The Family Business - Always and Forever

di Robigna88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23. ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25. ***
Capitolo 26: *** 26. ***
Capitolo 27: *** 27. ***
Capitolo 28: *** 28. ***
Capitolo 29: *** 29. ***
Capitolo 30: *** 30. ***
Capitolo 31: *** 31. ***
Capitolo 32: *** 32. ***
Capitolo 33: *** 33. ***
Capitolo 34: *** 34. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


NDA: Sono tornata! E con me è tornata anche l'allegra combriccola.
Ecco il primo capitolo della terza parte della serie The Family Business vi ricordate dove eravamo rimasti? Allison aveva preso il comando della Strige... si riparte tre mesi più avanti. Come saranno i rapporti tra la bella cacciatrice e gli Originali alla luce di questo cambiamento?

Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va. In  fondo, come sempre, l'outfit di Allison :)


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1.

 

 

 

 

 

L’Originale si perse per un attimo in quegli occhi nocciola, ammaliato dalla luce che emanavano, intrigato dal movimento lento di quelle labbra rosate. Cercare quella donna che conosceva appena era stata una follia ma si accorse che potendo tornare indietro lo avrebbe rifatto.

Non aveva smesso di pensare a lei neppure per un istante da quando era ripartita dopo quel ballo a Mystic Falls. E non era solo perché era dannatamente bella, era qualcosa di più.

“Sto per fare una cosa adesso” le disse avvicinandosi a lei, prendendole una mano e poggiandosela sul petto. “Non credo sia questo il caso, ma se avessi frainteso… ti prego di perdonarmi.”

Lei abbozzò un sorriso piegando poco il capo. Credeva di sapere a cosa si riferisse ma non disse nulla.

Attese.

Il tocco delle labbra di Elijah sulle sue fu delicato, quasi insicuro. Ma quando la mano sul suo petto si spostò tra i suoi capelli, ogni cosa cambiò.

 

 

 

Elijah si ridestò dai suoi pensieri; quei pensieri che erano ricordi, che sapevano di nostalgia e tristezza. Ma anche di amore.

Guardò il libro che stava leggendo; era arrivato quasi a metà, ma si accorse che non ricordava neppure una parola delle pagine precedenti. Non era concentrato, non lo era da oramai tre mesi.

Il momento in cui Allison aveva preso il comando della Strige continuava a tormentarlo; il ricordo di quel viso bello pieno di tante cose che non erano lei gli faceva compagnia ogni giorno, spezzandogli il cuore.

Aveva provato a parlarle, ci aveva provato diverse volte. Ma gli era sembrato che nessuna di quelle volte lo avesse ascoltato anche se gli piaceva pensare che avesse solo fatto finta di non farlo.

Odiava quella situazione, odiava che tutti sembrassero aver gettato la spugna, anche se sapeva che in fondo non poteva biasimarli per averlo fatto. Allison era cambiata e quel cambiamento era qualcosa a cui nessuno si era adattato. Alcune delle volte che l’aveva vista, impavida leader di una congregazione tanto più potente di lei, Elijah aveva avuto la sensazione che neppure lei avesse metabolizzato fino in fondo il suo nuovo essere.

C’era così tanta rabbia e così tanta amarezza in quelle iridi nocciola. Lui si sentiva in colpa perché sapeva di esserne la causa, se non completamente, di certo in gran parte.

“Elijah!” sentì urlare da Freya. Poi un rumore forte.

L’Originale si alzò e, visto che il tono di sua sorella sapeva di paura, aguzzò i canini pronto ad ogni cosa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Aveva preso il comando della Strige da oramai tre mesi ed esattamente tutto era andato come aveva previsto. Tutti le avevano voltato le spalle, l’avevano esclusa e accusata e avevano gettato la spugna quando aveva messo in chiaro che quel suo cambiamento non era un capriccio ma il suo nuovo modo di vivere.

Era stata chiara al riguardo, quel giorno che Elijah le aveva aperto il suo cuore pregandola di tornare da lui, di tornare la donna che aveva amato e che ancora amava.

Beh su quel punto lei aveva ancora delle riserve, le stesse riserve che l’avevano spinta a cambiare radicalmente tutta la sua vita; quella sensazione di costante mancanza, quella sensazione di aver annullato tutto per nulla… o quasi.

Aveva creduto, decidendo di riportare indietro Jackson, che forse quella sensazione sarebbe passata ma in realtà non aveva fatto altro che farle capire che per il bene di quella famiglia era cambiata fin troppo, in un modo che non le piaceva.

Quel modo, suo malgrado, alla fine aveva finito per cambiarla del tutto e nessuno lo aveva accettato; a volte faticava ad accettarlo persino lei. Ma questi erano i fatti; la vecchia Allison che si faceva in quattro per tutti era il passato e la nuova Allison che aveva imparato a mettere se stessa di fronte agli altri aveva preso il suo posto.

Era quasi una difesa ma come molte volte le era successo nessuno dei suoi cosiddetti amici era stato capace di comprenderlo.

Sospirò guardando i documenti che doveva esaminare; comprare grandi edifici in tutte le più grandi città del globo era un’attività che non aveva senso per lei. Cosa se ne faceva, per esempio, una congregazione di potenti ed antichi vampiri di una fabbrica abbandonata nel Nord Carolina?

Tristan aveva provato a spiegarle qualcosa di quel lato della Strige ma per lei continuava ad essere un’idea insensata, soprattutto perché la costringeva a leggere ed esaminare documenti tutto il tempo, perché la costringeva ad incontrare i più disparati uomini d’affari, ad organizzare cene di beneficienza di facciata e feste fin troppo esagerate per i suoi gusti.

Bevve un sorso di vino e poi mangiò un altro boccone di carne. Il sole splendeva a New Orleans, ma c’era un po’ di fresco autunnale che manteneva la temperatura piacevole; proprio il giorno perfetto per pranzare all’aperto.

Le Cafe du Monde era un ristorante carino ed era diventato il suo posto da quando andare al Rousseau’s era diventato troppo imbarazzante vista la tensione crescente tra lei e la famiglia degli Originali e Cami.

Riprese il bicchiere e bevve un lungo sorso, poi si schiarì la voce quando Elijah si mise a sedere sulla sedia di fronte, poggiando sul tavolo un barattolo che conteneva un cuore.

“Buongiorno Elijah” gli disse abbozzando un sorriso, prima di indicare il barattolo con un dito. “Un regalo per me? Non avresti dovuto.”

Lui sorrise, si girò di lato e accavallò le gambe sbottonandosi la giacca scura. “Bellissima giornata, vero?”

“Io sto pranzando,” replicò la donna. “E vorrei farlo da sola.”

“Io invece poco fa mi stavo rilassando leggendo un bel libro e avrei preferito continuare a farlo” Elijah girò il viso per guardarla. “Ma uno dei tuoi vampiri ha pensato bene di fare irruzione in casa mia e attaccare la mia famiglia e ha rovinato i miei piani. Suppongo che davvero non si può sempre avere ciò che si desidera, non credi anche tu?”

Allison si mordicchiò l’interno della guancia e chiuse per un secondo gli occhi. Non aveva dato lei l’ordine di attaccare la tenuta ma sapeva esattamente chi era stato a farlo. Piegò poco il capo e puntò lo sguardo su Elijah; nonostante tutto, si accorse, quello sfarfallio nello stomaco che sentiva ogni volta che la guardava era ancora lì, più intenso che mai.

“Posso?” chiese lui strappandola ai suoi pensieri, indicando la bottiglia di vino.

Lei allungò la mano e gli porse il bicchiere, poi richiuse la cartelletta di pelle dentro la quale c’erano i documenti che non aveva ancora finito di esaminare.

“Non ho dato io l’ordine di attaccare la tua famiglia” disse afferrando il barattolo e mettendolo dentro la sua borsa, per evitare di attirare gli sguardi indiscreti degli altri commensali. “E mi dispiace che sia successo. Suppongo che, visto il cuore chiuso lì dentro, stiate tutti bene.”

“Tutti tranne il tuo… com’è che li chiami? Discepoli?”

La cacciatrice fece una risata nervosa, si sistemò la giacca e annuì. “Come ho già detto, mi dispiace. Aya è un po’… beh diciamo che sta facendo un po’ di ostruzionismo. Non ha preso bene la scelta di Tristan di nominare me suo successore. Mi assicurerò che non accada più.”

“E che succede se non ci riesci? Aya sa essere molto persuasiva, è solo questione di tempo prima convinca altri componenti della Strige a seguire il suo esempio. E a quel punto avrai una bella gatta da pelare.”

“So essere molto persuasiva anche io” Allison si alzò e mise una banconota da cento dollari sotto il piatto facendo un cenno alla cameriera. “So che pensi che non sono in grado di controllarli e so che da tre mesi a questa parte molte delle cose che sono successe provano che hai ragione, ma posso assicurarti che da oggi cambieremo registro. Anzi, perché tu e la tua famiglia non venite alla tenuta della Strige stasera alle sette? Farò capire una volta per tutte ad Aya, e a tutti quelli che hanno intenzione di seguirla in questa piccola guerra, chi è comanda e poi potremo cenare tutti insieme. Considerala una cena d’affari, è tempo di mettere in chiaro alcune cose. E considerala anche una cena di scuse per questo… attacco.”

Elijah sorrise prima di bere l’ultimo sorso di vino. “Ci saremo.”

“Bene” la donna afferrò il suo cellulare. “A stasera allora.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Aya e il resto della Strige erano radunati nella sala grande, in attesa da almeno un’ora, quando Allison era arrivata seguita dai Mikaelson al completo, Hayley e il suo risorto marito compresi.

Al loro arrivo si alzò un brusio confuso, alcuni scattarono sulla difensiva, Aya fece un passo avanti e la guardò dritta negli occhi dopo aver dato una rapida occhiata ad Elijah.

“È uno scherzo per caso?” chiese.

“Al contrario” rispose Allison incrociando le mani dietro la schiena in un gesto semplice che però mostrava autoritarismo. “Non sono mai stata così seria. Ma ora torna al tuo posto Aya. Non ricordo di averti detto che potevi parlare.”

“L’ultima volta che ho controllato questa era una democrazia e ognuno era libero di parlare.”

La cacciatrice annuì appena. “Di solito lo è, ma non in questo momento” fece qualche passo verso di lei e diede un veloce sguardo a tutti gli altri. “Questa mattina uno di voi ha sferrato un attacco alla famiglia Originale, dentro la loro casa. Non ho idea di chi fosse perché onestamente non ricordo neppure la metà dei vostri nomi o delle vostre facce tanto vi ritengo inutli, ma sono certa che dietro questo gesto si nasconde l’ordine di qualcuno che non ha ancora ben capito il suo ruolo in questo posto.”

Marcel si guardò intorno, poi mise le mani sui fianchi puntando gli occhi su Aya; il vampiro respirava in modo affannato, quasi avesse grande difficoltà a controllarsi.

“Aya” continuò Allison. “Vuoi dire qualcosa?”

“Tu” iniziò l’altra. “Sei una patetica umana che crede di essere in grado di gestire tutto questo. Tristan è un folle accecato dai suoi sentimenti per te e questo è l’unico motivo per cui sei qui, al comando.”

“Può essere,” replicò l’altra girandosi e ritornando al suo posto, guardando per un attimo Elijah mentre lo faceva. “Ma qualunque sia il motivo, sono qui e pretendo obbedienza e rispetto! È ora che accettiate che le cose sono cambiate, completamente.”

Marcel si passò una mano sul viso. “E che succede se ci rifiutiamo di abbracciare il cambiamento?”

 “Ah finalmente qualcuno che fa una domanda interessante. Anche se non sono del tutto certa che la risposta ti piacerà” Allison abbassò il viso. “Venite pure avanti” disse con decisione posando lo sguardo dietro tutti quelli che le stavano davanti.

Un gruppo di dodici persone avanzò a passo lento. Davanti, al centro, c’era una donna che Marcel credeva di conoscere anche se non ne era sicuro.

“E questi chi sono? Le tue guardie del corpo?” chiese con tono sarcastico, ridacchiando.

“Questi, Marcellus, sono la risposta alla tua domanda.”

La donna che sembrava guidare quel gruppo alzò la mano, mormorando qualcosa. Gli altri la seguirono ed uno ad uno alcuni dei componenti della Strige caddero in terra e iniziarono a sanguinare urlando di dolore.

Successe a dieci di loro, poi Allison fece un cenno e tutto si fermò. “Grazie, Valentina” mormorò. “Date il benvenuto alla Brujeria Blanca, le nuove streghe della Strige. E giusto per evitare inutili perdite di tempo, sappiate che ogni tentativo di convincerle a mettersi contro di me sarà inutile” sorrise ad Aya. “Patetica umana- Potenti antichi vampiri uno a zero, Aya. E questo è solo l’inizio. Ora andatevene, io e la famiglia Originale dobbiamo discutere di alcune cose, in privato.”

In silenzio, seppur si respirasse un grande nervosismo, la Strige si allontanò seguita da Aya e da Valentina e le sue streghe. Nella grande stanza rimasero solo Allison e i Mikaelson.

“Impressionante!” esclamò Freya abbozzando un sorriso.

“Ho pensato di ucciderti almeno dieci volte in questi ultimi tre mesi” aggiunse Klaus. “Ma devo ammetterlo, il potere ti dona dolcezza.”

La cacciatrice si voltò verso di loro. “Vogliamo andare? La cena verrà servita tra qualche minuto” li informò indicando con un gesto della mano la direzione in cui dovevano andare.

E precedendoli verso la sala da pranzo non poté fare a meno di sorridere soddisfatta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Capitolo 2
*** 2. ***


NDA: Buona lettura :) vi piace dove questa storia sta andando? Presto colpi di scena ;) sotto l'outfit di Allison durante la cena.

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2.

 

 

 

 

 

“Grazie. Puoi andare.”

Allison sorrise al cameriere che aveva appena portato il vassoio con sopra l’arrosto e le patate al forno che aveva fatto preparare appositamente per l’occasione. Sospirò guardando gli altri commensali e quando Klaus ridacchiò ricambiando l’occhiata bevve un sorso strizzandogli l’occhio in una specie di segno di sfida che però lui sembrò non cogliere.

“Mi sono accertata che la carne fosse al sangue” disse loro indicando il piatto con un dito. “Ho pensato che a voi piacesse così.”

“Una battuta vecchia quanto il mondo” mormorò Hayley afferrando il suo bicchiere.

L’altra accennò una risata, poi sospirò. “Elijah, vuoi fare gli onori di casa?”

L’Originale si versò dell’altro vino prima di scuotere il capo. “Credo che ognuno possa fare per sé, siamo tra amici in fondo. Giusto?”

La cacciatrice annuì. “Giusto. Bene allora prego, non fate freddare l’arrosto.”

Visto che nessuno si mosse, Jackson prese una fetta dal vassoio e ne mangiò un grande boccone. Pensò che era meglio avere la bocca piena, e pensò che avrebbe fatto qualunque cosa per togliersi da quell’immobile imbarazzo.

“Allora” disse Klaus prendendo a sua volta dal piatto di portata. “Elijah ha detto che questa cena è una cena d’affari, ma a parte stupide chiacchiere non ho ancora sentito una sola parola che abbia a che fare con essi. Vuoi dirci quali sono queste… cose che dobbiamo mettere in chiaro?”

“Credevo che avremmo aspettato il dolce ma se preferisci parlarne adesso per me va più che bene” Allison si schiarì la voce. “Ho come la sensazione che molti di voi, anzi tutti voi, mi siate ostili in questo periodo. Mi sento a disagio persino ad entrare nel mio ristorante; il ristorante che ho comprato per la fidanzatina di Klaus. Fidanzatina che, se la memoria non mi inganna, non mi ha neppure ringraziata per essermi accertata che morisse con il sangue di vampiro nel suo organismo. Ingrediente senza il quale adesso starebbe marcendo sei metri sottoterra chiusa in una bara di ciliegio.”

“Dovrebbe ringraziarti per aver contribuito alla sua trasformazione senza che lei lo sapesse?” si intromise Hayley. “Sul serio?”

“Okay” la donna allontanò poco la sedia dal tavolo e accavallò le gambe rilassandosi contro lo schienale. “E tu allora? Ho rischiato di morire per salvare te e il tuo branco e sono effettivamente morta quando Klaus mi ha spezzato il collo dopo che ti ho salvata dalla follia di Tristan. In più, sono andata fino all’Inferno per riportare indietro tuo marito e neppure tu mi ha mai ringraziata. Oh aspetta, ora che ci penso nemmeno lui l’ha fatto” il suo sguardo si spostò in automatico su Jackson che aveva di nuovo la bocca piena.

“È per questo che lo hai fatto?” chiese Freya, ed era la prima volta che parlava. “Perché non ti sentivi abbastanza apprezzata? Perché non ti hanno ringraziata?”

“Fare cosa? Prendere il comando della Strige? No.” la padrona di casa scosse il capo.

“E allora perché?” stavolta fu il turno di Elijah di parlare. L’Originale elegante fece scorrere delicatamente il dito sul bordo del bicchiere, poi poggiò gli occhi su di lei.

“Non è importante Elijah.”

“Lo è invece” lui si mise più comodo sulla sedia. “Hai detto tu stessa che questa cena è stata organizzata per chiarire alcune cose, quindi chiariamole.”

“Credimi, non vuoi saperlo.”

“Io penso di sì.”

Allison respirò a fondo, si rimise composta e si perse per un attimo nei suoi pensieri. Poi parlò.

“Quando avevo ventitré anni, avevo appena iniziato a lavorare con Sam e Dean, tutto quello che volevo era trovare mio fratello e vendicare la morte dei miei genitori. Continuavo a lavorare, a salvare la gente, ad uccidere i mostri ma il mio pensiero era fisso solo su di lui. Tuttavia, per quanto ci provassi non riuscivo a trovarlo” si fermò un attimo e si versò dell’acqua in un bicchiere da cui bevve un lungo sorso prima di continuare. “Non riuscivo più a dormire al pensiero che lui vivesse sereno mentre i nostri genitori erano morti uccisi dal sangue del proprio sangue. Sentivo che era mio dovere fare qualcosa ma visto che non ci riuscivo iniziai a sentirmi… come un fallimento. Sam e Dean cercarono di aiutarmi ma pian piano sprofondai in uno stato di rabbia e annullamento e una sera decisi che era tempo di farla finita con tutta quella storia. Così mi infilai nella vasca da bagno di uno squallido motel, mi tagliai i polsi e mi lasciai morire.”

Tutti gli occhi si puntarono su di lei. Quelli di Elijah si riempirono di lacrime. Lei lo osservò per un lungo istante e per quel breve tempo sembrò che gli altri fossero spariti.

La voce di Jackson la riportò alla realtà. “È stato allora che hai conosciuto Crowley?”

“No” lei si mise a giocherellare con un angolo di tovagliolo. “A quel tempo Crowley era un signor nessuno, un semplice e ordinario demone degli incroci. È stato allora che ho conosciuto Lucifero.”

“Lucifero?” ripetè Klaus sollevando un sopracciglio.

“Il diavolo, Belzebù, il signore dell’oscurità, l’angelo caduto e maledetto… chiamalo come ti pare. Anzi, credo che voi due potreste tranquillamente essere amici. Lui è persino più spaventoso di te” la donna si alzò e prese su un tavolo poco distante alcuni documenti. “Ad ogni modo, per una serie di fortunati eventi Castiel, anche se io lo seppi molto tempo dopo, mi tirò fuori dagli Inferi e mi riportò nel mondo dei vivi. Non so esattamente perché ma quel piccolo viaggetto al piano di sotto mi lasciò dentro una incredibile voglia di combattere, letteralmente e metaforicamente parlando. Da allora ho avuto dei momenti bui ma nessuno come quello che mi aveva portato al suicidio. Questo fino a quando non ho incontrato Elijah.”

Lui deglutì a vuoto, ma non staccò gli occhi da lei, neppure per un secondo.

“Dopo aver conosciuto lui, dopo essermi innamorata di lui, mi sono sentita bene; felice, realizzata. Mio fratello era morto, o almeno così credevo, avevo ancora diversi nemici ma avevo anche qualcosa per cui valesse la pena lottare, qualcosa di bello che mi faceva sperare in un futuro che non avevo mai neppure immaginato prima.” Allison arricciò la bocca per un attimo. “Ma poi… poi mi hai spezzato il cuore Elijah, tante e tante volte e quella situazione, quella oscura sensazione che avevo dimenticato è tornata a farsi viva.”

“Io” Elijah raddrizzò le spalle, la indicò con un dito. “Ti ho amata con tutto me stesso. E ti amo ancora allo stesso modo.”

Lei si alzò in piedi e gli si fermò davanti quando lui fece lo stesso. “Tu mi hai amata, è vero. Ma non con tutto te stesso. Mi hai chiesto di sposarti e forse sono stata la prima a cui lo hai chiesto, ma hai anche trascurato tante piccole cose che alla fine, sommate insieme, sono diventate una sorta di bagaglio emotivo troppo pesante da trascinare” alzò una mano e iniziò a fare la conta. “Hai sempre e comunque preferito la tua famiglia, Hayley, a me. Uno, quando a mio padre hanno dato il premio commemorativo a Baton Rouge tu non c’eri. Sai chi mi ha sostenuta mentre salivo sul palco a ricordare mio padre? Will Kinney, un tizio che ho conosciuto anni fa e che tra l’altro la maggior parte del tempo mi considera una palla al piede. Due, quando questa dannata profezia è venuta fuori e ho deciso di andarmene ti è mai venuto in mente che forse saresti potuto venire via con me? Io non credo proprio. Sono stata via per mesi e mi hai telefonato sì e no tre volte. Hai almeno lottato per me, per noi, quando Klaus ti ha detto che non voleva più vedermi, quando ha minacciato di…”

“Tu non sai cosa ho fatto in quei mesi!” le disse lui deciso, interrompendola. “Quanto starti lontano mi facesse male. Quanto volessi stringerti tra le braccia.”

“Adesso basta!” urlò Klaus dando un colpo al tavolo, facendo sobbalzare tutti. L’Ibrido si avvicinò ad Allison, affiancando il fratello in un gesto istintivo che sembrava quasi una protezione. Era ferito, spezzato, lo si capiva dal tono della voce e per quanto gli piacesse considerarsi un insensibile senza cuore, quel tremolio nella voce del suo fratello maggiore gli faceva male. “Ne ho abbastanza di queste stupidaggini. Cosa vuoi, Allison?”

“Voglio tante cose, ma prima fra tutte, voglio il totale controllo su almeno metà della città.”

“Non se ne parla!” esclamò Hayley mettendosi in piedi. “Questa città appartiene ai vampiri e appartiene ai lupi. Coesistiamo pacificamente e lo facciamo perché io ed Elijah ci siamo assicurati che fosse così.”

“Le cose cambiano Hayley. Mi assicurerò che la Strige non oltrepassi mai i limiti che stabiliremo qui, insieme. Ma non permetterò a nessuno di voi di farmi sentire sgradita e malvista.”

“Allora lascia la città” le disse Klaus incrociando le mani dietro la schiena. “Perché è esattamente così che ti considero adesso; un parassita che vuole infettare la mia città e l’equilibrio che vampiri e lupi hanno raggiunto. E io, uccido i parassiti.”

“Non minacciarmi Niklaus” sibilò lei guardandolo dritto negli occhi. “Credo di aver dato una dimostrazione piuttosto chiara, prima, di quanto posso diventare pericolosa se mi sento minacciata.”

“Ludum Regali” disse Elijah prima che qualcuno potesse parlare. “Vuoi una parte della città? Ti sfido a duello. Se vinci ci accorderemo. Se perdi mi ridarai la Strige, riprenderò il mio posto al comando e Tristan finirà nel fondo dell’oceano, dove avrebbe dovuto già trovarsi.”

Allison abbozzò un sorriso. “Accetto” disse guardandolo.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah la guardò mentre si toglieva le scarpe alte, abbassandosi di diversi centimetri, facendogli venire voglia di abbracciarla. Le porse la mano per aiutarla ad entrare dentro quella specie di gabbia che Marcel aveva fatto installare al centro della vecchia chiesa ora palestra.

Lei la prese e salì i due gradini che l’avrebbero portata all’interno. Raggiunse il lato opposto e si voltò verso il suo avversario, o quanto meno, quello era il suo ruolo in quel momento.

“Devo ammetterlo” gli disse mettendosi in posizione. “Non credevo che saremmo arrivati a questo punto. Non credevo che avresti deciso di fare a botte con me, con il rischio di farmi male.”

“Sei più tosta di quel che sembra.” Elijah sorrise sistemandosi, come lei, in posizione. L’idea di colpirla, di farle male, lo inorridiva ma in quelle iridi nocciola aveva visto tanta rabbia mentre gli sputava addosso tutto il suo risentimento e faceva le sue rimostranze. Fargliela tirare fuori gli sembrava un buon modo per iniziare ciò che aveva in mente.

“Bene allora” replicò lei. “Non trattenerti.”

“Oh non lo farò” le disse attaccando.

Allison schivò il primo colpo, ne parò qualcun altro e ne diede altrettanti, poi cadde in terra gemendo, con un sopracciglio che sanguinava copiosamente.

Lui si fermò, spaventato, e si piegò sulle ginocchia per guardarla. “Mi dispiace” le sussurrò.

Lei scosse il capo, poi diede un colpo di tosse. “Per cosa? È così che funziona, due persone combattono e inevitabilmente almeno una di loro si fa male.”

Elijah si morse il polso, lo avvicinò a lei e sospirò. “Bevi, ti prego” le disse.

La donna alzò la mano per scansare il braccio e fu quando lo toccò che il pensiero ebbe inizio.

 

 

Le risate furono ciò che lo attirarono dritto in cucina. Quei suoni limpidi e divertiti.

Allison e Victoria stavano facendo dei biscotti o quanto meno ci stavano provando quando lui fece capolino dalla porta. Sorridendo intenerito guardò la bambina; era cresciuta così in fretta. Era bastato battere le ciglia un paio di volte e lei aveva già sei anni. Fra qualche mese sarebbe andata a scuola. Incredibile ma vero, era sua figlia. Sua e di Allison.

“Che cosa stanno facendo le mie due signore preferite?”  chiese afferrando la piccola in braccio, facendola ridacchiare.

“Ciao papà!” esclamò lei poggiandogli le mani sporche di farina sul viso. “Io e la mamma stiamo facendo dei biscotti. Ma non sono venuti bene come volevamo.”

Elijah guardò l’impasto disordinato sul tavolo, gli ingredienti sparsi qui e lì. L’infornata di prova mostrava dei cookies dalla forma irregolare e pallidi. “Lo vedo.”

“Hey” gli disse Allison guardandolo. “Non saranno belli ma ti assicuro che sono buoni.”

“Ah” mormorò lui spezzandone un pezzo e mangiandolo. “Sì, in effetti non sono male.”

“Papà” gli chiese la piccola. “Dobbiamo ancora finire la storia che abbiamo iniziato ieri sera. Possiamo farlo adesso? Mentre la mamma continua a preparare i biscotti?”

Lui la mise a terra e le accarezzò i capelli. “Vai a prendere il libro” le sussurrò guardandola mentre lei scappava via come una furia su per le scale. Quando si voltò per guardare Allison lei lo stava già guardando con un sorriso sulle labbra. “Che c’è?”

Lei si strinse nelle spalle. “Ti amo Elijah Mikaelson.”

Elijah le prese il viso tra le mani e la baciò. “Ti amo anche io.”

 

 

Allison scattò indietro alzandosi a fatica. Lo guardò, guardò dentro quegli occhi scuri pieni di emozione. Odiava che fosse successo, quel pensiero crepava profondamente ciò che voleva mostrare. Ma era stato quasi automatico; aveva abbassato la guardia e la mente si era sentita libera di andare in quel posto che lei cercava di tenere nascosto.

“Allison…” le mormorò Elijah avvicinandosi.

Lei chiuse gli occhi e con decisione scosse il capo. “Tenetevi pure la città. Tenetevi tutto” disse lasciando la gabbia e poi la palestra.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Tristan si mise in piedi quando la sentì arrivare. Non la vedeva da due giorni ma gli erano sembrati un’eternità; un po’ perché era chiuso da solo in quella casa, confinato lì dentro da una specie di incantesimo che solo lei sapeva gestire, un po’ perché gli mancava quando non c’era. Allison si era premurata di fargli avere da mangiare e dei vestiti puliti, ma non si era preoccupata di garantirgli la sua presenza, che in fondo era l’unica cosa che a lui interessava.

Non aveva ancora ben capito quale fosse il piano completo, ma l’ambizione e il furore che aveva visto nei suoi occhi negli ultimi tempi gli piaceva moltissimo.

“Allison” le disse raggiungendola vicino alla porta, riempiendosi di stupore quando le vide il viso ferito. “Che cosa ti è successo?”

Lei non rispose, ma avanzò a passo lento fino ad essere faccia a faccia con lui. Alzò una mano e gliela poggiò sul viso; in quegli occhi chiari c’erano un calore ed una dolcezza che lei non vedeva da tanto. Era una sorta di devozione che in qualche modo le scaldava il cuore.

“Tu mi ami” gli sussurrò. “Perché?”

Lui piegò poco il capo, poi le prese la mano e la baciò con delicatezza. “Allison, che succede?”

“Non lo so” lei lasciò cadere qualche lacrima. Prese un coltello e si tagliò la punta di un dito, poi uscì fuori e toccò un punto preciso del muro.

Tristan sentì una forte ondata di energia e lentamente raggiunse la porta scoprendo che poteva uscire.

“Non posso darti quello che vuoi Tristan,” gli disse lei scuotendo poco il capo. “Sei libero di andare.”

Il vampiro respirò a fondo, poi le porse una mano. “Credo che resterò.”

 

 

 

 


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Capitolo 3
*** 3. ***


NDA: Capitolo di passaggio che però mette in risalto alcune cose. Lasciatemi un commento ;) buona lettura, Roby.

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3.

 

 

 

 

 

Allison sospirò poggiando la penna sul tavolo. Con una mano afferrò il bicchiere pieno a metà di limonata e ne bevve un sorso prima di poggiarlo sull’isola della cucina.

Scartoffie e ancora scartoffie. Non ne poteva più di tutte quelle carte incomprensibili. Pensò che se avesse saputo che la Strige era fatta anche di quello forse ci avrebbe pensato due volte prima di prenderne il comando.

Erano passate due settimane da quando lei ed Elijah si erano scontrati all’interno della gabbia, da quando lei non era riuscita a tenere a bada i suoi pensieri. In quel pensiero si perse per un attimo.

Era bello ed era frequente ma se prima era sembrato possibile ora invece appariva lontano. D’istinto guardò il suo anulare sinistro. Non portava più da quattro mesi il suo anello ma ancora ora le veniva naturale fare quello strano movimento che era solita fare quando lo indossava; quello con cui faceva girare quel bel cerchio rosa sul suo dito.

 

 

QUATTRO MESI PRIMA

 

Allison arrivò alla tenuta giusto in tempo per vedere Elijah distruggere un paio di sedie che lanciò contro il muro senza esitazione. Freya stava scendendo giù per le scale in fretta per raggiungere il suo solitamente calmo fratello che ora sembrava furioso.

“Che succede?” chiese ad Allison.

Lei sospirò avvicinandosi di qualche passo ad Elijah. “Elijah, non ha preso molto bene una notizia dell’ultima ora.”

“Non hai idea di che cosa hai fatto!”

“So esattamente cosa ho fatto” gli disse lei. “E ho scelto di farlo di mia volontà.”

“No” mormorò lui scuotendo il capo, prendendole delicatamente il viso tra le mani. “Tu non sei così, non sei questa.”

“Lo sono adesso Elijah” lei si liberò dalla presa. “Ascolta, non sono qui per giustificarmi con te, sono qui per chiederti di rispettare la mia decisione. Sono qui per chiederti di accettare questa nuova… situazione.”

“Era questo che intendevi quando te ne sei andata? Quando mi hai detto che al tuo ritorno tutto sarebbe cambiato, era a questo che ti riferivi? Tu, la donna che amo, che si allea con le persone che vogliono rinchiudere me e la mia famiglia chissà dove usando un magico amuleto? Con le persone che ci minacciano da mesi? Che minacciano te…”

“Non mi sono alleata con loro, Elijah. Ho preso il comando perché voglio provare a risolvere le cose, a…”

“Questo non risolve assolutamente nulla!” urlò lui interrompendola. “Questo cambia tutto e non in meglio, per nessuno di noi.”

“Perché non puoi semplicemente fidarti di me?” stavolta fu il turno di Allison di urlare.

“Perché non sai quello che stai facendo. Hai salvato quel folle di Tristan. Lo stesso Tristan che ha strappato il cuore a Jackson, lo stesso Tristan che è venuto a minacciare me e la mia famiglia dentro la mia casa! Perché l’hai fatto? Sei innamorata di lui per caso?”

Allison scosse il capo, poi rise nervosamente. “Non posso credere che tu mi stia chiedendo una cosa del genere” gli disse. “Ma lascerò correre perché sei arrabbiato e si dicono cose stupide quando si è arrabbiati. Non proverò neppure a spiegarti perché ho fatto quello che ho fatto, perché dubito che capiresti. Quello che voglio sapere è se puoi o meno accettare il mio cambiamento. Se puoi provare a fidarti di me in tutto questo.”

Lui scosse il capo. “Come posso farlo? Se stai con la Strige stai contro la mia famiglia.”

La donna abbassò per un attimo lo sguardo, si tolse l’anello e lo poggiò sul tavolino che era rimasto, miracolosamente, intatto.

“Tutto quello che volevo era far parte di quel sempre e per sempre che ti sta tanto a cuore. Ci ho provato ma evidentemente non c’è posto per me, neppure adesso, neppure dopo tutto quello che abbiamo passato” gli sussurrò. “Ti auguro di essere felice, te lo auguro con tutto il cuore.”

Elijah serrò le mascelle, sentiva una rabbia grandissima dentro. Ma più che altro sentiva un grande senso di vuoto.

 

 

Chiuse gli occhi e ammise a se stessa che le mancava Elijah e ora non poteva più mentire. Abbassare la guardia era stata una pessima idea, anche se a dirla tutta non lo aveva fatto volontariamente.

“Stai bene?” le chiese Tristan avvicinandosi a lei.

Allison riaprì gli occhi e si schiarì la voce.

“Puoi ripetermi ancora una volta perché un’organizzazione potente come la Strige è interessata ad acquistare un vecchio edificio che una volta era una fabbrica di scarpe, nel Montana?”

Lui abbozzò un sorriso. “Non credo che tu voglia saperlo.”

“Ti prego” mormorò Allison. “Dimmi che non sto firmando queste carte per acquistare un posto in cui verrà fatto del male a degli innocenti.”

Tristan le si posizionò dietro e con delicatezza le spostò i capelli. “Nessun innocente, te lo giuro.”

“Cosa stai facendo?” lei si inumidì le labbra mentre lui prendeva a massaggiarle le spalle.

“Ti aiuto a rilassarti” replicò il vampiro. “Sembri tesa. Essere a capo di un’organizzazione così potente può essere molto stressante. Lo so bene.”

La donna fece un grosso respiro. Si sentiva un po’ a disagio ma doveva ammettere che Tristan sapeva cosa stava facendo.

“Niente male, devo ammetterlo” sussurrò richiudendo gli occhi.

“Una volta soggiogai una massaggiatrice asiatica e visto che sono uno che impara in fretta ho imparato la sua arte molto bene.”

“Massaggiatrice asiatica…” Allison gemette di sollievo mentre le mani di Tristan si spostavano sul collo. “Scommetto che ti ha insegnato anche altro.”

Tristan rise. “No, tu meglio di chiunque altro dovresti sapere che mi piacciono le donne di classe.”

Allison girò poco il capo per guardarlo. La semplicità e la spontaneità con cui esprimeva i suoi sentimenti per lei la spiazzavano in qualche modo. Le facevano provare una strana sensazione che non sapeva spiegare.

Amava Elijah, ma doveva ammettere che il calore con cui Tristan la trattava le faceva piacere. Restò a fissarlo per alcuni secondi, guardandogli gli occhi, poi le labbra; il modo in cui le teneva costantemente piegate in un leggero sorriso. Nelle iridi chiare c’era molto di più di quello che lasciava vedere. O forse quello strano scintillio compariva solo quando guardava lei.

Rimase immobile quando la bocca del vampiro si poggiò sulla sua, ci rimase per il tempo necessario a capire cosa stesse succedendo, se le piacesse, poi chiudendo gli occhi dischiuse le labbra lasciando che quel bacio delicato diventasse qualcosa di più profondo.

Era piacevole e tenero ma il suo pensiero era fisso su un altro vampiro.

Poggiandogli le mani sul petto lo spinse piano indietro e fece un grosso respiro. “Mi dispiace” gli sussurrò. “Io non…”

“Non esserlo” lui sorrise scuotendo il capo. “Probabilmente lo consideri un errore ma io aspettavo di farlo da anni.”

“È stato bello” si affrettò a chiarire lei. “Ma tu ci metti amore, un amore che io non posso ricambiare. Sento che i tuoi sentimenti per me sono veri, riesco a sentirlo ogni volta che mi guardi. Non voglio farti male Tristan, non è un gioco a cui mi piace giocare.”

Tristan annuì. “Ti ringrazio per la premura, ma non scusarti. Come ti ho detto, aspettavo da anni.”

Lo disse in un modo che la fece ridere e con calma la donna si allungò per afferrare il suo cellulare che aveva preso a squillare. “Spero che almeno sia stato come lo avevi immaginato.”

“È stato anche meglio” le disse lui versandosi un bicchiere di acqua.

Allison si spostò indietro i capelli mentre leggeva il messaggio che Freya le aveva inviato; Vieni alla tenuta, è un’emergenza.

Alzandosi bevve l’ultimo sorso dal suo bicchiere, poi afferrò la borsa poggiata su una sedia mentre raggiungeva la porta. “Devo andare” disse a Tristan. “Ci vediamo dopo.”

Ma lui non rispose, la lasciò andare. Come faceva ogni volta.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah stava incatenato ad una sedia quando lei arrivò. Era sudato, gli occhi iniettati di sangue, le mani strette in due pugni.

“Che diavolo sta succedendo qui?” chiese a Freya, Hayley e Klaus, raggiungendolo.

“Non avvicinarti” le disse Klaus. “Elijah non è in sé in questo momento. A dire il vero non so neppure perché Freya ti abbia telefonato. Non puoi aiutarci e non sei più la benvenuta.”

Allison ignorò le sue parole e raggiunse il maggiore dei Mikaelson. Gli prese piano il viso tra le mani, piegandosi per guardarlo e sorrise quando i suoi begli occhi scuri iniettati di sangue tornarono normali. “Togliete queste catene” disse voltandosi a guardare gli altri.

Freya mosse la mano, nonostante le proteste di Hayley, e le catene si aprirono cadendo in terra con un forte rumore.

“Allison” mormorò Elijah prendendole le mani e alzandosi. “Mi dispiace tanto.”

“Per cosa?”

“Riesco a vederlo” disse lui girandole le mani a palmo in su. “Tutto questo sangue” con le dita prese a toccarle i polsi, con un movimento nervoso, quasi volesse pulire via qualcosa.

La donna ci mise qualche istante a fare due più due, poi capì che in qualche modo Elijah stava rivivendo il momento che lei aveva raccontato due settimane prima a cena; il momento in cui aveva deciso di togliersi la vita.

Capì anche un’altra cosa, una cosa a cui poteva rimediare ma che metteva ancora una volta in luce il fatto che qualcuno all’interno della Strige andava rimesso in riga. Ci avrebbe pensato dopo, prima doveva aiutare Elijah.

Sollevandosi poco sulla punta dei piedi poggiò le labbra su quelle del vampiro, per qualche secondo. Poi si allontanò e gli sorrise. “Sto bene” lo rassicurò. “Ma ho bisogno che tu faccia una cosa per me.”

“Qualunque cosa” le disse lui ricambiando il sorriso, accarezzandole il viso.

“Puoi voltarti per un attimo? Voglio solo controllare una cosa.”

Lui lo fece ed Allison vide quasi subito che aveva ragione; c’era un minuscolo puntino rosso sul collo di Elijah, una puntura di cui forse lui non si era neppure accorto.

“Grazie” gli disse facendolo girare, avvicinandosi alla sua borsa e tirandone fuori una piccola boccetta con un liquido giallo all’interno. “Bevi questo, ti sentirai meglio.”

“Cos’è quello?” chiese Hayley avvicinandosi di qualche passo.

“È l’antidoto al veleno che la Strige gli ha iniettato senza che se ne accorgesse. Il veleno non può ucciderlo ovviamente, ma amplifica le sue paure e le sue preoccupazioni. Amplifica tutto quello che prova, al massimo” spiegò. “Guarirebbe anche senza l’antidoto, ma ci metterebbe giorni.”

Dopo che Elijah ebbe bevuto, Allison lo aiutò a sdraiarsi sul divano e si inginocchiò di fronte a lui.

“Bevi un po’ del mio sangue” gli disse porgendogli il braccio. “Accelererà l’effetto dell’antidoto.”

Lui scosse il capo, ma strinse comunque il suo braccio portandosi la sua mano alle labbra per baciarla. “Non andartene, ti prego.”

“Non vado da nessuna parte. Ora riposati.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Passarono alcune ore e poi finalmente Elijah riaprì gli occhi. Aveva smesso di sudare e la sua mano non aveva ancora lasciato quella di Allison.

Lei era seduta per terra, lo guardava. Il suo bel viso fu la prima cosa che il vampiro vide.

“Hey” gli sussurrò lei. “Ti senti meglio?”

Elijah annuì mettendosi seduto, poi in piedi, aiutandola ad alzarsi da terra. “Grazie di essere venuta, di avermi aiutato e di essere rimasta.”

“Mi dispiace” disse lei scuotendo il capo. “Scoprirò chi è stato e ti prometto che sarà punito. Vi farò avere alcune fiale di antidoto, nel caso dovesse succedere di nuovo. Anche se farò del mio meglio per evitarlo.”

“Lo sapevo” mormorò lui guardandola.

“Cosa?”

“Che la mia Allison era ancora lì, da qualche parte.”

Lei deglutì a vuoto, trattenne le lacrime e indietreggiò di qualche passo. “Non me ne sono mai andata. È solo che nessuno se ne è accorto” gli disse. “Riposati El.”

L’Originale si lasciò cadere seduto sul divano, spiazzato e ferito da quelle parole. Voleva fermarla ma per la prima volta in vita sua, si accorse, non sapeva cosa dire.

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Capitolo 4
*** 4. ***


NDA: Un aggiornamento veloce per i miei amati lettori!
Misteri misteri... perchè Damon ha detto ad Allison di dire quella cosa ad Elijah? E con chi parla Matt? Mmh... qualche idea? Buona lettura e lasciatemi un commento. E, auguri donne!


bn

4.

 

 

 

 

 

“Quindi Hayley vuole davvero dare una festa di compleanno per Hope? Nonostante tutto quello che sta succedendo?” Elijah si versò una tazza di caffè e ne porse una a sua sorella.

Guardandolo lei si accorse che era ancora triste, spento, come era oramai da cinque mesi, eppure c’era qualcosa di vagamente sereno nel suo sguardo. Pensò che forse era perché lui ed Allison erano riusciti a trascorrere un po’ di tempo insieme, anche se solo qualche minuto.

“Ha detto che l’idea di questa festa nasce proprio dal pensiero di un briciolo di normalità in tutto il caos che ci circonda ultimamene” gli rispose sorseggiando il liquido caldo.

“Ti ha detto se ha intenzione di… invitare parecchia gente?”

Freya sorrise. “Per parecchia gente intendi se ha intenzione di invitare Allison?”

Lui arricciò poco la bocca, poi si mise a sedere accanto a lei sul divano. “Suppongo che sia piuttosto evidente, vero?”

“Che ti manca? Sì, è piuttosto evidente. Che sei più sereno dall’ultima volta che l’hai vista? Anche quello si nota” sua sorella gli diede un colpetto al braccio prima di fare un grosso respiro. “Non so se Hayley abbia pensato di invitarla, ma credo che se tu vuoi farlo dovresti.”

L’Originale elegante rimase per un lungo istante in silenzio, infine fece un grosso respiro. Voleva disperatamente rivederla ed era certo che anche ad Hope avrebbe fatto piacere, ma ad Hayley? E soprattutto, a suo fratello Niklaus?

Scuotendo poco il capo si diede dello stupido; era anche per questo che l’aveva persa, per la sua incapacità di allargare quel sempre e per sempre anche a lei. O quantomeno di farlo nel modo che lei desiderava.

Senza che riuscisse ad evitarlo il suo pensiero volò dritto ad un momento di un anno e mezzo prima, un momento quasi normale.

 

 

Lui sorrise prendendole la mano sinistra. Ne baciò il palmo e poi le baciò le labbra. “Tu puoi piombare qui quando vuoi, questa è anche casa tua Allison” le fece sapere. “Dov’è il tuo anello?”

“Qui in tasca,” rispose lei prendendolo. “Oggi Will l’ha visto e quando è successo ho realizzato che non sapevo se tu volessi… farlo sapere agli altri.”

“Io, voglio che tutti sappiano che sei la mia fidanzata” Elijah glielo prese di mano e lo rimise al suo posto. “Va bene?”

Il viso di Allison si aprì in un grande sorriso, quelle fossette che lui adorava si fecero così profonde che lo fecero sorridere.

“Okay” mormorò annuendo. “Sarà meglio che vada adesso.”

Il suo Originale Elegante la baciò di nuovo, stringendola forte. “Magari tra un attimo” le disse tra un bacio e l’altro facendola ridere.

 

 

“Elijah” lo richiamò alla realtà Freya. “Stai bene?”

Lui annuì alzandosi in piedi. “Allison è ancora lì” le sussurrò. “Da qualche parte dietro quella… maschera che ha deciso di indossare. Io la rivoglio Freya. Sono innamorato di quella donna, lo sono davvero.”

Freya sorrise. “Allora vai a prenderla” lo incoraggiò.

Elijah le diede un bacio sulla guancia, si abbottonò la giacca e fece un grosso respiro. Sua sorella aveva ragione ma lui non era sicuro che fosse così facile.

Quando raggiunse la casa, quella che per un bel po’ di tempo era stata la loro casa, l’auto di Allison era ferma fuori ma mettendosi in ascolto non sentì alcun rumore.

Decise comunque di fare un tentativo e con calma raggiunse la porta e bussò. Passarono alcuni secondi, poi la porta si aprì ma il viso che si ritrovò davanti non era esattamente quello che si era augurato di vedere.

“Buongiorno Elijah” gli disse Tristan abbozzando un sorriso. “Suppongo che fosse solo questione di tempo prima che…” le parole gli morirono in bocca mentre Elijah entrava in casa costringendolo a scansarsi. “Entra pure,” gli disse sarcastico. “Fai come fossi a casa tua.”

L’Originale si sbottonò la giacca e si mise a sedere al tavolo sul quale era disposta una scacchiera. “Forse ti sfugge al momento ma questa è casa mia” gli fece cenno di sedersi di fronte a lui e Tristan lo fece con un sorriso appena accennato.

“Se stai cercando Allison non è qui. Ha ricevuto una telefonata da un tizio di nome Stefan Salvatore ed è partita ieri sera. Anche se non sono certo che partita sia il termine giusto.”

“Il caro Oliver è comparso dal nulla e l’ha portata via sparendo in quello stesso nulla?”

Tristan annuì. “Lo conosci vedo…”

“Sì, a volte collaborano.” gli disse Elijah muovendo uno degli scacchi, poi guardando Tristan invitandolo a fare la sua mossa. Lui la fece.

“Cosa vuoi, Elijah?” gli domandò. “Sei qui per uccidermi?”

L’Originale si mise dritto sulla sedia. “Ucciderti? No” scosse il capo. “Non ancora almeno. Nonostante ti disprezzi immensamente non sono stupido, so che se Allison è ancora viva lo devo a te. Per quanto sveglia e in gamba non sarebbe mai sopravvissuta ad Aya e alla Strige, senza un adeguato… sostegno.”

“Non permetterei a nessuno di farle del male” disse l’altro. “Io la amo.”

Elijah si irrigidì ma cercò di non darlo a vedere. Odiava sentire quella parola uscire dalla bocca di Tristan, odiava che fosse riferita alla sua donna.

“Non so a che gioco tu stia giocando Tristan, ma…”

“Nessun gioco Elijah” lo interruppe l’altro. “Se sono qui in casa tua, salvato dalla donna che dici di amare mentre tu sei… dalla parte opposta di tutto questo, c’è solo una persona che puoi biasimare e quella persona sei tu.” il vampiro mosse un’altra pedina e si rilassò sulla sedia. “Ero lì a colmare ogni tua mancanza, in un modo o in un altro. Ora, dovresti chiederti, quante mancanze servono per formare un addio?”

L’Originale strinse forte i pugni, resistette alla tentazione di alzarsi e strappargli il cuore. Allison forse non glielo avrebbe perdonato. Si alzò e si riabbottonò la giacca pensando che era meglio andarsene prima di fare qualcosa di stupido.

“Te ne vai già?” gli chiese Tristan con un sorriso arrogante sul viso. “Non abbiamo ancora finito la nostra partita.”

Ma Elijah non rispose; il suo pensiero fisso su Allison mentre lasciava la casa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Cara Allison che noia! Ho sempre pensato che iniziare una lettera così fosse banale in modo spaventoso.

