Nel Segno della Chimera

di Lhea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ritorni forzati e nuovi arrivi ***
Capitolo 3: *** Una nuova Grifondoro ***
Capitolo 4: *** Il primo giorno di una lunga serie? ***
Capitolo 5: *** L'inizio ***
Capitolo 6: *** Brutte notizie ***
Capitolo 7: *** Cicatrici ***
Capitolo 8: *** Sfide ***
Capitolo 9: *** Ricerche notturne ***
Capitolo 10: *** Fuoco e Sangue ***
Capitolo 11: *** Un nascondiglio perfetto ***
Capitolo 12: *** Nel posto giusto al momento giusto ***
Capitolo 13: *** Durmstrang ***
Capitolo 14: *** L'unica risposta a tutti i perchè ***
Capitolo 15: *** Memorie Dimenticate ***
Capitolo 16: *** Tutta colpa di un bicchiere di troppo ***
Capitolo 17: *** Il giorno dopo... ***
Capitolo 18: *** Il ritorno di Fred e George ***
Capitolo 19: *** Falsi e sospetti ***
Capitolo 20: *** Soprannomi ***
Capitolo 21: *** L'Ungaro Spinato ***
Capitolo 22: *** Indagini a Hogwarts ***
Capitolo 23: *** Progetti e rivelazioni ***
Capitolo 24: *** Una vecchia conoscenza ***
Capitolo 25: *** Vacanze di Natale ***
Capitolo 26: *** Ghiaccio scioglie ghiaccio ***
Capitolo 27: *** L'Accademia Aurelius ***
Capitolo 28: *** Ricerche ***
Capitolo 29: *** Comprensione ***
Capitolo 30: *** Padre e figlia ***
Capitolo 31: *** Rabbiosa verità ***
Capitolo 32: *** Scelta e promessa ***
Capitolo 33: *** Immobile ***
Capitolo 34: *** Ritorno a Hogwarts ***
Capitolo 35: *** Allievo contro maestro ***
Capitolo 36: *** Scontro di anime ***
Capitolo 37: *** L'ultima scelta ***
Capitolo 38: *** La Figlia delle Tenebre ***
Capitolo 39: *** Sconfitta ***
Capitolo 40: *** Lo Specchio delle Brame ***
Capitolo 41: *** Vendetta ***
Capitolo 42: *** Scontro Finale ***
Capitolo 43: *** Una Nuova Alba ***
Capitolo 44: *** Epilogo ***
Capitolo 45: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


I personaggi, esclusi quelli di mia invenzione, appartengono a J

I personaggi, esclusi quelli di mia invenzione, appartengono a J.K. Rowling e non sono utilizzati a scopo di lucro

 

 

 

Nel Segno della Chimera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prologo

 

 

 

 

 

 

- Avada Kedavra! - sibilò Severus Piton.

Un lampo di luce verde squarciò il buio della notte, e Albus Silente cadde oltre le merlature della Torre di Astronomia, come una gigantesca bambola di pezza. La barba argentea fluttuò nell’aria, le braccia larghe come nel tentativo di volare, gli occhi vitrei e spenti rivolti al cielo nero della notte.

Un urlo di terrore, disperazione e sorpresa uscì dalla bocca di Harry Potter, intrappolato sotto il mantello dell’invisibilità, un urlo che nessuno udì perché il Bambino Sopravvissuto era paralizzato dalla testa ai piedi. Impotente, assistette all’omicidio di Albus Silente senza poter intervenire.

E mentre il corpo dell’anziano mago cadeva inesorabilmente verso il terreno umido e gelido del parco di Hogwarts, mentre il Marchio Nero compariva nel cielo per annunciare la notizia, mentre i Mangiamorte si davano alla fuga esultanti, nell’ufficio circolare del Preside della Scuola, Fanny la fenice emise un lugubre e disperato suono, prima di lasciar scivolare sul pavimento una delle sue preziose lacrime.

Poi, con un delicato frullo d’ali, Fanny raggiunse il mobile più alto, vicino al Cappello Parlante che aveva smistato tanti studenti della scuola, e con il becco prese una lettera, sigillata con il marchio di Albus Silente. Infine, lasciandosi dietro solo una scia di luce dorata, la fenice sparì senza emettere un rumore.

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

Benvenuti nella mia fic!

Voglio fare solo una piccola premessa: la storia tiene conto di tutti gli eventi narrati nei libri della serie, ad esclusione dei Doni della Morte, quindi come si vede nel prologo, parte dal finale del Principe Mezzosangue.

Per il resto, è tutta mia invenzione.

Ringrazio coloro che la seguiranno, e sono bene accetti commenti (anche negativi)!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 2
*** Ritorni forzati e nuovi arrivi ***


Capitolo 1 – Ritorni forzati e nuovi arrivi

Capitolo 1 – Ritorni forzati e nuovi arrivi

 

L’Espresso per Hogwarts correva rapido per la campagna inglese, sotto un cielo plumbeo e ventoso. Era appena mezzogiorno, ma sembrava stesse per calare la sera.

In uno degli scompartimenti di coda del treno, sola, c’era una ragazza. Aveva lunghi capelli castani e occhi verde scuro, un viso dai tratti delicati e labbra sottili. Sedeva scrutando svogliatamente fuori dal finestrino, i piedi calzati in stivaletti di camoscio appoggiati sul sedile davanti a lei. Un grosso cane nero era accucciato sotto le sue gambe, addormentato.

Si chiamava Ariana Drake, ed era la prima volta che si recava a Hogwarts. Doveva frequentare l’ultimo anno di istruzione magica, e aveva passato gli ultimi sei anni a fare la spola tra le più diverse scuole di magia del mondo, dalla Bulgaria all’Italia.

All’improvviso, sentì un rumore provenire dal corridoio della carrozza, e Ariana si riscosse. Senza fare un rumore si alzò e mise la testa fuori dallo scompartimento: un’anziana signora conduceva un piccolo carrello con varie cibarie, facendo trillare un campanellino.

- Desideri qualcosa, cara? - domandò la donna.

Ariana sorrise. – No, grazie signora – rispose, e tornò a sedersi.

Con un sospiro, la ragazza rivolse di nuovo lo sguardo fuori dal finestrino, dove una leggera pioggerella aveva iniziato a cadere. Quel tempo orribile le metteva tristezza, e non era il modo migliore di iniziare il nuovo anno scolastico.

“Speriamo in bene” pensò, sistemandosi più comodamente lungo il sedile.

Il cane nero, un dobermann, alzò all’improvviso la testa e guardò la padrona. Ariana sorrise e batté la mano di fianco a lei, invitandolo a salire. Il cane obbedì subito, senza pensarci due volte.

- Sei pronto, Argo? – chiese Ariana, accarezzandolo sulla testa, - Ci aspetta l’anno più duro di tutti.-

Il dobermann le leccò la faccia, e lei rise. Sì, sapeva che sarebbe stato un anno difficile, ma non poteva buttarsi giù prima ancora di cominciare. Questa volta aveva un compito importante da portare a termine, e doveva prendere subito in mano la situazione. Il suo tutore le aveva affidato un compito, un compito che solo a Hogwarts poteva eseguire.

E il suo tutore non era stato niente meno che Albus Silente.

 

A qualche scompartimento di distanza, Harry Potter sedeva di fianco al fidato amico Ron Weasley, mentre Hermione Granger e Ginny, la sorella di Ron, erano davanti a loro. Tutti e quattro avevano una strana espressione, un misto tra il preoccupato e lo scettico.

Hermione guardava in continuazione l’orologio, e a Harry la cosa dava sui nervi. Già era nervoso di suo, e vedere la ragazza che si muoveva ansiosa lo infastidiva in maniera incredibile.

Era tutta l’estate che cercava di capire perché Albus Silente aveva scritto nel suo testamento che desiderava che frequentasse l’ultimo anno di istruzione magica, quando aveva dato per scontato che il settimo anno lo avrebbe passato alla ricerca degli Horcrux. Non capiva perché il vecchio mago avesse deciso senza dargli la possibilità di dire la sua, e nella sua mente aveva iniziato a prendere forma convinzione: forse il Preside credeva che non fosse ancora all’altezza del suo compito…

Ne aveva discusso decine di volte con Ron ed Hermione, e la ragazza era giunta alla conclusione che secondo lei Silente lo aveva rimandato a scuola per dargli la possibilità di prepararsi meglio alla ricerca degli Horcrux, e avere così molte più possibilità di trovarli e distruggerli. Harry aveva deciso di credere alle sue parole, ma in realtà sospettava che Silente non lo reputasse ancora all’altezza…

- Siamo in pochi, quest’anno - disse all’improvviso Ron, iniziando a scartare un panino con il salame.

- Già - disse Hermione, - Mancano le gemelle Patìl, per esempio. E so che anche molti Corvonero e Tassorosso mancano all’appello. -

Dopo l’attacco dei Mangiamorte alla scuola, il mondo magico sembrava essere caduto nel caos: se nemmeno Hogwarts era più sicura, bisognava iniziare veramente ad avere paura. Il treno era molto più vuoto del solito, e trovare uno scompartimento appartato e deserto era stato decisamente più facile del previsto.

Per tutta l’estate non si era avuta notizia delle apparizioni di Voldemort, ma misteriose morti e sparizioni erano all’ordine del giorno. Tuttavia, la situazione non era ancora degenerata: il Ministero era ancora in piedi e cercava di porre rimedio come poteva. Auror erano stati messi a guardia dei possibili obiettivi dei Mangiamorte, e la sorveglianza ad Azkaban raddoppiata. Il Signore Oscuro però non sembrava ancora deciso, nonostante la dipartita di Silente, a mostrarsi in tutta la sua crudeltà. Forse stava escogitando qualcosa.

- Chissà se quel furetto di Malfoy si farà vedere, quest’anno – chiese Ron, gustando un succulento boccone di panino.

Nello scompartimento calò il silenzio. Hermione fulminò il rosso con lo sguardo, e Ginny sembrava sul punto di alzarsi e picchiarlo. Dal canto suo, Harry si sentì invadere da un moto d’odio, al pronunciare quel nome. Non sapeva se sarebbe stato in grado di controllarsi, se si fosse trovato Draco Malfoy davanti agli occhi: forse lo avrebbe ridotto in poltiglia, se non ci fosse stato nessuno a fermarlo.

Hermione guardò di nuovo l’orologio, e si alzò in piedi.

- Io inizio ad avviarmi verso la locomotiva – disse, con una leggera nota d’orgoglio nella voce. – Credo di dover dare istruzioni ai nuovi Prefetti -

Uscì, chiudendosi la porta alle spalle, con Ron che alzava gli occhi al cielo. Hermione, come previsto, era diventata Caposcuola, e sembrava aver preso sul serio il suo nuovo ruolo. Se da Prefetto era stata insopportabile, da Caposcuola si sarebbe rivelata una assoluta disgrazia.

- Sapete una cosa? – disse Ron.

- Cosa? – chiese Ginny, con l’aria di non voler sapere proprio nulla, e gettando a Harry un’occhiata affettuosa.

- Credo che sarà l’anno più duro della nostra vita – disse il rosso, con aria saggia.

Harry lo guardò allarmato, sentendolo dire finalmente qualcosa di intelligente, e lo stesso fece Ginny. – E perché? – chiese.

- – rispose Ron, - Adesso Hermione non ci farà copiare i compiti nemmeno se la pregheremo in ginocchio!-

 

Ariana, ancora seduta con le gambe rannicchiate, continuava a guardare fuori dal finestrino, la testa di Argo appoggiata sulle gambe. Guardò l’orologio, notando che fra poco sarebbero arrivati a Hogsmade, e decise di iniziare a prepararsi.

Cercò nel baule la divisa di Hogwarts e la indossò rapidamente. Infilò la bacchetta nella tasca dei pantaloni e chiuse il collo della mantella con il laccetto.

Il treno rallentò in fretta, fino a fermarsi. Ariana prese il baule, trascinandolo lungo il pavimento dello scompartimento con Argo al seguito, e cercò l’uscita. Solo altri quattro studenti scesero con lei, gli unici che avevano occupato l’ultima carrozza.

Lungo la banchina di Hosgmade molti studenti si accalcavano diretti all’uscita della stazione, ma anche lì in mezzo non poteva non notare Rubeus Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts. Il suo immenso testone peloso spiccava tra i ragazzi, chiamando a gran voce: - Primo anno! Primo anno da questa parte! –

Una trentina di minuscoli ragazzini si era avvicinata ad Hagrid, e aspettava che lui desse istruzioni. I bimbetti si fecero da parte quando videro il dobermann nero precedere la ragazza con aria feroce.

- Mi scusi! – gridò Ariana, attirando l’attenzione del gigante, - Sono del settimo anno, ma è la prima volta che vengo qui… -

- Sei Ariana Drake? – domandò Hagrid, squadrandola incuriosito.

- Sì, sono io – rispose la ragazza.

- Rimani qui, entrerai con quelli del primo anno – spiegò Hagrid, che poi tornò a chiamare i nuovi arrivati per altri cinque minuti.

Quando tutti i “primini” furono chiamati a raccolta, Hagrid li condusse fuori dalla stazione, diretti al lago. E Ariana si mise in coda, per ultima, con il grosso baule che galleggiava dietro di lei e Argo che le camminava di fianco.

Percorsero un lungo sentiero di terra battuta in mezzo agli alberi, avvolti dalla pungente aria settembrina. I piccoletti si guardavano intorno palesemente terrorizzati, senza parlare: molto probabilmente stavano pensando allo Smistamento, e quali razza di prove li aspettavano…

Poi Ariana la vide, stagliata contro il cielo scuro della sera, con le torri illuminate e un’atmosfera speciale che le aleggiava intorno: Hogwarts, la sua ultima meta. Si fermò un attimo per contemplare meglio il castello, consapevole di essere arrivata nel luogo che il suo tutore aveva considerato una parte della sua vita.

Hogwarts, la più famosa scuola di magia e stregoneria dell’Inghilterra; Hogwarts, il luogo che aveva ospitato molti dei maghi più forti del mondo; Hogwarts, il luogo che aveva visto crescere lui, Voldemort, il mago oscuro più potente di tutti i tempi; Hogwarts, il posto in cui ora si trovava la persona più importante per il mondo magico: Harry Potter.

Ariana rimase immobile mentre Hagrid faceva salire su delle piccole barche i bambini, pronti ad attraversare il lago. Fissava il castello, studiando ogni torre e finestra illuminata, con una consapevolezza che le attraversava la mente. Era arrivata a Hogwarts, e tra poco avrebbe anche trovato il suo obiettivo, la ragione di anni di duro lavoro: Harry James Potter.

La ragazza abbassò lo sguardo sul dobermann, lo prese per il collare e si avvicinò alla riva con passi lenti e cadenzati, quasi fosse l’ultima volta che avrebbe camminato sulla terra.

“E ora si comincia” pensò Ariana.

 

 

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Capitolo 3
*** Una nuova Grifondoro ***


Una nuova Grifondoro

Una nuova Grifondoro

 

 

La Sala Grande era gremita di studenti, e sommersa dalla voce di migliaia di ragazzi. Lo smistamento era appena terminato, e i nuovi membri delle case venivano accolti con fragorosi applausi e sorrisi, anche se quest’anno erano molti meno del previsto. Forse la morte di Silente, proprio all’interno della scuola, aveva spinto molti genitori a non mandare i propri figli lontano da casa, soprattutto in tempi oscuri come quelli.

Harry, Ron ed Hermione sedevano al tavolo di Grifondoro, e si guardavano intorno per capire se mancava qualcuno. Le gemelle Patil non erano tornate, e mancavano diversi studenti di Corvonero e Tassorosso. In ogni caso, Luna Lovegood spiccava inconfondibile tra i suoi compagni di casa, come al solito. Solo il tavolo di Serpeverde non aveva subito perdite, e persino Draco Malfoy sedeva tronfio al suo solito posto.

Harry provò un moto d’ira vedendo il biondo seduto tra Blaise Zabini e Pansy Parkinson, che parlava con i due in modo fitto. Con quale coraggio si rifaceva vedere a Hogwarts, dopo quello che era successo sulla Torre di Astronomia? Era fuggito insieme a Piton e ai Mangiamorte, e ora era tornato a Hogwarts come se niente fosse.

Ad un tratto, la neopreside Minerva McGranitt si alzò in piedi. Sedeva al posto di Silente, e vederla al centro del tavolo degli insegnanti faceva uno strano effetto. Per tutti quel posto era sempre stato occupato da Albus Silente, che ogni volta augurava loro un buon banchetto con strane e buffe parole. Harry non fu l’unico che ricordò le parole di Silente il suo primo giorno di scuola: - Pigna, pizzicotto, manicotto, tigre -

- Bentornati, studenti - disse a voce alta la McGranitt. - Siamo felici, che nonostante gli ultimi fatti accaduti in questa scuola, siate voluti tornare comunque. Proprio per questo motivo, vogliamo che quest’anno più degli altri, siate uniti, aldilà della vostra appartenenza alle diverse case: dovrete essere uniti come studenti di un’unica scuola, come maghi e streghe che vogliono opporsi all’oscurità. E’ in tempi come questi che l’unione tra di noi ci rende più forti, e che ci aiuta a vincere il male.

- Quest’anno le misure di sicurezza all’interno della scuola sono state raddoppiate, tuttavia vi chiedo di informarci di qualsiasi fatto strano o sospetto di cui siate a conoscenza. Vi invito caldamente da astenervi da comportamenti pericolosi e avventati, per la vostra incolumità e per quella dei vostri compagni - Lo sguardo della strega raggiunse il tavolo dei Grifondoro, diretto a Harry, Ron ed Hermione, - Non posso garantirvi che qui siate al sicuro da ogni pericolo, ma lo siete certamente di più che rinchiusi e isolati nelle vostre case. L’attacco dei Mangiamorte non deve minare le vostre speranze, perché insieme rimaniamo più forti. Confido nelle vostre capacità -

Harry osservò la Sala, che rimaneva nel più assoluto silenzio. Il discorso della McGranitt sembrava aver spaventato tutti, e molti si guardavano intorno allarmati. A lui però gli era piaciuto: anche lei voleva mantenere l’unità tra gli studenti, ed era la prima cosa da fare in tempi come quelli.

Quasi timorosi, i ragazzi iniziarono a battere le mani, e Harry si unì a loro. Anche i professori iniziarono ad applaudire, rivolgendo con il capo cenni di assenso alla professoressa. La McGranitt, però, alzo una mano per chiedere il silenzio.

- Vi ringrazio, ma vorrei chiedervi favore - disse, - Vi prego di alzarvi in piedi e osservare un minuto di silenzio in memoria di Albus Silente, il più grande preside che Hogwarts abbia mai avuto -

Tutti gli studenti si alzarono in piedi senza esitazioni. Harry guardò in direzione di Malfoy, e lo vide fissare il piatto vuoto mentre si alzava. Hermione aveva gli occhi lucidi, e Ron stringeva i pugni.

La Sala Grande fu invasa da un silenzio irreale, che premeva nelle orecchie di Harry come un tappo. Mentre i secondi passavano, i ricordi che aveva del preside si susseguirono nella sua mente, rapidi ma dolorosi. Silente non c’era più; non gli avrebbe mai più fatto da guida. Ora era veramente da solo nella lotta contro Voldemort.

Un forte applauso ruppe il silenzio, seguito subito da altri scrosci di mani. In breve, nella Sala risuonò un fragore assordante. Tutti applaudivano: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e anche i Serpeverde. Tutti rendevano omaggio al più grande mago di tutti i tempi.

L’applauso durò diversi minuti, finché la McGranitt non batté con un cucchiaino su un bicchiere, richiamando l’attenzione degli studenti.

- Ho un’ultima comunicazione da farvi - disse, - Vorrei che diate il benvenuto alla vostra nuova professoressa di Difesa contro le Arti Oscure, Doreen Trollope -. Con un cenno della mano indicò una donna allampanata e sorridente, seduta qualche posto più in là alla sua destra, e tutta la Sala proruppe in un educato applauso. – Inoltre - continuò la professoressa, - Quest’anno si aggiungerà a noi una studentessa venuta da lontano per frequentare l’ultimo anno di istruzione magica nella nostra scuola, e che farà parte dei Grifondoro. Date il benvenuto ad Ariana Drake -

 

Ariana si fece avanti e si posizionò di fianco al tavolo degli insegnanti, mentre la McGranitt annunciava il suo arrivo. Aveva sperato fino all’ultimo di evitare un ingresso così teatrale, ma la McGranitt aveva tutta l’intenzione di non farla passare inosservata. Rimase in piedi, facendo un cenno del capo per ringraziare tutti coloro che avevano applaudito al suo ingresso. Mentre la preside diceva qualche parola per spiegare il suo arrivo, Ariana osservò attentamente la Sala Grande, e il suo sguardo individuò coloro di cui tanto aveva sentito parlare.

Capelli scuri, occhi verdi e cicatrice sulla fronte, Harry Potter sedeva all’estremità del tavolo di Grifondoro e la guardava distrattamente. Di fianco a lui Ron Weasley, capelli rossi e un mare di lentiggini, l’amico fidato del Bambino Sopravvissuto. Ed Hermione Granger, crespi capelli castani e sguardo intelligente, la ragazza più in gamba di Hogwarts.

Gli occhi di Ariana si spostarono al tavolo dei Serpeverde, dove il biondo Draco Malfoy sedeva altezzoso, insospettabile membro dell’Ordine della Fenice. Anche se lei non ne faceva parte, conosceva alla perfezione ogni suo membro… e Malfoy era certamente il più controverso, anche se si era dimostrato uno dei più utili.

Il suo arrivo sembrava aver distratto tutta la scuola dai dolorosi ricordi del preside e della battaglia avvenuta fra le mura della scuola poco tempo prima. Gli studenti la guardano curiosi, e lei cercava di rimanere assolutamente impassibile.

- Prego, va pure a sederti tra i tuoi nuovi compagni del settimo anno - disse la McGranitt.

Ariana si diresse verso il tavolo dei Grifondoro, sentendosi lo sguardo di tutta la sala addosso, mentre questo scoppiava in un fragoroso applauso. Si sedette di fianco a un ragazzo dai capelli color sabbia, vicino a Hermione Granger.

- Ora, vi auguro buon appetito - disse la McGranitt, e si sedette. Il cibo comparve magicamente nei piatti, e tutta la Sala risuonò di tintinnì di forchette e coltelli.

Ariana si mise comoda, e vide la ragazza riccia sporgersi verso di lei con la mano tesa.

- Io sono Hermione Granger - disse subito la Grifondoro, - Sono la Caposcuola, e se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiedere -

- Grazie - disse Ariana, per nulla sorpresa dalla disponibilità della ragazza. Guardò verso Harry Potter e Ron Weasley, sicura che si sarebbero presentati.

- Immagino tu conosca già Harry Potter - continuò Hermione, - Mentre lui è Ron Weasley -

Ariana sorrise, mentre le venivano presentati tutti gli altri Grifondoro. Intanto, tutto il tavolo era immerso in rumorose conversazioni.

- Da quale scuola arrivi? - domandò Hermione, servendosi di patate bollite.

- Da Bauxbatons - rispose Ariana. Era un pizzico di tutta la verità, ed era il massimo che poteva dire.

- Strano, non hai l’accento francese - disse Ron, con la bocca piena di pasticcio di rognone.

- Ron! - sbottò Hermione, scandalizzata.

Ariana sorrise divertita. - Infatti non sono francese - disse, - Ho sempre vissuto a Londra. Mi sono trasferita in Francia solo quando ho iniziato ad andare a scuola -

- Davvero? - Hermione sembrava molto interessata. - Anche lì gli studenti sono divisi in case? -

Ariana iniziò a descrivere Bauxbatons e le sue regole, ma ogni tanto gettava qualche occhiata a Harry Potter, che sembrava di poche parole. Era evidente che non era contento di essere tornato a Hogwarts.

La cena finì, e gli studenti furono invitati ad avviarsi verso i loro dormitori. Hermione si offrì di fare ad Ariana da cicerone.

- Fai attenzione alle scale, perché si spostano, e alcune hanno gradini finti, come questa. L’entrata del nostro dormitorio è chiusa da un quadro, che ti farà entrare solo se conosci la parola d’ordine -

- Lo so - disse Ariana, - Ho letto storia di Hogwarts -

Hermione la guardò meravigliata, e Ron e Harry con lei. - Visto Ron? - disse Hermione, - Non sono l’unica che ha letto Storia di Hogwarts! -

Arrivati in Sala Comune la nuova Grifondoro fece conoscenza con Ginny Weasley, la sorella di Ron. Con piacere, si rese conto che lei ed Hermione erano entrambe ragazze simpatiche, e si rivelarono più disponibili del previsto. Scambiò qualche parola, esprimendo la sua ammirazione nei confronti della scuola, quando fu costretta a bloccarsi.

Un grido di puro terrore proruppe all’improvviso da chissà quale bocca, e una ragazza bionda pesantemente truccata scese di corsa dalla scala circolare che portava ai dormitori femminili.

- Di chi è quel coso enorme?! – gridò.

Ariana capì subito a cosa si riferiva: imboccò di corsa le scale e trovò Argo seduto ai piedi del suo letto, le orecchie tese e il corpo immobile. Quando la vide la saltò addosso facendole le feste.

Hermione, Ginny e la bionda arrivarono trenta secondi più tardi, spaventate.

- E’Argo, il mio cane – disse Ariana, tenendo il dobermann per il collare, nonostante sapesse che non si sarebbe mosso fino a un suo ordine.

- Ma… E’ gigantesco! Morde? – disse la bionda, terrorizzata.

- No, è innocuo – rispose Ariana, - Non vi farà assolutamente nulla –

Le tre ragazze fissarono il cane preoccupate, poi la Caposcuola disse: - Non potresti tenere un cane. Qui sono ammessi solo gatti, rospi o gufi

- Ho un permesso speciale della McGranitt – spiegò Ariana, estraendo dalla tasca un foglio di pergamena che porse alla Caposcuola.

Hermione lo lesse, poi alzò lo sguardo e sorrise. – Bene, allora è il benvenuto. Spero solo che Grattastinchi non si faccia vedere -

Ariana la guardò senza capire.

- E’ il mio gatto – spiegò Hermione.

- Oh, non ti preoccupare. Argo non lo toccherà – la rassicurò Ariana, dando una pacca sulla testa del cane. – E’ abituato a vivere con altri animali -

Le tre sembrarono un po’ più tranquille, e Ariana guardò la bionda, presentandosi.

- Lavanda Brown – rispose l’altra, stringendole la mano, poi si voltò verso Hermione e disse: - Calì non è tornata -

- Lo so – disse Hermione – Mi dispiace –

Le tre iniziarono a disfare i bagagli, mentre Ginny scendeva di sotto per andare nel dormitorio del sesto anno. Ariana si guardò intorno, soddisfatta. La stanza circolare era arredata in rosso e oro, e il suo letto era proprio vicino alla finestra, come piaceva a lei. Ordinò ad Argo di non toccare Grattastinchi, che in quel momento passava di lì, poi si mise il pigiama e si infilò sotto le coperte.

Un’ora dopo sentiva il respiro regolare delle sue compagne, che dormivano beate. Lei, come ogni notte, faticava a prendere sonno, e fissava attraverso il buio il soffitto del letto a baldacchino.

Alla fine era arrivata a Hogwarts. La parte più difficile del suo compito stava per iniziare: aiutare Harry Potter a trovare gli Horcrux.

 

 

Spazio Autrice

Ok, questo è il secondo capitolo… Spero sia di vostro gradimento. Mi rendo conto che i primi due capitoli non sono certo ricchi di azione e magari risultino un po’ noiosetti, ma dal prossimo Ariana inizierà a fare sul serio, e si scoprirà piano piano qualche dettaglio in più sul suo conto…

Ringrazio Shiho93 (dimmi cosa ne pensi di questo capitolo, se ti va) e elettra1991 (sono contenta che apprezzi il mio modo di scrivere! E’ la prima volta che mi capita! Se hai voglia continua a seguirmi…) che hanno commentato per prime.

Credo che da oggi in poi mi limiterò a un aggiornamento a settimana, se non mi coglie la frenesia da scrittura! In ogni caso non vi stupite se trovate spesso nuovi capitoli: sono assolutamente imprevedibile.

Lhea

 

 

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Capitolo 4
*** Il primo giorno di una lunga serie? ***


Capitolo 3

Capitolo 3

 

Il primo giorno di una lunga serie?

 

 

 

 

 

Ariana si svegliò per prima, la mattina seguente. Il dormitorio era ancora avvolto nel silenzio, e udiva solo il respiro regolare delle sue compagne che dormivano a poca distanza. La luce del mattino filtrava attraverso le tende, rischiarando un po’ la camera. Si alzò senza fare rumore e si stiracchiò come una grossa gatta.

- Shh! – sibilò, rivolta ad Argo, che la guardava vestirsi.

Si lavò rapidamente la faccia e poi si infilò gli stivali. Avvolta nel mantello scese in Sala Comune, ancora deserta visto che erano le sei, seguita dal dobermann che trotterellava dietro di lei.

Fu abbastanza difficile trovare l’uscita per il parco, e Ariana esultò quando finalmente vide il portone che portava fuori. Non sapeva se aveva il permesso di uscire a quell’ora, ma voleva rischiare.

“Avrei dovuto dare uno sguardo alla mappa della scuola” pensò, mentre apriva il portone di legno.

L’aria frizzante di settembre la svegliò completamente, e si diresse a passo rapido verso il lago scuro. L’acqua era immobile, e il cielo si era finalmente rasserenato. Sarebbe stata una bella giornata.

Ariana afferrò una grossa pietra e la lanciò nel lago. Argo iniziò a saltellarle intorno, pronto a giocare. Cercò un grosso bastone e lo tirò con forza, divertita nel vedere il grosso cane correre come un forsennato per prenderlo al volo.

Argo. Un cane. L’unico amico fedele che era riuscita ad avere nella sua vita. Gli voleva bene come se fosse stato un fratello, ed era sicura che non sarebbe riuscita a vivere senza di lui.

Aveva comprato il dobermann durante il suo primo anno di scuola, a Durmstrang, nell’unica uscita natalizia che gli era stata concessa. Tra i tanti cuccioli morbidi e coccoloni che c’erano nel negozio, aveva scelto proprio lui, un dobermann, una razza che tutti credevano aggressiva e pericolosa. Perché avesse voluto lui, non lo capì mai.

Lo aveva chiamato come una costellazione, nella speranza che le stelle lo proteggessero da un destino difficile e doloroso come quello che era capitato a lei. Lo aveva addestrato con dedizione e affetto, quell’affetto che non era mai riuscita a riversare su nessun umano.

Poi Argo era cresciuto, diventando un cagnone dall’aspetto feroce ma dal cuore gentile. Ricordava con quanto terrore lo guardavano alcuni dei suoi compagni, e lei non faceva quasi nulla per cambiare la situazione. Avrebbe tenuto lontano coloro che volevano farle del male.

Ariana era sempre stata un po’ timida, e anche a causa della lingua, in tutte le scuole in cui era stata non era mai riuscita a fare amicizia non nessuno. I ragazzi le stavano lontani per via del suo cane, per via di dei suoi lunghi silenzi e per via della sua straordinaria capacità di mettere paura.

“Speriamo non sia un anno come tutti gli altri” pensò, sapendo che invece lo sarebbe stato.

Il suo sguardo percorse il grande parco della scuola, dove la foresta nera si stagliava davanti a lei senza fine. Qualcosa di luccicante attirò il suo sguardo: c’era una costruzione bianca, un centinaio di metri più avanti.

Si alzò e camminò velocemente da quella parte, finché non capì di cosa si trattava: la tomba di Albus Silente. Argo annusò il marmo bianco, mentre lei leggeva il nome del vecchio Preside e la data di morte.

 

Giugno, qualche mese prima.

Ariana, nascosta all’ombra di uno degli alberi al limitare della foresta, attese che tutte le persone dessero l’ultimo saluto ad Albus Silente gettando un fiore sulla sua tomba. Nessuno la notò: forse l’avevano scambiata per una studentessa di Hogwarts. Era una giornata serena, con il sole che brillava alto nel cielo.

Centinaia di studenti passarono davanti alla lapide bianca, qualcuno piangendo e qualcun altro con un’espressione triste sul viso. Prima di loro, professori, Auror, vecchi alunni della scuola, volti noti e sconosciuti avevano dato l’estremo saluto a uno dei maghi più potenti della storia.

Quando il parco fu quasi deserto, Ariana si avvicinò titubante alla tomba bianca, ormai coperta di fiori colorati. Rimase immobile, gli occhi puntati sull’elaborata scritta che riportava il nome di Albus Silente.

I suoi occhi erano asciutti, e si lasciò scappare solo un flebile sospiro. Non riusciva a piangere, e si odiò per questo. Sapeva qual’era stata la perdita per il mondo magico, sapeva che si era spenta una delle ultime speranze in cui avevano creduto molti maghi e streghe, sapeva quando dolore e rabbia scatenava la sua morte, ma sapeva anche che lei era una delle poche che non aveva avuto l’onore di amarlo.

Gettò sulla tomba il piccolo fiore bianco che teneva in mano, lasciando che si posasse sul mucchio di quelli portati dalla gente. Allungò una mano per toccare il marmo bianco, ma la ritrasse subito. Era freddo. Freddo come era sempre stato Albus Silente nei suoi confronti.

“Farò il mio dovere” pensò Ariana, stringendosi le dita gelate, continuando a guardare la lapide, “Farò tutto ciò che sarà in mio potere. Cercherò di non deluderla, anche se lei non mi ha mai amato”.

 

Ariana si riscosse. Guardò l’orologio e decise di tornare al dormitorio. Richiamò Argo con un fischio e si voltò, lasciandosi alle spalle la tomba di Silente. Non si voltò nemmeno una volta, e tornò alla torre dei Grifondoro con una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

La Sala Comune era affollata di studenti assonnati, che iniziavano a scendere per fare colazione. Ariana, sentendosi spaesata in tutto quel trambusto dopo il silenzio del parco, lasciò Argo ai piedi del suo letto e poi andò in Sala Grande per la colazione.

Vide Hermione, Ginny, Harry e Ron seduti tutti assieme, e si unì a loro quando la Caposcuola le fece un cenno. Si sedette prendendo del caffè, e vide la McGranitt distribuire qualcosa a tutti gli studenti. Dovevano essere gli orari delle lezioni.

- Signorina Drake - disse la strega, - Se ha bisogno di aiuto per trovare le aule chieda alla signorina Granger -

- D’accordo professoressa -

Ariana lesse velocemente il foglio: alla prima ora avevano Trasfigurazione, con i Serpeverde. Gettò un’occhiata al gruppo, e come aveva previsto Hermione le si avvicinò.

- Vieni con noi Ariana? - chiese.

- Sì - rispose, - Anche perché non ho la minima idea di dove si trovi l’aula -

Mentre percorrevano un corridoio affollato di studenti, Ron le si affiancò.

- Hai detto che vieni da Bauxbatons - disse, - Allora conosci Fleur Delacour? -

Ariana annuì. - Sì. Anche se a dir la verità non ci parlavamo molto. Ha partecipato al Torneo Tremaghi, tre anni fa. Perché me lo chiedi? -

- Perché mio fratello Bill si è sposato con lei quest’estate - rispose Ron.

Ariana rimase in silenzio, mentre Hermione faceva strada verso l’aula di Trasfigurazione. Arrivati davanti alla porta, incontrarono un folto gruppo di studenti, tutti di Serpeverde. Tra loro, Draco Malfoy.

- Guarda chi si vede - sbottò il biondo, - Il Trio dei Miracoli! Fatto belle vacanze, Sfregiato? -

- Sta zitto Malfoy - ribatté secca Hermione.

- Va a… - iniziò Ron, ma la vista della McGranitt lo zittì.

Senza ulteriori commenti, gli studenti entrarono in classe, e Ariana si sedette in uno dei banchi in fondo, poco lontana da Malfoy. Con la coda dell’occhio, guardò il ragazzo.

Era un bravo attore, quel Draco. Probabilmente se non lo avesse saputo, non avrebbe mai sospettato che faceva parte dell’Ordine della Fenice. Anche lui, come lei, agiva in incognito, ma non sapeva di preciso cosa facesse: forse doveva tenere semplicemente d’occhio Harry e riferire tutto all’Ordine.

La ragazza tirò fuori la sua bacchetta, legno di quercia e corde del cuore di drago. La McGranitt distribuì a tutti un grosso pezzo di legno, e spiegò: - Prima di iniziare la trasfigurazione umana, dovrete imparare a trasformare un oggetto senza vita in un’animale. E’ necessario che siate altamente concentrati, perché questa è una delle trasfigurazioni più difficili -

Con un colpo di bacchetta, la professoressa trasformò il suo pezzo di legno in un gatto striato, che miagolò acuto sulla sua scrivania.

- Avanti, provate. La formula è Gattenis -

Immediatamente, tutta la classe si mise all’opera. Nel giro di qualche tentativo, Hermione trasformò il suo pezzo di legno in un perfetto gatto marrone, mentre a quello di Ron spuntarono solo le zampe e la coda, e iniziò a miagolare insistentemente. Ariana attese qualche istante prima di compiere l’incantesimo, senza che nessuno la guardasse.

- Gattenis - disse, e il suo legno divenne immediatamente un gatto identico a quello della McGranitt. Nessuno si accorse di niente, tranne Malfoy che la fissò un attimo prima di distogliere lo sguardo, quasi disgustato.

Poi, la McGranitt si voltò e guardò allibita la ragazza e il gatto che ora si leccava pacatamente una zampa. Sembrò sorpresa, ma assunse immediatamente il solito contegno.

- Splendido lavoro, signorina Drake - disse, - Non ho mai visto una cosa del genere. Venti punti a Grifondoro -

Tutti i compagni la guardarono, ma Hermione sembrava un po’ offesa. Ariana le sorrise, cercando di assumere un’espressione di scusa: sapeva che battere Hermione Granger a scuola non era una mossa saggia. Lei inarcò un sopracciglio e si voltò.

“Brava, hai appena offeso una delle persone che non dovevi assolutamente offendere” si disse.

La lezione proseguì, mentre Ariana osservava i ripetuti tentativi di Neville Paciock di trasformare il legno in gatto. Per tre volte era riuscito solo ad appicargli il fuoco.

Alla fine delle due ore, suonò la campanella e tutti uscirono per recarsi a Erbologia, nelle serre. Ariana si unì a Harry, Ron ed Hermione, sperando di non averla offesa. Fortunatamente, lei sorrise quando la vide.

- Eravate più avanti di noi nel programma, a Bauxbatons? - chiese.

- Sì - rispose lei, - Avevamo fatto la trasfigurazione oggetto-vivente a fine anno -

In realtà, Ariana aveva imparato quel tipo di incantesimo a tredici anni, ed era stato proprio Silente a insegnarglielo. Ma naturalmente, quello faceva parte dei suoi innumerevoli segreti.

La serra era un luogo umido e freddo. La professoressa Sprite li aspettava girando tra i lunghi tavoli di legno, osservando delle strane piante bitorzolute sistemate a intervalli regolari.

La lezione fu poco interessante per Ariana, che conosceva già le proprietà di quella pianta, ma questa volta evitò di togliere la soddisfazione a Hermione di guadagnare qualche punto per Grifondoro con le rispose giuste.

Erano insieme ai Tassorosso, e Ariana li osservava incuriosita, prima di accorgersi che la Sprite aveva appena ordinato di tagliare a fette i frutti della strana pianta che avevano davanti per utilizzarli nella lezione del pomeriggio di Pozioni. Controvoglia afferrò il coltello e si mise ad affettare lentamente.

- Avevate già fatto anche questo, a Bauxbatons? - le chiese Hermione.

- No - mentì Ariana, - In realtà non eravamo molto avanti con Erbologia -

- Chissà come sarà la nuova professoressa di Difesa contro le Arti Oscure - domandò Ron, grattandosi la testa.

Ariana osservò un momento Harry, per leggere la sua espressione. Lui non disse niente, ma sembrava furioso. Non le aveva ancora rivolto la parola, e le dispiaceva non scambiare nemmeno due chiacchere con la persona che segretamente doveva aiutare. Sapeva cosa comportava quello che stava per dire, ma era l’unico modo per farlo parlare.

- Non c’è più il professore dello scorso anno? - chiese, innocente.

Harry si irrigidì ed Hermione assunse un’espressione terrorizzata. Ron fece finta di niente.

- No - rispose Harry tra i denti, - Non credo abbia il coraggio di presentarsi qui dopo aver ammazzato Albus Silente -

Ariana assunse un’espressione dispiaciuta, anche se conosceva tutta la storia.

- Oh, mi dispiace. Non lo sapevo… -

Forse non fu la mossa ideale, perché Harry non parlò più fino a pranzo. Hermione, quando uscirono dalla serra, le si affiancò e le disse a mezza voce: - Non ti offendere per il suo comportamento, ma è meglio evitare di parlare di Silente o di Piton davanti a lui -

- Gli era molto legato? - chiese Ariana, con un sussurro.

- Sì, penso che lo considerasse quasi come un membro della famiglia che non ha mai avuto -

Ariana fece una smorfia: considerare Silente un parente era un privilegio che lei non aveva avuto, nonostante lo conoscesse da molto più tempo del Bambino Sopravvissuto.

A pranzo Ariana si sedette vicino a Hermione, che sembrava averla presa in simpatia. Chiacchierarono riguardo ad alcuni libri che la ragazza aveva preso in biblioteca, finché Ron non si avvicinò con un foglio in mano.

- Ariana? - disse, quasi intimorito.

- Sì - rispose lei.

- Giochi a Quiddich? - domandò.

- Perché? -

- Harry mi ha incaricato di fare una lista con tutti gli aspiranti giocatori. Ti interessa? - chiese.

Ariana scoppiò a ridere. - Oh, no grazie Ron - rispose, - Non sono una brava giocatrice -

- Ah, va bene - Ron si allontanò.

- Paura di volare? - chiese Hermione.

- No, solo non è il mio sport preferito - rispose Ariana,  - Ho giocato come riserva il primo anno di scuola, e l’unica volta che sono entrata in campo mi sono rotta tutte e due le gambe -

Entrambe scoppiarono a ridere, mentre Harry le guardava torvo. Ad un tratto, Ariana si accorse che dal tavolo di Serpeverde qualcuno la stava guardando. Era Draco Malfoy. Hermione se ne accorse e si voltò a vedere di chi si trattava.

- Oh, lascialo perdere - disse, - Malfoy è solo uno stupido… Odia tutti quelli che non sono purosangue, e tutti quelli che non sono della sua casa. Probabilmente sta pensando come prenderci in giro nell’ora di Pozioni -

Ariana spostò il suo sguardo su di lui, per vedere se smetteva di guardarla. Odiava essere fissata. Malfoy non fece una piega, così lei continuò imperterrita a puntare gli occhi nei suoi. Voleva vedere chi avrebbe ceduto per primo.

Un ragazzo dai capelli scuri e un bel viso si chinò su Malfoy, e con un sorriso gli bisbigliò qualcosa. Il biondo fece un gesto con la mano e continuò a fissarla, finché non fu costretto ad alzarsi da tavola e seguire i suoi compagni. Mentre attraversavano la sala, passò loro vicino, alle spalle di Hermione.

- Che hai da fissare? - grugnì Malfoy ad Ariana.

Hermione si girò per dirgli qualcosa, ma lei la zittì con uno sguardo.

- Hai iniziato tu a fissarmi - rispose impassibile Ariana.

- E con questo? - ribatté Malfoy, - Faccio quello che mi pare -

- Oh, d’accordo. , era solo un avvertimento - Ariana sorrise, quasi divertita. - Di solito chi mi fissa in quel modo si ritrova con due begli occhi da rana - Portò la mano alla bacchetta, senza l’intenzione però di estrarla.

Hermione la fissò sconvolta, mentre Malfoy rimase zitto, senza capire le sue vere intenzioni. Estrasse la bacchetta e la puntò verso Ariana, che non si mosse.

- Non oseresti - disse Malfoy.

- Davvero? Se vuoi un duello basta chiederlo -

- Io non mi batto con una stupida ragazza - sibilò Malfoy.

- Che cavaliere… Però non ti fai nessun problema a insultarmi -

I Grifondoro e i Serpeverde li guardavano sconvolti. Nessuno aveva mai osato provocare così deliberatamente Draco Malfoy, a parte Harry Potter naturalmente. Lui però non contava: conoscevano tutti la sua straordinaria capacità di ficcarsi nei guai.

- Ariana, lascia perdere… - iniziò Hermione.

Malfoy la guardò con uno strano sorriso, poi rinfoderò la bacchetta e disse: - Hai fegato, Drake. Ci vediamo oggi a Pozioni -

Si allontanò con i compagni, lasciando i Grifondoro ancora più sconvolti. Ariana guardò Hermione, che la fissava con occhi pieni di rimprovero. Sorrise.

- Lo stavo solo provocando - disse, a mo’ di scusa.

- Hai rischiato grosso… Ti avrebbe attaccato, se non fossimo stati in Sala Grande -

Ariana gettò uno sguardo verso Harry. La stava guardando sospettoso.

- , ogni tanto mi piace prendermi qualche rivincita -

 

 

Nell’aula di Pozioni, nei sotterranei, tutti aspettavano l’ingresso del professor Lumacorno. Malfoy era seduto in fondo alla classe, e Ariana non distava molto da lui. Gli gettò uno sguardo, poi sentì qualcuno entrare in aula.

- Buongiorno ragazzi - disse Lumacorno - Spero abbiate passato delle belle vacanze, almeno voi -

Era una frase di cortesia: come poteva il mondo magico passare delle belle vacanze, quando era stato appena sconvolto dall’omicidio di Albus Silente tra le mura di Hogwarts? Infatti, molti studenti si guardarono tra di loro imbarazzati, e qualcuno tossì.

Lumacorno rivolse alla classe un ampio sorriso e spiegò come fare la pozione oggetto della lezione, poi scrisse gli ingredienti sulla lavagna e lasciò gli studenti fare il proprio lavoro.

La ragazza tirò fuori dalla borsa l’occorrente, e iniziò ad attizzare il fuoco sotto il suo calderone. Con sua sorpresa, vide Malfoy scambiarsi di posto con il suo vicino, in modo da essere seduto vicino a lei. Forse voleva continuare la loro gentile discussione di prima.

- Cosa ci fai a Grifondoro? - sussurrò Malfoy, - Conosco il cognome Drake. Sei una Purosangue, e tutti i Purosangue finiscono a Serpeverde -

Ariana si rese conto che lui aveva notato che non era stata smistata con il Cappello Parlante, e molto probabilmente non era l’unico. Tutta colpa della McGranitt: se l’avesse fatta entrare con un po’ più di discrezione, forse la cosa sarebbe passata inosservata.

Lo guardò in faccia, per notare che era davvero carino, e rispose, secca: - Per essere della tua casa non occorre solo essere Purosangue; bisogna essere anche delle serpi. E io non lo sono -

Malfoy non rispose e tornò al suo lavoro. Ariana non aggiunse altro, e finì in fretta la sua pozione. La lasciò sobbollire per qualche minuto, e si allontanò a prendere una fiaschetta dalla cattedra della professoressa. Quando tornò, però, il liquido azzurro che aveva lasciato era diventato nero. Qualcuno doveva avergli messo dentro un ingrediente non previsto.

Ariana guardò furiosa Malfoy, che si era piazzato sulla faccia un sorriso innocente.

- Ops! - disse, - Devono esserci accidentalmente cadute dentro delle uova di rana… -

Nessuno sembrava essersi accorto di nulla; il professore si stava avvicinando per controllare l’andamento dei lavori. Arrivato davanti ad Ariana, disse: - Cara, credo tu abbia sbagliato qualcosa…- Guardò la pozione di Malfoy. - Dovrebbe essere di questo colore -

Malfoy sghignazzò. Ariana afferrò la fiaschetta e noncurante dei commenti di Lumacorno la riempì di pozione.

- Purtroppo ho avuto un incidente di percorso - disse, senza smettere di guardare il biondo, - La prossima volta prenderò esempio dal signorino Malfoy -

Hermione aveva drizzato le antenne, li guardava dall’altra parte della classe. Sembrava essersi accorta che qualcosa non andava. Infatti, la aspettò fuori dall’aula, e andarono insieme alla Torre di Grifondoro.

- Problemi con Malfoy? - chiese.

Ariana alzò le spalle. - Niente a cui non sono abituata - rispose.

Era la verità: nei lunghi anni trascorsi tra una scuola e l’altra aveva incontrato ragazzi che le avevano fatto ogni genere di dispetti, salvo poi essere ripagati con la stessa moneta. Ariana non amava essere cattiva, ma a volte era necessario non farsi mettere i piedi in testa.

- Devi aver avuto una vita dura a Beauxbatons - disse Hermione.

- Non immagini quanto - rispose Ariana, - Non sono mai stata particolarmente simpatica a nessuno -

- , ricordando come si comportavano gli studenti francesi durante il Torneo Tremaghi non mi stupisco proprio - disse Hermione, - Erano vagamente pieni di sé -

- Grazie - disse Ariana. Era la prima volta che qualcuno le diceva una cosa del genere. Sorrise alla riccia e pronunciò la parola d’ordine per entrare.

La Sala Comune era affollata di studenti che parlavano del primo giorno di scuola o di quello che avevano fatto durante le vacanze. Hermione si sedette su una delle poltrone vicino al fuoco, vicino a Harry e Ron.

- Rimani con noi a fare due chiacchere? - le chiese.

- No, grazie - rispose Ariana, - Vado da Argo -

Ariana salì e trovò il dormitorio vuoto, esattamente come si aspettava. Argo si era appoggiato con le zampe anteriori al bordo della finestra e guardava fuori. Quando la sentì entrare si voltò e le corse incontro.

Ariana posò la borsa e i libri e accarezzò il dobermann. Come primo giorno non era stato male: si era aspettata di peggio. Era stato piacevole trovare compagni così gentili nei suoi confronti, così amichevoli. Parlare la stessa lingua aiutava molto, e finalmente aveva passato un giorno abbastanza normale. Lezioni, chiacchierate con gli amici e qualche screzio con altri ragazzi: una giornata ordinaria per tutti gli studenti del mondo, tranne per lei, abituata a passare anche pomeriggi interi senza proferire parola.

Forse era la volta buona che trovasse degli amici… Lo sperava. Tanto più se erano coloro i quali avrebbe dovuto segretamente aiutare.

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Eccomi qua con il nuovo capitolo…

Finalmente abbiamo scoperto qualcosa sul passato di Ariana: sembra conoscere un Silente un po’ diverso dal solito. Come mai? Eh eh, piano piano i ricordi riaffioreranno nella mente, e sapremo da dove arriva…

Il nostro caro Malfoy ha fatto il suo solito ingresso, ma preparatevi perché nei prossimi capitoli sarà molto più presente.

I fan di Harry, invece, sono avvertiti: ho intenzione di sfotterlo un po’, e magari potrei risultare un po’ cattivella!

 

Il commento di Shiho93 mi ha fatto venire in mente una cosa: Silente aveva lasciato al Trio dei Miracoli i famosi oggetti (boccino, spegnino, ecc…). Ecco, siccome io riprendo la storia dal Principe Mezzosangue, quelli non rientrano, quindi fate come non esistessero. Lo stesso vale per tutto quello che viene narrato nei Doni della Morte: fate finta di non averlo mai letto, perché ho intenzione di cambiare molte cose (magari anche quali sono gli Horcrux). Spero non vi dispiaccia.

Grazie per le recensioni!

Lhea

 

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Capitolo 5
*** L'inizio ***


Capitolo 4

Capitolo 4

L’inizio

 

 

 

 

 

Ariana si svegliò di nuovo per prima, il secondo giorno di lezioni. A differenza della mattina precedente, però, rimase immobile sotto le lenzuola, e inspiegabilmente alla mente le riaffiorò un ricordo, il ricordo di come tutto era cominciato…

 

 

Una bimba di sei anni sedeva sola in una stanza di orfanotrofio, guardando fuori dalla finestra la pioggia che cadeva insistentemente da giorni. Dondolava le corte gambine dalla sedia, perfettamente in silenzio. La camera era spoglia, con le pareti di un bianco sporco e solo un letto sfatto e un armadio incassato nella parete.

La bambina di voltò di scatto quando sentì la porta della stanza aprirsi, e vide entrare un vecchio dalla lunga barba bianca e abiti stravaganti. Portava una lunga veste verde bottiglia, e un cappello a punta trapunto di stelline. Due piccoli occhiali a mezzaluna rimanevano aggrappati in precario equilibrio sul suo naso adunco.

La piccola fissò curiosa il vecchio, senza dire una parola. Continuò a guardarlo mentre l’anziano si sedeva sul suo letto con delicatezza, quasi fosse convinto che non avrebbe retto il suo peso.

- Ciao Ariana. Io sono Albus Silente – disse, la voce chiara e cristallina.

La bambina si accigliò, e disse: - Non mi chiamo Ariana. Il mio nome è...-

Ma il vecchio la interruppe prima che lei potesse continuare. – Da oggi il tuo nome sarà Ariana – disse con un tono che non ammetteva repliche – Dimentica tutto quello che sai di te stessa, perché non è nulla in confronto a ciò che sto per dirti

La bimba guardò l’anziano senza capire, continuando a dondolare i piedi sopra la sedia e con gli occhietti verdi puntati sul suo strano cappello. Non sapeva chi fosse, ma avvertiva qualcosa di particolare in lui, qualcosa che non riusciva ancora a comprendere.

- Tu sei una strega, Ariana – disse il vecchio, - E come tale, devi seguirmi nel mondo magico –

 

 

Ariana ricordava perfettamente quel giorno, il giorno in cui tutta la sua miserabile vita cambiò. Ricordava di come Albus Silente l’avesse condotta fuori dall’orfanotrofio, di come l’avesse portata a Diagon Alley, e di come l’avesse incredibilmente e crudelmente illusa.

Perché la piccola Ariana aveva creduto di aver ritrovato quello che lei pensava fosse un parente perduto, uno strano nonno venuto da lontano per portarla nella sua grande casa insieme a tanti animali. Pensava che Silente fosse venuto per accompagnarla mano nella mano verso la sua nuova esistenza fatta di affetto e regali, di amici e soprattutto di libertà.

Aveva sbagliato, invece. Silente non era suo nonno, non era un suo parente, non era nessuno che avesse qualche legame con lei, e non era nemmeno l’uomo che aveva deciso di adottarla. Era solo colui arrivato per affidarle un compito e prepararla a eseguirlo.

Essere l’ombra invisibile di Harry Potter e aiutarlo a trovare gli Horcrux.

Il vecchio mago l’aveva portata a Diagon Alley, raccontandole le origini del mondo magico e spiegandole le sue regole. Le aveva comprato abiti e corredo scolastico, poi l’aveva lasciata alla Caverna di Hog, un piccolo alberghetto di Diagon Alley, sotto la supervisione della vecchia proprietaria. Per una settimana non si era fatto vedere, e Ariana aveva creduto che l’avesse abbandonata.

Poi però Silente era tornato a prenderla, e le disse che avrebbe frequentato una scuola primaria privata, per soli figli di maghi e streghe.

L’istituto era pieno di bambini che provenivano da famiglie antiche e di sangue nobile, la maggior parte delle quali era stata in stretti rapporti con il Signore Oscuro. Era stata inserita in una classe mista, con maschi e femmine, ma la differenza tra lei e gli altri era evidente: i suoi compagni erano pieni di soldi, mentre lei aveva lo stretto necessario per vivere. E siccome i bambini sanno essere molto crudeli, i piccoli maghi non l’avevano mai fatta entrare nei loro gruppi, lasciandola sempre in disparte.

Ariana all’inizio era stata contenta di poter essere in contatto con altri piccoli maghi come lei, ma presto di rese conto che era passata da un orfanotrofio a un collegio. Stava lì tutto l’anno, vacanze natalizie comprese, e per l’estate tornava alla Caverna di Hog

“Ariana, smettila di pensare a queste cose”.

La ragazza sospirò e si alzò dal letto, cercando a tentoni i vestiti. Vide Lavanda mettersi a sedere e produrre uno spettacolare sbadiglio che la fece sorridere. Hermione si mosse sotto le coperte, rannicchiata come una neonata.

- Scendo con Argo – sussurrò, mentre Lavanda faceva un cenno di assenso, anche se molto probabilmente non aveva capito assolutamente nulla.

Mezz’ora dopo, Ariana era seduta in Sala Grande bevendo il suo caffè. Harry era seduto di fronte a lei, zitto. Voleva cercare di stringere almeno un rapporto di conoscenza, anche se nulla gli impediva di continuare per la sua strada e ignorarlo del tutto.

- Giochi a Quiddich? – domandò Ariana. “Argomento scontato, ma meglio di niente”.

Harry alzò lo sguardo dal suo bacon e fece una smorfia.

- Si, sono Cercatore – rispose, poi tacque. Sembrava aver detto tutto, per quella mattina.

- Non mi sembri molto contento di stare a Hogwarts – buttò lì Ariana, cercando di apparire disinteressata.

Harry tornò a guardarla in faccia. – Non sopporto che Malfoy sia ancora qui – sibilò.

Ariana si girò automaticamente verso il tavolo dei Serpeverde, dove il biondo Principe delle Serpi conversava amabilmente con Zabini.

In quel momento Ron ed Hermione li raggiunsero, e si sedettero di fianco a loro. Hermione aveva già in mano il libro di Difesa contro le Arti Oscure.

- Speriamo che la professoressa Trollope sia una buona insegnante – disse, dando una pacca a Ron che si stava ingozzando con pane tostato.

- Dicono abbia insegnato nelle migliore scuole di magia del mondo – disse Ariana, - Ho sentito parlare di lei quando stavo a Bauxbatons

- Meno male – disse Hermione, - In tutti questi anni ci è capitato un solo professore decente: Lupin –

 

 

Draco Malfoy gettava ogni tanto qualche occhiata al tavolo dei Grifondoro, scrutando da lontano la nuova arrivata, Ariana Drake. Stava seduta con il Trio dei Miracoli, e rideva di qualcosa.

- Draco, smettila di fissarla o finirete per prendervi a botte – disse Blaise, guardando dentro il suo the verde il suo riflesso.

- Non essere idiota – sbuffò Draco, - Sto solo cercando di capire perché la sua faccia e il suo nome non mi sono nuovi –

- Sì, dicono tutti così – ribatté Blaise, - Sii sincero e ammetti che è uno schianto –

Draco guardò Blaise, sconcertato.

- E poi dici che sono io quello che pensa solo alle ragazze – disse.

- Dai, non dirmi che non hai notato che ha un certo fascino – Blaise lo stava guardando con gli occhi blu puntati nei suoi – Non ti può essere sfuggito –

Draco tornò a puntare lo sguardo su Ariana. Blaise aveva ragione: non era truccata, a parte il sottilissimo filo di matita negli occhi, e non era vestita nemmeno in un modo particolarmente vistoso, eppure attirava diversi sguardi. Forse erano i suoi movimenti, fluidi e calcolati come quelli di un felino, oppure gli occhi verdi dall’espressione perennemente di sfida.

Deglutì, e un sorriso gli increspò le labbra. Non era da lui farsi sfuggire la pollastrella di turno, ma dall’anno scorso qualcosa era cambiato. Lui era cambiato.

Schierarsi con l’Ordine della Fenice era stata l’unica scelta sensata della famiglia. Senza suo padre, rinchiuso ad Azkaban, lui e sua madre avevano preso la strada che Lucius gli aveva sempre sbarrato. Avevano iniziato a collaborare con Silente all’inizio del sesto anno, ed era stato proprio lui a dirgli di accettare il compito di ucciderlo da parte di Voldemort. Piton naturalmente sapeva tutto, e avevano iniziato la loro segreta collaborazione.

Voldemort non aveva sospettato nulla fino a giugno, ma dopo il fallimento di Draco aveva deciso che la famiglia Malfoy non meritava più la sua fiducia, e aveva quasi troncato del tutto i contatti con loro. L’Ordine aveva messo al sicuro Narcissa, e Draco aveva accettato di tornare a Hogwarts per dare una mano a controllare la scuola.

Piton continuava a fare il suo doppiogioco, ed era entrato ormai nelle grazie del Signore Oscuro. Non aveva avuto più notizie di lui da luglio, e così anche l’Ordine, che iniziava ad avere qualche dubbio sulla sua fedeltà. Sembrava sparito.

All’inizio era stato molto difficile per Draco accettare la sua nuova condizione, ma in fondo era quello che aveva desiderato per anni: stare per una volta dalle parte giusta. Suo padre aveva sempre deciso per tutti, e non aveva mai accettato che i componenti della famiglia dicessero la loro. E né lui né suo madre avevano mai avuto la forza di contrastarlo.

Poi un giorno aveva scoperto che anche Blaise e Pansy, che avevano alle spalle famiglie difficili come la sua, covavano segretamente il desiderio di passare dalla parte giusta, la cosa era diventata un po’ più semplice. Insieme tenevano d’occhio i possibili nuovi Mangiamorte che potevano nascondersi tra i Serpeverde.

- Io l’ho già vista – disse Draco, - L’ho già vista da qualche parte, ma non mi ricordo dove -

- Magari vi siete incontrati a qualche stupida festa di tuo padre – ipotizzò Blaise, - Tra tutti quei Purosangue ci sarà stata anche lei, no? –

- Mi sarei ricordato – obiettò Draco, - E comunque mio padre non conosceva nessun Drake –

La sua mente viaggiava nei ricordi alla ricerca del volto di Ariana, ma non lo trovò da nessuna parte. Conosceva tutti i nomi delle famiglie più antiche del mondo magico, e ricordava che una delle più piccole e quasi dimenticate erano i Drake.

- Credi possa essere una Mangiamorte? – sussurrò Blaise.

- Forse. Come ti spieghi che non sia stata smistata? – chiese Draco.

Blaise si strinse nelle spalle. – Non è detto che non lo sia stata. Non è mai successo che un nuovo studente si inserisse in una classe già formata, e non sappiamo quali siano le procedure in questo caso – disse, con aria professionale, - Magari la McGranitt gli ha fatto provare il Cappello Parlante prima di farla entrare, per evitarle la figura della sciocca in mezzo a tutti quei bambocci… -

Draco continuò a fissare la schiena di Ariana, i lunghi capelli castani che si muovevano leggeri. Doveva tenerla d’occhio, e riferire tutto all’Ordine, se fosse stato necessario. Era sospetta, e guarda caso era arrivata proprio nel momento in cui Voldemort pianificava il suo attacco finale.

“Io scoprirò chi sei, Drake” pensò.

 

 

 

Ariana si voltò di scatto, e vide che Malfoy la guardava ancora. Appena i loro sguardi si incrociarono, lui si mise a parlare con la Parkinson, che era arrivata in quel momento.

- Cosa c’è? – chiese Ron.

- Niente – rispose Ariana, guardandolo, - Malfoy mi stava guardando

- Abituati – disse Harry all’improvviso, - Non farà altro che provocarci –

“Sagge parole” pensò Ariana.

- E’ il Caposcuola dei Serpeverde? – chiese, guardando Hermione.

- Purtroppo sì, e non capisco come la McGranitt non l’abbia impedito – rispose, - State attenti a quello che fate, perché ha il potere di mettervi in punizione, e lo farà appena potrà –

Ariana, Harry, Ron ed Hermione si alzarono diretti alla lezione di Difesa contro le Arti Oscure, in un’aula diversa dal solito. Era sgombra dai banchi e dalle sedie, e rischiarata dal sole che proveniva dalle finestre aperte. La professoressa Trollope, vestita con uno sgargiante abito a fiori e un assurdo cappello a punta a righe blu e gialle, li aspettava con uno sorriso che praticamente occupava tutta la faccia.

- Avanti, avanti – disse, facendo loro un cenno con la mano. – Per favore, posizionatevi in fondo all’aula -

Harry gettò un’occhiata perplessa alla professoressa, e lo stesso fece Ariana. Le avevano detto che la Trollope era una in gamba, ma dal vestito e dai modi le sembrava una un po’ tocca… In ogni caso si affiancò a Hermione, e attesero qualche minuto prima di veder arrivare gli altri Grifondoro. Poi una testa bionda sbucò dalla porta, con al seguito tutti i Serpeverde.

- Anche Difesa con loro? – sibilò Harry a Ron.

Il rosso si sbuffò e sfoderò la bacchetta. La professoressa attese che tutti gli studenti si disposero in fondo all’aula, poi si piazzò dove avrebbe dovuto esserci la cattedra e iniziò la lezione.

- Buongiorno, miei cari – disse, con una voce stranamente ferma, - Io sono la professoressa Doreen Trollope, e sono lieta di essere la vostra nuova insegnante. Ho saputo che durante tutti questi anni, riguardo ai professori di Difesa contro le Arti Oscure, siete stati piuttosto sfortunati. Solo un paio di loro sono stati in grado di prepararvi degnamente. I loro metodi, tuttavia, non credo siano stati adeguati -

Harry sembrava fremere. Guardò la professoressa con ira e disse: - Ci hanno preparati ad affrontare quello che c’è la fuori –

Hermione lo guardò con l’espressione esasperata, ma la Trollope non sembrò risentirsi.

- Ed è esattamente quello che farò io – disse, calma.

Harry non fu l’unico a sentirsi preso in contropiede. Qualcuno mormorò qualcosa, e i Serpeverde fissavano la professoressa in modo strano.

- Il mio metodo potrà sembrarvi particolare, ma ritengo sia il più efficace – continuò la Trollope, - Come il signor Potter ci ha ricordato, siamo qui per prepararci al mondo che c’è la fuori, che in questo momento non è esattamente il luogo perfetto per un pic-nic spensierato in compagnia di amici. Dimenticate pure i libri, quando entrante nella mia aula, perché io vi insegnerò usando la pratica, che la migliore delle istruttrici -

La classe rimase in completo silenzio, incredula. Ariana fissava la donna, ammirata: al di là dell’aspetto fisico, doveva essere un osso duro. Lo capiva dai suoi movimenti sicuri e dal discorso che era andato dritto al punto.

- Bene – disse la Trollope, sfoderando la bacchetta, - Questa è la nostra prima lezione, e cercherò di farvi capire come voglio che lavoriate. Non pretenderò il massimo, come invece farò dalla prossima volta. E vi chiedo di non temere per la vostra salute: nessuno durante le mie lezioni è mai morto -

“Sembra interessante” pensò Ariana, “Ha intenzione di fare sul serio”.

Passarono il resto della lezione in piedi davanti alla professoressa, mentre lei faceva ripassare gli elementari incantesimi di disarmo e difesa. Mostrò loro il modo esatto per scagliarli, garantendo quasi sempre il loro funzionamento.

Al termine delle due ore, i quattro uscirono dall’aula, Ariana ed Hermione in testa.

- Bé, promette bene, vero? – disse la Caposcuola, - Il suo metodo è simile a quello di Moody -

Anche Harry sembrava un po’ meno scontroso del solito: durante la lezione aveva avuto modo di mostrare le sue sorprendenti capacità in Difesa contro le Arti Oscure.

- Già – disse, - Se fa come lui, allora per la fine dell’anno saremo migliorati e…-

Si zittì all’improvviso, e Ariana capì che stava per scappargli qualcosa riguardo agli Horcrux. Fece finta di nulla e si diressero alla lezione successiva.

Le parole di Harry le riportarono in mente la sua missione. Si era data una scadenza: aveva tempo una settimana per ambientarsi, e poi doveva iniziare la sua ricerca.

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

Voilà, altro capitolo postato! Uhm, quindi Ariana non è il suo vero nome? Quale sarà? Non vi preoccupate, presto scoprirete chi è in realtà la nostra cara Ariana, e anche cosa è in grado di fare…

 

Mia cara Smemo92, alle tue domande troverai una risposta, ma non devi avere troppa fretta perché non so se ti piaceranno…

 

Kaimy_11, sono contenta che ti piaccia la storia, e ti dico che hai fatto bene a leggere i libri. I film tolgono sempre qualcosa alla bellezza di una pagina scritta!

 

Ringrazio DANINO, Greg90_h, Kaimy_11 e Smemo92 che mi hanno inserita nei preferiti! Grazie mille!

 

Nel prossimo capitolo: qualcosa nel mondo magico inizierà a muoversi: forse Voldemort comincia ad entrare in azione. In più, Ginny convincerà il Trio e Ariana a partecipare a una festa dei Tassorosso, e non ci saranno solo loro…

 

In più, rinnovo con l’invito a lasciare qualche recensione, anche minima, giusto per rendermi conto di chi legge e che magari apprezza anche. E poi, più recensite, più sarò veloce ad aggiornare!

 

Lhea

 

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Capitolo 6
*** Brutte notizie ***


Capitolo 5

Capitolo 5

Brutte notizie

 

 

 

 

 

- “ARRESTATO MANGIAMORTE A DURMSTRANG

Nella serata di ieri, nei pressi della scuola bulgara di Durmstrang, è stato arrestato Gregor Macnair, Mangiamorte al servizio di Colui Che Non Deve Essere Nominato. L’uomo è stato sorpreso da alcuni studenti mentre tentava di entrare all’interno dell’Istituto. Grazie al tempestivo intervento degli Auror bulgari, Macnair è stato arrestato con l’accusa di tentata aggressione.

Il Mangiamorte, che nella notte è stato consegnato alle autorità inglesi, si trovava da solo e alcuni testimoni riferiscono che sembrava cercare qualcosa. Tuttavia, durante il primo interrogatorio, Macnair non ha voluto parlare, e fonti vicine al Ministero rivelano che sembra si sia stregato la lingua per non tradire il suo Signore…” -

Hermione finì di leggere l’articolo pubblicato sulla Gazzetta del Profeta e gettò un’occhiata eloquente a Harry. Ariana, seduta a fare colazione con tutti gli altri, scrutò il Trio, intuendo cosa stavano pensando. La notizia lasciò scossa anche lei, e capì che doveva iniziare a darsi da fare.

Possibile che Macnair stesse cercando uno degli Horcrux di Voldemort? Era solo un falso allarme?

Ariana non sapeva se il Signore Oscuro sospettasse che Silente avesse scoperto il suo segreto, e a dir la verità non sapeva nemmeno se a Durmstrang ci fosse realmente un Horcrux. Silente non ne aveva mai parlato…

Durante l’interminabile lezione di Storia della Magia, Ariana si sedette in uno dei banchi in fondo, vicino a Neville Paciock, che si stava quasi per addormentare. Harry, Ron ed Hermione si erano seduti dietro di lei, sicuramente per confabulare indisturbati.

Silente aveva le detto che i possibili Horcrux in circolazione dovevano essere ancora quattro, perché il diario, l’anello dei Gaunt e il medaglione di Serpeverde erano stati distrutti. Quelli che erano rimasti, secondo il Preside, dovevano essere oggetti a cui Voldemort attribuisse un particolare significato. Dopo varie ricerche avevano ristretto il campo a una mezza dozzina di candidati, tra cui c’erano un’oggetto di Grifondoro, uno di Corvonero e uno di Tassorosso. Però anche Nagini, il serpente di Voldemort, poteva essere un Horcrux, e spiegava anche il perché dell’attaccamento all’animale.

Silente le aveva detto che era quasi certo che Voldemort avesse scelto di usare oggetti legati ad Hogwarts, perché era il luogo a cui era più affezionato. E c’era anche una grande possibilità che li avesse nascosti proprio all’interno della scuola, dove nessuno avrebbe mai pensato di trovarli. Non aveva mai parlato di Durmstrang, ma ora che ci pensava era una scuola piena di magia nera…

- Muffliato

Ariana si mosse impercettibilmente quando sentì pronunciare l’incantesimo, e capì subito cosa era successo. Prese la bacchetta e mormorò un contro-incantesimo.

“Non mi fregate così facilmente”.

- Macnair era lì per verificare che l’Horcrux fosse al sicuro - stava dicendo Harry, - Sicuramente lo ha mandato Voldemort -

- Pensi che abbia nascosto un Horcrux lì? - domandò Ron.

- Silente ha detto che ha scelto solo posti che hanno un significato - ribatté Hermione, - Non avrebbe molto senso… -

- Sì, ma Durmstrang è anche la scuola oscura per eccellenza! - disse Harry.

- Non dire stupidaggini - sbottò Hermione, - I ragazzi che la frequentano non sono tutti maghi oscuri -

- Stai pensando a Krum, vero? - si intromise Ron.

- Non fare il bambino, Ronald. Sto solo dicendo che insegneranno anche le arti oscure, ma questo non significa che tutti gli allievi di Durmstrang siano d’accordo -

- Va bene, ma questo non ha importanza - disse Harry, accalorato, - Devo assolutamente andare lì e scoprire cosa stava cercando -

“Tipico di Harry Potter” pensò Ariana, alzando gli occhi al cielo “Lanciarsi a capofitto in qualcosa senza pensare”. Tuttavia, si sentì un attimo colta impreparata: doveva impedirgli di andarsene da Hogwarts, perché sicuramente si sarebbe fatto ammazzare.

- No, Harry, non puoi andare via da qui - disse Hermione, preoccupata, - Ci saranno sicuramente altri Mangiamorte di guardia, se veramente Voldemort nasconde qualcosa lì. Ti prenderanno… anzi, ci prenderanno -

Harry rimase zitto. Hermione riprese, speranzosa: - E poi, come fai a trovare Durmstrang? Sarà sicuramente protetta come Hogwarts. E oltretutto ci devi anche arrivare. Non puoi andare da qui fino in Bulgaria a cavallo di una scopa! -

“Ben detto Hermione” pensò Ariana. “Spero tu riesca a farlo desistere”. Forse Harry si era convinto, perché rimase in silenzio. Fuggire da Hogwarts non era una buona idea, e oltretutto le sembrava una cosa inutile. Lei però poteva andare a Durmstrang

La lezione finì, e gli studenti lasciarono l’aula reprimendo a stento gli sbadigli. Tutti insieme si diressero verso Cura delle Creature Magiche, vicino alla capanna di Hagrid.

Ariana conosceva di fama il mezzo gigante Rubeus Hagrid. Nonostante il suo aspetto poco rassicurante, Hagrid accolse gli studenti con un grosso sorriso e li invitò ad avvicinarsi ad uno steccato in cui erano rinchiusi una decina di strani porcospini grandi come cani, che zampettavano di qua e di la.

- Avete passato una bella estate, ragazzi? - domandò Hagrid ad Harry, Ron ed Hermione.

I tre annuirono, ma Harry non sembrava molto convinto. Di certo anche per il guardiacaccia la morte di Silente doveva essere stata un bel colpo da digerire.

- Da che scuola arrivi? - chiese Hagrid, notando Ariana insieme al Trio.

- Vengo da Bauxbatons -

Hagrid sembrò interessato.

- Davvero? - disse, - Madame Maxime come sta? -

- Oh, bene - mentì Ariana, notando che il Trio stava ridacchiando sotto i baffi, - Davvero bene -

Hagrid sembrò soddisfatto, e iniziò a parlare alla classe delle caratteristiche di quegli strani animali che lui chiamava “Riccibicci”…

- Perché ridevate, voi tre? - disse Ariana, avvicinandosi.

Ron sorrise, e rispose: - , durante il Torneo Tremaghi tra Hagrid e Madame Maxime c’è stato del tenero… -

Ariana scoppiò a ridere. , c’era da immaginarselo, anche se Madame Maxime non sembrava il tipo a cui piacessero i selvaggi ribelli. Si mise a guardare i Riccibicci, e si accorse appena in tempo che uno di quei porcospini giganti aveva appena sparato intorno i suoi aculei lunghi venti centimetri. Evocò un sortilegio scudo che le evitò di ritrovarsi bucherellata come un colapasta.

- Tutto bene? - gridò Hagrid, allarmato.

- Sì, sì - rispose Ariana, - Tutto a posto -

Conosceva anche la presunta passione di Hagrid per gli animali pericolosi, quindi non si stupì più di tanto. Attese che la lezione finisse, poi si diresse al castello per il pranzo.

Ai tavoli regnava una strana eccitazione, e Ariana si guardò intorno per vedere cosa accadeva, ma non riuscì a capire niente. Dubitava dipendesse dalla notizia del Mangiamorte di quella mattina. Ginny si sedette a tavola di fianco a Hermione, e si servì di pasticcio di carne, affamata.

- Sentita la novità? - chiese.

- No - rispose Hermione, guardandola.

- Stasera festa di inizio anno nella Stanza delle Necessità organizzata dai Tassorosso! - disse Ginny, entusiasta. - Sono invitati anche i Grifondoro, ma sicuramente metà della scuola si imbucherà! Andiamo? –

“Non ci posso credere” pensò Ariana, “Solo stamattina una scuola di magia è stata attaccata, fuori la gente ha paura che arrivi la fine del mondo, e questi qua hanno pure il coraggio di fare feste di nascosto?!

- Ginny, sei sempre la solita - disse Hermione, - La scuola non è iniziata nemmeno da una settimana e tu già vuoi partecipare alle feste clandestine -

- Eddai, Herm! - disse la rossa, - Quest’anno tu hai anche i MAGO, se non ti diverti ora, quando lo farai? -

La festa dei Tassorosso per Ariana significava il dormitorio dei Grifondoro vuoto, ma anche una possibilità di sgusciare inosservata fuori dalla scuola e recarsi a Durmstrang e condurre qualche ricerca in tutta calma. Forse però era ancora presto per andare lì, non sapeva cosa cercare ne se c’era qualcosa da cercare…

- Tu verrai Ariana, vero? -

Ginny interruppe i suoi pensieri: la stava guardando con gli occhi imploranti.

- … - iniziò, - Non so se sia una buona idea… sono qui da pochi giorni, e non posso già mettermi nei guai…-

- Dai!!! - disse Ginny, - Per una volta! -

- Ci penseremo - disse Hermione, chiudendo il discorso.

 

Alla sera, a cena, metà della scuola era in subbuglio. Ariana si stupì che i professori non avessero ancora scoperto nulla: gli studenti confabulavano in mezzo ai corridoi e parlottavano di abiti e trucco. Alla fine arrivò alla conclusione che i professori sapessero, ma che lasciassero correre: in tempi bui come quelli, un po’ di svago non faceva male.

- Allora???? -

Ginny aggredì Ariana ed Hermione appena si sedettero a tavola, con l’espressione minacciosa.

- D’accordo, Ginny - acconsentì Hermione, - Verremo, ma si rientra presto -

- Uff - sbuffò la rossa, - Non vorrai mica rientrare a mezzanotte come Cenerentola? -

- Non si discute. Domani ci aspetta una giornata lunga e faticosa, non possiamo fare le cinque del mattino! -

 

Ariana era in piedi, e fissava l’immagine che lo specchio le rimandava con un’espressione dubbiosa. Indossava una camicia bianca e un paio di pantaloni neri aderenti, insieme ad un paio di scarpe nere con tacco a spillo vertiginoso (che a dir la verità non erano nemmeno sue). Se doveva essere sincera, non ci si vedeva proprio vestita così…

- Ariana, sei bellissima! - gridò Ginny, entusiasta.

La ragazza sbuffò, e si girò verso la rossa.

- Ma ti sembra? - disse, - Sembro una scema! E poi sto andando a una stupida festa, mica a un gran galà! -

Hermione sbucò dal bagno infilandosi una scarpa col tacco rossa, e la guardò scettica.

- Non dire scemenze! Guarda che stai benissimo! - disse.

Ariana si voltò di nuovo verso lo specchio, dubbiosa. Naturalmente in tutte le scuole in cui era stata le feste clandestine erano all’ordine del giorno, ma lei non era mai stata una loro assidua frequentatrice… Non le piacevano le feste, soprattutto perché non aveva mai nessuno con cui andarci.

- Senti, ci hai detto che volevi qualcosa di semplice - disse Ginny, - Più semplice di così puoi andare direttamente in giro nuda -

- Dai, che non abbiamo ancora tanto tempo - disse Hermione, tirando fuori un beauty case grande quanto una valigia.

Ariana guardò l’orologio: la festa era alle dieci, ed erano ancora le otto e mezza. - Ma se abbiamo ancora un’ora e mezza! - sbottò.

Ginny saltò dal letto, gridando: - Ma manca ancora il trucco! Dai, che va benissimo così! -

Ariana fissò dubbiosa le scarpe che la rossa le aveva prestato: chissà se riusciva ad arrivare fino ai dormitori di Tassorosso senza rompersi qualcosa…

Un ora e mezza dopo, le tre ragazze scendevano in sala comune a braccetto, permeate da un alone di profumo. Hermione indossava una gonna di jeans e una maglia blu dalla generosa scollatura, insieme a un bel paio di stivali neri dal tacco alto (alla fine aveva lasciato perdere le scarpe rosse che non azzeccavano niente con il resto…); aveva il viso ingentilito da un trucco leggero, da brava ragazza, e le labbra coperte dal lucidalabbra rosa.

Ginny, la più provocante delle tre, indossava un vestito rosso fuoco, coordinato con i suoi capelli, e scarpe dello stesso colore. Gli occhi erano delineati da un filo di matita nera e ombretto scuro.

Ariana, che si sentiva decisamente un’idiota, stava in mezzo alle due ragazze.  Chi diavolo me lo ha fatto fare?” si domandò. Si era truccata leggermente, con un po’ di matita nera, ombretto azzurro e rossetto rosa. A suo parere niente di troppo vistoso.

Harry sbucò dalla scala che portava al dormitorio dei maschi, vestito di tutto punto. Dietro di lui c’era Ron, che cercava di sistemarsi il colletto della camicia scura che si era infilato. I due fissarono le tre con aria stranita, e Ariana sbuffò.

- Tu dove hai intenzione di andare vestita così? - chiese Harry rivolto a Ginny, - Ti ricordo che hai un ragazzo! -

Tutti scoppiarono a ridere, mentre Ginny si buttava addosso a Harry e lo abbracciava. Ron, forse per evitare di vedere che si baciavano, tornò a combattere con il suo colletto.

Hermione, sorridendo divertita gli si avvicinò e disse: - Lascia stare, Ron, ci penso io -.

Ariana guardò le due coppie. Si sentiva un po’ terza incomoda, lì in mezzo. Sapeva che Ron ed Hermione non erano fidanzati, ma aveva capito subito che tra loro c’era del tenero.

Per fortuna, Neville fece irruzione nella Sala Comune, visibilmente abbattuto. Indossava una camicia blu e dei pantaloni neri, che smagrivano un po’ la sua figura. Era pallido e si tormentava un polsino.

- Era ora! - disse Harry, - Cosa stavi facendo? -

Neville borbottò qualcosa come “Ma devo proprio venire alla festa?”, prima di guardare le tre ragazze un po’ stranito. A quel punto arrivò anche Lavanda Brown, strizzata in un abitino a dir poco succinto color malva. Strinse gli occhi alla vista di Ariana, Hermione e Ginny e poi si sedette su una poltrona. Quando furono tutti riuniti nella Sala Comune, Ginny prese Harry sottobraccio e Ron fece altrettanto con Hermione, e uscirono nei corridoi deserti. Ariana rimase dietro al Trio dei Miracoli, silenziosa.

Neville le si affiancò, con una faccia triste da cane bastonato. Ariana lo guardò dispiaciuta, senza capire perché lui non volesse venire: anche lei non amava le feste, ma non aveva mica l’aria di una che sta andando al patibolo.

- Stai bene? - mormorò Ariana.

Neville grugnì facendo una smorfia, poi disse: - Preferivo non venire… -

- Non ti piacciono le feste, vero? - disse la ragazza.

Neville annuì.

- , non sei l’unico - continuò Ariana, - Pure io ne farei decisamente a meno. Ma magari è la volta buona che cambiamo idea… - poi aggiunse a bassa voce, sorridendo misteriosa - E non dirmi che non c’è nemmeno una ragazza che ti piace -

Neville arrossì e la guardò imbarazzato, e si lasciò sfuggire qualche parola: - Ehm… Forse… -

Ariana sorrise e cercò di capire chi fosse la misteriosa ragazza, finché non arrivarono alla Stanza delle Necessità. Davanti alla porta c’era un ragazzo dai capelli color sabbia che li aspettava.

- Grifondoro, vero? – chiese.

- Sì – rispose Ginny.

Il ragazzo aprì la porta. – Entrate –

La Stanza delle Necessità si era trasformata in un grande salone dal soffitto a volta, ed era decorata a festa. Delle grosse lampade spandevano una luce multicolore sulle pareti, e in fondo c’era un lunghissimo bancone dietro al quale tre ragazzi servivano da bere. La musica era ancora soffusa, ma durante la sera l’atmosfera si sarebbe di sicuro riscaldata. C’erano già molti Tassorosso, ma tra tutte quelle facce c’era anche qualche Corvonero.

Ariana e gli altri si diressero verso il bancone, e lei si sedette su uno degli alti sgabelli di legno. Una ragazza dai lunghissimi capelli neri servì loro da bere.

“Certo che sono organizzati bene” pensò Ariana, “Feste del genere si vedevano solo in Italia”.

Qualcosa attirò la sua attenzione, e sentì venirgli un groppo in gola. Draco Malfoy, Blaise Zabini e Pansy Parkinson erano appena entrati nella sala, e lei non poté fare a meno di notare che il biondo era davvero di una bellezza notevole.

- Hermione… - sussurrò, - Guarda chi c’è -

La Caposcuola annuì e scrutò Harry. Il Bambino Sopravvissuto non si era accorto ancora di niente, ma si preannunciava una crisi di nervi da parte sua, visto che i tre si dirigevano proprio verso di loro.

Malfoy si sedette proprio di fianco ad Ariana, mentre Harry e Ron preferirono girare alla larga. Non la guardò nemmeno in faccia, ma disse: - Anche voi qui? –

- Già. Noi siamo stati invitati – ribatté la ragazza.

Malfoy sorrise, e afferrò il bicchiere che gli veniva servito. Bevve un sorso.

- Non ci siamo già visti da qualche parte? – domandò.

- Credo che abbiamo avuto la spiacevole sfortuna di vederci a lezione – rispose Ariana, senza guardarlo nemmeno lei.

- Intendo prima di Hogwarts – continuò Malfoy, vagamente spazientito.

Ariana cercò di ricordare se si erano veramente già visti da qualche parte, ma non si ricordava proprio. Molto probabilmente si stava sbagliando, e la sua era una scusa per provocarla.

- Non credo – disse, - Non frequento gente del genere -

“Sarai anche dell’Ordine, ma rimani comunque uno strafottente di prima categoria” pensò la ragazza.

In quel momento la musica venne improvvisamente alzata, e molti ragazzi si gettarono in mezzo alla pista per andare a ballare. Si voltò per vedere Harry e Ginny stretti in un abbraccio stritola ossa, e Ron che sembrava aver l’intenzione di rimanere fermo come una statua di sale. Si alzò e raggiunse Hermione, senza salutare Malfoy.

“Questi due hanno bisogno di una mano”.

Rimasero qualche minuto a guardare i ragazzi che ballavano, poi Ariana si avvicinò alla Caposcuola e le disse nell’orecchio, in modo che potesse sentirla sopra la musica assordante: - Credo che Ron voglia chiederti di ballare, ma ha paura che tu gli dica di no

Hermione la guardò stupita, senza dire nulla.

- Avanti, vai – disse Ariana.

La riccia sorrise e si allontanò, diretta verso Ron. Li vide parlottare per qualche secondo, poi partirono a ballare. Neville, invece, continuava a rimanere seduto su uno dei divanetti, lo sguardo triste.

Ariana si sedette vicino a lui.

- La tua amica c’è? – domandò.

Neville fece un cenno di diniego, e Ariana guardò la pista. Nessuna ragazza corrispondeva alla descrizione che lui le aveva fatto prima, e tornò a guardarlo dispiaciuta. All’improvviso, una ragazza rotondetta dai capelli scuri si avvicinò e sorrise a Neville.

Ariana non sapeva se fosse lei la fanciulla di cui gli aveva parlato, ma decise lo stesso di dileguarsi. Con la scusa di andare a prendersi qualcosa da bere, raggiunse il bancone, dove non c’era traccia di Malfoy.

- Un whiskey incendiario – gridò al barman.

Prese il bicchiere e iniziò a bere, quando si trovò davanti agli occhi due occhi grigio tempesta che la guardavano seri. Mandò giù un po’ di whiskey e guardò Malfoy avvicinarsi con aria di sfida.

- Nessuno ha avuto il coraggio di invitarti a ballare? – domandò.

- Mi sembra evidente di no, signor Malfoy – ribatté Ariana, per nulla offesa.

Il biondo, con la dolcevita nera attillata che metteva in risalto il suo bel fisico, la guardò in modo strano. Le porse la mano e disse: - Posso chiederle di ballare con me, signorina Drake? –

Ad Ariana ci volle tutta la sua forza di volontà per evitare di strabuzzare gli occhi come una demente, completamente presa alla sprovvista. Nel giro di mezzo secondo, però, tornò in se e sorrise.

- No, grazie – rispose.

Malfoy non sembrò molto stupito. Ritrasse la mano e sorrise con il suo solito ghigno. Le rivolse un inchino e se ne andò per raggiungere Zabini.

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Sorpresa! Allora, chi di voi avrebbe risposto nello stesso modo della nostra cara Ariana all’assolutamente fantastico Malfoy??? Scommetto che molte di voi l’avrebbero linciata, se ne aveste avuto la possibilità, vero?

Questo capitolo è decisamente più lungo dei precedenti, e la fase introduttiva è finalmente finita: per me si chiude la parte più critica. Ora inizierò a fare sul serio, per questo cambio il rating in previsione dei prossimi capitoli.

 

Nel prossimo capitolo: Ariana inizierà finalmente la sua ricerca, ma suo malgrado sarà costretta a un incontro notturno con MalfoyCosa succederà?

 

Ringrazio tutti coloro che leggono! Un bacione!

 

Lhea

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Capitolo 7
*** Cicatrici ***


Capitolo 6

Capitolo 6

Cicatrici

 

 

 

 

 

Erano passati quattro giorni dalla fatidica festa, e Ariana rimaneva convinta di aver fatto la scelta giusta evitando di ballare con Malfoy. Non aveva detto niente a Hermione e Ginny (figuriamoci a Harry e Ron), perché temeva che avrebbero iniziato a guardarla male, visto che come avrebbe detto Ron “fraternizzava con il nemico”, ma sapeva che quasi tutte le ragazze della scuola avrebbero dato qualsiasi cosa per essere al posto suo.

Per quanto Malfoy fosse bello, lei non era la tipa da cadere ai piedi di nessuno. E non era nemmeno disposta a farsi prendere in giro da uno come lui. Se pensava di riuscire a farla passare per una ragazzina sciocca e sempliciotta, aveva sbagliato persona.

Seduta nel suo banco durante la lezione di Trasfigurazione, Ariana si massaggiava la spalla dolorante. La McGranitt stava spiegando come eseguire un incantesimo d’Invertimento, la bacchetta sventolata in aria. Non la stava seguendo per niente, presa com’era da quel bruciore che la infastidiva particolarmente dovuto al tempo umido.

Una vecchia cicatrice le ricordava quello che era successo tanti anni prima, che aveva contribuito a renderla l’Ariana combattiva e disincantata che era ora. Un episodio che le aveva fatto provare l’umiliazione vera, ma che non poteva dimenticare.

 

 

 

Sei anni prima, Durmstrang.

Ariana camminava per uno dei corridoi affollati della scuola, Argo il cucciolo che trotterellava vicino alle sue gambe. Teneva stretti tra le braccia i libri, e procedeva a testa bassa come faceva sempre: era più facile evitare di sguardi di disprezzo degli altri, così. All’improvviso, andò a sbattere contro qualcuno.

- Scusa – mormorò, e alzò lo sguardo per vedere di chi si trattava.

Diventò rossa come un pomodoro quando si accorse che era Ivan, un ragazzo di due anni più grande di lei, il più bello della scuola. Era alto, con splendidi capelli biondo cenere e gli occhi azzurro mare, occhi di cui lei era segretamente innamorata. Non era solo: tre amici lo affiancavano, e c’era anche una ragazzina del secondo anno, Lidja.

- Guarda dove vai – sbottò Ivan, - Ah, ma tu sei lo Sgorbio -

Ariana lo guardò in faccia, ferita. Non riusciva a parlare con lui davanti, così bello e ammirato da tutti: lei non era nulla a confronto. Si abbassò per raccogliere un libro, sentendo le risatine di scherno degli amici di Ivan.

Il ragazzo all’improvviso si abbassò e prese Argo per la collottola, senza alcuna delicatezza. Il cucciolo guaì quando lui lo scosse, ridendo.

- E’ questo sarebbe un cane? Mi sembra più un topo – disse, scatenando le risate dei tre compari e di Lidja.

Ariana lasciò cadere gli ultimi libri che aveva tra le braccia a terra, spaventata. Guardò il cucciolo che aveva gli occhioni scuri spalancati, e mugolava cercando di divincolarsi.

- Lascialo – disse con la voce fioca, - Per favore, rimettilo per terra -

Ivan scosse ancora il cane, e gli tirò le orecchie con cattiveria. I suoi uggiolii attirarono l’attenzione degli studenti, che si avvicinarono per guardare meglio.

- Lascialo stare! – gridò Ariana, - Gli fai male! -

I tre amici di Ivani ridevano a crepapelle, mentre Lidja si avvicinò al loro capo e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, con un ghigno che cercava di nascondere senza successo. Lui smise di ridere e la guardò con un brillio negli occhi azzurri.

- Io ti piaccio – disse semplicemente.

Ariana arrossì e guardò la ragazzina, sentendosi tradita. Solo una persona sapeva che lei era innamorata di Ivan, e quella persona era Sophia, la sua compagna di classe. Che lei aveva creduto almeno un po’ amica. 

- Dimmi, pensavi davvero che a uno come me potesse piacere uno sgorbio come te? – disse Ivan, con un ghigno cattivo. Tutti ragazzi presenti del corridoio iniziarono a ridere, mentre Argo guaiva disperato.

- La… lascialo andare, per favore! – supplicò Ariana. Erano le uniche parole che riusciva a pronunciare: la voce le rimaneva impigliata in gola per la paura e la disperazione.

Ivan sorrise e tirò fuori la bacchetta, puntandola verso di lei. Ariana rimaneva immobile, mortificata, e piccole lacrime iniziarono a scenderle lungo le guancie. Si sentiva umiliata, come mai lo era stata in vita sua, e voleva solo che il suo cane fosse lasciato in pace.

- Se davvero ti piaccio- disse Ivan, - E vuoi che lasci libero il suo cane-topo, devi fare quello che ti dico. Abbassati la gonna -

Ariana spalancò gli occhi e li fissò sul viso di Ivan, deformato da un ghigno perverso. Qualcuno sarebbe intervenuto a difenderla, ne era sicura. Qualcuno lo avrebbe fermato e lo avrebbe costretto a lasciare Argo…

Ma non accadde nulla. Gli studenti che si erano ammassati a guardare la scena rimasero fermi ai loro posti, ridacchiando e facendo dei gestacci verso di lei. Nessuno di loro si avvicinò per consolarla, per aiutarla. Nessuno.

Con le lacrime che scendevano lungo le guancie rosa, le manine strette a pugno, Ariana capì. Era sola. Era sola contro il mondo. E quando sei solo, l’unica cosa da fare e andare avanti senza l’aiuto di nessuno.

Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, tirò fuori la bacchetta e lanciò un incantesimo diretto al polso di Ivan. Lui urlò di dolore e lasciò il Argo, che cadde a terra con un guaito e poi corse verso di lei.

Ariana lo prese in braccio e il cucciolo le leccò le lacrime dal viso. Tutto il corridoio si era zittito, e gli studenti la fissavano sbalorditi. Ivan si teneva il polso, mentre gli amici gli chiedevano se stesse bene. Presa dalla paura e dal senso di colpa, la bambina si girò e iniziò a correre diretta ai dormitori.

Alcuni ragazzi si fecero da parte per lasciarla passare, ma non aveva fatto nemmeno dieci metri quando sentì la voce irata di Ivan alle sue spalle.

- Piccolo sgorbio che non sei altro – disse, - Adesso ti faccio vedere di cosa sono capace -

Ariana correva con il cucciolo in braccio, e le lacrime di umiliazione che continuavano a cadere. Il suo piccolo cuore era stato spezzato per colpa di un’amica traditrice e di uno stupido ragazzino senza sentimenti.

Sentì dei passi rapidi dietro di lei, e la voce di Ivan gridare qualcosa. Come un coltello che veniva infilzato nella carne, l’incantesimo del ragazzo andò a segno. Ariana avvertì un dolore lancinante alla spalla destra, e cadde rovinosamente sul pavimento ghiacciato. Sangue vermiglio iniziò a colare sulle piastrelle, e lei non riusciva a muoversi. Vide solo il volto di Ivan guardarla dall’alto con un’espressione di compiacimento prima che tutto diventasse nero.

Ariana si svegliò qualche ora più tardi, nell’infermeria. Era sdraiata su un letto soffice, e mettendosi e sedere vide Argo raggomitolato per terra, che uggiolava triste. Si portò le mani al viso, mentre in bocca sentiva ancora il sapore salato delle lacrime che aveva versato quel pomeriggio.

Aveva la spalla destra fasciata, ma non sentiva dolore. Tastò le bende lì dove doveva esserci la ferita, ma non sentiva che qualcosa di duro, come se la sua pelle fosse diventata insensibile. L’infermiera, una donnina piccola dai capelli color topo, si avvicinò con la bacchetta in mano.

Le tolse la fasciatura, scoprendo una cicatrice biancastra che partiva dalla scapola e arrivava fino sotto il collo, sottile come la lama di un coltello ma frastagliata e troppo visibile sulla sua pelle chiara.

- Stai buona – disse la donna, - Ora ti toglierò la cicatrice -

- No – disse Ariana, con voce ferma e dura.

- Come? – domandò l’infermiera, guardandola in viso.

- Non voglio che mi tolga la cicatrice –

Una lacrima scese dagli occhi verdi di Ariana, e lei seppe che sarebbe stata l’ultima della sua vita. Non avrebbe mai più permesso a nessuno di farla soffrire in quel modo, di ferirla così profondamente. Quella cicatrice sarebbe rimasta, come monito per il futuro. Se lei non poteva farsi accettare per quello che era, allora sarebbe cambiata.

Aveva la forza, aveva le conoscenze e la determinazione per farlo. Nessuno avrebbe più avuto il coraggio di mettersi contro di lei. Era ora di smetterla di essere la bambina schernita e presa di mira da tutti. Era ora di indossare la maschera di freddezza e cinismo che l’avrebbe protetta dal mondo.

 

 

 

Ariana prese la bacchetta ed eseguì stancamente l’incantesimo che la McGranitt aveva ordinato, trasformando la piuma davanti a lei in un passerotto giallo. Non si pentiva di aver tenuto la cicatrice, ma ogni tanto capitava che le facesse male, soprattutto quando il tempo era umido come quella mattina. Era tre giorni che pioveva ininterrottamente.

La nota positiva era che non c’erano stati attacchi di Mangiamorte da nessuna parte, e che Harry sembrava aver accantonato l’idea di andare a Durmstrang di nascosto. Non li aveva più sentiti parlare riguardo alla cosa, e credeva che almeno per adesso sarebbero stati buoni al loro posto.

C’era qualcosa però che la preoccupava: le parole di Malfoy il giorno della festa. Diceva di conoscerla, ma lei non si ricordava proprio di lui. Forse l’aveva vista da qualche parte, insieme a Silente… No, non era possibile. Lei e il Preside si erano sempre incontrati in posti sicuri, e sicuramente uno come lui se lo sarebbe ricordato per un bel po’ di tempo.

“Tranquilla, Ariana” si disse, “C’è solo una persona al mondo che sa chi sei, ed è morta qualche mese fa”.

Finita la lezione, Ariana salutò Harry, Ron ed Hermione e si diresse il biblioteca, per cercare qualche informazione riguardo ai possibili oggetti appartenuti a Godric Grifondoro. Visto che apparteneva alla sua casa, poteva cominciare da lì.

La biblioteca era molto grande, e lei scelse un bel tavolo sotto una finestra, lontana da sguardi indiscreti. Massaggiandosi ancora la maledetta spalla dolorante, girovagò un po’ tra gli alti scaffali leggendo i dorsi delle copertine dei libroni.

Trovò una sezione dedicata a Storia della Magia e prese tre grossi tomi rilegati in pelle rossa, con borchie d’argento. Li sfogliò velocemente, ma si rese conto che non parlavano di ciò che interessava a lei. Cercò ancora in una sezione dedicata ai Grandi Personaggi della Storia, e prese un libro dal titolo: “Maghi e streghe famosi: icone del passato”.

Il volume era decisamente troppo pesante per la sua spalla, così Ariana lo fece fluttuare con la bacchetta fino a tavolo. Si sedette e iniziò a scorrere l’indice con il dito.

Godric Grifondoro, pagina 574.

Andò alla pagina giusta, e iniziò a leggere.

Godric Grifondoro, uno dei fondatori della prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, nacque in una piccola contea a nord di Londra. Fin da bambino la sua evidente predisposizione fu il combattimento con le bacchette, anche se sviluppò una particolare passione per le armi Babbane. La famosa spada a lui appartenuta, infatti, fu forgiata da lui stesso usando tecniche Babbane e magia…

Ariana lesse fino alla fine, annotando su un foglietto le informazioni che potevano tornarle utili. Non sapeva della passione di Gogric per le armi babbane, e poteva essere un possibile indizio.

Silente aveva escluso la spada dai possibili Horcrux, perché era stata in suo possesso per molto tempo, e Voldemort non aveva avuto alcuna occasione di entrarne in contatto.

Trovò un cenno relativo a un elmo prodotto da Godric stesso, di cui Silente aveva parlato ma che non era riuscito a trovare da nessuna parte. Forse era stato disperso nel corso dei secoli… Oppure poteva trovarsi ancora a Hogwarts.

Ariana cercò informazioni circa i fondatori della scuola per il resto della mattina, poi andò a pranzo. Si sedette vicino ad Hermione.

- Cosa hai fatto fino ad adesso? – chiese Ron, curioso.

- Niente, ho studiato – rispose Ariana, e la Caposcuola le fece un sorriso.

- Vedi Ron, lei studia. Ti ricordo che abbiamo i MAGO quest’anno – disse.

Il rosso sbuffò e tagliò a fettine la sua bistecca senza tante cerimonie, e Ariana si concentrò sul suo bel piatto di pollo e patatine. Il dolore alla spalla era un po’ diminuito, per fortuna.

Cinque minuti più tardi arrivò Ginny, che si sedette di fianco a Harry con l’espressione distrutta. Era appena tornata da una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure.

- Moody a confronto era un angelo – disse, avvicinando un piatto vuoto, - La Trollope è assolutamente incredibile -

- Cosa avete fatto? – chiese Harry.

- Ci ha fatto battere a coppie! – rispose Ginny, - Praticamente ci ha scelto un compagno di un’altra casa e ci ha fatti combattere. Niente di troppo pericoloso, però è stato assolutamente incredibile –

- Ma è fantastico! – gridò Harry, - Finalmente qualcuno ha capito cosa bisogna fare

- Fantastico?! – sbottò Ron, preoccupato – Harry, noi facciamo lezione con i Serpeverde. Minimo si scatenerà una rissa! –

- Appunto – ribatté Harry.

Ariana sorrise: il Bambino Sopravvissuto aveva trovato una scusa per fare a botte con Malfoy. Sperava di vederli scontrare, almeno una volta, giusto per farsi un’idea di cosa erano in grado di fare. Per lei non era un problema fare un duello magico: a Durmstrang e alla Van Hovenbargen erano una pratica di insegnamento comune.

Controllò l’orario per vedere quando avevano la Trollope: il pomeriggio del giorno dopo. Harry aveva tutta la notte per pianificare con calma la sua vendetta.

Dopo pranzo tornarono in Sala Comune, visto che le lezioni per quel giorno erano finite, e Ariana si sedette su una delle poltrone vicino al fuoco. Argo si era accoccolato ai suoi piedi, e dormicchiava beato. Hermione stava preparando il suo tema di Storia della Magia, Ron era semisdraiato su una poltrona, e guardava il dobermann con una strana espressione.

- Ma non potevi comprarti… che so… un barboncino? – chiese all’improvviso.

Ariana sorrise e guardò Argo con espressione dolce. – Credo che un barboncino non sarebbe stato abbastanza cattivo – rispose, - Ma a parte gli scherzi, Argo è buonissimo, a dispetto del suo aspetto. Avanti, prova ad accarezzarlo –

Il dobermann si avvicinò a Ron, e gli leccò affettuosamente la mano. Il rosso sembrò tranquillizzarsi.

- Visto? – Ariana si alzò, diretta alla finestra.

La pioggia continuava a cadere ininterrottamente, e il parco fuori dalla scuola era una distesa di fango. Il cielo era coperto di nubi color carbone, e presto si sarebbero scatenati fulmini e saette.

Visto l’orribile tempo, decise di tornare in biblioteca, e continuare le sue ricerche. Riprese il grosso librone “Maghi e streghe famosi: icone del passato” e si immerse nella lettura. Trovò varie informazioni riguardo ad altri oggetti appartenuti ai fondatori, e annotò tutto su un foglio che aveva intenzione di nascondere nel posto più sicuro che conosceva: il collare di Argo.

Dopo un’ora la raggiunse Hermione, che era venuta a fare una ricerca, e dovette smettere di leggere. Nascose il libro dentro la borsa e le sorrise.

- Anche tu ami questo posto, vero? – disse la Caposcuola.

- Già – rispose Ariana, - Puoi stare certo che si sta tranquilli –

Hermione si sedette di fianco a lei, e tirò fuori piuma e pergamena. Ariana fece lo stesso, e iniziarono a fare insieme il compito di Trasfigurazione, chiaccherando.

- Hai detto che non ti trovavi molto bene a Bauxbatons – disse all’improvviso la Caposcuola, - Come mai? -

Ariana fece una smorfia per niente divertita. Odiava le domande sul suo conto, ma sapeva che Hermione voleva solo sapere qualcosa in più di lei. In fondo non c’era niente di male a spiegarle il perché.

- Immagino l’avrai notato – rispose cauta Ariana, - ma sono una ragazza un po’ introversa. E’ normale per me passare anche molto tempo da sola. Bé, purtroppo non sono tutti come te e Ginny -

Hermione sorrise.

- A volte la gente pensa che sia un po’ distante e fredda, e magari non faccio una bella prima impressione – continuò Ariana, - A Bauxbatons mi stavano alla larga perché avevano paura di me -

- E perché? –

- Una volta ho litigato con una ragazza – rispose Ariana, - E lei mi ha attaccato alle spalle. Odio la gente che lo fa. La mia reazione è stata piuttosto… , poco gentile

Guardò Hermione in viso, per cercare di capire cosa stava pensando. Lei le sorrise, quasi divertita.

- Ti capisco – disse, - A me, Harry e Ron è capitato un sacco di volte di fare veri e propri duelli in mezzo ai corridoi. Una volta io ho addirittura schiaffeggiato Malfoy -

Ariana la guardò stupita, poi rise. Allora non era l’unica testa calda della scuola, ma dubitava fortemente che i suoi duelli fossero come quelli di Harry…

- Meno male, allora – disse, - Sai, non ti ci vedo proprio a prendere a schiaffi Malfoy -

Hermione sembrò molto divertita, ma anche orgogliosa. – A dire la verità, nemmeno io. Però non sai che soddisfazione! –

Quella sera Ariana andò a letto molto più felice del solito. Parlare con Hermione le piaceva: non era una ragazza che giudicava in base alle apparenze, e sembrava averla capita almeno un po’. Chiaccherare con lei la faceva sentire a suo agio, per la prima volta dopo tanto tempo.

Sotto le coperte Ariana si rigirò un po’ di volte, mentre le sue compagne si addormentavano l’una dopo l’altra. La spalla era tornata a farle male: evidentemente la passeggiata sotto la pioggia che aveva fatto con Argo non le aveva fatto molto bene. Rimase ferma per un po’, massaggiandosi la cicatrice.

Non riusciva proprio a prendere sonno, così controllò l’orologio: erano le undici. Forse poteva andare un momento in infermeria per farsi dare qualcosa contro il dolore. Scese dal letto, si rivestì in fretta e uscì con passi felpati dal dormitorio.

I corridoi della scuola erano deserti e bui, con gli abitanti dei ritratti appesi alle pareti addormentati nelle loro cornici. Non si sentiva nessun rumore, a parte quello dei suoi piedi che si muovevano velocemente sul pavimento.

Faceva freddo. Si strinse nel maglioncino e affrettò il passo, diretta all’infermeria.

Improvvisamente un rumore giunse alle sue orecchie: passi. Portò d’istinto una mano alla bacchetta e si guardò alle spalle senza vedere nessuno. Forse si era sbagliata.

Proseguì lungo una rampa di scale, e questa volta capì che qualcuno la stava veramente seguendo. Allungò il passo, poi con la coda dell’occhio vide una inconfondibile testa bionda…

- Hai finito di seguirmi, Malfoy? – disse Ariana, senza voltarsi.

- No – rispose la voce alle sue spalle.

Ariana si voltò: Draco Malfoy teneva la bacchetta con la punta accesa alzata, i capelli biondi che rilucevano argentei, e la guardava sospettoso. Fece qualche passo avanti.

- Dove stai andando? – domandò.

- Credevo che uno studente potesse andare in infermeria, quando ne ha bisogno – ribatté Ariana.

Malfoy la scrutò in faccia, come se temesse di vederla svenire da un momento all’altro.

- Tu cosa stai facendo? – continuò lei, imperturbabile.

- Sono di turno per pattugliare i corridoi – rispose Malfoy, secco.

- Bene, allora credo che possiamo tornare alle nostre occupazioni –

Ariana si voltò e continuò per la sua strada, senza degnarlo di un’ulteriore sguardo. Malfoy però continuò a seguirla, a qualche passo di distanza.

- Non ho bisogno di essere scortata – sibilò Ariana.

- Chi mi dice che stai andando veramente in infermeria? – ribatté Malfoy.

“Mi sta tenendo d’occhio”.

Ariana continuò per la sua strada, senza dire nient’altro. La presenza del biondo la innervosiva, anche perché non si erano parlati dalla sera della festa. Strinse la bacchetta, cercando di apparire tranquilla. Sentiva i passi del ragazzo dietro di lei, decisamente più rumorosi dei suoi.

- Non credi che se avessi avuto qualcosa da nascondere non mi sarei fatta beccare così facilmente? – disse Ariana.

- Non ti conosco, e non mi fido di te – rispose Malfoy, - Potresti essere anche solo un po’ stupida. Ne conosco parecchi di idioti che credono di essere furbi –

Ariana fece una smorfia, e con enorme sollievo vide finalmente la porta dell’infermeria. Bussò, e dopo qualche minuto madama Chips aprì la porta, in vestaglia. Sembrava stesse per andare a dormire.

- Mi scusi per il disturbo – disse Ariana, - Ma non ha qualcosa contro il dolore di vecchie cicatrici? -

La donna la guardò un momento senza capire, poi sbadigliò e la invitò a seguirla dentro l’infermeria. Malfoy ebbe la decenza di rimanere fuori.

- Ecco, prendi un po’ di questo – disse la Chips, porgendole un calice pieno di un liquido verdastro. Lei lo bevve d’un sorso e la ringraziò.

All’uscita, Malfoy era ancora esattamente dove lo aveva lasciato. Immobile davanti alla porta con la bacchetta accesa e il solito sguardo sprezzante.

- Penso di riuscire ad arrivare al mio dormitorio da sola – disse stizzita.

- Oh, questo lo so anche io – ribatté Malfoy, con un sorriso strafottente sulle labbra.

- Hai intenzione di farmi da scorta? – domandò Ariana.

- Sì –

- Bene – Ariana si voltò e si diresse verso la torre dei Grifondoro, con Malfoy alle spalle.

Non aveva intenzione di andarsene in giro per la scuola, quella notte, ma sentirsi controllata era una cosa che non sopportava. Era abituata a fare quello che voleva quando voleva, e la presenza di Malfoy la faceva sentire come una fiera in gabbia.

Camminavano per i corridoi deserti, l’uno dietro l’altro, quando Malfoy domandò, la voce strascicata come se non gli importasse nulla di quello che stava dicendo: - Che genere di cicatrice hai? –

Ariana mosse leggermente la testa quel tanto da permetterle di vedere la sagoma del biondo dietro di lei, e rispose: - Se la tua preoccupazione è quella di dovermi adorare come Harry Potter, puoi stare tranquillo. La mia cicatrice non mi provoca visioni e non mi tiene in contatto con nessun mago fuori di testa

Malfoy sembrò quasi sorridere, e lei continuò a camminare dritta, senza far trasparire alcuna emozione. Salì le scale, ormai vicina al dormitorio.

Davanti al ritratto della Signora Grassa, Ariana si fermò, aspettando che lui se ne andasse e poter così pronunciare la parola d’ordine. Malfoy, però, sembrava avere l’intenzione si rimanere fermo dietro di lei per tutta la notte.

Ariana sospirò e pronunciò: - Schipodo Sparacoda

La Signora Grassa annuì e il quadro venne aperto. Ariana stava per entrare, quando decise di togliersi una curiosità. Si voltò, guardando Malfoy negli occhi color tempesta.

- Perché alla festa mi hai chiesto di ballare? – domandò.

- Mai sentito parlare di scommesse? – ribatté il biondo, mostrando il suo solito ghigno strafottente.

“Dovevo immaginarlo” pensò la ragazza. Abbassò un momento la testa, con un sorriso divertito che le increspava le labbra.

- Oltre a quella di riuscire a ballare con me, spero tu abbia evitato di fare altre scommesse sul mio conto – disse.

- Per il momento non ne ho fatte altre – disse Malfoy, come se fosse una cosa del tutto normale - Ma nei prossimi giorni potrei pensarci –

Ariana fece una smorfia e si voltò, lasciando il biondo nel corridoio senza salutarlo. Poche volte nella sua vita aveva incontrato qualcuno con la risposta pronta come lei, e Malfoy era appena entrato tra di loro.

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Nel prossimo capitolo: Ariana avrà modo finalmente di scontrarsi nel vero senso della parola con Malfoy? Come andrà a finire? Il risultato non è per niente scontato! Intanto, continua la ricerca degli Horcrux…

 

Ringrazio infinitamente Smemo92 (in questo capitolo ti ho fornito la risposta alla tua domanda: credi o no a Draco?) e Kaimy_11 (sono d’accordo con te: la festa meritava solo se c’era Draco) che recensiscono sempre!

Grazie anche a chi mi ha aggiunto ai preferiti!

 

Naturalmente, se volete lasciare un commentino, è sempre il benvenuto….

 

Lhea

 

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Capitolo 8
*** Sfide ***


Capitolo 7

Capitolo 7

Sfide

 

 

 

 

 

La professoressa Trollope era ferma in mezzo all’aula, la bacchetta in mano. Intorno a lei erano riunite le classi dei Grifondoro e dei Serpeverde, che si guardavano in cagnesco. Draco Malfoy si era appena affiancato alla professoressa, lo sguardo sicuro e altezzoso.

- Bene – disse la Trollope, - Vi invito a trovare un avversario con cui sfidarvi in un piccolo duello. Chi di voi vuole battersi contro il signor Malfoy? -

- Io – dissero due voci.

Ariana e Harry fecero un passo avanti, alzando la mano. Il Bambino Sopravvissuto la guardò stupito, senza capire perché si volesse battere contro il Serpeverde. La ragazza, dal canto suo, aspettava di poter sfidare il Principe delle Serpi per fargli capire che seguirla per i corridoi non era una buona idea.

La Trollope li guardò per un momento entrambi, come per valutare quale fosse la scelta migliore. Alla fine disse: - Signorina Drake, venga lei

La strega doveva aver capito che non era saggio permettere a quei due di battersi, perché la cosa sarebbe sicuramente degenerata. Ariana si avvicinò e gettò un’occhiata di sfida a Malfoy.

Attesero che tutti gli altri trovassero un compagno, e guarda caso le coppie erano formate tutte da un Grifondoro contro un Serpeverde. Forse la Trollope non aveva valutato attentamente le conseguenze…

- Allora, signori miei – disse la professoressa, - Vorrei vedervi duellare rispettando le elementari regole del caso: niente colpi bassi, alle spalle, o diretti alla testa. Non voglio tagli né lividi. Limitatevi a un semplice duello senza ferirvi. Chi di voi terrà un comportamento scorretto verrà espulso seduta stante. Chiaro? Bene. Cominciate – Si avvicinò al biondo Serpeverde e disse: - Cerchi di andarci piano, signor Malfoy -

Ariana guardò la professoressa allontanarsi, diretta alla strana coppia Paciock-Greengrass che sembrava in difficoltà ancora prima di iniziare. Ron doveva battersi con Tiger, e Goyle contro Lavanda.

Malfoy le fece cenno di mettersi in posizione, e lei arretrò di qualche passo. Si guardarono in faccia per qualche secondo, poi lei disse: - Pronto, Pricipino? –

- Quando vuole sua signoria – ribatté Malfoy.

Ariana gettò un’ultima occhiata a Harry, che doveva vedersela con Zabini, poi passò all’attacco. Fece un passo avanti e sibilò: - Pietrificus Totalus! –

Malfoy schivò il colpo, sorpreso dalla sua velocità e dal modo piuttosto violento con cui lei lo aveva attaccato. Guardò verso la Trollope li stava guardando, leggermente sconcertato, e si limitò a pronunciare: - Expelliarmus

Ariana ripose con un semplice sortilegio scudo, e attese che la professoressa si girasse di nuovo prima di gridare: - Bombarda! –

Il biondo si riparò con un incantesimo, e la guardò cercando di mascherare la sua sorpresa di fronte alla determinazione della ragazza. Si studiarono un attimo, incerti sul da fare.

- Cerca di fare sul serio, Malfoy – sussurrò Ariana.

- Non sono autorizzato a farlo – ribatté lui, facendo un cenno verso la professoressa.

- Da quando rispetti le regole? – sbottò Ariana.

Nel mezzo di tutte quelle grida e delle luci, scoppi, sibili e strani suoni che provenivano dalle varie coppie di sfidanti, nessuno si accorse che Ariana e Malfoy si stavano scrutando come due belve in gabbia, pronte a saltarsi addosso. La ragazza voleva fare sul serio, e i primi attacchi che aveva rivolto al Serpeverde lo dimostravano.

Il biondo fece un passo indietro, con un ghigno sulle labbra. Appena la Trollope si girò per spiegare qualcosa a Hermione, che se la vedeva con la Parkinson, sibilò: - Stupeficium! –

Ariana sorrise, e rispose con lo stesso incantesimo. I getti di luce rossa cozzarono l’uno sull’altro, svanendo con un sibilo. Qualcuno li guardò, ma fu costretto a distogliere lo sguardo per tornare al proprio duello.

Quello fu per Ariana il segnale. Passò all’attacco con una furia ferina, sparando incantesimi a raffica. La Trollope era ancora di spalle, e Malfoy parò tutti i suoi colpi con incredibile destrezza.

La guardò, e i suoi occhi si ridussero a fessure. – D’accordo. Se vuoi fare sul serio, ti farò vedere cosa significa sfidare un Malfoy

E iniziarono. Ariana aveva una certa esperienza con i duelli, e presto di rese conto di non avere davanti un novellino. Il Serpeverde sapeva dove mirare, e conosceva diversi incantesimi che non facevano parte di nessun programma scolastico. Esattamente come lei.

- Inverta! – sussurrò il biondo, e Ariana schivò il lampo viola per un soffio. Strinse di più la bacchetta. Stava per scagliare il suo incantesimo, quando vide la Trollope voltarsi verso di loro, insospettita. Ariana assunse un’espressione innocente, rimanendo immobile come una statua, e con una finta insicurezza disse: - Expelliarmus! –

Malfoy ghignò e parò il colpo. La professoressa passò loro vicino, guardandoli uno alla volta, poi si avvicinò a Ron per spiegargli come tenere la bacchetta.

