Can't Stop di Alechan Black Helsing (/viewuser.php?uid=2841)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1.0 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2.0 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3.0 ***
Capitolo 4: *** Chapter 4.0 ***
Capitolo 5: *** Chapter 5.0 ***
Capitolo 6: *** Chapter 6.0 ***
Capitolo 7: *** Chapter 7.0 ***
Capitolo 8: *** Chapter 8.0 ***
Capitolo 9: *** Chapter 9.0 ***
Capitolo 10: *** Chapter 10.0 ***
Capitolo 11: *** Chapter 11.0 ***
Capitolo 12: *** Epilogue ***
Capitolo 1 *** Chapter 1.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi
piace Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e
menzioni del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Commenti e critiche ovviamente bene accetti! ♥ Deletia
Can't Stop:
Chapter 1.0
Correvo tanto da sentire il vento nelle
orecchie fischiare. Correvo tanto da sentire i muscoli tesi e duri. Correvo
tanto da.
«E STOP!» urlarono alla mia destra; mi accasciai a terra ansimando con le mani e
le ginocchia nel fango. Alcuni passi lenti e ritmici si avvicinarono a me e mi
avvolsero in un giaccone. Alzai il capo ed allora lei sorrise.
«Robert ti ammalerai» disse con la sua voce gutturale e roca. Ecco. Questo di
lei, questo la rendeva per me importante nonostante cercassi di nascondere ogni
coinvolgimento che sentivo per lei. Il fatto che io fossi solo Robert, il
ritardatario Robert, il rompiballe Robert, il pigro Robert; potevo essere in
qualunque modo, ma ero solo Robert. Non Edward. Robert.
Mi tese la mano ed io la afferrai stringendo le sue dita tra le mie, godendomi
quel contatto misero, mi alzai aiutato da lei e la ringraziai
«Grazie Nelly» dissi ridacchiando
«Quanto vorrei che la smettessi di chiamarmi Nelly. E’ esasperante» sospirò lei
tra i denti mentre tornavamo verso gli altri; eravamo in un pomeriggio piovoso,
nelle zone attorno a Portland e stavamo girando la scena in cui Edward dice
addio a Bella. Era esasperate per me, non solo dovevo rimanere concentrato
sull’espressione, la voce e Kristen, ma anche sulla corsa. Ed ovviamente, la mia
concentrazione per il lavoro era solo al 50%. Il resto lo occupava lei.
Non so nemmeno come aveva fatto ad entrarmi in testa, o in qualunque altro posto
fosse, ed in realtà, non era quello l’importante. Questa mia propensione per
lei, mi stava portando fuori strada.
Nelly, che in realtà si chiamava Rosario Harris era una ragazzetta poco più
giovane di me che era finita a fare la schiava sul set di New Moon trascinataci
da Chris, il regista. Era alta circa un metro e settanta ed era continuamente
pallida, avrebbe potuto per certo essere una vampira. Se solo i suoi occhi non
fossero stati color cioccolato, i colori che Bella avrebbe avuto se fosse stata
reale. Proprio ora mi rendo conto che per come ho immaginato io Bella,
trascinandomi nella miriade di pagine scritte da Stephenie, Rosario sarebbe la
mia Bella Swan. Con le labbra piene, pallida e dai capelli lunghi e mossi. Solo
il suo sguardo non sarebbe stato quello di Bella Swan. Perché Rosario non mi
degnava di uno sguardo al di fuori del suo lavoro. Per lei ero solo qualcuno a
cui doveva portare il giubbotto alla fine di ogni ciak, o l’acqua se la
domandavo, o il pranzo. Fine.
Eppure questa presenza costante e silenziosa che si aggirava attorno a me come
un angelo custode mi aveva condotto sulla via sbagliata. Ero preda di un
incantesimo misterioso e mi chiedevo se ne sarei uscito.
Arrancammo fino alla mia roulotte, lei sempre silenziosa accanto a me, salii i
gradini ed aprii la porta, lei continuò in direzione della mensa; all’interno mi
spogliai degli abiti di Edward Cullen ed indossai una camicia di flanella, un
cardigan sformato e gli anfibi, poi mi dedicai al trucco; la porta della
roulotte si aprì proprio quando stavo disfandomi del rossetto; Rosario appoggiò
il mio pasto sul tavolino sghembo e rimase in piedi a fissare oltre il
finestrino, qualcuno bussò alla porta, sorridendo alla ragazza aprii e Nikki
entrò nell’angusto spazio. Senza il minimo cenno nei confronti di Rosario si
mise a sedere con il suo pasto e cominciò a mangiare parlando delle riprese di
oggi. Mi voltai verso la porta, ma la ragazza era già sparita, spalancai la
porta e saltai giù dalla roulotte, ma di lei nessuna traccia
«Che diavolo fai?» chiese Nikki occhieggiandomi dall’interno, io scrollai la
testa e tornai dentro chiudendomi la porta alle spalle
«Niente, scusa, dicevi?» le dissi sedendomi di fronte a lei ed osservando fuori
dal finestrino
«Robert ti stai comportando in modo strano, ne parlano tutti. C’è qualche
problema?» chiese, solo allora la guardai
«No, nessuno. Davvero, sto bene» mentii. Stavo davvero uscendo di testa.
Continuavo a chiedermi, frustrato, perché Rosario fosse così evasiva. Ed evitavo
la domanda pressante: Perché per me era così importante saperlo?
«Nikki? La tua assistente, Jenna, è amica di Nelly?» domandai all’improvviso
giocherellando con una forchettata di spaghetti, Nikki alzò un sopracciglio
«Non ne ho idea. Non ho socializzato molto con Jenna, è noiosa. Ma perché ti
interessa?»
«Non lo so, è che sembra che Nelly sia un fantasma, quella ragazza mi sconvolge.
Tace sempre ed è silenziosa come un gatto» dissi sospirando. Nikki disse che
forse dovevo chiedere di cambiare assistente. Certo, come no.
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Capitolo 2 *** Chapter 2.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi
piace Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e
menzioni del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
SproloquioGRAZIE per le recensioni a NeverThink, Princesseelisil e
doddola93! Non avete idea di quanto mi faccia piacere che sosteniate le mie
fanfic non-robsten visto che in questo periodo sembra che tutti debbano volere
Robert e Kristen insieme. Mi sento un pesce fuor d'acqua! Comunque, grazie
grazie! Spero che Can't Stop possa continuare a piacervi nonostante tutto. Mi
sono anche accorta che i capitoli sono brevi, poco importa giusto? Questo
capitolo due, è un inframezzo utile per l'introduzione del terzo! Buona lettura
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 2.0
«Robert? Svegliati Robert è tardi» alzai le
braccia verso le voce immaginando il corpo della persona che la possedeva,
immaginai le mie braccia intorno alle spalle, intorno alla vita di questa
persona ed immaginai di trascinarla giù sulle coperte. Lo feci ed il peso del
suo corpo sprofondò alla mia sinistra. Nessun movimento o reazione da parte sua.
Solo il sussurro lieve del suo respiro. Forse sta allo scherzo pensai. Voltai il
capo ed aprii gli occhi, Rosario stava guardandomi con occhi pazienti, in attesa
che io finissi la mia farsa. Sorrisi a bocca chiusa e la lasciai andare; senza
una parola sull’accaduto si rimise in piedi e disse
«La truccatrice sarà qui tra quindici minuti, è meglio se ti fai una doccia e ti
vesti» e dopo questo, uscì.
Mi trascinai a piedi nudi fino alla doccia ed aprii l’acqua. Il desiderio che mi
aveva spinto al gesto di poco prima non era giustificato, l’istinto mi aveva
detto semplicemente di prenderla tra le braccia ed io l’avevo fatto, e quel che
avevo fatto mi era piaciuto. Il contatto dei suoi capelli sulla guancia, le sue
mani a peso morto sopra il mio torace, il suo respiro ed il sollevarsi leggero
delle sue spalle sotto la mia presa. Avevo apprezzato quella sensazione. Ed
avevo paura. Perché prima di allora, non mi era mai successo di godere di
piccoli gesti come quelli, non avevo mai apprezzato il respiro di una ragazza
tra le mie braccia o la sensazione dei suoi capelli sulla mia guancia. Fino ad
allora.
Feci appena in tempo ad infilarmi gli abiti che lei aveva minuziosamente
preparato per me quando la truccatrice, entrò accompagnata da lei, posò la mia
colazione sul tavolo e si dileguò nuovamente.
Salutai la donna e mi sedetti di fronte all’enorme specchio; mentre lei
preparava la miscela per il fondotinta, le domandai
«Conosci la mia assistente?»
«Conosco la sua famiglia da anni» rispose la donna mescolando due tinte sul
dorso della sua mano, bevvi un sorso di tè bollente e domandai ancora
«E’ di queste parti?»
«La famiglia di Rosie abita a Portland da almeno sette generazioni. Hanno la più
grossa e fornita libreria della città» disse la donna mentre con gesti rapidi e
contenuti spalmava il fondotinta sulla mia faccia. Quando ebbe finito parlai
ancora
«Ed è sempre stata così… Quieta?»
«Oh, no. Quando erano bambine lei e sua sorella Nelly erano due disperate,
correvano sempre nei boschi, ed una volta furono anche aggredite da un lupo, che
poi portarono a casa ed ora, i cuccioli di Noah vivono ancora nella vecchia casa
degli Harris»
«Sua sorella?» chiesi incuriosito
«Si, povera anima! Era malata, ma avevano scoperto la malattia troppo tardi,
Rosie le donò un rene, ma non servì. Sua sorella morì, oramai sono dieci anni»
la donna sussurrò. Passarono minuti prima che riuscissi a parlare ancora
«Quando? Quando è morta?» domandai infine evitando il mio riflesso nello
specchio
«A maggio, il tredici» disse lei chiudendo la sua borsa. Se ne andò.
Ero paralizzato sulla sedia. La chiamavo per gioco con il nome di sua sorella.
Morta.
Fu quello il momento in cui mi sentii sprofondare a due metri sotto terra; in
quel momento decisi anche, che dovevo cambiare assistente.
Uscii dalla roulotte e m’incamminai verso la tenda della produzione, non volevo
perdere nemmeno un minuto.
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Capitolo 3 *** Chapter 3.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi
piace Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e
menzioni del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio:GRAZIE! Mi sembra doveroso davvero ringraziarvi ancora per le
recensioni che fate, questo mi invoglia non solo a continuare a scrivere, ma a
scrivere quello che voglio e non quello che mi sento in dovere di. Quindi
grazie. Però sta volta, voglio chiedervi un favore, so che magari non ve ne
frega un tubo delle altre fanfic, però c'è questa:
A feast for
me che non ha recensioni, qualcuno l'ha letta però, magari non ha
apprezzato. Io vorrei sinceramente che la leggeste e la recensiste, anche se non
vi piace! Non mi offendo se criticate quello che scrivo, anzi. Penso sia un
ottimo modo per migliorare. Comunque, vi avviso che il prossimo capitolo di
Can't Stop sarà abbastanza "duro" per il povero Robert!
