Flat Mate - Domicilio provvisorio (almeno spero)

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Apartment #1 ***
Capitolo 2: *** Apartment #2 ***
Capitolo 3: *** Apartment #3 ***



Capitolo 1
*** Apartment #1 ***


APARTMENT #1





 
Gli lanciò un'occhiata truce da sopra il barattolo di Nutella, mentre affondava il coltello nella morbida crema marrone, la fetta biscottata pronta in mano.
«Che hai da fissarmi?»
Law sollevò un sopracciglio. «Non starai esagerando?»
Un lampo omicida accese gli occhi di Koala.
Con calma, lasciò andare coltello e posò la fetta biscottata. «Chi ha bruciato le lasagne ieri sera, obbligandoci a mangiare cereali per cena?»
Law sostenne impassibile il suo sguardo prima di tornare a mescolare il proprio caffè, mescolare con cosa era un mistero visto che lo prendeva amaro. «Buona colazione.»
 

 
§

 
«Non ci credo!» esclamò Koala ridendo, mentre Robin si portava una mano alle labbra, gli occhi accesi dal divertimento.
«Oh non sto scherzando! È documentato!» insistette Cora, beatamente ignaro dello sguardo omicida che suo figlio gli stava lanciando dalla porta del salotto. Già che fosse piombato lì senza preavviso, per quanto piacere gli facesse rivedere il suo vecchio e stare con lui, lo aveva destabilizzato parecchio. Ma mettersi anche a raccontare imbarazzanti aneddoti sulla sua infanzia alle sue due sadiche, vendicative coinquiline dalla memoria decisamente sviluppata andava oltre ciò che un figlio quasi trentenne poteva tollerare.
«Papà, come mai non lavori oggi?» entrò deciso nella stanza, ponendo la prima domanda che gli venne in mente. Qualsiasi cosa pur di silenziarlo anche solo per un attimo.
«Avevo delle ferie da smaltire. E tua madre è al lavoro così ho pensato di venire a farti una sorpresa!» allargò le braccia Cora mentre Koala si alzava dicendo che doveva andare a prendere qualcosa da qualche parte.
Law lo osservò diviso tra la voglia di abbracciarlo e quella di strozzarlo. Voleva bene a suo padre, un bene dell'anima, era il suo modello, il suo mentore, la sua forza. Solo che...
«E di quella volta che, sonnambulo, ha fatto pipì nel bidone della spazz...»
«Papà vuoi fare silenzio?» non riuscì a trattenersi Law, proprio mentre Sabo entrava dalla porta d'ingresso e incrociava Koala nel corridoio.
«Che succede?» domandò perplesso, spostando lo sguardo dalla sala a lei alla sala.
Koala si girò a sua volta verso il quadretto padre-figlio con aria cospiratrice. «Ti ricordi quando tuo padre e mia madre sono venuti a farci un'improvvisata e Law si è divertito un sacco e li ha invitati a cena e ha anche cercato di convincerli a fermarsi a dormire?»
«Difficile dimenticarlo.»
«È arrivato il giorno della vendetta. Andiamo a prendere la telecamera mentre Robin li tiene occupati.»
 

