Wondering where you've been (again).

di themissingpiece
(/viewuser.php?uid=116553)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** How things changed. ***
Capitolo 2: *** Let's try again together. ***
Capitolo 3: *** He said I'll be fine. ***
Capitolo 4: *** Another good-bye ***
Capitolo 5: *** It's just you ***
Capitolo 6: *** My price to pay. ***
Capitolo 7: *** Don't take me away from him. ***
Capitolo 8: *** Tell me you love me. ***
Capitolo 9: *** Love, Love, Love. ***
Capitolo 10: *** Bday party ***
Capitolo 11: *** He's back ***



Capitolo 1
*** How things changed. ***


Sono\Siamo tornati.
Dico siamo perché ormai questi personaggi fanno parte di me, come fossimo una famiglia.
Prima di tutto volevo ringraziare tutti quelli che leggeranno questa fanfic, non potete capire quanto io sia contenta
di riuscire a postare il seguito di
Wondering where you've been.
Occhei, questo primo capitolo non volevo farlo troppo lungo, ma volevo che fosse più
una specie d'introduzione, una spiegazione di cos'è successo. 
Beh, vi lascio leggere.

Gi.

p.s. mi aiutereste a far aumentare
questa pagina di fans? E' importante, thanks <3 


How things changed.
capitolo uno.




Sentii qualcuno appoggiarmi sul letto delicatamente.
Il mio corpo cadde di peso sul materasso mentre un leggero lenzuolo si distese sul mio corpo. Anche ad occhi chiusi la testa mi girava pericolosamente e ogni muscolo del mio corpo sembrava minacciare la propria distruzione.
Aprii gli occhi con grande fatica e ci misi qualche minuto a mettere a fuoco la persona davanti a me «Fai piano tesoro, non sei ridotta molto bene» sorrisi riconoscendo il ragazzo che si sedette poi sul letto affianco a me
«C-Cos’è successo?» chiesi mandando giù la saliva che sembra chewing-gum «Non lo so, ti ho trovata sulla diciassettesima. Eri seduta per terra, ti stavo cercando da ore» «Mi dispiace» «Non è colpa tua».
Come ogni volta, quando arrivavamo a quel punto della conversazione, nessuno dei due parlava. Jack si grattò i capelli dietro la nuca abbassando lo sguardo e io non sapevo cosa dire, anche perché non avevo forze per sforzarmi di cercare le parole giuste. Voltai la testa verso la finestra e notai un grosso poster attaccato al muro del palazzo di fronte che raffigurava un bel, anzi, bellissimo ragazzo e sotto la scritta ‘SOLD OUT’.
Spalancai gli occhi facendo preoccupare Jack che seguì il mio sguardo «Vuoi andarci?» chiese insicuro «Dove? Al concerto dell’unico ragazzo che io abbia mai amato e che nel giro di una settimana mi aveva rimpiazzata con tre ragazze? No, grazie» «Magari nel giro di una settimana cambi idea» azzardò mordendosi il labbro «Non credo sia il caso di farmi vedere in giro così. E poi cosa gli direi?» sembrava più un discorso per convincere me stessa che Jack, ma non importava. Quell’ultimo anno, passato lontana da Los Angeles e dalla famiglia Jonas, mi aveva insegnato a non sentire più nulla, come avere una continua anestesia al mio cuore, alle mie emozioni. C’ero quasi riuscita.
«Riesci ad alzarti?» «Ci provo» puntai le braccia sul materasso cercando di fare leva, ma il mio corpo aveva deciso di non collaborare. Riprovai una, due, tre volte, alla quarta Jack decise di prendermi in braccio portandomi fino in bagno e facendomi sedere sul bordo della vasca da bagno. Mi sentivo la mente vuota e proprio perché era vuota mi faceva male.
Il corpo sembrava come una bolla piena di crepe, pronta ad esplodere. Il mio cuore non esisteva, non so come riusciva il sangue a scorrere nelle vene, ma vi giuro, il mio cuore non esisteva più.
Rimanendo in silenzio Jack mi si avvicinò togliendomi prima la maglietta –troppo trasparente- e i pantaloncini –troppo corti- per scoprire tutti i tagli, i lividi, le cicatrici che alla luce del sole sembravano voler andare a fuoco.
Non lo guardai neanche in faccia mentre mi disinfettava o mi metteva la pomata sulle varie zone. Non lo guardavo perché non ne avevo il coraggio. Poi prese dei cerotti e me li mise su quei piccoli buchini che avevo a metà del braccio. Ma com’era possibile che quei buchi, così piccoli mi stavano distruggendo? «Non ce la faccio più» sbottò improvvisamente lui
. Si accasciò pesantemente sul pavimento, con la schiena contro il mobiletto azzurro che c’era lì. «E’ da un anno che va avanti così. Sai cosa vuol dire vederti così? No, perché a te sembra facilissimo fare finta di niente. Per cosa poi? Per aiutare quello stronzo? Quello stronzo che ti ha messo in questa merda e poi se n’è andato?» m’imposi di non piangere, perché io non piangevo.
«Guardami e giurami che a te va bene così. Che stai bene così. Che non ti fa male tutto questo. Che non ti fa male il fatto che Joe è là e vive la sua vita, mentre tu qui stai morendo. Che non ti fa male andare con la gente con cui sei obbligata a uscire per poi tornare a casa così. Dimmi che non sei stanca di non provare emozioni, che non sei stanca di avere un corpo rovinato, che non sei stanca di bucarti e sapere che non riuscirai a smettere.» no, no. Ero stanca, stanchissima. Sì, mi faceva malissimo, troppo male, ma non risposi.
Lo guardai impassibile mentre si passava una mano tra i capelli, mentre una lacrima scendeva sul suo viso troppo bello per essere macchiato da un pianto, mentre mi guardava con gli occhi lucidi sperando in una risposta, mentre si alzava e se ne andava sbattendo la porta di casa.
Come uno zombie tornai in camera e m’infilai un magliettone. Com’ero finita così? Le risposte erano troppe eppure i motivi mi sembravano senza senso. Se non fossi tornata a New York quello in giorno in cui Mark m’incise la sua iniziale sul corpo non avrei tardato a uscire dallo spogliatoio qualche settimana dopo e non avrei dovuto parlare con lui, non mi sarei posta il problema di aiutarlo, non avrei lasciato tutta la mia vita a Los Angeles, non sarei tornata nuovamente a New York finendo dentro il giro più pericoloso della città, non avrei visto su mille giornali foto di Joe con altre ragazze, non avrei rincominciato a bucarmi, non avrei visto Mark partire per un luogo sconosciuto e lasciandomi qua nella sua merda.
Già, dopo tutto il mio aiuto, lui se n’era andato per sempre.
Dopo tutte le cazzo di parole dolci, dei piani per finire tutto quanto lui era partito lasciandomi da sola ad affrontare loro.
E ora? Ora io dovevo fare tutto quello che mi chiedevano senza dire una parola. Perché? ‘’Oh dolcezza, credi davvero di poter scegliere? In effetti puoi scegliere: noi oppure tutto quello a cui tieni non lo rivedrai mai più. I tuoi amichetti del cazzo verranno distrutti’’. Ecco perché.
Mi sdraiai nuovamente sul letto cercando di trattenere le lacrime che cercavano disperatamente di uscire allo scoperto, di percorrere il mio viso che ormai non veniva bagnato da quelle gocce calde e salate da parecchi mesi. Voltai la testa e rimasi a guardare il cartellone pubblicitario di Joseph.
Forse non siamo destinati per stare insieme, ma più voglio allontanare il tuo pensiero e più tu nella mia testa sorridi, mi stringi, mi baci e mi dici che mi ami. Mi chiedo tu con chi sei adesso. Mi chiedo se mi stai pensando. Mi chiedo dove sei stato ancora per tutto questo tempo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Let's try again together. ***


macciao :3
non ci credo ancora che sto postando il secondo capitolo del 
seguito della mia ff *-*
vabbè, scusatemi per l'enooooorme ritardo, ma questo periodo è un po'
un casino. 
Prima di tutto: ci sono rimasta un po' male che il primo capitolo
abbia ricevuto solo
DUE recensioni, per continuare questa ff mi avete scritto in 
tanti e ora che finalmente la posto nessuno la commenta? Spero che con questo capitolo
vada un po' meglio!
Poii, questo capitolo mi piace parecchio e spero che piacerà anche a voi. 
Vi (ri)chiedo geentilmente di passare da
questa pagina e magari mettere ''mi piace''. 
E' davvero importante. 
Okay, ora vi lascio leggere. 

byee <3

G.

