Magic Melody (Mordred’s Lullaby) 2: La Raccolta

di elyxyz
(/viewuser.php?uid=108)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Merlin's Gift ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Merlin's Name ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Merlin's Surprise ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Merlin's Gift ***


Ebbene sì, a volte rispunto con qualche sorpresa

Ebbene sì, a volte rispunto con qualche sorpresa.

Quando ho finito di scrivere “Magic Melody”, due anni fa, avevo detto che c’erano delle bozze per un possibile seguito, ma francamente non sapevo se lo avrei mai scritto per davvero, fino a che una deliziosa fanciulla non mi ha regalato un disegno bellissimo ispirato a questa storia e, beh… per sdebitarmi ho deciso di sviluppare quelle vecchie bozze. Il risultato è questo.

 

La raccolta è composta di quattro capitoli, in tutto. Un missing moment (fra il cap. 4 e l’epilogo) e tre pezzi post-epilogo.
Sarà un concentrato di fluff e umorismo, ma l’inizio è doverosamente dedicato ai pensieri di Arthur, che non abbiamo mai letto, dopo che Merlin è scappato. L’inizio è amaro, ma sappiamo già come finisce la storia, quindi è una angst stemperata. Il resto, invece, sarà tutto in discesa. ^^

 

Modern!au, Merthur, Leogana, baby!Mordred, zio!writer!Arthur, pianist!Merlin.

 

 

D’istinto, vorrei dedicare questa storia a Filippo, sperando di essere una zia un filino migliore di Arthur con Mordred.

E poi è dedicata a chi mi segue con costanza e affetto.

A chi si entusiasma per le mie bizzarre ispirazioni e mi sostiene con i suoi pareri.

Ma soprattutto la dedico a Maryluis, perché senza di lei, probabilmente, questo seguito sarebbe rimasto per sempre ad ammuffire.

Un abbraccio.

 

 

 

 

Magic Melody (Mordred’s Lullaby) 2

 

 

- La Raccolta -

 

 

 

 

 

 

Capitolo I: Merlin's Gift

 

 

 

Arthur si trascinò a passo stanco verso l’entrata della casa di Morgana. Aveva evitato un confronto con lei il più a lungo possibile, rendendosi irreperibile a tempo indeterminato e in vari modi – al limite della maleducazione e oltre –, perché tanto sapeva benissimo che quella strega non si sarebbe fermata davanti a niente, pur di fargli confessare quale fosse la sua pena indicibile o, per dirla con parole sue, quale cazzata madornale avesse fatto, per mandare a puttane l’unica cosa bella della sua vita: Merlin.

Ma lui non era ancora pronto a parlarne. A dirlo a voce alta. Perché avrebbe reso tutto definitivo. Avrebbe ucciso ogni flebile speranza che aveva coltivato, segretamente, nel suo cuore fin da quando aveva capito che qualcosa non andava.

Aveva sperato, forse con ingenua semplicità, di poter aggiustare tutto, di chiarire, di ricucire quell’involontario strappo tra lui e l’uomo che amava. Ma tutto sembrava accanirsi contro di lui.

 

Arthur si passò lentamente una mano sul viso, cercando invano di scacciar via l’aria sfatta, ma sapeva di apparire pietoso. Aveva passato giorni e notti accampato davanti alla residenza di Merlin, per ore ed ore, nella vana speranza di vederlo entrare o uscire, dato che nessuno rispondeva al campanello. Gli sarebbe bastato un minimo cenno di vita. Ma niente. Niente di niente. La casa sembrava sprangata e disabitata. Lui non si era perso d’animo e aveva perseverato ancora, rischiando di apparire come lo stalker che in realtà era.

Qualcuno l’aveva persino scambiato per un barbone e gli aveva fatto la carità, ma Arthur aveva perso l’orgoglio per strada giorni addietro e quelle monetine fra i piedi non l’avevano indignato, erano solo servite a intristirlo ancor di più. Alla fine, se n’era dovuto andare quando qualcuno dei vicini aveva chiamato un agente di pattuglia nel circondario, probabilmente temendo che quel tizio strano dall’aria strafatta avesse in mente qualche proposito criminale. Figurarsi. Lui non avrebbe mai potuto fare del male a Merlin…

E invece sì, l’aveva fatto. Gli aveva fatto male nel modo peggiore, si disse, trattenendo un singhiozzo mentre racimolava il coraggio e suonava il citofono di sua sorella. Alla fine aveva ceduto e non aveva più potuto rimandare quel maledetto caffè che lei insisteva di volergli offrire.

 

Morgana lo aveva tirato dentro casa con un abbraccio strano e inaspettato, uno di quelli che sapeva di altri tempi, o forse se lo stava solo immaginando, dato che il loro legame fraterno non era mai stato particolarmente saldo.

Eppure Gana se l’era stretto addosso, senza criticare – con il solito cipiglio arcigno – gli abiti trasandati, la barba lunga, gli occhi infossati e le occhiaie che lo facevano apparire quasi spiritato.

Arthur aveva ricambiato per inerzia, mentre si faceva trascinare verso il salotto dove, con tutta probabilità, il piccolo mostro dormiva beato… E fu allora che sentì.

Una scossa vibrò lungo la sua spina dorsale, come se avesse inavvertitamente infilato le dita in una presa elettrica, mentre le note che ormai conosceva a memoria risuonavano ovattate, oltre la porta chiusa, palpitandogli dentro. Merlin. Merlin. Merlin.

