Hint Love

di Lumos and Nox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Red Passion ***
Capitolo 2: *** Black or White ***



Capitolo 1
*** Red Passion ***


Red Passion



Red is the ultimate cure for sadness.
Bill Blass



Quando la preda comparve nel luogo prestabilito, un moto di eccitazione serpeggiò nel branco.
Sembrava di buona qualità, con quei suoi colori così vividi, ed era da tanto, tanto tempo che non mangiavano.
Jack dovette impiantarsi le unghie nei polsi svuotati per trattenersi ed evitare l'ennesima occhiata di rimprovero di Hiccup. Nello stesso istante, Rapunzel procedeva nella sua trappola. Era sempre la prima a entrare in azione, se si escludeva ovviamente la formulazione delle varie strategie di attacco di Hic- fosse stato per Jack, si sarebbero già lanciati addosso e ora si starebbero gustato il loro meritato pasto... a quell'immagine, la gola gli bruciò, come se fosse già inebriata da quel gusto tanto desiderato.
Ma l'addetto alle strategie era Hiccup e tutti i suoi piani si erano fatti decisamente più cauti da quanto gli Hunters avevano ridotto in polvere Astrid. E da quando il loro branco si era diviso per attirare meno l'attenzione di quei bastardi dei loro nemici, anche Rapunzel era rimasta senza un partner. Questo li rendeva meno passionali, probabilmente.
Certo, Rapunzel era brava, nessun dubbio al riguardo. Era lì, sotto di loro, nella radura. Mentre parlava e cantava, con voce lieve, i suoi capelli color oro sembravano illuminare l'intera notte, quasi più di quanto potesse fare la Madre Luna, lì sul cielo a fissarli. La preda ci stava cascando ancora una volta, arrancava verso Rapunzel completamente persa, il respiro, Jack poteva sentirlo da lì, mozzo e irregolare.
Rapunzel era brava- e lui aveva talmente fame che gli sarebbe anche bastato che lei saltasse subito all'attacco, tutto sommato- ma rimaneva priva di passione. La vera passione, ricordo della loro vecchia natura, era qualcosa di raro nella loro specie. Gli occhi di Jack scattarono verso gli alberi opposti a loro, ma subito ritornarono sulla radura quando il canto di Rapunzel si fece più alto.
La frenesia tornò a ribollirgli nelle vene ormai svuotate, tanto da fargli spiccare un salto verso uno dei rami più bassi. Hiccup si limitò ad appoggiarsi cautamente al tronco dell'albero, senza però distogliere lo sguardo dalla scena.
«E non dirmi che per me è tardi ormai, è tardi ormai...»
Mentre la preda sfiorava i suoi capelli color d'oro, color della luce, la dolce canzone della ragazza sfumò nei fruscii del bosco.
Jack quasi non attese il segnale di Hiccup. Si lanciò giù verso la radura, il bastone che seguiva i movimenti del vento. In un attimo, arrivò sulla preda e attuò il suo compito: divertirsi con lui fino a che non fosse stato evidentemente sfinito. Era così, da quando erano diventati un branco di quattro. Hiccup, esperto di quelle creature, pianificava tutto, quasi volesse addestrarle; Rapunzel le attirava con quella sua voce dolce e i suoi capelli color oro, mentre lui doveva divertirsi, farle soffrire fino a che non fossero state prossime alla morte. Non oltre, però. Quello era il compito di qualcun'altro.
Rapunzel si scostò in una piroetta dorata che Jack nemmeno notò. Salutò la preda con una risata allegra e poi colpì. Il bastone sfrecciò con tale violenza da provocare un colpo d'aria nei dintorni- forse anni prima lo avrebbe anche sentito. Andò a sfracellarsi sulle gambe della preda, colpendo tutto ciò che poteva essere colpito. La preda emise un gemito disperato, ma Jack non vi prestò più attenzione di quella che riservava al suo branco (poteva sentire i loro sguardi fissi su di lui) o alla vita della foresta. Calpestò con forza la caviglia destra della preda e l'eccitazione salì quando avvertì l'osso frantumarsi sotto di lui. Alcune schegge raggiunsero perfino parte del bastone, che Jack mulinò contro il torace della preda. La loro gustosa cena scivolò a terra con un lamento patetico, a cui lui rispose con altri colpi, sul busto e sulle spalle. Non ci volle molto perché l'odore del rosso si insinuasse nella radura, forte e penetrante, diecimila volte più dolce della voce di Rapunzel.
Fu a quel punto che Hiccup lo fermò, alzando appena la voce. «Direi... direi che può bastare, Jack».
Lui e Rapunzel gli si affiancarono, mentre aspettavano trepidanti l'ultimo passo prima del loro meritato cibo. Non mangiavano da così tanto...
Le foglie degli alberi davanti a loro stormirono e Merida balzò giù, il mantello che ondeggiava a seguirne la caduta assieme ai capelli di quell'unico, meraviglioso colore.
Fu rapida. Si avvicinò alla preda con cipiglio deciso, incoccò, la corda dell'arco che si tendeva assieme a tutto il loro branco. La freccia sibilò giusto un attimo nell'aria, facendola tremare. Poi si conficcò con un rumore sordo nel cervello della preda, proprio in mezzo ai suoi occhi, all'improvviso vacui.
Hiccup annuì una singola volta, con un mezzo sorriso, per poi avventarsi sulla preda, seguito da Rapunzel. Presto i capelli della ragazza non sarebbero stati solo color dell'oro; forse, se fosse stata fortunata, si sarebbero sporcati leggermente, di sangue. Le punte sarebbero diventate arancione, quasi rosse. Essere rossi era di buon auspicio, a parere di Jack. Un colore così bello. Lo squarciare di carne strappata inondò subito la radura, assieme al profumo inebriante del sangue. Jack lo inspirò a pieni polmoni, ma non si mosse subito per divorare la sua parte di umano. Si inumidì le labbra e i canini, fissando Merida che riponeva l'arco. Jack ne riconosceva a memoria i movimenti, e quelli erano un po' più affrettati del normale. Anche lei non aspettava altro che poter sentire nuovamente il succo rosso degli uomini scorrere giù per la sua gola.
Merida alzò gli occhi dalla faretra e intercettò il suo sguardo. Gli mostrò la lingua con fare ribelle. Jack rispose con una boccaccia ma, senza attendere una risposta, si chinò sulla preda, le ginocchia che si bagnavano in chissà che tipo di organi. Con lo stomaco che gli ribolliva, affondò le mani a coppa nel ventre squarciato dell'uomo, raccogliendo quanto più sangue potesse. Si rialzò e si avvicinò a lei, porgendoglielo.
Merida chiuse gli occhi e arricciò il naso come faceva sempre quando rideva. Poi fece leva sulle braccia di Jack e si accucciò verso le sue mani. Prima di bere, gli morse un poco i polsi, giocando, e Jack sorrise, per poi arrivare a ridere quando lei cominciò a trangugiare con ben poca eleganza quel cibo prelibato.
Sentendosi presa in giro si sollevò, il sangue che creava una mezza luna dalle labbra fino alle guance, confondendo i suoi spruzzi con le lentiggini. Lo stomaco di Jack gorgoliò, un po' per la fame, un po' per il desiderio. Merida sorrise e Jack si aspettò che lo baciasse per dargli il sangue che aveva in bocca- non c'era niente di più vivo che assaporarlo direttamente dal proprio partner. Ma la ragazza, cogliendolo alla sprovvista, spinse con forza la sua testa giù, sulle sue stesse mani, facendo schizzare il sangue ovunque. Le loro risate si persero nella radura e divennero ancora più alte quando cominciarono finalmente a divorare come si doveva ciò che era rimasto dell'umano.
Era questo che li distingueva dal resto del loro minuscolo branco. Nonostante neanche loro fossero più umani da secoli, avevano passione. Era rimasta una scintilla di vita, in loro, che Hiccup e Rapunzel quasi non avevano più.
E osservare come Merida assaporasse a lungo il sangue, passandoselo da una guancia all'altra prima di mandarlo giù, faceva quasi pensare a Jack che essere un figlio della notte, un vampiro, potesse avere un significato, con lei.



