The Storm

di JeiBieber_Smile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One - Un nuovo vicino? ***
Capitolo 2: *** Chapter Two - ***
Capitolo 3: *** Chapter Three - ***
Capitolo 4: *** Chapter Four - ***
Capitolo 5: *** Chapter Five - ***
Capitolo 6: *** "Posso accompagnarti a scuola?" ***
Capitolo 7: *** "Quando il dovere chiama, bisogna rispondere" ***
Capitolo 8: *** "Sto per sposarmi" ***
Capitolo 9: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Chapter One - Un nuovo vicino? ***


Chapter One || 01.
The Storm.
Chapter One - "Un nuovo vicino?"

Picchiettai le unghie laccate di giallo sul banco impaziente, aspettavo con ansia il suono della campanella per correre a casa. La signorina White , una donna di oltre sessant'anni che insegnava biologia, era davvero una rottura. Cominciava a parlare senza mai fermarsi, non ti dava nemmeno il tempo di prendere appunti. Ci credo che non è sposata, mi dissi, sbuffando per l'ennesima volta.
"Lei cosa ne pensa, signorina Smith?" mi girai verso Kelly, la mia compagna di banco. Guardava la signorina White con gli occhi persi, come sempre non stava seguendo.
"Be', mi tocca appuntarlo, signorina Smith. Non è la prima volta che non segue" la professoressa si avvicinò alla cattedra di legno e prese il registro, per poi scriverci sopra qualcosa. "Intende darmi spiegazioni?" si accigliò, posizionando i suoi occhiali sulla punta del naso per poterla vedere bene. Ma non è uguale? Ha la gobba più il suo naso che il gobbo di Notre Dame. Ridacchiai tra me e me per lo stupido pensiero, ricevendo un'occhiataccia da parte della prof.
"E lei cos'ha da ridere, signorina Myers?" esultai mentalmente non appena sentii la campanella, per poi fiondarmi fuori dalla classe e sussurrare un 'nulla' alla professoressa quasi impercettibile. Il rosso acceso degli armadietti mi fece girare per un momento la testa. In tutti gli istituti erano blu, perché alla 'Loyola High School' dovevano essere rossi?
Sospirai per poi cominciare a camminare velocemente lungo il corridoio, i miei fratelli sarebbero tornati a casa alle due e mezza ed era già l'una e quaranta. Sperai mentalmente di non incontrare Charly, la mia migliore amica. Le volevo bene, certo, ma proprio in quel momento andavo di fretta e non potevo fare tar..
"Hei! Reb!" mi sentii chiamare e mi maledii mentalmente. La voce acuta di Charly mi fece girare di scatto e subito mi imbattei nei suoi occhi verdi. L'abbracciai istintivamente, ci conoscevamo da quando mi ero trasferita dall'Inghilterra e da allora non ci eravamo più lasciate. Eravamo due opposti.
Lei, bionda con gli occhi verdi e con un fisico perfetto, la pelle chiara e una famiglia perfetta.
Io, mora con gli occhi un po' marroni e un po' verdi, mezza tappa e con un famiglia.. be', meglio non parlarne.
"Charly, devo scappare" le diedi un bacio su entrambe le guance, per poi correre lungo il corridoio e uscire.
"Se hai bisogno di me chiamami!" urlò per farsi sentire, così che un po' di gente la guardò stranito. Ridacchiai, Charly sapeva sempre farsi riconoscere.
Dovevo ancora abituarmi all'aria calda di Los Angeles, anche se eravamo in aprile si stava già bene a mezza maniche. Indossai un giacchetto in pelle prima di saltare in sella e sfrecciare verso casa. Posai la mia Ducati rigorosamente rossa nel garage, per poi correre in cucina e mettermi ai fornelli.
Finalmente, a casa, anche se ero sola. Da quando la mamma si era ammalata, papà faceva i doppi turni e stava pochissimo a casa. Io e mio fratello gemello eravamo gli unici ad occuparci di casa, ma avendo cinque fratelli piccoli era più che impossibile fare tutto da soli. Così, dopo aver poggiato una pentola colma d'acqua sul fornello per cuocere la pasta, cominciai a levare un po' di cose che le miei piccole pesti avevano lasciato in giro.
Il quadernone dei disegni di Ryley.
L'astuccio con i pennarelli di Zackary.
Un mezzo biscotto che stava mangiando Alyssia, o lo stava mangiando Breanna?
Solo Mirabelle e Johnny non lasciavano mai nulla in giro, erano due angioletti.. fino a un certo punto.

Driin. Driin.


Mi avvicinai alla porta per aprirla e una mandria piuttosto che bambini mi gettò praticamente per aria. "Che si mangia? Che si mangia?" chiese Breanna, cominciando a saltellare mentre si levava lo zainetto di violetta. Ridacchiai osservandola, due ciocche di capelli castani le fuoriuscivano dalla treccia, gli occhi azzurri le luccicavano. Continuava a saltellare assieme a Zackary. Lei aveva sei anni mentre Zackary ne aveva otto, però entrambi andavano molto d'accordo. "Pasta con le zucchine, è da una vita che non la mangiate" risposi, levando lo zainetto anche a Mirabelle e Jhonny, i gemellini di quattro anni.

"Ma l'abbiamo mangiata due settimane fa!" si lamentò Alyssia. Incrociò le braccia al petto e corrugò le sopracciglia in segno di disaccordo, era praticamente la mia fotocopia anche se io avevo dieci anni in più.
Essere la più grande aveva i propri vantaggi, ma nella mia famiglia portava solo tanti svantaggi.
Ero io la donna di casa dato che mamma era in ospedale, quindi toccava a me cucinare, pulire, rassettare, prendermi cura della famiglia e della casa. Non avevo mai tempo per me, per frequentare uno sport o per uscire con un ragazzo. Però amavo i miei fratelli, li amavo così tanto e mi stava bene così. Tanto sarebbe durato tutto ancora per poco, mamma stava finendo i cicli di chemioterapia e a breve sarebbe tornata a darci una mano.
"Come sta la mamma?" mi chiese Jhonny, tirandomi il jeans. Mi abbassai e gli accarezzai il viso dolcemente. "Sta bene,-" mentii, sentendo una morsa prendermi il cuore. "-dopo la chiamiamo, va bene?" annuì e gli baciai la fronte, per poi scompigliargli i capelli dorati.
"Bambini, venite a sedervi che si mangia!" urlai, portando gli ultimi piatti a tavola.
In men che non si dica, tutti e cinque i piccoli si sedettero a tavola. Stranamente, nessuno di loro stava bisticciando. Dopo aver fatto una breve preghiera cominciammo a mangiare tutti insieme, senza però tre colossi importanti della famiglia.
La mamma, papà e Ryley.
"Ryley quando torna?" mi chiese Zack con la sua vocina dolce.
"Penso per le sette, ora è a lavoro." gli sorrisi, per poi imboccare Mirabelle, che da sola proprio non voleva saperne di mangiare.
Io e Ryley eravamo gemelli, anche se lui era nato otto minuti prima di me. Per cui, tecnicamente, era lui il più grande. Tra noi c'era stata sempre una perfetta sintonia. Riusciva a capire subito quando qualcosa non andava, avevamo gli stessi gusti, le stesse passioni.. Era il mio migliore amico e una delle persone che più amavo. Era la mia roccia e senza il suo supporto non riuscivo ad andare avanti. Sopratutto in quella situazione.
"A chi va una fetta di dolce?" chiesi ai bambini, non appena finirono di mangiare. Urlarono tutti e cinque all'unisono, infatti sobbalzai. "Okay, okay ho capito" ridacchiai, guardando tutti e cinque finché non si zittirono. Presi un po' della torta avanzata e la misi nei piattini, in quel po' di tempo libero che avevo mi piaceva imparare a Breanna ed Alyssia a cucinare. Mirabelle era ancora troppo piccola, ancora qualche anno e avrei trascinato anche lei.
"Sono stata bravissima" Alyssia parò con la bocca piena ricevendo una mia occhiataccia. Deglutì e continuò dicendo "Però è buonissima" con i suoi occhioni verdi.
Mi addolcii immediatamente, non potevo essere arrabbiata con loro. Anche se non mi ascoltavano e spesso facevano cose che sono ineccepibili alla mente umana, erano pur sempre i miei piccoli amori.
Quando finirono di mangiare la torta lavai piatti e posate e posai tutto al proprio posto. Volevo lasciargli un po' di tempo libero, perché poi avrebbero dovuto cominciare i compiti e lì sarebbe stata un'altra lotta. Il mio motto era: falli svagare per un po', ma ricorda che sei tu il capo. Così andai di sopra con Jhonny e Mirabelle, li feci addormentare come ogni pomeriggio e andai in camera mia.
Venni accecata dalla luce proveniente dalla finestra, che avevo proprio di fronte. Non appena i miei occhi si abituarono, mi girai intorno. Le pareti pitturate di un verde chiaro davano un aspetto più calmo alla stanza. Sulla destra avevo  l'armadio rosa tenue con sotto il letto, le cui coperte erano rigorosamente verdi. Sul lato opposto alla stanza avevo una scrivania e sulla scrivania delle mensole dove poggiavo i miei libri di scuola. Gli altri libri, li avevo in una libreria rosa chiara affianco alla scrivania. Sospirai, notando le coperte ancora sfatte e il disordine sulla scrivania. Dover preparare cinque bambini a prima mattina mi portava via un sacco di tempo.
Come ogni pomeriggio, mi ritrovai a rifare il letto e a mettere a posto i libri e i fogli sparsi per la scrivania. Dopodiché, ci poggiai sopra i libri che mi sarebbero serviti per studiare. L'indomani avrei avuto un test di contabilità ed ero abbastanza preoccupata.
Decisi che avrei studiato dopo aver fatto fare i compiti ai miei fratelli, almeno così avrebbero potuto giocare lasciandomi un po' sola.
"Chi ha da fare i compiti?" chiesi sorridendo ai tre bimbi sul divano, tutti e tre alzarono la mano. Perfetto, studierò stasera. Pensai. "Allora cominciamo, su"
Spensi la TV e presi gli zainetti dei tre bimbi.
Sul diario di Alyssia c'era scritto che doveva fare la comprensione di un testo di inglese e due pagine di matematica.
Zack doveva leggere una pagina di storia e degli esercizi inerenti.
Breanna doveva leggere una pagina di italiano e fare dei vero o falso.
"Bene, cominciamo." esordii, cominciando a guidare ognuno di loro nei propri compiti.

In due ore, tutti e tre riuscirono a finire tutti i loro compiti. Ero soddisfatta di come stavano crescendo, erano davvero bravi a scuola tutti e tre ed era bellissimo sentire i complimenti dei professori quando c'erano i colloqui.
Mi gettai a peso morto sul divano affianco ad Alyssia, ero stanchissima eppure avevo ancora un sacco di cose da fare. Presi il cellulare tra le mani per vedere l'ora, quando mi arrivò un messaggio.
Da: Pazza.<3
'Avrai un nuovo vicino!'

Corrugai le sopracciglia per poi ridacchiare, Charly era la prima a sapere tutto di tutti. Era una vera e propria pettegola, ma non una di quelle pettegole cattive. Semplicemente, se una cosa era troppo brutta o umiliante se la teneva per sé. Anche se a me, da migliore amica, diceva sempre tutto.

A: Pazza.<3
'Come fai a saperlo?'

Da: Pazza.<3
'L'amica di mia mamma che lavora in un'agenzia immobiliare mi ha detto che la casa affianco alla tua è appena stata venduta ad una famiglia del Canada.'

Sorrisi per il suo essere così innocente, sapevo benissimo che non gliel'aveva detto l'amica della mamma ma era stata lei a chiedere, dato che la casa affianco alla mia era sfitta da ormai un paio di anni.

A:Pazza.<3
'Uhm..te l'ha detto lei, o gliel'hai chiesto tu di proposito?'

Da: Pazza.<3
'Forse gliel'ho chiesto.. ma che importa? Ho sentito dire che uno dei loro figli è un gran figo, sai che bello? Possiamo spiarlo da camera tua.'

La sua mania per l'altro sesso mi fece scoppiare a ridere. Una cosa che proprio amava, erano i ragazzi. Anche se non era fidanzata aveva molti pretendenti, infondo era una delle ragazze più carine della scuola e i ragazzi facevano veramente la fila per poterle chiedere di uscire.
L'unico che però realmente desiderava era Bryan, della quinta C. Era innamorata di lui da anni, e l'unica volta che uscì con lui mi raccontò i dettagli per un mese intero. O lo era del suo fratellastro? Uhm, quella ragazza cambiava idea in men che non si dica e sinceramente non sapevo chi preferisse.
I miei pensieri vennero interrotti dal pianto di Mirabelle, che probabilmente si era svegliata.

A: Pazza.<3
'Mirabelle piange, continueremo la nostra conversazione un'altra volta AHAHAH.'

Inviai il messaggio e, senza nemmeno aspettare una sua risposta, salii in camera dei gemellini. Adesso piangevano entrambi. Corsi da loro e li presi tra le braccia, cullandoli. Jhonny sulla gamba sinistra e Mirabelle sulla gamba destra. Proprio come faceva papà con me e Ryley quando eravamo piccoli.
"Ho fatto un brutto sogno" Mirabelle tirò su col naso.
"Anche io" rispose Jhonny, passandosi un pugnetto chiuso sugli occhi.
"Qualunque cosa abbiate sognato, adesso ci sono io" li strinsi forte, dando ad ognuno di loro un bacio. Erano i più piccoli di casa e anche i più teneri, mi piaceva un sacco stare con loro e tenerli in braccio ore ed ore.
"Andiamo giù?" chiese Jhonny, così annuii e li poggiai a terra di malavoglia.

Driin. Driin.

Corrugai le sopracciglia sorpresa, chi sarà mai? Pensai. Ryley lavorava fino alle sette e papà sarebbe tornato alle nove, non aspettavo nessuno.
Velocemente scesi le scale con i bimbi, per poi lasciarli in salotto mentre mi avvicinavo alla porta. "Un minuto!" urlai, sistemando i capelli ormai scompigliati.
Non appena aprii, socchiusi la bocca dallo stupore. Di fronte a me avevo un ragazzo, alto circa un dieci centimetri in più a me. I suoi occhi color nocciola mi presero da subito, e giurai di sentire un brivido lungo la spina dorsale non appena mi imbattei in quello sguardo. Sembrava anche lui, sorpreso quanto me.
"Ehm, posso esserti utile?" gli chiesi, sentendomi avvampare. Ma stiamo scherzando, Rebecca? Posso esserti utile? Non sei una commessa, svegliati.
"Oh, ci siamo appena trasferiti.. mia madre vorrebbe sapere se..ahm, se volevate venire a prendere un caffè da noi" finì la frase nell'esatto momento in cui Mirabelle cominciò a correre e Alyssia a rincorrerla per tutto il salotto.
"Che devo fare con Cartoonito? Voglio vedere Disney Channel, dammi il telecomando!" urlava Alyssia, esasperata. D'altra parte, Zack e Breanna litigavano perché Bre gli aveva fatto fare il ruolo di Tania invece di Ken mentre giocavano con le Barbie.
Jhonny, dal canto suo, stava seduto a terra a giocare con le costruzioni.
"Dicevi?" mi girai un momento verso il ragazzo, per poi correre immediatamente in salotto. "Mirabelle! Fermati immediatamente!" Mirabelle continuò a correre. "Mirabelle!" urlai ancora, per poi prenderla non appena passò al mio fianco. Cominciò a divincolarsi.
"Voglio vedere Cartoonito, voglio vedere Cartoonito!" continuava a dimenarsi.
"Sta ferma" la presi da sotto le braccia. "Se stai ferma, ti porto in camera mia a vedere Cartoonito" annuì contenta, per poi dare il telecomando alla sorella.
"Zack, ma tu sei Tania ed io Barbie!" mi girai verso Breanna, passandomi una mano tra i capelli. Che avevo fatto per meritare tutto quello? C'era un ragazzo bellissimo davanti a me, e dovevo fare una figura simile a causa delle urla dei miei fratelli. Erano stati tutto il tempo buoni. Coincidenza? Non penso proprio.
"Non è bello per un ragazzo fare la donna, sai, piccolina?" il biondo si avvicinò a mia sorella. "Io quando gioco con la mia sorellina faccio sempre Ken" lo osservai con le braccia avvolte attorno al corpicino di Mirabelle e un sorriso sul volto, sembrava molto premuroso.
"Si ma i ragazzi non sono bravi a scegliere i vestiti" Breanna si imbambolò a guardarlo, effettivamente aveva fatto quell'effetto anche a me.
"Be', prova a fargli fare Ken e poi mi dici se non è bravo a scegliere i vestiti, okay? Me lo prometti?" Breanna annuì, così che passò Ken a Zack. Mirabelle era rimasta attaccata al mio collo mentre Alyssia alle mie gambe.
"Vedo che sei impegnata, adesso" rivolse un'occhiata fugace alle bambine, per poi sorridermi. E che sorriso.
"Quando si è da sole è sempre così" ridacchiai, poggiando giù Mirabelle che corse di sopra in camera mia, mentre Alyssia si avvicinò a Breanna e Zack.
"Sei da sola?" chiese, così che annuii. "Oh, ma allora loro sono i tuoi.." lasciò la frase in sospeso, ridacchiai e scossi la testa.
"Ho solo diciannove anni" ridacchiai ancora, sentendo le guance avvampare nuovamente.
Sorrise anche lui e per un paio di secondi rimanemmo in silenzio. Fu in quell'arco di tempo che analizzai il suo corpo: portava un paio di jeans strappati che cadevano stretti alle caviglie, una maglia a mezze maniche nera e delle Supra rosse. Aveva il fisico asciutto e le braccia completamente ricoperte da tatuaggi.
E i tatuaggi, in un ragazzo, erano il mio debole.
"Sono Justin" il ragazzo di fronte a me interruppe il silenzio creatosi, portandomi a riallacciare i nostri sguardi. Oh, di nuovo. Il mio povero cuore.
"Rebecca" sorrisi imbarazzata, porgendogli la mano che afferrò in un secondo. Che ti eri preparato?
"Allora dirò a mia madre per un'altra volta" annuii. "E' stato un piacere conoscerti, Rebecca" Il mio nome, sussurrato da quella voce, era così armonioso.
In poco meno di un secondo uscì di casa e andò via, tornando a casa sua. Mi appoggiai alla porta ancora stupita da ciò che era appena successo.
E quegli occhi, oh i suoi occhi.. non volevano più uscire dalla mia testa. Quegli occhi color nocciola, un nocciola tanto acceso, con qualche punta d'oro e di ambra, anche di verde. Mi stavano letteralmente facendo scoppiare la testa.
Decisi di scrivere un messaggio a Charly, doveva assolutamente sapere ciò che era appena successo.

A: Pazza.<3
'Penso di aver conosciuto il nuovo vicino figo.'