Arthur corse oltre la soglia del salone, col cuore in tumulto e la speranza incastrata in gola, che gli impediva di respirare.

Ma Merlin non c’era.

 

Fu grato di essersi aggrappato alla maniglia, stritolandola come un ossesso, altrimenti sarebbe caduto a terra come un sacco di patate, perché le ginocchia tremanti stentavano a tenerlo in piedi.

Che sciocco ch’era stato. Morgana non aveva nessun pianoforte in quella stanza e Merlin non avrebbe mai avuto motivo di essere lì. Non dopo esser fuggito a quel modo, facendo perdere completamente le sue tracce. Non dopo essersi negato con definitiva risolutezza. Non dopo che aveva persino cambiato numero di telefono, pur di tagliare ogni ponte con lui.

 

Arthur inghiottì il cuore in gola, che sprofondò giù giù nello stomaco, respinse le lacrime che sentiva pungere e strinse i pugni, impotente, davanti all’ennesima illusione infranta, e intanto Mordred dormiva, placido e beato, cullato dalle musiche che il pianista aveva composto per lui.

 

Artie…” sussurrò Morgana, posandogli le dita fresche di manicure sulla spalla, per una strizzatina di conforto.

 

“Come può…? Come fai a…?” farfugliò lui, mentre la sorpresa, la delusione, la speranza e il dolore scalciavano litigando fra loro.

 

“Arthur, siediti”, ingiunse lei, spingendolo con gentile fermezza verso uno dei divani, il più lontano rispetto a dove Mordred riposava, ignaro del suo turbamento interiore.

 

Fece come gli veniva detto, rilasciando un sospiro affranto mentre cadeva esausto sul costoso sofà.

Fu allora che la vide. Dimenticata lì, quasi con noncuranza, come se fosse l’oggetto più insignificante del Creato.

 

 

***

Image and video hosting by TinyPic

 

 

Arthur allungò una mano esitante, raccogliendo la custodia del cd che l’impianto Home Theater stava riproducendo.

Se la mise in grembo, accarezzando con tenera reverenza la plastica trasparente su cui spiccava la scrittura elegante di Merlin. L’unica cosa che gli era rimasta di lui.

Si accorse troppo tardi della lacrima che si schiantò contro la superficie liscia.

Dio, ma quando si era trasformato in un’adolescente con la sindrome premestruale?

Come tutti gli scrittori, sapeva benissimo che la sua vena melodrammatica non restava mai in secca, ma nessuno dei suoi personaggi si era mai ridotto a piagnucolare come lui, con un cuore spezzato per un amore finito.

 

“Tieni”, offrì sua sorella, spingendogli contro una scatola di kleenex. “Se Mordred ti vede così, penserà che siamo già ad Halloween. Sembri uno zombie!” gli appuntò, zuccherando poi una tazzina di caffè per sé e per il suo ospite.

 

Arthur la guardò stralunato, incapace di capire da dove fosse spuntato il servizio buono. Si soffiò rumorosamente il naso e cercò di ricomporsi, accettando con un cenno del capo la tazza fumante.

 

“Prima che tu me lo chieda, ti dirò ciò che so”, anticipò lei, assorbendo con calma il liquido caldo. “Ma dovrai accontentarti e fartene una ragione”.

 

Lui si ritrovò ad annuire, perché qualsiasi cosa era meglio del vuoto che gli rimbombava dentro.

 

“Merlin mi ha spedito una busta imbottita con dentro il cd che stai stritolando”, gli disse, annuendo alla volta della stretta inconsapevole delle sue dita.

 

Arthur chinò la testa, come se le mani non fossero neppure sue, e allentò la presa.

“C’è un modo per…?”

 

“No”, lo smentì lei, sopprimendo ogni sua speranza. “Non c’era nessun indirizzo, nessun recapito sulla busta. Posso dirti che viene dal Giappone, questo sì”.

 

Arthur spalancò occhi e bocca, sconcertato dal fatto che no, non gli era neppure passato per l’anticamera del cervello di controllare i prossimi impegni del suo pianista. Eppure le date e i luoghi erano di pubblico dominio nel blog che gestiva lo staff del suo agente.

Una parte di lui era sempre stata certa che Merlin fosse ancora a Londra, magari a casa di un amico, a leccarsi le ferite in cerca di conforto… ma Will non gli era stato di nessun aiuto, in quel caso. Anzi.

 

“Giappone?” ripeté, mentre le idee cominciavano a frullare. “Beh, potrei…”

 

“No, che non puoi”, negò Morgana, scuotendo la massa di ricci neri. “Merlin mi ha telefonato, ieri. Non mi ha spiegato le sue ragioni, anche se io ho cercato di perorare la tua causa. Voleva semplicemente salutare Mordred un’ultima volta e sincerarsi che il cd fosse arrivato a destinazione. Mi ha detto che, se mai ce ne fosse stato bisogno, la sua magica melodia è un metodo soporifero infallibile. Poi, beh, mi ha chiesto di non dirti nulla. È stato perentorio a riguardo: non intende parlare con te. Non vuole avere più niente a che fare con te”.

 

Arthur si ritrovò a boccheggiare, a corto di ossigeno, e Morgana si sporse stringendogli un ginocchio in segno di solidarietà.

