Il mangiatore di sogni

di Eeureka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 - il primo caso ***
Capitolo 2: *** 02 - indagini ***
Capitolo 3: *** 03 - conclusioni ***
Capitolo 4: *** 04 - sogni ***



Capitolo 1
*** 01 - il primo caso ***


01


I
l mangiatore di s
ogni
|| 01 - il primo caso ||
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« Seidou! » sua madre irruppe nella sua stanza senza neanche bussare, un'espressione afflitta sul viso. « Quando andrai a presentarti ai nostri vicini? Non puoi passare tutta la giornata qui dentro. »
Sì che posso, tacque il pensiero il ragazzo. Con le dita tamburellò il proprio nervosismo sulle pagine del libro aperto davanti a sé.
« Mamma, non vedi che sto studiando? »
« Ma il signor Nakano Isao è così gentile, e ha un figlio della tua età. E poi è un uomo geniale! Ha lavorato in un settore importante in passato, facendo grandi scoperte. Quando gli ho raccontato di te e dei tuoi studi infatti è rimasto molto impressionato e si è complimentato. Tu e tua sorella vi state comportando proprio da maleducati. »
Sbuffò, consapevole che sua madre sarebbe uscita difficilmente senza ottenere quel che voleva.
« Andrò questo pomeriggio, okay? » la rassicurò e lo fece davvero, sprecò un'ora del suo pomeriggio per andare a chiacchierare con questo nuovo vicino di cui i suoi genitori si erano invaghiti. Per quanto il signor Nakano fosse davvero simpatico, si promise – e giurò a sua madre – che una volta tornato a casa non avrebbe più tollerato altre interruzioni durante il suo studio.
Mancava un solo mese all'esame finale e questo, nonostante tutte le volte in cui l'avesse ribadito, pareva non averlo capito nessuno nella sua famiglia. Seidou Takizawa, al suo penultimo anno all'Accademia di Investigatori di Ghoul, vedeva il suo obbiettivo sempre più tangibile: sarebbe diventato il primo della classe, e professori e compagni avrebbero scoperto quanto valesse davvero. Per questo motivo la prima settimana di studio si era barricato in casa, trascorrendo le ore chino sui libri, passeggiando per la sua stanza a ripetere ad alta voce, e ignorando l'idea che il sole primaverile là fuori esistesse ancora e splendesse anche per lui.
Non avrebbe più assaggiato il gusto amaro della sconfitta. Soprattutto, non avrebbe visto quel nome scritto sopra il suo durante lo sfoggio dei risultati, a ricordargli come una nenia fastidiosa – bisbigliata all'orecchio con perfidia – che lui era l'eterno secondo. No, questa volta le cose sarebbero andate diversamente: lui avrebbe ottenuto il podio che bramava, e Akira Mado – che se l'era sempre cavata battendolo per qualche millesimo di punto in più – sarebbe stata al secondo gradino, laddove meritava d'essere.
“Porta il cane fuori.” Ecco, di nuovo: queste erano il genere di scuse che gli rifilavano per obbligarlo a uscire di casa. Era vero che stava esagerando, che non aveva motivo di rinunciare all'aria per una semplice soddisfazione a livello di studio, ma a lui non importava. Se solo l'avesse capito anche la gente che lo circondava! E invece no, Seidou fai quello, Seidou fai quell'altro; così, all'infinito.
Uscì e aspettò svogliato che Rocky facesse quel che doveva fare, lanciando un'occhiata esausta al cielo trapunto di stelle.
Il loro quartiere era silenzioso, quieto, eppure lui era convinto che non fosse sempre stato così. Un tempo, quando era ancora piccolo, camminava per quelle vie con altri suoi coetanei per giocare e divertirsi. Tutto prima dell'“incidente”. Dopo che una loro vicina di casa era stata vittima di un ghoul la zona si era di colpo rabbuiata. I bambini non avevano più attraversato quelle strade, privandole delle loro gaie risate, e gli adulti avevano preso a spiare da dietro le pesanti tende alla ricerca di chissà cosa. C'era stato chi si era trasferito, chi caparbio aveva negato l'esistenza dei ghoul, chi come la sua mamma era rimasto turbato e intimorito. E poi c'era stato lui, che si era accorto che qualcosa non andava in quel mondo e che avrebbe voluto dare il suo contributo per migliorarlo.
Camminò con gli occhi bassi, lasciandosi trascinare passivo dal suo animale domestico. Questo finché Rocky non cominciò di botto a correre, strattonando il guinzaglio così forte da far barcollare Seidou in avanti. Lui soffocò un urlo, accigliandosi, poi incrociò quel che era divenuto l'oggetto d'interesse del suo inseparabile amico. Sarà stato un gatto o una lucertola, pensò prima che notasse una sagoma umana ergersi nell'oscurità.
Deglutì. In un quartiere come il suo la gente non usciva più dopo un certo orario.
Gli balenò il pensiero d'indagare più a fondo, per scoprire chi potesse essere il misterioso individuo, ma lo scacciò in un batter d'occhio. Sicuramente, si disse, non era nessuno per cui temere per l'incolumità delle persone a lui care. Si diede dello stupido per aver anche solo ipotizzato delle teorie simili, dettate da ansie infondate. Strattonò il guinzaglio e fece per tornare sulla via di casa.
Fece il primo passo, fece il secondo; poi si bloccò. Un brivido gli percorse la schiena come se un'ombra aleggiasse alle sue spalle, e una spiacevole realizzazione che aveva tentato d’ignorare si concretizzò: era spaventato, per questo non aveva osato avvicinarsi. Si vergognò di se stesso e delle sue sciocche preoccupazioni. Che modo c'era di scoprire se quello laggiù fosse un malintenzionato, se non che andando a dare un'occhiata personalmente? Deglutì e disseppellì il coraggio sepolto in lui, poi, con flemma, girò il capo nella direzione di prima. Non c'era più niente.
Restò per qualche attimo a fissare quel punto con occhi vacui. Si era immaginato tutto: la notte, le ombre rilasciate dai muri di cinta degli appartamenti, e le ore di sonno che si era sottratto per studiare gli avevano giocato un brutto scherzo. Rise di se stesso e riprese la via verso casa con serenità.
Stava per svoltare all'angolo di una stradina minore, seguendo il perimetro delle abitazioni, quando si ritrovò davvero una figura umana davanti, e 'sta volta a soli due centimetri da sé. Non ebbe il tempo di urlare e correre nella direzione opposta che la bocca gli venne tappata e lui fu trascinato indietro.
Takizawa, gli occhi sbarrati e il sudore a imperlargli la fronte, tentò di riprendere a respirare regolarmente per riflettere sul da farsi. Si era immobilizzato per lo spavento, e si era accorto solo ora che la presa che lo stringeva non era poi così forte – anzi, tutt'altro. Le mani sulle sue labbra erano state celeri, pronte, ma non brutali e ora si levavano dal suo viso con una delicatezza disarmante.
« Calmati, sono io. » Riuscì in breve a riconoscere la voce del suo sequestratore. « Quando ti ho visto arrivare immaginavo che avresti urlato e ti saresti spaventato, ma non credevo tanto. »
Stava ancora respirando ansante, mentre i tasselli di un puzzle complicato provavano a incastrarsi nella sua mente. Che ci faceva Akira lì?
« Ti è dato di volta il cervello?! » riuscì solo a urlare, aggrottando la fronte. La ragazza si portò immediatamente l'indice sulle labbra, facendogli segno di zittirsi.
« Non urlare così, ti sentirà » lo intimò, prima di spingerlo di lato per sbirciare al di là del muretto.
Quella situazione era bizzarra all'inverosimile: non poteva credere d'essersi spaventato per via dell'ombra di Akira! Ma poi, che ci faceva lei nel suo quartiere?
« Cosa diamine ci fai qui? » sbottò, cercando la sua attenzione.
« Cosa ci fai tu qui » ribatté atona. Era come se non lo stesse ascoltando, concentrata da tutt'altra parte: gli occhi vigili, le labbra serrate.
« Io ci vivo qui. »
« Capisco. » Se solo quella ragazza lo avesse preso un po' in considerazione, anziché fuggire dalla conversazione in quel modo!
Akira assottigliò lo sguardo e le sue ciglia brillarono sotto la luce artificiale dei lampioni. Notare dettagli insulsi come quello fu ciò che restò da fare a Seidou, conscio che parlarle fosse impossibile.
« È stato stupido da parte tua uscire con il cane. I ghoul, a differenza nostra, hanno un olfatto sopraffino. È una lezione basilare; no, Takizawa? »
Lui roteò gli occhi, infastidito. Che c’entravano ora i ghoul?
« Sono stanco di te e delle tue stupidaggini. Sai una cosa? Non mi importa neanche perché tu sia venuta qui nel mio quartiere, anzi è meglio che io non lo sappia, perché probabilmente mi arrabbierei solo di più. » Le sue parole andavano via col vento, non arrivando nemmeno a sfiorare i lobi di Akira. Questo lo irritò di più, ma proseguì con il suo monologo: « me ne torno a casa, e farò qualcosa di utile al contrar- ».
« Viene di qua! » Akira sussultò, afferrò il polso di Takizawa e iniziò a correre verso una meta sconosciuta. Lui, sebbene continuasse a ripetere lamenti e disapprovazioni a oltranza, si lasciò trascinare dalla sua rivale. Si ritrovarono presto ben lontani dal quartiere stesso, in un qualche parco giochi.
Era un’area dedita al divertimento dei bambini, dai colori sgargianti e con giochi zoomorfi. Tuttavia, essendo quasi notte fonda, le foglie degli alberi che producevano un debole fruscio e l'altalena sospinta dal vento, con le catene arrugginite che cigolavano, facevano sì che persino quel luogo risultasse inquietante. O forse era solo un'impressione, il brutto di trovarsi in una situazione della quale stava capendo poco e niente. Con una ragazza che, o aveva ereditato la pazzia del padre – non c'erano termini più gentili per descrivere Kureo Mado –, o li aveva appena fatti scappare da qualcosa di reale. Deglutì, lo struggeva non poterne sapere di più.
« Dovremo essere al sicuro qui, purtroppo temo che se ne sia accorto. » Akira si rivolgeva più a un interlocutore invisibile che a lui, perché da quando si erano incontrati non lo aveva degnato di uno sguardo neanche per sbaglio. I suoi occhi glaciali si spostarono su Rocky. « Ha contribuito a farci scoprire, ma pazienza » sospirò e si passò una mano tra i lunghi capelli con disinvoltura.
« Ora mi spieghi cosa sta succedendo? » inveì Seidou. Lei parve accorgersi della sua presenza solo in quel momento.
« Ah » disse. « Già, tu vivi qua » continuò, portandosi pollice e indice sul mento. Sembrò riflettere a lungo su qualcosa, poi sospirò.
« Non ha importanza, Takizawa. Torna a casa. » Si strinse nelle spalle e cominciò a camminare, allontanandosi dal parco.
Lui strabuzzò gli occhi. Com'era possibile che, dopo minuti interi che lo aveva trattenuto lì, se ne uscisse così?
« Scherzi, vero? » le urlò dietro, ma fu ignorato. Richiamò il suo nome più di una volta, ma non ottenne nulla. Akira continuò il suo cammino senza voltarsi e lui, totalmente inebetito e adirato, rimase lì a fissarla mentre svaniva nell'oscurità.