Appena la strega si voltò, Ariana mise un piede avanti pronta a ricominciare.

- Sei una brava attrice – mormorò Malfoy, i denti bianchissimi scoperti in una smorfia.

- Mai quanto te – ribatté Ariana, - Ferra! –

Malfoy rispose con una maledizione che fece un buco sul pavimento davanti ai piedi di Ariana. Lei fece un salto indietro e contrattaccò. Il lampo dorato si infranse sul muro dietro il biondo, e questa volta toccò a lui doversi bloccare: la Trollope stava di nuovo venendo verso di loro.

Entrambi le sorrisero, e lei si fermò vicino ad Ariana.

- Come state andando? – domandò.

- Benissimo – rispose Ariana.

- Tenga più in alto la bacchetta quando usa un incantesimo di disarmo, signorina Drake – disse la Trollope, mostrandole come fare.

Ariana la guardò con finto interesse, sorrise e annuì. La professoressa sembrò soddisfatta e andò da Neville.

Appena la strega voltò le spalle, Malfoy la riattaccò di nuovo.

- Impedimenta! -

In quel momento Zabini e Harry si fermarono a guardarli, e lo stesso fecero Hermione e la Parkinson. Ad Ariana non importava nulla che vedessero che lei e Malfoy stavano infrangendo tutte le regole dettate cinque minuti prima dalla Trollope, e voleva solo far vedere al biondo di che pasta era fatta.

Il loro fu un duello abbastanza violento: Ariana non voleva certo uccidere Malfoy, ma non gli risparmiava colpi. Il Serpeverde faceva altrettanto, e più di una volta cercò di ricorrere a trucchi scorretti per disarmarla. Ogni tanto gettavano occhiate alla Trollope, e appena quella si voltava verso di loro tornavano a fare gli studenti timorosi e inesperti, pur sapendo di essere sotto lo sguardo di tutti.

I due duellanti si scagliavano incantesimi senza un attimo di sosta, cercando in qualunque modo di guadagnare un vantaggio ma senza riuscirci. Il tutto alle spalle dell’ignara Trollope che, troppo impegnata a tentare di spiegare a Neville almeno a difendersi dagli attacchi di Daphne Greengrass, non si accorgeva miracolosamente di nulla.

Dopo dieci minuti di scontro serrato, Ariana iniziava ad avere il fiato corto. Anche Malfoy sembrava sentire la fatica tanto quanto lei, ma il suo sorriso strafottente non accennava a sparire. Sapeva che la stava mettendo in difficoltà, e lei non amava perdere. Decise di chiudere il duello con un ultimo incantesimo, ma in quel momento la professoressa si girò, forse incuriosita dal fatto che molti avevano smesso di combattere per guardare loro due.

Ariana si bloccò con il braccio a mezz’aria, e serrò la bocca per frenare la lingua appena in tempo per non farsi sentire. Con la coda dell’occhio guardò la professoressa, poi…

- Expelliarmus -

La bacchetta le volò di mano, cadendo a tre metri di distanza, sul pavimento freddo. Ariana guardò infuriata Malfoy, che ghignava come un lupo, e che l’aveva appena fregata. Sconcertata, cercò con gli occhi la bacchetta per terra, troppo lontana da lei.

- Ho vinto – sussurrò il biondo.

“Non cantare vittoria troppo presto” pensò Ariana.

Appena la professoressa tornò a parlare con la Greengraas, si tuffò sul pavimento, allungando il braccio e sentendo la cicatrice sulla spalla tirare. Riprese la bacchetta e senza neanche alzarsi da terra, sibilò, infuriata: - Stupeficium

Malfoy fu colto di sorpresa, ma si abbassò quel tanto per riuscire a schivare il colpo. Guardò Ariana, che stava ancora per terra, e puntò la bacchetta verso di lei.

La ragazza fissava Malfoy, sapendo che era vicinissima alla sconfitta. Sentì gli sguardi di mezza classe addosso, quando disse: - Avanti, Principino, prenditi la tua vittoria

Malfoy fece un passo indietro, ma non abbassò la bacchetta. Stava per scoppiare a ridere, ma qualcosa lo trattenne; gettò un’occhiata alla professoressa, e Ariana ne approfittò. Nel mezzo secondo in cui lui distolse lo sguardo, mormorò un incantesimo e si rimise in piedi, pronta a fronteggiarlo ancora.

Il biondo fu preso alla sprovvista e per qualche secondo non sembrò in grado di reagire.

- Fermi tutti! – gridò all’improvviso la Trollope. – Per oggi credo di aver visto abbastanza -

Tutti i duellanti si guardarono fulminandosi con gli occhi, ma mai come Ariana e Malfoy. Erano stati interrotti sul più bello. Si allontanarono l’uno dall’altra, stizziti, e la ragazza si affiancò a Hermione. La Caposcuola sembrava colpita.

- Bene, ho potuto constatare che la vostra capacità nei duelli è abbastanza scarsa. A parte i due signori qui presenti – La Trollope guardò Ariana e poi Malfoy, con una scintilla di divertimento negli occhi.

Ariana si sentì quasi imbarazzata: allora la professoressa li aveva visti. Perché aveva fatto finta di nulla? Malfoy non sembrava stupito, e scambiò qualche parola con Zabini.

- Credo tuttavia che possiate migliorare tutti, anche lei signor Paciock – continuò la Trollope, - Magari la prossima volta i nostri esperti duellanti ci insegneranno qualche trucchetto -

Ariana sorrise, colta alla sprovvista. La Trollope non sembrava avere intenzione di punirli, come invece aveva minacciato di fare all’inizio della lezione. Li congedò con un saluto e i Grifondoro e i Serpeverde uscirono dalla classe.

La ragazza non rivolse nemmeno un’occhiata a Malfoy, perché il tarlo del dubbio si era insinuato in lei. La Trollope li aveva fermati prima che qualcuno dei due avesse la meglio, ma non era tanto sicura che sarebbe riuscita a vincere. Il biondo sembrava in grado di batterla, anche se per stanchezza.

- Ariana… - sussurrò una voce vicino a lei.

Continuò a camminare, lo sguardo rivolto a terra. Aveva paura che dopo quell’episodio i suoi nuovi amici l’avrebbero giudicata male

- Ma dove hai imparato a combattere così? – chiese Harry, stupefatto.

Ariana si strinse nelle spalle, aspettandosi qualche critica spaventata.

- Ma sei incredibile! – disse Ron all’improvviso, - Cioè, è stato uno spettacolo! -

Ariana alzò lo sguardo e incontrò quello dei tre amici, e con stupore nei loro occhi non lesse ne paura ne sconcerto. Sembravano solo ammirarla.

- Grazie – disse timidamente.

Durante il tragitto Ron si sperticò in adulazioni e commenti estatici circa i suoi attacchi a Malfoy, e anche Harry sembrava contento, nonostante gli avesse soffiato la possibilità di vedersela con il biondo Serpeverde.

- Devi assolutamente insegnarci qualcosa – disse Ron, con il tono minaccioso, - Vero Harry? Qualche trucchetto non ci farà certo male -

Ariana sorrise e annuì, sedendosi in una poltrona di fianco al fuoco. Nonostante si fosse appena guadagnata l’ammirazione dei suoi compagni, si sentiva nervosa. Per la prima volta non si era sentita all’altezza della situazione, e non sopportava di rimanere con un dubbio: sarebbe stata capace di battere Malfoy?

“Sì” si disse dopo un momento, “Lui ha giocato scorretto, tu no. Se avessi veramente voluto batterlo, avresti infranto le regole e lo avresti fatto a pezzi dopo mezzo minuto”.

Ariana si rilassò un po’ nella poltrona, mentre un paio di studenti del suo anno si complimentavano con lei per il bel duello. Si sentiva confusa.

“Certo che Hogwarts è un posto strano” pensò, “A Durmstrang, Bauxbatons e nelle altre scuole si erano spaventati quando avevano visto cosa ero capace di fare, mentre qui ci manca poco che fondino un fan club in mio onore!”.

 

 

 

Ariana era sdraiata nel suo letto, con le sue compagne che dormivano della grossa. Il dormitorio era illuminato dalla tenue luce che proveniva dalla sua bacchetta, mentre fuori la pioggia frustava violenta sulle finestre. Sparsi attorno a lei c’erano vari fogli, e sulle ginocchia teneva il grosso librone “Maghi e streghe famosi: icone del passato” che aveva preso in prestito quando era andata in biblioteca.

Cercando di fare il meno rumore possibile, dispiegò la cartina della scuola che le aveva dato Silente, che comprendeva tutti i passaggi segreti e le sale nascoste di Hogwarts. Forse non era come la mappa dei Malandrini, ma con i piccoli punti rossi erano segnati i soli tre luoghi in cui era possibile Smaterializzarsi all’interno della scuola: un angolo nascosto dello studio del Preside, l’orto delle zucche di Hagrid e l’ultimo gradino delle scale del terzo piano, quelle con lo scalino finto.

Tutti credevano che all’interno di Hogwarts non fosse possibile Materializzarsi, ma se fosse stato veramente così sarebbe stata una follia. In caso di bisogno, Silente non avrebbe potuto lasciare in fretta la scuola, così tre anni prima aveva escluso quei tre insospettabili angoli della scuola dalla magia protettiva.

Al momento, però, ad Ariana non interessava molto come fare ad uscire dal castello (forse Harry non sarebbe stato della stessa opinione): stava cercando di intuire dove potesse trovarsi il vecchio e semisconosciuto elmo appartenuto a Godric Grifondoro. Doveva solo assicurarsi che fosse all’interno della scuola.

Prese la bacchetta, gettò uno sguardo a Lavanda che dormiva con la bocca spalancata, e sussurrò: - Revelio Horcrux

La punta della bacchetta si illuminò di un rosso intenso, simile al colore del sangue: significava che nelle vicinanze c’era un Horcrux. Era un incantesimo che le aveva insegnato solo un anno prima Silente, ma purtroppo si limitava a rilevare la presenza di uno degli oggetti di Voldemort, non dove si trovasse esattamente. Almeno sapeva che non stava cercando inutilmente.

Pensa, Ariana”.

L’elmo era un oggetto che faceva parte di un’armatura, e Hogwarts era piena di armature. Quello di Godric però doveva essere prezioso e di ottima fattura, come la spada. Essendo oggetti preziosi, dovevano essere custoditi in un luogo sicuro.

Ariana non aveva mai domandato a Silente dove avesse trovato la spada, e se ne pentì. Tuttavia, avrebbe avuto anche l’elmo, a quel punto, e lui non ce lo aveva. Quindi significava che dovevano essere stati separati molto tempo prima…

Forse la Camera dei Segreti? No, era il rifugio segreto di Salazar Serpeverde, e sicuramente lui non si sarebbe mai portato dietro un oggetto appartenuto al suo antagonista. Silente doveva aver già cercato un po’ dappertutto all’interno della scuola… Ma lui aveva cercato nei luoghi che conosceva. Se non lo aveva trovato, significava che c’era qualche altro posto del castello in cui non era mai stato…

Ariana chiuse delicatamente il librone e si guardò intorno, con la mente che lavorava. Argo era sdraiato ai piedi del letto che sonnecchiava, ma aveva le orecchie dritte per cogliere ogni movimento che non fosse quello della ragazza.

Forse esplorare la scuola poteva essere un’idea… Si alzò, ma una debole fitta alla spalla la fece fermare.

“Forse per questa sera è meglio che me ne vada a dormire” pensò, “Rimanderò a domani, magari. Con questa spalla non riuscirei a muovermi come vorrei”.

Raccolse velocemente tutti i fogli e li nascose dentro il baule, diede un’ultima carezza ad Argo e si infilò sotto le coperte.

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Oooooh, e finalmente se le sono date!!! No, , a parte gli scherzi, spero che la piccola battaglia personale tra Ariana e Malfoy vi sia piaciuta! Ho cercato di renderla al meglio…

Comunque, in questo capitolo la nostra eroina inizia ad avvicinarsi sempre di più a un Horcrux, che come credo abbiate notato non sono quelli dei Doni della Morte: mi sono permessa di fare una modifica.

 

 

Nel prossimo capitolo: è arrivato il momento di esplorare la scuola. Ariana si metterà alla ricerca dell’Horcrux, e presto scoprirà che a Hogwarts non è tanto facile andare in giro di notte…

 

 

A cassandra 287: sono contenta di piaccia. Se continui a seguirmi, lasciami qualche commento, magari!

 

A Smemo92: spero che questo capitolo ti sia piaciuto ancora di più del precedente! La sfida Ariana vs Malfoy ci andava proprio! Per quanto riguarda Argo, pure a me fa impazzire! Me lo spupazzerei di coccole! ^.^

Thanks per la recensione!

 

A Kaimy_11: lo so che è difficile capire, ma vi sto fornendo tutti i pezzi di un grande puzzle… Alla fine andranno tutti al loro posto, e certe cose saranno molto più chiare! Draco, invece, in realtà non fa poi molto, a parte stressare (-.-)… Ma più avanti ci sarà da fare anche per lui…

 

 

Grazie a chi mi ha aggiunto ai preferiti!

 

Kiss Kiss a tutti!

 

Lhea

 

 

 

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Capitolo 9
*** Ricerche notturne ***


Capitolo 8

Capitolo 8

Ricerche notturne

 

 

 

 

 

 

 

- Stupeficium! – gridò Malfoy, e un getto di luce rossa proruppe dalla punta della sua bacchetta.

Ariana schivò il colpo spostandosi rapidamente di lato, prese la mira e sibilò: - Serpeverra

Un lampo di luce arancione abbagliò il biondo per un istante, ma il colpo finì per infrangersi sul muro dietro di lui, lasciando un buco fumante. Il biondo fece un rapido gesto con la bacchetta, e Ariana si ritrovò sopra a una lastra di ghiaccio.

Tentò di rimanere in piedi, ma l’incantesimo appena lanciato da Malfoy la costrinse ad abbassarsi bruscamente. Perse l’equilibrio e si ritrovò con le ginocchia a terra. Infuriata, alzò la bacchetta e gridò: - Everte statis! –

Malfoy fu spinto violentemente indietro, e cadde rovinosamente a terra. Ariana si tirò in piedi con un mezzo scivolone e si fermò un attimo per riprendere fiato. Guardava il biondo con un sorriso sulle labbra, ormai certa di vincere.

- Così può bastare, signorina Drake – la interruppe la Trollope.

Il Principe delle Serpi si rialzò stizzito, e Ariana a malincuore abbassò la bacchetta. Dal loro primo scontro, una settimana prima, la Trollope aveva deciso che avrebbero fatto coppia fissa, date le loro sorprendenti capacità nel duello.

Per Ariana, però, la motivazione era tutta un’altra. Davano spettacolo, e sapeva che sia la Trollope che tutti i Grifondoro e i Serpeverde si divertivano un mondo a vederli combattere come due felini infuriati. Entrambi non avevano alcuna intenzione di perdere, ma le loro forze si eguagliavano e finivano sempre per essere interrotti sul più bello. La ragazza sospettava che la professoressa lo faceva apposta, per costringerli tutte le volte a combattere con più ardore.

Ariana non si era mai sentita così frustrata: era la prima volta che le capitava di non riuscire a chiudere un duello in breve tempo, ed essere costretta ad accettare la parità non le andava proprio a genio. Malfoy sembrava pensare lo stesso, ma il suo fastidio era doppio: farsi tenere testa da una ragazza non manteneva certo alta la sua reputazione.

A parte cercare di spedirsi a vicenda in infermeria, Ariana e il Serpeverde durante le altre lezioni non si calcolavano per niente. Sembrava che non si vedessero nemmeno, ed era un bene. Se fosse scoppiato un duello per i corridoi, nessuno sarebbe arrivato abbastanza in fretta per evitare che si facessero seriamente del male.

Alla fine Ariana non era ancora andata in esplorazione della scuola: tra la spalla dolorante e la stanchezza accumulata durante le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure, la sera andava a direttamente a dormire, senza la forza di fare congetture su Horcrux o altri oggetti appartenuti al Signore Oscuro.

Quel giorno d’inizio ottobre si sedette a cena affamata come un lupo, e trasse un piatto vicino a sé. Hermione sfogliava ancora la copia della Gazzetta del Profeta di quel giorno, leggendo interessata un articolo sui piani del Ministero riguardo alla chiusura di alcuni negozi che presumibilmente vendevano manufatti dai poteri oscuri.

Un minuscolo trafiletto in fondo alla pagina parlava di un furto avvenuto ai danni di una collezione di oggetti antichi. Si spostò un po’ sulla panca per riuscire a vedere cosa c’era scritto e senza dare nell’occhio lesse l’articolo.

“Due giorni fa, in casa del noto storico Dorian Steever, alcuni ladri si sono intrufolati indisturbati nelle stanze in cui il famoso mago custodiva alcuni degli oggetti antichi facenti parte della sua collezione privata. Steever ha reso noto che è stato trafugato solo un manufatto di scarso valore economico. Si tratta di un pettine d’argento, che si creda sia appartenuto a Isabel La Felì, la presunta compagna di Salazar Serpeverde.

Il Ministero sta ora indagando, ma si ritiene sia solo uno scherzo di cattivo gusto da parte di alcuni colleghi dell’illustre mago, noto anche per aver numerosi nemici all’interno della cerchia degli storici della magia…

Ariana smise di leggere, stupita che Hermione non avesse notato l’articolo. Rimase in silenzio, certa che l’idea che si era appena fatta era corretta: quel pettine poteva essere un Horcrux, visto che sembrava essere appartenuto a qualcuno vicino alla magia oscura. E sicuramente non era sparito per caso.

“Ho rimandato abbastanza” pensò, “Stasera si comincia l’opera”.

 

 

 

Ariana attese pazientemente che Hermione, Lavanda e le altre ragazze si addormentassero. Appena nel dormitorio calò il silenzio, e l’unico rumore furono i respiri delle sue compagne, scese dal letto e si rivestì, senza però indossare gli stivali. Aveva imparato che camminare scalza le permetteva di essere ancora più silenziosa.

Lasciò Argo accucciato sotto il davanzale della finestra e scese in Sala Comune. Controllò che non ci fosse nessuno, poi passò attraverso il buco del ritratto e lo richiuse alle sue spalle. La Signora Grassa disse, alle sue spalle: - E’ proibito andare in giro di notte, non lo sai? –

- Certo – rispose Ariana, - Ma io non vado in giro. Esploro -

Il pavimento era gelido sotto i suoi piedi, ma non ci fece caso. Con passo leggero, avvolta dall’oscurità, si incamminò lungo il corridoio. Era buio, ma non voleva rischiare di accendere la bacchetta e farsi scoprire subito. Dopo qualche minuto i suoi occhi si abituarono all’assenza di luce, ma non le serviva vedere per sapere dove stava andando. In tanti anni di esplorazioni notturne, aveva sviluppato un sesto senso che le permetteva di muoversi abbastanza agilmente anche senza vederci.

“Cominciamo da… “ Ariana si guardò intorno, e dovette constatare che faceva freddo. “Potrei andare nei sotterranei”.

Con passo rapido si diresse verso le scale, senza produrre nemmeno un rumore. Si muoveva come un felino a caccia, le orecchie tese per cogliere ogni suono sospetto e i muscoli pronti a scattare. Arrivata in un lungo corridoio, notò in lontananza una piccola luce, che si muoveva da quella parte. Forse si trattava di un Caposcuola.

Sperando non si trattasse di Malfoy, si infilò in un corridoio laterale e si nascose dietro una statua, in attesa che la figura passasse. Rallentò la respirazione, riducendola a una serie di impercettibili sospiri, e aspettò.

Pochi minuti più tardi, una ragazza dai lunghi capelli corvini passò nel suo campo visivo: era la stessa che aveva servito da bere alla festa dei Tassorosso. Molto probabilmente era la loro Caposcuola. Ariana trattenne il respiro: sapeva che non poteva vederla, ma poteva ancora sentirla.

Quando la ragazza fu passata, con un movimento felino Ariana uscì dal suo nascondiglio e percorse il corridoio fino alla fine, finché giunse ad una scala. Scese la rampa con leggeri saltelli e arrivò nei sotterranei.

Lì faceva ancora più freddo, e le pareti di pietra la facevano sentire a disagio. Camminava sulle punte dei piedi, per rendere minimo il contatto con quel pavimento gelido, sentendosi una ballerina di danza classica. Il buio era talmente fitto che faceva fatica a vedere: non c’erano finestre da cui poteva filtrare la luce della luna.

Ariana accese la bacchetta e iniziò la sua ricerca. Poggiò una mano sul muro freddo e umido, e percorse tutta la parete in cerca di qualche segno della presenza di un passaggio segreto. A parte le scanalature tra i vari blocchi di pietra che componevano la parete, però, non trovò nulla. Scandagliò attentamente tutto il corridoio, poi il suo piede poggiò contro qualcosa di appuntito. Lo alzò in fretta e puntò il getto di luce della bacchetta sul pavimento. Era un semplice sassolino.

In quel momento le venne un’idea. Forse il nascondiglio poteva nascondersi sotto i suoi piedi.

Ariana impiegò due ore per camminare, saltellare e fare pressione su tutte le diverse mattonelle del pavimento, senza alcun successo. Quando iniziò a sentirsi stizzita decise di cambiare strategia, e cambiò corridoio, diretta alle aule che ospitavano di solito Pozioni.

Camminava con la bacchetta accesa e tenuta davanti a sé, quando un rumore di passi giunse alle sue orecchie. Spaventata, sussurrò: - Nox

La bacchetta si spense, gettando l’intero corridoio nel buio. Rimase immobile, cercando di farsi venire un’idea. Una lucina comparì all’improvviso una ventina di metri più avanti, e Ariana capì che doveva trovare un posto dove nascondersi, subito. Non poteva tornare indietro, perché senza neanche un po’ di luce rischiava di schiantarsi contro qualcosa, e allora sarebbe stata fritta.

Poggiò una mano sulla parete, e la percorse finché non trovò il pomello di una porta. La lucina si avvicinava sempre di più, e con il cuore in gola Ariana aprì con quanta più delicatezza possibile la porta, sgusciò dentro e la richiuse alle sue spalle.

Stava già per cantare vittoria, quando uno dei cardini cigolò malignamente. Si morse un labbro, e accese la bacchetta. L’aula era vecchia e in disuso, ed era piena di armadi di legno mezzi marciti e alcuni banchi traballanti. Un gigantesco calderone era stipato in un angolo, pieno di cianfrusaglie. In un altro angolo, c’era inspiegabilmente un manichino senza testa che indossava un lungo abito tarlato, dall’ampia gonna di seta in stile ottocentesco, che una volta doveva essere stato veramente bellissimo.

“Cavolo! Cavolo! Cavolo!” pensò Ariana, disperata.

Sicuramente chi stava la fuori aveva sentito il cigolio, e presto sarebbe entrato per dare uno sguardo. Dove poteva nascondersi?

“Perché a me non hanno regalato un fantastico mantello invisibile?” si chiese, guardandosi intorno alla ricerca di un nascondiglio. Gli armadi erano una scelta troppo scontata: chiunque sarebbe andato a guardare dentro. Il calderone poteva essere un’idea, ma al momento era pieno di cose inutili…

I passi si erano fermati, e Ariana fece la prima cosa che le passò in mente. Con la rapidità di un gatto si infilò sotto la lunga gonna dell’abito, rannicchiandosi cercando di farsi piccola piccola. Sul pavimento c’erano almeno due dita di polvere, e le venne da starnutire. Si tappò il naso, mentre la porta dell’aula veniva aperta.

L’orlo della gonna non toccava per terra di un centimetro, così si abbassò e sbirciò sotto. Vide un paio di scarpe maschili nere, di ottima fattura, e l’orlo di una veste scura. Con la fortuna che aveva, poteva benissimo essere Malfoy.

Ariana attese con il cuore che le martellava in petto che l’ombra ispezionasse tutta la stanza. Aprì gli armadi, scostò violentemente i banchi, ma non trovò quello che cercava. Passarono pochi minuti, ma a lei sembrò un’eternità.

Alla fine, chiunque fosse quella persona, sembrò stufarsi e lentamente si avviò verso la porta. Ariana seguì le scarpe finché non le vide sparire fuori dalla stanza, e tutto ripiombò nell’oscurità. Passarono cinque minuti, durante i quali non si mosse ne fiatò, ascoltando il silenzio intorno a lei.

Quando si sentì più tranquilla, uscì da sotto l’abito, sentendosi idiota. Aveva appena fatto esattamente la cosa che non avrebbe mai fatto in vita sua: rifugiarsi sotto le gonne di qualcun altro. Sorrise per l’ironia della situazione. Si tastò addosso e in testa, e si rese conto che si era riempita di polvere. Doveva avere un aspetto terribile.

Trattenendo uno starnuto, sgusciò fuori dall’aula. Vide in lontananza la luce di una bacchetta, e il retro dell’inconfondibile testa bionda di Malfoy.

“Ci avrei giurato” pensò.

Il naso le solleticò in modo insopportabile, così decise che era il caso di tornarsene in camera. Non poteva andare in giro in quello stato: le prudeva un po’ dappertutto, ed era terrorizzata all’idea di rappresentare la nuova casa per minuscole creature chiamate pulci.

Con i suoi soliti passi da fantasma, Ariana tornò ai dormitori di Grifondoro senza incontrare nessun altro inconveniente. Le sue compagne dormivano ancora della grossa, e Argo sedeva immobile e con le orecchie tese dove lei lo aveva lasciato. Le corse incontro, scodinzolando.

- Shh! – gli fece cenno lei.

Si infilò nel bagno e accese la luce. Il grosso specchio le restituì un’immagine molto buffa: la sua faccia era tutta sporca di polvere, e i capelli che di solito teneva sempre in ordine erano scarmigliati e pieni di grumi di qualcosa che non voleva scoprire cosa fosse.

Si spogliò rapidamente e si buttò sotto il getto di acqua calda della doccia, con un sospiro. L’aveva scampata per un pelo, ma tutto sommato adesso che era tornata al sicuro nel dormitorio la situazione la divertì. Le era andata bene: meno male che Malfoy non era andato a guardare sotto l’abito, altrimenti avrebbe trovato un topone antropomorfo di nome Ariana.

 

 

 

- Ariana! Sveglia, è tardi! -

Ariana aprì lentamente le palpebre, e si coprì la faccia con un braccio. La luce splendente del sole che filtrava dalla finestra le faceva male agli occhi.

- Sveglia! – gridò una voce più acuta, quella di Lavanda.

Ariana si mise a sedere di scatto, rendendosi conto che doveva andare a lezione. Saltò giù dal letto e corse in bagno.

- Che ore sono?! – gridò.

- Le otto meno un quarto – rispose Hermione, - E’ da mezz’ora che tentiamo di svegliarti. Non sembrava avessi il sonno così pesante

Ariana si lavò la faccia con l’acqua gelida e si guardò nello specchio: una ragazza dalle iridi verdi e gli occhi affaticati ricambiò il suo sguardo.

- Che hai da guardare? – disse, rivolta al suo riflesso.

“Così impari ad andare in giro di notte” si rispose.

Senza neanche fare colazione, Ariana seguì Hermione e Lavanda alla serra, per la consueta lezione di Erbologia. Si sedette di fianco a Ron ed Harry, portandosi una mano alla testa. Quanto aveva dormito? Due ore?

- Sembri esausta – disse Ron, scrutandola, - Stai bene? -

- Sì – rispose Ariana, ricomponendosi, - Non è niente –

Per la prima volta notò che Harry la stava guardando quasi preoccupato. Gli sorrise e iniziò ad ascoltare la Sprite che parlava di chissà quale pianta malefica.

Lo stomaco iniziò a brontolarle già alle dieci, ma Ariana resistette stoicamente alla fame fino a pranzo. Il cibo non le sembrava così buono da quella volta che aveva digiunato per una giornata intera, l’anno prima.

- Ariana, Malfoy ti sta guardando – disse Ginny, all’improvviso.

La ragazza mandò giù il boccone e si girò: il biondo Serpeverde in effetti la stava scrutando. La guardò in faccia, gli occhi ridotti a fessure, e lei si sentì sprofondare. “Lo sa. Sa che ieri sera ero io”.

Si voltò di scatto, e tornò a mangiare, cercando di non apparire preoccupata.

“Non può saperlo. Non ti ha vista

“Lo sospetta, però

“Perché dovrebbe?”

- Tutto bene? – domandò Ginny, osservandola in viso.

Ariana annuì e sorrise.

- Non ho fatto colazione stamattina, sai com’è… -

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Voilà! Allora, che ne pensate? Non è gran chè come capitolo, ma spero di rifarmi con il prossimo…

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana trova finalmente il primo Horcrux. Malfoy, intanto, inizia a diventare un problema…

 

 

Kiss!

 

Lhea

 

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Capitolo 10
*** Fuoco e Sangue ***


Capitolo 9

Capitolo 9

Fuoco e Sangue

 

 

 

 

 

 

Durante le due settimane seguenti, Ariana continuò le sue ricerche notturne. Ben presto si rese conto che il suo sospetto su Malfoy non era infondato. Più volte aveva scoperto che la stava seguendo, ma stranamente non fece mai nulla per coglierla in flagrante. Si limitava a osservarla da lontano.

Con il biondo che le stava alle calcagna, Ariana non riuscì a scoprire praticamente nulla di interessante: l’unico risultato fu che ogni giorno era sempre più stanca. Tuttavia aveva iniziato a pensare che l’Horcrux si trovasse nei pressi del dormitorio. Silente aveva accesso a tutta la scuola: se non aveva trovato lui nessun nascondiglio, perché avrebbe dovuto trovarlo lei?

Smise di andare in giro di notte, e iniziò a guardare con sempre maggiore curiosità il dormitorio dei Grifondoro. Studiò ogni più piccolo particolare della Sala Comune, senza trovare un indizio utile.

Il suo problema più urgente ora era Draco Malfoy. Come poteva toglierselo dai piedi? Non poteva aspettare che lui si stufasse di seguirla…

- Allora, se volete avvicinarvi… - stava dicendo Hagrid, - Potete toccarli, ma fate attenzione perché mordono -

Ariana tornò alla realtà e guardò gli strani animali che saltellavano dentro un recinto di legno. Sembravano dei grossi polli con una lunga coda e squamosa, ricoperti di penne grigiastre. Dal becco spuntavano degli appuntiti canini bianchi. Nel complesso, erano davvero orribili e nessuno sembrava avere voglia di avvicinarsi.

Harry infilò coraggiosamente la mano nel recinto, ma la ritrasse subito prima che uno di quegli uccellacci gli staccasse un dito. Hermione e Ron lo guardarono terrorizzati, e fecero un passo indietro.

Ariana decise che teneva troppo alle sue dieci dita, ed evitò di toccare quei cosi che le davano il voltastomaco (che, tra l’altro, Hagrid trovava assolutamente adorabili). Mezz’ora dopo i Grifondoro attraversavano il parco di Hogwarts diretti a pranzo, con Neville che si era guadagnato una bella ferita al pollice.

- Oggi pomeriggio libero, vero? – domandò Harry, assaporando una coscia di pollo ben arrostita.

- Sì – rispose Hermione. – Starai con Ginny? –

Harry annuì e continuò a mangiare.

Ariana, intanto, non poté fare a meno di guardare verso il tavolo dei Serpeverde, dove Malfoy stava seduto in mezzo a Zabini e la Parkinson. Se non fosse riuscita a toglierselo dai piedi, lo avrebbe affrontato: mai mettersi contro Ariana Drake.

 

 

- Sei riuscito a scoprire qualcosa? – chiese Pansy, versandosi un po’ di succo di zucca nel bicchiere e gettando una rapida occhiata alle spalle di Ariana.

- So solo che va in giro di notte – rispose Draco, - L’ho vista diverse volte, ma gli altri Caposcuola non si sono accorti di nulla, nemmeno la Granger che è della sua casa. E’ stata un caso che l’abbia vista, l’altra volta: si muove come un gatto, e questo mi fa pensare che ha una certa esperienza nel passare inosservata

- Cosa credi che stia facendo? – domandò Blaise.

Draco si strinse nelle spalle. – O sta cercando qualche passaggio che porta all’esterno della scuola, oppure le piace giocare col fuoco

Blaise mandò giù un pezzo di torta e lo guardò con l’aria di chi la sa lunga. – Di sicuro è una che ama il rischio – disse.

- Cosa vuoi dire? – domandò Draco, anche se sapeva benissimo dove il suo migliore amico voleva andare a parare.

- Bé, una che ti sfida a duello deve avere un bel coraggio – rispose Blaise, e Pansy alzò gli occhi al cielo, - Non eri tu il Principe delle Serpi, quello che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuna ragazza? E soprattutto, non erano le fanciulle che si inchinavano davanti ai tuoi piedi? –

Draco appoggiò il bicchiere sul tavolo con un gesto stizzito. Blaise aveva perfettamente ragione, ma non voleva dargliela vinta. Era finito il tempo spensierato durante il quale cambiava ragazze ogni mezz’ora, quando la sua camera era il crocevia di donzelle alla ricerca di una notte di avventure. Ora che per il mondo era l’assassino di Silente le cose da quel punto di vista erano notevolmente peggiorate. Ogni tanto qualche ragazza si faceva avanti, ma non era certo come gli anni precedenti…

Ariana faceva parte della categoria di quelle che fino a qualche tempo prima lui avrebbe definito “belle e impossibili per tutti, tranne per lui”. E che lui avrebbe accuratamente inserito nella lista dei suoi obiettivi: niente era più divertente che sciogliere una ragazza dal cuore di ghiaccio.

- Blaise, lo sai che Draco sta cercando di disintossicarsi – disse Pansy, accondiscende.

- Ma con una come quella in giro di notte, altro che disintossicarsi! – ribatté Zabini.

- Sai che ho notato che da un po’ di tempo guardi in modo strano la Granger? – disse Draco, il ghigno furbo dipinto sul volto.

Blaise sembrò preso alla sprovvista. – Non dire stronzate – ribatté con evidente imbarazzo, - Non la guardo

- Pansy, tu cosa dici? -

La ragazza sorrise, e gli fece l’occhiolino. – Mah, povero Blaise… - disse, - Credo sia cotto

Draco scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi. – Davvero ti piace la Granger? Non pensavo fosse il tuo tipo –

Blaise sembrò offendersi a morte, come faceva sempre quando lo prendeva in giro. – Almeno è più intelligente di te –

 

 

- Vai Argo! Prendilo! – gridò Ariana.

Il dobermann scattò a razzo, inseguì il bastone e lo afferrò al volo. Poi tornò indietro scodinzolando.

Erano al bordo del lago, dove ormai andavano tutti i giorni. L’acqua era un po’ più limpida sotto il tiepido sole di ottobre, e il terreno iniziava a coprirsi di foglie cadute. Si sedette sotto un albero e contemplò il paesaggio, in silenzio.

Argo le si accucciò accanto, e lei iniziò ad accarezzargli la testa. Volse lo sguardo verso la tomba di Silente, in lontananza, e vide due persone gettare qualche fiore sulla lapide di marmo bianco. Gli inconfondibili capelli di Ginny si distinguevano anche a quella distanza, e le lenti degli occhiali di Harry rilucevano sotto i raggi del sole.

Ariana sorrise e distolse lo sguardo. Vederli insieme le metteva una certa malinconia. Nonostante l’odio, il pericolo e la paura, il loro era un amore vero e forte, che avrebbe resistito di fronte a qualsiasi ostacolo.

Non si era mai innamorata in tutta la sua vita, perché quello che aveva provato per Ivan, il ragazzino di Durmtrang, era stata solo una cotta passeggera. Si rendeva conto che non sapeva che cosa si provava quando si amava dal profondo del cuore una persona, cosa significasse poter contare sempre su di lei, e si sentiva vuota. L’amore era una cosa che si impara fin da piccoli, ma lei non aveva avuto nessun maestro disposto a insegnarglielo. Fin da quando aveva memoria era vissuta in un orfanotrofio, dove era una dei troppi bambini senza famigli e senza futuro; poi era arrivato Silente, ed era passata dallo sguardo compassionevole che gli rivolgeva la gente a quello di disprezzo dei suoi compagni di classe. Come poteva conoscere l’amore se nessuno aveva amato lei?

Ariana spezzò un bastoncino con le dita, appoggiando il mento sulle ginocchia. Tante volte si era chiesta cosa si profilava nel suo futuro, cosa sarebbe diventata. E tutte le volte si rispondeva esattamente la stessa cosa: non c’era un domani per lei. Molto probabilmente sarebbe morta per aiutare Harry Potter a sconfiggere Voldemort, e nessuno si sarebbe accorto della sua mancanza. Era esattamente quello che Silente le aveva ordinato di fare: essere un ombra, un invisibile fantasma di cui nessuno conosceva la vera identità.

Argo si mosse e alzò di scatto la testa, guardando qualcosa alle sue spalle. Ariana si girò, e vide Draco Malfoy camminare diretto verso il lago, solo.

- Ma non è possibile – borbottò Ariana, alzandosi e togliendosi di dosso i residui di terriccio e foglie.

Forse Malfoy non l’aveva vista, perché procedeva a testa bassa, guardando il terreno. Argo drizzò le orecchie e assunse una posa minacciosa, sentendo che la padrona si era innervosita. Ariana lo prese per il collare, e attese che il biondo si accorgesse di loro.

Ad un certo punto alzò la testa e guardò la ragazza in faccia, scrutandola con gli occhi color tempesta. Sorrise sornione e gettò una rapida occhiata al dobermann.

- Cosa ci fai qui? – chiese Ariana, minacciosa.

- Credo siano fatti miei – rispose Malfoy, facendo un passo verso il lago.

- Mi stavi seguendo? – domandò la ragazza. Argo mostrò i denti e produsse un basso ringhio, ma non diede segno di voler attaccare il Serpeverde.

- Volevo andare a visitare la tomba di Silente, ma da quello che vedo è occupata – rispose Malfoy, facendo un cenno con la testa verso la lapide bianca. Harry e Ginny erano ancora lì, che si tenevano per mano.

Ariana scrutò il biondo poco convita, ma per un momento si sentì colpevole di quello scatto di rabbia e di sospetto. Scosse la testa con una smorfia e seguì con lo sguardo il biondo che ora le dava le spalle, vicino alla riva del lago.

- Sei in grado di tenere quel cane? – chiese il Serpeverde, sempre girato con la testa rivolta all’orizzonte.

Ariana abbassò lo sguardo sul dobermann e strinse la presa sul collare. Argo abbaiò feroce alle spalle di Malfoy, ma non si mosse.

- Certo – rispose, - Hai paura che ti salti addosso? -

Sorrise, in attesa della risposta del Serpeverde che non arrivò. Il biondo raccolse da terra un sasso e lo lanciò nell’acqua.

- Cosa ci fai qui, Drake? – chiese.

- Ti giro la domanda – ribatté Ariana.

- Credi che io sia uno degli autori della morte di Silente? – domandò Malfoy, girando appena la testa per guardarla.

- Così sembra – rispose Ariana, - E se veramente lo sei, non sarò certo l’unica a domandarmi con quale faccia tosta tu ti faccia rivedere qui a Hogwarts dopo quello che è successo –

- E io non sarò l’unico a chiedermi come mai conosci incantesimi che non vengono insegnati in nessuna scuola, e anche perché sei così esperta di duelli – ribatté Malfoy, - La maggior parte crede che io sia un Mangiamorte, e non si stupisce a vedermi duellare usando incantesimi poco convenzionali… Ma tu, dove hai imparato? –

Ariana guardò le larghe spalle del biondo, colta alla sprovvista. Deglutì e rispose: - Mi sembra di capire che ognuno di noi due ha i propri motivi per essere qui. E che vogliamo tenerli per noi. A me va bene così –

Malfoy si girò e si avvicinò pericolosamente. Ariana portò la mano alla bacchetta, pronta a difendersi. Lui sorrise nel vedere che sembrava tesa, e la superò a passi lunghi, diretto al castello.

- Attenta ai brutti incontri notturni – disse con voce flautata, e si allontanò.

Ariana guardò sconcertata le spalle del Serpeverde che spariva tra le piante del parco, con Argo che finalmente smetteva di ringhiare. Abbassò lo sguardo, senza capire cosa era successo.

 

 

Il fuoco nel camino della Sala Comune di Grifondoro scoppiettava allegramente, gettando bagliori rossastri sul tappeto spelacchiato. Ariana era sprofondata in una delle poltrone, e fissava le fiamme con l’espressione persa. Hermione era seduta al tavolo a fare i compiti, tentando in tutte le maniere di insegnare a Ron come fare un incantesimo; Harry e Ginny erano accovacciati sul tappeto vicini, che si tenevano per mano.

La rossa fece un enorme sbadiglio, e disse: - Quasi quasi vado a dormire

Si alzò e diede un bacio a fior di labbra a Harry, poi salì nei dormitori. Anche Hermione decise di seguirla.

- Vieni con noi, Ariana?- domandò.

- No, vi raggiungo tra un po’ – rispose lei, guardando le fiamme nel camino.

Anche Harry e Ron andarono a dormire, dopo averla salutata. Rimase nel dormitorio rischiarato solo dalla luce di alcune lampade, insieme a due ragazzi del quinto anno che parlottavano a pochi metri da lei.

Horcrux. Dove poteva trovarsi quel maledetto elmo? Aveva cercato un po’ dappertutto, ma non aveva trovato nessun posto dove poteva essere stato nascosto…

Rimase immobile sulla poltrona come una statua, indecisa se rischiare e provare con un’altra esplorazione notturna, oppure andare a dormire. La velata minaccia di Malfoy le tornò alla mente, ma non era preoccupata. Se si fossero trovati faccia a faccia in un corridoio buio, questa volta non avrebbe esitato un secondo a usare tutti gli incantesimi che conosceva per metterlo fuori gioco per un bel po’, e convincerlo finalmente a non seguirla più.

Gettò un’occhiata ai due studenti del quinto anno, che non accennavano a voler andare a dormire. Aspettò, osservando le fiamme rosse del camino che piano piano si riducevano a una brace ardente. Si sistemò meglio sulla poltrona, preparandosi a una lunga attesa. Dopo un’ora, i due ragazzi le fecero un cenno con la testa per salutarla e salirono nei dormitori.

Ariana aspettò ancora venti minuti, e ormai il fuoco nel camino era completamente spento. Si tolse gli stivaletti e li lasciò in un angolo, pronta per una nottata lunga e faticosa.

Stava per avviarsi al ritratto per uscire nel corridoio, quando una strana sensazione la costrinse a girarsi. Guardò il camino spento e, nel muro di mattoni coperto di fuliggine, vide qualcosa che catturò la sua attenzione.

Si avvicinò, notando che i mattoni erano tutti uguali, tranne uno, che sporgeva impercettibilmente. Prese la bacchetta e mormorò: - Aguamenti

Diresse il getto d’acqua sul muro, e una voluta di vapore si sprigionò dalle braci incandescenti. Tolse tutta la fuliggine, poi passò delicatamente una mano sui mattoni. All’improvviso, capì: tutti i pezzi delle armature vengono forgiate con il fuoco… Perché non nascondere l’elmo in un posto dove il fuoco arde continuamente?

Provò a togliere il mattone, ma sembrava saldato con gli altri. Spinse, senza riuscire a muoverlo. Guardò in giro, cercando una soluzione.

Ariana tastò il carbone che fino a poco prima era stato incandescente: l’acqua che aveva spruzzato lo aveva raffreddato. Prese l’attizzatoio lì vicino e tirò via tutta la brace, svuotando completamente il camino. Avrebbe ripulito tutto dopo.

Trovò un piccolo gancetto di metallo attaccato a un altro piccolo mattone. Lo tirò fino a sfilarlo, scoprendo una piccola apertura in cui era nascosto un pugnale dal manico nero.

“Ah, quanta poca fantasia hai, mio caro Voldemort” pensò, prendendo il coltellino in mano.

Come quando aveva esplorato la caverna sul mare dove era nascosto il medaglione di Serpeverde prima che Silente e Harry vi si recassero insieme, Ariana capì che anche questa volta il Signore Oscuro esigeva il suo tributo di sangue per aprire il nascondiglio. Questa volta però non c’era Silente ad offrire il suo, e toccava a lei.

Allungò la mano e con la lama si praticò un taglio sul palmo, senza emettere un gemito. Qualche goccia di sangue stillò dalla ferita, e cadde sui mattoni sporchi del camino.

Ariana attese, ma non accadde nulla. Rimase a guardare cercando di capire perché non aveva funzionato. Il taglio pulsava, così lo curò velocemente e tornò a pensare.

L’unica cosa che le venne in mente fu quella di riaccendere il fuoco. Funzionò. All’improvviso, il muro divenne quasi trasparente, e vide quello che cercava: un elmo d’acciaio con fregi di grifoni e un grosso rubino incastonato sulla fronte.

Spense nuovamente il fuoco, ma appena le fiammelle si estinsero il muro tornò a essere solido e marrone.

“Che maledetto”.

Voldemort voleva che chiunque avesse voluto prendere l’elmo, avrebbe dovuto infilare la mano tra le fiamme. Ariana esitò un attimo: poteva lasciare a Harry il compito di tirare fuori l’Horcrux. Lei con indizi sparsi qua e la e qualche frase apparentemente innocente lo avrebbe guidato verso l’elmo senza che lui ci facesse caso, in modo che lui arrivasse all’Horcrux e lo distruggesse pensando di aver fatto tutto da solo, com’era nei piani di Silente.

Scosse la testa. No, lo avrebbe spostato in un altro posto meno pericoloso e poi avrebbe fatto arrivare Harry fino a lì, evitandogli quell’orribile tortura. In fondo era esattamente quello che doveva fare.

Ariana riaccese il fuoco, e il muro tornò ad essere trasparente ed etereo. Allungò la manica della maglia fino a coprirsi la mano e bagnò la stoffa con dell’acqua. Tirò indietro i capelli e trattenendo il respiro allungò il braccio.

Le fiamme aggredirono la stoffa prima ancora che le sue dita raggiungessero l’elmo. Sentiva il calore che faceva evaporare l’acqua, e cercò di fare il più in fretta possibile. L’Horcrux era troppo lontano, così si avvicinò ancora, con le fiamme sempre più vicine al viso. Il calore era insopportabile.

La stoffa iniziava a fumare quando finalmente le sue dita afferrarono la visiera dell’elmo. Lo tirò con uno scatto, ritrovandosi seduta sul tappeto, il fiato corto.

Non degnò nemmeno di uno sguardo l’elmo, ed esaminò preoccupata il braccio. La stoffa della maglia era completamente bruciata e non rimanevano che brandelli anneriti. La pelle era rossa, e in qualche punto c’erano ustioni superficiali ma dolorose. Cercò di ricordare l’incantesimo per curarle, e lo praticò subito.

Posò lo sguardo sull’elmo, adagiato di fianco a lei, che riluceva rossastro nel fuoco del camino. Lo avvicinò. Era di ottima fattura, anche se non se ne intendeva molto di armi. Il metallo gelido scorreva sotto le sue dita, mentre lo tastava ancora incredula. Le scappò un sorriso.

“E uno è fatto”.

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

Allora, che ne dite? Spero vi sia piaciuto!

Finalmente Ariana ha trovato il primo Horcrux, ora cosa ne farà? E Draco? Che combina? Eh eh, presto lo scoprirete…

 

 

A Kaimy_11: lo so, Draco rompe un po’, ma presto la situazione cambierà… Sono contenta che Ariana ti sia simpatica (mi assomiglia un po’…): è una ragazza un po’ particolare… Tra qualche capitolo arriverà il momento di scoprire chi è in realtà.

 

A Smemo92: certo che a Harry rode un po’, ma forse è meglio così: non so se sarebbe stato in grado di reggere un confronto con Malfoy… Per quanto riguarda il Trio, presto vedrai cosa sta per combinare: prenderanno di sorpresa la stessa Ariana!

 

Ringrazio infinitamente le suddette Kaimy_11 e Smemo92 che recensiscono sempre: se non ci foste voi, mi sarei demoralizzata già da un po’….

Se qualcuno ha un commento (anche negativo) non se lo tenga per se: non mangio nessuno.

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana deve trovare un posto dove nascondere l’Horcrux, e sembra trovarlo. Peccato che le cose non vadano proprio come sperava…

 

 

Un kiss a tutti!

 

Lhea

 

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Capitolo 11
*** Un nascondiglio perfetto ***


Capitolo 10

Capitolo 10

Un nascondiglio perfetto…

 

 

 

 

 

 

 

Ariana teneva la Gazzetta del Profeta davanti a lei, lo sguardo fisso sulla foto in prima pagina. Era un uomo di circa trent’anni, dai lunghi capelli scuri legati in una coda e gli occhi dall’espressione furba. Era il suo vecchio professore di Incantesimi quando andava alla Escuela Lastras, la scuola di magia spagnola.

“Questa notte un gruppo di cinque Mangiamorte ha attaccato l’Escuela Lastras, la prestigiosa scuola di magia spagnola, con un intento sconosciuto. Nella battaglia sono morti due studenti e il professor Garcìa Mendez, docente di Incantesimi, mentre altri due professori attualmente sono ricoverati in ospedale ma le loro condizioni non sono gravi.

I cinque Mangiamorte sono riusciti a fuggire illesi, e si sono perse le loro tracce. Alcuni degli studenti hanno dichiarato che i maghi sono riusciti a sfondare tutti i portoni dell’istituto e hanno fatto irruzione frugando in tutte le stanze dell’edificio, cercando qualcosa che loro chiamavano “Chimera”. Quando non hanno trovato quello che cercavano, hanno iniziato a minacciare gli studenti. I professori sono quindi intervenuti in difesa degli alunni.

Ariana abbassò il giornale, gli occhi spalancati sulla foto del giovane mago che salutava felice con una mano. Era morto.

Spinse lontano il giornale, troppo sconvolta per chiedersi il perché. Era stata alla Escuela Lastras per frequentare il secondo anno, e ricordava con simpatia quel giovane professore dai modi gentili. Si era trovata molto bene con lui.

- Ma cosa sta succedendo? – domandò Ron, abbassando il giornale, gli occhi spaventati.

- Non lo so – rispose Hermione, - Non lo so

Ariana non toccò cibo, quella mattina. L’attacco all’Escuela Lastras l’aveva sconvolta più di quanto voleva ammettere. Perché i Mangiamorte l’avevano attaccata? Voldemort non ci era mai stato, e di sicuro non vi aveva nascosto nessun Horcrux.

Chimera. Cosa poteva essere? Un libro? Un oggetto? Se i servi del Signore Oscuro non avevano trovato quello che stavano cercando, di sicuro non si sarebbero fermati. Quando sarebbe toccato ad Hogwarts, essere attaccata?

Si alzò per andare a lezione di Pozioni, pronta per due ore immersa in fumi e vapori dolciastri. Il suo banco, come al solito, fu l’ultimo in fondo all’aula. Non si accorse nemmeno che Draco Malfoy le si era seduto a nemmeno mezzo metro di distanza.

- Signori, oggi preparerete una pozione contro uno dei più famosi veleni al mondo: quello della Tarantulas Gigantis – disse Lumacorno, scrivendo gli ingredienti sulla lavagna. – Essendo una pozione molto difficile, chi riuscirà a prepararla nel modo migliore, verrà premiato con un encomio che verrà annotato sul mio registro -

Hermione sembrò trapassata da una scossa elettrica, e si rizzò a sedere. Ariana la guardò svogliatamente: lei non aveva alcuna voglia di fare lezione, e per un momento pensò di far finta di stare male e tornarsene nei dormitori. Il suo senso del dovere la fermò prima che riuscisse ad alzare la mano per dire al professore che usciva dall’aula.

Dai Ariana, pensa a dove nascondere l’Horcrux per farlo trovare a Harry” pensò, “Alla Escuela Lastras ci pensi più tardi”.

Ariana prese accese il calderone, cercando con la mente un posto dove mettere l’elmo che ora giaceva chiuso a chiave nel suo baule, controllato a vista da Argo. Poteva scegliere sempre un luogo dove ardeva il fuoco, giusto per rimanere in tema…

Gettò rapidamente gli ingredienti nel calderone, mescolando vigorosamente. Forse le cucine erano un buon posto… Non ci andava mai nessuno, a parte gli elfi domestici. Avrebbe prestato a Hermione il libro sui Maghi e streghe famosi, lasciando qualche indizio per farle mangiare la foglia. Lei ne avrebbe parlato con Harry, e insieme sarebbero andati a cercarlo.

- Guarda che non hai messo le uova di rospo - disse all’improvviso qualcuno al suo fianco.

Ariana si riscosse, e girò la testa per vedere chi era, senza fare a meno di rimanere stupita: Draco Malfoy le stava porgendo una ciotola piena di palline nere gelatinose.

Rimase ferma, cercando di capire in che modo stesse cercando di fregarla. Il biondo la guardava con un misto di curiosità e impazienza, continuando a tenderle la ciotola.

Incerta, Ariana allungò la mano e la prese, scrutando di sottecchi Malfoy. Versò nella pozione le uova e gli ridiede le restanti.

- Grazie – disse Ariana, gettandogli un’ultima occhiata prima di tornare a mescolare il composto, perplessa.

- Diciamo che è un modo per farmi perdonare per il primo giorno – disse Malfoy, tagliando a pezzetti il fegato di drago.

- Ah, e come mai? – domandò Ariana, appoggiandosi al banco con aria innocente.

- Come dice qualcuno, dobbiamo mantenere l’unione tra le case – ribatté Malfoy, sorridendo sotto i baffi. La stava palesemente prendendo in giro.

Ariana non capiva dove volesse arrivare, ne il motivo del suo gesto. Rimase in silenzio, senza sapere se provocarlo oppure lasciare le cose come stavano.

Alla fine della lezione, riempì la sua boccetta di pozione e la consegnò al professor Lumacorno, insieme a tutti i suoi compagni. Malfoy le fece un cenno di saluto e se ne andò insieme a Zabini e alla Parkinson.

“Non deve essere tanto a posto” pensò Ariana, camminando diretta a Trasfigurazione.

 

 

 

 

Il dormitorio era immerso nel silenzio, e Ariana sgusciò fuori dalla Sala Comune scalza e con sottobraccio un involto che conteneva l’elmo di Grifondoro. Erano le due di notte, ed era sicura di non incontrare nessuno.

Percorse come un fantasma tutta la strada fino al quadro che portava alle cucine. Solleticò la pera del cesto di frutta, e una maniglia si materializzò dal nulla. L’afferrò e aprì la porta, ritrovandosi in una grande sala invasa da pentole, piatti, padelle e ogni genere di utensile da cucina possibile ed immaginabile. Cinque lunghi tavoli occupavano gran parte della sala, esattamente nello stesso punto in cui si trovavano quelli dei professori e delle quattro case di Hogwarts.

Non c’era traccia di elfi domestici: dovevano essere in giro per la pulizia notturna. Guardandosi intorno, Ariana attraversò la cucina, diretta a dove pensava si trovassero i forni. I suoi piedi scalzi producevano un fruscio impercettibile sul pavimento. Accese la bacchetta e varcò una porta ad arco.

Sulla sala si apriva una serie di grossi forni a legna incassati nel muro, al momento spenti.

“Questo posto è perfetto” pensò Ariana.

Si avvicinò al forno centrale, e con un po’ di cautela infilò la testa nel foro per guardare dove poteva mettere l’elmo. Poteva fare un buco nei mattoni, ma ci sarebbe voluto del tempo, e lei poteva anche non averne.

La bocca del forno era abbastanza grande da farla passare. Si issò con le braccia e con un minimo sforzo riuscì a entrare nella canna fumaria. Le ci sarebbe voluta un’altra doccia.

Aprì l’involto e tirò fuori l’elmo. Gettò lo straccio fuori dal buco, portò l’elmo sopra la testa e puntò la bacchetta.

- Sospensio – mormorò.

Avvolto da una luce azzurrina, l’elmo rimase a mezz’aria, immobile. Rimase un attimo a guardarlo mentre fluttuava leggero. Forse era il caso che facesse anche un incantesimo di protezione contro le fiamme e il fumo.

- Protego totalus – sussurrò.

Diede un ultimo sguardo all’Horcrux e uscì con un po’ di fatica dal forno, abbastanza soddisfatta. Con il suo solito passo leggero raggiunse la porta, gettò un’ultima occhiata alla cucina deserta e uscì.

Prima che lei potesse reagire, qualcuno l’afferrò per le spalle, la fece girare e le mise una mano sulla bocca. La bacchetta le sfuggì di mano, cadendo con un piccolo tonfo sul pavimento. Ariana si divincolò senza riuscire a liberarsi dalla stretta, e si ritrovò faccia a faccia con Draco Malfoy. Blaise Zabini la stava tenendo, impedendole di muoversi.

- Lasciala parlare – disse Malfoy.

Zabini le tolse la mano dalla bocca, e lei sibilò. – Lasciami andare immediatamente, o giuro che vi pentirete di avermi messo le mani addosso

Malfoy le afferrò il braccio e tirò su la manica della maglia. Appoggiò la punta della bacchetta e mormorò qualcosa. Non accadde niente. Fece un cenno silenzioso a Blaise.

Il Serpeverde si rilassò impercettibilmente.

- Cosa stavi facendo nelle cucine? – domandò Malfoy, la voce minacciosa e tagliente come un coltello.

- Niente che ti possa importare – ribatté Ariana, infuriata, tentando con uno strattone di riguadagnare la libertà. – Lasciatemi andare, adesso –

Malfoy aveva raccolto la sua bacchetta, e ora la teneva all’altezza dei suoi occhi.

- Senza questa non puoi farmi proprio nulla – disse, - Sarai anche un portento nei duelli, ma a forza fisica credo di essere nettamente in vantaggio -

Ariana rivolse a Malfoy un’occhiata omicida, sentendosi invadere dall’inquietudine. Quanto diavolo aveva ragione!

- Cosa volete da me? – domandò.

- Voglio sapere perché vai in giro di notte, e soprattutto cosa stai facendo – disse Malfoy.

- Non abbiamo intenzione di farti del male – disse Zabini, la voce ferma che proveniva dalle sua spalle.

- Allora lasciami andare – disse Ariana, ancora stretta nell’abbraccio forte ma non troppo stretto del Serpeverde.

- Draco? –

- D’accordo, lasciala Blaise – disse Malfoy, poi guardò Ariana, - Ma ricordati che ho ancora la tua bacchetta –

Zabini allargò le braccia e con uno strattone Ariana si liberò, gli occhi che gettavano lampi a tutti e due. Guardò la sua bacchetta nelle mani del biondo, sapendo che per il momento non poteva cercare di riprendersela.

- Allora? – disse Malfoy.

- Non sono tenuta a dirti quello che faccio – ribatté Ariana, guardando entrambi e sentendosi impotente.

- Ti conviene parlare, se non vuoi guai – la minacciò Malfoy, facendo un passo verso di lei.

Ariana arretrò, andando a sbattere contro il muro di pietra. Senza bacchetta di sentiva spogliata, e odiava quella sensazione di essere assolutamente inerme. Tuttavia, il suo coraggio non veniva mai meno.

- Non puoi costringermi – sibilò, - E non puoi nemmeno mettermi le mani addosso senza rischiare l’espulsione -

- Sei tu che rischi l’espulsione – disse Malfoy, facendo un altro passo avanti, - Se non mi dici cosa stai facendo, la McGranitt verrà a sapere che sono settimane che vai in giro di notte, e questo basta per farti espellere da qualsiasi scuola di magia –

Ariana si morse un labbro. Era un ricatto bello e buono, ma lei non poteva lasciare Hogwarts. Aveva atteso anni per essere lì, e ora non si poteva far espellere per delle semplici passeggiate notturne.

Guardò prima Malfoy, l’espressione seria e minacciosa, poi Zabini, che sembrava essere lì solo come spalla. Appoggiò una mano sul muro dietro di lei, cercando di trovare una soluzione.

- Bene – disse alla fine, - Ti dirò quello che vuoi sapere, ma non adesso. -

- E quando, allora? – sbottò Malfoy.

- Domani notte. Vediamoci davanti alla Stanza delle Necessità – rispose Ariana, - Alle due. Soli –

Il biondo scambiò uno sguardo con Zabini. – Perché soli? –

- Tu hai dettato le tue condizioni, io ho le mie – ribatté Ariana, in attesa.

Malfoy rimase in silenzio, soppesò la sua bacchetta, poi rispose: - Va bene. Domani notte alle due. Ma se non ci sarai, sarò costretto a estorcerti la verità con le cattive maniere –

Ariana si rilassò un momento, e fece un passo avanti. Porse la mano, chiedendo indietro la bacchetta.

- Giura che verrai – disse Malfoy.

- Giuro – disse Ariana.

Zabini alzò la bacchetta puntandola verso di lei, e lo stesso fece Malfoy. Per un attimo pensò che volessero colpirla, ma poi il biondo le porse la sua bacchetta. Lei la prese, consapevole di essere sotto tiro.

- A domani, allora – disse Malfoy, e lui e Zabini si allontanarono senza darle mai le spalle.

Ariana li guardò sparire per i corridoio bui, scossa e nervosa. Per un istante ebbe l’impulso di scagliargli un incantesimo, ma non lo fece. In fondo Malfoy aveva accettato la sua richiesta.

Tornò al dormitorio dei Grifondoro con passo rapido e più rumoroso del solito. Che idiota. Non si era nemmeno accorta che Malfoy e Zabini la stavano seguendo, presa com’era dai suoi pensieri inutili.

“Che casino. E adesso cosa faccio?”

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Un po’ corto come capitolo, ma con i prossimi due sono sicura di rifarmi! Allora, che ne dite di Draco? E riuscito a beccare Ariana in flagrante… Presto vedremo cosa sarà disposta a dirgli Ariana, e soprattutto se riusciranno ad ammazzarsi di botte…

 

Nel prossimo capitolo: Ariana incontra Malfoy: cosa gli dirà? Ma soprattutto, come mai si ritroveranno insieme loro malgrado? Il Trio entra finalmente in azione!

 

Grazie Kaimy_11 e Smemo92!!!!

 

Lhea

 

P.S.: il prossimo capitolo lo posto già domani!!!

 

 

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Capitolo 12
*** Nel posto giusto al momento giusto ***


Capitolo 11

Capitolo 11

Nel posto giusto al momento giusto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno seguente Ariana fece in modo che Hermione entrasse in possesso del libro “Maghi e streghe famosi: icone del passato”, e le consigliò di leggere la parte dedicata a Godric Grifondoro, che lei aveva trovato “assolutamente interessante”. Sperava che la ragazza notasse l’informazione sull’elmo e la passasse a Harry.

La giornata passò troppo in fretta per lei, tra le occhiate inquisitorie di Malfoy e il fastidio di essere stata scoperta. Passò in rassegna tutte le possibili bugie che poteva inventare, ma alla fine le sembrò più sicuro dirgli una parte della verità.

A pranzo notò che il Trio era sparito in Biblioteca, quindi forse i tre avevano iniziato a mettersi sulle tracce dell’Horcrux. Non li vide fino alla lezione di Trasfigurazione, che passarono confabulando tutto il tempo.  Erano sulla strada giusta, almeno.

La sera, Ariana uscì dal dormitorio deserto, scalza come sempre e con la bacchetta sguainata. Come un’ombra raggiunse le scale, e precisamente dieci minuti dopo si parò davanti al muro dove sarebbe comparsa la porta della Stanza delle Necessità.

“Mi serve una stanza sicura, dove nessuno possa trovarci. Schermata da qualsiasi incantesimo e protetta da sguardi indiscreti” pensò Ariana.

Camminò avanti e indietro lungo il corridoio finché, senza nemmeno un rumore, una maniglia di ottone lucido comparve sul muro. Ariana la afferrò e aprì la porta con delicatezza.

La stanza non era molto grande, con le pareti spoglie e dipinte di azzurro. C’era un lampadario che gettava una tenue luce tutt’intorno, e una serie di banchi accatastati lungo la parete. Non era proprio il massimo, ma per quello che doveva fare andava benissimo.

Lasciò la porta socchiusa, in modo che Malfoy potesse entrare, e si sedette con le gambe a penzoloni su uno dei banchi. Era in anticipo di dieci minuti, ma arrivare prima le serviva per prendere in mano la situazione. Si accomodò sulla superficie dura del tavolo, appoggiò la schiena al muro e si stampò in faccia l’espressione più strafottente che riuscì a trovare. Incrociò le braccia e assunse una posa, che lei sapeva bene, la faceva sembrare una specie di dittatore.

Ariana sapeva come comportarsi: doveva dare l’impressione che fosse lei a dettare le regole della discussione. Con un po’ di tattica avrebbe rovesciato le posizioni, e sarebbe stata lei ad avere il coltello dalla parte del manico. Arrivare prima e fargli vedere che lo stava aspettando contribuiva ad aumentare il senso di comando che doveva riuscire ad avere su di lui.

Aspettò dieci minuti, avvolta solo dal silenzio. Valutò attentamente cosa poteva dire e non dire, e soprattutto quanto rivelare della sua missione. Perché doveva fornire una risposta a Malfoy, e l’unico modo per toglierselo dai piedi era dargli l’impressione che lui sapesse qualcosa.

Sentì i passi del Serpeverde lungo il corridoio, constatando che aveva seguito la sua richiesta di venire solo. Strinse la presa sulla bacchetta e lo guardò entrare nella Stanza, i capelli biondi che scintillavano sotto la luce del lampadario.

Malfoy si richiuse la porta alle spalle, poi si voltò e il suo sguardo indugiò sui piedi nudi Ariana, che penzolavano a pochi centimetri dal pavimento. Inarcò un sopracciglio e domandò: - Perché sei scalza? –

- Senza scarpe i passi si sentono molto di meno – rispose Ariana.

- Per questo non ti ho mai sentita camminare… - mormorò Malfoy, anche lui con la bacchetta in mano. La scrutò, lì seduta sul banco con la determinazione di una guerriera, e sembrò divertito. Ariana si sentì all’improvviso stupida, e si innervosì. Lui non dava alcun segno di temerla.

- Allora? – disse Malfoy, - Cosa ci fai qui a Hogwarts? –

- Esattamente quello che ci fai tu – ribatté Ariana.

Malfoy sorrise. – Cioè tenti di uccidere San Potter? –

- So che sei dell’Ordine della Fenice – disse Ariana, la voce neutra e tranquilla. Il biondo smise di sorridere e i suoi occhi d’argento si ridussero a due fessure.

- Come lo sai? – disse, assumendo un tono minaccioso.

- Mi manda Silente – rispose Ariana, - Sono qui perché, come te, devo aiutare Harry Potter –

Malfoy non sembrò convinto. Fece qualche passo verso di lei, alzando impercettibilmente la bacchetta.

- E come mai? – domandò.

- Se ti fidavi di Silente, ti devi fidare anche di me – ribatté Ariana, - Devo fare in modo che Potter non si faccia ammazzare prima di terminare la scuola. Siamo dalla stessa parte –

- Perché non ho mai sentito parlare di te, ne da lui ne dall’Ordine? – chiese Malfoy.

- Perché nessuno deve sapere che io esisto. L’Ordine della Fenice non sa che sono qui, e non sa nemmeno che Silente dopo la sua morte avrebbe mandato me a Hogwarts – Ariana guardava il biondo negli occhi: stava dicendo la verità, almeno una volta – Nessuno a parte lui sa della mia esistenza… Anzi, sapeva –

Malfoy abbassò la bacchetta, avvicinandosi ancora.

- Perché? – mormorò.

- Perché deve essere così e basta – rispose Ariana, seccata, - Ci sono cose che Silente ha tenuto nascoste anche a me. Questa è la mia verità. Puoi accettarla o meno

Il Serpeverde rimase in silenzio, e abbassò un momento lo sguardo a terra. Sembrava combattuto: molto probabilmente non le credeva ancora. Ariana trovò buffa la situazione: certe volte era più difficile convincere con la pura e semplice verità che non le bugie. Quello che gli aveva appena detto era tutto vero, ed era il massimo che era disposta a rivelare.

- Chi mi dice che non stai mentendo? – chiese Malfoy, - Potresti essere un’alleata di Tu Sai Chi -

Ariana colse al balzo l’idea che le venne quando lui pronunciò quelle parole.

- Forse non ti convincerà a credermi - disse, - Ma io non temo il Signore Oscuro, e pronuncio il suo nome come fanno le persone che non lo temono… Lui è Voldermort, e non lo chiamerò mai come la gente codarda che si limita a riferirsi a lui come Colui Che Non Deve Essere Nominato. -

Attese che la sua frase andasse a segno: nemmeno i servi del Signore Oscuro osavano pronunciare il suo nome. Potter e Silente erano i suoi più acerrimi nemici, ed erano gli unici che lo facevano.

Malfoy la guardò, con la sorpresa dipinta sul volto. Sorrise mostrando i denti perfetti, e abbassò definitivamente la bacchetta.

- Non mi hai garantito di stare dalla parte giusta – disse, - Ma posso sperare che tu mi stia dicendo la verità. E almeno sono sicuro che non sei una Mangiamorte, visto che non hai il marchio -

Ariana sorrise, e Malfoy fece altrettanto. Era la prima volta che lo facevano: poteva essere un buon inizio. Il biondo si appoggiò a uno dei banchi, dall’altra parte della stanza.

- Quindi anche tu cerchi di tenere sotto controllo il Magnifico? – domandò, divertito.

- Il Magnifico? – disse Ariana, perplessa per il soprannome che Malfoy aveva dato a Harry.

Il biondo sorrise divertito e fece un gesto con la mano. – Prescelto, Magnifico, sono tutti la stessa cosa – disse, - Lo adorano tutti come una divinità; credo che qualcuno presto inizierà il processo di beatificazione. Almeno Potter il Magnifico suona meglio che Harry Potter il Predestinato, no? –

Ariana non poté fare a meno di farsi scappare un sorriso.

- Quindi, immagino che nonostante stiate dalla stessa parte, ti piace ancora sfotterlo – disse.

- Visto che rischio la pelle per lui, almeno mi prendo la libertà di deriderlo un po’ – disse Malfoy, come se fosse una cosa dovuta.

Ariana osservò il biondo Serpeverde appoggiato al banco, non poi molto distante da lei. C’era qualcosa in lui di assolutamente spiazzante: era passato dal male al bene nel giro di pochissimo tempo, eppure sembrava molto più sereno di lei. Non riusciva a capire come potesse prendere la situazione così alla leggera.

- Come mai non hai detto a Potter di essere dell’Ordine? – domandò.

- E’ stata una decisione che in realtà non ho preso io – rispose Malfoy, - L’Ordine ha ritenuto che fosse meglio che lui non lo sapesse: pensano che non l’avrebbe presa bene. Credo vogliano preservare la sua già vacillante sanità mentale

Ariana non capì se la stesse prendendo in giro o se fosse la verità. In effetti, a pensarci bene, forse Harry non era ancora pronto a sapere che Draco Malfoy lo teneva d’occhio per conto dell’Ordine… Chissà cosa avrebbe fatto quando lo avesse scoperto.

- Lo odi così tanto? – domandò Ariana, dondolando i piedi.

- Non lo odio – rispose Malfoy, - Solo non sopporto che certe volte faccia il Salvatore del Mondo incompreso. In fondo non ha fatto ancora nulla: il Signore Oscuro è ancora in giro che ammazza la gente. E poi, io sono un Serpeverde e lui un Grifondoro: non possiamo fare altro che disprezzarci. E’ nella nostra natura –

- Blaise sa che sei dell’Ordine? – chiese Ariana, ricordando che la notte prima c’era anche lui nell’agguato che il biondo le aveva teso.

- Sì, lui e Pansy sanno tutto – spiegò Draco, - I loro genitori stanno dalla parte di Tu Sai Chi, ma loro hanno un’idea totalmente diversa. Mi stanno dando una mano, anche se non sembra

- E la McGranitt? Anche lei è dell’Ordine. Per questo ti ha fatto diventare Caposcuola? –

- Sì, la Preside sa tutto – spiegò Malfoy, - Solo che lei si deve occupare della sicurezza della scuola, e non può stare attenta a quello che fa Potter -

Ariana sorrise e scese dal banco con un piccolo saltello. Erano riusciti a sostenere una conversazione tranquilla e senza ricorrere alla magia: era un miracolo.

A qualche metro dalla porta si fermò e guardò il biondo Serpeverde ancora appoggiato al banco.

- Deduco che da un Serpeverde mi sarei dovuta aspettare un attacco come quello di ieri sera: due contro una ragazza indifesa – disse serafica, giusto per provocarlo.

- Era solo per precauzione – rispose Malfoy, ghignando, - Non volevamo che nessuno si facesse male. E poi tu sei tutt’altro che indifesa, Drake

- Chiamami Ariana – disse la ragazza, mettendo la mano sulla maniglia della porta.

- Perché? – chiese Malfoy, un po’ sorpreso.

- Perché il nostro cognome a volte ci identifica per qualcosa che non siamo – rispose Ariana con un sorriso, - Tu dovresti saperlo meglio di me, Malfoy

Malfoy la guardò scettico, si alzò e si avvicinò. Alla fine sorrise e disse: - Forse hai ragione. Non sono un Mangiamorte come mio padre e la maggior parte della mia famiglia, quindi deduco che tu possa chiamarmi Draco

Le porse la mano, e la ragazza la strinse.

- Credo che da oggi possiamo seppellire almeno un po’ l’ascia di guerra – disse, - Sei d’accordo? -

Malfoy annuì. – Immagino che dovremmo far finta comunque di trattarci come facevamo prima –

- Se per te non è un problema – ribatté Ariana, ironica.

Il biondo ghignò. – Forse non sarà poi tanto difficile – disse.

Ariana aprì la porta e gli fece cenno di uscire prima di lei. Draco uscì e si guardò intorno, circospetto.

La ragazza non riuscì nemmeno a chiudere la porta, perché il Serpeverde la spinse di nuovo dentro, mettendole una mano sulla bocca, il viso a pochi centimetri dal suo.

- Shh! – le soffiò in faccia.

Ariana si liberò dalla sua mano.

- Rimettimi di nuovo le mani addosso Malfoy, e giuro che te le stacco – mormorò. – Cosa c’è? -

Draco fece un cenno con la testa verso la porta che ora nascondeva il corridoio, tenendola per le spalle per impedirle di uscire fuori.

- C’è qualcuno nel corridoio – disse.

- E’ ti sembra il caso di spingermi così?! – sbottò Ariana.

- Si da il caso che quel qualcuno sia Potter – ribatté Draco.

Ariana si abbassò e sgusciò dalla presa del Serpeverde. Harry?

- Ci ha visti? – chiese, mordendosi un labbro.

- Non credo. Stava parlottando con Lenticchia e la Granger – rispose Draco.

Ariana capì immediatamente cosa stava succedendo: Harry voleva andare a Durmstrang. Aveva creduto avessero lasciato perdere.

- Maledizione – sussurrò, rivolta a se stessa.

- Bé, non mi sembra il caso di farla così grave – disse Draco, - Aspettiamo che se ne vadano e poi usciamo –

- Loro se ne stanno andando – ribatté Ariana, - Vogliono lasciare la scuola –

- Cosa? – domandò Draco, guardandola senza capire.

- Vogliono andare a Durmstrang – spiegò Ariana, asciutta.

- E perché? –

- E’ troppo lungo da spiegare – Ariana si guardò i piedi scalzi, - Senti, devi farmi un favore. Tienili d’occhio e vedi se riescono a lasciare la scuola. Io vado a mettermi le scarpe così posso seguirli

Draco la guardò scettico. – Vuoi seguirli? –

- Certo – ribadì Ariana, - Lo sai meglio di me quanto sono bravi a rischiare la pelle -

Aprì la porta e sbirciò fuori. Quando vide che non c’era nessuno uscì nel corridoio, seguita da Draco.

- Troviamoci sulle scale del terzo piano – disse, - Tra cinque minuti -

Senza aspettare che il Serpeverde dicesse qualcosa, Ariana scattò di corsa verso il dormitorio di Grifondoro, in barba alla segretezza. Si fiondò verso la sua stanza e afferrò al volo gli stivali accantonati in un angolo e il mantello appeso all’appendiabiti.

Cinque minuti dopo, si fermò con uno scivolone ai piedi della scala dove Draco la stava aspettando.

- Allora? – ansimò.

- Si sono messi il mantello dell’Invisibilità, ma ho visto che hanno preso il passaggio della Strega Orba, quello che porta a Mielandia – rispose Draco, - Stanno uscendo dalla scuola –

- Bene, grazie – Ariana si mise il cappuccio del mantello in testa, - Se non torniamo entro domani mattina, non avvertire nessuno. Se non torniamo entro domani sera, allora dillo alla McGranitt

Si voltò e raggiunse lo scalino finto, quello dove Neville si incastrava sempre.

- Ehi, guarda che vengo anche io! – sbottò Draco.

- Certo che no – ribatté Ariana, contando il terzo scalino.

- Invece vengo anche io, e non sarà una ragazza come te a fermarmi – disse Draco, - O preferisci che spifferi tutto alla McGranitt? –

Ariana gli lanciò un’occhiata incendiaria. – Sei il solito Serpeverde – sibilò, - Avanti, non ho tempo di stare a discutere con te

- Vengo – disse Draco.

- Allora fai quello che vuoi – sospirò Ariana, - Ma non posso salvare la vita anche a te, ricordatelo. La mia priorità è Potter –

Draco fece un salto e la raggiunse, sfoderando la bacchetta.

- Come facciamo a raggiungerli? – domandò.

- Ti trovi sopra uno degli unici tre posti di tutta Hogwarts ci si può Smaterializzare – rispose Ariana, e Draco guardò scettico il gradino su cui stavano in piedi.

- Stai scherzando, vero? –

- No –

Ariana si sentì afferrare per un gomito, e si Smaterializzarono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Lo so, lo so! Non posso interrompere sempre sul più bello! Qualcuno vorrà linciarmi…

D’accordo, visto che questo capitolo è cortino, il prossimo lo posto al più presto… Già domani, magari. Che ne dite?

 

 

A Lexie____o: sono contentissima che ti piaccia la mia fic! Ti ringrazio un sacco per i complimenti e anche al fatto che mi hai aggiunta ai preferiti! Spero che commenterai spesso, giusto per farmi sapere cosa ne pensi… Kiss!

 

A Smemo92: uhm… In effetti potresti aver ragione. Però non credo che qualcuno vada a cercare un Horcrux proprio nelle cucine? Oltretutto, Ariana non voleva rendere il ritrovamento troppo difficile, se no tanto valeva che lasciava l’elmo dov’era… Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Fammi sapere cosa ne pensi di questo! Kiss!

 

 

Grazie a chi legge, anche se non recensisce!

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana e Draco seguiranno il Trio dei Miracoli a Durmstrang, cercando di far tornare a casa tutti sani e salvi. La nostra eroina avrà però modo di incontrare vecchie conoscenze…

 

 

Un abbraccio!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 13
*** Durmstrang ***


Capitolo 12

Capitolo 12

Durmstrang

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si Materializzò davanti a una cancellata di ferro battuto, Draco ancora al fianco. L’aria era gelida, e il grande giardino di Durmstrang era invaso dalla neve candida, quasi luminescente sotto i pallidi raggi lunari.

Entrambi si voltarono, per trovarsi di fronte un castello nero, più piccolo di Hogwarts ma molto più spaventoso. Aveva alte torri con i tetti a punta, e molte statue di mostri deformi occhieggiavano dall’alto. Aleggiava un’atmosfera lugubre e sinistra. Tutte le luci erano spente, e solo alcuni lampioni illuminavano la stradina di terra battuta che portava al portone d’entrata.

- Questa è Durmstrang? – domandò Draco, guardando la scuola di magia con una vaga apprensione.

- Sì – Ariana lo prese per il braccio e lo trascinò dietro ad alcuni grossi alberi scuri, - Leviamoci da qui, che se arrivano ci vedono –

Sbirciò oltre il fusto dell’albero, in attesa. Solo in quel momento si accorse di quanto facesse freddo: le tremavano le mani, e rimanere ferma non migliorava le cose. Il fiato si condensava in nuvolette bianche che evaporavano leggere.

- Voglio proprio vedere se riescono ad arrivare qui – mormorò Ariana, - Non hanno nemmeno idea di dove si trovi, questa scuola -

- Se la Granger ci ha messo del suo, sono sicuro che arriveranno – disse Draco dietro di lei, - Quella è furba come una volpe. Avrà trovato un modo per arrivare comunque… Ma non potevamo Materializzarci all’interno della scuola? –

Ariana si voltò a guardarlo: aveva ragione, ma doveva rimanere lì per vedere se il Trio si sarebbe fatto vivo. Il biondo si stringeva le mani sul busto e saltellava, in preda al freddo. – Sei tu che mi hai voluto seguire – disse, - Adesso non ti lamentare

Sentì delle voci avvicinarsi e fece segno al Serpeverde di fare silenzio. Dietro il cancello sbucarono Harry, Ron ed Hermione, imbacuccati in grossi cappotti e sciarpe. Rimasero qualche minuto davanti alla cancellata, poi la Caposcuola fece un incantesimo e riuscì ad aprire i battenti.

- Che ti dicevo? – sussurrò Draco.

I tre entrarono nel giardino e percorsero di corsa il vialetto, fino ad arrivare al portone. Fu sempre Hermione ad aprire la porta.

Ariana fece segno a Draco di seguirla, e uscirono dal folto degli alberi. Prima che la porta si chiudesse, la ragazza infilò il piede e poi sgusciarono dentro la scuola. Si ritrovarono in un corridoio dalle pareti formate da grossi blocchi di pietra scura, con alcune torce magiche che ardevano appese alle pareti. Si nascosero dietro una grossa statua di bronzo, in attesa. Il Trio si era fermato, e i tre si guardavano intorno indecisi su dove andare.

“Voglio proprio vedere dove intendono cercare” pensò la ragazza, “Non sanno nemmeno se qui si nasconde un Horcrux”.

Ad un certo punto Harry indicò il corridoio di destra, e i tre si avviarono fianco a fianco, le bacchette sguainante. Ariana e Draco li seguirono, mantenendosi a distanza.

- Spiegami perché li stiamo seguendo – sussurrò il biondo – Tu sai perché sono venuti fino a qui? -

- No – mentì Ariana, - So solo che devo riportare Harry vivo a Hogwarts, soprattutto senza che lui se ne accorga –

- Perché? –

- Ordini di Silente – ribatté Ariana, camminando come un grosso felino vicino al muro, - Ora sta zitto e tira fuori la bacchetta –

Il Trio decise di salire lungo una scala che portava al secondo piano del castello. Durmstrang era molto diversa da Hogwarts: la sua planimetria era semplice e regolare, e ogni piano era uguale a tutti gli altri. Erano tutti corridoi diritti che attraversavano il castello da parte a parte, ed era difficile perdersi.

“Grande scelta” pensò Ariana, ironica “Da quella parte ci sono i dormitori”.

Seguirono il Trio a distanza, senza però perderli mai di vista. Per fortuna Draco era abbastanza silenzioso mentre camminava, e potevano rischiare ad avvicinarsi un po’.

- Dobbiamo seguirli così finché non decidono di andarsene? – domandò Draco, sarcastico.

- Sì, ma non sarà tutto così tranquillo – ribatté Ariana, guardando i Tre che svoltavano in un corridoio buio, - Aspetta e vedrai –

Sapeva che da un momento all’altro avrebbero incontrato qualcuno, e allora avrebbe dovuto fare la sua parte. Presto si ritrovarono al terzo piano, dove c’erano le camere dei professori. Il Trio stava andando alla ceca, senza sapere cosa e dove cercare.

I tre si fermarono alla fine di un corridoio sul quale si affacciavano diverse porte di legno scuro. Si misero a discutere a bassa voce, mentre Ariana e Draco origliavano da dietro l’angolo. La ragazza sentì una delle serrature aprirsi, e il cuore le schizzò in gola. Harry, Ron ed Hermione non si accorsero di nulla, ma per fortuna sembravano aver scelto la strada da prendere.

- Qualunque cosa io faccia, rimani in assoluto silenzio – sussurrò Ariana, fulminando Draco con gli occhi.

Il Trio sparì proprio mentre la porta si apriva. Ariana scattò come una saetta e si piazzò davanti alla persona che stava per uscire dalla sua stanza: era il suo vecchio professore di Arti Oscure, Boris Bonislav. L’uomo si lasciò sfuggire un’esclamazione di sorpresa tra la folta barba rossiccia quando venne colpito dallo Schiantesimo di Ariana, e cadde a terra con un tonfo.

Draco non sembrò nemmeno lontanamente sconvolto, e l’aiutò a trascinare nella camera l’omone prendendolo per i piedi. Ariana chiuse velocemente la porta, e i due si guardarono intorno. La stanza era piena di oggetti di dubbia provenienza, gran parte per usi poco ortodossi.

- Fantastico – mormorò Draco, sarcastico - Sei anche autorizzata ad uccidere, per caso? -

Ariana lo guardò, poi con un piede toccò il corpo svenuto di Bonislav. – Vuoi la verità? –

Draco annuì.

- Sì – rispose Ariana.

Senza guardarlo si abbassò sul professore e gli puntò la bacchetta alla tempia. – Oblivius… Se ti fa piacere saperlo, però, cerco di non farlo – mormorò.

Draco la scrutò negli occhi, e Ariana fu tentata di distogliere lo sguardo. Con passo rapido raggiunse la porta e poggiò un orecchio sul legno: il corridoio era vuoto.

- Avanti, seguiamoli – disse, e sgusciò fuori senza guardarlo.

Draco la seguì a mezzo metro di distanza. Ariana aveva visto la strada che aveva preso il Trio, e sapeva che portava solo da una parte: l’aula delle riunioni dei professori. Li raggiunsero in breve tempo, proprio mentre entravano della sala.

- Fermo – sussurrò Ariana, fermando il biondo con una mano, - Quell’aula ha solo un’entrata, e presto torneranno da questa parte. Aspettiamo qui -

I due si nascosero in un corridoio laterale, in attesa. Il silenzio irreale fu rotto da uno scoppio di risate, che sembrava provenire da poco lontano. Ariana sussultò, e si voltò di scatto. Dalle scale si sentivano i passi di almeno una mezza dozzina di persone.

Se Ariana conosceva ancora le vecchie abitudini degli studenti di Durmstrang, quelli dovevano essere i ragazzi che andavano a fumare cose più o meno lecite nelle soffitte del castello, e dovevano essere piuttosto “fatti”, a giudicare dalle risate. Draco la guardò interrogativo.

Lei fece cenno si rimanere in silenzio, e continuò a guardare verso le scale. Un gruppo composto da cinque ragazzi e due ragazze scese la rampa, con qualcuno che barcollava vistosamente. Due di loro si tenevano a braccetto. Le sembrò di riconoscere un profilo familiare, tra quelle sagome lontane.

Per fortuna gli studenti proseguirono diretti molto probabilmente al secondo piano, dove c’erano i dormitori. Ariana tirò un sospiro di sollievo e gettò un’occhiata a Draco, impassibile.

- Perché ho l’impressione che tu sia già stata da queste parti? – mormorò, senza però essere minaccioso.

- Perché, in effetti, ci sono già stata – rispose Ariana, tenendo d’occhio la porta della sala, - Mi farai tutte le domande che vuoi al ritorno, se torniamo –

- E’ una scuola – borbottò Draco, - Mica ci ammazzano se ci trovano. Al massimo finiamo espulsi da Hogwarts

Ariana fece una smorfia. – Questa è Durmstrang, caro Principino – sibilò, - Il 99% dei maghi che c’è qui è un fan sfegatato del tuo ex migliore amico Voldemort. Se non ci uccidono loro, ci consegnano a lui, e magari tu ti salvi pure, visto che il tuo paparino sta dalla sua parte. Sicuramente Potter finisce in una bara prima di noi, ma vedrai che lo raggiungiamo presto. Almeno il processo di beatificazione di San Potter può iniziare subito

Ariana voleva spaventarlo, ma non ci riuscì. Draco la guardò scettico, fece una smorfia e sventolò una mano nell’aria.

- Tanto mio padre mi ammazzerà comunque appena esce da Azkaban… Prima o dopo fa poca differenza – disse, - Mi dispiacerebbe solo non averti battuto a duello -

Ariana guardò il biondo con un sopracciglio inarcato.

- Non prendermi in giro – disse, - Io non sto scherzando -

- Nemmeno io –

In quel momento la porta della Sala si riaprì e il Trio uscì in fila, guardandosi intorno. Tornarono sui propri passi, e Ariana e Draco si nascosero per bene nell’ombra del corridoio. Harry decise di salire ancora, così risalirono la rampa di scale dove poco prima era passato il gruppo di studenti mezzi ubriachi.

- Ma cosa stanno facendo? – chiese Draco.

- Credo cerchino qualcosa – rispose Ariana, abbassandosi per evitare di entrare nel cono di luce di una lampada.

All’improvviso sentì delle voci provenire dal piano di sotto, e si bloccò con la mano sul mancorrente. Si sporse oltre la balaustra e vide gli stessi studenti di prima risalire la rampa, facendo un baccano tremendo. Draco si fermò e la guardò preoccupato.

Ariana scese qualche gradino e tenne stretta la bacchetta. Forse non avrebbe dovuto, ma voleva aspettarli. Tra di loro c’era una faccia che non gli era per niente nuova.

- Che fai? – sibilò Draco.

- Non ti preoccupare. Va avanti e segui Harry –

Draco per un momento non diede segno di volersi muovere, poi si voltò e salì di corsa le scale. Ariana rimase ferma in cima alla rampa, in attesa. Non poteva fare a meno di sorridere: forse poteva togliersi uno sfizio…

I sette ragazzi stavano ridendo a crepapelle di qualcosa quando si accorsero che Ariana li stava guardando dall’alto, la bacchetta ancora abbassata. Dovevano avere più o meno la sua stessa età, ma tra loro c’e n’era uno che dimostrava qualche anno in più.

Ivan non era cambiato molto dall’ultima volta che lei lo aveva visto, ma si rese conto che non era bello come se lo ricordava. I capelli biondo cenere erano sempre gli stessi, anche se un po’ più lunghi, e i suoi occhi erano di quell’azzurro chiaro che lei aveva visto poche volte. Sembrava più pallido del solito, rovinato dalle abitudini non troppo raccomandabili. Certo, era abbastanza carino, ma la sua era una bellezza in qualche modo volgare. Si chiese come facesse a piacergli, una volta.

- Ciao Ivan – disse Ariana, un ghigno lupesco dipinto sul volto.

Il ragazzo la scrutò senza capire, e lo stesso fecero gli altri. Solo una ragazza bionda e con le trecce sembrò in qualche modo trovarla familiare.

- Chi sei? – chiese Ivan, strizzando gli occhi per metterla a fuoco.

- Come? Non ti ricordi di me? Del tuo caro Sgorbietto? – Ariana pronunciò quelle parole con tutta la freddezza di cui era capace.

Ivan spalancò gli occhi e li puntò in quelli della ragazza. Era cambiata così tanto che non l’aveva riconosciuta… Dello Sgorbio non rimanevano che gli occhi verdi.

- Tu… - mormorò, sconvolto, - Tu? Cosa ci fai qui, Drake? -

- Sono venuta a prendermi una piccola rivincita personale – rispose Ariana, - Ti avevo detto di ricordarti di me, un giorno –

La ragazza bionda spalancò gli occhi, terrorizzata. Cercò freneticamente la bacchetta nel vestito, poi la puntò verso Ariana.

- Allora ti ricordi ancora di me, Sophia – disse lei, sorridendo. Era la sua cara amichetta traditrice e priva di scrupoli, di cui lei si era fidata. Sbagliando completamente.

- Certo che mi ricordo! – disse la bionda, la voce stridula, - Come posso dimenticarmi di un mostro come te? Per poco non lo ammazzavi! – Fece un cenno con la testa verso Ivan.

Ariana diventò seria. – Non avreste dovuto attaccarmi, quella volta. Non eravate abbastanza contenti di avermi lasciato una cicatrice addosso? Eravate cinque contro una… Ero io il mostro? Avevate addirittura aspettato l’ultimo giorno di scuola, così avreste anche evitato una punizione… -

Ivan sembrò tornare in se stesso, e arretrò. Uno dei suoi amici lo guardò, inquieto.

- Quante volte di hanno bocciato, Ivan? – domandò Ariana, ritrovando il sorriso - Non dovresti trovarti ancora qui -

Il ragazzo ringhiò. – Fatti i cazzi tuoi, Drake. E già che sei qui, ne approfitto per spaccarti quel bel musetto che ti ritrovi

Ariana fu più rapida di tutti. Alzò la bacchetta e gridò: - Stupeficium! –

Ivan crollò a terra, svenuto. Trenta secondi dopo, tutti i suoi amici lo seguirono nel mondo dei sogni, comprese le due ragazze. Ariana scese dalle scale e gli praticò l’incantesimo di modifica della memoria, in modo che pensassero di essersi addormentati in mezzo alla rampa perché troppo ubriachi.

Si girò, ma si accorse che Draco la stava aspettando al piano superiore, lo sguardo d’argento che la scrutava da capo a piedi.

- Cosa c’è? – domandò lei.

- Immagino me lo spiegherai dopo – ribatté lui, - Sono andati di là –

Indicò la strada che portava alle aule del quarto piano, e insieme andarono da quella parte. Avrebbe potuto evitare di scontrarsi con i suoi ex compagni, ma la tentazione era stata troppo forte. Si era trattenuta, e li aveva solo Schiantati: non era niente in confronto a quello che avrebbe voluto fargli. La sua coscienza aveva vinto ancora.

, qualcosa di buono lo hai fatto, Harry. Ho avuto modo di prendermi una rivincita. Piccola, ma meglio di niente” si ritrovò a pensare.

Ariana, seguita a ruota da Draco, percorse il lungo corridoio di corsa, la rabbia dei ricordi destati da Ivan ancora nel corpo. Avrebbe potuto vendicarsi, ma non l’aveva fatto… Sapeva che era stata la scelta migliore, ma non riusciva a essere soddisfatta di se stessa.

- Che ore sono? – domandò all’improvviso Draco.

Ariana guardò l’orologio. – Le quattro e mezza – rispose.

Nonostante la tensione, la ragazza iniziava a sentire la fatica. Nei giorni precedenti aveva dormito poco, e ora la stanchezza le stava per crollare addosso come un masso.

“Avanti, Harry, non vedi che non c’è niente qui?” pensò.

Passarono vicino a una grande finestra, e Ariana notò che in una delle torri nere c’era una luce accesa. Doveva essere quella dell’ufficio del Preside. Carita Gorislaf era la strega che era succeduta a Igor Karkaroff, ed era una delle donne più astute che lei avesse incontrato. Per fortuna era diventata direttrice dopo che lei aveva lasciato la scuola, ma sapeva che era un’indemoniata.

- Ho paura che la Preside si sia accorta che c’è qualche estraneo nella scuola… - mormorò Ariana.

- Come lo sai? –

- Non lo so con certezza – rispose la ragazza, - Ma le luci del suo ufficio sono accese, e quella è furba come una faina. Aspettiamoci di tutto –

Draco annuì, e insieme continuarono a seguire Harry, Ron ed Hermione. I tre sembravano confusi, e sperava che presto si sarebbero stufati di stare lì a girare come degli idioti senza sapere cosa cercare. Una delle solite idee brillanti di Harry Potter.

Finalmente, Ariana udì Hermione sussurrare: - Torniamo a Hogwarts. Abbiamo solo sprecato tempo –

Harry la guardò in cagnesco, ma annuì e disse: - D’accordo. Cerchiamo l’uscita –

Il Trio ci mise mezz’ora a trovare il portone d’uscita, e per miracolo evitarono la scala dove Ivan, Sophia e i loro amici giacevano svenuti a terra. Raggiunsero i battenti, e Ariana e Draco uscirono tre minuti dopo di loro, la fredda aria pungente dell’alba che gli tolse il fiato.

Harry, Ron ed Hermione uscirono dal cancello, diretti forse al posto dove erano sicuri di potersi Smaterializzare. Nel giro di qualche minuto sparirono nella neve candida.

Ariana tirò un sospiro di sollievo, e guardò Draco davanti a lei.

- Credo che possiamo andare… - disse.

All’improvviso il biondo l’afferrò per un braccio e la tirò malamente verso di lui. Prima che lei avesse modo di dire qualcosa, Draco puntò la bacchetta alle spalle della ragazza e gridò: - Stupeficium! –

Ariana si liberò dalla presa del Serpeverde e si voltò: Carita Gorislaf giaceva riversa a terra in modo scomposto, con la bacchetta ancora in mano. Era un donnone alto almeno un metro e ottanta, dalla mascella prominente e il vestito che si tendeva sopra la sua mole elefantesca.

- Dicevi, scusa? - disse Draco, - Non avevi tempo di salvarmi la vita? -

La ragazza alzò gli occhi al cielo, si avvicinò al corpo della Preside e le puntò la bacchetta alla tempia, ancora leggermente scossa. Con la coda dell’occhio guardò il bel Serpeverde che se la ghignava di gusto, e si rese conto che forse le aveva appena salvato la vita. Emise un sospiro e disse: - Grazie –

- Come, scusa? – Draco fece finta di non capire, portandosi una mano all’orecchio.

- Grazie, Draco Malfoy – ripeté Ariana con uno sbuffo. – E adesso andiamocene. Dobbiamo tornare a Hogwarts prima di loro

Raggiunse il biondo e lo afferrò per un braccio.

All’ultimo le venne in mente un cosa: si voltò verso la scuola e pronunciò: - Revelio Horcrux

Non accadde nulla. Almeno, però, aveva provato, e si era tolta un dubbio. Il Mangiamorte Macnair non avrebbe trovato qualcosa che non c’era.

- Cosa hai fatto? – chiese Draco.

- Non farmi domande e non riceverai bugie – ribatté Ariana. – Avanti, tieniti. Ce ne andiamo -

- Ci Materializzeremo esattamente sulle scale? – domandò il biondo.

- Sì, e prega che non ci sia nessuno da quelle parti – disse Ariana.

Poi si Smaterializzarono.

 

 

 

 

 

 

L’aria tiepida di Hogwarts sembrò bollente quando Ariana e Draco si Materializzarono sul terzo gradino della rampa delle scale. La ragazza si sentì pizzicare le orecchie e il naso, per un momento insensibili. Lasciò andare il Serpeverde e guardò l’orologio: erano le cinque e mezza.

- Per fortuna non c’era nessuno – mormorò Ariana, - Fammi un favore, non chiamarmi per nome in pubblico, se non puoi farne a meno. Meglio che nessuno sappia che ci conosciamo

- D’accordo – convenne Draco, - Allora lo stesso vale per me -

- Bene, - disse Ariana - Me ne torno nel mio dormitorio… Buonanotte-

- Aspetta – disse Draco, trattenendola per un braccio.

Ariana guardò la mano che le impediva di andarsene e fulminò il Serpeverde con gli occhi. Lui sorrise e la lasciò.

- Mi sembra chiaro che non hai capito una cosa fondamentale: non mi devi toccare se non è strettamente necessario – sibilò, stizzita.

- D’accordo – disse Draco, con tono noncurante, - Però, devi spiegarmi un po’ di cose –

- Ti concedo una sola domanda – ribatté Ariana, guardandosi intorno nella speranza di non vedere nessuno sbucare dal nulla - Se ti va bene è così, altrimenti non saprai nulla –

Draco la guardò per un momento in faccia, pensieroso.

- Perché ti chiamavano Sgorbietto? – domandò infine.

Ariana per un attimo pensò fosse idiota: con tutto quello che poteva chiederle, gli interessava sapere l’origine di quel soprannome? Poi si disse che era meglio così, tanto non poteva ne voleva dirgli un gran che.

- Bé, non sono mai stata una ragazza particolarmente carina – rispose evasiva con un mezzo sorriso.

Draco la guardò perplesso e un po’ sorpreso. La scrutò in viso, forse credendo che lo stesse prendendo in giro, ma era la pura e semplice verità. Ariana si rabbuiò, gli voltò le spalle e lo salutò con la mano, diretta alla torre dei Grifondoro.

- E’ la verità?! – le gridò dietro il Serpeverde.

- Sì – rispose Ariana, e sparì su per la rampa di scale.

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Uh, mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo. Spero sia di vostro gradimento!

Vorrei specificare che l’episodio a cui si riferisce Ariana non è quello della cicatrice, ma un altro che non ho ancora raccontato: non so se troverà un posto nella storia, visto che alla fine non è poi così importante.

Poi, finalmente l’attesa è finita! Nel prossimo capitolo scopriremo chi è veramente Ariana Drake, quindi vi consiglio di procurarvi pop corn e bibita ghiacciata e godervi lo spettacolo!

 

Nel prossimo capitolo: Draco sarà costretto a rivelare ai suoi due amici cosa è successo nella notte, ma soprattutto quello che non è successo… Ariana, intanto, si renderà conto che presto o tardi dovrà subire le domande di Malfoy, ma sa che non potrà dargli le rispose che vuole…

 

 

 

A Smemo92: eh eh, mi dispiace, ma Harry non si è ancora accorto di Ariana… Scoprirà cosa sta facendo più avanti, in una situazione decisamente spinosa… E la reazione non sarà delle migliori! Kiss!

 

 

A Lexie___o: come scoprirai nel prossimo capitolo, Ariana Drake è un nome falso, che ha scelto Silente per la nostra eroina. Se vuoi proprio saperlo, il Preside le aveva assegnato solo il nome, mentre il cognome Drake lo ha scelto lei. I Drake (come forse ricordi ha detto Draco in uno dei primi capitoli) erano una famiglia di Purosangue quasi estinta, che aveva perso i contatti con il resto della società magica. Per questo Ariana ha scelto quel cognome: le consentiva di apparire come una Purosangue senza rischiare di insospettire qualcuno. Spero gradirai questa piccola informazione! Grazie per le recensioni! Kiss!

 

 

 

Come sempre ringrazio anche chi legge senza lasciare un segno del suo passaggio! Spero che almeno alla fine della fic (che è ancora molto lontano) mi lascerete un piccolo commentino!

 

Lhea

 

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Capitolo 14
*** L'unica risposta a tutti i perchè ***


Capitolo 13

Capitolo 13

L’unica risposta a tutti i perché

 

 

 

 

 

 

 

- Draco? Draco, svegliati… -

Qualcuno accese all’improvviso la luce, facendo un baccano infernale. Doveva essere entrata Pansy, a giudicare dalla nuvola di profumo che aveva appena invaso l’aria. Le tende del sontuoso letto a baldacchino verde e argento vennero aperte di scatto, e la luce colpì il Serpeverde in pieno viso.

Il biondo si coprì la faccia con un braccio e si voltò dall’altra parte, chiaro segno che voleva dormire ancora. Non era stata una nottata facile, e il Principe delle Serpi amava dormire fino a tardi. Si coprì il petto nudo con la coperta e grugnì, sperando che i suoi due migliori amici se ne tornassero da dove erano venuti.

- Avanti, Draco. Datti una mossa che vogliamo sapere cosa è successo! – disse Blaise, scuotendolo.

Draco, irritato, si mise a sedere e afferrò il primo cuscino che trovò a portata di mano.

- Ma non mi rompere! – sbottò, lanciandoglielo, - Non puoi andare a rimirarti la Granger senza scocciare me?! -

Blaise schivò il colpo, mentre Pansy decideva di andare all’attacco.

- Dai Dracuccio – cinguettò, - Dicci cosa è successo -

Il biondo fulminò la ragazza con lo sguardo, ma lei non diede segno di spaventarsi. D'altronde si conoscevano tutti e tre troppo bene, e Pansy sapeva bene come farlo infuriare.

- Non chiamarmi Dracuccio – ringhiò, mettendosi a sedere. Scese dal letto, sapendo che non avrebbe avuto scampo da quei due finché non avesse spiattellato tutto. Odiava essere svegliato in quel modo. Si infilò la prima cosa che trovò a portata di mano (anche se la vergogna per un Malfoy non esisteva) e si passò una mano tra i capelli.

- Allora???!!!! – lo aggredì Blaise, gli occhi blu che lo trapassavano da parte a parte.

- Allora che? – sbuffò Draco. – Che vuoi sapere? –

- Come mai sembri esausto? – chiese Blaise avvicinandosi, lo sguardo che brillava, - E soprattutto, perché sei tornato alle sei? –

Draco alzò gli occhi al cielo. Aveva capito cosa stavano pensando quei due: altro che scambio di informazioni! Molto probabilmente pensavano che lui e Ariana avessero avuto scambi di tutt’altro genere…

- Non è come credete – disse vagamente divertito, infilandosi nel bagno. Guardò il suo riflesso nello specchio, e notò che in effetti aveva l’aria distrutta. Poteva giocare un po’ con i sospetti di quei due, ma decise che come ogni volta era meglio dirgli la verità.

- Deve essere una belva, se ti ha ridotto a uno straccio – disse Blaise, infilando la testa nel bagno, gli occhi scintillanti di malizia. Chiuse di scatto la porta quando vide che il biondo stava per lanciargli una saponetta profumata.

- Blaise, se non vuoi che vada dalla Granger e le dica che covi un amore profondo e segreto per lei, piantala – sibilò Draco, sentendo i due che ridevano alla grande.

- E dai, Dracuccio! Non puoi farci rimanere sulle spine così! –

Draco iniziava a innervosirsi, ma c’era anche qualcosa che gli dava una strana sensazione. In effetti, forse non sarebbe stato poi troppo male se quello che Blaise e Pansy pensassero fosse accaduto veramente…

Uscì dal bagno asciugandosi la faccia e li guardò, entrambi con un sorriso a trentaquattro denti. Sospirò.

- Non è successo niente – disse, - Abbiamo seguito Potter, che ha avuto la grandiosa idea di andarsene in giro -

Blaise sembrò deluso. – Quel demente… - mormorò, - Quindi, chi è Ariana? –

- Sta dalla parte di Silente, ma non fa ancora parte dell’Ordine – rispose Draco, contento del cambio di argomento, - Deve guardare le spalle al Magnifico, esattamente come me -

- Solo questo? – chiese Pansy.

- E’ tutto quello che ha voluto dirmi – disse Draco, scrollando le spalle.

- Ma non spiega il fatto che siate rimasti tutto questo tempo da soli… Ci avete messo quattro ore per dirvi due cose? - buttò lì Blaise, apparentemente disinteressato.

- Te l’ho detto, abbiamo seguito Potter – ribatté Draco.

- Dai, a noi hai sempre detto tutto – disse Blaise, cercando di fare l’amicone offeso, - Perché questa volta vuoi così tanto riserbo? –

- Sto seriamente iniziando a pensare che tu non sia totalmente normale, Blaise, - disse Draco, - Hai sentito cosa ho detto? –

- Ma un po’ ti piace, almeno? – chiese Pansy, diventando un po’ più seria.

Draco non rispose. Il viso di Ariana gli tornò alla mente, con quella frase che lei aveva pronunciato con un certo malcelato imbarazzo: “Non sono mai stata una ragazza particolarmente carina”.

“Diamine, Ariana, se non sei bella tu, allora le altre ragazze cosa devono dire?” si ritrovò a pensare.

Essendo un Malfoy, gli era stato insegnato fin da piccolo che la cosa più importante nella vita era la bellezza. Se una cosa era bella, allora era degna di essere amata, osservata, posseduta. Il brutto era da detestare in tutte le sue forme.

Con gli anni aveva però capito che la bellezza è una cosa soggettiva.  Ciò che può piacere a una persona, a un’altra può fare ribrezzo. Lui che era cresciuto con canoni di bellezza molto elevati, non si accontentava di poco.

E secondo il suo non tanto modesto parere, Ariana era molto bella. Non come la Greengrass, che faceva voltare le teste di tutti i ragazzi con gonne corte e atteggiamenti frivoli o provocanti. La sua era una bellezza discreta, quasi nascosta, che a un occhio esperto come il suo non sfuggiva.

- Sì, fisicamente mi piace – disse alla fine, e Pansy sorrise. – Ma questo non significa che voglia portarmela a letto –

Era una frase strana, pronunciata da Draco Malfoy, ma non stava mentendo. Trovava Ariana bella, ma non c’era nessuna attrazione fisica; non ancora, per lo meno. Forse se fossero rimasti per tutta la notte nella Stanza delle Necessità non ci avrebbe nemmeno provato con lei. Ed era una cosa assolutamente fuori dal normale, per lui. Guardò i due amici, e capì che anche loro pensavano la stessa cosa.

Scrollò le spalle, e tutti e tre si diressero alla Sala Grande per il pranzo.

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si svegliò a mezzogiorno, il mattino seguente. Per fortuna era domenica, e nessuno badò al fatto che rimanesse a letto più del dovuto, visto che non fu nemmeno l’unica. Hermione si svegliò un’ora dopo, e insieme andarono a pranzo.

Harry e Ron erano seduti al tavolo dei Grifondoro, con due facce da zombi. Ariana ed Hermione li raggiunsero, ed erano talmente storditi che nessuno di loro tre fece domande sul perché lei sembrasse esausta quanto loro.

Si servirono un’abbondante porzione di patate arrosto, mentre Ariana gettava una rapida occhiata al tavolo dei Serpeverde. Draco si stava sedendo in quel momento, e sembrava abbastanza stanco. Le rivolse comunque uno sfuggevole sorriso, prima di iniziare a mangiare con Zabini e la Parkinson.

Chissà cosa stava pensando, il Serpeverde. Aveva capito che era già stata a Durmstrang, e aveva scoperto che lei era disposta a tutto pur di salvare Harry, anche a uccidere. Non aveva potuto fare altro se non portarselo dietro, ma stranamente non si stava pentendo. In fondo era stato bello poter scambiare due chiacchere con qualcuno, mentre cercavano di far tornare Harry a Hogwarts vivo.

Sapeva, però, che presto Draco le avrebbe posto la fatidica domanda: perché? Perché proteggeva Harry Potter? Perché Silente aveva mandato proprio lei? Non era il tipo da desistere, e sicuramente avrebbe cercato in tutti i modi di estorcerle altre informazioni sul suo conto.

Ma questa volta, Ariana sapeva di non poter rispondere.

 

 

 

 

 

 

 

- Oggi, Ariana, comprerai la tua bacchetta – disse Albus Silente.

Erano in piedi in mezzo alla strada principale di Diagon Alley, davanti a un negozio nella cui unica vetrina polverosa c’era una sola bacchetta adagiata su un cuscino di velluto. “Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.” recitava il cartello consunto e cigolante appeso sull’entrata.

Silente aprì la porta del negozio, ed entrarono. Un vecchio mago dall’aria consumata li attendeva dietro al bancone, e sorrise alla loro vista. Aveva due enormi occhi azzurro slavato, e sembrava non avere bisogno di battere le palpebre. Il locale era stipato di piccole statole di cartone, che occupavano tutta la parete destra.

Ariana provò una strana sensazione, appena entrò. C’era qualcosa di magico, lì dentro.

- Professor Silente – disse Olivander, stringendo la mano al vecchio, - Come sta? -

- Bene, bene, ti ringrazio – rispose Silente con un sorriso cordiale, - Sono qui per acquistare una bacchetta –

Olivander guardò Ariana, e lei si sentì in soggezione. Lo sguardo dell’uomo la trapassò da parte a parte, e lei rimase immobile come una statua, stringendosi le mani.

- Quanti anni hai? – domandò il negoziante con voce gentile.

- Otto – rispose Ariana.

Olivander si girò verso Silente, lo sguardo preoccupato.

- Lo sa che è ancora giovane, vero? – domandò, raggiungendo il bancone. – Non potrebbe ancora possedere una bacchetta -

- Certo, lo so – ribatté Silente, - Ma so esattamente quello che sto facendo. Ci conosciamo da tanti anni, Olivander. E’ un favore che ti chiedo da amico -

Il negoziante abbassò il capo e lo scosse, poi tornò a guardare la bambina.

- Come ti chiami? – chiese.

- Ariana Drake –

Olivander non ebbe nessuna reazione, ma tirò fuori un metro. Iniziò a prenderle le misure di braccia, gambe, testa, finché non fu soddisfatto. Poi scelse alcune scatoline e le adagiò sul bancone. Prese una bacchetta e gliela porse.

- Otto pollici, legno di faggio, crine di unicorno. Prova -

Ariana prese la bacchetta, ma Olivander gliela tolse subito dalle mani. Ne prese un’altra, e quando la bambina l’afferrò non sembrò soddisfatto.

- Olivander – disse all’improvviso Silente, - Falle provare quella con la piuma di fenice che io ti ho fornito -

Il vecchio negoziante guardò lo stregone con aria poco convinta. Ariana spostò lo sguardo da uno all’altro, mentre i due parlavano.

- Ne è sicuro? – domandò Olivander.

- Proviamo – ribatté Silente, e guardò Ariana con distacco, - Penso che potrebbe spettare a lei –

Olivander prese un’ultima bacchetta.

- Agrifoglio e piume di fenice, undici pollici, bella flessibile -

Porse la bacchetta ad Ariana con una strana espressione, e lei la prese. Come prima, non accadde assolutamente nulla. Qualcosa guizzò negli occhi di Silente, ma Olivander sembrò felice che non fosse quella giusta. La riprese e la ripose con cura nella sua scatola.

- Proviamo con qualcos’altro – mormorò.

Ariana attese che il vecchio portasse altre bacchette. Ne provò a decine, finché anche Olivander sembrò perdere la pazienza. Guardò Silente e disse: - Credo sia ancora troppo presto per lei

- Lasciala scegliere a lei, allora – disse lo stregone.

Ariana guardò Silente senza capire. Perché voleva per forza comprarle una bacchetta? Non si acquistava a undici anni?

Olivander fece un cenno alla bambina, e lei si avvicinò. La condusse sul retro, dove c’era un’enorme stanza piena di scatoline impilate l’una sull’altra, di diversi colori. Le diede una leggera spinta e disse: - Avanti, scegline una –

Ariana guardò la parete tutta occupata dalle scatole, e si chiese come avrebbe fatto a scegliere. Dovevano essere centinaia. Per un momento provò l’impulso di indicare una confezione azzurra in cima alla pila, ma rimase in silenzio. Passò la mano sulla parete, e guardò attentamente le scatoline.

Infine, ne indicò una nera, incastrata in un angolo, quasi invisibile. Olivander la prese e l’aprì, lasciandosi scappare un’esclamazione.

- Mi ero quasi dimenticato che fosse ancora qui, questa bacchetta – disse, - Quercia, corde del cuore di un drago, dodici pollici, abbastanza flessibile -

Ariana prese la bacchetta, e dalla punta sprizzarono scintille argentate. La bambina si spaventò, ma Olivander sembrò colpito. Le prese delicatamente la bacchetta di mano e la ripose della sua scatola.

- Lo sa, Silente, che quella bacchetta attendeva da anni? – disse, impacchettando la scatola con della carta da pacchi marrone.

Lo stregone rimase in silenzio, in attesa che il negoziante dicesse altro.

- Le corde di cuore di drago che sono contenute nel nucleo sono quelle di un Ungaro Spinato – continuò Olivander, - Uno Spinato che uccise centinaia di persone… Ci vollero trenta maghi per fermarlo, talmente era grosso e forte. Nessuno voleva produrre una bacchetta con una parte di quel drago, ma la notte che fu abbattuto un mago rubò il cuore dello Spinato e lo portò a mio nonno. Lui fabbricò una sola bacchetta che avrebbe dovuto essere di quell’uomo, ma lui non venne mai a ritirarla. Nessuno venne più a reclamare la bacchetta, e per duecento anni è rimasta qui, in attesa di un proprietario. Fino a oggi -

Silente ascoltò in silenzio senza commentare, e Ariana rimase a guardarlo mentre Olivander impacchettava la sua nuova bacchetta. Non capiva cosa stava succedendo, ma preferì rimanere in silenzio. Il suo tutore non sembrava stupito dalla storia della bacchetta.

Quando tornarono alla Tana di Hog, Ariana si sedette sul letto della sua stanza e guardò Silente che esaminava la sua bacchetta alla luce del sole che filtrava dalla finestra.

- Mi scusi Signore, ma la bacchetta non si compra a undici anni? – chiese la bambina, timorosa.

Silente si voltò a guardarla. – Sì, è così – rispose.

- Perché ha voluto che io la prendessi ora? – domandò Ariana. – Gli altri bambini a scuola non ce l’hanno -

Silente le diede la bacchetta, e la bambina la prese, rigirandosela tra le mani. Il vecchio avvicinò una sedia e si sedette con aria stanca.

- Dimmi, Ariana. Tu sai chi è Voldemort? -

Ariana annuì: aveva sentito parlare di lui da tutti i suoi compagni di scuola. Era stato un mago potentissimo, e molto cattivo.

- Bene, saprai anche che è sparito misteriosamente sette anni fa – disse Silente.

- Sì. E’ stato Harry Potter – disse Ariana.

Silente sorrise attraverso la barba bianca, ma quel sorriso non era diretto a lei. Era il solito sorriso gentile che si lasciava sfuggire quando si menzionava il Bambino Sopravvissuto.

- Giusto. Tu credi che Voldemort sia morto? -

- Non lo so – rispose Ariana, sperando di non deluderlo con la sua risposta.

- Voldemort non è morto, Ariana – spiegò Silente, - E’ solo molto debole, ma un giorno tornerà. E vorrà prendersi la sua vendetta prima di tornare al potere. Vorrà uccidere Harry Potter –

Ariana ascoltò in silenzio. Silente parlava di quell’Harry Potter con molta dolcezza.

- Tu, Ariana, dovrai proteggere Harry Potter quando io non potrò più farlo – continuò Silente, - Sono vecchio, e non potrò proteggerlo per sempre -

- Perché devo farlo io? – domandò la bambina, gli occhi verdi che scrutavano il volto del Preside, senza capire. Aveva solo otto anni, e perché doveva proteggere un bambino che non conosceva nemmeno?

- Conosci il vero nome di Voldemort, Ariana? – domandò Silente, voltandosi verso la finestra.

- No –

- Si chiamva Tom Orvoloson Riddle – disse Silente, e si voltò a guardarla.

Gli occhi azzurri del vecchio incontrarono quelli verde smeraldo della bambina, e fu allora che ogni perché trovò la sua risposta.

- E tu, Merope Zahira Riddle, sei sua figlia -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

O_O     O_O      O_O

Allora, che mi dite? Sorpresi? Immaginavate già qualcosa?

Ed ecco che finalmente viene svelato il vero nome e le origini di Ariana: è la figlia di Voldemort. Ecco perché tanta segretezza, ecco perché nessuno deve sapere veramente chi è…

Ah, vorrei far notare, a chi magari non ci ha fatto caso, che la bacchetta che Silente ha chiesto di far provare ad Ariana è quella che ora possiede Harry Potter, e che contiene una delle due piume di Fanny. Il Preside riteneva che potesse appartenere a lei, in quanto figlia del Signore Oscuro. Alla fine però le è spettata un’altra bacchetta, con un passato oscuro proprio come il suo. Mi piaceva l’idea di darle una storia un po’ oscura.

 

Ora, questo capitolo mi è servito per rivelare il vero nome di Ariana, ma nel prossimo scoprirete tutta la sua storia. Sarà infatti dedicato completamente ai suoi ricordi, e verranno date le risposte a diverse domande che ci si è posti fino ad adesso, a partire dal fatto di come Voldemort abbia potuto generare un erede e soprattutto chi era la madre di Ariana.

 

 

 

A Kaimy_11: ciao, bentornata! Non ti preoccupare di non aver recensito, so che ognuno ha i propri impegni! Per quanto riguarda Draco e Ariana , hai visto, tutto è possibile! Forse sono riusciti a capirsi, almeno un po’… Chissà come finirà! ^.^ Ah, sono contentissima che questa fic ti piaccia! Kiss!