“Hai fatto un bel casino, fratellino. Che tu lo voglia o no, devi lasciargli tempo e spazio… Ora come ora, non ti starebbe neppure a sentire. È ferito e diffidente. Non ti crederà mai… ma non è detto che, fra qualche tempo, tu non possa riprovare”, gli consigliò con pratica razionalità. “So che la pazienza non è il tuo forte, Artie. Ma glielo devi. Se davvero ci tieni a lui, lascialo in pace. Glielo devi”.

 

Arthur si limitò ad annuire piano, sganciandosi deliberatamente dall’ultimo appiglio di speranza e scivolando nel vuoto.

 

“E poi… poi, fra qualche tempo”, concluse sua sorella con tono deciso, “quando sarà il momento giusto, troverai il modo di dirgli tutto. Di essere sincero fino in fondo. Perché gli devi anche questo”.

 

“Hai ragione, Gana”, soffiò, stropicciandosi stancamente le palpebre arrossate.

 

“Cielo! L’Apocalisse è vicina! Mio fratello mi dà ragione!” esclamò lei, fingendosi sconvolta.

 

“Che stronza…” biascicò Arthur, con in bocca il primo mezzo sorriso da quelli che parevano secoli.

 

Artie, cretino, vedi di mettere a posto le cose, perché questo tizio sta simpatico al mio Puccino, quindi dev’essere speciale, intesi?”

 

“Sì, Merlin è speciale davvero”, concordò nostalgico.

 

“E sicuramente non capisco cosa ci abbia visto, di buono, in te”, rincarò lei, con la familiare acidità, prima di sorprenderlo con l’ennesima parola di supporto. “Tuttavia, se i vostri sentimenti sono sinceri, neppure il tempo e la distanza basteranno a cancellarli e le cose si aggiusteranno”.

 

“Grazie”, si ritrovò a dire. “Non pensavo che la maternità ti rendesse così saggia”.

 

“È che sono stanca di sentirti piagnucolare depresso e non voglio dover essere io a chiamare nostro padre con qualche notizia ingrata”, filosofò lei, stringendosi nelle spalle esili.

 

“Ah, ecco. Ora riconosco la vecchia strega!” ironizzò Arthur, risollevandosi dal divano, perché era tempo di congedarsi da lì.

 

“Tieni…” offrì Morgana, porgendogli la custodia dopo aver inserito il cd estratto dal lettore. “Potresti averne più bisogno di me. Ma consideralo un prestito e non farti le seghe sopra, per favore”, puntualizzò, passandogli il cofanetto con la punta delle dita, come se l’altro l’avesse già insozzato. “E niente roba fetish. Ah, ho controllato: non puoi neppure tagliarti le vene con quello, non è abbastanza affilato”.

 

“Grazie”, ripeté Arthur. “Cercherò di non sgualcirtelo…” la canzonò, smentendo l’ironia posandosi la custodia sul cuore, come se stesse stringendo Merlin a sé.

 

“Ho detto: niente feticismo, idiota!” ripeté Morgana, colpendolo sulla spalla con un piccolo ceffone, che fece sorridere entrambi.

 

“Grazie, Gana”, si accomiatò Arthur, andando verso l’uscita. “E dai un bacino al mo- a Mordred, da parte mia”.

 

“Sia mai, che poi mi esce sentimentale come te…” profetizzò lei, accigliata. “Vai a scrivere il tuo mucchio di menate, Artie. Magari il cuore di un pianista passa per un libro… e lo riconquisterai”.

 

“E poi il sentimentale sarei io?!” la stuzzicò, arcuando le sopracciglia bionde.

 

“Sono questi dannati ormoni… Ma presto tornerò a prenderti a calci nelle palle, non temere”.

 

“Già, non vedo l’ora… ma intanto, credo che seguirò il tuo consiglio”.

Se Arthur De Bois aveva combinato quel disastro, Arthur De Bois avrebbe anche dovuto rimediare.

 

 

- Fine -

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai, che subisce le mie paranoie. X°D

 

Note: Stranamente non ho molto da dire. Spero che vi sia piaciuto.
Il disegno di Maryluis è questo:

 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

Non è bravissima? Fate un salto nel suo account di Deviantart o in quello di Tumblr, perché il suo talento merita davvero di essere apprezzato!

 

 

Per eventuali domande, sono sempre a disposizione.

Intanto vi lascio con un piccolo assaggio come anticipazione del prossimo capitolo:

 

Certo. Nessuno lo avrebbe mai eletto Zio dell’Anno. Ma non lo aveva ancora avvelenato o ucciso. E questo doveva pur valere qualcosa, no?

 

Eppure… il mostriciattolo non spiccicava niente. Si ostinava a non volerlo chiamare. A non nominarlo manco per sbaglio. Il suo nome sembrava un tabù. “Aaaaa!” garriva oltraggiato, quando lo vedeva, manco se fosse stato uno scarafaggio schifoso.

 

 

Ah, colgo l’occasione per ringraziarvi del caloroso bentornato a Linette. Siete riusciti a commuovermi. <3

 

 

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felici milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche costruttive.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II: Merlin's Name ***


Scusate per l’attesa, non sono riuscita ad aggiornare prima

Scusate per l’attesa, non sono riuscita ad aggiornare prima.

 

La raccolta è composta di quattro capitoli, in tutto. Un missing moment (fra il cap. 4 e l’epilogo) e tre pezzi post-epilogo.

Modern!au, Merthur, Leogana, baby!Mordred, zio!writer!Arthur, pianist!Merlin.

