fianco e che poteva percepirlo appena e la sua missione per salvarlo, che richiedeva un addestramento per migliorare le sue capacità con le arti magiche.
Inaya era rimasta in silenzio per tutto il tempo, stranamente da parte sua, e Ari pensò di averla sconvolta per quelle rivelazioni.
Dovette passare qualche minuto e il piatto svuotarsi completamente prima di ricevere una risposta dalla ragazza.
“Che scortese sono stata!” esclamò inclinando il capo. “Non mi sono neanche presentata. Piacere, io sono Inaya.” allungò una mano verso la destra di Ari, sperando che fosse ancora lì l'altro ragazzo.
Natanael fece un passo indietro, guardandola di sottecchi, pensando che avesse qualche rotella fuori posto.
“Mi credi?” domandò incredulo Ari.
Inaya ritrasse la mano e guardò il ragazzo dagli occhi cristallini che adesso avevano una piccola luce che non aveva ancora notato prima d'ora.
“Certo che ti credo!” affermò convinta, picchiando un pugno contro il tavolo. “Ammetto che pensavo fossi diventato uno squilibrato, però non è una storia che si può inventare di sana pianta...”
Neanche la ragazza sapeva che argomentazioni utilizzare, però in fondo al suo cuore sapeva che Ari non le stava mentendo.
“Chi inventerebbe mai di dover uccidere una divinità per riprendere il corpo del proprio fidanzato?” scoppiò a ridere e non perché lo stesse prendendo in giro, solamente si sentiva piena di gioia per lui.
Ari arrossì lievemente e fece un piccolo sospiro.
“Almeno ha ben chiaro che sei mio.” Nael allacciò le braccia intorno al collo di Ari, anche se non sembrò rendersene conto, e fece la linguaccia alla ragazza.
“Grazie, Inaya.”
“Sei davvero fortunato.” il tono della ragazza si fece all'improvviso serio e quasi malinconico.
“Tu credi?”
Ari non si era mai ritenuto fortunato in niente ed era davvero inconcepibile per lui esserlo a causa di tutta la situazione che si era venuta a creare e che di propizio non aveva niente.
“Hai me, certo che lo sei.” lo provocò ancora il moro e questa volta fu ben sentito, tanto che si ricevette anche un “smettila”, accompagnato da un sorriso.
Inaya abbassò il capo sul suo vassoio prima di alzarlo facendo notare gli occhi leggermente lucidi.
“Tu puoi salvare la persona che ami.”
Il ragazzo dai capelli cenere l'osservò disorientato fino a quando la ragazza non riprese.
“Andiamo a fare una passeggiata? Non voglio parlarne qua.”
Ari non poté rifiutare quella richiesta, vedendola sul punto di piangere, e si alzarono da tavola dirigendosi verso il parco che a quell'ora era vuoto, seguiti da Nael che non si distanziava più di un passo dall'altro ragazzo.

“Ha a che fare con quella persona che è diventata un sacrificio?” domandò schiettamente Ari, cercando di spezzare il silenzio per venire a conoscenza di quello che voleva riferirgli l'amica.
“Mia madre.”
Il ragazzo si bloccò, facendo quasi inciampare Natanael nei suoi piedi, se solo avesse potuto farlo.
“Mia madre è stata scelta come sacrificio quando io avevo cinque anni.” continuò Inaya, portandosi le mani dietro la schiena e stringendole tra loro.
“Mi... mi dispiace.” Ari guardò a terra, impacciato su cosa dire per consolarla, e Nael per la prima volta provò pena per lei, lasciando da parte la gelosia sconsiderata di poco prima.
Alla fine aveva ragione, era qualcuno di molto vicino a lei, solo che non era sicuro fosse davvero sua madre.
“Non preoccuparti, ormai è passato tanto tempo.” gli sorrise dolcemente.
“Ma tua madre era una maga, com'è possibile che..?”
Inaya scosse il capo prima che potesse completare la frase.
“Lei non era una maga, era una persona normale come la maggior parte e non aveva niente a che fare con tutto questo mondo.” sospirò appena. “Un giorno ho visto quella luce verde comparire sul suo corpo e sapevo già cosa significasse...”
Ari le si accostò e cominciò a massaggiarle il braccio per darle conforto, ricevendo un sorriso in cambio.
“Non ho potuto fare niente per lei e neanche mio padre, nonostante fosse uno dei maghi più potenti di tutti e già fosse tra i prescelti a entrare nel Consiglio.”
“Mi dispiace davvero.” ripeté Ari e persino Nael le si avvicinò sul lato opposto.
“Per questo sei fortunato.” continuò Inaya. “Ti si è presentata la possibilità di salvare la persona a cui tieni di più al mondo.” alzò lo sguardo al cielo, vedendolo attraverso la cupola di vetro anche se era buio e assomigliava ai suoi capelli. “Non puoi sprecare un'occasione del genere e sono sicura che farai di tutto per salvarlo, così come io nel mio essere bambina avrei fatto di tutto per salvare mia madre.”
Ari si accorse della piccola lacrima che stava rotolando sulla sua guancia, trasparente e luminosa, fino a cadere sull'erba dove scomparve. Si trovava in imbarazzo, non aveva mai dovuto consolare qualcuno che non fosse Nael durante le giornate di tempesta e anche quelle volte non era sicuro di aver dato il meglio di sé, quindi si ritrovò ancora più impacciato.
“Sono sicuro che il Sommo Keyondre ti abbia dato il doppio dell'amore in tutti questi anni.”
Inaya scoppiò a ridere anche se aveva ancora i lacrimoni agli occhi.
“Sì, lo credo anche io.”
Ari le sorrise e le diede un piccolo abbraccio, sotto lo sguardo non molto contento di Nael, che dovette voltarsi altrove per non far notare le sue guance arrossate nonostante non potesse essere visto da nessuno.

Non fu che questione di qualche secondo che Inaya si staccò dall'altro e si picchiettò le mani sulle guance dandosi anche dei pizzicotti.
“Forza! Forza! Non è il momento di essere tristi! Qua abbiamo qualcosa di più importante a cui pensare.” gli sorrise portandosi l'indice e il medio sulla fronte e allontanandoli velocemente da essa per poi fare l'occhiolino.
Ari scosse la testa nel pensare a quanta forza d'animo avesse quella ragazza. La trovava incredibile e lo era per davvero. E se lei era riuscita a diventare così, anche lui avrebbe potuto trovare il coraggio di essere solare e forte.
“Dovresti parlarne con mio padre.”
Inaya aveva toccato il tasto dolente.
Non era sicuro che la ragazza sapesse quello che era successo tra lui e il mago del buio.
Probabilmente, se era ancora lì, non lo sapevano neanche quelli del Consiglio, altrimenti sarebbe stato sicuramente espulso all'istante.
“Non posso.” abbassò il tono di voce e si mordicchiò il labbro inferiore.
“E come avresti intenzione di fare?” l'ammonì immediatamente mettendogli l'indice davanti al volto. “Mio padre potrà sicuramente insegnarti un sacco di cose.” allungò la a di sacco.
Era vero, era per quello che voleva chiedergli aiuto, ma nello stesso tempo se ne vergognava.
“Ari, vuoi davvero farti aiutare da quello?” domandò Nael.
“Devo.” rispose semplicemente, udendo metà della frase fuoriuscita dalle labbra del moro.
“Mh? Stai parlando con Nael?”
Ari annuì.
“Ehi, no. Nessuno mi può chiamare Nael tranne Ari, chiaro?” improvvisamente aveva ritrovato quella gelosia dentro di lui, dopo che era passato il momento drammatico di confessioni.
“Nael, non parlare in questo modo... lei è mia amica.”
“Che ha detto? Che ha detto?” la ragazza si sporse verso il biondo, mettendosi quasi sulle punte, con gli occhi luccicosi. Ancora non ci credeva che il suo amico stesse parlando con un fantasma.
“È geloso.” dichiarò Ari, grattandosi la testa a disagio.
“Non sono geloso!”
Inaya scoppiò a ridere ancora una volta.
“Di me?” s'indicò e prese a ridere più forte.
Nael si ritrovò in imbarazzo e cercò subito un contatto con la mano di Ari, sebbene non fu accolto.
“Signor Natanael.” d'un tratto Inaya si era messa sull'attenti con il mento alto e gli occhi ben fissi in un punto.
Ari sollevò un sopracciglio, confuso e con gli zigomi arrossati, e Nael sbatté le palpebre più volte senza sapere dove volesse andare a parare.
“Sono mortificata per averle fatto equivocare la mia amicizia verso Ari.” la ragazza teneva le braccia rigide lungo il busto. “L'assicuro che lui non è che un amico per me e nulla di più, il mio migliore amico se posso precisare.” fece un piccolo occhiolino ad Ari prima di tornare seria. “Ma so con certezza che il suo cuore appartiene e sempre apparterrà a lei e viceversa. Il vostro amore lo prenderò come esempio per il mio futuro. E, se me lo permette, vorrei essere anche sua amica, una volta che sarà tornato tra noi.” le si imporporarono lievemente le guance. “O anche adesso se desidera. Accetta?”
Nael si mise a ridere talmente tanto che Ari lo sentì bene e anche lui lo seguì.
“Ha accettato?” chiese Inaya, rivolta verso l'amico.
“Nael?”
“Devo pensarci.” incrociò le braccia ancora tra le risate.
Ari assottigliò gli occhi non riuscendo più a cogliere la sua voce.
“Nael?”
“Ti è difficile sentirlo, vero?” chiese ancora la ragazza.
“Un po'...” in quel momento avvertì il di Nael riguardante la domanda precedente. “Ha detto che vorrebbe essere tuo amico.”
Inaya unì le mani sotto al mento e spalancò la bocca tutta contenta come una bambina.
“Adesso allora andiamo da mio padre!” prese a forza il polso di Ari e lo trascinò via dal parco.
“No, aspetta! Aspetta! Nael, aiuto!”
“Zitto, zitto.”
Non ci fu ma che tenga che venne scortato di fronte al mago del buio che lo guardò accigliato non appena fu entrato dalla porta.





Inaya si era rinchiusa nella propria stanza, così come Keyondre e Ari che erano andati in quella del mago.
Ari si era seduto a terra a gambe incrociate, proprio di fronte al letto dove si era accomodato l'altro, e continuava a fissare il pavimento senza sapere come iniziare il discorso. Non sarebbe stato facile così come con Inaya.
Nael lo guardava sospirando, vedendo quanto fosse in difficoltà.
I suoi occhi poi si posarono sull'uomo e poté constatare la sua somiglianza con Inaya, ma non si poteva dire lo stesso per il carattere. Doveva sicuramente essere un burbero senza cuore da quello che trasmetteva tutto della sua figura, anche se quegli occhi grigi magnetici avevano qualcosa che racchiudeva molta più profondità di quello che si dava a vedere.

Spero solo che non osi ancora insultare Ari o non risponderò di me.

Si sedette di fianco al biondo e aspettò che qualcuno interrompesse quella situazione imbarazzante, cosa che fece l'uomo.
“Sei venuto per scusarti?”
Ari sussultò all'istante, consapevole che fosse già un dialogo perso in partenza, poi scosse la testa.
“Non mi scuserò per quello in cui credo.”
“Capisco.” volse lo sguardo altrove, facendo ricadere sulle spalle i lunghi capelli scuri.
“Però ho bisogno del suo aiuto.”
“Noto che sei tornato a darmi del lei.”
Ari sobbalzò ancora e chiuse i pugni sulle cosce.

La deve smettere questo tizio di comportarsi così con Ari.

Nael assottigliò gli occhi e lo fulminò. L'aria era tropo tesa tra i due e non vedeva l'ora che fosse già tutto finito.

Deve per forza rivolgersi a lui?

“Ari, andiamocene.” lo afferrò per una mano e si alzò, tuttavia non ottenne l'effetto sperato perché il braccio dell'altro non si mosse.
“No.” disse Ari a denti stretti, facendo credere all'altro ragazzo che fosse stato perlomeno sentito anche se aveva fallito nel prenderlo.
“No cosa?” domandò Keyondre.
Il petto di Ari batteva troppo forte e non riusciva a tirare fuori le parole. Non poteva comunque andarsene come voleva Nael.
“Tangaroa mi ha parlato.”
“E cosa ti avrebbe detto?”
Il ragazzo non capì se il suo tono fosse serio o derisorio, eppure si prestò a raccontare tutto per l'ennesima volta. Il mago del buio lo interruppe poco dopo, non appena aveva parlato delle due anime di Natanael e del fatto che quella vera fosse proprio accanto a loro e in quel preciso momento.
“Che assurdità stai dicendo?”
“Non sono assurdità.”
Il mago del buio incrociò le braccia.
“Non avverto la presenza di nessuno spirito.”
Ari spalancò la bocca.
Non poteva essere, Nael era lì con lui e lo sapeva bene.
“Invece è proprio qui.” decise di farsi coraggio e di insistere fino a quando non l'avrebbe avuta vinta. “Nael, puoi toccargli il braccio così come fai con me?”
Keyondre sbuffò, pensando che non fosse completamente a posto e che la morte di quel ragazzo l'avesse scosso pesantemente.
“Cosa? Dovrei toccare quel coso lì?” Nael indicò il mago con il mento e digrignò i denti. “Non ci penso nemmeno.”
“Nael?”
“No.”
Quella risposta schietta e veloce giunse dritta alle orecchie di Ari.
“Ari, ti rendi conto che stai parlando da solo?” Keyondre era irremovibile.
“Per favore.” Ari non gli diede ascolto e continuò rivolto verso la figura immaginaria dell'altro.
“Va bene!” Natanael sospirò esageratamente e allungò la mano destra verso il braccio del mago per pizzicarlo.

Se proprio sono costretto, almeno mi assicurerò di divertirmi.

Fece un piccolo ghigno e lo punzecchiò, tuttavia, non percepì minimamente la stoffa della tunica sotto il suo pollice e l'indice e fallì nell'intento.
“Non riesco.” si voltò verso Ari con uno sguardo confuso.

Perché? Con Ari ormai è abbastanza facile fare piccolezze del genere.

“Allora?” disse l'uomo, spazientito.
“Dai, Nael, non scherzare e fai qualcosa.” il biondo era rimasto interdetto. Non sapeva se in quel momento fosse davvero ancora al suo fianco, se invece non se ne fosse andato o se era davvero tutta un'enorme menzogna alla quale si era appigliato per non precipitare a picco verso l'inesorabile solitudine.
“Ma ti ho detto che non riesco!” si spazientì Nael, dovendo avere a che fare con quel mago.
Trovò strana quella situazione e pensò che sarebbe stato divertente procurare un po' di dolore a Keyondre, eppure il mago non sentiva neanche il freddo.
Ari abbassò il capo, sconfitto. Tutto il suo piano di diventare più forte, salvare Nael e forse, addirittura, anche molte altre persone non era che una gigantesca illusione e se ne sarebbe dovuto accorgere molto prima. Perché non era cambiato niente, lui era rimasta quella persona che non era in grado di fare niente da sola.
Nael si rese immediatamente conto di quali fossero i pensieri dell'altro e gli diede una piccola pacca sulla schiena prima di cominciare ad accarezzarlo nella stessa zona.
In quel momento, Ari spalancò gli occhi.
“Allora ci sei.” sussurrò flebilmente.
“Ari, sono stufo di questa commedia. Non so cosa speravi di ottenere, ma non ti è riuscito un granché.”
Nael si sentì prudere le mani nuovamente. Non sopportava vedere colui che amava essere maltrattato in quel modo.
Voltò il capo verso di lui e lo vide ricacciare indietro le lacrime, strofinandosi la manica della maglia sugli occhi e spostandosi indietro un ciuffo di capelli.

Certo!

Nael si mise a ridere tra sé e sé.

È colpa mia che non voglio minimamente sfiorare quel mago, ma con Ari è tutta un'altra cosa. Lui è l'unico e il solo che può percepirmi e che voglio che mi percepisca.

Si posizionò in piedi dietro di lui e gli prese una ciocca di capelli e gliela spostò davanti al volto, facendolo sussultare.
“Nael?” domandò incerto e non ci volle che qualche secondo perché comprese cosa stava succedendo. “Sommo Keyondre...” lo chiamò e questo lo fissò per poi spalancare la bocca.
Natanael stava ridendo mentre afferrava dei piccoli ciuffetti di capelli e li rigirava come voleva sul capo di Ari. Era semplice, con lui era diverso, e spostare avanti e indietro un po' di capelli non era affatto difficoltoso, anzi, piuttosto divertente.
Successivamente gli tirò l'orecchio e roteò il piercing all'interno del lobo.
“Adesso mi crede?” chiese Ari con un sorriso.

Keyondre era rimasto inebetito, non credeva ai suoi occhi.
Di certo non poteva essere il ragazzo stesso a fare certe cose, non era in grado di controllare i flussi d'aria e non avrebbe potuto spostarsi i capelli rimanendo immobile seduto sul pavimento.
Gli vennero in mente le sue stesse parole che aveva riferito a Keneke, prima che Ari fosse scelto come membro dei maghi addetti al sacrificio. Quel potere che aveva percepito in lui di riuscire a comunicare con l'animo umano meglio di quanto lui stesso fosse capace di fare nonostante fosse un mago del buio con una grande esperienza. Non pensava, però, che sarebbe arrivato al punto tale da avvertire la presenza di un'anima che non apparteneva più a questo mondo.
Doveva esserci qualcosa di diverso sotto e che non si sarebbe potuto realizzare se anche l'anima non l'avesse voluto davvero.
C'era un potere immenso in quella semplice connessione di sentimenti tra Ari e il ragazzo che era stato sacrificato.
Keyondre si portò una mano alla bocca e annuì lievemente.
“Ti credo.”
Gli occhi di Ari si illuminarono e solo dopo qualche secondo si rese conto che l'altro non aveva ancora smesso di giocare con la sua capigliatura e che se la stava ridendo alla grande.
“Smettila adesso, dai!” esclamò arrossato in volto e si girò come a volergli dare un piccolo pugno scherzoso.
“Ma è troppo divertente.” rise ancora Nael.
“Ari?” il mago del buio richiamò la sua attenzione. “Vorrei che continuassi il tuo racconto.”
Natanael si fermò e tornò serio anch'egli, accomodandosi di nuovo accanto all'altro e poggiando il mento sul ginocchio.
Ari si sistemò i capelli prima di riprendere da dove aveva interrotto e questa volta riuscì ad arrivare alla fine senza nessun impedimento.
“Per questo io vorrei che lei...” fece una piccola pausa, abbassando il capo e il tono di voce. “...che tu mi aiutassi a diventare più forte.”
Keyondre non mostrò il minimo turbamento, ma rimase in silenzio a pensare, e Ari sentì la pressione addosso schiacciarlo sul pavimento.
“Ti decidi a dare una risposta?” s'infuriò Nael, ancora non contento del fatto che quell'uomo fosse davvero l'unico a cui potevano chiedere aiuto.

Se sua figlia posso anche reggerla, con lui mi sembra impossibile.

Non seppe quanti minuti passarono, sicuramente la risposta del mago tardò ad arrivare.
“Questa è una questione ben più grande da poter essere affrontata da un ragazzo come te.”
Ari sussultò, già consapevole che sarebbe stato difficile.
“Davvero? Tutto qua? Non hai trovato niente di più ovvio da dire?” il moro roteò gli occhi e afferrò il fianco di Ari per avvicinarsi a lui. “Ce ne andiamo?”
Ari scosse il capo.
“So benissimo che non valgo nulla.”
“Non è quello che intendevo.”
“Ma...” Ari continuò senza dar retta alle parole dell'uomo. “...sono l'unico che può farlo. Tinirau adesso è tenuto a bada da Tangaroa, tuttavia, per quanto possiamo essere sicuri che sarà davvero così? Chi ci assicura che un giorno non si libererà e prenderà il possesso degli oceani, distruggendo tutta l'umanità?”
Nael lo guardò ammirato da quelle parole e sentì una strana morsa al petto.
“Se Tangaroa non vuole ucciderlo perché è suo figlio o per non so quale altra ragione, allora lo farò io, perché la sua sconfitta per me vale molto di più che la semplice salvezza del genere umano.”
“Ari...” Natanael spalancò la bocca.
“Per me vale la salvezza di Nael.”
“Che stupido...” il moro ebbe i lacrimoni agli occhi e si gettò sull'altro per abbracciarlo, lasciando scendere una lacrima sul suo collo che diventò ghiacciata a contatto con la pelle.
“Davvero tutto questo per un ragazzo?” chiese Keyondre con un sorriso che sembrava sincero e per nulla derisorio.
“Non un ragazzo.” Ari strinse i pugni. “Nael.”
“Neanche le divinità sanno quanto ti amo.” Natanael continuava a piangere contro il suo collo.

Essere io stesso il motivo di questo cambiamento in Ari, essere la forza che lo spinge ad andare avanti, essere colui che gli fa affrontare persino un mondo che non gli appartiene solo per riavermi...

Alzò gli occhi su quelli del minore e li riscoprì determinati come non li aveva mai visti.

Non posso che ritenermi fortunato per aver incrociato la mia strada con lui.

“Ho capito.” Keyondre sospirò e il suo volto rigido fino a quel momento sembrò addolcirsi.

E non avrei mai voluto che fosse qualcun altro.

“Nessuno ti farà cambiare idea comunque.” concluse il mago e Ari annuì.
Keyondre pensò che avesse ragione, che poteva davvero fare qualcosa per lui. Dovette ammettere che quello sguardo gli ricordava talmente tanto Temaru, che gli fu impossibile non cedere. Lo doveva al suo vecchio amico d'infanzia.
Lo considerava un dovere verso il padre del ragazzo davanti a lui, morto ingiustamente in un mondo che non era ancora riuscito a cambiare nonostante tutto e Ari sembrava avere quella sua stessa convinzione, spinto maggiormente da un sentimento d'amore verso Natanael, che gli avrebbe fatto compiere anche la più insensata delle sciocchezze.
“È la stessa cosa che avresti fatto per tua moglie.”
Il mago rimase spiazzato, pensando che fosse stata Inaya a discutere di quell'argomento e Ari non poté che avere ragione ancora una volta.
“Ti aiuterò e ti farò da maestro per accrescere il tuo potere.”
Ari puntellò le mani sul pavimento e si sporse verso l'uomo.
“Grazie! Grazie infinite! Sapevo che eri buono, mio padre non avrebbe potuto avere per amico una persona che non fosse tale!”
“Tuo padre? Tu sai..?” non riuscì a finire la frase che vide il ragazzo arrossire e annuire ancora.
“So tutto quanto.”
Keyondre sorrise amaramente e abbassò il volto facendo ricadere i lunghi capelli davanti a esso.
“Avresti potuto usarlo come ricatto.” Nael s'intromise nel discorso e vide Ari che quasi si mise a ridere.
“Non l'avrei mai fatto.” rispose allo spirito.
“Cosa?” chiese il mago del buio.
“Parlavo con Nael.”
Keyondre si grattò la testa, non sapendo più che cosa fare e, dato che nessuno dei due accennava ancora a parlare, Ari pensò bene di concludere la visita.
“Grazie ancora, Sommo Keyondre.” si alzò per poi fare un piccolo inchino di ringraziamento. “Mi impegnerò al massimo per non deluderti.”
“Finalmente ce ne andiamo.” si alzò anche Nael.
“Non è me che non devi deludere.”
Ari arrossì e voltò istintivamente il capo verso dove pensava si trovasse l'altro, che gli sorrise teneramente.
“Ma tu sei davvero pronto per tutto questo?” chiese ancora Keyondre, preoccupato per il destino che aveva scelto di compiere quel ragazzo.
“Lo sono.”
“Va bene.” non obiettò oltre, percependo a pieno la risolutezza dentro di lui e, come aveva già detto, niente gli avrebbe fatto cambiare idea.
“Grazie ancora.”
Ari si avviò alla porta, seguito a ruota da Nael, ma quando l'aprì lo colse ancora la voce del mago.
“Ari, vorresti ascoltare qualche storia sui tuoi genitori?”
La mano del biondo si bloccò sulla maniglia e avvertì un tuffo al cuore; persino Nael era rimasto colpito da quel cambio di atteggiamento e pensò di dover rivalutare anche l'uomo così come aveva fatto con la figlia.
“Sarebbe un enorme piacere.” chiuse la porta e comparve un bellissimo sorriso sul suo volto.
Ari si sedette nuovamente sul pavimento e questa volta Nael non si lamentò di niente, curioso anche lui di conoscere qualche aneddoto sull'uomo che da giovane lo inseguiva con il fucile per tutta la fattoria senza mai sparargli davvero.
Fu così che Ari venne a conoscenza di tutto il passato dei suoi genitori e persino della notte in cui Keyondre si era ritrovato i due sposini con un neonato che sprigionava mana da tutto il corpo e del loro ultimo incontro poco dopo la nascita di Inaya.




 

NOTA DELL'AUTRICE:
Guardate quanto sta crescendo il nostro bimbo bellissimo *-* ormai è un ometto *-* Ari ha deciso di prendere in mano la situazione e si è confidato con Inaya (che è un dolcetto alla crema tenerissimo, dai, ammettiamolo... ahaha) ed è andato dritto da Keyondre per chiedere aiuto, cioè, l'ha spinto Inaya, ma questi sono dettagli u.u Soprattutto, vuole buttarsi a capofitto per salvare Nael e spero abbiate sentito i brividi mentre spiega questa cosa a Keyondre.
Abbiamo scoperto anche qualcosa in più di Inaya e del suo passato e questo non fa mai male, serve sempre a comprendere meglio i personaggi e abbiamo visto quanto Keyondre non è quel burbero che tanto vuole far credere (e che Nael picchierebbe ahah). A proposito di Nael... la sua gelosia mi uccide lol è un cucciolone che non vede l'ora di abbracciare Ari e se la prende con tutti perché non può farlo.
Capitolo intenso e lunghino rispetto ad altri, ma, come dice il titolo, è un capitolo di svolta e le svolte sono lunghe e intense u.u adesso dobbiamo solo aspettare che questo ometto diventi un uomo fatto in toto e scopriremo se ce la farà domenica prossima xD
Grazie a tutti quanti, lasciate un commento se vi è piaciuto e ci sentiamo al prossimo capitolo!
Flor :3

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 - Un legame che trascende la vita ***


 

CAPITOLO 30
UN LEGAME CHE TRASCENDE LA VITA


Dicembre, anno 439 del XII periodo

Ari si trovava in un'aula dell'aeronave insieme a Keyondre, Inaya e Nael, che aveva capito non l'abbandonava mai neanche per un istante, se non quando andava in bagno – o almeno era quello che credeva.
Keyondre aveva accondisceso alle sue richieste di farlo diventare un mago potente e di aiutarlo a percepire la presenza di Nael sempre di più e la pratica aveva dato molti risultati, sebbene non fosse nemmeno passato un mese. Adesso la voce di Natanael gli giungeva alle orecchie molte più volte e capitava che alcune frasi, che a un primo ascolto parevano prive di senso, nella sua testa si mettevano in ordine per trovarlo.
Questo non voleva dire che fosse comunque facile comunicare con lui e tanto meno che fosse piacevole poterlo fare solo in quella maniera, tuttavia quello era l'unico modo per rimanere in contatto con Nael e se lo sarebbe fatto andare bene fino a quando non avrebbe ritrovato il suo corpo.
Anche il contatto fisico era più vivido, ma questo poteva essere controllato unicamente dal moro che seguiva con Ari alcune lezioni e gli insegnamenti di Keyondre, che Nael aveva riscoperto molto più capace di quanto potesse pensare.
Conosceva delle magie che solo un mago del buio poteva apprendere, la sua bravura andava ben oltre quella che Ari aveva mai pensato di raggiungere e il giovano mago fu lieto che fosse proprio lui il suo maestro.
Con lui aveva solo da imparare e gli sarebbe tornato tutto utile per la sua missione contro Tinirau.
Quello era stato un punto difficile da accettare per Keyondre, perché non voleva affatto che fosse un semplice ragazzino ad andare nelle profondità dell'oceano, per quell'incarico che gli sembrava subdolo nei confronti di Ari, se si rifletteva che fosse stato mandato da Tangaroa in persona.
Ari, invece, aveva ben compreso il volere di Tangaroa e da una parte aveva ragione e ne era sempre più convinto.
In ogni caso, nulla poté fermarlo dopo che aveva scelto di intraprendere quel compito.
Era per Nael.
Solamente per Nael.
Non c'era motivazione più grande per lui se non quel ragazzo che tanto amava per riaverlo al suo fianco, nessun desiderio maggiore che potesse surclassarlo a dispetto di altro e che l'avrebbe fatto rinunciare.

Ti salverò a costo di dover morire.

Ari si mordicchiò il labbro inferiore mentre ascoltava le parole di Keyondre, seduto composto.
Non era un pensiero che avrebbe dovuto fare. Se fosse morto non avrebbe risolto la questione, perché sarebbero di nuovo stati divisi, eppure riteneva che, se fosse riuscito a fare qualcosa di così importante nella sua vita, allora sarebbe stato comunque soddisfatto qualunque cosa fosse successa dopo.

Dare la mia vita per Nael.

L'avrebbe fatto sempre e comunque e solo adesso aveva il coraggio di dirlo apertamente.
“Che noia.”
La voce di Natanael arrivò dritta dritta nel suo orecchio destro e incurvò appena le labbra all'insù, zittendolo subito dopo con un sibilo.
“Ari, dura ancora tanto questa cosa?” lo afferrò per le spalle per riuscire ad avere un contatto più presente.
Era uno dei tanti insegnamenti di Keyondre: se Nael fosse riuscito a toccarlo in qualche modo, avrebbe avuto più probabilità di far sentire anche la propria voce, nonostante questo non fosse che una sensazione fredda sulla pelle di Ari che lo schiacciava appena nella zona afferrata.
Però aveva ragione, quello era un buon metodo.
“Mi sto davvero rompendo e non dico cosa.” continuò Nael.

Forse era importante seguire quelle lezioni e tutto l'addestramento di Ari, eppure Natanael non ce la faceva a mantenere l'attenzione. Per non parlare del fatto che Keyondre non gli era ancora andato a genio del tutto e faticava a rimanere lì per ore ad ascoltarlo.
Tuttavia, era rimasto sorpreso quando aveva visto per la prima volta Ari maneggiare il Mana come non aveva ancora avuto modo di fare.
Era bravo, molto bravo. Anzi, in realtà non ne aveva minimamente idea, ma il solo osservarlo gli procurava una sensazione piacevole a dispetto di quella di gelosia e amarezza di qualche mese prima, quando il biondo gli aveva mostrato un piccolo trucchetto con il suo potere.
Sembrava così sicuro di sé come non gli era mai apparso, aveva il pieno controllo della situazione e non c'era più alcun dubbio che quel potere gli appartenesse. Era così sciolto e sapeva gestire totalmente il flusso di mana a suo piacimento.
Nael non aveva potuto che rimanere imbambolato ad osservarlo, con una piccola scintilla negli occhi e il petto pieno di orgoglio per quel ragazzo.
Aveva notato che gli si illuminavano le iridi quando sprigionava il mana e queste si coloravano come l'acqua del fiume limpido che scorreva di fianco alla loro cascina. Solo in quel momento, Nael capì quanti segnali ci fossero nella vita dell'altro per quanto riguardasse il suo collegamento con l'acqua, a cominciare proprio da quel fiume.
Un ragazzo esile e minuto come lui, che si muoveva sempre con estrema grazia e cura e che rifletteva ciò che più aveva nel profondo solamente guardandolo negli occhi. Era destinato unicamente all'acqua. Non esistevano contestazioni.
Cristallino, puro, armonioso.
Questo era il ritratto perfetto di Ari nella sua mente.

Ari alzò una mano e fece un gesto come per cacciarlo via e farlo stare zitto.
Immaginava quanto fosse difficile per lui seguire una lezione, dato che non era mai andato a scuola, non che lui l'avesse mai fatto, ma studiare con i suoi genitori era stato comunque diverso dallo studiare insieme a Kaleo.
Inoltre, Nael non sembrava affatto l'alunno diligente che tutti gli insegnanti adoravano.
Nael sbuffò e si abbassò sul suo orecchio come se questo cambiasse qualcosa.
“Mi dà ai nervi la sua voce.” continuò il moro.
Ari aspettò che Keyondre posasse lo sguardo da un'altra parte per roteare gli occhi e sospirare esageratamente ai commenti dell'altro.
Natanael avvicinò ancora di più le labbra al suo padiglione e modulò la voce in modo da renderla simile a quella del mago del buio, facendo uscire un tono grave, ma altamente stupido.
“Guardatemi sono il Sommo Keyondre!” esclamò.
Ari non poteva credere alle proprie orecchie. Davvero si stava annoiando così tanto da fare il teatrino? In ogni caso dovette cercare di rimanere impassibile, anche se già sentiva la risata sovrastarlo. Per quanto fossero terribili le battute di Nael, dentro di sé non poteva che ridere forse proprio per quel motivo.
“E mi faccio fare le acconciature da mia figlia!” continuò il maggiore, trovando il minimo piacere in quella sciocchezza che stava dicendo. “Adoro quando mi cosparge il capo di brillantini!” allungò le vocali di adoro e si mise a ridere.
Come al solito, la battuta non era delle migliori, ma Ari non riuscì a contenersi con l'immagine di Keyondre e Inaya che gli aveva messo in testa.
Se prima gli fremevano leggermente le spalle, successivamente scoppiò a ridere di gusto tenendosi addirittura la pancia.
Questo causò l'arresto di Keyondre e anche uno sguardo confuso di Inaya su di lui.
“Cosa succede?” domandò il mago, quasi furioso per essere stato interrotto a quel modo.
“Si è arrabbiato.” sentenziò Nael. “Adesso userà i suoi lunghi capelli per frustarti.” continuò a prenderlo in giro causando solamente una risata ancora più alta.
Quanto gli era mancata quella sinfonia.
“Stai zitto, Nael!” la frase non era per niente minatoria, sconnessa dai frequenti singulti.

Inaya stava osservando tutto qualche banco distante da quello di Ari ed era rimasta più sorpresa che altro.
Non aveva mai visto Ari in quella maniera da quando l'aveva conosciuto. Si era limitato sempre a qualche sorriso e a risate di poco conto, tuttavia adesso stava osservando come fosse cambiato il suo amico da quando era tornato nella sua vita Nael.
Di certo la loro amicizia non aveva nulla a che vedere con il sentimento che c'era tra i due ragazzi e Inaya fu quasi gelosa, e non di Natanael, ma del fatto che anche lei avrebbe voluto qualcuno che la facesse sentire così felice come quei due che non si potevano neanche vedere o sentire per bene. Eppure era come se quello fosse un ostacolo invisibile, una barriera che era ormai stata superata senza problemi, poiché il loro legame era molto più forte di quella separazione e Inaya era stata partecipe diretta di quanto fosse stata tragica, almeno dalla parte di Ari.
“È davvero la persona più importante per lui...” sussurrò appena, tanto che nessuno udì le sue parole.

In quel preciso istante, Ari scattò in piedi.
“No! Fermo!”
La noia aveva preso ancora la meglio e Nael non si poteva lasciar scappare un Ari che ormai era partito in quarta, quindi aveva deciso di stuzzicarlo pizzicandogli lievemente la pancia per fargli il solletico. Di risposta, il biondo era balzato giù dalla sedia e aveva messo le mani davanti a sé per impedire all'altro di persistere, se solo avesse potuto capire da dove venisse attaccato.
Quasi si era dimenticato che fosse in aula con Keyondre e Inaya, totalmente succube dello scherzo dell'altro che continuava a prenderlo alla sprovvista.
“Fermo!”
“Non ci penso neanche.” Nael lo guardò sornione e s'impegnò con tutto se stesso per solleticarlo, riuscendoci molto bene e più di quanto avesse sperato.
Ari proseguiva a ridere come un matto e nulla contavano i pochi passi in cui era riuscito a indietreggiare per allontanarsi, non aveva la forza di contrastarlo oltre, troppo preso dal far uscire quel suono melodioso dalle proprie labbra.

Keyondre si portò una mano sulla fronte, esasperato.
“A cosa devo assistere alla mia età...”
“Non li trovi bellissimi, padre?”
Il mago del buio si voltò verso la figlia che li guardava assorta nei suoi pensieri.
“Tecnicamente, uno dei due non si vede.” affermò.
“Non importa.” la ragazza appoggiò la guancia al palmo della mano e continuò a guardare gli altri due, quasi sognante di quel bellissimo rapporto che riusciva a scorgere anche in quello stato.

Ari stava correndo di qua e di là cercando di sfuggire al moro, purtroppo il non poterlo vedere e il fatto che Nael fosse molto più veloce di lui, non gli permise di scappare a lungo.
Venne agguantato per la vita e il solletico era diventato così intenso che le gambe gli cedettero e scivolò a terra in preda alle risate con entrambe le braccia sulla pancia come a proteggersi.
“B-Basta!”
Solo dopo qualche altra manciata di minuti, Natanael decise che fosse meglio finirla prima che all'altro mancasse il fiato totalmente, ma si appagò della sua espressione così rilassata.
Ari respirò profondamente e tornò l'ossigeno nel suo corpo. Poggiò le mani dietro di sé e si mise a sedere con lo sguardo rivolto verso l'alto.

Da quanto non ridevo così?

Era strano, ma in quel momento si sentiva davvero bene nonostante tutto.
Ogni giorno che passava era una conferma del fatto che fosse Nael lì al suo fianco e tutto il suo corpo si era sentito rinvigorito così come il suo spirito e non poteva che bearsi di come l'altro si premurasse ancora per lui in una situazione del genere.
“Ari?” la voce del mago lo colse all'improvviso e sobbalzò diventando rosso fino alla punta delle orecchie. “Possiamo riprendere la lezione?”
“I maghi non sanno cosa sia il divertimento.” commentò Nael, inginocchiandosi davanti al ragazzo per lasciargli un bacio sulla fronte.
“O forse sei tu che esageri come al solito.” ribatté Ari rimettendosi in piedi e pensando che si sarebbe voluto aggrappare alla mano di Nael per farlo. “Scusa Keyondre, continuiamo pure.”
Ari si diede di nuovo un contegno, risedendosi al banco e sbirciando con la coda dell'occhio Inaya, che continuava a fissarlo con un'espressione molto dolce, e le rivolse un sorriso imbarazzato prima di tornare a seguire la lezione.





Ari stava leggendo un libro, che gli aveva prestato Keyondre, seduto sul letto con la schiena poggiata alla parete e le gambe allungate con i piedi a penzoloni.
Ormai era quasi finito Dicembre e ancora non aveva completato il suo addestramento. Se fosse stato per lui sarebbe partito all'istante, ma il mago del buio era stato chiaro riguardo al suo livello di apprendimento.
Nonostante gli avesse fatto un sacco di complimenti e fosse rimasto sbalordito da quanto assimilasse velocemente e riuscisse anche a controllare nuovi incantesimi in poco tempo, non era ancora all'altezza di potersi misurare contro una divinità.
Ad Ari tutta quella situazione pesava particolarmente. Non ce la faceva più ad aspettare, voleva gettarsi in mare e andare a salvare Nael, anche lui gli aveva confessato che era stanco di quella sua forma incorporea e di tutto quello che ne comportava.
Per quanto averlo intorno come spirito gli alleviasse anche il proprio, perché nel suo cuore sapeva che non l'avrebbe mai abbandonato e che lo amava davvero, non vedeva l'ora di riabbracciarlo e sentire le sue braccia possenti che gli cingevano la schiena, così come avevano fatto moltissime volte da nove anni a quella parte.

È passato così un altro anno insieme.

I pensieri di Ari divagarono dalle pagine del libro.

Anche se insieme non lo siamo stati quasi per niente.

Sorrise amaramente per non cedere all'impulso delle lacrime.

Nonostante ci siamo dichiarati, abbiamo scoperto l'amore in tutti i sensi e siamo stati felici per un po', alla fine sono successe più disgrazie che altro.

Passarono nella sua mente le immagini di Nael che urlava contro una guardia di lasciarlo andare, quando aveva manifestato per la prima volta i suoi poteri; che piangeva con un braccio allungato verso di lui poco prima di venir portato via da Wayra per cominciare il proprio addestramento; sempre Nael a cui era stato tolto il sacco dalla testa scoprendolo come Sacrificio del mese e la successiva disperazione.
Scosse la testa cercando di cacciar via tutti quei brutti ricordi che si erano andati a sommare a quelli che già possedeva.

Non devo pensare in negativo.

Il sorriso di Natanael era senz'altro un appiglio più bello a cui credere a dispetto di tutto il resto.

Nael mi ha insegnato a sorridere, me l'ha restituito quando pensavo che non sarebbe più successo e adesso io lo restituirò a lui riportando indietro il suo corpo.

Doveva solo pazientare ancora per un po'.
Avvertì un'ondata fredda su tutto il petto e le gambe e non capì immediatamente cosa stesse succedendo.
“Ti sei seduto su di me?” disse con un piccolo sorriso.
“Ho pensato di approfittarne dato che non senti il mio peso.”
Nael, difatti, si era proprio accomodato sulle gambe dell'altro e aveva poggiato la propria schiena sul suo petto, lasciando che il libro gli attraversasse il torace.
Ari divaricò gli arti inferiori e poggiò il volume da parte.

Se solo ti riuscissi a vedere...

Sapeva a memoria il corpo dell'altro ed era sicuro che i suoi occhi erano posati sull'attaccatura dei capelli al collo e portò le mani sulle sue spalle.
Quanto gli mancava potersi aggrappare per davvero a quel modo e tenerlo contro di sé.
“Nael...” sospirò il suo nome quasi come un'evocazione, e prese a far scivolare le mani guidato dal freddo sulle dita.
Accarezzò lievemente il braccio e socchiuse gli occhi, cercando di seguire la linea immaginaria solo grazie alla memoria di quel corpo così bello e scolpito, che gli parve di sentire appena i bicipiti tesi.
Nael sorrise, perdendosi anche lui nei ricordi del calore delle mani dell'altro sulla propria pelle, sapendo che prima o poi avrebbe potuto di nuovo cogliere quella sensazione.

...e a toccarti.

Ari continuò il suo percorso fino ai polsi e poco dopo avvertì sempre quel freddo tra le fessura delle dita, segno che le aveva intrecciate con quelle dell'altro, o almeno così sperava.
Nonostante la tristezza che non fosse effettivamente reale quello che stavano facendo e che, se fossero stati visti da un esterno, avrebbe pensato di lui che era un malato mentale con le visioni e che stava giocando con un amico invisibile, si sentiva in pace.
La sola consapevolezza che Nael lo stesse tenendo per mano, che fosse appoggiato contro di lui rilassato e che, probabilmente, stava invocando il suo nome così come aveva fatto pochi secondi prima anch'egli, faceva palpitare forte l'animo di Ari. Aveva disteso completamente i muscoli, quasi catturato da un torpore che lo cullava dolcemente; un'onda che lo spingeva sulla riva per poi riportarlo in mare aperto con molta calma e Ari si perse in quella sensazione.
Anche senza Natanael in carne e ossa al suo fianco, non c'erano altri stimoli che lo facevano stare in quel modo.
Ari chiuse totalmente gli occhi e strinse forte la presa sulle mani dell'altro.

In quel preciso istante, il mana dentro di sé prese a gorgogliare e fece un respiro profondo per ottenere il controllo su di esso. Lo incanalò totalmente nelle sue dita e le sentì pulsare, successivamente lo riversò dentro Nael.
“Cosa..?”
Il moro avvertì qualcosa di strano. Le sue mani stavano formicolando e questo gli diede un po' di fastidio, successivamente diventò una forza piacevole che si stava sprigionando in lui e che aveva cominciato a illuminarlo fino al polso.
Ari non sapeva cosa stava facendo, gli era uscito d'istinto. Una voce dentro di lui gli aveva detto di provare in qualche modo a stabilire un contatto ancora più profondo con Nael e così aveva fatto.
Il biondo rimase a bocca spalancata quando le mani di Natanael presero forma umana e si poteva distinguere perfettamente il loro contorno azzurro e il mana che circolava nelle vene.

Questo è...

“Meraviglioso!” concluse Nael il suo pensiero e si osservò con gli occhi luccicosi, riuscendo a stento a crederci.
Ari annuì contento e cercò di non perdere la concentrazione, continuando a far fluire il mana nel corpo dell'altro ragazzo con un flusso continuo: entrava dalla mano destra di Nael, circolava fino a quella sinistra e veniva ricatturata da quella di Ari, che lo riportava alla destra e così via. Le loro mani unite facevano il resto.
Nael aveva cominciato a illuminarsi di un tiepido celeste fino ad appena sopra il polso.
Era davvero meraviglioso, la loro stretta era così vivida che sembrava fossero entrambi due corpi vivi e non uno spirito con una persona. Era straordinario.
“Ari sei bravissimo.” era un complimento abbastanza banale, ma lo pensava realmente.
Ari arrossì facendo un piccolo mugugno e lo strinse ancora più forte.
Piccoli flussi di mana presero a volteggiare intorno alle loro mani, scontrandosi con esse ed entrando all'interno del corpo per poi fuoriuscire da un'altra parte.
“Perché non provi a creare qualcosa?” chiese il minore, sussurrandolo nell'orecchio dell'altro, che si ritrovò in imbarazzo da quella richiesta.
“Tipo?”
“Tutto quello che vuoi.”
Ari non era sicuro che avrebbe funzionato, tuttavia anche questa volta seguì il proprio impulso, forse comandato più dalla percezione che il potere gli aveva insinuato nella testa, tanto da fargli ritrovare un po' di coraggio.

Nael non dovette rifletterci due volte che socchiuse le palpebre e cominciò a creare una forma nella sua mente.
I palmi erano più luminosi che mai e, questa volta, per un qualcosa di positivo e non come quel verdino pallido che l'aveva riconosciuto come Sacrificio.
Avvertiva perfettamente quel fluido che stava scorrendo in lui e che gli stava trasmettendo una qualche energia che non aveva mai provato prima d'ora. In realtà non sapeva come maneggiarla, tuttavia, ci provò comunque.
Di sua iniziativa riuscì a far uscire del mana dalle proprie mani e questo prese a vorticare fin sopra le loro teste come un piccolo mulinello.
Ari sorrise a quella visione, consapevole che non fosse lui a farlo.

Anche se lui non è un mago riesce comunque a usare il mio potere.

“Come ti senti?” gli chiese con tono dolce.
“Wow.” rispose semplicemente Nael.
Non sapeva come definire quello che provava, se fino a poco prima odiava tutto di quel mondo, adesso aveva capito l'indecisione iniziale di Ari di cominciare l'addestramento o rimanere insieme a lui con il timore della morte.
Era una forza che prendeva possesso del tuo corpo e che ti trasportava in un mondo completamente nuovo, dove tu eri colui che governava su tutto. Era molto invitante.
Ari poggiò – o almeno pensò di farlo – il mento sulla sua spalla e sfregò la guancia contro la sua.
La stanza si era del tutto illuminata di quel celeste meraviglioso e si rifletteva nelle loro iridi rendendole di un colore diverso dall'originale, così come tutto il mobilio e le pareti.
La nuvola di mana continuava a rimanere sopra di loro, che tennero lo sguardo alzato per poterla osservare. Adesso era diventata un'enorme goccia al cui interno vagavano altre scie più chiare e più scure come se lottassero tra loro.
Ari dovette ammettere che si era appena intromesso in quell'incantesimo.
Tante piccole sfere d'acqua si staccarono da quella centrale e cominciarono a cadere lentamente fino al pavimento, scontrandosi con esso ed esplodendo con un suono leggiadro; altre rimasero a mezz'aria e si trasformarono in lunghi filamenti che andarono a circondare i loro corpi senza mai sfiorarli.
“Non stai trasgredendo le regole?” chiese a un certo punto Nael.
“Non importa. Non sto facendo nulla di male, mi esercito.”
Da quando aveva preso a rispondere in quella maniera non lo sapeva neanche lui, ma davvero poco importava.
Tuttavia, dopo qualche minuto, sentì le energie mancargli, perché il contatto con un'anima richiedeva fin troppa forza che lui non possedeva e aveva sprecato molto mana per l'incantesimo che aveva appena eseguito. Non era da tutti palesare il corpo di un'anima tanto da renderlo visibile all'occhio umano e percepire perfettamente la sua voce come se fosse ancora vivo.
Però si sentì orgoglioso di se stesso nell'apprendere che fosse arrivato già a un punto tale senza neanche accorgersene.
Ari staccò all'improvviso le mani e si lasciò andare con il capo sulla parete, boccheggiando lievemente per riprendere fiato.
“Perdonami, non ce la facevo più.” sussurrò con il fiatone.
“Tranquillo, hai fatto qualcosa di spettacolare.” lo rassicurò Nael, posandogli un bacio sulla guancia. “Forse dovresti riposare.”
“Rimani con me?”
“Certo, che domanda stupida. Non me ne vado da nessuna parte.”
Ari arrossì e si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sdraiandosi poi per bene sul materasso lasciando lo spazio anche per Nael, che si accomodò al suo fianco.

Voglio assolutamente salvarti.





“Sei sicuro di quello che stai facendo?”
Keneke teneva le braccia conserte e guardava il suo interlocutore con sguardo accigliato.
“Glielo devo.” rispose Keyondre, convinto.
“E se lo venisse a scoprire il resto del Consiglio?”
“Ti stai forse preoccupando per me?” le sorrise affabile, posandole una mano sulla spalla. “Il Consiglio potrà scoprirlo solo se tu aprirai bocca e non credo proprio che tu sia così avventata da permetterlo.”
“Infatti le mie labbra sono sigillate.” Keneke scostò la sua mano e prese a camminare per la propria stanza fino a giungere al tavolino e fissarlo pensierosa. “Non possiamo lasciare che un ragazzino compia un'avventatezza di così grandi dimensioni.” disse dopo qualche minuto.
“Credi che non l'abbia cercato di convincere? Ti ho già spiegato tutto quanto.”
“Lo so, lo so.” fece la maga con tono infastidito. “Ma cosa ci inventeremo se dovesse succedere qualcosa di grave? Anzi, cosa inventerò io per la scomparsa di Ari dall'aeronave? E se non dovesse più tornare?” si voltò di scatto così che la chioma rossa, lasciata libera di cadere sulle spalle, le coprisse parte del viso e dovette aggiustarsi la capigliatura con un gesto veloce della mano.
“Ti stai preoccupando per lui o per quello che potrebbe capitare a te come Capo del Consiglio?”
“Entrambi.”
Erano rare le volte in cui Keyondre aveva visto così agitata quella donna. Sicuramente aveva un buon motivo per esserlo.
“È una missione suicida.” continuò a dire Keneke.
“Ari non vuole comunque essere un mago. Se il suo desiderio è quello di provare a salvare il ragazzo sacrificato, allora dovremmo lasciarglielo fare.” il mago del buio allargò le braccia per poi abbandonarle lungo i fianchi. “Potrebbe salvare l'intera umanità.”
“Ne sei convinto?” fece un sorrisetto sarcastico che lasciò trapelare una piccola punta di sconsolazione nelle sue iridi blu.
“Tangaroa in persona, tra tutti, ha contattato proprio lui che neanche era a conoscenza del suo essere mago. Tutto quello che gli è capitato è stato un'enorme espediente del destino che lo stava richiamando per questa missione.”

Keyondre non parlava per dare fiato alla bocca, lui ne era certo. Il suo essere mago del buio, e non solo dato che dominava anche gli altri elementi, gli aveva dato un potere capace di percepire certe cose e questa era una di quelle. Aveva sentito fin dal primo giorno che c'era qualcosa di speciale in Ari, qualcosa celato nella profondità del suo spirito che neanche lui conosceva e che, prima o poi, sarebbe esploso rischiando di essere troppo grande da gestire per quel ragazzo da solo.
Il suo compito era quello di allenarlo e di impartirgli tutte le conoscenze di cui disponeva per far sì che, quando sarebbe successo, Ari sarebbe stato in grado di sfruttare a pieno tutto il proprio potere.
Era ancora più grande di quello dei suoi genitori, più grande del proprio e persino di quello di Keneke, che teneva il titolo di capo assoluto sopra a tutti gli altri maghi.
Il proprio appellativo di mago non era stato dato a caso. Colui che condanna le anime nell'oblio.
Con Ari non sarebbe stato possibile.
Da una parte ne era spaventato, perché tutto il genere umano dipendeva unicamente da quel ragazzo. Come poteva lasciare che fosse solo lui a prendersi questa responsabilità? Chi gli assicurava che avrebbe davvero funzionato? Se fosse morto?
Keyondre scosse la testa.

“Non stai parlando in questo modo solo perché voi due siete legati da fantasmi del passato?”
La frase era stata pronunciata in modo duro, eppure nascondeva un altro sentimento al suo interno ed era ancora quella preoccupazione che non abbandonava la Somma Keneke.
“Non è solo questo.”
“Maledizione!” esclamò schioccando la lingua. “Come posso lasciare che avvenga tutto sotto il mio naso e non posso neanche muovere un muscolo?”
Keyondre le mise questa volta entrambe le mani sulle spalle e premette appena con il pollice su di esse.
“Non puoi farti vedere in questo stato dagli altri o capiranno che c'è qualcosa che gli sta sfuggendo, non trovi?” le sorrise ironico.
La donna schioccò di nuovo la lingua.
“Non venire a fare la predica a me, quando saresti l'unico a doverne ricevere una.”
“Siamo qua da due ore, credo che l'abbia già ricevuta.”
Keneke alzò il mento, ritrovando la propria autorità e sfoggiando uno dei suoi sguardi più tirannici.
“E ne ho ancora per te.”
Il mago del buio sospirò esageratamente e prese posto su una sedia per poter ascoltare il continuo di quello sproloquio, senza battere ciglio.
“Prego, Somma Keneke, vada avanti.”



 

NOTA DELL'AUTRICE:
Capitolo inutile ma non così inutile u.u (e poi sono belli i capitoli inutili).
Guardate Ari che ride, signori e signore, un rarissimo esemplare di Ari che ride come un bambino bellissimo! A parte questo, si sta rafforzando parecchio, ormai Nael riesce a sentirlo molte più volte di quante non riesca e è un dolore dolce vederli interagire senza che possano davvero interagire.
Oh my looovee...
°^° no, ok non siamo in Ghost ahaha *si ricompone*
E di Keneke e Keyondre cosa mi dite? Lei non lo drà al Consiglio e Keyondre sente che Ari possa essere davvero una salvezza per tutti. Un po' disperato come pensiero, non trovate?
Vi lascio ai vostri ragionamenti e grazie per seguirmi ancora, sarei felice di ricevere commenti se avete qualcosa da dire eeeee... ci vediamo domenica prossima!
Un abbraccio a tutti.
Flor :3

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 - Padre e figlia ***


CAPITOLO 31
PADRE E FIGLIA

 

Gennaio, anno 440 del XII periodo

Ari si stava dirigendo verso il piccolo appartamento di Keyondre, seguito come sempre da Nael, perché aveva appuntamento con Inaya per il resto della serata. Infatti, la ragazza l'aveva costretto ad andare insieme in una delle sale comuni dell'aeronave, riservata agli studenti, nella quale ci sarebbero stati dei piccoli giochi per svagarsi per l'inizio dell'anno nuovo.
Totalmente diverso da quello a cui era stato abituato negli anni precedenti sulla nave dei Sacrifici.
Alla fine aveva accettato solo perché aveva ricevuto una spinta da parte di Nael e una forte tirata per le orecchie.

Ormai era diventato parecchio più facile percepirlo, nonostante ci fossero ancora molti problemi. Ad esempio, delle volte gli era impossibile riconoscere la sua voce, che pareva alle sue orecchie come priva di tonalità e, altre volte, gli era anche difficile capire che Natanael lo stesse toccando da qualche parte. Nonostante ciò, adesso era il suo spirito si era alleggerito.
Inoltre, a breve, sarebbe stato mandato giù negli oceani. Era quasi tutto pronto e il suo addestramento aveva dato grandi frutti, tanto che Keyondre era rimasto così sbalordito che avesse appreso certi incantesimi con così tanta facilità e velocità da non essere passato che un mese da quando avevano cominciato.
Dopotutto, Ari era predisposto alla magia e questo era un dato di fatto.
Il ragazzo ammise di essere ansioso per la missione che si stava avvicinando sempre di più e, ormai, non poteva più scappare. Non che l'avesse fatto comunque.
Come aveva già ripetuto più volte, quella non era una semplice missione per salvare l'umanità, della quale gli importava ben poco, dato come aveva vissuto la sua intera vita, ma era per salvare Nael e riaverlo con sé.

Fece ancora qualche metro prima di arrivare davanti all'appartamento e si avvicinò alla porta, sentendo delle urla provenire dall'interno.

“Non ti darò il permesso di andare.” la voce di Keyondre era profonda e adirata.
“Ma padre!” quella di Inaya era supplichevole.
“Non esistono ma, Inaya.”
“Voglio aiutarlo, non puoi lasciare che vada da solo!”