 
§

 
«Ragazzi! Ma la mia camicia portafortuna che fine ha fatto?»
Law, le braccia stese sullo schienale del divano, Koala, rannicchiata accanto a lui, e Robin, semisdraiata sulla poltrona, voltarono simultaneamente il capo verso Sabo, che stava macinando chilometri tra l'ingresso e la camera da letto sua e di Law, ormai a soqquadro, alla ricerca di qualcosa di non meglio identificato fino a qualche istante prima.
«Camicia portafortuna?» domandò Law, aggrottando le sopracciglia.
Sabo si fermò sulla porta del salotto, dando tregua alle proprie gambe. «Ma sì dai! La camicia che ho usato al mio primo colloquio e che metto sempre quando ho un cliente importante. E domani ho un cliente importante!»
Law e Koala si scambiarono un'occhiata accigliata.
«Dai ragazzi! La mia camicia portafortuna!» insistette Sabo.
«Quella bianca con fantasia tono su tono?» domandò Robin sempre calma, sollevando appena la schiena dalla poltrona. «Cotone misto lino?»
«Sì esatto!»
«Bottoni madreperla? Quella con il rovescio del cannoncino verde?»
«Sì proprio quella!» esclamò Sabo speranzoso.
«Non so dove sia.» scosse il capo Robin rimettendosi comoda.
Sabo lasciò cadere le spalle con un sospiro.
«Mi pare fosse a lavare.» ricordò improvvisamente Koala.
Sabo risollevò il capo e si passò una mano sulla nuca. «Ho guardato nella cesta ma non l'ho vista.»
«Ricontrolla. Sono piuttosto sicura che fosse lì.»
«Okay provo.» decise Sabo, dimenticandosi di nuovo.
Law, Robin e Koala si concentrarono nuovamente sul film. 
«Secondo voi dovremmo avvisarlo che è finita nel carico sbagliato ed è diventata rosa?»
«Nah.» 
 

 
§

 
Non era strano che fossero diventati amici. Se non altro, avevano in comune di essere dei geni, con il QI superiore alla media nazionale. Robin si era laureata a ventun'anni, Sabo era già socio del suo studio legale a neanche trenta, Law aveva iniziato di recente la sua seconda specializzazione e a Koala mancava un mese per finire il dottorato della sua seconda laurea.
Non che questo impedisse a Sabo di essere a volte tragicamente scemo e in generale a tutti quanti di avere una bella compagnia di amici. Ma non era sempre facile. Robin era troppo diretta, Law non faceva segreto del proprio complesso di superiorità, Koala diventava logorroica se l'argomento la appassionava, Sabo era saccente senza volerlo.
Quindi non c'era niente di strano che fossero loro quattro e non c'era niente di strano che in quella casa tutto ciò che era elettronico andasse prima o dopo incontro a qualche problema. E, dal momento che come tutte le persone così assurdamente intelligenti erano tutti e quattro sempre affamati di nuove conoscenze quale che fosse il campo –anche se Law fingeva disinteresse e si giustificava con la mania del controllo–, non era strano nemmeno che fossero tutti riuniti in cucina a fissare Franky che sistemava la loro lavastoviglie.
Per fortuna Franky lo sapeva e per fortuna gli piaceva essere al centro dell'attenzione. Finalmente qualcuno che si accorgeva quanto fosse SUUUUPER ammirare "Franky Aggiustatutto" al lavoro.
«Okay fratelli, è tutto a posto.» dichiarò l'omone, chiudendo lo sportello. Nessuno di loro trattenne un sospiro di sollievo nel sentire il familiare "click" che annunciava l'inizio del programma di lavaggio. «Ora va.»
«Grazie Franky.»
«Ma quindi qual era il problema?» chiese asciutto Law.
Franky esitò un istante.
«L'avevate messa in pausa.»
 

 
§

 
Le chiavi precipitarono al suolo con un tintinnio mentre Sabo e Law si pietrificavano all'inizio del corridoio.
«Robin ma cosa fai?!?!»
«Siete tornati prima.» constatò Robin, con tranquillità, come se non ci fosse assolutamente niente di strano nell'essere appena uscita dalla propria camera come mamma l'aveva fatta e senza addosso nemmeno uno straccio di asciugamano striminzito. «Vi serve il bagno? Perché stavo andando a farmi una doccia.»
«Si intuisce.» commentò Law, non poi così turbato almeno in apparenza.
«E non potevi spogliarti direttamente in bagno?!?»
«Non pensavo sareste tornati in anticipo.» Robin si strinse nelle spalle, sorridendo serafica.
«Ehi che succede?» domandò Koala rientrando in casa. «Vi si sente dal pian... U-oh! Robin forse è meglio se aspetti ancora un attimo a fare la doccia, Sabo sembra avere una certa urgenza.»
«Cos... Koala!» protestò Sabo rosso come un'aragosta, coprendosi come meglio poteva con la tracolla di pelle. «Robin gira nuda per casa e questo è il massimo che riesci a commentare?!»
«E che altro dovrei dire?» domandò lei, superandoli per andare in cucina. «Lo faccio anche io quando non ci siete.» si strinse nelle spalle.
Sabo sgranò gli occhi basito e fu necessario qualche secondo perché riuscisse a girarsi verso Law che però non ricambiò la sua occhiata, troppo impegnato a fissarsi la patta dei pantaloni.
«Okay ora siamo in due ad avere bisogno del bagno.» dichiarò Law, sollevando il capo. «Prima tu o prima io?»
 