- —∞— -

« Te l'ho già detto » cominciò svogliato, sorseggiando il proprio caffè tra una frase e l'altra. « I tuoi capelli sono perfetti così, non hai bisogno di tingerli. »
Seina, con i gomiti puntati sul tavolino tondo e bianco del bar, alzò fulminea lo sguardo dalla rivista che stava sfogliando. Aggrottò le sopracciglia, contrariata. « Eh? Ma com'è che non capisci niente?! »
Seidou levò gli occhi al cielo. Quel bar a Shinagawa gli era sempre piaciuto, con quel pizzico di eleganza e tranquillità che vi regnava, eppure essere lì con sua sorella non era che una di quelle uscite forzate e sgradite. E, purtroppo, anche inevitabili, dato che lei doveva vedersi con delle compagne e aveva insistito affinché lui l'accompagnasse al punto d'incontro. Seidou aveva sperato che la faccenda richiedesse poco, e invece erano lì da svariati minuti ormai: lei che sfogliava uno dei tanti giornaletti sulla moda a cui era abbonata, lui ad annoiarsi e a riflettere sul paragrafo che avrebbe dovuto studiare. Il tutto perché le amiche avrebbero ritardato.
La porta d'ingresso si aprì tintinnando per l'ennesima volta, infrangendo le sue speranze che fossero finalmente arrivate e lasciandolo attonito. Gli andò di traverso il caffè a quella vista, e si ritrovò a tossire sotto lo sguardo disgustato di sua sorella.
Akira Mado, di nuovo. Com'era possibile?
C'era qualcosa di assurdo nell'incontrare la persona che meno sopportava ogni volta che metteva piede fuori di casa. Erano giusto passati quattro giorni dal loro ultimo e singolare incontro.
Akira non gli rivolse neanche uno sguardo, forse non l'aveva visto. Era lì con la sua peculiare espressione seria, i capelli raccolti di lato in una treccia e un vestitino blu. Si sedette da sola e quando un cameriere le si avvicinò lo cacciò via con un gesto della mano.
« È carina. » Il commento di sua sorella lo fece trasalire. « Hai una cotta per lei? »
Le sue guance si imporporarono senza che potesse capire il perché. Sì, Akira Mado era carina, ma la bellezza non cambiava quanto fosse insopportabile. Lui non avrebbe mai potuto provare qualcosa per lei.
Seina ridacchiò civettuola. « Dovresti andare a parlarle. »
Seidou allentò il colletto della camicia che sembrava improvvisamente troppo stretto, soffocante. Sarebbe andato a parlarle, ma di certo non per discutere d’improbabili e inesistenti interessi amorosi. « Ci vado, ma non per quel che credi. »
Si mise in piedi, si schiarì la voce e fece per andare al tavolo di Akira. Si bloccò ancora prima che potesse fare un singolo passo.
Un ragazzo era entrato nel locale, aveva avvistato Mado e le si era avvicinato. Lei si era alzata salutandolo con un sorriso – con un sorriso! – e in seguito i due si erano seduti cominciando a chiacchierare.
Seidou cadde di peso sulla sua sedia, la bocca aperta e l'espressione turbata.
Vedendolo in quello stato, Seina scoppiò in una fragorosa risata, ma lui la zittì guardandola torvo.
« Che delusione! È la ragazza che ti piace. »
« La mia espressione non è così per delusione. » Già, era solo sconvolto di vedere quella ragazza che credeva di ghiaccio sorridere come una persona normale, con un’enfasi a lui sconosciuta. « E Akira non è la ragazza che mi piace! » puntualizzò. Era diventato paonazzo e lo sguardo canzonatorio di Seina non faceva che peggiorare la situazione.
« Peccato, avreste fatto una bella coppia » continuò, sbattendo le ciglia grondanti di mascara.
Il campanellino alla porta d'ingresso tintinnò di nuovo, e questa volta fecero la loro entrata le amiche di Seina. Lei balzò in piedi. « Grazie di tutto fratellone, io vado! »
Rimasto solo, Seidou non poté evitare di far cadere lo sguardo su quei due. Con fugaci occhiate constatò che lo sconosciuto era più alto di lui, e a giudicare da come faceva ridacchiare Akira doveva saperci fare con le parole. Sentì un buco nel petto a quella vista, senza comprenderne il motivo.
Tirò la rivista abbandonata da Seina verso di sé e tentò di fingere interesse per quella. Non ci riuscì.
Avrebbe voluto andarsene, ma Akira era pericolosamente vicina all'ingresso, e lui non aveva la benché minima intenzione di farsi notare. Non voleva essere umiliato.
Decise di aspettare. Dovevano andarsene prima o poi, no?
Gli parve di rimanere seduto ore intere a studiare le venature del suo tavolo.
A un certo punto, dopo l'ennesima fugace occhiata, vide che i due si stavano salutando. Poggiò la testa sulla superficie lignea e benedì il cielo. Ora avrebbe dovuto attendere giusto un paio di minuti, dopodiché sarebbe stato libero di tornare a casa e di dimenticare l'intera faccenda.
O almeno così credette, prima che il rumore della sedia trascinata davanti alla sua lo destasse.
Mado sedeva dinanzi a lui, con il suo tipico sguardo impassibile e indecifrabile.
« Com'è possibile che ti incontro ovunque? » domandò, ma lui non si lasciò intimorire.
« Questo dovrei chiederlo io a te! Sei tu che sbuchi fuori ovunque io mi trovi! » sbottò, scocciato.
« Io sono qui- »
« Sì, lo so. Stai uscendo con un ragazzo, non hai bisogno di scuse. »
« Ah già, il ragazzo. Beh; lui è un ghoul » confessò, come se fosse la cosa più normale di sempre. Seidou rimase interdetto e la fissò in silenzio.
« Come scusa? » chiese, basito.
« Okay, calmati » cercò di rassicurarlo. Aprì la zip della borsa e iniziò a frugare là dentro.
Seidou sentì rumore di carta sfregata e, difatti, quel che tirò fuori la ragazza furono dei fogli. Dapprima lui li osservò disinteressato, poi acuì lo sguardo e strizzò gli occhi confuso, avvicinandosi. Erano documenti della CCG su un certo ghoul che stava creando problemi in quel periodo.
Glieli strappò di mano. « E questi? » domandò accigliato.
« Li ho trovati sulla scrivania di mio padre. Prima ce n'erano un mucchio, ma poi gli altri erano scomparsi – penso se li sia portati a lavoro, ma questo l'ha lasciato qui. »
« E tu l'hai preso? »
« Sì » spiegò, come se lo stupore di Seidou non fosse lecito.
« Cosa? Hai rubato la cartella di un ghoul dalla CCG; sei pazza! »
« Non l'ho rubata. Mio padre l'ha abbandonata come se non fosse nulla, quindi evidentemente non era un caso che gli stava importando molto. »
Seidou la guardò con scetticismo. « Sei pazza » ripeté.
« Voglio solo rendermi utile a mio padre » chiarì. « Alleggerirgli il carico, anche se con un caso stupido come questo. »
« Cosa?! Ti sembra il caso di giocare a fare l'investigatrice? »
« Non è un gioco. »
« Appunto, e dovresti saperlo bene tu, dopo tutti i cento che hai preso. » Takizawa si mise le mani sulle tempie, esasperato. « Riportalo dove l'hai preso. Sai che è la cosa giusta da fare. Tuo padre potrebbe arrabbiarsi, per non parlare che potrebbe succedere anche di peggio. »
« Mio padre sa che ce l'ho io. »
« Cosa? Gliel'hai detto e lui non ti ha fatto storie? »
« Ovviamente non gliel'ho detto, ma lui non è stupido, ne avrà notato l'assenza e di certo avrà capito in che mani è finito. Non penso che lui sia in disaccordo con questa faccenda. Non è nulla di troppo grande, so che ne sono in grado e lo sa anche lui. »
Takizawa la guardò non convinto. Non gli sembrava affatto una buona idea.
« Fa come ti pare » disse acido. « Se finisci nei guai non sarà colpa mia. »
« E io che ti stavo per chiedere se mi volessi aiutare » sospirò. « E va bene, perfetto. » Si alzò, riposando la cartella.
« Aspetta » la fermò. La proposta di Akira aveva qualcosa di allettante. Primo di tutto, perché Akira Mado gli aveva appena chiesto aiuto, cosa che forse non sarebbe mai più capitata. Secondo, la prospettiva di risolvere un caso – il suo primo caso – era elettrizzante! Ma per quanto potesse lasciarsi trascinare dall'emozione, sapeva di andare incontro a rischi non discutibili.
Esitò, mordendosi il labbro inferiore.
« È per questo che l'hai fatto vedere a me? Vuoi il mio aiuto? » Calcò bene le ultime parole.
Lei distolse lo sguardo, tentando di proteggere il proprio orgoglio. « Forse. »
Anche lui posò gli occhi da tutt'altra parte.
« E va bene, ti aiuterò, ma solo per accertarmi che tu non faccia cavolate. »
Akira si voltò verso di lui sorridendo vittoriosa.

