Un amore di furfanti.

di iaia_86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Epilogo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Epilogo. ***


Un amore di furfanti Epilogo
Nome: iaia_86 su EFP, iaia86@ sul forum.
Titolo: Un amore di furfanti.
Genere: Azione, Romantico.
Rating: Arancione.
Fandom: Originale.
Numero di capitoli: 5.
Pacchetto scelto (contest "Coppie su Coppie"): 7 Bad, bad, bad.
Pacchetti scelti (contest "AAA Genio Cercasi!"): c, f, m.
Note: Questa storia è nata dall'idea di unire un malvagio anticonvenzionale ad un genio un po' tonto e stravagante e di crearvi attorno una storia d'amore. Da quando sono piccola ho sempre sentito parlare di Bonnie e Clyde, così ho deciso per un tributo alla coppia. All'interno del racconto ci sono delle citazioni dal film "Gangster Story", che parla appunto dei reali avvenimenti svoltisi negli anni '30 in America riguardanti i due fuorilegge. Ho amato scrivere di questi due, e sono contenta di essere riuscita a terminare la storia nonostante i vari imprevisti che si sono presentati sul mio cammino in tempo per partecipare ai contest a cui era iscritta! Spero che possa piacere anche a voi. A presto.


Un amore di furfanti.

Epilogo.

Sdraiato su una chaise longue, lasciava ciondolare un piede nell'acqua mentre l'altro, ancora calzato in una mallorquina ricamata a mano in stile rococò, si insinuava lentamente sotto il cuscino che copriva la struttura. Teneva un bicchiere da cocktail in mano e ne sorseggiava il contenuto placidamente, andando di tanto in tanto ad aggiustarsi sul naso la montatura glitterata degli occhiali di strass firmati Armani.
Aveva sempre avuto buongusto in fatto di accessori, ne prendeva atto ogni volta che qualcuno si fermava a guardarlo a bocca spalancata per un suo nuovo acquisto.
In quel momento si trovava in riva al mare, sulla spiaggia di un'isola caraibica di cui non ricordava bene il nome e, come logico che fosse, stava prendendo un po' di meritato riposo dopo aver fatto funzionare il cervello per tutto il giorno. Era quasi il tramonto, ormai, e presto si sarebbe dovuto mettere a lavorare seriamente.
Si chiese distrattamente dove fosse Bonnie. Probabilmente ad ultimare i preparativi per il grande spettacolo della serata, di cui lui aveva già deciso l'outfit. Avrebbe indossato un completo blu elettrico paillettato con una cravatta di velluto ed un cilindro. Forse avrebbe portato anche uno dei bastoni della sua collezione.
Stava giusto pensando che quello bianco con un rubino come pennacchio fosse la scelta più adatta, quando sentì dei passi avvicinarsi frettolosi alla sua postazione. Alzò lo sguardo per incrociarlo con la creatura più meravigliosa che avesse mai avuto il piacere di conoscere, nonché sua partner.
Morbidi riccioli biondi che le ricadevano sulle spalle, rilucendo dei bagliori degli ultimi raggi di quel sole fulgido. L'azzurro dei suoi occhi rispecchiava le profondità dell'oceano che stavano osservando con aria severa. Al collo, una catenina d'oro terminante in un pendente a goccia dal colore verde brillante.
Alla vista di quel particolare, sospirò ripensando al loro primo incontro.
Era avvenuto proprio su una spiaggia come quella, solo che in un'altra parte del mondo, ed era stato l'inizio della loro relazione oltre che della loro sfolgorante carriera da rapinatori che ormai si protraeva da più di due anni.
Quella gemma era stata oggetto del loro primo colpo ed ogni volta che si preparavano per il successivo, la vedeva indossarla quasi come fregio delle loro azioni passate.
Si alzò, avvicinandolesi e cingendole i fianchi con le braccia.
Erano pronti per derubare il casinò dell'hotel in cui si trovavano, l'adrenalina era alle stelle come ogni volta e per questo aveva bisogno di rilassarsi. Le lasciò un bacio sulla nuca, prima di sussurrarle nell'orecchio: - Abbiamo ancora un po' di tempo, perché non facciamo l'amore? -
Lei si voltò osservandolo a lungo senza pronunciare parola; poi il suo volto si aprì in un sorriso serafico e gli afferrò una mano trascinandolo verso l'interno della struttura con necessità crescente.
Il loro piano era perfetto, nulla poteva andare storto perché, da bravo genio qual era, aveva già previsto tutte le variabili possibili e studiato ogni minimo dettaglio del sistema della sala da giochi.
Mentre si lasciavano andare all'eccitazione che li coglieva sempre prima di una truffa, non poté far altro che ripercorrere i passi che li avevano portati a quello che erano, Bonnie e Clyde, i più grandi malviventi a piede libero del millennio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Un amore di furfanti Epilogo
Ringrazio ArtOrDeath per la recensione!
Ecco il seguito della storia, spero che vi piaccia! I capitoli saranno 5 in totale e verranno pubblicati ogni tre giorni, più o meno!


Un amore di furfanti.

Capitolo 1.

