Il soldato e la principessa

di Dangerina15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno ***
Capitolo 2: *** Secondo Giorno ***
Capitolo 3: *** Terzo giorno ( parte prima) ***



Capitolo 1
*** Primo giorno ***



ANGELICA


Trovarci in quella stalla fu come una benedizione.
Gli dei ci guidavano verso la salvezza, regalando a Medoro la possibilità di vivere ancora la sua vita. Un incontro casuale il nostro, inaspettato: un giovane uomo moribondo e una principessa vestita di stracci dall’identità celata, sperduti nell'oscurità di un bosco.
Eppure qualcosa si era creato dall'attimo in cui i nostri sguardi si erano incrociati per la prima volta.
In quel momento però non avevo pensieri che occupavano la mia mente, se non quello di salvare la vita al giovane soldato saraceno che, gravemente ferito dalla lama di una spada, continuava a gemere e a respirare a fatica, aggrappandosi a me come sostegno che potesse reggere il suo corpo martoriato.
Un umile pastore, quella mattina, ci aveva concesso qualche giorno di riposo nella stalla del suo gregge; lentamente, portai Medoro fin dentro la grotta, affinché potessi adagiarlo su un letto di paglia, forse usato dallo stesso pastore come branda notturna durante il turno di guardia alle pecore.
<< Ecco, sdraiati qui.>> sussurrai all'uomo che, non riuscendo a proferir parola, si limitò a guardarmi e accennare un piccolo dolorante sorriso. << Non affaticarti, chiudi gli occhi e riposa.>> continuai dolcemente, sistemandogli una piccola balla di fieno dietro la nuca, che doveva fungere da cuscino. Nel piccolo fagotto che avevo con me tenevo alcune provviste, un bracciale d’oro ( unico oggetto prezioso che ero riuscita a portare con me dopo la fuga dalla fortezza di Albracca) ed erbe medicinali che avevo raccolto nei giorni precedenti, in caso fossero state necessarie a sopperire qualche emergenza; in pochi minuti preparai l'unguento che avrebbe dovuto guarire la ferita di Medoro. Mi avvicinai a lui e slacciai i legacci della camicia impregnata di sangue, così che potessi constatare con i miei occhi la gravità della situazione: il taglio era molto profondo e attraversava l'addome da una parte all'altra; aveva perso molto sangue e ciò lo aveva privato di forze.
<< Adesso sta fermo. Dovrai resistere un po', ma ti prometto che starai bene.>> ripresi e con mano ferma e tocco leggero cominciai a spalmare l'unguento sulla ferita del soldato, che strizzò gli occhi, cercando di non urlare dal forte dolore. Continuai inesorabile nella medicazione, avvertendo costantemente la sofferenza che quel povero giovane stava provando. D’un tratto, forse dovuto ad uno spasmo di dolore, mi afferrò il polso e lo strinse con forza, costringendomi ad interrompere la cura.
<< Sta calmo, Medoro. So che stai soffrendo, ma guarirai presto, vedrai. Se adesso non ti curo, la tua ferita si aggraverà e rischieresti di morire. Fidati di me, andrà tutto bene, te lo prometto.>>. Senza sapere bene il perché delle mie azioni, gli accarezzai dolcemente la fronte, forse per donargli un po’ di sollievo. I suoi occhi si posarono improvvisamente sui miei; erano azzurri come il cielo, posati in un viso dai lineamenti angelici ed eleganti. I suoi capelli, scuri come i miei, lo rendevano una specie di divinità terrena. Tuttavia la spossatezza lo aveva indebolito a tal punto che i suoi occhi erano diventate due minuscole fessure.
<< T-ti devo la vita…>> lo sentii sussurrare flebilmente. Gli sorrisi e lo cullai fin quando non si addormentò profondamente, stremato da tutto ciò che gli era capitato. Strappai un pezzo del mio abito per trasformarlo in una fascia, in modo che la ferita rimanesse protetta e avesse il tempo di rimarginarsi. Mi alzai per andare a prendere una boccata d'aria ma non appena mi allontanai dal giaciglio, tornai con lo sguardo alla figura stesa sul letto. C'era qualcosa di strano dentro di me, una strana sensazione mi aveva invasa dal momento in cui avevo curato le ferite di Medoro, non so se fosse compassione o qualcosa di diverso, ma più lo guardavo e più mi rendevo conto della sua sbalorditiva bellezza; chiunque se ne sarebbe innamorato all'istante, come un novello Apollo dai tratti saraceni. La sua condizione di moribondo mi inteneriva; non avevo esitato un attimo nel soccorrerlo in quel bosco e non mi importava a quale paese, stirpe o credo appartenesse: era un uomo ferito, che sarebbe morto dissanguato se qualcuno non gli avesse prestato soccorso. Nelle poche parole che era riuscito a pronunciare, mi aveva raccontato dell'atto di sepoltura che voleva concedere al suo signore, rimasto insepolto dopo il terribile scontro alle porte di Parigi. Un atto di coraggio e di pietà che avrebbe pagato con la sua vita.
Respirava affannosamente e, ogni tanto, stringeva le mani sulla paglia; la ferita doveva fargli molto male e questo non gli permetteva di riposare. Tornai a sedermi accanto a lui, sperando che la mia presenza potesse dargli conforto o, perlomeno, potesse aiutarmi a capire la strana sensazione di cui ero vittima. Restai a vegliarlo per diverse ore fin quando, a calar della sera, mi addormentai in preda alla stanchezza, tenendo stretta la sua mano alla mia.