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Capitolo 2
*** 02 - indagini ***


01


I
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|| 02 - indagini ||
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Il soffio leggero del vento entrava dalla finestra e lo raggiungeva sul letto, dove gli solleticava la pelle. Il cuscino pareva più morbido del solito, e lui era reduce da un bel sogno, quindi non trovava proprio il bisogno di alzarsi. Gli occhi socchiusi e la mente impiastricciata di sonno gli mostravano lui e Akira che, dopo essere riusciti a risolvere un caso senza essere ancora investigatori, ottenevano lodi e riconoscimenti di ogni genere. Non era male come prospettiva, ma i gustosi residui di quella fantasia si eclissarono quando sua madre spalancò la porta della stanza.
« Seidou! » Era tutta esaltata e lo scuoteva con veemenza per svegliarlo. « C'è una ragazza qua sotto che ti cerca, è una tua compagna di classe. Mado, quella di cui parli sempre! »
Il ragazzo cercò di fare chiarezza nella sua testa, si mise a sedere e borbottò un « io non parlo sempre di lei! »

Si lavò in fretta e furia e prese i primi vestiti che gli capitarono a tiro. Quando scese trovò Akira seduta in cucina in compagnia di Seina.
« Sei in ritardo » disse Akira appena scorse la sua figura davanti alla porta.
« Non avevamo alcun appuntamento. » Il giorno prima si erano lasciati dicendosi che si sarebbero messi d'accordo, nessuno aveva accennato a lei che avrebbe fatto irruzione a casa sua alle otto del mattino.
Mado tirò fuori dalla borsa la cartella del ghoul. « Dove ci mettiamo? »
"Vieni nella mia stanza" fu la risposta più imbarazzante che potesse dire. Forse per il modo in cui formulò la frase, o per il sorrisetto malizioso che si accese sulle labbra di Seina; in ogni caso riuscì a percepire il viso andargli a fuoco.


« Allora » cominciò la ragazza, poggiando il fascicolo sulla scrivania. Seidou non la smetteva di guardarsi attorno, lieto d'esser sempre stato ordinato in vita sua. « Lo chiamano Baku perché la sua maschera ricorda un tapiro e, in particolare, il Baku della mitologia. Leggi tu stesso comunque, la CCG aveva già raccolto alcune informazioni. »
Fece come gli era stato ordinato e scoprì che i casi associati per certo a Baku erano accaduti nel corso dell'ultimo decennio. Poi erano descritti altri avvenimenti, ma si posizionavano più distanti nel passato, fino a trent'anni prima, e venivano suggeriti nel fascicolo senza alcuna certezza.
« Purtroppo » fece Akira, notando dove si erano fermati i suoi occhi, « non sono riuscita a trovare informazioni sui casi più vecchi. »
« Non c'è problema » disse Seidou all'improvviso, alzandosi e andando a curiosare nella sua libreria. Lei lo guardò interrogativa finché lui non fu di ritorno con dei quaderni in mano. Li poggiò sulla scrivania, li aprì e rivelò una quantità spropositata di ritagli di giornale. Erano catalogati per tipologia, suddivisi in base a quelli risolti e irrisolti. Alcuni articoli risalivano a parecchi anni fa, e quelli più recenti avevano come protagonista l'investigatore della CCG Kishou Arima.
« Quando da bambino ho deciso che sarei diventato un investigatore ho iniziato a cercare giornali e notizie ovunque. Li chiedevo ai vicini, ai miei zii, ai nonni, e poi passavo il tempo così. Ho ripreso a farlo quando sono entrato nell'accademia, ma concentrandomi solo sui casi riguardanti i ghoul. » Quella rivelazione lo faceva apparire un po' sfigato, così si apprestò ad aggiungere: « Sì, ero un bambino annoiato ».
Ma Akira parve non interessarsene, sfogliava le pagine rapita, concentrata, soffermandosi sui casi per cui lei non era riuscita a reperire informazioni.
« Notevole » disse poi, senza distogliere lo sguardo dal quaderno.
« Tutto qui? Sai, potresti sforzarti di più quando vuoi complimentarti con qualcuno. » Sorrise con presunzione.
« Non mi complimento con chi si mette la maglietta al contrario. » Seidou sussultò, controllò il colletto della sua polo e vi trovò l'etichetta che sarebbe dovuta essere sul retro. Sbuffò, imbarazzato. Avrebbe volentieri sotterrato la testa da qualche parte in quel momento.
« Alcuni di questi casi non parlano dell'intervento di un ghoul, ma di armi o veleni. Non capisco perché glieli abbiano associati. » Akira parve entrare in una meditazione profonda, poi scosse la testa.
« Comunque, avevo già fatto delle ricerche per conto mio e ristretto la cerchia degli indiziati a tre persone. Ci sono state delle interviste registrate, e in alcune di queste c'è stata gente presente più di una volta sullo sfondo o in primo piano. Curioso, no, trovarsi sulla scena del crimine ripetutamente? Ho chiesto in giro, ho cercato su internet, ho iniziato a indagare su di loro, ma mentre di due sono riuscita a scoprire nome e cognome – e si tratta di persone che sembrano vivere ai margini della società –, della terza, pur riuscendo ad avvicinarla – era il ragazzo con cui mi hai visto ieri – ho scoperto poco e niente. »

- —∞— -

La loro prima indiziata era una cinquantenne che viveva in un quartiere malfamato. La sua era una casa microscopica, dai muri coperti di sacchi dell'immondizia, e pullulava di gatti a destra e a manca. Indagarono a fondo, ma scoprirono soltanto che era una persona sola, tradita dal marito e abbandonata dalla figlia. La gente che la conosceva ne parlava con compassione o disgusto, ma in ogni caso non era il soggetto che cercavano.
Quello dopo era un uomo, un muratore pensionato. Scoprirono che era coinvolto in traffici di droga, lo segnalarono alla polizia dopodiché se ne disinteressarono (non era compito loro sistemare la faccenda).
E poi c'era Sanjiro, il ragazzo misterioso che in più di un'intervista appariva correre sullo sfondo. Era Akira che si occupava delle indagini su di lui, continuando a uscirci e a fingere un sentimento amoroso nei suoi confronti. Eppure al di là del nome non erano riusciti a scoprire altro. Non diceva nulla su di sé e seguirlo, considerando i quartieri e i vicoli che frequentava, era troppo rischioso.
Lavorare assieme era strano. Si trovavano quasi sempre in disaccordo, e in particolar modo Seidou non sopportava che le sue deduzioni venissero riprese da Akira in quanto inesatte. I momenti di intensa serietà si alternavano con infantili battibecchi. Eppure continuarono a darsi da fare per più di una settimana, facendo molte ricerche e ricavando tante di quelle informazioni che la CCG li avrebbe potuti assumere seduta stante.
In fondo, si ritrovò a pensare Takizawa, non era poi così male fare squadra con Akira. Ormai durante lo studio si trovava a lanciare occhiate allo schermo del cellulare in continuazione, sperando in un messaggio da lei con qualche novità sul caso o una richiesta di aiuto.
Si accorse presto di non riuscire a pensare ad altro che al caso – o ad Akira? Forse era a lei che non smetteva di pensare.