Let's try again together.
capitolo due




Mi svegliai di soprassalto e guardai subito la sveglia sul comodino: le sei di pomeriggio.
Come diavolo avevo fatto a dormire così tanto? Forse era dovuto al fatto che la sera prima non avevo proprio dormito. Mi sgranchii le braccia e le gambe, lasciando un gemito per il dolore e infine mi alzai in piedi.
Chiusi le tende della camera per togliermi dalla vista quel dannatissimo poster e pigramente mi trascinai fino in salotto dove, con mia sorpresa, trovai Jack, Josh e Steve.
«Buongiorno principessina» disse con tono ironico l’ultimo che era comodamente sdraiato sul divano «C’è una riunione e io non lo sapevo?» «No, ma scusaci se volevamo venirti a trovare» Steve fece la faccia da finto offeso corrucciando la fronte e io come per farmi perdonare gli mandai un bacio in aria.
Mi spostai in cucina cercando l’aranciata in frigo, almeno qualcosa di fresco avrebbe attutito il male che mi faceva ogni singola parte del mio corpo. Mentre prendevo un bicchiere sentii due braccia forti avvolgermi e poi labbra calde che si appoggiavano sull’incavo del mio collo «Scusami per prima, non avrei dovuto» mi voltai e presi il viso di Jack tra le mani «Non importa. So che non l’hai fatto apposta, sono solo sorpresa che tu ti sia trattenuto per così tanto tempo da farmi la ramanzina» gli sorrisi lasciandoli un leggero bacio sul naso, troppo freddo.
«Quindi non mi odi?» chiese con la faccia da cucciolo. Mi scappò una leggera risata «No, ma diciamo che dovrai farti perdonare» lui mi morse il labbro e poi tornò dagli altri che ridevano per non so quale strano motivo. Mentre ascoltavo le loro voci un tornado di voragini mi si fece spazio dentro. Era un misto tra commozione e felicità, tra gioia e paura. Mi guardavo intorno e mi rendevo conto che con loro tre tutto prendeva colore, tutto prendeva vita. Quando ogni cosa sembrava andare storta loro mi facevano vedere il lato positivo, quando cadevo loro mi insegnavano a volare.
Buttai giù tutto d’un sorso il bicchiere d’aranciata lasciando che i brividi di freddo mi percorressero il corpo e poi raggiunsi quelli che ormai consideravo come la mia famiglia. «Allora, davvero, come mai siete qui?» «Ma come sei diffidente!» scherzò Josh mentre faceva zapping annoiato «Siamo venuti perché hai la serata libera. Insomma, gli ‘’altri’’ abbiamo saputo che sono fuori città quindi tu puoi essere tutta nostra» spiegò tranquillamente il biondino che ormai aveva fatto diventare il divano la sua cuccia «Già, però..» cercai di dire mentre una sensazione fin troppo conosciuta si faceva strada nel mio corpo che stava iniziando a tremare «Vieni» Jack di slancio mi prese per mano, portandomi in bagno.
Era l’unico a vivere ventiquattro ore su ventiquattro con me quindi conosceva le mie abitudini. Rimasi in silenzio mentre lui mi legava un laccio al braccio con forza e mentre preparava la siringa.
«Se vuoi andare al concerto di Joe devi darti una calmata» «Non ho detto che ci andrò» «Lo sappiamo tutti e due che lo farai. Sei curiosa, è normale» «Non ci riuscirò mai per il fine settimana a smettere» mi morsi il labbro ammettendo quella dura verità «Non dico di smettere, ma solo magari prendere una dose minore» annuii con il capo per poi tirarlo all’indietro sentendo un pizzichino sul braccio.
Il battito del mio cuore accelerò per qualche secondo per poi stabilizzarsi lasciandomi in uno stato di pace e calma. E’ un po’ come quando ti svegli la notte con una sete pazzesca e prendi la bottiglia e inizi a bere sempre di più fino a dissetarti completamente. «Meglio eh?» la voce di Jack mi arrivò come attutita, ma riuscii a sorridere. Con lo sguardo cercai i suoi occhi che trovai immediatamente.
Con il braccio molle gli accarezzai i capelli «Parlami» dissi semplicemente. «Di cosa?» «Parlami» ripetei più sicura. Guardandolo mi rendevo conto che c’era qualcosa che non andava, qualcosa che lo turbava «So che se andrai al concerto di Joe poi ti perderò ancora e io sono stufo di perderti per persone che non ti meritano» abbassò lo sguardo e io con poca delicatezza mi avvicinai a lui lasciandoli una specie di bacio a fior di labbra «Se non vuoi che io vada via basta dirlo, se mi vuoi basta dirlo» e poi un altro bacio. Lo sentii accarezzarmi il braccio e il mio cuore riprese a battermi, ma stavolta non era per la dose. Avvertii uno stato di calore, poi freddo, poi ancora calore, segno che l’eroina stava facendo effetto.
Non capii se passarono secondi, se passarono minuti, se passarono ore fino a quando lui biascicò (o almeno a me sembrò così) un «Io ti..» che fu bruscamente interrotto da Josh che bussava alla porta. Mi lasciai cadere pesantemente per terra, iniziai a sudare sentendo la nausea pervadermi il corpo, ma riuscii a trattenermi.
La porta si aprii in un tempo a me indefinito e sentii due braccia forti prendermi di peso aiutandomi a camminare fino in salotto. «Grazie» dissi con fatica mentre loro mi scaricavano sul divano affianco a Steve che rimase ad abbracciarmi fino a quando quella fase non finì.
 
Mi piace guardare le persone intorno a me e pensare come sarà il loro futuro, a volte lo faccio anche con me stessa. Mi piace immaginare come sarò tra qualche anno, dove sarò, cosa starò facendo, ma purtroppo niente è certo, sono solo sogni, pensieri.
In quel periodo della mia vita, però, mi capitava di guardare le altre persone e invidiarle perché nonostante non sapessi cosa sarebbe successo a loro in futuro, sapevo che loro un futuro ce l’avevano.
Per loro il domani era qualcosa di scontato, di sicuro, per me invece era un regalo.
A volte non pensiamo che il nostro domani sia una nuova possibilità.
Domani è un regalo, un nuovo giorno per cambiare ciò che abbiamo fatto di sbagliato.
 
«Alex» sentii chiamarmi. Mi ero riaddormentata? Aprii gli occhi mettendo a fuoco il viso di Steve che mi sorrideva dolcemente, le sue mani invece mi tenevano ancora stretta a lui «Ho dormito tanto?» chiesi schiarendomi la voce «No, sarà passata si e no mezz’ora, ma ti va qualcosa da mangiare?» annuii e lui mi aiutò ad alzarmi. Ora mi sentivo un po’ meglio, il mio cuore sembrava decisamente più leggero. Sorrisi senza una vera ragione e Josh mi passò una pizza «Hai fame?» mi voltai verso Jack che mi guardava quasi con sguardo stupito. In effetti erano ormai due giorni che non ingerivo qualcosa di commestibile, la mia pancia non ne risentiva così tanto, ma cosa mi costava mandar giù una fetta di pizza? «Un po’» risposi. Spensero le luci e ci mettemmo a guardare un film di cui non ricordo nemmeno il nome, o forse era Transformer.
Comunque rimasi con una fetta di pizza in mano per almeno dieci minuti fino a quando, sotto gli occhi vigili di Jack, non me ne infilai un pezzo in bocca e lentamente iniziai a masticarla. Quell’anno ero dimagrita tantissimo, forse troppo, ma infondo non mi dispiacevano il ventre completamente piatto (forse anche un po’ all’indentro) e le gambe abbastanza fini.
Quando Steve iniziò a sbadigliare lui e Josh decisero che era ora di andare a letto «Fai la brava okay? Appena ci lasciano un minuto senza lavorare ti passiamo a trovare» annuii alle parole dei miei amici, ma i loro occhi sembravano quasi lucidi. Sapevo che anche loro si rendevano conto che magari, la prossima volta che avrebbero potuto venire a trovarmi io sarei stata ridotta molto peggio di come ero quella sera, o magari io non ci sarei stata più.
Oddio, detta così sembra una cosa così tragica, ma la verità è che non è ‘’essere troppo drammatici’’. Era la realtà. Bastava una dose troppo alta, bastavano qualche pugno in più, bastava un colpo di pistola.
Gli abbracciai tenendoli stretti più del dovuto e poi con calma uscirono dalla porta lasciando me e Jack in totale silenzio. «Andiamo a letto?» chiesi guardando il tappeto che ad un tratto sembrava interessante «Andiamo» mi alzai da sola, ma lui prontamente mi sorresse cingendomi i fianchi con le mani «Senti riguardo a prima io..» «Jack, non dire che non intendevi dire nulla. Parlami» la sua stretta su di me divenne improvvisamente più forte, ma poi mi lasciò andare spingendomi verso il muro e bloccandomi con le mani «Io..» «Si?» i suoi occhi sembravano incatenati a me, sembravano volermi entrare dentro. «Ti voglio, sempre. Voglio te, solo te» gli sorrisi accarezzandogli distrattamente una guancia, il suo viso si avvicinò e sentii la sua barba pizzicarmi il volto. Il suo fiato sulle mie labbra sembrava la cosa più bella del mondo, mi mandava fuori di testa, poi, finalmente, le sue labbra si appoggiarono sulle mie delicatamente staccandosi subito. «Cosa voleva dire Alex?» «Voleva dire salvami e rincominciamo da capo.»

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** He said I'll be fine. ***


Buongiorno! Come state piccoli piccini miei?
Io? Bene, soprattutto perché si stanno avvicinando le vacanze di Natale e 
il mio compleanno (il ventidue) =]
Lo so, lo so. Non posto quasi da UN MESE e mi dispiace. Un po' per la scuola
e gli impegni, un po' perché aspettavo nuove recensioni...
Beh, insomma vi ho postato il nuovo capitolo come regalo di Natale :3
Io cosa vorrei da voi come regalo? Solo nuove recensioni! 
Ora vi lascio leggere, vi voglio troppo bene angeli <3


Buone feeeste! 

G.



He said I'll be fine
capitolo tre




Mi guardai intorno sorridendo, correvo e i miei capelli svolazzavano al vento caldo di Agosto.
A Central Park quel giorno sembrava non esserci nessuno, era stranamente quieta e silenziosa.
Il mio cuore batteva velocemente cercando qualcosa, una persona.
Voltai per l’ultima volta la faccia e mi trovai davanti il ragazzo più bello che io avessi mai visto.
Sorrideva. Io sorridevo. Il mio cuore smise di pompare sangue in fretta, anzi sembrava rallentare
e quando il ragazzo mi prese la mano, perse un battito. «Sei bellissima» 
disse lui e nella mia testa
echeggiò per qualche minuto. Abbassai lo sguardo diventando improvvisamente rossa
e lo sentii ridere «Amore mi sei mancata» mi alzò il mento con due dita facendo incontrare i nostri occhi.
Amore. Amore. Mi aveva chiamata amore. Sembrava un suono così familiare, così rassicurante.
«Ti amo» disse ancora e nella mia testa sentii quel ‘’Ti amo’’ ripetuto più volte.
Quest'ultima iniziò a girare, inizialmente pensai che fosse perché nei libri si dice sempre che l’amore
dà effetti strani. Poi un dolore straziante nella parte bassa della schiena e il ritmo delle parole
appena dette dal ragazzo di fronte a me si fecero quasi assillanti. Mi toccai la schiena e quando guardai
la mano vidi sangue rosso che sgocciolava persino sull’erba immacolata di Central Park.
Alzai lo sguardo cercando una spiegazione negli occhi di quella persona che mi aveva appena detto
che mi amava, ma lui sorrideva semplicemente, poi sentii una risata alla mie spalle.
Quando mi girai trovai Phil e Eric,due pezzi grossi lì a New York, si diceva fossero stati loro a sparare a mio padre.
Ridevano e il ‘’mio ragazzo’’ con loro mentre io mi accasciavo a terra
«Joe aiutami» lo supplicai, ma lui non mosse un dito. Rimase lì finché..

