Brother and Sister di my_name_is_nera (/viewuser.php?uid=1016655)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Capitolo 1 (RE)
Finii di
mangiare mentre continuavo ad ascoltare i telegiornali in televisione.
“La figlia
del presidente degli Stati Uniti è stata salvata da un agente governativo.
Siamo felici di riavere di nuovo a casa la dolce signorina Graham”
<< Un
applauso a quell’”eroe” di mio fratello! >> esclamai ad alta voce.
Tanto non mi
sentii nessuno, per cui non mi preoccupavo nemmeno.
I
telegiornali fecero davvero di tutto per elogiare una persona che non merita
neanche una festa di ringraziamento per il suo lavoro. Va bene che Leon era
andato in quel paese tra la Spagna e il Portogallo per salvare la figlia del
presidente, ma adesso stavano esagerando. Ero sua sorella, conoscevo per certo
mio fratello, sapevo che lui odia farsi chiamare “eroe” perché sa di non esserlo.
Quando tornava dalle sue missioni diceva sempre che i veri eroi sono quelli che
muoiono per qualcun altro o per uno scopo. Non che lui sia stato un bastardo,
per carità è sopravvissuto ad un attacco terroristico da parte di quei fanatici
religiosi e salvò salvato la vita a quella ragazza, ma non meritava di
chiamarsi “eroe”. Solo sopravvissuto, alla fine sia lui che io sapevamo il suo
fatto.
Il
campanello suonò e corsi ad aprire la porta. Leon era lì, stanco, stressato e
anche con uno sguardo malinconico.
<< Ma
ciao, EROE! >> urlai, per farlo stare peggio.
<< Non
ti ci mettere anche tu >> mi abbracciò fortemente, mantenendo salda la
stretta.
<< E
perché no? Non è vero quello che dicono in televisione? “Un eroe ha salvato la
vita alla figlia del presidente, siamo lieti di riaverli in patria! Devono
esserci molte persone coraggiose come lui!” >>
Ma lui,
invece, non mi ascoltò e andò in cucina.
<< Non
ti ho preparato niente >> dissi << Non sapevo a che ora saresti
tornato >>
<< In
realtà dopo quello che ho passato non ho molta fame. Tu, piuttosto, come
stai? >>
<< Bene.
Non sono stata molto in ansia per te. È un problema? >>
<< Non
ti facevo menefreghista >>
<< Mi
conosci. Dopo quello che mi hai fatto a Seattle molto tempo fa, non credo di
essere in debito con te >>
E come potevo
dimenticarmi di Seattle, quella città infestata dagli zombie dove Leon mi
abbandonò due anni fa. Fortunatamente ero brava ad utilizzare le erbe e le
pistole, così riuscii anche io a sopravvivere. Poi, insieme a me a Seattle
c’era anche un ex collega di mio fratello, Jack Krauser. Lavorava per un’altra
organizzazione di cui non mi ha voluto dire il nome, ma, comunque, a differenza
di Leon, riuscì a contattare un elicottero per poi farmi riportare a casa sana
e salva. Di lui, poi, nessuna notizia. Non lo dimenticherò mai. Quando sono
tornata a casa mi avevano ricoverato in un ospedale del governo e Leon era
corso fin lì per vedermi. C’erano sia il Presidente che quella stronza di Ada
Wong. Era per causa sua se Leon aveva rinunciato di salvare la vita a me per
scegliere lei. In realtà, dopo averci pensato su, la colpa non è neanche di
Ada; anzi lei in quei giorni all’ospedale mi ha curata, mi ha parlato molto e
mi ha addirittura comprato un piccolo stereo con tutti i CD dei miei cantanti
preferiti. Non me la ricordavo così dolce. Mi disse che era veramente
dispiaciuta per ciò che mi era successo e mi giurò che mi avrebbe tenuto sulla
coscienza, così che <> disse. L’ho
adorata quei giorni, volevo stare solo con lei; non è falsa come dice Leon, è
solo cocciuta, dolce, furba e stronza. Ha comunque dei sentimenti, e li
compresi. Sta di fatto che mio fratello, quel giorno, scelse lei… non me.
<< Senti >>
ripresi << visto che hai fatto un favorone al signor presidente e ti ha
anche pagato con i Big Money, non è che mi presteresti venti o trenta dollari?
Passo a comprare dei CD per lo stereo >>
<< Sei
incredibile. Torno dopo due mesi di miseria e distruzione da un paese dove ho
affrontato… >>
Non lo feci
finire, ma continuai per lui << Mostri, zombie, cani zombie e bla bla bla,
e tu hai il coraggio di far finta di niente? Sì! Ti ricordo Seattle, non te la
farò mai dimenticare >>
Silenzio.
Abbassò di nuovo lo sguardo << Almeno tu, Ele. Solo oggi >>
<< Sei
un dito al culo, Leon. Comunque, chi hai incontrato lì? Oltre agli zombie, ai
fanatici religiosi eccetera? >>
<< Ada
Wong e… Krauser >>
Lo guardai a
bocca aperta e occhi sbarrati << K… Krauser! >>
<< Sì >>
<< O
mio dio! >> il mio sguardo si fece felice << E dov’è? In ospedale?
Sta bene? Temevo fosse morto! >>
Ma Leon non
mi rispose, mi guardò sempre più triste.
Ed io con
lui. << Non è all’ospedale? >> la voce si spense.
Leon scosse la
testa.
<< È… >> si formò un nodo doloroso alla gola
<< morto? >>
Nessuna
risposta.
<< Capisco >>
guardai il pavimento << Bè, comunque l’ho conosciuto, no? Ho qualcosa di
lui dentro di me >> e sorrisi in maniera isterica. Ridevo sempre per non
piangere. Solo Ada sa che ero, in realtà anche se non sembrava, depressa. Lo
notò e me lo disse anche.
<< Vieni >>
mi prese per mano << Andiamo sul divano… Sono stanco >>
<< Ada,
invece? >> chiesi curiosa.
<< Non
lo so, è scappata >>
<< Hai
un suo contatto? >> la verità è che avevo bisogno di vederla. Ora.
<< No,
Ele >>
Rimasi in
piedi impalata vicino al tavolo. Non riuscii a muovermi, ero troppo presa dalla
tristezza. Krauser, l’uomo che si è dimostrato il più coraggioso di tutti,
morto in Spagna. << Come >> dissi e basta.
<< Era
diventato un mio nemico, è stato lui a rapire Ashley, e lui voleva diffondere
il fanatismo religioso >>
<< No… >>
deglutii << Giura, Leon. O io ti odierò sempre di più >>
<< È così e mi dispiace >> abbassò di nuovo il capo.
<< Se
solo mi avesse incontrata di nuovo, magari… >> ma cosa dicevo, io non c’ero
<< cosa ti ha detto quando ti ha visto? Mi ha pensata? >>
<< Ha
solo detto che tu sei più forte di me, sei più sveglia e più scaltra >>
<< Ada
Wong dov’è? >>
<< Non
lo so >>
<< Non
c’è un modo per incontrarla? >>
<< Quella
sbuca quando e dove le pare. Può essere ovunque >>
<< Io
esco >>
Presi la
giacca di pelle nera e la borsa a tracolla.
<< Dove
vai? >>
<< In
giro. Voglio andare alla Casa Bianca. Leon! >> lui mi bloccò il braccio ma
io lo strattonai << Io ho il diritto di sapere. E voglio incontrare Ada.
Con i computer alla base militare dove lavori la posso contattare! Non sono
affari tuoi ciò che ne faccio della mia vita >>
Rimase in
silenzio mentre io uscivo.
Dentro la
borsa avevo la carta d’identità stampata dalla Casa Bianca che mi riconosceva
come “alleata dello Stato”, le mie immancabili cuffiette con l’iPod e le chiavi
di casa.
<< Che
bel ritorno a casa che hai avuto fratellone >> sussurrai a me stessa.
Poverino,
dopotutto era stanchissimo e distrutto. Ma non potevo vederlo, dopo che
ripensai a Seattle tutti i pensieri positivi su di lui svanirono come polvere.
Eleonora Kennedy non dimenticava. Mai.
Presi il
primo autobus che fermava vicino alla Casa Bianca e, con nonchalance, mi
avvicinai alla porta principale sorvegliata da due uomini robusti di alta
classe.
<< Ferma >>
il primo puntò il braccio all’altezza del mio seno.
<< Sono
la sorella di Kennedy, quell’ “eroe” che ha salvato la figlia del presidente.
Ecco, tenete >> porsi il documento e lo scrutarono attentamente.
<< Cosa
sei venuta a fare? >>
<< Posso
avere un discorso in privato con il presidente? Vorrei salutare anche sua
figlia. E voglio vedere anche Hunnigan, la conoscete? È una sua collaboratrice >>
<< Va
bene, puoi entrare >>
<< E
grazie >>
“ Ma vaffanculo,
guardie del cacchio ” pensai.
Venni
portata all’ingresso e Dio solo sa quanto faceva schifo il presidente con tutti
quei soldi. Schifo perché l’ingresso era ornato da lampadari di cristallo,
quadri dei vecchi presidenti e una scala con le barriere d’oro che conducevano
alle varie stanze della Casa.
<< La
stanza del presidente è all’ultimo piano >>
Non
ringraziai le guardie e salii le scale finché non arrivai alla stanza del
presidente.
Bussai e un
<< Avanti >> mi elogiò ad aprire con il sorriso più falso del mondo
quella porta.
<< Eleonora
Kennedy! Buon pomeriggio! >> si avvicinò e mi abbracciò << Come
stai? >>
<< Molto
bene, signore. Grazie! Sua figlia? >>
<< È nella sua stanza, si sta già preparando per stasera. Verrai
alla festa di ringraziamento per tuo fratello? >>
Oh porca
puttana! Non volevo crederci. “ Dio, ti prego, prendimi e facciamola finita qui! ”
pensai disperata dentro di me.
<< Una
festa? >>
<< Sì!
In onore del coraggio di tuo fratello! Ha rappresentato al meglio questa
nazione! >>
“ Ma muori! ”
<< Non
lo so! Ma Leon lo sa? >>
<< Gli
ho detto che questa sera lo avrei convocato per parlare d’altro. La festa è una
sorpresa >> mi fece l’occhiolino << Per cui non dirglielo >>
<< Ahahah,
no no, signore >>
“ Col cavolo!
Anche Leon odia queste feste, e glielo dirò subito. Voglio vedere la faccia che
farà quando lo verrà a scoprire. ”
<< Comunque,
volevi chiedermi qualcosa? >>
<< Signore,
essendo la sorella dell’agente che ha salvato sua figlia in missione
rappresentando al meglio questa nazione, posso parlarle come se parlassi ad un
padre? >>
<< Ma
sicuro, mia dolce Eleonora! Dimmi pure! >>
<< Deve
sapere che Leon ha incontrato un uomo che un tempo mi salvò la vita a Seattle.
Si ricorda? >>
Il suo viso
si fece cupo << Ecco… >>
<< È acqua passata! >> lo interruppi, anche il presidente mi
aveva voltato le spalle quel giorno << So cavarmela, io non ho paura,
signore >> riuscii a far abbassare il capo al presidente e, per la prima volta,
mi feci portare rispetto da un’autorità di alto rango.
<< Stavo
dicendo >> ripresi << l’uomo in persona si chiama Jack Krauser, non
so se lo conosce, ma forse sì visto che lui andò in missione insieme a mio
fratello molto tempo fa in Sud America a causa del Virus Veronica. Sta di fatto
che è morto anche lui in Spagna e, avendomi salvato la vita a differenza del
mio stesso paese, ritengo opportuno dare una degna sepoltura anche a
lui >>
Il silenzio
che regnava, durò massimo dieci secondi, finché il presidente non decise di
rispondermi << Vedi, io capisco perfettamente i sentimenti che provi nei
confronti di Krauser, ma c’è un problema: il cadavere non è stato
ritrovato >>
Ma certo!
Che stupida ero! Se il cadavere non c’è vuol dire che lo avevano portato via.
Magari è stata Ada! Magari lei sapeva come farlo ritornare… No, ma cosa dicevo.
Leon mi disse che Krauser era morto. Ada non faceva miracoli.
<< Capisco,
signore >> stavolta ero stata io ad abbassare il capo.
<< Mi
dispiace moltissimo >> poggiò una mano sulla mia spalla.
<< Non
fa nulla. Arrivederci >>
Me ne
ritornai a casa, perché era inutile contattare Ada per chiederle spiegazioni.
D’un tratto
squillò il telefono e notai la chiamata di Leon << Dimmi >>
<< Torna
a casa, c’è una persona che vuole incontrarti >>
Chiusi la
chiamata e ripresi lo stesso autobus con cui ero andata alla Casa Bianca.
Quando aprii
la porta con le chiavi, mi diressi subito in salotto e notai Leon poggiato sul
tavolo che, con un cenno della testa, indicò una figura femminile seduta sul
divano. La donna mi sorrise dolcemente ed io buttai la borsa per terra per
correre a salutarla << Ada! Oddio mio! >>
<< Ciao
dolcezza! Mi sei mancata tanto… >> affondò il viso sulla mia spalla.
<< Anche
tu! Tantissimo! >>
<< Vi
lascio sole >> mio fratello andò in camera sua.
<< Come
stai? Che mi racconti? >> le chiesi dopo essermi messa seduta vicino a lei
<< Vuoi qualcosa? >>
<< No,
no grazie. Ho già preso un caffè. Comunque sto benino, dai. Sono stata meglio,
ma mi sentivo in dovere di salutare l’eroe di questa nazione. Eroe così per
dire, ti conosco. Io e Leon ci siamo già incontrati in Spagna, te lo ha
detto? >>
<< Lo
ha accennato, che bello vederti! Stavo anche per contattarti! >>
<< Dovrò
darti il mio numero, è un piacere parlare con una ragazza intelligente come te.
Come mai volevi chiamarmi? >>
Esitai per
un attimo e lei notò qualcosa di strano in me << È successo qualcosa? >> mi prese le mani.
<< Ho
saputo che Krauser è… >> non finii.
<< No >>
sorrise.
<< No? >>
<< Se
stai per dire che è morto, ti sbagli di grosso >>
<< COSA?! >>
scattai in piedi.
<< Ascoltami
bene: tu mi conosci, sai che nella mia organizzazione producono farmaci e
vaccini per i virus che vengono creati. Krauser si è scontrato per ultimo con
me e… ma aspetta. Sai almeno la storia? >>
<< No… >>
Ada, con
molta pazienza, mi raccontò tutte le vicende accadute in Spagna e in Portogallo
e il ruolo di Krauser nella Umbrella. Si era unito con essa per farsi curare il
braccio che si era rotto in Sud America con mio fratello. Conobbe Wesker e così
anche Ada, poi ha covato odio nei confronti di Leon. Due anni fa si trovava a
Seattle perché ricevette l’ordine di recuperare un virus, ma aveva anche avuto
la fortuna di conoscere me, il che lo rese molto più dolce e ha tirato fuori la
sua sensibilità.
<< Come
hai fatto con me >> sorrise.
<< Mi
chiedo come io riesca a fare miracoli >>
<< Perché
hai fede nelle persone, ecco perché. Adesso che ti ho raccontato questa storia,
cosa pensi di Krauser? >>
<< La
stessa cosa che ho detto a Leon >> risposi in maniera decisa << Se ci
fossi stata io avrebbe cambiato idea. Mi ero accorta quell’anno a Seattle che
in lui c’era qualcosa di diverso, e non lo dimenticherò mai. Ma ora, ti prego,
dimmi dov’è! >>
<< Non
lavoro più con Wesker, non sempre eseguo i suoi ordini. Ma sono riuscita a
rubare un antidodo per curare il braccio di Krauser, l’aveva
trasformato >>
<< Posso
vederlo? >>
<< Dovrei
preparare un trasferimento nell’ospedale del governo, ma non posso metterlo a
nome mio. Ecco perché ne stavo parlando con tuo fratello >>
<< Se
riesci a fare tutto in fretta giuro che sarò la tua schiava >> gli occhi
iniziarono a lacrimare.