Ma questo era prima che mi capitasse loccasione di scriverne una daddio. A dire il vero, se ripenso alla mia vita, credo di non aver scritto molte lettere in generale; scrivere è sempre stata la specialità di Stefan, io i miei sentimenti li ho sempre tenuti al sicuro, dentro di me.

Credo, ad un certo punto della mia lunga esistenza, di essermi ritrovato a pensare che non ero davvero il cattivo, non ero la persona che non riusciva mai a farne una giusta, ero solo il vampiro solitario che recitava quella parte mettendoci tutto l’impegno possibile, perché essere il cattivo è facile; nessuno si aspetta niente da te se non il peggio e quindi deludere qualcuno è impossibile.

Ma poi Elena è arrivata nella mia vita, ci è rimasta troppo poco ed infine è andata via ed è stato allora che ho capito ogni cosa.

Io non recito la parte del cattivo, io cattivo lo sono per davvero, o quantomeno lo sono senza di lei.

Ho visto mio fratello sacrificarsi troppe volte per me, e non solo lui.

Bonnie, Alaric, persino tu… e ho capito, perdonami se mi ci sono voluti secoli per farlo, che non mi va più.

Una volta mi hai detto che c’è un lieto fine anche per quelli come me.

“Tu non sei cattivo, Damon. Hai solo paura. Come tutti” sono state le tue parole ed io, che di te mi fido ciecamente, ci ho creduto.

In fondo forse hai ragione sai? Non sono cattivo ma solo spaventato e posso dirti con assoluta certezza che la cosa che più mi spaventa su questa Terra è vivere una vita lontano da Elena, l’amore della mia vita.

Credo che tu sappia come mi sento; ho visto il modo in cui guardi Elijah, il modo in cui lui guarda te.

Quindi ora rispondi ad una domanda: se l’amore della tua vita fosse condannato ad un sonno lungo anni e tu avessi la possibilità di dormirgli accanto fino al momento del risveglio, cosa faresti?

Già… scommetto che tra tutti quelli a cui ho scritto e posto questa domanda tu sei l’unica che ha risposto come io speravo.

So perfettamente cosa mi diresti se potessi parlarmi in questo momento. Mi faresti notare che al contrario di ciò che sostengo questo non è un gesto di altruismo, ma di puro egoismo.

Non mi sto togliendo dai piedi per il bene di chi mi sta intorno ma semplicemente perché non sopporto più di vivere in un mondo in cui lei non c’è.

Forse è così, sono egoista anche adesso che dico addio ma che ci posso fare? Sono io, Damon Salvatore, e certe cose non cambiano mai.

Ma basta chiacchiere e torniamo al motivo per cui ho deciso di scriverti. Elena dormirà fino a quando Bonnie non morirà anziana e felice nel caldo del suo letto ed io dormirò fin quando lo farà Elena.

Questo, quindi, è un addio.

O forse no… scommetto la mia immortalità che quando mi sveglierò fra sessant’anni o giù di lì tu sarai ancora viva, probabilmente centenaria, pronta a prendermi a calci nel sedere perché ti ho salutata con una lettera, senza guardarti negli occhi come tu avresti fatto.

Mi dispiace per questo, ma non credo che avrei sopportato di guardare in quelle tue iridi nocciola bagnate di lacrime… hanno qualcosa di misteriosamente magico le tue lacrime, sono contagiose.

Ti voglio bene Allison, dal più profondo del mio cuore, con tutto ciò che di buono c’è in me. E ti sono grato perché sei stata l’amica che tutti vorrebbero, perché sei stata l’unica a capire sempre, ogni cosa di me.

Sei una spina nel fianco, è vero, con la tua onestà disarmante e quel caratterino impertinente, ma sei una spina nel fianco a cui non rinuncerei per niente al mondo.

Fammi solo un ultimo favore prima di salutarci; assicurati di dire da parte mia, al tuo vampiro in doppio petto, che è fortunato ad averti.

Digli:

“Buona fortuna per i secoli a venire. Perché se credi di poterne fare a meno da ora in poi… sappi che non puoi.”

Diglielo, lui capirà!

Ci vediamo tra sessant’anni Allison Marie Morgan. Non dimenticarmi se puoi.

Con affetto, Damon.

 

 

 

Allison ripiegò il foglio su se stesso, poi si perse nella vista di Brooklyn per un lungo istante. Pensò che il mondo senza Damon Salvatore sarebbe stato strano ma pensò anche che lo capiva.

Lei, anche se in modo diverso, aveva fatto lo stesso. Ma non avrebbe scritto alcuna lettera al riguardo, anzi… avrebbe fatto in modo di mantenere il segreto.

Afferrò il suo cellulare in tasca e sospirò guardando il nome di Elijah lampeggiare per qualche secondo, poi rispose.

“Elijah” gli disse. “Cosa posso fare per te?”

Dall’altra parte ci fu silenzio per un breve istante, infine lui parlò. “Ero passato da casa tua ma non c’eri. Tristan ha detto che ti sei dovuta occupare di alcune cose fuori città.”

“Sì, tornerò a New Orleans tra due giorni” gli fece sapere lei. “Volevi… parlarmi di qualcosa in particolare? Aya ha provato di nuovo a fare del male a qualcuno?”

“No, no… volevo solo invitarti alla festa di compleanno di Hope. Venerdì.”

Allison rimase zitta per un attimo. “Hayley e Klaus vogliono davvero che io partecipi alla festa di compleanno della loro bambina?”

“Non lo so” rispose sincero lui. “Ma lo voglio io.”

Lei strinse le labbra per trattenere un sorriso; stupido visto che lui non poteva vederla ma le venne d’istinto. Tirò fuori le chiavi dell’auto che aveva noleggiato e sospirò. “Ci sarò” disse raggiungendola. “Mandami un messaggio con l’ora esatta.”

“Consideralo già fatto.”

“Devo andare ora, Elijah” Allison aprì lo sportello. “A venerdì.”

“A venerdì.”

La cacciatrice riattaccò, salì in macchina e sorrise scuotendo poco il capo.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Matt si poggiò contro l’auto, in attesa.

Quella telefonata lo aveva colto di sorpresa, doveva ammetterlo, e infatti non sapeva cosa aspettarsi.

Aveva provato a telefonare a sua sorella ma lei non aveva risposto; troppo presa dalla sua nuova folle avventura di dirigere una super organizzazione di vampiri. Ma che diavolo le era venuto in mente?

Scosse il capo passandosi una mano sul viso e finalmente la persona che aspettava arrivò.

“Devo ammettere che ricevere la tua telefonata mi ha sorpreso” gli disse raggiungendolo quando lui scese dall’auto.

L’altro gli fece cenno di fermarsi e sospirò. “Credimi, ero più sorpreso io mentre componevo il numero.”

Matt annuì, poi mise le mani nelle tasche dei jeans. “Perché mi hai chiamato?”

“Perché sto morendo ma ho alcune cose da sistemare prima di andarmene” rispose il suo interlocutore. “e tu mi aiuterai a farlo.”

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Capitolo 5
*** 5. ***


NDA: Fin quando sono ispirata aggiorno veloce :) lasciatemi un commento e buona lettura :)
In fondo Allison alla festa ;)


bn

5.

 

 

 

 

 

Allison parcheggiò l’automobile di fronte al bar e sospirò scendendo. Era quasi primavera ma a New York faceva ancora parecchio freddo. Quella piccola fermata non era prevista, era un extra che lei si era concessa perché aveva davvero voglia di rivedere un vecchio amico e perché era ora di recuperare ciò che gli aveva chiesto di nascondere.

Sapeva che lui se la stava cavando bene e lo sapeva perché ogni mese le faceva una telefonata per aggiornarla, ma non lo vedeva da parecchio e voleva assicurarsene di persona.

Il bar che gli aveva lasciato in gestione, se ne accorse quando entrò, era diventato un posto quasi di classe. Parquet, un piccolo palco, un buon odore di pulito. Un posto totalmente diverso dall’ultima volta che ci aveva messo piede.

Pensò che avrebbe dovuto congratularsi per l’ottimo lavoro svolto e sorridendo si spostò indietro i capelli che non erano più neri ma di un bel biondo scuro che, il parrucchiere che glieli aveva fatti le aveva assicurato, facevano risaltare la sua bellissima pelle e i suoi splendidi occhi.

“Allison?” sentì e Tyler le fu davanti con in mano una cassa di birra. “Che ci fai qui? Va tutto bene?”

Lei annuì mettendosi seduta al bancone. “Passavo da queste parti e ho pensato di fare una visita al mio Lockwood preferito. Che non sei tu ovviamente, senza offesa..”

Il lupo rise. “Nessuna offesa. Mason è di sopra, a casa, con la sua nuova ragazza. Ma sarà qui fra qualche minuto.”

Allison sgranò gli occhi, poi afferrò la birra che lui le porse. “La sua nuova cosa?”

“La sua nuova ragazza” ripeté l’altro sorridendo.

“Beh che aspetti, dimmi di più.”

“Ad esempio?”

“Ad esempio come si sono conosciuti” la cacciatrice bevve un sorso. “È umana?”

“È un vampiro” le fece sapere Tyler annuendo. “So che stai pensando che si tratta di un dannato cliché ma è una ragazza in gamba, molto simpatica.”

La donna scosse il capo. “Non stavo pensando nulla, eccetto che sono davvero felice per lui. Come si chiama?”

“Non ci posso credere! Allison Morgan” fu allora che la porta si aprì e Mason fece il suo ingresso andandole incontro con un sorriso. “Sono così felice di vederti” le disse stringendola in un abbraccio.

Lei chiuse gli occhi, quando si staccò da lui puntò lo sguardo sulla ragazza dietro. Le venne quasi da ridere tanto era comica la situazione ma si trattenne e fece un grosso respiro. La giovane davanti a lei fece lo stesso.

“Il mondo è davvero piccolo…” disse abbozzando un sorriso.

“Aspetta” intervenne Tyler precedendo un confuso Mason. “Voi due vi conoscete già?”

Allison annuì. “Abbiamo dei trascorsi. Mi fa piacere rivederti, Gia.”

Gia si rilassò. “Anche a me.”

 

 

 

NEW ORLEANS – UN ANNO PRIMA

 

La cacciatrice arrivò giusto in tempo per vedere Gia togliersi l’anello solare e gettarlo in terra mentre se ne stava immobile sotto il sole.

Alzò gli occhi e vide Klaus tenere fermo Elijah che urlava nel disperato tentativo di salvare la vita a quella vampira a cui teneva.

“Aspetta pure lì dolcezza!” le urlò l’Ibrido. “Presto sarà il tuo turno.”

Dopo aver fatto un quasi impercettibile segno ad Elijah, Allison si guardò intorno per qualche secondo; non sapeva cosa fare ma sapeva che, qualunque cosa fosse, doveva farlo in fretta, prima che Gia diventasse cenere per la scelleratezza di un Klaus che aveva perso ogni controllo.

Velocemente la raggiunse e le spezzò il collo poi la trascinò in una zona d’ombra e questo bastò ad Elijah per riprendere il controllo.

Allison afferrò l’anello a terra e lo rimise al dito della ragazza, poi si mise in attesa, di fronte al suo corpo inerme quasi a volerle fare da scudo nel caso Klaus avesse deciso di completare l’opera. Attese, ma l’Ibrido non arrivò.

 

 

 

“Come vi conoscete?” domandò Mason passando dall’altro lato del bancone e afferrando una birra anche per lui e Gia.

“È una lunga storia” mormorò la cacciatrice sorridendo.

Gia bevve un sorso dalla bottiglia, si schiarì la voce e si mise a sedere su uno sgabello. “Allison mi ha salvato la vita” raccontò. “Due volte. La prima letteralmente, la seconda metaforicamente quando mi ha praticamente spinta fuori da New Orleans e lontana dalla famiglia del suo fidanzato.”

“Fidanzato?” Mason alzò un sopracciglio. “Quale fidanzato?”

“Elijah Mikaelson” Gia scosse poco il capo.

“Elijah Mikaelson?” Tyler fissò gli occhi su Allison. “Sul serio?”

Lei chiuse gli occhi per un istante. Quando li riaprì tutti la stavano fissando e mai, mai come allora fu grata al suo cellulare che squillava.

Sullo schermo comparve il nome di Camille, ma decise che l’avrebbe richiamata. Ora aveva altre cose di cui occuparsi e doveva ripartire in fretta se voleva tornare a New Orleans in tempo per la festa di Hope.

Si ricordò anche che doveva ancora comprarle un regalo. Dopo un rapido sguardo all’orologio sospirò e si alzò. “Mi piacerebbe rimanere qui a parlare della mia vita privata, ma non ho tempo” disse ai tre presenti. “Mason, posso parlare un attimo con te?”

“Certo” l’uomo annuì, diede un bacio sulla guancia a Gia e seguì Allison fuori dal locale. “Stai bene?” le chiese quando furono soli.

“Sì” la donna gli sorrise. “Ma non ho molto tempo. Ti ricordi che tempo fa ti diedi un custodia una scatola di legno con degli strani simboli sopra?”

“Me lo ricordo. Mi hai detto di tenerla nascosta fin quando non saresti venuta a chiedermela.”

“Esatto, ora te la sto chiedendo.”

Mason abbozzò un sorriso. “Mi hai anche detto che me la avresti chiesta solo quando le cose si fossero messe davvero davvero male. Che succede?”

“Per il momento è tutto sotto controllo” gli fece sapere lei. “Ma le cose potrebbero mettersi presto male e io preferisco prevenire che curare.”

Mason restò a guardarla per un lungo istante; c’era qualcosa di diverso in quegli occhi nocciola, qualcosa di spento, di vuoto. Conosceva abbastanza cose di lei da sapere che chiederglielo sarebbe stato inutile; se avesse voluto parlarne lo avrebbe già fatto.

Così fece l’unica cosa che sentì essere quella giusta e con decisione la abbracciò stretta.

Lei rimase immobile, rigida. “Cosa fai?” gli chiese cercando di sorridere.

“Colmo il vuoto che hai dentro agli occhi” rispose sincero lui. “O almeno ci provo.”

Allison pianse nascondendo il viso sul suo petto.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Non risponde” Camille si legò i capelli in una coda guardandosi intorno mentre la casa si riempiva pian piano di ospiti. Era felice di aver ritrovato la strada, un equilibrio dopo il momento buio che aveva vissuto. “Provo a telefonarle da ieri ma non mi risponde mai.”

“Dovrebbe arrivare tra qualche minuto” le disse Freya sospirando. “Potrai parlarle allora.”

“Spero per lei che non si porti dietro quel folle di Tristan” rifletté Hayley sorridendo ad Hope. “Non è se stessa ultimamente e non mi stupirei se accadesse.”

“È arrabbiata e sola” Jackson mise le mani nelle tasche. “Probabilmente è spaventata ma è troppo orgogliosa per ammetterlo. E in fondo credo di capirla un po’.”

Sua moglie corrugò la fronte. “Che intendi dire?”

Lui si strinse nelle spalle. “È venuta a prendermi all’Inferno e non le ho detto neppure grazie. Stava per morire per salvarci dalla maledizione e anche se in uno strano modo ha protetto Camille facendole bere sangue di vampiro senza che lo sapesse. E tutto quello che noi abbiamo fatto è stato chiederle di più” ragionò. “Non ci siamo neppure schierati dalla sua parte quando la profezia ha indicato lei come arma che avrebbe distrutto gli Originali. Abbiamo creduto ad una veggente da strapazzo e a tre vampiri mai visti prima, di cui uno è praticamente ossessionato da lei, piuttosto che fidarci del fatto che mai e poi mai avrebbe fatto qualcosa che potesse ferire qualcuno di noi.”

“Siamo stati pessimi” sussurrò Camille. “Jackson ha ragione.”

Hayley rimase in silenzio, lo sguardo fisso su Elijah che guardava continuamente in direzione della porta. Le venne in mente una discussione che avevano avuto qualche mese prima; l’Originale sosteneva le stesse cose che stava dicendo Jackson ma allora lei, accecata dal dolore, non aveva capito che aveva ragione. Ora lo capiva.

Trovò Klaus tra la folla e lo raggiunse. “Hey” gli disse dandogli Hope. “Sai che Elijah ha invitato Allison, vero?”

L’Ibrido annuì sorridendo a sua figlia. “L’ho immaginato quando l’ho visto guardare continuamente verso l’entrata. Credo che il tempo in cui attendeva te con tanto ardore sia passato, lupacchiotta.”

“Io voglio solo che sia felice” rispose lei. “E lo è con Allison. Dovremmo scusarci con lei Klaus.”

“Per cosa esattamente dovremmo scusarci?” chiese lui di rimando. “Per averla trattata come una di famiglia? L’ho accolta nella mia casa, mi sono fidato di lei con nostra figlia e lei ci ha ripagati prendendo il comando dell’Organizzazione che ci vuole rinchiudere chissà dove con un magico dispositivo.”

“Ha fatto degli errori, è vero” gli disse Hayley. “Ma chi di noi può dirsi perfetto? Allison è l’animo più buono e nobile che io abbia mai incontrato in vita mia. Anche io sono arrabbiata con lei per tutta questa storia della Strige e di Tristan, ma inizio a chiedermi, quanto male le abbiamo fatto per farle pensare che quella fosse la strada giusta?”

Klaus rimase zitto per un istante, pensando che forse Hayley non aveva tutti i torti. Guardò suo fratello, seduto su una sedia, immobile con gli occhi puntati verso l’entrata, un’espressione seria sul viso e sospirando ridiede Hope a sua madre e lo raggiunse.

“Una casa piena di vampiri e licantropi” gli disse dandogli una pacca sulla spalla prima di sedersi accanto a lui. “Scommetto che ci sarà da divertirsi, come ai vecchi tempi.”

Elijah annuì fissando gli occhi dentro il bicchiere. In testa ancora le parole di Tristan di qualche giorno prima. “Ti prego fratello. Non fare una delle tue solite mosse avventate. È il compleanno di Hope, vogliamo che sia una serata tranquilla” bevve un lungo sorso e poi la vide.

Allison avanzava a passo lento ma deciso dentro la casa; stringeva una busta in una mano e un palloncino rosso nell’altra ed era bella da fare male. Rimase a fissarla ammaliato; quel vestito bianco, quei capelli ora chiari, quella pelle luminosa. Ogni cosa in lei urlava splendore.

“Ricordati di respirare fratello” gli sussurrò Klaus ridacchiando. Poi dopo aver strizzato l’occhio ad Allison si alzò e si allontanò.

La donna si fermò di fronte all’Originale elegante e lo guardò per qualche lungo secondo. Le venne  da ridere per il modo in cui la guardava, ma invece di ridere arrossì. Sentì le guance prenderle fuoco mentre quegli occhi la fissavano.

“Sono un po’ in ritardo” gli disse cercando Hope con lo sguardo. “Mi dispiace.”

Lui scosse il capo avvicinandosi a lei di qualche passo. “Sei bellissima” le disse. Poi sembrò finalmente riprendere il controllo. “Vieni, ti accompagno da Hope.”

Lei lo seguì.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Crowley comparve dentro la casa e si guardò intorno perplesso. “Conosco questo posto” mormorò voltandosi e trovandosi davanti il volto che lo aveva invocato. “E tu che cosa vuoi?”

Matt sospirò. “Ho bisogno di un favore” gli disse. “Tu sei l’unico che può aiutarmi.”

Il Re dell’Inferno lo osservò per qualche istante; c’era qualcosa di terribilmente… umano in quegli occhi castani. Si chiese se Allison sapesse di quell’incontro, il nervosismo che i movimenti del fratello di quella spina nel fianco di una cacciatrice tradivano gli suggerivano che no, non lo sapeva.

“Tua sorella non sa che siamo qui a complottare vero?” gli chiese accennando un sorriso. “Deve essere una cosa seria se hai deciso di tenerglielo nascosto, proprio ora che tutto quello che vuoi è disperatamente fare ammenda.”

Il vampiro deglutì a vuoto. “Lasciala fuori da questa storia” gli disse. “E basta chiacchiere, non ho tempo da perdere.”

“Parla pure” gli disse Crowley sedendosi su una sedia. “Sono tutto orecchi.”

 

 

 

 


ncm

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Capitolo 6
*** 6. ***


NDA: Buona lettura e perdonate eventuali errori di battitura :( scrivo di notte e a quell'ora non si è molto lucidi ahahahaha
In fondo il regalo che Allison ha fatto ad Hope ;) e ricordate che adoro i vostri commenti :D


bnm

6.

 

 

 

 

 

“Sì, okay. Proverò a partire domani stesso” quando si voltò, Allison si ritrovò Camille davanti. Non era sorpresa, visto che la bionda barista aveva provato a parlarle per tutta la serata, incontrando però un muro che, Allison dubitava sarebbe riuscita a scalare tanto presto. “Devo andare ora, a dopo” disse al suo interlocutore al telefono prima di riattaccare.

“Hey” le sussurrò Cami non appena lei poggiò il telefono sul tavolo lì accanto. “Non c’è stato modo tra i regali e la torta. A proposito, adoro il completo che hai regalato ad Hope” la donna scosse il capo ritornando concentrata. “Beh dicevo che non c’è stato modo ma è tutta la sera che provo a parlarti.”

“Ed è tutta la sera che io provo ad evitare che tu mi parli” rispose Allison. Forse, si disse, in modo fin troppo brusco.

Almeno a giudicare dall’espressione triste di cui si colorò il viso del nuovo vampiro.

“Già, l’ho notato” Camille fece un grosso respiro. “E hai tutte le ragioni del mondo per farlo. Sono stata davvero una pessima amica e mi dispiace moltissimo Allison. Voglio solo che tu sappia che se potessi tornare indietro mi comporterei diversamente. O forse no… non lo so. Non ero completamene me stessa quando…”

“Smettila” le disse l’altra scuotendo il capo. “Non nasconderti dietro il fatto che sei diventata un vampiro e non sapevi come gestire tutte le tue emozioni. Da quel che so, hai avuto tutto l’aiuto possibile; Klaus, Hayley, Elijah. Il tuo comportamento non è stato dettato dalla tua trasformazione, sei stata tu a decidere di trattarmi come mi hai trattata. Come tutti gli altri in fondo, eri in ottima compagnia.”

La bionda si guardò intorno, sorpresa dalla tranquillità d’animo con cui Allison le aveva appena parlato; non c’era timore nella sua voce, né indulgenza.

Non sembrava neppure la Allison che conosceva, a cui voleva bene. Dentro quei begli occhi, si accorse guardandoci, sembrava covare tanta rabbia, niente di più.

Lo sguardo nocciola della cacciatrice, fino ad allora puntato su di lei si spostò a destra e Camille fu affiancata da Jackson ed Hayley.

“Siete venuti anche voi a scusarvi?” chiese Allison abbozzando un sorriso, assumendo una postura poco più rigida che, suggeriva, si era appena messa sulla difensiva.

“In effetti sì” rispose Jackson stringendo la mano di Hayley. “Vorremmo scusarci per il modo in cui ci siamo comportati e vorremmo ringraziarti. Per aver salvato il branco e per aver salvato me.”

La cacciatrice li guardò per un lungo istante, poi si schiarì la voce bloccando una ciocca di capelli chiari dietro l’orecchio. “È stato Elijah a chiedervi di scusarvi con me?”

“No” mormorò Hayley. “Ma è preoccupato e tiene a te. Molto…”

“Molto…” la incoraggiò Allison quando vide che aveva lasciato la frase a metà. “Molto di più di quanto tenesse a te? Ti senti forse trascurata Hayley? Conosco la sensazione.”

Calò il silenzio e nonostante fosse sicura che Jackson volesse farlo, la donna notò che la sua mano non aveva lasciato quella di Hayley, anzi aveva stretto la presa ancora di più.

“Va tutto bene qui?” fu l’arrivo di Elijah a rompere l’imbarazzante silenzio che si era creato e l’Originale avanzò con le mani nelle tasche fino ad essere accanto ad Allison, di fronte agli altri tre.

“Si stavano scusando per il loro pessimo comportamento” spiegò Allison sorridendo. “Va tutto bene. Tornate pure a divertirvi, io non mi sentirò sola.”

Senza aggiungere altro Cami, Hayley e Jackson si allontanarono ed Elijah rimase solo con la donna che amava, bella come mai prima.

“Vieni con me” le sussurrò porgendole la mano. “Per favore.”

Lei la prese e lo seguì fino al piano di sopra, lungo il corridoio fino al balcone in libreria che dava sulla strada.

“Aspetta un attimo” Elijah la fece mettere al centro del terrazzino, poi sparì per un attimo dentro la stanza e infine tornò portandosi dietro una specie di scatola metallica che sistemò sulla soglia.

“Cos’è quella?” gli chiese lei curiosa scuotendo poco il capo, sgranando poco gli occhi quando quell’aggeggio iniziò a sputare fuori delle bolle di sapone. “Sono…”

“So che ti piacciono e così ho rubato una macchina delle bolle per te” sussurrò Elijah mettendosi davanti a lei, prendendole le mani con un sorriso, iniziando a ballare lentamente, dondolare più che altro.

Allison abbassò lo sguardo per un istante, quando lo rialzò lui la stava guardando intensamente. “È stato molto carino da parte tua” gli disse. “Non dovevi disturbarti, tra poco devo comunque andare.”

L’Originale annuì, le baciò la fronte e poi una mano. “Tra poco deve ancora arrivare. Per adesso balliamo e basta.”

La donna fece un grosso respiro, poi nascose il viso sul suo collo seguendo il ritmo di una musica che non c’era, che non serviva. Bastava il battito dei loro cuori.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

 

Hope dormiva beata quando Elijah ed Allison erano entrati dentro la sua stanza. La donna aveva chiesto di poterle dare il bacio della buonanotte prima di andare via e lui l’aveva accompagnata.

“Buonanotte piccolina” le sussurrò Allison baciandosi due dita e poi poggiandogliele sulla guancia dolcemente, sorridendo quando vide il palloncino che le aveva portato legato al bordo della culla.

Elijah rimase fermo ad osservarla con gli occhi lucidi di tenerezza e anche un po’ di tristezza. La donna che amava era ancora lì ed in momenti come quello che stavano vivendo in quel preciso istante, era più chiaro che mai.

Sorrise ripensando al ballo improvvisato di pochi minuti prima. Il ricordo del suo respiro caldo sulla pelle lo fece rabbrividire e chiudendo gli occhi per un istante si obbligò a riprendere il controllo.

“Stai bene?” gli chiese Allison distogliendolo dai suoi pensieri.

“Sì” confermò lui. “Sto bene.”

Lei arricciò la bocca, poi sospirò. “Vorrei farti una domanda.”

“Qualunque cosa.”

“Damon Salvatore ha deciso di rinsecchirsi in una bara accanto a quella di Elena fin quando lei non si sveglierà. Ero andata a provare a fargli cambiare idea ma non ci sono riuscita” raccontò. “Ad ogni modo, mi ha lasciato una specie di lettera di addio e alla fine mi ha chiesto di dirti una cosa, ha scritto che tu avresti capito.”

Elijah mise le mani in tasca mettendosi dritto. “Ti ascolto.”

Allison fece un grosso respiro prima di parlare. “Buona fortuna per i secoli a venire. Perché se credi di poterne fare a meno da ora in poi… sappi che non puoi” gli disse. “Di cosa parlava esattamente?”

L’Originale elegante accennò una risata. Damon Salvatore… quelle erano forse le uniche parole giuste uscite dalla sua bocca. Con delicatezza prese una delle mani di Allison e se la poggiò sul petto, all’altezza del cuore. L’altra invece la strinse nella sua. “Lascia che te lo mostri” le sussurrò chiudendo gli occhi.

La donna fece lo stesso.

 

 

 

MYSTIC FALLS – SEI ANNI PRIMA

 

Elijah rimase a fissare l’auto fino a quando non fu più in grado di vederla. Se ripensava a tutte le persone che aveva incontrato nella sua già lunga vita, poteva tranquillamente affermare che Allison Morgan era stata senza dubbio l’incontro più sorprendente e spiazzante di tutti.

Sì, spiazzante gli sembrava il termine migliore per definire quello strano sfarfallio che aveva iniziato a sentire dentro lo stomaco quando lei gli aveva stretto la mano prima di entrare in auto con quel suo sorriso bello e sincero sul viso.

“Ho pensato che ne avessi bisogno.”

L’Originale si voltò e vide Damon Salvatore che gli porgeva un bicchiere di bourbon. “E perché l’hai pensato?”

“Allison è appena ripartita e ho visto il modo in cui la guardavi alla festa. Conosco quella spiazzante sensazione che ti lascia dentro dopo essere entrata nella tua vita. Quella specie di solletico al centro dello stomaco che ti fa pensare che niente sarà più come prima.”

Elijah afferrò il bicchiere e bevve un lungo sorso. Era esattamente in quel modo che si sentiva, ma non lo avrebbe di certo detto a Damon Salvatore.

“Non so di cosa tu stia parlando” mormorò infatti guardando dritto davanti a sé.

“Sì, certo” Damon gli diede una pacca sulla spalla. “Buona fortuna per i secoli a venire. Perché se credi di poterne fare a meno da ora in poi… sappi che non puoi.”

L’Originale bevve ciò che rimaneva nel suo bicchiere, poi decise cosa fare.

 

 

Riaprirono gli occhi nello stesso momento, ed Allison piegò poco il capo. “Parlava di me” disse piano, sorpresa.

“È successo la sera che ho deciso di venire a Los Angeles” le raccontò lui.

“E aveva ragione? Damon intendo…”

L’Originale poggiò entrambe le mani su quella piccola della donna che era ancora ferma sul suo petto e abbassò gli occhi per un secondo. “Tu che ne dici?” le chiese.

Allison sentì il cuore di Elijah battere all’impazzata sotto la sua mano. Si chiese come si era arrivati fino a quel punto. Per la prima volta da quando tutta quella storia della Strige e di lei che ne prendeva il comando era iniziata, si disse che forse un pizzico di colpa era anche sua, se tutto era andato a rotoli.

Riprendendo il controllo si liberò dalla presa e indietreggiò di qualche passo.

“Devo andare adesso” disse deglutendo a vuoto.

Elijah fece un grosso respiro, nascose il suo disappunto e la seguì fuori dalla stanza, poi giù per le scale.

Al piano di sotto però, Klaus teneva legata ad una sedia Valerie e il maggiore dei Mikaelson ebbe la sensazione che per tutti i passi avanti che sentiva di aver fatto con Allison quella sera, ce ne sarebbero stati altrettanti indietro.

“Valerie…” mormorò proprio la cacciatrice scendendo di corsa gli ultimi gradini. “Che diavolo sta succedendo qui?” chiese guardando Klaus dritto in faccia.

Lui si strinse nelle spalle. “Uccido la tua piccola spia” disse prima che gli occhi gli si iniettassero di sangue e i canini si aguzzassero.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

L’uomo sorrise al cameriere che gli aveva appena portato un caffè, ne bevve un sorso e sospirò lasciandosi scaldare dai raggi del sole.

Non era sorpreso che Crowley si fosse rifiutato di aiutarlo e onestamente lui quel tipo di aiuto proprio non lo voleva.

Se il suo momento era davvero arrivato… beh se ne sarebbe andato come succedeva ad ogni essere umano. Sperava solo di poterlo fare con accanto l’unica persona che amava davvero.

Doveva dirglielo, lo sapeva. Ma era così… arrabbiato con lei. Testarda oltre l’inverosimile la sua Allison.

Scosse il capo e fu allora che se ne accorse. Grosse gocce di sangue scendevano a ritmo regolare giù dal suo naso fino alla tovaglia bianca del tavolo a cui era seduto.

Istintivamente si portò una mano al viso mentre la vista gli si annebbiava.

“Signore, sta bene?” gli chiese un ragazzo. O almeno credeva che fosse un ragazzo.

“S… sì” rispose a fatica, alzandosi dalla sedia diretto Dio solo chissà dove.

L’unico posto che riuscì a raggiungere fu l’asfalto rovente di Los Angeles quando vi cadde sopra a faccia in giù. Poi, il buio.

 

 


nm

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Capitolo 7
*** 7. ***


NDA: Buona lettura e lasciatemi un commento :)

klò

7.

 

 

 

 

 

“Klaus, lasciala andare” Allison si avvicinò a lui di qualche passo, provando a superarlo per raggiungere Valerie, fermandosi quando lui le si mise davanti bloccandole il passaggio. “Lasciami passare” gli disse a denti stretti.

“Oppure?” la sfidò lui con un sorriso sardonico sul viso, gli occhi ancora iniettati di sangue, i canini aguzzi e l’aria feroce del Klaus che tutti temevano… nonostante il sorriso.

“Niklaus!” esclamò Elijah avvicinandosi, mettendosi a fianco della donna, sperando silenziosamente che il suo impulsivo fratello provasse a ragionare perché era certo che se qualcosa fosse successo a Valerie, Allison sarebbe stata perduta per sempre. “Calmati e prova a parlare prima, per una volta. Che cosa sta succedendo?”

Il viso dell’Ibrido tornò normale, fece un passo indietro ed Allison fece altrettanto cercando di riprendere il controllo di tutta la situazione.

Guardò la sua amica seduta su quella sedia, costretta da alcune corde che probabilmente facevano male; sembrava stordita e lente lacrime scendevano giù per le sue guance.

“Cosa le hai fatto?” chiese indicandola con un dito, spostandosi indietro i capelli mentre Elijah si metteva tra lei e Klaus.

L’Ibrido Originale si strinse nelle spalle. “Le ho solo dato un colpo in testa, nemmeno troppo forte. Per i miei standard.”

“E perché mai lo avresti fatto?” chiese Elijah guardandolo, guardando Hayley e Jackson che stavano di lato, vicino a Camille, pronti a tutti. Freya teneva in mano un sacchetto che guardava con curiosità.

“Questa piccola strega” disse Klaus indicandola con una mano. “Stava mettendo quel sacchetto stregato vicino alla nostra porta di casa. L’ho trovata con le mani nel sacco, per restare in tema, poco dopo l’arrivo di Allison. Un tempismo sospetto, non credi.”

“Quel sacchetto non è stregato. Ho chiesto io a Valerie di posizionarlo qui, oggi” spiegò Allison.

“Quindi lo ammetti finalmente” mormorò Klaus guardandola.

“Non l’ho mai negato” si difese la donna. “Te lo avrei detto subito se avessi avuto la decenza di chiedermi spiegazioni prima di tramortire la mia amica.”

“Allison, cos’è quel sacchetto?” le chiese Elijah poggiandole una mano sul braccio, tocco dal quale lei si ritrasse con grande disappunto dell’Originale.

“Non ho mai visto niente del genere prima” parlò Freya guardando quell’oggetto nella sua mano. “Ma sono… affascinata in qualche modo.”

“È un acchiappa-magia, per dirlo in parole semplici” le rispose la cacciatrice. “Visto che stasera ci saremmo ritrovati tutti qui per il compleanno di Hope, ho pensato che fosse meglio prevenire possibili attacchi da parte della Strige. Sapevo che nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di venire qui di persona ma ho immaginato che avrebbero potuto usare altri mezzi e così ho preso delle precauzioni. Quel sacchetto, posizionato nel modo giusto riesce ad assorbire qualunque tipo di incantesimo o maledizione per un tempo… limitato.”

“Ah” mormorò Freya sorridendo. “Ottima trovata.”

Elijah fece un mezzo sorriso mentre tutti, tutti tranne Klaus, sembravano rilassarsi.

“Bene” disse guardando proprio lui. “Direi che ora che è tutto chiarito è il caso di lasciare andare Valerie e magari farle anche delle scuse.”

Il maggiore dei  Mikaelson fece un cenno invitando Allison ad andare a liberare la sua amica.

“Non così in fretta!” Klaus scosse il capo avvicinandosi a Valerie. La afferrò per i capelli facendola gemere e anche Allison gemette deglutendo a vuoto.

“Klaus” sibilò lei guardandolo. “Lasciala andare.”

“Perché dovrei?” chiese l’Ibrido piegando poco la testa. “Perché altrimenti mi minaccerai, mi farai male? Chiederai alla tua… potente Strige di scatenare l’Inferno su di me e sulla mia famiglia?”

“Perché sei mio amico” rispose calma Allison. “O almeno è così che ti ho sempre considerato. Ti ho difeso ogni volta che qualcuno ti ha chiamato mostro. Ho detto a tutti che non eri cattivo, eri semplicemente solo e spaventato, come tutti. Ti ho dato ragione e sostegno anche quando non lo meritavi e ho annullato tutto per te e questa famiglia. Ecco perché devi lasciarla andare. Ecco perché lo farai.”

Ci fu un lungo istante di silenzio, Allison e Klaus si guardarono per tutto il tempo e infine l’Ibrido lasciò i capelli della strega e con un gesto deciso la liberò dalle corde.

“Bado io alla mia famiglia, tieni i tuoi sacchetti per te. Ora, sparite prima che cambi idea e vi uccida entrambe” le disse passandole accanto, scomparendo su per le scale.

Elijah si avvicinò a Valerie e la aiutò ad alzarsi. Si morse il braccio e la fece bere. “Starà bene” rassicurò Allison.

Lo sguardo della donna però era fermo su Hayley e gli altri, gli occhi feriti e il viso pallido. “Grazie per aver lasciato che la tramortisse e legasse ad una sedia. Grazie per non aver fatto nulla, ancora una volta.”

“Klaus non è esattamente un tipo con cui puoi ragionare” replicò Jackson.

“Ci hai almeno provato?” Allison sorresse Valerie dall’altro lato e insieme a lei ed Elijah lasciò la casa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Ti senti meglio?”

Valerie annuì guardando Allison e si mise a sedere sul divano accanto a lei. “Sopravvivrò. È la prima volta che mi faccio guarire dal sangue di un vampiro, è come una specie di leggero trip mentale, mi sento come dopo una dozzina di energy drink.”

Allison abbozzò un sorriso guardando in direzione della finestra; attraverso il vetro poteva vedere Elijah fermo lì davanti, di spalle, con le mani in tasca a guardare chissà dove pensando chissà cosa. Era stato l’unico ad aver davvero preso le difese di Valerie, a non aver dubitato neppure per un attimo.

Valerie guardò nella stessa direzione, poi bevve un sorso dalla tazza di tè caldo che Allison aveva preparato mentre lei faceva una doccia.

“Scusa se non l’ho fatto entrare” le disse. “Non me la sentivo di avere un vampiro in casa dopo tutto quello che è successo stasera.”

“Lo capisco” l’altra annuì sospirando. “Mi dispiace Valerie. Non avrei mai dovuto coinvolgerti in questa follia. Non ti chiederò più nulla che riguarda loro o i vampiri in generale.”

Val, come proprio Allison la chiamava ogni tanto, sorrise dandole un colpetto sulla mano. “Non è colpa tua Allison, ma voglio dirti una cosa.”

“Cosa?”

“Non sono brava nelle questioni d’amore, la mia relazione più lunga è durata tre mesi, con un tizio che credeva di essere il miglior cacciatore di fantasmi dell’intero pianeta.”

“Mike Cornish” mormorò Allison. “Me lo ricordo. Quel tizio era un idiota. Non ho ancora capito, a distanza di anni, perché stessi con lui.”

“Non credo che tu voglia saperlo” le rispose la sua amica. “Diciamo solo che aveva dei talenti nascosti.”

“Non voglio sapere dove erano nascosti” la cacciatrice rise. “Cosa volevi dirmi?”

“Quell’Originale lì fuori ti ama Allison” le disse Valerie. “Ecco cosa volevo dirti. Si vede dal modo in cui ti guarda.”

Allison sospirò, poi si alzò. “È più complicato di così.”

“Lo è solo se tu vuoi che lo sia” Valerie bevve di nuovo dalla sua tazza. “Hai alzato un muro Ally e ti conosco abbastanza da sapere che quando lo fai è dannatamente difficile scalarli quei muri. Così difficile che chiunque getterebbe la spugna ma lui è ancora lì e non molla. Questo deve pur significare qualcosa, o no?”

L’altra sorrise prima di parlare. “Riposati ora Val” le sussurrò. “E cerca di stare fuori dai guai.”

“Non chiedermi più favori e lo farò” le disse la strega sorridendo.

“Divertente” Allison aprì la porta di casa e dopo averle fatto la linguaccia uscì.

Fuori, non appena la vide, Elijah le sorrise dolcemente e  dopo che lo raggiunse la accompagnò fino all’auto.

“Serata interessante” gli disse lei abbozzando un sorriso. “A volte vorrei davvero avere una vita un poco più ordinaria.”

“Ti annoieresti dopo un po’” le disse l’Originale. “A te piace l’avventura.”

Allison rimase a guardarlo per un istante, poi guardò in direzione della casa di Valerie, ripensò alle sue parole. La sua amica non aveva tutti i torti quando le aveva detto che aveva alzato un muro.

Forse, pensò, era il momento di iniziare ad abbatterlo, o almeno di permettere ad Elijah di provarci.

“Non ho mai risposto alla domanda” gli disse. “Quando mi è stato chiesto perché ho deciso di prendere il comando della Strige, non ho mai davvero risposto.”

“Non mi importa” Elijah scosse il capo. “Qualunque siano le tue ragioni, non mi importano. Io ti amo e sono dalla tua parte, avrei dovuto esserlo fin dall’inizio.”

Allison sentì gli occhi riempirsi di lacrime, le ingoiò e si sollevò fino a baciare il bell’Originale che la guardava in attesa.

Elijah rispose prontamente. Dischiudendo le labbra approfondì quel contatto e avvolgendole la vita con un braccio fece qualche passo avanti fermandosi solo quando il corpo di Allison fu bloccato dall’automobile.

Quel profumo, il calore della sua pelle, la morbidezza di quei capelli… gli mancava il respiro stretto a quella donna meravigliosa che lo faceva sentire amato anche quando provava a non farlo.

Sospirò staccandosi da lei, sorridendo quando le mani di Allison gli si poggiarono sul viso. Due dita gli accarezzarono le labbra, lui le baciò col dolcezza e infine riaprì gli occhi puntandoli dentro quelli nocciola della donna.

“Possiamo rimanere così per un po’?” chiese lei in un sussurro.

“Tutto il tempo che vuoi” fu la risposta che le diede Elijah.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Matt sospirò portandosi il cellulare all’orecchio. Il telefono di Allison continuava a risultare spento. Provava da ore ma non c’era verso di mettersi in contatto con lei.

“Dannazione!” esclamò forse un po’ troppo ad alta voce visto che l’infermiera lo guardò severamente. Riprese il controllo, poi andò incontro al dottore appena uscito dalla stanza.

“Allora?” chiese in attesa, in ansia.

L’uomo di fronte a lui scosse il capo. “Il cancro si è esteso. Non c’è più niente che possiamo fare per lui purtroppo. A questo punto l’unica terapia possibile è quella palliativa, per… alleviare le sue sofferenze.”

Matt si passò una mano sul viso. “Può essere trasferito?”

“È stabile anche se quasi sempre incosciente. Potrebbe essere trasferito con un’eliambulanza ma io lo sconsiglio caldamente.”

Il vampiro diede uno sguardo alla stanza, poi poggiò una mano sulla spalla del dottore e lo guardò dritto negli occhi. “Fai ciò che devi,” gli disse. “Ma fallo trasferire.”

“Lo farò trasferire” rispose l’uomo come in trance. “In quale ospedale?”

“New Orleans” gli disse. “Se Maometto non va alla montagna è ora di portare la montagna a Maometto.”

Il dottore annuì, appuntò qualcosa sulla cartella del paziente e poi si allontanò.

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Capitolo 8
*** 8. ***


NDA: Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va :)
Roby.

always

8.

 

 

 

 

 

Tristan entrò nella sala grande della tenuta della Strige giusto in tempo per vedere Allison appallottolare un foglio di carta e poggiarlo su un angolo del grande tavolo al quale stava seduta, con uno sguardo confuso.

Quei bei capelli biondo scuro le ricaddero sul viso non appena riabbassò gli occhi per concentrarsi nuovamente su quelle carte che aveva davanti. Aya, dietro di lei, la fissava in attesa, con le mani incrociate dietro la schiena e un’espressione dura sul viso.

Tristan pensò che doveva essere difficile per il suo braccio destro guardare la donna, che tecnicamente avrebbero dovuto uccidere, seduta al posto di comando. Se la conosceva abbastanza, e la conosceva, poteva tranquillamente affermare che in quel preciso istante c’era solo un pensiero nella mente della bella vampira dalla pelle color ebano; uccidere Allison.

Non lo avrebbe fatto però, perché lui stesso glielo aveva vietato, e perché nonostante tutto Aya era ancora un soldato fedele che però non vedeva di buon occhio il nuovo capitano.

 

 

UN MESE PRIMA

 

“Salve Aya” Tristan la salutò avanzando verso di lei, le mani nelle tasche come sempre. “Grazie per essere venuta.”

“Cosa vuoi Tristan? Non ho molto tempo.”

“Hai altri impegni? Devi forse pianificare un altro attacco alla famiglia originale solo per far dispetto ad Allison?”

Aya scosse poco il capo, le braccia rilassate lungo i fianchi, uno sguardo fiero in quegli occhi. “È per questo che hai voluto vedermi? Per intimarmi di lasciare perdere la famiglia originale? Sai che non farei mai del male ad Elijah, non fin quando non troverò un modo per evitare di morire anche io se a lui dovesse accadere qualcosa.”

Tristan fece un grosso respiro, poi si guardò intorno; il cielo scuro minacciava pioggia. “So che stai organizzando una  piccola guerra civile Aya” le disse. “L’intenzione  è quella di uccidere Allison, perché in fondo era questo che avremmo dovuto fare sin dall’inizio, giusto?”

“Proprio così. E se non riesci a vederlo è perché sei acciecato dai tuoi sentimenti per quella insulsa e stupida umana.”

Lui abbozzò un sorriso. “Allison è molte cose Aya, ma non stupida e neppure insulsa. Ed io ti sto dicendo di smetterla con questi giochetti. Lasciala in pace.”

“Forse te lo sei dimenticato Tristan, ma tu non dai più gli ordini. Farò ciò che devo e chiunque vorrà aiutarmi sarà bene accetto. Ma non preoccuparti, per rispetto a ciò che un tempo ti legava alla Strige, farò in modo che muoia senza soffrire troppo.”

Con un gesto che Aya non si aspettava, Tristan le si avvicinò e dopo averle afferrato la nuca con una mano con l’altra le trafisse il petto stringendo il suo cuore più forte che poteva.

“Forse la rabbia e l’avidità ti hanno dato alla testa mia coraggiosa Aya. La mia non era una richiesta” strinse ancora un po’ più forte, scuotendola. “Lascerai quella donna in pace e obbedirai quando ti darà un ordine, che ti piaccia oppure no. E lo farai perché io ti sto dicendo di farlo. Considera questa… situazione come il tuo modo di fare ammenda dopo avermi lasciato in una scatola di metallo dentro la quale sarei annegato ancora e ancora per l’eternità se Allison non mi avesse salvato la vita.”

“Ti ha salvato perché potevi tornarle utile, non perché ti ama” Aya rise nonostante il dolore e la paura. “Mi uccideresti davvero per proteggere lei? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme?”

Tristan la lasciò andare e mentre lei indietreggiava tossendo tirò fuori dal taschino il suo fazzoletto e si pulì la mano insanguinata. “Lo farei!” le disse deciso. “E lo farò se proverai a torcerle anche un solo capello. Ma per questa volta ti lascerò andare, certo che cambierai idea dopo aver riflettuto a fondo sulle mie parole.”

Si guardarono per un istante, poi Aya se ne andò.

 

 

Lo sguardo di Tristan si spostò nuovamente su Allison, su quelle dita che scorrevano veloci il foglio davanti ai suoi occhi alla ricerca di qualcosa, anche se lui non sapeva cosa.

Fece un grosso respiro, mettendo le mani nelle tasche, perso nella bellezza di quella figura minuta. Cercò di tornare indietro con la memoria, alla ricerca di una donna qualunque nel suo passato che fosse capace di superarla in bellezza e carattere, ma non riuscì a trovarla.

Probabilmente era lì, da qualche parte nei suoi mille anni, ma l’amore rende ciechi e lui era innamorato della bella cacciatrice dagli occhi nocciola.

“Te ne starai fermo lì a fissarmi in modo inquietante ancora per molto?”

Fu proprio la voce della donna a distoglierlo dai suoi pensieri e con un sorriso la raggiunse mettendosi a sedere sulla sedia accanto alla sua, facendo un lieve cenno del capo ad Aya che nonostante tutto sfidò il suo sguardo.

“Buongiorno” disse versandosi una tazza di caffè. “Ah caffè… ad essere onesto ho sempre preferito il tè.”

“Se vuoi del tè puoi andare a preparartelo… se sai come si fa” Allison gli sorrise sarcastica, con un sorriso che lui trovava intrigante.

“Credi che non sappia preparare del tè, per caso?”

“Vuoi una risposta sincera?”

“Meglio di no” lui bevve un sorso dalla tazza, sorridendole subito dopo aver deglutito.

La donna restò a fissarlo per un lungo istante, in silenzio, e Tristan ebbe la sensazione che se Aya non fosse stata presente i loro visi sarebbero stati più vicini in quel momento, a replicare quel bacio che era durato troppo poco e a cui aveva pensato per giorni e giorni. Ma sicuramente era solo la sua mente che gli giocava brutti scherzi.

“Il blu ti dona” gli disse infine lei tornando a guardare tra i documenti che aveva in mano. “Ora potresti per favore rispondere ad una domanda?”

“Qualunque cosa.”

Allison fece cenno ad Aya di lasciare la stanza e solo quando fu sicura che si era realmente allontanata parlò. “Sapevi che Aurora è tornata in città?”

