Il mangiatore di sogni di Eeureka (/viewuser.php?uid=428315)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 - il primo caso ***
Capitolo 2: *** 02 - indagini ***
Capitolo 3: *** 03 - conclusioni ***
Capitolo 4: *** 04 - sogni ***
Capitolo 1 *** 01 - il primo caso ***
01
Il
mangiatore di sogni
|| 01 - il primo caso
||
« Seidou!
» sua madre irruppe nella sua stanza senza neanche bussare,
un'espressione afflitta sul viso. « Quando andrai a
presentarti
ai nostri vicini? Non puoi passare tutta la giornata qui dentro.
»
Sì che
posso, tacque il
pensiero il ragazzo. Con le dita tamburellò il proprio
nervosismo sulle pagine del libro aperto davanti a sé.
«
Mamma, non
vedi che sto studiando? »
«
Ma il
signor Nakano Isao
è così gentile, e ha un figlio della tua
età. E
poi è un uomo geniale! Ha lavorato in un settore importante
in
passato, facendo grandi scoperte. Quando gli ho raccontato di te e dei
tuoi studi infatti è rimasto molto impressionato e si
è
complimentato. Tu e tua sorella vi state comportando proprio da
maleducati. »
Sbuffò,
consapevole che sua madre sarebbe uscita difficilmente senza ottenere
quel che voleva.
«
Andrò questo
pomeriggio, okay? » la rassicurò e lo fece
davvero,
sprecò un'ora del suo pomeriggio per andare a chiacchierare
con
questo nuovo vicino di cui i suoi genitori si erano invaghiti. Per
quanto il signor Nakano fosse davvero simpatico, si promise –
e
giurò a sua madre – che una volta tornato a casa
non
avrebbe più tollerato altre interruzioni durante il suo
studio.
Mancava
un solo mese
all'esame
finale e questo, nonostante tutte le volte in cui l'avesse ribadito,
pareva non averlo capito nessuno nella sua famiglia. Seidou Takizawa,
al suo penultimo anno all'Accademia di Investigatori di Ghoul, vedeva
il suo obbiettivo sempre più tangibile: sarebbe diventato il
primo della classe, e professori e compagni avrebbero scoperto quanto
valesse davvero. Per questo motivo la prima settimana di studio si era
barricato in casa, trascorrendo le ore chino sui libri, passeggiando
per la sua stanza a ripetere ad alta voce, e ignorando l'idea che il
sole primaverile là fuori esistesse ancora e splendesse
anche
per lui.
Non
avrebbe
più assaggiato
il gusto amaro della sconfitta. Soprattutto, non avrebbe visto quel
nome scritto sopra il suo durante lo sfoggio dei risultati, a
ricordargli come una nenia fastidiosa – bisbigliata
all'orecchio
con perfidia – che lui era l'eterno secondo. No, questa volta
le
cose sarebbero andate diversamente: lui avrebbe ottenuto il podio che
bramava, e Akira Mado – che se l'era sempre cavata battendolo
per
qualche millesimo di punto in più – sarebbe stata
al
secondo gradino, laddove meritava d'essere.
“Porta il
cane fuori.”
Ecco, di nuovo: queste erano il genere di scuse che gli rifilavano per
obbligarlo a uscire di casa. Era vero che stava esagerando, che non
aveva motivo di rinunciare all'aria per una semplice soddisfazione a
livello di studio, ma a lui non importava. Se solo l'avesse capito
anche la gente che lo circondava! E invece no, Seidou fai quello,
Seidou fai quell'altro; così, all'infinito.
Uscì
e
aspettò
svogliato che Rocky facesse quel che doveva fare, lanciando un'occhiata
esausta al cielo trapunto di stelle.
Il
loro quartiere era
silenzioso,
quieto, eppure lui era convinto che non fosse sempre stato
così.
Un tempo, quando era ancora piccolo, camminava per quelle vie con altri
suoi coetanei per giocare e divertirsi. Tutto prima
dell'“incidente”. Dopo che una loro vicina di casa
era
stata vittima di un ghoul la zona si era di colpo rabbuiata. I bambini
non avevano più attraversato quelle strade, privandole delle
loro gaie risate, e gli adulti avevano preso a spiare da dietro le
pesanti tende alla ricerca di chissà cosa. C'era stato chi
si
era trasferito, chi caparbio aveva negato l'esistenza dei ghoul, chi
come la sua mamma era rimasto turbato e intimorito. E poi c'era stato
lui, che si era accorto che qualcosa non andava in quel mondo e che
avrebbe voluto dare il suo contributo per migliorarlo.
Camminò
con
gli occhi bassi,
lasciandosi trascinare passivo dal suo animale domestico. Questo
finché Rocky non cominciò di botto a correre,
strattonando il guinzaglio così forte da far barcollare
Seidou
in avanti. Lui soffocò un urlo, accigliandosi, poi
incrociò quel che era divenuto l'oggetto d'interesse del suo
inseparabile amico. Sarà stato un gatto o una lucertola,
pensò prima che notasse una sagoma umana ergersi
nell'oscurità.
Deglutì.
In
un quartiere come il suo la gente non usciva più dopo un
certo orario.
Gli
balenò
il pensiero
d'indagare più a fondo, per scoprire chi potesse essere il
misterioso individuo, ma lo scacciò in un batter d'occhio.
Sicuramente, si disse, non era nessuno per cui temere per
l'incolumità delle persone a lui care. Si diede dello
stupido
per aver anche solo ipotizzato delle teorie simili, dettate da ansie
infondate. Strattonò il guinzaglio e fece per tornare sulla
via
di casa.
Fece
il primo passo,
fece il
secondo; poi si bloccò. Un brivido gli percorse la schiena
come
se un'ombra aleggiasse alle sue spalle, e una spiacevole realizzazione
che aveva tentato d’ignorare si concretizzò: era
spaventato, per questo non aveva osato avvicinarsi. Si
vergognò
di se stesso e delle sue sciocche preoccupazioni. Che modo c'era di
scoprire se quello laggiù fosse un malintenzionato, se non
che
andando a dare un'occhiata personalmente? Deglutì e
disseppellì il coraggio sepolto in lui, poi, con flemma,
girò il capo nella direzione di prima. Non c'era
più
niente.
Restò
per
qualche attimo a
fissare quel punto con occhi vacui. Si era immaginato tutto: la notte,
le ombre rilasciate dai muri di cinta degli appartamenti, e le ore di
sonno che si era sottratto per studiare gli avevano giocato un brutto
scherzo. Rise di se stesso e riprese la via verso casa con
serenità.
Stava
per svoltare
all'angolo di
una stradina minore, seguendo il perimetro delle abitazioni, quando si
ritrovò davvero una figura umana davanti, e 'sta volta a
soli
due centimetri da sé. Non ebbe il tempo di urlare e correre
nella direzione opposta che la bocca gli venne tappata e lui fu
trascinato indietro.
Takizawa,
gli occhi
sbarrati e il
sudore a imperlargli la fronte, tentò di riprendere a
respirare
regolarmente per riflettere sul da farsi. Si era immobilizzato per lo
spavento, e si era accorto solo ora che la presa che lo stringeva non
era poi così forte – anzi, tutt'altro. Le mani
sulle sue
labbra erano state celeri, pronte, ma non brutali e ora si levavano dal
suo viso con una delicatezza disarmante.
«
Calmati,
sono io. »
Riuscì in breve a riconoscere la voce del suo sequestratore.
« Quando ti ho visto arrivare immaginavo che avresti urlato e
ti
saresti spaventato, ma non credevo tanto. »
Stava
ancora
respirando ansante,
mentre i tasselli di un puzzle complicato provavano a incastrarsi nella
sua mente. Che ci faceva Akira lì?
«
Ti
è dato di volta
il cervello?! » riuscì solo a urlare, aggrottando
la
fronte. La ragazza si portò immediatamente l'indice sulle
labbra, facendogli segno di zittirsi.
«
Non urlare
così, ti
sentirà » lo intimò, prima di spingerlo
di lato per
sbirciare al di là del muretto.
Quella
situazione era
bizzarra
all'inverosimile: non poteva credere d'essersi spaventato per via
dell'ombra di Akira! Ma poi, che ci faceva lei nel suo quartiere?
«
Cosa
diamine ci fai qui? » sbottò, cercando la sua
attenzione.
«
Cosa ci
fai tu qui »
ribatté atona. Era come se non lo stesse ascoltando,
concentrata
da tutt'altra parte: gli occhi vigili, le labbra serrate.
«
Io ci vivo
qui. »
«
Capisco.
» Se solo
quella ragazza lo avesse preso un po' in considerazione,
anziché
fuggire dalla conversazione in quel modo!
Akira
assottigliò lo sguardo
e le sue ciglia brillarono sotto la luce artificiale dei lampioni.
Notare dettagli insulsi come quello fu ciò che
restò da
fare a Seidou, conscio che parlarle fosse impossibile.
«
È stato stupido da
parte tua uscire con il cane. I ghoul, a differenza nostra, hanno un
olfatto sopraffino. È una lezione basilare; no, Takizawa?
»
Lui
roteò
gli occhi, infastidito. Che c’entravano ora i ghoul?
