Un amore di furfanti. di iaia_86 (/viewuser.php?uid=37108)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Epilogo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 1 *** Epilogo. ***
Un amore di furfanti Epilogo
Nome: iaia_86 su EFP, iaia86@ sul forum.
Titolo: Un amore di furfanti.
Genere: Azione, Romantico.
Rating: Arancione.
Fandom: Originale.
Numero di capitoli: 5.
Pacchetto scelto (contest "Coppie su Coppie"): 7 Bad, bad, bad.
Pacchetti scelti (contest "AAA Genio Cercasi!"): c, f, m.
Note: Questa storia
è nata dall'idea di unire un malvagio anticonvenzionale ad un
genio un po' tonto e stravagante e di crearvi attorno una storia
d'amore. Da quando sono piccola ho sempre sentito parlare di Bonnie e
Clyde, così ho deciso per un tributo alla coppia. All'interno
del racconto ci sono delle citazioni dal film "Gangster Story", che
parla appunto dei reali avvenimenti svoltisi negli anni '30 in America
riguardanti i due fuorilegge. Ho amato scrivere di questi due, e sono
contenta di essere riuscita a terminare la storia nonostante i vari
imprevisti che si sono presentati sul mio cammino in tempo per
partecipare ai contest a cui era iscritta! Spero che possa piacere
anche a voi. A presto.
Un amore di furfanti.
Epilogo.
Sdraiato su una
chaise longue, lasciava ciondolare un piede nell'acqua mentre l'altro,
ancora calzato in una mallorquina ricamata a mano in stile
rococò, si insinuava lentamente sotto il cuscino che copriva la
struttura. Teneva un bicchiere da cocktail in mano e ne sorseggiava il
contenuto placidamente, andando di tanto in tanto ad aggiustarsi sul
naso la montatura glitterata degli occhiali di strass firmati Armani.
Aveva sempre
avuto buongusto in fatto di accessori, ne prendeva atto ogni volta che
qualcuno si fermava a guardarlo a bocca spalancata per un suo nuovo
acquisto.
In quel momento
si trovava in riva al mare, sulla spiaggia di un'isola caraibica di cui
non ricordava bene il nome e, come logico che fosse, stava prendendo un
po' di meritato riposo dopo aver fatto funzionare il cervello per tutto
il giorno. Era quasi il tramonto, ormai, e presto si sarebbe dovuto
mettere a lavorare seriamente.
Si chiese
distrattamente dove fosse Bonnie. Probabilmente ad ultimare i
preparativi per il grande spettacolo della serata, di cui lui aveva
già deciso l'outfit. Avrebbe indossato un completo blu elettrico
paillettato con una cravatta di velluto ed un cilindro. Forse avrebbe
portato anche uno dei bastoni della sua collezione.
Stava giusto
pensando che quello bianco con un rubino come pennacchio fosse la
scelta più adatta, quando sentì dei passi avvicinarsi
frettolosi alla sua postazione. Alzò lo sguardo per incrociarlo
con la creatura più meravigliosa che avesse mai avuto il piacere
di conoscere, nonché sua partner.
Morbidi
riccioli biondi che le ricadevano sulle spalle, rilucendo dei bagliori
degli ultimi raggi di quel sole fulgido. L'azzurro dei suoi occhi
rispecchiava le profondità dell'oceano che stavano osservando
con aria severa. Al collo, una catenina d'oro terminante in un pendente
a goccia dal colore verde brillante.
Alla vista di quel particolare, sospirò ripensando al loro primo incontro.
Era avvenuto
proprio su una spiaggia come quella, solo che in un'altra parte del
mondo, ed era stato l'inizio della loro relazione oltre che della loro
sfolgorante carriera da rapinatori che ormai si protraeva da più
di due anni.
Quella gemma
era stata oggetto del loro primo colpo ed ogni volta che si preparavano
per il successivo, la vedeva indossarla quasi come fregio delle loro
azioni passate.
Si alzò, avvicinandolesi e cingendole i fianchi con le braccia.
Erano pronti
per derubare il casinò dell'hotel in cui si trovavano,
l'adrenalina era alle stelle come ogni volta e per questo aveva bisogno
di rilassarsi. Le lasciò un bacio sulla nuca, prima di
sussurrarle nell'orecchio: - Abbiamo ancora un po' di tempo,
perché non facciamo l'amore? -
Lei si
voltò osservandolo a lungo senza pronunciare parola; poi il suo
volto si aprì in un sorriso serafico e gli afferrò una
mano trascinandolo verso l'interno della struttura con necessità
crescente.
Il loro piano
era perfetto, nulla poteva andare storto perché, da bravo genio
qual era, aveva già previsto tutte le variabili possibili e
studiato ogni minimo dettaglio del sistema della sala da giochi.
Mentre si
lasciavano andare all'eccitazione che li coglieva sempre prima di una
truffa, non poté far altro che ripercorrere i passi che li
avevano portati a quello che erano, Bonnie e Clyde, i più grandi
malviventi a piede libero del millennio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 1. ***
Un amore di furfanti Epilogo
Ringrazio ArtOrDeath per la recensione!
Ecco il seguito della storia, spero che vi piaccia! I capitoli saranno
5 in totale e verranno pubblicati ogni tre giorni, più o meno!
Un amore di furfanti.
Capitolo 1.
Era appena arrivato a Praslin, dove
aveva riservato una camera in un resort sulle coste di Anse Lazio, una
delle località più suggestive di tutte le Seychelles. Non
gli interessava il luogo in cui si trovava; anzi, nella situazione in
cui versava un posto avrebbe valso l'altro.
Costretto a prendere una vacanza
forzata dal lavoro – perché mai avrebbe ammesso di essere
stato licenziato in tronco -, si era convinto che allontanarsi dalla
sua terra natia non avrebbe potuto che giovargli. Invece continuava a
rimuginare in continuazione sull'accaduto.
Era una persona poco avvezza ai
rapporti interpersonali, per non dire chiuso come un orso, e
perciò oggetto di raggiri. La sua intelligenza di gran lunga
superiore alla media non aiutava, causandogli al contrario maggiore
scorno.
Sapeva di essere cedevole alle
lusinghe, soprattutto quelle intellettuali, quando venivano abilmente
celate come deferenza. Esattamente questo aveva portato al suo
allontanamento dalla multinazionale per la quale era dirigente da quasi
un decennio.
Si occupava del settore d'ingegneria
informatica ed era a capo della sezione contro la fuga di informazioni.