Era appena arrivato a Praslin, dove aveva riservato una camera in un resort sulle coste di Anse Lazio, una delle località più suggestive di tutte le Seychelles. Non gli interessava il luogo in cui si trovava; anzi, nella situazione in cui versava un posto avrebbe valso l'altro.
Costretto a prendere una vacanza forzata dal lavoro – perché mai avrebbe ammesso di essere stato licenziato in tronco -, si era convinto che allontanarsi dalla sua terra natia non avrebbe potuto che giovargli. Invece continuava a rimuginare in continuazione sull'accaduto.
Era una persona poco avvezza ai rapporti interpersonali, per non dire chiuso come un orso, e perciò oggetto di raggiri. La sua intelligenza di gran lunga superiore alla media non aiutava, causandogli al contrario maggiore scorno.
Sapeva di essere cedevole alle lusinghe, soprattutto quelle intellettuali, quando venivano abilmente celate come deferenza. Esattamente questo aveva portato al suo allontanamento dalla multinazionale per la quale era dirigente da quasi un decennio.
Si occupava del settore d'ingegneria informatica ed era a capo della sezione contro la fuga di informazioni. Un hacker, per dirla tutta. Uno di quelli cresciuti con un portatile sulle mani e tanto tempo libero, oltre ad un'innata pretensione a mettersi nei guai.
Al college, mentre superava tutti gli esami senza sforzi e terminava il percorso di studio nella metà del tempo necessario, guadagnava il suo pocket money infiltrandosi nei computer dei docenti per rivendere risultati dei test o cambiare voti nei programmi dell'amministrazione per permettere ai figli di papà di iscriversi a facoltose università.
Tutto nella norma, insomma.
Una volta entrato nel mondo professionale, per lui era stato facile scegliere e il lavoro che faceva lo soddisfaceva, poiché poteva ideare sempre nuovi sistemi di sicurezza e programmi anti-spionaggio, avendo anche il tempo per aumentare le entrate con consegne extra.
Vantava attività redditizie con la maggior parte delle agenzie statali mondiali, aveva ricevuto commissioni da emirati arabi e dal Cremlino e aveva girato il mondo, senza mai doversi preoccupare economicamente per la sua esistenza.
Questo finché non era stato accusato dall'impresa stessa per cui lavorava di spionaggio industriale.
C'era da chiedersi come a una persona del dipartimento della sicurezza potesse venir fatta un'imputazione del genere. Ebbene, per spiegarlo era necessario riprendere in considerazione quel lato del suo carattere che sempre lo aveva portato a cadere preda dei raggiri e delle belle parole.
Era bastata una lusinga per convincerlo a spiegare ad una nuova arrivata – rivelatasi essere poi proprio una di quelle spie contro cui lavorava strenuamente – il funzionamento dell'ultimo programma da lui ideato. Con metodi di seduzione che non aveva proprio intenzione di rimembrare, era stato convinto a mostrare molto più di quello che avrebbe dovuto, compreso un sistema di backup istantaneo di tutti i dati aziendali top secret.
Era stato proprio questo a metterlo nei guai per divulgazione di informazioni riservate. Essendo l'unico a conoscenza di quella tecnologia, non c'erano stati dubbi per i piani alti su chi avesse permesso questa fuga.
E ciò lo riportava al momento presente, alla sabbia che gli si insinuava tra le dita dei piedi mentre si avvicinava al bagnasciuga.
Si sedette sotto ad una palma, la schiena poggiata al tronco irregolare e lo sguardo verso l'infinità dell'oceano; lì la vide per la prima volta.
Una donna minuta, ben proporzionata e dai lunghi capelli biondi stava sdraiata su un asciugamano di buona fattura a qualche metro da lui. Non sapeva cosa lo attraesse di lei. Indossava lenti scure per proteggersi dal sole cocente di quei luoghi ed una mano era adagiata accanto al viso.
Senza pensarci oltre, si diresse al chiringuito poco lontano ordinando un cocktail alla frutta e un martini dry. Con i due bicchieri tra le dita si voltò solo per trovare il posto prima occupato dall'altra vuoto. Diede uno sguardo intorno, senza risultati; sospirò abbattuto e quasi non si rese conto di una presenza alle sue spalle, almeno finché questa non parlò.
- Che gentiluomo, - sentì una voce femminile acuta e sensuale, che lo fece voltare. - È per me? - continuò lei.
Ora che poteva vederla, la riconobbe. Aveva gli occhiali da sole sulla testa a tenere fermi i riccioli ribelli della fronte, un ceruleo sguardo sfrontato mentre allungava una mano per afferrare la coppa del martini. Rimase immobile, riempiendosi di quella visione; non era un asso della seduzione, ma aveva deciso di fare un tentativo. Per questo annuì con franchezza e le sorrise con fascino.
Lei corrispose, evidentemente divertita dalla situazione, e si presentò.
- Io sono Bonnie, e tu? -
- Maximilian. Piacere di conoscerti, Bonnie. - replicò in maniera affabile.
Portò il drink alle labbra, saggiandone il sapore; dovette fare un'espressione davvero disgustata, perché l'altra ridacchiò.
- Devo supporre che quel cocktail fosse per me? È che non mi piacciono le cose dolci. - disse la donna con tono di scuse.
Fece un lieve grugnito, agitò una mano a farle intendere che non era nulla di importante e posò il cocktail ancora intonso sul bancone.
- Possiamo condividere questo, se per te non è un problema. - riprese lei, porgendogli il bicchiere dal gambo.
Le loro dita si ritrovarono intrecciate intorno alla coppetta e una strana elettricità gli scivolò lungo la schiena, facendolo rabbrividire. Conseguentemente, e con uno scoppio di risa da cabaret, il martini si sfracellò al suolo sporcando i pantaloni di lino che indossava e le gambe snelle dell'altra.
- Ops. - le sentì dire mentre cercava di trattenere la ridarella.
In una condizione normale, avrebbe iniziato ad inveire per il danno al suo abito, perché era uno che ci teneva. Stranamente, invece, vedere il suo sorriso e il suo modo di fare scaltro gli stava mettendo voglia di lasciarsi andare ad una risata liberatoria.
Lo fece e la soddisfazione più grande fu notare lo sguardo sorpreso di Bonnie e poi il suo illanguidirsi, mentre gli afferrava una mano stringendola forte.