 

 

D’istinto, vorrei dedicare questa storia a Filippo, sperando di essere una zia un filino migliore di Arthur con Mordred.

E poi è dedicata a chi mi segue con costanza e affetto.

A chi si entusiasma per le mie bizzarre ispirazioni e mi sostiene con i suoi pareri.

Ma soprattutto la dedico a Maryluis, perché senza di lei, probabilmente, questo seguito sarebbe rimasto per sempre ad ammuffire.

Un abbraccio.

 

 

 

 

Magic Melody (Mordred’s Lullaby) 2

 

 

- La Raccolta -

 

 

 

 

 

 

Capitolo II: Merlin's Name

 

 

 

Perché restarne sorpresi?

Arthur scosse il capo, grugnendo la propria incredulità. Ormai aveva già collezionato ben più che una discreta esperienza sul livello di bassezze a cui suo nipote sapeva arrivare, ma ogni volta la cosa lo sconcertava sempre un po’ di più. E ora ne aveva la riprova.

 

 

***

 

 

Alla veneranda età di dieci mesi e qualche giorno, la bestiaccia si dimostrava vispa e dispotica com’era stata sua madre, al tempo in cui aveva torturato l’infanzia del fratello con strepiti e pretese, piagnistei e ricatti, la piccola tiranna.

Mordred non era da meno, in quanto a capricci e presuntuosità dittatoriali, anche se – glielo doveva concedere – era stato l’unico a non lamentarsi dei suoi continui sproloqui su Merlin, in quei lunghi mesi della loro separazione.

Arthur lo aveva cresciuto a pappette e discorsi su Merlin, speranze su Merlin, esibizioni in stereofonia di Merlin… almeno nei momenti in cui Morgana era stata costretta a lasciarglielo in consegna, per qualche sessione forzata di babysitting coatto, in barba all’odio vicendevole.

 

Certo. Nessuno lo avrebbe mai eletto Zio dell’Anno. Ma non lo aveva ancora avvelenato o ucciso. E questo doveva pur valere qualcosa, no?

 

Eppure… il mostriciattolo non spiccicava niente. Si ostinava a non volerlo chiamare. A non nominarlo manco per sbaglio. Il suo nome sembrava un tabù. “Aaaaa!” garriva oltraggiato, quando lo vedeva, manco se fosse stato uno scarafaggio schifoso.

 

E così Mordred passava le sue puzzolenti giornate tra pannolini e gorgheggi, con dei “Mo-ma-ma” che avevano fatto inorgoglire Morgana al pari di una regina, quasi che il prezioso unigenito si fosse già laureato, o avesse vinto un Premio Oscar.

Era passato poi ad un: “Pa-pa-pa”, per i quali Leon aveva pianto come un vitellino, benché Arthur fosse certo che il nipotastro volesse solo cibo e non suo padre.

Infine era capitato – in un’unica, sensazionale occasione – che si ritrovassero tutti a pranzo insieme, compreso il patriarca dei Pendragon, con sommo scorno di Arthur, che era stato tenuto all’oscuro del tranello.

Il vecchio Uther, osservando il sangue del suo sangue e futuro erede universale chiuso nel suo pagliaccetto a pois da 500 sterline, aveva allungato le dita grinzose per farselo consegnare da Morgana e prenderlo in braccio, ma Mordred – fiutando il pericolo mortale – s’era attorcigliato come un’anguilla contro la madre, mugolando un concitato “No-no-no!” – segno universale di negazione – al quale il Vecchio Dragone s’era commosso fino ai singhiozzi, perché era certo (e nessuno aveva osato contraddirlo), che il pupillo l’avesse chiamato ‘Nonno’ per la prima volta, con un tenero balbettio che gli avrebbe scaldato il cuore e la tomba negli anni a venire.

 

Anche se probabilmente non erano eventi attendibili, tutta la cerchia ristretta della sua famiglia aveva avuto il suo momento di gloria. Tranne lui. Perché Mordred era un inguaribile stronzetto. Punto.

 

Con l’andar delle settimane, il piccolo diavoletto aveva consolidato la propria lallazione (Arthur era andato a leggersi su internet che cavolo fosse, quando Morgana lo aveva pungolato sulla sua ovvia ignoranza, roteando gli occhi perfettamente truccati), e ‘mamma’ e ‘papà’ avevano acquisito un suono più accettabile e meno casuale. Ma erano le uniche due parole che il divin pargolo si degnava di proferire e non c’era verso di ampliare il suo vocabolario, giacché riusciva benissimo a comandare tutti a bacchetta ugualmente.

 

 

***

 

 

Ma le sorprese, evidentemente, non erano finite.

 

Quando Arthur aveva finalmente fatto pace con Merlin e chiarito ogni cosa in sospeso fra loro, avevano ricominciato a frequentarsi, per colmare il vuoto della loro separazione e, alla fine, il suo pianista (anima dolce, sensibile e un tantino troppo ingenua) aveva espresso il desiderio di rivedere il piccolo diav- angioletto, perché gli era rimasto nel cuore e Arthur, bontà sua, non gli avrebbe più negato niente pur di renderlo felice, persino se avesse dovuto subire l’ingrato nipote per una visita di (finta) cortesia. Ma – accidenti a lui! – Mordred non gli avrebbe certo reso le cose più facili.