 

 
«Hey…. Alex svegliati!» aprii gli occhi mandando giù la saliva quasi forzatamente «Mi hai fatto prendere uno spavento assurdo, che succede?» mi voltai lentamente non capendo perché Jack avesse quell’espressione preoccupata «C-Che c’è?» chiesi confusa «Stavi urlando e non riuscivo a svegliarti» mi morsi il labbro sentendomi in colpa e poi lentamente mi misi a sedere «Era.. Era solo un brutto sogno» balbettai, Jack mi strinsi al suo petto e io mi ci raggomitolai «Stai tranquilla, si sistema tutto» il suo respiro regolare e il suo profumo mi fecero calmare un po’, forse era perché erano qualcosa di familiare, qualcosa che mi facevano sentire protetta «Beh, buongiorno» dissi piano staccandomi e suscitando una sua risatina «Buongiorno anche a te piccola» rispose accarezzandomi i capelli. Avvicinò piano il suo viso al mio e mi lasciò un bacio dolce «Mh, a cosa lo devo?» «Al fatto che stiamo rincominciando da capo no?» disse a un centimetro dal mio viso «Io non volevo dire che dovevamo stare insieme» si staccò di colpo, rosso in viso e decisamente imbarazzato e io scoppiai a ridere «E’ troppo facile prenderti in giro Jack, ormai dovresti conoscermi» dissi a fatica tra le risate. Vidi il suo viso corrucciarsi in un’espressione offesa e io mi ci buttai addosso abbracciandolo «Cosa posso fare per farmi perdonare?» chiesi mentre lui rimaneva immobile «Mah, potresti iniziare dicendo che sono il tuo ragazzo e non mi scambieresti con nessun’altro al mondo» feci un sorriso malizioso «Poco modesto eh? Ma sì, sei il mio ragazzo e non ti cambierei maaai con nessun altro al mondo» lo guardai mentre un grosso sorriso spuntava sul suo viso «Non sai quanto io sia felice in questo momento» le sue mani calde si appoggiarono sulle mie guance e finalmente riuscii a sentire ancora il suo sapore nella mia bocca  e tutte quell’emozioni che per troppo tempo erano rimaste rinchiuse dentro.
Mi alzai svogliatamente dal letto, ma purtroppo non avevo scelta: avevo deciso di cercarmi un lavoro normale. M’infilai velocemente un paio di shorts della tuta e una maglietta notando che pian piano i segni dei lividi e dei graffi stavano scomparendo velocemente. Sorridente mi avviai verso la cucina, ma appena entrata in corridoio mi fermai bruscamente. Non riuscivo a camminare, come se ci fosse un vetro trasparente di fronte a me che non mi voleva far passare. Iniziai a sudare freddo e la vista mi si appannò. Le gambe iniziarono a tremare come se fossero troppo stanche per sorreggermi. «Jack!» cercai di urlare con tutto il fiato che avevo, ma l’unica cosa che mi uscì fu quasi un sussurro. Un senso di nausea mi attanagliò lo stomaco seguito da una fitta dolorosa e poi, sfinita da tutto quello, mi lasciai cadere a peso morto sul pavimento.
 
«Rispondimi, Alex, rispondimi».


 
«Ti prego».


 
«Apri gli occhi, svegliati».



 
Fu come un defibrillatore, il  mio petto balzò all’infuori velocemente e io riuscii a stento a catturare un po’ d’aria per i miei polmoni. Ritornai nuovamente con la schiena sulle gambe di Jack che mi sorreggeva con i muscoli tesi per lo spavento. Respirai ancora, ancora e ancora, come fosse una cosa che non facevo da troppo tempo. Il mio cuore prese a battere molto velocemente facendomi venire quasi il fiatone e poi sorrisi riconoscendo quelle sensazioni: il caldo che ti faceva venir voglia di spogliarti completamente e subito dopo il freddo quando mi rannichiai più vicino al corpo del ragazzo e poi il giramento di testa, il non capire niente. Mi sentivo finalmente libera, completa.
Jack mi aiutò ad alzarmi e mi portò pazientemente fino al bancone della cucina in religioso silenzio. In quel momento mi sarei dovuta sentire in colpa perché avevo rovinato l’unico momento felice, ma in verità non me ne fregava niente. L’unica cosa che m’importava era che avevo la mia dose, che ero contenta, perché quella era la mia vera felicità, quella del mio mondo.
La felicità, nella mia realtà, non era un ragazzo, un ‘Ti amo’, un anniversario, avere un bambino.
La mia felicità era la mia dose, il resto in quel momento non contava.

 
C’era qualcosa che andava. Come se l’ingranaggio si fosse inceppato per un momento. Avete presente quando iniziate a correre giù per una discesa? Esatto, cosa succederebbe se ci fosse qualcosa che non vi permettesse di correre fino alla fine? Sarebbe qualcosa di incompleto, vi mancherebbe qualcosa. «C-Che diavolo..» iniziai a formulare una domanda, ma Jack mi precedette «Non ti ho dato la tua dose normale, l’ho ridotta almeno starai meglio» Io.starò.meglio. tre fottute parole a cui proprio non credevo.
Sentii l’adrenalina scorrermi in tutto il corpo, così mi alzai e mi misi di fronte al ragazzo che poco prima aveva parlato «Tu cosa hai fatto?» «Lo abbiamo deciso insieme Alex» feci un sorriso bastardo, forse senza neanche rendermene conto, perché infondo io e Jack non litigavamo mai, ma proprio non riuscii a fermarmi «Io voglio la mia fottuta dose adesso. Capito? Non me ne fotte un cazzo di noi, di Joe, di ogni cosa. La voglio adesso».
Chi era quella ragazza?
Non lo sapevo neanche io. Lui abbassò lo sguardo incassando quelle parole taglienti, mentre una sensazione conosciuta si espanse nel mio corpo. Ansia, nervosismo, stanchezza, irrequietezza. Si alternavano.
Non ricordo se Jack mi rispose, ma se lo fece il mio cervello non lo percepì. Poco dopo (o almeno credo) iniziai a sudare, a lacrimare, a sbadigliare. E in quel momento ero certa solo di una cosa: stavo per iniziare un viaggio senza fine, un viaggio dritta all’inferno, quel viaggio gli altri lo chiamavano astinenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Another good-bye ***


Heilà!
sciao piccini miei **
AAAUUUUUUUUUGURI per un bellissimo 2012!
Io, come augurio vi posto questo nuovo capitolo
e mi auguro di ricevere tante tante tante recensioni (fate questo per me?)
Beh, non sto qui a rompervi ulteriormente le scatole quindi
buona lettura <3

G.

 

Another good-bye
capitolo quattro




Arriva quel momento nella vita dove dobbiamo affrontare le nostre paure.
Quel momento non è un bivio, non è una scelta, è un obbligo.
Non possiamo far finta di niente perché la nostra paura è davanti a noi e
ci sta aspettando e noi non possiamo più tornare indietro.

 

Camminai sul marciapiede fino ad arrivare alla via che mi era stata detta e poi voltai a sinistra.
Quel sabato sera il clima di New York mi permise di indossare un paio di shorts e una maglietta a maniche corte con un paio di nuove scarpe con il tacco. Nonostante fossero già le undici e mezza la città era affollatissima.
Mi feci strada tra ragazzi che ci provavano spudoratamente e ragazze che vomitavano l'anima sul ciglio della strada.
Qualche metro più in là c'era il locale che stavo cercandodove c'ero già stata parecchie volte, non era per niente male.
Suonavano musica dal vivo, ospitava grandi DJ ed era sempre strapieno.

Mi accinsi verso l'entrata scavalcando tutta la gente che ingorgava il passaggio, ma il buttafuori mi fermò mettendo
una mano davanti «Siamo al completo stasera, tesoro» disse marcando l'ultima parola, io lo fulminai con lo sguardo «Oh, andiamo. Io non occupo mica tutto il locale!» «Scusami, non posso far entrare nessun'altro» strinsi i pugni e girai i tacchi sussurrando un ''Al diavolo'' (fine come sempre).

Io, che non volevo neanche andare lì. Io, che ero talmente nervosa e agitata che le mie gambe non stavano ferme un attimo. ''Arrenditi e torna a casa'' mi dissi.

Mi rifugiai in un vicolo lì vicino, tirai fuori dalla piccola borsetta una sigaretta e me l'accesi. Vaffanculo al buttafuori, vaffanculo a Jack, Josh e Steve che mi avevano spronata ad andare, vaffanculo anche a Joseph e al suo stupidissimo concerto. Ci tenevo così tanto a rivederlo? Non credo proprio. O almeno, se l'avrei rivisto non so cosa sarebbe successo. Non era quello che volevo? Avevo pregato tutto il giorno per non incontrarlo veramente e ora, invece, volevo a tutti i costi entrare in quel fottutissimo locale.

Sbuffai, rendendomi conto che non ero per niente coerente con me stessa: non sapevo cosa volevo.
Lasciai che il fumo della sigaretta mi calmasse un po', decisi che dopo aver finito sarei tornata a casa. Era inutile stare lì come una stupida ad aspettare chissà cosa, anzi io non aspettavo proprio nessuno! 
E poi dovevo ammetterlo, volevo tornare a casa da Jack, volevo abbracciarlo, stare tutta la sera sul letto a dire cazzate e baciarci perché sì, dopo quella litigata avuta qualche giorno prima avevamo fatto pace.

E come stavo io? Io stavo molto meglio, avevamo trovato delle sostanze ''simili'' ma molto meno pericolose e piano piano sentivo sempre meno il bisogno di bucarmi e sempre più il bisogno di riniziare a vivere seriamente.
Buttai il mozzicone di sigaretta in un angolo e m'incamminai verso la strada principale quando sentii un brusio di voci e la musica a palla, poi ancora niente. «Hey Joe! Si va a festeggiare allora?» «Ci puoi contare amico!».

Vi è mai capitato di avere così tante emozioni dentro che il cuore sembra per un attimo rallentare, come se doveste svenire?
Mi bloccai così, in mezzo alla strada come un'idiota e sentivo i suoi passi avvicinarsi sempre di più, fino a quando mi passò affianco e lasciò una scia del suo profumo. Sembrò quasi non accorgersi della mia presenza, quando invece anche lui si fermò di colpo e lentamente di voltò verso di me.
«Ciao» m'insultai mentalmente per quello che uscì dalla mia bocca. Era l'unica cosa che sapevo dirgli? Avrei dovuto picchiarlo violentemente o fare qualcosa di più sensato. «A-Alex?» «Pensavo ti saresti confuso con il nome di una delle tue tante ragazze» uno a zero. Lui fece una smorfia con il viso e si avvicinò per guardarmi meglio. Sembrava volermi fare la radiografia «Come va la vita da rockstar Joseph?» chiesi per distrarlo dal mio corpo «B-bene» era lui quello in soggezione adesso? «Bene, vedo che sei di poche parole. Io devo andare, buona vita» gli passai affianco senza soffermarmi sul suo viso, perché se l'avessi fatto non sarei riuscita a voltargli le spalle.

Mentre camminavo ci speravo, speravo che lui mi fermasse, mi dicesse che gli mancavo terribilmente.

Non lo fece.