- Vieni da me, ti aiuto a rimediare al guaio! - gli sussurrò lei in un orecchio.
Il significato di quelle parole che lentamente si faceva strada dentro di lui. Perché sapeva di non essere un tipo sveglio, ma quell'invito era stato decisamente esplicito. Annuì, avendo deciso almeno in quella vacanza di staccarsi dal suo solito modo di fare.
Le strinse la stessa mano che aveva sfiorato prima, e si lasciò guidare verso il resort della donna.
Quello che accadde dopo fu un turbinio di sensazioni provate direttamente sulla pelle; non avrebbe mai voluto ammetterlo, ma tra i loro corpi c'era un'affinità impensabile, che li attraeva come poli opposti di un magnete. Donarsi e ricevere nella grande danza sessuale era qualcosa che mai aveva provato con tanta gioia e vividezza in vita sua.
Fu probabilmente quello il momento in cui si innamorò perdutamente di Bonnie.
Dopo l'amplesso, placidamente accomodati sul grande letto della stanza di lei, gli venne naturale domandarle cosa ci facesse una signorina sola in un'isola straniera.
La donna raccontò di essere giunta lì insieme al suo fidanzato per una vacanza romantica, ma purtroppo dopo la prima serata passata insieme avevano litigato e deciso di chiudere la loro relazione. Era rimasta da sola in quell'hotel super lusso, ma non non aveva idea di come pagare la camera in cui soggiornava, poiché la sua carta di credito non funzionava e non aveva abbastanza contanti.
Il suo cervello – abituato ad essere sempre attivo – iniziò a cercare una soluzione al problema. Si alzò dal letto, ancora nudo, ed afferrò il suo fido compagno di scorribande.
Si accorse dello sguardo stupito e leggermente deluso di Bonnie quando lo vide tornare con il portatile, sistemarsi prono e iniziare ad armeggiare con i tasti. Ciò fu ancora più lampante nel momento in cui gli si sdraiò sopra, sussurrandogli nell'orecchio: - Che stai facendo? - con tono di chi non ha preso bene quel cambio repentino di situazione.
Era tanto impegnato che si dimenticò di risponderle, almeno fin quando un pizzicotto non lo fece girare irritato verso di lei.
- Che? - chiese indispettito.
- Ti ho fatto una domanda. - ribatté la donna tiranneggiante.
Si prese qualche secondo per ammirarla, perché era decisamente la creatura più bella che avesse mai visto. Dopodiché le sorrise con dolcezza e tornò a fare ciò che gli premeva. Solo quando ebbe finito e sulla schermata apparve quello che voleva, si voltò abbracciandola con mellifluità per la vita e ghignando.
- Il conto della tua camera d'albergo è pagato. - disse a quel punto.
Lei lo fissò qualche istante senza capire, poi la sua espressione si fece incredula ed infine felice. Si ritrovò a pensare che avrebbe dato l'anima al diavolo per vederla sorridere in quel modo sempre.
- Hai fatto un bonifico alla struttura? - chiese divertita, ridacchiando.
- Nah, non ho abbastanza soldi per pagare una stanza così. Soprattutto ora che non sto lavorando. - la informò pratico. Non voleva che ci fossero fraintendimenti.
Bonnie lo fissava diffidente, curiosa di sapere come avesse fatto a saldare il suo soggiorno; non poté fare a meno di ridere di gusto.
- Sono entrato nel sistema del resort ed ho fatto risultare che il conto fosse stato pagato all'arrivo, Alexandra. - disse infine, vedendola sgranare gli occhi ad averla chiamata con quel nome.
- C-come... ? -
Era la prima volta che la faceva rimanere senza parole e pensò che era una bella sensazione, quella di sapere che una persona a cui tieni è stupita dalle tue doti.
- Alla reception hai dato il tuo documento d'identità. L'ho letto lì. - la informò.
Quello che accadde dopo lo sorprese non poco. Lei sorrise, lo baciò con passione e si alzò dal letto andando alla porta per assicurarsi che fosse ben chiusa. Poi tornò ad avvicinarglisi.
- Non ci posso credere. Hai appena fatto una cosa illegale, tu! Per fare un favore a me e neanche mi conosci. - iniziò a parlare Bonnie, o doveva chiamarla Alexandra? - Da un tipo preciso come te non mi sarei mai aspettata qualcosa di simile! -
- Ehi, non vorrai andare a denunciarmi adesso? - fu l'unica cosa che gli venne alla mente, poiché aveva già abbastanza problemi legali senza aggiungervi pure una causa per frode informatica.
- Stai scherzando, spero! Ti aspettavo da una vita e finalmente sei qui. - disse lei con sguardo languido, mentre si sedeva comodamente sulle sue gambe.
- Sarò sincera con te. Appena ti ho visto, ho pensato che tu fossi il pollo perfetto per abboccare alla mia messinscena. - riprese Bonnie dopo un momento. - Eri impettito, vestito di tutto punto con abiti costosi sulla spiaggia. Solo qualcuno con un sacco di soldi potrebbe spendere tanto per comprare un completo come quello che avevi addosso o... -
Non la fece continuare, indignato.
- Ehi, stai criticando il mio modo di vestire? No, perché ci tengo in maniera particolare a quello che indosso, ma ciò non vuol dire che sia ricco! - ribatté vivacemente.
In realtà sapeva che non era quello il punto focale e non aveva idea di dove quella bellezza un po' stramba volesse andare a parare, ma era deciso ad ascoltare ciò che aveva da dire.
- E fammi finire, che mi togli tutta la suspense. - riprese lei piccata.
- Insomma, eri la preda ideale. Pensavo di portarti qui, convincerti a darmi dei soldi per pagare l'albergo in contanti e poi sparire. Ma mi hai davvero sorpreso! Hai talento come truffatore, sei un hacker e sei pure bravo a letto! Non potevo sperare in niente di meglio. -
Ecco, in quel momento non sapeva se sentirsi incavolato, raggirato oppure gratificato da quelle parole. Nel mazzo, scelse l'ultima. Ghignò divertito e ritornò a rotolarsi con lei tra lenzuola.
- È una proposta, Bonnie? -
Si guardarono negli occhi, cercando di scrutare ognuno i veri sentimenti dell'altro. Alla fine, la donna sorrise ed annuì.
- Voglio che tu sia il mio Clyde. - disse con tono complice. - Con me non avrai un minuto di pace! -
- È una promessa? [1] – rispose prima di iniziare il secondo round.