Gli occhi nocciola della cacciatrice si poggiarono su di lui e lo guardarono con una tale intensità che sembrava volessero leggergli dentro.

“No” disse. E stava dicendo la verità. Sperava che lei gli credesse. “L’hai vista?”

Allison scosse il capo, ma tirò fuori da una cartelletta una lettera che Freya le aveva dato la sera prima; una non tanto velata minaccia da parte di Aurora. Almeno era così che Klaus l’aveva definita.

“Pare che la tua instabile sorella sia intenzionata a scatenare una piccola guerra, minacciando gli Originali. Freya ha detto che Klaus ha tutte le intenzioni di ucciderla.”

Il viso di Tristan cambiò espressione; il vampiro affascinante divenne una maschera di nervosismo. Lo sguardo perso in un punto indefinito della stanza “Se alza un solo dito su di lei, io…”

“Calmati!” esclamò Allison. “Nessuno le farà del male. Non se tu riesci a trovarla per primo.”

Il vampiro riprese il controllo prima di guardarla. “Sono certo che gli Originali non ti hanno chiesto di chiedere a me di trovarla.”

“Mi hanno chiesto, visto che stiamo provando a comportarci civilmente, di incaricare la Strige di trovarla e fermarla” rispose lei recuperando il cellulare che squillava insistentemente. “Decido io in che modo cercarla. Puoi controllarla una volta trovata?”

“Posso farlo.”

“Allora trovala Tristan” Allison si alzò. “Tienimi aggiornata.”

“Dove stai andando?”

Lei indossò una giacca e bevve un ultimo sorso dalla tazza. “Ad occuparmi della mia di famiglia” mormorò prima di sparire fuori dalla casa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Matt si mise dritto quando Allison arrivò. Non a bordo di una lussuosa limousine come lui si aspettava, ma a bordo del suo vecchio maggiolone.

Quando scese dall’auto, il vampiro notò che sua sorella era ancora più diversa dall’ultima volta che l’aveva vista. C’era un’aura di diffidenza ma sicurezza intorno a lei. Su quel viso di solito rilassato e luminoso c’era un’ombra di stanchezza.

Non capiva ancora come le fosse venuto in mente di prendere il comando della Strige e dubitava che, se glielo avesse spiegato, avrebbe capito.

Quello che sapeva è che quando  l’aveva vista l’ultima volta, cinque mesi prima, era già diversa. Nei suoi occhi aveva visto qualcosa di… spezzato. Di spento. Lo vedeva ancora adesso mentre gli si avvicinava, ma a differenza di allora la sua postura non tradiva alcun nervosismo, alcuna titubanza.

“Quale onore…” iniziò sarcastico allargando le braccia. “La leggendaria Allison Morgan. Cacciatrice di notte, impavido leader di una congrega fatta delle creature che caccia, di giorno. Sono sorpreso che tu abbia trovato il tempo di incontrarmi.”

Lei piegò le labbra in un mezzo sorriso. “Se sei qui per farmi la ramanzina sul mio essere una pessima sorella, risparmiami. Non ho tempo da perdere e non accetto prediche da nessuno, men che meno da te.”

“Un fratello maggiore non può rimproverare la sua sorellina?”

“Non se quel fratello ha ucciso i suoi genitori con un morso feroce alla giugulare nel salotto di casa” replicò lei dura. “Sai che sul parquet, sotto il costoso tappeto che ho comprato una settimana dopo la loro morte, c’è ancora un alone di sangue che non sono proprio riuscita ad eliminare? Torna dopo che sarai riuscito ad eliminarlo a suon di buone azioni e solo allora, forse, ti permetterò di rimproverarmi. Ammesso che non sia già morta di vecchiaia per quando avrai finito di fare ammenda.”

Matt la fissava con la bocca spalancata, incredulo e sopraffatto da quello sfogo. Si chiese da quanto se lo teneva dentro; ebbe la sensazione che fosse da prima che prendesse il comando della Strige. Alzò le mani ed indietreggiò di qualche passo, poi fece un grosso respiro.

“Te lo tenevi dentro da molto immagino…”

“Più o meno da quando ho trovato la mamma vestita di sangue con la mano stretta dentro quella del cadavere di papà” precisò Allison. “Ora potresti dirmi che diavolo vuoi? Come ti ho detto, non ho molto tempo.”

“Si tratta di Victor.”

Lo sguardo di Allison sembrò addolcirsi, poi colorarsi di preoccupazione. “Sta bene?”

Matt deglutì a vuoto. “No.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Era notte fonda quando Allison rientrò a casa. Nella sua casa, non alla tenuta della Strige. Aveva voglia di stare da sola e riflettere e soprattutto lavarsi via di dosso l’odore dell’ospedale prima di riprendere il controllo e mettere in ordine un po’ di cose che andavano decisamente sistemate.

Quello che non aveva calcolato però, era che Tristan avrebbe potuto essere lì, e infatti quando entrò lui era seduto a tavola a sistemare tutte le carte che lei aveva lasciato in disordine al mattino.

“Ho messo in ordine tutti i documenti che devi firmare” le disse non appena la vide. “Eliminando le cose che credo riterrai non necessarie o… poco piacevoli.”

Lei annuì; non aveva sentito neppure una parola di quello che le aveva detto e onestamente non le importava assolutamente di nulla in quel momento.

“È tutto… sbagliato” mormorò lasciandosi scivolare giù a terra, le spalle poggiate alla porta. “Tutto sbagliato” ripeté scuotendo il capo.

Tristan le fu accanto in un secondo, si piegò sulle ginocchia e le accarezzò i capelli. “Allison, stai bene?”

“No” sussurrò lei mentre le lacrime iniziavano a scendere prepotenti bagnandole il viso. “Ho… ho bisogno di aiuto.”

Lui le prese il viso tra le mani e lo sollevò piano per guardarla negli occhi. “Qualunque cosa” le disse aiutandola a rimettersi in piedi. La strinse forte perché, si accorse, tremava.

“Qualunque cosa” le disse di nuovo affondando il viso tra i suoi capelli quando lei ricambiò la stretta singhiozzando.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** 9. ***


NDA: Buona lettura :) lasciatemi un commento :D Non sapevo quale gif scegliere quindi le metto entrambe e sotto l'outfit di Allison ;)

                  ea                      at

9.

 

 

 

 

 

Tristan non era certo che il piano di Allison fosse un buon piano, ma lei gli aveva chiesto di assecondarla e lui non se l’era sentita di dirle di no. Non durante il delicato momento che stava vivendo.

Abbozzò un sorriso mentre entrava dentro la tenuta dei Mikaelson; chi voleva prendere in giro? Anche se quello fosse stato il momento più felice nella vita della bella cacciatrice non avrebbe mai e poi mai saputo dirle di no.

Quando l’aveva stretta forte in quell’abbraccio la sera prima le aveva detto qualunque cosa ed era esattamente quello che avrebbe fatto per lei; qualunque cosa.

Il primo viso che vide avanzando fu quello di Hayley, la piccola Hope in braccio a lei. Freya stava scendendo giù per le scale.

“Salve a tutti” disse alzando le mani. “Prima che mi attacchiate, nel modo in cui fate di solito, sappiate che non sono qui con cattive intenzioni. Vorrei parlare con Klaus ed Elijah.”

“Di cosa?” chiese Freya.

“Del… recente tentativo della Strige di andare d’accordo con la vostra famiglia.”

“Non è Allison ad occuparsi degli affari della Strige?” chiese Hayley stringendo dolcemente la manina di Hope. “È il capo dopotutto.”

“Lo è, ma non al momento” replicò Tristan. “Allison ha alcune cose più importanti di cui occuparsi ora. Ha chiesto a me di fare le sue veci per un tempo limitato.”

Le due donne si guardarono negli occhi per un attimo, poi Freya avanzò di qualche passo. “Allison sa perfettamente che viviamo in una situazione di fragile equilibrio, non ti avrebbe mandato qui a cuor leggero. Di che tipo di affari deve occuparsi? Sta bene?”

“Sta bene” confermò Tristan mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni classici. “E gli affari di cui si sta occupando… beh diciamo che sono affari di famiglia. Allora, posso parlare con Elijah e Klaus adesso?”

“Tristan!” esclamò proprio quest’ultimo avanzando nella stanza. “Che spiacevole sorpresa. Che diavolo vuoi in casa mia?”

“Vengo per conto di Allison” il vampiro si voltò a guardarlo. “Elijah” salutò anche lui. “Voi due ed io dobbiamo fare quattro chiacchiere.”

Klaus abbozzò un sorriso; piegò il capo mentre il suo viso cambiava espressione. Gli occhi dorati e i denti da lupo.

“Io odio le chiacchiere” gli disse un secondo prima di attaccarlo.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

BATON ROUGE – LOUISIANA

 

 

 

“Avanti!”

Allison aprì con calma la porta e avanzò dentro l’ufficio camminando lentamente, quasi per ritardare le brutte notizie che era sicura le avrebbero dato una volta raggiunta la sedia.

“Allison” le disse la dottoressa seduta alla scrivania. “Vieni pure avanti.”

“Grazie” la donna si mise a sedere e chiuse gli occhi per un istante. Pensò che sarebbe stato bello potersi fare una bella dormita e poi svegliarsi e magari scoprire che tutto quello che stava succedendo era solo un brutto sogno.

Si disse che doveva essere stata davvero una grandissima delusione per Victor se l’uomo aveva scelto proprio Matt per chiedere aiuto, se aveva scelto lui, che tanto odiava, come custode di quel terribile segreto.

Le venne da piangere, ripensando all’ultima volt che l’aveva visto. Si erano urlati contro, si erano detti delle cose terribili e forse quella era stata la loro ultima conversazione. Pensò che era meglio ricordare qualcos’altro, come l’ultimo Natale insieme.

 

 

UN ANNO E MEZZO PRIMA

 

“Cavolo” Victor le prese la mano sinistra e se la avvicinò agli occhi. “Hai un bell’anello al dito. Molto elegante e sofisticato.”

Allison fece un grosso respiro ritraendo la mano. “Il mio uomo ha buon gusto” gli disse sistemando quel cerchio rosa con la punta del pollice. “A proposito, non era necessario minacciarlo prima. Com’è che gli hai detto? Sarà meglio che tu la faccia felice o verrò a cercarti.”

“Io non parlo in questo modo” la avvertì l’uomo indicandola con un dito. “E certo che dovevo minacciarlo, è quello che fanno tutti i padri.”

La donna lo guardò per un istante, poi poggiò la guancia sulla sua spalla. “Grazie” mormorò. “Ti voglio bene.”

“Ti voglio bene anche io, bambolina.”

 

 

 

“Allison, stai bene?”

La cacciatrice riaprì gli occhi e si mise dritta sulla sedia schiarendosi la voce. “Sì, sono solo stanca. Scusami Agnes, e grazie di essere venuta fino a qui da Los Angeles.”

La dottoressa sorrise, si alzò e la raggiunse dall’altra parte mettendosi a sedere accanto a lei. “Tuo padre era il mio mentore. Ero lì quando sei nata Allison. Ero lì anche quando tuo fratello è nato. Non sarei diventata un dottore senza di lui, lo consideravo uno di famiglia, anche Alice. Se non mi avessi chiamata per chiedermi aiuto mi sarei arrabbiata.”

Allison abbozzò un sorriso mentre lente lacrime le scendevano sulle guance. “Puoi fare qualcosa per lui?”

Agnes sospirò, poi scosse lievemente il capo. “È proprio per questo che ho chiesto di vederti. Tutto quello che posso fare per lui è alleviare le sue sofferenze. Credo che sia ora che tu… che tu gli dica addio e ti prepari al peggio.”

L’altra scoppiò in lacrime e pianse per diversi minuti, poi riprese il controllo. “Quanto tempo gli rimane?”

“Giorni”  la dottoressa fece un grosso respiro. “Settimane se è fortunato. Ma difficilmente resisterà mesi.”

Allison annuì asciugandosi il viso, si massaggiò il collo e guardò Agnes. “Grazie” mormorò alzandosi. “Torno da lui ora.”

Dopo un sorriso della dottoressa lasciò la stanza proprio mentre sul suo cellulare arrivava un messaggio di Freya;

 

Se sei stata davvero tu a mandare Tristan alla tenuta vieni appena possibile.

Le cose non sono andate bene.

Cercherò di impedire a Klaus di ucciderlo fino al tuo arrivo.

Fai in fretta.

 

 

“Dannazione!” esclamò portandosi il telefono all’orecchio per rintracciare Matt.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Tristan serrò le mascelle mentre i denti di Hayley affondavano nella sua gamba riempiendo un’altra volta il suo corpo di veleno. Faceva maledettamente male, bruciava come l’Inferno.

“Questo” le disse l’Ibrida prima di pulirsi la bocca dal sangue. “È per aver strappato il cuore di Jackson. Quelli di prima invece erano per il semplice fatto che tu non mi piaci.”

Elijah fece un grosso respiro, afferrò Tristan per i capelli e lo guardò dritto negli occhi. “Non so cosa tu abbia fatto per convincere Allison a stare dalla tua parte, ma lo scoprirò e una volta che l’avrò fatto mi accerterò di sistemare tutto. La perderai e…”

“Lasciatelo andare, Elijah!” esclamò proprio la donna ferma sulla soglia della porta. “Non lo chiederò un’altra volta.”

Hayley si voltò a guardarla, gli angoli della bocca ancora sporchi del sangue del vampiro. Ma non disse nulla, limitandosi a sfidare lo sguardo della cacciatrice per un istante prima di spostarsi di lato mentre Elijah si avvicinava ad Allison.

Il maggiore dei Mikaelson fissò lo sguardo sulla donna; gli occhi stanchi e arrossati, neppure un filo di trucco su quel viso bello, i capelli disordinatamente legati e un paio di jeans chiari che sembravano starle grandi. Aveva tutta l’aria di essere sconvolta e lui voleva sapere perché.

“Cosa sta succedendo?” le chiese piegando poco il capo. “Sembri sconvolta.”

“Sto bene” rispose lei. “Ma non ho tempo da perdere. Libera Tristan.”

“Ben arrivata, tesoro” le disse Klaus arrivandole alle spalle. “Sapevo che Freya ti avrebbe avvertita, ecco perché il tuo caro Tristan è ancora vivo. Volevo che fossi presente mentre gli strappo il cuore dal petto.”

Solo allora l’Ibrido si voltò a guardarla, rimanendo per un attimo con gli occhi fermi su di lei, notando che aveva una brutta cera, capendo che c’era qualcosa che non andava quando nessuna risposta a tono arrivò dalla sua bella voce roca.

Allison fece un grosso respiro, guardò Elijah senza dire nulla e l’Originale liberò Tristan dalle corde che lo tenevano prigioniero.

“Cosa stai facendo?” gli chiese Hayley alzando un sopracciglio perplessa, guardando Klaus che però guardava ancora Allison. “Che sta succedendo?”

“È entrato senza invito in casa mia!” esclamò Klaus rivolto alla cacciatrice.

“Mi dispiace per questo” si scusò lei avvicinandosi a Tristan e iniettandogli qualcosa che lo fece subito sentire meglio. “Gli ho chiesto io di venire a parlare con voi, a spiegarvi alcune cose. Avrei dovuto farlo io stessa ma come ho già detto, ultimamente non ho molto tempo.”

“Grazie. E scusa, non sono riuscito a fare ciò che mi avevi chiesto” le sussurrò Tristan mettendosi in piedi, guadagnandosi un mezzo sorriso mentre lei si voltava a guardare i due Mikaelson ed Hayley.

“Possiamo andare di sotto?” chiese Allison. “Vorrei che anche Freya ascoltasse quello che ho da dire.”

Elijah precedette tutti giù  per le scale e una volta arrivati al piano di sotto si mise da un lato con la sua famiglia, fronteggiando Tristan e la donna che amava che stavano dall’altro.

“Tristan riprenderà temporaneamente il comando della Strige” iniziò la cacciatrice. “Io non potrò occuparmene per un po’. Non vi verrà fatto alcun male e lui fermerà chiunque all’interno dell’Organizzazione deciderà di agire da solo contro qualcuno di voi. O vi avvertirà per tempo nel caso non riuscisse ad occuparsene da solo.”

“Allison” le chiese Elijah avvicinandosi di qualche passo. “Stai bene?”

“Lasciami indovinare” intervenne Klaus prima che lei potesse rispondere, e con pochi passi si mise al fianco di suo fratello. “Ti sei già stancata di essere al comando… come una bambina che vuole a tutti costi un giocattolo e poi se ne stanca subito dopo. Hai resistito più di quanto pensassi, devo ammetterlo.”

“Lasciala in pace” lo avvertì Tristan che finalmente aveva ripreso colore.

“Tristan…” mormorò l’Ibrido. “Fedele cagnolino.”

“Victor sta morendo!” confessò Allison guadagnandosi gli sguardi di tutti i presenti. “Ha un cancro allo stomaco che si è esteso anche alla testa e ai polmoni. Gli rimane poco tempo e vorrei passarlo insieme a lui. Non posso lasciare la Strige senza una guida perché finirebbero per scatenare una guerra e fiumi di sangue bagnerebbero la città, così ho chiesto a Tristan di riprendere il comando fino a quando non… fino a quando sarà necessario. Nessuno meglio di lui può farlo. E non vi sto chiedendo di fidarvi di lui. Vi sto chiedendo di fidarvi di me.”

L’abbraccio di Elijah la colse di sorpresa. Ricambiò la stretta per qualche secondo poi indietreggiò alla disperata ricerca di quel controllo che sentiva di aver perso.

“Spero che possiate comportarvi civilmente fino al mio ritorno” disse schiarendosi la voce, lasciando le mani di Elijah che ancora stringevano le sue.

“Proveremo a farlo” disse Freya avanzando e sorridendole. “E se c’è qualcosa che possiamo fare per aiutare Victor, faccelo sapere.”

“Hai provato a chiedere a Crowley? Non è a lui che ti rivolgi in casi simili?” intervenne Hayley.

“Non posso chiedere aiuto a Crowley, perché non ho più favori da riscuotere e dopo avergli promesso la mia anima, alla mia morte, in cambio di Jackson non ho più nulla da offrire.”

Ci fu un minuto di silenzio assoluto e ad Allison parve di vedere Hayley asciugarsi gli occhi.

“Victor è un brav’uomo” le disse Klaus. “Vai da lui. Hai la mia parola che non attaccheremo la Strige. A meno che non siano loro ad attaccare noi. In quel caso dovremo difenderci.”

“Non lo faranno!” esclamò Elijah guardando Tristan dritto negli occhi. “Dico bene?”

“Avete la mia parola che farò tutto ciò che è in mio potere per evitare ogni attacco” assicurò il vampiro. “Allison ha cose più importanti di cui occuparsi e sono certo che noi tutti in questa stanza non vogliamo gravarla di altre preoccupazioni.”

“Allison” le disse Elijah prendendole dolcemente il viso tra le mani. “Ti prego, lascia che ti aiuti.”

“Mantieni la pace Elijah” rispose lei sorridendogli. “È l’unico aiuto che puoi darmi.”

La donna spostò le mani dell’Originale dal suo volto, poi fece un cenno a Tristan e insieme a lui abbandonò la tenuta lasciandosi dietro il silenzio.

 


nck

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Capitolo 10
*** 10. ***


NDA: Buona lettura :) lasciatemi un commento :)

ban

10.

 

 

 

 

 

“Devi avere parecchi amici. Sono arrivati altri fiori e considerato che a portarli è stato un uomo giovane, moro e affascinante non credo siano per Victor” l’infermiera entrò dentro la stanza ed Allison sobbalzò quasi istintivamente, senza neppure riuscire a controllare la sua reazione.

Era stanca, da settimane praticamente viveva dentro quella stanza di ospedale in attesa. In attesa che l’uomo che considerava un padre la lasciasse per sempre.

Per un posto migliore, avrebbe detto fino a qualche anno prima, prima di conoscere Castiel e il Paradiso fin troppo da vicino per credere a quelle favole che raccontavano alla messa della domenica.

Victor aveva resistito più di quanto ogni dottore si aspettasse; Agnes stessa le aveva detto che doveva essere un vero guerriero. Allison sapeva che lo era, ma per quanto lottasse l’uomo non era riuscito a riprendere conoscenza neppure per un attimo.

Temeva che non sarebbe riuscita a dirgli addio e quel pensiero la faceva impazzire.

“Grazie Gladys” disse con un mezzo sorriso alla donna, prendendo i fiori che le porgeva; un piccolo mazzo di gerbere rosse, come piacevano a lei. “L’uomo che li ha portati è ancora qui?”

“No tesoro” le rispose gentile l’altra. “Ha detto che non poteva fermarsi, ha lasciato i fiori ed è andato via.”

Allison annuì, fece un grosso respiro mettendosi in piedi. “Prendo una boccata d’aria” disse. “Sarò proprio qui fuori.”

“Verrò a chiamarti personalmente se qualcosa dovesse cambiare.”

La cacciatrice le diede una carezza sul braccio mentre la superava per uscire dalla stanza. Poi percorse il lungo corridoio fino all’uscita e respirò a fondo l’aria primaverile di New Orleans. Chiuse gli occhi per un lungo istante, quando li riaprì Tristan la stava raggiungendo.

“Hey” gli disse guardandolo. “Che ci fai di nuovo qui? Va tutto bene?”

Il vampiro annuì porgendole un sacchetto di carta. “Ho pensato che avessi fame” le disse. “Due croissant da quella caffetteria che ti piace tanto.”

“Grazie” rispose lei. “Ma non ho molto appetito. Li mangerò dopo magari.”

Tristan le sorrise, le mani nelle tasche dei pantaloni scuri e la tenerezza negli occhi. “Qualche cambiamento?”

“Nessuno” Allison scosse il capo dando un’occhiata veloce all’entrata. “È ancora privo di sensi e anche se il fatto che abbia resistito così a lungo è positivamente insolito per un paziente nelle sue condizioni, la prognosi rimane sempre la stessa.”

“Mi dispiace, Allison” il vampiro le prese una mano e ne baciò il palmo. “Se ci fosse qualcosa che…”

“Ma non c’è” lo interruppe lei. “Quindi ti ringrazio ma è inutile parlarne. Piuttosto dimmi, hai trovato Aurora?”

“Forse sì. Ero passato a parlarti anche di questo” Tristan si guardò intorno prima di continuare. “Stavo andando a controllare una specie di pista, se così possiamo chiamarla. Ti aggiornerò non appena ne saprò di più.”

“Okay. Tristan… so che è tua sorella e so che pensi che non ti farebbe mai del male, ma fai comunque attenzione. Se c’è una cosa che ho imparato su Aurora è che è imprevedibile e mai in modo positivo.”

Lui accennò una risata. “Sembra quasi che ti preoccupi per me.”

“Lo faccio!” esclamò la donna decisa. “Ora vai.”

Il vampiro indietreggiò poco senza staccare gli occhi da lei, quando si voltò per raggiungere l’auto… fu allora che vide Freya arrivare.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Cos’è?” Allison prese il bicchiere che Freya le porgeva. “Se è caffè ne faccio volentieri a meno, il mio cuore batte già all’impazzata.”

La strega si mise a sedere accanto a lei e sospirò spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “È una tisana” le spiegò. “Passiflora, lavanda e un po’ di verbena. Ti aiuterà a rilassarti.”

“Grazie” l’altra bevve un sorso, poi si abbandonò contro lo schienale della sedia sulla quale era seduta, a pochi metri dalla porta della stanza di Victor. “Elijah è passato a lasciare dei fiori prima. Li ha dati a Gladys, l’infermiera di Victor, affinché me li consegnasse.”

Freya si prese un attimo prima di parlare. “Mio fratello non è molto bravo ad esprimere i suoi sentimenti; credo che tu lo sappia meglio di chiunque altro.”

Allison abbozzò un sorriso. “Direi di sì. Sta bene?”

“Perché me lo chiedi?”

“Conosco Elijah meglio di chiunque altro al mondo, l’hai detto tu stessa. So che in questo momento non c’è nessun altro posto in cui vorrebbe stare che non sia questo ospedale, con me. Ma so anche che si sente terribilmente inutile e terribilmente in imbarazzo perché non sa cosa dire per farmi star meglio; quindi posso solo immaginare quanto sia combattuto.”

L’altra sorrise annuendo. “Lo è, molto combattuto. Lui ti ama Allison, vederti così sconvolta, vederti star male, lo fa soffrire.”

Allison bevve ancora un po’ della tisana, sospirò ed infine si voltò a guardare la porta della stanza di Victor. “Sarà meglio che torni dentro” disse alla sua amica alzandosi. “Ringrazia Elijah per i fiori, Klaus per la tequila che mi ha lasciato ieri mentre dormivo e grazie a te per la visita e per la tisana.”

Freya la imitò e una volta in piedi la strinse in un abbraccio che, nonostante tutto, la fece sorridere. “Non c’è di che. Posso fare qualcosa?”

La cacciatrice sembrò rifletterci. “Potresti scoprire dove diavolo è mio fratello? Non lo vedo da due giorni e il suo silenzio mi preoccupa.”

“Ci proverò.”

“Grazie” Allison sparì dentro la stanza di Victor, Freya invece lungo il corridoio.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Phasmatos Tribum, Nas Ex Veras, Sequitas Sanguinem. Permisso Laca Tha Tar” Freya lasciò cadere una manciata di sabbia sulla mappa, poi la seguì con lo sguardo mentre si raccoglieva fino a formare una striscia che viaggiò sulla carta per fermarsi, infine, su un punto preciso.

Elijah corrugò la fronte mentre osservava quel posto, girò dall’altra parte per essere sicuro di aver visto bene e scosse il capo.

“Non capisco” mormorò guardando Freya per un istante. “Perché Matt si trova nel Bayou?”

“Non ne ho idea” replicò sua sorella sospirando. “Ma credo che sia il caso di andare di persona a scoprirlo visto che non risponde alle nostre telefonate.”

“Credo sia meglio che tu rimanga qui” Tristan varcò la soglia della porta in quel preciso istante, seguito da quel tizio alto che gli stava sempre dietro. “Il signor Morgan è nel Bayou perché mia sorella lo ha rapito e portato lì. Vuole ucciderlo.”

“Perché ad Aurora dovrebbe importare qualcosa di Matthew Morgan?” Elijah lo fronteggiò mettendo le mani nelle tasche.

“Non le importa” spiegò l’altro. “Ma crede di avermi perso per colpa di Allison, e nella sua mente uccidere Matt pareggerebbe i conti; un fratello per un altro.”

“Ha un senso” intervenne Freya. “Quanto meno se la guardi dal punto di vista di Aurora e della sua pura follia.”

“E di follia voi ve ne intendete considerato che Klaus è vostro fratello” Tristan spostò lo sguardo su Elijah. “Allison e Matthew hanno dei trascorsi non proprio idilliaci ma se gli dovesse succedere qualcosa lei ne soffrirebbe. Non voglio che accada e credo che nemmeno tu lo voglia.”

Elijah ridusse gli occhi ad una fessura. “Cosa proponi?”

“Raggiungiamo mia sorella, tu prendi il signor Morgan e lo porti via ed io mi occupo di lei. Non le verrà torto un solo capello, non la sfiorerai neppure con un dito.”

“Non potrebbe importarmi meno di tua sorella, Tristan” l’Originale si abbottonò la giacca. “Voglio solo evitare alla donna che amo un’ulteriore sofferenza. Andiamo” gli disse passandogli accanto e precedendolo fuori dalla tenuta.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Ciao Victor, sono io.”

“Io chi?”

“Allison… la povera orfana che hai cresciuto come una figlia, ricordi?”

“Ah!” esclamò l’uomo dall’altra parte del telefono. “Quella Allison. Ora ricordo. Mi ero quasi scordato il suo sono della tua voce visto che non chiami da almeno due settimane.”

Allison fece un grosso respiro, poi annuì assaggiando un po’ del ripieno che la cuoca del Rousseau’s aveva preparato per il tacchino. “Hai ragione” disse masticando. “Mi dispiace ma sono stata un po’ indaffarata.”

“Un nuovo caso? Dove sei?”

“New Orleans,” gli disse lei. “Ho organizzato una cena gratuita per tutti quelli che sono soli oggi al ristorante.”

“Ovvio che l’hai fatto,” Victor sorrise. “Come stai?”

“Benissimo” mentì lei. “Ti chiamavo solo per dirti che spero di tornare a casa per Natale e che spero che Elijah venga con me anche perché ci sono delle novità.”

“Che tipo di novità?”

“Beh diciamo che quando verrò a trovarti potresti notare qualcosa in me, qualcosa di molto bello e brillante perfettamente adagiato sul mio anulare sinistro.”

“Ti sei fidanzata?” urlò quasi lui, ed Allison fu sicura che si fosse sentito da fuori quando Valerie si voltò a guardarla mentre tagliava l’insalata.

“Sì, l’ho fatto.”

“Con Elijah?”

“No, con un pirata di passaggio dalla città prima di ripartire con la sua nave per mari sconosciuti… sì Victor, con Elijah.”

“Da quanto tempo?”

“Una settimana o forse due...” rimase vaga.

“E hai aspettato così tanto per dirmelo perché esattamente?”

“Perché sono stata indaffarata e perché onestamente non sapevo se la cosa ti avrebbe fatto piacere. Quando lo hai incontrato per la prima volta non sei stato molto cordiale.”

L’uomo rimase in silenzio per un attimo, poi sospirò. “Sei felice? Voglio dire, ti batte forte il cuore e hai le api nello stomaco?”

“Api?” chiese di rimando lei. “Farfalle vorrai dire.”

“Beh sì quelle o qualunque altra cosa abbiano gli innamorati” chiarì secco lui. “Allora, le hai?”

Allison sorrise. “Sì le ho. Sono felice Vic, come non lo ero da tanto tempo. Guardo il mio anello e penso che è assurdo che mi sia fidanzata… voglio dire, mi ci vedi sposata in una villetta di periferia a preparare la cena o a fare il bucato?” disse tutto d’un fiato. “Io no e infatti non credo che sarà questa la vita che vivremo insieme, ma sono felice e non vedo l’ora di diventare sua moglie.”

“Allora sono contento per voi, avete la mia benedizione.”

 

 

La donna si sciacquò il viso sperando che l’acqua avrebbe mascherato le lacrime. Sentiva quel maledetto singhiozzo pesarle al centro del petto ma per un qualche strano motivo non riusciva a farlo uscire fuori.

Si asciugò e sospirò facendosi coraggio; il suo riflesso allo specchio le restituì l’immagine di una donna smagrita e pallida. Spenta. Esattamente come si sentiva dentro.

Aprì la porta per uscire dal bagno e, inaspettatamente, quasi si scontrò con un viso familiare.

“Allison?” chiese l’uomo guardandola perplesso.

“Will” la donna si strofinò gli occhi, quando guardò di nuovo l’uomo si accorse che tutto intorno girava. “Cosa… cosa fai qui?”

“Mia sorella ha subito un piccolo intervento, sono venuto a trovarla” il detective cercò il suo sguardo. “Tu che ci fai qui? Stai bene? Sei pallida da far paura.”

“Sto… sto bene” mormorò lei. “Ho solo bisogno di sedermi un attimo.”

Allison puntò le sedie poco distanti, decise di raggiungerle ma mentre lo faceva l’ambiente intorno cominciò a girare più forte e poi... il buio.

 

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Capitolo 11
*** 11. ***


NDA: Capitolo dolce-amaro. Buona lettura e lasciatemi un commento :)
Grazie, Roby.


djakl

11.

 

 

 

 

 

“Grazie,” Will sorrise all’infermiera. “Rimarrò io con lei per un po’.”

Gladys lasciò la camera proprio mentre Allison riprendeva conoscenza e a fatica apriva gli occhi. Li sentiva pesanti, stanchi, ma la cosa peggiore era il mal di testa che sembrava stringerle le tempie in una morsa.

Will fu l’unica persona che vide nella stanza; la stanza che non era quella di Victor.

“Victor” mormorò scattando seduta sul letto.

“Hey hey” le sussurrò Will afferrandola piano per le braccia. “Rimettiti giù. Ordini del dottore.”

Allison lo fece. Non era convinta, ma quel cambio di posizione così repentino le aveva provocato la nausea. “Cos’è successo?” chiese chiudendo di nuovo gli occhi per un secondo.

“Hai avuto un collasso” le fece sapere lui. “Da quanto non mangi?”

“Da ieri mattina” la donna deglutì a vuoto. “Dov’è…”

“Victor?” concluse il detective per lei. “È nella sua stanza. Stabile.”

La donna sollevò una mano e si accarezzò il sopracciglio; le faceva male e non sapeva perché.

“Hai sbattuto quando sei svenuta” le disse Will mettendosi a sedere sul bordo del letto. “Ma niente di grave. La cosa non mi sorprende visto la testa dura che ti ritrovi.”

“Ah” sospirò lei. “Scommetto che la superficie contro cui ho sbattuto si è rovinata nell’urto.”

“Probabile” lui sorrise. “C’è il rischio che l’ospedale ti faccia causa per danneggiamento.”

Calò un attimo di silenzio, poi Will parlò di nuovo.

“Ho visto che non indossi più il tuo bell’anello” si sfiorò con le dita il labbro superiore. “Non è andata bene tra di voi?”

“Qualcosa del genere” Allison si accarezzò istintivamente l’anulare sinistro. “È una lunga storia. Ad ogni modo, non sei costretto a rimanere, sto bene adesso e credo che tornerò da Victor.”

“Perché non ti riposi un po’ prima Ally? Mangi qualcosa e…”

“Sta male” la donna lo interruppe. Parlò senza sapere esattamente cosa sarebbe uscito dalla sua bocca.

“Lo so” l’uomo annuì. “Ho mostrato il mio distintivo e mi hanno detto quasi tutto. Mi dispiace Allison.”

“Non sono estranea alla morte, ho perso tutto quando avevo sedici anni. Ma lui, si è preso cura di me dopo che i miei genitori sono morti, mi ha trattata come una figlia e vederlo spegnersi lentamente mi strazia il cuore. Vorrei poter fare qualcosa ma non c’è niente che posso fare.”

Scoppiò in lacrime e Will la tirò piano verso di sé prima di stringerla in un abbraccio che lei ricambiò mentre finalmente quel singhiozzo che le pesava sul petto veniva fuori.

“Mi dispiace tanto” le sussurrò. Poi la lasciò piangere.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Mi hai tradita. Dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme… così gli aveva detto Aurora prima di sparare il proiettile di legno che aveva colpito Tristan dritto al petto.

Mentre cadeva a terra con quel bruciore ad un soffio dal cuore però, nonostante tutto, nonostante sua sorella, il pensiero era fisso su Allison.

Gli aveva detto di fare attenzione, gli aveva detto di essere preoccupata per lui e Tristan non aveva potuto fare a meno di sentirsi pieno di emozione. Era assurdo; aveva mille anni e, se ne accorgeva solo in quel momento, non aveva mai sperimentato quel tipo di amore.

Chiudendo gli occhi si abbandonò a un ricordo.

 

 

“Buongiorno” disse versandosi una tazza di caffè. “Ah caffè… ad essere onesto ho sempre preferito il tè.”

“Se vuoi del tè puoi andare a preparartelo… se sai come si fa” Allison gli sorrise sarcastica, con un sorriso che lui trovava intrigante.

“Credi che non sappia preparare del tè, per caso?”

“Vuoi una risposta sincera?”

“Meglio di no” lui bevve un sorso dalla tazza, sorridendole subito dopo aver deglutito.

La donna restò a fissarlo per un lungo istante, in silenzio, e Tristan ebbe la sensazione che se Aya non fosse stata presente i loro visi sarebbero stati più vicini in quel momento, a replicare quel bacio che era durato troppo poco e a cui aveva pensato per giorni e giorni. Ma sicuramente era solo la sua mente che gli giocava brutti scherzi.

“Il blu ti dona” gli disse infine lei tornando a guardare tra i documenti che aveva in mano.

 

Poi quel bacio.

 

 

Rimase immobile quando la bocca del vampiro si poggiò sulla sua, ci rimase per il tempo necessario a capire cosa stesse succedendo, se le piacesse, poi chiudendo gli occhi dischiuse le labbra lasciando che quel bacio delicato diventasse qualcosa di più profondo.

 

“Tristan!”

La voce di Elijah lo riportò alla realtà. Con un gemito riaprì gli occhi e si poggiò una mano sul petto. “Lo sento avvicinarsi al cuore. Ogni secondo è… è più vicino.”

“Devo tirarlo fuori” gli disse Elijah strappandogli la camicia per vedere meglio e sollevando la manica del suo cappotto. “Devi stare fermo.”

“Perché gli stai salvando la vita?” chiese Matt e Tristan si accorse solo allora che anche lui era lì. “Lascialo morire. È un bastardo sadico. Con lui via da questo mondo avremo un pensiero in meno.”

Elijah scosse il capo inserendo piano la mano dentro il petto di Tristan, alla ricerca di quel dannato proiettile di legno. Il vampiro serrò le mascelle cercando di non muoversi e il maggiore dei Mikaelson pensò che Matt aveva ragione, teoricamente; ma non praticamente.

Allison sembrava tenere a Tristan de Martel e la conosceva abbastanza da sapere che se lo avesse lasciato morire non l’avrebbe presa bene.

“Elijah!” urlò ancora Matt. “Lascialo perdere, dobbiamo trovare quella psicopatica di sua sorella prima che se la prenda con la tua famiglia o, peggio ancora, con Allison.”

“Il signor Morgan ha ragione” Tristan cercò di respirare a fondo. Era sudato e pieno di sangue. “Ma ti prego, Elijah; non voglio morire senza averla vista almeno un’ultima volta.”

Elijah finalmente tirò fuori il proiettile e l’altro fece un grosso respiro reclinando il capo indietro sul prato bagnato.

“Perché? Perché hai dovuto salvarlo?” chiese Matt passandosi le mani tra i capelli.

L’Originale si mise in piedi. “L’ho fatto per Allison” mormorò pulendosi la mano mentre si allontanava.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison era tornata nella stanza di Victor da quasi un’ora quando Hayley e Jackson avevano bussato alla porta. L’Ibrida stringeva tra le braccia la piccola Hope che le sorrise non appena la vide.

“Ciao piccola” sussurrò raggiungendoli e prendendola in braccio, ricambiando il sorriso divertito che la bimba le fece poggiandole le manine sul viso.

“Abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere vederla” le disse Hayley sorridendo, sistemandole il giubbino di pelle che proprio Allison le aveva regalato.

“E abbiamo pensato che potessi avere fame” Jackson le porse un sacchetto. “Torta di mele, fatta da nonna Mary.”

La donna sorrise, poi con un cenno del capo indicò un tavolo vicino alla finestra. “Poggiala pure lì, la mangerò dopo.”

“Qualche cambiamento?” chiese Hayley volgendo lo sguardo a Victor.

“Nessuno. Non ha neppure ripreso conoscenza” la cacciatrice fece un grosso respiro mettendosi a sedere. “Vorrei avere belle notizie ma non ne ho.”

“Possiamo fare qualcosa per aiutarti?” Jackson le si avvicinò, le mani nelle tasche dei jeans. “Intendo qualunque cosa.”

“No” mormorò l’altra scuotendo il capo. “Grazie di essere venuti e di aver portato Hope. Voglio solo essere qui con lui, fino all’ultimo.”

Ridiede la bmbina alla madre, dopo averle dato un bacio sulla guancia.

“Allison,” le disse l’Ibrida mentre lei e Jackson si avvicinavano alla porta. “Mi dispiace.”

“Grazie.”

Fu proprio mentre Hayley e Jackson uscivano che Elijah arrivò. Per la prima volta, da settimane, fin dentro la stanza e non a lasciare fiori come faceva di solito.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Ti ho portato da mangiare” esordì Elijah quando furono soli. “Patatine fritte  alla paprika e un hamburger.”

Allison aprì il sacchetto che lui le porse. “Vengono dal…”

“Dal ristorante che ti piace tanto” confermò Elijah annuendo. Le prese il viso tra le mani e piegò il capo per guardarla meglio. “Che ti è successo al sopracciglio?”

“Niente di grave” mormorò lei confortata da quel tocco. “Tu stai bene? Sembri turbato.”

L’Originale abbozzò un sorriso, un moto di tenerezza e amore gli solleticò lo stomaco. “Ho avuto una giornata difficile” le disse. “Ho pensato di concluderla in un posto che mi fa sentire bene.”

“Una stanza di ospedale ti fa sentire bene?”

“Sì, se dentro ci sei tu.”

Allison sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Abbassò lo sguardo per un attimo e quando lo rialzò dentro quello di Elijah trovò quella solidità e quella forza di cui sentiva di aver bisogno. “Sta morendo” sussurrò iniziando a piangere.

“Lo so,” lui le passò le dita di una mano tra i capelli. “Dimmi come posso aiutarti.”

“Puoi aiutarmi a dirgli addio?”

“Certo” l’Originale elegante le baciò una mano e insieme a lei raggiunse Victor.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** 12. ***


NDA: Capitolo di passaggio. Buona lettura :D e lasciatemi un commento se vi va.
Roby.


ly

12.

 

 

 

 

 

LOS ANGELES – TREDICI ANNI PRIMA

 

“Ho vent’anni, vuoi davvero rifilarmi la storia che questi pacchetti regalo li ha portati Babbo Natale?”

Victor sorrise, poi si strinse nelle spalle. “Che male c’è a credere un po’ nell’incredibile? Tu in mezzo all’incredibile praticamente ci vivi.”

“Esatto!” Allison afferrò uno dei pacchetti e si mise a sedere sul divano incrociando le gambe e posizionandosi davanti la scatola quadrata. “Proprio perché in mezzo all’incredibile ci vivo posso dirti con assoluta e matematica certezza che Babbo Natale non esiste. Esistono i vampiri e i fantasmi e i demoni… e i wendigo e i licantropi. Esistono persino i geni ma non Babbo Natale.”

L’uomo sbuffò mentre le versava una tazza di cioccolata calda, poi le si avvicinò e gliela porse lasciandosi cadere sul divano accanto a lei. Attese impaziente che quella che oramai era come una figlia per lui finisse di aprire la scatola.

Voleva vedere il suo bel viso illuminarsi di sorpresa, di gioia, perché sapeva che quel regalo le sarebbe piaciuto. Ci aveva lavorato per mesi e mesi, di nascosto nel garage ogni volta che lei era fuori città per dare la caccia a qualcosa.

Il fatto che oramai da due anni  fosse tornata a vivere nella sua casa in fondo alla strada lo aveva aiutato a completare la sorpresa senza essere scoperto, ma era stata dura riuscire a venire fuori con un’idea che potesse realmente sorprenderla.

Ad una giovane donna a cui la vita ha portato via tutto, fare un regalo era difficile; lui lo sapeva… Ricordava di come ogni anno lei aprisse i pacchetti contenenti braccialetti o borse o smalti per le unghie e sorridesse educata, ma per nulla eccitata. Non aveva mai molta voglia di festeggiare il Natale, non mostrava mai un attaccamento particolare agli oggetti. Non aveva pretese, non aveva aspettative…

Ma lo faceva contento, ogni anno, preparando con lui la cena, aiutandolo a decorare l’albero, sorridendo quando lui le riproponeva la solita maratona natalizia anno dopo anno. Rudolph il cucciolo dal naso rosso per cominciare e anche per finire le festività.

Era una brava figlia, anche se non era sangue del suo sangue.

“Ti voglio bene bambolina, lo sai vero?” le disse.

Lei abbozzò un sorriso, poi si voltò a guardarlo. “Sì lo so. Ti voglio bene anche io.”

 

 

 

Allison fece un grosso respiro, poi con calma si mise su letto e si sdraiò accanto a Victor poggiando la testa sul petto dell’uomo che le aveva fatto da padre per gran parte della sua vita.

Si ritrovò a chiedersi cosa sarebbe successo se al posto di Victor fosse stato qualcun altro a prendersi cura di lei. Non se lo era mai chiesto fino ad allora; lui era stata la scelta più logica. Era il migliore amico dei suoi genitori, aveva visto sia lei che Matt crescere. Ed era anche stato l’unico a farsi avanti, pronto a prendersi la grande responsabilità di occuparsi di una ragazza di sedici anni smarrita e spezzata.

Senza Victor Monroe lei non sarebbe diventata quello che era.

Abbozzando un sorriso con gli occhi gonfi di lacrime si ritrovò a pensare che se lui fosse stato sveglio e avesse saputo cosa stava pensando le avrebbe detto che il merito non era affatto suo, ma tuo bambolina, che sei stata forte come poche persone sarebbero state capaci di essere.

Con ogni addio impari qualcosa avrebbe aggiunto citando liberamente quello scrittore argentino che gli piaceva tanto.

Lei gli avrebbe risposto che quel qualcosa che sarebbe venuto fuori dal loro addio preferiva non impararlo.

“Sei pronta?” le sussurrò Elijah strappandola ai suoi pensieri.

“Non lo so” la donna scosse il capo. “Non credo che sarò mai pronta.”

Elijah allungò la mano e le accarezzò dolcemente il viso. “Io non vado da nessuna parte e non ho fretta.”

Allison fece un grosso respiro, poi annuì. L’Originale le prese una mano, poi con l’altra strinse quella di Victor e fu così che l’addio iniziò.

 

Victor se ne stava seduto sul divano, le mani tra i capelli, in quello che era il salotto di casa sua. Quel salotto in cui aveva aspettato spesso il ritorno di Allison dopo una battuta di caccia o semplicemente dopo una litigata.

Non la vide subito, assorto nei suoi pensieri. Ma poi lei lo chiamò.

“Victor…”

Gli andò incontro e lo abbracciò forte scoppiando in lacrime, Elijah Mikaelson dietro di lei.

“Bambolina” sussurrò stringendola, una mano tra quei capelli ora di un bel biondo scuro. “Cosa ci fai qui?”

Lei si staccò solo per un istante, gli strinse entrambe le mani e singhiozzò. “Non ti svegliavi ed io… io volevo parlare con te.”

L’uomo le sorrise sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. “Speravo che trovassi un modo per arrivare qui. Io riuscivo a sentirti ma non riuscivo ad aprire gli occhi per dirti addio.”

“Non voglio dirti addio Victor, ho bisogno di te.”

“No” lui scosse il capo prendendole il viso tra le mani. “Ascoltami bene perché riesco a sentire che non mi rimane molto tempo.”

“Victor…”

“Allison” la interruppe lui. “Io ti voglio bene, un’infinità di bene. Ma devi ascoltarmi adesso, perché ho un sacco di cose da dirti.”

“Okay” lei annuì asciugandosi il viso.

“Lo so che stai soffrendo, che hai paura. So che è per questo che hai preso il comando di quella dannata organizzazione di vampiri; ti senti sola e sei terrorizzata… ma tu non sei sola Allison, non lo sei affatto” le disse guardando per un attimo Elijah. In quello sguardo c’era tutto quello che serviva e l’Originale annuì guardandolo sicuro. “Hai un sacco di persone intorno; il fatto che non ti amino come tu vorresti non significa che non ti amino con tutto il cuore. Butta giù quel muro bambolina, lascia che ti amino. Io andrò da Lily e da nostra figlia.”

L’uomo le sorrise, lente e calde lacrime iniziarono a scendergli giù per le guance.

“Ti voglio tanto bene” gli disse Allison, la gola le faceva male per i singhiozzi. “Puoi andare” aggiunse un secondo dopo.

Lui sparì con un sorriso.

 

Allison Morgan riaprì gli occhi mentre la linea sulla macchina collegata a Victor diventava piatta emettendo un bip costante. Si aggrappò al corpo dell’uomo e pianse affondando il viso sul suo torace, respirando a fondo quell’odore di famiglia per un’ultima volta.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Quando Tristan era arrivato alla tenuta Allison era seduta sul divanetto nell’atrio. Aveva l’aria triste, lo sguardo perso nel vuoto. Sembrava fragile come mai prima e lui sentì un moto di tenerezza invaderlo completamente.

Elijah la osservava seduto su una poltrona e lo raggiunse non appena lo vide.

“Tristan…” lo salutò.

L’altro si schiarì la voce. “Grazie di avermi telefonato.”

“Io ti detesto, non fingerò che non sia così” gli disse l’Originale. “Ma tu… la ami, di questo sono certo, come sono certo che ti sei preso cura di lei come avrei fatto io, quando a me non permetteva di farlo.”

“Ho fatto del mio meglio, e lo rifarei” Tristan mise le mani nelle tasche e sorrise guardando la cacciatrice. “È vero che la amo, anche se lei non ama me, e non mi era mai successo di provare qualcosa di così forte in tutta la mia vita. Ho stravolto… tutto per tenerla a sicuro, e lo rifarei altre mille volte. So che odi sentirmi dire certe cose, ma darei la vita per quella donna.”

Elijah si girò, senza però allontanarsi. “Tristan, è ora di rimettere ogni cosa al proprio posto, lo sai vero?”

“Lo so” sussurrò l’altro. “Voglio solo…”

“Fai ciò che devi” lo interruppe il maggiore dei Mikaelson. “Fallo in fretta però.”

Tristan abbassò per un attimo gli occhi, poi raggiunse Allison e la strinse in un abbraccio che lei ricambiò scoppiando di nuovo in lacrime.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Sam e Castiel stavano facendo alcune ricerche quando Dean arrivò nella sala in cui si trovavano. Stringeva in mano il suo cellulare, gli occhi chiari arrossati mentre provava a parlare senza che nessun suono uscisse dalla sua bocca.