 

Quando arrivarono a casa del Pidocchio per il tè delle cinque, quel sabato pomeriggio (che avrebbero potuto trascorrere in modo più piacevole, per esempio rotolandosi arrapati fra le lenzuola), Leon aprì loro la porta con un sorriso di benvenuto, mentre Morgana compariva con in braccio la bomba chimica sbavante. (“È colpa dei dentini, idiota!” l’aveva redarguito, stizzita, l’ultima volta che aveva osato sollevare l’argomento bavoso).

 

Arthur si fece coraggio, varcò l’antro della strega e appoggiò con gentilezza la mano sulla schiena del compagno, per trovare la forza e non fuggire da lì.

Dopo uno scambio di doverose e virili strette di mano col padrone di casa, l’attenzione gravitò sulla star del momento e Mordred si mise a sgambettare tutto eccitato dall’arrivo degli ospiti (Arthur avrebbe scommesso il suo testicolo destro che era tutta una messinscena e che, per lui solamente, il demonietto non si sarebbe mai scomodato). Ma Merlin, anima candida, c’era cascato con tutte le scarpe e, sfoderando il più bello e irresistibile dei suoi sorrisi, s’era chinato per omaggiare il Piccolo Principe col dovuto ossequio.

 

“Ma come sei cresciuto, Cucciolino! Sei diventato un ometto!” tubò, incantato dal sortilegio del subdolo mostriciattolo.

 

Mordred lo ricambiò con un sorriso sdentato e un po’ di bava colante.

 

“Hai visto, Puccino? Chi abbiamo qui? Lo zio Arthur ti ha riportato Merlin! Ti ricordi di Merlin?” domandò Morgana, retorica, col tono zuccheroso delle madri ebeti, prima di afferrargli una manina da sventolare a mezz’aria, incitandolo: “Dai, saluta Merlin!”

 

“Mellin!” esclamò Mordred, tutto festoso, mentre Arthur barcollava come colpito da un proiettile.

 

“Lecchino! Traditore! Ruffiano!” sibilò, oltraggiato da un tale voltafaccia, facendo ridere Morgana e Leon, mentre Merlin gli lanciava uno sguardo ignaro.

 

Mordred si rifiuta di pronunciare il nome di mio fratello”, spiegò la strega, trattenendo a stento il sorriso. “E il nostro suscettibile bambinone si è offeso…

 

“Oh, ma dai, Arthur!” lo sgridò allora, prendendo le parti del marmocchio. “Non puoi avercela con questo angioletto! Sei senza cuore!” lo rimproverò, fingendosi deluso, mentre si allontanava da lui per prendere in braccio il poppante, che gli aveva già afferrato una mano con i suoi piccoli artigli affilati.  

 

 

***

Image and video hosting by TinyPic

 

 

Arthur barcollò nuovamente, perché questo faceva decisamente più male del tradimento di prima. Che Mordred fosse un disertore, si sapeva. Ma l’opinione che Merlin aveva di lui contava!

 

Ma Merls, amore… non è vero!” tentò di difendersi, mentre la piccola peste gli lanciava occhiatacce di biasimo dalla posizione che gli aveva usurpato.

 

Mordred, cucciolino”, amoreggiò il pianista, spupazzandosi il bimbo che si beava un mondo per quelle attenzioni, i bacetti e le facce buffe che l’altro gli faceva. “Facciamo vedere al tuo ingrato zio che sei un bimbetto adorabile, vuoi? E lui è il tuo zietto preferito, sì?” lo vezzeggiò, e Mordred gorgogliò il suo apprezzamento, sotto lo sguardo felice dei suoi genitori e quello (molto meno felice) dello zio.

 

“Allora, dai. Proviamoci!” lo incitò, strofinandogli il naso contro una guanciotta paffuta. “Ar-thur. Arthur…” scandì con lentezza. “ Non è tanto difficile e tu sei bravissimo, lo so…” lo incoraggiò, bisbigliandogli dolcezze all’orecchio. “Ar-thur…”

 

Ptuh!” sputò Mordred, soddisfatto – perché sì, forse Arthur non conosceva la lallazione, ma come scrittore sapeva a menadito ogni onomatopea del mondo e quello era uno sputo bello e buono!

 

La sua legittima indignazione fu soffocata dal boato di grida di gioia e applausi di festeggiamento dai restanti adulti presenti, come se la peste avesse stabilito un nuovo record del mondo. Dritto dritto nel Guinness dei Primati. Per uno sputo. 

 

Un coro di “Hai sentito? Lo hai sentito?! Ma che bravo! Che intelligente!” piovvero da tutte le parti, mentre il mostriciattolo si godeva il momento di gloria sbavando a profusione sugli elogi e sul maglione del suo pianista.

 

“Dimostrati un po’ riconoscente!” lo sollecitò Merlin, intenerito dal risultato ottenuto.

Arthur strinse i denti. Ingoiò la bile e riconobbe la sconfitta. Con un sorriso falso come una banconota da tre sterline, rese omaggio al traditore che aveva sputato sul suo nome.

 

Perché restarne sorpresi?

Zio preferito, un cazzo.

 

 

- Fine -

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Neppure l’immagine mi appartiene.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai, che subisce le mie paranoie. X°D

 

Note: La ‘lallazione’ è una fase pre-linguistica che ogni bambino raggiunge (mediamente dal settimo mese di vita in poi) e consiste nella ripetizione di sillabe e vocali.