Sorrisi soddisfatta, per poi leggere la sua risposta.
I miei occhi leggevano, sì, ma la mia mente non connetteva.
Stavo ancora pensando a quegli occhi, che mi stavano letteralmente mandando in tilt il cervello.

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Buonasera, splendori miei.
Dopo tanto tempo di inattività, eccomi di nuovo qua.
Questa fan fiction la sto scrivendo da tipo.. un annetto? Ma non ho mai trovato il coraggio di pubblicarla.
Be', non volevo deludervi rimanendo a metà e lasciandola incompleta.
MA! Dato che ho già scritto ventuno capitoli, ho pensato che il tempo per finirla c'è e di conseguenza.. perché non tentare?
Anche se sembra uguale a molte storie, è solo l'inizio.
Il meglio arriverà molto presto.

Come primo capitolo, che ne pensate?
La nostra Becky ha conosciuto il suo nuovo vicino, ma cosa le nasconde?

Mi aspetto un vostro parere, tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland'

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Capitolo 2
*** Chapter Two - ***


02. Chapter Two
The Storm.
Chapter Two - "Un passaggio?"

Stupidi compiti. Stupida casa. Stupida contabilità. Stupida pure io che non riesco a fare uno stupidissimo calcolo. Era dall'inizio dell'estate che non facevamo quell'argomento, perché riprenderlo proprio in quel momento e farci una verifica senza nemmeno ripassare? Certo, ero all'ultimo anno.. ma cavolo, un po' di ripasso ci sta sempre.
"Oh.." mi accasciai sui compiti con le mani tra i capelli, non riuscivo a concentrarmi, avevo troppi pensieri per la testa.
"Ti manca la mamma?" mi chiese Mirabelle, guardandomi con quei suoi occhioni grandi. La presi in braccio delicatamente.. se mi mancava? Eccome se mi mancava.
"Sì, tesoro, mi manca tanto." le sorrisi, poggiando il mento sulla sua testa. La cullai piano, odorandole i capelli. Sapevano di fragola, come il suo shampoo della Sirenetta.
"Cosa studi?" chiese ancora, sfogliando le pagine del mio quaderno. Era così concentrata che sorrisi, era curiosa proprio come me. Cercavo sempre risposte, non riuscivo a stare col fiato sospeso per troppo tempo. Per fare un banalissimo esempio, quando cominciavo a leggere un libro lo dovevo finire subito, una volta lessi un libro intero di Nicholas Sparks in una sola notte tanto che mi aveva presa la storia.
"Contabilità, devo fare dei calcoli." risposi a mia sorella, sentendola battere le mani.
"Io sono brava! Mi leggi?" annuii, per poi avvicinarmi al suo orecchio e cominciare a leggere. Sembrava così attenta e così presa, faceva finta di tenere il segno con lo sguardo, infatti osservava il quaderno con molta attenzione.
Leggendo, ricordai anche la spiegazione della signorina Thompson. Diedi a mia sorella una bacio su entrambe le guance ringraziandola, così che andò in soggiorno mentre io finii i compiti. Soddisfatta e stanca morta, posai tutto in cartella e guardai l'orario sul display del cellulare. Erano le sette di sera ed io dovevo ancora fare un sacco di cose. Mi passai una mano sul viso, stanca e scocciata dalla situazione. Però non potevo stare con le mani in mano, dovevo per forza reagire. Per cui scesi di nuovo in cucina e preparai la cena per i bambini, che dovevano andare a letto presto. Mi piaceva cucinare, era il mio passatempo preferito. Il mio, di Ryley e della mamma.
"Bimbi, a tavola!" urlai dalla cucina, per poi fare i piatti e far mangiare i miei fratelli. Lavai e asciugai solo ciò che avevano sporcato, comunque avrei dovuto cucinare una seconda volta per gli uomini di casa per cui non avevo voglia di pulire il pavimento più di una volta.
"Reby, guardi la TV con noi?" mi chiese Alyssia, facendomi spazio sul divano.
"Tesoro, adesso dobbiamo andare a dormire che domani c'è scuola." le porsi la mano che prese dolcemente, per poi salire con i miei cinque fratelli al piano di sopra. Lasciai Alyssia e Breanna nella loro stanza, feci lo stesso con Zackary mentre rimasi con Mirabelle e Jhonny. Entrambi avevano paura del buio, così, non appena si addormentarono, lasciai una lucina a forma di stella vicino la porta d'entrata.
"Reby.." sussurrò Mirabelle, fermandomi sull'uscio della porta.
"Sì?" le chiesi, tenendo la mano sulla maniglia.
"Anche a me manca la mamma." sussurrò ancora, per poi girarsi e addormentarsi. Sospirai, consapevole che la sua mancanza si faceva davvero sentire.
Più che la mancanza, a me struggeva sapere della sua malattia. Rischiava la vita praticamente sempre a causa di quel tumore. La sola idea di perderla per sempre mi procurava un groppo alla gola che non riuscivo a buttar giù nemmeno con un quintale d'acqua. Avevo paura, paura di non poterla stringere, paura di non poter più vedere il suo sorriso. Avevo paura di non poter più cucinare con lei, avevo paura di non poter più ballare con lei. Avevamo solo vent'anni di differenza, era una mamma giovane e piena di vita. Non si meritava quello che stava passando, sopratutto dopo tutti i sacrifici che aveva fatto per crescere me e mio fratello assieme a mio papà.
Non ero pronta a lasciarla andare, non ero pronta a perderla.
Era la mia mamma, e la amavo più di chiunque altro.

Corsi giù, nuovamente in cucina, asciugando una piccola lacrima che era caduta dal mio occhio. Mi rimisi ai fornelli, cucinando per me, Ryley e papà. Sarebbero tornati a breve e dopo una giornata di lavoro avevano bisogno di riprendere le forze. Un po' come me, insomma. Cinque bambini da accudire erano peggio di dieci ore di lavoro continuo, e di straordinario.

Driin. Driin.

Rimasi imbambolata osservando la porta. Ricordi, o più che altro immagini, di qualche ora prima riaffiorarono. Quel ragazzo, Justin, con quegli occhi era riuscito a farmi andare fuori di testa. Charly, poi.. Charly era peggio di una stalker. Aveva idee che non stanno né in cielo né in terra. Voleva che facessi al nuovo vicino un book fotografico, cercando di prenderlo anche mentre faceva la doccia. Cosa al quanto strana, dato che ero solo la sua vicina e non avevo di certo una telecamera a raggi x al posto degli occhi.
Però, chissà che bella visione che sarebbe.
Aggrottai le sopracciglia stupita dai miei pensieri, la sua mania per i ragazzi stava impossessando pure me.
Aprii la porta, venendo immediatamente abbracciata da un Ryley sorridente.
"Sorellina!" urlò, rompendomi un timpano. Meno male che ne avevo un altro.
"Ryley, sono più piccola di soli otto minuti." ridacchiai, stringendolo nell'abbraccio. Mio fratello era un ragazza molto, molto carino. Era alto e slanciato, aveva i capelli marroni né molto corti né molto lunghi e un sorriso stupendo. Se non fosse stato mio fratello, sarebbe sicuramente stato un'ottima preda. "Ciao papà." diedi un bacio a mio padre che, stanco, mi sorrise e mi diede un bacio sulla fronte.
"Ho famissima, cos'hai cucinato?" mi chiese Ryley, sedendosi a tavola e osservando tutti i miei movimenti.
"A voi ho fatto la pasta e come secondo una scaloppina di pollo al limone." feci l'occhiolino a papà, sapevo che la scaloppina era il suo secondo piatto preferito. Infatti mi sorrise.
"Un cena buonissima per una notizia bellissima." si sedette anche lui affianco a Ryley, lo guardai sorridendo mentre aspettavo con ansia una sua risposta.
"E spara!" lo incitò Ryley, dandogli un pugnetto sulla spalla. Papà lo fulmino con lo sguardo, ricevendo in cambio una risatina da parte di mio fratello. Il suo solito.
"Okay, allora.. il mio capo a breve andrà in pensione, così ha deciso di scegliere già da adesso la persona che lo succederà. E indovinate un po'? Suo figlio ha detto che è un imbecille e che non saprebbe dirigere un'intera azienda, così..ha deciso di promuovere me!" esordì, lasciandosi entrambi senza parole. Portai le mani davanti alla bocca e strozzai un urletto, per poi affondare tra le braccia di papà. "Ciò vuol dire che farò, sì, tante ore, ma saranno comunque meno di quante ne sto facendo adesso. Avrò un ufficio tutto mio e sarò io a dirigere tutto. Il mio stipendio sarà più alto e potremmo permetterci una baby sitter, così tu potrai avere più spazio per te." mi sorrise, dandomi poi un bacio sulla guancia.
"Papà, fin quando la mamma non tornerà mi occuperò io dei bimbi. Non voglio che stiano con degli sconosciuti.." mi alzai dalle sue gambe per scolare la pasta e condirla. "Oh, quasi me ne dimenticavo. Sapete che la casa affianco a noi è stata venduta?" chiesi, facendo i piatti.
"Ho sentito qualcosa, ma non essendo mai a casa non ci ho mai fatto caso." Ryley fece spallucce, cominciando a mangiare come se non vedesse un piatto di pasta da ore. Io invece cominciai a scaldare del burro.
"Oggi è venuto un ragazzo a casa, ha detto che è il nostro vicino e che la mamma voleva che andassimo da loro a prendere un caffé." abbassai la fiamma, per poi girarmi verso i due uomini.
"E tu, da sola, hai fatto entrare un ragazzo?" papà alzò un sopracciglio in segno di disappunto, alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia. "Rebecca sai il mio pensiero qual'è"
"Lo so, che con gli sconosciuti non devo parlate eccetera, eccetera, eccetera. Ma ti ricordo che ho diciannove anni, non sono mica stupida che faccio entrare chiunque.." sbottai, poggiando un paio di fette di pollo nell'olio bollente.
"Ma lo hai fatto.." sussurrò Ryley, pensando non lo sentissi.
"Sì, perché Alyssia e Mirabelle hanno cominciato a rincorrersi e Zack e Bre ad urlare. Non potevo chiudergli la porta in faccia, così sono entrata senza pensarci due volte e mi ha pure aiutata con Bre e Zack.. è stato gentile" sorrisi, ricordando il modo in cui quel ragazzo, Justin, era riuscito a far capire a Breanna con calma e tranquillità che non poteva far fare il ruolo della femmina a Zack. Il suo modo di parlare era così calmo e tranquillo.. trasmetteva sicurezza e amore allo stesso tempo.
"Bella imbambolata nel bosco, il pollo sta per bruciarsi" Ryley ridacchiò, notando che mi ero imbambolata a pensare. "Hai già perso la testa? Wow, non ti facevo peggio di Charly." alzai nuovamente gli occhi al cielo, girando il pollo in padella e aggiungendo il succo di limone.
"E comunque, è bella addormentata nel bosco." ridacchiai, prendendo un piatto.
"Fa lo stesso." sbottò Ryley, alzando gli occhi al cielo proprio come me.
Eravamo uguali, completamente. Due gocce d'acqua. Due perfetti idioti, che litigavano e un secondo dopo ridevano come due pazzi.
La conversazione su quell'argomento finì lì, così cominciammo a parlare di altro, come ad esempio il nuovo incarico di papà e la giornata lavorativa di Ryley. Lavorava in un bar quattro giorni a settimana, il martedì, il giovedì, il sabato e la domenica. Il martedì e il giovedì erano i due giorni in cui, data la scarsità di clientela, facevano promozioni per attirare gente e spesso ci riuscivano. Mentre invece, la domenica andava a lavoro giusto la mattina per la colazione, faceva dalle sei alle undici per poi tornare a casa per pranzo.
Gli piaceva il suo lavoro, anche se il suo desiderio era stare più tempo con noi a casa. Sentiva di non fare abbastanza, lo percepivo ogni qual volta guardavo i suoi occhi e notavo quella nota di malinconia dovuta alla mancanza di mamma e dalle conseguenze che ne erano derivate. Lui aveva dovuto abbandonare il ruolo di capitano nella squadra di Hockey della scuola per lavorare, con i compiti e le interrogazioni cercava sempre di dare il massimo anche per il poco tempo e quando stava con i bambini sentiva sempre di dover fare di più per loro.
Nonostante ciò, era un fratello stupendo e un ragazzo dolcissimo. Tutto ciò che faceva lo faceva col cuore e riusciva a svolgere ogni compito sempre al meglio. Amavo questo lato di lui. Anche se stava male, cercava sempre di non dimostrarlo.
Un po' come me, insomma. Anche se stanca, non volevo assolutamente darmi per vinta.
Dovevo farlo per mamma. Dovevo farlo per lei. Per farla stare tranquilla così si sarebbe ripresa presto.
"Domani pomeriggio sono a casa, il mio nuovo turno da capo finirà alle due." sorrise papà, sedendosi sul divano.
"Almeno passeremo un pomeriggio in famiglia." sorrisi dandogli un bacio, per poi cominciare a mettere un po' a posto in cucina e in soggiorno. Insomma, feci quello che potevo, anche perché i bambini dormivano e non potevo fare tanto chiasso. "Che ore sono?" chiesi, disturbando i due uomini che guardavano la partita.
"Le dieci e mezza." sbadigliò Ryley.
"Io vado, bambini miei." papà diede un bacio a entrambi, per poi salire al piano di sopra e andare a dormire. Io e Ryley rimanemmo ancora un po' in soggiorno, guardando la TV.
"Ryley vado anch'io che domani ho un compito alla prima ora." sbadigliai ancora, notando che era passata mezz'ora da quando papà era andato a dormire.
"Vengo anch'io." mio fratello spense la televisione e salì le scale con me, salutandomi non appena arrivai alla mia camera.
Finalmente sola, passai una mano tra i capelli, sentendoli sporchi. Anche se ero dannatamente stanca, feci un doccia veloce e asciugai i capelli. In intimo uscii dalla stanza e andai verso la scrivania, presi un elastico e legai i capelli in uno chignon malandato.
"Dove ho messo il pigiama?" sussurrai a me stessa girando per camera. Poggiai entrambi le mani dietro al collo e chiusi gli occhi cercando di ricordarmi: non era né sotto il cuscino né nell'armadio. Riaprii gli occhi e guardai, istintivamente verso la finestra. Aveva le tende completamente aperte, sobbalzai e le chiusi velocemente prima che qualcuno potesse vedermi.
"Che stupida, ma io l'ho messo a lavare!" sussurrai ancora dandomi un leggero schiaffetto sulla fronte, la mia demenza superava ogni limite possibile e immaginabile. Presi dall'armadio una maglia e un leggins, dato che non avevo altri pigiami.
Piccolo appunto per domani: fare il bucato.
Sospirai, mettendomi a letto. Avevo un sonno pazzesco, ma ugualmente non riuscivo a dormire. Pensavo, pensavo a quel ragazzo, ancora. Lo avevo conosciuto appena poche ore prima, eppure già mi stava facendo impazzire. I perché potevano essere potenzialmente due: o non avevo una relazione da troppo tempo, o quel ragazzo aveva qualche specie di superpotere così da attirare ogni ragazza. Ma anche i ragazzi, credetemi.
Mi rigirai a letto, sperando di dormire. Così cominciai a canticchiare una ninna nanna che spesso mamma mi cantava quand'ero piccola, e in breve tempo riuscii rilassarmi e ad addormentarmi di conseguenza, sognando un paio di occhi color nocciola.

-

"Mi scusi, dovrei uscire adesso." portai il libretto alla vicepreside, nonché anche zia di Charly. Mi sorrise dolcemente, era già al corrente di tutta la mia situazione e spesso dovevo uscire prima per andare a prendere i miei fratelli.  In quel caso, Mirabelle e Jhonny uscivano alle dodici e trenta, a differenza degli altri giorni, che tornavano a casa alle due.
"Ecco a te." le sorrisi, per poi scappar via ed entrare in macchina. Sapevo di dover andare a prenderei bimbi prima a scuola, così invece di tornare a casa a posare la moto avevo chiesto a Ryley di prestarmi la sua macchina mentre io gli avevo prestato la mia Ducati.
Se dovesse rompermela potrei ucciderlo, pensai.
Arrivai all'asilo in poco meno di venti minuti, mancavano giusto dieci minuti e sarebbero usciti tutti i bambini. Decisi ugualmente di scendere, così mi poggiai ad un paletto proprio fuori l'uscita dei bambini.
"Rebecca?" mi girai di scatto corrugando le sopracciglia, trovandomi di fronte quegli occhi che mi avevano assillato per l'intera giornata.
"Hei, Justin." sorrisi imbarazza. "Scusami, non ti avevo visto." abbassai lo sguardo, sentendomi avvampare. Heilà, ciccia? Ti riprendi o devi fare la cretina ancora per molto?
"Non preoccuparti, sono arrivato adesso. Mamma si è approfittata della mia macchina ed io ci ho messo mezz'ora per arrivare da casa a piedi." si grattò il collo, ridacchiai.
"Vi siete trasferiti da poco?" gli chiesi,poggiando le mani in tasca. Idiota, è normale che si sono trasferiti da poco. Li hai mai visti vicino al tuo appartamento? No.
"Sì, veniamo dal Canada. Sai com'è, mamma è stata trasferita e noi ci siamo trasferiti con lei." spiegò, avvicinandosi a me. Bello, almeno cinque metri di distanza che altrimenti mi sciolgo e non. va. bene.
"Ti capisco perfettamente," cominciai, guardando il cancello. "a papà offrirono un posto che proprio non poteva rifiutare e, anche se mamma non voleva, ci siamo trasferiti. Però qui si sta bene, almeno non piove sempre come in Inghilterra." ridacchiai. Brava bimba, continua così e penserà che sei normale. "Aspetti i tuoi fratelli?"
"Mio fratello, Jaxon." disse, nel momento esatto in cui si aprirono i cancelli. Entrai seguita da Justin nella scuola e chiesi dei gemellini, mentre Justin chiese di suo fratello. Una bidella ci disse che stavano giocando nella stessa stanza, così entrammo nell'aula.
"Rebby!" gridarono Mirabelle e Jhonny, saltandomi tra le braccia. Li abbracciai forte.
"Piccole pesti!" li baciai entrambi. Vidi Justin prendere in braccio suo fratello e baciarlo, era così tenero in quel momento che avevo quasi voglia di.. Rebecca, frena gli ormoni. Sussurrò una vocina nella mia testa. "Perché devi sempre rompere?" pensai ad alta voce, ricevendo un'occhiata confusa da parte di Justin. Ecco, vedi? Adesso penserà che sei pazza perché stai parlando da sola. Mi diedi un leggero schiaffo sulla fronte, cercando di far star zitta quell'odiosa vocina, anche chiamata coscienza.
Cambiai le scarpe ai miei fratellini e presi le loro cose, per poi prenderli per mano. "Un passaggio?" chiesi a Justin, che aveva già suo fratello sulle spalle. "Sai, abito vicino a te." continuai, pentendomene subito dopo.
"Molto volentieri." ridacchiò, per poi uscire.