«
Sono
stanco di te e delle
tue stupidaggini. Sai una cosa? Non mi importa neanche
perché tu
sia venuta qui nel mio quartiere, anzi è meglio che io non
lo
sappia, perché probabilmente mi arrabbierei solo di
più.
» Le sue parole andavano via col vento, non arrivando nemmeno
a
sfiorare i lobi di Akira. Questo lo irritò di
più, ma
proseguì con il suo monologo: « me ne torno a
casa, e
farò qualcosa di utile al contrar- ».
«
Viene di
qua! » Akira
sussultò, afferrò il polso di Takizawa e
iniziò a
correre verso una meta sconosciuta. Lui, sebbene continuasse a ripetere
lamenti e disapprovazioni a oltranza, si lasciò trascinare
dalla
sua rivale. Si ritrovarono presto ben lontani dal quartiere stesso, in
un qualche parco giochi.
Era
un’area
dedita al
divertimento dei bambini, dai colori sgargianti e con giochi zoomorfi.
Tuttavia, essendo quasi notte fonda, le foglie degli alberi che
producevano un debole fruscio e l'altalena sospinta dal vento, con le
catene arrugginite che cigolavano, facevano sì che persino
quel
luogo risultasse inquietante. O forse era solo un'impressione, il
brutto di trovarsi in una situazione della quale stava capendo poco e
niente. Con una ragazza che, o aveva ereditato la pazzia del padre
– non c'erano termini più gentili per descrivere
Kureo
Mado –, o li aveva appena fatti scappare da qualcosa di
reale.
Deglutì, lo struggeva non poterne sapere di più.
«
Dovremo
essere al sicuro
qui, purtroppo temo che se ne sia accorto. » Akira si
rivolgeva
più a un interlocutore invisibile che a lui,
perché da
quando si erano incontrati non lo aveva degnato di uno sguardo neanche
per sbaglio. I suoi occhi glaciali si spostarono su Rocky. «
Ha
contribuito a farci scoprire, ma pazienza »
sospirò e si
passò una mano tra i lunghi capelli con disinvoltura.
«
Ora mi
spieghi cosa sta
succedendo? » inveì Seidou. Lei parve accorgersi
della sua
presenza solo in quel momento.
«
Ah
» disse. «
Già, tu vivi qua » continuò, portandosi
pollice e
indice sul mento. Sembrò riflettere a lungo su qualcosa, poi
sospirò.
«
Non ha
importanza,
Takizawa. Torna a casa. » Si strinse nelle spalle e
cominciò a camminare, allontanandosi dal parco.
Lui
strabuzzò gli occhi.
Com'era possibile che, dopo minuti interi che lo aveva trattenuto
lì, se ne uscisse così?
«
Scherzi,
vero? » le
urlò dietro, ma fu ignorato. Richiamò il suo nome
più di una volta, ma non ottenne nulla. Akira
continuò il
suo cammino senza voltarsi e lui, totalmente inebetito e adirato,
rimase lì a fissarla mentre svaniva nell'oscurità.
-
—∞— -
« Te
l'ho già detto » cominciò svogliato,
sorseggiando
il proprio caffè tra una frase e l'altra. « I tuoi
capelli
sono perfetti così, non hai bisogno di tingerli. »
Seina,
con i gomiti
puntati sul
tavolino tondo e bianco del bar, alzò fulminea lo sguardo
dalla
rivista che stava sfogliando. Aggrottò le sopracciglia,
contrariata. « Eh? Ma com'è che non capisci
niente?!
»
Seidou
levò
gli occhi al
cielo. Quel bar a Shinagawa gli era sempre piaciuto, con quel pizzico
di eleganza e tranquillità che vi regnava, eppure essere
lì con sua sorella non era che una di quelle uscite forzate
e
sgradite. E, purtroppo, anche inevitabili, dato che lei doveva vedersi
con delle compagne e aveva insistito affinché lui
l'accompagnasse al punto d'incontro. Seidou aveva sperato che la
faccenda richiedesse poco, e invece erano lì da svariati
minuti
ormai: lei che sfogliava uno dei tanti giornaletti sulla moda a cui era
abbonata, lui ad annoiarsi e a riflettere sul paragrafo che avrebbe
dovuto studiare. Il tutto perché le amiche avrebbero
ritardato.
La
porta d'ingresso si
aprì
tintinnando per l'ennesima volta, infrangendo le sue speranze che
fossero finalmente arrivate e lasciandolo attonito. Gli andò
di
traverso il caffè a quella vista, e si ritrovò a
tossire
sotto lo sguardo disgustato di sua sorella.
Akira
Mado, di nuovo.
Com'era possibile?
C'era
qualcosa di
assurdo
nell'incontrare la persona che meno sopportava ogni volta che metteva
piede fuori di casa. Erano giusto passati quattro giorni dal loro
ultimo e singolare incontro.
Akira
non gli rivolse
neanche uno
sguardo, forse non l'aveva visto. Era lì con la sua
peculiare
espressione seria, i capelli raccolti di lato in una treccia e un
vestitino blu. Si sedette da sola e quando un cameriere le si
avvicinò lo cacciò via con un gesto della mano.
«
È carina. » Il commento di sua sorella lo fece
trasalire. « Hai una cotta per lei? »
Le
sue guance si
imporporarono
senza che potesse capire il perché. Sì, Akira
Mado era
carina, ma la bellezza non cambiava quanto fosse insopportabile. Lui
non avrebbe mai potuto provare qualcosa per lei.
Seina
ridacchiò civettuola. « Dovresti andare a
parlarle. »
Seidou
allentò il colletto
della camicia che sembrava improvvisamente troppo stretto, soffocante.
Sarebbe andato a parlarle, ma di certo non per discutere
d’improbabili e inesistenti interessi amorosi. « Ci
vado,
ma non per quel che credi. »
Si
mise in piedi, si
schiarì
la voce e fece per andare al tavolo di Akira. Si bloccò
ancora
prima che potesse fare un singolo passo.
Un
ragazzo era entrato
nel locale,
aveva avvistato Mado e le si era avvicinato. Lei si era alzata
salutandolo con un sorriso – con un sorriso!
– e in
seguito
i due si erano seduti cominciando a chiacchierare.
Seidou
cadde di peso
sulla sua sedia, la bocca aperta e l'espressione turbata.
Vedendolo
in quello
stato, Seina scoppiò in una fragorosa risata, ma lui la
zittì guardandola torvo.
«
Che
delusione! È la ragazza che ti piace. »
«
La mia
espressione non
è così per delusione. » Già,
era solo
sconvolto di vedere quella ragazza che credeva di ghiaccio sorridere
come una persona normale, con un’enfasi a lui sconosciuta.
« E Akira non è la ragazza che mi piace!
»
puntualizzò. Era diventato paonazzo e lo sguardo
canzonatorio di
Seina non faceva che peggiorare la situazione.
«
Peccato,
avreste fatto una bella coppia » continuò,
sbattendo le ciglia grondanti di mascara.
Il
campanellino alla
porta
d'ingresso tintinnò di nuovo, e questa volta fecero la loro
entrata le amiche di Seina. Lei balzò in piedi. «
Grazie
di tutto fratellone, io vado! »
Rimasto
solo, Seidou
non
poté evitare di far cadere lo sguardo su quei due. Con
fugaci
occhiate constatò che lo sconosciuto era più alto
di lui,
e a giudicare da come faceva ridacchiare Akira doveva saperci fare con
le parole. Sentì un buco nel petto a quella vista, senza
comprenderne il motivo.
Tirò
la
rivista abbandonata
da Seina verso di sé e tentò di fingere interesse
per
quella. Non ci riuscì.
Avrebbe
voluto
andarsene, ma Akira
era pericolosamente vicina all'ingresso, e lui non aveva la
benché minima intenzione di farsi notare. Non voleva essere
umiliato.
Decise
di aspettare.
Dovevano andarsene prima o poi, no?
Gli
parve di rimanere
seduto ore intere a studiare le venature del suo tavolo.
A
un certo punto, dopo
l'ennesima
fugace occhiata, vide che i due si stavano salutando. Poggiò
la
testa sulla superficie lignea e benedì il cielo. Ora avrebbe
dovuto attendere giusto un paio di minuti, dopodiché sarebbe
stato libero di tornare a casa e di dimenticare l'intera faccenda.
O
almeno
così credette, prima che il rumore della sedia trascinata
davanti alla sua lo destasse.
Mado
sedeva dinanzi a
lui, con il suo tipico sguardo impassibile e indecifrabile.
«
Com'è possibile che ti incontro ovunque? »
domandò, ma lui non si lasciò intimorire.
«
Questo
dovrei chiederlo io a te! Sei tu che sbuchi fuori ovunque io mi trovi!
» sbottò, scocciato.
«
Io sono
qui- »
«
Sì, lo so. Stai uscendo con un ragazzo, non hai bisogno di
scuse. »
«
Ah
già, il ragazzo.
Beh; lui è un ghoul » confessò, come se
fosse la
cosa più normale di sempre. Seidou rimase interdetto e la
fissò in silenzio.
«
Come
scusa? » chiese, basito.
«
Okay,
calmati »
cercò di rassicurarlo. Aprì la zip della borsa e
iniziò a frugare là dentro.