Stanno parlando di me?

Ari si portò un pugno al petto e ingoiò a vuoto mentre Nael gli mise una mano sulla spalla destra.

“Quindi dovrei lasciar partire mia figlia?”

Ari non seppe se fosse il caso di rimanere ad ascoltare quella conversazione, eppure non si mosse di neanche un passo e avvicinò l'orecchio alla porta.

“Ari non è in grado di compiere magie curative e potrebbe averne bisogno.”
“Neanche tu sei in grado.”
Inaya sobbalzò con i lacrimoni agli occhi.
“Ricordati che non possiedi il Mana.” continuò l'uomo. “Come potrei mandarti nei fondali dell'oceano, sapendo che all'improvviso finirà senza che te ne possa accorgere, e poter così prevenire una tragedia.”

Cosa? Cosa significa che non ha mana? Che sta dicendo Keyondre?

Ari spalancò le palpebre, molto confuso, e indietreggiò di un passo quasi tremante.
Aveva sentito bene? Cos'era quel discorso assurdo?
Inaya era una Curatrice, possedeva il Mana della Luce come difesa e faceva addirittura parte del circolo del Sacrificio. Non riusciva davvero a trovare un senso per quelle parole uscite dalla bocca del mago del buio.

“Per non parlare del fatto che tu non sai gestire l'Elemento dell'Acqua.” il tono di Keyondre non era solo arrabbiato, ma anche angosciato e quasi triste.
Forse aveva paura di perdere la figlia in quello che era effettivamente un compito pericoloso e che faceva tremare le ginocchia persino a uno come lui, uno dei maghi più potenti del mondo attuale.

“Ari, cosa facciamo?” domandò Nael, mettendosi le mani sui fianchi.
Alle sue orecchie giunse una lieve voce, che si confondeva con le urla all'interno della stanza, e scosse la testa.
In quel momento, la porta si aprì di colpo, rivelando Inaya in lacrime che si stava sfregando il palmo della mano sugli occhi, che avevano assunto una tonalità sul grigio scuro, per asciugare le goccioline d'acqua.
“Ah! Ari!” gli sorrise come se non fosse successo niente.
“Inaya...” non sapeva cosa dire, troppo in imbarazzo dalla situazione.
Comparve anche il Sommo Keyondre con un'espressione scioccata in volto, probabilmente causata dal fatto che il ragazzo avesse ascoltato tutto e avesse sentito notizie sconcertanti.
“Perdonaci, Ari, non volevamo...” iniziò a parlare l'uomo, ma venne subito interrotto dalla figlia.
“Smettila padre! Cosa non volevi, eh? Mandare da solo Ari in una missione suicida?”
Il biondo perse il respiro per qualche secondo e mosse lo sguardo prima verso l'uno e poi l'altra senza sapere cosa dire ancora.
“Non mettermi parole in bocca che non ho mai detto.” l'autorità di Keyondre prevalse in quella frase.
Non fu che un attimo che Inaya afferrò al volo il polso di Ari e lo trascinò via da quella situazione, cogliendo di sorpresa Nael che era rimasto fisso a osservare tutto da esterno, così come solo poteva fare, e dovette eseguire uno scatto per raggiungere i due e accostarsi a loro.

“Inaya, cos'è successo?” riuscì a chiedere Ari, quando furono scesi di un paio di piani.
“Niente, non preoccuparti.” rispose la ragazza con un debole sorriso.
“Non è niente se stai piangendo.”
Inaya si fermò sulle scale, anche se gli mancavano due gradini per arrivare al pavimento, e lasciò il polso dell'altro.
“Mio padre non vuole che io venga con te.”
Ci fu qualche attimo di silenzio.
Ari non sapeva che Inaya volesse seguirlo e, anzi, non aveva neanche mai pensato di poter avere un compagno in tutta quella pazzia causata da una divinità.
Certo, la ragazza era sempre stata con lui durante l'addestramento, ma non aveva mai imparato alcun incantesimo e non aveva mai utilizzato il mana mentre lui era presente.

“Ricordati che non possiedi il Mana.”

Nella testa del ragazzo comparvero di nuovo quelle parole. Aveva voglia di chiedere cosa significassero, eppure non aveva ancora superato quella parte del suo carattere introverso, benché si trattasse di una sua fidata amica.
In ogni caso, non gli era mai balenata nella mente un'idea del genere. Quella era una questione che riguardava solo lui; Tangaroa non aveva accennato ad accompagnatori e Ari aveva sempre creduto che fosse qualcosa che doveva portare sulle proprie spalle da solo. D'altro canto, perché mai Inaya avrebbe voluto spingersi in una battaglia tale dove avrebbe potuto anche rischiare la vita, solo per salvare quella di un ragazzo che neanche conosceva se non per i suoi continui racconti.
“Fa bene a volerlo.”
Inaya si voltò verso di lui di scatto, con un'espressione stupita.
“Non è un gioco.” continuò a parlare Ari.

E io non voglio mettere a rischio la vita della mia unica amica.

Ari strinse i pugni lungo i fianchi, senza riuscire a tenere le dita ferme.
“Ne sono consapevole.” rispose la ragazza. “Proprio per questo voglio venire con te.”
“Perché?”
“Secondo te posso lasciare che mio fratello acquisito si butti a capofitto da solo in tutto questo?” lo guardò con un sorriso ironico, allargando le braccia per dare più teatralità.
Nael si mise a ridacchiare, pensando che anche lui avrebbe risposto alla stessa identica maniera.
“Deve volerti bene per avertelo confidato.” disse proprio Natanael, anche se non venne considerato da nessuno dei due.
“È lo stesso motivo per cui anche io sono dalla parte di tuo padre e non voglio.”
Non aveva dovuto riflettere molto.
Quella era davvero una missione suicida, come l'aveva definita poco prima Inaya, non avrebbe mai permesso che a causa sua morisse qualcun altro.

Non credo che la mia anima possa sopportare un'ulteriore perdita.

Inaya si zittì e riprese a camminare stando in testa e Ari la seguì in silenzio fino a quando non si accorse che non si stavano affatto dirigendo verso la sala comune.
Ari aveva le mani sudate e continuava a mordersi il labbro inferiore, fino a quando non avvertì la solita sensazione di freddo sulla sua bocca, come se Nael lo stesse accarezzando per farlo smettere, e gli sorrise.
Guardò la figura minuta di Inaya davanti a sé. Quella sera non indossava la tunica, ma un vestito con le maniche lunghe e la gonna a balze rosa pastello, ed erano rari i momenti dove poteva vederla vestita diversa dal solito; i capelli erano raccolti in due chignon laterali dalle quali cadevano a cascata alcune ciocche ondulate che arrivavano a mezza schiena e le punte erano cosparse da talmente tanti brillantini bianchi che sembravano quasi colorate.
Camminava a passo veloce senza mai voltarsi indietro e Ari sperò che non fosse arrabbiata con lui per quello che le aveva appena detto.
“Inaya?” la provò a chiamare dopo minuti che sembrarono eternità, nella quale l'agitazione stava avendo la meglio.
Erano quasi arrivati al parco nel centro dell'aeronave. Non sapeva perché lo stesse portando lì invece che nella sala comune, tuttavia non aveva il coraggio di fermarla per cambiare direzione. Neanche sapeva se gli voleva ancora parlare.
Infatti non arrivò nessuna risposta.
“Ari, noi due possiamo anche tornare in camera, dato che non sembra che la nostra presenza sia gradita.” dichiarò ad un certo punto Nael.
“Non voglio lasciarla sola.”
“Ma lei sembra volerlo.” gli prese la mano e intrecciò le dita con le sue.
“Se avessi voluto rimanere da sola, ti avrei già cacciato.” la voce squillante della ragazza lo colse all'improvviso, tanto da farlo balzare sul posto.
Inaya si voltò con il sorriso stampato.
“Allora perché non hai risposto quando ti ha chiamato?” fece Nael, innervosito da quell'atteggiamento così strano, pur consapevole che non sarebbe stato sentito anche da lei.
“Quanto hai origliato di quello che ci siamo detti io e mio padre?”
In quell'istante, Ari comprese perché stavano andando verso un posto in cui non ci sarebbe stato nessuno a disturbarli. Probabilmente, Inaya, voleva confessare qualcosa che non poteva di certo essere detto davanti a una folla di persone.
Adesso aveva ancora più voglia di chiedere.
“Abbastanza.” fu l'unica cosa che uscì dalle sue labbra.
“Abbastanza quanto?” domandò ancora la Curatrice, sedendosi sotto la chioma di un albero.
“Tanto da volerti chiedere perché.”
Ari ottenne due sguardi confusi su di sé e si sedette al suo fianco.
“Perché sei una maga?”
Sul volto della ragazza tornò la sua solita espressione dolce e sorridente.
“Credo che dovrò spiegarti una lunga storia.”

Nael s'incuriosì a sua volta e si sdraiò con la testa sulle gambe di Ari e gli occhi socchiusi per poter ascoltare tutto in pace, come un bambino che aspettava la favola della buonanotte.
“Ricorderai che mia madre era una semplice umana priva di poteri, vero?”
Ari annuì e cominciò a capire dove volesse andare a parare, collegando le poche cose che conosceva della sua famiglia.
“Beh...” la ragazza abbassò lo sguardo sull'erba e una ciocca piena di glitter le scappò sul petto e si appoggiò delicatamente sul suo vestito. “Anche io sono come lei.”
Ari rimase per un attimo interdetto, anche se l'aveva immaginato, e scosse il capo lentamente, riunendo tutti i frammenti che comunque non avevano un senso completo.
“Non hai il Mana.” non era una domanda.
“Non ce l'ho.”
Persino Nael era rimasto sorpreso da quella confessione.
“Com'è possibile? Te fai parte della cerchia addetta al Sacrificio e...”
“Lo so che è difficile da credere, ma aspetta che finisca e poi potrai giudicarmi.”
In quel momento, Ari pensò che non l'avrebbe giudicata qualsiasi cosa le avrebbe detto, perché lei era sua amica e niente avrebbe cambiato questo fatto, fosse umana, maga o qualsiasi altra cosa.
Inaya si sollevò la manica del vestito fino a sopra il gomito, rivelando un braccialetto metallizzato che non le aveva mai visto addosso, poiché nascosto sempre dalla tunica.
“Questo è un catalizzatore.” la voce di Inaya era bassa e tranquilla. “È stato progettato da mio padre e un suo amico quando ancora stava proseguendo gli studi.”

Potrebbe trattarsi di mio padre?

Si domandò Ari, affondando una mano nei capelli di Nael senza neanche accorgersene.
“Quando sono nata non c'è voluto molto per capire che non avessi i poteri. Non li avevo mai manifestati e, anche se non ero che una neonata, era abbastanza strano. I miei genitori hanno aspettato che compissi un anno per poi arrivare alla vera conclusione che ero nata priva di mana.”

Non ha davvero i poteri... Mi sembra assurdo.

“Per i miei genitori era un sollievo da una parte, perché nessuno dei due era concorde con i metodi usati dai maghi in quel periodo, così come non lo è mio padre neanche adesso.”

Lui è voluto rimanere un mago, al contrario del mio che ha deciso di abbandonare tutto quanto per seguire i propri valori.

I racconti di Keyondre e di Tangaroa si stavano unendo come tanti piccoli tasselli.
“Quindi sei venuta in contatto con qualche oggetto sacro?” domandò ingenuamente e la ragazza rise.
“No, assolutamente no. Non so che cosa ti abbiano raccontato le persone, ma non ci sono così tanti oggetti sacri ancora reperibili. E, anche se ci fossero, il Consiglio non avrebbe mai dato il permesso di usufruirne per donarmi il Mana.”
“E allora come..?”
“Ari, lasciala finire invece di fare continue domande.” si spazientì Nael, ricevendo un pugno simbolico sul petto.
“Grazie, Nael.” disse Inaya, pensando a una ipotetica frase del ragazzo-spirito. “Dicevo. Da una parte era così, ma dall'altra era inconcepibile. Mio padre avrebbe perso tutto il prestigio che stava ottenendo grazie ai suoi sforzi, non sarebbe mai potuto diventare membro del Consiglio e avrebbe ricevuto solo disonore. Non avrebbe potuto conseguire la via che ha deciso di compiere per portare a termine il compito che si è prefissato per cambiare questo mondo.”
Ari sapeva perfettamente a cosa si stava riferendo Inaya, conscio grazie alle storie che gli erano state raccontate non molto tempo prima.
Nonostante ciò, una piccola rabbia risalì in lui.
“Stai dicendo che sei stata obbligata a diventare una maga a causa del Sommo Keyondre? Ti ha costretto a far parte di questo mondo terribile dove devi guardare in faccia gente che muore ogni mese?”
“No! Che vai a pensare, stupido.” gli diede un forte pizzicotto sul braccio, facendolo gemere dal dolore. “Sono io che ho voluto.”
“Ma se eri una bambina, come...”
Inaya lo zittì mettendogli una mano sulla bocca e ottenendo così una terribile occhiataccia da parte di Nael, che ancora si riteneva abbastanza geloso di lei.
“Mio padre ha sempre fatto credere che io stessi imparando tutto grazie ai suoi insegnamenti, che il mio non andare a scuola fosse perché stavo già ricevendo un'istruzione che mi sarebbe bastata fino a quando non avessi deciso cosa diventare in seguito. Tutto questo è durato fino alla morte di mia madre e, nel giro di pochi anni, ho capito di mia spontanea volontà come potevo aiutare mio padre. Nonostante fossi così piccola per comprendere del tutto, nonostante non sapessi cosa volesse dire diventare una maga. Volevo solo non vedere più il volto triste di mio padre.”

Gli sembrava incredibile. Lui che sarebbe scappato a gambe levate, se solo avesse avuto l'occasione di evadere da lì, invece, aveva scoperto che c'era qualcuno che ci si era gettato a capofitto anche se stava vivendo una vita agiata.
“Non avrei mai distrutto i suoi sogni. Ero una bambina innamorata del papà come succede a tutte le bambine.”
Ari provò a pensare alla sua situazione. Gli venne subito in mente il volto della madre e capì cosa volesse dire Inaya con quella frase. Nessuno era mai stato innamorato dei propri genitori come lo era stato lui; non avendo altre persone aveva instaurato un rapporto speciale con loro.
“Lui ha accondisceso il desiderio di sua figlia.” continuò a raccontare Inaya. “Non perché spinto da brama di potere, ma perché voleva vedere sua figlia contenta, come non lo era mai stata quando parlava di magia.”
Ari s'immaginò Inaya che da bambina parlava con gli occhi luccicosi su come avrebbe voluto imparare a lanciare una sfera di luce o chissà quale altro incantesimo. Doveva aver spinto sulla psiche di Keyondre, che si era buttato senza pensarci due volte nell'esaudire il desiderio di sua figlia di voler essere una maga.
Si mise a ridere, capendo tutto alla perfezione.
Inaya era molto più intelligente di quanto potesse anche solo pensare e si vedeva quanto tenesse al padre solamente da quel gesto che le aveva cambiato completamente la vita, ma che faceva con il sorriso pur di vederlo anche sul volto dell'uomo.

“Fu in una di quelle occasioni che mio padre mi parlò del catalizzatore.”
Ari si portò le ginocchia al petto, causando una lamentela da parte di Nael che era comodo sdraiato sulle sue gambe e che adesso aveva dovuto appoggiare il capo sulla sua spalla, ritrovando la posizione che più gli aggradava.
“Come funziona?”
“È una specie di bracciale in metallo, con dei fili cavi collegati alle mie vene. Al suo interno scorre il mio sangue mescolato al mana che mi viene fornito ogni giorno da mio padre. Lo inietto attraverso questo foro.” indicò con l'indice quello che sembrava essere una decorazione con una piccola pietra verde, così come la sfumatura nelle iridi della ragazza. “E questo viene fuso con il sangue e scorre al mio interno come se fosse semplice mana posseduto da qualsiasi mago.”
“Tuo padre però è un mago del buio, tu, invece, sei una Curatrice.” Ari rimase affascinato da quel discorso e c'erano ancora molte altre cose da scoprire.
“Questo non ha importanza. Il Mana è una grande unica fonte di energia, che assume forma diversa a seconda dell'anima della persona che lo possiede. Il mio è diventato dell'Elemento della Luce e mi ha fatto assumere il controllo delle arti curatrici meglio di qualunque altra magia.”
Ari rimase senza parole.
Quell'invenzione aveva dell'incredibile.

Una persona totalmente priva di poteri, adesso fa addirittura parte del circolo del Sacrificio e...

Ari sobbalzò appena, facendo quasi mordere la lingua a Nael.
“C'è qualcuno che ne è a conoscenza?”
“Nessuno! Sei impazzito? Nessuno lo deve venire a sapere! Nessuno!” Inaya si agitò all'istante. “Promettimi che terrai la bocca chiusa e anche tu Nael!”
I due ragazzi si misero a ridere vedendo che qualche ciocca di capelli era fuoriuscita a causa di quel sussulto, quasi a imitare il suo stato d'animo.
“Non lo diremo a nessuno.” dissero in coro.
“Se qualcuno lo scoprisse, caccerebbero immediatamente mio padre dal Consiglio e chissà che altro. Sarebbe un grande insulto e disonore, tanto che potrebbero esiliarci o condannarci a morte.”

O far parte dei Sacrifici.

Rifletté Ari.
Così come non voleva farle rischiare la vita, non voleva nemmeno che le accadesse qualcosa di spiacevole e rovinarle per sempre tutto quello che aveva costruito in anni e anni, rimettendoci sicuramente i propri sogni.
D'altro canto, l'idea del catalizzatore era talmente geniale che si chiese come mai non ne avessero discusso seriamente con i maghi.
I suoi pensieri furono, però, interrotti da Inaya.
“Permettimi di venire con te nell'oceano per sconfiggere Tinirau.” la ragazza aveva cambiato discorso. “Se non lo farai, sappi che ti seguirò comunque.”
“Inflessibile la ragazza.” commentò Nael, sporgendosi verso il biondo che trasse un lungo sospiro.
“Inaya, è pericoloso e, inoltre, è un compito che spetta a me.”
“Vuoi prenderti tutta la gloria da solo?” ironizzò la Curatrice.
“Non è questo.” tuttavia, Ari non colse il lato scherzoso, troppo intento a pensare che non voleva mettere in pericolo nessuno.
“Non puoi fare tutto per conto tuo e io voglio aiutarti. Potrei essere utile e fornirti degli scudi protettivi sulla pelle e tanto altro!” continuò a cercare di convincerlo.
“Ma tu...” abbassò il tono di voce per paura di essere sentito, anche se erano soli nel buio del parco. “Come fai senza mana ad aiutarmi?”
Quello era un punto cruciale della questione.
Il viaggio sarebbe durato molto più di una giornata e Inaya aveva bisogno di rifornimento giornaliero da quello che aveva capito dalla sua breve spiegazione.
“Troverò il modo, te lo prometto. Ma tu convinci mio padre a lasciarmi partire.”
“Ari, mi sentirei anche io più tranquillo se ci fosse qualcuno al tuo fianco.” gli disse Nael, tenendogli una mano sul ventre, proprio vicino al tatuaggio. “Come hai detto tu: è pericoloso.”
Ari sentì bene la voce dell'altro e si ritrovò a combattere dentro di sé. Probabilmente sapeva già che avrebbe perso in partenza, vista l'ostentata determinazione della ragazza e, a quanto pare, avrebbe preferito a quel modo anche Natanael.
“Va bene.” dichiarò infine.
Non fece neanche in tempo a finire la frase, che Inaya gli si gettò con le braccia al collo, ridendo contenta, e Ari quasi si sentì strozzare.
“Ehi, ehi! Giù le mani dal mio fidanzato, pensavo che questo punto fosse ormai assimilato.”
Ari roteò gli occhi e portò le mani sulle braccia di Inaya staccandosi delicatamente dalla morsa, sorridendole in cambio.
“Natanael fa di nuovo il geloso?” domandò lei.
“È quasi insopportabile.”
“Certo, continua pure a prenderti gioco di me.” il maggiore incrociò le braccia al petto. “Le sto segnando tutte così da darti il conto quando tornerò in vita.”
Ari si mise a ridere e scosse la testa.
“Andiamo da Keyondre.”




I tre ragazzi, tornati nell'appartamento di Keyondre, non furono accolti a braccia aperte. Anzi, il mago del buio era parecchio adirato, soprattutto con Ari che aveva acconsentito al piano folle della figlia.
Rimase ancora più spiazzato quando Ari trovò il coraggio di chiedere ancora più informazioni per quanto riguardasse il catalizzatore. Tuttavia, non mancò d'illustrare per filo e per segno come erano arrivati a quel congegno, ormai consapevole che non poteva nascondere niente al ragazzo.
Ari aveva ragione.
Il catalizzatore era stato progettato da Keyondre e Temaru, suo padre, durante gli anni dell'adolescenza. Tutto era partito dal fatto che Temaru fosse ben stanco dell'atteggiamento tenuto dai maghi negli ultimi anni e voleva proteggere il proprio essere parte di quella comunità, beneficiando anche i comuni umani del potere donato dalle divinità.
Era solo un'assurda idea che gli era venuta in mente studiando libri di magia e racconti mitologici.
L'uomo aveva sempre cercato di ottenere il potere degli dei con inganni e questo aveva provocato conseguenze terribili e, adesso, c'era anche la questione dei Sacrifici.
Perché avrebbero dovuto vivere in un mondo governato dalla paura, quando potevano elargire parte di quella forza per l'uso comune? Se non ci fosse più stata una vera distinzione tra uomo e mago, tutta quella storia sarebbe finita e tutti avrebbero potuto usufruire del Mana per le questioni utili, venendo riforniti dai maghi a certi intervalli di tempo.
I suoi sproloqui avevano convinto anche Keyondre, benché non avessero un vero filo logico.
Nonostante ciò, condivideva quella visione ottimista dell'amico e avevano cominciato a studiare la magia applicata alla fisiologia e alla medicina.
Era stato un duro lavoro di ricerca, che aveva fatto spendere gran parte della loro adolescenza, fino a quando non avevano cominciato a costruire un vero e proprio catalizzatore.
L'espulsione di Temaru dai maghi aveva poi interrotto tutti i loro progressi e quello strumento era stato messo da parte.
Soltanto quando era nata Inaya, e Keyondre aveva scoperto che non possedeva i poteri, era stato tirato fuori dal cassetto impolverato. Il mago del buio non aveva potuto chiedere aiuto più di tanto a Temaru, poiché erano vietati gli incontri con gli esiliati, eppure aveva messo anima e corpo nel portarlo a termine.
Persino Inaya si era messa a collaborare con lui.
Entrava nel suo studio in cantina e si metteva in un angolo a collegare cavi e altro materiale senza problemi. Fu così che nacque in lei la passione per la meccanica.
Ari scoprì che il vero sogno di Inaya era quello di diventare proprio una meccanica. Aveva costruito così tanti modellini e, nascosto sotto il letto della sua camera, c'era uno scatolone pieno zeppo di pergamene con disegnati alcuni progetti che un giorno avrebbe voluto realizzare.

Si sentì sollevato nel venire a conoscenza di tutto quello e la trovò adorabile mentre gli stava mostrando quello che doveva essere il progetto di una cisterna, che non comprese del tutto.
Dopo di che, gli era stato raccontato che, quando il catalizzatore era stato ultimato, la parte più difficile era stata quella di provarlo per davvero.
Keyondre aveva dovuto operare come un vero chirurgo, mettendo a rischio la vita di sua figlia.
Quella volta aveva chiesto a Temaru di essere partecipe all'operazione e lui si era presentato per fargli da supporto e aiuto grazie alla propria magia della luce.
C'erano volute ore, ma, alla fine, erano riusciti a collegare il catalizzatore al braccio di Inaya senza troppa perdita di sangue. La ragazza, che all'epoca aveva solo otto anni, era rimasta incosciente per un paio di giorni e, solo quando si fu risvegliata, poté provare a controllare il suo funzionamento.
Keyondre aveva inserito il proprio mana grazie a una siringa nell'apposito buco e aveva atteso insieme alla figlia che accadesse qualcosa. Già era stata istruita durante i mesi di come funzionasse quel potere, quindi doveva solo metterlo in pratica.
Ci volle un'intera giornata – che fu comunque un tempo molto breve rispetto a quanto si aspettarono – prima che il mana entrasse in circolo e molte iniezioni che stremarono Keyondre.
Quando una debole luce violetta, tendente al bianco, colorò le punte delle dita di Inaya, entrambi scoppiarono a piangere, consapevoli che ce l'avevano fatta.

“Perché non avete mai proposto il catalizzatore al Consiglio?” quella domanda premeva Ari da quasi l'inizio di quella serata.
“E lasciare che venga distrutta la stirpe dei maghi?” rispose ironico l'uomo. “Ari, credi che qualcuno come il Sommo Hallgeir voglia sentirsi dire che ormai non può più detenere il potere della città perché adesso chiunque può essere un mago? Il mondo ha una gerarchia ben definita, non è così facile ribaltare una tradizione radicata da così tanti secoli.”
Era vero, il mondo era governato dai maghi. Era l'ultima classe a cui era concessa la parola prima di qualsiasi decisione e, se ci fossero state molte persone con il dono delle divinità, tutti avrebbero potuto far parte del Consiglio o di qualsiasi altra istituzione senza distinzioni.
Era qualcosa che andava preso con le pinze e non buttato in faccia alla Somma Keneke o ad altri senza precauzioni.
Ari abbassò il capo, intento nelle sue riflessioni.
“Non fartene una colpa.” la grande mano di Nael gli scompigliò appena i capelli. “Fra poco libererai l'intera umanità dall'ira di Tangaroa!”
“Hai ragione.” sorrise amaramente, lasciando Keyondre e Inaya come al solito in disparte per quelle conversazioni che poteva avere solo lui.
“E credo che ti possa impegnare non solamente per il mio corpo o per tutti i Sacrifici, ma anche perché, quando tornerai trionfante, potrai richiedere tutto quello che vorrai.”
“Mi stai dicendo come tuo solito di ricattare?” alzò un sopracciglio e una ventata d'aria gelida lo colpì sulla guancia e subito dopo all'orecchio.
“Potresti farlo.” rispose Nael, suadente.
Ari sospirò, quasi esasperato.
“Sei terribile.”
“Non vorresti?”
“Mh.” il biondo annuì.
“Tutto bene?” domandò Inaya.
Volse i propri occhi cristallini prima sulla ragazza e poi su Keyondre.
“È giunto il momento di partire.”




Prima che potessero davvero partire per la missione c'erano ancora alcune cose da sistemare. Ovvero: come avrebbe fatto Inaya a rimanere per giorni senza mana, perché in quel caso sarebbe stato inutile averla con sé, se non poteva usare i poteri per la difesa o la cura; come avrebbe fatto a respirare sott'acqua per tutto quel tempo.

Per quanto riguardava il primo problema, erano giunti presto a una conclusione. Dopo aver convinto – e c'era voluto molto tempo – Keyondre a lasciarla andare con Ari, al mago del buio era venuta l'idea di riempire alcune fiale con il proprio mana. Avrebbero potuto usare quello di Ari, ma a lui servivano tutte le energie di cui disponeva, altrimenti non sarebbe mai riuscito a combattere contro Tinirau, se parte della propria forza veniva consumata giornalmente per ricaricare il catalizzatore. Perciò, Keyondre avrebbe preparato tutte le fiale a intervalli regolari per non sfinirsi, così da averne il più possibile prima della partenza, e Inaya si era costruita una cintura apposita nella quale vi erano venti spazi dove inserirle.
Non sapevano quanto tempo sarebbe servito per completare la missione, per questo aveva preparato anche uno zainetto per contenere le altre di riserva.
Aveva ringraziato un migliaio di volte suo padre per quello che stava facendo per loro e mai avrebbe smesso di farlo.

Invece, il secondo quesito era più ostico.
Per Ari non c'erano problemi, lui riusciva a respirare sott'acqua grazie al proprio elemento. Era un'abilità che aveva imparato e sbloccato durante il proprio addestramento.
Ci volle ancora una volta l'aiuto delle conoscenze di Keyondre per affrontarlo e questo venne collegato a un'ulteriore questione, cioè come sarebbero sopravvissuti all'impatto con l'acqua buttandosi dall'aeronave.
Avrebbero unito le arti di Curatrice di Inaya con il mana dell'acqua di Ari.
La ragazza avrebbe plasmato una pellicola al di sopra della pelle di entrambi, in modo tale da proteggerla. Era già in grado di compierlo, perché era un incantesimo che facevano sui cadaveri prima di buttarli in mare e che lei aveva imparato durante gli anni di apprendistato come Curatrice.
Successivamente sarebbe intervenuto Ari che avrebbe impregnato del proprio mana la corazza invisibile di Inaya. Questo le avrebbe permesso di respirare anche sott'acqua e non ci sarebbe neanche stato bisogno di rigenerarlo, finché Inaya riusciva a tenere la barriera alzata, grazie alle fiale di mana di Keyondre.
Era un enorme circolo dovuto al perfetto funzionamento di tutto quanto.
Avere una protezione tale sarebbe stata di grande utilità anche contro Tinirau, che avrebbe dovuto abbatterla prima di scalfire entrambi.
Fu così che si esercitarono e provarono più volte fino a quando non ci riuscirono alla perfezione e non ci volle che un ulteriore giorno di riposo per ripristinare interamente le energie di Ari.
Arrivò così il giorno della partenza.




Ari si rigirò nel letto, svegliandosi nel pieno della notte. Dovevano abbandonare la nave durante quell'orario per non farsi scoprire da nessuno.
Avvertì immediatamente una mano tra i suoi capelli che riconobbe come quella di Nael.
Si voltò verso di lui e gli sorrise.
“Buongiorno, Nael.”
Ricevette un lieve colpo sulle labbra e socchiuse gli occhi facendo fatica a riaprirli.
“Buon compleanno.”
Sentì di risposta e si rannicchiò di più contro il suo corpo anche se non poteva percepirlo a pieno.
Nael lo abbracciò con vigore e gli stampò un altro bacio sulle labbra.
“Anche a te.” disse Ari.
Il biondo sospirò e si rilassò contro di lui. Era emozionato e agitato all'idea di star per buttarsi da quell'altezza per cadere nel fondale dell'oceano.

Chissà cosa troverò nelle sue profondità.

Non aveva neanche idea di come avrebbe raggiunto il tempio dove era rinchiuso Tinirau, ma Tangaroa gli aveva confidato che avrebbe saputo cosa fare al momento giusto.

Ho paura.

Quella non se ne sarebbe mai andata, eppure non poteva farci niente. L'avrebbe sempre accompagnato fino a quando non si sarebbe trovato di fronte a Tinirau, in quel momento sarebbe dovuta sparire e non c'erano obiezioni che tenevano.
“Nael, mi sarai sempre accanto?” domandò con un sussurro.
“Certo, di questo non devi neanche dubitare. Ti accompagnerò ovunque e tirerò qualche cazzotto a quella divinità dei miei stivali.”
Ari sorrise e schiacciò il viso contro il cuscino.

Nael aveva il batticuore per quello che stava per succedere. Anche lui aveva timore per Ari e non voleva che gli succedesse niente, per questo aveva deciso di andare con lui e non ci sarebbero stati problemi in quanto anima che non aveva bisogno di respirare né altro. Avrebbe solamente fatto un volo da centinaia di metri di altezza fino a centinaia di metri di profondità.
Era sicuro in cuor suo che Ari ce l'avrebbe fatta e avrebbe recuperato il suo corpo.
Era una cosa da fiaba, ma il loro amore aveva già dato prova di poter andare contro a tutto, contro persino al sacrificio e alla morte, altrimenti lui non sarebbe stato ancora lì al suo fianco.

“Andrà tutto bene.” continuò a parlare Nael.
Quanto mancavano al minore anche quelle frasi. Voleva sentirsele dire in faccia e vedere quei bellissimi occhi di Natanael che lo scrutavano come nessuno aveva mai fatto, capendo sempre e comunque quello che pensava.
“Dobbiamo andare a prepararci.”
“Tu vorrai dire.” ribatté il moro.
“Tu mi segui.” scese dal materasso e si sentì avvinghiato per la vita.
“Non preoccuparti qualunque cosa accada, va bene?”
Ad Ari mancò il fiato.

Mi stai dicendo che va anche bene se non riesco a salvarti?

Quell'idea non esisteva. Non era un'opzione concepibile e non sarebbe successo.

A me, però, non sta bene.

Era convinto di quello e niente avrebbe potuto modificare il suo pensiero.
Voleva salvarlo e così doveva essere.
Dopodiché, si diressero verso la stanza di Keyondre per gli ultimi preparativi.





Ari, Nael, Inaya e Keyondre si trovavano sul ponte esterno dell'aeronave.
Ari guardò sotto di sé le nuvole che non lasciavano intravedere cosa si estendeva oltre.
Faceva freddo e l'aria di Gennaio graffiava le guance come lame taglienti.
Lui non indossava altro che la sua tenuta da apprendista, perché erano i vestiti più comodi che possedeva, persino Inaya si era messa in maglia e pantaloni violetto che si intonavano perfettamente alla sua carnagione, tanto da renderla ancora più scura e lucida.

Ci siamo davvero.

Voltò lo sguardo e poté vedere Inaya che stava parlando con il padre e, probabilmente, lo stava rassicurando per il viaggio, mentre si sistemava la lunga treccia sopra al capo a formare un enorme chignon e la bloccava con delle forcine brillantinate.

E sto coinvolgendo anche altre persone. D'altro canto non avrei potuto fare tutto da solo, avevano ragione.

Una folata di vento gli fece volare i capelli davanti agli occhi e dovette tenerseli dietro all'orecchio con una mano.

Dovrò ringraziarli per sempre.

“È tutto pronto.” sentenziò il mago del buio, ancora accanto alla propria figlia, e il ragazzo annuì.
Il sole stava cominciando a sorgere e questo illuminava le iridi di Ari in una maniera tale da renderli trasparenti.
Nael era al suo fianco e allungò una mano per accarezzargli la guancia e con l'altra incastrò le dita insieme. Ari si lasciò accarezzare, non sapendo per quanto ancora avrebbe potuto ricevere quelle attenzioni perché non sapeva se sarebbe sopravvissuto.
Poi avvertì un freddo pungente sulle labbra e chiuse gli occhi per ricambiare quel bacio, noncurante che gli altri due potessero trovarlo strano.
Dopo qualche secondo, il freddo si tramutò in caldo e, poiché non capiva cosa stava succedendo, aprì appena gli occhi.

Oh mio...

Ari rimase stupito e il cuore gli si bloccò nel petto.
“Nael...”
Il moro si staccò lievemente da lui.
Adesso Ari poteva osservare del tutto la visione che gli si parava di fronte.

È Nael. È davvero Nael.

Il ragazzo era davanti a lui.

I suoi capelli, la forma dei suoi occhi, la linea della sua bocca...

Nael aveva il corpo formato interamente d'acqua. Era come se il mana avesse preso possesso del corpo del minore e avesse plasmato l'altro così come la corazza che lo ricopriva e, adesso, Ari riusciva a vederlo.
Forse non era esattamente come avere il corpo in carne e ossa, ma era bellissimo anche così e, soprattutto, lo stava vedendo con i propri occhi dopo tutto quel tempo.

È davvero lui.

Quasi volle piangere, ma si trattenne.
“Cosa succede?” sussurrò Nael, vedendo lo sguardo sgomento dell'altro.
“Guardati.” rispose semplicemente.
Nael osservò la mano che era scesa sulla maglia blu di Ari e la scoprì diversa da come l'aveva sempre vista. Era quasi come il fiume vicino alla loro cascina e poteva sentire lo zampillo che provocava sopra le dita.
“Mi vedi?”
Ari annuì con il capo.
“Questa è opera tua?” gli sorrise e gli accarezzò nuovamente la guancia, fino a tracciargli il contorno degli zigomi senza alcuna difficoltà, avvertendo la pelle liscia dell'altro così come la ricordava.
Ari sentì un altro tuffo al cuore.

Questo è il calore di Nael.

Sembrava che fosse davvero lì con lui, solo più soffice e un po' umido.
“Così sembrerebbe.” rise appena e non staccò mai gli occhi da quelli dell'altro.

Quanto mi mancava vederlo.

“Sei fantastico.”
Nael si gettò di nuovo sulle labbra del ragazzo e lo coinvolse in un bacio ancora più intenso.
Premette così forte le labbra sulle sue come da volersi convincere che fosse tutto reale e così era.
Ari circondò il suo corpo con le braccia e si rallegrò di non affondare nell'acqua, ma che questa era morbida ma solida.

Quanto mi mancava baciarlo.

Si mise sulla punta dei piedi e lo baciò ancora di più, insinuando la lingua all'interno della sua bocca e rimanendo attaccato a lui per quanto più tempo fosse possibile.
A qualche metro di distanza, Inaya e Keyondre li stavano osservando allibiti. Il mago del buio aveva subito compreso cosa fosse successo e fu felice che le sue lezioni avevano dato quei frutti tanto da riuscire a trascendere un'anima fino a renderla quasi corporea e, Ari, neanche sembrava essersene reso conto di quello che era riuscito a fare.
“Te l'ho detto che sono bellissimi.” commentò Inaya.

I due ragazzi si staccarono in mancanza di fiato e rimasero a fissarsi ancora.
Purtroppo l'incantesimo stava svanendo e le mani di Nael stavano tornando trasparenti e invisibili all'occhio umano.
“Ari, ti amo.”
“Anche io.”
Si abbracciarono forte, sentendo per un'ultima volta il calore reciproco, mentre Nael riacquisiva piano piano la forma di anima.
Dopo qualche minuto, tutto tornò come prima e Ari allungò una mano per farsela afferrare da Nael, che non mancò di farlo.
“Sei pronta Inaya?”
“Sono pronta.” si allacciò lo zainetto alle spalle e lo stesso fece Ari.
“Fate attenzione e tornate sani e salvi.” raccomandò Keyondre, parlando con il suo solito tono autoritario.
“Tranquillo, padre.” Inaya lo salutò con la mano e si sporse verso l'oceano sottostante.
Ari prese un respiro profondo e fu pronto per lanciarsi.

Ce la farò.

Prese una piccola rincorsa, stringendo ancora di più la mano incorporea e si lanciò nel vuoto insieme a Nael, seguito a ruota dalla ragazza.
Il vento strideva nelle sue orecchie, tanto che pensava avrebbero sanguinato, se non fosse stato per la barriera che non riusciva neanche a scalfire.
Non ci volle che qualche secondo che sotto ai suoi occhi intravide l'azzurro e il blu dell'oceano nella quale stava per sprofondare.

Nael, tornerai in vita.

 

NOTA DELL'AUTRICE:
Quante altre rivelazioni in questo capitolo tutto dedicato alla dolcissima Inaya! Allora... sconvolti che non possiede il Mana e che utilizza un catalizzatore di energia? (è uscita fuori anche quella parte fantascientifica di questa storia u.u) Era un'idea uscita subito mentre parlavo a sproposito con una mia amica e poi mi sono detta: no, aspetta, ma è geniale! Ahaha
E poi vediamo tutti i retroscena del suo carattere: il suo desiderio di far felice il padre, la sua determinazione nel prestare aiuto a un suo amico e spero che abbiate potuto apprezzarla :3
E finalmente i nostri ragazzi sono partiti, sprezzanti del pericolo!
La scena sul ponte faceva parte del sogno da cui tutto ha avuto inizio per iniziare a scrivere la Nari, anche se non vi interessa, mi fa piacere condividere questa cosa xD
Ringrazio tutti quelli che mi seguono, spero che continuerete a farlo e ci sentiamo domenica prossima! Un bacio a tutti!
Flor :3

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 - Un abisso oscuro come l'inferno ***


NOTA: In questo capitolo potrebbe esserci una piccola descrizione che potrebbe urtare gli animi più sensibili. In realtà non è chissà cosa, ma meglio avvisare, non si sa mai u.u Buona lettura!



CAPITOLO 32
UN ABISSO OSCURO COME L'INFERNO

 

Gennaio, anno 440 del XII periodo

“E così sono partiti senza che tu mi abbia avvisato.” il tono di Keneke non era arrabbiato e neanche deluso, ma la punta di autorità che trasudava era sufficiente per far tremare le ginocchia a chiunque.
Tranne che a Keyondre.
Il mago si trovava di fronte alla donna e la guardava dall'alto al basso con la sua solita espressione che non lasciava trapelare nessuna emozione.
“Mi dispiace non averti reso partecipe della loro partenza.” era più una frase formale che un vero pensiero.
“E fai bene a dispiacerti.” serrò le braccia al petto. “Perdersi un tuffo del genere da questa altezza... Deve essere stato magnifico.”
Il mago del buio volle scoppiare a riderle in faccia, tuttavia rimase composto e notò con quanta serietà avesse pronunciato quelle parole.
“Ammetto di aver fatto un buon lavoro con entrambi e di averli istruiti al massimo delle loro potenzialità.”
“Quello avrei dovuto deciderlo io.” un sorriso di scherno si dipinse sul volto della donna e liberò una mano per portarsi un boccolo rosso scarlatto dietro all'orecchio. “Sono davvero contrariata.”
Questa volta Keyondre non resistette e il suono che uscì dalle sue labbra sfociò in una dolce risata in contrasto con il suo essere burbero.

Subito dopo pensò a sua figlia, che adesso si trovava nel fondale dell'oceano insieme a un ragazzo su cui nessuno avrebbe mai puntato, ma che nascondeva dentro di lui un potere enorme che solo si poteva immaginare. Era una forza data non solo dal suo essere mago e, per giunta, un mago che aveva ricevuto la benedizione direttamente da Tangaroa in persona; la sua forza proveniva dall'anima, dal cuore che batteva, dal fiato che l'ossigenava.
Voleva salvare la persona a cui teneva di più al mondo.
Non esisteva nulla di maggiore di quel desiderio. In pochi potevano conoscere quella scintilla che scattava quando una persona che amavi si trovava in pericolo e tu avevi la possibilità di salvarla.
Keyondre era uno di quei pochi e non aveva potuto fare niente per ribellarsi alle rigide regole del rituale del Sacrificio; invane erano state le sue grida per la libertà della moglie, però si ricordava ancora bene quella sensazione.
Allo stesso modo, Ari la conosceva.
Il mago non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato al punto tale di dover istruire quel ragazzo, e persino sua figlia, per lanciarli in una missione che aveva del surreale.
Da quando aveva perso la moglie, il suo pensiero fisso era stato Inaya e mai aveva provato para per lei come adesso. Sentiva l'angoscia quasi opprimerlo, perché non potevano comunicare e non avevano neanche avuto il tempo di pensare a qualcosa per poterlo fare, sebbene non sarebbe stato comunque possibile.
Sarebbe stato Mana sprecato e loro dovevano averne a disposizione tutto il necessario per sconfiggere Tinirau.
La paura che quello che aveva donato a Inaya non sarebbe potuto essere sufficiente lo divorava, eppure cercava di non darlo a vedere.
Era convinto di essere in grado di nasconderlo a tutti, ma Keneke non era tutti. Lo conosceva fin troppo bene per sapere che qualcosa non andava.

“Tua figlia è forte.” affermò ad un certo punto.
Certo, lei non era a conoscenza del catalizzatore ed era normale che cercasse di dargli conforto quasi con frasi fatte.
“Lo so, per questo non sono preoccupato.”
“No, mi sembra ovvio.” Keneke mise le mani sui fianchi e inclinò il capo sempre con un sorriso ironico.
Ci fu qualche attimo di silenzio, dove Keyondre si sedette su una poltrona nell'angolo della stanza e Keneke non staccò mai gli occhi da lui.
Il mago si mise una mano sulla bocca in modo riflessivo e sospirò appena.
“Stiamo parlando di salvare l'intera umanità.” fece poi dopo un'infinità di tempo.
“E lo stanno per fare due ragazzini che non sanno neanche padroneggiare alla perfezione il loro Elemento.” Keneke completò il suo ragionamento.
“Non sarebbe potuto andare nessun altro.”
“Da una parte mi chiedo se sia giusto.” gli si avvicinò fino a posare le mani sui braccioli della poltrona e inchinarsi lievemente su di lui. “Siamo forse stati sconsiderati?”
“Eccome.” alzò appena lo sguardo per vedere negli occhi blu, come il cielo quando sta per cospargersi di stelle, un qualcosa che riconobbe come preoccupazione. Un qualcosa a cui non era abituato di vedere nelle iridi di lei.
“Non possiamo che sperare in bene.”
“La speranza è un'assurdità creata per far credere che andrà tutto bene.” le parole di Keyondre erano dure e non le avrebbe mai pronunciate di fronte a sua figlia o ai suoi giovani studenti, ma i suoi quaranta e passa anni di vita gli avevano insinuato dei valori a cui si era fortemente attaccato.
“Non essere così pessimista.”
“Sto solo considerando i fatti. Hai visto dove ha portato la speranza di Temaru? E quella di Heirani si è conclusa alla stessa maniera, persino io non riesco neanche più a credere di riuscire a cambiare la comunità, nonostante faccia parte del Consiglio. Come posso afferrare ancora la speranza, sapendo che in questo mondo non conta nulla?”
La donna quasi sussultò.
Non era da lui un discorso del genere.
“Avresti dovuto fermarli, allora, senza accettare tali condizioni.” si rimise in posizione eretta, guardandolo con occhi irati.
Keyondre si mise a ridere. Una risata amara e triste.
“E lasciare che due giovani come loro perdano la speranza?”
Keneke alzò un sopracciglio, confusa.
“Hai appena detto che...”
“La forza di Temaru, quella di Heirani e la mia sono derivate tutte da essa. Senza di questa non sarei dove sono, Inaya probabilmente sarebbe già morta e non saremmo una famiglia felice. Forse è vero che io non ci credo... non più, ma un tempo ci credevo e mi ha portato a compiere gesti e azioni che mi hanno plasmato rendendomi la persona che sono oggi. Non potevo privare Inaya e Ari della speranza, sapendo che loro sono spinti da questa.”
Keneke era ancora più disorientata dalla contraddizione dell'altro, eppure concordava in qualche maniera.
“Ari vuole ridare la vita a tutti i costi a quel ragazzo sacrificato.” continuò Keyondre. “E Inaya vuole aiutarlo perché lo considera come un fratello e non vorrebbe perderlo. Questo li porterà a diventare delle persone forti e coraggiose che diverranno adulte grazie alle loro proprie azioni.”
“Stai forse delirando? Faceva troppo freddo questa mattina sul ponte?” la maga del fuoco non perse l'occasione di farsi beffa di lui, scorgendo una breccia nel suo muro di difesa.
“Sto solo dicendo...” Keyondre sbuffò appena, poggiando la guancia sul palmo e il gomito sul bracciolo, lasciando che una ciocca blu notte gli coprisse il grigio degli occhi. “...che per una volta posso anche lasciar perdere tutte queste sciocchezze e ritrovare la speranza perduta.”
“Potevi dirlo subito senza tutti questi giri di parole.”
“E perdermi quello zigomo arrossato dall'agitazione di non star capendo cosa sto dicendo?” questa volta fu lui a prenderla in giro, ottenendo una schioccata con la lingua di risposta.
“Così come tu mi hai fatto perdere il tuffo dei ragazzi.”
“Sono pronto a giurare che andrai avanti per molto con questa storia.”
Sul volto di Keneke tornò il suo sorriso sprezzante e la compostezza in quello di Keyondre.
“Ci puoi scommettere.”




Ari non credeva che sarebbe sopravvissuto all'impatto.
Si era lanciato nel vuoto, tenendo saldamente la mano di Nael, per quanto potesse afferrare la mano di uno spirito, e non ci aveva pensato due volte, lasciando da parte la paura. Ma non appena aveva sentito il vento scorrere sulla sua pelle quasi a tagliarlo, nonostante la protezione di Inaya su tutto il suo corpo, aveva creduto che si sarebbe lacerata ovunque e che ci sarebbe stata un'enorme pozza di sangue al contatto con l'acqua.
Quel volo era durato un'eternità.
Non aveva idea di quanti metri fossero, ma il tempo di caduta era stato amplificato anche dall'ansia del momento.
Nonostante ciò, Ari non aveva mai chiuso completamente gli occhi, anche se li sentiva bruciare da impazzire. Non voleva lasciarsi sopraffare dal panico per l'ennesima volta, ma si sarebbe buttato a capofitto in esso. Letteralmente.
Le nuvole avevano fatto da contorno in quel salto, solo bianco intorno a loro, fino a quando non si erano diramate per poter osservare l'immensa distesa d'acqua che aveva le sfumature degli occhi di Nael. Ari l'aveva sempre sostenuto e, vederlo davanti a sé, gli aveva dato l'ulteriore conferma, benché in quel momento fosse leggermente più scuro.

L'acqua era calma, con leggere onde pacate, e si stava avvicinando sempre di più ai loro corpi.
Riuscì guardare di sottecchi al suo fianco, scorgendo i capelli di Inaya che non avevano resistito alle sferzate e si erano sciolti dallo chignon, ma che erano rimasti ancora intrappolati dalla grande treccia. Scorse in lei uno sguardo determinato, con gli occhi che assomigliavano a quelli del Sommo Keyondre come mai prima d'ora, adesso più grigi che verdi, e si poteva distinguere benissimo che stessero sorridendo.
Ari avrebbe voluto sapere cosa stava succedendo a Nael, se lui non fosse già precipitato o se stesse fluttuando sopra di loro o se riusciva a volare liberamente. L'unica cosa che fece, fu di stringere ancora di più la mano senza capire se fosse effettivamente lì al suo fianco.
Quando non mancarono che pochi metri all'impatto, Ari fece un piccolo urlo interiore e irrigidì tutti i muscoli, sperando di poterli rilassare una volta in acqua e non che il suo corpo si irrigidisse ancora di più per il rigor mortis.
Non era un pensiero che doveva avere in quell'istante, soprattutto dopo che aveva insistito lui stesso con tutta quella faccenda.
Poi caddero in acqua.

Ari chiuse gli occhi e smise di respirare, rimanendo in apnea, quasi si fosse dimenticato di poterlo fare anche sott'acqua.
Sotto le palpebre vedeva tutto nero e delle piccole striscioline come se avesse fissato il Sole per qualche secondo; queste andavano e venivano, scorrendo veloci per poi scomparire e arrivare da un'altra direzione. Il resto del corpo era leggero e sentiva i capelli ondeggiare nell'acqua, il peso dello zaino con le scorte di cibo – protette anch'esse da un incantesimo per non farle andare a male e bagnarsi – quasi inesistente e non sapeva ancora se fosse andato a fondo o se stesse tornando a galla.
Solo quando avvertì il viso andare a fuoco, fece un enorme respiro e spalancò i polmoni così come gli occhi. L'ossigeno cominciò a rientrare in circolo e tutto stava acquisendo un colore e una forma.

Sono ancora vivo.

Era una grande soddisfazione, tutto era funzionato alla perfezione.
Non riusciva ancora a capacitarsi di come il proprio corpo riuscisse a respirare come sulla terra ferma e quel pensiero gli fece venire in mente che per Inaya non accadeva alla stessa maniera e si allarmò subito per lei, guardandosi intorno.

Inaya?

Avrebbe potuto parlare, ma le parole non gli uscirono di bocca, ancora troppo scosso.
Poco dopo gli si posò una mano sulla spalla e si voltò di scatto per scorgere il sorriso della ragazza. Si rilassò completamente tirando un enorme sospiro di sollievo.
“Stai bene, per fortuna.” riuscì finalmente a pronunciare, senza rendersi conto.
“Cosa credevi, che mi lasciassi abbattere da un muro d'acqua? Ci vuole ben altro per la figlia del Sommo Keyondre!” il sarcasmo di Inaya aveva confermato il suo stato di salute e persino Ari le sorrise.

Chissà se Nael è qua...

L'unico modo per accertarsene era quello di chiamarlo e così fece.
“Nael? Ci sei?”
Nessuna risposta.
“Nael?” una punta di tristezza lo colse e abbassò il capo, senza che il solito ciuffo cenere nascondesse i suoi occhi cristallini, che nell'oceano davano l'impressione di avere tante piccole onde al suo interno che riflettevano i bagliori di ogni cosa.
“Sono qua.”
L'istante dopo avvertì quella solita sensazione di freddo proprio all'altezza del tatuaggio e una vibrazione vicino all'orecchio sinistro.
Sorrise di nuovo e, questa volta, molto più affettuosamente.
“Quante volte ti ho detto che devi fidarti delle mie parole? Ti ho promesso che sarei rimasto sempre con te.” l'ammonì dolcemente.

Per Nael il salto dall'aeronave era stato qualcosa che non poteva neanche definire come il volo degli uccelli. Non aveva percepito niente, né il vento, né il fischio nelle orecchie o qualsiasi altra sensazione.
Era semplicemente rimasto attaccato ad Ari per tutto il tempo, osservandolo e capendo quanta paura avesse, e avrebbe voluto abbracciarlo, così come fece non appena furono sprofondati. Si accorse, in questo modo, di avere il perfetto controllo del proprio corpo, che corpo non era. Gli aveva sussurrato di aprire gli occhi e che ce l'avevano fatta perché erano stati bravissimi e poi aveva aspettato che Ari si rendesse conto della sua presenza.

“Scusa.”
“Non scusarti, stupido.”
“Ci siamo tutti?” Inaya interruppe il momento tra i due, mentre attorcigliava nuovamente la treccia sulla testa, fissandola con ancora più mollette.
Ari e Nael annuirono.
“Allora andiamo!” esclamò la ragazza.
Erano sospesi nel vuoto. Non erano tornati a galla e neanche scesi fino al fondale, tuttavia si poteva riconoscere molto bene la superficie sopra le loro teste e quanto fossero, quindi, vicini a essa.
Si misero a nuotare verso il basso, scendendo di parecchi metri.
Inizialmente c'era solo oscurità. Più si andava verso la profondità e più tutto si faceva nero.

Ad Ari non poté che venirgli in mente uno dei suoi tanti sogni che aveva fatto mesi prima. Era lo stesso colore.
Così angoscioso, terrificante e macabro, poiché non si poteva sapere cosa riservava insidiarsi all'interno.
Eppure veniva trascinato sempre più a fondo, sempre di più, e riconobbe una sensazione che non doveva trovarsi lì in quel momento.
Ricordava la stessa tonalità dell'occhio destro di Nael. Chissà se era colpa dell'anima di Tinirau quella trappola che erano le sue iridi, forse a rispecchiare l'oceano con tutti i suoi meandri più oscuri.

Eppure io li ho sempre trovati bellissimi.

Non aveva mai scorto della negatività in essi, esisteva solo quella solarità e ironia che lo accompagnavano in tutte le giornate. Erano sempre affascinanti, intriganti, quasi ipnotici e lui lo sapeva benissimo, dato tutte le volte che si era perso nell'ammirarli.
Quando si rifletteva in essi, vedeva solo l'anima pura di un ragazzo che aveva sofferto ma che aveva superato tutto, almeno in apparenza, da riuscire a sorridere in ogni circostanza.

Non mi sono mai accorto che esistesse in lui qualcosa di così malvagio da rappresentare una divinità corrotta. Con me non esisteva quel lato, io non l'ho mai visto.

E così lo era per davvero.
Lui non era a conoscenza di quel carattere che Nael aveva mostrato quando era più giovane alla famiglia che lo aveva accolto, non sapeva come si era infuriato quando erano stati costretti a separarsi, non poteva neanche immaginare quanti tormenti avesse passato la sua mente mentre erano divisi.
Anche lui ne aveva avuti, ma erano totalmente diversi.
I propri erano controllati da un senso di ansia e paura, quelli di Nael erano governati dalla rabbia.
Anche se conosceva alla perfezione il carattere dell'altro, quello era un lato che non aveva mai potuto vedere con i propri occhi e che il maggiore non gli avrebbe comunque mai potuto più mostrare, perché Tinirau era libero, aveva lasciato stare la vera anima di Nael e adesso esisteva solo quella gentile ed estroversa che tanto amava.

L'unico vero Nael.

Ari poggiò un piede sul fondale e successivamente l'altro quasi come se fosse planato dolcemente su di esso e i capelli gli caddero tutti in avanti uniformemente.

Il Nael che io salverò.

Alzò lo sguardo, interrompendo il flusso di pensieri verso Natanael, perché la visione che ebbe davanti lo costrinse.
Inizialmente ci volle qualche secondo prima di distinguere i colori che prevalsero sull'oscurità, ma poi tutto si fece chiaro.
Quelle su cui erano atterrati erano le macerie di una strada asfaltata, ormai ridotta in brandelli. Tutto il resto che poteva individuare erano case, quasi tutte villette in mattoni rossi, dove l'intonaco si era sbriciolato e i granelli rimasti erano cosparsi sulla sabbia argento e oro, che a causa loro era diventata di ogni tonalità, dal giallo all'azzurro.
Ari non aveva idea di dove si trovassero.
Non avrebbe neanche potuto riconoscere se era la città in cui aveva vissuto, date le poche volte che l'aveva visitata.
Un conto era la fattoria e i suoi dintorni, ma il centro era un'assoluta incognita.