 

L’onomatopea è una parola scritta che riproduce un suono o un rumore. Le più comuni solo quelle che ricalcano versi di animali, come ilMuu Muu’ delle mucche.

Nei fumetti,Ptuh’ è l’onomatopea dello sputo.

Dubito che qualcuno se ne sia accorto, ma l’ultima frase è la stessa chiusura del primo capitolo della fic. Mi piaceva l’idea di riprenderla.

 

 

Ah, colgo l’occasione per ringraziarvi del caloroso bentornato a Linette. Siete riusciti a commuovermi. E presto posterò il nuovo capitolo!

 

 

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felici milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche costruttive.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III: Merlin's Surprise ***


Scusate per l’attesa, non sono riuscita ad aggiornare prima

Scusate per l’attesa, non sono riuscita ad aggiornare prima.

 

La raccolta è composta di quattro capitoli, in tutto. Un missing moment (fra il cap. 4 e l’epilogo) e tre pezzi post-epilogo.

Modern!au, Merthur, Leogana, baby!Mordred, zio!writer!Arthur, pianist!Merlin.

 

 

D’istinto, vorrei dedicare questa storia a Filippo, sperando di essere una zia un filino migliore di Arthur con Mordred.

E poi è dedicata a chi mi segue con costanza e affetto.

A chi si entusiasma per le mie bizzarre ispirazioni e mi sostiene con i suoi pareri.

Ma soprattutto la dedico a Maryluis, perché senza di lei, probabilmente, questo seguito sarebbe rimasto per sempre ad ammuffire.

Un abbraccio.

 

 

 

 

Magic Melody (Mordred’s Lullaby) 2

 

 

- La Raccolta -

 

 

 

 

 

 

Capitolo III: Merlin's Surprise

 

 

 

Arthur si lasciò inebriare dal rumore della folla.

Quel costante brusio lo metteva di buonumore e, malgrado avesse i crampi alle dita per il troppo scrivere, sorrise fra sé e strinse l’ennesima mano, prima di rispondere educatamente ai ringraziamenti del fan di turno, entusiasta per l’occasione offertagli col suo autore preferito.

Anche Arthur era infervorato, perché quei momenti non gli bastavano mai.

 

Da quando era uscito allo scoperto, dopo la pubblicazione di Magic Melody – il libro che concludeva la sua saga più famosa –, partecipare a tutti gli eventi di presentazione non era più un tormento, passato nascosto in un cubicolo, per non rischiare di farsi accidentalmente riconoscere.

Ora poteva sedere in bella mostra, col suo banchetto e la seggiola e le infinite copie dei libri da autografare, con qualche dedica speciale, o qualche selfie da scattare. A volte c’erano piccoli aneddoti da condividere, o una curiosità da saziare di qualche lettore. Altre volte si godeva semplicemente l’ammirazione dei suoi sostenitori – parole d’elogio che lo coccolavano immensamente e rinfocolavano la sua ispirazione, con la voglia di scrivere ancora, e sempre meglio, per ripagarli della loro devozione.

Arthur non si lasciava certo intimidire dalle file chilometriche, perché i suoi fans erano sempre pazienti e beneducati; era bello vederli avvicinarsi, emozionati e felici, e sapere che tutto questo dipendeva da lui.

Era una gratificazione immensa, che ripagava il rammarico per gli anni sprecati dietro a polverosi paraventi.

Quando il suo vero nome era stato reso pubblico, per Arthur era stata una soddisfazione anche vedere come Cenred e Morgause non avessero avuto affatto ragione, anzi. Il suo successo non era stato per niente danneggiato da quella decisione. Tutt’altro.

All’inizio della sua carriera, l’elemento ‘mistero’ era servito allo scopo, questo doveva riconoscerlo; ma la sua bravura era di per sé una garanzia e la sua storia con Merlin – divenuta ormai di pubblico dominio – aveva acceso nuovi riflettori su di lui, allargando lo zoccolo duro dei fans con nuovi sostenitori. Certo, il rovescio della medaglia c’era stato, e consisteva in molta meno privacy, perché erano entrambi personaggi noti e apprezzati dello star system, benché appartenenti a due rami diversi, e quando i loro mondi collidevano in qualche evento importante, dovevano prestare particolare attenzione. Ma Merlin non si era mai dimostrato infastidito dagli effetti collaterali di quella rivelazione e, anzi, godeva a piene mani la possibilità di amarsi liberamente, alla luce del sole. Avendo più esperienza di lui col pubblico, gli aveva insegnato come scansare eventi spiacevoli, tipo certi fans troppo esuberanti, o giornalisti a caccia di scoop di dubbia moralità.

Arthur condivideva con lui i suoi momenti importanti e il suo pianista faceva altrettanto, trascinandolo ad avvenimenti di gala, a raccolte di fondi per associazioni benefiche e ai suoi bellissimi concerti, a cui finiva regolarmente per commuoversi, quando l’altro suonava ‘la loro canzone’.

Da quel primo incontro di tre anni addietro, Arthur lo amava sempre un po’ di più e non smetteva mai di ringraziare per la seconda possibilità che il Fato gli aveva concesso.

Non importava se, per gli impegni dell’uno o dell’altro, dovevano passare anche delle lunghe settimane separati, perché sapevano di appartenersi e, benché la distanza pesasse, Arthur sentiva Merlin sempre accanto a sé, in tante piccole cose quotidiane che glielo ricordavano, nel suo cibo preferito, nelle lenzuola che conservavano il suo odore, nella sua musica che risuonava per casa mentre Arthur scriveva nuovi capitoli, nelle lunghe telefonate nel cuore della notte – ‘fanculo ai fusi orari: l’amore era amore – e negli immancabili messaggi del buongiorno e della buonanotte.