A presto!
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 3.0
Erano passate due settimane da quando Rosario
non era più la mia assistente ed in pratica non era l’assistente di nessuno.
Aveva lasciato il lavoro e non si era più fatta vedere sul set da nessuno,
l’unica persona che poteva darmi sue notizie, la truccatrice, si rifiutava di
darmele dicendo che il suo lavoro era truccare e non spettegolare. Solo quando,
quella mattina sbagliai battute e chiamai Kristen “Rosie” per due volte sul set
decisi che dovevo fare qualcosa, dovevo chiarirmi le idee e capire perché stavo
così. Mentre me ne stavo chiuso nella mia roulotte a fumare una sigaretta
leggendo per l’ennesima volta un libro di Kerouac sentii la porta aprirsi e
sollevai appena il capo per vedere Kristen, in tuta, entrare. Sorrise verso di
me con quel suo sguardo fiero ed impertinente
«Come va?» disse facendo ruotare l’anello che portava al dito, io scrollai le
spalle e mi misi a sedere sul letto per farle posto; a passo lento si avvicinò e
si lasciò cadere mollemente sul materasso, appoggiando la schiena contro la
parete, la imitai
«Che fai qui Kiks?» domandai mettendo da parte il libro
«Rob, sono preoccupata per te. Che diavolo ti prende? Sono due settimane che
proprio non ci stai con la testa, ed è almeno un mese che fai cose strane» disse
passandosi una mano tra i capelli nel suo tipico modo di fare. Sospirai e spensi
la sigaretta nel posacenere sul pavimento
«Non lo so. Davvero. Ho la testa che mi sembra piena, eppure se cerco di
focalizzare un pensiero, non mi riesce»
«Chi è Rosie?» domandò guardandomi negli occhi, io abbassai lo sguardo cercando
una risposta, bugia, alla sua domanda, lei intuendo scrollò la testa «La verità,
sai che non ti giudico»
«Ricordi la mia assistente? Quella che ho cambiato?»
«Nelly?» la guardai sorpreso, almeno lei l’aveva notata
«Si, beh, si chiama Rosario in realtà. E… »
«Oh» disse grattandosi la guancia «Tra voi è…» lasciò la frase in sospeso ed io
mi affrettai a negare
«No, non è successo niente. Solo che, non so come spiegartelo Kiks, davvero. E’
come se fossi preda di un incantesimo, non riesco a togliermi quella ragazza
dalla testa!» dissi e sbattei un pugno su materasso che sussultò; mi aspettavo
che Kiks sospirasse ma lei rise, dapprima si diede un contegno, ma poi scoppiò
in una grossa risata che mi fece andare fuori di testa, le urlai addosso
«Ma che cosa c’è da ridere? Maledizione Kristen! Va al diavolo» mi diressi verso
il bagno, lei smise di ridere e mentre mi infilavo nello spazio stretto sentii
le sue parole
«Sei innamorato Robert» e non era una domanda. Lentamente mi voltai senza
muovermi dal punto in cui ero, il fianco premuto contro il lavandino. Allora è
così, pensai cadendo dalle nuvole. Non mi domandai se Kristen avesse ragione o
meno, lo davo per scontato, lei doveva saperlo.
Si avvicinò a me e mi accarezzò la guancia dolcemente, il suo sguardo era pieno
di rammarico
«Mi dispiace» mormorai voltando la testa, lei la prese tra le mani e la abbassò,
mi baciò sulla fronte e disse
«Dovresti parlare con lei e vedere se si può fare qualcosa» le sue mani
lasciarono la presa ed il suo corpo si mosse in direzione della porta, dopo
averla aperta si fermò
«Sai, l’amore non è una cosa così bella, fa un sacco di male e ti fa stare come
sotto ad un treno, ma alle volte, si, alle volte pensi che non ci sia nulla di
meglio che tornare da qualcuno con la coda tra le gambe che ti accoglie ed
accetta. Per quanto scarmigliato tu sia» e se ne andò.
Andai di nuovo al letto e m’infilai gli anfibi, raccolsi le chiavi della
macchina messami a disposizione dalla produzione ed avviai il motore.
Erano le sette meno cinque e Portland si preparava a cambiare faccia per la
serata, chiesi aiuto a parecchi passanti prima di ritrovarmi davanti alla Harris
& Son Bookstore. Parcheggiai a pochi metri dall’entrata e scesi, mentre
camminavo la mia mente era affollata di immagini di me che chiedevo scusa a
Rosario, di me che la prendevo tra le braccia e la baciavo, di me che in
ginocchio le chiedevo un’occasione. In ogni mia visione Rosario sorrideva
dolcemente e diceva di si, ma ora, davanti all’antica porta del negozio sapevo
con la certezza più assoluta che lei non avrebbe detto si.
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Capitolo 4 *** Chapter 4.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi
piace Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e
menzioni del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Allora, tipo, urliamo hallelujah! No, sono lenta a postare
perchè questo è un periodo orrendo per la mia salute, entro ed esco
dall'ospedale e a fine febbraio dovrò operarmi (niente di grave!) e dopo allora
sarà tutto straperfetto! Parlando del capitolo, io trovo questo un bel capitolo,
peccato che sia l'ultimo "bello", dal prossimo mi odierete con molta probabilità
ed io lo capirò! Solo che, non posso fare altrimenti! Perdonatemi se potete! e
venitemi a trovare!
www.illuminate.forumfree.net vi aspetto eh! è_é
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 4.0
Un uomo sui sessant’anni mi accolse con un
sorriso mentre venivo investito dall’odore pregnante dei libri vecchi, mi
avvicinai sorridendo a mia volta e domandai
«Lei è il signor Harris?»
«Proprio così giovanotto, cosa posso fare per te?»
«Cercavo Rosario signore» dissi massaggiandomi il naso con la mano,
l’espressione dell’uomo cambiò improvvisamente, divenendo seria e scura, mi fece
gesto di seguirlo ed io lo feci; entrammo in uno stanzino stracolmo di pagine
scritte a macchina
«Mia nipote… Lei non c’è giovanotto. E’ all’ospedale»
Sentii le mani contrarsi in uno spasmo involontario. E’ all’ospedale. Cercai di
parlare ma la gola mi bruciava, così uscii solo un rantolo, l’uomo allungò il
braccio su di un modellino intagliato nel legno ancora grezzo, lo osservò
sorridendo
«Siediti ragazzo. Ti racconterò una storia»
Mi accasciai su di una sedia di legno di fronte al tavolo, lui prese posto nella
poltrona dietro la porta, sempre stringendo il modellino, cominciò a parlare
«Ventun’anni, mia figlia Ivonne, si sposò con un uomo, Markus, erano felici,
moltissimo, si sposarono perché lei portava già in grembo due gemelline. Le due
bambine, Nelly e Rosario nacquero all’inizio dell’autunno, erano due bambine
bellissime, con quegli occhioni castani grandi ed i capelli color della
cioccolata calda. Si somigliavano molto nell’aspetto fisico e poco nel
carattere, se una, la più grande Nelly, era una bambina calma e dolce, Rosario
era scatenata come un leone. A cinque anni sapeva leggere e scrivere
correttamente, sapeva quando piantare i fiori e quando era il momento invece di
portare in serra i vasi. Mia moglie era così orgogliosa di Rosario, le ricordava
la sua giovinezza. Verso gli otto anni, Nelly cominciò ad avere i primi problemi
di salute, mia figlia ed il mio genero consultarono parecchi medici sia qui sia
a Seattle. Quel che scoprimmo è che Nelly aveva un rene distrutto e che forse un
trapianto avrebbe potuto salvarla, forse non avrebbe cambiato nulla. Tutta la
famiglia si sottopose ai testa, per ultima i miei figli lasciarono Rosario, non
avrebbero voluto doverla mettere in quella condizione. Gli esami furono per
tutti noi negativi, la compatibilità era minima; Rosario venne portata in
clinica e le furono fatti i test. La sua compatibilità era perfetta. Le
operarono il giorno del loro nono compleanno. Nelly si riprese lentamente fino
al febbraio del suo decimo compleanno. Una banale influenza ha distrutto il suo
sistema immunitario e lentamente tutti i suoi organi; la piccola ha
sopravvissuto fino a maggio, ma al tredici si è spenta. Da allora Rosario non è
più stata la stessa, è diventata come Noah, il suo vecchio lupo. Quando non
lavora se ne va su per le montagne in compagnia dei suoi cani e alle volte non
la si rivede per giorni. Purtroppo, anche lei è malata. Il suo rene è molto
affaticato e per questo è costretta alla dialisi una volta alla settimana. E’
per questo che oggi è in ospedale. Quando chiudo la libreria vado a prenderla.
Povera figlia, io e mia moglie cerchiamo di curarla al meglio, ma dopo la morte
di sua sorella e la dipartita dei suoi genitori quella bambina mi fa tanta
tenerezza. Se solo penso al sole che era dieci anni fa. La vita, è decisamente
ingiusta» concluse l’uomo alzando i suoi occhi così simili a quelli di Rosario
su di me.
Ebbene non solo avevo fatto la figura dell’idiota con lei, ma le avevo fatto
pensare a cosa difficili del suo passato. Se non fossi stato paralizzato
dall’orrore e dal dolore, mi sarei dato fuoco seduta stante. Ero un’idiota.
Provai a parlare
«Pensa che potrei andare da lei?» l’uomo mi osservò e sorrise
«Ragazzo, il tuo nome è Robert?»
«Si signore»
«Oh. Capisco; certo, la strada per l’ospedale è semplice, esci dalla libreria e
risali la strada principale, al terzo semaforo svolta a sinistra, in fondo a
quella strada vedrai l’ospedale. Entra e alla receptionist chiedi
dell’infermiera Jennifer Logan, lei ti porterà da Rosario»
Ringraziai l’uomo ed arrancai fino alla porta della libreria; i piedi erano
pesanti come piombo.
Salii in macchina ed avviai il motore incerto, nella mia testa si affollava una
domanda: “Vorrà vedermi?”
Non lo sapevo, ma dovevo tentare.