E spero che la mia cascina non sia stata ancora sommersa e che non verrà sommersa mai.

Sospirò rimanendo quasi immobile davanti a tutto ciò.
Era terribile come Tangaroa avesse sotterrato negli abissi un intero paese a quel modo, chissà se era successo prima di ritirarsi sulle navi nel Cielo o successivamente. Nel secondo caso non ci sarebbero state vittime a sorpresa, ma se non era così significava che tutti i cittadini erano morti senza poter far niente per salvarsi.
Fu una piccola scintilla che lo convinse che non poteva essere la propria città.
Non si trovava vicino al mare, esisteva solo quel fiume che l'attraversava e non avrebbe potuto distruggere tutto in quel modo.
Si sentì di nuovo egoista per quel pensiero, tuttavia non avrebbe tollerato mai la visione della propria cascina demolita, magari con le ossa dei resti degli animali nella stalla. Sarebbe stato orrendo.
Si voltò verso Inaya, che aveva lo sguardo perso su un tetto che aveva le tegole sporgenti e alcune spezzate a metà.
“Sai dove ci troviamo?” le chiese, vedendo che non spostava gli occhi.
“No.” fu la semplice risposta.
“Non...” non riuscì a finire la frase che venne interrotto dalla ragazza.
“Però è terribile. È tutto distrutto e, se anche la mia casa si trovasse in questo stato, ne morirei. Stavo pensando che quello laggiù...” indicò l'edificio che stava osservando da qualche minuto, allungando il braccio. “...ha lo stesso identico comignolo della casa dove ho passato tutte le mie estati e anche mio padre fin da quando era piccolo.”

Potrebbe essere quella che ho sentito nei racconti di Keyondre, la stessa in cui mio padre ha passato le proprie vacanze. Mi piacerebbe molto vederla.

“Si trova proprio in riva all'oceano.” continuò la ragazza.
Ari si rese conto che anche Inaya aveva i suoi stessi timori; era ovvio in quelle circostanze.
“Ci andremo.” disse Ari timidamente.
“Cosa?”
“Quando tutto questo sarà finito...” il volto del biondo arrossì appena. “Passeremo le vacanze insieme nella tua casa sul mare?”
“Con anche Natanael?” domandò con un sorriso.
“Ovvio.” rispose il diretto interessato e Ari sorrise facendo un cenno con la testa.
“Allora dobbiamo impegnarci al massimo.” Inaya allungò la mano davanti al suo petto e aspettò che il ragazzo posasse la propria sulla sua.
“Lo faremo. Non ho intenzione di arrendermi neanche per sogno.” mise la mano sopra quella della ragazza e sentì anche quella dello spirito al di sopra.
“Andiamo a salvarmi!” esclamò Nael.





Era sorprendente come il camminare sul fondale non fosse per niente difficoltoso.
Ari aveva creduto che avrebbe arrancato con grandi falcate, invece era come avanzare sulla terra ferma, con la differenza che la sabbia si alzava a ogni passo creando un piccolo vortice intorno alle loro caviglie.
Era incredibile anche come non ci fosse una grande flora e fauna in quella zona, forse agli animali non piaceva a causa di tutte le strutture degli edifici.
Il biondo si era anche rallegrato che fosse tutto deserto, questo significava che non c'erano state vittime dello sprofondamento.

Adesso stavano percorrendo una strada che doveva essere stata piastrellata e si vedevano gli squarci su di essa. Ari e Nael uno di fianco all'altro e Inaya appena un passo indietro.
Davanti a loro una fontana con la statua di un angelo era rimasta intatta, se non fosse stato per mezza ala dell'angelo che giaceva ai piedi di essa.
Qualcosa sbucava fuori da dietro il marmo, ma nessuno riuscì a capire cosa fosse.
Continuarono ad avanzare, fino a quando Ari non sgranò gli occhi e per poco non cacciò un urlo. Anche Nael dovette indietreggiare schifato dalla visione e Inaya si coprì il viso dallo spavento.
C'era un cadavere.
Il corpo di quello che doveva essere stato un uomo di mezza età. Aveva la faccia gonfia e molte parti della cute erano bianche e rugose. Doveva essere da qualche mese ridotto in quello stato.
Ari distolse immediatamente lo sguardo, ma gli si presentò davanti una scena ancora peggiore.

Cos'è questo?

Decine di persone, tutte morte, giacevano ai piedi della strada, sulla sabbia e davanti alle case.
Uno spettacolo davvero raccapricciante. Molti avevano la pelle lacerata in più punti, tutti avevano un aspetto avvizzito e opaco che non lasciava più intravedere il vero colore della carnagione; la faccia era irriconoscibile a causa del gonfiore.

È peggio dell'Inferno.

Nael gli mise immediatamente una mano davanti agli occhi, quasi istintivamente a coprirli, perché non voleva assolutamente che Ari vedesse qualcosa del genere, e il ragazzo se ne accorse.
“Va tutto bene, Nael.”
“Non guardare.” gli sussurrò comunque Natanael.
Non andava affatto bene, ma non voleva farlo preoccupare. Anzi, Ari sentiva risalire i succhi gastrici dal suo stomaco e cercò di controllarsi.
Inaya lo afferrò per un polso e Ari si accorse che la maga stava tenendo ancora gli occhi chiusi.
Decise così di guidarla oltre quella zona, facendo ben attenzione a non posare lo sguardo su nessuno dei cadaveri, altrimenti non avrebbe resistito.

Questi sono i Sacrifici che vengono buttati dall'aeronave? O sono i corpi della gente che viveva in questo villaggio?

Ari non sapeva darsi una risposta e, probabilmente, non l'avrebbe mai avuta.

Avrei dovuto immaginare che ci fossero dei cadaveri qua sotto, eppure non mi ero minimamente preparato ad affrontarlo. Solo adesso mi rendo conto di quanta gente sia morta, nonostante siamo stati raccolti nelle aeronavi.
Forse devo essere grato di essere diventato un Sacrificio, piuttosto che essere già morto in partenza.


Non era di certo il pensiero che più gli andava a genio, tuttavia era stato più fortunato di altri.
“Non siamo ancora fuori?” chiese Inaya.
“Non credo manchi molto.”
Volevano allontanarsi al più presto da lì e trovare un posto in cui riuscire a capire che direzione dovevano prendere.
Non ci avevano neanche riflettuto in un primo momento, troppo intenti a ispezionare la zona e a capire cosa stesse succedendo alla loro amata Terra, ma adesso dovevano agire per raggiungere il tempio di cui aveva parlato Tangaroa.
Gli occhi cristallini di Ari caddero senza accorgersi sui resti di una persona che non era stata fortunata quanto le altre: aveva metà volto lacerato, con il segno di quello che doveva essere un morso e dei piccoli animali l'avevano usato come rifugio insieme ai rimasugli del cervello che fuoriuscivano dal cranio.
Ari premette entrambe le mani davanti alla bocca, ricacciando indietro un conato di vomito.
Era una visione troppo cruenta per lui.
“Dannazione, Ari! Ti avevo detto di non guardare!” Nael gli si parò davanti, non riuscendo a coprire la visuale.
Il biondo dovette correre di fretta lontano da loro per rimettere, mentre Inaya gli urlò con un sussulto al cuore se andava tutto bene, ancora troppo intimorita da poter aprire le palpebre, rimanendo perciò in attesa che l'altro tornasse.
Nael poggiò una mano sulla schiena di Ari, che dovette allontanarsi subito da quel posto a causa dell'acqua che stava spargendo intorno il conato che gli era risalito.
“Che schifo.” commentò il moro. “Stai bene?”
Ari non rispose mentre si ripuliva con il dorso della mano gli angoli della bocca.
Doveva cercare di liberare la mente e concentrarsi sulla missione senza che la sua sensibilità lo intralciasse.
“Eccomi, Inaya.” la riprese per mano, suscitando un'occhiataccia da parte di Nael, che per ripicca gli afferrò quella libera, e ripresero a camminare.

Non ci volle che qualche minuto che erano al di fuori della città e il mare era tornato quello di sempre, con alcuni coralli che sbucavano qua e là e anche un gruppo di piccoli pesci che nuotò veloce intorno a loro senza neanche sfiorarli, per poi sparire nell'oscurità.
Non avevano paura che gli animali pericolosi avrebbero potuto attaccarli, la barriera sulla loro pelle era abbastanza forte da non poter essere scalfita dal semplice dente di uno squalo.
Quando furono lontani a sufficienza dalla città sommersa, si sedettero per terra per riposare.
Forse non erano passate che un paio di ore, ma il tuffo, la nuotata verso il fondale e quelle terribili visioni li avevano già spossati. Inoltre, Ari aveva bisogno di un po' di riposo per concentrarsi.
Si sentiva contorcere lo stomaco tanto da voler vomitare ancora.
Vedeva davanti a sé i cadaveri gonfi e dai caratteri irriconoscibili, nonostante si fossero ormai allontanati. Chissà perché per metà città non c'era stata traccia di nessun essere umano e poi erano spuntati tutti insieme. Forse puro caso delle correnti oceaniche.

Oppure stavano tutti scappando dall'imminente onda che li avrebbe trasportati con sé nella morte.

Non voleva ammetterlo a se stesso, ma alcuni li aveva riconosciuti come Sacrifici. Avevano il petto forato e tutta la zona circostante era livida e in decomposizione. Chissà da quanti mesi si trovavano lì sotto, ma sapeva che avevano una barriera sul corpo resistente quasi quanto la loro a proteggerli per maggiore tempo, probabilmente per non inquinare ancora di più le acque in tempi rapidi.
Ma altri non erano affatto Sacrifici. Non aveva le idee chiare su dove venissero, se fossero morti delle aeronavi buttati a mare o se erano cittadini di quel posto; però, tutto lo angosciava terribilmente.
Fece un respiro profondo e incrociò le gambe.
Si volse verso Inaya, che aveva finalmente riaperto gli occhi, e pensò che avesse fatto bene a non guardare quell'orribile spettacolo e, anzi, aveva percepito un senso di protezione nei suoi confronti mentre la conduceva lontano da quel posto.
Inoltre, il commento di sottofondo di gelosia di Nael gli aveva fatto accennare un sorriso prima di sentirsi afferrare per mano.
Adesso doveva liberare la mente e concentrarsi appieno per riuscire a scoprire da che parte dovevano dirigersi.
“Stai bene?” chiese Inaya, guardando come fosse sbiancato in volto.
“No. Ma questo non importa adesso.”
Era stato sincero.
Non si sentiva affatto bene, era ancora perso in quella sensazione stomachevole che quasi lo stava facendo svenire, tuttavia non poteva rinunciare e abbandonare tutto per una sua debolezza.

È il momento di fare sul serio.

Se in un primo momento avevano solo camminato per esplorare – e si erano pentiti amaramente di averlo fatto, ma non potevano rimanere indifferenti di fronte a tutte quelle case sommerse, fantasticando che poteva essere successo anche alla loro – adesso dovevano andare al tempio, ovunque si trovasse.
Sospirò ancora.
“Crediamo tutti in te.” affermò Inaya.
Quella frase fece fremere Ari.
Mai in tutta la sua esistenza qualcuno aveva creduto in lui, era sempre stato solo, sempre si era ritenuto inutile. Anche quando era entrato Nael nella sua vita quella notte nella stalla, non era cambiato questo pensiero. Non aveva mai capito che anche lui serviva a Nael così come Nael serviva a lui fino a poco tempo prima.
Nonostante ciò, era minima la stima di sé che aveva instaurato e, di certo, non immaginava che Inaya potesse davvero ritenerlo così importante.
Non che sottovalutasse le sue parole, solo gli sembrava strano che fossero reali.
“Davvero?”
“Mi fai veramente infuriare delle volte.” ribatté lei e Ari sobbalzò. “Secondo te, ti avrei seguito fin quaggiù conoscendo le mie condizioni e che è estremamente pericoloso, se non avessi fiducia in te e nelle tue potenzialità?”
Nael, per una volta, si ritrovò d'accordo con la ragazza e immaginò come si dovesse sentire Ari, perché anche lui aveva avuto lo stesso sentimento molti anni prima.
“Credo di no.”
“Credi bene!” Inaya gli diede un pizzicotto sul braccio e il ragazzo si massaggiò il punto leso.
“Grazie, Inaya.”
“Non devi ringraziarmi. Sono tua amica e tanto basta.” sospirò esageratamente. “Anche tu devi avere più fiducia in te stesso, sai? Perché sei una persona speciale. Natanael se n'è accorto subito.” gli sorrise con la sua solita espressione.
Ari arrossì e abbassò appena il capo, il ciuffo fluttuò davanti al suo naso per poi tornare indietro da solo.

Devo avere fiducia in me stesso. Ce l'ho? Non ne ho idea. Credo di averne avuta quando ho deciso di buttarmi in questa faccenda. Quando ho lasciato Nael per diventare un mago pensando al nostro futuro, quando ho accettato di far parte della cerchia del rituale, quando ho capito di poter salvare Nael per riportarlo in vita.

Ari si portò la mano davanti al volto e mosse le dita avvertendo il formicolio del mana che circolava in lui.

Quindi devo per forza avere fiducia in me o non sarei mai riuscito a compiere tutte queste decisioni e non sarei dove sono.

“Ari, ti amo.”
Quella voce gli arrivò distinta alle orecchie e sorrise chiudendo la mano a pugno.
Nael l'aveva detta per fargli capire quanto fosse più importante di quello che pensasse e gli sorrise passandogli le dita tra i capelli.

Forse davvero valgo qualcosa di più.

“Anche io.” gli rispose alzando il capo e distendendo le gambe per stiracchiarle e tornando a incrociarle.
“Mh?” lo guardò Inaya, confusa.
Ari posò gli occhi azzurri in quelli che adesso erano quasi verde smeraldo di lei.
“Credo in me.” rispose determinato.
“Finalmente ti sei deciso!” la ragazza si mise a ridere e si sporse verso di lui per dargli una pacca sulla schiena. “Quindi, l'unica cosa che manca è sapere che strada prendere, dato che nell'oceano non esistono vie né indicazioni con grandi cartelli con scritto: Tempio dov'è rinchiuso Tinirau da questa parte.”
Ari scosse la testa con un sorriso e, dopo l'ennesimo sospiro, chiuse gli occhi e lasciò che il suo corpo si alleggerisse così come la mente.
Le mani presero a vibrare impercettibilmente, le orecchie gli si tapparono del tutto e non riuscì più a distinguere i suoni dell'esterno; solamente il fluire del mana dentro di lui.
Se prima non era che un dolce sospiro, un'onda che s'infrangeva sul bagnasciuga, all'improvviso diventò stridente, tanto da farlo palpitare all'impazzata. Gli venne il fiatone e cominciò ad annaspare.
“Ari?!” si preoccuparono immediatamente sia Nael che Inaya, gettandosi su di lui.

Cos'è questa sensazione? Tangaroa non aveva forse detto che sarei riuscito a capire quando ne avrei avuto bisogno?

E non c'era momento in cui avesse più bisogno di quello.
Cadde di lato, buttato sulla sabbia, che gli entrò persino in bocca, per poi mettersi a carponi a tossire da quanto gli stesse mancando l'aria nonostante i suoi poteri.

Non sono forte abbastanza? Per questo non sento nulla?

Subito si irrigidì, le lacrime già volevano uscire dai suoi occhi, che avevano una leggera patina che confondeva la vista e la rendeva annebbiata.
Si sentiva svuotato, come se il mana non volesse rispondere ai suoi comandi. Non solo quello, ma adesso aveva perso del tutto la percezione di quel potere dentro il corpo.

Non mi risponde. È come se non facesse più parte di me.

Provò a fare una piccola sfera d'acqua, ma non uscì niente e, sconvolto, cadde di nuovo con la faccia sul fondale, pensando a quale altra prova avrebbe dovuto affrontare per riavere Nael.
Proprio quando aveva appena trovato un briciolo di speranza, ecco che era tutto andato in frantumi.

Così com'è sempre successo nella mia vita. Chi credevo di prendere in giro?

Tutto si dissolse. Sembrava essere tornato quell'Ari che non possedeva i poteri, aveva perso persino quel granello di audacia che aveva imparato a riconoscere.
Cominciò a piangere e tirò un pugno sulla sabbia mentre si rimetteva in piedi, per poi sfregarsi il dorso sugli occhi.
“Ari!” esclamò ancora la ragazza, riscuotendolo un attimo.

Questo viaggio è già concluso nonostante sia appena iniziato?

Non voleva arrendersi così, eppure aveva provato qualcosa che non era mai successo da quando aveva superato la prova attraversando il portale.

Mi dispiace Nael.

“Scusate.” disse Ari tra le lacrime.
“Che ti succede?”
“Non avverto più il Mana.”
 

NOTA DELL'AUTRICE:
Keyondre fa viaggi mentali che la mente umana non può comprendere (?)
A parte questo... BUONA PASQUA! Festeggiamo con questo capitolo molto pasquale °^° molto dolce e tenero °^° *coff coff*
I nostri eroi si sono tuffati nell'oceano e stanno scoprendo cose che mai avrebbero voluto vedere con i loro occhi. Non sono stata così descrittiva per i cadaveri, spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno u.u diciamo pure addio all'Ari determinato che non siamo nemmeno riusciti a conoscere nei capitoli precedenti ahah e adesso non riesce più a evocare il Mana... ansia da prestazione? Ahaha... oh, Ari, Ari... quanto ci fai dannare.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e fatemelo sapere con un commento! Un bacio a tutti e buona cioccolata!
Flor :3

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 - A costo di mangiarsi la coda ***


 

CAPITOLO 33
A COSTO DI MANGIARSI LA CODA

Gennaio, anno 440 del XII periodo

Per Nael era una sofferenza vedere Ari ridotto in quello stato. Sembrava quasi più lui il morto che egli stesso.
L'aveva seguito in quella missione, confidando in lui per riottenere il proprio corpo, e non aveva mai dubitato neanche una volta che ne uscissero sconfitti. Era un'idea che non poteva esistere dentro di Nael, perché sarebbe stato come morire una seconda volta.

Una terza, in realtà, dato che sono morto quando avevo tre anni.

Si era lanciato dall'aeronave tenendo la mano di Ari e quel salto non era assomigliato al volo che gli sarebbe piaciuto provare almeno una volta nella sua vita. L'aria intorno a sé non l'aveva colpito, non aveva avuto la percezione del freddo e neanche della paura, perché sapeva già che non gli sarebbe accaduto niente.
Era stata una caduta vuota e quasi inconsistente.
Quando poi si era scontrato con l'acqua dell'oceano, gli era tornato alla mente di quella volta che non era che un bambino, quando stava viaggiando con i suoi genitori. Il loro ultimo viaggio insieme come una famiglia.
L'unica cosa diversa era che l'acqua era calma e il cielo sereno, sebbene uggioso come era giusto che fosse in una giornata di inizio Gennaio.
Aveva scacciato immediatamente quei pensieri per occuparsi di Ari e per sapere se stesse bene, poi erano scesi di metri e metri fino a quando non avevano toccato il fondale e si erano ritrovati nel bel mezzo di una città sommersa.
Il trauma li aveva assaliti quando avevano trovato i cadaveri in acqua, e la sua rabbia verso i maghi si era accresciuta ancora di più, nonostante non sapesse se fossero dei Sacrifici o altre persone che avevano incontrato il malaugurio.
Solamente quando si furono allontanati dalla città, si erano potuti fermare un attimo e si erano affidati ad Ari per capire quale direzione prendere.
Ed era lì che era successo.

Ari continuava a ripetere di aver perso il mana, di non sentirlo più scorrere nelle vene e Inaya gli aveva spiegato che era impossibile, perché riusciva ancora a respirare sott'acqua nonostante non avesse la protezione rinforzata come la propria e che quell'energia non spariva semplicemente nel nulla.
Avevano dato la colpa alla stanchezza e Inaya aveva cercato di far calmare Ari dicendogli che ci avrebbero riprovato il giorno seguente, dopo una bella giornata di dormita, e che non c'era alcuna fretta.
Nael, però, avvertiva perfettamente l'angoscia di Ari. Lo leggeva nei suoi occhi che si erano incupiti.

Deve sentirsi tutto sulle spalle e per questo è stato preso dall'ansia. Nonostante abbia detto di credere in se stesso, questo non conta...

Poteva capirlo da una parte.
Era un esempio stupido, ma anche lui, all'inizio, non riusciva a rubare neanche un portafogli che spuntava fuori dalla tasca dei pantaloni di qualcuno, sebbene avesse ribadito più volte di voler diventare il migliore dei ladruncoli di strada.
C'era voluto un po' di allenamento e astuzia e molte dritte da parte di Rorik.
Lo stesso doveva valere per Ari.
Anche se Tangaroa gli aveva spiegato che ci sarebbe riuscito da solo, questo non voleva dire che sarebbe stato immediato.
Tuttavia, Ari si era già arreso, o meglio, si era abbattuto perché sperava di riuscirci al primo colpo e non aveva tenuto in conto che poteva non essere così facile. I suoi poteri erano aumentati parecchio negli ultimi tempi, ma adesso gli si stava chiedendo di richiamare l'anima di Tinirau, che era dispersa nell'immenso oceano chissà dove.
Infatti, anche il giorno seguente Ari non ottenne nessun risultato. Lo stesso per il giorno dopo e quello dopo ancora.

E Nael ci stava male.
Lo vedeva proprio rispecchiato in quel ragazzo, percepiva tutti i suoi pensieri negativi.
Non appena Ari provava a contattare Tangaroa o Tinirau, o qualsiasi altra entità divina che lui non conosceva, ecco che le pupille del biondo diventavano quasi vitree, il respiro si affaticava e una volta aveva persino vomitato.
Nael non poteva che preoccuparsi e lanciarsi verso di lui ogni singola volta, consapevole che non poteva consolarlo e abbracciarlo come avrebbe voluto. Poteva solo rimanere lì a osservare la scena, cercando di comunicare con lui per dirgli tante parole dolci e fargli capire che non importava se non ci era ancora riuscito, ma sembrava tutto vano perché lo sguardo di Ari si perdeva sempre nel vuoto, sconsolato.
Così passò qualche altro giorno.
 




Nael sospirò e posò la testa su quella dell'altro, lasciandogli anche un bacio sui capelli.
“Hai dormito bene, Ari?”
Il minore si era appena svegliato mentre lui aveva tenuto il turno di guardia. Persino Inaya si fidava nel lasciarlo sveglio, perché sapeva che Ari si sarebbe accorto se l'avesse informato di qualche pericolo, quindi non aveva problemi a dormire e recuperare ore di sonno che le servivano per non sprecare tutto il mana più velocemente del previsto.
“Ho dormito.” rispose Ari e Nael si sporse per dargli un bacio sulle labbra, che venne ricambiato appena.
Si girarono entrambi per vedere la ragazza che stava alzando la manica della maglia e così scoprire il catalizzatore, che stava mandando dei piccoli segnali a intermittenza bianco puro, segno che stava per terminare il mana donatole dal padre.
Mosse senza pensarci una mano alla cintura ed estrasse una fiala piena fino all'orlo per poi rovistare all'interno dello zaino e prendere la siringa.

Certo che questi maghi sono proprio strani...

Commentò Nael, con un sorriso ironico sul volto, per poi concentrarsi di nuovo su Ari e premere il naso sul suo più rotondo.
“Hai bisogno di una mano?” chiese Ari rivolto all'amica.
“No, ormai sono abituata. Faccio da sola.” gli sorrise e scosse la testa.
Era strano vederla con la stessa capigliatura per così tanti giorni di fila, l'avevano conosciuta come una ragazza che aveva migliaia di capigliature diverse anche dalla mattina alla sera.

...e lei lo è più di tutti.

Nael si stava riferendo al fatto che non fosse davvero una maga, ma che il potere le era concesso dal catalizzatore costruito insieme al padre.
Sapere che lei non era che una persona come tutti gli aveva fatto scemare parte della rabbia che nutriva verso quelli come il Sommo Keyondre. Dopotutto anche lo stesso Ari, che adesso era un mago in tutto e per tutto, non poteva fargli odiare totalmente quella parte di genere umano, eppure non concepiva ancora l'idea di come qualcuno volesse di proposito quel potere.
La storia di Inaya aveva dell'incredibile, certo, però nella sua mente non si collegavano i pezzi.
Alla fine aveva deciso che non gli importava più di tanto, perché già aveva i propri problemi a cui pensare. Questo non voleva dire che odiasse Inaya o chissà cosa, solo preferiva avere il meno possibile a che fare con quel mondo che non gli apparteneva neanche un po'.
Dall'altra parte era estremamente felice che Inaya avesse accompagnato Ari in quel viaggio e che lo stesse aiutando al posto suo. Sapeva che era l'unica che avrebbe accettato al suo fianco senza un eccesso di gelosia.
Da quando si era riscoperto così geloso non solo perché aveva avuto Tinirau dentro di sé, si era quasi vergognato del proprio comportamento, eppure non poteva evitarlo.

Nessuno di loro mi porterà mai via Ari.

Gli diede un piccolo morso sul naso senza procurargli alcun dolore e gli fece un complimento di quanto fosse gustoso prima di osservare ancora Inaya.
Aveva attaccato la fiala alla siringa e aveva tolto la pietra verde dal braccialetto, rivelando il buco nel quale inserì lo strumento.
“Fa male?” domandò ancora Ari.
Quella era la prima volta che il biondo la vedeva all'opera, mentre Nael l'aveva già scrutata un paio di notti precedenti mentre lei faceva il turno di guardia e il catalizzatore aveva cominciato a illuminarsi flebilmente.
“All'inizio era strano, lo ammetto. Mi veniva persino la febbre e la nausea. Dopotutto affluisce in me qualcosa che non fa parte del mio corpo e c'è stato anche il rischio che venisse rigettato. Ovviamente questo riguardava le prime volte, adesso il mio corpo si è abituato e ha sviluppato un modo per accettarlo senza crearmi problemi.”
“Mi dispiace.”
“Non deve dispiacerti. Adesso sto bene e non ho mai nessun effetto collaterale. Sento solo dentro di me questa energia che mi tempra e mi fa sentire molto più forte e neanche mi accorgo di quando sta per terminare. Per fortuna mi avvisa da solo.” sorrise facendo l'occhiolino e il liquido cominciò a penetrare all'interno della ragazza, che trasse un respiro profondo e quasi benevolo.

Chissà cosa accadrebbe se lo iniettassi a me.

Si domandò Nael, ma non voleva sperimentarlo in realtà. C'erano già troppe stranezze in lui e se le faceva bastare. Anche se gli era piaciuto particolarmente quando Ari aveva fatto quel giochetto con lui, tanto da renderlo visibile all'occhio umano.
“Sei una persona molto forte.” ammise Ari.
“Non così eccessivamente. Tu lo sei molto di più.”
“Non è vero.” Ari distolse lo sguardo e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. “Non lo sono.”
Nael avvertì immediatamente il suo dolore e, per l'ennesima volta, si sentì un vuoto dentro di lui avvolto dalla tristezza.
“Non azzardarti a dire che sei inutile, perché non te lo perdono.” l'ammonì anche se non servì a niente.
“Sono inutile.” disse, infatti, Ari.
“Ecco che ci risiamo...” Nael roteò gli occhi al cielo e gli diede un pugno simbolico.
“Non riesco a mettermi in contatto con Tangaroa.”
“Non ci hai ancora provato oggi. La giornata è appena iniziata.” provò a calmarlo Inaya.
“E sarà un'altra giornata sprecata.”
Nael si alzò in piedi stringendo i pugni fino a farsi diventare le nocche bianche.
“Se ti arrendi già in partenza non andrai mai da nessuna parte!” si mise a urlare, sperando che venisse sentito. “Sei un mago, l'unico che sopporto a dirla tutta, e sei stato così capace da imparare tutto in breve tempo, sei voluto partire per salvarmi e ne eri convinto fino all'altro giorno. Adesso hai ventun'anni e non accetto che dalla tua bocca escano ancora delle frasi del genere da bambino dodicenne, dopo tutto quello che è successo tra noi e che è successo a te.”
Non voleva essere brutale, in effetti non gli uscì neanche un tono così tanto arrabbiato, eppure avrebbe voluto smuovere lo spirito dell'altro fino a fargli rendere conto che non era quella persona che si dipingeva e che sarebbe riuscito a fare qualsiasi cosa se solo ci avesse creduto un po' di più.
“Non ho passato anni della mia vita nel provare a farti diventare sereno e felice, se poi ti comporti in questo modo. Rendi vani tutti i miei sforzi, ti sta bene?” continuò Nael.
“Non mi sto arrendendo.” rispose sorprendentemente, perché il moro non immaginava che l'avesse davvero sentito.
“E invece sì, è proprio quello che stai facendo.” incrociò le braccia al petto.
Ari tirò su con il naso e si lasciò scappare una lacrima.
“Allora muoviti e inizia a richiamare il Mana.” insistette Natanael.
Erano rare le volte in cui si rivolgeva in quel modo a lui e, in realtà, non avrebbe voluto farlo perché si sentiva in colpa nell'alzare la voce. Rare erano anche le volte in cui si era davvero arrabbiato. Forse non era mai successo.

Non che sia arrabbiato, ma in che altro modo posso convincere Ari che deve andare avanti fino a portare a termine questa missione?

Era sconsolato e fu contento che non potesse essere visto, altrimenti Ari non avrebbe creduto a mezza parola di tutte quelle che gli erano uscite dalle labbra.
Voltò il capo per osservare Inaya, che stava assistendo a tutta la scena senza capire e metteva nello zaino la fiala ormai vuota, il cui contenuto scorreva nelle sue vene.
“Nael...”
“Muoviti.”
Ari si abbracciò da solo e sprofondò la testa tra le ginocchia con dei piccoli singulti.
Nael sussultò.
“No, aspetta...” gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla. “Non volevo farti piangere. Non sono davvero arrabbiato.”

Maledizione, Ari, perché devi fare cosi? Perché devi straziare il mio cuore con la tua visione piangente? Non è corretto, fai in modo che io non possa vincere questa battaglia.

Il biondo scosse la testa e la incastrò di più nelle ginocchia.
“Non ci riesco.”
“Ari, ti prego.” Nael lo baciò delicatamente sulla fronte. “Sai quanto sei bravo?”
Se essere furibondo non era di aiuto, allora avrebbe provato anche la supplica.

In quel momento, però, accadde qualcosa che nessuno avrebbe mai previsto.
Un sonoro ciaf si udì attraverso le correnti del fondale.
Inaya si era alzata ed era corsa di gran leva fino ad Ari e gli aveva tirato uno schiaffone che gli lasciò il segno di cinque dita sulla guancia.
Nael ingoiò a vuoto e, di primo impatto, non si rese conto di quello che era successo.

Ha davvero picchiato Ari?

Sbatté gli occhi più volte mentre vedeva quelli arrossati dell'altro che avevano bloccato le lacrime.
Fu questione di millesimi di secondo perché Nael passasse dall'incredulità a un istinto di rabbia diversa da quella che era solito provare quando il suo corpo era unito all'anima di Tinirau, ma che comunque gli fece ribollire il sangue – che ormai non circolava più – nelle vene.
Mai qualcuno aveva osato allungare un dito su Ari da quando l'aveva conosciuto come un piccolo undicenne. Le uniche volte che non aveva potuto avere il controllo della situazione era quando erano stati catturati per andare sulle aeronavi – anche se non gli avevano fatto niente di grave – e quando era stato preso sulla nave dei Sacrifici dopo che aveva manifestato i poteri.
Vedere il rossore sulla guancia di Ari causata non dall'imbarazzo, ma dallo schiaffo che qualcuno gli aveva dato, lo fece andare fuori di testa.
Se avesse avuto ancora lo spirito oscuro dentro di sé, avrebbe voluto mettere le mani su una donna senza alcun problema, eppure, nonostante l'improvvisa collera, aveva solo l'impulso di urlarle contro che non doveva azzardarsi mai più perché nessuno poteva toccarlo.

Sì, sono decisamente geloso.

“Inaya...” sussurrò Ari. “Perch-...”
“Sei uno stupido!”
“Ehi!” commentò Nael.
Non ci riesco! Non ci riesco!” sbraitò Inaya, facendogli il verso. “Non sai dire altro?”
Ari la stava guardando tra l'impaurito e lo sconvolto, lo stesso faceva Nael, che era indietreggiato non appena aveva visto lo sguardo minaccioso della Curatrice.
“Perché io mi sono stufata di rimanere qua a guardare te che ti crogioli nell'autocommiserazione mentre i giorni passano e il nostro tempo scade.”
“Inaya...”
“Inaya niente!” urlò ancora la ragazza, portandosi le mani ai fianchi, mentre lo chignon si svolgeva lasciando la treccia libera di fluttuare nell'acqua. “Credi che così riavrai indietro il tuo Natanael?”
Il moro si schiacciò la mano sulla fronte, nervoso dalla scena.

Non credo sia la mossa giusta ricordargli che non ci riuscirà.

“Beh, non lo riavrai.” Inaya non lasciò neanche il tempo di rispondere. “Mai.”
Ari si alzò poggiando le mani sulla sabbia dietro di sé e la guardò tremante, ma con degli occhi così profondi che avevano assunto un colore quasi blu.
“Non osare neanche dubitare che io mi riprenderò Nael.”
La situazione si era accesa di scatto e il diretto interessato non poté che stare ad ammirare il suo svolgersi, rimanendo di fianco ad Ari.

Non ho mai visto Ari picchiare qualcuno, ma questa potrebbe essere la volta buona.

Quasi volle sorridere a quel pensiero, tuttavia l'aria era troppo tagliente per lasciarsi andare alla sua ironia.
“Dimostramelo.”
Ari si morse il labbro inferiore, rimuginando su tutto quello che era successo negli ultimi tempi, sulla sensazione che aveva provato nel tentare a contattare Tangaroa, al senso di vuoto dentro il proprio corpo che non rispondeva più al suo comando.
“A causa del tuo carattere stai infangando il nome di mio padre, che avrà per sempre sulla coscienza il fatto di non essere riuscito a istruire un mago provetto. E stai anche mettendo a rischio la mia vita e Natanael rimarrà per sempre un'anima.”
Ari deglutì, cercando di trattenere le lacrime.
“Non è così.”
“Dimostramelo.” ripeté la ragazza.
Nael aveva intuito che Inaya stesse provando la sua stessa strategia iniziale, ma non era sicuro del risultato.

Ari sta solamente sentendo più pressione addosso di quanto già non ne avesse prima, non credo che questo lo aiuterà nel concentrarsi per trovare la strada verso il tempio.

“Inaya, smettila.” disse con un filo di voce il biondo.
“Quando tu la smetterai di piangerti addosso.”
Nael vide in lei la stessa autorità di suo padre.

Hanno lo stesso modo di fare, non ci sono dubbi che da grande diventerà uguale a lui e la cosa non so se sia positiva o negativa.

“Vuoi Natanael, sì o no?”
“Sì.”
“Anche io ti rivoglio, Ari.” fece proprio Nael, con un sospiro che venne sentito.
“Allora devi impegnarti per raggiungerlo. Mi pare di averti già dovuto fare questo discorso una volta.” concluse Inaya.
“È una testa dura, non ci si può fare niente.” commentò Nael e l'altro gli lanciò un'occhiataccia.
Passarono alcuni minuti in silenzio con Ari che teneva il capo chino e gli altri due con gli occhi puntati sulla sua figura, fino a quando non parlò.
“Sono pronto.”




“Non è giusto che sia stata lei quella a convincerti.” Nael si lamentò con un broncio che avrebbe fatto venire un rossore dolcissimo sulle gote di Ari se solo l'avesse visto.
Quest'ultimo si trovava a qualche metro di distanza da Inaya e stava facendo degli esercizi per calmare la mente così come gli aveva insegnato Keyondre.
Si era convinto di provare ancora una volta perché la faccia di Inaya gli aveva suggerito che a breve avrebbe ricevuto un altro schiaffo e la cosa non gli andava a genio. A parte questo, doveva farlo per lui e per i suoi compagni di viaggio, anche se non era sicuro di riuscirci.
“Non è stata solo lei.”
“Non mi pare che io ti abbia smosso.”
Ari arrossì all'idea che fosse così geloso per quella che non era che un'amica.
“L'hai fatto, questo però non cambia definitivamente quello che penso. Diciamo che può avermi aiutato.”
“Credo che ti meriti un'altra cinquina.”
Ari sorrise tristemente.

Non posso sbagliare ancora una volta.

Inaya lo stava osservando con le braccia incrociate e un sopracciglio alzato in maniera elegante, ma profondamente adirata.
Non sapeva quale fosse lo sguardo di Nael, sebbene, probabilmente, gli si avvicinava di parecchio.

Altrimenti deluderò tutti...

Prese un respiro profondo e cominciò a incanalare l'energia nelle proprie mani e le sentì vibrare grazie al mana che scorreva in lui.
Provò a chiamare dentro di sé Tangaroa, il potere stava ubbidendo ed era sparita la sensazione di vuoto.

...e non posso.

All'improvviso accadde ancora.
Sentì la nausea risalire fino alla gola e dovette immediatamente interrompere la concentrazione per tossire in preda agli spasmi e rotolare su un fianco. Non respirava più e aveva bisogno urgente di ossigeno, come se la protezione intorno alla pelle e il proprio mana non stessero più compiendo la loro funzione.

Dannazione! Non riesco, non riesco! Sono così inutile! Così dannatamente inutile!

“Ari!” si allarmò Nael.
“Va... tutto... bene...” disse tra un respiro affannoso e l'altro, provando a rimettersi in piedi senza successo e sbattendo la spalla sinistra.

Come posso salvare Nael in questo modo?

Dentro di lui si stava facendo di nuovo strada il senso di tristezza che l'aveva accompagnato negli ultimi giorni. Tuttavia, si accese anche un altro spiraglio.

Hanno ragione. Devo smetterla di piangermi addosso.

Su un qualcosa, Natanael, aveva ragione.
Era stato smosso nell'animo e, anche se avrebbe voluto passare il resto della giornata a camminare a testa bassa nel deprimersi, non poteva permetterselo per tutto quello che aveva promesso alla persona che amava e a se stesso.

Non importa se continuo a star male, se il mio corpo non riesce a reggere tutta questa faccenda.

L'aveva deciso appena dopo il discorso di Inaya che lo stava ancora guardando furente.

Sono disposto a morire pur di riuscire nel mio intento.

E così era.
Si sarebbe alzato di nuovo, avrebbe affrontato l'onda successiva, che lo spingeva inesorabilmente fino agli abissi oscuri, senza preoccuparsi delle conseguenze su di sé.
Fino a quando non avrebbe scoperto dove era rifugiato Tinirau non avrebbe smesso, anche se il suo corpo avrebbe vomitato tutte le interiora e consumato tutto il mana.

Fino a quando il mio corpo non sarà stremato del tutto e non avrò salvato Nael.

Quella speranza bastava e avanzava per lui.
Per questo si mise seduto a gambe incrociate e chiuse gli occhi mentre il respiro non era ancora tornato regolare.
“Cosa fai?” domandò Nael.
Ari non lo ascoltò e prese a sibilare qualche parola come una litania.
“Tangaroa, Dio di tutti gli oceani, ti invoco. Ascolta il mio richiamo, così come le correnti marine seguono il tuo corso e giungono alla tua dimora.”
Ari si piegò in due come compito nello stomaco e gli mancò il fiato ancora.
“Ari!” urlò per l'ennesima volta l'altro.
Il biondo annaspò e sputò sangue che si andò a disperdere nel mare, portato via dai flutti.

Perché? Perché non mi ascolta?

Si rimise in piedi, barcollando. L'espressione sul suo volto era determinata e strinse i denti mentre allungava le braccia davanti a sé e aveva cominciato a gesticolare nella maniera che aveva imparato da Keyondre.
“Smettila, sei esausto!” si preoccupò Nael. “Vuoi forse rimetterci la pelle?” gli prese un braccio e lo strattonò, ma l'altro non gli diede ascolto. “Basta!”
“Non capisci...”
“Eh?”
“Non capisci che se non riesco a scoprire dove si trova il tempio, allora vivrò per sempre con lo sguardo di disgusto e disapprovazione sul tuo viso.”
“Non è vero...” Nael sussultò a quella frase, non sapendo cosa dire.

E invece è così, è proprio così. Se non sono neanche in grado di fare quello per cui sono stato chiamato e addestrato, non mi posso meritare la tua grazia e il tuo amore. Non mi merito niente così come è sempre stato e così come sempre sarà se non riuscirò.

Non esplicò a parola, troppo difficile da ammettere, e cominciò a piangere.
Era una punizione così dolorosa la consapevolezza di non valere niente e, nello stesso tempo, essere l'unica persona che poteva svolgere quella missione.
Aveva un peso sulle spalle che andava ben oltre la propria stazza fisica e che non sapeva portare neanche aiutato da altre persone.
Eppure aveva deciso di diventare risoluto, di proseguire senza arrendersi al primo tentativo. Aveva capito che non c'era nulla di male nel fallire qualche intento, perciò ci avrebbe provato fino a quando ci sarebbe riuscito.

A costo di sacrificare me stesso.

Così andava la vita.

Si deve sacrificare sempre una parte di se stessi per avere in cambio qualcosa che ti completa, così da avere sempre una crepa che ti spinge ad andare avanti per cercare proprio quel qualcosa che lo completa.

Era un serpente che si mangiava la coda ed era giusto così.
L'aveva imparato mentre il mana gli stava dicendo chiaramente che non poteva ottenere tutto quanto senza dare una controparte.
Per l'ennesima volta aveva dovuto soffrire per arrivarci e, più soffriva, più doveva tentare fino a raggiungere il proprio scopo.
“Ari, smettila.” insistette Nael.
Ari negò con la testa, allora il moro ritentò.
“Forse al momento Tangaroa è occupato!” disse la prima cosa che gli venne in mente. “Forse anche Tinirau non vuole! Certo, chi vorrebbe ridare indietro un corpo come questo...” indicò la propria figura, conscio di non essere visto.
Ari spalancò gli occhi.
“Nael, ripetilo.”
“Cosa? Che sono favoloso?”
Quella parte non era stata colta dalle orecchie del ragazzo, che si era perso molto prima dell'inizio degli elogi.

Non devo chiamare Tangaroa.

“Te. Devo chiamare te.”
“Perché dovresti? Sono già qui.” Nael domandò confuso.
Ari lo afferrò appena al di sopra del gomito senza sapere bene come e chiuse gli occhi.
“Ascolta, adesso lascia fare a me. Ho capito cosa intendeva dire Tangaroa.”
Come al solito, era qualcosa di ovvio quello che doveva fare, eppure era così difficile capirlo.
Nael lo guardò ancora più sconcertato, ma non obiettò. Si lasciò afferrare con più forza fino a quando non poté quasi percepire le dita affusolate dell'altro sulla sua pelle, nonostante gli fosse ormai impossibile a causa del suo essere un'anima senza corpo.
“Per questa volta...” Ari sorrise mentre teneva ancora le palpebre chiuse e i capelli fluttuavano dolcemente intorno al proprio volto. “Fidati di me.”




Nael si sentì avvolgere da una scarica elettrica e, successivamente, il suo corpo venne riempito da qualcosa che non gli apparteneva, ma che aveva già sperimentato.
Il mana di Ari si stava riversando nuovamente dalle sue mani fino alle proprie vene fino a colorarle di una tenue luce azzurrina.
Non aveva ancora capito cosa stesse succedendo, tuttavia non voleva assolutamente interrompere la concentrazione dell'altro, il quale teneva gli occhi serrati teneramente e le gote erano arrossate per il fiato che gli era mancato pochi minuti prima; qualche riga seccata dalle lacrime si poteva ancora notare sul suo volto.

Fidati di me ha detto... Certo che mi fido di te, stupido.

Nael sorrise e rimase immobile.
Era così strano tutto quello e neanche sapeva come Ari fosse arrivato a ciò che doveva fare, sperava solo che avrebbe funzionato così da rivederlo sorridente e poter continuare il loro viaggio fino a Tinirau.
Natanael si perse nell'ammirare le labbra dell'altro che si muovevano impercettibilmente e neanche riusciva a cogliere le parole che fluivano dalle esse, silenziose e pacate come la corrente che li circondava.
Inaya era rimasta ancora distante, ma osservava tutto con un'espressione preoccupata.

Sicuramente avrebbe voluto correre da Ari quando si è accasciato a terra, sono convinto che non sia affatto arrabbiata, ma che...

Dovette interrompere il flusso dei suoi pensieri perché avvertì qualcosa di strano in lui che quasi lo fece piegare sulle ginocchia, tuttavia rimase in piedi con la bocca spalancata.
“A-Ari...” provò a pronunciare il suo nome, ma sembrò che non venisse sentito e imprecò a denti stretti.

Qualcosa non va. Sto per svenire...

All'improvviso, la figura di Ari svanì dal suo campo visivo e venne sostituita dalla sabbia che si alzava a ritmo di passi pesanti e stanchi.

Che cos'è questo?

Nael ebbe l'impressione di sbattere le palpebre, eppure non accadde e, invece, gli si parò davanti una luce azzurro intenso che aveva qualcosa di familiare con quella emessa dal suo ragazzo, ma molto più potente. Subito dopo le immagini si susseguirono di fretta, una dopo l'altra.
Vedeva i resti sommersi di un monumento che non conosceva, il cemento che faceva da strada, una torre, una chiesa dalle vetrate infrante e con i frammenti sparsi sul fondale e poi quella che era un'enorme struttura che non sapeva come definire, ma che nella sua mente si palesò senza indugi.

Il tempio.

Senza sapere come, Nael aveva ripreso tutte le forze mentre sentiva sbattere dietro di sé il portone di ingresso. La vista gli si fece di nuovo offuscata e riconobbe Ari con le labbra carnose che avevano smesso di muoversi e quella bellezza degli occhi suoi trasparenti con riflessi come il cielo, che lo fissavano orgogliosi e con una scintilla che gli fece battere il cuore.
La sua voce melodiosa, accompagnata da un sorriso splendido, fu la seconda causa del proprio palpitare.
“Adesso so dove andare.”




 

NOTA DELL'AUTRICE:
Ci voleva proprio uno schiaffone per far rinvenire Ari, eh? Che dite, adesso è tornato determinato? Ahaha... poverino y.y soffre tanto, soffre da solo, non sa quello che fa y.y
Anche Nael soffre in silenzio tra la gelosia (quanto è tenero geloso?*-*) e Ari che piange... sempre un pugno al cuore.
Inaya invece è proprio figlia di Keyondre, non c'è che dire ahaha
Beh, adesso che succede? Sanno dove andare, quindi lo scontro è vicino? Chissà.
Grazie a tutti quelli che mi seguono, vi invito sempre a lasciare un commento e ci sentiamo la prossima settimana con un nuovo capitolo! Un bacio a tutti!
Flor :3

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 - La notte prima della battaglia ***


 

CAPITOLO 34
LA NOTTE PRIMA DELLA BATTAGLIA


 

Gennaio, anno 440 del XII periodo

Era incredibile quello che Ari era riuscito a compiere.
Sfruttando Nael, aveva incanalato il proprio mana in lui, per poterlo usare come catalizzatore di energia, e aveva utilizzato la volontà dell'anima del ragazzo di ritornare nel proprio corpo, unita alla lettura delle correnti oceaniche, per capire gli spostamenti di Tinirau fino a dove si trovava il tempio.
Grazie al suo collegamento con Natanael era stato in grado di vedere tutto quello che aveva visto lui attraverso gli occhi del suo vero corpo, che si trovava nelle profondità dell'oceano. Era stato trascinato e rinchiuso nel tempio grazie a un'energia benigna, che Ari aveva riconosciuto come Tangaroa.
Il resto era venuto da solo.
Era come se si fosse scolpita nella sua mente una mappa di tutto l'oceano esistente e la strada da percorrere era marcata con un pennarello indelebile. L'unica cosa di cui non era certo era il tempo che ci avrebbero messo per raggiungere il posto, ma non era così lontano quanto temeva.
Nael era rimasto sbalordito mentre gli spiegava quello che aveva fatto e anche Inaya aveva la stessa espressione.

“Lo sapevo!” la ragazza gli si buttò al collo, quasi strozzandolo. “Ero certa che ce l'avresti fatta!”
Nael schioccò la lingua, come al solito non tollerava troppo quello scambio di effusioni tra i due.
“Quindi non sei arrabbiata con me?”
“No!” esclamò a gran voce e con una punta di angoscia, staccandosi appena dal ragazzo. “Mi dispiace. Io non volevo dire tutte quelle cose! Speravo di convincerti e, quindi, ti ho spronato prendendo esempio da come fa mio padre e...” le sue guance si imporporarono appena, forse più per la vergogna che per altro. “...beh, ci sono riuscita, no?”
Ari soffocò una risata mentre lasciava andare la presa sulla Curatrice.
“Grazie, Inaya, mi hai aiutato molto.”
“Ci ho preso.” commentò Nael, consapevole che fosse stata tutta una tattica per far crollare Ari e convincerlo a riprovare l'incantesimo.
“E tu non hai deluso le mie aspettative!” continuò lei. “Sei un portento, dovresti diventare tu il maestro e mio padre l'alunno.”
Ari si grattò la testa, imbarazzato da tutti quei complimenti.
“Non esagerare.”
“Non sto affatto esagerando.” Inaya gli fece l'occhiolino e sorrise contenta.
Il biondo si ritrovò a scuotere il capo pensando che, per l'ennesima volta, Inaya si era preoccupata per lui e che tutte le parole non erano andate sprecate al vento, ma erano servite a farli arrivare dov'erano, così come anche quelle di Nael.
Era contento di aver trovato qualcuno come lei a riempire una parte della sua vita.
“Vogliamo andare?” il tono seccato di Natanael rimbombò nelle orecchie di Ari, che si mise a ridacchiare.
“Andiamo.”





Ormai stavano camminando da diversi giorni, forse era passata una settimana, ma adesso sapevano perfettamente che strada compiere. O, almeno, Ari lo sapeva e tanto bastava.
Stavano attraversando una zona ricca di cadaveri; la visione ricordò ad Ari lo scempio che l'aveva fatto star male qualche giorno prima e, anche se non l'avrebbe voluto, questa volta non volse mai lo sguardo.
Camminava dritto, senza arrancare, senza più rimettere; aveva deciso di affrontare quella realtà per prepararsi a quello che gli avrebbe riservato il futuro.
Risuonarono nella sua mente le parole che gli aveva ripetuto Keyondre.

“Mi ricordo ogni singolo volto di ogni singola persona morta. Questo mi ha reso ancora più forte. Ha plasmato il mio animo, mi ha costruito una corazza e una spada che posso usare per proteggere tutti gli altri.”

Era un peso che si sommava a quello che aveva già, e ricadeva su di lui così come doveva essere, altrimenti non sarebbe mai diventato forte e non avrebbe avuto il coraggio di proteggere e salvare le persone a cui teneva.
Nonostante ciò, non gli fu impedito di tremare dalla paura, di avere le lacrime agli occhi e il cuore palpitante dal disgusto di quello che erano stati in grado di compiere gli esseri umani. Anzi, quelli che avevano lasciato da parte tutta la loro umanità per la loro sopravvivenza.

Non è affatto una giustificazione. I maghi non sarebbero morti in ogni caso, perché non hanno mai scelto la loro razza per immolarla ai Sacrifici. È solo egoismo dell'uomo, lo stesso che ha causato tutta questa storia e che ha compromesso una divinità come Tinirau.

Ari strinse i denti e i pugni, ripensando alle parole di Tangaroa, mentre continuava a camminare in mezzo alla massa di cadaveri; la maggior parte era in stato di decomposizione, privi di pelle e con organi o muscoli in vista. Alcuni avevano persino le ossa esposte e bucate dagli organismi che abitavano i fondali.
Una piccola lacrima corse lungo la sua guancia.

Lo stesso che ha causato la morte di Nael.

Da una parte odiava profondamente tutti loro così come faceva anche Nael, ma dall'altra non poteva farlo. Il suo cuore e la sua mente non glielo permettevano perché i suoi genitori erano stati dei maghi, perché la sua prima amica era una maga, perché il Sommo Keyondre era diventato come un padre.

Perché se non fosse successo tutto questo, Nael sarebbe già morto da anni e farebbe compagnia alla moltitudine di cadaveri che si trovano qua sotto, e io non l'avrei mai conosciuto.

Era scosso e confuso.
Non sapeva come esprimere quel sentimento, oppure non aveva un nome e poteva semplicemente definirlo destino. Se il destino che era stato scritto per lui doveva percorrere una strada così difficile e in salita, irta e piena di ostacoli, lui li avrebbe affrontati tutti uno dopo l'altro, fino ad arrivare in cima e cominciare la discesa che l'avrebbe portato alla vita che aveva conquistato con tutte le sue forze.

Manca poco.

Il suo sguardo si distolse per un attimo e vide in lontananza quella che era una città sommersa, per niente simile a quella che avevano incontrato la prima volta. Questa era antica e aveva una certa aura affascinante e consacrata che impregnava tutto, anche adesso che si trovava in quello stato.
La strada era cementata a tratti e loro camminavano al fianco di essa per non incappare in qualche frammento rotto.
Percorsero qualche minuto lungo quella via, fino a quando non raggiunsero una torre che si era totalmente incrinata.
Qualche metro più distante, dietro di quella, si poteva scorgere lo stesso monumento che Ari e Nael avevano visto nella visione, ma non riuscirono a distinguere cosa fosse perché troppo distante.
La torre aveva una bellezza intrinseca, tanto che Ari quasi volle entrare, anche se non era la loro destinazione.
“Chissà a cosa serviva.” disse Inaya, spezzando il silenzio che si era creato da interminabili minuti.
Ari si voltò e la vide con lo sguardo puntato sulla torre.
Proprio in quell'istante si sentì folgorato da un ricordo che non gli apparteneva, ma che l'aveva attraversato come se stessero fluendo in lui tutte le memorie di quel luogo, memorie provenienti dalle anime che vi avevano abitato. Attribuì quella stranezza al proprio mana che stava leggendo le correnti dei flussi.
“Una prigione.” sussurrò quasi più a se stesso che all'amica.
Tremò all'idea che l'avesse trovata talmente bella da volerci entrare, consapevole adesso di quali crudeltà fossero accadute al suo interno.
L'urlo di un uomo che non esisteva più, e il quale cadavere probabilmente risiedeva ancora lì dentro, rimbombò nelle sue orecchie, tanto da doverle tappare con le mani.
“Ari, che succede?” domandò Nael, vedendolo sofferente.

Anche questo fa parte della sfida?

Verosimilmente era così, anche se nessuno l'aveva avvertito di quello che avrebbe provato nello stare in quel posto, e lui non aveva pensato che sarebbe mai potuto succedere.
Arrivare addirittura a cogliere tutti i tormenti delle persone che avevano vissuto in quel paese, sentirle premere nel proprio petto, facendogli fracassare il cranio, non era per niente una cosa facile.
“Tranquilli.” rispose per calmare i due compagni. “Solo... Andiamo avanti.”

Sopportare anche il dolore degli altri non l'avevo messo in conto.

Inaya lo guardò preoccupata.
“Sicuro?”
“Andiamo.”

Non era sufficiente il mio?

Probabilmente no, non lo era.
Nael avvertì una morsa al petto nel non sapere cosa stesse passando nella mente dell'altro.
“Ari, dovremmo riposarci.”
Non ci fu risposta a quella che sembrava più una supplica e Nael fu obbligato a seguire il biondo che stava avanzando verso quella che aveva tutta l'aria di essere una chiesa, ormai in malora.
“È tutto distrutto.” commentò Inaya.
“Tutta colpa dell'acqua.” disse Ari, come se stesse parlando ancora a se stesso.

Era rimasto quasi imprigionato in quella città che nascondeva qualcosa che non poteva essere spiegato. Forse era causato dall'anima di Tinirau, ormai piuttosto vicina, che amplificava tutto quello che di negativo era esistito lì nei dintorni, e Ari lo coglieva perché aveva l'Acqua come Elemento, il che lo influenzava ancora di più.
Si avvicinò con cautela alla cattedrale dallo stile antico e nello stesso tempo quasi austero, ma non poté non notare che le vetrate erano state di una bellezza unica, nonostante non fossero che detriti sparsi sulla sabbia grigia.
Prese in mano un frammento di vetro e fu colpito da una scossa. Vide l'acqua entrare con vigore e invadere le navate e la cappella fino a creare una pressione talmente elevata che il vetro era semplicemente esploso di colpo.
Si sentì ancora peggio quando scoprì che qualcuno stava dormendo nella stanza che doveva essere del parroco del paese e che non aveva neanche fatto in tempo a scappare che si era ritrovato sommerso fino alla gola.
Lasciò andare immediatamente il vetro e indietreggiò con gli occhi velati di lacrime.
Una mano si posò sulla sua spalla e riconobbe le morbide e piccole dita di Inaya.