“Dean” gli disse Castiel. “Stai bene?”

Il maggiore dei Winchester scosse il capo deglutendo a vuoto. “Dobbiamo andare a New Orleans.”

“Allison sta bene?” Sam gli si avvicinò di qualche passo. “Dean!” esclamò quando vide che lui non rispondeva.

“Victor è morto” la voce di Dean si spezzò mentre lo diceva. Dai suoi occhi presero a scendere lente lacrime.  “Allison ha bisogno di noi.”

 

 

 

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Capitolo 13
*** 13. ***


NDA: Si torna, pian piano, alla storyline principale :) buona lettura e lasciatemi un commento se vi va :D

tfb

13.

 

 

 

 

 

Elijah aprì gli occhi lentamente, cercando di rimanere immobile per non svegliare Allison. La sua bella cacciatrice si era finalmente addormentata dopo aver versato così tante lacrime che l’idea di svegliarla quasi gli faceva paura.

Tristan si era congedato un’ora prima, ancora alla ricerca di Aurora, preoccupato per lei e preoccupato anche per Allison.

L’Originale elegante non riusciva proprio a farsi andar giù quella strana amicizia nata tra il suo primo vampiro e la donna che amava, ma proprio sul viso di quella donna aveva visto una luce di tenerezza e di pace quando Tristan era arrivato e in quel momento, qualunque cosa capace di farla star bene era ben accetta.

Persino Lord Tristan De Martel.

Girò poco il capo per guardare nella penombra il viso bello e stanco di Allison ma lei non c’era.

“Allison” la chiamò alzandosi a sedere sul letto, chiedendosi come aveva fatto a non sentirla quando si era alzata; parecchio tempo prima a giudicare dal freddo sul suo lato del letto. “Allison” chiamò di nuovo.

In quello stato, arrabbiata e ferita, avrebbe potuto fare qualunque cosa. Il suo pensiero volò subito a Crowley, sicuro che lui era la persona con cui la donna voleva parlare in quel momento.

Senza aspettare una risposta, che evidentemente non sarebbe arrivata, uscì dalla stanza e si diresse al piano di sotto. Nel grande atrio Klaus e Freya stavano facendo colazione seduti a tavola.

“Avete visto Allison?” chiese loro, un’espressione trafelata sul suo viso.

Freya si alzò. “No, credevamo che stesse dormendo.”

Elijah cercò nella tasca il suo cellulare e compose velocemente il numero. Sorpreso ma sollevato quando lei rispose dopo quattro squilli.

“Sto bene” disse prima che lui potesse parlare. “Mi dispiace di essere andata via senza svegliarti, ma avevo bisogno di prendere aria e di rimettere in ordine le idee.”

“Va bene” mormorò l’Originale facendo un grosso respiro. “Dimmi dove sei così posso raggiungerti.”

“Non ho voglia di parlare Elijah” calò il silenzio per un istante. “Tornerò presto.”

“Allison, ti prego” le disse lui. “Voglio solo… se non hai voglia di parlare va benissimo per me, rimarremo in silenzio ma ti prego” ripeté “dimmi dove sei.”

“Sono diretta in Oklahoma. Ho parlato con i Winchester, stanno lavorando ad un caso interessante e ho deciso di unirmi a loro.”

“Non credo che lavorare ad un caso sia una buona idea. Hai perso Victor soltanto due giorni fa, non sei concentrata.”

“Io ho bisogno di fare qualcosa che mi permetta di… di tenere la mente occupata Elijah. Se vuoi aiutarmi lasciami affrontare la cosa a modo mio, per favore.”

L’Originale chiuse gli occhi per un attimo, poi si mise a sedere sulla sedia che Freya aveva lasciato libera alzandosi. Discutere con Allison era inutile, lo sapeva oramai da anni. Esprimerle la sua preoccupazione non le avrebbe fatto cambiare idea.

“Allison” le sussurrò. “Ti amo, lo sai vero?”

“Lo so” rispose lei con la voce che tremava. “Starò bene, te lo prometto.”

Poi, riattaccò.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

I Winchetser arrivarono con un giorno di ritardo sulla tabella di marcia riflettendo sul fatto che durante il viaggio era come se qualcosa stesse provando a ritardare il loro arrivo a New Orleans. L’auto si era inspiegabilmente fermata due volte, per poi ripartire senza troppi problemi un’ora dopo.

Castiel ad un certo punto aveva suggerito di prendere un autobus. Non arriveremo mai di questo passo, aveva brontolato, e Sam e Dean si erano quasi convinti che avesse ragione.

Alla fine però  erano arrivati,  stanchissimi per un viaggio che era durato molto di più del previsto, e in una tarda mattinata che sembrava notte tanto il cielo era scuro.

Klaus fu il primo a vederli quando entrarono alla tenuta. All’Ibrido bastarono pochi secondi per capire che la furba Allison aveva mentito.

“Elijah non sarà contento” disse ai suoi ospiti andandogli incontro. “Ma ben arrivati.”

“Che significa che Elijah non sarà contento?” chiese Dean “E dov’è Allison?”

“È questo il punto, da quel che ne sappiamo noi è in Oklahoma a lavorare ad un caso interessante. Con voi.”

Castiel sospirò amaramente, Sam invece corrugò la fronte quasi come se sentire la parola Oklahoma lo avesse stranito.

Si ricordò di una vecchia conversazione che lui ed Allison avevano avuto tanto tempo prima, quando Dean era finito all’Inferno.

 

 

LOS ANGELES, CALIFORNIA – TANTI ANNI PRIMA

 

“Sammy!” la voce di Allison lo fece sobbalzare. Sam staccò gli occhi dal computer, dal sito che stava consultando e guardò la sua amica avanzare verso di lui.

Le era grato che gli avesse permesso di stare in casa sua per tutto quel tempo dopo che Dean era… morto. Ma sentiva che tutto si era come fermato; avevano cercato in lungo e in largo e non erano riusciti a trovare niente che potesse aiutarli a capire come riportare indietro suo fratello.

Quasi come fosse impossibile.

Beh, pensò, tecnicamente lo è, ma non nel nostro mondo.

“Hey” le disse spegnendo il suo portatile. “Che succede? Sembri in ansia.”

Lei gli sorrise facendo spuntare quelle fossette profonde, su quel viso bello e stanco Sam potè vedere lo stesso dolore che vedeva nel suo ogni volta che si guardava allo specchio.

“Ho trovato uno stregone voodoo. Pare che sia in grado di fare grandi cose, o almeno questo è quello che dice il suo sito internet.”

“Un sito internet?” chiese di rimando Sam. “Suona come una di quelle truffe ai danni della povera gente.”

“E probabilmente lo è” mormorò lei mettendosi a sedere. “Ma abbiamo cercato dappertutto Sam e non siamo riusciti a trovare un modo di riportare indietro Dean. Credo che dovremmo andare a dare un’occhiata a questo tizio. Se è davvero chi dice di essere allora forse potrà darci una mano, se è un truffatore che si spaccia per stregone solo per spillare dei soldi alla gente allora ce ne occuperemo come fosse un caso e avremo liberato il mondo da un idiota.”

“Okay” Sam annuì. “Dove andiamo?”

“Oklahoma.”

 

 

Il minore dei Winchester si ricordava ogni cosa di quel giorno con lo stregone voodoo. Ricordava che anche se non aveva potuto aiutarli non aveva mentito dicendo di essere capace di grandi cose.

Non posso riportare indietro il vostro caro, aveva detto loro sorridendo, ma lui tornerà perché grandi cose lo aspettano.

Alla fine Dean era davvero tornato e Dio aveva dei piani per lui.

“Voi che ci fate qui?”

Fu la voce di Elijah a tirarlo fuori dai suoi pensieri. Il vampiro camminò verso di loro con passo deciso, una maschera di preoccupazione su quel viso di solito calmo.

“Dov’è Allison?” chiese ancora.

“A quanto pare la nostra bella cacciatrice ha mentito” gli fece sapere Klaus. “Forse c’era davvero un caso in Oklahoma, ma non doveva lavorarci insieme a loro.”

“Cosa… Dannazione!” urlò Elijah perdendo il controllo, per poi portarsi le mani sui fianchi e fare un grosso respiro alla ricerca della sua proverbiale pazienza.

“Non c’era un caso in Oklahoma” disse Sam. “Ma sono certo che sia lì.”

“Come lo sai?” chiese Castiel perplesso.

“Perché in Oklahoma, a Tulsa precisamente, c’è uno stregone voodoo molto potente. Potrei sbagliarmi ma sono quasi del tutto certo che quello che vuole fare sia provare a riportare indietro Victor.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison aveva visitato Tulsa solo un’altra volta, molti anni prima, in compagnia di Sam Winchester. Allora non ne avevano cavato un ragno dal buco, ma avevano fatto la conoscenza di un personaggio interessante che forse stavolta avrebbe potuto aiutarla.

Era passato tanto tempo ma ricordava ancora la strada per arrivare in quella piccola casetta di campagna in un angolo dimenticato da Dio in quella città che non le piaceva affatto.

Il pensiero di Victor le faceva male, bruciava come un colpo al petto. Gli aveva detto addio solo tre giorni prima, lo aveva guardato mentre con serenità negli occhi le diceva che avrebbe finalmente rivisto Lily e conosciuto la loro bambina. Era in pace ed Allison lo sapeva ma lei non lo era affatto.

Aveva perso fin troppa gente nel corso della sua vita, non accettava di perdere anche lui. Le era dispiaciuto mentire ad Elijah, soprattutto dopo quel ti amo sentito che le aveva sussurrato prima che lei riattaccasse, ma a volte non c’era altra scelta che dire una bugia.

Non è vero, le avrebbe detto Victor se fosse stato lì, mentire non è mai la scelta migliore. Soprattutto se stai mentendo alle persone che ami e che ti amano.

E Elijah Mikaelson la amava, lei lo sapeva.

Dopo aver fatto un grosso respiro scese dall’auto e raggiunse la porta. Era aperta ma bussò comunque e rimase in attesa.

“C’è nessuno?” chiese facendo capolino con la testa.

Una risposta arrivò ma arrivò da dietro e lei sobbalzò stringendo forte il pugnale che teneva sempre a portata di mano.

“È uno strano orario per presentarsi a casa della gente” le dissero. “Cosa posso fare per te, Allison Morgan?”

Lei si voltò e guardò il suo interlocutore con aria curiosa; era lo stesso uomo di tanti anni prima, poteva vederlo nei suoi occhi ora contornati da rughe di vecchiaia. Pensò che era incredibile che si ricordasse di lei dopo così tanti anni e, immaginava, dopo aver incontrato tanta gente.

“Ti ricordi di me…” mormorò piegando poco il capo.

“E tu ti ricordi di me” le rispose l’uomo. “Sono passati tanti anni, il mio corpo è vecchio ma la mia mente è ancora integra per fortuna. Quel tuo amico è poi tornato?”

Lei annuì. “Sì, e ha fatto grandi cose, esattamente come tu avevi previsto.”

“Bene!” l’uomo sorrise entrando dentro casa, invitandola a seguirlo.

Allison lo fece guardandosi intorno con tristezza; si ricordava di una casa bella e accogliente, sempre piena di gente e speranza. Ora si respirava solo vecchiaia e polvere. E solitudine.

“Non aiuti più la gente?” gli chiese per cercare di capire quale fosse il miglior approccio.

“Come ho detto, sono vecchio oramai” replicò l’uomo versandole una tazza di caffè che lei prese senza però bere. “Se hai perso qualcuno e sei venuta a chiedermi aiuto temo di non poterti essere utile. Man mano che la mia età avanzava i miei poteri diminuivano. Tutto quello che posso fare adesso è accendere un fiammifero con un soffio, nei giorni buoni.”

Allison sentì gli occhi riempirsi di lacrime; un altro buco nell’acqua, un’altra delusione e tanta amarezza per quel povero vecchio che sembrava terribilmente fragile.

“L’uomo che si è preso cura di me per gran parte della mia vita è morto tre giorni fa” raccontò. “Speravo che tu potessi…”

“Riportarlo da te?” lo stregone le sorrise prendendole con gentilezza una mano. “Lui è con te, qui dentro” le disse poggiandole un dito sul petto, all’altezza del cuore.

“Questo non mi è di nessuna consolazione.”

“Dovrebbe esserlo invece” rispose l’uomo. “Perché da lì nessuno potrà portartelo via.”

Senza preavviso e senza capacità di controllarsi Allison scoppiò a piangere e lo fece per un lungo minuto.

“Mi dispiace di averti disturbato” disse quando le lacrime si calmarono. “Sarà meglio che vada ora.”

“Rimani pure Allison Morgan” rispose lo stregone. “Prenditi il tuo tempo.”

Lei decise di farlo.

 

 

 

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Capitolo 14
*** 14. ***


NDA: Alcuni imprevisti mi hanno a lungo tenuta lontana dalle mie amate fanfiction ma ora sono tornata :D chi è ancora con me in questa avventura?
Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va, Roby.

life

14.

 

 

 

 

 

Elijah imboccò la statale che li avrebbe portati dritti in Oklahoma e sospirò lanciando una rapida occhiata al suo cellulare. Il nome di Tristan continuava a lampeggiare sullo schermo da almeno un’ora. Una telefonata ogni quindici minuti circa, ma lui non aveva alcuna intenzione di rispondere.

Credeva, quando pochi giorni prima gli aveva suggerito di mettere le cose a posto e di farlo in fretta, che avesse capito cosa in realtà gli stava dicendo… ma evidentemente il messaggio era arrivato distorto o era risultato incomprensibile. Si ripromise che glielo avrebbe spiegato di nuovo una volta tornato a New Orleans, stavolta magari in modo meno gentile. Forse avrebbe finalmente capito.

“Risponderai prima o poi oppure no?” chiese spazientito Dean provando per l’ennesima volta a telefonare ad Allison. E considerato il suo tono Elijah si pentì di aver accettato di stare in macchina con  lui piuttosto che con Sam o Castiel che li seguivano a bordo di quella vecchia Chevy Impala del ’67,

“Oppure no” rispose tranquillo, citando un’espressione che sembrava tanto in voga in quel periodo. Terribile da sentire ma di impatto da quel che aveva capito.

“Chiunque sia a telefonare continuerà. Magari è qualcosa di importante.”

“Allison è la cosa più importante in questo momento, quindi che continui pure” Elijah aprì il finestrino, afferrò il cellulare e lo lanciò fuori mettendo fine a quel fastidioso drin che aveva riempito l’abitacolo per tutto il tempo da quando erano partiti.

“Cavolo” il maggiore dei Winchester scosse il capo. “Devi detestarlo davvero, quel Tristan che continuava a telefonarti.”

“È arrivato nella mia città, senza invito, e ha iniziato a fare da padrone. Ha ucciso Jonas Leandro e ha detto che c’è una profezia secondo la quale Allison sterminerà la mia famiglia. L’ha rapita per raccontarle di quanto la ami e ha ucciso Jackson, il marito di Hayley, per condurla in una trappola” raccontò tutto d’un fiato l’Originale. “Il suo piano era intrappolare me e la mia famiglia con un magico amuleto e portare Allison via contro la sua volontà. Era convinto che col tempo avrebbe imparato ad amarlo e avrebbero vissuto felici e contenti.”

Dean sgranò gli occhi perplesso. “Avresti potuto dirlo prima. Avrei distrutto io stesso quel telefono” mormorò. “È lo stesso tizio che prima era a capo della congrega di vampiri di cui adesso Allison è il capo, giusto?”

“Corretto.”

“Me lo ricordo un po’. Un giorno si è presentato al bunker con Matt” ricordò l’altro. “Spero che Allison torni in sé prima o poi. Non so cosa le sia preso quando ha deciso di mettersi a capo di questa congrega, quando ha deciso di salvare quel tizio dalla lenta essiccazione a cui voi l’avevate condannato.”

“Temo che sia colpa mia” Elijah si schiarì la voce. “Non l’ho fatta sentire abbastanza amata e protetta. Ha fatto di tutto per me e per la mia famiglia eppure per loro non era mai abbastanza. Avrei dovuto stare dalla sua parte ma non l’ho fatto e lei si è sentita sola, ha pensato che Tristan con la sua cieca e insana devozione avrebbe potuto colmare il vuoto che sentiva dentro.”

Rimasero in silenzio per qualche istante, Dean chiuso nei suoi pensieri, Elijah invece non riusciva a pensare. Il maggiore dei Winchester sapeva come l’Originale si sentisse, anche lui ci era passato.

“Non è colpa tua” gli disse facendo un grosso respiro. “Non so se lo sai ma io ed Allison siamo stati insieme per due lunghi anni, tanto tempo fa. Mi ha amato con tutta se stessa ed io l’ho spinta via con tutto me stesso. L’ho tradita, le ho spezzato il cuore tantissime volte, sono stato il ragazzo peggiore che potesse avere perché ero fottutamente spaventato dall’intensità di quello che provavo per lei. Fottutamente spaventato dall’idea di un rapporto a lungo termine perché… le persone che mi stanno accanto finiscono sempre per farsi male. La amavo, moltissimo, ma non ero capace di dimostrarglielo.”

Elijah strinse più forte il volante, quella storia era il passato e la conosceva già per certi versi, eppure sentì una forte gelosia incendiargli il viso, fargli male allo stomaco.

“Lei non ha mai ceduto, mi ha amato fin quando ha avuto amore da darmi e poi semplicemente è finita” continuò Dean. “Se è andata fuori di testa non è perché tu le hai spezzato il cuore, è perché la vita le ha spezzato l’anima.”

L’Originale deglutì a vuoto, si ritrovò a pensare che forse Dean aveva ragione e questo lo spaventava; sanare un cuore spezzato era difficile ma non impossibile… sistemare quello che aveva appena detto l’uomo sul sedile passeggero invece sembrava oltre le sue possibilità. Ma ci avrebbe provato, per amore.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Tristan mise in tasca il suo cellulare mentre entrava dentro la villa dei Mikaelson. L’ultima volta che ci era stato le cose non erano andate esattamente come previsto e alla fine Allison era arrivata e aveva sistemato tutto, com’era solito fare. Non vedeva la sua bella, bellissima cacciatrice da giorni oramai. L’ultima volta che l’aveva vista era stato subito dopo la morte di Victor; l’aveva stretta tra le braccia per un tempo breve che però gli era sembrato infinito. Inebriato dall’odore di quei bei capelli chiari, rasserenato dal calore di quel corpo morbido che desiderava tanto stringere e fare suo. Un desiderio che, ormai ne era consapevole, non si sarebbe mai avverato.

Non importava. L’aveva osservata per anni, amata in silenzio e da lontano. Ora invece lei era parte della sua vita e anche se lo era in modo differente da quel che sperava era abbastanza.

Quell’abbastanza però adesso era messo in grave pericolo, di nuovo. Tristan era infine riuscito a trovare sua sorella dopo essersela fatta sfuggire, e le notizie non erano buone. Lei e quel folle di Lucien stavano tramando qualcosa e anche se non aveva ancora tutti i pezzi del puzzle era seriamente preoccupato. Aurora non voleva altro che uccidere la donna che secondo lei gli aveva portato via suo fratello e non si sarebbe fermata di fronte a niente. Allison era in gamba ma sua sorella, Tristan lo sapeva bene, era furba e cattiva ed era stata capace di piegare Lucien ad ogni suo volere.

“Non hai ancora imparato la lezione! Non sei il benvenuto qui.”

La voce di Klaus lo riportò alla realtà e si fermò mettendo in tasca le mani. “Ho bisogno di parlare con Elijah, è urgente.”

“Elijah non è qui e anche se ci fosse dubito che vorrebbe parlare con te.”

“Dov’è Allison?” Tristan si guardò intorno, sperando che fosse lì da qualche parte perché, per assurdo che potesse sembrare, quella casa era il posto più sicuro per lei in quel momento.

“Neppure lei è qui” rispose Klaus incrociando le mani dietro la schiena. “E ora vattene.”

“Non fin quando non mi avrai ascoltato. Aurora e Lucien stanno pianificando qualcosa, qualcosa di grosso Klaus. Allison è in pericolo, tutti noi lo siamo.”

“Di cosa stai parlando?”

“Non lo so ancora con precisione ma non dovete mai e poi mai perdere Allison di vista. Aurora verrà per lei e non avrà alcuna pietà.”

Klaus abbozzò un sorriso divertito. “La tua premura è commovente” lo prese in giro. “Allison sa badare a se stessa.”

“No!” urlò l’altro avanzando di qualche passo. “Non può batterla Klaus e tu lo sai meglio di me. Mia sorella è fuori di testa, è forte e nella sua mente Allison è la donna che mi ha portato via a lei. Devi assicurarmi che sarà al sicuro e se non siete certi di poterla proteggere devi dirmi dov’è e ci penserà la Strige.”

L’Ibrido Originale piegò poco il capo; sul viso del solito elegante Tristan de Martel c’era una maschera di paura. Paura per le sorti di quella donna che sosteneva di amare. Per la prima volta da quando avevano saputo di quel sentimento tenuto nascosto per tanto tempo, Klaus capì che era vero, sincero.

“Elijah si prenderà cura di lei” gli disse lasciando cadere le mani lungo i fianchi. “Quanto ad Aurora, se verrà qui mi assicurerò di fermarla… per sempre.”

Si aspettava che Tristan si accendesse di rabbia per quella minaccia, che iniziasse a blaterare, che iniziasse a minacciare di ucciderlo se avesse fatto del male a sua sorella. E invece, sorprendentemente, il primo vampiro di suo fratello Elijah annuì e abbassò lo sguardo per un istante.

“Se ne avrai l’occasione non esitare” gli disse rialzando gli occhi su di lui. “Però ti prego, fai che sia una morte veloce.”

Si voltò per andarsene, certo che Elijah avrebbe fatto quello che Klaus aveva detto; prendersi cura della donna che entrambi amavano. Ma la voce dell’Ibrido lo fece fermare.

“Sarò ben felice di accontentarti. Ma tu… sei davvero disposto a sacrificare tua sorella per tenere Allison al sicuro, per prenderti cura di una donna che ami ma che non ti amerà mai. Perché?”

“L’hai detto tu stesso” Tristan non si voltò. “La amo. Non riuscivo a capire quanto di sbagliato ci fosse in Aurora prima. Adesso, grazie ad Allison, lo capisco.”

Riprese a camminare e Klaus lo lasciò andare.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Il posto in cui Sam era sicuro di trovare Allison era una casetta nel bel mezzo del nulla. Nella periferia della città al centro di una specie di zona di campagna che di notte avrebbe tranquillamente potuto rappresentare i boschi bui e spaventosi di cui solitamente si raccontava nella favole.

Elijah fermò l’auto dietro quella su cui viaggiavano Castiel e il minore dei Winchester e con Dean scese. Da fuori si vedeva che dentro le luci erano accese  nonostante fosse ancora giorno. Mettendosi in ascolto l’Originale riuscì a sentire due voci provenire dal retro della casa; una delle due era roca e sensuale e lui la conosceva fin troppo bene.

“È sul retro” disse sbottonandosi la giacca. “Vado io.”

Dean lo fermò sbarrandogli la strada. “Andiamo insieme.”

“Non è una buona idea” intervenne Sam. “Se andassimo tutti insieme si sentirebbe circondata e in trappola e non reagirebbe bene. Ci bruceremmo ogni possibilità di avere una conversazione tranquilla con lei perché si metterebbe sulla difensiva” ragionò. “Vado io, parlerà con me.”

“Cosa te lo fa credere?” Castiel si guardò intorno scuotendo poco il capo. “È testarda come un mulo, non parlerà con nessuno se non ne avrà voglia.”

“Ne ha” replicò Sam. “Allison non vuole nascondersi, non davvero almeno. Ha detto Oklahoma perché sapeva che io sapevo dove cercarla. Ha lasciato delle briciole, voleva che la trovassimo.”

Prima che chiunque potesse parlare, arrivò un’auto; un taxi giallo per la precisione e da lì scese un uomo che nessuno si aspettava di vedere.

“Amici!” esclamò l’ultimo arrivato. “Che piacere vedervi. Pensavo che sarebbe stato un viaggio noioso, ma ora che vi vedo ho la sensazione che ci sarà da divertirsi.”

John Constantine si accese una sigaretta mentre Chas scendeva dall’auto ed Allison giungeva dal retro in compagnia del padrone di casa.

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Capitolo 15
*** 15. ***


NDA: Si chiude un cerchio ma molti altri stanno per aprirsi. Presto torneremo a fare un tuffo nella storyline della reale stagione del telefilm e presto Allison e Tristan condivideranno alcune scene :)
Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va :D


cerchio

15.

 

 

 

 

 

“Incredibile” Allison scosse il capo mentre John e gli altri la guardavano con un misto di dolcezza e amarezza sul volto. “Esattamente quale delle parole voglio stare da sola non hai capito, Elijah?”

L’Originale fece un grosso respiro avvicinandosi a lei di qualche passo. Non aveva idea di quale fosse l’approccio migliore da usare in quel momento, di solito Allison era la donna forte pronta ad aiutare gli altri oppure quella fragile che si lasciava stringere. Lo stato in cui si trovava ora invece era una specie di stallo fatto di rabbia e aggressività. Ogni cosa che diceva, rischiava di essere interpretata nel modo sbagliato.

“E tu quale delle parole sono preoccupato per te non hai sentito?”

Approccio duro e diretto si disse, magari avrebbe avuto più successo di quello dolce e gentile che aveva già sperimentato e che li aveva portati in quella casa sperduta dell’Oklahoma.

“Le ho sentite tutte a dire il vero, ma ho deciso di ignorarle completamente” Allison sospirò volgendo poi lo sguardo ai Winchester e Castiel e a John e Chas che erano rimasti poco distanti. “Dovevi portare proprio tutti?” chiese indicandoli con una mano.

“Sono venuto con Sam, Dean e Castiel” la informò Elijah. “Sono sorpreso quanto te di vedere John e Chas.”

Fu allora che Sam si fece avanti di qualche passo e con decisione la raggiunse per stringerla in un abbraccio. “Mi dispiace tanto, Allison. Mi dispiace per Victor.”

Quelle poche parole, sincere e colorate del tono familiare e dolce del suo amico le fecero venire le lacrime agli occhi.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Due ore dopo, Allison aveva capito che Dean, Sam e Castiel avevano saputo di Victor perché Matt aveva telefonato al maggiore dei Winchester per avvertirli. Erano partiti subito per New Orleans e lì la sua bugia era venuta a galla. John e Chas invece non erano lì per lo stesso motivo; erano arrivati perché Vince, il padrone di casa, conosceva Constantine da anni ed era stato lui a telefonargli. Chas lo aveva solo accompagnato.

Non erano venuti per lei, ma per lei erano rimasti.

La cacciatrice non aveva nascosto il suo disappunto per quella improvvisata, avrebbe voluto rimanere sola ma si accorse ben presto che non sarebbe stato possibile e con una scusa si era defilata mentre tutti gli altri bevevano una birra. Tutti tranne Elijah.

L’Originale infatti la seguì fuori di casa, fin sul retro ma rimase fermo e in silenzio ad osservarla fin quando fu lei a parlare.

“Quando avevo appena diciotto anni Victor un giorno mi fece vedere alcune foto di una piccola casa che voleva acquistare. Era nel bel mezzo di un immenso prato di fiori rossi, nella periferia di una città della Francia di cui non ricordo neppure il nome.”

La cacciatrice si mise a sedere su una piccola panca di legno che sembrava voler crollare da un momento all’altro; Elijah la imitò sedendole accanto.

“Mi disse che un giorno, quando tutto sarebbe finito, quando la mia vita da cacciatrice sarebbe finita, ci saremmo trasferiti lì e avremmo vissuto in pace per il resto dei nostri giorni” continuò Allison. “Ti prenderai cura del tuo povero vecchio bambolina, perché me lo devi dopo tutto quello che ho fatto per te. Mi diceva così e poi scoppiava a ridere quando rispondevo che l’unica cosa che avrei fatto in Francia sarebbe stata sposare un ricco francese dall’animo Bohèmien.”

L’Originale sorrise sbottonandosi la giacca. “Era un bel piano.”

“Lo era” la donna annuì. “Ma se sei una cacciatrice del soprannaturale lo sei per sempre. Fantasmi, demoni, Inferno e Paradiso… i mostri non ti lasciano mai in pace.”

“Lo so” il vampiro annuì. “Ma c’è un lato positivo, salvi tanta gente.”

“Salvare la gente” Allison ridacchiò amaramente, poi si voltò a guardarlo. “A che mi serve proteggere le persone se non posso salvare quelli che amo?”

Elijah si trovò a pensare che capiva quello che provava, un senso di fallimento capace di spiazzarti. Lui stesso lo aveva provato tante volte quando cercando di salvare suo fratello Niklaus da se stesso si era ritrovato a pensare che non ce l’avrebbe fatta. La prima volta che si era sentito in quel modo era stato quando secoli prima Mikael aveva, alzato le mani su Klaus colpevolizzandolo di cose di cui non aveva colpa. Quella era stata la prima di tante volte.

Si rendeva conto che non era esattamente la stessa cosa, ma in fondo credeva davvero di capire quello che Allison stava provando. Sapeva anche non c’era nulla che potesse fare, nulla se non amarla con tutto se stesso sperando che quel senso di vuoto prima o poi sparisse.

Allungò il braccio e glielo passò intorno alle spalle, poi la tirò a sé e le baciò la fronte, in silenzio perché non c’era bisogno di parole.

Lei si lasciò cullare per qualche minuto, stretta nel calore di quel corpo che amava, che le faceva bene ma anche male. “Non sono certa di voler tornare a casa, Elijah” disse infine. “So che sei venuto per convincermi a tornare, ma io non sono certa di voler tornare.”

“Cosa vuoi fare allora?”

“Non lo so ancora” ammise lei chiudendo per un attimo gli occhi. “Ho ancora qualcosa da sistemare prima di deciderlo. Mio fratello, la Strige. Il funerale di Victor…”

Elijah sospirò poggiando la guancia sui suoi capelli. “Io ti amo e sono qui per te.”

“Ti amo anche io” sussurrò lei. “Ma non posso prometterti che quello che deciderò di fare dopo ti piacerà.”

“Mi piacerà qualunque cosa sarà capace di farti tornare il sorriso. Il resto si vedrà.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Bonjour vieux” Allison sorrise alzando gli occhi dal giornale che stava leggendo. Le Figaro per la precisione; il più longevo quotidiano di Francia.

Victor si guardò intorno confuso, si massaggiò la schiena piegando indietro il braccio e sospirò. “Non ho idea di come tu mi abbia appena chiamato” le disse. “Ma ho la strana sensazione che mi si addica.”

La donna scosse il capo ingoiando un boccone del suo croissant. “Viviamo qui da quasi un anno e non hai ancora imparato cosa vieux significhi. Sul serio? Esattamente quante parole francesi conosci?”

L’uomo sembrò rifletterci mentre si metteva a sedere e si versava una tazza di caffè. “Più o meno dieci.”

“Quali?”

“Quelle necessarie a sopravvivere e…” si fermò, senza concludere la frase e guardò Allison con uno sguardo smarrito che nel giro di pochi secondi si fece consapevole. “Tutto questo non è reale, vero?”

“Che importa?” chiese lei stringendosi nelle spalle. “Fuori c’è un bellissimo prato di fiori rossi e mi sto prendendo cura di te.”

Victor sentì gli occhi riempirsi di lacrime ma le trattenne e allungò la mano fino ad afferrare quella di Allison poggiata sul tavolo. “Sono fiero di te Allison. Sei una donna bella e forte e buona nonostante la vita non lo sia mai stata con te.”

“Qualche volta lo è stata” sussurrò lei. “Mi ha dato te, vieux” scherzò. “E mi ha dato anche un folle gruppo di amici che farebbero qualunque cosa per me. Sono un po’ una palla al piede a volte, ma so che lo fanno con buone intenzioni.”

“Vero” Victor le fece l’occhiolino. “E ti darà molto di più se solo glielo permetterai.”

“Che vuoi dire?”

“Sono morto Allison, me lo ricordo adesso. Ma non sono stupido e so esattamente cosa farai adesso; ti nasconderai e non permetterai a nessuno di aiutarti. Probabilmente lo stai già facendo.”

Allison arricciò la bocca abbassando lo sguardo. “Touchè!”

“Smetti di farlo bambolina.”

“Mi dispiace di non averti salvato” la cacciatrice pianse sommessamente. “Avrei dovuto.”

“Tu mi hai salvato Allison, molto prima che Morte venisse a prendermi. Mi hai salvato quando sei entrata nella mia vita appena sedicenne. Guardavo tutti i miei amici andare avanti, mettere su famiglia… i tuoi genitori erano quelli a cui volevo più bene ma anche quelli che in qualche modo invidiavo di più. Eravate una famiglia meravigliosa Allison e anche io ne volevo una. Quando sei arrivata tu l’ho avuta” disse. “Se potessi tornare indietro sceglierei di essere lo zio Victor per sempre se questo significasse tenere i tuoi genitori in vita. Ma essere papà, il tuo papà, è stata un’emozione per cui sarò sempre grato alla vita.”

Allison si alzò e piangendo si mise a sedere sulle ginocchia di suo padre. “Ti voglio bene e mi mancherai ogni giorno.”

“Mi mancherai anche tu” Victor la strinse forte. “Ma io sarò con te sempre e comunque, ogni giorno. Qui dentro” le puntò un dito sul cuore. “Basta piangere adesso, è ora di sorridere di nuovo.”

 

 

Allison si svegliò con un sorriso e si accorse di essere sul letto della camera di motel che aveva preso da quando era a Tulsa. Si sentiva meglio e si sentiva fiduciosa. Seppe immediatamente chi doveva ringraziare per quel piccolo sogno che un sogno non era. Sapeva anche che Cass non sarebbe stato lì in attesa di un grazie, non era da lui. Infatti quando si voltò, seduto su una sedia c’era Elijah che fissava fuori dalla finestra.

“El” lo chiamò e si accorse che non lo chiamava in quel modo da un bel po’.

Lui la guardò sorridendo. “Hey, come ti senti?” le chiese raggiungendola.

La donna si alzò e lo colse di sorpresa con un bacio che lui accolse con decisione passandole la mano tra i capelli. “Sono pronta” disse quando si staccò da lui dopo qualche secondo. “Portami a casa Elijah.”

“Fra un attimo” l’Originale annuì, ma la baciò di nuovo stringendosela addosso, perché averla vicina lo aiutava a respirare meglio, si accorse.

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Capitolo 16
*** 16. ***


NDA: BAD-ASS Allison è tornata! A chi mancava? Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va.

Roby.

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16.

 

 

 

 

 

Se c’era una cosa che Allison aveva imparato nel corso degli anni era che in poco tempo possono succedere molte cose. Lo sapeva da sempre e la vita gliene aveva sempre dato prova. In due settimane, per esempio, aveva attraversato tutti gli stadi del lutto arrivati come un treno dopo la morte di Victor. In due giorni aveva recuperato mesi di conversazioni perse con i Winchester e Castiel, in ventiquattro ore aveva ritrovato tutta la gioia di una relazione con Elijah Mikaelson.

Il suo Originale elegante era stato presente e protettivo. Di supporto senza privarla dei suoi spazi. Era stato dolce e gentile, era stato l’uomo di cui si era innamorata. Se glielo avessero chiesto avrebbe negato, eppure l’idea di tornare a New Orleans, dove c’erano Hayley e il suo passato con Elijah un po’ la spaventava. Ma doveva farlo perché Victor non aveva ancora avuto un funerale, perché la Strige era guidata da Tristan e dai suoi dubbi su cosa fosse più giusto tra proteggere gli Originali e salvare sua sorella, perché non riusciva a trovare Matt da nessuna parte e Freya poteva darle una mano.

Sapeva che in poco tempo tante cose potevano succedere, quello che non sapeva era che a New Orleans tutto succedeva più in fretta. Quando lei ed Elijah arrivarono infatti, dentro la grande tenuta si respirava un’aria soffocante, piena di tensione e Kol e Stefan Salvatore erano tra i volti che li accolsero.

“Siete tornati” mormorò Freya non appena li vide, correndo ad abbracciarli. “Grazie al cielo. ”

“Che sta succedendo?” chiese Allison ricambiando l’abbraccio.

Elijah invece fece qualche passo in avanti, fino ad essere faccia a faccia con il minore dei suoi fratelli. “Kol” disse a metà tra la domanda e l’affermazione, rilassandosi un po’ quando vide un sorriso cordiale sul volto dell’altro. “Non sei invecchiato di un giorno.”

“Neppure tu fratello” rispose lui dandogli una pacca sulla spalla. “E ho saputo che hai ancora gusti eccellenti in fatto di donne” indicò con un gesto discreto Allison, poi fece qualche passo indietro quando proprio lei si avvicinò e lo sorpassò per raggiungere il minore dei Salvatore.

“Stefan” gli disse abbracciandolo. “Che ci fai qui? Caroline sta bene?”

“Sta bene” lui annuì ricambiando la stretta. “E il motivo per cui sono qui è una lunga, lunga storia.”

“E scommetto che ha a che fare con Damon.”

“Sì” confermò il vampiro. “È terribile da dire ma a volte credo che la sua decisione di rinchiudersi in quella bara fino al risveglio di Elena sia la cosa migliore che potesse fare per chi gli sta intorno.”

Allison gli accarezzò comprensiva un braccio, poi si voltò giusto in tempo per vedere Klaus arrivare seguito da Hayley.

“Ah, ben tornati!” esclamò l’Ibrido. “Ora che la vostra piccola vacanza è finita possiamo tornare a concentrarci sulle cose serie?”

Sembrava arrabbiato, ma in fondo non era una novità. C’era qualcosa di diverso quella volta però, Allison glielo lesse sul viso.

“È successo molto mentre eravate via. Non so neppure da dove cominciare” intervenne Freya mettendosi a sedere. “Ma proverò a farvi un riassunto. Tristan ha lasciato la città con alcuni componenti della Strige e ha temporaneamente dato il controllo a Marcel. Lui ha dato a Davina accesso alle risorse dell’organizzazione e grazie ad esse Davina è riuscita a fare un incantesimo che ha sciolto il legame tra Klaus e i suoi discendenti e allo stesso tempo riportato indietro Kol. Ci sono state parecchie vittime quel giorno, Aya compresa.”

“Il tuo legame con la tua discendenza è spezzato?” chiese Elijah guardando suo fratello, quasi non avesse capito bene. “Com’è potuto accadere? Dove diavolo è Tristan de Martel?”

“Ha scoperto che Aurora e Lucien stanno tramando qualcosa di molto grosso e che Allison è il bersaglio della sua psicopatica sorella, così si è messo alla sua ricerca sperando di trovarla prima che lei trovi la nostra bella cacciatrice” rispose Klaus.

“E non è tutto” riprese Freya. “La voce dell’incantesimo di Davina si è sparsa. Tutti i nemici di Klaus, da lui stesso creati, si stanno muovendo verso di lui con l’intento di ucciderlo visto che oramai facendolo non corrono più alcun pericolo. Ho fatto una specie di incantesimo di localizzazione su questa” la strega aprì sul tavolino una grande mappa. Su di essa una miriade di puntini rossi in ogni parte del mondo. Da ognuno di essi si estendeva una linea e tutte messe insieme convergevano nello stesso identico punto; New Orleans.

“Cosa sono tutti quei punti rossi?” chiese Stefan.

“Sono i nemici di Klaus, stanno venendo per lui da ogni dove” Allison tirò fuori il suo cellulare. “Parlerò con la Strige, riprenderò il comando e ti assegnerò qualche uomo per sicurezza. Tra loro, noi e il branco di Hayley dovremmo riuscire a tenere a bada chiunque verrà mentre pensiamo ad un piano alternativo.”

“Il mio branco non ci aiuterà” parlò proprio la ragazza ed era la prima volta che apriva bocca da quando quella improvvista riunione era cominciata.

“Che significa che non ci aiuterà?”

“Le cose tra me e Jackson…” balbettò l’Ibrida. “Non…”

“Hanno rotto!” intervenne Kol. “Per l’amor del cielo, quanto ci vuole a dire due semplici parole? Ad ogni modo il branco si è schierato con Jackson e non vuole avere niente a che fare con noi.”

Allison deglutì a vuoto, la paura che aveva di tornare a New Orleans prese forma. Il matrimonio di Hayley era andato in pezzi e lei era, ora, l’unica cosa ad intralciare un possibile riavvicinamento tra l’Ibrida e l’uomo che davvero amava.

“Uno di quei puntini rossi” parlò Klaus tirandola fuori dai suoi pensieri. “Era Cortez. L’ho ucciso, e ucciderò anche tutti gli altri che verranno.”

“E come pensi di fare?” domandò Elijah indicando la mappa. “Sono migliaia solo su questa mappa e ogni punto potrebbe rappresentare più di una persona.”

“Che vengano!” esclamò l’Ibrido.

“Non pensi ad Hope?” replicò Elijah. “La metteresti davvero in pericolo solo per provare che non hai paura?”

“Devo andare” mormorò Allison, anche se dubitava che qualcuno l’avesse sentita. Infatti nessuno le rispose.

“Allison, dove vai?” le chiese El, come lei ogni tanto lo chiamava, seguendola quando si avviò verso l’uscita.

“Devo andare alla villa e riprendere il comando della Strige. A quanto pare sono gli unici che possono aiutarci. E devo organizzare il funerale di Victor e telefonare ai Winchester per sapere se hanno notizie di mio fratello visto che li ho mandati a cercarlo e avvertirli che orde di vampiri assetati di vendetta, e probabilmente pronti a distruggere tutto sul loro cammino, si aggirano per gli Stati Uniti diretti qui.”

“Vengo con te” le disse Elijah, “dammi solo qualche minuto.”

La cacciatrice scosse il capo. “Non puoi venire con me. Tra Klaus e il suo atteggiamento da Terminator, Kol che sembra un drogato in crisi di astinenza ed Hayley che finge di essere addolorata per la fine del suo matrimonio, Freya ha bisogno di tutto l’aiuto possibile.”

“Bada a come parli!” scattò l’Ibrida, nei suoi occhi guizzò una luce soprannaturale.

Allison cercò di riprendere il controllo, aveva oltrepassato il limite e se ne rendeva conto. Alzò le mani e indietreggiò. “Meglio che vada” disse. “Manderò qualcuno della Strige qui fra un’ora al massimo. Lasciate che vi aiutino.”

“Non voglio che tu vada da sola” le disse Elijah.

“Vado io con lei” si offrì Stefan. “Questa piccola riunione è una questione di famiglia, io non ne faccio parte.”

“Benvenuto nel club” mormorò Allison dando le spalle a tutti ed uscendo. Stefan la seguì dopo un cenno di assenso ad Elijah.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Guarda chi si rivede” Marcel allargò le braccia andandole incontro quando lei entrò dentro la grande sala con le mani nelle tasche del cappotto, seguita da Stefan Salvatore. “Il capo è tornato.”

Allison rise del tono sarcastico con cui stava parlando, si guardò intorno, guardò i volti di quei vampiri talmente forti e spaventosamente leali e si accorse che non aveva davvero idea di cosa le fosse passato per la testa quando aveva deciso di prendere il comando della Strige. Ma oramai c’era e doveva portare la cosa fino in fondo, perché lei non lasciava mai le faccende in sospeso.

Marcellus” gli disse abbozzando un mezzo sorriso. “Ho saputo che Tristan ti ha lasciato temporaneamente il comando. Il comando che io gli avevo lasciato per un po’ di tempo.”

“Aveva cose più importanti di cui occuparsi e gli sono sembrato… qualificato. Per così dire.”

“Certo” Allison annuì. “Ma hai ragione, il capo è tornato e i tuoi servigi da improvvisato leader non sono più richiesti. Torna pure al tuo posto, soldato.”

“Credi davvero che seguiranno di nuovo te? Li hai abbandonati per settimane, senza una guida e poi li hai ridati a Tristan, come fossero un pacco, e anche lui li ha abbandonati. Io invece, sono stato un leader come si deve; li ho guidati e ho rimesso ordine nel disordine che tu e quel Lord da strapazzo avevate lasciato.”

La cacciatrice fece cenno a Stefan di seguirla, poi sorpassò Marcel e si voltò a guardare ciò che rimaneva della Strige. “Tu hai dato a Davina accesso illimitato alle risorse di questa organizzazione e, come ci si aspetta da una streghetta capricciosa e in piena adolescenza come Davina Claire è, lei le ha usate con l’unico scopo di riportare indietro Kol Mikaelson di cui crede di essere follemente innamorata.”

“Ha anche spezzato il legame tra Klaus e la sua discendenza, il che significa che…”

“Il che significa” lo interruppe Allison. “Che i vampiri creati da Klaus non corrono più alcun pericolo mentre sulle teste dei vampiri della Strige pende ancora una spada di Damocle travestita da profezia. Hai permesso a Davina di usare le nostre risorse, scatenato una battaglia che ci ha dimezzati senza portarci nessun vantaggio. Se questo è il tuo ideale di leader perfetto allora sì Marcel, hai fatto un lavoro con i fiocchi” la donna gli si avvicinò. “Io però non credo che loro la pensino allo stesso modo, quindi fatti da parte prima che si rendano davvero conto che se stanno ancora piangendo metà dei loro amici è solo colpa tua.”

“Non ti ascolteranno” continuò Marcel, anche se nel suo viso ora c’era timore. “Prova pure se vuoi.”

La cacciatrice fece un grosso respiro sperando silenziosamente che lui si sbagliasse. “I nemici di Klaus Mikaelson stanno arrivando da ogni dove per ucciderlo. Il che significa che nessuno in quella casa è al sicuro, neppure Elijah. Ho bisogno che almeno dieci di voi vadano lì e si occupino di tenere la situazione sotto controllo. Voi” disse indicando la prima fila di vampiri. “Occupatevene voi per favore.”

“Come desideri” rispose uno di loro. “Ti terremo aggiornata ogni ora.”

“Grazie Lucas” Allison sorrise. “Che c’è?” gli chiese quando vide che si era immobilizzato e la fissava.

“Credevo che non sapessi il mio nome.”

“Conosco il nome di ognuno di voi. Andate ora.”

I vampiri sparirono e nello stesso momento sparì dal volto di Marcel quella espressione di sfida che aveva mantenuto per tutto il tempo.

“Non fare quella faccia Marcel” gli disse lei passandogli a fianco. “L’espressione da cane bastonato non ti dona.”

Stefan sorrise divertito al vampiro, poi seguì Allison fuori dalla casa.

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Capitolo 17
*** 17. ***


NDA: Buona lettura :D
Roby.

stallison

17.

 

 

 

 

 

“Quindi…” Stefan mise in moto e si schiarì la voce guardando per un attimo Allison seduta sul sedile passeggero. Sembrava fragile e stanca come mai prima eppure, dentro quella casa, di fronte ad una congregazione di vampiri che Freya gli aveva detto essere potentissimi e privi di alcuna morale, si era dimostrata la Allison forte e risoluta di sempre.

Come potesse essere accaduto che un essere umano, una donna per lo più, fosse finita a capo di una comunità come quella era qualcosa che Stefan non riusciva davvero a comprendere. Ma non era sorpreso che fosse successo proprio ad Allison Morgan.

“Quindi cosa?” chiese lei voltandosi a guardarlo. “Se hai delle domande falle Stefan.”

“Non voglio sembrare inopportuno.”

Lei ridacchiò. “Certo, dunque butti lì un quindi sperando che io colga la palla al balzo e ti racconti di come gli ultimi due anni e mezzo della mia vita siano diventati una vera e propria… follia? Sai che non accadrà quindi chiedi pure e se riterrò una delle tue domande inopportune non esiterò a dirtelo.”

“Ne sono certo” Stefan annuì. “Com’è che sei finita a capo di una organizzazione di antichi e potenti vampiri?”

“Mi si è presentata un’occasione e l’ho colta al volo, ecco come.”

“Un’occasione… di che tipo?”

“Del tipo che non ha importanza e che è una lunga, lunga storia.”

“Mi piacciono le storie, sai quanto ami raccontare.”

“Scrivere diari che nessuno mai leggerà non significa raccontare Stefan” Allison sospirò. “Significa soltanto che nel corso dei secoli hai avuto parecchio tempo libero a disposizione. O che ti annoi facilmente e quindi per evitare che accada ti metti a scrivere le tue avventure. Forse entrambe le cose.”

“Siamo un po’ nervose a quanto pare…”

La cacciatrice chiuse gli occhi per un lungo istante, respirò a fondo e deglutì a vuoto. Aveva di nuovo parlato di impulso, senza preoccuparsi di ferire o mettere a disagio chi le stava di fronte. Una cosa che si ripeteva troppo spesso ultimamente e che era ben diversa dall’essere onesti. Si era accorta,  mentre prima si affrettava a dare giudizi sulla fine del rapporto tra Hayley e Jackson, che aveva parlato per farle male. Questo non le piaceva.

“Mi dispiace” disse al suo amico. “È solo che… è troppo Stefan. Orde di vampiri non vedono l’ora di uccidere Klaus e non si fermeranno davanti a niente e a nessuno, mio fratello è sparito e Aurora de Martel vuole farmi fuori. E come se non bastasse il corpo dell’uomo che mi ha fatto da padre per più di metà della mia vita giace in un obitorio in attesa che io trovi il tempo di dargli una degna sepoltura. Non so dove mettere prima le mani.”

Stefan Salvatore svoltò a destra anche se non sapeva esattamente dove sarebbe arrivato facendolo. “Lo capisco, quello che non capisco è perché credi di dover sistemare tu ogni cosa.”