 
 





Angolo dell'autrice: 
Hola gente! 
Piove e io avevo bisogno di un po' di sana demenzialità e quindi ho deciso di pubblicare questa... ehm... cosa, che vegetava nel PC in attesa di non so cosa. Fare la muffa credo. 
Sì, ci ho messo anche Law perchè a parte che quel ragazzo è come il prezzemolo e sta bene ovunque, io impazzisco all'idea di Law e Sabo migliori amici. E sì, se l'ispirazione lo consentirà, ci saranno altri capitoli.
Spero vi sia piaciuta o vi abbia almeno fatto sorridere.
Grazie a chi ha letto.
Un bacione. 
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Capitolo 2
*** Apartment #2 ***


APARTMENT #2





 

«Sono loro?»
«Sì sono loro.»
Ace prese un profondo respiro e avanzò verso lo scaffale con il braccio teso.
«No, non ce la faccio!» ci ripensò, tornando sui propri passi. «Satch fallo tu!»
«Io non la tocco quella roba! Te lo scordi!»
«Forse potremmo semplicemente fingere che non abbiamo trovato ciò che cercava.» propose Marco, con un'alzata di spalle e il tono sempre calmo e conciliante.
«Oppure potremmo dirle di comprarsele da sola certe cose.» mormorò Satch a denti stretti.
«Oh ragazzi eccovi! Credevo già di avervi persi e di dover chiedere di chiamarvi all'altoparlante, il che sarebbe stato un qualcosa di imbarazzante che sarei morto dalla voglia di fare.» snocciolò Izou, fermandosi di fronte allo scaffale e osservandolo con attenzione. «Dunque... Questi, questi e questi... questi mi ha detto di no... e un pacchetto di questi. Perfetto, andiamo!»
Izou si bloccò dopo due passi quando si accorse che i suoi tre coinquilini non erano intenzionati a schiodarsi e lo fissavano scioccati. A parte Marco che era impassibile come sempre.
«Beh?!»
«Izou tu... tu...» balbettò Ace.
«Li hai toccati!» esclamò Satch, il più sconvolto di tutti. «A mani nude!!»
«Oh dei del cielo! Ma fatela finita, sono solo assorbenti! E ora datevi una mossa che se no non la finiamo più questa spesa!»

 
§

 
Satch non era stato molto d'accordo, all'inizio. Secondo lui una donna in casa portava solo noie e rogne e, quel che era peggio, manco ci poteva provare con una coinquilina. Troppe complicazioni.
Ma in poche settimane doveva ammettere che Perona si era rivelata una benedizione. Certo aveva il suo bel caratterino ma sapeva come tenere occupato Izou, era multitasking e faceva dei dolci fantastici.
Satch non avrebbe lasciato avvicinare nessuno alla cucina, soprattutto perché i suoi compagni d'appartamento erano delle locuste formato umano, ma non si vergognava ad ammettere che sui dolci non era poi così ferrato.
Perona compensava divinamente e quella crema al biscotto lo confermava. Sapeva che non avrebbe dovuto rubarla dal frigo ma era ancora un impasto sfatto in attesa di venire steso e cotto in una specie di croccante quindi, se si sbrigava, non lo avrebbero mai scoperto. Certo aveva qualcosa di strano, impastava un po' troppo la lingua e l'avena poteva essere tritata più fine, senza contare che sembrava esserci dentro un collante di qualche gen...
«Satch!» Perona lo chiamò autoritaria dalla porta della cucina, facendolo saltare come una molla. «Perché stai mangiando la mia maschera per il viso all'avena, si può sapere?!?»
 