“Che cosa ti è saltato in mente?” la ragazza gli prese il polso e lo trasse verso di sé. “Lasciati curare.”
Ari non capì a cosa si stesse riferendo, poi si guardò la mano e vide colare del sangue viscoso e rosso che si stava anche disperdendo in acqua.
Aveva stretto il coccio con così tanta forza che se lo era infilzato nelle dita mentre scorrevano le immagini di come era andato tutto distrutto.
“Io...” non sapeva cosa dire, neanche si era accorto di essersi ferito, ma adesso sentiva il dolore che si era procurato da solo.
Faceva male, benché non come le emozioni che lo stavano attraversando.
Inaya aveva la mano di un bianco tenue mentre la sua ferita superficiale si stava richiudendo, lasciando una cicatrice bianca che sarebbe svanita a breve.
La mente del ragazzo non riusciva più a pensare, solo una frase uscì fuori dalle sue labbra.
“Credo che dovremmo riposare...”





Ari si comportava in maniera strana da quando erano arrivati nella città e Nael non aveva ancora capito che cosa gli stesse succedendo. Aveva provato a chiedere, ma la domanda era stata evitata con un gesto della mano e un sorriso tirato, uno dei più falsi che gli avesse mai visto in volto.
Prima di giungere al tempio, si erano fermati all'interno della chiesa che sembrava vuota e priva di pericoli.
Il legno delle panche si era ammuffito, infatti queste avevano dei buchi qua e là, altre parti erano molto gonfie e alcuni oggetti per le cerimonie si trovavano per terra, sotterrate sotto macigni e sabbia che si era intrufolata all'interno della chiesa. Per il resto non c'erano decorazioni – e se ci fossero state in passato, adesso si erano sgretolate totalmente e non era rimasto più niente – e le vetrate rotte davano su alcune case con il tetto a metà e il muro sgretolato.
In ogni caso, era il luogo migliore dove riposare per qualche ora.
Ari doveva assolutamente recuperare e rigenerare il mana che aveva utilizzato per farli arrivare lì e Inaya doveva iniettarne una nuova fiala per non farlo finire nel bel mezzo della battaglia che li aspettava; Nael, invece, si sentiva inutile nell'essere un'anima priva di qualsiasi senso della percezione e in grado di toccare solo Ari.

Non posso neanche aiutarlo mentre combatte per me.

Scosse il capo, tirando un calcio a un sassolino – senza spostarlo di mezzo centimetro – prima di sedersi accanto ad Ari, che stava tentando di dormire senza molto successo.
Inaya si trovava di fronte a loro ed era già crollata nel mondo dei sogni non appena il suo turno di guardia era finito.
Nael prese ad accarezzare i capelli cenere dell'altro, che se ne accorse quasi subito e sospirò di piacere grazie a quel contatto. Il moro sorrise appena nel vedere che avesse ancora il potere di cambiare l'umore del ragazzo.
“Stai bene?” sussurrò.
Ormai quella domanda era di routine in quelle giornate e Ari annuì come risposta.
“Cosa ti è successo prima? Non dirmi che non ti sei accorto di starti infilzando.” ironizzò, alzando un sopracciglio e continuando ad accarezzarlo dolcemente.
Vide che Ari rimase pensieroso per qualche minuto, in silenzio, indeciso su come iniziare il discorso.
“Ho sentito alcune cose.” cominciò a parlare. “Come se tutti gli spiriti dei morti di questa città volessero mostrarmi com'è accaduta ogni disgrazia di questo posto.”
Nael sussultò, interrompendo le carezze per qualche istante.
“È stato orribile. Ovunque camminassi non potevo che percepire un uomo che strillava da una parte o una donna che piangeva di non portar via il proprio figlio dall'altra.” la voce di Ari era atona a dispetto delle lacrime che avevano cominciato a solcargli il viso. “Ho capito che voi non vi accorgevate di niente, quindi mi sono tenuto tutto per me e ho sopportato.”
“Ari...”
Nael era sconvolto. Non sapeva come avesse potuto reggere tutte quelle angosce da solo, non si era reso conto di quando fosse diventato così, ma aveva appena capito che Ari era molto più coraggioso di quanto si aspettava.

Questo viaggio lo sta trasformando e in meglio.

“Non preoccuparti, non ancora. Ti prego.” disse il biondo tra le lacrime e si strofinò gli occhi con il palmo della mano, dove adesso era sparita la cicatrice.

Sei tu quello che si è sempre preoccupato di me e che pensi sempre a me, e non sai quanto ti amo per questo.

Nael gli mise le mani a coppa sul viso per voltarlo verso l'alto e si abbassò sulle sue labbra, toccandole impercettibilmente, anche se avrebbe voluto un contatto profondo e intenso così come gli mancava da tanto tempo.
“Credo che questo non potrà mai cambiare.” glielo soffiò sulle labbra, sorridendo ironico. “Perché non dovrei?”
“Perché non so quanto lo merito. Perché non voglio far soffrire qualcuno. Perché non voglio far soffrire te e avere anche questo peso sulle spalle.”
“Sei davvero uno stupido.” Nael si sorprese di come fosse facile parlare tra loro da quando stavano viaggiando nell'oceano, erano rare le volte dove non venisse sentito. “Il preoccuparmi per te non mi fa soffrire, non è qualcosa che ti carichi sulle spalle. Sono io quello che se lo carica, perché se solo ti succedesse qualcosa di spiacevole non me lo perdonerei mai; significherebbe che non sono stato in grado di proteggerti e io ho promesso di farlo molto tempo fa.”
“Ma..”
“No, niente ma.” lo ammonì dolcemente, mentre si sdraiava dietro di lui e faceva aderire perfettamente il petto con la sua schiena. “Tutto quello che ti tormenta e che ti angoscia e anche tutto quello che ti fa sorridere e gioire devi condividerlo con me, così da poter condividere le emozioni e vivere insieme la vita che ci spetta.”

Quanto vorrei stringerti per davvero in questo momento...

“Non eri forse te quello che sbraitava ai quattro venti di fare tutto quello che si voleva giorno per giorno per il rischio della morte?” fece ancora il moro.
“Quello era per quando eravamo Sacrifici.”
“Perché, adesso cosa siamo? Io sono morto...” quella parola gli costò un sussulto da parte dell'altro, che contrasse i muscoli come se non fosse una questione del tutto accettata. “...e tu stai per affrontare una divinità. Direi che la morte non ci può essere più vicina di così.”
Ovviamente non pensava nemmeno che Ari sarebbe rimasto ucciso da quella missione, solamente perché non voleva accadesse, ma non era un'ipotesi da scartare. Inoltre, voleva che l'altro si confidasse con lui adesso che si era rintanato in un piccolo guscio di conchiglia, per ripararsi da tutto e tutti, e non aveva delle pinze per riaprirlo.
“Io voglio salvarti.”
“Ed è quello che stai facendo.” gli diede un piccolo bacio sulla testa, immergendo il naso tra i capelli.
“E se non ci riuscirò?”
“Ci avrai provato e, al massimo, tornerai da me e non con un suicidio.”
Un altro tremolio colse il corpo di Ari.
“Scusa.”
“Basta scusarti.” Nael lo abbracciò con tutta la forza che possedeva, senza avvertire la morbidezza dei fianchi dell'altro, la sua pelle liscia e il suo calore.

Sembra quasi una tortura.

“Però...” il maggiore riprese la parola. “Non morire.”

Ti scongiuro, non morire.

Volle piangere anch'egli, ma si trattenne.

Rimasero in silenzio a lungo dopo qualche altra chiacchiera futile, dove solamente il respiro sommesso di Inaya accompagnava i minuti che passavano.
Ari non dormiva ancora e Nael era sveglio per il suo turno di guardia, nonostante fosse al fianco del ragazzo e lo stesse cullando dolcemente, sperando che la prossima volta che l'avrebbe fatto, sarebbe stato con il proprio corpo vivo e vegeto.
“Secondo te sono ancora io?” improvvisamente Ari parlò.
“Cosa intendi?”
“Da quando sono diventato un mago... Sì, insomma... Sono cambiato?”
Sembrava che Ari gli avesse letto nel pensiero o che fosse un quesito che tormentava anche lui.
“Sicuramente lo sei, ma rimani comunque il mio Ari.”
Da dietro il corpo del biondo non poté notare il mutamento dei suoi zigomi da pallidi a rosso acceso, così belli che avrebbe avuto sicuramente voglia di baciarlo fino a svenire.
“Davvero?”
“Davvero, non ti fare questi problemi.”
“Quindi sono ancora pauroso, timido, introverso, inutile...”
“Ehi, ehi!” lo interruppe, dandogli un lieve pizzicotto sulla pancia. “Non darti questi epiteti, lo sai che non mi piace, perché tu sei molto più di quello che ti dipingi.”
“Continuano a dirmelo in molti.”
“Allora dovresti dar loro ascolto, che dici?” lo prese in giro, soffiandogli nell'orecchio per poi mordergli il piercing.
“Questo mi fa avere paura, non voglio deludere le aspettative di nessuno.”
“Stai avendo un qualche complesso pre-battaglia?” si fece ancora beffa di lui con una piccola risata.
“Non sto scherzando...”
“Senti...” Nael mise su un tono possente e armonioso nello stesso tempo. “Sei tu quello che ha deciso di affrontare questa sfida, e non parlo solamente di Tinirau, sto parlando di tutta la questione sull'essere un mago. Da quando te ne sei andato, hai preso le tue decisioni, hai seguito la strada che ti sei imposto e, anche se forse qualche volta ti sei voltato indietro, alla fine è come se avessi fatto una piccola piroetta su te stesso e fossi tornato a guardare dritto davanti a te.”
Ari si sentì riempire da quelle parole. Non poteva esistere nessuno come Natanael che gli poteva far provare quel tipo di sentimento. Solo grazie a lui era riuscito ad andare avanti e così sarebbe sempre stato.
“Ho riflettuto a lungo.” rispose Ari. “Ho capito che persona devo essere, ho capito quello che costa diventarlo e ho capito quello che voglio e come ottenerlo.” si appoggiò di più contro il petto dell'altro e gli porse la mano per intrecciare le dita insieme. “Tuttavia, succede che vacillo sui miei stessi pensieri. Ne sono convinto e l'attimo dopo mi sfugge ed è una continua altalena che mi spinge su e giù.”

Ari, quanto sei complicato.

Nael sorrise e prese a massaggiare con il pollice il dorso della sua mano.
“Dovresti semplicemente aver fiducia nelle tue risposte. Immagino che siano le uniche che possono portarti ad avanzare a testa alta fino a raggiungere quello che ti sei prefissato.”
Ari mugugnò per dare il suo assenso, anche se non risultò molto convinto e ottenne in cambio un altro pizzicotto che gli fece emettere un gridolino che, per poco, non svegliò Inaya.
Nael si sporse appena sul corpo dell'altro per poterlo guardare negli occhi, che si erano dipinti di un azzurro intenso con delle sfumature più chiare verso la pupilla.
“Credi in noi.”
Ari incurvò gli angoli della bocca all'insù e socchiuse gli occhi, lasciandosi andare a un senso di beatitudine che gli aveva infuso quella frase.
“È tutto ciò in cui credo.”
Nael non resistette e premette di nuovo le labbra su quelle dell'altro, con un leggero formicolio che l'attraversò proprio nel punto di contatto.
“Senti, non è che potresti ancora fare quella magia che hai compiuto sul ponte? Ho una voglia matta di baciarti.”
Ari si mise a ridere e, questa volta, corsero davvero il rischio di far svegliare Inaya. Tuttavia, la ragazza si rigirò dalla parte opposta e continuò il suo dormire.
“Questo non posso farlo, sarebbe mana sprecato.” sussurrò flebilmente.
“Non lo faresti per me? Avanti, solo qualche secondo!”
Quanto mancavano ad Ari quelle scenate da bambino viziato, ma fu costretto a scuotere il capo.
“Per quanto lo voglia anche io, non posso. Inoltre, non credo di riuscire a farmi bastare solo qualche secondo.”
Natanael spalancò gli occhi. Quella era una frase totalmente da lui e per niente da Ari.

Non so ancora dove sto trovando la forza di non saltarti addosso. Forse perché non posso toccarti e sarebbe inutile. È peggio di quando cercavo di controllarmi anni fa.

“Fidati, non ci riuscirei neanche io.”
“Oh, lo credo bene.”
Si misero di nuovo a ridere.
Era così strano che a qualche ora dalla battaglia decisiva loro due stessero flirtando in maniera spudorata come se fossero sulla terra, in una giornata tranquilla di Gennaio nella loro cascina e magari sul letto che aveva accolto i loro sogni per anni.
Peccato che uno fosse un'anima che non poteva essere vista dall'occhio umano e l'altro un ragazzo che stava morendo interiormente di paura per quello che avrebbe dovuto compiere a breve.

È comunque bello avere un momento per noi così.

Era già tanto che non ci fossero problemi di comunicazione e, Ari, gli aveva confidato poco prima che poteva anche essere causato dall'aura di quel posto che l'aveva avvicinato incredibilmente agli spiriti delle persone, che ancora sentiva sussurrare nella sua testa.
“Piuttosto, tu come stai?” chiese Ari, facendo un respiro profondo.
“Io? Beh, direi bene, anche se forse sono un po' pallido, tanto da essere diventato trasparente.” Nael si beccò un'occhiataccia a causa di quel sarcasmo per niente divertente, quindi decise di tornare serio. “Sai, è da quando abbiamo intrapreso questo viaggio che ho il terrore di imbatterci nella nave su cui ho viaggiato quando ero bambino.”
Ari avvertì chiaramente la malinconia in quelle parole e gli si strinse il petto. Sapeva quello che era successo a Natanael e sapeva quanto fosse ben impressa dentro di lui la scena della nave che colava a picco con i suoi genitori e lui che si abbandonava all'oscurità degli abissi. Aveva creduto che possedesse un coraggio ammirevole per averlo seguito in quella missione e, adesso, sapeva che si era tenuto per l'ennesima volta tutte le paure dentro di sé per il suo bene a dispetto del proprio.
Lo amava pienamente per questo.
“Conoscendomi, so che vorrei entrare nel relitto.” continuò il maggiore. “E potrei trovare il cadavere, anzi... le ossa e, forse, solamente la polvere di quella che era una persona e quella persona potrebbe essere mia madre. Non so se potrei mai cancellare l'immagine dalla mia testa e, nello stesso tempo, vorrei raccogliere le ceneri per dare il giusto addio. Anche se probabilmente sarebbe la persona sbagliata.” una piccola risata amara si soffocò subito tra le sue labbra.
Ari si ritrovò ancora una volta le guance bagnate, incapace di contenere le proprie emozioni davanti a quelle dell'altro.
“Non volevo farti piangere.” il capo di Nael si chinò fino a sfiorare con le labbra una piccola perla limpida.
“Grazie, Nael.”
“Mh?”
“Per essere venuto con me nonostante tutto.”
“Ma che dici, sciocco.”
“Se solo fossimo in circostanze diverse, avrei fatto di tutto per ricercare la nave affondata per seppellire degnamente i tuoi genitori.” continuò senza dar retta a Nael. “E potrò farlo se è quello che desideri, quando tutto questo sarà finito.”
“Non devi.” rispose con un piccolo sorriso.
“Perché no?”
“Ho capito che è meglio non disturbare i morti dal loro sonno. Per questo non ti ho detto niente, sapevo che mi avresti risposto in questa maniera, e io non voglio che tu lo faccia. I miei genitori sono un ricordo lontano, talmente lontano che sono sfocati e privi di forma. Preferisco, però, avere queste piccole memorie di un bambino di tre anni, che – come ho già detto – la visione di un cumulo di ossa e polvere.”
Nuovamente si creò uno strano silenzio, che fu interrotto dal biondo.
“Allora faremo una cerimonia in loro onore.”
“Ti ho detto...”
“Per non perdere le ultime memorie che hai di loro e per ringraziarli per averti dato alla luce e portato da me.”
Nael sussultò, non si era aspettato anche quello.

Sì, sei decisamente cambiato. E amo ogni metamorfosi che ti porta a essere una persona sempre più magnifica. Se quando ti ho conosciuto eri un piccolo germoglio, adesso sono sbocciati i fiori e profumano della tua essenza e incantano al sol vederli. Non posso fare a meno di ripeterti che...

“Sei magnifico.”
Nael incastrò il capo nell'incavo del collo dell'altro e gli posò una serie di baci insapori, mentre Ari si abbandonava a quelle attenzioni delle quali avvertiva unicamente la pressione e quell'onnipresente stato di freddo sulla pelle.
Uno sbadiglio riportò entrambi con i piedi per terra e si voltarono per osservare Inaya con la treccia mezza disciolta e gli occhi assonnati e mezzi aperti, che stavano venendo sfregati dalla sua mano chiusa a pugno.
“Ditemi che non è ancora il mio turno.” bofonchiò con la bocca impastata.
Ari e Nael non riuscirono a trattenersi dal fare una risata e la rassicurarono, dicendo che mancava ancora più di mezz'ora.





“Wow...” fu il commento di Ari, Nael e Inaya che si trovavano proprio di fronte al tempio.

La struttura era più grande di quello che avevano previsto, saliva di parecchi metri, tanto che il tetto della parte centrale – più alta rispetto a quelle laterali che scendevano a scalinata – aveva dei riflessi come colpito dalle increspature che il sole proiettava a livello della superficie.
Il tutto era costruito in pietra e i pesci si divertivano a girare tra una colonna e l'altra che dividevano in sezioni l'intero edificio. Delle finestre prive di vetro e con dei piccoli balconcini vorticavano intorno a tutto il tempio da un'altura di qualche metro da terra.
Solo dopo che Ari si fu avvicinato al portone enorme, poté notare che tutta la superficie fosse ricamata da disegni scolpiti. Disegni che riferivano una storia riguardante gli umani e le divinità che facevano da santi in quella città.
Non sapeva leggere perfettamente quel racconto, ma era sicuro che parlasse di lealtà, battaglie, vittorie e sconfitte fino a giungere alla più completa esaltazione della vita.

“È bellissimo.” fece Inaya, posando una mano su quello che era il volto di un umano con dei vestiti che non avevano mai visto.
In quel momento, la ragazza ritrasse le dita, come investita da una scarica elettrica, e si illuminò tutto di una flebile luce azzurra.
“C'è una barriera.” disse Ari, per nulla sorpreso. “Ma non dovrebbe procurarci alcun danno.” ripensò alle parole di Tangaroa in sogno che gli spiegava in dettaglio. “Solo che è tutto sigillato.”
“Come entriamo allora?” chiese Nael, arruffando i capelli cenere di Ari.
“Dalla porta?” ironizzò il minore.
“Credo di iniziare a capire cosa intendi quando dici che non sono per niente divertente.”
Ari sorrise e si mise a tastare tutto il portone. Era così immenso e maestoso che era un peccato creare una spaccatura per poter entrare e rovinare così quel bel bassorilievo.

D'altro canto, è quello che mi ha suggerito di fare Tangaroa.

Sospirò, richiamando in sé il Mana, e le sue mani si tinsero di azzurro fino a diventare di ghiaccio. L'energia cominciò a fluire all'esterno fino a penetrare completamente nella pietra e contornare il perimetro dei disegni, illuminando tutto di azzurro chiaro.
Ad un certo punto, Ari sibilò qualcosa e, quella che prima era roccia, adesso era un ammasso di ghiaccio di dimensioni sufficienti per permettere il passaggio di loro tre.
Inaya e Nael rimasero in silenzio mentre Ari compiva l'incantesimo, poi la ragazza si abbassò per prendere un sasso abbastanza grande e lo consegnò nelle mani del biondo, che prese la mira e lo lanciò.
Parte del portone andò in frantumi con un suono come di una cascata imponente che si riversava su un lago.
“Andiamo.” disse Ari, soddisfatto di se stesso, e varcò la soglia.
Gli altri due lo seguirono immediatamente.

L'interno del tempio era più austero di quanto si aspettassero rispetto a come si presentava l'esterno. Era diviso in tre navate, dove quella centrale occupava la maggior parte dello spazio e quelle laterali erano riempite da statue che raffiguravano le stesse divinità rappresentate sulle mura.
Alle pareti vi erano appesi diversi arazzi, alcuni dei quali ormai in brandelli e su ognuno vi era impresso il simbolo dell'Acqua che tanto Ari conosceva.

Non è stato rinchiuso in un tempio qualsiasi...

Si ritrovò a pensare mentre avanzava fino al centro della stanza e alzò lo sguardo. Il soffitto era molto alto e le arcate erano decorate da ghirigori simili a quelli che erano presenti anche nella sua tunica da mago.

Questo è un tempio costruito dai maghi per onorare le divinità, non ho alcun dubbio.

Chissà quali riti si compivano lì dentro. Da quando si erano svegliati per arrivare al tempio, non era stato più in grado di percepire le anime straziate dal dolore e, anche adesso, non avvertiva niente.
Pensò che fosse meglio così perché non sapeva quanto avrebbe ancora sopportato quelle angosce tutto da solo senza potersi coprire le orecchie.

E sembra anche parecchio antico.

Probabilmente si trattava di un tempio costruito molti anni addietro, quando il compito dei maghi non era stato necessariamente quello di raccogliere Sacrifici per offrirli alle divinità.

Ma quando seguivano i valori in cui credevano i miei genitori, puri e umani.

“Dove lo troviamo Tinirau?” domandò Inaya.
“Credo che dovremo cercare ovunque...”
“Ci aspetta una lunga ricerca.” sentenziò Nael.
“Tu non avverti nulla? Sì, insomma... la tua anima non vuole tornare nel proprio corpo?” gli domandò Ari con un pizzico di paura.
Adesso che erano davvero vicini gli sembrava che le gambe stessero per cedere e l'ansia gli riempiva la gola per non permettergli più di respirare.
Era terrorizzato, eppure si era ripromesso che avrebbe lasciato da parte quel sentimento non appena sarebbe stato il momento opportuno. E questo lo era.
“In effetti mi sento un po' strano...” Nael si guardò intorno fino a quando un impulso istintivo gli fece prendere una direzione e le sue gambe si mossero da sole. “Seguitemi.”
“Come se fosse facile.”
In effetti, non era possibile seguire qualcuno che non si poteva vedere; perciò, dovettero basarsi unicamente sulle indicazioni che venivano colte da Ari.

Oltrepassarono la stanza fino a salire le scale e si ritrovarono in un corridoio pieno di porte, alcune aperte, altre chiuse. Una di queste dava a una biblioteca, dove i libri erano ormai ingialliti e le pagine, perlopiù, sciolte in piccoli frammenti. Forse la magia era impressa in loro, ma questo non gli aveva impedito di rovinarsi.
Camminarono per qualche altro minuto, andando in una zona completamente nuova che dava sulla sinistra del tempio e dalla quale si poteva vedere la chiesa in cui avevano riposato poche ore prima.
Giunsero all'ennesimo corridoio e questo era totalmente intonso, privo di decorazioni, statue, bassorilievi.
Sembrava incompleto rispetto al resto della struttura.
“Lo sento.” disse Nael, indicando la porta davanti a loro.

Ci siamo. Ci siamo davvero e non so se sono pronto.

Ari ingoiò a vuoto, tremando e scuotendo il capo per cacciare ogni pensiero negativo.

Devo esserlo, mi sono preparato unicamente per questo. Devo far vedere a tutti quello che sono in grado di fare per riavere la persona che amo.

Camminò con passi piccoli ma decisi verso la porta e tremò ancora quando allungò una mano per togliere il chiavistello e aprirla.

Soprattutto devo farlo vedere a me stesso.

“Andrà tutto bene.”
La voce di Nael lo fece respirare dopo quei secondi dove si era dimenticato di farlo.
Aprì e rimase pietrificato, colto da un turbinio di emozioni che gli fecero fermare il cuore nel petto.
Sapeva cosa avrebbero visto i suoi occhi, pensava di averlo accettato, eppure la realtà era molto più difficile delle sue fantasticherie e faceva male da morire.
“Non mi aspettavo una visita così presto. Mio padre non mi ha informato della cosa.” la figura in fondo alla stanza, seduta su un letto logoro, li guardò beffarda. “Se l'avessi saputo, avrei riordinato un po' la mia camera.”
Quella voce, quel viso, quel corpo.
No, non sarebbe mai stato pronto per quello.

Nael!


 

NOTA DELL'AUTRICE:
DANDANDAAAAN! Ok, lo si sapeva già cosa sarebbe successo, ma, come dice Ari, vederselo davanti è diverso che pensarlo. Questo capitolo è tra i miei preferiti perché è pieno di cose. A partire da come Ari reagisce di fronte ai cadaveri e alle immagini che si palesano dentro di lui, al discorso con Nael prima della battaglia (doveva esserci, si vede che sono appassionata di RPG u.u) dove vediamo quanto è cresciuto anche se non sembrerebbe. Spero che abbiate amato il loro momento così come io ho amato scriverlo (anche se non possono vedersi/toccarsi sono troppo dolci ahah). Per quanto riguarda il cambiamento di Ari se ne fa parola anche all'inizio di questa storia, se qualcuno ricorda, se ne parla sia nel 6 che nel 10, ma è visto come qualcosa di negativo da parte di Nael e adesso vediamo come ha cambiato anche lui opinione.
E niente... siamo davanti a Tinirau! Accipicchia! Siamo alla battaglia! Come andrà a finire? *mette ansia*
Grazie a tutti quanti quelli che mi seguono e ci sentiamo settimana prossima con un nuovo capitolo!
Flor :3

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 - Combattere contro se stesso ***


 

CAPITOLO 35
COMBATTERE CONTRO SE STESSO

 

Gennaio, anno 440 del XII periodo

Ancora non ci credeva.
Nael era lì davanti a lui, eppure non era il Nael che conosceva, ma solo un involucro che conteneva lo spirito malvagio di Tinirau.
Questo non gli impedì di perdere la sensibilità alle gambe, di offuscarsi la vista a causa delle lacrime e di sentire una pressione opprimente al petto.

Nael, sei proprio tu...

Era così come l'aveva visto l'ultima volta. Era nudo, con un foro nel petto diventato quasi marcio e dai colori che andavano dal viola al nero, alcuni pezzi di carne si erano staccati da esso e pendevano al di fuori. Forse l'anima della divinità non aveva avuto pienamente il controllo sulla conservazione del corpo, chissà se a causa del potere indebolito dopo tutti quegli anni, passati senza poter esercitare a pieno la propria forza.
Ad Ari faceva male quella visione.

Vederti e nello stesso tempo non vederti, mi sembra di star per morire.

La luce soffusa, causata dai bagliori dei riflessi di alcuni coralli nella stanza, gli fece notare un dettaglio che ribadiva che quello non era affatto Natanael.
Aveva entrambi gli occhi neri.
Un nero infinito, minaccioso, oscuro come non si era mai accorto.

Sono sempre stati così?

Si sentiva risucchiato, intrappolato, concatenato, ma non aveva niente a che fare con la prigionia che conosceva quando si perdeva negli occhi di Nael. Era dolorosa e gli faceva rivoltare le interiora.

No. Questi occhi rappresentano tutto il male che esiste al mondo.

Quelli di Nael, invece, possedevano una piccola luce in fondo al tunnel, nel quale risiedeva tutto il bene che una persona potesse avere. Quella scintilla era svanita perché l'anima del ragazzo non era più al suo interno, lasciando il posto all'oblio.

Non credevo che si nascondesse una brutalità tale dentro di te, non si era mai mostrata.

Quello che non poteva chiamare Nael, ma Tinirau, lo stava fissando senza mai distaccare lo sguardo e la sua espressione era quasi derisoria e disumana.

Come ho fatto a non intuirlo mai in tutti questi anni?

Era incredibile come potesse essersi celata così a lungo quella porzione che non era Nael, ma che lo abitava come se ne facesse parte.
Ari fu scosso da un singulto e dovette serrare le labbra per non far uscire quel suono.
“Ti prego, non annoiarmi ancora con i tuoi piagnistei. Ne ho già sopportati abbastanza senza poterti cucire quella boccaccia che ti ritrovi.” commentò Tinirau, alzandosi dal materasso con un movimento così aggraziato che pareva Nael nei momenti in cui agiva da ladro.
Solo ora, Ari, si rese conto che non aveva la stessa tonalità di Natanael.
Forse perché a primo impatto era stata un'emozione troppo forte da sopportare, tuttavia, adesso, poté affermare con precisione che anche la voce non fosse la medesima. Ci assomigliava e non poteva che essere così, dato che erano le corde vocali del ragazzo a parlare, eppure era come se Tinirau non avesse avuto neanche il controllo su di esse, tanto da non saper far uscire i suoni allo stesso modo del vero ragazzo.
Provò una vibrazione strana che risalì lungo la schiena fino a fargli rizzare i peli dietro al collo.

C'è così tanto disprezzo in lui...

Associare quella frase al volto di Nael era una coltellata nel petto per Ari.

...quello che ho sempre avuto paura di ricevere da Nael, quando ancora non avevo capito che si fosse affezionato davvero a me.

All'improvviso ebbe il terrore che tutto quello che aveva passato e che gli era stato detto non era che un'enorme illusione.

E se Tinirau avesse sempre comandato ogni azione e parola di Nael?

Spalancò gli occhi, trovandosi a tremare e indietreggiare di un passo, quasi inciampando su se stesso.
No, non poteva essere. I sentimenti dell'altro erano troppo puri per poter essere associati a quella crudeltà che era la divinità figlia di Tangaroa.

Il nostro amore è reale, su questo non posso dubitare.

Fece un piccolo sospiro e sentì la testa girare. Aveva voglia di sedersi o lasciarsi abbandonare sul letto per cadere nel mondo dei sogni e risvegliarsi nella sua cascina prima che tutto quel casino fosse iniziato.
Una risata agghiacciante e soffusa scaturì dalle labbra di Tinirau.

Questa non è la risata che ho imparato a conoscere.

“Quell'espressione è riluttante.” disse ancora la divinità, con un tono scocciato.
“Smettila!” questa volta fu il vero Nael a parlare. “Non osare insultare Ari o...”
“O cosa?” un piccolo ghigno fece capolino sul volto di Tinirau, interrompendolo.

E questo non è il suo sorriso.

“Mi hai sentito?” chiese Nael, sorpreso.
“Sono una divinità, credi che non riesca a percepire uno spirito? Per giunta uno che conosco come le mie tasche e che ho provato a influenzare senza molto successo, purtroppo.” sospirò esageratamente. “Ti sento e ti vedo bene.”
“Meglio così! Almeno puoi ascoltare per bene la mia voce mentre ti dico che sei un emerito bastardo!”
Tinirau schioccò la lingua.
“Come se potessi darmi qualche turbamento l'insulto di un ragazzino morto. Ah!” la sua attenzione si spostò su Inaya, che era qualche passo dietro ad Ari e cercava di tenere il filo del discorso, sorpresa di poter udire qualche parola fuoriuscita dalle labbra di Nael, domandandosi se non fosse causato da Tinirau stesso. “Questa deve essere la maga senza Mana.”
“Come fai a conoscermi?” Inaya parlò con spavalderia che celava il terrore dentro di lei.
“Ho sentito la tua presenza durante il rituale del Sacrificio. Trovo che sia immondo che qualcuno faccia finta di possedere il Mana pur di sopravvivere...” fece una piccola pausa. “Lo apprezzo e sarei onorato se vorrai donare a me la tua anima quando morirai.”
Inaya sbiancò di colpo, tuttavia, questo non le impedì di usare la sua lingua tagliente.
“Le mie azioni sono votate alla purezza, nulla di quello che ho fatto nella mia vita si abbassa alle tue calunnie e non ti darà il potere che credi.”
“Questi umani... Vedo che non avete perso l'abitudine di rendervi più importanti di quanto non siate.” fece un passo avanti, avvicinandosi al gruppo. “Effimeri granelli di sabbia che non valgono nulla.”
Inaya si zittì all'istante.
Ari stava ancora trattenendo il respiro, mentre gli occhi davano tutti i segnali per riempirsi di lacrime.

È come mi sono sempre sentito...

Gli pareva strano rivolgersi a Tinirau con quell'aspetto, voleva volgere lo sguardo altrove e nello stesso tempo gli era impossibile. Le sue iridi celesti come il cielo senza nuvole stavano scrutando i lineamenti che trovava così familiari: la mascella lievemente spigolosa, gli zigomi accennati nella rotondità del viso, la linea degli occhi – dai quali dovette subito staccare i propri per non ricadere vittima di quell'oscurità – i capelli troppo lunghi rispetto a come era solito portarli mentre era in vita ma neri e soffici come ricordava.
Era una bellezza unica e adesso aveva un qualcosa in più che non poteva definire e che lo paralizzava. In un certo senso era terribile, però gli diede il coraggio di prendere la parola.
“Non puoi dire che tutti la pensano così. Io mi reputo quel granello di sabbia.”
“Ari...” Nael allungò una mano per afferrargli il braccio e lo strinse così forte, che se avesse avuto il sangue che circolava, avrebbe avuto le nocche bianche.
Tinirau alzò un sopracciglio e Ari dovette rintracciare un'altra punta di audacia dentro di sé per continuare a parlare.

“So perfettamente di non contare nulla. Non ho mai azzardato a ritenermi più di quanto non fossi, anzi, mi sono sempre sminuito e l'ho capito solo parecchio tempo dopo che Nael è entrato a far parte della mia vita.” si portò un pugno stretto al cuore e avanzò di un passo, facendo ondeggiare i capelli cenere davanti al viso. “Proprio lui, un altro granello di sabbia, mi ha ricordato che insieme possiamo essere molto di più, possiamo formare un litorale ed estenderci oltre, sia per mare sia per terra. Se spinti dal vento, possiamo viaggiare e ritrovarci ovunque per cercare i frammenti del nostro destino e ricomporli per completare a pieno la nostra vita.”
I suoi occhi azzurri erano talmente intensi che fecero venire i brividi a Nael.
“Per questo non posso darti torto. Noi esseri umani siamo granelli di sabbia, ma insieme...” si voltò prima verso Inaya e poi verso Nael. “...questa piccolezza non conta nulla.”
Quel discorso era davvero uscito dalla sua bocca, forse non era stato così chiaro quanto avrebbe voluto, eppure ci aveva messo tutto il cuore.
“Per forgiare un lido servono ben più di tre granelli.” Tinirau rispose conciso.
“Ma ne basta uno per farti provare fastidio, se ti entra in un occhio.” disse Nael, prendendo la mano del biondo.
“In effetti mi state dando molto fastidio.”
Tinirau prese a camminare verso di loro, che si raggrupparono vicini, pronti a qualsiasi evenienza. Questo girò attorno a loro fino a essere con le spalle alla porta, ancora aperta, e non perse mai il contatto con i loro visi, scrutandoli con un'espressione a metà tra il divertito e il raccapricciante.

È impossibile interpretare quello che sta pensando...

Ari tese istintivamente un braccio davanti a Inaya come per proteggerla.

...se vuole solo parlare o...

“Ma credo che sfrutterò la vostra visita di cortesia per i miei propositi.”
Così dicendo, Tinirau si scaraventò verso l'uscita.
Ciononostante, Ari aveva presagito quale sarebbe stata la sua prima mossa già da qualche minuto. Sfruttò le correnti oceaniche per sbattere con prepotenza la porta e chiuderla usando il chiavistello dall'altra parte che, probabilmente, era impregnato da un incantesimo che non permetteva a Tinirau di toglierlo per fuggire.
La divinità finì con lo sbattere la faccia sulla soglia e si massaggiò il naso, voltandosi con un ringhio furente verso il ragazzo, e lo minacciò con gli occhi.
Ari respirò con affanno, ringraziando che avesse fatto in tempo, però quegli occhi puntati su di sé non promettevano nulla di buono.
“Credo, invece, che ci faremo ancora un po' di compagnia.” affermò Inaya, facendo venire un groppo in gola ad Ari, che non avrebbe mai ostentato una sicurezza tale nel provocare il nemico.
Stava per succedere la seconda opzione che non aveva ancora avuto il coraggio di pensare.

...combattere.

Erano andati lì con uno scopo ben preciso: recuperare il corpo di Natanael, e per farlo dovevano uccidere la parte malvagia di Tinirau che risiedeva in lui.

Devo combattere.

Non c'erano altri modi se non commettere un omicidio e, per giunta, quello di una divinità. Solo che un problema affliggeva Ari.

Devo combattere contro Nael.

I suoi occhi si posarono nuovamente sulla sua figura e sui muscoli delle braccia che l'avevano accolto e protetto infinite volte, sul petto – anche se adesso era squarciato – sul quale aveva dormito molte notti, sul collo dove aveva poggiato la testa a ogni abbraccio, perché la differenza di altezza non gli permetteva di andare oltre.
Faceva così male pensare che dovesse ulteriormente sfregiare quel corpo e non era pronto.
“Non mi è mai piaciuto il sarcasmo.” commentò Tinirau.
“Dannazione, la tua deve essere stata una dura convivenza forzata nel mio corpo.” rispose Nael, con un mezzo sorriso.
“Mi riferivo proprio a questo.”
Ari osservava tutti i suoi movimenti mentre si avvicinava sempre di più, pericolosamente.

Lui non è Nael...

Cercava di convincersi continuando a ripeterlo, eppure quello era il suo corpo.
“Fortunatamente.” riprese Tinirau dopo qualche attimo di silenzio. “So come metterti a tacere. Sai, dopo tutto questo tempo ho imparato quali sono i tuoi punti deboli.”
Nael strabuzzò gli occhi e, di scatto, trasse a sé Ari.
Non fu che un attimo che Tinirau si lanciò sul gruppo per attaccarli e loro riuscirono a schivarlo; Inaya rotolò verso la porta, mentre gli altri due caddero insieme vicino al letto.

Non è Nael.

Non avrebbe mai pensato di venir aggredito da qualcuno dalle sembianze di Natanael.
Stavano risalendo in Ari tutti i pensieri negativi che si era fatto con il passare degli anni, ma mai c'era stato anche il subire una violenza da parte sua.

Non è Nael!

“Ari, spostati!” urlò Nael, dandogli un colpo con i piedi.
Il biondo rotolò da una parte per evitare l'ulteriore attacco, dato che Tinirau si scaraventò direttamente contro di lui, e si ritrovò faccia a terra ad ansimare a causa dell'agitazione.
Adesso si trovava con l'acqua alla gola, era davvero iniziata la battaglia e non poteva più scappare.
“Avanti, fatti sotto.” Tinirau si leccò le labbra avidamente, sembrava non aspettasse altro che quella sfida. “È da tanto che non mi diverto un po', sempre schiavo di quel pezzente.” disse riferendosi a Nael. “Che a sua volta era schiavo di te.”
Ari sussultò.
Lui sapeva tutto, era a conoscenza di tutto quello che era successo perché era stato come un parassita all'interno del corpo di Natanael e avevano condiviso tutti gli avvenimenti accaduti nel passare degli anni. Conosceva le sue emozioni, i suoi turbamenti e ne era anche causa delle volte.
In qualche modo, sentì che era stato violata la vita stessa della persona che amava.

Forse alcune decisioni che ha preso, alcune risposte che ha dato...

Gli venne in mente di quando Nael gli aveva raccontato della sua fuga da casa prima di diventare un accattone.

...le sue paure...

Lo vide rannicchiato sotto le coperte durante una tempesta, con i lacrimoni agli occhi ma il sorriso sempre presente per non farlo preoccupare.

Tutti i suoi lati negativi sono stati amplificati da Tinirau.

Si alzò in piedi, cercando di non pensare alle ginocchia che gli tremavano.
Spettava a lui vendicare Nael per tutto quello che gli aveva fatto provare.
“Schiavo di un moccioso come te.” concluse il suo discorso la divinità, mentre si passava una mano tra i folti capelli.
“Adesso mi hai fatto arrabbiare!” la delicata voce di Inaya eruppe all'improvviso.
La ragazza era saltata in groppa a Tinirau e gli teneva un braccio al collo quasi a strozzarlo.
“Inaya!” esclamò Ari, vedendo che l'altro si stava dimenando per sbarazzarsi di lei e questa, in risposta, gli morse la spalla con tutta la forza che aveva.
In seguito, Tinirau indietreggiò fino a sbattere contro la parete e Inaya fece un urlo strozzato, picchiando fortemente la testa.
Ari non poteva più stare a guardare. Non si sarebbe mai perdonato il dolore di un'amica a causa sua, quindi si gettò contro Tinirau, attraversando la stanza e richiamando il mana in sé.
Avvertì quel formicolio, che adesso era così familiare, sulle dita e fu pronto a colpire il nemico.
“Inaya, lascialo andare!” gridò e lei si accasciò sul pavimento proprio un secondo prima che dalle dita di Ari zampillò fuori una scia di mana, che prese le sembianze di un drago d'acqua che scaraventò Tinirau sul soffitto, facendolo ricadere con un tonfo sul pavimento in pietra.
“Piccolo bastardo...” disse la divinità, mettendosi a carponi e notando che del sangue gli stava colando dal labbro che si era spezzato.
Quando si voltò verso il biondo, questo non poté trattenersi e il fiato cominciò a mancargli.

Ho colpito Nael... L'ho ferito...

Guardò le ginocchia che si erano appena sbucciate e quel taglio al labbro dal quale stava uscendo un filo di sangue che si andava a confondere con l'acqua del mare.
Poteva convincersi per ore che quello non fosse Natanael, ma il corpo era il suo ed era quello che doveva salvare e non distruggere.

Finirò con l'ucciderlo di nuovo in questo modo.

Le immagini del Sacrificio gli si palesarono davanti e dovette coprirsi gli occhi con entrambe le mani per scacciarle via, mentre una risata gli giungeva alle orecchie.
Rimase immobile, combattendo contro le visioni nella sua mente.





“Ari, che succede?” gli domandò Nael, senza ricevere risposta.

Il moro si sentiva così inutile in quel momento.
Aveva accompagnato Ari e Inaya in quella missione, ma non aveva il potere di aiutarli fisicamente. Tutto quello che poteva fare era guardare mentre Ari stava andando in preda al panico e Inaya sgattaiolava via da Tinirau per non farsi prendere di nuovo.
Inoltre, gli faceva un certo senso vedere la propria immagine in quel modo, con quello squarcio nel petto e quel terrore che avevano assunto i suoi occhi. Adesso poteva capire una parte del dolore che aveva provato Ari durante il rituale e, anche adesso, non doveva essere per niente facile per lui.

Forse non vuole attaccarmi, non vuole ferirmi.

Anche Nael stesso aveva una certa remora nel dover assalire se stesso.
Nonostante ciò, ci provò ugualmente, perché non poteva lasciare che facessero tutto gli altri due. Non era mai stato nella sua indole abbandonare qualcuno in difficoltà, anche se non se la cavava molto bene nei combattimenti corpo a corpo e lo sapeva bene. La sua pelle aveva delle cicatrici ormai rimarginate che l'avevano segnato tempo prima, quando non era che un ragazzo di strada e anche più avanti.

L'ultima volta che ho aggredito qualcuno stavo per non far ritorno da te. Ma questa volta il nemico sono io, quindi dovrei saper abbastanza bene come muovermi, no?

Sembrava quasi che si stesse incoraggiando da solo.
Si voltò verso Ari che era ancora immobile nel centro della stanza, con le mani poggiate agli occhi e la bocca semi aperta dalla quale uscivano alcune bollicine.
“Va bene, Nael.” parlò a se stesso. “O adesso o mai più.”
Si scagliò contro Tinirau, impegnato ad afferrare Inaya che aveva agito prontamente per far da esca mentre Ari si riprendeva da non sapeva bene cosa.
Andò dritto con un pugno sul suo viso, ma accadde quello che temeva.
La sua mano attraversò il corpo e avvertì un bruciore, come se l'anima stessa di Tinirau avesse danneggiato la propria. Vacillò senza cadere e imprecò a denti stretti.

Merda! Merda! Merda!

“Cosa credevi di fare, eh?” rise Tinirau.
Nael aveva sentito chiaramente il volere di rientrare all'interno del proprio organismo, tuttavia, questo era già occupato da un'anima che non gli apparteneva e non aveva la facoltà di sostituirla o di condividere lo spazio così come aveva fatto in precedenza Tangaroa.
Spalancò gli occhi a quel pensiero.

Se funzionasse... se solo funzionasse...

“Ari?” lo chiamò e il ragazzo guardò nella sua direzione tra le fessura delle dita. “Sto per provare a fare qualcosa di molto stupido, ma se ci riesco, stai pronto a colpire.”
Il biondo scattò a quella frase, dimenticandosi del resto.
“Che cosa stai dicendo?”
Il non poterlo vedere era una complicanza non da poco, non sarebbe neanche potuto intervenire per fermare qualsiasi sciocchezza stava per compiere. Ari ingoiò a vuoto, aspettando un qualsiasi segnale da parte dell'altro, mentre le sue gambe non si azzardavano a compiere neanche un passo.
Nael prese un respiro profondo e il suo sguardo si fece determinato.

Se solo riprendessi possesso del mio corpo, se riuscissi a scacciare l'anima di Tinirau, Ari potrebbe distruggerla senza problemi.

Nael non ci pensò due volte e scontrò tutto se stesso con Tinirau.

Ci sono, sono dentro.

Lo avvertiva chiaramente.
Provò a muovere la mano per accertare che avesse il controllo di sé. Purtroppo, si sentì bloccato, come se un macigno fosse al di sopra, tanto da impedirgli ogni movimento.

Maledizione!

Una risata riecheggiò intorno a lui.
“Tinirau! Figlio di puttana!”
Nessuna risposta, se non il continuo suono di quella che assomigliava parecchio alla sua voce, anche se più agghiacciante e malefica. Una voce che gli ricordò una scena del suo passato, mentre inveiva contro Kaleo e la donna che l'aveva accolto come figlio.
In quell'istante provò del rimpianto che scemò subito dopo, quando un'ombra avvolse tutta l'area circostante.
Aveva creduto di poter aiutare Ari in qualche modo e non si sarebbe arreso fino a quando non ci sarebbe riuscito. Poco contava il fatto che al momento gli era impossibile muoversi, ci avrebbe provato e riprovato.
“Cazzo!”
Tutto di lui era bloccato e imprecare gli sembrava l'unica soluzione per non cedere. Aveva una visione piuttosto offuscata dalla rabbia in quel preciso istante.
Quale catena lo teneva imprigionato? Perché non comandava il proprio corpo? Come si sarebbe liberato da quella costrizione?

Se agendo in questo modo rimanessi intrappolato, oltre a non trascinare fuori l'anima di Tinirau...

Un groppo alla gola lo fece deglutire, però, lo sentì immediatamente inerpicarsi insieme a un conato di vomito.

...allora non sarei neanche più in grado di affiancare Ari in forma di spirito.

Strinse i denti fino a sentir scricchiolare la mascella.
Non esisteva, non poteva permetterlo.
Urlò con quanto fiato aveva nei polmoni, tralasciando che non respirasse più e che tutto ciò che la fisiologia umana comportava non valeva per un morto.
“Lascia...” un ringhio grave accompagnò quelle parole. “...andare...”
Annaspava, cercando di trarre a sé tutta l'energia di cui disponeva.
“...il mio...”
Strizzò gli occhi e lasciò risalire un ringhio ancora più forte.
“...corpo!”
Dall'esterno, Ari e Inaya videro la mano di Tinirau darsi un pugno allo stomaco da sola e la divinità indietreggiò con una piccola risata maligna.
“Stai giocando con il fuoco.” disse Tinirau.
Non ci volle niente perché Ari capisse quello che stava succedendo.
Urlò a gran voce il nome di Nael, scuotendo il capo intuendo quale pazzia stesse commettendo l'altro. Ed era solo per lui, perché era sicuro che avesse capito quale fosse la ragione che lo bloccava nell'agire.
“Non sto affatto giocando.” rispose Natanael, soddisfatto di quel destro andato a segno. Poco importava se si sarebbe ferito da solo.

Ci sto riuscendo.

“Solo io posso dare ordini al mio corpo.”
Gli si riempì il petto di gioia quando un secondo pugno andò dritto nella milza, anche se sentì quasi il contraccolpo.

Lo sapevo, non esiste niente di più forte della mia volontà.

Un sorriso di vittoria si dipinse sul suo volto, ma in quel momento accadde qualcosa che non aveva calcolato.
“Perfetto, perché neanche io sto giocando.” la voce penetrante di Tinirau era ancora più terribile di prima.
Natanael perse ogni collegamento con se stesso, attraversato da una scarica elettrica che lo fece accasciare sulle ginocchia.
Lo stesso non accadde al suo corpo, questo era appoggiato alla parete e si teneva una mano stretta sul cuore con la solita smorfia disumana che fissava Ari incessantemente.
Sembrava stesse soffrendo, ma nello stesso tempo era una sofferenza necessaria per raggiungere il successo e lo si notava a distanza.

Cos'è questa sensazione?

Nael respirò a fatica e cadde totalmente faccia a terra. Successivamente rotolò su un fianco fino a quando non scivolò sulla schiena.

Mi sento dissolvere.

Le lacrime lo colsero senza indugi.

Non posso abbandonare Ari...

Si strinse le mani alla gola, graffiandosi, creando delle piccole cicatrici con le unghie.

Ari...

L'oscurità lo coprì da capo a piedi prima dell'ulteriore scossa.





Ari sentì Nael urlare e una smorfia di dolore era presente sulla faccia di quello che adesso chiamava Tinirau.

Che cosa..?

Le lacrime ebbero la meglio e cominciarono a uscire copiose.

Dove sei Nael? Torna subito da me, ti prego.

Sembrò che le sue preghiere fossero state esaudite quando udì un respiro profondo come di qualcuno che era rimasto in apnea a lungo.
“Ari... Ari...” gemette con un rantolo.
“Nael?!” la voce gli uscì strozzata e stridula.
“Scusa...” boccheggiò, era evidente lo spasmo che doveva aver provato. “Non ce l'ho fatta.” si sforzò di sorridere come a rassicurare l'altro.
“Povero illuso.” prese a parlare Tinirau. “Davvero credevi di poter fronteggiare direttamente lo spirito di una divinità?”

Questa è la mia battaglia, eppure sto lasciando che gli altri combattano al posto mio.

Ari rimase ad ascoltare le parole del nemico, dure e graffianti.
“Non sarai mai abbastanza potente da valicarmi. Non ti avrei mai fatto riprendere possesso del tuo corpo.”
Il biondo si rese conto che aveva avuto ragione poco prima e che Nael aveva davvero messo a rischio se stesso per aiutarlo.
“Stai bene?!” esclamò Inaya. “Ci sei ancora?”
Ari spalancò gli occhi, anche lei si stava allarmando per il ragazzo.
“Sto bene...” rispose Nael, che si era messo seduto sul pavimento. “Ari, non preoccuparti se mi colpisci, fai quello che devi. Non ci sono altre scelte.” repentinamente cambiò tono di voce, rendendolo allegro e sarcastico. “Non me la prenderò se avrò qualche contusione al mio risveglio, tanto saprai come farti perdonare.”
“Io...”
Ari sentì girargli la testa.
Natanael gli aveva appena dato il permesso di picchiarlo e ferirlo, ma tutto di sé non voleva assolutamente dare ascolto a quelle parole. Era troppo per lui, continuava a vedere la lancia di mana che si conficcava nel suo petto e il buco che aveva davanti agli occhi glielo ricordava ancora più vividamente.
Per uccidere lo spirito di Tinirau sapeva cosa doveva fare.

Ma non posso...

Singhiozzò.

Non ancora!

Aveva ormai gli occhi arrossati dal pianto e non poteva gestire le lacrime che continuavano a uscire senza sosta.
“Avanti, Ari! Cosa fai lì fermo?” lo incitò Inaya. “Tocca a te!”
Nel mentre, Tinirau si era completamente ristabilito e li osservava divertito.
“Lo so, Inaya. Lo so!” rispose esagitato.

Non posso uccidere Nael di nuovo con le mie mani!

“Sei sempre stato un debole.”
Ari alzò gli occhi su Tinirau; le sue iridi tenebrose palesavano pura derisione.
“È stata una tortura vivere al tuo fianco per così tanti anni.” continuò la divinità. “Un giovane innocente e con la paura di vivere.” schioccò la lingua per prendersi gioco di lui. “Mi hai sempre schifato.” sputò a terra e si ripulì con il dorso della mano, dove rimase una piccola scia di sangue.
Il corpo di Ari tremava incessantemente, consapevole che fosse tutto vero.

Sono un debole, l'ho sempre saputo... Non posso salvare nessuno perché sono io quello che deve essere salvato in ogni situazione.

“Non hai neanche il coraggio di colpirmi, solo perché ti ricordo il tuo amato Nael.”
Quel nome pronunciato dalle sue labbra aveva qualcosa di amaro. Mancava tutta l'armoniosità che celava al suo interno e tutto l'affetto che Ari ci aveva messo nel deciderlo quando non era che un adolescente.
Nonostante ciò, aveva ragione.
Era rimasto pietrificato, con il sudore che colava giù lungo la fronte e arrivava agli zigomi.
“Non farti incantare dalle sue parole.” parlò Nael. “Noi due sappiamo molto bene ciò che siamo. Io so chi sei.”

Chi sono io?

Quanto avrebbe voluto che fosse la figura davanti a sé a dire quelle cose, invece il ringhio feroce non abbandonava il volto di Tinirau e la voce di Natanael era soffusa, in un angolo della stanza.

Non sono così forte come credi tu, Nael.

Ari allungò un braccio e sussurrò qualcosa tra i denti.
“Oh, mi vuoi attaccare?” lo beffeggiò ancora Tinirau.

Non lo sono affatto.

Fece un movimento a onda con la mano, che si illuminò di azzurro, ma non uscì niente dalle dita.

Scusa.

Abbassò la testa e, poco dopo, la seguì anche il braccio che tornò del suo colore naturale.
La risata di Tinirau proruppe fragorosa.
“Lo immaginavo.”
“Ari... no...” il sussurro di Nael era triste.
“Non arrenderti.” disse Inaya, avvicinandosi a lui, che la bloccò subito con uno scatto della mano.
“A differenza di te, io non mi farò problemi a deturpare il tuo visino afflitto.”

Senza neanche aspettare una risposta, Tinirau si gettò a capofitto su Ari, travolgendolo e facendolo finire ruzzoloni a terra.
L'impatto con la dura pietra fece fuoriuscire un lamento dalle labbra del biondo, che si sentì confuso anche a causa della testa che gli martellava senza sosta.
Tinirau lo schiacciò con il corpo e gli afferrò saldamente le mani, infilzandolo con le unghie.
“Lascialo!” urlò Natanael.
Insieme a Inaya si lanciarono contro la divinità per salvare il ragazzo che stava urlando di dolore, tuttavia vennero scagliati lontano da loro due, come se una barriera si fosse innalzata intorno.

Basta!

Ari scuoteva il capo a destra e sinistra mentre l'altro lo sovrastava e penetrava ancora di più con le unghie nella sua carne. Questa si era dipinta d'azzurro nelle zone lese e il mana stava fluendo velocemente per entrare nel corpo di Tinirau, lasciando che si consumasse tutto quello che possedeva.
Era come se gli venisse strappato via un tatuaggio dalla pelle e stava soffrendo come mai prima d'ora; più passava il tempo e più si sentiva svuotato e sul punto di svenire.
Aprì gli occhi – che erano diventati di un azzurro spento, quasi grigio – e cercò con lo sguardo la figura del vero Nael, senza riuscire a trovarla.

Sto per morire...

Un osso del mignolo destro si spezzò.
Un altro urlo orripilante si espanse nella stanza e i suoi due compagni di viaggio potevano solo rimanere a guardare.
“Ancora un po'... Ancora un po'...” Tinirau saldò la morsa, facendo scricchiolare altre dita e, ad ogni frattura, un gemito di dolore da parte di Ari.
Il mana continuava a sgorgare peggio di un fiume in piena.

...ma almeno non saprò mai quale è stata la tua espressione nel vedermi in questo stato.

Ari si ricordò di quanto non volesse raccontare a Nael dei sogni su Tangaroa, perché preoccupato di essere il prossimo sacrificio, proprio a causa del viso che non avrebbe voluto scorgere su di lui. Piuttosto, gli mancava il suo sorriso e adesso aveva perso ogni speranza anche per quello.
Improvvisamente, Tinirau si staccò da Ari che era rimasto intontito sul pavimento e ansimante.
La divinità lanciò un'occhiataccia a tutti e tre.
“Sarebbe davvero divertente uccidervi tutti quanti, ma non credo che questo contenitore resisterà ancora a lungo, perciò, addio. Portate i miei saluti a mio padre.”
Detto ciò, creò un'esplosione di mana che mandò in frantumi la porta, e nulla poté la sfera di luce lanciata da Inaya o l'imprecazione di Nael, che Tinirau già era svanito nel nulla, portato via dalle correnti.
Ari era ancora a terra, semi cosciente.
L'unica cosa che riuscì a comprendere fu la vergogna dell'essere ancora vivo quando, invece, sarebbe dovuto morire perché aveva lasciato che Tinirau scappasse solo per una sua debolezza.
Si rannicchiò con le ultime forze che aveva e scoppiò nell'ennesimo pianto.




