Destino e Coincidenza

di HatoKosui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Modello Pervertito ***
Capitolo 2: *** Cioccolata e dolcezza ***
Capitolo 3: *** Notte e Shock ***
Capitolo 4: *** E' sempre stato qui? ***
Capitolo 5: *** Sfide, promesse, dichiarazioni ***
Capitolo 6: *** Puzzle ***
Capitolo 7: *** Appartamento ***
Capitolo 8: *** Non ci credo ***
Capitolo 9: *** Accaduti ***
Capitolo 10: *** Piano ***
Capitolo 11: *** Pioggia Fredda ***
Capitolo 12: *** Treni e Stress ***
Capitolo 13: *** Persona ***
Capitolo 14: *** Confusione ***
Capitolo 15: *** Debolezza ***
Capitolo 16: *** Si ricomincia ***
Capitolo 17: *** Rose e Spine ***
Capitolo 18: *** La verità ***
Capitolo 19: *** Pietre ***
Capitolo 20: *** Simili ***
Capitolo 21: *** Anima ***



Capitolo 1
*** Un Modello Pervertito ***


 

Premessa.

Allora, salve a tutti. Vi dico solo due parole prima di lasciarvi al capitolo...

Ho scritto questa storia cercando di sperimentare la prima persona presente, cosa che mi rimane difficile, ma che mi piace. Quindi se avete consigli/critiche, le accetto.

Poi, ho deciso di unire alla scrittura anche una parte del carattere del personaggio, anche attraverso parole più colloquiali o con frasi più semplici e dirette.

Spero VIVAMENTE di non aver combinato un casino.

In caso, fatemelo notare senza problemi ;)

Buona lettura.

 

 

 

 

 

 

 

- CAPITOLO 1: UN MODELLO PERVERTITO

 

Fuori piove. E fa freddo.

La voglia di uscire per tornare a casa lentamente svanisce, scorrendo via come l'acqua di quel piccolo fiumiciattolo che si intravede dalla finestra della mia classe e che è ancora più visibile davanti casa mia. Di scrivere il riassunto di quel libro noioso proprio non mi va, quindi perdo il tempo ad osservare le goccioline di acqua che cadono sul vetro e che si intrufolano dappertutto. Mi piace la pioggia, ma non riesco a elaborare nessun pensiero quando mi perdo ad osservarla. Chissà per quale motivo.

E come se non bastasse nella prefettura di Akita la pioggia e la neve non mancano quasi mai, in questo periodo, quindi è normale che io mi senta così spossata ed annoiata.

<< Che ci fai qui ? >>

Mi chiede d'un tratto entrando nella stanza una donna molto più alta di me. Ha dei capelli neri e lunghi, degli occhi freddi come il tempo fuori dall'edificio e un volto serio, che abbinato a quell'abbigliamento elegante mi fa intendere che sia una professoressa. Porta con se molti documenti e sembra essere affaticata, evidentemente non è allenata alle scale.

<< Stavo finendo una relazione. >>

<< Mi dispiace, ma non posso lasciarti stare qui da sola. >>

<< Lo so. Infatti me ne sto andando. >>

E raccogliendo la mia borsa mi alzo, senza fare rumore e con scatto felino raccolgo la penna che sta cadendo. Mi sistemo la gonna e le passo accanto, con estrema velocità. Il suo profumo mi ricorda qualcosa, anche la sua faccia, ma non riesco e non voglio andare a cercare oltre nella mia già precaria memoria. Rischierei di provocare un corto circuito. Appena chiudo la porta alle mie spalle, mi ritrovo davanti ad un gruppo di cinque o sei persone, tutti maschi, tutti alti come grattacieli, tutti con la stessa divisa da basket. Molto uniti direi. Mi guardano, ma io non voglio entrare in discussioni con nessuno, quindi mi giro e me ne vado dalla parte opposta, senza salutarli. In fondo chi li conosce?

<< Aspetta. >>

Mi chiama ancora quella donna, dopo essere uscita dalla classe. Io mi fermo e alzo gli occhi al celo, poi mi giro.

<< Cosa vuole? >>

<< Tu sei Nishiyoshi Mayori, non è così? >>

<< E quindi? >>

Lei mi guarda e sorride.

<< Noi siamo il club di basket. Il professore Mishita mi ha detto che tu sei molto brava a... >>

Mi da fastidio questa qui. Non capisco dove voglia andare a parare. La sua voce mi innervosisce.

<< No, non gioco più a basket e tantomeno voglio averci ancora a che fare. Dica al professore che sarebbe gradita più discrezione nel raccontare i fatti altrui. Arrivederci. >>

E questa volta mi fiondo giù per le scale saltando quasi tre scalini alla volta e rischiando di inciampare. Quando arrivo davanti agli armadietti non prendo il mio ombrello, ma esco direttamente, convinta che sentire le gocce d'acqua sulla pelle siano una formidabile cura per lavare via il fastidioso nervosismo che quella donna mi ha fatto venire. E anche un po' di sudore.

Camminando per le strade deserte, mi rendo conto di quanto sia stupido per una ragazza di quindici anni suonati che vive lontano dalla sua scuola e da qualsiasi forma di architettura moderna, non possedere almeno una bici. O un monopattino. O un monociclo. Accidenti sarebbe davvero fico andare a scuola con un monociclo! Gia immagino tutti i ragazzi dire:

<< Guarda, quella è la ragazza del monociclo! >>

<< Chi, quella che può mangiare mentre pedala?>>

Sarebbe una svolta, eviterei i ritardi a scuola e le litigate con mia madre per il cibo che puntualmente non mangio. Comunque, dovrei iniziare a premere sulla nonna affinché mi aiuti a comprare una bici, così da evitare anche gli autobus come quello dove sono appena salita.

Scesa dal bus, sbruffando, prendo il treno: sarei dovuta tornare a casa, ma visto che domani è domenica posso anche dirigermi dalla mia migliore amica, Hibiki.

Abita un bel po' lontano, ma ho tutto il pomeriggio.

Così scendo dalla metro e prendo subito - fortunatamente - un bus ed ecco che, dopo molto tempo, davanti a me, sei fermate dopo quella dove sono salita io, si materializza dal nulla un ragazzo, alto almeno il doppio di me, con la divisa molto carina di una scuola che si trova molto vicina a casa di mia cugina, il Kaijo. Una volta salito, con i capelli biondi bagnati e gli occhi ambrati un po' arrossati dal vento gelido, si siede vicino a me, senza guardarmi. Vedo piano piano, fermata dopo fermata sempre più gente avvicinarsi a lui, chiedergli autografi, informazioni personali, una firma su un braccio o su una coscia... deve essere famoso. Però che cavolo, tutta questa gente appiccicata ai nostri sedili mi da ai nervi. Un'altra cosa che mi da ai nervi. Mi alzo e mi sposto in uno dei sedili liberi proprio davanti a loro, così da riuscire almeno a respirare.

<< Scusami, ti hanno infastidita, eh? >>

Mi chiede d'un tratto. Io mi giro e lo guardo, mi stringo nelle spalle e gli rivolgo uno sguardo noncurante. Lui sorride allegramente e il viso gli si illumina, come se fosse un riflesso di tanta bellezza.

<< Penso che tu sia molto adorato. Sei un attore? >>

<< No, un modello. >>

Precisa e le ragazze – e qualche vecchietta - ridono ad ogni sua parola. Sento che potrei scendere alla prossima fermata e farmi i quattro o cinque isolati a piedi, pur di non ascoltarle.

<< Kise Ryota! Non lo conosci? >>

Mi domanda sarcasticamente una donna, vicino a me con un bambino sulle gambe.

<< No, non lo conosco. Non mi interessano molto queste cose. >>

<< E che cosa ti interessa? >>

Mi chiede lui, sbattendo due volte le ciglia, curioso. Ma che audace, cos'è, vuole provarci?

<< E perché non ti fai i fatti tuoi? >>

Lui rimane per un attimo interdetto, poi scoppia a ridere. Ok, non capisco perché rida, ma il tutto mi fa vergognare in modo considerevole. Come quando nelle discussioni tra grandi dici qualcosa e tutti ridono facendoti sentire piccola e inadeguata, magari sputandoti la stessa frase che tu senti da ormai tutta la tua vita: << Eeeh, sei ancora piccola tu! Che puoi saperne! >>

Ma vaffanculo.

Ecco, questo, ora che mi viene in mente, è quello che vorrei dirgli, ma non posso tradire la mia femminilità così, perciò mi limito a scendere ad una fermata a caso, la più imminente.

Il cielo è ancora coperto, ma non piove più tanto, tira solo un vento gelido. Scendo dall'autobus e sento inaspettatamente un respiro affannoso dietro di me, ma non faccio in tempo a capire a chi appartenga. Mi giro, incontro i suoi occhi dorai e di colpo mi ritrovo tra le sue braccia, sotto la pioggia bagnata, fuori dall'autobus e davanti a tutte quelle ragazze sbalordite che però svaniscono dietro la portiera che si richiude e l'autobus riparte.

Non so che dire.

Lui mi stringe come se ci conoscessimo da una vita e devo dire che un po' di calore non mi dispiace affatto, ma tutta quella confidenza mi lascia pensieri davvero poco femminili.

<< C..che diavolo fai?! >>

Lui mi allontana e il freddo ritorna a pungermi in fretta.

<< Scusami, volevo chiamarti, ma sono inciampato! Scusami, davvero! >>

Assottiglio gli occhi, mi sta prendendo in giro? Si sente tanto potente da poter sparare cavolate solo perché i suoi ormoni vogliono portarsi a letto una ragazza? Accidenti, che intelligenza.

<< Ma dai, non penserai che io possa crederti. >> Ho ancora le sue mani sulle spalle << Perché volevi chiamarmi? >>

<< Perché voglio sapere il tuo nome! >>

Ah! ma guarda...

<< E se io non volessi dirtelo? >>

<< Mi dispiacerebbe! Sei cattiva lo sai? >>

Mette il broncio. Sta mettendo il broncio. Oh, Dio mio, perché mi poni davanti agli occhi cose come questa?

<< Non sono cattiva! >> Scosto le sue braccia << Sei tu quello scortese! Tanta confidenza non te l'ha data nessuno. >>

Lui si mette le mani in tasca e guarda il cielo pensieroso.

<< Dovrei scusarmi anche per quello immagino. >>

<< Dovresti scusarti per molte altre cose. >>

Lui mi guarda, io faccio un passo in dietro. Questo ragazzo, famoso o no che sia, ha degli occhi straordinariamente limpidi, ma ormai nessuno può fermare tutte quelle fantasie che il mio cervello ha iniziato ad elaborare. Un modello pervertito, che ferma le ragazze sul bus, fa finta di cadervi addosso e che poi le porta in un vicolo buio e... ah! Un brivido mi attraversa la schiena, come una scarica di adrenalina pura.

<< Allora, ti offro qualcosa! Così non avrò debiti... >>

Sorride. Ecco, mi sta salendo la pressione, perché non sento più il freddo della pioggia, ma solo un caldo esasperante.

<< No, grazie. Considera tutto dimenticato. >>

Faccio per andare via, ma lui mi ferma, triste.

<< Non posso dimenticare così, sai?! Sei bagnata, ti prenderai un raffreddore e stai tremando. >>

Ha notato davvero quel piccolo brivido di poco fa?! << Ti ho anche fatta scendere dall'autobus... ti prego, almeno un caffè... o una cioccolata! >>

E qui il cervello parte per luoghi desolati e lontani insieme al mio buonsenso. Mi sta offrendo una cioccolata; una calda, cremosa, gustosa, invitante cioccolata! Come posso rifiutare?

<< Mh, se si tratta solo di una cioccolata... >> Lui sorride, io incrocio le braccia al petto << Però sta attento perché ti tengo comunque d'occhio >>

<< C..certo! >>

<< Andiamo, modello.>>

<< Chiamami Kise. >>

<< Ti chiamo come mi va >>

<< Come posso chiamarti io? >>

<< Nishiyoshi. >>

<< È il tuo cognome? >>

<< Si. Allora, questa cioccolata?>>

<< Per di qua! >>

E mi allontano con lui, verso un bar molto grande e carino, poco lontano dalla fermata e da un negozio piuttosto ambiguo, di cui non riesco a decifrare il nome perché all'insegna mancavano alcune lettere. Kise, il modello, mi fa sedere ed io continuo a fissarlo, non fidandomi completamente.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cioccolata e dolcezza ***


Premessa.
Molto breve, avverto che il capitolo è un pò più lungo del precendente.
Ringrazio chi segue/legge/recensisce/preferisce/ricorda la storia e spero di sentire qualche parere!
Kiss :*

-
HK

 

-CAPITOLO 2: CIOCCOLATA E DOLCEZZA

 

 

Entriamo nel locale a luci soffuse e un'invitante odore dolce di cioccolato mi arriva alle narici. Mi guardo intorno, notando il lusso delle tende rosso fuoco e delle poltrone di pelle, con ricami dorati. I tavolini sono tutti piuttosto distanti tra di loro e tutti più o meno vicini alle grandi finestre che danno su una grande strada, dove vi sono alberi di ciliegio, ora molto spogli e dai colori cupi, ma che in tempo di fioritura devono donare a questo posto una vista mozzafiato. Kise chiama un cameriere, lo saluta con la testa e senza dire nulla il cameriere ci fa accomodare in un tavolo lontano dalla corrente d'aria della porta e vicino al bancone principale. È un tavolo appartato, ma penso lo siano tutti quanti.

<< Bene! >> Esclama Kise, prendendo il menù. << Che cioccolata ti piace? >>

Io non posso far a meno di guardarlo, con occhi strani, forse. È così tranquillo e sicuro di se. continua a non convincermi, con quel suo modo di fare, mi da l'impressione di volermi... si beh, di volermi conquistare. Per quanto lui sia bello, la cosa non mi piace affatto.

<< Ehm, tutte! Tu cosa vuoi? >>

<< Io preferisco la cioccolata al latte, quella semplice. >>

Butto un'occhio al menù.

<< Io prendo la cioccolata bianca. E più dolce... >>

Lui abbassa il menù e sorride dolcemente, mentre i suoi occhi guardano i miei.

<< Hai bisogno di dolcezza? >>

Abbasso lo sguardo, posando il menù, poi trovo un albero vicino alla finestra che colpisce la mia attenzione ed inizio a fissarlo.

<< No >> intanto rispondo a Kise << Ho bisogno che tu sia meno invadente. >>

Lo sento appoggiarsi al tavolo con i gomiti, mentre il suo sorriso – lo vedo dal riflesso della finestra- scompare.

<< Scusami! È che sei piuttosto difficile... >>

Mi giro di scatto. Ecco, forse involontariamente l'ho portato proprio al discorso che volevo affrontare. Sento che potrei chiedergli un sacco di cose, così da potermi levare i dubbi dalla mente.

<< Difficile in che senso scusa? Cosa dovrei fare? >>

Lui tace e non mi guarda, fa vagare lo sguardo sul menù.

<< Modello, rispondimi! >>

<< Scusami, non volevo dire questo! Volevo solo dire che non sono abituato a tanta indifferenza tutto qui! >>

Lo guardo mentre le sue labbra si allungano in un sorriso tirato e imbarazzato, domandandomi il perché di tanta curiosità, di tanta premura, di tanta galanteria nei miei confronti. E che cavolo, nessuno dei ragazzi che conosco mi ha mai trattata così bene, figuriamoci un tizio venuto da non si sa dove che mi ha incontrata sul bus.

Che poi io sono uscita con quei ragazzi solo prima di aver compiuto dieci anni, quindi le cose potrebbero essere cambiate... Però questo non giustifica nulla del suo comportamento!

<< Senti vado un secondo in bagno. Ordina per me >>

Mi alzo e corro in bagno, portandomi la borsa dietro. Una volta entrata mi rendo conto che il locale è davvero qualcosa di bellissimo e costosissimo: i cinque lavandini sono di marmo, lucidi, con una parete dinanzi a loro coperta da un gigantesco specchio, con rifiniture oro, intonate con il pavimento marroncino, anch'esso pulitissimo. Per un secondo resto a bocca aperta.

<< Ma che diavolo...? Sta a vedere che quello è anche ricco! >>

Entro in uno dei bagni e quando esco mi lavo le mani e mi sorprendo di non essermi accorta dello stato del mio look. Sembro un procione bagnato. I miei capelli – che avevo lisciato con cura questa mattina – si sono ribellati, gonfiandosi e ricadendo sulle spalle in modo molto molto... orribile. Sono bagnata, i capelli sono più scuri, non castano ramato come di solito, gli occhi sono torbidi, ed il loro colore di solito chiaro adesso è pieno di sfumature grigie, come le nuvole di pioggia. Questo succede quando cambia il tempo, ma oramai ci ho fatto l'abitudine. Fortunatamente nel bagno ci sono gli asciugamani ad aria calda elettrici, cosi i miei capelli possono asciugarsi un poco. Ficco la testa sotto l'aria calda e mi sistemo, poi li lego in una coda. Hibiki, la mia migliore amica, direbbe sicuramente che sono un incosciente cretina che si bagna perché le piace la pioggia. In realtà avrebbe ragione.

<< Cazzo, ma oggi dovevo passare da lei! >>

Prendo il mio cellulare, domandandomi perché mi sia dimenticata di una cosa così importante.

La chiamo, squilla.

<< Pronto? >>

<< Hibiki! >>

<< Mayo-chan! Dove sei?>>

<< Ehm... in un ristorante, o qualcosa del genere. >>

La sento sospirare pesantemente.

<< A mangiare a quest'ora del pomeriggio? >>

<< Ma no! Mi ci ha invitata un... >> Mi rendo conto di non essere sicura di volerglielo dire, ma oramai è troppo tardi << Un ragazzo. >>

Silenzio.

<< Hibi- >>

<< Chi è? >>

<< C..calma! È un modello, un certo Kise Ryouta >>

<< Quello biondo? Lo conosco! >>

<< Bene! >>

Allora non mentiva sul suo conto.

<< Ma come... dopo dovrai raccontarmi. >>

<< Se riuscirò a tornare sana e intera a casa, lo farò. >>

<< Non ti fidi? >>

<< Tu ti fideresti di uno che prima ci prova sul bus, poi fa finta di caderti addosso e dopo ancora ti porta a prendere una cioccolata calda in un posto appartato e alquanto deserto? >>

Silenzio.

<< B..beh, è una fortuna che tua sia riuscita ad attirare la sua attenzione! Non c'è nulla di male! Dai, respira! >>

<< Ah, non capisci... >>

<< Hai paura che ti stupri? >>

Mi blocco, ascoltando il silenzio che era calato tra di noi.

Come fa a saperlo? Cos'è mi legge nella mente?

<< Mayo-chan >> Inizia lei non sentendomi più << Capisco che tu abbia questa paura. Però attenta a non farti prendere dall'ansia! >>

<< Mi stai consigliando di andarci a letto?! >> Le sue parole mi lasciano assolutamente sorpresa.

<< Assolutamente no! Però... ho sentito spesso Kasamatsu parlare di un suo amico e so che forse è proprio quel modello. >>

<< Ma va.>>

<< Mayo-chan... sai quanto è affidabile Kasamatsu, quindi... >>

<< Ho capito! Cercherò di non trattarlo male. >>

Solamente perché so quanto sia affidabile la parola di Hibiki quando è sicura di una cosa.

<< Grazie! >>

<< Ciao! >>

E riattacco. Mi guardo un'ultima volta allo specchio e poi esco. Vedo in fondo al bancone Kise che parla amabilmente con un cameriere dai capelli castani e gli sorride solare. Chissà cosa stanno dicendo, chissà se posso fidarmi davvero. Il cameriere si accorge della mia presenza e mi lancia un'occhiata complice, sorridendomi per poi abbassare lo sguardo sulle bustine di diversa cioccolata in polvere. Kise ritorna al suo posto ed io anche, ma non riesco a capire che cosa sta succedendo e che strano piano ha in mente il modello. Non vorrà drogarmi... ho sentito spesso parlare di droghe pesanti che ti fanno girare la testa e perdere il senno. Che cosa vuole fare, questo ragazzo?

<< Tutto bene? >>

<< Benissimo grazie >>

Rispondo. Mi guardo nervosamente in giro. Mi viene la pelle d'oca al solo pensare a che cosa farebbe se mi abbandonassi a lui, con quelle mani grandi e affusolate e quegli occhi ambrati che brillano e con quel petto grande e sicuramente ben scolpito... devo smetterla di guardarlo.

<< A..allora. Cosa vi stavate dicendo tu ed il Castano? >>

<< Castano? >> Ripete, come se non capisse, poi si guarda intorno << Ah! Kenji-cchi! >>

Lo fisso, sbalordita, mentre sorride.

<< Kenji....cchi? >>

<< Aggiungo il suffisso -cchi ai nomi delle persone che conosco! Non trovi che sia carino? >>

Sbatto le palpebre e cerco di capire il perché di questa idiozia. Che cavolo cambia, perché deve storpiare così il nome di un povero ragazzo che non ha fatto niente di male? Perché!?

<< Ah, certo >> Biascico.

<< Se tu mi dicessi il tuo nome potrei farti sentire come gli donerebbe. >>

I suoi occhi sono diventati affilati, stranamente e deliziosamente maliziosi, il che mi fa ammirare quanto sia facile leggere i sentimenti di questo ragazzo.

<< Come fai ad essere sicuro che donerebbe al mio nome? >>

<< Me lo sento. Dona anche al Nishiyori-cchi, ma diventa troppo lungo, non trovi? >>

Un brivido mi passa per la schiena e faccio una piccola smorfia.

<< In effetti...>> Lo guardo di sottecchi. << Forse più tardi ti dirò come mi chiamo, se mi va. >>

<< Davvero? Grazie! >>

Ed i suoi occhi si illuminano ancora una volta, mentre il suo sorriso si allarga, lasciandomi per un attimo perplessa da tanta luminosità. Come fa?

<< Ecco a voi. >> Ci interrompe il cameriere, portando sue tazze che non riesco a vedere perché tiene il vassoio troppo in alto. << Una per te, Kise ed una per la signorina >>

E sorridendomi mi porge la cioccolata. Penso di non aver mai visto una cosa tanto bella in vita mia. La cioccolata emana un forte odore invitante che mi fa sentire a mio agio e mi coccola con la sua inaspettata dolcezza. La coppa da dove proviene il profumo è alta e grande, di vetro decorato da strane stelle argentee e grandi punti ambrati che lasciano intravedere il liquido scuro all'interno ed una cosa bianca alla fine... è panna. Anche in cima alla coppa, come una nuvola, c'è della panna montata, con granella di zucchero ed una cialda a forma di cerchio, con puntini di glassa di zucchero. Rimango estasiata e i miei occhi si congratulano con chiunque avesse fatto quel capolavoro.

<< Ehi, ti conviene mangiarla, sai? >>

Guardo Kise, con occhi sbranati. Forse è stato lui a chiedere tutto questo... ma che dico? Forse è semplicemente un diversivo per farmi abbassare la guardia. Forse... forse dovrei mangiare e farmi meno viaggi mentali. Come posso resistere a tanta dolcezza?

Prendo il cucchiaio e assaporo la panna soffice, non mi rendo neanche più conto di dove sono, i miei sensi entrano in uno stato di estasi completa.

<< Sei golosa, vero? >>

Annuisco senza guardarlo. Finisco la panna e poi bevo la cioccolata, mentre sento il suo sguardo su di me, ma non faccio nulla per evitarlo. Lui emette una risatina che mi mette buon umore. Continuo a bere, piano e con calma, mentre lui ha già finito, ma non me ne curo. Amo la cioccolata. Finisco e quasi di riflesso alzo gli occhi verso di lui, passandomi la lingua sulle labbra calde; lui sussulta. Lo vedo serio che mi guarda e si acciglia, per un attimo penso di aver combinato qualcosa di male.

<< C..che c'è?>>

Lui sorride, lasciandosi l'espressione corrucciata alle spalle. Poi prende un tovagliolo e mi pulisce l'angolo della bocca. Tipica cosa da fidanzati. Ma noi non lo siamo, questo mi fa sorgere dei dubbi.

<< Ti senti meglio, ora? >>

<< Si, grazie >>

<< Bene >>

Sembra così buono. La cioccolata mi ha fatto tranquillizzare un po' ed ora che sento i nervi calmi mi viene da pensare che forse l'ho trattato un po' troppo freddamente... così gli chiedo:

<< Conosci Kasamatsu Yukio? >>

Sussulta per la seconda volta e mi guarda serio, pulendosi la bocca con lo stesso tovagliolo che prima aveva usato per me. La cosa mi fa arrossire un po'.

<< Si! È il mio Senpai >>

<< Davvero? >>

<< Si. Siamo nella stessa squadra di basket, il nostro liceo ne ha diverse. >>

<< Kaijo, giusto? >>

<< Già. >>

Annuisco al vento, mentre ripenso alle parole di Hibiki. Kise è un amico di Kasamatsu il che lo etichetta tra le persone “frequentabili” per quanto ne so. Diventare amica di Kasamatsu per me è impossibile, perché non siamo compatibili né di carattere né tantomeno di abitudini, quindi il suo modo di fare per me è pressoché ignoto... ma se Hibiki si fida di lui, perché non darle almeno una volta retta?

<< Mi piace il kaijo è una bella scuola, anche in quanto ad estetica. >>

<< Si è vero. Però, la conosci molto... sei un'amica di Kasamatsu vero? >>

Alzo gli occhi allarmata.

<< No! Assolutamente! >>

Lui mi guarda serio, forse si sta chiedendo il perché di quella reazione immediata e nervosa. Non posso mettermi a parlare di Kasamatsu con lui, sarebbe un discorso immenso e molto complicato.

<< C..cioè, io non lo conosco neanche. Una mia amica, Hibiki, lo frequenta insieme a mia cugina, perché... beh, il perché non lo so esattamente >>

<< Forse a tua cugina piace il Senpai >>

<< Mh, probabile. >>

<< Ricordo di una ragazza piuttosto bella che mi chiese di lui, una volta... tua cugina ha i capelli corti e mossi? >>

Annuì, veramente sorpresa. Chissà quante ragazze lo seguivano o gli parlavano e lui si ricordava il volto di una semplice studentessa che gli aveva chiesto, poi, dove fosse il suo capitano. Strabiliante, considerando che io non ricordo neanche il nome del mio vicino di banco.

<< Si, me la ricordo. Ti assomiglia tanto. >>

<< Già, ma non ci parliamo più da molto ormai. >>

<< Perché? >>

<< Lei... è arrabbiata. Voleva che frequentassi il Kaijo, invece dello Yosen, ma io rifiutai >>

Kise mi guarda, ma io abbasso gli occhi iniziando a rigirare tra le dita un pezzo di tovagliolo con fare nostalgico. La storia di mia cugina è una di quelle che non ho raccontato per intero neanche a Hibiki, non avrei né forza né coraggio di mettermi a parlare proprio ora.

<< Ah, capisco. Succede a volte, ma spesso si risolve tutto subito. >> si girò ad osservare un attimo la strada e gli alberi << Piuttosto, consoci anche Murasakibara Atsushi? >>

Lo guardo piacevolmente sorpresa, non è stato invadente, si è fermato. Questo si che mi fa sentire meglio, mi da ascolto!

<< Chi? >>

<< È un tipo piuttosto alto, due metri e più, capelli viola, occhi ametista, sempre a mangiare... >>

<< Perché dovrei conoscere un tipo così? Non l'ho mai visto in vita mia >>

<< Ah, peccato, era tanto che non lo sentivo. Speravo venisse in classe con te. >>

<< Se lo riconosco gli dico che lo saluti. >>

<< No, non fa nulla, sicuramente non si ricorderà neanche di me. >>

Sorride in modo ironico, come se stesse pensando a quel ragazzo convalidando la sua precedente tesi.

<< Ok. >>

Lo guardo accigliarsi e, mentre ripiega con fare distratto il tovagliolino sistemandolo sotto alla tazza della cioccolata, mi domanda: << Scusami ma qui siamo molto distanti dalla Yosen, dove abiti? >>

<< Abito più vicino alla scuola di quanto sembra. Però ecco... ero in viaggio per andare da una mia amica che abita un po' più lontano, quindi... >>

Lui sembra capire tutto ed annuisce sorridendo. << Ah, capisco! Menomale, sarebbe stato molto pericoloso e snervante fare avanti e indietro tutti in giorni! >>

<< Già. >> Preferisco non continuare oltre a parlare delle mie abitudini o di me, quindi mi guardo intorno vedendo che è ormai tardo pomeriggio << Ehm, penso che sia tardi, sai? >>

<< Vuoi andare? >>

<< Preferirei si. I miei genitori mi danno degli orari ben definiti purtroppo... >>

In realtà gli orari dei miei genitori sono piuttosto liberi e poco definiti, ma parlare con lui mi fa sentire a disagio e in qualche modo finisce sempre per farmi parlare del mio passato. E questa cosa mi fa paura.

<< Ok >>

Usciamo dal locale con calma, lui saluta kenjicchi e poi mi accompagna alla porta. Evidentemente aveva pagato mentre io ero in bagno. Usciti fuori mi accorgo che il cielo è nuvoloso, ma che non piove. Lo guardo.

<< Beh, modello, ora vado. >>

<< Mh >> Mi porge la sua mano io la guardo con aria accigliata.

<< Che vuoi? >>

<< Dammi la mano! >>

<< Perché? >>

<< Devo darti una cosa >>

Appoggio la mia mano sulla sua che è molto liscia e fredda. Prende dalla borsa di scuola una penna iniziando a scrivere sulla mia pelle.

<< Che stai facendo? >> Non mi risponde e dopo pochi istanti mi lascia andare. Tiro via la mano e osservo i numeri scritti in modo chiaro e con un cuoricino – perfetto e carino – alla fine.

<< Chiamami quando torni a casa! >> Lo guardo stralunata. Nessun ragazzo mi aveva mai chiesto di chiamarlo. Cioè, io non ero mai stata con nessun ragazzo. Abbasso lo sguardo arrossendo dalla vergogna.

<< A..assolutamente no! >>

<< Perché? >> Si lagna.

<< P...piantala! Non lo farò mai... >> Cerco di togliere il numero strofinandomi la mano, ma niente. Non si sbiadisce neanche un po'.

<< Guarda che non si toglierà mai se non usi un po' di acqua... è penna indelebile >>

<< A... adesso basta! >> Lo supero camminando verso la fermata dell'autobus << Tornerò a casa, mi farò una doccia e questo numero se ne andrà via così io potrò tornare alla mia vita di sempre! >> Arrossisco non capendo neanche il perché di tanta vergogna, di tanta rabbia. Lui continua a seguirmi imperterrito. Mi giro sospirando e lui mi guarda sorridendo in modo furbo.

<< Perché, ti destabilizzo? >>

Il mio cuore perde un battito. Il mio volto arrossisce.

<< A...assolutamente NO. >>

E proprio in questo istante il bus si apre di fianco a me. Salgo con impazienza e da dentro la vettura lo vedo che mi guarda in modo triste.

<< Addio allora >> Sussurra. Io non rispondo. Il volto è tornato alla normalità ed anche il cuore, forse perché mi sento al sicuro su quell'autobus con una porta a dividermi dal modello.

<< Addio >>

E la porta si chiude, lasciandolo lì. Una tristezza infinita mi prende allo stomaco.

<< Basta, ma dico... non me ne frega più niente di quello lì! >>

 

 

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Capitolo 3
*** Notte e Shock ***



Premessa.
Scusate il ritardoooo! Ho avuto molti problemi con il pc, tanto che ne ho dovuto comprare uno nuovo, quindi ho dovuto sistemare un pò di cose... spero che il capitolo piaccia!
Ditemi le vostre impressioni, mi raccomando!
Grazie :*
-HK



-CAPITOLO 3: NOTTE E SHOCK-

 

Quando sono tornata a casa mia, quella sera, le luci erano spente, segno che nessuno era in casa e così mi sono lasciata alle spalle il Modello, facendomi una bella doccia rilassante. Dopo aver chiamato Hibiki ed essermi scusata per non essere più andata da lei, mi sono messa qui, sul letto dove sono ora, iniziando a fissare il soffitto bianco della mia camera.

Kise è sicuramente un bel ragazzo, un modello con i fiocchi, ma quel suo faccino perfetto è strano, qualcosa mi dice che non è quello che sembra.

Vorrei davvero togliermelo subito dalla testa, ma quel bastardo – posso dirlo, si – non se ne va, e la questione inizia a darmi non poco fastidio.

Mi rigiro nel letto morbido, poggiando la testa sul cuscino, mentre nella penombra della stanza osservo come la luce del mio telefono acceso brilli poco lontano da me. Forse avrei almeno dovuto mandargli un messaggio. Ma non lo sopporto, con quel faccino, quindi ho eliminato anche quell'orrenda scritta sul braccio che mi aveva fatto.

Ormai è troppo tardi.

Basta.

Mi sistemo a pancia in giù, mettendomi sotto le coperte ed abbracciando il cuscino, mentre sento quella sensazione di fastidio crescermi dentro, così la reprimo e chiudo gli occhi, iniziando a sognare.

 

 

“Mi rigiro tra le lenzuola, il collo impregnato di sudore, le coperte ammucchiate in un angolo.

Sento delle mani avvicinarsi poggiandosi ai lati del mio corpo. Mi giro a pancia in su, le mani salgono fino ad arrivare vicino al petto e il suo respiro di accarezza la pelle del collo. Kise porta la sua mano a toccarmi la vita, mentre lo sento salire dal collo agli zigomi. Il suo respiro è caldo, le sue mani sono proprio lisce ed affusolate. Scende e mi accarezza il ventre, mentre inzia a leccarmi i lineamenti del viso. Non riesco a vederlo, il mio corpo è come bloccato, sotto di lui. Riesco ad incarnare la schiena, riesco a percepire la sua mano che scende ad accarezzare le cosce.

Sento i brividi, il suo respiro pesante e poi il mio, irregolare.

Si avventa deciso sul mio collo, lo morde un po', poi scende e va via passando sulle clavicole ed arrivando al petto, coperto dalla maglia e dall'intimo.

Con la mano libera mi tira su il reggiseno, iniziando a giocare con i miei seni, mentre li sfiora leggermente con la punta del naso. Riesco solo a vederlo in penombra.

-Che succede...?

Mi chiedo, poco presente in me stessa. Riesco a percepire una sua mano tra le mie cosce, che sale, sale e sale più su ancora più su e...”

 

-AAH!

Mi alzo dal letto che fuori il sole è completamente alto nel cielo. Il respiro accelerato e la sudorazione consistente – che non dovrebbe esserci visto che fuori fa freddo – mi fanno capire che è stato solo un sogno.

Eppure mi sento molto stupida.

Il corpo infuocato, e la sensazione di fastidio in mezzo alle gambe mi fanno saltare i nervi, scendo dal letto come una furia, uscendo dalla stanza con velocità e chiudendomi in bagno senza guardare niente e nessuno.

-Non ci credo. Non può essere vero. - apro il getto della doccia – io non posso aver fatto una cosa come quella. Con lui. NO.

Mi spoglio degli indumenti in fretta, senza neanche guardarmi, mentre sento la voce di mi madre, che mi urla “Ehi, buongiorno eh! Guarda che è l'una!”

Alzo gli occhi al cielo, troppo arrabbiata per dire qualcosa ed entro in doccia.

-Dovrei davvero spaccargli la faccia. Davvero. Altro che numero. Quello non si merita nulla!

Il getto della doccia mi colpisce, facendomi rabbrividire. Quel sogno mi ha shoccata; io, che non sono mai stata con un ragazzo, ora sogno quelle cose con uno sconosciuto.

L'unica volta, ricordo molto bene, che provai anche solo a baciare un ragazzo – inteso come essere maschile, perché aveva dieci anni ed era al limite un bambino – finì così male, che lui non mi parlò più.

E come dargli torto.

A quel tempo portavo l'apparecchio e si sa che se la piastrina è un po' rialzata fa male e taglia. Io ormai ero abituata ad avere tagli in bocca, lui avrebbe dovuto immaginarselo, insomma, non l'ho mandato apposta all'ospedale!

Mi rigiro nella doccia, sciacquandomi i capelli, mentre un sorriso mi compare sulle labbra al ricordo della faccia di mia madre dopo quell'accaduto.

Io vivo con tre fratelli maggiori ed uno minore che però è spesso da mia nonna. E nessuno, dico, nessuno, di questi fratelli ha mai fatto nulla di sconsiderato, manesco, violento o particolare.

E poi sono arrivata io, che ho picchiato un bel po' di gente in terza elementare – autodifesa, intendiamoci! - e che sono sempre stata single e senza speranze di famiglia.

Mia madre era distrutta.

Ma con il tempo ci ha fatto l'abitudine.

Dopo essermi lavata, mi rendo conto che è possibile allontanare quel pensiero dalla mia testa, e come al solito preferisco metterlo lì, in un angolo del mio cervello, sperando di non vederlo mai più.

Questa storia deve finire, ora.

Non posso permettermi di sognarlo ancora.

Basta.

 

°°°

 

Come sempre, i giorni di vacanze settimanali finiscono subito ed il lunedì arriva più prepotente che mai. Oggi mi sono alzata molto presto, si potrebbe dire che non ho dormito per niente. Da quella sera in cui l'ho sognato, non ho fatto altro che farmi mille problemi anche solo per appisolarmi.

Cammino, quindi, sconsolata e infastidita per le vie della cittadina, dopo aver preso i mezzi. Tengo il viso basso e gli occhi socchiusi, così nessuno oserà guardarmi, anche se è molto presto e non c'è nessuno in strada.

Questo clima mi piace. Io odio la gente, la folla, specie nelle situazioni pubbliche come le metro o bus. In realtà odio in qualche modo anche la scuola, ma non posso dire di odiare i miei compagni. Non tutti almeno, perché ricordo che qualche filosofo, di cui non ricordo il nome, aveva detto che l'uomo era un animale sociale e che necessita di essere in rapporto con gli altri.

Quindi seguiamo il pensiero di gente famosa e illustre e parliamo con tutti, sorridiamo a tutti e non amiamo nessuno in particolare.

Varco il cancello quasi meccanicamente, passando accanto a gli alberi che ornano il cortile, mi dirigo in classe, ma noto che non c'è davvero nessuno.

Apro la porta, ascoltando il silenzio rilassante della scuola semi-deserta, ma rimango subito delusa entrando in classe. Tra i banchi vuoti, seduto in fondo, intento a leggere un piccolo manuale c'è un ragazzo moro. Mi avvicino quasi scocciata, avrei preferito restare un po' da sola.

-Ciao – Mi dice, alzando il suo sguardo verso di me, mentre io poso la mia borsa proprio al mio banco, davanti al suo.

-Ci conosciamo?

Gli chiedo, mentre lo fisso scettica. Lui sorride, chiudendo il piccolo manuale di etica.

-No, non sono di questa classe.

Io annuisco, sedendomi sulla sedia.

-E quindi perché sei qui?

Lui sembra avere sempre la stessa faccia. Noto solo ora che lo guardo dalla sua stessa altezza che ha un neo vicino all'occhio.

-Sto aspettando un amico, come tutti i giorni. E tu? Non ti ho mai vista arrivare così presto.

Io lo fisso accigliata.

-Non mi piace svegliarmi presto. Tutto qui. - cerco di sviare il discorso – Chi è questo amico?

-Murasakibara.

-Cosa?!

Dico quasi urlando, visto che quel nome non mi era nuovo. Anche Kise me ne aveva parlato. E lui ha detto che aspetta un suo amico, quindi deve essere davvero nella mia stessa scuola!

Potrei salutarlo per Kise.

Giusto per non avere debiti, non perché mi interessi.

-Lo conosci? - Mi chiede, poggiando i gomiti sul tavolo e poi il viso sulla mano.

-No, ma a quanto pare è famoso, lo conoscono in tanti o e una mi impressione?

Sussurro più a me stessa che a lui, ma ricevo comunque risposta.

-Si è molto bravo nel basket. Un personaggio particolare!

-Basket? Non farà mica parte della squadra...

-Si, certo. Non ti piace il basket?

Lo fisso per qualche minuto e lui mi guarda interrogativo, io distolgo lo sguardo, dandogli le spalle.

-No per nulla. Anzi, lo odio.

Lo sento che fissa da dietro, in modo penetrante, ma non mi va di parlare più e così mi accuccio sul banco, nascondendo la testa tra le braccia, chiudendo gli occhi. Lui sta fermo per un bel po', tanto che penso di averlo davvero shoccato, ma poi lo sento alzarsi e sospirare in modo quasi impercettibile – a qualcuno che non sia abituato ad usare bene l'udito.

Mi passa accanto e già sono pronta a mandarlo a quel paese dicendogli di lasciarmi stare, che lui allunga un mano e mi accarezza la testa in un gesto veloce e famigliare che mi lascia sorpresa.

-Comunque piacere, Himuro Tatsuya. Spero di rivederti.

E mi lascia, andandosene dall'aula. Alzo la testa piano, prima controllando con gli occhi da qualche fessura della mia gabbia da scuola – fatta di un intreccio sapiente di braccia e capelli scompigliati – per poi rimanere fissa a guardare la porta chiusa.

Sono confusa dal suo comportamento.

Però forse potrei ricordarmi del suo nome.

Himuro Tatsuya.




 

 

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Capitolo 4
*** E' sempre stato qui? ***


Premessa: Allora, premetto una piccola cosa come sempre. Il capitolo era venuto fuori di 5 o sei pagine, il che era troppo, quindi l'ho diviso in due, spero che vi piaccia!

Ringrazio tutti coloro che seguono/recensiscono/leggono la storia e coloro che l'hanno messa tra le seguite/ricordate/preferite!

Baci :*

 

 

 

 

CAPITOLO 4: E' SEMPRE STATO QUI?

 

 

Le lezioni iniziano un bel po' dopo la scomparsa di quel ragazzo, Himuro. Per tutto il tempo ho tenuto la testa bassa, poggiata sul banco, senza vedere o sentire nessuno. Ed ho sonnecchiato. Io la mattina non riesco a rimanere sveglia neanche se ci provo.

Quando tiro su la testa la campana è suonata e sento la voce di qualche compagno che urla: “In piedi”

Allora sono costretta anche io ad alzarmi per salutare il prof per poi rimettermi seduta.

In realtà continuo a dormire in piedi, perché non so neanche che professore abbiamo, finché qualcosa mi colpisce.

-Il mio nome è Kojiro, sono il vostro nuovo insegnante di fisica. Ora farò l'appello e ognuno di voi si alzerà in piedi e dirà qualcosa su di se... in questo modo impareremo a conoscerci.

Io alzo gli occhi dal banco e lo guardo perché non ricordo il volto del precedente insegnate. Alla fine la fisica è una materia che odio e con lei anche il professore, quindi probabilmente non cambierà nulla. Poggio la testa sulla mano e sento il prof scorrere la lista dei nomi. Le persone prima di me si alzano in modo fiero, composto e veloce, dicono subito il proprio nome e parlano di loro, mentre io li osservo e penso a cosa dovrei dire di me.

Forse qualcosa come “Sono pigra, amo dormire e odio la verdura”.

E se poi lui fosse un'appassionato di verdura? Non voglio scatenare la sua antipatia prima del previsto.