N.d.A.
Qui Nox, con una nuova raccolta. Mi vergogno un poco di non star riprendendo le mie long, ma la mia vita e il mio stile stanno cambiando profondamente- e credo che questa shot ne sia un po' la conferma.
Passando alla shot, si tratta, come spero si sia capito, di una Vampire!AU. In un certo punto della loro vita, tutti e quattro i Big Four sono stati morsi o hanno contratto questa sorta di maledizione, insieme ad altri personaggi, come Astrid e Flynn. Non so se si possa parlare propriamente di evil!Big Four, a voi l'ardua sentenza. Ho cercato di attutire il dark della vicenda con delle scene piuttosto leggere nella coppia, anche al fine di dimostrare che in qualunque angolo di oscurità può nascere un sentimento.
Per quanto riguarda i personaggi, Merida è stata morsa da Mor'du, che, anziché essere un orso, era un vampiro; Jack invece è stato morso in un'epoca molto successiva a lei e a Hiccup, da un barbone che lo aveva salvato dalle acque gelide. Piccola curiosità, in questo headhcanon, i morsi riescono a diventare vampiri solo reagendo al morso e finendo per divorare loro stessi il loro carnefice. Anche per questo il branco prende molte precauzioni.
Bene, ci si vede tra domenica e lunedì per il prossimo aggiornamento, che sarà stavolta ambientato in un preciso periodo storico.
Recensioni sempre molto gradite, specie in uno stile di prova come questo
Baci,
Nox

