Finii di
mangiare mentre continuavo ad ascoltare i telegiornali in televisione.
“La figlia
del presidente degli Stati Uniti è stata salvata da un agente governativo.
Siamo felici di riavere di nuovo a casa la dolce signorina Graham”
<< Un
applauso a quell’”eroe” di mio fratello! >> esclamai ad alta voce.
Tanto non mi
sentii nessuno, per cui non mi preoccupavo nemmeno.
I
telegiornali fecero davvero di tutto per elogiare una persona che non merita
neanche una festa di ringraziamento per il suo lavoro. Va bene che Leon era
andato in quel paese tra la Spagna e il Portogallo per salvare la figlia del
presidente, ma adesso stavano esagerando. Ero sua sorella, conoscevo per certo
mio fratello, sapevo che lui odia farsi chiamare “eroe” perché sa di non esserlo.
Quando tornava dalle sue missioni diceva sempre che i veri eroi sono quelli che
muoiono per qualcun altro o per uno scopo. Non che lui sia stato un bastardo,
per carità è sopravvissuto ad un attacco terroristico da parte di quei fanatici
religiosi e salvò salvato la vita a quella ragazza, ma non meritava di
chiamarsi “eroe”. Solo sopravvissuto, alla fine sia lui che io sapevamo il suo
fatto.
Il
campanello suonò e corsi ad aprire la porta. Leon era lì, stanco, stressato e
anche con uno sguardo malinconico.
<< Ma
ciao, EROE! >> urlai, per farlo stare peggio.
<< Non
ti ci mettere anche tu >> mi abbracciò fortemente, mantenendo salda la
stretta.
<< E
perché no? Non è vero quello che dicono in televisione? “Un eroe ha salvato la
vita alla figlia del presidente, siamo lieti di riaverli in patria! Devono
esserci molte persone coraggiose come lui!” >>
Ma lui,
invece, non mi ascoltò e andò in cucina.
<< Non
ti ho preparato niente >> dissi << Non sapevo a che ora saresti
tornato >>
<< In
realtà dopo quello che ho passato non ho molta fame. Tu, piuttosto, come
stai? >>
<< Bene.
Non sono stata molto in ansia per te. È un problema? >>
<< Non
ti facevo menefreghista >>
<< Mi
conosci. Dopo quello che mi hai fatto a Seattle molto tempo fa, non credo di
essere in debito con te >>
E come potevo
dimenticarmi di Seattle, quella città infestata dagli zombie dove Leon mi
abbandonò due anni fa. Fortunatamente ero brava ad utilizzare le erbe e le
pistole, così riuscii anche io a sopravvivere. Poi, insieme a me a Seattle
c’era anche un ex collega di mio fratello, Jack Krauser. Lavorava per un’altra
organizzazione di cui non mi ha voluto dire il nome, ma, comunque, a differenza
di Leon, riuscì a contattare un elicottero per poi farmi riportare a casa sana
e salva. Di lui, poi, nessuna notizia. Non lo dimenticherò mai. Quando sono
tornata a casa mi avevano ricoverato in un ospedale del governo e Leon era
corso fin lì per vedermi. C’erano sia il Presidente che quella stronza di Ada
Wong. Era per causa sua se Leon aveva rinunciato di salvare la vita a me per
scegliere lei. In realtà, dopo averci pensato su, la colpa non è neanche di
Ada; anzi lei in quei giorni all’ospedale mi ha curata, mi ha parlato molto e
mi ha addirittura comprato un piccolo stereo con tutti i CD dei miei cantanti
preferiti. Non me la ricordavo così dolce. Mi disse che era veramente
dispiaciuta per ciò che mi era successo e mi giurò che mi avrebbe tenuto sulla
coscienza, così che <
<< Senti >>
ripresi << visto che hai fatto un favorone al signor presidente e ti ha
anche pagato con i Big Money, non è che mi presteresti venti o trenta dollari?