-"Bene, adesso hai uno dei ragazzi più carini che tu abbia mai visto seduto al tuo fianco in macchina. Farai ancora la gallina arrapata o la persona normale?"-
Ottima domanda, Watson.
Ottima domanda. 

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Buonasalve, splendori miei.
Tadaaa! Sono già tornata.
Strano eh? Tanto tempo inattiva, poi due capitoli nel giro di.. tre giorni?
Sì, lo so. La normalità non è il mio forte.

Ma a dire il vero, volevo fare una sorpresa ad una persona che mi ha supportata tanto e mi ha dimostrato il suo amore.
Dato che non è al massimo, avevo pensato di farle una sorpresa.
E inoltre, volevo ringraziare tutte voi per le  visite e le recensioni.
Ultimamente noto che ci sono davvero poche persone attive qui su efp, ma che ne dite?
Provate a dirmi cosa ne pensate?
Ovviamente non vi obbligo mica amorucci c:
Solamente, mi piacerebbe conoscere le vostre idee. Anche quelle contorte, no problem.

Allooora, cosa mi raccontate di bello?
Sono cambiate un sacco di cose da 'Do you believe in love?'.
Prima di tutto, mi sono fidanzata. Stiamo insieme da quasi tre anni ed è anche un po' per questo che non ho più pubblicato nulla,
volevo far capire al mio lui che lo amo da morire dandogli il meglio che posso dargli.
Ma ugualmente, il desiderio di scrivere è rimasto, com'è rimasta la voglia di tornare a rompervi le scatole.
O a farvi compagnia, decidete voi girls. LOL.
Non mi sono dimenticata i tempi d'oro che abbiamo avuto.
Mi mancava troppo la voglia presenza.

Come sempre, ricordatevi che io ci sono per qualsiasi cosa.
In un messaggio qui su efp,
in un DM su Twitter,
io ci sono.
In questi anni ho capito una cosa, non possiamo combattere le nostre paure da sole.
Per cui, come sono stata aiutata io, voglio aiutare chi me ne dà la possibilità.

GRAZIE INFINITE PER AVER RECENSITO IL CAPITOLO PRECEDENTE.
GRAZIE INFINITE A TUTTE VOI.

Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

Seguitemi su Twitter se vi va (chiedete il follow back c:).
Se volete, qui c'è il mio Instagram (chiedete il follow back sotto una foto).
Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland'

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Capitolo 3
*** Chapter Three - ***


03. Chapter Three
The Storm.
Chapter Three - "Quale impegno?"

"Quindi oggi pomeriggio siete tutti a casa." esordì Justin, guardando i bambini giocare in giardino. Avevamo parlato per tutto il viaggio del ritorno, aveva una voce così tranquilla che riusciva a trasmettere tranquillità anche a me.
"Mancherebbe solo la mamma, ma lei è..impegnata." mentii, sentendo un peso sullo stomaco. Non mi piaceva mentire, sopratutto in quei casi.
"Allora verreste a casa nostra nel pomeriggio?" mi chiese, girandosi verso di me e incrociando il mio sguardo. Finalmente.
"Be', dovrei chiedere se papà ha altri impegni, ha appena avuto una promozione e non so cosa comporta.. Potrei farti sapere." abbassai lo sguardo, non riuscivo più a reggere quell'unione troppo forte.
"Potresti darmi il tuo numero." sussurrò, avvicinandosi al mi orecchio. Instintivamente arrossii come una cretina.
Rebecca, calmati, ti ha solo chiesto il numero, anzi, tecnicamente non te l'ha nemmeno chiesto. Quella stupida vocina mi stava dando sui nervi, altamente.
"Potresti darmi il tuo cellulare, o saresti in grado di ricordare tutte le cifre a memoria?" alzai un sopracciglio sfidandolo, ma persi non appena si leccò le labbra per poi sorridere.
Le sue labbra erano così desiderabili. Erano chiare e gonfie, ma non troppo. Sembravano così morbide da poter baciare e sopratutto mordere e..
Rebecca, ti sta porgendo il cellulare da due minuti mentre tu lo stai scopando con gli occhi. SVEGLIA. Sussultai e, arrossendo sempre più, presi il suo cellulare e digitai velocemente le cifre che componevano il mio numero.
"Le tue mani sono velocissime.." sussurrò, facendomi arrossire sempre di più. Ma solo io notavo una nota di doppio senzo?
"Quando hai cinque fratelli da accudire impari a fare tutto velocemente." ridacchiai, per poi porgergli nuovamente il cellulare. Mi girai e cominciai a camminare verso casa seguita da Mirabelle e Jhonny, sentendo però il suo sguardo penetrarmi. "Rebecca?" mi girai immediatamente.
"Sì?" chiesi, aggrottando le sopracciglia.
"A dopo." mi sorrise, per poi scomparire dentro casa sua.
Sorrisi anch'io, per poi entrare. Non parlavo così tanto con un ragazzo da anni ormai, da quando mamma si era ammalata. Avevo abbandonato la mia vita sociale ma non Charly, con lei ero in grado di parlare anche una nottata intera. Ma Justin, era così carino e dolce nei miei confronti..
"Justin è il tuo amico del cuore?" mi chiese Mirabelle, facendomi sussultare. Magari, pensai. Magari ad averlo un ragazzo così bello come fidanzato.
"No, tesoro, come puoi pensarlo?" le chiesi a mia volta, fiondandomi in cucina.
"Meglio, perché tu sei mia." urlò Jhonny, prima di abbracciarmi.
Come potevo non amarli?
"Chi è il tuo fidanzato?" chiese Ryley entrando in cucina, con gli occhi completamente infuocati. Era sempre stato un fratello iperpossessivo e iperprotettivo. Anche se eravamo gemelli e desiderava proteggermi, poteva anche fare a meno di far scappare tutti i ragazzi che mi si avvicinavano. Come quel Toby del corso di elettronica. Cavolo se era bello, ma il mio caro fratellino, non appena aveva saputo che saremo usciti insieme gli ha tipo bucato tutte le ruote della macchina. Non so se mi spiego.
"Justin." rispose Mirabelle al mio posto, saltandogli addosso. Mi appoggiai al marmo della cucina per poi passarmi le mani sulla faccia, stava per scatenarsi l'inferno.
"Non è il mio fidanzato, gli ho solo dato un passaggio fino a casa." mi avvicinai a Ryley. "E comunque, ciao anche a te." gli baciai una guancia, ricevendo in cambio un grugnito.
Gli diedi le spalle e mi misi ai fornelli, cominciando a cucinare.

Dopo mangiato si è sempre più stanchi, ma io ovviamente non potevo permettermelo. Papà e Ryley giocavano con i bambini mentre io ero intenta a pulire tutta la cucina. Alyssia aveva fatto volare la pasta ovunque, mentre papà aveva fatto cadere una bottiglia d'acqua a terra. Insomma, se dovevo giudicare e dire chi aveva combinato più guai sicuramente avrei detto papà, ma era di famiglia essere imbranati. Così, non appena finii di pulire la cucina, salii di sopra e pulii un po' tutte le camere da letto e il corridoio.
Avevamo una casa abbastanza grande grazie al lavoro di mamma. Era un chirurgo, era bravissima nel suo mestiere. Aveva passato tutta la sua vita in ospedale, e purtroppo stava anche per perdere la vita in uno stupido ospedale. Percorsi il lungo corridoio bianco, dov'erano appesi i vari quadri di famiglia. Arrivai in uno stanzino dove avevamo messo tutto l'occorrente per pulire casa e posai al suo interno ciò che avevo preso poco prima. Ne avevo approfittato del fatto che fossero tutti in salotto, almeno avevo modo di fare le cose in pace. Non mi piaceva molto pulire, preferivo farlo quand'ero in casa da sola e con la musica a palla, così potevo scatenarmi senza essere presa in giro. Insomma, avevo diciannove anni e non uscivo mai di casa, dovevo pur sfogarmi in qualche modo.
Non appena finii di sistemare le camere di tutti, andai in camera mia per sistemarla. Cominciai col fare il letto, mi piaceva il copriletto che mi aveva regalato la nonna dall'Inghilterra.

'Wen I met you in the summer, to my hertbeat suond. We fell in love, as the leaves turned brown.' mi girai verso il mio cellulare che squillava, mi avvicinai alla scrivania dove lo avevo precedente poggiato e lo presi tra le mani. Era un numero che non avevo salvato in rubrica.
"Pronto?" chiesi, prendendo in mano il portapenne e un paio di fogli che dovevo mettere a posto.
"Hei, Rebecca." il portapenne mi cadde da mano, così come i fogli. Era Justin.
"Hei, Justin." lo imitai, riprendendomi dallo choc. "A cosa devo questa chiamata?" chiesi, raccogliendo da terra i fogli e il portapenne.
"Girati verso la finestra." ridacchiò, corrugai le sopracciglia e feci come mi disse. Lui era dall'altro lato del vialetto, in quella che doveva essere la sua camera, e mi stava salutando con la mano. Alzai anch'io piano la mano, salutandolo. "Comunque ti ho chiamata per sapere cosa ha detto tuo papà." lo notai sedersi sul bordo della finestra, mi mordicchiai un'unghia dal nervoso. E menomale che avevo fatto la ricostruzione.
"Cavolo, non ho ancora chiesto!" mi picchiettai una mano sulla fronte, provocando la sua risata. Era stupenda anche da dentro uno stupido aggeggio elettronico.
"Va a chiedere adesso." mi incitò, facendomi un gesto dalla sua finestra. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, facendo svolazzare una ciocca di capelli marroni.
"Devo proprio?" mi lamentai, provocando la sua risata. Mi sedetti anch'io sul bordo della finestra, guardandolo attentamente. Non volevo assolutamente allontanarmi e perderlo di vista, anche se solo per un secondo.
"Sì, ti chiamo tra cinque minuti." mi fece un'occhiolino, per poi attaccare. Sbuffai ancora, perché dovevo perdermi quella scena stupenda? Scocciata, finii di mettere a posto quelle poche cose che rimanevano e scesi in salotto, sedendomi sulle gambe di Ryley.
"Oggi ho incontrato Justin, il figlio dei nuovi vicini," cominciai deglutendo, attirando lo sguardo di papà, ma sopratutto, di Ryley. "mi ha chiesto se volevamo andare da loro per prendere un caffé e conscerci meglio." gesticolai, per poi grattarmi la nuca. "Cosa gli dico?" storsi il naso e guardai un punto x nella stanza, non mi sarebbe dispiaciuto stare il pomeriggio con lui.
"Fa venire loro qui, se proprio vogliono." sbottò papà, alzandosi e prendendo il cellulare. "Però alle sette vado che non vedo la mamma da martedì." annuii e presi il cellulare, quando Justin mi richiamò. Ryley si sporse per vedere chi fosse a chiamarmi, ma io corsi di sopra a rispondere.
"Papà mi ha chiesto se volete venire voi qui, anche adesso." dissi  senza fiato e velocemente, farsi tre rampe di scale a chiocciola correndo solo per non essere sentite non era facile.
"Sicura? I miei fratelli sono terribili, ti metteranno la casa sotto sopra." ridacchiai e mi diedi uno schiaffetto sulla fronte, ma ricordava che avevo cinque fratelli piccoli?
"Justin, ho cinque fratelli. Due bimbi in più o due bimbi in meno non è che facciano la differenza." scossi la testa e ridacchiai ancora. "Vi aspettiamo." dissi, per poi attaccare. Mi dispiaceva un sacco, ma dovevo prepararmi. Così mi spogliai velocemente e misi un jeans a vita alta chiaro, una maglia bianca con delle collane disegnate e una camicia a quadri che andava dal viola al lilla, e aveva anche alcuni richiami in bianco. Volevo per lo meno sembrare presentabile, in tuta non lo ero un granché. Indossai delle Air Max bianche, un po' di profumo e via!
Scesi di corsa le scale e mi fiondai in cucina. Dato che non erano ancora arrivati ne approfittai per fare un dolce, o meglio, presi un ruoto, versai al suo interno due buste di preparato per dolci e infornai. Veloce e buonissimo, brava Becky.
"Ti sei vestita così carina solo perché viene il nuovo vicino?" mi fulminò Ryley, prendendomi a mo di sposa. Alzai gli occhi al cielo e gli picchiettai un braccio.
"Stupido." arrossii per poi scendere dalle sue braccia. "Posso vestirmi come mi pare." annuii a me stessa e mi fiondai alla porta, non appena sentii il campanello. Feci un respiro profondo e aprii, ritrovandomi davanti uno dei sorrisi più belli del mondo.
"Buonasera, entrate pure." sorrisi gentilmente, facendo spazione. Entrarono prima due bambini, un maschietto e una femminuccia. "Ciao Jax!" gli scompigliai i capelli, mi abbracciò.
"Hai campione, ha già fatto colpo." Justin fece l'occhiolino a suo fratello, che gli diede un pugno e scappò da Jhonny che quel pomeriggio non aveva voluto fare il suo solito sonnellinno.
Justin aveva una famiglia stupenda. Pattie era una donna molto dolce e comprensiva. Non era alta quanto il marito o il figlio, ma aveva degli splendidi occhi blu e un sorriso che faceva invidia. Era molto giovane per avere un figlio così grande, eppure aveva una forza assurda. Jeremy, invece, era piuttosto alto e, come il figlio, aveva più tatuaggi. Era molto simpatico e anche a lui piaceva molto l'hockey come a mio papà e mio fratello, infatti tutti e quattro gli uomini cominciarono a parlare di hockey in salotto mentre io e Pattie restammo in cucina a preparare la merenda.
"Da quanto tempo siete qui a Los Angeles?" mi chiese Pattie, tagliando la torta in tredici fette. I capelli le scendevano lungo il viso ed erano in perfetto contrasto con i suoi occhi blu.
"Da dieci anni, ma ci sono ancora cose a cui devo abituarmi." ridacchiai. "Ad esempio il caldo che fa qui, in Inghilterra non si toccano i trenta gradi nemmeno in estate mentre qui è normale sfiorare anche i quaranta."
"Effettivamente sarà difficile anche per noi che veniamo dal Canada." esordì, le passai un piatto per poter mettere al suo interno le varie fettine di torta. "Tua mamma non è in casa? Mi sarebbe piaciuto tanto conoscerla, ho saputo che è un bravissimo chirurgo." sospirai e presi dei bicchieri.
"Purtroppo è in ospedale." deglutii, posandoli sul tavolo.
"Be', è il suo lavoro no?" mi sorrise rassicurante, le sorrisi anch'io con rammarico. "O no?" ripetè, notando la mia espressione.
"A dire il vero, non penso sia il suo lavoro stare su un lettino e lottare contro un tumore." deglutii ancora, per poi sospirare. Pattie rimase per un secondo bloccata e con la bocca socchiusa, pochi secondi dopo però mi abbracciò forte.
"So che non è facile e so che non mi conosci ancora bene, ma sappi che puoi contare su di me." mi staccai piano dal suo corpo e le sorrisi. "Va bene?" annuii.
La moka si riempì di caffé, così che tutti gli elementi erano pronti. Portai sul tavolino in salotto il dolce, il succo di frutta, il caffé e i vari bicchieri. Era bello avere compagnia, finalmente non mi sentivo più tanto sola in una casa enorme. Justin osservava ogni mio movimento e sinceramente mi sentivo un po' sotto pressione, i suoi occhi erano così magnetici e penetranti.. quei suoi occhi color caramello, i più belli che avessi mai visto. Per alcuni poteva anche non essere così, ma quegli occhi erano davvero magici per me. Avevano un non so cosa di speciale, mi riuscivano a trasmettere sicurezza e pace. Ma anche confusione e imbarazzo, proprio come in quel momento. Sentivo il suo guardo fisso e avevo paura di arrossire da un momento all'altro. Ryley sembrò accorgersene, così che chiese a Justin di salire di sopra per scegliere un videogioco con cui giocare. Justin annuì e lo seguì, mentre io da stupida mi persi a fissare il suo fondoschiena salire le scale a chiocciola.
Era davvero bello. E non il fondoschiena, anzi, anche il fondoschiena.
Ma lui, lui era bellissimo.

-

Si erano fatte le sei, e la testa mi stava scoppiando. I bambini giocavano tranquilli e tutti parlavano tra di loro, eppure sentivo che non era giusto ciò che stavamo facendo. La mamma non c'era e noi ci stavamo divertendo, senza di lei. Lei era su un letto di ospedale e noi a fare amicizia con i nuovi vicini. Mi sembrava tutto maledettamente sbagliato, così decisi di salire un po' in camera mia.
"Scusate, vado un attimo al bagno." dissi, per poi scomparire. Era passata mezz'ora ma di scendere non ne volevo sapere. Preferivo stare chiusa in camera, da sola, piuttosto che fare un torto del genere alla mamma. Non era giusto, non era affatto gius..

Toc. Toc. Toc.


Mi girai di scatto verso la porta. "Avanti." dissi con voce flebile, per poi stendermi di nuovo.

"Non ti senti bene?" mi chiese una voce, che riconobbi come quella voce. I brivi mi corsero dietro la spina dorsale e mi immobilizzai. "Sei qui da più di mezz'ora." continuò, avvicinandosi sempre più. Solo guando sentii la sua mano accarezzarmi la schiena, decisi di alzarmi. A malavoglia, ma lo feci. Mi sedetti sul letto.
"E' tutto okay." gli sorrisi con un sorriso che di più falsi non se ne vedevano in giro.
"Non sembra." si sedette al mio fianco, guardandomi negli occhi. "Cosa c'è che non va?" abbassai lo sguardo e sospirai, non avevo voglia di raccontargli tutto. E lui sembrò capirmi. "Permettimi di fare questo allora." sussurrò, per poi avvicinarsi piano al mio corpo e stringermi in un abbraccio.
Uno di quegli abbracci che ti rassicurano, che ti danno forza. Uno di quegli abbracci che solo poche persone riuscivano a darti, uno di quegli abbracci che desideri ricevere ogni qual volta ne senti il bisogno. Poggiai la testa tra l'incavo del suo collo, sentendo il suo profumo. One Million, era un odore inconfondibile. Mi lasciai cullare dalle sue braccia per un paio di minuti, mi sentivo così protetta e dannatamente bene.
"Sai, Becky, dovresti chiudere le tendine quando ti cambi.." mi sussurrò Justin all'orecchio, facendomi sussultare. Sbarrai gli occhi e mi staccai, dandogli poi uno scappellotto dietro la testa.
"Sai, Justin, dovresti chiudere gli occhi quando vedi qualcosa del genere." gesticolai e mi corprii il viso con un cuscino dall'imbarazzo. "Sapevo io che prima o poi sarebbe successo." mormorai, sentendo la sua risata accentuarsi sempre di più.
"Becky credimi, uno spettacolo così bello non lo vedevo da tanto." ridacchiò ancora, per poi abbracciarmi ancora e poggiare il mento sulla mia spalla.
"Adesso non avrò più il coraggio di guardarti in faccia." mormorai ancora con la testa contro il cucino, completamente rossa.
"Sai quante ragazze non dovrebbero guardarmi più in faccia, allora?" ridacchiò, cullandomi ancora come faceva prima. Corrugai le sopracciglia e sentii qualcosa allo stomaco. Dalla sua affermazione mi aveva fatto capire di aver visto nude tante ragazze, ma era una cosa di cui non doveva importarmene. Insomma lo conoscevo da un giorno e mezzo e mi aveva solo abbracciata, la vita era sua e poteva farci ciò che voleva. Ma allora perché un fuoco si accese dentro di me e la voglia di far diventare sterili tutte quelle ragazze era diventata sempre più forte?
"Justin, dobbiamo andare." irruppe in camera Jeremy, che non appena notò che suo figlio mi stava abbracciando si irrigidì subito. "Adesso." sottolineò, lasciandomi ancora più perplessa.
"Ci sentiamo dopo." Justin si alzò e mi lasciò un bacio sulla fronte, per poi uscire dalla stanza velocemente dietro suo padre.
"Ma sei pazzo? Non puoi comportarti così con una ragazza che hai conosciuto appena, ricordati del tuo impegno." sentii dire da Jeremy, e il che mi incuriosì parecchio.