Dovrei provare con qualcosa del tipo “Sono una ragazza, mi piace mangiare e giocare alla play”.

Ma queste sono cose strane, così attirerei troppa attenzione. Mi domando perché tutta questa gente parli così tanto di se. Non si potrebbe solamente dire una parola? È così necessario indagare su di se?

Sto quasi per distrarmi ancora, ma sento qualcosa che mi colpisce.

-Il prossimo è... Murasakibara Atsushi.

Quel nome riecheggia nelle mie orecchie e colpisce il cervello come Gundam colpiva i suoi nemici.

Mi giro verso la figura che si alza, proprio dal banco accanto al mio e inizio a fissarlo probabilmente con un'espressione ebete dipinta sul volto. Ha i capelli lunghi per essere un ragazzo e li porta scapigliati che gli coprono a volte anche gli occhi ambrati. Dalla mia postazione sembra molto più alto della media, ha delle spalle enormi e altrettanto enormi solo le mani.

Sembra annoiato e risponde con tono atono e cadente.

-Sono Murasakibara Atsushi, faccio Basket.

E si risiede subito, ma il prof non lo lascia andare.

-Oh, Murasakibara! Ho sentito che sei formidabile nel tuo sport...

Lui lo fissa.

-Mmmh, si...

Il professore allora sorride e si appoggia alla cattedra, incrociando le braccia.

-Quest'anno ho sentito che c'è una nuova squadra molto forte, il Seirin... ci avete già giocato?

Lui sembra fulminarlo con lo sguardo.

-No -Dice solamente ed il professore sembra ridere sotto i baffi.

-Naturalmente non perderete, con Araki non si scherza!

E si libera in una risata schernente, quasi stesse prendendo in giro qualcuno. Mi fermo a pensare a quel nome, che in qualche modo mi suona famigliare, ma non ricordo molto a riguardo.

Murasakibara rimane in silenzio, forse annoiato ed il prof passa oltre. Il gigante allora lascia cadere le braccia lungo i fianchi, appoggiandosi in modo scomposto alla sedia, mentre io prendo a fissarlo e non riesco a smettere.

È sempre stato qui accanto a me?

Ed io davvero non me ne sono accorta?

Ma poi, è normale avere delle braccia così lunghe?

Naturalmente mi viene da pensare a quanto sia facile per lui giocare a basket con quel fisico. Non mi accorgo di star squadrando anche il suo corpo, oltre al viso, finché il prof non mi richiama.

-...Nishiyoshi-san? Vuoi ancora qualche minuto per fissare tutto il tuo compagno o puoi dedicarci qualche secondo di attenzione?

Io salto completamente dritta, facendo quasi cadere la sedia. Il professore sembra sorridere e dalla classe si eleva un bel brusio divertito. Io arrossisco un po'.

-N..no, mi scusi.

-Tranquilla, è normale. Dicci pure qualcosa di te.

“È normale cosa? Mi ha preso per una pervertita?!”

La classe sembra ridere sotto i baffi, le due ragazze davanti alla mia fila si scambiano battutine sicuramente stupide così mi faccio predente dall'istinto.

-Il mio nome è Nishiyoshi Mayori, sono silenziosa e odio le persone che non si fanno i fatti loro.

E mi permetto di fissare malissimo quelle due ochette bionde davanti a me, che, gelate, si girano alzando le spalle. Il professore osserva la scena, poi sorride.

-Molto diretta. Bene. Il prossimo è...

Mi rimetto seduta e tutti fanno finta di non seguirmi, poi sposto l'attenzione ancora verso il gigante viola, ma incontro il suo sguardo. Mi sento stranamente sotto pressione come se anche lui mi stesse ridendo dietro, anche se la sua faccia non dice nulla del genere, anzi è atona.

Di scatto sposto lo sguardo e fisso il mio quaderno, sentendo le gote andare in fiamme e non so perché.

“Quel professore mi ha fatto fare una figuraccia! Lo odio!”

Mi dico, poi sento che la ragazza davanti a me si alza, mentre il professore dice il suo nome, Okari Hashi.

Naturalmente non so chi sia, visto che non presto molta attenzione ai miei compagni, ma lei mi sembra piuttosto pallida e insicura. Ha i capelli neri legati in due codine basse, gli occhiali grandi che coprono gli occhi chiari – di non so quale colore.

-P...piacere, il mio nome è Hashi, sono originaria di Hokkaido.

Dice solamente ed io la guardo, come un po' tutti. Inconsciamente penso di aspettarmi qualcos'altro, ma lei rimase in silenzio così il prof passa oltre, chiamando l'ultimo dell'elenco.

Sono confusa, arrabbiata e non mi va di fare fisica.

In più Murasakibara continua a fissarmi insistentemente, la ragazza davanti a me è talmente pallida da sembrare un cadavere – mette angoscia solo a guardarla – e metà della mia classe ora mi ritiene pervertita, oltre che strana.

La giornata è iniziata malissimo, direi.

 

°°°

 

La fine delle lezioni mattutine arriva lentamente e al suono della campanella tutti i miei muscoli ringraziano chiunque sia lì su nei cieli. Murasakibara è spiaggiato sul banco con la testa abbassata proprio come se fosse morto. E come dargli torto.

Mi stiracchio sulla sedia, tirando indietro le braccia quanto mi è possibile e mi sento meglio. Fisso il Gigante, vorrei dirgli qualcosa, magari salutarlo per Kise, ma non so come attaccare bottone. In realtà non l'ho mai fatto con nessuno e mi rimane piuttosto difficile. Per questo prendo in considerazione l'idea di ignorare lui e la richiesta di Kise, ma la cosa non regge per molto, perché dalla porta della classe entra proprio il ragazzo di questa mattina, Himuro.

Faccio finta di non vederlo ed apro il mio pranzo, ma lui mi chiama.

-Ehi.

Dice, ed io sono costretta a girarmi. Il gigante si tira su e lo fissa anche lui, poggiandosi sull'avambraccio.

-Muro-chin, vi conoscete?

Io fisso il moro e cerco di essere educata per non so quale motivo -Ciao.

Dico con un breve cenno del capo. Lui sorride di poco e guarda l'amico.

-Ci siamo conosciuti questa mattina presto, prima che arrivassi tu, Atsushi.

Io li fisso e penso che per chiamarsi per nome si devono conoscere davvero bene. Atsushi mi guarda ed io sorrido, per quel che riesco.

-Anche tu arrivi presto come lui?

Mi chiede -No, non sono stupida.- Mi fissano ed io sono costretta a correggere il tono acido involontario -Cioè, di solito non vengo così presto perché mi annoierei e perderei importanti ore di sonno.

Himuro prende una sedia e la gira, sedendosi tra il mio banco e quello di Murasakibara.

-Infatti non ti ho mai vista la mattina.

Io inizio a mangiare facendo spallucce. Vedo Murasakibara che mi fissa così inizio a fissarlo anche io.

-Ah, Atsushi, questo è il tuo pranzo

E gli porge un bento piuttosto gigante, anche se mi viene da pensare che sia proporzionato alle sue dedizioni.

-L'hai cucinato tu?

Domando io ed il moro sorride imbarazzato. -Oh, no no. Non cucino così bene... l'aveva solante dimenticato a casa sua e così gliel'ho portato.

Mi infilo un calamaro in bocca -Sei gentile.

Dico, ma in realtà penso che sia stupido prendersi tante responsabilità per gli altri.

-Muro-chin a volte sembra mia madre...

Mi viene da ridere. Himuro lo guarda imbronciato, anche se le sue espressioni non sono così chiare, infatti non riesco a capirle bene come mi capitava con Kise.

-Ehi, è un complimento spero...

Il gigante fa spallucce. Allora io riprendo a mangiare ed il mio sguardo cade per sbaglio sulla figura seduta davanti a me, quella ragazza mora dell'appello.

È seduta con le mani sul petto, da un lato del banco e guarda dalla nostra parte furtivamente, tanto che quando incontra il mio sguardo lei sembra trasalire e si gira altrove.

Io rimango ferma mentre mastico e Himuro segue il mio sguardo fino a lei, poi di nuovo verso di me.

-La conosci?

-No, è la prima volta che la guardo.

Murasakibara ci interrompe. -Ma viene in classe con noi?

Himuro aggrotta le sopracciglia -è una compagna dall'inizio dell'anno e non te ne ricordi per nulla?

Lui scrolla le spalle – Non devo ricordarmi di persone così

Io mi immetto, mentre finisco il mio pranzo -è una cosa così strana?

Himuro mi guarda sorpreso -Anche tu non te ne ricordavi?

-Ehm... no

Incontro lo sguardo di Atsushi, che mi guarda dalla sua sproporzionata altezza e dice: -Visto Muro-chin?

Il moro ci guarda sconsolato.

-Non pensavo che esistesse qualcun altro così

Dice, ma tutti lasciamo correre.

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Capitolo 5
*** Sfide, promesse, dichiarazioni ***


Premessa 
Ho deciso che sposterò il mio angolo di autrice qui sù.... non so, mi piace di più e mi ricordo mi mettercelo hahaha.
Come state passando le vacanze? Io male, perchè ho tanto di quello studio indietreggiato che non ho il tempo di dedicarmi a null'altro... infatti scusate l'aggiornamento lento T_T
Cooomunque... ecco a voi il capitolo, spero vi piaccia! 
-HK


 

CAPITOLO 5: SFIDE, PROMESSE, DICHIARAZIONI.

 

 

Il silenzio regna per pochi secondi, tanto da potermi dare l'occasione di chiedere a Murasakibara:

-Senti, ti ricordi di Kise Ryouta?

Lui si gira di scatto e mi guarda atono annuendo mentre mangia. Himuro sembra interessato, che lo conosca anche lui?

-Io... - prendo fiato, cercando di non agitarmi troppo - Cioè, l'ho incontrato e mi ha detto di salutarti.

-Kise-chin è sempre il solito stupido...

Dice cantilenando ed io soffoco una risata, coprendomi la bocca per non sputare il riso.

-P..perché?!

-Lo è e basta, lo so!

Io lo fisso, sorridendo. -Ma dai, vi conoscete da così tanto?

Himuro si intromette. -Andavano alle medie insieme.

-Ah, giusto

Dico, ricordando che Kise me ne aveva parlato al bar. Chissà se sapesse che bella risposta mi ha dato il suo amico cosa farebbe. Probabilmente si lamenterebbe insistentemente, si.

-Sei la sua fidanzata?

Mi domanda Murasakibara, guardandomi.

-Cosa? No. Ma ti pare? Perché dovrei?

Dico, agitando le mani davanti al viso, con forza. Himuro sorride.

-Perché Kise-chin ha avuto molte ragazze anche più belle di te.

La sua ultima affermazione mi suona come un insulto, ma non so se farci molto caso. Infondo vorrei sapere di più sul pettegolezzo, quindi cerco di non litigare. Alzo un sopracciglio e mi poggio con il gomito al banco.

-Ah si? E com'erano queste ragazze?

-Erano ragazze.

Dice solamente, senza guardarmi. Ma che razza di risposta è? Guardo Himuro in cerca di spiegazioni e lui mi rivolge un sorriso tirato.

-Scusami, non so molto su di lui. Però so che è un bravo modello, potrebbe essere per questo...

-Mah, quindi le solite bellezze alte, formose e accondiscendenti.

-Probabile.

-Siete così prevedibili a volte.

Dico, anche se la mia doveva essere una riflessione tra me e me. E sarebbe stato meglio se lo fosse stata, perché entrambi mi guardano fissi, specie il Gigante.

-Che c'è?

Domando, sentendomi in imbarazzo.

-Voi siete più complicate...

Dice Atsushi, imbronciandosi improvvisamente.

-Noi donne? Non è vero. Siete voi che siete stupidi

Rispondo istintivamente, fiera e infastidita. Io ce li ho messi i buoni propositi, ma se lui è così odioso...

-Noi non siamo stupidi.

-Si invece

-No invece

-Si

-No

-Si

-No

-Si

-Basta, per favore.

Entrambi ci fissiamo intensamente negli occhi, mentre Himuro sospira pesantemente.

-Andiamo, Atsushi, sono sicuro che lei non è così complicata no?

-E invece lo è.

Ribadisce lui, continuando a guardarmi negli occhi. Io annuisco.

-E se io sono complicata tu sei stupido.

-Ehi, dai, Atsushi è molto bravo in Fisica...

Prova a dire Himuro. Io non lo guardo, ma resto concentrata su quegli occhi così ostinati.

-Sicuramente copia.

Himuro sembra emettere una risata bassissima.

-Non è vero. Sei gelosa...

Dice, io mi giro anche con il resto del corpo, nella sua direzione.

-Gelosa? Non è così! Io semplicemente non ti credo...

-è la verità!

-Dimostramelo...

Dico senza pensarci e Atsushi sembra emettere un gorgoglio interno. Poi si gira verso Himuro e lo fissa accigliato e infastidito.

-Muro-chin, studiamo tutti insieme per il prossimo test.

Dice, io li guardo. Il moro mi rivolge un'occhiata.

-Va bene...

-Ti faccio vedere.

Mi dice il Gigante viola, io annuisco.

-Sfida accettata.
 

°°°
 

La giornata passa in fretta e presto arriva la sera.

Murasakibara è stato in silenzio tutto il giorno ed ha sonnecchiato sul banco. Poi mi ha raccontato che il pomeriggio ha le attività del Club di Basket insieme ad Himuro ed ancora che probabilmente è lo stesso per Kise. Io gli ho risposto che di Kise non me ne frega nulla, ma lui sicuramente non ci ha creduto.

Mi dirigo svogliata e stanca verso l'uscita di scuola, dopo esser rimasta per riprendere quel compito che alla fine non avevo consegnato.

“La professoressa di Italiano dovrebbe essere soppressa... perché esistono persone del genere?”

Mi sistemo la gonna lisciandola con le mani ed inizio a camminare. Davanti a me, sotto le scale, intravedo la figura di Himuro, appoggiato al muro. Il primo istinto che ho è quello di chiamarlo, ma le parole mi muoiono in gola. Mentre curiosa avanzo, vedo che le sue attenzioni sono rivolte ad una ragazza.

“Non la vedo bene, da qui”

Mi faccio avanti di poco, così intravedo qualcosa. “Non è possibile...”

La ragazza che oggi ci fissava, quella dai capelli neri, tiene le mani sudate chiuse in una morsa tra di loro, vicino al petto. Le sue guance sono leggermente rosse, il suo respiro è irregolare, posso sentirlo da qui.

“Si sta dichiarando forse?”

Non so per quale motivo, ma la cosa mi infastidisce.

“Beh, proprio in mezzo al corridoio... bello schifo, dico io. Ma anche lui che lo permette...”

Sto per girare i tacchi e andarmene, visto che vorrei evitare di finire in una situazione imbarazzante, data l'atmosfera strana che c'è tra i due, che sento Himuro chiamarmi.

-Ehi!

Faccio finta di non sentirlo, palesemente, come a volergli dire “Sta zitto, non cercarmi, parla con la tua bella e lasciami vivere in pace”. O almeno spero che il concetto che passi sia questo, perché sarebbe brutto se capisse altro, per esempio che ho problemi d'udito, il che non è vero, ma renderebbe tutto più imbarazzante.

-Mayori!

Il mio cuore perde qualche battito quando vengo fermata dal moro che in un batter d'occhio si è portato accanto a me e mi ha bloccato tirandomi per il polso.

“Ma quando è arrivato? È velocissimo...”

Poggio istintivamente la mano sulla sua, che tiene stretto il polso e non accenna a volerlo lasciare.

“Oh, ho il fiatone. Senza rendermene conto mi sono messa a correre...?”

-Ehi...- dice lui, con un'espressione dolce in viso -Fermati, ti prego.

Il suo tono è così tranquillo, nonostante abbia un po' di irregolarità dovuta alla breve corsetta, che non credo di essere in grado di sostenerlo.

-Che... che vuoi?

Gli domando. Improvvisamente mi sembra di essere nel torto. -Ti ho vista, prima. Non volevo che scappassi... ma non mi hai sentito, mentre ti chiamavo?

Quella domanda mi manda in confusione. -Ti ho sentito, si, ma non mi pare carino abbandonare una ragazza nel mezzo di una dichiarazione per inseguirne un'altra.

Lui rimane sorpreso. “Quasi quasi sembra provare delle emozioni anche lui.”

-Dichiarazione...? Ah, ho capito!- Le sue labbra si increspano in un sorriso, forse più sentito degli altri -Non era una dichiarazione, stavamo solamente parlando.

-Parlando?

Ripeto. Mi sembra impossibile. So quello che vedo e quel modo di fare della ragazza non era quello di qualcuno che sta parlando del più e del meno come se fosse a casa sua a giocare a carte con suo nonno.

-Si, mi stava raccontando di quanto tu, Mayori, fossi brava negli sport scolastici...

Io alzo un sopracciglio. -Ma davvero?

-Certo.

“Qualcosa non mi quadra. Quella come fa a sapere di me? E perchè poi...”

-Senti, Himuro, vorrei mettere in chiaro una cosa, ora che siamo qui...- Mi guardo intorno - Io non voglio mettere il naso negli affari di nessuno, anzi, vorrei essere lasciata in pace. Nel senso che...

Esito un po', non trovando le parole adatte ad esprimere un concetto che forse è ancora troppo vago persino nella mia mente. Lui sorride, io lo guardo sorpresa.

-Lo so. Vorresti avere la tua tranquillità ed i tuoi spazi.

Io rimango letteralmente a bocca spalancata. Forse è il primo che capisce cosa voglio dire senza che io lo dica.

-Però... Mayori, mi dispiacerebbe non poterti sentire più. Infondo devi venire ancora a studiare con noi, giusto?

Il mondo mi cade addosso. -Ah, Murasakibara....- Lui sorride -Quell'odioso... certo che vengo a studiare, sia mai che mi perdo la sua disfatta.

Il moro sembra sollevato, io mi sento appesantita. Il suo sorriso svanisce piano piano, il suo unico occhio visibile mi fissa, come se stesse cercando di capire qualcosa. E potrebbe anche farcela. Abbasso istintivamente lo sguardo, notando che la sua mano tiene ancora il mio polso. Sto per dirgli qualcosa, ma lui mi precede.

-Dovresti tagliare i capelli, così i tuoi occhi si vedrebbero meglio...

Io arrossisco involontariamente. -I miei occhi stanno bene dove sono, grazie. E... potresti lasciarmi?

Il mio tono sicuramente mi ha fatto passare per una ragazzina imbarazzata ed impacciata, tanto era tremolante.

“Ultimamente non ho autocontrollo. Devo chiamare Hibiki prima che perda me stessa”

Lui lascia velocemente la presa, io massaggio il polso. -Grazie.

-Scusami...

-Niente. - Mi affretto a dire e mantenendo gli occhi bassi, mi giro di poco. -Io... ora vado via.

Lui serio mi guarda.

-Ciao.

-Ciao.

Faccio per girarmi, ma mi blocco perché mi richiama.

-Ah, Mayori, posso avere il tuo numero di telefono?

Il mio viso si colora di un rosa acceso, lo guardo accigliandomi.

“Dovrei liberarmi del mio telefono e dire a tutti che non ce l'ho. Almeno eviterei guai!”

-Perché?

Chiedo scettica, mentre inconsciamente stringo le mani sul laccio di pelle della borsa.

-Per organizzare il pomeriggio di studio. L'esame è tra poco.

Il suo sguardo è tranquillo e sereno, il viso leggermente piegato a destra e una mano poggiata sul fianco. Io non provo nessun tipo di ostilità nei suoi confronti ed in più è un mio compagno di scuola, che male potrebbe fare?

-Va bene.

Lui sorride, prendendo dalla tasca esterna della sua borsa il telefonino. Gli detto velocemente il numero con il cuore in gola, per qualche motivo che neanche io so.

-Va bene, ti scrivo entro questa sera. Cerco di organizzarmi con Atsushi...

Distolgo subitolo sguardo e annuisco, senza dire nulla. Lui alza la mano in segno di saluto.

-A presto- Dice sorridendo.

Io lo guardo e sorrido in modo tirato.

-Ciao...

E mi giro, quasi correndo verso l'uscita. Himuro non mi mette a disagio come Kise, non a quei livelli. Il suo sguardo non è chiaro come quello del modello, non risplende, non ti legge dentro, ma è dolce e sapiente. Himuro è ambiguo e la sua faccia ha delle emozioni preconfezionate.

Però è sveglio, acuto ed intelligente.

Potrebbe essere un amico molto affidabile.

O un nemico terribile.

La prima cosa che farò, tornata a casa sarà raccontare tutto ad Hibiki e chiederle consigli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Puzzle ***


Premessa.

Allora, ecco qui un altro capitolo... ho aggiornato così presto perché ho avuto un'ispirazione improvvisa ed ho anticipato qualcosa anche per il prossimo capitolo. Anzi, penso che questo sia un po' noioso perché è di passaggio, un po' come la tessera di un puzzle che di per se non ha molto significato, ma in seguito prende forma nel “quadro generale”. Vi renderete conto di quanto serva xD Comunque spero che vi piaccia... e questa volta ho scritto qualcosina anche sul passato di Mayori, giusto una riga, perché da ora in poi verrà fuori tutto... non so se è nascosta o meno, magari qualcuno di voi la trova al primo sguardo hahaha

Fatemi sapere :D

-HK

 

 

CAPITOLO 6: PUZZLE

 

 

 

Percorro la strada con la testa fra le nuvole. Prendo subito l'autobus mezzo vuoto e mi siedo in modo composto. Alzo gli occhi davanti a me, dove non c'è nessuno seduto.

“Qui è dove ho incontrato Kise...”

La mia mente ritorna indietro nel tempo, come dei flash i ricordi mi assalgono facendo cambiare il mio stato d'animo ed il mio ritmo cardiaco.

“Forse non avrei dovuto cancellare il suo numero” Per un attimo sento una morsa allo stomaco, una sensazione che non riesco ad identificare. I suoi occhi li ricordo così bene che per un secondo mi sembra davvero di averlo qui davanti. Rabbrividisco prepotentemente.

“Al diavolo, devo distrarmi” Giro lo sguardo ed osservo il panorama fuori dal finestrino. La notte è scesa velocemente ed ora il cielo si è tinto di colori molto scuri, che non riflettono nulla.

“Il vagone è quasi vuoto, potrei chiamare Hibiki, chissà che cosa sta facendo ora.”

Prendo il telefono e la chiamo.

-Pronto?

La sua voce è tranquilla, sospiro.

-Ciao, sono Mayori.

-Si, lo so che sei tu.

-Ah... certo.- sollevo gli occhi al cielo e mi do della stupida.

-Allora, che mi racconti?

-Te l'ho detto, no? Che ho incontrato quel tipo, Murasakibara, il mio vicino di banco.

-Si, ho letto ora il messaggio... sono contenta, ora potrai dirlo anche Kise.

Il mio cuore perde un battito e faccio silenzio.

-Mayo-chan?- Cerco di dire qualcosa, ma non mi viene in mente nulla e come previsto lei capisce tutto dal mio silenzio -Hai cancellato il suo numero?!

-Senti, non è che ero costretta a tenerlo, lui... lui è uno sconosciuto e...

-Uno sconosciuto che ti interessa! E che è stato gentile! E che non è poi così sconosciuto!

Abbasso il capo, nascondendomi tra i capelli -Lo so, lo so, è amico di Kasamatsu.

-Mayo-chan, ora chiederò a Kasamatsu se mi può ridare il numero di Kise.

Io sobbalzo. “NO, dopo tutta la fatica che faccio per dimenticarlo!”

-Cosa...? No!

-Invece si. Ed ora raccontami di Murasakibara.

-Ehi, da quando sei diventata così prepotente?

La sento ridere. La risata di Hibiki è il suono più bello che io abbia mai sentito in tutta la mia vita.

-Non sono prepotente, ti voglio bene. E sopratutto ti conosco, tu ed il tuo grande difetto di mentire a te stessa.

Storgo le labbra e sorrido. “è vero, ma ora non sto facendo nulla del genere... credo”

“Già, lei invece è sempre sincera con te stessa. Chissà come fa”

-Vaaa bene. Ti racconto.

Ed inizio a raccontarle tutto.

 

°°°

 

Quando arrivo a casa il telefono è quasi del tutto scarico, così lo butto sul letto e mi cambio, mettendo il mio pigiama di cotone. Ogni notte, da quando ho memoria, devo andare a dormire gelida, altrimenti soffrirò il caldo per tutto il sonno. Per questo indosso una camicia da notte senza maniche nonostante faccia freddo. Mi piace stare a contatto con le lenzuola.

Mi sistemo quindi sotto di esse, non coprendomi troppo, metto a caricare il telefono, ma appena lo poggio sul comodino sento che vibra.

“Chi è?”

Controllo i messaggi e compare un numero non salvato. Apro il messaggio molto curiosa, spostandomi i capelli ribelli da davanti gli occhi.

Ciao Mayori, sono Himuro Tatsuya, spero che tu ti ricordi di me!

Volevo chiederti se ti andava bene vederci

tra tre giorni a casa mia dopo le lezioni, per studiare. Fammi sapere,

Himuro.

Sorrisi nel leggere la prima riga. Se fosse stato un ragazzo qualsiasi probabilmente non me ne sarei minimamente ricordata. Ma che poi perché avrei dovuto ricordarmene? I ragazzi sono tutti uguali, bene o male. C'è chi da a vedere delle cose, chi invece no. Ed è una grande stupidata dire “Lui è speciale” perché non è vero.

Per questo l'amore frega tutte le ragazze della mia età.

Dicono che lui è speciale, che non fa pensieri sconci, che non gli farebbe mai del male. E poi scoprono che tutti fanno cose sconce e che se succede qualcosa chi è pronto a ferirti è proprio colui che ti è più vicino.

“Mi è capitato tante di quelle volte con le amiche che oramai ho perso il conto”

Mi rigiro il telefono tra le mani ed il mio sguardo vaga indeciso sulla coperta.

“Dovrei fidarmi? Dico, dovrei avvicinarmi a questa gente? Io... non sono sicura.”

L'immagine di Himuro che parlava con quella ragazza mora mi torna alla mente. Himuro è un bel ragazzo, alto, atletico. Sembrerebbe il perfetto dongiovanni, quello che fa sesso e che passa in rassegna chiunque gli sia vicino.

“Però io non vado a casa sua per lui. Ci vado per Murasakibara!”

La mia espressione si trasforma in di puro divertimento. Prendo il telefono e scrivo.

Ciao Himuro... o dovrei chiamarti Tatsuya? Ho visto che usi il mio nome.

Mi ricordo di te, a malapena però!

Tra tre giorni va benissimo, poi gradirei che mi spiegassi dove abiti di preciso.

Intanto salvo il tuo numero.

Salvo il suo numero ed aspetto un bel po' tanto che penso di tornare a dormire. Evidentemente non è davanti al telefono, il che mi fa pensare che non gliene importi nulla della conversazione

“Classico atteggiamento da stronzo”

Poi ancora la vibrazione e scatto a vedere, curiosa di leggere.

Non ti sei presentata, ricordo il tuo nome per sentito dire, perdonami.

Se ti è più facile Tatsuya va benissimo.

Ti spiegherò tutto con Atsushi, domani a scuola... spero di incontrarti domani mattina.

Il mio cuore sobbalza di poco, leggendo.

Nishiyoshi Mayori.

Come preferisci, per me è uguale.

Il tuo nome mi piace, userò quello... te l'ho detto, non mi piace svegliarmi presto.

Poggio il telefono sul comodino ed in attesa di una risposta mi adagio sul cuscino. Guardare il soffitto concilia il fluire dei pensieri ed alcune volte il sonno. Himuro è così diverso da Kise, anche esteticamente. Mi viene da ripensare alle parole di Hibiki, che mi rimbombano in testa.

Ora chiederò a Kasamatsu se mi può ridare il numero di Kise

Io non ho problemi di solito con la gente, cioè io lascio perdere tutti e tutti lasciano perdere me, ma se quel modello dovesse avvicinarsi di più... Mi rigiro su di un fianco di scatto, sentendo un formicolio invadermi le interiora, opprimendomi il respiro. Chiudo gli occhi per riacquistare il controllo di me stessa, ma lentamente il sonno si impossessa di me, facendomi cadere in un sonno profondo.

 

Le luci sono soffuse, la camera è in penombra, tutto avvolto da un'aria di mistero e di tranquillità. Sento il mio respiro, il mio petto si alza e si abbassa con regolarità. Vago con lo sguardo, sono sdraiata d'un fianco sul mio letto, ma sento calore dietro di me. Osservo il braccio che mi tiene stretto la vita, la mano bianca e affusolata che mi tocca l'inguine, poi risalgo e cerco di girarmi, ma sento il suo respiro sul collo. Emetto un gemito strozzato, che rimbomba nella stanza. Le sue labbra si posano sul mio collo, iniziando a tracciare scie di fuoco, leccano il lobo dell'orecchio, i lineamenti del viso. Mi contorco, ma il suo braccio mi tiene ferma contro il suo fisico asciutto. Cerco di muovere le braccia, tocco la sua pelle calda ed un brivido mi pervade. Poi lui mi fa girare, si sistema sopra di me, fissandomi nella penombra della stanza. Le sue labbra scendono a leccare le clavicole, più giù, spostando la camicia da notte, la sua mano mi accarezza l'interno coscia, emetto suoni sommessi, mi contorco sotto al suo tocco. Continua per ore, mi accarezza il ventre, poi si intrufola sotto al reggiseno, le sue mani sono calde ed ora lo è anche il mio corpo. Inizia a giocare con i capezzoli, ne prende uno tra le dita e lo tira, io chiudo gli occhi...”.

 

-AAAH!

Mi alzo di scatto dal letto, con il cuore a tremila.

“Ok, ok, che diavolo è successo!”

Il respiro mozzato, il collo imperlato di sudore, le mani tremolanti. Cerco di riprendere fiato, annaspo nel buio e mi precipito ad aprire la finestra, facendo entrare aria e luce. Inspiro, espiro, inspiro, espiro.

“Calma, calma”

Il respiro si normalizza, tornando ad essere quasi stabile. I miei occhi capiscono che è l'alba dalle luci del cielo e mi saltano istantaneamente i nervi.

“è successo di nuovo. Ancora. Non è possibile.”

Mi sento così stupida, così cretina, così deficiente, che per un attimo mi viene da piangere. Poi ributto subito indietro le lacrime, aggrottando le sopracciglia. Rimango ferma davanti alla finestra, anche se rischio di ammalarmi.

“Non credevo di poterlo dire davvero, ma... voglio andare a scuola.”

Mi catapulto a prendere i panni e poi in bagno, per una doccia veloce. La scuola è la mia unica salvezza.

 

 

°°°

 

La giornata passa velocemente. Ho aspettato, questa mattina, che arrivasse l'ora giusta per entrare fuori al cortile della scuola. Semplicemente mi sentivo troppo strana per incontrare anche Himuro e non avevo voglia di parlare con nessuno. Ho passato la mattinata a guardare il cielo, seduta su di una panca fredda ed il restante tempo del pomeriggio sempre a fissare il cielo seduta sul mio banco scolastico. Murasakibara non è venuto a scuola, così ho ringraziato il cielo e mi sono rilassata.

Ora cammino per tornare a casa, sono quasi fuori dall'edificio che vedo passare, qualche metro più in là, la squadra di basket.

Rimango ferma per un po', vedo che tutti sono intenti a parlare tra loro. Faccio scorrere gli occhi sui loro fisici, sembrano enormi gorilla. Sono altissimi, le loro spalle sono gigantesche in confronto a chiunque altro e la loro prestanza fisica sembrerebbe fuori dal normale. Naturalmente ho sentito parlare molto di loro, come tutti quelli della scuola.

“La verità è che almeno un po' il basket continua a piacermi”

Mi dico e di riflesso abbasso gli occhi, pronta per andarmene, ma sento qualcuno che mi chiama, ancora una volta, il che mi fa alzare d'istinto gli occhi al cielo.

-Nishiyoshi-san!

La voce è femminile, così mi giro curiosa. La ragazza mora, che parlava – si dichiarava – ad Himuro mi corre incontro. Noto che è prosperosa e che i suoi occhi verdi sono grandi e dolci. Si ferma poco lontano da me, io non dico nulla.

-Ciao

Mi dice, io la saluto con la testa. Lei mi sorride, dolcemente. Ha un sorriso molto più bello del mio, ma solo quello però.

-Come stai?

Io mi sistemo la borsa sulla spalla. -Sto bene. Stavo cercando di tornare a casa.

“e tu mi stai fermando inutilmente”

-O..oh, si, scusami, ti sto fermando inutilmente!

Io sobbalzo. “Mi ha letto nel pensiero?”

Scuoto la testa, quasi come se mi dispiacesse dirle che è vero. Lei si stringe nelle spalle, guardando altrove.

-Senti... volevo chiederti una cosa...

-Cosa?

-Un... si, dico, un pomeriggio ti va di vederci?

Io rimango letteralmente basita.

-Perché dovremmo vederci?

Non so se lei ha oppure no amici in classe, non me lo ricordo, ma la cosa mi suona strana. Ecco, anche perché non ricordo neanche il suo nome!

Lei sembra imbarazzata e arrossisce un po'.

-Perché... beh, vorrei conoscerti meglio. Ti ho vista mentre torni a casa e noi due abitiamo davvero molto vicine è un peccato che non ci siamo mai frequentate in questi anni... tu, Nishiyoshi-san, sei una persona così carina!
Mi sento onorata dalle sue parole, ma ancora di più da quegli occhi così espressivi e limpidi. Sono così particolari che sembrano parlare di lei da soli.

-Non sapevo che tu abitassi vicino a me.- Guardo altrove, indecisa -Magari possiamo iniziare tornando a casa insieme. Io non amo rimanere a scuola per troppo tempo.

Lei sorride -Certo! Mi farebbe piacere!

Io annuisco, poi faccio per girarmi. -Allora, ciao.

-Ciao!

Mi dice, sempre con quella sua aria dolce. Potrebbe stare davvero bene con Himuro, hanno la stessa tranquillità apparente. Mi giro ed inizio ad avviarmi al cancello, tornando a casa.

 

°°°

 

I giorni sono passati in tranquillità visto che Murasakibara non è venuto a scuola e Himuro è stato sapientemente aggirato. Anche Hibiki non si è fatta sentire, forse non ha avuto tempo di vedere Kasamatsu o ha avuto problemi con i famigliari. Hibiki è così diversa da me. Nonostante io abbia una famiglia più che completa, non amo farne parte attivamente, anche se voglio molto bene ai miei genitori ed ancora di più ai miei fratelli. Lei invece ha una famiglia disastrata, sua madre è scappata di casa quando lei era ancora piccola, suo padre è un bambinone non cresciuto e lei è costretta a badare a suo fratello di cinque anni ed anche a suo cugino di tre mesi.

“E in più lavora par-time per una caffetteria. Terribile”

Penso, mentre scendo le scale della scuola per tornare a casa. A volte le mando anche io dei soldi, per quel che posso, ma lei non accetta mai grandi aiuti da nessuno. Così ogni volta è una storia per far si che non me li rispedisca.

Arrivata agli armadietti mi fermo a cambiarmi le scarpe, ma svolazza, cadendo a terra, un bigliettino. Mi abbasso e lo leggo. La calligrafia è ordinata e precisa, anche se si nota che non è giapponese. C'è scritto un indirizzo ed un orario – tra venti minuti – con una firma.

“Himuro Tatsuya” Leggo a mente, poi aggrotto le sopracciglia “Mi ero dimenticata che oggi dovevamo vederci... ma se Murasakibara sta male...”

Mi cambio le scarpe, esco da scuola e mi metto alla ricerca dell'indirizzo tramite il web, così imposto il navigatore del telefonino e mi dirigo a casa del moro.

“Sicuramente anche Murasakibara sarà lì. Me lo sento.”

Guardo il cielo, visto che sta scendendo già la sera, con i suo colori scuri. L'ansia mi assale.

“Lo spero...”

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Capitolo 7
*** Appartamento ***


 

Premessa.

 

Ecco il nuovo capitolo. Ho cercato di allungarlo, però non so se sono riuscita a mantenere lo stesso stile scorrevole... fatemi sapere. Un'altra cosa che vorrei dirvi è che in questo capitolo ho volutamente messo insieme alcune (non molte, eh) azioni che possono sembrare contraddittorie, come per Himuro, ma non vi spaventate non sono impazzita, è che se penso a lui mi viene in mente una persona un po' ambigua o contradditoria, no? Ditemi che non sono l'unica che vede Himuro così vi prego >_<

Vaaaa bene, insomma, buona lettura :)

 

-HK

 

 

 

 

CAPITOLO 7: APPARTAMENTO

 

Arrivo con venti minuti di ritardo a casa di Himuro. Cioè, sono qui, davanti ad un palazzo alto, moderno, impeccabile che credo sia dove abita Himuro.

Entro nel condominio aprendo il cancelletto socchiuso, mi guardo intorno spiazzata ed osservo il giardino molto ben curato, dai tratti occidentali. Qui è molto difficile vedere una costruzione del genere ed infatti stona con il paesaggio circostante: si vedono solo casette, palazzi di normale statura ma dai colori morti e spenti, centri abitati curati ma non di un'elevata fattura. Mi dirigo dentro con il cuore in gola.

“Voglio dire, non mi fido di quel modello e poi faccio una cavolata come questa. Dentro casa di uno sconosciuto chi vuoi che mi sente se succede qualcosa?”

Il mio cuore si blocca quando, leggendo i nomi scritti sui vari campanelli all'entrata, trovo quello di Himuro che è molto più in alto di quello che dovrebbe.

“Appartamento 740. Se non ho torto dovrebbe essere al settimo piano. Qui sembra che funzioni tutto come un albergo.”

Prendo l'ascensore vuoto perché non mi passa neanche per l'anticamera del cervello l'idea di fare le scale. Sento che le mie gambe tremano. Non credo di essere mai stata a casa di un ragazzo. Non ricordo neanche di essere mai stata invitata!

Mi ritornano alla mente le tante volte in cui venivano a casa amici dei miei fratelli, ma non sono mai stata una persona socievole, perciò non ci parlavo molto. Mi sono sempre comportata come un'asociale, una persona che non ama la gente, anzi, qualcuno che la odia a prescindere. Eppure quando ero piccola era diverso, me lo ricordo.

Fisso i numeri dell'ascensore che si illuminano.

Mi ricordo che amavo la mia classe, mi ricordo che amavo Hibiki e le ragazze che con me facevano parte del club di Basket. Sono ricordi felici, quelli, che ora però si riempiono di dolore, che mi attanagliano il cuore e mi spingono a piangere senza motivo. Per questo non voglio averci a che fare, mi fanno sembrare così debole.

Il suono dell'ascensore mi riporta alla realtà e le porte di aprono, io esco fuori, pulendomi gli occhi che avevano lasciato cadere qualche lacrimuccia che l'occhio non era riuscito a risucchiare e rimandare indietro. Arrivo davanti alla porta grigia, tiro su con il naso e mi sistemo, poi suono.

Quasi subito Himuro mi apre.

Vorrei dire “Ciao” ma la cosa non mi riesce.

Himuro è vestito in modo diverso, non con l'uniforme della scuola. Indossa una maglia bianca, a maniche lunghe, un paio di jeans neri stretti e delle ciabatte nere. E' semplice, ma così diverso.

-Ciao

Mi dice, sorridendomi. Io ritorno in me stessa.

-Ciao- bofonchio, abbassando lo sguardo. Lui mi fa segno di entrare -Grazie.

Avanzo con una certa ansia, curiosa subito di capire dov'è il Gigante, ma Himuro sembra accorgersene nell'immediato.

-Atsushi è nella camera di là, io vivo da solo quindi accomodati pure come preferisci, la casa è libera.

Io lo fisso sbigottita, poi giro lo sguardo all'appartamento. I mobili ordinati, tutti moderni, i muri tinti di un bel colore grigio, i pavimenti che risplendono, a destra due porte, a sinistra un corridoio e proprio davanti a me un muro che nasconde evidentemente un salone o una cucina.

Vivere qui da soli sarebbe come mangiare cioccolata tutti i giorni: una cosa bellissima, rilassante e stimolante.

-Queste sono per te, ti faccio vedere il bagno.

Mi infilo le ciabatte che mi porge senza pensare assolutamente a nulla. Quella casa è bellissima, nessuno può dire di no, ma è fredda come il ghiaccio. Non mi sento a mio agio, anzi, la mia ansia è aumentata. Lui mi dice di mettere il giacchetto dentro un armadio bianco, io faccio come dice senza dire nulla, poi mi indica una porta a destra e mi dice che quello è il bagno. Io annuisco e finalmente ci dirigiamo dal Gigante.

-Atsushi, eccoci.

Murasakibara è seduto in modo molto scomposto su un cuscino colorato, con la schiena appoggiata al lato del letto singolo di Himuro e la testa appoggiata sul materasso. Tiene in grembo un pacco gigante di patatine e sul tavolino ci sono altri tipi di dolci.

-Muro-chin, ci avete messo parecchio...

Himuro sorride e si siede alla destra del moro, io mi butto alla sua sinistra, troppo presa dai dolci sul tavolo.

-Aspetta un attimo, tu mangi questa roba?!

Lui si tira leggermente su e mi fissa, ma io continuo a guardare i dolci mentre sono in ginocchio sul cucino e tengo il busto praticamente poggiato sul tavolo.

-Si... non toccare.

Io non me lo filo, prendendo una barretta dolce di colore rosso.

-Oh, oh questo è il nuovo gusto!

Lui allora si stacca completamente dal letto e si avvicina con il busto al tavolo. Noto solo ora che ha le guance rosse e gli occhi lucidi. Lo vedo inoltre che è accigliato, probabilmente vorrebbe dirmi qualcosa di brutto, ma non ce la faccio a contenermi dalla curiosità!

-Posso assaggiare??

Lui mi guarda.

-No

Io mi sbilancio verso di lui, mi avvicino.

-Dai dai, ti pregooo

-No, è mio

Allora stringo la barretta tra le mani, cercando di fare gli occhi dolci – con i miei fratelli funziona.

-Ti prego! Solo un morso....!

Himuro ci fissa sbalordito, la sua espressione è indecifrabile, tra lo shoccato e il rassegnato. D'un tratto si alza, sorridendo in modo tirato.

-Vado a predente da bere nel frattempo, scusate...

Noi lo guardiamo per un mini secondo, poi riprendiamo a guardarci negli occhi e lui esce dalla stanza.

-Dammelo...!

Dice il gigante, avvicinandosi, ma io mi tiro indietro subito.

-No! Te lo do solo se mi prometti che mi farai assaggiare un pezzo! È quello appena uscito, gli altri li conosco tutti, dai!

Lui lascia il pacco di patatine che aveva in grembo, e cerca di prendere la caramella. Allunga il suo braccio verso di me, io non immaginavo fosse tanto lungo – impressionante!

Mi tiro indietro e cado perdendo l'equilibrio e lui mi viene dietro pur di riprendere questa dannata caramella, che tuttavia continuo a stringere ostinatamente tra le mani sul petto.

Metto il broncio, lui è accigliato.

-Ti prego...