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Capitolo 2
*** Secondo Giorno ***


MEDORO
 
 
Ero come immerso in uno strano sogno; continuavo a vedere il viso di una donna dai folti capelli neri e profondi occhi verdi, brillanti come due smeraldi.  Aveva un sorriso ammaliante, ma al contempo dolce e candido. Mi stringeva la mano, invitandomi a seguirla per chissà quale luogo. Non riuscivo a resistere alla tentazione di assecondare la sua volontà e mi lasciavo trascinare via dalla misteriosa fanciulla che esercitava su di me uno strano potere. Uno eco ribatteva ripetutamente: “ Angelica…Angelica…Angelica”. D’un tratto, mi svegliai di soprassalto; sbarrai gli occhi come in preda ad un incubo. Il sudore gocciolava copioso dalla fronte, respiravo affannosamente. Mi guardai attorno, ma non riconobbi il luogo in cui mi trovato né avevo idea di come fossi arrivato fin lì. Tentai di alzarmi ma una fitta mi costrinse a rimanere sdraiato; cercai di capire cosa mi era accaduto, passando la mano sul punto che mi procurava quel dolore lancinante, scoprendo che qualcuno lo aveva fasciato. Sempre più confuso, tentai nuovamente di alzarmi ma questa volta non fu il dolore a fermarmi, ma una mano di donna; la stessa donna del mio sogno. Dormiva profondamente, poggiata sul letto di paglia in cui mi trovavo, tenendomi stretta la mano. Rimasi immobile, stupefatto da quella visione; il sogno che avevo fatto poteva non essere un sogno? Che “ Angelica” fosse lei, la misteriosa donna?
Non ebbi il tempo di elaborare questi pensieri che lei si svegliò, alzando lo sguardo verso di me.
<< Medoro.>> sussurrò dolcemente. << Cosa fai in piedi, devi riposare.>>
Io la guardai negli occhi, come rapito dalla sua bellezza; le sorrisi debolmente, quasi senza accorgermene. Fu in quel momento che tutto mi tornò alla mente: il campo cristiano, il bosco, il mio signore morto, Cloridano, il duello e la ferita e poi…lei; lei mi aveva salvato da una morte certa. Non aveva esitato un solo istante a soccorrermi; il suo arrivo fu come un dono mandato dagli dei. Non sapevo chi fosse, non aveva voluto rivelarmi nulla ma qualcosa mi aveva spinto a fidarmi di lei. Mi adagiai nuovamente sul letto, cullato dalle sue dolci attenzioni. Lei mi toccò la fronte.
<< Hai la febbre alta.>> continuò , prendendo un sacchetto dal quale uscì alcune erbe. Cominciò a tritarle in una ciotola.  << Non devi fare questi movimenti inconsulti, potresti infettare la ferita. Sei ancora molto debole, ci vorranno un paio di giorni affinché tu possa guarire del tutto. >>
Non risposi; continuavo a chiedermi perché stesse facendo tutto questo per me, per uno sconosciuto.
Mi sentivo stanco, confuso. Ad un tratto, un uomo di mezza età entrò dal fondo della grotta, portando delle ciotole.