Un giorno erano assieme a quel bar a Shinagawa. Nonostante all'esame mancasse sempre meno loro erano lì a trascrivere le deduzioni e le ricerche sul caso al computer.
« Baku, lo chiamano » fece Akira sovrappensiero. Se c'era una cosa che Seidou aveva imparato era che capitava che la sua compagna di classe pensasse ad alta voce. Quando succedeva lui iniziava a osservarla in attesa.
« E intendono la creatura mitologica. Stando alla descrizione la sua maschera somiglia più a quella che a un tapiro qualunque. »
Seidou cercò nella cartella quell'informazione, come se non l'avesse già letta migliaia di volte.
« E allora? Questo lo sapevamo già. Ora stavamo cercando di capire in che modo sono collegati gli omicidi. Dopotutto, se il colpevole è Sanjiro non può aver agito trent'anni fa. »
« Appunto » disse lei. Era come se vedesse oltre un orizzonte che lui non riusciva a superare, cosa che lo irritava in continuazione. Lo faceva quasi sentire inferiore, seppur lui fosse più che certo di non esserlo.
« Sai qual è la leggenda di Baku? »
Lui annuì. « Allontana il male. »
« Sì Seidou, ma in che modo? Cos'è che elimina? »
Parve pensarci per un po'. « Gli incubi? » Disse, con tono fine e incerto.
« "Cedo il mio sogno al Baku perché lo mangi", è quel che si dice dopo un incubo per scacciarlo via. »
Continuò a guardarla senza capire.
« Forse è forzata come interpretazione, ma si può dedurre che il Baku si nutre dei sogni. E guarda un po' gli omicidi che gli sono stati associati. » Gli spinse il quaderno con i ritagli di giornale sotto gli occhi.
Natsuko Ishikawa, uccisa prima dell'inaugurazione del suo orfanotrofio. Haruki Sato, morto dopo l'apertura dell'atteso bar a Kabukicho.
Takizawa procedette con la lettura. C'era un caso su un ragazzo che aveva inventato un robot che limitava gli sprechi energetici, e anche lui, prima che il suo progetto venisse lanciato, era stato ucciso. Uno su una nuova linea ferroviaria per lo Shinkansen, il cui finanziatore aveva fatto la stessa fine. E tanti altri articoli dello stesso tipo, fino ad arrivare a quelli più vecchi che escludevano l'intervento di un ghoul. In quello più datato vi era raffigurata la foto di tre scienziati che avevano fatto un'importante scoperta. Takizawa prese a osservarla assorto.
« Tutti loro sono stati fermati prima di iniziare la loro attività. Come se avessero appena realizzato il loro sogno per vederlo svanire subito dopo. »
« Baku ha mangiato i loro sogni... » mormorò Seidou. « Che Ghoul egocentrico. »
« Così sembra. »
Sospirò e prese a guardare fuori. La sera stava calando, il cielo era tinto di arancio e viola e puntellato qua e là da cirri.
« Ma perché alcuni di questi casi parlano dell'uso di armi? Se ci fai caso gli omicidi di questo genere trent'anni fa si susseguono per dieci anni con una certa cadenza, poi si bloccano di colpo – uno stacco di quasi vent’anni – e ora riprendono sempre più assidui. Non capisco. »
Akira guardò il fascicolo. « Non lo so » fece, « ma sono abbastanza convinta che sia sempre Baku a c'entrare, me lo dice il mio istinto. »


Notato l'orario, uscirono dal bar e s'incamminarono verso la stazione, ognuno diretto verso la propria casa.
Regnava un fastidioso silenzio, ma Takizawa non sapeva di cosa potesse parlare con Akira. Dopotutto, prima che iniziassero a indagare assieme si rivolgevano la parola di rado, e quando lo facevano era per litigare. E ora il loro argomento principale erano le indagini, alternato a momenti in cui si stuzzicavano a vicenda.
Si ricordò di quanto l'avesse sempre sopportata ben poco, di come le lodi dei professori che si meritava lui le ricevesse lei, di come Akira lo battesse sul tempo ogni volta che c'era da rispondere a una domanda aperta. Non gli era mai piaciuta la sua capacità di metterlo in ombra.
Oltre all'accademia non avevano altro in comune, ma non gli pareva una buona idea chiederle come le stesse andando con lo studio, così scelse la via del silenzio, nonostante fosse la più imbarazzante.
« Senti » fece a un certo punto Akira.
« Hmm? »
« Mio padre non è a casa e non ho voglia di cucinare. Mi faresti compagnia a mangiare fuori? »
« Ehm, sì, c-certo » disse, fin troppo repentino.
Akira inarcò un sopracciglio nella sua direzione, come se non si fosse aspettata quella risposta. Dopotutto era stato troppo gentile rispetto al solito, così provò a sistemare le cose: « così possiamo, ehm, parlare del caso ».
« O potremo mangiare e basta » suggerì Akira.
« Certo. » Cos'era quella balbuzie improvvisa? Perché si sentiva tanto agitato?
Akira stava sorridendo con una punta di divertimento, cosa che lo turbò.


