Figli della Profezia

di RigelWhite
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Girl ***
Capitolo 2: *** The Awaken ***
Capitolo 3: *** The Camp ***
Capitolo 4: *** The Dreamer ***
Capitolo 5: *** The Fighters ***
Capitolo 6: *** The Ghost King ***
Capitolo 7: *** The Games (parte prima) ***
Capitolo 8: *** The Games (parte seconda) ***
Capitolo 9: *** The Games (parte terza) ***
Capitolo 10: *** The Apollo's gift ***
Capitolo 11: *** The Destiny ***



Capitolo 1
*** The Girl ***


Esterno

 

Quando la porta rosso fuoco dell'Ufficio Maggiore si spalancò, il satiro presente all'interno della struttura rimase fermo ancora qualche secondo, a fissarla con gli occhi sgranati, prima di sobbalzare e rendersi effettivamente conto delle persone che erano appena entrate.

 

L'attesa era terminata.

 

Grover Underwood era sempre stato soddisfatto di tutto ciò che era riuscito ad ottenere nel corso di quei lunghi anni. 

 

Si poteva definire un uomo fortunato: aveva una casa, una famiglia, un lavoro, una situazione economica stabile e degli amici stretti ed affidabili. 

 

Sorrideva al pensiero di essere riuscito a diventare un alto membro del Gran Consiglio dei Satiri, e men che meno ad investire l'ambita carica di Capo Campo.

 

Eppure, una parte di lui avrebbe voluto abbandonare tutto e scappare più velocemente possibile via, lontano, tanto qual era l'ansia che lo divorava. 

 

A nessuno piacciono le grandi responsabilità, e Grover, sommerso soprattutto negli ultimi tempi di compiti e problemi di vitale importanza, non faceva eccezione.

 

Tuttavia cercava sempre di non darlo a vedere e il suo sorriso non abbandonava mai quel viso, un tempo cosparso da innumerevoli brufoli, ormai scomparsi. 

 

Infondo, se lui crollava, chi avrebbe potuto infondere ai suoi ragazzi il sostegno necessario per resistere, il coraggio per continuare a lottare?

 

Non doveva dimostrare la paura che aveva mentre li guardava scherzare, allenarsi, ridere, ancora ignari di quello che avrebbero dovuto affrontare di lì a poco.

 

Il loro Capo Campo non avrebbe dovuto essere debole.

 

E quando i primi problemi grossi comparirono anche a Camp Legacy, Grover non poté fare altro se non chiamare gli unici che lo avrebbero potuto aiutare a mantenere vive quelle risate spensierate.

 

Così erano giorni che il satiro era fermo, seduto nella ormai troppo comoda poltrona dell'Ufficio, sprofondando sotto il peso dell'ansia, mordendo lattina dopo lattina.

 

Era così teso, che non si accorse nemmeno quando la porta sbatté contro il muro, facendo entrare i famigliari visi dei Sette semidei che avevano salvato il mondo.

 

-Grazie agli Dei, siete qui!

 

Esclamò Grover, gettandosi fra le braccia dei suoi migliori amici.

 

Era passato tanto tempo, troppo tempo dall'ultima volta che si erano visti. 

 

Nei vent'anni successivi alla guerra, non erano state molte le occasioni di rimpatriata fra vecchi amici. 

 

Percy e Annabeth erano andati al college, poi si erano sposati e avevano messo su famiglia, come tutti gli altri del resto. 

 

Questo, sommato poi all'enorme quantità di incarichi affidati ai Sette e a Grover, impegnato nella costruzione del nuovo campo in Nebraska, riduceva la frequenza dei loro incontri a poche volte l'anno.

 

Eppure in quell'abbraccio, fu come se il tempo si fosse fermato, come se loro fossero tornati ad essere quei ragazzini iperattivi e sempre pronti a partire per una nuova Impresa.

 

-Anche noi siamo felici di rivederti amico...

 

Disse Percy, con la bocca curvata in un sorriso.

 

-...ma ci stai soffocando

 

Concluse Annabeth, quasi come leggesse nella mente dell'altro.

 

Grover si staccò, resosi conto di aver effettivamente esagerato.

 

Nonostante i quarant'anni ormai prossimi, Percy Jackson sembrava non invecchiare mai. 

 

I suoi occhi verde mare scintillavano ancora come una volta, incorniciati da i suoi soliti capelli neri perennemente arruffati. 

 

Ma un'ispida barba correva ora sul suo volto, dai lineamenti più duri e marcati.

 

Lo stesso valeva per Annabeth: i suoi riccioli dorati erano raccolti in una coda lenta. Ciocche di capelli ribelli le cadevano sul viso e sui meravigliosi occhi tempesta.

 

Il tempo però aveva avuto effetto anche su di lei, dove il segno delle prime rughe e delle occhiaie profonde aveva iniziato ad incidere.

 

Anche Grover era cambiato, cresciuto soprattutto interiormente, visto che l'impatto dell'età è ridotto sui satiri rispetto agli umani. 

 

La barbetta era aumentata molto in quegli anni e i capelli marroni avevano trovato finalmente un senso grazie alle cure di sua moglie Juniper.

 

-Hey, nessuno saluta il vero salvatore dell'Olimpo e di tutto il mondo!

 

Disse Leo Valdez sulla soglia della porta, con la sua naturale risata stampata sul suo volto.

 

Se c'era una persona che gli anni avevano letteralmente trasformato, quella era Leo. 

 

Aveva perso i suoi tratti da elfo giovanili, rimpiazzati da un fisico più maturo, vigoroso, dai tratti decisamente più adulti. 

 

I riccioli tuttavia, erano rimasti perennemente disordinati e i suoi inconfondibili occhi bruciavano ancora in sfumature scarlatte.

 

Al suo fianco c'era lei: Calypso, che dopo millenni di blocco, il tempo aveva

ricominciato a mutare, trasformandola nella splendida donna che era in quel momento. 

 

Dopo essere scappata dall'isola di Ogigia aveva rinunciato al l'immortalità ed era partita con Leo in giro per il mondo.

 

Non le importava se un giorno sarebbe invecchiata, non le importava se avrebbe dovuto morire: aveva passato gli anni migliori della sua lunga vita.

 

Leo, l'unico che era riuscito a darle un per sempre in quella loro luce, destinata a spegnersi con l'inesorabile passare del tempo. 

 

Insieme si erano poi stabiliti a San Jose, in California, dove avevano aperto l'officina dei loro sogni.

 

-Leo! Possibile che tu non ti smentisca mai?

 

Disse la voce di Piper, aperta in un sorriso, armata del suo sopracciglio alzato.

 

-Possibile che tu abbia sempre qualcosa da ridire, Miss Mondo?

 

 Rispose Leo, tenendole testa.

 

Erano tutti lì: Piper, Jason, Hazel, Frank, Leo, Percy e Annabeth. 

 

I leggendari Sette semidei della Seconda Grande Profezia. 

 

Ragazzi diventati uomini, maturati sul campo di battaglia, che il tempo aveva cambiato così tanto, ma anche così poco. 

 

Perché tutte le esperienze che avevano vissuto quando erano giovani erano incancellabili, perfino dall'inarrestabile demone delle clessidre.

 

Ora tutti ridevano, gioivano, spinti da quell'allegria dell'essersi rivisti, ma il loro incontro era costruito su delle motivazioni tutt'altro che serene.

 

Il destino non era mai stato gentile con loro, non erano mai riusciti a provare totalmente quella sensazione di spensieratezza, leggerezza.

 

Nuvole di tempesta attendevano all'orizzonte.

 

Silenzio totale, l'aria diventò tesa e cupa.

 

-Lei dov'è?

 

Chiese Hazel, rompendo il ghiaccio che si era venuto a creare intorno a loro, nascondendo la sua preoccupazione dietro una maschera di serietà.

 

-Nell'altra stanza

 

Spiegó Grover a testa bassa.

 

-Con Logan e Carson, sono stati loro a trovarla

 

Dopo qualche esitazione, il satiro lì guidò in un corridoio lungo e stretto, finché non giunsero davanti ad una grande stanza, arredata in modo minimalista. 

 

In essa, spiccavano le figure di due giovani ragazzi.

 

Indossavano entrambi una maglietta rosso bordò, con la scritta bianca "Camp Legacy" e due figure stampate sopra: un pegaso e una corona d'alloro. 

 

Questi, sentendo delle persone arrivare, si girarono in direzione della porta d'entrata.

 

-Però, ce ne avete messo molto ad arrivare

 

Disse uno dei due, con un tono serio, quasi arrabbiato.

 

Logan Jackson e Carson Grace alzarono lo sguardo per incontrare quello dei loro rispettivi genitori.

 

Logan era identico al padre, lo stesso sguardo e occhi acquamarina, la carnagione abbronzata. L'unica differenza era nei capelli biondo cenere, una massa ibrida tra un elegante riccio e un liscio ribelle.

 

Carson invece era il ritratto di Piper: aveva la carnagione scura e i capelli castani, scompigliati, abbastanza lunghi da veder scendere una piccola trecciolina Kerokee dietro l'orecchio. Gli occhi blu elettrico splendevano come saette, contrastando con le gote.

 

Le attenzioni maggiori, però, non erano riservate alla presenza dei due ragazzi, bensì ad una misteriosa figura sdraiata sul letto della stanza.

 

Era una ragazza, di corporatura minuta e dalla carnagione bianca e pallida. Aveva lunghi capelli neri, mossi, raccolti in una traccia.

 

Era coperta di lividi e tagli, avvolta in un logoro giubbotto di pelle scuro, grande due taglie in più di lei.

 

Tutti rimasero lì, a guardarla dormire, quasi fossero paralizzati sui loro posti, sconvolti.

 

Una gelida folata di vento freddo li aveva appena investiti.

 

-Non è possibile...

 

Sussurrò Percy, immobile, in volto un'espressione terribilmente confusa.

 

-Cos'è successo?

 

Jason si rivolse al figlio, lo sguardo cupo, domande senza risposta premevano dentro di lui.

 

Carson sospirò, concentrandosi nuovamente sulla ragazza priva di sensi.

 

 -Qualche giorno fa, dopo l'allenamento, io e Logan eravamo andati nella foresta per preparare gli schemi per i prossimi laudi della sua bandiera. Abbiamo iniziato a sentire delle grida in lontananza e siamo subito corsi a vedere cosa fosse successo

 

-L'abbiamo trovata così, coperta di sangue: questa ragazza era svenuta a terra, in fin di vita, circondata da tre Gorgoni. Avevano un aspetto strano.... erano diverse. La loro forza era spaventosa per essere dei semplici mostri. Mi sono caricato la ragazza in braccio e siamo scappati, non potevamo fare altrimenti. Fortunatamente siamo riusciti a tornare indietro e abbiamo portato lei nell' Ufficio Maggiore prima che fosse troppo tardi

 

Aggiunse Logan, rapito dai suoi pensieri. I suoi schemi ordinati erano andati distrutti.

 

Il silenzio avvolse la stanza.

 

 -Io non ci credo. Siamo sicuri? Insomma sono passati 15 anni! Nella maggiore delle ipotesi è morto già da tempo

 

-Leo guardala...sono identici

 

 Disse Annabeth lentamente, non credendo alle sue stesse parole.

 

-Ma...

 

-No, non ci sono dubbi. Sul tavolo ne avrete la conferma 

 

Aggiunse Grover a testa bassa, mentre tutti cercavano di assimilare ciò che lui aveva già avuto modo di fare.

 

Una spada nera come la pece giaceva su un tavolino.

 

Emanava un'aria vissuta, ma risplendeva come se fosse nuova. 

 

Una semplice lama, custode di mille storie, mille battaglie, mille dolori da raccontare, da urlare nella sua fredda e metallica quiete.

 

Hazel si avvicinò lentamente.

 

Prese con cautela la spada, quasi avesse paura di romperla o di vederla dissolversi tra le braccia.

 

Le lacrime iniziarono ad uscire una dopo l'altra, rigandole il volto, rimasto ancora così dolce nonostante gli anni passati.

 

-È la sua. È la spada del mio fratellone...

 

Singhiozzò, stringendo la spada al petto, come volesse abbracciarla, ritrovare un po' di calore in quel gelido e muto ferro.

 

Frank le venne incontro, sostenendola.

 

-Non piangere, ci dev'essere ancora una speranza...

 

Cercò lui di confortarla, ma senza successo.

 

-No, è scomparso da troppo tempo, non può essere sopravvissuto così a lungo lì fuori!

 

Quasi urlò Hazel dalla disperazione, dal dolore che la dura realtà le aveva portato.

 

Una realtà dove una delle persone più importanti per lei l'aveva abbandonata per sempre.

 

Nessuno riusciva a credere chi fosse quella ragazza. 

 

Avvolte la verità fa più male della menzogna, intorno a te ogni equilibrio crolla, ogni illusione, certezza si sfalda.

 

Che legame aveva quella ragazza con un guerriero smarrito?

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Capitolo 2
*** The Awaken ***


Bianca

 

Buio. Solamente il buio più totale, stavo lentamente precipitando.

 

Rabbrividivo per colpa del pungente freddo, era come se il ghiaccio mi avesse completamente avvolta nella sua gelida e letale morsa.

 

L'eco di quelle parole maledette non mi abbandonò nemmeno per un istante, rimbombavano nella mia testa continuamente e senza mai fermarsi.

 

"Gli antichi astri stanno risorgendo. Se ci riusciranno il mondo cadrà. Le Parche ti hanno affidato il compito di fermarli, solo così potrai salvare tuo padre"

 

Avevo ormai perso la cognizione del tempo.

 

Da quanto ero in quella condizione? Minuti? Ore? Giorni?

Oppure ero già morta?

Non ne avevo idea.

 

Gradualmente, iniziai a sentire un brusio di sottofondo, sempre più forte e nitido. 

 

Le tenebre in cui stavo cadendo si squarciarono, una luce accecante mi inondò. 

 

Fui costretta ad aprire gli occhi, neri e profondi come il Tartaro.

 

Iridi verde mare, striate con un leggero velo celeste. Riuscivo a percepire l'oceano, le onde che si infrangevano violente sugli scogli, la schiuma, la dolce e calda sabbia. 

 

L'odore acre, salato del mare e della salsedine mi invase le narici.

 

Improvvisamente ricordai tutto: di me stessa, di quei mostri, di Lei, della mia missione.

 

In pochi secondi, riuscii a riprendere controllo del mio corpo, tutti sensi si risvegliarono di colpi.

 

Balzai in piedi, d'istinto, senza pensare, ignorando la stanchezza che solo in quel momento mi accorsi di avere, l'acuto e improvviso dolore alla nuca.

 

Persone sconosciute mi fissavano, chi con occhi sconvolti, chi seri, tristi o arrossarti dal pianto. 

 

Mi guardai freneticamente attorno, cercando di scappare da quegli sguardi opprimenti.

 

Non sapevo dove mi trovassi.

 

Ero spaventata, dovevo restare calma e respirare, nascondere la paura a quegli occhi indagatori.

 

-Cosa volete da me?

 

Dissi cercando di apparire aggressiva.

 

Un fiume di dubbi e di domante mi sommergeva.

 

-Tranquilla. Non ti vogliamo fare del male. Ti abbiamo trovato svenuta nel bosco

 

Si fece avanti con cautela il ragazzo dagli occhi verdi che avevo inquadrato appena sveglia, porgendomi una mano.

 

-Io sono Logan

 

Rimasi smarrita davanti a quelle parole. 

 

Avrei voluto poterci credere.

 

Nella vita ero stata circondata solo da persone che mi avevano provocato dolore. 

 

Non potevo fidarmi di questi perfetti sconosciuti, erano come tutti gli altri. 

 

Mi stavano solo usando.

 

Respinsi la mano, tagliando il ragazzo con l'asprezza del mio sguardo.

 

Il fiato si spezzò in gola: il fodero della mia cintura era vuoto.

 

La spada era sparita.

 

Era l'unico ricordo che avevo dei miei genitori.

 

Nonostante li odiassi per quanto mi avevano fatto soffrire, non me ne separavo mai. 

 

Quella spada era la mia unica consolazione, l'unica prova che qualcuno mi avesse mai voluto veramente bene.

 

Ora non c'era più.

 

-Dov'è la mia spada? Ridatemela immediatamente!

 

Ringhiai, mi mossi alla ricerca della lama lucente.

 

-Sei una testa calda, mi piace 

 

Rise un uomo dai folti capelli ricci, l'unico di quelle persone ad apparire rilassato.

 

Lo fulminai con un'occhiata torva.

 

-Se ti ridiamo la spada ti calmerai?

 

 Mi chiese serio un altro uomo: aveva ribelli capelli scuri, il mare abitava nel suo sguardo.

 

-E ascolterai ciò che abbiamo da dire?

 

Aggiunse questa volta una donna dalla chioma dorata.

 

Affiancò l'uomo.

 

Scrutai ogni persona davanti a me.

 

Provai a calmare la stizza, sempre più feroce dentro di me, soffocava un profondo senso di confusione, paura.

 

La maggior parte di quegli sconosciuti erano armati, mi intimorivano. C'era anche una specie di capra umana....no satiro.

 

Dovevo ancora abituarmi a quel nuovo mondo, a tutti quegli esseri mitologici.

 

Mi sentivo turbata e al contempo indecisa: dovevo trovare un modo di andarmene via da lì il prima possibile. Avevo una missione importante da compiere.

 

-La spada, me ne starò buona, ma dovete restituirmi la spada

 

Un uomo biondo me la porse, avvolto dal silenzio.

 

Quando ebbi la lama fra le mani mi sentii più leggera, come se mi fossi tolta un enorme peso dal cuore.

 

-Bene...come ti chiami?

 

Avanzò una donna dalla carnagione scura. 

 

Mi rivolgeva un calmo sorriso.

 

Non poteva essere più falso.

 

Presi un respiro profondo.

 

-Bianca, Bianca Di Angelo

 

 Risposi.

 

 

 

 

Ero rigida, inflessibile, seduta su un soffice divano color panna. 

 

Le mani si contorcevano ansiose nelle grandi tasche del mio giubbotto di pelle.

 

Mi sentivo a disagio, e non riuscivo a capire perché. 

 

Infondo quelle persone si erano presentate e si erano perfino rivelate gentili, cercando di mettermi a mio agio. 

 

Continuavo tuttavia uno strano presentimento.

 

Sapevo che, nonostante le loro buone parole e gli sguardi pieni di apprensione, quelle persone nascondevano qualcosa. 

 

Volevano qualcosa da me. 

 

Lo leggevo dallo scintillio di alcuni occhi, dalla tensione che si avvertiva, dai movimenti frenetici o ripetitivi di quegli sconosciuti, nascosti dietro a un velo di silenziosa calma.

 

-Allora Bianca...immagino tu conosca la mitologia greca e romana, non è così?

 

Sospirai, incontrando le iridi mutevoli di Piper.

 

-So tutto, non vi preoccupate, non ho bisogno del vostro discorsetto introduttivo, ne ho già avuto abbastanza. So che esistono gli Dei, e so anche che voi non siete affatto persone normali, siete mezzosangue, satiri, legati... come me

 

Non apparvero per niente sopraffatti o sorpresi dalla mia affermazione.

 

-Come sei venuta a conoscenza del nostro mondo? Lo sai da sempre? Chi te lo ha detto...i tuoi genitori, forse?

 

Si fece avanti Frank, con un tono serio ma leggermente titubante.

 

Nella stanza calò il silenzio, un silenzio fatto di parole che aspettavano di essere dette.

 

Si potevano udire i battiti accelerati dei cuori, lo scalpiccio delle scarpe sul pavimento, i respiri di qualche nota più pesante.

 

Mi morsi il labbro.

 

Ecco dove volevano andare a parare.

 

Potevo realmente fidarmi di quelle persone? Di quei completi sconosciuti? Ne andava della salvezza di mio padre, e forse, del mondo intero.

 

Deglutii.

 

Non volevo parlare del mio passato, di quella donna, della mia missione. 

 

Eppure... se questo fosse stato l'inizio che da tempo stavo aspettando? Se fosse stato quello il luogo che dovevo raggiungere?

 

Decisi di raccontare una mezza verità.

 

Presi coraggio e strinsi la spada riposta nella cintura, per farmi forza.

 

-Non ho mai conosciuto i miei genitori...sono stata abbandonata in un orfanotrofio quando avevo meno di un anno. Circa un mese fa sono scappata da quell' orribile posto, e fu allora che la incontrai. È apparsa all'improvviso davanti a me, in un luogo abbastanza isolato, dove non c'era l'ombra di nessuno. Ha detto di essere una dea e di chiamarsi Era. Mi ha rivelato la verità sul mondo, che gli dei dell'Olimpo esistono e non sono frutto della mente umana. Mi ha raccontato dei mostri, dei semidei, dei Campi, delle guerre. Non riuscivo credere a tutto ciò che stavo sentendo. Mi ha detto che sono una legata, e che mio padre era un semidio figlio di Ade, ma soprattutto che era ancora vivo. Mi ha detto che dovevo cercarlo, che dovevo salvare non solo lui ma anche... qualcosa di più grande, penso, non ne sono sicura. È questo il destino che le Parche hanno scelto per me. Ma non mi ha dato nessun'indicazione, nessun indizio, mi ha lasciata in balia degli eventi a vagare, alla ricerca del niente 

 

Il silenzio diventò ancora più cupo. 

 

Per un attimo temetti di aver fatto un grosso errore a raccontare tutto, forse sarebbe stato meglio prendere e scappare più velocemente possibile. 

 

Improvvisamente un tiepido calore mi raggiunse: una donna, Hazel scattò verso di me, stringendomi in un abbraccio e inondandomi con i suoi capelli dorati.

 

Non ricordavo l'ultima volta che qualcuno mi avesse abbracciato.

 

Potenti cariche elettriche percorsero tutto il corpo, mi allontanai  di scatto.

 

Hazel mi guardò, uno di quegli sguardi che ti spezzano il cuore, la sua bocca si contorse in un sorriso amaro, alcune lacrime le rigavano le guance.

 

-Sei così simile a lui...

 

Sussurrò, facendomi sgranare gli occhi confusa, mi immersi completamente le mie iridi ossidiana in quelle dorate di Hazel. 

 

Nero e Oro, due colori così diversi, opposti.

 

Da una parte il buio, dall'altra la luce, collegati da un filo invisibile e nascosto, due facce di una stessa medaglia.

 

-A lui chi?

 

Dissi confusa, disperata, bisognosa di risposte. 

 

Ero esausta, tutti i miei dubbi mi avrebbero fatto scoppiare la testa.

 

-A tuo padre, Nico Di Angelo. Noi lo conoscevamo molto bene, era un nostro... amico

 

Disse Percy con gli occhi bassi.

 

Indietreggiai sconvolta.

 

Loro conoscevano mio padre? 

 

Non ci potevo credere. 

 

Una voragine si aprì sotto le mie scarpe.

 

-Non solo... Era mio fratello

 

Disse Hazel scoppiando a piangere.

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Capitolo 3
*** The Camp ***


 

Logan

 

-No perché?! Non è giusto! Voglio sapere cosa gli è successo lasciatemi andare!

 

Queste erano le parole che quella strana ragazza comparsa dal nulla continuava a ripetere e ad urlare, mentre io e Carson la trascinavamo a fatica fuori dall' Ufficio Maggiore, cercando invano di calmarla e di farla smettere di dimenarsi come un uragano.

 

Perché quella ragazza era un uragano. 

 

Un uragano molto violento.

 

O almeno era questa l'idea che mi ero fatto di lei.

 

-Mi dispiace ma dovrai aspettare. I Sette hanno bisogno di una riunione urgente per parlare degli ultimi avvenimenti. Si tratta di una questione molto importante

 

Disse Carson, cercando di essere comprensibile e stringendo la presa sulle braccia di Bianca che continuava a ribellarsi imperterrita.

 

Avevamo ormai raggiunto, anche se a stenti, l'ingresso dell'Ufficio. Con il braccio rimasto libero, spinsi in giù la maniglia della porta, facendoci letteralmente investire da una fresca folata d'aria che ci aprì i polmoni. 

 

Davanti a noi la spettacolare vista di Camp Legacy, ci tolse il fiato, come faceva ogni giorno da quanto potessi ricordare.

 

Perfino sul volto di Bianca, finora rimasta diffidente e scorbutica, lessi un'espressione di stupore, meraviglia, che la fece smettere di strattonarmi per il braccio dolente.

 

Ne rimanevo affascinato ogni volta che lo vedevo, ogni mattina che aprivo la porta della mia cabina e il dolce profumo delle fragole mi invadeva la mente, facendomi rendere conto di essere vivo.

 

I miei genitori avrebbero voluto che frequentassi il Campo Mezzo Sangue, visto che è stato lì dove loro si sono conosciuti e sono cresciuti insieme. 

 

Ma ormai era aperto solo ai semidei, dai tempi della Guerra le leggi sull'accettazione e sulla divisione dei discendenti degli Immortali erano diventate molto ferree e selettive, così come al Campo Giove.

 

Erano molte le occasioni in cui mio padre mi chiedeva di tornare a stare da loro per almeno brevi periodi, a Nuova Roma dove vivevamo, ma io rifiutavo sempre e restavo a Camp Lagacy anche durante l'inverno. 

 

Al campo riservato ai legati avevo tutto ciò che serviva: degli amici, alloggi confortevoli, la scuola, una biblioteca (quella era di fondamentale importanza), un'arena per allenarsi. 

 

Amavo quel posto, era la mia vera casa.

Non mi andava proprio di andare a Nuova Roma, era piena di semidei romani che non facevano che prendersi gioco di noi legati. 

 

Le tensioni tra semidei e legati erano ormai all'apice, una bomba ad orologeria che poteva scoppiare in ogni momento. 

 

Io e Carson avevamo avuto un'infanzia molto difficile, prima di entrare al Campo. 