 

A Smemo92: , in effetti a Durmstrang non è stato molto difficile, per Ariana e Draco… In realtà Hermione aveva una piantina abbozzata della scuola (più avanti saprai anche come se l’è procurata), ma siccome loro dovevano cercare un Horcrux, dovevano esplorare il castello in cerca di qualcosa che potesse esserlo… La mappa in quel caso non serve, quindi. La domanda di Draco trova parziale risposta in questo capitolo… Per quanto riguarda la motivazione alla segretezza, spero che quello che c’è scritto nell’ultima riga di questo capitolo ti basti: continua a leggere il prossimo, e ne saprai certamente di più! Un kiss!

 

A Lexie___o: eh eh, mi sa proprio che ci hai visto bene, riguardo a Draco… In questo capitolo infatti ci sono le sue riflessioni… Come vedi, però, non è ancora amore… magari fra un po’… ^.^ Se speri nella coppia Ariana/Draco, incrocia le dita, ma non sarà per niente facile…

Sul nome ci hai visto giusto… Uhm, mi sa che qui mi anticipi tutta la fic… ^.^ No, , dai, spero che almeno qualche volta di coglierò di sorpresa! Un kiss!

 

Ringrazio ancora tutti coloro che leggono!

 

 

Lhea

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Memorie Dimenticate ***


Capitolo 14

Capitolo 14

Memorie dimenticate

 

 

 

 

 

 

 

 

Sapere che era la figlia di Lord Voldemort, il mago più potente e malvagio di tutti i tempi, chiarì ad Ariana molti perché, che comprese pienamente solo con il tempo. A otto anni era troppo giovane per capire cosa significava essere la discendente dell’uomo che aveva stroncato centinaia di vite e aveva sconvolto il mondo magico con la sua cattiveria.

Fu per quel motivo che Silente le disse che le domande le avrebbe poste più avanti, quando l’esperienza e la vita l’avrebbero resa pronta e matura. Le disse solo di non rivelare mai a nessuno il suo vero nome e le sue origini, e Ariana tornò a scuola con una consapevolezza che diventò tale solo qualche anno dopo.

Al momento di partire per Durmstrang, arrivò finalmente il giorno in cui Ariana ebbe il coraggio di porre la prima domanda di una lunga serie, sentendo il bisogno di conoscere la verità.

 

 

 

 

 

 

 

- Perché vuole che io aiuti Harry Potter? – domandò Ariana, seduta su una sedia nella sua stanza alla Caverna di Hog.

Il Preside guardò la ragazzina al di sopra delle lenti degli occhiali, congiungendo la punta delle dita.

- Perché sei la figlia di colui che ha ucciso i suoi genitori, di colui che ha distrutto centinaia di famiglie – rispose con una nota d’accusa nella voce, - Tuo padre ha sconvolto il nostro mondo, e qualcuno deve rimettere a posto le cose. Tu sei sua figlia, e come tale, su vuoi in qualche modo riscattarti, devi rimediare agli errori di Lord Voldemort -

Ariana guardò Silente: non capiva ancora. Lei non era cattiva, lei non aveva ucciso nessuno, lei non era suo padre. Perché doveva pagare i suoi debiti con il mondo? Perché doveva farlo, se lei non voleva?

- Sei ancora immatura per capire, Ariana, ma la consapevolezza arriverà, un giorno – continuò Silente, e dal cui sguardo non traspariva alcuna compassione, - In ogni caso è giusto che tu sappia la verità, e sappia cosa ti viene affidato. Proprio tu che sei la figlia del suo nemico, potrai proteggere meglio di tutti Harry Potter -

La ragazzina abbassò il capo, confusa. Era troppo per i suoi undici anni, anche per lei che aveva imparato a essere adulta a otto.

- Allora è per questo che mi odia? Perché io sono la figlia di Voldemort? – domandò, con voce flebile.

Silente non sembrò colpito dalle sue parole, e si sedette davanti a lei per poterla guardare meglio negli occhi. Ariana si aspettava che negasse, che in qualche modo le dicesse che in realtà era fiero di lei, che le voleva bene come a una figlia. Ma presto seppe che quella era solo una vana speranza, l’ultima che si permise di avere nella sua vita.

- Il mio non è odio – rispose Silente, - Io non odio te in quanto persona. Odio ciò che rappresenti, ciò che ricordi. Odio il modo in cui tuo padre continua a comparirmi davanti quanto ti parlo. E non posso sopportare che i tuoi occhi siano così simili a quelli di Harry Potter, tu che sei l’unica persona che non dovrebbe avere legami con lui. -

Ariana sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma riuscì a trattenerle. Avrebbe preferito una bugia, al posto di quella dolorosa verità. Ma Silente non l’aveva mai illusa, nemmeno una volta. Voleva che lei soffrisse, e capisse.

- Per questo mi ha cambiato nome – disse, - Per questo ha voluto darmi un nome falso… Perché proprio Ariana? -

- Ariana era il nome di mia sorella – rispose Silente, - E ho pensato che un nome a me caro, forse sarei riuscito a trattarti con un po’ più di benevolenza. Ho sbagliato, e me ne rendo conto. Ma ormai tu sei Ariana, e lo rimarrai fino a quando il tuo vero nome sarà dimenticato –

La ragazzina ascoltò, senza sentirsi orgogliosa. Un nome era l’unica cosa che Silente le aveva dato, e non ripagava la mancanza di affetto e stima che le aveva sempre mostrato. Un nome, per quanto significativo, non era niente di quello che lei desiderava.

- Sa qualcosa di mia madre? – domandò alla fine, - Non mi ha mai parlato di lei -

Silente si alzò, e fece comparire dal nulla una grossa bacinella di pietra, piena di fregi. La adagiò sul tavolo, e rispose: - Tua madre è stata uccisa da Voldemort stesso. Amava fare il doppio gioco, e il Signore Oscuro l’ha punita per questo –

Si avvicinò con la bacchetta in mano.

- Vorrei che tu mi lasciassi estrarre l’ultimo ricordo che hai di tua madre – disse, - Forse credi di non avere memoria, ma tutto ciò che vediamo rimane nel nostro cervello, per sempre. Tali memorie di cui noi crediamo di non conservare nessun ricordo vengono chiamate Memorie Dimenticate. -

Ariana si portò una mano alla tempia. Il Preside le aveva mostrato molti suoi ricordi con il Pensatoio, ma era la prima volta che le parti si invertivano. Voleva vedere almeno una volta il viso di sua madre, anche se era morta?

Si alzò, e Silente le portò la bacchetta alla testa. Dopo pochi minuti estrasse un filamento grigio, che fece fluttuare nel Pensatoio. Dopodiché lui e Ariana entrarono.

Si ritrovarono in una grande casa spoglia, nella periferia di Londra. Era sera, e sembrava pieno inverno a giudicare dalla neve fuori dalle finestre. Si trovavano in una cucina spoglia e triste, e una donna di spalle stava preparando la cena.

Vicino al tavolo c’era una bambina dall’aria trascurata, dai grandi occhioni verdi, che giocava con un vecchio pupazzo spelacchiato. La piccola Merope. Lei con il suo vero nome.

All’improvviso la donna di spalle si girò, e Ariana vide per la prima volta sua madre. Era una strega bellissima, dagli occhi scuri e i capelli castano ambrati, le labbra rosso fuoco e la pelle candida. Si muoveva con leggiadria per la cucina, con movimenti aggraziati come quelli di una ballerina. Non degnava di uno sguardo la piccola Merope, e canticchiava con voce dolce una canzone d’amore.

Quando terminò di cucinare, Zahira si voltò e lasciò che due piatti e dei bicchieri fluttuassero sul tavolo. Abbassò gli occhi sulla bambina e la mise a sedere sulla sedia, con malagrazia. Merope singhiozzò, ma poi iniziò a mangiare quel poco che aveva nel piatto senza piangere.

A quanto pare, anche sua madre la odiava. La bambina non riusciva a mangiare la minestra da sola, ma Zahira non l’aiutò mai. Lasciò che si sporcasse con la pastina, poi le rivolse uno sguardo sprezzante, disgustato.

In quel momento qualcuno comparve all’improvviso fuori dalla casa, con un guizzo. La donna guardò oltre il vetro della finestra, e sul viso le si dipinse un’espressione estatica. Si alzò di scatto e raggiunse la porta. Ariana e Silente la seguirono.

Sulla soglia c’era Lord Voldemort, i lineamenti serpenteschi distesi in quello che sembrava un sorriso. Gli occhi rossi guizzarono sul volto della donna, e lei sorrise, mostrando denti perfetti e bianchissimi.

- Mio Signore – mormorò, - Sono lieta di vederti -

- Io un po’ di meno, Zahira – disse Voldemort.

Il sorriso sul volto della donna sparì all’improvviso. Chinò il capo e disse: - Lo so, mio Signore, ma la nostra bambina mi tiene occupata. Non posso servirti come vorrei –

Voldemort guardò verso la cucina, dove Merope stava ancora tentando di mangiare la sua minestrina.

- Non è per questo, mia cara – disse, un ghigno serpentesco sul volto, - Lo so bene che tu non mi stai servendo come dovresti -

Zahira arretrò di un passo, assumendo un’espressione mortificata.

- Mio Signore, io non capisco – sussurrò.

- Non capisci? Ti reputavo una strega molto intelligente, Zahira – ribatté Voldemort, la voce ora minacciosa, - Troppo, forse. So che stai facendo il doppio gioco, mia cara. Sei esattamente come Codaliscia: stai dalla parte che ti fa più comodo.-

La donna congiunse le mani. – Non è vero, Mio Signore – disse, - Io ti amo. Io sono la tua serva più fedele. Guarda il frutto del nostro legame! –

Indicò verso la cucina, dove Merope era ancora seduta in bilico sulla sedia.

- Tu mi hai tradito, Zahira, e io non perdono i traditori – disse Voldemort, gelido.

La donna cadde in ginocchio, con le mani giunte e gli occhi pieni di lacrime.

- Ti prego!Io ti ho sempre amato! Non provi nulla per me? – supplicò.

Voldemort sorrise. – Io non ti ho mai amato, mia cara. Io ti ho solo e sempre usata – disse, - Io non provo quello che tu definisci amore. Ho scelto te solo perché eri superiore in bellezza e intelligenza alle altre donne, ma alla fine sei esattamente come loro

All’improvviso, la piccola Merope comparve sulla porta della cucina; con passo inserto si diresse verso la madre. La strega l’afferrò per le ascelle e la tirò su, per mostrarla al Signore Oscuro.

- E’ lei il motivo per cui non posso servirti come desideri – disse, - E’ lei. Prendi lei. Prendila, uccidila. Allora sarò libera e potrò continuare a stare con te -

Ariana, che continuava a guardare, sussultò. Sua madre stava barattando la sua vita con quella della figlia. Chiedeva pietà sacrificando la vita di Merope, la sua bambina.

Voldemort guardò la piccola senza nessun sentimento che traspariva dagli occhi rossi.

- Non sono qui per Merope – disse, - E’ te che voglio uccidere -

- Ti prego! – supplicò Zahira, scoppiando in lacrime, - Prendi lei e risparmia me! E’ colpa sua se non posso servirti come desideri!  Uccidi Merope e risparmia me! –

- Ti ho già detto tempo fa che non desidero uccidere Merope – disse Voldemort, gelido, - Tu hai commesso un errore, e tu pagherai -

Afferrò malamente Merope e la spinse lontano. La bimba scoppiò in lacrime, mentre Zahira si prostrava ai piedi del Signore Oscuro, implorando pietà e tremando come una foglia. Voldemort gettò un’ultima occhiata verso la figlia, poi alzò la bacchetta.

E fu solo luce verde.

Silente afferrò Ariana per un gomito, e uscirono dal ricordo. La ragazzina aveva gli occhi lucidi, e tremava. Non riusciva a credere che sua madre fosse morta implorando di scambiare la sua vita con quella di Merope. Con la sua vita.

Si rannicchiò sul letto, con le lacrime che scendevano sulle guancie delicate, gli occhi verdi arrossati.

- Perché? – gridò, rivolta a Silente che la guardava senza affetto, senza compassione – Perché ha voluto mostrarmi quel ricordo? Lei lo sapeva! -

Il Preside si voltò verso la finestra. – Volevo mostrarti la differenza che c’è tra te e Harry Potter – disse, - Suo padre era un grande mago, e sacrificò la vita per salvarlo. Sua madre ebbe la possibilità di salvarsi, ma non lo fece. E proprio il suo sacrificio permise a Harry di sopravvivere. E giusto che tu sappia tutto, che sappia la verità. Non dovrai mai essere come i tuoi genitori. Mai –

Ariana guardò le spalle curve di Silente, e sentì di odiarlo. Avrebbe preferito morire quel giorno, al posto di sua madre. Forse avrebbe sofferto molto di meno.

- Perché Voldemort non ha ucciso anche me? – domandò, con la voce improvvisamente dura.

- Non lo so, ma credo pensasse che potessi tornargli utile, un giorno – rispose Silente, - Se non ti avesse voluto, ti avrebbe potuto uccidere subito. Da quello che ho capito, Zahira non ti voleva, eppure lui non ha voluto eliminarti –

Forse era affetto? No, non era affetto: quando Voldemort l’aveva guardata, non c’era dolcezza nei suoi occhi, ne nessun altro sentimento. Come non aveva amato sua madre, non avrebbe potuto amare lei.

 

 

 

 

 

 

 

Zahira Piton era la sorellastra di Severus Piton: il padre dell’ex professore di Pozioni di Hogwarts aveva tradito la moglie con una certa Selene Godcrick, di cui poi non si era saputo più nulla. Solo sul letto di morte Piton senior scoprì di aver avuto una figlia, che però non conobbe mai.

La bambina visse sempre con la madre, una strega dalle dubbie qualità mentali ma di grande bellezza, che la figlia ereditò in tutto e per tutto.

Zahira frequentò Hogwarts, finendo naturalmente a Serpeverde, completando con ottimi voti la scuola. Un anno dopo entrò a far parte dei Mangiamorte, e conobbe il Signore Oscuro. Molti di coloro che la incontrarono poterono riferire che il suo amore per Voldemort travalicava la semplice bramosia di potere, e che lei lo amava veramente. Per lui fu disposta a fare di tutto, tanto da guadagnarsi l’inimicizia di alcuni Mangiamorte, gelosi delle sue qualità e della sua fedeltà.

Lo stesso Voldemort rimase profondamente colpito da Zahira, così tanto da farla diventare presto la sua prediletta. A lei affidava i compiti più importanti e rischiosi, lodandola come nessun altro. Alla fine finì per assecondare il sentimento, considerandola la sua “compagna”.

Il suo non fu mai veramente amore, solo bramosia di possedere una delle donne più belle del mondo magico. Qualche anno dopo, Zahira rimase incinta e diede poi alla luce una bambina, che lei volle chiamare Merope, in onore della madre del suo Signore. Nessuno, nemmeno gli stessi Mangiamorte, seppe che Voldemort aveva risparmiato la bambina, il giorno in cui assassinò Zahira: tutti credevano che avesse ucciso anche lei. E visto che poco meno di dieci mesi dopo lui stesso sparì in seguito all’omicidio dei Potter, nessuno seppe più nulla della bambina. 

Silente scoprì l’esistenza di Merope poco dopo la morte dei genitori di Harry Potter, e si mise a cercarla. Quando riuscì a trovarla, ormai lei aveva sei anni, e la prelevò dall’orfanotrofio per poi affidarle il tanto sospirato compito. Il Preside aveva messo in moto il suo piano appena aveva scoperto dell’esistenza della bambina, sapendo che poteva rappresentare un’arma contro il ritorno del Signore Oscuro.

Ariana ci mise anni a capire ciò che era veramente, ciò che doveva fare. Era la figlia di Voldemort, e come tale la responsabilità di ciò che aveva fatto suo padre ricadeva anche su di lei. Silente voleva che fosse lei a contribuire alla sua sconfitta, che aiutasse il Bambino Sopravvissuto nella guerra contro il Signore Oscuro.

Harry doveva arrivare vivo allo scontro con Voldemort, ma doveva soprattutto arrivarci “pulito”: doveva crescere come tutti gli altri bambini, doveva frequentare la scuola, fare le esperienze che lo avrebbero fatto maturare. E se lui doveva cercare di essere normale, Ariana doveva essere il suo contrario. A lei spettava di compiere quello che il Bambino Sopravvisuto non poteva fare.

Ariana era quella che si sarebbe sporcata le mani. Era quella che l’avrebbe sorvegliato sempre, pronta a uccidere, a ferire pur di tenerlo in vita. Pronta a perdere la propria innocenza per far vivere a Harry la sua.

Silente aveva fatto in modo che, a partire da quando lei compì undici anni, tutte le estati si recasse di nascosto a casa dei Dursley, a sorvegliare Harry da lontano. E tante volte aveva fatto in modo che lui non si facesse male, che non rischiasse troppo la pelle.

Quando si trovava a Hogwarts, il Bambino Sopravvissuto era sotto lo sguardo protettivo di Silente, finché il Preside ci fosse stato. Quando lui non avrebbe più potuto sorvegliare Harry, allora sarebbe subentrata Ariana.

Aveva frequentato ogni anno una scuola di magia diversa, per conoscere quello che i potenziali maghi oscuri di tutto il mondo dicevano e pensavano. Era stata tra di loro, li aveva spiati, li aveva ingannati. Aveva imparato a pensare come loro, a prevedere le loro mosse. Aveva imparato cosa significava il male.

E dal giorno in cui comprò la bacchetta, Silente le fece da maestro privato, insegnandole ogni genere di incantesimi che avrebbero potuto tornarle utili. Insegnandole cose che forse non avrebbe dovuto sapere, ma che una come lei era tenuta a conoscere. Come l’esistenza degli Horcrux.

Silente aveva iniziato a sospettare degli Horcrux molto prima di coinvolgere Harry Potter, e aveva chiesto ad Ariana di iniziare delle piccole ricerche riguardo agli oggetti dei fondatori di Hogwarts. Le aveva brevemente spiegato cosa potevano essere, e lei si era informata, ottenendo ben pochi risultati.

Quando anche Harry venne a sapere degli Horcrux, Silente incaricò Ariana, oltre di proteggere Harry, anche di cercare quei possibili oggetti e fare in modo che Potter li distruggesse.

 

 

 

 

 

 

 

Ufficio di Silente, un anno prima.

- Pensa che sia possibile che Harry Potter stesso sia un Horcrux? - chiese Ariana a Silente.

Il vecchio rimase in silenzio per qualche secondo, congiungendo le punte delle dita. Osservò la ragazza attentamente.

- Sì - rispose infine, - Può essere. Anche io ho pensato la stessa cosa, ma riflettendoci a lungo sono giunto alla conclusione che sia poco probabile -.

- Perché? -

- Semplicemente perché Voldemort vuole Harry Potter morto. Perché fare di lui un Horcrux, quando pensa di doverlo uccidere? Non avrebbe alcun senso, sarebbe solo un pericolo in più per lui -

- Però potrebbe anche risultare un vantaggio - ribattè Ariana, - Harry Potter dovrebbe uccidere se stesso prima di tentare di uccidere Voldemort. Sicuramente non pensa che un ragazzo così giovane abbia il coraggio di compiere un gesto del genere, non dopo che ha lottato così arduamente per sopravvivere -

Silente rimase immobile, ancora con le mani congiunte, e fissò Ariana con i suoi occhi azzurro chiaro. Lei si pentì di ciò che aveva detto: forse era una sciocchezza. Silente sospirò, poi disse: - Ogni giorno mi stupisco di quanto assomigli a tuo padre, Ariana. Ciò che hai detto riflette esattamente ciò che Voldemort penserebbe… Pensate nello stesso identico modo -

La ragazza rimase in silenzio, abbassando lo sguardo. Non era un complimento per lei: non voleva assomigliare a Voldemort, anche se era sua figlia. Si sentì insultata, ma succedeva spesso quando Silente le parlava: molte volte l’aveva paragonata al Signore Oscuro.

- Crede che io corra il rischio di diventare come lui?- chiese tutto d’un fiato Ariana. Era una domanda che voleva porgli da tanto tempo, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo. Fino ad ora.

Silente non sembrò stupito dalla domanda, ma la fissò in silenzio per qualche secondo. Si allontanò leggermente dalla scrivania dietro la quale era seduto e poi rispose, calmo: - Tutti noi corriamo il rischio di farci dominare dall’odio e dalla brama di potere. Tuttavia, sì, io penso tu sia più in pericolo di molti altri. Sei la figlia del mago oscuro più potente di tutti i tempi, ragioni allo stesso modo e sei dotata esattamente come lui… Hai molte probabilità di sviluppare le stesse idee di Lord Voldemort, anche se lui alla tua età aveva già iniziato il suo folle piano. Io non posso sapere con esattezza quali saranno le tue azioni in futuro. Solo tu puoi sapere cosa diventerai -

Ariana abbassò di nuovo lo sguardo. Silente non le aveva dato una risposta completa, le aveva detto solo che sarebbe stata lei a scegliere, alla fine. Ma poteva veramente scegliere? Sapeva cosa voleva essere?

Quello che sapeva per certo era che non voleva essere la figlia di Voldemort. Non voleva diventare come lui. Ma un conto è ciò che si vuole, un conto è quello che si ottiene. Che lei lo accettasse o meno, rimaneva sempre e comunque la discendente del Signore Oscuro. Silente le stava dando l’illusione di poter scegliere, di poter decidere da sola il proprio destino.

 

 

 

 

 

 

 

 

Van Hovenbarger, sei mesi prima.

Ariana si svegliò all’improvviso, disturbata da un flebile rumore. Aprì gli occhi e vide, appollaiata ai piedi del suo letto, Fanny la fenice, con una lettera nel becco. I suoi occhi scuri e liquidi erano tristi, e la ragazza si rese immediatamente conto di quello che era accaduto: Silente era morto.

Senza fare un rumore, prese la lettera e fece una carezza alla fenice, che tubò lugubre.

- Addio, Fanny – disse Ariana.

La fenice si librò in volo, e poi scomparve con un guizzo di fuoco. Non l’avrebbe mai più rivista.

Con mani tremanti, Ariana ruppe il sigillo di ceralacca e aprì la busta: la calligrafia sottile e aggraziata di Silente riempiva il foglio di pergamena.

 

 

Ariana,

se stai leggendo questa lettera, avrai già capito che io sono morto. Ho passato tutto l’anno a spiegare a Harry Potter ciò che ho rivelato a te nel corso degli anni, quindi lui sa degli Horcrux e sa che ne ho anche distrutto uno. Ho intenzione di recarmi con lui nella baia che ha cercato di esplorare quale che tempo fa, dove Voldermort aveva trascorso le sue vacanze quando si trovava all’orfanotrofio: lì spero di trovare un altro Horcrux e di distruggerlo.

Sta a te ora trovare gli altri e fare in modo che vengano distrutti. Il prossimo anno ti recherai a Hogwarts come avevamo progettato, e sarai smistata nella casa dei Grifondoro: ho scritto alcuni documenti che perverranno a Minerva McGranitt e che lei sarà costretta a seguire. Dovrai fare in modo che i Mangiamorte non riescano ad entrare nella scuola e a fare del male a Harry Potter, a qualunque costo. Forse ci saranno dei membri dell’Ordine della Fenice a pattugliare la scuola, ma non posso garantirti nulla. E in ogni caso loro non dovranno sapere della tua esistenza.

Mi dispiace affidare a te questo compito, ma è l’unico modo per riscattare te stessa e forse anche me. Tuo padre ha commesso tanti errori, ma anche io. Il primo è stato quello di sottovalutare Tom Riddle e di lasciarlo diventare ciò che è diventato.

Ora che non temo più il giudizio del mondo, voglio confidarti il vero motivo per cui ho deciso di renderti l’ombra di Harry Potter, l’antagonista del Signore Oscuro: volevo rimediare al mio errore, facendo diventare sua figlia il suo primo nemico. Se tu riuscirai nel tuo intento, allora anche io forse sarò perdonato… Sono stato crudele con te, Ariana, ma il destino ha voluto farti sopravvivere per affidarti questo compito.

 

Albus Silente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Questo è stato uno dei capitoli più difficile da scrivere, nonostante si tratti “solo” di ricordi: il risultato, a mio parere, poteva essere migliore… Fatemi sapere cosa ne pensate.

Così Ariana è imparentata con le due persone che Harry Potter odia di più al mondo: Voldemort e Severus Piton… Che fortuna, eh?

Spero siate riusciti a cogliere la sofferenza di Ariana e il motivo per cui non vuole rivelare chi è veramente: se il mondo sapesse la verità, molto probabilmente sarebbe morta già da tempo.

 

 

Nel prossimo capitolo: l’atmosfera sarà alleggerita da una festa di Halloween ad opera dei Grifondoro, dove Ariana si lascerà andare un pochino più di quanto si permetta di solito… Soprattutto perché in mezzo c’è anche Draco Malfoy.

 

 

 

A Kaimy_11: questo capitolo ha risposto alle tue domande. Sì, Ariana è la figlia di Voldemort (e l’unica) nata in modo “naturale”: non c’è niente di strano in mezzo. Spero che il capitolo ti sia piaciuto! Kiss!

 

 

Smemo92: grazie per i complimenti! Come vedi, ancora una volta il capitolo appena pubblicato risponde alle tue domande… Spero ti sia piaciuto! Kiss!

 

 

A Pinca: ciao! Figurati, non ti preoccupare se non hai potuto recensire prima! Ti capisco benissimo: anche io sto uscendo dalla mia prima fase esami, ed è a dir poco sclerante… Comunque, sono felicissima che apprezzi la mia storia! Continua a seguirmi, allora: ne vedrai delle belle! Un kiss!

 

 

A Lexie___o: eh, visto? Vado alla velocità di un treno! Comunque, il prossimo capitolo soddisferà la tua voglia di vedere Ariana e Draco insieme… Chissà che succede! Un kiss!

 

 

 

Al prossimo capitolo!

 

 

Lhea

 

 

 

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Capitolo 16
*** Tutta colpa di un bicchiere di troppo ***


Capitolo 15

Capitolo 15

Tutta colpa di un bicchiere di troppo

 

 

 

 

 

 

 

 

- Lo sapete che giorno è dopodomani? – domandò Ginny, seduta la tavolo dei Grifondoro per la colazione.

- Il 31 di ottobre – rispose Hermione, stancamente.

- E quindi è Halloween – disse la rossa, - E io e alcuni compagni di Grifondoro stiamo organizzando la più grande festa che si sia vista in questa scuola! E tutti, dico tutti, saranno invitati –

Ariana guardò istintivamente verso il tavolo dei Serpeverde, cercando lo sguardo di Draco Malfoy. Nemmeno lui si era ancora completamente ripreso dal viaggio a Durmstrang di due giorni prima. Non la guardò neanche, stavolta.

- Fred e George hanno detto che ci spediranno qualcosa – sussurrò Ginny con la mano davanti alla bocca per non farsi sentire dagli altri, - Che ne dite? -

Harry e Ron sembrarono abbastanza contenti della notizia, Hermione un po’ meno. Continuò a ripassare la lezione di erbologia, senza degnarli di uno sguardo.

- E non si entra se non si è travestiti – aggiunse Ginny, con gli occhi illuminati.

A Harry andò di traverso il succo di zucca, e Ron rischiò seriamente di soffocarsi con il toast. Hermione alzò lo sguardo dal libro, con aria perplessa.

- Cosa?! – gridò Ron, - Stai scherzando? –

- Affatto – ribatté la rossa, seria, - Ah, tu potresti metterti quel bel vestito che hai indossato al Ballo del Ceppo, ti ricordi? E’ perfetto: sembrerai un vero mostro! –

Ron si offese profondamente, e Ariana sorrise di fronte alle sue orecchie rosse. Un’altra festa, per di più in maschera: ottima occasione per mettersi in ridicolo come odiava fare lei.

 

 

 

 

 

 

 

- Impedimenta! – gridò Ariana, schivando il getto di luce bianca che scaturì dalla bacchetta di Draco. Lui si spostò di lato e contrattaccò.

Aula di Difesa contro le Arti Oscure. Solita lezione fatta di duelli e scontri serrati tra gli studenti di Grifondoro e Serpeverde. Quel giorno la Trollope stava insegnando loro a schivare e contrattaccare con gli oggetti, e in tutta la classe c’erano vasi, libri, e qualsiasi altra roba pesante e pericolosa che i ragazzi erano riusciti a trovare che volava a destra e sinistra.

Ariana e Draco però ritenevano che scagliarsi oggetti addosso non fosse abbastanza “intrigante”, così cinque minuti dopo aver iniziato tornarono al duello vecchia maniera, che comprendeva vampe di fuoco, armi volanti e getti di luce.

D’accordo, avevano capito di stare dalla stessa parte, ma lo sfizio di duellare non glielo toglieva proprio nessuno, visto che ancora nessuno dei due era riuscito a vincere. Forse ci mettevano un po’ meno cattiveria, ma la grinta era sempre la stessa.

All’improvviso Ariana parò un Pietrificus Totalus particolarmente potente, roteò la bacchetta mentre schivava con la testa un grosso libro scagliato per la stanza da chissà chi. Peccato che non fece in tempo a vedere il vaso di ceramica che volava all’altezza della sua testa.

Il vaso si spaccò contro la sua fronte con una violenza inaudita. La ragazza barcollò e si portò le mani alla fronte, mentre il dolore esplodeva all’improvviso, come se le avessero spaccato in due la testa. Chiuse gli occhi, stringendo i denti per non emettere un solo gemito.

- Santo cielo, stai bene Ariana?! – gridò qualcuno, forse Hermione.

- Sto bene, sto bene – disse la ragazza, tenendosi la testa ancora con le mani.

Il dolore la stordiva, ma riusciva a rendersi conto che stava sanguinando: sentiva le gocce calde scivolarle sugli occhi. Qualcuno si avvicinò di corsa, e il silenzio calò nell’aula.

- Signorina Drake, tutto bene? – domandò la Trollope.

Ariana annuì per orgoglio, ma non stava affatto bene. Sentiva pulsare sgradevolmente la ferita, e non riusciva ancora a essere abbastanza lucida per controllarsi i danni.

Qualcuno le tolse con delicatezza e decisione le mani dalla testa, e lei riaprì gli occhi. Draco le aveva preso la fronte e guardava il sangue colare lungo un taglio profondo. Ariana si scostò, mezza accecata dal sangue e stordita dal dolore. Le girò la testa, e si appoggiò al muro per sorreggersi.

- Deve andare in infermeria, signorina Drake – disse la Trollope, preoccupata.

Ariana annuì e si avviò fuori dall’aula barcollando, sentendo che qualcuno la seguiva. I ragazzi la guardavano uscire con l’espressione seria, e Zabini sembrava particolarmente spaventato.

- Ti accompagno – disse Draco.

La ragazza camminava a testa bassa, premendo il palmo contro la fronte che sanguinava copiosamente. Le sembrava di avere un coltello infilato nel cervello, e aveva la vista annebbiata.

- Sei sicura di farcela? – domandò Draco, senza toccarla.

Ariana si fermò un attimo, e trasse qualche respiro profondo che le servì per tornare lucida. Gettò un’occhiata al biondo, che aveva un’espressione tra il divertito e il preoccupato.

- Se volevate farmi una bella cicatrice alla Harry Potter, bastava dirlo – disse, - Ora lo sai che dovrete adorarmi? -

Draco sorrise, e mise una mano in tasca, cercando qualcosa. – Vorrà dire che faremo anche questo sacrificio. Tieni –

Le porse un fazzoletto bianco, con le iniziali D.M.. Ariana lo guardò dubbiosa, ma lui continuava a sorridere. Lo prese e lo premette con forza sulla ferita.

Guardò di sottecchi il Serpeverde. – Non sei stato tu, vero? – domandò.

- Era un incantesimo di Blaise. Non voleva beccare la Granger, così a mirato da un’altra parte – spiegò Draco, - E in quel momento sei capitata proprio tu lì -

Ariana fece una smorfia. – Già. Le uniche cose che non mi mancano sono il coraggio e la sfiga – borbottò.

Il biondo ridacchiò, poi l’afferrò con garbo per un braccio accompagnandola verso l’infermeria. Ariana rimase zitta.

- Non mi dici che devo evitare di toccarti? – domandò lui con un ghigno.

- Se tu sei contento che possa svenirti addosso da un momento all’altro o che possa macchiare i tuoi pregiati vestiti con il mio sangue impuro, non ho nulla da obiettare – ribatté Ariana, semiseria.

Varcò la porta dell’infermeria quando ormai anche il fazzoletto iniziava a dare i primi segni di cedimento: era zuppo di sangue. Madama Chips la fece accomodare su una brandina, e lei si sdraiò. Era al capolinea: la testa le girava così tanto che non avrebbe resistito nemmeno un minuto in più, e la minaccia a Malfoy sarebbe diventata realtà.

- Rimanga ferma. Farà un po’ male ma così non le rimarrà la cicatrice -

Madama Chips le applicò una pomata che sapeva di uova marce, mentre Ariana non fiatava e guardava il biondo Serpeverde che aspettava appoggiato al muro, fissandola con i suoi occhi d’argento. Tutto sommato era stato gentile.

- Grazie – disse lei.

Draco la guardò e alzò le spalle. – Di niente. Tieni pure il fazzoletto, se vuoi –

Ariana posò lo sguardo sul lembo di stoffa che era stato bianco, e che ora era chiazzato di rosso. Madama Chips si allontanò dal letto e le disse di attendere cinque minuti. Ne approfittò per far tornare pulito il fazzoletto e fece cenno al Serpeverde di avvicinarsi.

- Sarebbe un po’ controproducente, se mi trovassero questo addosso – disse con un sorriso, - Grazie comunque -

Draco sembrò esitare, e rimase a guardarla dall’alto. Prese il fazzoletto e lo rimise in tasca, senza staccarle gli occhi di dosso. Ariana trovò imbarazzante la situazione: lei sdraiata sul letto dell’infermeria con la testa mezza spaccata totalmente inerme, e lui lì in piedi che la guardava in modo strano.

- Che c’è? – proruppe lei, per rompere quel silenzio.

- Davvero, Blaise ha rischiato di farti diventare Harry Potter 2 la vendetta – disse, - Però non ha una grande mira –

Entrambi scoppiarono a ridere, e madama Chips li guardò male. Si avvicinò e con un colpo di bacchetta rimosse la pomata maleodorante dalla testa della ragazza.

- Può andare ora, ma eviti duelli per qualche giorno, per favore – disse, minacciosa.

Ariana si alzò e seguì Draco fuori dall’infermeria.

- Sai della festa di Halloween? – gli domandò.

- Certo. Non mi possono mancare informazioni del genere – ribatté Draco, che le dava le spalle.

- Andrai? – chiese Ariana. Era pura curiosità la sua: non voleva certo andarci con lui.

- Perché me lo chiedi? – disse Draco, fermandosi.

- Così. Volevo solo saperlo – disse Ariana, e lo guardò in faccia con un’espressione divertita, - Non mi sognerei mai di invitare il grande Draco Malfoy. Sono solo curiosa –

Draco la guardò senza cambiare espressione. – Certo che ci andrò. Tu? –

- Veramente non lo so – rispose Ariana.

Il Serpeverde inarcò un sopracciglio. – Non lo sai? –

Ariana si incamminò verso l’aula di Difesa, pentendosi di aver tirato in ballo quell’argomento.

- Bé, magari potrei sbrigare qualche faccenda – disse, evasiva.

- E rinunci a una festa? –

- Non morirò mica – Ariana gli gettò un’occhiata. – Oltretutto è in maschera. Mi ci vedi con un ridicolo costume addosso? –

Draco sbuffò. – Non puoi essere ridicola. Io mi sono travestito diverse volte, e non sono mai stato ridicolo – sentenziò.

“Già, ma tu sei Draco Malfoy” pensò Ariana.

- Vestiti da vampiro – disse all’improvviso il biondo, - Ti vedo bene con due lunghi canini appuntiti -

Ariana sorrise, sentendosi presa in giro.

- Torniamo in aula, che è meglio – disse.

 

 

 

 

 

 

 

- Ok, benvenute alla festa di Halloween! – gridò Ginny, entrando nella Stanza delle Necessità.

Ariana ed Hermione guardarono il soffitto altissimo, blu notte con le zucche volanti che fluttuavano luminose. La sala era piena di tavoli e poltroncine, e in fondo un gigantesco bancone con bevande e cibo di tutti i generi. La musica era soffusa, e l’ambiente assolutamente perfetto.

- Ginny, sei un genio – boccheggiò Hermione.

La rossa le aveva fatte entrare in anticipo, un modo che potessero aiutarla a finire gli ultimi preparativi. Non c’era ancora nessuno, a parte Lavanda seduta a un tavolino che si sistemava il trucco.

La rossa si era travestita da pipistrello, con un fantastico paio di ali finte attaccate alla schiena. Hermione da banshee, con i capelli blu che fluttuavano intorno alla testa. E Ariana da bella vampira, con un rossetto rosso che le disegnava le labbra.

In realtà l’idea era stata di Ginny, ma lei aveva accettato perché Malfoy glielo aveva proposto per primo. Non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, ma si fidava del giudizio di uno che di ragazze se ne intendeva.

Mezz’ora dopo, tutta la scuola si precipitò alla Stanza delle Necessità, con Ginny che controllava l’entrata: solo persone travestite, altrimenti li rispediva ai rispettivi dormitori.

Ariana si sedette su una delle poltrone vicino alla porta, in modo da vedere chi arrivava. Vide Harry, vestito da fantasma, e Ron, da zombie. Neville arrivò insieme alla ragazza con cui lo aveva visto alla prima festa, entrambi vestiti da carte da gioco. Erano tenerissimi.

Poi, per ultimo, arrivò Malfoy, e Ariana si strozzò con il succo di zucca che stava bevendo. Era vestito da vampiro, esattamente come lei. Pura casualità?

Spalancò gli occhi, mentre il neo Conte Dracula faceva il suo ingresso trionfale della sala, sotto gli sguardi voraci di centinaia di ragazze. Ariana fece una smorfia e abbassò lo sguardo sul suo bicchiere, per evitare di ammettere a se stessa che era un gran bel pezzo di ragazzo.

Lo guardò di nascosto raggiungere il bancone insieme a Blaise e Pansy, tutti e tre che si guardavano intorno con aria di sufficienza. Chi avrebbe mai pensato che quei tre stessero aiutando Harry Potter? Erano tre Serpeverde in piena regola: eleganti, bellissimi e assolutamente insopportabili.

Quando finalmente Ginny chiuse la porta e i ragazzi smisero di entrare, Ariana si alzò e raggiunse Hermione, che faceva un figurone con il suo vestito da banshee. La Caposcuola le porse un bicchiere pieno di un liquido scuro, che lei prese e bevve tutto d’un fiato. Era fortissimo.

- Ma cos’è? – gemette, con la gola in fiamme.

- Non ne ho idea – rispose Hermione, alzando le spalle, - Ma Ginny mi ha detto di berlo così ci scioglie un po’ –

- E grazie! – disse Ariana, posando il bicchiere e deglutendo, - Due dita di questo e sei già ubriaco

Hermione guardò dubbiosa il liquido scuro, che non aveva ancora bevuto, e lo posò rapidamente sul tavolo. Harry e Ron le raggiunsero, mentre la musica veniva alzata. Ad Ariana sembrarono un po’ ridicoli, vestiti in quel modo, ma non fece commenti: lei non si sentiva messa meglio.

- Bel costume, Ron – gridò Hermione per sovrastare la musica, - Davvero realistico -

- E’ stata un’idea di Harry – disse il rosso, indicandolo.

Harry stava guardando Ariana con una strana espressione, che lei non riuscì a decifrare. “Devo sembrare ridicola” pensò.

Ginny arrivò di corsa e trascinò il Bambino Sopravvissuto a ballare in mezzo alla pista, salvando Ariana dalla situazione. Lei si sedette su un divanetto, mentre guardava in lontananza Neville e la sua amica che ballavano vicini vicini.

- Vieni? – le domandò Hermione, facendo un cenno verso la pista.

Ariana annuì e seguì lei e Ron, iniziando a ballare. Notò che Draco stava ballando con Pansy, e Blaise guardava verso di loro.

Poco dopo Ariana decise di abbandonare la pista, quando Ginny fece mettere un lento da ballare in coppia. Si lasciò alle spalle due imbarazzati Ron ed Hermione e raggiunse il bancone per bere qualcosa e schiarirsi le idee: la roba che le aveva dato la Caposcuola iniziava a dare i suoi effetti.

Ordinò un succo di zucca ghiacciato, e lo bevve lentamente, mangiucchiando qualche nocciolina. Si sentiva la testa leggera, e non era un buon segno. Notò che vicino al bancone c’era una porta ad arco che portava a una saletta vuota, con poltrone e tavolini. Era illuminata da una luce soffusa che arrivava da alcune lampade, e la musica era più bassa.

Si alzò e prese il bicchiere di succo di zucca. Titubante, infilò la testa nella stanzetta e vide che era vuota, al momento. Si sarebbe seduta un po’ lì, per vedere se le passava quel vago mal di testa.

Si scelse una poltrona in un angolo e ci si sedette, gettando in dietro la testa e massaggiandosi le tempie. Si stava abbastanza bene, lì dentro. La musica che proveniva da fuori non dava fastidio, e faceva anche un po’ più fresco.

- Che fai qui? -

“Ma non si può stare cinque minuti in pace?!” pensò Ariana, guardando verso l’entrata.

C’era Draco Malfoy che la guardava con due bicchieri in mano, i capelli biondi perfettamente pettinati e il collo del mantello da vampiro tirato su.

- Aspetto che mi passi il mal di testa – rispose Ariana, infastidita.

Draco si avvicinò e le porse uno dei bicchieri, colmo di whiskey incendiario. Ariana lo guardò un momento, combattuta: o lo beveva, oppure doveva ammettere davanti al Serpeverde che non lo voleva. E siccome il suo orgoglio vinceva sempre, lo prese.

Guardò il biondo sedersi davanti a lei e alzare il bicchiere in un muto brindisi. Ariana fece altrettanto e buttò giù con un sorsata il whiskey. Scosse la testa per mantenere la lucidità.

“Ok, adesso spera di non iniziare a straparlare” pensò, “Piuttosto sta zitta, ma non dire cavolate”.

Draco la guardò e ghignò.

- Hai le guancie rosse – disse.

Ariana spalancò gli occhi verdi, fissando il biondo. Si portò le mani alla faccia, sentendo la pelle bollente.

- E’ perché fa caldo – ribatté.

Draco annuì come se la sapesse lunga, sempre ghignando.

- Non sei a ballare con qualche dolce ragazza invaghita di te? – domandò Ariana, sarcastica.

- Ho appena finito – rispose Draco, - Ero un po’ stanco, e ti ho visto sgusciare da questa parte –

Ariana inarcò un sopracciglio. – Già… Che genere di scommessa hai fatto, stasera? –

Il biondo sorrise, assomigliando in modo incredibile a un vampiro. – Che avrei ballato con quindici ragazze diverse nel giro di un’ora – rispose, - E sono arrivato a quattordici

- Quindi? -

- Quindi me ne manca una – disse il Serpeverde, guardando il bicchiere con calcolata noncuranza.

- Allora vai a cercarla – disse Ariana, spingendo il bicchiere vuoto verso di lui, - Offrile da bere e spera che sia così stordita da accettare –

Draco rise, capendo che lei aveva intuito il suo piano. Prese i bicchieri vuoti e si alzò.

- Vuoi vedere un maestro all’opera? – domandò con il suo solito ghigno.

Ariana si alzò e lo precedette fuori, avvicinandosi al bancone. La musica ora era più scatenata, e decine di ragazzi si muovevano convulsamente lungo la pista. Attese che il Serpeverde desse i bicchieri al barman e lo guardò avvicinarsi a una ragazza bionda, forse di Corvonero.

Scambiarono due parole, poi Draco sorrise e si produsse in un sorprendente baciamano. La bionda annuì imbarazzata e lo seguì sulla pista.

“Il potere del fascino” pensò Ariana, notando che un Tassorosso vestito da Frankenstain (e l’originale era, se possibile, più bello di lui) la stava guardando.

“Non mi dire che adesso questo mi chiede di ballare” pensò allarmata. Si girò verso il bancone, prese il primo bicchiere che le capitò a tiro e si allontanò rapidamente. Vide in quel momento Hermione seduta poco lontano, con Ginny.

- Dov’eri finita? – chiese la rossa, porgendole un altro bicchiere.

- Sono andata a rilassarmi un attimo – rispose Ariana, prendendo il cocktail. Senza pensarci lo mandò giù. Il Tassorosso era lì, che continuava a guardarla.

“Ma questa deve essere sfiga!” pensò, “Non ha nient’altro da fare che guardare me?”.

Il Tassorosso aspettò che Hermione e Ginny tornassero a ballare con Ron ed Harry, e passò all’attacco. Iniziò a lanciarle occhiate languide che le facevano venire il voltastomaco. Per evitare di guardarlo si ritrovò a bere il terzo whiskey incendiario della serata.

Il cervello iniziava ad andare in panne quando si ritrovò Draco di fianco, che sorseggiava un bicchiere pieno di liquido scuro, forse la stessa cosa che le aveva dato da bere Ginny.

- Quel tipo di sta guardando – disse, tenendo lo sguardo fisso sulla pista.

- Lo so – borbottò Ariana, - Spero solo che non abbia la folle idea di invitarmi a ballare –

Draco ghignò e poggiò il bicchiere sul bancone.

- Allora credo che dovrai proprio ballare con me – disse.

- Ma neanche per scherzo – sbottò Ariana.

- O me, o lui – ribatté Draco, - E, tra parentesi, io sono decisamente meglio. Quando me ne andrò, verrà a chiederti di ballare. –

- Allora rimani qui – disse Ariana, senza pensare.

- Ma io non voglio rimanere qui – disse Draco, sornione, - Visto che tu non vuoi venire, mi trovo un'altra ragazza –

Il Serpeverde fece una pausa ad effetto, e aspettò.

Il cervello sovraccarico di Ariana lavorava a rilento, e la piena lucidità era solo un ricordo. Riusciva però ancora a rendersi conto che doveva scegliere tra il cretino di Tassorosso e il bello di Serpeverde, e la scelta era ovvia. “Almeno ha già vinto la sua stupida scommessa”.

- Prega che nessuno ci veda, o sei finito – sussurrò.

Draco la trascinò in mezzo alla pista, proprio mentre iniziava un lento.

“E la mia sfiga si riconferma sempre” pensò la ragazza, “Ballo con Draco Malfoy, davanti agli occhi di tutti, e pure un lento! Sono finita”.

Il Serpeverde le mise una mano sulla schiena e la avvicinò. Se la stava godendo un mondo, mentre Ariana non era della stessa idea.

- Sbaglio, o non hai mai ballato un lento in vita tua? – le sussurrò il biondo all’orecchio.

- Ci metto tre secondi a tornarmene dove stavo prima – sibilò Ariana, allontanandosi dal biondo.

Draco la trattenne con un sorriso. – Dove vai? Non ti ho mica detto di andartene – disse, - Altrimenti non vinco la scommessa –

- Non avevi detto che erano quindici? – ribatté Ariana, mentre ballavano troppo vicini per i suoi gusti.

- Infatti – sussurrò Draco, - Quella di prima era la quattordicesima… Ti ho detto una piccola bugia –

Ariana si bloccò e lo guardò in faccia, negli occhi d’argento. – Me la paghi, Malfoy – borbottò, - Così ti sono servita per vincere una stupida scommessa? –

- Però non mi sembra che stai disprezzando il fatto di starmi appiccicata – le sussurrò il biondo nell’orecchio.

Ariana si rese improvvisamente conto che l’alcool le aveva fatto abbracciare Draco Malfoy, e che adesso gli cingeva il collo con le braccia. Spalancò gli occhi e rapidamente si staccò dal Serpeverde. Prima che potesse fermarla, riuscì a raggiungere il bancone con aria imbronciata.

- Avanti, Drake, ti fai tutti questi problemi? – le chiese il biondo, raggiungendola immediatamente.

Ariana lo fulminò con gli occhi. – Trovati un’altra ragazza per vincere la sua scommessa idiota –

Draco alzò gli occhi al cielo. – Stavo scherzando. La scommessa l’ho già vinta. Volevo solo farti arrabbiare – disse, porgendole la mano.

Ariana incrociò le braccia e lo fissò: non sapeva se stesse dicendo la verità o meno, perché il suo cervello al momento non era nel massimo della forma. In ogni caso, non era disposta a ballare di nuovo con lui, per niente al mondo. “Ma neanche sotto minaccia”.

- D’accordo, allora ti offro da bere – disse Draco, sedendosi su uno sgabello. – Prendi questo -

Le porse un bicchiere che conteneva un liquido giallo intenso e le fece cenno di berlo. Ariana non lo prese, anche se le era venuta sete.

- Avanti, è leggero – la invitò Draco, - Non ti ubriacherai per un cosa del genere? -

“Maledetto orgoglio”. Ariana afferrò il bicchiere e si sedette, gli occhi verdi che studiavano il biondo seduto di fianco a lei. “Ok, è bello, ma sai anche quali sono le sue abitudini. Non dargli modo di togliersi qualche sfizio con te”.

Sorseggiò il bicchiere, scoprendo che la bevanda era dolce e sapeva di frutta. Il biondo non la stava guardando, al momento, e sembrava preso dai ragazzi che ballavano in mezzo alla pista. Lei seguì il suo sguardo, e scoprì che stava guardando Zabini, immobile in un lato della sala.

- Cosa vuoi esattamente da me, Malfoy? – domandò Ariana, - Sai che sto dalla tua parte e quello che devo fare, ma perché continui a perseguitarmi? -

Il biondo fece una smorfia. – Voglio solo accertarmi che tu sia facendo la cosa giusta – rispose, - Vuoi ballare? –

- No -

- Allora ti lascio al tuo Tassorosso

Lo sguardo di Ariana guizzò verso il ragazzo di prima, che era ancora fermo dove lei lo aveva lasciato. Guardò il Serpeverde e buttò giù d’un sorso quello che rimaneva nel bicchiere.

- D’accordo, Malfoy – sibilò con un sospiro da sconfitta.

“Questo è l’alcool” pensò, “Devo smettere di bere, o finisce che mi ritrovo da qualche parte in cui non vorrei essere”.

La mano del Serpeverde tornò dietro la sua schiena, e solo in quel momento Ariana si accorse di quanto fosse alto. La sovrastava di una decina di centimetri almeno, eppure a lei non dava fastidio. Le piacevano i ragazzi alti.

“Qualcuno mi fermi. Qualcuno mi riaccenda il cervello, per favore!

Iniziava a barcollare impercettibilmente, e Draco sembrò accorgersene. Sorrise e saldò la sua presa.

- Quando inizi a vederci doppio, avvertimi” disse sornione.

- Che diavolo era quell’affare che mi hai dato? – chiese Ariana, furiosa.

Il Serpeverde ghignò, ma non rispose.

- Dovevi farmi ubriacare per farmi ballare con te? – sibilò lei.

Draco abbassò la testa e le sussurrò nell’orecchio: - Era solo per scioglierti un po’. A volte mi sembri un blocco di ghiaccio –

Ariana non era in grado di arrabbiarsi di più, e il cervello era andato. Rimase in silenzio, finché dopo quattro balli, Draco l’accompagnò a un divanetto e la fece sedere. Sparì per qualche minuto e tornò con un bicchiere colmo di limonata ghiacciata.

- Bevi questo che ti passa tutto -

Ariana fissò dubbiosa il bicchiere, e ci mise un po’ a capire che era veramente limonata. Lo prese e lo sorseggiò.

- Ma quanta roba ti sei bevuta? – sghignazzò Draco, sedendosi di fianco a lei.

Ariana cercò di fare mente locale, ma non riusciva proprio a ricordarsi.

- Ho perso il conto – rispose.

Il Serpeverde rise. – Mi sa che è meglio che te ne torni nel dormitorio – disse divertito, - Andiamo, ti accompagno

Ariana stava per alzarsi, quando si rese conto che forse la sua testa non era ancora stata persa del tutto.

- No, rimango qui. Non posso sparire – rispose, - Hermione e Ginny mi cercheranno. E uscire con te sarebbe a dir poco controproducente -

Draco la guardò, poi annuì serio e se ne andò senza dire una parola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

Dopo il precedente capitolo decisamente deprimente, questo è molto più leggero. Vorrei informarvi che Draco non è idiota, che continua a sparire dalle feste sul più bello: nel prossimo capitolo sarà lui a spiegare perché se ne andato…

So che ad alcuni di voi le motivazioni di Silente sono sembrate un po’ insensate, oppure eccessivamente dure, ma alla fine tutto verrà spiegato. Nella mia fiction ci sono molte domande, ma vi fornirò tutte le risposte, tranquilli!

 

A Lexie__o: sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto, perché a me non sembrava gran che… Comunque, grazie mille per le recensioni! Baci!

 

 

A Kaimy11: grazie, sono contenta che ti sia piaciuto! Dimmi un po’ della festa… Ihih… Per quello che riguarda Silente, alla fine scoprirai tutto… Non ti anticipo niente, per il momento! Baci!

 

 

A Pinca: sì, lo so, è stato piuttosto brutto per Ariana, ma a tutto c’è una spiegazione, no? Più avanti si vedrà! Baci!

 

 

A Smemo92: vedrai, Silente sapeva quello che faceva… Almeno credo… Non ti preoccupare, ti fornirò tutte le spiegazioni! A presto! Baci!

 

 

 

Grazie a tutti coloro che leggono!

 

 

Nel prossimo capitolo: cosa penserà Ariana dopo la festa? Ma soprattutto, non è che ha bevuto un po’ troppo? Uhm… Novità in arrivo dall’Ordine della Fenice!

 

 

 

Lhea

 

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Capitolo 17
*** Il giorno dopo... ***


Capitolo 16

Capitolo 16

Il giorno dopo…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana era sdraiata nel letto, le mani che stringevano la testa dolorante. La stanza era rischiarata dalla poca luce che filtrava dalle tende tenute chiuse. C’era Hermione che la guardava preoccupata, con una caraffa piena di limonata calda in mano.

- Sei sicura di stare bene? – domandò.

- Sì, stai tranquilla – rispose Ariana, gli occhi chiusi, - Adesso mi riprendo –

La Caposcuola la guardò dubbiosa e appoggiò la caraffa sul comodino.

Ariana era a pezzi. Non aveva mai bevuto così tanto in tutta la sua vita come quella sera, e ora capiva come ci si sentiva a smaltire la sbronza. La testa le faceva un male incredibile, e aveva la nausea.

- Ti abbiamo visto ballare con Malfoy – disse Ginny, che era entrata in quel momento.

- E’ tutta colpa tua – biascicò Ariana, - Quando mi hai dato quell’affare ho perso il senno della ragione. E comunque non mi fate parlare… –

- Si, ma quello che ti ho dato io non era così potente – ribatté Ginny, - Che altro ti sei bevuta? –

Ariana fece una smorfia di dolore. – Non lo so… Quel cretino mi ha offerto da bere… e io idiota ho pure accettato –

- Quel figlio di… - mormorò Hermione, infuriata, - Voleva farti ubriacare sperando di portarti a letto. Che stronzo -

Ariana alzò la testa per guardare la Caposcuola, sconvolta. – Non dire cavolate! – sbottò, - Con tutte quelle ragazze che c’erano secondo te proprio me si sceglieva? –

- Bé, meno male che quando ti abbiamo trovata eri ancora abbastanza lucida – disse la rossa. – E hai avuto la prontezza di spirito di non seguirlo da nessuna parte -

Ariana lasciò cadere la testa sul cuscino, esausta. Non si ricordava nemmeno a che ora erano tornate nel dormitorio, ma dovevano essere state almeno le quattro… Benedì il fatto che Malfoy se ne fosse andato prima che lei facesse qualcosa di sconveniente.

- Andate a pranzo – disse, - Io non ho proprio voglia di mangiare… Magari mi metto a dormire. Andate -

- Sicura? – disse Hermione, dubbiosa, - Non vuoi che rimaniamo con te? –

Ariana agitò la mano. – No, no, tranquille. Andate pure. Riesco ancora a guardarmi da sola –

Hermione, Ginny e Lavanda lasciarono il dormitorio in silenzio, mentre Ariana si metteva un cuscino sulla testa, gli occhi chiusi. Sperava che passasse presto la maledetta nausea che le attanagliava lo stomaco. Si rigirò su un fianco e si mise a dormire.

 

 

 

 

 

 

 

Draco Malfoy si sedette al tavolo dei Serpeverde di fianco a Pansy, che guardava con disgusto Tiger e Goyle che si ingozzavano come maiali. Blaise si infilò tra loro due, e diede una gomitata al biondo.

- Bella serata, eh? – disse.

Draco annuì e guardò verso il tavolo dei Grifondoro: c’erano la Granger, la rossa Weasley e la Brown, ma mancava Ariana. Una leggera inquietudine lo assalì, ma si rese conto che forse era una dei tanti studenti che stavano ancora dormendo dopo la festa della sera prima. I tavoli delle case in effetti erano più vuoti del solito.

- Allora? – domandò Pansy, senza guardarlo.

- Allora che? – fece Draco.

- Ha vinto lui – disse Blaise, servendosi di pasticcio di carne, - E’ riuscito a ballare con quindici ragazze diverse –

- E con Ariana – aggiunse Pansy, - Li ho visti. Come hai fatto a convincerla? –

Draco le gettò una rapida occhiata. – Aveva bevuto un po’ troppo – rispose, - Con l’alcool e l’aiuto inconsapevole di un Tassorosso si è convinta

- Tu l’hai fatta bere – lo accusò Blaise, - Non è corretto -

- Veramente è stata la Weasley – ribatté Draco, - E io non ho bisogno di ricorrere a questi stratagemmi per invitare una ragazza –

- Quindi immagino tu sia riuscito a imboscarti da qualche parte con lei – disse Blaise, con noncuranza.

- No. Me ne sono andato prima che l’alcool la convincesse a lasciarsi baciare – rispose Draco, sapendo la reazione che avrebbero avuto i due.

Blaise smise di tagliare la carne e rimase con forchetta e coltello sul piatto; Pansy fece una smorfia come di chi non capisce qualcosa e lo guardò.

- Sei sicuro di stare bene? – domandò Blaise, - Non è che per caso quello che aveva bevuto eri tu? -

- No, hai capito bene – disse Draco, infastidito dalla sua reazione, - Però è una tecnica che potresti usare tu con la Granger, visto che ti eri ripromesso di chiederle di ballare ma non ti sei nemmeno avvicinato –

- Non cambiare argomento – si intromise Pansy, - Tu non ci hai provato. Perché? –

Draco si strinse nelle spalle. – Non lo so. Era troppo facile con Ariana mezza ubriaca – rispose, - Devo ammettere che farla impazzire mi piace da morire

Blaise e Pansy si scambiarono uno sguardo d’intesa, in silenzio. Non volevano mollare, ma rimandavano l’assalto a un altro momento.

- Va bene… - convenne Blaise, ed entrambi guardarono verso il tavolo dei Grifondoro.

Ariana non era ancora arrivata, e il suo posto era vuoto. C’erano anche il Magnifico e Lenticchia. Il suo sguardo incrociò inavvertitamente quello di Weasley, che disse qualcosa. La Granger si girò un momento insieme alla rossa, poi tornarono a dargli le spalle.

- Smettetela di guardare verso il tavolo dei Grifondoro – disse Pansy condendo l’insalata, - Vi scambieranno per due maniaci -

Draco e Blaise si guardarono in faccia e ghignarono, come a dire: “Ma noi siamo due maniaci”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si svegliò con lo stomaco che brontolava. Alzò la testa e guardò l’orologio: erano le quattro. Il dormitorio era vuoto: forse le ragazze avevano pensato di lasciarla dormire in pace ed erano uscite. Il mal di testa era diminuito notevolmente, e la nausea era passata: ora si sentiva solo un po’ stordita. Evidentemente non aveva bevuto poi così tanto, se ci era voluta solo mezza giornata per riprendersi.

Si alzò e scese dal letto, con Argo che le faceva le feste. Lo accarezzò e raggiunse il bagno.

- Lasciami fare una doccia e poi ti porto fuori, piccolo mio – disse, rivolta al dobermann.

Un’ora dopo Ariana usciva nel cortile, nell’aria gelida del 1° novembre. Si strinse il mantello e percorse con calma la strada fino alla riva del lago, ormai uno dei suoi posti preferiti. Argo la precedeva correndo nell’erba alta.

L’aria fresca le schiarì un po’ le idee, anche se il vago mal di testa rimaneva, e ci sarebbe voluto qualche giorno per recuperare il sonno perduto.

Si sedette sotto un albero, mentre Argo si bagnava le zampe nell’acqua gelida del lago.

Aveva commesso un errore andando a quella festa. Hermione e le altre l’avevano vista parlare con Malfoy, ma non era quello il problema: molto probabilmente credevano che fosse troppo ubriaca per capire cosa stesse facendo. Il suo problema era che si era lasciata andare.

Se non avesse bevuto, non si sarebbe mai sognata di ballare con il Serpeverde, né di farsi anche solo sfiorare. Mai avrebbe fatto una cosa del genere, primo perché non doveva dare l’idea di conoscerlo; secondo, perché lui era quel che era, cioè un ragazzo libertino che si era portato a letto almeno due terzi della scuola (della popolazione femminile, naturalmente). E che molto probabilmente si divertiva a illuderla facendole credere che si fosse in qualche modo fissato con lei.

Non poteva permettersi un altro errore del genere: avrebbe evitato qualsiasi altra festa, se fosse stato necessario. Non era a Hogwarts per divertirsi: doveva trovare gli Horcrux e tenere d’occhio Harry Potter. Nient’altro. Non aveva mai avuto bisogno di divertirsi nella sua vita: non poteva iniziare ora.

Si alzò e richiamò Argo con un fischio. Con il dobermann di fianco raggiunse la tomba bianca di Silente, mentre un vento freddo spazzava il parco.

Si accorse che c’era qualcuno che si stava avvicinando, e dai capelli biondi capì che era Malfoy. Era venuto a prenderla in giro per la sera prima.

Attese il Serpeverde con aria di sfida, in silenzio. Argo abbaiò feroce.

- Zitto – ordinò Ariana.

Draco l’aveva vista, e procedeva sorridendo.

- Anche tu da queste parti, guarda caso? – chiese Ariana, caustica.

- Non è un caso. Ti ho vista venire qui – ribatté il Serpeverde, - A pranzo non c’eri –

Ariana rimase in silenzio, presa in contropiede. Alla luce del giorno quel maledetto Malfoy era bello come la sera precedente, e lei se ne rese conto.

“Devo avere un aspetto orribile” pensò.

“Da quando ti interessa di quello che pensano gli altri del tuo aspetto, specialmente di Malfoy?”.

- Sono sopravvissuta – disse, la voce dura, - Non è un po’ di alcool a fermarmi -

Draco sghignazzò. – Quindi stavi smaltendo la sbronza… Davvero, avrei voluto vederti. Ariana Drake, quella che nei duelli è feroce come una tigre, costretta a letto dal troppo alcool

Ariana si sentì presa in giro, intuendo cosa stava pensando di lei. Aveva fatto un errore imperdonabile, e sapere che anche gli altri lo sapevano le dava fastidio.

- Ho sbagliato, Malfoy – disse, - Tu non sbagli mai? Se vuoi deridermi fallo, e poi levati dai piedi -

Draco sembrò sorpreso dalle sue parole. La scrutò un attimo in faccia, poi disse: - Davvero credi che sia qui per rinfacciarti quello che hai fatto o detto ieri sera? Non sono tuo padre, e non ti giudico per qualche bicchiere di troppo. Io sono il primo che faccio errori del genere

Ariana guardò il Serpeverde senza capire. Cioè, aveva capito benissimo, ma non riusciva ad accettare che parole del genere provenissero proprio da lui. Rimase zitta, senza sapere cosa dire.

Argo alzò il muso verso di lei, notando che sembrava spaesata. Le leccò la mano.

- Perché sei qui, allora? – domandò con la voce bassa.

- Semplicemente volevo chiederti come stavi – rispose Draco, serio, - Visto come ti avevo lasciato ieri sera –

Ariana si voltò e fece qualche passo verso la riva del lago, incerta.

- Perché te ne sei andato così? – chiese.

Draco tacque per qualche momento prima di rispondere. – Non volevo compromettere nessuno dei due

Ariana si lasciò sfuggire un sospiro, poi sorrise. Si voltò e gli fece cenno di tornare al castello, con Argo che trotterellava dietro di loro. Draco gli fece una carezza e lui sembrò stranamente apprezzare.

- Senti… - iniziò Ariana, - Mi dispiace per averti attaccato così, prima. Solo che non posso permettermi di rovinare i rapporti con Harry, Ron ed Hermione. Ci hanno visti, ieri sera, e per fortuna pensano che fossi troppo ubriaca per rendermi conto che stavo ballando con te… -

- Quindi l’hai fatto di tua volontà – la interruppe Draco, ghignando.

Ariana lo fulminò con lo sguardo. – Non ti deve importare. Da oggi in poi vedi di tornare a trattarmi come facevi prima

Il Serpeverde le tenne aperta la porta mentre lei entrava nel castello.

- D’accordo. – disse il biondo, ghignando.

Si salutarono e Ariana raggiunse la torre dei Grifondoro. Quando varcò il buco del ritratto si rese conto che c’era qualcosa che non andava. Tutti i ragazzi erano assiepati al centro della sala, e molti tenevano in mano una copia della Gazzetta del Profeta.

- Dov’eri finita, Ariana? – gridò Hermione, raggiungendola di corsa.

- In giardino – rispose Ariana, - Cosa è successo? –

La Caposcuola le porse il giornale e lei lesse.

 

 

 

EDIZIONE STRAORDINARIA

 

EVASIONE IN MASSA DA AZKABAN

 

 

 

Questa notte un folto drappello di Mangiamorte guidati da Colui Che Non Deve Essere Nominato ha attaccato la prigione magica di Azkaban, liberando tutti i detenuti. Il fatto è avvenuto alle due del mattino, ma il Ministrero ha reso nota la notizia solo nel primo pomeriggio.

L’assalto, a detta degli Auror, era ben programmato, in quanto quando loro si sono recati sul posto, i Mangiamorte erano già fuggiti tutti. L’aiuto dei Dissennatori, che si sono alleati con i servi del Signore Oscuro, ha facilitato ancora di più la loro missione. Nell’attacco sono stati uccisi tutti i trenta inservienti che lavoravano all’interno del carcere.

Il Ministro della Magia Rufus Scrimgeour assicura che si sta facendo il possibile per rintracciare i detenuti, ma che sarà un lavoro molto duro. Ha invitato quindi tutta la popolazione magica a prestare la massima attenzione e a non uscire da soli o di recarsi in luoghi isolati.

Ciò che preoccupa di più al momento, è che la Sezione di Massima Sicurezza del carcere non ha retto agli attacchi dei Mangiamorte: a detta degli stessi Auror era la parte della prigione più sicura dell’edificio al cui interno erano reclusi alcuni dei più pericolosi criminali della storia, tra cui ricordiamo Garret Blackhead, detto “Il Tagliatesta”, famigerato assassino catturato dieci anni fa e responsabile di alcune delle morti più cruente della storia.

Gli Auror ritengono che la liberazione dei detenuti serva al Signore Oscuro per ingrossare le file dei suoi seguaci, molto probabilmente per tentare un attacco al Ministero della Magia. In queste ore le misure di sicurezza per il Ministro e per le cariche più importati del governo sono state raddoppiate.

Scrimgeour ha assicurato, inoltre, che nei prossimi giorni fornirà a tutte le famiglie della società magica un apposito regolamento per tutelare la propria sicurezza…

 

 

 

 

Ariana alzò la testa dal giornale, sconvolta. Azkaban era stata svuotata. Voldemort si stava muovendo. Iniziava a mettere in moto il suo piano.

Non si era aspettata una mossa del genere, non così presto. Silente le aveva confidato che temeva che, appena avesse potuto, il Signore Oscuro avrebbe rovesciato il governo. Molto probabilmente tra i funzionari del Ministero c’erano già degli infiltrati… Ma forse Voldemort voleva un attacco diretto, teatrale, e per farlo gli servivano più seguaci possibile. Azkaban sarebbe stata solo la prima: presto avrebbe reclutato fedeli tra i lupi mannari, i giganti, i goblin.

Doveva darsi una mossa. Fare in modo che il Signore Oscuro tornasse a essere vulnerabile, e l’unico modo per farlo era distruggere al più presto tutti gli Horcrux.

 

 

 

 

 

 

 

Quartier Generale dell’Ordine della Fenice.

- Cosa facciamo? – domando Molly Weasley, in piedi davanti al tavolo della sala da pranzo di Grimmauld Place. La stanza era rischiarata dal vecchio lampadario di cristallo appeso al soffitto.

Di fronte a lei c’erano molti dei componenti dell’Ordine. Remus Lupin sedeva lacero e più magro che mai su una sedia dondolante, vicino a Ninfadora Tonks e Arthur Weasley. Poco più in là c’erano Kingslay Shakebolt e Malocchio Moody. In un angolo, Fred e George stavano in piedi con le braccia conserte, insieme a Charlie.

- Silente avrebbe sicuramente saputo cosa fare… - sospirò una donna dai capelli scuri e il volto affilato, quasi nascosta nell’ombra.

- Silente è morto – disse brusco Moody, - Non può aiutarci. Ha già fatto tantissimo, e il suo è il riposo che spetta ai veri soldati

La stanza fu invasa da un silenzio triste, e qualcuno tirò su con il naso. Molly abbassò la testa, portandosi le mani ai fianchi.

- Vado a preparare del caffè – disse, e sparì nella cucina.

- Quando pensi che attaccheranno il Ministero? – domandò Arthur, rivolto a Moody.

L’Auror dalla faccia sfregiata grugnì. – Non lo so – rispose, - Molto probabilmente presto, ma credo che il Signore Oscuro attenderà di raccogliere molti più servi di quanti noi immaginiamo, prima di attaccare. Alcuni dei suoi seguaci vogliono vedere i risultati, prima di giurargli fedeltà

- Il Ministro si trova sotto sorveglianza speciale, dovrebbe essere al sicuro – si intromise Fred, mentre George annuiva.

Moody lo fulminò con un’occhiataccia. – Se credi che una mezza dozzina di Auror bastino a salvare il Ministro, ti sbagli di grosso, ragazzo – disse, - Il Signore Oscuro non si farà fermare certo da sei maghi, quando lui stesso è forte come dieci –

- Io credo che non sia il Ministro che debba guardarsi le spalle, in questo momento – disse piano Lupin, - Sto pensando a Harry -

- A Hogwarts è ancora al sicuro? – domandò Charlie.

Molly sospirò: era appena rientrata nella sala da pranzo con un vassoio e delle tazzine. La caraffa del caffè fumava invitante.

- Non lo sappiamo – rispose Arthur, - Fino all’anno scorso lo era, ma da quando i Mangiamorte sono riusciti a entrare, non ne sono più sicuro -

- Sì, ma c’era Draco Malfoy, dietro – ribatté Fred, - Era d’accordo con Silente, no? I Mangiamorte sarebbero comunque entrati… -

- Non è questo il problema – disse Arthur, - Il fatto è che alla fine sono riusciti ad entrare, e questo significa che possono farlo di nuovo -

- Dobbiamo aumentare la sorveglianza – disse Molly, - Qualcuno dovrà stare a Hogwarts 24 su 24 –

- Ci penso io – si offrì Tonks, alzandosi in piedi.

Tutti la guardarono, e gli occhi di Lupin furono percorsi da un lampo di preoccupazione.

- No, cara, non puoi rischiare così nel tuo tasto – disse dolcemente Molly, facendo un cenno verso il ventre impercettibilmente rigonfio della ragazza.

- Non sono mica malata – ribatté Tonks, risoluta.

- Molly ha ragione – la interruppe Moody, - Non sei tu quella che dovrà andare. Ci serve qualcuno che conosca bene la scuola, e tutti i passaggi segreti… Fred e George

I gemelli si guardarono l’un l’altro, illuminati.

- State scherzando? – boccheggiò George.

- No, mi sembrate i più adatti – rispose Moody, - Conosciamo tutti i vostri precedenti a Hogwarts. Potrete sorvegliare tutti i possibili passaggi segreti della scuola, visto che li conoscete tutti –

Molly sembrava quasi orgogliosa. – E’ la volta buona che tutte le vostre esplorazioni che vi hanno causato decine di punizioni risultino utili – disse.

I gemelli si diedero il cinque. – Fantastico! – esclamarono, - Si torna a Hogwarts! –

Tutti i presenti sorrisero, e Lupin mise una mano sulla spalla di Tonks, affettuoso.

- Un momento… E il negozio? – chiese Fred.

- A quello può pensarci Tonks – propose Molly, - Almeno starà lontana dai guai –

La giovane strega lanciò un’occhiataccia alla signora Weasley, ma non disse nulla. Lupin ora le teneva stretta la mano.

- Quando possiamo partire? – domandò George.

- Già domani – rispose Moody, - E non importa se Harry saprà che siete lì… Anzi, forse è meglio: eviterà di cacciarsi troppo nei guai, sapendo di essere tenuto d’occhio dall’Ordine –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Sono contenta che molti abbiano apprezzato il capitolo precedente: con questo però si torna con i piedi per terra. Alla luce del giorno le cose possono avere tutto un altro aspetto, soprattutto per Ariana. Oltretutto, scordatevi le feste perché tra un po’ le cose inizieranno a prendere una brutta piega…

Se riesco già domani posto il prossimo capitolo!

 

 

Nel prossimo capitolo: il grande ritorno di Fred e George, e altre brutte notizie in arrivo. Ariana si metterà sulle tracce della Chimera.

 

 

 

A Lexie__o: ciao cara! Visto che festa? Ariana doveva proprio aver preso un bel colpo in testa per comportarsi così! Hihi! Mi sa che hai ragione: il fascino irresistibile di Draco ha sempre il suo effetto (anche su Ariana, anche se lei non lo vuole ammettere)! Baci!

 

 

A Smemo92: forse amicizia è una parola grossa, ma potrebbero avvicinarsi più di quanto si pensi. Magari farà bene a entrambi! Baci!

 

 

A Kaimy_11: siii, li farò impazzire entrambi!!! (risata malefica). No , dai, cercherò di non essere troppo cattiva con loro. Draco a trovato pane per i suoi denti, e mi sa tanto che sarà Ariana a farlo impazzire: vediamo quanto resiste! Baci!

 

 

A Pinca: eh eh, Ariana ha un senso del dovere spropositato (più avanti si vedrà ancora meglio), e la risposta che ha dato a Malfoy era semplicemente quella più logica… per lei, però. Il contrario di lui. Vediamo che ne esce… Baci!

 

 

Grazie a tutti coloro che leggono, e al prossimo capitolo!

 

Lhea

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Il ritorno di Fred e George ***


Capitolo 17

Capitolo 17

Il ritorno di Fred e George

 

 

 

 

 

 

 

 

- Harry Potter! Signore! Harry Potter! -

Un elfo domestico dal naso appunta e che indossava calzini spaiati e un copriteiera sulla testa entrò caracollando nella Sala Comune dei Grifondoro. Sotto lo sguardo perplesso degli studenti raggiunse il Bambino Sopravvissuto e lo strattonò per un braccio.

- Signore, Dobby ha qualcosa da farle vedere! – squittì.

Ariana alzò impercettibilmente lo sguardo dal lunghissimo tema che stava scrivendo, seduta al  tavolo di mogano. Harry sembrava imbarazzato, così prese Dobby e lo portò nel suo dormitorio, seguito da Ron ed Hermione.

Il piano aveva funzionato. Ariana non poteva aspettare che Harry arrivasse a trovare l’Horcrux nascosto nelle cucine, perché sembrava dovesse essere una cosa troppo lunga. Così era scesa nei sotterranei e aveva chiesto a uno degli elfi domestici di fargli un favore.

Per sua immensa fortuna, aveva incontrato Dobby, che sembrava provare per Harry Potter un affetto che travalicava l’adorazione. Gli aveva detto di portare il Bambino Sopravvissuto nelle cucine e mostrargli lo strano elmo: naturalmente, non doveva sapere che c’era di mezzo Ariana. L’elfo, quando aveva sentito che c’era in gioco la vita di Harry, aveva giurato che dalla sua bocca non sarebbe uscito niente su di lei.

Dopo mezz’ora, vide Dobby e il Trio uscire dalla Sala Comune diretti alle cucine. Terminò il tema e tirò un sospiro: una parte del piano aveva funzionato. Ora doveva sperare che Harry distruggesse l’Horcrux al più presto possibile.

Dopo la notizia della fuga dei Mangiamorte da Azkaban, aveva deciso di velocizzare la ricerca degli Horcrux, perché aveva paura che Voldemort potesse rendersi conto di quello che stavano facendo. Avrebbe approfittato della prossima uscita a Hogsmade per lasciare Hogwarts e andare alla ricerca del pettine di cui aveva letto qualche settimana prima.

A cena Ariana sedeva in silenzio, mangiando distrattamente le sue lasagne al forno, che le ricordavano l’Accademia Aurelius, la scuola di magia italiana. Lì c’era la più grande biblioteca d’Europa, e forse del mondo, che conteneva migliaia di libri antichi e preziosi: se avesse avuto bisogno di cercare delle informazioni, poteva anche pensare di tornarci.

Ad un certo punto Ron lasciò cadere la forchetta sul piatto, che tintinnò rumorosamente. Stava guardando verso il tavolo dei professori, sconvolto.

- Cosa c’è? – domandò Hermione, preoccupata.

Ron indicò dietro di lei, e la Caposcuola si girò. C’erano due ragazzi identici, con gli stessi capelli rossi alla Weasley e le lentiggini sul viso.

- Fred e George?! – esclamò Harry, - Cosa ci fanno qui? -

Ron si strinse nelle spalle, mentre i due gemelli li salutavano con la mano. Si misero a parlare con la McGranitt, che gli fece cenno di andare al tavolo dei Grifondoro.

Quando tutta la Sala si accorse dell’arrivo dei due, tutti i ragazzi iniziarono ad applaudire e a lanciare fischi. I gemelli salutarono il loro pubblico con aria divertita, salutando teatralmente con la mano. La McGranitt non sembrò gradire, ma c’erano Vitius e la Sprite che battevano le mani con aria sognante.

I Weasley percorsero la Sala accolti come se fossero stati due famossimi giocatori di Quidditch: alcuni studenti si alzarono e gli strinsero la mano; qualuno gridò, dandogli una pacca sulle spalle: - Grandi! Grandiosi! –

- Non mi dire che hanno intenzione di riprendere la scuola – disse Ron, sovrastano le urla - Il negozio andava benissimo -

Fred e George si sedettero di fianco al rosso, con due enormi sorrisi, mentre gli applausi si estinguevano – Ehilà, fratellino. Ti ricordi ancora di noi? –

- Cosa ci fate qui? – chiese Ron.

I due sorrisero sornioni, e ammiccarono. – Te lo spieghiamo più tardi – rispose Fred, mentre George guardava Ariana, - E tu saresti, scusa? –

- Ariana Drake – rispose la ragazza, sostenendo lo sguardo indagatore dei gemelli. – Voi sareste, invece? –

- Fred e George Weasley – risposero in coro i gemelli.

Durante la cena, Hermione spiegò rapidamente ad Ariana chi erano i due, ma soprattutto come avevano abbandonato la scuola due anni prima. La loro fuga era stata talmente fenomenale che ormai era diventata un leggenda. E anche la Umbridge, la vecchia insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure doveva ricordarsi ancora di loro.

Ariana sapeva che i due facevano parte dell’Ordine, e quindi si rese conto che molto probabilmente erano stati mandati lì per tenere d’occhio la scuola, visto la fuga di Mangiamorte.

Con la scusa di voler terminare gli studi interrotti troppo precocemente, i gemelli furono alloggiati nella Torre di Grifondoro, insieme agli altri ragazzi. In più, la McGranitt concesse loro di seguire le lezioni con gli studenti del settimo anno, ma Fred e George diedero subito segno di non essere molto interessati: già dopo mezz’ora di Trasfigurazioni avevano iniziato a perdere la concentrazione, divagando su chissà quali ricordi.

Scoprì presto che i gemelli avevano una fama del tutto meritata: nel giro di qualche giorno, iniziarono a vedersi per la scuola prodotti del loro negozio, che smerciavano agli studenti in chissà che modo, e che non riuscivano a rimanere mezza giornata senza cacciarsi nei guai. Se la McGranitt non avesse saputo che erano dell’Ordine, molto probabilmente li avrebbe espulsi già lo stesso pomeriggio in cui erano arrivati.

Due giorni dopo Ariana riprese le sue uscite notturne: voleva controllare che l’Horcrux non fosse più al suo posto. Si alzò appena le sue compagne si furono addormentate, tranne Hermione che era fuori per pattugliare i corridoi.

Come al solito, percorse la strada fino alle cucine scalza, un’ombra che si muoveva appena visibile. Quando infilò la testa dentro il forno, con sollievo scoprì che non c’era nessun elmo. Uscì con il cuore un po’ più leggero, e si accorse che poco più avanti c’erano due persone.

Camminavano spalla contro spalla, le bacchette illuminate. Erano i gemelli Weasley, che come lei aveva previsto pattugliavano i corridoi. Si nascose in un’aula vuota e attese che passassero.

- Ti ricordi qui? – stava dicendo Fred. – Abbiamo fatto quello scherzo al primo anno a quello stupito di Antony Clarke… Che risate -

- Già, ma la migliore è stata quella volta che… -

Sulle labbra di Ariana si disegnò un sorriso, e quando fu sicura che non ci fosse più pericolo uscì allo scoperto. Tornò sulle scale, pensando a dove andare a cercare quando sarebbe uscita da Hogwarts, quella domenica, quando sentì di nuovo i passi di due persone.

“Ma come fanno a essere così veloci?” si domandò.

Le voci però non erano le stesse. Parlavano troppo piano per riuscire a cogliere le parole, ma Ariana si incuriosì. Risalì di un piano, e in lontananza vide di chi si trattava.

Una era Hermione, mentre l’altro… era Draco Malfoy. Per un momento però di essersi sbagliata, ma i capelli biondi del Serpeverde erano inconfondibili. Le davano le spalle, e si stavano dirigendo verso la Stanza delle Necessità. Parlavano fitto fitto, e ciò che la stupì era che non stavano litigando.

Decise di seguirli, finché non vide che si fermavano davanti a una parete spoglia e vuota. Draco camminò avanti e indietro per qualche minuto, finché non comparì una porta. Il Serpeverde l’aprì e disse: - Avanti, entra –

Hermione non se lo fece ripetere due volte, ed entrò nella stanza. Si chiusero la porta alle spalle, mentre Ariana si fiondava li davanti. Appoggiò l’orecchio sul legno, ma come previsto non riuscì a sentire nulla. Draco aveva chiesto una stanza protetta dagli spioni.

“E così te la fai con Malfoy, Hermione” si ritrovò a pensare Ariana, quasi infastidita, “Non pensavo fosse il tuo tipo”.

Un secondo più tardi si pentì di aver pensato una cosa del genere: forse non era così. Forse… Cosa diavolo stavano facendo lì dentro? Perché Hermione aveva incontrato Malfoy? E soprattutto, perché non c’era disprezzo sul suo viso?

Ariana si appoggiò contro la parete, con un sospiro. Voleva veramente sapere cosa stavano facendo? Quello che magari si stavano dicendo?

“Non ti deve interessare” si disse, “Tu devi controllare Harry, non quello che fa Malfoy. Tornatene a letto”.

Ariana rimase immobile, combattuta. Poteva tentare un incantesimo, ma non era sicura funzionasse. La Stanza era protetta, al momento. E se stavano in realtà tramando contro Harry? E se Hermione fosse una doppiogiochista, e Malfoy un finto buono?

Era inutile continuare a farsi quelle domande, se non aveva il coraggio di cercare le risposte. Saldò la presa sulla bacchetta, e mormorò: - Aurisolus

Appoggiò nuovamente l’orecchio sulla porta, ma non sentì nulla. Sconfitta, si staccò dal legno e guardò la soglia che non poteva varcare. Poteva continuare a rimanere lì in attesa che uscissero, ma sarebbe servito a qualcosa?

Hermione era una strega intelligente, molto probabilmente Malfoy le stava solo dicendo che anche lui era dell’Ordine… Harry non lo sapeva ancora, ma lei poteva averlo sospettato. In effetti, il comportamento del Serpeverde era un po’ strano, visto dalla prospettiva di chi pensava che stesse dalla parte di Voldemort. Magari Hermione gli stava chiedendo spiegazioni.

“Ariana, tornatene a letto. Subito.”.

La ragazza si staccò dal muro e tornò nel suo dormitorio, senza sapere se aveva fatto la cosa giusta.

 

 

 

 

 

 

 

ASSALTO ALLA VAN HOVENBARGEN

 

 

Questa notte si è verificato un altro assalto ad una scuola di magia: questa volta l’obiettivo è stata la Van Hovenbargen, accademia tedesca situata in Germania, nei pressi di Berlino.

I Mangiamorte, guidati da Lucius Malfoy, si sono introdotti nell’istituto gettando nel panico gli studenti. Quattro di loro sono stati uccisi, insieme a tre professori e al Preside della scuola.

Non è noto cosa volessero i Mangiamorte, ma è chiaro che stessero cercando qualcosa definita da loro “la Chimera”, e che pare non abbiano trovato. Prima di fuggire, hanno sequestrato quattro studenti chiedendo loro informazioni riguardo alla cosa che stavano cercando. Quando non hanno ottenuto risultati, hanno ucciso i quattro e hanno poi esplorato la scuola, distruggendo mezzo edificio.

L’ennesimo attacco alle scuole di magia ha portato l’attenzione del Ministero su Hogwarts, che viene considerato uno dei prossimi obiettivi di Colui Che Non Deve Essere Nominato. Il Ministro, esso stesso ora sotto scorta, ha garantito che verrà mandato un contingente al più presto, per mettere sotto adeguata sicurezza l’istituto.

L’Ordine della Fenice, intanto, assicura che a Hogwarts ci sono già alcuni dei suoi componenti

 

 

 

 

“Qui c’è qualcosa che non va…” pensò Ariana, il giornale in mano, seduta a colazione, “Perché proprio le scuole? Se Voldemort voleva Harry, perché non attaccava direttamente Hogwarts?”.

In effetti, però, il Signore Oscuro non aveva mai attaccato di persona, se non ad Azkaban… Tutte le volte che aveva preso di mira una scuola aveva mandato i Mangiamorte… Aveva paura di qualcosa?

No, non era possibile. Forse quello che stavano cercando i suoi seguaci, quella “Chimera”, non era poi così importante, altrimenti si sarebbe mosso lui stesso di persona.

“Chimera”

Ariana cercò nella sua testa informazioni che la riguardassero. Molto probabilmente si trattava di un Horcrux, però Silente non ne aveva mai parlato. Forse non ne era a conoscenza…

Guardò le espressioni preoccupate di Fred e George, Harry, Ron ed Hermione. Anche loro iniziavano seriamente ad avere paura.

- Vado in biblioteca – disse Ariana, alzandosi, - Ci vediamo dopo -

Raggiunse rapidamente la biblioteca, ed essendo sabato mattina era quasi vuota. Si scelse un tavolo vicino a una finestra e iniziò la sua ricerca.

Sfogliò libri su libri, volumi su volumi, ma non trovò informazioni riguardo ad oggetti raffiguranti chimere appartenuti o collegati ai fondatori di Hogwarts. Cercò in “Storia di Hogwarts”, per vedere se trovava qualche accenno, ma fu inutile.

Se Voldemort stava cercando la Chimera, significava che non sapeva dove si trovasse… Forse era stata spostata nel corso degli anni… Doveva trattarsi di qualcosa che aveva a che fare con le scuole, visto che rappresentavano al momento i suoi obiettivi principali…

Cercò in tutti i libri che parlavano di statue o arazzi che nel corso degli anni le scuole di magia potevano essersi scambiate. Ad un certo punto, trovò menzionato in un libro vecchissimo un piccolo torneo che era stato fatto alla Van Hovenbargen, il sui vincitore aveva ricevuto una coppa con una chimera intarsiata sopra.

Con un po’ di speranza, Ariana continuò a leggere la pagina, per scoprire che poi il trofeo era stato distrutto in un incendio della scuola più di cinquant’anni prima.

Con uno sbuffo rimise il libro al suo posto. La biblioteca di Hogwarts non era abbastanza fornita; forse all’Accademia Aurelius aveva la possibilità di trovare qualcosa.

Camminò tra gli scaffali della biblioteca come un’anima in pena, sotto lo sguardo assassino di Madama Pince, finché non vide Draco Malfoy entrare, vagando con lo sguardo nel locale.

- Buongiorno – le disse, avvicinandosi.

- Buongiorno – rispose lei, senza guardarlo. Aveva puntato un enorme libro dalla copertina nera con le borchie dorate, in alto sullo scaffale.

Si allungò per prenderlo, ma si rese conto di non arrivarci. Stava per tirare fuori la bacchetta quando Malfoy lo prese al posto suo e glielo porse.

- Grazie -

Draco si strinse nelle spalle e la seguì al tavolo.

- Hai letto la notizia, immagino – disse il biondo.

Ariana aprì il volumone e passò in rassegna l’indice. Annuì.

- C’era anche tuo padre – disse, senza essere minacciosa, - Credi che attaccheranno Hogwarts? -

Gli fece cenno di non rispondere subito e prese la bacchetta. – Muffliato

- Non ne ho idea – rispose Draco, - Ma credo che presto o tardi verranno anche qui. Penso che vorrà ammazzarmi con le sue mani, visto che ho smesso di servire il Signore Oscuro -

Ariana lo guardò in faccia, e con stupore notò che non c’era traccia di pausa sul suo viso. Era serio, conscio di tutto quello che stava rischiando, ma o non temeva suo padre, oppure non lo dava a vedere.

- Tu per caso sai qualcosa di una certa “Chimera”? – chiese.

Draco pensò un momento prima di rispondere. – Bé, a parte sapere che si tratta di un animale fantastico, incrocio tra leone, capra e serpente, non so altro. Tu cosa pensi sia? –

- Non lo so. Potrebbe essere una specie di arma… - disse, sfogliando il libro. “O un Horcrux”, pensò.

Si accorse che Draco la stava guardando, e si infastidì. Voleva chiedergli che cosa era successo quella notte con Hermione, ma il suo orgoglio le disse di stare zitta. Non poteva ammettere che lo aveva seguito… O che, magari, poteva apparire (e non era assolutamente vero) un filino gelosa

- Credi sia una cosa importante? – domandò, - Deve aver dato l’incarico a tuo padre, visto che lui guidava l’attacco -

Lo scrutò senza farsi notare, per vedere la sua reazione. Dopotutto, Lucius era stato ad Azkaban fino a quel momento: poteva essere un incarico di poco conto, visto che Voldemort aveva cominciato a considerare i Malfoy degli inaffidabili (e anche traditori…).

- Il Signore Oscuro potrebbe considerare questa missione un modo per far riscattare mio padre – rispose Draco, - Ma ne dubito… -

Ariana rimase in silenzio, assorta nel libro. Sentiva lo sguardo del biondo addosso, e la cosa la infastidiva. – La finisci di fissarmi? – mormorò, senza staccare gli occhi dal volume.

- Sto parlando con te, dove devo guardare? – ribatté Draco, - Cosa stai cercando? -

Ariana chiuse di scatto il libro, visto che non c’era nulla che le interessava. Si stampò un bel sorriso e disse: - Niente. Volevo togliermi una curiosità –

Si alzò per riportare il tomo al suo posto, seguita dagli occhi del Serpeverde. Con un rapido gesto della bacchetta, gli mostrò che era benissimo in grado di prendere e rimettere a posto i libri senza il suo aiuto. Raccolse la borsa e si avviò verso l’uscita.

- Domani vieni a Hogsmade? – chiese il biondo, seguendola.

- No – rispose Ariana.

- E perché? –

- Non devo certo spiegare le ragioni delle mie scelte a te – ribatté Ariana, sapendo di apparire un po’ scortese.

Il Serpeverde sembrò divertito dalla sua reazione distaccata. – D’accordo. Appuntamento con qualcuno? Magari di Tassorosso? –

- No, e tu? – rispose secca Ariana, camminando giù per la scala che portava a pranzo.

- Mah, a dir la verità, forse sì – rispose Draco, ghignando.

“Da immaginare” pensò Ariana.

- Bene, allora buona giornata -

E sparì diretta alla Sala Grande.

Hermione, Ron ed Harry erano seduti di fronte ai gemelli Fred e George, tutti con un’aria preoccupata. La guardarono avvicinarsi, parlando tra di loro.

- Manderanno qualcun altro, allora? – chiese Ron, - Lupin, magari? -

- Abbiamo scritto alla mamma, prima – disse Fred, - Per dirle che qui al momento è tutto a posto, ma non ci crederà, anche se è la verità. Con tutti quei Mangiamorte in giro, credo che verrà addirittura Moody, a scuola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Uh, come promesso, già oggi ho postato l’altro capitolo. E’ un po’ di transizione, ma spero che vi sia piaciuto comunque…

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana lascerà Hogwarts per un pomeriggio e si metterà sulle tracce del fantomatico pettine… E coglierà anche l’occasione per chiarire qual cosina con Draco

 

 

 

Oggi non ho proprio tempo di rispondere alle recensioni, ma ringrazio come sempre Kaimy11, Pinca, Lexie__o e Smemo92 che recensiscono sempre, e anche Bella 95, che ha commentato per la prima volta! Grazie mille.

Al prossimo capitolo (e con qualche salto mortale provo a postarlo già domani, che ne dite?)

 

 

Lhea

 

 

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Capitolo 19
*** Falsi e sospetti ***


Capitolo 18

Capitolo 18

Falsi  e sospetti

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si Materializzò in uno dei vicoli di Notturn Alley, imbacuccata nel mantello nero da viaggio. Con il cappuccio tirato sul viso si diresse verso la strada maestra, l’aria gelida che soffiava per le vie.

Notturn Alley era notevolmente peggiorata, da due anni a quella parte. Se prima era un posto pieno di gente poco raccomandabile, ora era quasi impossibile uscirne illesi se non si sapeva come comportarsi e dove andare. La strada principale brulicava di megere dalla faccia rovinata e i capelli arruffati, maghi dall’aria equivoca e dall’alito che sapeva di alcool.

Tutti i negozi erano aperti, con capannelli di gente davanti che barattavano, scambiavano e compravano di tutto. C’era una fattucchiera che vendeva quelli che lei garantiva essere occhi umani.

Disgustata, Ariana si mosse veloce verso il negozio che cercava. Era stata diverse volte a Notturn Alley, e non aveva paura, ma preferiva fare in fretta. Lasciare Harry a Hogwarts da solo la preoccupava.

Il piccolo negozio in cui si stava recando era incastrato tra due vetrine che esponevano tutti i tipi di aggeggi per torturare che esistevano sulla faccia della terra. Entrò spingendo la porta senza maniglia, ritrovandosi in un locale stipato di oggetti di ogni genere, magici e non.

Con passo sicuro raggiunse il bancone, dove c’era un uomo gigantesco dalla barba sfatta e i capelli neri, impastati di sporco.

- Buongiorno – disse Ariana, togliendosi il cappuccio.

- Cosa stai cercando? – domandò l’uomo, squadrandola da capo a piedi. – Hai sbagliato posto –

- Non credo – disse la ragazza, - Sto cercando un oggetto che è stato rubato un mese fa dalla casa di Dorian Steveer. Lei ne sa qualcosa? –

- No – rispose secco l’uomo, - Vattene –

Ariana tirò fuori un sacchetto pieno di monete e ne appoggiò qualcuna sul banco, gettando un’occhiata significativa al negoziante.

- Esattamente di cosa di tratta? – chiese lui.

- Un pettine – rispose Ariana, - Un pettine d’argento che dovrebbe essere appartenuto alla compagna di Salazar Serpeverde, Isabel La Felì. Ne ha sentito parlare? –

L’uomo si mise a pensare con aria di chi ha bisogno di un’aiutino per ricordare. Lasciò altre due monete d’oro sul bancone.

- Forse posso guardare… -

Sparì nel retro e tornò con un involto di velluto nero. Lo srotolò, scoprendo dei piccoli pettini d’argento intarsiato. Alcuni erano identici tra loro, altri diversi.

- E’ uno di questi? – domandò lui.

Ariana esaminò attentamente gli oggetti: non poteva saperlo con certezza, ma credeva che quello che stava cercando doveva essere simile a quelli con incisi fiori e serpenti che c’erano lì. Ne prese uno in mano, ben conscia che dovevano trattarsi di falsi.

- Io cerco l’originale – disse, rigirando l’oggetto tra le mani, - E questi non lo sono -

- Certo che lo sono – ribatté l’uomo.

Ariana gli gettò una rapida occhiata. – No, questi non lo sono. Ma immagino che avrà avuto tra le mani l’originale, se li ha copiati così bene… Chi ha quello vero? –

- Non lo so – rispose il negoziante, richiudendo il velluto.

Ariana gettò altre quattro monete d’oro, che l’uomo prese al volo. Afferrò un foglio e scrisse qualcosa, poi glielo diede.

- Vai a quell’indirizzo, e chiedi di Morgana – disse.

- Bene – disse Ariana, - Arrivederci –

- Tu non sei mai stata qui – aggiunse l’uomo, - Chiaro? –

Ariana annuì e si voltò. Quando uscì dal negozio si strinse nel mantello e lesse l’indirizzo: Whiteskull Street, un nome molto azzeccato, per i tempi.

Raggiunse la parte più malfamata di Notturn Alley mezz’ora dopo, con le mani e la punta del naso gelate. Il negozio si chiamava “L’Antro del ladro”, ed era a dir poco gigantesco. L’insegna ricca ed elaborata contrastava con quelle rovinate e consunte dei vicini, e una grande tenda parasole a righe nere e viola riparava l’ingresso dal sole.

Ariana entrò nel negozio, ancora con il foglio dell’indirizzo in mano. C’erano grandi vetrine piene di oggetti preziosi, e scaffali con libri proibiti di magia nera.

Da dietro un pilastro su cui erano appese centinaia di perle luminescenti sbucò un ragazzo abbastanza giovane, con un paio di occhiali di corno.

- Desidera? -

- Vorrei parlare con Morgana – disse Ariana.

Il ragazzo annuì e le fece cenno di seguirlo. Entrarono in una piccola sala da thè, vuota. La fece sedere in una poltrona e le disse di attendere qualche minuto.

Dopo un po’ arrivò una donna tarchiata, dai capelli ramati e gli occhi scurissimi. Vestiva di viola e portava uno scialle bianco. Le sorrise e si sedette.

- Non le chiedo il suo nome perché so già che molti clienti preferiscono non dirmelo – esordì, stringendole la mano. – Cosa sta cercando? -

- Il pettine d’argento appartenuto a Isabel La Felì, la presunta compagna di Salazar Serpeverde – rispose Ariana.

La donna annuì. Schioccò le dita e il ragazzo le porse una scatola nera che aveva tirato fuori da chi sa dove. L’aprì: conteneva un piccolo pettine d’argento, uguale a quelli che aveva visto poco prima.

- A cosa le serve? – domandò Morgana.

- Colleziono oggetti del genere – rispose Ariana con un sorriso finto, - Un po’ di tempo fa ho letto che era stato rubato, così ho pensato che avrebbe potuto cambiare facilmente proprietario –

- Capisco – disse la donna, appoggiando la scatola aperta sul tavolo, - E’ un oggetto molto affascinante… La compagna di Salazar Serpeverde… Era francese, sa? Dicevano che era una donna bellissima, tanto che molti uomini impazzirono davanti al rifiuto del loro amore. Morì molto giovane, e diede un solo erede a Serpeverde… Non è la prima che viene qui per questo oggetto –

- Sono disposta a pagare molto – disse Ariana, facendo tintinnare la borsa del denaro.

Morgana annuì con un sorriso. – Ci sono già molti potenziali acquirenti che mi hanno detto di volerlo acquistare… - disse.

- Posso vederlo? – chiese Ariana.

La strega le porse la scatola nera, e lei la poggiò con cautela sulle ginocchia. Prima di pagare un cifra esorbitante per quel cimelio, doveva almeno verificare che fosse veramente un Horcrux.

Estrasse la bacchetta, puntandola sul pettine d’argento.

- Cosa fa?! – domandò allarmata Morgana, alzandosi in piedi.

Ariana le rivolse un’occhiata rassicurante. – Non si preoccupi, voglio assicurarmi sia l’originale – rispose.

Ricorse agli incantesimi non verbali, anche se non li usava spesso. “Revelio Horcrux” pensò.

Con suo grande stupore, non accadde nulla. Il pettine non era un Horcrux, oppure era un altro falso. Lo prese in mano, ma anche a un occhio poco esperto come il suo l’oggetto risultava di ottima fattura, ed era impossibile che fosse una copia…

- Quanto vuole? – domandò con un sorriso, restituendo il pettine a Morgana.

- Almeno cinquemila galeoni – rispose la donna.

“Non è un falso. Con un prezzo del genere”, pensò Ariana. Visto che il pettine non era un Horcrux, era inutile che lo acquistasse. Doveva cambiare strategia. Assunse un’aria scioccata, e si strinse le mani.

- Uhm… , credo che per me sia un po’ troppo – disse, fingendosi imbarazzata, - Non pensavo avesse un prezzo del genere… --

- E’ una reliquia di inestimabile valore – spiegò Morgana, - Per questo costa molto –

Ariana si alzò. – La ringrazio per il suo tempo, signora – disse, - Ma non credo di potermelo permettere. Arrivederci –

Morgana la guardò guadagnare l’uscita con aria confusa, ma non fece domande. Ariana tornò in strada delusa e un po’ infastidita. Aveva fatto tutta quella strada per niente.

Non avendo altre idee per la testa, decise di tornare a Hogwarts. Si infilò in un vicolo buio e vuoto e si Smaterializzò, ritrovandosi poi sul solito gradino della scalinata del terzo piano. Corse per i corridoi deserti e raggiunse il dormitorio. Cambiò mantello, afferrò la borsa e attaccò il guinzaglio ad Argo.

Dieci minuti dopo, usciva dal portone della scuola, diretta a Hogsmade. Qualcuno le gridò qualcosa dietro.

- Ehi, dove credi di andare?! -

Ariana si voltò per vedere Gazza in piedi davanti al portone di quercia, che scuoteva un pugno. La ragazza tornò indietro di corsa con un foglietto in mano e disse: - Ho il permesso, ho il permesso! –

Il Custone controllò l’autorizzazione, mentre Mrs Purr se la dava a gambe davanti allo sguardo famelico del dobermann. Soddisfatto, Gazza la lasciò andare.

Venti minuti più tardi, Ariana passeggiava per la via principale di Hogsmade, affollata di studenti di Hogwarts, ma anche di manifesti che raccomandavano la prudenza e il rispetto delle regole in fatto di sicurezza del Ministero. Salutò con un cenno della mano alcuni ragazzi di Grifondoro del terzo anno, stringendosi la sciarpa intorno al collo.

Doveva trovare Harry, almeno per assicurarsi che fosse tutto a posto. Incrociò delle ragazze di Tassorosso del suo anno, così domandò loro se avevano visto il Trio: si erano diretti verso I Due Manici di Scopa.

Con passo rapido, arrivò al bar e guardò attraverso le vetrine. Dentro non sembrava esserci traccia di Harry. Una ventata di aria fredda la fece rabbrividire, così afferrò Argo per il collare ed entrò, decisa a scaldarsi con una tazza di thè. Madama Rosmerta guardò malissimo il dobermann, ma non le proibì di entrare.

C’erano molti ragazzi di Hogwarts, e in un angolo, inconfondibile, il guardiacaccia Hagrid che occupava da solo un tavolino. Parlava con il professor Vitius e la professoressa Sprite.

Ariana li salutò rispettosamente con un cenno del capo e si scelse un tavolino vicino alla vetrina, in modo da poter guardare fuori. Ordinò un thè, e mentre aspettava coccolava Argo, accucciato sotto le gambe del tavolo.

Quindi il pettine era fuori dalla lista. Doveva cercare altrove. Ma dove?

Madama Rosmerta le poggiò davanti una tazza bianca e la zuccheriera. Lei la prese e sorseggiò il thè, con aria stanca. Fuori iniziava a spirare un vento forte e freddo, e molti ragazzi si tenevano i cappelli con le mani.

All’improvviso, vide un’inconfondibile testa rossa passare davanti alla vetrina. Era Ron, ma era da solo. Ariana si alzò e si sbracciò per farsi notare.

Il rosso la vide e con un cenno la salutò. Lei gli fece cenno di raggiungerla, così dopo un momento Ron entrò nel locale.

- Ciao – disse, - Dov’eri? -

- Ho avuto da fare a scuola – rispose Ariana, facendogli segno di sedersi, - Harry? –

- E’ con Ginny – disse Ron, - Credo siano andati in un bar poco distante… Sai, roba da coppiette –

Ariana annuì con un sorriso. – Hermione? –

Ron si rabbuiò. – Ha detto che aveva una commissione da fare – rispose, con l’aria di uno che ci crede poco, - Non l’ho vista da quando siamo arrivati a Hogsmade

Ariana si sarebbe stupita del comportamento di Hermione, ma non dopo quello che aveva visto la notte prima. Che si fosse incontrata di nuovo con Malfoy? Guardò Ron in faccia per cercare di capire cosa stava pensando, ma il ragazzo sembrava giù.

- Ron? Tutto bene? – domandò.

Il rosso sembrò essere in imbarazzo. – , veramente… - balbettò. – Era strana… -

Ariana si spaventò. Hermione era strana? Non è che per caso era sotto effetto della maledizione Imperius? Ordinò un caffè per Ron e chiese: - In che senso strana? –

- Mah… Sembrava un po’ sopra le nuvole – rispose Ron, - Non so, sembrava stesse pensando a qualcosa… -

- Ha fatto delle cose strane? Che normalmente non fa, tipo andare in giro da sola di notte? – chiese Ariana.

- No, no – rispose Ron, - Sembrava perennemente soprappensiero, ma per il resto era normale – Tacque, stringendosi le mani, - Senti, tu sei una ragazza e sei sua amica… Non è che sta vedendo qualcuno? –

Ariana pensò un momento prima di rispondere. Hermione non sembrava sotto Imperius, ma non capiva perché si comportasse in modo strano… C’era di sicuro Malfoy in mezzo.

- Non lo so, Ron – rispose Ariana, con un sorriso rassicurante, - Non credo, però. Con me non ha parlato di nessuno. Forse a Ginny, dovresti chiedere a lei -

- Ah – il rosso non sembrò molto rincuorato.

- Ron… Se ti piace Hermione, è meglio che tu glielo dica prima che ci pensi qualcun altro – disse Ariana, cercando di metterci più tatto possibile. Il problema del ragazzo era quello, lo aveva capito.

Le orecchie di Ron diventarono rosse, e lui abbassò lo sguardo sul caffè.

- Lo so, ma… - mormorò Ron, - Lei è così… così, non so… intelligente. Io in confronto non sono niente… Come posso piacerle? -

Ariana sorrise davanti all’imbarazzo del ragazzo. Si sporse sul tavolo, cercando il suo sguardo per fargli capire che stava dicendo la verità.

- Senti – disse, - L’amore non si misura in quoziente intellettivo. Perché non dovresti piacerle? Sei simpatico, hai tante qualità e hai coraggio da vendere… Tutte le avventure con Harry, dove le metti? Avanti, abbi un po’ di fiducia in te stesso… Al massimo ti dice che non è lo stesso per lei, no? -

Ron si lasciò scappare un sorriso, e le sue orecchie iniziarono a riprendere il loro colore naturale. Bevve il caffè e disse: - Grazie, Ariana

- Figurati – disse lei, scrollando le spalle. – Che ne dici, l’andiamo a cercare? -

Lasciarono I Due Manici di Scopa insieme, con Argo ancora al guinzaglio. Ariana si strinse il collo della giacca, infreddolita; Ron teneva le mani in tasca, taciturno. Camminarono avanti e indietro per la strada principale di Hogsmade, cercando con lo sguardo la Caposcuola. Mezz’ora dopo, di lei non c’era ancora traccia.

Ad un certo punto incontrarono Harry e Ginny, mano nella mano. Si unirono a loro, e percorsero le poche viuzze del villaggio fianco a fianco, chiacchierando allegramente.

Fu Hermione a trovare loro, mezz’ora più tardi, quando ormai mancava poco al ritorno a Hogwarts. Li raggiunse correndo, le guancie rosse per il freddo.

- Ragazzi! – gridò.

- Hermione – disse Ariana, - Dov’eri? –

Lei li guardò imbarazzati, e rispose: - Avevo una faccenda da sbrigare… -

Ariana non insistette, e lasciò che la Caposcuola si unisse al gruppo. La studiò in faccia, per cercare di cogliere qualche emozione: sembrava contenta. Aveva davvero incontrato Malfoy, o era lei che era paranoica?

Argo strattonò il guinzaglio, trascinandola di alcuni passi davanti agli amici. Colse l’occasione per vedere se riusciva a scovare Malfoy e chiedergli cosa stava facendo.

- Ci vediamo a scuola – disse, trattenendo Argo.

- Non torni con noi? – domandò Ginny.

- Devo cercare un giardino per Argo – rispose Ariana, - Non vi preoccupate, ci vediamo a Hogwarts

Appena i quattro furono spariti lungo la strada, Ariana saldò la presa sul guinzaglio e si diresse dalla parte opposta, verso il centro del villaggio. Non sapeva dove cercare Malfoy, e sperava di trovarlo ancora a Hogsmade.

Incrociò Fred e George che si guardavano intorno interessati. Uno dei due indicò un negozio chiuso, con le vetrine sprangate.

- Lì sarebbe perfetto – disse George, - E’ proprio sulla strada principale… Faremo affari d’oro, se apriamo il secondo negozio -

Fred studiò il locale diroccato con aria critica. – Uhm… Hai ragione, fratello. Però ci sarà da spendere un po’… Ciao Ariana –

La ragazza passò loro accanto, e li salutò con la mano. Quei due sembravano in vacanza, altro che sorvegliare la scuola.

Poco dopo, quando notò che tutti i ragazzi di Hogwarts iniziavano a dirigersi verso la scuola, decise di tornare indietro anche lei. Attese ai margini del villaggio, appoggiata a un muro, nella speranza di vedere Malfoy tra gli altri studenti. Argo si sedette di fianco a lei, le orecchie dritte.

Dovette attendere parecchio, perché il Principe delle Serpi sembrava odiare gli orari. Draco fu l’ultimo, insieme a Blaise e Pansy a lasciare il villaggio, e li vide camminare lentamente verso di lei.

I tre la guardarono incuriositi, e Ariana disse, gelida: - Devo parlare con te, Malfoy -

Draco sorrise e si avvicinò, facendo cenno ai due amici di proseguire per la scuola. Incrociò le braccia con aria strafottente, in attesa che lei parlasse.

- Ti sei incontrato con la Granger oggi, vero? – chiese Ariana.

Il Serpeverde ghignò. – Gelosa, forse? – disse.

Ariana si staccò dal muro e si avviò verso la strada che portava alla scuola. Argo la seguì subito.

- Non so cosa sia, la gelosia – ribatté Ariana, - Voglio solo sapere come mai vi state vedendo… Non le avrai detto di me, vero? -

Sentiva i passi di Draco sul selciato dietro di lei, e avrebbe scommesso che lui stava ridacchiando.

- La Granger mi ha chiesto con quale coraggio mi sono fatto rivedere a Hogwarts, e io le ho spiegato che sto dalla parte dell’Ordine – rispose, - Di te non sa niente, se è di questo che hai paura -

Ariana si voltò a guardarlo. – Come mai glielo hai detto? –

- L’altra notte eravamo di turno per sorvegliare i corridoi – disse Draco, - Ci siamo incontrati e lei mi ha chiesto perché fossi qui. Visto che è la più intelligente del Trio dei Miracoli, ho pensato che a lei potessi dire la verità -

La ragazza riprese a camminare, guardando verso il castello. – Quindi oggi vi siete visti per parlare di questo – disse.

- Sì, pensavi fossimo usciti per piacere? – la provocò il Serpeverde.

Ariana si voltò, minacciosa.

- Per me Malfoy puoi fare quello che ti pare – disse, - Ma non azzardarti a portar via Hermione a Ron, chiaro? Lui non merita una cosa simile, mi sono spiegata? -

Draco alzò le mani in segno di resa. – Ci avevo fatto un pensierino, ma se la metti così… - ghignò, - D’accordo, non ci proverò

Soddisfatta dalla risposta, la ragazza si voltò e proseguì dritta fino al portone della scuola. Gli studenti si stavano sottoponendo al controllo di Gazza, tutti scocciati.

- Dimmi la verità, cosa hai pensato quando ci hai visti? – chiese Draco, divertito.

- Che non sono fatti tuoi, Malfoy – sibilò Ariana, lasciando che Gazza la perquisisse con un detector rileva oggetti oscuri.

- Dai, sono curioso –

Ariana varcò il portone senza guardarlo, sbottonandosi la giacca. Si tolse la sciarpa e salì le gradinate che portavano al piano superiore, sempre seguita dal Serpeverde.

- Tornatene al tuo dormitorio – disse lei, gettandogli un’occhiata – Non sei il mio psicologo, mi sembra. Fatti scappare qualcosa su di me, e ti stacco la lingua con un solo incantesimo -

Quando sentì che non la stava più seguendo, Ariana rallentò l’andatura e raggiunse il ritratto della Signora Grassa. Disse la parola d’ordine ed entrò nella Sala Comune, affollata di studenti che mostravano gli acquisti fatti a Hogsmade. Harry, Ginny, Ron ed Hermione stavano parlando seduti sulle poltrone davanti al fuoco, e non la videro quando entrò. La ragazza raggiunse il dormitorio, decisa a sbollire la rabbia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Voilà, nuovo capitolo pubblicato. Bene, come vedo avete notato la “Chimera”, ma mi dispiace per il momento non anticipo nulla! Comunque, non date nulla per scontato… Ci sono ancora un sacco di cose da scoprire…

 

Nel prossimo capitolo: Ariana si prenderà un pomeriggio di pausa, e lo dedicherà al caro Serpeverde biondo… cosa ne uscirà fuori?

 

 

A Smemo92: grazie per i complimenti, ma ancora non ti anticipo nulla, come ho già detto. Vedrai da te! Kiss!

 

 

A Lexie__o: eh eh, lo sapevo che avresti reagito così per la novità riguardante Draco… Ma dopotutto è un Serpeverde! , qui in realtà abbiamo scoperto che cosa ha combinato… Che dire, il dubbio c’era, ma per fortuna qualcuno se l’è tolto… Kiss!

 

 

A Kaimy_11: tranquilla, non ti dico nulla! Crogiolati nel dubbio ancora per un po’… Quanto a Draco ed Hermione, Ariana il dubbio se l’è tolto, ma la tolto soprattutto a noi… Hihi! Kiss!

 

 

A Pinca: il caro papà ha un sacco di piani per la testa… Ci vorrà ancora un po’ per scoprirli! Grazie per la recensione! Kiss!

 

 

 

Grazie a tutti coloro che seguono sempre!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 20
*** Soprannomi ***


Capitolo 19

Capitolo 19

Soprannomi

 

 

 

 

 

 

 

 

Passò una settimana, una settimana lunga e difficile per gli studenti di Hogwarts. Compiti a volontà in previsione dei MAGO, duelli magici all’ultimo sangue tra Ariana e Draco, e allenamenti di Quiddich in vista della partita Grifondoro contro Corvonero. In più, Ron aveva fatto finalmente il grande passo: aveva rivelato ad Hermione i suoi sentimenti, e ora stavano ufficialmente insieme.

Mercoledì fu una giornata funestata da un altro attacco a una scuola di magia: questa volta era toccato a Bauxbatons, ed erano morti tre studenti e un professore. La tensione a Hogwarts iniziava a diventare palese, e più di una volta Ariana vide Auror sorvegliare il perimetro della scuola. Fred e George si occupavano dell’interno.

Visto che il pettine non si era rivelato un Horcrux, Ariana era decisa a continuare la sua ricerca, più motivata che mai. Tutte le notti cercava informazioni sugli oggetti che aveva menzionato Silente, senza riuscire a trovare qualcosa di utile.

Verso la fine di novembre, altre due scuole di magia erano state attaccate, e i professori iniziavano a temere che la prossima volta sarebbe toccato a Hogwarts. Per qualche giorno girò addirittura la voce che volessero chiudere la scuola, poi fortunatamente smentita.

La partita di Quiddich fu vinta dai Grifondoro, e la festa per la vittoria servì a tirare un po’ su il morale degli studenti. Molti avevano lasciato la scuola, e Hogwarts iniziava lentamente a svuotarsi: le famiglie preferivano tenere a casa i ragazzi, credendoli più al sicuro.

Tutto il mondo magico sembrava in attesa: Voldemort, dall’attacco ad Azkaban, era sparito di nuovo dalla circolazione, ma prima o poi sarebbe tornato a colpire. Il tanto paventato attacco al Ministero non avvenne, ma in compenso i Mangiamorte brulicavano come formiche. Gli omicidi e le sparizioni erano raddoppiate, e  non facevano più notizia nemmeno sulla Gazzetta del Profeta.

Ariana era tesa come una molla, e aveva troncato tutti i rapporti con Malfoy. Sebbene fosse dell’Ordine, non si fidava del tutto di lui. Si limitavano a salutarsi per i corridoi quando non c’era nessuno, o a provocarsi per dare l’impressione di odiarsi.

Fu durante una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure che Ariana si accorse che c’era qualcosa che non andava. Stava duellando come al solito contro Malfoy, ma lui non stava facendo più sul serio. La attaccava, ma non ci metteva la grinta che usava di solito. Sembrava volesse andarci piano, improvvisamente.

Ariana si fermò, la bacchetta puntata contro di lui.

- Perché hai smesso di fare sul serio? – domandò, gli occhi ridotti a fessure.

- Perché tu ce l’hai con me? – ribatté Draco.

Ariana lo guardò confusa. – Non ce l’ho con te – disse.

- E allora come mai da quella volta a Hogsmade quando mi parli sembra che ti dia fastidio? – disse il Serpeverde, serio.

- Ho altro a cui pensare, che rispondere alle tue provocazioni – rispose Ariana, mettendosi in posa di difesa. Gli altri erano impegnati a duellare, quindi non li guardavano neanche.

- E cioè? – chiese Malfoy.

- Sono stanca – ammise Ariana, - Di notte sto sveglia e vado in giro per la scuola, e di giorno sono costretta a seguire le lezioni. Tu come saresti, al mio posto? –

- Cosa stai cercando? – chiese Draco.

- Non te l’ho detto prima, non te lo dirò ora – disse Ariana.

In quel momento la Trollope terminò la lezione, e gli studenti si salutarono per tornare ai loro dormitori. Draco continuò a guardare la ragazza, serio.

- Potrei darti una mano – mormorò, mentre uscivano spalla a spalla dall’aula.

- Da quant’è che ti interessi a me? – ghignò Ariana, rallentando l’andatura per lasciare che i Grifondoro si allontanassero. I Serpeverde andarono dalla parte opposta, diretti ai sotterranei.

Rimasero soli in mezzo al corridoio, a guardarsi in faccia, lei con un’espressione divertita, lui serio.

- Non sto scherzando, Ariana – disse Draco.