“Che vuoi dire?”

“Parli come se il peso di tutte queste cose ricada su di te ma non è così. Non fraintendermi, ti conosco e so che sei abituata da sempre a sistemare i casini degli altri, soprattutto se le persone a cui tieni sono in pericolo. Lo fai egregiamente Allison ma sei solo un essere umano” spiegò Stefan. “Non puoi farti carico di tutto e se vuoi dirmi che non essere riuscita ad organizzare il funerale di Victor ti rende triste e frustrata o che il fatto che non riesci a trovare tuo fratello ti fa preoccupare, allora sì, hai ragione a sentirti così. Ma non ne hai se è tutto il resto a fartici sentire.”

“Sono innamorata di Elijah, se la sua famiglia è nei guai…”

“I Mikaelson sono sempre nei guai Allison, e se la cavano sempre. Sono gli Originali, sono forti e sono capaci di badare a loro stessi.”

Allison inarcò un sopracciglio. “Tu hai passato la tua esistenza a sistemare i casini di Damon, e anche lui è capace di badare a se stesso, e ora mi stai suggerendo di abbandonare Elijah e gli altri ora che sono in difficoltà?”

“No, non ti sto suggerendo questo” Stefan scosse il capo. “Ti sto suggerendo di mettere te al primo posto, solo per un po’, e lo sto facendo con cognizione di causa. Come tu stessa hai detto ho passato la mia intera esistenza a porre rimedio ai casini di mio fratello e facendolo ho perso me stesso, più di una volta. Sei mia amica e ti voglio bene Allison, ma sembra che anche tu stia perdendo te stessa e non voglio che accada.”

La donna rimase in silenzio per un lungo istante, poi mise via il cellulare e si rilassò sul sedile passeggero. “Svolta a sinistra” disse al suo amico.

“A sinistra? Non ricordo ancora bene la strada ma sono certo che la casa dei Mikaelson sia dalla parte opposta.”

“Non stiamo andando lì” gli fece sapere lei.

“E dove allora?”

“Ad evitare di perdere me stessa.”

Stefan svoltò a sinistra.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Certo, lo farò. Grazie Stefan.” Freya riattaccò e raggiunse i suoi fratelli al piano di sotto, riservando alla piccola Hope un sorriso dolce quando arrivò di fronte al divano sui cui era seduta a giocare. “Era Stefan Salvatore al telefono. Voleva farci sapere che lui ed Allison stanno bene ma che non torneranno per questa sera.”

“Che significa?” chiese Elijah, una mano nella tasca dei pantaloni, le dita dell’altra strette attorno ad un bicchiere di bourbon. “Dove sono?”

“Ha detto che Allison gli ha chiesto di accompagnarla in obitorio ad occuparsi dei documenti necessari per la consegna del corpo di Victor e che poi si metteranno ad organizzare una piccola cerimonia per dargli degna sepoltura. Cerimonia che si terrà domani pomeriggio alle cinque nei pressi del Bayou.”

“Devo andare da lei” mormorò Elijah sospirando. “Ti ha detto dove si trovano precisamente ora?”

Freya scosse il capo. “No, ma ha detto che Allison aveva previsto che avresti voluto raggiungerli e ti chiede di non farlo. Non per stasera.”

“Vuoi dire che proprio ora che abbiamo più bisogno di aiuto lei ha deciso di prendersi del tempo per seppellire un cadavere?” Kol scosse il capo. “Quella donna è sexy ma è strana.”

“Chiudi la bocca!” gli intimò Elijah. “Victor era come un padre per lei e comunque ha già fatto abbastanza per questa famiglia.”

“Per come la vedo io se fai parte del clan Mikaelson non esiste abbastanza, avresti dovuto spiegarglielo prima di portartela a letto.”

“Ho detto, chiudi la bocca” sibilò Elijah afferrandolo per il collo e bloccandolo contro un pilastro di legno con uno scatto repentino. “Non parlare di lei così, anzi, non parlarne proprio.”

“Mi dispiace okay?” Kol alzò le mani e cercò di ridarsi un tono quando suo fratello lo lasciò andare. “Ma nemici da ogni dove stanno arrivando e siamo tutti in pericolo e la tua bella cacciatrice è l’unica con un esercito a disposizione.”

“Ha già mandato la Strige a proteggerci e ad ogni modo questa non è la sua battaglia” intervenne Klaus. “È una donna in gamba e le affiderei la mia vita senza esitare ma è solo un essere umano e Elijah ha ragione, ha già fatto abbastanza per questa famiglia.”

“Quindi che facciamo?” domandò Hayley ridando a sua figlia il gioco che le era caduto.

“Forse,” sentirono. “Posso darvi una mano.”

Finn Mikaelson fece il suo ingresso nella tenuta fronteggiando la Strige, sotto gli occhi confusi di tutti.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Tristan fece un grosso respiro mentre scendeva dall’auto. Trovare Aurora si era rivelato più complicato del previsto, ma finalmente alla fine ce l’aveva fatta. Era incredibile, si disse, quanto furba fosse diventata sua sorella. Ed era incredibile quanto lui si fosse sentito stupido quando si era accorto che era sotto il suo naso da sempre e non se ne era accorto. Oramai però lei era sistemata per sempre, o quanto meno fin quando fosse stato necessario.

Si domandò dove fosse Allison in quel momento, visto che quando aveva provato a telefonarle il suo telefono era risultato spento. Non era riuscito neppure a parlare con Marcel Gerard ma a giudicare dagli uomini della Strige che si ritrovò davanti una volta entrato dentro la tenuta dei Mikaelson, qualcosa era successa in quei giorni in cui era stato lontano da New Orleans.

“Che succede?” chiese ai suoi uomini. “Perché Marcel vi ha mandati qui?”

Lucas scosse il capo. “Non è stato Marcel, è stata Allison. A quanto pare più di un pericolo minaccia questa tenuta. Siamo qui per prevenire.”

Tristan non riuscì a nascondere un sorriso, li superò camminando a passo lento ma tra i volti che si ritrovò davanti non c’era Allison. “Salve” disse loro. “Porto una buona ed una cattiva notizia. Quale volete che dica per prima? Finn, che piacere riaverti tra noi.”

“Io vorrei che per prima cosa mi dicessi come hai potuto anche solo pensare di lasciare il comando a Marcel” tuonò Elijah raggiungendolo. “Mentre eri via chissà dove le tue streghe, su suo ordine, hanno spezzato il legame tra Klaus e la sua discendenza e il risultato è che orde di nemici stanno marciando contro di noi ora.”

“Ero ad occuparmi di Aurora e Lucien perché per quanto queste orde di nemici possano preoccuparmi, l’incolumità di Allison mi sta più a cuore.”

Elijah serrò le mascelle. “Spero almeno che la tua buona notizia riguardi te che trafiggi il cuore di quella lunatica di tua sorella con un grosso paletto di legno.”

“Non l’ho uccisa!” esclamò Tristan. “Ma posso assicurarti che non può più nuocere a nessuno. Al contrario di Lucien purtroppo.”

“Lucien non è un problema” mormorò Klaus avvicinandosi a suo fratello e a Tristan. “Lo ucciderò io stesso.”

“Non puoi ucciderlo” l’ex capo della Strige scosse il capo. “Lui e Aurora hanno creato una nuova specie. Non so come abbiano fatto ma è una sorta di Ibrido 2.0. Lei e Lucien sono i primi esemplari.”

“Che diavolo significa?” domandò Freya. “Cosa intendi con Ibrido 2.0?”

“È qualcosa che non ho mai visto prima. Mai in tutta la vita; Lucien ha morso due dei miei prima di fuggire, ho dato loro l’antidoto contro i morsi di lupo ma sono morti in meno di un’ora.”

“Meraviglioso” farfugliò Kol. “Davvero meraviglioso.”

Fu allora che Camille fece il suo ingresso nella casa, sanguinante e con una pessima cera. “Klaus” chiamò.

“Camille” lui la raggiunse. “Cosa ti è successo?”

“Lucien…” la bionda tolse la mano con la quale si stringeva un braccio e guardò la ferita. “Mi ha morsa e mi ha detto di dirti che questo è solo l’inizio.”

“L’inizio di cosa?” Tristan la guardò.

“Della fine” sussurrò lei prima di perdere i sensi.

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Capitolo 18
*** 18. ***


NDA: Chi pensa che Elijah a volte si perda in un bicchier d'acqua alzi la mano! Lasciatemi un commento se vi va, Roby.
Ps sotto l'outfit di Allison.

NDA2: L'altro ieri ho fatto una pazzia e dopo un libro pubblicato con una casa editrice nel 2014 ho deciso di provare l'esperienza dell'autopubblicazione. Elettrizzante e spaventoso sono i due termini che meglio descrivono questo folle esperimento. Elettrizzante perchè mi riempie di soddisfazione anche solo sperare che qualcosa a cui ho lavorato e che ho scritto con tanto amore possa essere letta e amata da altri, spaventoso perchè il mondo della scrittura è un oceano pieno di squali e io mi sento al massimo un pesce palla... non scrivo quasi mai messaggi qui perchè non mi va di annoiarvi, ma oggi vorrei farvi partecipi di questa cosa e lasciarvi un link attraverso il quale è possibile acquistare l'ebook che ho autopubblicato. Spero che qualcuno di voi lo acquisterà e spero anche che qualcuno di voi mi aiuterà con un po' di pubblicità sui propri social network e un po' di passaparola. Sarebbe un prezioso supporto.

Grazie tante, scusate le chiacchiere e buona lettura.

Link acquisto Amazon: Cala il sipario

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18.

 

 

 

 

 

Allison sapeva che nessuno sarebbe arrivato a quel punto, ma non aveva detto nulla. La mattina era passata tra scartoffie burocratiche di vario tipo, e la prima metà del pomeriggio l’aveva trascorsa a scegliere per Victor un bel completo.

È assurdo, le avrebbero probabilmente detto se avessero saputo cosa stava facendo, scegliere un completo per un corpo che verrà bruciato. Ma lei sentiva che suo padre meritava il meglio, anche alla fine. Anzi soprattutto alla fine. Si era preso cura di lei e le aveva sempre dato tutto quello che di bello e buono c’era. Lei non avrebbe potuto dargli una grande cerimonia funebre ma nel suo piccolo sarebbe stata bella e perfetta.

Controllò un’altra volta il suo cellulare, sperando di vedere un qualunque cenno da parte di Elijah o anche Freya, ma non trovò nulla. Si diede della stupida e sospirò indossando il giubbotto. Fuori il cielo minacciava pioggia, era scuro esattamente come si sentiva lei dentro. Quantomeno era tranquilla per ciò che riguardava Matt visto che i Winchester e Castiel lo avevano trovato. Saperlo da solo, in balia della sua ritrovata umanità con Aurora de Martel in giro le metteva ansia, saperlo con Sam, Dean e Cass che erano la sua famiglia era meglio.

Si schiarì la voce e quel rumore risuonò nel vuoto silenzio della cucina; la cucina di quella casa che aveva comprato per stare vicino ad Elijah, lo stesso Elijah che le stava dimostrando che non bastava essere vicini per non sentirsi lontani.

“Sei pronta?” le chiese Stefan Salvatore, che era rimasto nonostante avesse un marchio che lo costringeva a scappare. “Credo che presto pioverà, dobbiamo fare in fretta temo.”

Allison annuì stringendo il fermacapelli che le teneva in alto la coda di cavallo. “Perché sei rimasto?”

“Che vuoi dire?”

“Sei marchiato e Rayna Cruz ti dà la caccia. Conoscevi appena Victor e non mi devi nulla. Eppure sei rimasto… sei qui con me mentre tutti gli altri non ci sono.”

Stefan le prese di mano le chiavi dell’auto. “Sei mia amica e hai bisogno di me. È vero, conoscevo poco Victor, ma tu gli volevi bene e lui ne voleva a te, è sufficiente per me.”

Lei sorrise appena. “Grazie.”

“Non ringraziarmi, non devi” il vampiro la seguì fuori di casa, fino in auto e solo quando partirono le chiese ciò che lo incuriosiva. “Perché hai organizzato questo funerale qui e non a Los Angeles?”

“A Victor piaceva New Orleans, ci passava l’estate da piccolo con la famiglia di uno zio che lo amava come un figlio” spiegò. “Quando è morto a Baton Rouge mi è sembrato una specie di segno del destino.”

Il minore dei Salvatore sorrise. “Forse lo è davvero.”

La sua amica si strinse nelle spalle. “Forse, anche se non so ancora se io credo al destino. So che lui ci credeva però.”

“Allora hai scelto il posto giusto per dirgli addio.”

Proseguirono in silenzio, fino al Bayou e una volta arrivati Allison capì che il momento dell’addio era davvero vicino. Le venne un nodo in gola che diventò più grosso quando si accorse che lì, sulla riva del fiume il branco che ora era di Jackson li stava aspettando. Al centro di quel piccolo cerchio di gente c’era posizionata una imbarcazione di legno dentro la quale erano posizionati alcuni fiori. Jackson teneva in mano una fiaccola alta di bamboo.

“Jackson” gli disse quando la raggiunse. “Cosa ci fate qui?”

Lui le sorrise prendendole delicatamente una mano. “Rendiamo omaggio a tuo padre.”

Allison pianse.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Ci deve essere un modo per aiutarla!” esclamò Klaus ad alta voce, talmente alta che Hope sobbalzò in braccio a sua madre. “Se Freya non ce la fa da sola, chiamate Davina, chiamate tutte le streghe rimaste in città. Chiamate chi vi pare ma non la lasceremo morire.”

Camille respirò a fondo anche se farlo le faceva terribilmente male. Si rese conto che la fine era davvero vicina, dopo un giorno di agonia, ma per qualche strano motivo impossibile da spiegare sentiva anche che un senso di pace la stava invadendo.

Forse, si rese conto mentre la poca forza vitale rimastale veniva succhiata via da quel morso che Lucien le aveva dato, non aveva mai davvero accettato di essere diventata un vampiro, anche se per un po’ aveva creduto di sì. Se ci fosse stata lì Allison le avrebbe detto che stava certamente andando in un posto migliore e avrebbe avuto ragione, riusciva a percepirlo anche se forse, in verità, ad aspettarla c’era l’Inferno.

Allison… dove era finita la sua amica? Doveva dirle addio, voleva farlo. E chiederle di nuovo scusa per essere stata pessima come amica, per averle dato così poco pur avendo ricevuto così tanto.

“Klaus” mormorò con un filo di voce. “Smettila ti prego.”

“No” lui scosse il capo piegandosi sulle ginocchia per guardarla meglio in viso. Sentiva lo sguardo di tutti addosso, la mano di suo fratello Elijah era poggiata con decisione sulla sua spalla, come conforto. Solo che lui non sentiva nessun sollievo. “Non ti lascerò morire. Non accetto che tu mi lasci Camille.”

“Ma è quello che succederà. Non puoi… non puoi salvarmi e so che odi sentirti impotente ma adesso non è il momento di combattere, è il momento di dire addio.”

“Non parlare così.”

“È il solo modo in cui posso parlare” la donna deglutì a vuoto. “Grazie ad ognuno di voi, perché ognuno di voi mi ha dato qualcosa. Siete stati la famiglia un po’ folle e stramba che non avevo più e vi voglio bene. Vi dirò addio uno per uno, ma vorrei cominciare da una persona in particolare.”

“Chiunque tu voglia” le mormorò Elijah.

“Dov’è Allison?” sussurrò la bionda barista. “È da lei che voglio iniziare.”

Per Elijah fu come sentire un paletto conficcarsi nel suo cuore; solo in quel preciso istante si accorse che erano passate più di ventiquattro ore, si accorse che erano le otto di sera del giorno in cui la donna che amava aveva deciso di seppellire l’uomo che le aveva voluto bene come ad una figlia. Realizzò che se ne era completamente dimenticato, che non si era neppure accorto che un nuovo giorno era quasi finito.

“Oh no” lo precedette Freya, vedendo il suo sguardo ferito. “Ci siamo completamente dimenticati.”

“Dimenticati di cosa?” chiese Tristan che fino ad allora era rimasto in disparte, in silenzio.

“La cerimonia funebre di Victor era oggi alle cinque” rispose Elijah cercando in tasca il suo cellulare. “Nessuno era lì. Devo andare da Allison.”

“Non sarà necessario” disse proprio la cacciatrice entrando in quel preciso istante. “Il funerale è finito da un pezzo oramai e Lucas mi ha telefonato per avvertirmi di quello che sta succedendo qui.”

“Allison” Elijah le si avvicinò di qualche passo, incontrando un muro che però si aspettava.

“Sono qui per dire addio alla mia amica” gli fece sapere lei. “Il resto può aspettare.” Senza aggiungere altro raggiunse Camille e si mise al posto di Klaus quando lui si fece di lato. “Scusa se non sono venuta prima” le sussurrò afferrandole piano una mano.

Camille sorrise. “Scusa se non ero presente al funerale di Victor, e scusa se sono stata una pessima amica” alcune lacrime le bagnarono le guance, gli occhi chiari arrossati. “Mi dispiace davvero tanto, perché tu sei stata la migliore amica che io abbia mai avuto e non sono stata capace di essere lo stesso per te.”

Allison le sorrise piangendo piano, allungò una mano e le accarezzò i capelli. “Sei stata molto di più Camille O’Connell; sei stata come una sorella e abbiamo avuto i nostri momenti di tensione, proprio come due sorelle. Ma ti voglio bene e te ne vorrò sempre, ovunque saremo.”

“Anche io te ne voglio” Camille singhiozzò, poi cercò di riprendere il controllo. “Una volta mi hai detto che Victor sosteneva che da ogni addio si impara qualcosa.”

“Sì, è vero.”

“Cosa credi che impareremo dal mio? Ci tengo a lasciarvi qualcosa” provò a scherzare la bionda abbozzando un sorriso.

“Credo che impareremo che anche dentro un’intrepida barista e aspirante psicologa si nasconde un eroe pronto a venire fuori. Credo che impareremo anche che alcuni addii non sono per sempre, sono solo un saluto, un arrivederci. Quindi arrivederci Cami, mi mancherai fino a quando non ci rivedremo.”

Gli occhi chiari dell’altra si colorarono di un pizzico di serenità. “Mi mancherai anche tu Allison Marie Morgan, impavida cacciatrice dall’animo nobile.”

Allison si allungò e le diede un bacio sulla fronte. Poi uno sulla mano e infine si alzò e lasciò la tenuta. Nessuno la seguì perché tutti sapevano che era meglio non farlo.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Era notte fonda quando Elijah arrivò davanti casa di Allison. Beh in realtà era anche casa sua ma doveva ammettere che in quel momento si sentiva un estraneo che stava per bussare alla porta. Si sentiva terribilmente in colpa per essersi dimenticato del funerale di Victor, per averla lasciata sola ad affrontare quel terribile momento da cui era scappata per settimane proprio perché faceva tanto male.

Era certo che sarebbe stata arrabbiata per molto molto tempo, così come era certo di meritarsi ogni rifiuto e ogni parola che gli avrebbe sputato addosso. Sempre ammesso che avesse aperto la porta, e se non lo avesse fatto lui sarebbe rimasto in attesa che fosse pronta perché usare la chiave ed entrare comunque gli sembrava scorretto in quel momento.

Bussò, con delicatezza, quasi l’idea di turbare il silenzio lo spaventasse.

“Vattene via Elijah” sentì dire da dentro. “Non ho voglia di parlare adesso, soprattutto non con te.”

L’Originale valutò che a giudicare dalla forza con cui sentiva la voce Allison doveva trovarsi vicino alla porta. Immaginò che per lei fosse scontato che si sarebbe presentato lì dopo averle lasciato un po’ di tempo.

“Allison” le disse. “Ti prego, apri. Voglio scusarmi con te.”

“Per cosa?” domandò lei, quel tono sarcastico che usava quando era arrabbiata cominciava a farsi sentire. “Per esserti dimenticato che oggi bruciavo il corpo dell’uomo che ho amato come un padre? Per avermi lasciata lì da sola a piangere per lui?” la porta si aprì ed Elijah si accorse che quegli occhi nocciola che tanto amava erano pieni di lacrime. Alcune iniziarono a rotolare sul viso bello della donna.

“Mi dispiace tanto” le disse. “Mi dispiace tantissimo.”

“Mi hai lasciata da sola in uno dei momenti peggiori della mia vita” continuò lei con la voce rotta dal pianto. “Mi hai lasciata da sola mentre il corpo di Victor bruciava dentro una barca di legno. Avevo bisogno di te, oggi più che mai ma intorno a me c’erano solo Jackson e il suo branco e Stefan Salvatore che è rimasto al mio fianco nonostante facendolo fosse un facile bersaglio per Rayna Cruz” gli si avvicinò di qualche passo. “Tu non c’eri. Non c’eri mentre accendevo il fuoco, non c’eri mentre quella specie di improvvisata imbarcazione fluttuava su quello specchio d’acqua paludoso. Non c’eri e avresti dovuto esserci.”

“Lo so” Elijah annuì lasciandosi andare ad un pianto sommesso, perché vederla in quello stato gli faceva male come nient’altro al mondo. “Avrei dovuto e non me lo perdonerò mai.”

“E Camille è morta” disse ancora Allison, mentre il pianto aumentava e l’Originale capì che era molto di più del funerale di Victor in quel momento. “Ho bruciato il cadavere di Victor e ho detto addio ad una delle mie più care amiche e ho fatto entrambe le cose da sola. Perché? Perché non sono importante per te quanto tu lo sei per me?” lo spinse con entrambe le mani ma Elijah fece resistenza, rimanendo immobile col cuore che batteva forte e il viso bagnato di pianto.

“Perché…” mormorò ancora la cacciatrice indietreggiando appena, lasciandosi cadere in ginocchio sulla soglia della porta mentre i singhiozzi la scuotevano.

Il vampiro si inginocchiò a sua volta e le prese il viso tra le mani, dolcemente. La baciò e poi si mise a sedere, le spalle poggiate allo stipite della porta. Tenendole le mani la tirò piano verso di sé ed Allison, nonostante il dolore e la rabbia, trovò rifugio tra le sue braccia.

“Perdonami Allison” lo sentì mormorare. La presa stretta intorno al suo corpo era capace di darle sollievo. Era questa la sua più grande maledizione; stare bene tra le braccia di un uomo che in realtà le faceva spesso male, anche se senza volerlo. “Ti amo, ti amo tanto.”

Lei decise di non rispondere.

 


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Capitolo 19
*** 19. ***


NDA: Parola chiave: ricominciare.
Buona lettura e lasciatemi un commento se vi va, Roby.
Immagine in cima fatta sul sito PhotoFunia

PS in fondo l'outfit di Allison e la casa che lei ed Elijah condividono. Qui il link al mio ebook per chi volesse acquistarlo Cala il sipario - L'amore bolle in pentola

ahahahahah

19.

 

 

 

 

 

Allison sospirò mordendo uno spicchio di mela, l’altra la rimise sul piatto esattamente dove l’aveva presa. Non aveva affatto fame e dubitava che le sarebbe ritornata tanto presto. Sentiva un peso al centro dello stomaco e un nodo in gola ed era certa che anche quelli non se ne sarebbero andati tanto presto.

Deglutendo a forza ciò che aveva in bocca guardò i fiori che erano arrivati pochi minuti prima; un bellissimo mazzo di peonie bianche e rosa. Tra un fiore e l’altro un bel biglietto color avorio di una carta spessa e piacevole al tatto. Sul piccolo rettangolo elegante un messaggio scritto con quella calligrafia che oramai conosceva bene:

 

Perdonami se non ero con te quando ne avevi maggiormente bisogno.

Spero che questi fiori facciano spuntare almeno lombra di un sorriso su  quel tuo viso stupendo.

 

Con immenso e sincero amore, Tristan

 

Allison si era chiesta per cosa esattamente si stesse scusando. Tra tutti lui era l’unico che non aveva niente da rimproverarsi. Non sapeva neppure del funerale di Victor quindi come avrebbe potuto esserci? E onestamente, se anche lo avesse saputo e non si fosse presentato, la donna non se la sarebbe sentita di fargliene una colpa; aveva già fatto abbastanza per lei, aveva già sufficientemente dimostrato quanto ci teneva. Lo aveva fatto la prima volta quando si era messo contro un’intera congregazione e i suoi due vecchi alleati, lo aveva fatto di nuovo quando aveva messo fuori gioco sua sorella, l’unica cosa che gli rimaneva al mondo. Quella che amava di più forse.

Pensare ad Aurora le fece venire in mente Matt. Sapeva che era in viaggio verso la Louisiana e che sarebbe arrivato in serata e, anche se per molti era impossibile capirlo, non vedeva l’ora di rivederlo. Forse perché in fondo era tutto ciò che aveva, un po’ come Tristan ed Aurora.

Con due dita accarezzò uno dei fiori ripensando a quanto Elijah fosse stato dolce la notte appena passata. L’aveva stretta e coccolata, l’aveva amata come lei desiderava; con tutto il cuore e con tutto se stesso e per quelle poche ore di sonno tra sue braccia il tempo si era come fermato e lei aveva provato pace e tranquillità. Ma poi il mattino era arrivato e l’amarezza era ritornata prepotente. L’aveva mascherata con un sorriso accennato e molti silenzi poi finalmente Elijah era andato a fare una doccia e lei aveva potuto respirare di nuovo, aveva potuto essere arrabbiata di nuovo.

Rabbia… chissà quanta ne stava provando Klaus in quel momento. Forse, si disse, doveva andare a trovarlo. In fondo anche lui come Tristan era uno dei pochi con cui non se la sentiva di essere offesa o furiosa. Anzi, se ci pensava, l’unico con cui sentiva di avere il diritto di sentirsi in quel modo era l’uomo bello e complicato che stava facendo la doccia a tre camere di distanza da quella in cui si trovava lei. Lui avrebbe dovuto esserci, nonostante tutto e nonostante tutti, gli altri sarebbero stati un di più ma non necessario.

“Peonie…” sentì dire e solo allora si accorse che Elijah era appena arrivato in cucina. “I fiori dell’eleganza e della bellezza. Chi li manda?” chiese versandosi una tazza di caffè prima di prendere posto accanto a lei all’isola della cucina.

“Li manda Tristan” rispose Allison senza esitare. “C’era anche questo biglietto” lo fece scivolare sul ripiano fino a lui. “Si scusa per non aver partecipato al funerale di Victor ma non capisco perché lo faccia, non sapeva neppure che ci fosse un funerale, lui.”

Elijah lesse il bigliettino, poi schiarendosi la voce lo rimise dentro la busta e lo spostò in un angolo. Cercò di ingoiare il suo fastidio… con immenso e sincero amore Tristan c’era scritto, e questo gli faceva tremare le mani di rabbia. Riprese il controllo e bevve un sorso dalla tazza prima di parlare; non voleva litigare con Allison ma aveva come la sensazione che se non fosse stato particolarmente attento alle sue parole sarebbero finiti a discutere e lui odiava quando succedeva.

“Stavo pensando che potremmo andare a Baton Rouge oggi” le disse cercando il suo sguardo. “Credo che cambiare aria ti farebbe bene e lì c’è quel bel giardino botanico che ti piace tanto.”

Allison scosse il capo. “Non posso, Matt sarà qui stasera e ho alcune cose di cui occuparmi.”

“Che tipo di cose? Forse posso aiutarti.”

“Non credo” la donna si alzò e afferrò le chiavi dell’auto dentro lo svuota tasche poggiato sul ripiano dietro di sé. “Ma grazie dell’offerta. Passerò alla villa più tardi, per vedere come se la sta cavando Klaus, ci vediamo lì.”

Gli passò a fianco ed Elijah la afferrò piano per un braccio fermandola. “Ti prego” le sussurrò. “Urlami contro se vuoi, accetterò qualunque cosa uscirà dalla tua bocca, qualunque parola, ma questo silenzio... questa indifferenza, mi stanno uccidendo.”

Allison si liberò dalla presa con un gesto deciso. “Non è un mio problema” gli disse prima di uscire di casa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Pronto” la donna fermò l’auto e sospirò spostando il cellulare nell’altra mano.

“Hey sono io.”

“Matt, con quale numero mi stai chiamando? Dove sei?”

“Sono a quattro ore da New Orleans ma la mia auto si è rotta e mi sono fermato per farla riparare e il mio telefono è morto, così ho chiesto al tizio delle riparazioni se potevo fare una telefonata” Matt sospirò. “Allison mi dispiace di essere sparito così, di improvviso, ma ti vedevo soffrire per Victor e odiavo non poter fare nulla e…”

“Ne parleremo quando arriverai. Abbiamo molte cose di cui discutere Matt, è tempo di ricominciare.”

“Non chiedo di meglio.”

Allison sorrise, poi vide l’auto di Tristan arrivare e gli fece cenno con una mano. “Devo andare ora Matt, ci vediamo quando arrivi.”

Riattaccò senza aspettare risposta e scese dall’auto per raggiungere Lord de Martel. “Grazie di essere venuto” gli disse mettendo le mani nelle tasche del cappotto. “E grazie dei fiori, non erano necessari perché non hai nulla di cui scusarti, ma sono molto belli.”

Tristan sorrise rilassandosi e le si avvicinò di qualche passo. La guardò per un lungo istante, poi la abbracciò stringendola forte. “Mi dispiace tanto Allison” si allontanò poco e le prese il viso tra le mani. “Odio vederti così, così spenta e triste. Ti prego, dimmi cosa posso fare per farti star meglio.”

Allison pensò che ricominciare era davvero la cosa giusta, e per farlo doveva rimettere alcune cose a posto, a partire proprio da quel vampiro elegante che le stava davanti e che la guardava con amore e tenerezza. “Puoi aiutarmi a rimettere ogni cosa al proprio posto.”

A lui bastò un attimo per capire di cosa stesse parlando, sentì il cuore accelerare di un battito, la bocca farsi secca. “Io ti amo Allison Morgan, ti amo come non ho mai fatto prima e come mai farò dopo. Tu mi hai reso migliore, migliore di quanto non sia mai stato.”

“Se vuoi baciarmi fallo adesso Tristan, adesso o mai più” gli sussurrò lei alzando una mano e poggiandogli due dita sulle labbra. “Perché è l’ultima occasione che avrai per farlo.”

Tristan lo fece e fu un bacio triste perché tra quelle labbra morbide si nascondeva il loro addio.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

Elijah fu il primo ad accorgersi di Allison quando arrivò alla tenuta. L’Originale elegante notò che c’era qualcosa di diverso in lei, non la vedeva dal mattino ma c’era una luce su quel bel viso che faceva presagire qualcosa di buono. Senza che riuscisse a controllarsi un sorriso gli distese le labbra e anche gli altri si accorsero di lei.

“Dov’è Klaus?” chiese la cacciatrice fermandosi davanti al piccolo salotto nel quale tutti erano seduti. “Ho bisogno di parlare con lui.”

“Al piano di sopra” le fece sapere Freya. “Prova a dipingere.”

“Ottimo” Allison lanciò le chiavi della sua auto ad Elijah. “Preparatevi perché stiamo per uscire, c’è una cosa che voglio mostrarvi.”

Salì su per le scale lasciando gli altri perplessi a chiedersi di che diavolo stesse parlando, e raggiunse la camera in cui l’Ibrido Originale era solito dipingere. Lo trovò seduto a bere cognac.

“Se sei venuta per delle scuse per il fatto che nessuno di noi era presente al funerale di Victor” le disse lui quando la sentì. “Puoi anche andartene perché non mi scuserò.”

“Non devi scusarti, non tu” la donna gli si sedette accanto. “A dire il vero nessuno di voi deve, neppure Elijah. Anzi forse sono io che devo scusarmi con lui, visto il modo in cui l’ho trattato.”

“Nessuno deve scusarsi con nessuno per come la vedo io. Abbiamo tutti perso tanto ultimamente, forse persino un po’ di noi stessi.”

Allison annuì, gli prese il bicchiere di mano e bevve un sorso, poi si alzò e gli porse la mano. “Vieni con me” gli disse. “Voglio farti vedere una cosa.”

“Cosa?”

“Il nostro nuovo inizio.”

Klaus afferrò la mano che la sua amica gli porgeva e si alzò seppur non molto convinto. Al piano di sotto tutti erano pronti e su un’unica auto raggiunsero il Rousseau in pochi minuti. Lì trovarono ad aspettarli due uomini che stringevano in mano ognuno una specie di corda legata ad un telo bianco che copriva qualcosa di molto grande proprio sulla facciata del palazzo sopra il ristorante.

Allison prese la mano di Klaus e con lui avanzò di qualche passo, fece cenno ai due uomini e il telo venne tirato via scoprendo una grande foto di Camille con sotto una scritta; La coraggiosa barista.

L’Ibrido sentì gli occhi riempirsi di lacrime, il cuore battere talmente forte da fare male. Passò un braccio intorno alle spalle della cacciatrice e la strinse per un attimo.

Quando fu libera dalla presa Allison sorrise e si voltò sorridendo a Freya ed Hayley e superandole per raggiungere Elijah che era rimasto poco più indietro. “Ecco la cosa di cui dovevo occuparmi” gli disse indicando la foto con un dito. “Volevo che fosse una sorpresa, per questo non ho voluto che mi aiutassi. Per questo e perché ero arrabbiata con te.”

Lui abbassò lo sguardo per un secondo. “Non lo sei più?”

“No, non lo sono più. Anzi credo di doverti delle scuse, per come ti ho trattato questa mattina. Non ero me stessa e temo che ci vorrà un po’ prima che torni ad esserlo. Victor era la mia famiglia, il mio porto sicuro e ora…”

“Non devi scusarti” Elijah le poggiò una mano sul viso. “Mai. Mi sono meritato la tua rabbia, tutta quanta. Ma ammetto di essere felice che ti sia passata” sorrise, e anche Allison, infine le baciò una mano. “Ti amo, lo sai vero?”

“Ti amo anche io” Allison si accorse che era da tanto tempo che non lo diceva, lo sguardo dentro gli occhi di Elijah la riempì di sicurezza. “E vorrei chiederti una cosa.”

“Ti ascolto.”

“Vorrei che tu venissi a vivere in pianta stabile nella nostra piccola e bella casa nella periferia di New Orleans. Ho bisogno di un nuovo porto sicuro e vorrei che fossi tu.”

Elijah la baciò stringendola tra le braccia, felice quando lei si abbandonò sulle sue labbra. “Getta l’ancora amore mio, sei a casa” le sussurrò.

 

 

 


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Capitolo 20
*** 20. ***


NDA: Buona lettura e lasciatemi un commento :D

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20.

 

 

 

 

 

Allison mise due pancake nel piatto di suo fratello e sorrise iniziando a cuocerne degli altri. Elijah era sotto la doccia da circa dieci minuti, fuori c’era una bellissima giornata e c’era pace nel suo cuore. Forse, si disse, un po’ troppa. Non credeva fosse un buon segno.

Decise però di lasciare andare i cattivi pensieri; se c’era una cosa di cui era sicura al cento per cento era che si meritava un po’ di serenità e forse quello era il momento in cui le veniva concessa. Suo fratello era di nuovo nella sua vita, brillante e buono come il fratello che ricordava prima della tragedia, l’uomo che amava l’aveva stretta per tutta la notte e si sentiva leggera.

Non era il caso di farsi domande, né di preoccuparsi. Ogni cosa sembrava andare per il verso giusto. Forse troppo però.

Scosse il capo per scuotere quell’amara sensazione che le faceva sentire un peso al centro dello stomaco e girò l’ultima frittella nella padella prima di sistemarla in cima alla pila di pancake che aveva preparato quella mattina. Un regalo a se stessa, uno a Matt e un omaggio a Cami che non aveva mai fatto mistero di adorare quella dolce colazione.

Sorrise al ricordo della sua amica e per la prima volta da quando le era venuta la folle idea di organizzare una piccola cena commemorativa per lei, pensò che era davvero la scelta giusta. Camille O’Connell non avrebbe voluto una veglia triste e deprimente, avrebbe voluto invece un piccolo ed intimo party a base di tequila e buon cibo perché lei amava la vita e l’aveva amata fino alla fine, anche se quella vita l’aveva tradita fin troppo presto.

“Ally,” le chiese suo fratello attirando la sua attenzione. “Stai bene?”

Lei si voltò a guardalo e annuì con espressione tranquilla. “Sì, perché me lo chiedi?”

“Non dici una parola da almeno dieci minuti, non è da te.”

La cacciatrice fece un grosso respiro e si strinse per un attimo nelle spalle prima di mettersi a sedere di fronte a lui, all’isola della cucina. “È solo che… sono preoccupata.”

“Per cosa?”

“Per tutto?” lei ridacchiò. “C’è calma da quando Camille è morta e dieci giorni di calma di solito sono il preludio a venti giorni di inferno.”

“Da quando?”

“Nella mia vita praticamente da sempre” la donna mangiò un boccone di pancake. “Forse stavolta mi sbaglio, magari sento questa strana sensazione perché non sono abituata a sentirmi così serena e tranquilla e quindi, quando mi ci sento, divento sospettosa.”

“Forse” le disse suo fratello versandole del succo d’arancia. “Ti senti agitata perché non hai dormito molto stanotte. A quanto ho sentito il tuo tenebroso Originale ti ha tenuta sveglia fino all’alba e, a proposito, bleah! Ragazzi sul serio, dovete imparare ad essere silenziosi.”

“Oppure tu dovresti trovarti un posto tutto tuo” Elijah arrivò dalla camera da letto vestito di tutto punto, come suo solito, nel momento esatto in cui Allison scoppiò a ridere deglutendo un po’ del suo succo. “Avevi detto solo un paio di giorni ma è passata una settimana.”

“Lo so, lo so” mormorò Matt annuendo. “Me lo ricordi praticamente tutti i giorni. Se non ho ancora trovato un posto tutto mio è perché non sono sicuro di dove voglio andare.”

“Che vuoi dire?” domandò Allison sorridendo ad Elijah quando lui le baciò la guancia per darle il buongiorno. “Non sai se vuoi rimanere qui a New Orleans o tornare a Los Angeles?”

“O se voglio andare da qualche altra parte nel mondo, in Italia magari, o in Australia. Mi è sempre piaciuto surfare.”

“Sì” sua sorella sorrise. “Mi ricordo di Melly.”

“Chi è Melly?” Elijah si mise a sedere accanto ad Allison e bevve un sorso dalla sua tazza di caffè.

“Melly” iniziò Allison voltandosi per guardarlo negli occhi. “Era la tavola da surf di Matt. I nostri genitori gliela regalarono per il suo sedicesimo compleanno insieme ad un corso di sei mesi.”

“Il corso fu un’idea di nostra madre, era un tipo apprensivo e non mi avrebbe mai e poi mai lasciato andare sul surf senza che sapessi prima farlo come si doveva” aggiunse Matt.

“Hai dato un nome alla tua tavola da surf” l’Originale sorrise guardandolo. “Eri un ragazzo strano.”

“Lo era” confermò Allison. “Era anche molto popolare però. Faceva strage di cuori, un vero Casanova.”

“Sì beh, è il passato” tagliò corto il vampiro. “Ora non riesco a conquistare una donna neppure soggiogandola.”

Allison rise mangiando l’ultimo boccone. “Devo andare ora” disse mettendosi in piedi. “Ho promesso a Klaus che mi sarei occupato del menu per la cena in onore di Cami.”

“Io invece gli ho promesso che mi sarei occupato di tutto il resto” aggiunse Elijah alzandosi a sua volta.

“Io invece me ne starò qui” Matt si strinse nelle spalle girando la forchetta dentro il piatto. “Cercherò di prendere qualche decisione in merito alla mia vita.”

Elijah sorrise dandogli una pacca sulla spalla mentre passava. “Potresti cominciare dall’elenco telefonico.”

“E cosa dovrei farci con l’elenco telefonico?”

“Potresti trovarti un motel in cui stare mentre decidi in quale parte del mondo vuoi vivere” rispose l’Originale uscendo con Allison di casa.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Polpette? Sul serio?” Klaus indicò il piatto che gli stava davanti con una mano e poi con un sopracciglio sollevato guardò la sua amica. “Non mangeremo polpette alla cena in onore di Camille.”

“Perché?”

“Perché sono volgari.”

“Le polpette sono volgari?” Allison gli diede un colpo sul braccio. “Come osi?” scherzò. “Sono una delle cose più buone al mondo e a Camille piacevano moltissimo.”

“Se vuoi aiutarmi seriamente, bene!” esclamò l’Ibrido. “Altrimenti dimmelo subito così posso fare da solo. Camille è morta e già l’idea di fare una festa mi infastidisce, perché credo che meriterebbe una veglia piena di candele profumate, del silenzio e un momento di condivisione pieno di aneddoti che la riguardano, e non una stupida festa.”

“Ma era quello che lei avrebbe voluto” Allison gli prese una mano. “E tu lo sai. So come ti senti Klaus, ci sono passata fin troppe volte.”

“No, tu non sai come mi sento” lui scosse il capo lasciando il ristorante e lei lo seguì facendo cenno ad uno dei camerieri che annuì comprensivo.

“Sì invece, lo so perfettamente” gli disse una volta fuori. “Non sei l’unico a soffrire Klaus.”

“Tu morirai!” le disse lui a denti stretti. “Sei una umana e prima o poi morirai e il dolore morirà con te. Io vivrò per sempre, e per sempre dovrò convivere con rimorsi e rimpianti, con il senso di colpa perché sono stato io a trascinarla in tutto questo caos e questo caos alla fine l’ha uccisa. Io ricordo ogni cosa e la ricordo con un’intensità amplificata.”

Allison deglutì a vuoto, poi gli prese il viso tra le mani e lo guardò dritto negli occhi. Quegli occhi chiari ora arrossati di lacrime. “Vivrai per sempre, è vero. E per sempre ricorderai il giorno in cui l’hai persa. Ma per sempre ricorderai anche il giorno in cui è entrata nella tua vita, il giorno in cui ti ha sorriso per la prima volta, il giorno in cui hai capito di amarla. Ricorderai per sempre Klaus ma è un privilegio perché il tempo non cancellerà i momenti belli. Io invece sono solo un essere umano e quasi non ricordo più la voce di mio padre, o il profumo di mia madre. E presto non ricorderò più la risata di Victor e darei qualunque cosa per poterlo fare.”

Klaus lasciò cadere qualche lacrima, domandandosi perché con Allison Morgan fosse così facile lasciarsi andare. Forse perché sapeva che lei capiva, forse perché era la migliore amica che avesse mai avuto. “Preferirei comunque non avere le polpette” disse afferrandole le mani e spostandole dal suo viso. “Non come portata principale.”

La donna arricciò la bocca. “Che ne dici di mini polpette come aperitivo e dei bei filetti alla Wellington come portata principale?”

L’Ibrido sembrò rifletterci un attimo, poi annuì. “Mi sembra un buon compromesso.”

“Ottimo. Allora torniamo dentro e facciamo le nostre richieste.”

“Allison” lui la chiamò prima che lei entrasse. “Mio fratello è un uomo fortunato.”

La cacciatrice sorrise. “Lo so!” rispose strizzandogli l’occhio e facendolo ridere.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Lucien sospirò mettendosi a sedere su una sedia. Da quando Tristan si era occupato di Aurora, portandogliela via, non riusciva a darsi pace. Era stato ad un passo da quell’amore desiderato per secoli e sempre ostacolato e che quello spocchioso di un Lord glielo avesse portato via proprio non riusciva a sopportarlo. Tristan aveva tradito la sua stessa famiglia, per cosa poi? Per un’insulsa cacciatrice che tra l’altro, secondo una veritiera e spaventosa profezia, li avrebbe distrutti tutti quanti.

Bevendo l’ultimo sorso da un bicchiere di bourbon si mise comodo sul divano pensando alla sua prossima mossa. Fu allora che quello stregone da strapazzo che gli faceva da tirapiedi in quel periodo arrivò nella stanza a disturbarlo.

“Cosa c’è?” gli chiese senza guardarlo.

Lui si inumidì le labbra prima di parlare. “Mi chiedevo quale sarà la prossima mossa. Uccidere la ragazza di Klaus non ha dato i risultati che speravamo, non è venuto a cercare vendetta come avevamo pensato.”

“È vero” rifletté Lucien. “Ma se la tua paura è che siamo a corto di idee allora rilassati amico mio, ho ancora un paio di assi nella manica” si alzò e gli si avvicinò. “Se uccidere la bella Camille non ha funzionato allora ucciderò qualcun altro che gli sta molto a cuore. Ucciderò la sua cara sorella streghetta. E dopo farò in modo che la Strige ritorni a New Orleans, farò in modo che Tristan De Martel soffra lo stesso dolore che io sto patendo. Anzi, farò in modo che soffra molto di più. Attaccheremo stasera.”

“E come credi di fare? Stasera saranno tutti in casa insieme, persino la cacciatrice e il suo feroce fratello vampiro. Saranno intoccabili.”

“Sei più sveglio di quanto credessi, ma non quanto me. Creeremo un diversivo caro mio, fai in modo di portare qui il detective Kinney. Del resto mi occuperò io stesso.”

 

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Capitolo 21
*** 21. ***


NDA: Buona lettura con questo capitolo di passaggio :D lasciatemi un commento e per favore (e se vi va) passate a leggere le mie nuove storie One more time - Before we goBack to the past - Back to us . Vi giuro che sono belle xD e lasciatemi anche lì un commento :D
In fondo l'outfit di Allison :)

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21.

 

 

 

 

 

“Le polpette sono volgari, mi ha detto proprio così” Allison sospirò bevendo un sorso di vino. “Riesci a crederci? È davvero strano a volte.”

Hope sorrise, non aveva capito assolutamente nulla di quello che la donna aveva appena detto, ma era sempre così con lei. Era la bambina più socievole che Allison avesse mai incontrato; bella e sorridente. Era felice e si vedeva.

Era segno che Hayley e Klaus stavano facendo un ottimo lavoro e che tutti quelli coinvolti nella sua crescita erano devoti e pronti a fare di quella bimba una creatura felice. Anche Camille aveva fatto la sua parte.

“Hey” le disse Freya arrivando e sedendosi accanto a lei dopo aver dato una carezza alla sua nipotina. “Siamo pronti per metterci a tavola. Va tutto bene?”

“Sì” annuì la cacciatrice. “Io e Hope stavamo chiacchierando un po’. E non guardarmi in quel modo” aggiunse mettendosi in piedi quando l’altra le fece uno sguardo perplesso. “So che non mi parla davvero, ma mi fa capire che le sono simpatica e questo è sufficiente.”

“Okay” la strega rise. “Andiamo e lasciamola qui a suoi giochi, dalla tavola possiamo tranquillamente avere una chiara vista di quello che sta facendo.”

Allison la seguì e si mise a sedere accanto ad Elijah sorridendogli quando lui si piegò per darle un bacio leggero. Era bello quello che stavano facendo; una serata tranquilla, una cena in famiglia in onore di una giovane barista che loro tutti ricordavano come molto di più. C’era ancora Finn da sistemare, bisognava scoprire come avesse fatto ad uscire dal ciondolo di Freya e c’era Kol che aveva un atteggiamento alquanto sospetto e c’era Lucien… meglio non pensarci, si disse la donna mentre una bella cameriera dai capelli neri passava a riempire i loro piatti con dell’insalata.

“Attenta!” esclamò Klaus proprio alla giovane donna che quasi aveva rovesciato metà del contenuto del vassoio sulla tavola imbandita invece che nei piatti. “Ti pago anche per non fare errori.”

“Lo siento” la donna abbassò il capo, si spostò una ciocca di capelli da davanti al viso e fece un grosso respiro.

“Perdonarlo, él está siempre de mal humor. Pero es guapo, estás de acuerdo conmigo?”

“Es guapo” confermò la ragazza con un sorriso rilassandosi. “Su vestido es muy lindo, señora”

“Gracias. Mi nombre es Allison.”

“Yo soy Lola.”

“Es un placer conocerlo, Lola.”

La ragazza sorrise ancora una volta, poi finì ciò che doveva fare e se ne andò sparendo dietro la porta della cucina. Allison invece si ritrovò praticamente tutti gli occhi addosso. “Che c’è?” domandò.

“Non sapevo che parlassi spagnolo” le disse Freya con sguardo divertito.

“Neppure io” aggiunse Elijah.

Allison rise. “Ci sono molte cose che non sai di me Mikaelson. Molte...”

“Inizio a credere che sia davvero così” confermò l’Originale elegante sorridendo.

“Parli anche altre lingue? Vorresti magari fare quattro chiacchiere con lo chef? Credo sia francese. E il ragazzo che si è occupato dei fiori? Credo che lui sia italiano.”

“Potrei parlare con entrambi” Allison tagliò un pezzetto del suo filetto e lo mise in bocca prima di continuare. “E potrei anche fare quattro chiacchiere con un russo e cavarmela in Bulgaria in caso di emergenza. Ma per adesso parlerò la mia lingua e farò un brindisi” alzò il bicchiere in alto. “A Camille, che porteremo per sempre nel cuore.”

“A Camille” le fece eco l’Ibrido con un sorriso abbozzato.

Ai loro bicchieri si aggiunsero tutti gli altri.

“Allora” iniziò Hayley dopo un attimo di silenzio. Schiarendosi la voce cercò di iniziare una conversazione anche se la sua mente era da tutt’altra parte. “Tu ed Elijah siete ufficialmente una coppia di nuovo?” chiese rivolta alla cacciatrice.

Lei deglutì prima di risponderle. “Credo che si possa dire così. Tu che ne dici?” chiese ad Elijah.