<< Ahahaha,
sei dolcissima >> mi accarezzò la guancia << Comunque ne parlerò con
tuo fratello in maniera chiara, e poi lo potrai vedere. Pensa solo che sta bene,
anzi! >> aggiunse << Da quando sta con me sono anche riuscita ad
avere un buon rapporto con lui, prima ci odiavamo! Quando torno a casa gli
parlerò di te >>
<< Grazie >>
sorrisi mentre l’abbraccio.
<< Ti
vorrei come sorella >> affermò.
<< Anche
io >> ammisi.
<< Ma
hai tuo fratello >> rise.
<< Lo
odio >>
<< Dovresti
odiare me >>
<< No,
non era colpa tua in realtà. Tu eri nella mia stessa situazione, avresti potuto
salvarti da sola ma il destino ha scelto te, non me. E poi all’ospedale mi sei
stata vicina. Leon non c’era >>
<< Ti
pensava, però >>
<< Adesso
che ci penso, quel giorno tu eri stata salvata, mentre Krauser no >>
<< È venuto dopo di me, tranquilla >>
Restai in
silenzio e mi assaporai il suo abbraccio. Riuscii a sentire la sua dolcezza e
tenerezza, non era così traditrice come dicono. Ada bisognava solo conoscerla
fino in fondo e prenderla dal lato giusto. Tutto qui. Dopotutto, sia io che mio
fratello eravamo riusciti a farla sciogliere. Di questo potevo essere fiera di
Leon: entrambi eravamo empatici, ma allo stesso tempo freddi.
<< Posso
disturbare? >> Leon si avvicinò alla porta.
<< Certo >>
<< Contenta,
nana? >> mi chiese.
<< Non
devo ringraziare te. Per niente >> ero sempre gelida con lui.
<< Bene,
io credo che me ne vado, sono quasi le sette >>
<< Resta
per cena >> propose Leon.
<< Ah,
no Leon. Devo dirti una cosa >>
<< Sì,
so che devo andare dal presidente perché vuole parlarmi, ma ci metterò
presto >>
<< Non
è così. Oggi sono andata da lui e mi ha detto che ha organizzato una festa a
sorpresa per te >>
<< Che
ora non è più una sorpresa >> ironizzò Ada.
<< Bè,
no. Ma solo io so quanto Leon odia queste feste, vero? >>
<< Che
palle! Noo, ti prego! >>
Risi sotto i
baffi e Ada accennò un sorriso.
<< Non
voglio crederci, impossibile. Uno sperava di rilassarsi e invece… >>
<< Io
non vengo >> dissi.
<< No!
Tu vieni invece! Sì che vieni >> mi puntò il dito contro.
<< No,
non vengo! Non ti spiego nemmeno il perché, fattelo spiegare dal presidente.
Sai che fai? Arrivi un po’ in ritardo dicendo che stavo male e mi hai preso
delle pasticche perché ho vomitato. Io non ci vengo, è chiaro? >>
<< Ti
odio. Non mi abbandonare >>
<< Se
vengo mi isolo. Lo faccio >>
<< Va
bene, stronzetta >>
<< Hey!
È tua sorella >>
<< Traqnuilla,
Ada! Tanto ci odiamo io e lui! Più io che lui >>
Lo odiavo
sì, e solo Dio sapeva quanto.
*
*
*
Salve a tutti, mi sono resa conto solo ora che mancavano i dialoghi perché non avevo messo lo spazio dopo i segni. Chiedo ancora scusa e spero possiate rileggerla. |
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2 (RE)
La gente
intorno a me ballava e si divertiva, mentre io me ne stavo in disparte ad
osservarli tenendo in mano il bicchiere di champagne. Lo sorseggiavo varie
volte solo per rinfrescare le labbra, anche perché in una festa dove ci sono
persone di alta classe sembrava ridicolo bere acqua minerale. Le persone qui
ragionavano così, e io ancora mi chiedo del perché avevo accettato l’invito
della festa di mio fratello. Dopotutto quello tornato in patria era lui, non
io.
Ma la sorella di Leon Kennedy non poteva di certo
mancare. Ovvio che no! “ La piccola spacca culi ”; mi chiamavano così gli amici
di mio fratello. Piccola per il fatto che ero solo una ragazzetta di quasi
diciassette anni e “ Spacca culi ” perché ero sopravvissuta ad un apocalisse
zombie da sola, senza l’aiuto di rinforzi governativi. Infatti è da quel giorno
che mi ci hanno chiamata. Tutti molto simpatici e fieri del loro paese i
colleghi di mio fratello… ma un tantino troppo. Credevo di essere l’unica ad
odiare l’America.
Nel frattempo le persone intorno a me parlavano o tra di
loro o con ufficiali e colonnelli mettendo in risalto i loro vestiti costosi
firmati Chanel o Bulgari. Io ero l'unica vestita con una maglietta alta nera
che scopre la pancia e pantaloni a vita alta.
Vedevo persone che non conoscevo rivolgere la parola a
mio fratello che era rimasto vicino al tavolo degli antipasti per parlare con
un suo collega.
<< Agente Kennedy! Sono Alicia! Mio marito lavora
qui; volevo informarla che è un uomo molto coraggioso! Siamo lieti di averla
nel nostro paese >>
<< La ringrazio molto! >> rispose in maniera
dolce sorridendole.
<< Sa essere un uomo molto empatico, agente. Vorrei
che tutti gli uomini avessero il suo fascino e fossero come lei, modestamente >>
gli lanciò un sorriso malizioso.
“ Speriamo di no ” pensai tra me e me. Se dovessi
incontrare un altro Leon mi suiciderei. E poi quella donna ci stava provando
con mio fratello, e lui le teneva il gioco. Che tristezza avere un fratello del
genere.
Da lontano, verso i giardini dove ci sono altri tavoli che
servono altre pietanze, vidi una ragazza giovane sui venti anni con un
bellissimo vestito corto rosso avente una mantella trasparente nera camminare
in maniera veloce e agitata verso la posizione di mio fratello. Nel frattempo
la donna era andata verso gli altri ospiti e mio fratello, per un po’ di tempo,
rimase solo.
Ashley lo chiamò dalle spalle << Leon! >> e
mio fratello si voltò di scatto.
<< Ciao Ashley! >> la salutò con la mano.
Lei gli corse incontro e lo abbracciò fortemente <<
Come stai? Sono contenta di rivederti! >>
<< Sto bene. Sono contento anche io >>
Sempre freddo con lei, d’altronde né io e né lui la
sopportavamo quella.
Lei iniziò a tartassarlo di domande per assicurarsi che
il suo viaggio di ritorno a casa fosse stato accogliente da parte di tutta la
nazione e vidi Leon cercarmi con lo sguardo in segno di aiuto. Ma mi limitai a
sorridergli in maniera cattiva mentre mi godevo la scena.
<< Chiedo scusa Ashley, ma devo assentarmi >>
<< Oh… >> si sentì offesa, perché era la
seconda volta che Leon la rifiuta << Va bene >>
Si allontanò e Leon si avvicinò a me.
<< Non ce la faccio più >> si tirò più in
basso la cravatta che gli avevo allacciato strettamente.
<< Non dirlo a me >>
<< Dimmi ancora il perché ho accettato di venire >>
<< Perché sei scemo >>
<< Grazie, eh >> mi guardò in maniera
arrabbiata.
<< Che c’è che mi guardi così? Vuoi andartene? Per
me non c’è problema, tanto oramai sappiamo entrambi cosa proviamo per questa
gente >>
Sorrise e mi accarezza la guancia. Gli ricambio il
sorriso. Entrambi sapevamo esattamente cosa vuol dire odiare essere al centro
dell’attenzione.
<< Non possiamo andarcene ora >> disse
<< Tra poco ci sarà il discorso da parte del presidente >>
<< Va bene, io mi isolo >>
<< Dove vai? >>
Tirai fuori dalla borsa un libro che mi sono portata e le
cuffiette con l’Ipod.
<< In una parte del giardino dove non ci sono
persone, tipo… >> mi guardai intorno per poi scorgere in lontananza una
panchina lontana da tutti gli ospiti e da tutto il frastuono << … laggiù!
>>
<< Posso venire con te? >> mi chiese Leon.
Sbruffai, ma poi pensai: almeno avrò un po’ di tempo per
stare sola con lui, potrò vederlo come Leon Scott Kennedy e non come Eroe.
<< Sì, dai! >>
Ci sedemmo e io mi misi a gambe incrociate sopra la
panchina, mentre lui a gambe accavallate.
<< Non mi hai raccontato tutto, riguardo la
missione >> ripresi.
<< Cosa vuoi sapere? >>
<< Quello che non so: Ada, Krauser, Lord Saddler…
Praticamente tutto, ma voglio sentirlo da parte tua >>
Leon rifletté e poi iniziò a raccontare tutto, parlandomi
delle Plagas, degli Illumados, di Lord Saddler e degli abitanti del villaggio.
Mi disse anche che tutto ciò era controllato da Ramon Salazar, un nano che era
stato l’ottavo castellano della sua dimora e che avrebbe aiutato Saddler con i
suoi piani di conquista.
<< Poi c’era un… amico, almeno per me. Mi ha
aiutato a tenere sotto controllo il parassita che era nel mio corpo e ha
tentato di prendere il campione per poi darmelo, ma lo hanno ucciso… >>
si fermò e abbassò il capo prendendo un profondo respiro << …Luis >>
Poggiai una
mano sulla sua spalla e lui continuò << Non sono riuscito a salvarlo, ma
lui ha salvato me. Lui era un eroe >> le lacrime gli illuminarono gli
occhi.
<< Mi
piaci quando sei te stesso >> ammisi
<< Io
non sono un eroe >>
<< Lo
so, meglio di te tra un po’. Secondo me dovresti dirlo oggi >>
<< Non
posso, non davanti a tutti i presenti >>
<< Allora
in privato al presidente >> e pensai a ciò che il pomeriggio avevo al
presidente prima di tornare a casa.
<< Forse
sì, lo farò. Grazie >>
<< Per
cosa? >>
<< Non
mi hai risposto male come stamattina >>
<< Avevo
appena sentito i notiziari e poi stavo pensando a Seattle >>
<< Stabiliamo
che quella città non venga più pronunciata da noi due? >>
<< Assolutamente
no. La utilizzerò per quando sarai troppo felice o per farti sentire in colpa >>
sorrisi.
Ci abbracciammo.
Dio, quanto mi piaceva questa sensazione.
<< Oh
eccola >> arrivò da dietro di noi una guardia della Casa Bianca << Il
presidente sta preparando il discorso e vuole che si prepari >>
<< Va
bene >> Leon si alzò << Arrivo >> disse, poi, all’uomo.
Mi alzai
insieme a lui e ci dirigemmo in mezzo alla folla ammassata sotto il palco.
<< Non
ho ancora visto Claire e Chris, e neanche Hunnigan >> gli dissi.
<< Chris
e Claire non sono venuti, mentre Hunnigan dovrebbe trovarsi qui in giro >>
Nel palco si
stava avvicinando verso il microfono un uomo e iniziò il suo discorso << Signore
e signori, un po’ di silenzio per favore. Oggi siamo qui riuniti per celebrare
il ritorno di un agente che ha avuto coraggio nel salvare la figlia del
presidente degli Stati Uniti d’America! >>
La gente
applaudì e alcuni di loro si voltarono verso mio fratello che ricambiò con un
sorriso forzato.
<< Siamo
lieti questa sera di avere con noi il presidente di questa nazione John Graham!
>>
Le persone
applaudirono con molta più forza ed energia specialmente quando dal palco sale
il presidente insieme a sua figlia che salutavano.
<< Grazie
>> il boato cessò << Grazie mille per essere qui stasera insieme a
noi. Sono molto felice di riavere mia figlia a casa, sarei perso senza di lei.
Ma questa festa, questo ringraziamento non è solo per celebrare il ritorno di
mia figlia, ma per festeggiare il coraggio e la forza dell’agente Leon Scott
Kennedy che ha rappresentato al meglio la nostra nazione! >>
Mio fratello
si sentì a disagio in mezzo a tutta quella folla e a tutto quel casino, mentre
io abbassai lo sguardo evitando i fari che riflettevano il profilo di mio
fratello e i volti entusiasti delle persone.
<< Agente
Kennedy, salga sul palco! Anche lei, signorina Kennedy! >>
“ Bene. Che
fortuna! ”
Presi la mano
di mio fratello e ci piombammo insieme davanti al microfono di fronte a tutti
quanti.
<< Fai
un bel discorso, Leon >>
<< Sì,
signore >>
<< John.
Chiamami John >> gli sorrise e sorrise anche a me << Vuoi dire
anche tu qualcosa per il rientro di tuo fratello? >>
<< No,
signore >> lo guardai in maniera cupa e mi limitai a dargli del “ Lei ”
per sentirmi superiore.
John, nonostante
la mia risposta, mi sorrise e mi accarezzò i capelli avvicinandosi a sua figlia
che, imbambolata, stava già ascoltando le parole di mio fratello.
<< Grazie
a tutti voi per essere qui con me. Sono lieto di aver rappresentato al meglio
questo paese che non mi ha abbandonato… >> lo fulminai con lo sguardo
<< … e che mi ha accolto in maniera clamorosa >> mentre la gente
applaudì al suo discorso.
Lui continuò
<< È stato un inferno lì, per niente piacevole né per me e né per
Ashley, ma ci sono state persone che ho avuto l’onore di incontrare che mi
hanno salvato la vita e si sono sacrificate per me >> fece una breve
pausa << Questa festa è per loro, non solo per me, quindi vi chiedo che
quando tornerete a casa, vi prego, pensate a chi è morto in battaglia da eroe e
non chi è tornato da sopravvissuto >>
Due lacrime
gli rigarono la guancia e gli occhi assunsero un lieve color rosso. Lo guardai
addolorata e lo abbracciai davanti a tutti.
Iniziai a
sentire gli applausi, ma l’udito si fa ovattato. Leon strinse le braccia attorno
alla mia schiena e affondò il viso nel mio collo e io nel suo.
<< Ti
voglio bene, fratellone >> ammisi.
<< Ti
voglio bene anche, piccina. Tantissimo… >>
Il
presidente poggiò le mani sulle nostre spalle << Congratulazioni! Sono
orgoglioso di voi >>
<< Grazie,
John >>
<< Grazie
>>
Finalmente
la cena finì e mi limitai a non salutare nessuno per evitare di parlare con qualche
rompi scatole. Mi piombai subito in macchina e aspettai tornare mio fratello
dal giardino. Arrivò e partimmo immediatamente.
<< Bel
discorso, davvero >>
<< Sarà
stata la tua presenza. Sei sempre onesta con le persone, dici le cose in faccia
>>
<< Perché
tu no? >>
<< No.
Non ho i peli sulla lingua come te, ecco! >> mi sorrise dolcemente.
Pensai di
nuovo a Krauser e alle parole di Ada. Lui stava bene, era questo ciò che contava.
<< A
che pensi? >>
<<
Niente >> risposi smettendo di fissare il vuoto << Che festa del
cazzo >> sussurrai poi.
<< C’era
gente del cazzo >>
<< Che
hanno completato questa festa del cazzo! Giuro avrei voluto dire a tutti quanti
di andare a quel paese! Se lo avessi fatto? >>
<< Il
presidente ti avrebbe ammazzata, Ele >>
<< Ma
non lo ha già fatto? >>
Leon sbruffò
<< La solita >>
<< Unica
nel suo genere; ti rammenterò sempre Seattle, mio caro e dolce fratello >>
<< Ne
terrò conto. Grazie, “Spacca culi” >>
<< Prego!
>>
Ritornando a
casa, piombai in camera e mi butto sul letto senza togliere i vestiti
addormentandomi profondamente.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3 (RE)
La
dormita non era stata affatto gradevole, anzi mi ero svegliata con la testa e
le braccia indolenzite.
Quando
decisi di alzarmi, sentii dei suoni provenire dalla cucina e capii che Leon non
era solo. Che fosse Krauser? O Ada? Magari aveva delle buone notizie?
Corsi
in bagno, mi lavai e mi pettinai scendendo per le scale.
Entrai
aprendo la porta.
<< Buongiorno,
Ele >> dice mio fratello.
<< Ciao >>
Mi
voltai e vidi Chris Redfield insieme a sua sorella Claire.