Seidou
sentì rumore di carta
sfregata e, difatti, quel che tirò fuori la ragazza furono
dei
fogli. Dapprima lui li osservò disinteressato, poi
acuì
lo sguardo e strizzò gli occhi confuso, avvicinandosi. Erano
documenti della CCG su un certo ghoul che stava creando problemi in
quel periodo.
Glieli
strappò di mano. « E questi? »
domandò accigliato.
«
Li ho
trovati sulla
scrivania di mio padre. Prima ce n'erano un mucchio, ma poi gli altri
erano scomparsi – penso se li sia portati a lavoro, ma questo
l'ha lasciato qui. »
«
E tu l'hai
preso? »
«
Sì » spiegò, come se lo stupore di
Seidou non fosse lecito.
«
Cosa? Hai
rubato la cartella di un ghoul dalla CCG; sei pazza! »
«
Non l'ho
rubata. Mio padre
l'ha abbandonata come se non fosse nulla, quindi evidentemente non era
un caso che gli stava importando molto. »
Seidou
la
guardò con scetticismo. « Sei pazza »
ripeté.
«
Voglio
solo rendermi utile
a mio padre » chiarì. « Alleggerirgli il
carico,
anche se con un caso stupido come questo. »
«
Cosa?! Ti
sembra il caso di giocare a fare l'investigatrice? »
«
Non
è un gioco. »
«
Appunto, e
dovresti saperlo
bene tu, dopo tutti i cento che hai preso. » Takizawa si mise
le
mani sulle tempie, esasperato. « Riportalo dove l'hai preso.
Sai
che è la cosa giusta da fare. Tuo padre potrebbe
arrabbiarsi,
per non parlare che potrebbe succedere anche di peggio. »
«
Mio padre
sa che ce l'ho io. »
«
Cosa?
Gliel'hai detto e lui non ti ha fatto storie? »
«
Ovviamente
non gliel'ho
detto, ma lui non è stupido, ne avrà notato
l'assenza e
di certo avrà capito in che mani è finito. Non
penso che
lui sia in disaccordo con questa faccenda. Non è nulla di
troppo
grande, so che ne sono in grado e lo sa anche lui. »
Takizawa
la
guardò non convinto. Non gli sembrava affatto una buona idea.
«
Fa come ti
pare » disse acido. « Se finisci nei guai non
sarà colpa mia. »
«
E io che
ti stavo per
chiedere se mi volessi aiutare » sospirò.
« E va
bene, perfetto. » Si alzò, riposando la cartella.
«
Aspetta
» la
fermò. La proposta di Akira aveva qualcosa di allettante.
Primo
di tutto, perché Akira Mado gli aveva appena chiesto aiuto,
cosa
che forse non sarebbe mai più capitata. Secondo, la
prospettiva
di risolvere un caso – il suo primo caso – era
elettrizzante! Ma per quanto potesse lasciarsi trascinare
dall'emozione, sapeva di andare incontro a rischi non discutibili.
Esitò,
mordendosi il labbro inferiore.
«
È per questo che l'hai fatto vedere a me? Vuoi il mio aiuto?
» Calcò bene le ultime parole.
Lei
distolse lo
sguardo, tentando di proteggere il proprio orgoglio. « Forse.
»
Anche
lui
posò gli occhi da tutt'altra parte.
«
E va bene,
ti aiuterò, ma solo per accertarmi che tu non faccia
cavolate. »
Akira
si
voltò verso di lui sorridendo vittoriosa.
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Capitolo 2 *** 02 - indagini ***
01
Il
mangiatore di sogni
|| 02 - indagini
||
Il soffio leggero
del vento entrava dalla finestra e lo raggiungeva sul letto, dove gli
solleticava la pelle. Il cuscino pareva più morbido del
solito, e lui era reduce da un bel sogno, quindi non trovava proprio il
bisogno di alzarsi. Gli occhi socchiusi e la mente impiastricciata di
sonno gli mostravano lui e Akira che, dopo essere riusciti a risolvere
un caso senza essere ancora investigatori, ottenevano lodi e
riconoscimenti di ogni genere. Non era male come prospettiva, ma i
gustosi residui di quella fantasia si eclissarono quando sua madre
spalancò la porta della stanza.
« Seidou! » Era tutta esaltata e lo scuoteva con
veemenza per svegliarlo. « C'è una ragazza qua
sotto che ti cerca, è una tua compagna di classe. Mado,
quella di cui parli sempre! »
Il ragazzo cercò di fare chiarezza nella sua testa, si mise
a sedere e borbottò un « io non parlo sempre di
lei! »
Si lavò in fretta e furia e prese i primi vestiti che gli
capitarono a tiro. Quando scese trovò Akira seduta in cucina
in compagnia di Seina.
« Sei in ritardo » disse Akira appena scorse la sua
figura davanti alla porta.
« Non avevamo alcun appuntamento. » Il giorno prima
si erano lasciati dicendosi che si sarebbero messi d'accordo, nessuno
aveva accennato a lei che avrebbe fatto irruzione a casa sua alle otto
del mattino.
Mado tirò fuori dalla borsa la cartella del ghoul.
« Dove ci mettiamo? »
"Vieni nella mia stanza" fu la risposta più imbarazzante che
potesse dire. Forse per il modo in cui formulò la frase, o
per il sorrisetto malizioso che si accese sulle labbra di Seina; in
ogni caso riuscì a percepire il viso andargli a fuoco.
« Allora » cominciò la ragazza,
poggiando il fascicolo sulla scrivania. Seidou non la smetteva di
guardarsi attorno, lieto d'esser sempre stato ordinato in vita sua.
« Lo chiamano Baku perché la sua maschera ricorda
un tapiro e, in particolare, il Baku della mitologia. Leggi tu stesso
comunque, la CCG aveva già raccolto alcune informazioni.
»
Fece come gli era stato ordinato e scoprì che i casi
associati per certo a Baku erano accaduti nel corso dell'ultimo
decennio. Poi erano descritti altri avvenimenti, ma si posizionavano
più distanti nel passato, fino a trent'anni prima, e
venivano suggeriti nel fascicolo senza alcuna certezza.
« Purtroppo » fece Akira, notando dove si erano
fermati i suoi occhi, « non sono riuscita a trovare
informazioni sui casi più vecchi. »
« Non c'è problema » disse Seidou
all'improvviso, alzandosi e andando a curiosare nella sua libreria. Lei
lo guardò interrogativa finché lui non fu di
ritorno con dei quaderni in mano. Li poggiò sulla scrivania,
li aprì e rivelò una quantità
spropositata di ritagli di giornale. Erano catalogati per tipologia,
suddivisi in base a quelli risolti e irrisolti. Alcuni articoli
risalivano a parecchi anni fa, e quelli più recenti avevano
come protagonista l'investigatore della CCG Kishou Arima.
« Quando da bambino ho deciso che sarei diventato un
investigatore ho iniziato a cercare giornali e notizie ovunque. Li
chiedevo ai vicini, ai miei zii, ai nonni, e poi passavo il tempo
così. Ho ripreso a farlo quando sono entrato nell'accademia,
ma concentrandomi solo sui casi riguardanti i ghoul. » Quella
rivelazione lo faceva apparire un po' sfigato, così si
apprestò ad aggiungere: « Sì, ero un
bambino annoiato ».
Ma Akira parve non interessarsene, sfogliava le pagine rapita,
concentrata, soffermandosi sui casi per cui lei non era riuscita a
reperire informazioni.
« Notevole » disse poi, senza distogliere lo
sguardo dal quaderno.
« Tutto qui? Sai, potresti sforzarti di più quando
vuoi complimentarti con qualcuno. » Sorrise con presunzione.
« Non mi complimento con chi si mette la maglietta al
contrario. » Seidou sussultò, controllò
il colletto della sua polo e vi trovò l'etichetta che
sarebbe dovuta essere sul retro. Sbuffò, imbarazzato.
Avrebbe volentieri sotterrato la testa da qualche parte in quel momento.
« Alcuni di questi casi non parlano dell'intervento di un
ghoul, ma di armi o veleni. Non capisco perché glieli
abbiano associati. » Akira parve entrare in una meditazione
profonda, poi scosse la testa.
« Comunque, avevo già fatto delle ricerche per
conto mio e ristretto la cerchia degli indiziati a tre persone. Ci sono
state delle interviste registrate, e in alcune di queste c'è
stata gente presente più di una volta sullo sfondo o in
primo piano. Curioso, no, trovarsi sulla scena del crimine
ripetutamente? Ho chiesto in giro, ho cercato su internet, ho iniziato
a indagare su di loro, ma mentre di due sono riuscita a scoprire nome e
cognome – e si tratta di persone che sembrano vivere ai
margini della società –, della terza, pur
riuscendo ad avvicinarla – era il ragazzo con cui mi hai
visto ieri – ho scoperto poco e niente. »
-
—∞— -
La
loro prima indiziata era una cinquantenne che viveva in un quartiere
malfamato. La sua era una casa microscopica, dai muri coperti di sacchi
dell'immondizia, e pullulava di gatti a destra e a manca. Indagarono a
fondo, ma scoprirono soltanto che era una persona sola, tradita dal
marito e abbandonata dalla figlia. La gente che la conosceva ne parlava
con compassione o disgusto, ma in ogni caso non era il soggetto che
cercavano.