 

Gli pesava non avere il suo compagno sempre sottomano? Sì, ma conducevano una vita che amavano e avevano un lavoro che realizzavano con passione, quindi era un sacrificio che si faceva volentieri… E quand’era possibile, si ritagliavano uno spazio tutto per loro, con una piccola fuga romantica, un viaggio lungo o un weekend, in cui coccolarsi, curiosare in luoghi mai visti, imparare cose nuove o rotolarsi tra le lenzuola, a recuperare il tempo perduto.

 

Arthur sorrise alla copertina del suo libro, dove un gigantesco Claddagh Ring campeggiava maestoso.

Se Merlin, l’anno precedente, non l’avesse trascinato a conoscere i suoi genitori e tutto il parentado, lui non si sarebbe mai innamorato della magica Irlanda, delle sue tradizioni, dei suoi misteri, delle leggende e dei miti, dei paesaggi da favola e di mille altre cose che lo avevano stregato a tal punto da ispirargli una nuova saga. Merlin era stato il suo paziente e inestimabile consulente e la loro collaborazione si era dimostrata decisamente proficua, perché gli indici di vendita del libro erano schizzati alle stelle, elevandolo nella top ten dei successi editoriali.

 

Peccato solo che il suo uomo non fosse lì a raccogliere con lui i frutti del suo lavoro, perché il Mago del pianoforte – il titolo con cui era universalmente riconosciuto per il suo talento – in quel momento era nel bel mezzo del suo tour europeo. Arthur cercò distrattamente di fare mente locale su a che punto stesse la trasferta quel giorno, ma non riusciva mai a stare al passo e il suo ragazzo, che girava come una trottola, ogni dì lo informava di essersi spostato di qua e di là, causandogli un’emicrania per simpatia. Anche lui aveva rivoltato la Gran Bretagna in lungo e in largo, per promuovere i suoi libri, e aveva persino fatto delle capatine all’estero, a qualche Convention a cui era stato invitato, ma niente in confronto al vagabondare del suo partner.

Oh, come gli mancava!, considerò, mentre firmava distrattamente l’ennesimo volume e quello dopo. E quello dopo ancora. E chissà quando avrebbe potuto riabbracciarlo e smetterla con tutto quel sesso telefonico che lo lasciava sempre mezzo insoddisfatto. Lui rivoleva Merlin. In carne e ossa (più ossa che carne, visto quant’era esile), e un letto (o un divano, un tavolo, o – dannazione! – persino il pavimento, perché non era mica schizzinoso, lui!), gli bastava che ci fosse il suo Merlin…

 

“Arthur?”

 

Arthur sollevò lo sguardo dalla pagina che si accingeva ad autografare, per chiedere a chi fare la dedica, quando le sue idee visionarie avevano preso forma.

 

M-Merlin?” balbettò, alzandosi di scatto in piedi, sbattendo le palpebre per capire se quello fosse un miraggio o no, perché forse aveva firmato troppa roba, aveva bevuto troppo caffè e gli zuccheri e l’euforia gli avevano fottuto il cervello. O forse era collassato… oppure stava dormendo…

 

“Ehi…” gli sorrise l’altro, facendo spuntare la fossetta sulla guancia che lo mandava sempre in visibilio.

 

Il giovane Pendragon girò attorno al banchetto e corse ad abbracciarlo, ancora incapace di realizzare se fosse tutto vero. “Che ci fai qui?” domandò, fra un bacio e l’altro. “Cioè… Amore, sono felicissimo che tu sia qui, ma non dovevi essere… ehm… dovunque sia?”

 

Merlin ridacchiò della sua incapacità nel seguire il suo percorso: per quanto ci provasse, era negato.
“Piccolo slittamento sul programma. Da Madrid abbiamo fatto una breve deviazione a Londra, e sarò a Parigi entro notte, ma non potevo più aspettare di vederti”, ammise bisbigliando. “Sono passate settimane dall’ultima volta che ti ho sfiorato e-

 

“E sembrano anni”, concluse Arthur per lui.

 

“Già, anni”.

 

Arthur lo trascinò in disparte, per avere una parvenza di privacy, scusandosi con i fans in attesa che erano rimasti meravigliati quanto lui.
“Potrei chiedere di sospendere la sessione di autografi, posso andarmene e… ma quanto tempo hai?” s’informò, per capire, per ragionare sulle loro possibilità. La smorfia che ricevette gelò in fretta tutte le sue speranze.

 

“Pochi minuti, in realtà… ma non potevo perdermi questa ricorrenza…

 

Quale ricorrenza?, farfugliò mentalmente Arthur e sentì i brividi freddi lungo la schiena. Che accidenti aveva dimenticato?

 

“L’uscita del tuo nuovo libro, amore. La prima sessione di autografi della storia che abbiamo prodotto insieme…” lo tranquillizzò il pianista, leggendogli nella mente. E proprio quando lo scrittore strava per rilassarsi, continuò: “E l’anniversario del nostro primo incontro, che cade domani, mentre sarò in Francia…”

 

L’anniversario! L’anniversario! Lo sapeva, eh! Lo sapeva. Già una settimana prima aveva tappezzato casa di post-it e promemoria nel telefono, per ricordarsi di ritirare il regalo che aveva fatto preparare per il suo amato e per tenersi libero, a sua completa disposizione, quell’intera giornata per una lunga videochat a rating rosso.