[1] Citazione da "Gangster Story", film del 1967 sulla vera storia di Bonnie e Clyde.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


Un amore di furfanti Epilogo

Un amore di furfanti.

Capitolo 2.

Una volta tornato a casa da quella vacanza che per lui era stata più una luna di miele, aveva dovuto scontrarsi con una realtà destabilizzante. La sua Bonnie viveva in un altro continente quando non era intenta a defraudare il prossimo, con il risultato che per un periodo abbastanza lungo avrebbero potuto sentirsi solo a distanza. Si chiamavano quasi tutte le sere e spesso finivano per intavolare sessioni di sesso telefonico che li lasciava con un senso di mancanza indescrivibile.
Lei gli raccontava spesso dei raggiri che organizzava, mentre lui continuava a fare lavoretti privati per tirare su quel poco che gli bastava per vivere con dignità e non dimenticare l'arte.
Proprio in quel momento stava tornando da casa di un cliente benestante ed aveva una voglia matta di sentire la sua bella; per questo, appena messo piede dentro l'appartamento aprì il portatile e collegò skype. Bonnie non era online e ciò lo sorprese ed irritò più di quanto avrebbe voluto dare a vedere. Si alzò, raggiungendo la cucina ed aprendo una lattina di birra al limone. Con la bibita tra le mani si diresse in camera da letto, dove si spogliò dell'abito che indossava - di color magenta con un pattern a cuori e picche - sistemandolo nell'armadio ed indossando i suoi adorati vestiti da relax, consistenti in un pantalone color canarino di jersey e una maglia arancione a maniche lunghe. Si stava infilando le havaianas [1] leopardate quando sentì suonare il campanello dell'ingresso.
Stupito, si diresse verso la porta e una volta davanti avvicinò l'occhio allo spioncino, sebbene fuori non si riuscisse a vedere nulla.
- Chi è? - chiese con tono seccato. Non ricevette risposta, quindi si voltò tornando a prendere un sorso dalla lattina; proprio in quel momento il trillo riprese, questa volta in maniera continuativa. Grugnì qualche improperio e alla fine si decise ad aprire.
- Chi ti ha insegn... -
Si bloccò, incapace di continuare nella sua arringa una volta resosi conto di chi avesse di fronte. Bonnie era lì in tutto il suo splendore, con un trolley minimal e un sorriso beffardo ad indurirle le labbra.
- Sorpresa! - gongolò quest'ultima prima di avvicinarglisi e stampargli un bacio mozzafiato sulla bocca. Niente lingua, solo lo sfregarsi leggero e continuativo.
Per tutta risposta, sgranò gli occhi e ricambiò l'effusione andandola a stringere in un forte abbraccio.
- Quanto mi sei mancata, Bonnie. - le sussurrò in un orecchio e la sentì rabbrividire.
Non le chiese nulla in quel momento, la trascinò semplicemente fino alla camera da cui era appena arrivato, accompagnandola a stendersi sul morbido materasso di piume del suo letto e iniziando a spogliarla con dedizione.
Si amarono fino ad esserne sazi, per ore senza fermarsi e quando al termine si lasciarono cullare una dalle braccia dell'altro, non poté fare a meno di pensare che doveva essere l'uomo più fortunato del mondo.
Le baciò con dolcezza il naso e con una mano ripassò il contorno dei suoi seni, godendo dei lievi mugolii che lasciavano la sua bocca.
- Clyde. -
A quel richiamo alzò uno sguardo sorpreso sulla sua compagna. Mentre per lui era ormai diventata un'abitudine chiamarla con il nome con il quale gli si era presentata la prima volta, l'altra solitamente si rivolgeva a lui chiamandolo Maximilian o Max. Clyde era l'appellativo riservato ai momenti in cui gli chiedeva di fare qualcosa di illegale o furbesco, per questo ora tutta la sua attenzione era focalizzata su di lei.
- Ho trovato una cosa che vorrei tanto, tanto, tanto e non so come impossessarmene. Così sono venuta fin qui per parlartene di persona. - disse Bonnie con sguardo da cucciola bisognosa di attenzione. L'idea che, mentre lui si struggeva per la lontananza e avrebbe davvero voluto passare del tempo insieme, lei lo cercasse solo per parlargli di un colpo congiunto lo fece innervosire. - Sai, non sono cose di cui si può parlare per telefono o skype. -
- Quindi sei venuta qui solo per dirmi di aiutarti? - sbottò alla fine, forse con tono troppo risentito. La vide dilatare enormemente le palpebre, mettendo in mostra gli azzurri cieli che vi si nascondevano sotto, e scuotere con veemenza il capo. Dopo un attimo si alzò, avvicinandoglisi e salendogli sul bacino per bloccarlo.
- Scemo, - iniziò con voce dolce. - Sono venuta qui perché la tua pelle mi mancava tanto da farmi impazzire, per questo ho cercato un modo che ci permettesse di vivere insieme. -
Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si massaggiò con forza le orecchie per assicurarsi di aver sentito bene. Quando fu sicuro, decise comunque di tenere la linea dura, sebbene gli risultasse abbastanza difficile con Bonnie che sbatteva le ciglia a qualche centimetro da lui.
- E cosa avresti escogitato? - si ritrovò a chiedere con più curiosità di quella che avrebbe voluto usare.
La donna sorrise per la vittoria ottenuta, perché sapeva di avere la sua completa attenzione.
- Dovrebbe essere semplice per un hacker come te entrare nel sistema di una banca, no? - chiese lei candidamente.
Il suo ego dirompente voleva gridare che nessun programma era al sicuro se era lui a forzarlo, ma in realtà c'era tutta una serie di fattori da prendere in considerazione e non poteva essere certo al cento per cento della riuscita di un'impresa simile.
- Ho bisogno di sapere di che banca si tratta, studiare attentamente il sistema che utilizzano per vedere se ci sono possibili falle e... -
- Quanto tempo? - fu interrotto dalla voce impaziente di Bonnie.
Si prese qualche attimo per pensare; avrebbe dovuto passare qualche settimana a fare ricerche di base, poi sarebbe iniziato il periodo di analisi e se avesse avuto dei riscontri avrebbe dovuto lavorarci seriamente.