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Capitolo 5 *** Chapter 5.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi
piace Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e
menzioni del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Comincio sempre questo spazio con un GRAZIE, ma ve lo
meritate proprio e quindi! Dunque questo capitolo farà arrabbiare qualcuno, già
lo sento. Mi dispiace! ;_; io ho piangiucchiato quando ho capito che l'unico
modo di non rendere tutto banale era questo. La mia migliore amica comunque, che
sa già tutto quel che succederà in Can't Stop è felice e crede fermamente che,
se avete apprezzato breatheless, vi piacerà anche questa! Quindi incrociamo le
dita! Il prossimo capitolo non so quando arriverà perchè al momento la
produzione è ferma! Yay for me! Comunque, cercherò di scrivere un po' questa
notte! !SPAM venitemi a trovare su
www.illuminate.forumfree.net è il mio portfolio grafico (ma ci metto anche
foto e fanfiction u_ù) FINE!SPAM
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 5.0
L’edificio dell’ospedale sembrava storto. Era
costruito su una collinetta, ma costruito sul punto sbagliato della collina.
M’incamminai verso l’entrata e le porte si aprirono su un ampio atrio luminoso,
la parte posteriore dell’atrio che conduceva alle scale ed agli ascensori era
quasi interamente di vetro. Mi avvicinai lentamente al banco informazioni e
chiesi di Jennifer Logan, pochi minuti dopo fui raggiunto da una donna di
mezz’età alta circa un metro e cinquanta, piuttosto in carne e tutta sorridente
«Sono l’infermiera Logan, posso aiutarti?»
«Si, salve, stavo cercando Rosario Harris»
«L’hai mancata di poco, Noah e Leiny sono venuti a prenderla poco fa, ormai sarà
sparita tra i boschi! Ma prova con il sentiero ad un centinaio di metri
dall’ospedale, forse la rintracci» rispose ansando un po’; le sorrisi ed uscii
nell’aria fresca del tardo pomeriggio. M’incamminai lasciando la macchina nel
parcheggio dell’ospedale, il sentiero, che era stretto quanto le mie spalle e
per questo veramente claustrofobico, era cosparso di foglie e fango, un pensiero
mi volò alle scarpe. Sorrisi tra me mentre continuavo a camminare abbassando
sempre di più la testa, ormai il sole era tramontato ed il cielo stava facendosi
di un blu scuro. Pensai a tornare indietro ed accantonai l’idea quando da
lontano sentii un certo latrare, mi mossi in quella direzione il più rapidamente
potei, in quanto i rami mi tagliavano la faccia e le mani; quando fui più vicino
ai latrati un ringhio prolungato si levò dalla mia sinistra. Lupi, pensai.
Cercai di osservare dove, di preciso, fosse la bestia, ma non vidi null’altro
che alberi e verde. Mossi ancora qualche passo e davanti a me si stagliò un
enorme lupo marrone con le orecchie bianche. Rimasi fermo a scrutare l’animale
negli occhi
«Chi è? Nonno sei tu?» la voce di Rosario si levò attraverso gli alberi, sorrisi
e risposi
«Sono Robert»
«Robert? Chi?» rispose la ragazza che non vedevo; non ero un grande ascoltatore
ma non mi era sfuggita una certa sorpresa nella voce, mi avvicinai di un passo
al lupo che non si spostò
«Pattinson, Rosario, dove sei? Un lupo mi blocca la strada»
«Leiny! Vieni e porta con te il nostro visitatore» disse la ragazza e finalmente
il lupo si mosse, ma non prima di avermi strofinato l’enorme naso sulla mano;
camminammo verso ovest, o est, insomma ci spostammo di lato ed una piccola
radura si aprì da dietro alti cespugli, nello spiazzo erboso c’era una capanna,
forse un rifugio di legno dal cui camino uscivano rivoletti di fumo, la ragazza
era avvolta in un giubbotto leggero senza maniche blu ed una felpa verde le
pendeva dalle braccia, i capelli erano raccolti sulla testa con un bastoncino,
sorrideva.
Il lupo corse nella sua direzione e le piombò addosso facendola cadere a terra,
lei rise forte, come una bambina ed accarezzò le orecchie ed il collo
dell’enorme bestia, mentre mi avvicinavo imbarazzato a passo lento, notai un
cane grigio sdraiato davanti all’entrata della capanna. Doveva essere Noah.
«Scusami, non ti ho nemmeno salutato» disse la ragazza con voce solare
«Figurati, sono stato da tuo nonno»
«Spero non ti abbia detto nulla di imbarazzante, i commenti sciocchi sono la sua
specialità» commentò spostando di lato un enorme ricciolo che le era caduto
sulla fronte. Ebbi l’impulso di gettarmi ai suoi piedi e chiedere perdono per
averle inferto delle ferite di cui non sapevo nulla. Mi trattenni a stento e lei
alzò su di me i suoi occhi scuri
«Ma cosa fai qui?»
«Ti cercavo. Devo. Devo parlarti. Devo scusarmi»
«E di che cosa scusa?» il suo tono stupito mi prese in contropiede
«Quando lavoravi per me ho detto delle cose» m’interruppe
«Senti, non sapevi quindi non importa. Non sono morta. E non guardarmi come se
ti facessi pena!» mi urlò in faccia, aprii la bocca per tentare di rispondere e
non riuscii ad emettere suono; boccheggiai a lungo.
«E’ meglio che tu te ne vada Robert, questo non è posto per te» disse voltandomi
le spalle.
«Rosario» sussurrai, lei volse appena il capo ed una lunga ciocca castana le
scivolò oltre l’orecchio, il suo sguardo era distante
«Cosa vuoi?» disse in tono distaccato, sentii gelarmisi le viscere
«Sono innamorato di te»
«Mi dispiace, io non lo sono» disse finalmente voltandosi. Ma ormai tutto per me
era crollato. Non c’era niente di fronte a me o dentro di me, non sentivo nulla.
Solo lo scrosciare infinito di quelle parole “Io non lo sono”. Indeciso sul da
fare dondolai sui talloni e poi, come se fossi preda di un black out, crollai a
terra.
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Capitolo 6 *** Chapter 6.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi piace
Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e menzioni
del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Ed eccoci qui! Questo capitolo è assolutamente fresco di
scrittura, spero vi piaccia. Io devo dire, che mi sono divertita a scriverlo
anche perchè scrivendo questo ho già impostato il prossimo, che sarà dal punto
di vista di... No, non ve lo dico! Scopritelo nel capitolo sette! Comunque,
scusate la scemenza, ma io sto bannerino lo adoro! y_y Comunque, ora faccio la
spammona e vi chiedo leggete questa fanfiction!
A story
e recensite, anche dicendo "Brrr che schì!" y_y e poi.
GRAZIE MIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIILLE per le splendide recensioni, è sempre un
piacere connettersi e vedere i vostri commenti!
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 6.0
Aprii li occhi lentamente, li sentivo
incollati, come se avessi dormito per giorni eppure le mie membra erano pesanti,
quando cercai di muovere le mani, non ci riuscii. Con la coda dell’occhio notai
la figura di un uomo seduta sotto la finestra, il suo volto era voltato verso
l’esterno. Sospirò.
Il signor Harris aveva le spalle ricurve e lo sguardo vacuo; mi schiarii la gola
e lui si volse verso di me, sorrideva.
«Bentornato signor Pattinson» disse alzandosi dalla sedia facendo perno con la
mano sullo schienale, in quel momento mi parve molto, molto vecchio. Provai a
mettermi a sedere ma ricaddi pesantemente indietro, sul materasso duro, l’uomo
rise
«E’ meglio che tu faccia con calma ragazzo», con passo strascicato si avvicinò
ad un bollitore fumante appoggiato sul tavolo e voltò due tazze che riempì con
l’acqua fumante, immerse due bustine nelle tazze e le prese; me ne porse una
azzurra, con il manico tutto scheggiato ed un disegno infantile dipinto sul
corpo della tazza; il nome diceva Rose.
«Bevi ragazzo, è un tè speciale, una miscela che preparano Rose e mia moglie. E’
forte, ma ti farà bene»
Annuii e bevvi un sorso dalla tazza, era disgustoso e la mia faccia tradì il mio
pensiero perché l’uomo scoppiò a ridere
«Ti avevo avvisato ragazzo!»
«Lo so signore, è che, è davvero forte»
«Oh, si, ma starai subito meglio» disse e bevve a sua volta una lunga sorsata;
ero curioso di sapere dove era Rosario, se e cosa gli avesse detto, ma mi
sembrava scortese tartassarlo di domande così aspettai, ma fu lui a parlare
mentre, coraggiosamente, bevevo un altro sorso di quell’orribile tè
«Rosario, ha preferito andare via, non le sembrava carino farsi ritrovare qui
dopo… beh, l’accaduto. Ha lasciato una lettera per te, è li sul tavolo. Prenditi
il tempo che ti serve, io ora torno in città, ti abbiamo portato l’auto proprio
al di fuori del sentiero. L’abbiamo segnato con dei fiocchetti gialli attorno ai
tronchi, così non ti perdi» terminò di parlare e si alzò riponendo la tazza
vuota all’interno di un piccolo lavello, lo osservai e poi aprii la bocca
«Signore, come… come stava?»
«Non lo so ragazzo. Non lo so davvero» e così dicendo, si avvicinò alla porta,
la aprì e si calò un ampio cappello sulla testa, poi uscì nel pallore del
mattino.
Sapevo che dovevo sbrigarmi perché dovevo tornare sul set, ma non avevo la forza
mentale di muovermi da li, sapevo che muoversi avrebbe significato arrivare
vicino alla verità e la verità, per quel che ricordavo, si richiudeva in una
frase “Mi dispiace, io non lo sono”.
Con tutto il coraggio che avevo mi alzai e mi avvicinai al tavolo a piedi
nudi,il pavimento era fatto di assi di legno e pietra, era una strana sensazione
camminarci sopra; la busta era aperta e di colore beige, un colore strano, sul
fronte c’era scritto “Robert”; la aprii con calma e prima di leggere, respirai a
grandi boccate un paio di volte, non c’era intestazione
Sai, non avrei mai immaginato che saresti
cascato come un sacco di patate, ma così è stato. Sono dispiaciuta per quel che
ho detto, ma non potevo lasciarti nell’illusione che sarei caduta ai tuoi piedi
come tutte le tue fan.
Al momento tu sei “Robert Edward Pattinson” ed è questo che devi essere. Però io
non sono obbligata a vivere la cosa. Mentirei, Robert, se ti dicessi che per te
non provo nulla. Mentirei come ho fatto ieri. E lo rifarei se questo
significasse proteggere me stessa da te e dalla tua vita.
Non so se ti amo Robert, so che intorno a te, anche se non c’erano parole, c’era
la pace per me, quella pace che da molto tempo non ho più; ma io non sono
disposta, ne sono in grado, di dividerti con il resto del mondo. Come hai
scoperto ieri, io sono malata, sì, non sto morendo, ma sono malata. Come potrei
anche solo pensare di poter dividere qualcosa con te quando c’è questa enorme
difficoltà?