<< La
piccola “Spacca culi”! Ahahaha >> Chris mi vene incontro abbracciandomi
fortemente << Come stai, piccina? >>
Strinsi
anch’io la sua presa, mi era mancato << Benissimo! Non ti ho più
visto… >>
<< Ero
in missione anch’io e sono tornato ieri! Ecco perché non sono potuto venire
alla festa di ritorno per Leon >>
<< Non
ti sei perso nulla >>
Si
avvicinò Claire << Mi sei mancata tantissimo! >>
<< Come
vanno gli studi all’università? >>
<< Si
va avanti, comunque! Devo prendere altre due lauree e ho finito! >>
<< Mi
fa piacere sentirlo! È da tantissimo tempo che non vi
vedevo… >>
<< Ognuno
fa il suo dovere, o no? >> disse Leon.
<< Dovere
di onorare la patria? >> guardai Chris.
<< Dovere
di salvare il mondo >> rispose prontamente.
<< Sei
un uomo meraviglioso! >> esclamai senza timore. Lo era veramente.
Chris
è stato come un altro fratello per me, così come Claire. E poi loro due erano
fratelli perfetti, non come me e Leon.
<< Restate
per pranzo? >> chiese Leon.
<< Sì,
se non ci sono problemi >>
<< Vado
ad apparecchiare >> dissi.
<< Vengo
a darti una mano >>
Presi
piatti con i bicchieri e le posate per poi metterle in maniera ordinata sul
tavolo del salotto insieme anche ad una bottiglia d’acqua e una di vino aprendo
entrambe.
<< Ti
è sempre piaciuto fare le cose in maniera ordinata e precisa >> Claire
sorrise guardandomi.
<< Sì,
mi piace molto. Riesco ad essere ordinata >> ricambiai.
<< Ti
è mancato tuo fratello questi giorni? >>
Non
le risposi subito, ma mi limitai ad alzare lo sguardo e fissare un punto vuoto
della sala. Sì, mi era mancato… ma io ancora ce l’avevo con lui.
<< Sì,
abbastanza… >>
<< Abbastanza?
È stato mandato in un paese sperduto… È ancora per quel motivo? >>
<< Sì >>
<< Non
sarà facile per te dimenticarlo >>
<< Perché
se tu fossi stata al mio posto che avresti fatto? Avresti perdonato tuo
fratello e la tua patria? >>
<< Non
è facile… Ma molto probabilmente no, non l’avrei fatto >>
Non
aggiunsi altro limitandomi a sistemare la tavola e a spazzare il pavimento
anche se era pulito.
Arrivarono
Chris e Leon con il pranzo e ci sedemmo accendendo la televisione. Mio fratello
mette il telegiornale che subito parla di Chris e della sua missione.
<< Hai
ucciso qualcuno lì in Colombia? >> chiede Leon.
<< Zombie
su zombie, Leon. Di innocenti o sopravvissuti neanche l’ombra >>
Leon
fissa un punto vuoto e io lo guardo capendo ciò che stava pensando. Brutto
quando sei l’unico sopravvissuto in mezzo al nulla, dove puoi solo farti
compagnia con la pistola e la mente. Il resto? Solo ricordi.
<< Tutto
bene? >> chiese Claire a Leon.
<< Sì…
Stavo solo pensando >>
<< Perché
i telegiornali non dicono che l’America è onorata di riaverti in patria,
Chris? >> gli chiesi, fissando bene l’agente della BSAA, e mi beccai anche
uno sguardo fulminante da parte di mio fratello.
<< Perché
non ho salvato la vita alla figlia del presidente >>
<< E
che significa? Sei comunque andato in un paese in guerra, hai combattuto con le
B.O.W. e hai rischiato la tua vita! Non ci sarà nessuna festa di ringraziamento
per te? >>
<< Nessuna,
Ele >> la sua voce si fece roca.
<< Ele,
smettila >>
<< Un
altro motivo per odiare l’America! Se saltasse in aria questo paese… >>
<< Eleonora,
sono un soldato della BSAA e io cerco ogni giorno di distruggere i virus,
sacrifico la mia vita e ti dico una cosa, io ho scelto questo mestiere! Non ci
sono capitato a caso come tuo fratello >>
<< Non
sono d’accordo, comunque >>
<< Non
sei mai d’accordo su nulla tu… >> iniziò mio fratello.
Lo
interruppi << Ma stai zitto! Parla quello che… >>
<< Se
solo la smettessi di essere così arrogante… >>
<< …Che
non è riuscito a rifiutare un ordine che è stato stabilito dall’alto!
Pessimo >>
<< …così
arrogante magari capiresti cosa significa! >>
Chris
si alzò di scatto << Hey! Smettetela! Ma che vi prende? >>
<< Non
ho fame >> dissi e mi diressi verso la porta.
<< Falla
finita, Eleonora! Sei una ragazzina! >> mio fratello si alzò a sua volta.
<< Però
che occhio! Sei così sveglio anche quando lecchi i piedi al presidente! >>
<< Eleonora,
torna qui! Fatela finita! >> Urlò Chris.
<< Chris,
fermo… >>
Presi
la borsa e la giacca e me ne andai sbattendo la porta di casa lasciandoli soli.
Tirai
fuori le cuffiette con l’iPod ed ascoltai la musica iniziando a piangere.
Odiavo
mio fratello, odiavo l’America e odiavo tutto ciò che completava l’America.
Speravo vivamente che questo paese saltasse in aria da un momento all’altro.
Presi
il primo autobus che passa e scesi alla fermata davanti ad un parco, per mia
fortuna mezzo vuoto. Il giovedì non c’era molta gente, così mi allontanai dalla
strada e mi sdraiai sotto un albero mentre presi un libro da finire da leggere.
Mi
addormentai e mi svegliai improvvisamente tardi notando che il cielo si stava
imbrunendo. Presi il telefono e notai, oltre le cinque chiamate perse di Leon e
due di Chris, che erano le diciannove e dieci, così decisi di prendere lo
stesso autobus ma di andare al centro… non volevo tornarci a casa.
Entrai
in un negozio di CD e guardai attentamente se nel mio genere preferito fosse
uscito l’ultimo album dei System of a Down. Squillò di nuovo il telefono e
comparse la chiamata di Ada, sicuramente era da mio fratello ma decisi,
comunque, di risponderle.
<< Pronto? >>
<< Ele!
Dove sei? Io e tuo fratello siamo preoccupati! >>
<< Me
la passi, per favore? >> sentii dire dall’altra parte del telefono e io
attaccai di colpo. Mio fratello per oggi non lo volevo né vedere né sentire.
Il
telefono squillò di nuovo e lo misi al silenzioso.
<< Scusa,
disturbo? >> mi girai e vidi un ragazzo all’incirca della mia età
sorridermi timidamente.
<< Ci
conosciamo? >>
<< Sei
la sorella di Leon Scott Kennedy? >>
<< Sì…
allora? >> non mi piaceva questo tipo.
<< Mio
zio lavora al governo e mi ha parlato molto bene di tuo fratello, poi mi ha
anche detto che lui ha una sorella… >>
<< Chi
sei? >>
<< Oh,
mi chiamo Nicolas, sono uno studente del campus della Casa Bianca >>
<< Campus
della Casa Bianca? >>
<< Sì,
è dove studiano i ragazzi che… bè, ecco… >>
<< I
ragazzi che hanno i soldi! Ho capito. Che vuoi da me? >>
<< Niente,
volevo solo salutarti… Vedi, dovresti essere orgogliosa di tuo… >>
<< Scusa >>
mi allontanai facendo finta che mi stesse squillando il telefono, già non lo
sopportavo più quel moccioso.
Uscii
dal negozio e andai a mangiare un pezzo di pizza.
Quando
ero uscita dalla pizzeria, tre uomini si posizionarono davanti a me bloccando
il mio passaggio.
<< Eleonora
Kennedy? >>
<< Chi
siete? >>
<< Amici
di tuo fratello >> il più alto cercò di prendermi per il polso ma io mi
scansai.
<< Senti,
Ele ci ha chiamato tuo fratello. Siamo suoi colleghi e ti riportiamo a
casa >>
<< Lasciatemi
stare! >> mi allontanai ma loro mi presero.
<< Dai
su Eleonora! Non sei una bambina! Hai diciassette anni! >> mi afferrarono
per la vita mentre io cercai di divincolarmi.
Provai
ad urlare << Aiuto! >> ma uno di loro mise la mano davanti alla mia
bocca.
<< Ci
fa passare anche per criminali, la mocciosa! >>
<< Andate
a fanculo, stronzi! >>
Mi fecero
entrare in macchina e mi portarono davanti casa.
<< Dai
“Piccola Spacca-culi” scendi! >>
Mi
voltai di scatto e notai il sorriso dell’agente. Lo riconoscevo << Tom! >>
<< Ciao
piccolina! >> mi abbracciò.
<< Io
non… ti avevo riconosciuto! >>
<< Non
vieni mai a trovarmi, sono passati anni da Seattle… Sei cresciuta! >>
<< E
tu invecchiato! >> lo abbracciai di nuovo. Tom era un agente fantastico, mi
piaceva molto il suo carattere. Era simpatico, divertente e ottimista.
<< Dai
scendi… >>
<< Posso
venire da te? >>
<< Non
se ne parla, Eleonora! Tuo fratello ci… >> iniziò quello davanti.
<< Fanculo
tu e mio fratello! Ti prego, Tom! >> congiunsi le mani.
<< Non
posso, Ele. Torna a casa, fatti una doccia e buttati sul letto. Domani mattina
sarà tutto passato, sai che è così >> mi accarezzò le guance e poi mi
baciò la fronte.
<< Okay >>
Scendemmo
insieme e mi accompagnò davanti alla porta suonando.
Mio
fratello aprì la porta e, vedendomi, subito mi buttò dentro casa con uno
strattone mentre ringraziava il suo amico.
Sbatté
la porta << Dove cazzo sei stata?! >>
<< In
giro >>
<< Ma
ti rendi conto?! Io e Chris ti abbiamo chiamata mille volte! Io mi chiedo che
ti passa per il cervello! Ada era più preoccupata di me, cazzo! >>
<< Mi
metti in punizione? >>
<< Io
ti prendo a schiaffi, è diverso! Cristo Dio! >> si poggiò al tavolo
<< Mi hai pure fatto chiamare Tom! >>
<< È
stato un piacere rivederlo, è invecchiato >>
<< Stai
zitta! Vattene in camera, per oggi ne hai combinate anche troppe! >>
<< Ada
ha detto qualcosa? >>
<< Riguardo
cosa?! >>
<< Krauser >>
Mi
guardò << No… >>
<< Almeno
dimmi la verità su Krauser… >>
<< Sta
ancora da lei, in settimana vado a casa sua per fare il trasferimento. Ora
vattene! E domani vieni con me dal presidente >>
<< Per
fare cosa? >>
<< Ti
iscrivo al Campus! Almeno fai qualcosa! >>
Non
dormii per quasi tutta la notte.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4 (RE)
<< Svegliati! >>
mio fratello mi diede alcuni colpetti sulla spalla.
<< Mh… >>
alzai lo sguardo << Che c’è? >>
<< Andiamo
dal presidente >>
<> mi buttai sul letto coprendomi il viso con il cuscino.
<< Alzati!
Non te lo ripeto più! >>
Mi alzai e
per un quarto d’ora fissai il vuoto, finché poi non decisi di prendere una
maglietta a caso con dei pantaloni.
Mi preparai
in bagno e poi scesi in cucina mangiando cinque biscotti e sorseggiando del
caffè.
<< Vieni
così conciata? >>
Non gli
risposi.
Una volta
saliti in macchina accesi la radio per sentire le informazioni, ma non davano
nulla di interessante.
<< Che
ti aspettavi di sentire? >>
<< Qualcosa
su Chris. O sapere se continuavano a parlare di te >>
<< Mpf!
Diranno le stesse cose >>
<< Come
sempre >>
Lo vidi guardarmi per alcuni momenti e ciò mi dava fastidio. << Che c’è? >>
<< Stavo
pensando a ieri >>
<< Sei
riuscito a cenare senza di me? >>
<< No.
La prossima volta che te ne vai di casa ti do due schiaffi! >>
<< Sì,
sì >> poggiai i piedi davanti al sedile.
<< La
devi smettere con questo atteggiamento! >>
<< Sai,
da quando sei tornato continuo ad avere giornate storte. Che ti abbiano
lanciato un malocchio lì in Portogallo? >>
<< Stranamente
anche le mie lo sono diventate! Che coincidenza! >>
<< Allora
dovresti sbarazzarti di me >>
<< Sai una
cosa, sorellina? Se la smettessi di essere una ragazzina magari i rapporti
andrebbero bene! Continui solo a lamentarti su tutto quanto, sul mio lavoro,
sulla mia vita e sull’America! E se un domani qualcuno dovesse romperti in
continuazione sulla tua vita non la troveresti affatto una cosa gradevole.
Prova a metterti nei miei panni per una volta >>
<< E tu
prova ad essere abbandonato in una città dove tuo fratello ti abbandona per
seguire una che non gliela da >>
<< Sono
anche io rimasto solo quando ho dovuto salvare la figlia del presidente, non
c’era nessuno con me! >>
<< Eri
armato, ti hanno pagato e hai avuto una bellissima festa di ringraziamento! Io
allora? Sono tornata, ero disarmata quando rimasi lì e, per di più, nessuno
fece nulla per me! Tu non venivi a trovarmi, ero sola e per di più pensavo
sempre a Krauser… Non stupirti se voleva ucciderti! Anzi, se lo avesse fatto lo
avrei ringraziato in una maniera doverosa! >>
Ero riuscita a zittirlo e rimase fisso a guardare la strada guidando.
Continuai
<< Prova tu ad essere nei miei panni. Cosa vuoi fare portandomi al Campus?
Lasciarmi lì? Mi sono informata ieri quando sono tornata a casa a riguardo,
possono essere lasciate le persone che vivranno e studieranno se vogliono in
maniera autonoma o nella scuola professionale del governo! Ci ho pensato e non
mi sembra male come idea, magari non ci rivedremo più e magari non avrò tue
notizie! Accetterò! Spero la mia vita cambi lì dentro >>
Per tutto il
tragitto non parlammo e quando eravamo arrivati, venimmo portati nell'ufficio del presidente dai due uomini
che precedentemente mi accolsero alla Casa Bianca.
<< Ho
un appuntamento con il presidente >>
Ci
accompagnarono e il presidente li congedò accogliendoci entusiasta.
<< Leon!
Eleonora, ben trovati. Come state? >>
<< Bene,
grazie! >>
Non
risposi.
<< Allora,
arriviamo subito al dunque. Eleonora vieni qui >>
Mi avvicinai
e mi sedetti di fronte alla scrivania.
<< Non
so se… >>
<< Il
campus? Sì accetto. Sembra un’ottima idea! Almeno so come sfruttare il mio
tempo >> finsi un sorriso.
<< Devi
firmare, sai? Cosa vorresti fare? Studio autonomo o insieme ad altri ragazzi e
persone? Sono molte persone >>
<< Autonomo >>
Il
presidente mi spiegò i ruoli da svolgere: in pratica dovevo studiare molto, avevo il diritto
ad allenarmi con le armi (se volessi studiare per diventare un’agente) e il
Campus era come una nuova casa. Ci saranno ricevimenti nel grande giardino e
il Campus sarà molto vicino alla Casa Bianca.
“Cazzo sì!”
pensai “Questa faccenda mi piace!”
<< Accetti
tutto, Ele? >>
<< Certo! >>
Firmai il mio
nome su un documento e ringraziai il presidente. L’unica volta che si meritava un
“grazie”.
Tornando a
casa preparai subito la valigia mettendo tutti i miei vestiti e gli oggetti della
mia stanza.
Mio fratello
si affacciò all’uscio e mi guardò buttare tutti i miei casini nella valigia.
Non ero mai stata così contenta.
<< Forse
te ne servirà un’altra >> mi disse.
<< Ho
questa valigia e quei due borsoni là! >> indicai.
<< Mi
fa piacere vederti felice… >>
Non
risposi.