 

 

«Jaaaaaaaaaack! Dove sono finiti i miei pantaloncini?» urlai per farmi sentire da lui che era in cucina a preparare la colazione «Non lo so piccola, il tuo armadio è un campo minato» mi voltai verso la porta e feci una smorfia «Ha-Ha simpatico lui» «Ti amo anche io!» abbassai il volto e mi ritrovai a diventare rossa come un pomodoro.
«Eccoli!» i miei amati pantaloncini rossi, finalmente! Me l'infilai velocemente e corsi in cucina «Trovati ed esageri, il mio armadio non è così messo male» Jack si girò con il sopracciglio alzato e scoppiammo entrambi a ridere «Cosa mi hai preparato di buono?» «Uova strapazzate» m'informò riempiendomi il piatto mentre il campanello iniziò a suonare ritmicamente a tempo di una canzoncina «Secondo te chi è?» «Gli altri due stupidi che si divertono con poco» costatai ridendo mentre il mio ragazzo andava ad aprire.
Come volevasi dimostrare, dalla porta entrarono Josh e Steve «Gentile come sempre la signorina» «Solo per voi» loro mi si avvicinarono lasciandomi due baci sulle due guance e poi si accomodarono mangiando con noi. «Com'è andata ieri sera?» chiese il biondino «E' rimasta fuori dal locale, ma l'ha visto comunque. Lui è rimasto imbambolato e lei se n'è andata» spiegò il mio ragazzo con un tono quasi fiero. Io annuii confermando la sua versione «Te ne sei andata?» «Già» «Quanto rimane in città?» e ancora il suonare del campanello fece eco nell'appartamento «Non ne ho idea, non gliel'ho chiesto» «Puoi farlo ora» s'intromise Josh mentre, affianco a lui, spuntava il soggetto del nostro discorso. Eravamo tutti e quattro allibiti, fermi immobili e lui, nervosamente, si mordicchiava il labbro.
Perché era così sexy? Ops. Pensieri fuori luogo. Però con quei pantaloni aderenti, il giubbotto di pelle, la barbetta incolta e poi le sue labbra...
Mi era mancato tutto di lui e me ne resi conto subito: forse la sera prima al buio non lo vedevo bene. «Cosa ci fai qui?» chiesi io con la poca voce che avevo «Volevo parlarti» disse lui timoroso. Incrociai le braccia guardandolo bene «Cosa ti fa pensare che io voglia parlare con te?» «Ti chiedo solo un po' del tuo tempo, poi sparisco. Giuro.» perché il solo pensiero che lui se ne andasse mi faceva contorcere le budella? «Ok» sbuffai e mi alzai andando verso Joe, ma prima di raggiungerlo una mano mi afferrò facendomi voltare «Jack» «Alex, ti prego» lo guardai mentre le sue mani cercavano di trattenermi «Stai tranquillo» mi prese il viso tra le mani e mi lasciò un bacio dolce a fior di labbra «Ti amo, ricordatelo» annuii senza dire niente e tornai a guardare Joe, che aveva uno strano sguardo.
«Andiamo di là» m'incamminai verso la camera da letto e lui mi seguì senza fiatare.

«Allora, di cosa vuoi parlarmi?» «Sei cambiata» disse lentamente «Ti aspettavi di trovare ancor la ragazzina innamorata perdutamente di te? Ti sbagliavi» ok , forse ero stata troppo dura, ma lui non ci mise tanto a trovare una risposta «Sei tornata a New York per stare con Jack?» «No, ma tu non ci hai pensato due volte a sostituirmi eh» i suoi occhi si accesero di sorpresa «Non avrei mai voluto, ma non volevo più pensare a te» «E allora te ne sei fatte altre mille?» «Tu no?» chiese lui alzando il tono di voce «Se sei venuto qui per insultare puoi anche tornartene da dove sei venuto» sospirò abbassando lo sguardo «Scusami è solo che..»
«Cosa vuoi Joe? Perché sei venuto qui?»
si morse ancora il labbro e poi inchiodò il suo sguardo al mio «Mi mancavi, da morire».

 

Smettila cuore, smettila di battere così velocemente. E tu, bocca, apriti, digli che lui non ti è mancato, digli che lui non è più niente per te, digli che Jack lo ami ed è l'unico che vuoi nella tua vita. Su Alex, fai qualcosa!

 

«T-Tu non puoi tornare e pretendere che tutto torni come prima» dissi quasi sussurrando «Lo so, volevo solo farti sapere che non ho mai smesso di pensarti e che a casa manchi a tutti quanti» «Adesso la mia vita è qui» «Oh» strike! Perché dentro di me non esultavo? Perché non ero felice? Dovevo, ma non riuscivo ad esserlo. «Dimmi una cosa e poi io me ne andrò, per sempre» non avevo mai visto Joe così in difficoltà come in quel momento, sembrava aver paura di formulare la domanda. Il mio cuore iniziò a martellarmi nel petto «Tu ami Jack tanto quanto hai amato me?».

BOOM.

Ecco la domanda-bomba. Una risposta sbagliata e tutto saltava in aria. La mia testa era vuota, io non sapevo cosa rispondere. Davvero non amavo più Joseph? Davvero amavo Jack?

«I-Io lo amo Joe, sono due amori diversi ma adesso io... io amo lui».

Sbaglio o i suoi occhi per un attimo diventarono lucidi? Ma no, anzi, mi aveva anche sorriso. Sorrideva, ci credete? «Ok, allora io torno a Los Angeles e beh, è stato bello Alex, davvero. Sei stata la parte più importante della mia vita» «E' un addio Joseph?» «Credo di sì» ci alzammo in piedi, anche se le gambe non me le sentivo più. «Bene, allora ciao» «Ciao» lo abbracciai velocemente e sentire il suo profumo e la sua stretta fu come un colpo al cuore. Quando si staccò mi sentii vuota, spoglia, nuda, quasi mi vergognavo di me stessa. Senza altre parole lui se ne andò. Lasciò l'appartamento, lasciò New York, lasciò me e tornò a vivere la sua vita senza di me. Ma, infondo, non era quello che volevo?

 

Quello doveva essere un lieto fine, ma allora perché non riuscivo a sorridere? Perché sentivo che avevo appena perso una parte di me? Allora perché non vedevo scritto un ''e vissero sempre felici e contenti''?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** It's just you ***


buonasera donzelle!
come state?
beeeh, sono stata mooolto contenta di
vedere sei bellissime, magnifiche recensioni *-*
siete pronte per un nuovo sconvolgente schifoso capitolo?
spero di sì e spero di avere ancora persone che mi seguano ç___ç

btw, buona lettura <3

G.

It's just you
capitolo cinque

 


 

 

  

 

 

Stupido specchio. Volevo trovare l'inventore degli specchi e urlargli contro.
O forse volevo urlare contro solo a me stessa.

Più guardavo la ragazza riflessa nello specchio, più mi veniva la nausea.

Fin da ragazzina mi avevano sempre detto che ero carina, con i miei occhi verdi, i miei capelli scuri e lunghi,
le mie gambe lunghe e di giuste proporzioni e il mio corpo che attirava i ragazzi.
Ma infondo io avevo il peggior difetto: distruggevo ogni cosa.

Le cose che mi si presentavano davanti mi sfuggivano di mano come saponette, cadevano, sparivano e io rimanevo con il vuoto della loro assenza.

 

Mi lavai il viso con dell'acqua fredda e poi tornai a guardare lo specchio «'fanculo» sibilai lanciandoci contro uno spazzolino (fortunatamente non si ruppe niente) «Alex» mi voltai di scatto verso la porta chiusa e presi un respiro profondo «Entra» «Allora?» feci un sorriso triste e Josh mi abbracciò di slancio «Se n'è andato. Per sempre. Non potevo farlo rimanere, capisci?» le ultime parole furono interrotte da singhiozzi mentre il ragazzo mi stringeva più forte
«Sei innamorata e fa male» «C-cosa?» mi staccai per guardarlo meglio e mi asciugai le lacrime con il braccio destro «Oh, andiamo non penserai davvero che hai smesso di amarlo vero? Quando eri con lui sembravi un'altra persona» «Io amo Jack» Josh sospirò come se non volessi capire una cosa ovvia «Lo ami in modo diverso, infondo lo sai anche tu ma non vuoi ammetterlo» «Perché non vorrei ammetterlo?» chiesi a braccia incrociate «Perchè faresti del male a Jack e tu non vuoi farlo» mi diede un bacio veloce sulla fronte e poi si dileguò mentre io pian piano mi accasciavo sul pavimento freddo del bagno.

 

«Ti amo Alex più di me stesso, più di ogni altra cosa al mondo. Ti amo perché sai ogni cosa di me, perché quando chiudo gli occhi riesco a pensare solo a te, perché dopo cinque anni sento che questo amore mi fa scoppiare il cuore, perché sei tutto per me e non potrei mai lasciarti andare una seconda volta»

 

Faceva così male, come un paletto nel cuore.

Mi perforava la pelle, gli organi, l'anima.

Lo volevo indietro, volevo indietro il tempo, volevo non essermene mai andata, volevo lui e ogni singolo momento con lui.

Ma tutto se n'era andato in un secondo, con una sola piccola frase.

Lui non sarebbe più tornato, lui non mi avrebbe più amata un'altra volta, lui non mi avrebbe più baciata, non mi avrebbe più toccata.

«Vai» mi voltai di scatto verso la voce che pronunciò quella parole «J-Jack» «Vai da lui Alex» si abbassò fino ad arrivare alla mia stessa altezza e mi asciugò le lacrime «Non farlo scappare un altra volta, vai a riprendertelo» «Ma tu..» «Non ami me, o almeno non quanto ami lui. Non importa quanto io ti possa amare, non sarà mai abbastanza e io rivoglio vedere quel sorriso sulle labbra perché mi manca. Mi manchi e mi mancherai, ma troveremo una soluzione, tu ora devi andare all'aeroporto» riprese fiato e rimase a guardarmi mentre io non sapevo cosa fare o come reagire.
Mi prese la mano e mi alzò praticamente a peso morto, si avvicinò a mi diede un bacio sulle labbra, leggero, pieno di risentimenti, pieno però d'amore, un amore diverso, ma sincero, senza il quale non sarei sopravvissuta a niente.

«Giù ti aspetta un taxi, corri amo.. tesoro» gli accarezzai il volto rendendomi conto di quanto fossi fortunata ad averlo, di quanto fosse importante lui nella mia vita, di quanto mi riempisse il cuore di felicità, di vita.
Lo abbracciai sussurrando un ''grazie'' e corsi giù fino in strada, con il fiatone entrai nel taxi non facendo caso al trucco colato, hai capelli arruffati, alle guance rosse per l'emozione, al cuore che sembrava volermi uscire dal petto
.