- Sei mesi. - rispose a quel punto.
- Te ne do tre. Rimarrò qui per organizzare tutto il resto. La banca è del posto, quindi mi occuperò di studiare l'ambiente nel tempo che tu sfrutterai per hackerare il programma. - disse lei risoluta, regalandogli un bacio a fior di labbra.
- Non mi hai ancora detto di cosa si tratta. - si intromise a quel punto, bloccando la mano che stava risalendo con rapidità il suo petto.
Bonnie sogghignò in maniera sinistra, allungandosi con tutto il corpo ad afferrare la borsa che aveva mollato ai piedi del letto quando vi ci era stata spinta sopra, e tirò fuori una fotografia porgendogliela.
Rimase per alcuni istanti ad osservare la collana che vi era ritratta, la fine incastonatura in oro racchiudeva una pietra verde che sembrava uno smeraldo. Alzò lo sguardo sulla donna, che per tutta risposta lo fissava in aspettativa.
- Non trovi sia stupenda, Max? - gli disse alla fine con occhi sognanti. - È un'alessandrite [2], proprio come me. - cinguettò ammiccante.
Ridacchiò divertito da quel modo di fare tanto bambinesco che adorava di lei e le avvolse un braccio intorno alla vita, attirandola a sé.
- Quindi lo vuoi per questo motivo? - chiese a quel punto.
- Per quello, e anche perché vale una fortuna essendo una delle pietre più rare del mondo. - sogghignò Bonnie tornando a baciarlo sulle labbra.
- Sei cosciente che non potrai rivenderlo? -
Nessuna persona sana di mente avrebbe comprato un gioiello rubato tanto raro da poter essere riconosciuto, ma lei doveva esserne sicuramente al corrente visto il modo in cui si guadagnava da vivere.
- Ma non voglio rivenderlo, infatti. Ho già chiesto ad un amico orafo se è possibile modificare la montatura e la forma della pietra. È un regalo per me! - rispose infatti la donna con malizia.
Ghignò alle sue parole e in quell'occasione si ritrovò a pensare che Bonnie era una delle cose più belle e importanti che gli fossero capitate nell'intera esistenza; per lei sarebbe stato disposto a tutto, anche a fare una follia come quella che stavano organizzando.
Da quel giorno, la sua vita venne stravolta; passava quasi quindici ore al giorno davanti al PC e quando non era lì era tra le lenzuola insieme alla sua compagna o con lei a fare qualche ronda o a comprare questo o quell'oggetto necessario a sviluppare il loro piano.
Una delle situazioni più inverosimili si era creata quando erano entrati in un negozio di maschere per cercare il travestimento adatto per la loro messinscena. Tra un cilindro di paillettes che aveva indossato e deciso di comprare nell'istante in cui si era guardato allo specchio e una parrucca che Bonnie aveva provato e che la faceva somigliare a Morticia Adams nei suoi momenti peggiori, si era ritrovato senza sapere come a mettere sul viso un paio di baffi posticci. Si era sentito tirare per un braccio e poi la sua donna fissarlo con desiderio crescente.
- Che bei baffoni che hai, sembrano il manubrio di una motocicletta. Se avessi anche le ruote, ti monterei a cavallo. [3] - gli aveva detto con una punta di sarcasmo a colorare il momento.
Inutile dire che dopo quell'uscita da parte di lei erano finiti rinchiusi in un camerino a fare sesso sfrenato e solo il lieve bussare vergognoso della commessa li aveva fatti staccare e prendere in considerazione l'idea di continuare a casa.
Lavorava costantemente all'analisi del sistema, craccando codici di sicurezza e password per addentrarsi sempre più vivamente nel cuore di quel programma, tanto da farlo suo. Non fu semplice, soprattutto all'inizio. Ma già dopo un breve periodo aveva preso dimestichezza con le metodologie e le dinamiche della struttura e lo si poteva vedere parlottare con il computer come se fosse un essere senziente e avesse capacità logiche ulteriori a quelle schematizzate.
Imprecava, pregava, chiacchierava con il sistema chiedendogli con determinata posatezza il permesso di entrare per rivelargli i suoi segreti. Era sempre stato così, fin da quando era piccolo riusciva a dialogare con tutto ciò che era affine alla tecnologia. Per questo si era sempre trovato più che bene in quell'ambito.
Anche ora era lì, seduto al tavolo del soggiorno con le mani sulla tastiera, la tazza di caffè poggiata sul lato destro e le cuffie sulle orecchie che riproducevano un album anni settanta. Con una maglia fosforescente e dei pantaloni a stampa di pavone dondolava le gambe sotto la sedia e canticchiava per concentrarsi.
Bonnie era ai fornelli, intenta a preparare qualcosa di buono per pranzo, poteva già sentirne l'odore. Il pensiero del cibo gli fece venire in mente un particolare del suo lavoro che fino ad allora non aveva preso in considerazione. Come folgorato da un'illuminazione, iniziò a digitare con aria forsennata una serie di lettere apparentemente senza significato ma che sia per lui che per il programma che stava hackerando sembravano essere perfettamente ordinate per dare un risultato.
Quando gli si presentò una schermata di benvenuto nei servizi come nuovo operatore della banca oggetto di ricerca sgranò leggermente gli occhi, prima di lanciare un urlo di gioia che fece voltare spaventata la sua donna.
- Sono dentro, Bonnie! Ce l'ho fatta! - le disse con un sorrisone che si allungava da un angolo all'altro della mandibola decisa.
Lei si avvicinò sorpresa scrutando lo schermo e sorridendo sbarazzina; gli stampò un bacio sulle labbra e poi si allontanò per guardarlo in volto.
- Sei bravo. -
La osservò attentamente, con la consapevolezza di chi sa quello che vale e non teme il confronto. Dopotutto, era riuscito ad entrare nel programma con sette giorni di anticipo rispetto ai tre mesi che aveva messo in preventivo di necessitare.
- Non sono bravo. Sono il migliore. [4] - disse con orgoglio.