 

E poi tornare a Nuova Roma per cosa? Passare del tempo con quegli iperprotettivi dei miei? 

 

Non se ne parla proprio.

 

Ora all'aperto, potei finalmente lasciare la presa su Bianca, che sospirò sconsolata, ormai arresa all'idea di dover aspettare. 

 

Mi dispiaceva per lei, non osai immaginare quanto doveva essere difficile vivere da sola, senza nessuno, senza una famiglia. Avrei voluto aiutarla, Dei se volevo farlo. Appena posavo lo sguardo su di lei, sotto quella dura corazza impenetrabile, si nascondeva un animo sofferente e tremendamente solo.

 

-Stronzi

 

 Anche se Bianca era la ragazza più testarda e antipatica che avessi mai conosciuto.

 

-Era necessario. Ci sono questioni più importanti dei tuoi problemi famigliari, sta succedendo qualcosa di grave, potremmo essere in serio pericolo

 

Dissi, rispondendo allo sguardo fulminante di Bianca e parandomi di fronte a lei a braccia incrociate, come volessi sfidarla. 

 

Nonostante tutto era così che stavano le cose, le avevo detto semplicemente la verità.

 

Bianca scoppio, avvicinandosi a me ancora di più.

 

-Questioni più importanti?! Vengo improvvisamente a conoscenza delle uniche persone che possono darmi gli unici indizi per salvare mio padre che credevo morto...e ci sono questioni più importanti! Ho aspettato per quattordici fottutissimi anni!

 

-Be hai aspettato quattordici anni...giorno più giorno meno...

 

Si intromise Carson, ridendo nervosamente, per cercare di calmare le acque ormai bollenti.

 

Né io né Bianca lo degnammo di uno sguardo.

 

-Dimmi biondino cosa proveresti nella mia situazione?... Già dimenticavo, i tuoi genitori fanno parte dei Sette o come cazzo li chiamate voi, i grandi eroi dell'Olimpo. Tu sei sempre stato coccolato fin da quando eri piccolo, il principe della famiglia, cosa vuoi capirne!

 

Continuò la legata di Ade, puntandomi il dito contro, acida e senza alcuno scrupolo.

 

Ormai non ci vedevo più dalla rabbia che mi bruciava dentro. Tutto per colpa di quella stupida, testarda e violenta impertinente ragazza.

 

-Cosa vuoi saperne di me! Tu non mi conosci!

 

Dissi, rifugiandomi nella ragione per domare l'impulso che avevo di farle chiudere quella boccaccia.

 

Lei non poteva sapere, lei non sapeva niente! Sapere come era difficile avere gli eroi dei Sette come genitori. 

 

Tutti pretendevano tutto da me, troppo. Ed io non ero in grado di sopportare tutte le responsabilità, non ne ero degno, ero solo un fallimento. Avrei deluso tutte le persone a cui volevo bene, ero troppo debole. Per tutta la mia vita, le persone non hanno fatto altro che paragonarmi a mio padre, tutti dicevano che sarei diventato un grande guerriero. Ma la verità era questa: io non ero Percy Jackson, e non lo sarei mai diventato.

 

-Nemmeno tu non sai niente di me

 

 Disse Bianca, abbassando lo sguardo e oscurando i suoi occhi color pece, per poi cominciare a camminare spedita verso una meta inesistente.

 

Io e Carson, dopo un fugace sguardo d'intesa, la seguimmo per assicurarci che non si cacciasse in altri guai.

 

-Vacci piano Logan, è semplicemente sotto choc, non farla sentire peggio di come sta ora

 

Mi avvertì Carson fuori dalla portata di Bianca, facendomi rendere effettivamente conto di aver esagerato. 

 

Carson è sempre stato un ottimo consigliere, nonché il mio migliore amico da sempre, non immagino come potrei sopravvivere senza di lui, mi avrà salvato il culo innumerevoli volte. 

 

Non che io non lo abbia mai tirato fuori dai guai, hehe.

 

Ma, nonostante sapessi di essere in torto, l'orgoglio parlò prima.

 

-Ha iniziato lei a discutere, io mi stavo spiegando pacificamente

 

Stavamo scendendo verso gli alloggi del Campo, quando riuscimmo finalmente a raggiungere la ragazza, che stava tirando tutta dritta nella foresta.

 

-Dove credi di andare? Devi restare al campo. Non dimenticare che meno di un'ora fa eri ancora svenuta.

 

Cercò di farla ragionare Carson, costretto a fermarla afferrandola per un braccio. 

 

Bianca sembrò essere contraria all'inizio, ma alla fine sospiro e si decise a seguire i ragazzi in silenzio.

 

-Brava ragazza. Logan tocca a te

 

Continuò il legato dandomi la parola e ridendo già sommessamente per ciò che sarebbe successo.

 

Bianca continuava a fissarci confusa, come se avesse davanti due pazzi appena scappati dal manicomio. 

 

Non avrei potuto negarlo.

 

Mi aprìi in un grande sorriso, con gli occhi scintillanti. Era in momenti come quelli in cui l'eccitazione e il lato materno di me, prendeva il controllo del mio corpo.

 

-Allora...benvenuta al Camp Legacy. In latino "Castris Legatum" e in greco "στρατόπεδο κληρονομιά". Fatto apposta per i discendenti più prossimi degli Dei, molti di essi sono mezzi greci mezzi romani chiamati i "Metis", come per esempio Carson. Gli altri sono i "Pureblood" come me. Un' altra categoria di ragazzi accettati al campo sono i "Halfhuman", discendenti divini solo da un lato della loro discendenza. Il campo si trova in Nebraska, esattamente a metà tra il Campo Mezzo Sangue e il Campo Giove, è stato creato il 15 novembre del 20...

 

-Hey, va piano. Mi sono persa a benvenuta a Camp Legacy

 

Disse Bianca, probabilmente stufa di dover ascoltare il solito discorso di apertura del campo. Lo recitavo ad ogni singolo nuovo arrivato là, avevo un record personale da mentenere.

 

Carson scoppiò a ridere, come da copione.

 

-Legato di Atena, ci farai l'abitudine. Vedrai sembra uno stronzo quando lo conosci, ma non lo è

 

-Grazie...menomale che sei il mio migliore amico

 

Dissi, fingendomi risentito dalla sua affermazione, nascondendo però un sorriso.

 

-A proposito, non ci siamo presentati come si deve: io sono Carson Grace, legato di Giove e Afrodite, figlio di Jason e Piper Grace. Lui è Logan Jackson, legato di Poseidone e Atena, figlio di Percy e Annabeth Jackson. Ci conosciamo da quando eravamo bambini

 

Introdusse il galantuomo vicino a me, improvvisando un buffo inchino.

 

Bianca sembrò sorpresa, ma allo stesso tempo divertita per la prima volta da quando era arrivata al campo. 

 

Vedevo un accenno di un sorriso sul suo volto, che lei stava cercando a stenti di reprimere. 

 

Non sapevo perché, ma quando lo faceva era come se quella perenne oscurità che la circondava, si illuminasse per un attimo, come se non fosse mai esistita. 

 

Ma questa luce scomparve subito, e i suoi occhi profondi come il Tartaro tornavano ad essere inespressivi, vuoti, perennemente nell'ombra.

 

-Beh..io..io sono Bianca...Di Angelo. Legata di Ade, figlia di Nico Di Angelo

 

Disse la ragazza, subito però, bloccata dalla sua stessa affermazione, sprofondò nel più freddo dei silenzi, con un'incancellabile tristezza nel volto.

 

 

 

 

Era da circa un'oretta che io, Carson e Bianca stavamo girovagando per tutto il campo, spiegando alla nuova arrivata tutto ciò che c'era da sapere sul nostro mondo. 

 

Bianca non sarebbe piaciuta per niente al nostro professore di Storia dell'Olimpo, e nemmeno a quello di Creature Mitologiche, ma forse a Mitologia si salvava. 

 

Insomma, aveva vissuto gran parte della sua vita completamente ignara di essere una Legata, non era colpa sua infondo. 

 

L'unica che le aveva spiegato qualcosa era stata Era, che però le aveva solamente causato una grande confusione, come c'era da aspettarsi da una dea impicciona cancella memoria.

 

Tuttavia Bianca si mostrava interessata ai nostri discorsi, e molto spesso ci bombardava di domande. 

 

Mi sorpresi che quella ragazza così scorbutica e apatica potesse parlare così tanto, senza prenderci per il culo o uccidere qualcuno. 

 

Era impossibile, non ero ancora riuscito a capirla fino infondo. 

 

Chi era davvero Bianca Di Angelo?

 

Camp Legacy era di struttura simile al campo Mezzosangue, aveva un'arena, un'infermeria, un'armeria, la Casa Grande, i campi di fragole, una mensa, una foresta circostante, un lago e tutte le strutture che garantivano la vita e l'educazione di noi Legati, ma aveva una gerarchia simile a quella del Campo Giove.

 

In cima alla piramide c'era Grover, che era un po' il Chirone della situazione, lui era il nostro Capo Campo. 

 

Poi, subito sotto, c'era il Generale, una sorta di pretore, mentre al posto dei centurioni c'erano i vari capi cabine.

 

I dormitori erano divisi per schieramenti (tipo le corti) c'è ne erano tre: quella dei Metis, degli Halfhuman e dei Pureblood. C'erano circa cinque cabine per ogni schieramento, non divise a seconda della propria discendenza divina. 

 

In tutto i ragazzi del campo erano una novantina.

 

Nonostante ciò nel Campo non vi era la rigidità da accademia militare, come al campo romano. Anzi, i legati erano famosi per il loro totale non rispetto delle regole.

 

Avevamo spiegato a Bianca anche delle Guerre contro Crono e Gea, del ruolo dei Sette in tutta quella storia, dei poteri dei semidei e dei legati e un po' di Mitologia e Profezia che non fa mai male, nonostante Carson mi abbia tappato la bocca prima che potessi approfondire l'argomento.

 

Ora i stavano passeggiando insieme vicino al lago popolato dalle Ninfe dell'acqua. 

 

Era una bellissima giornata estiva quella, ed il sole splendeva nel cielo, specchiandosi nella superficie cristallina del laghetto. 

 

Faceva caldo, e praticamente andavamo tutti in giro con i pantaloncini e la leggera maglietta del campo. 

 

Anche Bianca si era decisa a togliersi quella soffocante giacca di pelle, restando praticamente in canotta (sempre rigorosamente nera), io stavo sudando solamente a guardarla, in quel momento mi sarei buttato nel lago immediatamente. 

 

Carson probabilmente la pensava come me, i suoi occhi erano così azzurri da sembrare ghiaccio che si stava lentamente sciogliendo sotto il tepore dei raggi solari.

 

-Quindi voi e i semidei non andate molto d'accordo?

 

Avanzò Bianca con una delle sue ormai solite domande.

 

Scossi la testa.

 

-No per niente. Da quando è nato il nuovo campo le differenze fra legati e semidei si sono accentuate. Loro sono più forti di noi, i favoriti degli Dei. Sai nessun'impresa è mai stata guidata da un legato nella storia. Tra noi c'è competizione, quasi disprezzo, un po' come fra greci e romani...

 

Mi fermai improvvisamente notando lo sguardo assente della Legata di Ade.

 

-Bianca mi stai ascoltando o no?

 

Dissi, anche con un tono un po' infastidito per aver parlato praticamente all'aria.

 

Ma lei continuava a non sentirmi, stando ferma immobile, guardando dritto nella mia direzione. 

 

Ma non stava guardando me.

 

Mi girai e vidi, poco lontano fra gli alberi, una ragazza dai capelli biondo sole che fissava Bianca, con in volto un'espressione a dir poco sconvolta. 

 

I suoi occhi, di un azzurro limpido come il cielo, scrutavano paralizzati quelli scuri e profondi della legata di Ade.

 

Carson sbiancò letteralmente, rischiando quasi di immobilizzarsi anche lui.

 

-Scusate, devo... devo andare ci vediamo dopo

 

Disse frettolosamente iniziando a correre per raggiungere la ragazza, ancora lì ferma all'ombra di una quercia.

 

-Ma chi è quella? Perché mi sta fissando?

 

Chiese Bianca, probabilmente cercando di apparire scontrosa come sempre, ma nella sua voce trasparì comunque un accenno di quella confusione che soffiava feroce dentro di lei.

 

La guardai in faccia, distogliendo gli occhi da Carson che si allontanava sempre di più.

 

-Paige Solace

 

 Risposi, immergendomi completamente nei miei pensieri.

 

 

 

Angolo dell'autrice 

 

Buonsalve miei venticinque lettori (riferimenti a Manzoni puramente casuali), inanzitutto vi ringrazio per aver ritagliato un po' di tempo per leggere questi primi della mia long, spero che vi siano piaciuti, o perlomeno non li abbiate insultato malamente. Avverto che la storia è stata pubblicata anche su Wattpad sotto lo stesso nome sul mio profilo Rigel_White (dove i capitoli sono già abbastanza in avanti, quindi se nel caso vi andrebbe di fare una capatina...).

So bene che probabilmente nessuno leggerà le mie note, mentre i pochi che lo faranno si chiederanno "Perchè si ostina a voler scrivere i fatti suoi? A noi non ci interessa!".

Beh vi dico che sbagliate! Perchè questo angolo non sarà solamente il mio momento di sfogo emotivo (è la terza volta che cerco di pubblucare su EFP questo capitolo, sto per sbattere il pc a terra), ma vi illustrerò anche curiosità, approfondimenti o spiegazioni sulla storia. In particolare potrete sapere meglio sulle mie headcanon o sul mio modo di vedere i personaggi, in modo da far si che la lettura e la comprensione risultino più scorrevoli. Infatti per iniziare sotto ogni capitolo presenterò uno alla volta le caratteristiche e la personalità dei miei personaggi. Spero che questo non vada contro il regolamento EFP, visto che qui tra un po' vietano anche di farlo proprio l'angolo autrice (la tua storia è stata bannata dopo questo commento).

Prima di cominciare questo viaggio, ci terrei a farvi una premessa:

Shippatori Solangelo, Percico, Thalico, Jasico, Valdangelo, Reynico e chi ne ha più ne mette, visto che Nico è shippato praticamente con tutto il fandom, ho deciso che la madre/secondo padre della nostra new entry Bianca non sarà MAI rivelata/o. Questo per due semplici motivi:

-Per evitare ship wars e insulti nelle recensioni, che ritengo oltretutto sia inutile e irrispettoso nei confronti di noi fangirl e fanboy, perchè ognuno ha il diritto di shippare quello che vuole

-Pochè, essendoci veramente tante ship, ognuno potrà dare la propria interpretazione sulla storia e su come si siano svolti gli eventi del backstory che hanno portato alla nascita di Bianca (potrebbe essere la figlia segreta di Nico e Percy? Nico e Gea?...e chi lo sa?)

Quindi di conseguenza rimarrà un buco nella trama da questo punto di vista abbastanza importante, chiedo umilmente perdono. Io stessa ho deciso di rinunciare ad inserire la mia ship con Nico, un giorno parlerò anche di questa e del perchè io lo shippi  proprio con quel determinato personaggio.

Detto ciò non mi resta che augurarvi buona lettura e implorarvi in ginocchio di continuare leggerla... fidatevi nei miei film mentali è bella! :-(

Le critiche e le domande sono ben accolte e non vedo l'ora di risponderviiii ( Numero di recensioni totali: 0 )

-Rigel White

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Capitolo 4
*** The Dreamer ***


Paige

 

Era lei, ne ero sicura.

 

Anche da lontano, potevo riconoscere perfettamente il viso della ragazza, ormai impresso nella mia mente come l'inchiostro su un pezzo di carta. 

 

Gli stessi morbidi capelli corvini, la stessa carnagione pallida, la stessa spruzzata di lentiggini leggere sulle gote, gli stessi occhi neri e profondi, simili ad un abisso senza luce. 

 

Era lei: la ragazza dei miei sogni, quella che ogni notte vedevo riflessa nella mia testa, quella per cui non riuscivo a chiudere occhio da mesi a quella parte.

 

Non era possibile.

 

Perché era lì?! Quella ragazza non doveva essere vera...doveva essere solo un sogno, irreale, falso.

 

E invece eccola davanti a me, in quel preciso istante.

 

Forse stavo dormendo, e quello non era altri che l'ennesimo sogno. Doveva essere così, per forza. 

 

Ma dentro di me sapevo che non era vero e che quella che stavo vivendo era solamente la realtà. 

 

Ne ero terrorizzata.

 

Cercai di staccare gli occhi da quella ragazza misteriosa, senza riuscirci. Era come se il mio corpo non rispondesse, come se ci fossi intrappolata dentro. 

 

Una fitta fortissima mi colpì la testa, facendomi quasi cadere a terra stordita.

 

La ragazza intanto continuava a guardarmi confusa.

 

Non riuscivo ancora a crederci.

 

-Paige! Ci sei? Svegliati!

 

Carson, apparso quasi improvvisamente, mi riportò alla realtà, scuotendomi leggermente per una spalla. Fu come risvegliarmi dopo un lungo coma.

 

Spesso mi chiedevo se non vivessi in un universo tutto mio. Mi succedeva molte volte di impalarmi ad occhi aperti, anche davanti al nulla. I sensi si ovattavano e tutto si sfuocava, era come se non fossi veramente legata a questo mondo.

 

-S-Si, ci sono

 

Dissi cercando ancora di riprendermi completamente.

 

-È successo qualcosa, stai bene? Vuoi che ti porti un bicchiere d'acqua?

 

Chiese preoccupato Carson, mentre ci stavamo allontanando lentamente, inoltrandoci nel bosco.

 

-No, sto bene....

 

Mentii, improvvisando un timido sorriso, non proprio convincente. 

 

Sentivo la testa scoppiare, avevo la sensazione che sarei caduta a terra da un momento all'altro. Non volevo che Carson si preoccupasse, ma dagli sguardi che mi lanciava si capiva che anche da fuori sembravo non avere una bella cera.

 

-Chi era quella ragazza?

 

 Chiesi a Carson, nonostante avrei dovuto evitare l'argomento, ero troppo impaziente di sentire la risposta e capire finalmente qualcosa di tutta quella storia. 

 

Da quando erano iniziati quei sogni la mia mente era una solo una grande e totale confusione.  

 

Tutti sembravano così...reali, i luoghi sembravano reali, le persone sembravano reali, la ragazza sembrava reale.

 

Ma non lo erano.

 

...

 

No, non era reale niente.

 

Sentivo di stare per impazzire. Eppure col tempo stavo cominciando a farmene una ragione, su tutti questi sogni, credevo che fosse stupido continuare a rimuginare su visioni senza senso. 

 

Ma dopo aver visto, dopo averla vista, tutti i miei dubbi, le mie insicurezze sono tornate a galla, riaprendosi come una vecchia ferita, e ora la domanda che mi ponevo ormai da tanto invadeva la mia mente come non mai: erano davvero solo sogni?

 

-Si chiama Bianca, è la figlia di Nico Di Angelo. Il padre ha combattuto affianco i Sette nelle due Guerre.

 

Rispose Carson sedendosi sull'erba accanto a me, dopo essermi sdraiata.

 

Storsi la bocca confusa. Nico era un eroe molto conosciuto tra i semidei e i legati, lo studiavamo tutti in Storia dell'Olimpo. Il libro diceva che era scomparso in circostanze misteriose alcuni anni dopo la fine della Seconda Grande Guerra. Alcuni dicevano che fosse morto, molti sono partiti alla sua ricerca, per poi tornare a casa a mani vuote. Era un grande mistero.

 

-Ma Di Angelo non era scomparso? È tornato?

 

Domandai, avvertendo quasi all'istante un'inspiegabile fitta alla testa. 

 

Di Angelo... Quel cognome rimbombò dentro di me come un urlo disperato. 

 

Perché mi era così familiare?

 

-È una lunga storia, Paige. No non è tornato, sappiamo solo che nonostante tutti questi anni è ancora vivo. Sembra una cosa grande, che riguarda tutti noi e non solo, i Sette si sono riuniti per discuterne... Cosa mi stai nascondendo? Ti conosco troppo bene, cos'è che ti preoccupa?

 

Mi girai verso Carson, che mi fulminava con i suoi occhi blu, non riuscii a non sorridere. 

 

Come pensavo di nascondere una cosa del genere al mio migliore amico? Una delle poche persone che sapevo ci sarebbero state sempre per me. 

 

Ci conoscevamo da praticamente tutta la vita, ormai avevamo imparato più cose gli uni degli altri, che di noi stessi. Oltre a Carson e Logan non avevo molti altri amici, ero sempre stata un disastro a fare conoscenza e a fidarmi delle persone.

 

-...Io ho già visto quella ragazza

 

Dissi, finalmente buttando fuori quel peso opprimente che mi stava letteralmente schiacciando sempre di più ad ogni secondo che passava.

 

Assunsi un'espressione seria, mentre Carson mi intimava silenziosamente di continuare con la sola forza degli occhi, ora tanto sgranati da sembrare quelli di un gufo.

 

-È lei, la ragazza di cui ti parlo sempre, quella che vedo ogni maledettissima notte nei miei sogni, capisci? Com'è possibile?

 

E nel suo sguardo, potevo annegare nella sua preoccupazione, nel suo desiderio di aiutarmi, anche non sapendo come fare, di sorreggermi e impedirmi di cadere nell'oblio su cui ero affacciata.

 

-Sei una discendente di Apollo. Grover dice che hai il dono della profezia, puoi vedere cose che nessuno vede. Forse hai visto Bianca in una visione del futuro

 

 Disse Carson, cercando di dare una spiegazione semplice a quel complesso garbuglio di ansia e confusione che si era lentamente intrecciato nella mia mente.

 

Abbassai gli occhi, sapendo bene che non era quella la soluzione, che quella non era la verità. Me lo sentivo dentro di me, era un'emozione difficile da capire, anche per me. 

 

Quella era una risposta razionale, la stessa di cui avevo sempre cercato di convincermi, magari mi stavo creando un sacco di paranoie per nulla.

 

Eppure c'era qualcosa che mi bloccava.

 

-Può darsi...ma non riesco a capire così tante cose. Se ho il dono di Apollo, non dovrei sognare ogni volta la stessa persona! E soprattutto perché? Cosa c'entra questa ragazza apparsa dal nulla con la mia vita?

 

Alzai la voce, ormai al limite, sommersa da così tante domande senza risposta, risposta che forse non sarei mai riuscita a trovare. 

 

Mi bruciavano gli occhi, mentre il respiro si faceva sempre più pesante.

 

Prima che potessi completamente andare nel panico, Carson mi strinse la mano, lasciandomi appoggiare la mia testa sulla sua spalla. La sua pelle aveva un odore indistinto, acre, come quello dei limoni.

 

-Non lo so Paige, non lo so. Ma ti prometto che lo scopriremo insieme

 

Mi disse, con voce apparentemente calma, mentre il cuore tornò alle sue solite controllate pulsazioni.

 

Era sempre stato così, io andavo in panico, mentre l'unica persona capace di riportarmi in me era Carson. Sono sempre stata una ragazza molto timida, e con la testa perennemente sulle nuvole. 

 

Quando ero più piccola, per me vivere Nuova Roma era un inferno. Non avevo amici, tutti non facevano che prendermi in giro, non solo per essere una legata, per fortuna avevo incontrato Carson e Logan, che mi sono sempre stati accanto in qualsiasi situazione. Forse non sarei stata lì se non fosse per loro.

 

-Grazie

 

Dissi, quasi senza pensarci. Colma di un immenso sentimento di gratitudine verso quel ragazzo, che mi aveva dato un motivo per andare avanti e non fermarmi davanti alle difficoltà. E io volevo dimostrargli che le sue parole avevano avuto l'effetto di un uragano su di me, volevo dimostrargli di essere in grado di rialzarmi da sola, di essere abbastanza forte da placare quella tempesta di domande che vorticava nella mia testa, di riuscire a trovare tutte le risposte.

 

Era il minimo che io potessi fare per sdebitarmi.

 

-Grazie di esserci sempre

 

Continuai, abbracciandolo forte ancor prima che Carson avesse il tempo di ribattere. Non c'era bisogno di dire altro, ci capivamo perfettamente con un solo, piccolo sguardo. 

 

Perché i nostri silenzi sapevano di migliaia e migliaia parole mai proferite.

 

Tutt'a un tratto, però, Carson scattò in piedi e iniziando a guardarsi attentamente a torno. Nella sua mano scintillava una moneta d'oro.

 

All'inizio lo guardai confusa, non capendo il suo improvviso stato d'allerta.

 

Poi sentii.

 

Dal fondo della foresta, proveniva un lieve rumore di passi, veloci, scattanti, sempre più vicini.

 

Non ebbi nemmeno il tempo di alzarmi, che la slanciata figura di un ragazzo si materializzò davanti a noi. 

 

Aveva i capelli biondi come il sole, e gli occhi azzurri, non come quelli scuri e profondi di Carson, ma di un celeste più chiaro, simile a un cielo senza nuvole.

 

Esattamente uguali ai miei.

 

Il suo fisico era temprato, risultato di pressanti ore e ore di allenamenti, e nonostante avesse la maglietta bordò del campo impregnata di caldo sudore per aver corso chissà quanto, non accennava ad un minimo segno di stanchezza, il suo respiro era perfettamente regolare.

 

I nostri sguardi si incontrarono quasi all'istante, e capii immediatamente che c'era qualcosa che non andava. 

 

Gli corsi in contro, e mi fiondai tra le sue braccia, senza nemmeno riflettere.

 

-Jacob! Fratellone cos'è successo?

 

Domandai stringendolo, mentre lui mi rivolgeva un luminoso sorriso e scompigliava affettuosamente i miei capelli come faceva sempre.