Quello dopo era un uomo, un muratore pensionato. Scoprirono che era
coinvolto in traffici di droga, lo segnalarono alla polizia
dopodiché se ne disinteressarono (non era compito loro
sistemare la faccenda).
E poi c'era Sanjiro, il ragazzo misterioso che in più di
un'intervista appariva correre sullo sfondo. Era Akira che si occupava
delle indagini su di lui, continuando a uscirci e a fingere un
sentimento amoroso nei suoi confronti. Eppure al di là del
nome non erano riusciti a scoprire altro. Non diceva nulla su di
sé e seguirlo, considerando i quartieri e i vicoli che
frequentava, era troppo rischioso.
Lavorare assieme era strano. Si trovavano quasi sempre in disaccordo, e
in particolar modo Seidou non sopportava che le sue deduzioni venissero
riprese da Akira in quanto inesatte. I momenti di intensa
serietà si alternavano con infantili battibecchi. Eppure
continuarono a darsi da fare per più di una settimana,
facendo molte ricerche e ricavando tante di quelle informazioni che la
CCG li avrebbe potuti assumere seduta stante.
In fondo, si ritrovò a pensare Takizawa, non era poi
così male fare squadra con Akira. Ormai durante lo studio si
trovava a lanciare occhiate allo schermo del cellulare in
continuazione, sperando in un messaggio da lei con qualche
novità sul caso o una richiesta di aiuto.
Si accorse presto di non riuscire a pensare ad altro che al caso
– o ad Akira? Forse era a lei che non smetteva di pensare.
Un giorno erano assieme a quel bar a Shinagawa. Nonostante all'esame
mancasse sempre meno loro erano lì a trascrivere le
deduzioni e le ricerche sul caso al computer.
« Baku, lo chiamano » fece Akira sovrappensiero. Se
c'era una cosa che Seidou aveva imparato era che capitava che la sua
compagna di classe pensasse ad alta voce. Quando succedeva lui iniziava
a osservarla in attesa.
« E intendono la creatura mitologica. Stando alla descrizione
la sua maschera somiglia più a quella che a un tapiro
qualunque. »
Seidou cercò nella cartella quell'informazione, come se non
l'avesse già letta migliaia di volte.
« E allora? Questo lo sapevamo già. Ora stavamo
cercando di capire in che modo sono collegati gli omicidi. Dopotutto,
se il colpevole è Sanjiro non può aver agito
trent'anni fa. »
« Appunto » disse lei. Era come se vedesse oltre un
orizzonte che lui non riusciva a superare, cosa che lo irritava in
continuazione. Lo faceva quasi sentire inferiore, seppur lui fosse
più che certo di non esserlo.
« Sai qual è la leggenda di Baku? »
Lui annuì. « Allontana il male. »
« Sì Seidou, ma in che modo? Cos'è che
elimina? »
Parve pensarci per un po'. « Gli incubi? » Disse,
con tono fine e incerto.
« "Cedo il
mio sogno al Baku perché lo mangi",
è quel che si dice dopo un incubo per scacciarlo via.
»
Continuò a guardarla senza capire.
« Forse è forzata come interpretazione, ma si
può dedurre che il Baku si nutre dei sogni. E guarda un po'
gli omicidi che gli sono stati associati. » Gli spinse il
quaderno con i ritagli di giornale sotto gli occhi.
Natsuko Ishikawa, uccisa prima dell'inaugurazione del suo orfanotrofio.
Haruki Sato, morto dopo l'apertura dell'atteso bar a Kabukicho.
Takizawa procedette con la lettura. C'era un caso su un ragazzo che
aveva inventato un robot che limitava gli sprechi energetici, e anche
lui, prima che il suo progetto venisse lanciato, era stato ucciso. Uno
su una nuova linea ferroviaria per lo Shinkansen, il cui finanziatore
aveva fatto la stessa fine. E tanti altri articoli dello stesso tipo,
fino ad arrivare a quelli più vecchi che escludevano
l'intervento di un ghoul. In quello più datato vi era
raffigurata la foto di tre scienziati che avevano fatto un'importante
scoperta. Takizawa prese a osservarla assorto.
« Tutti loro sono stati fermati prima di iniziare la loro
attività. Come se avessero appena realizzato il loro sogno
per vederlo svanire subito dopo. »
« Baku ha mangiato i loro sogni... »
mormorò Seidou. « Che Ghoul egocentrico.
»
« Così sembra. »
Sospirò e prese a guardare fuori. La sera stava calando, il
cielo era tinto di arancio e viola e puntellato qua e là da
cirri.
« Ma perché alcuni di questi casi parlano dell'uso
di armi? Se ci fai caso gli omicidi di questo genere trent'anni fa si
susseguono per dieci anni con una certa cadenza, poi si bloccano di
colpo – uno stacco di quasi vent’anni – e
ora riprendono sempre più assidui. Non capisco. »
Akira guardò il fascicolo. « Non lo so »
fece, « ma sono abbastanza convinta che sia sempre Baku a
c'entrare, me lo dice il mio istinto. »
Notato l'orario, uscirono dal bar e s'incamminarono verso la stazione,
ognuno diretto verso la propria casa.
Regnava un fastidioso silenzio, ma Takizawa non sapeva di cosa potesse
parlare con Akira. Dopotutto, prima che iniziassero a indagare assieme
si rivolgevano la parola di rado, e quando lo facevano era per
litigare. E ora il loro argomento principale erano le indagini,
alternato a momenti in cui si stuzzicavano a vicenda.
Si ricordò di quanto l'avesse sempre sopportata ben poco, di
come le lodi dei professori che si meritava lui le ricevesse lei, di
come Akira lo battesse sul tempo ogni volta che c'era da rispondere a
una domanda aperta. Non gli era mai piaciuta la sua capacità
di metterlo in ombra.
Oltre all'accademia non avevano altro in comune, ma non gli pareva una
buona idea chiederle come le stesse andando con lo studio,
così scelse la via del silenzio, nonostante fosse la
più imbarazzante.
« Senti » fece a un certo punto Akira.
« Hmm? »
« Mio padre non è a casa e non ho voglia di
cucinare. Mi faresti compagnia a mangiare fuori? »
« Ehm, sì, c-certo » disse, fin troppo
repentino.
Akira inarcò un sopracciglio nella sua direzione, come se
non si fosse aspettata quella risposta. Dopotutto era stato troppo
gentile rispetto al solito, così provò a
sistemare le cose: « così possiamo, ehm, parlare
del caso ».
« O potremo mangiare e basta » suggerì
Akira.
« Certo. » Cos'era quella balbuzie improvvisa?
Perché si sentiva tanto agitato?
Akira stava sorridendo con una punta di divertimento, cosa che lo
turbò.
Entrarono nel primo ristorante che capitò loro a tiro, si
sedettero, ordinarono e attesero.
Seidou si pentì amaramente di aver accettato la proposta
della ragazza, perché l'atmosfera si era fatta anche
più scomoda ora che si trovavano l'uno di fronte all'altra.
I loro occhi si incrociarono più di una volta e altrettanto
spesso si distolsero per non aumentare l'imbarazzo della situazione.
« Manca sempre meno all'esame e io non ho ancora fatto nulla
di concreto » ruppe il silenzio Akira.
« Nulla? »
« Nulla. L'idea di risolvere questo caso mi ha
così assorbita che ho aperto i libri sì e no due
volte. »
Seidou normalmente sarebbe stato lieto di una notizia del genere,
invece non sentì nessun compiacimento, come se l'idea di
ottenere lui il massimo dei risultati non gli importasse più.
« Anch'io ho messo un po' da parte lo studio »
rivelò. « Ora che ci stiamo occupando di questo
caso, è come se tutta la teoria non servisse a niente.
»
Portarono loro quel che avevano ordinato, così poterono
cominciare a mangiare.
« Perché hai deciso di diventare
un’investigatrice di ghoul? C'entra tuo padre? »
chiese di botto.
Lei alzò lo sguardo e lo fissò.
« Anche mia madre, a dire il vero. Avrai già
sentito dire il suo nome in giro, qualsiasi professore mi
avrà paragonata a lei almeno una volta, ma probabilmente non
sai che lei è morta. »
« Oh » fece Takizawa, come se gli avessero appena
dato uno schiaffo. « Non lo sapevo, mi dispiace. »
Si sentì in colpa per aver tirato in ballo quell'argomento e
distolse lo sguardo. La ragazza alzò le spalle,
mandò giù un altro boccone e poi
chiarì: « Non hai bisogno di preoccuparti.
È una cosa più che normale morire, succede a
tutti ».
Rimase interdetto. « Non è comunque una bella
cosa, specie se succede a tua madre. »
Lei parve pensarci su. « Hai ragione, ma la natura ha dettato
queste leggi, e certi processi si possono solo velocizzare in base alla
professione che decidi di fare » pronunciò quella
frase con una freddezza tale che Seidou si chiese se fosse umana. Forse
dietro quello sguardo indifferente covava del dolore. Lui volle
sperarci, perché non si capacitava di come potesse reagire
così davanti alla morte. Takizawa, pur non avendo perso
molte persone, ne era terrorizzato. Se sua madre fosse morta, neanche
dopo anni avrebbe potuto parlarne così.