[1] Marca di ciabatte da spiaggia.
[2] Pietra preziosa conosciuta soprattutto per la sua cangianza, che mostra un colore rosso se illuminata con luce artificiale e verde se illuminata da luce naturale. Qui fa un confronto con il suo nome Alexandra.
[3] e [4] Citazioni da "Gangster Story", film del 1967 sulla vera storia di Bonnie e Clyde.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Un amore di furfanti Epilogo

Un amore di furfanti.


Capitolo 3.

Dopo essere riuscito ad entrare nel sistema della banca, a quel punto era iniziata la parte più delicata dell'operazione. Bonnie aveva contattato un suo amico che si occupava di falsificare documentazione ed era riuscita ad ottenere alcuni passaporti completi di microchip in meno di una settimana. Uno dei suoi riportava i dati di Nicholas Sheppard, mentre la sua consorte era Louise Hamilton in Sheppard; era strano vedere per iscritto un legame che legalmente non c'era ma che lui sentiva effettivamente come esistente.
Per la foto del documento aveva indossato quegli stessi baffi che aveva provato tempo prima nel negozio di maschere – perché sì, alla fine l'aveva avuta vinta ed erano finiti nel carrello senza che la sua compagna potesse dire alcunché. Ridacchiò al pensiero e questo attirò subito l'attenzione di lei che, sedutagli accanto stava litigando al telefono con il meccanico che stava preparando l'automobile per la loro fuga.
Perché sì, avevano deciso di fare le cose in maniera plateale, coinvolgendo loro stessi in prima persona per creare più trambusto possibile ed ottenere il risultato sperato.
Aveva già creato un account a loro nome all'interno della banca, effettuato vari ingressi e bonifici facendo risultare che all'interno del conto ci fossero fior di quattrini, l'ingresso dei salari di entrambi, il pagamento delle imposte e delle utenze di una casa fantasma; e questo per i dieci anni precedenti alla data attuale, cioè da quando si erano presumibilmente sposati. Tutto era stato creato da nuovo per i signori Sheppard.
In quel preciso istante, si stava occupando di trovare la casa dei loro sogni, quella che Nicholas e Louise volevano comprare ad ogni costo, sebbene il prezzo spropositato, e per la quale avrebbero chiesto un mutuo a quella stessa banca in cui si trovava il gioiello che sarebbe appartenuto ad Alexandra.
Insieme ad un suo amico delle scuole, che si era poi laureato in architettura ma in qualche strano modo era stato cacciato dall'albo, stava nel vero senso della parola dando vita ad una residenza di lusso, con referenze catastali e informazioni fiscali precise, dove in realtà sorgeva una catapecchia. L'idea era uscita nel momento in cui Bonnie una sera d'estate gli aveva raccontato di avere un conoscente che lavorava come scenografo per il cinema e le raccontava che la maggior parte delle costruzioni necessarie per i set venivano alla fine distrutte o abbandonate.
Alla fine, avevano chiesto a questo ragazzo se era possibile trovare tra gli scarti qualcosa di imponente e quale sarebbe stato il prezzo. Con un occhiolino in sua direzione, l'altro, tale Mark Craigh, aveva assicurato che per una cena insieme a lui - sorridendo ed ammiccando in direzione di Max – gli avrebbe trovato la casa più spettacolare di sempre.
Così era stato; sebbene la cena fosse stata decisamente imbarazzante, Mark si era comportato in maniera ineccepibile. Si era scusato per aver fatto una richiesta tanto strana ma gli aveva assicurato che non doveva preoccuparsi, poiché sebbene fosse gay dichiarato era fidanzato già da qualche anno. Con la sua uscita voleva solo vedere la reazione della povera Alex al suo gioco. Niente di più.
Lo aveva ringraziato per l'aiuto e dopo soli due giorni, su quel terreno dismesso era stata montata una casa che dall'esterno e in molti particolari interni poteva risultare abitabile e lussuosissima, in grado di passare senza difficoltà la perizia della banca.
Proprietaria dell'abitazione era una società d'oltre mare, molto influente e con investimenti diversificati in vari paesi. Anche questa era stata montata su dalla sua mente geniale negli ultimi tre mesi ed era stata la cosa più complicata, perché era dovuto entrare negli archivi di molte strutture pubbliche, trovare una società latente che facesse al caso suo, parlare con i soci e convincerli (tra buone maniere e ricatti) a cedergliela ed infine trasformarla, almeno a livello informatico e di registri, in quello che a loro serviva.
Sentì Bonnie salutare il meccanico e si voltò verso di lei con un sorriso.
- Quindi? - le chiese, vedendo la voglia che aveva la donna di parlare e l'eccitazione che la stava pervadendo. Questa infatti espose un ghigno ferino che dopo si aprì in vere e proprie risa di gioia.
- La nostra V8 è pronta! Possiamo passare a prenderla stasera! - disse alla fine con orgoglio crescente.
Perché proprio quella macchina, c'era da chiedersi. Il motivo era semplice, la Ford V8 era la macchina di Bonnie e Clyde, gli originali, e per loro aveva quasi un senso scaramantico utilizzare lo stesso modello – sebbene fosse quello moderno e non l'antico – in cui i due erano morti sotto i colpi di pistola della polizia. Come a dire che loro avevano già pagato un prezzo.
Le sorrise con dolcezza e si alzò abbracciandola stretta. Tenerla tra le braccia era sempre la sensazione più appagante che avrebbe mai potuto provare. La sua astuzia usata per il raggiro, la sua voglia di misfatti, tutto di lei lo attraeva come una falena viene attratta dalla luce di una lampadina. Sperava solo di non bruciarsi, ma probabilmente neanche gli sarebbe importato troppo.
- Ho inviato tutta la documentazione alla banca, domani dovrebbero andare a fare la perizia. Ci sarà Mitch lì. Si è offerto di fingersi il nostro agente immobiliare di riferimento. - le spiegò. Mitchell era il suo fratellastro da parte di madre. Non era al corrente dei loro piani, ma per lui aveva sempre cercato di fare il possibile e quindi era stato naturale chiedergli quel piccolo favore, fornendogli ovviamente delle credenziali false.
- Adoro il fatto che la tecnologia adesso permetta di fare quasi qualsiasi cosa attraverso internet, senza doversi per forza presentare. - ribatté Bonnie con un ghigno. - Dovremo fare un regalo a tuo fratello per l'aiuto. -
- Ci penseremo quando saremo lontani da qui! - le rispose ridacchiando. Per qualche strano motivo, le emozioni che provava sembravano rendergli normale quello che si accingevano a fare, sebbene di normale in tutto quello non c'era mai stato nulla. Era come se ormai fosse una cosa collaudata, senza bisogno di avere timori o rimpianti sulla sua riuscita.
- Quindi se tutto va per il verso giusto con la banca, possiamo attuare il piano già la settimana che viene? - chiese la sua compagna dopo un attimo.
Annuì, tornando al computer dove aveva come wallpaper una schematizzazione dei punti fondamentali. Si voltò verso di lei, indicandole con un dito le parti che avevano finalmente terminato – la macchina e la perizia – e mettendo poi in mostra con il mouse l'unica cosa che rimaneva da fare prima dell'attuazione della rapina che stavano pianificando.
- Quindi, Alexandra cara. Dove hai voglia di passare le prossime vacanze? - le chiese con voce maliziosa ed una nota d'urgenza che venne subito recepita dalle orecchie ormai esperte dell'altra. Bonnie infatti gli si avvicinò e si mise a cavalcioni sulle sue gambe, ghignando maleficamente e abbassando lo schermo del portatile mentre già si strusciava contro la sua eccitazione.
- Penso che la destinazione del viaggio possa aspettare ancora un po'. - disse lei andando subito dopo a baciarlo con passione. Avrebbe voluto ribattere tante cose, ma il suo cervello smise di funzionare quando le mani dell'altra si insinuarono dentro i pantaloni per fargli vedere le stelle.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Un amore di furfanti Epilogo

Un amore di furfanti.