- Sai, non ti capisco – ribatté la ragazza, - A volte sembra che tu ti diverta a provocarmi, altre che all’improvviso ti stia simpatica. Sei lunatico, per caso? –

Draco sghignazzò. – No, non sono lunatico. Mi sembravi un po’ giù, ultimamente –

Ariana lo guardò sorpresa, rinfoderando la bacchetta. – Mi fa piacere che un Purosangue di alto lignaggio come te si preoccupi di me, ma sono perfettamente apposto. Grazie dell’interesse –

La ragazza lo salutò con la mano e si voltò, diretta ai corridoi. Sperò che non la seguisse, perché non aveva ancora voglia di mentire. Era costretta ad ammetterlo: Malfoy ci aveva visto giusto. Non stava granché bene, era stanca e le sue continue ricerche non avevano portato a nulla. Non riuscire a portarsi avanti con il lavoro la innervosiva, ma aveva cercato di essere sempre la stessa. Né Harry, né Ron e né Hermione si erano accorti di nulla.

Con una strana espressione si girò. Malfoy se ne stava andando, e le dava le spalle. Lo guardò camminare lentamente, dispiaciuta per la frecciatina che gli aveva fatto. In fondo voleva solo aiutarla.

- Draco? – chiamò.

Il Serpeverde si girò, incuriosito.

- Scusami – disse Ariana, imbarazzata. – Sono stata scortese. Mi accompagneresti nel parco? -

Il biondo sembrò un momento spiazzato dalla richiesta, poi sorrise e rispose: - Va bene

- Prendo Argo e torno – disse Ariana.

- D’accordo. Ti aspetto in Sala Grande – disse il Serpeverde.

Ariana corse nel dormitorio, incrociando Hermione.

- Dov’eri? Sei rimasta indietro – disse.

La ragazza prese il giaccone e il chiamò Argo con un fischio.

- Scusatemi. Ho avuto da ridire con Malfoy – rispose.

Hermione assunse una strana espressione, poi si ricompose e chiese: - Tutto ok? –

Ariana annuì e raggiunse la porta. – Vado fuori con Argo, ci vediamo a cena

Senza aggiungere altro, uscì e poco dopo scendeva le scale per la Sala Grande. Era pronta a vedere la sala vuota, senza traccia di Malfoy da nessuna parte. Invece, con sorpresa e sollievo, lo vide ai piedi della gradinata, con la giacca nera appoggiata su una spalla. Era girato, ma appena sentì i passi della ragazza e del dobermann, si voltò.

- Eccomi – disse Ariana, con un sorriso. – Grazie -

Il biondo si strinse nelle spalle e accarezzò Argo sulla testa. Insieme uscirono nel parco invaso dalla fredda aria di dicembre. Rimasero in silenzio fino a che non raggiunsero il lago, camminando fianco a fianco. Il Serpeverde frugò nelle tasche della giacca, e tirò fuori un pacchetto di sigarette babbane. Lo aprì e ne tirò fuori una, portandosela alla bocca. Ariana lo guardava divertita.

- Da quand’è che fumi? – chiese sorridente.

- Diciamo che non ho mai iniziato seriamente – rispose Draco, accendendo la sigaretta con l’accendino, - Ogni tanto mi concedo questo sfizio, anche se è da babbani. E alle ragazze piace –

- A me non piacciono i ragazzi che fumano – disse Ariana, senza nessuna malizia. – Sanno sempre di fumo –

Draco sghignazzò e spostò la sigaretta, in modo che il fumo non le arrivasse in faccia. Ariana lo guardò, in silenzio. Poi si abbassò e prese un sasso, pronta a lanciarlo ad Argo.

Non si stava facendo nessuna domanda, in quel momento. Non le importava perché Malfoy avesse accettato di accompagnarla, quando lei lo aveva trattato male, e non le dispiaceva che lui fosse lì. A volte non si capiva nemmeno lei.

Rimasero un po’ in silenzio, guardano l’acqua del lago, immota. Argo correva allegro di qua e di là, e si mise a inseguire una piccola lepre. Ariana si diede della sciocca: lo aveva invitato, ma ora non sapeva cosa dire.

- Sai, ti capisco – disse all’improvviso Draco, - Anche io ero sempre nervoso, l’anno scorso. Dovevo uccidere Silente, ma anche se era tutta una farsa, non era per niente bello -

Ariana si sedette sulla radice di uno degli alberi più grossi, guardando Argo che annusava il terreno.

- Era stato lui a chiederti di accettare l’ordine di Voldemort, vero? – domandò Ariana.

- Sì, anche se Piton si è messo in mezzo, alla fine – rispose Draco, rimanendo in piedi, - Ma forse è stato meglio così. E a te, Silente che compito ha affidato? Perché non mi sembra proprio che tu sia qui solo per proteggere Potter

Ariana sospirò, abbassando il capo. – Anche se potessi, non te lo direi comunque – rispose, - Non è perché non mi fido… E’ solo che è qualcosa di così vicino a me che… E’ una cosa troppo intima

Guardò il Serpeverde, sapendo che lui avrebbe insistito per sapere. Il biondo la scrutò negli occhi, e sorrise.

- D’accordo, non ti chiederò più nulla – disse, - Però almeno mi dici come mai sei già stata a Durmstrang? -

Grata, Ariana lo guardò e ripose: - Va bene… Ho frequentato ogni anno una scuola di magia diversa. Silente ha voluto così, in modo che ricevessi un’istruzione varia e avessi modo di conoscere realtà diverse. Sono stata a Durmstrang al primo anno, e quelli dell’altra volta erano dei miei vecchi amici

- Amici? – domandò Draco, - Se tratti così gli amici, allora devo stare attento! -

Ariana rise. – No, no. In realtà non ho mai avuto molti amici, se non in Italia – spiegò, - Non gli ero molto simpatica, credo. Fin dall’inizio dell’anno mi hanno presa in giro, soprattutto perché ero un po’ ingenuotta

Si stupì nel sentirsi parlare con leggerezza del tempo passato a Durmstrang: di solito erano ricordi che la ferivano ancora. Draco la stava guardando serio, ora.

- E quell’episodio di cui hanno parlato? – chiese.

Ariana rimase in silenzio, pensando. In fondo, non c’era niente di male se gli raccontava la verità.

- Tra i ragazzi che hai visto, ce n’era uno un po’ più grande, ricordi? Si chiama Ivan, e all’epoca era uno dei ragazzi più belli della scuola. Inutile dire che io ero cotta come una pera, ma stavo zitta. Una volta l’avevo confidato a una ragazzina che credevo mia amica… Sai, quelle cose da bambine.

- Un giorno io stavo camminando per i corridoi con Argo, che era ancora un cucciolo. Incrociai Ivan, che acchiappò Argo scuotendolo come un pupazzo. Non sapevo cosa fare, ma quando la ragazzina che stava con lui gli disse qualcosa nell’orecchio, Ivan si mise a ridere nel sapere che ero cotta di lui. Immagina come mi sono sentita… Ero talmente infuriata per essere stata umiliata in quel modo, davanti a mezza scuola, che gli lanciai un incantesimo per liberare Argo e corsi via. Lui però mi attaccò alle spalle, e io finì in infermeria -

- E poi? –

- E poi, dopo qualche giorno, ci sfidammo a duello. Ero talmente arrabbiata che lo sconfissi. Pensai gli fosse bastato, ma mi sbagliavo. Alla fine dell’anno, mentre lasciavamo la scuola per tornare a casa, Ivan mi seguì con un gruppo di amici, compresa quella ragazzina che aveva spifferato il mio segreto. Io ero sola, e mentre uscivo da Durmstrang me li ritrovai davanti: immagino volessero farmela pagare. Mi attaccarono, e io mi difesi con tutta la determinazione che avevo in corpo. Li sconfissi tutti, ma non feci loro del male: li immobilizzai soltanto. Quando fu la volta di Ivan, lui tentò di usare una Maledizione Senza Perdono, ma non glielo permisi. Lo attaccai, cercando di Schiantarlo, solo lui cadde dalle scale e rischiò di morire. Per fortuna venne salvato dalle infermiere della scuola, e io finì nei guai: tutti i suoi amici dissero che l’avevo fatto apposta. Venni espulsa, anche se avrei lasciato Durmstrang comunque –

Draco la guardava, impassibile. Poi inarcò un sopracciglio, con Ariana che si aspettava una brutta reazione.

- Dovevi essere una bambina prodigio – disse alla fine il Serpeverde, - Per battere un gruppo di ragazzi, per di più più grandi di te -

Ariana rimase in silenzio, colta di nuovo alla sprovvista. – Bé, nemmeno tu scherzi – disse, - Non sono ancora riuscita a batterti

- Ah , ma io sono pur sempre Draco Malfoy – disse il biondo, con un gesto noncurante.

La ragazza si alzò sorridendo, e afferrò un grosso bastone. Argo la raggiunse subito, in attesa.

- Silente mi ha insegnato qualche trucchetto – spiegò, e scagliò il pezzo di legno.

Il dobermann scattò come una saetta e tornò indietro con la preda in bocca. Prima che Ariana potesse strappargli il bastone, Draco si avvicinò e sottrasse il legno ad Argo. Il cane lo puntò, in attesa. Con un gesto velocissimo, il Serpeverde scagliò il bastone molto più lontano di quanto lei fosse capace.

- Esibizionista – ghignò Ariana.

- Essere esibizionista fa parte dei Malfoy – ribatté Draco.

Ariana rise e guardò il biondo giocare con Argo, che difficilmente accettava la compagnia di altri. Il dobermann doveva divertirsi più del solito: quando il Serpeverde tentò di strappargli il bastone, dovette impegnarsi per riuscire a mantenere salda la presa sulla sua preda. La forza di Ariana era sempre stata nettamente inferiore.

- Hai mai avuto un cane? – domandò la ragazza, sedendosi di nuovo sulla radice.

- Si, quando ero piccolo – rispose Draco, - Un pastore tedesco… Anche se mio padre lo odiava a morte –

Sembrò ricordasi improvvisamente di qualcosa: spostò lo sguardo su Ariana e chiese: - Immagino tu non abbia genitori, o sbaglio?

- No, sono morti – rispose Ariana, la voce neutra.

“In effetti, per te sono morti entrambi quel giorno”.

Draco non indagò oltre, e cambiò argomento.

- Raccontami qualcosa di te – disse.

- Del tipo? –

- Non so… Qualcosa di leggero. Tipo ragazzi, cose del genere –

Ariana alzò gli occhi al cielo. – Oh, scommetto che centra con il mio vecchio soprannome – disse, esasperata, - Ti ho già dato una risposta, no? Se vuoi puoi chiamarmi Sgorbietto anche tu, tanto non mi offendo mica –

Drago ghignò. – Non ci penso neanche – disse, - Perché i soprannomi che invento io sono molto più belli –

La ragazza sorrise. – Ah sì? E a me cosa daresti, come soprannome? – domandò, stando al gioco.

Draco ci pensò su un momento, con l’aria assorta. – Uhm… Ho bisogno di tempo. La tua bruttezza è così inclassificabile che è difficile trovare una parola per esprimerla – disse, ridacchiando.

Ariana ridendo gli lanciò dietro un rametto, che lui schivò subito. Si mise a ridere anche lui, con Argo che li guardava perplesso.

- Posso dire che Principe della Perfidia ti calza a pennello? – disse Ariana.

- Principe della Perfidia? Uhm, è originale – disse Draco, portandosi la mano al mento, - Molto meglio di molti altri che ho sentito. Direi che per te va molto bene Regina dei Duelli, che ne dici? –

Ariana sorrise. – Al vostro servizio, mio Principe –

- E io al vostro, mia Regina – disse Draco, producendosi in un vero e perfetto inchino.

La ragazza era stupita con quanta facilità quel Serpeverde riuscisse a prenderla contropiede e a farla ridere. Normalmente non avrebbe gradito una cosa del genere, ma in quel momento non poteva fare a meno di esserne divertita.

- Perché credevi che mi facessi la Granger? – domandò Draco all’improvviso.

- Bé, ho visto che siete entrati insieme nella Stanza delle Necessità, e lei era d’accordo – rispose Ariana, - Normalmente non ci vai con le tue innumerevoli ragazze?-

Draco ghignò. – Allora ogni tanto mi hai visto… - disse, - Lenticchia non si deve preoccupare di me: non ci proverei mai con la ragazza che piace al mio migliore amico

La ragazza lo guardò senza capire.

- Blaise – spiegò il biondo, - Si è preso una cotta per lei… Perché credi che l’altra volta non l’abbia voluta colpire, e invece ha beccato te, con quel vaso? -

Ariana sorrise. – Ah, ecco… Bé, al momento Hermione e Ron stanno insieme, quindi credo che per il momento Blaise debba mettersi il cuore in pace

Draco si strinse nelle spalle. – Non durerà – sentenziò, - La Granger è troppo intelligente per Weasley

- Io non credo, invece – disse Ariana, spazzolandosi dagli stivali il terriccio, - Secondo me stanno bene insieme. Ci sono molte differenze tra di loro, ma gli opposti si attraggono, no? -

Il Serpeverde fece una strana smorfia, come se volesse darle ragione. – Scommettiamo? Non arrivano oltre Natale… E dopo capodanno, non staranno più assieme –

Ariana inarcò un sopracciglio. – Non è che per vincere ci metterai il tuo zampino? – chiese, seria.

- Sono un Serpeverde, ma non sono così bastardo – ribatté Draco.

- Io invece dico che durano – disse Ariana, alzandosi in piedi. Stava diventando buio: era sorprendente come il tempo fosse passato in fretta. – Torniamo? –

Draco annuì e si incamminò verso Hogwarts, con Ariana e Argo alle calcagna. Risalirono il parco con gli ultimi raggi di sole che illuminavano i tetti della scuola di rosso, in silenzio. Gazza li guardò malissimo quando li vide rientrare dal portone di quercia, ma rimase zitto.

Mentre risalivano la scala che portava al piano superiore, incontrarono Blaise e Pansy.

- Draco! Dov’eri? – chiese Pansy, - Non ti abbiamo più visto! -

- Ciao Ariana – la salutò Blaise, gentile.

Lei sorrise e salutò i due Serpeverde, imbarazzata. Ora Draco gli avrebbe detto che gli aveva chiesto di accompagnarla fuori, e chissà loro cosa avrebbero pensato…

- Ero nel parco – rispose evasivo il biondo.

Lo sguardo di Pansy guizzò da Ariana a Malfoy. Prese Blaise per un gomito e lo tirò.

- Oh, d’accordo – disse, - Ci vediamo in Sala Comune -

E prima che Ariana avesse il tempo di salutarli, erano già spariti per uno dei corridoi. Guardò Draco, che sembrava divertito dal loro comportamento. Si strinse nelle spalle come per dirle di non farci caso.

- Grazie, Draco – disse Ariana, tenendo Argo per il collare. – E’ stato… E’ stato piacevole –

Draco sorrise. – Quando la mia Regina dei Duelli vorrà, sono sempre a sua disposizione – si inchinò e le fece un perfetto baciamano.

Ariana ridacchiò e gli fece la riverenza. – D’accordo, mio Principe –

Sorrise e tirò il dobermann per il collare, incamminandosi verso la Sala Comune dei Grifondoro, lasciando Draco solo in mezzo al corridoio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, questa è la situazione: Ariana e Draco alternano fasi di tregua a fasi di assoluto menefreghismo vicendevole. Diciamo che tutti e due hanno delle belle teste dure, ma possono andare d’accordo, come si vede da questo capitolo…

Sul prossimo capitolo mi riservo della “facoltà di non anticipare”: era già pronto, ma credo che lo riscriverò perché non mi piace molto. Sarà decisamente molto più denso di azione dei precedenti!

 

A Lexie__o: furbetta la nostra Ariana, hai ragione! Sarà gelosia la sua? Eh eh, ancora non si sa… Baci e grazie per le recensioni!

 

A Smemo92: Draco… non sarà costretto ancora per molto a tenere nascosto il suo segreto. Prestissimo verrà tutto a galla. E su Ron: , anche a me faceva tenerezza, per questo ho dedicato una piccolissima parte ai suoi problemi di cuore… E’ proprio un tenerone! Baci!

 

A Kaimy__11: ah, Ariana continuerà a trattare male il biondo Serpeverde ancora per molto tempo… Mi sa che Draco ha sbagliato preda… Sarà lei a far impazzire lui! Baci!

 

A Pinca: visto che rapidità? Visto che segui sempre, tieni conto che normalmente aggiorno ogni due giorni, al massimo tre! Finché non finisco non riesco a fermarmi a scrivere! Baci!

 

Grazie a tutti coloro che leggono!

 

Lhea

 

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Capitolo 21
*** L'Ungaro Spinato ***


Capitolo 20

Capitolo 20

L’Ungaro Spinato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un’esplosione squassò il castello di Hogwarts fin nelle fondamenta. I vetri tremarono, mentre il suono di un portone che veniva sfondato arrivava fino alla Torre di Grifondoro.

Ariana si svegliò si soprassalto, spaventata. Con uno scatto si mise a sedere, mentre Argo abbaiò rivolto alla finestra.

- Cosa succede? – domandò allarmata Hermione. Lavanda le guardava, pallida.

Dal parco provenivano delle grida di giubilo. Ariana si alzò e raggiunse di corsa la finestra: nel giardino c’erano delle persone, vestite di nero, che avanzavano con le bacchette sguainate. Fiotti di luce rossa e verde brillavano di qua e di là, cozzando tra loro. Presto i maghi sparirono alla vista, riuscendo a penetrare all’interno della scuola.

Hogwarts era stata attaccata.

Ariana si voltò di scatto, con il cuore che perdeva un battito. Sotto lo sguardo terrorizzato di Hermione e Lavanda, si vestì nel modo più veloce possibile. Argo ringhiava, le orecchie tese.

- Cosa c’è? – gridò isterica la bionda.

- Ci stanno attaccando – rispose secca Ariana. Prese la bacchetta e si infilò gli stivali. – Hermione, fai evacuare immediatamente tutti i Grifondoro. Entro cinque minuti devono essere fuori di qui

- Ma… - la Caposcuola la guardò, senza capire – Dove vai? –

Ariana gettò uno sguardo dalla finestra, il parco ora vuoto.

- Fa quello che ti dico, Hermione. So quello che faccio – Raggiunse la porta e la spalancò. – Argo, con me! –

Uscì di corsa dal dormitorio, ritrovandosi nella Sala Comune ora affollata di studenti terrorizzati. Vide Harry e Ron con Ginny, pallidi e preoccupati, in un angolo. Parlavano a bassa voce. Ariana si diresse verso di loro.

- Ci hanno attaccati! – gridò Ron.

In quel momento la ragazza sentì la voce della Caposcuola che invitava alla calma, in piedi sulla scala a chiocciola. Tutti i ragazzi la guardarono, ma Ariana puntò un dito contro Harry, minacciosa.

- Vattene, chiaro? Scappa, e mettiti in salvo, hai capito? – sibilò.

Harry la guardò impassibile, mentre Ron e Ginny sembravano sconvolti. Ariana si voltò e uscì dal dormitorio, mentre tutti gli studenti ascoltavano gli ordini di Hermione.

Immobile in mezzo al corridoio, trasse un profondo respiro per ritrovare la calma. Sentiva le unghie di Argo ticchettare sopra il pavimento di pietra. Entro cinque minuti la Torre sarebbe stata sgombra, e anche se i Mangiamorte fossero arrivati fin lì per cercare l’Horcrux, avrebbero avuto una brutta sorpresa. Doveva distrarli sperando che Harry fuggisse nel più breve tempo possibile.

- Avada Kedavra! – gridò qualcuno in lontananza.

Guardò verso la scalinata che portava al piano di sotto, dove baluginò una luce verde.

Ariana si lanciò di corsa verso le scale, seguita da Argo che ringhiava sonoramente, la testa sgombra e la bacchetta sguainata, pronta a colpire. Si ritrovò in un corridoio, dove Vitius dava battaglia a due Mangiamorte vestiti di nero. Il piccolo professore arretrava velocemente, sopraffatto dai due.

Favorita dall’effetto sorpresa, Ariana puntò uno degli uomini e gridò: - Stupeficium! –

Il Mangiamorte a destra stramazzò a terra, mentre l’altro veniva assalito da Argo. Vitius si voltò a guardarla. – Drake! – gracchiò sorpreso.

- Quanti sono, professore? – chiese Ariana, tenendo sotto tiro il Mangiamorte restante, che aveva perso la bacchetta e che ora si trovava sotto le zampe del dobermann.

- Non lo so… Credo una dozzina – rispose Vitius, portandosi un fazzoletto al taglio che aveva sulla fronte.

Il Mangiamorte si divincolò dalla presa di Argo, ma Ariana lo Schiantò.

- Ci sono dei Dissennatori, con loro – aggiunse il professore, poi sembrò accorgersi di qualcosa. – Ehi, torna nei dormitori! Qui è pericoloso per te! -

Ariana si lasciò sfuggire un sorriso di sfida. – Non si preoccupi per me – ribatté, e corse diretta alla Sala Grande.

 

 

 

 

 

 

 

 

- Attaccano la scuola! – gridò Blaise.

“Ariana”.

Draco si rese conto che la prima persona a cui aveva pensato era Ariana Drake, e all’improvviso capì quanto tenesse a quella ragazza. Se l’aveva capita, lei era già la fuori, pronta a difendere Harry Potter con le unghie e con i denti.

Si strinse la cintura dei pantaloni, mentre sentiva le grida di paura di alcuni dei suoi compagni di Casa dall’altra parte della porta, nella Sala Comune. Afferrò la bacchetta e guardò prima Blaise e poi Pansy.

- Io vado – disse, - Di sicuro c’è mio padre, la fuori. E voglio dare una mano ad Ariana -

- E noi che facciamo? – domandò Blaise, spaventato.

Draco soppesò la bacchetta, poi rispose: - Forse è arrivato il momento di far capire ai vostri genitori che state da una parte diversa dalla loro

I due si guardarono, incerti, poi estrassero le bacchette. Draco sorrise.

- Fate attenzione – disse.

- Anche tu – ribatté Pansy.

Si gettarono un’ultima occhiata, poi entrarono nella Sala Comune affollata. Senza rispondere alle domande dei loro compagni di Casa, uscirono nel corridoio, diretti alla battaglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si catapultò nella Sala Grande, ormai trasformata in un campo di battaglia. La professoressa Sprite, senza il suo solito cappello, rispondeva agli attacchi di una donna dai capelli scuri e le palpebre pesanti: Bellatrix Lestrange. La Mangiamorte aveva il viso deformato dalla gioia della battaglia.

Getti di luce colorata percorrevano la Sala, mentre la McGranitt se la vedeva con Lucius Malfoy. La Trollope combatteva coraggiosamente contro i Mangiamorte Avery e Rookwood. Vitius arrivò a dare man forte alla Preside. In fondo alla Sala, Remus Lupin combatteva con Macnair.

Tra gli scoppi e le esplosioni, Ariana notò che il portone di quercia era spalancato: fuori, in attesa di ordini, fluttuavano cinque Dissennatori.

La Sprite stramazzò a terra all’improvviso, colpita da un getto di luce rossa. Ariana corse verso di lei, seguita da Argo, mentre Bellatrix finalmente la notava.

- E tu chi sei, bella bambina? – sghignazzò.

Ariana controllò che la professoressa fosse ancora viva, poi puntò la bacchetta contro la Mangiamorte e gridò: - Stupeficium! –

La donna parò l’incantesimo, mentre la testa di una delle statue di marmo saltava via con un sibilo. – Vuoi fare sul serio, piccola – gridò, - Avada Kedavra! –

Ariana schivò il getto di luce verde e si ritrovò vicino alla McGranitt; il dobermann cercò di scagliarsi contro la donna, ma venne respinto. Lucius Malfoy combatteva con il sorriso sulle labbra, la bacchetta che sparava maledizioni a tutta velocità.

- Cosa fai qui, Drake? – chiese la Preside, con il fiato corto.

- Pensi a Potter, professoressa! – ribatté Ariana, mentre Lucius Malfoy posava lo sguardo su di lei.

- Non dire idiozie, Drake – gridò la McGranitt, arretrando - Torna nel dormitorio! –

Ariana la ignorò e scagliò un incantesimo contro Bellatrix, mancandola. La donna sembrava furiosa, ma intanto alcuni Mangiamorte avevano messo fuori gioco Vitius e salivano diretti al piano superiore.

Da una delle scale sbucò Draco Malfoy, seguito da Blaise e Pansy. Guardò inorridito la scena, mentre suo padre scagliava un Avada Kedavra contro la McGranitt, mancandola per un soffio.

- C’è quel traditore di tuo figlio! – gridò Bellatrix.

Ariana ne approfittò. – Sectumsempra! – urlò, ma la Mangiamorte parò il colpo con il volto deformato dalla rabbia.

Lucius si voltò e guardò Draco con occhi di ghiaccio, ma il ragazzo sostenne lo sguardo. Lasciò che fosse Bellatrix a occuparsi della McGranitt, e si voltò verso il figlio.

- Sporco traditore del tuo sangue – gridò, - Tu e tua madre siete indegni di rimanere in vita! -

Tentò di colpire Draco con un getto di luce rossa, ma il ragazzo lo schivò, entrando nella Sala, seguito dai due amici. Lucius li guardò con un sorriso beffardo. – Le vostre famiglie non saranno contente di sapere che siete passati dalla parte sbagliata. Levatevi di mezzo! –

Bellatrix cercava di sopraffare la McGranitt, ma non ci riusciva. La Preside teneva duro, anche se iniziava a essere stanca. Un pezzo di soffitto crollò colpito da una maledizione scagliata da Rookwood, ma la Trollope li stava schiacciando. Avery giaceva svenuto sotto il peso di una statua.

Ariana guardò verso la scala dove aveva visto salire i Mangiamorte, pensando in fretta. Non poteva rischiare di far catturare Harry. Saldò la presa sulla bacchetta e gridò: - Stupeficium! –

Il getto di luce rossa schizzò verso Lucius Malfoy, ma Bellatrix fu rapida a difendere il compagno, e gridò: - Ti attacca alle spalle, la bambina! –

Il Mangiamorte biondo si voltò, sorpreso, e incontrò lo sguardo irato di Ariana. I suoi occhi vennero percorsi da uno strano fremito, e sorrise malignamente.

- Ci penso io, Ariana! Vattene da qui! – gridò Draco.

La ragazza rimase immobile, gli occhi che scattavano dal padre al figlio. Draco era abbastanza forte da tenere a bada suo padre, e lei poteva approfittarne per cercare di fermare i due Mangiamorte che erano andati a cercare Harry. Prima di pentirsi della scelta, richiamò Argo con un fischio, si voltò e corse su per la scala, sentendo la risata di Malfoy senior.

- Così pensi di potere vedertela con tuo padre, Draco? – disse.

 

 

 

 

 

 

 

 

Draco fronteggiò suo padre con gli occhi di ghiaccio e il cuore che batteva all’impazzata. Lo rivedeva, finalmente, e poteva mostrargli che aveva abbastanza coraggio da mettersi contro di lui.

- Dove si nasconde tua madre? – domandò Lucius, il volto contratto in una smorfia di rabbia.

- In un posto dove non la troverai mai – rispose Draco, la bacchetta alzata e puntata verso il Mangiamorte. Con un cenno disse a Blaise e Pansy di seguire Ariana.

- Pensavo che fosse intelligente, oltre che bella – disse Lucius, - Pensavo che avesse abbastanza cervello per riconoscere la parte giusta –

- Infatti – ribatté Draco, - Eravamo stufi di rispettare i tuoi stupidi e insensati ordini –

Voleva vendetta per tutti gli anni passati a soffrire per un padre insensibile, malvagio e pazzo. Narcissa lo aveva amato, ma presto aveva capito che Lucius era solo un uomo senza cuore dedito alla violenza. E Draco con lei.

- Hai tradito la tua famiglia – ringhiò Lucius, - Sono anni che serviamo il Signore Oscuro meglio di tutti gli altri, e tu ci hai traditi. Meriti la morte, per questo -

- Allora vieni a prendermi – disse Draco, gelido.

Durante gli anni, e fino a quando Lucius non era stato catturato e spedito ad Azkaban, si erano allenati nei duelli. Conosceva i punti deboli di suo padre, i suoi metodi e le sue reazioni.

Poteva ucciderlo, ed era quello che forse veramente voleva.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana percorse le scale a tre a tre, sperando di aver preso la decisione migliore. Incrociò Fred e George che correvano dalla parte opposta, le bacchette in mano.

- Nella Sala Grande! – gridò Ariana, indicando con la mano dietro di lei e sorpassandoli a tutta velocità.

I gemelli la guardarono colpiti, ma non si fermarono e tirarono dritti verso il campo di battaglia.

Ariana sentiva in lontananza le grida dei due Mangiamorte che cercavano febbrilmente di raggiungere la Torre dei Grifondoro. Doveva raggiungerli prima che incrociassero Harry.

Qualcuno urlò di paura, e ad Ariana si gelò il sangue nelle vene. Allungò il passo, finché non sbucò nel largo corridoio del terzo piano. Sulle scale c’erano i Grifondoro, terrorizzati, che si trovavano faccia a faccia con i fratelli Carrow.

- Quanti bei bambini! – ghignò Alecto, di spalle rispetto a lei.

Hermione stava in testa alla fila, la bacchetta in mano e l’espressione impaurita ma risoluta.

- Stupeficium! – gridò Ariana.

Amycus cadde a terra, mentre la sorella si girava di scatto. Mezzo secondo più tardi, anche lei era stramazzata sul pavimento, svenuta.

- Ariana! -

- Dov’è Harry, Hermione? – chiese la ragazza.

- Non c’è! E’ sparito prima che potessi fermarlo! – rispose la Caposcuola, disperata.

Ariana sentì l’irritazione crescere: Harry non seguiva mai gli ordini. – Porta fuori tutti i Grifondoro, Hermione. Riunitevi con gli altri Caposcuola e fate attenzione ai Dissennatori. Argo, rimani con loro! –

Prima che la riccia avesse tempo di ribattere, Ariana era già diretta alla Sala Grande, dove sapeva di trovare Harry.

Nella Sala c’erano ancora Lucius Malfoy e suo figlio con alla Trollope, ma la McGranitt era a terra, insieme a Vitius. Fred e George combattevano con Lupin con altri due Mangiamorte. Bellatrix era sparita, e i Dissennatori fuori dal portone non c’erano più.

Ma quanti sono?” pensò disperata Ariana.

Malfoy senior scagliò un’Avada Kedavra verso Draco, e Ariana intervenne. Il getto di luce rossa venne rispedito indietro, mentre la ragazza avanzava infuriata. Lucius la guardò, sorridente.

- Ti piace giocare con il fuoco, ragazzina? – domandò, con la voce strascicata.

- Adoro giocare con il fuoco – ribatté Ariana, - Cosa volete? –

Lucius ghignò, e assomigliò in modo incredibile al figlio. – Solo qualcosa a cui è interessato il nostro Signore – rispose, muovendo lentamente la bacchetta.

- Non c’è più quello che cerca Voldemort – disse Ariana, - Se siete qui per l’elmo, è stato già distrutto -

Lucius sembrò sorpreso, ma si riprese presto. Draco la guardò senza capire. In quello stesso momento Harry caracollò nella sala, la bacchetta in mano. Ariana lo vide, e non fu l’unica.

- Prendete Potter! – gridò qualcuno.

Rookwood si era ripreso e aveva rianimato Avery. Entrambi iniziarono a correre verso il Bambino Sopravvissuto.

Ariana si gettò verso Harry e lo spinse su per le scale, sparando un incantesimo alle sue spalle. Il ragazzo si oppose.

- Lasciami, Ariana! Non metterti in mezzo! – gridò.

- Vattene subito! – ordinò lei a Harry, e tornò ad affrontare Lucius Malfoy.

Draco si avvicinò velocemente, tenendo sotto tiro il padre. Harry la superò e scagliò una maledizione.

- Dove sono Blaise e Pansy? – sibilò Ariana al biondo.

- Erano andati a cercare te e Harry –

Ariana imprecò, mentre la Trollope riprendeva a combattere contro Rookwood e Avery. Fred, George e Lupin vennero separati, mentre i due Mangiamorte con cui combattevano scagliarono in aria una statua di bronzo. I gemelli si guardarono, colti alla sprovvista, ma Lupin riuscì a far schiantare la statua contro un muro prima che colpisse qualcuno.

La ragazza rimase immobile, di fianco a Draco. Lucius Malfoy li fissava divertito, con Harry che lo attaccava disperatamente. 

- Mi stupisce che tu conosca l’esistenza dell’elmo – disse il Mangiamorte, scagliando Harry sulle scale con un colpo di bacchetta – Ma non siamo qui solo per quello –

- Cos’è la Chimera? – chiese Ariana, scagliando uno Schiantesimo verso di lui.

- Nonderna! – Lucius parò il colpo e ghignò. – Qualcosa che tu non puoi nemmeno immaginare

Ariana gettò uno sguardo indietro, dove Harry la fissava. – Vattene! – gridò, - Draco, portalo via! -

- Lodevole con quanto coraggio difendi il tuo amico – disse Lucius, indicando Harry che non accennava a muoversi.

Draco afferrò Harry per le spalle e cercò di trascinarlo su per le scale. – Voglio affrontare quel maledetto di Malfoy! Dov’è Piton?! – gridava.

Lucius sorrise. Ci fu una forte esplosione, e Ariana fu sicura che Bellatrix fosse appena entrata del dormitorio dei Grifondoro, alla ricerca dell’elmo.

- Sectumsempra! – gridò Ariana, ma la sua maledizione colpì il soffitto, e una pioggia di pietre e intonaco cadde rumorosamente a terra.

- Avada Kedrava! – urlò Lucius, - Non puoi sperare di fermarmi, ragazzina! –

Ariana si gettò di lato, raggiungendo uno dei pilastri portanti. Scagliò un incantesimo verso il Mangiamorte, sentendo le grida della Trollope.

- Fred, George! Difendete Harry! – gridò Ariana.

La ragazza sentì all’improvviso un dolore forte alla gamba, mentre la fattura di Malfoy senior colpiva il suo obiettivo. Un taglio profondo e doloroso si aprì sulla sua coscia, e lei si lasciò scappare un gemito.

I gemelli Schiantarono il Mangiamorte davanti a loro, lasciando Lupin alle prese con Macnair. Raggiunsero Harry e lo afferrarono per le braccia, uno da una parte e uno dall’altra, e lo trascinarono su per la scala.

- Chi credi di essere, ragazzina, per pensare di poterti mettere contro di me? – rise Lucius, la veste che fluttuava nel vento che proveniva dal portone aperto.

Ariana si portò una mano alla gamba. Alzò la bacchetta e rispose, provocatoria: - Qualcuno di cui tu non conosci nemmeno l’esistenza! Avada Kedavra! –

Lucius schivò la maledizione per un pelo, il volto pervaso dalla sorpresa. Non contrattaccò, e guardò la ragazza con gli occhi di ghiaccio. Anche Draco sembrava sorpreso dalla sua freddezza, e rimase immobile, indeciso se intervenire oppure no.

- Cos’è, Malfoy, ti stupisce che una ragazzina come me abbia il coraggio di usare una Maledizione Senza Perdono? – chiese Ariana.

Il Mangiamorte la guardò, l’espressione imperscrutabile. Roteò la bacchetta e sorrise.

- Dimmi il tuo nome, ragazzina -

- Ariana Drake –

- Saresti un’ottima Mangiamorte, Drake – disse Malfoy, nello stesso momento in cui la Trollope riusciva a schiantare nuovamente Avery.

Ariana teneva la mano sulla gamba, che pulsava. Fred e George erano spariti, riuscendo a portare con loro Harry. Draco le si affiancò, pallido e con un taglio sul braccio.

- Di sicuro lo sarei molto meglio di te – ribatté lei, - Stupeficium! -

- Avada Kedrava! –

Ariana sentì la colonna a pochi metri da lei crollare fragorosamente, e la Trollope si spostò per evitare di finire sotto le macerie. Rookwood la colpì con uno Schiantesimo, e la professoressa cadde, svenuta. Lupin parò la maledizione di Macnair.

- Cerca Potter! – ordinò Malfoy a Rookwood.

Ariana scattò con tutta la velocità che le permise la gamba ferita - Stupeficium! –

La luce rossa finì contro la statua, e Rookwood riuscì a sparire su per la scalinata. Ariana imprecò e tornò a concentrarsi su Malfoy: aveva paura che Harry venisse catturato, o peggio, ucciso. Draco aveva la bacchetta puntata contro suo padre, ed era pronto a sparare una maledizione.

- Dimmi cos’è la Chimera! – disse Ariana.

Lucius sorrise malvagio. – Non sei degna di conoscere il più grande segreto del Signore Oscuro – rispose, - Ma puoi diventare una Mangiamorte, se lo desideri –

Ariana ghignò, mostrando quanta più freddezza possibile. – Nemmeno se mi torturate! – ribatté.

- Vattene di qui! – le gridò Draco, - Me la vedo io con mio padre! -

Lanciò un incantesimo contro il soffitto, e Malfoy venne distratto dai calcinacci che caddero dal tetto. La ragazza corse verso la scalinata, tenendosi bassa per evitare le maledizioni. Lucius la seguì, gridando: - Non mi scapperai, ragazzina! –

Ariana raggiunse il terzo piano e imboccò un corridoio, di corsa. Si voltò di scatto per lanciare un’Avada Kedrava, poi tornò a correre. La gamba le faceva male, ma il dolore non era in grado si fermarla.

Con un’imprecazione, scivolò sul pavimento, inchiodando. Bellatrix Lestrange era davanti a lei, gli occhi fuori dalle orbite, e i cinque Dissennatori al fianco.

Ariana sentì un gelo malefico invaderla, e la mano che teneva la bacchetta diventare sudata.

- Expecto Patronum! – gridò.

Davanti agli occhi di Bellatrix, un drago d’argento con le fattezze di un Ungaro Spinato proruppe dalla punta della bacchetta, ruggendo. Il corpo gigantesco invase tutto il corridoio, e con un ruggito che fece tremare le pareti si scagliò contro i Dissennatori, disperdendoli.

Ariana li superò di corsa, mentre il drago svaniva in una nuvola di fumo con un ultimo ruggito. Bellatrix si riprese e iniziò a inseguirla, insieme a Lucius. Draco doveva essere stato bloccato, perché non era con loro…

- Non c’era! – gridò la donna, - Non c’era! -

- Non importa, il Signore oscuro ha già quelli che gli servono –

Ariana ascoltò la risposta di Malfoy, annotando tutto nella mente e sperando che Draco stesse bene. Raggiunse la scala del quarto piano e salì, sentendo le voci di Harry e dei gemelli che discutevano. Si fermò in cima alla scala.

- Bombarda! -

La scala espose in mille pezzi, lasciando solo un troncone barcollante. Bellatrix, Lucius e i Dissennatori si fermarono, per il momento senza possibilità di raggiungerla. Lei girò a destra e vide Harry, Fred e George in fondo al corridoio. Li raggiunse di corsa, il fiato corto.

- Harry, ascolta i miei ordini! – urlò la ragazza, infuriata. – Vattene di qui! –

- No! – ribatté il Bambino Sopravvissuto, - Non scappo come un coniglio! –

Ariana non aveva altra pazienza da sprecare con lui, così lo spinse lontano. – Fred, George, prendetelo di forza e andatevene! – ordinò.

I due gemelli rimasero immobili, con Harry che diceva: - Io non me ne vado! -

Ariana sentì la rabbia montare: quello non era il momento per discutere. Alzò la bacchetta e la puntò contro Harry.

- Non è da conigli salvarsi la vita – sibilò, mentre qualcuno gridava a poca distanza. – Scappa. Questo è un ordine di Silente! -

Per tutta risposta Harry si gettò dietro di lei, dove erano appena comparsi Bellatrix e Lucius. I Dissennatori avanzarono veloci, fluttuando sul pavimento come fantasmi.

- Expecto Patronum! -

Il cervo di Harry uscì dalla bacchetta e colpì uno dei Dissennatori, scagliandolo lontano. Ariana e i gemelli corsero verso di lui, mentre il Bambino Sopravvissuto cercava di colpire Bellatrix.

- Il piccolo Potter ci vuole fare male! – cinguettò la donna.

Ariana era talmente infuriata che scagliò a velocità inaudita il suo Patronus. L’Ungaro Spinato si frappose tra loro e i Mangiamorte, davanti al cervo di Harry. La ragazza afferrò il Prescelto per le spalle e lo scaraventò contro il muro, mentre il drago d’argento ruggiva, tenendo a bada sia i Dissennatori che Bellatrix e Lucius.

- Harry, se non te ne vai, giuro che sarò io a ucciderti! -

- Non sei nessuno! Non puoi dirmi cosa devo fare! –

Ariana colpì Harry con uno schiaffo in faccia con tutta la forza che le rimaneva. Il ragazzo sembrò tornare in se stesso, e lo spinse verso i gemelli. – Portatelo fuori! –

I due afferrarono Harry per un braccio e lo trascinarono via, senza voltarsi indietro. Sparirono nel giro di qualche secondo.

Ariana richiamò il drago, pronta a guadagnare tempo.

L’Ungaro Spinato si scagliò contro uno dei Dissennatori ed emise una vampa di fuoco grigio. Quello non fece in tempo a scansarsi e venne colpito in pieno, dissolvendosi con uno strano risucchio e lasciando solo il mantello vuoto.

- Ma che razza di Patronus è? – gridò Bellatrix, isterica.

Gli altri quattro Dissennatori vennero scagliati in aria e poi uccisi dal drago d’argento, sotto lo sguardo allibito di Bellatrix e Lucius.

- Avada Kedrava! – gridò Bellatrix

Il Patronus si mosse e fece da scudo con il suo corpo, esplodendo in una nuvola di scintille argentate. Lucius afferrò il braccio della donna.

- Ferma! Non ucciderla! – ordinò.

Bellatrix lo guardò sconvolta. – Non darmi ordini, Malfoy! –

Ariana li attaccò, ma Lucius fu più rapido, scagliandole una maledizione. La ragazza venne spinta indietro, contro il muro.

- Potrebbe decidere di passare dalla parte giusta – sibilò Malfoy, - Ricordati per cosa siamo venuti… -

Bellatrix lo guardò senza capire, la bacchetta puntata verso Ariana. E se la Mangiamorte non aveva compreso le parole dei Malfoy, forse Ariana aveva capito: forse la Chimera era lei…

- Avada Kedavra! – gridò, ma i due si fecero scudo con un incantesimo.

Bellatrix sembrava folle. – Tu, stupida ragazzina! Con quale coraggio osi usare una Maledizione su di me! – gridò. – Gravedas! –

Ariana volò due metri più indietro, mentre il taglio sulla gamba si apriva ancora di più. Malfoy afferrò le braccia di Bellatrix, infuriato.

- Stai ferma! – gridò, - Andiamocene! -

Trascinò la donna lungo il corridoio, ma quella si divincolò. Ariana si appoggiò contro il muro, senza fiato né forze, sperando che se ne stessero andando veramente. Non sarebbe stata in grado di andare avanti ancora lungo.

- Riuniamo tutti e andiamocene – disse Lucius, - La ragazza ha fegato. Forse il Signore Oscuro vorrà averla dalla sua parte -

Bellatrix si girò un’ultima volta, ed estrasse qualcosa da una tasca. Ariana non ebbe i riflessi abbastanza pronti per schivare il pugnale dall’elsa nera, che con un sibilò si conficcò nella sua spalla destra. Con un ghigno malvagio, la donna seguì Lucius Malfoy per il corridoio, ridendo.

Poi i due Mangiamorte sparirono per un corridoio, mentre Ariana si accasciava a terra con un gemito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, che mi dite? Diciamo che come capitolo è abbastanza movimentato… Ci andava proprio un po’ di azione!

Fatemi sapere se vi è piaciuto, anche se per me non è proprio il massimo… Comunque…

 

 

Nel prossimo capitolo: Draco finalmente si renderà conto di qualcosa di molto importante, e Ariana dovrà dare un sacco di spiegazioni… Soprattutto a Harry.

 

 

 

Kaimy_11: già, qui le cose si evolvono in fretta… Chissà cosa combineranno i nostri due eroi… Hihi… Baci!

 

Pinca: allora, che mi dici di questo capitolo? Ti ha sorpreso abbastanza? Ecco perché non ho voluto anticipare nulla… Se no poi rovinavo la sorpresa. Sui soprannomi, hai ragione: in effetti Draco poteva darsi un po’ più da fare… Ma cosa vuoi, il fumo annebbia il cervello. XD Baci!

 

PetaloDiCiliegio: sono contenta che ti piaccia! Normalmente anche io sono restia verso i nuovi personaggi, però quando mi è venuta l’idea di Ariana non ho potuto fare a meno di scriverla! In ogni caso, ho cercato di integrarla il più possibile con la storia originale… Spero di esserci riuscita abbastanza! Continua a seguirmi! Baci!

 

Lexie__o: già, che teneroni! Vedrai, vedrai, la situazione si evolverà in fretta… E per la Chimera, una piccola risposta ti è stata data in questo capitolo. Nei prossimi la questione verrà approfondita. Baci!

 

Smemo92: sì, in effetti il mio Draco Malfoy è leggermente diverso dal normale… Però comunque in certe situazioni sarà sempre il solito Serpeverde. O forse è la vicinanza di Ariana a renderlo diverso? Baci!

 

Grazie a tutti coloro che leggono e non lasciano un segno del proprio passaggio!

 

P.S.: prossimo aggiornamento: giovedì!

 

Lhea

 

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Capitolo 22
*** Indagini a Hogwarts ***


Capitolo 21

Capitolo 21

Indagini a Hogwarts

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Draco correva disperato per i corridoi bui. Era solo, la bacchetta pronta a colpire stretta in mano, e il cuore che batteva all’impazzata. Non aveva mai provato tanta paura in tutta la sua vita: sperava di ritrovare Ariana ancora viva.

Aveva incrociato Fred e George nei corridoi, che tentavano disperatamente di convincere Harry ad andarsene. Il Bambino Sopravvissuto sbraitava come un demente, e lui non aveva resistito a tirargli un pugno in faccia, quando lo aveva quasi aggredito.

Era furioso per il fatto che suo padre fosse riuscito a fregarlo, chiudendolo nella Sala Grande, e incontrare Potter che aveva tanta voglia di farsi ammazzare quando Ariana stava facendo di tutto per farlo uscire vivo dalla battaglia lo fece andare fuori di testa. Per fortuna che al momento gli importava solo di trovare Ariana, altrimenti lo avrebbe fatto a pezzi senza neanche aver bisogno di usare la bacchetta.

C’erano un sacco di cose che non capiva, soprattutto il fatto che suo padre aveva preferito inseguire Ariana invece che tentare di fare fuori lui… Poi, aveva dato l’impressione che sapesse qualcosa di strano… In ogni caso, avrebbe cercato la risposta alle sue domande più tardi: adesso aveva per la testa qualcun altro.

La battaglia nel castello sembrava terminata, perché non si udivano più grida ed esplosioni. Era stato un’idiota: perché l’aveva lasciata da sola?

Svoltò a destra, e la finalmente la vide.

Ariana era seduta per terra, con la schiena appoggiata al muro. Aveva un coltello conficcato nella spalla, che sanguinava copiosamente, e un profondo taglio sulla gamba. Teneva gli occhi chiusi, ma respirava ancora.

- Ariana! – gridò lui.

La raggiunse in due falcate, e la ragazza aprì gli occhi. Il suo volto si deformò in una smorfia di dolore, mentre guardava l’elsa del pugnale che spuntava dalla spalla. Lasciò cadere a terra la bacchetta.

- Harry? – domandò con voce flebile.

- Per una volta nella tua vita, pensa a te stessa! – ribatté Draco, inginocchiandosi di fianco a lei. Spostò la bacchetta caduta e tentò di pensare il più velocemente possibile: doveva andare in infermeria. Forse quelle ferite non erano letali, ma la ragazza aveva il viso pallido più di quanto lui potesse sopportare.

Ariana si spostò leggermente, appoggiando la testa alla parete e afferrò l’elsa del pugnale che aveva conficcato nella spalla.

- Che vuoi fare? – chiese Draco, fermandole la mano.

Ariana lo guardò un momento negli occhi, determinata. – So quello che faccio – mormorò.

Draco si fidava abbastanza, e lasciò che lei facesse quello che aveva in mente. Ariana trattenne il respiro e con un gemito di dolore estrasse il pugnale dalla spalla. Con il fiato corto lo lasciò cadere sul pavimento con un tintinnio. Rimase immobile, gli occhi chiusi, cercando di riprendere lucidità. Poi, si appoggiò sulle mani e cercò di rimettersi in piedi.

Draco la tirò su di peso, tenendola per i fianchi. La sentì barcollare, senza forze, e la tenne in piedi.

- Che non ti passi nemmeno per la testa di prendermi in braccio – disse Ariana, appoggiando una mano sul muro.

Il biondo sorrise, sentendo che stava abbastanza bene da avere la prontezza di spirito per minacciarlo. Un attimo dopo però la sentì vacillare ancora, e tornò serio. Ariana era bianca come un lenzuolo, e le gambe le tremavano troppo per reggerla in piedi.

- Per una volta dovrai tenere a bada il tuo orgoglio – disse, e la prese in braccio.

Ariana non aveva abbastanza forze per opporsi, ma protestò: - Giura che nessuno lo saprà mai –

- D’accordo -

Draco raccolse la bacchetta di Ariana e il pugnale, poi si mise a correre verso l’infermeria, gettandole ogni tanto un’occhiata per accertarsi che fosse ancora cosciente. La pelle della ragazza era fredda e sudata, e il respiro flebile.

“Non mi morire proprio adesso” pensò disperato.

Quando varcò la soglia dell’infermeria, Ariana aveva perso i sensi, e la maglia era zuppa di sangue. Madama Chips lo guardò allarmata e disse: - La metta sul letto! –

Draco adagiò Ariana sulla prima branda che trovò. Il taglio sulla gamba era più profondo di quanto avesse pensato, e si rese conto che aveva anche lui i vestiti macchiati di sangue.

Madama Chips arrivò con un vassoio di pomate e bende, poi prese un separé e lo piazzò davanti al letto della ragazza, intimando a Malfoy di non avvicinarsi ne disturbarla.

Draco attese, chiedendosi perché non c’era nessuno degli altri nell’infermeria. Si appoggiò su un letto, sentendo Madama Chips che praticava i suoi incantesimi dietro la tenda bianca.

- Che razza di arma era? – domandò all’improvviso.

Il biondo si riscosse e si avvicinò al separé, il pugnale dall’elsa nera in mano. Doveva essere di quella spostata di sua zia, perché solo lei in famiglia aveva l’hobby del lancio dei coltelli.

Madama Chips lo raggiunse e afferrò l’arma, esaminando la lama con sguardo critico.

- Uhm… Come immaginavo – sentenziò, - E’ avvelenata -

Draco si allarmò. – Si salverà? – domandò, con voce spezzata.

L’infermiera gli scoccò un’occhiata offesa. – Certo che si salverà. Dubiti delle mie qualità? –

Impettita ritornò dietro il separé e continuò il suo lavoro. In quel momento, nell’infermeria entrò la professoressa McGranitt, decisamente provata. Guardò Malfoy con lo sguardo pieno di sollievo, poi disse: - Anche lei sta bene… La signorina Drake? –

Draco fece un cenno verso la tenda bianca che copriva Ariana e la Chips alla vista. – E’ ferita, ma si riprenderà – rispose.

- Grazie al cielo, non è morto nessuno – esalò la McGranitt, - Tra poco verrà qui Potter, e credo che debba prepararsi a dargli delle spiegazioni, signor Malfoy. E’ furioso -

La Preside sparì, lasciando Draco da solo con i suoi pensieri. Dare delle spiegazioni a Potter, niente di più difficile. Già per convincerlo ad andarsene aveva dovuto prenderlo a pugni, figuriamoci a fargli credere che era dell’Ordine: avrebbe dovuto lanciargli un Avada Kedavra.

Odiava quando Potter faceva di tutto per stare in mezzo… A volte sembrava malato di protagonismo.

Madama Chips uscì da dietro la tenda, e spostò il separé. Ariana era stesa sul letto, un po’ meno pallida ma ancora priva di sensi. I capelli castani erano sparsi sul cuscino bianco, e respirava piano, in modo quasi impercettibile. La spalla era fasciata, e spuntava da sotto il lenzuolo candido.

La cosa che colpì di più Draco, fu il fatto di vedere per la prima volta gli occhi di Ariana chiusi. Rimase paralizzato dov’era, e solo all’ora capì che voleva che quegli occhi verde smeraldo si riaprissero di nuovo, per guardarlo con sfida, orgoglio e determinazione come avevano sempre fatto.

Non era possibile… Non poteva essersi innamorato… Non di lei… Non di Ariana. Bellissima, certo, ma totalmente diversa da lui. Troppo… Troppo semplice per Draco Malfoy, abituato ad aver a che fare con ragazze sofisticate, maliziose, vanitose. Troppo… Non trovava parole per descrivere come fosse Ariana. A volte era distante, quasi fredda, altre volte sembrava una ragazza qualsiasi.

Come quando l’aveva vista giocare con Argo, quel cane così grosso da trascinare via chiunque, eppure che lei trattava quasi come una persona, con una dolcezza che aveva creduto non potesse appartenerle. Faceva paura, a volte, tanto che più di una volta si era reso conto che qualcuno aveva timore nel rivolgerle la parola…

Ma a Draco piaceva per questo: perché Ariana non era facile… Non era scontata, non era per tutti. Era Ariana, e basta. Diversa da tutti e uguale agli altri. Vicina e distante nello stesso momento. Forte e delicata insieme. Perché per quanto si desse da fare nel sembrare imbattibile, era sempre e comunque una ragazza. E lui lo aveva capito.

La porta dell’infermeria si spalancò di colpo, e Harry Potter entrò con la furia di un toro scatenato. Aveva un occhio nero, dove lui lo aveva colpito con il famoso pugno. Andò dritto dritto verso di lui, seguito da Hermione e Ron, che sembravano timorosi.

- Tu… Perché non me lo hai detto? – gridò il Bambino Sopravvissuto, puntandogli un dito contro, - Che eri dell’Ordine? -

Draco lo guardò con lo sguardo più distaccato di cui era capace.

- Fattene una ragione, Potter – disse gelido, - Non ci sei solo tu che combatti il Signore Oscuro -

Harry lo guardò con un’espressione tale che il biondo pensò che da un momento all’altro potesse emettere fumo dalle narici. – Da quanto? – biascicò.

- Dall’anno scorso – rispose Draco, senza guardalo. – Hai altro da chiedere? Perché se no te ne puoi benissimo andare -

- Certo. Lei mi deve dare delle spiegazioni – sbottò Harry, indicando Ariana, - E non solo a me. La McGranitt non sapeva nulla, e nemmeno Fred e George -

- Al momento non è in vena di parlare, se non hai notato – ribatté Draco, caustico, - Torna quando si sarà svegliata –

- Eh no! Io voglio sapere adesso! – protestò Harry.

Draco si alzò dal letto e raggiunse il Bambino Sopravvisuto, minaccioso. Gli puntò un dito contro il petto, mentre Hermione e Ron lo guardavano pronti a intervenire.

- Senti, Potter – disse con voce così fredda che il ragazzo sembrò sul punto di fare un passo indietro – Si è sbattuta per salvarti il culo, chiaro? E se tu non fossi stato così coglione da fare il solito bambino malato di protagonismo quale sei, io avrei avuto il tempo di evitare che finisse accoltellata da mia zia. Quindi, se non vuoi che ti faccia nero anche l’altro occhio, ed è il minimo che potrei farti, ti consiglio di uscire da qui e non farti vedere per un po’ -

Hermione prese Harry per un braccio. – Avanti, Harry, ha ragione. Ariana non può parlare al momento. Torniamo più tardi – disse.

I tre uscirono, e Draco ritornò a sedersi sul letto di fronte e quello di Ariana, furioso. Tutta colpa di quell’idiota di Potter… Se non fosse stato per lui, sarebbe rimasto con lei.

Si lasciò scappare un’esclamazione irata, mentre Madama Chips lo guardava perplessa.

- Può andare, se vuole – disse.

- No, rimango. Quando si sveglierà? –

- Credo fra qualche ora. Avrà solo bisogno di prendere una pozione Rimpolpasangue ogni tanto. Deve solo riposare un po’ –

Draco si sbottonò i bottoni della manica della camicia, pronto ad attendere il necessario. Voleva essere lì quando Ariana si sarebbe svegliata.

Guardò la ragazza addormentata, le guancie che una volta aveva visto rosse ora pallide. Ariana si mosse impercettibilmente, ma non fiatò.

“Lo avresti mai detto, Ariana?” pensò con un misto di divertimento e sorpresa, “Avresti mai detto che un giorno avresti fatto innamorare Draco Malfoy?”

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si svegliò lentamente, sentendo la spalla percorsa da una fitta di dolore. Si girò su un fianco, godendo del calore che sentiva sotto le coperte. La pelle sfregò sulla stoffa liscia del lenzuolo, mentre la luce di una finestra le arrivava dritta in faccia.

Spalancò gli occhi e si tirò a sedere di scatto, ricordandosi solo in quel momento cosa era successo.

Era in infermeria, sdraiata sul letto in fondo alla stanza illuminata dal sole di dicembre, e Draco Malfoy la stava guardando, con un sorriso stampato in faccia.

- Ma che… - borbottò Ariana, - Che ore sono? -

- Le dieci – rispose Draco, appoggiato al letto di fronte, con le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti.

Ariana sentì le forze venirle meno, e si lasciò ricadere sul cuscino. Madama Chips arrivò di corsa, con in mano un bicchiere colmo di una sostanza rossastra.

- Oh, finalmente si è svegliata – disse, - Tenga, beva questo che le farà bene -

Ariana prese il bicchiere, sentendo ancora addosso lo sguardo di Draco, e bevve. Mandò giù tutto d’un fiato, facendo una smorfia.

- Ma è orribile! – disse alla fine, restituendo il bicchiere alla Chips.

- Oh, non faccia così – disse la donna allontanandosi, - E’ il prezzo da pagare per aver fatto l’incosciente –

Draco ridacchiò sotto i baffi, e lei guardò l’infermeria. Era vuota, a parte loro due, quindi nessuno doveva essersi fatto male.

- Perché continui a ridacchiare? – domandò infastidita Ariana, visto che Malfoy non smetteva di guardarla. Poi si rese conto di essere in pigiama.

- Ehi! – disse.

Draco rise davanti alla sua faccia offesa. – Guarda che anche in pigiama sei bellissima lo stesso – ghignò.

Ariana scese dal letto sbuffando, ma Madama Chips la fermò prima che lei riuscisse a trovare le scarpe.

- Dove crede di andare? – gridò, - Si rimetta immediatamente a letto! -

La ragazza la guardò dubbiosa: non si sentiva poi così male. Cioè, la ferita alla spalla si sentiva un po’, ma non certo tanto da costringerla a letto. All’improvviso però le forze le vennero di nuovo meno, e si lasciò cadere sul letto.

- D’accordo – sbuffò, sistemandosi i cuscini in modo da poter stare seduta comoda. Draco la guardava come se da un momento all’altro stesse per mettersi a ridere.

-Allora? – domandò lei, - Dove sono gli altri? –

- Nell’ufficio della McGranitt – rispose Draco, - Stanno parlando con gli Auror del Ministero. Sono qui per scoprire come hanno fatto i Mangiamorte ad entrare –

Ariana sbirciò dentro la maglia del suo pigiama azzurro per guardare la ferita alla spalla, ma era bendata. – E’ morto qualcuno? – chiese.

- No, l’unica che per poco non ci rimetteva le penne sei stata tu – rispose il Serpeverde.

- Esagerato… - borbottò Ariana, - Mi sono solo acchiappata un coltello nella spalla, per di più avvelenato, mi sembra. Argo? E Blaise e Pansy? –

- Credo sia nei dormitori – rispose il biondo, - Blaise e Pansy sono nei sotterranei di Serpeverde, alle prese con varie Strillettere mandate dai loro genitori… Ma non so nient’altro: al momento ho visto solo Potter –

- Dove sei stato fino ad adesso? – chiese Ariana, cercando la sua bacchetta negli abiti laceri appoggiati sul comodino.

- Qui –

La ragazza si bloccò e guardò Draco, perplessa. Alzò un sopracciglio. – E perché? –

- Per aspettare che ti svegliassi – rispose il biondo.

- Oh, davvero molto romantico – ribatté Ariana, - Dov’è la mia bacchetta? –

Draco si avvicinò e gliela porse, con il suo solito ghigno stampato in faccia. – Guarda che non ti sto prendendo in giro – disse, - E’ la verità

Ariana afferrò la bacchetta. – Certo… Comunque, immagino che… -

In quel momento entrò Harry, da solo, con un occhio nero e l’espressione feroce. Andò dritto dritto verso di lei, ma Draco si frappose. Il Bambino Sopravvissuto si fermò di colpo e disse, minaccioso: - Fammi parlare con lei

Ariana si rese conto che ormai si era scoperta, e avrebbe dovuto spiegare tutto a Harry. Sospirò e disse: - D’accordo Harry, parliamo

- Fatelo più tardi – ribatté Draco.

Ariana non capì il gesto del biondo, ma non le diede fastidio. In effetti non era in gran forma, ma poteva ancora tenere a bada Harry Potter.

- Draco… Lascialo passare, per favore – disse, - Non sto mica morendo -

Il Serpeverde si fede da parte e Harry si avvicinò al letto.

- Draco, ti dispiacerebbe uscire? -

Il biondo grugnì, però lasciò immediatamente l’infermeria. Quel giorno sembrava particolarmente collaborativo, cosa strana per lui. Ariana si sistemò meglio sul letto e guardò il ragazzo.

- Chi sei? – chiese Harry. – Perché ti sei messa in mezzo? Perché hai menzionato Silente? Perché sai degli Horcrux? -

Ariana rimase un attimo in silenzio, per decidere da dove cominciare a rispondere.

- Harry… - incominciò, - Mi ha mandato Silente per aiutarti. Ho conosciuto il Preside molti hanni fa, e molto prima di te. Mi ha incaricato di proteggerti quando lui non avrebbe potuto più farlo. E mi ha anche chiesto di trovare gli Horcrux per te -

Il Bambino Sopravvissuto sembrava senza parole. La stava guardando con la bocca aperta, gli occhi che saettavano.

- Il Preside non voleva che tu lo sapessi – continuò Ariana, cercando di sembrare dolce, - Mi aveva chiesto di cercare di mantenere l’anonimato… -

- Perché? – chiese Harry, arrabbiato, - Perché non voleva che lo sapessi? –

Ariana sapeva di dover essere il più delicata possibile. Rischiava di farlo infuriare ancora di più, se gli avesse dato la risposta sbagliata.

- Harry, Silente ti voleva molto bene… Ti considerava quasi un figlio – disse, guardandolo in faccia, - Non voleva lasciarti solo ad affrontare Voldemort, perché sapeva di non poter vivere in eterno. Così ha mandato me, capisci? -

Il ragazzo si voltò, guardando il soffitto con aria pensierosa. – Pensava non fossi in grado di farcela da solo? – mormorò, - Non mi credeva all’altezza. Ecco perché ha voluto che tornassi a Hogwarts… E per questo che volevi che me ne andassi, stanotte? Volevi proteggermi? –

- Harry, sai meglio di me cosa diceva il contenuto della profezia che ti fece ascoltare Silente due anni fa – disse Ariana, - Non puoi sconfiggere Voldemort se finisci ucciso prima di aver distrutto gli Horcrux, capisci? -

Harry guardò la ragazza attraverso le lenti rotonde degli occhiali. – Perché ha mandato proprio te? –

Ariana abbassò la testa, con un sospiro. Cosa rispondere?

- Ha mandato me perché non siamo poi così diversi – disse, - Voldemort ha ucciso i miei genitori, proprio come i tuoi. Ho vissuto sempre da sola. Voglio una parte della vendetta anche io -

Harry sembrò convinto dalle sue parole. – Quindi è per questo che vuoi aiutarmi? –

Ariana annuì. – Mi dispiace non averti detto nulla, ma Silente pensava che forse non avresti gradito… -

Harry fece un sorriso amaro. – Inizio a credere che Silente non si fidasse poi così tanto di me – disse.

- Ti sbagli, Harry. Si fidava molto di te. Ma ti voleva bene, e come ti ho già detto, non voleva lasciarti solo – Ariana cercava di essere il più convincente possibile, - Lascia che ti aiuti. In due sarà tutto più facile -

- D’accordo – disse Harry, - Ma dovrai dire quello che hai detto a me anche a tutti gli altri. La McGranitt vuole sapere –

Ariana annuì. – Fornirò a tutti le dovute spiegazioni, ma ora non me la sento – sorrise amaramente, - Credo di potermi prendere un pomeriggio di riposo… Fra qualche giorno ne riparleremo con calma. Ah, Draco ti ha già detto che è dell’Ordine? –

Harry alzò gli occhi al cielo. – Sì. Ora torno dalla McGranitt, perché ci sono gli Auror del Ministero che stanno interrogando tutti… Grazie, comunque, per quello che hai fatto questa notte

Ariana sorrise. – Non mi devi ringraziare. Lo faccio perchè lo voglio fare – rispose, sapendo che non era la pura verità. – A dopo –

Harry uscì, lasciando la ragazza felice di non aver subito una scenata in piena regola. Draco rientrò nell’infermeria scambiando uno sguardo omicida con il Bambino Sopravvissuto, ma non si parlarono.

Ariana rise sotto i baffi. – Sei stato tu a fargli un occhio nero? – chiese.

- Già… Una sensazione davvero indescrivibile – rispose Draco, guardando verso la porta che si chiudeva.

- E come mai avete fatto a pugni? –

Draco si voltò verso di lei, puntando i suoi occhi color tempesta in quelli verdi di Ariana. – Mi ha fatto uscire fuori di testa. Non voleva andarsene, e io volevo venire a darti una mano. Odio chi mi fa perdere tempo –

Ariana guardò il biondo, incerta su quello che doveva dire.

- Io l’ho preso a schiaffi. Tu gli hai tirato un pugno. Brutta nottata per Harry, eh? –

Draco annuì.

- Senti, io me torno a dormire… E non rimanere qui perché mi dai fastidio – disse Ariana, mezza seria mezza divertita, - Fammi un favore, vai da Hermione e dille di portarmi qualche vestito normale, che non voglio stare tutto il tempo in pigiama. E vai a dormire anche tu, poi -

- D’accordo – ghignò il biondo, - Cosa preferisci? Autoreggenti nere, o completo rosa da brava ragazza? –

- Ah ah ah – fece Ariana, - Spiritoso. Guarda che il braccio mi funziona abbastanza da usare la bacchetta… Ti ho avvertito

Draco se ne uscì, salutandola con una mano e ridendo come un cretino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Oggi non ho il tempo per rispondere alle recensioni, mi dispiace!

 

Nel prossimo capitolo: Ariana studierà un piano insieme al magico Trio, ma si ritroverà davanti a qualcosa che non aveva previsto…

 

 

Prossimo aggiornamento: sabato!

 

 

Baci

 

 

Lhea

 

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Capitolo 23
*** Progetti e rivelazioni ***


In occasione della festa della donna, dedico questo capitolo a tutte le lettrici di EFP

In occasione della festa della donna, dedico questo capitolo a tutte le lettrici di EFP!

 

 

 

 

Capitolo 22

Progetti e rivelazioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La settima seguente all’attacco a Hogwarts fu davvero strana. Le lezioni vennero sospese per sei giorni, in modo da poter rimettere in sesto il castello, e soprattutto il dormitorio di Grifondoro, che era quello più disastrato. Ariana era rimasta segregata in infermeria per tutto il tempo, e non aveva potuto vedere com’era conciato; Hermione le aveva detto che il quadro della Signora Grassa era stato divelto completamente e la Sala Comune sembrava fosse stata attraversata da un uragano.

D’apprima sembrò che la McGranitt volesse chiudere la scuola, ma dopo una lunghissima riunione dei professori e di alcuni funzionari del Ministero, si era deciso che Hogwarts doveva rimanere aperta, visto nessuna delle altre scuole attaccate aveva chiuso. La sorveglianza venne triplicata, anche se si riteneva che un’ulteriore attacco era poco probabile, dato che i Mangiamorte non avevano mai preso due volte d’assalto lo stesso istituto.

Ariana dovette dare molte spiegazioni: prima alla McGranitt, poi ai menbri dell’Ordine al completo. A tutti disse esattamente le stesse cose: era a Hogwarts con l’ordine di aiutare Harry Potter, ordine che arrivava da Silente in persona. Molti erano rimasti perplessi, e qualcuno aveva chiesto come mai conoscesse così tanti incantesimi pericolosi: lei rispose che era stato il Preside a insegnarglieli, in modo da poter compiere meglio il suo lavoro. Era certa che qualcuno, soprattutto Malocchio Moody, avesse fiutato qualcosa di strano sotto, ma non era disposta a dire altro. Era stata scoperta, ma non ancora del tutto.

Chiusa nell’infermeria, Ariana aveva passato la settimana a guardare fuori dalla finestra, dato che era l’unico posto che la Chips non le aveva vietato di frequentare, e si era resa conto che molti studenti avevano lasciato la scuola. Vide Lavanda Brown uscire insieme ai suoi genitori, e altri ragazzi che conosceva solo di vista abbandonare frettolosamente l’istituto. Gli studenti di Hogwarts all’improvviso si erano dimezzati.

Draco venne a trovarla ogni giorno, e notò nel ragazzo un comportamento strano. Prima di tutto non sembrava minimamente turbato dall’aver visto suo padre, che oltretutto aveva cercato di ucciderlo; e secondo, era decisamente più gentile del solito. Ogni giorno lo vedeva nel parco insieme ad Argo. Hermione faceva uscire il cane dal dormitorio e lo consegnava a lui che si era offerto di portarlo fuori quando ce n’era bisogno.

Non lo capiva. Non lo capiva proprio.

Appoggiata al davanzale della finestra, l’ultimo giorno di degenza che le aveva promesso la Chips, Ariana guardava il Serpeverde ed il dobermann giocare nel parco. Sospirò, rendendosi conto che il problema era proprio lei. Dalla notte dell’attacco si sentiva strana, e presto capì perché.

C’era qualcos’altro che frullava nella testa di Ariana, e che la preoccupava parecchio. Il dubbio ormai lo aveva, e tanti pezzi del puzzle avevano trovato il loro posto. E se la Chimera era un nome per indicare proprio lei? Se suo padre la stesse cercando?

A essere sincera, non sapeva se Voldermort la credesse ancora viva o meno. Sapeva di non averla uccisa, ma non si era mai interessato a lei. Perché cercarla?

Forse voleva estorcerle informazioni su Silente, a patto che sapesse che aveva passato molto tempo con lui… Forse, come aveva detto Lucius Malfoy, voleva che passasse dalla sua parte…

In ogni caso, Ariana aveva intenzione di rimanere dalla parte in cui era sempre stata, e cioè quella di Silente.

 

 

 

 

 

 

- Bene, facciamo il ricapitolo della situazione – disse Ariana, in piedi davanti a un tavolo rettangolare di legno pregiato.

Lei, Draco, Harry, Ron ed Hermione si trovavano nella Stanza delle Necessità, che si era trasformata in una piccola sala arredata con mobili antichi e pregiati. Quella mattina Ariana era stata dimessa dall’infermeria, e aveva subito deciso di fare con Harry il punto della situazione. E aveva deciso di mettere il Serpeverde biondo a conoscenza degli Horcrux, visto che ormai faceva parte del gruppo e aveva fatto domande sull’elmo.

- Allora, i possibili Horcrux ancora esistenti dovrebbero essere tre, giusto? – disse Ariana, - Mi hai detto di averne trovato uno, vero Harry? -

Il Bambino Sopravvissuto annuì. Non gli aveva rivelato che in realtà era stata lei a trovarlo e a metterlo nel forno, perché preferiva fargli credere di aver fatto tutto da solo. Già era stata fortunata avesse fatto poche storie per via del piano di Silente, e non poteva pretenedere che incassasse anche questo colpo senza fare una piega.

- Quindi, dovrebbero rimanerne tre… - mormorò Hermione, - Dovrebbero essere oggetti appartenuti ai fondatori di Hogwarts? -

- Non è detto – rispose Ariana, - Ma l’altra volta mi sono permessa di fare un salto fuori da scuola, e sono andata a cercare il pettine di Isabel La Felì. Era la compagna di Salazar Serpeverde, e ho pensato potesse essere un Horcrux. Ho trovato l’originale, ma non era quello che credevo

- Come hai fatto a capirlo? – chiese Ron, perplesso.

- Silente mi aveva insegnato un piccolo incantesimo per identificarli. Lo insegnerò anche a te, Harry – disse Ariana, precendendo la domanda del Prescelto, - Teoricamente potrebbero essere un oggetto di Corvonero, di Tassorosso e il serpente, Nagini… Siete d’accordo? –

- E la Chimera? – domandò Harry, - Stavano cercando quella, l’altra volta. Potrebbe essere un Horcrux? –

Ariana venne colpita da una strana consapevolezza: non è che per caso lei era un Horcrux? Cercò di non far trasparire la sua preoccupazione, quando rispose: - E’ possibile. Cosa credete possa essere? –

- Uhm… bella domanda – disse Ron.

Il trio pensava in silenzio, ma Draco stava guardando Ariana. Lei distolse lo sguardo, passeggiando avanti e indietro, cercando di stare calma.

Cavolo, se lei era un Horcrux era un bel problema. In effetti, quando Voldemort aveva ucciso sua madre, aveva potuto utilizzare l’omicidio di Zahira per creare un altro Horcrux… Ci mise qualche secondo a tranquillizzarsi: stava per farsi prendere dal panico.

Se lei era veramente un Horcrux, come avrebbe fatto a proteggere Harry? Avrebbe dovuto uccidersi, per permettere a lui di eliminare Voldemort… Lei sarebbe dovuta morire

- Sentite – disse alla fine, - Se volete, possiamo andare all’Accademia Aurelius, dove hanno la biblioteca più grande che conosca… Possiamo cercare delle informazioni lì -

- Ehm… dove sarebbe l’Accademia Aurelius? – domandò Ron, guardandola.

- In Italia – rispose Ariana, - Ci ho passato un anno, ed è il posto più straordinario che conosca. Sono sicura che lì ci sono dei libri che potrebbero tornarci utili –

- Sì, ma come ci arriviamo in Italia? – domandò Harry.

- Ci si può Materializzare all’interno? – chiese Hermione.

- No, ma per il viaggio non dovete preoccuparvi. Penserò a tutto io – disse Ariana, gettando una rapida occhiata a Draco, - Possiamo arrivarci con la Metropolvere. Dobbiamo solo decidere quando andare. Il Preside mi conosce e sa che aiutavo Silente. Ci metto un attimo a mettermi in contatto con lui e a organizzare tutto. –

- Non so… - mormorò Hermione, - E’ sicuro andare in giro proprio adesso? –

- Ormai i Mangiamorte hanno attaccato – ribatté Ariana, - E se non siamo al sicuro nemmeno qui, stare fuori non cambia nulla. In ogni caso, se volete evitare di far notare la vostra assenza, possiamo andarci durante le vacanze di Natale

- Forse è meglio – disse Ron.

Rimasero in silenzio a pensare. Draco era l’unico a non aver parlato: continuava a guardare Ariana con l’espressione seria. Lei iniziava a innervosirsi, ma non voleva fare sempre la parte della cattiva.

- Direi di fare così – disse Ariana, - Fino a Natale, non ci muoviamo da qui. Poi voi tornerete per le vacanze dalla vostra famiglia, fino a dopo Capodanno. Il due gennaio vi raggiungo e andiamo insieme all’Aurelius. Torneremo a Hogwarts quando rientreranno tutti gli altri studenti, così non daremo troppo nell’occhio. Siete d’accordo? -

Harry, Ron ed Hermione si guardarono, annuendo. – Va bene – disse il Bambino Sopravvissuto. – Facciamo così. Quindi pensi tu al viaggio? –

- Faccio tutto io – lo rassicurò Ariana, guardando l’orologio, - Bene, penso che sia meglio tornare nei nostri dormitori. Ah, Harry, se fai qualche sogno strano avvertimi, per favore -

Il Trio si diresse verso l’uscita, seguito da Ariana. Draco era di fianco a lei, silenzioso come tutta la sera.

I tre uscirono, ma Ariana venne fermata dal braccio del Serpeverde, che le bloccava la porta. Lo guardò con aria scocciata, ma lui disse: - Dobbiamo parlare

Hermione sembrava preoccupata. – Andate. Ci vediamo tra un po’ – disse Ariana, richiudendo la porta, infastidita. Guardò il biondo con aria interrogativa.

- Cosa c’è? -

- Sei strana, Ariana – disse Draco, incrociando le braccia, - E non dirmi che mi sto sbagliando, perché lo vedo benissimo che sei preoccupata –

La ragazza si lasciò prendere da un moto di stizza: odiava quando gli altri avevano ragione su di lei.

- Hanno appena attaccato la scuola – ribatté lei, - Tutti sono preoccupati. E comunque non penso che debba venirti a raccontare tutti i miei problemi -

Troppo aggressiva, lo sapeva, ma non aveva potuto farne a meno. Non le andava che lui si fosse accorto che era veramente e seriamente preoccupata.

- Non ti sto dicendo di raccontarmi tutti i tuoi problemi, ma solo una parte – disse Draco, neutro, - Cosa c’è che ti preoccupa? -

Ariana fece una smorfia, dandogli le spalle. – Una cosa stupida. Niente di importante – rispose, - Tu, piuttosto, perché mi stai addosso? –

Draco alzò gli occhi al cielo. – Ti sto addosso? Chiederti se c’è qualcosa che non va significa starti addosso? –

- Non è quello. Hai cambiato atteggiamento nei miei confronti, da qualche giorno a questa parte – disse Ariana, fissandolo negli occhi, - A che gioco stai giocando? -

- Non sto giocando proprio a niente – ribatté il biondo, esasperato – Tu… Sei assolutamente incredibile… -

Un sorriso incredulo si aprì sulle labbra del Serpeverde, mentre Ariana lo guardava perplessa, senza capire. Prima le chiedeva se era preoccupata, e ora che era a lei fargli una domanda, lui se la rideva. Rimase a guardarlo mentre lui gettava una rapida occhiata al soffitto, per poi girarsi di spalle.

- Allora? – domandò la ragazza, in attesa.

Draco si voltò, e fece due passi verso di lei. Ariana rimase immobile, mentre lui si avvicinava decisamente troppo. Diamine quanto era alto!

- Ariana… Voglio farti una domanda – disse il biondo, - Se ti dicessi che sono seriamente preoccupato per te, cosa risponderesti? -

- Che ti stai sbagliando, perché non hai nulla di cui preoccuparti –

- E se ti dicessi che mi piacciono molto le ragazze con gli occhi verdi? – Draco fece un altro passo avanti, mentre Ariana indietreggiava, confusa.

- Ti direi che non ha molto senso, al momento – disse.

- E se ti dicessi che guarda caso tu hai proprio gli occhi verdi? –

- Io non ho gli occhi verdi… Sono… Sono… - Ariana si accorse di essersi appena appoggiata al bordo del tavolo. Ma era impazzito?

- Malfoy, dimmi chiaramente cosa vuoi – sbottò, più confusa che curiosa.

Draco era troppo vicino… Troppo, e lei lo sapeva benissimo. La stava guardando negli occhi, divertito. E prima che lei ebbe modo di scappare, la afferrò per i fianchi e la mise a sedere sul tavolo, senza nessuna fatica.

- Non mi scappi – le sussurrò il biondo, ghignando.

Poi, la baciò.

E Ariana, lo sapeva, in quello stesso momento era caduta nella trappola di Malfoy. Non si oppose, anche se rimase comunque rigida come una scopa. Il bacio di Draco era delicato, molto più di quanto lei stessa si aspettasse.

E le piacque.

Dieci secondi più tardi il suo cervello riprese a lavorare normalmente, e si rese conto dell’idiozia immane che stava facendo. Mise le mani sulle spalle del Serpeverde e lo allontanò con fermezza, senza però essere troppo irruenta. Si issò sul tavolo e un momento dopo era dall’altra parte, il piano di legno a dividerli.

- Che diavolo fai, Malfoy? – sbottò, cercando di essere irritata.

Il Serpeverde ghignò alla grande. – Non mi sembra di aver fatto una cosa riprovevole – rispose, - Potremmo approfondire un po’ di più la cosa, che ne dici? –

Ariana fece guizzare lo sguardo verso la porta. – Nemmeno per sogno – ribatté, - Provaci un’altra volta e ti faccio a fette

- Avanti, Ariana… Non fare tanto la difficile. Lo so che ti è piaciuto -

Draco era divertito, lei per niente. Si guardavano l’un l’altra con il tavolo in mezzo, a fare da muto arbitro. La ragazza portò la mano nella tasca dei pantaloni, pronta a prendere la bacchetta e guadagnare l’uscita. Ma non c’era. Fulminò Draco, che rise.

- Oltre che ha baciare bene, so anche fare altre cose – disse, mostrandole la sua bacchetta, che ora teneva insieme alla sua nella tasca.

Ariana era furiosa. Oltre a prenderla totalmente alla sprovvista, le rubava pure le cose. Senza bacchetta si sentiva impotente, piccola. E la cosa la spaventò. Era abiutata a guardarsi sempre da sola, ma senza l’oggetto su cui affidava la sua stessa vita si sentiva assolutamente inerme. E non poteva nemmeno tentare di riprendersela, perché non voleva rischiare altri attacchi da Draco.

Davanti alla sua espressione spaventata, Draco si addolcì.

- Non voglio farti niente – disse, - Volevo solo evitare che mi lanciassi una fattura: conosco le tue reazioni -

- Perché? – domandò Ariana, sempre più confusa.

C’erano solo due cose sicure nella sua esistenza: una era proteggere Harry Potter, e l’altra era che non si era mai innamorata in vita sua. Perché diavolo Draco Malfoy si permetteva di cambiare le cose?

- Perché mi piaci – rispose il Serpeverde.

- Stai mentendo – disse Ariana, - E’ una bugia –

Draco divenne serio. – Perché dovrei prenderti in giro, Ariana? Sto cercando di essere sincero con te, e lo sono stato dall’inizio

Ariana si sentiva assolutamente spiazzata. Una parte di lei poteva anche ammettere di essere felice di quel cambiamento, ma l’altra si rifiutava categoricamente di poter pensare anche per un secondo di essere innamorata di Draco Malfoy. Non poteva, non adesso. Aveva un compito da portare a termine…

- Non farlo mai più – esalò, - Io non voglio crederti… Non… Non… -

- Perché la stai prendendo così male, Ariana? – chiese Draco, - Che problema c’è? –

Ariana lo guardava con gli occhi spalancati, presa dal panico. Un panico che derivava dal fatto che aveva capito bene che anche lei provava qualcosa. Che in fondo lo aveva sempre saputo, che ma non aveva mai voluto ammettere: il suo senso del dovere le imponeva di pensare solo a Harry Potter, al suo compito. Non poteva rischiare di mettere tutto in pericolo a causa del suo egoismo… Cosa avrebbe pensato Silente di lei?

Si voltò, portandosi le mani alla testa. – Draco, io non posso… - mormorò, - Devo fare quello per cui Silente mi ha mandata qui… Io… Ti stai sbagliando… Sono solo una delle tante… Perché?! –

Appoggiò le mani alle parete, cercando di mantenere la calma. Aveva paura, paura che per un suo errore altri rischiassero la vita… Che il suo piano perfetto fallisse a causa di una sua debolezza.

- Ariana, non sono mai stato così serio in tutta la mia vita – disse Draco, da dietro le sue spalle, - Sei la prima e l’unica ragazza verso cui io abbia provato un sentimento del genere. Io per primo non ci credevo. Ma mi sono reso conto che mi sono innamorato di te -

Lo sentiva a mezzo metro dietro di lei, ma non aveva la forza di affrontarlo. All’improvviso, non sapeva se dire la verità o una bugia: Draco le piaceva, davvero. Non una cotta come quella di Ivan… Era qualcosa di diverso. E lei avrebbe tanto voluto girarsi e dirgli che anche per lei era la stessa cosa, ma qualcosa la bloccava. Era la paura, che cercava di tenere sempre nascosta, ma che provava come ogni essere umano. Era il terrore di poter mettere in pericolo lui e tutti gli altri.

- Draco… Io… Io non posso. Devo portare a termine la mia missione -

- E’ solo una scusa, Ariana. Tu hai solo paura di lasciarti andare – ribatté Draco.

Sentì le mani del Serpeverde afferrare delicatamente le sue spalle e voltarla piano. Si ritrovarono faccia a faccia, e Ariana riuscì a guardarlo negli occhi. Sì, le piaceva, ma proprio per questo doveva tenerlo lontano.

Il biondo le afferrò il mento con una mano, e le alzò il viso quel tanto che bastava per sentire il suo respiro sulla bocca. – Io… - sussurrò Ariana.

Il bacio di Draco fu come il primo, delicato e leggero. Evidentemente non osava di più, per paura che lei la prendesse seriamente male e cercasse di fuggire. La ragazza rimase ferma, la schiena contro il muro, un po’ più rilassata di prima.

Fu di nuovo lei a rompere il contatto, questa volta ritraendosi lentamente. Con una certa esitazione lo abbracciò, posando la testa sulla sua spalla.

- Non farmi questo – disse, - Io non posso, Draco. Ti prego, fa che io sia una delle tante… Lo sfizio te lo sei tolto… -

- Perché vuoi farti così male, Ariana? Non puoi essere una delle tante, semplicemente perché non lo sei mai stata – Draco le solleticava la schiena con una mano – Non puoi precluderti tutto solo per portare a termine una missione. Per una volta smettila di pensare con la testa

Aveva ragione, ma lei non poteva. Per tutta la vita si era lasciata guidare dalla ragione, sempre, anche nelle situazioni più estreme. Ora aveva paura di perdere il controllo della situazione, di perdere il controllo di se stessa.

Si staccò e lo guardò negli occhi. Per un attimo ebbe la tentazione di baciarlo, ma si trattenne.

- Non posso e basta, Draco – gli soffiò sul viso, - Ti prego, lasciami stare -

Poi sgusciò via, sfilandogli la sua bacchetta dalla tasca, e uscì dalla Stanza delle Necessità, in silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

Ariana tornò nel dormitorio, completamente imbambolata. Hermione era ancora sveglia, e la stava aspettando parlando con Ginny.

- Ariana, stai bene? – domandò la Caposcuola, - Sei sconvolta -

La ragazza si sedette pesantemente sul letto, portandosi le mani alla fronte. Le due amiche si avvicinaro, preoccupate.

- Cosa è successo? – chiese Hermione.

Ariana scosse la testa, perché era l’unica cosa che al momento riusciva a fare. Non riusciva a togliersi dalla testa gli occhi color tempesta di Draco, che l’aveva guardata in quel modo… Le sue labbra, che l’avevano sfiorata con delicatezza…

Qualcuno le posò una mano sulla schiena. – Ariana, cosa è successo? – chiese Ginny dolcemente, cercando di tranquillizzarla.

- Malfoy ti ha fatto qualcosa? – domandò Hermione.

Ariana aveva bisogno di parlare, di svuotare il cuore dai sentimenti contrastanti che lo invadevano. Alzò la testa, trattenendo un attimo il respiro. Anche se temeva il loro giudizio, parlò.

A spizzichi e bocconi raccontò loro cosa era successo, e notò subito che le due non erano sorprese quanto lei. Ascoltarono in silenzio, gettandosi ogni tanto un’occhiata significativa, finchè Ariana non si alzò, avvicinandosi alla finestra per riguadagnare la calma. Ora che si era svuotata, ricominciava a vedere la cosa con altri occhi.

- , lo immaginavamo già da un po’… - disse Ginny, - Solo non credevamo che tu potessi avere una reazione del genere –

Ariana si voltò verso la rossa. – Perché lo pensavate? – chiese in un soffio.

- Non lo abbiamo mai visto comportarsi così con una ragazza – rispose Hermione, - Di solito il suo interesse dura al massimo per due giorni, finché non riesce a portarsela a letto. L’altro giorno per poco non prende a botte Harry perché pensava che fosse colpa sua se sei finita in infermeria… E’ non è una cosa che fa di solito -

La bocca di Ariana si increspò in un sorriso: ecco perché Malfoy si era fissato con lei. Normalmente dopo due giorni riusciva a far cadere la ragazza ai suoi piedi, ma con lei la sua tattica non aveva funzionato. Era stata una bella sfida per lui, avvicinarla.

- Allora il suo è solo un gioco – disse dura, - Vuole solo potermi inserire nella sua lista di trofei… -

- Non lo so, Ariana – disse Ginny, dubbiosa, - Forse questa volta ha veramente parlato sul serio… Non lo abbiamo mai visto fare o dire cose del genere… -

- Qualunque siano le tue intenzioni – la interruppe Hermione, - L’unico vero consiglio che possiamo darti è quello di andarci con i piedi di piombo. Malfoy potrebbe anche essere stato sincero, ma ci sono anche ampie possibilità che la sua sia tutta una messa in scena

“Parole sagge” pensò Ariana.

- Andiamo a dormire – disse Hermione, - Domani mattina ne riparleremo con calma, e soprattutto più riposate. E’ meglio così, credimi Ariana -

Le tre ragazze si infilarono nel letto (Ginny si era traferita al posto di Lavanda, visto che era andata via), augurandosi la buona notte. Il dormitorio era avvolto nel silenzio, e si sentiva solo in respiro di Argo ai piedi del letto.

Ariana non aveva bisogno di dormirci sopra, perché sapeva già come comportarsi. Per quanto si fosse resa conto che anche lei provava qualcosa verso Draco, non voleva che la situazione si evolvesse. Non poteva mettere a rischio la missione, perché sapeva che si sarebbe irrimediabilmente distratta. E poi, c’era una motivazione molto più personale: non voleva soffrire più per colpa di qualcuno.

Se Draco si fosse rivelato quello che in realtà era, e cioè il solito insensibile senza cuore, lei ci sarebbe stata male, esattamente come era successo con Ivan. E sarebbe stato ancora peggio, perché questa volta non si trattava di una semplice cotta… Il suo cuore non poteva sopportare di essere spezzato un’altra volta.

“Ma potrebbe essere veramente sincero” disse una parte piccola piccola della sua anima, “Potrebbe non essere quello che pensi tu”.

Zittì quella voce, che lei sapeva provenire da un angolo remoto del suo cuore. Ci avrebbe tanto voluto credere, ma non poteva. E si odiò profondamente per questo.

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Sono contenta che il precedente capitolo vi sia piaciuto! Spero che questo vi piaccia altrettanto!

Mi dispiace da morire, ma oggi proprio non riesco a rispondere alle vostre recensioni: giuro che domani posto il prossimo capitolo! Per farmi perdonare! (ultimamente sono un po’ incasinata!)

 

Un bacio a tutti!

 

Lhea

 

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Capitolo 24
*** Una vecchia conoscenza ***


Capitolo 23

Capitolo 23

Una vecchia conoscenza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno seguente, Ariana non uscì dalla torre nemmeno una volta. Hermione e Ginny andarono a fare colazione, ma lei rimase in camera, con Argo. Saltò anche le lezioni, per paura di rivedere Draco e doverlo affrontare.

Non le faceva bene stare lì con le mani in mano, ma non era in grado di affrontare la realtà e sapere di dover incontrare gli occhi grigi di Draco. Non poteva nemmeno pensare che solo vederlo le avrebbe provocato una fitta dolorosissima al cuore: era riuscito dove tutti avevano fallito. Farla innamorare di lui.

Forse se non fosse stata quello che era, Merope Riddle, la figlia di Voldemort allevata da Albus Silente, il suo acerrimo nemico, avrebbe anche potuto pensare di lasciarsi andare, di rischiare e farsi ferire, ma non voleva. Il suo stupido ed eccessivamente sviluppato senso del dovere le imponeva di chiudere la cosa il più in fretta possibile e concentrarsi su quello che doveva fare. E siccome seguiva sempre la sua testa e non il suo cuore, era quello che avrebbe fatto.

Hermione e Ginny tornarono a trovarla nel pomeriggio, dopo le lezioni. Sembravano preoccupate per lei, ma ormai aveva superato la fase critica. Tempo qualche giorno e sarebbe tornata quella di un tempo.

- Non voglio farmi usare come una bambola – disse alle due ragazze, - Non riuscirà a farmi capitolare. Non di nuovo. Ho altro a cui pensare, che a uno stupido Serpeverde -

Hermione e Ginny la guardarono dubbiose, consce quanto lei che quello che aveva appena detto non era tutto vero: Draco non era affatto stupito, e sul fatto che non sarebbe riuscito nel suo intento c’era qualche dubbio.

Il giorno seguente Ariana andò a lezione, visto che non c’erano ore insieme ai Serpeverde, e passò una giornata abbastanza tranquilla. A colazione, pranzo e cena ignorò del tutto Malfoy, come se nemmeno esistesse, aiutata da Hermione e Ginny. Lui non fece niente per cercare di parlarle, e la lasciò stare per tutto il tempo.

Nel pomeriggio, durante la lezione di Trasfigurazione, la Caposcuola le passò un bigliettino ripiegato con cura, con l’espressione quasi mortificata.

- Me lo ha dato Malfoy dopo pranzo – le sussurrò, - e mi ha chiesto di dartelo. Spero di non aver fatto male -

Ariana prese il biglietto e disse: - Non ti preoccupare, Hermione. Qualunque cosa sia, non hai fatto niente di male

Aprì il foglietto con le mani che tremavano impercettibilmente, immaginando il contenuto.

 

Mi dispiace per quello che è successo l’altra sera. Vorrei parlare con calma con te, a quattrocchi.

Se sei d’accordo, incontriamoci dopo le lezioni nel parco, nel posto in cui vai sempre con Argo.

Ti prego di accettare, perché abbiamo bisogno di parlare.

 

Draco

 

 

Ariana richiuse il biglietto con un sospiro, guardando la McGranitt che tentava di riportare all’ordine due rumorosi Fred e George. Doveva aspettarselo. Ma forse aveva ragione Draco: dovevano chiarirsi il più in fretta possibile, così da chiudere la storia ancora prima che iniziasse.

Hermione la guardava preoccupata, temendo di aver fatto qualcosa di sbagliato.

- E’ tutto a posto – le disse Ariana, - Mi ha chiesto di incontrarci dopo le lezioni -

- Andrai? –

- Sì, ci andrò – rispose Ariana, senza aggiungere altro.

Due ore dopo, camminava a testa bassa verso il lago, con Argo che le camminava al fianco. Il parco era gelido, ma era abituata al freddo. Iniziava anche a cadere un po’ di nevischio, che si appiccicava agli abiti, rendendoli umidi.

Ariana aspettava con le braccia incrociate, quando vide Draco venire verso di lei con il suo elegante cappotto nero. I minuscoli fiocchi di neve si posavano sui suoi capelli ben pettinati, lasciando delle goccioline scintillanti.

Rivederlo adesso, alla luce del sole, dopo quello che era successo nella Stanza delle Necessità, la faceva sentire strana. Quello che era accaduto le sembrava un sogno indistinto e frammentato, e aveva quasi la sensazione che se lo fosse solo immaginato. Possibile che lei avesse baciato Malfoy?

- Ariana – disse Draco, con un cenno del capo.

Lei rimase in silenzio, in attesa che fosse lui a parlare per primo. Si guardavano in faccia, gli occhi che cercavano di cogliere quello che stava pensando l’altro.

- Forse siamo partiti con il piede sbagliato… – incominciò il Serpeverde.

- Sei tu quello che è partito con il piede sbagliato – ribatté Ariana, - Io non sono partita affatto

Draco sorrise mesto. – D’accordo, sono io che ho commesso un errore. Quello che non riesco a capire, è perché tu te la sia presa tanto

- Te l’ho detto: non posso permettermi di perdere tempo – disse Ariana, cercando di non far tremare la voce, - Sono qui per una ragione, e non ci sarà nulla a farmi cambiare idea -

- Mi stai dicendo una bugia – disse Draco, - Non centra niente con il tuo importantissimo compito, qualunque esso sia. Potrai inventarti centinaia si scuse, ma non ti libererai tanto facilmente di me

Ariana sbuffò, voltandosi. – Lasciami in pace, Malfoy. Trovati una ragazza più bella, più intelligente e più disponibile di me, e lasciami vivere la mia vita. C’è ne sono tante a Hogwarts, e uno come te non dovrebbe fare fatica a trovarne una

- Non posso trovare un’altra Ariana – ribatté Draco, - L’unica che ho trovato è qui davanti a me, e fa di tutto per convincermi che non le piaccio, quando so bene che è il contrario -

La ragazza si voltò, quasi divertita. – E perché pensi di saperlo? – domandò.

- Perché quando ti ho baciato la seconda volta, non ti è dispiaciuto poi tanto – rispose Draco, ghignando. – O mi sto sbagliando? -

- E se anche fosse? – disse Ariana, - Io non posso, ed è la mia ultima parola

Sapeva che si era appena tradita: era chiaro che lui aveva ragione, ma lei non poteva fare a meno di mentirgli.

Draco si stava avvicinando, e lei si allarmò. Era certa che se lui avesse tentato di baciarla, non si sarebbe opposta, e non voleva rischiare. Si avviò verso il lago, con Argo vicino vicino.

- E se provassimo a uscire insieme, qualche volta? – propose Draco.

- No –

- Ariana, sei esasperante – Draco era dietro di lei – Ti faccio così schifo? Perché non ho mai trovato una ragazza in tutta la mia vita che si lamentasse di me… -

Ariana si voltò di scatto, ritrovandosi davanti l’espressione divertita del Serpeverde, che chiaramente la stava prendendo in giro. Per lei era una cosa seria, ma il biondo non la pensava allo stesso modo.

- Non mi fai schifo – disse, - Ti sto solo dicendo di starmi lontano. E’ un concetto semplice da capire, anche per te -

Draco fece un passo avanti, ridacchiando. – C’è un problema – disse.

- E sarebbe? – domandò Ariana, indietreggiando.

Il biondo si avvicinò ancora in modo assurdamente pericoloso. – Mi fa impazzire il fatto che tu non voglia essere toccata – rispose.

- Argo… - sussurrò la ragazza.

Il dobermann si parò davanti a loro, e iniziò a saltare cercando di leccare la faccia al Serpeverde. Ariana si mise a ridere, quando Draco si ripulì velocemente la faccia con aria schifata.

- Scemo di un cane… - borbottò.

- Così impari – disse Ariana, allontanandosi di qualche metro, - Continua a starmi addosso e ti faccio baciare da Argo –

- Se può servire… - mormorò Draco, poi aggiunse: - Ah, comunque lui bacia molto meglio di te –

Ariana lo guardò scettica. – Ah, davvero? –

- Ci mette un po’ più di… Non saprei… Impegno? – Draco ridacchiava, e Ariana era infastidita.

- Allora continuate pure, se volete – disse lei.

- Magari potrei darti qualche lezione – propose il Serpeverde, - Che ne dici? –

- No, vai a farle con qualcun altro –

- Come siamo permalosi – disse Draco, avvicinandosi, - Sto scherzando –

- Malfoy, stammi lontana – lo minacciò Ariana, vedendo che lui stava venendo verso di lei.

Il quel momento notarono qualcuno camminare verso di loro. Sembrava uno studente del quinto anno di Grifondoro, che lei sapeva si chiamasse Jack.

- Ariana? – la chiamò.

- Cosa c’è? –

- La McGranitt vuole vederti nel suo ufficio – disse Jack.

- D’accordo, arrivo –

Il ragazzo se ne tornò di corsa al castello, mentre lei gettava un’occhiataccia a Draco, che ghignava come al solito.

Risalirono insieme il parco poi, arrivati al castello si divisero, e Ariana prese la strada per l’ufficio del Preside. Arrivata davanti al gargoyle di pietra, attese che la McGranitt venisse ad aprirle.

-Sera, professoressa -

- Buona sera, signorina Drake – disse la strega, conducendola su per la scala circolare.

- Come mai voleva vedermi? – chiese Ariana.

- C’è una persona per lei – rispose la McGranitt, aprendo la porta dell’ufficio.

Le due entrarono, e Ariana vide subito chi la stava aspettando. Era un’uomo dalla carnagione olivastra e il naso adunco, con i capelli neri e untuosi. I suoi occhi neri indugiarono un momento sulla ragazza, curiosi e distaccati al tempo stesso.

Severus Piton.

Ariana guardò lo ziastro con espressione impassibile, conscia per un momento che lui sapeva esattamente chi era. Era passato più di un anno da quando si erano visti per l’ultima volta, ma non era cambiato per nulla.

- Piton – sibilò, con un cenno del capo.

- Ariana –

La McGranitt guardò i due con aria di chi comprende ora molte cose. – Immagino che vi conosciate già, visto che lavoravate con Silente – disse.

- Esatto – mormorò Ariana, avvicinandosi alla scrivania della Preside che una volta era appartenuta ad Albus Silente. Il suo quadro era appeso sopra il camino acceso, e il vecchio stregone la stava guardando come faceva di solito: con distacco.

- Come mai sei qui? – domandò la ragazza, rivolta all’uomo.

- Sono venuto per parlare con te – rispose Piton.

- Allora parla –

Piton lanciò un’occhiatta alla McGranitt. – Dobbiamo parlare in privato – disse.

- D’accordo – Ariana si voltò verso la Preside, - Le dispiacerebbe lasciarci soli? Se sarà necessario, riferirò tutto all’Ordine e a lei, naturalmente -

La McGranitt si alzò, ma la sua espressione lasciò intendere che era contrariata. Si avviò verso la porta a grandi passi, e disse: - Quando avrete finito, vi prego di richiamarmi

Detto questo, la strega uscì chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Ariana e Piton a guardarsi in cagnesco. Non aveva mai apprezzato quell’uomo, lo trovava viscido.

- Ebbene? – disse lei, andandosi a sedere al posto della McGranitt e incrociando le braccia. Non sopportava lo sguardo del quadro si Silente, anche se si trattava solo di un ritratto.

- Sono venuto per avvertirti – rispose Piton, gli occhi che la scrutavano freddi e distaccati, - Il Signore Oscuro ti sta cercando –

- Questo lo immaginavo già – disse Ariana, - Mi ha anche dato un bel soprannome: la Chimera. Davvero originale –

- Non è un soprannome – ribattè Piton, vagamente stizzito, - Ti sta cercando perché ti vuole dalla sua parte. Silente non aveva previsto che lui scoprisse che eri ancora viva

Ariana si strinse nelle spalle. Stranamente non aveva molta paura per se stessa, di incontrare suo padre. – Perché all’improvviso mi vuole dalla sua parte? – domandò, - Mi ha abbandonato nella speranza che io morissi, e ora vuole che torni da lui? –

- E’ venuto a conoscenza di una profezia – disse Piton, - Ma nessuno tranne lui ne conosce il contenuto. Ci ha solo chiesto di trovarti… E solo alcuni Mangiamorte sanno che sei sua figlia -

- Quindi era a me che si riferiva Lucius Malfoy, la notte che è stato qui – lo interruppe Ariana, - Perché non ha voluto catturarmi? –

- Perché il Signore Oscuro voleva che ti trovassimo e basta. Pensa di poterti convincere con le buone a passare dalla sua parte – rispose Piton, - Crede che la profezia parli di te… -

- C’è già una profezia su di lui, non gli basta? – lo interruppe di nuovo Ariana.

Piton aveva una vena che pulsava sulla tempia giallatra, ma non osava arrabbiarsi con lei. Nutriva da sempre uno strano timore nei suoi confronti, nonostante fosse il suo ziastro. Non si era mai permesso di sgridarla o alzare la voce, e aveva sempre sopportato in silenzio le sue frecciate. Ariana non ne capiva il motivo, ma approfittava della situazione perché quell’uomo la disgustava profondamente. Non sapeva come Silente avesse potuto fidarsi ciecamente di lui per tutti quegli anni.

- Questa profezia è molto più importante di quella su di lui e Potter – sibilò Piton, - Ci sono in ballo forze che tu non immagini nemmeno… -

- Mi hai appena detto che nessuno oltre lui conosce il contenuto di questa profezia – ribatté Ariana, - Come fai a sapere di cosa tratta? –

- Perché il Signore Oscuro ha in mente un piano – disse Piton, - Ha trovato qualcosa di cui non vuole riverlarci nulla. Sono mesi che ci manda in giro a cercare degli oggetti che apparentemente non hanno senso, ma io penso che per lui abbiano un significato. Li vuole usare per qualcosa –

Quindi Voldermort non stava cercando solo lei, cercava anche gli Horcrux come aveva sospettato. E in più, non aveva rivelato cosa fossero ai Mangiamorte

- Quanti ne aveve trovati? – chiese Ariana, incrociando le dita.

- Due… E qualunque cosa fossero, erano quelli che voleva lui – rispose Piton.

Ariana imprecò mentalmente: aveva tutti gli Horcrux, tranne uno. E se ne mancava solo uno, significava che c’erano grandi possibilità che quell’unico fosse proprio lei… Perché cercarla? Perché volerla dalla sua parte, se non per riappropriarsi del suo Horcrux?

Cercando di non far trasparire la sua preoccupazione, domandò: - Tu fino ad adesso cosa hai fatto?

-

- Ho seguito i suoi ordini – rispose l’uomo, stizzito – Sono venuto appena ho potuto. Ci controlla tutti. Sembra non si fidi più di nessuno –

- Che piani ha su Potter? – chiese Ariana.

- Non lo so – Piton sembrava nervoso dal fatto di non essere in grado di rispondere alle sue domande, - Al momento sembra che non gli importi un gran chè di lui –

- Cosa sa di me? – domandò la ragazza, guardando lo ziastro negli occhi.

- Abbastanza da poter affermare che saremmo stati in grado di riconoscerti per quello che eri, quando ti avremo visto per la prima volta –

Ariana si allontanò dalla scrivania, sentendo la paura invaderla per un attimo. Forse con il fatto che lei fosse un Horcrux si spiegavano le particolari capacità che aveva… Forse per quello che assomigliava incredibilmente a Voldemort

- Non sei riuscito a capire niente su quello che vuole fare con quegli oggetti? – chiese.

- No, ma credo gli servano per un rito… Sono mesi che si documenta – rispose Piton.

- E il Ministero? Ha intenzione di attaccare? –

- Sì, ma solo dopo che avrà portato a termine il suo piano –

Ariana aveva abbastanza materiale su cui riflettere. Rimase in silenzio per qualche minuto, sentendo lo sguardo del ritratto di Silente sulla nuca.

- Hai altro da dirmi? – mormorò.

- No –

- Allora puoi andare – Ariana non lo degnò nemmeno di uno sguardo, ma Piton non si mosse.

- Ariana… -

La ragazza alzò lo sguardo. Piton la guardava intensamente, con una strana espressione negli occhi neri. Per un momento Ariana sentì un moto di compassione verso quell’uomo, ma venne subito sostituito dal disprezzo.

- Cosa c’è? – disse, fredda.

- Non sai quanto sto rischiando, venendo qui – disse Piton, la voce bassa, - Spero che apprezzerai il mio gesto… In fondo sono tuo zio -

Ariana lo guardò, una smorfia che le increspava le labbra. – E’ una vita che rischio la vita per il mondo magico, quando nessuno mi ha dato la possibilità di scegliere – disse, - E nessuno mi ha mai ringraziato. Tu lo stai facendo di tua spontanea volontà, e oltretutto Silente ti ha sempre apprezzato per questo. Io lo faccio perché lo devo fare, e c’è una bella differenza. Se vuoi che ti dica grazie, hai sbagliato persona. Capisco il rischio che corri, ma tu non lo stai facendo per me… Lo fai per Lily Potter, per te stesso, per mia madre, o per chiunque tu voglia farlo –

- Sei esattamente come tuo padre – sibilò Piton, le labbra increspate come quelle di un cane rabbioso.

- Lo so, me lo hanno detto tante volte – disse Ariana con leggerezza, - Ma a differenza di Potter, io non amo sentirmi dire che assomiglio ai miei genitori… Avevi solo da crescermi tu, al posto di lamentarti di me. Ma visto che a suo tempo hai preferito far finta che non esistessi, ora sta zitto e continua per la tua strada –

Piton non volle ribattere, punto sul vivo. Aveva sempre saputo della sua esistenza, persino prima di Silente, ma aveva preferito tacere e far finta che fosse morta insieme alla sua sorellastra. Ariana non lo disprezzava per questo: lo capiva, almeno un po’. Crescere la figlia segreta di Voldemort non doveva essere una grandiosa prospettiva.

- Potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo – disse Piton, voltandosi.

Ariana guardò le spalle dello ziastro, rendendosi conto che poteva essere la verità. Forse era stata troppo dura, con lui…

- Allora buona fortuna – disse, - Spero che i tuoi sforzi vengano ripagati al più presto -

Piton si voltò, e per un attimò sembrò che negli occhi scuri balenasse una scintilla di gratitudine.

- Buona fortuna anche a te, Ariana – disse, e uscì dalla porta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Oh, rieccomi finalmente! E’ stata una settimana un po’ incasinata, e ho avuto solo il tempo di postare i capitoli senza rispondere alle recensioni!

Allora, prima di tutto voglio fare gli auguri a tutte le donne! Buona Festa delle Donne!

Secondo, vorrei commentare gli eventi accaduti negli ultimi capitoli: finalmente Draco ha fatto il primo passo, ma la nostra Ariana è decisamente confusa. Non prevedeva proprio una cosa del genere, anche se così bella. Ha concentrato sempre le sue energie sul compito che Silente le ha affidato, e ha paura di mettere tutto il suo lavoro a repentaglio… Povera, speriamo riesca a trovare un equilibrio dentro se stessa!

 

 

Nel prossimo capitolo: arrivano finalmente le vacanze di Natale, e Ariana pensa di poterle passare in pace a Hogwarts, senza magico Trio e Malfoy, ma su un punto si sbaglia di grosso…

 

 

A Lexie__o: visto, anche Draco si scioglie qualche volta. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, e come promesso l’ho postato già oggi. Ti ringrazio per gli auguri, e li rifaccio anche a te! Baci!

 

A Kaimy_11: lo so, Ariana ha una testa dura come quella di un mulo. E’ abituata a seguire la ragione e non il cuore, e al momento la ragione le suggerisce di concentrarsi solo su una cosa: Harry. Anche se però bisogna ammettere che con uno come Draco Malfoy bisogna andarci cauti: certe volte il lupo perde il pelo ma non il vizio. Vedrai, anche lei imparerà che i sentimenti sono più forti della ragione! Baci e auguri!

 

A Smemo92: brava, hai capito la migliore qualità di Draco: riesce a capire perfettamente Ariana, e lo dimostrerà anche in futuro. Non sa cosa preoccupa Ariana, ma sa che è qualcosa di importante e sta cercando di comportarsi di conseguenza. Baci e auguri!

 

 

 

Prossimo aggiornamento: martedì!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 25
*** Vacanze di Natale ***


Capitolo 24

Capitolo 24

Vacanze di Natale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa che fece Ariana dopo l’incontro con Piton fu parlare con Harry e dirgli che la ricerca degli Horcrux era sospesa, dato che ormai Voldemort li aveva trovati tutti, ma evitò accuratamente di dire che lei poteva essere uno di questi. Gli spiegò velocemente della possibile nuova profezia, a cui lei però credeva poco, e decisero comunque di andare all’Accademia Aurelius per cercare qualche informazione.

Quelle che precedettero il Natale furono settimane snervanti, per Ariana. Si chiuse in un silenzio di tomba, divisa tra la preoccupazione di un nuovo attacco alla scuola e il fatto che lei poteva essere un Horcrux. Aveva provato su stessa l’incantesimo che le aveva insegnato Silente, anche se il Preside le aveva detto che sulle persone poteva non funzionare: si basava infatti sulla rilevazione di un’anima all’interno degli oggetti, e lei un’anima sua l’aveva per forza; se fosse presente anche una parte di Voldemort, non si riusciva a capire. Andava a lezione senza riuscire a seguire le spiegazioni, e per il resto rimaneva chiusa in camera, a parte quando portava fuori Argo, in mezzo alla neve che era caduta insistentemente per tutto dicembre.

Non arrivarono notizie di attacchi da nessuna parte, segno che Voldemort aveva trovato quello che cercava. Sembrava tutto abbastanza tranquillo, anche troppo. Era la quiete che precedeva la tempesta, Ariana se lo sentiva.

E poi, c’era la storia con Malfoy. Era incredibile come all’improvviso l’intera Hogwarts si fosse accorta che tra loro c’era un particolare feeling, che lei non era riuscita a tenere nascosto. Non c’erano stati più “contatti” tra loro due, anche perché Ariana si era sempre tenuta a debita distanza, ma era innegabile che a lei piacesse almeno un pochino. La metà delle ragazze della scuola, escluse per fortuna le Grifondoro del settimo anno e Ginny, avevano manifestato all’improvviso una certa antipatia per lei, visto le voci che giravano.

Ariana stava cercando di non pensarci, ma ogni giorno che passava si rendeva conto che Draco le piaceva sempre di più. Arrivò a pensare che fosse il fatto che non potesse, a renderlo così… attraente. Poi si era arresa all’innegabile verità, e cioè che era completamente pazza perché si era innamorata di Draco Malfoy.

In più, come se non bastasse il caos in cui si trovava in quel momento, la previsione di Hermione e Ron fatta da Malfoy si stava avverando: i due erano diventati sempre più freddi nei confronti l’una dell’altra, e lei dovette gestire diverse litigate per cose maledettamente stupide.

Non vedeva l’ora che arrivassero le vacanze di Natale, in modo da avere la scuola praticamente vuota e poter andare in giro senza il timore di incontrare Draco o qualcuna delle sue ammiratrici fuori di testa che cercasse di aggredirla.

Il 23 dicembre venne aperto il camino dell’Ufficio della McGranitt, che avrebbe riportato a casa con la Metropolvere gli studenti della scuola. Scoprì che di Grifondoro sarebbe rimasta solo lei, visto che tutti i pochi ragazzi che c’erano tornavano dalle loro famiglie.

- Sei sicura di non voler venire con noi? – chiese Ginny, mentre Ariana accompagnava lei, Harry, Ron, Hermione e i gemelli all’ufficio della Preside, con i bauli che fluttuavano dietro di loro.

- No, ma ti ringrazio – rispose Ariana non un sorriso, - Mi sentirei un po’ fuori posto, in mezzo alle vostre famiglie –

Si misero in coda nella fila che terminava fuori dall’Ufficio del Preside, in attesa di poter prendere la Metropolvere. Ariana aspettò con loro, salutando di volta in volta alcuni ragazzi che conosceva. Ci volle un quarto d’ora prima di arrivare davanti al camino; la McGranitt sovrintendeva con aria seria all’uscita.

- Allora buon Natale, ragazzi – disse Ariana, - Mi raccomando, ci vediamo presto -

- Buon Natale anche a te – disse Hermione, - E stai su, che passerà presto –

La Caposcuola e Ginny le erano state molto vicine, per quanto riguardava la vicenda di Malfoy. Non avevano detto nulla a Harry e Ron, che storditi com’erano non si erano accorti di niente, e avevano cercato di farla stare un po’ meglio, anche se le avevano consigliato di ascoltare il suo cuore. Non c’era bisogno di dire che Ariana aveva seguito la testa, perché altrimenti a quell’ora chissà dove sarebbe stata…

Salutò anche Neville e Luna, ma fu felice di non vedere Draco da nessuna parte. Probabilmente era partito con il gruppo dei Serpeverde, in mattinata.

Tornò nel Dormitorio godendosi il silenzio dei corridoi, e gettando ogni tanto un’occhiata fuori dalle finestre: il parco era completamente imbiancato dalla neve, che doveva essere alta almeno mezzo metro. Visto che c’era un po’ di sole, poteva uscire un po’ con Argo.

Mezz’ora dopo, Ariana arrancava nel parco in mezzo alla neve, imbacuccata nel cappotto e avvolta nella sciarpa di lana. Argo saltava qua e la, lasciando dei buchi nella neve fresca. L’aria era gelida, e le pungeva le guancie.

Si diresse verso il lago, e si accorse che la superficie era gelata. Si era formata una lastra di ghiccio del colore dell’acciaio, che rifletteva i deboli raggi del sole.

Le aspettavano due settimane di tranquillità, finalmente. Niente Malfoy da nessuna parte, niente Potter da salvare visto che era al sicuro dall’Ordine della Fenice, e niente sguardi assassini da parte delle ragazze.

Sorrise, inguendo Argo in mezzo alla neve.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un’ora dopo, Ariana appoggiava il cappotto bagnato su una poltrona vicino al camino, nella Sala Comune. Argo si sedette vicino al fuoco dopo essersi scrollato energicamente, e la ragazza sorrise. Aveva le guancie gelate, e decise di farsi un bel bagno caldo: Hermione le aveva lasciato la chiave del bagno dei Caposcuola, e non vedeva l’ora di andare a vedere com’erano.

Tornò in camera e prese accappatoio e cambio, poi si diresse al quarto piano.

Il bagno dei Caposcuola era davvero enorme, e quella che c’era incassata nel pavimento non era una vasca, era una piscina. Nelle pareti erano state ricavate un paio di nicchie dalla piastrelle bianche. C’era uno spogliatoio in fondo, dove Ariana lasciò i vestiti puliti.

Dai vari rubinetti usciva acqua mista a diversi bagnoschiuma, e lei scelse quella alla fragola. Attese che la piscina si riempisse per bene, poi s’immerse nell’acqua calda.

La vasca non era molto profonda, e c’era un gradino su cui sedersi. Si scelse una posizione comoda e si lasciò lambire dall’acqua profumata, godendosi il calore dopo l’ora passata in mezzo alla neve.

Si rese conto che da quando era arrivata a Hogwarts i momenti che aveva passato veramente da sola erano pochi. Eppure non rimpiangeva molto la solitudine: insieme a Hermione, Ginny e gli altri aveva passato dei bei momenti. Fino a un anno prima non credeva fosse possibile: pensava che i ragazzi di Hogwarts fossero esattamente come quelli delle altre scuole.

Qualcuno girò la maniglia della porta, tentando di aprila. Per fortuna lei l’aveva chiusa a chiave, anche se pensava che per la scuola non ci fosse praticamente nessuno.

Si sentì bussare, poi una voce soffocata disse: - Chiunque tu sia, sei pregato di darti una mossa!”.

Anche da dietro la porta, si riconosceva subito che era Draco Malfoy.

“Ma che diavolo ci fa qui?!” pensò Ariana, sorpresa, “E poi con tutti i giorni che aveva a disposizione, proprio adesso doveva venire?”.

Non si mosse dall’acqua, e appoggiò le braccia sul bordo.

- Ti conviene ripassare fra un po’, Malfoy – gridò, - Sarà una cosa ancora lunga -

Ci fu un attimo di silenzio, poi: - Ariana? Apri, tanto sono abituato a vedere ragazze spogliate

Ariana alzò gli occhi al cielo, esasperata. – Ma neanche per scherzo. Ho intenzione di farmi un bagno rilassante, e non intendo aprirti nemmeno se stessi affongando

Draco bussò di nuovo. – Facciamolo in due, questo bagno rilassante – disse, e lei sapeva che stava ghignando come al solito.

Ma questo è un mezzo pervertito: dovrebbero rinchiuderlo ad Azkaban” pensò Ariana.

- Se vuoi entrare, dovrai sfondare la porta – disse, visto che tanto era impossibile.

- Allora rimango qui –

Draco inziò a bussare insistentemente, e Ariana sentì i nervi a fior di pelle. Doveva essere un bagno rilassante, ma si stava strasformando in una barzelletta. Dopo cinque minuti, la sua pazienza era già terminata, e uscì dalla vasca infilandosi l’accappatoio.

Si asciugò in fretta e s’infilò i pantaloni e il top leopardato (che chissà come Ginny era riuscita a convincerla a comprare), e con i capelli ancora bagnati andò ad aprire la porta.