Passo a comprare dei CD per lo stereo >>
<< Sei
incredibile. Torno dopo due mesi di miseria e distruzione da un paese dove ho
affrontato… >>
Non lo feci
finire, ma continuai per lui << Mostri, zombie, cani zombie e bla bla bla,
e tu hai il coraggio di far finta di niente? Sì! Ti ricordo Seattle, non te la
farò mai dimenticare >>
Silenzio.
Abbassò di nuovo lo sguardo << Almeno tu, Ele. Solo oggi >>
<< Sei
un dito al culo, Leon. Comunque, chi hai incontrato lì? Oltre agli zombie, ai
fanatici religiosi eccetera? >>
<< Ada
Wong e… Krauser >>
Lo guardai a
bocca aperta e occhi sbarrati << K… Krauser! >>
<< Sì >>
<< O
mio dio! >> il mio sguardo si fece felice << E dov’è? In ospedale?
Sta bene? Temevo fosse morto! >>
Ma Leon non
mi rispose, mi guardò sempre più triste.
Ed io con
lui. << Non è all’ospedale? >> la voce si spense.
Leon scosse la
testa.
<< È… >> si formò un nodo doloroso alla gola
<< morto? >>
Nessuna
risposta.
<< Capisco >>
guardai il pavimento << Bè, comunque l’ho conosciuto, no? Ho qualcosa di
lui dentro di me >> e sorrisi in maniera isterica. Ridevo sempre per non
piangere. Solo Ada sa che ero, in realtà anche se non sembrava, depressa. Lo
notò e me lo disse anche.
<< Vieni >>
mi prese per mano << Andiamo sul divano… Sono stanco >>
<< Ada,
invece? >> chiesi curiosa.
<< Non
lo so, è scappata >>
<< Hai
un suo contatto? >> la verità è che avevo bisogno di vederla. Ora.
<< No,
Ele >>
Rimasi in
piedi impalata vicino al tavolo. Non riuscii a muovermi, ero troppo presa dalla
tristezza. Krauser, l’uomo che si è dimostrato il più coraggioso di tutti,
morto in Spagna. << Come >> dissi e basta.
<< Era
diventato un mio nemico, è stato lui a rapire Ashley, e lui voleva diffondere
il fanatismo religioso >>
<< No… >>
deglutii << Giura, Leon. O io ti odierò sempre di più >>
<< È così e mi dispiace >> abbassò di nuovo il capo.
<< Se
solo mi avesse incontrata di nuovo, magari… >> ma cosa dicevo, io non c’ero
<< cosa ti ha detto quando ti ha visto? Mi ha pensata? >>
<< Ha
solo detto che tu sei più forte di me, sei più sveglia e più scaltra >>
<< Ada
Wong dov’è? >>
<< Non
lo so >>
<< Non
c’è un modo per incontrarla? >>
<< Quella
sbuca quando e dove le pare. Può essere ovunque >>
<< Io
esco >>
Presi la
giacca di pelle nera e la borsa a tracolla.
<< Dove
vai? >>
<< In
giro. Voglio andare alla Casa Bianca. Leon! >> lui mi bloccò il braccio ma
io lo strattonai << Io ho il diritto di sapere. E voglio incontrare Ada.
Con i computer alla base militare dove lavori la posso contattare! Non sono
affari tuoi ciò che ne faccio della mia vita >>
Rimase in
silenzio mentre io uscivo.
Dentro la
borsa avevo la carta d’identità stampata dalla Casa Bianca che mi riconosceva
come “alleata dello Stato”, le mie immancabili cuffiette con l’iPod e le chiavi
di casa.
<< Che
bel ritorno a casa che hai avuto fratellone >> sussurrai a me stessa.
Poverino,
dopotutto era stanchissimo e distrutto. Ma non potevo vederlo, dopo che
ripensai a Seattle tutti i pensieri positivi su di lui svanirono come polvere.