 

Jacob era mio fratello maggiore, dall'esterno sembravamo così simili che la gente molte volte ci scambiava per gemelli, nonostante avessimo ben cinque anni di differenza.

 

 Ma la verità era che eravamo due facce distinte di una stessa medaglia.

 

Lui era bello, forte, abile, ammirato da tutto il campo per essere uno dei migliori Capo Cabina, sempre circondato da amici, rispettato da tutti per il suo animo buono e gentile, la sua predisposizione ad essere un leader...insomma, il mio esatto contrario. 

 

Eppure, nonostante le nostre enormi differenze, io e Jacob eravamo molto legati, io gli volevo un bene dell'anima.

Siamo sempre stati insieme, soprattutto dopo la morte di nostra madre, io avevo solamente sette anni. 

 

Lei era una semplice umana, non ha mai saputo nel nostro mondo o dei nostri poteri, nemmeno in punto di morte. Quando ero piccola, non capivo perché nostro padre volesse tenerle nascosto tutto ciò, credevo che uscendo allo scoperto le cose si sarebbero fatte più semplici. 

 

Solo adesso mi rendevo conto che avevamo fatto la cosa migliore per lei, facendo vivere a nostra madre una vita felice e normale, priva di complicazioni. Io avrei dato qualsiasi cosa per dimenticare quel che ero ed essere una semplice mortale all'oscuro di tutto.

 

Quando la mamma se ne è andata, io ne ero stata semplicemente distrutta, credo di essere rimasta chiusa per giorni in camera a piangere, era una persona molto importante per me, a cui uno stupido camion senza controllo aveva spezzato la vita. 

 

Mio padre Will e Jacob, invece si sono dimostrati forti, e hanno saputo andare avanti, senza smettere mai di sorridere. 

 

Questo era quello che fanno i discendenti di Apollo, ed è per questo che io non mi sentivo per niente una legata del Sole.

 

Ero la pecora nera del gregge, un disastro a suonare qualsiasi strumento, una campana stonata a cantare, per non parlare poi di essere stata espulsa dai turni in infermeria. Certo, sapevo tirare bene con l'arco, anche se era piuttosto strano, non sentivo per niente che il mio potere derivasse dal Sole come tutti i miei cugini. 

 

L'unico vero talento che il mio nonnetto divino mi aveva donato, era il Dono della Profezia. Era una capacità molto rara, soprattutto tra noi legati, e per questo quasi nessuno sapeva che io la possedevo. Non volevo che la gente cominciasse a girarmi attorno, come se fossi un oggetto con poteri speciali. Grover mi aiutava a far affiorare i miei poteri, ancora molto deboli, e diceva che con una buona dose di allenamento, sarei diventata un buon oracolo.

 

Non gli ho mai creduto.

 

Jacob si staccò dall'abbraccio, assumendo un'espressione seria, che faceva sempre quando svolgeva degli incarichi importanti, o risolveva vari problemi legati al campo ed al suo schieramento.

 

Si rivolse a Carson, distante pochi metri da me.

 

-C'è bisogno del tuo aiuto prima che distruggano l'arena e si ammazzino a vicenda

 

Disse con voce profonda, mentre il legato del Tuono si accigliò, facendosi avanti a braccia conserte.

 

-Chi?

 

-Logan e Bianca

 

Angolo Autrice

 

Bene ragazzi iniziamo con la parte seria e noiosa del perché abbia deciso di fare questo inutile angolo autrice (che non leggerà nessuno). 

Non avrei voluto partire da lei, ma ecco che vi presento l'ultimo personaggio che ho inventato e costruito per la storia: Paige Solace. 

Frutto di un lampo di genio sotto la doccia, lei è una discendente di Apollo, la figlia del noto ed amato Will Solace. 

Ancora una volta chiedo scusa per l'enorme buco nella trama a causa della Solangelo, volutamente omessa dalla storia (sia per semplificarmi la vita, sia perché personalmente il personaggio di Will non mi va proprio a genio... sono gusti). Ciò non vuol dire che abbia cancellato l'omosessualità di Nico, anzi, riprenderò questo tema più avanti.

Comunque, Paige: corporatura esile, altezza media, capelli biondo grano lunghi a malapena fino alle spalle, occhi di ghiaccio.

Il perfetto ritratto di una legata di Apollo, se non fosse per le sue pessime doti in... tutto ciò che una normale nipote del Dio del Sole fa. 

Non sa cantare, non sa suonare nemmeno il più piccolo degli strumenti, mettere anche solo una garza può essere causa di disgrazie e pestilenze varie. 

C'è solo una cosa in cui riesce ad eccellere: il tiro con l'arco. La sua arma, costruita in un bellissimo legno di betulla estremamente chiaro, è infallibile, grazie anche alla grande quantità di frecce magiche che Paige è in grado di fabbricare.

Tutto normale, almeno una cosa dal suo nonnetto divino deve pure averla presa... e invece no: a differenza dei suoi cugini e zii, i cui poteri derivano direttamente dalla forza del sole, il suo innato talento e la luce non hanno alcuna correlazione.

Che le sue abilità straordinarie siano una fortunata coincidenza? Oppure c'è un motivo sotto? Lo scoprirete solamente leggendo.

Paige è un'Halfhuman, sua madre infatti era una semplice donna umana. 

Il backstory continuerà oltre questo capitolo, spiegando la vita che non solo Paige, ma anche Logan e Carson, conducevano a Nuova Roma.

Un elemento mooolto importante del personaggio è la sua goffaggine, dovuta al fatto che Paige vive costantemente con la testa fra le nuvole. Si distrae facilmente, molto spesso si imbambola, colta da un'improvvisa sensazione di torpore. Semplicemente smette di esistere per un po'.

Ha un carattere mite e tranquillo, è una persona molto dolce e gentile, anche un po' ingenua: ma attenzione, questo non significa che non abbia un'indole forte dentro di sé.

Nonostante la sua insicurezza, Paige ha una grande determinazione nel migliorare sé stessa e nell'aiutare gli altri. È ambiziosa, amante delle avventure e soprattutto dei viaggi; punta nella sua vita a provare un sacco di esperienze.

La nostra legata è anche paranoica, può cambiare le proprie idee e intenzioni in un batter d'occhio; perciò riflette attentamente quando è in procinto di prendere una scelta.

Passiamo invece all'unico dei suoi poteri che le fa essere sicura di non essere stata adottata: il dono della profezia. 

È una capacità al di fuori del suo controllo, tuttavia non ha mai avuto particolari visioni oltre a quella riguardante Bianca, quindi Paige è sempre stata tranquilla riguardo a questa sua passiva e singolare abilità, severamente tenuta nascosta.

Paige è molto legata a suo fratello maggiore, Jacob (parlerò anche di lui in un prossimo angolo), anche se è molto invidiosa di lui. 

Sono abituati ad essere il sostegno l'uno dell'altro.

Bene, questi sono i punti più importanti riguardanti il personaggio di Paige, di sicuro leggendo saprete cogliere qualche altra sua caratteristica e sfumatura del suo carattere.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia fatto chiarezza sulle mie idee sulla giovane Solace (perdonatemi se vi annoio, ma non ci posso fare niente, l'analisi dei personaggi è un mio pallino)

Grazie mille!

-Rigel White

 

 

 

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Capitolo 5
*** The Fighters ***


Carson

 

-Ora basta scherzare!

 

Urlò Logan Jackson, mentre evocava una massiccia colonna d'acqua, pronta a sommergere qualunque cosa incontrasse. 

 

La sua fedele spada Vortice, ereditata dal padre, era stretta nella sua mano e scintillava alla luce del sole pomeridiano.

 

Dall'lato opposto dell'arena, Bianca si aprì in un sorrisetto di sfida, facendo tremare la terra così tanto da creare una profonda voragine ai suoi piedi, rivestendosi di tutta l'oscurità proveniente dall'Ade.

 

-Per una volta hai ragione, mi stavo solamente riscaldando, sapientino

 

Disse la legata, sguainando la spada nera come il Tartaro e fiondandosi veloce su Logan, che parò abilmente il suo fendente grazie ad un getto d'acqua vorticosa.

 

Le lame dei due ragazzi si scontrarono ancora ed ancora, senza mai darsi tregua, e ad ogni stoccata creavano leggere scintille luminose al loro contatto, dando prova che stavano facendo veramente sul serio, si volevano letteralmente scannare a vicenda. 

 

L'aura nera del ferro dello Stinge e il bagliore azzurro di Vortice contrastavano perfettamente, quasi però, allo stesso tempo, completandosi a vicenda.

 

Io, Paige e Jacob arrivammo proprio in quel momento.

 

Mi guardai intorno, cercando un modo per risolvere tutto quel macello che si era creato. Eravamo nella grande arena del campo, strapiena di attrezzi ed armi di allenamento. Dalle numerose panche, facevano capolino sempre più legati, probabilmente attirati dalla confusione e dal rumore dello scontro. Al centro del campo di battaglia, Logan e Bianca si stavano praticamente uccidendo.

 

Il perché? Non si sapeva.

 

Jacob mi aveva spiegato frettolosamente che era colpa di non so quale litigio stupido. E io non ne potevo proprio più, non capivo perché quei due si stavano così antipatici l'un l'altro. Eppure non si conoscevano nemmeno!

 

Sapevo solo che quando Logan perdeva la pazienza, il che era piuttosto facile, si arrabbiava e il suo autocontrollo e il suo buon senso andavano praticamente a puttane. E questo era uno di quei momenti. Sapevo benissimo che il mio riflessivo migliore amico sarebbe stato perfettamente in grado di polverizzare l'arena.

 

E indovinate un po' a chi toccava sempre risolvere la situazione?

 

-Smettetela! State distruggendo tutto!

Sentii Paige gridare invano vicino a me, con il tentativo di farli calmare.

 

Ma ne Logan, ne Bianca, sembravano darle ascolto, anzi i loro colpi aumentarono di potenza, spaventando perfino alcuni legati che guardavano la scena sugli spalti. Erano pur entrambi discendenti di uno dei Tre Pezzi Grossi, i loro poteri erano superiori a quelli degli altri al campo. Fui costretto ad evocare una saetta, per proteggere un gruppo di persone che si erano avvicinate troppo, e rischiavano di essere colpiti in pieno da una nube piena di oscurità pura.

 

Quei due avrebbero potuto continuare a combattere all'infinito se qualcuno non li avesse fermati.

 

Provai ad avvicinarmi a Logan e Bianca, oramai scomparsi in un'unica grande nube di polvere e detriti. Ero ormai completamente zuppo, e sapevo di acqua salata. Nella confusione vidi Bianca arretrare, parando gli incessanti colpi di vortice e cercando di passare al contrattacco.

 

Ero sicuro che se mi fossi messo tra i due legati, mi avrebbero squartato all'istante, e non potevo certo rischiare di fulminarli. 

 

Bisognava trovare un altro modo per separarli.

 

In quel momento avrei tanto voluto avere l'abilità di volare. Essendo comunque un legato, il sangue di Giove che avevo nelle vene era molto inferiore a quello di mio padre, perciò alcuni poteri non si erano sviluppati in me. Il volo era uno di questi. Logan aveva il mio stesso tabù con la capacità di respirare sott'acqua. Sì, poteva trattenere il respiro molto più a lungo di un semplice umano, ma non era la stessa cosa.

 

 Mi voltai un attimo indietro, cercando Paige con lo sguardo per assicurarmi che stesse bene. 

 

Quella ragazza mi avrebbe tranquillamente seguito in mezzo al combattimento solo al fine di aiutarmi. 

E se in quel caso si fosse fatta male, io non me lo sarei mai perdonato.

 

Ne aveva già passate tante, Paige era l'ultima ragazza al mondo che meritava di soffrire. Ma molte volte gli Dei sono ingiusti, e spesso le persone malvagie ne uscivano impunite. Sarei andato anche contro le Parche per vederla sorridere.

 

Fortunatamente trovai lei e Jacob sugli spalti dell'arena, ormai piena di legati, che cercavano di allontanare quante più persone possibili, senza successo.

 

Logan e Bianca erano ancora nel pieno del combattimento, e non accennavano a calmarsi.

 

C'era un'unica cosa che io potessi fare.

 

-Basta!

 

Urlai quella semplice parola nel vento, facendola risuonare come un tuono che accompagna un lampo luminoso tra le nubi scure.

 

Come per incanto, tutto si calmò e la terra si posò lentamente al suolo. Non si sentiva più nessun rumore, solo silenzi e decine di occhi sbarrati, inespressivi. La tensione che fino a poco prima regnava sovrana, ora si era dissolta, non lasciando alcuna traccia del suo passaggio.

 

Logan e Bianca erano a terra, immobili, anche i loro sguardi erano ora dominati dalla nebbia. Entrambi erano bagnati fradici, sporchi e cosparsi da ferite e tagli. Le loro rispettive spade giacevano lì vicino, ancora incrociate tra loro.

 

Mi avvicinai a braccia conserte e mi parai di fronte ai due legati, completamente furioso per tutto il macello che avevano combinato. 

 

Questo era troppo, non era la prima volta, almeno per Logan, che perdeva il controllo. Ma non era mai successo in maniera così violenta.

 

Mi guardai attorno, vedendo che alcune attrezzature e le prime file di spalti erano messe male, alcune completamente distrutte. Mentre sul terreno sabbioso, scorreva una grossa crepa, ancora non completamente chiusa.

 

L'effetto della Lingua Ammaliatrice, stava lentamente svanendo e il mormorio dei semidei stava riprendendo, diventando ancora più forte di prima. Eravamo praticamente circondati dall'intero Camp Legacy.

 

Anche Logan e Bianca si stavano riprendendo dal loro momentaneo stato di paralisi. La ragazza continuava a tossire e a sputare acqua sul terreno.

 

-Sarà meglio che voi abbiate una spiegazione pronta, vi rendete conto di quello che avete fatto?... E dateci un taglio una volta buona, per Giove!

 

Sbottai, quando vidi che nonostante tutto quei due continuavano a guardarsi storto, come se fossero nemici giurati. Se non ci fossi stato io di sicuro avrebbero ripreso a darsele di santa ragione.

 

Bianca si alzò, nonostante la fatica e i colpi di tosse repressi, pulendosi i jeans neri con le mani e recuperando la sua spada caduta a terra. 

 

Era completamente indifferente, fredda, nel suo sguardo non lasciava trapelare alcuna emozione, se non la rabbia ardente contro il legato di Poseidone.

 

Logan si era appena tirato su, guardandosi le ferite, quando lui cominciò a parlare cercando di dare una spiegazione.

 

-Ha iniziato lei! Io mi stavo solo difendendo!

 

Disse indicandola, scatenando l'ira che la ragazza stava tentando invano di reprimere.

 

-È tutta colpa tua, signorino so tutto io. Sono perfettamente in grado di allenarmi da sola! Non ho bisogno dei tuoi stupidi consigli!

 

Urlò Bianca di rimando, avvicinandosi pericolosamente a Logan, mentre aveva il pugno stretto intorno alla sua spada, fortunatamente ora chiusa nella sua fodera alla vita.

 

-Colpa mia?! Sei tu che mi sei venuta a dosso!

 

 I due stavano di nuovo litigando, per uno dei motivi più stupidi del mondo. Non c'era nulla da fare, erano uno più orgoglioso dell'altro. Mi vidi costretto ad afferrare Bianca per le braccia, prima che potesse scatenare di nuovo il putiferio.

 

Ma anche se lo scontro si era concluso, e sia le parole taglienti che i colpi di spada si erano domati, lo scontro continuava. 

 

Una battaglia fatta di sguardi pieni di rancore, ed oserei dire di odio. Occhiate scure, che dicevano di più di qualsiasi altra parola. Non riuscivo proprio a capire il loro comportamento così pieno di astio e competizione.

 

-Ora calmatevi, la colpa è di entrambi. Stavate quasi per distruggere l'arena! Alcuni ragazzi rischiavano di farsi male seriamente

 

Dissi, questa volta più pacato, decidendo di lasciare Bianca, che una volta libera iniziò a strizzarsi il giubbotto completamente bagnato.

 

-Hai ragione, scusaci Carson, abbiamo davvero esagerato questa volta, non sappiamo proprio cosa ci sia preso

 

Sospirò Logan abbassando gli occhi pentito. Si era finalmente reso conto di tutta la confusione che avevano creato. Lui era un Capo Cabina, non si sarebbe potuto permettere di compiere simili gesti. Era lui che doveva mantenere il controllo nel campo. Se fossimo stati al Campo Giove, tutto questo gli sarebbe costato caro, ma fortunatamente non era così, e probabilmente non avrebbe ricevuto nessuna punizione.

 

Vedendo nessun segno di risposta di Bianca, che se ne stava indifferente armeggiando ancora con il suo giubbotto di pelle, Logan le diede una gomitata leggera, cercando di spingerla a parlare.

 

-Ecco...Ecco io, si mi dispiace. Non dovevamo provocare tutta quella confusione

 

Sussurrò, quasi impercettibilmente, distogliendo lo sguardo. Non riuscii a capire se fosse veramente pentita, o se quella fosse stata solamente una frase di circostanza. 

 

Ma del resto, finora non ero riuscito a cogliere nessuno dei suoi stati d'animo. Aveva sempre la stessa espressione, sempre gli stessi occhi spenti, privi di emozione, coperta da capo a piedi da una spessa maschera di indifferenza.

 

Provai improvvisamente una grande pena per lei, cosa poteva essere successo per farla rinchiudere in sé stessa così ermeticamente?

 

-Ehi!

 

Sentii Jacob gridare, mentre lui e Paige, scendevano dagli spalti e si avvicinavano a noi. 

 

Gli feci un cenno con la mano, vedendo che i legati che prima si erano raggruppati nell'arena, iniziavano a sciamare via.

 

-State tutti bene?

 

Ci chiese Paige, una volta averci raggiunto.  Sorrisi, quando lei mi inondò con i suoi occhioni blu, colmi di preoccupazione. La ragazza ricambiò tranquilla, riponendo il suo arco bianco dietro la schiena, pronta ad impugnarlo nel caso la situazione fosse precipitata.

 

Il suo volto però, si spense all'istante, una volta incontrato lo sguardo di Bianca, che continuava a fissarla perplessa.

 

Paige sobbalzò, non riuscendo ad emettere nessuna sillaba.

 

Doveva essere stato davvero uno choc per lei, ritrovarsi faccia a faccia con una persona che credeva solo frutto della sua fantasia. Una persona da cui tra l'altro era letteralmente perseguitata. 

 

Gli oracoli non hanno mai visioni senza un motivo, e ciò mi terrorizzava. Stava per accadere qualcosa di terribile, ormai ne ero sicuro, qualcosa che riguardava la misteriosa Bianca Di Angelo molto di più di quanto avessimo creduto. Il fatto che la legata di Ade, fosse comparsa improvvisamente proprio a Camp Legacy, era un bruttissimo segno.

 

Sentii, Paige prendere un gran respiro, per poi iniziare a parlare e tendere una mano verso Bianca. 

 

Tremava.

 

-M-Mi chiamo Paige Solace, molto piacere

 

Deglutì sul l'ultima parola, improvvisando un sorriso, che sembrava tutto fuorché vero.

 

Bianca lì per lì rimase un attimo titubante, prima di stringere anche lei la mano della legata di Apollo.

 

-Bianca Di Angelo

 

Biascicò la ragazza, restando con il solito sguardo impassibile di sempre. Si toccarono per nemmeno qualche secondo, prima di ritirare di scatto la mano, nello stesso momento.

 

Nessuna delle due spiccicò più una sola parola.

 

Logan mi guardò confuso, scuotendo la testa e chiedendo silenziosamente spiegazioni per lo strano comportamento delle due ragazze.

 

Alzai le spalle, fingendo di non averne la più pallida idea.

 

Le uniche persone a sapere dei sogni di Paige e delle sue abilità eravamo io e Grover. Nessun altro. La ragazza non ha voluto dire niente nemmeno a suo fratello Jacob, per non preoccuparlo. Logan non avrebbe dovuto sapere assolutamente niente, nonostante avessi ripetuto più volte a Paige che, essendo un legato di Atena, avrebbe potuto aiutarla. Ma finora lui era all'oscuro di tutto, ed io dovevo reggere il gioco.

 

-Cosa sta succedendo?

 

Una voce maschile, ci fece girare tutti verso l'entrata dell'arena. 

 

Un ragazzo dall'aria piuttosto imponente, in completa e lucente armatura romana, ci guardava perplesso, gettando l'occhio anche sui vari danni riportati dal campo di battaglia durante il combattimento.

 

Aveva dei tratti somatici piuttosto particolari: la sua pelle era color caffè-latte, i capelli neri tagliati corti in stile militare. Aveva una corporatura robusta, mentre gli occhi erano color oro leggermente allungati, quasi a mandorla.

 

-Generale Zhang

 

Mi feci avanti un po' sorpreso, seguito a ruota da Logan, che camminava a testa bassa. 

 

In fondo ce lo dovevamo aspettare, dopo una tale confusione. Hunter era il nostro Generale, era una carica molto importante al campo e comportava enormi responsabilità. Se succedeva qualcosa, aveva lui l'obbligo di verificare che tutto proceda con ordine, e che nessuno si fosse fatto male.

 

Hunter non sembrava particolarmente arrabbiato, non lo era mai, nonostante il suo aspetto era un ragazzo abbastanza mite e paziente, ma molto responsabile e maturo.

 

Mi girai indietro, quasi per caso, e vidi che Bianca era rimasta ferma, immobile, completamente interdetta. Gli occhi scuri della legata di Ade si scontrarono con quelli dorati di Hunter Zhang.

 

Il silenzio ci avvolse così, improvvisamente, la tensione era così palpabile che avremmo potuto toccarla con le nostre mani. 

 

Non riuscivo a capire il perché di tutto ciò.

 

Poi, questo vetro freddo che si era creato in mezzo a noi, si ruppe in mille pezzi, facendo risuonare l'eco dei frammenti per chilometri di distanza.

 

-Bianca, aspetta!

 

Gridò Logan, cercando invano di afferrare la ragazza, che aveva iniziato impulsivamente a correre, apparentemente senza motivo, senza spiegazione, lasciandoci soli e perplessi sul terreno sabbioso dell'arena.

 

 

Angolo della "continuo a fare angoli per ordinare la mia mente malata"

 

Nuovo capitolo, nuovo palloso angolo autrice.

Siamo ancora fermi all'analisi dei personaggi, quando avremo finito, molto presto, commenterò anche i singoli capitoli per darvi piccole spiegazioni sugli eventi e sulla psicologia del characters (io questi spazi li scrivo solo per me, praticamente, già la storia non la legge nessuno, figuriamoci i miei discorsi senza senso) 

Carson. In assoluto il personaggio più difficile da caratterizzare (ragazzi, veramente, avvolte non ho idea di come farlo comportare).

In compenso il suo nome mi fa davvero impazzire (quanto rimpiango la scelta di "Logan" per il suo compare). 

Comunque, la personalità del nostro legato del tuono si distinguerà maggiormente in seguito, perché gliene succederanno di davvero BRUTTE, sono stata molto sadica con lui.

Un suo tratto caratteristico è la profonda fedeltà: non abbandonerebbe mai un amico, nemmeno nella più critica delle situazioni.

È una persona su cui si può contare, dal cuore d'oro (a dispetto di persone come Logan e Bianca, che hanno entrambi un lato più... diciamo "oscuro") 

È il più responsabile tra i nostri quattro eroi, ha un ottimo giudizio critico. 

Sa essere un gran capo, senza di lui Logan e Bianca si sarebbero già ammazzati da tempo, è come un collante nel loro gruppo, se Carson manca, l'equilibrio crolla. 

Lui e Logan condividono un'amicizia stretta, lunga quanto la loro vita: mentre da una parte è Logan quello che sprona il compagno, dall'altra, Carson è quello che trattiene l'amico quando perde la sua razionalità di discendente di Atena.

Anche con Paige ha sviluppato un legame speciale, soprattutto in seguito ad un particolare evento della loro infanzia (hehehe... vi incuriosisco)

Carson è il figlio di Piper e Jason, perciò ha sia poteri legati ai fulmini, sia la pericolosa lingua ammaliatrice. Il suo tabù è l'incapacità di volare.

Dato la parentela con Afrodite, penso a lui come il ragazzo più bello tra i miei personaggi, dalla carnagione molto scura, i capelli relativamente lunghi, castano/neri, da cui spesso scendono alcune treccine, adornate perfino da piccole piume colorate. Gli occhi creano un contrasto magnetico: sono azzurro elettrico. I lineamenti sono decisi, ma comunque eleganti e gradevoli. Ha le sopracciglia molto folte, anche se ben curate.

Bene, se siete ancora vivi, spero che il capitolo vi sia piaciuto, continuate a leggere: il meglio deve ancora venire.

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Capitolo 6
*** The Ghost King ***


Bianca

 

Correvo. 

 

Correvo senza una meta, senza un perché, senza guardarmi alle spalle.

 

I profili dei campi di fragole e dei legati, sfumavano nel vento al mio passaggio. Riuscivo a vedere chiaramente solo nell'ignota direzione verso cui scappavo. Non mi importava più niente, mi ero spinta ormai fin ai confini di Camp Legacy, dove crollai a terra, esausta e con il fiato corto.

 

Dovevo andarmene da lì, da quel posto, da quel dannato campo, da quelle persone false, che non avevano fatto altro che mentirmi, come tutti, sul fatto di volermi aiutare. Dovevo portare a termine la mia missione, dovevo salvare mio padre, prima che fosse troppo tardi. Ci sarei riuscita, con o senza l'aiuto di quei semidei della profezia dei Sette.

 

Ero disposta ad andare contro ogni pericolo, ogni mostro o chiunque mi si fosse parato davanti. Ero disposta a tutto pur di trovare la mia famiglia.