Draco aspettava appoggiato allo stipite della porta, l’espressione divertita. La squadrò da capo a piedi con un sorriso molto simile al ghigno di un lupo.

- Oh, finalmente – disse, ed entrò nel bagno con in mano una serie di asciugamani con le sue iniziali.

Ariana richiuse la porta e andò a recuperare il resto della sua roba nello spogliatoio. All’improvviso si ricordò di una cosa. Si girò per vedere che anche il biondo aveva notato la cicatrice sulla sua spalla.

- Ricordo di Durmstrang? – domandò serio, appoggiando gli asciugamani in una nicchia nel muro.

Ariana si voltò ed entrò nello spogliatorio. – Già… Il caro Ivan – rispose, infilandosi la maglia. Ripiegò l’accappatoio e uscì, ritrovando Malfoy a petto nudo che la guardava ghignando. Lei gli gettò un’occhiata sprezzante, ma notò che il Quidditch gli aveva regalato un davvero bel fisico.

- Ti ho già detto che sei uno sfacciato esibizionista? – disse.

- Sì, me lo hai già detto – ribatté lui, mentre Ariana se ne tornava nello spogliatoio, visto che aveva capito che il biondo non si faceva nessun problema a spogliarsi davanti a lei. Prese la bacchetta e iniziò ad asciugarsi i capelli.

- Quando hai finito, avvertimi – disse, sedendosi su uno sgabello, nascosta dietro al paravento.

- Una come te non dovrebbe scandalizzarsi per così poco – disse Draco, mentre riempiva la vasca con l’acqua al profumo di pino. – Ah… Solo tu potevi usare il bagnoschiuma alla fragola

- Sono una ragazza – disse Ariana, - Volevi che usassi una roba da uomo? –

- Sarebbe estremamente sexy – rispose Draco, seguito dal rumore di acqua smossa, - Puoi venire, se vuoi –

Ariana ci pensò un momento prima di uscire allo scoperto. Era una situazione davvero assurda, e solo lei poteva finirci. Non sapeva se ridere o essere scandalizzata.

Sbirciò fuori dallo spogliatoio per accertarsi che quel pervertito esibizionista si fosse almeno infilato nella vasca. Draco era immerso nella piscina piena di schiuma, le braccia appoggiate sul bordo.

Uscì dal suo nascondiglio con l’accappatoio in mano, e il biondo la guardò ridacchiando.

- Qualche problema? – domandò.

- No, nessuno – rispose Ariana, dirigendosi verso la porta. Studiò attentamente il pavimento, per evitare le parti bagnate in modo da non scivolare e fare una figuraccia.

- Dove vai? –

Ariana si voltò a guardare Draco. – Esco – disse, - Rimarrei volentieri, ma ho una mezza dozzina di ragazzi che mi aspettano… Sai com’è

Il biondo ghignò in modo lupesco. – Dubito che c’è ne sia uno alla mia altezza – disse.

- Davvero? – Ariana mise la mano sulla porta – Sono proprio dispiaciuta di non poter avere conferma della cosa… Ah, ma tu non dovresti essere a casa tua? -

Il Serpeverde si strinse nelle spalle. – Mia madre al momento è nascosta da qualche parte, e non posso raggiungerla per evitare che i Mangiamorte possano trovarla. Preferivo rimanere qui al posto di passare il Natale in mezzo all’Ordine della Fenice con il Magnifico

Ariana scrutò Draco, le spalle possenti che sbucavano dall’acqua calda e fumante.

“Sveglia!” gridò il suo cervello, “Sveglia! Esci di qui, prima di fare, dire, o anche solo pensare cose di cui di pentiresti”.

Ariana si riscosse sotto lo sguardo malizioso di Draco, e gli gettò un’ultima occhiata. Era in grado di metterla in imbarazzo con una facilità disarmante: le scappò un sorriso, prima di uscire e chiudersi delicatamente la porta alle spalle.

Niente settimane di solitudine: avrebbe dovuto guardarsi da Malfoy, e non avrebbe potuto contare sull’aiuto di Hermione e Ginny. Però, magari, poteva giocare un pochino… Solo poco poco… Niente di serio…

Sorrise mentre raggiungeva a passo lento il dormitorio, dandosi della sciocca. Sembrava una bambina. Giocare con Draco… Ma che idea le era venuta? Stava perdendo il senno: il calore del bagno dei Caposcuola le stava dando alla testa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Draco Malfoy, ancora immerso nell’acqua calda che sapeva di pino fino alle ascelle, ridacchiava da solo come un demente.

Ariana andava veramente controcorrente.

Prima di tutto, quando era venuta ad aprirgli, si era vestita completamente; se al suo posto ci fosse stata una qualsiasi altra ragazza di Hogwarts, avrebbe provveduto ad aprirgli debitamente mezza svestita…

Poi, appena aveva potuto, era scappata via dandogli del pervertito.

Roba da pazzi. Qualunque ragazza avrebbe fatto carte false pur di trovarsi nella situazione di Ariana, e lei era fuggita.

L’ultimo episodio gli confermava quanto già sapeva: che Ariana non era come tutte le altre, e che le piaceva sempre di più.

Stava diventanto un’impresa per lui trattenersi dal toccarla, dallo sfiorarla. Ogni volta che la vedeva, aveva una tremenda voglia di trarla a sé, sentire la sua pelle morbida contro la sua, ma non ci aveva più provato da quella notte nella Stanza delle Necessità. Non aveva osato, per paura di allontanarla ancora di più e precludersi almeno la possibilità di parlarle, ogni tanto.

Blaise lo aveva detto: - Credo proprio che sarà lei a far impazzire te

Ci aveva visto giusto, il suo migliore amico. Ariana fuggiva da lui come davanti a una minaccia, senza dargli la possibilità di avvicinarsi. Non poteva continuare così. Non poteva continuare a guardarla da lontano senza sfiorarla, senza sentire il profumo dei suoi capelli.

Sospirò, mentre l’acqua piano piano si raffreddava. Non si sarebbe fermato. Voleva Ariana, e voleva solo lei. Avrebbe rinunciato a qualunque cosa pur di sfiorare di nuovo le sue labbra morbide e delicate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana tornò nel suo dormitorio con ancora il sorriso sulle labbra. Varcò il buco del ritratto e gettò l’accappatoio su una delle poltrone vuote. Poi, si sedette di fianco ad Argo, accoccolato sul pavimento davanti al camino. Il dobermann appoggiò la testa sulle sue gambe.

- Sai Argo, sto seriamente impazzendo – mormorò, - Mi sono innamorata di Draco Malfoy -

Il cane le leccò affettuosamente la mano, mentre Ariana fissava le fiamme nel camino. La mente tornava imperterrita a quel bagno del quarto piano, con Draco.

Doveva distrarsi, pensare ad altro. Si alzò di scatto e andò alla ricerca di piuma e pergamena, con l’intezione di scrivere all’Accademia Aurelius per informare il Preside del suo arrivo. Tornò a sedersi davanti al camino, appoggiando la pergamena per terra.

 

 

Egregio Professor Augusto,

scrivo per informarLa che il 2 gennaio mi recherò presso la sua scuola per usufruire della Biblioteca dell’Istituto. Con me ci saranno altre quattro persone, tra cui Harry Potter. Chiedo quindi la vostra gentile ospitalità all’interno dell’Accademia…

 

 

Ariana continuò a scrivere per altri dieci minuti, spiegando brevemente i motivi della sua visita. Sperava fosse disposto a ospitarli all’interno della scuola, in modo da essere più al sicuro.

Le tornarono in mente i ragazzi che aveva conosciuto lì… Chissà se si ricordavano ancora di lei?

Non vedeva l’ora di tornare all’Aurelius, perché era un posto davvero stupendo. Aveva molti bei ricordi di quel posto, diversamente da Durmstrang, dalla Van Hovenbargen e da Bauxbatons.

Chiuse la lettera e la sigillò con un incantesimo, poi salì alla guferia e spedì la busta con un gufo reale, sperando che arrivasse in fretta. Non vedeva l’ora di tornare in Italia.

Poi all’improvviso la vide: una busta nera di pergamena, appoggiata su una delle poltrone di pelle della Sala Comune. Non l’aveva ancora vista perché il fuoco del camino gettava un’ombra proprio in quel punto. C’era un nome scritto sopra, un nome scritto con inchiostro rosso sangue: Merope Zahira Riddle.

Ariana si alzò di scatto e afferrò la lettera. L’aprì il più velocemente possibile, con le mani che tremavano. Ne uscì un foglio bianco, scritto sempre con inchiostro rosso. Come intestazione c’era la serigrafia di un teschio dalla cui bocca usciva un serpente.

 

 

 

Merope,

scrivo questa lettera per chiederti di incontrarci il più presto possibile.

Come credo tu abbia già capito, possiedo mezzi molto più potenti di una semplice lettera per mettermi in contatto con le persone, ma voglio che non si crei rancore, tra noi. Ti reputo molto più intelligente di quanto molti credano, e ritengo tu sia in grado di capire che passare dalla mia parte sia più vantaggioso che rimanere a combattere al fianco di un manipolo di ragazzini viziati.

Recati il 2 gennaio a Little Hangleton, a Casa Riddle, alle 21.00 di quella sera. Ti attenderò lì.

 

 

Lord Voldemort

 

 

 

Ariana fissò la pergamena con gli occhi spalancati.

Allora Voldemort voleva lei… Voleva convincerla con le buone a farla tornare da lui.

Rimase immobile con la lettera in mano, fissando le fiamme che crepitavano nel camino. La sua testa lavorava a ritmo frenetico: che fare? Doveva andare all’incontro?

Quel giorno non sarebbe stata nemmeno a Hogwarts, ma all’Accademia Aurelius. Come poteva sperare di sparire per ore e non destare alcun sospetto? Ma soprattutto, voleva andarci?

No. Non ci voleva andare, e con ci sarebbe andata. Non le interessava assolutamente incontrare suo padre, e andarci significava dimostrare di temerlo. Forse credeva di poterla piegare, ma si sbagliava di grosso: Ariana era fatta di una pasta più dura di quanto potesse immaginare…

Gettò la busta e la lettera nelle fiamme, con un sorriso sulle labbra. Non bastava una lettera per spaventarla. Non si sarebbe mossa.

Se era veramente la figlia di Lord Voldemort, non sarebbe bastata una semplice lettera di suo padre a farla sprofondare nella paura. Non lo temeva, non la spaventava. Aveva imparato a non avere paura per la sua vita. Se veramente il Signore Oscuro la voleva dalla sua parte, sarebbe dovuto venire a prenderla con la forza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Bene bene bene, allora il caro Voldemort vuole incontrare Ariana… Fortuna che lei non ci andrà all’appuntamento. Ma non è di certo ancora finita!

Allora, spero che il capitolo vi sia piaciuto: il prossimo sarà molto leggero, per poi passare alla fase più caotica… , non vi dirò altro!

 

 

Nel prossimo capitolo: il Natale è un periodo dell’anno un po’ magico… e Ariana passerà uno dei più bei Natali della sua vita! ^^

 

 

A Kaimy_11: visto? Piton si è finalmente fatto vedere, e oltretutto non porta buone notizie… Sul fatto che sia stata una situazione triste devo proprio darti ragione: Ariana non ha mai molto amato lo ziastro, e molto probabilmente avrebbe fatto a meno di conoscerlo se non avesse lavorato per Silente. Piton le ha detto che assomiglia a suo padre: non ha tutti i torti, e la loro somiglianza ha un significato… Non aggiungo altro! Baci!

 

 

A Lexie__o: credo di non anticiparti poi molto dicendo che l’incontro tra Ariana e Voldemort ci sarà: in fondo è impossibile che non si incontrino nemmeno una volta. In ogni caso, lei ha abbastanza fegato per tenere testa a suo padre, figuriamoci quanto possa impressionarla uno come Piton! Grazie per la recensione! Baci!

 

 

A Smemo92: come vedi le tue domande hanno trovato risposta in questo capitolo. I nostri eroi andranno comunque all’Accademia Aurelius, ma con un obiettivo diverso. Ancora non è chiaro se lei sia un Horcrux, anche perché l’incantesimo non funziona sulle persone… Più avanti verrà spiegato meglio. Baci!

 

 

Grazie a chi legge, anche senza recensire!

 

 

P.S.: il prossimo capitolo vorrei postarlo giovedì, ma non sono sicura che ci riuscirò. Comunque, per venerdì pomeriggio sarà on-line!

 

Lhea

 

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Capitolo 26
*** Ghiaccio scioglie ghiaccio ***


Capitolo 25

Capitolo 25

Ghiaccio scioglie ghiaccio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno di Natale Ariana si svegliò più tardi del solito. Il sole era già alto quando scese dal letto, e l’occhio le cadde su una mezza dozzina di pacchetti regalo adagiati sul tappeto del dormitorio. Incuriosita, mentre Argo annussava la carta colorata, ne prese uno a cui era attaccato un biglietto di auguri: Per Ariana da Hermione – Spero tu stia passando delle buone vacanze!

Gli altri erano da parte di Ginny, Harry e Ron, più uno dai gemelli Fred e George. E anche uno per Argo, che sembrava un osso gigante.

- Tieni, questo è per te. Te lo manda… Hermione – disse, scartanto il pacchetto e scoprendo un gigantesco osso per cani. Argo lo annussò un attimo dubbioso, poi lo prese con la bocca e si accucciò in un angolo, godendosi il suo regalo.

La Caposcuola le aveva comprato un romanzo d’avventura, che lei adorava; Ginny, invece, un bel paio di orecchini con il pendaglio a forma di cuore, e sul biglietto aveva scritto: Occhio ai biondi con gli occhi grigi!

Dopo aver scartato tutti i regali, Ariana si preparò per andare a pranzo. Colse l’occasione per indossare i nuovi orecchini e si legò i capelli in una lunga coda di cavallo. Infilò gli stivaletti di camoscio e scese verso la Sala Grande, con Argo dietro. Sperava, visto che era Natale, che si facesse un’eccezione alla regola e lo lasciassero stare con loro mentre mangiavano.

La Sala Grande era addobbata a festa, con un grande albero di Natale al centro, sfavillante di mille luci colorate. Era stato preparato un solo tavolo, apparecchiato con una tovaglia di lino rossa e piatti d’oro. Al centro, brillava la fiamma di una candela adagiata su un centrotavola intrecciato.

C’erano già la professoressa McGranitt, la Sprite, la Trollope e Hagrid, seduti a una estremità del tavolo. Dall’altra, c’erano tre studenti di Corvonero, e due di Tassorosso, più Blaise e Pansy, che la salutarono con la mano.

- Ma come siamo belle, oggi -

Ariana sussultò e si voltò di scatto, ritrovandosi faccia a faccia con Draco Malfoy. Indossava un bel completo nero e tanto di fiore all’occhiello, una rosa bianca che aveva preso chissà dove. Sorrideva, ed era decisamente bellissimo.

- Ciao… Buon Natale – disse Ariana, mentre Argo si lasciava accarezzare dal Serpeverde.

Draco prese la piccola rosa bianca che aveva nel taschino della giacca, e prima che lei potesse spostarsi, o volesse, l’aveva infilata nell’elastico che le legava i capelli.

- Buon Natale anche a te – disse.

Ariana si portò una mano alla testa, sentendo i morbidi petali della rosa sotto le dita. Sorrise, imbarazzata, e disse: - Grazie… Andiamo a sederci? –

Il biondo annuì, ed entrambi si diressero verso il tavolo. Augurarono buon Natale a tutti i presenti, e attesero che arrivassero tutti prima di mangiare. Ariana si sedette vicino a Pansy, con Draco davanti a lei.

I professori parlavano tra loro con allegria, ma le loro espressioni erano un po’ tirate. Sarebbe stato uno dei Natali più freddi e tristi della storia.

Ariana si sentiva un po’ fuori posto, lì in mezzo. Era l’unica Grifondoro, e al momento sedeva insieme ai Serpeverde: era una cosa decisamente fuori dal normale. Oltretutto, non sapeva cosa dire: con Pansy e Blaise non aveva così tanta confidenza.

Quando finalmente arrivò anche il professor Lumacorno, vennero serviti gli antipasti. E anche Argo non rimase a bocca asciutta: un elfo domestico portò per lui un grosso piatto pieno di arrosto di vitello, lasciandolo sul pavimento in modo che potesse mangiarlo in pace.

- Quindi partirete per l’Accademia Aurelius? – domandò all’improvviso Blaise.

Ariana si chiese come facesse a saperlo, ma rispose: - Sì… Come mai non siete tornati dalle vostre famiglie? –

Il ragazzo fece una smorfia. – Al momento i nostri genitori non sono proprio contenti di quello che stiamo facendo… - borbottò.

Ariana si pentì della domanda. Gettò un’occhiata a Draco, che la guardava con mezzo sorriso sul volto. Confusa, tornò a guardare nel suo piatto, sentendosi una cretina.

Passarono tutto il pranzo a chiacchierare allegramente, e nemmeno per un attimo la sua testa tornò alla fatidica lettera di Voldemort. Almeno per quel giorno voleva sentirsi normale, anche se la presenza di Draco proprio davanti a lei la lasciava un po’ intidimidita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana sedeva su una delle poltrone della Sala Comune, fissando il fuoco. Aveva appena spedito una lettera a Hermione per ringraziarla dei regali e per fare gli auguri a tutti. Erano le sei del pomeriggio, e dopo il pranzo di Natale si era ritirata nel suo dormitorio per digerire con calma tutto il cibo che si era mangiata. Argo continuava a rosicchiare il suo osso con evidente soddisfazione.

All’improvviso, il ritratto della Signora Grassa si aprì, ed entrò Draco. Si era tolto la giacca e ora la portava appoggiata a una spalla. Si guardò un momento intorno, per studiare il dormitorio dei Grifondoro.

- Come hai fatto ad entrare? – domandò lei, guardandolo mentre si avvicinava con passo lento e cadenzato.

Lui si strinse nelle spalle, e ghignò. – Un Malfoy ottiene sempre quello che vuole – rispose, enigmatico.

Si sedette sulla poltrona di fronte alla sua, con aria divertita.

- Perché sei venuto? – domandò Ariana.

- Eri l’unica del castello sola, al momento – rispose Draco, gettandole un’occhiata.

Ariana si alzò, dandogli le spalle. Mamma mia quanto era bello, seduto lì vicino al fuoco… Si avvicinò verso la finestra, guardando nel parco imbiancato. Si sentiva stranamente in soggezione, e non era una cosa che le capitava spesso.

- Ora mi ricordo dove ti ho già vista – disse il Serpeverde, - Frequentavamo la stessa scuola da piccoli -

La ragazza si girò e lo guardò in faccia. Si ricordava di un bambino biondo, che stava in una sezione diversa dalla sua… Possibile che fosse Malfoy? Non poteva dirlo, erano troppo piccoli.

- Può essere… – disse.

- Sei molto diversa da allora – disse Draco, sorridendo, - Ci ho messo davvero tanto a capire che eri proprio tu –

Ariana alzò gli occhi al cielo. Un minuto più tardi si avvicinava a Draco con una vecchia foto in mano. Era una delle poche foto di se stessa che possedeva: il ritratto di classe a Durmstrang. La porse al biondo e aggirò la poltrona, mettendosi alle sue spalle per potergli spiegare dov’era lei.

La foto mostrava un gruppo di circa quaranta studenti, tutti in uniforme nera con uno stemma marrone sul petto. Erano disposti in fila, quelli dietro in piedi su delle panche. Ariana indicò con il dito una bambina bassa, la più bassa del gruppo, con i capelli a caschetto e senza sorriso. Era piuttosto bruttina, e sembrava dimostrare molto meno dei suoi undici anni.

- Quella sono io – spiegò, - Il primo anno a Durmstrang -

Draco scoppiò a ridere guardando la foto. – Davvero? – disse, - Eri proprio bruttina! –

- Ora hai capito perché mi chiamavano Sgorbietto – disse lei, per niente offesa. Era la verità, lo sapeva.

- , diciamo che sei nettamente miglioratadisse Draco, appoggiando la foto sul tavolo al centro della Sala Comune, - Se ti vedono adesso, ti saltano addosso –

- Spiritoso – disse Ariana, spostandosi e raggiungendo la poltrona.

- Guarda che è la verità –

La ragazza alzò di nuovo gli occhi al cielo, anche se il complimento le faceva piacere. Chissà perché le era passato per la testa di mostrargli quella foto…

- Lo sai, vero, che penso che vincerò la scommessa – disse d’un tratto Draco, gli occhi che scintillavano.

- Quale scommessa? –

- Quella sulla Granger e Weasley – rispose il biondo.

Aveva ragione. I due si erano praticamente lasciati… Incredibile, aveva azzeccato la previsione!

- D’accordo… - convenne Ariana – E’ per questo che sei venuto, allora. Cosa vuoi che ti dia? -

- Quello che vuoi tu – rispose Draco, prendendola in contropiede. Lei si aspettava una proposta indecente.

Lo studiò un attimo in faccia, indugiando negli occhi color tempesta. Cosa poteva dargli? In fondo, aveva vinto lui…

- Chiudi gli occhi – disse.

- Va bene – Draco ghignò, e chiuse le palpebre.

Ariana si avvicinò, dandosi dell’idiota per quello che stava per fare. Rimase in un momento immobile, studiando i lineamenti affilati del biondo, i capelli illuminati dalla fiamma del camino. Fece un respiro profondo, poi gli prese il viso con le mani e lo baciò sulle labbra. E questa volta ci mise decisamente più impegno.

Trenta secondi più tardi, staccava la bocca da quella del biondo, che la guardava malizioso.

- Che voto dai a questo, professore? – lo prese in giro Ariana, poi aggiunse: - Hai appena fumato, vero? -

- Immagino che se te lo avessi chiesto, non me lo avresti mai dato – le soffiò lui sul viso.

- Consideralo il mio regalo di Natale – disse lei.

Ariana abbassò lo sguardo, imbarazzata. Draco la trasse a se, appogiandosi contro il tavolo, e la baciò con tutta la passione di cui era capace. Con una mano le sciolse i capelli, passandoci le dita in mezzo, mentre con l’altra la teneva stretta al suo torace.

Ad Ariana non le interessava perché lo stessero facendo. Gli appoggiò le mani sulle spalle larghe, sentendo che lui la stava facendo scivolare sul pavimento. Un attimo più tardi, erano sdraiati sul tappeto davanti al camino, lei sotto e lui sopra.

Il Serpeverde appoggiò le mani a terra, e smise un momento di baciarla per guardarla in faccia. Sorrideva davanti allo sguardo imbarazzato e sconcertato di Ariana, che si vergognava troppo per essersi lasciata andare.

- Diciamo che per il momento hai una sufficienza tirata, signorina – sussurrò.

Ariana gli afferrò la cravatta e lo tirò verso di lei, ricongiungendo le labbra alle sue. Era impazzita! Prendeva l’iniziativa!

Sentì la mano di Draco correre verso i bottoni della sua camicetta, e lei si bloccò all’improvviso. No, non era ancora pronta per quello.

- Aspetta, Draco… - sussurrò, mentre lui si scioglieva il nodo della cravatta con l’altra mano.

Il biondo aprì i primi tre bottoni, e Ariana iniziò ad avere paura che non si fermasse. Si sentì cogliere dal panico: non era preparata…

- Draco… Fermati -

Il biondo si bloccò, guardandola divertito. Avvicinò il viso al suo, mentre Ariana gli metteva una mano sul petto.

- Sei l’unica Grifondoro della scuola – disse, - Non c’è nessun pericolo che qualcuno entri qui dentro -

Ariana tentò di mettersi a sedere, ma il corpo di Draco la bloccava.

- Non è per quello… - mormorò, - Sono… Sono io che non voglio -

Il Serpeverde si accigliò per un momento. – Perché? – chiese.

Ariana non riusciva a sostenere il suo sguardo. – Non credo di sentirmi abbastanza pronta… - rispose, arrossendo leggermente.

Draco ghignò, divertito. – Deduco che sarebbe la tua prima volta – disse.

Ariana rimase in silenzio, senza guardarlo negli occhi. – Fammi alzare, per favore – disse.

Il biondo non si mosse nemmeno di un millimetro. – Prima dimmi la verità –

- Oh, d’accordo Draco! – sbuffò lei, infastidita, - Prima volta, abbastanza chiaro così? -

Per un terribile momento, davanti allo sguardo compiaciuto del Serpeverde, Ariana pensò che non si sarebbe spostato e che avrebbe cercato di forzarla. Invece, con enorme sollievo, il biondo la liberò e la prese delicatamente per un braccio, mettendola seduta sul morbido tappeto.

- Avanti… Commenta – disse Ariana, incrociando le gambe e gettandogli un’occhiata gelida.

- Cosa dovrei dire? – ribetté lui, angelico.

Ariana rimase in silenzio, confusa. Succedeva sempre così quando rivelava qualcosa di se stessa, e questa volta aveva detto qualcosa di grosso. Era terrorizzata del giudizio altrui, soprattutto di quello di Draco.

Fissava le fiamme con gli occhi vaqui, presa dalla solita crisi di rimorso. Ma era impazzita? Che stava facendo? Era completamente andata fuori di testa: era bastato un camino, una Sala Comune sgombra e un giorno di solitudine per farla cadere…

Sentì la mano di Draco sulla sua guancia. La stava guardando affettuosamente, e nei suoi occhi non c’era traccia di derisione o di disprezzo. Si sentiva una stupida bambina ingenua, ma l’idea di perdere il controllo e mostrare una parte di se stessa e del suo corpo la spaventava a morte.

- Ariana… Non c’è nessun problema – disse Draco, - Non ti voglio costringere -

La ragazza sospirò. La trattava con troppa gentilezza, più di quanto lei si meritasse. Fosse stato chiunque altro, avrebbe cercato di forzarla almeno un po’. Cercò di calmare il cuore che batteva troppo forte, e sospirò.

- Scusami, ma… - sussurrò, - Non so cosa mi sia preso… -

Sentì il braccio si Draco insinuarsi intorno ai suoi fianchi, tirandola delicatamente verso di sé. Ariana non oppose resistenza, e lasciò che la sua schiena toccasse il petto del Serpeverde.

- Non mi devi chiedere scusa – disse lui, con il fiato che le solleticava l’orecchio, - Sono stato un po’ troppo precipitoso, per i tuoi standard -

Si accorse che stava sorridendo, e Ariana rimase colpita da quell’improvvisa dolcezza nella voce di Draco. E apprezzò molto di più il fatto che lui non si fosse opposto alla sua richiesta di fermarsi e non andare oltre: lui era abituato a non sentirsi dire mai di no.

All’improvviso la situazione le sembrò incredibile: lei, Ariana Drake, seduta sul tappeto davanti al camino della Sala Comune di Grifondoro, tra le braccia di Draco Malfoy, il ragazzo più bello della scuola… Ma soprattutto, il ragazzo che le aveva rubato il cuore con la facilità con cui si rubano le caramelle ai bambini.

Draco la stava stringendo con delicatezza quando Ariana sentì il suo viso avvicinarsi al suo. Gli strinse una mano, e sentì che era decisamente più calda delle sue.

- Dicono che sono la persona più fredda che esista sulla faccia della terra – mormorò lui con il sorriso che gli increspava le labbra sottili, - Ma tu mi stai battendo alla grande -

Ariana si rese conto solo in quel momento di quanto fosse rigida. Sussultò, imbarazzata, ma per la prima volta ascoltò il suo cuore, e non la sua testa: con un attimo di esitazione, si abbandonò completamente sul petto del Serpeverde.

Era una sensazione bellissima, stare lì. Avrebbe voluto dire tante, troppe cose, ma la lingua si era annodata. Sentiva il mento di Draco appoggiato sul suo collo, con il suo irresistibile profumo che le arrivava dritto dritto alle narici.

Non poteva credere di piacere a uno come Draco Malfoy, così bello, così algido, così incredibilmente perfetto. Non poteva credere che lui fosse lì per lei, che l’avesse baciata con quelle labbra sottili e disegnate per raggiungere la perfezione. Non poteva credere che la stesse abbracciando, lei tra milioni di ragazze.

C’era solo una cosa che non permetteva ad Ariana di godere appieno di quel momento così simile ad  un sogno: la consapevolezza del fatto che lei non era Ariana Drake. Era Merope Zahira Riddle.

- Cosa c’è che ti preoccupa? – domandò Draco, stringendola un po’ di più.

- Niente… - rispose Ariana, - Niente… Solo, mi sembra così assurdo. Cioè, perché proprio io? –

Sentì il torace del Serpeverde scosso da una risatina: non lo vedeva in faccia, e sapeva che era meglio così, altrimenti sarebbe arrossita come un peperone.

- Perché tu sei perfetta – rispose.

- Io non sono perfetta – obiettò Ariana, seria, - Quello perfetto sei tu –

- Oh, non posso credere alle mie orecchie – ghignò Draco, - Mi hai fatto un complimento! –

- Dai, non prendermi sempre in giro – disse Ariana, - Cos’ho io che ti ha… Non so… Colpito? Piaciuto? –

- , prima di tutto sei bellissima – mormorò il biondo a mezzo centimetro dal suo orecchio.

- Io non sono bellissima –

- Ariana, sei esasperante – sbottò Draco, - Ma ti sei mai guardata in uno specchio? E comunque, mi hai chiesto tu cosa mi piace di te: posso rispondere senza essere interrotto? –

La ragazza chiuse la bocca e si accoccolò meglio sul suo petto, con un sorriso che le illuminava il volto. – D’accordo, scusa –

- Allora… Sei bellissima, e che tu ci creda o no continuerò a riperterlo all’infinito – disse Draco, appoggiando il mento sulla sua spalla, - Secondo, mi fa impazzire il fatto che pensi sia il contrario. Terzo, non ho mai visto degli occhi come i tuoi. E ultimo, ma non di minore importanza, mi piaci e basta. Hai qualcosa da dire? -

- Ehm… Credo di sì – disse Ariana.

Si liberò dall’abbraccio e si voltò verso di lui, che non capiva cosa volesse fare. Gli infilò una mano tra i capelli biondo platino perfettamente pettinati e glieli scompigliò tutti, ridacchiando.

- Cosa fai? – chiese Draco inarcando un sopracciglio, quando lei ebbe finito.

Ariana arretrò di mezzo metro per ammirare la sua opera, e sorrise. – Oh, tu sei sempre così perfettamente perfetto… Adesso non lo sei più

Draco sembrò sbalordito dalla sua affermazione, poi sorrise a sua volta e si avvicinò con aria furtiva.

- Ah, davvero? – disse malizioso, - Vieni qui che ti faccio vedere io quanto sono perfetto -

L’attirò a se, ma fu Ariana a baciarlo per prima. Ormai aveva perso la testa, e non le importava nulla del resto. Voleva godersi quella giornata fino all’ultimo, per poi tornare bruscamente alla sua realtà. Per un giorno, per un momento, poteva e voleva dimenticare di essere la figlia di Lord Voldemort.

- Lo sai che impari in fretta? – disse Draco un minuto più tardi, con un ghigno.

- Ho un ottimo maestro – ribatté Ariana, appoggiando la fronte contro la sua.

- E lo sai che sono settimane che non tocco una ragazza? – disse il Serpeverde, una scintilla maliziosa negli occhi color tempesta.

- Credevi di poterti rifare con me? –

- No. Volevo te e basta –

Ariana lo guardò negli occhi, per scoprire che lui stava dicendo la verità. E lo baciò di nuovo, con una passione di cui nemmeno lei si credeva capace.

- E tutte le remore dell’altra volta, dove sono andate a finire? -

Draco ridacchiava, divertito dall’improvvisa sfacciataggine della ragazza. Ariana sapeva che aveva ragione, ma non voleva rovinare quel momento. Non voleva dirgli che sarebbe stato solo per un giorno, per quel pomeriggio, e poi lei sarebbe tornata a chiudersi dentro se stessa. Non voleva dirgli, che per quanto volesse, non poteva.

- Draco… Non dimenticare le parole che ti ho detto quella volta – mormorò, - Perché da domani sarà tutto come prima. Finché questa storia non finirà, io non troverò la mia pace. E continuerò a seguire la mia testa -

- Scommettiamo che non riuscirai? – sussurrò il biondo, ghignando.

Ariana si accomodò meglio sul tappeto, lasciandosi scappare un sorriso divertito.

- Non voglio fare più scommesse con te, Malfoy – disse, - Vinci troppo spesso per i miei gusti -

Draco ridacchiò. – Adesso che so come prenderti… - mormorò.

- Che vuoi dire? -

- Che in fondo non sei tanto fredda come vuoi far credere. Anzi… –

Ariana arrossì e lo spinse con una mano, ridendo. – Parli tu, l’algido Principe delle Serpi! –

Risero tutti e due finché Argo, che era rimasto a dormicchiare fino a quel momento sotto il tavolo, decise di intromettersi. Saltò addosso ad Ariana cercando di leccarle la faccia, mentre Draco se la ridacchiava. Il biondo afferrò Argo per il collare e lo spinse delicatamente via.

- Eh, caro mio – disse, - Non sarà così facile portarmela via -

E rimasero così fino a sera, sdraiati sul tappeto davanti al camino della Sala Comune, vicini, scambiandosi ogni tanto qualche bacio che per Ariana voleva essere l’ultimo prima di tornare a essere se stessa, ma che per Draco voleva essere invece il primo di una lunga serie. Rimasero insieme a guardare il soffitto, mano nella mano, parlando e ridendo come nessuno dei due avrebbe pensato fino a qualche mese prima. Come nessuno avrebbe mai pensato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

AAAAHHH! Allora, che mi dite di questo capitolo???? Davvero, mi stupisco di me stessa, non sono mai stata così romantica… Boh, sarà la primavera…

Comunque, Draco è riuscito a sciogliere Ariana, missione che sembrava impossibile fino a poco tempo fa… La situazione però è ancora bel lungi dall’essersi risolta… Come Ariana stessa ha detto, il giorno dopo tornerà a essere se stessa. Il Serpeverde dovrà proprio correrle dietro!

 

 

Nel prossimo capitolo: è arrivato il momento di andare all’Accademia Aurelius, e scoprire ancora qualcosa di Ariana, oltre che esplorare una fantastica scuola di magia italiana! (Davvero, mi sono divertita da morire a scrivere il prossimo capitolo, anche perché ho preso ispirazione da qualcosa di vero!).

 

 

A Lexie__o: niente ballo per Ariana. E’ bastato un bel camino e una Sala Comune deserta per farla crollare… E Draco non ha poi dovuto fare molto, perché è stata lei a prendere l’iniziativa! ^^ (Vai Ariana!) Comunque, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se non sono tanto sicura che Ariana fosse completamente lucida… Avrà bevuto qualcosa e non me ne sono accorta! Grazie: recensisci sempre! Baci!

 

 

A Kaimy_11: Voldemort ha i suoi piani, e se Ariana ha fatto bene o male a non andare all’appuntamento si vedrà presto. E Draco, , ha avuto la sua parte in questo capitolo: Ariana non sa ancora se è amore, ma qualcosa la spinge a rischiare… Solo per un giorno, solo per un momento: non dimentica mai chi è, e che cosa deve fare… Grazie per le recensioni! Baci!

 

 

A Smemo92: la scena del bagno è servita a far capire appieno la psicologia di Ariana: non è poi tanto ingenua, ma non è proprio una facilotta… Comunque, sono contentissima che ti sia piaciuta! Voldemort, invece, continua a tessere i suoi piani… Vedremo più avanti… Grazie per le recensioni! Baci!

 

 

Prossimo aggiornamento: domenica!

 

 

 

Baci a tutti!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 27
*** L'Accademia Aurelius ***


Capitolo 26

Capitolo 26

L’Accademia Aurelius

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Bene, è tutto pronto -

Ariana controllò per l’ultima volta che nello zaino ci fosse tutto il necessario per il viaggio. Infilò la bacchetta nella tasca dei pantaloni, calzò gli stivaletti e si mise il matello nero che usava durante gli spostamenti. Argo, dietro di lei, era pronto a partire.

La ragazza diede un ultimo sguardo al dormitorio delle ragazze, poi scese in Sala Comune con lo zaino in spalla e uscì nel corridoio. Erano le due del pomeriggio del 2 gennaio, e fuori il parco di Hogwarts era coperto di neve.

Con i suoi soliti passi rapidi e silenziosi, Ariana raggiunse la scala del terzo piano, dove c’era il gradino su cui potersi Smaterializzare. Draco la aspettava, con il bagaglio in spalla.

- Già qui? – domandò lei, vedendolo.

- Avevi detto di essere puntuale – ribatté lui, con un sorriso. Si avvicinò per scambiare un rapido bacio a fior di labbra, ma lei si scostò, lesta.

- Cosa ti avevo detto? – lo aggredì.

Il Serpeverde alzò gli occhi al cielo. – Tanto lo sai che non riesci a resistere – disse.

Dopo il giorno di Natale, Ariana aveva cercato di mantenere una certa distanza tra loro due, fedele alla promessa che aveva fatto a se stessa. Nonostante tutta la sua forza di volontà, però, Draco era riuscito comunque a rubarle qualche bacio piuttosto appassionato, al quale lei aveva fatto fatica a sottrarsi. Stargli lontano stava diventando più difficile del previsto.

- Io non so di preciso dove si trovi il Quartier Generale dell’Ordine – disse Ariana per cambiare argomento, - Dovrai guidarmi tu -

Disse le ultime parole con una certa apprensione: doveva affidarsi a qualcun altro che non fosse lei stessa, e anche se era per un breve istante, la cosa la infastidiva. Draco sembrò cogliere i suoi pensieri e disse: - Tranquilla. Ti fidi di me, no? –

Ariana non rispose subito: si fidava di lui? Sì, dopo quello che era successo a Natale. Gli rivolse un sorriso, prima di afferrargli il braccio con delicatezza. Il biondo la tirò verso di lui e sfiorò le labbra con le sue, prendendola come sempre contropiede.

- Sei una Serpe – mormorò Ariana.

- Anche tu – ribattè Draco, - Proibirmi di toccarti è un tipico comportamento da Serpeverde

Quando si materializzarono in una piazza di una città deserta erano ancora uno di fronte all’altro, con Ariana che faceva di tutto per cercare di fare l’arrabbiata ma che proprio non ci riusciva.

Si guardarono intorno per vedere se c’era qualche movimento sospetto, poi il biondo si diresse verso uno spazio che c’era tra due case, tra il numero 11 e il numero 13.

- Vieni – disse alla ragazza.

Tra le due case ne era appena apparsa una terza, sulla cui porta c’era un grosso numero 12. Dopo essersi nuovamente guardati alle spalle, Draco bussò e attesero.

Dopo due minuti arrivò ad aprirgli Remus Lupin, il volto pallido ed emaciato come al solito. Li squadrò da capo a piedi, poi domandò a Draco: - Qual è il Patronus di Kingslay Shakebolt? –

- Una lince – rispose il biondo.

Lupin si fece da parte e li lasciò entrare in casa. Era un luogo lugubre e tetro, anche se Silente le aveva detto che era perfetto per essere il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice. Attraversarono un lungo corridoio in cui erano appese delle teste di elfi domestici, e arrivarono in una grande sala da pranzo. Dentro, c’erano la Signora e il Signor Weasley, Fred e George, Ninfadora Tonks e Malocchio Moody. I loro sguardi si posarono su Ariana, alcuni incuriositi altri sospettosi.

- Buonasera – disse Ariana, cercando di apparire perfettamente a proprio agio.

- Allora tu saresti la spia di Silente – disse Tonks, ormai al quinto mese di gravidanza. – Piacere di conoscerti –

- Piacere mio –

Ariana strinse la mano alla donna e alla Signora Weasley, che erano le uniche due lì dentro che non aveva conosciuto dopo l’attacco a Hogwarts. Sembravano molto incuriosite da lei.

Draco venne accolto con molta più benevolenza di quanto lei si aspettasse: evidentemente i membri dell’Ordine si fidavano molto di lui, perché Arthur gli rivolse un grande sorriso stringendogli la mano.

In quel momento entrarono nella sala da pranzo Harry, Ron, Hermione e Ginny. Le due ragazze squadrarono prima Draco poi Ariana, come per vedere se lei fosse ancora tutta intera. Harry e Ron, invece, sembravano contenti di rivedere lei ma non il Serpeverde.

- Hai passato delle belle vacanze? – chiese Ginny, gettando un’occhiata divertita a Malfoy.

- Ehm… Sì, abbastanza – rispose Ariana, leggermente imbarazzata.

- Drake – disse all’improvviso Moody, - Ci garantisci che Potter sarà al sicuro? Altrimenti dobbiamo mandare una squadra con voi

Ariana divenne seria e annuì. – Certamente – disse, - L’Accademia Aurelius è uno dei posti più sicuri al mondo. E in ogni caso sono pronta a tutto: ho un piano di emergenza che riporterà Harry qui o a Hogwarts se si presenterà la necessità di fuggire

Moody grugnì, e Ariana rivolse uno sguardo a tutti i presenti. Doveva mettere bene in chiaro ogni cosa, da subito. Si voltò verso Harry, Ron ed Hermione: - Voglio essere chiara con voi. Sono abituata a lavorare da sola. Se volete che tutto fili liscio, dovrete seguire i miei ordini, qualunque essi siano. Soprattutto tu, Harry: se ti dirò di fuggire, dovrai farlo, è chiaro? – Si rivolse agli altri. – Per questo motivo mi assumo ogni responsabilità di questa missione: qualunque cosa accadrà sarà fatta ricadere su di me

Tutti sembrarono colpiti dall’autorità della voce di Ariana: nessuno ebbe nulla da obiettare, perché rimasero tutti in silenzio.

- Il camino è pronto? – domandò a Moody.

- Quando volete partire… - rispose l’Auror.

Ariana si diresse verso il camino con passo sicuro, ed esaminò il fuoco verde con aria critica. Entrò tra le fiamme tenendo Argo per il collare e disse: - Andrò io per prima con Argo. Se sarà tutto a posto dall’altra parte, vedrete una fiamma blu balenare all’interno del camino. A quel punto entrerete secondo quest’ordine: prima Harry, poi Draco, poi Hermione e per ultimo Ron. Se non ricevete nessun mio messaggio, non seguitemi e chiudete immediatamente la Metropolvere. Tutto chiaro? –

Guardò uno a uno i presenti. Draco le rivolse un’occhiata preoccupata e sembrò sul punto di dire qualcosa, ma rimase in silenzio.

- E’ stato un piacere. Arrivederci – disse Ariana, - A presto, Ginny. Accademia Aurelius! -

Dopo aver vorticato furiosamente per trenta secondi tra le fiamme verdi, Ariana uscì da un enorme camino di pietra scura, seguita da Argo, ritrovandosi in un immenso salone dalle alte finestre a cuneo, da cui filtrava la luce del sole che illuminava il pavimento liscio e le colonne bianche dell’Accademia Aurelius. Delle statue di marmo che rappresentavano busti di maghi famosi erano dispose lungo le pareti, in alcune nicchie ricavate tra i finestroni. Non c’era nessuno, a parte tre persone che attendevano che Ariana parlasse.

Il primo era un’uomo non molto alto, anziano e vestito con un completo babbano verde scuro. Aveva due grossi occhiali da vista dalla montatura d’oro e due baffi grigi che spuntavano da sotto il grosso naso. Era Cesare Augusto, il Preside dell’Accademia.

Le altre erano due donne, entrambe di circa quarantacinque anni. Una aveva una chioma di riccioli biondo scuro e un paio di occhiali brillanti di strass, e indossava un lungo abito blu scuro. L’altra, aveva corti capelli neri ed era piuttosto grassottella, con gli occhi piccoli e scuri.

- Buongiorno, Preside Augusto – salutò Ariana con un cenno del capo – Professoressa Traverso, professoressa Ferraris -

- Bentornata, Ariana – disse il Preside, mentre la ragazza tratteneva Argo per il collare. – Bentornata –

Strinse le mani di tutti e tre, poi disse lei: - Vi chiedo solo un momento, per favore. Devo dare il via libera ai miei compagni

Si voltò verso il camino e pronunciò un’incantesimo a labbra strette. Un piccolo fuoco blu baluginò per qualche istante, poi scomparve. Uno dopo l’altro, Harry, Draco, Hermione e Ron uscirono dal camino, guardandosi intorno incuriositi.

Il Preside soffermò il suo sguardo su Harry e sulla sua cicatrice. Lo studiò attentamente, poi andò a stringergli la mano.

Dopo le dovute presentazioni, il Preside disse loro: - Sono lieto che voi studenti di Hogwarts abbiate scelto proprio questa scuola, come luogo per le vostre ricerche. Vi abbiamo preparato delle stanze nell’ala ovest della Reggia. La professoressa Traverso vi mostrerà la strada

Il gruppetto seguì la strega con i riccioli biondi su per una scalinata di marmo bianco, arrivando in un lungo corridoio luminoso, con un lungo tappeto sul pavimento. Dalle finestre si poteva vedere il cortile illuminato dal sole di gennaio, deserto.

Ariana si sentiva benissimo. Conosceva come le sue tasche ogni angolo della scuola, e ripercorrerli adesso la rendeva entusiasta. L’Accademia era molto diversa da Hogwarts: era un luogo luminoso e pieno di verde. Seguiva la professoressa con passi leggeri, ricordando quando al quinto anno passava sempre di lì per andare alle lezioni, o quando usciva per andare a giocare nel parco con Argo.

- Eccoci – disse la Traverso, - Qui ci sono le vostre camere. I ragazzi staranno da questa parte, mentre le ragazze da questa -

Indicò con la mano due porte vicine, e Ariana gettò una rapida occhiata a Draco: evidentemente non pensava di dover dividere la stanza con il Magnifico e Lenticchia. E gli altri due sembravano altrettanto scocciati. Ridacchiò ed entrò nella camera delle ragazze.

La loro stanza non era grandissima, ma molto confortevole. C’erano due morbidi letti a baldacchino ai due estremi, e una grande balconata che dava sul parco. Al centro c’era un’ampio tappeto rotondo con un tavolino e due sedie. Una porta azzurra conduceva al bagno.

Ariana tornò fuori, dove la Traverso l’attendeva.

- Sono perfette – disse, - Ringrazi da parte mia il Preside. E’ stato molto gentile -

- Per noi è un piacere riaverla qui, signorina Drake – disse la Traverso. – Avete già accesso alla Biblioteca, se volete cominciare. In ogni caso siete liberi di girare per la scuola, possibilmente senza fare danni

Ariana sorrise. La professoressa era sempre la stessa. – Non si preoccupi – disse, - Ci penso io a tenerli a bada. Lo sa come sono fatta, no?

La strega ricambiò il suo sorriso. – Mi ricordo benissimo. Se ha bisogno, sa dove andare a chiedere –

La ragazza guardò la sua vecchia professoressa allontanarsi, poi andò a sbirciare nella stanza dei ragazzi, lasciando Hermione a disfare i bagagli.

- Sfregiato, non iniziare a rompere – stava dicendo Draco, - Non era nemmeno nei miei piani condividere la stessa stanza -

Ariana si schiarì la voce, per far notare la sua presenza. Il Serpeverde si voltò a guardarla con una smorfia. – Di questo non mi avevi detto nulla – disse.

La ragazza sorrise. – Non sapevo dove ci avrebbero messo – spiegò, - Ma sono solo cinque giorni. Puoi resistere, no? –

Draco grugnì e tornò a disfare i suoi bagagli. Si era appriato del letto vicino al balcone, e aveva schiaffato Harry e Ron dall’altra parte della camera, nei due letti vicini. Entrambi avevano due facce da funerale.

- Allora, cosa ne dite di questo posto? – domandò lei.

- Non abbiamo visto nulla – rispose Ron.

- A questo problema si può porre subito rimedio – disse Ariana, con gli occhi che brillavano.

 

 

 

 

L’Accademia Aurelius si trovava nel nord-ovest dell’Italia, immersa in un grandissimo parco verde. Era un’enorme reggia settecentesca, che persino i Babbani conoscevano: per loro era un monumento famoso in tutto il paese, dovuto alla sua somiglianza con la famosa Reggia di Versailles, a Parigi. Naturalmente non sapevano che dentro si nascondeva una delle scuole di magia più belle del mondo. Con un piccolo ma geniale incantesimo, i Babbani venivano ingannati e non notavano assolutamente nulla di strano.

- In pratica – spiegò Ariana, - C’è solo un’ala della Reggia aperta a loro, più precisamente una sala. Con la magia è stata creata l’illusione ai Babbani che in realtà si tratti di tutta la Reggia. Fanno il loro giro turistico, ma alla fine sono sempre rimasti nella stessa stanza -

Ariana camminava spedita per uno dei corridoi, seguita da Draco, Harry, Ron ed Hermione. Presero una porta e uscirono nel cortile interno.

- All’interno dell’Accademia non si può entrare se non si è autorizzati dai Guardiani – continuò Ariana, - I Guardiani sono quattro, e conoscono i nomi e i volti di tutte le persone che entrano ed escono da qui. Anche i vostri, altrimenti non sareste potuti entrare. E’ una cosa un po’ complicata da spiegare… Eccoci, qui ci sono le scuderie -

Erano arrivati davanti a una grande stalla: da dentro provenivano nitriti e scalpiccii. Ariana aprì i battenti ed entrò dentro. C’era odore di fieno fresco, e faceva molto caldo rispetto a fuori. Una ventina di cavalli nitrivano dai loro box, infastiditi dalla loro presenza.

- Ariana Drake? – disse qualcuno in fondo alla stalla, parlando in italiano - Sei tu? -

All’improvviso, da uno dei box uscì fuori un ragazzo molto carino, dai capelli scurissimi e gli occhi azzurri. Era poco più basso di Draco, e aveva due belle braccia muscolose, frutto dei lavori nella scuderia. La squadrò da capo a piedi, poi gettò una rapida occhiata a Harry e agli altri.

- Allora non ti hanno ancora espluso, Gabriele. Anzi, ti hanno anche affidato la cura della scuderia – disse Ariana nella stessa lingua, avvicinandosi al ragazzo per stringergli la mano, - Niente vacanze a casa, quest’anno? -

- E tu ancora a cercare cose che non dovresti? – domandò il ragazzo, avvolgendo la sua mano in una stretta possente.

- Come sempre – ribatté Ariana con un sorriso passando all’inglese, poi si voltò verso gli altri. – Ragazzi, vi presento Gabriele Casali. Eravamo compagni di classe. Loro sono Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley e… Harry Potter

Gabriele strabuzzò gli occhi quando vide la cicatrice del Bambino Sopravvissuto, e andò subito a stringergli la mano. – Harry Potter? Non ci posso credere, qui all’Accademia? Ma è fantastico! – disse, con una perfetta pronuncia inglese. Per fortuna che all’Aurelius lo insegnavano!

Ariana sorrise davanti all’occhiataccia che Draco rivolse al ragazzo, poi chiese: - Chi altro c’è qui? –

Gabriele smise di tempestare Harry di domande e le si avvicinò per risponderle. – Quest’anno sono rimasti Antonio, Claudia e Marta. Adesso credo siano nei dormitori, a parte Antonio che è uscito a cavallo mezz’ora fa

Ariana annuì e si avvicinò ad un box, per accarezzare uno stallone nero. – Ha preso Brezza del Mattino, immagino –

- Già… A proposito, ma cosa ci fai qui? – domandò Gabriele.

- Sono venuta per la Biblioteca – rispose Ariana, - Dobbiamo fare qualche ricerca… -

- Ho capito – la interruppe Gabriele, - Missione segreta… Tanto per cambiare

Ariana si strinse nelle spalle, con noncuranza. – Sai come sono fatta… , noi continuiamo il nostro giro panoramico. Ci vediamo a cena –

Salutò il vecchio amico e uscì, seguita da Draco, Harry, Ron ed Hermione. Varcarono uno dei grandi portoni della Reggia e uscirono su una strada sterrata, in mezzo a una lunga serie di alti alberi. Intorno a loro c’era un grandissimo campo, con un fosso attraversato da un rigagnolo d’acqua. In cielo volava alto un falchetto.

Quello che Ariana amava di più di quel posto erano i suoi immensi spazi verdi. Agli studenti era consentito uscire dalla Reggia quando volevano, perché il parco era delimitato dai cancelli sorvegliati dai Guardiani, quindi non vi era alcun pericolo. Chi lo desiderava, poteva anche uscire a cavallo: la scuola metteva a disposizione delle lezioni di equitazione per gli allievi che volevano frequentarle, oltre ai consueti allenamente di Quiddich.

Camminarono per mezz’ora sulla strada battuta, poi Ariana li condusse lungo alcuni sentieri tra le macchie di vegetazione. Conosceva quel posto a memoria, perché al quinto anno aveva passato metà del tempo in giro a piedi o a cavallo. Mentre camminavano, spiegava che anche i Babbani avevano accesso al parco, ma che grazie ad incatensimi potentissimi non si accorgevano di nulla.

Arrivarono a un cancello di ferro battuto che si apriva su un ponte di pietra largo circa cinque metri, e che conduceva ad una strada asfaltata che portava alla città. Di fianco al cancello, c’era una piccola casetta di pietra, e un’anziano signore sulla soglia, che controllava chi entrava e chi usciva.

- Questo è l’Ingresso Ponte Verde – spiegò Ariana, - Ma ci sono altri ingressi, tutti controllati da un guardiano. Lui è Fernando, il Guardiano di questa entrata -

Il vecchio, sentendo pronunciare il suo nome, si voltò a guardarli. Aveva perso quasi tutti i capelli, e gli occhi erano grigio chiaro. Il volto, solcato da centinaia di rughe, era tirato in una smorfia.

- Drake… - grugnì l’uomo, - Sei arrivata -

- Già… Come stai? – chiese Ariana, ricordando quanto fosse scorbutico quel vecchio.

- Abbastanza bene per andare avanti ancora cent’anni – borbottò Fernando.

Ariana rivolse un’occhiata significativa ai suoi amici, quindi salutò il guardiano e iniziarono a tornare indietro.

- E’ un tipo un po’ taciturno – disse agli altri, - Ma alla fine è una brava persona… Oh, guarda un po’ chi c’è -

A circa cinquanta metri da loro un cavallo grigio correva lungo un sentiero battuto, con in sella un ragazzo dai capelli castani. Il cavaliere gli rivolse una rapida occhiata, poi svoltò verso la scuola.

Un attimo dopo il cavallo inchiodava con un nitrito, poi si girava e correva verso di loro.

- Ariana?! – gridò il ragazzo in sella.

Lo stallone si fermò a mezzo metro da loro, scalpitando. Il cavaliere aveva un viso rotondo e portava un paio di occhiali dalla montatura di metallo blu. Guardò Ariana come se non credesse ai propri occhi.

- Ciao Antonio – disse la ragazza, - Sorpreso di verdermi? -

Il ragazzo smontò dal cavallo, e scoprirono che era molto basso. Persino Hermione era più alta di lui.

- Sorpreso? Cosa ci fai qui? – disse, dandole una manata sulla spalla. – Credevamo di non rivederti mai più da queste parti -

- L’avevo detto che un giorno sarei tornata – disse Ariana, prendendo per i finimenti il cavallo grigio, - Sempre in forma, vedo. E continui a rubarmi il mio cavallo preferito

Antonio sorrise per niente imbarazzato. – E’ un peccato lasciarlo nella scuderia – disse, - Ah, questi sono i tuoi nuovi amici… -

Il ragazzo si presentò stringendo la mano a Harry, Ron, Hermione e Draco, con un sorriso a trentadue denti. Ariana gli lasciò le briglie del cavallo, e tornaro insieme a scuola.

- Vi piace questo posto? – domandò Antonio al gruppo.

- E’ assolutamente fantastico – rispose Hermione, guardandosi attorno eccitata come una bambina, - A Hogwarts abbiamo anche noi un parco, ma è molto più selvaggio di questo. Qui si potrebbe venire tranquillamente a studiare

- Studiare? – ridacchiò Antonio, - Di solito è quella l’intenzione, ma si finisce sempre per fare altro – Gettò un’occhiata innocente ad Ariana, e Draco la guardò male.

- La verità è che spesso si finisce a giocare a pallone, come i Babbani – disse lei, per evitare qualsiasi equivoco.

Vista da fuori, l’Accademia sembrava proprio un’antica Reggia settecentesca, con lunghi portici e le finestre a punta. Alcune bandiere sventolavano nel vento della sera, con i simboli delle vecchie contrade disegnati sopra.

Rientrarono nella scuola quando iniziava a fare buio. Lasciarono Antonio davanti alla scuderia, e tornarono nelle loro camere. Proprio davanti alle stanze, era stata preparata per loro una piccola saletta con tanto di tavolino e divani. La finestra dava sul cortile.

- Cosa ne pensate, allora? – domandò Ariana, quando si furono tutti accomodati nel loro salottino, davanti al camino acceso.

- E’ un bel posto, davvero – disse Harry, - E’ totalmente diversa da Hogwarts. Ed è anche pazzesco come i Babbani non si accorgano di nulla

Ariana gettò a Draco un’occhiata, per riuscire a capire cosa stava pensado, visto che parlava poco. Naturalmente, non ci riuscì, ma decise di non chiedergli niente: doveva essere ancora arrabbiato per dover dividere la stanza con Harry.

Guardò l’orologio: erano le sette e mezza.

- Andiamo a cena – disse.

Condusse i suoi amici per le scale, finché non arrivarono in un’ampia sala piena di tavoli apparecchiati con tovaglie bianche. Al momento era vuota, a parte per Antonio e Gabriele che erano seduti allo stesso lungo tavolo. Appena li videro, Antonio si sbracciò per dirgli di venire a sedersi di fianco a loro.

- Le altre? – domandò Ariana, prendendo posto di fianco a Gabriele.

- Sai come sono fatte – rispose lui, alzando gli occhi al cielo. – Ah, parli del diavolo… -

Ariana guardò verso l’entrata, e vide due ragazze; una molto bassa e grassottella, con i capelli neri, era Marta. L’altra, un po’ più alta e dai capelli biondo platino, era Claudia. Appena la videro spalancarono gli occhi e corsero verso di lei.

- Ariana?! Cosa ci fai qui? – gridarono, agitate.

La ragazza si alzò e le salutò, per poi tornare al suo posto. Le due si sedettero vicino ad Antonio, e Claudia rivolse una strana occhiata a Draco. Lui non la degnò nemmeno di uno sguardo, e si limitò a stringerle la mano con aria svogliata.

Nessuno dei quattro vecchi amici le fece troppe domande, perché sapevano che Ariana non dava mai risposte soddisfacenti, almeno a loro. Erano abituati ai suoi strani comportamenti, esattamente come si erano abituate Hermione e Ginny.

Passarono tutto il tempo della cena, che veniva servita a buffet, a parlare di quello che avevano fatto durante il quinto anno e a raccontarsi cos’era successo da quando non si erano visti. Una sera non sarebbe certo bastata, ma Ariana aveva intenzione si ascoltare più che di parlare. Come al solito non amava rivelare troppo di sé.

Dopo cena, Ariana decise di portare i suoi amici alla Biblioteca, per mostrargli dove sarebbero stati nei giorni seguenti. Si trovava nell’ala est della Reggia, e occupava due piani.

- E’ questa?! – disse Hermione, fissando con gli occhi che brillavano l’enorme sala stipata di scaffali e tavoli rotondi. I libri arrivavano fino al soffitto, e a confronto la biblioteca di Hogwarts non era nulla.

Ariana guardò la Caposcuola con un sorriso, invitandola ad entrare. Per fortuna, la maggior parte dei libri erano in lingua inglese, per agevolare la consultazione a tutti coloro che ne avevano bisogno: non solo agli allievi, ma anche a studiosi che arrivavano da qualsiasi parte del mondo.

- Sapevo che ti sarebbe piaciuta – disse Ariana, mentre lei, Draco, Harry e Ron entravano guardandosi attorno.

Hermione girava tra gli scaffali, passando il dito sui tomi rilegati in pelle, leggendo sotto voce i titoli. Prese tra le mani qualche libro, sfogliandolo lentamente per poi riporlo con delicatezza al suo posto.

- E’ assolutamente fantastico – mormorò, - Qui ci sono libri antichissimi… -

Ariana guardò l’orologio, divertita dalla felicità di Hermione. – Andiamo? Domani avrai tutto il tempo di sfogliare l’intera biblioteca

La Caposcuola sembrò uscire a malincuore, gettando occhiate ai libri stipati negli scaffali. Augurarono la buona notte ai ragazzi, e poi entrarono nella loro stanza.

Sdraiata al buio nel suo letto, Ariana ripensava alla giornata appena trascorsa. Era stata contenta di rivedere i suoi vecchi amici: Gabriele era cambiato parecchio, e anche Claudia. Antonio e Marta, invece, erano sempre gli stessi. Poi le venne in mente una cosa…

- Hermione? – disse nell’oscurità, per vedere se la Caposcuola era ancora sveglia.

- Sì? –

- Come va con Ron? –

Hermione sospirò. – Abbiamo chiuso prima di rovinare anche l’amicizia – rispose, - Non funzionava proprio

- Mi dispiace – disse Ariana, e lo pensava veramente, - Ron sembrava… -

- Sembrava, appunto – disse Hermione, - Siamo troppo diversi. Lo sapevo fin dall’inizio, ma ho cercato di passarci su. Abbiamo sbagliato entrambi. Anche lui se n’è reso conto –

Ariana rimase in silenzio, perché le parole della Caposcuola le avevano fatto venire da pensare… Anche lei e Draco erano molto diversi… Era meglio non pensarci, forse, visto che si era ripromessa di chiudere la storia.

- E tu? – la incalzò Hermione, - Con Draco? -

- Eh, con Draco… – mormorò Ariana, - Diciamo che è un po’ tira e molla… -

- Ma almeno ti piace? –

Ariana sorrise nel buio. – Mi piace? – mormorò, ripetendo la domanda a se stessa, - Diamine… Non lo so!

Sentì Hermione ridacchiare nell’oscurità. – Lo sai che è un brutto segno, vero? – disse.

Ariana sospirò profondamente. – Lo so, Hermione – sussurrò, - Ma… è sbagliato, no? Non dovrebbe piacermi… In fondo, suo padre è un Mangiamorte. Ha tentato di uccidere me, di uccidere Harry… Non sarebbe giusto –

- Quella che sta parlando adesso è la tua testa… – disse Hermione, - Ariana, ho imparato una cosa in tutti questi anni passati di fianco a Harry a combattere contro Tu-Sai-Chi: non ci sono cose giuste o sbagliate. Il mondo è fatto di sfumature, e a volte ci sembra che queste sfumature siano più scure di altre… Per poi scoprire che le stavamo guardando all’ombra -

- Quanto vorrei riuscire a ragionare come te – disse Ariana.

- Ma tu ragioni… Solo che lo fai troppo. Devi trovare la giusta misura tra la logica e l’istinto. A volte è meglio seguire la testa, altre volte il cuore –

- Mi stai dicendo che devo provare… -

- Non ti sto dicendo cosa devi fare. Io non sono certo te. Sto solo dicendo che in questi casi devi lasciar perdere la testa, e decidere con il cuore –

Calò il silenzio. Ariana rimaneva immobile, le braccia piegate dietro la testa, ruminando nella testa le parole della Caposcuola. Era abituata ad avere il perfetto controllo di se stessa e su tutto quello che la circondava, e quindi l’idea di lasciare che qualcuno entrasse così profondamente nella sua vita la spaventava un po’.

Da quando aveva sei anni si era abituata a portare una maschera che ormai le era rimasta appiccicata al viso: la maschera dell’Ariana distante, sicura di sé,  determinata, dall’incredibile sangue freddo. Aveva cercato di apparire perfetta, perché essere perfetta significava essere in grado di mettere paura al mondo. E mettere paura al mondo significava fare in modo che nessuno osasse ferirla.

Perché se Ariana non temeva il dolore fisico, era invece terrorizzata dalle ferite dell’anima. Sapeva cosa significava essere derisa, disprezzata, odiata. E sapeva quanto facesse male. Era un dolore profondo, una ferita che non si cicatrizzava mai completamente, e rimaneva sempre lì a pulsare insistentemente. Che non si riesce a dimenticare, perché il disprezzo si continua a vederlo negli occhi di chi ti guarda.

E la vera Ariana era quella ragazza che arrossiva davanti a un complimento, che si sentiva piccola piccola di fronte a un mondo caotico e pieno di sentimenti contrastanti. Era la ragazza che riversava tutto il suo affetto su coloro di cui si fidava ciecamente, che sapeva di essere più debole di tutti gli altri. Era la ragazza che per anni era riuscita a nascondersi dietro a una maschera di cinismo e freddezza.

E qualcuno, quella maschera la stava facendo improvvisamente vacillare. Qualcuno che era l’opposto di lei, che era sfacciato, sicuro di sé, forte sia fisicamente che mentalmente, bello e apparentemente distante. Quello che lei cercava di essere, ma che in realtà non era. Il Principe delle Serpi, il figlio di uno dei Mangiamorte più spietati, l’algido e perfido angelo caduto dal cielo. Draco Malfoy.

Era amore?

La risposta non la conosceva, perché l’amore vero per lei non aveva ancora un significato preciso. Amore significava sentirsi a volte sciocca e fragile davanti a qualcuno? Amore significava poter contare sempre e comunque su qualcuno, e fidarsi ciecamente di lui?

- Hermione, è normale che io non riesca a dare un significato all’amore? – domandò Ariana, temendo la risposta con tutta stessa.

- E’ normale, Ariana. E’ normale – furono le sole parole che sentì nell’oscurità, prima che la stanza piombasse nel silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

Eccomi qui! Sono orgogliosa di poter affermare che l’ambientazione dell’Accademia Aurelius mi è stata ispirata da un luogo che esiste veramente… Io abito nella provincia di Torino, precisamente a Venaria Reale… Non so se conoscete… Comunque, in suddetta cittadina c’è un parco chiamato La Mandria. Ecco, da li ho preso l’ispirazione, visto che d’estate vivo praticamente li dentro. Se mai una volta avrete modo di andarci, ricordatevi di me! ^.^

 

 

Ora, per il prossimo aggiornamento non posso garantirvi nulla, perché sono tre giorni che sto malissimo (dannata influenza intestinale!), quindi sono rimasta un po’ indietro con la scrittura. Spero di riuscire a postare giovedì il prossimo capitolo… Vedremo.

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana avrà una spiacevole sorpresa, ma finalmente i nostri eroi troveranno qualcosa di interessante…

 

 

 

 

PetaloDiCiliegio: ciao! Mi ricordo di te, avevi commentato qualche capitolo fa! Sono contenta che ti piaccia la mia storia! Continua a seguirmi, e magari lascia qualche commento! Baci!

 

Lexie__o: già, ci andava proprio un po’ di relax per Ariana… Che relax, però, eh? Comunque, come capitolo devo dire che è uno di quelli che mi piace di più, tra quelli che ho scritto. Non è da me essere così sdolcinata, ma devo ammettere che è stata una bella soddisfazione scriverlo… Alla prossima! Baci!

 

Kaimy_11: sono orgogliosissima che apprezzi i miei capitoli! Davvero, per me è importante che quello che scrivo piaccia! In ogni caso, mi stupisco di me stessa: normalmente non sono così romantica, ma la scrittura mi trasforma! Alla prossima! Baci!

 

Smemo92: sono contentissima che hai apprezzato! Come si è visto, anche una come Ariana ogni tanto si scioglie… E mi sa che sta facendo una fatica immane a non saltare addosso a Draco… Come dice il proverbio? “Chi non ha mai bevuto, non sa cosa significa avere sete” (o una roba del genere… al momento non me lo ricordo di preciso… comunque il senso è quello…)… Dimmi che ne pensi dell’Accademia Aurelius! Baci!

 

 

Al prossimo capitolo!

Baci a tutti!

 

 

Lhea (malata!)

 

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Capitolo 28
*** Ricerche ***


Capitolo 27

Capitolo 27

Ricerche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si svegliò alle sei del mattino, il giorno seguente. La luce dell’alba filtrava dalle finestre chiuse, illuminando il liscio pavimento di piastrelle bianche della stanza. Il respiro lento e regolare di Hermione e Argo era l’unica cosa che si riusciva a udire nel silenzio della camera.

Sì alzò senza un rumore, come aveva imparato a fare, e si vestì velocemente, indossando la sua vecchia e logora tenuta da equitazione. Infilò gli stivali di cuoio nero e scese nelle scuderie, percorrendo come un fantasma i corridoi della Reggia, un tempo il suo regno. Ricordava quando lei e Antonio facevano a gara per prendere il cavallo migliore della scuola: naturalmente vinceva chi arrivava per primo.

Brezza del Mattino, lo stallone grigio che lei amava tanto, scalpitava nel suo box. Scosse la testa quando la ragazza si avvicinò con la mano alzata per accarezzarlo.

- Ti ricordi ancora di me? – sussurrò.

Il cavallo nitrì, ma si lasciò accarezzare. Ariana aprì il box, e udì un fruscio alle sue spalle.

- Sella? -

Sì voltò, per vedere Gabriele con la sella in mano e l’espressione noncurante di chi non trovava strana la situazione. Le porse i finimenti con un sorriso, facendo uscire lo stallone dal box.

- Cosa fai qui a ques’ora? – domandò Ariana, infilando il morso in bocca a Brezza del Mattino.

- Sapevo che saresti venuta – rispose Gabriele, - Non ho dimenticato le tue abitudini, per quanto troppo mattiniere –

La vide in difficoltà nell’allacciare la sella, e le diede una mano anche se sapeva che lei amava fare le cose da sola.

- Non era necessario – disse Ariana, controllando che tutto fosse pronto per la sua cavalcata.

- Le cose non devono essere fatte solo quando sono necessarie – ribattè Gabriele, - Vanno fatte anche per piacere

Ariana lo guardò un attimo in faccia, senza capire bene perché le avesse risposto in quel modo. Non doveva essere cambiato solo fuori, durante quei due anni.

Con un’occhiata perplessa, Ariana montò a cavallo e con un certo fastidio si accorse che Gabriele aveva cercato di darle una mano. Lei aveva fatto però così in fretta che non era riuscito nemmeno a sfiorarla.

Afferrò saldamente le redini e disse: - Ricordi veramente tutte le mie abitudini? – chiese, seria.

- Una per una – rispose Gabriele, gli occhi azzurri che scintillavano.

E senza una parola, Ariana spronò Brezza del Mattino al galoppo, diretta al portone della Reggia. Lei cavalcava sempre da sola, soprattutto se voleva pensare. Gabriele doveva ricordarlo.

Faceva freddo, ma Ariana non lo sentiva. Galoppava veloce, il viso frustato dal vento del mattino e i capelli che le svolazzavano alle spalle. Percorse un sentiero nascosto tra gli alberi, appena accennato sul terreno, diretta ad un punto preciso del parco.

Brezza del Mattino correva, gli zoccoli che toccavano ritmicamente il terreno asciutto e gelido, riportandole alla mente tutti i ricordi di quell’anno passato all’Accademia Aurelius: le lezioni, le assenze per recarsi da Silente, le feste, la sensazione di essere riuscita a trovare un minimo equilibrio, di aver trovato finalmente degli amici.

Il cavallo si fermò sull’argine di un fiume impetuoso e dalle acque limpide. Il cielo azzurro chiaro del mattino si rifletteva nel torrente come in un vivace specchio vivente. Regnava il silenzio più assoluto, rotto solo dallo scrosciare dell’acqua.

Ariana smontò da Brezza del Mattino, e lasciò il cavallo a brucare l’erba che continuava a resistere stoicamente all’inverno. Percorse a piccoli passi il terreno pietroso, e si sedette sull’argine. Abbassò lo sguardo sul suo riflesso, e sorrise.

Eccola lì, la vera Ariana. Non era ancora scomparsa, nonostante facesse di tutto per rendersi invisibile. I capelli castani le ricadevano morbidi sulle spalle, gli occhi verdi guizzavano di qua e di la per osservare tutto ciò che si trovava intorno. Le guancie erano diventare rosse, sferzate dal vento gelido di gennaio, esattamente come quando arrossiva.

Ariana rimase lì, a fissare il proprio riflesso cercando di capire cosa volesse il suo cuore pieno di cicatrici, ma ancora abbastanza forte per battere insistentemente nel suo petto. Ripassò nella sua mente tutte le situazioni in cui si era trovata con Draco, dal bacio nella Stanza delle Necessità a quel pomeriggio passato davanti al camino della Sala Comune di Grifondoro, cercando di interpretare le sensazioni che aveva avuto. Non riusciva a catalogarle, a dare un nome a quelle strane emozioni per metà conosciute e per metà mai provate.

Sbuffò, gettando un sasso che si infranse sulla superficie dell’acqua, lasciando dietro di sé solo perfetti cerchi concentrici. Aveva paura di non saper percepire l’amore: come poteva un essere figlio del male provare amore? Poteva sperare di essere diversa da suo padre?

Quante volte si era posta quelle domande? Tante volte, e non era mai riuscita a trovare una risposta. Poteva trovarla ora? No, non ancora.

Si alzò di scatto, spazzolandosi via dai pantaloni la polvere. Con un agile balzo, saltò in groppa a Brezza del Mattino, e lo spronò a un galoppo sfrenato. La sua era una corsa senza meta per sfogare la frustrazione di non essere in grado di capire cosa provava, di sentirsi inferiore a tutti gli altri. Corse, saltando fossi e attraversando prati deserti; corse, per lasciarsi dietro la sensazione di confusione che regnava nel suo cuore; corse, sperando di raggiungere la speranza che continuava a inseguire da quando aveva saputo chi era suo padre.

Si fermò solo quando sentì di essersi sfogata abbastanza. Voltò il cavallo e tornò alla scuola, più lentamente ma a passo sempre sostenuto. Non sapeva quanto era stata fuori, ma quando arrivò alla scuderia Gabriele era ancora lì, ad accudire i suoi amati cavalli.

Smontò non appena ebbe attraversato il portone, e scorse dalla finestra del salottino che era stato riservato loro un viso noto, affilato e dagli occhi d’argento.

Alzò la testa, e un sorriso le si disegnò sul viso arrossato dal vento alla vista di Draco, la persona che era riuscita a mandarla in confusione. Lo salutò con la mano, e lui ricambiò osservandola consegnare lo stallone grigio a Gabriele e correre di nuovo su, alla sua stanza.

Varcò la porta del salotto ancora con il sorriso sulle labbra, colta da una strana sensazione. Voleva vederlo, per la prima volta desiderava essergli un pochino vicina.

- Buongiorno – disse, trovandolo seduto sul divano di pelle, i piedi appoggiati sul tavolino.

- Buongiorno – rispose Draco, e Ariana sentì una vaga punta di freddezza nella sua voce. Il sorriso le morì sulle labbra, e si ritrovò a guardarlo senza capire, ancora più confusa.

Si sedette di fronte a lui, aspettando che parlasse.

- Dov’eri andata? – domandò il biondo, con voce distaccata ma senza tracce di minaccia.

- Sono uscita a cavallo, da sola – rispose Ariana, intimidita dalla sua improvvisa freddezza.

Draco fece una smorfia. – Da sola? Sicura? –

- Sì – Ariana studiò l’espressione del ragazzo, poi capì. – Si tratta di Gabriele? – chiese con una punta di divertimento.

- Dimmelo tu – ribattè Draco.

- Non sarai per caso geloso? – domandò Ariana, con il sorriso che tornava.

- Certo –

La ragazza rivolse uno sguardo verso la finestra. – E per quale motivo saresti geloso? –

- Hai visto come ti guarda? – Draco aveva incrociato le braccia, fissandola negli occhi, serio.

- Veramente no –

Draco sembrò trattenersi dal lanciare un’imprecazione. – D’accordo, ci credo. D'altronde sei fatta così… - disse, alzandosi e andando alla finestra.

- Ci tieni così tanto a me? – soffiò, stupita.

Draco sorrise, questa volta senza traccia di distacco nei suoi occhi color tempesta. – Sì – fu la sua sola risposta.

Ariana sorrise, lusingata per la dimostrazione di affetto che il Serpeverde le aveva appena fatto. – Gabriele non è abbastanza cattivo, per me – scherzò, - Mi piaciono i ragazzi un po’… Serpi

E scappò diretta a colazione, sapendo di aver appena detto una grande verità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Bene, iniziamo da qui – disse Ariana, le mani sui fianchi, guardando l’alto scaffale pieno di libri fino al soffitto – Cercate qualunque cosa riguardi una certa Chimera e profezie ad essa collegate. Tra due ore facciamo il punto della situazione -

Hermione e Harry prelevarono una decina di tomi rilegati in pelle, e si scelsero un tavolino fino ad una finestra. Draco e Ron avrebbero dovuto cercare insieme, ma sembravano intenzionati a operare una ricerca in solitaria. Ariana si occupava di uno dei settori di libri scritti in italiano, visto che era l’unica a saperlo parlare decentemente.

Notò un libro in alto, dalla copertina blu notte. Era in alto per lei, ma poteva sempre usare la bacchetta…

- Draco? Mi prenderesti quello, per favore? – domandò.

Il biondo alzò lo sguardo dal suo tavolo e seguì il suo dito. Si avvicinò e afferrò il libro senza neanche doversi alzare sulla punta dei piedi. Ariana si sentì percorsa da uno strano brivido mentre il Serpeverde la sfiorava appena appena, per poi consegnarle il grosso tomo.

- Grazie -

Draco sembrò tentato di dire qualcosa, ma tacque e le rivolse un sorriso prima di tornare al suo tavolo. Ariana notò che Hermione rideva sotto i baffi, ma distolse subito lo sguardo.

Sul finire della mattina, Ariana aveva sfogliato tutti i libri della sezione italiana senza trovare nulla di interessante. Non c’era nulla che parlasse di una Chimera, e di quello che poteva essere. Poco prima di pranzo lei, Draco, Hermione, Harry e Ron si riunirono ad uno dei tavoli per fare il punto della situazione.

- Niente – disse Hermione, - Al momento l’unica Chimera che sono riuscita a trovare è quella presente nei bestiari magici, ma non credo proprio che Tu-Sai-Chi voglia una chimera vera… Insomma, a che gli serve? -

- Chimera può anche essere solo un nome fittizio – disse Draco, - Potrebbe indicare anche qualcos’altro… Normalmente, per chimera si intende un essere formato da più parti, l’unione di cose che in natura sono separate… -

Ariana guardò Draco con gli occhi spalancati. Le parole che aveva appena pronunciato confermavano il suo sospetto: lei era la figlia del male supremo alla ricerca della sua parte buona… Non c’era nome più appropriato per una come lei.

Abbassò la testa, arrivando finalmente alla conclusione che la Chimera era lei. Doveva dire tutto agli altri?

Non poteva. Se gli avesse detto che la Chimera era lei, avrebbe dovuto spiegare chi fosse… E farlo non era una buona idea. Gettò un’occhiata a Harry, che sfogliava svogliatamente un libro rilegato in pelle azzurra. Se avesse saputo chi era veramente, avrebbe cercato di allontanarla… E lei non poteva permettere che accadesse.

- Va bene così – disse infine, - Lasciamo perdere la Chimera… Cerchiamo qualcosa su una possibile profezia riguardo a essa. Ci sarà qualcosa, spero… Andiamo a pranzo. Ci penseremo dopo -

Scesi alla sala al pian terreno, incontrarono Gabriele, Antonio, Claudia e Marta, che mangiavano insieme ad un piccolo tavolo. Si unirono a loro, ma Ariana parlò poco. Ogni tanto Gabriele le gettava un’occhiata penetrante, come a dire che aveva capito che era preoccupata.

Draco non reagì molto bene alla cosa. Mangiò con aria assassina le sue lasagne al ragù e poi fissò Gabriele con occhi di ghiaccio. Ariana era troppo presa da se stessa per essere divertita dal suo atteggiamento.

Terminato il pranzo, tornarono tutti in biblioteca. Ariana si diede subito da fare accatastando libri su libri, sfogliando pagine e pagine fino a che gli occhi non le bruciarono. Chiusa nel solito silenzio che usava come barriera quando era preoccupata, cercò disperatamente qualcosa che le rivelasse che lei non era la Chimera. Ma non lo trovò.

Non le rimaneva altro se non cercare nel reparto dedicato ai miti e alle leggende. Forse poteva sperare di trovare qualcosa.

Sola, scese al piano inferiore della Biblioteca, che aveva le finestre che davano sul cortile. Con passo sicuro si diresse agli scaffali lungo la parete nord, e guardò la montagna di libri che aveva davanti. Ci avrebbe messo giorni a sfogliarli tutti, ma era l’unica idea che aveva in testa, al momento.

Mezz’ora dopo sedeva assorta davanti a un tomo di duemila pagine, che parlava di mitologia antica. Sentì dei passi e alzò lo sguardo, per vedere Gabriele che si avvicinava con passo sicuro.

- Ciao – la salutò.

- Ciao – disse Ariana, guardandolo mentre si sedeva davanti a lei.

Il ragazzo buttò l’occhio sul libro che aveva sottomano. – Cosa stai cercando? – domandò.

- Informazioni – rispose Ariana, secca.

- Posso darti una mano? – chiese Gabriele.

- Dovresti già conoscere la mia risposta – disse Ariana, con un sopracciglio alzato. Sapevano tutti che quando cercava, bisognava lasciarla in pace.

Gabriele fece una smorfia. – Quanto rimarrai? – domandò.

- Altri quattro giorni – rispose Ariana, mantenendo una certa freddezza: c’era qualcosa di strano in lui, - Perché me lo chiedi? -

- Perché non voglio perderti di vista – ribatté Gabriele, trafiggendola con i suoi occhi azzurri, - Non ti sei fatta sentire per due anni… -

- Mi conosci. Quando sparisco, sparisco veramente – disse Ariana, - Non potevo mantenere contatti con nessuno… -

- Sparirai di nuovo? – chiese Gabriele.

- Come sempre – rispose Ariana, con un vago sorriso sulle labbra. Era un gesto inconscio, perché aveva capito che il vecchio amico aveva qualcosa di strano.

- Non voglio che tu te ne vada – disse all’improvviso Gabriele. La guardava negli occhi, e sembrava estremamente serio. – Non ora che sei tornata –

Ariana rimase spiazzata. Da quando Gabriele si era attaccato così tanto a lei? Lo scrutò in viso per un momento, senza capire.

- Credi che possa rimanere qui per il resto dei miei giorni, mentre la fuori combattono Voldemort? – disse dura, - Pensi che io sia in grado di rimanere qui e gettare alle ortiche anni di lavoro? -

Il ragazzo abbassò il capo e lo scosse. – Stavi bene con noi… - mormorò, - E io stavo bene con te. Voglio venire con te –

- Perché? – domandò Ariana, la voce una stilettata di ghiaccio puro.

Gabriele la guardò negli occhi. – Ti amo – disse.

Ariana rimase immobile, un sorriso comprensivo che le si disegnava sul viso. Non era imbarazzata, solo sorpresa. Era stato per due anni ad attenderla, sperando di riverderla e confessarle i suoi sentimenti? Per lei era assurdo, e capiva che l’amico al momento non le sembrava molto in sé.

- Da quanto tempo pensi di essere innamorato di me? – domandò, appoggiando la schiena sulla sedia.

- Non lo so… - rispose Gabriele, senza smettere di guardarla.

- E hai aspettato due anni? Se non fossi mai tornata, saresti rimasto per tutta la vita a coltivare il tuo amore per una persona che stava a chilometri di distanza, e che magari non stava pensando nemmeno a te? E’ una cosa stupida. Hai preso un abbaglio, Gabriele –

Erano parole dure, ma sapeva che sbattere in faccia la cruda verità all’amico era l’unico modo per fargli capire di essersi sbagliato. Non aveva mai manifestato nulla per lei, quando avevano frequentato il quinto anno insieme. All’improvviso dichiarava di amarla?

Il ragazzo abbassò lo sguardo, come faceva sempre quando si sentiva in imbarazzo. Lei attese che trovasse le parole da dire.

- Quando te ne sei andata, ho capito – disse Gabriele, - Sono stato male. Mi mancavi -

- Anche voi mi mancavate – disse Ariana, un po’ più dolcemente, - E’ nemmeno per me è stato bello andarmene. Ma il mondo va avanti, e noi non possiamo fermarci a crogiolarci nel nostro dolore. Siamo sempre stati amici, non cambiamo le cose

Gabriele rimase in silenzio, e Ariana notò che aveva una vena che pulsava sul collo. Significava che si stava arrabbiando. Faceva sempre così, quando gli veniva negato qualcosa. Era una brutta abitudine, ma lei aveva imparato a gestirlo.

Si alzò, in attesa che lui dicesse qualcosa. La biblioteca continuava a rimanere deserta, e lei raggiunse uno scaffale per riporre il libro sulla mitologia antica.

- Il biondino? – disse all’improvviso Gabriele.

Ariana sorrise mentre si alzava in punta di piedi per prendere un tomo foderato di pelle nera. – Si chiama Draco – disse, - E cosa centri lui, non deve interessarti

Sentì che si stava alzando. Passeggiava avanti e indietro come un toro nervoso, guardando a terra. – Ti ha baciata? – domandò.

- Ripeto: non deve interessarti -

- Lui non ti merita… - borbottò Gabriele, - E’ uno stupido Purosangue figlio di un Mangiamorte. Ti sta usando… -

Ariana si voltò, sentento la rabbia montare dentro di sé. Lo guardò furiosa, gli occhi che mandavano lampi. – Non permetterti di insultarlo – sibilò, - Non voglio più sentirti parlare in questo modo, chiaro? Non lo conosci, non sai chi è –

Gabriele fece una smorfia di disgusto. – Già… Si vede lontano un miglio che vuole solo portarti a letto… E quando ti lascerà, correrai da me piangendo

Ariana non lo riconosceva più. Non si era mai comportato in quel modo. Lo guardò negli occhi, e notò che aveva lo sguardo di un folle. Non aveva paura di lui, sapeva come prenderlo. Era solo molto dispiaciuta.

- Non sai quello che stai dicendo – disse, cercando di calmarlo, - Stai tranquillo. Sono abbastanza grande per capire quello che devo fare… Non ha senso che tu… -

- Credevo di significare qualcosa per te – disse Gabriele, e sembrava fuori di sé in quel momento, - Ti ho aspettato per due anni… Tu devi provare qualcosa per me… -

Con due rapidi passi si avvicinò, e l’afferrò per le spalle. La guardò negli occhi, che scattavano dalle due iridi verdi alla sua bocca. Ariana rimase ferma, il battito del cuore regolare, senza alcun timore. Non le avrebbe fatto del male, e anche se avesse tentato sapeva cosa fare.

- Toglimi le mani di dosso – disse, la voce ferma ma non troppo aggressiva.

Il ragazzo la guardò senza rispondere.

- Gabriele, sai che sono perfettamente in grado di farti del male – continuò Ariana, - E non voglio farlo. Lasciami -

Il ragazzo per un momento sembrò cedere, ma non le tolse le mani dalle spalle. – Ti ho aspettato – sussurrò, - Mi aspettavo qualcosa da te… -

Ariana sentì qualcosa muoversi per le scale. Con la coda dell’occhio vide un’ombra muoversi, poi più niente.

- Gabriele – disse, - Lasciami. Ora. Non te lo chiederò una terza volta -

E poi lo vide. Draco scese a grandi balzi la rampa di scale, gli occhi di ghiaccio e la bacchetta in mano. Si mosse così in fretta che lei non si rese nemmeno bene conto di quello che fece. Afferrò Gabriele per il collo della maglia, costringendolo a lasciarla andare, e lo spinse contro il muro, senza dire nemmeno una parola.

- Draco, no! – gridò Ariana, cercando di evitare che il biondo saltasse addosso a Gabriele. – No! Lascialo! –

Si mise tra i due ragazzi, perché Gabriele aveva reagito e sembrava avere intenzione di contrattaccare. Mise le mani sul petto di Draco, cercando si spingerlo via ma senza riuscirci.

- Fermi! – gridò, mentre il Serpeverde fulminava con lo sguardo l’altro.

- Mettile di nuovo le mani addosso e ti ammazzo – sibilò, mettendo paura persino ad Ariana.

- Vaffanculo, biondo – ribatté Gabriele, alzando un pugno.

Draco rinfoderò la bacchetta per risolvere tutto con i vecchi metodi, ma Ariana lo tenne stretto per le spalle, cercando di non farlo avanzare.

- Draco, per favore, fermati! – soffiò.

Il ragazzo avrebbe potuto benissimo scostarla senza sforzo, ma si fermò. Abbassò lo sguardo su di lei, gli occhi d’argento illuminati da una luce assassina.

- Ho la situazione sotto controllo – disse Ariana, mentre riusciva a fargli fare un passo indietro, - Lascia stare. Non mi succederà niente -

- Ariana… - disse Draco, gettando un’occhiata omicida a Gabriele, - Se solo ti tocca di nuovo, gli spezzo le mani –

La ragazza avvertì una strana sensazione: non aveva bisogno di aiuto in quella situazione, ma l’intervento di Draco la fece sentire per la prima volta protetta. Gli sorrise incoraggiante, togliendo le mani dalle sue spalle e poggiandone una delicatamente sul suo petto. Aveva il cuore che batteva forte.

Si voltò verso Gabriele, rivolgendogli un’occhiata comprensiva. La vena sul suo collo pulsava ben visibile sotto la pelle. La guardò come se lo avesse appena tradito.

- Sgualdrina – le sputò in faccia, poi uscì sbattendosi la porta alle spalle con violenza.

Ariana sospirò, guardando la porta con espressione persa. Sentì il tocco di Draco sul braccio, e si riscosse.

- Stai bene? – domandò.

Lei si voltò verso di lui, triste. – Sì, io sto bene – disse, avvicinandosi al tavolo dov’era seduta prima.

- Cos’è successo? – chiese Draco, seguendola fino alla sedia.

- Non lo so… - rispose Ariana, sentendosi stranamente sconfitta, - Non capisco. Deve essergli successo qualcosa, in questi anni. Non era così prima… Non ha mai avuto una reazione del genere

Si alzò, controllando che la bacchetta fosse in un punto ben accessibile, poi guardò Draco. – Grazie – mormorò con un sorriso, - Non ne avevo bisogno, ma il tuo aiuto mi ha fatto piacere… Molto più piacere di quanto tu puoi immaginare –

Il biondo alzò la mano e le accarezzò il mento, sorridendo a sua volta. – Nessuno può sfiorarti senza passarla liscia – sussurrò.

Ariana voleva baciarlo, ma era troppo sconvolta dal fatto appena accaduto. Abbassò lo sguardo, poi disse: - Devo parlare con Antonio. Vado a cercarlo. Ti prego, lasciami andare da sola –

Fece un cenno verso la sua bacchetta, poi con agile saltello raggiunse la porta e uscì. Ci impiegò solo cinque minuti per raggiungere l’altra parte della Reggia, dove si trovavano le camere degli studenti.

Bussò ad una porta che conosceva bene, e Antonio venne ad aprirle. La lasciò entrare nella sua camera, che condivideva con altri tre ragazzi, e la ascoltò mentre raccontava dello strano comportamento di Gabriele.

- Cosa gli è successo? – domandò alla fine, preoccupata.

Antonio si portò le mani alla testa, e si sedette stancamente sul suo letto. – Da quando te ne sei andata non è più lo stesso – disse, - Non credevamo potesse avere una reazione del genere. Quando abbiamo saputo che non saresti tornata, non ha avuto alcuna reazione. Dopo una settimana, però, si è chiuso in camera e non è voluto più uscire. Ci abbiamo messo giorni a convincerlo. Poi ha iniziato a dire che ti voleva di nuovo qui, che non ti aveva detto una cosa.

- Ci siamo preoccupati. Ha iniziato a farsi strane idee. Diceva che sapeva che quando saresti tornata, saresti corsa da lui… Credeva che anche tu lo amassi. Non sappiamo cosa gli sia preso… -

- Ma non è possibile… - disse Ariana, - Non può essere successo perché me ne sono andata. Insomma, eravamo amici, ma in fondo ci conoscevamo solo da un anno…

Antonio la guardò, triste. – Eravamo quasi riusciti a fargli dimenticare di te… - mormorò, - Ma tu sei capitata qui proprio adesso che stava migliorando. E’ stato troppo per lui, soprattutto perché non eri sola

Ariana sospirò. – Mi dispiace – disse, - Mi dispiace tanto. Non avrei mai creduto che potesse accadergli qualcosa di così brutto… E’ impazzito? –

- Forse – rispose il ragazzo, - Non ha mai avuto una reazione così violenta, anche se è sempre stato uno a cui il sangue andava subito in fiamme. Prima te ne andrai di qui, meglio è per lui -

- Cosa devo fare? – chiese Ariana, sperando di rendere la situazione un po’ meno penosa.

- Evitalo. Ci andrò a parlare io – disse Antonio, - Spero di riuscire a farlo ragionare… E tu non stargli troppo vicina

Mezz’ora dopo, Ariana camminava lenta diretta alla biblioteca, la sguardo assorto. Lo aveva già detto una volta: “L’unica cosa che non mi mancano sono il coraggio e la sfiga”. Mai frase era stata più appropriata. Oltre ad avere un’innumerevole serie di problemi spinosi e pressanti, adesso aveva anche un amico uscito mezzo pazzo per la sua assenza. Davvero, qualcosa nella sua vita si decideva ad andare per il verso giusto?

Varcò la porta della biblioteca a testa bassa, sensa accorgersi che Draco, Hermione, Harry e Ron erano riuniti tutti davanti ad un tavolo, con un grosso libro al centro.

- Ariana… – disse qualcuno.

Lei alzò lo sguardo, con una vena di tristezza che traspariva dalle iridi verdi.

- Forse abbiamo trovato qualcosa – disse Hermione, piano.

Ariana si riscosse e raggiunse il tavolo. Afferrò il libro e si mise a leggere.

 

 

 

 

Quando il tempo dell’Oscuro Signore sarà nuovamente giunto,

il Potere Dimenticato verrà risvegliato e riportato alla luce.

Nella notte in cui il destino della Fenice sarà tracciato,

Egli designerà il suo eguale.

Il giorno in cui il Drago sceglierà la sua strada,

Egli ritroverà la sua parte mancante.

E quando la Chimera incontrerà la luce,

Egli piegherà le Tenebre al suo volere.

Tre saranno coloro che si opporrano all’Oscuro Signore:

il Drago, primo principe della stirpe a compiere il tradimento;

la Chimera, nata dalle Tenebre e cresciuta nella Luce, pronta a sconfiggere il buio con la sua furia;

e la Fenice, scelta tra eguali, che ucciderà l’Oscuro Signore forte del potere a lui negato.

 

 

 

 

 

Ariana alzò la testa del libro. I quattro la guardavano apparentemente senza cogliere il significato delle parole che aveva appena letto. Lei aveva capito, finalmente. Aveva trovato la risposta.

- Questi… Questi siamo noi – disse soltanto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Scusate il ritardo, ma questa settimana è stata assolutamente assurda… Prima sono stata male, poi ho dovuto girarmi tutta Torino in cerca di qualcosa da mettere per il matrimonio di domani… Miracolosamente sono riuscita a postare… E’ assurdo come la parola matrimonio getti nello scompiglio tutta la famiglia… (Ah, non sono io che mi sposo… Ci mancherebbe solo questo).

Bene, questo capitolo è abbastanza decente… E’ il prossimo che mi preoccupa… Comunque, ditemi che ne pensate. Lo so, il triangolo amoroso è troppo scontato, roba trita e ritrita, ma dovevo metterlo… Ci andava proprio. ^.^

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana è pronta a capire cosa c’è dentro il suo cuore… E a mettere da parte la testa…

 

 

Kaimy_11: si, la parte di autoanalisi di Ariana la trovo molto particolare. E’ stato bello scriverla. Nonostante tutto, non ha una pietra al posto del cuore, ed è la prima a saperlo. Ed è anche confusa. Poveretta… Vedrai che ci arriva da sola. Piano, ma ci arriva. Ah, magari chiedo se hanno qualche posto libero all’Accademia, e ti faccio sapere! Bacioni!

 

 

Sasori_Akatsuki: benvenuta tra noi! Sono orgogliosissima che la storia di piaccia, e ancora di più che mi hai inserito nei preferiti! Continua a seguirmi e a farmi sapere cosa ne pensi! Baci!

 

 

Lexie__o: auguri, carissima! In ritardo, ma meglio di niente! , la riflessione di Ariana è molto particolare, e aiuta a capire il personaggio. In fondo, ha il cuore tenero… E la scorza dura, ma non impossibile da trapassare. Comunque, come ho detto ha Kaimy_11, chiederò all’Accademia se hanno qualche posto libero, e ti farò sapere! Bacioni!

 

 

Smemo92: eh, già. Hai proprio ragione: i sentimenti sono una cosa difficile da capire. Per Ariana più di tutti, perché è proprio confusa. Ma vedrai, capirà da sola. L’Accademia, , è l’Accademia. Tutta mia invenzione, però andarci non sarebbe niente male. Bacioni!

 

 

 

Prossimo aggiornamento: … Boh, non lo so. Potrebbe essere domenica così come mercoledì prossimo… Sono incasinatissima… Vedremo. Aspettatevi di tutto… Torno allo smalto se no qui non finisco più…

 

 

 

Baci a tutti!

 

Lhea

 

 

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Capitolo 29
*** Comprensione ***


Capitolo 28

Capitolo 28

Comprensione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Cosa vuol dire “Siamo noi”? – chiese Ron, perplesso.

Ariana rilesse ad alta voce la profezia, gli occhi che ogni tanto guizzavano da Harry a Draco.

- “Quando il tempo dell’Oscuro Signore sarà nuovamente giunto, il Potere Dimenticato verrà risvegliato e riportato alla luce”: Voldemort è tornato dall’oblio, come è stato previsto qui – spiegò, - Harry, tu sei la Fenice, perché avresti dovuto morire, invece sei sopravvissuto. In questo modo Voldemort ti ha designato come il suo peggior nemico… E tu Draco, sei il Drago, perché porti proprio il nome di questa costellazione. Sei stato il primo della tua famiglia a tradire VoldemortE io, io sono la Chimera. Sono… Sono… -

Aveva parlato senza nemmeno riprendere fiato, ma ora le ultime parole le morirono in gola. Non poteva, non voleva rivelare chi era. Rimase a guardare i quattro, che la fissavano sorpresi e perplessi al tempo stesso.

- Ma… Ma ne sei proprio sicura? – domandò Harry. – Non è che c’è stato un errore? Insomma, è una leggenda… -

Ariana guardò il libro e lesse la descrizione che accompagnava il testo che aveva appena letto. Si trattava di un libro di vecchie leggende, storie senza senso e profezie mai avverate. Ma quella, quella era vera. Tutto combaciava. La Fenice, il Drago e la Chimera… Loro tre, così diversi l’uno dall’altro, riuniti per sconfiggere il Signore Oscuro. Era perfetto.

- Harry – esalò, - Non può essere una coincidenza. E’ esattamente quello che è accaduto… E molto probabilmente quello che accadrà. Sapevo già di essere la Chimera -

- Come lo sapevi già? – chiese Hermione, colpita.

- L’ho capito la notte in cui Hogwarts è stata attaccata – rispose Ariana, modulando la voce per sembrare distaccata, - Lucius Malfoy mi ha fatto capire che potevo essere io. I Mangiamorte hanno sempre attaccato scuole che io ho frequentato… La Fenice e il Drago li aveva già trovati… Mancavo io –

Draco la guardò, un lampo di comprensione che gli illuminava gli occhi d’argento. Si avvicinò a lei e sbirciò nel libro, con l’aria seria.

- Cosa sarebbe “il Potere Dimenticato”? – domandò.

- Non… Non lo so – rispose Ariana, - Non ne ho idea… -

Lesse le ultime tre righe: sarebbe stata lei a sconfiggerlo? E come poteva?

Scoprire la verità le diede un sollievo inaspettato. Quello che doveva fare era già stato scritto, doveva solo farlo. Aveva un compito, per quanto difficile. Aveva uno scopo nuovo.

- Harry, tu ci credi? – domandò, guardando il Bambino Sopravvissuto.

- E l’altra profezia? Non ha più alcun valore? – disse, - No, io non ci credo –

Ariana sospirò. – L’altra profezia si integra perfettamente con questa – disse, - Qui dice che “Nella notte in cui il destino della Fenice sarà tracciato, Egli designerà il suo eguale”. E’ accaduto proprio così. Quando Voldemort ha sentito la profezia della Cooman, ha scelto te… Il tuo destino era stato tracciato, e lui ha scelto. Capisci? –

Per Ariana era tutto chiarissimo: solo, non sapeva cosa fosse “il Potere Dimenticato”. Si voltò verso Draco.

- Tu ci credi? – chiese.

Il biondo non rispose subito. Rimase a guardarla un momento immobile, l’espressione imperscrutabile. – Vorrei non doverci credere – disse piano, - Ma ci credo

Ariana sorrise. Erano in due a vedere la verità. Appoggiò il libro sul tavolo, sentendo gli sguardi di tutti su di lei.

- Perché dovresti essere tu la Chimera? -

Ariana si aspettava che la domanda venisse posta da Harry o Hermione, invece fu Draco a parlare. E all’improvviso capì che se gli avesse detto chi era veramente, avrebbe rischiato di perderlo, di allontanarlo. E lei non voleva, non ora che iniziava a capire.

- Ho vissuto tutta la mia vita a contatto con il male – rispose, con una nota dolente nella voce, - Tante volte ho pensato che sarei diventata anche io un essere dell’oscurità, ma non è successo. Ci sono arrivata molto vicina, ma per fortuna qualcosa dentro di me ha conservato la lucidità e mi ha impedito di diventare la vostra nemica. Se non fosse stato per Silente, non sarei ciò che sono ora -

“Già, e cosa saresti allora?” si domandò.

I quattro la fissavano, zitti. Alla fine, però, Hermione sorrise chiudendo il libro che aveva davanti.

- Non ci resta che cercare ancora qualcosa su quello strano potere… - disse, - Bene, credo che per oggi abbiamo provato già troppe forti emozioni. Andiamo a cena? –

Harry voltò piano la testa per guardarla, gli occhi spalancati. Ariana sorrise davanti alla sua espressione confusa. La Caposcuola le gettò un’occhiata che lei non riuscì a interpretare, poi si alzò.

- Andiamo, Ariana? Credo di aver bisogno di una doccia – disse.

Le due ragazze uscirono dalla biblioteca dirette alla loro camera, con Ariana che guardava Hermione divertita.

- Stai bene? – domandò la Caposcuola.

- Perché me lo chiedi? –

- Ho mandato io Malfoy, prima – rispose Hermione, precedendola dentro la stanza, - Stavo per venirti a cercare per farti vedere quella profezia, ma ho notato che c’era qualcosa che non andava. Così l’ho chiamato. E senza che Harry e Ron si accorgessero di niente

- Oh… - fece Ariana, - … Grazie –

Hermione si strinse nelle spalle con un sorriso. – Dovevi vedere l’espressione di Malfoy – disse, - Aveva lo sguardo di un Basilisco, e io ne ho visto uno vero al secondo anno –

Sparì dentro il bagno senza aggiungere altro, lasciando Ariana seduta sul letto con l’espressione persa.

Nessuno, in tutti gli anni che aveva passato a cacciarsi nei guai, aveva mai tentato di proteggerla. Sapevano tutti che era benissimo in grado di guardarsi da sola, e oltrettutto non amava le intromissioni. Questa volta, però, era stato diverso. La sensazione che aveva provato vedendolo aggredire Gabriele perché l’aveva sfiorata era difficile da descrivere. Per quanto le dispiacesse per l’amico, non poteva non ammettere che la cosa le aveva fatto un immenso piacere.

Si sdraiò sul letto, sentendo l’acqua della doccia scorrere oltre la porta del bagno, e mise le braccia dietro la testa. Si rese conto che stava sorridendo, fissando il soffitto del letto a baldacchino. Con un calcio si sfilò gli stivali e si mise comoda.

Forse iniziava a capire, cosa significava amore… Forse la soluzione del suo rompicapo era vicina…

Voleva portarlo da qualche parte, per stare da sola con lui. Voleva vedere se riusciva finalmente a capire.

Le venne un’idea, ma rimase a pensare qualche minuto per chiedersi se faceva bene o meno. Qualunque cosa facesse, sapeva che era comunque sbagliata: non poteva permettersi distrazioni, proprio adesso che aveva capito che cosa doveva fare. Ma stranamente il suo compito, la sua missione, stava passando in secondo piano. Sconfiggere Voldemort, al momento, le sembrava una cosa semplice…  Di così poca importanza.

Afferrò una pinza e si legò i capelli dietro la testa, indecisa. Dondolava nervosamente un piede, ascoltando la voce di Hermione che canticchiava sotto la doccia. Voleva seguire il suo consiglio: ascolta il cuore e non la testa.

Con un agile balzo scese dal letto e ancora scalza uscì fuori. Rimase almeno un minuto buono a fissare la porta della stanza dei ragazzi, sperando che non ci fossero Harry e Ron. Trasse un respiro ed entrò.

La camera sembrava vuota, poi notò che Draco era a torso nudo dall’altra parte, vicino al balcone. Si ricordò all’improvviso che forse avrebbe dovuto bussare.

- Oh… scusa – disse, mentre l’altro la guardava divertito.

- A cosa devo una tale irruzione nella mia stanza? – domandò, avvicinandosi.

- Ehm… Volevo dirti una cosa – mormorò Ariana, sentendo la lingua stranamente pesante. Perché stava avendo una reazione del genere? Non gli doveva mica chiedere qualcosa di così imbarazzante!

- Stavo per venirti a chiamare – disse Draco.

- Devi dirmi qualcosa? – domandò Ariana, facendo un passo verso la porta. Forse lui voleva parlare della profezia…

- Non precisamente – rispose il biondo, mostrando il ghigno da lupo. Si avvicinò ancora e la prese per i fianchi, tirandola verso il suo letto.

- No! – sibilò lei, - Draco, no! Daì, che di la ci sono gli altri! -

Finirono sul letto, e Ariana si ritrovò proprio sopra il Serpeverde che ghignava alla grande. Sbuffò, divertita e arrabbiata al tempo stesso. Sentiva sotto le mani la pelle calda e i muscoli del torace di Draco, che si alzava e si abbassava impercettibilmente.

Il Serpeverde le prese il viso con una mano e lo avvicinò, dandole un bacio delicato sulle labbra. Intanto giocherellava con una delle sue ciocche di capelli, sfuggita all’acconciatura.

- Sono in astinenza – mormorò Draco, sorridendo.

Ariana abbassò la testa per nascondere il sorriso. – Sei sempre il solito – disse, poi gli scoccò un bel bacio appassionato. – Così ti basta? – chiese dopo un po’.

- No -

La ragazza gli poggiò le mani sul petto, cercando di tirarsi su, ma la mano del Serpeverde, poggiata sulla sua schiena, glielo impedì.

- Se ci vedono siamo finiti – disse Ariana, cercando di fare la minacciosa.

- Non ci vedranno – disse Draco, sciogliendole i capelli, - Gli ho detto di non entrare per un po’ perché avevo da fare –

Ariana rimase a guardarlo in viso, cercando di non scoppiare a ridere. Erano decisamente agli opposti: lei non sarebbe mai stata così sfacciata. Tamburellò con le dita sul suo petto nudo, sui muscoli ben sviluppati dal Quiddich.

- Anche visto da qui hai un bel nasino – disse Draco, guardandola dal basso.

Ariana si portò istintivamente le mani al naso. – Dici? – disse dubbiosa, - Io ho sempre pensato che fosse un po’ troppo a patata

Draco scoppiò a ridere. – Ma smettila! – sbuffò, tirandola di nuovo verso di se per scoccargli un altro bacio. Sapeva essere molto dolce, anche se era l’algido Principe delle Serpi.

Ariana lo sentiva muoversi sotto di lei, ma non diede segni di volerla spogliare. Evidentemente aspettava che fosse lei a dargli il via, e per il momento lei non ne aveva l’intenzione.

- Ti sto schiacciando? – chiese la ragazza, sapendo di non essere esattamente un peso piuma.

- No, per niente – rispose Draco, - Hai anche una bella boccuccia –

Ariana arrossì di colpo. – La finisci?! – sbottò.

In quel momento la porta venne aperta all’improvviso, e Ariana voltò di scatto la testa. Sulla soglia c’era Harry, che al momento li fissava con sguardo vaquo. I suoi occhi indugiarono prima su Draco, sdraiato sotto Ariana a petto nudo, e poi sulla ragazza, che aveva cambiato colore, adagiata addosso al Serpeverde.

Ariana guardò il Bambino Sopravvissuto, spaventata. Non sapeva che dire, ed evidentemente anche Harry pensava la stessa cosa. Cercò di mettersi a sedere, ma una mano le afferrò delicatamente il mento e un attimo si ritrovò a baciare di nuovo Draco, sentendo la sua presa sulla sua schiena farsi più salda.

La porta venne sbattuta con una forza tale che i vetri della stanza tremarono, e Ariana finalmente riuscì a liberarsi.

- Draco! – sibilò.

Il biondo ridacchiava come un matto.

- Che c’è? – chiese.

- Ma… Ma sei impazzito? – domandò Ariana, cercando invano di liberarsi di nuovo.

- Ormai ci aveva visto – spiegò Draco, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, - Tanto vale che finivamo l’opera. E poi non basta il Magnifico a interrompermi sul più bello

Ariana lo fissò, chiedendosi come facesse ad essere così sicuro di sé.

- E ora che facciamo? – domandò a voce bassa.

- Niente – rispose Draco, - Facciamo la doccia –

Ariana si accorse che lui stava guardando da tutt’altra parte. Seguì i suoi occhi, per scoprire che stava sbirciando dentro lo scollo della sua maglietta.

- Ehi! – gridò, portandosi una mano al petto per coprire tutto e mettendosi a sedere.

Draco ridacchiò. – Non è colpa mia. Sei tu che mi hai istigato – disse.

Ariana si alzò dal letto e gli tirò una delicata sberla sulla spalla. Il biondo raccolse i suoi asciugamani e si tolse la cintura. – Io vado a farmi una doccia. Vieni con me? –

La ragazza lo guardò facendo l’offesa. – Sei dannatamente sfacciato – disse, - Magari facciamo venire anche Harry e Ron, già che ci siamo? –

- No, loro due no – ribatté Draco, aprendo la porta del bagno, - Voglio fare una cosa a due -

Ariana alzò gli occhi al cielo, poi si ricordò per cosa era venuta.

- Draco, sai andare a cavallo? – chiese.

Lui le gettò un’occhiata altezzosa. – Certo. Un Malfoy sa fare tutto – rispose.

Ariana si avvicinò e le regalò un ultimo bacio a fior di labbra, prima di uscire dalla stanza in silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- DracoDraco, svegliati per favore – sussurrò Ariana, sfiorando la spalla del Serpeverde nella penombra nell’alba.

Il biondo si mosse tra le lenzuola, mentre Ariana guardava furtiva Harry e Ron che dormivano nei loro letti, sperando che non si svegliassero.

- Ariana, ma tu non dormi mai? – grugnì Draco, girandosi verso di lei.

- Shh – fece lei, - Per favore, alzati. Voglio portarti in un posto –

Draco per un momento non si mosse, poi con uno sbuffo scese dal letto, in boxer. La guardò un momento, molto probabilmente chiedendosi perché le fosse venuto in mente di svegliarlo a quell’ora, poi disse: - Lo faccio solo perché sei tu

- Grazie… Ti aspetto fuori -

Ariana uscì dalla stanza e si appoggiò al muro, in attesa. Aveva accettato, alla fine. Pensava che non lo avrebbe fatto…

Cinque minuti dopo, Draco usciva dalla camera vestito di tutto punto, passandosi una mano tra i capelli. Ariana rimase a guardarlo per un momento, poi disse: - Vieni

Scesero nelle scuderie senza dirsi una parola. Ariana sentiva i passi leggeri di Draco dietro di lei, sorridendo impercettibilmente. Quando furono all’interno della stalla, prese Brezza del Mattino e lo portò fuori.

- Scegli un cavallo – disse al Serpeverde.

Draco si guardò intorno, poi con un cenno del capo indicò uno stallone nero in fondo alla scuderia. Ariana fece uscire il cavallo e porse le briglie a Draco.

- Si chiama Auriga – disse, - Il nome di una costellazione… -

La ragazza attese che il biondo salisse sullo stallone, poi anche lei montò su Brezza del Mattino. Gettò un’occhiata a Draco, poi si avviò verso il portone.

Fecero insieme la strada che lei aveva percorso il mattino precedente, in silenzio. Il cielo si era tinto di rosa, e faceva molto freddo. Il fiato di Ariana si condensava in bianche nuvolette che evaporavano nell’aria di gennaio.

- Dove stiamo andando? – domandò Draco, nel silenzio più totale.

- In un posto – rispose Ariana, enigmatica, - Pronto a correre? –

- Quando vuoi –

Ariana spronò Brezza del Mattino al galoppo, mentre Auriga la seguiva a ruota. Con l’aria che frustava sui loro volti, attraversarono un campo d’erba e lasciarono il sentiero, inoltrandosi tra il folto degli alberi.

Mezz’ora dopo, Ariana e Draco arrivarono sull’argine di un fiume dalle acque grigie, che scorrevano ora lente ora impetuose. I due cavalli si fermarono, scalpitando dopo la lunga corsa.

Draco si guardò intorno mentre Ariana smontava dallo stallone, lasciandolo libero di brucare l’erba. Anche lui scese da Auriga, e raggiunse la ragazza che si era seduta sull’argine del fiume.

Ariana lanciò un’occhiata al ragazzo, poi afferrò un filo d’erba e iniziò a rigirarselo tra le dita. Lo guardava di sottecchi, come se potesse sparire da un momento all’altro.

- Perché mi hai portato qui? – chiese Draco.

Ariana si strinse nelle spalle. – Ci passavo molto tempo, quando stavo all’Aurelius – rispose, - Volevo che lo vedessi anche tu

Draco la scrutò con un mezzo sorriso. – E’ un bel posto – disse, - Anche se fa un po’ freddo… -

Ariana sorrise. Il freddo in quel momento non lo sentiva proprio. Distese le gambe sul prato, guardando dall’altra parte del fiume.

- Draco… Ti ricordi cosa mi hai detto nella Stanza delle Necessità, un po’ di tempo fa? – chiese con la voce bassa.

- Uhm… Non credo di ricordarmi… - disse Draco, facendo finta di essere assorto, - Avrei bisogno di una rinfrescatina… -

Ariana sorrise abbassando la testa. – Era qualcosa a proposito dei sentimenti… - lo incalzò.

- Mah… Forse ricordo qualcosa – fece Draco, portandosi una mano al mento.

- Dai, non fare la serpe – disse Ariana, - Non farlo diventare più difficile di quanto non lo è già –

Draco le gettò un’occhiata. – Uhm… D’accordo – disse.

- Per te vale ancora, quello che mi hai detto? – domandò.

La sua frase cadde nel silenzio più totale. Aveva il cuore che batteva talmente forte che era sicura che persino Draco lo potesse sentire.

E mentre aspettava che lui dicesse qualcosa, vide il suo riflesso nell’acqua del fiume. E capì.

Amore significava essere se stessi, senza paura del giudizio altrui. Amore significava poter svelare i propri difetti, le proprie paure a qualcuno pur sapendo di essere amati a propria volta. Draco era riuscito a vedere oltre la maschera che portava, a farla prima vacillare e poi cadere.

- Ariana… - sussurrò Draco, alzandosi e avvicinandosi a lei, - Credo sia cambiato qualcosa… -

Si sedette di fronte a lei e le prese il mento con la mano. Si guardarono negli occhi. Ariana aveva le viscere attorcigliate, ma non le interessava minimamente se la cosa traspariva dal suo sguardo. Voleva solo che le dicesse la verità, e solo quella.

- Ti amo più di prima – sussurrò Draco.

Lo sguardo di Ariana guizzò prima da una parte poi dall’altra, e infine incontrò gli occhi d’argento del Serpeverde. Doveva dirlo o sarebbe scoppiata.

- Ti amo anche io -

Erano parole che la sua bocca non aveva mai pronunciato, ma che le uscirono così naturali che si stupì di se stessa. E dire quello che provava la lasciò inspiegabilmente felice.

Draco la baciò con passione, una passione che prima non aveva mai usato con lei. Le passò una mano tra i capelli, mentre Ariana gli stringeva l’altra.

- Ci hai messo un po’ – le sussurrò Draco sulle labbra, sorridendo.

- Meglio tardi che mai, no? – ribatté Ariana, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare in un altro bacio per niente casto.

Finirono sdraiati sul prato gelido, Ariana completamente abbandonata sul petto del Serpeverde. Non sentiva né lo scorrere dell’acqua, né il respiro dei cavalli a pochi metri da loro. Non si rendeva nemmeno tanto conto di dove si trovava, perché al momento il suo cuore era impegnato a gioire per qualcosa che aveva cercato per tanti anni e che ora, inaspettatamente aveva trovato.

Amore.

- Ariana… - sussurrò Draco, - Non è per fare il rompiscatole, ma non è proprio un posto che può dirsi comodo, questo -

La ragazza si mise a sedere. – Scusa, mi sono lasciata prendere – disse, imbarazzata.

Draco si tirò su e la guardò. – Dovresti farlo più spesso – disse, alzandosi, - Ci cerchiamo un posto più caldo? –

- Va bene… -

Ariana si alzò in piedi, e guardò Draco montare in sella ad Auriga. Rimase ferma, tenendo Brezza del Mattino per le briglie.

- Draco… -

- Sì? –

- Posso salire con te? –

Non era una domanda molto logica: c’erano due cavalli, potevano benissimo andare uno su uno e l’altro sull’altro. Ma lei non voleva; voleva sentirsi il biondo addosso, per sperare che non fosse tutto un sogno.

Draco la guardò, e una scintilla di divertimento passò nei suoi occhi di tempesta.

- Sali – disse.

Ariana legò Brezza del Mattino alla parte posteriore della sella di Auriga, e poi si issò sullo stallone nero.

- Tu davanti – disse Draco.

La ragazza si sedette, con il biondo le faceva spazio sulla sella. Le scostò i capelli su una spalla, mentre un brivido le percorreva la schiena. Sentì la sua bocca a un centimetro dal suo orecchio.

- Sei strana, Ariana – mormorò.

- Non chiedermi perché – disse lei, arrossendo.

- Non te lo sto chiedendo – ribatté lui, - Ti sto solo dicendo che sei strana… Ma non è un male, in questo caso –

Con una mano saldò la presa sulle redini, mentre con il braccio le avvolgeva il ventre in una stretta forte e delicata al tempo stesso. Ariana sospirò. Quella sensazione di protezione era una novità per lei, abituata lei a proteggere, e capì che cosa si provava. Incredibile e assoluto abbandono, conscia che qualcun altro pensava per lei.

Sentì che il cavallo partiva al passo, seguito da Brezza del Mattino.

Percorsero la strada fino alla Reggia lentamente, ammirando il paesaggio intorno e scambiandosi solo qualche sussurro. Faceva freddo, ma Ariana non lo sentiva. Percepiva solo il lieve movimento del torace di Draco che si alzava e si abbassava sulla sua schiena, che le confermava che il suo poteva anche non essere un sogno.

Quando vide il portone dell’Accademia, Ariana si ritrovò a pensare cosa avrebbero detto gli altri, vedendoli arrivare entrambi sullo stesso cavallo, abbracciati. Poi, capì che non le importava proprio nulla. Potevano pensare quello che volevano. A lei importava solo di aver trovato la sua metà, di averla finalmente trovata. Che il mondo vedesse quello che provava, che non aveva più paura del giudizio degli altri.