Entrarono nel primo ristorante che capitò loro a tiro, si sedettero, ordinarono e attesero.
Seidou si pentì amaramente di aver accettato la proposta della ragazza, perché l'atmosfera si era fatta anche più scomoda ora che si trovavano l'uno di fronte all'altra. I loro occhi si incrociarono più di una volta e altrettanto spesso si distolsero per non aumentare l'imbarazzo della situazione.
« Manca sempre meno all'esame e io non ho ancora fatto nulla di concreto » ruppe il silenzio Akira.
« Nulla? »
« Nulla. L'idea di risolvere questo caso mi ha così assorbita che ho aperto i libri sì e no due volte. »
Seidou normalmente sarebbe stato lieto di una notizia del genere, invece non sentì nessun compiacimento, come se l'idea di ottenere lui il massimo dei risultati non gli importasse più.
« Anch'io ho messo un po' da parte lo studio » rivelò. « Ora che ci stiamo occupando di questo caso, è come se tutta la teoria non servisse a niente. »
Portarono loro quel che avevano ordinato, così poterono cominciare a mangiare.
« Perché hai deciso di diventare un’investigatrice di ghoul? C'entra tuo padre? » chiese di botto.
Lei alzò lo sguardo e lo fissò.
« Anche mia madre, a dire il vero. Avrai già sentito dire il suo nome in giro, qualsiasi professore mi avrà paragonata a lei almeno una volta, ma probabilmente non sai che lei è morta. »
« Oh » fece Takizawa, come se gli avessero appena dato uno schiaffo. « Non lo sapevo, mi dispiace. »
Si sentì in colpa per aver tirato in ballo quell'argomento e distolse lo sguardo. La ragazza alzò le spalle, mandò giù un altro boccone e poi chiarì: « Non hai bisogno di preoccuparti. È una cosa più che normale morire, succede a tutti ».
Rimase interdetto. « Non è comunque una bella cosa, specie se succede a tua madre. »
Lei parve pensarci su. « Hai ragione, ma la natura ha dettato queste leggi, e certi processi si possono solo velocizzare in base alla professione che decidi di fare » pronunciò quella frase con una freddezza tale che Seidou si chiese se fosse umana. Forse dietro quello sguardo indifferente covava del dolore. Lui volle sperarci, perché non si capacitava di come potesse reagire così davanti alla morte. Takizawa, pur non avendo perso molte persone, ne era terrorizzato. Se sua madre fosse morta, neanche dopo anni avrebbe potuto parlarne così.
« Era una brava investigatrice » parlò di colpo Akira. « Per questo decise di sacrificarsi. È stato molto egoistico da parte sua, non trovi? » Mando giù l'ennesimo bicchiere di birra. Se la prima bottiglia era finita tanto facilmente e la seconda era a metà era dovuto a lei.
« Egoista? Non direi. L'ha fatto per salvare tanta gente. »
« Una donna con una famiglia non può decidere di salvare tanta gente. » Seidou scorse negli occhi lucidi di Akira quella punta di umanità che cercava. Forse l'alcol aveva risvegliato qualcosa in lei, o l'aveva resa più sincera.
« Comunque » disse, perché non gli piaceva la piega che stava prendendo la conversazione. L’idea che Akira potesse scoppiare a piangere da un momento all'altro – specie perché non la finiva più di bere – lo terrorizzava. « Anch’io ho deciso di diventare un investigatore per mia madre. Una volta una sua amica è stata vittima di un ghoul, e lei ne è rimasta piuttosto sconvolta. Nella mia mente a quel punto è scattato qualcosa, come se mi fossi accorto della spietatezza del mondo solo in quell'istante. Così ho iniziato a prestare sempre più attenzione alle notizie al telegiornale, e crescendo ho capito di voler diventare un investigatore. »
Lei neanche lo ascoltava più, guardava la superficie del tavolo come se fosse la cosa più interessante del mondo. Takizawa sapeva che la sua storia non colpiva quanto quella di Akira e mancava di dramma, ma perlomeno aveva posto fine a quella tristezza che stava per soffocarli.
Finirono di mangiare e lui si propose di accompagnarla a casa. Era un po' faticoso essere così gentile con lei (si trattava pur sempre di una persona che non gli ispirava molta simpatia), ma non poteva neanche lasciarla da sola in quello stato. Durante il tragitto parlarono poco e niente e giunsi nell'appartamento della ragazza si salutarono dandosi appuntamento al pomeriggio dopo.
Takizawa tornò a casa pensando ai suoi occhi lucidi, passò per i quartieri bui e fu contento di non trovarvi alcuna ombra sospetta. Mentre raggiungeva casa notò che il signor Nakano era affacciato al balcone della sua abitazione; aveva lo sguardo fisso nel vuoto, come se stesse pensando. Si accorse della sua presenza e lo salutò.
« A quest'ora fuori, Seidou? » ridacchiò con il suo solito sorriso affabile.
« Anche lei signore non scherza » rispose di rimando, nonostante fosse complicato conversare dalla strada con un uomo affacciato al secondo piano.
« Ho i miei buoni motivi. Sto aspettando mio figlio, è uscito senza dirmi niente. Sono così in pensiero. »
Seidou si accorse di non aver mai conosciuto il fantomatico figlio del signor Nakano, era sempre fuori per un motivo o per un altro.
Realizzò all'improvviso anche che il suo vicino non era l'unico ad aspettare il ritorno a casa di qualcuno.
« Cazzo » mormorò. Controllò il telefono e trovò trentanove chiamate perse da sua madre, cinque da sua sorella, e numerosi messaggi da entrambe.
« Arrivederci! » urlò all'uomo, prima di mettersi a correre all'impazzata verso casa.
Aperta la porta trovò la luce della cucina accesa e sua madre ad aspettarlo.
« Seidou! » urlò in tono di rimprovero. « Mi sono preoccupata! »
Lui si scusò, consapevole delle ansie che la tormentavano e che, con tutte le probabilità, aveva in parte ereditato anche lui. Dopo averla rassicurata, salì in camera sua e, nonostante l'orario, tirò fuori il libro che non aveva completato di studiare.
Accese la luce della scrivania, lo sfogliò fino a giungere alla pagina che gli interessava, cominciò a leggere e in meno di cinque minuti si addormentò.


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Capitolo 3
*** 03 - conclusioni ***


01


I
l mangiatore di s
ogni
|| 03 - conclusioni ||
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Il giorno dopo tutto tornò come prima: si diedero appuntamento alle quattro al bar e ripresero le indagini. Nessuno menzionò la cena fatta assieme, né la premura di Seidou nell'accompagnare Akira a casa. Era come se avessero fatto tacito accordo di non parlarne, in modo da evitare l'imbarazzo che ne sarebbe potuto derivare.
« Guarda qua. » Akira gli mise davanti agli occhi il giornale di quella mattina. La notizia che interessava a loro non si era neanche guadagnata la prima pagina: a Shibuya, una brillante ragazza appena laureata in medicina, era stata uccisa da un ghoul. Questa volta c'era una novità: dichiarazioni di gente che affermava di aver visto aggirarsi un uomo con una maschera simile a un tapiro.
« Dici che un altro sogno sia stato divorato? » chiese Seidou.
« Dico proprio di sì, e questa volta ci sono state anche le segnalazioni. »
« Certo che per scegliere un luogo così affollato per agire, o vuole farsi notare o è un idiota. »
« Temo entrambi. Considera che nessuno pare aver notato il suo riferimento al Baku, quindi forse spera che aumentando il suo genere di vittime qualcuno se ne accorga. »
Takizawa la guardò non convinto. « Un ghoul con manie di egocentrismo e amore per i sogni altrui? »
Akira, con lo sguardo serio, annuì. « Si tratta pur sempre di qualcuno mentalmente instabile. I ghoul a volte ce li hanno: fetish, ossessioni strane... Lui mangia i sogni. »
« Rimane una mossa azzardata quel che ha fatto. »
« Già, si è messo nel sacco da solo. »
« Vuoi dire che stiamo per trovarlo? »
« No, voglio dire che l'abbiamo già trovato. »
Takizawa batté le palpebre più volte, confuso. Si era forse perso qualcosa?
« È Sanjiro » spiegò Akira con naturalezza. « Non ricordo se te l'ho detto, ma una volta aveva con sé un foglietto con dei nomi. Io ero giusto riuscita a intravederlo e a memorizzare il primo nome che ho visto. Ricordi quando abbiamo cercato informazioni su Nayoko Watanabe? »
Lui annuì. « Quella che si è scoperto essere un architetto con grandi progetti e vita perfetta? »
« Ecco, il nome che ho memorizzato era il suo. Penso fosse una possibile vittima e poi... » Akira tirò fuori il cellulare, aprì qualche applicazione e poi mostrò lo schermo a Takizawa. Erano i messaggi tra lei e Sanjiro.

A: hai sentito quel che è successo a Shibuya?

S: Sì, terribile! Ieri ero lì con degli amici, ti lascio immaginare il casino.

Seidou inarcò un sopracciglio. « Ma è un completo idiota! » sbottò.
« All'inizio avevo dei dubbi. Non capivo se fosse scemo lui o credesse che lo fossi io... Certo, mi sono sempre mostrata frivola, ma non pensavo ci cascasse così facilmente. »
L'immagine di Akira frivola, tutta sorrisini e risatine, gli diede il voltastomaco.
« Una volta gli ho detto che frequento un'accademia d'arte e che penso di laurearmi con il massimo dei voti. Lui mi è parso interessato. »
« Bene. Sei una ragazza con un sogno, quindi; una possibile vittima! »
Lei annuì e seguì qualche attimo di silenzio.
« Quindi i casi vecchi, quelli con cui si era ipotizzato avesse a che fare, sono esclusi del tutto? »
« Sembrerebbe che qualcuno con la maschera da Baku sia stato visto anche trent'anni fa, ma non è la stessa persona. Forse Sanjiro ha ripreso lo stile di un altro killer. »
« Beh, allora l'abbiamo trovato » si sforzò di sorridere Seidou. I loro occhi erano quasi velati dalla scontentezza, come se tutto fosse stato troppo facile. In realtà ci avevano impiegato due settimane, ma ci avevano messo così tanto impegno che giungere alla soluzione più ovvia era quasi una delusione. Entrambi avevano respirato il brivido di novità e avventura di quella che sarebbe diventata la loro carriera. Ora tutto era finito, avrebbero portato le loro ricerche alla CCG e sarebbero tornati semplici studenti (il che era anche giusto, considerando che gli esami erano alle porte).
Si sarebbero parlati ancora? In quelle due scarse settimane si era creato un legame o era tutto di circostanza? Ora non c'era più niente a tenerli vicini, sarebbe ripresa la loro rivalità e di motivi per cui vedersi non ne avrebbero più avuti.
Seidou non capì perché quel pensiero lo turbasse tanto, in fondo non si erano mai considerati amici.
Si focalizzò sui lati positivi: presto avrebbe ottenuto la stima che si meritava davvero dagli insegnanti. Purtroppo anche Akira non si sarebbe sottratta dall'ottenere lodi, ma su questo poteva anche sorvolare. Gli andava bene di condividere il primo posto, purché stesse alla larga dal secondo. Sarebbero stati stretti su quel podio, ma ci avrebbero provato.
« Io devo andare. Stasera uscirò per l'ultima volta con Sanjiro e cercherò di prendere quel foglietto, così avremo una prova in più dalla nostra parte. »
Seidou annuì, poi si salutarono.