« Era una brava investigatrice » parlò
di colpo Akira. « Per questo decise di sacrificarsi.
È stato molto egoistico da parte sua, non trovi? »
Mando giù l'ennesimo bicchiere di birra. Se la prima
bottiglia era finita tanto facilmente e la seconda era a
metà era dovuto a lei.
« Egoista? Non direi. L'ha fatto per salvare tanta gente.
»
« Una donna con una famiglia non può decidere di
salvare tanta gente. » Seidou scorse negli occhi lucidi di
Akira quella punta di umanità che cercava. Forse l'alcol
aveva risvegliato qualcosa in lei, o l'aveva resa più
sincera.
« Comunque » disse, perché non gli
piaceva la piega che stava prendendo la conversazione. L’idea
che Akira potesse scoppiare a piangere da un momento all'altro
– specie perché non la finiva più di
bere – lo terrorizzava. « Anch’io ho
deciso di diventare un investigatore per mia madre. Una volta una sua
amica è stata vittima di un ghoul, e lei ne è
rimasta piuttosto sconvolta. Nella mia mente a quel punto è
scattato qualcosa, come se mi fossi accorto della spietatezza del mondo
solo in quell'istante. Così ho iniziato a prestare sempre
più attenzione alle notizie al telegiornale, e crescendo ho
capito di voler diventare un investigatore. »
Lei neanche lo ascoltava più, guardava la superficie del
tavolo come se fosse la cosa più interessante del mondo.
Takizawa sapeva che la sua storia non colpiva quanto quella di Akira e
mancava di dramma, ma perlomeno aveva posto fine a quella tristezza che
stava per soffocarli.
Finirono di mangiare e lui si propose di accompagnarla a casa. Era un
po' faticoso essere così gentile con lei (si trattava pur
sempre di una persona che non gli ispirava molta simpatia), ma non
poteva neanche lasciarla da sola in quello stato. Durante il tragitto
parlarono poco e niente e giunsi nell'appartamento della ragazza si
salutarono dandosi appuntamento al pomeriggio dopo.
Takizawa tornò a casa pensando ai suoi occhi lucidi,
passò per i quartieri bui e fu contento di non trovarvi
alcuna ombra sospetta. Mentre raggiungeva casa notò che il
signor Nakano era affacciato al balcone della sua abitazione; aveva lo
sguardo fisso nel vuoto, come se stesse pensando. Si accorse della sua
presenza e lo salutò.
« A quest'ora fuori, Seidou? » ridacchiò
con il suo solito sorriso affabile.
« Anche lei signore non scherza » rispose di
rimando, nonostante fosse complicato conversare dalla strada con un
uomo affacciato al secondo piano.
« Ho i miei buoni motivi. Sto aspettando mio figlio,
è uscito senza dirmi niente. Sono così in
pensiero. »
Seidou si accorse di non aver mai conosciuto il fantomatico figlio del
signor Nakano, era sempre fuori per un motivo o per un altro.
Realizzò all'improvviso anche che il suo vicino non era
l'unico ad aspettare il ritorno a casa di qualcuno.
« Cazzo » mormorò. Controllò
il telefono e trovò trentanove chiamate perse da sua madre,
cinque da sua sorella, e numerosi messaggi da entrambe.
« Arrivederci! » urlò all'uomo, prima di
mettersi a correre all'impazzata verso casa.
Aperta la porta trovò la luce della cucina accesa e sua
madre ad aspettarlo.
« Seidou! » urlò in tono di rimprovero.
« Mi sono preoccupata! »
Lui si scusò, consapevole delle ansie che la tormentavano e
che, con tutte le probabilità, aveva in parte ereditato
anche lui. Dopo averla rassicurata, salì in camera sua e,
nonostante l'orario, tirò fuori il libro che non aveva
completato di studiare.
Accese la luce della scrivania, lo sfogliò fino a giungere
alla pagina che gli interessava, cominciò a leggere e in
meno di cinque minuti si addormentò.
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Capitolo 3 *** 03 - conclusioni ***
01
Il
mangiatore di sogni
|| 03 - conclusioni
||
Il giorno dopo tutto
tornò come prima: si diedero appuntamento alle quattro al
bar e ripresero le indagini. Nessuno menzionò la cena fatta
assieme, né la premura di Seidou nell'accompagnare Akira a
casa. Era come se avessero fatto tacito accordo di non parlarne, in
modo da evitare l'imbarazzo che ne sarebbe potuto derivare.
« Guarda qua. » Akira gli mise davanti agli occhi
il giornale di quella mattina. La notizia che interessava a loro non si
era neanche guadagnata la prima pagina: a Shibuya, una brillante
ragazza appena laureata in medicina, era stata uccisa da un ghoul.
Questa volta c'era una novità: dichiarazioni di gente che
affermava di aver visto aggirarsi un uomo con una maschera simile a un
tapiro.
« Dici che un altro sogno sia stato divorato? »
chiese Seidou.
« Dico proprio di sì, e questa volta ci sono state
anche le segnalazioni. »
« Certo che per scegliere un luogo così affollato
per agire, o vuole farsi notare o è un idiota. »
« Temo entrambi. Considera che nessuno pare aver notato il
suo riferimento al Baku, quindi forse spera che aumentando il suo
genere di vittime qualcuno se ne accorga. »
Takizawa la guardò non convinto. « Un ghoul con
manie di egocentrismo e amore per i sogni altrui? »
Akira, con lo sguardo serio, annuì. « Si tratta
pur sempre di qualcuno mentalmente instabile. I ghoul a volte ce li
hanno: fetish, ossessioni strane... Lui mangia i sogni. »
« Rimane una mossa azzardata quel che ha fatto. »
« Già, si è messo nel sacco da solo.
»
« Vuoi dire che stiamo per trovarlo? »
« No, voglio dire che l'abbiamo già trovato.
»
Takizawa batté le palpebre più volte, confuso. Si
era forse perso qualcosa?
« È Sanjiro » spiegò Akira
con naturalezza. « Non ricordo se te l'ho detto, ma una volta
aveva con sé un foglietto con dei nomi. Io ero giusto
riuscita a intravederlo e a memorizzare il primo nome che ho visto.
Ricordi quando abbiamo cercato informazioni su Nayoko Watanabe?
»
Lui annuì. « Quella che si è scoperto
essere un architetto con grandi progetti e vita perfetta? »
« Ecco, il nome che ho memorizzato era il suo. Penso fosse
una possibile vittima e poi... » Akira tirò fuori
il cellulare, aprì qualche applicazione e poi
mostrò lo schermo a Takizawa. Erano i messaggi tra lei e
Sanjiro.
A: hai sentito
quel che è successo a Shibuya?
S: Sì,
terribile! Ieri ero lì con degli amici, ti lascio immaginare
il casino.
Seidou inarcò un sopracciglio. « Ma è
un completo idiota! » sbottò.
« All'inizio avevo dei dubbi. Non capivo se fosse scemo lui o
credesse che lo fossi io... Certo, mi sono sempre mostrata frivola, ma
non pensavo ci cascasse così facilmente. »
L'immagine di Akira frivola, tutta sorrisini e risatine, gli diede il
voltastomaco.
« Una volta gli ho detto che frequento un'accademia d'arte e
che penso di laurearmi con il massimo dei voti. Lui mi è
parso interessato. »
« Bene. Sei una ragazza con un sogno, quindi; una possibile
vittima! »
Lei annuì e seguì qualche attimo di silenzio.
« Quindi i casi vecchi, quelli con cui si era ipotizzato
avesse a che fare, sono esclusi del tutto? »
« Sembrerebbe che qualcuno con la maschera da Baku sia stato
visto anche trent'anni fa, ma non è la stessa persona. Forse
Sanjiro ha ripreso lo stile di un altro killer. »
« Beh, allora l'abbiamo trovato » si
sforzò di sorridere Seidou. I loro occhi erano quasi velati
dalla scontentezza, come se tutto fosse stato troppo facile. In
realtà ci avevano impiegato due settimane, ma ci avevano
messo così tanto impegno che giungere alla soluzione
più ovvia era quasi una delusione. Entrambi avevano
respirato il brivido di novità e avventura di quella che
sarebbe diventata la loro carriera. Ora tutto era finito, avrebbero
portato le loro ricerche alla CCG e sarebbero tornati semplici studenti
(il che era anche giusto, considerando che gli esami erano alle porte).
Si sarebbero parlati ancora? In quelle due scarse settimane si era
creato un legame o era tutto di circostanza? Ora non c'era
più niente a tenerli vicini, sarebbe ripresa la loro
rivalità e di motivi per cui vedersi non ne avrebbero
più avuti.
Seidou non capì perché quel pensiero lo turbasse
tanto, in fondo non si erano mai considerati amici.