§

 
Difficile dire se le voci fossero nel suo sogno o nella realtà, almeno finché non aveva cominciato a risvegliarsi. A essere onesti, faticava anche a ricordare quando si era addormentato. Un attacco narcolettico di sicuro e ora che stava tornando in sé poteva affermare che no, le voci non erano nel suo sogno. C'era qualcuno vicino a lui che parlava e che... giocava con le sue dita?!
Ace aggrottò le sopracciglia nel tornare totalmente padrone del proprio corpo e delle proprie percezioni.
«Così va bene?»
Riconobbe la voce di Perona, calma, quasi speranzosa. C'era solo un'occasione in cui si mostrava così tranquilla e addirittura conciliante. Quando Izou le insegnava qualcosa di cosmetica.
«Quasi Perona-chan. Devi cercare di usare proprio solo la punta. Guarda, ti faccio vedere...»
«Che cosa sta succedendo?» domandò Ace, la voce ancora impastata, aprendo piano gli occhi.
Perona sollevò subito il viso verso di lui mentre Izou proseguì imperterrito a capo chino a fare qualunque cosa fosse possibile fare con il dito di un amico e un minuscolo pennello. «Insegno a Perona-chan un po' di nail art. Noi due ci siamo messi lo smalto solo ieri sera e non volevamo rovinarlo, Satch si è rifiutato e Marco è uscito un paio d'ore. Per ora siamo solo alla prima mano e se dormi abbastanza pensavamo di fartelo anche sulle dita dei piedi.» spiegò Izou stranamente calmo, senza urletti o doppi sensi, come sempre quando si trattava del suo lavoro.
C'era da dire che avrebbe potuto anche rispondere "Ti stiamo amputando un braccio perché ci annoiavamo" e a Ace avrebbe fatto lo stesso, impegnato com'era a godersi Perona che gli faceva gli occhioni da cerbiatta.
«Non ti dispiace vero?»
Ace era un playboy, anche più di Satch. Amava le donne e le donne amavano lui. Ma se a una cosa non sapeva resistere erano gli occhioni a calamita.
Sorrise sghembo e si sistemò meglio contro la poltrona, una nuova ondata di sonno in arrivo. «Assolutamente no, Voodoo. Fate pure tutto quello che volete.»
Più tardi avrebbe scoperto quanto togliere il mascara waterproof fosse impegnativo.
 

§
 

«Marco, grazie mille per la disponibilità.» mormorò Perona mentre lo seguiva in un giro, perfettamente a ritmo di musica.
Era stato un sollievo quando Marco si era offerto di darle un paio di lezioni di ballo in vista del matrimonio e ancora di più scoprire che ballerino nato fosse. Era così bravo che non doveva nemmeno pensare, le bastava seguire ubbidiente i suoi comandi e si stava anche divertendo un sacco.
«Figurati. E poi è un piacere ballare con te. Sei molto brava.»
«Oh beh... grazie!» sorrise Perona.
«Proviamo una cosa. Pronta?» si assicurò Marco prima di sollevarle una gamba perché gli circondasse il bacino e farle fare un profondo cambré all'indietro.
Fu questione di un attimo di sorpresa, poi Perona realizzò che i loro bacini erano a contatto e che c'era qualcosa che non ci sarebbe dovuto essere. Sgranò gli occhi e sgusciò via dalla presa di Marco che, come sempre, non diede segni di sorpresa.
«Tu... Ma tu... tu.. Credevo fossi gay!»
«Oh lo è!» canticchiò Izou, passando davanti al salotto. «Non è la tua vicinanza è proprio così a riposo.» si fermò e piegò la schiena all'indietro, gli occhi socchiusi e maliziosi rivolti a Marco. «Per questo lo chiamo "La Presenza".»
 