Un hacker, per dirla tutta. Uno di quelli cresciuti con un portatile
sulle mani e tanto tempo libero, oltre ad un'innata pretensione a
mettersi nei guai.
Al college, mentre superava tutti
gli esami senza sforzi e terminava il percorso di studio nella
metà del tempo necessario, guadagnava il suo pocket money
infiltrandosi nei computer dei docenti per rivendere risultati dei test
o cambiare voti nei programmi dell'amministrazione per permettere ai
figli di papà di iscriversi a facoltose università.
Tutto nella norma, insomma.
Una volta entrato nel mondo
professionale, per lui era stato facile scegliere e il lavoro che
faceva lo soddisfaceva, poiché poteva ideare sempre nuovi
sistemi di sicurezza e programmi anti-spionaggio, avendo anche il tempo
per aumentare le entrate con consegne extra.
Vantava attività redditizie
con la maggior parte delle agenzie statali mondiali, aveva ricevuto
commissioni da emirati arabi e dal Cremlino e aveva girato il mondo,
senza mai doversi preoccupare economicamente per la sua esistenza.
Questo finché non era stato accusato dall'impresa stessa per cui lavorava di spionaggio industriale.
C'era da chiedersi come a una
persona del dipartimento della sicurezza potesse venir fatta
un'imputazione del genere. Ebbene, per spiegarlo era necessario
riprendere in considerazione quel lato del suo carattere che sempre lo
aveva portato a cadere preda dei raggiri e delle belle parole.
Era bastata una lusinga per
convincerlo a spiegare ad una nuova arrivata – rivelatasi essere
poi proprio una di quelle spie contro cui lavorava strenuamente –
il funzionamento dell'ultimo programma da lui ideato. Con metodi di
seduzione che non aveva proprio intenzione di rimembrare, era stato
convinto a mostrare molto più di quello che avrebbe dovuto,
compreso un sistema di backup istantaneo di tutti i dati aziendali top
secret.
Era stato proprio questo a metterlo
nei guai per divulgazione di informazioni riservate. Essendo l'unico a
conoscenza di quella tecnologia, non c'erano stati dubbi per i piani
alti su chi avesse permesso questa fuga.
E ciò lo riportava al momento
presente, alla sabbia che gli si insinuava tra le dita dei piedi mentre
si avvicinava al bagnasciuga.
Si sedette sotto ad una palma, la
schiena poggiata al tronco irregolare e lo sguardo verso
l'infinità dell'oceano; lì la vide per la prima volta.
Una donna minuta, ben proporzionata
e dai lunghi capelli biondi stava sdraiata su un asciugamano di buona
fattura a qualche metro da lui. Non sapeva cosa lo attraesse di lei.
Indossava lenti scure per proteggersi dal sole cocente di quei luoghi
ed una mano era adagiata accanto al viso.
Senza pensarci oltre, si diresse al
chiringuito poco lontano ordinando un cocktail alla frutta e un martini
dry. Con i due bicchieri tra le dita si voltò solo per trovare
il posto prima occupato dall'altra vuoto. Diede uno sguardo intorno,
senza risultati; sospirò abbattuto e quasi non si rese conto di
una presenza alle sue spalle, almeno finché questa non
parlò.
- Che gentiluomo, - sentì una
voce femminile acuta e sensuale, che lo fece voltare. - È per
me? - continuò lei.
Ora che poteva vederla, la
riconobbe. Aveva gli occhiali da sole sulla testa a tenere fermi i
riccioli ribelli della fronte, un ceruleo sguardo sfrontato mentre
allungava una mano per afferrare la coppa del martini. Rimase immobile,
riempiendosi di quella visione; non era un asso della seduzione, ma
aveva deciso di fare un tentativo. Per questo annuì con
franchezza e le sorrise con fascino.
Lei corrispose, evidentemente divertita dalla situazione, e si presentò.
- Io sono Bonnie, e tu? -
- Maximilian. Piacere di conoscerti, Bonnie. - replicò in maniera affabile.
Portò il drink alle labbra,
saggiandone il sapore; dovette fare un'espressione davvero disgustata,
perché l'altra ridacchiò.
- Devo supporre che quel cocktail fosse per me? È che non mi piacciono le cose dolci. - disse la donna con tono di scuse.
Fece un lieve grugnito, agitò
una mano a farle intendere che non era nulla di importante e
posò il cocktail ancora intonso sul bancone.
- Possiamo condividere questo, se per te non è un problema. - riprese lei, porgendogli il bicchiere dal gambo.
Le loro dita si ritrovarono
intrecciate intorno alla coppetta e una strana elettricità gli
scivolò lungo la schiena, facendolo rabbrividire.
Conseguentemente, e con uno scoppio di risa da cabaret, il martini si
sfracellò al suolo sporcando i pantaloni di lino che indossava e
le gambe snelle dell'altra.
- Ops. - le sentì dire mentre cercava di trattenere la ridarella.
In una condizione normale, avrebbe
iniziato ad inveire per il danno al suo abito, perché era uno
che ci teneva. Stranamente, invece, vedere il suo sorriso e il suo modo
di fare scaltro gli stava mettendo voglia di lasciarsi andare ad una
risata liberatoria.
Lo fece e la soddisfazione
più grande fu notare lo sguardo sorpreso di Bonnie e poi il suo
illanguidirsi, mentre gli afferrava una mano stringendola forte.
- Vieni da me, ti aiuto a rimediare al guaio! - gli sussurrò lei in un orecchio.
Il significato di quelle parole che
lentamente si faceva strada dentro di lui. Perché sapeva di non
essere un tipo sveglio, ma quell'invito era stato decisamente
esplicito. Annuì, avendo deciso almeno in quella vacanza di
staccarsi dal suo solito modo di fare.
Le strinse la stessa mano che aveva sfiorato prima, e si lasciò guidare verso il resort della donna.
Quello che accadde dopo fu un
turbinio di sensazioni provate direttamente sulla pelle; non avrebbe
mai voluto ammetterlo, ma tra i loro corpi c'era un'affinità
impensabile, che li attraeva come poli opposti di un magnete. Donarsi e
ricevere nella grande danza sessuale era qualcosa che mai aveva provato
con tanta gioia e vividezza in vita sua.
Fu probabilmente quello il momento in cui si innamorò perdutamente di Bonnie.
Dopo l'amplesso, placidamente
accomodati sul grande letto della stanza di lei, gli venne naturale
domandarle cosa ci facesse una signorina sola in un'isola straniera.