<< Angelica, ti ho portato un po’ di formaggio e del pane. Non è molto,ma è ciò che abbiamo da mangiare. Dovete rimettervi in forze.>> disse l’uomo porgendo ciò che aveva portato nelle mani della donna.
<< E’ già molto quello che state facendo per noi, signore. Grazie davvero.>>
<< Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiedere e vedrò di potervi aiutare. Come sta?>>
<< Ha la febbre alta; la ferita è molto profonda e questo lo indebolisce molto. Ci vorranno un paio di giorni prima che possa riprendersi completamente.>>
<< E’ un uomo molto fortunato se può godere delle tue attenzioni.>> rispose l’uomo sorridendo. Angelica ricambiò il sorriso, diventando leggermente rossa in viso. << Vi lascio da soli.>>
L’uomo si allontanò, lasciando che Angelica tornasse a tritare le erbe. Con le poche forze che avevo, decisi che era venuto il momento di conoscere qualcosa in più sulla mia misteriosa salvatrice.
<< Angelica?>>
Lei alzò lo sguardo e sorrise.
<< Perché fai tutto questo per me?>>
Per un attimo, la mia domanda la turbò; abbassò gli occhi, senza rispondermi.
<< Non lo so.  L’unica cosa di cui sono certa è che non potevo lasciarti morire, abbandonato in quel bosco.>>
La sua enigmatica risposta mi lasciò interdetto; nelle sue parole traspariva una dolcezza d’animo che pareva celare, forse per paura, forse per diffidenza. Non appena ebbe terminato di tritare le erbe, si avvicinò a me.
<< Devo spalmare queste erbe sulla ferita.>>
Slacciò lentamente la fascia che mi avvolgeva l’addome che lentamente scivolò sulla paglia. Il profondo taglio che mi squarciava l’addome era ancora sanguinante. Angelica si fermò; mi guardò nuovamente negli occhi, poi tornò a guardare la ferita. Capii che l’imbarazzo del momento l’aveva catturata, così le afferrai la mano, già immersa nel liquido medicale, e la posai sulla mia ferita.
<< Non avere timore, io mi fido di te.>> le dissi con un sorriso misto a timidezza. Lei ricambiò il mio sorriso e tornò ad eseguire l’operazione, lasciando che io la osservassi nell’eseguire tale procedimento. Ero come incantato da lei, dalla sua dolcezza, dal profumo che emanavano i suoi capelli. Il suo tocco era leggero come le ali di una farfalla; un brivido mi percorse la schiena.
<< Ecco, ho finito.>> disse lei ad un tratto, risvegliandomi da quei pensieri. Mi fece nuovamente sdraiare e, con una pezza immersa nell’acqua, mi tolse il sangue stagnato attorno alla ferita e sul viso. Poi ne prese un’altra e me la poggiò in fronte. << Adesso cerca di riposare.>>
<< Voglio sapere di più su di te.>>
La fermai da un braccio, ma lei si ritrasse delicatamente.
<< Parleremo quando starai meglio. Adesso dormi, Medoro.>>
Lei si allontanò, lasciandomi solo nel silenzio di quella grotta. Stremato e senza forze, mi addormentai con la speranza di rivedere al più presto quella misteriosa fanciulla dagli occhi verdi.