Che impegno?

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Buonaseraaa!
Mie dolci donzelle, ciao!
Come state oggi, tesori miei? Io ancora un po' scossa..
Da cosa? Dal Purpose Tour.
Purtroppo non ero presente e ciò mi fa star male, ma so che tutte quante noi siamo importanti per Justin non solo chi va al concerto.
Alla fine, è grazie al sopporto di tutte noi messe insieme che Justin va avanti.
Per cui, sapere che nel mio piccolo ho uno scopo mi fa star meglio.
Voi avete assistito al concerto, tesori miei?
Com'è andata, com'è stato, che emozioni avete provato?
Voglio sapere tuuuuttissimo!

Ma bando alle ciance! E ciancio alle bande.
I nostri amici qui non sono troppo dolciosi?
Io sto cominciando a shippare questa coppia, i Jecky lol.
Ma voglio sapere i vostri commenti tesori miei.
Come vi è sembrato il capitolo?


Mi aspetto un vostro parere, tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland'
Ah, sto scrivendo una nuova FF, passate anche qui 'Look in my eyes, what do you see?'
 

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Capitolo 4
*** Chapter Four - ***


04. Chapter Four
The Storm.
Chapter Four - "Ti va di fare un giro?"


Avete presente quel momento in cui hai un sonno pazzesco, tanto forte da addormentarti mentre stai svolgendo un qualcosa magari anche di importante, ma che appena ti metti a letto il sonno scompare? Ecco, io stavo affrontando un momento simile.
Mi girai e mi rigirai tra le lenzuola, ero ormai diventata come la carne avvolta in una piadina per fare i kebab. Non riuscivo a dormire, eppure avevo passato una giornata lunga e stressante. Erano le due di notte e i pensieri non facevo altro che affollare la mia mente. La frase di Jeremy, che aveva detto a Justin quasi sussurrando ma che io, avendo un super udito, avevo sentito mi stava tormentando. Che impegno aveva Justin? Aveva fatto un giuramento di castità? Aveva giurato di non toccare una ragazza?
O magari sei tu il problema, Becky.
Mi ripeteva la vocina idiota che spesso mi disturbava. Davvero, stavo cominciando a non sopportarla. "Prima mi piacevi, sai?" sussurrai tra me e me, stringendo il cuscino al petto. Le palpebre di stare chiuse non volevano saperne, così le chiusi con prepotenza e strizzai gli occhi, provocandomi solo dolore.
Sbuffai e mi alzai dal letto, cominciando a camminare per la stanza. Cosa potevo fare alle due di notte? Di certo, non potevo mettermi a cantare o a ballare. Così aprii la finestra e mi affacciai, guardando il cielo. Era di un blu molto, molto scuro. Il solito blu notte. Ciò che però faceva la differenza, erano le stelle. Quelle miriadi di stelle. E la luna, la luna era la protagonista indiscussa. Era piena quella notte, e lucente più che mai. Mi fermai ad osservarla e a contemplare la magnificenza della creazione. Era tutto così stupendo e perfetto per essere nato per caso, come insegnano a scuola. Come potevano le stelle e i pianeti essere allineati così perfettamente dopo un'esplosione? Come ha potuto un'esplosione aver creato l'intero universo? Come ha potuto un'esplosione creare così tante forme di vita autonome? La Terra stessa è un'eccellente esempio di come non sia stata un'esplosione a creare tutto: se ci trovassimo anche solo di poco più vicino al sole la Terra sarebbe inabitabile per il troppo caldo, se ci trovassimo più lontani dal sole ci sarebbe troppo freddo. Come può il caso aver creato tutto questo? Non può, ecco la risposta. E' tutto troppo perfetto per essere stato frutto del caso.
Spostai lo sguardo dal cielo alla casa di fronte a me, specialmente alla camera di Justin. Si riusciva a notare la luce di un'abat-jour accesa. Forse è sveglio, pensai.
Avevo voglia di scrivergli, avevamo scambiato un paio di messaggi da quando era andato via ma nulla di più. Avevo voglia di vederlo, ma era notte fonda.
Forse, però, nei miei sogni sarei riuscita a incontrarlo..

Click clock.

Aggrottai le sopracciglia e mi girai verso il mio cellulare, mi era appena arrivato un messaggio. Lentamente, per non svegliare tutti, aprii la chat di whatsapp per poi notare un messaggio da Charly. Sorrisi, guardando la sua immagine del profilo. Eravamo io e lei qualche giorno fa, mentre provavamo un nuovo vestito. Sia papà che Ryley erano a casa così ne avevo approfittato per passare un paio di ore con la mia migliore amica.

Da: Pazza.<3
'Dormi?'
Ridacchiai, guardando poi l'ora. Erano le due e mezza e lei aveva pure il coraggio di chiedermelo?

A:Pazza.<3
'Anche se ti avessi risposto di sì mi avresti svegliata, ma tanto non riesco a prendere sonno per cui ti sei salvata in calcio d'angolo. ;)'

Da:Pazza.<3
'Scusa patata! Domani mattina solito programma?'

A:Pazza.<3
'Se vuoi certo, poi se ti va possiamo andare a mangiare una pizza per pranzo, Ryley dovrebbe stare a casa per le due e ho già preparato il pranzo per domani.'

Da:Pazza.<3
'PIZZA. PIZZA. PIZZA.*-* Fatti venire più spesso queste idee! Notte patata.<3'

A:Pazza.<3
'Pizza=pazza proprio come te lol. Notte pazza.<3'

Sorrisi e mi sedetti di nuovo sulla finestra a osservare il cielo. L'indomani sarebbe stato sabato e il sabato era uno dei miei giorni della settimana preferiti. Oltre a non avere scuola, potevo anche pulire casa in grazia di Dio senza i bambini che sporcassero tutto. Inoltre, potevo andare all'ospedale a trovare la mamma. Il tutto con Charly, così potevamo stare insime almeno un giorno e divertirci come ai vecchi tempi.

Click clock.

Nuovamente la suoneria del mio cellulare mi fece tornare alla realtà. Ma chi poteva essere? Charly mi aveva appena salutato e Ryley sarebbe venuto in camera se aveva bisogno di qualcosa. Sbloccai subito la schermata, notando che era un messaggio normale. Lo aprii alla svelta e, non appena notai, il destinatario sorrisi subito.

Da: VicinoSexy.
'Non riesci a dormire?' mi girai immediatamente verso la sua finestra, notando che stava anche lui guardando fuori. Lo salutai con un gesto veloce della mano, mi sorrise di rimando.

A: VicinoSexy.
'I pensieri non vogliono abbandonarmi.' sorrisi sconfortata, sentendo un gran peso sul cuore. Gli avrei dovuto dire che era la frase di suo papà a rendermi così pensierosa?

Da: VicinoSexy.
'Ti va di fare un giro?' aggrottai le sopracciglia e mi girai a guardarlo. Semplicemente fece spallucce e mi indicò il cellulare. Voleva una risposta.

A: VicinoSexy.
'Alle due di notte? o.o' mi mordicchiai un unghia, ringraziando ancora Polly l'estetista, era un angelo quella donna e se non fosse stato per lei in quel momento mi sarei ritrovata le unghie più corte di una briciola di pane.

Da: VicinoSexy.
'Alle due di notte, sì. Allora, ti va di uscire con me?' arrossii immediatamente, perché doveva essere così schietto?

A: VicinoSexy.
'Solo se mi porti in spiaggia.' lo guardai aspettando una risposta, che non tardò ad arrivare.

Da:VicinoSexy.
'E che spiaggia sia, miledy.' sorrisi e scesi dal davanzale, lo guardai farmi un occhiolino e di rimando chiusi le tende, così non avrebbe potuto spiarmi.

Forse era una pazzia uscire alle due di notte con un ragazzo, ma poco mi interessava. Mi aveva espressamente chiesto di uscire e sinceramente non volevo farmi scappare l'invito. Così aprii l'armadio, presi un paio di jeans attillati, una maglia nera con la scritta REBEL in bianco e un giacchetto nero con delle borchie sulle spalle. Indossai le scarpe nere borchiate e pettinai i capelli, rendendoli abbastanza presentabili. In pochi secondi passai la matita all'interno dell'occhio e un po' di mascara per rendere le ciglia più lunghe. Mi guardai allo specchio abbastanza soddisfatta, ed erano passati meno di quindici minuti.
Notai l'orario e le tre erano appena scoccate. Così presi le chiavi, il cellulare e uscii piano di casa, senza svegliare nessuno. Justin era già pronto fuori casa sua, con un sorriso davvero bello e smagliante.
"Hei." gli picchiettai la spalla e gli sorrisi, ricevendo in cambio un suo sorriso.
"Hei." ricambiò il saluto, dandomi un bacio sulla guancia. E avevo ragione. Le sue labbra erano davvero morbide. "Pronta?" mi chiese, estraendo le chiavi dell'auto. Annuii semplicemente, per poi entrare nella sua Range Rover rigorosamente nera.
"Piuttosto, sai dove andare?" gli chiesi, ricordando che era appena arrivato dal Canada. Scosse la testa ridacchiando.
"Avevo pensato di andare a caso e di usare il mio super istinto, ma se lei, signorina, ha voglia di spiegarmi cortesemente la strada, sappia che lo gradirei molto." mi fece un'occhiolino, cominciando a guidare dalla parte opposta alla spiaggia.
"Come prima cosa, inverta subito la sua rotta che da quella parte si arriva in autostrada." ridacchiai e subito fece un inversione a U facendomi sballottolare a destra e a sinistra. Be', cominciamo benissimo.
In una quindicina di minuti arrivammo in spiaggia, sani e salvi per nostra fortuna. Tolsi scarpe e calzini, toccando con le dita nude dei miei piedi la sabbia. Era fresca e sembrava quasi bagnata, ma era una sensazione bellissima. Chiusi gli occhi e lasciai che il venticello fresco scompigliasse i miei capelli, l'odore salmastro proveniente dal mare si sentiva parecchio.
Deficiente, sei su una spiaggia.. sussurrò la mia voce. Pronta a rovinare ogni fottuto momento.
"E' bello qui." Justin ruppe il ghiaccio, cominciando a camminare verso la riva.
"Be', qui è diverso. Sia tu che io proveniamo da ambienti completamente diversi. Quasi mi sorprende il fatto che non ci sia una festa in questo momento." esordii avvicinando a lui, l'acqua del mare cominciò ad infrangersi contro i miei piedi provocandomi un brivido, un brivido piacevole però.
"D'estate dev'essere bellissimo.." chiuse gli occhi, mentre io mi girai verso il suo viso.
"Che immagini, già le ragazze in costume?" ridacchiai, sentendo però un bruciore allo stomaco.
"Forse." ridacchiò, per poi guardarmi negli occhi. "Ti va di fare un bagno?" mi chiese, di punto in bianco. Spalancai gli occhi e lo guardai ridacchiando.
"No, grazie." alzai le mani in segno di resa e arretrai. "Non sia mai uno squalo viene a sbranarci.." portai le mani davanti alla bocca e mi 'finsi' spaventata, perché in realtà avevo davvero paura degli squali.
"Hai paura di essere sbranata da uno squalo?" alzò un sopracciglio e si avvicinò a me. "Dai, solo un tuffo e poi saliamo." mi prese per i fianchi e mi avvicinò a sé con uno strattone.
"Ma non ci tengo proprio, passo grazie." cercai di girarmi, ma le sue mani erano ben piantate sui miei fianchi. Imbarazzata mi morsi il labbro e arrossii, meno male che era buoio.
"Fifona." incollò le labbra al mio orecchio e una scarica di adrenalina mi fece tremare. Sembrò accorgersene, tant'è che sorrise per poi staccarsi. "Camminiamo o restiamo qui?" mi chiese, guardando verso il mare.
"Camminiamo." strinsi le scarpe tra le mie mani e cominciai a camminare sulla riva. L'acqua del mare era fresca, ma mi piaceva. Era rilassante camminare e staccare la spina un po' da tutto, anche se erano le tre di notte in quel momento mi sentivo davvero bene. Non percepivo la stanchezza e non avevo voglia di tornare a casa. Tutto ciò che volevo, era camminare ancora e sentire la voce di quel ragazzo tanto armoniosa. Mi trasmetteva tranquillità ed era tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento.
"Come mai non riuscivi a dormire?" mi chiese all'improvviso, guardandomi.
"Troppi pensieri." sussurrai, stringendomi nel giacchetto.
"Ti va di..parlarne?" si bloccò per un secondo e mi toccò il braccio, fermando di conseguenza anche me.
"E' che.. da quando mamma non c'è.. non mi sembra di fare la vita di una diciannovenne." ammisi, sedendomi sulla spiaggia.
"Dov'è tua mamma?" mi chiese, sedendosi al mio fianco.
"E' malata di leucemia." sospirai, per poi continuare. "Sono due anni, non si riprende più. Da quando si è ammalata papà ha dovuto fare i doppi turni a lavoro, Ryley pure ha dovuto cercarsi un lavoro mentre io mi occupo della casa e dei bambini. Sono sempre indaffarata e non ho mai del tempo per me." guardai il bellissimo spettacolo che mi si poneva davanti, il mare era diventato una tavola calma e il vento smise di soffiare. "Domani, ad esempio, la mattina devo preparare cinque bambini da sola, preparare loro la colazione, mettere a posto e lucidare l'intera casa. Tutto questo per le undici, perché alle undici e mezza devo trovarmi in ospedale per andare a salutare mamma. Non che questo mi dispiaccia, anzi. Andare a trovare mamma è la parte più bella della giornata. Però è stancante fare tutto da sola." portai le ginocchia al petto e continuai a guardare il mare, la luna risplendeva in esso. "Non esco mai con Charly e non ho un ragazzo dall'ultima era glaciale, sono sempre bloccata in casa e non riesco mai a riscattare un po' di tempo per me. Però, faccio sempre tutto, perché so di essere l'unica donna di casa adesso e con cinque fratelli ho davvero una grande responsabilità. Non voglio che crescano con una baby sitter, preferisco piuttosto sacrificarmi. Cosa che sto facendo, certe volte di malavoglia ma lo sto facendo. Per carità, non dico di malavoglia perché odio i miei fratelli, anzi. Li amo con tutto il mio cuore. Vorrei solo più tempo per me, ecco tutto." finii il mio discorso , poggiando la testa sulle ginocchia.
Justin non emise una parola, si limitò a circordare le mie spalle con un braccio e a poggiare la sua testa sulla mia spalla. Era ciò che mi ci voleva. Potermi sfogare con qualcuno e non sentirmi dire 'brava' o 'fai la cosa giusta, sei davvero una brava sorella' eccetera, eccetera, eccetera. Poco mi importava dei pensieri altrui, perché non potevano certamente cambiare la situazione. Non potevano sanare immediatamente mamma e non potevano allungare le giornate con altre ventiquattro ore.
"Sei forte." sussurrò Justin. "Vorrei avere un briciolo della tua forza." continuò, provocandomi un qualcosa nello stomaco. "Ti stimo molto." alzò la testa dalla mia spalla e mi prese il mento tra le mani, girandomi verso di sé. "E sappi, che d'ora in poi ci sarò io ad aiutarti ogni qual volta ne avrai bisogno."

Mi sorrise, un sorriso che non avevo mai visto. Non uno di quelli che si fanno così tanto per fare, non era programmato e non era nemmeno finto. Era un sorriso che ti trasmetteva calore e verità, uno di quei sorrisi che ti provengono dal cuore e che ti rassicurano e ti fanno sentire meglio.
Senza emettere parola, affondai sul suo petto e chiusi gli occhi, sentendo le lacrime cominciare a scendere sempre più. Erano un fiume in piena e si sa, chi può fermarlo? Così, senza neanche aspettarmelo, Justin poggiò le mani sulla mia nuca e cominciò ad accarezzarmi, erano delle carezze davvero leggere e date con amore.

'E sappi, che d'ora in poi ci sarò io ad aiutarti ogni qual volta ne avrai bisogno.' ecco finalmente qualcuno che aveva capito ciò che avevo bisogno di sentirmi dire.

L'unico quesito che mi ponevo era: ci sarebbe stato sul serio?
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Buonsalve!!
Come state patate mie? Come state, uhm,uhm,uhm?
Io sto morendo di sonno e sono stanchissima, ugualmente sono qui per voi.
Dopo una settimana mi sentivo in dovere di pubblicare e.. eccomi qui.

Del tipo, che non appena ho riletto le prime frasi ho detto 'cavolo, ma mi sono descritta!',
perché in questi giorni non sto dormendo molto la notte a causa dei pensieri.
Il punto è che sto capitolo l'ho scritto.. mesi fa?
Per cui è una la risposta: prevedo il futuro.

LOL.

Allora, che ve ne pare di questi due bei ragazzi?
A chi non paicerebbe uscire alle tre di notte e andare in spiaggia?
Abbiamo scoperto qualcosa in più sulla nostra lady, la nostra Rebecca: sua madre, ha la leucemia.
Ma Justin? Cosa ci nasconde? E come mai il vento si era fermato?


Mi aspetto un vostro parere, tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland'
Ah, sto scrivendo una nuova FF, passate anche qui 'Look in my eyes, what do you see?'
 