Eleonora Kennedy non dimenticava. Mai.
Presi il
primo autobus che fermava vicino alla Casa Bianca e, con nonchalance, mi
avvicinai alla porta principale sorvegliata da due uomini robusti di alta
classe.
<< Ferma >>
il primo puntò il braccio all’altezza del mio seno.
<< Sono
la sorella di Kennedy, quell’ “eroe” che ha salvato la figlia del presidente.
Ecco, tenete >> porsi il documento e lo scrutarono attentamente.
<< Cosa
sei venuta a fare? >>
<< Posso
avere un discorso in privato con il presidente? Vorrei salutare anche sua
figlia. E voglio vedere anche Hunnigan, la conoscete? È una sua collaboratrice >>
<< Va
bene, puoi entrare >>
<< E
grazie >>
“ Ma vaffanculo,
guardie del cacchio ” pensai.
Venni
portata all’ingresso e Dio solo sa quanto faceva schifo il presidente con tutti
quei soldi. Schifo perché l’ingresso era ornato da lampadari di cristallo,
quadri dei vecchi presidenti e una scala con le barriere d’oro che conducevano
alle varie stanze della Casa.
<< La
stanza del presidente è all’ultimo piano >>
Non
ringraziai le guardie e salii le scale finché non arrivai alla stanza del
presidente.
Bussai e un
<< Avanti >> mi elogiò ad aprire con il sorriso più falso del mondo
quella porta.
<< Eleonora
Kennedy! Buon pomeriggio! >> si avvicinò e mi abbracciò << Come
stai? >>
<< Molto
bene, signore. Grazie! Sua figlia? >>
<< È nella sua stanza, si sta già preparando per stasera. Verrai
alla festa di ringraziamento per tuo fratello? >>
Oh porca
puttana! Non volevo crederci. “ Dio, ti prego, prendimi e facciamola finita qui! ”
pensai disperata dentro di me.
<< Una
festa? >>
<< Sì!
In onore del coraggio di tuo fratello! Ha rappresentato al meglio questa
nazione! >>
“ Ma muori! ”
<< Non
lo so! Ma Leon lo sa? >>
<< Gli
ho detto che questa sera lo avrei convocato per parlare d’altro. La festa è una
sorpresa >> mi fece l’occhiolino << Per cui non dirglielo >>
<< Ahahah,
no no, signore >>
“ Col cavolo!
Anche Leon odia queste feste, e glielo dirò subito. Voglio vedere la faccia che
farà quando lo verrà a scoprire. ”
<< Comunque,
volevi chiedermi qualcosa? >>
<< Signore,
essendo la sorella dell’agente che ha salvato sua figlia in missione
rappresentando al meglio questa nazione, posso parlarle come se parlassi ad un
padre? >>
<< Ma
sicuro, mia dolce Eleonora! Dimmi pure! >>
<< Deve
sapere che Leon ha incontrato un uomo che un tempo mi salvò la vita a Seattle.
Si ricorda? >>
Il suo viso
si fece cupo << Ecco… >>
<< È acqua passata! >> lo interruppi, anche il presidente mi
aveva voltato le spalle quel giorno << So cavarmela, io non ho paura,
signore >> riuscii a far abbassare il capo al presidente e, per la prima volta,
mi feci portare rispetto da un’autorità di alto rango.
<< Stavo
dicendo >> ripresi << l’uomo in persona si chiama Jack Krauser, non
so se lo conosce, ma forse sì visto che lui andò in missione insieme a mio
fratello molto tempo fa in Sud America a causa del Virus Veronica. Sta di fatto
che è morto anche lui in Spagna e, avendomi salvato la vita a differenza del
mio stesso paese, ritengo opportuno dare una degna sepoltura anche a
lui >>
Il silenzio
che regnava, durò massimo dieci secondi, finché il presidente non decise di
rispondermi << Vedi, io capisco perfettamente i sentimenti che provi nei
confronti di Krauser, ma c’è un problema: il cadavere non è stato
ritrovato >>
Ma certo!