Mi lagno, lui è sopra di me, io tengo le mani al petto, le gambe non del tutto distese. Lui invece è poggiato sulle mani e dalla mia posizione posso vedere chiaramente quanto siano lunghe le sue braccia... è incredibile!

-No, me ne è rimasto solo uno...

-Te ne ricompro altri domani- Lui mi fissa male -Questa sera!

Scendo a patti, lui sembra che ci pensi per un po'. I suoi occhi sono davvero lucidi, le gote arrossate... deve essere stato male davvero. Mentre analizzo i dettagli del suo volto indeciso mi rendo improvvisamente conto di come stiamo messi.

“Ok, da quanto sono arrivata, due minuti? E già sono sotto uno di loro! Cazzo!”

Il mio volto arrossisce e distolgo lo sguardo.

-Che hai?

Mi dice lui, avvicinandosi di qualche centimetro. Io mi giro a destra.

-N...nulla!

Lui emette un verso gutturale.

-Mmmmh non è vero!

Io cerco di sviare l'attenzione -Insomma, tu sei quello che sta male no?

-Si, ho la febbre...

-E allora levati, altrimenti me l'attacchi...

Lui si tira su, senza togliersi, a cavalcioni su di me.

-Anche tu sei rossa.

Io lo guardo male -Non sono rossa per quello!

-E per cosa?

Io mi poggio sulle mani lasciando la caramella incustodita sul mio grembo.

-Non sono affari tuoi!

Lui fissa la caramella e la ruba con un gesto felino, io lo seguo. -Noooo!

Lui sorride sghembo -Mia!

Himuro rientra nella stanza con un vassoio e subito mi arriva un odore famigliare alle narici, così mi blocco e la mia mente mi abbandona. Lo seguo con lo sguardo, girando il collo anche all'indietro quando mi passa vicino.

-Cos'è?

Dico piano con voce bassa, tanto che la pronuncia esce molto alterata, come quella di una bambina.

Lui sorride questa volta furbo, poggiando il vassoio sul tavolo. Io ed il gigante lo fissiamo ed io mi illumino.

-CIOCCOLATO!

Quasi urlo, girandomi e avvicinandomi al tavolo. Murasakibara si toglie da sopra di me, io mi metto in ginocchio, sorrido.

-Tenete...- Himuro ce ne porge una tazza per entrambi. -Ognuno la sua.

Puntualizza, come a voler mettere pace. Io sorrido, tenendola in mano.

-Grazie!

Iniziamo entrambi a bere e ci dimentichiamo della caramella. Finito di bere la cioccolata mi viene un dubbio in mente, anche se i miei sensi sono tranquilli, felici ed appagati.

-Come facevi a sapere che mi piaceva questo tipo di cioccolata bianca?

Himuro mi rivolge uno sguardo indagatore che non mi scompone per nulla.

-Me l'ha detto una vecchia conoscenza...

La sua risposta mi lascia un po' sorpresa. Lui continua. -Ora iniziamo a studiare, il tempo vola.

Lascio cadere il discorso e mi concentro sui libri e sulle spiegazioni del Gigante, molto più tranquilla si quando sono entrata. Murasakibara ha una scrittura molto grande, anche se piuttosto disordinata e noto che non potrebbe essere altrimenti. Lui, come me, è proprio quel tipo di persona che usa le penne degli altri, che non porta il libro e che, probabilmente, non si cura neanche di seguire troppo i professori.

“Siamo simili. Solo in questo però”

Penso stizzita. Il fatto di assomigliare ad uno come lui mi fa sentire ancora meno importante di quello che sono.

-Ho capito- Dico, dopo che Murasakibara ha finito di spiegarmi il capitolo di fisica sulla corrente elettrica. -Quindi si muovono così e producono questo potenziale...

Dico più tra me e me, cercando di disegnare una rappresentazione sul mio quaderno.

“è stato bravo a spiegare, contando che ha la febbre e non sta bene”

Himuro si avvicina con la mano.

-Ti conviene disegnarlo così

Mi dice, iniziando a disegnare sapientemente un tubo realistico con gli elettroni al suo interno. Lo guardo e mi rendo conto che è molto più semplice se lo disegna lui, quindi lo interrompo.

-Aspetta, fallo tu, io non sono capace a disegnare.

E mi alzo per poi avvicinarmi ad Himuro, affiancandolo e porgendogli il mio quaderno. Lui mi segue con lo sguardo, forse sorpreso, ma quando gli do il mio quaderno lui lo prende senza fare nulla, anzi mi fissa.

-Che c'è?

Dico, guardandolo negli occhi. Sono così inespressivi che davvero mi mandano in confusione.

“Che cosa vuole?” Penso “Che ho fatto?”
-Nulla... – Dice tutto d'un tratto, sorridendo -Nulla.

Ripete. Io continuo a guardarlo perplessa, ma lui si mette a disegnare e sembra dimenticarsi di me.

-Eeehi, Mayo-chin, non sei davvero capace a fare nulla...

Mi richiama Murasakibara con tono annoiato e occhi fissi su di me.

-Ehi, non è vero!

Himuro sospira e senza alzare gli occhi dal foglio sussurra con aria di rimprovero -Atsushi, non si dicono certe cose ad una ragazza...

Io annuisco seria e decisa, contenta che lui mi abbia difesa.

-GIA'!

Il Gigante aggrotta le sopracciglia come se fosse un bambino piccato.

-Ehi, Muro-chin da che parte stai?- Si avvicina a noi due. Io faccio lo stesso. -E poi tu non sembri una ragazza...

Himuro alza lo sguardo e lo fissa sorpreso, io sento le vene pulsare.

-Cosa...?- Dico a bassa voce. Lui non distoglie lo sguardo, ma Himuro, invece, si gira a fissarmi ancora più sorpreso. -E perchè non sembrerei una ragazza, di grazia?

Murasakibara abbassa lo sguardo, fa una cosa che nessuno aveva mai fatto - o perlomeno io non me ne ero mai accorta. I suoi occhi fissano il mio corpo, il mio petto. Il suo sguardo è così penetrante che mi fa subito sentire in imbarazzo, il che mi paralizza all'istante. Anche Himuro segue la traiettoria e mi ritrovo con entrambi fissi a contemplare il mio petto.

“Ma che diavolo...?! Anche se ho la camicia mi sembra di essere nuda...”

-Non hai niente.

-Cosa?! Non è vero!- Dico, rossa come un peperone, cercando di coprirmi con le braccia anche se in realtà non c'è niente da coprire visto che sono vestita.

-Si invece- Continua il gigante.

-No invece, porto uno terza!

Dico e subito mi pento, perchè Murasakibara alza le sopracciglia e Himuro continuava a fissarmi, prima il petto poi il viso. Non posso fare altro che arrossire fino ai piedi e stringere le spalle.

-Una terza?- Ripete Murasakibara continuando a fissarmi per nulla in imbarazzo. Io lo guardo, ma sento il mio cuore stritolarsi quando il Gigante allunga una mano nella mia direzione, aperta. Lo fisso incredula. “Vuole...?”

-Secondo me è una bugia...

Dice. Rimango ferma a fissare l'arto che però viene sapientemente bloccato dalla presa ferrea di Himuro. Lui sorride ad Atsushi e gli dice:

-Oh, avanti, non siamo qui per questo, dovremmo continuare a studiare...

Quelle sue parole mi fanno sentire strana, come se qualcosa sia sottinteso.

“Non siamo qui per questo.” Ripeto mentalmente “Questo cosa?” Nella mia mente qualcosa scatta silenziosamente “Anche lui aveva pensato al fatto che sarebbe potuto succedere qualcos'altro, oggi. Ci aveva pensato anche lui...”

Mi sento improvvisamente presa in giro. Abbasso gli occhi e continuo a coprirmi con le mani. Sento che potrei scoppiare a piangere e non capisco neanche io qual'è il motivo. Insomma sto bene, sono stata bene, nonostante tutto. Eppure quell'atteggiamento... sono sicura che se non ci fosse stato Murasakibara Himuro non sarebbe stato così tranquillo. Sono sicura che questo non è il vero Himuro.

-Ehi, Mayori...- Mi chiama il moro, evidentemente preoccupato -Non prendertela

Mi dice, abbassando la testa per guardarmi negli occhi. Io scatto d'istinto e poggio le mani sul tavolo.

-Si è fatto tardi.

Dico solamente per poi alzarmi di scatto e correre verso l'armadio dove c'è la mia giacca.

“Non ho più voglia di rimanere qui”

Non mi aspetto di essere seguita, ma proprio come quella volta nei corridoi, sento la mano fredda di Humuro fermarmi e bloccarmi il polso.

-Lasciami!

-Mayori, calmati!

Mi dice, io non lo guardo.

-Himuro voglio andare via, lasciami!

Rispondo a bassa voce, fissando il pavimento. Incredibile, lui mi lascia la mano.

-Ok, vai pure...

Allora lo guardo, lui mi sorride, fuori luogo.

-Dimmi però che non ti sei arrabbiata per Atsushi.

Il suo tono è dolce, come se mi stesse consolando.

-Io...- Biascico, spiazzata. Che cosa devo rispondere? No mi aspettavo una reazione del genere.

-Promettimi che verrai ancora a studiare con noi.

Lo guardo nella penombra della stanza e meccanicamente annuisco. Lui sorride ed allungandosi prende la mia giacca dalla stampella dell'armadio aperto. Io rimango ferma a guardarlo. Himuro mi mette la giacca sulle spalle, cingendomi in un abbraccio distante. Stringo le mani al petto.

-G...grazie?

Dico, incerta. Lui si avvicina al mio viso ed io sobbalzo all'indietro, ma vengo fermata dalle sua mani che, tenendo i lembi esterni della mia giacca mi bloccano interamente. Il suo volto è vicino.

-A presto.

Mi dice, sorridendo in modo particolare, come se stesse nascondendo un ghigno.

Io rimango ferma ed accenno ad un “si” solo con la testa.

“Basta che ti allontani”

Lui allora si avvicina ancora.

Le sue labbra toccano la mia fronte, il mio respiro si mozza.

-Fa attenzione quando torni a casa.

Dice, io lo guardo. Lui fa qualche passo indietro, lascia la giacca sulle mie spalle e mi apre la porta. Io allora mi muovo per istinto, mi infilo veloce le scarpe, non dico nulla. Imbocco il corridoio praticamente correndo e questa volta non mi fermo ad aspettare l'ascensore. Scendo le scale a perdifiato, completamente... terrorizzata.

 

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Capitolo 8
*** Non ci credo ***


CAPITOLO 8: NON CI CREDO

 

 

La prima cosa che ho fatto dopo essere uscita da quel palazzo infernale è stata chiamare Hibiki, ma stranamente lei non mi ha risposto. Sul telefono ho trovato un suo messaggio, con un numero di telefono scritto senza altre indicazioni. Ho pensato subito che fosse di Kise, ma non ho avuto il coraggio di chiamarlo. Sono tornata a casa, mi sono buttata sul letto ed ho fissato il soffitto fino a questo momento, fino al sorgere del sole.

“Mi sento male. Oggi a scuola non ci vado”

Penso, mentre fisso con occhi pesanti il soffitto. “Chissà se mamma mi lascia in pace...”

Mi alzo e vado a dirglielo. In realtà, con mia madre non ci ho mai parlato più di tanto. Lei fa la pediatra e mio padre... diciamo che è un medico anche lui. Quindi spesso e volentieri non ci sono a casa e quando invece ci troviamo tutti insieme si chiudono nel loro bellissimo universo di discorsi fuori dalla mia portata che evito di ascoltare. Mio fratello, invece, ne è appassionato, tanto che da un po' di tempo a questa parte ha iniziato anche lui a farne di suoi. Una rottura.

Perciò di solito mi chiudo in camera e mi faccio gli affari miei.

Scendo appena in tempo, beccando mia madre ferma sull'uscio, pronta per uscire, mentre sistema la giacca sulle spalle di papà, anche lui perfetto.

-Ah, Mayori, ancora non sei pronta?

Mi dice mia madre, spostandosi i capelli dal viso.

-No... io... - Non so bene come chiederle di lasciarmi a casa. Perciò esito e giro gli occhi al soffitto.

-Mayori, vuoi rimanere a casa?

Mi anticipa mio padre ed io lo ringrazio silenziosamente, annuendo. Mia madre mi lancia uno sguardo duro e severo, che poi svanisce in un lungo sospiro.

-Fa come vuoi, ma conta che noi non ci saremo fino a questa sera tardi, i tuoi fratelli sono da degli amici, perciò dovrai cucinare pranzo e cena da sola.

L'idea non mi piace, ma non dico nulla, alzo le spalle. I due mi salutano, chiudono la porta e mi abbandonano al silenzio della casa vuota.

“Beata tranquillità”

E torno a dormire.

 

°°°
 

In lontananza sento il campanello suonare una o due volte. Mi tiro su a forza dal letto, spostandomi i capelli dal viso e scendo le scale come uno zombie.

“Chi diavolo è?”

Non mi fermo neanche a guardare dallo spioncino, tanto sono frastornata ed apro istintivamente la porta. Mi trovo davanti la figura femminile di Hashi, con tanto di vestito colorato e capelli ordinati che mi saluta sorridente.

-Ehi, ciao! Ti disturbo?

Io apro gli occhi, la metto bene a fuoco e poi richiudo la porta, con velocità. Probabilmente ci sarà rimasta male.

-E...ehi...?!

Dice, ed io mi giro verso lo specchio che è in corridoio per legarmi almeno i capelli. Mi schiaffeggio veloce le guance e riapro la porta. Il viso di Hashi è sorpreso, ma ci mette pochissimo per riprendere a sorridere. -Guarda che andavi bene anche come prima!
Io le faccio spazio per entrare e mormoro infastidita -Entra e basta.

Le faccio strada e prendendo la sua torta preparo alla belle e meglio il tavolo della cucina, così ci sediamo una davanti all'altra.

-è proprio una bella casa la tua- Dice, guardandosi in torno. Io taglio la torta al cioccolato che è probabilmente l'unica cosa che mi ferma dall'urlarle contro “Esci e lasciami in pace con la mia depressione”. Gli passo il piatto e lo fisso, prendendo un boccone.

-Allora- dico, atona –che ci fai qui?

Lei sorride, ma non mi guarda. -Ecco... penso di essere venuta per... ehm, direi per... curiosità?

Dice, io alzo un sopracciglio. -Come scusa?

I suoi occhi incontrano i miei e ne leggo dentro uno buona dose di vergogna così inzio a preoccuparmi e mi poggio bene sulla sedia. -Che intendi?

-Si, beh, ho saputo che ieri...

“Ha saputo dell'incontro con quei due?”

-Si, beh, ho saputo che sei andata a casa di Himuro con Murasakibara e... ecco, io mi stavo chiedendo...

La batto sul tempo, abituata forse a quelle domande -Non sono andata a divertirmi, né tanto meno mi piace uno dei due. Io... sono andata lì per studiare.

Questa volta sono io ad abbassare gli occhi, perché in fondo, a quelle parole, non ci credo neanche io. E la cosa mi fa davvero star male.

-Non metto in dubbio questo, ma vorrei sapere se... Murasakibara sta bene.

Il mio sguardo si alza sul suo, ma rimango sbigottita dall'osservare quelle gote rosse ed il suo sguardo nervoso che si sposta di qua e di la. Il mio volto rimane fermo, ma per qualche stano motivo, una vocina dentro di me mi parla e la curiosità esplode tutto d'un tratto.

-Sta bene si...- biascico, ma poi continuo, sorpresa. -Non dirmi che a te, Hashi, piace... Murasakibara?

Quel nome mi viene fuori come se tessi pronunciando la soluzione ad uno dei dette misteri del mondo. Lei si tira su piccata, il volto le va in fiamme, inizia a gesticolare davanti a se, velocemente.

-Ah, ma no, no, no! Ti pare? D...dico, ti pare possibile che ad una come me possa piacere lui?

Emette una risatella nervosa e la situazione diventa ironica. “Lei non si stava dichiarando a Himuro. Le piace Murasakibara... ma dai... come sono stupida”

Mi viene da ridere, una risata di sfogo che sale ed esplode all'improvviso shoccando la ragazza davanti a me che si calma e mi fissa.

-Hahahaha, ma perché non glielo hai detto?

-Ma ti pare che possa dirglielo?!

-Ah, ma allora è proprio vero che ti piace!

Si gira piccata. -Accidenti...

-E allora? Che cosa ti piace di uno così?

“Sono curiosa.”

Lei esita, guardando il pezzo di torta nel piatto. Io aspetto.

-Mayori-chan, hai mai visto Murasakibara giocare a basket?

I suoi occhi sono persi in qualcosa che non so decifrare. -Direi di no.

Sul suo viso nasce un sorriso dolce, qualcosa che le calza a pennello e le fa risplendere gli occhi.

-Oh, se tu lo vedessi... lui è meravigliosamente bravo. E come una quercia che imponente si fa spazio e protegge la sua area, ha dei riflessi veloci e nessuno riesce a passare oltre la sua barriera... neanche Himuro! È così ipnotico e... ha delle belle mani... così grandi...

Il suo viso si colora di rosso ed io rimango sorpresa da quegli occhi così sognanti. “Le piacciono le sue mani?” Penso, ed i miei occhi si spostano sulle mie, poi mi vengono in mente quelle di Kise e quel sogno fatto in precedenza ed allora è il mio volto ad andare in fiamme. Lei se ne accorge subito e rimane sorpresa, io mi giro di scatto, prendendo un boccone di torta e sperando che lei rimanga in silenzio.

-Mayori-chan, tu... sei innamorata?

Io le rivolgo uno sguardo piccato e scuoto energicamente la testa. -Certo che no!

Lei si fa avanti con il capo. -Neanche di Murasakibara?

Io alzo un sopracciglio, completamente seria, avvicinandomi a mia volta. -Assolutamente no, neanche se fossi impazzita. Io... - mi tiro su ed incrocio le mani al petto- io non amo i tipi come lui, io amo i ragazzi mediamente alti, di bell'aspetto e ordinati, si.

Annuisco senza pensare più di tanto a quello che sto dicendo, visto che in realtà penso solamente al contrario del Gigante. Così sento un piccolo sospiro di Hashi, ma quando lei fa per aprire bocca il campanello suona, interrompendola.

-Chi diavolo è ancora?

Dico spazientita. Hashi si gira e mi sorride. -Non vai ad aprire?

Io mangio un pezzo di torta. - No, penso proprio di no. Il mio istinto mi dice che non devo farlo.

La ragazza si alza e con aria divertita si avvia alla porta -Penso che quella sia solo pigrizia, non istinto.

E scompare oltre il muro. Sento la porta che si apre, ma non avverto voci. Continuo a mangiare, ma la cosa mi sta mettendo ansia, perché per aprire una porta ci vuole poco, qualche minuto ed Hashi non è la tipa che fa le cose con estrema calma, cioè lei è calma, ma non così calma.

Improvvisamente la vedo comparire da dietro il muro.

-Ehm, Mayori-chan... - Si avvicina velocemente, troppo velocemente, ed io la fisso senza capire il perché, ma lei mi sorride in modo tirato e con gli occhi fa una qualche smorfia, che io non comprendo -Ora capisco perché non ti piace Murasakibara...

-Cosa..? Ma che stai-

-Ehi, ciao!

Il mio cuore si ferma, si ferma per un bel po'. Dietro la figura di Hashi che ha ripreso le sue cose come se stesse per andarsene, compare lui, l'unica persona che mai avrei creduto potesse entrare in casa mia.

-K...kise?

Dico a mezza bocca, probabilmente con la faccia più ebete che io abbi amai avuto. Hashi si gira e lo guarda sorridendo. Poi mi guarda ed io la fisso spaventata.

-Io me ne vado, vi lascio un po' da soli...

Dice ed ha un'espressione divertita, i suoi occhi mi sorridono e dicono “Divertiti” ma io non so davvero essere contenta, rimango solo con la mia forchetta a mezz'aria e la faccia di chi ha appena visto un orso attaccare un essere umano.

-Ciao...- Dice Hashi passando accanto a Kise, mentre lui la saluta con un languido sorriso compiaciuto e la mano alzata. Sento ancora la porta sbattere e mi rendo conto che mi ha dato fastidio.

“Io non sono fidanzata, io non mi diverto, io non sono innamorata di lui! Maledizione, perché l'ha guardata in quel modo?!”

Abbasso gli occhi veloce, ingoio la torta che mi era rimasta a mezz'aria nella gola e senza rendermene conto sbatto la forchetta sul piatto, per poi alzarmi e metterlo nel lavandino, dandogli le spalle.

-Ehi, Nishiyoricchi.

Dice lui, quella sua voce mi trapassa il cervello e sono costretta a chiudere gli occhi mentre lavo il piatto usato, ma in realtà non so davvero che cosa sto facendo. Non rispondo e lo sento avvicinarsi, sento i suoi passi e l'ansia mi assale, ho paura di girarmi e di ritrovarmelo vicino, ho paura di guardarlo e provare quei brividi che provo ogni notte, nei miei sogni.

-Sei da sola in casa?

Mi chiede, io annuisco piano. “Sono da sola, che cosa vuoi fare?”

Mi verrebbe da chiedergli, ma la voce non mi assiste. Lui emette una risata sommessa e lo sento sedersi al tavolo.

“Ok, ce la posso fare è lontano. Ce la posso fare”

-Quindi hai deciso davvero di ignorarmi?

Io resto ferma in apnea. “Lo sto davvero ignorando? Si, è un pervertito. No?”

-Mi ha mandato la tua amica, Hibiki.

Le mie mani si muovono da sole, il piatto urta il lavandino ed emette un suono metallico mentre io mi giro di scatto.

-Cosa?!

Lui mi fissa, seduto sulla sedia, con una gamba accavallata e gli occhi fissi e scintillanti. Io rimango ferma, specchiata in quel colore così acceso.

-Si, mi ha mandato il tuo indirizzo. In fondo tu non mi hai richiamato...

Io mi sposto i capelli dalla fronte, senza preoccuparmi troppo del mio aspetto, forse perché sono troppo presa da quel fastidio che sento a livello dello stomaco.

-Io non ci posso credere... Io non ero costretta a richiamarti. E tu... tu non eri costretto a venire qui. Non eri per niente costretto!

-Ma ormai sono qui.

Dice, alzando le spalle, non curante della situazione. Poi aggiunge, prendendo la torta: -Anzi, sai che ho fame? Ti dispiace se ne mangio un pezzo?

E mentre io rimango ferma a fissarlo, lui prende la mia forchetta ancora lì sul tavolo, infilza la torta e ne mangia un pezzo, con la mia forchetta. La mia.

-Ah, no!- D'istinto mi avvicino, per fermarlo, per impedirgli di... mischiarsi con me, ma sembra tutta una coreografia studiata, tutto un suo piano malvagio, perché ora sono davanti a lui, a pochi centimetri e lui mi fissa divertito.

-Vuoi favorire?

Mi chiede sorridendo ed io sento di arrossire. Lo guardo per innumerevoli minuti, mi sento veramente stupida, in difficoltà, mi sento arrabbiata, ho un sacco di domande per la testa e non voglio avercelo li, non voglio avercelo!

-Ah, maledizione!

Quasi urlo e le mie gambe si muovono da sole, perché sono nervosa e quando sono nervosa le mie gambe non mi rispondono, i miei occhi diventano lucidi, la bocca mi si impasta e divento allergica alla gente, io odio tutti quando sono nervosa. Mi giro, me ne vado e lo sento che mi chiama, dice qualcosa come “Ehi, dove vai?!” ma io non mi fermo, salgo le scale del soggiorno, voglio andarmene in camera, o in bagno.

“Io sono solamente arrabbiata con Hibiki e con lui. Io non volevo vederlo, io non volevo vederlo!”

Chiudo la porta alle mie spalle e credo di averlo quasi preso in piena faccia. Mi sorprende che sia così veloce, mi sorprende che un modello abbia quell'agilità. Mi lascio scivolare sul pavimento del bagno, prendo le mie ginocchia e ci appoggio il volto.

-Nishiyoricchi...

-Vattene.

-Andiamo, prometto di non dire nulla sul tuo aspetto se è per quello che...

-Non è per quello, sai quanto me ne frega!

Lo sento trasalire, forse non è abituato a certe cose. Magari tutte le sue ragazze sono state alte, formose e sistemate, senza grassi in eccesso e senza una specie di dipendenza dai dolci.

-E allora perché?

Mi fermo un attimo perché la sua voce sembra più bassa. Sto per dire qualcosa, ma lui mi anticipa.

-Sono stato frettoloso, lo so. Ti chiedo scusa, se ti ho offesa...- sembra che ci stia pensando – Kasamatsu dice che ti ho oppressa.

Io aggrotto le sopracciglia al solo sentire quel nome. Mi giro verso la porta, ma rimango in silenzio.

-Ti ho oppressa?

Mi chiede ed io non so per quale motivo, soffoco una risata perché quel tono di voce mi sembra molto simile a quello impacciato di mio padre quando durante l'anniversario di matrimonio dell'anno scorso regalò una scatola di cioccolatini alla mamma. Beh, quando lui le chiese “Ti piacciono... no?” lei scoppiò a ridere urlandogli che ne era allergica. Ridemmo tutti, quel giorno.

Beh, Kise mi sembra veramente alla stessa stregua di mio padre.

-Si, mi hai oppressa.

Dico, anche se so che non è vero. Che cosa avrebbe mai fatto di così oppressivo, se non seguirmi nelle mie fantasie più oscure?

-Ah... Oh, beh, scusa.

Mi tiro su, molto più calma e poggio una mano sulla maniglia.

-Togliti, sto per aprire.

Faccio pressione ed apro, apro e lo trovo lì, in piedi davanti a me, con le mani in tasca ed un mezzo sorriso sulla bocca.

-Ciao

Dice piano, piegando la testa da un lato. Io lo guardo con ammirazione per quella bellezza perfetta e poi distolgo lo sguardo.

-Posso sapere perché Hibiki ti ha mandato qui ad opprimermi?

-La tua amica è veramente una tipa sveglia. Ha detto che vorrebbe che tu e lei vi vedeste tra quindici giorni qui.

E mi fa vedere un biglietto preso dalla sua tasca, con su impresso un logo che io conosco molto bene. Lo prendo tra le mani e rimango sorpresa.

-Perchè...?

-Ero sicuro che tu giocassi a basket.

Alzo veloce gli occhi sbarrati e lo fisso mentre i suoi occhi si fanno più affilati, mentre il suo viso sorride, un sorriso furbo e malizioso.

-E sentiamo da che cosa lo avresti mai dedotto?

-Istinto.

-Tu segui molto il tuo istinto non è così?

Chiedo scettica, lui si mette a ridere.

-Già! Non sono molto maturo sotto questo punto di vista...

Dice, portandosi una mano dietro la testa e guardando altrove, come se questo fosse un suo punto debole. Lo guardo e mi sembra per un attimo di rivedere una mia amica delle medie, così sorrido e annuisco.

-Non penso che sia una cosa sbagliata, l'istinto è un buon consigliere.

-Tu segui il tuo istinto quando giochi, Nishiyoricchi?

-Io non gioco più, ormai. Possiamo cambiare discorso?

Kise mi guarda ed aggrotta le sopracciglia. -Perché?

-Perché non gioco più.

-Ti sei fatta male?

-No e non provare a farmi altre domande.

Mi metto a camminare con il biglietto in mano, diretta verso le scale. Lui mi segue ed intanto domanda:

-Scommetto che giocavi come ala!

-No, ero un playmaker.

-Non dirmi che eri il capitano!
Io mi giro e lo fisso con sguardo superiore, prendendolo in giro.

-Certo, con chi credi di avere a che fare?

Lui si illumina. Il suo volto si stira in una espressione di gioia, di eccitazione, nei suoi occhi brilla ancora una volta quella luce, quel qualcosa di magico e dannatamente attraente. Così attraente da farmi dimenticare delle scale.

-ATTENTA!

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Accaduti ***


Premessa

Ecco dopo un'eternità il nuovo capitolo. Finalmente ce l'ho fatta! Vi prego scusatemi... dai, l'ho allungato parecchio stavolta xD Comunque visto che non è un bel periodo per me ci ho messo davvero tanta fatica a fare questo capitolo quindi spero che sia venuto decente o comunque all'altezza degli altri. Fatemi sapere, mi raccomando :*

-HK

 

 

 

 

CAPITOLO 9: ACCADUTI

 

 

-Certo, con chi credi di avere a che fare?

Lui si illumina. Il suo volto si stira in una espressione di gioia, di eccitazione, nei suoi occhi brilla ancora una volta quella luce, quel qualcosa di magico e dannatamente attraente. Così attraente da farmi dimenticare delle scale.

-ATTENTA!

Chiudo d'istinto gli occhi, sentendomi mancare per qualche secondo la terra sotto i piedi, mi sento persa. Proprio come la prima volta che ci incontrammo, però, quando ri apro gli occhi, mi ritrovo tra le sue braccia, mentre il suo profumo mi investe. Proprio come la prima volta che ci incontrammo, però, quando apro di nuovo gli occhi, mi ritrovo tra le sue braccia, mentre il suo profumo mi investe. No, non mi investe, mi stordisce. Quell'odore, così dolce, mi fa girare la testa. Riprendo lentamente coscienza di ciò che mi circonda ed il mio cuore inizia a battere irregolarmente, all'impazzata.

-K...Kise?

Dico sommessamente. Siamo ancora in piedi, ma abbiamo saltato quattro o cinque gradini e non saprei dire neanche come. Il mio corpo è bloccato tra le sue braccia, mentre lui con una mano si appoggia alla ringhiera. Sento il suo respiro irregolare ed avverto, muovendomi di poco, anche i suoi muscoli, sotto la camicia. Arrossisco involontariamente ed il mio volto brucia.

-Stai bene Nishiyoricchi?

Dice lui con voce bassa e non accenna a staccarsi da me. Cerco di riprendere la calma.

“Respira piano, dai” Mi dico “Se non faccio attenzione se ne accorgerà...”
Kise è caldo, caldo e dolce, come la mia cioccolata calda. Non mi ero mai accorta di quanto fosse piacevole il suo odore – certo, solo quello però. E forse neanche così tanto.

-S...si

Maledizione, la mia voce viene fuori più tremolante di quello che avrei voluto. Mi fa sentire così stupida! Non so, inoltre, dove appoggiare le mani, le tengo sospese oltre il suo busto, mentre sento la sua, quella che mi tiene stretta a lui, pigiare sulla mia schiena. Quelle mani. Cala il silenzio e stranamente non so che dire. Non mi era mai capitato di trovarmi in una situazione tanto scomoda, imbarazzante e pericolosa.

“Dovrei dire qualcosa. Come stai? No, non mi interessa come sta. Voglio dire, poteva non buttarsi...”

Abbasso il viso e mi ritrovo praticamente nascosta tra le sue braccia. Il suo cuore, da qui posso sentirlo, batte veloce.

-Sei più piccolina di quello che sembri...

Dice lui, il suo tono è scherzoso, ma sembra a disagio. La cosa mi tranquillizza.

-Mi stai dicendo che sembro grassa?

Kise emette una risatina sommessa.

-Assolutamente no, Nishiyoricchi. - La sua presa si fa più ferrea perché porta anche l'altra mano ad abbracciarmi ed io sussulto, per fortuna di poco. Lui continua.

-Mi eri sembrata subito molto carina...

Quelle parole mi fanno girare la testa. Maledetto. Maledetto! Per un attimo avevo perso la concezione dello spazio. Ora mi sento in trappola, mi sono fatta catturare... come riuscirò mai ad uscire da questo groviglio di braccia? Non posso riuscirci se lui mi tiene così stretta a se.

-M...modello, lasciami...

Dico piano, mentre sento le gambe tremare per una qualche ragione che neanche io conosco.

-Le tue gambe reggeranno il tuo peso se ti lascio andare?

Il mio cuore si ferma di botto, come se fosse stato stritolato. “Se ne è accorto”

Uno stano senso di inquietudine mi attanaglia, come se non sapessi davvero più come proteggermi. Cosa devo dire, cosa sta insinuando, cosa vuole che succeda?

Mi faccio coraggio, abbasso lo sguardo, mi sento a disagio, così a disagio che potrei vomitare dalla vergogna.

-C...certo – Dico, a bassa voce -Non mi sarei comunque fatta niente, sto benissimo.

Lui rimane in silenzio e non accenna a volermi liberare.

-Modello, cosa vuoi da me....?

Gli chiedo, convinta che la risposta non possa farmi male in nessun modo, ma proprio quando lo sento prendere fiato per rispondere, la porta si apre.

-Nee-chan sono passato a prendere le borse per rimanere da-

Mio fratello si blocca sull'uscio, io mi giro e da poco sopra il braccio di Kise lo guardo, mentre il Modello fa lo stesso. Tutti cadiamo nel silenzio più totale.

-Cho? -Dico piano, mentre non riesco a pensare a nulla. Mio fratello, con il suo amico dietro alle spalle, lascia cadere a terra la borsa e con la bocca aperta dice:

-Scusate

Il suo amico, lo vedo chiaramente, soffoca una risata e si nasconde dietro alla porta. Kise si tira indietro, lasciandomi e sorride.

-Molto piacere, io sono Kise Ryota.

-Cho Nishiyoshi – Dice mio fratello, mentre i suoi occhi nocciola mi guardano quasi esterrefatti.- Comunque io prendo questa e me ne vado...

Prende una delle borse che erano lì sull'ingresso e ci sorride amabile.

-Scusate ancora per l'interruzione. Kise-san, spero di conoscerti un giorno!

E detto ciò scompare oltre la porta, lasciandomi senza parole, ancora sulle scale.

-Tuo fratello ti assomiglia.

Io sento chiaramente che tutta la mia vergogna è sparita lasciando posto alla rabbia.

-Kise, esci subito.

Kise mi guarda sorpreso, biascicando qualcosa. Io mi metto dietro di lui lo spingo con le mani, lo faccio scendere e lo incoraggio, aprendo la porta, ad uscire.

-Per favore, fuori.

Kise mi guarda. -Nishiyoricchi, aspetta un secondo io...

-Kise, fuori!

Il modello mi guarda dispiaciuto, io sono irremovibile. Mi fa saltare i nervi.

-E va bene, ma...- Fa per uscire, con le mani in tasca e l'espressione dispiaciuta -Promettimi che mi scriverai...

Mi sento girare ancora una volta la testa a vedere quei suoi occhi d'oro liquido e per istinto lo spingo con una mano fuori e gli chiudo la porta davanti, con un sonoro rumore.

-Maledizione...

Mi dico, appoggiandomi alla porta chiusa e scivolando giù, per far si che le mie gambe si tranquillizzino. “Aveva ragione, le mie gambe non avrebbero retto il mio peso”

Dall'altra parte della porta sento ancora la sua voce.

-Nishiyoricchi, oggi sono stato bene... spero di rivederti.

E tendendo l'orecchio avverto i suoi passi allontanarsi. Mi sento male. Male come quando da piccola facevo gli scherzi ai miei fratelli e loro si facevano male sul serio. Mi sento come quando mia madre mi sgridava e non potevo dire nulla perché era ovvio che avesse ragione. Mi sento uno schifo. Ancora. E tutto questo solo per colpa di quello li.

Maledizione.


 


 

°°°


 

Mio fratello frequenta il primo anno dell'università di medicina. Mia madre ha sempre elogiato l'intelligenza, la voglia di fare e l'umiltà dei miei fratelli, specialmente di Cho, che dopo aver passato un brutto periodo in ospedale aveva pensato bene di donare tutta la sua vita a quella medicina che l'aveva riportato su questo mondo.

Nulla di più scontato a parer mio.

Una storia come tante altre, una di quelle cose che spesso nei film si vedono, come chi è stato adottato e dedica la vita ad altri orfani. Per quanto riguarda me, beh, sono sempre stata mediocre. Anzi, pigra. E in questo periodo, mentre sto seduta sui banchi di scuola, me ne sto sempre di più rendendo conto. Mi viene da pensare a Kise, sempre. Mi distraggo solamente per parlare con qualche compagno – poche volte – o con Murasakibara, che da un po' di tempo a questa parte ha iniziato a considerarmi di più.

La cosa mi da fastidio, ma non faccio nulla perché se mi lasciasse nel mio silenzio probabilmente finirei per ricadere nei miei pensieri osceni che mi fanno visita ormai tutte le notti.

-Mayochin, hai delle occhiaie grandissime oggi...

Mi giro, siamo a scuola, seduti a mangiare, uno davanti all'altro, con accanto anche Himuro. Mi viene solo da sospirare, mentre addento la frittata della mamma.

-Si...

-Non stai dormendo?

Mi chiede Himuro da dietro quella sua frangia. Dall'ultima volta che ci siamo visti nessuno ha fatto parola riguardo all'appartamento, solo abbiamo tutti e tre fatto finta che non sia successo nulla – perché poi, in realtà, non è successo nulla.

-Non molto, ultimamente. Sarà per lo stress.

-Dovresti dirlo ad un dottore.

-Mh, magari lo farò.

“Si ci avevo pensato anche io, ma la cosa non sarebbe andata bene... voglio dire, se venisse fuori che faccio sogni erotici su di un ragazzo.... morirei. Già è stato troppo dover spiegare la presenza di Kise a Cho, figuriamoci alla mamma ed anche agli altri...”

Cho si era trattenuto dal raccontare dell'accaduto, così la cosa era finita nel cassetto sotto al letto, pronta per essere tirata fuori in caso di necessità. Io odio queste cose e odio i cassetti sotto al letto.

-Mi sembrate molto più stanchi anche voi, comunque. È successo qualcosa?

Chiedo, non che mi interessi, ma non voglio parlare delle mie occhiaie.

-No, direi di no.- Dice Himuro. Io lo guardo con una bacchetta ancora in bocca e lui sorride come suo solito. -Siamo ansiosi per la partita di giovedì.

Murasakibara sta zitto e mangia, così penso che ci sia qualcosa di speciale in quella partita, altrimenti avrebbe iniziato a cambiare discorso.

-Conto chi giocate?

-In realtà è un'amichevole, ma ci sono degli individui che ci hanno dato fastidio al torneo.

Prendo un pezzetto del mio bento e mentre mangio vedo il Gigante stringere di poco le sue bacchette, con aria contrariata.

-Aominechin è fastidioso...

-Aomine?

Mi ricorda qualcosa questo nome, qualcosa che ho sempre sentito, ma che mi sfugge. Forse dovrei chiedere ad Hibiki.

-Daiki Aomine, della Tohoo Gakuen. Lo conosci ?

Scuoto la testa disinteressata.

-Direi di no. Perché dovrei poi?

-Aominechin è il rivale di Kisechin.

Guardo il Gigante di scatto, senza rendermene conto. Himuro continua interrompendolo.

-Ho sentito che non è mai riuscito a sconfiggerlo, giusto Atsushi?

Murasakibara annuisce mentre continua a mangiare e sempre con la bocca quasi piena mi rivolge un suo sguardo contrariato.

-Kise è il più debole di tutti noi, quindi è normale che perda.

Non so perché ma la sua affermazione mi ha infastidita, qualcosa che mi ha preso alla bocca dello stomaco. Himuro se ne accorge, mi guarda ed io incontro quelle due pozze grige che non mi trasmettono nulla di particolare, sempre così difficile da leggere.

-Mayori, ti piacerebbe venire a vedere un nostro allenamento?

-No.

Himuro ride sommessamente, poggiandosi su di una mano.

-Immaginavo... però potresti vedere la forza di Atsushi e perché no, magari la potenza della nostra squadra.

Abbasso gli occhi sul mio bento, infastidita da quello sguardo penetrante ed opprimente che Himuro mi rivolge. È come se dicesse “Lo sai che farò in modo che tu venga, non puoi dire di no”.

-Non mi piace molto assistere a delle partite di Basket. Anzi, lo odio. Quindi perché dovrei venire?

-Neanche a me piace in Basket- Mi interrompe il Gigante, che aveva finito il suo bento ed io lo squadro scettica

-E allora perché ci giochi?

Murasakibara si sdraia letteralmente sul banco, facendo arrivare le sue mani proprio accanto al mio busto. Io mi irrigidisco in modo che non possa toccarmi. Lui mi guarda, dal basso.

-Perché ho talento.

Alzo un sopracciglio. -Talento dici?

-Senza talento non vinci. È per questo che noi siamo una tra le prime squadre del torneo. Il basket è uno sport ingiusto per natura.

-A parer mio il talento non è tutto. Una persona che parla così è solamente qualcuno che non ha provato a giocare con una vera squadra.

Il gigante aggrotta le sopracciglia, mi fissa e mi risponde con un mugolio lungo e basso.

-Mmmh, mi stai infastidendo, mi viene voglia di schiacciarti...

Himuro ride ed io non sono così sicura di aver capito bene cosa intende il Gigante, ma lascio correre perché non voglio litigare.

-Mayori, sono sicuro che ti piacerebbe venire a vederci. Sei una che se ne intende almeno un po', no? Poi... potrebbe essere un'occasione per fare amicizia.

-Murochin, hai invitato anche la ragazza del bar...?

Cantilena Murasakibara, appoggiando la testa su di un braccio in modo molto infantile. Io rimango perplessa e guardo Himuro che mi risponde sorridendo.

-Ho invitato anche Hashi... spero non ti dispiaccia.

-No.

-Quindi verrai?

Mi sono fatta fregare.

-Forse.

“Giusto per vedere con i miei occhi questo famigerato talento”


 

°°°


 

Mi incammino da sola verso la palestra, con la borsa sotto braccio ed un'ansia non indifferente. Sono passati due giorni da quando Himuro mi ha invitata agli allenamenti del club, ma non sono mai potuta andarci.

“Non è che non abbia voluto è che proprio non c'era tempo, ecco. Non si arrabbierà di certo...”

Penso mentre mi dirigo verso la porta di ferro aperta e contornata da una rete di protezione simili a quelle usate nelle ore di Pallavolo. Rallento il passo, mi viene in mente la prima volta che sono entrata nella mia palestra, un ricordo veloce e silenzioso...


 


 

Avevo più o meno dodici anni. A quel tempo frequentavo la prima media da solamente due mesi e mia madre – appoggiata fermamente da mia nonna di 93 anni - insisteva molto sulla mia presenza in un club. All'epoca ero più brutta di qualsiasi cosa sulla terra, compresi i calamari, così avevo provato a trovare un club che fosse non molto numeroso e non molto conosciuto. Il club di basket faceva al caso mio. La nostra scuola aveva due palestre separate così era ancora più difficile fare amicizia ed il club era costantemente isolato dietro quei cespugli di rose mal coltivate. Il primo giorno entrai nella palestra vestita a tema, munita di rigoroso giacchetto nero pece e pantaloni neri lunghi più di quanto avrebbero dovuto. Mi avvicinai piano piano alla porta di ferro chiusa, con il cuore in gola, con la bocca asciutta e lo stomaco chiuso, mentre sentivo i rumori delle scarpe sul parquet che sembravano intonare un ritmo macabro da thriller. La mia mano era sulla maniglia, mi sarebbe bastato fare un po' di forza, poca poca e sarei stata lì con le altre.

Avvertì una voce.

-Ok allora, vado subito a cercarla!