La vita che tu fai Robert, non è per me, ne mai lo sarà, per questo devi andare
via, andare avanti, e lasciare che le nostre vite proseguano in due sedi
separate. E’ giusto così e lo sai, non potrei imporre a te la mia condizione ne
vorrei che tu m’imponessi la tua.
Sii felice.
E così, aveva mentito, pensai. Forse però, la
ragione era dalla sua parte. Rosario non era come il ragazzo di Kristen, non
poteva seguirmi ovunque andassi, ne aspettarmi nell’ombra mentre venivo coperto
da grida e fischi. Non lo avrei permesso. Ma allora, anche se sapevo che aveva
ragione, perché sentii che qualcosa era sbagliato? Perché sentivo che non era
possibile che tutto finisse così?
Sii felice. Quale ironia, stando al copione, avrei dovuto dire quella stessa
battuta nell’orecchio di Bella in veste di allucinazione.
Piegai la lettera e me la infilai in tasca, mi avvicinai al letto e raccolsi le
mie scarpe e, a piedi nudi, uscii dalla piccola costruzione dirigendomi verso
l’auto. A pochi passi da me, sentivo il muoversi furtivo di uno dei suoi lupi.
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Capitolo 7 *** Chapter 7.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi piace
Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e menzioni
del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Ordunque! XD spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, io
vi dico che sto bannerino mi sta sulle scatole perchè mi ha fatto chiudere
photoshop per ben tre volte e quindi insomma *hit*. Dicevo, spero che sto
capitolo vi piaccia e che recensirete comunque. Vorrei intanto chiedervi
gentilmente, potete leggere/commentare questa storia?
A story.
E' una storia a cui tengo in modo particolare ed è legata a persone a cui ho
voluto bene. E bon, a presto si spera!
Grazie per tutto!
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 7.0
Il vecchio lasciò la macchina ad un isolato
dalla libreria, quando smontò dalla vecchia auto con la carrozzeria gialla,
dalla vetrina del vicino caffè, una ragazza lo richiamò dal vetro, sospirando,
l’uomo attraversò la strada. La porta del locale fece tintinnare un campanellino
quando si aprì, da dietro il bancone una cameriera tonda e bruna sorrise
all’uomo che ricambiò levandosi il cappello; raggiunse il tavolo e si sedette di
fronte alla nipote che stava sorseggiando un latte alla fragola con un enorme
paio di occhiali da sole calato sugli occhi
«E’ inutile che ti nascondi così cara, spero tu lo sappia»
«Lo so, nonno, lui come sta?» il tono della giovane era ansioso
«Non sopporta il tuo tè. Ma per il resto, mi sembrava normale. Insomma. Posso
sapere cosa gli hai fatto?»
La ragazza giocherellò con la cannuccia prima di annuire
«Gli ho mentito. Gli ho detto che non lo amo»
«E lo ami?» l’uomo allungò la mano sul tavolo e prese quella tremante della
nipote che volse il capo verso i vetri del locale osservando i passanti ignari
del tumulto che stava avvenendo in lei
«Non lo so» ammise infine girando ora il capo verso l’anziano.
Lui allungò le mani e le tolse gli occhiali da sole, gli occhi della giovane
erano velati da una tristezza, ma non c’era traccia di possibili lacrime; l’uomo
sospirò
«Non sapevo se amavo tua nonna nemmeno io quando l’ho sposata. Sai, lei è stata
la prima…»
«Non sono sicura di voler sentire questa storia» disse la ragazza ritraendo il
collo, un sorriso aleggiò sul suo volto
«Sciocca, intendevo dire che è stata la prima che non riuscivo a collocare da
nessuna parte. Capii che l’amavo, quando invece che partire per l’Arizona, andai
in Canada, a lavorare per suo padre. Quanti grattacapi» disse il vecchio
scoppiando a ridere. Il suo volto così lineare e ancora giovanile, s’incrinò in
una mare di rughe che però, a differenza di altri volti, davano un’aria ancora
più vitale alla sua persona.
«Vuoi dire che hai capito di amarla, quando hai pensato che l’avresti persa?»
chiese la giovane
«No, ho capito di amarla, quando ho capito che per lei, sarei stato disposto ad
andare in Alaska in costume da bagno. Sai Rosie, l’amore; il Vero Amore, non è
quello felice, è quello che alle volte, anzi, la maggior parte delle volte,
richiede dei sacrifici. Magari anche la rinuncia di essere vissuto» lo sguardo
che il signor Harris rivolse alla nipote fu più che eloquente, difatti, la
giovane annuii abbassando il capo
«So che ho dei limiti e per questo devo lasciarlo andare. Devo lasciare che lui
viva l’amore che la vita gli ha riservato oltre me. Devo lasciarlo andare»
«Mi dispiace tesoro»
L’uomo alzò la saracinesca della vetrina
principale mentre un’automobile di grossa cilindrata si fermava davanti al
locale, da sopra vi smontarono un paio di ragazze, una era alta, con lunghi
capelli castani ricciuti, occhiali da sole ed abiti spaiati, l’altra aveva corti
capelli castani ed un cammeo al collo; l’uomo le fissò prima di rivolgere loro i
suoi saluti
«Buongiorno signorine, posso aiutarvi?»
«Buongiorno signor Harris, il mio nome è Ashley e lei è Kristen, volevamo sapere
se per caso, un certo Robert non è stato qui ieri, perché, manca dalla sua
roulotte da più di un giorno e noi siamo preoccupati»
«Ah, voi siete quindi le attrici del film giusto? Si, Robert è stato qui ieri,
ma, ormai dovrebbe essere tornato al vostro set, l’ho lasciato una mezz’ora fa»
rispose l’uomo aprendo loro la porta della libreria; le due ragazze lo
ringraziarono ed entrarono nel locale illuminato a giorno, si fermarono poco
dopo la cassa ed attesero il vecchio, Ashley riprese a parlare con calma
«Non era ancora arrivato e non riusciamo a capire per quale motivo lui non
risponda al cellulare. Sa se per caso l’aveva con se?» l’uomo si diresse oltre
il bancone mentre ascoltava la ragazza, posò l’asta sotto lo stesso e pensò. Non
l’aveva visto usare il telefono, quindi non lo sapeva
«Non posso aiutarvi ragazze, in mia presenza non ha tirato fuori il telefono»
L’altra ragazza, Kristen, prese ora la parola appoggiando entrambi i gomiti al
bancone come se fosse realmente preoccupata
«Signor Harris,cosa sa di Robert?»
«Ben poco figliola, non sono esattamente un’amante del cinema moderno» rispose
sorridendo l’uomo e Kristen ricambiò, ma si fece subito seria
«Mi perdoni, intendevo, cosa sa di Robert e Rosario?»
«Oh, questo. So che il vostro amico ha una cotta per mia nipote, e so che lei lo
ha rifiutato e che il ragazzo stava bene quando l’ho visto questa mattina»
«Dove? Dove lo ha visto?» la voce della ragazza si era alzata di due ottave,
l’uomo si preoccupò
«Aveva raggiunto mia nipote nella capanna nel bosco, gli abbiamo segnato la
strada del ritorno per aiutarlo è impossibile che si sia perso!»
«Può portarci dove era Robert?» Ashley lo disse sfilandosi la parrucca che
teneva intrappolati i suoi lunghi capelli castani; la porta scattò e tutti si
voltarono sulla soglia, Rosario era li, con Noah e Leiny
«Vi ci porto io»
I quattro arrivarono al sentiero circa dieci
minuti dopo aver lasciato la libreria, l’auto nera era ancora parcheggiata dove
Rosario l’aveva lasciata, questo la impensierì, il signor Harris smontò dal
sedile posteriore e liberò i lupi che corsero da Rosario in attesa di
istruzioni, la voce della ragazza era ferma e fredda
«Ragazzi, trovate Robert» disse, mentre si avvicinava all’auto del ragazzo. Le
chiavi erano inserite e lo sportello era aperto.
Tutti e quattro si avviarono tra i boschi, poco lontano, scorreva un ruscello ed
era da li che provenivano i guaiti dei due lupi Rosario, in testa alla
spedizione corse tra gli alberi e li raggiunse poco dopo, si chinò e raccolse un
oggetto di metallo scintillante, si voltò e lo mostrò alle due ragazze che, con
lei, cercavano Robert Pattinson, l’oggetto era un cellulare.
«Se n’è andato» le parole di Rosario, riempirono il silenzio del bosco e le
menti dei suoi ascoltatori.
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Capitolo 8 *** Chapter 8.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi piace
Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e menzioni
del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Oggi ero particolarmente ispirata per questo ho già pronto
l'altro capitolo che sarà veramente lungo! Dunque, questo capitolo è l'ultimo da
un pov diverso da quello originale, scusate, ma serviva. Mio padre l'ha definito
"ne carne ne pesce" in quanto, in effetti non utile di per se, ma da uno
stacco tra il prima ed il dopo. Spero vi "piaccia" o comunque vi invogli a
continuare a leggere questa fanfic. Eniuei, non ho altro da aggiungere, anzi si!
Se vi piace questa coppia (Evie Lilly+Rob), dovete ASSOLUTAMENTE pigiare qui:
CLICCAMI DOLCEMENTE e godetevi il mio regalo per voi che vi sbattete a
leggere e commentare!
GRAZIE PER IL VOSTRO SUPPORTO COSTANTE!
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 8.0
Rosario
Porsi il telefono ad Ashley e m’incamminai per tornare alla capanna, la
possibilità che lui fosse li era remota, ma dovevo tentare. Quando la raggiunsi,
trovai la porta spalancata, mi catapultai all’interno e lo trovai vuoto come era
sempre stato, sul tavolino c’era la busta che avevo lasciato, a passo lento mi
avvicinai e la presi; era vuota. Poco dopo, mi raggiunsero anche gli altri e,
mentre ce ne stavamo in silenzio a pensare, il telefono di Kristen si mise a
suonare, la regista stava informandole che mentre loro cercavano Robert, lui
aveva reciso il contratto che lo teneva fermo per altri tre film. Voleva essere
libero ed aveva rinunciato ad una fortuna
«Non voglio accusarti di nulla Rosario, ma cosa gli hai detto?» Kristen domandò
dopo aver chiuso la telefonata, scrollai le spalle.
«Gli ho detto di vivere la sua vita» dissi con voce piatta.
Non avevo fatto nulla di male, eppure mi sembrava tutta colpa mia, perché gli
avevo lasciato quella stupida lettera? Non potevo tacere. Mi sedetti sul letto
ed aspettai, lei due ragazze parlottavano tra di loro a voce bassa.