Arrivati nel cortile, Draco aiutò Ariana a scendere dallo stallone, poi smontò anche lui. La ragazza gettò uno sguardo verso la finestra delle loro stanze e vide Hermione affacciata. Le rivolse un sorriso raggiante e la salutò con la mano. Poi intrecciò le dita con quelle del Serpeverde ed entrò nella Reggia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Avanti, cerchiamo -

Ariana ricoprì il suo tavolo di libri grossi e pesanti come mattoni, scegliendo quelli che potevano esserle utili. Ne scartò una decina, poi guardò Draco, Harry, Ron ed Hermione.

- Vediamo se troviamo qualcosa su questo strano Potere – disse, - Anche se non ho idea di cosa sia… -

Così come avevano fatto il giorno prima, passarono tutto il pomeriggio chiusi in biblioteca, sfogliando libri su libri. Fuori aveva iniziato a piovere, e almeno il brutto tempo impediva ad Ariana di fuggire e trascinare Draco in un’altra passeggiata romantica.

Da quella mattina di due giorni prima, tutto brillava sotto una nuova luce. Era strano come all’improvviso tutto sembrasse meno importante, meno pericoloso. C’era qualcosa che rendeva l’aria frizzante, incredibilmente diversa. C’era qualcosa che rendeva Ariana euforica, felice.

Con un sorriso sulle labbra, alzò impercettibilmente lo sguardo per incontrare quello di Draco, davanti a lei. Averlo proprio li davanti la distraeva. Gli sfiorò con il piede la gamba, ridacchiando.

Harry e Ron, che li avevano notati, distolsero lo sguardo, molto probabilmente disgustati. La loro reazione alla relazione tra Draco e Ariana era stata singolare: avevano fatto gli indifferenti, ma lei era sicura che la stessero maledicendo in tutte le lingue che conoscevano. Hermione, invece, era stata contenta per lei e non le aveva mosso nessuna accusa di tradimento (come immaginava avessero fatto Harry e Ron).

Ariana chiuse bruscamente il libro che aveva davanti e si alzò per andare a rimetterlo dov’era. Anche se era un po’ distratta, non poteva negare che la ricerca non andava bene. Non avevano abbastanza informazioni riguardo al Potere Dimenticato menzionato dalla Profezia, e non riuscivano a trovare nulla di importante.

Il problema che si poneva era solo uno: credere o non credere. Per quanto fosse azzeccata e ricalcasse in modo molto simile le loro storie, Ariana aveva pensato che potesse essere solo una coincidenza. In fondo, quella profezia era un vecchio mito riguardo a tre creature antiche, ma che comunque esistevano.

Aveva ragionato sotto tutti i punti di vista, e quello che si chiedeva era se Silente avesse mai sospettato qualcosa… E la sua domanda aveva trovato parziale risposta quando si era ricordata come si chiamava il gruppo che il Preside aveva fondato per combattere Voldemort: l’Ordine della Fenice. E se Harry era veramente la Fenice, non c’era nome più appropriato…

Tuttavia, non poteva basarsi solo su quello per decretare se Silente sapesse qualcosa o meno. Le aveva rivelato tutto in quegli anni, perché non parlarle di quella profezia? Perché tacerle una cosa così importante?

“Perché anche tu ne fai parte” fu la risposta che le diede la sua testa.

Vero. Anche lei ne faceva parte, ma proprio per questo doveva sapere. Se avesse saputo prima cosa cercavano i Mangiamorte, avrebbe potuto risparmiare vite che erano state inutilmente stroncate.

Non le rimase che il dubbio, che non poteva sperare di togliersi. Silente era morto, e non poteva parlare con lui. Non poteva chiedergli i tanti perché che le erano venuti in mente in pochi mesi.

Ariana scese al piano di sotto della biblioteca, gettando un’occhiata fuori dalla finestra. Si stava facendo buio, e il cortile era bagnato di pioggia.

All’improvviso, avvertì una strana sensazione. Istintivamente portò una mano alla bacchetta, la estrasse e si voltò.

Non c’era nessuno. Solo lei.

Si guardò intorno, nella sala illuminata dalla luce di tante candele. I titoli d’oro dei libri brillavano tranquillizzanti sui loro scaffali, la polvere che svolazzava silenziosa. Rimise la bacchetta a posto, dandosi della sciocca per quella reazione esagerata. Non aveva i nervi a fior di pelle come Harry.

E poi, la sentì.

Una risata. Una risata fredda come il ghiaccio, così malvagia che la notte sembrò ancora più scura. Una risata acuta, che lei non aveva mai sentito ma che non poteva non riconoscere.

Ariana sguainò la bacchetta, e allora le vide.

Fuori, sotto la pioggia torrenziale, c’erano delle ombre scure. Ombre avvolte in mantelli che avanzavano verso la Reggia, le bacchette illuminate.

E una di quelle ombre era Lord Voldemort.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed anche qui si finisce sul più bello… Non sono sadica, però dovrete aspettare il prossimo capitolo per scoprire cosa succederà… Comunque, ora che la coppia Ariana/Draco si è finalmente formata, ci sarà più spazio per l’azione… Ditemi cosa ne pensate!

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana, Draco e il magico Trio si ritroveranno a escogitare una fuga dall’Accademia, ma qualcuno sarà costretto a scoprirsi…

 

 

Aliceundralandi: benvenuta! Sono contenta che tu abbia apprezzato la mia profezia, perché ci ho pensato un po’ per inventarla… Spero continuerai a seguirmi! Baci!

 

Lexie__o: le risposte, come sempre d’altronde, le hai avute in questo capitolo… Ci è voluto un po’, ma alla fine i nostri eroi hanno trovato quasi tutti i pezzi. Il triangolo è servito, perché Ariana ha fatto il primo passo. Era ora! Baci!

 

Smemo92: per Ariana il momento di svelare la propria identità non è ancora arrivato, ma non potrà continuare a nascondersi ancora per molto. Sono contenta che la profezia ti sia piaciuta, perché non è stato semplicissimo inventarla… L’ho dovuta scrivere e rileggere diverse volte, per far uscire una cosa decente… Baci!

 

Kaimy_11: sì, come profezia non è proprio chiarissima, ma vedrai che andando avanti tutto andrà al suo posto. Io stesso ho faticato a scriverla, perché non è facile far combaciare tutto perfettamente senza rivelare troppo… E ormai i due piccioncini sono proprio cotti! ^.^ Baci!

 

Sasori_Akatsuki: ciao! Il comportamento di Gabriele in effetti è un po’ anomalo, ma poveretto, era proprio cotto… Continua a seguire e vedrai come va a finire! Baci!

 

 

Baci a tutti coloro che leggono!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 30
*** Padre e figlia ***


Capitolo 29

Capitolo 29

Padre e figlia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il corpo di Ariana reagì come una molla. Scattò verso le scale e le salì, proprio mentre sentiva i vetri del piano inferiore della biblioteca andare in mille pezzi.

- Via! Via! – gridò.

Vide gli sguardi terrorizzati di Harry, Ron ed Hermione fissarla, poi però estrassero le bacchette. Draco sbucò da dietro uno scaffale, gettandole un’occhiata preoccupata.

Un getto di luce rossa cozzò contro uno scaffale, e Ariana si voltò di scatto. Senza neanche vedere chi fosse, sparò un incantesimo verso le scale, chiudendo il passaggio con una delle librerie. Spinse Harry verso l’uscita.

- Nel salotto! – ordinò, - Tornate a Grimmauld Place! -

Spalancò la porta con un calcio e uscì per prima fuori. Vide il Preside Augusto correre verso di lei, la bacchetta in mano e l’espressione terrorizzata. Era spettinato, ma sembrava stare bene.

- Ci stanno attaccando! – gridò.

- Lo so! –

Ariana stava cercando di capire come avevano fatto i Mangiamorte ad entrare nella Reggia, ma aveva la testa da un’altra parte. Il salotto era dall’altra parte della Reggia, e non sapeva se sarebbero riusciti ad arrivarci vivi. Avrebbero dovuto attraversare tutta la scuola.

Sentì gli scaffali della biblioteca saltare in aria con un rumore di un petardo, così iniziò a correre per il corridoio seguita dagli altri. Doveva trovare un piano, in fretta. Aveva tenuto in considerazione un possibile attacco, ma non lo aveva mai ritenuto possibile… L’Accademia era ben protetta…

Venti metri più avanti, vide tre Mangiamorte sbarrargli la strada. Due erano i fratelli Carrow, quelli che aveva Schiantato nel precedente scontro a Hogwarts. Digrignò i denti. Questa volta non avrebbe esitato.

- Avada Kedavra! – gridò.

I tre schivarono il colpo, e contrattaccarono. Augusto sparò una maledizione che colpì uno al petto, gettandolo dieci metri più indietro, contro il muro.

- Avada Kedavra! – urlò di nuovo Ariana, e questa volta l’incantesimo andò a segno. La Mangiamorte più bassa cadde a terra, morta.

- Noooo! Alecto! – gridò il superstite.

Ariana guardò il mago con aria di sfida. Sentiva lo sguardo stupefatto degli altri addosso, e sapeva cosa stavano pensando. Non aveva paura di dare la morte, anche se non le piaceva certo farlo. Al momento era l’unica strada che conosceva per cercare di portare tutti fuori vivi.

- Avanti, vienimi a prendere – disse, facendogli un cenno con la mano.

Il volto di Amycus si trasformò in una maschera di rabbia, e corse verso di lei. Non fece in tempo a fare due passi, che Ariana aveva già agito. Carrow scivolò a terra con un grido, accasciandosi sul pavimento senza vita.

- Ariana… Li hai uccisi… - mormorò Ron, alle sue spalle.

- Già – convenne lei, guardando il terzo Mangiamorte iniziare a muoversi. – Andiamo –

Qualcosa aveva preso possesso di lei, qualcosa che la rendeva determinata come mai prima d’ora. Era la consapevolezza di dover agire in prima persona per sconfiggere Voldemort. Non aveva paura di fare quello che andava fatto. La Profezia parlava di lei come quella che avrebbe sconfitto l’Oscuro Signore…

Superarono il Mangiamorte riverso a terra, che doveva essere Macnair, e cercarono di raggiungere il salotto vicino alle loro stanze. Non incontrarono nessuno lungo il cammino, e Ariana si insospettì. Perché non stavano cercando di catturarli? Perché Voldemort non li inseguiva?

Come in risposta alle sue domande, udì una voce riverberare lungo i muri della Reggia, quasi emessa dalle pareti stesse.

- Merope – disse suo padre, - Non fuggire. Voglio parlare con te. Vieni nel salone -

Ariana ignorò la voce, anche se provò uno strano impulso. C’era qualcosa che l’attirava, nel tono del Signore Oscuro.

Con la coda dell’occhio vide gli altri scambiarsi delle occhiate confuse, anche se non dissero nulla. Spalancò la porta della sua camera e afferrò il sacchetto della Metropolvere, con Argo che abbaiava furioso per essere stato lasciato chiuso dentro.

Dieci secondi più tardi, sigillata la porta con un incantesimo, gettava la polvere nel camino del salotto. Ma non successe nulla. Le fiamme rimasero rosse.

Con il terrore che le attanagliava le viscere, Ariana sparse tutto il contenuto del sacchetto nel camino, senza che niente cambiasse. Le fiamme verdi non volevano comparire.

Si voltò, guardandoli spaventata.

- Non funziona! – esalò.

Draco scosse la testa e guardò fuori, mentre Hermione sembrava terrorizzata.

- Dobbiamo Smaterializzarci – disse Harry, calmo. Stranamente non aveva ancora accennato a voler fare di testa sua.

- Non si può, qui dentro! – ribattè Ariana, sentendosi cogliere dal panico.

Appoggiò le mani al tavolo e abbassò la testa, per cercare di trovare una soluzione. Il fiato le usciva troppo rapidamente dai polmoni, segno che stava veramente iniziando ad avere paura.

- Non ci sono altri modi per uscire? – domandò al Preside.

- No –

L’unico modo per andarsene era uscire dai confini della Reggia e Smaterializzari, ma come potevano fare? C’erano almeno tre chilometri di sentiero per raggiungere i cancelli, e non potevano sperare di arrivarci senza che nessuno li seguisse.

Mentre pensava, si rendeva conto che doveva essere tutta un’idea di Voldemort. Doveva aver fatto qualche strano incantesimo, che lei non conosceva. Li stava costringendo a fare quello che voleva lui.

- Merope – la voce riverberò di nuovo nei muri, - Vieni a me. Non potete uscire di qui senza che io lo sappia… Vieni a me -

- Come hanno fatto ad entrare? – chiese Ariana, ignorando la voce.

- Deve esserci qualcuno all’interno della Reggia che li ha fatti passare – rispose Augusto, - E’ l’unica spiegazione –

- Chi è Merope? – chiese Harry all’improvviso.

- Zitto – ribatté Ariana, - Ti spiegherò tutto dopo. Dobbiamo uscire di qui… Come facciamo? –

Guardò fuori dalla finestra il cortile bagnato. C’era uno solo modo per arrivare più velocemente ai cancelli: i cavalli. Dovevano solo arrivare alle scuderie, e sperare di riuscire a fuggire.

- Chi di voi oltre a Draco sa andare a cavallo? – domandò Ariana.

Harry, Ron ed Hermione si guardarono tra di loro. Era evidente che nessuno dei tre era capace. Poco male, era la volta buona che imparassero.

- Prenderemo i cavalli, e cerchermo di arrivare ai Cancelli. Lì potremo Smaterializzarci -

- Ma è da pazzi! – sbottò Harry.

- Hai un piano migliore? – domandò Draco, caustico.

- State zitti. L’unico problema è come arrivare alle scuderie… -

- Possiamo sperare di non incrociare Tu-Sai-Chi – disse Ron, - Sembra che non ci stia cercando –

- Perché sa che l’unico modo per arrivare alle scuderie è passare dove si trova lui in questo momento – ribatté Ariana, - Guiderà tutte le nostre mosse, che lo vogliamo o meno… D’accordo, faremo come vuole lui –

Guardò gli altri. – Preside, lei rimanga qui. Si assicuri che gli altri studenti e i professori stiano bene. Voldemort vuole noi. Non la cercherà. Scopra chi è stato a farli entrare e me lo riferisca al più presto. Noi gli andiamo incontro. Anzi, io gli andrò incontro –

Non aveva un piano, ma qualcosa le diceva che doveva incontrare suo padre. Forse sarebbe stata la prima e anche l’ultima volta che l’avrebbe fatto, ma non importava.

“Se è me che vuole, me avrà”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana avanzò nella sala d’ingresso a testa alta, sola. La bacchetta in mano, tenuta bassa per dare l’impressione di ostentata sicurezza. Gli occhi vigili, immobili e minacciosi, di chi non ha paura. Il respiro calmo e leggero di chi ha la situazione sotto controllo. Era un’ottima attrice, se voleva.

Al centro della stanza, il volto serpentesco distorto in una smorfia divertita, c’era Voldemort.

Ariana trovò qualcosa di incomprensibilmente attraente in quel volto mostruoso, dalle iridi rosse come il sangue e senza naso. Non era bellezza, era l’attrazione malsana del male, dell’oscurità. Quello che la sconvolse di più fu però la consapevolezza che quello… Quello era suo padre.

Per un momento, Ariana provò paura. Una paura folle e un dolore ancora più grande. Il mago che stava in piedi davanti a lei era quello che avrebbe dovuto chiamare “papà”… Era quello a cui avrebbe dovuto stringere la mano nei momenti di sconforto, chiedere protezione davanti al pericolo… Era quello a cui avrebbe dovuto domandare il permesso per uscire con gli amici… Che avrebbe dovuto sgridarla quando combinava i guai… E invece non era stato così.

Voldemort era suo padre, era l’essere che volontariamente o meno le aveva dato la vita, di cui condivideva il sangue e l’anima nera.

La lucidità di Ariana minacciò di vacillare. Non aveva previsto che vedere per la prima volta suo padre le avrebbe fatto quell’effetto. Lo aveva sempre visto come una figura scura nei suoi ricordi, un’ombra nera tra i suoi pensieri, una macchia sulla sua anima. Qualcosa di inconsistente, che non aveva mai avuto una forma propria… Ma Voldemort ora era lì, davanti a lei. Vivo. Vero. Emblema del male… e suo padre.

Non seppe quanto tempo passò prima che il Signore Oscuro parlasse, perché lei non era in grado di farlo. I suoi occhi erano inchiodati al volto di suo padre, spalancati.

- Buonasera, Merope – disse Voldemort, la voce flautata.

Tutto all’improvviso tornò al suo posto: quello davanti a lei era un mago qualunque, non suo padre. Quello era morto tanto tempo prima. Lei non era Voldemort, lei era Ariana.

Il cervello tornò a lavorare, studiando i sette Mangiamorte appostati agli angoli della sala. Harry e gli altri erano nascosti nel corriodio, in attesa dei suoi ordini, pronti alla fuga. Doveva portarli fuori, tutti.

- Buonasera – rispose, un finto sorriso che le si disegnava sulle labbra.

Lo sguardo di Voldemort la studiò da capo a piedi, come a valutarla. Sembrò soddisfatto, poi disse: - Il coraggio è una dote di famiglia

- Perché, tu saresti coraggioso? – ribatté Ariana, secca.

I Mangiamorte trasalirono e la guardarono sconvolti. Voldemort ghignò. – E anche la lingua tagliente… - aggiunse, - Hai le doti che meritano il tuo vero nome… Ariana… Solo Silente poteva scegliere un nome tanto stupido

- Che cosa vuoi da me? – chiese Ariana, gelida.

Il sopracciglio inesistente di Voldemort si alzò. – Mia cara, dovresti saperlo da te – disse, - Mi sembra logico che ti voglia dalla mia parte -

- E se io non volessi stare dalla tua parte? – domandò Ariana.

- Se hai veramente il mio stesso cervello, allora sarai in grado di capire che è la scelta sbagliata – rispose Voldemort, - Sai meglio di me che non ti conviene stare dalla parte di Harry Potter… Non ora che ho il Potere che mi mancava –

Ariana scrutò il mago in faccia, per rendersi conto che lui sapeva di avere la situazione sotto controllo. – Di cosa stai parlando? –

Voldemort sorrise, ma gli occhi rimasero freddi. – Lo saprai se sceglierai di stare dalla mia parte – rispose.

- Ho una richiesta – disse Ariana, cercando di volgere la situazione a suo favore, - Lascia andare gli altri, e ti seguirò -

Non era un piano. Era un’idea folle. Non avrebbe seguito il Signore Oscuro da nessuna parte, ma la sua priorità era portare fuori Harry. Poteva sperare di riuscire a fuggire in un attimo di distrazione.

- Pensi che io ti creda, mia piccola Merope? – disse Voldemort, - Sei troppo simile a me. So cosa vuoi fare -

Ariana cercò di rimanere calma e non lanciarsi in un insensato colpo di testa. Lo sguardò guizzò verso il portone che portava fuori, nel cortile.

- Non è il posto adatto per parlare, questo – continuò Voldemort, - Seguimi, e avrai modo di sapere ciò che vuoi -

- Hai appena detto che mi conosci bene – ribatté Ariana, - Dovresti sapere che non ti seguirò nemmeno sotto tortura –

Il ghigno che deformava il volto del Signore Oscuro si allargò ancora di più. – Infatti… Silente ti ha insegnato a non farti temere per la tua vita, ma non per quella degli altri

Ariana spalancò gli occhi. – Non osare – sibilò, - Non osare toccare nessuno dei miei amici. Sono pronta a uccidere –

La testa di Voldemort si mosse in un cenno, e uno dei Mangiamorte si avvicinò di corsa: anche loro sapevano dove stavano aspettando Harry e gli altri. Il mago estrasse la bacchetta, ma non riuscì a raggiungerla.

- Avada Kedavra! -

Il Mangiamorte crollò a terra, morto, e un lampo rosso illuminò gli occhi di Voldemort. Non fece una mossa mentre il corpo cadeva sul pavimento con un tonfo, e lo guardò afflosciarsi su se stesso con un certo distacco. Il suo sguardo si alzò per poi posarsi sul volto di Ariana.

- Brava – disse, - Brava, Merope. Sei assolutamente quello che voglio… E con questo sono tre… Hai ucciso anche i Carrow, giusto? -

La ragazza abbassò la bacchetta, l’espressione indecifrabile. Le aveva appena fatto un complimento… Le aveva detto “brava”. Suo padre.

Scosse la testa, cercando di non far vagare la mente in pensieri inutili. Era una situazione di stallo, e doveva trovare il modo di uscirne.

Voldemort si voltò verso i suoi Mangiamorte, cercando qualcuno. – Dov’è Piton? – sibilò.

Era ancora vivo, allora. Il Signore Oscuro non l’aveva ucciso. Non aveva scoperto il suo tradimento.

I Mangiamorte si guardarono tra di loro, confusi. A parte i Carrow e Macnair, erano tutti degli sconosciuti, per lei. Uno fece un cenno di diniego con la testa. Voldemort tornò a guardare Ariana, la solita espressione sul viso serpentesco.

- Non sono qui per Potter – disse, - Sono qui solo perché hai deliberatamente rifiutato il mio invito. Ti sto dando la possibilità di scegliere

Ariana guardò suo padre, gli occhi verdi traboccanti d’odio. – Non passerò dalla tua parte. Seguirò la strada che Silente ha tracciato per me

Voldemort rise. – Già… Fare da balia al Bambino Sopravvissuto – disse sarcastico, - Hai delle potenzialità infinite, Merope. Perché sprecarle? –

- Non sarò la tua serva – ribatté Ariana, - Sono come te. Non mi piace stare al di sotto di nessuno. Dovresti capirlo -

Poi vide qualcuno entrare nella sala, di corsa. Erano due persone, e le conosceva entrambe.

Gabriele teneva Severus Piton imprigionato con un incatensimo invisibile, le membra immobili se non per i piedi che gli permettevano di camminare. Aveva ancora lo sguardo folle che Ariana gli aveva visto pochi giorni prima, e sembrava fiero di sé.

Ariana capì. E sentì qualcosa di incontrollabile invaderla. Rabbia. Rabbia pura. Quello era tradimento. E lei odiava il tradimento.

Era stato Gabriele a far entrare i Mangiamorte all’Accademia. Doveva aver messo sotto Imperius uno dei Guardiani, costringendolo a permettere l’ingresso a Voldemort. Allora era veramente impazzito.

Piton guardò per un momento Ariana, poi aprì la bocca. Poteva ancora parlare.

- Ariana! – gridò, - E’ a Stonehenge che… -

Ma non riuscì a finire la frase. Voldemort alzò la bacchetta e urlò: - Avada Kedavra! –

La ragazza guardò lo ziastro afflosciarsi senza vita sul pavimento, e qualcosa dentro di lei si spezzò. Non aveva mai amato quell’uomo, ma era comunque il fratellastro di sua madre… Era comunque suo zio.

- Abbiamo trovato i nostri traditori, Merope – disse Voldemort, serafico, sistemandosi meglio il mantello, - Come vedi, il tuo amico ha capito da che parte stare -

Ariana guardò Gabriele, furiosa. Era un traditore, e lei non aveva mai tollerato il tradimento. Dallo sguardo dell’ex amico capì che stava facendo tutto di sua spontanea volontà, e questo la fece arrabbiare ancora di più. Strinse la bacchetta, determinata come non mai.

- Doppiogiochista – sibilò, - Ci hai traditi tutti -

Gabriele la guardò, ridacchiando. – E tu hai tradito me – disse.

- Sei tu che sei uscito fuori di testa – disse Ariana, la voce fredda come il ghiaccio, - Hai fatto l’unica scelta che non dovevi fare. Ora accetta tutte le conseguenze, perché non avrai il mio perdono. Mai -

Con un ultimo occhiata, Ariana spostò il suo sguardo su Voldemort. Trasse un respiro profondo, poi disse: - Io rimango con Silente. Sempre e comunque –

Poi, alzò la bacchetta e diede inizio al suo piano.

- Bombarda! -

Le prime due colonne della sala crollarono, sommergendo i Mangiamorte. Una delle finestre scoppiò, gettando pezzi di vetro ovunque, mentre con un balzo Ariana richiamava i suoi amici.

- Quando ve lo dico, andate nelle scuderie! -

Voldemort non si mosse quando lei evocò una barriera di luce azzurra che le fece da scudo mentre i Mangiamorte si avventavano su di lei. Sembrò quasi voler rimanere spettatore della furia della figlia.

Il muro ovest della sala crollò lasciando un buco di dieci metri che si aprì sul cortile bagnato di pioggia, con Ariana che copriva la fuga agli amici. Argo si avventò contro un Mangiamorte dalla faccia butterata, mentre Draco ne fermava un altro.

Hermione riuscì a guadagnare l’uscita, mentre Harry e Ron sembravano esitare. Ariana gli rivolse un’occhiata, poi li spinse fuori.

- Prendete un cavallo! - gridò.

La barriera schermò un getto di luce blu, e Ariana si voltò per vedere Gabriele che tentava di colpire Draco. Il biondo roteò la bacchetta così in fretta che l’altro fece appena in tempo a schivare il colpo.

Ariana era fuori di sé dalla rabbia, e non voleva mettere nessuno in pericolo. Tirò Draco oltre il buco nel muro che era riuscita ad aprire e lo strattonò.

- Va via! – gli disse, - Segui gli altri! -

- Nemmeno per sogno – ribatté Draco. – Non ti lascio -

Quattro Mangiamorte uscirono nel cortile frustato dalla pioggia battente, e Ariana si voltò ad affrontarli. Sentì i cavalli nitrire nella stalla, e con la coda dell’occhio vide che Draco era ancora li con lei. Non era sola.

Argo ringhiò sonoramente contro un mago dalla barba scura, ma non lo attaccò. Di Voldemort non c’era nessuna traccia, ma sentì la sua voce provenire dall’interno.

- Merope, vieni a me. Fuggire non serve -

Con un colpo secco di bacchetta, mise fuori combattimento il Mangiamorte che Argo stava puntando, mentre altri due uscivano nel cortile. Harry e Ron erano riusciti a liberare due cavalli, che ora nitrivano impazziti. Guardò Draco.

- Pensaci tu – disse, - Mi occupo io di loro -

- Ma… -

- Vai! –

Il biondo raggiunse i due cavalli e cercò di calmarli, mentre Ariana metteva fuori gioco tre Mangiamorte e richiamava Argo con un fischio. Vide Gabriele uscire dal buco e cercarla con lo sguardo.

Salì su Brezza del Mattino con un salto, abbattendo un Mangiamorte. Lo spronò e spalancò il portone con un incatensimo.

- Fuori tutti! – gridò.

Harry, Ron e Hermione, seduti alla bellemeglio sui loro cavalli, partirono di corsa vero il portone, ma Draco rimase immobile su Auriga. Ariana gli fece un cenno con la testa, ma lui non si mosse.

- Scappi ancora, Ariana? -

La ragazza si voltò, per vedere Gabriele fermo in piedi a una decina di metri da lei. La guardava divertito, gli occhi folli irriconoscibili.

- Non rivolgermi mai più la parola – sibilò Ariana, - Non voglio più avere niente a che fare con te -

- Stai sbagliando – disse Gabriele, - Torna da me. Preferisci lui?Anche lui è un traditore, in fondo

Ariana gettò un’occhiata a Draco. – Sì – fu la sola risposta, - E ora, lasciaci andare senza combattere. E’ l’unica cosa ancora sensata che puoi fare

- No. Loro possono anche andarsene, ma tu no -

Ariana fissò Gabriele, e Argo abbaiò feroce. Fece indietreggiare il cavallo di qualche passo, indecisa se colpirlo o meno. Abbattè un Mangiamorte che si stava riprendendo, poi strinse le redini con una mano.

Non li volevano catturare, era evidente. Se Voldemort avesse voluto Potter, avrebbe reagito. Invece la stava lasciando fare, senza intervenire. Era venuto solo per vedere lei, e cercare di convincerla…

- Ariana! – gridò qualcuno, - Cosa stai facendo? -

Era Harry. Seduto in bilico sul suo cavallo marrone, aspettava sotto il portone d’ingresso, guardandola.

- Addio – disse lei, guardando Gabriele.

Fece indietreggiare ancora il cavallo, ma Argo non si muoveva. Continuava a ringhiare contro Gabriele, i denti scoperti e il pelo ritto. Fischiò, e lui si decise a seguirla.

Non staccò mai gli occhi da Gabriele, pronta a difendersi. Lo vedeva sorridere stupidamente, solo in mezzo alla pioggia battente. Poi il ragazzo alzò il braccio, e colpì.

Il getto di luce verde che scaturì dalla punta della bacchetta brillò nella notte come un fulmine, e Ariana credette di non essere in grado di schivarlo. Ma l’obiettivo non era lei.

Argo stramazzò a terra senza un suono, la lingua fuori dalla bocca.

- No! – gridò lei, - Argo, no! -

Con un balzo raggiunse il dobermann, riverso al suolo. Il suo cucciolo era morto… L’avevano ucciso…

Il cuore di Ariana si frantumò di nuovo, e i cocci ferirono la sua anima lacerata. Le avevano portato via una delle poche cose che amava, il suo compagno di anni, di avventure, di gioia. Il primo essere vivente su cui era riuscita a riversare il suo affetto…

Accarezzò la testa del dobermann, dimentica di tutto ciò che la ricondava. Sentiva il dolore travolgerla come un torrente in piena, la consapevolezza che non aveva più il suo Argo, che non avrebbe mai più potuto giocare con lui…

- Era l’unico modo per non farti andare via -

Ariana alzò la testa e guardò Gabriele. Lo odiava. Lo odiava a morte. Avrebbe pagato. L’aveva tradita, e ora le aveva osato togliere Argo.

Era morto.

Afferrò la bacchetta caduta, lo sguardo di ghiaccio. Non le importava di morire, di essere in pericolo. Voleva solo la vendetta, e l’avrebbe avuta.

Si voltò e sparò un incantesimo verso i cavalli, spaventandoli. Auriga si impennò, ma Draco riuscì a rimanere in sella. I quattro cavalli scapparono fuori dal portone, incontrollabili, e Ariana lo richiuse con un altro incantesimo. Sentiva le grida di Draco dall’altra parte, ma non le importava più nulla. Voleva consumare la sua vendetta da sola.

Con gli occhi che mandavano fiamme, si girò verso Gabriele.

- Traditore – sibilò, facendo un passo verso di lui.

Il ragazzo la guardò con aria innocente. – Sei tu che stai sbagliando… Se avessi accettato, tutto questo non sarebbe successo – disse.

- Avada Kedavra! -

Gabriele schivò il getto di luce verde e contrattaccò. Ariana parò la maledizione e fece crollare mezza tettoia.

- Pagherai per tutto quello che hai fatto! – gli gridò. – Pagherai! -

Come sempre, Ariana era superiore nei duelli, e con la rabbia dalla sua non poteva che vincere. Immobilizzò il ragazzo, che non sembrò spaventato e continuò a guardarla con dolcezza.

- Ariana… Pensa a quello che stai facendo – disse.

Non c’era spazio per il perdono nel suo cuore. Non c’era più nulla nella sua anima, se non inconcepibile rabbia e determinazione

- Avada Kedavra – sibilò.

Gabriele cadde a terra, privo di vita. Ariana guardò con incredibile freddezza la sagoma dell’amico sul selciato, svuotata di ogni sentimento. Poi alzò la testa, e guardò la Reggia. L’idea le venne all’improvviso. Poteva fare ancora una cosa.

Rientrò dentro, e scorse la figura di Voldemort immobile al centro della sala. Non lo degnò di uno sguardo e tornò in biblioteca. Passò in rassegna tutti i libri che potevano interessarle, poi prese un volume che parlava di Stonehenge e tornò di sotto.

- Vuoi combattere contro di me? – domandò Ariana, fissando Voldemort negli occhi.

- No –

Voldemort la guardò, con una strana espressione orgogliosa nel viso serpentesco. – Sarai tu a venire da me. Allora, saprai dove trovarmi –

Ariana uscì dal muro sfondato, e raggiunse il cadavere di Argo. Con un incantesimo lo caricò su Brezza del Mattino e poi salì anche lei. Sotto la pioggia battente galoppò oltre il portone, lungo i sentieri bui che conosceva bene. Non sentiva assolutamente nulla, solo il vuoto nero e profondo del suo cuore. Era come camminare in un sogno dai contorni vividi, ma pur sempre un sogno.

Arrivò al Ponte Verde bagnata fradicia, e vide Fernando, il Guardiano, riverso a terra, morto. Superò lentamente il ponte, arrivando dall’altra parte. Smontò da Brezza del Mattino e si Smaterializzò.

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

Capitolo abbastanza denso, questo. L’ho postato subito, per farmi perdonare di aver troncato l’altro sul più bello… Spero mi perdonerete, ma era necessario!

Vorrei far notare che Voldemort non voleva catturare nessuno: si è recato all’Accademia per tentare di convincere Ariana a passare dalla sua parte… Il tutto, penso lo abbiate capito, fa parte del suo misterioso piano. Riuscirà a convincere Ariana a stare con lui? Eheh, si vedrà più avanti…

 

 

Nel prossimo capitolo: è arrivato il momento per Ariana di svelare la sua vera identità e affrontare le reazioni dei suoi amici, ma soprattutto di Draco

 

 

rosi33: ciao! Sono contenta che la mia fic ti piaccia. Già dall’inizio ero partita con l’idea di maltrattare Harry, giusto per togliergli il gusto di essere sempre al centro dell’attenzione. E la coppia Ariana/Draco mi è uscita spontanea… Al posto della solita Draco/Hermione: meglio cambiare ogni tanto, no? Baci e grazie per i complimenti!

 

Kaimy_11: eheh, ci andava un po’ di suspance… Dai, come vedi ho postato in fretta per preservare la tua salute! ^.^ I nostri piccioncini finalmente si sono messi d’accordo, eh? Li ho fatti tribolare un po’, ma ne è valsa la pena… Anche se ancora non è finita. Che farà Draco quando saprà chi è in realtà Ariana? Sarà una bella prova per il suo amore… Baci!

 

Lexie__o: già… Ariana in fondo è una bambina… Comunque, questo capitolo spero ti abbia soddisfatto: incontro tra Merope e il suo papà… Chi andava proprio, ma non sarà il primo ne l’ultimo… Fammi sapere! Baci!

 

Smemo92: davvero ti è piaciuto il capitolo precedente? A me non sembrava gran che, in realtà… Comunque, sono contenta lo stesso! Piano piano troverai la risposta alle tue domande, perché anche Ariana deve scoprire ancora qualcosa… Sul fatto che rivelerà chi è a Draco, devi aspettare il prossimo capitolo per vedere la sua reazione. Harry è un po’ diffidente perché in fondo non ci sono ancora fondamenti veri e propri, per la Profezia… Cioè, si capisce benissimo che i tre sono loro, ma potrebbe anche trattarsi di un clamoroso sbaglio… Vediamo se cambierà idea, più avanti. Baci!

 

Sasori_Akatsuki: visto? Ho aggiornato presto! Sono contentissima che apprezzi la fic! Io ce la sto mettendo tutta! Baci!

 

 

Al prossimo capitolo (che non so quando sarà…)!

 

Lhea

 

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Capitolo 31
*** Rabbiosa verità ***


Capitolo 30

Capitolo 30

Rabbiosa verità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si ritrovò davanti al numero 12 di Grimmauld Place, in una notte ventosa e fredda. Guardò il cadavere di Argo che fluttuava dietro di lei, e bussò alla porta.

Draco le aprì, il volto pallido, e la tirò dentro afferrandola per le spalle.

- Ariana! Stai bene? – domandò.

La ragazza lo guardò con distacco, come se fosse qualcosa di fastidioso. Non vide le espressioni di Harry, Ron ed Hermione che la fissavano a pochi metri, seminascosti nell’oscurità del corridoio. Colse il movimento di Molly Weasley e del marito, poi guardò Draco e disse solamente: - Una stanza

Il signor Weasley le indicò una porta, e lei entrò. Era il soggiorno, e come un automa adagiò il corpo di Argo davanti al camino; poi si inginocchiò.

Rimase lì, immobile come una statua, davanti al cadavere del suo fidato compagno di avventure. Era morto. Era morto così come Piton, suo zio. Così come Gabriele.

La mano si posò sul pelo morbido e bagnato del dobermann. Lo accarezzò come se lui potesse sentirla.

Non era sola, nella stanza. C’era una presenza alle sue spalle, e lei sapeva chi era.

- Ariana… - disse Draco, esitante.

- Lasciami sola – disse lei, - Lasciami sola –

Un attimo dopo sentiva i passi di Draco uscire dalla stanza e richiudersi la porta alle spalle. Ora era sola. Dall’altra camera provenivano le voci di Harry e Ron che spiegavano cosa era successo al signor Weasley.

Ariana si sentiva stranamente lontana, nonostante tutto quello che era successo. La sua corazza di freddezza non era stata scalfita nemmeno dalla morte di Argo, una delle cose che aveva di più care al mondo, e di Piton, suo zio. Persino la fine per mano sua di Gabriele la lasciava indifferente.

Una smorfia si disegnò sul suo viso. Piton aveva ragione: era come suo padre.

Che non riuscisse a versare nemmeno una lacrima glielo confermava. Era un guscio vuoto senz’anima. Non riusciva a percepirlo il dolore, come poteva piangere? Erano anni che non piangeva, da quando aveva deciso che le lacrime erano qualcosa di inutile, che la rendevano debole agli occhi del mondo.

Come sempre, la maschera aveva retto. Se per un momento aveva creduto che Draco fosse riuscito a farla cadere, si era sbagliata. Era solo vacillata, alla fine. Era sempre lo stesso pezzo di ghiaccio e determinazione che era sempre stata. Anche davanti alla morte.

Passò il dito sull’orecchio a punta del dobermann, ricordando il giorno che l’aveva visto: un cucciolo nero sommerso dai fratelli e tutto spelacchiato. Bruttino come lei all’epoca, travolto da qualcosa di più grosso di lui come lei in quel periodo.

E poi c’era Piton, che si era giocato l’ultimo istante della sua vita rivelandole una minuscola parte della verità. Una sola parola che forse l’avrebbe portata sulla strada giusta… E lei lo aveva guardato morire senza fare né dire nulla, senza lasciarsi fuggire un grido di dolore che non aveva nemmeno provato.

Silente aveva sempre avuto ragione: lei era proprio come suo padre. Era la degna figlia di Voldemort. Con un cuore di pietra come il suo, con un’anima di ghiaccio come la sua.

Qualcuno aprì la porta, ma Ariana rimase ferma dov’era. Gettò un’occhiata al libro che si era portata dietro, e attese che chi fosse entrato parlasse.

- Perché Voldemort ti ha chiamata Merope? – domandò l’intruso.

Era Harry. Nella sua voce c’era una nota d’accusa, di minaccia. Ariana la colse subito, ma non aveva voglia di rispondere, di spiegare. Voleva essere lasciata in pace, inginocchiata davanti al cadavere di Argo, in silenzio.

Qualcun altro entrò nella stanza, e capì che dovevano essere Ron, Hermione e Draco. Rimasero in silenzio, ma quando Ariana non diede segno di voler parlare, Harry chiese di nuovo: - Perché Voldemort ti ha chiamata Merope? –

Ariana alzò una mano per fargli capire di tacere. – Non adesso – disse, - Più tardi… -

Harry si avvicinò e si parò davanti a lei, guardandola dall’alto in basso. Sembrava arrabbiato.

- Invece tu mi spieghi adesso – disse minaccioso, - Fino ad adesso abbiamo accettato tutti i tuoi silenzi, ma ora vogliamo delle spiegazioni. Hai sempre dimostrato di sapere cose che non dovresti, di fare cose che non dovresti fare… Chi sei veramente? -

Ariana guardò Harry, poi spostò i suoi occhi sugli altri. Ron ed Hermione sembravano arrabbiati quanto il Bambino Sopravvissuto, e anche Draco sembrava considerarla con una strana curiosità.

Doveva delle spiegazioni a tutti loro, lo sapeva, ma sapeva anche che nel momento stesso in cui fossero venuti a sapere la verità, tutto sarebbe finito. Se prima la guardavano con rispetto e amicizia, dopo l’avrebbero considerata una loro nemica. E lei non voleva. Si era affezionata, si era innamorata… Perché doveva già finire tutto?

- Harry, senti… - incominciò, - Non credo sia il momento… -

- Hai rimandato abbastanza, mi sembra – la interruppe Harry, - Deve morire qualcun altro prima che tu ti decida a parlare? –

Ariana si irritò. Le stava dando la colpa della morte di Piton, di Argo e di Gabriele, quando lei in realtà non aveva fatto nulla… Se non ci fosse stato Harry, loro non sarebbero morti… Già, la colpa era sua, se mai.

- Se intendi incolparmi di qualcosa che non è dipeso da me, ti stai sbagliando di grosso – disse, gelida.

- Rispondi alla mia domanda: perché Voldemort ti ha chiamata Merope? – disse Harry, guardandola freddamente.

- Perché Ariana non è il mio vero nome – rispose lei, perfettamente distaccata.

- E perché vi conoscevate già? –

Ariana iniziava seriamente ad arrabbiarsi. Il tono d’accusa nella voce di Harry non le andava a genio, e non le piaceva essere interrogata in quel modo. Se le circostanze fossero state altre, avrebbe detto quello che c’era da dire chiudendo la discussione. Ma questa volta era diverso: non voleva svelare la verità, perché la paura di vedersi sgretolare sotto i piedi tutto quello che era riuscita a costruire fino a quel momento era troppa.

Guardò Draco, che la fissava con sguardo distaccato. Poteva sopportare di perdere Harry e Ron, ma non lui. E nemmeno Hermione.

- Non farmi domande, e non ti dirò bugie – provò a dire Ariana, cercando di sviare la discussione, sapendo che era inutile.

Harry la guardò, e lei si rimise in piedi. – Sono morte delle persone – disse il Bambino Sopravvissuto, - Piton è stato solo l’ultimo… Silente, Sirius, i miei genitori… Voglio sapere -

Davanti al tono da vittima di Harry, Ariana si sentì andare su tutte le furie. Lui aveva perso delle persone care? Lei non le aveva mai nemmeno avute, delle persone care. Si era sacrificata per seguire gli ordini di Silente, e ora Harry faceva anche la vittima davanti a lei?

- Harry – disse, sapendo di avere un tono talmente gelido da far paura ad Hermione, - Non credere di essere l’unico ad aver perso qualcosa di caro, in questa guerra. Non fare l’eroe incompreso, perché non lo sei… -

- Io ho perso tutta la mia famiglia! – protestò Harry, - Voldemort mi ha portato via i miei genitori, e vuole uccidere me! Credi sia qualcosa da poco? –

Ariana era furiosa, con se stessa e con lui. Sapeva che stava per dire delle cose cattive, ma non poteva resistere ancora. Per anni era stata zitta, e ora non era disposta a farsi dare della falsa.

- Già… Il povero Harry ha perso i suoi genitori – disse, - E ora se la deve vedere da solo contro Voldemort, qui ti sbagli. Non sei mai stato solo, perché altrimenti saresti morto sedici anni fa

- Cosa vuoi dire? -

Il volto di Ariana venne solcato da un ghigno per niente divertito. – Che se non fosse stato per Silente, tu non saresti qui… - disse, - Ti ha tenuto in una campana di vetro finché ha potuto… E quella che ti ha guardato le spalle sono stata io

- Non dire stronzate! – sbottò Harry, - Tu c’eri quando ho trovato la Pietra Filosofale? Quando ho affrontato il Basilisco? Quando Voldemort è tornato? No! Ero da solo! -

- E’ vero, non c’ero, e non c’era nemmeno Silente – ammise Ariana, - Ma dimmi, ti sei mai accorto che quando avevi quattordici anni due Mangiamorte sono venuti a cercarti a casa dei Dursley? O quando per poco non ti facevi infilare sotto da una macchina Babbana e guarda caso non ti sei fatto un graffio? Dimmi, lo sapevi? No, eri troppo accupato a vivere la tua vita e piangerti addosso per renderti conto che ti facevo da ombra –

Harry boccheggiò, senza parole. Era stupefatto, così come lo erano tutti gli altri. Ariana trovò la loro sorpresa irritante, e non fece che farla arrabbiare di più.

- Povero Harry, doveva sopportare i suoi zii cattivi – continuò lei, - Doveva affrontare Voldemort. Secondo te chi ha trovato l’anello che aveva Silente due anni fa? Chi ha esplorato la caverna dove si trovava il medaglione di Serpeverde? Chi ti ha piazzato l’elmo di Grifondoro dentro il camino delle cucine di Hogwarts, pronto per essere trovato? Io -

- Non è possibile… - mormorò Harry, - Non è vero… Perché Silente… ?-

Ariana fece una smorfia. – Non è vero? Certo che è vero. Ti chiedi perché Silente non ti ha detto di me? Perché ti ha taciuto la mia esistenza? Perché io dovevo rimanere un’ombra, un fantasma. Il mondo magico ha bisogno di un solo eroe, e quell’eroe sei tu. Il Bambino Sopravvissuto, a cui sono stati uccisi i genitori, che ha combattuto il Signore Oscuro fino a sconfiggerlo… Io sono quella che verrà dimenticata quando tutto sarà finito, ma tu sarai quello che rimarrà nella storia –

Ariana non riusciva a fermarsi. Sapeva che lo stava ferendo, ma non le importava nulla. Aveva taciuto, e ora doveva gridargli tutto quello che si era tenuta dentro per anni…

Guardò Harry, che la fissava stupefatto, e sentì all’improvviso che lo detestava. Se non fosse stato per lui, non avrebbe mai dovuto diventare quello che era. Non avrebbe mai dovuto sopportare il disprezzo di Silente. Non avrebbe mai dovuto rinunciare a tutto per rimediare all’errore di suo padre.

- Ariana -

Draco si fece avanti, e cercò di calmarla. Si parò davanti al Bambino Sopravvissuto e la guardò in faccia.

- Spostati – sibilò Ariana.

- Sta’ calma – disse Draco, - Non c’è bisogno che… -

- Vuole la verità? Gliela darò – disse Ariana, gelida.

Avrebbe parlato. Era pronta a perdere tutto, anche Draco. Era sempre sopravvissuta senza avere nulla, poteva continuare ad andare avanti lo stesso. Era stato bello finché era durato.

Draco si spostò, ma le si mise di fianco, come a volerla controllare.

- Sai, Harry – disse Ariana, il tono falsamente divertito, - Almeno tu sei stato fortunato. Hai potuto dire in giro che i tuoi genitori sono morti da eroi… Uccisi per proteggerti dal mago oscuro più potente di tutti i tempi. E poi tu gli assomigli tanto, non è vero? Silente lo diceva sempre… -

Harry la guardò con un misto di rabbia e tristezza. – Non parlare in questo modo dei miei genitori – disse.

- Ti fa male sentire parlare di loro? – continuò Ariana, - Di cosa ti lamenti? Tu ti sei sempre sentito orgoglioso di essere paragonato ai tuoi genitori, no? “Hai gli occhi di tua madre, ma assomigli tutto a tuo padre”… Silente ti adorava… Molto probilmente ti avrebbe adottato, se avesse potuto. Sempre lì a parlare di te… Lo sai che cosa diceva di me, invece? Anche io assomigliavo a mio padre, peccato che per me non fosse un complimento -

Tacque, aspettando la sua reazione. Senza accorgersene, aveva fatto un passo avanti e poco ci mancava che gli saltasse addosso. Sentì la mano di Draco insinuarsi sui suoi fianchi, per trattenerla nel caso avesse voluto picchiarlo.

- Avevi detto che Voldemort li aveva uccisi… - disse Harry.

Ariana sorrise malignamente. – Già… In effetti ha ucciso mia madre – rispose, - Faceva la doppiogiochista, sai? Avrà preso dal suo fratellastro… Non avrò mai modo di chiederglielo, però, perché è morto stanotte

La mano di Draco si staccò all’improvviso, ma Ariana tenne lo sguardo fermo su Harry. - … Piton? – biascicò.

- Mia madre era Zahira Piton, ed era la sorellastra di Severus Piton – disse Ariana, - La uccise Voldemort, ma non era come la tua mamma. Sai che cosa fece? Pregò Voldemort di uccidere me, al posto suo -

Le sue ultime parole caddero nel silenzio. Ron ed Hermione la fissavano sconvolti, la ragazza con le mani sulla bocca. Harry rimaneva muto, senza parole. E Draco… Ariana non ebbe il coraggio di guardarlo.

- Quindi, Harry, non ti lamentare troppo – disse Ariana, come se avesse appena detto una cosa scontata, - Almeno tua madre ti amava… Almeno sei finito con i tuoi parenti… Io ho vissuto in un orfanotrofio finché Silente non è venuto a prendermi per farmi diventare la tua balia… -

- Perché tu? – fu la domanda che le pose Harry.

- Perché io? – rispose Ariana, con un ghigno, - Perché mio padre non è morto, Harry. Mio padre è vivo, e io devo rimediare ai suoi errori… Non era come il caro James Potter –

Si voltò un momento, evitando lo sguardo di Draco, poi tornò a guardare Harry. Si sentiva stranamente svuotata: non sentiva nemmeno più la rabbia. Non sentiva più nulla.

- Mio padre è Tom Orvoloson Riddle – disse, neutra, - Io sono la figlia di Voldemort

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana lasciò che le parole uscissero dalla sua bocca, e all’improvviso capì quello che aveva fatto. Aveva parlato, ora sapevano. Era finita.

Qualcosa di enorme e freddo la travolse, e si sentì soffocare. Qualcosa che non aveva mai provato nella sua vita si era insinuato nel suo cuore, un miscuglio così potente di sentimenti da toglierle il fiato. In preda al panico, uscì di corsa dalla porta senza guardarsi intorno e si infilò nella prima stanza che trovò, sbattendosi la porta alle spalle.

Si ritrovò seduta per terra, le spalle contro il gelido muro, rannicchiata con le ginocchia al petto. La stanza era buia, ma lei non aveva bisogno di luce. Non temeva le tenebre, perché lei ne faceva parte.

Poi, si rese conto. Anni di eventi che le erano passati davanti agli occhi senza che lei facesse una piega le si ripresentarono davanti, crudeli e dolorosi come non mai.

Era la figlia di Voldemort. Sua madre era morta invocando pietà. Silente era morto. Argo era morto. Piton era morto. Gabriele era morto. E anche lei stava morendo.

Era sola, di nuovo e come sempre.

Qualcosa le bruciò negli occhi. E poi successe. Una lacrima, piccola e salata, le solcò la guancia bruciando come fuoco. E poi un’altra, e un’altra ancora, finché Ariana non si ritrovò a piangere come non faceva da anni, come non aveva mai fatto nella sua vita.

Voleva sparire, eclissarsi per sempre dal mondo, perché non aveva più nulla per cui vivere. Non aveva più nulla per cui combattere. Era stufa di dover andare avanti sempre e comunque, di incassare i colpi senza un gemito, senza un sospiro.

Voleva gridare il suo dolore, urlare che non poteva sopportare ancora. Perché quando trovava qualcosa, le veniva sempre tolto? Perché doveva rinunciare a tutto?

Le lacrime uscivano dagli occhi senza che lei riuscisse a fermarle, senza che lei facesse nulla per fermarle. Quante volte le aveva trattenute? Troppe, troppe volte. Piangere era da deboli, e lei lo era. Lo era sempre stata.

Ariana appoggiò la testa alla parete, volgendo lo sguardo al soffitto che nel buio non vedeva. Non sarebbe venuto nessuno, lo sapeva. Non ora che aveva rivelato chi era.

La consapevolezza di essere sola la travolse di nuovo, crudele come sempre. Singhiozzò, sentendo le lacrime solcarle il viso e gocciolarle sulle mani.

Soffriva.

Soffriva, e avrebbe continuato a farlo da sola.

“Lo sapevi, Ariana. Hai commesso un errore. Sapevi come sarebbe finita. Quelli come te nascono e muoiono soli. Sei stata una sciocca… Come sempre”.

Sospirò. Stupida. Si era fatta male da sola.

“Andrai avanti, come hai sempre fatto. Hai le spalle abbastanza larghe da sopportare anche questo peso”.

“Non questa volta”.

Non questa volta. Perché poteva sopportare di perdere tutto, ma non lui. Non Draco. Non poteva sperare di riuscire a vivere leggendo il disprezzo nei suoi occhi, rinunciare anche solo a sfiorarlo.

Le scappò un altro singhiozzo. Non sarebbe riuscita a fare a meno di lui, lo sapeva. L’unico modo per poter sperare di riuscire ad andare avanti era dimenticarlo, e per dimenticarlo avrebbe dovuto andarsene…

Ricominciò a piangere, senza aver paura di mostrarsi per quel che era.

Poi sentì la maniglia della porta girare, e uno spiraglio di luce si disegnò sulla parete di fronte a lei. Un’ombra si fermò sull’uscio, a fissarla.

- Ariana? -

Era Draco.

- Vattene – disse lei, asciungandosi le lacrime dalla faccia e deglutendo per non far capire che stava piangendo.

Il ragazzo non si mosse. Non voleva vederlo. Voleva stare da sola. Aveva paura, e voleva continuare a stare rannicchiata come un animale in trappola nel suo angolo. Sola.

- Va via – ripetè.

Draco si mosse, ma al posto di uscire entrò e si chiuse la porta alle spalle. Accese la bacchetta e guardò Ariana seduta con la schiena contro il muro. I suoi occhi non facevano trasparire nulla di quello che stava provando.

Forse voleva ucciderla. Forse voleva consegnarla agli Auror.

Non gliene importava. Potevano anche ammazzarla, tanto non sarebbe andata avanti ancora per molto. Sarebbe morta comunque, per mano di suo padre o per mano dei suoi amici. Non c’era differenza.

Ariana abbassò il capo, fissandosi le ginocchia. Non aveva la forza di guardarlo in faccia, dopo avergli mentito per tanto tempo, dopo averlo ingannato.

- Guardami – disse Draco.

- No. Vattene –

Ariana cercava di non far trasparire quanto fosse turbata, ma la sua voce si incrinò lo stesso. Deglutì, cercando di calmarsi, ma non ci riusciva. Da un momento all’altro sarebbe di nuovo scoppiata in lacrime.

- Ariana, ti ho detto di guardarmi – disse Draco.

- No. Vattene – ripetè lei.

Draco si abbassò e con la bacchetta le illuminò il volto. Lei continuò stoicamente a tenere lo sguardo fisso per terra, senza dargli modo di far incrociare i loro occhi.

- Ariana… - mormorò Draco, - Guardami in faccia -

- Non farmelo ripere di nuovo – ribatté Ariana, con la voce che tremava impercettibilmente, - Va’ via. Non voglio vedere nessuno. Avete avuto le vostre risposte. Non abbiamo altro da dirci –

Draco si inginocchiò davanti a lei e appoggiò la bacchetta per terra. Poi, le afferrò il mento e la costrinse ad alzare la testa, finché i loro occhi non si incontrarono. Rimasero a guardarsi per un momento che ad Ariana sembrò interminabile, poi finalmente lui la lasciò libera di tornare a fissare il pavimento.

Draco si appoggiò al muro, di fianco a lei, lo sguardo fisso davanti a sé. Con la coda dell’occhio Ariana lo vide sorridere. Si passò una mano sulla guancia, cercando di fare la dura come sempre.

- Ariana… Quello che hai detto prima è la verità? – domandò.

Lei annuì. Poi lo vide voltarsi verso di lei, accarezzandole una guancia umida. Perché non si arrabbiava? Perché non la insultava?

Draco l’avvicinò e la baciò dolcemente, passandole una mano sul collo sottile.

- Non mi interessano chi erano i tuoi genitori – le sussurrò sulla bocca, - Non mi interessa se non ti chiami veramente Ariana. Io amo te, non il tuo nome -

La baciò di nuovo, ma Ariana scoppiò in lacrime. Gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò, piangendo disperata sulla sua spalla. Lo sentì sfiorarle delicatamente la schiena e baciarle i capelli.

Non lo aveva perso, non ancora. Aveva la speranza di poter andare avanti, se lui era con lei.

- Draco… Io… – bisbigliò, nascosta nella sua spalla. – Mi dispiace… Mi dispiace da morire… -

- Shh – disse lui, - Non devi giustificarti con nessuno, nemmeno con me. Anche io provengo da una famiglia poco irreprensibile –

Ariana continuò a piangergli addosso, senza chiedersi se sembrava o meno una stupida. Non aveva paura di mostrarsi debole davanti a lui.

Rimasero così, abbracciati nella penombra, finché Ariana non ebbe versato il mare di lacrime che era riuscita a trattenere per anni, sfogando tutto il suo dolore. Alla fine si sentì vuota, esausta, completamente sopraffatta. Ma ci era riuscita: aveva tirato fuori tutto.

- Draco… - sussurrò, staccandosi da lui e guardandolo imbarazzata, - Grazie… -

Il biondo sorrise e le asciugò l’ultima lacrima con un dito, prima di sfiorare di nuovo le sue labbra.

- E di cosa, piccola mia? – disse, - Sono io che devo ringraziare te. Se non ci fossi stata tu, non saremmo ancora qui a parlare -

Ariana lo baciò, lasciandosi scappare un sospiro di soddisfazione. Gli apparteneva, senza di lui non era niente. Forse lei aveva salvato la vita a tutti loro, ma lui le aveva salvato l’anima. Ed era una cosa molto più importante.

Si alzò lentamente, sistemandosi la maglia spiegazzata, e tirò su con il naso.

- Che ore sono? – domandò.

- Le tre del mattino – rispose Draco.

Ariana si sentiva un po’ confusa, ed era la stanchezza a farle quell’effetto. Guardò Draco, incerta.

- Andiamo a dormire – disse lui.

- Volevo parlare con Harry… - mormorò Ariana.

- Domani – ribatté Draco, - Sei esausta e anche scossa. Domani potrai parlare quanto vuoi –

Le avvolse un braccio intorno ai fianchi e la portò fuori dalla stanza. Lei non alzò mai la testa, per evitare lo sguardo degli altri, e si lasciò condurre in una camera con un grande letto a baldacchino. Draco aprì le coperte e le fece cenno di infilarcisi sotto.

Davanti alla sua esitazione, sembrò ricordarsi all’improvviso di qualcosa. Si girò e raggiunse la porta. Ariana lo guardò divertita, poi disse: - Draco? –

- Sì? -

- Dormi con me? –

Il biondo rimase interdetto e la guardò come se avesse detto una parolaccia tremenda. Rimase a fissarla per mezzo minuto, poi disse: - Sei sicura? –

Ariana sorrise e annuì. – Solo dormire, però… - aggiunse.

Draco si voltò del tutto verso di lei, poco convinto. – D’accordo. Se per caso ti sfioro, però, non mi aggredire – disse.

Vestita, a parte le calze e gli stivaletti, Ariana si infilò nel letto e attese che Draco la raggiungesse. Il biondo si sfilò le calze, e la guardò incerto.

- Posso levarmi la camicia? Non ho intenzione di dormire avvolto come un salame – disse.

Ariana sorrise. – Sì – rispose, - Non ti mordo mica –

Guardò con una certa curiosità il Serpeverde togliersi la camicia e gettarla sulla testiera del letto. Sembrava quasi titubante, come se avesse paura di fare qualcosa di sbagliato. Non era da lui.

Le gettò un’ultima occhiata prima di infilarsi nel letto di fianco a lei, e Ariana lo guardò. Era sempre molto bello, ma ora che sentiva di appartenergli almeno un po’ le sembrava assolutamente magnifico. Sempre più perfetto.

Draco allargò un braccio e lei si accoccolò meglio. Sospirò, mentre la luce veniva spenta.

- Mi sono sempre chiesta in che casa sarei finita, se Silente mi avesse fatto provare il Cappello Parlante – disse lei. Era una pensiero che le era venuto spontaneo, e altrettanto spontaneamente lo aveva esternato.

- Di sicuro non a Serpeverde – disse Draco, in un punto imprecisato di fianco a lei, - Sei troppo buona per finire tra le serpi –

“Vorrei poterti credere” pensò Ariana.

- Anche tu però sei un Serpeverde un po’ fuori dalle righe – disse.

Draco disse qualcosa, ma lei non riuscì ad afferrarlo perché era già scivolata nel sonno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana sedeva immobile davanti al tavolo della cucina di Grimmauld Place, sotto gli sguardi indagatori di Harry, Ron, Hermione e mezzo Ordine della Fenice. Si era svegliata solo un’ora prima, e aveva trovato un comitato di accoglienza per niente benevolo. Li aveva fatti riunire tutti, perché voleva spiegare tutto solo una volta.

- Mia madre era Zahira Piton, la sorellasta di Severus Piton – spiegò Ariana, con voce piatta - E mio padre è Tom Orvoloson Riddle, alias Lord Voldemort. Silente mi ha trovato in un orfanotrofio Babbano quando avevo sei anni, però all’inizio mi tenne nascosta la verità sui miei genitori. Mi raccontò tutto quando avevo otto anni, e mi diede il compito di sorvegliare Harry quando lui non sarebbe più stato in grado di farlo. -

- Chi sa della tua esistenza? – domandò Malocchio Moody.

- Non lo so – rispose Ariana, - Voldemort ha tenuto nascosto a tutti di avere una figlia… All’epoca lo sapeva solo Piton, ma fece finta di nulla. Mia madre si nascose su ordine del Signore Oscuro, e non rivelò mai a nessuno della mia esistenza. Silente venne a sapere di me qualche anno dopo la caduta di Voldemort, e mi cercò. Attualmente, sono più che sicura però non tutti i Mangiamorte sanno chi sono realmente. Probabilmente pensano che sono solo un soggetto particolarmente dotato a cui il loro Signore è interessato. Non so altro –

- Come mai ti vuole dalla sua parte? – chiese Moody.

- Non lo so – rispose di nuovo Ariana, - Forse crede di potermi usare… -

Guardò Draco, che annuì in silenzio. Anche lui stava ascoltando per la prima volta il suo racconto, e sembrava soddisfatto. Le credeva.

- Potete usare il Veritaserum su di me, se pensate che non vi stia dicendo la verità – aggiunse, sperando di ottenere il consenso di tutti.

Moody guardò il signor Weasley. – Potremmo, ma credo sia inutile – disse l’Auror, - Penso che se Voldemort voglia proteggerti, sia più che capace di evocare su di te un incantesimo che ti costringa a dire sempre quello che vuole lui. Dobbiamo fidarci della tua parola, per il momento

- In fondo, però, ha salvato Harry più di una volta – disse Fred Weasley.

- E non si è mai dimostrata pericolosa, nei nostri confronti – aggiunse George.

- Può essere… - disse Moody, - Potter, tu cosa ne pensi? –

Harry scrutò Ariana. – E’ la figlia di Voldemort – disse, - Non ci si può fidare di lei

- Non ti fidavi di Piton – ribatté Ariana, - Eppure è morto per salvarci… -

Harry tacque. – Sapevamo che Piton lavorava per Silente – disse Moody, - Ma non ci ha mai parlato di te… -

- Se aveste saputo chi ero, lo avreste lasciato fare quello che ha fatto? – domandò Ariana, provocatoria, - Non gli avreste lasciato crescere la figlia di Voldemort per farne la balia di Harry Potter -

Moody la guardò, e lei sostenne il suo sguardo. Nonostante continuasse ad avere un po’ di paura, non lo dava a vedere. Mostrarsi debole non migliorava certo le cose.

Eppure, davanti agli sguardi sospettosi, arrabbiati e delusi dei presenti, Ariana si sentì morire. La disprezzavano, ne era certa. Non erano in grado di vedere oltre le apparenze, soprattutto Harry. Non si sarebbe mai fidata di lei, non l’avrebbe più trattata come aveva fatto prima.

Non lo biasimava. Forse anche lei si sarebbe comportata nello stesso modo, in quella situazione, però non poteva non sentirsi ferita. Aveva fatto di tutto per proteggerlo, per dimostrare di non essere suo padre. Non era servito a nulla, alla fine.

I membri dell’Ordine si guardarono tra loro. – Dobbiamo crederti sulla parola – disse Arthur Weasley, - Se non hai altro modo per mostrarci che stai dicendo la verità –

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed ecco, che finalmente in questo capitolo Ariana è costretta a rivelare la verità su se stessa. E farlo non le è stato per nulla facile: lo scontro con Harry l’ha notevolmente scossa. Ora che tutti sanno la verità, sarà difficile per lei sopportare il loro sguardo. Per fortuna, Draco è riuscito a vedere oltre le apparenze, perché anche lui sa cosa significa avere un padre malvagio da cui ci si vuole distinguere. Sotto certi versi lui e Ariana sono molto simili, per questo non potevano che stare insieme: hanno vissuto la loro vita consci di quanto male avevano fatto i loro padri, e hanno una visione della realtà diversa da tutti gli altri. Harry è sempre stato paragonato al modello “positivo” dei suoi genitori, morti combattendo Voldemort. Ariana e Draco, invece, sono vissuti all’ombra dei loro genitori, famosi per essere maghi oscuri. Sanno cosa significa essere etichettati come “cattivi”, e sono i primi che non si permettono di giudicare nessuno prima di averlo conosciuto a fondo.

Spero abbiate compreso lo sfogo di Ariana, quando ha riversato addosso a Harry tutta la sua rabbia. Si è sentita in qualche modo offesa, dal suo comportamento. E dopo lo shock della perdita di Argo, doveva sfogare in qualche modo quello che aveva dentro.

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana verrà colta dal dubbio, e per trovare risposta alle sue domande dovrà recarsi nell’unico posto che non avrebbe mai voluto vedere…

 

 

 

Kaimy_11: già, povero Argo! Dispiaceva anche a me farlo morire, ma come direbbe la Rowling: “era necessario ai fini della storia”. Per quello che riguarda Gabriele, sì, Ariana l’ha proprio fatto fuori a sangue freddo… E Piton non è stato risparmiato nemmeno nella mia storia: morto pure lui, anche qui. Diciamo che non mi stava molto simpatico… Baci!

 

 

Smemo92: Ariana avrà il suo bel da fare per riconquistare la fiducia dei suoi amici, perché come hai visto non l’hanno presa molto bene, a parte Draco. Voldemort ha il suo piano, anche se ancora non ha il Potere Dimenticato, e vuole Ariana dalla sua parte prima di acquisirlo… Nel prossimo capitolo tutto sarà spiegato un po’ meglio. Baci!

 

 

Sasori_Akatsuki: si si, aggiorno sempre molto in fretta, se riesco. Già, povero Argo, non si meritava certo quella fine… Ma era necessaria. E Gabriele… Forse ha avuto quello che si meritava. Baci!

 

 

Lexie__o: voilà, Harry ha tirato fuori di nuovo la domanda: “chi è Merope?”, e Ariana ha risposto. Dopo l’incontro con suo padre, non poteva che avere una reazione del genere: per poco non salta addosso a Harry e lo ammazza di botte! Che dire di Gabriele: era proprio uscito fuori di testa… Baci!

 

 

 

Grazie a coloro che continuano a leggere la storia!

 

 

 

Lhea

 

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Capitolo 32
*** Scelta e promessa ***


Capitolo 31

Capitolo 31

Scelta e promessa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana aprì il libro che aveva davanti agli occhi, e cercò la pagina che le interessava. Seduta al tavolo della sua stanza a Grimmauld Place, lesse attentamente le righe scritte in inchiostro azzurro corredate dall’immagine di un cerchio di pietra.

Stonehenge è un monumento antico, situato nel Wiltshire, in Inghilterra, formato da un cerchio di pietre del neolitico. Attualmente, per i Babbani rappresenta uno dei più misteriosi siti archeologici del mondo, in quanto essi credono si tratti di una specie di “osservatorio astronomico antico” eretto millenni or sono dagli uomini primitivi.

“Per la comunità magica, Stonehenge non è mai stato considerato altro che un rudimentale cerchio di pietre Babbane. Tuttavia, diversi studiosi ritengono che esso sia una specie di santuario di Magia Nera. Narra la leggenda che, tramite uno scambio equo, si possa ottenere un potere di immani dimensioni, tale da essere considerato alla stregua di quello di un dio. Non ci sono stati fino ad adesso riscontri che facciano pensare che questo mito sia vero, ma in molti ritengono che vi sia un fondamento di verità. Infatti, su una delle pietre che compongono Stonehenge, sono state rinvenute delle scritte attualmente non ancora decifrate, che fanno pensare a una specie di preghiera di invocazione…”

Ariana smise di leggere e alzò lo sguardo. Era quello che stava cercando di ottenere Voldemort? Un Potere simile a quello di un Dio?

In effetti, questo poteva spiegare perché avesse cercato tutti gli Horcrux… Se per doveva dare qualcosa in cambio, perché non i suoi Horcrux? Dopo non ne avrebbe avuto più bisogno…

Afferrò il libro e uscì dalla stanza, recandosi in soggiorno. Trovò Harry seduto sul divano con Ginny, e quando la vide arrivare la guardò in cagnesco. Erano passati tre giorni da quando aveva scoperto chi era, ma non sembrava voler accettare la cosa.

- Leggi qui – disse, porgendogli il libro.

Harry lo prese, lesse tutto, e poi la guardò con un sopracciglio inarcato. – E’ solo una leggenda – disse, - Come quella Profezia che abbiamo trovato… -

Ariana non disse nulla e se ne andò, diretta in camera sua. Aveva passato la maggior parte del tempo lì dentro, perché non riusciva a sostenere gli sguardi degli altri. Hermione e Ron non sembravano disprezzarla quanto Harry, ma erano diventati piuttosto freddi nei modi. Solo Draco non era cambiato nei suoi confronti: anzi, la trattava con ancor più gentilezza. Senza di lui non sarebbe riuscita ad andare avanti.

Sarai tu a venire da me. Allora, saprai dove trovarmi

Le parole di Voldemort continuavano a rimbombarle nella testa. Era consapevole di non doverle ascoltare, ma non poteva non provare una certa inquietudine. Suo padre era l’unico a sapere tutto, e poteva fornirle le risposte che non aveva altro modo di ottenere…

Gettò il libro sul tavolo e si sdraiò sul letto, le braccia dietro la testa.

Si era sbattuta per anni, e quello che riceveva in cambio era solo disprezzo. Harry non le credeva, e gli altri la consideravano un pericolo. Perché diavolo continuava ad aiutarli? Poteva benissimo andarsene e lasciarli lì a sbrigare tutto da soli, visto che era quello che volevano…

Non le rimaneva che un dubbio: lei era un Horcrux?

Rimase immobile come una statua finché non sentì bussare alla porta, e diede il permesso di entrare. Draco varcò la soglia con lo sguardo preoccupato, e la squadrò lì sdraiata con ancora gli stivali addosso.

- Ho trovato una cosa – disse lei.

Gli mostrò il libro.

- Sempre peggio, allora – disse Draco, - Se tutto questo è vero, le possibilità di sconfiggere Tu-Sai-Chi si riducono… -

- Già… - Ariana guardò il soffitto, - Tu ci credi? –

- Se ci credi tu, ci credo anche io – rispose il biondo.

Ariana si sporse e lo baciò sulle labbra, grata per la sua presenza.

Non poteva però aspettare di avere la conferma degli eventi. Doveva affrontare la realtà e togliersi il dubbio. Voldemort voleva incontrarla, e Ariana voleva incontrare lui. Non rimaneva che cercarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana attese che tutto il Quartier Generale andasse a dormire. Nell’oscurità si rivestì e prese il suo mantello nero da viaggio, poi uscì nel corridoio con il suo solito passo felpato. Raggiunse la porta e uscì nella piazza davanti al numero 12, illuminata solo dalla luce dei lampioni Babbani, e scese i gradini. Con un po’ di apprensione, guardò un’ultima volta il Quartier Generale, poi girò su se stessa e si Smaterializzò.

Little Hangleton era una cittadina piccola e abitata da gente semplice e curiosa. Villa Riddle, arroccata sulla collina che dominava il paese, era illuminata dall’interno. Per molti anni era stata disabitata, ma ora il suo vecchio padrone era tornato a vivere lì, insieme alla sua stregua di strani amici.

Ariana si avvicinò ai cancelli della casa, il cappuccio ben calato sulla testa. Non dovette chiamare nessuno, perché i battenti si aprirono al solo tocco delle sue mani, lasciandola entrare nel giardino. Guardandosi intorno con aria timorosa, arrivò davanti alla porta e bussò.

Le venne ad aprire un mago basso e grassoccio, con pochi capelli e denti sporgenti, che lei riconobbe come Codaliscia. L’omuncolo la guardò con sorpresa, poi le fece un inchino e la lasciò entrare.

- Benvenuta, signorina -

Il tono deferente colpì Ariana più dei suoi modi timorosi. Le tenne aperta la porta mentre entrava e la condusse in un grande soggiorno riccamente arredato. Dentro, c’erano alcuni Mangiamorte, tra cui Rookwood e Bellatrix Lestrange. La donna la guardò sconvolta, e si alzò in piedi di scatto.

- Cosa ci fai qui? – sibilò.

- Sono venuta per incontrare il tuo Signore – rispose Ariana, per niente intimorita.

- Attenda qui – disse Codaliscia, - Avvertirò il mio Signore del suo arrivo –

Ariana rimase immobile nel soggiorno, sotto lo sguardo di Bellatrix. La donna, però, non accenava a volerla attaccare, come se le fosse stato proibito. Si limitava a guardarla con occhi di fuoco e le narici che fremevano. La ragazza, intanto, studiava con noncuranza l’arredamento in stile barocco della stanza.

- Come osi mettere piede nella casa del Signore Oscuro? – domandò la Mangiamorte, sputando veleno.

- Appartengo a questo posto molto più di te – rispose Ariana, con un sorriso affettato.

Bellatrix spalancò gli occhi. – Cosa stai dicendo? – sbottò.

In quel momento entrò nel soggiorno una terza persona, e il cuore di Ariana ebbe un sussulto: capelli biondissimi, tratti affilati e occhi di ghiaccio. Lucius Malfoy fece il suo ingresso con portamento altero e sorriso beffardo, accomodandosi su uno dei divani di pelle nera.

- Buonasera, Drake – disse, come se vederla lì fosse del tutto normale.

Ariana fece un cenno con il capo. – Buonasera, Malfoy

Lucius la squadrò da capo a piedi, valutando ogni centimetro del suo corpo. Il sorriso beffardo divenne un ghigno soddisfatto.

- Vedo che mio figlio ha conservato almeno il suo buon gusto – sentenziò, prima di far comparire dal nulla una calice di vino.

Ariana sentì la rabbia montare in corpo, ma tenne a freno la lingua.

- Lucius… - borbottò Bellatrix, confusa, - Cosa ci fa qui lei? -

Solo allora Ariana capì: Bellatrix non sapeva chi fosse lei realmente. Sapeva che il Signore Oscuro la stava cercando, ma diversamente da Lucius non sapeva che fosse sua figlia.

- Il Signore Oscuro ha i suoi buoni motivi – rispose evasivo Malfoy.

- Lestrange, non sai chi sono, vero? – chiese Ariana, con un sorriso sardonico sul volto.

Bellatrix la guardò, infuriata. No, non sapeva chi era.

- Parla chiaro, ragazzina – sibilò.

Ariana incrociò le braccia, sempre sorridendo. Trovava la situazione assurdamente buffa.

- Davvero Voldemort ti ha tenuto all’oscuro di me? – disse, provando una macabra soddisfazione sentendola in pugno, - Davvero il Signore Oscuro non ti ha rivelato nulla? -

Malfoy arricciò il labbro in una smorfia infastidita, ma non intervenne. Bellatrix continuava a guardarla, furiosa e rosa dalla curiosità.

- Signorina, mi segua -

Ariana si voltò di scatto e trovò Codaliscia alle sue spalle, che con un lieve inchino la invitò a percorrere un corridoio. La ragazza gettò un’occhiata e, prima di seguirlo, tornò a guardare Bellatrix Lestrange.

- Io sono sua figlia – disse, poi si girò e seguì Codaliscia.

Pronunciare quelle parole le fece uno strano effetto: provò un insensato orgoglio, nel dirlo. Voldemort era comunque uno dei maghi più potenti della storia.

Codaliscia la fece fermare davanti a una porta scura, e l’aprì. Le fece cenno di entrare e Ariana ubbidì.

La prima cosa che vide fu un grande, enorme camino di pietra scura. Dentro scoppiettava un fuoco dalle fiamme rosse e gialle, riscaldando l’atmosfera. Era una specie di studio, ma non c’erano scrivanie; solo due belle poltrone di pelle, e tanti quadri alle pareti.

Lord Voldemort era seduto su una di esse, e la aspettava. Sul suo volto serpentesco era dipinto un sorriso freddo e distaccato, che non si allargava agli occhi. Il lungo mantello nero era adagiato su un bracciolo della poltrona.

Ariana fissò suo padre cercando di non far trasparire la sua apprensione. Non aveva paura, ma temeva di provare la stessa identica sensazione che la prima volta l’aveva bloccata.

- Siediti – disse Voldemort.

Ariana seguì il suo ordine, accomodandosi nella poltrona di fronte alla sua. Non gli tolse mai gli occhi di dosso, perché non ci riusciva.

- Sapevo che saresti venuta – disse il Signore Oscuro, - Ti aspettavo -

- Dovevamo vederci, prima o poi – disse Ariana, - Sei stato tu a chiedermi di incontrarci –

Voldemort continuava a sorridere, scrutandola con le iridi rosse. Non c’era minaccia al momento, nei suoi occhi demoniaci.

- Hai detto a Bellatrix di essere mia figlia – disse divertito.

- Come mai lei non lo sapeva? – chiese Ariana.

- Odiava tua madre – rispose Voldemort, - E odierà anche te, ora –

Non era la risposta che voleva, eppure sentire il Signore Oscuro parlare di Zahira le fece uno strano effetto. Erano stati veramente insieme, un tempo.

- Perché volevi vedermi? – domandò Ariana.

- Perché ti voglio dalla mia parte – rispose Voldemort, - Il tuo potenziale è lo stesso che avevo io alla tua età, e devi farlo fruttare. Lo stesso Silente ha riconosciuto le tue qualità, facendoti diventare la balia di Potter. Tuttavia, ha soffocato i tuoi poteri. Con la giusta istruzione, a quest’ora avresti potuto avere il mondo ai tuoi piedi… -

- Non voglio che il mondo si prostri davanti a me – ribatté Ariana, gelida.

- Allora è anche inutile per te continuare a essere l’ombra di Potter – disse Voldemort, sempre sorridendo, - Che cosa ci stai guadagnando? Nulla, se non il disprezzo. Lo sai meglio di me –

Ariana si rese conto che stava dicendo la verità, ma capì anche che il suo obiettivo era fare leva sulle sue debolezze per convincerla…

- Io sto cercando di ripagare ai tuoi errori – disse, - Sto cercando di rimediare ai tuoi sbagli. E’ l’unico modo che ho di riscattarmi e essere una persona normale -

Voldemort rise. – Davvero credi che basterà questo a farti apprezzare dalla gente? – disse, - Il mondo è un luogo crudele, Merope. Per quanto tu possa sforzarti, sarai sempre e comunque quello che sei. Sarai sempre la figlia di Lord Voldemort. E la gente non lo dimenticherà –

Riconoscere un fondo di verità in quelle parole spaventò Ariana. Aveva avuto la conferma pochi giorni prima, quando aveva sopportato lo sguardo di disprezzo di Harry e di tutti gli altri. Nonostante avesse cercato di dimostrare da che parte stava, non erano riusciti ad andare oltre al suo sangue.

- Vorrà dire che accetterò di rimanere nell’ombra – disse piano.

- Ti sto offrendo la possibilità di salvare te stessa e chi ami – disse Voldemort, - Mi sembra un’offerta ragionevole –

Ariana trattenne il fiato. Chi ami. Draco.

Se fosse rimasto con lei, avrebbe rischiato la vita. E lei non voleva nemmeno pensare di poterlo perdere per sempre.

Non sapeva se fossero state le parole di Voldemort o solo il suo cervello, ma Ariana si ritrovò a rivalutare l’offerta che il Signore Oscuro le stava facendo.

- Ora che ho trovato il Potere che mi mancava – continuò Voldemort, - Non avete alcuna speranza di potermi sconfiggere. L’unica cosa che mi rendeva vulnerabile, gli Horcrux, sono tutti nelle mie mani. E presto non esisteranno più… -

- Io sono un Horcrux, vero? – domandò Ariana, secca.

Voldemort sorrise. – No, tu non sei un Horcrux… - rispose, - Non aveva molto senso, no? Fin dall’inizio ti volevo dalla mia parte… -

- Per questo non mi hai ucciso? Per questo la notte in cui è morta mia madre mi hai risparmiata? -

- In quanto sangue del mio sangue, era per me lecito pensare che saresti stata una strega di indubbio potere – rispose Voldemort, - Così è stato, infatti. Saresti stata il mio perfetto braccio destro… -

- Dimmi la verità – disse Ariana all’improvviso, - Mi hai voluta, oppure sono stata un incidente di percorso?

Voldemort la guardò, gli occhi rossi attraversati da un lampo. – Né io né Zahira avevamo valutato l’ipotesi… Tuttavia, quando l’ho saputo, ho ritenuto che era meglio lasciarti nascere… -

Tacque, come se non volesse rivelare altro.

- Cos’è il Potere che hai trovato? – chiese Ariana.

- Qualcosa che non ti rivelerò finchè non sarò sicuro che starai dalla mia parte – rispose Voldemort, - Nessuno dei miei servi ne è a conoscenza… Solo Piton aveva scoperto qualcosa, ma non è poi così importante –

- Che cosa vuoi offrirmi, di preciso? – domandò Ariana.

- Se passerai dalla mia parte, ti farò diventare la strega più potente e temuta che abbia mai solcato questa terra – rispose Voldemort, - Ti insegnerò incantesimi che Silente non immaginava nemmeno. E ti darò la possibilità di salvare chi ami. Non toccherò nessuno a cui sei legata, tranne Harry Potter, si intende. Potrai lasciarti alle spalle il disprezzo della gente, perché tra noi sarai considerata al pari di una regina. Nessuno oserà opporsi a te, perché sarai la figlia del loro Signore. Sarai libera di fare ciò che vuoi –

Ariana guardò Voldemort negli occhi rossi. Poteva salvare Draco… Avrebbe smesso di essere odiata per quello che era…

Si morse un labbro, riconoscendo dentro se stessa quando quell’offerta fosse allettante. Se veramente Voldemort era intenzionato a entrare in possesso di un potere simile a quello di un dio, non avevano speranze di sconfiggerlo… Ma la profezia diceva che loro lo avrebbero battuto…

- Tu credi nella Profezia? – chiese.

- No. Ho commesso un errore, credendo a quella che riguardava Potter. Non lo commetterò di nuovo. In fondo, siete solo tre ragazzini… -

Ariana scrutò il volto di suo padre. Non gli credeva. Perché cercarla, allora, e tentare di farla passare dalla sua parte? Stava mentendo per darle l’impressione di avere la situazione completamente sotto controllo.

- Perché pensi che io possa accettare? – domandò Ariana, la voce neutra e distaccata.

- Perché sei come me. E farai la scelta che ti darà più possibilità di portare a termine il tuo piano. Silente ha cercato di piegare la tua natura, ma non aveva speranze di riuscirci

Ariana guardò Voldemort con l’espressione confusa: non capiva le sue parole. Suo padre sembrò accorgersi del suo smarrimento, perché continuò: - Merope, Merope… Non puoi negare quello che sei. L’altra notte lo hai dimostrato. Hai ucciso tre persone senza provare un minimo di rimorso, e una di quelle era un tuo caro amico. Hai mantenuto un sangue freddo che ha impressionato anche me. Non c’era pietà nei tuoi occhi, l’ho visto. Hai sfoderato la bacchetta e hai agito, fredda come marmo

- Non è vero… - mormorò Ariana, - Non è stato così… -

Voldemort sorrise. – Non è stato così? Chi ti ha visto, ha riconosciuto in te quello che sei. La figlia del Signore Oscuro. Hai agito come avrei agito io. Se non fossi stata quello che sei, non avresti ucciso il tuo amico. Avresti scelto il perdono per lui, oppure lo avresti lasciato a crogiolarsi nel rimorso per ciò che aveva fatto

Ariana rimase in silenzio, guardando il pavimento. Perché aveva dannatamente ragione?

Ripercorrendo con la mente l’attacco all’Accademia, si rese conto che non aveva perso il sangue freddo nemmeno per un secondo, e quando aveva visto Voldemort per la prima volta era solamente vacillato. Vacillato, appunto. Con un gelida freddezza aveva stroncato la vita di Gabriele senza neanche domandarsi se era giusto o meno. Non era necessario che morisse: avrebbe potuto lasciarlo immobilizzato con un incantesimo e fuggire. Ma no, lei l’aveva ucciso. Aveva provato piacere nel togliergli la vita.

Si alzò di scatto, fissando Voldemort con il fiato corto. Non voleva accettare la verità che le si parava davanti agli occhi. Non voleva riconoscere che lei era quello che era.

Era come Voldemort.

Aveva ucciso, ma nessuno dei volti a cui aveva negato la vita era venuto a infestare i suoi sogni. Non c’era rimorso per quello che aveva fatto, nel suo cuore. Non c’era paura di doverlo rifare ancora.

Davanti al tradimento di Gabriele aveva reagito come avrebbe reagito suo padre: con la morte. Esattamente come il Signore Oscuro aveva ucciso Piton. Per anni aveva cercato di essere diversa da lui, ma alla fine aveva fallito. Non era stata in grado di perdonare, e come Voldemort si era arrogata il diritto di essere giudice e decidere la sentenza…

Ariana scrutò il Signore Oscuro in volto, riconoscendosi per un attimo in lui. Aveva cercato di scappare, ma alla fine il suo destino l’aveva raggiunta.

- Giurami – disse con la voce bassa, - Giurami che se io accetterò la tua proposta, non toccherai nessuno dei miei amici -

Voldemort sorrise. – Ti do la mia parola – disse, - Non toccherò nessuno dei tuoi amici. E tu verrai elevata al di sopra di chiunque altro mio servo –

Una parte di lei voleva accettare, e smettere di combattere. Un’altra parte le ricordava chi era stato il suo tutore, e che per cosa aveva lottato durante tutti quegli anni. Aveva bisogno di tempo per pensare, per trovare una soluzione migliore.

- Che cosa succederà se non accetto? – chiese.

- Sarò costretto a ucciderti – rispose Voldemort, come se fosse una cosa normale.

Ariana deglutì.

- Ho bisogno di tempo – mormorò.

- Avrai due settimane – disse Voldemort, - Mi sembra un tempo equo. Dopodichè non potrai aspettarti altre possibilità. Ho atteso di poter parlare con te, per agire. Da questa notte uscirò dall’ombra, e tu dovrai darmi la tua risposta. Finchè non avrai deciso, non ti cercherò

Ariana fece un passo verso la porta, tenendo gli occhi fissi su suo padre.

- Spero di rivederti presto, Merope – disse Voldemort, immobile come una statua di pietra. – E spero anche che la tua sia la scelta giusta. Sei comunque mia figlia -

Con passo incerto e senza sapere cosa dire, Ariana raggiunse la porta e uscì, quasi imbambolata. Trovò Codaliscia nel corridoio, che la scortò fino al soggiorno dove Bellatrix e Lucius ancora sedevano. La donna sembrava sconvolta, e la guardò con espressione incredula.

- Tu… - mormorò, puntanto un dito contro di lei, - Non ci posso credere… -

Anche se turbata, Ariana cercò di riguadagnare il suo solito tono sprezzante. Fissò Bellatrix con una smorfia sul volto.

- Nemmeno io, se per questo – borbottò.

- Saluta mio figlio Draco – disse Lucius, - E digli che se le nostre strade si incroceranno di nuovo, lo ucciderò –

Ariana annuì, perché non aveva colto molto il senso delle parole del Mangiamorte: la sua testa era distante.

- Penso di poter togliere il disturbo – disse, uscendo nel corridoio.

Codaliscia le aprì la porta con un inchino e la fece uscire nella notte gelida, poi le rivolse un cenno si saluto e sparì dentro la casa.

Con un ultimo sguardo alla dimora di suo padre, Ariana si voltò e scese le scale del porticato, coprendosi il volto con il cappuccio del mantello. Almeno, poteva cercare di nascondersi dal mondo. Non al suo destino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

In questo ultimo capitolo, Ariana ha deciso di incontrare suo padre per capire esattamente cosa voglia da lei. Diciamo che l’offerta del Signore Oscuro è più che allettante, soprattutto per Ariana: avrebbe solo da guadagnarci, in questo momento in cui le sembra di aver perso praticamente quasi tutto. Il dubbio è un’arma potente, e Voldemort sa quanto possa giocare a suo favore l’amore che la figlia prova per Draco Malfoy. Offrirle la possibilità di salvare il suo amato è quanto di meglio poteva fare per far vacillare la sua sicurezza.

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana dovrà trovarsi faccia a faccia con il suo passato e il suo futuro, per prendere la decisione migliore. Il dubbio la costringerà a rivalutare tutte le sue certezze, e a guardare quello che c’è nel suo cuore. A lei la scelta…

 

 

NOTA IMPORTANTE: una parte del prossimo capitolo sarà song fic, spero non mi uccidiate! Ho deciso di farlo così perché ho trovato una canzone che sembra fatta apposta per la storia, e non ho potuto fare a meno di metterla. Vi do già ora il titolo, perché non credo anticipi poi molto, così se volete potete scaricarla e magari ascoltarla mentre leggete: la song è “Immobile” si Alessandra Amoroso, il cd “Scialla” (lo so, è di Amici, mi darete della scema, ma la canzone mi piace e ci azzecca parecchio, quindi chi odia amici chiuda un occhio, please! Ah, l’avevo scelta molto prima della finale…).

Sarà uno dei due capitoli song fic di tutta la storia, giuro che non ne metterò altri.

 

 

NOTA UN PO’ MENO IMPORTANTE: la storia potrebbe subire qualche rallentamento, perché al momento sto anche lavorando a una nuova fic, che non centra niente con Harry Potter, ma che sinceramente mi piace moltissimo… Più avanti magari vi dirò qualcos’altro, perché se la mia revisione va a buon fine (in parte è già pronta e finita, ma devo rivedere diverse parti) ho intenzione di pubblicarla terminata “Nel Segno della Chimera”.

 

 

Lexie__o: mamma mia, che recensione! Comunque, hai pienamente ragione: non si possono giudicare le persone senza conoscerle. Lo stesso dovrebbe valere per Ariana, ma il suo è un caso un po’ particolare: in fondo, essere la figlia di Voldemort non è proprio una normalità. Se il capitolo ti ha colpito, allora significa che sono riuscita a far trasparire tutta la rabbia e il dolore di Ariana, e ne sono contenta. Significa che un minimo so scrivere! Baci!

 

Smemo92: questo è il capitolo delle mega recensioni… Grazie dei complimenti! Sono proprio contenta, perché significa che ho raggiunto il mio obiettivo: far trasparire quello che pensava e soprattutto provava Ariana, un misto di rabbia e dolore. Ron ed Hermione, diciamo che si astengono dal parlare con Ariana: sono molto diffidenti. Draco, invece, ha avuto davvero un bel comportamento: ovvio, uno come lui, non poteva che capirla. Baci!

 

Kaimy_11: i Grifondoro sanno essere testardi, quando vogliono… Comunque, Harry ci metterà un po’ a capire, perché lui è quello che è stato colpito di più dalla malvagità di Voldemort. Credo sarebbe difficile per tutti accettare di avere davanti la figlia della persona che ha ucciso i tuoi genitori, condannandoti a una vita perennemente in pericolo… Baci!

 

Sasori_Akatsuki: sono contentissima che il capitolo ti sia piaciuto! Significa che riesco a far percepire quello che voglio! Comunque, bisogna anche mettersi nei panni dell’Ordine e Co.: la situazione non è proprio delle migliori, e Ariana è la figlia di Voldemort… Direi che c’è un po’ di confusione, tra loro… Baci e grazie ancora dei complimenti!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 33
*** Immobile ***


NOTA: la canzone presente nel seguente capitolo è “Immobile” di Alessandra Amoroso, dal cd Scialla

NOTA: la canzone presente nel seguente capitolo è “Immobile” di Alessandra Amoroso, dal cd Scialla

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 31

Immobile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana percorse il vialetto di casa Riddle a testa bassa, con il vento gelido che le fischiava nelle orecchie, lasciandosi alle spalle la dimora di suo padre. Non sapeva che ore erano, e non le interessava.

Stringendosi il cappuccio sulla testa, varcò i cancelli di ferro battuto che si richiusero alle sue spalle con un lieve suono metallico. Il sentiero che portava a Little Hangleton era sconnesso e fiocamente illuminato dalla luna, che lasciava intravedere le pietroline del selciato.

A passo lento, Ariana scese la collina e arrivò alle porte della città. Sembrava deserta, ma data l’ora tarda era normale non incontrare nessuno. Come un fantasma camminò per la strada principale, fissando il terreno che scorreva lento sotto i suoi piedi.

Non voleva tornare a Grimmauld Place, e nemmeno a Hogwarts. Voleva sparire dalla faccia della terra, dimenticata da tutto e da tutti. Non voleva vedere nessuno, perché si vergognava troppo di se stessa. Non sarebbe stata in grado di guardare nessuno in faccia, non ora che si era resa conto di essere così simile a suo padre.

Alzò lo sguardo. Era arrivata a un piccolo parco dall’aria trascurata, contornato da cancelli di ferro arrugginito. Un gatto fulvo le tagliò la strada, infilandosi in un cespuglio di felci con un miagolio sommesso.

Ariana rimase immobile a fissare il giardino senza vederlo, mentre il vento gelido le scompigliava i capelli. Desiderava parlare con Silente, chiedere consiglio a lui, che aveva sempre saputo cosa fare. Sebbene non lo avesse mai veramente amato, ora le mancava. Avrebbe tanto voluto averlo lì davanti a guardarla con il solito distacco, ma almeno lui avrebbe saputo qual’era la scelta migliore.

Attraverò il parco nel silenzio più totale, sotto la luce dei lampioni Babbani. Per un momento valutò l’ipotesi di sedersi su una delle panchie sgangherate, poi decise che camminare le avrebbe fatto sicuramente meglio.

Fu solo quando vide il cielo iniziare a tingersi di viola, che Ariana si rese conto di che ore erano. La notte era passata così in fretta che lei non se n’era nemmeno resa conto. Era già l’alba, ma non aveva sonno voglia di tornare a casa.

Senza sapere bene cosa fare, tornò sui propri passi, ritornando sulla strada principale di Little Hangleton. Lo sguardo venne  immediatamente catturato dalla collina dove casa Riddle si stagliava contro il cielo color ciclamino, le luci delle finestre spente. Non c’era più nessuno, dentro.

Un’auto Babbana percorse la strada, il motore incredibilmente rumoroso nel silenzio della città ancora addormentata. Doveva andarsene, perché rischiava di sembrare sospetta sola in mezzo al paesino.

Controllando che nessuno la stesse guardando, girò su se stessa e si Smaterializzò.

Diagon Alley era già sveglia, anche se era solo l’alba. Qualche mago camminava lungo la strada lastricata, portando pacchi e sacchetti, diretto chissà dove. Un cane abbaiò da qualche parte, e una strega tarchiata sgambettò diretta a un negozio di calderoni.

Ariana si sedette su un muretto isolato, guardando il cielo denso di nubi sopra la sua testa. Osservò in silenzio le stradine affollarsi piano piano di gente, le saracinesche dei negozi alzarsi con qualche cigolio, le porte dei negozi aprirsi ed esporre i cartelli “Aperto”.

Non aveva mai conosciuto il dubbio, perché nella sua vita aveva sempre avuto solo una certezza: che sarebbe sempre rimasta dalla parte di Harry Potter, perché se doveva morire per qualcosa, voleva che fosse per salvare il mondo magico. Ora, però, si rendeva conto che forse quella a cui si era aggrappata, su cui aveva sempre basato la sua esistenza, era una vana speranza. Forse non c’era possibilità di sconfiggere Voldemort. Forse il fato voleva che fosse lui a trionfare, alla fine.

In tanti, in troppi, erano morti in quella guerra che durava ormai da più di vent’anni. Prima volti sconosciuti, dimenticati, poi Lily e James Potter, poi Sirius Black, poi Albus Silente. I coniugi Paciock erano impazziti. E c’erano ancora tanti caduti di cui non si aveva memoria, perché troppo anonimi per essere ricordati.

Ma alla fine, il Signore Oscuro, nonostante gli sforzi congiunti di centinaia di persone, aveva trionfato lo stesso. Certo, Harry Potter non era morto, ma lui, Voldemort, era ancora vivo. Non era quello già un segno? Forse Harry era stato in grado di indebolirlo, di farlo cadere, ma non gli aveva impedito di rialzarsi e tornare all’apice del suo potere.

Harry Potter contro Lord Voldemort.

Vista così, Ariana non aveva alcun dubbio su chi avrebbe trionfato. Harry non aveva alcuna speranza di sconfiggere il Signore Oscuro, soprattutto se lui fosse venuto in possesso di quel Potere Dimenticato. Tuttavia, a lui spettava il compito di uccidere Voldemort; lei avrebbe dovuto sconfiggerlo.

Ne aveva la forza?

No, non l’aveva. Non ora che suo padre le aveva instillato il dubbio.

Il mondo magico, o i suoi amici. E Draco.

Ti importa veramente di un mondo che ti considera una nemica?”.

No, non le importava proprio nulla. Quello che voleva era solo un pizzico di gratitudine, ma la gente non sembrava disposta a dargliela. E quello che desiderava davvero, era di non perdere ciò che era riuscita a trovare.

Amore, affetto, amicizia.

Fiducia.

“Se non vuoi perderli, accetta. Accetta, e vivrai con loro per il resto dei tuoi giorni”.

Lasciare morire Harry Potter in cambio della vita di Draco, di quella di Hermione, dei Weasley era un prezzo equo?

Ariana vagò con lo sguardo lungo la strada, ora percorsa da diversi maghi e streghe. Si alzò di scatto, come se qualcuno l’avesse chiamata. Rimase immobile, perché c’era qualcosa che le impediva di muoversi.

O meglio, qualcuno.

Silente. Il suo ricordo.

Era sempre lì, ai margini della sua coscienza, un fantasma dalla lunga barba bianca che le impediva con la sua presenza di sbagliare strada. Pronto a ricordarle quello che si doveva fare, e non quello che lei voleva fare.

Poi lo vide, riflesso in una delle vetrine di Diagon Alley. Il vecchio Preside la fissava con i suoi occhi azzurri, fermo, la veste blu notte che si muoveva leggera nel vento.

Per un attimo, Ariana fu tentata di corrergli incontro, ma presto si rese conto che era solo la sua immaginazione. Silente era morto, e quella era solo fantasia.

Di colpo, iniziò a camminare tra la gente. E il riflesso di Silente la seguì, mostrandosi nelle vetrine come l’ombra di qualcosa di vero. Fluttuava alla sua destra, la barba argentata che si muoveva lenta sulla veste blu.

Poi, qualcosa guizzò alla sua sinistra, e lei voltò il capo. Il riflesso di Lord Voldemort la fissava dal vetro della farmacia, gli occhi rossi e il sorriso gelido.

Forse stava impazzendo. Vedeva fantasmi che non esistevano.

Camminava, ma era come se rimanesse immobile, perché Albus Silente e Lord Voldemort continuavano a seguirla ovunque andasse, pensieri fissi nella sua mente confusa. Non l’avrebbero lasciata in pace finché lei non avesse preso la sua decisione. Sarebbero rimasti lì, ombre che le oscuravano il sole.

Tra i due, Ariana continuava a guardare Silente, come se sperasse che la sua immagine si staccasse dai vetri per venire a tenderle la mano. Ricordava quanto aveva desiderato la sua comprensione, e ora che lui non c’era più, cercava segni del suo passaggio, del suo pensiero, per trovare la soluzione che da sola le sfuggiva. O meglio, che lei conosceva, ma che non aveva la forza di seguire.

 

 

Sta per grandinare
ed io non so tremare... più
stamattina cercavo qualcosa di te
e volavo lontano... immobile

 

 

Inconsciamente, la sua mente stava riportando alla mente i ricordi di colui che l’aveva plasmata per essere la nemica del nemico, l’ombra del Bambino Sopravvisuto. Viveva ancora dentro di lei, perché aveva lasciato un segno indelebile nella sua anima. Giorni passati a studiare, a parlare, a raccontare.

 

Guarda quante case
sono tutte storie... d'aggiungere
nella gente speravo i ricordi di te
e mi facevo cullare... immobile

 

 

Poi lo vide ancora, nei volti delle persone che incrociava camminando. Nelle loro espressioni assorte, nei loro occhi distanti. Era lì per ricordarle la sua missione, per evitare di fare la scelta più comoda. Per non farle mai dimenticare il suo compito…

Ma quello di Ariana era un canto disperato, perché lei non voleva ricordare… Sapeva esattamente quello che andava fatto, ma voleva essere lasciata libera…



Lasciami sognare
lasciami dimenticare
lasciami... ricominciare a camminare
a passi... più decisi
e fammi immaginare
quanto ancora ho da fare
forse crescere e invecchiare
quanto ancora ho d'amare
quanto ancora ho d'amare

 

 

Perché nemmeno da morto la lasciava libera? Perché continuava a tormentarla con il suo ricordo? Perché non poteva scegliere da sola, la sua strada? Perché non poteva vivere la propria esistenza come tutti quanti?



Oggi è già Natale
Tutto è un carnevale... di polvere
Nei negozi compravo regali per te
E a pensarci mi gelo... immobile

 

 

Lei, bambina, in quel giorno in cui credeva ancora di essere una persona qualunque. Quel regalo con cui sperava di guadagnare un po’ del suo affetto. Quella speranza infranta con la consapevolezza di essere la figlia di Voldemort.

Non voleva sapere, non voleva fare la scelta giusta. Era stanca di essere sempre quella che sapeva cosa doveva fare… Quella che doveva rinunciare.

 

Lasciami sognare
Lasciami dimenticare
Lasciami... ricominciare a camminare
a passi... più decisi
Fammi immaginare
quanto ancora ho da fare
Forse crescere e invecchiare
Quanto ancora ho d'amare
Quanto ancora ho d'amare


Aveva una vita davanti, aveva ancora tante cose da fare. Voleva essere lasciata libera di amare, ora che aveva imparato a farlo.

Ora che aveva trovato qualcuno per cui vivere.



Fammi immaginare
quanto ancora ho da fare
Forse crescere e invecchiare
Quanto ancora ho d'amare
Quanto ancora ho d'amare

Quanto ancora ho d'amare

 

 

 

Ariana fissò il riflesso di Silente che la guardava a poca distanza, e di fianco a lui, Voldemort. I suoi occhi verdi incontrarono quelli azzurri del vecchio Preside, e poi quelli rossi di suo padre.

“Scegli. Scegli, ora e per sempre”.

Ariana Drake o Merope Riddle.

E Ariana scelse. Perché sapeva che aveva solo un’alternativa, ed era l’unica che la sua coscienza le avrebbe permesso. Che il suo cuore rifiutava e avrebbe rifiutato per sempre, perché sapeva quello che avrebbe perso.  Doveva decidere, e sarebbe stato per sempre.

“Hai vinto, Albus Silente. Sarò quello che volevi io fossi: Ariana Drake”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Dove sei stata?! – chiese Draco, arrabbiato.

- Avevo bisogno di stare un po’ da sola – rispose Ariana, abbassando lo sguardo sul pavimento del soggiorno di Grimmauld Place.

- E ti sembra il caso di andare in giro di notte? – disse Draco.

- So guardarmi anche da sola – ribattè Ariana, avviandosi verso la sua camera.

Non voleva dire a nessuno dove era stata, perché non voleva ammettere che per un attimo aveva preso in considerazione l’idea di accettare la proposta di Voldemort.

- Ariana… Dove sei stata? – domandò di nuovo il biondo.

Se fosse stato qualcun altro, Ariana non avrebbe sopportato una tale insistenza. In quel caso, però, sapeva che il biondo Serpeverde aveva capito che lei aveva qualcosa che non andava.

- In giro – rispose evasiva.

Draco tacque, e la seguì in camera sua. Lei si sedette sul letto, l’espressione stanca, e si sfilò gli stivali gettandoli lontano. Il ragazzo la guardò, serio, seduto su una sedia, e disse: - Lo vedo benissimo che hai qualcosa che non va. Magari parlarne ti farà bene –

Ariana sospirò. Davanti a lui era priva di difese, ma doveva almeno tentare di resistere. – Non è importante… Sono solo andata a cercare qualche informazione

Draco inarcò un sopracciglio. – Non me la dai a bere, carina – disse.

Ariana sorrise. Perché per lui era un libro aperto, e invece a lei appariva sempre imperscrutabile?

- Non dirmi che ti vergogni, perché non mi sembra proprio il caso – continuò il biondo, - Non ti ho mai giudicata, prima d’ora -

La ragazza la guardò dubbiosa, poi sorrise. Si alzò e lo raggiunse, stampandogli un bacio sulle labbra.

- Non ti arrabbiare, però – mormorò.

- Se mi dai un altro bacio, non lo farò – ribatté Draco.

Ariana seguì la sua richiesta, poi si staccò e raggiunse di nuovo il letto. Si sedette pesantemente e disse: - Sono andata da Voldemort

Attese la reazione infuriata del biondo, ma lui si limitò a rimanere in silenzio. L’unica cosa che lasciava intendere che era arrabbiato erano gli occhi color tempesta, attraversati da un lampo d’argento.

- Volevo scoprire qualcosa su quello strano Potere… - continuò Ariana, - Però, alla fine non sono riuscita a cavare un ragno dal buco… E lui mi ha chiesto di nuovo di passare dalla sua parte -

Draco rimase assolutamente imperscrutabile, le braccia incrociate sul petto.

- Mi ha dato due settimane di tempo – disse Ariana.

- Dopodiche? –

- Dopodiche, se non passerò dalla sua parte, mi ucciderà –

Draco la scrutò come sapeva fare solo lui, cogliendo esattamente i suoi sentimenti.

- E tu non accetterai – disse.

Ariana annuì. – Solo che… Non è per la mia vita, che temo. E’ per la vostra. Per la tua

Draco scosse la testa. – E’ una scelta tua, ma posso garantirti che non è per noi che ti devi preoccupare – disse, - Soprattutto per me

- Non posso… - mormorò Ariana, - Io… Io come faccio senza di te? -

Draco si alzò e la raggiunse, cingendole le spalle con un braccio. Le si avvicinò tanto che sentiva il suo fiato caldo sulla bocca.

- Sai che è la cosa più bella che potevi dirmi? – sussurrò.

Ariana sorrise. – Sai che la cosa più bella che potevi fare per me è esistere? – ribatté.

In quel momento qualcuno bussò alla porta. Draco sembrò scocciato e sbuffò.

- Avanti -

Era Hermione. Entrò nella stanza con un vago sorriso di scusa, poi disse: - Ariana, i membri dell’Ordine vogliono sapere che piani hai… -

Ariana si alzò, sfiorò con una mano il braccio di Draco e seguirono la Caposcuola nella cucina, dov’erano riuniti i signori Weasley, i gemelli Fred e George, Remus Lupin e Malocchio Moody, Harry e Ron.

Si sedette a capotavola com’era solita fare, e attese le domande dei presenti.

- Che cosa volete fare? – chiese Moody.

- Tornare a Hogwarts – rispose prontamente Ariana.

- Non è meglio che rimaniate qui? – domandò la signora Weasley, - Siete stati attaccati due volte, e siete sempre fuggiti per il rotto della cuffia… Qui è più sicuro

- Si sbaglia – ribatté Ariana, - Voldemort non ci cercherà per qualche tempo. A Hogwarts ci sono molti libri da cui potremo ricavare qualche informazione utile. Penso che il Signore Oscuro abbia altri piani, per il momento –

Moody la scrutò da sotto le sopracciglia cespugliose. – Come fai a saperlo? – grugnì.

- Lo so e basta. E’ mio padre, no? -

Ariana fissò l’Auror con sguardo di sfida. Non era vero che voleva cercare altre informazioni: voleva tornare a Hogwarts perché non sopportava di rimanere a Grimmauld Place, perennemente sotto controllo da parte dei membri dell’Ordine. Almeno a scuola non ci sarebbe stato nessuno che l’avrebbe scrutata con sospetto in ogni ora della giornata.

- Harry, tu cosa vuoi fare? – chiese, rivolta al Bambino Sopravvissuto.

Lui rimase in silenzio a pensare.

- Io tornerò a Hogwarts comunque – aggiunse Ariana.

- D’accordo, torniamo a scuola – disse infine Harry.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Questo capitolo è stato molto difficile da scrivere, però penso che non sia venuto tanto male… Fatemi sapere, che se è venuta fuori una schifezza, eviterò in uno dei prossimi capitoli di aggiungere una canzone (come ho già detto, ci sono solo due capitoli song-fic).

Come vedete, Ariana ha fatto la sua scelta, che come sempre non corrisponde a quella dettata dal suo cuore: starà dalla parte di Harry, anche se sa che rischia di perdere tutto. La sua coscienza si rifiuta categoricamente di accettare la proposta di Voldemort, per quanto allettante sia: non potrebbe continuare a vivere con la consapevolezza di aver lasciato il mondo magico nelle mani del Signore Oscuro.

 

Nel prossimo capitolo: il mondo magico non sarà più lo stesso, ora che Voldemort entrerà in azione…

 

Miei cari lettori, oggi non riesco a rispondere alle recensioni, ma vi ringrazio di cuore perché senza di voi non sarei mai andata avanti! Grazie per i complimenti! Un bacio enorme!

 

Lhea

 

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Capitolo 34
*** Ritorno a Hogwarts ***


Capitolo 32

Capitolo 32

Ritorno a Hogwarts

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo zaino di Ariana era quansi pronto, ricolmo delle cose che si era portata per il soggiorno all’Accademia Aurelius, e che il Preside Augusto aveva rispedito a tutti loro dopo l’attacco a sorpresa. Chiuse le cinghie e si infilò gli stivali, guardandosi intorno in cerca di qualche oggetto che poteva aver dimenticato.

Tra qualche ora lei, Draco e il Trio sarebbero tornati a Hogwarts, e Ariana non vedeva l’ora di arrivare. Nonostante Grimmauld Place fosse un bel posto, al centro dell’azione, l’atmosfera per lei era diventata pesante. Nessuno l’aveva insultata, ma la sensazione di essere di troppo non la lasciava in pace.

Qualcuno bussò alla sua porta, e credendo fosse Draco diede il permesso di aprire. In realtà si trattava di Hermione, che entrò nella camera con aria imbarazzata. Si strinse le mani sotto lo sguardo perplesso di Ariana e disse, insicura: - Senti, Ariana… Credo… Credo di doverti delle scuse. Non mi sono comportata bene con te, negli ultimi tempi. Mi sono lasciata… , non ho il diritto di giudicarti… -

- Non mi devi delle scuse – la interruppe Ariana, - Non hai fatto nulla che mi abbia offeso… In effetti, mi avete praticamente ignorato… -

Non lo disse per farla sentire in colpa: era la semplice verità, e non c’era niente di male a dirla. Guardò il viso di Hermione, per cogliere qualcosa dei suoi sentimenti: aveva gli occhi lucidi.

- In ogni caso, va bene così – continuò, mostrando un sorriso, - Non voglio nessuna scusa. Mi piacerebbe soltanto che mi consideraste per quella che sono, cioè Ariana Drake, e non per Merope Riddle -

Hermione abbassò il capo. – Scusami – mormorò, - Sono stata una stupida. Ci hai salvato la vita, e non siamo stati in grado di… -

- Hermione – la interruppe Ariana, - Ho detto che non voglio scuse. Trattami come facevi prima, e tutto tornerà normale -

La ragazza si avvicinò alla Caposcuola, tendendole la mano. Era felice di riaver guadagnato la fiducia di qualcuno, soprattutto se si trattava di Hermione. La riccia guardò la sua mano, poi la prese, stringendola. Un attimo dopo si abbracciavano, sorridendo entrambe.

- Sono contenta che tu abbia capito – disse Ariana, - Tra tutti, eri quella che mi mancavi di più -

- Anche io – disse Hermione, - Siamo stati tutti degli sciocchi –

In quel momento qualcuno gridò di sotto, e le due si guardarono allarmate. Sembrava la voce della signora Weasley, e si sentì uno strano trambusto. Ariana sfoderò la bacchetta, spalancò la porta e corse di sotto.

Trovò Arthur Weasley semisdraiato sul divano del soggiorno, con varie ferite che sanguinavano ma che non sembravano gravi. Kingslay Shakebolt zoppicava diretto alla sedia, e aveva il mantello lacerato in diversi punti.

Il signor Weasley si voltò verso di lei, e con voce stentorea disse: - Hanno preso il Ministero

Ad Ariana si gelò il sangue nelle vene. Guardò Kingslay, che si tamponava un taglio con una garza, mentre la signora Weasley si occupava del marito.

- Come…? – mormorò Ariana.

- Tu-Sai-Chi ha attaccato – rispose il signor Weasley, - Lui e un gruppo di Mangiamorte. Hanno ucciso Rufus Scrimgeour

- Ma il Ministero è pieno di maghi! – sbottò la signora Weasley, - Come hanno potuto… -

Arthur scosse la testa, confuso.

- Era diverso – spiegò Kingslay, - Tu-Sai-Chi, intendo. Non ha fatto nessuna fatica a penetrare nel Ministero… Ha fatto fuori decine di dipendenti senza fatica… Non era una cosa normale… -

- Siamo fuggiti non appena abbiamo capito che non c’era nessuna speranza di resistergli – concluse il signor Weasley.

Ariana guardò prima Arthur, poi Kinslay. In quello stesso momento, entrarono Harry e Ron, con Draco alle spalle. Forse la sua espressione terrorizzata li spaventò, perché rimasero inchiodati dov’erano.

- Arthur… - esalò la signora Weasley, - Questo significa che… -

- Che siamo in guerra concluse Arthur, - Ora che ha preso possesso del Ministero, il mondo magico cadrà nel caos. Non ci sarà più nessun posto sicuro. Nemmeno Hogwarts sarà più la stessa –

Ariana fissò il signor Weasley: sapeva qual’era la fonte del nuovo Potere di Voldemort… Allora, le aveva detto la verità: aveva aspettato di poter parlare con lei, per entrare in azione. Le stava dando la dimostrazione di quanto avrebbe guadagnato, passando dalla sua parte.

Aveva ancora dieci giorni per pensare. Forse poteva escogitare un piano, cercare di fingere di essere dalla parte del Signore Oscuro e pugnalarlo alle spalle…

Qualcuno bussò alla porta, e la signora Weasley corse ad aprire: era Remus Lupin.

Entrò nel soggiorno con l’aria più trasandata che mai, lasciandosi cadere su un divano. Sembrava invecchiato ancora, dall’ultima volta.

- Remus… - mormorò la signora Weasley.

- Lo so – disse lui, - I lupi mannari attendono i suoi ordini. Sono fuggito appena in tempo, prima che scoprissero che facevo il doppio gioco

Guardò Ariana, gli occhi dall’espressione distante.

- Moody? – domandò, ricordandosi in quel momento del vecchio Auror.

- Non lo sappiamo – rispose triste il signor Weasley, - Era con noi al Ministero, ma durante la battaglia lo abbiamo perso di vista –

- Io torno a Hogwarts comunque – disse secca Ariana.

Voleva tornare a scuola, e studiare. Chiudersi nella Biblioteca a imparare quanti più incantesimi possibile, per prepararsi allo scontro con Voldemort.

- La McGranitt farà chiudere la scuola – disse Lupin, - Dopo quello che è successo, i genitori non faranno tornare nessuno. Anche Harry dovrebbe rimanere qui -

- Harry rimarrà qui – disse Ariana, - Andrò solo io –

Draco la fulminò con gli occhi, ma lei lo ignorò. La guerra era cominciata, e bisognava essere in grado di dominare i sentimenti. Nessuno, nemmeno lui, l’avrebbe fermata.

I signori Weasley e Lupin si guardarono.

- Non possiamo darti nessun ordine – disse il signor Weasley, - Ma non è prudente –

- Non importa – disse Ariana, risoluta, - Parto ora –

Si voltò di scatto e corse in camera sua per recuperare il bagaglio.

Era determinata. La Profezia diceva che lei avrebbe sconfitto Voldemort, e si sarebbe preparata a farlo. Non importava che lui non ci credesse: lei sapeva di essere in grado di batterlo. Stesso sangue, stessi poteri.

Afferrò lo zaino, ma si sentì prendere per le spalle e voltare. Era Draco.

- Dove credi di andare? – domandò.

- A Hogwarts – rispose lei, - E non provare a fermarmi. Sono pronta a Schiantarti, se necessario

- Ti farai ammazzare! – protestò Draco, - Non puoi andare lì da sola! –

Ariana cercò di liberarsi. – Sono perfettamente in grado di guardarmi da sola – ribatté lei, - Devo tornare a scuola, e studiare. Non rimarrò qui con le mani in mano

Draco la scrutò, gli occhi di ghiaccio ridotti a due fessure. – Allora io vengo con te – disse.

- No – disse Ariana.

- Non credere di potermi fermare. So esattamente come arrivare a Hogwarts. Me lo hai mostrato proprio tu –

Ariana si scostò e lo guardò furiosa. Era più al sicuro lì a Grimmauld Place. Al termine delle due settimane, Voldemort sarebbe venuto a cercarla, e a quel punto avrebbe certamente rischiato la vita. Però, ormai lui sapeva come raggiungerla, e non sapeva come bloccare i luoghi in cui era possibile Materializzarsi.

- Fa’ quello che vuoi – disse, secca, - Ma non ti perdonerò mai -

Draco ghignò, traendola a sé e stampandogli un bacio sulle labbra. – Non ti voglio perdere di vista – disse.

Ariana cercò di fare l’impassibile, per fargli capire che era veramente arrabbiata. Gli fece un cenno con la testa e disse: - Allora muoviti. Si parte adesso –

Draco sparì nella sua stanza, e la raggiunse dieci minuti dopo nel corridoio.

- Notizie di Moody? – domandò Ariana, chiudendosi il mantello.

- Ancora nessuna – rispose Lupin, - Aspettiamo. Non sappiamo cosa potrà accadere nelle prossime ore

Ariana annuì, guardando Harry. – Teniamoci in contatto – disse, - Non uscite da qui, e soprattutto non cacciatevi nei guai. Io cerco un piano per far fuori Voldemort, e voi fate lo stesso. Dubito che troveremo una soluzione, ma ho bisogno della Biblioteca di Hogwarts. Tornerò qualche volta a portarvi informazioni, se le troverò. Ripeto: non muovetevi da qui, perché forse è l’unico posto ancora sicuro

Salutò con una abbraccio Hermione; poi fu la volta di Ron, a cui strinse la mano e che la guardò ammirato, e dei gemelli Weasley. Il loro saluto fu più caloroso del previsto.

- Non combinare troppi casini – disse amichevolmente Fred, stringendole la mano.

- Già, e fa’ attenzione – aggiunse George.

Ariana sorrise, poi passò a Harry. Si guardarono per un momento, incerti su cosa dire. Il Bambino Sopravvissuto sembrava sorpreso.

- Non fare stupidaggini – disse Ariana, poi dopo un momento di riflessione gli porse la mano.

Harry la guardò, ma dapprima non si mosse. Poi, titubante, gliela strinse e disse: - D’accordo, Ariana. Ci vediamo –

Era più di quanto si era aspettata, e fu contenta così. Salutò tutti gli altri, poi seguita da Draco si diresse verso la porta.

Sbirciò diverse volte per la strada prima di mettere piede fuori. Si calò il cappuccio sulla testa e scese i gradini, sentendo i passi di Draco alle sue spalle. Raggiunsero il centro della piazzetta e si Smaterializzarono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con un sordo pop, Ariana e Draco ricomparvero sul gradino della scala ormai famosa. Si guardarono intorno per vedere se era tutto a posto, e non trovarono nessuno.