 

La mia mente venne invasa nuovamente dal pensiero di quegli occhi, ben impressi nella mia mente nonostante li avessi osservati solo per poco tempo: dorati, mutevoli e dalle mille sfumature lucenti.

 

Quel ragazzo, Hunter... Sentivo di avere un legame con lui, un legame di sangue. Non capivo come, lo sentivo e basta.

 

Mi ricordai dell'abbraccio di quella donna, Hazel, così pieno di affetto, così caldo, così dolce...nessuno aveva mai dimostrato di tenere a me, quella era stata la prima volta da quanto ricordassi che qualcuno mi aveva abbracciato.

 

"Non è a te che vuole bene, lei vede in te il ricordo di tuo padre"

 

Scossi la testa, sospirando, cercando di scacciare sempre la solita e fastidiosa voce del mio subconscio, ormai diventata un flagello costante.

 

Quella donna aveva gli occhi identici ad Hunter, gli stessi tratti, la stessa espressione, le stesse movenze...dovevano essere per forza imparentati fra loro.

 

Zio Frank, zia Hazel e cugino Hunter... sorrisi amaramente al pensiero, non mi sarei mai immaginata che un giorno avrei mai potuto pronunciare quei nomi. 

 

Ma d'altronde non avrei mai avuto idea di tutto quello che era successo nelle ultime settimane. Ero stata scaraventata all'improvviso in un nuovo mondo totalmente estraneo, ma allo stesso tempo profondamente legato a me, che ha trasformato tutto ciò che conoscevo prima in una grande e immensa bugia. Per la prima volta, avevo incontrato delle persone a cui sembrava importare veramente qualcosa di me.

 

E allora perché ero scappata? Perché avevo sentito quel impulso di fuggire, di lasciarmi tutto alle spalle, un'altra volta, come se nulla fosse mai accaduto?

 

Avevo finalmente trovato, almeno in parte, la famiglia che avevo sempre desiderato.

 

Perché? Perché allora mi tiravo indietro?

 

"Hai paura"

 

"Hai paura che ti abbandonino come hanno fatto tutti quanti, hai paura che tu non sia abbastanza per loro, hai paura di soffrire ancora. Hai paura che la tua vera famiglia non esista"

 

Seduta, mi rannicchiai su me stessa, nascondendo la testa fra le gambe. Gli occhi mi bruciavano tremendamente, era come se mi stessero infilzando con mille aghi pungenti. 

 

Avrei voluto solamente piangere e urlare, fino a che il mio dolore non sarebbe volato via, come una foglia autunnale nel cielo plumbeo.

 

Ma non volevo, non potevo. Dovevo essere forte, o almeno lo dovevo dimostrare. 

 

Disperarsi non sarebbe servito a nulla, non era mai servito a nulla.

 

-Bianca

 

Disse una voce dietro di me. Sapevo bene chi fosse, non avevo bisogno neanche di girarmi per esserne sicura. 

 

Mi alzai di scatto, cercando di andarmene, di fuggire, perché alla fine questo era sempre stato il mio rimedio: scappare era l'unica cosa che sapevo fare.

 

Ma questa volta una mano ben salda mi bloccò, tenendomi un braccio e impedendomi di compiere qualsiasi altro passo. 

 

Mi girai, trovando la forza di guardare il ragazzo in faccia.

 

Le iridi nere come il Tartaro incontrarono due occhi tempestati d'oro.

 

-Aspetta, non voglio farti niente

 

Disse Hunter Zhang, avvolto nella sua splendente armatura di bronzo, ricoperta da un pesante mantello bordò, nonostante facesse caldo.

 

-Voglio solamente parlarti

 

Non risposi, non ci riuscii, rimasi semplicemente ferma sulle mie gambe, paralizzata, non sapendo cosa fare.

 

Riuscii solamente a sussurrare un debole vattene.

 

Hunter sospirò, sedendosi a terra silenziosamente, all'ombra di una quercia, e invitandomi a fare altrettanto.

 

-Sai, mia madre Hazel mi parla spesso di tuo padre

 

Disse il legato di Marte, aprendosi in un debole sorriso.

 

Strinsi ancor di più a me la spada nera, simile alla notte, accarezzandola dolcemente, come se fosse il più prezioso dei tesori. 

 

Era una cosa che ero solita fare quando mi sentiva sola o triste, cioè la maggior parte del tempo. Mi rassicurava, era come se i fantasmi dei miei genitori fossero ancora qui, insieme a me.

 

Guardai Hunter, chiedendogli, implorandogli, silenziosamente di continuare. 

 

Io non sapevo assolutamente niente di mio padre, se non il suo nome, e in quel momento l'unica ragione per cui non ero ancora scappata via come al mio solito, era la voglia, il bisogno di conoscere, almeno tramite racconti, la persona che mi aveva messo al mondo.

 

-Quando ero piccolo, ogni sera mi parlava di lui, mi raccontava delle sue imprese, dei suoi viaggi e soprattutto del suo grande coraggio

 

Il ragazzo aveva gli occhi chiusi mentre parlava, come se stesse volando tra i suoi ricordi più profondi, più lontani. 

Mentre la brezza tentava invano di scompigliargli i ritti capelli corvini.

 

-...Era, ed è tuttora, il mio eroe, il mio mito. Porto un grandissimo rispetto per Nico Di Angelo, soprattutto sapendo tutto ciò che ha dovuto passare

 

Non facevo altro che fissarlo, ormai rapita, concentrandomi sulle parole che Hunter stava pronunciando, cogliendo ogni dettaglio, ogni sfumatura della storia, cercando di immedesimarmi in essa.

 

-Nico Di Angelo, il Re degli Spettri, per me uno dei più grandi semidei che siano mai esistiti, per molti era invece un mostro, un errore, un fantasma che non sarebbe mai dovuto esistere. Le persone lo giudicavano cattivo, un ragazzo di cui non ci si sarebbe dovuto fidare. Questo è uno dei motivi per qui si chiuse in sé stesso, costruendo intorno a sé uno scudo freddo e impenetrabile, per non permettere al mondo di ferirlo ancor di più di quanto non avesse già fatto. Perché nonostante per molti fosse difficile da credere, Nico Di Angelo aveva un cuore, nascosto nelle profondità del suo animo oscuro, e quel cuore soffriva, piangeva e sfidava da solo il destino che aveva davanti. Aveva perso tutto, non aveva nessuno, si era isolato dal resto del mondo, ma aveva sempre avuto la forza e il coraggio di lottare per le poche persone che gli volevano bene. Nico era semplicemente questo, il miglior errore a cui gli Dei avessero dato vita

 

Mi si spezzò il fiato sentendo quelle parole. Hunter aveva descritto mio padre come un animo solo, triste, infelice, turbolento e oscuro; non accettato da nessuno e senza un posto da chiamare casa: Nico Di Angelo era esattamente uguale a me.

 

Da lì, un fiume di parole e di racconti in piena mi sommersero, e io annegai insieme agli aneddoti del padre che non avevo mai conosciuto.

 

La morte della nonna e della zia Bianca, il Casinò Lotus, il Labirinto, le battaglie e le imprese, il Regno Dei Morti, Ade, le torture nella Giara Di Bronzo a Roma, l'incontro con Hazel, il complicato rapporto con Percy Jackson, il viaggio per mezzo globo con una ragazza di nome Reyna, trasportando l'Athena Parthenos, la sconfitta di Gea....

 

Mi ero persa nei racconti della vita di mio padre, scoprendo passo dopo passo tutte le sue sventure, scontri e sofferenze. In confronto, tutto ciò che avevo passato, dopo l'abbandono, l'orfanotrofio e la famiglia adottiva, non erano nulla se messi vicino a tutto il dolore che aveva passato Nico nella sua vita.

 

Scoprii molte cose anche su me stessa e sui miei poteri: il motivo per cui mi chiamassi Bianca per esempio. Mio padre voleva davvero bene a sua sorella, era la sua unica famiglia, l'unico raggio di sole nel suo immenso buio. Ma quel sole era stato oscurato da una nuvola di tempesta, a Nico era stata strappata brutalmente la persona a cui voleva più bene al mondo.

 

Non superò mai la sua mancanza.

 

Ora capivo perché Hunter stimava così tanto mio padre, e, nonostante io non lo avessi mai conosciuto, sentivo un forte e indistruttibile legame con lui, non avrei potuto spiegare a parole tutto il bene che gli volevo.

 

Avrei voluto che mio padre fosse lì, con me, ad abbracciarmi e dirmi che non mi avrebbe abbandonata mai più. Ma era impossibile, un'illusione, mio padre non sarebbe mai tornato da me. La tristezza, la solitudine, la nostalgia presero nuovamente il mio possesso. 

 

Mi strinsi sempre di più la spada contro il petto.

 

Una piccola apertura di luce, di speranza illuminò di colpo l'abisso oscuro in cui stavo precipitando per l'ennesima volta: dovevo trovare mio padre, dovevo riuscirci, lo avrei riabbracciato ad ogni costo. Toccava a me andare a salvarlo, perché ora ero sicura che gli fosse successo qualcosa, qualcosa che me lo aveva portato via, che non gli aveva permesso di stare con me, un qualcosa che già odiavo con tutte le mie forze.

 

-...Cos'è successo dopo? Quand'è stata l'ultima volta che...che lo avete visto?

 

Io, che fino a quel momento non avevo ancora emesso un fiato, parlai lentamente, quasi pregando Hunter di dirmi, raccontarmi sempre di più, quasi come se fosse una droga.

 

Il viso del legato di Plutone si oscurò.

 

-Nonostante tutti i pregiudizi delle persone, Nico Di Angelo era uno tra i semidei più forti e potenti, essendo un figlio di Ade, uno dei Tre Pezzi Grossi. Per questo motivo anche dopo la Guerra ha partecipato e guidato molte imprese, la maggior parte delle quali estremamente pericolose. Fu proprio in una di queste che si persero le sue tracce. Ero molto piccolo, avrò avuto sì e no due anni, a Nico era stata affidata una missione molto importante e segreta. Era il solo a prenderne parte, ancora oggi solo Chirone e i Sette sanno in che cosa consistesse

 

Hunter si fermò un attimo, prendendo un respiro profondo.

 

-Dalla sua partenza passarono giorni, mesi, anni...Nico non tornò più, nessuno ricevette più notizie. I Sette lo cercarono per tutti gli Stati Uniti e perfino oltre, senza mai trovare nulla...fino ad oggi. Bianca, forse tu non te ne rendi conto, ma tu sei l'unica speranza, l'unico indizio che abbiamo per ritrovarlo, avresti dovuto vedere la faccia di mia madre. Ormai si era arresa all'idea che non lo avrebbe rivisto mai più, ma tu le hai donato un motivo per alzarsi in piedi e andare avanti, continuare a sorridere. È per questo che ti devo ringraziare di cuore

 

Abbassai lo sguardo sul terreno, continuando ad accarezzare la spada affilata. Quando avevo visto per la prima volta i Sette non sapevo fino a che punto credere alle loro parole.  Nessuno nella mia vita mi aveva mai voluta aiutare, ero sempre stata sola.

Ma dopo aver ascoltato tutta la storia di mio padre...avevo capito che potevo fidarmi di loro, che mi dovevo buttare. 

 

Perché anche i Sette, come me avrebbero fatto di tutto per riportare Nico Di Angelo al Campo. Erano stati gli unici amici di suo padre, e sapevo che mi avrebbero aiutata nella mia missione.

 

Hunter mise la mano dentro la sua bisaccia di cuoio, tirandone poi fuori una foto piuttosto vecchia e rovinata, che il giovane Generale maneggiava con estrema cura. 

 

Mi tremarono le mani quando me la porse.

 

Vi era raffigurato un ragazzo, circa della mia stessa età, dai capelli ribelli, scuri come la pece, completamente vestito di nero, in contrasto con sua la pelle pallida e chiara, portava la spada nel fodero dietro la spalla.

 

Quel ragazzo era mio padre.

 

Con un solo sguardo, riuscii a vedere dentro di lui. Dolore, frustrazione, oscurità, demoni...sparivano tutti in quel affettuoso bacio sulla guancia della sorella. 

 

E nonostante il suo aspetto poteva sembrare agli occhi degli altri, poco raccomandabile, io vidi solamente il più maestoso degli angeli, un angelo caduto. 

 

Nico Di Angelo doveva essere davvero molto legato a Hazel.

 

Non riuscii più a trattenere le lacrime, che scesero prepotenti dai miei occhi già da tempo adornati di rosso.

 

Guardai Hunter, quasi come a ringraziarlo per tutto ciò che stava facendo per me, e che nessuno aveva mai fatto.

 

Il legato di Plutone mi sorrise, dandomi forza, speranza che un giorno avrei finalmente incontrato mio padre. E sarebbe successo, non importava quanti ostacoli avessi avuto davanti, io lo avrei riportato a casa.

 

-Qualunque problema tu abbia, ricordati che io, che noi siamo e saremo sempre qui per te

 

Angolo autrice 

Bianca.

La mia amata discendente di Ade, figlia di Nico Di Angelo e il motore che ha dato inizio alla storia. 

Non c'è nemmeno bisogno di spiegare il perché del suo nome.

All'apparenza, Bianca potrebbe sembrare una ricalcatura del personaggio del padre: non è così. Ovviamente tra i due vi sono delle similitudini, ma anche differenze molto profonde. 

Innanzitutto, Bianca è molto più irascibile, impaziente, testarda, impulsiva....(possiamo continuare per un capitolo intero) di Nico, che tende invece a nascondere TUTTE le sue emozioni. La figlia sì, porta in volto una costante maschera di indifferenza, ma non si trattiene nel mostrare il suo carattere focoso. 

Bianca tiene ben nascosti i suoi lati più "deboli", quali l' insicurezza nei confronti di sé stessa e la sua paura per il mondo esterno. Il suo più grande terrore è la solitudine. Non vuole mostrarsi al mondo, è stata rifiutata troppe volte.

Odia il suo carattere, perché crede che sia stata abbandonata da tutte le persone della sua vita per colpa di esso. Ha sempre cercato di migliorare questa sua falsa freddezza, tuttavia non ci è mai riuscita, ormai non ha più la forza di continuare, si è arresa. 

C'è una parte del suo backstory ancora tutta da svelare.

Bianca è armata di coraggio e di determinazione, nonostante tutti i suoi dubbi e le sue incertezze non si mostra mai priva di volontà. La sua forza deriva dal suo dolore.

Potrebbe non sembrare, ma la nostra legata tiene già molto alle persone che incontrato al Campo (soprattutto dopo questo capitolo): si aggrappa ad ogni minimo spiraglio di amore che lei ha sempre voluto ricevere. 

Infondo è una persona molto altruista, sa essere anche dolce e premurosa quando vuole (autrice muore strozzata dal suo personaggio che ha preso vita). 

Ha un'indole sfrontata, prova anche invidia nei confronti degli altri (Logan cof...cof) 

E nulla, spero che questa parentesi vi abbia aiutato a comprendere di più la mia visione del personaggio. Al prossimo capitolo

 

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Capitolo 7
*** The Games (parte prima) ***


Logan

 

-Legati e legate, è con immenso piacere annunciarvi che è finalmente arrivato il grande giorno! La sera in cui si terrà l'attesissima ventesima edizione dei Laudi della Bandiera!

 

Gridò Estela con il suo solito travolgente entusiasmo, facendo scoppiare la grande folla, radunatasi nella piazza, in un coro di esulti e fischi fuori controllo.

 

Io, mi trovavo in mezzo a tutta quella confusione, sperando che finisse più rapidamente possibile. 

 

Per la prima volta nella mia vita, la voglia di partecipare a quell'amato evento del campo, che si teneva una sola notte l'anno, era praticamente sotto i piedi.

 

La ragione?

 

Una ragazza chiamata Bianca Di Angelo.

 

Divino Poseidone, mi aveva veramente rovinato la giornata. Ero arrabbiato, anzi no ero furioso. Dopo il mio "amichevole" scontro con lei, ero rimasto rinchiuso tutto il pomeriggio in armeria, ad affilare una per una tutte le spade e i coltelli che mi capitavano a tiro. I nipoti di Efesto mi hanno guardato come se fossi pazzo.

 

La cosa che mi imbestialiva di più, però, era il non sapere perché mi sentissi così.

 

Insomma era vero, io e Bianca avevamo litigato violentemente, per un motivo frivolo fra l'altro.

 

Tutto il mio buon umore era andato altamente a puttane. 

 

Eppure non avrei perso la voglia di partecipare ai Laudi, solo per uno dei miei soliti disguidi.

 

Anche se non lo volevo ammettere, la ragione della mia inspiegabile voglia di spaccare la testa a qualcuno, dipendeva dal fatto che, nonostante ci avessi provato con tutto me stesso, non riuscivo ad odiare fino in fondo Bianca. 

 

Qualcosa continuava a bloccarmi.

 

Quella ragazza mi stava facendo impazzire, non riuscivo a capirla, ad inquadrarla, non mi era successo con nessun altro fin ora.

 

Nessuno di noi le aveva mai fatto niente, non l'avevamo mai trattata male, anzi eravamo stati anche gentili e disponibili con lei! 

 

... a parte il mio caso, in cui abbiamo finito per scannarci a vicenda. 

 

Ma comunque il nostro litigio era partito dal fatto che io volessi aiutarla. 

 

Dii Immortales, quanto poteva permalosa e testarda! 

 

Le avevo dato solo alcuni consigli su come usare quel maledetto attrezzo.... A modo mio. 

 

Sospirai.

 

Mi arresi all'evidenza: infondo avevo esagerato, dovevo proprio imparare a tenere chiusa la mia boccaccia.

 

Tuttavia, Bianca fin da subito si era dimostrata scontrosa e iraconda, senza alcun motivo.

 

Perché? Cosa la spingeva a comportarsi in questo modo con tutti?

 

Era semplicemente nel suo carattere o c'era qualcos'altro sotto?

 

Ebbi l'impulso di cercare il volto di Bianca in mezzo a quella miriade di persone. Sventolavano ferocemente all'aria il simbolo della loro discendenza.

 

Non la trovai, c'era troppa confusione. 

 

Non riuscii capire se fosse stato un bene o un male.

 

Non la vedevo da quando era scappata all'improvviso davanti ad Hunter Zhang, l'ennesimo dei suoi comportamenti impulsivi e senza spiegazione.

 

Accanto a me, nemmeno Carson e Paige sembravano essere al settimo cielo per dover partecipare ai Laudi della Bandiera.

 

La legata del Sole appariva immersa nei suoi pensieri, bisbigliava ogni due per quattro insieme a Carson, cercando di non farsi sentire.

 

Quei due mi stavano nascondendo qualcosa, da troppo tempo ormai. 

 

Mi ero più volte deciso ad indagare a fondo a quella questione, a quegli atteggiamenti sospetti, a quei sussurri detti a fior di labbra, agli stati d'animo sempre più distanti di Paige. Ma ancora non ero riuscito a scoprire nulla.

 

Intanto, sul piccolo palco di legno, improvvisato per l'occasione, la piccola Estela Valdez continuava come ogni anno a presentare l'evento, con quella sprizzante carica di energia che la contraddistingueva. 

 

Piccola, perché nonostante ormai avesse ben quindici anni, ne dimostrava molti di meno e conservava ancora dei tratti prettamente infantili. Era bassina, di corporatura esile e con ben poche forme. I dolci riccioli castani le ricadevano sulle spalle e sulla carnagione piuttosto scura, mentre un sorriso furbo e allegro le era stato stampato sul volto, insieme ai magnetici occhioni dalle sfumature scarlatte.

 

-Immagino che ormai tutti sappiate come si giochino i Laudi, e ovviamente le varie regole.

 

Disse Estela, aprendo le braccia verso il pubblico; dietro di lei il sole cominciava a scendere e a tingersi di un rosso vivo.

 

-Ma per i nuovi arrivati, è giusto fare un ripassino veloce prima che comincino i giochi! Prima di tutto, i partecipanti appartenenti a ciascuno schieramento, i Pureblood, i Metis e gli Halfhuman, saranno divisi in coppie che affronteranno la sfida insieme, per gli interessi della loro squadra. I due saranno legati con una corda, per evitare di ripetere gli spiacevoli incidenti dell'anno scorso

 

Continuò, guardando storto un gruppetto di discendenti di Ermes, che si ammutolì all'istante, guardando in basso.

 

 -Se questa corda dovesse spezzarsi o meglio essere spezzata, i due legati saranno immediatamente espulsi dal gioco. Quindi guardatevi le spalle dai vostri avversari, che cercheranno in tutti i modi di separarvi. Allora, veniamo al dunque, l'obbiettivo dei giochi, è quello di impadronirsi della bandiera posta in cima alla torre, al centro della radura. La torre ovviamente sarà protetta da uno schieramento, che avrà il compito di difenderla con tutte le sue forze, che quest'anno sarà quello...

 

Estela estrasse un bigliettino dal barattolo che le veniva porso, mentre tutta la folla era ora con il fiato sospeso, in religioso silenzio.

 

-... Quello dei Metis!

 

Urlò ridendo e alzando il pugno all'aria, mentre un ululato di delusione si alzò da una consistente parte della platea.

 

-E ti pareva...

 

Sentii Carson sbuffare accanto a me, mentre crescevano sempre di più lamenti del tipo "Ma come?" oppure "Il terzo anno di fila!! Non è giusto!", o anche "Perché dobbiamo stare sempre noi in difesa?"

 

La piccola Estela, che tra un po' non riusciva ad arrivare nemmeno al microfono, batté la mano sul tavolino, cercando di placare gli animi.

 

-Calmi ragazzi, calmi. L'anno prossimo proporremmo un modo diverso per decidere i ruoli dei vari schieramenti, per ora, la decisione è presa, non si torna più indietro. A questo punto, gli schieramenti che si sfideranno in attacco saranno i Pureblood e gli Halfhuman, che dovranno semplicemente cercare di afferrare la bandiera, ostacolandosi a vicenda. Basta che una sola coppia, riesca a raggiungere l'obbiettivo, e lo schieramento a cui essa appartiene avrà vinto! Ma se nel caso nessuna delle due squadre riuscisse a completare il gioco entro il limite di tempo, sarà lo schieramento posto in difesa a vincere. Come premio una consistente somma di punti pari a duecento!

 

E appena finì di dire quell'affermazione, l'entusiasmo tornò a dilagarsi fra la folla. Si agitava elettrizzata, ormai impaziente di iniziare i Laudi della Bandiera. 

 

I punti vinti avrebbero potuto ribaltare le sorti della classifica generale del campo, tutti sognavano di vincere come schieramento migliore dell'anno alla fine di agosto.

 

Io avevo ancora la mia faccia da funerale, quando Estela e altri suoi collaboratori iniziarono a sorteggiare le coppie.

 

Carson capitò con un giovane legato, discendente di Marte e di Demetra, poteva avere più di dieci anni al massimo.

 

Al più grande era andata bene tutto sommato, almeno avrebbe passato il tempo ad insegnare qualcosa di utile al piccolo rampollo, invece di starsene a braccia conserte in attesa che qualcuno attaccasse.

 

Nessuno fu sorpreso invece di vedere i fratelli Solace quest'anno ancora insieme, una delle coppie più affiatate, unite e inseparabili del campo, una di quelle che sarebbe stata una pazzia scoppiare. 

 

Dalle prime scommesse che iniziarono a circolare risultarono subito tra i favoriti a vincere il gioco, come sempre del resto.

 

Ma anche nel mio schieramento, quello dei Pureblood, c'era una coppia fissa che primeggiava.

 

Facevano fuoco e scintille ogni volta, letteralmente. 

 

Lacey Rodriguez e Chuck Hedge erano un'accoppiata perfetta, compagni sia di battaglia che di vita.

 

Lacey era l'atletica figlia sedicenne di Clarisse La Rue, discendente di Ares, e di Chris Rodriguez, discendente invece di Ermes. Forte, bella e competitiva come la madre, ma scaltra e astuta come il padre. Aveva i capelli castani, lunghi e dai riflessi ramati, sempre raccolti in una treccia spettinata, sistemata alla rinfusa, che incorniciava gli scattanti occhi color ruggine.

 

Chuck, al suo fianco, era un satiro, il piccolo figlio del Coach Hedge ormai cresciuto e diventato un giovane dai folti capelli ribelli e profondi occhi color carbone. Aveva ventiquattro anni, ma ne dimostrava solamente diciassette, essendo un satiro. 

La sua indole era più mite e riflessiva, rispetto alla compare, ma non per questo meno battagliera. Esperto, grazie al padre, delle maggiori tecniche di combattimento. 

Non era un legato, quindi in realtà non apparteneva a nessuno schieramento. Poteva scegliere quello che più gli aggradava e i Pureblood erano diventati ormai la sua casa.

 

Chuck e Lacey, si conoscevano da praticamente tutta la vita, fin da quando la ragazza aveva solo pochi mesi di vita, data la profonda amicizia tra le famiglie Rodriguez e Hedge. Erano migliori amici da sempre, si completavano l'uno con l'altro, in combattimento erano perfettamente coordinati, bastava un solo sguardo d'intesa per capirsi, conoscevano l'uno i difetti dell'altro e li superavano insieme.

 

Era simile al rapporto che avevo io con Carson e, allo stesso tempo, completamente diverso. 

 

Io e il legato del tuono avevamo modi di fare contrastanti, e succedeva spesso di litigare o di non essere d'accordo su un argomento. 

 

Mentre Lacey e Chuck erano una cosa sola, una sola anima scissa in due corpi, perfettamente combacianti come due pezzi di uno stesso puzzle.

 

Talmente perso nei miei ragionamenti, quasi non sentii Estela che annunciava a gran voce il mio nome al microfono.

 

-Logan Jackson e.... Bianca Di Angelo!

 

Ebbi un nodo in gola. 

 

Rimasi immobile, a fissare il palco a bocca aperta, sconvolto. Ancora non riuscivo a realizzare.