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Capitolo 5
*** Chapter Five - ***


05. Chapter Five
The Storm.
Chapter Five - "Be', tu puoi vederlo senza maglietta"


Il sole mi picchiettava sul viso, era ormai alto da un po' ma nonostante questo non avevo affatto voglia di alzarmi, stavo così bene. Erano ore omai che ero sul petto di Justin e le sue mani non smettevano di accarezzarmi la schiena. Era rilassante.
"Signorina Myers, sono le sei. Penso sia ora di tornare." sussurrò Justin. In tutta risposta grugnii e mi strinsi al suo petto, sentendolo ridere.
"E va bene." dissi infine, alzandomi e avviandomi verso la macchina seguita da Justin. Il sole era abbastanza forte ed era bello vederlo risplendere nelle acque cristalline di Los Angeles.
In poco tempo arrivammo in macchina e in un quarto d'ora a casa. Sperai vivamente che tutti stessero dormendo, altrimenti non sarei riuscita a sopportare tutte le loro domande. Ero stata via tutta la notte, papà si sarebbe sicuramente arrabbiato.
"Vado a prendere un paio di cornetti al bar, tu vuoi qualcosa?" chiesi a Justin, attirando la sua attenzione. Mi annuì e insieme entrammo al bar di fronte casa, faceva dei cornetti spettacolari. Era comodo averlo proprio di fronte, così potevo scendere e comprarne quando non avevo voglia di cucinare qualcosa per la colazione.
"Buongiorno." salutammo io e Justin all'unisono. Sonia, una signora abbastanza anziana che dirigeva il locale, ci sorrise cordialmente. "Un tavolo per due." continuò Justin, lasciandomi perplessa. Mi sorrise per poi farmi un'occhiolino, mentre Sonia ci portò ad un tavolino abbastanza appartato.
"Cosa desiderate?" ci chiese, prendendo un blocchetto.
"Io un caffé e un cornetto al cioccolato." disse subito Justin, per poi incitarmi con capo a ordinare qualcosa.
"Un cornetto al cioccolato bianco e un caffé ginseng." Sonia annuì, per poi scappar dietro al bancone. Era davvero buffa, ma era anche tanto cara. "Come mai hai voluto fare colazione qui?" chiesi a Justin, guardando l'ora sul cellulare. Erano le sei e venti, se avremmo fatto presto sarei riuscita a fare tutto.
"Perché voglio stare ancora con te." ammise serio, incrociai il mio sguardo al suo. Il nostro gioco di sguardi era tanto intenso, così intenso che quasi non riuscivo più a sorreggerlo. Mi morsi un labbro e abbassai lo sguardo, sentendomi avvampare. Come riusciva a farmi quell'effetto?

Fortunatamente, Sonia arrivò presto con le nostre ordinazioni. Presi il mio cornetto e cominciai a mangiare lentamente, mentre continuavo a parlare con Justin. Mi piaceva parlare con lui, mi metteva serenità. Forse in dieci o quindici minuti finimmo di mangiare e ci avviammo alla cassa. "Potresti darmi anche due cornetti con la marmellata, due col cioccolato bianco e tre al cioccolato, per favore?" chiesi a Sonia, prendendo il portafogli. Mi sorrise a annuuì, per poi incartarmi tutti i cornetti.
"Sono dodici dollari." feci per aprire il borsellino, quando una banconota da venti andò a finire direttamente sulle mani di Sonia. Guardai Justin dal basso fulminandolo con lo sguardo. "Arrivederci ragazzi." ci congedò e sparì nel retro, mentre noi uscimmo.
"Volevo pagare io." sbattei il piede a terra come una bambina, sentendo la sua dolce risata.
"La prossima volta, piccola." mi sorrise. "Ci vediamo dopo, okay?" annuii e mi baciò dolcemente la mano, per poi scomparire dietro la sua porta di casa. Scossi la testa ed entrai in casa anch'io, sentendo stranamente silenzio. Be', non erano nemmeno le sette.
Posai i cornetti sul tavolo in cucina e salii di sopra per cominciare a svegliare i bimbi. E per bimbi, non intendevo solo i piccoli, ma sopratutto Ryley. Alle otto doveva uscire e come minimo doveva aiutarmi a vestire i bamini. Così entrai in camera sua, mi sedetti sul suo letto e gli diedi un dolce bacio sulla guancia destra. "Bell'addormentato, sono le sette." mentii, e in un secondo scattò dal letto. Senza neanche salutarmi corse in bagno a lavarsi, mentre io scoppiai a ridere. Uscii dalla sua camera e cominciai a svegliara Alyssia e Breanna, le lavai e le vestii velocemente. Dopodiché svegliai i gemellini mentre Ryley pensò a Zack. Si svegliò anche papà, così che tutta la famiglia era al completo. O quasi.

Scendemmo tutti in cucina. "Ho fame." si lamentò Alyssia, sedendosi a tavola.
"Ho preso i cornetti." sbarrò gli occhi e sorrise. Presi la tovaglia, del succo, il latte, i biscotti e la frutta. Poggiai tutto sul tavolo.
"Non ti ho sentita uscire." papà prese un cornetto al cioccolato.
"Io lo voglio alla marmellata!" strillò Jhonny con la sua vocina acuta, sorrisi e glielo presi.
"Allora vuol dire che posso fare il ninja perché nessuno riesce a sentirmi." ridacchiai, servendo tutti.
"Tu non mangi?" mi chiese Breanna, addentando un cornetto. Scossi la testa.
"Ho già mangiato." sospirai, sedendomi a tavola.
In poco tempo finirono la colazione. Il tempo di prendere gli zaini che arrivò il pulmino e tutti andarono via, compresi papà e Ryley. Anche se Ryley sarebbe andato a lavoro nel pomeriggio, doveva uscire presto a fare delle commissioni per poi andare direttamente a prendere tutti i bambini a scuola.
Guardai l'orario e mi tirai su le maniche: erano le otto e avevo circa tre ore per finire tutto. Charly sarebbe arrivata verso le otto e mezza per cui cominciai a sistemare la cucina e, non appena finii tutto, sentii il campanello bussare. Charly mi saltò addosso abbracciandomi, ma non mi stupii più di tanto: non per niente la chiamavo pazza.
"Come stai?" mi chiese, salendo con me al piano di sopra. "Hai due occhiaie enormi!" ridacchiò. Aveva un sorriso bellissimo quella ragazza. Cominciò a torturarsi una ciocca di capelli tra le dita mentre attendeva aprissi lo stanzino dove avevamo tutti gli attrezzi per pulire. Lo faceva sempre e metteva pressione anche a me.
"Devo raccontarti un sacco di cose!" sbottai, entrando nello stanzino.
Io e Charly eravamo molto amiche, era un po' come la sorella che non avevo mai avuto. O meglio, avevo tre sorelle, ma di certo con loro non potevo parlare di ragazzi o di tacchi o di vetrine. Era la mia migliore amica e la ragazza migliore che io abbia mai conosciuto. Aveva una famiglia divisa purtroppo, ma la mamma si era risposata e lei era segretamente innamorata del suo fratellastro. Una storia alla Cesaroni insomma, anche se Barry, il fratellastro, non se la filava per nulla. Cosa stranissima, perché era una ragazza molto attraente: i capelli biondi le contornavano il viso leggermente allungato e poco paffuto, gli occhi verdi erano in perfetto contrasto con la sua pelle chiara e le labbra carnose erano desiderate da tutte noi povere umane. Il suo viso era stupendo, il suo corpo altrettanto. Non per niente aveva molti ragazzi che le correvano dietro. Mentre io, mi sentivo come Pippi Calzelunghe e la sua scimmietta. Forse più la scimmietta che Pippi.

"Quindi siete stati fuori tutta la notte? E poi chiami me pazza!" Charly scoppiò a ridere scendendo le scale, avevamo appena finito di pulire l'intero piano di sopra così ci avviammo verso il soggiorno.
Feci spallucce. "Be', non riuscivo a dormire e non potevo non accettare l'invito di un ragazzo così attraente." ridacchiai, scatenando anche la sua risata.
In poco tempo finimmo di pulire, posammo tutti gli attrezzi nello stanzino e mi gettai sul letto. Il sonno si impossessò immediatamente del mio corpo, avevo passato l'intera notte sveglia per cui era anche normale che volessi dormire. A malavoglia, mi alzai dal letto. "Ti dispiace se faccio una doccia? Devo svegliarmi un po'." Charly annuì prendendo il mio computer, così io mi chiusi in bagno ed entrai nella doccia. Non appena l'acqua fredda si posò sui miei capelli, sussultai e spalancai gli occhi.
Okay, mi ero svegliata.
Feci il prima possibile la doccia, dato che mancavano solo dieci minuti alle undici. Asciugai i capelli e li lasciai mossi naturali, indossai l'intimo e tornai in camera. Non sapevo cosa mettere, infondo sarei solo andata da mamma e poi a casa. Per cui, optai per un semplice jenas scuro, una t-shirt bianca e una giacca nera. C'era un po' di vento e non volevo ammalarmi, quando prendevo la frebbre non avevo le forza di fare nulla e non potevo proprio permettermelo in quel momento. Per finire, truccai leggermente i miei occhi con una linea sottile di eyeliner, del mascara, un po' di cipria e..pronta.
"Tu sei pronta?" chiesi a Charly, prendengo una borsa a tracolla nera. "Dove sono le chiavi?" cominciai a girarmi intorno e a guardare ovunque, finché non le trovai sulla scrivania. Le raccolsi velocemente.
"Sei tu quella moscia." ridacchiò, passandomi il cellulare. Le feci la linguaccia e, insieme, uscimmo di casa, per poi salire in moto alla mia Ducati.
Non vedevo la mamma da, quanto? Una settimana, una fottuta settimana. Con tutti gli impegni che avevo riuscivo a vederla solo di sabato. Mi mancava tanto. Essendo un chirurgo passavamo poco tempo con lei, ma quando poteva passavamo del tempo davvero di qualità. Spesso mi aiutava in anatomia o in scienze, infatti in quelle due materie cercavo sempre di avere il massimo dei voti. Volevo farla felice, volevo renderla fiera di me. Sopratutto in quel momento, volevo darle più motivi possibili per continuare a lottare contro quel mostro aka tumore.
Non appena entrammo nel parcheggio dell'ospedale mi sentii un qualcosa nello stomaco. Non mi piaceva assolutamente quel posto, anche se mamma ci lavorava da dieci anni. Vedevo troppe persone star male, troppe persone sui lettini. Chi piangeva a causa della morte di un proprio caro, chi invece si abbracciava perché i medici avevano compiuto un miracolo.
L'istinto mi diceva 'esci, va via', ma Charly fece tutt'altra cosa. Mi prese il polso e mi trascinò in ascensore, premendo con l'indice sul numero '8', ovvero in piano dedicato ai malati di leucemia. Deglutii, passando affianco a dei bambini, che avranno avuto si e no l'età dei gemellini, eppure già malati. Perché devono soffrire già così piccoli?
Charly bussò al posto mio alla porta della stanza di mamma. Un flebile 'avanti' fuoriuscì dalle sue labbra, così che entrammo.
Ed eccola lì, in tutto quel che si può definire splendore. Era stesa sul letto, collegata a dei macchinari attraverso dei tubicini. I capelli ormai avevano abbandonato il suo corpo e i suoi occhi verdi erano ormai spenti. Ma, non appena ci vide, si riaccesero. Un sorriso comparse sul suo viso e fece per parlare, quando la strinsi a me, cercando di non farla soffocare.
"Ti aspettavo, bambina mia." sussurrò al mio orecchio, facendomi sorridere. Le baciai la fronte dolcemente, per poi staccarmi. "Come stai?" continuò, annuii.
"Piuttosto, tu come stai?" le presi la mano e mi sedetti sul suo letto, guardando attentamente i suoi occhi. Il suo viso pallido e troppo dimagrito mi scrutava attentamente. Infine abbassò lo sguardo.
"Sto bene." rialzò lo sguardo e mi sorrise, ma più che un sorriso di gioia era un sorriso rammaricato. "Scusa, Charly." si girò verso la mia amica. "Non ti ho proprio calcolata. Vieni a darmi un bacio."
La mia migliore amica si tuffò tra le sue braccia, proprio come avevo fatto io appena arrivata. Avevano un bellissimo rapporto e mamma la considerava come la sua quinta figlia femmina. Quando i genitori di Charly cominciarono a litigare, Charly venne a dormire a casa nostra e mamma la trattava veramente con amore con affetto. Si volevano bene ed ero felicissima di quel rapporto tanto stretto. Almeno, non avevo problemi a far venire la mia migliore amica a casa o a uscire con lei ogni qual volta volevo.
Sorrisi guardandole, finché non intavolammo una conversazione su quanto i ragazzi siano pigri e la portammo avanti finché un'infermiera non ci disse che la mamma doveva mangiare e fare la chemioterapia. Così, dopo un'ora, fui costretta a lasciare quella donna che tanto amavo e a tornare in moto, non prima ovviamente di averla abbracciata per bene.

"Mi manca già." confessai, mettendo il casco. "Andiamo in pizzeria?" continuai.
"Lo so." mi prese le mani. "E sì!" mise anche lei in casco e montò in sella dietro di me.
Partii verso il centro, dove saremmo andate nella nostra pizzeria preferita. Non solo faceva la pizza migliore di Los Angeles, ma era anche il posto in cui ci incontrammo per la prima volta. Era un localino piuttosto piccolo ma molto luminoso. Sulla sinistra c'era un forno a legna grandissimo e la postazione del pizzaiolo, sulla destra invece una decina di tavoli in legno. Erano in pandan col soffitto e le travi, mentre il colore delle pareti era rosso antico. Caloroso ed accogliente.
"Buongiorno." entrai, provocando il tintinnio di un campanello sulla porta.
"Buongiorno, posso esservi utile?" ci si avvicinò Paul, un ragazzo abbastanza alto e molto, decisamente molto, carino. Peccato che sia gay, pensai.
"Un tavolo per due." sorrise di rimando Charly, ammiccando come sempre. Paul ci accompagnò cortesemente al tavolo, dandoci poi due menù.
"La pizza è decisamente il mio cibo preferto." esordì Charly, leggendo attentamente il nedù. Ridacchiai tra me e me abbassandole in menù.
"Fin quando la mangi con le verdure non c'è sfizio." mi fece la linguaccia come una bambina, provocando un'altra mia risata.
"Si chiama mangiare in modo salutare. Tu piuttosto, dovresti smettere di ingozzarti di patatine." ridusse gli occhi in una fessura, la copiai e cercai di mantenere una sguardo serio fin quando Paul tossì, attirando la nostra attenzione.
"Ahm, cosa posso portarvi?" chiese, un po' impacciato.
"Una pizza con patatine e salsiccia." gli passai il menù con nonchalance, notando con la coda dell'occhio che Charly aveva appena alzato gli occhi al cielo.
"Io una pizza con rucola, pomodorini e grana." passò anche lei il menù a Paul nello stesso modo in cui lo feci io un secondo prima, per poi sorridermi soddisfatta.
Scossi la testa, consapevole che se eravamo l'una più bambina dell'altra. Ma allo stesso tempo consapevole, del fatto che le volevo bene così com'era e non volevo cambiare nulla di lei. Nemmeno quella sua ossessione per il rosa.

Era più di un'ora che eravamo sedute in pizzeria e ancora dovevamo finire le nostre pizze. Alla fine avevamo deciso di fare a metà, così lei avrebbe assaggiato la pizza con le patatine che tanto odiava ed io quella con le verdure che proprio non sopportavo. Ricredendomi però, perché effettivamente era buona.
Durante quell'ora avevamo parlato tantissimo di Justin, di quanto fosse carino e di quanto mi avesse colpito. E di quanto c'ero rimasta male non avendo ricevuto nemmeno un suo messaggio in sette ore. Sette. Non due, sette. Rebecca, non siete nemmeno fidanzati.. sussurrava la vocina nella mia testa, a cui avrei dovuto dare un nome date le molteplici volte che interveniva. Olga, Olga l'avrei chiama.
Be', Olga, hai ragione, ma si da il caso che avevamo passato tutta la notte insieme sulla spiaggia e un messaggio doveva essere il minimo. E invece no, chissà dov'era e chissà cosa stava facendo e con chi. Il solo pensiero di lui assieme ad altre ragazze mi faceva rabbrividire, ma Olga aveva ragione. Non eravamo fidanzati, non potevo rimanere male per ogni singola scemenza.
"Vedrai che ti scriverà." mi rassicurò Charly, addentando una fetta di pizza con le patatine. "Almeno a te ha chiesto di uscire, io sono innamorata del mio fratellastro." fece spallucce e continuò a masticare lentamente, ovviamente, altrimenti non si saziava.
"Be', tu puoi vederlo senza maglietta." le feci l'occhiolino e alzò entrambe le soppracciglia di rimando con un sorrisino malizioso, come potevo non ridere?
"Tu puoi spiarlo dalla finestra di camera tua." suggerì, annuii.
"E' più lui che spia me." sussurrai. "Ieri penso mi abbia visto in intimo." confessai, deglutì velocemente e spalancò gli occhi.
"No." sussurrò stupefatta.
"Oh sì, lo sai che, abituata a non avere nessuno, giravo comodamente in intimo con le tende spalancate. Adesso il vero problema sarà in estate." mi grattai la nuca, per poi bere un sorso d'acqua.
"Andiamo a fare un giro e poi a casa?" chiese Charly, con un sorrisetto malizioso sul viso.
"Charly, Ryley non è come Barry, a lui piace stare vestito in casa." ridacchiai e mi avvicinai alla casa cercando nella borsa il portafogli. Quel sabato toccava a me pagare, avevamo deciso che una volta avrebbe pagato lei e una volta io.
Immediatamente ricordai la mattina, quando stavo per pagare ma Justin aveva fatto prima di me. Nonostante non fossero poi così tanti soldi, era stato un gesto carino. Quasi quanto lui. Ho detto quasi.
"Quant'è?" chiesi, alzando lo sguardo. Rimasi paralizzata, notanto due occhi color nocciola al posto degli occhi verdi di Paul.
"Sono sedici dollari." rispose il ragazzo di fronte a me, sorridendomi. Quasi in trans, presi una banconota da venti e gliela porsi.
"E comunque, non ti ho scritta solo perché ho accompagnato i bambini a scuola e poi sono venuto a qui," ridacchiò tra sé e sé, per poi porgermi il resto. "Rebecca." continuò, quasi in un sussurro.

Okay, Rebecca. Il rosso ti dona, certo.
Ma la grandissima figura del cavolo che hai appena fatto di fronte a Justin supera di gran lunga il rossore sulle tue guance.
Zitta, Olga.

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Buonasera, o dovrei dire buonanotte?
Tesori miei dolci, ciaoo!
Del tipo che questo capitolo è semplicemente di passaggio, ma mi fa morì l'ultima frase AHAHAHAHAH.
Ma prima di tutto, come state? Tutto bene?
Io.. così e così, ma passiamo avanti.

Recentemente mi sta sfiorando l'idea di fare un libro, sapete?
Mi piacerebbe tanto realizzare questo mio sogno,
anche se sto cominciando a perdere un po' le speranze.
Be', nel frattempo continuo a scrivere.
Dopodiché, si vedrà.

Sono abbastanza stanca, per cui smetto di rompervi AHAHAH.