Capitolo 4.

Si osservò attentamente allo specchio dell'ingresso, prima di uscire di casa. I suoi capelli erano stati brillantemente incanutiti da Bonnie con una tinta di qualche tipo e sulla testa calzava un cappello a tesa corta. Un paio di occhiali dalla montatura pesante nascondeva in apparenza le iridi chiare e i baffi posticci modificavano la fisionomia della parte inferiore del viso. Indossava un completo gessato, comprato appositamente per l'occasione, e vi aveva accostato una camicia blu elettrico che riprendeva il colore della loro auto fiammante ed una cravatta a fantasia floreale che spiccava in maniera appariscente nel contesto. Le scarpe lucide e nere avevano la chiusura di strass, che riprendeva il disegno dei gemelli che portava ai polsini; da quello sinistro sporgeva un orologio stravagante a cui era enormemente affezionato e nella mano destra un bastone da passeggio ottonato che in realtà nascondeva uno stiletto.
Si voltò a guardare Bonnie, stupenda nel suo bellissimo tailleur rosato, elegante e raffinata come una vera lady. Aveva una parrucca di capelli ramati che faceva pendant con il colore dell'abito; teneva la borsetta al petto e sembrava stare molto attenta, dopotutto sapevano entrambi cosa vi fosse all'interno.
- Pronto, signor Sheppard? - chiese lei con uno strano tono di sfida. La fissò alcuni secondi soppesando la risposta e alla fine le allungò un braccio piegato per permetterle di appoggiarvisi. Bonnie lo afferrò al volo lanciandogli uno sguardo d'intesa e si avviarono verso il garage in cui riposava la Ford che li avrebbe accompagnati in quel primo tratto di avventura.
La banca si trovava in un quartiere residenziale altolocato, su un viale alberato pieno di parcheggio da ogni lato; per questo, appena arrivati poterono sistemare la V8 proprio di fronte all'entrata.
Scesero con nonchalance e sempre a braccetto entrarono nella struttura guardandosi intorno con fare spaesato, anche se in realtà conoscevano quel luogo meglio degli stessi dipendenti.
Guardò l'orologio in quello che poteva sembrare un gesto di routine, mentre l'intento era quello di coordinare i tempi nel modo perfetto che avevano pianificato insieme. La strattonò con un lieve movimento del braccio ed insieme si avvicinarono ad una delle casse. Una volta che fu davanti al bancario gli sorrise con fare affabile.
- Buongiorno, mi scusi. Avevamo un appuntamento con la signorina Skandaref per ritirare degli assegni circolari per l'acquisto di una proprietà. - disse con voce sicura e sguardo accattivante, sebbene essendo nascosto dagli occhiali non fosse facile da captare.
- Chi le dico che la sta aspettando? - fu la risposta affettata.
- Il signor e la signora Sheppard. - si intromise Bonnie con voce civettuola.
- Va bene; per favore aspettate lì, - gli disse il dipendente indicando delle sedie nella sala d'attesa. - verrete chiamati il prima possibile. -
- Grazie mille, - riprese lei sporgendosi per vedere il cartellino sul petto dell'uomo. - Jeffrey. -
Lo vide arrossire lievemente mentre si allontanavano e decise che se ne avesse avuto la possibilità gli avrebbe fatto pagare l'onta di aver messo gli occhi sulla sua donna.
Si sedettero nelle poltroncine comode ed attesero qualche minuto. Avevano scelto la signorina Skandaref, simpatica single cinquantenne, per la sua indole bonaria e per la vicinanza della sua scrivania alla stanza della cassaforte. Tornò ad osservare l'orologio: aveva settato la sua apertura forzata alle dodici in punto e mancavano solo ventitré minuti.
Sorrise alla sua partner, che ricambiò immediatamente e si avvicinò al suo viso per lasciargli un bacio sulla guancia.
Dopo poco, fu proprio la bancaria ad andargli incontro e salutarli.
- Buongiorno, signor Sheppard, signora! Prego, seguitemi. -
Le sorrisero con aria tranquilla prima di avviarsi dietro di lei e sistemarsi alla scrivania. Poggiò il bastone al lato della sedia su cui era seduto e si volse con interesse verso la donna, osservando il modo in cui compilava i moduli da fargli firmare e organizzava il lavoro. Quello che gli piaceva di lei era la sua metodicità, che aveva permesso al resto del piano di svilupparsi senza imprevisti.
- È stata un po' improvvisa la richiesta di questi assegni. Immagino che questa casa sia un'occasione. - disse lei di punto in bianco, mentre continuava i suoi compiti.
- Assolutamente, cara. - prese parola Bonnie, con aria maliziosa. - È da anni che aspettiamo una situazione simile. Siamo stufi di pagare un affitto tanto caro, se proprio devo dirla tutta. Quindi siamo venuti qui per questo. - terminò instaurando una certa complicità con la bancaria, che infatti ridacchiò alle parole.
L'orologio segnava le undici e cinquantatré quando gli vennero porti i documenti da firmare per gli assegni.
Si prese solo qualche attimo per osservarli, dopotutto era lui quello che era poco avvezzo alle firme false e i raggiri. Era Nicholas Sheppard, ora. Afferrò la penna e firmò con precisione tutti e tre i fogli che gli venivano porti. Dopo fu il turno di Bonnie che non ebbe alcun problema e che anzi si mise a chiacchierare amorevolmente del più e del meno durante l'operazione.
I documenti tornarono nelle mani della signorina Skandaref che divise la parte che corrispondeva all'assegno di ogni foglio – erano tre, per un totale di quello che equivaleva a un milione di dollari, per parlare di una valuta di scambio – consegnandoglieli nelle mani con precisa attenzione.
Una volta che li ebbe tra le dita rimase quasi incantato al pensiero che tre pezzetti di carta potessero avere tanto valore. Lanciò un ultimo sguardo all'orologio e si voltò verso Bonnie annuendole. Erano le undici e cinquantotto.
Lei ridacchiò giuliva ed estrasse dalla borsetta un pacchetto di sigarette con l'accendino. Con un movimento rapido, che non diede tempo a proteste da parte di nessuno dei dipendenti, l'accese e prese una prima, profonda boccata.