§

 
«Che cosa?» boccheggiò Ace, così furente da sembrare calmo, lo sguardo vitreo.
Erano inorriditi quando, nel rientrare a casa, l'avevano trovata in lacrime sul divano ma ora che Perona aveva raccontato come Absalom l'aveva scaricata e cosa aveva osato dirle erano oltre la rabbia.
«Io so dove abita.» mormorò piano Satch, scambiando un'occhiata con Ace mentre Marco faceva scrocchiare le dita.
«Non preoccuparti Voodoo...»
«Gliela facciamo passare noi la voglia di chiamarti a quel modo.»
«Gli ridipingo la faccia, Perona-chan, te lo prometto!»
«Andiamo.»
«Ragazzi no! Aspettate!»
Sì bloccarono già alla porta e si voltarono sorpresi verso di lei, la voce un po' strozzata e più roca del solito. «E se... se invece ce ne stessimo s-semplicemente qui tutti insieme a g-guardare un film?» propose, inciampando in qualche singhiozzo residuo, gli occhi pieni di speranza.
Per un attimo nessuno disse niente poi tutti e quattro si mossero simultaneamente e tornarono indietro, sfilando le giacche e gettandole su una sedia della sala.
«Vado a preparare i popcorn!» annunciò Satch, gioviale, mentre Ace si sedeva accanto a lei e le passava un braccio sulle spalle.
«Ci vengo io con te al matrimonio, Voodoo.»
«Che film preferisci?» chiese Marco, mentre si accomodava in poltrona e afferrava il telecomando. «Horror o commedia rosa?»
«Perona-chan togli le calze che ti metto lo smalto sui piedi!» trillò Izou, la boccetta già in mano.
Perona sorrise, asciugando rapida le ultime lacrime con le mani.
Al diavolo Absalom.
Lei aveva i coinquilini migliori del mondo e non le serviva nient'altro. 

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Capitolo 3
*** Apartment #3 ***


APARTMENT #3
 






Non capiva come fosse possibile. Si svegliavano tutte a orari diversi, la prima a distanza di venti minuti dall'ultima, facevano colazione a velocità diverse ma alla fine, quando era il momento di usare il bagno, si ritrovavano tutte e quattro stipate lì dentro contemporaneamente.
E Nojiko non capiva e ogni mattina si diceva che così non potevano andare avanti e così non poteva funzionare ma tanto sapeva che il giorno dopo sarebbe stato uguale.
Con Baby che si metteva in disparte, per quanto  possibile in quel loculo di bagno, mentre si asciugava dopo la doccia e lei che tentava di annodarsi il foulard rosso tra i capelli, incastrata tra Violet, che si lavava i denti come se dalla sua igiene dentale dipendessero le sorti dell'umanità, e Bonney che si truccava sbocconcellando un muffin.
«Devi proprio mangiare anche mentre siamo in bagno?» domandò Nojiko, arrendendosi, come ogni mattina, a raccogliere i capelli sulla nuca prima di annodare il foulard.
Due grosse briciole di muffin rotolarono nel lavandino quando Bonney mugugnò un risposta inarticolata ma la rosa le recuperò immediatamente e se li rificcò in bocca con consumata nonchalance.
«Ommioddio. Ti prego dimmi che non lo hai fatto veramente.» mormorò Violet con espressione inorridita. Bonney si limitò a lanciarle un'occhiata, difficile dire se per superiorità o perché non era fisicamente in grado di parlare in quel momento, e Nojiko le schioccò le dita in faccia. Violet si riprese di colpo e, senza una parola, si girò verso l'armadietto delle medicine che tutto conteneva fuorché medicine.
«Violet mi passi la crema corpo già che sei lì?» chiese Baby dal suo angolino.
«Ecco tieni. Ma ragazze il filo interdentale?»
«Nel cassetto di Bonney ce n'è​ quanto ne vuoi. Di tutti i colori e anche di pizzo se ti piace.» rispose Nojiko, guadagnandosi un'occhiataccia dalla sua migliore amica.
«Ah trovato!» esclamò Violet, tornando al lavandino.
Nojiko sospirò. «Così non si può continuare. Dobbiamo decidere dei turni.»
«Non che non dobbiamo.» ribatté asciutta Bonney. «È tutto sotto controllo, abbiamo la nostra routine, siamo coordinate e nessuno intralcia nessuno.» argomentò convinta mentre metteva giù il mascara e passava a pettinarsi le sopracciglia. «Perché dovremmo stabilire dei turni che rischiano solo di farci discutere quando abbiamo la situazione perfettamente in mano?!» chiese retorica. Ci mise un attimo a notare l'espressione scettica e il sopracciglio alzato di Nojiko. «Beh?!»
«Mi fa piacere che hai la situazione in mano ora però potresti smettere di pettinarti le sopracciglia con il mio spazzolino da denti?»
«Ommioddio. Dimmi che non lo hai fatto per davvero!»
 