 

No.

 

No no no no no no.

 

Tutti, ma non quella. Tra tutti i ragazzi del mio schieramento, proprio lei mi doveva capitare! 

 

Mi voltai improvvisamente, non sapendo nemmeno cosa stessi facendo. 

 

Se prima non avevo voglia di giocare, ora non ne volevo proprio sapere. 

 

Mi ritrovai davanti proprio gli occhi scuri e profondi di Bianca: la sua espressione sconvolta non era poi tanto differente dalla mia.

 

-Lui!

 

-Lei!

 

-Ma neanche per scherzo!

 

Gridammo all'unisono di nuovo scontrosi, guardando ora il palco, ora i nostri volti. Bianca si portò rassegnata una mano sulla fronte, scuotendo la testa infastidita.

 

Estela, con le mani piene di bigliettini e liste di nomi, ci guardò contrariata.

 

-Sapete che non posso farci niente, se cambiassi la vostra coppia dovrei cambiare anche quella degli altri che sono rimasti insoddisfatti. Si creerebbe il caos, e non abbiamo tempo da perdere, il sole sta tramontando.

 

Disse scocciata, mentre tornava ad occuparsi degli accoppiamenti rimanenti. 

 

Un ragazzo appena sceso dal palco, si avvicino a noi porgendoci la corda; l' afferrai con violenza, ancora sbuffando.

 

-Ma lei non fa parte di nessuno schieramento! È appena arrivata! Non sappiamo neanche bene il tipo della sua discendenza

 

Cercai nuovamente di oppormi, indicandola, mentre Bianca continuava a linciarmi con lo sguardo.

 

-Ehi genio, io sono qui, ti sento se non l'avessi notato. Neanche io ho voglia di sprecare il mio tempo con una lingua lunga come te!

 

Mi attaccò la legata, visibilmente offesa.

 

Hunter Zhang comparì quasi dal nulla, alle spalle della legata di Ade.

 

-Vorrà dire che rimedieremo subito

 

Disse facendole l'occhiolino e lanciandole una medaglietta con la scritta "Pureblood", per poi andarsene esattamente com'era arrivato.

 

Bianca mi guardò con un sorrisetto di sfida.

 

-Visto? Non hai sempre ragione Jackson. Il mondo non gira intorno a te

 

Che

Nervi

 

Hunter le aveva persino fatto l'occhiolino! Ma cosa gli era preso?

 

Sarebbero stati dei lunghi giochi, soprattutto se avrei dovuto sopportare quell'antipatica per tutto il tempo. 

 

Bianca era, anche lei, tutt'altro che entusiasta dell'idea, non faceva che alzare gli occhi al cielo, profondamente irritata.

 

Iniziai a legare il suo polso al mio.

 

Tra noi vigeva un profondo e rigoroso silenzio.

 

Dopo qualche minuto, tutti gli schieramenti furono divisi finalmente in coppie, l'allegra tensione che si avvertiva in tutti i partecipanti era arrivata al limite.

 

Le armi già impugnate ben salde, caricate e affilate come rasoi.

 

Estela si schiarì la voce, mentre partì dalla folla un forte grido di gioia e di battaglia.

 

-Bene Camp Legacy! Da qui avete tre ore di tempo, i Laudi finiranno quando sentirete il suono del corno. Detto questo.... Che i giochi abbiano inizio!

 

Angolo autrice 

Iniziamo con il primo dei ben tre capitoli dedicati ai Laudi della Bandiera (la quiete prima della tempesta cof cof). 

A narrare è il mio bipolare preferito: Logan. Personalmente è il personaggio a cui sono più affezionata, rimpiango di avergli dato questo nome (ormai quasi tre anni fa, sono proprio un inconcludente, avrò riscritto la storia tipo due volte e ancora non ne sono soddisfatta, e oggi mi è persino venuta voglia di modificare i primi capitoli, ormai vecchi, il mio stile di scrittura è migliorato nel corso dei mesi)

Comunque Logan è il figlio di Annabeth e Percy, nel suo sangue scorrono due discendenze opposte, quella di Atena e quella di Poseidone. 

È in grado di conseguenza di controllare il mare, anche se il suo tabù gli impedisce di respirare sott'acqua.

In questo capitoli la sua personalità verrà spiegata meglio, quindi non mi dilungo in inutili spiegazioni, basta sapere che è come se in lui vivessero due Logan completamente diversi l'uno dall'altro, costantemente in lotta fra loro. E nulla, sarò un po' sadica anche con lui....

 

 

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Capitolo 8
*** The Games (parte seconda) ***


 

Logan

 

 

 -Allora, ti deciderai a collaborare per completare questi stupidi giochi, o hai intenzione tenermi il broncio per le prossime due ore?

 

-A quanto vedo, il signorino so tutto io, non riesce proprio a rimanere zitto senza esporre al mondo il suo brillante modo di vedere le cose

 

-Sai, quasi quasi ti preferisco quando chiudi quella boccaccia acida che ti ritrovi!

 

-Stesso vale per me, permaloso e puntiglioso legato di Atena

 

Erano ormai circa dieci minuti che, io e Bianca, andavamo avanti a battibeccare in questo modo, inoltrandoci nel bosco.

 

Il cielo continuava ad oscurarsi ogni secondo di più, mentre il sole scivolava lentamente sotto l'orizzonte.

 

Apparvero le prime stelle che, in quella notte senza luna, scintillavano silenziose, comparendo l'una dopo l'altra, disfandosi di quel velo opaco che le ricopriva durante il giorno.

 

La visibilità purtroppo, non era delle migliori, soprattutto in quella foresta, fitta di alberi più grossi ad ogni nostro passo. 

 

Fortunatamente, avevamo una torcia a disposizione in caso di necessità.

 

Bianca, al mio fianco, osservava guardinga attorno a se, la mano destra stretta sull'elsa della spada, il volto nascosto dai capelli ribelli. 

 

Man mano che la sera calava, appariva sempre più tranquilla, come se fosse a suo agio, mentre il suo nervosismo sciamava nell'umidità del bosco. 

 

La trovai simile ad una misteriosa e rara creatura che si aggirava nella notte a passo felpato.

 

Quante volte, durante la sua fuga, quella ragazza si doveva essere ritrovata senza un luogo dove andare? 

 

Costretta a dormire, fuori, da sola, con magari la pioggia, il freddo, la mancanza di un fuoco ardente con cui scaldarsi, il costante pericolo dell'attacco dei mostri.

 

Questi pensieri mi balenarono in mente.

 

-Cos'hai tanto da guardare?

 

Disse la legata di Ade, fulminandomi con i suoi occhi scuri, apparentemente privi di emozione.

 

Ricambiai il gesto con un cipiglio scontroso.

 

-Sei l'unica cosa mobile e priva di foglie qui intorno, non ho molta scelta su dove posare lo sguardo 

 

-Smettila, mi dà fastidio quando qualcuno mi fissa!

 

Mi rispose Bianca, distogliendo il volto e allungando il passo.

 

-È come parlare con un muro con te! Non ti stavo affatto fissando!

 

-Non te l'ha mai detto nessuno di essere irritante? Basta, non ti sopporto più, io me ne vado, prima che ti prenda a pugni un'altra volta

 

Bianca mi diede le spalle, ancora sbuffando.

 

Probabilmente sarebbe corsa via, se io non l'avessi afferrata per un braccio.

 

La ragazza si girò di colpo verso di me, sfidandomi con un'espressione irata.

 

Se avesse avuto le zanne, mi avrebbe ringhiato contro, oppure squarciato direttamente la gola.

 

-Devo ricordarti che siamo legati per i polsi? Dove hai intenzione di andare?

 

Dissi, mostrandole la corda saccente.

 

Bianca si limitò a calmare la rabbia in un sospiro, lasciando che tutte le emozioni negative l'abbandonassero.

 

In uno scatto afferrai entrambi i polsi della legata, spingendola verso di me.

 

Non sapevo neanche io cosa stessi facendo.

 

Bianca trasalì.

 

Potevo avvertire il tepore dei suoi respiri sulla pelle del viso.

 

Leggeri spruzzi di lentiggini invadevano le sue gote, le profonde occhiaie nere contrastavano con il suo pallore, testimoni di lunghe notti passate insonni.

 

I nostri occhi si incrociarono. 

 

Annegai in quel pozzi neri, senza fondo, freddi e inespressivi come la lama di un coltello. Per la prima volta, non scorsi affatto rabbia o odio nel suo sguardo, bensì un profondo disagio.

 

Mi accorsi che tremava sotto la mia presa, per un attimo la paura invase il suo volto.

 

Tutto cessò: gli occhi di Bianca tornarono ad essere due inanimati diamanti neri, illuminati solo dal fuoco della sua rabbia, pronta a scoppiare da un momento all'altro, pronta a celare ogni debolezza.

 

-Lasciami...

 

Sussurrò aspra, rompendo il silenzio e iniziando a divincolarsi invano per riuscire a liberarsi, per fuggire ancora. 

 

Bianca Di Angelo risolveva ogni cosa scappando, andandosene sola alla ricerca di qualche luogo sconosciuto, tentando di offuscare il passato, i suoi ricordi.

 

Ma non l'avrei lasciata correre via.

 

Non riuscivo a capire perché, perché sentivo ribollire dentro di me questa stizza che non mi era mai appartenuta? Cosa odiavo tanto in quella ragazza persa, in balia dei venti?

 

Le parole uscirono da sole.

 

-Voglio sapere il motivo 

 

Dissi, affilando la mia voce.

 

Bianca mi fissava immobile e interdetta.

 

-Dimmi il motivo per cui ti comporti in questo modo. Cos'è che ha fatto questo mondo per farti rinchiudere nella tua fredda, impenetrabile corazza tempestata da spine? Ma soprattutto, perché continui ad essere irascibile specialmente con me? Perché mi guardi costantemente con quell'odio dipinto in faccia?

 

Bianca non rispose. La sua espressione rimase scossa, il corpo ancora tremante, mentre i miei occhi la inquadravano con prepotenza.

 

-Dimmelo!

 

Ormai non mi riconoscevo più, il mio lato riflessivo e calmo era scomparso, continuavo a stringere quegli esili polsi.

 

Passavano i secondi. Il silenzio troneggiava.

 

Il sole era ormai scomparso sotto i docili pendii delle colline.

 

Quella rabbia, quel risentimento che sentivo montarmi dentro, svanì così com'era arrivato. 

 

Abbandonai la presa su Bianca, addolcendo la voce, riducendola a poco più di un sussurro.

 

-Io voglio solamente aiutarti, cos'è che ti spinge a scappare da tutto e da tutti? Cos'è che ti fa tanto paura? Ti ripeto la domanda, dove hai intenzione di andare?

 

Bianca rimase paralizzata, sconvolta dalle mie parole. 

 

Ed ecco, ecco ancora quello spiraglio di luce, di calore, di vulnerabilità, sempre celato dietro a quegli occhi freddi e scuri come l'asfalto. 

 

Il senso di colpa mi devastò.

 

Possibile che, questa ragazza, fosse capace di far emergere la mia natura impulsiva, di distruggere i miei schemi, l'equilibrio precario su cui reggevo?

 

La legata era sul punto di dire qualcosa, ma la vidi sgranare improvvisamente gli occhi su un soggetto indistinto alle mie spalle. 

 

Mi girai. Troppo tardi.

 

L'unica cosa che sentii fu l'avvertimento di Bianca, prima che lei mi spingesse lontano, facendomi cadere a terra, sull'erba umida.

 

Quando riaprii gli occhi pochi secondi dopo, vidi la legata di Ade poco distante da me, anche lei a terra, con un braccio segnato da una vistosa e profonda ferita tinta di rosso.

 

La tamponava con la mano, stringendo i denti.

 

-Bianca!

 

Dissi correndo da lei, cercava di sopprimere i gemiti di dolore mordendosi un labbro. 

 

Degno figlio di mio padre ero, non facevo altro che combinare disastri. Che sciocco, come avevo potuto distrarmi, come avevo potuto permettere che qualcuno si fosse fatto male a causa mia?

 

Bianca continuava a ripetermi di stare bene, tradita però dall'andamento del suo respiro, sempre più affannoso.

 

Sentii delle risate provenire da dietro di noi.

 

Una coppia di ragazzi più grandi, discendenti di Eris, ci guardavano con aria divertita, dandosi delle pacche sulla schiena a vicenda.

 

Notai che uno di loro stava ripulendo la sua spada da una macchia di sangue: il sangue di Bianca, ferita probabilmente nel tentativo di spezzare la nostra corda, ancora intera nonostante tutto.

 

Non ci vidi più.

 

Mi buttai sui due legati.

 

Bianca si era appena alzata in piedi dolorante.

 

La fedele lama di Vortice, disarmò dopo qualche colpo il ragazzo con l'arma insanguinata, colto impreparato dalla mia brusca reazione. 

 

Rimase lì fermo, ancora a reggere l'aria, con la mia spada puntata contro il petto.

 

-Cosa stai facendo coglione!

 

Gridò il suo compagno, mentre questo slegava la corda dal proprio polso, senza riflettere, correndo nel panico nella foresta, seguito subito a ruota dall'amico, armato solo di un piccolo pugnale.

 

-Vigliacchi!

 

Gli urlai contro, stringendo i pugni, mentre entrambi proseguivano indisturbati la loro corsa, sparendo dalla mia visuale. 

 

Rimisi il cappuccio a Vortice e riposi la penna nella tasca dei pantaloni.

 

-...Logan

 

Dietro di me, Bianca mi guardava con uno sguardo indecifrabile.

 

Mi colpì come mille coltelli conficcati nel petto. 

 

La ragazza si reggeva ancora il braccio, mentre il sangue non accennava a fermarsi.

 

Mi avvicinai a lei, avvolto nel mio rimorso, ma per ogni passo che facevo in avanti, lei ne faceva uno indietro, allontanandosi sempre di più.

 

-Permettimi di aiutarti, è l'unica cosa, che voglio fare, che ho sempre voluto fare!

 

Era stata tutta colpa mia, di nuovo.

 

Bianca scosse la testa, senza però smettere di guardarmi negli occhi.

 

-Lasciami stare, non ho bisogno del tuo aiuto, non ho bisogno dell'aiuto di nessuno!

 

Fu allora che mi tolsi lo zaino dalle spalle, posandolo a terra e iniziando a frugarci dentro, il più velocemente possibile.

 

-Cosa stai facendo?

 

Domandò Bianca, con quella nota scontrosa, adesso così stonata nella sua voce.

 

-Cerco dell'ambrosia, ne basterà una quantità minima e quel brutto taglio sparirà, non sentirai più dolore

 

Risposi, mentre proprio in quel momento tirai fuori da una tasca il kit di pronto soccorso, distribuito a coppie prima dell'inizio dei giochi.

 

Rimasi basito, quando lo aprii e constatai che era vuoto, completamente. 

 

Non c'era niente di niente. 

 

Fui ancora più frustrato, quando lessi l'unico messaggio che ci avevano lasciato dentro:

 

"In battaglia potresti ritrovarti in pericolo, senza alcun aiuto, senza nessun equipaggiamento o rimedio. Questo consideralo un piccolo grande insegnamento, ti sarà utile in futuro, credici"

 

-Porco Crono!

 

Imprecai fra i denti, sbattendo la scatoletta bianca a terra.

 

"Rifletti, Logan rifletti"

 

Continuavo a ripetermi, lasciando che la calma e la ragione fluissero in tutto il mio corpo, mentre la mente elaborava e rielaborava, in cerca di una risposta, di una soluzione.

 

Mi ributtai sullo zaino rimasto a terra, tirando fuori una delle mie magliette del campo bordò.

 

Alzai lo sguardo verso Bianca.

 

Lei continuava a fissarmi senza parole, seguendo ogni mio minimo movimento.

 

Ancora di nuovo ci bloccammo, uno di fronte all'altro, avvolti nel silenzio, affogati nei nostri rispettivi sguardi.

 

Bianca mi porse il braccio, titubante.

 

Avvolsi il morbido panno di cotone sulla ferita, e lo legai stretto.

 

-Scusami... io non volevo...

 

Fu l'unica cosa che riuscii a dire, nonostante un turbinio di frasi, sentimenti, pensieri soffiava impetuoso dentro di me, fondendosi in un unico grande caos.

 

-Perché stai facendo tutto questo per me?

 

Disse improvvisamente Bianca, abbassando appena lo sguardo. 

 

-Non c'è bisogno che io te lo dica, sai già la risposta

 

Mi sistemai lo zaino in spalla. 

 

La legata di Ade si avvicinò smarrita.

 

Dicono che sia inutile aiutare chi non vuol essere aiutato.

 

Ma, nessuno ha mai detto che non ci si può almeno tentare, anche a tempo perso.

 

Questo era quello che facevo con Bianca, che desideravo fare con Bianca.

 

Non sapevo cosa mi spingesse a volerla aiutare, non ne avevo idea. 

 

Sapevo solamente che era l'unica cosa giusta da fare, l'unica cosa che avrebbe potuto farmi assomigliare un po' di più a Percy Jackson.

 

Quella ragazza, dall'aria sempre diffidente e scontrosa, rinchiusa in una trappola che si era costruita con le sue mani, aveva un disperato bisogno di aiuto.

 

E io l'avrei aiutata.

 

Ad ogni costo.

 

-Coraggio, riprendiamo il cammino. Non dovremmo essere troppo lontani dalla torre e-

 

Mentre parlavo, un coro di grida caotiche e assordanti giunse da verso la radura, accompagnate dal metallico rumore delle armi sguainate, dallo scalpiccio dei piedi, simile a quello di una mandria di bufali.

 

L'assalto era appena iniziato.

 

Angolo autrice 

 Finalmente un po' di movimento! Questo capitolo ci vuole lasciare con una domanda: perché Bianca sembra avercela a morte con il nostro Jackson junior? (Perché lo ama!!!...no. Non mi piacciono le storie d'amore nate a caspio, senza una costruzione, questi due si sono appena incontrati) 

E si, Bianca sarà anche scontrosa, Logan le starà pure sulle scatole, ma non si metterebbe ad insultarlo così senza una ragione (oltre la loro reciproca antipatia) 

Antipatia dovuta a cosa? Al fatto che sono entrambi degli orgogliosi e impulsivi che non sanno tenere a freno la lingua (in realtà sono simili, anche se non lo ammetterebbero mai), l'odio di Bianca è rafforzato anche dalla secondo lato di Logan, quello del Legato di Atena preciso e calcolatore, completamente contrario all'indole della ragazza. Nel prossimo capitolo conosceremo meglio il personaggio di Logan nelle sue sfaccettature.

Alla prossima!

 

 

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Capitolo 9
*** The Games (parte terza) ***


Logan 

 

- Santo Ade, io lo sapevo! Come mi è venuto in mente di partecipare a questi stupidi giochi!?

 

- Calmati e cerca di stare ferma, non so se te ne stai rendendo conto, ma non fai altro che peggiorare la situazione!

 

- Non capisco come possa andare peggio di così! Siamo qui, nel bosco, soli come cani, bloccati sul fondo di una maledetta buca!

 

- Ti ricordo che sei stata tu quella che ci è finita dentro per prima, trascinandomi dietro con te, se solo guardassi dove metti i piedi

 

- Io non stavo incolpando nessuno, ma tu sei così permaloso ed arrogante da metterti subito sulle difensive!

 

E rieccoci di nuovo qui, a scannarci a suon di parole, intrappolati in uno spazio che ci conteneva a malapena: il fondo di una buca scavata quattro metri sotto terra.

 

Nemmeno mezz'ora dopo aver lasciato quei due legati di Eris, con cui avrei fatto sicuramente due chiacchiere il giorno dopo, io e Bianca eravamo finiti in quella trappola. 

 

Discendenti di Efesto. Ci avrei scommesso. 

 

La prole della cabina 9* aveva nel suo repertorio un lungo elenco di marchingegni e tranelli da utilizzare in occasioni come quelle. 

La vecchia buca nascosta dalle fronde era inclusa.

 

Sospirai, mentre cercavo di trattenere Bianca dal suo tentativo di risalire arrampicandosi sulle pareti.

 

- Se continui così, verremo ricoperti di terra ancor prima di aver trovato un modo per uscire da qui!

 

Dissi, afferrando la ragazza per la vita.

 

Lei cercava di salirmi sulle spalle, facendo perno sull'instabile muro di terra. 

 

Mi fulminò con lo sguardo.

 

La sera era ormai calata e non avremmo rivisto il sole fino all'indomani.

 

Eravamo circondati dal buio, nemmeno il cielo, ora cosparso da innumerevoli stelle scintillanti, ci avrebbe potuto aiutare a vedere a meglio.

 

Per fortuna avevo ancora con me la torcia, l'unico strumento a nostra disposizione. 

 

Bianca, che nonostante tutto tentava ancora di arrampicarsi su per la buca, emise un verso di frustrazione.

 

Rassegnata, si appoggiò senza entusiasmo alla parete di terra umida, guardandomi apatica.

 

-Genio, non mi sembra che tu abbia trovato un'idea migliore della mia, finora

 

Alzai un sopracciglio, mentre lei ripuliva le sue mani sporche sul tessuto dei jeans.

 

-Non mi hai nemmeno lasciato il tempo di riflettere, che sei subito scattata. Sii paziente, riusciremo a trovare una soluzione

 

La legata sospirò, calmandosi e incrociando le braccia al petto, arresa davanti alla possibilità di rimanere bloccata lì sotto per le successive ore.

 

- Ebbene, hai intenzione di fare?

 

Mi puntò con sguardo rassegnato.

 

La verità era che non ne avevo la più pallida idea.

 

Nonostante non lo dimostrassi, ero agitato, non riuscivo a pensare lucidamente.

 

Le mani avrebbero voluto tremare.

 

Perché mi stavo facendo prendere dal panico?

 

Era solamente un'innocua trappola. 

 

Il motivo di quest'ansia era ingiustificato.

 

Eppure, più avvertivo gli indagatori di Bianca, più il mio sangue freddo cominciava ad abbandonarmi le vene.

 

Da fuori apparivo impassibile, senza alcuna tensione, armato di una sicurezza che non mi apparteneva, che non mi era mai appartenuta.

 

Dentro emozioni contrastanti mi stavano logorando.

 

I tuoi genitori sarebbero già fuori di qui

 

Avrebbero già conquistato la bandiera

 

Al contrario di te

 

Riesci mai a fare qualcosa di buono?

 

Percy Jackson si dovrebbe vergognare di averti come figlio

 

Perché non riuscivo a farmi venire un'idea? 

 

Dovevo trovare una soluzione, dovevo riflettere.

 

Provare a chiamare aiuto sarebbe stato inutile, tutti gli altri si trovavano nella radura a combattere, eravamo troppo lontani perché qualcuno ci sentisse.

 

Quali altre opzioni c'erano?

 

Nessuna.

 

Nessun appoggio, nessuna speranza di uscire da quella buca.

 

Tutti mi credevano all'altezza della situazione, e non lo ero. Tutti mi credevano capace di risolvere qualsiasi rompicapo, e non lo ero. 

 

Non ero niente, il Logan che loro vedevano non era altro che un'illusione.

 

...un'illusione...

 

In uno scatto, appoggiai la mano sulla parete di terra, tastandola con i polpastrelli.

 

La mia supposizione si rivelò giusta.

 

Iniziai a battere il pugno sulla parete di terra, sempre più forte.

 

Bianca mi guardava stralunata, si avvicinò allarmata.

 

- Cosa stai facendo? Ti sei ufficialmente bevuto il cervello sapientino, vuoi farci ammazzare? Qua crolla tutto!

 

- Ma non capisci?

 

Le sorrisi. Sembrai veramente un pazzo. Polvere e detriti iniziarono a caderci addosso.

 

- Questa buca non è reale! Noi siamo ancora fuori, nel punto in cui eravamo prima! È un'illusione creata dai legati di Ecate, hanno controllato la foschia, tutto questo accade solo nella nostra mente!

 

Ma Bianca continuava a scuotere la testa dubbiosa, osservandomi preoccupata.

 

Il terreno friabile stava collassando su sé stesso, soffocandoci.

 

- Non è possibile! ...è tutto così reale! Non può essere un'illusione!

 

Disse, cercando invano di fermarmi.

 

- Ti fidi di me?

 

Le chiesi improvvisamente, vedendola per la prima volta smarrita.

 

Ormai niente avrebbe potuto impedire alla buca di crollarci addosso.

 

Bianca mi guardò, uno dei suoi sguardi indecifrabili, di quelli che riescono a vedere l'anima nuda nascosta dentro di te. 

 

Mi vidi riflesso in quegli occhi neri, scuri, profondi come un abisso. Due buchi neri senza via di uscita: ti risucchiavano dentro di loro per portarti verso rotte misteriose e ignote, che dovevano ancora essere scoperte. 

 

Bianca aveva un mondo dentro di sé, un mondo inesplorato, che aspettava solamente qualcuno che ci mettesse piede.

 

Non mi rispose mai.

 

Sentii solamente la sua mano afferrare con forza la mia, mentre venivamo sommersi da strati di umido terriccio.

 

 

 

 

 

Quando riaprimmo gli occhi, le splendide e numerose stelle del firmamento ci inondarono di luce, avvolgendoci in un'insolita e inspiegabile sensazione di tepore.

 

Eravamo distesi al suolo coperto di fresca erba.

 

- Siamo fuori!

 

Esclamo Bianca, facendosi scappare un raro e puro sorriso sulle labbra, mentre continuava a fissare il cielo meravigliata.

 

Il vento notturno le scompigliava piacevolmente i capelli scuri, confusi nel paesaggio illuminato solo dal chiarore del cielo.

 

Mi alzai in piedi, riempiendomi i polmoni di quella stessa brezza fresca.