D'un tratto la porta si aprì di scatto, così velocemente che mi domandai se non fosse scomparsa. Il risultato fu che indietreggiai spaventata ed un po' perché avevo i pantaloni esageratamente lunghi, un po' perché non avevo realizzato di avere un gradino alle mie spalle, caddi rovinosamente a terra.

-Oh... - Disse la ragazza a cui apparteneva la voce.

Dietro di lei si fecero avanti altre due giovani, una delle quali era proprio Hibiki.

-Mizu-san, l'hai trovata a quanto pare!

Mi alzai goffamente usando una mano e le osservai. Mizu era bassissima, forse 140 centimetri e portava i capelli corti e biondi, raccolti ai lati da due forcine a forma di stella blu. Hibiki era già formata per la sua età, aveva indosso la divisa della squadra e portava i capelli lunghi e rossi, legati all'estremità da un elastico nero. A destra invece, vi era una delle ragazze che non vorrei per nulla al mondo ricordare. Mi domandai spesso se non fosse uno scherzo del destino averla conosciuta.

-Ti sei fatta male?

Mi domandò Hibiki, avvicinandosi e porgendomi gentilmente la sua mano. Io la osservai spaventata, quasi come se fosse un mostro. Mizu fece qualche passo avanti e arrossendo distolse lo sguardo.

-No.- Dissi -Avete cercato di uccidermi, ma non ci siete riuscite.

Hibiki mi rivolse un sorriso per nulla in difficoltà, anzi si sedette accanto a me, con le gambe unite sotto il suo peso. Io non le rivolsi le mie attenzioni, era così bella che sembrava dover scomparire da un momento all'altro.

-Ma dai, chi mai vorrebbe ucciderti?

E rise un poco, giusto il tempo necessario per far si che Mizu si avvicinasse.

-S...sei la nuova ragazza?

-Si, sono Nishiyoshi Mayori.

-Terumi Hibiki.

-Hoshigawa Mizu, scusami per prima.

-Non ho molta voglia di scusarti...- Sussurrai contrariata, alzandomi e pulendomi i vestiti. Lei mi guardò presa alla sprovvista.

-C..cosa?

-Mizu non è cattiva, Mayori-san. È solamente impulsiva...

Disse Hibiki, ma io non la guardai.

-Un pò troppo in effetti...

-Come se tu non lo fossi, in fondo sei caduta da sola!
Replicò la biondina, mentre Hibiki sorrideva.

-Su su, ragazze...

-Io sono caduta perché tu mi hai fatta cadere...!

-Sei una che da la colpa agli altri non è così!?

-Perché tu che cosa hai appena fatto?

Mi incamminai seguendo Hibiki dentro la palestra e proprio vicino a me venne Mizu. Quella ragazza era bravissima a mentire a se stessa ed anche agli altri, infatti venni a scoprire solo dopo due mesi che piangeva ogni notte per avermi fatto cadere nel mio primo giorno di presentazione al club. Inutile dire che scoppiai a ridere quando me lo raccontarono.


 

Mi avvicino alla porta molto più rilassata dopo quel ricordo nostalgico. Mi faccio forza, mi avvicino alla maniglia, senza la gola secca o il cuore a mille, ma ancora una volta la porta si apre di scatto, senza che io la tocchi.


 

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Capitolo 10
*** Piano ***


Premessa 
Nuovo capitolo. Ho scritto un pò tutto veloce, perdonate errori di battitura (anche se ho ricontrollato motle volte, ma il capitolo è lungo e non posso dire che sia perfetto :p)
Buona lettura :*

HK



Capitolo 10: Piano.

 

Mi avvicino alla porta molto più rilassata dopo quel ricordo nostalgico. Mi faccio forza, mi avvicino alla maniglia, senza la gola secca o il cuore a mille, ma ancora una volta la porta si apre di scatto, senza che io la tocchi.

Davanti a me riesco ad identificare la figura esile di una donna, la stessa che da molto mi seguiva per chiedermi di entrare nel club di basket. Rimango ferma, con la mano a mezz'aria, ma l'espressione completamente atona. Lei piega il viso di lato, sbattendo due o tre volte le sopracciglia con aria seria.

-Mayori....

Dice, ma io sono sicura di non aver mai avuto un qualsiasi tipo di rapporto con lei.

-Professoressa...?

Provo a dire, ma non so neanche il suo cognome, so solo che mi da molto fastidio. Lei toglie una mano dalla porta, sembra molto rilassata, non come quando mi ha sgridata perché ero in classe a scrivere senza nessun permesso.

-Masako Araki

-Mh – Rispondo, visto che so che lei mi conosce. I suoi occhi mi fissano attenti e mi sento a disagio. Così cerco di ripiegare su qualcos'altro -Ha intenzione di farmi entrare o vuole tenermi qui fuori a vita?

Araki fa ondeggiare i suoi capelli liscissimi e precisi, mi sembra molto più bella ora che la vedo da vicino e mi ricorda un po' mia madre, anche se di carattere sono sicuramente molto diverse.

-Sono molto contenta che tu sia qui- Mi confessa -Perciò direi che puoi anche entrare. Prego.

Si fa da parte, mi indica il percorso con il braccio alzato, mentre io mi sento seriamente a disagio. “Lei è contenta? Perché dovrebbe? Io... ora ricordo!”


 

<< Noi siamo il club di basket. Il professore Mishita mi ha detto che tu sei molto brava a... >>

<< No, non gioco più a basket e tanto meno voglio averci ancora a che fare. Dica al professore che sarebbe gradita più discrezione nel raccontare i fatti altrui. Arrivederci. >>

 

“Le avevo risposto male, sono stata molto maleducata. Ma in fondo non sapevo chi fosse e le cose che le ho detto sono la più sincera verità. Ecco.”

Con la testa bassa avanzo, mentre sento che mi sta guardando con occhi di chi forse un po' si sente vincitore. Stringo i denti ed una volta superata alzo lo sguardo, ma non posso far altro se non riabbassarlo subito quando mi rendo conto che tutta la gente dentro quella palestra mi sta fissando. Chissà, anche il canestro sembrava guardarmi e se avesse potuto parlare, sicuramente avrebbe detto “Chi è quella pulce, così piccola e gracile, che osa entrare nel mio territorio? HAHAHA, stolta e povera ragazza!”.

Un po' come Ade o Zeus, che vedendo noi poveri umani si divertivano a renderci la vita impossibile. Diciamo che il canestro potrebbe essere il “Dio dei cestisti”.

Interessante.

-Mayori!

La voce di Himuro mi riporta alla realtà, facendomi alzare lo sguardo di scatto proprio verso di lui. Si avvicina, con la palla sotto il braccio, il viso contento ed un piccolo sorriso accennato. È sudato, indossa una maglia bianca con i pantaloncini neri ed al collo porta sempre quella strana collana di catena e ferro.

Ho sempre pensato che Himuro fosse un ragazzo normale, ma mentre si avvicina il suo fisico mi sembra completamente diverso. Infatti, strabuzzo gli occhi.

-Ehi, che cos'è quell'espressione sorpresa?

Mi dice, emettendo una piccola risata.

-Non sono sorpresa, sta' zitto...

Dico e distolgo l'attenzione. Lui piega la testa e sorride.

-Mayochin...

Mi chiama anche Murasakibara, però da lontano, vicino al canestro, dove con aria annoiata agita la mano in segno di saluto. Mi sento un po' più a casa, mi sembra un amico e così, d'istinto, lo saluto anche io con la mano, sorridendo appena. Himuro sospira di poco.

-Sono contento che tu sia qui..

-Sì sì, siete tutti molto contenti di vedere una pulce come me qui, senza fare nulla.

Il moro manda uno sguardo alla professoressa alle mie spalle, sempre con viso atono ed io lo seguo, incontrandolo poi fisso nei miei occhi.

-Non sei una pulce – Dice, sorridendo, mentre sposta il penso su di una sola gamba- Qui puoi fare quello che vuoi, persino aiutarci, non ti pare?

Alzo un sopracciglio. -Assolutamente no. Voglio dire, non vado in bagno perché non mi va e secondo te mi abbasso ad aiutare una squadra di basket come la vostra?

Non finisco di parlare che mi rendo conto di aver detto qualcosa di estremamente imbarazzante e nonostante Himuro abbia stampato sul suo viso quel solito sorriso di consuetudine io so – lo sento – che internamente sta ridendo di me.

Abbasso gli occhi e gonfio le guance che si sono tinte leggermente di rosso.

-Però – Continua lui - giocavi in passato, no? Perciò-

Lo interrompo, mi porto istintivamente con un piede avanti ed il mio sguardo, me ne rendo conto solo dopo, per un attimo lo fulmina.

-Chi ti ha detto questa cosa?!

Il moro si piega un po' indietro con le spalle, preso alla sprovvista.

-Nessuno...

Dice, ma non ho il tempo di replicare, perché un colpo di tosse attira le nostre attenzioni. Mi giro di scatto e vedo i ragazzi della squadra fissarmi, tutti vicini, alcuni un po' increduli per motivi che non conosco.

-Possiamo interrompervi?

“Mayori, ricomponiti, subito!”
Mi intimo e veloce riprendo una postura normale, inchinandomi di poco.

-Scusate l'interruzione, io sono Nishiyoshi Mayori, molto piacere.

Il capitano, quello che aveva parlato – e tossito – inizia ad agitare le mani davanti a se.

-Non hai interrotto, non ti preoccupare...!

Il suo volto è spaventoso, lui stesso è gigante e fuori misura, con quel mento e quelle spalle che farebbero invidia a qualunque giocatore di Wrestling. Sono cose in un uomo che mi infondono solo terrore, così non dico nulla, anzi, faccio fatica anche ad alzarmi dal mio inchino. Himuro sorride, lo vedo con la coda dell'occhio.

-Nishiyoshi è qui per assistere all'allenamento di oggi, perciò faremo una partita. Voglio il massimo da tutti, capito Murasakibara?

La coach parla alla squadra con disinvoltura, ma sotto il braccio tiene un bastone di legno ed i suoi occhi sono duri e severi. Mi giro ad osservare la reazione del Gigante, ma lui sembra solo annuire distrattamente. La donna si avvicina a me.

-Seguimi, ti aiuterò almeno a conoscere i nostri giocatori.

Come se fossi rimasta colpita da quella freddezza rimango in silenzio e la seguo oltre la linea di campo, osservando i ragazzi che prendono pozione.

Un fischio e la palla è in aria.

 

 

°°°

 

 

Il mio cuore ha perso molti battiti, quando un attaccante si avvicinava al canestro. Sono rimasta senza fiato quando Himuro ha fatto quel tiro, quando la palla è passata attraverso la mano del difensore. E vogliamo parlare della prestanza di Murasakibara? Qualcosa di formidabile, davvero miracoloso.

-INCREDIBILE!

Urlo, quando sono ormai seduti entrambi sulla panchina, con il fiatone e la maglia madida di sudore. Loro mi guardano con aria vagamente sorpresa.

-Cosa?

Dice Himuro, io inconsciamente stringo i pugni davanti a me, agitandoli di poco.

-Tutto! Tutto il vostro modo di giocare... è strabiliante! Non posso credere che tu -guardo il moro – sia riuscito a mettere in atto un tiro del genere! E... Murasakibara! Sei davvero forte!

Vedo il volto di Murasakibara velarsi di un rosso carminio, mentre mi guarda sorpreso. Himuro sorride, asciugandosi il volto con il dorso della mano.

“Serve un asciugamano” Mi dico e di scatto allungo una gamba in modo da arrivare a quelli piegati da una parte vicino alla panchina.

-Tieni!
Dico euforica e gliene passo uno. Il moro lo prende e si asciuga il sudore.

-Anche a me...

-Oh, scusa... tieni.

Ne passo uno anche al gigante che lo accetta di buon grado e vi nasconde la faccia. Mi sembra così diverso ora. Non posso fare a meno di osservare i suoi muscoli, quella prestanza fisica incredibile, proprio davanti a me! Ha un'apertura sopra la media, le sue gambe sono lunghissime e se devo dirla tutta sembra ricordare la stabilità di una quercia secolare.

“Non me lo sarei mai aspettato da lui... trasudare stabilità... incredibile”

-Murasakibara... è questo il talento di cui mi parlavi?

Domando e per guardarlo meglio – solo per curiosità – mi siedo accanto a lui, con Himuro alla mia destra. Mi giro verso il Gigante anche con le gambe e non mi sembra vero. Non mi sembra vero di potergli stare così vicina...!

-Si. Il talento naturale...

-Di naturale non tuo modo di giocare non c'è assolutamente nulla. È mostruoso...

I suoi occhi mi fissano, quasi mi incatenano. Sembra contrariato e con la postura un po' ricurva il suo volto è all'altezza del mio. Sorriso pacifica.

-In senso buono. È meraviglioso.

Lui mi guarda ancora, poi aggrotta le sopracciglia e si gira dall'altra parte.

-Mmmh, non mi interessa...

Himuro emette una risatella e si alza. Ha tutta la mia attenzione.

-Mayori noi andiamo a cambiarci. Torniamo a casa insieme?

-Si.

Rispondo subito e mi alzo dalla panchina.

-Vi aspetto fuori!

Mi avvio verso l'uscita, senza guardare nessuno, solamente riprendendo la mia borsa. Mente cammino sento le voci dei ragazzi.

-Lascia stare, si chiamano addirittura per nome, non hai speranze.

-Ma perché le deve avere sempre tutte per sè?!

-Non ti ha neanche guardato...

-Smettetela di sottolinearlo!

“Mi domando di chi stiano parlando”

Lascio la palestra chiudendomi la porta alle spalle.

“Devo chiamare Hibiki. Sarà felice di sentire le mie novità!”
Prendo il telefono e compongo il numero praticamente a memoria, mi porto l'apparecchio all'orecchio ed alzo gli occhi verso il cielo plumbeo, osservando che di nuovo sembra minacciare pioggia.

Dopo due squilli scatta la segreteria telefonica.

Richiamo.

Ancora la segreteria.

“Che strano. Beh, avrà da fare. Magari è ancora a lavoro”

Le scrivo un breve riassunto della giornata, un messaggio.

 

Hibiki sono andata a vedere una partita di Basket della mia scuola!

Devi assolutamente richiamarmi, devo dirti così tante cose... ti piacerebbe venire a vederli. Non so perché tu non mi abbia ancora richiamato, anche ieri ho provato a scriverti, ma non mi hai risposto.

Appena sei libera mandami qualche segno di vita.

Non sforzarti troppo.

A presto.

(E RICHIAMAMI!)

 

“E' la prima volta che non mi risponde per così tanto tempo. Chissà se ha trovato qualche altro lavoro... beh, buon per lei.”

 

 

 

°°°

 

 

 

Quando ci mettiamo in marcia per tornare a casa la luna ci illumina la strada. Cammino in mezzo ai due ragazzi, mi sento protetta dalla loro altezza, nonostante praticamente io scompaia.

“Questa notte non dormirò, sono troppo euforica!”

Mi dico mentalmente, mentre mi viene da sorridere, mi sento così stupida.

Himuro mi rivolge un'occhiata penetrante e sorride quando io me ne accorgo.

-Sei molto contenta.

Arrossisco di poco iniziando a fissare le mie scarpe.

-No. Sono solo stanca e quando sono stanca mi viene da ridere.

-Ah sì? Non lo avrei mai detto...

“Cos'è, mi prende in giro?”

Penso, notando il suo tono ironico. Lo fulmino ancora, ma lui si tira su e sorride alla luna.

-Mayochin sei un'amante del basket?

Mi chiede il Gigante. Io mi giro a guardarlo, seria.

-Mi piaceva. Prima. Ma ora lo odio.

-Non è vero...

Lo guardo indignata. -Sì che è vero!
-No... -Si piega quasi alla mia altezza -Ti brillavano gli occhi, prima.

Mi tiro indietro. “Oh...”

-Non è vero! Io...

Il mio volto deve risultare piuttosto stupido perché sono sicura che tradisca molto più di quanto vorrei.

Il Gigante mangia un pezzo della sua merendina, mentre io seguo tutto con il mio sguardo, allontanandomi un pò.

-Perché dici bugie? Sei piccola e strana...

-Senti chi parla!

-Io non sono piccolo

Incrocio le braccia al petto. -Infatti sei solo strano.

-Non è vero... Murochin, dille che si sbaglia!

Himuro si becca l'ennesima occhiataccia, questa volta da entrambi.

-Non litigate...

Dice forse in difficoltà. Io mi giro spostandomi i capelli con un gesto veloce.

-Lui concorda con me!

Murasakibara aggrotta le sopracciglia e si abbassa alla mia altezza, anche se con fatica.

-No, non è vero. Sei veramente fastidiosa!

-Anche tu lo sei!

Dico – o forse urlo – avvicinandomi a lui, con aria di sfida.

Il Gigante si tira su, sembra molto più alto visto da vicino. Alza una sua mano e di scatto me la poggia sulla testa.

-Una mia mano è grande come la tua testa!

Dice, ma io arrossisco.

-L...levati!

Dico, cercando di liberarmi, ma lui sembra divertirsi, infatti le sue labbra si tirano in un sorriso accennato.

-Non riesci a spostarmi...

Dice, io inizio a muovermi per cercare di spostare la sua mano e mi faccio indietro, poi avanti, poi cerco di aggrapparmici e poi, ancora, cerco anche di leccarla, ma non ci arrivo. Andiamo avanti così per forse dieci minuti, mentre continuiamo a camminare in modo alquanto goffo.

-AAAAAAH – Urlo ad un certo punto. -Himuro! Aiutooo!

Piagnucolo, innervosita da quel sorriso compiaciuto che il gigante mi rivolge. Il moro, che aveva nel frattempo tirato fuori il telefono e se ne stava sulle sue, nonostante noi due continuassimo a camminargli – urlando e giocando – accanto ripone il telefono e ci guarda rassegnato.

-Atsushi...

Al richiamo dell'amico, mi sembra che il Gigante allenti un po' la presa così, approfittandone, gli sposto il braccio con forza e mi catapulto letteralmente tra le braccia di Himuro. Il moro, preso alla sprovvista, rimane a braccia aperte, senza respirare e sono sicura che il suo sguardo sia di pura sorpresa. Io lo abbraccio e poggio la guancia sul suo petto, per poi girarmi astutamente verso Murasakibara.

-Lasciami in pace...

Dico piano, con gli occhi di un bambino che stringe il suo giocattolo preferito. Il Gigante è rimasto con una mano a mezz'aria, la bocca poco aperta e un'espressione da ebete sul volto. Mi viene quasi da ridere.

Himuro, dopo qualche attimo, abbassa le sue braccia e mi fa tornare alla realtà.

-Suvvia...

Dice, ma sento chiaramente le sue braccia stringermi in un abbraccio. Quando me ne rendo conto è ormai troppo tardi, perché sono chiusa in una trappola dal caldo tepore. Arrossisco violentemente, ma rimango in silenzio.

-Murochin! Lasciala, così la schiaccio una volta per tutte....

Non dico nulla, ma sento che Himuro strige la presa. Attraverso la stoffa della maglia sento i muscoli contratti che mi sembrano molto scolpiti.

“Chissà se tutti quelli che fanno basket li hanno così. Murasakibara sicuramente si. Chissà se Kise...”

Il mio cuore perde un battito. Mentre i due parlano io mi distraggo e, nonostante rimanga ancorata ad Himuro, la mia attenzione vola altrove. Spalanco gli occhi.

“Ho messo di nuovo in mezzo Kise...”
Mi dico e nascondo il viso nella maglia si Himuro che si irrigidisce un po' e mi guarda. Lo sento dire: -Mayori...?

Ma non voglio rispondergli. “Kise... sta sempre in mezzo...”

Mi dico e d'un tratto mi sento così strana, così vulnerabile che la presa di Himuro mi pare l'unica cosa in grado di tenermi ancorata alla realtà. Poi, d'un tratto, qualcosa mi cade sul collo. Qualcosa di freddo, umido.

Alzo il volto e guardo il cielo.

-Piove.

Dice Himuro, che ha seguito il mio sguardo. Mi stacco da lui, ma non abbiamo il tempo di dire nulla che la pioggia ci colpisce di sorpresa.

-Andiamo!

Urla Himuro coprendosi con una mano la testa, anche se non serve poi a molto. Io mi precipito avanti, mentre sento che le goccioline mi entrano dappertutto, bagnando i capelli che forse erano ordinati. Corriamo per n po', giusto il tempo di trovare una fermata del Bus dove ripararci ed io mi butto istantaneamente sulla panchina asciutta.

-Aaah, ho preso un sacco di pioggia! Sono tutta bagnata...

Dico, prendendo tra le mani una ciocca di capelli che gocciolano e pendono in modo alquanto orribile.

“Certo non sono orribile come quando ho incontrato Kise, ma sono di certo più bagnata. E dico, perché doveva piovere proprio ora!”

Penso. Murasakibara si siede accanto a me ed i suoi capelli sembrano molto più lunghi se bagnati.

-Così sembri un furetto...

Dice, guardandomi e ricevendosi un sorriso spontaneo.

-I furetti sono meravigliosi. E tu non capisci la bellezza.

-Non ho detto che sei brutta.

Lo guardo attentamente. Lui si gira, imbronciato e non riesco più a vedere il suo viso. “Che vuol dire?”

Himuro si siede dall'altra parte, più vicino di quanto possa.

-Ora non ci rimane che aspettare.

Dice e tutti guardiamo la pioggia che cade fitta e rumorosa a pochi centimetri da noi. Mi sento strana, ma seduta con loro due accanto, la pioggia mi pare d'un tratto tutto tranne che noiosa.

 

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Capitolo 11
*** Pioggia Fredda ***


Premessa.
Scusate il ritardo, sto decidendo cosa fare nella vita dopo il liceo e siccome ora sono istritta alla facoltà di ingegneria aggiornare sarà sempre più difficile! 
Però, nonostante tutto, ecco a voi il capitolo! Premetto che ci sarà forse una rivelazione shock alla fine hahahaha
Fatemi sapere <3

HK



Capitolo 11: Pioggia Fredda

 

La pioggia va avanti per ore. Il cielo è sempre più buio, la luna è nascosta ed il freddo si fa avanti inesorabile. Inizio a tremare dopo solo dieci minuti e spero che la cosa non si veda perché i due ragazzi accanto a me sembrano del tutto tranquilli. Himuro ha i capelli leggermente umidi, forse perché sono corti e si asciugano prima. Murasakibara, invece, ha la frangia gocciolante ed ora che lo guardo meglio tira spesso su con il naso.

“Gli verrà di nuovo un raffreddore pazzesco” Penso ed un po' mi sento preoccupata “Dovrei fare qualcosa, ma non so cosa... Hibiki al posto mio avrebbe sicuramente trovato il modo di prendersi cura di lui. Sono un disastro come ragazza...”

Penso e chiudendo gli occhi sospiro pesantemente.

-Qualcosa non va?

Mi domanda Himuro. Io lo guardo e scuoto la testa, sconsolata. Lui si avvicina d'un

tratto e si mette seduto accanto a me, così li ho entrambi vicini.

-Hai freddo?

-No.

-Sei sicura?

-Si – Himuro piega la testa d'un alto ed assottiglia leggermente gli occhi -Senti, non mi guardare in quel modo. Ho detto che sto bene! Piuttosto...

Mi giro ed incontro lo sguardo lucido di Murasakibara che mi fa aggrottare le sopracciglia.

-Murasakibara, ti prenderai un raffreddore! Sono quasi sicura che tu finirai di nuovo a letto!
Il viola tira su con il naso e si gira altrove, lamentandosi con un verso gutturale.

-Mmmmh, io odio la pioggia

-Io la amo- Dico subito. Lui si gira e mi guarda, mi viene in mente di dargli un fazzoletto -Aspetta, forse....

Non finisco la frase che Himuro porge un pacchetto di fazzoletti al gigante passando proprio dietro le mie spalle.

-Tieni Atsushi

Dice e sorride amabilmente. Eppure non si capisce nulla di quello che prova. Sorrise, sorride e sorride, ma mai una risata. O qualcosa di più gioviale. Sembra sempre così distante.

-Lo avevi nelle tasche?

Domando, fissandolo e non curandomi quasi più del Gigante. Lui annuisce e piega di nuovo la testa. I suoi occhi scendono su di me, li vedo che mi scannerizzano. D'istinto mi copro il petto con le mani.

-Piantala

Dico. Ormai non arrossisco più in situazioni così, altrimenti finirei per fare una figuraccia come quella dell'appartamento.

-Non sto facendo nulla....

Il suo tono è mellifluo e forse anche un po' divertito. Io aggrotto le sopraciglia e gli rivolgo uno sguardo stizzito. “Non so perché, ma ora mi da così ai nervi questo comportamento...”

-Himuro sei un bugiardo.

Lui alza le sopracciglia e grazie ad una folata di vento intravedo dietro ai capelli bagnati anche l'altro occhio. Io deglutisco.

-Beh, comunque, a me le persone che mentono non mi piacciono.

Mi giro alzando il viso con fare forse altezzoso e chiudo gli occhi, incrociando le braccia al petto. Lui si appoggia sulle gambe con i gomiti e lo sento sospirare.

-Tu, Mayori, sei una persona sincera?

Lo guardo e penso che anche Atsushi lo stia facendo.

-Certo

Lui si piega con il busto nella mia direzione, senza scomporsi.

-Tutti hanno dei segreti... Vorresti parlarmi degli anni delle medie?

Il mio cuore perde un battito. Istintivamente scompongo la mia posizione e mi incurvo con le spalle. Le gambe si girano di poco verso di lui: ora ha tutta la mia attenzione – e forse anche un po' di timore.

-Cosa?

Ripeto flebilmente, guardandolo negli occhi grigi, che sembrano argento liquido ora.

-Si, delle medie e di quando giocavi a Basket. Ti va di parlarci della tua squadra? E di quella ragazza... com'è che si chiamava?

Sento chiaramente di non respirare più.

-Ah, Aika.

“Non può saperlo davvero. Non può! Lui... si sta inventando tutto... le persone come lui fanno queste cose, no? È sicuramente così, io lo so... no?”

Deglutisco ancora ma ho la gola secca. Lui sorride, distoglie lo sguardo, si fissa sull'acqua che scorre proprio davanti a noi. Io contino a guardarlo.

-Vedi Mayori? Tutti hanno dei segreti. E se tu sei qui con noi vuol dire che non sei chiara prima di tutto con te stessa, altrimenti non ci sopporteresti.

Come se le sue parole fossero pioggia tutto il mio nervosismo scivola via. Lascio cadere le mani sui fianchi, mi rendo conto che qualcosa in quelle parole mi ha colpita.

“Io sono una bugiarda...?”

Dico tra me e me, ma quando sento che le lacrime si fanno strada per uscire mi butto indietro, cercando di reprimerle. Chiudo le braccia in una morsa come se mi stessi abbracciando da sola, ma questa volta, per quanto conficchi le unghie nella mia pelle, il dolore non ferma le lacrime, anzi gli da speranza.

“Non voglio piangere davanti a te, stronzo.”

Penso, guardando il moro ancora rivolto al paesaggio. Mi giro, di scatto, poggio una mano sulla coscia di Murasakibara che mi guardo sorpreso.

-Abbracciami.

Dico, ma la voce è rotta e si nota quanto io mi vergogni a dire una cosa del genere dal rossore delle mie guance. Eppure sono così arrabbiata!

Il gigante non fa altro che alzare un braccio ed io colgo l'occasione e nascondo il viso e gran parte del corpo nella giacca pesante di lui.

Himuro si tira su.

-Mayochin come sei strana, prima ridevi, ora piangi...

Dice il viola. Stringo i pugni e mi conficco le unghie nella pelle.

“Sono io quella strana! Certo.”

-Mayori, non dirmi che stai davvero piangendo...

Non rispondo. Mi fa arrabbiare.

-Mayori...

-STA ZITTO.

Quasi urlo, rimanendo ferma nella mia posizione. Himuro sospira, mi sembra che si avvicini. Non mi sbagliavo. Sento una sua mano sulla spalla, l'altra sulla schiena.

“Che sta facendo?”

Non ho il desiderio di girarmi e non lo faccio, ma d'un tratto sento un calore non indifferente sul collo. Proprio sul collo. Poi realizzo che cos'è. Le sue labbra mi lasciano un marchio di fuoco sulla pelle bagnata come se fossero ferro rovente.

-Scusami, non era mia intenzione ferirti... volevo solo dirti la verità.

Mi percorre un brivido e non riesco a pensare a niente da fare per poterlo uccidere.

-Murochin....- Si lamenta il Gigante e sento la sua presa che mi allontana da Himuro stringendomi a se -Smettila...

Seguono attimi di silenzio in cui sento solo il mio cuore che è paralizzato e batte molto molto molto lentamente.

-Ha smesso di piovere- Dice il moro -Torniamo a casa, ora si è fatto davvero tardi.

 

 

°°°

 

Il letto di camera mia non è mai stato così bello. MAI.

Anzi, ultimamente era un bel po' che non lo amavo così intensamente, forse per tutti quei sogni strani che mi tormentano la notte.

Beh, comunque, dopo essermi cambiata mi infilo sotto le coperte e nascondo il viso nel cuscino. In momenti come questi vorrei un grillo parlante. Di solito c'è Hibiki, lei è il mio grillo parlate, quell'amica che ti dice la verità, che ti sprona ad andare avanti che ti fa ragionare ed a volte che organizza tutto per farti stare bene, che tu lo voglia o no. Eppure ho provato a chiamarla, ma niente.

Niente di niente.

Solo segreteria telefonica. Sto iniziando a pensare che le sia successo qualcosa, perché non è normale che non risponda per così tanto tempo. Con una preoccupazione immensa mi rigiro nel letto.

“Che giornata...”

Penso e mi viene in mente il bacio di Himuro. Il suo volto, il fisico atletico e sopratutto le sue parole.

Non sei chiara prima di tutto con te stessa”

 

Ma quando mai? Io sono me stessa da sempre, è per questo che la gente mi evita. È colpa degli altri che non capiscano quanto io faccia fatica ad essere me. Non mia.

Fortuna che c'era Murasakibara... e pensare che un attimo prima sono stata io a litigarci. Dovrò chiedergli scusa per il comportamento incoerente – e forse anche un po' indecente, visto che gli ho chiesto di abbracciarmi.

Il pensiero un po' mi fa arrossire.
“Murasakibara è molto più simile a me. Mi sento come se avessi trovato un fratello in più. Uno vero, però, non qualcuno solo di sangue.

Forse domani passerò a vedere gli allenamenti così potrò scusarmi per bene e magari chiedere ad Himuro che cosa voleva dire con quella frase. Si, farò così.”

Con gli occhi pesanti scendo piano piano nel mondo dei sogni.

 

°°°

 

Apro la porta della palestra con decisione, questa volta. Ormai so cosa ci troverò dentro. Mi faccia avanti.

-Permesso...

Dico, ma noto subito che non c'è movimento, nessuno sta giocando. Tutti sono vicini al canestro, tutti in cerchio come se stessero osservando qualcosa.

Il capitano, lo scimmione gigante, si accorge della mia presenza.

-Oh! La ragazza di Himuro...!

Dice ed allora gli altri si girano, compreso Himuro che era lì davanti. Io avanzo arrabbiata.

-Io non sono la fidanzata di nessuno, mi chiamo Mayori. Piuttosto che cosa ci fate tutti qu-

Mi muoiono le parole in bocca.

-Oh mio Dio, Murasakibara! Che cos'è successo?!

Dico e mi butto a terra sulle ginocchia accanto al Gigante. Ha del sangue che gli cola accanto agli occhi, sporcando anche un po' i capelli, le mani sembrano intatte così come le gambe. Il suo sguardo è un po' stralunato e quando mi vede si porta le dita sulla testa e le sporca un po' di sangue.

-è scivolato ed ha sbattuto contro il canestro...

Dice il capitano, molto scettico e piuttosto sconsolato.

-E' da oggi che hai la testa fra le nuvole, sarebbe successo prima o poi.

Puntualizza un ragazzo più altro con i capelli lisci e gli occhi molto affilati. Io li guardo entrambi assottigliando gli occhi.

-Andiamo, non vi pare di essere un po' troppo duri?

-Mayori – Mi chiama Himuro, facendomi distrarre – Puoi per caso portarlo tu in infermeria? Noi provvederemmo a mandarti la coach appena ne sappiamo qualcosa.

Io annuisco.

-Va bene. Andiamo...

Murasakibara si alza con le sue forze e non barcolla. Sembra una ferita marginale, per fortuna. Ci incamminiamo verso l'infermeria e mi preoccupo di tenerlo d'occhio. Mi sento molto sollevata nel guardare che non sembra accusare danni di nessun altro genere.

-Accidenti, devi stare più attento!

-Moooh, non dirlo anche tu, ho capito...

-Se hai capito vedi di fare attenzione la prossima volta. Intesi?

Entriamo nell'infermeria. Non è così distante dalla palestra e l'odore di pulito salta subito al naso. Come negli ospedali.

-Siediti sullo sgabello, tolgo il sangue e ti fascio.

Il Gigante si siede come al solito un po' ricurvo, io mi sbrigo a prendere il necessario ed inizio a spostargli i capelli dal viso. Lui mi guarda.

“Forse è preoccupato per le sue situazioni”

Ipotizzo e così dico:

-Non è una ferita profonda, solo una bella botta con un bel po' di scorticamento. Bravo, bel lavoro.

Lui distoglie lo sguardo corrucciato e biascica qualcosa che non capisco. Mi limito a sospirare. Inizio a pulirgli il sangue dal viso. Le mie mani si muovono piano, cerco di essere accurata. Mi viene da sorridere.

-Sai, di solito era Hibiki a fare tutto ciò. Era sempre così attenta, gentile. Sai quelle persone meravigliose che non puoi odiare. Non avrei mai pensato che una come me potesse mai cercare di sembrare lei...

Murasakibara continua a guardarmi ma non capisco il suo sguardo.

-Hibiki era una mia amica delle medie.

Dico, cambio tampone e finisco di togliere il sangue. Poso tutto ed inizio a fasciare con la garza. Con i polpastrelli dell'altra mano gli muovo il viso. Lui fa quello che voglio io, mentre i suoi occhi sembrano cercare sempre i miei.

-Mayochin, perché vuoi essere Hibiki?

-Te l'ho detto, lei è perfetta.

-E tu?

Mi fermo e lo guardo. Mi viene da ridere.

-Io sono un disastro! Dovresti vedere come ti ho messo la garza! Sembra un travestimento per Halloween!

Lui si tocca la testa che ha preso almeno due dita in più di volume e che sembra peggio di prima. Io mi sbrigo a tagliare tutto. Rifaccio una seconda volta. Lui sta fermo. “Com'è carino quando è così tranquillo”

-Atsushi, lo so che ti sembra strano ma... voglio chiederti scusa.

-Cosa?

Dice, guardandomi sorpreso. Arrossisco violentemente.

-Si, insomma, ieri ti ho un po' confuso. Prima ti ho urlato contro, poi ho... ho fatto quella cosa e quindi...

Il gigante sembra arrossire ed io sento il mio cuore che inizia a correre. “è come un bambino”

-Mayochin, se vuoi che io ti perdoni.... abbracciami.

-Eh?

Lui si gira e non mi guarda. Mi sento stranamente tranquilla. Forse mi sto rammollendo. Sospiro e sorridendo un po' mi avvicino, lo abbraccio flebilmente. Lui dopo qualche secondo ricambia, ma più forte. Si tira su con la schiena e nasconde inavvertitamente il volto nel mio petto. Sento le gote andarmi a fuoco.

-A...ah, Murasakibara! Aspetta così... diventa imbarazzante!

Lui non accenna a togliersi ed io sento che il mio cuore sta per scoppiare.

-Mayochin... ti piace Himuro?

-Cosa? Ma ti pare!

In quel momento il viola alza il volto e mi fissa. Non siamo lontani, anzi, forse siamo troppo vicini.

-Davvero?

-Si...

Dico, ma sento da qui anche il suo respiro.

“Oh... male. Questo è male...”

Il Gigante sembra rilassare la presa ed io non mi sento più soffocata. Ora che ha sciato la presa non sono costretta a rimanere in unta di piedi per non cadere e così torno alla mia postura normale.

Non avrei dovuto.

I nostri volti sono alla stessa altezza. Ancora troppo vicini.

-M...Murasakibara, lasciami, stiamo facendo tardi...

Il gigante non sembra ascoltarmi e prima che io possa rendermene conto le nostre labbra si incontrano. Spalanco gli occhi completamente esterrefatta. Sento il suo calore, il suo respiro. È qualcosa di strano, qualcosa che mi prende lo stomaco, qualcosa che non capisco. Il bacio è a stampo e per istinto tengo la bocca serrata. I suoi occhi sono nei miei, liquidi. Cerco di divincolarmi, ma le sue braccia sono troppo grandi. Dopo attimi immensi, si stacca.

Io rimango senza fiato, mi allontano da lui. Entrambi ci guardiamo. Sento che il mio pensiero è condiviso anche da lui.

“Che cosa è appena successo?!”

Non ho il coraggio di dire nulla ed ancora una volta scappo. Eppure, in questa situazione, sento che se ci fosse stato lui al mio posto, avrebbe fattolo stesso.

 

°°°

 

Hibiki non risponde. Stanno succedendo troppe cose. Troppo tutto insieme. Che cacchio di fine ha fatto. Mentre percorro la strada per tornare a casa riprovo a chiamarla.

Niente.

Forse è ora che chiami il padre. Certo, qualcosa dovrà pur sapere. Magari hanno trovato un impiego o magari le si è rotto il telefono. Compongo il numero ed aspetto. Entro in casa, butto tutto sul divano e mi siedo in cucina. Non c'è ancora nessuno. Squilla. Aspetto con il cuore trepidante di speranza. Niente. Qualcuno ha messo giù. Oppure è caduta la linea. Richiamo. Quella voce registrata mi da ai nervi.

-... potrebbe essere spento o non raggiungibile...

Chiudo nervosamente il telefono.

-CHE PALLE!

Dico. Mi sposto i capelli e mi accascio sul tavolo.

“Che faccio...?”

Alzo lo sguardo verso il telefono. “Dovrei riprovare? Un'ultima volta”

Compongo il numero. Suona.

“Oh, finalmente. Ora mi sente, lascia che gliene dica quattro!”

Squilla, squilla e poi quel rumore. Ha risposto.

-HIBIKI!

-Pronto?

Non è la sua voce. È una voce maschile. Rimango in silenzio.

“Che succede?” Guardo il display. “Eppure questo è il suo numero.”

-Con chi parlo?

Mi domanda la voce. Mi domanda ed io mi sveglio.

-No, con chi parlo io. Chi diavolo sei tu!? Questo non è il cellulare di Hibiki?!

-Lo è. Ti pregherei di abbassare il tono della voce. Da quanto deduco tu devi essere Mayori.

Rimango in silenzio.

-Il mio nome è Akashi Seijuro. La tua amica è con me, ha avuto un incidente stradale.

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Treni e Stress ***


Premessa :*

 

Allooora, premetto subito subito che ho citato città e luoghi che non conosco con precisione. Ho citato prefetture, ma non sono mai stata né in Giappone (magari...) né in un treno giapponese, quindi ho unito qualche ricerca alla mia inventiva sperando di non creare il paese degli unicorni volanti (?!) ma una cosa il più “fattibile” possibile. Qualsiasi appunto sulla geografia o sulle prefetture è ben accetto :)

Ho immesso anche dei richiami ad altri anime e manga, chi di voi li riconosce? Sono un paio, giusto giusto...

Per il resto, è un capitolo di passaggio quindi è un pochino (una pagina, più o meno) più corto rispetto agli altri. Spero che non vi annoi troppo e che non faccia pietà xD

Buona lettura

 

HK

 

 

 

 

Capitolo 12: Treni e Stress

 

 

 

“Ha avuto un incidente stradale”

Quelle parole mi rimbombano nella testa. Per lunghi attimi rimango ferma in silenzio, con gli occhi sbarrati che piano piano iniziano a bruciare e seccarsi. Dovrei sbattere le palpebre, ma non ci riesco.

-Capisco il tuo sgomento, ma ti pregherei di non chiamare più poiché in questo momento la tua presenza non è necessaria.

La voce del ragazzo mi arriva come un suono lontano. Lascio che il telefono mi cada dalle mani. Finalmente abbasso lo sguardo ed ora i miei occhi bruciano perché perdono lacrime. Le perdono silenziosamente.

-Io... io non capisco. Com'è potuto succedere? Akashi... Akashi-san, lei può parlarmi?

Dico, piano, ma so la risposta. Mi è già capitato. Mi è capitato quella volta, quel giorno.

-No. Non può parlarti. Mayori, ascoltami bene.

Io prendo il telefono con due mani, anche se tremanti. Rimango in ascolto.

-Hibiki ha tutto ciò che le serve. Mi hai capito?

Sento nel suo tono una serietà non indifferente, mista a freddezza e concretezza. Non so chi sia, ma trasmette inquietudine anche telefonicamente.

-Tu...- Prendo aria- Non puoi aspettarti che io lasci Hibiki nelle mani di uno sconosciuto. Non mi ha mai parlato di te. Io non so chi tu sia e da dove tu prenda tutta questa sicurezza. Come fai a sapere che non ha bisogno di me? Eh?!

La mia voce risulta forse molto più calma di come io sia in realtà. Gli occhi mi bruciano, ma quello che sento dentro è mille volte più doloroso.

-Non credo che tu possa aiutarla. Non sei forse ad Akita? Le tue possibilità economiche non ti permettono di poter rappresentare un punto di riferimento per lei.

Aggrotto le sopracciglia.

-Senti, Akashi. Io... io vengo li. Ci vengo per vedere come sta. Non la posso lasciare sola...

-Mayori, sei testarda, non è vero? Dovresti imparare a portare rispetto e sopratutto ad ubbidire quando ti si dice qualcosa. Non venire, sai anche tu che la tua presenza le causerebbe solo fastidio.

“Fastidio...”

Penso a tutte le volte che Hibiki mi ha sopportata, anche quando lavorava, quando aveva da fare, quando la chiamavo nel bel mezzo dei colloqui di lavoro. Ha sempre sorriso. E sempre mi ha sorretta, non mi ha mai sgridata. A lei andava bene. Andavo bene così, no?

-Tu non puoi saperlo... non puoi. Tu...

-Io lo so. Io sono assoluto, Mayori. Non venire, qui ci sono io.

Sento la cornetta cadere ed il suono martellante di quel “Tu tu tu” mi spaventa. A casa non c'è nessuno e probabilmente non torneranno prima di sera tardi. Il mio cuore prende a martellare del petto.

“No. Io non posso rimanere qui. Io devo andare. Io devo...”

Mi alzo di scatto e la sedia barcolla. Porto la mi cartella in camera, accendo la luce ed apro l'armadio. Prendo, sotto i vestiti invernali, nascosto nei meandri di altre scatole, quel borsone rosso che utilizzavo quando facevo basket. Lo prendo e lo apro.

“Mi dispiace ma proprio non posso starmene qui come le mani in mano”

Penso mentre inizio a riempire il borsone con vestiti a caso, tirati giù direttamente dalle stampelle. Prendo qualche calzino, mi dimentico la biancheria, mi porto lo spazzolino e dimentico un giacchetto pesante. Mi cambio ed indosso una gonna nera, l'unica cosa che è rimasta fuori dal borsone. Una gonna nera ed una camicia a quadri bianca e verde scuro. Un paio di calze nere, degli anfibi lucidi, qualche risparmio e gli occhiali da sole.