<< Quindi >>
continuò << non dovrò chiamarti? Le nostre strade si separano qui? >>
<< No,
purtroppo, visto che il Campus è praticamente vicino alla casa presidenziale
dove lavori anche tu. E poi >> lo guardai fisso negli occhi << io voglio
informazioni di Krauser >>
<< E le
avrai >>
<< Bene >>
Mi buttai sul
letto e ascoltai la musica, ma prima mio fratello mi si avvicinò e mi diede un
bacio sulla fronte << Sai >> iniziò << forse sarà un bene per
te. Può essere un modo per ricominciare da capo e forse riuscirai a non essere
sempre incazzata con le persone >>
<< Lo
spero >>
<< Buonanotte >>
<< ’Notte >>
La mia vita,
da questo momento in poi, cambierà.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo 5 (RE)
<< Questa
è la tua stanza >>
La signora
mi portò in una camera da letto più piccola di quella di casa mia, c’era solo
un letto, un armadio, una stanza con un bagno e una scrivania.
<< Grazie >>
posai le mie borse per terra e osservai i muri, erano circondati da bandiere americane
e stemmi del Campus.
<< Questo
è il modulo degli orari >> me lo appoggiò sul letto ed uscì lasciandomi
sola.
Aprii la
finestra e osservai il panorama, attorno a me c’era la Casa Bianca, un enorme
campo dove si svolgevano attività fisiche e un capannone enorme non molto
distante.
Guardai il
modulo e notai gli orari che si dovevano rispettare:
*08:00-09:00 colazione
*09:30-11:30 studio (i vari componenti del Campus
dovranno eseguire gli studi che preferiscono siano essi autonomi o collettivi)
*12:00-13:00 pranzo
*14:30-16:30 lavoro part-time (i componenti del
Campus sono liberi durante il fine settimana e, se vorranno uscire
dall’edificio per fare compere, svolgeranno un lavoro part time che gli
permetterà di guadagnare un salario. Nel retro del modulo ci sono i lavori)
*17:30-19:00 addestramento (per chi lo volesse, i
componenti del Campus sono liberi di scegliere di addestrarsi con le armi
insieme a degli insegnanti. Se lo vorranno, dovranno dirigersi nell’ufficio
della struttura e firmare su un foglio. I componenti che non vogliono svolgere
questo addestramento, svolgeranno altri ruoli)
*19.30-20:30 cena
*21:00.23:00 accesso libero (i componenti del Campus
potranno muoversi liberamente o all’interno dell’edificio o nel giardino, ma
non devono uscire dall’edificio stesso)
AVVERTENZA: NON SI FUMA ALL’INTERNO DEL CAMPUS, I
COMPONENTI SARANNO LIBERI DI FARLO SOLO FUORI L’EDIFICIO E NEGLI ORARI
CONSENTITI. SE UN COMPONENTE NON RISPETTA IL REGOLAMENTO PAGHERA’ 150 DOLLARI
DI MULTA.
<< Grazie
ancora per aver scelto di stare con noi >> finii di leggere.
“Sembra una
caserma” pensai, mentre giravo il foglio per vedere i lavori part time.
C’erano:
aiutante come inserviente per pulire l’edificio, aiutante per i camerieri nelle
cucine, cura per il giardino del presidente e del Campus.
Erano solo
tre incarichi ma, anche se non piacciono, dovevano essere comunque svolti: qui
al Campus i soldi non venivano regalati ai componenti.
Guardai
l’orologio e sono le 07:54 e decido di prepararmi per la colazione che
purtroppo dovevo passare con i componenti i quali si stupirono di vedere la
sorella dell’”Eroe” nell’edificio.
Infatti fu
così, poiché mentre scendevo dalle scale che portano nella sala dove c’erano i
banchetti, quasi metà delle persone presenti si girarono per osservarmi
scambiando brusii con il compagno accanto.
“Se ogni
giorno dovrò subire i loro borbottii, li ammazzerò uno ad uno” pensai, mentre
prendevo da un tavolo di Buffet le crostate con la marmellata insieme a del
caffè.
Mi sedetti
tenendomi lontana dalle persone, ma due tizi poco più grandi si misero di
fronte a me.
Alzai lo
sguardo, ma continuando a mangiare.
<< Sei
Kennedy? >> chiese il primo, il biondo con il ciuffo alla Elvis Presley.
<< Sì >>
<< E
come mai qui? >>
<< Cos’ha
di interessante? >> chiesi sapendo già la risposta.
<< Bè,
ci fa strano… >> rispose il suo amico, un ragazzo castano con i capelli
davanti all’occhio sinistro.
Feci un
cenno con la testa e continuai a mangiare.
<< Non
sei una che parla tanto, eh? Sembri caratterialmente diversa da tuo
fratello >> cercò di spiegarmi il castano.
<< Caratterialmente? >>
il biondo si voltò verso di lui << Ma come parli? Mica stai facendo un
esame, stai parlando con una ragazza! Scemo >> si voltò verso di me e
continuò << Lui è Jack, ha diciassette anni e praticamente si trova qui da
un anno come me, io, invece, sono Peter, diciottenne! Piacere >> mi
porgono la mano e la strinsi ad entrambi.
<< Eleonora,
diciassettenne >>
<< Allora,
Eleonora, ti trovi qui, odi tutto e tutti, lo leggo nel tuo sguardo eh >>
aggiunse dopo che gli avevo rivolto uno sguardo confuso e mi limitai a ridere, ma
lui proseguì << e avrai una gran voglia di vivere qui >>
<< Meglio
che stare a casa mia >>
<< Tuo
fratello è stato un grande, ma, guardandoti, sembra che tu ne abbia abbastanza
di questa storia. Giusto? >> aggiunse Peter.
Lo guardai
con interesse << Questa cosa da nell’occhio, perché mi ritrovo qui quando
potevo benissimo starmene a casa sperperando i soldi di mio fratello >>
<< Sarai
con noi? Negli studi e negli addestramenti? >> chiese Jack, cambiando
argomento a causa della mia risposta alquanto aggressiva
<< No.
Ho scelto tutto autonomo >>
<< Vedi!
È una cazzuta! >> disse sempre Jack.
Gli sorrisi,
certo sembravano due idioti dato che si presentarono in quel modo così, però
furono i primi a non scambiarsi parole riguardo la mia presenza qui nel Campus.
<< Comunque >>
dissi prendendo il vassoio alzandomi << credo stiano iniziando gli
insegnamenti. Grazie per la compagnia >>
<< Casomai
ci vediamo, magari nei lavori part time >> dice Peter.
<< O
anche la sera fuori. Fumi? >> chiese Jack.
<< No >>
rispondo.
<< Perfetto!
Gran figura di merda, Jack. Io e Peter, allora, ti aspettiamo fuori o nell’atrio
del Campus. Vuoi unirti a noi? >>
<< Sì.
Grazie, ragazzi! >> rispondo entusiasta. Non mi sarei mai aspettata di
rapportarmi con qualcuno in quel modo; sentivo, comunque, il bisogno di fare
qualche cazzata con amici della mia età. Mi sorrisero.
Li salutai e
mi diressi in una sala enorme, simile ad una libreria, dove mi stava aspettando
il mio insegnante privato con dei libri sopra un tavolo.
<< Scusi
il ritardo >> dissi sedendomi.
<< Sei
Eleonora Kennedy? >> mi chiese il signore.
Era un uomo magro e alto, anziano con i capelli bianchi e due
dolcissimi occhi marroni.
<< Allora
Eleonora, se ti fai un giro per la sala, cerca dei libri che vorresti studiare
e me li porti qui. Ci sono di tutti i generi >>
<< Io
scelgo le materie? >>
<< È autonomo il tuo percorso, tu scegli quello che vuoi >>
<< Mi
scusi, ma allora nello studio collettivo come… >>
<< Loro
scelgono la facoltà che vogliono imparare e la studiano insieme al gruppo.
Semplice >>
<< Va
bene, grazie >>
Mi sorrise e
mi allontanai cercando dei libri su cui basarmi. Avevo l’imbarazzo della
scelta, poiché c’erano dozzine e dozzine di categorie diverse. Il vantaggio
dello studio autonomo era che potevo imparare quello che volevo, e decisi di
iniziare con la psicologia. Era la mia materia preferita, mai
studiata a scuola però mi era sempre piaciuta: il modo in cui funziona la
nostra mente, i nostri stimoli, le nostre impulsività… e tante altre cose a cui
oggi non ci sono ancora risposte complete.
Presi tre
libri della base della psicologia e li portai al mio insegnante.
Lui mi
guardò << Psicologia? >>
<< Sì >>
<< Da
quanto ti piace? >>
<< Da
molto. Ho portato da casa alcuni miei libri >>
<< Questi
sono di studio, non da leggere >>
<< Lo
so >>
Finimmo per
le 11:25 e salutai il mio insegnante mettendo in ordine i libri che avevo
preso. Tornai in stanza e mi rilassai un attimo prima di scendere in sala per
il pranzo.
Presi l’Ipod
e scelsi “Hero” dei “Nickelback” guardando fissa il soffitto bianco pallido.
Ascoltai attentamente la canzone, mentre le melodie entrano nel mio cuore.
<< And they say that a hero can save us, I’m not
gonna stand here and wait. >> cantai sotto voce.
I
giornalisti dicevano che un eroe può salvarci, e quell’eroe era mio fratello.
Nessuno aveva intenzione di stare qui e aspettare. Aspettare. Io avevo
aspettato Leon. Avevo aspettato che tornasse dal Portogallo, anche se non
l’avevo elogiato. Me ne ero andata via di casa tornando tardi la sera. Avevo
voluto allontanarmi da lui. Ma per cosa? Per Seattle? Sì… Sì io ero stata
abbandonata lì da tutti e anche da mio fratello, però, in questo modo, capii la
situazione di Leon. Forse avevo sbagliato… Forse.
<< Now that the world isn’t ending, it’s love
that I’m sending to you. It isn’t the love of a hero, and that’s why I fear it
won’t do >>
Il mondo non
sta finendo, è ancora troppo presto, anche se non sembra. Perché prima l’uomo
stesso deve essere fermato. E Leon ancora doveva affrontare questo mondo non finito,
pieno di tumulti, e non è detto che ne uscirà vivo. Potevo solo amarlo. L’amore
poteva consolarlo? L’amore per un eroe come mio fratello? Ma Leon non era mai
stato un eroe! Non posso credere che le parole di una canzone mi stessero imballando
il cervello! Leon non era un eroe, lui era stato aiutato sempre nelle sue
missioni. Era solo un sopravvissuto. Gli eroi sono quelli che muoiono per
una causa, sono quelli che lottano ogni giorno in questo mondo non finito,
quelli che non vengono premiati con soldi nonostante abbiano sofferto. Non
sapevo nemmeno io se definirmi eroe, perché ero viva, ero sopravvissuta. Ora
che ci pensavo, Krauser era un eroe. O meglio, in quel momento era un sopravvissuto
perché non morì in Spagna, però quando mi aveva salvato la vita… lì era un
eroe.
<< Krauser… >>
mi alzai dal letto di scatto. << Krauser! >>
Presi il
telefono ed inviai un messaggio a Leon chiedendo informazioni su Krauser.
Aspettai tre
minuti e finalmente mi arrivò la sua notifica.
- Oggi sono
appena andato a casa di Ada. Lui sta bene, ti saluta e vorrebbe vederti -
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6 (RE)
<< Hey,
Ele! >>
Una voce
familiare richiamò la mia attenzione e voltai lo sguardo in cerca della persona
che mi aveva chiamata. In mezzo alla folla trovai i volti sorridenti di Jack e
Peter che alzarono la mano facendo segno di sedersi vicino a me. Mi affrettai a
prendere l’ultima portata del pranzo e raggiungerli felice.
<< Ciao,
ragazzi >> posai il vassoio e mi sedetti di fronte a loro.
<< Che
si dice? >> chiese Jack.
<< Mah,
niente di che sinceramente, credo che farò un salto per vedere l’addestramento
di oggi pomeriggio. Vuoi che ne pensate? >> li guardai.
<< Non
saprei sinceramente, dovrebbe essere una bella esperienza ma ci devo pensare un
bel po’ prima di prendere una decisione. >> disse Peter.
Jack mi
fissò << Io non credo, invece. Quando sarò adulto non voglio fare il
militare o la guarda del corpo americana, per cui non sono così sicuro di
addestrarmi >>
<< Capisco >>
presi alcune forchettate di pasta e le mangiai in tranquillità.
<< Perché
vuoi addestrarti? Vorrai far parte dell’esercito un domani? >>
Come spiegargli
che ero sopravvissuta ad un’apocalisse molto tempo fa. Seattle, gli zombie, le
persone che erano morte. Quando scelsi di addestrarmi all’accademia non l’avevo
fatto per essere un soldato, ma perché ero sicura che ci sarebbe stata
un’apocalisse un domani qui a Washington. Ne ero più che sicura.
<< No,
non penso. Però sono curiosa, tutto qui >> e in parte era vero.
<< Comunque >>
Peter finii di pranzare e allontanò il vassoio delicatamente << Vieni con
noi a vedere i lavori part time? Penso che quelli si possano svolgere
insieme >>
<< Certo!
Credo anche di ricordarmeli >>
<< Sì,
erano tipo lavori come inservienti, giardinieri e sguatteri nelle
cucine! >> affermò Jack.
<< I
piatti non li lavo >> replicò Peter.
<< I
cessi se li puliscono da soli >> Jack fece una smorfia con il naso.
Sorrisi ad
entrambi e dissi << Ci resta il giardino >>
<< Bé,
almeno lì non c’è puzza! >>
<< Dove
si firma? >>
<< Nello
studio del Campus. E credo che il lavoro part-time che scegliamo diventerà
indeterminato >>
<< Ma
senza contratto >> ironizzò Jack.
Restai
ancora per un po’a parlare con entrambi e iniziai a conoscere molte
particolarità di loro: Jack, già me ne accorsi da subito, era un ragazzo molto
carismatico e divertente. Disse che il suo punto forte era farsi degli amici e
circondarsi di loro, perché a lui piaceva esserlo e si trova sempre bene con le
persone. Adorava specialmente prendere in giro la gente vanitosa e ci sapeva
anche fare. Peter, invece, era l’opposto. Era un ragazzo intelligente e serio, ma
notai che con Jack riusciva ad essere un’altra persona. Peter era uno di quei
ragazzi un po’ freddi di carattere, sapeva il fatto suo, ma con l’aiuto del suo
amico si scioglieva, perché << Jack è mezzo scemo, ma non lo fa con
cattiveria. Sai E, è stato il mio primo amico del Campus a rivolgermi la
parola. Vero o no, Jack? >>
<< Sono
o non sono un vero amico? Eh? >>
Erano
entrambi molto uniti, avevano passioni che li accomunavano e poi furono i primi
a non avermi tartassata di domande riguardo mio fratello.
Parlando con
loro non mi accorsi del tempo che era volato e guardai l’orologio.
<< Accidenti,
ragazzi! Sono quasi le due! Dobbiamo andare >>
<< A
cosa servono questi lavoretti del cavolo, dico io >>
<< Per
mantenere pulito il Campus, no? Noi e gli inservienti >> ribatté
dolcemente Jack.
Ci dirigemmo
nello studio dove firmammo i nostri nomi nel documento che ci consegnò un
signore molto brusco
<< Questo
è per voi >> ci diede dei tesserini dove c’era scritto il nostro nome, le
nostre date di nascita e il lavoro che avremmo svolto.
<< Quanto
ci pagheranno? >> chiesi.
<< A me
lo chiedi? Io rimango solo qui, non vi seguo mica >>
Più acido di
me. Salutammo il signore ed uscimmo in fretta.
<< Bene,
quando iniziamo? >> Jack non vedeva l’ora di cominciare.
<< ”Alle
17:00 inizierà l’attività di giardinaggio. Tutti coloro che aderiranno sono
pregati di dirigersi oggi pomeriggio all’incontro di fronte alla Casa Bianca
del presidente. Ogni giorno, gli studenti parteciperanno a
quest’attività >> lessi il fogliettino.
<< Contento,
Jack? >>
Il
pomeriggio decisi di riposarmi e poi verso le 16 e 40 mi preparai per
l’attività.
E che
attività. Gli stipendi erano onesti: 150 a settimana. Ma il lavoro è una palla
assurda, non sto neanche a spiegare il perché… Fortunatamente mi mettevo vicino
a Jack e Peter per parlare un po’ con loro.