- Dobbiamo andare dalla McGranitt – disse Ariana, - Andiamo a dirle che siamo tornati -

Draco annuì, e insieme si diressero verso l’ufficio della McGranitt. Il gargoyle di pietra di aprì grazie alla parola magica che le aveva insegnato Silente anni addietro, e salirono la scalinata a chiocciola il più velocemente possibile. Bussarono alla porta, con un vago nervosismo.

- Avanti -

Ariana e Draco entrarono nell’ufficio circolare, e il quadro di Silente ammiccò.

- Cosa ci fate qui?! – domandò la McGranitt, vedendoli.

- Professoressa, devo assolutamente usare la Biblioteca – disse Ariana, - So che ha intenzione di chiudere la scuola, ma io ho bisogno del permesso di rimanere qui –

La McGranitt inarcò un sopracciglio dietro le lenti quadrate. – Signorina Drake, si calmi – disse, - Il Ministero è stato appena attaccato, e lei pensa a studiare? –

Ariana alzò gli occhi al cielo. – Senta, Silente le aveva detto di darmi carta bianca – disse impaziente, - Non so che intenzioni abbia lei, ma io rimango qui anche se ne andranno tutti i professori –

La McGranitt la fissò. – Io non chiuderò la scuola – disse, - Perché se ci sarà anche un solo studente che vorrà tornare, dovrà essere in grado di farlo. Tuttavia, non credo che verrà qualcuno. Ora che il Ministero è stato preso, ci sono cose più importanti che studiare. Se vuole, potrà rimanere, ma non posso garantirle che qui sarà al sicuro –

Ariana sorrise. – Non importa. Non è la sicurezza, che cerco – disse, - Voglio solo rimanere qui e utilizzare la Biblioteca. Nient’altro –

La McGranitt annuì e guardò Draco, che fino a quel momento era rimasto di fianco a lei, in silenzio. – E lei, signor Malfoy? Che intenzioni ha? –

- Rimarrò con Ariana – rispose il biondo.

- D’accordo – disse la McGranitt, scoccando a entrambi un’occhiata obliqua, - Ma mi aspetto che dormiate separati, nei rispettivi dormitori –

Ad Ariana scappò un sorriso: la Preside doveva essersi accorta di qualcosa, e non aveva perso tempo a bacchettarli. Annuì in silenzio e con un cenno del capo si congedarono, lasciandosi alle spalle l’ufficio circolare della professoressa.

- “Mi aspetto che dormiate separati” – disse Draco stizzito, in una perfetta imitazione della McGranitt, - Ma chi si crede di essere? Non ha mica capito con chi ha a che fare… -

Ariana ridacchiò, dandogli una pacca sulla spalla. – Meglio, no? Così non verrà la tentazione a nessuno dei due – disse, divertita, nonostante l’argomento non fosse stato affrontato ancora da nessuno dei due.

Draco la guardò scettico. – La mia porta è comunque sempre aperta – disse lanciandole un’occhiata maliziosa.

- Già… Quando mai è stata chiusa? – ribatté Ariana con un sorriso, - Ci vediamo in Biblioteca tra mezz’ora -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana fissò il reparto proibito della Biblioteca di Hogwarts che aveva davanti agli occhi. Centinaia di libri rilegati aspettavano la sua ispezione, che rivelare tutti i loro segreti.

Con un colpo di bacchetta, fece avvicinare un tavolo e due sedie e poi si strofinò le mani.

- Si comincia – disse.

Uno dopo l’altro, grossi libri dalle borchie di ferro fluttuarono sul tavolo al centro della Biblioteca, mentre Draco si accupava del settore di Magia contro le Arti Oscure. Avevano bisogno di tutte le informazioni che potevano aiutarli in un duello magico, e vari incantesimi di difesa.

Un’ora dopo, Ariana era china su un libro che parlava di maledizioni in grado di togliere la vita, e leggeva le pagine senza fermarsi un minuto. Doveva imparare il più possibile, se voleva qualche speranza di sconfiggere Voldemort.

- Ariana? – disse ad un certo punto Draco, alzando lo sguardo dal tomo che stava esaminando.

- Sì? –

- Hai intenzione di combattere contro Tu-Sai-Chi, vero? –

La ragazza annuì, seria. Lui la sua parte l’aveva già fatta: ora toccava a lei, e poi a Harry.

- Allora io mi occuperò di mio padre – disse Draco.

Ariana guardò il viso affilato e pallido del Serpeverde, preoccupata. Era un suo diritto affrontare suo padre, ma lei aveva paura. Draco era forte, ma forse Lucius lo era di più. Aveva dalla sua il fatto di essere un Mangiamorte, e di poter contare su molti alleati.

- Draco… Sei sicuro? – disse a voce bassa, - Non voglio che tu rischi così tanto -

- Anche io devo ripagare gli errori di mio padre – rispose il biondo.

Ariana sospirò: non poteva impedirglielo. Annuì, abbassando lo sguardo.

- Allora è meglio che ti metti a studiare pure tu – disse.

Le venne in mente il primo duello che avevano fatto all’inizio della scuola, quando lei era stata sicura di vincere. Non si era aspettata tanta bravura, da parte di quel pallone gonfiato di Draco Malfoy. Non si era aspettata proprio nulla, in realtà.

Quante cose erano cambiate, da allora. Non avrebbe mai previsto che gli eventi avrebbero preso quella piega.

Se la vita riserva sempre delle sorprese, quelle di Ariana erano state proprio grandi e inaspettate. Chi l’avrebbe mai detto che una dal cuore di ghiaccio come lei si potesse innamorare del perfido Principe delle Serpi?

Alzò lo sguardo su Draco, e si guardarono negli occhi. Sorrise, sapendo di aver trovato l’unica cosa che non doveva perdere, nella sua vita. Se non era tra le fila dei servi di Voldemort, era anche per lui.

Doveva ammetterlo, ma farlo non feriva il suo orgoglio: Draco aveva vinto il loro duello la prima volta che si erano scontrati, e con un abile colpo di bacchetta era riuscito a sfondare la corazza dura e spessa di Ariana, facendo breccia la dove nessuno era mai riuscito. Per la prima volta nella sua vita, aveva perso e ne era contenta.

Poi, le venne in mente un’altra cosa, forse certo meno romantica ma molto più pratica: la Trollope, maestra nei duelli, era ancora a scuola. E loro potevano chiedere aiuto a lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Capitolo un po’ corto, ma con il prossimo mi rifarò… Questo era più che altro di transizione, e serviva a far cogliere la situazione: nonostante Voldemort sia ormai entrato in azione, l’atmosfera non sembra così drammatica. Solo più avanti Ariana si renderà conto di quello che realmente sta accadendo.

 

Nel prossimo capitolo: Ariana studierà per prepararsi allo scontro con suo padre, e chiederà aiuto alla professoressa Trollope

 

 

 

Siccome al momento sono un po’ incasinata (soprattutto mentalmente), e come vedete ci ho messo un po’ a postare, non risponderò alle recensioni… Non mi uccidete, vi prego. Lasciatemi comunque un commentino, che fa sempre piacere. Dalla prossima settimana, se riguadagno un po’ di equilibrio psicofisico e soprattutto temporale, risponderò a tutti.

Colgo l’occasione per augurarvi una buona Pasqua!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 35
*** Allievo contro maestro ***


Capitolo 33

Capitolo 33

Allievo contro maestro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano passati sei giorni da quando il Ministero della Magia era stato preso da Lord Voldemort, e come aveva previsto il signor Weasley, il mondo magico era caduto nel caos.

La sede della Gazzetta del Profeta era stata attaccata dai Mangiamorte, che ora utilizzavano il giornale per le comunicazioni del loro Signore. La Gringott era stata svaligiata, e tutti i folletti che vi lavoravano dentro uccisi dai lupi mannari. I Mezzosangue stavano per essere censiti, e Azkaban sarebbe diventata la loro prigione prima della morte sicura.

Più di due volte un manipolo di Auror aveva cercato di riprendere il Ministero, ma erano stati tutti barbaramente uccisi da Voldemort stesso, ormai troppo potente per essere fermato. La gente rimaneva chiusa in casa, in attesa che qualcuno prendesse in mano la situazione e cercasse di riportare tutto alla normalità.

A Hogwarts non era tornato nessuno: le famiglie avevano tenuto a casa i ragazzi credendo fossero più al sicuro. Ariana era convinta però non ci fosse luogo dove potersi sentire un minimo tranquilli, e ogni giorno che passava la tensione aumentava. Sapeva che allo scadere delle due settimane, Voldemort sarebbe venuto a cercarla.

I sei giorni Ariana li trascorse praticamente sempre chiusa in Biblioteca a studiare, determinata nel suo intento: la Profezia diceva che lei avrebbe sconfitto il Signore Oscuro, e lei sapeva di potercela fare. Scoprì altri dieci incantesimi per uccidere, più una strabiliante serie di maledizioni oscure che avrebbero potuto servirle. Non faceva distinzioni tra magia nera e magia bianca: doveva sapere il più possibile per rendere la fine di Voldemort più di una vana speranza.

Si recò a Grimmauld Place solo una volta, per portare a Harry dei libri che avrebbe dovuto studiare: doveva essere lui a uccidere Voldemort, e doveva prepararsi quanto lei.

Poi, un giorno arrivò una notizia che lasciò Ariana senza parole, orripilata: i Babbani erano venuti a conoscenza della magia. Voldemort aveva rotto l’invisibile muro che divideva la gente magica da quella normale, gettando lo scompiglio. Non sapeva bene come fosse successo, perché stare a Hogwarts in quel momento equivaleva a vivere in una sorta di bolla che la separava dal mondo esterno, una bolla dalla superficie delicatissima. Ogni evento arrivava quasi attutito, smorzato dalla lontanza dal campo di battaglia, e sembrava quasi un sogno, ma era tutto assurdamente vero.

Era l’inizio della fine: se non si sbrigavano, nel giro di poco tempo il mondo sarebbe stato sotto il completo controllo di Voldemort.

Quel giorno Ariana e Draco si Materializzarono davanti al numero 12 di Grimmauld Place, guardandosi intorno con aria furtiva. Raggiunsero di corsa la porta che era stata aperta ed entrarono, togliendosi di dosso i mantelli.

- Tutto a posto? – domandò Ariana alla signora Weasley, mentre cercava di non far cadere i libri che aveva portato.

La donna taque, indicando il soggiorno. Dentro erano riuniti tutti i membri dell’Ordine della Fenice, tranne Moody, che era stato ritrovato alla fine ferito ma vivo qualche ora dopo l’attacco al Ministero e ora riposava in una delle stanze di Grimmauld Place.

- Immagino abbiate sentito la notizia – disse Ariana, appoggiando i libri sul tavolo e indicandoli a Harry, - Sono per te. Studia -

- Non sappiamo cosa fare – disse Lupin, stringendo la mano di Tonks, il cui ventre sembrava più rigonfio del normale – Ora che i Babbani sanno di noi, la speranza si affievolisce sempre di più –

- Nessuno sa cosa fare – disse il signor Weasley, - Ariana, tu cosa hai in mente? –

La ragazza guardò Draco prima di rispondere. – Sto cercando un modo per fermare Voldemort. Non so se funzionerà, ma mi serve ancora qualche giorno per mettere a punto un piano – disse, - Sto studiando. Ho sfogliato quasi tutti i libri della Biblioteca

Non voleva dirgli che in realtà non esisteva nessun piano, e che l’unica idea che aveva era quella di affrontare Voldemort, quando sarebbe arrivato il momento. Vedere le loro facce scettiche non l’avrebbe di certo aiutata.

- Quando avrò finito, voglio che Harry mi raggiunga – aggiunse.

I presenti la guardarono inorriditi, tranne Harry. Alzò gli occhi dal libro che le aveva portato e la fissò.

- Non se ne parla – disse la signora Weasley, - Non si muove da qui –

- La Profezia parla di Harry – disse Ariana impaziente, - Deve esserci quando cercheremo di uccidere il Signore Oscuro –

- E’ da pazzi! – protestò la signora Weasley, - Hai detto che fino a questo momento hai cercato di proteggerlo, e ora lo vuoi gettare tra le braccia di Tu-Sai-Chi?!

- Se non funziona non avrete scampo – disse Lupin.

- Funzionerà – disse Ariana, e lo pensava veramente, - E in ogni caso credo che sia Harry a dover decidere –

I suoi occhi incontrarono quelli del Bambino Sopravvissuto, in attesa della sua risposta.

- Verrò – disse Harry.

Ariana sorrise. Ne era sicura: in fondo anche Harry aveva coraggio da vendere, e gli spettava di affrontare Voldemort tanto quanto lei.

- Bene – disse Ariana, - Fra tre giorni verrò a prenderti. Studia quello che ti ho dato, e andrà tutto bene -

Era sicura di se stessa. Non aveva dubbi: avrebbe vinto, perché lei aveva la forza e la determinazione necessarie per vincere. Harry doveva essere presente, perché quando lei avrebbe sconfitto Voldemort, a lui spettava ucciderlo.

Guardò i membri dell’Ordine. – Ora che anche i Babbani sanno di noi, dobbiamo fare il più in fretta possibile. Mi rimangono ancora quattro giorni, ma vi prometto che farò del mio meglio. Fino ad allora, tenete Harry al sicuro, anche a costo della vostra vita –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana sgomberò la Sala Grande dai tavoli e dalle sedie, accastandoli tutti vicino alle pareti. La professoressa Trollope, che per una volta aveva abbandonato i suoi completi dai colori cangianti, si occupò di proteggere le finestre e le colonne della sala in modo che non potessero venire distrutte.

La ragazza si sistemò i capelli stretti in una lunga coda, e tirò un sospiro. Alzò lo sguardo sul suo avversario, preparandosi a combattere: Draco Lucius Malfoy era pronto al duello.

- Vediamo chi vince – disse Ariana, un finto sorriso beffardo sul viso.

- Sai meglio di me, chi è più forte tra noi due, Drake – ribatté il biondo, la nota provocatrice nella voce che a lei piaceva tanto.

Ariana aveva avuto l’idea di allenarsi in quel modo, perché la pratica era la migliore delle insegnanti. Sia lei e il Serpeverde avevano studiato molto per aumentare le loro conoscenze di incantesimi e maledizioni, e il miglior modo per metterli alla prova era combattere.

- Dai fondo a tutte le tue energie, Malfoy – disse Ariana.

Le piaceva quella situazione in cui giocavano a provocarsi a vicenda. Ed era sicura piacesse anche a Draco, che era il più strafottente tra i due.

- Non sperare che sia buono con te, Drake – ribatté il biondo, con un ghigno.

La Trollope ultimò gli ultimi incantesimi di difesa, poi si voltò verso di loro e li guardò.

- Potete iniziare – disse.

Ariana gettò un’ultima occhiata prima di partire all’attacco.

- Fochiss! – gridò.

Un gettò di fuoco verde proruppe dalla bacchetta dritta dritta verso Draco, facendo frigolare l’aria. Il biondo evocò uno scudo di vapore nero che inghiottì le fiamme e contrattaccò.

- Viradia engaelis! – gridò.

Un globo nero sbucò dalla bacchetta e due secondi dopo si trasformò in un grosso cane a tre teste, che corse verso Ariana ringhiando. Lei scartò di lato, mentre la bestia andava a sbattere contro la colonna di marmo emettendo un gemito.

- Ehi, questo mi piace! – disse Ariana, preparandosi a far fuori il cane, - Da dove arriva? -

Con un rapido movimento di bacchetta, fece sparire il bestione e si voltò verso il Serpeverde. – Segreti del mestiere – rispose evasivo, con un sorriso sornione.

- Divertente… – disse Ariana – Vediamo che mi dici di questo… Hagaeti magentas! -

Con uno scoppio simile a quello di un petardo, una nebbia amaranto invase la Sala Grande, avvolgendo tutto in una coltre rossastra. C’era umidità nell’aria, e sul viso di Ariana si formarono delle goccioline d’acqua.

- Che roba è? – domandò Draco, una decina di metri davanti a lei, invisibile.

Vide un punto illuminarsi, mentre il biondo Serpeverde accedenva la bacchetta di una luce azzurra che riusciva a bucare la coltre di nebbia amaranto.

Ariana saldò la presa sulla bacchetta che era diventata viscida e decise che quell’incantesimo era utile sono se si voleva fuggire. Non era il suo caso, almeno per il momento.

Mormorò il contro incantesimo, e nel giro di pochi secondi la Sala tornò normale. Draco la stava guardando con un sopracciglio inarcato.

- Non ti distrarre, Malfoy! – disse Ariana, - Si continua! -

Andarono avanti per più di mezz’ora, mettendo alla prova tutti gli incantesimi che avevano imparato in quei giorni. Ariana si rese conto però, che tra loro due, era lei quella più forte. Draco le dava certo filo da torcere, ma non stava facendo sul serio. Evidentemente non voleva farle del male, ma per lei era impossibile valutare la sua forza se lui si stava trattenendo.

Più di una volta lo incitò a fare sul serio, ma lui non seguì la sua richiesta, così alla fine anche lei iniziò ad andarci piano. Fu comunque utile, il loro duello, perché ebbero modo di testare alcuni incantesimi.

Fu Ariana a chiedere di fermare il combattimento, quando le venne un’altra idea.

- Ok, basta così – disse, spegnendo con un colpo di bacchetta il fuoco viola che aveva circondato lei e Draco.

Guardò la Trollope, che fino a quel momento li aveva osservati in silenzio, e domandò: - Cosa le sembra? –

- Siete molto bravi – rispose la professoressa, - Avete usato diversi incantesimi che nemmeno io conoscevo -

Ariana si avvicinò, aspettando che Draco facesse altrettanto. Valutò per un momento se la sua richiesta potesse essere accettata, poi disse: - Professoressa, io vorrei sfidarla

Con la coda dell’occhio, vide la faccia di sbalordita di Draco. La Trollope sembrò presa alla sprovvista, e la guardò un momento in silenzio.

- Perché, signorina Drake? – chiese.

- Lei è una maestra nei duelli – spiegò Ariana, - E ha molta esperienza. Vorrei potermi mettere alla prova con lei, se non è un problema

La Trollope annuì, poi tirò fuori la bacchetta. – D’accordo, signorina Drake – disse, - Non mi offenderò, se mi batterà

Con un sorriso, Ariana tornò al centro della Sala, e attese che la Trollope facesse altrettanto.

Si inchinarono, pronte.

La Trollope sarebbe stata un’avversaria formidabile, Ariana lo sapeva. Se fosse riuscita realmente a batterla, allora significava che era davvero migliorata e che le possibilità che aveva di sconfiggere Voldemort aumentavano.

Fu la Trollope, con un gesto così rapido che Ariana lo colse appena, a dare inizio al duello. Tre getti di luce ambrata proruppero dalla bacchetta, luminosi come fulmini.

Ariana fece un balzo all’indietro, sorpresa, e contrattaccò.

Fiotti di luce blu si scontrarono a mezz’aria, appiccando il fuoco ad uno dei tappeti della Sala. Draco lo spense prima che potesse fare danni, mentre Ariana evocò la strana bestia che il biondo aveva usato contro di lei.

Il cane a tre teste ringhiò verso la professoressa, che prontamente lo imprigionò in un cerchio di fiamme smeraldine. La bestia uggiolò, senza possibilità di fuga.

Grosse liane verdi proruppero dal terreno, e Ariana fece appena in tempo a schivarle. Il fuoco uscì dalla sua bacchetta con uno scoppio, incendiando i vegetali con uno sfrigolio. La ragazza passò all’attacco, gridando: - Elévatà! –

Per un momento, il colpo sembrò andare a segno: la Trollope indietreggiò di qualche metro, come spinta da una forza invisibile. Poi però si sentì uno schiocco e una voluta di fumo bianco invase la Sala.

Ariana tossì, sentendosi mancare il fiato. Guardò a destra e sinistra, in cerca della professoressa, ma non la vide.

All’improvviso, avvertì qualcosa di sgradevole alla bocca dello stomaco. Una sensazione di gelo la invase, e capì di cosa si trattava.

Tre Dissennatori avanzavano nella nebbia, fluttuando sul pavimento liscio. Ariana rimase colpita: la professoressa, chissà come, era stata in grado di evocare tre Dissennatori dal nulla.

Saldò la presa sulla bacchetta e gridò: - Expeto Patronum! –

In una voluta di fumo d’argento, l’Ungaro Spinato sbucò dalla sua bacchetta con un feroce ruggito. Con un balzo, saltò addosso al primo Dissennatore, dilaniando il mantello dell’essere con le zanne acuminate.

Qualcosa si mosse alle sue spalle, e Ariana si voltò di scatto. Il cane a tre teste, imprigionato tra le fiamme verdi, si era liberato e correva verso di lei. Prima che potesse spostarsi, la bestia le saltò addosso con un ruggito.

Rotolarono per una decina di metri, e per un pelo le fauci zannute del cane non si chiusero sul suo braccio. Ariana perse la bacchetta nel tentativo di schivarlo, mentre udiva i ruggiti furiosi dell’Ungaro Spinato che si occupava dei Dissennatori.

Con un guizzo, Ariana scivolò sotto il corpo del cane, e cercò con lo sguardo la bacchetta. La nebbia le impediva di vedere bene, ma la punta illuminata gliela mostrò a qualche metro di distanza. Con un incantesimo non verbale la trasse e sé e si voltò, giusto in tempo per vedere il bestione che si avventava di nuovo su di lei.

Con un colpo di bacchetta, lo fece schiantare contro una colonna, mentre la nebbia si dissolveva all’improvviso. Stupita, vide l’Ungaro Spinato avventarsi contro l’ultimo Dissennatore tra un fiume di fiamme argentate, poi tornò ad affrontare il cane a tre teste.

Non capiva come la Trollope era riuscita a rivoltarle contro il suo stesso incantesimo, ma aveva intenzione di ripagare con la stessa moneta. Imprigionò la bestia con corde invisibili, poi praticò un incantesimo di magia nera che aveva imparato il giorno prima. Mormorò le parole sotto voce, poi liberò il cane che la superò con un salto e assalì la Trollope.

Intanto, i Dissennatori erano tutti scomparsi, e con un ultimo ruggito l’Ungaro Spinato si dissolse in una nuvola di fumo argentato.

Ariana si voltò verso la professoressa, con il fiato corto. Vide il cane a tre teste stramazzare a terra e scomparire, ma la Trollope iniziava a sembrare provata. Perse per un istante l’equilibrio e sembrò sul punto di cadere, ma rimase in piedi e scagliò un incantesimo contro la ragazza.

Fiamme nere avvolsero Ariana quando parò la maledizione della professoressa, poi con un intricato gesto della bacchetta lanciò un fiotto di luce nera che andò a cozzare con quello verde della donna.

Nonostante Ariana avesse alle spalle anche il duello con Draco, era meno provata della Trollope. La strega iniziava ad avere il fiato corto e i riflessi più lenti. Per un paio di volte si limitò a parare gli attacchi, cercando di riprendere un minimo le forze.

All’improvviso Ariana si rese conto di essere in piedi su una lastra di ghiaccio scuro come l’acciaio. Barcollò, perse e l’equilibrio e finì a terra, perdendo di nuovo la bacchetta. La Trollope l’attaccò, ma lei schivò la maledizione rotolando di lato e recuperò la bacchetta.

Con uno scatto di alzò, e le venne un’idea.

- Expeto Patronum! – gridò.

L’Ungaro Spinato ruggì facendo tremare i vetri, e si scagliò contro la Trollope. La strega lo vide troppo tardi: alzò le braccia sopra la testa per ripararsi, ma il drago volò sopra di lei e si dissolse in un istante.

- Expelliarmus! -

Con un sibilo, la bacchetta della Trollope volò nella mano aperta di Ariana.

La polvere si posò delicatamente sul pavimento, mentre le due streghe si fissavano dagli estremi della Sala. Calò un silenzio irreale, ma qualcosa nella testa di Ariana gridava a squarciagola.

“Ho vinto! Ho vinto!”

La Trollope, ansimante, si riassettò l’abito e sorrise: - E’ il classico caso in cui l’allievo supera il maestro – disse semplicemente.

Qualcuno battè le mani, e Ariana si voltò verso Draco. Non era lui, però.

Ai margini della Sala, vicino ai tavoli e alle sedie accatastate, si era riunita una piccola folla di professori: Vitius, la McGranitt, Lumacorno, Hagrid e diversi altri. Applaudivano, facendole i complimenti.

Ariana sorrise, felice come non mai. Era una vittoria che le confermava di poter vincere la guerra.

Senza nemmeno riconsegnare la bacchetta alla Trollope, corse verso Draco e gli saltò addosso, abbracciandolo.

- Ho vinto! – gridò, - Ce l’ho fatta! -

- Brava! – disse Draco semplicemente, battendole una mano sulla schiena.

Lei si staccò e lo spinse contro la colonna alle sue spalle, imprigionandolo in un bacio appassionato dettato solo dall’istinto. Era troppo felice per farsi fermare dalla ragione.

Qualche minuto più tardi, riemerse da quello scatto di passione e guardò la Trollope avvicinarsi con un sorriso sulle labbra.

- Complimenti – disse, facendole un cenno con il capo, - Davvero. Sono impressionata -

- Grazie, professoressa – disse Ariana, senza sapere cos’altro dire.

- Hai un Patronus molto particolare – continuò la Trollope, - Non si limita a scacciare i Dissennatori, li elimina del tutto. Non ho mai visto una cosa del genere… Dovresti lavorarci su

Ariana non aveva mai pensato di poter utilizzare in altri modi il suo Patronus, ma ora che la professoressa glielo faceva notare, non era una cattiva idea.

- Potrebbe insegnarmi qualcuno degli incantesimi che ha usato oggi? – domandò. Voleva sapere come aveva fatto a evocare i Dissennatori e a metterle contro il cane a tre teste.

La Trollope sorrise. – Certo. Sarà il premio della tua vittoria –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I tre giorni seguenti passarono così velocemente che Ariana quasi non si accorse che era il momento di andare a prendere Harry.

La tensione era palpabile, e Ariana iniziò a chiudersi nel suo solito, impenetrabile silenzio. La notte dormiva poco e passava il tempo a studiare qualche nuovo incantesimo, nella speranza che potesse servirle.

E mentre lei si preparava per il più grande duello della sua vita, il mondo magico iniziava a vedere i segni del nuovo regno di Lord Voldemort. Diagon Alley era praticamente invasa da Mangiamorte vecchi e nuovi; i Lupi Mannari scorrazzavano per le campagne attaccando chiunque capitasse loro a tiro, e i Dissennatori vagavano ormai a piede libero in tutta la Gran Bretagna. La gente si era chiusa in casa, terrorizzata, anche se l’Ordine della Fenice cercava in qualche modo, e inutilmente, di limitare i danni.

E se per i maghi e le streghe la situazione sembrava degenerare di giorno in giorno, per i Babbani, ormai venuti a conoscenza del mondo magico, era quanto di più simile alla fine del mondo. Decine di persone innocenti venivano uccise ogni giorno dai Mangiamorte o da qualche altro servo del Signore Oscuro in un attacco di follia omicida, e molti erano fuggiti all’estero credendo di poter trovare la salvezza. Non c’era niente di più sbagliato, perché Voldemort sarebbe presto uscito dai confini dell’Inghilterra per attaccare tutte le altre comunità magiche, che al momento si tenevano a debita distanza. Solo da alcuni stati erano arrivati gruppi di Auror per dar man forte a quelli ancora vivi del Ministero, ma era ben poca cosa di fronte alla potenza distruttiva in possesso di Voldemort.

- Harry, non hai mai ucciso qualcuno, vero? – domandò Ariana, la sera del tredicesimo giorno, guardando fuori dalla finestra della Torre di Grifondoro il parco buio.

- No –

Erano riuniti nella Sala Comune, lei, Harry, Draco, Ron ed Hermione. Avevano le espressioni tirate, ma Ariana sembrava la più tranquilla del gruppo. Era sicura di potercela fare, perché la voglia di vendetta era così grande che qualsiasi ostacolo avesse incontrato sulla sua strada non la spaventava. Più si avvicinava il momento, più la tensione lasciava spazio all’eccitazione.

- Hai studiato quello che ti ho dato? – chiese Ariana.

Harry annuì. Era pallido, e le fece tenerezza.

- Andrà tutto bene – lo rassicurò, - Dovrai solo fare quello che ti dico io. Quando avrò in pugno Voldemort, tu uscirai allo scoperto e lo ucciderai. Insieme possiamo farcela -

Mai era stata tanto convinta di quello che diceva. Guardò uno a uno i presenti, e i suoi occhi indugiarono su Draco: era per lui che stava combattendo. Voldemort aveva un potere pari a quello di un Dio, ma lei aveva trovato quello che lui non poteva possedere nemmeno vendendo l’anima al diavolo: l’amore. Quel sentimento che aveva salvato Harry, e che avrebbe fatto vincere lei.

Sorrise incontrando lo sguardo d’argento del Serpeverde, ma non avevano bisogno di dirsi nulla. I loro occhi parlavano.

- Andiamo a dormire – disse Ariana, - Domani ci alleneremo ancora un po’, e dobbiamo essere riposati -

Uno a uno i presenti si alzarono: Hermione diretta ai dormitori femminili, Harry e Ron a quelli maschili. Solo Draco rimase in piedi, immobile. Attese che tutti se ne furono andati, poi disse: - Ariana… Sei veramente sicura di quello che stai facendo? –

Lei sorrise. – Sì, Draco – rispose, - Devo farlo. Questa storia è durata già troppo tempo. E’ giusto che sia io a chiudere i conti –

Il biondo sembrava preoccupato, come non lo era mai stato. – Sei forte, lo so. Ma se fallisci? – Lo disse a bassa voce, perché era un’ipotesi che nessuno dei due voleva avvalorare.

- Se fallirò, allora sarà meglio così – disse dolcemente Ariana, - Non posso continuare a vivere sapendo che ho perso, che tutto quello che ho fatto fino ad ora è stato inutile. Sarà proprio questo a farmi vincere -

Draco abbassò un momento il capo e lo scosse. – Non puoi… - mormorò, - E’ troppo pericoloso… -

Ariana si avvicinò e gli posò un dito sulle labbra, sorridendo. – Shh… Nelle mie vene scorre lo stesso sangue di Voldemort: se esiste qualcuno in grado di sconfiggerlo, quella sono io

Poi lo baciò, impedendogli di protestare. Lo sentì metterle una mano sulla nuca, per non lasciarla allontanare.

- Vieni nel mio dormitorio – le sussurrò sulla bocca.

Ariana capì cosa intendeva. Poteva essere l’unica e l’ultima volta che passavano la notte assieme. Ma c’era qualcosa, nel profondo di se stessa, che le diceva che non era il momento… Ci sarebbe stato un dopo, ne era sicura… E lei voleva aspettare, pur sapendo quanto costava a lui.

- No, Draco – mormorò, la fronte appoggiata alla sua, - Ti prometto, ti giuro, avremo un'altra notte. E allora sarà tutto diverso -

Lo sentì sospirare, stringendosela addosso: lo stava mettendo alla prova come chiunque altra non aveva mai fatto.

- Ariana… - disse Draco.

Lei lo zittì con un altro bacio. – Vai. Se io non dovessi sopravvivere, non avrai nulla da rimpiangere, no? Chi non ha mai bevuto, non conosce la sete…– lo disse scherzosamente, ma era una cosa triste, lo sapeva.

Lo spinse delicatamente fino al buco del ritratto, e con un’ultimo bacio lo fece uscire.

Quando il quadro si richiuse davanti all’espressione ferita di Draco, Ariana sospirò. Prese il mantello nero e se lo mise addosso, calando il cappuccio sul viso.

Quella sarebbe stata la sua notte. Avrebbe vagato per l’ultima volta in quella scuola, perché era l’unica cosa che voleva fare. Avrebbe alimentato la sua forza con la solitudine, com’era abituata a fare. Avrebbe inseguito la speranza nell’oscurità, come doveva fare.

Si tolse gli stivali, gettandoli vicino a una poltrona. Controllò che la bacchetta fosse al suo posto, poi si diresse verso il buco del ritratto.

Solo una notte, e sarebbe stata pronta. Doveva vagare fantasma tra i suoi fantasmi, ombra tra le ombre. Solo così avrebbe trovato la pace che le serviva per arrivare lucida al duello. Solo così sarebbe tornata a essere Ariana Drake, quella che Albus Silente aveva istruito e addestrato, quella ragazza con il sangue freddo che per anni aveva agito nell’ombra.

Quella che sarebbe stata in grado di sconfiggere Voldemort.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Oooh, finalmente ho tempo di scrivere qualcosa ai miei cari lettori!

Come vedete, il duello Ariana vs. Voldemort si avvicina sempre di più, e la nostra eroina è pienamente convinta di riuscire a sconfiggere suo padre. Battere la Trollope l’ha resa consapevole delle sue potenzialità, e la Profezia l’ha convinta ad accettare la “sfida”… Come lei stessa ha detto, Voldemort ha un potere enorme, ma lei possiede l’amore, che lui non potrà mai avere…

Quanto a Draco, , Ariana lo sta facendo impazzire… Povero, mi dispiace per lui. ^.^

 

 

Nel prossimo capitolo: Ariana vs Voldemort: chi vincera? Non date nulla per scontato!!!

 

 

Smemo92: ciao carissima! Come vedi la storia va avanti… E Harry e gli altri raggiungeranno presto Ariana: lo scontro con il perfido papino l’attende! Baci!

 

Lexie__o: grazie mille per gli auguri: al momento sono sommersa da vagonate di cioccolato (non mio, delle uova di mia sorella…), quindi immagina la situazione… Comunque, fammi sapere che ne pensi dello scontro Ariana vs Trollope: io l’ho trovato molto azzeccato. Baci!

 

Kaimy_11: grazie per gli auguri! Visto la Trollope? Ariana ha colto l’occasione per farle vedere di che pasta è fatta. L’idea di far finta di allearsi con Voldemort non è male, ma una come lei non è in grado di fingere di non voler fare nulla contro di lui… Lo detesta troppo per sopportare di stargli vicino più di tanto… Baci!

 

 

Scusate se ci metto un po’ a postare, ma sto revisionando l’altra fiction… Solo a me poteva venire un’idea del genere: quando avrò il coraggio, vi dirò di che si tratta!

 

Lhea

 

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Capitolo 36
*** Scontro di anime ***


Capitolo 34

Capitolo 34

Scontro di anime

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’orologio della Sala Comune segnava le undici e cinquanta minuti. Inesorabile, il tempo passava segnato solo dal ticchettio delle lancette di metallo che ruotavano lentamente.

Ariana era immobile come una statua, in piedi al centro della Sala Comune di Grifondoro, a fissare l’orologio. Intorno a lei, Harry, Draco, Ron ed Hermione, aspettavano pallidi come stracci che scoccasse la mezzanotte.

Ancora dieci minuti, e il tempo sarebbe scaduto. Ariana fremeva: era percorsa dall’eccitazione, che come una scarica elettrica la faceva muovere convulsamente la mano che impugnava la bacchetta. Non vedeva l’ora di sentire il gong dell’orologio, che avrebbe segnato la fine di quell’attesa che la rendeva nervosa.

Non provava paura, né timore. Voleva solo uscire di lì e affrontare Voldemort. Chiudere la storia, ed essere lasciata libera di vivere. Aveva sempre odiato le attese, ora più che mai.

Aveva preso la sua decisione, ormai, e attendere oltre non le serviva. La rendeva solo più nervosa e impaziente.

Gong.

Il suono dell’orologio ruppe il silenzio della Sala, riverberando nell’aria come il rintocco di una campana a morto. Una, due, dodici volte, finchè l’ultimo rintocco segnò la fine.

Ariana si voltò, e percepì uno strano cambiamento in quello che la circondava. C’era qualcosa di nuovo, nell’aria, qualcosa che lei percepì chiaramente.

Guardò oltre la finestra: il cielo scuro della notte aveva cambiato colore, e ora era di un rosso scuro, sanguigno. Una folata di vento scosse gli alberi, mentre un fulmine silenzioso squarciava le nubi che risaltavano grigie sullo sfondo di quell’oscurità innaturale.

Come aveva immaginato, suo padre non aveva perso un attimo. Era venuto a regolare i conti, così come il patto stabiliva.

Voldemort era lì. Per lei.

Ariana si voltò, fissando la porta che conduceva nel corridoio, evitando gli sguardi di tutti. Era una cosa tra lei e suo padre, e così doveva rimanere.

- Vado – disse.

Senza nemmeno guardarsi intorno, uscì dalla Sala e il quadro si richiuse immediatamente alle sue spalle. Lo sigillò con alcuni incantesimi che conosceva solo lei, per fare in modo che nessuno interevenisse durante lo scontro, e poi si diresse verso le scale.

Scese i gradini due a due, il fiato bloccato nei polmoni. Era felice, si stava avviando verso la fine. Dopo non avrebbe dovuto più combattere. Era impaziente di chiuedere la faccenda.

Arrivò alla Sala Grande, completamente buia. Rimase immobile ai piedi delle scale, cercando di scorgere qualcosa nell’oscurità.

Un altro fulmine squarciò il cielo, e la sala per un momento fu illuminata a giorno. Allora lo vide.

Voldemort era lì, fermo in mezzo alla stanza, avvolto in un mantello nero che fluttuava nonostante il portone fosse chiuso. La pelle pallida, gli occhi rossi circondati da segni neri, simili a tatuaggi tribali. Il viso dai tratti serpenteschi tirato in un sorriso malvagio.

Era cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto, ma più che il fisico, era mutata la sua aurea. Non più quella inesistente di un mortale, ma quella oscura di un demone. L’aria stessa che lo circondava sembrava percorsa da scariche elettriche, da onde di potenza tali da eguagliare quelle di un Dio.

All’improvviso, le fiaccole sulle pareti si accesero di un fuoco così forte da rischiarare tutta la Sala Grande. Un brivido gelido percorse la schiena di Ariana nel notare che Voldemort era circondato da un alone nero, e che non sembrava più nemmeno vagamente umano.

Il suo sguardo rosso era fisso su di lei, simile a quello di una bestia feroce prima della caccia.

- Hai fatto la tua scelta, Merope? -

La voce del Signore Oscuro invase la Sala come il rumore di un tuono, e le fiamme delle torcie tremarono. Ariana guardò suo padre in volto, il mento in alto e l’espressione determinata.

- Sì, ho scelto – rispose, - Non starò dalla tua parte -

Voldemort rise. – Vuoi ancora essere la balia di Potter? Mi stupisco di te, figlia mia. Non capisci cosa perderai, in questo modo? –

- So esattamente cosa perderò – ribatté Ariana, - Ma so anche che cosa guadagnerò -

Voldemort smise di ridere. – E cosa guadagneresti? –

- La libertà -

Il Signore Oscuro si mise di nuovo a ridere. – La libertà? Nessuno è veramente libero finché rischia la morte… Io sono l’unico essere libero, su questa terra, perché non posso morire

Ariana strinse la presa sulla bacchetta. Perché non la smettevano di parlare e passavano subito ai fatti?

- Hai scelto, Merope – continuò Voldemort, - Ora che hai visto, capisci quello che stai perdendo? Guarda cosa sono diventato… Non esistono più limiti per me… Nessuno potrà ostacolare il mio cammino, nemmeno tu e Potter. Bisogna saper riconoscere quando è ora di cambiare idea -

- Perché insisti a volermi dalla tua parte? – domandò Ariana, impaziente.

Voldemort puntò il suo sguardo rosso su di lei, i segni neri attorno agli occhi che risaltavano sulla carnagione pallida. – Perché sei l’unica che potrei ancora temere – rispose.

Ariana sorrise. – Fai bene a temermi. Non ho paura di te. Per questo di sconfiggerò

- Tu sconfiggermi? la derise Voldemort, - E come potresti farlo? I miei poteri vanno al di la di ogni umana comprensione… Non esiste nessun altro che possiede la forza che ho io -

- Forse tu avrai i tuoi poteri – ribatté Ariana, - Ma io dalla mia ho la consapevolezza che è il mio destino sconfiggerti. E comunque, ti manca sempre qualcosa… -

- L’amore? – domandò Voldemort, quasi disgustato, - Anche tu credi in questa idiozia? L’amore non ti porterà da nessuna parte. Come può l’amore renderti più forte? Tu dovresti saperlo: è per colpa dell’amore che hai vacillato, quando era ora di fare la tua scelta. Se non avessi amato, nessuno avrebbe potuto ricattarti, nemmeno io. Se tu non avessi mai amato, allora avrei dovuto temerti veramente. Silente ci stava riuscendo: non ti ha mai messa in condizioni di amare nessuno, e allora saresti stata come me. Invece ha fallito ancora –

Forse c’era un fondamento di verità nelle parole di Voldemort, ma ad Ariana non interessava. Ormai era arrivata alla fine, voleva chiudere. Quello che era stato, ormai faceva parte del passato.

- Allora se sono più debole di te, uccidimi – disse, gelida.

Voldemort sorrise, alzando le maniche del mantello.

- E sia, Merope – disse, - Ora capirai a cosa hai rinunciato -

Ariana alzò la bacchetta, ma vide che Voldemort non l’aveva. Attese che la sfoderasse, ma invano. Il Signore Oscuro la guardava divertito.

Un tuono squarciò l’aria, facendo tremare i vetri. La terra tremò per un attimo, con uno scricchiolio sinistro.

Ariana si guardò intorno, pronta a schivare, saltare o contrattaccare, ma non successe nulla.

Poi, la terra tremò di nuovo, e sotto i suoi piedi vide aprirsi una voragine nel pavimento. Saltò all’indietro con un grido, poi alzò lo sguardo su Voldemort.

- Io sono magia, non mi serve più una bacchetta – disse lui.

Ariana alzò la bacchetta, e gridò: - Viradia engaelis! –

Il globo blu spuntò dalla punta e si trasformò nel cane a tre teste. La bestia ringhiò e li lanciò su Voldemort saltando il fosso che si era aperto per terra.

Con un sibilo, il cane sparì in una nuvola di fumo, mentre Voldemort ridacchiava. Ariana non perse tempo, saltò la voragine e gridò: - Garanvad! –

Una palla infuocata schizzò verso il Signore Oscuro sfrigolando, ma non raggiunse mai l’obiettivo. La bolla implose con un botto, scagliando tutto intorno lapilli infuocati. I tappeti presero fuoco, mentre la terra tornava a tremare.

- Credi per basti questo a fermarmi? – gridò Lord Voldemort, guardandola al di la del muro di fiamme che ormai si era alzato tra di loro. – Non puoi sconfiggermi, Merope! -

Ariana sentì una goccia di sudore scenderle lungo la tempia: faceva un caldo infernale. Qualcuno gridò, e lei si voltò di scatto. In cima alla scalinata di marmo c’erano le professoresse McGranitt e Trollope, gli occhi spalancati dal terrore.

- Andate via! – gridò Ariana, voltandosi per andare ad affrontare Voldemort.

Non aveva paura, perché sapeva di dover vincere. La Profezia era stata chiara: lei avrebbe sconfitto Voldemort.

- Aguamenti! -

Il muro di fiamme si spense, e con un salto superò la voragine nel pavimento. Un getto di luce azzurra arrivò dalle sue spalle diretto verso il Signore Oscuro, ma Voldemort lo parò alzando solo la mano destra. Scoppiò a ridere, gettando uno sguardo sprezzante alla McGranitt.

- Professoressa, anche lei qui? – domandò.

- Se ne vada! – gridò Ariana.

Non voleva intromissioni da parte di nessuno, tanto meno dei professori.

Puntò la bacchetta e disse: - Hagaeti magentas! –

La Sala si riemì all’improvviso di nebbia rossastra, e Ariana colse l’occasione per raggiungere la Trollope. La strega aveva la bacchetta sguainata, pronta al duello.

- Signorina Drake, scappi! – le urlò.

- No! Siente voi a dover andare via! – protestò Ariana, - Fuggite! E’ qui per me!

Spinse la professoressa alla cieca, facendola indietreggiare, mentre la risata gelida di Voldemort riecheggiava nella stanza. Non lo vedeva, ma grazie alla sua voce aveva capito dove si trovava.

- Merope… Smettila di fare la bambina. Vieni ad affrontarmi, se credi di potermi battere -

Ariana si voltò verso la voce, ignorando le proteste della Trollope. Non era una codarda, e non lo sarebbe mai stata.

La nebbia si dissolse all’improvviso, mostrandole suo padre in piedi a pochi metri da lei. Con un guizzo di bacchetta, l’anatema che uccide attraversò la sala in un lampo di luce verde, mancando il bersaglio. Il Signore Oscuro era svanito, ricomparendo in cima alla scala, dietro alla McGranitt.

La Preside si voltò, pietrificata, senza essere in grado di reagire. Ariana temette il peggio, così gridò: - Stupeficium! –

Il getto di luce rossa superò la McGranitt, ma Voldemort scomparve ancora, materializzandosi a pochi metri da lei. Intanto, nella Sala erano entrati Lumacorno e Vitius, terrorizzati.

- Smettila di fuggire! – gridò Ariana, girandosi di nuovo.

Voldemort rise, mentre lei in un moto di rabbia evocò di nuovo il cane a tre teste. La bestia corse ruggento verso il Signore Oscuro, ma lui scomparì ancora e ancora. Il cane si guardò intorno, disorientato.

- Expecto Patronum! -

Forse poteva sperare di guadagnare tempo, e convincere i professori ad andarsene. L’Ungaro Spinato ruggì, scagliandosi contro Voldemort, mentre lei e gridava a Lumacorno: - Andatevene! Convinca gli altri a scappare! –

Il mago annuì, e iniziò a griadare contro i professori: era il più codardo tra loro, e non si sarebbe fatto problemi ad andarsene. Ariana tornò ad affrontare Voldemort, determinata.

Getti di luce schizzarono da tutte le parti, mentre lei tentava ogni colpo che le veniva in mente. Il Signore Oscuro continuava a evitarli, ridendo davanti alla sua impotenza. Ma lei sapeva di farcela, e che se non poteva batterlo in forza, poteva farlo in astuzia.

Colpì le colonne della Sala, che crollarono in una nuvola di polvere e calcinacci. I vetri andarono in mille pezzi, sparando schegge ovunque, e Voldemort fu costretto a Smaterializzarsi. Ricomparve ai piedi della scalinata, dove la Trollope lo attaccò a sorpresa. Lei e la McGranitt erano ancora lì.

La strega volò indietro di dieci metri, quando il Signore Oscuro fece un gesto con la mano, e si schiantò contro un muro. La McGranitt si portò le mani alla bocca, reprimendo un grido.

Ariana si voltò ancora, frustrata. Voldemort le sfuggiva come se fosse cosparso di sapone, e lei voleva uno scontro diretto. Prese la mira e gridò: - Avada Kedavra! –

Voldemort si girò verso di lei quando parò la maledizione con una smorfia. Alzò una mano bianca e schioccò le dita, mentre il pavimento sotto i piedi di Ariana si sgretolava come se fatto di sabbia. Lei saltò all’indietro.

- E’ me che vuoi! – urlò, - Vienimi a prendere! -

- Ti sto lasciando il tempo di renderti conto di quanto stai sbagliando – ribatté il Signore Oscuro, facendo qualche passo verso di lei.

Ariana lo attaccò, ma anche questa volta l’incatesimo non andò a segno.

- Non passerò mai dalla tua parte! – gridò.

Il soffito crollò quando Voldemort scoppiò a ridere, senza però che nessun pezzo lo sfiorasse. Ariana fu costretta a spostarsi per non essere travolta.

- Davvero? – disse lui, - Cambierai idea, Merope! -

Si voltò verso la Trollope, e prima che lei potesse fare qualcosa, la strega venne colpita da un getto di luce bianca e stramazzò al suolo.

- NOOOOOOOOO! -

Il grido straziante di Ariana riverberò nelle mura martoriate del castello come l’ululato di un lupo ferito. E a quell’urlo disperato si aggiunse la risata gelida di Voldemort.

Qualcosa di folle, di inspiegabile, prese possesso di Ariana. Come un felino dagli occhi di ghiaccio, fece un balzo in avanti con la bacchetta alzata, senza vedere altro che il suo nemico.

Incantesimi volarono da tutte le parti, quando Ariana diede inizio alla catastrofe. La scala di marmo crollò con un rumore assordante, colpita in pieno da una maledizione. Pezzi di vetro trafissero l’aria come frecce impazzite, conficcandosi nei muri che si sgretolavano come se fatti di polvere.

I tappeti presero fuoco quando Ariana sparò una fiammata nera dalla bacchetta, sfiorando il mantello di Voldemort. Avanzava sempre di più, avvicinandosi a suo padre mossa da una forza incontrollabile. Vedeva il suo obiettivo immobile al centro della sala, il volto deformato in un ghigno, ma che non accennava ad attaccarla.

Il portone di quercia si spalancò, colpito dalla furia omicida di Ariana. L’aria gelida della notte entrò nella Sala, riportando per un momento la ragazza alla realtà.

Non stava vincendo. Non era riuscita nemmeno una volta a colpire suo padre.

Con un gesto di rabbia, scacciò quel pensiero. Lei doveva vincere, perché era la vendetta che voleva: per lei, per Argo, per Piton, per Silente, per la Trollope, per il mondo magico. Non poteva perdere, perché la sua missione era qualla di trionfare…

Alzò la testa, e guardò suo padre negli occhi. Il rosso del sangue e il verde della speranza si incontrarono, carichi di sentimenti contrastanti. Rimasero a guardarsi per qualche secondo che parve un’eternità, in mezzo alle macerie della scuola e al fuoco che bruciava intorno a loro.

“Avanti, Ariana, lo puoi sconfiggere. Datti da fare”.

Strinse la presa sulla bacchetta, senza muoversi. Voleva ucciderlo, cancellarlo dalla faccia della terra, distruggere il suo regno di terrore e di disperazione. Ne aveva il diritto.

La sua mano si mosse così veloce che nessuno sarebbe stato in grado di vederla…

- Avada Kedavra! -

Il fiotto di luce verde guizzò rapido nell’aria, andando a colpire in pieno petto il Signore Oscuro. Un brivido lo scosse da capo a piedi, e il suo ghigno si spense.

Ariana rimase a guardarlo trionfante, mentre le iridi rosse si allargavano dalla sorpresa. Il sorriso le si disegnò sulle labbra, mentre una delle mani bianche di Voldemort si apriva lentamente e il mantello fluttuava leggero…

Poi, sul volto serpentesco di Voldemort si aprì un sorriso, largo e gelido come lei non lo aveva mai visto. Mosse leggermente il capo, mentre il ghigno sul viso di Ariana si spegneva così come era nato.

- Non puoi uccidermi – disse Lord Voldemort.

Ariana volò all’indietro, ritrovandosi stesa sul pavimento dolorante e senza parole. Non aveva funzionato, non era riuscita a batterlo…

Si rialzò, ma qualcosa la colpì sul viso con un sibilo. Si portò una mano allo zigomo, dove un lungo taglio si apriva e colava copiosamente sangue. Il dolore la riportò alla realtà, mentre alzava lo sguardo su suo padre. Lui sorrideva, come sempre.

Non si sarebbe fermata. Mai. Piuttosto sarebbe morta con lui.

La voragine sul pavimento si aprì ancora di più, quando lei evocò un incantesimo di magia oscura. Fiamme nere invasero l’apertura, illuminando la notte con luci malefiche. Il fuoco guizzò alto cinque metri, un’inferno riportato alla realtà.

Raggiunse Voldemort e lanciandogli una maledizione lo fece indietreggiare, pronta a spingerlo in quel fuoco oscuro e purificatore. Era l’unico modo che aveva per ucciderlo.

Poi, si accorse di non avere più forze. Qualcosa in lei si stava rompendo.

Fu troppo lenta per schivare la luce arancione che la colpì, gettandola nuovamente a terra senza fiato. La bacchetta le scappò di mano, atterrando lontano con un tonfo secco che riecheggiò nel silenzio della Sala.

Cercò di rialzarsi, ma una forza sconosciuta la teneva inchiodata al pavimento. Riuscì a muovere la testa quel tanto che bastava per vedere dove era finita la sua bacchetta.

Era là, a terra, lontana venti metri da lei. Adagiata sul pavimento crepato, spenta. Troppo lontanta per essere recuperata.

Voldemort si avvicinò lentamente, fissandola. Non sorrideva più, e i suoi occhi rossi sembravano soddisfatti.

Si fermò vicino a lei, immobile a terra.

Ariana guardò suo padre, che torreggiava su di lei. Puntò le mani sul pavimento, nel disperato tentativo di rialzarsi. Riuscì solo a mettersi seduta, senza forze e con il fiato corto.

Sconfitta.

Aveva perso.

Aveva fallito.

- Uccidimi – mormorò.

Voldemort rimase in silenzio a guardarla.

Il sangue caldo scorreva sulla guancia di Ariana, ma lei non sentiva più il dolore fisico. Era il dolore che aveva dentro che le toglieva il fiato. Perché lo sapeva che non aveva più speranze di vincere.

Ci aveva creduto, con tutta se stessa. La Profezia lo diceva: lei avrebbe sconfitto Voldemort. E lei, fin dall’inizio, si era adagiata su quella consapevolezza.

Stupida.

Era stata un’idiota. Come aveva potuto credere di poter sconfiggere suo padre, quando nessuno ci era mai riuscito? Cosa l’aveva resa così convinta di potercela fare?

Battè violentemente un pugno sul pavimento. Si vergognava di se stessa. Aveva miseramente fallito.

- Uccidimi – ripetè, la voce rotta e i capelli che le ricadevano sul viso.

Voleva morire subito, e smettere di soffrire inutilmente. Ora che sapeva di non avere altra speranza per andare avanti, voleva chiudere il sipario sulla storia della sua vita.

Alzò la testa, e guardò suo padre negli occhi.

- Uccidimi! – gridò, rabbiosa.

Voldemort sorrise, e nel suo ghigno qualcosa speventò a morte Ariana.

- No – rispose.

Una lacrima solcò la guancia ferita di Ariana, bruciando sullo zigomo come fuoco.

- Uccidimi subito! – gridò ancora, fissando suo padre.

- Morire sarebbe troppo facile – ribatté Voldemort.

Ariana spalancò gli occhi, le mani poggiate sul gelido pavimento, che ora non era nemmeno lontanamente freddo come la sua pelle.

- La peggior punizione che posso darti e farti rimanere in vita – sentenziò Voldemort.

Ariana digrignò i denti. – Ammazzami adesso, e lasciami in pace – ringhiò.

Il Signore Oscuro sorrise. – Continuerai a vivere – disse, - E vivrai nella vergogna e nel rimorso, finchè non capirai qual è il tuo errore… -

E con un guizzo, Voldemort scomparve, lasciando Ariana sola, seduta sul pavimento della Sala Grande, tra le macerie della sua anima distrutta e senza forze.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed eccomi con il nuovo capitolo… Allora, cosa ne pensate? Non ditemi che qualcuno pensava già che fossimo arrivati alla fine! Avrei chiuso la storia sul più bello!

No no, ci sono ancora diverse cose da raccontare. La sconfitta di Ariana è solo l’inizio, perché ora entreremo nella fase più “oscura” della storia. Niente anticipazioni, però!

Come avete visto, la sicurezza di Ariana non è bastata a farle guadagnare la vittoria. Voldemort si è rivelato più forte, anche davanti all’amore e poi alla rabbia di sua figlia. Tuttavia, il Signore Oscuro ha mostrato tutta la sua malvagità: invece di uccidere Ariana, ha preferito lasciarla vivere e condannarla a sentirsi umiliata per il resto dei suoi giorni. Una cosa che lei non può sopportare, e lui lo sa benissimo.

Che dire: Ariana manderà giù questo rospo e troverà un’altra soluzione? Oppure si lascerà prendere dallo sconforto? A voi lascio formulare l’ipotesi…

 

 

 

Kaimy_11: eh… Purtroppo, anche un altro personaggio se ne va… Almeno la Trollope ha avuto “l’onore” di essere sconfitta dal più grande mago di tutti i tempi… Non è una grande consolazione, però. E sulla paura che hai… , mi sa tanto che fai bene! ^.^ Baci!

 

 

Smemo92: grazie dei complimenti! Come hai detto tu, Ariana confidava sull’amore, ma non è bastato per vincere… Ci vuole qualcos’altro, certe volte, e questa è una di quelle. La sua sicurezza è stata forse la sua rovina… E’ sopravvissuta, ma ora deve vedersela con i suoi fantasmi. E sarà di nuovo la solitudine a farle da consigliere… Baci!

 

 

Lexie__o: anche io avrei puntato sulla Trollope, a dir la verità! ^.^ , ma Ariana è forte, e lo sa. Non si sarebbe imbarcata in una sfida del genere se non fosse stata sicura delle sue capacità. Ma con suo padre ha fatto male i calcoli: non è riuscita a batterlo, nemmeno contando sull’amore… Suo l’errore, sua la ricerca della soluzione… Baci!

 

 

Ringrazio tutti coloro che seguono, e che hanno la fic tra le preferite. Inoltre, anche quelli che l’hanno inserita tra le “seguite” (anche se non ho capito la differenza tra “preferite” e “seguite”… XD).

 

 

Baci!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 37
*** L'ultima scelta ***


Capitolo 35

Capitolo 35

L’ultima scelta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana rimase immobile, paralizzata dalla schiacciante verità. Era ancora viva, e non era felice di esserlo.

Fissò con occhi spenti le macerie del soffitto, blocchi di granito sgretolati in mezzo alla Sala, e in fondo, il corpo senza vita della professoressa Trollope. Dal portone spalancato entrava una leggera brezza gelida, sollevando piccole nuvolette di polvere.  Non c’era nessuno, a parte lei.

Il silenzio premeva nelle orecchie di Ariana come un tappo, sorda a tutto tranne al suo dolore profondo e lacerante. La sua anima martoriata era stata definitivamente spezzata, e questa volta non avrebbe avuto la forza di reggere. Sarebbe impazzita.

Stupida”.

Aveva messo in pericolo la vita di tutti, con la sua baldanza. Era stata così convinta di vincere, che non aveva pensato alle conseguenze dei suoi gesti, di quello che avrebbero comportato.

Le sue ipotesi erano state due: vincere, oppure morire.

Nessuna delle due si era verificata, e lei era ancora lì, viva e sconfitta.

Come poteva alzarsi e tornare dai suoi amici, dicendo loro che aveva miseramente fallito? Come poteva sopportare di andare avanti sapendo di non avere più alcuna speranza?

Suo padre aveva ragione: lasciarla vivere era la punizione peggiore che poteva darle. Se fosse morta, avrebbe smesso di preoccuparsi di quello che c’era da fare o di cosa avrebbero pensato gli altri. Sarebbe morta da eroina, combattendo il più grande mago di tutti i tempi.

Una smorfia le si dipinse sul volto tumefatto.

Il mondo magico aveva bisogno di un solo eroe, e quella non era lei. Ariana Drake sarebbe rimasta nell’ombra, come previsto.

Con uno sforzo immenso, si alzò e recuperò la bacchetta. Una forza misteriosa la costrinse a dirigersi verso il portone, uscendo nel parco buio. All’inizio camminò lentamente, come se fosse la solita vecchia e spensierata passeggiata con Argo. Poi i suoi piedi iniziarono a correre, portandola davanti alla tomba bianca di Silente.

La fissò, conoscendo il motivo che l’aveva spinta ad andare lì.

Silente sapeva? Conosceva la Profezia? Aveva previsto che fallisse? Aveva scelto lei per caso, oppure il suo era un piano ben congegnato che superava anche la sua morte?

Un’altra lacrima salata le rigò la guancia, e poi un’altra. Piangeva, piangeva perché dopo tutto quel tempo, dopo tutti quei sacrifici, non era riuscita a raggiungere il suo obiettivo. Aveva deluso se stessa, aveva deluso Silente, aveva deluso il mondo.

Aveva perso.

Aveva perso tutto.

L’infanzia, la dignità, l’affetto, la libertà. E poi Argo, Gabriele, Piton, la Trollope, lo stesso Silente. Cosa le rimaneva?

Solo Draco, e la vergogna.

Poggiò le mani sul marmo gelido, gli occhi chiusi inondati di lacrime. Piano piano, scivolò a terra, con le ginocchia doloranti sulla poca erba sopravvissuta. E così rimase, senza sentire il freddo il dolore fisico. Senza sentire la fatica o lo scorrere del tempo. In silenzio, con una sola domanda.

Silente sapeva?

L’aveva cresciuta, insegnandole magie che nessun’altro doveva conoscere. L’aveva disprezzata per il sangue che le scorreva nelle vene, per il nome che portava. L’aveva dichiarata una strega brillante, e le aveva affidato un compito: proteggere Harry Potter e aiutarlo a sconfiggere Voldemort.

Nel giro di qualche ora, aveva quasi mandato all’aria tutto: non era riuscita a piegare il Signore Oscuro, nonostante la sua presunzione l’avesse assicurata della vittoria, e per poco non faceva ammazzare tutti.

E se Voldemort l’avesse uccisa? Sarebbe poi passato a Harry, aprendo senza nessuno sforzo la porta che lei aveva sigillato con i suoi incantesimi, e nel giro di qualche secondo tutta la speranza del mondo magico sarebbe svanita…

Perché Silente non le aveva detto nulla, e l’aveva lasciata da sola? Ora cosa doveva fare?

Alzò un momento lo sguardo al cielo stellato, chiedendosi se veramente esistesse un altro mondo… Pur di parlare con lui lo avrebbe riportato indietro, a qualunque costo.

Il pugno calò sul marmo bianco con un tonfo: lo detestava. Le aveva dato sempre ordini e le aveva sempre detto quello che non doveva fare. Ora che le serviva, non c’era.

- Lei sapeva… – mormorò Ariana, rivolta al cielo buio. – Lei sapeva che avrei fallito! -

La sua voce riecheggiò nell’aria, mentre il vento continuava a soffiare.

- Lei sapeva tutto! – gridò, battendo le mani sulla tomba bianca, - Ma se n’è andato! Ha lasciato a noi, a me, il compito! Ha preferito dileguarsi, lasciasi uccidere, piuttosto che prendere parte a questa guerra! -

Ariana sapeva che forse le sue parole erano sbagliate, ma in quel momento aveva bisogno di qualcuno su cui sfogare tutta la sua rabbia e la sua frustrazione: e quel qualcuno doveva essere Albus Silente.

- Mi ha sempre disprezzato, eppure non si è fatto nessun problema a lasciarmi in mezzo a questo casino, vero? – urlò al vento, - Lei aveva sempre saputo che ero una fallita… Sapeva sempre tutto, lei! -

Non si era nemmeno accorta che la tomba bianca ora era sporca di sangue, del suo sangue. Continuava a battere il pugno sulla lapide, aspettando una risposta che sapeva non sarebbe mai arrivata.

Era furiosa, furiosa come non lo era mai stata nella sua vita. Voleva Silente, lo voleva subito davanti a lei.

E sapere che non poteva la faceva arrabbiare ancora di più.

Quanto si era illusa, in tutti quegli anni. Credeva di poter riscattare se stessa combattendo suo padre… Che idiozia.

Come aveva potuto credere che bastasse farsi in quattro per far dimenticare al mondo che era la figlia di Voldemort?

All’improvviso ricordò che c’era qualcosa di Silente, nella scuola, nel suo vecchio ufficio… Il suo quadro.

Ariana scattò come una molla, attraversando il parco buio e deserto, e raggiunse il castello semidistrutto. Non incontrò nessuno lungo la strada, perché corse così veloce che nemmeno il vento riuscì a starle dietro.

Con un incantesimo sfondò la porta dell’Ufficio del Preside, ed entrò dentro come una furia. Era vuoto: la McGranitt forse era fuggita. Al momento non le interessava.

Alzò lo sguardo: il volto di Albus Silente la scrutava dal quadro appeso sopra la scrivania di legno scuro, gli occhi azzurri scintillanti dietro le lenti degli occhiali. Teneva le mani una sull’altra, nella solita dimostrazione di tranquillità che lei in certi momenti odiava.

- Lei lo sapeva? – domandò Ariana, la voce dura e fredda come il ghiaccio.

Silente la guardò, sbattendo le palpebre. Si mosse impercettibilmente, ma non rispose.

- Sapeva della Profezia? – chiese Ariana, controllando il tono per non sembrare fuori di sé.

Il vecchio mago chiuse un momento gli occhi, sospirò, ma ancora non disse nulla. Ariana sentiva la rabbia ribollire nelle vene come fuoco liquido: voleva risposte, subito.

- Mi parli -

Era un’ordine, l’unico che si era mai permessa di dare a Silente. Il Preside, però, continuò a tenere le labbra chiuse, come se non fosse in grado di parlare. O non volesse.

- Mi parli! – gridò Ariana.

Tremava. Tremava di rabbia repressa. Guardò Silente, che continuava a rimanere zitto. Perché non le voleva parlare?

L’ira scoppiò all’improvviso, dentro Ariana. Afferrò la scrivania e la rivoltò senza sforzo, facendola cadere pesantemente sul pavimento, e spargendo in giro tutto quello che c’era sopra. Avrebbe distrutto tutto, se fosse stato necessario per fargli aprire bocca.

- Deve parlarmi! – urlò, fissando il ritratto con occhi che emettevano lampi, - Deve piantarla di stare zitto e fare quello che sa sempre tutto! -

Il ritratto la guardò, ma dagli occhi azzurri non trasparì nulla. Sembrava assolutamente distaccato, nemmeno lontanamente turbato.

Ariana, invece, lo odiava.

Gli sarebbe saltata addosso, se solo lo avesse avuto davanti a lei in carne e ossa. Avrebbe riversato tutta la rabbia che aveva in corpo, gridandogli quanto lo detestasse. L’aveva usata, e poi l’aveva abbandonata lasciandole un compito troppo grosso per lei.

Ansimante, Ariana guardò Silente negli occhi.

- Lei non mi vuole parlare – disse, con la voce che tremava, - Ma può ascoltarmi. Sa cosa le dico? Io sono una fallita, ma lei lo è quanto me. Non è stato in grado di prepararmi abbastanza. Mio padre aveva ragione: non è riuscito a mutare la mia natura. Lo sa perché? -

Tacque, fissando il quadro con un ghigno perverso sul volto.

- Perché io odio. Odio a morte lei, e tutto il resto del mondo. Ho ucciso, e non provo alcun rimorso. Ha cercato di soffocare Merope Zahira Riddle, ma lei è ancora viva, dentro di me. E vuole vendetta, esattamente come la voglio io -

Continuava a tremare, senza riuscire a fermarsi. A stento riusciva a controllarsi per evitare di radere al suolo tutto l’ufficio.

- Sono stufa di essere quella che deve rinunciare a tutto – continuò, - Sono stufa di subire e stare zitta. Sono stufa di perdere sempre. Sono stufa di essere usata. E per questo voglio vendetta. Vede? Ha fallito. Io sono una creatura del buio e lo rimarrò per sempre… -

La lingua correva più del pensiero, e Ariana stava riversando tutto quello che aveva dentro. Non le importava cosa il mondo avrebbe pensato di lei, perché aveva preso la sua decisione. Questa volta quella giusta.

Sorrise.

- Sa perché le dico questo? Perché so esattamente quello che devo fare… Ho ancora una possibilità. Voglio vendetta, e l’avrò. A qualsiasi costo. -

Fissò Silente negli occhi, con un ghigno malvagio che le deformava il volto.

- Io diventerò come mio padre. Forse Ariana non può sperare di sconfiggere Voldemort, ma Merope sì. E Merope sarà la Chimera. Si prenderà quello che ha reso più forte suo padre -

Era pronta. Era sicura. Era consapevole di quello che la sua scelta comportava.

L’unico modo che aveva per uccidere Voldemort era diventare come lui, prendersi il Potere che lo aveva reso così potente, e offrire qualcosa in cambio.

- E ora, se vuole fermarmi, parli. Oppure stia zitto, e lasci che io risolva la situazione -

Guardò Silente con il sorriso sulle labbra, un sorriso che non era quello di Ariana. Ariana non aveva più le forze per andare avanti, perché stava lentamente morendo. Era stata sconfitta, e sarebbe morta quella notte.

Merope sarebbe stata libera. Libera di sfogare la rabbia di due anime sul mondo intero, libera di sconvolgere la terra con la sua furia nera, libera di prendersi la sua vendetta.

Silente rimase in silenzio, ma qualcosa passò nei suoi occhi. Ariana sorrise davanti a quel volto vecchio e segnato, che aveva sempre ostentato serenità e tranquillità, e che ora sembrava… Triste.

- Lo aveva previsto? – domandò Ariana, - Aveva previsto che alla fine sarei diventata quello che lei ha sempre cercato di soffocare? Aveva immaginato che alla fine mi sarei liberata dalle sue catene?

- Non ho paura. Non me ne frega niente di quello che penserà la gente. Voglio solo prendermi la mia vendetta e uccidere Voldemort. E se lei fosse qui, me la prenderei anche con lei. Quello che accadrà dopo, non sarà di mio interesse

Ariana non aveva perso la ragione, anzi. Non era mai stata lucida come in quel momento. Ma non era Ariana che stava pensando quelle cose, era Merope.

Merope, la figlia del male, tenuta segregata fino a quel momento, si stava liberando. La rabbia aveva spezzato le catene della sua prigione, e spalancato i cancelli della sua gabbia. Come una belva inferocita, si apprestava a riguadagnare la libertà, pronta per la caccia con cui avrebbe saziato la sua fame.

- Mi fermi, se vuole -

Ridacchiò. Non l’avrebbero fermata, ne Silente ne nessun’altro. Merope aveva preso il comando, e non rimaneva che agire.

Doveva dare qualcosa in cambio, per ottenere il Potere di suo padre. E lei sapeva cosa.

Non aveva nulla di prezioso da offrire in dono, se non qualcosa che ora per lei non aveva più alcun valore.

La sua vita.

Si girò verso Silente, lo fissò negli occhi e disse: - Addio

Lasciando tutto dietro di se, Ariana uscì dall’ufficio, lentamente. Non si guardò indietro, anche se sentiva lo sguardo del quadro di Silente sulla schiena.

Era l’unica scelta che poteva e voleva fare. Voldemort era diventato troppo forte per essere sconfitto da un’umano, e solo qualcuno come lui poteva sperare di riuscire a fermarlo. Né Harry né Draco erano abbastanza motivati per prendere quella decisione, e lei non voleva mettere in pericolo nessuno dei due.

Non aveva paura, perché era sicura fosse scritto nel destino che lei avrebbe dovuto diventare la nemesi perfetta di Lord Voldemort. Non si può rinnegare la propria natura, e nemmeno lei lo avrebbe fatto. Era il suo fato continuare a lottare contro le tenebre che aveva nel cuore, e alla fine accettarle…

Era consapevole che quella decisione l’avrebbe portata sicuramente alla morte, ma c’era qualcosa dentro se stessa che la rendeva indifferente. Non le importava di perdere tutto, tranne… Tranne Draco.

Per consentire a lui di vivere, era disposta a perdere la vita. Non poterlo più avere accanto era l’unica cosa che rimpiangeva. Se una volta pensava di avere ancora tante cose da fare, ora non le interessava più. Voleva solo essere lasciata in pace, togliersi quel peso che per diciassette anni si era portata sulle spalle. Tanto sapeva che, anche se lei si fosse rivelata l’unica persona in grado di fermare Voldemort e di farlo cadere, non avrebbe mai smesso di essere sua figlia.

Alla fine se ne era resa conto: non era la gente che non accettava Ariana Drake per quello che era, era Ariana Drake che non accettava se stessa. Che avesse vinto o che avesse perso, avrebbe continuato a disprezzarsi perché non poteva cambiare il sangue che le scorreva nelle vene. Non avrebbe mai vissuto in pace finché non avesse estirpato dalla propria anima Merope Riddle, e il modo migliore per farlo era lasciarla libera di cercarsi la morte da sola.

Ariana, ormai, stava morendo. O forse non era mai esistita. Era la pallida maschera che Merope aveva indossato per spacciarsi per qualcun altro, ma alla fine era stata sempre lei a manovrare i fili della vita di Ariana. Le aveva consentito di sopravvivere fino a quel momento, sapendo che prima o poi sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe riguadagnato la libertà.

Ma prima di andarsene e lasciare il posto alla sorella delle tenebre, Ariana voleva ancora fare qualcosa.

Varcò la soglia del dormitorio di Grifondoro con passo sicuro, trovando Harry, Draco, Ron ed Hermione in compagnia della McGranitt, scarmigliata e ferita. Stavano parlando animatamente, e sembrava che la professoressa volesse farli andare via.

Quando la videro entrare, ferita e sanguinante, rimasero un momento in silenzio. Lo sguardò di Ariana cercò subito quello di Draco, e lo vide illuminarsi nel trovarla ancora viva. Ebbe l’istinto di saltargli addosso e abbracciarlo, ma si trattenne. Nessuno notò il suo cambiamento: la machera continuava a reggere.

- Voldemort se n’è andato – disse Ariana, atona.

- Cosa è successo?! – domandò Draco. Anche lui sembrava sul punto di correrle incontro, ma non lo fece.

- Ho perso – rispose Ariana, neutra, - Se n’è andato, ma tornerà –

Draco, Harry, Ron, Hermione e la McGranitt la guardarono con gli occhi spalancati. Si chiedeva cosa stessero pensando di lei, anche se non le importava gran chè: la rabbia che ribolliva dentro di lei era troppo grande per essere messa da parte dalla paura.

- Hai perso… - mormorò Harry, - E ora… che facciamo? -

- Fate quello che volete – rispose Ariana, secca, - Tornate a Grimmauld Place, fuggite e nascondetevi… In questo momento non so cosa sia meglio fare –

- Tornate tutti al Quartier Generale – ordinò la McGranitt, prendendo in mano la situazione – Almeno sarete al sicuro –

Ariana la guardò. – Non esistono più posti sicuri - ribatté, - Voldemort non vi ha voluto uccidere stanotte perché era qui per umiliare me… Per lui non sarà un problema trovarvi, ovunque voi siate

Voleva che se ne andassero da quella stanza, che si togliessero dai piedi. Guardò fuori dalla finestra: era ancora notte, ma mancava poco all’alba.

- Andate a dormire – disse, - Decideremo dopo con più calma cosa fare -

Harry continuava a guardarla, gli occhi verdi quasi spalancati. Sembrava sconvolto.

- Avevi detto che eri sicura di vincere – disse, anche se il suo tono non era accusatore.

- Voldemort è troppo forte per me – rispose Ariana, - Ma non mi fermerò: questa notte ha vinto lui, ma la guerra non è ancora finita –

- Cosa pensi di fare? – domandò Hermione.

Non voleva dirglielo, e non glielo avrebbe detto. Le sue intenzioni erano un segreto tra Ariana e Merope, e nulla sarebbe trapelato finché non fosse stata Merope a rivelarlo.

- Ancora niente – disse Ariana, - Ma conto di trovare una soluzione in poco tempo -

Nessuno parve convinto dalle sue parole, ma rimasero tutti in silenzio. Ariana guardò la McGranitt.

- Può andare. Per favore si occupi del corpo della Trollope, e controlli che gli altri professori stiano bene. Domattina le comunicheremo i nostri piani. -

- Avvertirò i membri dell’Ordine – disse la professoressa. – Verranno a prendervi… -

- No – disse brusca Ariana, - Non è necessario. Non so quando Voldemort tornerà a cercarci, ma credo che il primo posto in cui penserà che ci siamo rifugiati sia proprio Grimmauld Place. Quindi, forse è più pericoloso andare lì, che rimanere a scuola –

La McGranitt la scrutò in silenzio, come se dubitasse delle sue facoltà mentali. Però non disse nulla e lasciò la Sala Comune senza obiettare niente.

Ariana tornò a guardare Draco. – Vai nel tuo dormitorio… Ti raggiungo –

Il Serpeverde annuì, poi lasciò la Sala Comune a passo lento, guardandosi ogni tanto indietro. Ariana attese che uscisse, poi continuò: - Il Potere di Voldemort è più grande di quanto avessi immaginato. Nemmeno l’Avada Kedavra funziona. Troverò comunque il modo di sconfiggerlo

- Che cosa era in grado di fare? – domandò Ron.

- Qualunque cosa – rispose Ariana, - Ma avrà un punto debole, e io sono intenzionata a scoprirlo –

Tutto quello che stava dicendo lo diceva per convincerli che la sua sconfitta non fosse poi così grave: voleva dargli l’impressione di avere ancora tutto sotto controllo. Non era così, perché la situazione le era sfuggita di mano, e la decisione che aveva preso lo confermava. Ottenere lo stesso potere di Voldemort era l’ultima speranza che aveva di sconfiggerlo, anche se le sarebbe costato la vita.

- Andate a dormire -

Con quelle ultime parole, Ariana si voltò e uscì dal dormitorio, lo sguardo a terra. Avrebbe voluto dirgli addio, perché nessuno di loro avrebbe mai più rivisto Ariana, ma non poteva per evitare di destare sospetti. Nemmeno Draco avrebbe dovuto sapere.

Raggiunse la porta dei sotterranei dei Serpeverde cinque minuti dopo, e recitò la parola segreta che Draco le aveva rivelato. Entrò nella Sala Comune di pietra, dove il fuoco scoppiettava pigramente nel camino, davanti a divani verdi e neri. Trovò Draco in piedi vicino alla porta della sua camera, a braccia incrociate.

Ariana lo guardò: era vivo, ed era tutto quello che desiderava. Era l’ultima volta che lo vedeva, perché non sapeva cosa sarebbe accaduto quando fosse diventata come Voldemort… Forse non avrebbe resistito al male, e sarebbe diventata un demone dannato e senza speranze… Finchè Ariana continuava a respirare, il suo fiato sarebbe stato per lui.

Gli si avvicinò piano piano, alzandosi sulla punta dei piedi per sfiorare la sua bocca con le sue labbra. Draco la cinse con le braccia, accarezzandole la schiena con delicatezza, entrambi imprigionati in un bacio denso di passione.

- Ho una promessa da mantenere – soffiò Ariana.

Quella sarebbe stata la loro prima e ultima notte insieme. Forse non era ancora tanto sicura di quello che stava per fare, ma era la sua ultima occasione e la voleva usare, soprattutto per lui. Aveva atteso anche troppo, per i suoi standard, e lei voleva ripagarlo per tutta la fiducia e l’affetto che era stato in grado di darle. Sarebbe stata sua e di nessun altro.

Davanti alle sue parole Draco si bloccò e la guardò negli occhi. Rimase a fissarla per qualche momento, l’espressione ansiosa nelle iridi d’argento.

- Sei sicura? – domandò.

Ariana annuì con un sorriso, e si lasciò spingere fino al letto della camera del Serpeverde. Aveva paura, paura di non essere all’altezza e di sembrare una sciocca. Era irrazionale, lo sapeva, ma non poteva fare a meno di pensare quanto fosse inesperta…

Finirono uno sull’altro sul letto a baldacchino, incatenati in un bacio appassionato. Ariana assaporava quel momento come non aveva mai fatto, sapendo che sarebbe stato l’ultimo.

- Ariana… Sei sicura? – domandò di nuovo Draco, a un soffio dalle sue labbra.

La ragazza sorrise, sfiorando con la sua fronte quella del Serpeverde. Chiuse gli occhi e con un sospiro rispose: - Draco… Ti amo. Adesso e per sempre. E non sono mai stata così sicura in tutta la mia vita

E allora Draco la baciò, travolgendola con il suo corpo, sfiorandola con le sue mani esperte, guidandola con dolcezza. Perché quella era la loro notte, la prima e l’ultima, ed era quella in cui Ariana sarebbe morta tra le braccia di colui che amava e avrebbe amato per sempre, di colui a cui avrebbe regalato il suo ultimo respiro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, premetto che non sono sadica nel troncare i capitoli sul più bello… Immagino che qualcuno di voi avrebbe voluto una descrizione più “particolareggiata” della notte tra Ariana e Draco, ma non voglio essere né morbosa né volgare, e rimango coerente con lo stile che ho usato fin dall’inizio: pochissime parolacce, niente volgarità se non appena accennate. Anche perché non voglio alzare il rating e permettere così a tutti di leggere la fic. La mia è una scelta di stile, spero la apprezziate.

Ora, passiamo al commento del capitolo. Come vedete, gli eventi hanno spinto Ariana a prendere una decisione che la porterà a rinnegare per sempre quello che ha cercato di essere. Come era scritto nella presentazione della fic, per sconfiggere il male bisogna conoscerlo e sperimentarlo, bisogna esserne parte. Alla fine, Ariana lascerà che sia Merope, la sua parte malvagia tenuta nascosta per anni, a compiere il suo destino: sconfiggere Voldemort. E per farlo, la figlia del Signore Oscuro non poteva che compiere una sola scelta: diventare come lui.

Ciò che voglio vi arrivi sia la dualità Ariana/Merope, che rappresentano la più antica battaglia che esiste al mondo: quella tra bene e male. E lei è la Chimera proprio per questo, perché composta da due elementi perennemente in guerra tra loro, distanti ma al tempo stesso indissolubilmente legati. Esattamente come Ariana, la parte “buona”, e Merope, quella “cattiva”. L’una ha sostenuto l’altra durante agli anni, permettendo alla Chimera di sopravvivere, ma alla fine quella più forte tra loro due ha trionfato: Merope, alimentata dalla rabbia, è riuscita a spezzare le sue catene e ha prendere il sopravvento, rappresentando idealmente la rabbia di Ariana.

Questo è un capitolo abbastanza introspettivo, e devo dire che mi piace molto. Ci ho messo diverso tempo a scriverlo, perché volevo trasparissero i sentimenti di Ariana…

 

Ho deciso di togliere la sezione “Nel prossimo capitolo”, tanto credo sia inutile. Oltretutto, in questa fase della storia penso che anticipi troppo rovinando la sorpresa.

 

 

Lexie__o: eh, lo so, Voldemort è diventato veramente potente, ed è immune alla morte… Ariana, intanto, ha fatto la sua scelta, la più difficile e pericolosa, ma l’ha fatta… Grazie dei complimenti! Baci!

 

Sasori_Akatsuki: ciao! Non ti preoccupare se non hai recensito, l’importante è che hai letto! Guarda, il fatto che tu non abbia parole è il complimento più grande che potessi farmi! Sono contentissima! Baci!

 

Smemo92: l’ultima frase me la sono studiata per bene, volevo una cosa ad effetto! No, a dir la verità mi è venuta spontanea, non ci avevo pensato molto su… Però sono contenta abbia lasciato il segno! Come vedi, Ariana ha trovato la “soluzione” al problema… Che dire: vedere per credere! Baci!

 

Kaimy_11: vedrai, vedrai, riprenderai il filo della storia molto presto… Ora ci sarà molta più azione, e meno dialoghi interiori… Avrai tempo per capire tutto! Baci!

 

 

Un abbraccio a tutti coloro che continuano a leggere! Mi raccomando, almeno alla fine lasciatemi un commento!

 

 

Lhea

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 38
*** La Figlia delle Tenebre ***


Capitolo 36

Capitolo 36

La Figlia delle Tenebre

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si svegliò lentamente, con la luce della lampada del comodino sul viso. Sotto l’orecchio sinistro sentiva il cuore di Draco battere regolarmente, la testa appoggiata sul petto di lui. Aveva caldo, nonostante fosse completamente spogliata.

Con un gesto impercettibile, scostò un po’ il lenzuolo e guardò l’ora: erano le undici del mattino.

Si issò sulle braccia, e vide Draco muoversi nel sonno. Non voleva che si svegliasse.

Prima che il Serpeverde avesse il modo di accorgersi che si stava alzando, mormorò un’incantesimo sottovoce: ora non si sarebbe svegliato per altre sei ore.

Con un brivido, Ariana si mise a sedere e cercò con lo sguardo gli abiti e la bacchetta, adagiati ai piedi del letto. Li afferrò e si rivestì in fretta, sentendosi strana.

Era stato difficile per lei lasciarsi andare, farsi guidare dall’istinto in quella notte che sarebbe stata l’ultima della sua vita, ma era stato anche bellissimo. Draco, diversamente da quello che molti potevano pensare, era stato dolce e non le aveva messo né fretta né ansia. Con gesti delicati e gentili l’aveva guidata fino alla fine.

Ariana sospirò. C’erano tante altre cose che voleva fare, ma non ne aveva il tempo. Aveva preso la sua decisione, e non sarebbe più tornata indietro. Merope premeva per uscire, e la porta che aveva tenuto chiusa per anni stava cedendo.

Infilò la bacchetta nei pantaloni, si sistemò gli stivaletti di camoscio e prese il mantello nero adagiato su una sedia. Se lo mise con le spalle con deliberata lentezza, poi tornò a guardare Draco.

Dormiva, rilassato, senza sapere quello che lei stava per fare. Non sapeva se l’avrebbe mai più rivisto, perché non era nemmeno sicura che il suo piano funzionasse. Quando sarebbe tornata, magari non avrebbe ricordato nulla di lui e degli altri, o di chi era stata.

Si avvicinò al letto, in silenzio.

Lo stava facendo per lui, e per tutti gli altri. Lo stava facendo per il mondo magico e per quello babbano. Lo stava facendo per lei.

Con un fruscio del mantello, si abbassò su Draco e lo baciò sulle labbra, dispiaciuta di non sentire la sua risposta. Sorrise tristemente e gli sussurrò, in un soffio: - Addio, amore mio. Grazie di tutto –

Con un gesto brusco e una lacrima che le solcava il viso, Ariana si voltò e raggiunse la porta. Non si voltò mai indietro, perché un altro addio sarebbe stato troppo difficile.

Uscì dal dormitorio con passo silenzioso, e senza incontrare nessuno raggiunse la scala del terzo piano. Contò i gradini, fino a salire su quello desiderato, e si guardò intorno per un’ultima volta.

Hogwarts era semidistrutta, esattamente come lo era la sua anima. Chissà quanto avrebbe resistito ancora, prima di crollare inesorabilmente, trascinando nell’abisso con sé tutti i suoi ricordi…

Scosse la testa. Non era il momento di lasciarsi andare a sentimentalismi. Non le rimaneva più molto tempo.

E con gli occhi pieni di lacrime, si Smaterializzò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana si ritrovò in un grande campo d’erba, spazzato da un vento così freddo da farle venire i brividi. Il cielo nuvoloso del primo pomeriggio rendeva il posto selvaggio e impervio. Poco lontano, un cerchio di pietre antiche si ergeva solitario al centro della pianura, unico segno di un passaggio umano in quel paesaggio. Stonehenge era lì, a chiamarla.

Stringendosi nel mantello, Ariana avanzò fino al cerchio di pietre, la bacchetta in mano. Non sembrava esserci nessuno, anche se nella vicina città babbana vedeva le finestre barricate delle case.

Arrivata al limitare del monumento, si fermò a studiarlo. Alcune pietre erano cadute, e riposavano su un fianco, abbattute. Al centro del cerchio, c’era una lastra di marmo con delle incisioni, che da lì non riusciva a leggere.

Qualcosa la faceva esitare: non riusciva a mettere piede all’interno di Stonehenge. Girò intorno alle pietre, come a valutare da dove fosse meglio entrare. Passò una mano su uno dei pilastri, avvertendo sotto le dita le imperfezioni del minerale.

Sembrava tutto normale, ma sentiva che c’era qualcosa di particolare in quel posto. Era la fonte di un grande potere, nascosto lì da tempi immemorabili.

Chiuse gli occhi e trattenne il respiro, poi entrò nel cerchio di pietre.

La prima cosa che avvertì Ariana fu rabbia. Una rabbia fredda e antica, annidata lì come una bestia pronta ad attaccare. La avvolse come un manto bollente e oscuro, lasciandola stordita.

Poi, sentì una forza, superiore a qualunque cosa lei potesse immaginare. Una forza che apparteneva al passato, al presente, e al futuro. Senza origine e senza fine.

Ariana deglutì, quasi spaventata. Strinse la bacchetta e avanzò fino alla lastra di marmo su cui erano scritte delle parole in una strana lingua che lei riconobbe, e scoprì di saper leggere: Serpentese.

Era una preghiera di invocazione, per richiamare qualcosa di antico e potente dall’oscurità. Una preghiera che solo chi come lei veniva dal buio poteva pronunciare.

Appoggiò le mani al marmo gelido, e guardò un momento in lontanza il cielo nuvoloso. Poteva ancora tornare indietro, cercare un’altra soluzione.

“Non c’è un’altra soluzione. Prenditi ciò che ti spetta, apri le porte della prigione e liberami. Abbiamo una vendetta da prenderci”.

Era Merope a parlare in quel momento. La figlia di Voldemort, spietata e malvagia quanto lui. Era lei che aveva la forza necessaria per fare quella scelta, non Ariana. Ariana era morta quella notte, e non sarebbe mai più tornata.

Abbassò lo sguardo sulla lastra, con un sorriso freddo che le increspava le labbra. Avrebbe avuto ciò che desiderava ardentemente con tutta se stessa: la vendetta e la libertà.

Strinse il marmo e recitò:

- Io, creatura mortale vincolata allo scorrere del tempo, invoco voi, Dei della notte, esseri padroni del buio.

- Prostrandomi al vostro giudizio, chiedo di essere ammessa al vostro cospetto e porvi così la mia richiesta. Ascoltate la mia preghiera, o Dei dell’oscurità. A chiamarvi a sé è una vostra creatura, figlia del male e del buio. Ascoltate la mia preghiera, giungo a voi con un dono. –

Le parole di Ariana caddero nel silenzio. Staccò le mani dalla lastra e si guardò intorno.

All’improvviso, qualcosa nell’aria cambiò. Un vento gelido spazzò la pianura, annodandole i capelli e facendo sventolare il suo mantello. Il cerchio di pietre sembrò dilatarsi a dismisura, mentre il cielo diventava nero come una notte senza stelle. Un fulmine lontano colpì la terra, accecando Ariana per un momento e costringendola a chiudere gli occhi.

Quando li riaprì, non vide nulla. Solo nero.

Spostò la testa a destra e sinistra, spaventata, ma non vedeva assolutamente niente. Era finita in un pozzo di oscurità che nemmeno la magia riusciva a illuminare.

- Ti attendevamo – disse una voce, rimbombando in quella prigione di nulla. Era una voce profonda e al tempo stesso acuta, di cui non si riusciva a distinguere la provenienza. Una voce così antica da farle tremare i denti e le ossa.

Ariana rimase in silenzio, fissando davanti a sé senza vedere altro che oscurità. Aveva paura, una paura quasi incontrollabile, istintiva.

- Ti attendevamo – ripetè la voce, - Aspettavamo la tua venuta, Chimera, figlia dell’Oscurità e della Luce -

- Mostratevi – disse Ariana, cercando di rimanere calma. – Dove sono? –

Il buio continuò a rimanere impenetrabile ai suoi occhi, senza che nessuna creatura si mostrasse.

- Non ci potrai vedere, finché non giurerai – disse la voce.

- Dove mi trovo? – chiese di nuovo Ariana.

- In un luogo fuori dal tempo… Un luogo di cui non possiamo rivelarti nulla – rispose la voce.

Forse si stava sbagliando, ma Ariana credeva di essere nella propria mente, o in quella di quelle strane creature…

- Perché mi aspettavate? Sapevate della Profezia? – domandò.

Ci fu un attimo di silenzio, poi la voce rimbombò ancora: - Noi sappiamo molte cose, Chimera. Ma non è per la Profezia che ti attendevamo… Siamo stati ingannati, e vogliamo vendetta –

- Cosa significa? -

- Nessun mortale può ottenere il nostro dono senza offrire la propria vita in cambio. Colui che si fa chiamare Lord Voldemort ci ha ingannati: ci ha offerto una parte della sua anima, non la sua vita. Per questo ora egli vive e solca la vostra terra… A nessun essere mortale è permesso avere sia la vita che il potere… Ci ha gabbati, e ora noi vogliamo la nostra vendetta –

All’improvviso, Ariana capì perché Voldemort aveva raccolto tutti gli Horcrux: sapeva di non poter ottenere il Potere senza dare in cambio la propria vita, così aveva barattato la propria anima. Davvero geniale…

- E io cosa c’entro? – domandò, sapendo già la risposta.

- Tu dovrai riportare a noi la vita di tuo padre, cosicchè il cerchio si chiuda. Gli esseri umani credono stoltamente che offrendoci in cambio la loro vita ricevano un potere al di sopra di ogni altro. Ma noi vogliamo subito il nostro dono, non attendiamo. Nessun essere mortale merita i nostri stessi poteri. L’equilibrio del mondo non può reggersi, se un essere come noi solca la vostra terra. La bilancia pende da una parte, e solo con la morte del traditore l’equilibrio tornerà a regnare

Erano parole arcane, ma Ariana ne comprese comunque il significato: Voldemort aveva risvegliato qualcosa che doveva rimanere nell’ombra, che non doveva assolutamente essere rivelato al mondo. Bisognava riportare l’equilibrio facendo chiudere il cerchio, e l’unico modo era ucciderlo.

- Non sono abbastanza forte per ucciderlo… E non spetta a me farlo – disse Ariana.

- Ciò che dici è vero, Chimera – disse la voce, - Ma noi possiamo porre rimedio al tuo problema: ti doneremo la forza necessaria a portare a termine il tuo compito. Se vorrai essere tu a uccidere il traditore, starà a te deciderlo. Noi vogliamo solo la sua vita, non ci interessa chi sarà a ucciderlo

Ariana capì: le lasciavano intendere che se lei credeva nella Profezia, poteva lasciare che fosse Harry a uccidere Voldemort. Lei lo avrebbe solo sconfitto, esattamente come era stato predetto.

- Ho provato a ucciderlo, ma è immune alla morte – disse Ariana, - L’Avada Kedavra non funziona, su di lui –

- Quando tu stessa avrai la sua forza, egli non potrà più fuggire la morte. Non sarà più un’essere perfetto, perché la tua venuta lo renderà di nuovo mortale… -

- Non capisco… - disse Ariana.

- Egli è immortale solo davanti ai mortali, esattamente come lo sarai tu se accetterai di ottenere il Potere… Quando tu sarai come lui, cesserà di essere unico: così come lui potrà uccidere te, tu potrai uccidere lui. Se due esseri uguali solcano la vostra terra, il loro destino è distruggersi a vicenda… Solo allora la bilancia tornerà in equilibrio

Anche queste frasi erano arcane per Ariana, e di difficile comprensione. Tuttavia, al momento ciò che le interessava di più era capire se poteva o no uccidere Voldemort.

- Cosa volete in cambio? – chiese.

- Lo sai, Chimera –

- Come posso portare a termine il mio compito, se prenderete subito la mia vita? – chiese Ariana.

- Ti lasceremo il tempo necessario a compiere la tua missione: dal momento in cui riceverai i tuoi poteri, avrai fino all’alba, e quando il traditore sarà morto, prenderemo la nostra ricompensa –

Ariana deglutì: l’avrebbero lasciata vivere fino a quando non avesse ucciso suo padre…

- Come sapete che io non vi tradirò, alleandomi con Voldemort, oppure fuggendo senza compiere la mia missione? -

- Il tuo cuore è nero, Chimera. Ciò che vuoi è la vendetta, e la vendetta non ti lascerà libera. Finchè non placherai la tua sete, non potrai vivere in pace con la tua anima… Tu stessa lo hai detto

Non aveva intenzione di fuggire: la sua era stata solo una domanda che le aveva dettato la coscienza. Era giunta lì con una convizione, quella di uccidere suo padre.

- Allora io accetto – disse Ariana.

- Lasciaci esaminare prima la tua anima, Chimera. Solo così potremo scoprire se il tuo cuore è abbastanza nero per sopportare anche le nostre tenebre –

Accadde qualcosa di strano.

Ariana si sentì scivolare a terra, come se si fosse sdraiata, ma nell’oscurità non riusciva a capire in che posizione si trovava. Sentì qualcosa di gelido toccarle la fronte, e vide una luce azzurrina brillare nel buio a pochi centimetri da lei.

All’improvviso, si sentì come spogliata. I suoi pensieri vagavano fuori dalla sua mente, liberi di fluttuare nelle tenebre. Un’entità di immane potenza passò in rassegna i ricordi di tutta la sua vita, facendole rivivere con enorme intensità quelli più brutti e dolorosi. Come un veleno, la rabbia che aveva provato in tutta la sua esistenza le si riversò nelle vene, bruciante.

L’entità strisciava tra gli eventi della sua vita come un viscido serpente, soffermandosi di tanto in tanto a esaminare i momenti in cui lei aveva creduto di essere sola, di essere odiata. Osservò con attenzione le sue azioni, commesse con lucidità e freddezza. Indugiò su tutti i momenti i sconforto e di rabbia che aveva a stento repressa.

Anche se avesse voluto, Ariana non avrebbe mai potuto impedire quell’esame: era paralizzata, quasi incosciente.

Rivivere gli attimi più dolorosi della sua vita le fece capire quanto desiderasse la vendetta, quanta rabbia scorresse nelle sue vene, e quante volte Merope era quasi riuscita a rompere le catene della sua prigione… Quando aveva ucciso Gabriele, quando la Trollope era morta… Anche quando Ivan l’aveva attaccata alle spalle. Merope era sempre sta lì a guardare, vogliosa di intervenire, ma ancora trattenuta dalle catene che Ariana si era imposta…

Alla fine la sua vera natura, quella che Silente aveva cercato inutilmente di sopprimere, si era rivelata. Merope era riuscita a liberarsi, a mostrarsi in tutta la sua spietatezza. Aveva lasciato morire Ariana nel suo dolore, e poi aveva preso il suo posto. Era stata paziente, aveva atteso anni, segregata nel suo angolo, ad amplificare l’ira che Ariana provava, fino a che in un attimo di debolezza aveva preso il sopravvento.

Quando l’entità lasciò i suoi ricordi, anche l’anima di Ariana si spense, portata via dal buio di quegli strani esseri…

Merope era viva.

Merope era libera.

Come una scarica di energia repressa, il corpo di Merope venno scosso da un calore insopportabile. Il fuoco della vendetta bruciava, nero e oscuro, ridandole la forza di lottare ancora.

Un sorriso gelido le si disegnò sul viso. Le membra formicolavano, il cuore pulsava forte, i pensieri erano solo rivolti alla vendetta.

- Alzati -

Nel buio, Merope si rimise in piedi.

- La luce che viveva in te, Chimera, è scomparsa. Per anni hanno convissuto in te il male e il bene, ed è per questo che il mondo ti chiama La Chimera: unione di due esseri distinti, nemici fra loro. Alla fine il buio dentro di te ha trionfato, ed è per questo che sei degna di ricevere il nostro dono, Figlia delle Tenebre –

Merope sorrise: sì, era così che voleva esser chiamata. La Chimera, la Figlia delle Tenebre. Voleva essere temuta, voleva portare la sua rabbia distruttiva nel mondo.

- Sono pronta -

A pochi metri da lei, comparve una nuova luce, più grande e più luminosa. Cambiava rapidamente colore, passando dall’azzurro al verde, dal giallo al rosso. Si muoveva, lasciando dietro di sé una scia liquida di fumo denso, fluttuando come un’anguilla in un acquario.

Ogni volta che si muoveva, nella luce compariva un volto, l’uno sempre diverso dall’altro. Erano facce umane, di uomini e di donne, di giovani e di vecchi. Forse erano le anime di coloro che avevano avuto l’ardire di chiedere il Dono, e che erano ora al servizio delle Tenebre.

La luce fluttuò, e raggiunse Merope, girandole intorno come per studiarla. I suoi capelli svolazzarono, attorcigliandosi.

- Giura, Figlia delle Tenebre, che porterai a termine il compito che ti affidiamo: riportare a noi il traditore –

- Lo giuro –

Merope abbassò il capo, mentre piano piano si sentiva sempre più forte…

- Giura, Figlia delle Tenebre, che lascerai che il tuo potere sarà alimentato dalla tua rabbia, e che nulla ti fermerà nel compiere la tua missione –

- Lo giuro –

La sua voce era fredda e distante, ma sempre più sicura…

- Giura, Figlia delle Tenebre, che userai il tuo Dono per seminare morte e distruzione –

Merope sorrise: era quello che voleva, in quel momento…

- Lo giuro –

- Giura, Figlia delle Tenebre, di rispettare l’unico limite che ti viene imposto: non potrai riportare alla vita nessuno, nemmeno te stessa –

Non voleva continuare a vivere, perché era troppo doloroso farlo…

- Lo giuro –

- Cosa offri in cambio, Figlia delle Tenebre, per ottenere la tua vendetta? –

- Io, Merope Zahira Riddle, offro in cambio la mia vita –

- E noi accettiamo. Avrai fino all’alba, dopodiché troveremo qualcun altro a cui affidare la nostra vendetta –

- Non fallirò – disse Merope.

- Così abbiamo deciso. Ora, Chimera, prendi ciò che ti spetta e riporta l’equilibrio

La strana luce si mosse, fluttuando sinuosa nell’oscurità. Compì in giro completo, poi sembrò allungarsi, prendendo la forma di una persona.

L’essere si delineò poco a poco, ergendosi in tutta la sua altezza. Non aveva volto, solo due grandi occhi che si intravedevano nel fumo luminoso, senza iridi e senza palpebre. I capelli, fili di nebbia colorata, si muovevano leggeri intorno al capo, avvolgendo la figura in un mantello di luce azzurra.

La creatura alzò una mano e la tese verso Merope. La ragazza esitò, poi porse la sua.

Anche se fatta di fumo, toccò la pelle gelida di quell’essere sconosciuto, avvertendo tutta l’ira che la permeava. La sua mano venne avvolta dalla luce blu, che si propagò fino alla spalla, e poi a tutto il corpo.

Una sensazione di freddo la travolse, sostituita subito da un calore insopportabile. Il suo cuore saltò un battito mentre una gelida rabbia le invadeva l’anima.

All’improvviso, si sentì debole, e le gambe le tremarono. Vide la figura travanti a lei svanire lentamente in una voluta di fumo, facendo piombare tutto nell’oscurità.

- E sia, Chimera. Porta la nostra sete di vendetta sulla terra. Non fallire –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

Capitolo corto ma molto importante… Finalmente Ariana è diventata quello che “serve” per sconfiggere suo padre: una scelta difficile, la sua, ma necessaria. Ha lasciato uscire la sua parte malvagia, perché ritiene che sia la più forte, e quindi l’unica in grado di darle la forza necessaria per compiere la sua missione. Il dualismo Ariana/Merope è uno dei punti cruciali, da qui in poi, quindi prestate attenzione a ciò che farà la nostra eroina, e anche a quello che dirà: tutto sarà incentrato sulla lotta tra Ariana e Merope, tra la luce e il buio in ognuno di noi…

Il prossimo capitolo, come avevo detto un po’ di tempo fa, sarà il secondo e l’ultimo di tipo song-fic: la canzone che ho scelto è “Defeated” di Anastacia (album: Heavy Rotation). Se volete procurarvela, avete il titolo.

 

 

 

A Pinca: ciao! Bentornata! Non ti preoccupare se non recensisci sempre: l’importante è che continui a leggere! Come ogni essere, anche Ariana è divisa tra bene e male: chi meglio di lei conosce i confini che delimitano il buio dalla luce? Sarà uno dei punti cruciali della storia, quindi presta attenzione… Baci!

 

Kaimy_11: Ciao! Certo che credo che hai gli occhi lucidi (pensa che quando ho letto il Principe Mezzosangue, e scoprivo la morte di Silente, fra un po’ mi mettevo a piangere!). Su su, non ti disperare troppo, sono sadica in alcuni momenti, ma non finirà in una tragedia… Anche questa volta mi confermi che i sentimenti che volevo descrivere sono arrivati a destinazione: c’è molta tristezza, ma anche determinazione, in Ariana. La sua ultima scelta è difficile, ma questa volta è sicura di quello che sta facendo. Incrocia le dita per lei! Baci!

 

A Lexie__o: grazie per la recensione! Ti capisco benissimo: diritto non è una materia che può dirsi avvincente… Diciamo che magari leggere la storia di Ariana lo è leggermente di più! ^.^ Comunque, bene che ti sono rimaste impresse alcune frasi, perché ci ho messo davvero tutta me stessa per scrivere il capitolo… Quindi, ora posso dirmi soddisfatta! Un bacio!

 

Smemo92: grazie per i complimenti! Riguardo allo domanda: Silente sapeva? Ci sarà una risposta anche per quella, più avanti e come sempre. Adesso, non resta a Merope che entrare in azione: non avrà più la coscienza di Ariana a farle da catena… Baci!

 

 

 

Un grazie a tutti coloro che continuano a leggere!

 

 

Lhea

 

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Capitolo 39
*** Sconfitta ***


Capitolo 37

Capitolo 37

Sconfitta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La ragazza si mosse leggermente, emettendo un gemito. Con enorme fatica, aprì le palpebre.

Il cielo plumbeo incombeva sulla sua testa, le nubi temporalesche pronte a scaricare la loro rabbia. Era sdraiata sulla terra fredda e umida: sentiva l’odore dell’erba nelle narici.

Chiuse per un attimo gli occhi: si sentiva esausta, come se avesse camminato per giorni interi, e non ricordava perché fosse stesa a terra. Non ricordava cosa l’aveva portata in quel posto, né dove si trovasse. Non ricordava nulla, nemmeno il suo nome.

Con un enorme sforzo, si mise a sedere. Si trovava al centro di un cerchio di pietre antiche, nel mezzo di una grande pianura deserta. I suoi abiti erano laceri e sporchi, ma non era ferita. Si sentiva solo irrimediabilmente stanca.

Una leggera folata di vento le scompigliò i capelli, e la ragazza mise le mani a terra. Si alzò, convinta che le gambe non avrebbero retto, ma all’improvviso l’energia tornò a fluire nelle sue vene. Un’energia potente e sconosciuta, selvaggia e in qualche modo oscura.

E tutti i ricordi riaffiorarono alla mente: era Merope, la figlia di Voldemort, giunta a Stonehenge per ottenere gli stessi poteri di suo padre.

Una dopo l’altra, le memorie si affastellarono nella sua mente, vivide e stranamente lontane. La rabbia, la paura, l’odio, la vendetta, tutti i sentimenti che aveva provato si riversarono nel suo cuore, più forti che mai.

Merope si guardò intorno, perplessa. Si sentiva strana, ma non le sembrava di aver acquisito qualche nuovo potere…

Forse non aveva funzionato… Non era stata abbastanza forte per sopportare anche le tenebre che gli Dei del Buio le avevano donato…

Scrollò le spalle, poi mise la mano in tasca per prendere la bacchetta.

Non c’era.

Allarmata, Merope si guardò intorno, e la vide, adagiata sul terreno molle e fangoso. Si avvicinò e la raccolse.

Quando toccò il legno di quercia, Merope si stupì. Non sentiva nulla. Niente.

La bacchetta è come un prolungamento del braccio di un mago, e fa parte del suo essere. Ogni volta che la mano tocca il legno magico, qualcosa scorre nella carne della persona che la impugna. Ma lei non sentiva assolutamente nulla.

Sotto le sue dita, la bacchetta appariva come un’insulso pezzo di legno vuoto. Sentiva le nervature del materiale, ma la sensazione di magia che percepiva di solito non c’era.

Ricordava che l’ultima volta che aveva visto Voldemort, lui non usava la bacchetta…

Solo allora si accorse di qualcosa di strano. Merope si guardò le mani dalle dita affusolate, e notò che erano cambiate: la pelle candida era tesa, e le vene bluastre sporgevano sui tendini.

Non provava dolore, così si guardò le dita: le unghie erano cresciute, e si erano scurite, dure come quelle di un rapace. Sfiorò una vena, sentendola pulsare leggermente. Lentamente, flettè le dita, sentendo le ossa scricchiolare in modo sinistro.

Un vento innaturale, freddo, spazzò la pianura, scompigliando i capelli di Merope. Fu una folata potente, carica di qualcosa che sembrava rabbia.

Merope alzò lo sguardo, e comprese.

Lei era magia.

Non aveva bisogno di una bacchetta per fare incantesimi, né di formule magiche, perché lei stessa era la fonte del suo potere. Non aveva più bisogno di un mezzo per incanalare la sua forza, perché essa stessa era la forza.

Sorrise, sentendo il suo corpo pulsare di energia repressa. Ogni secondo che passava, si sentiva sempre più viva, e sempre più potente.

Mosse di nuovo le dita, desiderando altro vento, un vento così forte da spazzare via le ultime tracce di ciò che rimaneva di Ariana.

E il vento venne, chiamato dalla Figlia delle Tenebre, pronto a ubbidire a ogni suo comando.

Ora consapevole, Merope si avvicinò a una pozzanghera. Le bastò un solo gesto per far tornare l’acqua limpida come quella di una fonte. Si abbassò e contemplò il proprio riflesso.

Fu allora che vide il viso di Merope.

Di Ariana non rimaneva che il ricordo. I tratti erano sempre quelli, ma l’espressione era mutata profondamente: se prima il suo viso era solcato dalla tristezza o dalla determinazione, ora era imperscrutabile. Distante e freddo come quello di Ariana non era riuscito mai ad essere.

La pelle chiara faceva risaltare le labbra ora rosse, carnose, aperte in un ghigno simile a quello di suo padre. Gli occhi erano di un verde chiarissimo, quasi trasparenti, e le pupille nere come l’abisso. I capelli si erano allungati, e ora poggiavano scuri e selvaggi sulle sue spalle, come una criniera leonina.

Quello che però colpì di più Merope, furono i segni neri che aveva intorno agli occhi, disegni tribali perfetti tracciati con inchiostro indelebile dalla mano del destino. Segni di guerra, che rendevano il suo sguardo duro e freddo come il ghiaccio.

Si contemplò per qualche minuto nell’acqua, sorridendo soddisfatta. Era diventata quanto di più vicino a una Dea poteva esserci. Il suo aspetto rispecchiava quello che aveva dentro, e quello che voleva fare.

Incutere timore. Un timore reverenziale e ora sensato, come quello che incuteva suo padre.

Si rialzò, ancora sorridendo.

Voleva provare i suoi nuovi poteri.

Alzò leggermente una mano, e le nubi in cielo si addensarono. Un lampo, seguito da un tuono, squarciò l’aria. Un vento impetuoso prese a soffiare, facendo svolazzare i capelli di Merope come un vessillo di guerra.

Aveva il controllo su tutto, anche sugli elementi.

Merope sorrise, mostrando un ghigno da lupo famelico.

Con passo lento, uscì dal cerchio di pietre e si voltò a fissarlo.

Nessuno doveva avere la possibilità di ottenere il suo stesso potere, lo stesso potere di Voldemort. Era lei a deciderlo. Non potevano esistere altre creature come lei e suo padre, perché il cerchio non doveva più rompersi.

Le sue mani si mossero in una strana danza, le dita dalle unghie nere che si agitavano come serpenti impazziti.

Ci fu uno scricchiolio. Poi un altro, più forte. Ciottoli caddero da una delle colonne più alte di Stonehenge, ticchettando. Poi, con un rombo che fece tremare la terra, i pilastri di pietra antica crollarono su se stessi, sbriciolandosi come se fossero fatti di creta. Il suolo ebbe un sussulto, si squarciò in più punti, e ciò che rimaneva di Stonehenge finì inghiottito dalla terra umida della pianura.

Merope fissò la sua opera. Non rimaneva più nulla del cerchio di pietre sede del Potere oscuro di cui ora lei era portatrice. Solo ricordi.

Era soddisfatta.

Ora non aveva più limiti, se non quelli che lei stessa si sarebbe imposta. E lei non ne voleva.

Ora che era libera, Merope voleva solo una cosa: la vendetta.

E la sua vendetta non era per il mondo magico, per coloro che erano morti combattendo, per Harry Potter, o per chiunque altro. La vendetta era per lei.

Perché Merope voleva vendetta contro colui che l’aveva condannata a essere quello che era: un essere sbagliato, nato dal male e cresciuto nella luce, un’ibrido senza patria, diprezzato perché diverso. Voleva umiliare colui l’aveva costretta a sopportare coloro che l’avevano odiata, che l’avevano giudicata ancora prima di conoscerla. Voleva uccidere l’essere che l’aveva condannata a esistere perché le aveva dato la vita.

 

 

Selling stories that were overrated in this world so complicated //

 Ci sono storie che sono state raccontate, in questo mondo così complicato

Felt so right, you tried to make it wrong //

Che sentivo così giuste, ma che in tu hai fatto diventare sbagliate

Why can't we all just get along //

Perchè non possiamo andare d’accordo?

From the start something wasn't right //

Fin dall’inizio c’era qualcosa di sbagliato

I used to cry myself to sleep at night //

Compiangevo me stessa, per poter dormire la notte

Told myself stand up be strong //

Mi dicevoAlzati, sii forte

This kind of phase doesn't last for long //

Questo momento non durerà a lungo”

 

Ariana aveva sempre saputo che Merope viveva dentro di lei, che la sua parte più oscura albergava sempre e comunque nel suo cuore. Aveva sempre cercato di combatterla, distruggerla, scacciarla, ma non ci era mai riuscita, perché Merope era sempre stata più forte di lei. Perché era grazie a lei che Ariana era sopravvissuta, grazie alla freddezza e alle capacità di Merope. Non certo per quelle di Ariana.

 

Every time you try to knock me down, gonna pick my back up off the ground //

Ogni volta che provi ad abbattermi, mi rialzo da terra

The battle never ends //

La battaglia non finirà mai

 

Merope era stanca di subire, di essere lasciata in disparte. Era stufa di sorreggere Ariana, di farla sopravvivere per permetterle di cercare di essere quello che aveva desiderato da sempre: una persona normale. La figlia di Voldemort non poteva essere una strega qualunque: Merope e Ariana erano insieme la Chimera, fatta di luce e di buio. Alla fine una doveva trionfare, e quella era Merope.

 

You can tear me apart //

Puoi dilaniarmi

You can rip me to pieces //

Puoi ridurmi in pezzi

Try breaking me down //

Provare a sbattermi giù

But I'll never be beated //

Ma io non sarò mai sconfitta

You can say that you won but I'll never believe it //

Puoi dire di aver vinto, ma io non ci crederò mai

Cos I can't be defeated //

Perchè non posso essere sconfitta

 

Ora che aveva il Potere, Merope non sarebbe mai stata sconfitta, perché era diventata esattamente quello che Ariana non voleva essere: la degna figlia di suo padre. Aveva perso tante battaglie, ma la guerra non era ancora finita. La Chimera era pronta a scendere in campo, e questa volta non voleva fallire.

 

Made a mistake swore I’ll never repeat it //

Ho fatto un errore, non lo ripeterò

Lost my heart for a second but it never stopped beating //

Ho perso il mio cuore per un momento, ma non ha mai smesso di battere

I smile through the tears so the way that I see it //

Sorrido attraverso le lacrime alla strada che vedo

I can’t be defeated //

Non posso essere sconfitta

 

Per anni aveva lasciato che Ariana percorresse la sua strada, ma ora era il suo momento. Era il momento per Merope di asciugare le lacrime di Ariana e sorridere, pronta a prendersi la sua rivincita.

 

There are times that I couldn’t take it //

Ci sono volte in cui non posso sopportare

Never felt so violated //

Di sentirmi così violata

At the risk of sounding so cliché //

E il rischio è di un sonoro cliché

I just gotta call a spade a spade //

Ho appena ripagato con la stessa moneta

Hurts me right to the core //

Feriscimi dritto al cuore

I can’t take this anymore //

Non posso sopportarlo ancora

Getting tired of the same old song //

 Sono stufa della solita canzone

Final chorus, now I’m moving on //

Coro finale, sto arrivando

 

Si era sentita usata, violata, odiata. Ora si sarebbe presa la sua vendetta, ora che avevano un motivo di temerla. Avrebbe smesso di farsi guidare dalla ragione per poi sentirsi calpestata. Ora avrebbe seguito l’istinto. Anche se comportava un rischio, lei era pronta ad accettarlo.

 

Things aint fair in love in war //

Le cose non sono leali, in amore e in guerra

Never been the kind to be ignored //

Certe cose non saranno ignorate

Tried to push me to the edge //

Prova a spingermi all’angolo

 

Merope sorrise. Non aveva dimenticato. Avrebbe fatto soffrire a coloro che lo meritavano le sue stesse pene. Tante volte si era illusa, credendo di poter essere amata… Era stata ingannata… Tutto per colpa di Voldemort, di suo padre. Ma adesso, era il momento di chiudere la storia.

 

You can tear me apart //

Puoi dilaniarmi

You can rip me to pieces //

Puoi ridurmi in pezzi

Try breaking me down //

Provare a sbattermi giù

But I’ll never be beated //

Ma non sarò mai battuta

You can say that you won but I’ll never believe it //

Puoi dire di aver vinto, ma io non ci crederò

Cos I can’t be defeated //

Perché non posso essere sconfitta

 

“ Non potrai sconfiggermi, perché sono come te, Lord Voldemort. Mi hai battuto una volta, ma la guerra non è ancora finita. Capirai l’errore che hai fatto lasciandomi vivere”.

 

Made a mistake swore I’ll never repeat it //

Ho fatto un errore, non lo ripeterò

Lost my heart for a second but it never stopped beating //

Ho perso il mio cuore per un momento, ma non ha mai smesso di battere

I smile through the tears so the way that I see it //

Sorrido attraverso le lacrime alla strada che vedo

I can’t be defeated //

Non posso essere sconfitta

 

“Non avrò pietà per nessuno, perché Ariana è morta. Mi ha tenuto chiusa nella mia prigione per anni, facendomi sopportare i suoi tormenti. Ma ora basta. Io non sono lei, io non seguirò la ragione. Io seguirò il mio cuore, e il mio cuore chiede vendetta”.

 

Nothing is impossible //

Nulla è impossibile

Nothing is unreachable //

Nulla è irraggiungibile

If you only believe then you get what you need //

 Se ci credi, potrai avere ciò che vuoi

So keep on holdin on //

Allora, vai avanti

 

You can tear me apart //

Puoi dilaniarmi

You can rip me to pieces //

Puoi ridurmi in pezzi

Try breaking me down //

Provare a sbattermi giù

But I'll never be beated //

Ma non sarò mai battuta

You can say that you won but I'll never believe it //

Puoi dire di aver vinto, ma io non ci crederò

Cos I can't be defeated //

Perchè non posso essere sconfitta

 

Con le sue stesse mani Voldemort aveva plasmato la sua rovina. Un essere come lui, senza nulla da perdere né da guadagnare, senza lo scrupolo di una coscienza.

 

Made a mistake swore I’ll never repeat it //

Ho fatto un errore, non lo ripeterò

Lost my heart for a second but it never stopped beating //

Ho perso il mio cuore per un momento, ma non ha mai smesso di battere

I smile through the tears so the way that I see it //

Sorrido attraverso le lacrime alla strada che vedo

I can't be defeated //

Non posso essere sconfitta

 

 

Merope sorrise ancora. Il vento le frustava il viso, e la piogga prese a cadere, sottile ma insistente. Camminando lungo la pianura, discese la collina, permeata da un alone che impediva all’acqua di raggiungerla.

Era felice, era euforica. Poteva fare quello che voleva, perché ora poteva essere lei a dettare le regole. Era libera dalla coscienza con cui aveva convissuto per anni, quella della sua parte debole: Ariana. E senza coscienza, non aveva più limiti.

- Hai visto, Ariana? – disse Merope, osservando il paesaggio davanti a se con un ghigno, - Alla fine quella tra noi due che ha vinto sono stata io… Sapevi meglio di me chi era la più forte, ma hai voluto combattere fino alla fine. Te ne do atto. Senza la rabbia che sei riuscita ad accumulare, non sarei mai diventata così forte. Volevamo la stessa cosa, e l’avremo -

Merope fece un passo avanti, e il cielo venne squarciato da un lampo, seguito da un tuono fragoroso. L’erba si piegò davanti alla furia della Figlia delle Tenebre, inchinandosi alla sua potenza.