La donna raccontò di essere
giunta lì insieme al suo fidanzato per una vacanza romantica, ma
purtroppo dopo la prima serata passata insieme avevano litigato e
deciso di chiudere la loro relazione. Era rimasta da sola in
quell'hotel super lusso, ma non non aveva idea di come pagare la camera
in cui soggiornava, poiché la sua carta di credito non
funzionava e non aveva abbastanza contanti.
Il suo cervello – abituato ad
essere sempre attivo – iniziò a cercare una soluzione al
problema. Si alzò dal letto, ancora nudo, ed afferrò il
suo fido compagno di scorribande.
Si accorse dello sguardo stupito e
leggermente deluso di Bonnie quando lo vide tornare con il portatile,
sistemarsi prono e iniziare ad armeggiare con i tasti. Ciò fu
ancora più lampante nel momento in cui gli si sdraiò
sopra, sussurrandogli nell'orecchio: - Che stai facendo? - con tono di
chi non ha preso bene quel cambio repentino di situazione.
Era tanto impegnato che si
dimenticò di risponderle, almeno fin quando un pizzicotto non lo
fece girare irritato verso di lei.
- Che? - chiese indispettito.
- Ti ho fatto una domanda. - ribatté la donna tiranneggiante.
Si prese qualche secondo per
ammirarla, perché era decisamente la creatura più bella
che avesse mai visto. Dopodiché le sorrise con dolcezza e
tornò a fare ciò che gli premeva. Solo quando ebbe finito
e sulla schermata apparve quello che voleva, si voltò
abbracciandola con mellifluità per la vita e ghignando.
- Il conto della tua camera d'albergo è pagato. - disse a quel punto.
Lei lo fissò qualche istante
senza capire, poi la sua espressione si fece incredula ed infine
felice. Si ritrovò a pensare che avrebbe dato l'anima al diavolo
per vederla sorridere in quel modo sempre.
- Hai fatto un bonifico alla struttura? - chiese divertita, ridacchiando.
- Nah, non ho abbastanza soldi per
pagare una stanza così. Soprattutto ora che non sto lavorando. -
la informò pratico. Non voleva che ci fossero fraintendimenti.
Bonnie lo fissava diffidente,
curiosa di sapere come avesse fatto a saldare il suo soggiorno; non
poté fare a meno di ridere di gusto.
- Sono entrato nel sistema del
resort ed ho fatto risultare che il conto fosse stato pagato
all'arrivo, Alexandra. - disse infine, vedendola sgranare gli occhi ad
averla chiamata con quel nome.
- C-come... ? -
Era la prima volta che la faceva
rimanere senza parole e pensò che era una bella sensazione,
quella di sapere che una persona a cui tieni è stupita dalle tue
doti.
- Alla reception hai dato il tuo documento d'identità. L'ho letto lì. - la informò.
Quello che accadde dopo lo sorprese
non poco. Lei sorrise, lo baciò con passione e si alzò
dal letto andando alla porta per assicurarsi che fosse ben chiusa. Poi
tornò ad avvicinarglisi.
- Non ci posso credere. Hai appena
fatto una cosa illegale, tu! Per fare un favore a me e neanche mi
conosci. - iniziò a parlare Bonnie, o doveva chiamarla
Alexandra? - Da un tipo preciso come te non mi sarei mai aspettata
qualcosa di simile! -
- Ehi, non vorrai andare a
denunciarmi adesso? - fu l'unica cosa che gli venne alla mente,
poiché aveva già abbastanza problemi legali senza
aggiungervi pure una causa per frode informatica.
- Stai scherzando, spero! Ti
aspettavo da una vita e finalmente sei qui. - disse lei con sguardo
languido, mentre si sedeva comodamente sulle sue gambe.
- Sarò sincera con te. Appena
ti ho visto, ho pensato che tu fossi il pollo perfetto per abboccare
alla mia messinscena. - riprese Bonnie dopo un momento. - Eri
impettito, vestito di tutto punto con abiti costosi sulla spiaggia.
Solo qualcuno con un sacco di soldi potrebbe spendere tanto per
comprare un completo come quello che avevi addosso o... -
Non la fece continuare, indignato.
- Ehi, stai criticando il mio modo
di vestire? No, perché ci tengo in maniera particolare a quello
che indosso, ma ciò non vuol dire che sia ricco! -
ribatté vivacemente.
In realtà sapeva che non era
quello il punto focale e non aveva idea di dove quella bellezza un po'
stramba volesse andare a parare, ma era deciso ad ascoltare ciò
che aveva da dire.
- E fammi finire, che mi togli tutta la suspense. - riprese lei piccata.
- Insomma, eri la preda ideale.
Pensavo di portarti qui, convincerti a darmi dei soldi per pagare
l'albergo in contanti e poi sparire. Ma mi hai davvero sorpreso! Hai
talento come truffatore, sei un hacker e sei pure bravo a letto! Non
potevo sperare in niente di meglio. -
Ecco, in quel momento non sapeva se
sentirsi incavolato, raggirato oppure gratificato da quelle parole. Nel
mazzo, scelse l'ultima. Ghignò divertito e ritornò a
rotolarsi con lei tra lenzuola.
- È una proposta, Bonnie? -
Si guardarono negli occhi, cercando
di scrutare ognuno i veri sentimenti dell'altro. Alla fine, la donna
sorrise ed annuì.
- Voglio che tu sia il mio Clyde. - disse con tono complice. - Con me non avrai un minuto di pace! -
- È una promessa? [1] – rispose prima di iniziare il secondo round.
Citazione da "Gangster Story", film del
1967 sulla vera storia di Bonnie e Clyde.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 2. ***
Un amore di furfanti Epilogo
Un amore di furfanti.
Capitolo 2.
Una
volta tornato a casa da quella vacanza che per lui era stata più
una luna di miele, aveva dovuto scontrarsi con una realtà
destabilizzante. La sua Bonnie viveva in un altro continente quando non
era intenta a defraudare il prossimo, con il risultato che per un
periodo abbastanza lungo avrebbero potuto sentirsi solo a distanza. Si
chiamavano quasi tutte le sere e spesso finivano per intavolare
sessioni di sesso telefonico che li lasciava con un senso di mancanza
indescrivibile.
Lei gli raccontava spesso dei raggiri che organizzava, mentre lui
continuava a fare lavoretti privati per tirare su quel poco che gli
bastava per vivere con dignità e non dimenticare l'arte.