Dopo cena,
ci dirigemmo subito in cortile insieme ad altri ragazzi per respirare un po’
d’aria fresca.
Non so
perché, ma stavo ripensando a Krauser.
<< Tutto
bene, E? >>
<< Sì,
sì… oggi sono solo molto stanca >>
<< Vuoi
fare un tiro? >>
<< No.
Sentite, vi va di entrare? Ci sediamo sulle sedie nell’atrio. Qui fa abbastanza
freschetto >>
Annuirono e
mi seguirono. Quando entrammo, davanti ai nostri occhi c’era un ragazzo della
nostra età che si stava asciugando le lacrime con le maniche della maglietta.
<< Che
cosa ha fatto? >> sussurrai.
<< Non
lo so… provo ad avvicinarmi >> Peter si allontanò.
<< Hey >> sussurrò Peter, avvicinandosi di poco.
Il ragazzo
alzò lo sguardo e accennò un sorrisetto << Salve >>
<< Come
mai qui solo? Che ti è successo? >>
<< No,
nulla… Niente di che >>
<< Mi
chiamo Eleonora, tu invece? >> mi presentai, raggiungendo il mio amico.
<< Michael >>
<< Che
succede, Michael? Vuoi che ti accompagniamo dal direttore? >> propose
Jack.
<< No,
no! Meglio di no >>
<< Tieni >>
gli diedi un fazzoletto e lui ringraziò.
<< Qualcuno
ti ha fatto del male? >>
Michael annuì.
<< Chi
sono? >>
<< Si
chiamano Clay, Thomas e Marcus… uno di loro è il figlio del direttore del
Campus >>
<< E
qual è il problema? >> chiesi, anche se già sapevo la risposta.
<< Il
figlio è arrogante così come il padre, e quest’anno sono stato preso di mira
senza un motivo preciso. Non voglio raccontare nulla a nessuno perché ho paura
che mi caccino via e mio padre ha speso molti soldi per mandarmi qui >>
<< Tuo
padre lavora qui in zona? >>
<< Bè,
alla BSAA >>
Jack e Peter
mi guardarono.
<< Michael >>
iniziai << Io sono la sorella di Leon S. Kennedy. Sai chi è? >>
<< Sì! >>
esclamò << Lo conosco e tu… >>
<< Sì,
proprio così. Posso offrirti il mio aiuto? Non ho paura di teste calde come
questo certo… Chi è il figlio del direttore? >>
<< Clay >>
<< …Clay >>
conclusi.
<< Ma…
così non mandi in mezzo tuo fratello? >>
<< Ti
fidi di noi tre oppure no? Che ne dici se da domani stai con noi? Per noi non
ci sono problemi >>
Ci pensò a
poi annuì << Sì… grazie >>
<< Bene! >>
Peter si alzò << E ora, raccontaci cosa ti hanno fatto >>
<< Volevo
venire fuori, ma quei tre mi hanno preso e hanno iniziato a prendermi in giro;
mi dicevano “Ma tu guarda Walker! Quel gran coglione!” Ho risposto e come
risultato… >>
<< Che
ti hanno fatto? >>
<< Ho
dei lividi dietro la schiena… >> iniziò a piangere di nuovo e lo facemmo
sedere nel mentre si alzava per farceli vedere << Mi hanno allontanato da qui e ognuno di loro mi dava dei pugni
dietro la schiena mentre qualcuno mi teneva… >>
<< Questi
sono pazzi! >> esclamò Peter.
<< Michael,
devi denunciare! >>
<< No,
no, non posso! Vi ho appena detto… >>
<< Lo
facciamo noi! >> dissi << Domani cercheremo di vedere com'è la situazione e se insistono, interverremo.Senza
problemi. Se hanno qualcosa da dirti, la dovranno dire a tutti e quattro. È chiaro? >>
Finì così, e
Michael restò a dormire da Jack e Peter.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo 7 (RE)
Il mattino seguente aspettai i tre ragazzi sulle scale
e quando li vidi scendere, chiesi subito a Michael chi fossero i tre bulli in
mezzo a tutti gli studenti.
<< Loro tre, li vedi laggiù? >> indicò
l’unico trio lontano dagli altri allievi mangiare e ridere fra di loro
spensierati.
<< Oh mio Dio che cessi! >> esclamai.
<< Sì, lo so di essere meglio >> fece Jack.
<< Cento volte meglio! >>
Noi, dopo aver messo le pietanze sul vassoio, andammo
a sederci al nostro solito posto.
<< Mike, posso chiamarti così? Mi è
comodo >> chiese Peter.
<< Sì, va bene >>
<< Allora senti, fai studio individuale o
collettivo? >>
<< Collettivo. Credo che noi ogni giorno stiamo
insieme >>
<< Noi tre sì, Ele no perché fa quello
individuale. E di attività che svolgi? >>
<< Giardinaggio >>
<< Ah, sì? Ieri non ti ho visto! >>
<< Ieri stavamo annaffiando e pulendo anche le piante del Campus >>
<< Ah, ecco perché >>
<< Ragazzi, bulli a ore sei che ci fissano. Non
giratevi! Li guardo solo io >>
Mike, Jack e Peter restarono immobili mangiando,
mentre io mi beccavo gli sguardi imbruttiti dei tre ragazzi.
<< Che stanno facendo ora? >>
<< Stanno parlando male di me… mi fissano e
ridono >>
<< Ele, che intenzioni hai? >>
<< Io nessuna. Aspetto una loro mossa >> gli
feci l’occhiolino.
Ad un tratto uno di loro si alzò e si diresse verso di
noi.
<< Ciao, coglione! >> fece a Michael.
Lui annuì.
<< Ti sei fatto dei nuovi amici? >> e mi
fissò.
<< Una femmina anche? Lo sai che non ti
vuole? >> si affrettò a dire un altro raggiungendo il suo amico.
<< Dici? >> gli chiesi.
<< Fatti gli affari tuoi >>
<< E tu tornatene al tuo posto >> rispose
Jack.
<< Chi vi credete di essere? >> arrivò il terzo
<< Meglio se non ti dicessi chi sono! >>
esclamai.
<< Perché? Sei la figlia di qualcuno in
particolare, o parente? A me sembri solo una troia! >>
Jack si alzò in piedi così come Peter.
<< Che cazzo volete?! >>
<< Lasciate perdere. Noi non siamo come loro, non c’è bisogno di creare
casino con questi qua! >> esclamai ancora.
<< Attenta a come parli! >>
<< Attento tu >> mi alzai guardandolo fisso
negli occhi. Non temevo nessuno di quei tre.
<< Io sono il figlio del direttore di questo
posto, sai? >>
<< Nessuno te l’ha chiesto, sai? >> schernii
io.
<< Clay! >> esclamò uno << Lasciamoli
stare, sono solo dei poveracci. Come ha detto prima la ragazza, noi non siamo
come loro. Giusto? >>
<< Giusto >> dissi io.
<< Non dicevo a te >>
<< Il tuo amico ha perso la lingua, non vedi che
sta implodendo? >>
<< Te la vai a cercare ragazzina >>
<< Non vedo l’ora, così vediamo chi deve stare in
campana >> guardai i miei amici << Andiamo, noi non abbiamo nulla a
che fare con loro. Dopotutto, come ho detto prima, noi non siamo come loro.
Giusto? >> guardai l’amico di Clay.
Ce ne andammo per dirigersi ognuno nelle proprie sale
per svolgere gli studi.
Decisi di fare diritto oggi, e chiesi al mio
insegnante se poteva spiegarmi le leggi americane. Ho amato così tanto quella
lezione, mi ha fatto capire molto.
Il pomeriggio, chiamai Leon.
<< Pronto? >>
<< Hey, Leon >>
<< Ele, ciao! Come stai? >>
Sbuffai e rimasi in silenzio per un po’.
<< Cos’è successo? >>
<< Krauser? >>
<< Quando vuoi tu, andiamo a trovarlo >>
<< Davvero?! >> esclamai entusiasta, e la
discussione di oggi d’un tratto sparì. << E… Cioè dimmi qualcosa! >>
<< Sono stato da lui per molto tempo e abbiamo
chiarito riguardo ciò che è successo in Spagna, poi abbiamo parlato delle
nostre missioni passate e infine di te. Nonostante ora siamo “amici”, continua
a dire che tu sei sempre stata più sveglia di me. E su questo ci credo anche
io >>
<< Ma dai! Mi fa piacere sentirtelo dire,
comunque. Sono anche molto contenta del fatto che voi due vi siate
chiariti >>
<< Grazie, nana. Veramente. Comunque… >>
riprese << …Tu che combini? >>
<< Casini >> affermai.
<< Cioè? >>
E gli spiegai tutto.
<< Io verrei lì da te e ti darei gli schiaffi che
non hai mai ricevuto >>
<< Senti, finché non succederà nulla di grave,
non voglio metterti in mezzo… >>
<< Direi di sì, bimba >>
Continuai << …Ma ti chiedo un favore, più per
Mike che per me: aiutami. Trova in tutti i modi di stare dalla mia parte, e io
cercherò di non andare nel torto. Lo giuro, Leon. Qui c’è in mezzo Mike, e
vogliamo aiutarlo >>
Sospirò << E va bene, ti aiuterò. Ma tu, ti
prego, cerca di non perdere la testa, stai calma e non passare dalla parte del
torto. Okay? >>
<< Okay. Grazie, Leon >>
<< Di nulla; fammi poi sapere quando posso venire
a prenderti per portarti da Krauser >>
<< Se fosse per me, anche ora. Ma prima voglio
risolvere questa storia >>
Ci salutammo e decisi di iscrivermi ad “Addestramento
Militare” come avevo deciso già da molto tempo e mi informarono che
l’addestramento si sarebbe svolto dalle 17:30 alle 19:00. Praticamente dopo il
lavoro e prima della cena.
A cena raccontai a Mike, Jack e Peter il mio
addestramento militare; dissi loro che lo facevo per imparare ad impugnare le
armi e per tenermi pronta in varie situazioni.
<< Sono una sopravvissuta di Seattle >>
rivelai.
<< Cosa?! >> fecero tutti e tre
<< Vuoi
dire… >> iniziò Mike << Dove c’è stata l’epidemia… come a Raccoon
City >>
<< Sì… Ecco perché voglio addestrarmi. Non sapevo
come dirvelo… >> l’incubo che mi tormentò e che ancora adesso mi tormenta.
<< Anche tuo fratello Leon è un sopravvissuto.
Caspita! Siete uguali in tutti i sensi! >> esclamò Jake.
<< Grazie >> accennai un mezzo sorriso e
scrutai di nuovo la Sala.
Peter interruppe il silenzio << Credo non ci
siano stasera >>
<< Lo dici tu >> Mike aveva già puntato gli
occhi addosso ai tre bulli da un bel pezzo.
<< Ore? >>
<< Le tue ore sei, Ele >>
<< Capito. Non guardarli; ho promesso a Leon che
non avrei combinato più guai >>
<< Che cazzara… >>
<< Vai a quel paese, Jack >>
Mike non la smetteva di fissarli, e noi cercammo di
parlare d’altro.
<< Sapete, anche se non l’ho detto prima, mi
piacerebbe fare l’Addestramento Militare. Da grande vorrei lavorare nella
BSAA >> disse Peter.
<< Chris Redfield lavora nella BSAA! >>
esclamai felice ripensando a lui.
<< Lo so. Vorrei essere una sua recluta >>
<< E’ un gran capitano! Se mai dovessi entrare
nella base, ti auguro vivamente lui! >>
<< Ma lo conosci? >> chiese Mike.
<< Sì, è mio amico e di mio fratello >>
<< Ele! >> Mike guardò alle mie spalle. Mi
voltai e notai Clay, Thomas e Marcus che si stavano avvicinando a noi.
<< E così sei la sorella di Kennedy, eh? La
famosa Eleonora Kennedy! >>
<< Da quando sono famosa? Pensavo fosse mio
fratello quello importante >> cercai di mantenere il controllo, avevo
promesso a Leon di non fare casini.
<< E come mai la sorellina si trova qui? >>
<< Ma non dovreste bullizzare me? >> esclamò
Michael.
“Merda” pensai.
<< Tu che vuoi? Non ti sono bastate le
botte? >> fece Clay.
<< Se a me non sono bastate, tu non te le sei
proprio meritate! >>
<< Merda >> mi alzai e mi posizionai davanti
a loro tre << Andate via >>
<< Stai zitta! >>
<< Andate via, o rischiamo tutti e sette
stasera! >> Jack li avvertì.
Clay rise << Noi in pericolo? Casomai
voi… >>
<< Ci stanno guardando tutti. Smettetela di
mettervi in scena >>
Peter si avvicinò a me e mi tirò fuori di lì
<< Andiamo >> esclamò poi a Mike e Jack.
Ci ritrovammo in giardino.
<< Mike… >> lo guardai << Non fare
l’eroe >>
<< Non lo faccio, infatti! Ci stavano venendo
contro! >> mi ringhiò.
Feci lo stesso << Se uno di loro avesse provato
ad alzarmi le mani addosso o cosa, passavano dalla parte del torto e potevamo
benissimo dargli la colpa. E poi intorno a noi c’erano altri studenti che
avrebbero testimoniato per noi! Mike >> lo fermai prima che potesse dire
qualcosa << So che per te è un tormento vederli, ma se siamo tutti e
quattro concentrati, ce la possiamo fare. Intesi? >>
Annuirono.
<< Bene >> ripresi << Cosa
vogliamo fare? >>
<< Volete che vado a rubare qualcosa da mangiare
nella cucina? La cena è a metà >> propose Peter.
<< Non ho fame, grazie >> << Neanche
io >> << No lascia stare >> rispondemmo insieme.
Restammo seduti sulle panchine vicino alla fontana e
iniziai a raccontare loro dell’incidente a Seattle, di Krauser, e dei rapporti
con mio fratello. Ascoltavano attentamente senza interrompermi; rimasero
scioccati quando dissi che mio fratello mi abbandonò nella città, e aggiunsi
che quel gesto non glielo avrei mai perdonato.
<< E’ anche per questo che ti chiamano
“Spacca-culi”? >>
<< Probabile… >>
<< Mi spiace, Ele. Spero che tu qui riesca a
sentirti bene >>
<< Ogni giorno combatto contro me stessa. Ci sono
volte in cui Leon lo tratto malissimo, lo faccio sentire in colpa, lo voglio
vedere distrutto, mentre altre volte cerco di riallacciare i rapporti e fare
finta di nulla e non so quale di questi due atteggiamenti assumere. Leon, poi,
è strano; anche lui sembra costantemente in conflitto con sé stesso… >>
ripensai a quando mi parlò lui stesso della sua missione << Nel lavoro è
una persona estremamente seria, non lo metto in dubbio; ma nella vita reale…
Quando lo hanno complimentato per la missione svolta, sembrava fosse felice,
entusiasta e si… Non vantava, lui non si considera “eroe”, però… Non lo so. Mi
odio e basta. Non so neanche cosa provo realmente per mio fratello >>
Rimasero in silenzio tutti e tre. Io compresa.
<< Secondo me, dovresti essere sincera con te
stessa e dovresti anche lasciarti andare >> suggerì Jack.
<< Cioè? >>
<< Nel senso, dai troppo peso a quello che pensi.
Hai detto che non sai quale atteggiamento assumere, bè, per me dovresti
assumere quello che pensi sia più giusto >>
<< Cioè, entrambi? >>
<< No, Ele. Jack sta cercando di dire che tu se
vuoi provare a riallacciare i rapporti con Leon e senti che è una cosa che ti
fa stare bene, allora fallo e senza pensare troppo ai “se” e ai “ma”. Fallo e
basta >> spiegò Mike.
<< Esatto. Si dice che perdonare il prossimo ti
rende una persona migliore; se perdonassi tuo fratello, tu hai dimostrato di
avere carattere, perché hai subito, hai ragionato, sei maturata, hai scelto,
hai agito ed eccoti! La sorella di Leon Kennedy è diventata quello che ha
appreso. Se pensi che sia sbagliato perdonare tuo fratello, e se in futuro ti
pentirai della scelta, guarda il lato positivo: saprai di essere più forte di
quanto lo sei ora. Bruce Lee, sai chi è no? >>
<< Sì >>
<< Ecco, una volta lui disse che non dobbiamo
sperare in una vita facile, ma dobbiamo sperare di avere la forza
nell’affrontare quella che stiamo vivendo >>
<< "Non
pregare per una vita facile, prega per avere la forza di resistere ad
una difficile”. Diceva questo Bruce >> disse Peter.