 

“Sai che non possiamo passarla insieme e che non tornerò prima della metà del mese prossimo, quindi… beh…” temporeggiò Merlin.

 

Fu a quel punto che Arthur si sentì tirare la stoffa dei pantaloni all’altezza del ginocchio e abbassò lo sguardo per vedere chi lo stesse disturbando in quel momento così importante e trasalì.

 

Il piccolo mostro (suo nipote, per i profani) se ne stava lì, con la manina sudicia, aggrappato ai suoi calzoni, mentre – sotto lo sguardo materno della strega – gli offriva un pacchetto dall’aria pericolosa.

Ovvio che Merlin avesse avuto dei complici, realizzò di colpo, perché non poteva essere capitato lì magicamente.

 

“Toh!” sbottò il nipotastro, impaziente di fronte alla sua indecisione.

 

Poteva essere una bomba. O uno di quegli orridi pupazzi a molla che saltavano fuori per spaventare la gente. Oppure conteneva qualche sostanza viscida e puzzolente. Qualcosa di disgustoso, insomma.

 

“Idiota, prendilo!” gli sibilò l’amata sorella, ponendo fine al suo tentennare, e a lui non rimase che accettare il pacchetto e ringraziare, mentre dava l’estremo saluto al suo innamorato.

 

Quello che non si aspettava era il sorriso incoraggiante di Merlin, che lo sollecitava a scartare il dono.

“Ti assicuro che il mio regalo non morde”, lo confortò. “Ma mi serviva un posto sicuro e qualcuno che lo conservasse per me, lontano da un certo curiosone, così tua sorella si è gentilmente offerta di aiutarmi”.

 

Arthur annuì meccanicamente, e intanto prese a scartare l’involto. Arrivato al dunque, con occhi sgranati e bocca spalancata – sì, le foto scattate a tradimento testimoniavano un’espressione da pesce lesso – arrischiò uno sguardo sul compagno, trovandolo improvvisamente in ginocchio di fronte a sé.

 

Merlin ricambiò con un sorriso timido e l’aria speranzosa. “So che non sei irlandese e questo non è il luogo migliore né il momento più adatto, ma… Arthur Pendragon, vorresti concedermi l’onore di sposarmi?”

 

Arthur si lasciò scappare uno squittio nient’affatto virile, ma il suo personale asse terrestre era appena cambiato e poteva permetterselo, no?

 

“Ehm… Allora?” insistette Merlin, ancora in ginocchio, un filino più nervoso in quel silenzio irreale.

 

“Sì, accidenti, sì! Mille volte sì!” si riprese Arthur, saltandogli al collo e tempestandolo di baci.

 

“Ricordi come si indossa, vero?” gli bisbigliò Merlin, all’orecchio, facendolo rabbrividire per altri motivi.

 

“Certo che lo so!” replicò impettito, per nascondere la commozione che rischiava di tracimare.

 

La prima volta che aveva visto un Claddagh Ring, aveva pensato che fosse un vezzo adatto solo alle ragazze, ma poi si era ricreduto, quando i genitori di Merlin gli avevano mostrato i loro anelli, che portavano orgogliosamente da oltre trent’anni.

 

“La posizione del cuore cambia il suo significato”, recitò, rammentando gli studi fatti per la stesura del suo libro. “Se si cerca un legame sentimentale, va indossato sulla mano destra, con la punta del cuore rivolta verso la punta delle dita. Se si ha già un legame sentimentale, va sempre nella mano destra, ma con la punta del cuore puntata verso il polso.

Se sei sposato, invece, va posto sulla mano sinistra, con la punta del cuore puntata verso il polso. Ma per un fidanzamento ufficiale”, spiegò, prendendo il più sottile dei due Claddagh, prima di baciarlo e afferrare le dita di Merlin, “mano sinistra, con la punta del cuore verso la punta delle dita”, chiarì, infilando con solennità il cerchietto dorato all’anulare del compagno, fissandolo intensamente. “A te, dono il mio amore, la mia fedeltà, la mia amicizia”.

 

Merlin annuì commosso, poi ricambiò il gesto.

Gra, Dilseacht agus Cairdeas”, recitò in gaelico, suggellando le loro promesse.  

 

 

***

Image and video hosting by TinyPic

 

 

- Fine -

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.
Neppure l’immagine mi appartiene.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai, che subisce le mie paranoie. X°D

 

Note: Il Claddagh Ring (dall’inglese: Anello di Claddagh, in lingua gaelica irlandese: fáinne Chladaigh) è un anello di fidanzamento irlandese, composto da due mani che tengono un cuore sormontato da una corona. Le mani simboleggiano l’amicizia, la corona è simbolo di lealtà e il cuore dell’amore. Il modo in cui si indossa ne cambia il significato e la spiegazione ce l’ha già fornita Arthur nel capitolo. Ovviamente, Merlin ripete la medesima formula.

https://it.wikipedia.org/wiki/Claddagh_Ring

 

Maryluis ha prodotto questo meraviglioso disegno ispirato ai nostri eroi. Mi sembra un delitto non condividerlo con voi:

 

 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felici milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche costruttive.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3644003