Dovette contare fino a venti perché il sistema antincendio si azionasse, esattamente come aveva previsto. Si era informato sulle modalità di sicurezza e non si stupì quando una forte pioggia pesante iniziò ad abbattersi sulle loro teste, disperdendosi in fumo fitto al tocco con qualsiasi superficie.
In un attimo, all'interno della banca tra dipendenti e clienti si era creato il panico. Urla di persone che non riuscivano a vedere ad un palmo dal loro naso, raccomandazioni stentate di rimanere immobili per evitare di farsi male.
All'inizio di tutto, Bonnie aveva estratto dalla borsetta le maschere antifumo che ora indossavano. Afferrò il bastone, aprendone il pomo ed estraendo lo stiletto, fece il giro dietro la scrivania afferrando la signorina Skandaref e puntandoglielo alla gola.
- Niente di personale, mia cara. - le disse all'orecchio. - Se fai anche un solo movimento sospetto o cerchi di attirare l'attenzione, ti taglio la giugulare. Capito? - la informò, solo per dare l'idea del cattivo, dato che in realtà aveva impostato preventivamente tutti i sistemi d'allarme e le linee telefoniche perché si disattivassero all'apertura della cassaforte.
Il rumore delle sicure che scattavano e della porta blindata che si apriva automaticamente attirò inevitabilmente l'attenzione di entrambi. Con la donna tremante tra le mani, fece un cenno rapido col capo alla partner. Lei annuì con un ghigno sfrontato e si fece largo nella nebbia per raggiungere l'entrata.
Nel frattempo la vista stava tornando per la maggior parte dei presenti, che dopo il primo momento di stordimento si stavano riprendendo dallo shock e rendendosi conto di ciò che stava accadendo.
- Fermi tutti, - gridò a quel punto con voce salda per farsi sentire sopra il brusio che inevitabilmente aveva iniziato a propagarsi per tutto l'ambiente. - Rimanete tutti ai vostri posti, sdraiatevi con il volto a terra e mettete le mani dietro la nuca. - ordinò subito dopo. - Altrimenti questa signorina muore sgozzata. È chiaro? - gridò l'ultima parte per dare più effetto alla sceneggiata. L'aveva provata per settimane in casa con Bonnie come ostaggio che se la rideva per il suo modo di fare tanto dolce. Beh, era riuscito a rafforzare quelle smussature per dare l'idea di fare sul serio.
Non dovette attendere molto prima che le persone gli obbedissero, sistemandosi ordinatamente al suolo; ancor meno fu il tempo che ci mise la sua compagna ad uscire dalla cassaforte con un portagioielli in mano ed il sorriso più felice e delinquente del mondo ad illuminarle il viso. La raggiunse a metà strada, baciandola con tutto l'amore che provava per lei in quel momento, completamente dimentico della donna che teneva tra le braccia e che tremò a quel movimento repentino riportandolo alla realtà.
Si guardò intorno con occhio critico, cercando il suo bersaglio. Quando lo ebbe trovato, si diresse a passo sicuro in quella direzione, trascinando la signorina Skandaref con sé ed assicurandosi che Bonnie fosse lì al suo fianco.
- Che nessuno faccia un fiato per i prossimi tre minuti. Mi avete capito? - gridò nuovamente, cercando di essere convincente. - Questa, - disse indicando il pomello della sua arma, - rilascia un potente gas nervino una volta attivata a distanza. Posso controllarvi attraverso le telecamere, se anche uno di voi prova a muoversi avvio il meccanismo. Spero di essere stato chiaro. -
Dicendo queste ultime parole, diede una spinta al suo ostaggio che cadde a terra iniziando a piangere terrificata. Allo stesso tempo, richiuse lo stiletto all'interno del bastone e con il pomo – quello stesso su cui aveva inventato la stupenda storia del gas – andò a colpire con forza il volto di Jeffrey il bancario, rallegrandosi dell'urlo disumano che gli lasciò le labbra.
- Ops. - ghignò con cattiveria al suo indirizzo. - Questo era per averci provato con la mia donna. Ora con il vostro permesso, noi andremo! -
Fece un breve inchino, afferrò con sicurezza la mano della sua compagna e insieme iniziarono a correre verso l'esterno. Come previsto, fuori dalla struttura non si erano resi conto di quello che era accaduto; era quasi certo che prima dei tre minuti che aveva imposto loro, nessuno avrebbe osato muoversi dal lussuoso pavimento di marmo della banca; avevano tutto il tempo per prendere la loro auto e dirigersi al punto d'incontro che avevano stabilito con il meccanico che gliel'aveva fatta avere e che ne sarebbe rientrato in possesso cambiandogli i connotati così che non potesse essere ricollegata a loro. Lì li aspettava un taxi per l'aeroporto, dove avevano già pronto un volo per allontanarsi dal Paese e, in una cassetta di sicurezza, documenti nuovi intestati ai proprietari della società fantasma per poter incassare il denaro e le valigie che avevano preparato in precedenza.
Si mossero con rapidità, lasciando la macchina dopo essersi tolti i travestimenti che entrambi indossavano e salendo sul nuovo veicolo guidato da un ignaro tassista. Sul sedile posteriore, si presero per mano e si lasciarono andare ad un bacio mozzafiato. Poi Alexandra si aprì in una risata di sollievo che lo contagiò.
- Oddio, sembravi veramente uno di quei cattivi da premio Oscar che si vedono nei film! Tipo “Gangster Story” [1]! - esalò alla fine lei tra un ridacchio ed un colpo di tosse.
- Noi rapiniamo banche! [2] - disse quindi, imitando il Clyde della pellicola e facendola sorridere nuovamente.
- Ti amo, Clyde. -
- Io di più, Bonnie. -

[1]
Rimando al film del 1967 sulla vera storia di Bonnie e Clyde.
[2]
Citazione da "Gangster Story", film del 1967 sulla vera storia di Bonnie e Clyde.

Note finali: Grazie mille per aver seguito questa storia, spero che vi sia piaciuta tanto quanto a me è piaciuto scriverla! A presto!

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