<< Grazie, ragazzi >>
Nessuno mi aveva mai detto queste cose, e per la prima
volta mi resi veramente conto dell’importanza della loro amicizia.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo 8 (RE)
Subito dopo
lo studio individuale, mi diressi all’addestramento militare indossando
l’uniforme che ci avevano dato. Solo oggi mi resi conto che il mio insegnante
era Tom, uno degli amici di mio fratello.
<< Non
mi aspettavo di vederti qui >> gli dissi.
<< Nemmeno
io, “Spacca-culi”! Come mai al Campus? >>
<< Mi
ci ha voluto mandare mio fratello >>
<< Capisco >>
disse con amarezza << Ti trovi bene, almeno? >>
<< Sì,
ho dei nuovi amici >>
<< L’importante
è questo! >> mi diede una pacca sulla spalla << Ora, vai a prendere
gli utensili laggiù; oggi vi faccio fare circuito >>
Feci come mi
aveva detto e, insieme agli altri, completai il percorso ad ostacoli.
Scrutai gli
altri ragazzi che facevano l’addestramento con me e quando puntai gli occhi
verso quel ragazzo alto di carnagione chiara con occhi celeste acceso, ebbi un
colpo al cuore.
Thomas
Wright. L’amico bullo di Clay Green. Cosa diamine ci faceva qui?
Evitai di
incrociare il suo sguardo per non provocare ulteriori casini e decisi di
mettermi in fila indiana cominciando con l’esercizio fisico.
Questo tipo
di esercizio si chiama “FITT”, che sta per “frequency, intensity, time, type”.
La frequenza rappresenta l’equilibrio tra i momenti riposo ed i momenti di
esercitazione; l’intensità, invece, rappresenta il carico di lavoro a cui
sottoponiamo il fisico; il tempo rappresenta la durata di una sessione di
allenamento (di solito quando l’allentamento è intenso, non si devono superare
i 60 minuti); il tipo, infine, rappresenta le tipologie di esercizi che eseguiamo.
I tipi di esercizi devono essere coerenti con i risultati che vogliamo ottenere
(forza muscolare, massa, cardio).
Tom ci
disse che l’allenamento deve essere composto in questo modo: 5 – 10 minuti di
warm-up (riscaldamento); da 20 fino a 60 minuti di esercizi combinati
per l’aerobica e l’anaerobica; 5-10 minuti di defaticamento per
ritornare alla condizione cardio-circolatoria nella quale ci trovavamo prima di
intraprendere l’attività.
Ci informò
anche che non dobbiamo fermarci durante l’allentamento perché potremmo
avvertire nausea, vertigini o, addirittura, svenire.
Così accadde
a tre ragazzi, e intervennero altri componenti per portarli in infermeria. Io
riuscii a cavarmela fino a fine lezione, provando un leggero senso di nausea
che mi portò immediatamente fuori la sala per prendere una boccata d’aria.
<< Oh
Cristo… >> esclamai senza fiato.
<< E’
sempre così i primi giorni; ti ci abituerai >> Tom si posizionò accanto a
me guardandomi << Come mai hai scelto di fare addestramento militare?
Anche tu vuoi entrare nella BSAA? >>
<< No,
affatto. Per… cavarmela >> non riuscivo nemmeno a parlare.
<< Non
sforzarti troppo ora, vai a farti una doccia. Ci vediamo domani, Ele >>
Lo salutai
con un cenno del capo e presi un ultimo respiro prima di andare a farmi una
doccia bollente.
Il solo
pensiero che dopo l’addestramento dovevo svolgere attività lavorativa, mi
ammazzava sempre di più. Ma quando arrivai raccontai subito a Jack, Peter e
Mike dell’incontro con Thomas nell’addestramento militare.
<< Ma
sei seria? E che ci fa uno come lui là? >>
<< Forse
un domani vorrebbe far parte della BSAA… >> ipotizzò Jack.
<< Stava
per sentirsi male… Non so come starà stasera >> dissi.
<< Ti
stai preoccupando? >> chiese Mike, fissandomi.
<< No >>
risposi prontamente << E’ anche quello che si merita, giusto? >>
Dopo cena,
come al solito, andammo in cortile e ancora mi chiesero qualche cosa in più su
mio fratello.
<< Continui
a sentirlo, oppure no? >> Mike si sedette vicino a me.
<< Sì,
sì, lo sento. Non tutti i giorni; per esempio, oggi non l’ho chiamato.
Sicuramente lui avrà avuto da fare >>
<< Sicuramente
il presidente avrà voluto ringraziarlo ancora una volta >>
Oppure
semplicemente stava facendo quel favore ad Ashley.
<< Anche >>
mi limitai solo a dire << Cosa vogliamo fare? >> chiesi poi.
<< Direi
di entrare, oggi sono abbastanza stanco >> disse Peter.
<< Idem >>
Mi alzai, ma
in quel momento Mike mi chiamò << Ele, quei tre si stanno
avvicinando >>
<< Oh
mamma mia, che palle questi! >> esclamò Jack.
<< Hey,
hey! >> urlò Clay da lontano << Guarda chi c’è! >>
<< Ciao,
“Spacca-culi”! >> fece Thomas << Ti ho vista oggi all’addestramento
militare. Cos’è? Vuoi diventare un soldatino della BSAA? >>
<< Potrei
chiederti la stessa cosa, sai? >> riproposi.
<< Non
sono affari tuoi sapere cosa voglio fare >>
“Lo stesso
vale per te” pensai.
<< Michael,
ma perché non esci da questo covo e non affronti le persone? Ancora ti fai
accompagnare da loro? >>
<< E
perché, tu quando l’hai picchiato eri solo? O c’erano anche i tuoi scagnozzi?
Non ti abbiamo mai visto solo >> rispose Jack, pronto come sempre.
<< Le
vuoi, coglione? >>
<< Dammele,
se proprio ci tieni >>
Mi voltai
verso di lui ma ricambiò con un occhiolino. Capii quello che voleva fare. Peter
e Michael stavano in silenzio a fissare Jack, impavido.
Clay lo
ignorò e fissò me << E’ lei che voglio >>
<< Scordatelo >>
<< Non
mi interessa se sei la sorella di uno che lavora per il presidente, sei troppo
impertinente per me e ti metti in mezzo in situazioni non tue >>
<< Concordo >>
ironizzai sempre.
<< Scusa
una cosa >> iniziò Thomas << ma per caso usi il tuo punto G per farti
piacere anche al nostro istruttore? >>
<< Hey!
Basta! >> Jack si stava per avvicinare ma lo fermammo immediatamente.
<< Stai
calmo, non mi faccio provocare >> sussurrai.
<< Idiota… >>
esclamò Marcus.
<< Comunque >>
ripresi << Rispondo alla tua domanda: può anche darsi. Ma non sapevi che
le donne hanno una marcia in più? Non tutti nascono fortunati come noi,
no? >>
<< Hai
ragione, non tutti nascono troie >>
<< Mi
spiace, ma noi saremo sempre un passo avanti a voi. Sappiamo già come fare
carriera >>
<< Io a
questa la picchio! >>
<< Fatela
finita! >> esclamò Peter.
<< Non
penso proprio >> Clay mi diede uno schiaffo e Thomas iniziò a picchiare
Jack e Peter insieme a Marcus. Intervenne anche Mike che le prese di brutto da Clay dopo che si allontanò da me.
Con uno strattone lo allontanai da Mike che mi aiutò ad aiutare Jack e Peter.
<< Pezzi
di merda! >> urlò Clay.
Jack e Peter
erano quelli ridotti peggio: avevano entrambi un occhio nero e Jack perdeva
sangue dal naso, mentre Peter dal labbro. Io e Mike avevamo solo dei lividi sul
viso. Lo stesso valeva per quei tre.
<< Andate
via… >> esclamai.
<< Non
penso proprio >> disse Marcus.
<< Andate
via, cazzo! >> urlai sempre di più. Avevo la gola in fiamme e iniziavano a
dolermi le braccia e le gambe << O saranno guai >>
<< Guai?
Cosa pensi di fare, stronza? >>
<< Meglio
se non te lo chiedi >> volevo picchiarlo di brutto.
<< Chiamerai
tuo fratello? Il tuo eroe? Se vuoi ti presento mio padre! >>
<< Mi
basti tu per capire che tipo è tuo padre! >>
Clay si
avvicinò e mi sferrò un pugno sul naso, mentre i suoi due amici avevano già
preso di mira i miei amici.
<< Cazzo,
Ele! >> sentì urlare Mike.
Riuscii ad
allontanare Clay e mi pulii dal sangue, ma non riuscii a trattenermi; gli diedi
un calcio in mezzo alle gambe e cadde in ginocchio. Gli sferrai un pugno sulla
tempia e, poi, sul labbro. Da dietro, Thomas mi diede un calcio sul polpaccio e
caddi a terra urlando. Si posizionò sopra di me e tentò di soffocare la mia
bocca, mentre con l’altra mano continuava a picchiarmi. Gli morsi le dita e,
fortunatamente, intervenne Peter dandogli una bastonata dietro la schiena.
Quella
sera
non avremmo dovuto allontanarci dal cortile principale, avevamo
sbagliato a farlo per evitare di incontrarli. In quel momento pensai
che nessuno ci
avrebbe sentito, ma mi sbagliavo. Alcuni ragazzi avevano osservato la
scena
dalla finestra e avevano chiamato gli addetti al Campus. Venimmo tutti
quanti
ricoverati in ospedale dove mi tamponarono il labbro, gli occhi, il
naso e
tutto il viso. Le braccia e gambe ancora mi dolevano e mi fasciarono
solo le
prime; mi dissero di riposare e che domani avrei trascorso la giornata
in
stanza da ricovero.
<< E’
meglio che ti riguardi. Tu e i tuoi amici siete messi veramente male, è un bene
che qualcuno vi abbia visto. Il tuo amico Jack ha entrambe le braccia
rotte >> mi spiegò pazientemente l’infermiera. La ringraziai e la vidi
chiamare qualcuno.
Mio fratello
entrò e mi abbracciò non in maniera troppo stretta. << Porca puttana,
Ele! >>
<< Mi
dispiace; Clay ha iniziato dandomi uno schiaffo e hanno picchiato i miei amici.
Abbiamo reagito e so di aver sbagliato, veramente! >>
<< L’importante
è che… Non ti sia successo nulla di… niente di peggio >> mi guardò e mi
sentii in colpa << Hey >> alzò il mio viso << Non preoccuparti,
ti aiuterò. Tutti voi. Ne parlerò con il presidente, okay? >>
<< Fallo
per Mike e gli altri, non per me >>
<< Stai
tranquilla. Il presidente conosce il
padre di Clay Green, Alex Green… >>
<< Lo
conosci anche tu? >>
<< E’
direttore del Campus solo per merito di suo padre, ma non ha voce in capitolo,
anche se suo figlio studia qui. Te lo ripeto un’ultima volta, stai tranquilla.
Devi riposarti e rilassarti, soprattutto >>
<< Va
bene, grazie >> lo guardai sorridendo.
<< Sei
una grande, “Spacca-culi”. Avrei reagito anche io così… >>
<< Davvero?
Io pensavo che… non lo so, finivi di prendermi a sberle! >> ironizzai.
<< Bè,
guarda il lato positivo di tutte queste percosse; gli schiaffi che non hai mai
preso te li sei meritati ora >> sorrise.
<< Tu
non ti arrendi mai, vero? >>
<< No,
mai >> mi baciò la mano teneramente. Gli accarezzai il viso.
<< Come
stai, tu? >>
<< Bene,
bene. Ho mandato altri rapporti al governo riguardo le Plagas, e ho sentito
Chris questi giorni >>
<< Oi,
sai che c’è un mio amico che da grande vorrebbe entrare nella BSAA? Peter! Non
me lo aspettavo da lui, sinceramente! Infatti vuole fare addestramento militare
proprio per questo. Anche uno di quei bulli, Thomas, fa l’addestramento però
non so per cosa >>
<< Se
mai vorrà entrare nella BSAA, dirò a Chris di trattarlo male >> sorrise.
<< Magari,
Leon. E’ quello che si merita! >>
<< Ora
riposati, domani sistemiamo la faccenda davanti al presidente con me e il padre
di Clay come testimoni. Sii sincera e non perdere mai la concentrazione, okay
nana? >>
<< Sì,
promesso >> lo guardai << E grazie >>
<< Di
nulla >> mi abbracciò e rimanemmo così per un bel po’.
Jack aveva
ragione, dovevo lasciarmi andare con mio fratello.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo 9 (RE)
Eravamo
nello studio principale del Campus, e insieme a me c’erano Mike, Jack, Peter, i
tre bulli, mio fratello, il presidente, Alex Green, Frans Walker, il padre di
Michael, e i genitori di Marcus, Thomas, Jack e Peter.
Clay mi
stava fissando in modo arrabbiato e mio fratello non toglieva gli occhi di
dosso da me e da lui; sapeva che, se non mi avesse aiutato, sarei stata in
pericolo.
<< Allora,
cos’è successo esattamente? >> chiese John, guardando tutti noi.
<< E’
successo che quei quattro ci hanno picchiato! >> ringhiò Clay.
<< Perché
hai iniziato tu >> rispose tranquillo Jack.
<< Non
parlatevi uno sopra l’altro! Voglio che tutti raccontiate come sono andati i
fatti >>
<< Diciamo
che tutto è iniziato due o tre giorni fa, all’incirca. Io, Eleonora e Jack
stavamo tornando dentro l’atrio del Campus e abbiamo visto Mike che stava
piangendo e ci raccontò di loro tre >> indicò Clay, Thomas e Marcus
<< e ci ha raccontato che aveva dei lividi dietro la schiena >>
Il padre di
Michael sussultò appena e guardò il figlio che, invece, abbassò lo sguardo per
la vergogna.
<< Abbiamo
deciso di aiutarlo. La sera è venuto a dormire da noi e il mattino seguente gli
siamo sempre stati vicini così come la sera; poi sono stati loro a infastidire
Eleonora e Michael e noi ci siamo messi in mezzo per difenderli. Io avevo paura
che qualcuno di loro potessero picchiarli, e poi ieri sera hanno iniziato loro
e abbiamo dovuto ricambiare >> Peter sembrava tranquillo da come parlava,
e questa cosa mi metteva solo ansia senza sapere il perché.
<< E
chi mi dice che non avete iniziato voi, invece? >> ringhiò Alex.
<< Basta
che guardi le ferite nostre e poi le loro. Quelli messi peggio siamo noi, mi
pare ovvio! >> Jack perse anche molta voce, non riusciva ad alzarla più di
tanto.
Continuai a
sentirmi in colpa. E’ stata colpa mia, pensavo che con l’aiuto di mio fratello
avrei risolto tutto, e, invece, avevo solo messo in mezzo i miei amici… Leon
non avrebbe mai reagito così di fronte ad una rissa, avrebbe calcolato bene la
situazione senza mettere in mezzo gli altri. Io sono stata solo impulsiva
credendo di fare la cosa giusta. Idiota che non sono altro.
<< E
quindi? >> riprese Alex << Potreste anche esservele fatte voi,
no? >>
<< Lo
stesso vale per suo figlio, allora. Perché se ragionassimo tutti come lei, non
ci sarebbe stato nemmeno il bisogno di convocare una riunione alle otto del
mattino nel suo ufficio >> ringhiai io.
<< Non
alzare la voce con me >>
<< E’
libera di fare quello che vuole, signore. E’ una vittima, ha il diritto di
esprimersi >> gli spiegò calmo mio fratello guardandolo. Lui non gli
rispose e guardò suo figlio Clay.
<< Non
dici nulla? >>
<< Io
dico che stanno mentendo. Tutti quanti! Partendo da lei >> mi indicò
<< La più persona più bugiarda che avessi mai conosciuto! >>
<< Cosa
ha fatto? >> chiese il presidente.
<< Prima
mi provoca e poi dice che l’ho picchiata! >>
<< Ti
sei messo nei guai da solo, Green! >> esclamai. Ed era vero.