Il tempo che impiegammo ad arrivare fino alla meta sembrava infinito, tanto che la mia gamba si muoveva con frenesia mentre stavo seduta sul sedile dietro dell'auto.
Lasciai i soldi al ragazzo qualche minuto prima di arrivare così che quando si fermò riuscii a correre fuori velocemente.
Entrando nell'areoporto per prima cosa guardai i tabelloni dei voli: si stava imbarcando in quel preciso istante.

Un'altra corsa che mi sembrava un po' come in quelle scene romantiche dei film, anche se quella corsa era di vitale importanza.
Se lui si fosse imbarcato io... non sapevo neanche cosa avrei potuto fare, forse avrei rincorso l'aereo, mi sarei attaccata a un'ala e sarei volata fino a Los Angeles così.
Mentre correvo verso di lui mi vennero in mente tutti i momenti passati insieme, tutti i baci, le volte in cui facevano l'amore, i sorrisi, gli abbracci, le parole, i litigi, il suo profumo, era inevitabile: stavo correndo verso l'amore vero, l'amore che si trova solo nella fiabe che ti leggono da piccola, l'amore della tua vita, della tua esistenza.
Il mio aveva solo un nome...

«Joe!» dire che mezzo aeroporto di voltò verso di me sarebbe un eufemismo. Fortunatamente anche il diretto interessato si girò, mi guardò con un espressione incredula e poi di scostò dalla fila.

Nessuno si muoveva, tutti aspettavano che succedesse qualcosa e anche se odiavo essere al centro dell'attenzione, in quel momento m'importava solo lui, lui che stava camminando verso di me «Sono stata una stupida io...».

 

Aria.

Vita.

Amore.

Luce.

 

Infondo non si può descrivere esattamente cosa si prova mentre qualcuno ti bacia, ma in quel momento fu come se ogni particella del mio corpo si donasse a lui, come quando in una caduta libera ti si apre il paracadute.
Era lui il mio salvataggio, lui era ogni cosa.

Le sue mani mi stringevano i fianchi mentre le mie affondavano nei suoi capelli e Dio, il suo sapore era il mio gusto preferito.
Era meglio di ogni gelato, ogni tipo di cioccolato, ogni sigaretta, ogni dose, ogni...

Si staccò lentamente e io ripresi la frase da dove l'avevo lasciata «Io amo te» sul suo viso apparve il sorriso più bello che io potessi mai immaginare e il suo sorriso divenne anche il mio «Anche io amo te, non ho mai smesso di farlo e mai smetterò»   e poi ancora le sue labbra, ancora il suo profumo, ancora il suo amore.

Come riuscii a sopravvivere più di un anno senza lui non lo realizzerò mai, perché senza di lui il mondo non esiste, attorno a lui ruota ogni cosa, senza di lui niente è degno di essere vissuto. 

Mi prese la mano e la strinse «Grazie di non avermi lasciato andare» «Grazie a te perchè rimani».
Così mano nella mano uscimmo dall'aeroporto senza dire nessun'altra parola.
Sì, certamente avevo molto da dirgli, ma in quell'istante ogni cosa avrebbe rovinato quel momento.
Sicuramente ogni parola, però, sarebbe stata meglio della telefonata che arrivò pochi secondi dopo.

Risposi immediatamente leggendo il numero di Steve.

«Pronto?»
«Alex vieni subito»
«Cos'è successo?»
«Si tratta di Jack».

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** My price to pay. ***


oh, ma chi si rivede!
dite la verità, pensavate fossi morta? eh no
, bbbellezze.
sono ancora qui a postarvi un altro schifosissimo capitolo.
scusate per il super-maxi-mega-assurdo ritardo, ma tra la scuola, il periodo un po' ''così'' e
la poca ispirazione, le mie mani non ne volevano sapere di collaborare.
btw, spero che ci sia ancora qualcuno qui che abbia voglia di leggere questa FF.
dai, vi lascio leggere
.
ccciao (L)

G.

My price to pay
  capitolo sei

 

 Fin da piccola, quando morì la prima persona che amavo con tutto il cuore, ovvero mio padre, ho sempre pensato che la vita non ti regala mai la felicità.

Proprio quest'ultima ha sempre un prezzo, un costo.

Non puoi pretendere di sposarti e poi avere una vita felice per sempre, senza battibecchi con tua moglie o tuo marito.

Ecco perché ho sempre pensato che la vita sia stronza.

Sì, insomma, come quelle ragazze a scuola che ti verrebbe da investirle una ad una perché ogni giorno di fanno sentire uno schifo.

 

 La mia felicità? Mi sembra ovvio, Joseph Adam Jonas. 

Il mio prezzo da pagare? Il mio migliore amico, Jack. 

 

Ero seduta su quella dannatissima seggiolina della sala d'aspetto da ormai due ore abbondanti, con il cuore in gola.

Possibile che nessun dannatissimo dottore venisse a dirmi come stava?

Mi misi le mani nei capelli e l'unica cosa che riuscivo a vedere era il volto di Josh, sconvolto e pallido, mentre mi diceva «Jack è stato investito».

Quelle parole investirono me.

Mi dissero che era stato portato subito al pronto soccorso, ma nessuno sapeva ancora come stava.

«E' lei la signorina Alex?» un signore in uniforme mi si avvicinò mentre io ciondolavo la testa per annuire. Aveva l'aria di chi la sa lunga, di chi non si fa sfuggire niente, un po' alla Horatio Caine.

Si sedette tranquillamente nella seggiolina accanto a me e mi mise una mano sulla gamba «Mi dispiace molto per l'accaduto, alla reception mi hanno detto che non le hanno ancora parlato» scossi la testa nuovamente per negare e lui fece un sorriso amaro «Si divertono a tenere la gente sulle spine» disse cercando di risollevarmi, invano, l'animo. Sospirai e mi lasciai cadere stancamente sullo schienale «Abbiamo interrogato il conducente dell'auto che ha investito Jack » spiegò lentamente, come se avesse paura di traumatizzarmi «Il signore afferma che il ragazzo si è buttato spontaneamente in mezzo alla strada, che c'erano dei testimoni che possono confermarlo e che non è riuscito a frenare in tempo».

Mi morsi il labbro così violentemente quasi da farlo sanguinare.
Cos'avrei dovuto dire? Era colpa mia? Il conducente dell'auto diceva davvero la verità?

Mi persi in quelle domande, momentaneamente senza risposta e il poliziotto, vedendo le mie poche intenzioni ad aprire bocca, si congedò con un ''la lascio pensare da sola''.

Rannicchiai le gambe contro il petto e ci appoggiai la testa «Amore, ti ho portato una tazza di the caldo » mi voltai verso Joe mentre appoggiava il bicchierino sul tavolo affianco a noi e quando si girò, non riuscii a trattenermi: mi buttai fra le sue braccia, nascondendo il mio viso tra il suo incavo del collo e le lacrime scesero libere, come un fiume in piena.

«Se solo non l'avessi lasciato lì» m'incolpai ad alta voce «Non devi pensare neanche per un secondo che sia colpa tua» sussurrò Joe nel mio orecchio e i singhiozzi si fecero più rumorosi. Strinsi con forza le mie mani alla sua felpa, come per sfogare tutta la mia rabbia.


 

 

«Alex.. Tesoro svegliati» il tono dolce e pacato di Joseph mi fece svegliare lentamente, come se fosse una giornata qualunque, iniziata con affianco il mio ragazzo. Pian piano, però i sensi si stabilizzarono e iniziai a sentire l'odore fastidioso di disinfettante e la scomodità delle poltroncine dell'ospedale. Sospirai e aprendo gli occhi intravidi una figura con un camice bianco. Raddrizzai immediatamente la schiena e cercai di sistemarmi i capelli alla bell'è meglio.
Realizzai che il medico era in realtà più un ragazzo sui trentacinque anni e, sicuro di sé, teneva in mano una cartelletta con fogli che continuava a sfogliare.
«Come sta?» chiesi con la voce ancora un po' impastata dal sonno «L'impatto è stato forte e dopo varie operazioni siamo riusciti a salvarlo» sembrò come uscire da un'apnea durata ore. Tirai un sospiro di sollievo, ma quando vidi lo sguardo triste del dottore, tornai nuovamente seria «ma..?» «ma ora è in coma. Dopo l'intervento non si è più svegliato»

 
 

no no no no no no no no no.
 

«Quando.. Quando si sveglierà?» «Non lo sappiamo, ci dispiace».

 

Colpo di grazia. Perché diavolo dare una bella notizia per poi smontare tutto con una singola parola? ''coma'' e tutto scompare, tutto non ha più senso.
 

Senza Jack tutto non ha più senso. Lui non poteva arrendersi così, non poteva lasciarmi, lui... non poteva.

Il dottore si dileguò senza farsi troppi problemi mentre la stretta del mio ragazzo si fortificò «Lasciami» sibilai, Joe mi guardò confuso «Lasciami, cazzo!» urlai tanto forte da far voltare tutte le persone nella sala d'attesa e, tra le lacrime e la vista offuscata, mi rinchiusi nel bagno che si trovava alla fine del corridoio.

Il mio respiro era talmente veloce che mi faceva girare la testa e il mio camminare avanti e indietro nel piccolo bagno, mi fece diventare quasi paranoica. Feci un ultimo passo e poi mi voltai velocemente sferrando un pugno al muro, che non fatto di cartongesso, mi fece imprecare di dolore e scivolare sul pavimento freddo, proprio come mi sentivo io in quel momento: fredda.
 

Portai le mie gambe al petto mentre vedevo la mia mano sporcarsi di sangue, quando ormai il dolore era passato in secondo piano.

 

Jack, non farlo. Jack, rimani. Jack, io non vivo senza te.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Don't take me away from him. ***


*non uccidetemi, non uccidetemi.*
sono tornata -come al mio solito- con un ritardo claamoroso!
beh, sono felicissimissima per le recensioni che mi scrivete perché siete troppo
kfjvankljfvnkdbjdnkfj :')
comunque, ammetto che questo non è uno dei miei capitoli migliori,
ma non potevo aspettare ancora a postare!
quindi spero che nonostante tutto mi facciate sapere cosa ne pensate <3
xx


G.
 

Don't take me away from him
capitolo sette



Guardai nuovamente l'orologio le cui lancette sembravano rincorrersi e mi resi conto che non ricordavo neanche da quanto tempo ero in quella stanza.

Tornai a fissare il ragazzo steso sul letto mentre mi auto convincevo che stava semplicemente dormendo, che da lì a poco avrebbe aperto gli occhi, mi avrebbe sorriso e saremmo usciti a mangiare qualcosa insieme.