Mi aspetto un vostro parere, tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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CHI DI VOI HA WATTPAD?

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Capitolo 6
*** "Posso accompagnarti a scuola?" ***


06. Chapter Six
The Storm.
Chapter Six - "Posso accompagnarti a scuola?"


Non ci credevo, o meglio, non volevo crederci.  Justin lavorava in quel locale e aveva sentito tutto, nessuna parola esclusa. E' peggio delle pettegole che si impicciano ovunque, si intromise Olga facendomi sbuffare. Anche se sapevo che avevo ragione.
Adesso penserà che sono una ragazzina in preda agli ormoni, non ho fatto altro che dire quanto bello e sexy potesse essere. Stupida Rebecca, stupida, stupida stupida. Continuai a pensare e a maledirmi, non avrei avuto più il coraggio di guardarlo in faccia.
Erano ore che questo pensiero mi tormentava, in più si aggiungeva il fatto che fossero passate altre ore ancora e di Justin nemmeno l'ombra. Non un messaggio, non una chiamata. Nemmeno la sua macchina era a casa. Non avevo certo il coraggio di chiamarlo dopo quello che era successo, eppure una piccola parte di me sperava ancora e desiderava che mi scrivesse. Anche solo per un saluto.
Erano le nove di sera e quasi non riuscivo più a stare in piedi. I bimbi dormivano e Ryley era ancora al bar, così decisi di scrivergli un bigliettino e di andare a dormire. Lo lasciai sul tavolo assieme ad una frittata di pasta e una ciotola con dell'insalata, era tutto ciò che ero riuscita a preparare data la stanchezza. Non appena la mia testa si poggiò al cuscino il sonno si impossessò del mio corpo, però non chiusi ancora gli occhi e controllai la schermata in cerca di un suo messaggio. Nulla, così mi addormentai.

Il mattino seguente mi svegliai di buon'ora, a causa della sveglia. Volevo dormire ancora e ancora, ma purtroppo dovevo alzarmi e interrompere il mio dolce sonno. Peccato, perché stavo sognando quel figomapettegolo del mio vicino di casa.
Ancora assonnata, scesi in cucina. Erano solo le nove, e tutti si sarebbero svegliati non prima delle dieci. Così cominciai a preparare la colazione, avrei fatto i waffles con nutella e fragole. Andavo sul sicuro, dato che piacevano a tutti. Per farne circa due a testa ci misi un'infinità, come sempre dopotutto, ma riuscii a finire il tutto per quando scese il resto della banda.
"Dormito bene?" mi chiese papà, dandomi un bacio sulla fronte.
"Dormito bene." sorrisi, per poi sedermi a tavola.
"Dopo andiamo al parco?" ci chiese Zack, attirando l'attenzione mia e di papà. Boccheggiai, non sapendo cosa rispondere.
"Sì, parco! Parco!" urlò Mirabelle, e di conseguenza un coro di bambini -che erano peggio degli Ultras- si innalzò. Poggiai le mani sulle orecchie, la loro voce era piuttosto stridula.
"Okay, okay! Basta adesso!" urlò papà, facendo smettere tutti. "Andremo al parco, ma solo se finite la colazione da bravi bambini."
In poco tempo e con calma, tutti finirono la colazione. Quando si trattava di fare i bravi in cambio di qualcosa ci ascoltavano, solito dei bambini. Quando finirono la colazione misi tutto in lavastoviglie, dato che non avevo voglia di lavare nulla a mano, e corsi in camera per vestirmi. Dato che era una bellissima giornata, anche se molto fredda, misi un paio di jeans chiari, una maglietta bianca velata con su un giacchetto del medesimo colore e delle converse bianche. Truccai leggermente i miei occhi come al solito e misi un po' di profumo, amavo lo zucchero filato.
Soddisfatta, andai in camera dei gemellini e li aiutai a vestirsi: amavo vestire i bambini, mi piaceva tantissimo sbizzarrirmi con la fantasia e vestirli come più mi piaceva. Papà aiutò Breanna e Zack, mentre Alyssia fece tutto da sola. Era abbastanza autonoma.
"Siamo pronti?" chiese papà, non appena scendemmo in salotto.
"Sì, prendo le chiavi." non appena le presi, feci uscire tutti di casa e chiusi la porta a chiave, per poi poggiarle in una borsetta a tracolla assieme al cellulare e al portafogli.
Il sole era alto in cielo e l'aria di Los Angeles non era poi tanto fredda, anche se tirava un po' di venticello. Con calma, arrivammo in un parchetto non molto distante da casa. Non era molto grande, ma aveva i giochi essenziali: lo scivolo, l'altalena, il tronco, la paperelle e il cavalluccio, il tris, il gioco della campana.. Insomma, tutti quei giochi che i bambini adorano fare. Subito, Mirabelle e Jhonny andarono sul cavalluccio e la paperella, facevano la gara a chi tra loro due era più veloce anche se erano fermi. Mentre invece, i tre più grandi corsero verso lo scivolo e cominciarono a ridere.
"Sono così teneri." commentai, sedendomi su una panchina. Portai le gambe al petto, desiderando di andare sull'altalena e di essere spinta da papà proprio come quando ero una bambina.
"Ricordi quando la domenica portavo te e Ryley al parco?" annuii, ricordando quando io e mio fratello cominciavamo a gridare per tutta la casa che volevamo andare al parco, mentre loro dormivano.
"Vi facevamo esasperare." ridacchiai, notando Mirabelle e Jhonny correre verso il tris. "Uh mi piace quel gioco!" saltai in piedi e corsi da loro, inginocchiandomi.
"Come si gioca?" mi chiese Jhonny, cominciando a far girare un mattoncino di legno. Ridacchiai, per poi bloccargli la mano.
"Si deve fare tris. Facciamo che Mirabelle è il cerchio e tu sei la x. Fate il tocco, per vedere chi comincia prima." cantarono allegramente una canzoncina provocando il mio sorriso, Mirabelle esultò dato che vinse. "Bene, adesso devi posizionare il cerchio dove vuoi, tocca una volta a te e una volta a Jhonny. Chi per primo tra voi due riesce a fare una fila verticale, orizzontale o obliqua, vince." annuirono insieme, così che cominciarono a giocare.
Le ginocchia stavano cominciando a tremare, così che mi alzai velocemente andandò però a sbattere contro qualcosa. Stavo per girarmi, quando sentii due mani prendermi i fianchi e delle labbra toccare il lobo del mio orecchio.
Quelle labbra erano inconfondibili.
Quasi quanto quel profumo.
"Lo sai, vero, che la mattina sei davvero bella?" arrossii immediatamente, sentendo quella voce pronunciare quella domanda.
"Justin, papà ti tagli i testicoli se ti vede così." ridacchiai, staccandomi dal suo corpo. A malavoglia, lo ammetto.
"Però è vero." fece spallucce, provocando la mia risata. E chi glielo diceva che stavo ridendo perché non avevo capito se era vero il fatto che ero bella di mattina o perché sapeva che mio papà gli avrebbe tagliato i testicoli.. sarebbe stato imbarazzante, più di quanto già quella situazione fosse.
"Sei con i tuoi fratelli?" gli chiesi, guardando Jhonny che aveva appena vinto.
"Sì, sono sull'altalena." si girò. "O meglio, Jaxon è sull'altalena, Jazzy gioca con Alyssia."
"Io amo l'altalena!" escalamai, sorridendo come una bambina. Da piccola era il mio gioco preferivo, stavo ore ed ore a dondolarmi.
"Vieni allora." mi prese dolcemente il braccio, portandomi affianco all'altalena. Papà ci guardava curiosi, praticamente era lo stesso sguardo con cui io guardavo Justin. "Siediti, su." mi incitò, sempre sorridendo. Corrugai le sopracciglia, ma feci come mi disse.
Le sue mani si poggiarono piano sulla mia schiena, dandomi spinte né troppo forti né troppo lente. Strinsi le mie dita attorno le catene, sentendomi immediatamente una bambina.
"Più veloce." quasi ordinai a Justin chiudendo gli occhi. Le sue mani cominciarono a toccare con più forza e decisione la mia schiena.
Mi sentivo libera, proprio come un uccello. Sentivo di poter volare e di esplorare posti sconosciuti, di poter cavalcare il vento e di andare sempre più in alto. Mi sentivo libera, libera da ogni oppressione, libera da ogni catena. Mi sentivo libera da ogni pensiero e ogni problema, da ogni impegno o respondabilità. Libera, e così dannatamente viva.
Cominciai a ridere, ridere felice come non mai. Era da tempo che non riuscivo a sentirmi così bene, erano davvero anni che non salivo su un'altalena sentendomi così libera. Be', erano anche anni che non andavo così veloce. Quasi mi sembrava di toccare il cielo con un dito, di toccare le nuvole. Sembravano zucchero filato, ed era così buono lo zucchero filato.
Quando smise di spingermi, si poggiò lungo il legno che sorreggeva l'altalena e mi fissava, con un sorrisino compiaciuto sul viso. Lentamente, decisi -a malavoglia- di rallentare, infatti scesi poco dopo.
I suoi occhi sprizzavano felicità, proprio come il mio cuore. Infatti batteva forte, e comincio a battere ancora di più non appena la sua mano calda toccò il mio viso. Mi lasciai cullare da quella carezza, delicata quanto il vento. Chiusi gli occhi e mi lascia trasportare, finché non sentii le sue labbra baciare la mia fronte. Fu lì che aprii gli occhi e mi trovai a pochi centimetri dal suo collo. Avevo una dannata voglia di baciare tutti i tatuaggi che aveva.
"Ci vediamo domani." sussurrò, prima di recuperare i suoi fratelli e andar via, lasciando un enorme vuoto dentro il mio cuore.
Com'era possibile che uno sconosciuto potesse farmi provare tutto ciò?

-

Il lunedì mattina era praticamente tragico. Sopratutto, dopo una nottata intera passata a penare a Justin. Oh, ma non aveva pietà di me? La mattina mi faceva sentire in paradiso, il pomeriggio non mi calcolava. Lunatico? Forse. Troppo impegnato? Può darsi. Chi lo sa, non sapevo praticamente nulla. Sapevo solo che mi stava mandando in panne il cervello, ecco cosa sapevo.
Sbuffando mi alzai dal letto e mi fiondai in bagno, lavando per bene il mio corpo con una doccia. Erano solo le sei e mezza e le lezioni sarebbero cominciate alle otto e mezza, ne approfittai delle due ore di tempo per truccarmi e scegliere con calma dei vestiti. Opai per un jenas nero, una  t-shit MNML nera con una giacca di pelle del medesimo colore e un paio di Adidas nere. Trasgressiva, insomma.
Breanna entrò di soppiatto in camera mia, facendomi sobbalzare. "Piccola, mi hai fatta spaventare." mi avvicinai al suo corpicino minuto e le accarezzai il viso, aveva gli occhietti ancora rossi. "Ho fatto un brutto sogno." mi abbracciò, stringendomi forte. L'odore di vaniglia era davvero buono, avevo fatto bene a farle il bagno la sera precedente. "Ho sognato che mamma non c'era più." le accarezzai dolcemente i capelli per un po', la presi poi in braccio e la paggiai sulle mie gambe.
"Ascoltami bene, okay? La mamma ce la farà, tornerà presto. E' forte e lo sai benissimo, non si lascia abbattere e non ci abbandonerà mai. Va bene? Non devi nemmeno pensare che ci abbandonerà, perché lei è sempre qui, nel nostro cuore." le indicai il cuoricino, per poi sorriderle rassicurante. "E poi, la mamma ci ama tanto." passai il palmo della mia mano sul suo visino piccolo. "Dice che è fiera di noi. Dobbiamo fare i bravi, così che mamma avrà un motivo in più per non lasciarci. Va bene?" Breanna annuì, per poi abbracciarmi. "Adesso andiamo a preparare la colazione, su."
Mano nella mano, scendemmo al piano di sotto. Papà stava già facendo il caffé. Lo salutai con un dolce bacio sulla guancia, proprio come fece Breanna. Era piuttosto elegante rispetto alle altre volte, aveva detto che avrebbe avuto una riunione ai 'piani alti'.
"Cosa si mangia?" chiese Bre, sedendosi a tavola. Aprii la dispensa, presi dei biscotti e glieli feci vedere. "Sì, mi piacciono." oltre a quelli ne presi altre tre pacchi diversi, così che gli altri bimbi avrebbero potuto scegliere.
"Papà tu cosa vuoi?" gli chiesi dolcemente, prendendo il latte e il succo di frutta dal frigo.
"Mangerò due biscotti, tesoro." mi sorrise, dandomi poi un altro bacio sulla fronte. Amavo quando lo faceva.
Mio papà era un uomo davvero bello. Aveva quarantatré anni e i capelli ancora marroni, di un marrone davvero molto scuro proprio come quando la mamma partorì. I suoi occhi erano chiari, quasi sul verde. Noi tutti avevamo infatti preso da lui, avevamo tutti gli occhi abbastanza chiari. Il suo corpo era alto e slanciato, frutto di anni e anni di palestra alternata al lavoro. Lavorava in un'azienda che produceva macchine agrigole, aveva cominciato col pulire i bagni ed era arrivato, con gli anni, a diventarne il capo. Ero fiera di lui, era sempre stato il mio eroe. Anche se spesso si sentiva giù di morale perché voleva fare di più, io apprezzavo e amavo ciò che faceva, sempre, perché ci metteva il cuore e poche persone ci mettevano l'anima per compiere al meglio i compiti affidatigli.
Preparai il solito cappuccino a Breanna per poi salire al piano di sopra per svegliare il resto della banda. Non appena sentirono che la colazione era a tavola, corsero come delle persone che non mangiavano da mesi.
"Io voglio il succo!" "Io voglio il latte!" "Io voglio il latte col caffé!" un coro di voci si alzò, come sempre. Cercai di accontentare tutti e fare del mio meglio, anche se non era facile con la testa che ti scoppia e i pensieri che non ti fanno concentrare.
Quando arrivò il pulmino che portava i bambini a scuola tirai un sospiro di sollievo. Ciò voleva dire che erano le sette e quaranta, e come sempre Ryley era appena sceso per fare colazione. Dato che neanch'io l'avevo fatta poiché mi ero concentrata sui bimbi, decisi di farla con lui.
"Cosa mi prepari?" mi chiese, con un sorriso enorme. Qui gatta ci cova.
"Non me lo chiedi mai." poggiai il suo solito cappuccino sul tavolo, chiudendo gli occhi in due fessure.
"Come fai ad accorgerti di tutto?" mi guardò sbigottito, lasciando cadere sul tavolo un biscotto alla nocciola.
"Siamo gemelli." feci spallucce, avvicinandomi alla macchinetta e facendomi un caffé ginseng. "Allora, chi ti ha dato il suo numero?" gli chiesi, sedendomi al suo fianco.
"Be', non mi ha proprio dato il suo numero.." distolse lo sguardo per un secondo, per poi riaggangiarlo ai miei occhi. "Siamo solo rimasti a parlare tutta la mattinata, ieri, e mi ha detto che vorrebbe uscire con me, oggi. Io le ho risposto che non potevo perché dovevo restare con i bambini, così le ho chiesto di venire con me in discoteca stasera." raccontò.
"Non ci credo! Il mio fratellino ha fatto colpo!" mi alzai e lo abbracciai, sentendo la sua risata.
"Si ma c'è un problema.." si grattò la nuca, guardando un punto fisso nel vuoto.
"Ovvero?" alzai un sopracciglio e poggiai una mano sul fianco.
"Ovvero sta per sposarsi." sbottò, facendomi spalancare gli occhi. "Si sposerà a marzo, ma non è ancora certo. Il suo fidanzato ha detto che vuole aspettare ancora, quindi non hanno ancora organizzato nulla. Magari lo lascia, chi lo sa." fece spallucce, finendo poi il suo cappuccino. "Sono le otto, andiamo?"
Grattai la nuca e annuii, ancora un po' sconcertata. "Vado a lavare i denti."
Corsi di sopra, lavai i denti e presi lo zaino, ero pronta ad uscire quando ebbi l'istinto di girarmi verso la finestra. E Justin era lì, in piedi, senza maglietta che stava guardando qualcosa. Capii cosa stava facendo, quando un messaggio mi fece voltare verso il mio cellulare.

Da: VicinoSexy.

'Posso accompagnarti a scuola?'

Il cuore cominciò a battermi forte.

A: VicinoSexy.

'Ti aspetto fuori la tua macchina.'

Risposi, scendendo di corsa.
Finalmente mi aveva scritta.
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Ciao ragazze mie!

Perdonate la mia assenza.
Sarei voluta tornare prima e postare questo capitolo, ma sono stata super impegnata purtroppo.
Ho avuto molti problemi al cellulare, infatti ho dovuto cambiarlo.
Adesso ho un vecchio iPhone di mio papà che più o meno va, devo solo adattarmi.
Già in passato mi sono dovuta adattare dall'iPhone 4 al Galaxy S5,
adattarmi adesso all'iPhone 5 è una rogna.
Ma ce la facerò! -il mio fidanzato da piccolino diceva così aw-

Bene, che dirvi.
Io shippo troppo questi due.
Come avete notato, ci sono delle frasi scritte in grassetto.
Perché?
..sentivo di poter volare..
..carezza delicata quanto il vento..
Non vi anticipo niente, tenete solamente bene in mente queste frasi.

Mi lasciate un vostro parere?
Mi piacerebbe leggere una vostra recensione e capire cosa vi piace e cosa non vi piace della storia.

Nel frattempo, vorrei ringraziare tutti voi che mi supportate sempre.
E sì, parlo anche con voi lettori silenziosi.
Al prossimo capitolo, bellezze.

Much love.
-Sharon.

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Se volete, qui c'è il mio Instagram (chiedete il follow back sotto una foto).
Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland'
Ah, sto scrivendo una nuova FF, passate anche qui 'Look in my eyes, what do you see?'

CHI DI VOI HA WATTPAD?

Ps: Chiara ti voglio bene.