 

Solamente le urla di sottofondo provenienti dalla radura ci riuscirono a svegliarci da quel sogno ad occhi aperti, spingendoci a riprendere il cammino verso il resto del nostro schieramento.

 

- Io non riesco proprio a capirti...

 

Disse Bianca, senza nemmeno guardarmi, continuando ad avanzare nella boscaglia, sempre più diradata man mano che ci avvicinavamo alla Torre.

 

Mi voltai verso di lei, tentando di scorgere il suo volto, sorpreso che mi avesse rivolto la parola di sua spontanea volontà, senza insultarmi.

 

- Cosa vorresti dire?

 

La voce di Bianca era vagamente divertita.

 

- E me lo chiedi anche? Prima ti comporti in modo impulsivo, buttandoti anche su due legati senza pensarci due volte, l'attimo dopo ti affidi alla ragione, ai tuoi pensieri calmi e oggettivi, per risolvere la situazione. Ora dimmi tu se il tuo cervello ragiona in modo normale: sei caduto da qualche parte da piccolo per caso?

 

Non potei trattenermi nel lasciarmi andare in una risata liberatoria.

 

- Si, sei decisamente caduto. E anche da un luogo alto

 

La vidi trattenere a stento un sorriso, subito nascosto nella sua espressione indifferente e senza emozioni, coperta da un sottile velo di malinconia.

 

- Non è la prima volta che qualcuno me lo fa notare. Carson me lo ripeterà almeno mille volte al giorno

 

Dissi, riacquistando la calma, rilassato, in simbiosi con quella tiepida notte estiva.

 

- Amo definirmi un ossimoro vivente...e prima che tu mi chieda che cos'è, perché so che stavi aprendo la bocca per dirmelo, un ossimoro, dal greco ξύμωρον, è una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini di significato opposto, non a caso la stessa parola ossimoro è un ossimoro, infatti significa letteralmente genio pazzo...

 

- Ti ricordo che non siamo a scuola, quindi finiscila con la tua noiosa spiegazione

 

Bianca sbuffò, ruotando gli occhi verso il magnifico cielo stellato.

 

"Siamo tutti nel fango, ma alcuni di noi guardano verso le stelle"

 

- Oscar Wilde

 

In quel momento non trovai altre parole per descriverla meglio.

 

- Sono sulla lingua di un precipizio: da una parte c'è la sicura terra ferma, dall'altra un profondo burrone inesplorato. Io non so da quale parte andare

 

Dissi, alzando anche io lo sguardo; mi persi in mezzo a quelle mille costellazioni.

 

Siamo così piccoli e insignificanti davanti a tutta quella vastità, a quell'infinito che è il cosmo, in continua espansione, in continua palpitazione, in continua vita.

 

- Non sarebbe più facile voltarsi e tornare sulla terra sicura?

 

- Questo è ciò che la testa direbbe di fare, ma il cuore non vuole rinunciare a quell'attimo, a quel brivido di emozioni che proverebbe una volta lanciatosi nel vuoto. Quei pochi secondi basterebbero per annullare tutto, per rendere futile la tua stessa esistenza. Ma nemmeno questo basta per convincerti a buttarti, sei trattenuto dal pensiero di non sapere che cosa ti attenda là in fondo, perché l'ignoto è da sempre stata la più grande paura dell'uomo. Potresti ritrovarti avvolto nel piacere più assoluto, o nelle calde fiamme dell'inferno. Tu allora rimani lì, fermo sul confine, interrogandoti sulla scelta giusta da prendere. Non sai se lanciandoti le cose peggiorerebbero o migliorerebbero, se stai perdendo qualcosa che è proprio a un passo di distanza da te. Sei in equilibrio precario, su un cornicione, cullato dall'ebrezza di trovarti a pochi centimetri sia dal vuoto che dal solido suolo, decidendo di non compiere nessuna scelta, sperando infondo all'anima che qualcun altro ti spinga giù verso l'oblio, o ti conduca verso la salvezza. Come diceva Foscolo "Do lode alla ragion, ma corro ove al cuor piace"

 

Non dicemmo più nulla.

 

Eravamo finalmente arrivati alla radura, uno spiazzo erboso, pianeggiante privo di alberi, ma ricco di arbusti.

 

Al centro troneggiava un'imponente torre ben articolata, in mattone, con in cima una vistosa e grande bandiera scarlatta.

 

Intorno a noi era il caos. 

 

Legati che correvano in ogni dove, che si scontravano fra loro con lunghe spade, battaglie adornate di scintille metalliche, ragazzi che assaltavano la torre, fermati da altri pronti a proteggere l'edificio.

 

Tutti spinti dal desiderio di vittoria, di prendere o proteggere la bandiera, da quella carica di adrenalina che si avvertiva nell'aria, madre di impetuose tempeste di emozioni.

 

Vidi di sfuggita Carson e il suo piccolo compagno, Ethan, nei pressi del portone della torre, già sfondato.

 

Orde di ragazzi vi si riversavano dentro nel tentativo di afferrare la bandiera posta all'ultimo piano.

 

Ed ecco uno di quei momenti in cui mi sarei buttato nel burrone ad occhi chiusi. 

 

Contagiato dal frastuono, dalle grida cariche di entusiasmo, di rabbia, di euforia, di dolore, mi lanciai nella mischia, afferrando d'istinto il braccio di Bianca trascinandola con me, senza rendermene conto.

 

Riuscimmo a penetrare nella torre.

 

Ma non entrammo dal portone come tutti gli altri.

 

Non avrei seguito l'esempio di tutti gli altri, avrei combinato l'ingegno alla mia intraprendenza.

 

Deciso di arrampicarmi sul lato posteriore della torre, quello più sfollato.

 

Stranamente, Bianca non ebbe nulla da ridire. 

 

Appresi che le uniche emozioni che la ragazza lasciava filtrare all'esterno non erano due, bensì tre: indifferenza, rabbia e... alla terza non riuscivo a dare un nome, era un composto di audacia, euforia, coraggio, impazienza, determinazione e sfrontatezza. 

 

Se qualcuno l'avesse spogliata di tutto il dolore, le insicurezze, la solitudine e le paure nascoste, quell'unica emozione avrebbe potuto descrivere appieno il suo carattere 

 

Quando la parte calma e riflessiva di me stesso, si fondeva con quella contraria, totalmente irrazionale e istintiva, quel che ne nasceva era una meravigliosa e distruttiva supernova.

 

Riuscimmo a scivolare nella finestra del primo piano della torre. 

 

La maggior parte dello schieramento di difesa si trovava bloccato vicino al portone, dove la loro prima linea era andata distrutta.

 

Io e Bianca sguainammo le spade, e ci facemmo largo fra la confusione, puntando dritti verso le scale.

 

Sempre più legati appartenenti ad entrambe le due fazioni rivali, ci venivano addosso, cercando di fermare la nostra avanzata, non riuscendoci.

 

Bianca era così veloce e agile da riuscire ad evitare anche i colpi più esperti.

 

Io puntavo sulla forza bruta, ma pur sempre precisa e calcolata.

 

Cercammo di ridurre al minimo l'uso dei nostri poteri: la legata di Ade era infatti ancora inesperta nel controllo delle sue abilità, avrebbe rischiato di far crollare l'intera torre.

 

Senza nemmeno accorgercene, ci ritrovammo all'ultimo piano. La prossima scala ci avrebbe portato sul tetto, dove si ergeva sventolante la bandiera bordò con il bianco stemma di Camp Legacy: un pegaso e una corona d'alloro.

 

Avrebbe dovuto essere il punto più protetto dallo schieramento difensivo, copioso di guerrieri armati fino ai denti.

 

Eppure davanti a noi c'era solo una stanza vuota, silenziosa, stranamente calma.

 

Io e Bianca eravamo le uniche persone in cima alla Torre, con la strada verso la vittoria spianata davanti a noi.

 

Non era possibile.

 

Quale strategia avevano adottato?

 

Anche Bianca doveva pensarla come me, continuava a guardarsi attorno sospettosa.

 

Sembrava che il tempo si fosse fermato.

 

Non sentii nemmeno partire la saettante freccia dorata, che quasi mi trapasso la gamba.

 

Mi accasciai improvvisamente a terra, colto da un dolore lancinante al polpaccio scoperto e ora pieno di sangue.

 

- Logan!

 

Gridò Bianca, voltandosi, armata della sua spada color pece, presa alla sprovvista.

 

- Dimmi chi sei? Fatti avanti!

 

Si muoveva frenetica verso qualunque rumore e ombra sospetti.

 

- Vorresti dire, chi siamo

 

Dal nulla, silenziosi come erano arrivati, due legati fecero la loro comparsa.

 

Un ragazzo e una ragazza, entrambi biondi, lisce e morbide ciocche colorate dal sole, il caldo cielo di mezzogiorno abitava nei loro occhi. Entrambi tendevano due splendenti archi, uno del colore dell'oro, e l'altro dell'avorio.

 

I fratelli Solace.

 

I due migliori arcieri del campo.

 

Jacob sorrideva trionfante e sicuro, mentre aveva già incoccato un'altra freccia, puntata dritta verso di me. 

 

Accanto a lui, Paige, a sua volta, tendeva il suo arco scintillante verso Bianca.

 

La legata di Ade strinse i denti, non c'era niente che potesse fare, bloccata dalla corda con me fuori gioco a terra, era da sola contro due abili combattenti, che avrebbero potuto colpirla in qualsiasi momento. 

 

Neanche la sua agilità innata, avrebbe potuto aiutarla contro le frecce magiche dei Solace.

 

Era questione di attimi, da lì a poco, l'elegante freccia bianca di Paige sarebbe andata a segno, già tesa in direzione della figlia di Nico Di Angelo.

 

Ma c'era qualcosa che non quadrava.

 

I due legati del Sole sembravano aspettare che accadesse qualcosa, o meglio Jacob sembrava aspettare che accadesse qualcosa, continuava a guardare nervoso e perplesso la sorella al suo fianco, immobile, paralizzata.

 

Mi sorpresi di vedere per la prima volta le mani di Paige tremare, mentre incoccava il suo fedele arco. 

 

Gli occhi azzurro chiaro guardavano fissi il suo bersaglio: Bianca, esitanti, pieni di insicurezza, tensione, smarrimento.

 

Nonostante il suo arco fosse già ben teso, la freccia d'avorio caricata, Paige non scoccò mai quel colpo.

 

Prima che lei si potesse decidere ad agire, un'altra freccia dai risvolti dorati si conficcò senza sforzo nel fianco di Bianca, ferma nel tentativo di prevedere i comportamenti strani e inspiegabili di Paige.

 

Anche la legata di Ade alla fine si accasciò a terra, sotto lo sguardo confuso di Jacob Solace, che rivolgeva ora a Bianca ora a Paige.

 

La sorella sembrava sul punto di dire qualcosa, ma le parole non le uscivano di bocca, sembrava mortificata, scossa, non riuscivo a capire perché.

 

Una fitta improvvisa e lancinante mi fece scoppiare la testa.

 

Iniziai a sentirmi stanco, pesante, le palpebre lottavano per chiudersi. Il mio respiro si fece affannoso, desiderante di ossigeno, così come quello di Bianca vicino a me, anche a lei cominciavano a mancare le forze.

 

- Cosa... cosa avete messo in quelle frecce?

 

Dissi, cercando con difficoltà di rimanere cosciente, mentre la vista iniziava a farsi sempre più sfuocata.

 

Jacob, già avviato verso le scale che lo avrebbero portato dritto alla bandiera, mi rispose con un sorriso sghembo.

 

Il suo volto non celava alcun sentimento negativo o di superiorità. 

 

Era raro trovare un ragazzo come lui, infatti, nonostante il carattere apparentemente competitivo e narcisista, era spinto solamente da nobili ideali, perfetto in ogni cosa che faceva.

 

- Niente di cui preoccuparsi Jackson, tu e la tua amica vi farete solo un bel sonnellino. Ci vediamo domani mattina, quando osserverete la bandiera del campo sventolare davanti le cabine degli Halfhuman

 

Detto questo sparì su per il tetto, seguito a breve dalla sorella minore, dall'aria cupa e con lo sguardo basso.

 

Diedi un'ultima e veloce occhiata a Bianca, stesa immobile al mio fianco, non riuscivo più a sentire il suo respiro, provai ad allungare una mano esitante verso di lei, invano.

 

Precipitai nel buio assoluto ancor prima di essermene accorto, non trovando più la voce, non sentendo più il mio stesso corpo.

 

Udii solo il suono grave di un corno da caccia, seguito dal nulla.

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Capitolo 10
*** The Apollo's gift ***


 

Carson

 

Non mi sarei mai aspettato nulla di tutto ciò.

 

Nessuno di noi lo avrebbe immaginato.

 

Eppure, quella sera ero andato a dormire tranquillo, senza nessuna preoccupazione, nessun sospetto.

 

Subito dopo la fine dei Laudi di Guerra, andai a trovare Logan e Bianca in infermeria. Ormai si era diffusa nel campo la notizia che due legati, dello schieramento dei Pureblood, erano stati colpiti dalle frecce magiche appartenenti ai fratelli Solace a pochi passi dalla conquista della bandiera.

 

Non ebbi nessun dubbio riguardo l'identità dei due ragazzi.

 

Proprio dieci minuti prima incrociai Paige, vicino al grande falò acceso per festeggiare la fine dei Giochi. Era strana, abbattuta, non sorrideva, seguiva in silenzio suo fratello maggiore mentre cercava di districarsi nella folla sempre più soffocante. Anche Jacob sembrava di pessimo umore, il che era una novità, visto che eravamo tutti abituati a vederlo sempre con un sorriso smagliante stampato in faccia. Pensai inizialmente che fossero entrambi delusi dai risultati dei Laudi, ma Paige non se la sarebbe mai presa così tanto solo per una sconfitta, di solito era lei la prima a lamentarsi che ormai le persone pensassero solo a trionfare, a essere le migliori, ignorando altre cose veramente importanti. Avrei voluto fermarmi parlarle, ma non ebbi nemmeno finito di formulare questo pensiero, che lei era già sparita, inghiottita dalla marea di legati che si accalcava freneticamente intorno al fuoco, correndo per assicurarsi i posti migliori.

 

Anche l'infermeria in quanto confusione non era da meno, piena di ragazzi che andavano avanti e indietro, letteralmente sommersi da pacchi di bende, ambrosia e varie erbe medicinali.

 

Lì trovai così: stanchi, stremati, stesi su due lettini dalle lenzuola bianche, sia Logan che Bianca erano incredibilmente svegli, anche se piegati in due da un mal di testa infernale.

 

- Quei... maledetti...

 

Continuava a sibilare Bianca fra i denti, mentre cercava invano di calmare il dolore stringendo gli occhi sempre di più. Notai che aveva una vistosa benda tinta di rosso stretta sul braccio.

 

Logan non sembrava stare meglio, visto che provava a fermare qualunque legato di Apollo che gli passasse davanti, supplicandolo per avere dell'altra ambrosia, ovviamente non concessa, dopo essersene ingoiato un intero cubetto tutto in un morso.

 

Fortunatamente per loro, i Solace questa volta non avevano caricato troppo le frecce con il veleno, visto che noi al campo avevamo ormai perso il conto di tutti i ragazzi che erano stati fermi, stesi, a dormire per giorni, per colpa di una sola delle loro frecce soporifere.

 

Logan e Bianca avevano la faccia pallida, frastornata, di chi ha solo voglia di dimenticare tutto; quella era un po' l'atmosfera che si respirava nell'infermeria, struttura ormai diventata troppo piccola, un'aria desolata, abbattuta, mentre fuori di lì, quasi tutti gli altri legati di Camp Legacy, si stavano divertendo come matti, ballando e abbuffandosi a più non posso.

 

Logan una volta aveva scritto un sondaggio sulle persone che erano rimaste sobrie la notte dopo i Giochi: il 78% del campo aveva bevuto almeno un bicchiere. Il restante 22% comprendeva quelli che non avevano bevuto, o meglio quelli che erano stati costretti a non alzare il gomito, cioè quelli rinchiusi in infermeria.

 

Il legato di Poseidone storse la bocca infastidito, mentre l'ennesimo disumano grido arrivava dal centro del campo, dove l'enorme fuoco di bivacco entrava ora nel vivo, animando il silenzioso bosco che circondava tutto il resto.

 

- Per favore, ditemi che non continueranno a lungo, non li sopporto più... giuro che domani mattina mi presento davanti alle cabine degli Halfhuman e faccio a pezzi quella dannata bandiera dei Giochi, insieme a tutti loro!

 

Disse, mettendo il broncio, cercando di resistere all'impulso di lanciare il cuscino fuori dalla finestra, magari proprio in mezzo alle fiamme.

 

Sgranai gli occhi, sorpreso dalla sua affermazione. Ma allora loro non sapevano proprio nulla...

 

- Mi dispiace amico, ma credo che non dovrai spingerti così lontano per distruggere la bandiera dei Laudi, anzi sono sicuro che una volta saputo dove effettivamente si trovi, dubito che vorrai ancora cercare di strapparla

 

Gli risposi, sfoggiando un sorrisetto enigmatico, scatenando la curiosità di entrambi i legati stesi di fronte a me. Infatti sia Logan che Bianca mi guardarono confusi e ignari di tutto ciò che era successo quando loro erano ancora fra le braccia di Morfeo.

 

- Non sono stati gli Halfhuman a vincere i Giochi

 

Rivelai ai due, peggiorando ulteriormente il loro stato di post risveglio coma.

 

Mi guardarono ancora più confusi e sbigottiti di prima, a bocca spalancata.

 

Bianca scosse la testa, drizzandosi di scatto seduta sulla branda, visibilmente in disappunto.

 

- Ma, no, aspetta un attimo, cosa? Noi eravamo lì! Abbiamo visto Jacob e Paige dirigersi verso la bandiera, poi subito dopo, il corno che segnava la fine dei giochi ha suonato. Erano là, come è possibile che...

 

- E invece è possibilissimo

 

Mi tolse le parole di bocca.

 

 La voce che aveva parlato, apparteneva a una ragazza dai capelli rosso rame, armata fino ai denti, appena entrata in infermeria. 

 

Ma non era sola, al suo fianco c'era un ragazzo satiro, dall'aspetto più grande di noi, che faceva risuonare gli zoccoli caprini sul pavimento piastrellato. 

 

I due erano ancora legati insieme dalla corda, usata meno di un'ora prima per giocare.

 

Lacey Rodriguez e Chuck Hedge erano davanti a noi, stringendo nella mano un vistoso pezzo di stoffa bordò, decorato da figure color bianco niveo, che mostravano al pubblico con orgoglio.

 

Risi di gusto, quando Logan per poco non balzò in piedi sul letto, incredulo, boccheggiante, mentre le parole non accennavano ad uscirgli di bocca.

 

Bianca non ebbe una reazione da meno, sempre però celata dietro un'espressione di distacco, di esteriorità, che non lasciava filtrare nessun sentimento definito umano.

 

Lacey buttò addosso ai due legati ancora storditi la bandiera del campo, la stessa che poco tempo prima era attaccata sventolante in cima la torretta, al centro della radura.

 

- Si Jackson, non c'è bisogno di fare tutte quelle scene: il nostro nobile schieramento, quello dei Pureblood, ha "nuovamente" vinto i Laudi di Guerra, per il terzo anno consecutivo. Avevi per caso dubbi a riguardo?

 

Esclamò fiera la discendente di Ares, con gli occhi nocciola avvolti dalle fiamme, mentre Chuck, accanto, annuiva fiero, battendole senza esitare il cinque, come se fosse il gesto più naturale del mondo.

 

Logan continuava a guardare ora Lacey, ora la bandiera che stringeva fra le proprie mani, non riuscendo ancora a realizzare l'effettivo peso che avevano quelle semplici parole.

 

Poi alzò gli occhi al cielo.

 

- Ah perfetto, sto ancora dormendo, sono ancora sotto l'effetto del sonnifero, qualcuno mi svegli, per Zeus!

 

Disse, emettendo un rantolio sommesso, prima di essere violentemente sbattuto a terra da Bianca, che lo aveva spinto improvvisamente, facendolo cadere dal lettino.

 

- ... Bianca nel caso non lo avessi capito il mio era solamente un modo di dire!

 

Urlò contro la legata di Ade, alzandosi e massaggiandosi la schiena dolente. Bianca però non sembrava pentita del suo gesto, anzi aveva addosso un ghigno che il solo definire sadico sarebbe stato ben poco.

 

Logan, lasciando perdere l'istinto omicida della ragazza al suo fianco, guardò insistentemente Lacey, una delle principali Capo Cabine dei Pureblood, chiedendo silenziosamente spiegazioni per quella situazione di cui ormai non stava capendo più nulla.

 

- Avete trovato forse un modo per farvi crescere le ali? Perché nel caso non sia così, mi sembra impossibile riuscire a soffiare da sotto al naso la bandiera a Jacob Solace

 

Chiese il discendente di Atena e Poseidone sarcastico alla legata di Ares, incrociando le braccia sul petto.

 

- Zitto e ascolta!

 

Rispose acida Lacey, riprendendo la bandiera fra le proprie mani, passandola poi a Chuck, che intanto aveva preso a sgranocchiare avidamente una lattina.

 

-Sorprendentemente se non fosse stato per te Logan e per la tua amica, non ce l'avremmo mai fatta a vincere, finalmente una volta che fai qualcosa come si deve

 

Riprese la rossa, beccandosi di rimando un'oscura occhiataccia da parte del diretto interessato. 

 

Pensai che probabilmente Bianca e Lacey sarebbero andate meravigliosamente d'accordo, avevano molte cose in comune: lo stesso carattere focoso e irascibile, la stessa passione per i coltelli, la stessa imprudenza e istintività con le quali affrontavano tutte le situazioni... e l'odio innato per Logan Jackson. 

 

Anche se per la verità, quello di Lacey non era un vero e proprio odio, lei era semplicemente fatta così, era il suo modo per esprimere l'affetto che provava per le persone, Logan ormai ci aveva fatto l'abitudine. In fondo loro due erano gli unici Capi Cabine del loro schieramento, dovevano lavorare molto insieme, il che voleva dire sentirli litigare ogni santo giorno. Ma in fondo si volevano bene, in fondo. Bianca invece sembrava proprio detestare il legato di Atena con tutta sé stessa, senza alcun motivo apparente, per giunta.

 

Dopo aver preso un bel respiro, Lacey continuò il suo racconto.

 

- Comunque mentre i gemellini del Sole erano impegnati a giocare a fare gli arcieri e a farvi sprofondare entrambi nel mondo dei sogni, io e la capra qui al mio fianco siamo sgattaiolati dietro di voi, riusciti a salire sul tetto della torre e prendere la bandiera del campo. Insomma, siete stati davvero delle belle esche, ottimo diver-

 

Chuck, da dietro, le chiuse la bocca con una mano prima che la ragazza potesse dire altro. Bloccata dalle grandi braccia del satiro, nessuna delle sue armi legate in vita avrebbero potuto aiutarla a liberarsi, poteva solamente cercare di dimenarsi fin quanto ne fosse stata capace.

 

- Innanzitutto i Solace non sono gemelli, anzi hanno anche un sacco di anni di differenza, mia cara rossa... Scusatela, è troppo orgogliosa per ringraziarvi Logan e Bianca, ma davvero il vostro è stato un intervento fondamentale, ve la siete cavati molto bene, siete arrivati fin lassù infondo. Non so con quale miracolo non ci abbiano visto passare dietro di loro, ma quando ormai Jacob si era accorto della nostra presenza era troppo tardi, avevo già afferrato la bandiera

 

- Toglimi quegli sporchi zoccoli di dosso capra!!

 

Lacey si liberò proprio in quel momento, approfittando della momentanea distrazione di Chuck, il quale cercò di strangolare subito dopo.

 

Credo che nessuno al campo sarebbe stato capace di pensare a Lacey e a Chuck come due persone distinte, loro erano una cosa sola, un corpo e una mente. Alcuni pensavano che sotto il loro rapporto, ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia. Anche io avevo dei seri dubbi a riguardo. Ma di una cosa ne ero sicuro: di qualunque tipo di relazione si trattasse, loro due avevano un legame senza precedenti. Erano molti coloro che li invidiavano, tutti noi infondo desideriamo una persona speciale, che non ci abbandoni mai, che ci guardi per quello che siamo veramente tralasciando le apparenze, qualcuno su cui fare affidamento sempre, qualcuno con cui sfogarsi quando le cose sembrano andare solo per il verso sbagliato, qualcuno per cui valga la pena vivere. 

 

Mentre pensavo, la mia mente era invasa da una sola immagine: quella di due occhioni celesti, simili a due limpidi specchi di cielo, infiniti, puri, un viso dolce, sereno, che sembrava appartenere a un angelo dalla chioma tessuta, intrecciata da migliaia di fili dorati.

 

Paige.

 

Chissà dove si trovasse in quel momento, sperai insieme a suo fratello e che non si fosse isolata come ormai accadeva sempre più spesso. Paige non meritava di sentirsi così, non meritava di avere quei dannati sogni, premonizioni o qualunque cosa fossero, che la stavano logorando lentamente dall'interno, se quello della profezia era un dono, perché io continuavo a vederlo come la peggiore fra le maledizioni?

 

Mi costrinsi a convincermi che stesse bene.

 

Il mio sguardo poi cadde su Bianca, che guardava spenta, fredda Lacey e Chuck, che stavano ancora scherzando e ridendo insieme. Forse era questo il motivo per cui provavo una grande pena per lei. Le difficoltà sono già difficili da affrontare quando sei circondato da persone che ti supportano, non oso immaginare come sia invece camminare contro la tempesta senza nessuno che ti tenga per mano, che ti ricordi il motivo per cui devi continuare a fare un passo dopo l'altro nonostante il vento che soffia su di te sempre più violento.