«Cosa ho fatto?» sussurrai tra me e me accarezzando Noah dietro le orecchie; il
lupo mugolò e si distese di fronte ai miei piedi
«Rosario, non è colpa tua, Robert è adulto, e sono sicura che ha ponderato la
sua decisione. Ora noi dobbiamo tornare, ma vieni a trovarci d’accordo?» Ashley
mi sorrise poi si voltò e cominciò ad incamminarsi lungo il percorso che io
avevo segnato per Robert; il nonno rimase contro la porta ad osservarmi
guardingo, poi sorrise dolcemente mentre io, presa dallo sconforto mi lasciavo
andare sul letto mollemente; la sua voce riempì l’ambiente freddo e familiare
«Alla fine, è andato via, ha scelto lui»
«Si, ma ha fatto la scelta sbagliata, non avrebbe dovuto lasciare il set, ne
recidere i contratti! È stato stupido!» dissi rialzandomi ed agitando la mano in
un gesto stizzito; il nonno sorrise sistemandosi il cappello
«E chi lo sa? Magari aveva bisogno di tempo lontano da tutto questo, per capire,
per decidere» disse lasciando la frase in sospeso, fu allora che mi alzai
seccata e cominciai a parlare come un fiume in piena
«Ma capire cosa? E decidere cosa? Non c’era niente da decidere, doveva tornare
sul set e fare il suo lavoro come una persona matura! Doveva tornare alla sua
vita ed io alla mia. Doveva smettere di pensarmi ed io avrei fatto lo stesso e
col tempo… col tempo…» ma non riuscii a finire
«Si Rosie? Con il tempo cosa?» chiese il nonno osservandomi ed io capii, capii
che lui sapeva cosa volevo dire e sapeva ancora meglio che non l’avrei detto
perché non lo credevo possibile, sospirai
«Col tempo saremmo stati meglio» conclusi avvicinandomi alla porta e tirando
fuori le chiavi dalla tasca della giacca; uscimmo ed il nonno, posandomi una
mano ruvida sulla spalla disse
«Forse Rosie, questo è il suo modo di reagire. Forse... Ma si, io credo che lui
sappia bene quel che sta facendo» e detto questo, si allontanò per tornare
all’auto.
Erano passate due settimane e la situazione non
era cambiata, Robert era stato rimpiazzato con un nuovo attore che stava
svolgendo bene il suo lavoro; quella mattina ero sul set su richiesta di Kristen,
stavo aspettandola seduta su di un albero abbattuto quando accanto a me comparve
la figura enorme di Kellan, gli sorrisi e continuai a guardare verso la troupe
che stava lavorando ad una scena molto importante; il ragazzo si sedette accanto
a me e prese a parlare interrompendo il gesto ingurgitando quantità spropositate
di M&M’s
«Rosario giusto? Kellan. Scusa se mi prendo questa libertà, ma ero curioso di
vederti»
«E come mai?» domandai passandomi una mano tra i capelli sciolti sulla spalla,
lui sorrise ed io ricambiai
«Beh, prima l’hai fatto innamorare e poi capitolare, sei una leggenda» mi offrì
dei cioccolatini, ne afferrai un paio e me li caccia in bocca prima di
rispondere
«Non penso di esserlo, anzi. Ho combinato un disastro. Sono ancora viva solo
perché non si sa che Robert si è dato alla macchia per colpa mia» ammisi
rassegnata. Era vero, la notizia della “fuga” di Robert fu attribuita ad un
periodo di pausa che il giovane attore si era preso dopo una malattia leggera ma
continuativa e per questo era stato sostituito. Nessuno a parte il cast, sapeva
cosa fosse successo in realtà.
«Non devi sentirti colpevole, Robert è grande e grosso e sa cosa deve fare. Se è
andato via aveva le sue buone ragioni, quindi non fartene una colpa tu. Era
senziente. Ha scelto lui» il tono serio in cui lo disse, mi tirò su di morale.
Sospirai e finalmente vidi Kristen sgattaiolare lontano dal set, stava correndo
verso di me con un braccio teso ed il suo telefono tra le mani; mi mise in mano
il piccolo oggetto e mi fissò
«Leggi» fu la sua unica parola ed io l’accontentai; l’sms risaliva alla sera
prima:
Spero vada tutto bene. Scusa. Scusati con
tutti. Questo numero non è definitivo, quindi non tenerlo. Se la vedi… Lascia
stare ok? Di a tutti che sto bene. Di a lei che sto bene.
Andrò a vedere NM, lo prometto.
Rob.
«Non capisco» ammisi restituendole l’oggetto;
lei fissò me e Kellan che ricambiò lo sguardo e poi disse con foce affaticata
«Non ti ritiene colpevole. Contava sul fatto che io ti avrei avvisata. Lui vuole
che tu sappia che sta bene»
«Si, ma non ha senso» risposi ancora rimettendomi a sedere, questa volta, fu
Kellan a parlare ancora prima che la giovane finisse di far roteare i suoi occhi
«Significa che lui vuole tue notizie. E le chiederà. Io ne sono certo. A
spizzichi e bocconi si farà sentire, ogni volta da un numero diverso. Per non
farsi trovare. Quel ragazzo, decisamente sa quel che fa» e Kristen annuì.
Sì, forse lui sapeva cosa stava facendo. Ma perché farlo in questo modo? Non
avrebbe potuto almeno finire New Moon e poi sparire? No, anzi, non poteva
semplicemente restare e lasciar correre? Ed io, io potevo lasciar correre?
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Capitolo 9 *** Chapter 9.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi piace
Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e menzioni
del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Lo so che state gridando hallelujah, vi vedo sapete? beh,
avete ragione, sto capitolo era pronto da giorni ma dato che era l'ultimo
pronto, ho voluto aspettare di avere qualcos'altro da dire. Ebbene sto
proseguendo nella scrittura ma vado piuttosto lenta ultimamente. Cooomunque, ho
aggiunto una flash!fic con il signor robert, la potete leggere qui:
Pleasure,
l'ho scritta in venti secondi. Ma spero che vi piaccia. E, bon credo basta. Ah,
cioè, visto che si chiama sproloquio questo angolino, parlo, sto facendo dei
segnalibri per me stessa, e ne ho fatto uno anche con Rosario e Rob! XD Ormai
sono partita per Evangeline e Robert, ce li vedo bene insieme! Comunque, la
smetto, leggete, recensite e a presto!
La vostra scansa fatiche preferita
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 9.0
Mi svegliai con il torcicollo e l’acqua fredda
della doccia non aiutò certo la situazione, era maggio eppure si gelava. Era il
maggio dei miei ventiquattro anni.
Mentre mi asciugavo rapidamente nello stanzino da bagno riscaldato con una
stufetta, sentii il campanello suonare, sporsi la testa dalla finestra e vidi
Kasey che sventolava il sacchetto con la mia colazione. M’infilai la biancheria
ed un paio di jeans e poi andai ad aprirle; lei sorrise con quel suo sorriso
scintillante e metallico per via dell’apparecchio
«Ciao Tom, dove te la smollo la colazione?» disse la ragazzina coi capelli rossi
e cespugliosi, la invitai ad entrare e ci spostammo rapidamente in cucina
«Kasey mangi con me? Così poi ti riporto giù alla falegnameria da tuo fratello»
«Ok! Grazie, mi sono comprata una brioches anche per me, calda con la marmellata
di ciliegie! Io la adoro. E. Senti Thomas? Ma è vero che non ti chiami davvero
Thomas?» sedendosi vicino al tavolo e spacchettando le brioches attese la mia
risposta, io, dopo aver preso due tazze dal mobile ed averle riempite con del
latte al cioccolato mi sedetti accanto alla ragazzina, le sorrisi e risposi
«Eccome se mi chiamo Thomas, solo, ho un altro nome prima. Un nome che non mi
piace molto»
«E quale sarebbe? Sai il mio secondo nome è Marylou, ma è così “del sud” che non
lo usiamo mai» ed addentò la sua brioches, io sorrisi afferrando la mia e
spezzandola con le dita le risposi
«Robert. Il mio primo nome è Robert»
«Secondo me sei viziato, Robert è un nome comune. Insomma è carino»
«Forse, ma preferisco che mi chiamino Thomas, e poi non sono il tuo Tom?» dissi
ammiccando, lei scoppiò a ridere
«Certo, fino a quando non ti trovi una bella stangona bionda. No, davvero. Tom
perché sei sempre solo?» l’innocenza della domanda, mi colpì.
Ero solo ed era vero. Lo ero per una mia scelta; due anni prima, avevo lasciato
il mio posto come “Edward Cullen”, avevo mollato il cinema definitivamente e per
nove mesi ero stato un nomade poi, per un caso fortuito, mentre attraversavo le
lande canadesi ero approdato a Terrace; li, la mia auto aveva dato forfait ed
avevo deciso di fermarmici per qualche tempo. Nonostante i soldi, volevo vivere
come una persona normale e fu allora che conobbi Kasey e suo fratello Connor,
lui era il proprietario di una tavola calda ereditata dai suoi genitori, dove
lavorava sua moglie Julia mentre lui, lavorava nella falegnameria della città
che era di proprietà della famiglia di Julia da otto generazioni; la piccola
Kasey viveva con loro in quanto i genitori di Connor erano morti da sette anni.
Lui si prendeva cura di lei e di sua moglie come un vero uomo dovrebbe prendersi
cura della sua famiglia; lo incontrai alla carrozzeria cittadina, quando ci
portai la mia auto ormai devastata dalle troppe miglia; Kasey mi si infilò in
macchina incuriosita da un pupazzetto che stava sul paraurti. Così, feci
amicizia con loro e fu proprio Connor ad assumermi alla falegnameria e ad
offrirmi un posto come principale attrazione nel suo locale, il Lake Dance
Dinner. Suonavo li ogni weekend.
«Non lo so Kas, probabilmente non ho ancora incontrato quella giusta, oppure,
l’ho incontrata e l’ho fatta scappare. Non so» risposi addentando la brioches,
lei sollevò le piccole sopracciglia ruggine e rispose
«Non sei uno che le fa scappare. Forse sei scappato tu»
«Chissà. Se hai finito andiamo» dissi mettendo nel lavello le tazze sporche, lei
gettò via gli incarti ormai vuoti della colazione ed uscì trotterellando sul
portico che si affacciava sul retro della casa; la seguii sorridendo tra me e me
mentre una fitta al collo non mi lasciava scampo dal distorcere la faccia in un
espressione dolorante.