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Capitolo 7
*** "Quando il dovere chiama, bisogna rispondere" ***


07. Chapter Seven
The Storm.
Chapter Seven - "Quando il dovere chiama, bisogna rispondere"

Quando Justin uscì di casa, il cuore cominciò a battermi forte. Una felpa a maniche lunghe grigia gli scendeva morbida sul petto e i pantaloni bianco latte gli fasciavano bene le gambe. Era bello, o forse di più. Si avvicinò a me piano, con un'andatura sicura e un sorrisino dolce.
Non appena si avvicinò a me, poggiò una mano sul mio fianco e mi baciò teneramente la fronte.
Oh, ero per caso un ghiacciolo al sole?
"Ciao piccola" sussurò al mio orecchio, provocandomi un brivido lungo la schiena.
"Non chiamarmi così!" gesticolai, per poi coprirmi gli occhi con le mani.
"Sei tenera quando arrossisci." ridacchiò, per poi aprire la portiera della sua Range Rover.
Entrai in macchina e mi sentii subito in imbarazzo. Insomma, ero con un ragazzo sicuramente più grande di me -quanti anni aveva? Ancora non gliel'avevo chiesto-, più carino e simpatico e sexy e..tutto. Justin, era più di tutto. Più di tutti. Quei suoi capelli biondi, tanto biondi, abbastanza lunghi che gli scendevano sull'occhio lo rendevano davvero attraente. Inoltre vestiva davvero bene e il tutto contribuiva a renderlo perfetto. Per non parlare del suo carattere. Anche se a volte mi faceva imbestialire, sopratutto quando mi faceva prima sentire una principessa, e poi faceva finta di non conoscermi.
"Quindi devi andare a scuola?" mi chiese, qualche minuto dopo.
"Sì, devo." sbuffai, per poi guardarlo con l'intenzione di ispezionare il suo viso per un secondo, ma rimasi incantata da tanta bellezza.
"Devi proprio?" insisté, girandosi verso di me. Perché proprio nel momento in cui ti sto fissando imbambolata? Davvero Justin?
"Sì." farfugliai, arrossendo per la seconda volta quella mattina. O forse era la terza?
"E se ti chiedessi di restare con me tutto il giorno?"
"Ti risponderei dicendo che ho una verifica di storia e in storia ho solo B, devo arrivare a prendere una A." ridacchiai, guardando di nuovo fuori al finestrino. Il centro di Los Angeles faceva davvero venire la pelle d'oca.
"E ti lamenti? Quando prendevo una B stappavo lo champagne" scoppiai a ridere come una cretina, assieme però a un cretino di nome Justin.
Mi sarebbe piaciuto restare tutto il giorno con lui, solo che avevo davvero un'importante verifica e non potevo mancare. Volevo avere il massimo dei voti in più materie possibili e, anche se ciò comportava sacrificio e studio notturno, volevo raggiungere quell'obbiettivo, per sentirmi realizzata e per poter dare soddisfazioni alla mia famiglia.

"Quanti anni hai?" sbottai d'un tratto, desiderando di conoscere più cose di lui.

"Quasi ventitré." mi sorrise, entrando in un vialetto che portava alla mia scuola.
"Sei vecchio." ridacchiai, dandogli un pugnetto sulla spalla provocando di conseguenza la sua risata. Così dolce e armoniosa. Non appena vidi l'entrata della mia scuola, però, il mio sorriso scomparve. Volevo passare ancora del tempo con lui e, quasi quasi, stavo cominciando a ripensare all'idea di stare con lui tutto il giorno e saltare scuola. Infondo, avrei potuto recuperare un altro giorno la verifica, tanto eravamo ancora ad aprile e avevo ancora due mesi di tempo fino alla fine della scuola per poter arrivare alla A.
"Ci vediamo domani." sussurrai infine, scrutando attentamente quei suoi occhioni color caramello.
"Volevi dire dopo." sussurrò a sua volta, poggiando il palmo caldo della sua mano sul mio viso. Chiusi gli occhi al suo tocco e sorrisi amaramente.
"Per te 'dopo' significa 'domani'." Riaprii gli occhi e trovai il suo viso a pochissimi centimetri dal mio. Il suo profumo penetrava le mie narici e il suo respiro caldo lo sentivo sulle mie labbra. Arrossii visibilmente, stupita da quel contatto. Non l'avevo sentito muovermi, eppure nei miei sogni desideravo averlo ancora più vicino.
"E 'domani' significa 'dopo'." si avvicinò ancora e ancora e ancora, per poi toccare con le sue morbide labbra il mio viso. Sospirai delusa, anche se non dovevo. Avrei tanto voluto che quelle labbra avessero toccato altro, qualcosa che facesse parte del mio viso ma che non era la mia faccia.

Scesi dall'auto, correndo vero Charly che mi stava aspettando vicino l'entrata principale. Appena mi vide, come sempre, mi saltò al collo e mi strinse forte. Io, da parte mia, ancora non riuscivo a riprendermi, dopo ciò che era successo pochi minuti prima. Mi sentivo delusa, ma sopratutto illusa, perché pensavo volesse toccare non solo il mio viso, ma anche le mie labbra. Pensavo che mi avesse baciata, non so perché ma pensavo mi avesse baciata facendomi materializzare su un altro pianeta o un'altra realtà, più semplicemente.
Volevo che mi baciasse. Ma non di certo sulla guancia. Anzi, anche sulla guancia, ma sopratutto sulle labbra. Desideravo poterle toccare anch'io, quelle labbra morbide e rosee. Ma è possibile essere gelose delle proprie guance?
"Cos'hai alla prima ora?" mi chiese Charly, non appena arrivammo vicino al nostro armadietto. Rosso, odioso.
"Matematica." sospirai, prendendo il libro. "E tu?"
"Due ore di ginnastica." mi fece l'occhiolino. "Secondo te ci sarà quel figo di Cody?"
"Si allena praticamente tutto il giorno." ridacchiai.
"Prendi poco in giro, tu!" le feci la linguaccia. "A dopo."
Ecco, anche lei che mi bacia sulla guancia. Nello stesso punto che aveva toccato Justin.
Scartai l'idea di prendere a pugni l'armadietto, volevo risparmiarmi la figuraccia davanti a tutta la scuola. Ancor prima del suono della campanella, arrivai in classe, e cominciai a ripassare un paio di formule, dato che avevamo due ore sicuramente avrebbe interrogato e c'era il rischio che interrogasse anche me.
"Signorina Myers, vuole illuminarci con una sua splendida interrogazione?" guardai il prof Derrick sbigottita, la classe si era praticamente piena e lui proprio me doveva chiamare? "Come non detto." sussurrai, sorridendo al prof e prendendo un gessetto.

-

Perché alle due ore di matematica doveva susseguirsi una verifica? Perché? Avevo la testa che quasi mi scoppiava a causa delle mancate ore di sonno, così cercai di finire la verifica di storia il prima possibile così da poter andare in bagno a sciacquarmi il viso.
Oh, guarda un po', mi ritrovavo a vedere Justin ovunque, anche riflesso nello specchio.
"Smettila di pensarlo, hai pure le allucinazioni." sussurrai tra me e me, bagnandomi leggermente il viso e socchiudendo gli occhi.
"E se non fossi un allucinazione?" sobbalzai, non appena due mani si poggiarono sui miei fianchi. Mi girai, già pronta a dare uno schiaffo a chiunque mi stesse toccando. Ma non appena incontrai quegli occhi, mi sentii impotente.
"Justin?" sussurrai, toccando il suo viso per poter essere sicura che fosse lui. Bagnò le labbra con la lingua, per poi sorridere. "Hai sentito?" annuì ancora, ridacchiando leggermente. Arrossii e coprii il mio viso con le mani, possibile che dovessi fare così tante figuracce? Inaspettatamente, mi avvicinò a sé e mi strinse in un abbraccio, tanto forte che quasi mi faceva mancare l'aria. Però era uno dei più belli che avessi mai ricevuto.
"Sei un'ossessione." sussurrò, stringendomi sempre di più. "Sei una vera e propria ossessione, Rebecca." deglutii, incapace di muovermi. O meglio, non volevo muovermi. "Vieni via con me." sussurrò, prendendomi dolcemente la mano. Un brivido mi fece tremare completamente. Non avevo mai provato nulla di simile.
"Devo prendere delle cose." sussurrai solamente, incrociando finalmente i suoi occhi. Vennero accesi da una scintilla. "Esco prima io, tu aspettami qui."

Avete presente gli agenti segreti? Ecco, ne ero appena diventata uno. Mi sembrava di essere in un film di 007, assolutamente non dovevano vedere che un ragazzo stesse uscendo dal bagno delle donne. Lo avrebbero arrestato, penso. Sicuramente la preside lo avrebbe cacciato via a calci nel sedere.
Mancavano meno di due minuti al suono della campanella, così entrai in classe a prendere l'astuccio e il libro che avevo portato per ripetere mentre tutti gli altri erano ancora intenti a finire il compito. Uscii, salutando gentilmente il prof che ricambiò con un sorriso. Justin mi aspettava con la schiena poggiata ad un armadietto. "Veloce, accompagnami all'armadietto." sussurrai, correndo per il corridoio seguita dal suo corpo agile.
In pochi minuti arrivammo affianco al mio armadietto, inserii la password e lo aprii, quasi sbattendolo sul naso di Justin. "Scusa." farfugliai posando tutto ciò che avevo in mano, per poi richiuderlo. "Ti ho fatto male?" aggrottò le sopracciglia e si grattò la nuca.
"Ahm, no?" alzai gli occhi al cielo e riaprii l'armadietto, prendendo la borsa e cominciando a fare una giustifica dato che avrei saltato le successive due ore. Non appena la vicepreside firmò, uscii dalla suola seguita da Justin. "Ti va di venire a casa mia?" chiese, prendendomi la mano. Cominciò a giocherellare con l'anello che avevo sull'alluce destro, era un regalo di mia madre.
"Perché non sfruttiamo la giornata e mi porti a Beverly Hills?"
"Vuoi fare shopping?" ridacchiò, portandomi in macchina.
Gli feci la linguaccia e accesi la radio, cominciando a canticchiare una canzone di Craig David abbastanza vecchia. La sua voce era spettacolare, mi piaceva un sacco sopratutto Seven Days.
"Okay per dove si va?" chiese Justin d'un tratto, abbassando il volume della musica.
"Ti metto il navigatore sul cellulare, non lo so nemmeno io." feci spallucce e presi il cellulare, sotto lo sguardo divertito e allo stesso tempo impaurito di Justin.
Una volta messo l'indirizzo, poggiai il cellulare sul cruscotto in modo tale che Justin potesse guidare in pace e mi lasciai trasportare dalla melodia delle canzoni che trasmettevano in radio. Mi piaceva tanto la musica e da piccola suonavo anche il piano mentre mio fratello la chitarra. Durante le cene in famiglia mamma ci faceva sempre suonare insieme, per far vedere a tutti quanto fiera era di noi. Era bello sapere che, nonostante il poco tempo che passavamo insieme dati i suoi impegni di lavoro, lei ci amava sempre così tanto.
"Questa è bellissima." disse Justin, alzando il volume della radio. Era Turn Up the Speakers di Martin Garrix e Afrojack. Un duo potentissimo, a parer mio. Chiusi gli occhi ascoltando la melodia, liberai completamente la mia mente. Justin muoveva la testa a ritmo facendo muovere il suo ciuffo biondo. Perché doveva farlo? Eh? Sentivo i miei ormoni fare le capriole, e il mio stomaco inondarsi di farfalle.
Chiusi gli occhi e sospirai pesantemente, smettila di pensare a lui in quel modo. Continuavo a ripetermi invano, dato che era inevitabile non pensarlo.

Il tempo passò velocemente, infondo non eravamo tanto lontani da quella città Californiana. Scesi dalla macchina euforica, avevo voglia di comprare qualcosa per l'imminente arrivo dell'estate. Infondo ero a Los Angeles e ci sarebbero stati tantissimi turisti, volevo per lo meno fare bella figura e non uscire con la solita canotta e il solito pantaloncino, dato il caldo insopportabile.
O forse, ero euforica perché ero finalmente con Justin.
Entrammo in un paio di negozi abbastanza giovanili, anche se, sinceramente, non mi piaceva nulla di ciò che avevano. Mi piaceva camminare con Justin e trascinarlo dentro ai negozi, la sua risata mi riempiva il cuore di gioia.
"Questa?" chiesi, indicando una maglietta a mezze maniche nera semplice.
"Troppo dark."
"E questa?" presi una maglia rosa chiaro, semplice anch'essa.
"Troppo confettosa." alzai un sopracciglio, posando anche quella maglia. "Piuttosto, misura questo."
Tra le mani, aveva un vestitino verde acqua, molto lungo. Era senza spalline, con una scollatura a forma di cuore e dei brillantini che lo ricoprivano interamente. Annuii contenta, aveva davvero bei gusti.
"Posso esservi utile?" ci si avvicinò una commessa, che squadrò dalla testa ai piedi il biondo al mio fianco. Gli sorrise. Io invece pensai di spaccarle la faccia a suon di pugni.
"Sì, potrebbe provare questo vestito?" intervenne Justin, mettendomi un braccio sulle spalle.
"Certo, vi accompagno al camerino." si girò facendo appositamente finire i capelli raccolti in una cosa di cavallo sul mio viso. Ma si può? "Puoi sederti qui." si avvicinò ad una poltroncina e ci picchiettò su con le mani un paio di volte, indicando Justin. Non appena questi si sedette, mi aprì le ante di un camerino. "Chiamami quando hai finito."
Alzai gli occhi al cielo, sentendo la rabbia ribollire. Stavo quasi per eruttare come se fossi stata un vulcano.
Entrai nel camerino e provai prima un paio di pantaloncini e una maglietta. Mi piaceva il fatto che la schiena fosse scoperta. Non appena uscii, però, gli occhi di Justin erano puntati in una direzione completamente opposta a quella del mio camerino.
Della serie, io sono a sinistra e tu guardi a destra. C'è qualquadra che non cosa.
"Ti piace?" chiesi a Justin, facendo un giro su me stessa. Nessuna risposta. "Justin?"
"Stai benissimo." rispose, facendo spallucce e senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.
"Ma se non mi hai nemmeno guardata." incrociai le braccia al petto e alzai un sopracciglio, sentendo la pazienza davvero andare a quel paese.
"Tanto sei bella sempre." si girò finalmente a guardarmi e sorrise. "Come ho già detto, sei bella sempre."
Arrossii e mi richiusi nel camerino. Come poteva un secondo prima farmi arrabbiare e un secondo dopo farmi arrossire? Era assurdo l'effetto che aveva su di me. Era in grado di congelarmi facendo lo strafottente, ma anche in grado di scongelarmi un secondo dopo con un sorriso. Come potesse riuscirci, era un'enigma per me.
Provai un'altra maglietta e un'altra ancora, trovando sempre Justin a guardare in una direzione completamente diversa dalla mia.
"Potresti farmi il piace di guardarmi? Se non avessi voluto il tuo aiuto, non sarei venuta qui con te." sospirai, entrando nuovamente in camerino.
Era l'ora del vestito.
Mi spogliai completamente e indossai quello che doveva essere uno dei più bei vestiti che io avessi mai visto. Arrivava a terra, praticamente, ma era stupendo. Si poggiava bene sul mio corpo, e la spaccatura era così lunga che arrivava a metà coscia. Indossai dei tacchi che precedentemente avevo portato in camerino per poter provare il vestito e uscii, beccando nuovamente Justin guardare da tutt'altra parte. E guarda caso, proprio verso quella commessa che si abbassava formando un angolo di novanta gradi verso la sua direzione.
"Justin.." sussurrai, cercando di attirare la sua attenzione. "Potresti guardarmi?" chiesi ancora. "Justin."

Justin's POV.
Rebecca continuava a chiamarmi, ma uno spettacolo ancora più bello si mostrava davanti ai miei occhi. Dio, quella commessa era davvero sexy. Aveva un corpo perfetto, con due bombe a posto del seno. Mi passava e spassava davanti, muovendosi come se fosse l'ottava meraviglia del mondo.
"Justin!" questa volta urlò, così che mi girai verso la sua direzione.
E dire che ero stato un cretino a pensare quanto sexy fosse la commessa era poco.
Rebecca aveva indossato il vestito che avevo scelto per lei, e avevo fatto davvero bene a farglielo misurare. Era bellissima, o forse di più. Le scrutai, dal basso verso l'alto. Non appena trovai il suo viso e i suoi occhi, rimasi spiazzato. Non li avevo mai visti così.. delusi?
Sospirò e tornò in camerino. La voglia di entrare e chiederle cosa fosse successo era dannatamente forte, ma decisi di non oltrepassare la sua privacy. Uscì, lasciando tutti i vestiti in camerino senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Si avviò alla porta e andò via, lasciandomi solo.
Justin, sei un cretino, lo sai vero? Urlò il mio subconscio. Passai una mano sul viso e velocemente mi alzai. Presi il vestito, lo portai alla cassa e chiesi ad un'altra commessa se poteva mettermelo da parte. "Tornerò nel pomeriggio." la commessa annuì e lo poggiò in una busta, così che uscii in cerca di Rebecca. La trovai a pochi metri di distanza dal negozio, camminava a passo svelto e aveva i pugni serrati. L'avevo fatta grossa.
"Becky!" urlai, ma non mi ascoltò. "Dai, non fare la bambina." mi avvicinai correndo e le presi un polso.
"Io? Una bambina? Ma ti senti? Sei stato tutto il tempo a guardare il culo di quella, che tra l'altro era pure tutta rifatta. Ti ho chiamato un sacco di volte e tu non mi hai ascoltata. Piuttosto che stare con te, preferisco andare a casa a cucinare per i miei fratelli. Almeno loro mi ascoltano!" sbottò, strattonando il suo polso.
"Sai vero di parlare troppo?" mi avvicinai al suo viso. Si bloccò subito. Amavo l'affetto che avevo su di lei.
"E tu sai vero di essere uno strafottente?" disse, quasi in un sussurro.
"Ma sei attratta da me." sussurrai a mia volta, portando il suo polso dietro la sua schiena e avvicinandola a me.
"Ancora con questa storia?" arrossì.
"Perché, non ti piaccio?"
"Ho detto che sei figo, non che mi piaci."
"Dalle mie parti quando si dice che una persona è attraente vuol dire che c'è dell'interesse."
"Dipende dal tipo di interesse" alzai un sopracciglia e la voglia di baciarla crebbe. Avevo voglia di divorare quelle labbra che sembravano così morbide. "Mi accompagni a casa? Devo cucinare per i miei fratelli." non risposi, mi limitai a fissare i suoi occhi verdi. "Se non vuoi posso anche andare da sola." provò a liberarsi dalla mia presa, ma la avvicinai a me ancora di più.
"Ti accompagno." annuì e, in silenzio, camminammo verso la macchina. Sembrava pensierosa, trovavo quell'espressione così buffa e tenera. Provai a prenderle la mano ma si scostò, evidentemente ancora arrabbiata. Sospirai, forse l'ho fatta davvero grossa, pensai.
Entrammo in macchina e il mio cellulare cominciò a vibrare. Un punto esclamativo rosso compariva sul mio schermo e ciò, voleva dire solo una cosa.  
"Che succede?" chiese Rebecca, notando che ero partito velocemente.
"Ho un impegno urgente." dissi solamente, correndo per le vie di Beverly Hills fino ad arrivare fuori casa sua in pochissimi minuti. "Ci vediamo domani, va bene?"
"Immagino che il 'domani' di adesso non sia come il 'domani' di stamattina, vero?" chiese, alludendo al fatto che quella mattina ci eravamo rivisti nonostante il fatto che mi avesse detto 'a domani'.
"Non lo so." risposi. Ed effettivamente, non lo sapevo.
Uscì dall'auto, senza nemmeno salutarmi. La guardai avvicinarsi alla porta di casa sua a passo svelto. Era sicura, determinata, bellissima. Prima di chiudere la porta alle sue spalle, mi salutò con un gesto della mano. Feci lo stesso, per poi vedere la sua figura scomparire.
Sospirai, già sentendo la sua mancanza.
Parcheggiai la mia Range Rover nel garage, per poi toccare col piede uno dei quattro angoli della stanza, proprio al centro del battiscopa. Mi assicurai che non ci fosse nessuno, così entrai, trovandomi di fronte delle porte di vetro illuminate da alcuni faretti azzurri. Il muro si chiuse alle mie spalle, su un piccolo quadrato sulla sinistra digitai le cifre 1349 e lasciai che le mie impronte digitali potessero essere analizzate.