 

NOTA DELL'AUTRICE:
Mi sembra sia andata bene... °^°
Ari non ce l'ha fatta a colpire Nael, capiamolo, è una cosa che va troppo oltre per lui. Il problema è che adesso è distrutto, Nael quasi scompare nel nulla, Inaya è leggermente inutile a livello di battaglia e... Tinirau ha salutato tutti quanti.
E adesso? Che direzione dovranno prendere i nostri eroi per caso?
Un grazie a tutti quelli che mi seguono e un bacio a ognuno di voi! A settimana prossima <3
Flor ^w^

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 - L'isola delle illusioni ***


 

CAPITOLO 36
L'ISOLA DELLE ILLUSIONI


 

Gennaio, anno 440 del XII periodo

“Calmati, Ari.”
Nael stava accarezzando i capelli del ragazzo con fare gentile, mentre lui non faceva che piangere, sdraiato sul pavimento in pietra nella stanza del tempio dove avevano combattuto l'anima di Tinirau, che adesso era fuggita chissà dove.
Ari si stava coprendo il viso con le braccia e le sue spalle tremavano colpite da piccoli spasmi.
“Non è colpa tua.” Natanael gli tirò appena l'orecchio.

Ah, no? E di chi sarebbe?

“Certo che è colpa mia.” Ari buttò fuori quella frase con disprezzo verso se stesso.

Sono una nullità.

Le dita spezzate gli dolevano da impazzire e non aveva la forza di muoverle.

Ho predicato tanto, ho messo a rischio la posizione del Sommo Keyondre e la vita di Inaya. Ho continuato e continuato a ribadire che stavo facendo tutto per Nael e che non c'era altro motivo che mi spingeva a trionfare nell'impresa. I miei buoni intenti, quello che avevo pianificato... Ho mandato tutto all'aria perché sono un debole.

L'eco delle parole di Tinirau ronzava ancora nella sua testa e Ari non faceva che dargli ragione.

Mi odio. Ancora una volta odio questo mio carattere che non cambierà mai per quanto ci provi.

Alzò lo sguardo per incontrare un paio di occhi grigi con riflessi verdi che lo scrutavano pieni di preoccupazione.

Davvero pensavo che ci sarei riuscito?

“Non incolparti, non serve a niente ormai.” commentò Inaya.
“Un modo gentile per dire che ho fallito.”
“Inaya, ti do il permesso di schiaffeggiarlo.” disse Nael con tono furente – consapevole che adesso anche la ragazza fosse in grado di sentirlo – smettendo di accarezzare l'altro. “Dobbiamo ripetere la scenata di qualche giorno fa?”
Ari si sentì trafitto al petto.
Non sopportava che Nael fosse arrabbiato con lui; anche se sapeva che lo stava facendo per il suo bene, era comunque un mattone che si aggiungeva a quelli che aveva già sulla schiena.
“Non potevo combattere contro di te.” sussurrò flebilmente, mettendosi a sedere con un po' di fatica a causa dei palmi che non riuscivano a far leva sulla pietra, e si ritrovò a mordersi un labbro. “Ti ho visto e...” scosse il capo.
“Capisco quello che devi aver provato, credi che mi sia piaciuto picchiarmi da solo?”
“Non è la stessa cosa...”

Non sono così forte come ho fatto credere anche a me stesso per un attimo. Mi ero illuso di poter vincere, di poterti salvare.

Ma era crollato tutto non appena aveva visto Nael dopo tutti quei mesi, marchiato dal peccato del sacrificio e impossessato dall'oscurità. Se era stato difficile vaneggiare di quello che avrebbe fatto ad ogni costo pur di riaverlo al suo fianco, era stato maledettamente impossibile eseguirlo quando la situazione gli si era palesata davanti.
Faceva male la consapevolezza che neanche quello che provava per Nael fosse riuscito a migliorarlo e renderlo coraggioso, così come lo era stato il maggiore per entrambi per molti anni.
Ari si portò le ginocchia al petto e nascose nuovamente il capo, abbandonandosi alla tristezza; le braccia erano penzoloni lungo il busto, le dita avevano assunto una posizione strana per via delle fratture.

Non ti salverò mai.

“Non ero io quello là.” disse il moro.
Non era lui, ma nello stesso tempo lo era. Non gli entrava in testa nient'altro se non che, se l'avesse ferito e sulla sua pelle ci fosse stata una cicatrice, l'avrebbe causata lui. Ma adesso non contava più niente, perché Tinirau era fuggito, ancora con le sembianze di Natanael, in un luogo che non conosceva.

Se prima c'era una piccola possibilità che prendessi il tuo corpo per portarlo a Tangaroa in modo tale da farti rivivere, adesso è tutto svanito.

“Come al solito non so trasformare in fatti i miei pensieri.” il suono uscì soffiato contro la stoffa dei pantaloni dell'addestramento celesti.
“Non mi pare.” la voce dell'altro tornò affabile. “Devo ricordarti per l'ennesima volta tutto quello che hai compiuto in questi mesi?”
Silenzio.
“Devi smettere di credere che tutto quello che di negativo accade sia per causa tua.” continuò Nael. “Le tue azioni sono sempre scaturite dal profondo del tuo cuore e il tuo cuore è innocente e candido.”
Era quasi fiato sprecato, dato che Ari stava facendo più attenzione ai propri pensieri che alle parole del ragazzo.

Le mie azioni hanno portato alla tua morte, di nuovo.

“Basta consolarmi!” improvvisamente Ari si mise a urlare, scatenando una reazione sorpresa da parte degli altri due. “Non c'è bisogno che continuate a far finta che vada tutto bene anche se non è così, che continuate a ricordarmi che sono speciale...” sottolineò speciale con disdegno. “...che provate a far di tutto per convincermi che non è colpa mia, come se fosse stato un incidente!”
Le lacrime avevano ripreso a uscire dai suoi occhi, ormai arrossati così tanto da rendere l'azzurro delle sue iridi acceso e luminoso in contrasto al rossore.
“Non è stato un incidente! Non lo è stato! Non l'ho attaccato di mia spontanea volontà!”
Quando Ari finì di sbraitare, aveva le guance anch'esse arrossate dall'agitazione, il fiato irregolare e la bocca semi aperta alla ricerca di ossigeno. Da quando Tinirau aveva assorbito parte del suo mana, respirava a fatica, perché aveva perso l'abilità di respirare regolarmente sott'acqua e, anche se si stava rigenerando, non aveva del tutto riacquisito questa capacità.
“Smettetela...” il suo tono si abbassò fino a tornare un sussurro.

Sono stanco di tutto questo...

“Smettila tu.” Inaya si alzò in piedi e lo guardò dall'alto al basso. “Smettila di fare l'egocentrico. Credi che le questioni si risolvano in questo modo?”
“Non c'è niente da risolvere.”
Nael, inginocchiato ancora di fianco all'altro, ebbe quasi un deja vu; l'espressione su volto della ragazza era minaccioso uguale.
“Sì invece! Nulla è perduto, perché noi siamo ancora qui, in piedi.”
“In realtà lo sei solo tu.” l'occhiataccia che seguì il commento di Nael lo fece tacere per tutto il resto del discorso, nonostante volesse solamente alleggerire l'atmosfera, perché si era reso conto di quanto fosse turbato il biondo.
“Sapevamo tutti che non sarebbe stata una passeggiata, eppure ci siamo immersi fino alla gola in questa missione. Tu vuoi salvare Natanael a qualunque costo, io voglio aiutarti e Natanael non vede l'ora di tornare in carne e ossa al tuo fianco.” la sua voce si addolcì, non per questo svanì l'autorità che ci stava mettendo. “Se credi che solo tu abbia delle colpe per quello che è successo, allora significa che non hai capito niente del nostro viaggio. Uniti, e non come singoli, possiamo cambiare le cose, l'hai affermato anche tu davanti a Tinirau. Per questo non puoi prenderti la colpa di tutto. In parte è anche mia, che non posso utilizzare il mana come vorrei, e di Natanael, che non è riuscito nell'intento di sovrastare l'animo di Tinirau per cacciarlo dal suo corpo.”
La ragazza prese un bel respiro profondo, prima di riprendere.
“Non importa che anche tu non sei riuscito nell'intento, perché non siamo stati sconfitti.”
“Tinirau è fuggito chissà dove.” disse Ari.
“E con questo? Finché esiste qualcuno che ha speranza, allora si può solo avanzare.” una piccola scintilla comparve negli occhi grigio-verde di Inaya. “Io ce l'ho, anche mio padre crede in te e sono convinta che anche Natanael non faccia che credere in te.” sorrise appena.
“E io non ho fatto che deludervi.”
“Non ci hai deluso, non hai mai deluso nessuno. Solo te stesso.”
Ari sgranò gli occhi, riflettendo su quelle parole.

È così? La mia paura di deludere le aspettative degli altri mi ha portato a ritenere che tutto quello che faccio sia sbagliato?

Vedeva se stesso frenato in qualsiasi circostanza. Dal semplice scambiare un'effusione con Nael, al confessare i propri sentimenti per lui, fino a quella piccola lotta di pochi minuti prima; tutto era sempre andato a proprio svantaggio, buttandolo nella depressione ancora e ancora, benché sapesse che, se solo avesse provato a seguire il proprio istinto invece dei propri timori, avrebbe riscoperto una felicità enorme.

Ha ragione.

“Quindi la mia domanda adesso è solo una: noi abbiamo ancora speranza, ma te ce l'hai?”
A primo impatto, Ari avrebbe risposto di no, perché l'afflizione che lo stava struggendo continuava a trascinarlo a picco. Eppure, c'era una luce dentro di sé, una luce che portava un nome e un sentimento ben custodito. Era una certezza che in pochi avevano mai sperimentato.

Una certezza che porta il tuo nome.

“Sì.” rispose, mentre il ciuffo cenere ondeggiava sopra la sua testa. “Ce l'ho.”





“Non ci credo.” Nael era sgomento. “Di nuovo è lei quella che ti ha convinto!”
Ari ebbe tutta l'intenzione di ridere, ma la fitta che seguì non lo rese possibile.

Inaya lo stava medicando, o meglio, stava usando il mana per guarire le sue fratture alle dita di entrambe le mani da almeno un paio di ore. Non era un compito facile, ma, fortunatamente, sapeva bene come eseguirlo grazie al suo lavoro di Curatrice.
Però, l'operazione era piuttosto dolorosa.
Ari aveva dovuto stringere i denti e poi mordersi il labbro e non era minimamente sufficiente per lenire la sofferenza alle mani.
Tuttavia, la sensazione di avere di nuovo le dita sane gli dava un sollievo che gli permetteva di sopportare, anche se stavano andando avanti da troppo tempo.

“Mi spieghi perché dai più ascolto a lei che a me?”
Inaya sospirò esageratamente, mentre del mana violetto fluiva dai suoi palmi che stringevano le mani dell'altro.
“Forse perché so essere più persuasiva di te.” fece spallucce e Nael serrò subito la mascella.
“Tranquilla che ho i miei metodi per essere persuasivo.”
Ari arrossì a quell'affermazione.
“Inaya, Nael... finitela...” un gemito gli fece mordere di nuovo il labbro e il sapore del ferro si diffuse nella sua bocca. “Sopportarne uno va bene, ma due è eccessivo.”
“Bene, allora falla tacere.”
Ari fece uno sguardo d'intesa con la ragazza e scossero insieme il capo.
“Ari!” esclamò il moro, agitato.
“Ho quasi finito.” Inaya mosse delicatamente le dita sul dorso dell'altro e lo sfiorò appena sentendo il tremito che gli procurò.
“Non comportatevi come se non fossi qui!” insistette Nael.
“Non lo farei mai.” Ari gli fece un cenno con il mento e gli sorrise nel modo in cui era solito sorridere solo a lui e la cosa lo tranquillizzò all'istante.

In seguito rimasero in silenzio fino a quando non fu completata l'operazione alle mani di Ari.
Le mosse piano piano, aprendo e stringendo il pugno e avvertì chiaramente che tutto andava bene.
Tirò un sospiro di sollievo e si spostò il ciuffo dietro l'orecchio.
“Sono aperte le visite al malato!” proruppe Inaya. “Prego, solo uno alla volta.”
La ragazza fece un occhiolino al biondo e si alzò per andarsene via, lasciandoli soli nella stanza. Lei se ne andò in fondo al corridoio, spalle al muro, per iniettarsi una nuova fiala di mana, dato che ne aveva consumato parecchio per curare Ari.

Ari la ringraziò mentalmente per avergli dato quel momento di privacy con Natanael.
Subito dopo, avvertì una sensazione di freddo sulla mano destra e questa si sollevò a mezz'aria, stretta da quella dell'altro; gli sorrise ancora.
“Ti senti meglio?”
“Sì, decisamente.”
“Anche qua dentro?” Nael gli picchiettò la testa con l'indice della mano libera.
“Credo di sì.”
“Non farmi più ripetere che non hai deluso nessuno e che non è colpa tua e non voglio neanche sentire il contrario dalla tua bocca. Quando lo capirai, eh?” la sua voce era premurosa.
“Forse quando non sarai più geloso di Inaya.” lo prese in giro.
In cambio ricevette un colpetto sulla fronte che lo fece lamentare, poi si diffuse sulla sua pelle una sensazione molto più piacevole, perché Nael lo stava baciando nello stesso punto.
“Questo è impossibile! È un mio diritto essere geloso di lei, soprattutto fino a quando non avrò indietro il mio corpo e non potrò toccarti come si deve.”
Infatti, anche se adesso era capace perfettamente di farsi sentire in ogni maniera, non aveva recuperato la percezione del tatto; probabilmente un'anima non possedeva quell'abilità in quanto essere evanescente, distaccato da ogni cosa terrena.
Ari si mise a ridere, ma l'altro era tornato subito serio.
“Davvero, Ari...”
“Te l'ho detto. La mia mente è come un'altalena.”
“Ma non sei tu il perno su cui dondola.” il maggiore gli posò le labbra sul dorso della mano e baciò le dita una a una, facendo divampare un rossore sulle gote dell'altro. “Non ti ha forse convinto Inaya?” in quella frase era spuntata ancora fuori la punta di gelosia.
“Convincimi tu.”
Ari l'aveva detto con il sorriso sulle labbra, solo per ravvivare l'orgoglio di Nael, e perché sentiva di aver bisogno della sua voce e delle sue parole delicate che gli facevano palpitare il cuore.
“Non è colpa tua se Tinirau è diventato malvagio, se ha voluto sfidare Tangaroa, se la parte oscura di lui è stata rinchiusa dentro di me, se questa è stata liberata di nuovo e adesso ha preso possesso del mio corpo ed è fuggita chissà dove.” spostò una mano al suo orecchio per giocare con il piercing. “Certo, abbiamo complicato e allungato un po' le cose a causa di questo contrattempo, ma non è stato a causa tua. Stiamo parlando di un ragazzo di appena ventun'anni contro una divinità millenaria! Insomma! La bilancia pendeva decisamente da una parte...”
“Grazie mille.” lo interruppe, ironico, e Nael scoppiò a ridere.
“Dai, hai capito quello che intendo.”
Ari sentì il proprio corpo essere avvolto e stretto con prepotenza e la voce del ragazzo riprese a sbattere contro il proprio padiglione.
“Io sono ancora sicuro che possiamo farcela tutti insieme perché non devi portare da solo questo peso. Sarebbe fin troppo per chiunque.”
“Avremmo dovuto reclutare un esercito.”
“Forse sì.” rise ancora il maggiore e lo strinse con tutto il vigore che aveva. “Ma suppongo che bastiamo noi tre.”
“Sono stato un folle nell'immischiarmi in tutto questo.”
“L'hai fatto per me.” e non c'era niente che rendesse più felice Nael di questo. “Anche io sono stato un folle nel pensare di poter scacciare l'animo di Tinirau... Sarei potuto svanire per sempre.”
Ari sobbalzò all'idea e gli si strinse l'intestino.
Quella era un'opzione ancora peggiore del fallimento. Se Nael fosse scomparso anche in quella forma spirituale, ne sarebbe uscito distrutto e, questa volta, avrebbe incontrato davvero la solitudine.
“Quindi smettila di credere di essere il centro dell'universo, perché non lo sei.” Nael ribadì quel concetto, anche se era davvero strano come uno che non apparteneva a nessun luogo, nello stesso tempo, si accusasse per tutto il male che gli succedeva intorno. “Anzi, a dir la verità...”
Natanael rimase qualche secondo a riflettere, ottenendo un mugugno da parte dell'altro.
“Nel mio universo il centro sei tu, ma solo in quello.” glielo sussurrò con il naso contro il suo e poi gli diede un bacio fugace.
Ari arrossì colto dall'imbarazzo e quasi si strozzò con la propria saliva perché non si aspettava una frase del genere in quel momento.
Avrebbe voluto rispondere alla stessa maniera, ma Inaya fece capolino nella stanza, interrompendoli.

“È giunta l'ora di ripartire!” batté le mani appena al di sotto del mento e inclinò il capo.
I due ragazzi notarono che si era sciolta la treccia, in quanto si era totalmente disfatta, per farsi due bei codini alti che aveva intrappolato sulla nuca con delle spillette. In effetti, era da troppo tempo che non si faceva che trecce fin troppo normali per lei.
“Con quale tempismo...” commentò Nael.
“Perché?” chiese Inaya, ingenua. “Stavate facendo i piccioncini?” indicò con il mento il volto paonazzo di Ari, che lo abbassò subito dopo, lasciando che i capelli lo coprissero.
“Non sono affari tuoi, ma se vuoi dei racconti di questo genere, allora non posso tirarmi indietro.”
“Nael!” l'ammonì Ari. “Non è il momento!”
“Fino a poco fa lo sarebbe stato.” il suo tono si affievolì di molto per non essere sentito. “Se solo avessi avuto un corpo, sarebbe stato proprio il momento adatto per aggiungere una spunta sulla lista delle volte da recuperare.”
“Nael!” esclamò di nuovo Ari, che aveva colto perfettamente ogni singola parola.
Persino il viso mulatto di Inaya si accese di un rosso scarlatto a quella frase, non abituata ad argomenti di quel genere. Successivamente fu difficile fermare il flusso di pensieri di Nael, ormai partito in quarta nelle proprie fantasticherie, ma alla fine ci riuscirono e tornarono a concentrarsi sulla missione che dovevano ancora portare a termine.





“Dove può essere andato Tinirau?” Inaya stava camminando avanti e indietro nella navata centrale del tempio.
Dopo che Ari si fu ripreso del tutto, avevano abbandonato la stanza di Tinirau e attraversato a ritroso il santuario fino ad arrivare alla sala d'ingresso. Qua avevano fatto sosta, poiché non avevano idea di come e dove proseguire, e ancora stavano meditando una soluzione.
“Ormai è passato troppo tempo perché possiamo corrergli dietro.” fece Nael, sbuffando.
“Anche se l'avessimo seguito subito non sarebbe servito a niente, lui ha rubato la maggior parte del mio mana e, sicuramente, avrà utilizzato qualche incantesimo per andarsene il più lontano da qui il più velocemente possibile.” Ari teneva il mento poggiato contro il braccio sinistro, a sua volta poggiato al ginocchio tirato su fino al petto.
Il suo animo si era un po' alleggerito dopo tutto quello che gli avevano detto e si era quasi convinto che avevano ragione e che doveva smetterla di farsi tutti quei problemi.

Non abbiamo ancora perso la speranza.

“Allora non ci resta che farci una bella dormitina.” fece Nael.
“Non credo sia la risoluzione adatta.” Inaya inarcò un sopracciglio, fermando il suo camminare e sedendosi di fianco agli altri due.
“Ari deve comunque rigenerare il suo potere.”
Il biondo gli sorrise, appagato dai suoi modi protettivi.
“Non ce n'è bisogno.” rispose. “Sono già abbastanza in forze.”
“Quindi come lo troviamo?” domandò di nuovo la Curatrice.
Ari cominciò a rimuginare.

Posso di nuovo usare Nael per sapere dove si è diretto, sarebbe il metodo più semplice.

“Perché non chiedi a Tangaroa?” propose lo stesso Nael.
“Ti ricordo che non mi ha dato molta retta da quando siamo nell'oceano...”
Quello era da scartare perché non aveva proprio voglia di star male ancora mentre cercava una divinità che non voleva essere contattata. Non sapeva se quella fosse una prova per testare le sue abilità magiche o se Tangaroa non volesse proprio aiutarli, ma, in ogni caso, avrebbe trovato un modo per raggiungere suo figlio.
Stava quasi per proporre a Nael di provare di nuovo a connettersi, quando venne interrotto dalla ragazza.
“Di sicuro, Tinirau vuole tornare nel suo corpo originale. Non è forse di questo che aveva il terrore Tangaroa?” Inaya prese a giocare con dei sassolini per terra.
Ari cominciò a far vagare la mente, andando indietro con la memoria al sogno dove aveva parlato con Tangaroa.
“E dove si trova il suo corpo?” domandò Nael.
“Nella sua isola...” disse Ari, flebilmente.
“Cosa?”
“L'Isola di Tinirau.”
Aveva studiato tempo prima la mitologia delle divinità e aveva letto molti libri presi in prestito dalla biblioteca, sapeva perfettamente che posto fosse quando gliel'aveva nominata Tangaroa.
“È un'isola sommersa, dimora di Tinirau, dove vi ha vissuto con la moglie per parecchi anni.”
Ari comprese che tutte le ore che aveva speso sui libri erano servite a qualcosa.
“Ma certo!” intervenne Inaya, sbattendo le mani con un enorme sorriso.
“Certo...” Nael si sentiva parecchio estraneo al discorso, dato che fino a poco tempo prima non conosceva niente di quel mondo, e incrociò le braccia.
“Ma non sappiamo dove si trova.” la ragazza posò l'indice al di sotto del mento e alzò gli occhi al cielo, pensierosa.
“Io posso condurci lì.” affermò Ari.

Ne sono capace, devo solo aver fiducia...

Ingoiò a vuoto, mettendo da parte i timori così come aveva imparato dagli ultimi avvenimenti. Non era facile, dovette ammettere, ma doveva seguire i consigli degli altri perché sapeva che erano giusti e non si doveva più abbandonare alla depressione e negatività.
Era arrivato il momento di essere davvero coraggioso. Lo doveva a tutti e, soprattutto, a se stesso.

Questa volta non fallirò al primo tentativo e, se accadrà, non demorderò in ogni caso.

“Fantastico! Quanto è lontano?” esclamò Natanael.
“Questo in realtà non lo so, ma posso materializzarci vicino all'isola.”
“Tu sei in grado di fare questo?” Inaya sbatté le palpebre più volte.
“Me l'ha insegnato Keyondre.”
Si ricordò di come avesse sfruttato la Pietra del Mana per viaggiare nello spazio e di come ci avesse messo poche lezioni a imparare.
“Non smetterai mai di stupirmi.” il tono sornione di Nael non nascose affatto il suo intento di fare un'avance per farlo imbarazzare e arrossire – e ci riuscì alla perfezione – piuttosto che un semplice complimento.
Ari si mise in piedi e inspirò per concentrarsi.
C'erano poche regole da seguire.

Posso spostarmi solo in luoghi dove vi è una fonte di Mana.

Su questo non c'erano problemi, dato che l'isola stessa era un luogo sacro impregnato di Mana.
Alzò il braccio sinistro sopra la testa e disegnò una semicirconferenza fino a incrociare la spalla opposta.

Non importa se non so dove si trova di preciso, perché il Mana stesso mi condurrà da essa.

Allungò il braccio destro davanti a sé, le dita gli diventarono immediatamente azzurre e cominciarono a pulsare, dapprima piano poi sempre più veloce.

Basta avere un collegamento con quella fonte.

E Tinirau aveva assorbito direttamente il suo potere, non c'era niente di meglio.
In qualche modo assomigliava al metodo utilizzato dai maghi incaricati di prelevare i Sacrifici, come Wayra e Niremaan. Possedevano una Pietra avente la stessa energia del mana che investiva i Sacrifici e si attivava quando veniva riconosciuto uno di quelli.
Ari, invece, doveva rintracciare il proprio potere.

Rivide nella sua testa la sfera d'acqua che galleggiava al di sopra della cattedra e lui in fondo all'aula. Keyondre gliel'aveva insegnato perché poteva tornargli utile un giorno viaggiare a quel modo senza bisogno di portali – che erano decisamente troppo difficili per un ragazzo così giovane, e molto più potenti. Tutto quello che serviva era una fonte del proprio Elemento.

Ari dipinse un arco con il braccio sinistro e strinse con l'altra mano, ancora pulsante e più azzurra che mai, il ciondolo al collo.

E, infine, conoscere il nome del luogo.

“L'Isola di Tinirau.”
Fu investito da un'onda impetuosa e avvolto da una massa d'acqua. Chiuse gli occhi mentre svaniva il contorno delle statue nel tempio e veniva attraversato da tutta quell'energia, rimanendo in attesa.
“Wow...”
La voce di Nael gli fece riaprire gli occhi.
Quella che vide davanti a sé era un'enorme cupola che circondava una zona piuttosto grande, che non poté quantificare perché i suoi occhi non arrivavano così lontano. Dei flussi si scontravano in essa e mandavano scariche elettriche che fecero mancare un battito al ragazzo.
Al suo interno, quella che era davvero un'isola, si estendeva per chilometri.

Ce l'ho fatta...

Si rassicurò subito che fossero arrivati tutti sani e salvi e vide Inaya al suo fianco, che guardava estasiata la visione che aveva davanti, e l'aver sentito la voce di Natanael gli garantì che fosse presente.
“Sei stato bravissimo, Ari.” il moro gli scompigliò i capelli e gli diede un bacio sulla testa. “Per ogni cosa buona che fai ricevi un premio, come ti suona?”
“Smettila...” rispose imbarazzato e si diressero verso la cupola che faceva da protezione.
Quando furono abbastanza vicini, poterono notare che era crepata in molti punti e che, ormai, era inutile perché non avrebbe lasciato fuori nessun nemico – o chiunque passasse di lì e volesse entrare.
“È opera di Tinirau?” domandò Inaya e il biondo annuì.
“Voleva riprendersi il suo corpo e ha sfruttato il mio mana per entrare.”
“Perché era incontaminato?” fece Nael, che non aveva ancora chiaro come funzionassero le cose.
“Immagino di sì...”
Il maggiore fece un respiro esagerato e prese Ari per le spalle.
“Credo che sia arrivato il momento di prendere a calci nel culo qualche divinità.”
Così dicendo, attraversarono la barriera e si inoltrarono nell'Isola di Tinirau.





Era strano, ma l'isola, al suo interno, era completamente asciutta. O meglio, se prima era ben chiaro che stessero viaggiando nelle acque dell'oceano, adesso sembrava di camminare sulla terraferma.
Intorno a loro si estendevano foreste dove gli alberi erano coralli giganteschi di tutte le tonalità dal rosso al giallo e dal blu al viola, i cespugli erano anemoni che ondeggiavano spinti dalla corrente e le pietre a terra non erano che spugne calcificate con i loro intricati disegni come di tele d'ossa. La sabbia su cui stavano camminando aveva riflessi dorati alla luce e neri all'ombra. Tutto nell'insieme creava uno spettacolo di bagliori entusiasmante.
Camminarono per minuti e minuti in silenzio.
Scavalcarono una collinetta dove i pesci sembravano scivolare felici, attraversarono una piccola zona dove la sabbia era melmosa tanto da sprofondare – e solo grazie alla protezione che avevano sulla pelle non accadde – e si arrampicarono su un'altura di pietra nera.
Ad un certo punto, videro che si ergeva una casa in mezzo alle alghe di un boschetto poco lontano da loro.

“Deve essere là.” esordì Ari. “Manca poco, siamo quasi arrivati.”
“È lì che si trova?” chiese Nael.
“Non ci sono dubbi.”
Ripresero la marcia, con Natanael che afferrò per mano l'altro ragazzo e Inaya che li affiancava.
Ari sentiva una strana sensazione, ma in senso positivo. Nonostante si stessero avvicinando sempre di più alla meta e la paura lo stesse travolgendo, era convinto nel suo intento. Non ci sarebbero stati altri errori e nulla si sarebbe messo tra lui e il suo scopo.

Non esiterò quando mi ritroverò il corpo di Nael davanti, non mi spezzerò sotto la malvagità di Tinirau e lo sconfiggerò mantenendo la parola data a Tangaroa.

Non era mai stato così convinto.

E questa volta non parlo a vanvera, devo finirla di cercare protezione in altri ed è giunto il momento di essere io stesso l'eroe.

“Queste alghe sono viscide.” commentò la Curatrice.
“Questi sono i momenti dove sono grato di aver perso la sensibilità.” rispose Nael, con una piccola risata.
“Fa anche piuttosto freddo.” disse il minore.
“E questi sono quelli dove impreco per averla persa.” si riferì al fatto che avrebbe voluto abbracciare Ari per riscaldarlo.
Ari sorrise e continuò ad avanzare senza perdere di vista la casa e, più si avvicinavano, più si rendevano conto di quanto fosse maestosa.

Degna di una divinità.

Mancavano pochi metri per uscire da quel boschetto di alghe che si era addensato proprio all'uscita e...





Che cosa?

La cascina si presentava così come era sempre stata.

Questa è la mia fattoria.

Si voltò indietro e vide lo steccato bianco che ne circondava il perimetro. Era sdraiato sull'erba al di là di esso e aveva al suo fianco un secchio. Ci guardò dentro per riscoprire che vi era del mangime.

Che significa..?

Fino a un momento prima si trovava nel fondale oceanico, pronto a sconfiggere Tinirau per riprendersi il corpo di Nael e riportarlo in vita, ma adesso era tutto svanito. Si ritrovava a casa sua, con l'aria pura che gli penetrava nelle narici e il profumo di tutto ciò che l'aveva sempre circondato.
Andò nel panico.
Dov'erano andati tutti? Inaya e Nael gli erano sicuramente dietro fino a un attimo prima, mentre ora... Ora non sapeva neanche dove fosse, o meglio, lo sapeva benissimo, ma non poteva crederci.

“Ari?” una voce fin troppo familiare gli giunse alle orecchie.
Subito dopo, uscì fuori dalla stalla una figura ancora più familiare. Era Nael, con i suoi occhi eterocromi e il suo sorriso meraviglioso, che stava agitando un braccio nella sua direzione.
“Ti muovi con quel secchio invece di stare a dormire? Vuoi far morire di fame i tuoi animali?” lo disse nel modo più dolce e sarcastico che poté, e nessuno a parte lui ne era capace.

Dormire..? Che fosse tutto...

Ari sbatté gli occhi più volte, ancora confuso.
“Allora?” insistette il moro.
Fu come se la sua mente si svuotasse di colpo e prese a correre verso la stalla. Quando arrivò di fronte all'altro non riuscì a non trattenere il fiato.
Nael, il suo Nael, era lì, di fronte a lui e lo stava guardando come era solito fare e come gli era mancato da morire.

Sei davvero tu...

“Che ti prende?” domandò il maggiore, alzando un sopracciglio.
Ari non rispose, ma gli si gettò sul petto e lo abbracciò con tutto il vigore che ardeva in lui, lasciando anche cadere il secchio a terra che rotolò ai loro piedi.
“Ehi! Mi strozzi!”
L'altro non lo ascoltò e rimase incollato a lui, inspirando il suo odore e percependo tutto il suo calore.

Nael, sei di nuovo con me.

Si allontanò appena per guardarlo in viso e si specchiò nelle sue iridi, perdendosi in esse e sorridendogli con il cuore a mille.
Poi si alzò sulle punte per dargli un bacio sulle labbra, bacio che venne accolto con molto piacere e stupore da parte dell'altro. Si scontrarono dapprima solo con le labbra, poi incastrarono tra loro le bocche, respirando il fiato reciproco.

Sei proprio come ti ricordavo.

Perché? Aveva bisogno di ricordarlo?
Si staccò un po' stranito, mentre l'altro prese ad accarezzargli i capelli.
Non era forse sempre rimasto con lui da quando erano morti i suoi genitori?
“Come mai tutta questa enfasi?” domandò Nael, continuando con le sue effusioni.
“Avevo voglia di baciarti. Sento che mi sei mancato.”
Ed era vero, qualcosa non quadrava in tutta quella storia. Improvvisamente, però, non sapeva più cosa.
“Ti è mancato uno che ti gira attorno costantemente dalla mattina alla sera?” rise dolcemente. “Allora dovrò assicurarmi di lasciarti ancora meno solo.” lo afferrò per la vita e riprese a baciarlo.
Le loro lingue lottarono con foga e non si staccarono se non perché il maggiore gli leccò il palato, causandogli un brivido lungo la schiena che si concentrò in un unico punto.
L'affanno del bacio non scomparve neanche quando questo finì e presero a sfregare i nasi tra loro, specchiandosi di nuovo negli occhi e sorridendo.
Quanto lo amava e quanto aveva bisogno di lui.
“In questo modo, però, mi farai mancare l'aria se non avrò più spazi per me.” fece Ari, allacciandogli le braccia al collo e traendolo di più contro il proprio viso.
“Non importa. Non hai bisogno di respirare con uno come me al tuo fianco.”
Ari arrossì fin sopra le orecchie e abbassò il capo.

E non ho bisogno di altro se non te.

“Direi che adesso dobbiamo prenderci cura degli animali, prima di abbandonarci ai piaceri della libidine, che dici?”
“Nael!” gli diede una spinta, morendo dall'imbarazzo, e diedero da mangiare agli animali.

Lavorarono fino a sera e tutto procedette tranquillo, eppure qualcosa non andava in Ari. Sentiva che mancava un tassello, che si fosse dimenticato qualcosa di importante.
Aveva passato tutto il giorno con un senso di oppressione nel petto, svanito unicamente quando Nael lo traeva a sé per ammaliarlo con i suoi soliti modi da seduttore e le sue frasi che gli facevano palpitare il cuore. Tuttavia, non appena restava da solo, una lastra di vetro cominciava a creparsi e lasciava intravedere il fondo oscuro e profondo.
Aveva dei vuoti di memoria, non ricordava cosa fosse successo ultimamente e percepiva un buco nella sua mente e nel suo petto che gli fece venire il groppo alla gola.

Che stia covando l'influenza?

Era una possibilità da non scartare, assurda, ma comunque una possibilità. Di certo era ben più allettante rispetto a qualcosa che aveva a che fare con maghi e divinità maligne che si presentavano come piccole visioni e per più volte in tutto il corso della giornata senza una convincente spiegazione.
Nael interruppe i pensieri del ragazzo, buttandosi sul divano al suo fianco e abbracciandolo per tirarlo giù con sé.
Si misero a ridere e il maggiore continuò con le sue attenzioni baciandogli la linea del collo e più giù fino alla clavicola, il resto era coperto dal maglione ocra anche se immaginò non ancora a lungo.
“Aspetta...” sussurrò Ari, spingendolo via senza nessun successo.
“Sono stufo di aspettare.” rispose laconico e gli morse la spalla.
“Capisco di essere irresistibile ai tuoi occhi.” provò a ribattere alla stessa maniera, anche se non era il suo stile.
“Smettila di fare l'egocentrico.” scherzò Nael.
Ari sentì come se una scossa l'avesse attraversato da capo a piedi.

Inaya...

“Inaya!” ripeté anche a gran voce.
“Chi?”
All'improvviso si era ricordato di un viso dolce, appartenente a una ragazza dalla carnagione scura e lunghi e folti capelli color notte. Anche lei si presentava nei flash, però era certo che anche Nael la conoscesse.
“Chi sarebbe? Ti sei fatto un'amica immaginaria?” continuò Nael.
“No... Inaya... Non te la ricordi?”

Lei esiste, no? È la mia prima amica...

Ari era così confuso che non riusciva neanche a capire da dove arrivassero i suoi pensieri.
“Mmh...” sembrò rifletterci sopra. “È qualche personaggio di una serie televisiva?”
Si era immaginato tutto? Non esisteva quella ragazza? Più ci pensava e più gli faceva male la testa, eppure voleva arrivare a una risposta.
“Lei è una maga.”
“Una maga?”
Ari annuì.
“Tu odi i maghi. Hai preso una botta in testa ultimamente?” Natanael lo prese in giro dandogli un pizzicotto sul braccio.

Ha ragione, io odio i maghi e come potrei avere come amica una di loro? Anzi, come potrei avere un'amica se non conosco nessuno al di fuori di Nael?

“Devo aver fatto un sogno...” si ritrovò a replicare, poco convinto.
“Un sogno assurdo, aggiungerei.”
Nael gli cadde di peso su tutto il corpo e prese a baciarlo ancora e ancora.
“E poi...” si alzò sui gomiti per fissarlo dritto negli occhi cristallini. “...credi che possa anche solo minimamente condividerti con qualcun altro?” gli fece un cenno con lo sguardo che lo fece scogliere e arrossire di nuovo.
Era bellissimo con quel verde mare e quel nero brillante in cui si faceva fatica a distinguere la pupilla.
Ari gli mise le mani a coppa sulle guance e lo fece avvicinare alla propria bocca per lasciarsi andare all'ennesimo scambio di salive. Lasciò da parte quel piccolo martellare alla testa per dedicarsi unicamente a lui, così come aveva sempre voluto fare. Si era sognato tutto e il passare delle ore gli stava anche facendo svanire alcune piccole scene che aveva nitide fino a poco prima.
D'altro canto, era meglio così, perché sentiva un'oppressione al petto a quei ricordi, dove la tristezza, la solitudine e la mancanza di Nael ne facevano da padrona.
Molto meglio quello che gli si presentava davanti, una vita felice con la persona che amava.

Il mio mondo è sempre stato Nael.

Si tolse il maglione e, subito dopo, fecero la stessa fine i jeans.

E non esistono altre realtà oltre a questa.





 

NOTA DELL'AUTRICE:
Ohibò °^° che sta succedendo? Direi che è chiaro cosa sta succedendo u.u ma avrete un'ulteriore spiegazione nel prossimo capitolo qui nelle note.
A parte questo, dite che Ari ha capito di essere più forte di quanto non voglia dare a vedere? Lo speriamo tutti, soprattutto Inaya che mi sa che lo vuole accoppare con cattiveria, se si dà ancora dell'inutile ahah!
L'Isola di Tinirau esiste davvero. Fa parte della Nuova Zelanda e si chiama Motutapu. È un'isola sacra e, ovviamente, importante nella cultura polinesiana. Ed è qua che vive il nostro Tinirau e si raccontano le sue leggende. Non dico altro e vi lascio alle vostre domande.
Un ringraziamento a tutti quelli che mi seguono e un grosso abbraccio!
Il prossimo aggiornamento sarà di SABATO! Non mancate!
Flor :3

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 - Ciò che era spuma adesso è tempesta ***


CAPITOLO 37
CIÒ CHE ERA SPUMA ADESSO È TEMPESTA

 

Gennaio, anno 440 del XII periodo

Ari si sentiva così bene negli ultimi giorni.
Aveva la testa libera da ogni pensiero – tanto da aver messo in un cassetto chiuso a chiave del suo cervello quelle strane visioni che l'avevano accompagnato per un po' – passava le giornate dividendosi tra i suoi animali, i campi da lavorare e Nael, e non poteva essere più felice di così.
Era la vita che aveva sempre sognato, dove la tranquillità e l'amore andavano a braccetto per essere felice e sereno.
Proprio l'amore di cui lo inondava Nael gli riempiva al massimo ogni attimo e ringraziò la notte in cui quel ragazzo gli si era confessato.

O forse sono stato io a cominciare il discorso... No, è impossibile, non avrei mai avuto il coraggio.

Ari si lasciò andare nei ricordi di quella stessa notte, quando nel letto della sua camera...

No, era più piccolo. Forse eravamo nella stanza degli ospiti?

Non capiva perché le immagini fossero confuse, dopotutto era successo non molto tempo prima e non poteva non ricordarsi come si erano fidanzati.
Non era la prima volta che accadevano questi buchi nella memoria, però, ogni volta, non appena venivano, scomparivano all'istante, come se Ari si dimenticasse persino dei suoi stessi pensieri e tornava a dedicarsi alla vita che gli si presentava davanti.

Salì gli scalini per andare in bagno, ma proprio in quel momento vide Nael uscire fuori da una stanza.
La stanza dei suoi genitori.
Aggrottò le sopracciglia, confuso. Aveva pregato il ragazzo molti anni addietro di non entrare mai in quella camera e, difatti, non l'aveva mai fatto, se non una volta quando aveva dovuto prendere il fucile del padre per cacciare una volpe – e quello se lo ricordava bene – ma, dopo quella sera, non ci aveva più messo piede.
Quindi perché mai si trovava lì dentro?
“Cosa fai?” il tono che uscì ad Ari era irritato.
Natanael gli sorrise e gli poggiò una mano sulla testa per scompigliargli i capelli.
“Perché eri nella stanza dei miei?” insistette.
“Facevo le pulizie, tranquillo.”
In effetti, aveva in mano uno scopettone e uno straccio bagnato.

C'erano anche prima?

Sbatté le palpebre, avvertendo la testa cominciare a pulsare, e dovette premersi il palmo destro appena al di sopra dell'occhio.
“Non le hai mai fatte lì dentro.”
“E con questo?”
Ari non ne fu sicuro, ma c'era qualcosa di duro in quella domanda; per un attimo non era più il suono spensierato e ironico del ragazzo che amava.
“Beh, ti avevo vietato di entrare...” rispose con un filo di voce.
“Dai, non è successo niente.”

No, tu non lo faresti mai. Anche per una sciocchezza del genere, se sai che potrebbe ferirmi, tu non la faresti.

Nael gli picchiettò le spalle e Ari avvertì una morsa stringerlo in petto. Sentiva la carne sotto le mani dell'altro bruciare da impazzire e un formicolio lo investì in tutte le dita.
Lo guardò dritto negli occhi, cercando di mascherare quella sensazione, pensando che fosse di nuovo preso da qualche sintomo dell'influenza, ma, quando incrociò le sue iridi, gli piombò addosso un dolore ancora più acuto.
Era decisamente strano, come se...

...questo non è Nael.

Venne fulminato da quell'idea.
Come non poteva essere Nael? Certo che era Nael. Era lì, davanti a lui che lo guardava come aveva sempre fatto.
Ari scosse il capo e indietreggiò barcollando.
“Ari?”
Rialzò il viso sul maggiore e spalancò la bocca.

I tuoi occhi... sono...

“...neri.” concluse a parole e vide l'altro sussultare e una piccola luce blu che usciva dalle sue mani e s'insinuava nel suo occhio sinistro, facendolo tornare verde acqua.
Era un'allucinazione? Stava ancora sognando?
Se quello era un sogno, non l'avrebbe mai detto. Era tutto troppo reale per poterlo essere.
La testa gli stava per scoppiare e non riusciva più a stare in piedi.

Cosa mi succede?

Una serie di immagini si succedevano una dietro l'altra. C'erano lacrime, una strana luce azzurra che lo attraversava da capo a piedi, un potere che gli dava sicurezza, un corpo nudo con un enorme squarcio nel petto e acqua, per poi finire con un paio di occhi neri, un nero intenso e oscuro che gli incuteva paura.

Tinirau.

Si chiese da dove uscisse fuori quel nome e perché pronunciarlo gli faceva venire la nausea, perché lo associava al ragazzo davanti a sé e perché si trovava nella sua fattoria, quando, invece, non era il posto in cui doveva stare.
“Forse hai bisogno di riposare, ti sei stancato abbastanza per oggi.” le braccia possenti del moro lo cinsero per le spalle e lo indirizzarono verso la propria camera.
Ari si divincolò alla svelta e traballò fino a schiantarsi contro la parete.

Tutto questo che cos'è?

Strizzò gli occhi mentre si lasciava scivolare sul pavimento con le mani a schiacciarsi la testa e piccole lacrime cominciarono a uscire dai suoi occhi cristallini, silenziose.
“Andiamo in camera, forza. Non stai bene.”
Nael non gli avrebbe mai parlato in quel modo. Si sarebbe lanciato su di lui più preoccupato che mai e l'avrebbe addirittura preso in braccio per sistemarlo sotto alle coperte.
Ormai era ben evidente che quella non fosse neanche più la voce di Nael.

Tutto questo...

Ancora gli si presentarono altre visioni nella mente. Vide chiaramente la notte in cui si erano confessati i reciproci sentimenti e si trovavano nella cella di un'aeronave, dove erano stati costretti a rifugiarsi per scappare alla collera della divinità degli oceani, Tangaroa; poi riconobbe un'altra aeronave, dove seguiva le lezioni di un uomo dalla carnagione mulatta – Keyondre – insieme con lui anche la figlia di quest'ultimo – Inaya. Tutto stava comparendo poco a poco.
Infine l'Isola di Tinirau e quella strana sensazione non appena aveva varcato il confine del boschetto di alghe, quasi come se fosse entrato in un dominio governato da leggi stabilite da qualcuno, e quel qualcuno non poteva che essere Tinirau.

...non è reale.

“Andiamo, Ari.” Nael gli si era proteso sopra e gli stava offrendo una mano.
Tuttavia, Ari balzò in piedi e gli diede una spinta.
“Non toccarmi!”
“Cosa?” Nael era rimasto decisamente sbalordito. “Che ti prende?” provò a usare un tono addolorato, che fece incantare il biondo per un attimo, ma si riprese subito.

È un'illusione creata da Tinirau! Non è Nael, non lo è!

Continuava a ripetersi, ormai convinto che fosse così e sapeva di avere ragione. Non era la prima volta che quella divinità usava un trucchetto del genere per abbindolare gli umani, i suoi studi da mago glielo confermavano.

Sì, perché io sono un mago.

Si portò istintivamente la mano al collo e percepì il calore della Pietra del Mana su di essa, anche se il ciondolo non era lì.
“Fammi uscire da qui!” urlò contro il moro.
“Perché mai? Non vuoi vivere con me?”
Ari vacillò per un istante.

Non è reale.

“No.”
Natanael inarcò un sopracciglio, poi la sua faccia si trasformò in una smorfia raccapricciante, che fece venire il panico all'altro, benché rimase fermo senza scappare.
“Pensavo che mi amassi.”
“Lo pensavo anche io.” rispose Ari con un groppo alla gola.
Era sleale, stava sfruttando tutti i suoi timori e gli gettava addosso tutte le frasi che non avrebbe mai voluto sentirsi dire.
Doveva uscire da lì, doveva tornare nel mondo reale, ma non sapeva come. Se fosse stato uno di quei sogni che si riesce a comandare, allora sarebbe stato piuttosto facile, però in quel caso non aveva idea di come fuggire.
Un lampo gli balenò nella testa.
Voltò appena il capo verso la maniglia della porta che conduceva alla camera dei suoi genitori.
Non c'era motivo per cui Nael fosse uscito da lì, non stava facendo le pulizie perché non aveva in mano niente e anche adesso non c'era più traccia dello scopettone e dello straccio.

Deve essere il collegamento tra il mio mondo e questo.

“Sai, si dice che la comunicazione risolva tutti i problemi di coppia.” continuò il maggiore.
“Non ho bisogno di parlare con te.”
Cominciò a retrocedere, tastando la parete con la punta delle dita.
“Se vuoi, sono pronto anche a una nottata di passione.” ironizzò l'essere dalle sembianze di Nael. “Anche quello si dice che abbia effetti benefici.”
Un senso di disgusto colse Ari, fortunatamente quello che aveva fatto non era come tradire il vero Natanael, perché quello davanti a lui non esisteva realmente.
“Credo che non accetterò la tua proposta.”
“Peccato.”
L'illusione si accorse che Ari si stava avvicinando pericolosamente alla porta e ringhiò prima di gettarsi su di lui; il biondo cacciò un urlo, ma non esitò due volte ad assestare un calcio nello stomaco all'altro che indietreggiò con affanno.
“Bastardo...” disse rauco, preparandosi a un ulteriore affondo.
Ari fu più veloce e spalancò la porta della stanza, ritrovandosi davanti a una luce bianca accecante. L'attraversò mentre sentiva le grida di rabbia dell'altro echeggiare ancora nelle sue orecchie.





Nael era completamente andato nel panico.
Aveva visto Ari accasciarsi di colpo e, colto dalla preoccupazione, gli era andato incontro, ma una barriera si era interposta tra lui e il ragazzo.
Anche Inaya sembrava non potesse andare oltre e stavano sbattendo forte su di essa da minuti per cercare di infrangerla; a niente erano valse le sfere di luce lanciate dalla Curatrice e neanche i suoi poteri di spirito per l'attraversarla.
Quello che non capiva, però, era quello che era successo ad Ari, svenuto a terra quasi come se stesse dormendo. Sperò con tutto il cuore che non fosse nulla di irreparabile.
“Questa cosa non vuole proprio farci passare!” esclamò Inaya, dando un calcio potente alla barriera, provocando una piccola scintilla blu.

Cazzo! Cazzo!

“Cazzo!”
“Imprecare è maleducazione.”
Nael non era per niente in vena di stare ad ascoltare consigli di vita, voleva solo raggiungere Ari e al più presto.
“Imprecare è perché siamo fottutamente nella merda!”
Inaya sospirò esageratamente e inclinò il capo.
Forse la situazione era in via di degenero, poteva succedere il peggio da un momento all'altro, eppure non era ancora così drastica da reagire a quel modo.
A Nael non importava niente. Il solo fatto che non potesse essere vicino all'altro gli toglieva il fiato che non aveva e gli spezzava tutte le ossa.
Forse anche l'ossessione di volere Ari non era stata influenzata dall'anima di Tinirau. Aveva bisogno di Ari per sopravvivere e su questo non c'erano dubbi.
Picchiò contro la protezione e disse l'ennesima parolaccia.
Fu in quel momento che lo vide.
Ari spalancò gli occhi e la bocca in un rantolo e inspirò a lungo come se fosse stato in apnea.
“Ari!” Nael cadde sulle ginocchia, sopraffatto dal senso di sollievo, e posò le mani contro la barriera invisibile.
Il biondo si mise a sedere e si guardò intorno spaesato, alla ricerca di qualcosa che potesse riconoscere come familiare.

Non può sentirmi.

Nael ingoiò a vuoto, consapevole che se fossero tornati al punto di partenza non l'avrebbe sopportato. Non voleva riprovare quella terribile sensazione di non essere sentito e percepito, non voleva rivedere Ari piombare nella depressione credendo di averlo perduto ancora.
“Ari!” urlò con quanto fiato aveva in gola e vide l'altro voltarsi verso la sua direzione e sorridergli con le lacrime agli occhi, gesto che ricambiò.
“Ari, stai bene?” domandò Inaya.
“Sì, adesso va tutto bene. Scusate.”
“Di cosa ti scusi, stupido!” disse Nael, sfregandosi gli occhi con i dorsi.

Menomale. Avevo paura di averti perduto di nuovo...

“Quanto tempo è passato?” chiese Ari.
Gli altri due si diedero un'occhiata confusa e il biondo fu costretto in breve a raccontare di quello che gli era successo – evitando di menzionare le troppe smancerie e le più intime emozioni – e a sua volta gli fu spiegato che non potevano andare oltre quel punto. Così erano rimasti divisi, intimoriti dal fatto che se Ari fosse uscito e rientrato in quel dominio, sarebbe di nuovo caduto in preda a un'illusione.
“Adesso come facciamo?” Nael era evidentemente agitato. “Non puoi andare avanti da solo.”
“È sempre stata la mia battaglia. Sono io quello che ha deciso di compiere questa missione per salvarti.”
L'audacia di quella frase fece venire i brividi al moro. Non pensava che Ari potesse davvero dire qualcosa del genere dopo tutto quello che era successo e per come si era auto commiserato per il fallimento del primo scontro.
Doveva essere scattato qualcosa e forse era maturato proprio nel tempio sacro, oppure aveva sviluppato qualche nuova forza all'interno dell'illusione.

O forse è sempre stato così, solo che adesso anche lui ne è consapevole.

Non poté resistere a dedicargli un sorriso compiaciuto e affettuoso.
Era ancora diverso dall'ultima volta che avevano parlato e, ogni volta che lo vedeva, scorgeva un lato che si apriva sempre di più. Era quella parte che lui non aveva mai osato schiudere perché si occupava lui stesso di quel ragazzo, l'aveva sempre fatto, ma adesso era Ari che doveva proteggere se stesso.

È anche colpa mia se non hai fatto che deprimerti, credendo che tu non possa riuscire, se non con qualcuno al tuo fianco.

Gli tremò la mano e dovette fermarla stringendola a pugno.

Invece sei abbastanza forte per riuscire anche da solo.

“So di aver detto che insieme siamo più forti.” continuò il più piccolo. “Ed è così, ma è evidente che adesso non possiamo...”
“Noi ti aiuteremo lo stesso.” affermò Inaya. “Ti copriremo le spalle, continueremo a cercare un modo per entrare, se sarai in difficoltà ci troverai a sorreggerti per ridarti le forze e ci alleneremo ancora, se sarà necessario.”
“Non sarà necessario.”
C'era una strana luce in Ari che rischiarava i suoi occhi rendendoli di ghiaccio e bellissimi.
“Perché?”
“Perché questa è la battaglia finale.”
Inaya fece una piccola risata e annuì decisa e orgogliosa del suo amico.
“Aspettami, Nael.”
Nessuna risposta.
“Nael?” insistette.

Il moro si sentì improvvisamente pesante e dovette aggrapparsi a un'alga per non cadere, tuttavia, la sua mano l'attraversò e crollò a terra.

Cos'è questa sensazione?

Vedeva ombre indistinte e, se non fosse stato sicuro che una di queste avesse due meravigliosi fanali cristallini, non avrebbe neanche più riconosciuto Ari.
Nemmeno si accorse di star arrancando a quattro zampe, come se il suo spirito si stesse muovendo autonomamente, spinto da qualcosa più grande di lui.
Doveva raggiungerlo al più presto.

Raggiungere cosa?

Era stordito. L'unica cosa che lo teneva ancora sospeso tra l'esser sveglio e svenire, era la voce di Ari che continuava a chiamare il suo nome, così come quando si perdeva il proprio animale domestico, solo molto più spaventato.
“Sono...qui...” boccheggiò, mordendosi poi il labbro.
Delle scarpe basse nere gli scivolarono di fianco e pensò che non sarebbe stato per nulla piacevole venir calpestato, anche se non avrebbe sentito nulla. Dall'altra parte, le aveva riconosciute come le calzature di Inaya.
“Che ti succede?” e quella era la sua voce squillante.
“Io...” non riuscì a rispondere, come scaraventato a tutta velocità verso un punto nel quale crollò, affondando in un ammasso di alghe verde marcio. Il fatto che le avesse spostate tutte in contemporanea diede un indizio di dove fosse, perché vide subito l'ombra della ragazza avvicinarsi e, successivamente, udì un urlo.
“Abbiamo trovato il corpo di Natanael!”

Il mio corpo...

Il biondo scattò verso di loro, facendo attenzione alla barriera, usando il mana per colpirla e sapere dove fosse esattamente.
“Cosa?”
“Deve averlo lasciato qua Tinirau per rientrare nel proprio.” disse contenta.
Nael, però, non era affatto contento. Qualcosa in lui gli aveva fatto capire cosa stava succedendo.

La mia anima vuole riprendere possesso del corpo.

E questo significava dire addio ad Ari per non sapeva quanto tempo.
Sorrise amaramente mentre vedeva un piede nudo sbucare fuori da un cespuglietto, non ci volle molto perché anche il resto di quella che era una salma gli si presentò davanti.
Dovette usare tutte le sue ultime energie per parlare.
“Ari, mi dispiace, ma non potrò vedere mentre spacchi la faccia a quello là.”
Lo sapeva. Riavere un'anima non significava tornare in vita, non avrebbe affiancato Ari durante la battaglia decisiva e la cosa lo addolorava, perché non poteva essere il suo sostegno.
Anche il minore capì al volo non appena sentì pronunciare le parole dell'altro.
“Non preoccuparti, gli darò un bel calcio anche per te.”
Nael si mise a ridere mentre la sua gamba combaciava perfettamente con il corpo sotto di sé, successivamente anche le mani e, piano piano, si stava abbassando con tutto il resto.
“Ci conto.”
Poi più nulla.