Proprio in quel momento stava tornando da casa di un cliente benestante
ed aveva una voglia matta di sentire la sua bella; per questo, appena
messo piede dentro l'appartamento aprì il portatile e
collegò skype. Bonnie non era online e ciò lo sorprese ed
irritò più di quanto avrebbe voluto dare a vedere. Si
alzò, raggiungendo la cucina ed aprendo una lattina di birra al
limone. Con la bibita tra le mani si diresse in camera da letto, dove
si spogliò dell'abito che indossava - di color magenta con un
pattern a cuori e picche - sistemandolo nell'armadio ed indossando i
suoi adorati vestiti da relax, consistenti in un pantalone color
canarino di jersey e una maglia arancione a maniche lunghe. Si stava
infilando le havaianas [1] leopardate quando sentì suonare il
campanello dell'ingresso.
Stupito, si diresse verso la porta e una volta davanti avvicinò
l'occhio allo spioncino, sebbene fuori non si riuscisse a vedere nulla.
- Chi è? - chiese con tono seccato. Non ricevette risposta,
quindi si voltò tornando a prendere un sorso dalla lattina;
proprio in quel momento il trillo riprese, questa volta in maniera
continuativa. Grugnì qualche improperio e alla fine si decise ad
aprire.
- Chi ti ha insegn... -
Si bloccò, incapace di continuare nella sua arringa una volta
resosi conto di chi avesse di fronte. Bonnie era lì in tutto il
suo splendore, con un trolley minimal e un sorriso beffardo ad
indurirle le labbra.
- Sorpresa! - gongolò quest'ultima prima di avvicinarglisi e
stampargli un bacio mozzafiato sulla bocca. Niente lingua, solo lo
sfregarsi leggero e continuativo.
Per tutta risposta, sgranò gli occhi e ricambiò l'effusione andandola a stringere in un forte abbraccio.
- Quanto mi sei mancata, Bonnie. - le sussurrò in un orecchio e la sentì rabbrividire.
Non le chiese nulla in quel momento, la trascinò semplicemente
fino alla camera da cui era appena arrivato, accompagnandola a
stendersi sul morbido materasso di piume del suo letto e iniziando a
spogliarla con dedizione.
Si amarono fino ad esserne sazi, per ore senza fermarsi e quando al
termine si lasciarono cullare una dalle braccia dell'altro, non
poté fare a meno di pensare che doveva essere l'uomo più
fortunato del mondo.
Le baciò con dolcezza il naso e con una mano ripassò il
contorno dei suoi seni, godendo dei lievi mugolii che lasciavano la sua
bocca.
- Clyde. -
A quel richiamo alzò uno sguardo sorpreso sulla sua compagna.
Mentre per lui era ormai diventata un'abitudine chiamarla con il nome
con il quale gli si era presentata la prima volta, l'altra solitamente
si rivolgeva a lui chiamandolo Maximilian o Max. Clyde era
l'appellativo riservato ai momenti in cui gli chiedeva di fare qualcosa
di illegale o furbesco, per questo ora tutta la sua attenzione era
focalizzata su di lei.
- Ho trovato una cosa che vorrei tanto, tanto, tanto e non so come
impossessarmene. Così sono venuta fin qui per parlartene di
persona. - disse Bonnie con sguardo da cucciola bisognosa di
attenzione. L'idea che, mentre lui si struggeva per la lontananza e
avrebbe davvero voluto passare del tempo insieme, lei lo cercasse solo
per parlargli di un colpo congiunto lo fece innervosire. - Sai, non
sono cose di cui si può parlare per telefono o skype. -
- Quindi sei venuta qui solo per dirmi di aiutarti? - sbottò
alla fine, forse con tono troppo risentito. La vide dilatare
enormemente le palpebre, mettendo in mostra gli azzurri cieli che vi si
nascondevano sotto, e scuotere con veemenza il capo. Dopo un attimo si
alzò, avvicinandoglisi e salendogli sul bacino per bloccarlo.
- Scemo, - iniziò con voce dolce. - Sono venuta qui
perché la tua pelle mi mancava tanto da farmi impazzire, per
questo ho cercato un modo che ci permettesse di vivere insieme. -
Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si massaggiò con
forza le orecchie per assicurarsi di aver sentito bene. Quando fu
sicuro, decise comunque di tenere la linea dura, sebbene gli risultasse
abbastanza difficile con Bonnie che sbatteva le ciglia a qualche
centimetro da lui.
- E cosa avresti escogitato? - si ritrovò a chiedere con più curiosità di quella che avrebbe voluto usare.
La donna sorrise per la vittoria ottenuta, perché sapeva di avere la sua completa attenzione.
- Dovrebbe essere semplice per un hacker come te entrare nel sistema di una banca, no? - chiese lei candidamente.
Il suo ego dirompente voleva gridare che nessun programma era al sicuro
se era lui a forzarlo, ma in realtà c'era tutta una serie di
fattori da prendere in considerazione e non poteva essere certo al
cento per cento della riuscita di un'impresa simile.
- Ho bisogno di sapere di che banca si tratta, studiare attentamente il
sistema che utilizzano per vedere se ci sono possibili falle e... -
- Quanto tempo? - fu interrotto dalla voce impaziente di Bonnie.
Si prese qualche attimo per pensare; avrebbe dovuto passare qualche
settimana a fare ricerche di base, poi sarebbe iniziato il periodo di
analisi e se avesse avuto dei riscontri avrebbe dovuto lavorarci
seriamente.
- Sei mesi. - rispose a quel punto.
- Te ne do tre. Rimarrò qui per organizzare tutto il resto. La
banca è del posto, quindi mi occuperò di studiare
l'ambiente nel tempo che tu sfrutterai per hackerare il programma. -
disse lei risoluta, regalandogli un bacio a fior di labbra.
- Non mi hai ancora detto di cosa si tratta. - si intromise a quel
punto, bloccando la mano che stava risalendo con rapidità il suo
petto.
Bonnie sogghignò in maniera sinistra, allungandosi con tutto il
corpo ad afferrare la borsa che aveva mollato ai piedi del letto quando
vi ci era stata spinta sopra, e tirò fuori una fotografia
porgendogliela.
Rimase per alcuni istanti ad osservare la collana che vi era ritratta,
la fine incastonatura in oro racchiudeva una pietra verde che sembrava
uno smeraldo. Alzò lo sguardo sulla donna, che per tutta
risposta lo fissava in aspettativa.
- Non trovi sia stupenda, Max? - gli disse alla fine con occhi
sognanti. - È un'alessandrite [2], proprio come me. -
cinguettò ammiccante.