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Capitolo 2
*** Black or White ***


Black or White



But, if you're thinkin' about my baby
It don't matter if you're black or white
Michael Jackson



La residenza Dunbroch era stata tirata a lucido in modo talmente ostentato da lasciare Merida a bocca aperta.
Gli stucchi sembravano essersi moltiplicati e perfino le tracce dell'ultima marachella dei suoi fratelli erano state cancellate- ad eccezione del busto del nonno, che di sicuro in vita non aveva avuto i denti così tanto scheggiati.
A colpirla di più erano stati i pavimenti. Il marmo era stato reso talmente limpido, talmente cristallino, che gli affreschi di vecchie divinità greche sul soffitto vi ci specchiavano. Lei pure, si era era conto, ci si specchiava. L'immagine dei suoi capelli rossi, stipati in uno chignon come lei era stipata in quello stupido vestito blu (le mancava il respiro!) era stata talmente disgustosa che non si era nemmeno sentita in colpa a fuggire dalla villa. Mancava ancora minimo qualche ora all'inizio della festa, ma era sicuro come l'oro che di più lì dentro lei non ci sarebbe stata. Quella sera, nemmeno Rapunzel l'avrebbe convinta- che poi, lei era fortunata. La vecchia Gothel, per quanto insopportabile, non aveva mai organizzato una festa imbarazzante e inutile come quella. Forse dipendeva dal fatto che quella strega non facesse mai niente per sua figlia se non rinchiuderla in casa, parlando di un mondo crudele e bla, bla, bla. Avrebbe quasi voluto che sua madre facesse lo stesso, in quel caso. Ma invece no, Elinor Dumbroch, pur consapevole della sua vicina partenza, voleva vedere la sua figlioletta appiopiata a uno stupido rampollo bianco di una stupida famiglia potente del vicinato. Così era passata ad arraffare del cibo dalle cucine e visto che aveva incrociato sua madre in persona aveva pure dovuto inventarsi qualche scusa, dicendo che sarebbe andata a fare una piccola scampagnata fino all'inizio dei loro latifondi. Sua madre aveva cominciato a cinguettare lodi e complimenti orgogliosi su com'era bella, vestita così da signorina per bene, ma si era interrotta bruscamente quando Merida aveva dato segni di impazienza. «Se proprio devi andare, vai... ma non permetterti di sporcarti!» aveva concesso la padrona di casa distogliendo il suo cipiglio ora severo da lei per ritornare alle composizioni floreali della sala da ballo. Se solo avesse saputo dove lei andava davvero, avrebbe fatto una scenata assurda...
Lo scrosciare lento e pigro del fiume fece capolino tra i suoi pensieri, facendole alzare lo sguardo. Il Tippah era arrivato davanti a lei: abbracciava la residenza Dunbroch da dietro, formando una grossa ansa per poi proseguire con una curva a sinistra, alla ricerca del Mississippi. Separava il perfettamente curato giardino della villa dai boschi e dalle campagne adiacenti, ma per lei rappresentava un muro meraviglioso che divideva le stupide regole e l'etichetta di sua madre dal vero mondo di Merida.
Angus, accanto a lei, nitrì piano, come se già non vedesse l'ora di attraversare il fiume. Merida sorrise e lo condusse verso il guado segreto, dietro il gazebo del tè e il piccolo labirinto. Aveva fatto talmente tante volte quel percorso che ormai niente poteva spaventarla e in men che non si dica si ritrovò dall'altra parte del fiume, in groppa al suo cavallo. Sua madre non avrebbe sospettato un accidente quando Merida sarebbe ritornata a quella stupida festa: si era bagnata soltanto un po' le punte di quelle pseudoscarpette mangia-piedi, mentre il vestito era rimasto lindo come quando la sarta lo aveva preparato. Certo, considerando dove stava andando era possibile che non lo sarebbe rimasto a lungo, ma Merida non ci pensò.
Indirizzò Angus verso i campi più distanti, all'orizzonte. Poi, dalle parti dei boschi, passarono dal trotto al galoppo, lasciando l'erba falciata dove passavano. Qualche uccello volò via con versi acuti al loro passaggio e Merida si lasciava sfuggire ogni volta un sorriso, specie quando, per compiere un salto, doveva aggrapparsi alla criniera di Angus, appiattendosi sulla sua schiena. Il cavallo correva e poi saltava l'ostacolo- un tronco, un fossato, qualunque cosa- e Merida sentiva il vento gonfiarsi attorno a lei, i capelli, sfuggiti al giogo dello chignon, che le oscuravano gran parte della faccia dandole l'impressione di star per volare. Era quella la vita che voleva, non il mondo ipocrita di balli e feste e ragazzi boriosi che sua madre voleva per lei.