Ari era rimasto a guardare il cadavere di Nael per un'infinità di tempo, in attesa di un'ulteriore risposta, ma tutto tacque.
Abbassò il capo, sentendo le lacrime chiedere il permesso di uscire, però si trattenne. Non doveva più piangere, inoltre, aveva recuperato il corpo di Natanael e adesso mancava solo un tassello per fare in modo che Tangaroa rispettasse il patto che avevano fatto.
Sconfiggere Tinirau.
Osservò Inaya creare uno scudo di luce intorno a Nael, in modo da proteggerlo da qualsiasi cosa e per minimizzare il processo di deterioramento, così come accadeva a tutti i sacrifici che venivano buttati in mare. Adesso che non aveva più l'anima di Tinirau dentro di sé, dovevano assicurarsi che il corpo venisse mantenuto in buono stato – benché non si potesse di certo dire che lo fosse.
Ad Ari si strinse il cuore. Era ancora un duro colpo per lui vedere quello che aveva causato durante il rituale.

Sto per rimediare.

Strinse i pugni lungo il busto e assottigliò gli occhi.
“Prenditi cura di lui.” si voltò immediatamente, senza neanche dar tempo alla ragazza di ribattere.
“Dove vai?” gli chiese comunque e Ari si bloccò, voltando appena il capo.
“A porre fine a questa storia.”
Da dove gli era uscito tutto quel coraggio non lo sapeva neanche lui, era strano sentirsi parlare in quel modo, eppure così rassicurante sapere che aveva ritrovato quella scintilla dentro di sé, che avrebbe spaccato ogni montagna pur di riavere il suo Nael.
“Tu rimani con lui e assicurati che non gli succeda niente.”
“Non possiamo andarcene? Ormai abbiamo Natanael.” Inaya non poté nascondere la sua preoccupazione.
Ari si mordicchiò il labbro inferiore.
“Anche se ce ne andassimo, lui rimarrebbe morto. Tangaroa è stato chiaro, non mi farà alcun favore senza che io ne faccia uno a lui.”
Inaya rimase qualche attimo a fissarlo negli occhi, notando lo sguardo differente dal solito e nemmeno ci aveva fatto caso fino ad ora. Erano servite tutte le azioni che avevano compiuto, dalla prima all'ultima, per farlo diventare così. Ne era convinta.
Non si sarebbe più fatto mettere i piedi in testa.
“Stai attento. Noi ti aspettiamo qui.”

Non erano servite altre parole, ormai non ce n'era più bisogno.
Ari aveva deciso di intraprendere quella strada e, se all'inizio necessitava di un aiuto per appoggiarsi e compiere un passo alla volta, adesso non gli serviva più, perché correva molto più veloce degli altri.
Era stato un cambiamento forse troppo repentino, soprattutto dopo aver passato le notti in bianco nel riflettere sul suo comportamento, ma aveva dato i frutti sperati.
“Stai attenta anche tu.”
Si sorrisero dolcemente prima che Ari desse un'altra occhiata a Nael e si voltasse completamente, dirigendosi verso la casa di Tinirau.
Non si spiegò perché gli vennero in mente le parole che molti mesi prima gli aveva riferito il Sommo Hamar.

“Ari, non mi stupisce che l'Acqua sia il tuo elemento. Così calma, dissetante e rinfrescante, ma che può diventare burrascosa, soffocante e gelida nei momenti opportuni.”

Adesso ne comprendeva il significato.
Se quella volta erano riferite al fatto che avrebbe smosso gli oceani pur di rivedere ancora Nael prima di partire, adesso si erano estese a tutta la sua vita. Il suo stesso essere era così, solo che c'era voluto molto tempo perché lo capisse.
Attualmente il suo obiettivo era quello di uccidere Tinirau per poter reclamare la vita di Nael. Avrebbe lasciato da parte quel suo lato di spuma di mare che frusciava facendo il solletico alle punte dei piedi per dar spazio a una tempesta impetuosa che avrebbe travolto tutto.
E lui non sarebbe annegato, ma sarebbe stato il fautore.

Si era allontanato dagli altri due tanto da non riuscire più a distinguerli nel bel mezzo delle alghe e la casa della divinità malvagia si innalzava davanti a lui.
La sabbia intorno a quell'enorme palazzo era di un oro accecante e dei piccoli granelli neri erano sparsi, quasi come frammenti di conchiglie e sassolini, creando un gioco di chiaroscuro strepitoso. Se solo fosse stata una visita cordiale, si sarebbe lasciato incantare dall'atmosfera dell'isola e ne avrebbe perlustrato ogni centimetro per cercare le migliori meraviglie che aveva da offrire.
Purtroppo, quella non era affatto una visita di cortesia.

Chissà cosa mi ritroverò ad affrontare.

C'erano vari racconti su Tinirau e non aveva idea di quale fosse il suo vero aspetto, sperò soltanto che non gli cedessero le gambe ancora una volta. Non poteva più permetterselo perché adesso c'era in gioco la sua vita e quella di Nael ed era tutto sulle sue spalle. Neanche la magia curativa di Inaya poteva far niente, se lei era distante, quindi doveva fare affidamento unicamente ai suoi poteri e alla protezione che ancora lo ricopriva.
Era davanti al portone d'ingresso, incerto su come agire. Questo era costruito in onice nero con delle venature viola e argentate che mandavano bagliori nelle iridi del ragazzo. Il resto del palazzo era dello stesso materiale, ma bianco e striato dalle tonalità di rosa fino allo stesso viola del portone man mano che si avvicinava ad esso, quasi a racchiudere due diverse anime che erano in lotta tra loro, eppure complementari e unite dallo stesso fato.

Posò entrambi i palmi su di esso e spinse con quanta forza aveva in corpo.
Con non poca fatica riuscì ad aprirlo e lo accolse un salone immenso, molto più grande di quanto potesse essere da fuori. Una lunga tavola era proprio nel mezzo, costruita in vetro, e una sola sedia di corallo viola faceva da capotavola; al soffitto era appeso un lampadario pieno di candele che emanavano una tenue luce azzurra, tendente al grigio, che rendeva ancora più cupa l'atmosfera e il petto di Ari.
Fece qualche passo avanti e sobbalzò quando la porta si richiuse con un tonfo, lasciandolo nella penombra.
Non gli piaceva stare in quel luogo, gli mancava la luce del sole, anzi, gli mancava persino la luce artificiale dell'aeronave con tutte le scie di mana che vagavano nelle pareti.
Prese un respiro profondo e fiancheggiò il tavolo, sfiorandolo con la punta delle dita e creando delle piccole scintille azzurre al contatto.
Ritrasse la mano solo per paura di commettere qualche guaio.
Non avvertiva la presenza di nessuno, chissà dove si nascondeva Tinirau e come lo avrebbe trovato.
Fu in quel momento che vide attraverso lo specchio – che era la tavolata intera – il lampadario oscillare, ma nella stanza non c'era vento e non era affatto normale.

Sollevò lo sguardo e indietreggiò quanto bastava perché potesse avere una visuale dell'intera stanza senza problemi. L'attimo dopo, un lampo blu intenso s'introdusse nella sua mente e scattò di spalle.
Venne colpito in pieno da un flusso denso della stessa tonalità, dritto nello stomaco, che lo scaraventò lontano facendolo cadere sul tavolo.
Il vetro si infranse in milioni di schegge che lo colpirono in tutto il corpo e un urlo uscì fuori dalle sue labbra, più per lo spavento che per il dolore.
Ringraziò l'armatura trasparente che aveva addosso che gli aveva attutito i danni, causandogli solo tagli superficiali nelle gambe e qualcuno sul volto e le mani.

Ci siamo.

Non appena alzò il viso, tutto intorno a lui stava mutando: le pareti stavano sbiadendo lasciando il posto alla visuale di un vasto campo di sabbia rovente che si perdeva all'orizzonte; il soffitto non esisteva più e al suo posto vi era un grande arco a tutto sesto ai cui lati si andavano creando delle colonne in pietra nera – con le stesse venature viola del portone – ancorate nel pavimento, anch'esso in pietra, a delimitare quello che poteva essere definito un campo di battaglia quasi circolare.
Il vetro era scomparso e un rivolo di sangue colava dalla sua fronte fino ad arrivare sopra la palpebra. Dovette sfregarsi con il dorso della mano e ripulirsi per poter vedere bene.
“Benvenuto nella mia dimora.”
Quella voce non l'aveva mai sentita, ma non c'erano dubbi su chi dovesse essere.

Tinirau.

Una luce accecante lo colpì negli occhi e usò il braccio come protezione.
Quello che si trovava a qualche metro di distanza era un essere orribile. Vide la parte di squalo che già conosceva grazie ai suoi studi e alle raffigurazioni che lo rappresentavano ben più di una volta in quel modo, poi si soffermò sulla parte umana e in quel momento capì a cosa si riferisse Tangaroa quando diceva che era stato corrotto.
Tutto sembrava essere marcio e in decomposizione, arido e secco come se l'acqua non gli appartenesse più. Era terribile con quelle spugne ingrigite, dove solo la componente ossea si era salvata e inglobata alla pelle dello stesso colore.
“Credo che abbiamo un conto in sospeso durato ben nove anni.” disse ancora la divinità.
Ari si rialzò in piedi. Le dita avevano cominciato a formicolare di quella sensazione che ormai conosceva alla perfezione; quella che gli aveva infuso l'energia necessaria che l'aveva condotto fino a lì e continuava a farlo.

È cominciata.

La battaglia contro Tinirau aveva inizio.





 

NOTA DELL'AUTRICE:
Adesso siamo davvero alla battaglia finale!
Vorrei prima spiegare brevemente una cosa: esiste una leggenda nella quale Tinirau crea un'illusione per riconoscere un umano che voleva punire (non sto a raccontare tutta la storiella... è lunga la cosa ahah), per questo anche nella mia storia vediamo un'illusione. Non è qualcosa che mi sono inventata, il vero Tinirau è dotato di questa abilità :3 e quel Nael era qualcosa controllato da Tinirau ma che non esiste davvero.
Invece, per quanto riguarda il vero Nael, è tornato nel suo corpo! Morto, ma nel suo corpo u.u
Ari cresce ogni capitolo (bravo il mio bambino ;^;) che passa ed è determinato a sconfiggere Tinirau. Ce la farà? Ci sarà un'apocalisse disastrosa? Lo scoprirete domenica prossima!
Grazie a tutti e un abbraccio enorme :)
Flor :3

 

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 - La mano che custodisce il potere di una divinità ***


CAPITOLO 38
LA MANO CHE CUSTODISCE IL POTERE DI UNA DIVINITÀ


Gennaio, anno 440 del XII periodo

“Devi essere grato che non ti abbia ucciso quando ne ho avuto l'occasione e sei talmente stupido da aver sprecato la tua unica possibilità di fuggire e salvarti.” Tinirau fece una smorfia derisoria, mostrando i denti da squalo nella sua bocca. “Questa seconda volta non sarai tanto fortunato.”
Ari sentì il fiato affannato, ma cercò di calmarsi concentrandosi sul mana che scoppiettava nelle sue vene, voglioso di sgorgare fuori.
“Non ne sarei tanto sicuro.”
La risata che uscì fuori dalle labbra della divinità rimbombò nel vuoto di quello spazio che aveva creato intorno a loro attraverso un'illusione. Anche Ari, in realtà, non ne era tanto sicuro, ma non poteva farsi vedere debole ancora una volta di fronte a lui; avrebbe dato spazio a tutto il suo potere per sconfiggerlo definitivamente.
Un alito di vento sollevò in aria la sabbia, che passò davanti al viso di Ari, così come i suoi capelli svolazzarono mischiandosi ai granelli in una perfetta sfumatura cenere-dorata.
“Non puoi competere con una divinità del mio calibro.” Tinirau inclinò la testa in maniera eccessiva e una scintilla oscura balenò nei suoi occhi, di quel nero che si era impossessato anche delle iridi di Nael mentre risiedeva in lui. “Quindi sarò magnanimo e ti concederò la fuga.”
“Non scappo più.” rispose Ari, diretto, scatenando l'ennesima risata da parte dell'altro.
Solo quando questa cessò, Tinirau continuò a parlare.
“Speri davvero di potermi anche solo scalfire con la tua debole magia?”
“Sì.”
Tinirau alzò un sopracciglio, guardandolo più divertito che mai.
“Senti, senti. Quello che ho davanti è davvero quel ragazzo pauroso del mondo, che non sa fare niente per conto proprio, ritenuto inutile dalla società e da se stesso, che ha persino timore dei propri sentimenti, tanto da non esser riuscito a dare un bacio per anni alla persona che ama?”

Ari si sentì colpito nell'animo.
Tinirau sapeva tutto quello che era successo durante la convivenza tra lui e Nael, perché lui stesso doveva convivere nel corpo di Nael. Questo significava che tutte le confidenze che i due ragazzi avevano avuto per nove anni le conosceva anche lui e non avrebbe esitato a usare le debolezze più intime di Ari per fargli più male di una lancia nel petto.
Ari era una persona di quel tipo. Gli importava e veniva travolto molto di più dai sentimentalismi e dalle emozioni, piuttosto che da qualcosa di fisico, e Tinirau aveva un elenco molto lungo di offese che poteva rivolgergli.
Quell'ultima frase era senz'altro una frecciatina per farlo barcollare ancora prima di iniziare a fare sul serio.

Ma io non posso cadere, non più. Sono arrivato fino a qui e posso solo avanzare, noncurante degli ostacoli e di quanto siano temibili. Adesso c'è in gioco tutto.

“Sì, è quel ragazzo che hai davanti.” cominciò a parlare, stringendo un pugno. “Quello che è terrorizzato dal mondo, che no sa badare a se stesso, che vale ancora meno di zero nella società e per se stesso, che non sa esprimere i propri sentimenti tanto da non aver dato un bacio per anni alla persona che ama...” ribadì con il volto più sereno possibile. “Ma è anche quello che ha trovato il coraggio di abbandonare quella persona per sperare in un futuro migliore, quello che si è dovuto infiltrare tra la razza che più odiava al mondo per imparare a padroneggiare un potere di cui non conosceva niente, quello che ha sopportato la morte della persona che ama e che adesso la rivendica per tener fede a tutte le promesse scambiate. È quel ragazzo che ha compiuto un passo dopo l'altro, sebbene tutti piccoli, continuando a sbattere contro un muro che si era eretto da solo, fino a quando non l'ha crepato ed è diventato quello che adesso hai davvero davanti.” assottigliò gli occhi per poi puntarli in quelli pece dell'altro. “È quel ragazzo che non crede che il coraggio possa nascere dal nulla solo perché si deve intraprendere un viaggio molto più grande di se stessi, ma che crede che sia sempre risieduto dentro di sé, solo che era troppo smarrito per riconoscerlo. È quel ragazzo che porrà fine a tutta questa storia e che ti sconfiggerà per il bene del mondo intero.”

“Davvero interessante.”
La risposta lasciò attonito il ragazzo, che non capì se lo stesse ancora beffeggiando o se lo stesse studiando a fondo.
“Mi chiedo se hai preparato questo discorso davanti a uno specchio.”
Ormai era ben abituato a punzecchiature del genere, tuttavia quelle uscivano direttamente dalla bocca velenosa di un serpente e quella sanguinolenta di uno squalo, non erano affatto scherzose come quelle di Nael. Erano battute usate solo per ferire.

Non mi crede affatto...

Era logico supporlo, dato quello che era sempre stato. Questo, però, non lo fece demordere.
“Preparati, Tinirau.” spostò il piede sinistro indietro, quasi a caricare un colpo.
“Non sei riuscito a farmi neanche un graffio l'ultima volta.”
“Solo perché avevo davanti il corpo di Nael, adesso non ho alcun problema. Ho imparato dai miei errori.” una piccola scintilla azzurra si mosse rapidamente dal pollice al mignolo.
“Se credi di diventare un eroe vittorioso, stimato dal tuo bel Nael... Beh, mi duole avvisarti che al massimo diventerai un martire.”
“Non voglio essere un eroe, so di non esserlo.”
Ari sentiva il sudore imperlare la sua fronte, l'attesa dello scontro lo stava corrodendo.

Voglio solo Nael, non voglio altro.

“Eppure hai intrapreso questo viaggio per un semplice ragazzino.”
Quando sarebbe finito quel supplizio? Sentiva che più giravano attorno alla questione e più perdeva energie, mentre Tinirau non faceva che stare immobile con le braccia lungo il busto a sputare sentenze acide una dietro l'altra.
“Non credi che sia egoista?” chiese la divinità.
“Lo è, sono estremamente egoista. È una cosa che dovresti sapere ormai.”

E non mi importa di esserlo, non per questo motivo.

“Bene.” i denti aguzzi di Tinirau brillarono. “Mi sono stufato delle tue chiacchiere, è il momento di darti ciò per cui sei venuto.”
Ancor prima di finire la frase, Tinirau scattò verso il biondo a bocca spalancata.
Ari fece perno sul piede indietro per schivarlo di lato e richiamò il mana che affluì velocemente ai suoi palmi. Il nemico gli passò a fianco e quasi cadde a terra a causa del troppo vigore usato per scagliarsi contro di lui.
Ari, prontamente, alzò una mano verso la divinità e gli lanciò una sfera d'acqua, sfera che venne evitata a una velocità incredibile, sebbene fosse girato di schiena.

È veloce!

Il ragazzo strinse i denti e gliene lanciò altre di seguito. Tinirau le scansò tutte con un sorriso beffardo dipinto in volto.

Troppo veloce!

“Tutto qui?”
Tinirau staccò i piedi da terra e cominciò a volare – o forse era meglio dire nuotare – in cerchio, accostando le colonne che facevano da perimetro all'arena. Le sue gambe si muovevano come la coda di uno squalo, a destra e sinistra, con oscillazioni precise e abbastanza veloci.
Sembrava che lo squalo avesse trovato il suo spuntino e lo stesse accerchiando per prepararsi ad abbatterlo e mangiarselo.
Ari finì con il ritrovarsi nel bel mezzo della lastra di pietra che faceva da pavimento. Il fiatone era dovuto, più che alla stanchezza, all'ansia che provava in quel momento; le mani gli prudevano da impazzire e una piccola ferita che aveva sulla fronte – causata dai vetri infranti – gli bruciava a causa del sudore che gli imperlava la pelle.
Non riuscì a capire se fosse una sua impressione o cosa, ma il cerchio si stava facendo sempre più piccolo e Tinirau si stava facendo sempre più vicino.

Cosa faccio?

In quel momento, Tinirau arrestò il suo girare in circolo e si scagliò senza pensarci due volte sul ragazzo. Ari non ebbe la fortuna di evitare l'attacco e fu travolto dalla testa dell'altro che lo scaraventò contro una colonna.
Sbatté la schiena con un grido e già temette di aver fallito.

Come contrattacco?

Non aveva mai dovuto riflettere su strategie di battaglia e non ne aveva neanche discusso a lungo con altri. Keyondre gli aveva dato qualche dritta, ma come poteva dare consigli qualcuno che non si era mai trovato in una situazione del genere?
La realtà era ben diversa dalla semplice immaginazione o da un romanzo.
L'agitazione era intensa; il dolore non dava semplicemente una scossa nel petto, ma lo traforava da parte a parte; il terrore di non farcela si impossessava della mente e la speranza di vincere si basava solo sulle proprie azioni.
“Patetico.” commentò Tinirau.
Ari si rialzò con un po' di fatica; la botta gli faceva male, benché fosse convinto di non essersi spezzato nulla.
“Stai zitto.”
“Mi minacci? Che presunzione da un ragazzino come te.”
“Non sono più un ragazzino.”
La mano destra, nascosta dietro la schiena, stava disegnando piccoli simboli che non appartenevano a quel mondo.
“Da quando?” insistette la divinità.
“Da quando ho deciso di prendere in mano le redini del mio futuro!”

Con un urlo roco, Ari, mosse rapidamente la mano in avanti, facendo uscire un getto potente di mana che vorticò rumorosamente fino ad arrivare a Tinirau.
Questo, dopo un inavvertibile sussulto, formò una barriera nera trasparente attorno a sé, respingendo l'attacco del ragazzo.
“Non credo che potrai, però, sopravvivere per vedere il tuo futuro.” la barriera svanì come concluse la frase.
Ari serrò la mascella e fece un piccolo sorriso compiaciuto.
Il suo vortice si era trasformato in un drago d'acqua, dal corpo esile e lungo come un'anguilla, e delle zanne appuntite colsero alla sprovvista la divinità.
Lo addentò alla caviglia e l'urlo che seguì fece capire ad Ari di averlo colpito realmente, così come il sangue nero misto a icore che colava fino alla punta dei piedi.
Il ragazzo sibilò qualche parola in una lingua antica e la sua creatura tentò di attorcigliarsi intorno al corpo di Tinirau.
Questo non glielo permise, lanciando a distanza ravvicinata un'onda di mana che provocò un enorme buco nella testa del drago.

Dannazione!

Ari richiuse le dita e provò a riformulare l'incantesimo, ma il drago si dissolse in tante goccioline d'acqua che caddero sulla pietra.
“Ci hai provato, sei bravo con la magia.” affermò Tinirau. “Ma non sei l'unico che è capace di fare certi trucchetti.”
Un globo oscuro si espanse nella mano del nemico fino a insinuarsi sotto le unghie e Ari cominciò subito a correre per non farsi colpire, mentre le sue labbra mimavano l'ulteriore incantesimo che lanciò nella direzione dell'altro, sperando di colpirlo ma inutilmente.
Schivò un primo raggio nero e un secondo, gettandosi sulle ginocchia per poi rialzarsi il più in fretta possibile, e il terzo lo prese alla spalla destra. La maglietta aveva già una chiazza rossa che si espandeva lentamente.
Si portò la mano su di essa con una smorfia di dolore e vide il sangue colare lungo il braccio e macchiargli i vestiti, ma era una lacerazione leggera che poteva sopportare.
Non ebbe neanche il tempo di riposare che cominciò un'altra serie di attacchi magici.

Come fa a evocare così tanto mana di seguito?

Non c'era da stupirsi, in fondo era una divinità, e come tale doveva possedere un potere enorme.
Ari, invece, per attacchi più potenti del normale doveva concentrarsi e compiere movimenti con le braccia e formulare frasi di poche parole. Tinirau non sarebbe rimasto di certo a guardare mentre lui si preparava per abbatterlo.
L'ulteriore raggio gli bloccò la strada e quasi inciampò nell'intento di cambiare direzione, peccato che anche dietro di lui la strada era bloccata dal mana che continuava a uscire dalle mani dell'altro. Così si ritrovò a non poter più scappare.
Non fece in tempo ad accorgersene, che Tinirau si era lanciato di nuovo verso di lui a bocca spalancata.
Questa volta il nemico lo afferrò al braccio sinistro, stringendo più forte che poteva le mascelle e affondando i denti acuminati in esso. L'urlo che uscì dalle labbra del ragazzo fu notevole.
Il sangue schizzò sulla pietra – che in molti punti si era distrutta per colpa dei raggi – e Ari si sentì svenire. Il dolore era lancinante e fece ancora più male quando si staccò da lui e cadde sulle ginocchia con un tonfo, tenendosi il braccio con quello sano e strizzando gli occhi per fermare le lacrime.

Tinirau sputò a terra, quasi incollerito, pulendosi poi con il dorso della mano il sangue che era rimasto sulle labbra e che adesso gli sporcava il mento.
“Sai, il tuo mana faceva proprio schifo.”
Ari ansimò in cerca d'ossigeno, le lacrime erano entrate nella sua bocca e aveva voglia di vomitare. Si osservò la ferita e vide il segno dei denti ben evidente, la manica ormai non era che un brandello di stoffa che penzolava al di sotto del gomito.
Si domandò cosa fosse successo se non avesse avuto la protezione di Inaya.

Forse a quest'ora non avrei più il braccio.

Di certo, quello era l'intento e sarebbe stato assolutamente possibile.
“Questo perché...” prese fiato, puntando gli occhi cristallini sul nemico. “...è incontaminato... E a te piacciono solo le cose corrotte...”
“Touché” Tinirau scrollò le spalle e si sollevò da terra, nuotando per l'ennesima volta sulla testa dell'altro.
Ari non poté che rimanere immobile, sopraffatto dalla fitta che provava.

Non posso arrendermi adesso...

Poggiò l'altra mano sul pavimento e si mise a carponi.

...è solo una ferita, non sono sconfitto.

Le lacrime gli offuscavano la vista, ma per quella volta era deciso a non ascoltarle. Doveva riprendere il controllo di sé e utilizzare tutta la sapienza e la volontà che possedeva per continuare a lottare.
La risata di Tinirau gli fece accapponare la pelle e pensò che, se non si fosse tolto da lì a breve, avrebbe probabilmente perso anche il collo.
Fu così che, noncurante del dolore, si alzò in piedi e fece partire una corda di mana dalla sua mano. La indirizzò contro Tinirau, che nuotò più veloce, tuttavia la coordinazione del ragazzo e l'aver intuito i movimenti dell'altro fecero in modo che il mana si avvolse lungo le sue gambe.
Ari strinse la mano a pugno, talmente forte da farsi venire le nocche bianche, e lo stesso accadde alla corda e si sentì lo scricchiolio delle ossa dell'altro sotto di esse.
“Bastardo!” gli urlò contro e a niente valsero i suoi tentativi di slegarla e a niente serviva la magia, altrimenti si sarebbe ferito da solo.
“L'hai detto tu. Sono bravo con la magia.” lo incalzò il biondo, aiutandosi anche con l'altra mano, per quanto gli spasmi che accompagnarono quel gesto gli permisero.
“Oh, nessun dubbio.” il sorriso terrificante che s'impossessò delle labbra della divinità era ancora peggio della sua risata. “Così come quanto io eccello in forza fisica.”
Non fu che un attimo che prese a muovere le gambe come se fossero una coda e, anche se gli procurò dei graffi dai quali gocciolava icore, la rapidità dei suoi movimenti ebbe la meglio. Si agitava a destra e sinistra e Ari non riusciva a stare fermo in un unico punto, ma veniva sballottato di qua e di là.

Non lascerò la presa..!

Strinse i denti e cacciò un urlo vigoroso.
Tirò con quanta forza aveva nel corpo, pensando di attrarlo a sé, e sembrò riuscirci; però, l'ennesimo strattone da parte di Tinirau lo scaraventò lontano e la corda di mana si sbriciolò tra le sue mani.
Volò quasi al di fuori del campo di battaglia, rotolando per terra e picchiando ogni protuberanza del corpo. Aveva le ginocchia sbucciate e dei grandi lividi erano già usciti sui fianchi, per non parlare del braccio leso che adesso stava cominciando a perdere la sensibilità.
Ari si trovava steso con i capelli a coprirgli il volto, sudati e macchiati di un misto di sangue e sabbia; il corpo gli doleva da capo a piedi e non sapeva più che idee tirare fuori per combattere contro Tinirau.

Ho promesso che ti salverò, Nael.

Tentò di sollevarsi, ma era troppo difficile, quindi ricadde con la faccia a terra.

Ho promesso che annienterò lo spirito oscuro di Tinirau.

I suoi occhi, di nuovo velati di lacrime, si posarono sul disegno della pietra sotto di sé.

Ho promesso che avrei fatto tutto quello che avrei voluto per vivere appieno la mia vita.

Quelle linee, quei ghirigori...

E ho intenzione di mantenerle dalla prima all'ultima!

Era tutto molto familiare.






Inaya si stava assicurando che il corpo di Nael fosse ben al sicuro nel suo scudo.
Non aveva trovato un modo per riuscire a varcare la barriera, ma, anche se l'avesse trovato, aveva pensato che sarebbe potuta cadere in preda a un'illusione e non aveva la certezza che ne sarebbe uscita.
Per questo era tornata nel punto in cui Ari l'aveva lasciata, aspettando impaziente il suo ritorno.
“Quanto ci mette...”
Si stava distruggendo le mani a furia di sfregarle tra loro.
Osservò per un attimo il cadavere di Nael e pensò che dovesse essere stato difficile per Ari sopportare tutti gli avvenimenti fino ad oggi. Anche il semplice abbandonarlo in quel luogo sconosciuto con lei doveva essere stato difficoltoso.

Si ritrovò a sorridere per un breve istante nel sapere che il suo amico riponesse così tanta fiducia in lei da permetterle di curarsi di Nael al suo posto per qualche ora.
Tuttavia, l'agitazione era ben maggiore e le fece svanire il sorriso all'istante.
Ari non era come tutti gli altri suoi amici, l'aveva capito dal primo istante in cui l'aveva visto durante una lezione privata con suo padre: quegli occhi più azzurri dell'azzurro stesso esprimevano così tanta tristezza e solitudine; quei falsi sorrisi che si dipingevano sul suo volto comunicavano il disagio di essere in mezzo alla razza che gli aveva portato via i suoi genitori; la sua voce che usciva timidamente con piccole frasi non faceva che avvalorare le ipotesi che non era quello il posto in cui doveva trovarsi.
Da lì, Inaya, aveva deciso che non l'avrebbe mai perso di vista.
Era diventato un grande amico, tanto da avergli confidato tutto riguardo al catalizzatore e sua madre, e non l'avrebbe mai fatto partire da solo per quel viaggio pericoloso.
Ma, adesso, Inaya si era resa conto che non serviva più il suo aiuto.
L'aveva notato in quegli stessi occhi sempre più intensi, che l'avevano pregata di prendersi cura di Nael mentre lui andava a sconfiggere Tinirau. Era cresciuto – anche grazie a lei dovette ammettere – ma quella battaglia era sempre stata riservata unicamente a lui.
Si ritrovò a pensare a Keyondre, sicuramente preoccupato da qualche parte sull'aeronave, aspettando il loro ritorno.

Perdonami, padre, se non ti ho dato retta.

Si spostò una ciocca di capelli ribelle dal viso e sospirò tristemente.
Adesso capiva anche lei cosa significasse l'attesa di una persona a cui si voleva bene.
Fu in quel momento che una nube oscura si formò proprio al di sopra del palazzo di Tinirau.
“Cos'è quello?”
Inaya scattò in piedi e posò le mani sulla barriera, noncurante delle piccole scosse che le procurò.
Aveva gli occhi sgranati, così come la bocca, e cominciò a supplicare che non stesse succedendo nulla di grave.

Divinità, ascoltate la mia preghiera, per favore, fate tornare Ari sano e salvo.

Non sapeva se l'avessero sentita davvero, né se prendessero sotto causa quella richiesta, eppure continuò a sperare con tutto il cuore il ritorno di Ari.
“Ti prego, Ari...” una piccola lacrima rotolò lungo la sua guancia. “...non morire.”
Guardò Nael, immobile a terra, poi tornò con il volto sulla visione tremenda a qualche metro da lei.

Ti prego.






Ari fu sicuro che il suo nemico stesse aspettando che si rimettesse in piedi per poi abbatterlo di nuovo, solo per beffeggiarlo. Per questo il ragazzo non venne attaccato nei lunghi minuti che ci impiegò per sollevarsi.
“Tinirau!” gridò rauco, perdendo quasi l'equilibrio. “Perché stiamo combattendo?”
La divinità fermò la sua nuotata quasi sopra la testa di Ari.
“Non credi che sia un po' tardi per cercare di farmi la morale?”
Il sangue che ancora non si era fermato fece venire un senso di svenimento al ragazzo, ma resistette.
“Tu vuoi padroneggiare sugli oceani.” Ari parlò senza dar retta alla risposta dell'altro. “Non ti basta quello che ti ha offerto tuo padre, Tangaroa?”
“Siete voi umani che non vi accontentate mai di nulla.”
Ari non fece in tempo a schivare un attacco magico che lo colpì allo stomaco e si ritrovò a tossire, sputando qualche goccia di sangue, tuttavia si rimise in piedi ugualmente mentre l'altro continuava a parlare.
“La vostra anima è così labile che basta un'inezia per macchiarla. Se aggiungiamo il fatto che siete avidi e peccatori, ecco di che colore diventa.” un lampo nero mancò di proposito il ragazzo, incrinando una colonna. “Questo è quello che avete offerto alle divinità, quindi incolpate voi stessi se reclamiamo il potere, perché è lo stesso che fate voi sulla terra.”
Ari sentì in quelle parole un fondo di verità, eppure era anche tutto così sbagliato.
“Per questo vuoi uccidere tuo padre? A causa dell'uomo?”
Tinirau schioccò la lingua.
“Se vuoi vederla in questo modo.”

Decisamente sbagliato.

“Tangaroa mi ha chiesto la tua vita in cambio di quella di Nael.”
“Un padre amorevole, non trovi? Mettere sullo stesso piano un figlio con un perfetto sconosciuto. Una divinità con un essere umano.”
Il biondo ingoiò un groppo che aveva in gola da minuti e sapeva di succhi gastrici e sangue.
“Se tu non fossi quello che sei, lui ti amerebbe.” non sapeva perché aveva iniziato quel discorso, forse sperò di puntare dritto al cuore di Tinirau, se ancora ne avesse avuto uno. “Anzi, lui ti ama già. Perché credi che abbia lasciato tutto nelle mani di qualcuno che non ha la minima possibilità di farcela? Perché non vuole che tu muoia.”
“Stai zitto!” i denti luccicarono alla luce del sole e Ari pregò che non si scagliasse contro l'altro braccio.
“Perché non vuole macchiarsi le mani con il tuo sangue, perché ti ritiene ancora suo figlio e vorrebbe che tu tornassi come eri prima.”
“Non m'importa assolutamente! Non ci casco in questi discorsi!”
Ari sospirò e fissò lo sguardo a terra, poi ripuntò gli occhi in quelli abissali dell'altro.
Adesso era convinto delle proprie azioni.
“Io, invece, mi sono reso conto che non ho problemi a macchiarmele, se questo significa riavere indietro Nael!”

Fu in quel momento che accadde l'impensabile.
Tutti i bassorilievi incisi nella pietra si illuminarono di una flebile luce azzurra, che diventò man mano sempre più intensa fino a quando non irraggiò lo spazio circostante.
“Che sta succedendo?!”
Tinirau non poté finire la domanda, che dai ghirigori partirono delle lame di Mana tutte insieme, esplodendo con un rumore assordante quando vennero a contatto con la divinità, a simulare il suono della carne infilzata. Un'ondata di Mana celeste investì anche il ragazzo che, invece, ne trasse beneficio, perché tornò all'interno del proprio corpo facendogli riacquisire un minimo di energia.

Mentre era steso a terra, aveva incanalato tutto il suo potere nella lastra di pietra, facendolo scorrere negli spazi tra un disegno e l'altro, sfruttando quegli stessi simboli che rappresentavano l'Elemento dell'Acqua in tutte le sue forme. In seguito era bastato accertarsi che non ci fossero più speranze per far rinsavire Tinirau e aveva scagliato l'attacco usando la pietra stessa come vettore.

Il corpo della divinità cadde a terra con un tonfo sordo mentre fiotti di sangue e icore dipingevano di una tonalità orribile la pietra e il Mana che era ricaduto sopra di essa.
Ari gli si avvicinò lentamente, sentendo i gemiti di dolore uscire dalle labbra dell'altro e dispiacendosi per lui anche in quella circostanza.
Se era vero che il desiderio di far tornare in vita Nael fosse molto più forte, dall'altra parte non aveva mai ucciso nessuno e non pensava che avrebbe mai dovuto farlo a mani nude.
Ormai gli era sopra e lo vide annaspare tra uno spasmo e l'altro con migliaia di ferite in tutto il corpo. Alcuni frammenti di spugna erano sparsi a terra e lasciavano intravedere il grigio della pelle; al di fianco delle branchie uno squarcio enorme faceva capolino, tanto che pensò fosse quello la causa del suo respiro irregolare.

È finita...

Subito dopo si abbassò su di lui, la mano aperta era proprio sopra al cuore della divinità.
Non gli restava che affondarla nel petto ed estrarre l'anima.
All'improvviso, Tinirau lo prese al di sotto dei gomiti e lo sbatté a terra. Era stato tutto così confuso che il ragazzo non si era neanche reso conto di come fosse successo.
Ari cercò di divincolarsi, urlando come un ossesso.
“Bastardo...”
Gli occhi di Tinirau erano così indemoniati che era impossibile distogliere lo sguardo e Ari si sentiva precipitare sempre più nell'oscurità.

Aiuto!

Non poteva chiederlo a nessuno perché era da solo, ma continuò a ripeterlo nella sua testa.
Non riusciva nemmeno ad allungare il braccio per estrapolare l'anima dal petto del nemico.

Sono caduto in trappola come uno stupido... Aiutatemi, vi prego!

Lottò con le unghie e con i denti mentre l'altro scavava nelle sue braccia per succhiargli via tutto il mana che gli rimaneva e usarlo per curare le ferite.

Ari.

Il ragazzo spalancò gli occhi.
Quella voce la conosceva bene, l'aveva sentita così tante volte in sogno.

Tangaroa.

Non tutto è perduto.

Cosa?

Non capiva cosa stava succedendo, come stesse comunicando con Tangaroa e come lui sapesse della battaglia, ma Ari non aveva tempo di rifletterci sopra.

Faccio completo affidamento su di te.

Tangaroa? Tangaroa?

La divinità dell'oceano sembrava uscita dalla sua testa e il ragazzo andò nel panico. Come poteva fare affidamento su di lui se non sapeva cosa fare? Era sicuro di star per morire e già dai suoi occhi cadevano grosse lacrime che andavano a bagnare il pavimento.
All'improvviso gli balenarono nella mente una serie di parole di cui non conosceva il significato, persino in una lingua più antica di quella usata per gli incantesimi. La pietra al suo collo cominciò a pulsare sempre più velocemente e sentì le energie ristabilirsi completamente, sotto lo sguardo sgomento di Tinirau, che ancora stava provando a risucchiare il mana con fatica.
Quando le parole terminarono, Ari comprese tutto quanto.
Le sue labbra si mossero da sole, celebrando quella che sembrava essere una cerimonia, cantando quelle frasi come se gli fossero sempre appartenute.
“Non sei nelle condizioni di pronunciare un incantesimo...” Tinirau fece un piccolo ghigno senza staccarsi dal ragazzo, affondando maggiormente le unghie nella sua pelle. Nonostante ciò non ottenne un lamento di sofferenza.
La mano di Ari risplendette fino a quando fu impossibile distinguerla dal resto del corpo.
“Che la tua anima possa distaccarsi dalla vita terrena per tornare alla vita spirituale.”
Detto ciò, una lancia del tutto simile a quella usata per il rituale del Sacrificio si materializzò nel palmo di Ari e la conficcò con un colpo secco nel petto dell'altro.
Fu come bucare una superficie secca e dura, le spugne caddero tutte intorno e dalla bocca di Tinirau iniziò a colare icore che finì per imbrattare il viso del ragazzo. Questo spinse ancora più forte, penetrandolo da parte a parte, fino a quando non si accasciò sul suo corpo, ormai privo di vita.

Ce l'ho fatta...

Rimase in quella posizione per qualche secondo, sudato e accaldato, con il fiatone e la testa che gli martellava pesantemente.
Un istante dopo scomparve la lancia e Ari si accorse che anche il resto stava svanendo.
Si scrollò il corpo di dosso e vide un ammasso nero svolazzare al suo fianco.

Adesso devo distruggere anche la sua anima.

Richiamò l'energia dentro di lui, ma il pavimento cominciò a tremare e la sabbia sembrò essere risucchiata da un vortice. L'illusione si stava dissolvendo perché Tinirau non ne aveva più il controllo.
Ari dovette ripararsi in una bolla d'acqua per non venir schiacciato dalla pietra che stava crollando dall'arco a tutto sesto sopra la sua testa, ma all'improvviso tutto svanì.
Si ritrovò nel salotto con ancora il tavolo in vetro ormai ridotto in migliaia di frammenti.
Si guardò subito intorno per cercare l'anima di Tinirau, ma non ci volle molto a trovarla, perché stava nuotando abbastanza lenta per fuggire via da lì.

Deve aver esaurito tutta la sua forza...

Innalzò quattro muri d'acqua che non le permisero di andare oltre, rinchiudendola tra di essi; poi fece uscire fuori infinite braccia per acciuffarla, senza riuscirci. Poco importava perché aveva creato una fitta rete d'acqua, quasi come una ragnatela, che congelò immediatamente e che bloccò ogni movimento dello spirito oscuro.
Si avvicinò con cautela e lasciò cadere a terra con un sonoro splash tutto il mana che non serviva più, mantenendo solo quello che fungeva da gabbia per Tinirau. La prese tra le mani e rimase a fissare come si agitava per provare a uscire.

Adesso è davvero finita...

Sospirò e non riuscì neanche a sorridere.

Mi chiedo se sia giusto porre fine a tutto quanto o se debba portarlo da Tangaroa.

Aveva messo da parte la paura per affrontare quell'ultima battaglia e anche parte del suo cuore, ma non poteva nascondere totalmente il suo buon animo.

Dopotutto è suo figlio.

Lui non era un padre, non poteva sapere cosa avrebbe provato Tangaroa nella sua perdita, eppure era sicuro che il dolore si avvicinava a quello che aveva provato lui quando erano morti i suoi genitori.

Quello non è mio figlio.

La voce possente di Tangaroa si fece strada ancora una volta nella sua mente e lo fece sussultare.
“Non lo è totalmente, ma...”

Fai quello che devi. Non credere che non manterrò la mia promessa perché ti accuserò di aver ucciso mio figlio.

Non ci credeva, era proprio quello su cui stava riflettendo un attimo prima. Come si poteva perdonare la persona che aveva ucciso qualcuno a cui si voleva bene? Come si poteva addirittura riportare in vita qualcuno che era caro a quella persona?
Ari finì con lo scuotere la testa. Poi avvertì di nuovo la sensazione che Tangaroa gli stesse iniettando delle parole da pronunciare per l'ultimo incantesimo, che avrebbe concluso tutta quella storia.
Non fu che qualche attimo che prese a dirle anche ad alta voce, mentre un flusso congelato di mana penetrava all'interno dell'anima, rendendola anch'essa di ghiaccio nero con sfumature blu e azzurre.
La Pietra del Mana vibrò e così anche le sue mani.
La gabbia e l'anima si disintegrarono.
“Riposa in eterno.”


 


NOTA DELL'AUTRICE:
*festeggia* Ari ha sconfitto Tinirau! Come se l'è cavata questo bambino, eh? Avete sperato che vincesse, vero? Stava per non farcela un paio di volte, ma non sono stata così cattiva da farlo morire in battaglia, dai, pensate questo u.u
Il mio bambino è davvero cresciuto :')
Adesso manca un dettaglio non di poco conto: Nael.
Tornerà in vita? Restate sintonizzati su questo canale per scoprirlo! ;)
Ringrazio tutti quelli che sono arrivati fino a qui, ormai manca davvero poco e un bacio enorme a tutti!
Flor :3

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 - Rinascere dalla terra ***


 

CAPITOLO 39
RINASCERE DALLA TERRA



Gennaio, anno 440 del XII periodo

Ari cadde esausto sulle ginocchia.
Non sentiva neanche più un muscolo e la fitta al braccio sinistro aveva cominciato a pulsare più forte che mai.

Non è ancora il momento di fermarsi a riposare...

Si rialzò con un lamento soffocato e barcollò per rimettersi in piedi.

...devo tornare da Inaya e Nael.

Si trascinò fino al portone in onice nero e lo spalancò con le ultime forze rimaste. Quasi rotolò sulla sabbia, ma si tenne in equilibrio appoggiandosi alla porta stessa.
La luce era più accecante che mai e dovette chiudere gli occhi; pensò anche di voler rimanere così e dormire per almeno una settimana.
Era davvero finita.

Ho ucciso Tinirau. Io ho ucciso una divinità.

Avanzò a piccoli passi lenti, rischiando di cadere un altro paio di volte quando non ebbe più la struttura del palazzo a fare da appoggio.
Non aveva nemmeno le forze per formulare qualche pensiero troppo complicato. Tutto quello che sapeva era che aveva portato a termine la missione – con un bel po' di ferite e contusioni, certo, era impossibile non rimanere illeso in una battaglia del genere – e che adesso doveva solo raggiungere Tangaroa per portargli il corpo di Nael.

Ci sono riuscito, Nael.

Un piccolo sorriso si impossessò delle sue labbra mentre vedeva davanti a sé la foresta di alghe.

Sei orgoglioso di me?

Fece ancora qualche metro prima di intravedere Inaya, che correva verso di lui affannata e con un viso talmente preoccupato che non c'era bisogno di spiegazioni per capire che avesse pianto fino a un momento prima.
“Ari!” gli si gettò letteralmente addosso e lo abbracciò, ma i lamenti di dolore la fecero staccare subito. “Per tutte le divinità! Sei ridotto a uno straccio!”
“Grazie, Inaya, me ne ero accorto...” ironizzò, sorridendo, e l'altra lo accompagnò.
“Hai vinto.”
“Sì, ce l'ho fatta.”
Inaya gli sorrise da un orecchio all'altro e gli mise un braccio intorno alla vita, portandolo a sedersi proprio vicino al cadavere di Nael, dove Ari si accasciò senza rifletterci due volte.
“Sapevo che saresti tornato.”
Dalle mani della Curatrice si stava espandendo una luce bianca che andò a solleticare la pelle del ragazzo, che si ritrasse contraendo i muscoli.
“Ho badato a Natanael.” continuò Inaya.
“Grazie.”
“Però, quando la barriera è scomparsa e ti ho visto in lontananza, non mi sono potuta frenare dal correre da te.”
“Ti ringrazio anche per questo.”

Non potrò mai ringraziarti abbastanza.

“Anche se ho lasciato da solo Natanael per qualche minuto?”
Ari scoppiò a ridere, una risata soffocata dal dolore, ma pur sempre sincera.
“Sei la migliore amica che si possa avere.”
Dagli occhi, più verdi che grigi, di Inaya cominciarono a uscire grossi lacrimoni, che andarono a bagnare il braccio di Ari e a farlo tremare dal bruciore che questo gli provocò.
“Inaya, che hai?”
“Ero così preoccupata!” esclamò a gran voce. “Non puoi far preoccupare le persone a questo modo! Davvero, non puoi! Se fossi morto...” abbassò il capo, scuotendolo. “Se fossi morto come avrei sopportato anche la perdita di un fratello?!”
Tutto in quel tono di voce la faceva somigliare a una sgridata, eppure c'era così tanto affetto che Ari non poté che sorriderle di nuovo e abbracciarla lievemente. Le lacrime della ragazza scivolarono giù lungo il collo del biondo e umettarono la maglietta – o quello che ne rimaneva – fino a bagnargli il petto.
“Va tutto bene, sono qui.”
“Sei un fratello terribile! Terribile! Non si fa così...” continuò a piangere addosso a lui che prese ad accarezzarle la testa.
“Hai ragione.”

Non aveva ancora capito di essere diventato un fratello maggiore per lei, aveva sempre sostenuto il contrario. Tuttavia sentiva di voler quel ruolo, perché teneva molto a Inaya, proprio come avrebbe fatto qualsiasi fratello. Inoltre, era raro vederla crollare in quel modo, buttando fuori tutti i suoi timori, e questo gli fece venire ancora più voglia di rassicurarla.
Quando si fu calmata, Inaya si asciugò le lacrime rimanenti con la manica della maglia e rimase in silenzio ancora per qualche minuto.

Ari si voltò verso Nael, osservandolo attentamente, quasi a imprimersi quel viso e quel corpo come se non l'avesse mai davvero guardato. I lineamenti erano molto più dolci, i capelli cadevano setosi sulla fronte, e l'espressione serena gli confermò che quello fosse il sorriso di Nael.
L'unico problema era che non era vivo, non ancora.
“Starà bene anche lui.” prese a parlare Inaya, dopo essersi ripresa.
“Mh.” annuì Ari.
I suoi occhi si soffermarono su un tatuaggio appena al di sotto dell'ombelico.

Il simbolo del tuo sacrificio...

Era una conchiglia, ma non ne conosceva il significato. Pensò, solo, che fosse troppo bella per rappresentare qualcosa di così terribile come la morte.
In quel momento sentì la testa vorticare e si portò una mano su di essa.
“Ari? Che ti prende?”
“Ah... niente... Io...”
Non riuscì a formulare una frase di senso compiuto che anche la vista gli si fece annebbiata.
Pochi attimi dopo, svenne.





Ari si svegliò lentamente, mettendo a fuoco un soffitto in pietra bianca e alcune piccole cavità rischiarate da luccichii soffusi.

Dove mi trovo?

Avvertì intorno a sé la presenza dell'acqua e concluse che dovesse trovarsi ancora nell'oceano.
Quello su cui era sdraiato, però, era un letto. O almeno, dava la sensazione di essere un letto, ma il materasso sembrava composto da spuma marina e il cuscino era una spugna, la cui federa – se così poteva chiamarla – era chiusa da alcune piccole conchiglie rosate attorcigliate su se stesse.
Era strano, ma aveva tutta l'aria di ricordare un posto del genere. Qualcosa in quei bagliori era familiare, malgrado ciò non aveva le energie per voltare il capo e ammirare il resto della stanza.
Un piccolo dolore al braccio sinistro gli fece abbassare gli occhi su di esso e lo vide brillare di luce nera e blu che si scontrava insieme e quella blu soffocava l'altra, inglobandola dentro se stessa.
Non poteva che essere Mana.

“Finalmente ti sei svegliato.”
Una voce squillante, seguita da una mano mulatta che gli afferrava la propria, lo colsero alla sprovvista, facendolo quasi sussultare.
“Inaya...” inspirò a fondo mentre i suoi occhi cercarono la figura della ragazza, trovandola al proprio capezzale, tutta sorridente.
Chiuse le palpebre e fece qualche altro respiro profondo, sentendo di aver dormito più di quanto avesse mai fatto negli ultimi anni, eppure non era ancora abbastanza.
“Come stai?”
“Come se una divinità maligna mi avesse quasi strappato via un braccio, mi avesse riempito di graffi e lividi e...” sorrise quando il suo pensiero andò a un'altra persona. “...come se avessi mantenuto fede alla parola data.”
“Allora direi che stai bene.”
Ari accennò una risata e trovò la forza di muoversi, mettendosi a sedere e facendo cenno alla ragazza di non preoccuparsi.
“Dove siamo?”
“Nella mia dimora.”
All'improvviso apparve un uomo alto, possente, dalla pelle blu marchiata da infiniti tatuaggi.
“Tangaroa...” la sua era più un'evocazione che altro.

Quindi è davvero tutto concluso, ho salvato Nael.

“Piacere di conoscerti, Ari, anche se questa non è la prima volta che tu e io ci incontriamo.”
Invece era come se lo fosse. In sogno, Ari non aveva minimamente compreso l'autorità e la maestà che possedesse la divinità dell'oceano e adesso era lì, davanti a lui, in tutta la sua possanza e saggezza.
“Grazie.” Ari si slanciò troppo velocemente verso di lui, da farsi girare la testa e rimettersi seduto composto.
Non sapeva perché la prima cosa che gli avesse detto fosse quella, anzi, era per tutto quello che era successo e per tutto quello che gli aveva concesso in quei mesi. Aveva dovuto affrontare Tinirau, questo era vero, ma gli aveva anche dato l'opportunità di far tornare in vita Nael.

Nael...

Fu di nuovo distratto dal suo pensiero, non vedendolo nella stanza. Era davvero in salvo?
“Sono io quello che ti deve ringraziare.”
Ari si portò la mano sana al petto e lo sentì tamburellare molto forte.
“Dov'è?” chiese quasi senza preoccuparsi delle parole della divinità e neanche si accorse di come questa fosse giunta vicino a lui e gli avesse preso il braccio ferito, provocandogli una fitta acuta.
“Prima devo assicurarmi che tu sia guarito.”
Guardò la carne fresca che era stata addentata da Tinirau e il sangue raggrumato su di essa.
Il ragazzo si chiese se andasse bene, se non fosse troppo venir curato dalla persona a cui aveva ucciso il figlio. Un conto era lo scambio che si erano ripromessi tempo prima, ma quello non era aggiuntivo?
“Io preferirei che mi curasse Inaya.” azzardò a parlare, ottenendo un volto sgomento dalla ragazza.
“Non tormentare il tuo animo con queste sciocchezze.”
“Ma...”
Tangaroa scosse la testa come se l'avesse letto perfettamente nella mente.
“Ti ho già avvertito che quello non era mio figlio. Non più. Quindi non credere che io adesso ti porti rancore, non salvi più quel ragazzo e che non mi prodighi per curarti dopo quello che hai affrontato al mio posto. Inoltre, questa ferita deve essere purificata e non è possibile farlo se non con la fonte più pura di Mana, un potere che non è nelle mani di una giovane maga che non può generarlo di sua spontanea volontà.”
Ari si umettò le labbra, secche e con un taglio nell'angolo destro.
“Non incolparti di reati che non hai commesso. Tu hai riportato l'equilibrio nell'oceano.”
“L'equilibrio...”
Era una questione importante di cui ancora non riusciva a capacitarsi del tutto. Davvero era stato il fautore di quell'impresa e ce l'aveva fatta con le sue forze e con l'aiuto delle persone a cui voleva bene. Quasi assomigliava a uno dei tanti protagonisti dei suoi libri.

La luce nelle tenebre.

Si portò la mano sul ventre e percepì il sottile rilievo del tatuaggio, quasi come se fosse diventata una cicatrice che ormai faceva parte di lui in tutto e per tutto.
“Grazie, Tangaroa.” gli sorrise, non sapeva che altro dire e sperava che la divinità capisse tutti i suoi sentimenti in quella semplice frase.
Tangaroa, di risposta, inclinò appena il capo in avanti, facendo oscillare la sua lunga coda sinuosamente.
La divinità controllò le ferite del ragazzo per qualche minuto e gli fu ordinato di tornare a riposare, ciononostante tutti i tentativi erano stati vani, perché Ari aveva insistito nel vedere Nael. Alla fine furono costretti a esaudire il suo volere.

“Potrebbe volerci altro tempo prima che si svegli. Il suo corpo deve tornare a funzionare regolarmente prima che accada.” cominciò a parlare Tangaroa, mentre scortava Ari nella stanza adiacente, e si fermarono davanti alla porta di corallo.
“È in coma?”
“No, ma il suo corpo – non appena gli ho restituito l'anima e ho curato le sue ferite mortali – ha cominciato a ripercorrere il ciclo della vita, rinascendo dalla profondità della terra così come un feto nel grembo materno. Sta sviluppando di nuovo tutti i suoi sensi, tutti i suoi organi, ogni singola funzione in maniera accelerata. Dall'esterno non si può notare, ma dentro di lui sta accadendo tutto questo e, anche se il mio potere è notevole, stiamo pur sempre parlando di un essere umano. Se la sua forza e la sua volontà sono tali da tornare a vivere in questo mondo, di certo non mancherà di farlo a breve.”
“Su questo non ho dubbi.”
“Lo immaginavo. Dopotutto, è stato il bambino che ho scelto per tenere imprigionata l'anima di Tinirau. Significa che ha già una forza ben maggiore di qualsiasi altro umano.”
Ari sorrise al pensiero che fosse vero e s'inchinò con il busto in segno di ringraziamento e rispetto, per poi entrare nella stanza.

Era identica a quella in cui si era risvegliato lui; le pareti della grotta splendevano di bianco con quei bagliori che si riflettevano nei suoi occhi cristallini a ogni passo, anche il letto era uguale al suo, ma non gli importava più di tanto in quel momento. Quello che gli importava si trovava proprio sopra di esso e sembrava dormire beato.
“Nael.”
Gli si avvicinò e si inginocchiò al suo capezzale, prendendo ad accarezzargli un ciuffo di capelli corvino che si era poggiato alla sua fronte.
Il suo corpo era ancora nudo, ma lo squarcio nel petto era svanito, al suo posto la pelle non aveva neanche una piccola cicatrice e al tatto era liscia come se non fosse mai successo niente. Anche il resto del corpo era intatto e ogni centimetro era proprio così come se lo ricordava.
L'unica cosa differente era quel tatuaggio sotto l'ombelico che non era svanito. Pensò che sarebbe stato il segno che avrebbe rammentato a entrambi di tutta quella storia e che sarebbe diventato un dolce ricordo con il passare degli anni. Un ricordo riguardante una lotta contro se stessi per portare a termine una missione ben più importante della salvezza del mondo.

La nostra felicità e il nostro futuro insieme.

Continuò ad accarezzarlo, aspettando che si svegliasse.
Non importava quanto avrebbe dovuto attendere, sarebbe rimasto inginocchiato a terra per giorni interi fino a quando non avrebbe potuto rivedere negli occhi il suo Nael.
Adesso, toccarlo, non emanava più quella percezione di freddo evanescente. Sentiva per bene i fili di capelli che scorrevano tra le sue dita, il calore della pelle e la consistenza dei muscoli. Gli era mancato così tanto che si ritrovò a piangere dal nulla.
Piccole lacrime di gioia scivolarono lungo le sue guance, arrossandole, e si ritrovò a tirar su con il naso.
“Forza, non hai voglia di tornare da me?”
Naturalmente non ottenne nessuna risposta, eppure continuò a parlargli per qualche ora, senza smettere con quelle carezze, senza mai perdere il contatto con il suo volto.