- —∞— -

L'esame si sarebbe tenuto tra tre giorni e lui non riusciva a studiare. Il suo sguardo si posava in continuazione sul raccoglitore degli appunti sul caso.
Seidou, incerto, lo prese e lo sostituì al libro poggiato sulla scrivania. Iniziò a sfogliarne le pagine plastificate, che racchiudevano le parole che avevano digitato al computer e poi stampato. Rilesse gli articoli di giornale che lui stesso aveva procurato, e si soffermò su qualcuno dei più vecchi che avevano escluso. Lo attirò una notizia che parlava della morte di uno scienziato, dove vi era una foto che aveva già colpito la sua attenzione in passato. Vi erano raffigurati tre uomini in camice: quello al centro era il povero malcapitato, quello a sinistra non gli diceva niente, quello a destra più lo guardava, più gli sembrava familiare.
Decise quindi di rileggere l'articolo, e restò a bocca aperta in un particolare passaggio:
"Il suo più caro amico e collega, Nakano Isao, ha dichiarato d'essere profondamente afflitto e che il lavoro non sarà più lo stesso senza di lui[...]"
Seidou controllò più volte, non credendo ai propri occhi. Il suo vicino di casa era stato amico di una vittima del Baku? Era escluso che Sanjiro avesse a che fare con cose successe più di vent'anni fa, ma era comunque una rivelazione interessante. Seidou avrebbe potuto scoprire se il loro sospettato fosse davvero il ghoul che cercavano, o se fosse esistito in passato un altro Baku.
Scosse la testa per dissuadersi da quei pensieri. Era conscio che quel flusso di idee fosse l'incapacità di accettare la fine della sua piccola avventura.
Per distrarsi cercò di concentrarsi sulla ricompensa che avrebbe ottenuto grazie al duro lavoro svolto. Rincuorato da quella prospettiva chiuse il raccoglitore e sorrise soddisfatto. Per un attimo s'immaginò di consegnare quella cartelletta al CCG da solo, senza Akira, prendendosi tutto il merito del lavoro. Subito scacciò l'idea, sentendosi in colpa. Non avrebbe mai fatto una cosa simile, non necessitava di ricorrere a sporchi trucchetti come quello per risaltare più della ragazza, gli bastava il mero impegno.
La porta della sua stanza si aprì leggermente.
« Seidou? » Il volto di sua madre fece capolino, sorridendogli pacatamente. « Oggi non sei con Akira? Pensavo che vi stesse preparando assieme per gli esami. »
Seidou scosse la testa, ricordando la bugia che aveva rifilato alla madre per non parlarle delle indagini. « No, era impegnata oggi. E poi manca poco per l'esame, quindi preferiamo ripassare ognuno per conto proprio. »
Sua madre annuì. « Posso chiederti un favore o sei impegnato? »
Seidou lanciò un'occhiata al libro abbandonato in un angolo della scrivania.
« No, chiedi pure. »


Dieci minuti dopo stava suonando alla porta del signor Nakano. Quest'ultimo aveva avuto un problema con il camion dei traslochi, e alcuni dei suoi mobili erano arrivati in ritardo. Necessitava di una mano con gli scatoloni pesanti e aveva chiesto l'aiuto di Seidou.
Al ragazzo non dispiaceva andare dal suo vicino, perché era una buona occasione sia per sfuggire allo studio sia per fare all'uomo delle domande riguardo all'articolo letto.
Poco dopo che ebbe suonato il campanello Nakano gli aprì, il sorriso affabile e i capelli brizzolati.
« Entra, entra! Grazie d'essere venuto. »
Passarono un'intera ora a spostare scatoloni di qua e di là, ad assemblare mobili e a rinchiudere cianfrusaglie inutili in garage. Seidou sentì continuamente sulla punta della lingua quella curiosità che avrebbe voluto appagare, ma non riuscì a trovare un modo per cominciare il discorso. Il tanto lavoro lo portò pure a tratti a dimenticarsene. Si prese una pausa solo quando Akira gli inviò un messaggio informandolo che era uscita con Sanjiro, e che era certa che avrebbe trovato la lista delle vittime che il loro sospettato portava sempre con sé.
« Questa stanza è finita » sospirò Nakano, esausto e compiaciuto. Curiosò nel frigo, tirò fuori una bottiglia di tè e ne offrì a Seidou, che accettò volentieri. I due rimasero in cucina, appoggiati appena al bordo del tavolo, sorseggiando la bevanda come una meritata ricompensa.
« Mia madre mi ha detto che era uno scienziato » tentò di mettere in ballo l'argomento.
« Oh » disse Nakano, e come colto di sorpresa abbassò lo sguardo per soppesare le sue prossime parole. « Sì. Ne è passato di tempo, ma mi piaceva il mio lavoro. »
Seidou non seppe come portare avanti la conversazione, né se menzionare l'articolo che aveva letto fosse una buona idea.
Gli arrivò un messaggio da Akira:

A: C'ero vicina! Lui è un idiota, lo tiene dentro la cover del cellulare.

Ripresero a lavorare. Mentre Nakano sistemava lo scantinato, Seidou si occupò del salotto, estraendo cianfrusaglie di ogni genere da uno scatolone.
A un certo punto un rumore squarciò la quiete, poi si sentirono i passi veloci del signor Nakano rimbombare nella tromba delle scale.
« Tutto bene? » Chiese l'uomo apprensivo, raggiungendolo al secondo piano.
Takizawa sembrava sconvolto e, soprattutto, confuso. Nella foga che aveva dominato i secondi precedenti aveva scagliato un oggetto a terra. Riprese controllo della sua mente e si affrettò a prendere la statuetta che giaceva sul pavimento.
« Scusi, mi è caduta dalle mani » mentì.
« Tranquillo, per fortuna non si è rotta. » Nakano gliela levò di mano la rimirò con un sorriso. « È abbastanza importante per me. »
Seidou deglutì. Una statuetta del Baku era la cosa che meno di tutte avrebbe voluto trovarsi davanti, soprattutto se in casa di Nakano, ignaro di chi avesse ucciso il suo amico in passato.
« Sai? Si dice che porti via gli incubi. » Il ragazzo annuì; lo sapeva fin troppo bene. « E io a un certo punto della mia vita ne sono stato invaso... » Nakano serrò le labbra, lo sguardo indeciso se continuare o no. « Devi sapere che una volta, proprio quando stavamo lavorando a un'importante ricerca, un mio collega venne ucciso. Da chi non si è mai saputo, ma quell'esperienza ancora oggi mi sconvolge. »
Bingo.
« Era un suo grande amico? »
« Sì, eccome. Anche se era sempre un gradino sopra di me. Lo invidiavo, era lui che era stato incaricato di dirigere il nostro lavoro, nonostante io sperassi da sempre di assumerne il comando; credevo d'essere più meritevole. Quando però tutto è rimasto nelle mie mani me ne sono solo dispiaciuto.
« Eravamo anche compagni all'università. Lui sempre primo, io sempre secondo. Ogni mio sogno se lo prendeva senza farsi problemi, credo di averlo detestato a tratti » rise con nervosismo. Ogni suo gesto pareva ben ponderato. Seidou però rimase solo turbato dal parallelismo che quella storia aveva con la sua vita.
« Sai, a volte le persone dovrebbero guardare anche dal punto di vista dei secondi come me. C'è gente che si impegna e ha successo, è vero, ma quelli che si impegnano e non ottengono nulla, che fine fanno? Finiscono nel dimenticatoio; è orribile. » Nella voce di Nakano parve esserci astio, e questo lo intimorì e lo sorprese. L'uomo strinse convulsamente la statuetta del Baku tra le mani e Seidou ebbe l'impressione che stesse sorridendo.

A: Mi ha invitata a casa sua. Ho rifiutato, ma non vuole convincersi.

T: Rifiuta di nuovo. Non puoi di certo farlo, è troppo pericoloso.

« Ma tu, Seidou, non puoi capire » sospirò con stanchezza. « Me l'ha raccontato tua madre quanto sei bravo e quanti successi hai ottenuto. Non sai cosa vuol dire essere secondo e non puoi saperlo; tu raggiungerai i tuoi sogni. Vuoi diventare un investigatore di ghoul, vero? Ti auguro davvero, con tutto il cuore, che tu ci riesca e nessuno si frapponga tra il tuo cammino com'è successo a lui. »
Takizawa, atterrito, indietreggiò di qualche passo. C'era qualcosa di folle che splendeva negli occhi di Nakano.
Era stata sua madre a raccontargli tutte quelle cose sul suo conto? Aveva esagerato un bel po', e ora il loro vicino era convinto che Seidou fosse il primo dell'Accademia. Cosa ovviamente non vera, data l'esistenza di Akira Mado. Ma Nakano non lo sapeva, era per questo che era molto interessato a lui e al suo sogno?