Con una buona andatura, superarono in breve i boschi, scivolando nelle vicinanze di un altro fiume, molto più grosso del Tippah. Le sue acque erano marroni per il fango e specie dopo la pioggia diventavano un turbine continuo. Merida non ne sapeva il nome, ma dove si trovava il punto più sicuro per guadare, vicino a una grossa roccia che somigliava un po' a un muso d'orso.
L'attraversata fu più lunga e si bagnò quasi fino al ginocchio mentre Angus arrancava. Quando furono finalmente dall'altra parte, stava tremando, ma questo non diminuiva la sua felicità. Lì gli alberi si facevano man mano più fitti in un intrico di fango e altri piccoli ruscelli, perciò scese piano da cavallo, cercando di non sporcare quello stupido abito. Le scarpette affondarono in un plop fino alle calze, ma si tenne le gonne sù, incastrandole nella tracolla della borsa. Si fece strada per la palude, evitando i serpenti grazie al forte battere per terra di piedi e di zoccoli- fortuna che il posto era troppo piccolo per dei coccodrilli. Ben presto, i suoi piedi erano ormai immersi nel fango e nell'acqua, ma Merida, presa dal brivido dell'avventura, quasi non se ne rendeva conto.
In quel labirinto umido di alberi tutti uguali, chiunque si sarebbe perso, ma Merida era stata lì diverse volte e si era segnata qualche traccia da ricordare- non aveva lasciato segni, però. Sarebbe stato troppo rischioso, le avevano detto. Doveva perfino osservare di tanto in tanto che il fango si mangiasse le loro impronte. Dopo aver superato lo scheletrico ramo che formava una croce davanti a lei, note di una qualche canzone cominciarono a farsi lentamente strada verso di lei. Sorrise e aumentò il passo. In dieci minuti, la musica si era fatta ormai forte: spinse via una parete di foglie melmose simili ad alghe e una serie di baracche di legno sfilò davanti a lei.
Ogni casa era stata costruita con ammassi di legno trovati in giro, alla faccia delle grandi ville dove sua madre e le altre famiglie amavano vivere. Erano molto più belle di quei pavimenti di marmo. Una aveva addirittura dei fiori che crescevano sopra il tetto, un'altra era stata costruita addosso e in parte dentro a un vecchio albero tutto piegato su sé stesso. «Madame Merida!» Una voce squillante la affiancò assieme alle note di un mandolino.
«Ciao, Naveen. Come va?»
«Si sopravvive, si sopravvive!» Il ragazzo le passò fin troppo amichevolmente una mano sulle spalle. «Ehi gente!» Si rivolse verso le baracche. «Venite qua, c'è Merida!»
Ci fu del movimento nelle baracche, e nelle zone più distanti e in ombra, seguitato da qualche grido entusiasta. Merida cominciò ad armaneggiare con la borsa, cercando di ricordarsi dove aveva messo esattamente le medicine e dove il cibo. Aveva infilato tutto dentro talmente alla rinfusa che diventava difficile trovare le cose giuste al momento giusto. «Come va con Tiana?»
«È ancora un po' dell'idea di dover stare qui per forza». Naveen aveva vissuto fino a due anni prima nel nord, dove la vita per i neri era decisamente più facile. Poi un certo Lawrence lo aveva truffato durante un viaggio nel Mississippi, facendolo passare per uno schiavo fuggito. Avrebbe potuto fare qualcosa- la sua famiglia d'origine era piuttosto facoltosa- ma poi in una piantagione aveva conosciuto Tiana e in poco tempo era diventato davvero quello che Lawrence lo aveva spacciato. E ora, se lui era convinto sul fatto di lasciarsi quel mondo alle spalle e tornare al nord con Tiana, lei invece voleva tutti i costi realizzare il sogno impossibile di suo padre- aprire un ristorante. E dalle parti del Mississippi.
Merida avrebbe voluto chiedere ancora, ma a quel punto fu raggiunta da una vasta moltitudine di saluti e domande.
Jim Corvo e i ragazzi della sua band- tutti fuggiti da una piantagione- furono i primi, principalmente per accaparrarsi gran parte dei sigari. Poi toccò a Bubbles il Cobra, un misterioso uomo sempre vestito di nero che non sorrideva quasi mai; e poi Mowgli, Lilu, Cielo e altri che non conosceva. Svanita parte della ressa- i bambini avevano cominciato a giocare con Angus mentre gli adulti si dividevano tra lo spartire il cibo e il ripetere ancora una volta il loro percorso, Joshua il Dolce, uno dei capi, comparve e le affibbiò una forte pacca sulle spalle, sommergendola di chiacchiere. Merida riuscì a seguirlo per un poco, finché non fu salvata da Toothie.