“Non ho molto, vado e torno.”

Penso, ma non credo di avere bene in mente che cosa fare. Il mio corpo si muove da solo. Come faccio ad arrivare d Hibiki? Comprerò una mappa una volta arrivata alla stazione. Con i soldi che ho non posso permettermi un volo aereo e l'unico modo possibile è quello di prendere un treno. Magari una linea con scalo, più economica. Faccio le scale, non guardo dove metto i piedi e mi precipito fuori dalla porta.

Più tardi scriverò un messaggio ai miei fratelli, saranno loro a dirlo ai miei genitori.

Chissà cosa diranno.

Esco fuori, alzo il viso ed osservo il cielo.

Piove.

 

°°°

 

Il treno è scomodo, non ha molte persone, ma è scomodo e freddo. Mi rannicchio nel tessuto della camicia di cotone e volgo lo sguardo al panorama. Il treno è fermo alla stazione di Akita. Fuori fa freddo e tira vento, il cielo è coperto e plumbeo, ma la pioggia ha smesso da un po' di scendere. Sospiro ed apro il libro nuovo di zecca comprato in offerta al botteghino della stazione. Sapevo che c'era una mappa al suo interno!

Infondo è un libro per turisti, una di quelle cose che in mano ad un giapponese sembrano diventare una barzelletta. Qualcuno che non conosce la sua terra è paragonabile ad un uccellino allergico al polline.

Povero uccellino, costretto a nascondersi in antri bui e umidi, in attesa che scenda la pioggia ed il nulla.

“Ok, Akita è qui. Tokyo è la tappa principale, il capolinea del viaggio del treno. Da Tokyo dovrei arrivare a Kyoto prendendone un altro... ma...”

Il mio sguardo finisce inevitabilmente verso quelle piccole goccioline che iniziano a macchiare il vetro del treno.

“Piove. E si sta facendo buio. Probabilmente arriverò domani mattina e dovrò soggiornare a Tokyo. Ma... Tokyo è grande. Ed è cara.”

Prendo il mio portafoglio.

“Ho abbastanza soldi per il treno, ma per l'Hotel... non ce la faccio. Maledizione! Se solo avessi dei parenti. Amici... A Tokyo, degli amici, forza Mayori, pensa!”

Mi accascio sul sedile, porto la testa indietro e mi copro gli occhi. Cerco di fare mente locale, cerco di riorganizzare le persone che conosco. Posso andare da MIZU!

Prendo il telefono e la chiamo subito.

Squilla.

-Pronto?

-Ehm, Mizu-chan, sono Mayori.

-Cosa? Mayori? Mayori.... NON CI POSSO CREDERE!

La sua voce sembra molto contenta, ma ha una strana nota di malinconia. Non ricordo che scuola prese Mizu dopo le medie, ma ricordo che abitava, una volta, dalle parti di Tokyo.

-Mizu-chan, mi dispiace chiamarti così di fretta, ma devo chiederti un favore. Hai saputo di Hibiki?

Dall'altro capo del telefono c'è silenzio. Lo ha saputo.

-Si.

-Sai qualcosa sulle sue condizioni?

Mizu ha sempre parlato molto, ma per un attimo la sento mantenere il respiro e poi rispondermi:

-No. Io... andavo a scuola con lei fino a poco tempo fa, ma poi ho perso i contatti.

-Cosa? Perché?

-Mi sono trasferita. Niente di che... cosa ti serve, Mayori?

-Una sistemazione, dalle parti di Tokyo. Sto andando a trovare Hibiki e...

-Non posso aiutarti...

-Perché?

D'un tratto un rumore sordo dall'altra parte del telefono in lontananza. Un piatto che si rompe? Lo riconosco bene, quel suono. Aggrotto le sopracciglia e cala il silenzio. Sento delle urla, forse la madre di Mizu, qualcosa di mostruoso.

-Scusami Mayori, ora devo scappare. Mi dispiace. Appena sai qualcosa scrivimi, ti prego.

Il suo tono è cambiato, si è abbassato, è diventato confuso e sbrigativo. Non dico nulla, molto delusa, ma proprio quando penso che stia per riagganciare, lei mi dice veloce:

-Comunque a Kanagawa dovrebbe esserci Kasamatsu. Magari potresti andare da lui... fammi sapere. Ciao.

E riaggancia.

 

°°°

 

Arrivo a Kanagawa naturalmente con molto ritardo sulla mia tabella di marcia. Sono le tre di pomeriggio. Mi sono persa cinque volte prima di arrivare a Tokyo perché sono scesa erroneamente ad uno scalo nella prefettura di Miyagi. Ho incontrato una strana coppia di ragazzi che mi hanno travolta correndo ed urlando in modo spaventoso e sono finita a vagabondare per le strade di montagna. Fortuna che ho trovato un'accademia gigantesca dove poter chiedere aiuto e ritornare sui miei passi*. Beh, comunque, nella stazione di Tokyo ho rischiato di essere travolta dalla mandria di gente ben dodici volte e sto letteralmente patendo la fame per risparmiare ogni centesimo. Da Tokyo il treno per Kanagawa è passato dopo tre ore – o forse ho sbagliato io binario un paio di volte?

Quando poggio il piede a terra, finalmente nel territorio della prefettura di Kanagawa mi sento come Cristoforo Colombo che scopre l'America. Sospiro ed avverto l'aria umida. Qui vicino ci dovrebbe essere il monte Hakone, che qualche volta ho visto in TV per le gare ciclistiche... dovrebbe essere frequentata, la scuola sul monte, da una tipa minuscola che veniva alle medie con me, con gli occhiali ed i capelli scuri, sempre raccolti in due atipici codini bassi**. Esco dalla stazione e chiamo un taxi. Ho riesumato non so da dove l'indirizzo di Kasamatsu poiché mi era capitato di dovergli far recapitare un regalo per il suo compleanno da parte di Hibiki. E allora, prego i Kami che alloggi ancora in quella casa di tre anni fa.

Il taxi mi lascia davanti alla villetta alle sei e mezza di sera. Il sole non è del tutto sceso, ma il cielo si tinge di rosa. Ad Akita il cielo è sempre nero, o grigio, o non hi tempo di guardare perché piove. O nevica. Che bel paese, il nostro.

Mi perdo per un attimo ad osservare la villetta ben ordinata. Uno stile classico, un giardino piccolo e curato, il campanello azzurro come il tetto e la porta di legno d'acero. Una cosa che dovrebbe essere confortante. Osservo che solo la luce del salone di sotto è accesa, il che vuol dire che c'è qualcuno.

“Devo farlo per Hibiki. Mayori, puoi sopportare questa umiliazione. Puoi farlo, ok? Non c'è nulla di male nel chiedere aiuto. Ricorda: non puoi fare lo stesso errore che hai commesso con Aika.”

Prendo un bel respiro e schiaccio il campanello. Una, due volte. La porta si apre.

-Ciao

Dico subito, alzando la mano ed inscenando un sorriso al momento. Kasamatsu mi guarda molto sorpreso. Indossa una maglia bianca, un paio di pantaloni comodi blu scuro come i suo occhi spalancati ed i capelli neri sono arruffati. Porta le ciabatte ai piedi ed è sicuramente cambiato dall'ultima volta che ci siamo visti, quattro o cinque anni fa. Ora è alto, non so quanto, ma è più alto. Ha messo su molto muscoli e la cosa è piuttosto evidente anche con i vestiti indosso. Il suo copro è maturato.

“Beato a lui”

-Nishiyoshi?

-Posso... posso entrare?

Dico, lui apre il cancelletto. Io entro. La casa profuma di pulito, il parquet è scintillante e le scarpe all'ingresso sono ordinate.

“Tutto quest'ordine mi disturba”

Penso e noto che non siamo da soli perché c'è un altro paio di scarpe maschili. Forse il padre? Un fratello? Non so molto su di lui.

-Prego, mettiti queste.

Dice e mi porge delle ciabatte bianche.

“No, voglio stare scalza... il parquet è così bello da scalzi!”

Aggrotto le sopracciglia, forse faccio un'espressione di disgusto perché lui mi guarda serio ed aspetta che io infili i piedi nel morbido cotone. Lo guardo. Guardo le ciabatte.

“Ricorda: per Hibiki”

Infilo le ciabatte e mi sforzo di sorridere. Posso farcela. Devo solo contenermi, non sarà poi così difficile.

-Che cosa ti porta qui, da Akita?

-Hai saputo di Hibiki?

Lo seguo mentre mi fa strada in soggiorno.

-No, che ha combinato quella stupida?

-Non lo so di preciso. So solo che-

Le parole mi muoiono - per la centesima volta in quel periodo - in gola. Dall'angolo della cucina compare la figura snella di Kise, in pantaloni e camicia scolastica, con una tazza di tè in mano ed una fascia a tenergli i capelli indietro, lasciando il volto scoperto.

Cala il silenzio.

-Oh, fantastico...

“Mi ero dimenticata che si conoscevano. Non ci ho pensato minimamente.”

Mi sento mancare le forze.

“Non posso gestire anche questo, non ho la forza, non dopo tutto ciò!”

Il mio corpo riceve degli impulsi così tanto forti che la testa inizia a girarmi, piano piano mi viene in mente il bacio di Himuro sul collo, quello di Murasakibara, la pioggia fredda che mi fa colpita per strada, il treno, la stazione di Tokyo, le persone, Hibiki, le strade errate che ho preso, la notte in bianco sul treno, le urla di mio fratello per telefono, Akashi e Kasamatsu e....

-Kise.

Dico, poi mi lascio andare alla stanchezza ed allo stress.

-Mayori...?

-Nishiyoricchi....!

Tutto diventa buio, perdo conoscenza.

 

 

 

*Richiamo ad un altro anime sportivo...

**Richiamo ad un altro anime sportivo, che forse è ovvio.

Chi li riconosce? Non è difficile ho dato un sacco di info! Hahahaha, ok lo ammetto mi diverto a ficcarci dentro queste cose. Che posso fare? Ognuno ha le sue stranezze (?) :D

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Persona ***


Premessa :*

Tanti auguri a tutti e felice anno nuovo!
Anche se manca un giorno... ma questi sono dettagli. Rileggete la frase nel 2017 e sarà tutto ok xD Coomunque, come stanno procedendo le vacanze? Vi state riposando un pochino? Io decisamente no, ma è colpa del mio meraviglioso carattere che non sopporta le feste hahaha

Vorrei, prima di lasciarvi al capitolo, chiedervi scusa per il ritardo e confessarvi che ho fatto una fatica immane per scrivere questa parte della storia, perché ho cercato di “abbassare” un po' il registro linguistico visto che Mayori non era neanche se stessa e certe volte mi sono quasi fatta schifo da sola per le parole che ho usato (vedi “Rimbambimento”).

Detto ciò, dopo avervi trattenuti contro la vostra volontà per troppo tempo, vi lascio alla storia!

Buona lettura

HK

 

 

Capitolo 13 - Persona

 

 

Mantengo gli occhi chiusi, ma riacquisto conoscenza lo stesso. Il mio corpo rimane fermo, mi sento intorpidita come non mi capitava da tanto tempo. Ispiro piano un po' d'aria, ma quello che avverto è molto più piacevole.

“Mmmh, odore di... carne”

Penso e come per magia i miei occhi si aprono ed inquadrano il soffitto bianco sopra di me. So benissimo cos'è successo, sono a casa di Kasamatsu e probabilmente sta cucinando proprio sua madre. Che belle le madri che cucinano. La mia non lo fa molto spesso, un po' per lavoro, un po' perché non eccelle, un po' perché spesso compra qualcosa di già cotto o glielo manda la nonna che al contrario è bravissima. Mi tiro su già con l'acquolina in bocca, mi sposto una ciocca dalla fronte leggermente bagnata di sudore.
“Sudore” Penso. “Devo aver fatto di nuovo un brutto sogno. Ma... questa volta non ricordo di cosa si tratta... meno male”

Non mi sarei mai più ripresa dalla vergogna di aver sognato a casa di Kasamatsu di nuovo Kise e quei suoi stramaledettissimi occhi e quelle sue mani che... ah. Basta.

Sento i muscoli della pancia contrarsi, sento le gambe formicolare.

Non è mica normale.

Sarà forse lo stress? Magari le ho sforzate troppo, dopotutto non sono più in forma come lo ero una volta. Anche se, questo dolore, questo intorpidimento... di solito mi capita quando... quando ho le mie cose. Oh.

“No... no, non può mica anticipare. Insomma, no. Non sono pronta per questo, io non ci avevo pensato minimamente”

Il panico dilaga dentro di me. A casa di uno come Kasamatsu non posso mica chiedere “Ehi scusa, ti ho sporcato il letto di sangue, che hai un cambio?”, morirei io per la vergogna e lui per lo shock.

I maschi sono sensibili su questi argomenti. I miei fratelli stanno alla larga da me e dal mio ciclo o qualsiasi cosa lo ricordi. Con il cuore in gola, sposto le coperte – bianche, mi pare ovvio – del futon e con mio grande sollievo noto che sono pulite. Sospiro e mi rilasso.

“Ok, devo controllare, mi serve un bagno...”

Per essere sicura di non sporcare, rotolo su di un fianco, esco dal perimetro delle lenzuola e mi alzo facendo leva sulle mani, come se fossi una larva o un insetto strisciante. Sono in piedi, ma la mia testa gira, così mi aggrappo ad un comodino di legno scuro.

Io odio lo stile “retrò” di Kasamatsu. Troppe attenzioni alle tradizioni, troppi limiti, troppi restringimenti. Mi faccio coraggio e mi dirigo verso la porta semichiusa. Senza fare nessun rumore la apro e mi ritrovo immediatamente in un corridoio illuminato da un grande lampadario bianco. Strizzo una o due volte gli occhi e sento l'odore della carne intenso. Non voglio che qualcuno mi veda, così guardo a destra e poi a sinistra, attraverso il corridoio e noto che una delle porte è stata lasciata socchiusa. Intravedo delle piastrelle bianche.

“Il bagno!”

Penso. Ora, è lecito fare una precisazione. Io sono una di quelle donne, rare, che quando hanno il ciclo si addolciscono. Mizu diventa isterica e urla, Hibiki piange per qualsiasi cosa (bella o brutta), Rei-chan ride e Akemi fa infusi di ogni genere con piante di ogni tipo. Io divento smielata. Non so perché ma calano le mie difese, sono vulnerabile, non so connettere cervello, gambe e bocca.

Il che in una situazione come questa è un problema.

Comunque, appunto per il rimbambimento prima citato, mi butto verso la porta socchiusa, non chiedendomi minimamente se dentro ci sia qualcuno – fratelli, padre, madre, Kasamatsu stesso.

Quando la porta si apre, davanti a me si erge, in tutto il suo splendore, la figura di Kise. Ma questa volta non svengo, no no. Questa volta rischio di farmi venire un epistassi nasale.

-K...Kise?

Dico piano, pianissimo. Lui si gira, forse stava per uscire perché ha in mano un asciugamano ed una piccola borsetta blu da uomo.

-Oh, Nishiyoricchi!

Ha il petto leggermente bagnato e qualche goccia cala giù, seguendo i muscoli scolpiti ed arrivando fino all'elastico delle mutande che esce timido dai pantaloni grigi, morbidi. I miei occhi si fermano ad osservarlo, ma lui, inizialmente, non sembra notarlo.

-Ah, stavo proprio per uscire! Pensavo che tu dormissi e così non mi sono rivestito anche se conoscendoti ora urlerai “pervertito”, non è così?

E scoppia in una risata un po' imbarazzata che va via via scemando fino a scomparire nel momento in cui si rende conto che sto continuando a fissarlo ancora con una mano sulla maniglia della porta.

-Nishiyoricchi?

Mi chiama e si abbassa alla mia altezza così da far incontrare i nostri sguardi. Mi sveglio, ma non del tutto. Il mio corpo è così intorpidito. Voglio toccare quella pelle, voglio essere il centro delle attenzioni di quegli occhi, voglio... BASTA. Mayori, smettila immediatamente. Scuoto la testa con decisione ed abbasso gli occhi altrove, anche se non so cosa sto vedendo di preciso. Non so cosa dire, mi sento il fiato mancare, mi sento soffocare.

-Va tutto bene?- Mi domanda, io non mi giro. -Sei così rossa...

Una sua mano mi tocca la fronte ed il mio cuore esplode pompando tanto di quel sangue che mi pare troppo da contenere nel mio corpo. Lo guardo completamente bordeaux. Lui si tira su e posa le mani sulla vita, poi sorride in modo nervoso, un po' sbilenco.

-Scusami, devo averti fatta imbarazzare...

-NO

Dico, ma la mia voce sembra quella di un cane che guaisce. Kise mi guarda.

-Allora cos'hai? Non ti sarà venuta la febbre...

In qualsiasi altra occasione avrei pensato ad una scusa, avrei urlato e l'avrei cacciato a calci fuori dal bagno, ma in questo momento rispondo solamente:

-Ho il ciclo.

Cala il gelo. Lo guardo e sento le mie gote tornare ad uno stato che si può definire normale. Lui Si tira di scatto indietro completamente preso alla sprovvista.

-EEH?!

I suoi occhi guardano nei miei e come per magia sento che la mia vergogna non c'è più. Ora è lui quello rosso! Mi limito a non dire nulla e lui sembra rilassare un po' -poco- i muscoli.

-Ah... ah, o...ok. - Dice, girandosi a destra e sinistra, poi prende un respiro. -Ok. È una cosa naturale, no? Ora... stai bene?

Il suo tono è cambiato. Si è abbassato ed è quasi diventato preoccupato, sospettoso. Si avvicina a me con le mani alzate davanti come se volesse toccarmi. Io le guardo e poi guardo lui.

-Si, sto bene...

Lo vedo deglutire. Poi però sembra tranquillizzarsi e le sue sopracciglia si piegano all'insù.

-Sei sicura di stare bene?

-Si

Dico, e non capisco la sua insistenza. Non sto morendo, non ancora. Perché non scappa?

-Sai -Dice, di punto in bianco, toccandosi i capelli e spostandoli all'indietro -Io ho tre sorelle più grandi, quindi so che in questi giorni voi donne volete essere lasciate in pace, quindi...

-No.

Lo interrompo. Però nel mio cervello qualcosa viene immagazzinato. “Ha delle sorelle... conosce le donne molto meglio di quanto possa immaginare allora”
-Eh?

-Dico, io stavo solamente cercando un assorbente.

Abbasso lo sguardo verso il pavimento. “Ma che dico? Sai quanto gliene frega? La cosa doveva rimanere un segreto tra me e me stessa. Cretina”

Il modello sorride.

-Capito... se vuoi posso andare a chiederlo a Kasamatsu!

Spalanco gli occhi ed il panico mi assale.

-Cosa...?

Vedo Kise che si esalta come al solito, mi sorpassa con due passi e fa per uscire, mi viene quasi da piangere al pensiero che possa dire una cosa tanto personale ad uno come Kasamatsu. D'istinto le mie mani lo bloccano. Lo tiro per i pantaloni – unica via possibile per fermarlo. Lui si gira ed ancora una volta è sorpreso.

-No, no... - Dico, ma questa volta non lo guardo -Non dirlo a lui...

-Nishiyoricchi... - Si gira completamente a guardarmi anche con il busto -Perchè?
-Io mi... mi vergogno.- Arrossisco -Perchè è troppo... severo, lui.

Kise sembra capirmi al volo, cosa che non mi aspettavo. Piega la testa d'un lato ed i capelli lo seguono fluidi, sembra pensarci su.

-Aaah, accidenti, hai ragione. In effetti Kasamatsu non è il tipo che parla di queste cose così apertamente...

Io mi limito ad annuire e mi sento sollevata, perché non mi capitava da tanto di essere ascoltata. Non mi capita mai, nella mia famiglia, perché quando mamma non c'è i miei fratelli sono in un mondo loro e di certo non possono prendersi cura di me come vorrei. Cioè, non che io abbia bisogno d'affetto, però... però mi piacerebbe se un giorno fosse Kise ad abbracciarmi. Un giorno, una volta sola... chissà, se vorrebbe.

“Ma che vado a pensare?”

Mi correggo mentalmente. Sposto i miei occhi su di lui ed incontro i suoi, cristallini, che sembrano sorridermi.

-Non ti preoccupare, Nishiyoricchi, troveremo da soli qualcosa.

Dice e senza girarsi chiuse la porta del bagno, lasciando fuori anche l'odore della carne. Mi sposto, lui si avvicina al bancone del bagno e si abbassa con le ginocchia a terra. Mi guarda e mi sorride.

-So che dovrei rivestirmi, ma ti chiedo scusa, perché ho lasciato la maglia di là in camera...

Scuoto la testa un po', con le guance ora un poco rosse.

-Fa' niente.

Dico e lui sembra sorprendersi, la sua espressione diviene di scherno, lo leggo nei suoi occhi.

-Nishiyoricchi, stai davvero male, eh?

Io lo guardo e sbuffo un po', poggiandomi sul lavandino del bagno.

-Uffa, stai zitto....

Bofonchio, ma lui ride sommessamente ed apre gli sportelli del mobile. Mi sporgo, facendo attenzione a non sbattere la testa sul lavandino e mi avvicino a lui, abbassandomi per terra.

-Allora... la madre di Kasamatsu è piuttosto giovane quindi dovrebbe avere ancora qualcosa del genere qui, da qualche parte...

Dice lui, spostando ora dei profumi, ora delle creme per il corpo. Ci sono un'infinità di scatoline di saponette colorate, blu, bianche, rosa, azzurre... mi piacciono, così ne prendo una, mentre lui è intento ad osservare nei meandri del mobile. Quella che ho preso è gialla, sembrerebbe al miele. La guardo e la prima cosa che mi viene in mente è che assomiglia agli occhi di Kise.

-Mmmh perché diavolo non c'è niente...!?

Mi riporta alla realtà il diretto interessato, con la testa completamente scomparsa nel mobile. Mi viene da ridere a vederlo così. Eppure non lo faccio. Non lo faccio perché ora che il suo volto non si vede, i miei occhi si concentrano su quel corpo meraviglioso. Come se per un attimo si fosse fermato il tempo, mi ritrovo a seguire ogni linea del suo busto, ogni singolo centimetro che ne delinea i tratti scolpiti. Mi sembra di impazzire.

Chissà se la sua pelle è così morbida come sembra.

Una mano si stacca dalla scatola della saponetta.

Chissà se è caldo come lo sono io in questo momento.

La mano avanza, piano, contro la mia volontà.

Chissà se profuma come il bagnoschiuma che aleggia dolce nel bagno.

La mia mano, anzi i miei polpastrelli, lo toccano. Sperare che non se ne accorga?

Troppo tardi, perché ho già i suo occhi fissi sui miei.

-Nishiyoricchi?

Mi chiama, ancora, ancora con quel volto di chi non capisce. Ci vuole tanto? Ci vuole davvero così tanto a capirmi?!
-Kise...

Dico, piano, le gote rosse, la mano ancora tesa. Non so di preciso cosa voglio dire, ma non voglio staccarmi. Mi butto di scatto con la testa su di lui, come se volessi abbracciarlo. Per una volta mi sento in grado di poter dire quello che penso.

-Ti prego, ho bisogno di rimanere così per un po'... ultimamente è tutto così difficile...

Dico, mi sento imbarazzata ed il mio volto si abbassa, finendo per poggiare la fronte sulla sua pelle nuda. Lui si gira, così sembra che mi stia abbracciando. Mi sento protetta quando avverto una sua mano sulla nuca ed il suo cuore che batte veloce quasi quanto il mio. Ora sono tra le sue braccia, appoggiata al suo petto scoperto. Dopo qualche attimo lui mi parla.

-Nishiyoricchi, so di quello che ti è capitato con la tua amica, Hibiki. Kasamatsu ha chiamato l'ospedale e si è fatto spiegare le sue condizioni da Akashi.

Mi salta il cuore in gola, ma poi mi calmo subito, perché mi viene in mente tutto quello che dicevo ad Hibiki sul conto di Kasamatsu.

“Non andremmo mai d'accordo, lui è troppo deciso e diretto, io non lo sono affatto”.

Le dicevo continuamente e lei non smentiva mai.

Evidentemente è d'accordo.

-Hibiki si riprenderà, vedrai, ha le migliori cure ed è nel migliore ospedale di tutta la regione!

Mi dice Kise, alzando un po' il tono della voce, ma continuando ad accarezzarmi i capelli. Io alzo il viso e gli rivolgo lo sguardo, inizialmente non so cosa dire. Hibiki deve avergli detto qualcosa, in un ospedale così importante deve essere facile uscire sani e salvi, d'altronde i soldi muovono il mondo.

“Aspetta... soldi? Ma Hibiki.... Hibiki non ne ha così tanti da poterselo permettere. No, non ne ha di sicuro”

Quel pensiero mi attraversa come un fulmine e mi fa aggrottare le sopracciglia. Il panico si fa di nuovo strada dentro di me, lo avverto.

-Non è possibile... non è possibile. Lei ti ha detto qualcosa?

Il gelo cala inesorabile nella stanza e, peggio ancora, sul suo volto. Kise mi ha colpito per l'audacia dei suoi occhi, per il suo sguardo attento e leggermente affilato, che a volte si comprende a pieno, a volte no. Ma in questo momento, con quello sguardo freddo, mi rendo conto che forse non conosco bene chi ho davanti, che forse non ho capito con chi ho a che fare. Il modello corruga la fronte e si fa ancora più serio. Le sue mani sono ora sulle mie spalle, mi stringono.

-Hibiki in questo momento è in coma- La sua voce mi trapassa il cuore. -I medici hanno detto che ha buone probabilità di riprender... No, Nishiyoricchi...

Non so perché si è fermato, ma vedo nel riflesso dei suoi occhi una preoccupazione tangibile. Che cosa succede? Perché mi guarda così preoccupato? Perché mi stringe così forte?

D'improvviso sento una goccia umida colare fino a sotto il collo, facendomi solletico, e capisco. Le mie mani si alzano verso il viso, mi tocco le gote, sono bagnate, le lacrime stanno scendendo copiose ed io non me ne sono minimamente accorta.

“Sto piangendo. Sto piangendo davanti a lui.”

Mi dico, ma il mio corpo non sente nulla, non avverto più nulla, neanche la vergogna di essermi fatta vedere così. Se ci fosse stato Himuro sarei morta, dalla vergogna.

-Mi dispiace.- Dice, il modello. Io alzo gli occhi ma lui mi anticipa e mi stringe in un abbraccio soffocante -Mi dispiace così tanto... non avrei dovuto dirtelo in questo modo. Non ti meriti tutto ciò.

Dice con voce diretta ed alta, anche se nasconde il volto nell'incavo del mio collo e potrei ascoltarlo anche se sussurrasse. Mi sento avvolta da quel tepore, mi ricorda mia madre, quella tranquillità che non provo da molto.

Io, in questo momento, ho capito tutto. Ho capito che cosa ci faccio qui. Ho capito chi sto cercando ed ho capito perché sono scappata via. Ho capito che cosa devo fare, che cosa posso fare.

Ma per il momento... vorrei solo piangere. Trattengo a stento un singhiozzo, mi sento morire dentro, mi appoggio con le mani alle spalle nude di Kise. Lui mi stringe ancora a se, come se volesse stritolarmi, ma io sto bene.

-Se vuoi, Nishiyoricchi, puoi piangere. Qui non ti vedrà nessuno.

Quelle parole mi fanno crollare, inesorabilissime scoppio in un lungo pianto liberatore, avvinghiandomi a Kise, che rimane in silenzio.

“Hai capito che genere di persona sono, Kise”

 

°°°

 

Quando scendiamo sono convinta di dover salutare la mamma di Kasamatsu ed invece rimango piacevolmente sorpresa dalla tavola apparecchiata per tre.

-Siamo solo noi?

Domando, entrando e mettendomi seduta. Kasamatsu si siede accanto a me e noto che ha già riempito i piatti, una ciotola enorme di riso ed un bel po' di carne speziata con le verdure.

-Si, i miei genitori ci avevano lasciato la casa per il Weekend.

Annuisco, capendo anche il perché della presenza di Kise. Iniziamo a mangiare ed a stento dico “Buon appetito” per quanto ho fame. La carne, poi, mi serve proprio con il mal di testa che ho. Dopo quel pianto ho gli occhi rossi nonostante io mi sia lavata molte volte la faccia, ma non sono preoccupata, va bene così. Kise siede, invece, davanti a me e posso sentire il suo sguardo trapassarmi. Mi da fastidio.

-Modello, smettila di fissarmi in quel modo...

Dico, la mia voce è bassa ed ho in bocca ancora un pezzo di carne saporita. Lui sembra piccato, tira immediatamente su la schiena, distoglie lo sguardo ed alza un sopracciglio.

-Ah, te ne eri accorta....- Biascica. Kasamatsu ci fissa. -Scusa, stavo pensando che i tuoi genitori devono essere in pensiero per te. Li hai avvertiti?

-Certo, ho avvertito i miei fratelli, ci penseranno loro a parlare con i miei.

Il moro beve un sorso d'acqua e mi dice:

-Non è un comportamento responsabile, stupida. Non vorrai farli morire... devi chiamarli.

-I genitori sono i miei, no? Ho detto che va bene così.

Kasamatsu mi rivolge un'occhiataccia, io incontro il suo sguardo ed aggrotto le sopracciglia.

-Che c'è?

-Non ti rendi conto di quello che stai facendo?

Rimango ferma a fissarlo.

-Quello che sto facendo?

-Saranno tutti preoccupati. Lo sarebbe anche Hibiki, Mayori.

“è la prima volta che mi chiama per nome” Penso e la cosa non mi dà propriamente fastidio perché non odio Kasamatsu, in fondo. Mi dà solo ai nervi.

-Perché...- Non sono sicura di volerglielo chiedere, infatti mi rimangio tutto. -Io so che è da irresponsabile, ma voglio rimanere ancora due giorni fuori da casa mia. Domani toglierò il disturbo ed andrò a trovare Hibiki, a Kyoto. Dopo di che tornerò a casa.

Riprendo a mangiare, il moro sembra non dire nulla, ma dopo qualche istante posa il piatto con la carne e non mi guarda, bensì fa come se io non esista.

-Domani ti accompagnerà Kise.

-Eh?!- Dico, ingoiando un pezzo intero di carne e rischiando di soffocarmi. -Non ce n'è bisogno!

-Senpai, domani c'è scuola... e abbiamo gli allenamenti.

Puntualizza Kise, ma per un attimo mi pare strano che non abbia detto “Si, certo, ti accompagno io”. Sono più che sicura che il Kise che conosco avrebbe detto così.

-Kise, vuoi forse mandarla da sola, nonostante lei stia male?

-M...male?- Balbetto, guardando il moro.

-Non è per questo che vi stavate attardando a scendere?

Cala il silenzio e sia io che Kise guardiamo i nostri piatti, lievemente rossi. Kasamatsu continua.

-Partirete insieme e tornerete in giornata. Non mi sembra difficile.

-No!- urlo io, quasi come se mi stesse prendendo in giro. -Non salterà la scuola per accompagnarmi. È una cavolata, questa cosa ho deciso io di farla, nessuno deve intromettersi.

-Mayori, smettila- Mi dice lui ed incredibilmente mi viene da pensare ad Hibiki, che mi rispondeva sempre così quando c'era qualcosa di pericoloso. -Non posso venire anche io perché ho la simulazione degli esami ed in più lì vi aspetta un tuo amico, no, Kise?

Il modello fissa l'amico.

-Ti riferisci ad Akashicchi?

Il moro annuisce ed io incontro lo sguardo serio di Kise.

-E va bene. Tanto non sarà un problema così grande saltare un solo giorno di scuola.

Mi maledico mentalmente, poi sbuffo. “Non posso credere che abbia accettato”

Penso, riprendendo a mangiare.

-Siete due stupidi.

Biascico, tra un boccone e l'altro.  
"Mi dispiace, però io non ho intenzione di pesare su nessuno. Per ora va been così, ma domani mattin non sveglierò nessuno di loro"
Penso, convinta. Kasamatsu si alza e fa per portare via il suo piatto e la ciotola di Kise, ma quest'ultimo lo blocca e se ne occupa lui, sparendo dopo il muro, in cucina. Io continuo beatamente a mangiare ai miei ritmi, stranamente lenti. Mi viene ancora da uccidere Kise per aver accettato, così mantengo lo sguardo basso.

-Perchè hai detto quelle cose?

Dico al moro, che è appoggiato alla sedia con una mano sullo schienale. Lui mi guarda serio, poi chiude gli occhi in un'espressione pensante.

-Non è meglio viaggiare con qualcuno con cui riesci ad aprirti?

“Cosa?!”

Alzo lo sguardo verso di lui proprio mentre Kise ritorna a tavola.

-Che state dicendo?

Domanda, spensierato, ma io arrossisco e ritorno a mantenere il viso basso.

“Kasamatsu ha forse capito che io... io cosa? Io non provo nulla per Kise!”

Kasamatsu scrolla le spalle.

-Oggi cerchiamo di dormire tutti molto. Domani sarà difficile.

 

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Capitolo 14
*** Confusione ***


 

 

Premessa

 

ODDIO FINALMENTE.

Scusate immensamente per il ritardo, per la mia assenza... vi prego perdonate questa scrittrice che non trova un attimo di tempo per riordinare le idee. Vi prego.

Non so cosa dire, per ora è tutto, anche se non ho detto nulla.

Grazie a tutti quelli che ancora ci sono.

<3

 

 

 

 

-CAPITOLO 14: CONFUSIONE-

 

 

Il treno per Kyoto parte con puntualità.

Kise è seduto accanto a me, bloccandomi tra il finestrino ed il suo corpo. Mi sistemo nel sedile e cerco di occupare il minor spazio possibile. Sento i nervi a fior di pelle, la mattinata è iniziata nel peggiore dei modi ed io mi porto dietro un colorito da far invidia ad un morto.

-Nishiyoricchi, vuoi qualcosa per il mal di treno?

Kise è premuroso, come ci si può aspettare da uno come lui, ma sortisce l'effetto contrario. Lui è il mio più grande problema e la sua voce mi irrita, oggi.

-Stai zitto

Metto subito in chiaro, sistemando le pieghe della mia maglia.

-Sei arrabbiata?

-No- Dico, sforzandomi di non assumere nessuna espressione facciale -Ti sembro arrabbiata?

E' ovvio che si tratti di una domanda retorica, ma il biondo forse non lo capisce al volo, stranamente.

-Beh, un pochino.

Mi giro di scatto e lo fulmino.

-Non lo sono. Ecco, non lo sono! Te lo dico bene così la smetti di starmi appiccicato.

Rivolgo di scatto lo sguardo fuori e noto che stiamo percorrendo un tratto di aperta campagna.

-Si vede che hai le tue cose oggi, sai Nishiyoricchi?

Sussurra lui ed io lo sento benissimo.

-Cosa?!
-Nulla.

“Ah, ecco” Penso, aggrottando lo sopracciglia.

-Piuttosto, ti ho fatto male alla mano?

Mi domanda, io la guardo, è fasciata e mi batte come se il cuore vi si fosse trasferito all'interno, ma non voglio di certo essere compatita.

-No. MA... non provarci mai più.

Lui mi guarda e noto che tutto il suo corpo è rivolto verso di me, tanto che faccio fatica a vedere oltre, poiché lui è molto più possente di quanto non sembri a prima vista.

-L'ho fatto perché sei scappata!

Dice, alzando il tono di voce. Io lo seguo a ruota libera.

-Sono scappata perché sei un cretino!
-Ma che cosa ho fatto!

-Tu e quel Kasamatsu siete due deficienti. Se vi dico che posso farcela da sola, posso farcela e basta. Altrimenti starei zitta.

Mi giro dall'altra parte ed incrocio le braccia al petto. Mi sento una stupida a ripensare a quella mattina, quando, per evitare di portarmi dietro Kise, ho cercato di fregare Kasamatsu, scappando alle tre di mattina dalla finestra della camera degli ospiti. Proprio mentre stavo saltando il Modello ha aperto la porta ed io sono semplicemente scivolata giù dal cornicione finendo su di un cespuglio e tagliandomi la mano con un ramo.

Non contenta mi sono rialzata e sono scappata via, correndo all'impazzata senza sapere dove andare. Risultato: dopo un ora Kise mi ha ritrovata nel parco, seduta sull'altalena. Mi ha presa per un braccio e mi ha trascinata verso la stazione, fasciandomi la mano con il suo fazzoletto.

-Si, però sei arrivata da noi proprio perché pensavi di potercela fare da sola e invece...

Lo fulmino ancora una volta, ma lui se lo aspetta. Arrossisco un po' incontrando i suoi occhi furbi che mi stavano palesemente aspettando.

-S... solo un piccolo contrattempo. Anche la prima volta che ci siamo visti ero andata a trovare un'amica e poi sono tornata a casa tranquillamente. Hai capito? Non ti permettere di insinuare che sono una sprovveduta.

-No, mai...

I suoi occhi sono di gran lunga più furbi di prima, meno remissivi. Sembra che si diverta a vedermi incavolata.

-Eri ironico per caso?

-No, anzi, mi piacerebbe sapere se hai dei piani per quando arriveremo a Kyoto.

“Certo che ce li ho. So bene cosa devo fare, ieri l'ho capito.” Lo guardo e scuoto la testa, decidendo di non metterlo del tutto al corrente.

-No.

Sento i suoi occhi addosso.

-Nishiyoricchi, perché non vuoi dirmi nulla? Infondo sono qui con te, dovresti sapere che puoi fidarti-

-No non posso fidarmi Kise. E lo sai perché? Perché la mia migliore amica è in ospedale, in mano ad uno sconosciuto, mezza morta e con una famiglia allo sbando che probabilmente non sa più che fare. Non ho tempo da perdere con te.

Per qualche minuto, anche se io non lo guardo, so che Kise non mi sta più rivolgendo lo sguardo, anzi rimane in silenzio e mi fa preoccupare.

“Forse sono stata troppo dura” Penso e sposto lo sguardo verso di lui, piano piano. Il Modello sta guardando davanti a se, con espressione pensierosa. Le sopracciglia sono leggermente corrucciate, la pelle bianca è perfetta e l'orecchino brilla grazie alla luce che passa timida dal finestrino del treno. Mi sento avvampare.

-Questo fa di te una bella persona, Mayo-chan.

Dice, di scatto. “Mayori, basta! Accidenti, suvvia, non puoi farti prendere da queste cose ancora! Aspetta... come mi ha chiamata? Mayori? Mayo-chan?! L'ho forse immaginato? No, no... ”

-Mayo- mi blocco ed arrossisco -Ehi, non ti permettere!

-Sbaglio o tu mi hai appena chiamato Kise?

Il Modello mi guarda di scatto ed il mio volto è rosso, non posso evitarlo. Non avrei mai pensato che una persona come lui potesse essere amica di una come me. Himuro è un bel ragazzo, molto alla moda, gentile e decisamente sveglio, ma rientra nella normalità. Murasakibara non è normale, ma è un tipo, con il suo carattere che piace a pochi si circonda solo di persone che possono sopportarlo. Kise invece... Kise è fuori dagli schemi. Qualcosa che abbaglia. Come se fosse un miracolo.

-A-ah, io non... non ci ho fatto caso.

-Beh, però l'hai fatto, Mayo-chan.

Sorride, i suoi occhi splendono.

“Non devo guardarlo”

-Piantala.

-Perché? Mayo-chan è carino.

-No.

Mi faccio indietro e lui si avvicina, mi sembra che lo faccia apposta.

-Perché?

-Perché no.

Il suo sorriso si abbina ad uno sguardo malizioso. Il cuore mi salta in gola.

-A me piace.

La sua voce mi trapana il cervello. Devo smetterla. Il ventre mi formicola.

-Tu sei il tipo a cui piace tutto.

Dico, piano, riuscendo per fortuna a distogliere lo sguardo. Lui ride piano.

-A te invece non piace nulla.

-No, specialmente te.

Leggo nei sui occhi un barlume di luce, per qualche strano motivo le mie parole non lo feriscono. Mi viene quasi da pensare che lui ci sia abituato.

-Grazie Mayo-chan, i tuoi complimenti mi lusingano.

-Stai zitto.

Mi giro verso il finestrino e cerco di regolarizzare il respiro senza che lui se ne accorga.

-Dunque, preferisci Nishiyoricchi?

Perché deve essere così insistente? Non può fare come gli pare e basta?

-SI- Quasi urlo, senza guardarlo, poi mi correggo -Cioè no. Fanno schifo entrambi.

-E allora posso forse chiamarti Mayori?

Lo fulmino.

-Assolutamente no.

-Però tu puoi chiamarmi Kise!

Aggrotto le sopracciglia e lo indico.

-Modello, hai intenzione di continuare così fino a Kyoto? Perché penso che Kasamatsu dovrà sforzarsi di venire a riprendere il tuo cadavere alla stazione.

Il biondo indietreggia un pochino, con faccia falsamente spaventata.

-Che cosa lugubre da dire...

Bisbiglia ed io sorrido, smettendo di fulminarlo.

-Stai zitto, ora.

-E va bene....

Tra di noi cala finalmente il silenzio. Lo vedo mentre si sistema e poggia il suo telefono alla moda sul tavolino pieghevole del sedile davanti. I suoi occhi sembrano un po' annoiati, di colpo spenti. Forse sono stata troppo dura, non voglio che metta il broncio come quella volta.

“Anche se era dannatamente carino”

Mi volto verso il paesaggio ed accavallo una gamba, incrociando le braccia al petto. Sto davvero per dirgli qualcosa? Mi sento avvampare.

-Mayori-chan è meno schifoso di quell'orribile “-icchi”

Dico, a bassa voce e dopo ascolto il silenzio che ci divide. Per un attimo penso che lui non abbia capito cosa ho detto e tiro un mezzo sospiro di sollievo. Se non mi ha sentito vuol dire che tutto tornerà alla stessa distanza di prima.

Giro lo sguardo per sincerarmi della questione, ma incontro i due occhi color ambra che brillano dalla gioia. Mi salta il cuore in gola.

-Mayo-

-Lasciami dormire!

Quasi gli urlo, girandomi questa volta con tutto il mio corpo verso il vetro. Sono abbastanza sicura che si sia messo a ridere. Me lo sento. Anzi, lo sento dal cambio di ritmo del suo respiro.

“Maledetto bastardo”

Penso e cerco di addormentarmi davvero, per non averci a che fare.

Ma faccio male i conti, perché se prima, quando era lontano, mi disturbava il sonno, ora il ricordo di quelle mani era più vivido che mai.

 

 

°°°

 

 

Apro gli occhi perché mi arriva uno spiffero di aria gelida sul collo.

Pianissimo metto a fuoco la visuale, capendo solo dopo che sono ancora sul treno e non a casa mia, nel mio letto. Davanti a me vedo i sedili neri, ma non sono più appoggiata al vetro, come ricordo di essermi addormentata. Alzo la testa. Il poggia braccio del sedile è stato tirato giù ed il mio corpo è completamente appoggiato a quello di Kise, nel sedile accanto al mio. Una mia mano sulla sua coscia, una delle sue sul mio ginocchio, il mio volto sulla sua spalla, il mio corpo completamente rivolto verso di lui. E poi sul tavolino pieghevole due o tre fazzoletti ed una cartaccia di merendina, di qualche tipo.