A: Ha insistito e non so come andarmene, mi sta portando a casa sua.

T: Tranquilla, cerco di venire ad aiutarti... Comunque, stai calma: forse Sanjiro non è il nostro mangiatore di sogni.

« Io ora devo andare, signor Nakano. »
« Di già? Ma come... Speravo mi raccontassi qualcosa in più su come stanno andando i tuoi studi. » Gli si avvicinò con un sorriso tremolante.
« Vorrei, ma è ora di cena. »
« Ah, già. Beh, puoi restare qui a cenare. Mi devo sdebitare per l'aiuto che mi hai dato. »
« Non si preoccupi. »
Il suo corpo tremava per l'agitazione, sebbene le sue ipotesi non avessero solide fondamenta.
Raggiunse l'ingresso il più velocemente possibile, ma quando fu sul punto di girare il pomello, qualcuno, dall'altro lato, lo precedette aprendo la porta. Lui indietreggiò con gli occhi sbarrati.
« Ah » disse Nakano. « Ecco mio figlio! Finalmente puoi conoscerlo. »
Takizawa, sgomento, fissava il ragazzo davanti a sé con estremo orrore. Ma ciò che più lo preoccupò fu incrociare gli occhi della ragazza che lo accompagnava.
« Takizawa... » sussurrò Akira, anche lei, per una volta nella vita, con lo stupore negli occhi.


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Capitolo 4
*** 04 - sogni ***


01


I
l mangiatore di s
ogni
|| 04 - sogni ||
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« Pa', lei è la mia fidanzata, Akira. » Sanjiro rivolse un sorriso sghembo alla ragazza.
« Oh » finse meraviglia il signor Nakano. « Sì, ricordo. Piacere Akira. » Fece un mezzo inchino. « Sanjiro mi ha parlato molto di te. So che sei un brillante genio, come d'altronde è anche il nostro vicino di casa, Seidou. » Si girò in direzione del ragazzo, ancora troppo scosso per parlare o anche solo per muoversi.
« Che peccato » riprese, rivolgendosi al figlio. « Quanto mi rincresce che tu non l'abbia potuto conoscere prima. È un bravo ragazzo, oggi mi ha aiutato a sistemare un paio di cose. E poi vuole diventare un investigatore di ghoul, non è notevole? »
Sanjiro a quelle parole non si trattenne dal lanciargli un'occhiata cupa.
Seidou rabbrividì, aveva il terrore che luccicava negli occhi. Mai avrebbe anche solo ipotizzato che quei due potessero essere imparentati, e anche avendoli davanti in quel momento stentava a crederci. Non si assomigliavano affatto, neanche un lineamento simile.
Sperò di trovare lo sgomento anche sugli occhi della sua compagna di classe, ma lei era imperturbabile. Il suo stupore era durato giusto una frazione di secondo e poi era tornata calma come non mai.
« Perché non ceniamo tutti assieme? » Propose l'uomo con tono cordiale.
Seidou voleva andarsene ribadendo che lo aspettavano a casa, ma non poteva abbandonare Akira lì.
« Signor... » esordì la ragazza.
« Nakano, prego. »
« Signor Nakano, ne sarei davvero lieta, ma ho dei lavori da completare prima di un esame, quindi non posso trattenermi oltre. Comunque, mi ha fatto davvero piacere conoscerla » simulò un sorriso, inchinandosi.
« Che peccato » sospirò l'uomo, arrendevole. « Vorrà dire che sarà per la prossima volta. »
Poi si voltò verso Takizawa. « Tu non mi sfuggi invece » e iniziò a ridere a gran voce. Seidou non comprese cosa avesse provocato quell'attacco d'ilarità improvviso.
« Mi offendo se non resti qui a cena, sono sicuro che tua madre sarà d'accordo. »
Lo fissò negli occhi come a non volergli lasciare alternativa.
Seidou, prima di riuscire a parlare, boccheggiò più volte e si schiarì la voce.
« Non credo che mia madre sia d'accordo: ieri sono tornato tardi a casa senza avvertirla. Oggi devo farmi perdonare. »
Lo sguardo di Nakano si rabbuiò per un istante. Non voleva lasciarlo andare.
Doveva avere un'alta considerazione del ragazzo, per credere che potesse in qualche modo essere d'intralcio per i suoi piani.
A conti fatti, Seidou, al di là degli studi che intraprendeva, non era ancora un investigatore e quindi non rappresentava alcun reale pericolo per un ghoul. Quindi Nakano, se era davvero Baku, o era imparentato con Baku, non aveva motivo di averne timore.
Cosa aveva fatto per insospettirlo a tal punto da non volerlo fare tornare a casa?
Aveva gettato per terra una statuetta di un essere mitologico, preso dallo spavento infondato del momento. Aveva dimostrato una notevole curiosità per l'incidente di cui aveva letto nell'articolo, e poi non aveva smesso di guardare Nakano con terrore crescente e malcelato.
Seidou si rimproverò per aver fatto trapelare troppo da se stesso. Guardò Akira e invidiò la sua espressione impassibile (anche se era all'oscuro di gran parte dei fatti, e quindi non aveva motivo di agitarsi).
« D'accordo » acconsentì l'uomo. « Torna a casa. » Il tono di voce tradiva il suo disappunto.
Seidou trattenne un sospiro di sollievo.
« Comunque » aggiunse poi, e il sorriso sul suo volto si allargò in maniera spropositata. « Cercherò di sdebitarmi per l'aiuto che mi hai dato al più presto. »

Takizawa e Akira camminarono l'uno accanto all'altra, non scambiandosi la parola. Appena si furono allontanati abbastanza dall'abitazione dei Nakano, Seidou non riuscì più a trattenere la risata isterica che costringeva nel petto.
Akira gli lanciò un'occhiata perplessa. Lui tentò di darsi un contegno e poi disse: « L'avresti mai detto? » lasciandola anche più confusa di prima. Subito dopo le chiarì la faccenda, ancora concitato dall'idea che Baku fosse un suo vicino di casa.
Le raccontò del signor Nakano, dell'articolo che aveva letto e che lo riguardava, della statuetta che aveva trovato in casa sua e della follia che gli era parso di scorgere nei suoi occhi. Insomma, tutte prove insufficienti e dettate dall'ansia, o almeno così erano state definibili prima che facesse il suo ingresso Sanjiro. A quel punto, che Nakano fosse coinvolto non c'erano più stati dubbi. E questo spiegava molte cose, per esempio il primo incontro avuto con Akira, quando lei stava pedinando un ghoul che si aggirava nel suo quartiere.
Lei lo guardò con serietà, un po' stupita che fossero giunti a quella conclusione per semplice coincidenza dei fatti. Tirò fuori dalla tasca un foglietto di carta. Seidou lo riconobbe: era la lista delle vittime di Baku.
« Quindi erano due, e ce la siamo cavata per un pelo, avrebbero potuto ucciderci. Immagino che non l'abbiano fatto perché era troppo avventato come gesto, e tua madre sapeva che eri a casa del tuo vicino. Se tu fossi scomparso questa notte, il primo indiziato sarebbe stato Nakano. Suppongo che di me invece non sospettino nulla, mi hanno lasciata andare molto facilmente. »
« Allora » disse Seidou, non riuscendo a trattenere un sorriso soddisfatto. « Questa volta l'abbiamo trovato davvero. » Non seppe spiegarsi il perché, ma improvvisamente l'idea che il caso fosse concluso gli diede solo appagamento, nessuna delusione.
« Eh già » fece Akira. Non c'era segno di felicità o soddisfazione in lei, invece. « Ce l'abbiamo fatta. »
Continuarono a camminare senza meta, allontanandosi dal quartiere. Non erano mai stati così vicini, sembravano quasi amici.
« Dovremmo... » disse Takizawa, incerto se proseguire o no. « Festeggiare. »
Forse era stata l’euforia a farlo parlare: era esaltato per essere riuscito a sfuggire alle misteriose intenzioni di Nakano. Si diede dello stupido quando il sopracciglio di Akira si inarcò a dimostrare la sua perplessità.
« Festeggiare? » ripeté, confusa. Non aveva mai pensato che festeggiare fosse una cosa utile, e tendeva ad evitare tutto quel che fosse considerabile una perdita di tempo.
« Sì, beh... » distolse lo sguardo Seidou. « Sai, è il nostro primo caso risolto. »
Qualcosa nel tono imbarazzato di Takizawa le fece credere che per una volta valeva la pena provare.
« Sì » concesse, e involontariamente un sorriso si profilò sul suo volto. Ma Takizawa, per fortuna, era voltato dall’altra parte; non poteva accorgersene. « Dovremmo festeggiare. »