Anni prima, Toothie doveva essere chiamata Toothiana in casa loro, e indossava vestiti di sicuro molto più imbottiti di quelli attuali. Nonostante avesse solo cinque o sei anni in più di lei, era stata per un po' la sua nutrice e lo sarebbe stata anche dei suoi fratelli, se le stupide signore della buona società non si fossero messe a blatelare che una creola accanto ai bambini non era un bene.
Toothie aveva perso un posto e un pasto caldo, ma ci aveva guadagnato la libertà. Ed era grazie a lei che Merida era entrata in contatto con quei ribelli.
«Come stai, cara?» le domandò, trascinandola via da un Dolce ora impegnato a sommergere Facilier. «Il tuo vestito è così adorabile da essere fin troppo bello! Sarai mica fuggita da qualcosa di importante, vero?»
«Tornerò in tempo» le assicurò Merida alzando gli occhi al cielo. «Sono una tale noia quelle robe. E poi avevo bisogno di fare qualcosa».
Gli occhi indaco di Toothie scintillarono mentre lei si apriva in un sospiro sognante. Mancò poco che faca piroetta. «Oh, doveva mancarti proprio tanto!»
Merida si sentì arrossire. «Non so di cosa...»
«Lì in fondo, cara, tra le due case!» Merida lanciò un'occhiataccia risentita alla nutrice traditrice, ma seguì la sua indicazione, infilandosi tra le due baracche.
Lo trovò a testa in giù, appeso con le gambe a un ramo. Quando la vide, si mise a ridere così forte che per poco non perse l'equilibrio.
Lei reagì avvicinandoglisi e spingendolo giù. Jack dondolò pericolosamente, ma purtroppo non cadde. «Dio benedetto! Ma che ti sei fatta?»
«Che mi ha fatto mia madre, piuttosto!»
Jack scivolò giù dal ramo con una capriola, ridendo ancora. Nella penombra data dagli alberi così alti, i suoi capelli e la sua pelle sembravano ancor più candidi. Perfino i suoi denti lo erano - Toothie, che da un po' si definiva sua sorella maggiore, li chiamava "piccole perle". Merida non aveva mai capito se Jack fosse un bianco abbandonato o un bimbo nato bianco in una famiglia nera - aveva sentito che a volte capitava. La donna che aveva cresciuto Jack era morta tempo prima e così nessuno lo sapeva con certezza. Alcuni ribelli avevano detto che si capiva dai tratti del volto, se fosse un vero bianco o no. Non sapeva se fosse vero, ma alla fine, a Merida bianchi e neri sembravano tutti uguali. Proprio non riusciva a capire perché dovesse esserci una differenza. Jack sarebbe rimasto un idiota, qualunque fosse stato il colore della sua pelle.
A conferma di ciò, il ragazzo si asciugò una lacrima dagli occhi chiarissimi. «Hai i capelli mezzi sfaldati e mezzi legati in un coso rotondo in testa... E poi ti si vede quasi la biancheria!»
Merida si strinse nelle spalle, indifferente, ribattendo un "sempre meglio di te che ti appendi sugli alberi!", ma parte dell'etichetta impostale da sua madre le fece comunque allentare la presa della tracolla sulla borsa. La gonna scivolò più giù, quasi fino alle caviglie. «La facciamo questa lezione, o no?»
Il ragazzo fece una smorfia. «Mama Odie se n'è andata da qualche parte per la palude. Ci resta solo Bunnymund, il coniglietto lì.» Indicò con un gesto vago della testa un uomo slanciato che si stava accigliando contro Toothie. A parte per i denti un poco in fuori, solo Jack sembrava vedere in lui qualcosa di simile a un coniglio.
Merida annuì subito, senza nemmeno soffermarsi sul fatto che il Bunnymund li avrebbe fatti sudare di sicuro, e che potesse non essere il massimo, considerato le vesti che aveva indosso. Sembrò arrivare Jack a questa conclusione. «Non so se è il caso, con quel vestito. Sembra costoso. E poi se tornassi a casa in uno stato troppo pietoso e ti facessi scoprire proprio stasera...»
Jack lasciò in sospeso la frase, principalmente perché preso dall'espressione di Merida. La paura e il bisogno di fare qualcosa dovevano essere piuttosto evidenti sul suo volto arrossato. Un po' incerto, Jack fece scivolare le dita sulla sua mano. «Funzionerà. Non ci beccheranno, vedrai.»
Merida annuì una sola volta, con un sospiro liberatorio e una sfumatura di nuovo decisa negli occhi. Le increspò le labbra un sorriso a cui Jack rispose, prima di riderle di nuovo in faccia per lo stato dei suoi capelli, dando immediatamente inizio a un nuovo scontro.