Ridacchiò divertito da quel modo di fare tanto bambinesco che
adorava di lei e le avvolse un braccio intorno alla vita, attirandola a
sé.
- Quindi lo vuoi per questo motivo? - chiese a quel punto.
- Per quello, e anche perché vale una fortuna essendo una delle
pietre più rare del mondo. - sogghignò Bonnie tornando a
baciarlo sulle labbra.
- Sei cosciente che non potrai rivenderlo? -
Nessuna persona sana di mente avrebbe comprato un gioiello rubato tanto
raro da poter essere riconosciuto, ma lei doveva esserne sicuramente al
corrente visto il modo in cui si guadagnava da vivere.
- Ma non voglio rivenderlo, infatti. Ho già chiesto ad un amico
orafo se è possibile modificare la montatura e la forma della
pietra. È un regalo per me! - rispose infatti la donna con
malizia.
Ghignò alle sue parole e in quell'occasione si ritrovò a
pensare che Bonnie era una delle cose più belle e importanti che
gli fossero capitate nell'intera esistenza; per lei sarebbe stato
disposto a tutto, anche a fare una follia come quella che stavano
organizzando.
Da quel giorno, la sua vita venne stravolta; passava quasi quindici ore
al giorno davanti al PC e quando non era lì era tra le lenzuola
insieme alla sua compagna o con lei a fare qualche ronda o a comprare
questo o quell'oggetto necessario a sviluppare il loro piano.
Una delle situazioni più inverosimili si era creata quando erano
entrati in un negozio di maschere per cercare il travestimento adatto
per la loro messinscena. Tra un cilindro di paillettes che aveva
indossato e deciso di comprare nell'istante in cui si era guardato allo
specchio e una parrucca che Bonnie aveva provato e che la faceva
somigliare a Morticia Adams nei suoi momenti peggiori, si era ritrovato
senza sapere come a mettere sul viso un paio di baffi posticci. Si era
sentito tirare per un braccio e poi la sua donna fissarlo con desiderio
crescente.
- Che bei baffoni che hai, sembrano il manubrio di una motocicletta. Se
avessi anche le ruote, ti monterei a cavallo. [3] - gli aveva detto con
una punta di sarcasmo a colorare il momento.
Inutile dire che dopo quell'uscita da parte di lei erano finiti
rinchiusi in un camerino a fare sesso sfrenato e solo il lieve bussare
vergognoso della commessa li aveva fatti staccare e prendere in
considerazione l'idea di continuare a casa.
Lavorava costantemente all'analisi del sistema, craccando codici di
sicurezza e password per addentrarsi sempre più vivamente nel
cuore di quel programma, tanto da farlo suo. Non fu semplice,
soprattutto all'inizio. Ma già dopo un breve periodo aveva preso
dimestichezza con le metodologie e le dinamiche della struttura e lo si
poteva vedere parlottare con il computer come se fosse un essere
senziente e avesse capacità logiche ulteriori a quelle
schematizzate.
Imprecava, pregava, chiacchierava con il sistema chiedendogli con
determinata posatezza il permesso di entrare per rivelargli i suoi
segreti. Era sempre stato così, fin da quando era piccolo
riusciva a dialogare con tutto ciò che era affine alla
tecnologia. Per questo si era sempre trovato più che bene in
quell'ambito.
Anche ora era lì, seduto al tavolo del soggiorno con le mani
sulla tastiera, la tazza di caffè poggiata sul lato destro e le
cuffie sulle orecchie che riproducevano un album anni settanta. Con una
maglia fosforescente e dei pantaloni a stampa di pavone dondolava le
gambe sotto la sedia e canticchiava per concentrarsi.
Bonnie era ai fornelli, intenta a preparare qualcosa di buono per
pranzo, poteva già sentirne l'odore. Il pensiero del cibo gli
fece venire in mente un particolare del suo lavoro che fino ad allora
non aveva preso in considerazione. Come folgorato da un'illuminazione,
iniziò a digitare con aria forsennata una serie di lettere
apparentemente senza significato ma che sia per lui che per il
programma che stava hackerando sembravano essere perfettamente ordinate
per dare un risultato.
Quando gli si presentò una schermata di benvenuto nei servizi
come nuovo operatore della banca oggetto di ricerca sgranò
leggermente gli occhi, prima di lanciare un urlo di gioia che fece
voltare spaventata la sua donna.
- Sono dentro, Bonnie! Ce l'ho fatta! - le disse con un sorrisone che
si allungava da un angolo all'altro della mandibola decisa.
Lei si avvicinò sorpresa scrutando lo schermo e sorridendo
sbarazzina; gli stampò un bacio sulle labbra e poi si
allontanò per guardarlo in volto.
- Sei bravo. -
La osservò attentamente, con la consapevolezza di chi sa quello
che vale e non teme il confronto. Dopotutto, era riuscito ad entrare
nel programma con sette giorni di anticipo rispetto ai tre mesi che
aveva messo in preventivo di necessitare.
- Non sono bravo. Sono il migliore. [4] - disse con orgoglio.
Marca di ciabatte da spiaggia.
Pietra preziosa conosciuta soprattutto per la sua cangianza, che mostra un
colore rosso se illuminata con luce artificiale e verde se illuminata da luce
naturale. Qui fa un confronto con il suo nome Alexandra.
Citazioni da "Gangster Story", film del 1967 sulla vera storia di
Bonnie e Clyde.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 3. ***
Un amore di furfanti Epilogo
Un amore di furfanti.
Capitolo 3.
Dopo
essere riuscito ad entrare nel sistema della banca, a quel punto era
iniziata la parte più delicata dell'operazione. Bonnie aveva
contattato un suo amico che si occupava di falsificare documentazione
ed era riuscita ad ottenere alcuni passaporti completi di microchip in
meno di una settimana. Uno dei suoi riportava i dati di Nicholas
Sheppard, mentre la sua consorte era Louise Hamilton in Sheppard; era
strano vedere per iscritto un legame che legalmente non c'era ma che
lui sentiva effettivamente come esistente.
Per la foto del documento aveva indossato quegli stessi baffi che aveva
provato tempo prima nel negozio di maschere – perché
sì, alla fine l'aveva avuta vinta ed erano finiti nel carrello
senza che la sua compagna potesse dire alcunché.
Ridacchiò al pensiero e questo attirò subito l'attenzione
di lei che, sedutagli accanto stava litigando al telefono con il
meccanico che stava preparando l'automobile per la loro fuga.