Che stupida ero! Se il cadavere non c’è vuol dire che lo avevano portato via.
Magari è stata Ada! Magari lei sapeva come farlo ritornare… No, ma cosa dicevo.
Leon mi disse che Krauser era morto. Ada non faceva miracoli.
<< Capisco,
signore >> stavolta ero stata io ad abbassare il capo.
<< Mi
dispiace moltissimo >> poggiò una mano sulla mia spalla.
<< Non
fa nulla. Arrivederci >>
Me ne
ritornai a casa, perché era inutile contattare Ada per chiederle spiegazioni.
D’un tratto
squillò il telefono e notai la chiamata di Leon << Dimmi >>
<< Torna
a casa, c’è una persona che vuole incontrarti >>
Chiusi la
chiamata e ripresi lo stesso autobus con cui ero andata alla Casa Bianca.
Quando aprii
la porta con le chiavi, mi diressi subito in salotto e notai Leon poggiato sul
tavolo che, con un cenno della testa, indicò una figura femminile seduta sul
divano. La donna mi sorrise dolcemente ed io buttai la borsa per terra per
correre a salutarla << Ada! Oddio mio! >>
<< Ciao
dolcezza! Mi sei mancata tanto… >> affondò il viso sulla mia spalla.
<< Anche
tu! Tantissimo! >>
<< Vi
lascio sole >> mio fratello andò in camera sua.
<< Come
stai? Che mi racconti? >> le chiesi dopo essermi messa seduta vicino a lei
<< Vuoi qualcosa? >>
<< No,
no grazie. Ho già preso un caffè. Comunque sto benino, dai. Sono stata meglio,
ma mi sentivo in dovere di salutare l’eroe di questa nazione. Eroe così per
dire, ti conosco. Io e Leon ci siamo già incontrati in Spagna, te lo ha
detto? >>
<< Lo
ha accennato, che bello vederti! Stavo anche per contattarti! >>
<< Dovrò
darti il mio numero, è un piacere parlare con una ragazza intelligente come te.
Come mai volevi chiamarmi? >>
Esitai per
un attimo e lei notò qualcosa di strano in me << È successo qualcosa? >> mi prese le mani.
<< Ho
saputo che Krauser è… >> non finii.
<< No >>
sorrise.
<< No? >>
<< Se
stai per dire che è morto, ti sbagli di grosso >>
<< COSA?! >>
scattai in piedi.
<< Ascoltami
bene: tu mi conosci, sai che nella mia organizzazione producono farmaci e
vaccini per i virus che vengono creati. Krauser si è scontrato per ultimo con
me e… ma aspetta. Sai almeno la storia? >>
<< No… >>
Ada, con
molta pazienza, mi raccontò tutte le vicende accadute in Spagna e in Portogallo
e il ruolo di Krauser nella Umbrella. Si era unito con essa per farsi curare il
braccio che si era rotto in Sud America con mio fratello. Conobbe Wesker e così
anche Ada, poi ha covato odio nei confronti di Leon. Due anni fa si trovava a
Seattle perché ricevette l’ordine di recuperare un virus, ma aveva anche avuto
la fortuna di conoscere me, il che lo rese molto più dolce e ha tirato fuori la
sua sensibilità.
<< Come
hai fatto con me >> sorrise.