Il giorno seguente, dopo aver sopportato ben tre pretendenti al ballo, a detta di tutti Merida partì per andare a trovare il cugino Hiccup al nord. Nello stesso momento, però, comparve una signorina a lei estremamente simile che, con un marito dai capelli bianchi, portava due carri zeppi di schiavi in una loro piantagione al confine. Nessuno immaginò che, un mese dopo, quelli che nei carri erano stati identificati come schiavi avessero tutti una nuova vita al nord.



N.d.A.
Rieccomi qui. In ritardo, ma sono qui. Sono stata impegnata ad aggiornare la mia long Disney, Promessi Rivali, ma non ho dimenticato questa raccolta. Verrà aggiornata, non in modo regolare, ma verrà aggiornata. E per questo devo ringraziare la mia beta per il suo betaggio super duper veloce (grandissima!).
Per quanto riguarda la shot, si ambienta si tempi appena precedenti alla guerra di secessione americana; mi sono affidata alle fonti su Wikipedia e a vari testi letti a Letteratura Inglese- molto interessanti, tra l'altro. In epoca successiva alla guerra civile, divenne quasi una prassi per gli albini, i nati bianchi all'interno di famiglie nere, eseguire un "Passing", ovvero un fingere di essere effettivamente bianchi per poter godere del meglio della società: terribile, vero? Mi sono ispirata a questo aspetto per scrivere la storia.
Ho utilizzato in gran parte personaggi colored già presenti nei vari film d'animazione, come Bubbles il Cobra (Agente Cobra di "Lilo e Stitch") e Jim Corvo (nome effettivo del capo della band di corvi in "Dumbo"). Ho cercato di far quadrare il tutto, ma non garantisco nulla... Diciamo che è un mio tentativo sia per quanto riguarda la coppia Jarida, sia per lo scrivere qualcosa riguardo la tematica dell'emancipazione non razziale, ma umana. Accogliere qualcuno in apparenza diverso pare essere sempre difficile per la società- e devo ancora capire esattamente quale sia il problema... Comunque, spero di essermi espressa nel modo corretto.
Detto questo, vi saluto. La prossima shot avrà come tema principale un cartone che è anche un libro (precisamente due) e un film (precisamente taaanti film fatti da diverse case di produzione).
Adieu!
Nox

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