 
§

 
«Ma io non ho capito chi è questa Virginia! Non si è ancora vista!»
«Virginia è la vagina della protagonista, Baby.» rispose Bonney, macinando i popcorn tra i denti.
«La vagina della protagonista ha un nome?!»
«Sì da quando la sua amica gliene ha affibbiato uno.» rispose Nojiko senza staccare gli occhi dallo schermo.
Baby si accigliò perplessa. «Perché una dovrebbe dare un nome alla propria vagina? Non la si può chiamare "vagina" e basta?»
«Beh...» Bonney sorrise maliziosa, infilandosi in bocca un altro popcorn «...ci sono uomini che lo trovano eccitante.»
«O-oh, ora non vorrai farci l'elenco di tutti i nomi che la tua vagina ha avuto.» sghignazzò Nojiko.
Bonney sollevò un sopracciglio senza smettere di sorridere. «La mia vagina ha solo il nome che io ho scelto per lei ma comunque non parlavo di me. C'è una persona che conosciamo tutte molto bene che mi ha confermato che la cosa accende i bollenti spiriti del gentil sesso.»
«E chi sarebbe?»
«Si tratta della nostra...»
«Bonney!»
Non fosse bastato l'urlo di Violet, il colore della sua faccia non lasciò spazio a dubbi. Ma bastò un'occhiata all'espressione prima incredula e poi divertita di Bonney per realizzare che no, non era a lei che aveva confessato quell'intimo dettaglio quella volta che si era ubriacata.
Merda!
Nojiko arcuò le sopracciglia. «Devi mica raccontarci qualcosa?»
«No! Niente! Assolutamente niente!» esclamò Violet uscendo dal salotto, ormai vicina al punto di autocombustione.
Bonney si sporse con il busto e alzò la voce «Io comunque la chiamo "giardino dell'Eden"! Casomai ti venisse voglia di condividere!»
 

 
§

 
«Okay va bene Baby. Proviamo di nuovo ma stai concentrata. Pronta?»
Baby annuì energicamente. «Prontissima!»
«Perfetto. Ciao Baby! Come stai?»
«Oh Bonney ciao! Sto bene grazie! E tu? Ti trovo in splendida forma!»
«Davvero? Beh grazie anche se stavo pensando che...» Bonney le lanciò un'occhiata di ammonimento. «...avrei proprio bisogno di una ceretta e... Baby che stai facendo?!» domandò esasperata quando l'amica afferrò il cellulare e si mise a smanettare con il labbro inferiore incastrato sotto agli incisivi.
«Cerco la più vicina estetista con un buco entro al massimo domani e ti prenoto l'appuntamento.» spiegò Baby come se fosse ovvio.
«Perché?!» gemette disperata Bonney. «Baby non è vero che devo fare la ceretta!»
Baby smise di trafficare con il cellulare e sgranò gli occhioni blu. «Ma un attimo fa hai detto...»
«Fingevo!! Stavamo facendo un esercizio per insegnarti a non reagire d'istinto ogni volta che senti le parole "ho bisogno"! Ti ricordi?!»
«Io... io...» sbatté le lunghe ciglia un po' spaesata Baby.
«Bonney?»
Bonney si voltò verso la porta del salotto da cui Violet e Nojiko la fissavano, appena rientrate in casa.
«Non ci credo! Ci stai provando ancora?» sghignazzò Nojiko mentre Violet rideva sommessamente con una mano davanti alle labbra.
Bonney le fissò con il fiato sospeso e il fuoco negli occhi per una manciata di secondi prima di alzarsi e dirigersi a passo di carica verso la cucina. «Okay va bene! Mi arrendo! Ma la prossima volta che prenota una vacanza a Skypeia a uno dei vicini solo perché gli ha sentito dire che ne ha bisogno con la MIA carta di credito si trova un altro appartamento!»
 