Non ho fame e mi sento male.

Lo stomaco è in subbuglio. Mi giro e lo guardo. Sembra che anche lui dorma, non profondamente ma non è del tutto presente. Mi perdo ad osservarlo.

“Cosa ho fatto?”

Mi domando, sento il mio corpo andare in fiamme. Il collo è caldo, per questo quello spiffero mi ha quasi ucciso. Mi tocco piano, con i polpastrelli. La pelle sembra quasi andare a fuco. Stringo le gambe, mi sento male. Con l'altra mano mi massaggio il ventre, sembra che qualcosa mi abbia scombussolato a tal punto da farmi avvampare.

“Un altro sogno?”

Penso e divento ancora più rossa. Forse sto così male perché sono in quei giorni. Forse non è colpa di nessuno. Magari è uno sbalzo ormonale. Spero solo che Kise non se ne sia accorto. Lo guardo ed il suo petto si abbassa e alza a ritmi regolari. Sospiro.

“Ho bisogno del bagno. Subito.”

Mi alzo e cerco di passare tra le sue gambe senza svegliarlo, ringraziando per la prima volta in vita mia il fatto di essere piccolina quanto basta. Sgattaiolo fuori dal mio posto e mi rendo conto che la carrozza è quasi vuota, ci sono dolo due persone poco lontane dal nostro posto ed una famiglia alla nostra destra. Quasi tutti dormono, i due bambini giocano al Nintendo, la madre al cellulare.

Sospiro e vado verso il bagno, segnalato da una luce verde fissa. Il ventre mi formicola ancora e mi sento così strana che mi sembra di dover vomitare da un momento all'altro.

Non so cosa sia successo, ma non voglio scoprirlo per nessun motivo.

Entro nel bagno, ma sono costretta ad appoggiarmi alla porta perché il treno subisce una diminuzione di velocità. Il bagno è piccolo, ma non troppo, una cosa decente per la qualità non molto scarsa che abbiamo richiesto al momento della prenotazione.

Comunque, mi faccio avanti ma d'un tratto sento la porta aprirsi di più. Il mio corpo viene spinto in avanti e quasi sbatto contro il lavandino. Mi aggrappo con le mani al lavabo e capisco subito di chi si tratta.

-Kise?

Dico subito, guardandolo dal riflesso dello specchio. Lui chiude la porta alle sue spalle e non capisco cosa stia facendo realmente finché non alza lo sguardo ed incrocia il mio nel riflesso. I suoi occhi sono di nuovo ambra pura, liquida. Quell'emozione mi colpisce lo stomaco ed il mio fastidio aumenta. È successo anche quella volta, la prima. E ancora, nel bagno di Kasamatsu. Mi sta rapendo ancora l'anima.

-Che ti prende Kise?

Dico, piano, lui si aggrappa con una mano alla mia vita, con l'altra alla mia spalla. Il bagno è stretto per entrambi.

-Scusa, Mayo-chan, ti ho visto che entravi e...

Rimango in silenzio, confusa.

“E...?”

Lui mi guarda ed accenna un sorriso imbarazzato.

-E volevo assicurarmi che tu stessi bene...

-Io sto bene, ma... Kise, non c'era bisogno di entrare con me.

-Mayo-chan, tu stavi dormendo, prima?

Lo guardo confusa. -Prima?

Ripeto. Lui annuisce, il treno balla ed i nostri corpi si scontrano un poco.

-Si, mi pare di si, non ricordo.

Lui continua a guardarmi, sento che stringe di più la mia vita.

-A...aspetta, cos'è successo?

Chiedo, ora un po' spaventata. È la stessa sensazione che si prova quando tua madre ti chiede che cosa hai combinato. Tu sai che lei si riferisce a qualcosa che è successo, ma non arrivi a capire cosa finché non è lei a sgridarti. E allora non solo ammetti la colpa, ma chiedi anche scusa.

-Nulla, nulla...

Il suo tono è così falso che lo posso avvertire anche io che non brillo d'intelligenza.

-Kise...- Ho la brillante idea di girarmi, piano, mentre praticamente sono tra le sue braccia -Cosa ho fatto?

Il modello mi guarda, profondamente, quasi con occhi lucidi, ma per qualcosa che non è tristezza. Istintivamente poggio le mani sul suo petto ed avverto una piccolissima vibrazione, un brivido. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso.

-Nulla...

Sussurra, ma è come se non importasse poi molto a nessuno. “Che cos'è questa sensazione, questa... adrenalina?”

Mi domando e sono sicura che una parte di me lo sappia. C'è quella parte di me che ha capito perché sono così cretina da non fare nulla, eppure la blocco e non la faccio parlare. Soffro del complesso di Mr. Hide? Possibile?

-Non mentirmi.

Dico e lui sorride in modo nervoso.

-Se ti dicessi cosa hai fatto mi tireresti un pugno.

-Guarda che non sono Kasamatsu- Lui mi sorride -Al massimo ti potrei schiaffeggiare.

Le sue mani si appoggiano sul lavabo e mi impedisce di muovermi ancora di più. Ridacchia.

-In entrambi i casi non sarebbe piacevole...- Aspetto qualche secondo e lui continua -Mi hai baciato, Mayori.

“Mi hai baciato”

Tre parole, solo tre. Eppure il mio cuore non batte più e sono sicura che il mio encefalogramma è piatto. Come i pesci morti. Forse anche con lo stesso sguardo vitreo e privo di vita.

-...... Eh?

EEEEH?!

Il cervello esplode.

Kise mi guarda, allontana le mani dal lavabo ed il suo corpo si stacca dal mio.

-Mayori, non fa nulla, ok? Te lo avevo detto che sarebbe stato meglio lasciar perdere!

-Ma....

-Nulla, dai, vai in bagno. Io... mi sistemo, tra dieci minuti siamo arrivati a destinazione.

-Ma....

Kise si fa indietro e con un sapiente sorriso finto esce dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle senza esitazione. Eppure lo sento, che è rimasto lì dietro, dietro la porta.

Mi sento confusa.

“Non capisco, che cosa gli è preso? Sembrava quasi che... volesse evitare il discorso...”

 

Mi hai baciato

 

Non mi sono sbagliata, le sue parole erano chiare e rimbombano nella mia scatola cranica. Kise è scappato. E se prima avevo capito che una parte di me poteva spiegare il mio comportamento da cretina egoista, ora so per certo che tutta me stessa è in confusione.

Hibiki, avrei davvero davvero bisogno di te, ora.

 

 

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Capitolo 15
*** Debolezza ***


Premessa

Come sempre in ritardo. Spero che il capitolo piaccia, diciamo che è un pò più melodrammatico, ma dal prossimo, mei cari (?), si entrerà nel vivo del reating Rosso che fino ad ora è stato messo da parte... quindi, siete pronti?
Se vi va, popolo di EFP, scrivetemi quale personaggio secondario vi piacerebbe vedere (in modo attivo) di più, se Hibiki (La migliore amica), Mizu (l'amica problematica) o Hashi (la nuova conoscenza), così mi date una mano che sono indecisa hahaha
Vi lascio!
Grazie a chi c'è e chi mi segue <3

 

 

-CAPITOLO 15: DEBOLEZZA-

 

 

Scendiamo dal treno quasi come se fossimo degli sconosciuti.

Non ho il coraggio neanche per parlargli o per indicargli la strada. Mi sento come se fossi chiusa in un bozzolo, improvvisamente da sola.

Vorrei Murasakibara qui, ora. In sua compagnia questa tensione non si sente, lui è più semplice, più lineare... io non so che cosa mi stia prendendo. Mi tocco la testa, visto che mi duole particolarmente. Non sono mai stata brava in questioni d'amore, visto che già ne avevo poche e poi c'era sempre la mia squadra ad aiutarmi e sopratutto Hibiki.

“Ma quanto posso essermi appoggiata a lei, in tutti questi anni?”

Mi sento ancora più giù, perché realizzo per bene, quando usciamo dalla stazione di Kyoto, che sto andando davvero a trovarla e non le ho portato nulla, neanche i mochi che tanto ama, perché in fondo non potrebbe neanche mangiarli.

“Perché è capitato proprio a lei? Insomma... tanta gente se lo sarebbe meritato. Forse... persino io”

Scuoto la testa e mi sposto i capelli da davanti al viso. Non posso perdermi d'animo, altrimenti cosa farò? Non è questo il momento di piangere.

Non lo è mai.

Accelero il passo, finché non supero persino Kise, che però in un batter d'occhio mi raggiunge e mi accompagna rimanendo qualche centimetro prima di me.

-Nishiyoshicchi, sai già dove stiamo andando?

“Nishiyoshicchi” Ripeto tra me e me “è tornato indietro anche in questo”.

Il mio cuore sanguina, ma non lo vedo e, alzando la testa, guardo la strada lunga e poco affollata.

-Si, è molto vicino.- Prendo qualche attimo. -Kise, se vuoi puoi aspettarmi alla stazione, non è necessario che tu venga con me.

I suoi passi si fermano, io mi arresto poco più avanti. Mi giro incredula, forse tradendo le mie parole. Il modello ha le mani in tasca ed è serio, mi sembra che sia anche piuttosto annoiato o infastidito, non riesco a capire bene. Mi guarda negli occhi ed io li sento lucidi.

-Allora, se per te è un problema avermi tra i piedi, ti aspetto qui, alla stazione.

Quella frase mi rimbomba nel cervello. Sento gli occhi pizzicare, mi manca quasi il respiro, ma è solo una mia sensazione perché il mio petto continua ad alzarsi ed abbassarsi. E allora, cos'è?

-Va bene- Dico, annuendo. -Cercherò di metterci il meno possibile.

Non so bene dove, ma riesco a trovare la forza di girarmi di schiena, senza fare passi falsi. Qualche persona ci passa vicino e non ci nota. Perché nessuno nota questo mio dolore...?

-A dopo

Mi dice, ma sento che se rispondessi la mia voce tremante mi tradirebbe e allora non avrei la forza di poter dire altro. Non mi era capitato mai, neanche al funerale di Aika, neanche in quell'occasione.

In ogni caso cammino via, sapendo che è arrabbiato e che questa volta mi sta dando le distanze, con una freddezza che non avevo mai avvertito. Anche questo è un lato del suo carattere, lo so, ma scoprirlo così, dopo aver fatto qualcosa di cui non ricordo nulla... mi fa stare male. Ma starei male anche se non fosse Kise!

Penso.

In ogni caso, mi rendo conto di aver iniziato a correre, correre più veloce di quello che avrei mai pensato – chissà se mi vedesse il professore di ginnastica.

Mi venne in mente quando, da piccola, correvo sui corrimano delle scale e sulle linee bianche della strada. Ero così felice di provare qualcosa e di riuscirci!

Appena sorrido, pensando a quanto fossi stupida, alzo gli occhi e davanti a me si erge un gigante cancello bianco, semi-aperto, con un'insegna bianca piantata a terra.

“Ospedale Privato Higuraki”

Questo è l'unico posto dove può stare un paziente del suo calibro, perché è l'unico posto, a detta di Kasamatsu, dove sarebbero in grado di tenerla in vita.

E sopratutto è l'unico posto dove lei non potrebbe mai arrivare da sola, quindi mi preparo all'evenienza – certa – di dover fronteggiare questo fantomatico Akashi.

Senza suonare il citofono per paura di essere respinta, mi intrufolo passando per la piccola apertura del cancello, percorrendo il grande viale alberato, mentre sento i sassi scricchiolare sotto le mie scarpe. Mi guardo introno. Tra la volta vegetazione si possono individuare tavolini di pietra lavorati a mano, immersi in piazzole sparse qua e la sotto i raggi filtrati del sole, che li illumina quasi come se fossero dei santuari di qualche Dio. Vedo un sacco di persone che passeggiano, chi seduto su delle carrozzine di prima scelta, chi con pigiami da ambulatorio più costosi di quelli di tutta la mia generazione messa insieme. Mi sento fuori posto, anche se il luogo è forse più simile all'Eden, che ad un ospedale.

Arrivo alla reception e la signorina seduta davanti a me indossa un paio di orecchini che sfamerebbero tre quarti della popolazione africana che more di fame. Mi sorride.

-Salve- Dico, impacciata, toccandomi i capelli -Io sono... sto cercando una vostra paziente... ecco... si chiama Terumi Hibiki

La donna annuisce in modo cortese. -Un attimo solo, controllo.

I suoi occhi chiari si spostano verso il Pc davanti a se, si muovono una o due volte mentre io la fisso con il cuore a mille. Dopo qualche attimo la donna annuisca ancora.

-Si, certo, la signorina Terumi è qui da noi- Per un attimo le mie labbra s'increspano in un sorriso -Però, mi dispiace, non si posso effettuare visite.

-Cosa? Perché? Sono in perfetto orario...

La signorina scuote la testa, dispiaciuta.

-Mi dispiace, ma i parenti della signorina Terumi hanno esplicitamente chiesto di vietare le visite alla paziente. Lei è una sua cugina?

Io mi faccio indietro e mi appoggio con una mano al bancone.

“I parenti? Quali parenti? Hibiki è sempre stata da sola come un cane... c'era solo il padre con lei... e non è capace né di portarla qui, né di vietare l'accesso alla sua stanza”

Scuoto la testa.

-Si sente bene?

Mi chiede la signorina, sorridendo. Io sono seria e mi avvicino.

-Senta, seriamente, io sono venuta qui da Hokkaido, mi basterebbe poterla vedere attraverso il vetro, magari parlare con... con questi suoi parenti e...

-Mi dispiace- Mi frena subito, incorniciando le braccia sul tavolo -Non posso proprio farlo, se lei volesse portarmi un'autorizzazione firmata allora-

-Dove diavolo la prendo un'autorizzazione firmata?

Alzo la voce e mi sembra che anche qualche paziente si sia girato per osservarmi. Mi sento i nervi a fior di pelle e mi tocco la fronte perché la testa mi sta facendo davvero male. La signorina sorride, impassibile e, forse, anche un po' compassionevole.

-Mi dispiace.

-No, non le dispiace, lei è-

-Mayori.

Una voce, che mai, mai, avevo sentito dal vivo, mi fa girare di scatto. Quando lo vedo sono sicurissima che sia lui. Il suo aspetto mi fa rimanere di stucco.

-Akashi

Riesco solo a dire, girandomi con il busto. Lui si avvicina, ha un occhi diverso dall'altro, ma fosse questo il problema! Il suo sguardo è affilato, attento e predatore, il suo portamento, nonostante non sia molto alto, è sicuro e stabile, si avvicina con passo silenzioso e i suoi capelli rosso carminio gli donano proprio un'aria spaventosa, come quasi tutti i rossi hanno.

-Lasci a me, la prego di scusarci- Dice alla signorina che si rilassa e annuisce. Io continuo a guardarlo finché non mi posa lo sguardo addosso. Sorride, affabile.

-Vorresti seguirmi?

L'unica cosa che mi viene da fare è seguirlo.

Eppure, non è lui.

“Chi è la persona che ho davanti?”

Uno strano senso d'inquietudine mi attanaglia.

 

 

°°°

 

 

Mi rigiro la lattina di tè tra le mani, mentre la guardo. Sono seduta su di una delle panchine che precedono le sale dove alloggiano i pazienti. Una porta blindata a scorrimento mi divida da Hibiki.

-Perché non vuoi farmi entrare?

Gli domando, mentre lui, affabile, mi guarda, in piedi davanti a me. Lo vedo scuotere la testa e chiudere gli occhi.

-Puoi ben capire che Hibiki non troverà nessun giovamento dalla tua visita, poiché lei non può ancora sentirti.

-Lo so- Dico subito e di scatto, ma poi abbasso lo sguardo -Lo so... Però... io credo che potrebbe fare la differenza se...

-Farebbe la differenza per il tuo cuore.

Lo guardo, colpita in pieno. Mi aspettavo un approccio aggressivo, invece mi ritrovo a parlare con la persona più educata della terra.

-Si, la farebbe- Abbasso lo sguardo -Hibiki è più di un'amica, lei è come una sorella... ne abbiamo passate tante, anzi, lei ne ha passate tante. Io vorrei solo capire come può essere successo!

Stringo la lattina tra le mani, mentre serro i denti. Lui si siede accanto a me.

-Non posso farti entrare, questo lo comprendi, vero Mayori?

Lo guardo ed il suo viso è totalmente freddo. Annuisco, anche se non so proprio perché!

-Akashi...san, come hai conosciuto Hibiki? Voglio dire... tu stai... sei tu che finanzi tutto questo, non è così?

Indico l'ospedale introno a noi con gli occhi. Lui guarda la parete davanti a se. Non so cosa mi sta succedendo, ma non voglio che qualcuno, anche lui, mi urli contro o mi tratti male. Sono impazzita? O è il ciclo?

-Hibiki viene a scuola con me

-Tu frequenti la Rakuzan?

-Si- Abbassa lo sguardo -Le sue borse di studio le hanno permesso di potersela cavare economicamente.

-Si lo so, mi diceva sempre che era grazie a quello se poteva studiare a quei livelli.

-Immagino -Annuisce ed io mi acciglio, ma lui continua. -Diciamo che... sono forse in debito con lei, per una cosa che è accaduta.

Io sono scioccata. In debito? Uno come lui? In che senso? E perché io non ne sapevo nulla?

-Una cosa.... cosa?

Lui mi guarda fisso negli occhi rimanendo in silenzio per molti attimi, senza che io capisca il perché.

-Akash-

-E' ora che tu te ne vada- Mi dice, alzandosi si scatto. -Mi dispiace che tu abbia fatto tutta questa strada, ma come avevo già detto al telefono e come puoi ben vedere tu stessa, la tua presenza non è necessaria.

Annuisco, capendo a cosa si riferisse.

-Non è che non è necessaria- Dico e mi alzo in piedi, notando che sono quasi alla sua altezza, forse due centimetri in meno. -Non è questo il punto. Tu... stai cercando di proteggerla, anche se non so chi tu sia realmente. Lei non si è mai meritata tutta la cattiveria che ha ricevuto, ma non si è neanche mai lamentata, perché lei... boh, lei è così, ha lo spirito di una mamma, anche se ha la mia stessa età. Perciò, se proprio non posso vederla, né sentirla, allora... allora permettimi di seguire i suoi progressi, di capire se potrò riabbracciarla... - I miei occhi si inumidirono pericolosamente- Permettimi di... di sentirmi un po' meno sola... meno in pericolo, senza di lei...- Mi sento svenire per il dolore al petto, ma ce la faccio ad asciugare qualche lacrima che non fa in tempo a scendere dagli occhi.

-Ti prego, tienimi aggiornata...

Lui mi guarda serio, impassibile, freddo come una statua di sale. I suoi occhi sono imperscrutabili, il suo corpo è fermo e non penso che si sia lasciato trasportare. Mi asciugo bene gli occhi.

“Che stupida, pensavo di fargli pena? Non lo conosco neanche...”

Scuoto la testa, poi riporto lo sguardo su di lui, ma appena sto per aprire bocca, mi anticipa.

-Ho salvato il tuo numero. Ti ringrazio per avermi ascoltato, ma in ogni caso, verrai ricontattata solo quando si sarà ripresa.

Rimando ferma, pensando. “Meglio fare un casino ora o aspettare e fidarmi di lui? Non risolverei nulla mettendomi a sbraitare, ed anche volendo non ne avrei le forze. E se lui fosse cattivo, allora non l'avrebbe portata in un posto del genere... si deve far perdonare qualcosa? Non lo so... però non ho molte opzioni.”

-Va bene- Dico, rimettendomi seduta per non svenire. -Va bene.

Ripeto. Lui mi sorride, ma nel momento in cui sta per avvicinarsi, allora inizio a vederlo sfocato. Provo a rimettere a fuoco battendo le palpebre, ma in quattro e quattr'otto anche un fischio nell'orecchio mi stordisce.

Batto le palpebre ancora una volta, quando le riapro, però, sono a terra.

Non sento il mio corpo, vedo solo il suo viso sfocato, molto sfocato.

Poi ancora il nulla.

 

°°°

 

-Un abbassamento di pressione. Probabilmente dovuto alla leggera anemia ed allo stress subito. Si riprenderà entro domani mattina, massimo.

La voce maschile mi arriva lontanissima, ma riesco a capire bene cosa dice, il che mi fa stare meglio. Piano piano avverto che dei passi pesanti si allontanano.

-Grazie.

Dice qualcuno, accanto a me. Apro gli occhi, piano e mi giro verso la voce più vicina. Lo vedo benissimo.

-Mayori...- mi dice -Come stai?

Sento istantaneamente le lacrime scendere dagli occhi. Non riesco ancora a muovermi bene, perciò non posso fermarle.

-Kise...

Dico, piano, mentre sento che i miei occhi strabordano di lacrimoni immensi e salati. Lui si avvicina a me, con lo sguardo corrucciato.

“Che figura di merda” Penso, ma sono così confusa che non riesco a fare nulla. Vorrei solo che qualcuno, proprio come faceva Hibiki, mi abbracciasse.

Chiudo gli occhi cercando di smettere di piangere.

-Mayori... mi dispiace- Mi dice, accorato ed io apro gli occhi solo per chiedergli spiegazioni, ma lui si avvicina a me, poggia il viso accanto al mio e le nostre guance coincidono, mentre con la mano destra mi stringe la spalla e con la sinistra mi tiene la testa.

-Non piangere.

Mi dice e, come al solito, sortisce l'effetto contrario. Inizio, senza volerlo a singhiozzare, senza capire per cosa piangere.

Per la situazione di Hibiki? Per la freddezza di Akashi? Per l'allontanamento di Kise? Per l'ambiguità Himuro?Per l'indifferenza di Murasakibara?

Per la mia incapacità?

Un po' per tutto.

-Sei uno stupido!

Dico, mentre senza rendermene conto lo abbraccio, anche se dalle mie braccia partono i fili della flebo e di altre cose sconosciute.

-Si, si- Dice, accarezzandomi la testa.

-Perché te ne sei rimasto lì, da solo? Io non volevo dirti quelle cose... io volevo... io volevo...

Un singhiozzo mi taglia la frase a metà, lui mi stringe ancora di più a se.

-Va bene Mayo-chan, è colpa mia che ti ho lasciata venire qui dentro da sola. Mi dispiace.

Annuisco sulla sua spalla, sentendo finalmente il suo odore da vicino, abbracciandolo per bene. Mi sento meglio in questo momento.

Smetto di piangere praticamente subito, ma il mio corpo è debilitato.

Rimaniamo un bel po' l'uno accanto all'altro, mentre io riporto la mia coscienza su questo mondo. Dopo qualche minuto mi lascia andare.

-Allora, hai incontrato Akashi?- Mi chiede, mentre io mi sdraio nuovamente, con gli occhi chiusi e annuisco. -Ed è andata bene?

Scuoto la testa, per poi guardarlo.

-Non proprio. Non mi ha fatto vedere Hibiki perché non avrei davvero potuto fare nulla per lei.

Kise aggrotta le sopracciglia. -Lo ha deciso lui...

Io scuoto ancora la testa, pianissimo. -No, ho capito che... cof cof, aveva ragione lui. Dopotutto, in un posto come questo, c'è tutto quello che l'essere umano può concepire.

Kise mi passa una mano sulla fronte, spostandomi i capelli all'indietro, accarezzandomi. Per qualche attimo chiudo gli occhi.

-Mi dispiace che stia andando a finire così. Io, probabilmente, non avrei avuto la tua pazienza...

-Non sei così maturo, eh...

Lui mi guarda. Questa frase l'aveva detta lui, la prima volta che ci eravamo incontrati. Sorriso. Lui fa un mezzo ghigno di rimando.

-Accidenti, ma guarda che cosa mi stai facendo... quando mai ho perso così tanto tempo?

Io, un po' per la flebo, un po' per il ciclo, non mi arrabbio e gli stringo la mano, rendendomi conto solo in questo momento che sono intrecciate.

Arrossisco.

-Mi dis-

-Non dirlo, va bene così, Nishiyoshicchi.

-Mayori.

-Mh?

-Mayori è più che sufficiente.

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Capitolo 16
*** Si ricomincia ***


 

-CAPITOLO 16: SI RICOMINCIA-

 

 

 

Riesco ad uscire dall'ospedale prima di cena, con molta fame e con il morale forse leggermente risollevato. Nonostante non sia riuscita a parlare e vedere Hibiki ora mi sento meglio.

-Vogliamo andare a mangiare qualcosa?

Mi chiede il Modello e la risposta è talmente tanto scontata che imbocchiamo senza dire nulla il primo vicolo che troviamo e di conseguenza il primo ristorantino sulla strada. La sera è scesa, fa freddo, ma dentro al locale c'è un'accogliente tepore e le luci aranciate fanno sembrare il tutto più caldo.

-Un tavolo per due.

Dice Kise, io lo seguo a ruota, mentre ci mettiamo seduti. Mentre si sistema sulla sedia, non posso fare altro se non guardarlo per bene. Mi sento avvampare perché è così impensabile che una come me sia fuori a cena con un ragazzo così carino e alla moda. Infondo non penso che ci faccia bella figura con me, anche se in realtà avrei potuto sistemarmi meglio.

Magari un po' di trucco in più, qualche vestito... o qualche rossetto.

Mi tocco i capelli e distogliendo lo sguardo da lui mi tocco le labbra.

“Forse... ho qualcosa nella borsa. Dovrei andare in bagno e controllare... E se poi lo nota? Che cosa gli dico...”

Mentre mi perdo nei miei pensieri, sento la sua mao sul mio polso e automaticamente lo fisso negli occhi, non capendo.

-Smettila Mayo-chan, non toccarti le labbra...- Aggrotto le sopracciglia, ma lui mi rivolge un sorriso nervoso -Finirai per farti male!

Io annuisco e lui mi lascia il polso.

-Allora, che cosa facciamo?- Guardo il menù, senza cambiare espressione -Voglio dire, ho tutte le mie cose da Kasamatsu, ma l'hai sentito no? Non possiamo tornare da lui.

Kise annuisce, poggiando il viso su una mano.

-Quando l'ho chiamato mi è sembrato piuttosto imperativo. Non lo so...- Si prende qualche minuto -Io non abito molto lontano, ci sarebbe anche questa di possibi-

-Assolutamente no!

L'ho detto praticamente urlando e tutto il locale ci guarda. Arrossisco di botto e Kise sorride falsamente, avvicinandosi a me con il busto oltre il tavolo.

-Ho capito che ti faccio schifo, ma vorrei che tu non me ricordassi praticamente sempre! E poi, Mayo-chan, a casa mia ci sono le mie sorelle, non staresti sola con me.

Io arrossisco ancora di più e mi nascondo dietro il menù.

-Non ci tengo né a stare con le tue sorelle, né con te!- Mi sale l'istinto omicida -Sei tanto bravo a fare lo spaccone, ma poi di donne non capisci nulla!

Lui sembra accigliarsi.

-Ma dai, sei tu che sei incoerente!

Tiro fuori la testa dal menù e lo guardo seria.

-Questo non è vero. E poi non sono io quella che si comporta da pervertita.

Incrocio le braccia al petto e mi giro a destra, con il mento all'insù. Lui sghignazza.

-Su questo ho i miei dubbi...

Arrossisco di nuovo, e lo guardo.

-Si può sapere che vuoi, eh? Antipatico!

Lui si avvicina a me di nuovo e sorride.

-Nulla

Il suo tono è così malizioso che anche una bambina di dieci anni si sarebbe eccitata. Non che io lo sia, no.

Ovviamente.

-Cret-

-I signori vogliono ordinare?

Entrambi tornaimo ai nostri posti e la signorina prende le nostre ordinazioni. Io mi sento in imbarazzo, ma ordino qualcosa che mi piace. Quando la ragazza si allontana, bevo un bicchiere di acqua per ingoiare la tensione che si è fermata in gola.

-Se per te va bene vorrei tornare a casa con il treno diretto, da qui. In questo modo risparmierei soldi e tempo e... finirei per arrivare domani mattina.

-Ha senso, ma... Mayori, sei sicura che vada bene? Dopotutto siamo a Kyoto e di notte la stazione è un posto brutto per un ragazza.

Annuisco e sospiro.

-Che cos'è tutta questa apprensione? Sono arrivata fino a qui e saprò anche tornarmene indietro.

-Non sono apprensivo, fai come vuoi...

Lo fisso incredula. Lui guarda altrove.

“A-ah, questa non l'avevo mai vista! Sta facendo il ragazzino ostinato!”

-Pfff...ma daii- mi trattengo ma non ci riesco -Quanto sei incapace a mentireee

Scoppio a ridere silenziosamente tappandomi la bocca, e lui semrba piccato, sbatte le mani sul tavolo.

-Non ridere, non è vero!
Rido ancora più forte.

-Moooo, accidenti...

Quando mi asciugo un lacrima e riapro gli occhi lo vedo arrossire, per la vergogna. È rosso sulle gote, ha il viso di un bambino che non ha ricevuto la sua caramella preferita e le braccia conserte.

Sorrido, senza rendermene conto.

“Ma quanto è carino”

 

 

°°°

 

 

Il treno è davanti a me, sono le 22:30 e se tutto va bene non farà ritardo, visto che è diretto per Hokkaido. Prima di salire mi giro a guardare il modello. Ho fatto solo due passi verso il vagone, ma non so come salutarlo e la voglia di tornare a casa mi sta abbandonando.

-Kise...- Lui ha le mani in tasca e mi guarda -Grazie.

Dico, piano piano, quasi come se stessi sussurrando. Mi vergogno a dire queste cose, ma alla fin fine lui mi ha visto in situazioni peggiori. Per il momento.

-Mayo-chan- Si avvicina e si abbassa con il viso alla mia altezza -Questa volta non sparire, ok? Usalo il telefono, visto che ce l'hai.

Io gonfio le guance.

-Si, si certo.

Lui mi regala uno splendido sorriso solare e per un secondo rimango ferma a guardarlo. Si allontana dal mio viso, mi fa “ok” con la mano.

-Buon viaggio!

Io annuisco e mi giro verso il treno – anche se ora di voglia non ne ho proprio. Appoggio una mano al ferro freddo della vettura, mi giro ancora. Lui è ancora lì e mi guarda. Sorrido e salgo sul treno, con un balzo.

-Quando ti è possibile passa a casa mia a portarmi il mio borsone, hai capito? Ti aspetto.

Gli dico e lui è palesemente sorpreso, tanto che rimane con la bocca mezza aperta. Io sorrido ancora di più.

-Fai attenzione e mandami un messaggio quando arrivi a casa.

Gli dico. Lui è senza parole, lo so, perché i suoi occhi mi fissano, ma sono confusi, come dovrebbero esserlo quando qualcuno ti racconta che tua madre in realtà è un trans.

Quella sì che sarebbe una notizia scioccante.

Ma anche divertente. Si sa che i Trans sono spassosi, in ogni senso. Beh, comunque, quando mi rendo conto di averlo messo in difficoltà, un po' per dispetto, un po' per istinto, mi poggio una mano sulle labbra e gli tiro un bacio.

Non l'ho mai fatto e non so com'è venuto fuori.

Per non arrossire sparisco oltre la cabina, cercando il mio posto.

Sono quasi sicura di averlo visto rosso in volto. Beh, mi piacerebbe se fosse così.

-Questa giornata è stata interminabile.

Dico tra me e me, sedendomi. Il treno parte dopo qualche minuto ed io appoggio la testa sul cuscino. Stranamente mi manca Murasakibara. Non so, vorrei raccontargli così tante cose! Magari anche dei Akashi... chissà cosa ne penserebbe – sempre che lui pensi qualcosa.

Chiudo gli occhi, ma non dormo.

Voglio che le cose vadano bene, lo voglio perché Hibiki, quando si sveglierà, dovrà trovare il mondo più bello.

Almeno il suo.

Almeno il nostro.

Almeno per questa volta.

 

°°°

 

“Sono a casa anche io. Buonanotte”

Scrivo e invio, dopo che chiudo la porta della mia camera, mettendomi di corsa a letto. Kise è arrivato da almeno cinque o sei ore e sicuramente avrà dormito più di me. Sono le nove di mattina, sono rientrata a casa con un occhio chiuso per il sonno... e l'altro pure.

Per tutto il tragitto non ho avuto voglia di dormire, così mi sono impegnata a fare i peggio film mentali, con il risultato che il 90% erano riguardanti Kise e il 10% le punizioni che avrei dovuto subire una volta a casa.

Eppure, con mia grande gioia, quando sono entrata la casa era vuota. Tutti impegnati!

“Mi è andata bene”

Dico, mettendomi sotto le coperte e in quattro e quattr'otto pendo sonno, cadendo addormentata, con il cellulare in mano e la bavetta sexy vicino alla bocca.

Dormo per qualche ora, poi sento una mano che mi scuote. Non è mia madre, perché lei non entra nella mia stanza, quindi apro gli occhi più velocemente del solito, anche se non come avrei dovuto. Mi tiro a sedere subito, mi stropiccio una palpebra e sbadiglio.

-Che c'è....

Il tempo di girare il viso alla mia destra e subito ecco l'infarto.

-AAAAH- urlo e mi appiccico letteralmente al muro dove c'era il letto -HIMURO!

Lui sorride, affabile, mentre mi guarda.

-Ciao, scusami, tua madre mi ha fatto salire...

-No- inizio a prendere le coperte e coprirmi per non so quale motivo, mi passo una mano sulla bocca perché mi sento sporca, così come gli occhi. -No. Dico, che diavolo sei venuto a fare, io non ho parole, nella camera di una ragazza, che poi che modi sono questi, e se fossi stata nuda, saresti stato anche un pervertito e...

-Tieni

Mi porge davanti al viso un pacco nero, con un fiocco rosso sopra.

-Che cos'è?

-Sono dei biscotti. Visto che non ero mai venuto a casa tua.

Io li prendo – perché i biscotti non si rifiutano mai, MAI. Li poso sul ventre e li stringo, poi gli rivolgo uno sguardo assassino.

-Sei un cretino, esattamente come pensavo.

Himuro si siede sul letto accanto a me.
“Aaaah, questi Americani, non sanno c'è lo spazio personale”

-Sei tornata, finalmente- Io mi giro altrove, il suo tono diventa pesante. -Lo sai che ci hai fatto prendere un colpo?

-Un colpo?

Lui annuisce.

-Tuo fratello ha interrotto gli allenamenti per ben due volte, perché voleva parlarci. Anzi, penso che sia anche andato a casa di Atsushi, per controllare se eri li.

-Non ha creduto alla storia del treno, eh...

Dico sconsolata. Quel cretino per una volta tanto un po' di fiducia poteva anche darmela.

-No- Himuro sorride -Non sembravi il tipo da scappare dall'altra parte del Giappone per rivedere un'amica.

Io sospiro ancora più forte e mi appoggio al muro, con le gambe al petto e i biscotti in mezzo.

-E' entrata in coma qualche giorno fa. La storia è un po' complicata, ma dovevo scendere giù, perciò l'ho fatto.

Mi aspetto un sentimento di qualche genere, qualcosa che Kise fa sempre, invece la sua Poker Face cambia solo di qualche millimetro necessario a far scomparire il sorriso e dice:

-Non lo sapevo.

Io assottigli gli occhi.

-Mr. Emozioni, non ti starai aprendo troppo?

-Mr. Emozioni?

Mi fa l'eco ed io scuoto la testa.

-Si, Mr. Emozioni. Sai, è da un bel po' che ci penso... alla fine tu piaci alle ragazze, come quelle che ti si dichiarano, perché dai l'impressione di essere misterioso e distante.

Lui mi guarda, impassibile, io non so se continuare e non so neanche cosa sto dicendo, ma è come se le parole uscissero da sole.

-Io l'ho capito durante questo viaggio. Himuro, tu non sei come vuoi far credere e... mi sembri una brava persona, sinceramente, anche se ne ho viste di meglio, ma non è questo il punto.

Mi sembra di averlo un po' confuso. Abbasso gli occhi verso i miei piedi e, quasi come se fossi sovrappensiero, gli dico:

-Io non credo che riuscirei a sopravvivere con un ragazzo che non riesce a trasmettermi nulla... cioè non fraintendermi, non è questa la cosa importante. Io, prima di partire ero confusa. Ora... ora so che forse, dico forse, alla fine tu sei... un amico. Si insomma, un buon amico. E non prendermi in giro ora.

Gli rivolgo il mio sguardo. Lui è incredulo e quando lo guardo strabuzzata l'occhio visibile.

-In fondo un amico porta i biscotti, no?

Gli dico, sorridendo in modo moooolto tirato. Lui mi guarda per qualche attimo, poi guarda il pacco di biscotti. Penso che ci sia qualcosa che non gli è andato a genio, ma non saprei dirlo con certezza. Sospiro.

-Il fatto- dice di scatto e interrompe la frase con un sospiro poco accennato -Il fatto che tu sia così aperta, ora, sicuramente è merito di qualcuno, non è così? È una cosa che è evidente, a questo punto... infondo, hai rifiutato anche Atsushi.

Il sangue mi si gela nelle vene.

-Rifiu... Io non... cioè non c'è nessuno che...

Lui mi sorride in modo caldo, mentre di gira e si alza dal mio letto. Io lo guardo e lui mi tende una mano.

-Non è importante, quando vorrai dircelo allora fallo. Per ora, vieni con me, oggi c'è la partita amichevole contro la Tohou*.

Io aggrotto le sopracciglia, ma sorrido. Prendo la sua mano e, anche se non ricordo nulla di questa Tohou, accetto di seguire la partita.

-Mi cambio.

Dico e corro in bagno. Lui sorride.

 

°°°

 

Ciao, Akashi, sono Mayori.

Come va? Come state? Spero meglio.

Lo so che mi avevi detto di non scrivere, ma non posso farne altrimenti e poi... volevo sapere se il padre di Hibiki si è fatto vivo, visto che non te l'ho mai chiesto”

Invio il messaggio con una fretta che non mi appartiene. La partita è al secondo quarto, i giocatori sono in campo ed io sono sugli spalti semi vuoti.

“Alla fine questo fantomatico Aomine non si è fatto ancora vedere.”

Penso tra me e me, notando che il punteggio è più alto per la Yosen, ma neanche Murasakibara sta giocando. Chissà per quale motivo.

Dondolo con la testa e mi metto a guardare Himuro che è veloce e scaltro sul campo, con un corpo da fare invidia. Anche se alla fine, anche la squadra della Tohou è piena di bei ragazzi... ed ha un bel coach. Accidenti, perché la nostra è femmina?

Sospiro e chiudo gli occhi per un attimo. Quando li riapro la Tohou ha segnato un canestro da tre.

“Bravi”

Penso. Non è particolarmente interessante come partita, anche se il regime di gioco è piuttosto alto. Saranno anche dei liceali, ma sono bravissimi. Noi non eravamo mica così, all'epoca. Mi ricordo che non c'era questa bravura e la persona che era davvero brava alla fine faceva la manager. Beh, Mizu aveva i suoi problemi, a quanto diceva Hibiki e quindi va bene cosi.

Chissà che fine ha fatto.

Ciao, sono Mayori, spero che tu abbia salvato il mio numero. Come te la passi? Sei un'infame, ti rendi conto che ti sto scrivendo io? Guarda cosa mi stai facendo fare...”

Invio il messaggio e chiudo il telefono. Sicuramente risponderà entro qualche minuto, perchè Mizu è esattamente il tipo di ragazza che teine molto sotto controllo il suo telefono, proprio come Kise.

Ciao, Mayo-chan!!”

Apro il telefono per assicurarmi che il messaggio sia di Mizu e invece... è di Kise. Quando si parla del diavolo...

Ciao...”

Come stai?”

Bene” Rispondo. Sembra Online... ma non dovrebbe allenarsi? Dov'è Kasamatsu quando serve?

Che fai?”

Assisto ad una partita di Basket”

Chiudo il telefono e torno con gli occhi sul campo, ma appena cerco di riprendere la concentrazione mi arriva un'altra messaggio.

Chi gioca?”

Yosen-Tohou”

Guardo lo schermo. Mi sembra un po' freddo.

Mayo-chan, dovresti venire a vedere me ogni tanto, non Aominecchi”

Chi è Aominecchi? Kise, parla la mia lingua per cortesia.”

Non sei andata per lui? O per Murasakibaracchi?”
Io scuoto la testa e sento che mi sale il nervoso a leggere quei nomi così storpiati.

No e se continui a rompere non verrò mai neanche ad una sola tua partita”

Aspetto qualche minuto. Non risponde più.

-Cos'è, ti ha ucciso Kasamatsu, Kise?

Il bip del telefono mi fa trasalire.

Scusami ora devo andare ad allenarmi, ci sentiamo”

Io annuisco. È proprio stato preso a calci nel culo. Bene.

Ok, ciao”

Sto per chiudere la chat, ma un altro messaggio mi attira.

Non credere a nulla di quello che ti dice Aominecchi”

Perché?”

Chiedo subito, ma lui non risponde più, passo interi minuti a fissare lo schermo, senza una risposta, come una cretina. Quando alzo lo sguardo il secondo quarto è finito e stanno tornando alla panchina per una pausa. Mi guardo intorno e, anche se c'è poca gente sugli spalti di legno, mi sento osservata. Dov'è Hashi? Sarebbe dovuta venire ed io avrei dovuto aspettarla.

Mi alzo di scatto e risalgo fino a sopra gli spalti, poi esco. Fuori fa freddino, ma non me ne curo perché ora è solo una la questione: trovare Aomine.

 

 

 

Angolino di conclusione.

Buonsalve a tuttiiii. Ecco a voi il capitolo nuovo, quasi quasi non mi sembra vero di non aver fatto ritardo! Spero che vi piaccia e... in realtà insisto sul sottolineare quanto mi faccia piacere ricevere una vostra opinione, quindi anche se negativa mi piacerebbe che le scriveste lo stesso! Beh, in ogni caso non costringo nessuno ù_u

Coooomunque, la cosa importante è che la storia sta per volgere piano piano piano alla fine, perché, se seguo la mia scaletta iniziale, dovrebbero mancare 5 o 6 capitoli, più o meno.

Quindi, volevo chiedervi... quale personaggio vi ispira di più tra Hashi, Mizu e Hibiki?

Perché ho molte storie da scrivere relative a queste tre e non so... a voi piacerebbe leggerne qualcuna?

Fatemi sapere!

Grazie a chi ha letto ed anche a chi è rimasto fino alla fine <3

-HK

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Capitolo 17
*** Rose e Spine ***


 

-CAPITOLO 17: ROSE E SPINE-
 


-Tu devi essere Aomine.

Il ragazzo che ho davanti è esattamente fuori dai miei canoni. Ne ho viste di persone alte, ma lui è così diverso, così muscoloso, così aggressivo che sembra sfidare il mondo intero. Si gira e mi guarda, con la palla appoggiata al fianco. Il campetto è vuoto, inizia a fare anche freddo perché è all'ombra e da noi si gela, all'ombra.

-Eh? E tu chi sei?