Non poteva esserne certo, ma doveva ormai essere sera, considerando che Inaya era entrata nella stanza per chiedere se volesse mangiare e lui aveva risposto di no. Non che non avesse fame, ma il suo stomaco sarebbe stato chiuso fino a quando non si sarebbe svegliato Nael.
Questo gli procurò una tirata d'orecchie da parte della ragazza che gli disse che doveva mangiare per rimettersi in forze, allora fu convinto con una piccola porzione di cibo che ingoiò quasi controvoglia. Subito dopo, tornò con la mano incastrata in quella dell'altro e la testa poggiata sul materasso nell'attesa.
Le sue palpebre stavano cedendo al sonno.

Sarebbe ironico se ti svegliassi proprio mentre io sto dormendo.

Non avrebbe voluto che accadesse. Per quale motivo era rimasto al suo fianco, altrimenti?
Tenne duro per qualche altro minuto, ma si sentiva sempre più scivolare nel mondo dei sogni.
Proprio quando la sua mano stava abbandonando la morsa, ecco che avvertì qualcosa di strano.
Alzò il capo di soprassalto, il ciuffo cenere gli coprì parte del viso, e la bocca era spalancata a trattenere il fiato. C'era stato uno stimolo, ne era sicuro.

Ti sei mosso.

Aveva sentito la sua mano essere stretta con troppa forza per uno che era incosciente.
“Nael?” si sporse verso di lui, rimanendo a pochi centimetri dal suo volto. “Nael?” una punta di timore nella voce.

Me lo sono immaginato?

Forse la stanchezza aveva preso il sopravvento.
Abbassò la testa, con un sospiro sommesso.
“...Ari...”
Il biondo spalancò gli occhi. Questa volta non poteva averlo fantasticato.
Vide Nael con le labbra socchiuse, un piccolo rantolo uscì dalla sua bocca, quasi come se volesse rimettersi a dormire, invece invocò di nuovo il suo nome.
“Ari..”
“Nael!” esclamò a gran voce, stringendogli la mano talmente forte da sentire il pulsare del cuore dell'altro da quella presa. “Sei vivo! Sei sveglio!”
Nael fece solo un piccolo mugugno e tutto tacque per qualche lungo, lunghissimo, istante, dove Ari non respirò neanche per un secondo.
Improvvisamente, Natanael aprì gli occhi, costringendo il suo corpo a svegliarsi, nonostante fosse evidente che non avrebbe voluto.

Sei vivo. Nael, sei vivo e sei...

“Sei tornato da me!”
Ari si lanciò su di lui, abbracciandolo con vigore e sentendo l'altro emettere un lamento.
Trascurò lo spasmo che gli causò quel gesto e lo abbracciò ancora di più, piangendo nuovamente di gioia.
“Nael! Nael!” non riusciva a dire altro, troppo contento di riaverlo tra le braccia così come doveva essere.
In quell'istante sentì ricambiare il gesto e le ciocche del moro solleticargli il collo e l'orecchio, mentre le lacrime gli bagnavano la spalla destra. Quella era la rassicurazione che fosse tornato il suo Nael, che si ricordava tutto quello che era successo e che era crollato come lui nell'essere di nuovo uniti dopo mesi di separazione.
“Ce l'hai fatta...” sussurrò appena il maggiore.
“Sì...”
“A quanto pare sei diventato tu l'eroe della coppia.”
Si misero a ridere, finalmente liberi di potersi lasciare andare a qualche pensiero felice.
Quando Nael si staccò, Ari prese ad asciugarsi gli occhi con il dorso della mano e si perse nell'ammirare nuovamente il suo volto, ma rimase stupito.
“Nael... i tuoi occhi...”
“Cos'hanno?”
“Sono entrambi verdi.”

Erano ambedue sorpresi. Adesso le iridi di Natanael risplendevano di quella luce che si posava sul mare all'orizzonte nelle ore più calde della giornata. Era svanita la sua strana peculiarità dell'eterocromia e nessuno dei due avrebbe mai più rivisto quell'occhio più nero che intrappolava e incatenava.
“Deve essere perché in te non c'è più traccia di Tinirau.” continuò Ari.
“Probabile.” Nael si mise seduto, rimanendo pensieroso, con una mano sotto al mento.
“Che ti prende?”
“Sono figo lo stesso?”
Ari non poté che arrossire e dare una piccola spinta all'altro, accigliato, e causando una risata dalla sua parte. Quanto gli erano mancate anche quelle battute così poco divertenti.
“Sei rimasto uno stupido.” commentò Ari.
“Uno stupido bellissimo, non è da tutti.”
“La vuoi smettere?” il rossore sulle guance di Ari ormai era arrivato al limite e l'imbarazzo anche. “Ti preferivo prima.”
“Morto e incorporeo?” ironizzò, alzando un sopracciglio. “Non ci credo neanche se lo vedo.”
Ari sorrise e abbassò il capo, poi l'altro gli fece cenno di sedersi al suo fianco. Così fece, anzi, si sedette sulle sue ginocchia e gli circondò le braccia al collo per avvinghiarlo a sé ancora e ancora. Aveva persino il suo solito profumo nonostante fosse passato così tanto tempo.

Finalmente, Nael... finalmente sei con me e non ti lascerò andare mai più.





Nael si mise a baciargli la nuca e ad accarezzargli la schiena con gesti lenti e intensi.
Era incredibile.
La sensazione di poter toccare nuovamente Ari lo stava facendo entrare in uno stato di beatitudine che non sapeva descrivere. Era stato così difficile non poterlo percepire davvero, che adesso si doveva riabituare a quella pelle morbida e calda, alla setosità dei capelli, alla sensazione di prurito delle sue labbra sul proprio collo e delle lunghe ciglia sul mento.

Maledizione, Ari, quanto ho sognato di poterti accarezzare di nuovo.

Si lasciò andare a un sospiro.

E tu hai affrontato Tinirau solo per renderlo realtà.

Era una verità che celava un significato così profondo, che non poté che abbracciarlo più forte sentendo le lacrime risalire, ma cacciandole indietro.
“Mi sei mancato.”
“Anche tu, Nael, non sai quanto.”
“Credo di saperlo, invece.”

Ti amo, ti amo...

Rimasero stretti tra loro per un tempo che parve interminabile.
Avevano così tanto da dire, eppure non usciva niente. Sembrava all'improvviso che tutte le parole avessero perso di significato e che bastasse quel semplice contatto per trasmettere tutto quello che avevano passato e tutto quello che volevano esprimere. E, forse, ci sarebbero riusciti, considerando quanto forte fosse il loro legame.
Però c'era una cosa che Nael non aveva mai detto apertamente all'altro, se non quando aveva le sembianze di spirito, e non poteva provocare lo stesso effetto.
“Ari, ho bisogno di dirti una cosa.”
Si staccò dall'abbraccio, prendendo a giocare con il piercing sul lobo sinistro. Anche quello gli era mancato da matti.
“Che cosa?” rispose l'altro, con un tono preoccupato.
“Ti amo.”
Ari rilassò il viso e si ritrovò a sorridere, grattandogli tra l'attaccatura dei capelli e il collo.
“Non te l'avevo ancora confessato per bene e mi hai anche preceduto, a dir la verità, non me lo sarei mai aspettato.”
“Anche io sono in grado di sorprenderti delle volte.”
Le loro voci non erano che sussurri che andavano sempre più scemando, mentre i loro visi si avvicinavano sempre di più.
“Ci sei sempre riuscito.”
“Ne sono contento.”
Le punte dei loro nasi si sfiorarono.
“Nael?”
“Mh?”
“Ti amo anche io.”

Natanael si mise a ridere flebilmente e annullò lo spazio che li divideva.
Presero a baciarsi con tutta l'enfasi che avevano accumulato in quei mesi dove non avevano potuto, con tutta la foga possibile e con una dolcezza estrema che solo loro due potevano cogliere, mentre un esterno avrebbe solamente pensato a quel gesto come di pura passione. Attorcigliarono le lingue, respirarono in funzione dell'altro, premettero con forza le mani sulle rispettive guance e si abbandonarono all'amore che provavano l'uno nei confronti dell'altro.
Le labbra di Nael scivolarono giù lungo il mento e succhiarono appena la pelle, poi si spostarono lungo la linea del viso per andare incontro all'orecchio e mordicchiare il lobo. Solo quando ebbe finito di torturarlo, ritornò con la bocca su quella di Ari, suggellando più e più volte la loro riunione.
Dopo qualche minuto si staccarono completamente e rimasero a fissarsi negli occhi. Sebbene Ari provasse una qualche stranezza nel non vedere più quella sua caratteristica che era sempre stata presente, non aveva perso nemmeno un granello di amore e rimaneva sempre bellissimo.
Anche Nael voleva vedere cosa fosse successo alla sua faccia, ma in quel momento era l'ultimo dei suoi pensieri. Anzi, c'era qualcosa che gli vorticava nella mente a dirla tutta.

“Mi sono appena reso conto di essere nudo.”
Ari scoppiò a ridere.
“Non riderei se fossi in te, piuttosto dovresti rimediare e non lasciare che sia l'unico.”
“Non ci credo, sei un pervertito.” il biondo gli diede un bacio fugace. “Sai dove ci troviamo?”
In realtà, non aveva fatto caso al fatto che fossero circondati da acqua e che lui stesse respirando come se niente fosse.
“Nella casa di qualcuno con un modesto senso dell'arredamento?”
Ari lo guardò storto.
“Ho passato mesi senza essere sentito, quindi ho anche una vasta serie di battute da dover recuperare.”
“Questo puoi anche toglierlo dalla lista.” ottenne un pizzicotto sulla coscia prima di continuare. “Siamo nella dimora di Tangaroa.”

Gli spiegò in breve cosa fosse successo dopo che aveva sconfitto Tinirau, anche se lui stesso era svenuto e, quindi, aveva riportato il racconto di Inaya e di Tangaroa stesso.
“E te come stai?” domandò Nael, sfiorando appena il segno sul suo braccio sinistro.
“Adesso sto benissimo.”
“Davvero?”
“Davvero.”
E anche Nael si sentiva nella stessa maniera.
Essere di nuovo lì, con Ari al suo fianco, noncurante che esistessero altre persone oltre a loro due. Era tornato tutto nella normalità, sebbene avessero quelle che potevano essere chiamate le cicatrici di quell'esperienza. Soprattutto la pelle dell'altro sarebbe stata per sempre segnata da quello sfregio e lui ne riportava le conseguenze nei suoi occhi.
Si scambiarono un altro bacio, più casto del precedente e fu difficile lasciar alzare Ari da quel letto per andare ad avvisare gli altri due del suo risveglio.

Finalmente siamo tu e io e non ti abbandonerò mai più.





“Avrei tanto voluto vedere come hai ucciso quell'essere schifoso.” fece Nael, sorseggiando quello che poteva essere tè, ma che non aveva lo stesso sapore che conosceva.
La sua nudità era stata risolta con delle vesti create con Mana incorporato in... In realtà non aveva voluto sapere con cosa fossero stati fatti, convinto che la sua mente non fosse pronta a tale scoperta, l'importante era che adesso era coperto almeno in parte.
“Puoi farlo.”
S'intromise Inaya, che finalmente aveva avuto il tempo di crearsi una nuova capigliatura. I capelli erano legati in una coda di cavallo nella quale si inserivano due trecce che avvolgevano a spirale l'intera coda fino a chiudersi con una molletta – che aveva tutta l'aria di essere una conchiglia bucata. Inoltre, sulla testa aveva un altro fermaglio, o meglio, una stella marina sicuramente offerta da Tangaroa.
“E come?”
“Esiste un incantesimo per leggere i ricordi delle persone. Però è molto difficile e anche abbastanza pericoloso, ma sono sicura che mio padre sia capace.”
Nael si voltò verso Ari con un sorriso sornione.
“Non ci pensare nemmeno.”
“Ma dai!”
“Inaya, perché l'hai detto? Adesso devo sopportare questa richiesta per settimane.”
La ragazza si mise a ridere e Nael si avvicinò all'altro con un'espressione troppo tenera da poter dire ancora di no, tuttavia non cedette.

Fu proprio quando Nael tentò un assalto ad Ari, abbracciandolo da dietro, che entrò Tangaroa, con il passo quasi impercettibile come se fosse trasportato dalla corrente.
“Vedo che state tutti meglio.” prese posto al tavolo dove erano seduti gli altri, lo stesso che si era presentato nel sogno di Ari qualche tempo prima.
“Ti ringrazio per averci permesso di rimanere nella tua grotta.” prese la parola il biondo.
Infatti, la divinità dell'oceano aveva detto loro che sarebbe stato al loro servizio fino a quando non avrebbero recuperato le forze. Nonostante fossero passati solo due giorni, tuttavia, era tempo di tornare indietro. Quella non era la loro casa e avevano ancora delle questioni in sospeso.
Una di quelle doveva, però, essere ancora discussa con Tangaroa.

Non posso rimandare oltre.

“Tangaroa...” disse ancora Ari. “Dobbiamo parlare dei Sacrifici, mi avevi detto che...”
“Ricordo quello che ti ho detto.” rispose semplicemente.
“Adesso non servono più, giusto? La tua ira era provocata dal fatto che gli umani avessero corrotto l'anima di tuo figlio, ma adesso il pericolo è stato scongiurato.”
“Ari.” lo interruppe Tangaroa. “Sei stato risoluto, hai portato a termine il duro compito che ti avevo affidato, non ti sei arreso neanche nei momenti più difficili.”
Quelle parole erano una mezza verità, dato che il ragazzo aveva pensato ben più di una volta di mollare tutto perché non riusciva, inoltre, la divinità era corsa in suo aiuto durante l'ultima lotta contro Tinirau. Decise di non obiettare e di rimanere in silenzio ad ascoltare.
“Per questo ho mantenuto la mia promessa di riportare in vita una seconda volta colui che è stato il dono di Dio e che sempre lo sarà. Purtroppo la mia ira non è determinata solo da questo fattore, dimentichi quello che gli umani stanno facendo al mio dominio. L'inquinamento dovuto alla vostra tecnologia continua a infestare i mari di tutto il mondo.”
“Ma...”
Tangaroa interpose una mano tra se stesso e il ragazzo, che arrestò subito il suo parlare, lasciandolo continuare.
“Per questo affido un ulteriore incarico a uno di voi.”
“Sono pronto a tutto.” rispose immediatamente Ari.
“Non a te.”

Gli occhi di Tangaroa si posarono su Inaya e, successivamente, anche quelli degli altri due ragazzi. Inaya si sentì al centro dell'attenzione e le guance si dipinsero di una tenue sfumatura scarlatta, benché sorrise dolcemente a tutti quanti.
“Inaya?” disse Ari, sorpreso.
“Ho discusso a lungo con Tangaroa mentre tu vegliavi su Natanael. Anche io ho subito pensato che i Sacrifici non fossero più necessari e ho trovato una soluzione che dovrà essere appoggiata dal Consiglio una volta che torneremo sulle aeronavi.”
“In che cosa consiste?” chiese Nael.
“Ho trovato delle carte in una delle biblioteche dell'aeronave. Erano vecchi progetti di qualcosa che esisteva, immagino, molti anni fa.” poggiò la tazzina sul tavolo. “Avevo già passato molte ore su quei progetti nella mia stanza, ma adesso ho capito a cosa possono essere utili. Possiamo costruire delle cisterne nelle maggiori città, in modo tale che tutte le sostanze che vengono definite sporche vengano accumulate lì dentro, per poi essere purificate con cicli di Mana. Un po' come l'aria che circola sulle navi.”
Ari si ritrovò a sorridere nel vedere con quanta esaltazione stesse parlando la ragazza, era evidente la sua passione per questo genere di cose.
“Però stiamo parlando di colossi.” imitò il significato della parola con le braccia e ingrossando la voce. “Quindi sarebbe troppo dispendioso per i maghi, finirebbero con il consumare tutto il loro potere in poco tempo.”
“Che importa, tanto quegli incompetenti non sono buoni a fare niente. Che si sfiniscano facendo qualche lavoro duro.” la interruppe il moro.
“Nael!” l'ammonì Ari.
“Che c'è? Non ho forse ragione?”
“Potresti, ma non è il caso adesso.”
“Posso continuare, ragazzi?” Inaya si mise a tamburellare le unghie sul tavolo, suscitando il silenzio da parte loro. “Dicevo... A questo c'è già una soluzione.” si alzò la manica fino a rivelare il proprio catalizzatore.
“Vuoi produrre i catalizzatori?” Ari era stupefatto. “Ma anche in questo modo, come fanno gli umani a generare il Mana se non ce l'hanno nel sangue?”
“Per questo intervengo io.” la voce di Tangaroa risuonò imponente. “Farò in modo che possano usufruire di una risorsa di Mana puro, in questo modo tutti quanti potranno utilizzarlo. A patto di avere un vettore che lo sappia maneggiare.”
“Un distributore di Mana, insomma.” commentò Nael.
“In sostanza, sì.” rispose Inaya.
“I maghi non ne saranno contenti.”
“Questo è il giusto compromesso per tornare a vivere sulla Terra, per fare in modo di non andare più contro il volere di una divinità e l'equilibrio della Natura. Il Consiglio non sarà così sconsiderato da non accettare.”

Funzionerà davvero? Il Consiglio sarà disposto ad ascoltare tre ragazzi che hanno disobbedito a tutte le regole?

Ari sentiva che quello era un piano magnifico per concludere una volta per tutte quella faccenda, eppure non era così facile.
“Come faranno a crederci?” il biondo strinse i pugni sulle cosce. “Non lo faranno mai, loro non pensano in funzione di cosa è giusto fare per tutta l'umanità, ma solo in base a cosa è giusto per la loro razza.”
Nael gli mise una mano sulla spalla come a rassicurarlo e prese a massaggiarlo su e giù.
Era una terribile verità, l'aveva capito a spese proprie quando l'avevano costretto a lasciare Nael per imparare a gestire un potere che non voleva, quando l'avevano fatto decidere tra l'essere un Sacrificio o diventare uno dei maghi addetti a quello stesso rituale.
Lui stesso era un mago, eppure tutto quel mondo non faceva parte di lui. Era proprio come i suoi genitori e si sarebbe sempre opposto a quei valori.

Se non cambieranno le cose, di sicuro, sceglierò di perdere i miei poteri.

Tangaroa si alzò senza il minimo rumore e si diresse verso un mobilio sul quale vi era una conchiglia molto grossa, di quelle che le leggende narrano che si può sentire il suono delle onde se lo si ascolta.
Ari lo seguì con gli occhi, curioso, così come tutti gli altri.
Un attimo dopo, la divinità prese a soffiare dentro la conchiglia e una dolce melodia si diffuse nell'aria, poi divenne assordante e malinconica, poi si trasformò ancora in rabbiosa e agitata, infine tornò leggiadra e bellissima.
Tangaroa gli si avvicinò e gli porse il guscio.
“Quando sarai di fronte al Consiglio, spacca questa conchiglia e tutti sentiranno le mie parole.”
Ari la prese tra le mani, avvertendo il peso di quella responsabilità.

Forse c'è davvero un modo per tornare a vivere sulla Terra, forse non ci saranno più distinzioni tra le varie classi sociali e forse potrò passare il resto della mia vita con Nael nella mia cascina che tanto amo insieme a tutti i miei animali.

Mancava solo un passo ed era così piccolo rispetto a quello che aveva dovuto compiere per arrivare fino a lì. In confronto era così facile, che non vedeva l'ora di avanzare per giungere alla meta.
Guardò prima Nael, con quegli occhi che lo scrutavano nella maniera più dolce possibile.

È giunto il momento di renderti tutto quello che mi hai sempre donato.

Poi i suoi occhi si spostarono su Inaya, così risoluta e solare.

È giunto il momento di riportarti da tuo padre. Non smetterò mai di ringraziarvi per quello che avete fatto per me.

E per ultimo Tangaroa, la cui figura emanava un'autorità tale da mettere in soggezione.

È giunto il momento di creare un nuovo mondo che rispetti l'equilibrio della Natura.

Si alzò in piedi, la conchiglia ancora tra le mani, i suoi occhi azzurri più che mai.
“È giunto il momento di tornare nel Cielo.”






 

NOTA DELL'AUTRICE:
I due bambini sono di nuovo riuniti! *-*
Avete aspettato tanto, vi ho fatto soffrire, avrei potuto far morire Ari o non salvare Nael e così tante opzioni malvagie... ma alla fine l'amore ha vinto su tutto. Spero che abbiate apprezzato la mia scelta (come si fa a dividere la Nari, eh? ;^; *scoppia a piangere*).
Tangaroa non è così cattivo come qualcuno crede, fa solo il suo lavoro da divinità u.u un lavoro ingrato a quanto pare. E adesso ad Ari manca solo tornare in Cielo per sistemare anche la questione Sacrifici, sempre che il Consiglio glielo conceda e non uccidi Inaya e Keyondre con una combo, non si sa mai u.u
Grazie a tutti quelli che mi seguono! Manca davvero davvero poco alla parola fine e a domenica prossima! Un bacio.
Flor ^w^

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 - Il canto del mare è nascosto in una conchiglia ***


CAPITOLO 40
IL CANTO DEL MARE È NASCOSTO IN UNA CONCHIGLIA


 

Gennaio, anno 440 del XII periodo

“Grazie ancora, Tangaroa.” Ari si inchinò, successivamente anche Inaya e Nael fecero lo stesso. “Farò in modo di onorare per sempre il tuo nome.”
“Grazie a te, Ari.”
Nael gli diede una gomitata leggera, come a indicare il privilegio nell'aver ricevuto un ringraziamento da parte di una divinità, e Ari gli sorrise in cambio.
Avevano preparato tutto quanto per il loro rientro sull'aeronave del Consiglio Maggiore dei Maghi, bastava solamente raggiungerla.
“Ti condurrò nel luogo in cui devi, poi lascerò il resto a te.”
Il biondo annuì, e venne preso per mano da Nael.
“Arrivederci.” salutò Ari.
“Ci incontreremo nei tuoi sogni.”
Tangaroa alzò un braccio e un'ondata potente investì i tre ragazzi. Si tennero stretti mentre la corrente li portava via, facendoli nuotare così velocemente che non ebbero neanche il tempo di distinguere gli animali che passavano loro di fianco.

Ci vollero pochi minuti, ma alla fine il loro moto si arrestò, lasciandoli vicini alla superficie.
Nuotarono ancora per un po' prima di sbucare fuori dall'acqua e prendere un respiro profondo, così come non avevano potuto fare per giorni.
Molti metri sopra di loro c'era l'aeronave.
“Wow, voglio fare un altro giro.” commentò Nael e Inaya si mise a ridere. “Potrebbe aprire un parco giochi.”
“Non ti avevo supplicato di eliminare dalla lista il recupero di queste battute?” ironizzò Ari.
“Fanno parte del mio fascino.”
“Sai, quando Tinirau ha detto che non sopporta il sarcasmo... credo che ti abbia manipolato per reprimere questo tuo lato.”
“Quindi adesso sta uscendo di colpo?”
“Purtroppo per me.”
Nael gli tirò l'orecchio, ottenendo un piccolo urlo, per poi dargli un bacio sulla fronte. Inaya voltò lo sguardo, imbarazzata, e portò alla luce un nuovo problema.
“Dobbiamo raggiungere l'aeronave.”
“Tranquilla, ci penso io.”
Ari allungò il braccio verso il basso e prese a ruotare la mano in senso orario. Non fu che questione di qualche attimo che un vortice li alzò dalla superficie del mare, facendo da elevatore.
“Tenetevi a me.”
Non ci fu neanche bisogno di dirlo che Nael l' aveva già agguantato e Inaya l'aveva afferrato per le spalle.

Quel piccolo tornado d'acqua continuò la sua salita, trasportandoli oltre le nuvole e ancora più su fino a quando non giunsero al ponte della nave e, finalmente, posarono i piedi su un suolo asciutto. Non appena accadde, Ari fu davvero convinto che avevano portato a termine la missione e adesso stavano rientrando in quella che era casa loro come eroi di guerra, benché non fosse sicuro che sarebbero stati accolti come si aspettava.
Ora dovevano solo affrontare il Consiglio.
“Cosa facciamo?” domandò Inaya.
“Andiamo dalla Somma Keneke.” rispose Ari, con sguardo determinato, cominciando a correre.

A giudicare dalla luce esterna, doveva essere mattino inoltrato. Infatti, nei corridoi dell'aeronave giravano già ragazzi con la tunica d'addestramento e dei libri in mano, pronti a recarsi alla prossima lezione. Tutti li guardarono stupefatti mentre correvano di gran leva senza curarsi di nessuno, soprattutto per le loro vesti: Nael era a petto nudo e solo una pelle – che poteva essere di foca o qualcosa di simile – a coprirgli le parti intime; Ari aveva lasciato la maglia blu ormai ridotta in brandelli e indossava una casacca dello stesso materiale. L'unica era Inaya che aveva ancora addosso la sua divisa da addestramento costituita da una maglia viola e dei pantaloni lilla.
Ciononostante, continuarono imperterriti fino a raggiungere le scale e si diressero ai piani più alti, dove vi era l'ufficio del Capo del Consiglio.

“Eccoci.” disse Ari con il fiatone e bussò alla porta.
Un “Avanti.” soffuso gli arrivò alle orecchie e l'aprì.
“Per tutte le divinità!”
Quella frase venne pronunciata da due persone in contemporanea: Keneke e Keyondre.
“Padre!” Inaya si lanciò verso di lui, che l'afferrò al volo e la sollevò da terra in un abbraccio così dolce e protettivo che Ari si sentì sciogliere il cuore.
“Sei viva, sei tornata a casa.” continuò l'uomo. “Stai bene? Sei ferita?”
“No, padre.” disse lei con un enorme sorriso, riappoggiando le punte dei piedi al pavimento. “Va tutto bene, Ari ce l'ha fatta. Ha salvato tutti noi.”
Il ragazzo fece qualche passo avanti, seguito da Natanael che era rimasto dietro di lui, estraneo alla situazione che si stava creando.
“Ari, ti devo ringraziare per aver riportato mia figlia sana e salva.” il mago del buio gli si parò davanti, mettendogli le mani sulle spalle e stringendole appena.
“Non devi ringraziarmi, lei è stata in grado di pensare a se stessa e anche a me. È molto più forte di quanto si possa immaginare.”
Si sorrisero e il mago gli diede un piccolo abbraccio fugace.

“Mi dispiace interrompervi,” prese la parola Keneke. “ma non credete che dobbiate delle spiegazioni?” incrociò le braccia e li guardò con volto furente.
Ari ingoiò a vuoto, terrorizzato da quella visione, e si preparò con un sospiro profondo.
“Sono mortificato, Somma Keneke, per tutti i guai che posso averle fatto passare...”
“No, no...” la maga lo interruppe, scuotendolo la mano come per cacciare via qualcosa. “Non c'è bisogno che tu mi porga le tue scuse. So benissimo che in realtà non hai neanche minimamente pensato a cosa potessimo andare incontro tutti noi per un tuo capriccio.”
Ari strinse i pugni lungo il busto e Nael sentì ribollire la rabbia in lui per il tono che stava usando la donna.
“Un capriccio che vedo si è realizzato.” Keneke indicò con il mento il moro, che si accostò completamente all'altro, traendolo a sé con un braccio in vita.
“Sì.” rispose Ari, semplicemente. “E ne pagherò le conseguenze, se vuole darmi una punizione.”
“Oh, no!” dalle sue labbra uscì una risata cristallina, che fece venire i brividi ai ragazzi. “Non sono quel genere di persona. Perlomeno, non con un ragazzo che, se ora si trova davanti a me, significa che ha appena compiuto un'impresa che ha dell'incredibile.”
Ari sussultò, senza sapere cosa dire.
La voce della Somma Keneke era passata da autoritaria a orgogliosa e tutto nell'insieme lo stava confondendo non poco.
“Ho sempre sostenuto che tu fossi un mago eccellente e, come al solito, le mie supposizioni non fanno una piega.” per la prima volta si lasciò andare a un sorriso dolce e sincero.
“Lei sa tutto.” spezzò quel momento Keyondre.
“Lo sa anche tutto il Consiglio?” sbraitò Inaya, mettendosi le mani tra i capelli.
“Non dire assurdità!” la maga del fuoco si appoggiò con il fondoschiena alla scrivania. “Se l'avessero scoperto, non credo che ci starei ancora io a capo dei Maghi.”
Quella frase fece intendere che fosse più importante il suo ruolo all'interno della comunità che altro, ma era evidente ormai che non fosse così. Tuttavia, era un carattere che solo Keyondre, tra tutti i presenti nell'ufficio, riusciva a comprendere.

Ari pensò che non avevano tempo da perdere e che dovevano affrettarsi per raccontare a tutti quello che era successo e le condizioni che aveva imposto Tangaroa per tornare a vivere sulla Terra.
“Somma Keneke?” richiamò la sua attenzione il ragazzo. “Indica al più presto un'assemblea del Consiglio, ci sono questioni importanti da discutere che decideranno le sorti dell'intera umanità.”
La donna tornò seria, con gli occhi blu che lo squadrarono da capo a piedi.
“Così sia. Darò l'immediato ordine di convocare tutti i membri.”
Ari annuì.
“Ma prima...” continuò Keneke. “A voi servono dei vestiti. Non vi farò di certo presentare a una riunione speciale conciati in quel modo.”
I due ragazzi si guardarono l'un l'altro, arrossendo imbarazzati per poi mettersi a ridere.





“Somma Keneke, come hai potuto tenerci nascosta un'informazione del genere!” la voce possente di Hallgeir tuonò nella stanza del Consiglio. “Un ragazzo, anzi, quel ragazzo in particolare ha abbandonato l'aeronave per combattere contro una divinità degli oceani!”
“Non posso credere che tu l'abbia permesso.” la Somma Freya parlò più per la preoccupazione che provava verso Ari e gli altri che come ammonimento, infatti, porse loro un sorriso.
“E ha riportato indietro un Sacrificio morto. Questo avrà delle gravi conseguenze su tutti noi!” Elin era evidentemente agitata e impaurita da quello che sarebbe potuto succedere.
“Calmi tutti, adesso.” Keneke si alzò dalla sua postazione, sbattendo forte una mano sul tavolo.

L'assemblea era cominciata da poco più di dieci minuti e già stava degenerando.
Inaya sedeva sulla sedia destinata a suo padre, mentre lui le stava dietro. Ari e Nael, invece, erano ai lati della maga del fuoco; il primo stringeva i denti mentre il secondo ascoltava tutto passivamente, credendoli un branco di idioti.
Ari immaginava che sarebbe successo.

“Sono sicura che c'è una spiegazione a tutto questo, giusto Somma Keneke?” disse Freya.
“Certo che c'è.” rispose la diretta interessata.
“Persino il Sommo Keyondre ci ha tenuto all'oscuro di tutto. Eravate in combutta!” esclamò il mago della terra.
“Smettila, Sommo Hallgeir!” Keneke era evidentemente furente. “Non c'era nessuna combutta, né alcun piano maligno. Ho preso la decisione di non mettervi al corrente di tutto questo perché sapevo già che l'avreste proibito. In questo caso il ragazzo sarebbe scappato comunque e sarebbe andato contro a tutte le regole. Invece aveva la benedizione mia e del Sommo Keyondre e tanto bastava.”
“Perché proteggerlo in questo modo?” chiese Molan.
“Perché era l'unico che poteva compiere questa missione.”
“Un ragazzino che neanche vuole essere un mago.” Hallgeir schioccò la lingua, incrociando le braccia, mettendo in tensione tutti i muscoli.
“Eppure è tornato.” commentò la maga del vento con un armonioso sorriso.
“Sarà scappato, piuttosto.” ribatté il mago della terra.

Non stanno ad ascoltare neanche la Somma Keneke.

Ari non ne poteva più di tutta quella confusione.
Sentiva il cuore battere in gola dall'agitazione e il sudore che gli imperlava la fronte. Se una divinità era venuta a patti con un semplice essere umano, perché gli esseri umani stessi non riuscivano a mettersi d'accordo tra di loro? Gli sembrava tutto così stupido e infantile che non ce la fece più a contenersi.
“Non sono affatto scappato!” la sua voce era abbastanza alta e possente da sovrastare le urla degli altri maghi, che si voltarono verso di lui, e riabbassò il tono per renderlo normale. “Ho sconfitto Tinirau, ho mantenuto la promessa scambiata con Tangaroa e lui mi ha restituito la persona che amo.” indicò Nael con il braccio sinistro, che ormai non gli doleva quasi più.
“Spero che ti renda conto dell'assurdità delle tue parole.” insistette Hallgeir.
“Spero che lei si renda conto dell'aggressività delle sue per qualcosa che invece dovrebbe tranquillizzarla.”
“Ari!” Nael soffocò il suo nome, spalancando gli occhi verde mare.
“Che insolente!”
“Io sono del parere che dovremmo ascoltare tutti quello che ha da dire senza più interromperlo.” Molan incitò il ragazzo a continuare.

Ari non si aspettò di ottenere la parola in quel modo e adesso avrebbe anche dovuto sostenere un discorso. D'altro canto, aveva in mano il potere di far capire finalmente cosa aveva conquistato grazie alla sua impresa.
Mise da parte l'ansia e la paura e cominciò a parlare.
“Non so chi di voi sapesse chi erano i miei genitori, sta di fatto che hanno preferito essere esiliati e vivere lontani da questo mondo pur di non proseguire con la storia dei Sacrifici. Il destino ha voluto che entrambi morissero proprio per questo motivo. Mia madre è stata immolata come vittima molti anni fa e mio padre l'ha seguita...”
“Non vedo il nesso con...”
“Shht” Inaya zittì il mago della terra, mettendogli la mano davanti alla bocca.
“Per varie circostanze che non sto a raccontare, io sono diventato un mago, proprio uno di quelli che non avrei mai voluto incontrare in tutta la mia vita. Mi avete obbligato voi a diventarlo.” squadrò uno a uno tutti i membri del Consiglio. “Per questo ho visto morire anche Nael... L'ho ucciso io stesso...” si mise una mano al cuore e sentì gli occhi rendersi lucidi al ricordo di quelle immagini, ma ricacciò indietro le lacrime non appena avvertì la mano del ragazzo in questione sulla sua spalla. “Ho avuto un'occasione che non potevo lasciarmi sfuggire. Sono sicuro che altri l'avrebbero bramata come non mai.”
Ari si fermò qualche istante, vedendo il volto malinconico di Inaya.
“Me l'ha proposta Tangaroa in persona e, quando ho parlato con lui in sogno, ho capito che la missione che mi era stata offerta poteva portare a un risultato molto più grande del previsto. Non vi nascondo che non mi interessava nulla, ero spinto solo dal desiderio di riavere Nael con me. Ma grazie a un'amica meravigliosa sono riuscito a ottenere la benevolenza di Tangaroa. Ritirerà le acque, potremo tornare a vivere sulla Terra e non ci sarà più bisogno di compiere Sacrifici.”

Calò il silenzio per un tempo che parve interminabile, poi Elin prese la parola.
“Il rituale è ciò che manda avanti il mondo, non posso credere che una divinità non voglia accogliere le anime che noi gli doniamo.”
Ari sospirò con disappunto.
“Non è questione di volere o no delle anime, è questione di mantenere l'equilibrio della Natura!” per la prima volta si intromise nel discorso anche Nael.
“Che ne sapete voi ragazzi di queste cose?” domandò ancora la maga della luce, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
“Loro sono venuti a contatto con Tangaroa in persona.” rispose Keyondre.
“E chi ce lo conferma? Se ci stessero mentendo per far precipitare nella sciagura l'intera umanità?”
“Ari, a quanto pare devi usarla.” Nael gli diede una piccola spinta e il biondo si avvicinò a Inaya, che estrasse dal suo zainetto una conchiglia.
“Usare cosa?” fece Keneke.
“Me l'ha data Tangaroa. È un messaggio per voi.”

Così dicendo, lanciò con forza la conchiglia sul tavolo e questa si distrusse in mille pezzi.
Una luce abbagliante divampò nella sala e fece chiudere gli occhi a tutti i presenti, poi una voce che parlava in una lingua che non era di quel mondo cominciò a parlare. Anche se non c'era significato in quello che stavano ascoltando, nelle loro menti prendeva forma in maniera ben distinta.
Era Tangaroa che raccontava dal principio quello che era successo, dalla corruzione di Tinirau alla parte malvagia della sua anima legata nel corpo di Natanael; dai sogni di Ari fino alla sua vittoria.
Quando quella voce melodiosa ebbe finito, tutto tornò nella penombra della stanza e i membri del Consiglio rimasero a bocca aperta, sconcertati da quello a cui avevano appena assistito.

“Immagino che dovremo cominciare ad avvisare tutte le aeronavi che presto torneremo con i piedi per terra e che la classe dei Sacrifici sarà sciolta.” la Somma Keneke alzò un angolo della bocca, quasi divertita, poi i suoi occhi blu incontrarono quelli grigi di Keyondre e si lasciò andare a un sorriso di successo.

Ari avvertì una sensazione di freschezza all'altezza del tatuaggio.
Era davvero stato colui che aveva riportato la luce in un mondo governato dalle tenebre. Poteva vivere di nuovo con Nael e non ci sarebbero più stati Sacrifici, tutto era andato decisamente al di là delle sue aspettative.

Tutto questo è iniziato perché avevo paura della morte...

Si voltò verso Natanael che già gli era quasi saltato addosso per avvinghiarlo in un abbraccio, che ricambiò.

...perché volevo mettere in salvo la vita di Nael.

“L'ho sempre detto che sei meraviglioso.” gli sussurrò sulla fronte, spostandogli il ciuffo cenere con il fiato e facendolo arrossire.

Invece, adesso, non devo più preoccuparmi che accada ancora qualcosa del genere.

Le labbra del moro si abbassarono a baciargli la punta del naso, noncurante del pubblico nella sala.

Non morirà mai più nessuno per questo motivo.

Poi si spinse a lasciargli anche un bacio sulle labbra, appena accennato.

I Sacrifici non esistono più.





Uscirono dalla Sala del Consiglio solamente dopo un altro paio di ore. La Somma Keneke aveva insistito nell'avere tutti e tre i ragazzi presenti, per accertarsi che il Consiglio prendesse le decisioni giuste per il futuro che li attendeva, dato che loro sarebbero stati i diretti interessati nel vivere in quel nuovo mondo che gli si presentava.
Era stato estenuante e Nael non vedeva l'ora di andarsene per fare qualcosa, qualsiasi altra cosa e, possibilmente, con Ari. Però era rimasto fino alla fine, intento nel dare tutto il suo appoggio al ragazzo e a sostenere tutte le sue idee.
Inaya aveva presentato il suo progetto per le cisterne e i catalizzatori, dovendo confessare che lei non possedeva Mana.
Tutti erano rimasti ancora più sbigottiti dalla questione; Hallgeir, come al solito, aveva fulminato con lo sguardo Keyondre, ma Keneke aveva richiamato all'ordine e rimandato quel discorso per il pomeriggio, in privato con il mago del buio.
Era stato molto faticoso per tutti e, adesso che erano finalmente liberi, Nael ne vedeva i segni sul viso di Ari.

“Sei stanco?”
“Un po'.” rispose il biondo.
“Dovresti andare a riposare.”
Stavano camminando per il corridoio che portava al parco centrale, mano nella mano.
“Anche tu dovresti.”
“Sono appena nato, ricordi? Io sto benissimo.” si avvicinò fino a sfiorare la sua spalla. “Sei tu quello che ha affrontato tutto da solo, rischiando la vita e rimettendoci un braccio, quasi. Per non parlare del fatto che sei stato sempre a vegliare su di me nei giorni in cui siamo stati da Tangaroa. Credi che non me ne sia accorto?”
Ari abbassò il capo, imbarazzato, e raggiunsero un albero sotto al quale si sedettero, rimanendo con le dita intrecciate.
“Avevo paura che se avessi staccato gli occhi da te, ti avrei perso di nuovo.”
Il cuore di Nael si fermò per un istante.

Mi chiedo davvero come faccio a resisterti.

Gli prese il volto tra le mani, costringendolo a guardarlo e perdendosi negli occhi azzurri quasi trasparenti.
“Non accadrà mai più. Te l'assicuro, te lo prometto. Non mi allontanerò oltre la distanza dove non potrai sentire la mia voce, anzi, non andrò oltre il punto dove le nostre mani non potranno sfiorarsi.” prese a massaggiargli gli zigomi con i pollici, solleticando quella pelle così soffice.

Ma, dopotutto...

“Anche se...” continuò Nael. “Vorrei starti ancora più vicino.”
“Cioè?” gli occhi di Ari erano velati da una leggera patina a causa di quelle parole che lo travolgevano fin nel profondo.
“Non vorrei mai superare la distanza dove le nostre bocche non possano sfiorarsi.”

...credo di non esserci mai riuscito.

Nael lo baciò con calma.
Le sue labbra abbracciarono totalmente quelle dell'altro, le assaporò come un frutto maturo e succoso, le mordicchiò appena fino a quando non sentì la lingua del minore entrare nella sua bocca, e prese a giocare con quella. Venne stregato dai movimenti, si sentì rapito dall'amore che ci stava mettendo, e incatenato ad Ari con una corda invisibile con cui si era legato da solo.
Non esisteva altro posto in cui voleva stare al momento.
A dir la verità, uno esisteva e forse l'avrebbe rivisto, ma per ora andava bene così.
Ari lo cinse per la vita e gli si gettò sul petto, schiacciando il proprio contro.
Nael non poté che prolungare quel bacio il più possibile, passando una mano nel ciuffo cenere e stringendo una ciocca di capelli fino a quando non sentì il mugugno di dolore sciogliersi nella sua bocca.
La sua mente ormai stava vagando ben oltre. Avrebbe tanto voluto che tutte le persone scomparissero per lasciar posto solo a loro, benché lui non vedesse altri intorno. La sua vista era riempita come al solito dalla presenza di Ari.

In fondo, credo di non averlo neanche mai voluto.

Diede un altro paio di baci a schiocco sulle labbra arrossate del minore e gli sorrise con tutta la gioia che aveva nel cuore.
“Ti ho forse già detto che ti amo?”
“Non abbastanza.” Ari si mise a ridere e gli rubò l'ennesimo bacio.
“Ti amo, ti amo. Ti. Amo.”
Il moro vide l'altro mordersi le labbra così carinamente, che non poté resistere a farle sue di nuovo, premendolo contro il tronco dell'albero e una mano ad accarezzargli la gamba.

“Ragazzi!”
Una voce squillante interruppe quel bellissimo momento, facendo staccare i due controvoglia.
“Inaya, non è la prima volta che succede. La prossima te la metto in conto.” fece Nael, scorbutico.
“Che?” chiese la ragazza, confusa.
“Lascialo stare, è solamente geloso come suo solito.”
“Non sono geloso.”
“Inaya, abbracciami.”
“Ehi, ehi, ehi!” Nael scattò in piedi e si interpose tra i due, provocando una risata esagerata da parte di entrambi.
“Hai ragione.” commentò Inaya. “Non lo sei.”
In quell'istante, Natanael prese a grattarsi la testa e si voltò verso il biondo ancora a terra.
“Ari, posso parlare per qualche minuto da solo con Inaya?”
“Perché?”
“Ah, adesso sei tu il geloso!”
“Nient'affatto, mi voglio solo rassicurare che non proverai a ucciderla.” Ari si alzò guardandolo beffardo.
“Sei diventato fin troppo esuberante per i miei gusti.” gli diede un piccolo buffetto sul braccio. “No, davvero, ti raggiungo tra poco.”
“Va bene, vi lascio soli. Ti aspetto su quella panchina.” gli lasciò un bacio sulla guancia e si allontanò.

Nael annuì e rimase da solo con Inaya, che lo guardava sempre più stranita.
Dopo tutto quello che era successo, gli sembrava quasi un obbligo dover parlare con lei. Aveva tante cose da dirle e sapeva di doverla ringraziare e anche scusare per i suoi modi, nonostante fosse uno spirito incorporeo e lei non poteva neanche sentirlo.

Allora, da dove posso iniziare..?

“Grazie per essere amica di Ari.” gli uscì spontaneo, la prima cosa che gli venne in mente.
“Non è qualcosa per cui dovresti ringraziarmi.” inclinò il capo – sulla quale vi erano i capelli intrecciati a formare una rete e poi cadevano morbidi sulle spalle – con un sorriso.
“Invece sì. Lui non ha mai avuto amici, neanche io a dirla tutta, ma lui ne aveva bisogno per quello che ha dovuto sopportare mentre eravamo separati. Se non avesse avuto qualcuno con cui parlare durante i mesi di apprendistato, se si fosse circondato di tristezza e solitudine più di quanto già non ne avesse, sento che sarebbe crollato molto prima e io non sarei qui a parlare con te.”
Era tutto vero. Aveva sempre pregato che trovasse qualcuno con cui condividere le sue emozioni.
“E sono felice che sia tu quell'amica.”
“Anche io sono felice di essere sua amica. È una persona così meravigliosa che...” Inaya si bloccò, notando una scintilla negli occhi verdi dell'altro. “Sono sicura che tu lo sappia molto meglio di me.”
“Lo credo anche io.” soffocò una risata, guardandosi i piedi e poi di nuovo la ragazza. “Comunque non è l'unica cosa di cui devo ringraziarti. Anche tu mi hai salvato e non era tuo dovere farlo.”
“Non è stato un dovere, ma un enorme piacere. Ari è come un fratello per me e non vorrei mai saperlo giù di morale, per questo ho dovuto e voluto aiutarlo. Inoltre, ti ho già espresso il mio desiderio di essere tua amica, no?”

Nael si rese conto di quanto fosse simpatica, cordiale e una stupenda persona.
Lo si capiva dal modo in cui parlava, da come si muoveva con la grazia di una bambola di porcellana, nonostante i suoi atteggiamenti da bambina. Non era un caso che fosse diventata così intima con Ari. Non aveva potuto scegliere una persona migliore di lei di cui fidarsi.

“Anche io voglio esserlo.”
“Ah, che bello!” la Curatrice fece un piccolo saltello sul posto e i suoi capelli caddero a onda sulla schiena. “Posso darti un abbraccio, Natanael?”
Inaya nemmeno aspettò una risposta che si gettò tra le sue braccia, stringendolo con troppa forza per essere una ragazza, e lui si ritrovò a ricambiare un po' impacciato.
“A proposito di questo... puoi chiamarmi Nael.”
“Ne sei sicuro?”
“Beh, forse...” guardò in alto la cupola di vetro, pensandoci su. “Però solo tu, sia ben chiaro.”
Inaya scoppiò a ridere, presa dall'entusiasmo.
“C'è anche un'altra cosa.”
Il moro prese un respiro profondo. La sua gelosia era tutta basata sulla relazione puramente fisica che non poteva avere con Ari finché era un'anima, ma adesso poteva anche lasciare da parte quella questione e doveva chiarirla con lei.
“Scusami per il mio comportamento. Non sono sempre stato carino con te.”
“Non preoccuparti.” Inaya scosse il capo a destra e sinistra. “Non mi sono mai offesa. È ovvio che ti creasse qualche problema il fatto che io fossi praticamente sempre appiccicata ad Ari e te non potevi neanche sfiorarlo.”

Ma che..?

Nael indietreggiò, quasi spaventato da come gli avesse letto nella mente.

Altro che maga, è una strega!

“Io non posso che ripeterti che non ho cattive intenzioni con Ari, ma questo non ti impedisce di essere geloso. E se questo significa che continuerai a punzecchiarmi e a prendermi in giro, a me sta bene. In fondo, mi diverto a controbattere. Con te è davvero divertente.”
Nael sbatté le palpebre più volte.
Davvero glel'aveva confidato? Era assurdo, non aveva mai conosciuto qualcuno come lei, eppure, dal nulla, sentì sbocciare un nuovo sentimento. Uno che aveva a malapena sfiorato mentre viveva da ladruncolo insieme alla banda di Rorik.
Si mise una mano davanti alla bocca, per trattenersi, ma non ci riuscì e scoppiò a ridere di gusto, tenendosi anche la pancia con quella libera.
“Ho detto qualcosa di male?” domandò Inaya.
Nael non rispose, continuando a ridere.





Ari stava osservando tutto da qualche metro in lontananza. Non riusciva a cogliere le parole, ma era evidente che Nael si stesse divertendo un mondo, dato che non aveva ancora smesso di ridere da minuti. Dovette ammettere di essere piuttosto curioso, tuttavia aspettò che entrambi gli si avvicinassero.
Nael si lanciò su di lui come quando si trovavano nel salotto di casa loro, portando le gambe sulle sue, e le braccia facevano da cuscino dietro la testa.
“Tutto bene?” domandò Ari.
“Va tutto benissimo.” rispose Inaya.
“Adesso per davvero.” concluse Nael.
“Di cosa avete parlato?”
“Del fatto che Nael continuerà a essere geloso di me per tutta la vita, ma che mi permetterà di rimanere comunque tua amica.” la ragazza fece un occhiolino a entrambi.
“Ah, siete diventati amici, quindi.” il biondo sorrise, prendendo saldamente la mano di Nael. “Ne sono felice.”
“Neanche un briciolo di gelosia?” fece l'altro.
“Neanche un po'.”
“No, dai. Neanche uno sputo?” insistette.
“No, Nael.” Ari si mise a ridere. “Come faccio a essere geloso, se sono convinto al cento per cento che tu mi ami come nessun altro potrà mai fare?”
Natanel si sentì preso in contropiede e si mise seduto di scatto.
“Prendi esempio dal tuo fidanzato.” affermò Inaya, portandosi le mani sui fianchi.
“Suppongo che debba pensare lo stesso...” Nael avvicinò il naso alla guancia dell'altro.
“Non lo pensi già?”
“Assolutamente.”
“Chiaro. Questo è uno dei momenti dove voi due vi estraniate completamente come se il mondo non esistesse, perciò, vado nella mia camera.”
Inaya fece un saluto militare, ma venne afferrata prontamente per il polso da Nael e rimasero a chiacchierare per l'intero pomeriggio, perdendosi tra una risata e l'altra, finalmente senza più pensieri negativi a occupare le loro menti.



 

NOTA DELL'AUTRICE:
*festeggia saltellando* guardate quante cose è riuscito a ottenere Ari con la sua impresa! Il Consiglio ha ceduto, la classe dei Sacrifici verrà sciolta e potranno tornare “presto” sulla Terra. Spero siate felici anche voi! Ah, altra cosa importante: Nael ha messo da parte un briciolo di gelosia ahah e adesso il trio non lo ferma più nessuno.
Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi dopo tutto questo tempo, i nuovi arrivati e chi verrà in futuro. Ci avviciniamo davvero drasticamente alla fine, vi avverto che manca un capitolo e l'epilogo. Detto ciò, ci vediamo domenica prossima! Un bacio a tutti.
Flor <3

 

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 - Colui che canta lo sciabordio di un'onda che si infrange ***


CAPITOLO 41
COLUI CHE CANTA LO SCIABORDIO DI UN'ONDA CHE SI INFRANGE


 

Febbraio, anno 440 del XII periodo

Nei giorni seguenti Ari partecipò a tutte le assemblee del Consiglio insieme a Inaya.
Nael confidò alla ragazza di essere stata coraggiosa per essersi esposta a quel modo per quanto riguardasse il catalizzatore, pur sapendo la reazione che avrebbe ottenuto. Anche se Inaya aveva avuto paura per le sorti di suo padre, era per il bene dell'intera razza umana ed era convinta che il Consiglio non avrebbe tolto i poteri a Keyondre. Soprattutto non adesso dove a breve ci sarebbero state molte più persone a maneggiare il Mana senza che scorresse nelle loro vene.
Inaya non aveva neanche perso il suo ruolo di Curatrice. Era vero, ormai i Sacrifici non ci sarebbero più stati, ma questo non significava che non servissero più delle giovani maghe in grado di curare le persone.
Tuttavia lei avrebbe voluto diventare quello che aveva sempre desiderato, e ci sarebbe riuscita una volta tornati a vivere sulla Terra: il progetto delle cisterne sarebbe stato a carico, avrebbe controllato i lavori e aiutato nella costruzione, tutto secondo le sue direttive.
Non vedeva l'ora di cominciare.

Per quanto riguardava Ari, invece, era diventato quasi il braccio destro della Somma Keneke per svariati giorni; per qualsiasi decisione veniva interpellato e, se la situazione degenerava a causa di quei troppi cambiamenti, bastava ricordare quello a cui sarebbero andati incontro se non l'avessero fatto. Si poteva dire che Keneke lo usasse come monito per i membri del Consiglio più radicali.
Non che ad Ari dispiacesse, anzi, aveva imparato ad accettare la comunità dei maghi, perché aveva capito che non tutti erano quelle persone malvagie che aveva sempre creduto. Si erano semplicemente adeguati a vivere in circostanze di estremo pericolo, adattando come soluzione il rituale del Sacrificio, per quanto egoista e immorale fosse.
Dall'altra parte esistevano persone come Keyondre e la stessa Keneke o la Somma Freya che avevano ancora a cuore i vecchi valori rispettati un tempo dai maghi.

Ari si era reso conto di quanto lavoro fosse e tornava sempre nella sua camera esausto, dove un Nael più orgoglioso che mai lo aspettava impaziente.
Non c'era bisogno di dire quanto la sua presenza gli avesse riempito nuovamente l'animo e quanto si sentiva bene di nuovo con lui.
Nael aveva accettato quella nuova vita del biondo fino a quando non sarebbero potuti tornare alla loro. Sicuramente sarebbe accaduto presto, dato che le acque si erano già ritirate per la maggior parte, rivelando l'oscenità della distruzione e dei cadaveri che avevano visto durante il loro viaggio verso il tempio dove era intrappolato Tinirau.
Ci sarebbe stato molto lavoro da fare una volta con i piedi per terra per ricostruire le città e dar un degno riposo a quei corpi.





“Mi rammarica ammetterlo, ma stai benissimo.”
Ari sorrise a quel complimento e fece una piccola piroetta su se stesso, dando sfoggio della sua nuova tunica da mago con i ghirigori azzurri molto più sfarzosi di quella precedente.

Quel giorno si sarebbe celebrata una nuova cerimonia per Ari stesso. Infatti, la Somma Keneke l'aveva premiato per le sue gesta, conferendogli un titolo e un epiteto, così come possedevano solo i maghi scelti dal capo in persona.
Era un passo in più nella sua vita da mago e non se lo sarebbe lasciato sfuggire.
Ormai non gli servivano più i poteri, ripensando da dove era cominciata quella storia, ma gli appartenevano e non aveva alcun dubbio al riguardo.
Con essi si sentiva più forte, più completo.
Era il vero Ari che sarebbe dovuto esistere fin dal primo momento.
Inoltre, dopo tutto quello che era successo, non avrebbe mai abbandonato quel potere.

“Però smettila di essere così adorabile, altrimenti credo che dovranno rimandare la cerimonia.”
Nael si alzò dal materasso e allungò una mano per afferrare l'altro appena sotto il gomito e lo trasse a sé.
“Non posso smettere di esserlo...” Ari sorrise, avvicinando il viso a quello dell'altro.
“Buon per me.”
Si baciarono per un po', finendo con lo sgualcire la tunica appena stirata a causa della stretta troppo forte di Nael.
“Forse abbiamo un po' di tempo...” disse ancora il maggiore, lascivo. e spingendo Ari contro la parete, iniziando a mordicchiargli il collo.
“È tardi, invece.” il biondo fece per respingerlo, ma sembrava impossibile.

Inoltre, perché dovrei respingerlo?

Si ritrovò a sorridere tra sé, pensando a come fosse diventato il loro rapporto. Non era esattamente uguale a quello che avevano in precedenza: Ari era diventato più sicuro di sé e ribatteva con molta più facilità alle prese in giro dell'altro, per non parlare che aveva lasciato da parte l'imbarazzo per lasciarsi completamente trasportare dalla reciproca passione. Nael non era cambiato molto, se non per il fatto che, se prima era un inguaribile romantico pervertito, adesso lo era ancora di più.
Non che la cosa dispiacesse a entrambi.
“Solo cinque minuti...” Nael rispose quasi assente, mentre risaliva con le labbra per riappropriarsi di quelle dell'altro.
“Solo cinque...”
Ari si arrese senza molti indugi, aggrappandosi con tutta la forza che aveva al suo collo e inclinando il capo per un contatto più intimo. Esplorarono per l'ennesima volta le reciproche bocche come se fosse la prima, colmandosi di nuovo con gli stessi sentimenti, riscoprendo quanto grande fosse il legame che li univa.
Le mani di Natanael scivolarono fino al retro delle sue cosce per poi fermarsi sui glutei, e lì decisero di rimanere, poi soffocò una risata nel bacio.
“Ho detto cinque.”
Ari gli prese le mani e le portò più in alto per poi baciargli appena sopra le labbra e il naso.
“Posso essere un fulmine.”
“Non mi vanterei se fossi in te.”
“Credo tu abbia ragione.” gli morse il naso, prima di staccarsi totalmente.
Era tutto così stupendo.