Afferrai stancamente la chitarra appoggiata vicino alla poltrona dov'ero seduta e mi misi a strimpellare qualche accordo per noia.

Le braccia ricadevano stanche sulle corde dello strumento, ma quando tra un pezzo e l'altro mi resi conto che stavo suonando l'inizio di una canzone, i muscoli presero energia e così anche la mia voce.

«..there are many things that I would like to say to you but I don't know how, because maybe you're gonna be the one that saves me and after all you're my wonderwall» quale canzone meglio di quella? Anche se, venne improvvisamente interrotta dall'aprirsi della porta. «Amore» «Joe» il mio tono uscì più duro del solito, come se mi avesse infastidito il suono di quel nomignolo in presenza di Jack immobile su quel letto. «Tesoro, torniamo a casa, ti riposi, mangi qualcosa e poi torniamo» sospirai chiudendo gli occhi, quante fottute volte dovevo ripeterlo? «Io non torno a casa finché lui non apre gli occhi, capisci? Voglio esserci quando si sveglierà, non posso permettermi di andarmene così» lui si avvicinò, accostandosi alla poltrona «Sei qui da giorni e hai fatto al massimo una passeggiata per il corridoio qua fuori. Hai bisogno di uscire, di respirare aria fresca» sorrisi sentendo quelle ultime parole. Mi alzai lentamente con le gambe che quasi cedevano, mi avvicinai alla finestra, l'aprii e fece un grosso respiro «Sei felice? Ho respirato aria pulita, ora lasciatemi in pace, tutti quanti».

Si morse il labbro sconfitto, poi si alzò senza dire una parola e uscì dalla stanza. La verità è che mi sentivo un po' in colpa e mentre mi andavo a risedere mi scese anche una lacrima giù per la guancia, ma me l'asciugai immediatamente pensando che lo facevo per Jack, che non potevo lasciarlo un'altra volta.

Continuai a guardare il ragazzo e poi l'orologio, il ragazzo e poi l'orologio finché gli occhi non si fecero troppo pesanti..

 

 

 

«Alex, stai un attimo zitta?» sbuffai come una bambina piccola e misi le braccia incrociate mentre lui mi trascinava ancora «Voglio sapere qual'è la sorpresa, siamo arrivati? Lo sai che odio essere bendata!» lo sentii ridacchiare e finalmente si fermò. Respirai profondamente e riconobbi il profumo dei peschi.

Sorrisi e poi sentii le sue labbra sulle mie che si muovevano lente e dolcemente «Non pensare di cavartela con un bacio caro mio, dovrà essere una sorpresa che mi faccia dimenticare l'ultima ora e mezza che ho passato bendata» dissi facendo il tono da arrabbiata. Lo sentii spostarsi dietro di me «Oh, fidati lo sarà tesoro» sussurrò e poi slegò la benda.

Quando gli occhi si abituarono alla luce mi resi conto di non aver mai visto niente di più bello e spettacolare: era un prato immenso che sembrava un lenzuolo verde con disposti in file più di cento peschi che davano colore.

Alcuni petali dei fiori cadevano sull'erba e sembrava chepiovessero dal cielo.

Mi voltai verso il ragazzo e mi accorsi che mi stava osservando con un grosso sorriso stampato sulle labbra. Mi avvicinai e con un filo di voce dissi «Mi hai portata in un piccolo angolo di Paradiso, lo sai vero?» lui semplicemente annuì e mi stampò un bacio a fior di labbra per poi afferrare la mia mano e intrecciarla nella sua.

Camminammo per tutto il prato guardandoci in giro, correndo, baciandoci, finché ci sdraiammo sfiniti per terra. «Perché?» chiesi di punto in bianco continuando a guardare il cielo «Perché cosa?» «Perché mi hai portata qui?» rimase per poco in silenzio prima di decidersi a rispondere «Ti volevo far vedere che a volte anche all'inferno si trova uno spazio di Paradiso e per me, in quest'inferno, sei tu» mi voltai verso lui con gli occhi lucidi e lo baciai.

Le sue mani s'intrecciarono ai miei capelli e io mi stesi sopra di lui. Le nostre bocche si univano come tessere di un puzzle, si cercavano, erano calamite. Le sue mani cercavano la mia pelle che bruciava a contatto con la sua. Tutto però era diverso, era più calmo, dolce, tutto era amore. I suoi respiri, l'intrecciarsi delle nostre mani, dei nostri corpi, le parole che sussurravamo. Erano amore. Eravamo amore.
 

 

Mi svegliai di soprassalto con le lacrime agli occhi per quel ricordo così vivo ancora nella testa.

Non volevo perdere tutto quello, non volevo perdere lui.

Non riuscivo a pensare ad un singolo giorno senza lui, la sua voce e i suoi sorrisi.

«Jack, svegliati. Jack ti prego, ti prego apri gli occhi, ti scongiuro, fallo per me, fallo per noi due.» sussurrai tra i singhiozzi, ma lui non mi sentiva.

Lui non mosse un singolo muscolo e il mio cuore sembrava rallentare, voler fermarsi, opporsi ad una vita senza lui.

La porta della stanzetta si aprì nuovamente «Alex, o esci di qui o ti portiamo via con la forza» disse Josh severamente, ma io scossi la testa «Non potete portarmi via da lui, no, no». Poi improvvisamente sentii Steve e Josh prendermi di peso e allontanarmi da quella stanza, allontanarmi da quell'ospedale e io non avevo neanche le forze per oppormi o semplicemente urlare.

Quella fu l'ultima volta che vidi Jack in quella stanza.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Tell me you love me. ***


heilà donzelle :3
come state?
scuuuuuuuuusate tantotanto per il ritardo (come al solito)
ma almeno adesso che inziano le vacanze posso postare più
spesso.
l'ultima volta mi avete lasciato otto bellissime recensioni
e spero che aumentino sempre di più **
vabbè, vi lascio leggere.

peace out

G.

Tell me you love me
capitolo otto 

 

Mi svegliai di colpo avendo la sensazione di dover fare qualcosa di urgente, senza davvero sapere cosa fosse.

Mi guardai intorno indifferente, quando mi accorsi che quelle pareti, quei mobili mi erano particolarmente familiari. Scostai con un gesto brusco le coperte e mi alzai girovagando per la stanza, una stanza che conoscevo fin troppo bene.

Che stronzi, non bastava il fatto che mi avessero portato via da Jack, no, loro mi avevano anche riportato a Los Angeles. Per cosa poi? Pensavano che mi sarei dimenticata di lui? Che l'avrei lasciato lì da solo? Si sbagliavano.

Con la rabbia che ribolliva dentro di me scesi al piano di sotto e mi avvicinai al salotto da dove sentivo provenire delle voci.

Quando entrai tutti gli occhi erano su di me, occhi di persone con cui avevo condiviso ogni cosa e invece ora mi avevano portato via tutto.

«Alex, ciao! Sei mancata a me e Rob, sai?» sentii dire da Lexus. La mia Lex. Mi era decisamente mancata un'amicizia femminile a New York e poi avrei voluto sapere come stavano andando le cose tra lei e Rob, ma non la chiamai mai, tagliai ogni possibile filo conduttore tra me e LA.

In ogni caso non la degnai di uno sguardo, piuttosto mi concentrai sui ragazzi Jonas che mi guardavano senza dire una parola. «Siete dei grandissimi stronzi» esordii freddamente «Lo abbiamo fatto per te, stare lì non avrebbe risolto la situazione. Non potevi restar lì per sempre» spiegò Nicholas come se fosse la cosa più ovvia del mondo «Allora farmi tornare a Los Angeles sarebbe stata la soluzione più adatta?» ribattei alzando un po' troppo la voce «Noi..» «Non me ne frega niente! Io torno a New York, ora» mi voltai, incurante degli sguardi di disapprovazione che mi seguivano come ombre. Aprii la porta di casa avviandomi verso il cancello quando una mano mi bloccò il braccio «Joseph lasciami stare o giuro che ti tiro un pugno» lo sentii alleggerire la presa, ma quando feci un altro passo lui la strinse di nuovo.

Non ricordo esattamente cosa mi passò per la testa in quel momento, ma mi voltai e sferrai un pugno in faccia a Joe senza neanche rendermene conto e poi rimasi immobile, spaventata nel vedere lui che si portava le mani alla faccia. «Scusami» sussurrai con un filo di voce mentre guardavo il sangue uscirgli dal naso che molte volte avevo baciato «Non so più chi sei Alex, ma sai cosa ti dico? Vuoi andare via? Vai perché tanto non sei più la ragazza di cui mi ero innamorato, ma a te non te ne frega proprio un cazzo, vero?» a sentire quelle parole un peso s'insinuò tra il mio corpo fino ad arrivare dritto al cuore, facendomi così male da farmi uscire lacrime dagli occhi. «Non volevo farlo» «No? Ne sei sicura? A me non sembrava» spostò le mani dal suo viso e si vedeva chiaramente che da lì a poco sarebbe uscito anche un grosso livido sullo zigomo destro «Non posso lasciarlo lì da solo» «Ma puoi lasciare me a quanto pare» socchiuse gli occhi deluso e a me non uscì neanche una risposta, poi si allontanò e io rimasi lì, da sola, finché Nick non mi prese per mano e mi riportò in camera mia.
 

 

«Sono una grandissima cogliona» dissi mentre Kev mi portava un tè caldo che alla fine non calcolai minimamente. «Non devi prendertela con te stessa» «Gli ho tirato un pugno Kev! Non so se hai notato il livido che ha sulla faccia e il sangue che gli colava dal naso!» si accomodò vicino a me circondandomi le spalle con le sue braccia per tranquillizzarmi «Hai un bel gancio per essere un ragazza» accennai una risata e lui con me, ma poi tornai subito seria.

«Riesco solo a creare più casini di quelli che non ho già» «Lui ti ama Alex, non importa quanto arrabbiato o deluso possa essere, non potrà mai lasciarti andare neanche volendo. Credo che abbia solo paura, paura di perderti e fidati, anche lui si sente in colpa per Jack, ma proprio per questo ha bisogno di te in questo momento e tu hai bisogno di lui» mai dette parole più vere. Sospirai guardandolo sconfitta dalle mie stesse emozioni«Cosa posso fare?» «Dimostragli che sei sempre tu, la Alex che lo ama, fagli vedere che hai paura come ha paura lui, che sarai forte con lui».

Abbracciai Kev di slancio e chiusi gli occhi lasciandomi andare a quella sensazione di sicurezza, di protezione «Sei sempre il migliore» «Ci sono sempre tesoro» «Lo so» «Ti voglio bene» «Anche io».