<< Quindi,
affermi di aver picchiato per prima tu, la ragazza? >> chiese mio
fratello.
<< Lei
mi ha provocato! >>
<< Non è
una giustifica >> dissi e, poi, continuai << E’ vero che ti ho
provocato, ma l’ho fatto solo per fare in modo che ti allontanassi da Mike. Lo
avevi preso di mira insieme ai tuoi amici. Ho sbagliato, è vero! >> mi
guardai intorno << Scusi signor Walker se non sono riuscito ad aiutare al
massimo suo figlio >> e indicai Michael, che aveva subito anche lui le
percosse da parte loro << E chiedo scusa al signor Green, perché ho
provocato suo figlio per allontanarlo da un mio amico. Volete mandare via qualcuno
da qui per dei capricci? Perfetto, io sono pronta >> e guardai mio
fratello continuando a parlare << Come ho anche detto a Michael, avrei
promesso di aiutarlo e di non metterlo nei guai con il Campus. Scusa Clay se ti
ho provocato, va bene? Ti bastano le mie scuse? O ne vuoi, o meglio, ne volete
altre?! >> stavo iniziando a delirare, ero nervosa, arrabbiata con me
stessa e con tutti loro e volevo solo e soltanto uscire di lì. Respirai in
maniera affannata e ripensai a quello che avevo detto chiudendo gli occhi.
“Sono una cretina!” pensai “Sei impulsiva, stupida e inutile! Parli e parli,
senza mai concludere nulla. Leon poteva aiutarmi a restare, ma in questo modo
ho rovinato tutto”.
<< Grazie,
ragazza >> esclamò il padre di Michael << Per quello che hai cercato
e che continui a fare per mio figlio >>
<< Di
nulla, signore >> sorrisi appena.
<< Io
avrei una domanda da fare >> fece Jack.
<< Cosa
Jack? >> fece sua madre.
<< Signor
presidente, per caso qui al Campus ci sono delle telecamere? >>
<< Sì,
certo. Perché? >>
<< Possiamo
guardare i filmati dove veniamo ripresi noi con Clay, Thomas e Marcus? >>
Boom! Grande
Jack. Ho sempre saputo che eri uno grosso!
Il
presidente acconsentì e tutti noi guardammo le riprese di quando avevamo
incontrato Mike nell’atrio, della cena insieme e del giardino dove vennero
anche riprese le nostre percosse.
<< Bene >>
fece il presidente << Vorrei avere voce in capitolo su questa
situazione >>
Si alzò in
piedi e guardò tutti quanti << Intanto, signor Green, vorrei che suo
figlio venga espulso dal Campus. Ho visto anche troppo. E lo stesso vale per
Marcus King e Thomas Wright. Forse non vi siete resi conto della grave
situazione che avete creato >>
Mike e noi
sorridemmo senza darlo troppo a vedere e scambiai degli sguardi felici con
loro.
<< Ma
non è finita qui >> si voltò verso noi quattro << Espulsi per tre
giorni, perché non avete denunciato subito la situazione e avete reagito come
loro >>
<< Se
posso, signore. Jack e Peter voleva andare subito a denunciare l’accaduto al
direttore >> e guardai Alex << Ma avevamo paura, perché scoprimmo che
era il padre di Clay. La colpa è mia e sono seria. Diteglielo anche voi,
ragazzi. Basta con questa storia >> sospirai.
<< Sì,
va bene, ma avevi buone intenzioni >> disse Jack.
<< E
volevi proteggere tutti noi! Quindi, Ele, non dire cazzate per favore e non
fare l’eroina >> esclamò Mike.
Gli sorrisi
e ricambiò.
<< Grazie,
Eleonora, ma comunque tre giorni fuori dal Campus vi fate. Non mi interessa,
questa è una lezione che serve a loro come a voi >>
Subito dopo
andammo a firmare i fogli dove c’erano scritti i giorni della sospensione e il
motivo; poi, me ne andai in stanza e preparai le valigie con le borse.
Non era
ancora finita, però; certo, non era proprio questo ciò che mi aspettavo, ma mi
meritavo tutto. “Sei stata impulsiva, Eleonora? Bene, ecco quello che ti
meriti! Volevi fare l’eroina? Bene, ecco le conseguenze!”
Almeno non
sono stata espulsa del tutto e potevo ancora vedere i miei amici.
Scesi e
sulle scale vidi mio fratello aspettarmi.
<< Mi
dispiace >> dissi a lui << Non volevo rovinare tutto >>
<< Una
persona che si sacrifica per un’altra rovina tutto? Io questa cosa non l’ho mai
sentita >> mi aiutò a portare le valigie in macchina e mi fece salire.
<< Non
volevo finisse così, però >>
<< Lo
so, Ele. Ti capisco benissimo e, credimi, nemmeno io volevo che il presidente
stesso decidesse la tua espulsione. E, comunque, non gli ho raccontato niente;
sei riuscita a fare tutto da sola e hai risolto tutto tu >>
<< Davvero
non sapeva nulla?! Ma, perché… >>
<< Perché tu, infondo, sei come me. Te la sai cavare da sola aiutando gli
altri >>
Quelle
parole mi confortarono e gli sorrisi ringraziandolo. E’ bello stare con lui.
<< Ora
che facciamo? >> chiesi.
<< Ah,
giusto. Non te l’ho detto >> sorrise.
<< Cosa? >>
gli sorrisi anche io.
<< Andiamo
da Krauser >>
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10 (RE)
Il suo
braccio non era come nuovo, ma almeno quella sorta di “arma bionica” era quasi
del tutto scomparsa. In realtà, non aveva più la mano, c’era solo un artiglio
enorme da cui pulsava il muscolo che un tempo formava le dita. Riuscii almeno
ad abbracciarlo e ciò mi consolò veramente molto; Krauser, eri vivo. Il cuore
si riempì di gioia e speranza e non volevo lasciarlo più. L’uomo che mi salvò
la vita, che non mi abbandonò, di nuovo tra le mie braccia, vicino a me. Mi
accarezzò i capelli e ricambiai affondando il viso nel suo collo che si era
umidito di alcune mie lacrime. Ma che importava! Ci eravamo ritrovati; grazie
di essere sopravvissuto, Krauser.
Leon e Ada,
nel frattempo, ci avevano lasciati e mio fratello lanciò uno sguardo a Krauser
che sentì sorridere. Ad un tratto, senti che si staccò da me e mi asciugò le
lacrime dalle guance << E’ bello averti qui >> disse dopo avermi
guardata per un po’ negli occhi.
<< Sono
così felice! Non penso di esserlo mai stata in tutta la mia vita! >>
piansi dalla gioia.
<< Anche
io, Ele! Sei… cambiata così tanto >>
<< Anche
tu >> in effetti lo guardai meglio, e notai che aveva una lunga cicatrice
su tutto il viso che percorreva anche sul collo. Era decisamente più muscoloso
e robusto, le mani piene di calli e il braccio umano era ricoperto di tagli.
<< Sì… >>
rispose guardandosi alcune parti del colpo <>
<< Migliorato? >>
chiesi senza fargli concludere il discorso.
<< Era
quello che pensavo. Il braccio che ha assunto la forma di… arma biologica… era
già danneggiato quando ero andato in missione con tuo fratello in Sud America;
speravo che qualcuno me lo potesse curare, e invece >>
<< Bè >>
fissai il braccio, coperto da una lunghissima garza appena ricambiata << Ada te lo curato… no? >>
<< Sì,
ha fatto del suo meglio. Non avrei dovuto dubitare di lei, e nemmeno di tuo
fratello >>
<< Nemmeno
io >>
Si voltò
verso di me << Come stai? Io e te abbiamo molto da dirci >>
<< Già… E non so nemmeno da dove iniziare, sinceramente >> risi.
<< Bè,
dimmi cosa hai fatto oggi >>
<< Ah…
Sono stata espulsa per tre giorni dal Campus! Che culo, eh?! >> sorrisi
ancora di più.
Mi fissò
incredulo << Che cosa hai combinato? >>
<< Guai,
Krauser, guai >> e raccontai anche a lui della situazione in cui mi sono
trovata, dei miei amici, dei bulli e delle conseguenze. Ascoltò divertito ma
con molta attenzione.
<< Tuo
fratello cosa dice, invece? >>
<< Fortunatamente
è stato dalla mia parte, anche se lui non ha detto nulla al presidente >>
<< Guarda
che Leon, anche se non sembra, ti è sempre stato vicino >>
<< Anche
a Seattle? >> chiesi incrociando le braccia.
<< Anche
lì >>
<< E
cosa ha fatto? Mi ha solo abbandonata per seguire Ada lasciandomi lì; fortuna
che c’eri tu >>
<< E
secondo te, chi mi ci ha mandato lì? >>
<< C…
Cosa? Ma tu eri già lì, mi avevi detto che eri stato abbandonato dalla tua squadra
e che… >>
<< Aspetta! Vuoi
dirmi che Leon non ti ha mai raccontato la verità? Non ti ha detto del perché
Ada mi mandò lì? >>
“Ma cosa
significa? Perché Ada avrebbe dovuto mandarlo lì?”
<< Ma, Krauser…
Perché Ada avrebbe dovuto mandarti lì? >> continuai << E perché mi
hai mentito? >>
Sospirò.
<< Non solo io ti ho mentito, a quanto pare… >>
Mi guardò e
mi asciugò le lacrime dagli occhi. Mi abbracciò stretta e affondai il viso sul
suo collo, mentre lui mi stringeva le braccia. “Non solo io ti ho mentito a
quanto pare… Cosa voleva dire?”
<< Cosa
vuoi dire? >> gli chiesi << Chi altro mi ha mentito? >>
Non rispose,
e dopo mi guardò alzando gli occhi sui miei. Avevo capito.
***
<< Cosa
vi siete detti tu e Krauser? >> chiese Leon, dopo aver posato le chiavi
sul comodino di casa.
<< Perché
non mi hai detto la verità su Seattle? >> lo fissai anche se mi dava le
spalle.
Si voltò
lentamente e cercò di assumere uno sguardo per dimostrare di non avere colpe.
Non gli credevo più, ora avevo un altro motivo per tornare ad odiare mio fratello.
<< Cosa
hai saputo? >>
<<
Quello
che c’era da sapere. Krauser mi ha detto di parlarne con te.
Bè, fallo! >> mi stava venendo da piangere. Di nuovo.
<< Ele,
io… Non so da dove iniziare >>
<< Inizia
e basta >>
Ecco la sua
storia, la storia di un fratello che ha iniziato a lavorare per la Casa Bianca,
la storia di un uomo che non avrebbe mai pensato di compiere l’atto più duro
della sua vita, la storia di chi realmente
ha avuto la forza di allontanarmi da mio fratello.
<< Sai
perché non ho potuto salvarti a Seattle? Il presidente non me l’aveva concesso… Mi ha detto che non potevo sprecare armi per una città come
Seattle, diceva che era inutile mandare soccorsi, perché avremmo sprecato solo
uomini… Io e molti dei miei colleghi avevamo insistito, ma gli ordini superiori
non volevano ascoltarci... Lì c’era anche Ada e ho salvato lei per un motivo
ben preciso: mandare Krauser. Già lavoravano insieme e sapevo di potermi fidare
di lui un’ultima volta, sapevo che ti avrebbe salvata ad ogni costo, Ele. Io
capisco più di ogni altra persona al mondo il tuo odio per l’America e credimi,
non sei l’unica a voler vedere distrutto questo paese; ma non è questo il
momento di pensare a certe cose, io da quel giorno non ho fatto altro che
pensare a come raccontarti tutto e a come chiederti scusa. Soffrivi dentro, eri
cambiata, e io mi sono giurato di proteggerti per sempre, a costo della mia
vita. Ho ripensato a mamma e papà… >>
<< Non
nominarli, ti prego… >> le lacrime rigarono tutto il viso e la voce
diventò strozzata più che mai.
<< Ada
ti ha fatto compagnia quando sei stata salvata da quella città, perché io non
potevo accedervi. Mi dicevano “L’agente americano di grande valore non può
entrare in contatto con una ragazza probabilmente infetta”. Questa è stata la
loro riposta, e io sono crollato per due motivi: mi stavano usando e volevano
che mi allontanassi da te; e due, non sono mai riuscito ad andare contro e a
fare qualcosa di buono per te, ti ho solo causato dolore e odio… Nulla di più.
Io, che vengo considerato l’uomo più forte e temerario dell’America, non sono
riuscito a salvare te, l’unica cosa che ho di caro in questo mondo. L’unica
persona che mi è rimasta >>
Non dissi
nulla. Doveva finire di parlare.
<< Ogni
volta che mi insultavi, non stavo male perché criticavi il mio lavoro,
assolutamente no! Stavo male perché so quello che stavi provando… >> mi
guardò bene e io guardai lui << Sono io quello che deve sentirsi in colpa,
non tu >>
“Bene. Benvenuta,
Eleonora. Ora che sai la verità, ora che, come diceva Jack, hai assorbito, hai
il diritto di esprimerti; piangi, se devi; grida, se devi; picchialo tuo
fratello, se devi. Ma guai a te se crolli; sei stata già abbastanza debole da
insultare un tuo carissimo familiare per motivi totalmente diversi e questo è
ciò che ti meriti”.
<< Ele… >>
avevo lo sguardo perso verso la parete del muro e non so perché, ma ripensai ai
cadaveri dei miei genitori distesi sulla barella dell’ambulanza.
-Incidente
d’auto, signor Cooper- disse l’infermiere.
-Bene.
Avviserò i fratelli Kennedy; dopo di che, deciderò io sulla loro sorte. Li farò
trasferire in un’altra città da una nuova famiglia-
E che bella
quella nuova famiglia; volevo dire, per me lo era, la nuova “mamma” e il nuovo
“papà” erano persone premurose, ci volevano bene. Leon non ricambiò mai il loro
affetto.
<<
Grazie >>
riuscii a sussurrare << Grazie, per essere stato sincero con me,
anche se avresti dovuto farlo prima. Ho sonno, credo che andrò a
dormire, Leon. Mamma e
papà sicuramente saranno fieri di te, hai mantenuto la promessa
di essere un
buon fratello premuroso. Dovresti dirlo anche ai nostri nuovi genitori,
Alice e
Clark; loro ancora non sanno nulla di noi due, sarebbe un vero peccato
non
informarli dell’accaduto, no? >>
<< Ele,
che stai dicendo? Ci siamo traferiti, loro non… non li sentiamo più da
anni >> si alzò e si avvicinò a me.
<< Nemmeno
mamma e papà, però vivono dentro di noi. Mi sbaglio? >>
<< Ele,
tesoro >> mi prese un braccio, evidentemente preoccupato delle mie affermazioni
<< Andiamo a dormire insieme. Oggi è stata la giornata più brutta di tutta
la tua vita; vieni >>
Mi condusse
su per le scale e poi, con molta delicatezza, mi fece sdraiare sul letto rimboccandomi
le coperte.
<< Ma è
notte? >>
<< Sono
solo le diciotto del pomeriggio, è meglio se un po’ ti riposi >>
<< A
quest’ora stavo facendo addestramento militare… credo >>
<< Riposati,
io torno subito >>
L’ultima
cosa che vidi fu mio fratello prendere il telefono e scendere le scale mentre
compose un numero. Ambulanza? Non credo stessi per morire, ma avevo vertigini e
nausea… avrei vomitato da un momento all’altro. Oppure stava chiamando… Non so,
uno psicologo. La sorella Kennedy era impazzita, perché ha scoperto un segreto
che il fratello e molta altra gente che gironzolava intorno a loro le hanno
tenuto nascosto, per almeno un anno. Bada bene, un anno è abbastanza per
metabolizzare tutto quanto: il paese che ti volta le spalle, tuo fratello che
ti ha tradita per motivi politici, tuo fratello che viene mandato in missione
lontano da casa, tu che eri da sola senza nessuno, la visione dei tuoi genitori
morti, la mancanza dei nuovi tutori, la mancanza di Krauser, il bisogno di
amici, il bisogno di capire chi sei e cosa devi fare della tua vita, il ritorno
di tuo fratello, la notizia della morte di Krauser, e tante e tantissime altre
cose. Praticamente, è quasi meglio essere morti. E se in quel momento avessi
deciso di farla finita? Prendere delle lamette e tagliarmi le vene, oppure
buttarmi dalla finestra sperando di sfracellarmi il cranio. Ma, nel mio ego,
sapevo che non avrei mai fatto una cosa del genere, per un solo e semplice
motivo.