Si focalizzò sui lati positivi: presto avrebbe ottenuto la
stima che si meritava davvero dagli insegnanti. Purtroppo anche Akira
non si sarebbe sottratta dall'ottenere lodi, ma su questo poteva anche
sorvolare. Gli andava bene di condividere il primo posto,
purché stesse alla larga dal secondo. Sarebbero stati
stretti su quel podio, ma ci avrebbero provato.
« Io devo andare. Stasera uscirò per l'ultima
volta con Sanjiro e cercherò di prendere quel foglietto,
così avremo una prova in più dalla nostra parte.
»
Seidou annuì, poi si salutarono.
-
—∞— -
L'esame si sarebbe
tenuto tra tre giorni e lui non riusciva a studiare. Il suo sguardo si
posava in continuazione sul raccoglitore degli appunti sul caso.
Seidou, incerto, lo prese e lo sostituì al libro poggiato
sulla scrivania. Iniziò a sfogliarne le pagine plastificate,
che racchiudevano le parole che avevano digitato al computer e poi
stampato. Rilesse gli articoli di giornale che lui stesso aveva
procurato, e si soffermò su qualcuno dei più
vecchi che avevano escluso. Lo attirò una notizia che
parlava della morte di uno scienziato, dove vi era una foto che aveva
già colpito la sua attenzione in passato. Vi erano
raffigurati tre uomini in camice: quello al centro era il povero
malcapitato, quello a sinistra non gli diceva niente, quello a destra
più lo guardava, più gli sembrava familiare.
Decise quindi di rileggere l'articolo, e restò a bocca
aperta in un particolare passaggio:
"Il suo più
caro amico e collega, Nakano Isao, ha dichiarato d'essere profondamente
afflitto e che il lavoro non sarà più lo stesso
senza di lui[...]"
Seidou controllò più volte, non credendo ai
propri occhi. Il suo vicino di casa era stato amico di una vittima del
Baku? Era escluso che Sanjiro avesse a che fare con cose successe
più di vent'anni fa, ma era comunque una rivelazione
interessante. Seidou avrebbe potuto scoprire se il loro sospettato
fosse davvero il ghoul che cercavano, o se fosse esistito in passato un
altro Baku.
Scosse la testa per dissuadersi da quei pensieri. Era conscio che quel
flusso di idee fosse l'incapacità di accettare la fine della
sua piccola avventura.
Per distrarsi cercò di concentrarsi sulla ricompensa che
avrebbe ottenuto grazie al duro lavoro svolto. Rincuorato da quella
prospettiva chiuse il raccoglitore e sorrise soddisfatto. Per un attimo
s'immaginò di consegnare quella cartelletta al CCG da solo,
senza Akira, prendendosi tutto il merito del lavoro. Subito
scacciò l'idea, sentendosi in colpa. Non avrebbe mai fatto
una cosa simile, non necessitava di ricorrere a sporchi trucchetti come
quello per risaltare più della ragazza, gli bastava il mero
impegno.
La porta della sua stanza si aprì leggermente.
« Seidou? » Il volto di sua madre fece capolino,
sorridendogli pacatamente. « Oggi non sei con Akira? Pensavo
che vi stesse preparando assieme per gli esami. »
Seidou scosse la testa, ricordando la bugia che aveva rifilato alla
madre per non parlarle delle indagini. « No, era impegnata
oggi. E poi manca poco per l'esame, quindi preferiamo ripassare ognuno
per conto proprio. »
Sua madre annuì. « Posso chiederti un favore o sei
impegnato? »
Seidou lanciò un'occhiata al libro abbandonato in un angolo
della scrivania.
« No, chiedi pure. »
Dieci minuti dopo stava suonando alla porta del signor Nakano.
Quest'ultimo aveva avuto un problema con il camion dei traslochi, e
alcuni dei suoi mobili erano arrivati in ritardo. Necessitava di una
mano con gli scatoloni pesanti e aveva chiesto l'aiuto di Seidou.
Al ragazzo non dispiaceva andare dal suo vicino, perché era
una buona occasione sia per sfuggire allo studio sia per fare all'uomo
delle domande riguardo all'articolo letto.
Poco dopo che ebbe suonato il campanello Nakano gli aprì, il
sorriso affabile e i capelli brizzolati.
« Entra, entra! Grazie d'essere venuto. »
Passarono un'intera ora a spostare scatoloni di qua e di là,
ad assemblare mobili e a rinchiudere cianfrusaglie inutili in garage.
Seidou sentì continuamente sulla punta della lingua quella
curiosità che avrebbe voluto appagare, ma non
riuscì a trovare un modo per cominciare il discorso. Il
tanto lavoro lo portò pure a tratti a dimenticarsene. Si
prese una pausa solo quando Akira gli inviò un messaggio
informandolo che era uscita con Sanjiro, e che era certa che avrebbe
trovato la lista delle vittime che il loro sospettato portava sempre
con sé.
« Questa stanza è finita »
sospirò Nakano, esausto e compiaciuto. Curiosò
nel frigo, tirò fuori una bottiglia di tè e ne
offrì a Seidou, che accettò volentieri. I due
rimasero in cucina, appoggiati appena al bordo del tavolo, sorseggiando
la bevanda come una meritata ricompensa.
« Mia madre mi ha detto che era uno scienziato »
tentò di mettere in ballo l'argomento.
« Oh » disse Nakano, e come colto di sorpresa
abbassò lo sguardo per soppesare le sue prossime parole.
« Sì. Ne è passato di tempo, ma mi
piaceva il mio lavoro. »
Seidou non seppe come portare avanti la conversazione, né se
menzionare l'articolo che aveva letto fosse una buona idea.
Gli arrivò un messaggio da Akira:
A: C'ero vicina!
Lui è un idiota, lo tiene dentro la cover del cellulare.
Ripresero a lavorare. Mentre Nakano sistemava lo scantinato, Seidou si
occupò del salotto, estraendo cianfrusaglie di ogni genere
da uno scatolone.
A un certo punto un rumore squarciò la quiete, poi si
sentirono i passi veloci del signor Nakano rimbombare nella tromba
delle scale.
« Tutto bene? » Chiese l'uomo apprensivo,
raggiungendolo al secondo piano.
Takizawa sembrava sconvolto e, soprattutto, confuso. Nella foga che
aveva dominato i secondi precedenti aveva scagliato un oggetto a terra.
Riprese controllo della sua mente e si affrettò a prendere
la statuetta che giaceva sul pavimento.
« Scusi, mi è caduta dalle mani »
mentì.
« Tranquillo, per fortuna non si è rotta.
» Nakano gliela levò di mano la rimirò
con un sorriso. « È abbastanza importante per me.
»
Seidou deglutì. Una statuetta del Baku era la cosa che meno
di tutte avrebbe voluto trovarsi davanti, soprattutto se in casa di
Nakano, ignaro di chi avesse ucciso il suo amico in passato.
« Sai? Si dice che porti via gli incubi. » Il
ragazzo annuì; lo sapeva fin troppo bene. « E io a
un certo punto della mia vita ne sono stato invaso... »
Nakano serrò le labbra, lo sguardo indeciso se continuare o
no. « Devi sapere che una volta, proprio quando stavamo
lavorando a un'importante ricerca, un mio collega venne ucciso. Da chi
non si è mai saputo, ma quell'esperienza ancora oggi mi
sconvolge. »
Bingo.
« Era un suo grande amico? »
« Sì, eccome. Anche se era sempre un gradino sopra
di me. Lo invidiavo, era lui che era stato incaricato di dirigere il
nostro lavoro, nonostante io sperassi da sempre di assumerne il
comando; credevo d'essere più meritevole. Quando
però tutto è rimasto nelle mie mani me ne sono
solo dispiaciuto.
« Eravamo anche compagni all'università. Lui
sempre primo, io sempre secondo. Ogni mio sogno se lo prendeva senza
farsi problemi, credo di averlo detestato a tratti » rise con
nervosismo. Ogni suo gesto pareva ben ponderato. Seidou però
rimase solo turbato dal parallelismo che quella storia aveva con la sua
vita.
« Sai, a volte le persone dovrebbero guardare anche dal punto
di vista dei secondi come me. C'è gente che si impegna e ha
successo, è vero, ma quelli che si impegnano e non ottengono
nulla, che fine fanno? Finiscono nel dimenticatoio; è
orribile. » Nella voce di Nakano parve esserci astio, e
questo lo intimorì e lo sorprese. L'uomo strinse
convulsamente la statuetta del Baku tra le mani e Seidou ebbe
l'impressione che stesse sorridendo.
A: Mi ha invitata
a casa sua. Ho rifiutato, ma non vuole convincersi.
T: Rifiuta di
nuovo. Non puoi di certo farlo, è troppo pericoloso.
« Ma tu, Seidou, non puoi capire »
sospirò con stanchezza. « Me l'ha raccontato tua
madre quanto sei bravo e quanti successi hai ottenuto. Non sai cosa
vuol dire essere secondo e non puoi saperlo; tu raggiungerai i tuoi
sogni. Vuoi diventare un investigatore di ghoul, vero? Ti auguro
davvero, con tutto il cuore, che tu ci riesca e nessuno si frapponga
tra il tuo cammino com'è successo a lui. »
Takizawa, atterrito, indietreggiò di qualche passo. C'era
qualcosa di folle che splendeva negli occhi di Nakano.