 

Dopo la conversazione con Kevin mi ci vollero due giorni interi, vedere Joe triste sull'orlo delle lacrime ogni volta che ci incrociavamo e una dose forse eccessiva di caffeina per andarci a parlare.

Davanti alla sua camera feci un grosso respiro prima di bussare e ricevere una risposta con voce rauca che m'invitava ad entrare.

«Oh» disse quando mi vide. Era seduto sul letto e io mi sedetti vicino a lui, facendo finta di non notare il suo sguardo preoccupato data la nostra vicinanza. «Ero venuta qui per parlarti» «Ti ascolto» disse dopo qualche minuto d'esitazione.

Da dove iniziare? Nel mio cervello c'erano così tante parole che lottavano per uscire, ma nessuna voleva farsi avanti per prima, allora il mio corpo decise che per primo sarebbe andato il mio cuore.

«Ti amo Joseph, ti amo da impazzire e Dio solo sa cosa non farei per te. Ti ho amato sempre, non c'è stato un singolo momento in cui io non abbia voluto baciarti, stringerti, amarti e stare con te. So anche tu mi.. hai amata e dovresti conoscermi. Sono complicata, scorbutica, non faccio mai quello che tutti si aspettano, agisco istintivamente senza pensare alle conseguenze e non lascio mai andare le persone che amo. Per quanto possa essere difficile per te da sentir dire io amo Jack, ovviamente non nello stesso modo in cui amo te, ma lui mi ha salvata da tutto, lui c'è sempre stato, lui è stato la mia unica ancora di salvataggio e io non riesco a lasciarlo andare» mi voltai a guardarlo mentre sulle sue labbra spuntava un sorriso amaro, ovviamente le cose che stavo dicendo non gli erano nuove «Io voglio solo che tu ricominci a vivere con me, non ti sto chiedendo di lasciarlo perdere, ma credo che sia meglio che tu stia lontana da New York per un po'».

Mi morsi il labbro, se aveva capito come mi poteva chiedere una cosa del genere?

«Dimmi che mi ami Joe» mi strinse la mano «Ti amo Alex, non smetterò mai di farlo». Sospirai e rafforzai la stretta delle nostre mani «Se tu credi che sarà meglio allora resto, resto qui per noi».

Mi prese il viso e mi baciò facendo svanire ogni singolo dubbio sulla scelta appena fatta.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Love, Love, Love. ***


heeeeeeeey oh!
eccomi (finalmente) ritornata con un graandioso capitolo.
ho perso un po' di tempo per postare perchè volevo collezionare
un po' di recensioni dato che ultimamente scarseggiano.
anyway ho deciso che solo dopo aver avuto 5 recensioni posterò un nuovo capitolo,
non prima!
bene, detto questo vi lascio leggere in santissima pace.
xx

G.



 

Love, Love, Love
capitolo 9



Los Angeles mi era mancata. Il sole, i pantaloncini corti durante ogni stagione dell'anno, il mare a poca distanza, la piscina, il relax, la sensazione di essere sempre in vacanza.

Avevo incominciato un'altra vita (ancora).

In poche settimane tutto prese una piega completamente diversa da quella che inizialmente mi aspettavo: Joseph iniziò ad incidere un suo nuovo album da solista che fece discutere molti fan e molte riviste, ma che tutti noi approvavamo, Lex e Rob praticamente vivano con noi così che cercavamo di recuperare il tempo perso mentre il resto della famiglia Jonas andava e veniva.

Per quanto riguarda me, avevo iniziato a studiare per gli esami di ammissioni all'università, anche se non ne avevo ancora scelta una e cercavo un lavoro che mi permettesse di contribuire alle spese della casa e di tutto il resto.

Insomma, la mia vita era totalmente diversa da quella di New York e a proposito di questo, cercavo di tenere la mia mente ben lontana da quei pensieri.

Qualche volta, quando ero sola, l'emozioni mi assalivano così violentemente che mi mancava quasi il respiro, allora prendevo il cellulare e chiamavo o Josh o Steve, ma purtroppo le notizie non cambiavano: Jack non si svegliava.

 

 

«Ciao amore» sentii le labbra di Joe appoggiarsi delicatamente nell'incavo del collo e poi lo vidi sedersi affianco a me con i piedi a mollo in piscina. «Com'è andata al lavoro?» chiesi guardando l'acqua limpida muoversi attorno alle mie gambe che oscillavano lentamente «Come al solito, mi mancano ancora un paio di canzoni e poi ho finito e sarò tutto tuo» mi voltai verso di lui e lo vidi assorto nei pensieri «Quando pensi di farmene ascoltare almeno una?» «Quando sarà tutto finito, voglio che sia una sorpresa» sbuffai, era la centesima volta che mi ripeteva quella frase. Che diavolo aveva inciso di così segretamente importante? Il rumore di un lampo mi fece sobbalzare «Tra poco inizierà a piovere, vuoi rientrare?» scossi la testa e intrecciai la mia mano nella sua e rimanemmo in silenzio, in attesa fino a quando delle goccioline fresche iniziarono a bagnarci. Lui si alzò e così feci anche io, ma lo fermai per un braccio prima che potesse rientrare in casa «Ci bagneremo completamente» disse lui mentre la pioggia si faceva sempre più fitta «Facciamolo» «Cosa?» «L'amore» non rispose e io rimasi a mordermi il labbro, osservandolo mentre iniziava a togliersi i vestiti lentamente. La pioggia ormai era penetrata attraverso i nostri vestiti e potevo vedere le gocce percorrere velocemente il corpo ormai nudo di Joe che si avvicinava a me. Mi lasciò un bacio leggero e poi iniziò a spogliarmi, senza fretta e io mi lasciai andare ai suoi movimenti, alle sue carezze.

Mi prese in braccio e mi adagiò su quella specie di pavimento che contornava la piscina e iniziò a baciarmi con più passione, con più foga.

Quei baci che mi erano mancati così tanto e quelle mani, che tante volte avevo sognato mentre mi accarezzavano il corpo proprio come stavano facendo in quel momento.

Aprì le mie gambe con dolcezza facendo percorrere le sue dita nel mio interno coscia e poi s'insinuò tra esse facendoci diventare una cosa sola dopo tanto tempo.

«Ti amo» un suo sussurro, un suo movimento, un nostro respiro.

Il suo corpo mi proteggeva quasi completamente dalla pioggia mentre le mie mani percorrevano con più facilità la sua schiena completamente bagnata.

Non smise di baciarmi, di accarezzarmi, di farmi sentire sua, neanche quando arrivammo all'apice del piacere, quando lo sentii tremare sopra di me e intrecciare le sue dita con le mie.

Rimanemmo per un po' così, uno sopra l'altra, sotto la pioggia, con ancora i respiri affannati, con ancora la voglia di baciarci.


 

 

«Cos'hai?» mi voltai verso Robert, seduto malamente sulla poltrona «Cos'ho?» chiesi a metà tra spaventata e confusa. Mi osservò attentamente per qualche secondo e poi fece un sorriso malizioso «Tu e Joe avete scopato e anche alla grande direi» prima che potessi dire qualcosa una voce acuta arrivò dalla cucina «Chi ha fatto cosa?» «Alex e Joseph!» «Cosa?» «Hanno scopato!» vidi entrare in salotto la mia amica con uno sguardo da rimprovero «Robert non si parla così, si dice ''hanno fatto l'amore''» poi si guardarono e scoppiarono entrambi a ridere. «Avete finito di prendermi per il culo? Non siete divertenti!» Lex si mise sulle gambe del suo ragazzo e gli lasciò un bacio a fior di labbra per poi concentrarsi nuovamente su di me «Allora è vero?» «Sì» «Io non mi sbaglio mai» disse Rob con tono fiero. «E com'è stato?» «Molto meglio di come lo ricordavo» sorrisi tra me e me. Dovevo ammettere che Joe mi era mancato anche da quel punto di vista e a quanto pare la cosa era reciproca.

«Quindi, a quando il matrimonio?» scherzò Rob con un ghigno sul viso «Non diciamo cazzate, se conosco bene Joseph voi fate tempo anche ad invecchiare» ammisi facendo una smorfia.

Smettemmo di parlare solo quando arrivarono anche i signori Jonas con il piccolo Frankie. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Bday party ***


 Dopo tanto (troppo) tempo sono tornata
con un nuovo schifoso  capitolo.
Come al solito aspetterò le 5 recensioni prima di postare il nuovo capitolo.
Buona lettura c:
xx


G.


 Bday party
capitolo 10





 

«Adam, mi fai scendere da questo letto?» «Mmh, non ancora» disse lui sorridendo sulla mia pelle nuda. Mi lasciò una scia di baci su tutto il collo e per finire un dolce bacio sulle labbra. «Se non ci sbrighiamo arriveremo in ritardo e tua mamma ci ucciderà» fece una smorfia probabilmente pensando alla scena e mi lasciò (finalmente) alzare dal letto. Gli rivolsi un sorriso e poi con il corpo avvolto dal lenzuolo m'infilai in bagno a fare una doccia calda. Quella sera c'era il compleanno di Frankie e i genitori Jonas gli avevano organizzato la festa in un parco di divertimenti nei dintorni. Ci sarebbero stati tutti i suoi amici e qualche amico anche dei fratelli che lo conosceva, insomma era una cosa in grande.
Sinceramente la mia voglia di uscire era proprio dieci metri sotto terra, ma non potevamo assolutamente mancare.



Mi feci una doccia veloce e poi andai a scegliere cosa mettermi. Purtroppo nella serata era anche compreso il tappeto rosso e quindi avrei dovuto indossare tacchi e un vestito, quando io sarei volentieri andata in jeans, felpa e converse per muovermi meglio. «Amore ci sei? Dai che sono già le otto e mezza» urlò Joe dal piano di sotto mentre io quasi mi uccidevo scendendo le scale con i tacchi vertiginosi. 

«Sono pronta, possiamo andare» afferrai le chiavi della macchina e uscii di casa, ma solo quando stavo per entrare in macchina mi accorsi che Joseph non si era mosso di un solo passo.
«Che ti prende?» chiesi con il fiatone quasi «Sei bellissima» lo guardai arrossendo di colpo mentre lui si avvicinava lasciandomi un bacio veloce e entrando in macchina.

Io amavo davvero troppo quel ragazzo.



 

Quando arrivammo nel luogo della festa eravamo praticamente gli ultimi. Il parco era già pieno e Frankie era già sudato per aver corso su metà delle giostre. «Buon compleanno mostro» «Grazie fratellone» mi avvicinai anch'io lasciandogli un bacio sulla guancia «Buon compleanno ometto» «Grazie Alex, ma adesso sono abbastanza grande per te?» gli sorrisi mentre Joe da dietro faceva una faccia di disapprovazione «Ancora qualche anno e poi scapperemo via insieme» gli feci l'occhiolino e poi lui tornò soddisfatto a giocare con i suoi amici.