- —∞— -

Era il giorno degli esami e Seidou non era preparato come avrebbe dovuto.
Un lancinante dolore alla testa lo colpiva a intermittenza, perché il giorno prima era rimasto sveglio fino alle tre del mattino a ripassare l'intero programma. Le domande che scorrevano sotto i suoi occhi gli parevano scritte in arabo, e si ritrovò spesso senza sapere come rispondere.
Sarebbe stato saggio da parte sua studiare nei due giorni che gli erano rimasti, anziché solo nell'ultimo, ma il primo era rimasto a letto fino alle due per riprendersi dalla sbornia che aveva seguito i festeggiamenti. Già, lui e Akira ubriachi, a ridere come cretini assieme, l'attimo dopo a insultarsi a vicenda, e a continuare così all'infinito. Un quadretto non molto appropriato per i primi della classe.
Il pomeriggio invece, dopo essersi ripreso, l'aveva trascorso a ricostruire i fatti, recuperando una sequela di immagini sfocate senza né capo né coda. C'era un ricordo però che gli era rimasto impresso: lui e Akira si erano baciati. O quasi baciati. L'unica immagine nitida che aveva era l'istante prima che le loro labbra ci scontrassero, uno davanti all'altra, con pochissimi centimetri a dividerli. Erano sotto casa di lei, e subito dopo Seidou le aveva detto tutte le cattiverie possibili. Le aveva spiegato che non sopportava che fosse più brava di lui negli studi, e che per questo lo irritava essere attratto da lei.
Questi erano i pallidi frammenti che conservava. Aveva delirato, forse perché le parole di Nakano su come i secondi finissero nel dimenticatoio l'avevano ferito.
Scosse la testa, poi lanciò un'occhiata alla compagna di classe con cui non aveva più parlato: aveva i capelli legati in una treccia, e qualche ciuffo ribelle che le ricadeva sul viso. Era concentrata e con rapidità rispondeva ai quesiti che le si presentavano davanti.
Seidou tornò a concentrarsi sul suo test.


« Akira! » La ragazza, quando le si accostò, era appena uscita dall'accademia e camminava spedita per il cortile. Seidou restò turbato da quell'improvvisa vicinanza, come se non ci fosse più abituato. « È giunto il momento, no? »
Lei si fermò, si soffermò sul sorriso imbarazzato di Takizawa e non poté evitare la punta di dubbio che le impastò la voce: « Il momento di cosa? »
« Come di cosa? Abbiamo risolto un caso! Dobbiamo portare le nostre ricerche alla CCG. »
Akira si morse il labbro inferiore e si guardò attorno, come se non volesse rivelare qualcosa di scomodo.
« Oh, già » fece, e la ferì lo sguardo esaltato che aveva Takizawa. « Non te l'ho detto, ma l'ho già fatto ieri. »
L'entusiasmo negli occhi di Seidou scemò. « Cosa? Pensavo che l'avremo fatto assieme » disse, deluso. « Comunque hai detto che abbiamo lavorato assieme, giusto? »
Akira distolse lo sguardo, rimanendo in silenzio.
Lui sentì germogliare qualcosa nel petto: era un pizzicore ancora leggero, ma caustico, bruciante.
« Ti sei presa tutti i meriti? » Soffiò. Gli occhi vuoti, le sopracciglia corrugate.
« Certo che no, solo che non l'ho portato alla CCG. Non potevo andare lì con un fascicolo che non potevo a conti fatti possedere. L'ho consegnato a mio padre, mostrandogli il nostro lavoro. » Sul suo viso nacque l'ombra di un sorriso nostalgico. « È stato davvero orgoglioso di me. Cioè, di noi. »
« Quindi sarà lui a parlare di noi ai suoi colleghi? »
« Cosa? No. Non può andare lì e dire “questo caso l'ha risolto mia figlia e un suo amico”. Al di là della già scarsa considerazione che purtroppo hanno i suoi colleghi di lui, nessuno gli crederebbe. Ma poi che importanza ha? Abbiamo fatto arrestare due ghoul, mi sembra già una grande soddisfazione. »
La sensazione nel petto si era ingigantita e ora percepiva un fuoco che ardeva e lo corrodeva dall'interno.
« Quindi abbiamo fatto tutto quel lavoro per farci dire bravi dal tuo paparino? » Inveì.
Lei indietreggiò.
« Di certo io non l'ho fatto per ottenere un premio dalla CCG, ma non so perché tu l'abbia fatto. »
Lui la guardò in cagnesco. « Ah, capisco. Giusto, tanto la buona parola per te la può mettere tuo padre, quindi non hai bisogno d'altro. »
« Come scusa? » Inarcò un sopracciglio. « Quando hai accettato credevo mi volessi dare una mano, non che volessi qualche merito importante! »
« Volevo aiutarti infatti, ma credevo che qualche riconoscimento dopo ce lo saremmo meritato. Soprattutto io, visto che ho scoperto che Nakano era coinvolto. »
« Soprattutto tu? » rise, sardonica. « L'hai scoperto per puro caso. Non mi sembra invece che sia stato tu a continuare ad uscire con un ghoul per incrementare le informazioni in nostro possesso. »
L'atmosfera si era fatta pesante.
« Scusami » disse Akira poi, riprendendo la sua solita compostezza. « La prossima volta mi ricorderò quanto per te sia importante ottenere trofei, più della tua stessa vita e di quella degli altri. »
« Lo sarebbe anche per te se già non ne avessi a bizzeffe. »
Lei gli voltò le spalle e andò via, irritandolo ancora di più.
L'aveva aiutata e cosa aveva ottenuto? Nulla, se non che una grande rabbia nel petto. Ma a lei cosa poteva importare? Tanto il suo destino era segnato, i cento ottenuti a ogni esame la facevano già brillare sotto un’aurea di perfezione incorruttibile. E lui invece, per l'ennesima volta nella sua vita, si era impegnato per ottenere nient'altro che un pugno di sabbia da spargere al vento.

- —∞— -




Era il giorno dei risultati, e Seidou si dirigeva a scuola per scontrarsi con la realtà.
Era passato un mese dell'ultima volta che aveva visto Akira. Il signor Nakano e suo figlio erano stati arrestati, e sua madre era rimasta sconvolta.
Akira una volta gli aveva inviato un messaggio:

A: Mio padre mi ha detto com'è finito il caso. Nakano non è un ghoul, è un semplice psicopatico ossessionato dalla vittoria. Quando un collega gli ha “rubato” il suo sogno, se lo è ripreso, e ha deciso di levarli a chiunque altro. Dice che nessuno si è mai reso conto dei secondi, e di quanto loro soffrano e non si meritino dei ladri che rubino con tanta facilità ciò che è loro. Assurdo, no?
Il suo piano si è bloccato finché non ha salvato un bambino dalla strada. Quel bambino era un ghoul, e gli è presto tornato molto utile per quello che era il suo piano.
Lui dirigeva, Sanjiro eseguiva.
Dopotutto, Sanjiro non ha mai avuto un carattere forte, né è molto intelligente. È stato una marionetta nelle mani di un esperto burattinaio.
Ricordati che se sono stati arrestati è grazie a noi due.

Per un attimo aveva provato l'impulso di risponderle, di chiederle scusa per quel che era successo. Si era chiesto di sfuggita se il modo in cui aveva agito fosse conseguenza delle parole di Nakano, inconsapevole che anche Takizawa fosse un eterno secondo come lui.
Alla fine non le aveva risposto.

Arrivato fino all'accademia, trovò davanti alla bacheca dei risultati un bel po' di aspiranti investigatori. Erano ammassati e sgomitavano per scoprire come se l'erano cavata, mentre Seidou non sapeva neanche che aspettative avesse.
Si morse il labbro trovando la sua posizione.
Quinto. Un posto che non gli si addiceva affatto. Ma provò quasi sollievo per non essere arrivato secondo, o almeno fin quando non vide svettare al primo posto il nome di Akira Mado.
Sospirò. “Non ho ancora fatto nulla perché sono troppo presa dal caso”. Quelle parole gli rimbombarono nella mente, punzecchiandolo.
Alla fine, l'unico a perdere i sogni era stato lui. Non era arrivato primo con gli studi, non aveva ottenuto i meriti che gli spettavano, e non aveva legato con la ragazza di cui era innamorato (anche se forse un rapporto tra loro due non sarebbe mai potuto esserci).
Non è colpa tua, gli mentiva la sua mente per rendere il tutto meno doloroso.
« Takizawa... » a qualche metro di distanza c'era proprio lei, Akira. Aveva lo sguardo incerto, quasi dispiaciuto, e piano piano gli si stava avvicinando.
Seidou fece un passo indietro, non pronto a quello scontro.
Le diede le spalle e s’incamminò verso l'uscita, pronto a tornare a casa con le sue sconfitte.
È colpa sua.







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