Sono
sopravvissuta a Seattle, e per di più senza mio fratello. Questo significa che
io sono molto di più.
Come disse
una volta Bruce Lee? Tu non devi vivere “per”, devi solo vivere. Bè, aveva
estremamente ragione…
Forse
era
arrivato il momento di raccontare a tutto il mondo la verità su
Seattle. “Sì,
come no Eleonora. Aspetta e spera. Chi vuoi che ti creda; il
presidente? Potrà
sempre dire che sei impazzita. Leon? Ma va! E che voce in capitolo
avrebbe lui.
Chi altro c’era… Bha… Forse… Forse! Ma
sì! Krauser! Se mostrassi a tutto il
mondo che lui è ancora vivo… Ma… Per cosa?
Cioè, sì è vivo e… bravo Krauser!
Sopravvissuto! Ma poi? Nel rapporto di Leon, Krauser ha tradito la
nazione e ora è in clandestinità da Ada... Certo, parlare
di tradire la nazione da parte di Krauser fa ridere. Il presidente,
allora? Non ha tradito me? Io non faccio parte della nazione? E
poi, che cosa importa alla gente di Seattle… Cosa importa alla
gente di me. Io sono solo la piccola “Spacca-culi”, giusto?
Sei sopravvissuta
ad un’apocalisse zombie, da sola?! Brava! Tu sì che hai
coraggio da vendere! E
mio fratello ha subito la stessa cosa, solo che lo hanno pagato e ha
avuto una
festa di ringraziamento… Anche se lui, nel 1998, si salvò
da Raccoon City,
quindi diversi non lo siamo così tanto. Hanno ragione quando
dicono che siamo
simili…”
<< Ele! >>
sentì Chris avvicinarsi a me << Che ti è successo? >>
<<
Perché
ci sei tu? >> chiesi curiosa, cercando di mettere a fuoco Chris
Redfield << Come stai, Redfield? E’ da un bel po’
che non ci vediamo >>
Mi toccò la fronte << Ha la febbre altissima, Leon! E i suoi occhi sono
lucidi. Portiamola all’ospedale nella seconda base della BSAA >>
<< Perché
proprio lì? >> chiese mio fratello.
<< Andiamo,
forza! Poi ti spiego! >> mi sentii sollevata da due possenti braccia e
venni condotta, di nuovo, in macchina; solo che questa era diversa. Mi
sdraiarono sui sedili posteriori e vicino a me si sedette Leon che mi coprì con
una coperta. Ma cosa diamine mi stava succedendo? Perché improvvisamente mi
sentivo debole, e perché stiamo andando in ospedale?
<< Leon? >>
sussurrai.
<< Riposati.
Chiudi gli occhi e non pensare a nulla… Inspira ed espira. Ti cureremo, e tu ce
la farai >>
Che strano,
mio fratello non è tipo da dire queste cose a caso.
Il mio
sguardo si posizionò sul braccio destro e notai che in esso erano presenti tre
tagli dove fuoriusciva del sangue, e intorno si era formata una crosta viva
color verde che pulsava tremendamente. La vista si appannava e non riuscivo a
capire cosa stessi vedendo.
<< Chiama
Rebecca, dille di preparare subito farmaci pesanti per bloccare
l’infezione! >> urlò Chris.
<< Infezione? >>
sussurrai ancora, senza ricevere risposta.
<< Non
avrei mai immaginato che quel figlio di puttana di Krauser avesse potuto
infettarla con il suo braccio per volere di Wesker! Come diamine abbiamo
creduto che lui fosse dalla nostra parte! >>
<< Quando usciremo vivi da qui, lo ammazzerò con le mie stesse
mani! >>
“Infetta…
sei infetta piccola Kennedy. Sopravvivrai? Chissà, questa volta non c’è
Krauser, il tuo eroe paladino. E che eroe, si è preso gioco di te e tu hai
abboccato. Brava, e tu ti definiresti sveglia? Ora, vediamo se riesci a
sopravvivere… Se ne riparlerà, se ne avrai l’occasione”
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Capitolo 11 (RE)
<< Rebecca! >>
sentii urlare Chris davanti a me, ma oramai le sue urla mi giungevano ovattate
e la vista non era da meno.
Leon mi
portò correndo in una stanza dell’ospedale della BSAA e dottori e infermieri mi
legarono sul letto iniettandomi un sonnifero che, subito, fece effetto e
piombai in un sonno profondissimo.
-Tesoro- una
soffice mano mi accarezzò i capelli e alzai lo sguardo dalla bambola sul
pavimento e osservai la mamma –Come stai?-
-Bene,
mamma. Lo sai che sono riuscita a costruire la casa delle bambole da sola?
Oramai sono grande!-
-Oh, sì
tesoro mio! Una vera signorina-
Sentii grida
di due uomini e rimasi immobile fissando la porta.
-Tesoro, va
tutto bene. Papà è solo arrabbiato con tuo fratello Leon-
-Perché?-
-Leon… non
si è comportato bene e lo sta sgridando-
-Ma perché
anche Leon urla, mamma?-
-Perché è un
po’ arrabbiato, ma capita. E’ normale! Hai presente quando tu sei arrabbiata
per una cosa e inizi ad urlare? E’ la stessa cosa, amore mio-
Ricordai un
bacio sulla fronte e il suo sorriso sempre meraviglioso.
Svanì quella
scena e se ne aprì un’altra: autostrade. Pattuglie e ambulanze intorno ad
un’automobile ribaltata dalla quale vennero estratti due cadaveri. Mamma e
papà. Le barelle pronte con sopra un telo che copriva i loro corpi, ma una
mano, non so di chi dei due, penzolava da fuori come se volesse dire “Noi siamo
qui, vedi?”. E piansi, a dirotto, guardando come gli infermieri allontanarono
le barelle in una strada buia, mentre io, invano, urlavo i loro nomi.
<< Sta
delirando! >> urlò un’infermiera.
<< Portatemi
il siero! E iniettatele altro sonnifero, la ragazza si sta muovendo! >>
urlò un altro.
Gli occhi,
subito, si richiusero e piombai in un altro sogno.
-Alice,
forse non hai capito! Leon ha picchiato una ragazza perché ubriaco e ha
cominciato una rissa con i suoi amici!-
-Cerca di
capire, Clark! Ha perso i suoi genitori da tre mesi; è normale che faccia
queste cose. Ha bisogno di… dobbiamo restargli vicino, Clark. E anche a sua
sorella; è piccola, ha undici anni!-
-Alice… Non
possiamo continuare così. Hanno entrambi bisogno di attenzioni, ma Leon, per il
momento, deve stare sotto controllo. Rischia la galera per quello che ha fatto,
capisci?! Fortunatamente sono poliziotto e posso far in modo che non passi guai…-
Io,
ascoltavo da sopra le scale in silenzio e singhiozzando. Leon, era chiuso nella
sua camera. Dopo la morte dei miei genitori, io e Leon ci allontanammo del
tutto e lui divenne come un estraneo.
Mi svegliai.
Cacciai un urlo talmente forte che entrarono nella stanza gli infermieri con
alle spalle mio fratello, Chris e Rebecca.
<< Calma,
calma >> sospirò un dottore tenendomi per le spalle.
<< Levami
le mani di dosso! >> ringhiai agitandomi nel letto, ancora legata.
<< Ci
penso io, lasciate fare! >>
Leon si avvicinò
e mi rilassai calmandomi guardandolo negli occhi, ma subito iniziai a piangere
nel momento in cui i sogni riapparvero nella mia mente.
<< Leon… >>
gli strinsi la mano, avevo paura di perderlo di nuovo.
<< Va
tutto bene, piccolina. Sono qui, sono qui. Sono qui… >> disse infine,
baciandomi la mano.
<< Resta
con me >>
<< Sì,
sì. Resto qui con te, rimango vicina a te >> riprese, poi << Non ti
lascio >>
Il respiro
tornò regolare come prima e dopo essermi data una calmata, cercai di guardarlo
con tutta la forza che potevo. Alle sue spalle c’erano Chris e Rebecca e altri
dottori ai quali lanciai sguardi cupi; Chris, si avvicinò a me e mi accarezzò
la testa in una maniera così dolce che mi rilassò per un breve tempo.
<< Cosa
mi è successo? >> chiesi, dopo essermi ripresa del tutto.
<< Krauser
ti… ti ha infettata con il suo braccio. Con quell’ago che aveva al posto della
mano e… >>
Interruppi
Leon << Ma non me ne sono accorta! >> esclamando preoccupata e allo
stesso tempo delusa.
<< Io sì.
Non era bendato; non so come abbia fatto ma ti ha presa alla sprovvista ed è
riuscito a provocarti dei tagli >>
<< Forse
quando stavate parlando ed eri presa dalle sue parole, o forse anche perché eri
troppo emozionata ed euforica per essere vigile. Sai, non lo vedevi da tanto e
non ti sei resa conto che forse avrebbe potuto farti del male… >> Concluse
Chris al posto di Leon.
Il mio
sguardo si riposizionò sempre sulla parete, e questa volta assunsi un’espressione
vuota e neutra, senza accorgermi degli sguardi di Chris.
-Usciremo da
qui, secondo te?-
-Ovvio che
sì! Dobbiamo farcela… E poi, sei forte e sveglia ragazzina. Non avrei mai
immaginato di avere una partner di sedici anni nel campo di battaglia-
-Perché? Di
solito chi sono i tuoi partner? Comunque grazie-
-Mah, per me
non sono alla mia altezza. Tu, stranamente, mi convinci molto di più; sarà
perché non temi la morte come me, o perché non temi di essere abbandonata.
Qualsiasi cosa sia, mi piaci ragazza. Ottimo lavoro-
<< Perché? >>
<< Mi
dispiace, piccola… >>
<< Perché
mi ha salvato la vita? Poteva lasciarmi morire, allora… >>
<< Non
lo so… Queste sono domande che non hanno risposte >> Leon strinse ancora
di più la mia mano.
<< Non
riesco a capire: si è alleato con Wesker prima o dopo avermi salvata da
Seattle? >>
<< Dopo.
Dopo gli eventi di Seattle, venni informato del fatto che Krauser morì in un
incidente aereo ma non era così. Si era già alleato con Wesker e dopo con
Saddler… >>
<< Ma
già conosceva Ada >> presi in considerazione quest’altro particolare
<< E lei lavorava per Wesker >>
<< Ada
sapeva già tutto >> ammise mio fratello con rammarico e lo guardai. Era
triste in volto e lo capivo: entrambi siamo stati delusi dalle persone a noi
care. Lui aveva perso la testa per Ada, ne era follemente innamorato; io anche
avevo perso la testa per Krauser, ma non era amore, era una sorta di
“fratellanza” per così dire. Lo amavo come un fratello; dopotutto, mi aveva
salvato la vita.
<< Ora
cosa faccio? >>
<< Riposati.
Siamo riusciti a togliere l’infezione dal tuo corpo, ma devi restare qui per
ancora molto tempo; cerca di dormire il più possibile, Ele. Ne hai veramente
bisogno >>
Annuii e
chiesi a mio fratello di restare. Dopo tutto quello che avevo scoperto,
perderlo sarebbe stato un suicidio; da sempre avevo sottovalutato mio fratello,
credendo che lui fosse il cattivo e Krauser il buono. Invece, non era così.
Eravamo due vittime e per di più eravamo sulla stessa barca con stessi problemi
e stesse delusioni. Riuscii a perdonarlo.
<< Perché
a noi, Leon? >>
<< È così e basta >> rispose calmo
accarezzandomi la guancia.
<< È
così e basta >> ripetei io, trasformando quella frase in uno stile di
vita. È così e basta.
<< Perché
non provi a riposarti? >>
<< Perché
faccio incubi >>
<< Cos'hai
sognato? >> divenne teso, preoccupato.
<< Mamma
e papà sulla barella dell'ambulanza e poi Alicia e Clark che discutevano di te.
Ti ricordi quando avevi picchiato quella ragazza da ubriaco, insieme ai tuoi
amici? >>
<< Non
è andata così >>
<< Sì,
ma lo hai fatto. Questo conta >>
<< Ero
ubriaco e questa ragazza... Sì, è vero >> sospirò, rendendosi conto che,
comunque, aveva rischiato la galera quel giorno. Picchiare una ragazza a sangue
e prendere parte in una rissa subito poco dopo con gli amici, non è una cosa
che l'America si aspetterebbe da un agente segreto. E sinceramente, nemmeno
io... << Acqua passata >> sussurrai.
<< Clark
mi ha salvato dalla galera, cazzo >> sorrise << Almeno i rapporti
dopo sono migliorati... >>
<< Infatti
sei diventato poliziotto. Certo, non nei modi migliori, però ci sei
riuscito >> Mi baciò in fronte e restò vicino per ancora molto tempo,
finché non mi addormentai con la mano vicina alla sua.
Nei miei sogni ricomparvero Krauser e Leon che
combattevano in una stanza strana: c'era una scrivania e un camino. Impugnavano
un coltello da caccia e Krauser riusciva ad avere la meglio; gli slogò il polso
e lo scaraventò sopra la scrivania. Il pugnale di Leon arrivò ai miei piedi
mentre lui veniva strangolato da Krauser; subito, impugnai l'arma e la
posizionai alla nuca dell'assalitore. -Sei stato uno stronzo figlio di puttana,
Jack Krauser- fu tutto ciò che riuscii a dirgli.
-Bene. Alla
fine ci sei cascata pure tu, "Spacca-culi"- voltò mezzo profilo di
viso e i suoi occhi a serpente erano posizionati sui miei pieni d'odio.
-Perché?-
-Fattelo
spiegare da Ada- e nel momento in cui lo disse, conficcò tutta la lama del
pugnale sul petto di Leon e, per vendetta e dolore, feci lo stesso sul cranio
di Krauser rimanendo sola nella stanza. Ancora una volta, venni abbandonata.
Mi
risvegliai urlando e Leon sobbalzò dalla sedia, ma riuscì a calmarmi
prendendomi il viso tra le mani. << Oddio, Leon! Oh mio Dio sei qui! >>
<< Sì,
sì. Va tutto bene. Calmati e cerca di respirare >> ancora una volta, il
suo abbraccio mi fece sentire al sicuro da tutto e tutti. Il mio occhio cadde
sull'orologio sopra il comodino che segnavano le due di notte. Infatti,
l'ospedale era silenzioso e si poteva sentire solo il rumore dei miei respiri e
degli infermieri che camminavano nel corridoio. << Ho sognato che Krauser
ti aveva ucciso e io gli ho conficcato il pugnale dietro la testa... >>
respirai con affanno e sudavo in maniera frenetica. << Tranquilla, era
solo un sogno >>
<< Non
era solo un sogno; Krauser mi disse di chiedere spiegazioni ad Ada. Lei sa
qualcosa >>
<< Ele >>
Leon mi fissò negli occhi << Era un cavolo di sogno, non... Non lasciarti
andare così >>
<< Ma
se, invece, Ada sapesse veramente qualcosa? >>
<< Infatti,
quando ti sarai ripresa e tornerai al Campus, insieme al presidente la cercherò
e ucciderò Krauser una volta per tutte >>
Esitai, ma
poi gli chiesi << Il presidente ti permetterà di farlo? >>
<< Ha
tradito il paese, ha infettato una sua abitante. Sicuro che sì, Ele. Tu devi
mantenere la concentrazione per me e per te. A proposito, sei fortunata ad aver
avuto Rebecca come assistente per il vaccino; è riuscita anche a cicatrizzare i
tagli sul braccio. Quando tornerai al Campus, ti basterà mettere un polsino e
starai tranquilla >>
Annuii e
assaporai di nuovo la sua presenza vicina a me; ci abbracciamo di nuovo e gli
chiesi di dormire con me nel letto. Accettò e si addormentò subito dopo me.
"Mamma
e papà sono veramente fieri di te, Leon"
Fu il mio
ultimo pensiero e, finalmente, riuscii a dormire tranquilla.
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