Il parco era tutto musica, luci, fotografi e tante, tante, tante, tante persone.

«I tuoi hanno deciso di fare le cose in piccolo eh» dissi guardandomi in giro stupefatta «Non credo di aver mai avuto una festa di compleanno così bella» commentò lui mettendomi un braccio intorno alle spalle «Quella di due anni fa ti era piaciuta, no?»
«Quale?»
chiese confuso, mi voltai verso di lui avvicinandomi al suo orecchio «Io e te, alla casa al mare e il mio regalo di compleanno al cioccolato» sentii la sua mano stringere il mio fianco e lui sospirare«Siamo a una festa di minori tesoro, eviterei di parlare di certe cose» gli baciai il collo ridendo «Giusto, andiamo a mangiare una fetta di torta che almeno pensiamo ad altro».

 

Tra i tacchi che mi facevano male e i signori Jonas che mi presentavano a tutti quanti come la futura nuora mentre io continuavo ad arrossire sempre di più, la serata sembrava davvero infinita.

Il flash dei fotografi m'innervosiva e il loro continuo urlare, il fatto che non ci si riusciva a muovere mi faceva venir voglia di passare in mezzo alla folla con il lancia fiamme e neanche la torta gigante panna e frutta mi aveva addolcito un po'.
 

 

«Cavolo non ce la facevo più» dissi sfilandomi i tacchi e lasciandoli sulla panchina lì vicino «Sei tanto stanca amore?» «Più che altro questi tacchi mi stavano uccidendo» dissi facendo una smorfia.
Lui mi si avvicinò mettendo le mani contro il muro e facendoci aderire la mia schiena «Però eri molto sexy» «Joe non ti far venire strane idee, potrebbe arrivare qualcuno da un momento all'altro» ma ormai era troppo tardi: le sue mani erano già sotto il mio vestito e le sue labbra già sul mio collo. Intrecciai le mie gambe alla sua vita e feci coincidere la mia bocca con la sua.
«Cazzo Joseph, fai piano o qui urliamo e ci sentono tutti» ansimai anche se a lui non sembrava importare dato che continuava a muoversi sempre più velocemente, a toccarmi sempre di più e a baciarmi sempre con più foga e io, io rischiavo di impazzire totalmente ogni volta che lui sussurrava il mio nome nel mio orecchio
. La sua lingua sfiorava le mie labbra mentre le mie mani stringevano i suoi capelli per non farlo allontanare da me. Mi baciò un ultima volta e poi venimmo tutti e due insieme, felici. «Dovremmo smettere di far sesso per un po', non sappiamo controllarci!» esordii mentre mi sistemavo il vestito.
 «Non dirlo neanche per scherzo, se vado in astinenza è anche peggio» scoppiammo a ridere e mano nella mano tornammo nel pieno della festa, dove ci restammo per quello che a me sembrò un tempo infinito. 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** He's back ***


Mi svegliai stropicciandomi gli occhi e allungai la mano verso l’altra metà del letto. Improvvisamente si scontrò con un corpo caldo «Buongiorno piccola» disse Joseph voltandosi verso di me. Rotolai verso di lui e mi rannicchiai tra le sue braccia «Buongiorno» risposi con ancora la voce impastata dal sonno. Sentivo le sue dita giocare con i miei capelli e la sua barba pizzicarmi la nuca «Programmi per la giornata?» sussurrai tirando su di poco lo sguardo «Tutto quello che vuoi, ma prima cosa ci vuole una bella colazione se no non riesco neanche a ragionare» sbuffai mostrando il mio dissenso alla sua decisione di scendere da quel letto comodo e caldo e dovermi soprattutto allontanare da lui. Mi trascinai fino in bagno per raccogliermi i capelli e sciacquarmi il viso per risvegliarmi un po’ e poi lo seguii fino alla cucina. Entrando in cucina vidi Key dileguarsi e Nick fissarmi «Nicholas potresti anche smettere di guardarla come un maniaco sessuale» esordì Joe tirandogli un buffetto sulla testa. Mi guardai e notai solo allora che ero scesa con addosso ancora la mia camicetta da notte, che non lasciava molto spazio alla fantasia. «Di certo non è colpa mia se lei scende “vestita” in quel modo» disse lui indicandomi «Non farti troppe fantasie fratellino» «Non ho bisogno di fantasticare tanto» sghignazzò il piccolo. Prima che Joe potesse tirargli un pugno, gli presi la mano e lui sbuffò «Dopo i vostri interessanti commenti, cosa si mangia di colazione?» chiesi impaziente dopo che un borbottio si fece strada nella mia pancia «Pancakes?» iniziai a battere le mani come una bambina e guardai per tutto il tempo Joseph preparare la colazione. 

 

 

«Non vedo l’ora di ascoltarla» esordii spezzando il silenzio nello studio, mentre guardavo Joe sistemarsi davanti al microfono «Non ha neanche voluto che lo aiutassi a scrivere questa canzone. Non ho la più pallida idea di come sia» confessò Nick seduto affianco a me. Ero così nervosa di sentire la nuova canzone di Joe che mi tremavano quasi le mani, lui invece da dietro al vetro sembrava tranquilissimo, ma allo stesso tempo elettrizzato. «Comunque non sai quanto sia difficile starti lontana adesso» mi sussurrò Nick nell’orecchio. Mi voltai di scatto quasi fulminandolo con gli occhi «Beh, dovrai fartelo diventare facile. Non credo che Joseph voglia una relazione a tre» sibilai senza smettere di guardarlo «Perché tu sì?» ghignò lui avvinando la sua mano alla mia gamba «Non ci provare» sbottai spostandogli la mano. Lui si avvicinò nuovamente al mio orecchio «Sai anche tu che non riuscirai ancora per molto a resistermi tesoro» lo zittii con un gesto della mano e la voce di Joe iniziò a risuonare in tutta la stanza.

 

Baby, I’ll never, I’d treat you like a treasure

It’s not your fault, I know you took it hard

That was a mistake

For us it’s never too late

You can’t live your life in fear

I know it’s hard to move on

You’ve just got to forget it

Cause baby, the sky is clear

The rain is gone, and the sun is shining

 

I want to take you to a place

Where love is something more than you imagined, yeah

I put it right in your face

Girl, it’s yours

All you got to do is reach out and grab it

You waited all this time

You waited all this time

I put it right in your face

Girl, it’s yours

All you got to do is reach out and grab it

 

Il suo produttore lo fermò e gli chiese di uscire dalla sala «Diventerà una bomba questa canzone» urlò alzando la mano che fece schioccare contro quella di Joe. Noi iniziamo ad applaudire e lui si avvicinò a me stampandomi un bacio sulla fronte «Com’era?» chiese impaziente «Incredibile, davvero. E’ semplicemente fantastica» gli occhi mi diventarono lucidi per un attimo e distolsi lo sguardo per non mettermi a piangere come una bambina. «Direi allora che stasera usciamo a festeggiare» propose Kevin dall’altra parte della stanza «Assolutamente si» rispose Joe con un sorriso enorme dipinto sul viso. Ero davvero felice di vederlo così contento e io ero davvero orgogliosa di lui. Gli presi la mano e la strinsi nella mia e dopo qualche minuto seguimmo gli altri fuori dallo studio di registrazione per spostarci in un ristorante lì affianco per pranzare. 

 

Dopo mangiato tornammo in studio e finalmente per l’ora di cena riuscimmo a tornare a casa a cambiarci velocemente per poi uscire nuovamente per cenare in un bellissimo ristorante sulla Melrose Avenue. Tra brindisi e tante portate di cibo riuscimmo finalmente a finire quella che sembrò una cena infinita. La proposta di Kevin di quel pomeriggio si concretizzò finalmente in una discoteca li vicino dove si era fatto riservato un tavolo affianco al DJ. La musica era assordante e solo dopo pochi minuti mi pentii di essermi messa i tacchi così alti. «Vuoi qualcosa amore?» mi voltai verso Joe e scossi la testa, la musica era troppo alta anche solo per farsi sentire. Lo vidi scomparire tra la folla in direzione del bar e io mi misi seduta al tavolo «Qualcosa non va?» mi voltai verso Nick e mi avvicinai a lui per poter farmi sentire «No, assolutamente» gli sorrisi e lui si avvicinò ulteriormente al mio viso «Ti ho già detto che sei estremamente sexy vestita così?» «Nicholas voltati e guarda quanta gente c’è che ci sta fissando, secondo te questo è il momento adatto di dire cose del genere?» dissi indicando tutte le ragazzine con il telefono già in mano e puntato verso di noi. Lui si mise a ridere e tornò a guardarmi «Preferiresti allora andare da un’altra parte?» lo spintonai per allontanarlo, ma lui mi prese il polso «Perché continui ad allontanarmi Alex? Mi manchi e sai che non ce la faccio a sarti lontano per molto» sbuffai e fortunatamente tornò Joseph a salvare la situazione. Si mise in mezzo a noi due e mi diede un bacio veloce quasi sfiorando le mie labbra «Tutto bene?» annuii senza dire altro e lui si mise a sorseggiare il suo cocktail. Dopo qualche ballo, ancora qualche brindisi decidemmo di tornare a casa. Ero davvero distrutta e soprattutto lo erano i miei piedi dopo tutte quelle ore dentro quei tacchi che li avevano torturati. Mi feci doccia veloce e mi buttai nel letto sfinita. Dopo pochi minuti mi raggiunse anche Joe «E’ stata una giornata incredibile» «Direi di si» dissi avvicinandomi a lui «Ti amo davvero Alex» «Anche io Joseph».

 

Una vibrazione mi fece svegliare. Guardai l’ora dall’orologio, erano le 5 del mattino. Chi diavolo poteva essere a quell’ora? Mi scansai da Joe avvicinandomi al comodino. Sullo schermo del telefono apparse il nome di Josh e risposi immediatamente «Pronto?» «Alex» aveva un tono strano, il mio cuore iniziò a battere più velocemente «Cos’è successo?» «Si tratta di Jack» mi sembrarono i minuti più lunghi della mia vita, ogni secondo che passava era una tortura «Parlami Josh» altri secondi, altri battiti sempre più veloci «Si è svegliato» non sapevo cosa dire, ero completamente sotto shock e lui ruppe il silenzio «Riesci a venire qui?» non pensai neanche un secondo alla mia risposta «Prendo il primo volo» e senza rendermene conto ero già scesa dal letto. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=868543