“Io credo che questo non sia il momento di parlare di questa cosa” cercò di tagliar corto l’Originale bevendo dal suo bicchiere.

“E il matrimonio?” continuò l’Ibrida che nel frattempo aveva preso in braccio Hope. “C’è già una data? Vi conviene pensarci già da ora, ci sono molte cose da organizzare; la festa, il vestito da sposa, i fiori. Dove andrete a vivere dopo?”

“Perchè ti comporti così?” le chiese Elijah scuotendo poco il capo.

Ma Hayley non avrebbe saputo rispondere nemmeno volendo. Forse era gelosa di Elijah e Jackson aveva sempre avuto ragione quando con fervore aveva sostenuto che lei non lo aveva mai amato. Forse era solo gelosa del fatto che sembrassero così belli e felici. Non sapeva cosa fosse ma sapeva che non riusciva a fermarsi.

“Ho già un vestito” intervenne Allison richiamando l’attenzione su di sè, perchè l’ultima cosa che voleva era litigare. O che qualcun altro litigasse.

“Hai già un vestito?” domandò Freya.

“Questa sì che non me la aspettavo” Klaus abbozzò una risata guardando l’espressione smarrita di suo fratello.

“Non l’ho comprato di proposito per il mio... nostro matrimonio. Era di mia madre.”

“Vuoi usare l’abito da sposa di tua madre? È una cosa bellissima Allison” sussurrò Freya allungando la mano per dare una pacca amichevole su quella dell’amica.

“Non proprio” precisò Allison. “Quando avevo quindici anni mia madre ebbe un grave incidente d’auto. Ebbe un malore alla guida e fu portata in terribili condizioni al pronto soccorso dove mio padre fu chiamato non appena la barella varcò la soglia. Era in sala operatoria in quel momento, con le mani dentro il cervello di qualcuno. Non poteva esattamente andarsene, almeno non fino all’arrivo dell’altro neurochirurgo dell’ospedale, così chiese ad un’infermiera di tenerlo aggiornato costantemente e fece chiamare Matt affinchè venisse a prendermi a scuola. Quando io e mio fratello arrivammo lui aveva finito la sua operazione ma mia madre era sotto i ferri. Rimanemmo seduti tutti e tre nella sala d’attesa, in ansia, per ore” raccontò. “Quando l’intervento finì un collega di mio padre venne fuori e lo aggiornò usando paroloni da dottore nella speranza che io e mio fratello non capissimo cosa stesse dicendo. Non voleva spaventarci ma lo sguardo di mio padre era così... chiaro. Era smarrito e capimmo che la situazione era grave. Mia madre rimase un mese in coma con una macchina che respirava al posto suo, poi ci rimase respirando da sola per un’altra settimana e infine aprì gli occhi.”

Si fermò e calò il silenzio per un lungo istante. Poi continuò.

“I medici furono sorpresi di vedere che si era ripresa; alcuni di loro dissero che era un miracolo della scienza, altri tirarono semplicemente un sospiro di sollievo. Molte infermiere ringraziarono Dio, io seppi anni dopo che invece era Castiel la persona che dovevo ringraziare.”

“Il tuo amico Angelo ha salvato tua madre” Klaus si mise comodo sulla sedia. “Hai delle ottime conoscenze tesoro, lasciatelo dire.”

Allison sorrise. “Sì beh, ad ogni modo quando si riprese lei e mio padre decisero di rinnovare i voti nuziali e fare un matrimonio come si deve. Durante il primo, nel bel mezzo dei festeggiamenti mio padre era stato chiamato in ospedale per una emergenza quindi decisero di fare le cose in grande. Organizzammo una magnifica festa, la casa era addobbata e mia madre aveva un abito meraviglioso. Quel giorno decisi che se mi fossi mai sposata avrei indossato quell’abito... lo considero un simbolo di speranza e di amore. E, ho già detto che è meraviglioso?”

“Sì l’hai fatto” mormorò Elijah allungando la mano per accarezzarle dolcemente i capelli.

“Scusatemi. Ho bisogno di una boccata d’aria.” disse Hayley alzandosi. Ma nessuno la seguì.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Avevano già finito il dolce, cheescake ai frutti di bosco, quando Will fece il suo ingresso nella tenuta; dietro di lui una dozzina di poliziotti. Camminavano tutti insieme come in uno dei quei film d’azione in cui il colpevole viene finalmente preso e metà delle guardie che lo stavano cercando fa irruzione con le armi spianate.

“Scusate” disse loro Klaus raggiungendoli. “Ma questa è proprietà privata.”

“Ho un mandato di arresto” gli fece sapere Will.

“Per chi?” Elijah si mise accanto a suo fratello e prese il figlio di carta che il detective gli porse. “Deve esserci un malinteso” mormorò leggendo.

“Che succede?” chiese Allison arrivando dal piano di sopra. “Klaus” lo richiamò scuotendo il capo quando lo vide avvicinarsi minaccioso a Will.

“Allison Marie Morgan” disse il detective avvicinandosi a lei. “Lei è in arresto per omicidio.”

“Cosa?” la donna guardò Will dritto negli occhi; le pupille dilatate erano un chiaro segno che era stato soggiogato. Non oppose resistenza quando un poliziotto le mise le manette.

“È ridicolo” Elijah appallottolò il mandato. “Detective...”

“Elijah no” Allison lo fermò prima che iniziasse a soggiogarlo. “Credo che qualcuno abbia già giocato con la sua mente” mormorò. “Mi viene in mente solo una persona...”

“Lucien” ragionò Klaus.

“Cosa vuoi che faccia?” le domandò Elijah.

“Trova quel bastardo e fallo fuori” disse lei mentre un poliziotto la tirava piano. “Io me la cavo da sola.”

“Allison...”

“Sul serio Elijah” la donna si fermò facendo resistenza per un istante. “Solo, manda Matt alla centrale. Del resto mi occupo io.”

“Ti prego non rendere le cose più difficili” le disse Will mettendosi di fronte a lei, impedendole di parlare ancora con l’uomo.

“Will, tutto questo è assurdo e tu lo sai.”

“Smetti di parlare” disse ancora lui, ma sembrava più un consiglio.

Allison decise di seguirlo.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Lucien fece un grosso respiro mentre si sistemava la camicia davanti allo specchio della sua grande suite. Era pronto per quello che doveva fare ed era certo che agli Originali non sarebbe piaciuto.

Poco male, farli arrabbiare era esattamente quello che voleva. Il diversivo era perfettamente riuscito, Vincent Griffith era alla sua mercé e lui sentiva una scarica di adrenalina invaderlo completamente ogni volta che pensava a chi avrebbe ucciso prima. Avrebbe iniziato da Freya, il piano era già iniziato, poi avrebbe minacciato Allison perchè era certo che quel folle di Tristan sarebbe corso ad aiutarla. Proprio dal caro Lord si sarebbe fatto dire dove trovare Aurora, e dopo avrebbe ucciso Elijah uccidendo così quella intera organizzazione di folli.

Poi sarebbe stato il turno di Klaus e poi di Hayley... Quanto alla bimba, beh magari avrebbe potuto crescerla insieme alla sua amata Aurora. Avrebbero potuto essere una famiglia.

Ogni cosa sarebbe andata per il meglio, ne era certo. “Che lo spettacolo abbia inizio!” esclamò al suo riflesso prima di uscire dalla stanza.


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Capitolo 22
*** 22. ***


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22.

 

 

 

 

 

Tristan appose l’ultima firma, poi si guardò intorno. Si trovava in quella specie di ristorante da ore, uno dei suoi vampiri di guardia sull’auto proprio fuori, un bicchiere di vino rosso poggiato sul tavolo e intatto, esattamente come la cameriera glielo aveva portato. Aveva trovato quattro possibili candidati in quella piccola città poco fuori la Louisiana, ed erano tutti e quattro ottimi. Non aveva trovato ancora una prova abbastanza valida a cui sottoporli ma ci avrebbe pensato. La storia dell’anello solare da ritrovare era oramai passata, Allison aveva ragione quando a capo della Strige aveva detto che bisognava rinfrescare alcune cose all’interno dell’organizzazione, alcuni metodi… Si possono trovare alleati validi senza bullizzare nessuno Tristan. Considerata Aya e il suo piccolo esercito di ribelli forse una prova di fiducia sarebbe migliore di una prova di forza, non credi?

Tristan aveva annuito senza staccarle gli occhi di dosso, ammaliato da quel tono rauco e dal movimento di quelle labbra rosate. Non gli mancava assolutamente nulla di New Orleans, nulla eccetto lei.

Sospirando afferrò il bicchiere e bevve il primo lungo sorso di vino da quando glielo avevano servito. Decise che era il caso di andare via, organizzare una prova di fiducia e poi allontanarsi dalla Louisiana, era arrivato il momento. Dopo mesi.

“Signore” gli disse Lucas avvicinandosi al tavolo. “Il telefono” aggiunse porgendoglielo.

“Avevo detto di non volere telefonate.”

“Lo so, ma è Lucien Castle” Lucas si fermò un attimo e fece un grosso respiro. “Si tratta di Allison.”

Lord Du Martel poggiò il bicchiere sul tavolo, allungò la mano e afferrò il cellulare. “Lucien se le hai fatto del male giuro che ti ucciderò, come avrei dovuto fare tanto tempo fa.”

“Che aggressività” rispose l’altro. “Non preoccuparti mio caro Lord, la tua bella è ancora viva. Ma non sarà così per molto.”

“Che cosa vuoi?” Tristan si alzò e lasciò il locale seguito da Lucas.

“Voglio Aurora e voglio che tu uccida Klaus e il resto degli Originali. Voglio tutto! Hai due ore, quindi ti consiglio di guidare in fretta. Ci vediamo nel posto in cui mi hai portato via ciò che amavo di più.”

“Lucien!” esclamò Tristan, ma lui aveva già riattaccato. “Portami alla tenuta dei Mikaelson” disse a Lucas salendo in auto. “Guida in fretta.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

 

Gladys lasciò la camera proprio mentre Allison riprendeva conoscenza e a fatica apriva gli occhi. Li sentiva pesanti, stanchi, ma la cosa peggiore era il mal di testa che sembrava stringerle le tempie in una morsa.

Will fu l’unica persona che vide nella stanza; la stanza che non era quella di Victor.

“Victor” mormorò scattando seduta sul letto.

“Hey hey” le sussurrò Will afferrandola piano per le braccia. “Rimettiti giù. Ordini del dottore.”

Allison lo fece. Non era convinta, ma quel cambio di posizione così repentino le aveva provocato la nausea. “Cos’è successo?” chiese chiudendo di nuovo gli occhi per un secondo.

“Hai avuto un collasso” le fece sapere lui. “Da quanto non mangi?”

“Da ieri mattina” la donna deglutì a vuoto. “Dov’è…”

“Victor?” concluse il detective per lei. “È nella sua stanza. Stabile.”

La donna sollevò una mano e si accarezzò il sopracciglio; le faceva male e non sapeva perché.

“Hai sbattuto quando sei svenuta” le disse Will mettendosi a sedere sul bordo del letto. “Ma niente di grave. La cosa non mi sorprende visto la testa dura che ti ritrovi.”

“Ah” sospirò lei. “Scommetto che la superficie contro cui ho sbattuto si è rovinata nell’urto.”

“Probabile” lui sorrise. “C’è il rischio che l’ospedale ti faccia causa per danneggiamento.”

Calò un attimo di silenzio, poi Will parlò di nuovo.

“Ho visto che non indossi più il tuo bell’anello” si sfiorò con le dita il labbro superiore. “Non è andata bene tra di voi?”

“Qualcosa del genere” Allison si accarezzò istintivamente l’anulare sinistro. “È una lunga storia. Ad ogni modo, non sei costretto a rimanere, sto bene adesso e credo che tornerò da Victor.”

“Perché non ti riposi un po’ prima Ally? Mangi qualcosa e…”

“Sta male” la donna lo interruppe. Parlò senza sapere esattamente cosa sarebbe uscito dalla sua bocca.

“Lo so” l’uomo annuì. “Ho mostrato il mio distintivo e mi hanno detto quasi tutto. Mi dispiace Allison.”

“Non sono estranea alla morte, ho perso tutto quando avevo sedici anni. Ma lui, si è preso cura di me dopo che i miei genitori sono morti, mi ha trattata come una figlia e vederlo spegnersi lentamente mi strazia il cuore. Vorrei poter fare qualcosa ma non c’è niente che posso fare.”

Scoppiò in lacrime e Will la tirò piano verso di sé prima di stringerla in un abbraccio che lei ricambiò mentre finalmente quel singhiozzo che le pesava sul petto veniva fuori.

“Mi dispiace tanto” le sussurrò. Poi la lasciò piangere.

 

 

 

“Will, dove stiamo andando?”

Allison si sporse in avanti, sull’auto della polizia su cui Will Kinney l’aveva fatta salire dopo averla ammanettata. Quando avevano imboccato una via piuttosto che un’altra però, era stato chiaro che non stavano andando alla centrale. Il punto era che non aveva idea di dove fossero diretti. Se il suo amico era soggiogato come lei credeva che fosse allora potevano essere diretti ovunque, senza che il pover’uomo avesse il controllo delle sue azioni.

“Fai silenzio Allison, ti prego” fu la risposta che ricevette. “Non so cosa sto facendo, è come se non avessi il controllo del mio corpo. Sto impazzendo forse…” Will scosse il capo, poi si passò una mano sul viso svoltando a destra in direzione di una zona ferroviaria oramai in disuso da anni.

“Will, ascolta” riprovò la cacciatrice. “So come ti senti, ti senti confuso e ti fa male la testa perché provi con tutte le forze a resistere a qualcosa di cui non sai assolutamente nulla. Il tuo corpo fa una cosa ma la tua mente sa che dovrebbe farne un’altra. Sei soggiogato.”

“Cosa? Soggiogato? Che significa?”

“Ci sono cose… non umane nel mondo Will. Mostri; lupi, vampiri. Lucien è uno di essi ed è stato lui a farti questo.”

L’uomo si voltò a guardarla per un istante, infine guardò di nuovo la strada. “Ma di che parli? Allison…”

“Will, ferma l’auto!” lo interruppe lei. “Sei più forte di quello che Lucien ti ha fatto. Fermati e lascia che ti aiuti.”

“No” il detective allungò la mano e aprì il vano portaoggetti tirandone fuori una pistola. “Ti prego smetti di parlare o dovrò spararti.”

“Tu non vuoi spararmi.”

“No! Non voglio!” urlò lui. “Ma lo farò perché non riesco a controllarmi. Ti prego smetti di parlare.”

“Will” sussurrò di nuovo Allison e fu allora che un proiettile le attraversò il fianco.

“Maledizione!” gridò Will guardandola attraverso lo specchietto retrovisore. “Ti prego non morire Ally, ti prego.”

“Ferma l’auto Will” mormorò lei con un filo di voce. Poi perse i sensi.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Che diavolo significa che non era alla centrale di polizia?”

Matt allargò le braccia. “Esattamente quello che ho detto. Non c’era traccia né di lei né di Kinney alla centrale e quando ho chiesto al capo ha detto di non sapere assolutamente nulla di un’operazione che prevedeva l’arresto di Allison.”

“Era qui, l’ho visto portarla via sotto i miei occhi. Se non l’ha portata alla centrale, dove l’ha portata?”

“Io non ne ho idea Elijah!” sbottò Matt. “Non ero neppure a New Orleans quando è successo. Ma ti consiglio di smettere di parlarmi come se fossi l’unico ad essere preoccupato; c’è mia sorella lì fuori chissà dove nelle mani un tizio armato e soggiogato ed è tutta colpa tua.”

“Questo che vorrebbe dire? Credi che volessi questo?”

“Non importa cosa vuoi o no” l’altro si passò le mani tra i capelli. “La tua vita, la tua famiglia… finiranno sempre per metterla nei guai, finiranno per procurarle ancora più nemici di quanti non ne abbia già. Se la amassi tu l’avresti già lasciata andare tanto tempo fa.”

Elijah serrò i pugni, decise che gli avrebbe spezzato il collo per farlo stare zitto, per poter ragionare in pace. Stava per farlo quando Tristan entrò in casa con una dozzina di soldati della Strige che lo seguivano.

“So io dove trovare Allison” disse guadagnandosi gli sguardi confusi di tutti. “Lucien vuole che gli ridia Aurora o la ucciderà.”

“Allora ti suggerisco di dargli ciò che vuole” lo minacciò Elijah avvicinandosi a lui.

“Lo farei volentieri, ma non credo sia possibile” Tristan abbassò lo sguardo per un istante. “Mia sorella è morta.”

“Bene” intervenne Klaus dopo alcuni istanti di silenzio. “Non ci resta altro che fare alla vecchia maniera.”

Gli occhi gli si iniettarono di sangue mentre tutti si preparavano alla battaglia.

 

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Capitolo 23
*** 23. ***


Scusate l'immenso ritardo nell'aggiornamento. Buona lettura :D

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23.

 

 

 

 

 

Allison si sentì soffocare non appena aprì gli occhi, o per meglio dire fu proprio la sensazione di non riuscire a respirare a svegliarla. Qualcosa sul suo fianco faceva terribilmente male ma non ricordò subito cosa; poi accadde. Era un proiettile, conficcato nella sua carne, ma non era quello che le aveva sparato Will, piuttosto quello che le aveva sparato Lucien. Si guardò intorno e mosse le mani nello spazio ristretto in cui si trovava, il suo movimento causò la caduta di una discreta quantità di terriccio che le finì in parte in bocca e in parte negli occhi.

La cacciatrice tossì per farlo uscire ma tossire le fece male. Piano scosse il capo per scuotere via quello che le era caduto sugli occhi e li aprì lentamente cercando di riordinare i pensieri. L’ultima cosa che ricordava era Lucien che le sparava dopo averle dato il suo sangue, l’ultimo ricordo che aveva di Will invece era di lui in ginocchio voltato di spalle desideroso di fare qualcosa ed incapace di farlo per via del soggiogamento.

Un sospiro ed Allison provò a calmarsi e a non perdere il controllo anche se era dannatamente difficile, soprattutto perché credeva di aver capito dove fosse. Era dentro una cassa di legno e, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, quella cassa di legno era stata sicuramente messa metri e metri sottoterra. Quel bastardo di Lucien l’aveva sotterrata ancora viva ma ferita, sarebbe morta dissanguata o soffocata e sarebbe successo col suo sangue in corpo. Sarebbe rinata come vampiro e la cosa a cui teneva di più – la sua umanità – sarebbe stata solo un lontano ricordo.

Sperò con tutta se stessa che Elijah la stesse cercando o che stesse cercando lui e per caso avrebbe finito col trovare anche lei. Questa era un’opzione più probabile. “Aiuto!” urlò ma si rese subito conto che era piuttosto inutile. Provando a calmare il suo respiro ed il battito del suo cuore sperò anche che Will stesse bene.

Col braccio lungo il fianco non ferito sfiorò la tasca e si accorse che aveva indosso il cellulare; non avrebbe funzionato sotto terra ma in fondo lei non voleva né telefonare né mandare un messaggio. Voleva registrarne uno piuttosto, giusto in caso le cose non fossero andate per il verso giusto, giusto in caso quelli fossero i suoi ultimi momenti da umana.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Vincent Griffith sembrava sparito nel nulla, proprio in quel momento in cui Elijah aveva più bisogno di lui. Come reggente di New Orleans aveva più potere di chiunque altro e se c’era qualcuno che avrebbe potuto trovare Allison e farlo presto era proprio lui. Ma dello stregone sembravano essersi perse tutte le tracce. L’auto con a bordo Tristan era partita alla volta di una vecchia stazione ferroviaria oramai in disuso, il posto in cui, gli aveva detto, Lucien voleva incontrarlo per riavere Aurora. Non era sicuro però che Allison fosse lì con lui e non avevano niente del detective Kinney che potesse aiutarli a rintracciarlo. Esseri potenti ed immortali incapaci di rintracciare un dannato tizio soggiogato, incapaci di farlo prima che il peggio potesse verificarsi.

“Che diavolo di posto è questo?” chiese Matt e solo allora Elijah si accorse che si erano fermati.

“È una vecchia linea ferroviaria oramai in disuso, un posto squallido esattamente come Lucien.” Rispose Klaus fermando l’auto. I tre scesero e si ritrovarono faccia a faccia con Tristan e Lucas che erano appena scesi a loro volta.

“Sei sicuro che sia questo il posto?” chiese Elijah avvicinandosi al suo primo vampiro. “Perché Lucien dovrebbe scegliere questo posto in mezzo a tanti?”

“Questo è il posto in cui ho prelevato Aurora, per così dire, quando gliel’ho portata via. Il posto perfetto per portarmi via la donna che amo come lui amava mia sorella, per portarci via” si corresse dando una rapida occhiata ad Elijah e poi fissando lo sguardo sul piazzale vuoto di fronte a sé.

“Perspicace!” esclamò una voce e Lucien fece la sua comparsa seguito da un giovane asiatico e dal detective Kinney. “Salve signori. Vedo che siete venuti numerosi per la nostra cara cacciatrice.”

“Dove si trova?” tuonò minaccioso Elijah provando ad avvicinarsi ma fermandosi quando Lucien minacciò di spezzare il collo di Will.

“Calmati” gli disse l’altro sorridendo. “Allison è ancora viva, o almeno credo.”

“Che significa che almeno credi?” intervenne Matt con cautela, perché la risposta gli faceva paura.

“Beh” Lucien lasciò andare il detective e fece un grosso respiro. “Era ferita quando è arrivata e così l’ho guarita con il mio sangue e poi le ho piantato un proiettile in corpo” si fermò un secondo per godersi gli sguardi smarriti dei suoi interlocutori, il dolore negli occhi di Tristan era quello che lo soddisfaceva di più. “Poi l’ho chiusa in una cassa di legno e l’ho messa da qualche parte sotto terra tra quell’erbaccia lì in fondo.”

Elijah deglutì terrorizzato, scambiò una rapida occhiata con Klaus e corse via, in direzione di quell’erbaccia che Lucien aveva indicato; ettari di terra gli si presentarono davanti agli occhi, un terreno vastissimo ed Allison poteva essere ovunque in quel posto. “Allison!” urlò ma in fondo sapeva che era inutile e che non poteva sentirlo. Si portò le mani ai capelli e fece un grosso respiro imponendosi di ragionare, di rimanere lucido perché il panico che sentiva montare non sarebbe stato di nessun aiuto.

“Oh mio Dio” mormorò Matt arrivando alle sue spalle. “Dobbiamo trovarla, subito Elijah.” Un cenno di assenso e si divisero sperando che chiunque avrebbe strappato il cuore dal petto di Lucien si sarebbe fatto dire prima dove fosse Allison.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison lasciò cadere qualche lacrima e cercò di tenere la mano ferma sul fianco ferito nella disperata speranza di fermare il sangue. Ma era stanca, tanto stanca, e faceva un caldo terribile lì dentro. Senza rendersene conto si ritrovò a pensare alla sua vita, alle cose che aveva fatto e alle cose che aveva rimandato credendo di avere tutto il tempo del mondo. Se fosse morta, rinascendo avrebbe davvero avuto un’eternità a disposizione ma le cose che avrebbe fatto non avrebbero avuto lo stesso sapore. Ecco perché nel messaggio registrato era stata chiara; lei era un essere umano e per quanto non avesse nulla contro i vampiri non voleva essere uno di loro. Ad onor del vero, il sangue di Lucien l’avrebbe trasformata in qualcosa di diverso, qualcosa di potente  e nuovo e questo la terrorizzava più dell’idea di morire.

La mano scivolò piano quasi le stesse dicendo che si arrendeva, che non ce la faceva più a starsene sporca e umida su quella ferita piena di terriccio che bruciava come l’Inferno. Eccola qui, si disse, la fine. Non proprio come se le era immaginata se doveva dirla tutta. Sorrise pensando che se fosse stato lì, Dean le avrebbe detto che in fondo c’erano modi peggiori di morire; come ucciso da dei dannati Tacos, esattamente quello che era successo a lui quando l’Arcangelo Gabriele si era travestito da Loki e gli aveva fatto uno scherzetto, anzi più di uno in quel martedì infernale di tanti anni prima.

Era proprio vero che si rivede la propria vita quando si sta per morire, ogni momento, anche i più stupidi. “Ti amo Elijah Mikaelson” mormorò un secondo prima di chiudere gli occhi. Un secondo prima che la cassa si scuotesse e venisse come tirata su. L’aria della notte buia la avvolse e lei respirò meglio, anche se tutto il resto faceva ancora male.

“Resisti Allison, ti prego” sentì dire da quella voce che conosceva bene. “Ti prego sorellina, non morire, non così.” Allison sentì del sangue colarle in bocca, fino alla gola e riprese vita lentamente dapprima, poi più velocemente mentre il sangue di Matt faceva la sua magia. Con un gemito scansò la mano e lasciò che suo fratello la aiutasse a sollevarsi a sedere mentre sentiva la carne espellere il proiettile e rimarginarsi.

“Elijah!” urlò Matt “L’ho trovata.”

L’Originale elegante comparve immediatamente e correndo la raggiunse. Incurante del terriccio si buttò per terra e la baciò prima di stringerla forte a sé nel momento in cui Tristan arrivava.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“È un sollievo sapere che sta bene. Sì, arrivo subito, devo prima fare una cosa importante e poi sarò da voi.” Freya riattaccò e aprì lo sportello dell’auto senza accorgersi del fatto che qualcuno la stesse seguendo. Sapere che Allison stava bene era stata la notizia migliore della giornata, anzi la migliore degli ultimi tempi. Con un sorriso sistemò l’oggetto che aveva in mano dentro la borsa e sobbalzò quando Vincent le comparve davanti. “Mi hai spaventata” gli disse portandosi una mano al petto.

“Mi dispiace Freya” replicò l’uomo ma non per i motivi che lei credeva. Uno schiocco di dita e cadde addormentata. Vincent si prese un attimo prima di continuare col piano.

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Capitolo 24
*** 24. ***


NDA: Cosa ha sognato Allison?
Piccola nota: non ho ancora finito la stagione 3 di The Originals quindi questo capitolo probabilmente si discosta parecchio dalla storyline dello show e da come sono andate le cose. Spero vi piaccia comunque. Un abbraccio, Roby.


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24.

 

 

 

 

 

Allison entrò nella stanza attirata da quegli strani rumori che somigliavano tanto a dei gemiti. Il suo cervello le stava suggerendo che qualunque cosa stesse succedendo all’interno non erano affari suoi, le stava urlando di non fare un altro passo. Il resto di sé però, i suoi sensi, il suo cuore, una forza primordiale che non sapeva classificare, le stavano dicendo di entrare ed aprire gli occhi.

Pensò che quella era la camera di Elijah e quindi in fondo era anche sua, in qualche strano modo lo era. Sospirò e avanzò ma rimase immobile sulla porta mentre quello che sperava di non dover mai vedere si consumava davanti al suo sguardo ferito.

 

 

 

La cacciatrice aprì gli occhi e sobbalzò appena sentendo la schiena scricchiolare su quello scomodo sedile posteriore. Lei, Elijah e Finn erano in viaggio da ore, diretti a Mystic Falls dove Valerie aveva rintracciato Freya quando era stato chiaro che le era successo qualcosa. Non sapevano ancora cosa, l’incantesimo della sua amica era stato capace di dire loro dove trovarla ma non come stesse. Era di certo viva, essendo immortale, ma non era dato sapere loro se stesse bene o se fosse ferita. Allison immaginò che quantomeno avesse paura.

Non era ancora chiaro chi l’avesse portata a Mystic Falls, ma se l’avessero chiesto ad Allison tutti i suoi sospetti sarebbero ricaduti sul nuovo reggente di New Orleans; era sparito da quando si erano perse le tracce di Freya e con la sua convinzione che la città andasse difesa dal male e quindi dai Mikaelson, sembrava quello con il movente più solido. Non aveva fatto accuse però, troppo impegnata com’era stata a spiegare a Will tutto quello che c’era da sapere sul soprannaturale, a spiegargli perché nonostante si fosse opposto con tutte le sue forze, aveva finito con lo spararle mentre la portava in una stazione ferroviaria in disuso e guardava Lucien fare l’inspiegabile e infine chiuderla in una cassa di legno.

Non sapeva neppure come era riuscita a convincere Elijah a farla partecipare a quella piccola missione di salvataggio, o meglio lo sapeva anche se non credeva possibile che fosse stato così facile; erano bastate poche parole, un discorso breve che comprendeva le frasi sono più al sicuro con te e sono certa che Tristan mi terrà al sicuro fino al tuo ritorno, e il suo bell’Originale aveva fatto posto per lei sull’auto. A patto però che rimanesse in disparte se le cose si fossero fatte troppo complicate.

Allison ridacchiò pensando a quanto gli uomini fossero facili da gestire. Bastava sapere quali tasti premere e lei quelli di Elijah li conosceva tutti oramai. Quel sogno che aveva appena fatto però…

“Quest’auto è davvero scomoda” mormorò alzandosi piano a sedere, mettendosi seduta dritta nel centro del sedile posteriore. “Quanto manca a Mystic Falls?”

Elijah le sorrise guardandola nello specchietto retrovisore. “All’incirca un’ora. Hai bisogno di fermarti un po’?”

“Non abbiamo tempo di fermarci, nostra sorella è chissà dove in mano a chissà chi” puntualizzò Finn scuotendo il capo e voltandosi a guardare poco Allison. “Se pensavi di non farcela…”

“Affascinante come sempre” lo interruppe lei con tono sarcastico. “Non ho bisogno di fermarmi né di riposare. Sto benissimo.”

“Fantastico!” esclamò Finn. “Direi che potremmo occupare l’ora di viaggio rimasta parlando di come ci riprenderemo Freya. Ogni idea è bene accetta, persino le tue” continuò rivolto di nuovo alla donna. “Per quanto trovi… discutibili le tue amicizie e le tue scelte di vita, ho sempre pensato che fossi una donna in gamba. Anche troppo, a volte.”

“Oh, e lo hai pensato prima o dopo aver provato ad uccidermi?”

Finn ridacchiò. “Quello è il passato, erano situazioni e circostanze differenti.”

“E suppongo che questo sia il tuo modo gentile di dire che anni fa, visto che stavo mettendo i bastoni tra le ruote a te e a quella folle di Esther ero da eliminare, mentre adesso, visto che ti torno utile nella ricerca della tua amata sorella, sono una risorsa.”

“Possiamo metterla così. Ma non sopravvalutarti mia bella cacciatrice, non sei insostituibile.”

“È una minaccia per caso?” parlò Elijah e lo fece con tono gelido senza rallentare e senza voltarsi a guardarlo.

“Oh no, una semplice considerazione.”

 I tre ricaddero nel silenzio, Allison con gli occhi fermi sulle sue mani, inconsapevole dello sguardo di Elijah poggiato, preoccupato, su di lei.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Mystic Falls era esattamente come Allison la ricordava, eccetto per il fatto che quasi tutti gli abitanti erano stati soggiogati affinché lasciassero la città oramai qualche tempo prima. Il Mystic Grill era ancora lì, intatto, la torre con l’orologio anche, la grande piazza principale, la scuola, la stazione di polizia… La cacciatrice rammentava con affetto lo sceriffo Forbes, donna straordinaria che se ne era andata troppo presto. Non metteva piede in quella città da parecchio tempo, più precisamente da quando Alaric e Jo si erano sposati… più o meno.

Non che le mancasse quella bizzarra cittadina, New Orleans offriva di per sé già parecchie stranezze, ma doveva ammettere che l’aveva sempre trovato un posto affascinante, se non altro, intimo eppure così variegato…

Scese dall’auto e si stiracchiò cercando di scacciare dalla mente ogni pensiero che non fosse come ritrovare Freya, ma si accorse che era incredibilmente difficile. Finn le lanciò una rapida occhiata, infine si guardò intorno in ascolto di qualcosa che ad Allison non era dato sentire. Elijah invece si avvicinò proprio a lei e le accarezzò il viso con una mano.

“Stai bene?” le domandò e quella domanda la colse completamente alla sprovvista.

“Sì” rispose vaga. “Perché me lo chiedi?”

“Ti ho osservata in auto, sembravi… preoccupata.”

“Lo sono” confermò lei. “Per Freya ovviamente. Se tutto questo è opera di Lucien allora non sappiamo davvero cosa aspettarci e Freya è in un enorme pericolo. Abbiamo visto cosa il nuovo Lucien è capace di fare.”

“Sì, lo abbiamo visto” Elijah annuì sistemandosi meglio il cappotto. “Ma non sappiamo ancora se sia opera di Lucien o di qualche altro nemico che vuole colpire la nostra famiglia.”

Allison accennò una risata scuotendo il capo con fare rassegnato.

“Cosa c’è?” le chiese l’Originale con un lieve sorriso.

“Non è incredibilmente inquietante che l’idea di avere un nuovo nemico in qualche modo ci rincuori? Le nostre vite sono strane, parecchio strane.”

“Lo sono” lui le prese le mani. “Ma rimaniamo uniti e questo è l’importante” si piegò per darle un bacio leggero sulle labbra e lei respirò a fondo abbandonandosi a quel contatto.

“Bene bene, se quello non è il caro Matthew Donovan!” esclamò Finn. E il bacio si interruppe.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Tu dovresti essere morto” mormorò Matt guardando Finn Mikaelson.

“Dovrei ma non lo sono.”

“Matt” si fece avanti Allison, posizionandosi davanti al suo amico, dandogli un attimo di tempo per metabolizzare la loro presenza.

“Allison?” chiese lui perplesso mettendo giù il fucile e avanzando a braccia aperte verso di lei per abbracciarla. Non vedeva la sua amica da moltissimo tempo, da quelle terribili settimane in cui era stata in coma e per la prima volta da quando la conosceva aveva seriamente temuto per la sua vita. Era felice di vedere che stesse bene, sorpreso di vederla ancora insieme ai Mikaelson; sperava che fosse rinsavita e si fosse allontanata da loro il più possibile, non era successo.

“Matt, abbiamo bisogno di aiuto.” Allison ruppe l’abbraccio e sospirò. “Freya è qui da qualche parte ma non sappiamo dove. Crediamo che sia stata rapita ma non sappiamo da chi.”

“Chi è Freya?”

“È la maggiore dei Mikaelson. Una strega ha fatto un incantesimo di localizzazione e pare che sia qui ma ci servirà una mano per trovarla” spiegò Allison. “Hai notato qualcosa di strano nelle ultime quarantotto ore?”

L’uomo scosse il capo. “No, niente.”

“Stai prendendo la verbena vero?”

“Sì certo.” Matt sospirò. “Allison, con chi abbiamo a che fare?”

“Non ne siamo sicuri anche se abbiamo qualche sospetto. Se abbiamo ragione, è meglio che tu sia pronto” la cacciatrice fece un grosso respiro. “C’è qualche telecamera di sorveglianza che mostra le auto che sono entrate in città negli ultimi due giorni?”

“Sì” annuì l’altro. “I filmati sono alla centrale.”

“Bene” Allison raggiunse Elijah e lo abbracciò forte, infine lo baciò dolcemente. “Vado alla centrale con Matt mentre voi cercate, magari riuscirò a scoprire chi ha preso Freya. Fai attenzione, okay?”

Elijah annuì prima di baciarle la fronte. “Anche tu.”

“Ti amo El.”

“Anche io ti amo.”

Allison sorrise, poi seguì Matt alla centrale.

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Capitolo 25
*** 25. ***


NDA: Improvviso perchè io gli ultimi 6 episodi della stagione 3 ancora non li ho visti e mi ci vorrà ancora un po' prima di vederli. Spero vi piaccia. Buona lettura :)

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25.

 

 

 

 

 

“Allora” Matt seguì con lo sguardo Allison che andava avanti e indietro per la stanza, in una mano teneva stretto un caffè che beveva a piccoli sorsi, l’altra era stretta in un pugno carico di tensione. I suoi occhi nocciola erano pervasi di stanchezza, le occhiaie profonde, la pelle grigiastra… era smagrita e sembrava turbata da Dio solo sapeva cosa. Non somigliava alla Allison che ricordava, sembrava più una versione sbiadita della donna forte che gli era amica.

“Hai trovato qualcosa?” rispose lei voltandosi a guardarlo.

“Non ancora” lo sceriffo scosse il capo e si schiarì la voce. “Non posso andare più veloce di così. Questa è una piccola stazione di polizia in un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, ogni cosa va tre volte più lentamente qui.”

Allison annuì passandosi una mano tra i capelli, bevve ancora e poi si mise a sedere sulla sedia davanti a Matt. “Va così male allora?”

“Peggio di quanto tu creda. La madre dei Salvatore e la sua folle famiglia di eretici hanno praticamente preso il controllo di tutto. E si sono presi la casa. Stefan e Damon vivono alla vecchia residenza dei Lockwood.”

“Potresti ripetermi ancora una volta cosa sono gli eretici esattamente?”

“Metà streghe, metà vampiri.”

“Ah” borbottò Allison. “Creature adorabili immagino” si sforzò di sorridere ma onestamente non era divertita né… non sentiva granché a dire il vero, solo tanta stanchezza e preoccupazione per Elijah. Avevano visto di cosa quegli Ibridi creati da Lucien fossero capaci e nemmeno i fortissimi e indistruttibili Originali erano al sicuro. Questo pensiero le riportò alla mente Camille… povera donna, morta perché finita in una guerra perpetua, più grande di lei, più grande di tutti loro.

Lei probabilmente doveva ringraziare una buona stella o la fortuna o chissà cosa se era ancora viva nonostante ci fosse dentro fino al collo.

“Allison” sussurrò di nuovo Matt. “Stai bene? Non voglio sembrarti sgarbato o inopportuno, ma non hai affatto una bella cera.”

La cacciatrice chiuse gli occhi per un lungo istante, infine poggiò lo sguardo sul suo amico. “Non dormo molto ultimamente. Ci provo ma… faccio degli incubi che rendono ogni mio tentativo vano.”

“Che tipo di incubi?”

“Incubi in cui perdo tutto ciò che amo; Elijah per primo.”

“Cosa intendi con perderlo? Nel senso di…”

“Nel senso che mi lascia, se ne va e io rimango… sola” chiarì lei.

Matt annuì poco. “Hai paura di perdere il suo amore, lo capisco. Ma, Allison, ho visto come ti guarda ed è chiaro che ti ama. Penso che tu non abbia nulla da temere.”

Lei bevve l’ultimo sorso di caffè tutto d’un fiato. “Ho le mie buone ragioni per temere, credimi.”

L’altro aprì la bocca per parlare ma volse lo sguardo al pc e digitò qualcosa sulla tastiera. “Ci siamo, pare. La targa di quell’auto sospetta che abbiamo visto prima nelle telecamere di sorveglianza dice che appartiene ad una società.”

“Lasciami indovinare” replicò Allison sporgendosi in avanti. Kingmaker Land Development Inc. di Lucien Castle.”

“Come fai a saperlo?”

“Intuizione” la donna si alzò scoprendo che le girava la testa. Si portò una mano alla fronte e guardò il suo amico che la raggiungeva e le afferrava piano un braccio. “Matt, che succede? Cosa hai fatto?”

“Perdonami Allison” le disse lui prendendola delicatamente in braccio. “Ma Elijah vuole saperti al sicuro.”

Lei corrugò la fronte, o almeno credette di farlo. Poi gli occhi le si chiusero.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Oh Elijah” riprese lei e le sue mani gli accarezzarono dolcemente il viso. “Sto benissimo, non preoccuparti. Stamattina mi sento davvero magnificamente, così bene che ho fatto un’abbondante colazione a base di yogurt e frutta senza avere la nausea, e ho pianificato una fenomenale serata per la cena del Ringraziamento al Rousseau’s.”

Il vampiro la baciò dolcemente, trasferendo in un gesto tutto quello che avrebbe voluto dirle, tutto quello che sentiva. Le avvolse la vita con le braccia, accorgendosi di quanto fosse dimagrita e sollevandola la mise a sedere sull’isola della cucina. “Raccontami tutto di questa fenomenale serata,” le disse staccandosi dalle sue labbra e raggiungendo la sua giacca appesa all’appendiabiti accanto alla porta.

“Per prima cosa,” iniziò Allison fissando fuori dalla finestra, come faceva ogni volta che parlava di qualcosa che la rilassava. “Darò un aumento a tutti i dipendenti, Camille compresa. Secondo, la cena sarà gratis per tutti quelli che sono soli e non hanno nessuno con cui trascorrere questo giorno di festa. Farò stampare dei volantini e li appenderò in giro per la città. Ne ho una bozza proprio sul mio computer. Vuoi vederla?” gli chiese voltandosi.

Quello che vide però, non fu il viso del suo bell’Originale, ma una scatolina di velluto scuro aperta, con dentro il più bell’anello che avesse mai visto. La mente la riportò al momento in cui giorni prima, stretti in un momento di tenerezza, gli aveva chiesto di sposarla. Lui aveva detto sì, ma poi non ne avevano più parlato ed Allison aveva mentalmente archiviato il discorso sotto la voce cose che si dicono nei momenti di sconforto.

Credeva che fosse superato, solo un momento, ma l’anello di fronte ai suoi occhi sembrava urlare il contrario.

“Questa decisamente non me l’aspettavo” mormorò cercando lo sguardo di Elijah, incontrandolo subito dietro la scatolina. “È quello che penso?”

Con delicatezza lui sfilò l’anello dalla scatola e le prese la mano sinistra. “Se stai pensando che si tratta del tuo anello di fidanzamento allora sì, è esattamente quello che pensi.”

“Oh mio Dio” sussurrò lei coprendosi la bocca con l’altra mano. “Aspetta, aspetta El” gli disse prima che lui facesse scivolare quel bellissimo cerchio rosa giù per il suo dito.

Elijah si fermò e la guardò, si accorse che stava piangendo ma non era certo che fossero tutte lacrime di gioia. “Che c’è?”

“Sei sicuro?” gli chiese lei. “Non devi farlo per forza solo perché sto morendo e dirmi di no ti sembra… crudele. Voglio dire, forse dovremmo rifletterci, parlarne.”

“Ne abbiamo parlato.”

“No” Allison scosse il capo, alcune lacrime si sparpagliarono sulle guance, altre scesero dritte fino a bagnarle le labbra. “Eravamo molto emotivi e spaventati e io…”

“Tu mi ami?” la interruppe lui. “Tu mi ami, Allison?” chiese ancora asciugandole il viso con la punta di due dita.

“Sai che ti amo.”

Elijah piegò poco il capo, poi si inumidì le labbra e fece vagare lo sguardo per un attimo prima di continuare, poggiandolo su di lei. “Questo anello mi segue dovunque vada da quasi due mesi, avrebbe dovuto prendere il suo legittimo posto già molto tempo fa e il suo posto è su di te” le disse.

Con un gesto lento ma deciso fece scivolare l’anello sul dito della cacciatrice, poi lo guardò per un attimo notando quanto era perfetto su quella mano affusolata e calda. “Perfetto” mormorò.

Lei sorrise avvicinandoselo agli occhi per vederlo meglio. “Questo anello significa per sempre Elijah e per te significa davvero davvero per sempre. Lo sai vero?”

“Quello che so è che per me non esiste un per sempre senza di te. Non più.”

 

 

Elijah venne trascinato fuori dai suoi pensieri dalla vibrazione del suo cellulare. Un messaggio di Matt Donovan che diceva due cose:

Allison è al sicuro, come hai chiesto.

Ha fatto il nome di un certo Lucien Castle, io sto arrivando.

L’Originale elegante fece un respiro profondo leggendo che Allison era il sicuro e sperò con tutto se stesso di poter sopravvivere per affrontare la sua rabbia una volta salvata Freya. Se la immaginava già con gli occhi nocciola pieni furore ad urlargli contro che non avrebbe dovuto fare quello che invece aveva fatto. Rimaniamo insieme, ricordi? gli avrebbe detto. Poi probabilmente si sarebbe appellata alla regola numero due. Lui quella rabbia l’avrebbe placata con un bacio e poi un altro ancora e poi un altro.

Se qualcosa fosse andata storta invece, quello dei suoi occhi lucidi di gioia mentre un anello scivolava sul suo dito, era l’ultimo ricordo che voleva di loro. L’immagine che voleva imprimersi nella mente per sempre.

“Quell’insulso umano e la tua… umana, hanno scoperto qualcosa?” gli chiese suo fratello.

“Si chiama Allison” precisò Elijah. “Fossi in te imparerei a mostrarle un po’ di rispetto, lei fa parte della famiglia. Come te, forse anche di più visto che a differenza tua non ci ha mai traditi. Anzi, non ha fatto altro che aiutarci, sacrificando ogni cosa per noi.”

Finn abbozzò un sorriso. “Ho ben chiaro il fervore con cui la ami, si sente nel modo in cui parli di lei, si vede nel modo in cui la guardi. Solo che alcune delle tue azioni mi lasciano perplesso… la nostra esistenza è stata e sempre sarà macchiata dal sangue e della morte. Le persone che amiamo, le persone che ci stanno intorno vengono travolte, inevitabilmente. Pensa a quella donna, Camille. L’amore è sacrificio Elijah, se la ami dovresti lasciarla andare perché a dispetto di ciò che mostro, ho rispetto per la forza di quella donna, per la sua lealtà e credo che meriti di meglio di te, di noi.”

Fu mentre Elijah cercava una risposta alle parole di suo fratello che Lucien fece la sua comparsa. “Salve amici” disse loro. “Diamo inizio alle trattative e un taglio alle chiacchiere, che ne dite?”

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Capitolo 26
*** 26. ***


26.

 

 

 

 

 

Elijah si mise a sedere per terra, poggiò le mani sul bordo della vasca dentro la quale Allison stava seduta, cullata dall’acqua calda e rimase a fissarla per un lungo istante; era imbronciata, e quel muso lungo la rendeva ancora più bella.

“Posso vedere che sei arrabbiata, ma non capisco perché” le disse.

Lei alzò un sopracciglio, poi sospirò. “Perché a volte sembra proprio che tu non riesca a capire,” gli disse. “Mi tratti come se potessi sopportare qualunque cosa Elijah.”

“Lo faccio perché so che sei una donna forte e…”

“Esatto” lo interruppe lei. “Una donna Elijah. So che non sei un uomo che lascia entrare facilmente le persone, so che non ti piacciono le smancerie e non piacciono nemmeno a me ma a volte… a volte vorrei che la smettessi di trattarmi come una cacciatrice e mi trattassi semplicemente come Allison.”

Lui piegò poco il capo, allungò la mano e gliela poggiò sulla guancia. “Dimmi cosa vuoi che faccia e lo farò.”

Allison fece un grosso respiro, poi si spostò all’interno della vasca fino ad essere faccia a faccia con lui. Poggiò il mento sulle sue mani e rimase in silenzio, a fissarlo per alcuni secondi. Era bello il suo Originale elegante, con quel cipiglio frutto di tutte le responsabilità che aveva deciso di accollarsi nel corso dei secoli; suo fratello Klaus e la sua scelleratezza, Rebekah e i suoi sogni umani, Kol e il suo fregarsene di tutto, Finn con la sua cieca obbedienza…

Si allungò in avanti e lo baciò tra le sopracciglia, quasi volesse baciare via quello sguardo accigliato.

Lui sorrise, rilassandosi all’istante. “Grazie,” le sussurrò prendendole il viso tra le mani. “Ne avevo bisogno.”

“Lo so” rispose lei. “A volte ne ho bisogno anche io.”

“Cercherò di ricordarmelo, promesso. E prometto anche che mi farò perdonare.”

La donna abbozzò un sorriso, poi con le mani prese ad allentargli la cravatta. “Vieni nella vasca con me e ti perdonerò ogni cosa.”

Elijah rise mentre si spogliava pronto a raggiungerla.

 

 

Allison aprì piano gli occhi e fissò il soffitto sopra di sé. Non era sicura di ricordare bene, mentre le immagini di quel breve sogno le accarezzavano ancora le palpebre, ma se la sua memoria non la stava ingannando si trovava alla stazione di polizia di Mystic Falls, città in cui si era recata con Finn ed Elijah alla ricerca di Freya.

Fece un grosso respiro e si sollevò piano fino a mettersi seduta su quel piccolo divanetto sul quale, supponeva fosse stato lui, Matt l’aveva sdraiata dopo averle iniettato qualcosa. Sì, ora ricordava. Istintivamente alzò la mano e se la poggiò sul collo, proprio sul punto in cui l’ago che l’aveva fatta addormentare l’aveva punta.

Deglutendo a vuoto represse un conato di vomito passandosi entrambe le mani tra i capelli. Dannato Matt Donovan, sempre a fare l’eroe. Perché era per tenerla al sicuro che le aveva iniettato un sedativo giusto? Pensandoci non riusciva a darsi altre spiegazioni. Lentamente si mise in piedi e cercando di mantenersi in equilibrio raggiunse la porta; girò la maniglia convinta che fosse chiusa e invece la trovò aperta.

Pensò che se fosse riuscita a raggiungere l’esterno si sarebbe sentita meglio, un po’ di aria fresca poteva farle solo bene, solo che sentiva un fischio nelle orecchie e la testa le girava. Non era certa che sarebbe riuscita ad arrivare fuori.

“Allison, hey sono qui” la afferrarono piano due braccia la cui stretta le era incredibilmente familiare.

“Elijah” mormorò trovando difficile persino parlare. O forse era solo una sua impressione. “Freya?”

“Sta bene” lui la aiutò a sedersi su una sedia e le spostò con delicatezza i capelli dal viso. “Sta bene. Tu stai bene?”