<< Mi
chiedo come io riesca a fare miracoli >>
<< Perché
hai fede nelle persone, ecco perché. Adesso che ti ho raccontato questa storia,
cosa pensi di Krauser? >>
<< La
stessa cosa che ho detto a Leon >> risposi in maniera decisa << Se ci
fossi stata io avrebbe cambiato idea. Mi ero accorta quell’anno a Seattle che
in lui c’era qualcosa di diverso, e non lo dimenticherò mai. Ma ora, ti prego,
dimmi dov’è! >>
<< Non
lavoro più con Wesker, non sempre eseguo i suoi ordini. Ma sono riuscita a
rubare un antidodo per curare il braccio di Krauser, l’aveva
trasformato >>
<< Posso
vederlo? >>
<< Dovrei
preparare un trasferimento nell’ospedale del governo, ma non posso metterlo a
nome mio. Ecco perché ne stavo parlando con tuo fratello >>
<< Se
riesci a fare tutto in fretta giuro che sarò la tua schiava >> gli occhi
iniziarono a lacrimare.
<< Ahahaha,
sei dolcissima >> mi accarezzò la guancia << Comunque ne parlerò con
tuo fratello in maniera chiara, e poi lo potrai vedere. Pensa solo che sta bene,
anzi! >> aggiunse << Da quando sta con me sono anche riuscita ad
avere un buon rapporto con lui, prima ci odiavamo! Quando torno a casa gli
parlerò di te >>
<< Grazie >>
sorrisi mentre l’abbraccio.
<< Ti
vorrei come sorella >> affermò.
<< Anche
io >> ammisi.
<< Ma
hai tuo fratello >> rise.
<< Lo
odio >>
<< Dovresti
odiare me >>
<< No,
non era colpa tua in realtà. Tu eri nella mia stessa situazione, avresti potuto
salvarti da sola ma il destino ha scelto te, non me. E poi all’ospedale mi sei
stata vicina. Leon non c’era >>
<< Ti
pensava, però >>
<< Adesso
che ci penso, quel giorno tu eri stata salvata, mentre Krauser no >>
<< È venuto dopo di me, tranquilla >>
Restai in
silenzio e mi assaporai il suo abbraccio. Riuscii a sentire la sua dolcezza e
tenerezza, non era così traditrice come dicono. Ada bisognava solo conoscerla
fino in fondo e prenderla dal lato giusto. Tutto qui. Dopotutto, sia io che mio
fratello eravamo riusciti a farla sciogliere. Di questo potevo essere fiera di
Leon: entrambi eravamo empatici, ma allo stesso tempo freddi.
<< Posso
disturbare? >> Leon si avvicinò alla porta.
<< Certo >>
<< Contenta,
nana? >> mi chiese.
<< Non
devo ringraziare te. Per niente >> ero sempre gelida con lui.
<< Bene,
io credo che me ne vado, sono quasi le sette >>
<< Resta
per cena >> propose Leon.
<< Ah,
no Leon. Devo dirti una cosa >>
<< Sì,
so che devo andare dal presidente perché vuole parlarmi, ma ci metterò
presto >>
<< Non
è così. Oggi sono andata da lui e mi ha detto che ha organizzato una festa a
sorpresa per te >>
<< Che
ora non è più una sorpresa >> ironizzò Ada.
<< Bè,
no. Ma solo io so quanto Leon odia queste feste, vero? >>
<< Che
palle! Noo, ti prego! >>
Risi sotto i
baffi e Ada accennò un sorriso.
<< Non
voglio crederci, impossibile. Uno sperava di rilassarsi e invece… >>
<< Io
non vengo >> dissi.
<< No!
Tu vieni invece! Sì che vieni >> mi puntò il dito contro.
<< No,
non vengo! Non ti spiego nemmeno il perché, fattelo spiegare dal presidente.
Sai che fai? Arrivi un po’ in ritardo dicendo che stavo male e mi hai preso
delle pasticche perché ho vomitato. Io non ci vengo, è chiaro? >>
<< Ti
odio. Non mi abbandonare >>
<< Se
vengo mi isolo. Lo faccio >>
<< Va
bene, stronzetta >>
<< Hey!
È tua sorella >>
<< Traqnuilla,
Ada! Tanto ci odiamo io e lui! Più io che lui >>
Lo odiavo
sì, e solo Dio sapeva quanto.