 

E capivo lo sguardo che la legata di Ade lanciava ai due migliori amici sorridenti, uno sguardo pieno di desiderio, di solitudine, di rabbia, di tristezza, mentre realizzava dentro di sé, che lei non avrebbe mai avuto nessuno accanto, che il tempo non sarebbe potuto tornare indietro, che aveva perso ormai troppe cose, momenti che non sarebbero più tornati.

 

Avrei fatto di tutto per farle cambiare idea, per farle riacquistare la speranza perduta già in partenza, le avrei dimostrato che c'è sempre un inizio, siamo noi quelli che dobbiamo decidere quando partire.

 

La serata passò un po'così, tra il ridere, scherzare e attente riflessioni tenute per me. Fu piacevole dopo tutto, Logan sembrava aver ritrovato il buon umore e il mal di testa era sparito. Sorprendentemente anche Bianca mi sembrò quanto meno serena per i suoi standard, non sapevo per quale motivo, almeno non cercò di scappare via o rinchiudersi completamente nella sua dura corazza, partecipò perfino a delle conversazioni pacifiche, senza uccidere Logan.

 

Andai a dormire senza nemmeno darci importanza, un'azione meccanica che compievo tutti i giorni, pensando già a tutte le cose che avrei dovuto fare l'indomani. Logan e Bianca erano stati costretti a rimanere in infermeria, con grande disappunto del mio migliore amico, che lasciai steso brontolante su un lettino circondato da persone malate, la presenza di Bianca di certo non aiutava. 

 

Non avevo idea che quella sarebbe stata l'ultima notte che avrei passato a Camp Legacy da lì a quelle che divennero poi settimane.

 

Quella mattina mi alzai come nulla fosse, deciso che sarei andato a cercare Paige e farle vuotare il sacco su quello che era successo la sera prima. Mi vestii, cercando di non svegliare alcuni dei miei compagni di cabina che dormivano ancora, poi uscii, portando con me solo l'arma ereditata da mio padre, che in quel momento aveva l'aspetto di una semplice moneta d'oro. 

 

Non feci neppure colazione, mi diressi subito nella parte del campo dove erano situate le cabine degli Halfhuman, dove aleggiava ancora la delusione di aver perso, per il terzo anno di fila, i Laudi di Guerra ad un passo dalla vittoria.

 

Quella era veramente una bellissima giornata, il cielo limpido e privo di nuvole, in cui soffiava solamente una leggera brezza, piacevole al tatto. Tuttavia, non c'erano molti legati in giro a godersela, anzi probabilmente più di metà del campo quel giorno non avrebbe messo piede fuori dalla porta, costretti a letto dai postumi della sbornia di ieri notte. I novizi erano quelli più colpiti, coloro che avevano bevuto solo per sentirsi più grandi di quello che realmente fossero. Più tardi magari sarei andato a controllare Ethan, il ragazzino di Ermes con cui avevo fatto coppia nei Laudi, per assicurarmi che non stesse anche lui piegato in due a vomitare nella tazza del bagno.

 

Stavo per bussare alla porta della cabina di Paige, quando un giovane dai capelli color oro arruffati e gli occhi azzurri, stanchi, con tanto di borse assonnate, uscì quasi venendomi addosso senza vedermi.

 

- Jacob? Ma come ti sei ridotto?

 

Dissi, riconoscendo solo in quel momento il familiare volto del Capo Cabina degli Halfblood. Questo mi fece a malapena un cenno forzato con la mano, prima di trascinarsi sbadigliando verso una panchina bianca nella veranda comune del suo schieramento.

 

Doveva aver bevuto parecchio l'altra notte per ridursi in quello stato, eppure non era da lui, Jacob era un ragazzo molto responsabile, non si sarebbe mai lasciato andare troppo, nemmeno durante la festa dei Laudi. Paige, inoltre, mi aveva detto che suo fratello di solito reggeva bene l'alcool. Di solito.

 

Mi sedei vicino al legato di Apollo, che ora si stava tenendo la testa fra le mani, scuotendola debolmente. Aveva un'aria stremata, e continuava a mormorare parole su parole a fior di labbra, di cui non riuscivo neanche lontanamente a percepire il significato.

 

- Non è stato l'alcool a ridurmi in questo stato, se è questo che pensi

 

Disse fievolmente Jacob alzando il volto verso di me, guardandomi dritto negli occhi e cercando di mostrare un sorriso amaro, non poco fuori posto in tutto quell' insolito frangente. 

 

- È stato più il motivo che mi ha portato a bere qualche bicchiere di troppo ieri notte a farlo

 

Continuò, lasciando cadere il sorriso. 

 

Mi dispiaceva vederlo in quel modo, così sconsolato e triste, nello sguardo azzurro cielo, che avevo sempre visto privo di fulmini o tempeste, ora si distinguevano chiaramente innumerevoli nubi cariche di pioggia. Non riuscivo a credere che stesse così male solamente per aver perso la bandiera dei Giochi, anche se in un modo veramente brutto; no, doveva esserci qualcosa sotto. 

 

Ma anche se ero più che curioso di scoprire il motivo del malessere di Jacob, l'unica domanda insistente che in quel momento mi invadeva la mente era solamente una.

 

Non riuscii a trattenermi.

 

-Dov'è tua sorella?

 

Chiesi come se le parole mi fossero uscite automaticamente dalla bocca, mentre le mani sfregavano nervosamente l'una contro l'altra. Mi venne in mente l'ultima immagine di Paige che avevo nella memoria, quella di una ragazza dagli occhi cupi, spenti, in cui si riflettevano le infinite sfumature di rosso del fuoco e gli spettri dei ragazzi che le giravano attorno come ignari della sua presenza. 

 

Dire che fossi profondamente preoccupato per lei era poco.

 

Jacob sospirò davanti a me, notai che il suo umore peggiorò visibilmente all'udire il nome della sorella, non prometteva nulla di buono. La sua voce era graffiata, esausta, colpevole, rivolta insieme al suo viso, in direzione del terreno.

 

- Non lo so. Ieri notte abbiamo litigato, non succedeva da anni, è stata una sensazione strana. Io... Volevo solamente cercare di capirla, cercare di aiutarla. Era da tempo ormai che Paige aveva un'aria sempre più strana, sempre più assente, come se stesse lentamente sbiadendo sotto la mia vista. Sapevo che mi stesse nascondendo qualcosa. Sono stato troppo duro con lei, me ne rendo conto, ma lo stavo facendo in buona fede, io volevo solo che si liberasse di quel peso che stava portando sulle spalle, desidero solo il meglio per lei. È scappata via, non ho potuto fare nulla, ho provato a seguirla, ma era buio, l'ho persa di vista mentre si addentrava nella foresta. Non riuscendo a trovarla, mi sono buttato sul bancone degli alcolici per la frustrazione. Sperai che si sarebbe fatta viva prima o poi, ma invece ieri notte non è rientrata nella cabina. Non sono nelle condizioni adatte per andarla a cercare, a malapena riesco a reggermi in piedi. Ho paura. Se le fosse successo qualcosa di grave? Oddei, sarebbe tutta colpa mia, mi dispiace, sono un pessimo fratello maggiore

 

Si sfogò Jacob, annegando totalmente nel suo senso di colpa, guardandomi con una disperazione tale che mi fece capire ancor di più la forza unica e indistruttibile presente nel profondo legame che univa i fratelli Solace.

 

Io ero letteralmente sconvolto, quasi preso dal panico.

 

- N-non è tornata?

 

Dissi, rivolto più a me che a Jacob. E se Paige fosse stata attaccata da un mostro? Nessuno avrebbe sentito le sue urla con tutto quel frastuono che c'era ieri sera. Per di più era completamente sola, al freddo, nella foresta buia. Mi si strinse il cuore a quel pensiero.

 

Non riflettei nemmeno. Le gambe si mossero da sole.

 

- Grace! Aspetta! Carson!

 

Jacob continuava a chiamarmi esausto, spendendo le poche energie che era riuscito a racimolare in quel lasso di tempo. Non mi voltai nemmeno, continuai a correre spedito verso il bosco, addentrandomi sempre di più, fino a quando la voce del Capocabina non risultò che un eco lontano e impercettibile.

 

Non avevo idea di dove cercare, non avevo idea da dove partire, non avevo idea di come raggiungerla. Ma di una cosa ero certo: avrei trovato Paige ad ogni costo e l'avrei riportata al campo sana e salva.

 

Passò ben più di mezz'ora quando finalmente la vidi. 

 

Il mio cuore saltò un battito quando mi accorsi della sua figura minuta attraverso le fronde degli alberi. Corsi immediatamente da lei, gridando il suo nome a gran voce, non mi sarei affatto sorpreso se qualcuno al campo mi avesse sentito.

 

In quel momento ero il ritratto della felicità. Paige stava bene, era lucida, ero riuscita a trovarla. Mi illusi di poter tirare un sospiro di sollievo. 

 

Ma qualcosa non tornava.

 

Paige era a pochi metri da me, girata di spalle, in modo da lasciarmi vedere solamente la sua cascata di morbidi capelli lucenti, lunghi a malapena fino alle spalle. 

 

Ci trovavamo di fronte ad un ruscello e il suolo ghiaioso scricchiolava ad ogni passo sotto le mie scarpe, sporche di terra e fango dopo aver corso senza fermarmi per tutta la foresta attorno al campo.

 

Iniziai a sudare freddo, ordinando invano alle mie gambe di smettere di tremare. Eravamo avvolti nel più religioso silenzio, rotto solamente dal costante rumore del vento che ululava fra i rami e le foglie.

 

La chiamai di nuovo, una, due, tre volte... persi il conto.

 

La ragazza non rispondeva. Era immobile, fissa verso l'acqua limpida che scorreva e scintillava sotto il sole della mattina.

 

Era come se non fosse veramente lì. Era come se stessi avendo un miraggio, come se Paige non esistesse veramente.

 

Continuai ad avanzare. Non sapevo perché, ma più mi avvicinavo, più la mia velocità diminuiva drasticamente, nonostante la voglia di scorgere finalmente i suoi due occhi celesti come due zaffiri premesse sempre più sul mio petto, con l'intento di soffocarmi.

 

Arrivai a pochi centimetri da lei. Non riuscivo a muovermi, ero come paralizzato sul mio posto, terrorizzato. Mi sarebbe bastato allungare la mano per toccare la discendente di Apollo, per accarezzare una ciocca dei suoi capelli biondo sole. 

 

Eppure esitai.

 

Avevo paura che se l'avessi anche solo sfiorata, lei sarebbe volata via, trasportata dal vento, lontana da me dove io non l'avrei mai più potuta raggiungere.

 

Mi risvegliai di colpo da quell'inspiegabile stato di trans. Fu come se solo in quell'istante tutti i miei sensi si fossero risvegliati, come se avessi appena aperto gli occhi dopo un lungo sonno.

 

Di riflesso, afferrai immediatamente Paige per le spalle, girandola verso di me in modo di poterla scorgere in viso.

 

Lei ebbe una reazione simile a quella di una bambola di pezza, la sua pelle era fredda come un pezzo di ghiaccio. La ragazza aveva il volto pallido, delle profonde occhiaie al posto delle solite gote rosate, gli occhi erano un pugno dritto nello stomaco. Opachi, inanimati, spenti, l'azzurro del cielo che aveva incastonato nello sguardo era sbiadito, come un pezzo di carta sotto il sole cocente.

 

Paige mi cadde addosso, provai a scuoterla, a svegliarla, a riportarla indietro da me, ma lei continuava a non rispondere, continuava a non reagire.

 

Constatai che il suo respiro era sparito.

 

- Paige, rispondimi! Ti prego! Chi è stato a farti questo? Che cosa è successo?

 

Continuai a gridare, disperato, non ricevendo nessun tipo di reazione, nessun tipo di movimento che avrebbe potuto smentire l'assenza del suo polso. Avevo un cadavere stretto fra le braccia, il cadavere della mia migliore amica. 

 

Sentivo gli occhi bruciare, mentre ormai scuotevo il corpo esanime di Paige senza controllo, la gola continuava a chiedere incessantemente un ricambio d'aria, che entrava nei miei polmoni bruciando come quasi fosse lava.

 

Non riuscivo a pensare, non riuscivo a riflettere, il mio sangue freddo era svanito nel nulla. L'unica cosa che riuscii a fare fu quella di iniziare a correre verso il campo con Paige in braccio, verso l'Ufficio Maggiore, verso la speranza che quella non fosse altro che una gigantesca menzogna. E urlavo, gridavo, chiedevo aiuto, lo imploravo, tenendo sempre più stretta Paige al mio petto.

 

I ragazzi che mi vedevano passare, tagliare zigzagando fra le varie cabine, mi fissavano confusi, interdetti o anche preoccupati, molti facevano capolino da dietro una porta, spinti dalla curiosità di conoscere la provenienza di quella voce esausta, senza fiato, che tratteneva a stento dei sonori singhiozzi.

 

Arrivato davanti alla veranda rosso fuoco dell'Ufficio Maggiore, nemmeno bussai alla porta, chi lo avrebbe mai fatto in una situazione del genere? Mi catapultai dentro, venendo avvolto immediatamente dal calore dei corpi presenti nell'ampio salone dell'edificio, più numerosi di quelli che aspettavo.

 

Grover sbarrò gli occhi alla vista del corpo senza vita di Paige che reggevo fra le braccia, anche il satiro sembrava stesse letteralmente per soffocare come me. La mia pelle ambrata, ancor più scura nel periodo estivo dell'anno, contrastava con quella candida e pallida della ragazza.

 

Ma non eravamo soli. Intorno a noi il gruppo dei Sette, in completa armatura da battaglia, era sparpagliato per la grande sala d'ingresso e guardavano stralunati le due figure abbracciate apparse improvvisamente davanti ai loro occhi, ancora non rendendosi conto della gravità della situazione.

 

- Carson?!

 

Mi sorpresi di sentire la voce familiare di Logan in mezzo a tutti quegli adulti. Infatti il ragazzo dalla ribelle chioma color grano era seduto su una poltrona in fondo alla stanza, affiancato da una Bianca sconvolta. 

 

Il ragazzo discendente di Atena fece per alzarsi e venirmi in contro, quando la figura imponente di Percy Jackson con la sua potente spada legata alla vita lo precedette.

 

-Aiutatemi, vi prego, sta morendo!

 

Quasi urlai ancora ansimante, poggiando il corpo di Paige che tenevo fra le braccia sul pavimento di fronte a me.

 

Grover si butto immediatamente su di lei, riprendendosi dallo sconquasso, maneggiando già con diversi cubetti di ambrosia, tuttavia, con grande stupore generale, appena il satiro tentò di toccare il braccio della legata di Apollo venne improvvisamente respinto da un'invisibile forza che lo fece finire steso a terra a diversi metri da dove si trovava prima.

 

Sotto gli occhi increduli di tutti, Paige iniziò a sollevarsi dal suolo e il suo corpo venne avvolto da una singolare e misteriosa foschia luminosa, talmente magnetica da non riuscire a distogliere lo sguardo. Le sue iridi, prima di un opaco celeste senza vita, ora erano diventate così brillanti da sembrare bianche, così pure e calde da farci rimanere a bocca aperta.

 

Sembrava un angelo, ero meravigliato e al contempo lusingato di poter ammirare tale bellezza.

 

Paige era immobile, sospesa a mezz'aria, le sue labbra non si mossero neppure quando dalla luce che la circondava iniziò a sentirsi una voce incorporea, che sussurrava un susseguirsi continuo di parole sempre più distinte e definite.

 

Cielo e mare, tenebre e luce

 

Percorrono un sentiero che alla verità già li conduce

 

Le parche come sempre saranno avare

 

Mentre da molto vicino qualcuno continuerà a vegliare

 

Con la lama maledetta gli eroi si dovran ferire

 

E i legami ormai cancellati dovran ricomparire

 

Il passato muoverà i suoi passi verso colui che sta per tramontare

 

O il futuro vedrà solamente le stelle brillare

 

Troppo tardi quando egli si accorgerà dell'errore

 

Nessuno impedirà alla storia di ripetere il suo dolore

 

E se alla fine i segreti saran svelati

 

Non ci sarà più speranza di poter essere salvati

 

Il caos e l'oblio sorgeranno ancora

 

Chiudendo il cerchio dell'oracolo del destino

 

Tutti ascoltammo quei versi letteralmente sbigottiti mentre il bagliore proveniente dal corpo di Paige svanì così come era arrivato, lasciando lentamente adagiare la ragazza sul pavimento dove riprese a respirare tranquilla, in uno stato di sonno.

 

- È un oracolo... per questo ho percepito quella strana sensazione entrando al Campo, avrei dovuto aspettarmelo che si trattasse proprio della giovane ragazza di cui mi avevi parlato Grover

 

Mi accorsi solo allora della presenza nella stanza di una donna, che non avevo mai conosciuto fino a quel momento. Questa, ondeggiando i voluminosi capelli rosso fuoco, si fece strada fra i volti dei Sette, ancora attoniti e increduli, camminando verso la figura di Paige stesa a terra vicino a me, che riposava ignara di tutto ciò che fosse successo. La donna si sedette accanto a lei, posandole delicatamente una mano sulla fronte pallida. 

 

- Non preoccuparti, si rimetterà presto. È solo stremata dal peso della premonizione, sai richiede un grande dispendio di energie. Devo ammettere che non ho mai visto una legata con un dono della Profezia così già ben sviluppato...

 

Mi sorrise la rossa notando il mio umore inquieto, lasciandomi specchiare nelle sue iridi verde smeraldo tempestate di lentiggini sulle gote. 

 

Vidi mio padre Jason avvicinarsi, per poi raccogliere gentilmente il corpo di Paige e appoggiarlo sul divano vicino al caminetto. I suoi occhi assomigliavano ad un cielo in tempesta copioso di fulmini: la sua angoscia si poteva percepire da chilometri di distanza.

 

-  La storia è destinata a ripetersi... era solo questione di tempo. Credo che sia giunto il momento di raccontare tutta la verità ai ragazzi, non ha più senso continuare a tenere nascoste realtà di cui non si può più ignorare l'esistenza

 

Disse sospirando, impietrendomi con lo sguardo.

 

- Cosa vorresti dire? Cos'è che ci avete nascosto? Non ci sto capendo più nulla... E chi è questa donna dai capelli rossi che sembra di saperne il doppio di noi?... Perché nessuno mi risponde?!

 

- È tutto molto più complicato di quanto pensi Carson Grace

 

La donna misteriosa parlava lentamente scandendo le parole, seduta a braccia conserte su una poltrona.

 

- Mi chiamo Rachel Elizabeth Dare e, attualmente, solo l'ospite dell'Oracolo di Delphi, al Campo Mezzosangue. Se credi che tutto questo sia solo l'inizio ti sbagli di grosso, infatti tutto è cominciato già da diverso tempo: devi sapere che di nascosto dagli abitanti di Camp Legacy è da anni che la guerra infuria fuori dai vostri confini, è da anni che la Terza Grande Profezia si sta verificando. E non credo che nessuno possa contestare che, quello che oggi noi tutti abbiamo ascoltato, è proprio il punto di svolta che stavamo aspettando: l'annunciazione della profezia stessa

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Capitolo 11
*** The Destiny ***


 

Bianca

 

 

- Per farvi capire meglio, dovrò cominciare dal principio, tornando indietro di ben 16 anni. Tutto procedeva a meraviglia dalla fine della guerra contro Gea, i campi andavano finalmente di comune accordo e anche io, così come i vostri genitori, potei finalmente tirare un sospiro di sollievo. Niente più pericoli all'orizzonte, vite da salvare... era il momento perfetto per ricominciare a vivere la nostra normalità perduta, per andare avanti, porsi dei nuovi obbiettivi. Non è un caso che voi, Carson e Logan, siate nati proprio sotto questo periodo di serenità, per i primi tempi fummo felici e tranquilli, voi crescevate in salute, la costruzione di Camp Legacy continuava. Ci eravamo illusi. Ci eravamo tutti illusi che quel sogno sarebbe durato per sempre  

 

Rachel aveva in volto un sorriso amaro mentre raccontava, gli occhi verdi incollati al pavimento, cercando parole per descrivere quegli stessi ricordi che aveva tentato in tutti i modi di dimenticare.

 

- Fu allora che successe. Io ero lì, quando le difese del Campo Mezzosangue caddero. Ero lì e sapevo, sapevo che sarebbe successo qualcosa di brutto, lo sapevo grazie a Delphi. Eppure non ho fatto niente, troppo impegnata a godermi l'ennesima giornata di calma. Attaccarono in massa, orde di mostri e creature mai viste prima, terribilmente forti, le protezioni magiche non ressero. Solo sangue e decine di corpi, questo era quello che rimase dopo il loro passaggio. Coloro che videro quella strage possono dirsi fortunati di essere ancora in grado di parlarne. I mostri arrivarono anche al Campo Giove, ma fortunatamente Nuova Roma era già stata evacuata, la Legione fu l'unica a subire perdite. Da lì, non ci furono più singoli attacchi mirati ai campi, le minacce dei nostri nemici erano ora rivolte ai semidei sparsi per tutto il Paese che erano scappati via in preda alla paura. Furono perseguitati... e tutto ciò avviene tuttora. Sono ormai anni che i semidei sono in guerra contro queste strane creature sconosciute, potremmo definirle come delle chimere di mostri tradizionali, molto più forti di questi ultimi. Eppure, i nostri bambini erano ancora piccoli, non erano ancora pronti a tutto il caos e gli scontri che avvenivano fuori dalle non più sicure mura domestiche. Non avete notato che la popolazione di Camp Legacy è tutta al di sotto dei venti anni di età? Avremmo tenuto i nostri figli lontano dal pericolo, nessuno voleva fargli provare lo stesso sapore della guerra che avevamo provato noi da ragazzi. Questa è sempre stata la vera funzione di Camp Legacy. Il campo per i legati è un piccolo angolo di paradiso in mezzo all'inferno, dove tutti vivono tranquilli e ignari di ciò che realmente accade. Al tempo non sapevamo ancora da dove provenissero quei mostri, né quale fosse il motivo che li avesse spinti ad attaccare i campi. Ogni giorno, squadre di semidei Greci e Romani si lanciano contro i nemici all'orizzonte, che continuano a seminare terrore nelle più disparate zone del Paese, senza seguire uno schema preciso, spesso prendendo di mira anche le città più affollate. Camp Legacy è costantemente protetto e circondato dalle truppe Romane e, come avrete sicuramente potuto constatare, i permessi per uscire dal campo sono concessi solo in casi particolari, anche qualsiasi tipo di impresa è vietata; tutto onde evitare che la verità su questo disastro trapeli al suo interno scatenando il panico. Ci dispiace avervi tenuto all'oscuro di tutto ciò, ma credetemi l'abbiamo fatto solamente per il vostro bene. C'è ancora dell'altro che voi ragazzi dovreste conoscere

 

In quel momento, la donna dai capelli color tramonto puntò improvvisamente le sue iridi smeraldo nelle mie. Non avevo mai visto sguardo più serio.

 

- Qualcosa che ha strettamente a che fare con te Bianca

 

Mi mancò il respiro sentendola pronunciare il mio nome.

 

- Ovviamente i Sette della Profezia, ormai adulti, erano e sono tutt'ora ai vertici della lotta alle strane chimere, ma non erano i soli. A collaborare con loro c'era anche l'oscuro e potente figlio di Ade, Nico di Angelo, famoso per aver trasportato l'Athena Partenos per mezzo globo assieme alla sua compagna Reyna. Mentre i Sette combattevano in prima linea armati di spade e pugnali, dietro di loro Nico agiva in solitario, fuori dal campo di battaglia, ottenendo quante più informazioni possibili su quella sconosciuta minaccia e soprattutto su come sconfiggerla. E ci riuscì. Era come un'ombra, una spia, che si aggirava per la notte, notata da pochi, ma che in compenso ci aveva concesso la speranza di poter ribaltare le sorti del conflitto. Scoprì che la causa dietro quegli improvvisi attacchi era niente di meno che Urano, la divinità primordiale personificazione del cielo e degli astri. Si stava risvegliando anche lui dalle viscere più profonde del Tartaro, probabilmente destato dal trambusto provocato da Gea, sua coniuge, e da Crono, suo figlio, prima di lei. Ciò aveva portato il Tartaro letteralmente in fibrillazione, tanto che i mostri si rigeneravano così velocemente da fondersi insieme nel processo di guarigione, dando vita per l'appunto a quelle potentissime chimere. Dopo essere venuto a conoscenza di questi importanti elementi, Nico elaborò un piano ingegnoso. Ricordate la Falce di Crono? Si credeva che fosse andata dispersa o distrutta dopo la sconfitta del titano durante la prima guerra. Secondo il mito fu proprio questa l'arma che decretò la caduta definitiva di Urano millenni or 'sono, quando Crono lo spodestò persuaso dalla madre, consegnando il potere nelle mani dei titani. Solo e soltanto la Falce era stata in grado di ferire una divinità potente come Urano. E se non fosse andata distrutta? Si stava parlando comunque di un'arma divina, estremamente resistente, era molto più probabile affermare che fosse semplicemente andata perduta. E infatti, ebbi una premonizione. La Falce di Crono c'era, esisteva ancora da qualche parte, ma non era integra: era, con la caduta del suo possessore, rimasta spezzata in più pezzi, il manico, la parte di mezzo e la lama. Se fossimo riusciti a ricomporla, a metterci le mani sopra e utilizzarla, avremmo forse avuto la possibilità di poter sconfiggere Urano, ormai sull'inevitabile via del risveglio. Era la nostra unica chance di salvezza. Ma rimaneva un grande problema: non sapevamo dove cercare, non sapevamo nemmeno se i pezzi della Falce erano riuniti tutti in un unico luogo oppure erano separati. Abbiamo così provato a cercare le risposte alle nostre domande nella mitologia. Le reliquie divine, prima o poi ovunque si trovino, si spostano da sole, ritornando nel luogo a cui sono destinate. Falce inclusa. Nei miti erano presenti diverse versioni sulla collocazione del luogo di riposo eterno dell'arma, tuttavia l'ipotesi più sostenuta era che la Falce si trovasse nell'isola dei Feaci, la stessa su cui Ulisse naufragò nel suo viaggio, anzi, si diceva che l'intera isola non fosse altri che lo stesso falcetto gettato in mare da Crono dopo la sua salita al potere. Era quello il primo posto da cui cominciare le ricerche. Nel corso dei secoli, la posizione dell'Olimpo e di tutti i luoghi ad esso connesso cambia, l'isola dei Feaci oggi corrisponde all'isola di Bermeja, un'isola fantasma che non compare sulle mappe, situata in un punto pressoché ignoto nel Golfo del Messico. Dopo tutte queste scoperte, i Sette erano già pronti per partire alla volta della misteriosa isola dalla sconosciuta collocazione, ma Nico insistette a volerci andare da solo. Quella era un'impresa pericolosa, senza certezza di successo, lui era l'unico del gruppo a non avere una famiglia o figli, infondo era appena un ventenne, perlopiù si sentiva in dovere di concludere la sua missione. Avrebbe messo la parola fine alla guerra. Cercammo di dissuaderlo dal suo intento, di fargli capire che andare insieme sarebbe stato più sicuro, ma non volle sentire ragioni. Fummo costretti ad arrenderci alla sua decisione: la guerra ai confini del Campi continuava, i semidei avevano bisogno di avere i Sette al loro fianco. Così Nico partì... e non fece mai più ritorno

 

...era quindi quello il motivo, il perché della sua improvvisa sparizione, il perché del mio abbandono? Per anni, quando ancora credevo di essere una semplice umana, avevo odiato i miei genitori, li avevo massacrati di insulti, affogati nelle mie lacrime, incolpati riguardo alla mia infelicità, alla mia solitudine. Mi chiedevo "Perché mi hanno rifiutato? Perché mi hanno lasciato qui?"