Era l’alba, ma sembrava notte. Le rimanevano ancora ventiquattro ore per portare a termine il suo compito, ma aveva tempo. C’era ancora una cosa che voleva fare, prima di raggiungere suo padre.

Silente sapeva?

La domanda che si era posta Ariana la incuriosiva. Chissà se quel vecchio sapeva della Profezia, e di cosa sarebbe accaduto… Chissà se sapeva che combatterla era una causa persa fin dall’inizio…

Le era stata posta una regola: non poteva riportare in vita nessuno.

Me forse lei sapeva come comunicare con Silente…

Avrebbe reso onore ad Ariana estinguendo il suo dubbio: avrebbe saputo la verità. Tutta la verità.

- Te lo devo, in fondo – disse Merope, - Senza di te, non sarei mai stata quello che sono -

Con passo leggero, la Figlia delle Tenebre ridiscese la collina, seguita dalle nubi temporalesche come un corteo di guerra. Non le importava che i Babbani la notassero, o che qualcuno si spaventasse.

Che il mondo vedesse chi era, Merope Figlia delle Tenebre! Che il mondo vedesse di cosa ora era capace, e che la temesse!

Un’ultima ventata gelida spazzò la pianura, e Merope si voltò a guardare lì dove prima c’era Stonehenge. Ghignò, estasiata dai suo poteri.

“Chiuderemo i conti, padre. Il sipario calerà per tutti e due, ma vedrà un solo vincitore. Starà a noi decidere chi lo sarà. Sto arrivando, Lord Voldemort”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

Bene, cari lettori, anche questo capitolo è fatto…

La canzone, lo ripeto, è “Defeated” di Anastacia (una delle mie cantanti preferite ^.^) e trovo rappresenti molto bene l’animo di Merope. Sì, di Merope. Da questo momento in poi, il nome della protagonista cambierà e smetterà di essere Ariana. Immagino sia chiaro a tutti il perché. Sarà un po’ strano all’inizio, ma è necessario per lo svolgimento della storia.

Ditemi un po’ se vi è piaciuto il capitolo song-fic, anche perché sarà l’ultimo di questo genere. Ci avviciniamo ormai alla fine della storia, e spero di aggiornare anche un po’ più in fretta…

 

Ringrazio Smemo92 e Kaimy11 che hanno recensito come sempre!

 

Su, miei cari lettori, lasciatemi qualche commentino, che non vi mangio mica, eh!

 

 

Al prossimo capitolo!

 

 

Baci

 

 

Lhea

 

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Capitolo 40
*** Lo Specchio delle Brame ***


Capitolo 38

Capitolo 38

Lo Specchio delle Brame

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Merope si Materializzò al centro della Sala Grande di Hogwarts, ancora ridotta in macerie. Il portone spalancato lasciava entrare il vento freddo che si portava dietro come un compagno d’avventure.

Si guardò intorno. Non c’era nessuno, ma lei percepiva le scie magiche di alcune persone. Una era la McGranitt, che andava avanti e indietro nel suo ufficio. Le altre appartenevano a quattro persone, che si trovavano nei Sotterranei dei Serpeverde.

Si incammò verso le scale, mentre i blocchi di granito si spostavano al minimo movimento delle sue mani, lasciandole libera la strada. Scese, e raggiunse la porta della Sala Comune.

Draco, Harry, Ron ed Hermione erano seduti su uno dei divani verdi, davanti al camino spento. Voltarono immediatamente la testa a guardarla, rimanendo pietrificati.

Merope si sentì soddisfatta. Dalla loro espressione, capiva che ora avevano paura di lei.

Studiò i loro volti uno a uno, in silenzio. Fu su quello di Draco che si soffermò di più.

Sapeva che Ariana aveva amato quel ragazzo, ma lei per lui non sentiva nulla. Era bello, lo riconosceva, ma non provava quel sentimento struggente e travolgente che la sua gemella aveva sperimentato. Per Merope era un semplice ragazzo, nulla di più che un mago mediocre.

- Ariana?! – gridò Hermione.

Merope fece una smorfia disgustata, sentendosi chiamare con quel nome. Entrò nella stanza, sotto lo sguardo allibito dei quattro che una volta erano stati suo amici.

- Non chiamarmi Ariana – disse, gelida.

- Cosa hai fatto? – domandò Harry, sconvolto.

Draco rimaneva in silenzio, a fissarla come se fosse stata un fantasma. In effetti, per lui doveva esserlo.

- Ho fatto la scela che nessun’altro poteva fare – rispose secca Merope, - Mi sono presa il Potere che mi farà sconfiggere mio padre -

Nessuno di loro quattro si avvicinò, come se avessero paura di farlo. Rimasero a distanza, intimoriti e spaventati.

- Ariana… - mormorò Hermione.

Merope chiuse gli occhi: non voleva essere chiamata con quel nome. La irritava profondamente.

- Non chiamarmi più Ariana – sibilò, fredda come il ghiaccio, - Ariana è morta. Io sono Merope, la Chimera, Figlia delle Tenebre -

- Ma… - iniziò la Caposcuola.

- Silenzio – la zittì Merope, - Non sono qui per spiegare ciò che ho fatto. Sono qui per Harry, e basta –

Si voltò verso il Bambino Sopravvissuto. – Ora che sono diventata come mio padre, abbiamo una possibilità di eliminare Lord Voldemort. La Profezia dice che io lo sconfiggerò e che tu lo ucciderai. Così accadrà –

Mantenendosi sempre a una certa distanza, Harry disse: - Hai già provato a combattere contro di lui, e non lo hai battuto… Perché la Profezia dovrebbe avverarsi, questa volta? –

Merope sorrise. – Perché ora io sono la Chimera. La Profezia si riferiva a me, non ad Ariana. Non ho più limiti che possono fermarmi, io e mio padre siamo uguali

- Chi ti dice che vincerai? -

- Nessuno. Ma almeno io proverò a prendermi la mia vendetta. Se fallirò, ci sarà qualcun altro al mio posto

Merope fissò in silenzio il Bambino Sopravvissuto. Non le interessava cosa stesse pensado, che avesse paura o che semplicemente non credesse alla Profezia. Avrebbe fatto quello che voleva lei.

- Hai sempre detto che Voldemort ha ucciso i tuoi genitori – disse gelida, - Che ti ha rubato l’infanzia, senza permetterti di vivere una vita normale. Ebbene, non volevi anche tu la vendetta? Ti sto dando la possibilità di prendertela. Io sconfiggerò Voldemort, ma tu lo ucciderai, esattamente come è stato detto dalla Profezia… Accetti? -

- Io non credo nella Profezia… - disse Harry.

- Io sì – ribatté Merope, - E per questo si avvererà. Tu ucciderai Voldemort, che ti piaccia o meno. Prenditi le responsabilità che ti spettano, e sarai ricordato come l’eroe che salvò il mondo magico. Fuggi come un coniglio, e ti odieranno alla stragua di mio padre. Chiudiamo la storia, e potrai vivere la tua vita, dopo

Harry la guardò. – Hai un piano? –

Un ghigno perverso si disegnò sulle labbra rosse di Merope. – Non mi serve un piano – rispose, - Andremo al Ministero, dove si trova Voldemort, e combatteremo. Chi vorrà venire con noi, sarà libero di farlo. La nostra sarà l’ultima battaglia, quella in cui ognuno potrà prendersi la propria vendetta

- Ma è da pazzi! – disse Ron, inserendosi finalmente nella conversazione.

- Non è da pazzi – ribatté Merope, - Non serve un piano: io andrò lì e sconfiggerò Voldemort… -

- Ma i Mangiamorte? –

- Non saranno un problema, per me –

Merope soffermò lo sguardo su Harry. – Mi rimane solo una cosa da fare. Intanto, radunate qui tutti i membri dell’Ordine della Fenice, e tutti coloro che vogliono combattere. Questa sera, daremo inizio all’atto finale

- Cosa devi fare? – domandò Hermione.

- Parlare con Silente – rispose Merope, e uscì dal Sotterraneo.

Sapeva dove si trovava l’oggetto di cui aveva bisogno, lo sentiva.

Non poteva riportare in vita i morti, ma poteva fare in modo di richiamarli dal loro oblio per poter parlare con loro. Le serviva un oggetto magico potente, uno specchio che riflettesse l’anima di chi non poteva più solcare questa terra… Lo Specchio delle Brame.

Camminò fino al secondo piano, accorgendosi di qualcuno che la seguiva.

- Cosa vuoi? – domandò, senza voltarsi.

- Ariana, cosa hai fatto?

Era Draco. Aveva la voce strozzata, spaventata, di chi non riconosce qualcosa nonostante la conosca da sempre.

Merope si girò di scatto, digrignando i denti, irritata per come l’aveva chiamata.

- Ariana è morta – ripetè, - Smettetela di chiamarmi con il suo nome. Io non sono lei -

- Non è vero – ribatté Draco, - Cosa hai fatto per diventare così? Non ti riconosco più… -

- Non mi riconosci perché sono Merope, non Ariana! – disse la ragazza, - Ariana ti ha fatto l’onore di morire tra le tue braccia l’altra notte… Rassegnati, se n’è andata. Ti amava, ma non era il suo destino vivere in pace con te… Lei stessa te lo aveva detto all’inizio: trovati un’altra. Fallo –

Fissò il biondo, notando la sua espressione sconvolta e triste. I suoi sentimenti non la toccavano minimamente, ma si rendeva conto che quello che aveva detto era doloroso. Fare male era la sua missione.

- Tu non puoi essere lei… - disse, - Ariana era troppo forte per morire. Non avrebbe mai accettato di diventare quello che sei tu -

Merope fece una smorfia. – Invece ha accettato. Di lei non rimane più nulla. Non cercarla in me –

Si voltò per andarsene, ma Draco l’afferrò per un braccio e la costrinse a guardarlo in faccia. Si fissarono, occhi negli occhi, per quella che parve un’eternità.

Merope non capiva cosa volesse da lei: ricordava ogni momento che Ariana aveva passato con lui, quanto fosse stata felice di appartenere a quel ragazzo dalle iridi color tempesta, quanto lo avesse amato, al punto da essere disposta a tutto per salvarlo… Ma lei era un’altra, non provava nulla per lui…

- Che cosa vuoi da me? – domandò, a un centimetro dalla bocca di Draco.

- Rivoglio Ariana – rispose lui, - La rivoglio, e sono disposto a tutto per lei. La tua è solo una maschera, lo so. Sono stato in grado di capirlo già una volta… Lo so che stai facendo di tutto per mostrare quello che non sei, ma non ci riuscirai con me. Io ti conosco –

Merope sorrise amaramente. – Mi dispiace, biondino, ma di Ariana non rimane più nulla – disse, - Ti stai sbagliando, perché era Ariana la maschera che tentava di nascondere me… Ora che è caduta, hai scoperto chi è veramente la ragazza che amavi

Continuarono a guardarsi negli occhi, con Merope che ogni secondo che passava si sentiva sempre più nervosa. Quegli occhi grigi le stavano trapanando le iridi verdi, sondando dentro la sua anima.

- Smettila di guardarmi in questo modo – sibilò la ragazza, infastidita.

Draco la lasciò andare, e lei ne approfittò per girarsi e proseguire per la sua strada. Aveva la sgradevole sensazione che quella battaglia mentale l’avesse vinta lui.

Spinta da qualcosa di inspiegabile, si voltò un momento e lanciò un occhiata a Draco, in piedi in mezzo al corridoio.

- Rivoglio Ariana, Merope – disse lui.

Senza dire nulla, Merope si girò e raggiunse la scala, salendo al quarto piano. Aprì una porta, poi un’altra ancora, fino a raggiungere una sala nascosta e non molto grande. In un angolo, un grosso oggetto era coperto da un telo bianco.

Con passo deciso, Merope raggiunse l’oggetto e con uno strattone tirò via il lenzuolo. Lo Specchio delle Brame, dalla elaborata cornice dorata, riluceva nella luce soffusa del mattino.

Con un sorriso soddisfatto, Merope alzò una mano, e lo Specchio fluttuò al centro della sala, le zampe di leone che si poggiarono con un tonfo sordo sul pavimento.

Il grande vetro era impolverato, e riusciva a distinguere a malapena la sua sagoma. La sua mano si mosse ancora, e la superficie tornò di nuovo pulita.

Erano due le cose che desiderava più al mondo: sconfiggere Voldemort e parlare con Silente.

Non vide nessuna delle due.

In realtà, non vide proprio nulla.

Lo Specchio delle Brame non rifletteva la sua immagine, ma solo quello che le stava intorno. E non mostrava nemmeno quello a cui il suo cuore anelava di più…

Perplessa, studiò la superficie liscia, passando sopra un dito dall’unghia nera. Possibile che quello che desiderasse di più fosse il nulla?

Con un alzata di spalle, fece un passo indietro e fissò lo Specchio.

- Io, Figlia delle Tenebre, chiedo di parlare con Albus Silente – recitò, con una nota minacciosa nella voce.

Sapeva che avrebbe funzionato, perché poteva fare quello che voleva. Non stava infrangendola la regola che le era stata imposta.

La superficie dello Specchio tremolò come acqua, poi diventò bianca. All’inizio sembrò fumo, poi si delineò una sagoma, seduta su una sedia, avvolta dalla candida nebbia.

Albus Silente sedeva immobile, le mani giunte in grembo e l’espressione serena. La lunga barba argentea poggiava sul petto, gli occhi azzurri che scintillavano dietro le lenti degli occhiali.

- Salve, professor Silente – disse Merope, con un sorriso.

- Salve, Ariana – disse il vecchio mago. – Posso sapere come hai fatto a metterti in contatto con me? Mi incuriosisce molto… Sei molto più dotata di quanto immaginavo –

Merope ghignò. – Non finga di non sapere – ribatté, - Sa benissimo cosa ho fatto… Altrimenti non sarebbe stato così tranquillo. Ah… non mi chiami Ariana –

Silente annuì. – Scelta difficile, la tua – disse, - Diventare come tuo padre… Non avevi detto che non lo eri? –

- Ciò che sono o non sono credo non sia di suo interesse – ribatté Merope, - In fondo, ha lasciato che diventassi quello che sono ora, o mi sbaglio? -

Silente sospirò, quasi rassegnato. – Perché mi hai chiamato, Merope? – domandò.

- Voglio sapere se lei era a conoscenza della Profezia – rispose la ragazza, - Voglio sapere se lei aveva previsto che alla fine sarei diventata quello che lei aveva sempre cercato di farmi combattere… Lei sapeva? -

Silente abbassò lo sguardo sulle sue mani strette in grembo, e scosse leggermente il capo. – Cosa ti serve saperlo, Merope? – chiese.

- Mi serve per capire se il destino esiste o meno – rispose secca Merope, - Mi serve per rendermi conto se quella di Ariana era una battaglia persa in partenza, oppure se aveva una speranza di vincere… -

Silente la guardò, ma lei non seppe dire cosa passava nei suoi occhi. – Parli di Ariana come se fosse un’altra persona – disse, - Come se lei non esistesse più… -

- Ariana è morta – disse Merope, irritata dal fatto che il mago non le stesse dando le risposte che voleva, - Lo sapeva meglio di me che dentro di lei vivevo io, Merope Riddle. Entrambi avete cercato di soffocarmi, rinchiudendomi in una prigione di speranza che Ariana aveva costruito credendo di poter essere diversa… Ma lei, sapeva, non è vero? Sapeva che non sarei rimasta nell’ombra per sempre, perché diceva sempre quanto Ariana assomigliasse a suo padre -

- Mi dispiace per il trattamento che ti ho riservato – disse Silente, calmo, - Ma non ho potuto farne a meno. Tutte le volte che ti guardavo, vedevo tuo padre. Non posso negarlo –

- Che bisogno c’era di ricordarmelo tutte le volte? – domandò Merope, - Sapeva di ferirmi –

- Certo che lo sapevo – ribatté Silente, - Ma dirtelo ti ha fatto crescere nella convinzione di non voler essere come lui… -

- Non mi dica che era necessario – sbottò Merope, - Non venga a dirmi che aveva previsto tutto, perché non ci credo –

Silente abbassò un momento il capo. – No, non avevo previsto assolutamente nulla – disse, - Non sapevo cosa sarebbe successo. Non conoscevo nemmeno la Profezia che voi avete trovato. Non sapevo nulla, di tutto quello che sarebbe accaduto dopo

Merope rimase in silenzio, irritata. La risposta che aveva ottenuto non la soddisfava.

- Non ci credo – disse, - Lei sospettava qualcosa… Perché ha sempre cercato di soffocarmi? -

- Io non ti ho mai soffocato – disse Silente, - Se ricordi, ho sempre detto che assomigliavi in modo stupefacente a tuo padre, e che potevi diventare come lui. Ma non ti ho mai detto che se lo fossi diventata, saresti stata malvagia quanto lui –

- Cosa sta dicendo? –

- Sto dicendo che, forse, non sei ancora esattamente come tuo padre – spiegò calmo Silente, - Sto dicendo, che diversamente da quanto credi tu, Merope, Ariana è ancora viva dentro di te –

Merope socchiuse gli occhi, fissando la sagoma seduta del vecchio mago. Non lo capiva.

- Si sbaglia – obiettò, - Ariana è morta, perché tra noi due solo una poteva vincere. Quella sono io. Sono io la Chimera -

Silente sorrise. – Esatto, tu sei la Chimera. Ma la Chimera è l’unione di due elementi opposti. Se Ariana non fosse ancora viva dentro di te, non saresti quello che sei ora

Merope si innervosì. No, Ariana era morta, non la sentiva più. Se n’era andata, le aveva lasciato campo libero…

- Se Ariana non fosse ancora viva, - continuò Silente, - Tu non staresti cercando di sconfiggere tuo padre, ma ti saresti unita a lui -

- Non è vero – protestò Merope, - Io voglio uccidere mio padre perché è per colpa sua se sono stata imprigionata per anni, e ho divuto ingoiare tutta la rabbia e il dolore di Ariana… -

Silente sorrise di nuovo, di fronte alla sua cocciutaggine. – Non capisci? Ariana non aveva la forza di compiere la scelta che ha fatto Merope, ma è rimasta perché può ancora guidare le tue azioni. Se lei non ci fosse, in questo momento tu non saresti qui a pormi le sue domande

Incrociando le braccia, Merope fissò il vecchio. – Parla di lei come se la stimasse molto, ma non lo ha mai dimostrato… -

- Ho sempre detto che è una strega molto dotata – convenne Silente, - Ha enormi capacità… La stimo molto, certo -

- Ma non le voleva bene, vero? –

Silente taque un momento. – Ha rinunciato a tante cose per seguire la missione che le ho assegnato – disse, - Ha fatto scelte che non avrei augurato a nessuno di fare… Tuttavia… Mentirei dicendo che provavo per lei lo stesso affetto che provavo per Harry Potter

Sul viso di Merope si disegnò un ghigno: lo aveva immaginato.

- Non sono stupita… - disse, - Nemmeno Ariana le voleva poi così bene… Voleva il suo affetto, ma quando ha visto che non aveva speranza di riceverlo, ha lasciato perdere -

- C’è molta rabbia dentro di te, Merope – disse Silente, tranquillo, fissandola con i suoi occhi azzurri.

La ragazza fece una smorfia. – E come potrebbe essere altrimenti? – disse, - Ho cercato di essere quello che non sono per anni, e sono stata disprezzata per il sangue che mi scorre nelle vene. Avrei potuto seguire le orme di mio padre e diventare la più potente delle sue serve… Non l’ho fatto, ma non per questo mi sono state risparmiate tante sofferenze. Ariana ha sofferto perché le sono state tolte le poche cose che amava, e di riflesso anche io ho provato dolore. La rabbia che credeva di aver soffocato in realtà ha alimentato me, rendendomi ogni giorno più forte. E io non sono come lei. Non sono disposta a subire in silenzio, a rimanere nell’ombra in nome di un piano che salverà il mondo magico. Non lascerò che mi usino come una marionetta esattamente come ha fatto Ariana… Sarò io a dettare le regole del gioco, questa volta

- Sei veramente orgogliosa di quello che sei diventata? – domandò Silente.

- Orgogliosa? – disse Merope, - Non c’è orgoglio nel diventare un mostro… Nonostante Voldemort sia mio padre, lo disprezzo. Mi ha rinnegata per anni, per poi cercarmi quando ha capito che potevo diventare pericolosa. Forse se mi avesse cresciuta lui, lo avrei adorato… Ma così non è stato, e per questo io lo odio. Voglio ucciderlo non perché voglio salvare il mondo magico, ma per vendetta personale –

- Egoismo, dunque? – esordì Silente.

- Egoismo – annuì Merope, - L’unico sentimento che Ariana non ha mai provato… E’ per puro egoismo che sto facendo tutto questo. E ne sono contenta –

Silente sembrò voler dire qualcosa, ma rimase in silenzio. Si guardò le mani per un momento, sospirando.

- Cosa sta pensando? – domandò Merope. – Ha capito di aver sbagliato, contribuendo a far nascere un mostro? Anzi, due. Mio padre, e me -

- No, non è questo che penso – rispose Silente, - Mi dispiace. Non volevo costringerti a un destino del genere… Ma credo sia stato necessario

- Né Harry né Draco sarebbero stati in grado di fare una scelta del genere – concluse Merope, - E nessuno dei due avrebbe potuto comunque farla. Sono una creatura del male poteva ricevere il Potere, sono stati loro a dirmelo. Quindi, immagino che l’unica che rispondeva alle loro rischieste, fossi io –

- Già… Non avrei mai immaginato che Voldemort trovasse una fonte di magia così potente – disse Silente, osservandola quasi incuriosito, - Che cosa sei in grado di fare? –

- Tutto. L’unica regola che non posso infrangere, è quella di riportare in vita i morti

- Per questo per parlare con me hai usato lo Specchio delle Brame, vero? – Silente sembrava divertito, - Sapevi che una delle cose che desideravi di più al mondo era parlare con me… Ma non ti viene un dubbio? –

- Quale? – domandò Merope, sospettosa.

- Forse quello che ti sto dicendo è esattamente quello che vuoi sentirti dire – rispose Silente, - Che le risposte che ti ho dato sono quelle che volevi avere. Se lo Specchio mostra i nostri desideri, perché non dovrebbe anche farci sentire quello che desideriamo? Chi ti dice che questa sia la vera verità? –

Merope fissò il vecchio. Aveva ragione lui.

- Non mi avrebbe posto questa domanda, se non fosse stato il vero Silente – disse, - E lei lo è. Sta solo cercando di confondermi… -

- Potrei benissimo essere un semplice riflesso – disse Silente, - Potrei essere un fantasma che risponde ai tuoi desideri… Non pensi che forse quello che ti ho detto è solo quello che volevi sentirti dire? –

Merope fissò il vecchio mago con il disprezzo dipinto sul volto. Sorrise, comprendendo quello che Silente aveva in mente.

- Non è facendomi credere che Ariana sia ancora viva dentro di me, che riuscirà a farla tornare – disse, - Ormai se n’è andata per sempre… Non tornerà, e anche se lo farà, moriremo insieme -

- Quindi è la tua vita che hai dato in cambio di questo? – disse Silente.

- Sì – rispose Merope, - Ed è per questo che Ariana ha lasciato che fossi io a condurla alla fine. Che io sia buona o malvagia, alla fine morirò, perché è il prezzo che devo pagare per ottenere la mia vendetta. E Ariana, morta o viva che sia, perirà con me. E siccome la più forte tra le due sono io, è giusto che sia io a mettere la parola fine a questa storia

Silente abbassò il capo e lo scosse tristemente. Merope si voltò, dandogli le spalle.

- Ho avuto le mie risposte – disse, - Addio -

Alzò una mano per interrompere il suo incantesimo, ma si fermò. Tornò a guardare il vecchio, in silenzio.

C’era qualcosa che le diceva che non era ancora finita. Doveva fare ancora un’ultima cosa.

- Harry Potter, vieni qui – disse, sapendo che la sua voce avrebbe raggiunto il Bambino Sopravvissuto.

- Cosa vuoi fare? – domandò Silente, apparentemente sereno.

- Le darò l’illusione che Ariana sia ancora viva – rispose Merope, - Lascerò che Harry parli con i suoi genitori –

Silente spalancò gli occhi azzurri. Merope sorrise davanti al suo stupore: lo stava prendendo in giro? No. Sentiva che per guadagnare la fiducia di Harry, dargli la possibilità di parlare con i suoi genitori serviva allo scopo.

- Addio – disse Merope.

- Addio, Ariana

E l’immagine nello Specchio svanì, lasciandolo vuoto.

In quel momento la porta della stanza di aprì, ed entrò Harry, solo. Si guardò intorno, incuriosito. Fissò lo Specchio, quando lo riconobbe.

- Che cosa vedi? – chiese Merope, invitandolo ad avvicinarsi.

Harry guardò la superficie, rapito. – Vedo la mia famiglia – rispose.

Merope alzò una mano e toccò la superfice dello Specchio. Di nuovo, il vetro sembrò incresparsi, poi li vide: James e Lily Potter salutavano felici e tristi al tempo stesso.

- Salve, signori Potter – disse Merope, - Avete fino al tramonto -

Harry la guardò confuso, prima di tornare a fissare lo Specchio.

- Harry – chiamò Lily Potter all’improvviso.

Il Bambino Sopravvissuto sembrò pietrificarsi. Rimase immobile, mentre tutti i membri della sua famiglia lo chiamavano per nome, felici.

- Questo è il mio regalo per te – disse Merope, avviandosi verso la porta, - Parla con la tua famiglia. Hai tempo fino al tramonto -

E senza aggiungere altro, Merope si chiuse la porta alle spalle, lasciando Harry solo con i propri desideri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ho deciso di farvi un regalo e postare prima il capitolo, anche perché vorrei concludere prima che inizi la sessione esami… XD

Comunque, questo capitolo lo trovo davvero significativo. Merope ha avuto finalmente modo di parlare con Silente e ottenere le risposte che le servivano, o che voleva sentirsi dire… Diciamo che voglio lasciarvi nel dubbio fino all’ultimo: il Silente con cui ha parlato Merope è quello vero, oppure solo un’illusione? Ma soprattutto, quello che ha detto è la verità, oppure è solo quello che Merope, e di riflesso Ariana, voleva sentirsi dire?

 

 

Ringrazio tutti per le recensioni, e continuate a seguirmi! Aggiornerò il più presto possibile!

 

Baci

 

 

Lhea

 

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Capitolo 41
*** Vendetta ***


Capitolo 39

Capitolo 39

Vendetta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Merope entrò nella Sala Grande, osservando soddisfatta il lavoro che, con i suoi nuovi poteri, aveva compiuto in pochi secondi: il soffitto era stato sanato, le colonne di marmo erano di nuovo al loro posto, le finestre erano di nuovo integre. Ora, la Sala era piena di gente che parlava a bassa voce. Riconobbe i signori Weasley, i gemelli, Lupin e altri membri dell’Ordine. In più, c’erano anche coloro che avevano fatto parte dell’ES, l’Esercito di Silente: Neville Paciock, Luna Lovegood, Ginny e tanti altri. E poi, tante persone che non conosceva nemmeno di vista.

Qualcosa nell’animo di Merope si agitò. Era l’impazienza. Aveva resistito fino a quel momento, ma ora iniziava a diventare nervosa: fremeva di eccitazione al pensiero di scontrarsi con suo padre.

Sentì gli sguardi di tutti puntare verso di lei, in piedi sulla scalinata di marmo, pronta a dominare la scena. Forse in quella situazione Ariana sarebbe arrossita, ma non Merope.

Passò in rassegna i volti conosciuti, e con piacere notò quando fossero spaventati dalla sua nuova natura. Dovevano temerla, era giusto così.

Harry, Hermione, Ron e Draco non c’erano. Aveva parlato con loro prima di fare la sua teatrale entrata in Sala. Il piano era semplice: Harry si sarebbe tenuto a distanza finchè lei non avesse avuto Voldemort in pugno. Per il resto, erano liberi di fare quello che volevano.

Merope guardò fuori dalle finestre, godendo del silenzio che la sua presenza aveva portato. Era buio fuori, da due ore il sole era tramontato.

- Buonasera a tutti voi – disse, un sorriso gelido disegnato sulle labbra rosse, - Chi di voi è qui, significa che vuole prendere parte all’ultima battaglia che combatteremo per la salvezza del mondo magico… Ci sono poche cose da dire. Ho scelto di diventare mio padre per offrire a tutti voi la possibilità di sperare in un futuro migliore… Non mi aspetto che capiate: nessuno tranne chi si trova nella mia situazione può farlo -

- Che cosa sei? – domandò qualcuno, tra la folla.

Merope cercò l’interlocutore con lo sguardo: era un ragazzo giovane, forse un membro dell’ES. Sotto il suo sguardo di ghiaccio, il ragazzo sembrò farsi piccolo piccolo.

- Che cosa sono? – disse Merope, - Sono qualcosa che sfugge alla vostra comprensione. Sono quanto più vicino a una Dea esista su questa terra. Non ho limiti, se non quelli che io stessa mi impongo. E Voldemort è uguale a me. Per questo sono l’unica che può sconfiggerlo -

Sorrise, assaporando un attimo di silenzio.

- Vi chiederete perché vi ho voluti qui – continuò, - Questa notte, io mi rececherò al Ministero della Magia per affrontare Voldemort. Avrei potuto benissimo andarci da sola, ma voglio offrirvi l’opportunità di prendervi la vostra vendetta, esattamente come farò io. Chi di voi vorrà seguirmi dovrà però sapere che una volta entrati nel Ministero, non avrò altro obiettivo che Lord Voldemort. Se vi troverete in una brutta situazione, non sperate nel mio intervento: non ho intenzione di fare da guardia del corpo a nessuno. Se morirete, sarà solo responsabilità vostra -

Tacque, osservando i presenti. Sembravano quasi scossi dalle sue parole.

- Fra un’ora, lascerò Hogwarts – proseguì, - Ho rotto l’incantesimo che era stato posto su questa scuola: ora chiunque può Smaterializzarsi… Se volete seguirmi, tenetevi pronti -

Con queste ultime parole, Merope si voltò e lasciò la Sala, percorrendo uno dei corridoi che portava alla stanza dello Specchio delle Brame. Harry e gli altri la aspettavano lì.

- Allora? – domandò Harry.

Merope si chiuse la porta alle spalle. – Ho detto quello che dovevo dire – rispose, - Tra un’ora partiamo –

Sentiva lo sguardo di Draco trapanarle la nuca, e la cosa la infastidì. Un fulmine squarciò il cielo notturno.

- Harry, le mie istruzioni sono le seguenti – continuò Merope, ignorando il biondo, - Fa quello che vuoi, ma non farti ammazzare. E quando io ti chiamerò per uccidere Voldemort, non dovrai esitare un momento a rispondere, chiaro? Questa è l’ultima occasione che abbiamo, l’ultima, mi sono spiegata? Se falliamo, allora sarò io a ucciderti -

Fissò Harry con occhi di fuoco, e il ragazzo sembrò comprendere appieno. Annuì in silenzio, mentre lei scrutava gli altri.

- Voi potete fare quello che volete – disse, - Le regole sono le stesse per tutti gli altri: non mi intralciate -

Rivolse un’ultima occhiata a Draco. Il biondo continuava a guardarla come se sperasse di veder tornare Ariana da un momento all’altro.

- Malfoy, se vuoi affrontare tuo padre, sei libero di farlo – disse, - Questa è la battaglia dove ognuno di noi prenderà la propria vendetta: è anche un tuo diritto, immagino -

- Credi che abbia bisogno del tuo permesso, Merope? – ribatté Draco, acido.

La ragazza ghignò. – No, non lo credo – rispose, - Era solo un’invito, il mio… -

L’intento del biondo era provocarla, lo aveva capito. Ma non aveva voglia di stare al gioco, perché non capiva dove lui volesse arrivare. Si voltò, guardando fuori da una finestra.

- Preparatevi – disse, - Ci vediamo nella Sala Grande tra poco -

Senza voltarsi indietro, Merope raggiunse il parco di Hogwarts. Come sempre, aveva bisogno della solitudine per prepararsi.

Passeggiando lungo il prato spazzato dal gelido vento che lei aveva evocato, sotto il cielo nero come inchiostro, ripensò alla sicurezza che aveva avuto Ariana quando si era apprestata a combattere contro Voldemort. Questa volta, lei non era pienamente sicura di vincere, nonostante ora si trovasse sullo stesso piano di suo padre. Ma aveva l’intenzione di fare tutto quello che era in suo potere, perché non aveva più nulla da perdere.

Non poteva prevedere il futuro, e non sapeva come sarebbe andata a finire. L’unica cosa che sapeva, era che questa volta non voleva passare inosservata. Si sarebbero ricordati di lei.

Avrebbe dato una eclatante dimostrazione dei suoi poteri, per fare in modo che nessuno si sarebbe mai dimenticato della Chimera, la Figlia delle Tenebre. Era nata per distruggere, e avrebbe distrutto.

La mano corse alla bacchetta magica nascosta nella tasca dei pantaloni. Com’era accaduto quella mattina, le sembrò un semplice pezzo di legno vuoto, ma lei sapeva che dentro il nucleo magico era ancora vivo.

Il cuore dell’Ungaro Spinato pulsava di energia, e lei aveva intenzione di usarlo.

Alzò la bacchetta e mormorò: - Expecto Patronum

Quando vide la polvere argentata fluire dalla punta, aggiunse: - Rendi reale ciò che fu reale

Con un guizzo, l’Ungaro Spinato si issò davanti ai suoi occhi, non più fatto di fumo grigio e scintillante, ma di carne e squame vere. Dispiegò le ali nere, ruggendo al cielo senza stelle.

Con un sorriso soddisfatto, Merope osservò la sua cavalcatura. Il drago era enorme, dalle corna ricurve e la coda puntuta e velenosa. Gli occhi gialli rilucevano sinistri, le zanne brillavano bianche e letali.

Senza un rumore, l’Ungaro Spinato abbassò la testa alla sua altezza, e drago e ragazza si guardarono negli occhi. Il fiato bollente scompigliò la chioma ribelle di Merope, ma lei rimase impassibile.

- Ora sei libero anche tu – disse, fissando le iridi oblique del drago, - Ho rotto le catene della tua prigione, e insieme combatteremo in questa battaglia. Vendetta sarà il tuo nome, perché per la vendetta ci ricorderà il mondo -

Il drago continuò a fissarla, poi mosse il capo come in un cenno di assenso e inarcò il collo. Ruggì al cielo tutta la sua rabbia, mentre Merope lo osservava estasiata. Non c’era meglio di una bestia del genere per rendere memorabile l’ultimo giorno della sua vita.

A un suo cenno, il drago si accucciò per permetterle di salirgli in groppa. Quando fu montata, l’Ungaro Spinato aprì le ali e spiccò il volo, diretto al portone della scuola.

Poco dopo, il drago nero atterrò davanti a Hogwarts, sollevando una nuvola di polvere. Merope smontò con un gesto fluido, e spalancò il portone.

Tutti quelli che erano rimasti della Sala Grande si voltarono di scatto, vedendo entrare la figura esile ma al tempo stesso assurdamente imponente della ragazza. Con un sorriso soddisfatto, Merope camminò con il mento in alto e lo sguardo di ghiaccio fino al centro della Sala. Sapeva di incutere timore, ed era contenta.

- Chi di voi vuole partecipare alla battaglia, mi segua – disse solamente.

Si girò e uscì di nuovo dalla scuola, sentendo i passi della gente seguirla a debita distanza. L’Ungaro Spinato indietreggiò per far passare la folla, senza perdere di vista per un momento la sua padrona.

Qualcuno esclamò alla vista del drago nero, in piedi sul prato di Hogwarts. Merope salì in groppa alla creatura, attendendo che tutti si riunissero nel parco. Ai margini del gruppo vide Harry, Ron, Hermione e Draco.

- Ci Materializzeremo davanti al Ministero della Magia – spiegò Merope, - Chi di voi non è in grado di farlo, si faccia portare da qualcuno. Non attaccate finchè non sarò io a darvi l’ordine. Dopodichè, sarete liberi di fare quello che volete -

Il silenzio che seguì le confermò che le sue parole erano arrivate dove voleva lei. Si sistemò una ciocca di capelli dietro la spalla, poi continuò: - Bene. Si parte –

Schioccò le dita, e nel giro di qualche secondo si ritrovò davanti all’ingresso principale del Ministero della Magia. Le alte colonne di marmo rilucevano sotto la luna, mentre dalle finestre si intravedevano i lampi guizzanti delle fiamme nei camini.

Merope, in sella all’Ungaro Spinato, ispirò l’aria notturna, sentendo nelle narici il sapore di qualcosa a lei conosciuto. Percepiva la presenza di qualcosa di molto simile a lei, ed era certa che fosse altrettanto. Suo padre non si sarebbe mai aspettato di vederla lì, però.

Con tanti sordi pop, alle sue spalle si Materializzarono tutti coloro che avevano deciso di seguirla. Vide i signori Weasley, Remus Lupin, Malocchio Moody, i gemelli Fred e George, Neville Paciock, Ginny Weasley… Ariana avrebbe temuto per loro, lo sapeva, ma lei provava solo una grande indifferenza. Non le importava cosa sarebbe successo loro…

Con uno scatto, voltò il capo verso l’ingresso del Ministero. Aveva fretta, e il tempo passava inesorabile.

Diede una pacca sul collo squamoso del drago, cercando di controllare l’eccitazione.

- Andiamo, la vendetta ci attende -

Gettò un’ultima occhiata alle sue spalle, per accertarsi che fossero arrivati tutti. Vide Harry in fondo alla folla.

Con la coda dell’occhio, Merope notò un volto affacciato ad una delle finestre. Doveva essere un Mangiamorte, perché era vestito di nero.

Poteva ucciderlo, ma non lo fece. Non le importava che potesse andare ad avvertire il Signore Oscuro. Anzi.

L’Ungaro fece un passo avanti, e lei si preparò.

Voleva un’ingresso teatrale, e lo avrebbe avuto.

Con una mano afferrò una delle punte cervicali del drago, e alzò l’altra.

- E adesso, prova a fermarmi – mormorò.

Con un’esplosione assordante, una porzione del muro della facciata del Ministero crollò verso l’interno, con l’Ungaro Spinato che saltava i calcinacci e con un ruggito faceva irruzione dell’ingresso. Una delle colonne si accartocciò su se stessa, mentre i pezzi di vetro schizzavano impazziti da tutte le parti.

Con uno stridore d’artigli, il drago scivolò sulla superficie liscia del pavimento, investendo uno dei Mangiamorte che erano accorsi per vedere la scena. L’uomo finì contro la fontana dei Magici Fratelli, gemendo di dolore.

Un getto di luce verde saettò verso Merope, ma svanì a pochi centimetri da lei. Si voltò per vedere chi l’avesse attaccata, mentre i suoi compagni iniziavano ad entrare dentro il Ministero, cominciando la battaglia.

Bellatrix Lestrange si stagliava nella sala, i capelli neri che ricadevano pesanti sulle spalle e il solito sguardo folle. La fissava come se fosse un fantasma, e ci mise qualche secondo a riconoscerla.

- Buonasera, Bellatrix – disse Merope, smontando dal drago per lasciarlo andare a combattere.

La donna non rispose, continuando a guardarla con la bocca aperta. Indietreggiò di un passo, poi si voltò e di corsa sparì lungo un corridoio.

Merope sorrise davanti al terrore che aveva suscitato. Non cercò di fermarla, perché non era lei che voleva.

Si girò. Decine di Mangiamorte combattevano contro i membri dell’Ordine della Fenice, scagliando maledizioni ovunque. Alcuni lupi mannari cercavano di assalire Neville Paciock, che venne soccorso da Lupin. Malocchio Moody se la stava vedendo con Macnair, mentre i gemelli Fred e George con altri due Mangiamorte.

Merope passò in rassegna i volti delle persone con distacco, alla ricerca del suo obiettivo. Voldemort non c’era. Forse la stava aspettando da un’altra parte.

Vide Harry, Ron, Hermione e Draco in fondo alla Sala, diretti verso uno dei corridoi. Li raggiunse si corsa.

- Seguitemi! – ordinò.

Sentiva la presenza di suo padre, ma non aveva voglia di girare tutto il Ministero alla sua ricerca. Chiuse gli occhi, concentrandosi.

Allora lo vide.

Voldemort, seduto su qualcosa di molto simile a uno scranno imperiale, il mantello adagiato alla sua destra, immobile. Era in una sala molto grande, forse…

- Il Reparto Misteri – disse Merope, aprendo di scatto gli occhi.

Raggiunse le scale e scese, seguita a ruota da Harry e gli altri. Imboccò un corridoio, eccitata, e arrivò finalmente davanti alla porta del Reparto Misteri.

Poi li sentì alle sue spalle.

Due Mangiamorte, e Fenir Grayback, il lupo mannaro. Prima che avessero modo di fare alcunché, Merope li immobilizzò con un solo guizzo delle dita.

- Che diavolo… - sbottò Grayback, con la sua voce roca.

La ragazza li guardò uno a uno, divertita. Erano ridicoli.

- Potrei uccidervi subito – disse, - Senza farvi soffrire più di tanto… Ma non voglio -

Guardò Ron ed Hermione. – Pensate di potervi occupare di loro? – domandò.

I due si guardarono un momento. – Sì – rispose a bassa voce Ron.

Non le sembrò convinto. Tornò a guardare i tre, poi mosse rapidamente la mano, e i Mangiamorte e Grayback stramazzarono al suolo, morti.

Vedere i corpi inerti dei tre non le diede alcuna sensazione, e nemmeno il fatto di averli uccisi con un solo movimento della mano. Come se non fosse accaduto nulla, Merope si voltò e spalancò la porta del Reparto Misteri. Non si accorse nemmeno di come la stavano guardando Harry e gli altri.

Si ritrovarono in una sala circolare dalle molte porte. Vide Hermione farsi avanti, la bacchetta in pugno.

- Siamo già stati qui, so come funziona – disse risoluta.

Merope fece una smorfia. Non aveva voglia di perdere altro tempo.

- Ci penso io – disse.

Hermione la fissò per un momento, poi si fece da parte. Merope raggiunse la prima porta a sinistra, la guardò per un attimo, poi con un botto, il battente volò in avanti, completamente scardinato.

Soddisfatta, attraversò la cornice rimasta, ritrovandosi davanti nientemeno che Lucius Malfoy.

Il Mangiamorte impugnava la bacchetta, lo sguardo beffardo puntanto su di loro, i lisci capelli biondo platino che rilucevano nella poca luce della stanza.

- Ci rincontriamo, ragazzina – disse, viscido.

Merope sorrise. – Già. Come è piccolo il mondo, vero? – ribattè, - Sei ancora vivo? Non lo avrei mai sospettato, sai? –

Il labbro di Lucius si arricciò. – Nemmeno io avrei mai pensato che fossi in grado di sopravvivere così a lungo… E lo stesso vale per mio figlio – disse, gelido.

Merope gettò un’occhiata a Draco. – Non sono qui per te, Malfoy – disse, - E non ho tempo da sprecare per uno stupido Mangiamorte come te, quindi lasciaci passare e minaccia qualcun altro con quella bacchetta

- Il Signore Oscuro ti ucciderà comunque – disse Lucius, - Sarai anche come lui, ma non hai speranze… -

Merope alzò gli occhi al cielo, esasperata. – Oh, ma quando siete patetici – disse, - Siete troppo stupidi per capire… Ma lasciamo perdere. Draco, se vuoi tuo padre è pronto ad affrontarti –

La ragazza superò Lucius Malfoy e raggiunse la porta seguente, sentendo qualcuno gridare alle sue spalle. Da chissà dove vide sbucare Bellatrix Lestrange, i capelli che le fluttuavano sulle spalle spettinati. Si piazzò di fianco a Lucius, la bacchetta puntata verso di lei.

- Oh, ma guarda chi si vede… - disse Merope, - Cosa ci fai qui, Bellatrix? Non sei a fare la schiavetta del tuo Signore? -

-Sta zitta, ragazzina – ribatté Bellatrix, - Non abbiamo paura di te –

Merope fece un passo verso di loro, il ghigno malefico dipinto sul volto.

- Davvero, non avete paura di me? – disse con voce flautata, - Allora perché non mi attaccate? Cosa state aspettando? -

Ma prima che potessero anche solo rispondere, le loro bacchette volarono via, adagiandosi a terra. I due Mangiamorte, basiti, rimasero immobili.

- Ops, scusate, sono stata più rapida di voi! – continuò Merope, divertita – Ma tanto non avete paura di me, o sbaglio? Una bacchetta a cosa può servirvi davanti a una ragazzina indifesa? -

- Avevo sempre saputo che il Signore Oscuro si sbagliava sul tuo conto – disse Bellatrix, - Avrebbe dovuto ucciderti, come fece con tua madre… -

Merope la fissò, incuriosita. – Conoscevi mia madre? – domandò.

- Certo che la conoscevo – rispose la donna, - Tutti la conoscevano… Ma nessuno sapeva che lei e il nostro Signore avevano avuto… te. Evidentemente non avevo studiato bene il mio piano -

La ragazza strizzò gli occhi, senza comprendere appieno le parole della Mangiamorte. Qualcosa le sfuggiva.

- Cosa vuoi dire? -

Gli occhi di Bellatrix scintillarono. – Ho fatto uccidere io tua madre – rispose, - Sono stata io che ho detto al Signore Oscuro che stava facendo il doppio gioco, quando non era vero… Se non fosse stato per me, tua madre sarebbe ancora viva –

Merope incassò quelle parole senza battere ciglio, conscia che Harry, Ron, Draco ed Hermione la stavano guardando. Persino Lucius Malfoy sembrava stupito.

In quel momento la ragazza comprese a cosa potesse portare la gelosia. Che sua madre fosse morta per mano di una sua alleata non le importava: in ogni caso Zahira non le aveva mai voluto bene. Forse con il tempo le cose sarebbero cambiate, ma il tempo non lo avevano avuto…

- L’hai fatta uccidere perché ti aveva soffiato il posto di cocca del Signore Oscuro – disse Merope, sapendo che era così, - La odiavi per quel motivo… Per questo Voldemort non ti aveva rivelato della mia esistenza. Credeva potessi fare la stessa cosa con me -

Bellatrix la fissò. – Con il mio gesto ho liberato il Signore Oscuro della sua unica debolezza – disse, - Mi sarà grato per sempre… Era vulnerabile quando c’era quella donna… -

Merope si avvicinò ancora. Non provava alcuna rabbia per quella donna debole e stupida: credeva veramente di ferirla, dicendole la verità?

- Che mia madre sia viva o sia morta non mi importa, Bellatrix – sibilò, - E che sia stata tu a farla uccidere, non mi interessa. Immagino condividevate le stesse idee, quindi molto probabilmente vi assomigliavate anche… Non avrei mai desiderato una madre come te. Solo… , hai ragione, con me hai sbaglianto i tuoi calcoli… Mi stai deliberatamente provocando… -

Merope si avvicinò a Bellatrix, e le due si squadrarono per un momento in silenzio. Mezzo metro le saparava, e nessuno accennava a muoversi.

- Hai potuto provocare la morte di mia madre – continuò la ragazza, - Ma io non sono una stupida strega da quattro soldi. Io sono la Chimera, la Figlia delle Tenebre, e devi temermi quanto temi mio padre -

Merope fissò la Mangiamorte negli occhi, leggendo nelle iridi scure dalle palpebre pesanti la paura. Sorrise davanti al terrore che stava lentamente istillando in quella donna fuori di testa, pronta a idolatrare un mago mezzosangue e seguirlo nella sua causa folle. Prima di farla sparire dalla faccia della terra, voleva farle capire cosa significava provare panico.

Fece un altro passo avanti, mentre Bellatrix rimaneva immobile. Più la donna guardava quelle iridi verdi e demoniache, più il suo volto si deformava dalla paura. Aveva il labbro inferiore che tremava incontrollabile.

Merope si chiese cosa vedesse nei suoi occhi…

La Mangiamorte distolse lo sguardo, puntandolo a terra. Poi, credendo di coglierla di sorpresa, puntò la bacchetta contro di lei e cercò di formulare un incantesimo.

- Ferma – mormorò Merope.

Bellatrix rimase come pietrificata. Spalancò la bocca, e gli occhi guizzarono a destra e sinistra.

- Ariana… -

Merope alzò una mano, infastidita da quel nome.

- Ho tutto sotto controllo, Harry – sibilò, - E non chiamarmi Ariana -

Puntò nuovamente lo sguardo su Bellatrix. Sapeva benissimo che voleva attaccarla.

- Non pensare di essere furba, ragazzina – disse una voce alle sue spalle.

Era Lucius Malfoy, che le puntava la bacchetta alla nuca, baldanzoso. Merope rimase immobile, colta alla sprovvisa ma non preoccupata, con i due Mangiamorte che la accerchiavano. Con la coda dell’occhio guardò per un momento Malfoy senior, poi fece un mezzo sorriso.

- Credete davvero di spaventarmi con due bacchette? – domandò, - Il vostro Signore non vi ha ancora mostrato tutto il suo potenziale, se pensate di potermi fermare così -

La terrà tremò, ed Hermione lanciò un grido. I capelli di Merope fluttuarono leggeri, mentre senza neanche un movimento, i due Mangiamorte finivano in aria e poi contro un muro, urlando. Con un tonfo atterrarono sul pavimento, storditi.

Merope fece un passo verso di loro. Alzò la mano sinistra, e Lucius Malfoy rimase immobile, incapace di muoversi. Bellatrix, senza fiato, si rannicchiò contro la parete.

- Non immischiarti, Malfoy – ringhiò la ragazza, - Non sarò io a uccidere te… Ma farò fuori lei -

- Sei un mostro – sputò Bellatrix, acida.

- Mai quanto voi – ribatté Merope.

La sua mano destra si alzò, disegnando in aria un ghirigoro. Fumò blu comparve dal nulla, avvolse la sua figura e poi guizzò verso la Mangiamorte riversa a terra.

- Addio, Bellatrix – disse.

Con un grido, la donna finì avvolta nel fumo bluastro, si mosse per qualche secondo, poi non rimasero che i suoi vestiti vuoti.

Merope puntò lo sguardo su Lucius: era terrorizzato, e guardava ciò che restava della Mangiamorte con gli occhi spalancati.

- Draco – chiamò Merope, - Tuo padre è pronto ad affrontarti -

Si voltò di spalle e raggiunse la porta, ignorando le occhiate disgustate che qualcuno le aveva indirizzato. Con un cenno invitò Harry, Ron ed Hermione a seguirla, poi appoggiò la mano sulla maniglia.

- Buona fortuna, Malfoy – disse rivolta al giovane biondo, scrutando i suoi occhi d’argento, - Ariana ti manda la sua benedizione -

- E io la mia – ribatté Draco, con un cenno del capo.

Merope annuì, poi aprì la porta e lasciò i due Malfoy al loro destino.

La sala seguente era vuota, ma la ragazza sentiva sempre più vicino la presenza di colui che doveva affrontare. Varcò un altro salone vuoto, poi arrivò davanti all’ennesima porta, questa volta nera.

Si fermò e sorrise. Appoggiò una mano sulla superficie liscia, chiudendo gli occhi.

Lo sentiva. Era dall’altra parte.

- Non entrare finchè non sarò io a chiamarvi – disse ancora con gli occhi chiusi, - Avete capito? -

Era eccitata, sentiva l’energia fluire nelle sue vene come un liquido corrosivo che voleva essere rovesciato. Finalmente, faccia a faccia.

La maniglia cigolò sinistramente quando venne abbassata. Merope varcò la soglia, immersa dall’oscurità, ma la riconobbe comunque: era la sala delle Profezie. In fondo, si distingueva ancora lo strano arco in cui era sparito Sirius Black. Respirò a fondo quell’aria strana, satura di odio.

Lo vide, seduto sul suo scranno d’oro intarsiato. Lord Voldemort, il viso bianco che riluceva nel buio nella sala, gli occhi rossi scintillanti. Il mantello nero sulle sue spalle copriva il bracciolo del suo trono, la veste scura che nascondeva le gambe calzate in stivali marroni.

Merope avanzò, il sorriso disegnato sulle labbra rosse. A due metri di distanza da Voldemort si fermò, senza mai distogliere i suoi occhi da quelli del Signore Oscuro. Piegò il braccio destro e si esibì in un perfetto inchino.

Un vento gelido spazzò la sala, lo stesso che accompagnava sempre la Figlia delle Tenebre. I capelli di Merope svolazzarono, così come il mantello di Voldemort.

- Buonasera, padre – disse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Ed eccomi di nuovo! Mi scuso per il ritardo, ma non riesco proprio a trovare il tempo di scrivere… Oltretutto, sono in fase “depressione totale”, il che non aiuta proprio… (mai successo che nonostante capiate che una certa persona è uno scemo di prima categoria, continui a piacervi? E che vi state facendo assurdamente e sadicamente male da soli? -.-)

Comunque, bando alle ciance. Ormai siamo agli sgoccioli: ancora più o meno due o tre capitoli e abbiamo finito. Mi sembra incredibile, non pensavo riuscissi a concludere veramente… Mi stupisco di me stessa!

Finalmente, il vero scontro padre-figlia avrà luogo: Merope contro Voldemort.

Ah, in questo capitolo si è scoperta la verità sulla morte di Zahira, la madre di Merope-Ariana: in realtà non aveva mai fatto la doppiogiochista, ma era sempre stata la serva del Signore Oscuro. Bellatrix, che era gelosa della sua posizione, aveva raccontato una bugia a Voldemort, dicendogli che Zahira lo stava tradendo: ecco perché lui l’ha uccisa. Solo in seguito scoprì che in realtà non era vero, e per questo non aveva rivelato a Bellatrix chi fosse veramente Ariana…

 

 

Smemo92: eh eh, tutte le tue domande sono esattamente quelle che volevo vi poneste. Per le risposte dovrai attendere, ma alla fine si capirà tutto. D’altro canto, aveva detto di fare attenzione a tutto ciò che Merope avrebbe detto ho fatto: è rimasto veramente qualcosa di buono in lei oppure no? Ti ringrazio per i complimenti! Baci!

 

Kaimy_11: non ti preoccupare, non finirà certo in tragedia! Non sono così sadica! Silente ha fornito le sue solite risposte ingarbugliate e misteriose: tempo al tempo, la verità verrà a galla! Baci!

 

DarkViolet92: ti ringrazio tantissimo per i complimenti! Preferisco adottare uno stile più semplice e mi impongo determinate scelte stilistiche perché non voglio essere la solita autrice che scrive storie volgari o troppo scontate: è troppo facile avere successo in quel modo! Baci!

 

Kiketta182: figurati! Per me l’importante è che leggiate e che vi piaccia! E’ la massima aspirazione per uno scrittore, no? Comunque, sono contentissima che apprezzi la mia storia: è un po’ diversa dalle solite, ma meglio cambiare ogni tanto, no? Baci!

 

 

Ringrazio tutti coloro che continuano a leggere: resistete, ormai siamo alla fine!

 

 

Lhea

 

 

 

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Capitolo 42
*** Scontro Finale ***


Capitolo 40

Capitolo 40

Scontro finale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Merope alzò lo sguardo, incontrando gli occhi rossi di suo padre, illuminati da quello che lei riconobbe come stupore. Sì, Lord Voldemort era stato appena preso alla sprovvista.

- Non credevo potessi arrivare a tanto – disse lui, mascherando la sua sorpresa dietro un ghigno divertito – Hai avuto fegato -

- Quella che hai conosciuto era Ariana – disse Merope, - E Ariana il coraggio non lo aveva. Ha lasciato che sia io, Merope, a fare quello per cui a lei mancava la forza

Voldemort fece un cenno di assenso con il capo. – Giusto. La ragazza allevata da Silente non poteva essere in grado di fare una scelta simile… Capisco ora quello che ho perso, non riuscendo a farti passare dalla mia parte… Ma non importa

Merope fece un passo indietro, per lasciare che suo padre si alzasse. Con un gesto fluido, il Signore Oscuro fece indietreggiare lo scranno imperiale e raccolse il mantello.

- Potter è qui? – domandò.

- Sono tutti qui – rispose Merope, - Sono venuti a prendere la loro vendetta… -

Era impaziente. Non voleva continuare a parlare, e la mano destra le tremava convulsamente.

- E io la mia – aggiunse.

Un enorme globo di luce rossa si formò tra di loro, quando la Figlia delle Tenebre diede inizio all’ultima battaglia. Con un rumore di tuono si scagliò contro Voldemort, lasciando una scia bruciata sul pavimento.

- Padre contro figlia? – gridò il Signore Oscuro, schivando l’incantesimo, - Ci uccideremo a vicenda, lo sai! -

Merope indietreggiò, pronta a continuare a lottare. Era troppo impaziente per stare a discutere, ma comprese le parole di Voldemort.

- Morirò comunque, padre! Ma verrai via con me! – gridò.

Avanti, Figlia delle Tenebre, scatena tutta la tua potenza. Umilialo, sconfiggilo… uccidilo”.

E Merope non attese.

La Chimera era pronta.

La Sala venne inondata di luce azzurra, mentre il pavimento si crepava davanti alle iridi spalancate della ragazza. I capelli iniziarono a fluttuare impazziti, davanti alla furia della Figlia delle Tenebre.

E lo stesso accadde con Voldemort.

Entrambi stavano scatenando tutta la forza che era contenuta nei loro corpi ora mortali.

Vieni a me, Vendetta. Conduci qui la tua furia”.

E dal nulla, comparve l’Ungaro Spinato che poco prima aveva lasciato nell’ingresso del Ministero. Il drago ruggì in direzione di Voldemort, poi balzò dispiegando le ali e gli saltò addosso.

Prima che la bestia avesse modo di spalancare di nuovo le fauci, un altro drago, anch’esso nero come la notte, comparve e gli si lanciò addosso. Le due creature rotolarono di lato, avvinghiate l’una all’altra.

- Rifiuti il corpo a corpo, Merope? – gridò Voldemort, ghignando.

L’espressione di suo padre la fece imbestialire. Le stava dando della codarda.

Il pavimento si crepò ancora quando la ragazza fece un passo avanti, le mani tese a creare una barriera di luce bianca. A pochi metri dall’obiettivo fu costretta a scartare di lato, per evitare i due draghi che si affrontavano a morsi e unghiate.

Voldemort passò all’attacco.

Si Smaterializzò per poi ricomparire dietro di lei, scagliandole addosso un globo di fuoco nero.

Merope svanì nel nulla, e l’aria prodotta dal suo spostamento fece fluttuare il telo dell’arco in fondo alla sala. Riapparve vicino ad alcuni degli scaffali piedi di palle di vetro contenenti profezie, e li fece crollare tutti in un colpo solo.

Uno dei lampadari del soffitto si staccò all’improvviso, e Merope lo schivò appena in tempo. I draghi rotolarono di nuovo vicino a lei, lasciando sul pavimento una scia di sangue nero e bollente.

Con un fischio, richiamò l’Ungaro Spinato. Il drago si divincolò e la raggiunse con un balzo. La ragazza salì in groppa con un agile salto, mentre con la mano imprigionava l’altro drago.

- Qual è il tuo piano, Merope? – domandò Voldemort, osservandola sul dorso dello Spinato.

- Distruggerti – rispose la ragazza.

Il drago di Voldemort si liberò dall’incantesimo, raggiungendo il suo padrone e piazzandosi davanti a lui. Merope colpì con i talloni i fianchi dell’Ungato Spinato, lanciandolo all’attacco.

- Smettila di usare quello stupido animale! – gridò Voldemort, Smaterializzandosi, - Sono stufo di giocare! -

La ragazza si voltò in cerca del Signore Oscuro, individuandolo vicino all’arco chiuso dal telo…

Balzò giù dallo Spinato, lasciandolo libero di affrontare l’altro drago, e scagliò un’incantesimo verso Voldemort.

Il getto di luce bianca saettò rapidissimo, cozzando contro l’arco con un fragore assordante e facendolo crollare a terra. Per un attimo credette che il Signore Oscuro perdesse l’equilibrio, rischiando di cadere oltre il velo, ma scomparve nel nulla per riapparire alle sue spalle, vicinissimo tanto da sentirne il fiato sul collo.

- Facciamo sul serio – soffiò Voldemort, - Vediamo di cosa siamo capaci -

Merope si voltò di scatto, alzò le mani e lanciò un incantesimo. Voldemort lo parò creando una barriera di luce nera, poi attaccò a sua volta.

Con un guizzo, Merope svanì per un momento, poi riapparve.

Avanti, Merope, scatena tutta la tua ira… la nostra ira

La voce risuonò nitida nella mente della ragazza, rimbombando come in una grotta. Ma non era la stessa voce che aveva sentito quando era stata a Stonehenge… Le risultava stranamente familiare, come l’eco di un ricordo perduto…

Spiazzata, non si accorse che Voldemort aveva lanciato contro di lei un getto di fuoco viola… Fece appena in tempo a pararlo, ma il contraccolpo la fece volare indietro di dieci metri, scaraventandola sul pavimento.

Stordita, Merope si portò una mano alla testa senza capire. Il dolore fisico in quel momento non le interessava… Voleva comprendere…

Rialzati, Merope. Cosa stai facendo? Non possiamo perdere tempo…”

La voce risuonò di nuovo nel suo cranio, assurdamente familiare. Rimase immobile, fissando senza vederlo il pavimento sotto di sé, dimentica di tutto. Non poteva essere…

- Cos’hai, Merope? – domandò Voldemort, - Ti arrendi già? -

Le parole del Signore Oscuro la riscossero immediatamente. Stampandosi un ghigno sul viso, la ragazza si rialzò, spolverandosi i pantaloni.

- Scusa – disse, - Ero distratta… Dove eravamo? -

Come se niente fosse, tornò all’attacco, scagliando getti di luce colorata contro il Signore Oscuro, che li parò senza sforzo. Non stavano ancora facendo sul serio, lo sapeva.

La maledizione andò a colpire il muro alle spalle della ragazza, facendo crepare le pareti. I due draghi, ancora avvinghiati l’uno all’altro, rotolarono a pochi metri da loro, finchè uno dei due, Vendetta, finì scaraventato contro la parete.

Con un rumore assordante, il corpo enorme della bestia sfondò il muro già ricoperto di crepe, fino a rotolare nell’altra stanza sollevando una nuvola di polvere bianca.

Harry!”

Fu di nuovo la voce nella testa di Merope a parlare per prima. La ragazza si voltò verso il muro sfondato, dove il drago nero si stava rialzando scrollando il capo. Sentì le grida di qualcuno, molto probabilmente Hermione.

Girando su se stessa, si Smaterializzò per poi ritrovarsi di fianco al Bambino Sopravvissuto.

- Allontanatevi! – gridò Merope, avvertendo la presenza di Voldemort a pochi metri da lei. – Allontanatevi! -

Si voltò di scatto, pensando a un modo per metterli in salvo.

- Anche tu qui, Potter? – sibilò la voce glaciale di Voldemort.

Il Signore Oscuro comparve dal nulla, troppo vicino a Harry per i gusti di Merope. Il ragazzo alzò la bacchetta velocissimo, pronto a scagliare l’incantesimo che avrebbe dovuto uccidere il suo nemico.

Merope scattò come una molla. Compiendo un balzo che non avrebbe mai potuto fare se non fosse stata la Figlia delle Tenebre, saltò addosso a Voldemort, cercando di immobilizzarlo con un incantesimo. Rotolarono per alcuni metri, finendo sopra i calcinacci della parete caduta.

- Harry! Allontanati da qui! – gridò.

Sapeva che ormai Voldemort lo aveva visto, e che avrebbe tentato di ucciderlo il prima possibile. Non poteva rischiare.

Si rialzò di scatto, pronta a dare fondo a tutte le sue energie.

Alzò le mani, disegnando nell’aria uno strano arabesco. Fumo rosso comparve alle sue spalle, scagliandosi contro Voldemort e facendolo finire trenta metri più indietro.

Merope ne approfittò. Si voltò, e con un incantesimo che produsse un’onda d’urto bianca, sfondò le pareti davanti a lei, una dopo l’altra, come le tessere di un domino. Solo quando vide le scale che portavano di sopra si fermò.

- Andate! – disse a Harry, Ron ed Hermione, - Aiutate gli altri mentre io mi occupo di lui! -

Merope tornò a voltarsi, giusto in tempo per schivare la maledizione di Voldemort. Contrattaccò, quando la voce si fece ancora viva.

Draco

Spinta da una forza invincibile, Merope fu costretta a lanciare un’occhiata alle sue spalle: aveva dimenticato i Malfoy… Avrebbero dovuto essere ancora lì…

Qualcosa la colpì forte sulla fronte, provocandole un dolore lancinante alla testa.  Liquido rosso e caldo le colò sugli occhi. Gemendo, si accorse di aver abbassato la guardia per colpa di quel pensiero, e tornò ad affrontare Voldemort.

- Non distrarti così facilmente, Merope – la redarguì il Signore Oscuro, sorridendo malignamente, - Potresti farti male… -

Con un tuono che squarciava l’aria, Merope alzò un muro di fuoco tra lei e suo padre, un fuoco nero e viola, che eruppe dal pavimento con un ruggito. Sentì il soffitto sopra di lei scricchiolare sinistramente, ma non spostò lo sguardo dal Signore Oscuro.

Non sapeva quanto tempo aveva ancora, ma si rendeva conto che era comunque poco. Lei e suo padre si eguagliavano, e sarebbe stato così fino alla fine. Doveva escogitare un modo per poterlo battere, in fretta.

Voldemort attendeva oltre il muro di fuoco, fissando la figlia con un sorriso sardonico sul volto serpentesco.

- Cerchi di guadagnare tempo, Merope? – domandò, beffardo, - Cosa stai aspettando? Vieni qui e uccidimi, se credi di poterlo fare -

- Io non ti ucciderò – ribatté Merope, - Sono qui per umiliarti, per farti provare quello che tu hai fatto soffrire a tutti gli altri… -

Avanti, Merope, non ci rimane molto tempo… E’ uguale a noi, ma noi siamo due… Lui è uno solo”.

Merope mosse leggermente il capo, infastidita e confortata al tempo stesso da quella voce familiare.

“D’accordo, mi darò da fare”.

Con un guizzo, le fiamme di spensero, lasciando campo libero alla Figlia delle Tenebre. Merope corse in avanti, poi compì una piroetta su se stessa e attaccò.

Voldemort indietreggiò di alcuni metri, colpito dall’onda d’urto scagliata dalla figlia. Alzò le mani e dal nulla sbucarono serpenti neri che cercarono di avvolgersi intorno al corpo della ragazza.

Con un sibilo, i rettili svanirono, bruciati dal fuoco prodotto dalla Chimera.

Per quella che parve un’eternità, padre e figlia di scambiarono attacchi sempre più violenti e sempre più mortali, senza che nessuno riuscisse ad avere la meglio. Persino quando i due draghi si annientarono a vicenda, stramazzando al suolo avvolti da un globo di fuoco nero, Merope e Voldemort non diedero segno di riuscire ad avere la meglio sull’altro.

Poi, la ragazza si accorse di una cosa. Il soffitto, ormai pieno di crepe che ogni istante si allargavano sempre di più, sarebbe crollato. Da sopra provenivano le grida della battaglia, e se la volta sarebbe veramente crollata, ci sarebbe stata una strage…

Non puoi permette che muoiano. Fai qualcosa”

Digrignando i denti davanti a quell’ordine, Merope spinse lontano Voldemort, imprigionandolo in una gabbia di sbarre fatte di luce, e pronunciò: - Vieni a me, Spirito della Terra, sostieni il mondo affinchè l’umanità non cada

Come enormi dita fatte di roccia e terra, pilastri naturali sbucarono dal pavimento martoriato del Reparto Misteri, andando a sostenere il soffitto pericolante. Il suolo tremò per un momento, lasciando poi nella Sala il silenzio più assoluto.

Merope tornò a guardare Voldemort, ormai libero dalla sua prigione. Lui la fissò con una strana luce negli occhi, e poi prima che lei potesse fare qualcosa, con un solo cenno della mano sfondò il soffitto, producendo un buco perfettamente concentrico. Un paio di quelli che sembravano membri dell’Ordine della Fenice caddero a terra insieme alle macerie, gridando.

Senza aggiungere altro, il Signore Oscuro si alzò in volo e raggiunse il piano superiore. Merope, infuriata dalla sua fuga, fece altrettanto. Si Smaterializzò, ritrovandosi nella sala di Ingresso del Ministero.

Mangiamorte e membri dell’Ordine e dell’ES si affrontavano da ogni parte, lanciando incantesimi a raffica, mentre quelli che dovevano essere lupi mannari stavano accerchiando un gruppo di maghi del Ministero. La Fontana dei Magici Fratelli era distrutta, e l’acqua per terra rendeva il pavimento scivoloso.

Con la coda dell’occhio, Merope vide Harry combattere contro un Mangiamorte, insieme a Ron ed Hermione. Lupin, pochi metri più avanti, era appena caduto a terra, ma si rialzò subito. I signori Weasley erano alle prese con un gruppo di servi del Signore Oscuro, insieme a Fred e George. Degli altri, Merope non vide nessuno.

- Vuoi dare spettacolo, vero? – chiese la ragazza, tornando a guardare Voldemort.

- E’ giusto che il mondo veda ciò di cui siamo capaci – replicò il Signore Oscuro.

Merope attaccò, dirigendo un getto di luce azzurro contro suo padre. Gli incantesimi degli altri maghi, lanciati a caso, li colpivano senza produrre alcun danno. Erano i soli in grado di distruggersi a vicenda.

E anche questa volta, come due fronti temporaleschi, i due contendenti si affrontarono con la furia degli elementi, distruggendo tutto ciò che c’era intorno a loro, senza distinzione alcuna.

Ogni secondo che passava, i due erano sempre più stanchi, e Merope iniziava a rendersi conto che le sue speranze di vincere diminuivano sempre di più. Per quanto si impegnasse, non riusciva a batterlo.

Qualcuno gridò quando uno dei pilastri di marmo cadde con un fragore assordante, inondando la sala di schegge acuminate. Merope finì a terra, scrisciando fino quasi all’uscita del Ministero. Sentì la pelle delle mani bruciare mentre sfregava sul pavimento di marmo pieno di macerie e sassi.

In lontananza, vide Harry gettato all’indietro da un incantesimo di un Mangiamorte, solo. Si rialzò, ma non fu abbastanza veloce, perché il mago lo disarmò, afferrando al volo la sua bacchetta.

Merope scattò in piedi, gettando un’occhiata a Voldemort, e uccise il Mangiamorte con un solo colpo.

Gli occhi di Merope si ridussero a due fessure, quando lanciò il suo nuovo attacco. Lampi squarciarono il cielo nero, mentre il vento entrava a forza nel Ministero della magia. La gente che lottava lì intorno fu costretta a indietreggiare, perché un cerchio di fuoco nero e giallo si fornò intorno a i due contendenti. Il muro di fiamme si alzò per un attimo, quando la ragazza fece un passo avanti.

Il terreno si crepò sotto i piedi di Merope, mentre Voldemort lanciava il suo incantesimo non verbale contro di lei. Saltò di lato, e il pavimento crollò lasciando un buco dal quale si intravedeva il piano di sotto.

- Acqua, vieni a me. Purifica ciò che è melvagiopronunciò.

L’acqua della Fontana dei Magici Fratelli sparsa sul pavimento si condensò in una nuvola di vapore, formando quello che sembrava una sorta di enorme serpente marino traslucido. L’essere fluttuò scagliandosi contro Voldemort, che contrattaccò creando un mostro di terra. Le due creature si scontrarono l’una contro l’altra, annullandosi a vicenda.

Fuoco azzurro avvolse la figura di Merope, quando invocò il nuovo incantesimo.

- Aria, vieni a me. Spazza via tutto ciò che incontri -

Anche questa volta, l’elemento rispose al suo richiamo. Un turbine grigio si formò al centro dell’anello di fuoco, diventando sempre più grande man mano che i secondi passavano. L’aria frustava il volto di Merope, scompigliandole i capelli e gettando nello scompiglio la sala. Poi, a un suo cenno, il vortice si spostò dirigendosi verso Voldemort.

Il Signore Oscuro evocò una maledizione, e il tornado implose dall’interno scagliando tutt’intorno dardi infuocati. Merope lì parò con una barriera magica, ma vide che molti di coloro che stavano combattendo vennero colpiti in pieno.

- Terra, vieni a me. Riprenditi ciò che ti spetta -

Il terreno sotto i piedi di Voldemort prese a tremare violentemente, crepandosi in più punti. Radici nodose, nate chissà dove, spuntarono fuori tentando di avvolgere la sua figura, ma invano.

Il suo attacco fu devastante, tanto da far volare Merope indietro di diversi metri, cadendo dritta nel fuoco nero e giallo. Rotolò, imprigionata in una specie di rete invisibile, fino a ritrovarsi fuori dall’anello di fiamme, immobile, a terra.

Si issò sulle braccia, per rialzarsi, ma si rese conto di non riuscirci. Fece forza, richiamando a sé i suoi poteri, ma si accorse che non dipendeva da un’incantesimo. Era la fatica, a impedirle di rimettersi in piedi. Improvvisa, incontrollabile, la fatica si faceva sentire, sottraendole energie.

Subito, alla sua mente tornò la situazione in cui si era trovata Ariana, di quando aveva capito di essere stata sconfitta. Di quando aveva chiesto, urlato, di essere uccisa.

Stava accadendo di nuovo? Era stata appena battuta?

Digrignò i denti, reprimendo con tutta la determinazione che aveva in corpo la volontà di sbattere violentemente i pugni sul pavimento e gridare. Fissò il proprio riflesso sul pavimento bagnato, gli occhi verdi e demoniaci spalancati, i segni neri sempre più visibili sulla carnagione pallida.

Non poteva fallire di nuovo, non poteva. Era già successo una volta, ed era stata Ariana a immolarsi per lei…

Ariana…

Vide i piedi di Voldemort avvicinarsi, ma il suo sguardo fu catturato da qualcun altro, lontano ma ben riconoscibile.

Draco.

Draco Malfoy era ancora vivo, ferito e sanguinante, ma vivo. E combatteva, combatteva come una furia contro qualsiasi Mangiamorte gli si parava davanti, con un solo e unico obiettivo: raggiungere lei.

E poi loro: Harry, Ron ed Hermione. Feriti anch’essi, ma che continuavano a lottare, mettendoci tutto l’impegno di cui erano capaci.

Combattevano, perché lei gli aveva dato la speranza.

Fissando il pavimento, Merope rimase in silenzio, dimenticandosi persino dove si trovasse. Le mani le tremavano, e solo ora si rendeva conto di avere male d’appertutto. Sangue viscido le colava dalla ferita sulla testa, e uno squarcio sulla gamba pulsava dolorosamente.

Rialzati”

- Devo ammettere una cosa – disse Voldemort, puntando contro di lei un dito per tenerla ferma, - Nonostante tu abbia deciso di rimanere la serva di Silente, sei davvero qualcosa di speciale. Sei davvero degna di essere mia figlia -

Qualcosa di strano prese possesso della Chimera, qualcosa che non era più orgoglio o compiacimento. La Figlia delle Tenebre sarebbe stata felice di quelle parole, suggello del suo immenso potere. Ma non Merope, in quel momento.

Non Ariana.

- Io non sono tua figlia -

Le parole di Merope uscirono dalla sua bocca contro la sua volontà, dure come il ghiaccio. Continuando a fissare il pavimento, i capelli che coprivano il suo viso, rimase pietrificata.

- Io non sono tua figlia, perché io sono meglio di te -  

Non era possibile… Pensava di averla definitivamente sconfitta…

“E’ giunto il momento che io torni a prendere il comando”

No… Ariana era morta… Non poteva essere ancora viva, dentro di lei…

Allora, capì le parole di Silente: la Chimera era formata da due esseri, da due opposti…

Hai perso… Lascia che sia io a condurci in questi ultimi istanti

Ariana non se n’era mai andata: si era solo fatta da parte. Aveva lasciato che la rabbia prendesse possesso del suo corpo, ma non aveva lasciato che invadesse la sua mente. Si era accucciata in un angolo, a guardare quello che la sua gemella del buio stava facendo, ma non si era lasciata morire… Nonostante la sconfitta, nonostante l’odio, nonostante la sofferenza, era sopravvissuta, guidando in modo impercettibile le azioni della Figlia delle Tenebre.

Era Ariana la più forte tra le due, lo era sempre stata.

E allora, Merope si fece da parte, lasciando Ariana libera di tornare a vivere.

La ragazza sorrise, guardando il proprio riflesso distorto sul pavimento insanguinato. Sorrise, sapendo che Silente aveva ragione, che in fondo non era totalmente malvagia…

Mosse leggermente il capo, issandosi sulle braccia. Guardò Draco, troppo distante per potergli parlare, ma per lei incredibilmente vicino. Lui lo sapeva, lo aveva visto nei suoi occhi quando Merope gli aveva intimato di non avvicinarsi: aveva visto che Ariana era ancora viva. Aveva creduto in lei.

Sorrise, mentre i suoi occhi tornavano a essere di quel verde naturale e così simile a quello del Bambino Sopravvissuto. Sorrise, felice di poter essere lei a mettere la parola fine.

- La sai una cosa, padre? – disse, ancora senza guardarlo, - Non mi rendi orgogliosa di essere come te… Semplicemente perché io sono e sarò sempre meglio di ciò che sei tu -

Sorretta da un fuoco bianco, Ariana si rialzò sorridendo, costringendo Voldemort ad arretrare. Si rialzò, perché la sconfitta non doveva essere sua, questa volta. Aveva battuto Merope, la sua parte malvagia, avrebbe sconfitto anche il Signore Oscuro.

- Fuoco, vieni a me. Purifica il male di questa terra -

Voldemort volò in aria, avvoltò da fiamme scarlatte, gridando di dolore e colto alla sprovvista.

Aveva ancora pochissimo tempo, lo sentiva. Doveva chiudere il sipario.

Senza lasciare il tempo al Signore Oscuro di formulare un incantesimo, lo attaccò di nuovo, rinchiudendolo in una cella fatta di fuoco color acciaio.

Con lo sguardo, cercò Harry, pronta a chiamarlo quando fosse stata pronta.

Voldemort afferrò le sbarre, il volto deformato dal dubbio. Aveva creduto di averla in pugno, ma si era sbagliato.

Con un ultimo sforzo, Ariana costrinse il Signore Oscuro a rimanere immobile, ma non servì. Con un colpo, si liberò e corse verso di lei.

Ariana gli saltò addosso, e caddero a terra, rotolando. Cercò di immobilizzarlo, avvolgendogli intorno corde invisibili, ma lui si opponeva ostinatamente.

- Harry! Tieniti pronto! – gridò mentalmente al Bambino Sopravvissuto.

La luce dell’alba iniziava a filtrare all’interno di ciò che rimaneva del Ministero della Magia, e il tempo a disposizione di Ariana stava finendo.

- Non riuscirai ad uccidermi! – gridò Voldemort, colpendola alla testa.

Ariana incassò il colpo, poi afferrò i polsi di suo padre, cercando di prendere possesso del suo corpo. Riuscì a immobilizzarlo, ma sapeva sarebbe bastato solo per pochissimo tempo.

- Harry, uccidilo adesso! -

Vide Harry avvicinarsi, ma esitare. Aveva la bacchetta in mano, sapeva la formula, ma non agiva.

- Harry, ora! -

Non sapeva se ci sarebbe stata un’altra occasione. Non sapeva se sarebbe riuscita a immobilizzarlo di nuovo. Sapeva solo che le rimanevano pochi secondi, e che Harry non era in grado di ucciderlo. Non aveva mai provato cosa significa avere il peso di una vita sulla coscienza…

Come Silente aveva sempre voluto, Harry era rimasto l’eroe dal cuore puro e l’anima candida, quello che gli aveva permesso di sopravvivere tutti quegli anni davanti all’odio del mondo. E così doveva rimanere.

Ariana guardò suo padre negli occhi rosso sangue, accesi in un sorriso glaciale. Vedeva la luce dell’alba avanzare sempre di più verso di lei, decretando la sua fine.

- Nemmeno Potter hai il coraggio di uccidermi – disse Voldemort, - Lo avrai tu, che sei mia figlia? Non è questo l’amore? -

Non era l’amore che bloccava la bacchetta di Harry, Ariana lo sapeva. Era la pietà, pietà che Voldemort non conosceva, ma che il Bambino Sopravvissuto sapeva ancora inspiegabilmente provare. Pietà, e forse anche paura. Paura di dover vivere nel rimorso di aver stroncato una vita, anche se quella del peggior mago di tutti i tempi.

Ma secondo la Profezia, Harry doveva uccidere Voldemort… A lei spettava il compito di sconfiggerlo…

Sentiva le membra sempre più deboli, e sapeva che non poteva andare avanti ancora per molto. Guardò un’ultima volta Harry, ma lui non sembrava in grado di parlare.

“E’ sia”

Credeva nella Profezia, ci credeva ancora perché era l’unica cosa che le aveva dato la forza di combattere. Ma poteva aggirarla, e fare in modo che tutto andasse come era stato previsto.

- Imperio -

Ariana prese possesso del corpo di Harry, costringendolo ad avvicinarsi. Il ragazzo alzò la bacchetta, gli occhi verdi che mostravano il suo stupore. Rimase immobile sopra di loro, le iridi che si muovevano ansiose come per cercare di comunicare qualcosa.

- Mi dispiace, Harry – disse Ariana, - E’ l’unico modo che ho. Non ti sentire in colpa per qualcosa che io ti ho costretto a fare -

- Merope… -

La voce di Voldemort arrivò strozzata alle orecchie di Ariana, e lei si voltò a guardarlo per l’ultima volta negli occhi rossi. C’era paura, in quello sguardo demoniaco, la paura di chi ha fallito.

- Addio, padre -

Poi, Ariana  costrinse Harry a pronunciare  l’incantesimo:

- Avada Kedrava! -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Vorrei tanto vedere le vostre facce… Chissà cosa starete pensando…

, come vedete, finalmente la nostra storia ha un finale, un finale in cui ci sono ancora alcune cose da mostrare…

Ariana è tornata, e Merope si è dovuta fare da parte: alla fine, tra le due, quella che sembrava la più debole si è rivelata la più forte.

La presenza nascosta di Ariana spiega alcuni dei comportamenti di Merope, per questo vi avevo detto di fare attenzione a tutto ciò che diceva e faceva… Era Ariana che ha voluto lasciare a Harry la possibilità di parlare con i suoi genitori; Ariana ha impedito a Merope di scatenare i suoi poteri distruttivi contro chiunque, senza fare distinzioni; Ariana ha fatto in modo che Merope cercasse di avere le sue risposte. Lo stesso Draco aveva capito: sapeva che in fondo Ariana non era morta, che continuava nell’ombra (come aveva sempre fatto) a tirare i fili della storia.

Bene, come vedete il capitolo finisce volutamente lasciando un po’ di suspance… Nel prossimo, che sarà l’ultimo, vedrete come andrà a finire la storia, e le ultime domande troveranno le loro risposte. Per questo motivo, aggiornerò prestissimo, credo anche nel giro di un paio di giorni!

 

Ora non mi rimane che ringraziare coloro che hanno recensito e che continuano a leggere!

 

 

Baci!

 

 

 

Lhea

 

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Capitolo 43
*** Una Nuova Alba ***


ATTENZIONE: ultimo capitolo

ATTENZIONE: ultimo capitolo! Ricordatevi di leggere l’epilogo…

 

 

 

 

 

 

Capitolo 41

Una nuova alba

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Avada Kedavra! -

Il getto di luce verde proruppe dalla bacchetta di Harry, saettò nell’aria e colpì in pieno petto il Signore Oscuro.

Il corpo di Voldemort venne scosso da un tremito, e Ariana lo lasciò andare, esausta. Voldemort si mosse, rotolando di lato e portandosi una mano al cuore, mentre gemiti disperati uscivano dalla sua bocca spalancata. Fumo nero lo avvolse, poi il corpo del più potente mago della storia si immobilizzò di colpo, pietrificato.

Con un brivido, Harry tornò in sé. Fissò il cadavere del Signore Oscuro, la bacchetta in mano che tremava, il fiato corto come se avesse corso per chilometri.

Ariana rimase stesa a terra, tremante e senza forze. Gettò un’occhiata al corpo di suo padre, e strisciando per qualche metro lo raggiunse: le sembianze di Lord Voldemort erano tornate incredibilmente quelle di Tom Riddle. Non aveva più gli occhi rossi e la pelle bianca: sembrava un mago qualsiasi, piegato e distrutto dalla morte come qualsiasi essere mortale.

Vederlo lì, immobile e freddo, fece uno strano effetto ad Ariana: provò una grande e immensa tristezza. Quell’uomo dal viso dai bei tratti e i capelli castani e fluenti come i suoi sarebbe stato suo padre, se non fosse diventato il Signore Oscuro.

Distolse lo sguardo, per evitare di perdersi in ricordi e rimpianti inutili.

Il tempo sta per scadere”

Ariana se ne rese conto. Voltò il capo verso l’esterno, per vedere la luce dell’alba filtrare e posarsi sulle macerie. Non sentiva niente, come se fosse diventata improvvisamente sorda. Ma vedeva gli sguardi della gente, dei Mangiamorte e dei Membri dell’Ordine, tutti puntati sul cadavere di Lord Voldemort. E su di lei.

Era finita.

Era finita per sempre.

- Hai compiuto la tua missione, Figlia delle Tenebre -

La voce rimbombò nella testa di Ariana, forte e chiara.

In un moto di disperazione, si alzò in piedi. Vide Harry avvicinarsi a lei, ma lo fermò con un cenno della mano. Poteva fare ancora qualcosa prima di andarsene.

Corse verso l’uscita sfondata del Ministero, senza guardarsi attorno ma sentendo che qualcuno la chiamava per nome: Ariana.

Ignorò la voce, sapendo che era quella di Draco. Aveva ancora pochi secondi, non poteva essere egoista e pensare solo a se stessa. Aveva delle cose da mettere a posto.

Raggiunse la gradinata esterna del Ministero, e li si fermò, il petto che si alzava e abbassava convulsamente.

Il cielo color ciclamino si stagliava sulla sua testa, le ultime stelle che si spegnevano all’orizzonte. Il sole, rosso e crudele, si alzava dietro le montagne, pronto a dare una nuova alba a quel mondo martoriato in cui lei  non voleva essere ricordata.

Sentì le forze venirle improvvisamente meno. Cadde a terra, in ginocchio, fissando i gradini di marmo.

- Ancora… solo un momento – mormorò.

- Ariana! –

La voce di Draco giunse alle sue orecchie, bellissima e musicale come non lo era mai stata. Provò l’impulso irresistibile di voltarsi, ma non lo fece.

- Statemi lontana! – ordinò.

Poggiò le palme delle mani a terra, sentendosi sempre più debole. Voleva usare l’energia che le rimaneva per rimediare agli errori suoi e di suo padre.

- Coloro che ignoravano, dovranno dimenticare – pronunciò, - Che la magia ritorni a essere del mondo magico, e coloro che non hanno poteri dimentichino ciò che hanno conosciuto -

I Babbani avrebbero scordato tutto, ritornando a vivere nelll’ignoranza…

- Ciò che venne distrutto dall’oscurità, rinasca a nuova luce – continuò, - Ciò che la vita aveva distrutto, la morte ricostruisca –

Sentì alle sue spalle muoversi qualcosa, suoni di pietre e mattoni che si spostavano e tornavano al loro posto. Tutto ciò che era stato distrutto in quella guerra, sarebbe tornato come era all’origine…

- E infine, chiedo che tutti coloro che hanno visto, di dimenticare Merope e Ariana – disse, con le lacrime che le rigavano le guancie – Che il mondo magico ricordi un solo eroe… e dimentichi la Figlia delle Tenebre -

Per quanto le costasse, era giusto così. Harry sarebbe stato per sempre l’unico eroe della gente, così come Silente aveva sempre detto. Ariana sarebbe rimasta nell’ombra: troppi erano stati i suoi errori, per voler essere ricordata. La sua esistenza sarebbe stata cancellata, affinchè tutti potessero vivere per sempre nel mondo che desideravano… Forse coloro che avevano conosciuto la vera Ariana, avrebbero serbato qualche vago ricordo di lei… Forse.

- Figlia delle Tenebre, è giunto il momento di tornare a noi -

Ariana si inchinò davanti a quelle parole, scivolando sui gradini di marmo. Svuotata di ogni energia, cadde a terra, gli occhi rivolti al cielo. Tutto intorno a lei regnava il silenzio, un silenzio che solo lei percepiva.

In fondo, aveva sempre saputo che sarebbe andata finire in quel modo. Inconsciamente aveva immaginato che la morte di suo padre avrebbe comportato anche la sua.

Sorrise, sapendo che, comunque, era finita. Per sempre.

- Chimera, ricongiungiti a noi -

E la Chimera chiuse gli occhi, per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era buio. Buio pesto.

E poi, c’era silenzio, un silenzio profondo e irreale.

Potevano passare secondi o anche migliaia di anni, in quel luogo, ma sembravano la stessa cosa. Se il tempo esisteva, in quel luogo fatto di nulla, non era possibile capirlo.

- Bentornata, Figlia delle Tenebre -

La Chimera cercò di aprire gli occhi, vedendo solo buio. Rimase immobile, senza nemmeno riuscire ad avvertire il suo stesso corpo. Il luogo era lo stesso che aveva visto la prima volta a Stonehenge, ma questa volta non avvertiva la rabbia che l’aveva poi posseduta.

- Hai compiuto la tua missione -

La voce riverberò nel nulla come un tuono, lasciando per un momento la Chimera stordita.

- E’ giunto il momento per noi di prendere ciò che ci spetta – continuò l’entità che ormai la ragazza conosceva, - Merope Zahira Riddle, vogliamo la tua vita -

La Chimera chinò il capo, sapendo che ormai la sua fine era arrivata. Non c’era altra soluzione se non quella di andare

- E’ stato un onore per me servirvi – disse, - Grazie a voi ho potuto ottenere la vendetta a cui aspiravo da tempo -

- Lo stesso vale per noi, Figlia delle Tenebre – rispose la voce, - Siamo esseri superiori, e otteniamo sempre ciò che vogliamo. Non è saggio per i mortali mettersi contro di noi

Nel buio iniziò a brillare una luce azzurrina, che si fece sempre più forte. Con un guizzo, si trasformò in una creatura molto simile a un umano, la stessa che lei aveva visto la prima volta. L’essere senza palpebre rimase immobile davanti a lei, fissandola con i suoi occhi a mandorla senza espressione.

Una delle sue mani si mosse, e con un lungo dito azzurro toccò la fronte della Chimera.

Un brivido percorse la schiena della Figlia delle Tenebre, lasciandola per un momento senza fiato. Solo in quel momento tornò a percepire il proprio corpo, fatto di carne e sangue.

Alzò il capo, e allora la vide.

Una ragazza di incredibile bellezza, dai capelli scuri, lunghi e mossi, gli occhi verdi circondati da segni scuri come inchiostro, mani dalle unghie nere e dalle dita affusolate. Le labbra rosse risaltavano sulla carnagione pallida.

Era lei. O meglio, era una parte di lei, Merope Riddle.

Ariana alzò un braccio, riuscendo finalmente a vederlo. Studiò le proprie mani, perfettamente normali, e le passò tra i capelli lisci.

Trattenne il respiro, scoprendo di trovarsi davanti la sua parte malvagia.

La Chimera era l’unione di due parti opposte, perennemente in guerra tra loro, e quelle due parti erano Merope e Ariana.

- Sapevamo che dentro di te esistevano due persone, Figlia delle Tenebre – disse la voce, - Ma credevamo che la luce che viveva in te si fosse definitivamente spenta… Ci hai ingannati, come fece tuo padre -

Ariana guardò Merope, gli occhi demoniaci perfettamente impassibili: le fece paura quella ragazza di ghiaccio, da cui proveniva un odio smisurato. E le fece ancora più paura rendersi conto che quella era lei

- Non capisco… - mormorò Ariana, - Io non vi ho ingannati… Cosa significa? -

- Ci hai aiutato a ottenere la nostra vendetta – rispose la voce, - E per questo siamo disposti ad accettare il compromesso… -

Ariana non riusciva a capire: compromesso? Quale compromesso?

Poi guardò Merope, e la ragazza ricambiò con un sorriso strafottente la sua occhiata. I suoi occhi rimasero di ghiaccio quando parlò.

- Complimenti, Ariana. Non pensavo fossi riuscita a sopravvivere… Credevo di averti definitivamente sconfitta. Ma in fondo è giusto così… Sei tu quella che ha trionfato, tra noi due: sono io quella che deve pagare -

Ariana studiò il viso della ragazza davanti a lei.

Merope era la sua parte malvagia, quella con cui aveva convissuto per anni, e ora l’aveva davanti agli occhi. Entrambe facevano parte della stessa persona, quella che la Profezia chiamava la Chimera…

E allora comprese.

- Accettiamo la vita di Merope Zahira Riddle, risparmieremo quella di Ariana Drake –

Ariana guardò Merope, e la ragazza alzò il mento in segno di sfida.

- E’ stato un piacere combattere al tuo fianco – disse.

- L’aiuto che ci hai dato è stato prezioso. Ciò che ci hai offerto in cambio dei nostri poteri è stata la vita di Merope Zahira Riddle, e sarà la sua vita che noi prenderemo. Smetterai di essere la Chimera, perché dentro di te non vivranno più la luce e l’oscurità… Il male che albergava nel tuo cuore è stato sconfitto –

Ariana sorrise: non poteva crederci… Forse aveva una speranza…

- Quindi vuol dire che… - mormorò.

- Sì, tu sopravviverai, anche se ci hai ingannati. Non chiederemo vendetta, perché tu ci hai dato in cambio una vita… Una delle due che esistevano dentro di te

Merope si voltò di spalle e raggiunse la figura evanescente, la testa alza e lo sguardo fiero.

- Addio, Ariana -

- Addio, Merope –

E poi, fu solo buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ariana spalancò gli occhi, di scatto.

Ci mise un momento a riconoscere il volto pallido e insanguinato di Draco, gli occhi color tempesta che la fissavano stupefatti e pieni di sollievo.

- Ariana… - sussurrò.

La ragazza si mise a sedere, guardandosi intorno.

Il Ministero era totalmente integro, come se non fosse mai stato il luogo di una delle più epiche battaglie della storia. Il sole appena sorto illuminava di raggi dorati la sua facciata, mentre maghi e streghe feriti ma vivi uscivano a contemplare la nuova alba del mondo magico.

Vide Harry fissarla in lontananza, prima di venire travolto da un’onda umana che lo issò in aria, cantando e urlando di gioia. Solo Ron ed Hermione rimasero in disparte, guardandola stupiti e stranamente tristi.

- Ariana, stai bene? – domandò Draco.

La ragazza sorrise e annuì, poi gli gettò le braccia al collo. Era vivo, e anche lei.

- Sono tornata normale? – chiese, guardandosi le mani.

- Sì – rispose Draco.

In quel momento Ariana si ricordò di una cosa.

- Ma tu ti ricordi ancora di me… - mormorò, - Non dovresti… -

- Perché? Cosa è successo? – chiese Draco, preoccupato.

Ariana tacque, pensierosa.

Inconsciamente, aveva escluso dal suo incantesimo di memoria le persone che in quei mesi avevano fatto parte della sua vita… Draco, Harry, Ron ed Hermione. Loro ricordavano, e avrebbero continuato a ricordare sia le che Merope. Loro erano coloro che avevano conosciuto la vera Ariana.

Sorrise, felice che fosse così. Non le interessava la fama, il successo. Voleva solo essere libera di vivere la sua vita, ora.

- Non importa, Draco… - mormorò, sfiorando le labbra con le sue, - Non importa più nulla, ora -

Si aggrappò a lui, per alzarsi.

- Hai ucciso tuo padre? – domandò la ragazza, guardandolo negli occhi.

- Sì – rispose Draco.

Ariana lo abbracciò. Era troppo felice per trovare le parole per descrivere come si sentiva. E che Draco fosse li con lei la rendeva incapace anche di parlare.

Rimasero così, abbracciati l’una all’altro, ascoltando in lontananza la gente che festeggiava. I sopravvissuti alla battaglia, anche se feriti, gridavano la loro gioia al cielo, salutando il nuovo giorno al grido di “Evviva il Bambino Sopravvissuto! Evviva Harry Potter”.

- Perché la gente crede che sia stato Potter ha uccidere Voldemort? – chiese Draco, sopra la sua testa.

Ariana sospirò, ma sorrise.

Il mondo avrebbe creduto per sempre che Harry Potter avesse ucciso il Signore Oscuro, quando in realtà non lo aveva fatto avendone le intenzioni. La mano che aveva mosso la bacchetta era la sua, ma non la coscienza.

Era crudele condannare Harry a vivere con la consapevolezza di non meritare tutte le lodi che gli sarebbero state fatte, Ariana lo sapeva. Ma lei voleva così: nell’ombra era nata, e nell’ombra voleva continuare a vivere. Ora libera, però.

- Ti spiegherò tutto con calma – rispose, - Ci sono delle cose che devo capire anche io -

Si staccò da Draco, mentre vedeva Ron ed Hermione avvicinarsi a loro. Erano entrambi pallidi, ma sembravano stare abbastanza bene.

- Ariana… - iniziò Hermione, ma la ragazza la fermò con un sorriso.

- Vi prego, le domande non adesso – disse, - So che anche voi vi chiedete perché gli altri credono che sia stato Harry a uccidere Voldemort, ma c’è un motivo. Vorrei spiegarvi tutto, ma non qui. Dite a Harry di raggiungerci a Hogwarts, nell’ufficio del Preside, per favore

I due annuirono, poi corsero verso la gente in festa. Draco la guardò senza capire.

- Mi accompagni, per favore? – disse Ariana con un sorriso.

Il biondo le porse il braccio e lei lo afferrò. Un attimo dopo erano a Hogwarts, nell’ufficio che una volta era stato di Albus Silente. Il suo ritratto appeso alla parete li guardava incuriosito, gli occhi azzurri dietro che lenti che scintillavano.

- Cosa vuoi fare? – domandò Draco.

- Ti ricordi che quando sono arrivata a Hogwarts non sono stata smistata? – rispose Ariana, raggiungendo uno scaffale.

Vide il Cappello Parlante appoggiato su una mensola, afflosciato su se stesso. Quando si rese conto che la magia non rispondeva più ai suoi comandi, Ariana ricordò di essere tornata una semplice e normale strega. Tirò fuori la sua vecchia bacchetta dalla tasca, con un po’ di apprensione.

Si chiese se funzionasse ancora…

- Accio Cappello Parlante! – pronunciò.

Il Cappello si alzò in volo e lei lo afferrò. Sotto lo sguardo incuriosito di Draco, raggiunse la scrivania del Preside e si sedette davanti, in modo da vedere il quadro di Silente.

Si sedette sulla sedia, e poggiò il Cappello davanti a lei.

Da tanto tempo desiderava conoscere la casa a cui sarebbe stata assegnata, se avesse avuto modo di essere smistata. Ora che aveva portato a termine la sua missione, credeva di meritare almeno quello.

Trattenne il respiro, e alzò il Cappello sulla testa. Alle sue spalle sentì il pop di tre persone che si Materializzavano: Harry, Ron ed Hermione.

Con un gesto deciso, Ariana calò il Cappello, e attese.

- Sai meglio di tutti noi qual è la tua Casa, mia cara – disse solo il Cappello Parlante.

Ariana taque, e lo stesso fece il suo copricapo. In apprensione, attese che rendesse pubblico il suo verdetto, sentendosi una sciocca e ingenua allieva del primo anno.

- Grifondoro! -

La ragazza sorrise radiosa all’indirizzo del quadro di Silente, dove il vecchio mago la fissava sereno. Poi, inaspettatamente, il Preside ricambiò il suo sorriso, illuminando il volto dello stregone di qualcosa che sembrava gioia pura.

- Brava, Ariana. Sono orgoglioso di te – disse Albus Silente.

Qualcuno le poggiò una mano sulla spalla, e lei si voltò. Draco sorrideva, felice quanto lei, e lo stesso facevano Harry, Ron ed Hermione.

Era finita, finalmente.

Avrebbe smesso di combattere.

E mentre la luce dell’alba invadeva la stanza, i cinque ragazzi rimasero in silenzio, guardandosi tra loro e sorridendo senza riuscire a dire nulla. La guerra era finita, e una pagina della storia era stata appena scritta. Si chiudeva un’era di paura e di sangue, per lasciare spazio a giorni di pace e felicità. Per tutti.

Ariana strinse la mano di Draco, continuando a sorridere.

Era libera. Libera di essere stessa, libera di scegliere la propria strada, libera di vivere finalmente la propria vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 44
*** Epilogo ***


EPILOGO

EPILOGO

 

 

 

 

 

 

 

- Vai, Argo! Prendilo! -

Un cucciolo di pastore tedesco schizzò dietro a un bastone, finendo dritto nel lago di Hogwarts e sollevando una nuvola di spruzzi. Afferrò il pezzo di legno e tornò indietro, trotterellando allegro.

Ariana si sedette sull’erba, assaporando il sole di giugno e l’aria calda dell’estate imminente. Draco, sdraiato con gli occhi chiusi di fianco a lei, faceva finta di dormire, i capelli biondi spettinati.

Studenti di tutte le età passeggiavano nel parco di Hogwarts, sfruttando quel pomeriggio domenicale per cercare di rilassarsi prima degli esami dei M.A.G.O. ormai imminenti. Qualcuno si apprestava al ripasso dell’ultimo minuto, cercando refrigerio sotto la chioma di qualche albero, mentre altri avevano rinunciato allo studio per qualche ora di svago in riva al lago.

Il pastore tedesco raggiunse Ariana, e si scrollò vigorosamente, inondando di goccioline d’acqua Draco e la ragazza.

- Ehi! – sbottò il biondo, mettendosi a sedere di scatto, - Guarda che la doccia l’ho già fatta oggi! -

Ariana rise, mentre il piccolo Argo leccava la faccia del Serpeverde.

- Scemo di un cane… - borbottò Draco.

- Guarda che lo hai scelto tu – ribatté Ariana, afferrando il cucciolo per prenderlo in braccio.

- Già, purtroppo l’ho scelto io – disse Draco, - Ma il nome è opera tua. Un’accoppiata perfetta –

Argo.

Ariana aveva voluto chiamare il cucciolo che Draco le aveva regalato proprio come il suo caro e amatissimo dobermann. Non ci sarebbe mai stato nessun’altro cane come lui, ma le sembrava la cosa giusta da fare. In un certo senso, era come se lui continuasse a vivere.

Erano passati quattro mesi dallo scontro con Voldemort: il mondo magico aveva riguadagnato la pace e la serenità che non aveva più da tempo, e la gente iniziava a dimenticare la paura che aveva provato durante quei giorni bui.

Come Ariana e Merope avevano voluto, nessuno tranne Draco, Harry, Ron ed Hermione ricordavano dell’intervento della Chimera. Tutti credevano che il Bambino Sopravvissuto avesse sconfitto Lord Voldemort da solo.

Non c’era amarezza in Ariana: sentiva che quella era la scelta migliore che aveva fatto in tutta la sua vita. Non invidiava la fama che aveva guadagnato Harry, perché l’unica cosa che lei voleva era vivere in pace la propria vita.

Era stato strano per lei, durante quei mesi, rendersi conto di non avere più una missione da portare a termine, quando per tutta la sua esistenza non aveva fatto altro che combattere per una causa non sua. Per un attimo, ma solo un attimo, si era sentita spaesata: che scopo aveva, ora? Ma poi, come un angelo custode, Draco le aveva fatto capire che ora era lei a dover scegliere la propria “missione”… Vivere.

Vide Harry, Ron, Hermione e Ginny sotto un albero, non molto lontani da loro. La Caposcuola teneva sulle ginocchia un libro enorme, e molto probabilmente stava interrogando Ron sull’uso di qualche ingrediente per pozioni. Li salutò con una mano, e loro ricambiarono.

- Certo che la Granger è veramente assurda – disse Draco, - Sa già tutto e continua a ripassare… -

- Si chiama Hermione – lo sgridò Ariana, divertita, - E sono sicura che starà interrogando Ron… Sai com’è, no? –

- Già… - Draco si avvicinò e costrinse Argo a scansarsi, - Anche io vorrei fare un ripassino con te, che ne dici? –

Ariana gli si gettò addosso, baciandolo sulle labbra. Poco dopo, Argo si intrufolò in mezzo a loro, leccandogli la faccia.

Aveva Draco, ed era tutto quello che contava, in quel momento. Forse non sapeva ancora cosa fare della sua vita, ora che era libera, ma sapeva che se aveva combattuto per avere un domani, quel domani era insieme a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

 

Ed eccoci alla fine della storia… Spero di non avervi deluso proprio alla fine, ma come vedete non è finita in tragedia, a dispetto di quello che sembrava.

Come avevo detto, ho giocato molto sulla dualità Ariana/Merope, ed è stato proprio questo a salvarla: essendo la Chimera, dentro di lei vivevano due persone distinte. E’ stata Merope a sacrificarsi, delle due, riconoscendo la propria sconfitta.

 

 

Bene, ora che ho terminato di scrivere, mi piacerebbe sapere quali sono state le parti che avete preferito, o che non vi sono proprio piaciute… Vi va di lasciarmi un commentino? Anche chi fino ad adesso non ha mai recensito, credo troverà il tempo per scrivere due righe e dirmi se la storia è piaciuta o meno… Mi fareste molto felice!

 

Fra circa due settimane pubblicherò i ringraziamenti, dove risponderò a tutte le domande che vorrete eventualmente farmi, sulla storia o su qualsiasi altra cosa vi passi per la testa. Vi chiedo di leggerlo, perché dentro ci sarà anche un avviso molto importante circa la mia nuova fic in fase di “quasi pubblicazione”. Sarà una cosa particolare, dateci uno sguardo.

 

 

Bene, ora vi saluto. Spero vogliate lasciarmi un segno del vostro passaggio: in caso contrario, vi ringrazio comunque di aver letto la storia ed essere arrivati fino a questo punto!

 

 

Un bacio grande e un abbraccio!

 

 

 

Lhea

 

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Capitolo 45
*** Ringraziamenti ***


Ringraziamenti

Ringraziamenti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Signore e Signori,

sembra incredibile, ma la storia è arrivata al termine.

 

Dopo mesi di ore passate al computer, pigiando forsennatamente sulla tastiera ormai consumata, la mia prima fic è finita. Il risultato finale credo non sia così deludente come avevo immaginato all’inizio, in cui credevo di non essere nemmeno in grado di arrivare alla fine.

 

Ci ho messo tutta me stessa, in questa storia.

Scrivere è una delle mie maggiori passioni, e lo faccio ormai da tanti anni. Scrivo fiumi di parole per sfogare i sentimenti che provo dentro di me, e che escono solo se messi nero su bianco. Ecco perché sono felice che molti di voi abbiano colto le emozioni di Ariana, perché le sue emozioni sono in qualche modo anche le mie. Rabbia, gioia, dolore, sono esattamente quelli che ho provato io in questi mesi, durante la stesura di questa storia, che mi ha accompagnato per un breve eppure intenso periodo della mia vita.

Davvero, mi sembra stranissimo… Oltretutto perché ormai mi ero immedesimata in Ariana: era un po’ la mia valvola di sfogo. Soprattutto la rabbia che l’ha posseduta negli ultimi capitoli, quella di Merope, è anche un po’ la mia. Non è l’unica che si è sentita tradita.

, forse con un po’ di amarezza, la storia ha avuto comunque il suo lieto fine. Sia Ariana che la sua creatrice hanno un altro giorno davanti, anche se continuano a guardarsi indietro con un po’ di tristezza. E’ il normale corso delle cose, no?

Entrambe ci apprestiamo a voler iniziare a scrivere una nuova pagina della nostra vita: chissà come andrà a finire.

 

 

Tuttavia, credo che la storia poteva essere decisamente migliore: durante la scrittura mi sono accorta di alcune cose che non mi piacevano, ma che non ho voluto cambiare perché avrei fatto decisamente qualche pasticcio. Per esempio, mi sarebbe piaciuto approfondire di più alcune parti di alcuni personaggi, che a volte ho lasciato un po’ in disparte… Il mio problema maggiore è appunto gestire tanti personaggi: riesco meglio a concentrarmi su uno solo.

Quindi, non stupitevi, se un giorno, troverete di nuovo questa fic ripubblicata: potrei rivederla interamente e fare delle modifiche, ma credo che se lo farò sarà fra un bel po’ di tempo. Adesso voglio concentrarmi su una nuova storia (continuate a leggere, ne saprete di più).

 

 

Vorrei ora precisare che questa storia è nata per essere unica, non sono stati previsti seguiti. Difficilmente cambierò idea, perché non amo aggiungere cose che non erano previste, magari costruite arrampicandosi sugli specchi. Quindi difficilmente leggerete un sequel, anche se avete amato la storia.

 

 

 

Bene, qui di seguito sono riportate le rispose a chi ha avuto recensire l’ultimo capitolo, facendomi un enorme piacere:

 

 

Smemo92: mia cara, sono io che devo ringraziare te! Hai recensito praticamente sempre, dandomi la conferma che quello che volevo arrivava ai lettori! Non so che altro dirti, se non che le tue parole mi hanno sempre fatto piacere, e che sono contenta che tu abbia veramente apprezzato questa storia. E il ritorno di Argo è stato un piccolo regalino che ho voluto fare a voi che avete sempre commentato: sapevo quanto lo adoravate (tra l’altro, anche mia sorella mi stava per strozzare quando le ho detto che lo avrei fatto morire…), e ho pensato fosse qualcosa che avrebbe fatto capire a tutti che quello che è accaduto non si può dimenticare: si apre una nuova strada, ma comunque il passato rimane con noi, e farà parte di noi stessi per sempre.

Quanto alle mie prossime pubblicazioni… Sinceramente, a parte quella che sto per pubblicare, che però non è Harry Potter, non saprei. Al momento non ho alcuna ispirazione, ma potrei stupirti inventandomi qualcosa così, all’improvviso! A volte mi basta un pomeriggio fuori, e mi vengono cento idee!

Per il resto, ti ringrazio ancora dal più profondo del cuore, e ti auguro anche io in bocca al lupo. Spero darai un’occhiata alla mia nuova fic: mi fido del tuo giudizio!

Un grande  abbraccio!

Lhea

 

 

Kaimy11: ciao!!! Non ti preoccupare se non hai potuto recensire! Per me l’importante è che tu abbia letto e apprezzato!

Visto, il lieto fine c’è stato, non ho fatto la cattiva! Ariana è sopravvissuta grazie a un piccolo stratagemma a cui lei stessa non aveva inizialmente pensato, ma io sì! Come nuovo personaggio non è stato facilissimo da inserire nella storia, ma ci ho messo tutto il mio impegno per non farlo sembrare “campato per aria”: mi sono studiata tutti i vari libri di Hp, cercando di trovare un posto dove piazzarlo senza troppi intoppi. Poi mi aveva sempre affascinato l’ipotesi che il Signore Oscuro potesse aver, per così dire, “amato” qualcuno: il suo non era certo l’amore che intendiamo noi, ma un amore solo “fisico”. In fondo, rimaneva comunque un essere umano, no?

Poi, ho preferito dare una caratterizzazione particolare ad Ariana: non volevo che fosse la cattiva passata subito ai buoni, dal cuore puro perché allevata da Silente; e nemmeno la cattiva che dopo aver capito il suo errore passava dalla parte dei buoni. Tutto troppo banale e scontato. Ho preferito farla diventare un personaggio combattuto, fatto di luce e buio, in perenne lotta con stessa e le sue origini. E’ troppo facile vedere il mondo solo in bianco e nero, soprattutto quando sono le sfumature che contano.

Bene, ora non mi resta che ringraziarti dal più profondo del cuore per tutte le recensioni che hai fatto, e che mi hanno fatto capire che non stavo scrivendo una schifezza! E come ho detto anche a Smemo92, Argo è un piccolo regalino per le lettrici che mi hanno sempre seguita assiduamente! So che lo adoravate!

Per ciò che riguarda l’altra storia, troverai le informazioni alla fine dei ringraziamenti. Non è su Harry Potter, ma potrebbe essere una cosa carina lo stesso!

Ti mano un abbraccio fortissimo!

Lhea

 

 

zanna: ti ringrazio per i complimenti! Lo so, anche a me sembra strano aver terminato la storia… Non sapevo quando ci avrei messo, e scoprire che è durata solo più o meno 5 mesi è ancora più strano… Comunque, non ti preoccupare, sono sicura che un giorno anche tu riuscirai a terminare una fic! Magari ci vorrà un po’ di impegno, ma non è impossibile! Baci

 

 

DarkViolet92: sono contenta ti sia piaciuta, e lo so che tutti non speravano più nel lieto fine! Tuttavia, non sono così cattiva: tutto è andato per il meglio, alla fine! Grazie per aver recensito! Baci!

 

kiketta182: sono contenta che la storia ti sia piaciuta! E lo so sono ancora di più perché me lo hai fatto sapere! Baci!

 

 

 

 

 

 

E adesso, passo ai ringraziamenti.

 

 

 

 

Alla mia sorellina Claudia, nove anni di pura genialità, che ha sentito per prima e per intero tutta la storia, l’unica a cui abbia avuto il coraggio di rivelare quello che stavo facendo. A lei che mi ha aiutato a trovare i nomi delle scuole di magia, e che si è sorbita le mie elucubrazioni mentali (molto probabilmente senza capirci nulla) riguardo ai personaggi e alla storia, un grazie enorme.

 

 

A J.K. Rowling, che inconsapevolemente ha prestato il suo magico mondo e i suoi incredibili personaggi alla mia storia, senza sapere che cosa ho combinato a quello su cui lei ha lavorato per anni!

 

 

Alla mia piccola e a volte insulsa cittadina, sede di un parco fantastico che mi ha ispirato nella creazione dell’Accademia Aurelius, e di cui non potrei fare a meno.

 

 

Alla musica, che mi ha accompagnato durante la scrittura e che mi ha ispirato tanti passaggi della storia: se dovessi elencarvi tutte le canzoni che mi hanno illuminato, finirei domani mattina, quindi taglio.

 

 

Un grazie enorme a tutti coloro che, senza saperlo, mi hanno ispirato per la creazione dei nuovi personaggi, soprattutto fisicamente (chissà se il mio vecchio professore di diritto approverebbe il fatto che lo abbia trasformato nel preside dell’Accademia Aurelius…): dai perfetti sconosciuti (l’autobus è il luogo perfetto: si trova davvero l’ispirazione…) agli amici che non sanno di essere diventati personaggi “famosi” (meglio così, forse…).

 

 

Un grazie, infine, a lei, Ariana Drake, che ha sopportato tutto quello che gli ho fatto passare e che ha avuto anche la forza di non linciarmi quando ho fatto morire Argo… Davvero, me la sono vista brutta, voi non immaginate nemmeno!

 

 

E poi, a voi, miei cari lettori, che avete resistito fino alla fine, e avete avuto la forza di leggere tutte le 250 pagine (eh, sì, proprio 250) di questa stramba storia nata da un idea ancora più stramba, e che magari l’avete anche inserita tra i preferiti o i  seguiti. Un grazie immenso, che con i vostri commenti ma anche solo per il fatto di leggere, mi avete rallegrato una giornata, facendomi sentire per un attimo una scrittrice (magari in erba, ma sempre una scrittrice!).

 

 

 

Bene, direi che ho finito. Adesso non mi resta che l’ultimo annuncio, molto importante.

 

 

Ho pubblicato il primo capitolo di una nuova storia, una cosa che qualcuno reputerà veramente folle, ma che non ho potuto fare a meno di scrivere: si tratta dell’unione delle due cose che preferisco al mondo: scrivere e… le auto!

Ok, sembra assurdo, ma ora vi spiego.

Si tratta di una storia un po’ particolare, ma che a me piace molto: ambientata a Los Angeles, racconta di Irina (il nome è russo ma lei non lo è… mi piaceva chiamarla così), una ragazza normale che suo malgrado è costretta a fare la pilota di auto nelle gare clandestine. A lei si unirà Xander, agente dell’F.B.I. che cercherà di portare a termine la sua missione, senza mettere in conto che il cervello vuole una cosa, ma il cuore ne vuole un’altra. Sarà una storia piena di azione ma anche di sentimento, per questo l’ho messa in Originali/Generale, perché mi sembrava il posto più adatto.

Il titolo è “Il Gioco dello Scorpione” (ok, non è fantasiosissimo, ma giuro che non sono riuscita a trovarne uno migliore). Vi lascio la presentazione:

 

 

 

Los Angeles: nella città più grande della California, dalle spiagge assolate e l’odore del mare nell’aria, la vita della gente trascorre tranquilla tra gli alti e i bassi di tutti i giorni. Per tutti, tranne che per lei.

Irina, 20 anni, pilota prodigio invischiata in qualcosa di molto più grosso di lei, i cui soprannomi sono tanti quanti le maschere che porta, vive cercando disperatamente di riguadagnare la libertà che le è stata rubata. Perché lei non è una ragazza qualunque, nonostante cerchi di esserlo. Lei è Fenice, l’unica donna ad essere arrivata così in alto nella Lista Nera, l’elenco dei più famosi piloti clandestini dello Stato. L’unica a essere entrata nelle grazie del capo, lo Scorpione…

E mentre la sregolata vita della criminalità si svolge senza intrusioni di alcun genere, Alexander Went si prepara a entrare in azione per portare a termine la missione più importante che gli sia stata affidata: arrestare lo Scorpione e smontare tutta la sua organizzazione.

Tra auto truccate, notti brave e affari di droga, Alexander capirà che certe volte le cose non si fanno per piacere, ma per necessità. E che ci sono cose che non vanno toccate. Una di quelle cose è proprio Irina… L’unica che potrà mandare in fumo i suoi piani, e l’unica cosa a cui lui terrà veramente…

 

 

 

 

 

Se avete voglia, potete andare a leggerla.

Premetto che lo stile sarà diverso da quello che ho usato in questa fic, infatti il rating sarà rosso già dall’inizio. La storia sarà abbastanza violenta, in alcuni punti, e tratterà argomenti non proprio facili. Non vi spaventate, comunque: il mio obiettivo è quello di farvi divertire, non deprimere.

D’accordo, ammetto che ho preso qualche ispirazione da un gioco della Playstation (voi non avete idea, ma sono proprio patita di auto: dovreste vedere le sfide che ci facciamo io e mio padre a Need For Speed), ma non ho potuto proprio fare a meno di scriverla. E poi, credo conterà poco: più che l’ambientazione, nella storia sono importanti le persone.

Anche questa volta, è la storia di una ragazza al limite, divisa tra ciò che “si vuole fare” e ciò che “si deve fare”, nata e cresciuta in una famiglia che non può definirsi normale, e che si ritrova a fare la criminale per necessità. Una ragazza che ha perso se stessa per salvare gli altri, e che ha smesso di combattere perché non ha più motivo di farlo. Ma che tuttavia ritroverà la speranza proprio quando credeva di averla definitivamente persa: una speranza che ha gli occhi azzurri…

Magari fateci un salto, e se vi piace fatemelo sapere!

 

 

 

 

Adesso… Vi ringrazio di essere arrivati fino alla fine insieme a me! E’ stato un piacere avere lettori come voi, anche se non vi conosco personalmente. Con la speranza di avervi fatto passare qualche ora di piacevole svago con la mia scrittura, vi saluto e vi mando un bacio!

 

 

Grazie infinite!

 

 

 

 

Lhea

 

 

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