Mi chiede, la voce bassa, gli occhi dal colore torbido dell'altro mare. Io mi stringo nelle spalle e scuoto la testa.

-Lascia stare, non mi conosci. Mi chiamo Mayori, sono... un'amica di Kise.

Lui guarda in su, noncurante. Totalmente diverso da quel cretino biondo.

-Non mi ricordo nulla di quelle sue amiche, sono troppe.

Io rimango spiazzata. -Troppe?

Ripeto piano, il vento mi fa gelare e lui senza curarsi di me continua a palleggiare verso il canestro.

-Mh, non so che dirti se vuoi sapere dove si trova è ovvio, a scuola.

Io scuoto la testa e mi avvicino a lui. -No no lo so che è a scuola, ma chissenefrega. Io non sono una sua amica, non in quel senso perlomeno...

Lui mi rivolge uno sguardo solo, poi si gira.

-E allora che vuoi?

Io gli sorrido. -Sono una studentessa della Yosen, mi hanno parlato molto di te... perché non giochi, oggi?

Lui tira a canestro e centra.

-Mi annoio.

Io mi avvicino, noto i suoi muscoli sviluppati, le braccia allenate.

-Si, lo vedo, tiri con una postura da giocatore di poker, più che da cestista.

Lui si gira di scatto e mi fissa. Io alzo un sopracciglio.

-Che c'è?- Dico, lui è in silenzio. -E' ovvio...

Mi sto giustificando per un motivo a me sconosciuto, ma non ho molta ansia... Kise mi mette quasi soggezione, mentre lui è più aggressivo. Ed io ne conosco a bizzeffe di cestisti aggressivi.

-Che ne sai tu?

Io alzo le spalle, ma poi mi rannicchio per il freddo.

-Giocavo, un po' di tempo fa.

Non posso credere di averlo detto! Sono talmente shoccata che strabuzzo da sola gli occhi e guardo altrove. Lui si avvicina e si abbassa un po' alla mia altezza.

-Non ci credo, sei troppo bassa

Io sono indignata e alzo il mento.

-Scusa? Quando giocavo ero tra le più alte della squadra. E poi...- Indico il suo fisico -Sei tu che non sei normale per essere un liceale!

Lui si guarda e poi mi rivolge uno sguardo interessato, scendendo proprio sul mio petto.

“A...aspetta... sta proprio guardando... oddio, non può essere...” Arrossisco, sentendo quello sguardo penetrante, più diretto di Kise.

Mi ha preso alla sprovvista! Mi copro con le mani il petto e mi giro, gonfiando un pò le guance.

-Scusami?! Vuoi piantarla?

Dico e lui sorride beffardo. -Non ti ho mica fatto nulla

Io assottiglio gli occhi. -Tu e Kise siete due pervertiti identici.

Lui si tocca i capelli. -Ma che ne sa quello lì.

Io mi faccio avanti mantenendo il mio petto coperto.

-Perchè dici così?

Lui mi guarda dritta negli occhi, poi scende e mi squadra, neanche avesse uno scanner. Io rimango ferma e perplessa. Cosa dovrei fare?

-Perchè sta con una così- Io aggrotto le sopracciglia, ma lui si gira. -Non hai quasi niente da coprirti, quindi puoi toglierle, quelle mani.

Il mio cervello ci mette molto tempo a capire cosa effettivamente mi ha detto. Non ho nulla... io non ho nulla? Ma come si permette. Come?!

-Butto cretino, io porto una terza!

Lui si gira, ma io mi avvicino furtiva e prima che lui possa capire cosa sto per fare, gli tiro il calcio più forte che posso mirando agli stinchi.

Lui urla per il dolore e si accascia, la palla rotola via ed ora finalemtne ha cambiato espressione e mi guarda arrabbiato e incredulo.

-MA SEI SCEMA?!

-TE LO SEI MERITATO!

Lo guardo dall'alto, e mi sento molto meglio, ora che è lui a stare in ginocchio. Incrocio le braccia e mi mantengo fredda. Lui mi guarda con astio, ma io sorrido beffarda.

-Prendi quella palla, ti faccio vedere cosa sa fare “una così”.

 

°°°

 

-E perché hai mollato?

-Scusa, non avevi detto che non ti interessava?

Siamo seduti al tavolino del primo bar vicino la scuola, lui davanti a me, con una tazza fumante davanti, io con la mia cioccolata XXL. Ne bevo un sorso. Sono in cattive condizioni, mi ha fatto sudare, stancare, cadere e arrabbaire. Nel frattempo è sceso il sole, si è fatta quasi sera e lui ha vinto una pertita che è andata avanti per tutto il pomeriggio.

“Notevole”

Penso, mentre lo guardo, da dietrola mia tazza fumante.

-E poi, Aomine-kun, tu non mi hai mica detto perché hai non giochi alle partite ufficiali.

Lui guarda altrove. -Sarebbe troppo lungo, fattelo spiegare da Kise, se ci tieni tanto.

Io sospiro e poso la tazza sul tavolo. Mi guardo i piedi.

-Si, certo. Ti ho già detto che non è il mio ragazzo quindi non ci parlo così tanto.

Lui posa una mano sul tavolo e mi guarda.

-Cavolate...- Io lo fisso già incazzata, ma lui mi pare più limpido. -Sei la prima ragazza che gioca a Basket e che non si trucca e che non porta quei cosi alle orecchie che tintinnano.

Mi indica il suo orecchio come se stesse parlando del peggio insetto schifoso del pianeta, guardandomi con occhi quasi ridotti ad una fessura. Mi viene da ridere e mi copro la bocca un po'.

-Ma piantala... e poi, sai, avevo un'amica che portava quella trappola rumorosa alle orecchie, ma infondo era più maschiaccio di te!

Lui mi sorride, beffardo.

-E anche lei era negata nel palleggio?

Io mi avvicino falsamente sconcertata.

-Ah-ah, molto divertente, Mr. Modestia.

Lui si appoggia allo schienale e mi sorride.

-Giocheremo tutti nel torneo, quest'estate. Dovresti venire a vedere. A Kise queste cose piacciono.

Io lo guardo e non so che occhi ho, ma in qualche modo mi sento male. Io so che Kise è distante da me, ma che cosa dovrei fare? Cosa vorrei fare?

Abbasso lo sguardo.

-Che hai?

Mi chiede ed io lo rialzo subito. -Scusa, mi ero distratta. Tu sei fidanzato?

Lui è sorpreso e si tira indietro, sembra quasi vergognarsi, e mi fa un attimo divertire.

-Non mi serve...

Io ghigno. -Si, certo. Dopotutto potete fare anche da soli.

Lui mi guarda shoccato e arrossisce un po', pochissimo. Come se non si aspettasse che una ragazza come me potesse dire certe cose.

In effetti non lo faccio di solito.

Bah, sarà il freddo, che mi ha dato alla testa.

-Tu sei veramente insopportabile.

Biascica, guardando altrove. Io sorrido e non rispondo, bevo un po'. Lui mi guarda e dopo qualche attimo si avvicina.

-Dovresti stare attenta- mi dice, serio -Qualcuno potrebbe pensare male

Io sorrido e poggio un piede sulla sedia, portandolo vicino al petto.

-Ma va, ti pare? Mi hai vista? Non sono esattamente queltipo di ragazza…

Lui sembra rimanere serio e con il cucchiaino mi indica, scettico.

-Continua a pensarla così e finirai nei guai, specie con uno come Kise.

Io allora lo fisso questa volta molto confusa. Lui beve velocemtne la sua cioccolata, si alza e non mi guarda.

-Vado a pagare il conto.

Io sono molto sorpresa, perché prorpio prima di entrare aveva messo in chairo che lui non offriva un bel nulla perché aveva vinto la partita.

-Sia chairo, non è che mi vada, solo che sei stata motlo coraggiosa, tutto qui.

Io alzo un sopracciglio, ma lui continua.

-E non dirlo a Kise, santa miseria.

Io lo guardo motlo confusa, e scuoto la testa come per spronarlo a dirmi cosa intende. Lui mi rivolge quei suoi occhi torbidi, che sembrano essere preoccupati per qualcosa. In realtà fin da subito sembrava poco contento, ma in fondo che n so io.

-Kise è molto possessivo con quello che è suo… e non sai quanto può diventare insopportabile.

Detto ciò se ne va verso la cassa ed io rimango ferma con la mia tazza in mano. Mnetre guardo il lliquido caldo mi sento confusa.

“Era ovvio che Kise non fosse come diceva di essere, ma detto anche da un suo amico…” Guardo la figura di Aomine in prospettiva e sorrido.

“Non potevo pretendere una rosa senza spine, dopotutto”

 

°°°

 

Dopo aver assistito alla peggiore scenata da parte di una ragazza di tutta la mia esistenza, sono tornata a casa con il senso di colpa alle stelle. Aomine era stato letteralmente mangiato dalla sua manager, io invece mi ero dovuta sorbire gli sguardi delusi di tutta – tutta – la squadra, Murasakibara compreso.

-Che giornataccia.

Dico, mentre poso la borsa a terra e mi butto sul letto. Rimango un po' ferma sulle coperte, stanca per non so quale motivo. Poi mi arriva un messaggio.

Spero che non sia Kise.

Mayori, Hibiki sta migliorando. Mi farò sentire io, ti prego di non creare problemi”

Aggrotto le sopracciglia e lancio il telefono altrove. Fisso il muro e ripenso a tutto quello che mi è successo da un po' di tempo a questa parte. Murasakibara… non gli ho parlato molto negli ultimi giorni e non mi sento neanche di farlo.

Himuro? Himuro sembra ignorarmi. Chissà cosa gli ho fatto.

Kise… Kise un po' mi manca. Poco, naturalmente Mi rigiro nel letto e mi viene subito sonno. Chiudo gli occhi per qualche secondo e subito cado vittima della stanchezza.

 

 

Le pareti sono bianche, il suono metallico delle apparecchiature che la tengono in vita mi rimbomba nel cervello.

“Non è in grado di muoversi”

Dicono. Lo dicono ai suoi genitori, lo dicono mentre noi siamo lì, vicine al suo corpo inerme. Mi sporgo sulla sedia, mi sembra di cadere in avanti, ma è impossibile perché proprio lì davanti a me c'è Hibiki. La vedo, lei. La vedo bene, mentre guarda la ragazza sul letto e le stringe la mano bianca. La vedo mentre i suoi occhi trasmettono tristezza, mentre le sue spalle si fanno sempre più curve. Starà pensando alla sua famiglia.

E le altre?

Mizu è scappata via, in bagno forse. Lo sappiamo tutte che probabilmente starà piangendo per conto suo. Forse sarebbe stato meglio se avesse pianto qui, con tutte. Almeno avremmo potuto farlo anche noi – invece, in questo modo, ci limitiamo a starcene in silenzio. Persino Akemi e Rei-chan stanno zitte e non si muovono.

Mi sembra tutto così surreale.

Poi d'improvviso quel suono si accentua, sta succedendo qualcosa. Hibiki spalanca gli occhi, il dottore si gira, tutte guardiamo la macchina. Ed ancora il cuore mi salta in gola. Ci fanno spostare. I genitori urlano qualcosa, Aika viene portata via.

E l'unica cosa che riesco a dirle?

-Perdonami....

Quella parola rimbomba. Ora sono sola.

“Perdonami”

Aika non dovevi tenerti tutto per te. Non avresti dovuto essere così egoista.

“Perdonami”

Una piccola luce. Qualcosa di caldo e immateriale. Da dove proviene questo calore?

 

 

-Per...perdonami...

-Nishi...!

Una voce, non è quella di Hibiki, non è quella di Akemi. Piano piano riacquisto il potere sul mio corpo, sulle mie sensazioni. E allora la sento bene.

-Nishiyoricchi!

Apro gli occhi, mi rendo conto dopo un po' di tempo che ho il fiatone, il mio corpo è sudato. Quel calore sono le sue mani, le mani di Kise, sopra le mie spalle, che mi stringono con forza. Non ho il tempo di realizzare, vedo il suo volto preoccupato, i suoi occhi sono immersi nella penombra della stanza ma sembrano brillare.

-K...kise?

Biascico. Sembra così preoccupato, ma io sono completamente confusa.

-Stai bene? Rispondimi!

Il suo tono è tremante, non so cosa gli sia successo, davvero. Frastornata rispondo:

-S...si... io sto bene, ma...

Volto lo sguardo e mi rendo conto che è la mia camera e proprio dietro Kise c’è mio fratello, in piedi, con le mani congiunte e lo sguardo di chi ha visto un fantasma. Lo guardo scandalizzata, perché non lo credevo neanche capace di provare dei sentimenti!

-Ma che sta succedendo?

Kise sembra allentare la presa sulle mie spalle, curva le sopracciglia verso l'alto e mi guarda dritto negli occhi.

-Hai preso ad urlare da un momento all'altro... Pensavamo che ti fossi sentita male, continuavi a rigirarti e urlavi qualcosa, stavi urlando...!

Spalanco gli occhi. Un brutto sogno? Quel brutto sogno... aspetta, cosa stavo sognando? Non mi ricordo bene. Poggio una mano sulla mia fronte, noto che sono davvero sudata. Mi guardo la mano, aggrotto le sopracciglia.

-Ma che stavi sognando?

Mi dice mio fratello, avvicinandosi. Io scuoto la testa.

-Non me lo ricordo, sono un po' confusa.

Guardo di nuovo Kise. Dopo qualche secondo il mio cervello entra in funzione. Lo guardo bene negli occhi e mi riporto da sola alla realtà, vedendo che una sua mano è sopra alla mia coscia.

-Che ore sono?- Il mio cervello si ricorda piano piano tutto quanto -Cosa ci fai tu qui? EH?! E… e leva questa manaccia, che stai cercando di fare?! Pervertito!

Kise sposta di scatto la mano dalla coscia e le alza in segno di resa, mentre mio fratello fa tre passi indietro.

-E tu che vuoi eh? Fuori dalla mia camera! - Dico al mio famigliare, che alza le sopracciglia.

-Ma che sei scema? Era venuto a trovarti questo qui, dovresti ringraziare che non l’ho detto a ma-

Gli tiro istintivamente un cuscino contro. -SPARISCI.

Mi sento molto confusa, ma so che non dovrebbe esserci nessuno nella mia camera e mio fratello di solito si impiccia e crea casini e… insomma è la mia camera!

La porta si chiude sbattendo, facendo tremare i muri. Io aggrotto le sopracciglia e rimango in silenzio, quasi dimenticandomi di Kise, finché non mi giro.

I suoi occhi mi guardano, sono oro puro, molto sorpresi e quasi confusi. Io rimango ferma e arrossisco.

“Dio, cosa ho fatto? Che figuraccia, non ci sto capendo nullaaaa”

-Che...che diavolo ci fai qui?!

Lui si tira su e mi sorride, proprio divertito.

-Ero venuto a riportarti il borsone, pensavo di arrivare per le sei, invece ho fatto tardi e tu dormivi…

Io lo guardo, sento di essere ancora rossa. Mi rannicchio sul letto.

-Va bene, potevi avvisare.

-L’ho fatto, ma non mi hai risposto!

Io l guardo male e mi rendo conto che non so cosa dire per salvarmi il culo.

-Posso sedermi?

Mi chiede, indicando il letto. Io arrossisco e nascondo un po' la faccia appoggiandomi alle ginocchia. Lui lo prende come un si e si siede porprio vicino a me, sento una sua gamba toccarmi, per quanto è vicino.

Il mio cuore batte all’impazzata.

Che sta succedendo? Dio mio, sto per morire.

-Nishiyoricchi, mi stavo quasi preoccupando – La sua mano mi tocca la testa ed io rabbrividisco -Sei sicura che vada tutto bene? Potrei capire, sai, dopo la brutta esperienza con Hibiki…

Io mi giro di scatto.

-Non è quello!- Mi sciolgo un po' e lo guardo -Non è Hibiki, perché lei sta meglio, sai? Mi è già capitato, io sto bene!

Lui mi guarda serio, io mi rendo conto che la mia voce non è proprio del tutto normale. Sembro una scema. Abbasso lo sguardo.

-Mayori

Il mio nome suono così diverso detto da lui. Lo guardo. Si è avvicinato, poco poco, il suo volto è vicino al mio, non riesco più a capire cosa fare.

-Devi dirmi cosa c’è che non va, ti prego. Non posso lasciarti così- Mi dice, toccandomi una mano. Io arrossisco, ma sono pietrificata.

Cosa devo fare? Cosa dovrei fare? Nei miei sogni era tutto così semplice, le sue labbra, i suoi occhi…

Lo guardo ipnotizzata.

Gli dico l’unica cosa che mi viene in mente, del tutto fuori luogo.

-Mi piaci.

E il mio orgoglio va a puttane.

 

 

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Capitolo 18
*** La verità ***


Capitolo 18: La verità

 

 

 

-Sei impazzita?

Le sue parole mi congelano all’istante sul posto. Mi sento stordita in meno di un secondo, tanto che inizialmente non capisco bene e aggrotto le sopracciglia.

-Cosa…?

Dico piano, tirandomi un po' indietro. Lui ha gli occhi aperti, fissi sui miei, ma sono in palese difficoltà, il suo corpo è rigido e mi sembra che quasi sia scettico.

-Devi essere impazzita, Nishiyoshicci.

Io non riesco a pensare a nulla. Avete presente quella sensazione di smarrimento quando vi dirigete in cucina convinti di voler prendere qualcosa dal frigo ma quando l’aprite non vi ricordate più che cosa stavate cercando?

Ecco. Mi sento quel genere di idiota.

-No, io…

“Che cosa sto dicendo?”

Lui mi mette una mano sopra il ginocchio, io la guardo stralunata, poi guardo lui.

-Nishiyoshicci, non voglio che tu dica cose che non vuoi. Io lo so che non posso piacerti, non è così? Mi hai detto tante volte che non poteva esserci qualcosa… tu me lo hai fatto capire bene…

Il suo tono è insicuro, perché quando Kise non crede in quello che dice la cosa si vede. E mi dispiace ammetterlo, ma la situazione è diventata comica.

Lascio andare la mia tensione, sedendomi completamente sul letto, rivolta verso di lui, perché ora non percepisco la mia specie di dichiarazione come un abbandono di coscienza, ma come… il tassello mancante.

“Mi piaci” Mi ripeto. “Mi piaci anche se non ti conosco, anche se potrei scegliere qualcuno che mi ama, anche se sei impertinente, narcisista e petulante”

Lo guardo e lui distoglie lo sguardo, si gratta la testa con l’altra mano.

-Voglio dire, non fai sul serio. Vero?- Il suo sguardo incontra il mio, serio e impassibile -Oh… allora… allora era proprio questo il problema…

Non chiedetemi perché, ma piano piano sul mio volto si disegna un sorriso. Sempre più grande e poi, dopo secondi, scoppio in una risata, che di sano non ha nulla. Nulla.

-Nishi...Mayori – Mi chiama lui, prendendomi per le spalle, ma in un gesto veloce della mano lo scanso, praticamente dandogli uno schiaffo.

-Lo sai Kise? Questo è il modo più cretino e indecente di dire ad una ragazza che non ricambi i suoi sentimenti! Dovresti essere abituato, dopotutto lo sanno tutti che hai un sacco di ragazze… perfino Murasakibara lo ha detto!

Continuo a ridere e lui rimane con una mano ferma in aria, l'espressione confusa e completamente shoccata, con gli occhi sbarrati e la bocca semichiusa.

-Mi sento così stupida! Hai ragione, hai ragione, sono io quella impazzita… - mi asciugo le lacrime ai bordi degli occhi, poi mi rendo conto che la voce mi sta morendo in gola. -Se fossi stata un po' più intelligente avrei impedito al mio stupido cervello di credere anche solo per un attimo, che tu potessi essere quello che davi a vedere…

Le parole si incrinano, la mia voce diventa sempre più bassa, i miei occhi si distolgono dai suoi e si fanno umidi.

“No eh, non posso mettermi a piangere davanti a lui, scherziamo? Io ho un po' di orgoglio ancora.”

-Lascia stare, va via – gli dico, con il sorriso più falso e amareggiato che io possa saper fare -Grazie di essere venuto fino a qui, anche se a questo punto interpreterò la cosa come un atto di pietà.

-Mayori – Mi chiama ed io non lo guardo. -Rimangiati subito quello che hai detto.

Il suo tono mi arriva freddo, diretto come una lama e mi giro di scatto perché mai, mai, avevo sentito questa freddezza da Kise. Kise è quello buono, è il modello solare, è la persona disponibile… no?

-Scusa!?

Domando, ma quando incontro il suo sguardo mi percorre un brivido, come nei miei sogni. Il viso pulito è contratto, la mascella serrata, le sopracciglia corrugate tanto da sembrare un tutt’uno l’una con l’altra, gli occhi liquidi che sembrano inchiodarmi sul posto. Mi si attorciglia lo stomaco, contro la mia volontà.

-Io – Inizia, scandendo le parole -non provo pietà. Sono un modello, non un attore, hai capito? Sono venuto qui perché sapevo che avevi incontrato Aomine e non volevo che ti raccontasse nulla. Ma tu non puoi capire a cosa mi riferisco perché tu, al posto mio, mi avresti aggredito, perché è questo che fai, Mayori! Lo fai perché ti protegge!

Rimango immobile, mentre mi pare che le parole di Himuro si uniscano a quelle di Kise.

Tu menti prima di tutto a te stessa”

Così aveva detto. E tutto inizia ad avere un senso. Lui rimane un po' in silenzio, vedendo che non do cenni di vita. Poi abbassa le spalle e sembra guardare per terra.

-Sapevo da subito che giocavi a basket. E quando ti ho visto su quel bus mi sono subito incuriosito, perché Kasamatsu mi aveva già parlato di te, così ti ho riconosciuta subito!

Lo guardo e lo vedo sorridere con gli occhi. Mi sento sollevata e riprendo a parlare.

-Tu sapevi che giocavo? E perché non-

-Hibiki ci raccontava spesso di te, quando era con Kasamatsu. Sapevo che in realtà non eri il capitano e che… che Aika aveva avuto quel brutto incidente. Lo sapevo.

-Tu mi hai mentito, Kise.

Lui sembra colpito in pieno, ma io non sono arrabbiata.

-No, io pensavo che non fosse necessario dirtelo…. E Hibiki aveva promesso di farlo prima di noi, a quell’incontro famoso che stava organizzando.

Io mi fermo e capisco che Hibiki conosceva già Kise, che già gli aveva parlato e che ce lo aveva praticamente mandato lei, a conoscermi. Certo, non direttamente, ma lei sapeva i miei spostamenti e Kise era così lontano da casa sua quel giorno… Perché non ci ho pensato prima?

-Io credo che mi verrà un mal di testa epocale.

Dico, toccandomi la fronte. Lui posa le mani sulle mie ed io piano alzo il viso, finendo per osservarlo davvero da vicino.

-Mayori – mi chiama con la voce bassa ed io mi sento avvampare. -Non ti ho rifiutata…

Non so cosa voglia dire e non mi interessa perché il suo volto è troppo vicino e il mio mal di testa aumenta. Lui fa scendere le mani sulle mie guance, alzandomi il volto.

-Va bene?

Mi chiede, quando si avvicina alle mie labbra. Mi parte il cuore a mille.

“Oh mio dio, oh santo celo, che cosa faccio? CHE COSA FACCIO! Respira, su respira Santa miseria!”

Il cuore prende a pomparmi sangue nelle vene e piano piano annuisco, guardandolo negli occhi.

Il suo respiro si mescola con il mio e le sue labbra toccano le mie per qualche istante, mentre entrambi socchiudiamo gli occhi, fissi l’uno sull’altra. Mi sembra di morire. In senso buono, anche se non credo che esita.

Le sue labbra sono morbide, forse più delle mie e calde, come il fuoco.

Come nei sogni, sta succedendo davvero…. Davvero”

Lui si stacca dopo qualche istante, ma è vicinissimo, ancora. Sento le gote andare a fuoco.

-Sei tutta rossa Mayo-chan…

Io aggrotto le sopracciglia. -Non è vero…

Biascico, ma mentre apro bocca per contestare lui mi blocca in un altro bacio, ma questa volta mi fa mancare quasi il fiato. Le nostre lingue si incontrano subito, mi sento impreparata e timida mi faccio indietro, perché è il mio primo bacio!

Lui si sporge in avanti, posa una mano sul letto ed io scivolo con la schiena quasi sdraiata, mentre avverto la sua insistenza sulle mie labbra, mi sento svenire. Piano piano sento di poter provare a farmi avanti e così intraprendo un piccolo attacco, cercando di contrastare quella foga, che mi sta lasciando senza respiro.

Ma che sta succedendo, da quando Kise è così… aggressivo?”

Non che la cosa mi dispiaccia, anzi, mi piace proprio. Dopo attimi che mi sembrano troppo pochi, siamo costretti a separarci, praticamente per mancanza di ossigeno.

Ci fissiamo negli occhi, entrambi con il fiatone e noto che anche lui ha un rossore sulle gote, il respiro pesante e quei stramaledettissimi occhi liquidi. Se possibile divento bordeaux perché è proprio come nei i miei sogni, ora… ora lui mi sta guardando così - e il formicolio nel ventre si fa così intenso che sono costretta a chiudere le gambe.

“Che mi succede”

-Era il tuo primo bacio

Dice, sicuro della risposta.

-No…- Lui alza un sopracciglio, divertito -Va bene, era il primo di questo genere!

-Non ti facevo così timida…

Mi dice ed io aggrotto le sopracciglia, sentendo la labbra umide.

-Ooh, sta’ zitto, diamine! Ho pensato che volessi mangiarmi!

Kise sorride, furbo ed io mi sento piccola piccola, sotto di lui.

-E potrei farlo?

Si fa avanti, mi sovrasta ed io sono praticamente costretta a sdraiarmi, sotto di lui.

Ho un bel po' di paura, mista all’adrenalina. Lo guardo. Si avvicina al mio volto, sta per baciarmi ancora, ma proprio in quell’attimo la porta si spalanca.

 

°°°°

 

-TI RENDI CONTO?!

Penso che le mie urla si sentano anche a Tokyo. Hashi annuisce, ormai rassegnata.

-Si, ho capito, tuo fratello avrebbe potuto evitare di spifferare tutto alla tua famiglia, ma siediti e calmati ora.

Io cammino avanti e indietro, ancora e ancora, con il passo di un militare esperto. Sono un fascio di nervi, una contrazione, una sola tensione. Mi sento avvampare ogni volta che ci ripenso, che ripenso a quanto io fossi lì lì per lasciarmi andare a lui, senza neanche capire cosa stavo per fare!

-Nishiyoshi…

-Mayori. Va bene Mayori, dannazione!

Hashi sospira, posando il suo bento sul murelletto del retro della scuola dove siamo appostate.

-Mayori, non prenderla così. Non hai fatto nulla di male…

-Ah no? E se ci fossi andata a letto insieme? Lui mi ha mentito! - Inizio a contare con le dita – E mi ha seguita, ingannata, raggirata, messa in difficoltà…

Hashi sorride. -Ma a te piace.

-NO!

Lei alza un sopracciglio, divertita.

-OOOh, ma che avete tutti?! Si, si mi piace, ok? E quindi? Cosa c’è di male!

Hashi scuote la testa stranamente abituata a quella sfuriata campata per aria, da una che neanche conosce così bene.

-Non c’è nulla di male, calmati, perché dovrebbero esserci problemi? Kise è un bel ragazzo e se è amico di questa Hibiki è anche una bella persona, a quanto mi hai detto, no?

Io mi fermo, la fisso negli occhi e respiro.

-Beh, Hibiki lo è… - dico, pensando a lei. Poi avvampo di nuovo. -Ma io non ho detto di averlo perdonato! E’ un pervertito…

Hashi mi fa segno di sedermi accanto a lei, con la mano. Io la guardo qualche istante, poi la raggiungo, puntando i miei occhi sulla strada.

-Io ti capisco, piccola Mayori.

La fisso confusa.

-La paura è normale

-Io non ho -

-Tutti ne abbiamo. Sei una ragazza, si capisce che ti piace, che ti… eccita.

Io avvampo e questa volta mi faccio indietro, shoccata.

-C...cosa? Come puoi dire una cosa del genere così…

Lei ride e si copre la bocca, mentre per un attimo mi ricorda qualcuno. La guardo bene, ha una voglia sul polso, nascosta dalla manica lunga della divisa. Quella voglia l’ho già vista.

-In ogni caso, non farti prendere dall’ansia. Lo sai che ti piace, ora l’hai capito.

-Si si, certo, però…

Hashi mi guarda, comprensiva.

-Mayori, qual’è il problema? Che cosa ti passa per la testa?

Io lo guardo bene, quei suoi occhi sono così profondi, emanano una certa consapevolezza di se, una cosa che anche Hibiki aveva. Anzi, ha tutt’ora, perché non è morta.

-Io… non lo so. Ho un sacco di confusione… non mi piace essere circondata, mi sento oppressa!

-Oppressa?

-Ma si dai! - Mi alzo di nuovo in piedi e spalanco le braccia al cielo, dandole le spalle, praticamente sconfortata -Himuro che mi ha baciato sul collo e che mi tiene costantemente d'occhio e poi Murasakibara, quel cretino non sa neanche perché mi ha baciato, ma ti pare fattibile una cosa del genere? E Kise non ne sa nulla! E io cosa dovrei fare?!

Mi giro per rivolgerle quell’interrogativo, ma la vedo paralizzarsi. Per un secondo mi acciglio. Poi, come d’un lampo, mi viene in mente che Hashi… è innamorata di Murasakibara.

Mi si stringe il cuore.

L’ho aggredita per proteggere me stessa proprio come diceva Kise, senza pensare a lei… cosa ho fatto”

-Hashi…

Mi blocca con la mano, girando gli occhi altrove, sorridendo appena.

-No, tranquilla. Lo immaginavo.

Il mio piccolo fegato si contorce.

-Mi dispiace, io non volevo… è capitato, devi credermi. Io sono innamorata di Kise, non provo nulla per Atsushi, te lo giuro!

Lei mi rivolge il suo sguardo, un po' lucido ed io mi accuccio davanti a lei. L’unica amica che ho al liceo Yosen.

-Hai visto, Mayori? Ora l’hai detto.

Io mi blocco a bocca aperta.

-Sono innamorata.

-Lo sei.

-E sono una cretina….

-Si, lo sei.

Mi sto per mettere a piangere, quando lei mi accarezza la testa.

-Ma Kise ti ha migliorata. Ora riesci a riconoscere quando fai del male e ti preoccupi di quello che hai intorno.

Io la fisso.

-Ora stai parlando come se mi conoscessi, Hashi, devo ammettere che rientri nella mia lista di persone opprimenti.

Lei ridacchia e poi piega la testa.

-Io ti conosco da tanto, ma sei tu che non conosci me.

Angolo Autrice

Questa volta per problemini di linea ho fatto fatica a caricare il capitolo, ma alla fine ce l'ho fatta!
In questo frangente la piccola Mayori dà dimostrazione della sua ingenuità e confusione, dando per scontato che tutto giri introno a quello che lei prova... chissà se Kise le farà capire che deve tenere gli occhi aperti! Secondo voi Mayori potrebbe reagire bene, ad una presa di coscenza così grande?
Oggi mi va di fare domande, chissà perchè hahahaha
Vi ringrazio, lettori e seguaci della storia e un bacio speciale a chi recensisce e mi fa taaanto piacere :D
Alla prossima :*

-HK

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Pietre ***


 

 

 

Capitolo 19: Pietre

 

 

-Io ti conosco da tanto, ma sei tu che non conosci me.

-Perdonami, ma non ti seguo.

Hashi è una persona molto carina, sia d’aspetto che di modi, ma in questo momento avverto la sua presa sulla mia mano e non riesco proprio a ricordare quando me l’ha afferrata. La fisso, ma lei sorride al nulla, verso il pavimento.

-Scusa se sta venendo fuori così, avrei dovuto dirlo prima che Hibiki avesse quell’incidente.

Il mio cuore si ferma.

-Tu conosci Hibiki?!

Lei mi accarezza la mano, dolcemente e mi confonde, perché non riesco a capire davvero che cosa ci sia che non va, i suoi gesti sono pacati e tranquilli.

-Te l’ho già detto, conosco un bel po' di cose e se devo essere sincera sono anche un po' delusa… mi aspettavo che a questo punto tu mi riconoscessi…

Lei mi sorride ancora di più, io mi sento così confusa che non riesco a dire nulla. La guardo bene, le fisso i lineamenti, la sua mano nella mia, la voce che mi entra nelle orecchie… guardo quella mano.

Porta un bracciale, di ferro, che le si intravede dalla manica.

Aggrotto le sopracciglia e lei, di scatto, tira su quella manica.

-Mayori, sei davvero sbadata, a volte.

La luce si riflette su quelle pietre e quasi mi acceca, ma sappiamo entrambe che non è davvero così forte. Io l’avverto così perché mi ricordo quelle fottute pietre, quanto avrei voluto averle al polso.

 

-Allora, questo è per te!

-Cosa? Che diavolo è?

-Aprilo.

Aika mi fece aprire quel pacchetto mentre mi guardava in modo inquietante negli occhi. Era così assorta dal guardarmi che i miei gesti erano meccanici e sconnessi. Feci uscire fuori dal pacchetto quella cavigliera che mi aveva regalato. La guardai per un secondo e subito non provai delusione. Non era molto bella.

-Oh… è un bracciale?

-Una cavigliera -Disse pacata lei, mentre sorrideva nell’osservarmi -So che non ti piace, ma credo che sia la cosa più giusta per te!

Mi ricordo che la guardai molto male, sentivo anche il sopracciglio tremare.

-Tu sei senza speranza. Non si regala ad una persona una cosa che sai che non piacerà!

Lei fece ondeggiare i capelli e chiuse gli occhi mentre scuoteva la testa.

-È la pietra più adatta a te.

Feci roteare gli occhi e mi misi a sedere sul suo letto.

-Avrei preferito una cosa più appariscente, te lo devo confessare…

Mentre lei sghignazzava i miei occhi caddero sul suo comodino, a pochi centimetri dal letto. Era un vero disastro, c’erano fogli sparsi anche a terra, con scritte, post it, evidenziatori senza tappo, fili di rame, pietre di ogni genenre e qualche sasso. Confusa mi avvicinai e lei si sedette per terra accanto a me.

-Quale ti piace di quelle che vedi?

-Questa, senza dubbio.

Ne presi una tra le dita, era un cristallo di dubbia forma, incastonato ancora nella roccia, che però aveva molte sfumature anche se rimaneva così affascinatane da brillare ai miei occhi.

-Ovvio.

Io la fissai, posando la pietra al suo posto.

-Insomma, perché è ovvio? Io devo prendermi questa cosa senza senso e tua cugina si becca quella specie di diamante grezzo?

Lei sorrise, ma i suoi occhi mi guardarono in modo diverso. C'era qualcosa che non mi stava dicendo, c’era qualcosa che ometteva perché infondo non voleva parlare, come sempre.

-Quella cavigliera l’ho fatta io, le pietre sono di Riolite, ne hai mai sentito parlare?

Scossi la testa.

-Io di solito dormo, non cerco pietre come fanno i nani.

Lei ignorò la cattiveria prima detta verso i nani e continuò.

-Nella cristallo-terapia, una pratica che cura il corpo grazie al potere delle pietre e quindi della Terra, la riolite viene utilizzata per migliorare la memoria, favorire la difesa dalle falsità e… per accettare la realtà, aiutandoci ad esserne sempre più consapevoli.

Incrociai le braccia al petto.

-E perché servirebbe una cosa del genere a me? Io sto benissimo.

-Non potrai esserlo per sempre…

-Me la stai tirando? Guarda, brutta pessimista, che io i miei problemi li affronto. Solo ad una cosa non c’è rimedio: la morte!

I suoi occhi mi fissarono freddi, sul suo volto per qualche minuto non comparve più nulla e nella stanza cadde un silenzio profondo da un momento all’altro. Sentì il peso di quello che avevo detto, ma non capì perché.

-Giusto…?

Chiesi, e subito allora lei sorrise poco, alzandosi dalla sua postazione.

-Giusto. Fai come preferisci, indossala se vuoi, altrimenti tienila con te, funzionerà lo stesso nel tuo caso. - Si allontanò verso la porta -Vado a prenderti da mangiare!

Io annuì e lei scomparve. Il silenzio mi stava inghiottendo e come se ci fosse un piccolo spiffero d’aria, un rumore flebile mi fece girare verso quelle pietre, sparse ovunque. Non ci trovai nulla di normale, solo molto strano, quell’ordine che sembrava casuale. E in mezzo a quello strano caos c’era proprio quella pietra che brillava, ancora grezza.

 

 

Ora era al suo braccio, proprio incastonata tra quei fili di ferro che non esaltavano tanta bellezza. Ancora quella sensazione inquietante mi avvolge.

-Sei la cugina di Aika.

Dico, piano, guardandole il polso, che lei sapientemente copre di scatto, costringendomi a guardarla.

-Yes – Sorride, come al solito -Strana la vita eh? Chi avrebbe pensato che ci saremmo rincontrate per colpa di Murasakibara!

Io la guardo seria, per la prima volta.

-Perché non ti sei presentata prima?

Lei si stiracchia un po', poi mi rivolge i suoi occhi dolci, che sono così inappropriati da confondermi. Assomiglia leggermente a Himuro.

-Mmh, non lo so… forse temevo che qualcosa andasse storto.

Questa frase conclude la nostra chiacchierata, perché sento in lontananza il suono della campanella.

-Andiamo.

Come un robot mi muovo e mi sistemo, mi sembra di essere impazzita. Ho così tanta confusione nella testa che non riesco a dire nulla, mi sento lo stomaco sottosopra e c’è una sola cosa che vorrei: tornare a casa e rivedere Kise.

 

°°°°

 

 

Quando Kise mi risponde al telefono mi rimangio le parole che ho scritto.

Sono ancora a Akita, ti raggiungo al nostro bar”

Leggo almeno duemila volte il messaggio. Non so come mi sia venuto in mente di chiedergli di vederci, specie dopo quello che è successo, ma l’ho fatto. E sono tornata da solo cinque minuti a casa, ma non potevo farlo venire qui, no, non dopo quella figuraccia. Riprendo immediatamente lo zaino e lo carico in spalla, mi avvio verso la porta della camera ma ora qualcosa mi blocca. Mi giro, guardo quel cassetto. Mi sembra logico pensarci, ora. Mi avvicino tornando indietro e lo apro, sotto a quei fogli lo scorgo subito. Un sacchetto di pelle nera, chiuso a malapena con un elastico. Tiro fuori la cavigliera e al solo prenderla in mano mi sento rabbrividire.

-Avresti potuto dirli, i tuoi sentimenti, invece di fare cose inquietanti come questa.

Dico ad alta voce, ma sento i passi di mio fratello avvicinarsi e così d’istinto arrotolo la cavigliera in mano e me la ficco in tasca, correndo fuori dalla mia stanza.

-Ehi, dove vai? Sei appena torna-

-Fatti gli affari tuoi.

Lo sorpasso velocissima giù per le scale, rischiando anche di cadere, ma tenendomi al corrimano. Lui si affaccia proprio mentre io sto per mettermi le scarpe.

-Esci con quel tipo?

Io arrossisco un po', perché non voglio assolutamente parlarne con mio fratello e mi allaccio le scarpe alla massima velocità.

-Sta zitto…

Gli dico ed apro la porta.

-Mi raccomando, diglielo di essere gentile con te!

Sbatto la porta alle mie spalle e arrossisco violentemente. “CRETINO”

Penso, per poi correre via, verso la fermata dal bus.

Una volta salita, mi siedo subito, ringraziando il cielo di non averlo perso. Mi calmo, sento il cuore riprendere a battere meglio di prima e allora poggio la testa sul sedile.

“Che palle, sono diventata proprio strana… non c’è un minimo di senso in quel che faccio. Perché sto cambiando così?”

Penso, mi sento quasi come se fossi fuori da me. Oppure troppo dentro di me.

Infilo la mano in tasca e tiro fuori quell’orrenda cavigliera verde scuro. Le pietre sono piccole, ma lisce, i fili sono belli e lavorati e di tenerla in mano proprio non mi va. La rigiro due o tre volte, poi decido: la lego alla caviglia destra.

Mi va bene e in poco tempo me ne dimentico.

Scendo dopo trenta minuti proprio alla fermata del bar, quella dove conobbi Kise la prima volta. Mi sembra così lontana nel tempo da farmi paura.

Però le sue braccia calde me le ricordo bene.

Arrossendo, come al solito, scuoto la testa e avanzo. Senza che io entri, lo vedo in piedi davanti alla porta del bar, vestito con una tuta azzurra, il giacchetto della sua scuola ed un borsone sportivo.

Mi avvicino e lui mi trova subito con lo sguardo, ma non sembra propriamente felice di vedermi e la cosa mi mette ansia.

-Kise…

-Nishiyoshicchi

Io lo guardo bene, tutto quell’azzurro lo fa risplendere di luce propria ed è di una bellezza mozzafiato, letteralmente. Ma il suo volto è così serio.

-Sei in tuta…

-Non potevo saltare le lezioni, così ho preso parte ad una gira sportiva con quelli della mia scuola in un paese qua vicino.

Io annuisco, ma ogni volta che lo guardo negli occhi sembra come se lui si allontanasse e allora anche io mi metto a guardare altrove, e inizia questo strano gioco.

-V...vogliamo entrare?

Dico e mi faccio schifo per aver balbettato, tanto che strabuzzo gli occhi da sola, al vuoto, come i pazzi. Lui non mi guarda, credo, ma annuisce ed entra nel locale. Il cameriere è diverso, così ci tratta come due estranei e ci fa accomodare in un tavolino poco lontano dalla porta. Kise è freddo. In qualche modo, lo sento. Si siede senza guardarmi, non fa caso a ciò che sto facendo io, non mi chiede nulla, non parla e si punta subito sul menù, con sguardo quasi annoiato.

Mi sento morire.

“Cosa faccio? Cosa dovrei fare? Questo è il peggio...”

Mi schiarisco la voce ed apro il menù.

-Mi dispiace di averti fatto perdere tempo…

Provo a dire, ma lui non mi guarda ancora.

-Mh, mh.

Io lo fisso da dietro il mio menù. “Mh-mh, che cosa vorrebbe dire?!”

-Anche ieri hai saltato le lezioni?

Lui gira pagina.

-Siamo partiti ieri mattina, ce ne andremo via domani sera.

-Capisco.

Dopo pochissimi attimi il cameriere si avvicina e ci sorride affabile.

-Posso?

Entrambi annuiamo verso di lui e poi riportiamo il nostro sguardo sul menù.

-Cosa prendi?

Chiedo, perché non ho minimamente letto un singolo kaji e sono confusa.

-Penso che prenderò un succo di frutta.

Io lo guardo subito, mentre il cameriere scrive sul taccuino.

-Un succo?

-Si, un succo.

Non mi degna neanche di uno sguardo, anzi gira senza motivo le pagine con nonchalance.

-Io prendo una cioccolata calda, semplice.

Sento un piccolo sbuffo da parte sua e poi sussurra:

-Certo.