«Dai Tom, non puoi lavorare così, va dal dottor Wehlforth e fatti dare una
sistemata a quel collo. Questa sera ti voglio bello arzillo» Connor mi congedò e
mi fece accompagnare da Larry dal dottore; entrando nella sala d’aspetto la
segretaria mi lanciò il solito sguardo ammiccante; era una ragazzina coi capelli
oro opaco e gli occhi azzurro slavato, fan di twilight, mi aveva riconosciuto da
tempo, ma, dietro lauto pagamento aveva acconsentito a non spifferare in giro il
mio “passato”.
Il dottore mi fece passare nel suo studio quasi subito e dopo un breve massaggio
inutile, mi fece una puntura che dopo pochi minuti mi fece passare il dolore,
sorridendo il vecchio mi disse
«Ti affatichi troppo giovanotto. A proposito, questa sera suoni? Sai, mia nipote
non vede l’ora di venirti a sentire, come al solito» sorrisi e risposi
cortesemente che alle nove, mi sarei trovato al locale.
Stavo infilandomi la giacca quando la campanella posta sulla porta dello studio
tintinnò, senza pensarci mi voltai e per un momento rimasi senza fiato, il
signor Harris mi stava sorridendo amichevolmente
«Oh, finalmente l’ho trovata signor Pattinson»
«Signor Harris! Cosa ci fa qui?» domandai esterrefatto osservando l’uomo che non
era cambiato di una virgola nei due anni precedenti, lui sorrise sospirando e,
mentre uscivamo dall’ambulatorio nell’aria fresca del mattino, rispose
lentamente
«La cercavo, sa, sono qui con mia nipote, un viaggio per tirarmi su di morale
dopo la morte di mia moglie; in realtà questa è una scusa. La mia povera
consorte era molto malata e sono felice che ora non soffra più. Chi invece
soffre, è mia nipote. Sai, è da due anni che non è più la stessa» sospirò ed io
osservai la vecchia falegnameria infondo alla strada. Che dovevo dire?
«Suvvia Robert, non fare quella faccia. Penso che anche tu negli ultimi due anni
sia cambiato»
«Credo di si» risposi lentamente mentre c’incamminavamo verso il centro della
città, l’uomo mi disse che alloggiava all’Hotel Royal e che sua nipote si
trovava li al momento perciò decidemmo di dirigerci altrove e bere un caffè
insieme, senza pensarci mi diressi al Lake Dance Dinner; Julie era sola nel
locale deserto quando entrammo, ormai l’ora della colazione era finita da
parecchio, io e l’uomo ci sedemmo ad un tavolo lontano dalle finestre ed
ordinammo due caffe con panna
«Robert, sei davvero cambiato dall’unica volta che ti ho visto. Per fortuna ho
un ottima memoria»
«Si, beh, sono cresciuto come muscoli, mi sono fatto crescere la barba e mi raso
la testa regolarmente ora» risposi in imbarazzo, lui sorrise allegramente
«Si lo vedo. Ma dimmi ragazzo, come stai?» e per la seconda volta in una
mattina, mi ritrovai spiazzato, presi fiato mentre Julie ci posava le tazze
davanti e poi, appoggiando le mani contro la mia risposi lentamente ed in modo
sconnesso
«Vivo signore, lavoro alla falegnameria e mi piace anche, ho lasciato perdere le
frivolezze, ma continuo a suonare, ho degli amici, e una ragazzina simpatica che
mi tiene su di morale, mi sveglio alle sei e vado a letto non più tardi delle
undici, non bevo più molto, mi rado regolarmente, porto occhiali da vista e,
beh. Lavoro» l’uomo seduto di fronte a me scrollò la testa sorridendo
«Intendevo dire, come stai tu Robert» sapevo cosa voleva sapere, ma non ero
pronto a dirglielo. Forse non sarei mai stato pronto a rispondere a quella
domanda. Sospirai e lui sorrise
«D’accordo figliolo, non rispondermi. Lascia che ti dica questo; alle volte,
quel che lasciamo andare, torna indietro. Ed è quando torna indietro che
dobbiamo decidere cosa fare» le sue parole filtrarono lentamente nella mia testa
«Verrete sta sera?» domandai sorseggiando il caffè, lui annuì
«Se lo desideri la condurrò qui»
«Lo faccia, gliene prego. Questa sera, forse, risponderò alla sua domanda» e
così dicendo sorseggiammo i nostri caffè in silenzio.
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Capitolo 10 *** Chapter 10.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi piace
Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e menzioni
del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Sarò strabreve: STRAGRAZIE per le recensioni, ci stiamo
avviando alla fine, manca ancora il capitolo 11 e l'epilogo che ho scritto in
due versioni, ma vi propinerò solo quella felice perchè mi piacciono i lieti
fine. E quindi ciccia. Si, sono smielata. Pace. Spero il capitolo vi
piaccia (il bannerino m'ha portato via due ore y_y" maledetta manipolazione!) La canzone citata si intitola "Brown Eyes" ed è di Rachael Yamagata.
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 10.0
Dire che ero nervoso era decisamente
ridimensionare il mio stato d’animo. Me ne stavo appollaiato su un vecchio
barile vuoto a masticare una gomma con Kasey che strimpellava la mia chitarra
seduta su una sedia; eravamo illuminati da un lampione arancione, le dita della
ragazzina accarezzavano le corde della mia chitarra suonando una melodia che
avevo composto anni addietro. Le sorrisi anche se non stava guardandomi
«Tom, sta sera mi sembri elettrico. Stai ancora male?» chiese continuando a
suonare, io tossicchiai e lei mi guardò, allora le risposi
«Non proprio, questa sera ci sarà una persona che un tempo è stata importante ad
ascoltarmi»
«Vuoi dire che ora non lo è più?» chiese nella sua innocenza; non seppi cosa
rispondere. Così scrollai la testa e Kasey si alzò venendomi incontro, io la
osservai, il suo volto era serio e mi sorpresi di trovare nei suoi occhi tanta
sicurezza
«Qualunque cosa lei voglia Thomas, dille cosa vuoi TU. Sono certa che ne hai di
cose da dirle» e così dicendo mi mise in mano la chitarra per poi sparire
all’interno del locale dalla porta di servizio.
Mi alzai e a lunghi passi percorsi il cortile facendone il giro un paio di
volte, quando la porta si aprì e Connor apparve, capii che era ora di salire sul
palco.
Entrai nel locale dal retro e mi fermai dietro il palco, respirai a fondo un
paio di volte, mi tolsi il cappotto e salii i gradini che conducevano al piccolo
palco di legno rustico sul quale giaceva solitario uno sgabello accompagnato da
un’asta malferma ed un microfono.
Quando comparvi alcuni appllausi si levarono, ma non guardai in faccia nessuno,
sorrisi e mi sedetti sistemandomi la chitarra sulle ginocchia, avvicinai il
microfono e salutai il mio pubblico
«Buonasera a tutti e benvenuti allo spettacolo live del Lake Dance, questa sera
oltre al solito repertorio di cover canterò una nuova canzone, spero vi piaccia,
ma ora, cominciamo».
Le luci si abbassarono e lo show ebbe inizio.
Dall’inizio dello spettacolo erano passati tre quarti d’ora e mi accingevo alla
prima pausa, mentre le note dell’ultimo brano fluivano via la porta del locale
si aprì ed allora la vidi. I suoi lunghi capelli erano rimasti invariati nei due
anni in cui non l’avevo vista, gli occhi castani riflettevano sorpresi e
perplessi la luce fievole che aleggiava nel locale, il cappotto color cammello
che indossava era slacciato e lasciava intravedere un collo lungo e pallido; suo
nonno la spinse in avanti ed insieme si accomodarono ad uno dei tavoli ancora
vuoti, proprio a pochi passi dal palco, i nostri sguardi s’incrociarono ed io
sentii la spina dorsale elettrificarsi. Non accadeva da… Non era accaduto mai.
Respirai a fondo ed accompagnai la canzone alla fine ma, invece che annunciare
la pausa, cominciai a cambiare melodia, le note erano lente eppure forti, le mie
mani sfioravano appena le corde della chitarra, erano come una piuma che
scivolava sul vetro, ero solo aria.
Tutti coloro che si erano alzati erano ora in piedi, immobili e mi fissavano
come se fossi un fantasma, presi fiato e cominciai a cantare
Brown eyes will you wait for me to follow
I'm used to letting everybody down
I've seen your face in our shadow
Does it look as pretty in the light
Will you save me from myself
Will I save you from the rest
Oh, brown eyes
Save a little something for me too
Alzai lo sguardo dal microfono e vidi Rosario stringere le mani convulsamente,
anche dalla mia postazione riuscivo a vedere le sue dita bianche strette a
pugno, ed i suoi occhi che vagavano sulla parete di fronte a lei, forse percepì
il mio sguardo perché mi guardò; ricambiai lo sguardo ma non ebbi tempo, o forse
forza, di capire cosa quei suoi occhi stessero comunicandomi perché le parole
avevano bisogno di uscire così ripresi
Full moon is there wisdom in your tide play
The cold is come and now
The love throwing everybody off
Sleep just doesn't taste the same
I'll be waiting till we're side by side once again
Old love, how I wish we were an old love
I've survived all this and more
Oh, you're turning everything to dust
And the wind is picking up
Oh, brown eyes
Save a little something for me too
Lasciai che le ultime parole risuonassero
nell’aria e poi, sorrisi al mio pubblico attonito
«Siamo arrivati alla pausa, a tra poco» e mentre mi alzavo per scendere dal
palco e riprendere a respirare uno scroscio di applausi scoppiò dal tavolo della
famiglia Harris, il signor Harris era in piedi e stava sorridendomi commosso
mentre le sue mani battevano furiosamente, presto le sue, furono seguite da
tutte le mani nel locale, quelle di Rosario comprese. Sorrisi, m’inchinai e
sparii nuovamente nel cortile.
La porta non si era ancora chiusa alle mie spalle che Kasey era già li, con le
sue lunghe e scheletriche braccia avvolte intorno alla mia vita
«Oh, Tom! Ho pianto! E’ stata bellissima! Era per lei vero? La ragazza entrata
poco prima della canzone!»
«Ti è piaciuta allora?» domandai stringendo le sue mani che stavano allacciate
salde alla mia cintura
«Da morire! Ma era per lei vero?» chiese spostandosi di lato ed infilando la
testa sotto il mio braccio, io sorrisi ed annuii
«Chissà se è piaciuta anche a lei» mi chiesi sovrappensiero mentre
istintivamente cercavo le sigarette nella tasca del cappotto che da anni ormai
non giacevano più li; mentre ridacchiavo scioccamente tra me e me Kasey salutò
qualcuno alla mia sinistra, voltai appena il capo e per poco la saliva non mi
andò di traverso; Rosario era in piedi, dall’altro lato della staccionata che
separava il vicolo dal locale e stava guardandoci sorridente; la ragazzina, che
si era sciolta dalla mia vita era trotterellata vicino alla ragazza e stava
salutandola allegra
«Ciao! Io sono Kasey e tu?»