Perché sì, avevano deciso di fare le cose in maniera
plateale, coinvolgendo loro stessi in prima persona per creare
più trambusto possibile ed ottenere il risultato sperato.
Aveva già creato un account a loro nome all'interno della banca,
effettuato vari ingressi e bonifici facendo risultare che all'interno
del conto ci fossero fior di quattrini, l'ingresso dei salari di
entrambi, il pagamento delle imposte e delle utenze di una casa
fantasma; e questo per i dieci anni precedenti alla data attuale,
cioè da quando si erano presumibilmente sposati. Tutto era stato
creato da nuovo per i signori Sheppard.
In quel preciso istante, si stava occupando di trovare la casa dei loro
sogni, quella che Nicholas e Louise volevano comprare ad ogni costo,
sebbene il prezzo spropositato, e per la quale avrebbero chiesto un
mutuo a quella stessa banca in cui si trovava il gioiello che sarebbe
appartenuto ad Alexandra.
Insieme ad un suo amico delle scuole, che si era poi laureato in
architettura ma in qualche strano modo era stato cacciato dall'albo,
stava nel vero senso della parola dando vita ad una residenza di lusso,
con referenze catastali e informazioni fiscali precise, dove in
realtà sorgeva una catapecchia. L'idea era uscita nel momento in
cui Bonnie una sera d'estate gli aveva raccontato di avere un
conoscente che lavorava come scenografo per il cinema e le raccontava
che la maggior parte delle costruzioni necessarie per i set venivano
alla fine distrutte o abbandonate.
Alla fine, avevano chiesto a questo ragazzo se era possibile trovare
tra gli scarti qualcosa di imponente e quale sarebbe stato il prezzo.
Con un occhiolino in sua direzione, l'altro, tale Mark Craigh, aveva
assicurato che per una cena insieme a lui - sorridendo ed ammiccando in
direzione di Max – gli avrebbe trovato la casa più
spettacolare di sempre.
Così era stato; sebbene la cena fosse stata decisamente
imbarazzante, Mark si era comportato in maniera ineccepibile. Si era
scusato per aver fatto una richiesta tanto strana ma gli aveva
assicurato che non doveva preoccuparsi, poiché sebbene fosse gay
dichiarato era fidanzato già da qualche anno. Con la sua uscita
voleva solo vedere la reazione della povera Alex al suo gioco. Niente
di più.
Lo aveva ringraziato per l'aiuto e dopo soli due giorni, su quel
terreno dismesso era stata montata una casa che dall'esterno e in molti
particolari interni poteva risultare abitabile e lussuosissima, in
grado di passare senza difficoltà la perizia della banca.
Proprietaria dell'abitazione era una società d'oltre mare, molto
influente e con investimenti diversificati in vari paesi. Anche questa
era stata montata su dalla sua mente geniale negli ultimi tre mesi ed
era stata la cosa più complicata, perché era dovuto
entrare negli archivi di molte strutture pubbliche, trovare una
società latente che facesse al caso suo, parlare con i soci e
convincerli (tra buone maniere e ricatti) a cedergliela ed infine
trasformarla, almeno a livello informatico e di registri, in quello che
a loro serviva.
Sentì Bonnie salutare il meccanico e si voltò verso di lei con un sorriso.
- Quindi? - le chiese, vedendo la voglia che aveva la donna di parlare
e l'eccitazione che la stava pervadendo. Questa infatti espose un
ghigno ferino che dopo si aprì in vere e proprie risa di gioia.
- La nostra V8 è pronta! Possiamo passare a prenderla stasera! - disse alla fine con orgoglio crescente.
Perché proprio quella macchina, c'era da chiedersi. Il motivo
era semplice, la Ford V8 era la macchina di Bonnie e Clyde, gli
originali, e per loro aveva quasi un senso scaramantico utilizzare lo
stesso modello – sebbene fosse quello moderno e non l'antico
– in cui i due erano morti sotto i colpi di pistola della
polizia. Come a dire che loro avevano già pagato un prezzo.
Le sorrise con dolcezza e si alzò abbracciandola stretta.
Tenerla tra le braccia era sempre la sensazione più appagante
che avrebbe mai potuto provare. La sua astuzia usata per il raggiro, la
sua voglia di misfatti, tutto di lei lo attraeva come una falena viene
attratta dalla luce di una lampadina. Sperava solo di non bruciarsi, ma
probabilmente neanche gli sarebbe importato troppo.
- Ho inviato tutta la documentazione alla banca, domani dovrebbero
andare a fare la perizia. Ci sarà Mitch lì. Si è
offerto di fingersi il nostro agente immobiliare di riferimento. - le
spiegò. Mitchell era il suo fratellastro da parte di madre. Non
era al corrente dei loro piani, ma per lui aveva sempre cercato di fare
il possibile e quindi era stato naturale chiedergli quel piccolo
favore, fornendogli ovviamente delle credenziali false.
- Adoro il fatto che la tecnologia adesso permetta di fare quasi
qualsiasi cosa attraverso internet, senza doversi per forza presentare.
- ribatté Bonnie con un ghigno. - Dovremo fare un regalo a tuo
fratello per l'aiuto. -
- Ci penseremo quando saremo lontani da qui! - le rispose ridacchiando.
Per qualche strano motivo, le emozioni che provava sembravano rendergli
normale quello che si accingevano a fare, sebbene di normale in tutto
quello non c'era mai stato nulla. Era come se ormai fosse una cosa
collaudata, senza bisogno di avere timori o rimpianti sulla sua
riuscita.
- Quindi se tutto va per il verso giusto con la banca, possiamo attuare
il piano già la settimana che viene? - chiese la sua compagna
dopo un attimo.
Annuì, tornando al computer dove aveva come wallpaper una
schematizzazione dei punti fondamentali. Si voltò verso di lei,
indicandole con un dito le parti che avevano finalmente terminato
– la macchina e la perizia – e mettendo poi in mostra con
il mouse l'unica cosa che rimaneva da fare prima dell'attuazione della
rapina che stavano pianificando.
- Quindi, Alexandra cara. Dove hai voglia di passare le prossime
vacanze? - le chiese con voce maliziosa ed una nota d'urgenza che venne
subito recepita dalle orecchie ormai esperte dell'altra. Bonnie infatti
gli si avvicinò e si mise a cavalcioni sulle sue gambe,
ghignando maleficamente e abbassando lo schermo del portatile mentre
già si strusciava contro la sua eccitazione.
- Penso che la destinazione del viaggio possa aspettare ancora un po'.