 

Ero proprio un'egoista: pensai questo di me quando seppi la verità sulla mia natura, su quella di mio padre, su quella del mondo; dopo il discorso di Rachel il mio rimorso crebbe ancor di più. Lui non mi avrebbe mai abbandonato senza una valida ragione, un padre è pur sempre un padre, Nico Di Angelo era il mio e sarei rimasta con lui se non fosse stato per la guerra, per i mostri, per gli Dei primordiali, per quelle maledette Parche. Al diavolo tutto!

 

Sentii montare dentro una rabbia amara, conciliata solo dalla consapevolezza che quel padre tanto mancato era ancora vivo, era vivo e l'avrei salvato, lo avrei abbracciato, avrei fatto sì che qualcosa nella mia vita andasse per il verso giusto.

 

Come era possibile amare tanto una persona senza averla nemmeno conosciuta?

 

Ora nella stanza tutti mi fissavano, mi fissavano con occhi carichi di pietà. Era quello l'unico modo in cui le persone mi avevano sempre guardato, vedendo in me solo una povera orfana smarrita. Avevo imparato a detestare la compassione.

 

Solo uno sguardo era indirizzato al suolo: affianco a me, Logan teneva la testa bassa, immobile, non fui in grado di leggergli alcuna forma di emozione in volto. Appariva calmo, troppo calmo, seduto su una poltrona imbottita, quasi come fosse sordo, l'espressione totalmente indifferente.

 

Troppo concentrata su Logan, non mi accorsi che Rachel mi si era avvicinata, puntandomi il dito contro.

 

- E poi sei comparsa tu

 

Trattenni un sobbalzo.

 

- Per anni, abbiamo cercato invano Nico per tutti gli Stati Uniti, non siamo mai nemmeno riusciti a individuare la posizione dell'isola di Bermeja. Eravamo a mani vuote, disperati, senza un indizio, senza più un piano per sconfiggere Urano. Capimmo che probabilmente non era la nostra battaglia, che forse era arrivato il momento di ritirarci da quella estenuante ricerca e aspettare, tentando di resistere ai continui attacchi dei mostri chimera fino a che qualcuno, scelto dalle Parche, non fosse giunto a chiudere, una volta per tutte, questo ciclo di guerre e di morti che va avanti da troppo tempo ormai. Ed eccoti qui, figlia degli inferi comparsa all'improvviso. Ti stavamo aspettando. La tua missione è quella di salvare tuo padre giusto? Era ti ha indicato questo destino. A nome mio e di tutti i Sette ora ti chiediamo l'impensabile, ma ti prego, Bianca vai, trova l'isola dei Feaci, trova Nico, trova la Falce di Crono, non c'è più tempo. Se vuoi veramente ricongiungerti con tuo padre è questa l'unica via. Urano è quasi sveglio. 

 

Il mio corpo divenne pietra.

 

Non lo credevo possibile. Nessuno mi aveva destinata a compiere un'impresa di tali proporzioni, il mio compito era quello di salvare mio padre, non l'intero mondo... eppure dentro di me non fui più in grado di separare i due concetti. Forse avevo mal interpretato le parole di Era, forse cercare mio padre significava sconfiggere Urano, trovare la Falce, partire senza alcun preavviso. 

 

"Gli antichi astri stanno risorgendo. Se ci riusciranno il mondo cadrà. Le Parche ti hanno affidato il compito di fermarli, solo così potrai salvare tuo padre"

 

Era davvero quello ciò che avrei dovuto fare per rivedere Nico Di Angelo? 

 

Ebbi paura e me ne vergognai. Avevo detto di essere disposta a tutto pur di mandare a termine la mia missione, tuttavia a quelle parole sentii l'inaspettato impulso di ritirarmi, di scappare come avevo sempre fatto.

 

Avevo il respiro corto. Dovevo calmarmi, nessuno avrebbe dovuto accorgersi della mia insicurezza, dovevo trasformare la mia esitazione in rabbia, rabbia contro me stessa contro la mia inutilità; trasformare poi la rabbia in forza, in volontà, la stessa volontà che avrebbe poi dissipato i miei dubbi, le mie incertezze, focalizzandomi sul mio unico grande desiderio, la mia unica grande speranza. 

 

Codarda. Non volevi riabbracciare tuo padre?

 

Carson era scioccato, ancora seduto a terra davanti alla porta, Paige nelle sue braccia priva di sensi. Guardava prima me, poi il volto di Rachel sull'orlo delle lacrime, quello serio e preoccupato dei Sette, dei suoi genitori Jason e Piper. La donna, nelle cui iridi mutevoli prima di allora non avevo visto altro che coraggio e determinazione, ora tremava alla vista del figlio, come una madre che si accorge della crescita del suo bambino, costretta a lasciarlo andare via.

 

Logan rimase immobile, assente, senza proferire parola.

 

-Cielo e mare, tenebre e luce. Siete voi, ora ne siamo sicuri. Bianca tu rappresenti le tenebre, discendente di Ade, dio opposto ad Apollo, signore del Sole: la luce è lei, la giovane oracolo ancora beatamente ignara di tutto. Carson e Logan voi avete trovato Bianca per primi, non è forse questo un segno? Il cielo e il mare sono i vostri elementi, chiediamo anche a voi di accompagnare questa ragazza nella sua impresa. So che è successo tutto così in fretta, così inaspettatamente, che siete solo dei ragazzi e nessuno di noi avrebbe mai voluto addossarvi una tale responsabilità. Ma come vedete siamo al limite, al punto di mandare i nostri figli a combattere contro un nemico estremamente più forte di loro, in un viaggio che potrebbe costargli perfino la vita. Spero possiate capire... la profezia ha scelto voi quattro, non possiamo fare altro che piegarci al fato

 

Fu quello l'esatto momento in cui mi resi conto della reale gravità della situazione, che quella richiesta disperata era ben lontana da potersi definire un brutto sogno. A quale limite dei guerrieri di tale calibro si sarebbero abbassati a consegnare il peso del mondo nelle mani di un manipolo di ragazzini?

 

Lo capii guardando lo sguardo mortificato dell'Oracolo di Delphi, uno di quelli che hanno ormai visto troppo e che desidererebbero non vedere più nulla. I Sette impotenti e stanchi, le braccia allenate piene di cicatrici, eroi consumati dalle battaglie, tenuti in piedi solo dalla speranza, schiacciati dalle aspettative altrui.

 

Che fosse proprio questa la vera forza? Quella che stavano dimostrando in quel momento? La forza di saper riconoscere i propri limiti e di accettare la crudeltà del destino, lo stesso destino che mandava ora ciò che avevano di più caro a patire delle loro stesse sofferenze.

 

Eppure, il desiderio, l'esigenza di non piagarsi al volere delle Parche rimase in loro. Essere gli artefici del proprio futuro, delle proprie scelte. Saremmo mai riusciti a cambiare l'esito una profezia?

 

- Perché noi?

 

Adagiata Paige sul piccolo divano posto in un angolo dell'Ufficio Maggiore, Carson domandò furente a Rachel, gli occhi simili a saette nel cielo in tempesta.

 

- Tutto questo è assurdo. Cosa sperate che potremmo risolvere noi da soli? Dovremmo metterci a seguire alla lettera delle stupide parole pronunciate al vento!? Guardateci!

 

La rossa si morse il labbro affranta.

 

- Carson...

 

- No mamma, anche tu guardami! Se perfino voi non siete riusciti anche dopo lunghi anni a fermare questo disastro, dimmi, come possiamo sperare di avere anche solo qualche possibilità!?

 

Frasi velenose, frasi piene di dolore, frasi che infondo rappresentavano la realtà. Carson era in mezzo alla stanza, davanti al volto dei Sette.

 

- Paige...

 

Riprese il discendente del tuono, questa volta con lo sguardo basso, scuro, come se non gli fosse rimasta più forza.

 

- Paige oggi è quasi morta per colpa di questa maledetta impresa che ci state chiedendo di compiere. Decidendo di partire, tutti noi saremo in pericolo, i miei amici saranno in pericolo, non permetterò che le persone a cui tengo si facciano male, in alcun modo

 

Nell'Ufficio calò il silenzio.

 

Chi avrebbe mai potuto biasimarlo?

 

Ed eccoli: gli eroi salvatori dell'Olimpo. Dietro le voci, le storie straordinarie, i miti che li dipingevano come corazze impenetrabili... in quel momento erano solamente umani. E come umani soffrivano, piangevano, vivevano.

 

Tuttavia, tra gli animi afflitti dei Sette, comparve un sorriso, contrastante con tutto ciò che lo circondava.

 

Leo Valdez si avvicinò a Carson, passandogli affettuosamente una mano fra i capelli scuri, scompigliandoli. Il ragazzo lo guardava incerto, confuso riguardo al suo strano comportamento, quasi leggermente innervosito. Nonostante il legato fosse abbastanza alto per la sua età, il signor Valdez lo superava di netto.

 

- Vorresti vedere i tuoi compagni al sicuro non è così?

 

Cominciò proprio quest'ultimo, incrociando le braccia al petto. Notai che le sue dita tamburellavano continuamente sul bordo dell'armatura.

 

- Non vedere il destino come un tuo nemico, ma nemmeno fare troppo affidamento su di esso. Sai perché io, così come i tuoi genitori e il resto dei Sette, abbiamo dato tutti noi stessi per combattere le minacce che avevamo di fronte? Non per qualche stupida profezia o obbligo, nessuno ci ha mai costretto a fare nulla. Abbiamo rischiato la vita per salvare coloro che amavamo, coloro che non erano in grado di difendersi, coloro che non avevano nessuna colpa. Abbiamo seguito semplicemente il nostro volere, le nostre scelte. Cosa importa se eravamo davvero predestinati a fare ciò? Noi l'avremmo fatto comunque. Perciò, sorridi anche tu alle Parche, scherniscile. Non ha senso continuare a chiedersi il perché di come va il mondo, a qualunque conclusione tu possa arrivare nulla sarà cambiato. Continua ad andare avanti, se cerchi delle risposte è così che le troverai e sarai in grado di decidere il tuo domani. Solo chi agisce passivamente è in balia degli eventi

 

Vidi lacrime di conforto sul volto di Rachel, colei che aveva un'esistenza strettamente legata al destino, incatenata al peso delle premonizioni e al terrore di non poter fare nulla per modificarle.

 

Carson ancora smarrito dopo le parole di Leo, osservava il volto di quel ragazzo dai tratti folletti, diventato ormai uomo.

 

- Io andrò

 

Un debole sussurro attraversò la quiete della stanza, una voce piatta, indifferente, priva di sentimento.

 

Rivolsi stupita la mia attenzione a Logan, che, appena alzatosi, si diresse verso la porta, silenzioso, senza proferire parola. Ancora non riuscii a guardarlo bene in volto.

 

Percy Jackson era perplesso, confuso, seguiva con gli occhi la figura rigida del figlio, che scivolava ora fuori dall'Ufficio. La mano di Annabeth prontamente sulla spalla del marito. 

 

-Scusatemi

 

Disse solamente il figlio di Poseidone, prima di seguire anche lui l'esempio di Logan e far nuovamente sprofondare la stanza in un silenzio teso.

 

Annabeth, rimasta ferma appoggiata al muro, teneva lo sguardo fisso verso la finestra che dava sul fronte della casa.

 

Attesa.

 

Attesa di cosa?

 

Era questa l'atmosfera che mi circondava, mute domande aleggiavano nell'aria intorno a me.

 

Non avevo ancora detto nulla riguardo l'impresa che, questi uomini pressoché sconosciuti, mi stavano chiedendo di compiere. Cosa avrei potuto dire?

 

Che non mi sentivo in grado di affrontare una cosa del genere?

 

Che avrei preferito scomparire?

 

Che avrei voluto solamente avere una vita, una famiglia normale?

 

Per mio padre questo ed altro

 

Basta.

 

Il passato non poteva essere cambiato. Dovevo smetterla una volta per tutte di vivere rimpiangendo futili illusioni.

 

Potevo solo andare avanti. 

 

E sarei andata avanti. 

 

Voglio iniziare a vivere. Per tutto questo tempo non ho fatto altro che sopravvivere nel mio dolore, placandolo invano, sperando che un giorno le cose sarebbero cambiate, che avrebbero iniziato a brillare. Ma la speranza non è sufficiente da sola

 

Cosa avevo da perdere? Avevo già perso tutto.

 

Dovevo ritrovare mio padre. Se ciò avrebbe significato anche andare contro una divinità primordiale, io lo avrei fatto.

 

Sono io l'artefice della mia felicità

 

-Logan ha ragione

 

Non ho nulla da perdere

 

La mia voce incredibilmente non tremò. La maschera apatica era ancora intatta.

 

-Siamo gli unici in grado di trovare l'isola fantasma giusto? Siamo gli unici a cui le Parche hanno concesso di trovarla. Io voglio salvare mio padre, ma mio padre aveva un unico obbiettivo: salvare il mondo e le persone che amava. Ora è anche il mio. Era mi ha detto che ho il dovere di ritrovarlo, per farlo non mi resta che seguire le sue ultime tracce, le tracce di questa impresa. Io accetto 

 

Quello che era flebile pensiero si tramutò in furente determinazione.

 

Guardai Carson, tornato vicino a Paige stesa sul divanetto. Ossidiana e ghiaccio si incontrarono.

 

Stingeva il pugno appoggiato sulla sua gamba: in colui che prima era il più diffidente, trovai un assenso di volontà alle mie parole. Il legato del tuono era rigido, la testa tesa verso una forte morale propria, l'incertezza sembrava quasi scomparsa.

 

-Se la mettete così, allora non posso tirarmi indietro

 

Affermò proprio Carson, alzatosi in piedi. La carnagione scura baciata dal tiepido sole.

 

-Logan è come un fratello per me, non lo lascerò andare con la consapevolezza che potremo non rivederci mai più. I miei amici rischiano la vita, sono pronto a proteggere le persone a cui tengo

 

Sorrise

 

-Moriremo insieme se sarà necessario

 

Vidi Rachel avvicinarsi, prendere me e Carson per i polsi e abbracciarci entrambi.

 

Al caldo contatto, scariche elettriche attraversarono la mia schiena, disperdendosi poi lungo tutto il mio corpo. Per una volta, le respinsi e lasciai che, quel gesto di affetto, mi avvolgesse insieme al profumo di cannella della donna.

 

Sicurezza e incertezza. Quale ossimoro. Eppure erano questi gli aggettivi più adatti per descrivere il turbinio scomposto di emozioni, che attraversava ora i corpi dei Sette. 

 

Sguardi carichi di ammirazione con una punta di nostalgia.

 

Dopo anni di guerra, dopo che troppo sangue aveva sporcato il suolo, dopo che troppi cuori erano rimasti smarriti.

 

Poteva davvero quell'ultimo sacrificio, il sacrificio dei loro figli, fermare quel circolo di dolore?

 

Uomini e donne che avevano dato tutto, a cui rimaneva solo la speranza.

 

I Sette si rispecchiavano in quei ragazzi pronti a partire, così come lo erano stati loro un tempo. 

 

Conoscevano quei legati, sapevano che erano disposti a dare tutti loro stessi, che ce l'avrebbero fatta in qualche modo. 

 

Erano genitori e per questo l'ansia li logorava.

 

Erano guerrieri e per questo erano consapevoli della forza e dell'abilità dei giovani.

 

Erano umani e per questo credevano che nulla fosse impossibile.

 

Frank, splendente avvolto nel suo mantello viola, si fece avanti, sorridendo a me e a Carson mentre, di sfuggita, passava una mano sulla fronte di Paige, stesa immobile sul divanetto.

 

-Grazie mille. Non ci sono altre parole per trasmettervi il nostro sostegno e le nostre preghiere. Sarà un lungo e difficile viaggio, ma infondo sappiamo che voi quattro siete gli unici capaci di-

 

-Per la nostra sicurezza?! Non ti è mai anche solo venuto in mente che, forse, avremmo avuto il diritto di conoscere la verità su tutto questo??? O pensi che non siamo in grado di affrontare la realtà sulla guerra e sui morti? Non siamo burattini, abbiamo una volontà anche noi, non potete tenerci all'oscuro di una cosa di tali proporzioni!

 

-Logan, cerca di capire...

 

-No! Sei tu l'unico che dovrebbe aprire la mente una volta per tutte e smetterla di comportarti come l'eroe della situazione, non puoi decidere al posto mio, papà!

 

-Stiamo parlando di noi due allora, non del Campo

 

-Sai bene che infondo è la stessa cosa, perché non sopporto il modo in cui mi guardi, il modo in cui guardi tutti i legati

 

Grida, parole taglienti, sempre più forti, rabbiose, copiose di rancore represso, provenivano da fuori l'Ufficio, dove Logan e Percy Jackson discutevano animatamente, lasciandomi scorgere per la prima volta quell' invisibile, ma profondo baratro che divideva le figure di padre e figlio.

 

-Io non guardo nessuno in modo diverso, dovresti saperlo più di chiunque altro

 

-Quindi vorresti negare di credere che noi legati siamo deboli in confronto a voi semidei, è così che la pensi non è vero?! E non parlo solo di debolezza fisica, ma anche morale, credi che non siamo in grado di assumerci le nostre responsabilità? Di combattere le nostre battaglie? Non mentirmi!

 

Nell'Ufficio si erano alzate delle voci sommesse. Guardai Carson affianco a me, il suo viso era come lucente marmo color bronzo, scolpito da abili mani, si sistemava la scura treccina dietro l'orecchio. 

 

- Fanno sempre così

 

Scosse la testa rassegnato il giovane Grace, riferendosi a Logan e Percy.

 

Le mie gambe si mossero automaticamente in direzione della porta. Non badai nemmeno agli sguardi delle persone intorno a me. Un inspiegabile calore si propagò all'improvviso nel mio petto, mi sentivo strana, non riuscivo a capire se quella forza che mi guidava fosse dovuta alla rabbia oppure alla tristezza.

 

Ero fuori, sola sotto l'ampio porticato di quel magnetico edificio rosso. 

 

Davanti a me potei finalmente scorgere lo sguardo del legato di Poseidone: il verde dei suoi occhi bruciava di collera, di un profondo odio, odio verso chi? Verso cosa mi chiedevo. Verso suo padre? Ma come si poteva odiare a tal punto un membro della propria famiglia? Non riuscivo a comprendere.

 

I pugni di Logan erano chiusi, il respiro pesante, le sopracciglia curve.

 

Dall'altro lato, Percy Jackson appariva serio, controllato, teneva le braccia incrociate, dal suo volto traspariva un muto e amaro sconforto, un sottile senso di colpa.

 

Perché avevo sentito la necessità di uscire a guardarli?

 

-Ammetto che mantenere questo silenzio per tutti questi anni non è stata una cosa onesta nei vostri confronti. Vi dobbiamo delle scuse. Ma tutto ciò che abbiamo fatto, le nostre azioni, erano solamente a fin di bene. Camp Legacy all'inizio era realmente stato creato per ospitare i legati senza alcun secondo fine, siamo stati noi Sette a volerlo trasformare in...ciò che è adesso

 

-Una prigione quindi

 

- Un luogo sicuro, sicuro per tutte quelle famiglie che non vogliono vedere il loro figlio in pericolo

 

- Eppure i giovani semidei li fate scendere in battaglia lo stesso, mandate loro contro la morte mentre noi no?

 

Il figlio del mare sospirò, scuotendo leggermente la testa.

 

-Senti Logan, per quanto non ti piaccia ammetterlo i poteri di un legato non sono al livello di quelli di un semidio, la loro discendenza divina inizia già ad affievolirsi. Prima ti deciderai ad accettare la realtà, prima riuscirai a fare pace con te stesso. Se, come dici tu, Camp Legacy avesse una partecipazione alla guerra identica a quella che ogni giorno hanno gli altri due campi, a questo punto nessuno di voi probabilmente sarebbe ancora vivo. E non sono io a dirlo, ma i fatti chiari e concreti, quello che vedo là fuori. Tu, Carson, Bianca, siete diversi: siete i nipoti dei Tre Pezzi Grossi, la vostra forza è pari a quella di un semidio medio...ma siete gli unici

 

-Ho visto certi ragazzi al campo che sarebbero in grado di spaccare le ossa ai loro zietti semidei. Ma anche se fosse come dici tu, perché non ci avete detto nulla? La maggior parte di noi non sono più dei bambini, eppure voi continuate a trattarci come tali!

 

-Smettila di portare la conversazione sul personale!

 

Percy alzò la voce per la prima volta, avvicinandosi al figlio.

 

-Non hai mai deluso nessuno. Mettitelo in testa. Non ti serve un'impresa per dimostrare agli altri il tuo valore. Io sono fiero di te, nonostante tu ti ostini a pensare il contrario. L'unico che non riesce ad accettarti per quel che sei, sei tu! Smettila di odiare te stesso per non essere come me!

 

L'ira negli occhi di Logan si calmò subito dopo quelle parole, l'oceano contenuto nelle sue iridi si acquietò. Il volto del legato divenne freddo, apatico, impassibile mentre osservava con spaventoso distacco il padre rientrare all'interno dell'Ufficio Maggiore, senza più aprire bocca. Annabeth sull'uscio lo stava già aspettando.

 

Percy, passandomi accanto per rientrare, mi dedicò solamente un'occhiata distratta: la sua espressione era affranta. La porta si richiuse dietro di lui.

 

-Ti farò vedere quello che siamo in grado di fare

 

Un sussurro. Logan era immobile sul prato di fronte la casa.

 

Non ci vidi più.

 

-Perché ti comporti in questo modo?!

 

Avanzai furente ad ampie falcate verso il legato di Poseidone. Il ragazzo evitò il mio sguardo.

 

-Non ti impicciare di affari che non ti riguardano

 

-Perché lo tratti così? Perché continui a dare colpe insensate a tuo padre, all'uomo che ti ha cresciuto!? Come fai ad avere così tanta rabbia verso una persona che, si vede, desidera solo il meglio per te?

 

Logan si morse il labbro inferiore, la stizza riprese nuovamente il controllo della sua voce.

 

-Tu non capisci! Lui desidera per me solo quello che crede essere il meglio! Ma mio padre non sa niente, non sa niente di me e di quello che sono costretto a passare ogni giorno per colpa sua! Per colpa del mio cognome. Mio padre... Percy Jackson ha sempre avuto successo, in ogni cosa che facesse, ha sempre trovato supporto, ha sempre risolto tutte quelle situazioni che sembravano impossibili. Io al contrario sono un totale disastro. Percy lo sa bene, anche se non me lo direbbe mai in faccia. Sono il figlio bastardo di un grande eroe. Per questo continua a trattarmi come se non sapessi fare niente, come se fossi un ragazzino debole che ha bisogno di protezione, un immaturo che non sa dove portano le sue scelte. Voglio solo dimostrargli che si sbaglia, che tutti quanti si sbagliano

 

Cieco

 

Continui a guardare te stesso solo dagli occhi degli altri. Se osservassi dentro di te vedresti anche tu quel ragazzo in gamba e astuto, che si ostina a volermi aiutare a tutti i costi, nonostante continui ad allontanarlo

 

-Razza di ottuso. Vuoi vedere solo il lato negativo della medaglia: tu hai una famiglia che ti vuole bene, che è sempre presente, disposta ad aiutarti in qualsiasi situazione. Non sopporto... non accetto che tu ti lamenti di quanto sei fortunato! Io posso pregare, posso sperare, posso sognare quanto voglio ma non potrò mai avere quello che hai tu, quel calore insostituibile, io non potrò mai avere una famiglia! Perciò ti prego, non sputare quelle parole, sull'amore di tuo padre, non è giusto nei confronti di tutto ciò che ha fatto per te

 

È sempre troppo tardi. 

 

Quando comprendi  il vero valore delle cose, le hai già perse per sempre.

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