«Piacere Kasey, io sono Rosario» e la voce della ragazza mi provocò uno spasmo
al cuore; risentire quella voce bassa e roca era strano dopo tanto tempo. Mi era
mancata così tanto che non avevo dimenticato nessuna sfumatura di quella voce.
«Dimmi Rosario, hai gli occhi marroni?» chiese Kasey dondolandosi sullo
steccato, Rosario rise e rispose alla ragazzina invadente
«Proprio così, invece i tuoi sono verdi non è vero?»
«Già, ma questa sera avrei voluto averceli marroni. Sarebbe stato bello pensare
che lui stesse cantando per me» una nota di rimpianto nella sua giovane voce mi
fece sorridere così, avvicinandomi lentamente la sollevai da terra, nonostante
la sua età era una ragazzina mingherlina, la appoggiai su una delle grosse
cataste di legna del locale e la guardai fisso negli occhi
«Lo sai Kas che io canto sempre per te»
«Certo, coooome no» disse lei roteando gli occhi, poi sorrise e scese dalla
legna
«Beh, voi due parlate, io vado a bere una tazza di cioccolata» e trotterellò
via, lasciandoci soli.
Rosario stava osservandomi sorridente, non era cambiata affatto negli ultimi due
anni, forse era smagrita un po’, ma nessun cambiamento davvero drastico, i
lunghi capelli erano ancora li, così come gli occhi e le labbra, era ancora
tutto come l’avevo conosciuto ed amato.
«Ciao Robert»
«Rose»
«Ti vedo bene» disse infilandosi le mani in tasca, io scrollai le spalle e
rimpiansi di non essermi tagliato la barba, che sembrava proprio attirare la sua
attenzione, la indicò con un gesto del capo
«Da quanto tempo non vedi un rasoio?»
«Qualche tempo, perché? Ti spiace?»lei piegò la testa di lato e riflettè un
secondo
«No. Mi piace, ti fa sembrare maturo e… Saggio». Risi
«Non credo di esserlo affatto»
«Non ho detto che lo sei, ho detto che lo sembri» disse lei con aria seria.
Mi sporsi dalla staccionata e guardai nel vicolo che dava sulla strada, quando
mi voltai dall’altra parte il suo volto era così vicino al mio che riuscivo a
sentirne il calore spargersi sulla mia guancia; attesi.
«Cosa vuoi che salvi Robert?»
«Come?» domandai non riuscendo a capire, il suo volto era così vicino che avrei
potuto baciarla e l’avrei fatto se solo non avessi avuto paura
«Cosa vuoi che salvi per te»
Gia, cosa volevo che salvasse per me? Niente in realtà. Non sapevo perché era
nata Brown Eyes, non sapevo perché l’avevo musicata. Sapevo solo che me lo
dovevo. Sospirai e mi allontanai da Rosario raddrizzando la schiena
«Non lo so Rose, non pensavo a nulla di preciso. Io… Sentivo la tua mancanza»
ammisi finalmente alzando gli occhi verso un cielo nero e sereno. Non avevo il
coraggio di guardarla. E allora mi sorprese, alzò il cappotto che le arrivava a
metà coscia fin sopra la vita, prese la rincorsa e saltò la staccionata che
delimitava il piccolo cortile atterrando in ginocchio a pochi passi da me,
sbalordito la fissai issarsi in piedi e spolverarsi le ginocchia
«Sei impazzita?!» domandai agitando le mani esageratamente e lei scrollò le
spalle
«Oh, taci. Non mi sono fatta niente» disse sorridendo. Ed ancora una volta
sentii il cuore accelerare. Ci guardammo a lungo; Rosario poi, tese una mano
bianca verso di me ed il contatto della mia guancia con quelle dita tiepide mi
fece crollare.
Ero sopravvissuto per due anni perché non potevo lasciarmi andare. Ero
sopravvissuto, ma niente di quel che avrei potuto fare avevo fatto. Ero scappato
dal lavoro, mi ero trasferito in un posto sperduto, avevo cambiato vita, ma in
realtà, l’unica cosa importante me l’ero lasciata alle spalle.
«Mi sei mancato anche tu Robert» disse la ragazza sorridendomi nel pallore dei
neon gialli; le sorrisi anche io
«Non mi volesti allora»
«Allora non avrei mai potuto averti Robert. Allora era diverso» rispose lei
avvicinandosi a me, il profumo dei suoi capelli mi avvolse e desiderai di poter
restare immobile per sempre.
Ma ovviamente, non poteva succedere, la porta del locale si aprì e Kasey
comparve scocciata indicando l’orologio immaginario legato al polso. Sorrisi ed
annuii, lei rientrò ed io guardai nuovamente Rosario, i suoi occhi castani
stavano ancora scrutando il mio volto come per cercare qualcosa
«Rientriamo?» le domandai indicando la porta, lei sorrise ed annuì.
Una volta all’interno del locale ripresi il mio posto sullo sgabello per
terminare la serata mentre Rosario restava sul retro con Kasey.
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Capitolo 11 *** Chapter 11.0 ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi piace
Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e menzioni
del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: Eccoci qua al capitolo finale, il prossimo sarà l'epilogo
della storia che spero vi sia piaciuta. Dato che ho scritto due epiloghi, ho
deciso di postare quello felice qui, mentre quello triste lo troverete sul mio
portfolio: Illuminate. E
dunque, niente, il bannerino di questo capitolo lo adoro ♥ Evie è bellisima e
idem Rob. E bon, commentate. Ah, presto aggiungerò una oneshot sempre con il
nostro Rob! XD
Deletia ♥
Can't Stop:
Chapter 11.0
Il mattino dopo ero ancora intontito e quando
la mano di Kasey bussò alla porta di casa mi svegliò di soprassalto. In boxer e
tshirt andai alla porta pronto a dire alla ragazzina di usare la chiave che le
avevo lasciato; aprii la porta ad occhi chiusi e cominciai a lamentarmi
«Kas, se non rispondo subito tu entra, e prendimi a cuscinate, ma non farmi
trascinare fino alla porta in questo stato»; fu solo quando sentii ridacchiare
che mi decisi ad aprire gli occhi: Rosario stringeva caffè e brioches e stava
ridendo della mia interpretazione magnifica, imbarazzato la lasciai entrare in
casa; per una volta fui contento dell’ordine che vi regnava.
La ragazza ferma davanti alla porta aperta stava fissando il soffitto
imbarazzata
«Sei in mutande» disse senza abbassare lo sguardo, ed allora chiusi la porta e
corsi via verso la camera da letto mentre le urlavo dietro
«Va pure in cucina ti raggiungo subito», arrivato in camera sgattaiolai in bagno
e mi feci una doccia lampo infilandomi poi un paio di pantaloni grigi ed una
maglietta pulita; tornai allora in cucina e vi trovai Rose ferma davanti alla
finestra, stava osservando fuori
«Non credevo fossi un tipo da casa per famiglia» disse udendomi arrivare, io
scrollai le spalle e lentamente risposi
«Mi piaceva e l’ho presa. Tutto qui»
«Già. E’ una bella casa» disse lei finalmente girandosi, il suo viso roseo
sorrideva ma i suoi occhi erano velati da una tristezza che non riusciva a
nascondere, quale fosse il motivo, ancora non lo sapevo.
Ci accomodammo intorno al tavolo e consumammo la colazione in silenzio,
guardandoci di tanto in tanto sorridendo; quando ormai i bicchieri erano vuoti e
le brioches mangiate, le domandai come mai era venuta
«Volevo vederti, io ed il nonno stiamo per tornare a Portland»
«Di già?» domandai d’impulso; in effetti non avevo pensato che loro non vivevano
qui. Lei annuì
«La libreria non può stare chiusa per troppo tempo, e sono già dieci giorni» la
sua risposta, per quanto plausibile, mi lasciò l’amaro in bocca. Speravo dia
vere più tempo per parlarle, per osservarla, più tempo per tutto. Ed invece non
avevo niente.
«Si, certo, capisco» risposi poco convinto, lei rise
«E’ la verità, non sto cercando scuse per scappare. Non ne cercherei, se volessi
andarmene lo farei. Ma sono qui»
«Sei qui adesso Rose e poi? Cosa succederà domani?»
«Credi che dovrei saperlo?» domandò lei seria, io alzai le spalle senza
rispondere e lei riprese
«Non lo so Robert, onestamente non pensavo che ti avrei mai rivisto. Quando il
nonno mi ha proposto questo posto sperduto ho pensato che cercasse pace e non
te. Quando ti ho visto in quel locale non ci volevo credere. Tu, l’eroe
romantico di Twilight, con barba, occhiali da vista e chitarra alla mano in un
buco sperduto. Se non fossi stata sconvolta probabilmente sarei scoppiata a
ridere» battè il palmo della mano sul tavolo e mi fissò con aria irosa, io
scoppiai a ridere all’idea di quel che altri al posto suo avrebbero detto dello
spettacolo che ero diventato
«Si, immagino sia stato strano. Me per me Rosario, non lo è affatto. Io sono
questo. Vivo come voglio una vita normale, ho un lavoro normale, degli amici,
suono. Insomma, sono cambiato, o forse dovrei dire, ho trovato chi sono sempre
stato davvero. Non potrei essere più grato per essere giunto qui. E se sono
arrivato qui, è solo grazie a te. Quando mi dicesti che non avremmo mai potuto
stare insieme, facesti scattare qualcosa in me. Tutto si mosse»
«Sono felice di esserti stata utile. Anche se non avrei voluto che tu te ne
andassi Robert» disse abbassando lo sguardo, e per un momento rimasi confuso. Mi
aveva rifiutato, e mi aveva scritto di essere felice, allora perché ora, seduto
davanti a lei, pur contento, mi sentivo così infelice?
«Rose. Se ti chiedessi di restare, lo faresti?» mi alzai e la raggiunsi
abbassandomi sui talloni, appoggiai le mani alla sua sedia e la guardai mentre
la sua espressione passava dall’esterrefatto al sorpreso al triste al…
«Non farmi questo» sussurrò
«Questo cosa?» domandai guardandola negli occhi, lei tentò di fuggire il mio
sguardo ed allora con le dita ormai callose le afferrai il mento delicatamente e
la obbligai a guardarmi
«Non posso. Non voglio. Non» balbettò afferrandomi il polso che le teneva il
mento, sospirai ed appoggiai la fronte alle sue ginocchia
«Perché Rose? Perché non possiamo essere felici?» domandai retoricamente mentre
lasciavo che ogni molecola del mio corpo fosse invasa dal suo secondo rifiuto.