"Può entrare, signore" una voce metallica echeggiò nel piccolo stanzino.  

Quando il dovere chiama, bisogna rispondere.
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Tadaaa!

Eccomi qui, ragazze mie.
Come state? Tutto bene?
Io sto uno schifo, ho l'influenza e non è proprio il massimo dato che sto perdendo ore di lavoro e di scuola.
Ma che devo fa? Quest'anno è andata così.
E non so se purtroppo o per fortuna.

Ma passiamo alle cose serie!
Suvvia, ditelo che ci siete rimaste!
Cosa starà nascondendo il nostro Justin?
E secondo voi, perché ci sono tutte queste parole e frasi in corsivo?
Be', dovete solo leggere per scoprirlo!

Mi lasciate un vostro parere?
Mi piacerebbe leggere una vostra recensione e capire cosa vi piace e cosa non vi piace della storia.

Nel frattempo, vorrei ringraziare tutti voi che mi supportate sempre.
E sì, parlo anche con voi lettori silenziosi.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland'
Ah, sto scrivendo una nuova FF, passate anche qui 'Look in my eyes, what do you see?'

CHI DI VOI HA WATTPAD?

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Capitolo 8
*** "Sto per sposarmi" ***


08. Chapter Eight
The Storm.
Chapter Eight - "Sto per sposarmi"

Avete presente quando una persona non si fa viva per quattro giorni e il crimine ti sale così tanto che il solo pensiero di rivederla ti fa venire voglia di prenderla a schiaffi?
Be', era ciò a cui in quel momento stavo pensando. E indovinate nei confronti di chi? Indovinato belle mie, proprio di quel biondino di nome Justin.
Non rispondeva alle mie chiamate, né ai miei messaggi. Ogni qual volta andavo a casa sua per chiedergli spiegazioni non riuscivo a trovarlo, era sempre via. A fare cosa, poi? Non me l'aveva detto. Avevo un bruttisimo presentimento, come se mi stessi mettendo contro qualcosa di più grande e più forte di me.
"Becky, mi devi spiegare la prova del nove." Zackary interruppe i miei pensieri, erando in cucina con un quaderno e l'astuccio. Allontanai il computer senza però spegnerlo. Stavano succedendo cose strane a Miami. E la cosa mi affascinava particolarmente.
"Fammi vedere" Zack si sedette al mio fianco, mostrandomi alcune moltiplicazioni che aveva fatto. "Bene, adesso quindi devi vedere se sono giuste facendo la prova del nove?"
"Sì, io però non la so fare. So solo che si fa una tabella."
"Bravissimo, si fa una tabella. Allora, come primo numero abbiamo 144 e dobbiamo addizionare i tre numeri tra loro, quindi.."
Cominciai a spiegare a mio fratello la cosiddetta prova del nove, anche se la mia testa era assente. Continuavo a pensare a Justin e al comportamento strano che avevo avuto l'ultima volta che c'eravamo visti. Certo, non avevamo avuto una splendida conversazione e ammetto le mie colpe. Però cavolo, aveva quasi avuto un'erezione mentre era con me guardando una commessa con un bel corpo.
Ma ammetto che mi mancava. Eccome se mi mancava.

Una volta finito di spiegare a mio fratello come dovesse fare i compiti, andai a controlla anche ad Alyssia e Breanna che stavano facendo i loro compiti. Alyssia aveva già finito, mentre Breanna stava finendo di colorare un disegno che raffigurava la primavera. Per essere una bambina di soli sei anni, sapeva disegnare davvero bene.

Sorrisi, contenta di come stessero andando le cose. Finché, non sentii il telefono di casa squillare. Ryley si alzò dal divano e corse a ripondere.
"Pronto?" rispose, corrugando le sopracciglia. Lo vidi irrigidirsi, per poi guardarmi con un un espressione piena di felicità. "Sì, sì, arriviamo subito, arriviamo!" affrettò a chiudere la chiamata, per poi avvicinarsi a me.
"Cos'è successo?" gli chiesi, ma in tutta risposta mi abbracciò e mi fece girare.
Semplicemente mi fermò e mi guardò negli occhi. I suoi erano colmi di lacrime, mentre i miei cercavano spiegazioni. "Chi era?"
"La mamma sta bene." sussurrò.
"Davvero?" gli chiesi, incredula. Non appena annuì, scoppiai a piangere. Portai entrambe la mani sulla bocca, sentendo poi le braccia di Ryley stringermi forte.
Ce l'aveva fatta. Finalmente ce l'aveva fatta. Dopo due anni infernali era riuscita a sconfiggere quel mostro tremendo, era riuscita a vincere. Il suo spirito da guerriera era sempre stato una delle cose che più mi affascinavano del suo essere, e in quel momento era la cosa che più amavo. Era grazie alla sua forza che era riuscita a sconfiggere la leucemia, era grazie alla sua forza da guerriera se stava finalmente bene.
"La mamma sta bene?" chiese Breanna, correndo da noi.
"Sì, la mamma sta bene." mi abbracciò forte cominciando a piangere, assieme ad Alyssia e Zack che nel frattempo avevano visto tutta la scena.
"Mi hanno chiesto di andarla a prendere, Zack vuoi venire con me?" Zack annuì, mettendo il giubbotto.
"E noi?" Alyssia corrugò le sopracciglia.
"Voi cucinate con me per la mamma, vi va?" le presi per mano entrambe, sorridendo come non avevo mai sorriso.
"Ci vediamo dopo." Ryley mi baciò la fronte sorridendo. Era troppo alto per i miei gusti.
Si avvicinò alla porta, per poi scomparire dietro di essa. Presi entrambe le bimbe e mi fiondai in cucina, cominciando a tirare fuori dal frigo gli igredienti per fare qualcosa di buono. Volevo cucinare il piatto preferito della mamma, che non mangiava da mesi dato che era sempre chiusa in ospedale. In due ore circa, riuscimmo a preparare il cottage pie, ovvero un pasticcio di carne. Non sapevo come mai Ryley, Zack e mamma non erano ancora arrivati, ma evitai di mandar loro messaggi dato che sicuramente dovevano essersi fermati da qualche parte, sentivo che andava tutto bene per cui non mi preoccupai più di tanto.
Mirabelle e Jhonny, svegliatisi dal pisolino pomeridiano, avevano cominciato ad aiutarci. Mentre loro levavano i giochi dal salotto, io e le bimbe cominciammo ad apparecchiare la tavola. Volevo che mamma fosse fiera di noi, di come stavamo andando avanti nonostante tutto.
Non appena udimmo il campanello, Alyssia si fiondò ad aprire, rimanendo delusa non appena entrò papà.
"E un bacio al tuo papà non lo dai?" chiese papà, poggiando la valigietta a terra.
"Non volevo a te!" incrociò le braccia al petto, per poi rialzarsi non appena sentì il campanello. Corse alla porta e la spalancò, urlando di conseguenza. "Mamma!"
"Mamma?" chiese papà, aprendo di più la porta.
Ed eccola lì. La mia mamma. Un po' troppo dimagrita e senza la sua chioma folta, ma pur sempre bellissima.
Papà rimase immobile, guardandola avanzare dentro casa. "Sei davvero tu o è un sogno?" chiese, accarezzandole il viso.
"E' tutta realtà." sussurrò appena la mamma, abbandonandosi alle sue carezze. Papà l'abbracciò, un abbraccio che mi fece scoppiare. Le lacrime scendevano a fiumi dai miei occhi vedendo i miei genitori finalmente insieme. Era da troppo tempo che non si abbracciavano in quel modo. Era da troppo tempo che non sapevano se dirsi 'a dopo', perché il futuro purtroppo era incerto. Certamente, era incerto anche in quel momento, ma almeno avevamo la cosapevolezza che mamma era finalmente guarita e che la leucemia non poteva più ucciderla.
"Ti amo tanto." susurrò la mamma, facendomi sentire piccola piccola. Qualche anno prima avrei detto 'che schifo', eppure in quel momento riuscivo a sentire il calore di quelle parole e la necessità di doverle sentire.
E istintivamente cominciai a pensare a Justin. Non so perché, non chiedetemelo. Sapevo solo, che desideravo abbracciarlo e condividere con lui la gioia del riavere mamma a casa.
"Venite qui, piccoli miei." disse la mamma, stringendo tra le braccia Mirabelle, Jhonny, Alyssia e Breanna. Tutti piangevano, lei compresa. Era bello riaverla a casa.
"Mi sei mancata." sussurrò Jhonny, provocando il sorriso di tutti noi.
"Anche tu mi sei mancato, ometto. Come mi siete mancate voi, principesse." sorrise di nuovo ai bimbi, per poi rivolgersi a me.
Mi avvicinai a lei, stringendola piano ma forte allo stesso tempo. "Ce l'hai fatta." sussurrai, chiudendo gli occhi. "Adesso non andare più via, intesi?" ridacchiò, finalmente potevo sentire la sua splendida risata. "Devi mettere un po' di ciccia di queste ossa."
Mi staccai e le sorrisi, incontrando i suoi occhioni grandi da cerbiatta. Mi accarezzò dolcemente il viso con le dita lunghe, per poi baciarmi la fronte come quando ero piccola. Papà le prese la mano, abbracciandola ancora. Erano bellissimi, insieme.
"Che ne dite di andare a mangiare?" chiesi, ricevendo un urlo dai bimbi in risposta.

-

Le serate in famiglia, sono una delle cose più belle.
 Dopo tanto tempo, finalmente, potevamo mangiare tutti insieme. Purtroppo però, si fece tardi così portai con Ryley di sopra i bambini affinché si addormentassero, lasciando mamma e papà da soli sul divano. Avevano bisogno della loro privacy, era da tanto che non ne avevano.

Feci addormentare Mirabelle e Jhonny, che erano decisamente i più dormiglioni della casa. Dopodiché entrai da Alyssia e Breanna, che erano già a letto ma che non dormivano. Lessi loro una favola, come tutte le sere. Quando pensai stessero dormendo mi alzai e mi avvicinai alla porta, ma la voce di Breanna mi fece sussultare.
"Becky, pensi che mamma rimanga qui?" mi chiese, con la sua vocina flebile.
"Amore mio, la mamma non andrà più via" le baciai la fronte, facendola sorridere.
Uscii dalla camera, per poi scendere in salotto seguita da Ryley.
Il campanello, però, ci bloccò.

"Aspettavi qualcuno?" chiesi, avviandomi alla porta.
"No, e tu?" chiese a sua volta, mettendosi al mio fianco.
Non appena aprii la porta, mi bloccai. "Cosa ci fai tu qui?" sussurrai, sbigottita.
"Volevo parlarti." infilò le mani nelle tasche dei suoi jeans a cavallo basso. Salutò con un gesto della testa mio fratello, che ricambiò con lo stesso gesto.
"Potresti lasciarci soli un momento, Ryley?" mio fratello annuì, andando via. "Sei un miraggio o cosa?" sbottai, chiudendomi la porta alle spalle.
"Non sono un miraggio." scosse la testa, nascondendo un sorriso.
"Senti, non voglio avere niente a che fare con i miraggi." incrociai le braccia al petto.
"Ti ho appena detto che non lo sono." ridacchiò, avvicinandosi a me. Feci un passo indietro, non volendolo nemmeno toccare. "Non mi vuoi più?"
"No" scossi la testa. "Che fine hai fatto? Uhm? Hai ignorato tutti i miei messaggi e attaccato tutte le mie chiamate. Non posso di certo far finta che non sia successo niente." sbottai.
"Posso spiegarti tutto." mi prese le mani.
"Vai, spiega." strattonai le mie mani, incrociando le braccia al petto.
"Vedi, io.." si grattò la nuca. "Io, ecco.." scossi la testa, per poi girarmi.
"Ci hai provato." aprii la porta ed entrai, lasciandolo fuori. Avevo una fottuta voglia di stringerlo e raccontargli tutto ciò che era successo quel pomeriggio, ma la rabbia era più forte.
"Aspetta!" sospirai e mi girai.
"Ti avevo portato questi." mi porse dei fiori, un mazzo di rose bianche.
"Da dove le hai prese?" corrugai le sopracciglia, accarezzando quelle rose a dir poco perfette.
"Ahm.. le avevo poggiate a terra." si grattò ancora la nuca. "Senti, Rebecca, volevo scusarmi con te. Sono stato uno stupido, un vero e proprio stupido a non risponderti e ad ignorarti. Mi dispiace." mi prese ancora le mani, guardandomi negli occhi. "E credemi, se Justin Bieber si scusa vuol dire che è davvero dispiaciuto." chiusi gli occhi e sospirai, sentendo il suo respiro sempre più vicino.
Non appena aprii gli occhi, me lo ritrovai a pochi centimetri di distanza. Mi accarezzò il viso, per poi passare al collo e al braccio. Allacciò le nostre dita, provocandomi un sorriso che cercai in qualsiasi modo di reprimere. Non poteva farmi questo. "Mi perdoni?" chiese, avvicinandosi ancora a me. "Uhm?" rimasi immobile, vedendo il suo viso sempre più vicino al mio. Chiusi gli occhi e istintivamente inclinai la testa, feci anch'io per avvicinarmi quando sentii una voce chiamarmi.
"Becky, con chi parli?" sospirai e mi allontanai immediatamente, sentendomi andare a fuoco.
"Chi è?" chiese Justin, sorridendo.
"Mamma." risposi, sorridendo a mia volta. Sul suo volto comparve un'espressione sorpresa. "Dai, entra." esordii, lasciandolo passare. Poggiai le rose sul tavolo in cucina, per poi entrare in salotto con Justin.
"Justin, che sorpresa!" si alzò papà, dandogli una stretta di mano. "E' da un po' che non ti vedo."
"Sì, sono stato fuori città per delle commissioni."
"Vieni, ti presento mia moglie." mamma si alzò dal divando, sorridendo.
"Piacere di conoscerti, Justin." gli porse la mano, che Justin strinse piano.
"Il piacere è tutto mio. Rebecca non fa altro che parlarmi di lei." arrossii, nessuno sapeva delle nostre uscite, infatti Ryley mi guardò alzando un sopracciglio.
"Io però non so nulla di te. Non ti ho mai visto da queste parti."
"In effetti ci siamo trasferiti da poco più di una settimana." sorrise, per poi guardare me. "Adesso però devo proprio andare, sono le dieci e non voglio disturbarvi ancora."
"Sì, ti accompagno." risposi, facendogli segno con la testa di seguirmi.

Justin salutò i miei, per poi seguirmi fuori. Ero ancora rossa in viso. Non appena fummo fuori la porta, gli diedi un pugno sul braccio facendolo ridere.
"Che c'è?" sbottò ridendo.
"Sappi che adesso Ryley mi bombarderà di domande." incrociai le braccia al petto.
"E allora? Non abbiamo mica fatto sesso, siamo solo amici." ridacchiò.
Era tutto così fottutamente vero. Sospirai e lo guardai negli occhi, tornando seria.
"Non mi dirai mai perché sei scomparso?" distolsi lo sguardo e mi grattai un gomito, improvvisamente insicura. Mi prese il viso tra le mani e mi guardò negli occhi.
"Nessuno lo sa." mi avvicinò al suo viso. "Neanche la mia famiglia, solo determinate persone."
"E perché non posso far parte di quelle determinate persone?"
"Vorrei che ne facessi parte." chiusi gli occhi, sentendo il cuore battere forte. "Ma non posso farlo." soffiò a un millimetro dalle mie labbra.
"Perché?" chiesi, con voce tremante.
"Perché voglio che tu sia al sicuro." continuò, avvicinandosi ancora. "Non posso Reb, non posso." si allontanò da me. "Non posso farlo."
"Non sto dicendo nul.."
"Il punto è che non dovrei nemmeno essere qui, adesso. Sono venuto solo per vederti, perché mi mancavi e non riuscivo a evitarti ancora. Sono venuto qui, anche se non potevo assolutamente farlo. Io non sono fatto per te, non posso stare con te. Non posso starti vicino, ma allo stesso tempo non voglio starti lontano. Eppure questo è così fottutamente sbagliato, perché io.." sospirò, abbassando lo sguardo, per poi rialzarlo. "Sto per sposarmi." sbottò, facendomi spalancare gli occhi.
"Che cosa?"

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Ciao a tutti, belli e brutti!
Come state miei cari amori dolci?
Io sto relativamente bene. Relativamene però.
Ma non voglio deprimervi, perché domani sarà l'ultimo dell'anno e sapete cosa ciò csignifica?
Che dopodomani saremo nel 2017!

So che questa è la scoperta dell'acqua calda, ma ci tenevo a dirvi un paio di cose.
Questo 2016 è andato, via per sempre.
Non tornerà più, come non torneranno più le varie opportunità che vi si sono presentare durante ques'anno.
Ma non è ancora detta l'ultima parola e sapete perché?
Perché il 2017 vi offrirà ancora di più.

Vivete la vostra vita al massimo.
Fate ciò che desiderate entro i limiti del possibile.
Amate.
Fate ciò che vi fa star bene.

E sopratutto, siate voi stessee voi stessi.

Per quanto riguarda il capitolo, so che non è il massimo.
Ma ugualmente abbiamo scoperto una cosa fondamentale: Justin sta per sposarsi.
Cos'ha in serbo per il futuro questa storia?
E come mai tutte quelle parole in corsivo?


Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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Capitolo 9
*** AVVISO ***


Ragazze, so di avervi deluso parecchio dato che non aggiorno da un po'.
Mi dispiace e vorrei scusarmi con voi.
Ho avuto dei mesi burrascosi e, purtroppo, adesso ho gli esami.
Nonostante questo, volevo inoltre dirvi che mi sono trasferita su wattpad.

Per ora sto continuando The Storm lì e a breve aggiungerò anche il primo capitolo di 'Look in my eyes, what did you see?'.

Se volete, seguitemi lì.
Sono @JeiBieber_Smile
Questo è il link del mio profilo-> https://www.wattpad.com/user/JeiBieber_Smile

Pubblico circa un capitolo al giorno, per cui se non vi piace aspettare questa volta sicuramente non vi deluderò!

VI AMO.
Grazie per l'attenzione.
Spero di ritrovarvi nei commenti su wattpad.
Love you,
-Sharon.

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