Era stata sua madre a raccontargli tutte quelle cose sul suo conto?
Aveva esagerato un bel po', e ora il loro vicino era convinto che
Seidou fosse il primo dell'Accademia. Cosa ovviamente non vera, data
l'esistenza di Akira Mado. Ma Nakano non lo sapeva, era per questo che
era molto interessato a lui e al suo sogno?
A: Ha insistito e
non so come andarmene, mi sta portando a casa sua.
T: Tranquilla,
cerco di venire ad aiutarti... Comunque, stai calma: forse Sanjiro non
è il nostro mangiatore di sogni.
« Io ora devo andare, signor Nakano. »
« Di già? Ma come... Speravo mi raccontassi
qualcosa in più su come stanno andando i tuoi studi.
» Gli si avvicinò con un sorriso tremolante.
« Vorrei, ma è ora di cena. »
« Ah, già. Beh, puoi restare qui a cenare. Mi devo
sdebitare per l'aiuto che mi hai dato. »
« Non si preoccupi. »
Il suo corpo tremava per l'agitazione, sebbene le sue ipotesi non
avessero solide fondamenta.
Raggiunse l'ingresso il più velocemente possibile, ma quando
fu sul punto di girare il pomello, qualcuno, dall'altro lato, lo
precedette aprendo la porta. Lui indietreggiò con gli occhi
sbarrati.
« Ah » disse Nakano. « Ecco mio figlio!
Finalmente puoi conoscerlo. »
Takizawa, sgomento, fissava il ragazzo davanti a sé con
estremo orrore. Ma ciò che più lo
preoccupò fu incrociare gli occhi della ragazza che lo
accompagnava.
« Takizawa... » sussurrò Akira, anche
lei, per una volta nella vita, con lo stupore negli occhi.
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Capitolo 4 *** 04 - sogni ***
01
Il
mangiatore di sogni
|| 04 - sogni
||
« Pa', lei
è la mia fidanzata, Akira. » Sanjiro rivolse un
sorriso sghembo alla ragazza.
« Oh » finse meraviglia il signor Nakano.
« Sì, ricordo. Piacere Akira. » Fece un
mezzo inchino. « Sanjiro mi ha parlato molto di te. So che
sei un brillante genio, come d'altronde è anche il nostro
vicino di casa, Seidou. » Si girò in direzione del
ragazzo, ancora troppo scosso per parlare o anche solo per muoversi.
« Che peccato » riprese, rivolgendosi al figlio.
« Quanto mi rincresce che tu non l'abbia potuto conoscere
prima. È un bravo ragazzo, oggi mi ha aiutato a sistemare un
paio di cose. E poi vuole diventare un investigatore di ghoul, non
è notevole? »
Sanjiro a quelle parole non si trattenne dal lanciargli un'occhiata
cupa.
Seidou rabbrividì, aveva il terrore che luccicava negli
occhi. Mai avrebbe anche solo ipotizzato che quei due potessero essere
imparentati, e anche avendoli davanti in quel momento stentava a
crederci. Non si assomigliavano affatto, neanche un lineamento simile.
Sperò di trovare lo sgomento anche sugli occhi della sua
compagna di classe, ma lei era imperturbabile. Il suo stupore era
durato giusto una frazione di secondo e poi era tornata calma come non
mai.
« Perché non ceniamo tutti assieme? »
Propose l'uomo con tono cordiale.
Seidou voleva andarsene ribadendo che lo aspettavano a casa, ma non
poteva abbandonare Akira lì.
« Signor... » esordì la ragazza.
« Nakano, prego. »
« Signor Nakano, ne sarei davvero lieta, ma ho dei lavori da
completare prima di un esame, quindi non posso trattenermi oltre.
Comunque, mi ha fatto davvero piacere conoscerla »
simulò un sorriso, inchinandosi.
« Che peccato » sospirò l'uomo,
arrendevole. « Vorrà dire che sarà per
la prossima volta. »
Poi si voltò verso Takizawa. « Tu non mi sfuggi
invece » e iniziò a ridere a gran voce. Seidou non
comprese cosa avesse provocato quell'attacco d'ilarità
improvviso.
« Mi offendo se non resti qui a cena, sono sicuro che tua
madre sarà d'accordo. »
Lo fissò negli occhi come a non volergli lasciare
alternativa.
Seidou, prima di riuscire a parlare, boccheggiò
più volte e si schiarì la voce.
« Non credo che mia madre sia d'accordo: ieri sono tornato
tardi a casa senza avvertirla. Oggi devo farmi perdonare. »
Lo sguardo di Nakano si rabbuiò per un istante. Non voleva
lasciarlo andare.
Doveva avere un'alta considerazione del ragazzo, per credere che
potesse in qualche modo essere d'intralcio per i suoi piani.
A conti fatti, Seidou, al di là degli studi che
intraprendeva, non era ancora un investigatore e quindi non
rappresentava alcun reale pericolo per un ghoul. Quindi Nakano, se era
davvero Baku, o era imparentato con Baku, non aveva motivo di averne
timore.
Cosa aveva fatto per insospettirlo a tal punto da non volerlo fare
tornare a casa?
Aveva gettato per terra una statuetta di un essere mitologico, preso
dallo spavento infondato del momento. Aveva dimostrato una notevole
curiosità per l'incidente di cui aveva letto nell'articolo,
e poi non aveva smesso di guardare Nakano con terrore crescente e
malcelato.
Seidou si rimproverò per aver fatto trapelare troppo da se
stesso. Guardò Akira e invidiò la sua espressione
impassibile (anche se era all'oscuro di gran parte dei fatti, e quindi
non aveva motivo di agitarsi).
« D'accordo » acconsentì l'uomo.
« Torna a casa. » Il tono di voce tradiva il suo
disappunto.
Seidou trattenne un sospiro di sollievo.
« Comunque » aggiunse poi, e il sorriso sul suo
volto si allargò in maniera spropositata. «
Cercherò di sdebitarmi per l'aiuto che mi hai dato al
più presto. »
Takizawa e Akira camminarono l'uno accanto all'altra, non scambiandosi
la parola. Appena si furono allontanati abbastanza dall'abitazione dei
Nakano, Seidou non riuscì più a trattenere la
risata isterica che costringeva nel petto.
Akira gli lanciò un'occhiata perplessa. Lui tentò
di darsi un contegno e poi disse: « L'avresti mai detto?
» lasciandola anche più confusa di prima. Subito
dopo le chiarì la faccenda, ancora concitato dall'idea che
Baku fosse un suo vicino di casa.
Le raccontò del signor Nakano, dell'articolo che aveva letto
e che lo riguardava, della statuetta che aveva trovato in casa sua e
della follia che gli era parso di scorgere nei suoi occhi. Insomma,
tutte prove insufficienti e dettate dall'ansia, o almeno
così erano state definibili prima che facesse il suo
ingresso Sanjiro. A quel punto, che Nakano fosse coinvolto non c'erano
più stati dubbi. E questo spiegava molte cose, per esempio
il primo incontro avuto con Akira, quando lei stava pedinando un ghoul
che si aggirava nel suo quartiere.
Lei lo guardò con serietà, un po' stupita che
fossero giunti a quella conclusione per semplice coincidenza dei fatti.
Tirò fuori dalla tasca un foglietto di carta. Seidou lo
riconobbe: era la lista delle vittime di Baku.
« Quindi erano due, e ce la siamo cavata per un pelo,
avrebbero potuto ucciderci. Immagino che non l'abbiano fatto
perché era troppo avventato come gesto, e tua madre sapeva
che eri a casa del tuo vicino. Se tu fossi scomparso questa notte, il
primo indiziato sarebbe stato Nakano. Suppongo che di me invece non
sospettino nulla, mi hanno lasciata andare molto facilmente. »
« Allora » disse Seidou, non riuscendo a trattenere
un sorriso soddisfatto. « Questa volta l'abbiamo trovato
davvero. » Non seppe spiegarsi il perché, ma
improvvisamente l'idea che il caso fosse concluso gli diede solo
appagamento, nessuna delusione.
« Eh già » fece Akira. Non c'era segno
di felicità o soddisfazione in lei, invece. « Ce
l'abbiamo fatta. »
Continuarono a camminare senza meta, allontanandosi dal quartiere. Non
erano mai stati così vicini, sembravano quasi amici.
« Dovremmo... » disse Takizawa, incerto se
proseguire o no. « Festeggiare. »
Forse era stata l’euforia a farlo parlare: era esaltato per
essere riuscito a sfuggire alle misteriose intenzioni di Nakano. Si
diede dello stupido quando il sopracciglio di Akira si
inarcò a dimostrare la sua perplessità.
« Festeggiare? » ripeté, confusa. Non
aveva mai pensato che festeggiare fosse una cosa utile, e tendeva ad
evitare tutto quel che fosse considerabile una perdita di tempo.
« Sì, beh... » distolse lo sguardo
Seidou. « Sai, è il nostro primo caso risolto.
»
Qualcosa nel tono imbarazzato di Takizawa le fece credere che per una
volta valeva la pena provare.
« Sì » concesse, e involontariamente un
sorriso si profilò sul suo volto. Ma Takizawa, per fortuna,
era voltato dall’altra parte; non poteva accorgersene.