Il cameriere anche l’ha sentito, così gli rivolge uno sguardo, poi mi sorride e riprende il mio menù. Io annuisco e lui si defila subito, senza dire nulla. Mi sento davvero senza fiato.

-Scusa, cosa c’è che non va?

Kise mette giù il menù e si posa con i gomiti sul tavolo, guardando la tovaglia.

-Nulla, cosa vuoi che ci sia. Piuttosto, tu cos’hai?

Io piego la testa di lato, mentre le mie mani si stringono l’una con l’altra sotto al tavolo.

-Mi hai chiamato tu, no? Cosa vuoi dirmi?

-Io… - Lo guardo bene e poi mi sento morire le parole in bocca. -Non mi sembri ben predisposto al dialogo oggi, è meglio se lasciamo stare!

Finalmente lui mi guarda, aggrottando le sopracciglia di scatto. Io svago guardando il pavimento poco lontano.

-Non è vero! Sei tu che ci stai girando intorno come al solito, non è carino…

I miei occhi sono quasi attratti dalle sue parole, così si scontrano con il suo sguardo ferito.

-Di che cosa stai parlando?

-Almeno avresti potuto cambiare posto…

-Guarda che l’hai proposto tu, questo bar!

-Potevi dirlo che non ti andava!

Non mi rendo conto di quanto la questione abbia preso una brutta piega, perché sono in fiamme, sento anche il mio volto bruciare per l’ansia ed il nervoso. Non mi piace litigare, ma stranamente con Kise la sensazione è di totale mancanza di ossigeno.

-Mi andava di parlare con te, che cosa dici!

Lui si tira indietro, si posa allo schienale e affila lo sguardo.

-Ah, di cosa vogliamo parlare allora?

Io mi faccio avanti, assottiglio gli occhi. Sta facendo finta di venirmi incontro e la cosa mi rende quasi delusa, perché volevo parlargli di Aika, di me e di lui. Mi ha baciata, santo cielo. Come posso aprirmi se lo sento tutto d’un tratto così distante?

-Sei… Santo Cielo, come pretendi che io posso parlare così, io… -Abbasso il volto e mi scosto i capelli dalla fronte, riprendendo fiato per qualche secondo -Lasciamo stare, vado un attimo in bagno.

Mi alzo di scatto e scappo via verso il bagno, senza girarmi.

 

°°°

L’acqua mi fa sentire freddo perché il mio volto è incandescente. Fisso il lavandino bianco, accanto a me c’è una ragazza che si sta ritoccando il trucco. È bella, con una chiome lunga e nera, mentre io sono disordinata come al solito ed ora ho anche una faccia smorta. Lei non sembra curarsi di me.

“Maledizione...” I miei occhi bruciano, ma ricaccio indietro le lacrime. Ultimamente mi sto rammollendo troppo “Devo trovare qualcosa per rimediare alla situazione…” Fisso ancora l’acqua che scorre. La ragazza mette a posto qualcosa, poi la sento avvicinarsi e quindi mi giro.

Mi guarda e si piega un po' di lato. E’ più alta di me, ha un seno prosperoso, ma dalla divisa scolastica direi che frequenta ancora le medie.

Mi metto dritta.

-Ti serve qualcosa?

Mi dice, e devo dire che mi anticipa, perché glielo stavo per chiedere io. Così rimango per qualche secondo a bocca aperta, poi mi do un contegno.

-No, grazie.

“Ma che dico?”

-Scusa, lo so che posso sembrarti inopportuna, ma ho visto che sei accompagnata da Kise Ryota, il modello…

Io annuisco. “Lo conoscono davvero in tante, è così bello dopotutto”

-Vuoi un autografo?

-No, mi domandavo se foste fidanzati.

Io rabbrividisco. Si, quello che mi scuote è un brivido di freddo, gelido, che mi ferma sul posto.

-No, noi…

Lei sorride cambiando espressione e i suoi occhi truccati da quella matita leggera ma sensuale sembrano quasi prendermi in giro.

-Grazie al cielo, allora buona fortuna per qualsiasi cosa tu stia facendo!

Mi accarezza veloce una spalla mentre mi sorpassa e la sento sghignazzare tirando fuori il telefono.

-Finalmente ho l’occasione!

E si chiude alle spalle la porta. Io mi giro dopo qualche secondo o minuto, non so.

C’è una strana sensazione mi blocca le gambe, lo stomaco, gli occhi mi pizzicano.

Era da tempo che non stavo così male.

E ora mi è tutto chiaro.

“Ho paura” Mi dice una vocina nella testa che non sembro neanche io “Sto male”

Continua. “Sono gelosa”.

E ancora mi rimbomba, costringendo il mio corpo ad appoggiarsi al lavabo.

“Non posso reggere il confronto”

Finalmente la riconosco. Questa parte di me, che era stata incatenata lì, vicino alle mie emozioni più genuine, sta venendo fuori. Mi gira la testa.

Quando giocavo a basket mi capitava molto spesso. Specie in quel periodo, quello dopo la perdita di Aika. In quel periodo ho deciso che non doveva venire fuori.

E allora cos’è, ora?

Devo fare qualcosa, mi devo liberare di questa ansia, devo dirlo a Kise, che cosa c’è che non va.

 

Mi precipito fuori dal bagno, correndo, ma quando arrivo al tavolino non c’è nessuno. Mi sento quasi confusa. Mi giro, il locale è semi vuoto, nelle facce che vedo nessuna mi è famigliare, neanche quella della ragazza delle medie.

Non c’è nessuno. Mi avvicino al bancone ed il barista mi sorride.

-Mi dica.

-Si, scusi, ma… il ragazzo biondo, che era al tavolo con me è uscito per caso?

Il cameriere alza gli occhi verso il tavolo che sto indicando, ma il suo sorriso scompare.

-Si, è uscito poco fa…

“Sarà uscito per prendere un po' d’aria”

-Ma ha pagato il conto?

-No, nessuno ha pagato.

-Senta, non importa, lasci stare l’ordinazione per ora…

Il cameriere annuisce, serio. Io sorrido e mi dirigo verso la porta, prendendo il mio zaino come se fosse carta straccia.

Apro la porta a vetro, sono convinta che sia qui fuori, sono sicura che ci sia.

Il marciapiede mi accoglie solitario.

Mi giro intorno.

Mi ha abbandonata.

 

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Capitolo 20
*** Simili ***


 

Capitolo 20 – Simili

 

 

 

Le mie gambe si muovono quasi come se non fossero più sotto il mio controllo.

Io non corro, non mi va e non mi piace. Eppure facevo Basket ed ero anche una delle più veloci. Ora mi sembra di essere impantanata in una melma che mi tiene incollata al terreno. Ogni mio passo mi fa formicolare le cosce. Mi allontano forse di qualche centinaio di metri dal locale, non lo trovo da nessuna parte. Corro ancora, mi faccio i vicoli, i negozi, la strada ed i locali, ma niente.

Mettiti l’anima in pace, se ne è andato”

Mi dico, fermandomi piano, mentre il marciapiede si riempie di suoni che prima non sentivo. Ho il cuore in gola, sento il sudore cadermi dietro la schiena ed i miei capelli fanno schifo – ma questo succede sempre, non è una novità.

Mi siedo su di una panchina, quella che mi sta vicino, tanto per non morire di crepacuore. Anche se il mio cuore non sta molto bene e penso che la cosa non sia dovuta alla corsa.

Come ho fatto a ridurmi così?

Il primo amore...”

Mi viene in mente e questa volta il mio cervello segue quello che voglio pensare, invece di venirmi contro. Abbasso lo sguardo e le pietre di Riolite sono lì, sulla mia caviglia. Mi si riempiono gli occhi di lacrime, mi sento una vera cretina. Una cretina che non piange mai e che adesso sta facendo tutte queste storie perché… si è fatta abbandonare dall’amore della sua vita.

Non ho neanche pianto per Aika, ora sto così male per un ragazzo, è incredibile.

Porto i piedi sulla panchina e mi chiudo a guscio. Resto un po' così perché con quell’anfratto senza senso che ho in testa non mi riconoscerà nessuno.

-Mayochin…?

E invece mi sbaglio.

La voce di Murasakibara è vicina, ma ragiono sul fatto che fino a poco tempo fa non l’avrei riconosciuta ed ora invece sembra essere cambiato tutto.

-Ciao…

Sussurro e lui piega subito la testa curioso, quando mi sistemo i capelli e cerco di non sembrare tanto disperata.

-Che stai facendo qui?

Io scollo le spalle e guardo altrove.

-Niente. Tu piuttosto?

Lui si guarda dietro e poi rimane con gli occhi volti altrove, così io mi giro per fissarlo.

-Accompagnavo Muro-chin ma ora mi sono perso.

Non ce la faccio molto a sorridere, né a dire altro perciò mi limito ad annuire, ma d’un tratto il Gigante mi guarda.

-Hai uno sguardo orribile, sembri un'anguilla.

Sento la lama trapassarmi le spalle.

-Grazie… - Sospiro e ancora guardo la Riolite. -Piangere mi distrugge.

Lui si avvicina e si siede accanto a me, piuttosto vicino. Io lo guardo curiosa.

-E allora non farlo.

Dice piano, mentre con le braccia sistema quel pacco enorme di dolci di tutti i colori e gusti.

-Ci provo, ma ogni volta che si parla di Kise va a finire così – sento di nuovo gli occhi bruciare, e qualche lacrima scende pianissimo -Vedi? Mi sembra d’impazzire!

Mi pulisco le guance con forza e un pizzico di rabbia, ma il fatto è che nonostante la presenza del Gigante mi aiuti a rimanere lucida, non riesco a vedere un modo per riportare Kise a me.

E la cosa mi fa male.

-Aaaah, che brutta situazione… - Borbotta lui, ed io annuisco, ma d’un tratto lo vedo avvicinarsi e i nostri corpi si toccano per qualche istante. Io lo guardo quasi come se avesse tentato di uccidermi, ma lui è girato e mi porge piano un dolce colorato di rosso.

-Te l’avevo detto che Kisechin ha un sacco di pretendenti…

Il suo tono non mi innervosisce, perché per la prima volta noto in lui quello di cui parlava Hashi. Una gentilezza particolare, che va accettata per com’è, rozza e infantile, ma dolcissima.

Sorrido, dal cuore, prendo il dolce e lo stringo tra le mani.

-E’ cioccolato…

Lui emette un suono gutturale.

-Ne ho preso solo uno, a me non piacciono molto, preferis -

-Grazie.

Lui mi guarda, ma io non ho la forza di guardarlo, solo crollo sulla sua spalla, lasciandomi andare.

-Kise se ne è andato. Cosa dovrei fare ora?

Lui si irrigidisce quando nota che non ho la minima intenzione di muovermi. Tanto grosso, ma tanto scemo.

-Non lo so… - Si lagna, poi addenta una sua barretta. - Se Kisechin ti piace sai anche cosa dirgli.

Io strabuzzo gli occhi e per un attimo trattengo il fiato. Io non so cosa dirgli… o forse si? Io saprei come prenderlo? Dovrei davvero fare una cosa del genere? Ma… come?

-Cosa intendi, Atsushi?

Lui mi rivolge i suoi occhi e quasi mi sembra di intravedere una luce scura. Sono forse impazzita del tutto?

-Kisechin è legato alle ragazze, alle medie aveva molto… da fare.

Io mi tiro su ed ora lo guardo.

-Quindi mi stai dicendo che dovrei andarci a letto?

Lui aggrotta le sopracciglia e sembra lagnarsi ancora, ma il suo viso è leggermente rosso.

-Non ti sto dicendo nulla, io! - Mi scaccia con una mano. -Fai quello che vuoi ma Kisechin non da confidenza a tutte, perciò ci sarà qualcosa che lo ha attirato…

-Io questo non lo so…

Lui si gira ancora ed io non lo guardo più. Poi lo sento abbassare la voce di molto.

-Certo, se poi tu sei peggio di lui…

-Guarda che ti ho sentito.

-Non ho detto nulla di male…

Aggrotto le sopracciglia. -Hai ragione. - Lui mi guarda stranito e forse anche un po' schifato, ma a chi importa?

-IO sono peggio di lui… devo provare a dirgli tutto, è l’ultima cosa...

Il Gigante mi guarda sconcertato.

-Eeeeh? Io non ho detto ques-

D’un tratto, mentre il mio cuore riprende a battere come deve, vedo in lontananza la figura di Himuro avanzare verso di noi, con lo sguardo preoccupato di una mamma che si è persa il figlio.

-Himuro!

Sono quasi certa di aver gridato, ma non me ne curo. Il ragazzo quando si avvicina guarda Murasakibara che mi fissava incredulo e apre la bocca per dire qualcosa ma io mi avvicino talmente tanto in fretta che lo costringo a fare un passo indietro.

-HIMURO

-M… Mayori?

-Puoi darmi il tuo cellulare?

Lui sbatte le palpebre più volte, del tutto confuso, ma poi il Gigante lo guarda male e lui tira fuori il telefono piano e sta ancora per dire qualcosa, ma io glielo rubo dalle mani, e mi giro di spalle.

-Sono quasi sicura che se lo chiamassi con il mio telefono non mi risponderebbe. Ora vediamo… -

Faccio il numero a memoria mentre Himuro e Murasakibara si guardano in silenzio.

Dopo due squilli risponde.

-Pronto?

Per un secondo mi blocco, non so bene cosa dire, perché anche se ero sicura che avrebbe risposto non sono altrettanto pronta a fare il primo passo. Perciò rimango poco tempo con la bocca chiusa, serrata, a fissare un punto, respirando a fatica.

-Pronto?

Dice ancora lui, la sua voce è fredda e atona e sono sicura che non mi abbia riconosciuta. Dopo qualche istante sento i polmoni contrarsi e prendo un bel respiro profondo, mettendomi ben dritta con la schiena.

-Sono Mayori, non provare a riattaccare il telefono.

-Mayori! - Sembra essere del tutto sorpreso, ma ignoro la cosa e chiudo gli occhi per qualche secondo. -Ma da quale telefono mi stai chiama…

-Non importa, Kise – Cerco di trattenere le lacrime -Volevo solo dirti che mi dispiace, per come sia finita, perché mi pare ovvio che lo sia, a questo punto.

Sento il silenzio dall’altra parte della cornetta. Mi sento morire, ma continuo.

-Non… Non sono mai stata una tipa da relazione seria.

-Mayori puoi lasciarmi parla -

-Io volevo solo che sapessi, quanto mi sarebbe piaciuto condividere un po' di più la mia vita con te… un po', giusto quanto basta per sentirmi di nuovo come la prima volta che ti ho visto.

La mia voce muore nella gola, perché il groppo che ho è troppo grande e allora mi fermo un attimo, cercando di non far venire fuori quello che invece premeva per uscire.

-Mayori… - Kise ha una voce flebile, quasi non la sento. Sorrido amaramente.

-Non è che io ti odi, se non l’avessi capito… -Guardo Murasakibara, che è accanto a me e ricambia i miei occhi stanchi. -Mi sono accorta di avere un carattere che mente, nasconde le cose, s’impaurisce così tanto da rimanere fermo immobile davanti a tutto perché se non fosse così… mi toccherebbe venire fuori e sono sicura che non piacerei a nessuno, strano vero? Anche ora non capisco come tu abbia fatto a sopportarmi…

Sorrido quando vedo Himuro e Murasakibara strabuzzare gli occhi perché ormai quelle che mi scendono sulle guance non sono lacrime ma veri e propri torrenti in piena.

Ma ancora posso farcela a parlare.

-Non mi importa se sei un modello, un attore, un donnaiolo o che altro… Avrei dovuto dirlo subito, ma quando Hibiki è stata male… non ce l’ho fatta. Kise, sei stato… sei stato davvero un buon amico.

Lo sento sobbalzare al di là della cornetta perché il suo respiro di mozza e quasi sembra strozzarsi. Io mi sento davvero una scema, ma non posso continuare a parlare perché il petto mi duole così tanto che sono costretta ad accasciarmi e lascio andare il telefono, interrompendo la chiamata.

Tutto, ancora una volta, si ferma, le lacrime scendono e per non so quale ragione, quando Himuro si avvicina per consolarmi e tocca la mia spalla, tutto viene fuori e l’unica cosa che mi sento di are è liberarmi in un pianto singhiozzante, soffocante, perché nonostante io abbia le attenzioni di Murasakibara e l’affetto di Himuro, loro non sono quello che mi rende felice.

E allora piango, sperando che prima o poi quel dolore che ho nel petto mi abbandoni.

 

°°°

 

Himuro e Murasakibara mi riaccompagnano a casa, ma non entrano. Li lascio fuori dal vialetto e li saluto con la mano, anche se ho gli occhi talmente tanto gonfi da impedirmi di vedere dove emtto i piedi e infatti prendo subito lo scalino con il mignolo.

-Porca….

Mi massaggio e zoppicando mi tolgo le scarpe. In casa non c’è ancora nessuno, nonostante siano le sette. Dove sono andati tutti? Probabilmente a qualche incontro, cena o riunione, ma sono troppo stanca per farmi problemi a riguardo e senza neanche cambiarmi mi sdraio sul letto, chiudendo gli occhi e cadendo in un sonno profondo in men che non si dica.

Dopo circa tre ore buone un rumore mi riporta alla realtà, ma non troppo da farmi aprire gli occhi.

“Saranno tornati” Penso “Non serve che mi alzi”

E mi rigiro subito dall’altra parte, stringendo il mio cuscino.

“Voglio dormire”

Penso, quando il rumore è più forte, molto più forte. Sembra anche vicino e in pochi attimi si trasforma in qualcosa di troppo. Apro di scatto gli occhi e mi tiro subito a sedere, ma proprio quando prendo coscienza della stanza intorno a me allora vedo la tendina della finestra accanto al letto ondeggiare mossa dal vento. Mi paralizzo, perché io non apro mai la finestra e sono quasi sicura di non averlo fatto neanche questa volta. Oltre il tessuto bianco vedo una figura che si materializza quasi come un’ombra, poggiando un piede sul mio davanzale.

Trattengo il respiro, ma so chi è. E quasi quasi sarebbe stato meglio un ladro.

-Kise.

Sussurro quando una folata di vento me lo presenta in tutta la sa bellezza. Ha ancora quella divisa celeste, poggia le scarpe da ginnastica sul davanzale ed ha i capelli completamente scarmigliati, il viso contristo e il sudore che gli cola vicino alle tempie. Aggrotto le sopracciglia, ma lui con un balzo entra in camera e sembra cercare di stabilizzare il respiro affannoso.

-Ma… ma che cosa è successo? Non potevi entrare dalla port-

Lui mi inchioda al letto con un’occhiataccia, facendomi raggelare.

-E’ mezzanotte, i tuoi mi avrebbero ucciso.

Io deglutisco solo ora, perché mi rendo conto di quanto sia arrabbiato; i suoi occhi sono così affilati che sembrano quasi tagliare l’aria. Mi faccio indietro e poggio al muro la schiena, avvertendo un certo pericolo perché lui non accenna a muoversi.

-C… che cosa vuoi?

Dico, flebilmente, stringendomi le spalle con le mie stesse mani. Lui si toglie il giacchetto e rimane con la maglia scura che s’intona con la penombra della stanza. Da qui i suoi occhi sembrano brillare al buio ed io ritiro subito le gambe al petto, chiudendole.

-Mayoricchi… -Dice piano, la sua voce è del tutto diversa, sembra quasi melliflua ed il mio nome sembra un pretesto per avvicinarsi.

-Ho passato tutta la serata a cercarti. Non mi rispondi ai messaggi

Lancia il suo giacchetto altrove.

– Non mi hai richiamato

Poggia il ginocchio sul mio letto, avvicinandosi a me e poggiando la mano vicino al mio fianco -Non mi hai neanche lasciato parlare.

I nostri volti sono decisamente troppo vicini, sento il suo respiro sul naso, perché non ho il coraggio di muovere un muscolo. Mi limito a chiudermi a riccio, lasciando solo la faccia fuori, perché i suoi occhi mi incatenano al letto.

-Non è stato carino – Dice e quella nota di rabbia mi arriva chiara. - Io merito la tua attenzione, perché non ho fatto nulla di male. Volevi lasciarmi, senza un motivo e ci sei riuscita, ma voglio che tu mi dica quelle cose in faccia, ora. Me lo devi, Mayoricchi.

Io mi sento morire. Apro la bocca per dire qualcosa ma subito la richiudo perché non capisco di che cosa stia parlando.

-Tu mi hai abbando -

-No, non sono io quello di cui dobbiamo parlare… sei tu.

Mi sento gelare e sono sicura di sudare freddo. Il suo volto si avvicina ancora, ma questa volta i suoi occhi volteggiano sulle mie labbra, tanto che mi sento arrossire quando si incastrano nei miei perché non so cosa diavolo stia succedendo.

-K...Kise… - Dico, ma la mia voce fa schifo e allora mi fermo.

-Kise – Dice lui -E’ qui davanti a te, e vuole sapere se davvero, davvero è un amico.

Io mi sento in dovere di urlare. -COSA?

Lui non si scompone per niente, anzi, porta anche l’altra mano accanto al mio fianco e mi blocca tra le sue braccia.

-Io non voglio essere tuo amico. - Dice, piano e la sua voce trema per qualcosa che non capisco -Non voglio che tu mi veda così, hai capito?

Non riesco neanche ad elaborare quello che mi ha detto che mi ritrovo le sue labbra stampate sulle mie. Avverto quanto sono calde e morbide, umide e accoglienti, ma per la prima volta dopo tanti mesi, Kise mi sembra davvero combaciare perfettamente con me. Approfondisce subito il bacio, nonostante io sia rimasta con il fiato corto dall’inizio e per la forza con cui lo fa sono costretta ad aggrapparmi alla sua maglietta, mentre entrambi ci guardiamo negli occhi socchiusi. I suoi brillano, i miei sono umidi. Mi lascia cadere sul letto, senza aumentare la distanza tra i nostri corpi e quasi con urgenza inizia a dettare il ritmo del bacio, mentre sento la sua mano prendermi la schiena e stringermi a lui con forza, facendo combaciare i nostri petti. Mi sento quasi soffocare e quando mi alza una gamba per accomodarsi meglio mi sento avvampare.

Cerco di staccarmi da quel bacio e fortunatamente ci riesco.

Sento il respiro affannoso, le labbra completamente umide e fredde al contatto con l’aria gelida, ma il mio corpo è ancora al caldo, attaccato al suo.

-K...K...KISE -Dico, completamente indignata -Ma che cosa ti salta in mente…

Lui si avvicina ancora al mio viso ed io lo guardo negli occhi magnetici.

-Non ti lascerò andare neanche se mi rifiuterai, Mayori.

-Io non capisco – Dico nel panico -Tu te ne sei andato… io ero convinta che ti fossi arrabbiato e…

Sento ancora gli occhi bruciare. Cosa diavolo sta succedendo?

Lui sembra sorpreso.

-Arrabbiato?

Ripete, piano ed io annuisco, coprendomi il volto con le mani anche se siamo vicini.

-Eri… eri così annoiato quando siamo usciti che non ce l’ho fatta a dichiararmi, pensavo che ti fossi stancato di me, io ho… ho un brutto carattere!

Lui rimane con gli occhi sbarrati per qualche secondo, poi inizia, piano piano, a disegnarsi un sorriso cretino sul suo volto. Io tolgo le mani e aggrotto le sopracciglia.

-Ma… Mayori, tu mi hai invitato al bar per lasciarmi…

Mi viene quasi da dargli uno schiaffo.

-Ma come ti salta in mente!

Lui si allontana di molto, come se si fosse scottato.

-Mi hai chiamato con il telefono di un altro ragazzo! Sei tu che te ne sei andata dal locale!

Io mi poggio al letto con i gomiti.

-COSA?! L’ho incontrato mentre cercavo di ritrovare te, brutto stupido!

Il silenzio cala come un mattone e Kise sembra sciogliere la sua postura rigida e quasi si incurva, mentre fa cadere gli occhi a terra.

Io mi avvicino con il busto, visto che è ancora sopra di me.

-Non posso crederci…

Dico, piano. Lui si copre il viso con i capelli e poi con una mano.

-Io non volevo lasciarti… -Dico, piano -Non so come tu abbia potuto pensarlo…

Lui è completamente nascosto.

-Mayori… avevi detto che dovevamo parlare e quando una ragazza dice così…

D’un tratto un pensiero perverso mi attraversa la mente e mentre lo guardo nascondere gli occhi, allora inizio a capire.

-Kise, stavi tentando di lasciarmi per primo pur di non essere lasciato?

Lui sussulta ma non si muove e non parla.

Io rimango a bocca aperta per un bel po' di tempo, ma il mio cuore è molto molto più leggero. Non so cosa stia succedendo, ma sul io volto comapre un sorriso.

-Io ho… perso la lucidità, per un momento…

Dice, pianissimo. Io lo ascolto tranquilla.

-Ogni volta che penso di averti per me, tu mi respingi e allora ho pensato che -

Si blocca tutto d’un tratto ed io mi sento davvero in colpa, per avergli fatto patire tutto questo. Io non me ne ero davvero accorta.

-Scusa

Mi dice. Quella parola mi rimbomba nella testa, mi pare un vero e proprio mantra. Porto una mano sulla sua nuca, sento i capelli morbidi tra le dita e arrossisco.

-Visto che non siamo fidanzati, ho pensato che volessi solo approfittarti di me.

Lui tira su il viso e mi guarda, ora i suoi occhi sono un poco lucidi – quasi stento a crederlo – e le gote sono rosse.

-Ora so che non è così….

Mi guarda con affetto, non sembra più famelico o arrabbiato, credo che abbia il mio stesso sguardo. Sorrido.

-I tuoi genitori mi uccideranno.

Dice, sorridendo anche lui. Io guardo di scatto la porta, che era chiusa. Qualcuno doveva essere tornato per forza, ma non sembravano essersi accorti di nulla. Sospiro.

-Dopo l’ultima volta mio fratello mi ha perseguitato…

Lui mi avvicina al suo corpo di scatto, abbracciandomi in quel modo che mi piace tanto, con la mano impressa quasi a fuoco sulla mia schiena.

Io rimango ferma e lui nasconde il viso nell’incavo del mio collo, facendomi il solletico con il naso sulla pelle.

-K...kise, sono messa male, ok? Non ti conviene stare così attaccato…

-Ho corso per non so quanto tempo, sono sudato e non credo che qualcuno a casa mia mi abbia mai visto in questo stato.

Io sorrido senza pensarci.

-Ma dai, non hai nulla che non va.

-Neanche tu, Mayori.

Il mio nome pronunciato con quella voce bassa mi fa vibrare la schiena a lui se ne accorge, perché con la mano inizia ad accarezzarla, piano piano. Io rabbrividisco ancora di più e mi aggrappo alla sua maglia, ma sento i muscoli tirati, sotto sforzo e la cosa peggiora la situazione perché avvampo. Lui soffia sul collo con delicatezza, poi inizia a lasciare dei piccoli baci, sulla clavicola, sui tendini, sul lobo dell’orecchio e sugli zigomi, per poi ricominciare scendendo.

Mi sento andare a fuoco, ma per la prima volta sono estremamente sicura di quello che voglio.

Quando lo sento scendere sulle clavicole, con il respiro caldo a farmi venire la pelle d’oca, mi azzardo a prendergli la nuca, accarezzando i capelli biondi pianissimo. Lui si ferma per qualche secondo, poi alza lo sguardo su di me cercando conferma.

-Smettila di guardarmi…

Sussurro. Lui rimane per un secondo sorpreso, poi mi sorride, contento.

-Non posso Mayori, non ci sono mai riuscito

Io mi giro altrove, completamente rossa, ma lui mi coglie alla sprovvista e prendendomi con entrambe le mani mi alza leggermente, facendo combaciare i nostri corpi e mettendomi a cavalcioni su di lui. I nostri bacini si toccano quasi con fare rude, vista la velocità del movimento e mi lascio sfuggire un sospiro di piacere quando, per non lasciarmi cadere, le sue mani mi afferrano il sedere.

Arrossisco coprendomi subito la bocca.

-Mayori… - Mi chiama e incontro il suo sguardo. -Possiamo? Ora possiamo?

Il mio cuore perde un battito e lo riacquista subito dopo, quando parte all’impazzata pompando anche troppo sangue.

Faccio cadere la mia fronte sulla sua.

-Cerca di fare piano, stupido.

 

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Capitolo 21
*** Anima ***


Buongiorno o buonasera a tutti voi che siete arrivati fin qui o che stavate aspettando questo capitolo… mi scuso come sempre, ma oggi in modo particolare, perché il ritardo con cui sto aggiornando è mostruoso, ma dopo operazioni mediche, problemi lavorativi nonché famigliari, sono ugualmente contenta di essere riuscita a non mandare tutto all’aria e di presentare questo benedetto capitolo. Siamo vicini alla fine della storia, spero che vi piaccia e mi sento di dover dire grazie a tutte quelle persone che hanno continuato a scrivermi, supportarmi, a seguire e commentare, perché è grazie a voi che sono riuscita a non perdermi d’animo!
E dopo questo discorso anche troppo lungo e sdolcinato passiamo alle cose SERIE 😉
AVVERTO CHE sarà un capitolo dal bollino rosso, se non bordeaux, quindi sappiate che se arriverete alla fine avrete tutta la mia stima!
 
 
 
-Capitolo 21: Anima-


I nostri respiri si fondono, le sue labbra incontrano di nuovo le mie, mi sento pervadere dal calore del suo corpo. Mentre mi bacia ancora, le sue mani mi accarezzano i glutei e i suoi polpastrelli risalgono la spina dorsale, avanti e indietro, lasciandomi piccole scie infuocate.
Mi stacco dalla sua bocca e lo guardo dritta negli occhi, li vedo per la prima volta realmente, languidi e affilati, che mi scrutano, non sembrano lasciarmi andare.
-Vado a chiudere la porta.
Gli dico, ma la mia voce viene fuori del tutto sconnessa e roca. Lui emette un verso di approvazione e mi lascia andare. Piano, piano, come se qualcuno mi stesse osservando da lontano, chiudo la porta a chiave, faccio un giro e perché no, due. Non voglio assolutamente che qualcuno ci disturbi. Quando l’ultimo giro di chiave mi riporta nel silenzio della camera, sento il respiro mancare, perché non so come comportarmi.
Non avrei mai immaginato che potesse succeder così, non avrei mai immaginato di sentirmi così eccitata all’idea semplice di avere una persona, Kise, solo per me. Tutto per me.
Mi volto verso di lui, lo vedo che mi osserva nella penombra. I suoi occhi ancora mi fanno rabbrividire. Mi avvicino piano, i piedi scalzi che non fanno nessun rumore avvertono ogni singola vibrazione a contatto con il pavimento gelido. Lui allarga le gambe, io non posso far a meno di far cadere l’occhio sulla sporgenza del cavallo dei pantaloni.
Mi sento avvampare, ma cerco di camminare in modo desiderabile, cercando di creare atmosfera mi tiro giù la maglia, lascio intravedere la spalla, ma appena sono lì vicino a lui, sguardo fisso e fermo nel suo, inciampo rovinosamente, cadendo a terra come il più stupido poppante del mondo.
-AHI, porca miseri…
Mi tappo la bocca per non svegliare i miei genitori. Sono atterrata fortunatamente con le ginocchia e i polsi, ma la figuraccia che ho fatto mi varrà come cento lividi seri. Kise si piega su di me, mi prende un braccio.
-Mayori, tutto ok?
Mi chiede e sento nella sua voce quel tono divertito, quello scherno che quasi mi fa venire voglia di uccidermi.
-Si – Sussurro. In questa situazione mi sto mostrando per come sono e quel suo sghignazzare mi rende nervosa e vulnerabile. -Sto bene.
Lui si alza, mi sovrasta e le sue mani prendono il mio viso che guardava timidamente altrove voltandolo verso di lui. E ancora un bacio, ancora le labbra umide e la sua lingua che si intrufola veloce, gioca con la mia, che gli risponde impacciata. Mi sembra di perdere il controllo, mi aggrappo al suo braccio, lo sento in fiamme. Kise ha un odore forte, l’odore di buono, ma anche di naturale, pungente.
Mi sposta con una mano i capelli e li prende facendomi inarcare il collo all’indietro, senza farmi troppo male. Io mi lascio trasportare e lui inizia a lasciarmi baci caldi sul collo, poi un morso, io sussulto. Non so cosa pensare, la mia mente mi sta abbandonando.
-K…kise…
Lo chiamo nella speranza di riprendermi, ma lui fa il contrario. Non solo non mi risponde, ma con una leggera pressione sui capelli mi spinge ancora più dietro, mi inarco talmente tanto da cadere sul letto, lui dopo di me. Mi sovrasta e di punto in bianco si tira su, sedendosi a cavalcioni su di me. In silenzio si toglie la maglia della tuta, piano, i muscoli scolpiti ma eleganti si contraggono ad ogni movimento, la linea dei boxer esce chiara dal bordo dei pantaloni e le linee dell’inguine portano il mio sguardo dove forse non dovrebbe – o forse si, a questo punto.
Kise lancia la maglia altrove, scuote i suoi bellissimi capelli biondi e il suo orecchino brilla di riflesso per la luce della finestra. Chiudo le gambe d’istinto, ma orami è chiaro che effetto mi fa.
-Mayori- mi chiama, piegandosi su di me. -Facciamo così…
Io rimango immobile, lui si avvicina al mio orecchio strusciando di poco il naso sulla pelle rossa.
-Io mi occupo di te oggi -Mi sussurra ed una delle sue mani s’intrufola sotto la maglietta veloce fino al mio reggiseno. Io rabbrividisco. -E tu puoi occuparti di me.
Senza che io capisca bene cosa succede, l’altra sua mano mi prende il polso, lo trascina vicino alla sua pelle nuda, il petto. Sento i muscoli contrarsi, il suo sudore imperlarmi i polpastrelli. Scende, accompagnando la mia mano più giù, seguendo ogni incavo, ogni lembo di pelle, ogni muscolo, fino a giungere all’inguine, sorpassando la linea del boxer, fino al rigonfiamento. Il respiro mi si mozza e le guance avvampano, la mano ferma, immobile, quasi impaurita.
“Cosa devo fare? Come devo muovermi? Cosa si aspetta da me… cosa può piacergli?”
Troppe domande senza risposta. Lui si stacca del mio orecchio e soffia sul mio collo, poi si eleva quel poco che basta per potermi guardare da vicino. I nostri nasi si toccano.
-Ti va bene?
Mi domanda. Io apro la bocca per parlare, ma non esce alcun suono, quindi la richiudo e annuisco.
Cerco di rilassare la mano, sento che la sua, che stringe il mio polso è sudata e ferma. Inizia a baciarmi il collo, scende sulle clavicole ed io mi inarco un poco. Sento l’erezione sotto ai pantaloni, muovo qualche dito, cerco di fare qualcosa, la prendo con fermezza e sento un gemito forte di dolore.
-Piano- Sussurra ancora, con la fronte ormai sul mio petto. Apro la mano di scatto, per paura, ma lui mi impedisce di toglierla, anzi la spinge delicatamente verso su. -Più piano… così.
Il cuore mi salta in gola, quando sento l’erezione crescermi tra le dita. Kise scende con le labbra verso il seno, con l’altra mano mi sposta il reggiseno sfiora il capezzolo con le dita, mentre con la bocca soffia sull’altro. La pelle d’oca si vede, ma si sentono anche i suoi respiri pensanti, sempre più rumorosi. Mi aggrappo alla sua schiena con la mano libera. Inizio a massaggiarlo, sento che la mano che mi guida, lì sotto, lascia un po' la presa, si rilassa. La sua erezione si sente attraverso il tessuto, ma appena inizio a prenderci gusto, mi rendo conto di volerne di più. Sento il suo respiro sul mio petto, di punto in bianco prende in bocca un capezzolo, così veloce da farmi sussultare e mi lascio scappare un gemito.
-Kise!
Sussurro, cercando di coprirmi la bocca, ma non ci riesco. Lui lo prende tra i denti, non stinge, ma tira piano, poi la lingua lo stuzzica. Mi sento la testa esplodere, prendo istintivamente i suoi capelli stringendoli. Sono morbidi come immaginavo, sembrano quelli dei bambini, lisci e setosi. Li afferro con tutta me stessa quando inizia anche con la mano a prendere il seno, giocandoci.
Cerco di farmi forza e rimanere lucida, ma dalla mia bocca escono solo gemiti e sospiri, così una parte remota della mia mente cerca di concentrarsi su di lui. Ancora, infilo, come colta da un raptus, la mano sotto i pantaloni e improvvisamente lui si tacca ed emette un sonoro ed eccitante gemito di piacere, qualcosa che non avevo mai sentito, ma che sulle sue labbra mi fa rabbrividire.
-Ti va bene così?
Sussurro pianissimo, anche se so la risposta. Forse voglio solo metterlo un po' in difficoltà. Lui alza lo sguardo languido e ormai non credo di poter tornare indietro. Nei suoi occhi vorticano il desiderio, quell’istinto famelico che non avevo mai visto e che non credevo potesse manifestarsi su di Kise. Kise il modello perfetto e angelico.
Che ora, di angelico, non aveva niente.
Mi sorride sospirando di piacere, quando muovo piano la mano, accarezzandolo con movimenti delicati, ma precisi. C’è una zona che lo fa contorcere, non so come ma lo vedo appoggiarsi al letto con il gomito e cercare di nascondermi il volto, poggiandolo tra il mio seno. Sento i suoi lamenti trattenuti, allora accelero i movimenti. Sento il tessuto dei boxer bagnarsi, ormai sono diventati inutili ma da sola non riesco a sbarazzarmi anche di quelli. Riprendo fiato bene, ma proprio quando lo sento che nella mia mano s’ingrossa, con uno scatto felino il Modello mi prende la mano e me l’allontana. Io rimango ferma come se mi avesse punto un insetto.
Lui si alza, il volto in fiamme.
-Spogliati Mayori
Mi tiro su con i gomiti e allontano la mano da Kise. Lui aggrotta le sopracciglia contrariato ed io sorrido.
“è bellissimo”
-Non vuoi?
Mi domanda. Io scuoto subito la testa, poi mi tiro un po' più su. Mi tolgo la maglia, il reggiseno e mi copro istintivamente con il braccio, lanciando le cose più in là.
Fisso la mia pancia, vergognandomi come un verme per non essere una di quelle ragazze che si prendono cura di loro stesse. Avrei dovuto estirpare quei peletti biondi vicino all’ombelico e invece mi ritrovo a guardarli come se fosse possibile ormai toglierli con il potere della telecinesi.
Lui mi alza il viso prendendomi dal mento.
-Non potrò essere troppo gentile, a questo punto
Sento i nostri respiri confondersi e lo bacio istintivamente, piano, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Quando li riapro lui fa lo stesso, si posiziona bene tra le mie gambe, le apre piano e mi guarda serio, il volto sudato. Io mi lascio cadere sulla schiena, con il cuore a mille.
-M…mi dispiace se non sono proprio perfetta…
Dico, guardando il soffitto con le mani a coprirmi il seno senza pensare che proprio lì poco fa giacevano le sue labbra. Kise si avvicina, passa il naso sulla spalla.
-Hai sentito il mio odore Mayori o eri troppo occupata a guardare altro?
Mi viene da sorridere, nonostante senta le guance avvampare.
-Non puoi chiedermi di cogliere i dettagli in una situazione del genere…
Dico, lui mi toglie le mani dal petto, le allarga e fa incontrare i nostri sguardi.
-E’ questo Mayori - Lo guardo confusa -E’ questa Mayori che mi piace.  
Mi sento importante, mi sento calma, una calma che non mi appartiene, perché non è flemma, non è noia, non è paura di buttarsi. È una sensazione di pace, una voce nell’aria che ti sussurra che sei dove devi essere, che sei tu, proprio tu, senza filtri, davanti alla persona che ami, protetta.
I miei occhi quasi si velano di lacrime, “quasi” perché forse evaporano anche quelle quando il bacino di Kise avanza verso il mio e si incastra in modo perfetto. Sento il mio respiro regolarizzarsi, lui mi lascia una mano, che io uso per aggrapparmi al suo braccio. Tira giù i boxer e ancora un po' più avanti, si sistema. Si lascia scivolare verso di me, i suoi occhi non si staccano dai miei e in quel momento, senza neanche pensarci le nostre labbra si toccano, mentre lo sento con una spinta che si fa largo dentro di me. Un leggero dolore mi pervade ma non è decisamente comparabile a quella sensazione nel ventre, che mi lascia per un attimo senza fiato, costringendomi ad ansimare. Mi copro la bocca subito, perché non voglio far rumore, ma non sono sicura di riuscirci.
Abbraccio Kise, lui mi tiene la schiena con una mano, l’altra sulle natiche.
I suoi respiri si uniscono ai miei, inizia a muoversi piano, sento di essere bagnata, sento il rumore dei nostri corpi che si scontrano ad ogni spinta. Sempre più veloce, ma regolare. Gli mordo volontariamente un orecchio, quando lui mi graffia la schiena con le unghie. Vorrei urlare, una parte di me vorrebbe letteralmente aprire la bocca e urlare tutto quello che non ho mai potuto dirgli, confessargli. Ma l’altra parte del mio io lo sa, che Kise ha già capito tutto.
Mi arpiono alla sua schiena, mentre i suoi respiri nel mio orecchio diventano rochi, bassi, quasi indecenti. Le spinte si velocizzano e dopo qualche secondo lo vedo allontanarsi di poco, posare il suo naso sulla mia guancia, mentre porta una mano li sotto, non ho idea del perché.
Mi tocca, mentre spinge, l’inguine, io mi poggio nell’incavo del suo collo e improvvisamente accarezza una parte che mi fa venire la pelle d’oca. Sento ogni fibra del mio corpo contrarsi e per lo spavento gli afferro il polso di scatto, con le unghie, guardandolo spaventata.
Lui non sembra volersi fermare, anzi ricambia con un’occhiata affilata e maliziosa.
-Shh, avevo promesso… - Ansima, spingendo ancora una volta, piano -che mi sarei preso cura di te.
Strabuzzo gli occhi, poi riprende ancora, si muove lui e la sua mano. Io lo graffio, mi inarco e sono costretta a tapparmi la bocca per perché non credevo di possedere un tono di voce così alto.
Kise mi tiene la schiena con la mano libera e sento le spinte aumentare, si accascia piano contro il mio petto inarcato e dopo qualche secondo lo sento, emette un rantolo strozzato, cerca di trattenere quel grido che anche io soffoco nella gola. Esce da dentro di me veloce, io sento quella sensazione di piacere esplodermi nel ventre, poi nel corpo, in tuti i muscoli, fino al cervello. La bocca impastata, mi contorco e lo abbraccio, consapevole di avergli graffiato a sangue quasi tutto il polso e di sentire il suo seme caldo sul ventre. Tremo così tanto che sembra che io stia per svenire e forse per un attimo credo che succeda, ma poi sento il suo volto alzarsi dal mio petto. Mi avvicina a sé, mi abbraccia e sento la sua pelle sudata, pelle d’oca, che trema, si contrae innaturalmente ad ogni movimento. Non c’è nulla di più sexy dei suo sospiri, nulla che io abbia mai sognato può eguagliare quello che è successo.
Lo guardo negli occhi.
-Ti amo.

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