“No” scosse il capo la donna. “Mi gira… mi gira la testa e ho la bocca secca e un fastidioso fischio nelle orecchie. Matt… Donovan, lui mi ha iniettato qualcosa ma non so cosa fosse e non so perché lo abbia fatto.”

Elijah le baciò la fronte prendendole il viso tra le mani. “Gli ho chiesto io di tenerti al sicuro, lui ha pensato che sedarti fosse l’unico modo possibile.”

“Perché? Perché l’hai fatto?”

“Non sapevo con cosa avessimo a che fare, non volevo correre alcun rischio. Ti prego, non essere arrabbiata.”

Allison rimase in silenzio, cercando di mettere insieme tutte le informazioni si ritrovò a pensare che forse, stavolta, non era davvero il caso di arrabbiarsi. Odiava che prendessero le decisioni al suo posto ma capiva bene che se fosse andata con loro, stanca e priva di concentrazione come si sentiva da un po’, sarebbe stata solo di intralcio. L’unica cosa che contava era che Freya stesse bene, arrabbiarsi con chi aveva solo voluto proteggerla non era la cosa giusta da fare.

“Mi dispiace” sussurrò iniziando a piangere, senza sapere neppure perché lo stesse facendo. “Davvero” aggiunse alzandosi, sentendo le gambe tremarle un po’ quando lo fece.

L’Originale le passò un braccio intorno alla vita, una mano strinse quella piccola di Allison. “Per cosa ti dispiace?”

“Non sono stata molto di aiuto. Non lo sono da un po’ oramai. Non avrei dovuto insistere per venire qui, sono solo un di più privo di ogni utilità.”

“Cosa stai dicendo?” il vampiro cercò il suo sguardo. “Tu non sei un di più senza utilità; sei la donna più sveglia e abile che conosca. Non ti ho messa in panchina perché credevo che non potessi aiutarci, l’ho fatto perché ti amo e l’idea che ti succeda qualcosa mi… terrorizza” le sorrise. “Andiamo a casa adesso, che ne dici?”

La donna annuì ma non riuscì a smettere di piangere. Qualunque droga Matt le avesse dato aveva decisamente esagerato con la dose. “Ti amo anche io. Ma non credo che riuscirò ad arrivare all’auto, qualunque cosa Matt mi abbia dato ha esagerato.”

Elijah la prese delicatamente in braccio. “Ci penso io” le sussurrò baciandole la fronte.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison aveva fatto una lunga doccia; aveva lasciato che l’acqua calda le accarezzasse la pelle e lavasse via la stanchezza di quella giornata. A liberarla di qualunque sedativo le avesse iniettato Matt ci aveva pensato Freya con una specie di incantesimo che aveva praticato in auto mentre tornavano a New Orleans. Quando erano arrivati in città si erano recati dritti alla tenuta e lì era rimasta per un’ora, fino a quando non aveva annunciato che se ne sarebbe andata a casa e che preferiva farlo da sola e a piedi per prendere una boccata d’aria.

Elijah aveva capito e l’aveva lasciata libera, le aveva dato i suoi spazi sicuro che comunque qualcuno della Strige la tenesse sempre d’occhio. E non su richiesta di Tristan o su sua richiesta… lo facevano semplicemente perché la rispettavano ed Elijah non era sorpreso che, nonostante tutto, fosse successo.

Dopo la doccia aveva preso le chiavi dell’auto e si era diretta nel Bayou. Aveva fermato l’auto proprio davanti alla casa di Jackson e aveva fatto un grosso respiro prima di scendere dall’abitacolo. Si era chiesta, prima di farlo, cosa stesse facendo, perché era proprio lì che era andata, perché semplicemente non aveva chiesto al suo fidanzato di stringerla per toglierle di dosso quella strana sensazione che sentiva da un po’.

Non era riuscita a darsi una risposta ma in fondo poco importava. Diede una rapida occhiata al suo anello e si avvicinò alla porta. Allungò la mano e bussò due volte, poi attese.

Jackson le aprì dopo qualche secondo e per uno strano motivo che Allison ricondusse ai Winchester la vista della sua camicia di flanella le infuse calma.

“Allison” mormorò lui con espressione perplessa. “Che ci fai qui a quest’ora?”

Lei si guardò intorno per un istante. Cosa ci faceva lì a mezzanotte passata? Non ne aveva idea o forse sì ma le faceva paura ammetterlo. “Io non…” farfugliò. “Non lo so. Avevo bisogno di parlare con qualcuno e sei la prima persona che mi è venuta in mente.”

Il lupo piegò poco il capo. “Stai bene? Hai l’aria di una che non si fa una bella dormita da un po’.”

Allison abbozzò un sorriso. “Ho avuto momenti migliori in effetti. Posso entrare?”

“Sì certo, scusa” Jackson si fece di lato per farla passare. “Non ricevo spesso visite quindi non sono abituato a… beh hai...”

“Mi dispiace” lo interruppe lei. “Mi dispiace Jackson.”

“Per cosa ti dispiace?”

“Per come sono andate le cose tra te ed Hayley, non avevo ancora avuto modo di dirtelo” la donna arricciò poco la bocca. “Io non… non so cosa dire.”

Jackson tirò fuori due bicchieri e una bottiglia di tequila. “Parlare è un’azione sopravvalutata” le disse. “L’ho sempre pensato” le passò un bicchierino pieno e se ne versò uno per sé.

Allison lo strinse tra le dita per qualche secondo, poi scoppiò a piangere. Jackson la strinse in un abbraccio.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Allison” Elijah la chiamò a gran voce entrando in casa ma non ricevette alcuna risposta. L’orologio segnava le due del mattino e lui non aveva idea di dove fosse la sua fidanzata. Tirò fuori dalla tasca il suo cellulare e rimase per qualche secondo con gli occhi fissi sulla foto di lui ed Allison che faceva da sfondo; l’aveva impostata proprio lei qualche tempo prima.

Con un sorriso compose il numero e avviò la telefonata. Tre squilli dopo partì la segreteria e la sua voce roca gli risuonò nelle orecchie; così diversa da quella fragile e triste che aveva sentito alcune ore prima a Mystic Falls. Riattaccò e provò di nuovo, la quarta volta decise di lasciare un messaggio.

“Allison, sono le due del mattino… dove sei? Ti prego, richiamami appena senti il messaggio.” Poggiò il telefono sull’isola della cucina e dopo essersi tolto il cappotto e la giacca si versò un bicchiere di vino e si mise a sedere su uno sgabello, gli occhi puntati su quel maledetto cellulare che però sembrava non volerne sapere di squillare.

Attese fino alle quattro del mattino, poi dopo un’altra vana prova sul numero di Allison decise di telefonare a Freya per chiederle di fare un incantesimo di localizzazione.

 

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Capitolo 27
*** 27. ***


27.

 

 

 

 

 

Un giorno intero, tanto era passato da quando entrando in casa alle due di notte, Elijah si era accorto che Allison non era lì ad aspettarlo. Da allora, nonostante avesse cercato praticamente ovunque, la sua bella fidanzata sembrava essere sparita nel nulla. L’Originale si passò una mano sul viso mentre andava avanti e indietro per la stanza sotto gli sguardi preoccupati di Freya, Hayley e Klaus. Incredibile anche solo a pensarci, suo fratello Finn si era gentilmente offerto di perlustrare la città anche se, sosteneva, con molta probabilità Allison se l’era data a gambe levate capendo finalmente che razza di mostri fossero tutti loro.

“Dovrà pure esserci un altro modo per rintracciarla” disse fermandosi e fissando lo sguardo su sua sorella. “Freya.”

“Ci sto provando” mormorò lei leggendo qualcosa su un libro. “Ma ogni incantesimo di localizzazione che conosco non sembra funzionare.”

Elijah fece un grosso respiro e guardò l’orologio al suo polso, quello che proprio Allison gli aveva regalato per Natale. Si sentiva mancare il respiro senza sapere dove fosse, se stesse bene o se invece le fosse successo qualcosa. Klaus aveva suggerito che forse, visto che non riuscivano a trovarla, era perché non voleva essere trovata.

Tornerà quando ne avrà voglia gli aveva detto con un sorriso cercando di sdrammatizzare. Ma la sua voce aveva tradito ansia e preoccupazione. Lucien era ancora in circolazione, da troppo tempo silenzioso. Con molta probabilità stava tessendo le tele del suo piano distruttivo da qualche parte, pronto a colpire di nuovo.

Aveva già provato a fare del male ad Allison e l’avevano salvata per un soffio… e se ci avesse provato di nuovo? Se magari ci fosse riuscito? Elijah aveva sempre pensato che se le fosse successo qualcosa in qualche modo lo avrebbe percepito ma in quel momento quel pensiero non gli era di nessun conforto.

“Ti prego, non fermarti fin quando non avrai avuto successo” chiese a Freya.

Lei sorrise appena. “Non lo farò. Perché non provi di nuovo a telefonarle?”

“Perché non chiami la Strige?” suggerì Hayley. “Tristan è praticamente ossessionato da lei e hai detto tu stesso che uno dei suoi la tiene sempre d’occhio. Con molta probabilità questo improvvisato bodyguard è l’ultimo ad averla vista.”

Elijah sembrò rifletterci per un attimo, infine fece un grosso respiro e compose il numero di Tristan. Fu al secondo squillo che il capo della Strige fece il suo ingresso alla tenuta, da solo e con un’espressione piena di terrore sul viso. L’Originale pensò che era decisamente un brutto segno e si preparò a qualunque cosa sarebbe uscita dalla bocca velenosa del suo primo vampiro.

“Perché nessuno di voi mi ha detto che Allison è sparita?” tuonò lui con una furia negli occhi.

“Perché non sono affari tuoi” replicò Klaus avvicinandosi a suo fratello, affiancandolo. “Ma visto che lo hai saputo comunque, perché non chiedi al tuo gorilla che le fa da guardia del corpo di dirci quello che sa?”

“Perché non sa niente. Ha perso le sue tracce ieri sera e ha provato, invano, a cercarla per tutta la notte.”

“Dov’era l’ultima volta che l’ha vista?” stavolta fu Freya a parlare, speranzosa di avere una qualche indicazione geografica così da poter concentrare le sue ricerche.

“In auto da qualche parte sulla statale che porta fuori città.”

“Hey” fece il suo ingresso Marcel. “Uno dei mei ha trovato l’auto di Allison. È ferma nel Bayou.”

Elijah si voltò a guardare Hayley che annuì tirando fuori il suo cellulare. “Telefono a Jackson.”

“Mettilo in vivavoce” Elijah si avvicinò al tavolo sul quale l’Ibrida poggiò il cellulare e fece un respiro profondo in attesa che il lupo rispondesse. Sperando che lo facesse.

“Hayley… cosa posso fare per te?”

“Hey Jackson” lei si schiarì la voce. “Sei in vivavoce, Elijah ha bisogno di chiederti una cosa.”

“Elijah è con te, che sorpresa! Cosa posso fare, all’alba, per la mia coppia preferita?” replicò Jackson con sarcasmo. Un sarcasmo che Elijah ignorò completamente.

“Allison è sparita” gli disse infatti senza troppi preamboli. “Da ventiquattro ore non ho sue notizie ma uno dei vampiri di Marcel ha visto la sua auto nel Bayou. Mi chiedevo se tu e il tuo branco poteste iniziare a cercarla mentre io vi raggiungo.”

“Allison non è sparita” Jackson fece un grosso respiro. “Sta benissimo, in questo momento probabilmente sta tirando con l’arco, ha voluto che le  insegnassi, è piuttosto brava devo dire.”

Il maggiore dei Mikaelson sentì un misto di sollievo, rabbia e fastidio attraversargli il corpo; così intenso da fargli tremare le mani. “È stata con te tutto questo tempo? Non hai pensato che fosse strano? Non ti è venuto in mente di chiederle perché fosse venuta lì nel cuore della notte?”

Jackson rimase per un attimo in silenzio. “Non abbiamo parlato molto a dire il vero” disse con un tono che ad Elijah fece bruciare il centro del petto. “Le dirò che la state cercando” riattaccò e al vampiro servì tutto il controllo di cui era capace per non distruggere ogni cosa in quella stanza.

“Vado a prenderla” mormorò Tristan guardandolo. “Se si è rifugiata a casa di quel selvaggio l’ha fatto perché di certo non vuole averti intorno.”

L’Originale sentì gli occhi iniettarsi di sangue e i canini farsi aguzzi. Strinse i pugni e dopo un rapido sguardo a suo fratello si calmò e respirò a fondo. “Vado io a prenderla” disse afferrando le chiavi dell’auto, senza però rimettere né la giacca né la cravatta che aveva tolto preda dell’ansia che gli aveva fatto venire caldo. “Non voglio trovarti al mio ritorno.”

Uscì dalla tenuta e Klaus lo seguì.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Il segreto” Allison spolverizzò sapientemente la superficie con zucchero di canna e sorrise. “È mettere la giusta quantità di zucchero di canna. Se ne metti troppo brucerà in forno, se ne metti poco non si sentirà, ma se ne metti la giusta quantità allora avrai una dolcissima crosticina croccante sopra e una sofficissima torta di mele sotto.”

Mary la guardò con la fronte corrugata, poi sorrise. “Tu mi piaci ragazza, sei versatile, sai fare qualunque cosa.”

L’altra ridacchiò. “Era una ricetta di mia madre. La preparava per me ogni volta che ero triste. Cosa che non capitava molto spesso ad essere onesti, ho avuto una giovinezza piuttosto spensierata. Almeno fino a quando… fino a quando non sono morti.”

L’anziana le accarezzò con delicatezza un braccio, poi mise a bollire dell’acqua per il tè e la invitò a sedersi a tavola. Allison lo fece e intrecciò le mani sul legno robusto perdendosi nei suoi pensieri. Si chiese se Elijah la stesse cercando, se fosse preoccupato, se si fosse accorto che era sparita. Non era così scontato dopotutto, non in quell’ultimo periodo.

Ebbe la sua risposta qualche minuto dopo quando Jackson ritornò e chiese a Mary di lasciarli da soli.

“Elijah ti cerca, credeva che fossi sparita, che ti fosse successo qualcosa. A dire il vero credo che ogni vampiro di New Orleans ti cerchi. Qualcuno ha visto la tua auto e mi hanno telefonato per chiedermi di cercarti.”

“Così gli hai detto che ero qui.”

“L’ho fatto. Elijah stava comunque venendo…” Jackson si schiarì la voce e la prese piano per le spalle. “Allison, non so cosa sia successo tra di voi e puoi rimanere qui tutto il tempo che vuoi, sei la benvenuta e prenderò Elijah a calci se vuoi che ti lasci in pace… beh, quanto meno ci proverò” accennò una risata e lei fece lo stesso. “Ma questa non sei tu. La Allison che io conosco non si nasconde mai; affronta ogni cosa a testa alta, ha il Re dell’Inferno tra le chiamate rapide del suo cellulare e degli amici angeli. È una tosta… sei una tosta.”

Allison arricciò poco la bocca per non piangere, deglutì a vuoto e abbracciò Jackson. Quando sentì l’auto arrivare, uscì fuori.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Non si sognò neppure di aprire bocca per provare a spiegare mentre Elijah la raggiungeva a passo svelto, un accenno di barba sul viso, le maniche della camicia bianca arrotolate fino a poco più giù del gomito. Aveva l’aria stanca ed era arrabbiato, Allison poteva notarlo dal modo in cui contraeva la mascella. Le dispiaceva vederlo in quello stato, però non riusciva a sentirsi in colpa.

Quella piccola fuga le era servita per chiarirsi le idee, per sfogarsi un po’, per provare a calmare i suoi pensieri. Non ci era riuscita fino in fondo ma la tequila aveva aiutato, l’amicizia di Jackson anche.

Con la coda dell’occhio vide Klaus poggiarsi all’auto, le braccia incrociate sul petto e un’espressione quasi dolce negli occhi quando incrociò il suo sguardo per un istante. Negli occhi di Elijah invece c’era una specie di furore.

“Dove diavolo è il tuo cellulare?” esplose allargando le braccia. “Sei sparita per ventiquattro ore, non sapevo dove fossi, non sapevo se stessi bene. Ho pensato ogni terribile cosa a cui potevo pensare; ho pensato che avessi avuto un incidente, o peggio. Ho creduto di impazzire mentre tu imparavi a tirare con l’arco nel bel mezzo dei boschi insieme a Jackson.” Si fermò un istante poi continuò. “Da quando siete così amici, a proposito? Mi sono perso qualcosa forse?”

Lei si inumidì le labbra e abbassò lo sguardo, quando li rialzò lui la stava fissando con gli occhi pieni di lacrime.

“Di’ qualcosa, maledizione!” urlò quasi.

Allison fece qualche passo avanti, con delicatezza gli afferrò una mano e se la poggiò sul viso dopo averne baciato il palmo. “Ti amo” gli sussurrò. “Andiamo a casa.”

Elijah sentì tutta la rabbia scivolare via e lasciare il posto all’amore e alla tenerezza più grandi che avesse mai sperimentato. Con decisione ma dolcezza le prese il viso tra le mani e la baciò lasciando andare ogni paura contro quelle labbra soffici.

“Mi dispiace” le disse lasciando cadere qualche lacrima. “Non volevo urlarti contro.”

Lei gli asciugò il viso con la punta del pollice. Poi andarono a casa.

 

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Capitolo 28
*** 28. ***


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28.

 

 

 

 

 

Elijah rimase immobile mentre Allison gli sbottonava la camicia e piano la faceva scivolare giù per le sue spalle. Non si mosse nemmeno quando le sue labbra gli si poggiarono sul mento e scesero lentamente sul collo, poi sul petto. Moriva dalla voglia di toccarla, stringerla ma lei aveva preso il comando e lui aveva deciso di lasciarglielo fare. Profumava di fresco, più di un giorno nei boschi a contatto con i lupi ma la sua pelle odorava di pulito.

Allison fermò la scia di baci che gli aveva disegnato sul corpo con quelle labbra soffici e si sfilò la felpa scoprendo un corpo armonioso ma dimagrito. Elijah si chiese da quanto tempo non la guardava davvero, da quanto non la stringeva per davvero. Decisamente troppo, valutò. Ma da quel momento ogni cosa sarebbe cambiata.

“Non guardarmi così, ti prego” gli sussurrò lei.

Lui piegò poco il capo. “Così come?”

“Con preoccupazione. So che sono un po’ dimagrita e probabilmente in questo momento l’unico odore che riesci a sentire è quello dei lupi, ma…”

L’Originale elegante la zittì con un bacio, il viso fermo tra le dita di una mano mentre le loro bocche si incontravano. “Non è preoccupazione” le disse accarezzandole la schiena con la punta delle dita. “È tenerezza, amore, desiderio. Sei bella da togliere il fiato” poggiò la fronte sulla sua. “E l’unico odore che sento è il tuo. Quello con cui mi piace svegliarmi al mattino e addormentarmi la sera.”

Allison lo guardò per un istante speranzosa che quelle parole diventassero quotidianità perché era tutto ciò che desiderava: che lui fosse presente, che la considerasse il suo nuovo sempre e per sempre.

“Sto bene” sentì il bisogno di rassicurarlo e di rassicurare se stessa.

“Meriti molto di più del semplice stare bene. Ogni cosa sarà diversa Allison, da questo preciso istante. Te lo prometto.”

Lei si sollevò sulla punta dei piedi e gli baciò le labbra. “Basta parlare El. Solo… stringimi.”

Lui lo fece.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Il mattino seguente, quando Allison aprì gli occhi le tornarono alla mente tutti i momenti della notte appena trascorsa; le parole di Elijah, la scintilla dentro i suoi occhi, il modo in cui l’aveva stretta e amata. Avevano fatto l’amore per tre volte e ogni volta era stata come la prima; sembravano non saziarsi mai l’uno dell’altra e quando il sonno era sopraggiunto si erano addormentati stretti in un abbraccio carico di dolcezza e promesse. Il buio però era passato e con esso, Allison non poteva fare a meno di pensarlo, forse anche tutto il resto.

Era certa che girandosi non l’avrebbe trovato al suo fianco così, quando invece se lo ritrovò davanti, per un attimo si chiese se stesse sognando.

“Ciao straniero” lo salutò con voce rauca e ancora assonnata.

Lui sorrise e girò il capo per guardarla. “Ciao bellissima. Hai dormito bene?”

“Meglio di quanto mi sia capitato negli ultimi tempi” la donna si sollevò poco sorreggendo il capo con un braccio. “Tu hai dormito bene?”

“Meglio di quanto mi sia capitato negli ultimi tempi” replicò Elijah con un sorriso, usando le sue stesse parole.

“Ah” Allison gli diede un bacio sul petto, infine vi poggiò sopra il viso e lo guardò. “Non so tu ma io ci vedo uno schema qui.”

“Che tipo di schema?” La mano di Elijah si perse tra quei capelli morbidi che gli solleticavano la pelle.

“Tu hai dormito bene e anche io ho dormito bene” iniziò lei. “Il che significa che quando dormiamo insieme dormiamo bene quindi propongo di non dormire mai più separati. Ne va della nostra salute in fondo, dormire bene è essenziale.”

“Sei molto saggia” scherzò lui. “E bella” la tirò piano verso di sè e le baciò la punta del naso. “E sveglia e intelligente. Sei anche forte e amorevole, sei un concentrato di qualità ed io sono fortunato ad averti.”

Lei gli sorrise. “Finalmente lo hai capito” gli disse in tono giocoso. “Meglio tardi che mai.”

“Dico davvero” l’espressione di Elijah divenne seria. “Ti ho detto che ogni cosa sarà diversa ed ero serio quando l’ho detto. Ti meriti il meglio, ti meriti tutto ed io ho intenzione di dartelo. Quindi oggi lasceremo i nostri cellulari a casa, saliremo in auto e andremo in un posto speciale. Ho una sorpresa per te.”

“Lasceremo i cellulari a casa? E che succede se la tua famiglia ha bisogno di te?”

“Freya è l’unica a sapere esattamente dove trovarci nel caso ci fosse un’emergenza. E solo in quel caso.”

“Sei sicuro? Con tutto quello che sta succedendo…”

“Sono sicuro.”

Allison gli diede un bacio veloce, poi si alzò. “Allora andrò a fare una doccia. E, so che è una sorpresa, ma puoi darmi qualche indicazione? Giusto per sapere cosa indossare.”

“Bel tentativo” Elijah si alzò a sua volta e le diede un bacio sulla fronte. “Indossa qualcosa di carino, qualunque cosa sceglierai andrà benissimo.” Uscì dalla stanza ed Allison fece un grosso respiro mentre un sorriso le rilassava il viso.

Considerato che non aveva idea di dove stessero andando, pensò che qualcosa di carino dovesse essere anche pratico, così optò per un paio di jeans, un maglioncino chiaro e una specie di mantella che aveva comprato tanti anni prima in una piccola boutique che ora aveva chiuso. Indossò un paio di stivaletti bassi, legò i capelli e dopo una passata leggera di trucco era pronta. Elijah la attendeva in cucina con indosso un paio di jeans scuri, una t-shirt e un giubbino nero. Le sembrò strano non vedergli addosso il solito completo elegante ma trovava quel look rilassato attraente esattamente come l’altro.

“Wow” gli disse con un sorriso avvicinandosi. “Credo che questa sia la seconda volta in assoluto che ti vedo indossare qualcosa di diverso dai tuoi completi. Quantomeno per qualcosa che non sia tirare dei pugni a un sacco o dormire.”

Lui si strinse nelle spalle. “Ho pensato che fosse un abbigliamento più adatto per quello che faremo.”

“Questa sorpresa sta diventando sempre più misteriosa” Allison gli passò le braccia intorno al collo. “Non c’è davvero niente che io possa fare per convincerti a darmi qualche piccolo indizio?”

L’Originale sorrise. “Sono certo che ci sono un paio di cose che potresti fare per persuadermi ma userò tutta la volontà che possiedo per resistere” le diede un bacio, poi le baciò la mano. “Pronta?”

“Pronta.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

Con l’auto e la guida sportiva di Elijah il viaggio durò poco più di un’ora e la destinazione fu Baton Rouge, o meglio… un posto leggermente isolato proprio alle porte della città. Allison non aveva idea di dove fossero, tutto quello che riusciva a vedere intorno erano boschi e di fronte all’auto un edificio dai muri altissimi. Sembrava una specie di prigione ma era quasi del tutto certa che il posto speciale di cui Elijah aveva parlato non fosse un carcere. Quasi…

“Sembra la prigione da cui ho tirato fuori John una volta” commentò richiudendo lo sportello. “Non è una prigione, vero?”

Il vampiro rise mentre la raggiungeva e le prendeva la mano. “Non è una prigione.”

“E che posto è allora?”

“La pazienza non è proprio il tuo forte.”

“Io sono incredibilmente paziente” si difese la donna. “La mia è pura curiosità.”

Elijah spinse un lato di cancello con la mano. “Curiosità che verrà soddisfatta tra qualche secondo. Se volessimo fare le cose per bene adesso dovresti chiudere gli occhi ma so che se ti chiedessi di farlo non lo faresti, quindi.”

La tirò piano e la fece entrare. Allison si ritrovò davanti ad un prato immenso sul quale stavano pronte e colorate più o meno una decina di mongolfiere. Su ognuna di esse, a caratteri neri, c’era scritto il suo nome. “Elijah” mormorò incredula. “Come… come hai fatto a fare tutto questo in una notte?”

Lui le baciò una mano. “In realtà questo avrebbe dovuto essere il tuo regalo di compleanno, fra due settimane, perché so che hai sempre voluto fare un giro in mongolfiera anche se non ne hai mai avuto l’occasione. Ma dopo tutto quello che abbiamo passato ultimamente ho pensato che ci meritassimo qualcosa di speciale adesso, senza aspettare. Faremo qualcos’altro per il tuo compleanno.”

La donna sentì gli occhi riempirsi di lacrime e prima che potesse controllarle alcune vennero giù bagnandole le guance. Elijah le asciugò con un bacio e le sorrise. “Niente lacrime amore mio. Oggi voglio vedere solo sorrisi sul tuo bel viso.”

Allison respirò a fondo quel cambiamento, si sollevò e lo baciò perdendosi nel calore della sua bocca. “Voglio provarle tutte” gli disse staccandosi e lanciando una rapida occhiata alle mongolfiere.

Elijah rise. “Chissà perché lo immaginavo.”

Fu su una mongolfiera rossa che il loro giorno speciale iniziò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** 29. ***


29.

 

 

 

 

 

Dopo le mongolfiere a Baton Rouge era stata la volta di un'altra piccola città della Louisiana; Houma. Lì Elijah aveva preso una camera in un hotel in attesa della cena, che sarebbe stata in uno dei migliori ristoranti italiani dell’intero stato. Allison si era riposata un po’, poi aveva fatto una doccia e una volta uscita aveva trovato sul letto una grande scatola rettangolare dai bordi alti. Sopra un bigliettino scritto a mano dal suo bell’Originale elegante

Vorrei, per favore, che lo indossassi.

Sempre che sia di tuo gradimento ti aspetto di sotto.

 

La donna corrugò la fronte e aprì la scatola; quello che le si presentò davanti fu un bellissimo vestito blu scuro con una fascia in vita e semi aperto sulla schiena. Sotto di esso un elegante cappotto di un bel color sabbia con scarpe abbinate. Piano lo prese e respirò a fondo guardandolo. Il tessuto era morbido e la taglia sembrava perfetta, esattamente il tipo di vestito che lei avrebbe comprato.

Con un sorriso asciugò i capelli che acconciò in morbide onde, poi si tolse l’accappatoio e si vestì. Il vestito le calzò a pennello, lungo fino a poco più su del ginocchio, perfetto insieme alle altre cose che Elijah le aveva regalato.

Un velo leggero di trucco ed era pronta. Lui la aspettava nell’atrio dell’hotel chiuso in un bel completo blu scuro e una camicia più chiara. I capelli pettinati di lato e la cravatta perfettamente dritta, come sempre.

Non la vide subito, ma quando si accorse di lei Allison ebbe la percezione che il suo sguardo si fosse addolcito di colpo. Le piaceva il modo in cui la guardava, esattamente come se non esistesse nient’altro al mondo. L’indomani sarebbero tornati alla normalità e per la prima volta da quando quella giornata speciale era iniziata, ebbe la sensazione che forse quel barlume negli occhi, quella premura, quella devozione incondizionata sarebbero durati anche lontano da mongolfiere e pacchi regalo.

“Wow” mormorò lui facendo qualche passo per andarle incontro. “Sei… perfetta.”

La donna abbassò lo sguardo e facendolo sentì che i suoi occhi si erano riempiti di lacrime. Niente lacrime oggi le aveva detto Elijah, solo sorrisi. Le lacrime di gioia però non valevano giusto? Sperò che fosse così perché dubitava che sarebbe riuscita a trattenerle. “Mi dispiace” gli disse asciugandosi le guance. “È solo che…”

Lui le accarezzò il viso sorridendole dolcemente. “Cosa?”

“Ti ricordi il giorno del nostro primo bacio” Allison si inumidì le labbra e respirò a fondo per riprendere il controllo.

“Sì, certo che me lo ricordo; avevi appena mangiato un gelato e la tua bocca sapeva di dolce.”

Lei rise. “Ti ricordi cosa ti ho detto riguardo ai posti speciali?” Elijah annuì così lei continuò. “Ci credo ancora sai? Che ognuno debba avere un posto speciale che li renda felici. Che sia una casa o un luogo qualunque, o persino una persona.”

L’Originale le baciò una mano. “È bello che tu ci creda.”

“Voglio… voglio che tu sappia che qualunque cosa accada in futuro, io quel posto speciale l’ho trovato” la donna piegò poco il capo. “Amo il modo in cui mi guardi, il modo in cui mi fai sentire. Amo il fatto che tu sappia scegliere un vestito per me, un vestito che mi sta meglio di qualunque altro vestito io abbia mai acquistato, tra le altre cose” ridacchiò. “Amo il modo in cui mi accarezzi la guancia per asciugare le lacrime quando piango, amo il fatto che tu sappia sempre cosa voglio per colazione e amo la tua premura e il modo in cui mi sorridi. Amo il modo in cui mi ami perché mai nessuno lo ha fatto prima di te, non così. Quindi qualunque sia il futuro che il destino ha scritto per noi voglio che tu sappia che amo ogni cosa di te e che sei il posto più felice in cui mi sia mai capitato di vivere.”

Elijah rimase con gli occhi fissi dentro i suoi, non si accorse nemmeno che alcune lacrime gli avevano rigato le guance fino a quando lei non le asciugò con un movimento delicato del pollice. Spiazzato sarebbe stato l’aggettivo giusto da usare in quel momento per descrivere come si sentiva; spiazzato dall’amore che aveva sentito in quella dichiarazione, dal battito del suo cuore che batteva in sincrono con quello della meravigliosa donna che amava. Senza dire niente avvicinò la bocca alla sua e la baciò, stringendosela addosso con delicatezza.

“Io ti amo più di ogni altra cosa al mondo” le disse. “Non sono altro che un’ombra senza di te, non lo sapevo prima di quel bacio al gusto di gelato di tanti anni fa. L’ho saputo solo nel momento esatto in cui le tue labbra hanno toccato le mie e mi sono sentito vivo come mai prima” le accarezzò i capelli facendo vagare lo sguardo dagli occhi alla bocca. “Ti amo più di ogni altra cosa al mondo” ripeté. “Più di ogni altra persona.”

Le baciò la fronte e rimasero così, immobili in quel momento di amore che spazzava via ogni dubbio ed ogni paura.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Il giorno dopo, di ritorno a casa, la normalità decise di lasciare loro un altro po’ di quiete e così il pomeriggio passò tranquillo fino alla sera che invece li rituffò con violenza a quella quotidianità da cui per ventiquattro ore si erano nascosti. La vita vera infatti, quella fatta di drammi e problemi, bussò prepotente alla loro porta dopo cena; aveva il volto preoccupato e pallido di Freya.

“Freya, hey” la salutò Allison aprendo. “Stai bene? Vieni dentro.”

La strega avanzò di qualche passo e si sforzò di sorridere a suo fratello che si era avvicinato per stringerla in un veloce abbraccio. Ad Elijah, ancor più che ad Allison, non sfuggì che qualcosa tormentava la maggiore delle sue sorelle.

“Che succede?” le chiese infatti.

L’altra si passò le mani tra i capelli con fare nervoso, poi scoppiò in lacrime. “Finn” farfugliò singhiozzando. “Lucien l’ha attaccato, l’ha morso e io non so come aiutarlo.”

“Quando è successo?” domandò Elijah allarmato, afferrando la sua giacca e passando ad Allison il cappotto.

“Due ore fa circa. Ho fatto delle ricerche quando Camille è morta, cercato soluzioni ma ho provato tutto ciò che avevo trovato e niente sembra aver funzionato. Non ho abbastanza potere. Morirà Elijah, nostro fratello morirà.”

Pianse più forte e si lasciò andare contro il mobile dietro di lei. Della Freya potente e fiera in quel momento rimaneva soltanto la piccola bambina impaurita strappata alle braccia di una madre indegna e di un fratello che era stato il suo primo amico. Quel fratello che ora stava morendo. Allison diede uno sguardo ad Elijah e dopo avergli baciato il palmo di una mano si avvicinò a Freya e la strinse in un abbraccio che lei ricambiò affondando il viso bagnato di lacrime tra i suoi capelli.

Le balenò in testa un’idea che avrebbe potuto funzionare ma decise di aspettare prima di comunicarla agli altri.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Finn si svegliò di improvviso dopo un sonno disturbato di circa un’ora. Gemette portandosi la mano sulla ferita ed Allison gli si avvicinò con una pezza bagnata.

“Hey” gli disse mettendosi a sedere su un angolo di divano vicino a lui. “Come ti senti?” domandò passandogli la pezza fresca sulla fronte e poi su tutto il viso.

“Ho avuto momenti migliori” borbottò lui chiudendo per un attimo gli occhi. “Dov’è Freya?”

“È insieme ai tuoi fratelli, stanno cercando un modo per aiutarti.”

“E tu sei rimasta qui ad occuparti di me?” il tono di Finn era sorpreso. “Lasciami indovinare, ora mi dirai che lo stai facendo per Elijah e non per me.”

“Sì è vero” confermò lei. “Lo sto facendo per lui e per Freya e per Klaus, Kol, Rebekah. Perché ti vogliono bene, perché sempre e per sempre vale anche per te anche se tu hai sempre pensato il contrario” fece un grosso respiro e bagnò di nuovo la pezza, stavolta gli rinfrescò le mani e le labbra. “Ma più di tutti lo sto facendo per te.”

“Perché?”

“Perché tu odi ciò che sei e Dio solo sa quanto questo senso di inadeguatezza possa far male. Voglio che tu sopravviva così da imparare ad amare te stesso Finn, così da capire che essere un vampiro non fa di te un mostro, non se tu decidi di non esserlo.”

Lui rimase per un attimo in silenzio, il respiro affannato e la mano ancora stretta tra il fresco della pezza e il calore della pelle della cacciatrice. In quegli occhi nocciola vide brillare tutto il fascino di un’anima pura e capì perché tutti la ritenessero così speciale.

“Mio fratello è fortunato” mormorò con un sorriso accennato. “Spero che ne sia consapevole.”

“Lo sono” proprio Elijah gli si avvicinò con Freya e gli altri della famiglia. Allison si fece di lato notando che la giovane strega piangeva ancora, segno che non erano riusciti a trovare nulla se non il coraggio di dire addio. “Fratello…”

“Non importa” Finn capì. “Solo non lasciatemi morire solo.”

“Non sei solo!” esclamò con decisione Klaus poggiandogli una mano sul capo.

“Mi dispiace fratello mio” Freya singhiozzò. “Non ho abbastanza potere e non ho una fonte da cui accingere. Non una che sia potente a sufficienza.”

Allison fece un grosso respiro prima di parlare. “Io forse ce l’ho” sentenziò attirando l’attenzione di tutti. “Credo che dovresti provare ad incanalare il potere della mia anima.”

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Capitolo 30
*** 30. ***


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30.

 

 

 

 

 

“Scordatelo!” Elijah sbatté la porta alle sue spalle e volse lo sguardo prima ad Allison poi a Freya e Klaus. “Freya ha detto che è un incantesimo pericoloso e che non è neppure sicura di poterlo praticare.”

La cacciatrice rimase in silenzio, le braccia incrociate sul petto mentre si mordicchiava nervosamente l’interno della guancia. Gli occhi persi su un punto indefinito del pavimento mentre le urla di dolore di Finn riempivano la casa, e gli occhi degli altri Mikaelson, di smarrimento.

Elijah aveva ragione, l’incantesimo era pericoloso. L’unico che l’aveva praticato due volte su di lei era stato Castiel tanti anni prima e anche lui lo aveva fatto con una certa riluttanza. Allison l’aveva osservato bene quando poi aveva praticato lo stesso incantesimo su Sam. Era complicato oltre che pericoloso ma pensava di potercela fare a ricordare tutti i passaggi.

Non aveva alcuna voglia di soffrire ma Finn stava morendo e quello che gli aveva detto seduta accanto a lui sul divano era vero; voleva che vivesse perché morire con quel senso di inadeguatezza che da tutta la vita si portava dietro non era un bel modo per andarsene. E poi voleva che vivesse perché la sua famiglia aveva già perso troppo e lo amava e lei amava quella famiglia.

Capiva le titubanze di Elijah, le condivideva anche ma credeva che fosse una scelta che spettava a lei più che a chiunque altro. Con un grosso respiro si mise a sedere sotto gli sguardi perplessi di tutti e giocherellò con il suo anello per qualche istante.

“Vostro fratello sta morendo” disse infine. “So quanto pericoloso questo incantesimo è, ma non voglio vedervi perdere nessun altro.”

Elijah si piegò sulle ginocchia e le coprì una parte di viso con una mano. “E ti amo per questo, tutti noi ti siamo grati ma non salveremo un membro della famiglia perdendone un altro.”

“E se funzionasse? Se Freya riuscisse a praticarlo nel modo corretto e potessimo salvare Finn senza alcuna conseguenza per nessuno? Pensaci Elijah… Posso telefonare a Castiel e lui può guidarla passo passo.”

“Castiel è un angelo Allison” intervenne Freya sedendosi accanto a lei. “Anche se mi guidasse secondo per secondo non riuscirei comunque a fare l’incantesimo a modo suo. Non siamo proprio paragonabili.”

“Allora telefonerò a John, lui conosce l’incantesimo ed è un essere umano esattamente come te. Sarai in grado di seguire le sue di istruzioni.”

“Allison” intervenne di nuovo Elijah. Ma lei lo interruppe poggiandogli due dita sulle labbra.

“Mi fido di Freya e ho fede che così potremo salvare Finn” disse. “Ma, solo per farti stare tranquillo, accetterò di prendere il tuo sangue prima di iniziare. Così se le cose dovessero andare storte…”

“Se dovessi morire ti risveglierai come vampiro” concluse Klaus per lei. E gli sembrava un buon compromesso anche se non era certo che Elijah avrebbe accettato. Il suo fratello maggiore aveva tutta l’aria di non essere d’accordo e mentre Freya lo guardava fremendo Allison risolse tutto pronunciando tre semplici parole; regola numero due. L’Ibrido non sapeva cosa fosse, forse una specie di codice tra innamorati, una di quelle piccole cose che lui e Camille non avrebbero mai avuto.

“Okay” mormorò Elijah scuotendo poco il capo, poi rivolgendosi a sua sorella. “Ma Freya, se ti accorgi di non essere capace allora fermati. Promettimelo.”

“Lo prometto!” esclamò lei.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

John Constantine comparve al centro di un cerchio di sale e polvere sepolcrale, o meglio, a comparire fu la sua proiezione astrale. Il suo corpo giaceva disteso sul divano stretto alle braccia di Zed e sotto gli occhi preoccupati di Chas. È  più preoccupato per te che per me a dire il vero aveva detto ad Allison con un mezzo sorriso mentre Elijah la legava ad una sedia in modo che durante l’incantesimo si muovesse il meno possibile.

“John, ricordi esattamente ogni passaggio vero?” gli domandò Freya guardandolo dopo aver studiato tutti gli appunti di Allison e qualcosa proveniente dal grimorio di Esther.

“Ricordo tutto perfettamente, è una maledizione sai, ricordare tutte queste cose oscure” l’uomo volse lo sguardo ad Allison. “Come te la passi Ally? Sei pallida come un fantasma.”

“Sto bene!” esclamò lei ma solo per tranquillizzare Elijah e gli altri. Si sentiva pallida e in fondo credeva di avere tutto il diritto di esserlo, considerato che Freya stava per metterle una mano dentro lo stomaco fino a stringere tra le dita la sua anima. “Mettetemi qualcosa da stringere in bocca. Farà male,”

“Non sei costretta a farlo” le disse Elijah snodandosi la cravatta.

Lei lo guardò e sorrise mentre John diceva a tutti cosa fare e la cravatta scura veniva piegata e inserita tra i suoi denti. Un cenno di assenso e l’incantesimo iniziò. Allison conosceva poco di enochiano ma il suono della formula che Freya pronunciò avvicinandosi a lei, per qualche strana ragione le fece venire i brividi. Castiel non aveva pronunciato nulla ma in fondo, come aveva detto la maggiore dei Mikaelson, lui era un angelo, le cose non erano paragonabili.

Sentiva la mano di Elijah stringere la sua; era fredda e sudata. Il suo bell’Originale non aveva staccato gli occhi dai suoi neppure per un istante, quelli di Finn faticavano a rimanere aperti. Quando il suono iniziò a diventare ovattato capì che era il momento e così si preparò al dolore che sapeva sarebbe arrivato.

La mano di Freya si inserì dentro di lei, attraverso il suo stomaco, con quanta più delicatezza possibile ma il dolore era così grande che sembrava avesse usato tutta la forza di cui era capace. Durò così tanto che ad un certo punto le fu impossibile rimanere cosciente.

La cravatta le cadde di bocca, il capo reclinato all’indietro mentre dal suo naso scendevano lenti rivoli di sangue. Il suo corpo tremava così tanto che Elijah pensò che sarebbe morta, lì in quel momento, legata ad una sedia mentre Freya le toccava l’anima… letteralmente.

“Tenetele su la testa e cercate di bloccare il tremore quanto più possibile!” ordinò quasi John e Klaus affiancò Elijah per aiutarlo. “Avvicinate Finn così Freya potrà prendergli la mano e collegarli.”

Hayley e Kol fecero quello che Costantine aveva ordinato e avvicinarono il vampiro fino alla sedia sulla quale era seduta Allison, incosciente. A quel punto Freya gli afferrò le mani e pronunciando alcune parole collegò il corpo ferito di suo fratello all’energia purissima dell’anima di Allison. Ci fu come un raggio di luce che attraversò la strega partendo dal corpo della cacciatrice e finendo in quello dell’Originale.

Finn si inarcò, poi con un urlò lasciò cadere il capo in avanti e perse i sensi.

“È fatta!” fece sapere loro John.

Hayley si piegò sul corpo privo di sensi. “Il morso sta guarendo, il cuore batte ad un ritmo stabile e normale.”

“Freya” mormorò Klaus attirando la sua attenzione su Allison ancora priva di sensi stretta tra le braccia di Elijah.

La strega si avvicinò e afferrò la mano della sua amica mormorando alcune parole in latino. “Sta bene” sentenziò infine accarezzando la spalla di Elijah. “Dovrebbe svegliarsi tra poco.”

Finn invece si svegliò in quel momento, confuso.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison si risvegliò nel calore e nel profumo del suo letto. Confusa si concesse un attimo per guardarsi intorno, poi con un respiro profondo si alzò e si specchiò cercando di ripercorrere mentalmente quello che era successo. L’ultima cosa che ricordava era la cravatta di Elijah stretta tra i denti, la sua mano fredda… e poi il dolore più forte che ricordasse di aver mai provato. Doveva aver perso i sensi, il che era comprensibile.

Deglutì a vuoto e si diresse in cucina; Elijah era seduto, faccia in giù sul tavolo, la testa tra le mani e di fronte un bicchiere di bourbon. Non si accorse di lei infatti quando parlò, sobbalzò.

“El” gli disse. “Cos’è successo?”

Lui la guardò e solo allora Allison si accorse che stava piangendo. Pensò che non aveva funzionato, tutto quel dolore per nulla… quella speranza. Aveva illuso i Mikaelson che avrebbe potuto funzionare e invece avevano perso loro fratello.

“È morto? Finn è morto?”

“No” si affrettò a spiegarle lui alzandosi e avvicinandosi a lei. “Sta benissimo, ha funzionato. E anche tu stai bene.”

La cacciatrice corrugò la fronte. “E allora perché piangi?”

Elijah si passò una mano sul viso, poi la sua espressione si fece triste. “Non riesco a togliermi dalla testa i tuoi lamenti, non riesco a non pensarci. Ogni volta che chiudo gli occhi continuo a vederti su quella sedia, sofferente pronta a sacrificare te stessa per la mia famiglia, come fai ogni volta. Io non..”

Cadde in ginocchio, Allison si piegò di fronte a lui e lo strinse tra le braccia. “Sto bene” gli disse. “Il dolore è passato Elijah.”

“Per favore” mormorò lui cercando il suo viso per stringerlo tra le mani. “Non voglio mai più vederti soffrire in quel modo né per la mia famiglia né per nessun altro. Ti prego, promettimi che smetterai di sacrificare sempre te stessa.”

“Lo prometto.”

“Se ti succedesse qualcosa ne morirei. Io non posso vivere senza di te, non voglio farlo.”

Allison lo baciò, un bacio lento e dolce. “Lo prometto” ripeté in un sussurro. Elijah la baciò di nuovo, ancora e ancora.

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Capitolo 31
*** 31. ***


31.

 

 

 

 

 

Allison arrivò alla tenuta alle tre di pomeriggio; sapeva che non avrebbe trovato Elijah perché lui e Klaus erano andati a Mystic Falls, alla Armory per la precisione, alla ricerca di un aiuto per sconfiggere Lucien. Ma visto che Freya le aveva chiesto di passare, dopo pranzo e un appuntamento veloce dal parrucchiere ci era andata.

I suoi capelli ora erano corti e più chiari, un bel biondo scuro. Aveva sentito il bisogno di cambiare e visto che le donne iniziano sempre dai capelli, nei momenti di grande cambiamento, si era affidata alle mani di un bravo parrucchiere che era stata la sua amica Valerie a consigliarle.

Il pensiero di Valerie le fece ricordare che doveva fare qualcosa per il Rousseau’s; non ci era tornata spesso dopo che Camille era morta ma forse era il caso che lo facesse visto che da pregiato ristorante di New Orleans si stava lentamente trasformando nella copia elegante di un fast-food. Da quello che le aveva detto una della cameriere, infatti, si servivano solo hamburger perché era tutto ciò che il cuoco sapeva preparare. La cacciatrice si disse che avrebbe dovuto trovare qualcuno all’altezza e farlo alla svelta.

In casa, al suo arrivo, trovò Hayley e Kol nel grande atrio. L’Ibrida stava leggendo qualcosa su un libro che aveva tutta l’aria di essere antico, il vampiro invece sfogliava annoiato una rivista di auto o così le parve di vedere mentre li raggiungeva.

“Ah, eccola qui!” esclamò proprio lui alzando gli occhi su di lei. “La cacciatrice che chiamiamo famiglia.”

Hayley le rivolse uno sguardo veloce, poi tornò a concentrarsi su ciò che stava facendo; Allison si chiese quando le cose tra di loro fossero diventate così… fredde. Non ricordava un litigio né un episodio preciso. Forse era stato semplicemente un insieme di cose a trasformare quella rivalità poi diventata amicizia, in un rapporto, ora, a malapena civile.

“Eccolo qui, l’idiota che chiamo cognato!” esclamò lei per tutta risposta.

Kol rise. “Sempre la risposta pronta, capisco perché agli occhi di mio fratello tu sia così affascinante. Agli occhi di tutti i miei fratelli a dire il vero… da quando lo hai salvato Finn dice di aver cambiato idea sul tuo conto. Se prima voleva ucciderti ora riesce a tollerarti senza problemi” le disse. “Ad ogni modo il tuo Mikaelson preferito non è qui.”

“Lo so” la donna si schiarì la voce. “Freya mi ha chiesto di passare.”

“Neppure lei è qui, ma dovrebbe tornare a momenti. Ti sta bene il nuovo taglio di capelli comunque, mette in risalto il tuo viso. Lo sfina, il che è un bene perché di solito è paffuto...”

Lei sorrise. “Grazie, o almeno credo.”

Hayley ridacchiò. “Hai fatto una capatina dal parrucchiere prima o dopo il tuo pranzo con Tristan du Martel?”

“Quindi parli” Allison si voltò a guardarla. “Credevo avessi perso la lingua. Giusto per soddisfare la tua curiosità, è stato dopo il pranzo con Tristan. Pranzo di cui Elijah è al corrente, se è quello che ti stai domandando.”

“Quello che mi sto domandando, a dire il vero, è come tu possa essere amica di quel folle lunatico.” L’Ibrida si alzò e le si avvicinò.

“Abbiamo alcune cose in comune, prima fra tutte il fatto che entrambi tolleriamo appena la tua presenza.”

“Ahhh!” esclamò Kol. “Uno a zero per la cacciatrice.”

“Sta zitto!” gli intimò Hayley.