« Dovremmo festeggiare. »
-
—∞— -
Era il giorno degli
esami e Seidou non era preparato come avrebbe dovuto.
Un lancinante dolore alla testa lo colpiva a intermittenza,
perché il giorno prima era rimasto sveglio fino alle tre del
mattino a ripassare l'intero programma. Le domande che scorrevano sotto
i suoi occhi gli parevano scritte in arabo, e si ritrovò
spesso senza sapere come rispondere.
Sarebbe stato saggio da parte sua studiare nei due giorni che gli erano
rimasti, anziché solo nell'ultimo, ma il primo era rimasto a
letto fino alle due per riprendersi dalla sbornia che aveva seguito i
festeggiamenti. Già, lui e Akira ubriachi, a ridere come
cretini assieme, l'attimo dopo a insultarsi a vicenda, e a continuare
così all'infinito. Un quadretto non molto appropriato per i
primi della classe.
Il pomeriggio invece, dopo essersi ripreso, l'aveva trascorso a
ricostruire i fatti, recuperando una sequela di immagini sfocate senza
né capo né coda. C'era un ricordo però
che gli era rimasto impresso: lui e Akira si erano baciati. O quasi
baciati. L'unica immagine nitida che aveva era l'istante prima che le
loro labbra ci scontrassero, uno davanti all'altra, con pochissimi
centimetri a dividerli. Erano sotto casa di lei, e subito dopo Seidou
le aveva detto tutte le cattiverie possibili. Le aveva spiegato che non
sopportava che fosse più brava di lui negli studi, e che per
questo lo irritava essere attratto da lei.
Questi erano i pallidi frammenti che conservava. Aveva delirato, forse
perché le parole di Nakano su come i secondi finissero nel
dimenticatoio l'avevano ferito.
Scosse la testa, poi lanciò un'occhiata alla compagna di
classe con cui non aveva più parlato: aveva i capelli legati
in una treccia, e qualche ciuffo ribelle che le ricadeva sul viso. Era
concentrata e con rapidità rispondeva ai quesiti che le si
presentavano davanti.
Seidou tornò a concentrarsi sul suo test.
« Akira! » La ragazza, quando le si
accostò, era appena uscita dall'accademia e camminava
spedita per il cortile. Seidou restò turbato da
quell'improvvisa vicinanza, come se non ci fosse più
abituato. « È giunto il momento, no? »
Lei si fermò, si soffermò sul sorriso imbarazzato
di Takizawa e non poté evitare la punta di dubbio che le
impastò la voce: « Il momento di cosa? »
« Come di cosa? Abbiamo risolto un caso! Dobbiamo portare le
nostre ricerche alla CCG. »
Akira si morse il labbro inferiore e si guardò attorno, come
se non volesse rivelare qualcosa di scomodo.
« Oh, già » fece, e la ferì
lo sguardo esaltato che aveva Takizawa. « Non te l'ho detto,
ma l'ho già fatto ieri. »
L'entusiasmo negli occhi di Seidou scemò. « Cosa?
Pensavo che l'avremo fatto assieme » disse, deluso.
« Comunque hai detto che abbiamo lavorato assieme, giusto?
»
Akira distolse lo sguardo, rimanendo in silenzio.
Lui sentì germogliare qualcosa nel petto: era un pizzicore
ancora leggero, ma caustico, bruciante.
« Ti sei presa tutti i meriti? » Soffiò.
Gli occhi vuoti, le sopracciglia corrugate.
« Certo che no, solo che non l'ho portato alla CCG. Non
potevo andare lì con un fascicolo che non potevo a conti
fatti possedere. L'ho consegnato a mio padre, mostrandogli il nostro
lavoro. » Sul suo viso nacque l'ombra di un sorriso
nostalgico. « È stato davvero orgoglioso di me.
Cioè, di noi. »
« Quindi sarà lui a parlare di noi ai suoi
colleghi? »
« Cosa? No. Non può andare lì e dire
“questo caso l'ha risolto mia figlia e un suo
amico”. Al di là della già scarsa
considerazione che purtroppo hanno i suoi colleghi di lui, nessuno gli
crederebbe. Ma poi che importanza ha? Abbiamo fatto arrestare due
ghoul, mi sembra già una grande soddisfazione. »
La sensazione nel petto si era ingigantita e ora percepiva un fuoco che
ardeva e lo corrodeva dall'interno.
« Quindi abbiamo fatto tutto quel lavoro per farci dire bravi
dal tuo paparino? » Inveì.
Lei indietreggiò.
« Di certo io non l'ho fatto per ottenere un premio dalla
CCG, ma non so perché tu l'abbia fatto. »
Lui la guardò in cagnesco. « Ah, capisco. Giusto,
tanto la buona parola per te la può mettere tuo padre,
quindi non hai bisogno d'altro. »
« Come scusa? » Inarcò un sopracciglio.
« Quando hai accettato credevo mi volessi dare una mano, non
che volessi qualche merito importante! »
« Volevo aiutarti infatti, ma credevo che qualche
riconoscimento dopo ce lo saremmo meritato. Soprattutto io, visto che
ho scoperto che Nakano era coinvolto. »
« Soprattutto tu? » rise, sardonica. «
L'hai scoperto per puro caso. Non mi sembra invece che sia stato tu a
continuare ad uscire con un ghoul per incrementare le informazioni in
nostro possesso. »
L'atmosfera si era fatta pesante.
« Scusami » disse Akira poi, riprendendo la sua
solita compostezza. « La prossima volta mi
ricorderò quanto per te sia importante ottenere trofei,
più della tua stessa vita e di quella degli altri.
»
« Lo sarebbe anche per te se già non ne avessi a
bizzeffe. »
Lei gli voltò le spalle e andò via, irritandolo
ancora di più.
L'aveva aiutata e cosa aveva ottenuto? Nulla, se non che una grande
rabbia nel petto. Ma a lei cosa poteva importare? Tanto il suo destino
era segnato, i cento ottenuti a ogni esame la facevano già
brillare sotto un’aurea di perfezione incorruttibile. E lui
invece, per l'ennesima volta nella sua vita, si era impegnato per
ottenere nient'altro che un pugno di sabbia da spargere al vento.
-
—∞— -
Era il
giorno dei risultati, e Seidou si dirigeva a scuola per scontrarsi con
la realtà.
Era passato un mese dell'ultima volta che aveva visto Akira. Il signor
Nakano e suo figlio erano stati arrestati, e sua madre era rimasta
sconvolta.
Akira una volta gli aveva inviato un messaggio:
A: Mio padre mi
ha detto com'è finito il caso. Nakano non è un
ghoul, è un semplice psicopatico ossessionato dalla
vittoria. Quando un collega gli ha “rubato” il suo
sogno, se lo è ripreso, e ha deciso di levarli a chiunque
altro. Dice che nessuno si è mai reso conto dei secondi, e
di quanto loro soffrano e non si meritino dei ladri che rubino con
tanta facilità ciò che è loro.
Assurdo, no?
Il suo piano si
è bloccato finché non ha salvato un bambino dalla
strada. Quel bambino era un ghoul, e gli è presto tornato
molto utile per quello che era il suo piano.
Lui dirigeva,
Sanjiro eseguiva.
Dopotutto, Sanjiro
non ha mai avuto un carattere forte, né è molto
intelligente. È stato una marionetta nelle mani di un
esperto burattinaio.
Ricordati che se
sono stati arrestati è grazie a noi due.
Per un attimo aveva provato l'impulso di risponderle, di
chiederle scusa per quel che era successo. Si era chiesto di sfuggita
se il modo in cui aveva agito fosse conseguenza delle parole di Nakano,
inconsapevole che anche Takizawa fosse un eterno secondo come lui.
Alla fine non le aveva risposto.
Arrivato fino all'accademia, trovò davanti alla bacheca dei
risultati un bel po' di aspiranti investigatori. Erano ammassati e
sgomitavano per scoprire come se l'erano cavata, mentre Seidou non
sapeva neanche che aspettative avesse.
Si morse il labbro trovando la sua posizione.
Quinto. Un posto che non gli si addiceva affatto. Ma provò
quasi sollievo per non essere arrivato secondo, o almeno fin quando non
vide svettare al primo posto il nome di Akira Mado.
Sospirò. “Non
ho ancora fatto nulla perché sono troppo presa dal
caso”. Quelle parole gli rimbombarono nella
mente, punzecchiandolo.
Alla fine, l'unico a perdere i sogni era stato lui. Non era arrivato
primo con gli studi, non aveva ottenuto i meriti che gli spettavano, e
non aveva legato con la ragazza di cui era innamorato (anche se forse
un rapporto tra loro due non sarebbe mai potuto esserci).
Non è colpa
tua, gli mentiva la sua mente per rendere il tutto meno
doloroso.
« Takizawa... » a qualche metro di distanza c'era
proprio lei, Akira. Aveva lo sguardo incerto, quasi dispiaciuto, e
piano piano gli si stava avvicinando.
Seidou fece un passo indietro, non pronto a quello scontro.
Le diede le spalle e s’incamminò verso l'uscita,
pronto a tornare a casa con le sue sconfitte.
È colpa sua.
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