Era destino forse? Non lo sapevo e non m’importava, mi sarebbe bastato qualcuno
con cui prendermela ma non era certo lei la persona con cui farlo, le lasciai
andare il mento e mentre la mia mano scivolava giù lei la fermò e con un gesto
inaspettato se la posò sul petto, all’altezza del cuore.
Il tamburellare di questo contro le costole era così forte che mi pareva di
sentire la mano tremare, chiusi gli occhi ed attesi, una lacrima mi colò
sull’indice e scivolò lenta verso il polso.
«Mi dispiace così tanto Robert. Così tanto», scivolando giù dalla sedia mi
abbraccio stringendomi con le lunghe braccia il collo, ed io la strinsi con
tutta la forza che avevo, volevo che l’impronta del suo corpo rimanesse sempre
legata alle mie braccia. E tutto l’amore che provavamo l’uno per l’altra
finalmente fu espresso; i nostri corpi, l’uno nelle braccia dell’altro
bruciavano come fuoco. Ed in quel momento capì che non stava rifiutandomi, non
stava dicendo no a me per farmi stare male, stava solo proteggendomi da quel che
sarebbe successo dopo.
Quel che non potevo ancora sapere.
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Capitolo 12 *** Epilogue ***
Nuova pagina 1
Rating: Verde
Tipologia: Long-fic.
Fandom: RPF: Robert Pattinson
Avvertimenti: NON E' ROBSTEN! Non sono RobSten, mi piace
Michael e sono felice che Kristen sia felice. Fine.
Personaggi: Robert Pattinson, Nuovo Personaggio e menzioni
del cast.
Genere: Romantico, Malinconico.
Note: La fic si svolge durante le riprese di NM vicino a
Portland, sono citati dei negozi che ovviamente non esistono (o almeno lo spero,
non ho fatto molte ricerche).
Credits: Escludendo Robert Pattinson (of course) tutto il
resto è di mia proprietà perciò cortesemente non rubacchiate nulla.
Sproloquio: *si mette l'armatura* Scusate, mi son contraddetta, avevo
detto che avrei postato qui l'epilogo felice e invece. Scusate! Ma dopo tutte le
mie storie a lieto fine, questa doveva finire così. Comunque, siamo arrivati
alla fine! y_y nuooo tristezza! Comunque, presto aggiungerò una nuova oneshot
sempre rob-centered. E niente. Grazie per tutte le recensioni e le letture. Vi
aspetto su ILLUMINATE ♥
Deletia
Can't Stop:
Epilogue
Il telefono trillò con prepotenza per la terza
volta, volai giù dalla scala appena in tempo
«Libreria Harris, sono Tom, come posso aiutarla?»
«Vestendosi bene e venendo alla prima di Breaking Dawn magari?» la voce
squillante di Kristen era distorta nel vecchio apparecchio telefonico;
ridacchiai.
«Ci sarò, ma di certo non vestito bene. Jackson verrà a prendermi alle sei»
risposi mentre etichettavo un po’ dei libri che stavano sotto il bancone
«Ho spedito un pacco a casa tua con dei vestiti. Fammi sapere» disse lei, alzai
un sopracciglio e perplesso domandai
«Perché ti sei presa la briga di mandarmi dei vestiti?»
«Perché non voglio che tu venga con la camicia di flanella. E’ kitsch!» e così
dicendo mi chiuse il telefono in faccia.
Il signor Harris fece capolino dalla porta principale del negozio sorridendomi,
teneva in un vassoio due caffè
«Ecco Robert, prendi, è da stamattina che non ti allontani»
«Devo finire qui prima. Lei è stato al cimitero anche oggi?» domandai intristito
e lui annuì
«Non ti ho ancora ringraziato per tutto quel che hai fatto per lei Robert»
«E non deve farlo. Lei sa quanto io l’ami ancora. E non potrei allontanarmi da
qui nemmeno se lo volessi» dissi riempiendomi le braccia di volumi nuovi, lui
annuii venendomi dietro mentre mi apprestavo a sistemare tutti nuovi arrivi
«Sai che niente avrebbe potuto salvarla vero?»
«Lo so signor Harris, lo so. Ma ciò non toglie che mi manchi» risposi
riprendendo a lavorare.
Alle cinque, come d’accordo, tornai a casa per prepararmi all’arrivo di Jackson.
Quel giorno, abbracciati sul pavimento di casa
mia, Rosario mi disse che la sua malattia era peggiorata, che il suo rene non
poteva più sopportare il lavoro e che, se non avesse trovato un donatore
compatibile, sarebbe morta. Suo nonno era compatibile ed in ottima salute, ma
lei aveva rifiutato categoricamente di lasciare che lui finisse sotto i ferri
per lei.
«Non posso permettergli di darmi la sua vita Robert. Non ha senso e non è
giusto» disse la ragazza passandomi una mano tra i capelli mentre, stesi nel
letto ci abbracciavamo aspettando che calasse la notte. Quel giorno fu il giorno
in cui consumammo il fuoco che per due anni aveva dominato le nostre vite, fu la
cosa più dolce che io avessi mai vissuto in vita mia e credo che mai rivivrò una
cosa del genere.
Mi appoggiai sui gomiti e la osservai triste
«Ma non è nemmeno giusto che tu muoia Rose! Hai solo ventitre anni!»
«Credi che non lo sappia? Ma così è stato deciso Robert ed io lo accetto. Sono
così felice per il momento che la vita mi ha regalato con te. Non credo che
avrei mai potuto essere più felice di ora. In questi due anni, se ho trovato la
forza per andare avanti ogni giorno, è stato grazie a quel che mi dicesti quel
giorno nella foresta» disse sollevando lo sguardo e sorridendomi; sentii il
cuore sobbalzarmi nel petto.
«Mi ami Rose?» le domandai e lei, con il suo sorriso più bello, accoccolandosi
nel mio petto rispose
«Si, ti amo»
Arrivato davanti alla casa del signor Harris
fermai la macchina e scesi ma, invece di dirigermi subito all’interno feci il
giro della casa e mi ritrovai davanti all’enorme cuccia dei lupi di Rose, Leiny
giaceva in prossimità dell’entrata, quando mi udì arrivare alzo l’enorme testa e
mugolò una volta, io mi avvicinai a lei e le accarezzai la testa; il lupo si
spostò ed una nuvola di cuccioli mi volò addosso cingendomi le caviglie. Mi
lasciai cadere a terra ed accarezzai i cuccioli. Una risata si levò dalle mie
spalle, voltai il capo e stupito vidi che Jackson, in jeans e giacca stava
ridendo di me, risi anch’io
«Sei davvero cambiato vecchio mio» disse lui con il suo accento texano, scrollai
le spalle e presi in braccio il più piccolo e tremendo dei cuccioli, Charlie
«Anche tu se è per questo Jack»
«Già, ma il mio cambiamento è solo estetico, mentre intorno a te, c’è un’aura
diversa. Come stai?»
«Come vuoi che stia? Tra un paio di settimane torno a Terrace, è li il mio posto
ora. E poi, visto che lei… Visto che Rose non c’è più, non ho niente qui che mi
leghi» risposi avvicinandomi e facendo strada verso l’interno dell’abitazione,
Jackson mi seguì annuendo
«Sai, è strano vederti così, non immaginavo che saresti mai riuscito a
innamorarti così di una ragazza»
«Se è per questo Jack, non lo credevo nemmeno io. So solo che ho perso ciò che
dava un senso a tutto quanto ed ora sono solo, in balia di una vita che, al
momento, disprezzo» lasciai il cucciolo sul pavimento della cucina e, insieme io
e Jackson, ci dirigemmo in salotto; il pacco inviato da Kristen giaceva chiuso
sul divano
«Hai mai pensato di tornare a recitare?» chiese il mio amico lasciandosi cadere
mollemente sulla poltrona accanto al camino; scrollai il capo vigorosamente
«Quella vita non mi appartiene più. Voglio tornare a suonare al Lake Dance e a
lavorare alla falegnameria» lui annuì. Rimanemmo a parlare un po’, poi andai a
prepararmi per la serata.
2Settimane Dopo
«Potevi almeno dirmi che sei stato un personaggio famoso!» Kasey irruppe nella
camera da letto ancora buia, aprii un occhio a fatica e, sconsolato tentai di
parlare con la bocca impastata
«Kas, diavolo, abbi almeno la gentilezza di non entrare come una furia in camera
da letto»
«Taci! Sei stato cattivo Robert! Con me e con Connor! Perché non ci hai detto
nulla su chi eri? E perché non ci hai detto che Rose era morta? Saremmo venuti a
Portland! Ti saremmo stati vicino!» disse la ragazzina scrollando il sacchetto
con la colazione; sospirai e mi tirai a sedere strofinandomi le mani sugli
occhi, quando la guardai Kasey mi sembrò diversa, cresciuta, più donna.
«Scusa Kas, mi dispiace. Volevo dimenticare il passato e, onestamente, non
riuscivo ad accettare che Rose stesse per andarsene» all’improvviso mi ritrovai
le braccia esili della ragazzina intorno al collo, il profumo dei suoi capelli
m’invase le narici; la sentii piangere sulla mia spalla e così, l’abbracciai
prendendola in braccio; provai a parlarle
«Dai piccola, va tutto bene! Sono sicuro che Rose sa che l’hai pensata»
«Idiota! Questo lo so da me! Non sto piangendo per lei, sto piangendo per te. Ti
devi sentire così solo. Mi dispiace tanto Tom. Sai… Prima di morire, Rose mi ha
scritto una lettera. L’ho portata, così puoi leggerla» disse sfilandosi dalla
tasca dei jeans una busta color avorio, me la porse ma io sapevo bene cosa
dovevo fare, scrollai la testa e gliela spinsi indietro
«Se ha scritto a te, significa che sono cose vostre. Va bene così Kas» .
La ragazzina si sedette sul mio ginocchio, con gli occhi ancora umidi e tirò su
col naso un paio di volte, poi mi squadrò
«Come ti senti?»
«Col tempo andrà meglio spero. Ma essere tornato qui mi fa bene, ora è questa
casa mia» dissi sorridendo alla ragazzina, lei mi diede un piccolo pugno sulla
spalla e si alzò
«Ok, vestiti, io scaldo la colazione»; ubbidì.
Quando arrivai in cucina, l’odore delle bioches inondava l’ambiente circostante,
Kasey sedeva al solito posto, come se non fosse cambiato niente; prima di
entrare in cucina lanciai uno sguardo fuori dalla finestra, un raggio di sole
tagliava la stanza a metà, pensai a Rose e poi, sorridendo entrai in cucina
dirigendomi verso il mio posto
«Allora signorina, mi è giunta voce che il nipote della Follan voglia portarti
al ballo…»
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