Ma lui continuò. “Tranquilla mia bella Ibrida. Anche se Elijah non sapesse del pranzo e finissero per litigare, farebbero la pace molto presto, nel modo più consueto ad ogni innamorato. Noi Mikaelson siamo ottimi amatori, sono certo che mio fratello sa sempre qualche tasto premere per…”

“Chiudi la bocca” lo interruppe Allison. “La mia vita sessuale è affar mio e comunque a lei non interessa sapere queste cose.”

“Hai ragione, non mi interessa sapere i dettagli delle abilità di amatore di Elijah. Le conosco già, le ho già sperimentate… due volte.”

La cacciatrice abbassò per un attimo lo sguardo; conta fino a dieci si disse, non ne vale la pena. “Buon per te” le disse infine inumidendosi le labbra. “Io le sperimento di continuo, l’ultima ieri sera… due volte.”

“E boom! Due a zero per la cacciatrice.”

“Sai, non so proprio quale sia il tuo problema Hayley” Allison ignorò Kol e scosse il capo. “Ricordo che un tempo eravamo amiche e ricordo che nonostante tutto abbiamo sempre saputo rispettarci l’un l’altra. Credevo che, dopo aver riportato Jackson indietro, avresti smesso di incolparmi per la Strige e per tutto il resto ma, ti comporti come se…”

“Io e te non siamo amiche!” esclamò l’altra interrompendola. “E non siamo una famiglia. Capisco però perché tu e Jackson siate così amici. Come con Tristan tu e lui avete alcune cose in comune; siete entrambi delle note a margine nella storia d’amore di qualcun altro.” L’Ibrida si pentì subito di quello che aveva detto, non sapeva nemmeno perché lo avesse detto. Provò a rifletterci e sentì una rabbia montarle dentro. Lo schiaffo che Allison le diede fu la goccia che fece traboccare il vaso e diede inizio ad una vera e propria lite in cui, si accorse, non aveva controllo sulla sua forza e non le importava di averlo.

Doveva ammettere che Allison se la cavava bene, riusciva a tenerle testa nonostante fosse solo un’umana. Ci riuscì fin quando non le morse il braccio con i denti da lupo e gli occhi dorati di furore. Solo allora la cacciatrice urlò di dolore e cadde sbattendo la fronte contro il bordo della fontana di pietra.

Solo in quel momento Kol decise che era il momento di fermarle ma prima che potesse fare qualcosa ci pensò Finn, appena rientrato con Freya, a spingere via Hayley e a mettersi davanti ad Allison ferita e stordita sul pavimento.

“Hayley!” le urlò la strega. “Che cosa stai facendo?”

“Controllati” le disse Finn guardandola. “È solo un essere umano, potresti ucciderla.”

“Non sono io ad avere iniziato” si difese Hayley pulendo il sangue dalle labbra.

“Ma sei tu che finirai, ora!” la voce di Finn era ferma e severa. “Allontanati.”

Hayley lo fece.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Il viaggio a Mystic Falls si era rivelato un mezzo buco nell’acqua; avevano trovato qualche arma interessante ma non c’era certezza che almeno una di esse avrebbe funzionato su Lucien. Elijah doveva ammettere però che la Armory era un posto decisamente… singolare. Capiva perché Allison ne avesse parlato con tanto entusiasmo dopo esserci stata.

Il pensiero della sua bella cacciatrice era l’unica cosa che riusciva a farlo rilassare e mentre fermava l’auto davanti casa dopo aver lasciato Niklaus alla tenuta, sperava di trovarla già lì e ancora sveglia nonostante sapesse che aveva avuto una giornata piuttosto impegnativa. O almeno, era quello che gli aveva detto quando avevano parlato al telefono un’ora prima, quando ad Elijah era sembrata strana quella voce roca.

Sapeva che aveva pranzato con Tristan – non che la cosa gli facesse piacere, anzi… ma quella strana amicizia esisteva e lui doveva rispettarla, per lei – sperava soltanto che la stanchezza che aveva sentito nella sua voce non avesse niente a che fare con quel Lord da strapazzo. Con un grosso respiro si disse che, visto che stava per entrare in casa, era il momento di lasciare le preoccupazioni fuori; era questo il patto che lui ed Allison avevano fatto. La casa è il nostro posto speciale, il nostro posto felice, gli aveva detto lei qualche giorno prima, lasciamo tutto il brutto fuori da oggi in poi. Lui ci stava provando.

“Allison” la chiamò entrando, ritrovandosi davanti Freya, seduta sul divano con una tazza fumante tra le mani. “Freya, che ci fai qui?”

Fu Allison a rispondergli, comparendo dal bagno. “È rimasta per accertarsi che stessi bene. Ho avuto un piccolo incidente, se così possiamo definirlo.”

L’Originale la guardò da capo a piedi, si soffermò prima sul taglio alla fronte, poi sul braccio fasciato. “Che cosa ti è successo?” le chiese con gli occhi lucidi di lacrime, avvicinandosi per stringersela piano addosso.

Lei scambiò una rapida occhiata con Freya, si staccò da Elijah e gli sorrise. “Sono inciampata alla tenuta e ho sbattuto la testa sulla fontana. Mi sono anche fatta qualche graffio sul braccio, Freya mi ha medicata e fasciata” si sollevò sulla punta dei piedi e lo baciò. “Ben tornato.”

Lui le sfiorò con il pollice il taglio sulla fronte. “Su cosa hai inciampato?”

“Ehm…” la donna sembrò rifletterci un attimo e titubò. “Su un giocattolo di Hope. Cose che succedono.”

“Non è vero” mormorò Freya alzandosi ed Allison chiuse gli occhi perché immaginava che sarebbe successo. La maggiore dei Mikaelson non aveva nascosto la sua rabbia e la sua indignazione per il comportamento di Hayley, non si era neppure sforzata di farlo. “Lei ed Hayley hanno litigato ed Hayley l’ha morsa.”

Elijah si irrigidì. “Che cosa?” domandò guardando sua sorella e poi Allison che nel frattempo si era allontanata per prendere un bicchiere di acqua. “Allison…”

“Senti, non è stato niente di che okay? E tra l’altro sono stata io ad iniziare, le ho dato un ceffone, lei ha reagito e la cosa è degenerata. È colpa mia.”

“Neppure questo è vero” intervenne Freya piegando poco il capo, gli occhi poggiati sulla sua amica. “È vero che le hai tirato uno schiaffo ma lo hai fatto perché ha detto alcune spiacevoli cose sul…” spostò gli occhi su suo fratello. “Sulla vostra relazione.”

“Che tipo di cose?” chiese lui. “Allison” la incalzò quando lei non rispose.

“Io non ero presente” chiarì Freya. “Ma Kol ha detto che Hayley era piuttosto agitata. L’ha stuzzicata pesantemente” raggiunse la sua amica e le prese le mani. “Basta Allison. Per troppo tempo ti sei fatta martire per colpe che non sono tue, non te lo lascerò fare più, partendo da questo momento.”

L’Originale elegante incrociò lo sguardo della sua fidanzata; era pieno di lacrime, poteva sentire il suo cuore battere forte, il mento tremare mentre provava a trattenere il pianto. “Vieni qui” le disse allargando le braccia, stringendo forte quando lei ci si rifugiò dentro. La conosceva abbastanza da sapere se era esplosa e aveva colpito Hayley era perché qualunque cosa le avesse detto era terribile.

“Non è niente” lo rassicurò lei staccandosi per guardarlo. “Facciamo finta che non sia successo, okay?”

Lui le baciò la bocca, poi le posò un bacio tra i capelli. “Rimani con lei per favore” disse a sua sorella. “Io tornerò presto.”

“Elijah” gli disse la cacciatrice. “So dove stai andando e perché, ti prego non farlo.”

Ma lui scosse il capo. “Ti amo e ti ascolto. Ma Freya ha ragione… basta Allison.”

Uscì di casa e lei respirò a fondo. Non si spostò quando la sua amica le baciò una guancia e la strinse in un abbraccio. Però pianse.

 

 

 

 

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Capitolo 32
*** 32. ***


kiss

32.

 

 

 

 

 

Elijah arrivò alla tenuta e non si preoccupò neppure di chiudere l’auto. Non gli importava di nulla che non fosse fronteggiare Hayley e mettere in chiaro una volta per tutte che Allison meritava rispetto. Era della famiglia, era la sua famiglia e non avrebbe accettato che venisse calpestata, mai più. E se l’Ibrida non riusciva ad accettarlo allora avrebbe chiuso anche con lui.

Era arrabbiato anche con Allison; gli aveva promesso che mai più si sarebbe messa dietro a qualcun altro eppure se non fosse stato per Freya probabilmente lui non avrebbe mai saputo come erano andate le cose. Anche davanti alle accuse di sua sorella aveva provato a darsi una colpa che non aveva. Elijah credeva di sapere perché e gli faceva male.

“Hayley!” urlò camminando a passo svelto, salendo su per le scale.

“Non urlare” replicò lei facendo capolino dalla biblioteca, seguita da un Klaus perplesso. “Ho appena messo Hope a dormire.”

“Fratello,” gli disse Klaus avanzando verso di lui. “Che succede?”

Elijah lo ignorò e puntò un dito verso Hayley, un furore negli occhi che lei non gli aveva mai visto. “Che cosa ti dice la testa? L’hai morsa e le hai fatto sbattere la testa. Avresti potuto ucciderla.”

Lo sguardo dell’Ibrido Originale si spostò su di Hayley, poi di nuovo su suo fratello. “Credo di essermi perso qualcosa” li invitò a seguirli di sotto ed Elijah li precedette. Una volta nell’atrio si fermarono e di nuovo il maggiore dei Mikaelson fronteggiò Hayley.

“Non hai niente da dire?” le chiese. “La mia fidanzata ha una ferita alla fronte e un tuo morso sul braccio per una lite che a quanto pare hai iniziato tu.”

“È stata lei ad iniziare a dire il vero, quando mi ha dato uno schiaffo.”

“Smettila!” urlò ancora lui. “Sai benissimo che se non le avessi detto quello che le hai detto non avrebbe mai e poi alzato un dito su di te. E sai qual è la cosa divertente? Ha cercato di prendersi la colpa perché non voleva che venissi qui a discutere con te. Ecco la differenza tra te e lei, nonostante tutto lei rimane un animo buono ed umile… tu invece, fatico quasi a riconoscerti.”

Hayley deglutì a vuoto. “Senti, non so cosa mi sia preso okay?”

“Lo so io cosa ti è preso. Sei un’egoista ecco il problema” Elijah abbassò la voce. “La mia felicità proprio non riesci a sopportarla.”

“Non è vero, io voglio che tu sia felice” la donna allargò le braccia. “Ultimamente ho una rabbia dentro che non riesco a controllare. Non ha a che vedere con Allison e mi dispiace di averle fatto male. Sarei venuta a scusarmi con lei dopo aver messo Hope a letto.”

“No, devi stare lontana da lei e anche da me. Mi hai capito?”

“Fermatevi, tutti e due” li interruppe Klaus per poi rivolgersi a suo fratello. “Fermati prima di dire qualcosa di cui potresti pentirti.”

“Non ho più nulla da dire Niklaus” lo rassicurò lui. “Stai lontana da lei Hayley. Oppure io e te avremo un problema.”

Uscì così come era entrato, come una furia e Klaus fece un grosso respiro.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Tieni, dovrebbe aiutarti.”

Allison afferrò il bicchiere che Freya le porgeva e bevve tutto d’un sorso gemendo di dolore mentre si metteva più comoda sul divano. “Grazie Freya. Non solo per l’aspirina.”

“Non c’è problema” le sorrise l’altra. “Ma vorrei chiederti una cosa.”

“Vuoi sapere perché volevo prendermi la colpa di quello che è successo?”

“Proprio non riesco a capirlo. È forse perché credevi che Elijah non avrebbe…”

“Non ha niente a che vedere con Elijah e il suo passato con Hayley” spiegò lei interrompendola. “Proverò a spiegartelo ma non sono certa che capirai, a volte lo capisco a malapena io.”

Freya abbozzò un sorriso. “Mettimi alla prova.”

Allison prese un grosso respiro, abbassò gli occhi sul bicchiere vuoto e ne accarezzò i bordi con un dito. “Un giorno morirò Freya e quando accadrà Elijah avrà bisogno della sua famiglia, tutta quanta. Hayley fa parte della famiglia. È la madre di Hope e lui tiene molto ad entrambe” le disse. “Elijah era fuori controllo, le dirà delle cose che la feriranno e lei per orgoglio non lo perdonerà. Si allontaneranno e inevitabilmente Klaus si allontanerà con lei per via di Hope. Il malumore tra loro due finirà per sgretolare ogni dinamica familiare e lui ha bisogno della sua famiglia. So che mi ama moltissimo ma io non sono abbastanza per lui, non posso sostituire nessuno di voi.”

“Puoi” fu proprio Elijah a parlare ed Allison sobbalzò rendendosi conto che non si era neppure accorta che fosse lì, sulla porta. “L’hai già fatto” continuò lui entrando in casa e avvicinandosi a lei. “Amo la mia famiglia Allison, ma amo te di più ed è tempo che io te lo dimostri seriamente.”

“Sarà meglio che vada” Freya si schiarì la voce e con un sorriso si alzò in piedi.

“A dire il vero vorrei che restassi, sorella. Vorrei che almeno una persona della famiglia fosse qui per quello che sta per accadere.”

Freya scambiò un’occhiata con Allison che nel frattempo si era alzata e tornò a sedersi sul divano confusa. Elijah invece tirò fuori dalla tasca una lettera perfettamente piegata in tre e una scatola di velluto scuro. Tese la mano verso la sua fidanzata e lei la prese in attesa.

“Elijah, cosa sta succedendo?” gli chiese. “Cosa sono queste cose?” domandò indicando la scatola e la lettera poggiate sull’isola della cucina.

“Questo” le disse Elijah aprendo proprio quest’ultima. “È il nostro certificato di matrimonio, serve solo la tua firma e sarai mia moglie.”

La cacciatrice aprì la bocca sorpresa, provò a dire qualcosa ma non riuscì a proferire parola mentre il suo bell’Originale alzava le mani per prenderle il viso.

“Io ti amo” le disse. “Vivrò per sempre e voglio che quel per sempre sia con te. Così ho soggiogato un Giudice di Pace affinchè facesse di noi marito e moglie, non volevo più aspettare.”

Lei sentì alcune lacrime caderle leggere sul viso, le dita grandi di Elijah asciugarle. “Ti sei sposato con me senza di me quindi?” scherzò scoppiando a ridere.

Anche Freya rise ma lo fece tra le lacrime; voleva bene ad Allison, come una sorella e vedere suo fratello con quell’espressione felice le riempiva il cuore di gioia, se la meritava tutta.

“Suppongo di averlo fatto” ragionò lui con un sorriso aprendo la scatolina dentro la quale c’erano due bellissime fedi nuziali; quella di Allison circondata di piccoli diamanti, quella di Elijah classica e nel suo stile. “Posso?” le chiese guardandola. Allison gli porse la mano sinistra e lui fece scivolare sull’anulare la fede, lentamente. “Lo voglio” mormorò.

La donna fece lo stesso e con mani tremanti mise quel cerchio dorato al dito del suo uomo. “Lo voglio” sussurrò senza riuscire a fermare le lacrime.

“Puoi baciare la sposa” sentenziò Freya facendoli ridere.

Lui annuì prima di baciarla. “Sì, posso.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Le risate furono ciò che lo attirarono dritto in cucina. Quei suoni limpidi e divertiti.

Allison e Victoria stavano facendo dei biscotti o quanto meno ci stavano provando quando lui fece capolino dalla porta. Sorridendo intenerito guardò la bambina; era cresciuta così in fretta. Era bastato battere le ciglia un paio di volte e lei aveva già sei anni. Fra qualche mese sarebbe andata a scuola. Incredibile ma vero, era sua figlia. Sua e di Allison.

“Che cosa stanno facendo le mie due signore preferite?”  chiese afferrando la piccola in braccio, facendola ridacchiare.

“Ciao papà!” esclamò lei poggiandogli le mani sporche di farina sul viso. “Io e la mamma stiamo facendo dei biscotti. Ma non sono venuti bene come volevamo.”

Elijah guardò l’impasto disordinato sul tavolo, gli ingredienti sparsi qui e lì. L’infornata di prova mostrava dei cookies dalla forma irregolare e pallidi. “Lo vedo.”

“Hey” gli disse Allison guardandolo. “Non saranno belli ma ti assicuro che sono buoni.”

“Ah” mormorò lui spezzandone un pezzo e mangiandolo. “Sì, in effetti non sono male.”

“Papà” gli chiese la piccola. “Dobbiamo ancora finire la storia che abbiamo iniziato ieri sera. Possiamo farlo adesso? Mentre la mamma continua a preparare i biscotti?”

Lui la mise a terra e le accarezzò i capelli. “Vai a prendere il libro” le sussurrò guardandola mentre lei scappava via come una furia su per le scale. Quando si voltò per guardare Allison lei lo stava già guardando con un sorriso sulle labbra. “Che c’è?”

Lei si strinse nelle spalle. “Ti amo Elijah Mikaelson.”

Elijah le prese il viso tra le mani e la baciò. “Ti amo anche io.”

 

 

Allison fu svegliata di soprassalto dalla vibrazione del suo cellulare. Aprì gli occhi e si accorse che il sole fuori splendeva. Non sapeva che ora fosse e onestamente non le importava; era una donna sposata ad un uomo magnifico che la amava tantissimo. Per quanto le importava il tempo poteva anche smettere di scorrere. Con un sorriso guardò la sua fede, ripensò alla notte appena passata e si alzò. Avvolta in una vestaglia raggiunse la cucina mentre leggeva i messaggi che Lucas le aveva lasciato.

“Buongiorno” le disse Elijah con un sorriso mentre friggeva delle uova.

Lei ricambiò e si avvicinò per baciarlo. “Buongiorno a te, marito.”

Il vampiro rise. “Mi piace il suono che produce.”

“Anche a me” lei sospirò, gli diede un altro bacio e infine si mise a sedere. “Ho ricevuto quattro messaggi da parte di Lucas Roberts.”

“Ah magnifico” Elijah le versò una tazza di caffè. “Sposati da meno di dodici ore e già devo preoccuparmi di altri uomini.”

Allison scosse il capo ridendo. “Lucas è il braccio destro di Tristan, allo stesso livello di Aya. Mi ha aiutata parecchie volte quando ero a capo della Strige, mi ha salvato la vita diverse volte.”

“Perché ti cerca?”

“Mi chiede se posso passare dalla tenuta della Strige perché hanno alcune cose importanti da riferirmi” gli disse. “Non specifica cosa e non dice chi deve dirmi qualcosa ma suppongo che non sia Tristan o mi avrebbe telefonato di persona.”

Elijah si schiarì la voce e tornò ai fornelli.

Allison capì che era infastidito e non se la sentiva di biasimarlo, a ruoli invertiti lei si sarebbe sentita allo stesso modo. “Hey” gli disse abbracciandolo da dietro e baciandogli la nuca. “Non so perché mi cerchino e stavo per chiederti di venire con me a scoprirlo. Ma se non vuoi che ci vada non ci andrò. Tristan è sempre stato buono con me ma tu vieni prima di ogni cosa e se il fatto che siamo amici ti ferisce in qualche modo, ridimensionerò il mio rapporto con lui.”

Lui le baciò una mano, poi si girò a guardarla. “Non devi rinunciare a nulla per me, io ti amo e mi fido di te. Questo è tutto ciò che conta. Ora,” spense il fuoco alla padella nella quale stava finendo di preparare la colazione. “Visto che dobbiamo andare da loro direi che è ora di fare una doccia e prepararsi, quindi andiamo.” La prese in braccio facendola sorridere e con lei raggiunse il bagno.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison ed Elijah arrivarono al quartier generale della Strige alle undici e fu proprio Lucas ad aprire loro la porta.

“Grazie di essere venuta” disse ad Allison facendo strada verso la sala grande dove tutti gli altri vampiri li aspettavano.

“Perché sono qui?” chiese lei senza lasciare la mano di Elijah. “Dov’è Tristan?”

“Non gli abbiamo detto che saresti venuta perché non volevamo che fosse presente” spiegò il vampiro. “Non crediamo avrebbe preso bene ciò che stiamo per chiederti.”

Elijah fece un grosso respiro. “Perché non arriviamo al punto e la smettiamo con tutto questo mistero?”

Lucas annuì, si mise davanti agli altri e incrociò le braccia dietro la schiena. “Parlo a nome di tutta la Strige in questo momento e alla luce di quanto accaduto nell’ultimo anno vorremmo chiederti ufficialmente di essere di nuovo il nostro leader. Per secoli Tristan ha detto di considerarci una famiglia ma ci ha sempre mandato a combattere le sue battaglie mentre lui rimaneva in panchina e noi morivamo per le sue paranoie, tu invece non ci hai fatto combattere inutilmente e, soprattutto, mai ci hai fatto combattere al tuo posto standotene in panchina. Sei stata un capo fiero e coraggioso” spiegò. “A dispetto di quello che la profezia sostiene sappiamo che non faresti nulla che possa cagionare danno al nostro creatore e a dispetto di tutto il resto, crediamo che tu sia il leader più giusto e leale che questa organizzazione abbia mai avuto. Accetti?”

Allison li fissò sorpresa, poi guardò suo marito.

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Capitolo 33
*** 33. ***


NDA: Penultimo capitolo della storia. Sarah98 ti prego perdonami... Buona lettura, Roby.

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33.

 

 

 

 

 

“Non ci starai davvero pensando vero?” Elijah fece un grosso respiro mentre Allison si metteva a sedere sul divano della stanza in cui la Strige li aveva fatti accomodare in attesa che lei prendesse una decisione. Capiva perché fosse così perplesso, perché le stesse chiedendo se davvero ci stava pensando.

Se lo stava domandando anche a lei a dire il vero. Voleva davvero tornare a capo della Strige? L’unica volta in cui aveva preso il comando le era quasi costato la sua relazione con Elijah, l’uomo che ora era sua marito. Sposati da meno di dodici ore e già devo preoccuparmi di altri uomini le aveva detto lui a colazione. A lei ora veniva da dire sposati da meno di ventiquattro ore e stiamo già per litigare, per la Strige poi…

“Se lo stessi facendo sarebbe un grosso problema per te?” gli domandò cercando il suo sguardo. “Sii onesto, ti prego.”

L’Originale elegante fece un grosso respiro. “È già successo Allison. Hai preso il comando e io e te siamo… siamo andati a rotoli.”

“Ma siamo ancora qui El” Allison si alzò e lo raggiunse per prendergli le mani. “E siamo più uniti che mai. Ascolta…” fece un grosso respiro. “Non prenderò questa decisione a cuor leggero anche perché non capisco cosa stia succedendo. Voglio dire perché io? Perché ora?”

Elijah fece vagare lo sguardo prima di posarlo su di lei. “Ma vuoi pensarci non è vero?”

“Mi piacerebbe pensarci sì e mi piacerebbe confrontarmi con te e con il resto della famiglia. Con Klaus ed Hayley, soprattutto con loro visto che ora che la discendenza di Klaus non è più collegata a lui migliaia di nemici arriveranno da ogni dove. Voglio che Hope sia al sicuro e al comando della Strige potrei assicurarmi che tutti lo siamo.”

L’Originale la guardò per un lungo istante. Era diverso ora e lo sapeva ma non riusciva a togliersi dalla testa il momento in cui, un anno prima, lei si era tolta l’anello e lui aveva creduto che fosse per sempre.

 

 

Allison arrivò alla tenuta giusto in tempo per vedere Elijah distruggere un paio di sedie che lanciò contro il muro senza esitazione. Freya stava scendendo giù per le scale in fretta per raggiungere il suo solitamente calmo fratello che ora sembrava furioso.

“Che succede?” chiese ad Allison.

Lei sospirò avvicinandosi di qualche passo ad Elijah. “Elijah, non ha preso molto bene una notizia dell’ultima ora.”

“Non hai idea di che cosa hai fatto!”

“So esattamente cosa ho fatto” gli disse lei. “E ho scelto di farlo di mia volontà.”

“No” mormorò lui scuotendo il capo, prendendole delicatamente il viso tra le mani. “Tu non sei così, non sei questa.”

“Lo sono adesso Elijah” lei si liberò dalla presa. “Ascolta, non sono qui per giustificarmi con te, sono qui per chiederti di rispettare la mia decisione. Sono qui per chiederti di accettare questa nuova… situazione.”

“Era questo che intendevi quando te ne sei andata? Quando mi hai detto che al tuo ritorno tutto sarebbe cambiato, era a questo che ti riferivi? Tu, la donna che amo, che si allea con le persone che vogliono rinchiudere me e la mia famiglia chissà dove usando un magico amuleto? Con le persone che ci minacciano da mesi? Che minacciano te…”

“Non mi sono alleata con loro, Elijah. Ho preso il comando perché voglio provare a risolvere le cose, a…”

“Questo non risolve assolutamente nulla!” urlò lui interrompendola. “Questo cambia tutto e non in meglio, per nessuno di noi.”

“Perché non puoi semplicemente fidarti di me?” stavolta fu il turno di Allison di urlare.

“Perché non sai quello che stai facendo. Hai salvato quel folle di Tristan. Lo stesso Tristan che ha strappato il cuore a Jackson, lo stesso Tristan che è venuto a minacciare me e la mia famiglia dentro la mia casa! Perché l’hai fatto? Sei innamorata di lui per caso?”

Allison scosse il capo, poi rise nervosamente. “Non posso credere che tu mi stia chiedendo una cosa del genere” gli disse. “Ma lascerò correre perché sei arrabbiato e si dicono cose stupide quando si è arrabbiati. Non proverò neppure a spiegarti perché ho fatto quello che ho fatto, perché dubito che capiresti. Quello che voglio sapere è se puoi o meno accettare il mio cambiamento. Se puoi provare a fidarti di me in tutto questo.”

Lui scosse il capo. “Come posso farlo? Se stai con la Strige stai contro la mia famiglia.”

La donna abbassò per un attimo lo sguardo, si tolse l’anello e lo poggiò sul tavolino che era rimasto, miracolosamente, intatto.

“Tutto quello che volevo era far parte di quel sempre e per sempre che ti sta tanto a cuore. Ci ho provato ma evidentemente non c’è posto per me, neppure adesso, neppure dopo tutto quello che abbiamo passato” gli sussurrò. “Ti auguro di essere felice, te lo auguro con tutto il cuore.”

Elijah serrò le mascelle, sentiva una rabbia grandissima dentro. Ma più che altro sentiva un grande senso di vuoto.

 

 

Chiudendo gli occhi la baciò tenendole il viso tra le mani. “Non voglio litigare per questo” le disse guardandola negli occhi. “Hai ragione, dobbiamo parlare con il resto della famiglia.”

Lei sorrise, poi sospirò quando il suo cellulare prese a squillare. “È Mary, mi chiede se posso andare da lei, dice che è urgente ma non grave.”

“Pensi di potertela cavare da sola? Mary non mi trova molto simpatico.”

Allison rise. “Sì, penso di potercela fare. Tu vai alla tenuta, io ti raggiungo appena finisco.

Lui annuì, le diede un altro bacio e se ne andò.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Questa davvero non me la aspettavo.” Freya bevve un sorso dal suo bicchiere poi ridacchiò sorpresa. “Chi l’avrebbe mai detto che una congregazione di vampiri avrebbe scelto una cacciatrice come leader un giorno… anche se devo ammettere che non sono sorpresa che tra tutte le donne si tratti proprio di Allison.”

Elijah annuì impercettibilmente, lo sguardo perso al di là della finestra, nella sera di New Orleans. Neppure lui era sorpreso ma tutta quella storia gli creava qualche problema e avrebbe mentito se avesse detto il contrario. Aveva il sospetto che  fosse tutto un meschino piano di Tristan per tenerla vicino. In fondo avrebbe avuto senso; tutti sapevano quanto fosse ossessionato da lei.

Senza accorgersene si ritrovò a giocare con la sua fede nuziale attirando l’attenzione di Klaus che lo fissò perplesso. “Bell’anello” gli disse. “È nuovo per caso?”

Il maggiore dei Mikaelson guardò suo fratello, poi la fede per un istante. “Giusto, Freya qui è l’unica a sapere.”

“Sapere cosa?” domandò Kol bevendo del bourbon.

L’Ibrido sorrise. “Da quel che vedo nostro fratello indossa una fede nuziale al dito, immagino che la nostra bella cacciatrice ne abbia una uguale al suo di dito. Congratulazioni fratello, dovremmo festeggiare.”

“Magari in un altro momento Niklaus” Elijah accennò un sorriso. “Ma grazie.”

Fu in quel momento che Jackson entrò nella stanza e si guardò intorno perplesso, sotto gli sguardi ancora più perplessi dei presenti.

“Jack?” domandò Hayley arrivandogli alle spalle con Hope appena svegliatasi. “Che ci fai qui?”

Lui si schiarì la voce cercando di non guardare la donna. “Allison mi ha inviato un messaggio, mi ha chiesto di venire.”

Elijah guardò Klaus, si alzò e raggiunse il lupo. “È strano, soprattutto considerando che lei è andata nel Bayou perché tua nonna le ha chiesto di raggiungerla.”

“Mia nonna è fuori città e ci resterà per un’altra settimana almeno” spiegò Jackson. “Che sta succedendo?”

“Credo sia il caso di scoprirlo.” il maggiore dei Mikaelson uscì di casa seguito da Jackson e Klaus.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Mary!” Allison la chiamò a gran voce entrando dentro casa. “Sei qui?”

Le risposero, ma non fu la donna a farlo. “Mary non è in casa!”

“Tristan?” la cacciatrice lo guardò. “Che ci fai qui? Dov’è Mary?”

L’altro si strinse nelle spalle. “Non ne ho idea a dire il vero ma sapevo che se ti avessi telefonato non saresti venuta quindi mi sono spacciato per qualcun altro.”

La donna si guardò intorno. “Come hai fatto ad entrare?”

“Ho chiesto ad una delle streghe della Strige di aiutarmi con quella storia dell’invito e l’ha fatto. Vedi, a dispetto di quello che tu credi ci sono ancora  soldati leali all’interno della mia organizzazione ed è da loro che ricomincerò una volta che avrò fatto ciò che devo.”

“Tristan, che sta succedendo?”

Lord du Martel rise. “Dimmelo tu. Non eri tu quella che un’ora fa circa confabulava con il mio braccio destro per diventare il leader della mia organizzazione?” fece qualche passo avanti ed Allison indietreggiò fino a che le fu possibile. Finì con le spalle al muro. “Ti hanno vista arrivare mano nella mano con… tuo marito giusto?”

Allison fece un grosso respiro e chiuse gli occhi per un attimo. “L’hai saputo.”

“Sì l’ho saputo. Dall’uomo che ti ho assegnato per la tua sicurezza.

“Mi dispiace, non volevo che lo sapessi così. Volevo essere io a dirtelo.”

“E credi che avrebbe fatto meno male?” urlò il vampiro per poi riprendere il controllo. “Ho fatto qualunque cosa per te. Ho ucciso mia sorella per te. Ti ho amata con tutto me stesso e tu hai comunque sposato Elijah Mikaelson. Voglio sapere perché.”

“Perchè lo amo.”

Tristan rise abbassando lo sguardo ma rimanendo fermo lì dove poteva bloccarle il passaggio. “Ah l’amore. La più grande tra le debolezze” con un gesto rapido e un repentino cambio di espressione la afferrò per il collo e la tenne ferma. “Non volevo arrivare a questo, ma non mi hai dato altra scelta.”

“Vuoi uccidermi Tristan?” la donna cercò di non agitarsi troppo, la presa intorno al suo collo era fitta, un movimento sbagliato e sarebbe finita. “Coraggio, fallo.”

“Io volevo solo che tu mi amassi.”

Allison provò a respirare a fondo. “Non puoi scegliere chi amare Tristan. Se si  potesse sono piuttosto certa che tu non ameresti me.”

“Sì invece” lui mollò la presa del collo e le accarezzò il viso. “Ti amerei sempre e comunque. Ma sono certo che tu sceglieresti Elijah sempre e comunque” gli occhi gli si riempirono di lacrime. “Non mi importa della Strige né del loro tradimento, voglio solo… te.”

“E puoi avermi, come amica. E niente di più. E se non ti sta bene allora” la cacciatrice gli prese la mano e se la rimise intorno al collo. “Uccidimi pure Tristan, perché se per vivere devo smettere di amare Elijah allora preferisco morire.”

Il vampiro la guardò per qualche secondo. “Mi dispiace” le disse lasciando cadere qualche lacrima. “E ti amo. Ma se non posso averti allora nessuno ti avrà.”

“Hey!” urlò Jackson dalla soglia della porta, gli occhi dorati del lupo. “Non ricordo di averti invitato in casa mia. Lasciala andare e vattene.”

“Sparisci lupo” gli disse Tristan, “prima che ti uccida… di nuovo.”

“Ho detto di lasciarla andare.”

Tristan si spostò poco, senza mollare la presa su Allison diede le spalle all’uscita che dava sul fiume. “Vattene, o muori.” Disse a Jackson pochi secondi prima che  il suo corpo si irrigidisse mentre la mano di Elijah gli entrava dentro il petto. Allison fu libera di muoversi e allontanandosi lo guardò.

“Avresti dovuto ascoltarlo e soprattutto non avresti mai e poi mai dovuto alzare le tue luride mani su di lei” disse Elijah tenendo il suo primo vampiro fermo con l’altra mano. “Ti ricordi quando qualche tempo fa abbiamo giocato a scacchi? Eri così tronfio, così pieno di te mentre blateravi di cose che non ti riguardavano. E che ancora ora non ti riguardano” uno sguardo ad Allison che annuì impercettibilmente. “Scacco matto Tristan.” Estrasse la mano ed Allison chiuse gli occhi per non guardare mentre il corpo di Tristan cadeva a terra privo di vita, il suo cuore stretto tra le dita di Elijah. L’Originale lo lasciò cadere accanto al cadavere e si ripulì avvicinandosi ad Allison. “Stai bene?” le domandò.

Lei lo abbracciò forte, sulla soglia della porta che dava sul fiume vide Klaus che li guardava con un sorriso accennato. “Ti amo” sussurrò.

Elijah le baciò il capo. “Anche io ti amo. Andiamo a casa.”

Allison però indietreggiò e si portò una mano al viso scoprendo che il naso le sanguinava. “Io non…” un urlo mentre si portava le mani alla testa cercando di fermare il dolore più forte che avesse mai provato.

“Allison” le disse Elijah prendendola tra le braccia. “Hey, guardami.”

Lei ci provò, poi chiuse gli occhi e il dolore svanì.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 34
*** 34. ***


Eccoci alla fine della storia. Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate.
Roby

prom

34.

 

 

 

 

 

John tirò fuori dal suo vecchio borsone tutte le cose che gli erano necessarie, fece cenno a Chas di controllare la porta e l’uomo lo fece bloccandola infine con una sedia e chiudendo le veneziane alla vetrata.

Constantine strofinò le mani l’una contro l’altra e fece un grosso respiro guardando il viso pallido e immobile della sua amica. Quando aveva ricevuto la telefonata aveva respirato a fondo ma non era rimasto sorpreso. Da settimane qualcosa continuava a pesargli sullo stomaco; un presentimento, una brutta sensazione e anche se non credeva che potesse avere a che fare con Allison un po’ se lo aspettava. La situazione però era ancora più tragica di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Mentre la bella cacciatrice se ne stava addormentata su quel letto di ospedale, con medici ignari di cosa le stesse succedendo, New Orleans era diventata un campo di battaglia.

Tra morti e sconfitte John era piuttosto sicuro che una volta sveglia Allison avrebbe preferito rimanere addormentata o peggio ancora… doveva fare in fretta oppure non sarebbe riuscito a farle dire addio. Lei non glielo avrebbe mai perdonato e lui non avrebbe perdonato se stesso per non averle concesso quella ultima possibilità.

“Freya vuole sapere a che punto siamo” gli disse Chas controllando qualcosa sul suo cellulare. “John?” chiese.

L’altro sospirò e chiuse gli occhi tendendo le mani in avanti, posizionandole all’altezza del petto di Allison. “Dille che saremo lì in mezz’ora al massimo.” Disse al suo amico. Poi si concentrò. Quell’incantesimo era insidioso, una parola anche solo pronunciata nel modo sbagliato e invece di guarire la sua amica sarebbe morta. Non l’aveva detto a Chas e neppure a Freya o agli altri perché aveva pensato che non c’era bisogno di angosciarli, lui non avrebbe sbagliato. Jonas Leandro gli aveva fatto conoscere quella formula ma era morto prima che potesse insegnargli come usarla davvero nel migliore dei modi. Imparerai da solo, sei più sveglio di quanto non sembri gli aveva detto, Allison aveva annuito con un sorriso.

Un’altra volta la formula e poi poggiò la punta di due dita sulla fronte della cacciatrice sperando che funzionasse. Passarono alcuni istanti e infine lei aprì piano gli occhi e li richiuse un paio di volte, prima di mettere a fuoco il suo volto.

“John?” domandò confusa girandosi dall’altra parte. “Chas… che ci fate qui?” si alzò a sedere sul letto e deglutì a vuoto. “Che sta succedendo? Dove sono?”

I due uomini si scambiarono un’occhiata. “Sei in ospedale.”

“Perché? Dov’è Elijah?”

Constantine raccolse le sue cose. “Andremo da lui tra un attimo. Qual è l’ultima cosa che ricordi?” le chiese passandole dei vestiti puliti.

Lei sembrò fare il punto. “La Strige. Mi hanno chiesto di essere il loro capo e poi Tristan… Tristan voleva uccidermi, Elijah ha ucciso lui e poi… poi più niente. John, che diavolo sta succedendo?”

“Te lo racconto mentre ti vesti.” L’uomo fece cenno a Chas ed entrambi le diedero le spalle. Lei iniziò a cambiarsi. “Gli Antenati hanno provato ad usarti come arma per uccidere Elijah e tutta la sua famiglia. Hanno giocato con la mente di tutti; quella di Hayley, aumentando la sua aggressività, quella di Kol aumentando la sua fame… la tua in tanti modi diversi. Hai resistito con tutte le tue forze fin quando la tua mente non ce l’ha più fatta e sei finita in coma per un mese. Anche Kol ha ceduto e ha ucciso la sua giovane fidanzata.”

“Davina è morta?” la voce di Allison era confusa. Lo prese piano per un braccio e John capì che potevano voltarsi di nuovo. Annuì.

“Sì, hanno consacrato il suo corpo e con l’aiuto di Freya l’hanno messa in una specie di limbo mentre preparavano tutto per riportarla indietro. Solo che provando a riportarla indietro Freya si è resa conto che poteva usare l’energia mistica di quel sigillo che la teneva a metà tra i due mondi per riportare Lucien alla sua forma di semplice vampiro e ucciderlo. E così l’ha fatto.” Le raccontò. “Per farlo però ha dovuto sacrificare Davina e Marcel non l’ha presa molto bene.”

Allison si portò una mano alla bocca. “Oh mio Dio…”

“Non è tutto” le fece sapere John mentre Chas liberava il passaggio e li precedeva fuori dall’ospedale. “C’era un’altra fiala di antidoto per diventare un Ibrido 2.0 e alimentato da una folle sete di vendetta Marcel l’ha bevuta. Così quando Elijah lo ha ucciso è rinato come…”

“Elijah ha ucciso Marcel?” la cacciatrice si fermò, sentiva il respiro mancarle. Non ricordava di aver mai avuto un risveglio più traumatico di quello.

“Sì, credeva che fosse la cosa giusta da fare per proteggere la sua famiglia ma il punto è che invece era la cosa peggiore che potesse fare. Infatti, una volta sveglio e potenziato la prima cosa che Marcel ha fatto è stata mordere Kol e anche Elijah.”

“No” Allison scosse energicamente il capo. “No, no, no. Dov’è?”

“È ancora vivo, lui e gli altri ci stanno aspettando. Ci sono anche i Winchester e Castiel, tuo fratello sta arrivando, o forse è arrivato mentre parliamo.”

Lei gli si avvicinò, aveva il viso sconvolto, tremava. “John, dobbiamo andare subito, posso aiutarli, come ho fatto con Finn.”

“No non puoi, quell’incantesimo non si ripeterà, è troppo pericoloso. Io e Freya abbiamo un piano, ma te lo racconto quando arriviamo lì. Sali in macchina ora.”

Allison salì.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Elijah fece un grosso respiro trattenendo a fatica un gemito. Il dolore era incredibilmente forte, il morso sul suo braccio bruciava come l’inferno e per quanto volesse chiudere gli occhi e lasciarsi andare non poteva. Non prima di rivedere sua moglie almeno un’ultima volta.

Sua moglie… quella parola gli suonava così strana e al contempo così meravigliosa associata alla bella cacciatrice dagli occhi nocciola. Odiava di non poter essere lì in ospedale con lei come aveva fatto per un intero mese, ogni giorno, ogni minuto che aveva potuto. Da quello che Freya gli aveva detto se era finita in quel letto, addormentata, era stato perché aveva resistito al controllo degli Antenati, perché aveva fatto resistenza al loro potere con tutta se stessa, senza nemmeno rendersene conto, per proteggere tutti loro.

La sua bellissima e coraggiosa Allison… “Ti amo più di ogni altra cosa al mondo…” mormorò mentre la sua mente vagava, perdendosi in un ricordo.

“Elijah” gli disse Hayley avvicinandosi, con una pezza bagnata per rinfrescargli il viso sudato e bollente. “Come ti senti?”

Lui aprì e richiuse gli occhi un paio di volte. “Stavo ricordando qualcosa… qualcosa di bello.”

L’Ibrida gli sorrise. “Allison sarà qui a momenti, John ha detto che l’incantesimo ha funzionato, è sveglia e sta arrivando.”

Elijah sorrise. “Devi dirle una cosa per me, nel caso non sopravvivessi fino al suo arrivo. Devi dirle che lei… lei è il mio posto felice. Lo è sempre stato, e che se avessi un altro milione di anni da vivere lo sarebbe sempre e per sempre…”

Hayley si asciugò gli occhi. “Lo farai tu stesso.”

“Promettimi che glielo dirai, se non dovessi resistere fino al suo arrivo.”

“Sono qui” disse proprio Allison raggiungendolo e piegandosi sulle ginocchia per guardarlo negli occhi. “E tu non stai andando da nessuna parte. Non azzardarti a morire Elijah Mikaelson, o ti giuro che non te lo perdonerò.”

L’Originale si piegò poco in avanti e le loro labbra si incontrarono per un lungo istante. “Mi dispiace” le disse. “Mi dispiace di non esserci stato quando hai aperto gli occhi.”

Lei lo baciò di nuovo, poi lo aiutò ad alzarsi dalla sedia e a raggiungere il divano, dove stava Kol, scosso da un tremito e pallido. Senza dire nulla si guardò intorno notando che si respirava paura e apprensione in quella stanza. I Winchester e Castiel non avevano idea di cosa fare, Matt andava avanti e indietro inquieto provando ad intrattenere Hope. Non avrebbe saputo dire perché ma il suo sguardo si posò su Hayley; aveva la strana sensazione che molto sarebbe dipeso da loro due alla fine.

Fece un grosso respiro, poi mentre il corpo di Elijah si inarcava di dolore, il suo naso cominciò a sanguinare e la testa a girarle. Sul suo braccio si formò un segno della stessa grandezza del morso su quello del vampiro.

“Che cos’è quello?” le chiese Sam avvicinandosi e girando il braccio per guardare meglio. “Allison?”

“Ti prego” le disse John scuotendo il capo. “Dimmi che non sei stata così folle da collegare la tua vita a quella di Elijah.”

“Mi conosci John, follia è il mio secondo nome.”

“Maledizione!” esclamò. “Perché devi sempre comportarti come un martire?”

“Quando hai collegato la tua vita alla sua?” domandò Freya guardandola.

“Quando ho capito che la profezia di cui parlava la Strige era vera, un anno e mezzo fa circa.”

“Perché?”

“Perché lo amo e se lui muore per me vivere non ha senso” confessò la cacciatrice. “Ti prego Freya, fai quello che hai fatto quando abbiamo aiutato Finn, non posso lasciarlo morire.”

“No” Elijah si mise in piedi a fatica e la raggiunse. “Mi hai fatto una promessa Allison, dopo che abbiamo salvato Finn. Non puoi infrangerla.”

Lei pianse. “Elijah…”

“Me lo hai promesso” ripeté lui accarezzandole il viso. “Rompete questa connessione” disse a John. “Per favore.”

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Constantine si accese una sigaretta dopo aver raccontato il piano a cui lui e Freya avevano pensato. Anche Rebekah e Klaus si erano uniti a loro, dopo essere stati da Marcel ed essere tornati senza buone notizie. Ogni tentativo di negoziazione era fallito.

“Fammi capire” disse Allison asciugando la fronte di Elijah. “Volete creare una Chambre de Chasse e confinarli lì dentro fin quando non troveremo una cura?”

“Esatto” fu Freya a rispondere. “Rebekah non è stata morsa ma la maledizione che la Strige le ha inflitto è tornata a tormentarla quindi anche lei sarà confinata con noi. Lascerò delle istruzioni su come svegliarmi quando sarà il momento.”

“E Finn?”

“Lui è dall’altra parte dell’oceano, questo è un incantesimo di sangue, non userò il suo quindi non sarà coinvolto.”

La cacciatrice diede un sguardo ad Elijah e a Kol, infine poggiò gli occhi su Castiel. L’Angelo se ne stava in un angolo, mortificato di non aver potuto fare nulla per aiutarli, rimpiangendo i tempi in cui era potente. Allison però non se la sentiva di biasimarlo, non aveva colpe e anche se non poteva curare quel morso avrebbe trovato il modo di aiutare, ne era certa.

Sei la donna più forte che conosco, puoi farcela. Ti amo le aveva detto Elijah durante un momento di calma dal dolore. Lei non ne era sicura ma ci avrebbe provato. Gli baciò la fronte e si alzò. “A cosa li collegherete per tenerli in vita?”

“A me” avanzò Klaus. “Marcel non mi ucciderà, sarà anzi ben lieto di tenermi in vita e torturarmi per i secoli a venire.”

“Va bene” Allison si passò una mano tra i capelli e prese il comando. Si avvicinò ad Hayley e le sorrise. “Hope ha la priorità ma so che se ti chiedessi di lasciare la città con lei non lo faresti quindi ecco cosa faremo.” Si voltò a guardare gli altri e lo fece tenendo la mano di Hayley tra le sue. “Dean, tu e Sam prendete Hope e portatela a casa mia a Los Angeles," raggiunse la sua borsa e tirò fuori la carta di credito che diede al minore dei Winchester. “Hayley vi darà una lista di tutto quello che serve alla piccola. Una volta a casa, aprite il mobile all’entrata, ci troverete un taccuino. Cercate il numero di Mike Vitucci e ditegli che avete bisogno di assistenza. Ditegli che siete miei amici.”

“Chi è Mike Vitucci?” domandò Dean.

“È un vampiro ed è anche un mafioso. È a capo di un gruppo di esseri soprannaturali; vampiri, mutaforma, licantropi… un piccolo esercito.” spiegò Matt.

“Mafia soprannaturale” parlò Kol ed era la prima volta che parlava sembrando così lucido. “Non smetti mai di sorprendermi Allison Morgan.”

Abbozzarono tutti un sorriso, nonostante tutto, poi Allison riprese la parola. “Matt, la Strige ha alcuni jet privati, ho bisogno che tu raggiunga Lucas alla tenuta e gli spieghi quello che sta succedendo. Digli che accetto di essere il capo e digli che deve tenere un jet pronto. Quando saranno addormentati metteremo Elijah e gli altri nelle loro bare e tu li porterai con la Strige e i loro mezzi a casa. Non quella di Los Angeles.”

“Capito!” esclamò suo fratello.

“Cass, ho bisogno che tu rintracci Crowley, digli che il piccolo esercito di Marcel ha bisogno di un po’ di distrazione. Dopodiché raggiungi il Bayou, chiedi di Jackson o Mary e di’ loro che devono lasciare la città, subito. Marcel probabilmente non si farà scrupoli ad uccidere chi ci sta a cuore per arrivare a noi.”

“Consideralo già fatto.”

La donna raggiunse Klaus. “Tornerò a prenderti Klaus, hai la mia parola.”

Lui le sorrise. “So che la manterrai, guerriera” volse lo sguardo ad Hayley e annuì impercettibilmente. “Prenditi cura di mia figlia e di sua madre nel frattempo” disse ancora ad Allison. Un saluto ai suoi fratelli ed era fuori dalla stanza.

 

 

 

 

 

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Allison diede una rapida occhiata all’orologio da parete; segnava le ventitré di una notte in cui fuori pioveva a dirotto e dentro il suo cuore ancora di più. Voleva piangere ma aveva promesso di essere forte e avrebbe mantenuto la parola data all’uomo che amava.

Quello stesso uomo che giaceva addormentato, il capo reclinato indietro e l’aspetto fragile che lei non sapeva neppure potesse avere. Le ultime parole che le aveva detto prima di chiudere gli occhi erano state non ti ho ancora detto che mi piace il tuo nuovo taglio di capelli. Ti amo, sempre e per sempre.

Nel momento in cui lo aveva sentito la donna si era promessa una cosa; non importava quanto tempo sarebbe servito, avrebbe trovato un modo per sistemare tutto. O meglio, lei ed Hayley lo avrebbero trovato. Si voltò a guardarla e le strinse una mano.

“Sistemeremo tutto” la rassicurò, ma si accorse che stava provando a rassicurare se stessa. L’Ibrida ricambiò la stretta annuendo.

 

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FINE

 

 

 

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