- disse lei andando subito dopo a baciarlo con passione. Avrebbe voluto
ribattere tante cose, ma il suo cervello smise di funzionare quando le
mani dell'altra si insinuarono dentro i pantaloni per fargli vedere le
stelle.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 4. ***
Un amore di furfanti Epilogo
Un amore di furfanti.
Capitolo 4.
Si
osservò attentamente allo specchio dell'ingresso, prima di
uscire di casa. I suoi capelli erano stati brillantemente incanutiti da
Bonnie con una tinta di qualche tipo e sulla testa calzava un cappello
a tesa corta. Un paio di occhiali dalla montatura pesante nascondeva in
apparenza le iridi chiare e i baffi posticci modificavano la fisionomia
della parte inferiore del viso. Indossava un completo gessato, comprato
appositamente per l'occasione, e vi aveva accostato una camicia blu
elettrico che riprendeva il colore della loro auto fiammante ed una
cravatta a fantasia floreale che spiccava in maniera appariscente nel
contesto. Le scarpe lucide e nere avevano la chiusura di strass, che
riprendeva il disegno dei gemelli che portava ai polsini; da quello
sinistro sporgeva un orologio stravagante a cui era enormemente
affezionato e nella mano destra un bastone da passeggio ottonato che in
realtà nascondeva uno stiletto.
Si voltò a guardare Bonnie,
stupenda nel suo bellissimo tailleur rosato, elegante e raffinata come
una vera lady. Aveva una parrucca di capelli ramati che faceva pendant
con il colore dell'abito; teneva la borsetta al petto e sembrava stare
molto attenta, dopotutto sapevano entrambi cosa vi fosse all'interno.
- Pronto, signor Sheppard? - chiese
lei con uno strano tono di sfida. La fissò alcuni secondi
soppesando la risposta e alla fine le allungò un braccio piegato
per permetterle di appoggiarvisi. Bonnie lo afferrò al volo
lanciandogli uno sguardo d'intesa e si avviarono verso il garage in cui
riposava la Ford che li avrebbe accompagnati in quel primo tratto di
avventura.
La banca si trovava in un quartiere
residenziale altolocato, su un viale alberato pieno di parcheggio da
ogni lato; per questo, appena arrivati poterono sistemare la V8 proprio
di fronte all'entrata.
Scesero con nonchalance e sempre a
braccetto entrarono nella struttura guardandosi intorno con fare
spaesato, anche se in realtà conoscevano quel luogo meglio degli
stessi dipendenti.
Guardò l'orologio in quello
che poteva sembrare un gesto di routine, mentre l'intento era quello di
coordinare i tempi nel modo perfetto che avevano pianificato insieme.
La strattonò con un lieve movimento del braccio ed insieme si
avvicinarono ad una delle casse. Una volta che fu davanti al bancario
gli sorrise con fare affabile.
- Buongiorno, mi scusi. Avevamo un
appuntamento con la signorina Skandaref per ritirare degli assegni
circolari per l'acquisto di una proprietà. - disse con voce
sicura e sguardo accattivante, sebbene essendo nascosto dagli occhiali
non fosse facile da captare.
- Chi le dico che la sta aspettando? - fu la risposta affettata.
- Il signor e la signora Sheppard. - si intromise Bonnie con voce civettuola.
- Va bene; per favore aspettate
lì, - gli disse il dipendente indicando delle sedie nella sala
d'attesa. - verrete chiamati il prima possibile. -
- Grazie mille, - riprese lei sporgendosi per vedere il cartellino sul petto dell'uomo. - Jeffrey. -
Lo vide arrossire lievemente mentre
si allontanavano e decise che se ne avesse avuto la possibilità
gli avrebbe fatto pagare l'onta di aver messo gli occhi sulla sua donna.
Si sedettero nelle poltroncine
comode ed attesero qualche minuto. Avevano scelto la signorina
Skandaref, simpatica single cinquantenne, per la sua indole bonaria e
per la vicinanza della sua scrivania alla stanza della cassaforte.
Tornò ad osservare l'orologio: aveva settato la sua apertura
forzata alle dodici in punto e mancavano solo ventitré minuti.
Sorrise alla sua partner, che
ricambiò immediatamente e si avvicinò al suo viso per
lasciargli un bacio sulla guancia.
Dopo poco, fu proprio la bancaria ad andargli incontro e salutarli.
- Buongiorno, signor Sheppard, signora! Prego, seguitemi. -
Le sorrisero con aria tranquilla
prima di avviarsi dietro di lei e sistemarsi alla scrivania.
Poggiò il bastone al lato della sedia su cui era seduto e si
volse con interesse verso la donna, osservando il modo in cui compilava
i moduli da fargli firmare e organizzava il lavoro. Quello che gli
piaceva di lei era la sua metodicità, che aveva permesso al
resto del piano di svilupparsi senza imprevisti.
- È stata un po' improvvisa
la richiesta di questi assegni. Immagino che questa casa sia
un'occasione. - disse lei di punto in bianco, mentre continuava i suoi
compiti.
- Assolutamente, cara. - prese
parola Bonnie, con aria maliziosa. - È da anni che aspettiamo
una situazione simile. Siamo stufi di pagare un affitto tanto caro, se
proprio devo dirla tutta. Quindi siamo venuti qui per questo. -
terminò instaurando una certa complicità con la bancaria,
che infatti ridacchiò alle parole.
L'orologio segnava le undici e cinquantatré quando gli vennero porti i documenti da firmare per gli assegni.
Si prese solo qualche attimo per
osservarli, dopotutto era lui quello che era poco avvezzo alle firme
false e i raggiri. Era Nicholas Sheppard, ora. Afferrò la penna
e firmò con precisione tutti e tre i fogli che gli venivano
porti. Dopo fu il turno di Bonnie che non ebbe alcun problema e che
anzi si mise a chiacchierare amorevolmente del più e del meno
durante l'operazione.
I documenti tornarono nelle mani
della signorina Skandaref che divise la parte che corrispondeva
all'assegno di ogni foglio – erano tre, per un totale di quello
che equivaleva a un milione di dollari, per parlare di una valuta di
scambio – consegnandoglieli nelle mani con precisa attenzione.
Una volta che li ebbe tra le dita
rimase quasi incantato al pensiero che tre pezzetti di carta potessero
avere tanto valore. Lanciò un ultimo sguardo all'orologio e si
voltò verso Bonnie annuendole. Erano le undici e cinquantotto.