 
§

 
«Allora cosa ne pensate?» domandò Violet, piroettando su se stessa con sensuale grazia. «L'ho visto in vetrina e non ho saputo resistere! Sembrava mi stesse chiamando e poi è perfetto per l'appuntamento di stasera.» socchiuse le palpebre in un'espressione ammiccante, per un qualche motivo molto simile a quella che metteva su quando andava a fare la pulizia del tartaro. «Il rosso è il suo colore preferito. Chissà che non sia un segno del destino.» soffiò a labbra appena schiuse.
Bonney e Nojiko continuarono a fissarla, una scettica l'altra accigliata.
«Qualcosa non va?» si agitò Violet.
«No è che...» cominciò Nojiko, sempre diplomatica. «Ti sta bene eh! Però...»
«Ti fa le tette a punta.» completò per lei Bonney, lapidaria, facendo sospirare Nojiko con rassegnazione di fronte a tanto tatto.
«Cosa?!»
«Il vestito ti fa le tette a punta.»
Violet sgranò gli occhi, boccheggiante, portando le mani a stringersi i seni come se volesse proteggerli.
«Tranquilla! Sei bellissima lo stesso e poi che ne sai, magari è un feticista.»
Violet spostò lo sguardo da Nojiko a Baby in panico, implorandole silenziosamente di dire qualcosa, implorazione che Baby non ci mise molto a cogliere.
«Ma il feticista non è quello dei piedi?»
 

 
§

 
Si schierarono nell'ingresso di fronte alla porta, in attesa che l'appuntamento di Baby raggiungesse il pianerottolo e suonasse il campanello.
«Allora ripassiamo un attimo.» decise Nojiko. «Vi ricordate cosa dobbiamo dirgli?»
Violet annuì determinata. «Se si azzarda a farla stare male, assaggerà i miei tacchi. Dritti in faccia.»
«E io gli stacco le palle a morsi.» aggiunse Bonney, gli occhi puntati sull'uscio.
«Dopo averle usate per appenderlo a testa in giù.» precisò Nojiko un attimo prima che il campanello suonasse.
Si fece avanti per aprire, pronta ad accogliere comunque con educazione il nuovo ospite ma non appena la persona al di là della porta entrò nel suo campo visivo, Nojiko si congelò sul posto, come anche Violet e Bonney alle sue spalle.
Lunghi capelli verde lime, occhi color ambra, pelle diafana. Era indubbiamente bellissima ed era indubbiamente una donna.
«Buonasera. Voi dovete essere le amiche e coinquiline di Baby.» le salutò con un etereo sorriso.
«Sì infatti...» riuscì a rispondere Nojiko mentre Violet e Bonney continuavano a fissarla a bocca aperta.
«Ci sono, ci sono, ci sono!» la voce di Baby risuonò nell'ingresso mentre la ragazza si precipitava fuori dalla camera che condivideva con Violet. «Monet!» esclamò illuminandosi nel vederla. «Aspetti da molto?»
Monet scosse il capo con grazia. «Sono appena arrivata. Se sei pronta, andiamo.»
«Prontissima!» rispose Baby, gli occhi che brillavano. «Ciao ragazze, buona serata!» le salutò afferrando la giacca e precipitandosi fuori.
Rimasero immobili nell'ingresso ancora un po' quando la porta si richiuse alle spalle della loro amica.
«Ma...» spezzò il silenzio dopo un po' Nojiko. «...voi lo sapevate?»
«Io non...» balbettò Violet. «...non ne avevo idea.»
Entrambe si girarono verso Bonney quando la rosa continuò a non dire nulla, indagatrici.
«Beh?!» reagì dopo un attimo. «Secondo voi se lo avessi anche solo immaginato non ci avrei provato con lei?!»
 
 

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