Tutto così com'è sempre dovuto essere.

Si sorrisero mentre ripristinavano la velocità regolare dei loro cuori, e Ari si avviò verso la scrivania per prendere la Pietra del Mana, ma gli venne tolta dalle mani.
“Te la metto io.” così dicendo, Nael gliela legò al collo e rimase con le mani sulle sue spalle per qualche secondo, baciandogli il capo. “Sono così orgoglioso di te.”
Le gote del biondo accennarono una punta di rosso, mentre si abbandonava contro il petto dell'altro.
“Ho sempre creduto in te.” continuò.
“Grazie.”

Ormai lo so bene. Ho capito quanto sono stato stupido nell'affrontare la mia vita senza mai davvero affrontarla e ti ringrazio per essermi sempre stato accanto, anche quando sembrava impossibile.

“Coraggio! È tempo di andare!” esclamò Nael, trascinandolo fino alla porta.
“Aspetta! La mitra!”
Ari prese il copricapo sul tavolo e uscirono insieme dalla stanza per dirigersi alla cerimonia.





La folla di gente nell'Aula Magna era spaventosa.
Ari credette che si fossero riuniti tutti gli studenti e i maghi presenti sull'aeronave solo per assistere alla celebrazione e, questo, gli procurò una lieve ansia. Non era mai stato il tipo da voler essere al centro dell'attenzione, ma dopo il suo ritorno dalle profondità dell'oceano era stato reso noto a tutti della sua impresa; questo gli aveva conferito una notorietà tale da rendere quell'evento qualcosa di unico per cui essere presente.
Andava ben oltre la sua prima cerimonia dove aveva acquisito il titolo di Mago dell'Acqua.

Dietro di lui erano seduti a un lungo tavolo i membri del Consiglio e al suo fianco c'era la Somma Keneke che stava tenendo un discorso come suo solito. Aveva ormai compreso quanto a lei, invece, piacesse mostrarsi agli altri e dar sfoggio di tutta la sua autorità e intelligenza.
In prima fila vi erano Inaya – che sfoggiava un'altra delle sue capigliature strane con i capelli raccolti in una decina di fiocchi creati con i capelli stessi, che partivano dal lato destro della testa e scendevano a cascata fino al sinistro, il tutto tenuto fermo da gel ricco di brillantini che riflettevano ogni colore – e Nael che non gli toglieva gli occhi di dosso insieme a quel sorriso bellissimo che aveva la forza di tranquillizzarlo.
Da qualche altra parte nell'aula non mancavano Wayra, Niremaan e Hamar, che erano giunti apposta con un portale per assistere. Wayra aveva persino pianto prima che salisse sul palco.

“Per me è un grande onore aver assistito alla crescita e all'educazione di un giovane mago dall'eccezionale bravura e dal coraggio paragonabile a quello dei migliori uomini della storia. Sono sicura che presto anche lui finirà nei libri di didattica e nelle leggende, e sarà ricordato come colui che ha salvato l'intera razza umana e la Terra, sconfiggendo una divinità malvagia che voleva annientare l'equilibrio della Natura.”
Ari si sentì ancora più a disagio per i troppi convenevoli che gli stava attribuendo la maga del fuoco.
“È grazie a lui se oggi non esistono più Sacrifici, se non siamo più costretti a immolare persone ingiustamente solo per salvarci, e se possiamo tornare a dedicarci allo stile di vita che ci è sempre appartenuto fin dai tempi antichi. Sono dispiaciuta di essere stata a capo proprio in questi tempi duri per noi maghi, dove il disprezzo nei nostri confronti è aumentato a dismisura, ma, d'ora in poi, faremo di tutto per farci riconoscere come coloro che sorvegliano la Natura e il benessere umano. Però oggi non siamo qui per parlare di questo.”

Keneke si voltò verso Ari, indicandolo con un ampio gesto del braccio.
“Oggi è il giorno in cui un altro mago avrà accesso alle porte del mondo divino, dove le divinità stesse ci permettono di attingere per estrapolare il Mana più puro che esista.”
La donna fece segno di avvicinarsi.
Così fece e Keneke si voltò verso di lui, sorridendogli affabile.

L'attimo dopo, gli altri membri del Consiglio circondarono il ragazzo, che si ritrovò nel bel mezzo di una stella a sei punte immaginaria.
A uno a uno richiamarono tra le loro mani il Mana dell'elemento a cui appartenevano, facendo risplendere il palco di tutti i colori del visibile; successivamente questo fluì intorno ad Ari, che venne circondato da tutte le scie che si rispecchiarono nei suoi occhi.
La sensazione che ne scaturì era fantastica. Si sentiva rinvigorito come se avesse passato una settimana a riposo, come se tutte le stanchezze che aveva passato negli ultimi mesi fossero svanite all'istante, come se tutti i suoi timori non fossero che mere sciocchezze in confronto a quell'energia.

Come se questo fosse il mio vero io.

Il proprio Mana cominciò a fluire da solo all'esterno, partendo dal tatuaggio che aveva sul ventre e mischiandosi insieme agli altri, generando un'esplosione di luce ancora maggiore che gli fece socchiudere appena le palpebre.
Subito dopo, il proprio potere stava inglobando quello degli altri maghi, facendolo tornare nel corpo e a ogni affluire sentiva il petto gonfiarsi e il cuore battere più veloce.
Ci volle qualche minuto perché tutto si placasse e tornasse alla normalità.
Mosse le dita delle mani, avvertendo un leggero formicolio per nulla fastidioso e sentendo scontrarsi tra di loro tutti i fluidi al suo interno, come ad accogliere con una grande festa i poteri appena acquisiti.
La Pietra del Mana stava risplendendo come mai prima d'ora.

“Ti proclamo Ari, Mago dell'Acqua, colui che canta lo sciabordio di un'onda che si infrange.”
Ari alzò lo sguardo sulla Somma Keneke, poi guardò gli altri membri uno a uno e si fermò su Keyondre.

Grazie, grazie infinite. Questo sarà il dono più prezioso che custodirò gelosamente.

“Che la mia anima possa esser degna di questo nome.”





“Congratulazioni!” Inaya si lanciò letteralmente addosso ad Ari, facendolo barcollare e quasi perdere la mitra.
“Grazie, Inaya.” la strinse appena e le diede qualche pacca sulla testa.
La cerimonia era finita e la gente stava cominciando ad andarsene per tornare ai loro impegni. Tutti quelli che incrociavano il suo sguardo, però, non facevano che congratularsi con lui, facendolo imbarazzare esageratamente. Qualcuno ottenne anche un'occhiataccia da parte di Nael, ma Ari ci aveva fatto l'abitudine e sapeva che non sarebbe mai svanito quel suo lato.
“Come ci si sente a essere un mago completo?” domandò ancora la Curatrice.
“A dir la verità, non mi sono mai sentito meglio.” sorrise, guardandosi il palmo della mano sul quale avvertiva ancora piccole scariche elettriche.
“Ah, grazie tante. Me lo ricorderò.” commentò Nael, incrociando le braccia e squadrandolo ironico.
“Ovviamente ho dovuto escludere tutti i momenti passati con te, perché, altrimenti, sarebbe andato molto in fondo alla lista.” recuperò all'ultimo, scuotendo il capo con un sospiro.
“Ti sei salvato.” Nael lo prese per la vita e gli diede un lungo bacio a stampo, come al solito senza curarsi della gente che avevano intorno.

Neanche si accorsero che Inaya fosse sgattaiolata via per lasciarli soli, con le mani unite dietro la schiena e dei piccoli saltelli.
Loro erano già da soli non appena i loro occhi si erano incontrati.
Rimasero incollati, con i nasi a sfiorarsi e a guardarsi l'un l'altro con un enorme sorriso. Non ci fu bisogno di altre parole perché Nael si azzardasse ad afferrarlo con più vigore e ad alzarlo da terra, facendogli cadere la mitra sul pavimento e coinvolgendolo in un ulteriore bacio.
“Non esagerate, ragazzi. In fondo vi trovate in un ambiente scolastico.”
La voce sottile del Sommo Molan li fece staccare all'istante e Ari diventò rosso come un pomodoro.
“Ci scusi, Sommo Molan.” fece un piccolo inchino dopo aver riappoggiato i piedi per terra.
Il mago dell'acqua sorrise.
“Perché invece di concentrarsi su di noi non va e fa lo stesso con la Somma Freya?” Nael lo disse nel modo più ingenuo possibile, dato che aveva ben compreso che ci fosse del romanticismo tra i due.
“Nael!” esclamò Ari, ancora più in agitazione. “Ci perdoni ancora, Sommo Molan.”
Il mago non rispose e i due si accorsero di quanto fosse arrossito e che stava cercando di nascondere l'evidenza con una mano posta sopra alla bocca e parte del volto.
Natanael scoppiò a ridere e diede una gomitata al biondo.
“S-scusate... devo andare...” Molan si voltò paonazzo. “Però cercate di mantenere un atteggiamento decoroso.” si preoccupò di dire prima di andare dalla maga del vento, che si spostò i capelli armoniosamente e gli porse un gran sorriso.

“Nael!” ribadì Ari.
“Che c'è?”
“Ti sembrano cose da dire?”
“Gli ho solo consigliato di stare con l'amore della sua vita, dovrebbe ringraziarmi.”
Ari non ce la fece a rimanere arrabbiato ancora un secondo di più.
Aveva scoperto un lato di Nael che non aveva mai avuto modo di vedere, prima perché non si erano mai approcciati con altri se non con loro stessi. Anzi, Nael l'aveva fatto nella sua adolescenza, ma lui non sapeva come interagiva con il gruppo di ragazzi di strada o con qualsiasi altra persona.
A ogni modo, aveva capito quanto fosse incapace anche lui delle volte e che il suo istinto era ben più forte del comando sulla sua lingua.

Dice che sono io quello adorabile, ma lui non è da meno.

Ari lo prese per mano e gli baciò una nocca.
“Ari, su una cosa aveva ragione il Sommo Molan.” Nael a sua volta gli prese la mano e gli riservò lo stesso gesto. “Dovremmo andare da un'altra parte.” gli fece l'occhiolino.

Un adorabile depravato.

Il biondo si ritrovò a sospirare.
“Non vuoi il mio premio?”
Lo voleva, eccome se lo voleva.
“Andiamo.”
Raccolse da terra la mitra e si ritirarono nella loro stanza.





La camera dove dormivano era la stessa che era stata assegnata ad Ari quando era giunto sull'aeronave. Nonostante avesse un letto solo, a loro andava più che bene, ormai abituati a dormire così vicini da anni; inoltre sapevano che, se fosse stata affibbiata un'altra stanza a Nael, lui avrebbe comunque passato ogni notte in quella dell'altro, e lo stesso sarebbe successo se avessero avuto un letto in più.

Entrarono spalancando la porta con gran fretta, facendola sbattere sulla parete con un tonfo sordo mentre già si erano persi in un bacio prolungato ancor prima di richiuderla. Fu faticoso farlo mentre non la smettevano di far vagare le mani sui loro corpi, ma alla fine ci riuscirono.
La mitra era di nuovo finita sul pavimento e Nael ci passò sopra con un piede senza neanche accorgersene. Ari non ebbe il tempo di rimproverarlo che il suono delle sue parole venne soffocato nella gola dell'altro.

Avevano avuto così poco tempo da stare insieme in quella maniera da quando avevano confessato i loro sentimenti, che adesso non potevano far altro che buttare fuori tutta la loro foga e repressione, anche nella maniera più libidinosa possibile.
Tuttavia non perdevano mai la dolcezza dei loro gesti.
Le mani di Nael, per quanto lo tenessero forte, lo solleticavano delicatamente e il resto del suo corpo non faceva che ripararlo dall'esterno fino a cullarlo in una morsa d'amore dalla quale non voleva scappare.
C'era sempre quel fare protettivo che accompagnava i movimenti di Nael, sempre quella gentilezza che solo una persona che considerava l'altra come qualcosa di prezioso poteva usare.
E Ari lo era, il più prezioso di tutti.
L'unico e il solo che si meritava quel comportamento da parte sua.

Ari non faceva che spingersi sempre più contro l'altro, cercando e ricercando quella sensazione confortevole e calda che non gli veniva mai negata, che non gli avrebbe causato mai dolore. Si ritrovò all'improvviso schiacciato contro la parete, così tanto che gli sembrò soffocare mentre non poteva recuperare ossigeno a causa di Nael che lo coinvolse in un bacio sempre più lussurioso e veloce.
Le loro lingue non facevano che scontrarsi e acciuffarsi, in una continua via di fuga che non esisteva e un prendersi subito dopo.
Ormai sembrava che la testa dolesse a entrambi a causa della troppa pressione che stavano imprimendo in quel semplice atto. I visi erano arrossati più che mai e le tempie di entrambi pulsavano, tanto che dovettero staccarsi a forza per riprendere fiato.

“Nael...” sussurrò il suo nome con un tono roco e basso mentre il respiro di questo gli accarezzava un angolo della bocca.
Era incredibile come solamente con un bacio potessero provare una sensazione del genere. Già si sentivano crollare per quello, già poteva essere sufficiente.
“Nael, baciami ancora.”
Ari, ormai, non ragionava più. Il desiderio era così grande che voleva solo quello.
Non aspettò nemmeno che l'altro rispondesse che gli prese il volto tra le mani e fu lui stesso il fautore del bacio successivo, un altro bacio carico e quasi doloroso.
Gli morse il labbro superiore più volte fino a quando Nael non lo afferrò saldamente per i glutei e lo sollevò. Così facendo, il minore allacciò le gambe intorno a lui, con un po' di fatica a causa della tunica che finì con lo scoprire fino al di sopra delle ginocchia, e riprese da dove aveva lasciato.
I capelli biondo cenere erano appiccicati tra i loro volti e davano fastidio davanti all'occhio destro, ma poco importava finché ci fossero state le labbra di Natanael sulle sue. Poco dopo ci pensò lo stesso Nael a toglierli dal viso, rimanendo con la mano tra di essi.
“Ogni volta che acquisisci un nuovo potere diventi inspiegabilmente caloroso.” Nael si mise a ridere contro la sua bocca. “Dovrebbe succedere almeno una volta alla settimana.”
Ari lo seguì nella risata e prese a baciargli il resto del volto.
“Non c'entra niente...”
Uno schiocco sul naso.
“Questo lo dici tu.”
“Dovrò pur porre un freno ai tuoi pensieri impudici.” un altro sullo zigomo sinistro. “Non posso sempre essere così.”
“Stupido.” rise ancora il moro.

Nael lo tenne stretto e si avviò verso il letto. Riprendendo a baciarsi, scalciò le scarpe e si poggiò al materasso con le ginocchia, gattonando su di esso per poi lasciarsi cadere sopra all'altro, ancora avvinghiato a lui.
Il secondo dopo aveva spostato una mano verso la sua coscia e poi ancora più giù fino ad arrivare all'orlo della tunica, già di per sé sollevato a scoprirgli le gambe.
Ari si sentì attraversare da una scarica quando le dita appena ruvide di Nael lo lambirono quasi fosse di cristallo e gli fecero solletico fino al ginocchio.
Era troppo evidente quanto ci tenesse a lui.
Il maggiore posò lì la sua mano, mentre le sue vagavano sulla schiena con carezze gentili, ben in contrasto con il bacio che proseguiva in continuazione. Solo dolo qualche minuto, Natanael, si staccò da quelle labbra paffute per attaccarsi al suo orecchio destro e succhiarlo avidamente.
Le gambe di Ari presero a scorrere su e giù, sfrusciando con la stoffa dei pantaloni.
Il peso si alleggerì per un attimo, quando Nael si sollevò per togliergli gli stivali e lanciarli sul pavimento, per poi sentirsi nuovamente schiacciato da lui che riprese a mordergli il lobo. Successivamente seguì la linea del viso per arrivare al mento e leccarlo e continuare così fino al collo e la scapola dove prese a succhiare.
Ari sentiva una scossa dopo l'altra ed erano sempre più piacevoli, sempre più coinvolgenti.
Solo il suono della voce di Nael spezzò il flusso di emozioni.

“Ari, se non ti togli subito questa cosa, credo che non potrai farmene una colpa se si strapperà.”
Il suo tono era così serio, che pensò seriamente che gli avrebbe ridotto a brandelli la divisa da mago se non si fosse spogliato e, di certo, non avrebbe potuto spiegare il motivo per cui gliene serviva un'altra.
Lo allontanò da lui, facendolo inginocchiare, e se la levò dalla testa, rimanendo solo in biancheria intima, poi prese da dietro il collo dell'altro e lo spinse contro il suo viso per baciarlo ancora e si ritrovò all'improvviso sopra di lui a prendere in mano le redini del gioco.
Ormai ostentava più di quanto avrebbe mai pensato e la cosa allietava particolarmente il suo compagno.
Non ci pensò due volte che allungò entrambe le mani sotto alla maglietta verde del ragazzo, tastandogli il torace fino ai pettorali sui quali si soffermò a lungo per vezzeggiarli, accogliendo i piccoli gemiti che cominciavano a uscire dalla sua bocca quando le esili dita si scontrarono con i capezzoli già irrigiditi.
Senza neanche accorgersi come, Nael era rimasto a torso nudo, e il Ari si fermò nell'ammirarlo.
Non ne aveva mai abbastanza di quella linea perfetta che accentuava i muscoli e delle proporzioni del resto del busto fino ad arrivare all'incavo dell'inguine che si poteva notare vicino all'orlo dei pantaloni. Era una visione troppo bella per poter anche solo voltare lo sguardo da un'altra parte per un tempo che fosse inferiore al secondo.
E lo sguardo cristallino perso sul suo corpo fece spuntare a Nael un sorriso sornione, ben consapevole di provocare certi tipi di reazioni nell'altro e non poteva che aspettare che lo squadrasse da capo a piedi nonostante lo conoscesse già a memoria.
L'indice di Ari contornò il perimetro del tatuaggio appena al di sotto dell'ombelico.

“Simbolo di unione, coppia e matrimonio...” sussurrò Ari, dolcemente.
Quando gli era stato detto il significato di quel tatuaggio non aveva potuto non rifletterci sopra.
Aveva così tante interpretazioni che la sua mente non poté che vagare a lungo: Nael era tornato in forma spirituale al suo fianco, nonostante fosse morto, solo questo gesto valeva il più forte dei legami che potevano esistere in tutto l'universo; poi era stato salvato e si erano riuniti diventando finalmente quello che avevano aspettato da molti anni; sarebbero diventare ancora di più.
Nessuno dei due sapeva se ciò che il simbolo voleva dire fosse già stato realizzato o se c'era altro disegnato per loro nel corso della vita, ma, probabilmente, dovevano prenderlo come un suggerimento di tutto quello che sarebbe potuto succedere.

“Il più grande desiderio celato nella tua anima.” continuò Ari.
Alla fine era giunto a quella conclusione: non c'era niente di prestabilito.
Ogni azione avrebbe portato loro in una strada diversa che si basava solo sulla forza di volontà, e Ari l'aveva compreso bene quando la questione di Tinirau era stata risolta, perché lui non si era accorto di essere già divenuto quella luce nelle tenebre molto tempo prima che venisse marchiato.
L'unica motivazione che l'aveva sempre spinto era stato Nael. Diventare un mago per proteggerlo – la paura per la razza dei maghi erano le tenebre in quella circostanza – buttarsi nelle profondità dell'oceano per riportarlo in vita.
Tinirau era solo una faccenda che si era aggiunta e aggrovigliata con la sua.
Il suo essere luce era il poter regalare una vita serena a Nael e poterla continuare insieme.
Era stato difficile, aveva dovuto lottare contro se stesso e tutti gli altri per giungere dove si trovava adesso e nessuno aveva scelto per lui. Ma era lui stesso che aveva deciso di diventare la luce nelle tenebre.

Si abbassò per poter baciare il tatuaggio, sentendo il mana dentro di sé zampillare non appena lo sfiorò, e rimase su di esso a lungo mentre una mano dell'altro era andata ad accarezzargli la testa, lisciando i capelli cenere.
“Ho sempre voluto rimanere con te.” disse Nael, continuando a pettinarlo con le dita. “Sei sempre stato la mia luce.”
Ari sorrise, felice del fatto che anche a lui fosse venuto in mente del simbolo, poi si spostò con la bocca sull'ombelico e lo leccò all'interno, ottenendo un gemito sorpreso.
“Però mi piaci anche quando sei avvolto dal peccato.” Natanael lo prese in giro, socchiudendo gli occhi e premendo le mani contro la testa bionda per farlo abbassare di più.
“Perché, ho qualche peccato?” Ari non diede retta a quegli stimoli, cominciando un percorso che risaliva lungo lo stomaco e lasciando un succhiotto dopo l'altro, mentre la Pietra del Mana segnava la scia che stava seguendo.
Nael lo fermò, mettendosi sui gomiti per poterlo guardare meglio.
“Quello di aver rubato una parte di me.”
Le guance di Ari si accesero immediatamente e il fiato gli mancò per qualche istante.
“La mia parte più importante, che ora vive unicamente per te.” riprese a parlare il moro. “Non credi di aver esagerato a ridurmi in questo stato?”
Era incredibile come sapesse giocare con le parole. Se all'inizio poteva dar l'impressione di cadere in discorsi ambigui, ecco che poi diventava il ragazzo più romantico che potesse mai incontrare.
Non aveva altro che la parola amore per lui, stampata su ogni centimetro di pelle.
“Ho imparato dal miglior ladro in circolazione.” gli rispose affettuosamente, andando a lambirgli il naso con il proprio per poi dargli un bacio.
“E sei stato il miglior alunno che potessi avere.”

Natanael lo agguantò per la schiena, riportandolo sotto di sé mentre l'ennesimo bacio voluttuoso prendeva forma attraverso i loro respiri e la saliva che si mischiava fino a colare sul mento.
Era impossibile staccarsi da quel ragazzo all'apparenza così fragile, ma che nascondeva un coraggio e una volontà fortissima, e Nael non poteva che ringraziarlo in continuazione, beandosi della sua visione un po' impacciata e le pupille dilatate che gli rendevano ancor più trasparenti le iridi.
“Sicuramente sei il più bello.” gli fece un altro complimento, mentre andava a slacciarsi i propri pantaloni e si liberò di essi con le gambe.
Nael si staccò controvoglia dalle sue labbra per poterlo girare a pancia sotto; l'altro lo lasciò fare, sospirando quando avvertì i denti pizzicargli la pelle della schiena. Il moro scese lentamente seguendo tutta la colonna vertebrale, finendo al sottocoscia dove le stimolazioni non resero possibile nascondere l'evidente eccitazione nascente.

Un attimo dopo, Ari si ritrovò completamente nudo a ricevere le stesse attenzioni di poco prima senza più qualcosa che facesse da divisore con la sua pelle. Le scariche aumentavano di intensità ogni qual volta la bocca di Nael andava troppo oltre e al di sotto, il suo cuore aveva già aumentato i battiti e il respiro usciva mozzato.
Fu questione di qualche altro secondo che una mano circondò integralmente il suo membro e cominciò a tormentarlo con gesti lenti.
Ari sprofondò la faccia nel cuscino, soffocando i gemiti che non riusciva a controllare, e percepì il fiato dell'altro sul suo capo, anch'esso irregolare perché aveva preso a strusciare sul suo fondoschiena la propria intimità ugualmente priva di veli.
Era abituato al fatto che sentire il calore di Nael sul proprio corpo, i respiri rochi sbattere vicino al proprio orecchio e il battito del cuore coordinato al proprio, gli facesse perdere la ragione, tanto da non avere più il comando dei pensieri e dei gesti.

Era una sensazione stupenda abbandonarsi completamente a qualcuno che sapevi ci sarebbe stato sempre e comunque per sorreggerti, anche se lui stesso stava precipitando a fondo con te, e Ari non perdeva occasione per lasciarsi avvolgere da quelle possenti braccia e attutire la caduta.
L'impatto poteva assomigliare a quello con l'acqua, duro e doloroso, ma poi ci si accorgeva di quanto fosse dolce e rassicurante venir trasportati dalla corrente, perdendo la cognizione di tutto il resto che circolava intorno. Per questo entrambi non facevano che crollare noncuranti di quello che avrebbero trovato al di sotto.

Erano arrivati al punto tale dove la passione cominciava a prevalere.
Ari non faceva che spingersi verso l'altro mentre Nael aveva aumentato la velocità della sua mano.
Non ci fu bisogno di un permesso perché Nael potesse andare oltre.
Senza indugi penetrò Ari, sempre mettendoci tutta la premura che poteva possedere, e prese a muoversi al suo interno, tenendolo per il bacino un po' sollevato.
Il biondo girò il capo per poter prendere ossigeno mentre i colpi si facevano sempre più forti e gemeva in continuazione il nome dell'altro.
Nael posò le labbra sulla sua guancia e rimase in quella posizione per parecchi minuti, solleticandogli le palpebre con i capelli e avvertendo il pizzicore del sudore su tutto il corpo e il suo sapore proprio sulle labbra.
Quel particolare non fu che un incentivo tra i tanti segnali che lo spinsero a impadronirsi ancora di più di Ari. Lo circondò con un braccio sullo stomaco, traendolo contro di sé per una maggiore penetrazione, e i lamenti che sentì provenire dalla sua bocca non poterono che destare quella parte di lui che a malapena era in grado di tenere a bada.
La ragione era stata messa da parte da qualche minuto, dando spazio alla lussuria più totale.
La sua voce rauca usciva sporadica, frammentata da respiri brevi e intensi che gli avevano causato un dolore alla gola, ormai secca; il bacino si scontrava di continuo con i glutei dell'altro provocando un suono che non poteva essere casto e innocente, e gli occhi pieni di voluttà di Ari l'avevano trasportato in una realtà lontana da quella.

Andò avanti per qualche altro minuto prima di riversare il proprio piacere all'interno del minore con un gemito strozzato e il suo nome stretto tra i denti e la lingua.
Uscì subito dal suo corpo e lo voltò supino, beandosi della visione di un Ari accaldato, con un braccio sulla fronte a schiacciare il ciuffo e il petto che si alzava e abbassava velocemente. Fece guizzare gli occhi verdi ancora più in basso, oltrepassando il riccio di mare e posandosi sulla sua erezione ancora evidente. Si abbassò su di essa per accoglierla in bocca e poter finire il proprio lavoro.
Il leggero urlo di godimento misto a sorpresa dell'altro gli colmò le orecchie.
Si compiaceva ogni qual volta accadeva qualcosa del genere, facendolo andare sempre più oltre, e non importava quanto imbarazzante o troppo al di là si potesse spingere, Ari non l'avrebbe allontanato comunque.
Il sapore amarognolo e pungente pervase la sua bocca, dapprima lievemente, poi diventò sempre più intenso facendogli ingrossare le guance arrossate. Dovette perderci un po' di tempo, giocando con il sesso dell'altro e usando anche le mani per stimolarlo, prima che anche lui potesse raggiungere il culmine del piacere, riprendendo a respirare a pieni polmoni.
Gli sorrise, ripulendosi un angolo della bocca e ammirando il risultato che aveva ottenuto nel trattare così Ari: un ragazzo ancora più seducente di quanto potesse mai essere, che gli faceva tornare l'impellente voglia di rifarlo suo. Pensò che non si sarebbe mai saziato di lui.

Ari allungò le braccia per farsi abbracciare e Nael non dovette neanche rimuginarci sopra che gli si incollò addosso, appiccicoso e affaticato dall'amplesso.
Il biondo lo accarezzò dolcemente sulla schiena, guardandolo con un sorriso appena accennato e ricambiato, senza bisogno di dire alcuna parola perché non ne servivano affatto.
Il bacio che seguì fu il più innocente che si fossero dati da quando erano entrati nella stanza e fu accompagnato da uno schiocco che risuonò nelle orecchie.
Rimasero in silenzio per parecchi altri minuti prima che il Nael prese la parola.
“Sei un eroe.”
“Non è vero, io non lo sono...” Ari gli lambì una guancia con la punta delle dita.
“Sì, invece. Sei il mio eroe.”
Per quanto fosse cresciuto, Ari non poteva che venir trafitto al petto ogni volta dalle frasi che uscivano dal cuore dell'altro, finendo con il diventare rosso e risaltando il colore dei suoi occhi.
“Eppure, pensavo che tu fossi il mio.”
“Sinceramente non so se posso ancora considerarmi tale dopo tutto quello che è successo e sapendo che potresti uccidermi con un semplice gesto della mano.” rise, afferrando la destra saldamente e incrociando le dita tra loro.
“Mai.”
“Mh?”
“Non ti ucciderei mai.”
“Guarda che lo so, stupido.” gli baciò una nocca. “Non complessarti ancora su quella storia.” si riferì al sacrificio per il quale Ari si tormentava da mesi. “E se non vuoi capirlo, pensa che hai già pagato il conto riportandomi in vita.”
Ari gli strinse ancora più forte la mano.
“Sei tutto ciò di cui ho bisogno.” dichiarò dal nulla, con gli occhi lucidi.
“Perfetto, perché per me vale lo stesso.”

Nael si sdraiò sul letto e circondò la schiena dell'altro per portarlo sopra al suo petto, dove Ari adagiò la testa, lasciandogli un'infinità di baci.
Si cullarono teneramente per un po' di tempo, provando quella sensazione che poteva nascere solo stando l'uno di fianco all'altro.
“Nael?” richiamò la sua attenzione. “Non sono mai stato più felice di così.”
Il cuore del maggiore si riempì nel sentir pronunciare quella frase. Ari sapeva perfettamente che fosse qualcosa che lo scombussolava, perché aveva sempre cercato di renderlo felice nel corso degli anni che avevano passato insieme.
“Ti amo.” gli rispose Nael, sentendo risalire un magone nella gola che ricacciò subito.
“Anche io.”
Si persero nell'ennesimo bacio con i cuori che battevano a mille.
Quando si staccarono, Ari lo fissò intensamente negli occhi verde mare e con un sorriso beffardo che era strano vedere sul suo volto.
“Che succede?” chiese Natanael.
“Sai, immagino che tu non sia l'unico che ha molto da recuperare.” le dita del biondo si inumidirono a causa del mana che fece fuoriuscire e vagarono lungo il torace dell'altro, facendolo rabbrividire, e si fermarono appena sopra l'inguine.
“Per tutte le divinità!” esclamò Nael, ironico. “Allora questo è il momento per farlo!”
Con una risata si buttarono di nuovo l'uno tra le braccia dell'altro, suggellando ancora e ancora il loro amore. Ricaddero in preda della passione, marchiando i reciproci corpi fino a quando non ne ebbero abbastanza, nonostante fosse difficile dare un limite al loro sentimento che non faceva che espandersi sempre di più.




 

NOTA DELL'AUTRICE:
Dopo 41 capitoli ecco svelato il significato del titolo! È il significato del nome di Ari, un po' reso poetico, ma è il significato di Ari. Infatti non l'avevo ancora svelato, era l'unico che mancava u.u
Nael mi ha praticamente pregato in ginocchio per la scena d'amore e non sono riuscita a non scriverla, occorreva e spero di non aver esagerato... naah! Non penso xD
Ancora una domenica e poi sarà tutto finito, mi mancano già ;^; *inizia ad allagare la camera*
Come al solito ringrazio tutti quelli che mi hanno seguito e continuano a farlo, chi legge in silenzio e chi commenta. Un bacio grande a tutti voi e che la Nari sia sempre con voi (?)
Flor :3

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Capitolo 42
*** Epilogo ***


EPILOGO


Marzo, anno 440 del XII periodo

“Promettimi che ti farai sentire spesso!” Inaya era scoppiata in lacrime e stava stritolando Ari con una forza indicibile. “E che verrai a trovarmi ogni volta che potrai!”

Le aeronavi erano atterrate sulla Terra. Ormai le acque si erano completamente ritirate, tornando di nuovo mari e oceani, fiumi e laghi, e gli esseri umani potevano vivere nuovamente come un tempo, dopo gli accordi a cui erano finalmente giunti con la divinità degli oceani Tangaroa.
Questo, però, significava anche dire arrivederci alle persone che avevano incontrato in quel lungo viaggio, per rincasare ognuno nel proprio paese. Non che fossero tante, ma c'era una malinconia nell'aria che non si poteva evitare.
Inaya era la più sconvolta di tutti, dopo il legame tra fratelli che aveva instaurato con Ari e Nael, soprattutto con il primo.

“Certo che lo farò.” la rassicurò Ari, accarezzandole i capelli che, stranamente, teneva solo legati in due treccine che a loro volta si intrecciavano tra loro. “Lo faremo entrambi.” si riferì anche a Natanael.
“Ovviamente.” commentò questo, allargando le braccia per salutarla anch'egli.
“Siete sicuri che non volete...”
“Inaya,” la interruppe Ari. “sarà la centesima volta che ce lo chiedi.” le sorrise gentilmente.
“E tu rispondi per la centesima volta.” la ragazza si asciugò gli occhi con la manica della tunica bianco sporco.
Ari e Nael si guardarono ridendo sotto i baffi.
Era diventata una persona così importante per loro e le volevano un gran bene, ma adesso avevano una strada diversa da percorrere, una strada che li avrebbe portati dove tutto era iniziato.
Il biondo fece un piccolo sospiro prima di rispondere.
“Ci piacerebbe molto essere ospiti nella tua casa sul mare per qualche giorno, e sono grato che Keyondre stesso ce l'abbia chiesto, ma capirai anche tu che dobbiamo tornare a casa nostra. Nella nostra cascina. È lì che vogliamo vivere e non vediamo l'ora di rimetterci piede.”
“Uffa!” Inaya si lasciò ancora andare alle lacrime.
“Ti manderò così tanti messaggi attraverso i flussi di mana che sarai stufa di me.” Ari provò a tirarla su di morale ancora una volta.
Era così contento di averla come amica e di potersi fidare ciecamente di lei e gli dispiaceva separarsi.
“Non è un addio, lo sai?” le disse Nael.

Intorno a loro tutto era abbagliato da luci bianche, provocate dagli innumerevoli portali che si aprivano in ogni angolo per riportare le persone nel loro luogo d'origine. Il bagliore era così accecante che dava anche fastidio alla vista.
Inaya finì con il sospirare e si lanciò tra le braccia di entrambi, salutandoli ancora una volta tra le lacrime.
“Grazie di tutto, Inaya.” Ari le baciò la testa. “Grazie per essere una persona magnifica.”
“Ammettilo che hai intenzione di farmi piangere per tutta la settimana.” lo prese in giro, tirando su con il naso.
“Spero proprio che a Keyondre non venga il mal di testa con i tuoi piagnistei.” Nael le sorrise beffardo e lei gli tirò un pugnetto nello stomaco.

Se con Ari aveva plasmato l'amore fraterno, con Nael aveva colto proprio l'essenza di essere due fratelli che bisticciavano per tutto senza mai essere troppo seri. Era un equilibrio perfetto tra loro tre.
Rimasero ancora qualche minuto a parlare, prima che il mago del buio e Keneke si avvicinarono a loro.

“Ragazzi, siete pronti a partire?”
“No, padre! Non potevi aspettare ancora?” Inaya gli si gettò addosso e sfregò il muso contro la sua tunica, causando una risata generale.
“Siamo pronti.” rispose Ari.
“Sei convinto di non voler far parte del prossimo Consiglio?” domandò la maga del fuoco.
“Non è quello che voglio.” il ragazzo scosse il capo.
Era già da qualche giorno che la donna stava cercando di convincerlo a presentarsi alle prossime elezioni, ma lui non ne voleva sapere.
“Sono onorato di essere un mago e di avere un nome, ma non è la via che ho scelto di seguire.” continuò, con un piccolo sorriso e un luccichio nelle iridi.
“Oh, beh!” Keneke si portò le mani ai fianchi. “Voterò comunque per te.”
“Somma Keneke!” Keyondre si spiaccicò una mano alla fronte, sconsolato.
“Che c'è? È giovane, ha tutto il tempo per decidere di cambiare idea, e io non perderò di certo l'occasione di vederlo crescere davanti ai miei occhi. Spero solo che lo faccia prima che io passi a miglior vita.”
“Somma Keneke, non dica queste cose.” la supplicò Ari, un po' a disagio.
“Va bene, non perdiamoci in altre chiacchiere. Abbiamo lunghe giornate di lavoro davanti a noi e non saranno per niente semplici.” fece per andarsene, ma si voltò un'ultima volta per rivolgersi di nuovo ad Ari. “Aspetterò qualche tua notizia.”
Il ragazzo annuì.

Dopo altri brevi minuti, in cui Ari e Nael ringraziarono anche il Sommo Keyondre, furono finalmente pronti per partire.
Keyondre materializzò un portale che fece risplendere di bianco entrambi i ragazzi.
“Ci vediamo presto.” Ari si girò e salutò la sua amica affiancata dal padre, lo stesso fece Nael prima di prenderlo per mano.
“A presto, Ari!” gridò Inaya con quanto fiato aveva in gola, portandosi un pugno al petto. “Comportati bene, Nael!”
“Lo farò!”
Così dicendo, fecero un ulteriore passo e sparirono alla vista della ragazza e del mago del buio.





Atterrarono su un prato un po' umido e scivoloso e fecero molta fatica a rimanere in piedi, infatti, caddero immediatamente l'uno sull'altro.
Si rialzarono aiutandosi a vicenda e si guardarono intorno.

Siamo tornati...

Ari cominciò a camminare mano nella mano con Nael e non dovettero compiere molti metri prima di intravedere uno steccato bianco che aveva perso un po' di colore in alcuni punti ed era sicuramente da imbiancare di nuovo.
Era così strano mettere piede nuovamente sulla terra.
Si sentì attraversato dalla morbidezza del terreno, dall'aria pulita che penetrava direttamente nei polmoni e il suono degli uccelli che da qualche parte cinguettavano sereni e contenti. Socchiuse appena gli occhi per sentire anche lo scroscio del fiume che attraversava i campi poco distante da lì.

Siamo davvero a casa.

Prese a correre senza neanche accorgersene, seguito dall'altro.
La cascina si innalzò davanti a lui e si sentì trafitto nel petto.

Casa nostra.

All'improvviso aveva le guance bagnate.
“Stai bene?” gli chiese Nael, un po' preoccupato.
Ari si asciugò, con un mugugno di assenso e, subito dopo, si sentì avvolgere dalle braccia dell'altro ragazzo, la guancia contro la sua testa.
“Siamo a casa.”
Quasi non riusciva a crederci.
Aveva troppe emozioni che fluivano dentro di lui e tutto gli sembrava troppo bello per essere vero.
L'ultima volta che aveva visto la cascina c'era la finestra più vicina all'ingresso distrutta in mille pezzi; adesso non solo quello era rovinato. L'acqua aveva causato molti problemi che avrebbero dovuto risolvere e ci sarebbe voluto un po', ma tutto sarebbe tornato così come era un tempo.
Era comunque il loro rifugio, persino ridotto in quello stato.

Non può che essere così.

Voltò appena lo sguardo per vedere anche la stalla.
Per continuare a vivere come prima avrebbero avuto bisogno di nuovi animali per partire con l'attività, benché non ci sarebbero stati problemi grazie al suo nuovo titolo di Mago, poteva richiedere qualsiasi cosa desiderasse.
Rimasero qualche minuto fermi, abbracciati tra loro, ad ammirare la fattoria da lontano, persi in tutti i ricordi a cui essa era legata. Erano talmente tanti e profondi che li fecero fremere e quasi venir da piangere ancora.

“Quella sera, quando ti ho trovato nella stalla,” Nael cominciò a parlare con lo sguardo perso in punto non ben precisato davanti a sé. “ho subito pensato di cogliere la palla al balzo per togliermi dalla posizione scomoda del ragazzo di strada e avere un tetto sulla testa, cibo senza bisogno di rubare e qualche comodità che pensavo non avrei più avuto, come un semplice bagno.” fece una piccola risata.
Ari sollevò il volto per guardarlo, un sorriso perenne stampato su di esso.
“L'unico problema sarebbe stato occuparsi di un bambino depresso e malinconico, ma me la sarei cavata in qualche modo.” gli fece l'occhiolino.

Hai trovato un bambino davvero difficile, non è così? Grazie per aver insistito con me.

“Poi ho scoperto che quello stesso bambino era molto più in gamba di me e ho pensato – Buon per me! È abbastanza autodidatta da non dovermi preoccupare più di tanto! – tutto quello che dovevo fare era consolarti, dato che all'inizio non facevi che piangere ed eri sempre giù di morale per via dei tuoi genitori...”
“Scusa...”
“Non hai di che scusarti, avevi un'ottima ragione per farlo.”

Cercherò di non farti più vedere il mio viso triste, te lo prometto.

“Poi,” riprese Nael. “quella notte hai urlato e io non ci ho nemmeno pensato due secondi che mi sono fiondato nella tua camera per vedere cosa fosse successo, rendendomi conto solo dopo che fossi preoccupato da morire. Mi hai chiesto di dormire con te perché avevi paura a causa dei tuoi incubi e perché ti sentivi solo, e mi hai chiamato per la prima volta Nael.” sorrise ripensando a quel momento. “Ecco... È stato proprio allora che ho capito di volerti proteggere da qualsiasi cosa, di voler vedere risplendere sul tuo volto il sorriso e di voler stare accanto a te, non perché così avrei avuto un posto in cui vivere, ma un posto in cui c'era qualcuno al mio fianco di importante e a cui stavo iniziando a volere davvero bene.”

Il cuore di Ari non poté rimanere impassibile di fronte a quelle parole e spalancò la bocca, persino incapace di formulare un pensiero.
“Mi sono messo addosso la maschera per farmi vedere come il tuo eroe, come la persona di cui potevi fidarti ciecamente e l'unica che poteva stare al tuo fianco senza problemi. Ho iniziato a pensare di voler essere per sempre solo noi due. Non importava del resto del mondo.”

Neanche a me è mai importato del resto del mondo.

“Con il passare del tempo sono arrivato a questo punto, Ari.”
Nael gli prese il mento tra l'indice e il pollice, sollevandogli il viso e avvicinando il proprio.
“Mi sono innamorato così tanto di te che non vedo altri che te, e tutti gli altri spariscono.”
Per quanto Ari avesse appena promesso nella sua mente di non piangere più, fu difficile fermare una lacrima che gli sfuggì dagli occhi, ma venne catturata dalle labbra dell'altro.
“Questo sentimento non ha fatto che crescere e crescere e non sapevo come gestirlo fino a qualche tempo fa... poi è successo quello che è successo e, il fatto che noi due ci troviamo qui, insieme, davanti a quella che è sempre stata la nostra casa, non fa che confermare che ho fatto bene a lasciarmi completamente travolgere da te. Se poi aggiungiamo che hai affrontato una divinità per riavermi indietro... beh...” soffocò un'altra risata. “Allora non posso che ritenermi ancora più fortunato.”
Nael gli lasciò un bacio fugace prima di concludere il discorso.
“Ari, sei il mio mondo, sei tutto quello che mi serve per vivere e non riesco a trovare delle parole più banali di queste per confessartelo, ma credimi quando te lo dico, perché io ti amo come nessuno ha mai amato qualcuno.”
“Certo che ti credo.”
Il sorriso meraviglioso di Nael fece esplodere quello di Ari.

Sono io quello più fortunato tra i due.

Il biondo lo abbracciò con tutta la forza che possedeva e sentì di dover anche lui confessare quello che aveva nella testa, glielo doveva da più di nove anni.
Si staccò appena per poterlo guardare di nuovo negli occhi, benché non fossero più gli stessi di una volta, sapeva che erano ancora più belli.
“All'inizio anche io avevo pensato che ti stessi approfittando di me per avere un posto in cui vivere e, inoltre, non sapevi fare niente.”
“Non è vero!” Natanael lo interruppe subito, schioccando la lingua.
“Ti ho insegnato moltissime cose.”
“Moltissime, non tutte.”
Ari sospirò esageratamente, scuotendo la testa.
“Quindi qualcosa sapevo fare.” insistette il moro e l'altro dovette cedere.
“Va bene, Nael... Allora diciamo che sapevi fare il minimo indispensabile.” andò a cercare la sua mano che non rifiutò di venir presa. “A ogni modo, tu mi ascoltavi sempre e cercavi di consolarmi, e io l'ho apprezzato molto e, inizialmente, non riuscivo ad andare oltre a questo. Piano piano ho cominciato a pensare che in fondo non era così male averti intorno, nonostante fosse palese che non ero che un peso per te e lo facevi solo per circostanza...”
“Devo scusarmi anche io, allora.”
Ari negò con la testa, prima di riprendere.

“Però, più passava il tempo e più sentivo che tu mi capivi ed eri l'unico che mi poteva confortare. Poi, quella notte, quando ti ho visto correre preoccupato da me, mi sono reso conto che i tuoi occhi erano cambiati. Tu eri davvero preoccupato per me, non era più un obbligo ed è stato lì che ho capito che forse esisteva qualcuno con cui potevo aprirmi.”
“E Nael da dove ti è uscito?” gli portò una ciocca di capelli biondo cenere dietro l'orecchio prima di cominciare a giocare con il piercing.
Ari si imbarazzò per quella domanda.
“S-sai che io mi faccio molte fantasticherie... Ho pensato al tuo nome per molto tempo, ma non ero mai riuscito a chiamarti così prima di quella volta...” il suo cuore tamburellò forte, ripensando a tutte quelle memorie.
“Poi non l'hai più mollato.” Nael gli rispose, affabile.
“Non ti piace?” alzò un sopracciglio.
“Se non mi fosse piaciuto, non ti avrei permesso di chiamarmi in quel modo.”
“Hai la faccia da Nael, questo è un dato di fatto.”
Scoppiarono a ridere, rubandosi a vicenda un altro bacio.

“Comunque...” continuò Ari. “Da quel momento hai iniziato a starmi sempre più vicino e sei arrivato anche a scambiare qualche coccola e a dormire con me fino a trasferirti perenne nella mia stanza. Ti avvicinavi ancora e ancora e dentro di me si facevano strada dei sentimenti che non avevo mai provato, ma che pensavo fossero quello descritti nei libri. Per questo ho iniziato a credere di amarti, nonostante non sapessi cosa volesse dire.”
Ari tornò a guardarlo dritto in viso.
“Ma ora ne sono sicuro. Con il passare del tempo ho iniziato a volerti sempre con me e non volevo nessun altro intorno e volevo addirittura rimanere abbracciato a te tutto il giorno per sentirmi protetto e amato... Quindi posso, con certezza, dirti che ti amo.”
“Non avevo dubbi.”
“Ti amo in una maniera che mi ha sconvolto fin nel profondo. Ho buttato all'aria tutti i miei timori per te, sono arrivato a compiere gesta che mai avrei anche solo potuto immaginare e adesso siamo di nuovo insieme, adesso noi...” si bloccò non sapendo come finire la frase e sospirò ancora. “Credo che dovrò lavorarci su per quanto riguarda il fare discorsi.”
“Ti aiuterò io.” lo prese in giro l'altro, facendogli la linguaccia.
“Tutto quello che devi sapere è che...”
“Lo so già.”
Ari lo guardò confuso.
“Ormai so tutto quello che pensi, tutto quello che senti, perché succede lo stesso a me. Perché noi due siamo legati più della propria anima al corpo.”
“Già...” sorrise il biondo.
“Perciò, non hai bisogno di dire altro. Basta che rimaniamo insieme.”
“Insieme.”
Si abbracciarono forte, inspirando a fondo quell'odore tanto familiare che si mischiava con quello altrettanto familiare che proveniva dalla zona intorno a loro.
“Anche le nostre anime lo saranno per sempre.”
Concluse Ari, alzandosi in punta di piedi per poter baciare Nael nella maniera più dolce possibile.

Era così che aveva inizio una nuova vita per entrambi.
Una vita che avrebbe avuto molti sentieri e biforcazioni, ma avrebbero scelto sempre in coppia quella più giusta da seguire, che li avrebbe portati alla felicità che tanto bramavano da tempo.
Una vita dove non c'era più spazio per la solitudine e per la malinconia, ma solo per l'amore che provavano l'uno nei confronti dell'altro.
Avrebbero riempito le loro giornate con quello stesso sentimento.
Un sentimento che cantava melodioso, così come un'onda che si infrangeva su un futuro radioso.



Fine


 

NOTA DELL'AUTRICE
*piange e sommerge di nuovo la Terra*
Adesso è davvero tutto finito.
Questo mi rattrista e ne sono anche felice, è una strana sensazione u.u
Niente più appuntamenti settimanali con la Nari, niente più “lo correggo domani che non ho voglia”... °^° ahah, comunque, spero davvero che vi abbia lasciato qualcosa questa storia. Mi piacerebbe sentire i vostri pareri conclusivi e i miei Ari e Nael vi mandano un enorme abbraccio per ringraziarvi di essere ancora qui, fino alla fine.
A proposito di ringraziamenti, volevo proprio spendere due parole a riguardo e non solo.
Ecco a voi:


 

Siamo giunti alla fine di un viaggio che ha tenuto impegnata la mia mente e il mio cuore a lungo. Ormai è passato un anno e mezzo da quando Ari e Nael sono usciti fuori dalla mia testa e hanno preso vita, e non ringrazierò mai abbastanza il mio pazzo cervello per avermeli fatti sognare.
Così come devo ringraziare chi mi ha accompagnato durante la stesura e chi ha creduto in me. Sono le mie amiche più care e non sono sufficienti un paio di righe scritte qua, loro lo sanno e penso di dimostrarlo spesso quanto tengo a loro, quindi tanto basta.

Tuttavia c'è qualcun altro che devo ringraziare e questi siete voi lettori.
Potrebbe sembrare banale, lo so, ma io sono felicissima delle persone che ho incontrato lungo questo cammino, ogni commento letto mi ha fatto sorridere ed emozionare anche in piccolo, ogni aggiunta nei preferiti, ricordati, ecc, mi ha fatto capire di essere un po' apprezzata (o almeno i miei bimbi sono apprezzati ahah) e ogni lettura mi ha reso cosciente di avere un piccolo seguito che ha voluto scoprire come sarebbe finita questa storia d'amore ostacolata da divinità e la paura di non farcela (per fortuna che, invece, Ari ce l'ha fatta eccome).

Non nominerò nessuno in particolare per più motivi. Sia perché non sono in grado di andare a recuperare nickname di persone silenti ma che meritano comunque di essere ringraziate, sia perché non ho il potere di sapere chi apprezzerà più avanti questa storia, sia perché lo trovo un po' ingiusto e ognuno di voi che legge sa che mi sto riferendo proprio a lui.
Quindi grazie infinite per questa piccola grande gioia di aver letto ciò che ho creato.

Più volte ho ripetuto che Ari e Nael fanno parte di me e rappresentano entrambi una parte della mia anima in tutti i sensi. Per quante storie potrò inventare loro due saranno sempre al di sopra di tutti gli altri indipendentemente dal fatto che so benissimo che la Nari non è perfetta. Loro due e ciò che ho voluto mostrare dei loro sentimenti lo sono per me, e spero di avervi acceso le stesse emozioni andando avanti con i capitoli.

A proposito della storia, volevo fare un piccolo excursus. Probabilmente non vi interessa, ma volevo sottolineare alcune piccole cose.
È evidente come la Nari sia divisa in tre parti: 1-14 /15-24 /25-epilogo.
In ogni parte c'è un filo conduttore che manda avanti la storia.

La prima parte è un enorme prologo dove la tematica principale è la prima volta.
La prima volta dei sogni di Ari, il primo bacio, il primo rapporto, la prima volta che si separano, la scoperta della magia, interazione con altre persone, ecc... Il sentimento principale è quello dell'accettazione delle conseguenze (sia in negativo come diventare un mago, sia in positivo come essere una coppia con la persona che si ama) dopo un primo smarrimento e ciò che comporta quell'accettazione (sfociando in rabbia cieca e disperazione da parte di Nael, solitudine e flebile speranza per il futuro da parte di Ari).

La seconda parte analizza la tematica della scoperta.
La scoperta di ciò che nasconde l'animo di Nael, la discendenza di Ari da genitori maghi, il motivo per cui Tangaroa è infuriato (insomma, tutte le scoperte del passato) e, il più bello da scrivere, la scoperta dei sentimenti di Ari e Nael. Tutto l'insieme ha portato a capire come sia nato quel senso di dipendenza che scorre tra i due ragazzi e che li lega senza vie di scampo, cosa che altrimenti non avrebbe senso. Ovviamente in questa parte il sentimento predominante è quello dell'amore e della confusione causata proprio dall'amore.

La terza parte è quella del viaggio e della rivoluzione.
La tematica del viaggio è principale in molti fantasy (e non solo), ha accompagnato la letteratura nel corso degli anni, e io ho cercato di riproporla in un altro modo.
Ari capisce di poter salvare Nael e parte fisicamente per un viaggio verso la battaglia contro Tinirau che gli darà proprio l'opportunità di riportare in vita il suo amato grazie alla promessa scambiata con Tangaroa. Il sentimento che emerge è quello della determinazione, nonostante ci siano comunque quegli alti e bassi che contraddistinguono Ari (fino alla fine della battaglia lui credeva di non farcela, sebbene si sia sforzato di crederci). Anche in Nael si vede la determinazione. Lui tenta e ritenta di farsi sentire da Ari all'inizio di questa parte, lo segue, lo incoraggia... fa il Nael insomma!

Solitamente i personaggi maturano nel corso del viaggio: situazione iniziale, evento che sconvolge l'equilibrio, protagonista che diventa forte e ristabilisce l'equilibrio. Per Ari non è proprio così, infatti non ho parlato di maturazione, ma di rivoluzione.
Ari fino alla fine si crede quella persona inutile, debole, che non può cambiare le cose, tuttavia capisce che lui non è solo quella persona (quel bellissimo monologo a Tinirau) che si è sempre creduto, ma che è sempre stato qualcosa di più senza però vederlo. Ari cambia nel momento stesso in cui decide di dividersi da Nael per diventare un mago ed è in questo specifico passaggio che si può parlare di maturazione inconsapevole da parte del protagonista stesso.
Invece, per quanto riguarda il viaggio e il salvataggio di Nael, Ari non matura affatto. Lui non è quel protagonista che diventa eroe, lui è spinto da puro egoismo (lo dice anche lui stesso), non gli interessa della sorte dell'umanità, dei maghi, del resto dei Sacrifici. Rivuole solo Nael al suo fianco. Questo lo fa smuovere e comprendere com'è cambiato nel corso dei mesi, perciò si parla di rivoluzione.

Anche Nael non matura in questa parte, succede nella prima. Infatti, come spiega Tangaroa ad Ari nel capitolo ventotto, a Nael mancava solo la realizzazione del suo amore per essere maturo e degno di diventare un sacrificio. Tutto il percorso del passato è stato il suo personale viaggio di maturazione che si è completato nella prima parte quando si illumina, infatti in Nael non si vedono grossi cambiamenti evidenti. Lui è sempre lui dal primo momento che si presenta al lettore fino alla fine, con le sue sfumature che si comprendono mano a mano che si procede, ovviamente.

Tutto questo per dire cosa? Non lo so nemmeno io, sono quei discorsi che mi capita di fare nel letto tentando di addormentarmi senza successo.
Volevo solo esprimere tutto il mio amore, la cura, la passione e i sentimenti che ci ho messo per creare questo piccolo mondo e i miei personaggi. Un ringraziamento è d'obbligo anche a loro.

In conclusione, grazie ancora per tutto quanto a voi tutti. Chi c'è sempre stato, chi è arrivato dopo e chi arriverà in seguito. Se qualcuno volesse lasciare un parere su ciò che ha letto in quarantadue capitoli ne sarei felice, anche fra vent'anni ahah!
Spero di avervi donato qualche emozione.
Grazie a tutti.
Flor



PS: Sarò silente fino a settembre, tuttavia, tornerò con una nuova storia del tutto diversa! Nuovo genere, nuovi personaggi, nuovi amori! Una storia con protagonisti adolescenti, in un ambito scolastico (ma non solo!) ambientato ai giorni nostri.
Vorrei presentarvi in anteprima la trama di Rumore Complice, che sarà pubblicata a partire dai primi giorni di settembre, sperando di stuzzicare la vostra curiosità!


 

Boomboom.
Il rimbalzo della palla sul campo.
Boomboom.
La batteria che tiene il tempo.
Boomboom.
Due cuori che battono all'unisono.
Questo è il percorso che due ragazzi intraprendono alla ricerca di quel sentimento così complicato che è l'amore. Quando sorgono i primi batticuori, gli imbarazzi, le incertezze, le passioni.
Quando non si sa quale scelta sia la migliore. Quando si deve decidere tra l'amare o il rinunciare.
Possono avere fiducia soltanto in ciò che li circonda. Nel boato di un petto scalpitante, nel sospiro di un fiato irregolare, nel frastuono di una mente confusa.
Perché in fondo si sa.
In amore... il rumore è complice.


 

 

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