Lei ridacchiò giuliva ed
estrasse dalla borsetta un pacchetto di sigarette con l'accendino. Con
un movimento rapido, che non diede tempo a proteste da parte di nessuno
dei dipendenti, l'accese e prese una prima, profonda boccata.
Dovette contare fino a venti
perché il sistema antincendio si azionasse, esattamente come
aveva previsto. Si era informato sulle modalità di sicurezza e
non si stupì quando una forte pioggia pesante iniziò ad
abbattersi sulle loro teste, disperdendosi in fumo fitto al tocco con
qualsiasi superficie.
In un attimo, all'interno della
banca tra dipendenti e clienti si era creato il panico. Urla di persone
che non riuscivano a vedere ad un palmo dal loro naso, raccomandazioni
stentate di rimanere immobili per evitare di farsi male.
All'inizio di tutto, Bonnie aveva
estratto dalla borsetta le maschere antifumo che ora indossavano.
Afferrò il bastone, aprendone il pomo ed estraendo lo stiletto,
fece il giro dietro la scrivania afferrando la signorina Skandaref e
puntandoglielo alla gola.
- Niente di personale, mia cara. -
le disse all'orecchio. - Se fai anche un solo movimento sospetto o
cerchi di attirare l'attenzione, ti taglio la giugulare. Capito? - la
informò, solo per dare l'idea del cattivo, dato che in
realtà aveva impostato preventivamente tutti i sistemi d'allarme
e le linee telefoniche perché si disattivassero all'apertura
della cassaforte.
Il rumore delle sicure che
scattavano e della porta blindata che si apriva automaticamente
attirò inevitabilmente l'attenzione di entrambi. Con la donna
tremante tra le mani, fece un cenno rapido col capo alla partner. Lei
annuì con un ghigno sfrontato e si fece largo nella nebbia per
raggiungere l'entrata.
Nel frattempo la vista stava
tornando per la maggior parte dei presenti, che dopo il primo momento
di stordimento si stavano riprendendo dallo shock e rendendosi conto di
ciò che stava accadendo.
- Fermi tutti, - gridò a quel
punto con voce salda per farsi sentire sopra il brusio che
inevitabilmente aveva iniziato a propagarsi per tutto l'ambiente. -
Rimanete tutti ai vostri posti, sdraiatevi con il volto a terra e
mettete le mani dietro la nuca. - ordinò subito dopo. -
Altrimenti questa signorina muore sgozzata. È chiaro? -
gridò l'ultima parte per dare più effetto alla
sceneggiata. L'aveva provata per settimane in casa con Bonnie come
ostaggio che se la rideva per il suo modo di fare tanto dolce. Beh, era
riuscito a rafforzare quelle smussature per dare l'idea di fare sul
serio.
Non dovette attendere molto prima
che le persone gli obbedissero, sistemandosi ordinatamente al suolo;
ancor meno fu il tempo che ci mise la sua compagna ad uscire dalla
cassaforte con un portagioielli in mano ed il sorriso più felice
e delinquente del mondo ad illuminarle il viso. La raggiunse a
metà strada, baciandola con tutto l'amore che provava per lei in
quel momento, completamente dimentico della donna che teneva tra le
braccia e che tremò a quel movimento repentino riportandolo alla
realtà.
Si guardò intorno con occhio
critico, cercando il suo bersaglio. Quando lo ebbe trovato, si diresse
a passo sicuro in quella direzione, trascinando la signorina Skandaref
con sé ed assicurandosi che Bonnie fosse lì al suo fianco.
- Che nessuno faccia un fiato per i
prossimi tre minuti. Mi avete capito? - gridò nuovamente,
cercando di essere convincente. - Questa, - disse indicando il pomello
della sua arma, - rilascia un potente gas nervino una volta attivata a
distanza. Posso controllarvi attraverso le telecamere, se anche uno di
voi prova a muoversi avvio il meccanismo. Spero di essere stato chiaro.
-
Dicendo queste ultime parole, diede
una spinta al suo ostaggio che cadde a terra iniziando a piangere
terrificata. Allo stesso tempo, richiuse lo stiletto all'interno del
bastone e con il pomo – quello stesso su cui aveva inventato la
stupenda storia del gas – andò a colpire con forza il
volto di Jeffrey il bancario, rallegrandosi dell'urlo disumano che gli
lasciò le labbra.
- Ops. - ghignò con
cattiveria al suo indirizzo. - Questo era per averci provato con la mia
donna. Ora con il vostro permesso, noi andremo! -
Fece un breve inchino,
afferrò con sicurezza la mano della sua compagna e insieme
iniziarono a correre verso l'esterno. Come previsto, fuori dalla
struttura non si erano resi conto di quello che era accaduto; era quasi
certo che prima dei tre minuti che aveva imposto loro, nessuno avrebbe
osato muoversi dal lussuoso pavimento di marmo della banca; avevano
tutto il tempo per prendere la loro auto e dirigersi al punto
d'incontro che avevano stabilito con il meccanico che gliel'aveva fatta
avere e che ne sarebbe rientrato in possesso cambiandogli i connotati
così che non potesse essere ricollegata a loro. Lì li
aspettava un taxi per l'aeroporto, dove avevano già pronto un
volo per allontanarsi dal Paese e, in una cassetta di sicurezza,
documenti nuovi intestati ai proprietari della società fantasma
per poter incassare il denaro e le valigie che avevano preparato in
precedenza.
Si mossero con rapidità,
lasciando la macchina dopo essersi tolti i travestimenti che entrambi
indossavano e salendo sul nuovo veicolo guidato da un ignaro tassista.
Sul sedile posteriore, si presero per mano e si lasciarono andare ad un
bacio mozzafiato. Poi Alexandra si aprì in una risata di
sollievo che lo contagiò.
- Oddio, sembravi veramente uno di
quei cattivi da premio Oscar che si vedono nei film! Tipo
“Gangster Story” [1]! - esalò alla fine lei tra un
ridacchio ed un colpo di tosse.
- Noi rapiniamo banche! [2] - disse quindi, imitando il Clyde della pellicola e facendola sorridere nuovamente.
- Ti amo, Clyde. -
- Io di più, Bonnie. -
[1] Rimando al film del 1967 sulla vera storia di Bonnie e Clyde.
[2] Citazione da "Gangster Story", film del 1967 sulla vera storia di
Bonnie e Clyde.
Note finali: Grazie mille per aver seguito questa storia, spero che vi sia piaciuta tanto quanto a me è piaciuto scriverla! A presto!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3571559
|