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Capitolo 3
*** Terzo giorno ( parte prima) ***


ANGELICA

Quella notte non riuscii a dormire; così tanti pensieri affollavano la mia mente da non permettermi di abbandonare ogni difesa negli oscuri e misteriosi meandri del regno di Morfeo. Sdraiata sull’erba, sotto un cielo stellato e cullata da un dolce venticello, continuavo a ripetermi la stessa domanda:
 “ Provo qualcosa per Medoro?”
Era accaduto tutto così in fretta da non lasciarmi il tempo di capire che cosa stesse accadendo e, soprattutto, cosa stesse accadendo a me.  Fino a quel momento la mia vita era stata un continuo fuggire dalle grinfie di seduttori e innamorati; credevo che l’amore fosse un gioco crudele, capace di donare la felicità e sottrartela in un istante. Più volte uomini, cavalieri, persino principi e re avevano tentato di chiedermi in sposa, sopraffatti dalla bellezza che, a parer loro, mi rendeva “  Angelica”; ma ogni volta un rifiuto, un categorico “No”. Non avevo interesse nell’innamorarmi, ciò a cui tenevo di più era la mia libertà, la possibilità di scegliere cosa fare della mia vita. Se mi fossi innamorata, sarebbe stato per mia volontà e non per imposizione esterna, dettata da un insulso codice morale antico di millenni.
Ma adesso c’era lui, un semplice soldato, sdraiato su un letto di paglia con una profonda ferita all’addome, che si era affidato alle mie sconosciute mani affinché potessi salvargli la vita.
Continuavo a pensare a quell’attimo in cui Medoro, afferrando la mia mano dalla ciotola dell’unguento medico, l’aveva poggiata delicatamente sulla ferita, dicendo di fidarsi di me. Un brivido mi aveva percorso la schiena, ma non lo avevo dato a vedere; lui era così bello che era impossibile distogliere lo sguardo dai suoi occhi profondi.  Da quel momento era come se Medoro fosse diventato il centro assoluto dei miei pensieri; desideravo che le sue braccia mi stringessero forte a sé, che le sue labbra toccassero le mie e che i suoi occhi incrociassero ancora una volta i miei.
Qualcosa però mi destò da questi pensieri; non ero certa che Medoro ricambiasse quei sentimenti. Se fosse stata una semplice suggestione della mia mente? Non sapevo chi fosse, la sua storia e il suo passato; poteva esserci qualcuno da qualche parte che aspettava con ansia il suo ritorno, una madre, una sorella…una moglie. In fondo nemmeno io gli avevo rivelato la mia storia né il fatto che fossi una principessa; forse il passare dei giorni e la sua guarigione avrebbero fatto chiarezza nella mia mente e nel cuore.
L’alba di un nuovo giorno appariva lenta all’orizzonte; mi ero appisolata sul prato, ma non sapevo da quanto tempo. Mi alzai, sistemandomi la veste e andai verso la grotta. Quando entrai la scena che mi si presentò mi lasciò a dir poco stupefatta: Medoro era in piedi e, tenendosi alla parete della grotta, cercava di fare piccoli passi per andare a prendere una ciotola di cibo.
<< Sei proprio un testardo, non è così?>> esordii quasi arrabbiata; non era la prima volta che gli dicevo di non fare azioni improvvise o azzardate ma niente, le mie parole erano soffi di vento.
<< Buongiorno anche a te, Angelica.>> rispose lui sorridendo debolmente.
Gli corsi incontro e lo afferrai in tempo prima che potesse cadere; lui si appoggiò a me e si fece riaccompagnare al letto di paglia.
<< Di questo passo la tua guarigione sarà infinita e dubito fortemente che ci faranno restare qui per l’eternità.>> continuai quasi offesa. La cosa positiva era che la ferita stava ormai cicatrizzandosi, per cui in un altro paio di giorni Medoro sarebbe guarito del tutto.
<< Se il prezzo da pagare è quello di poter avere le tue attenzioni, mi farei ridurre in fin di vita mille e mille volte.>>
Quella frase mi colpii; alzai lo sguardo e di nuovo i suoi occhi si posarono sui miei. Il respiro si fece affannoso, il cuore mi batteva all’impazzata, le mani cominciarono a tremare. Mi sedetti sul letto, girando le spalle al giovane saraceno che non proferì parole; si limitò ad avvicinarsi a me. Mi scostò delicatamente i capelli da un lato e cominciò a baciarmi il collo. Chiusi gli occhi, sopraffatta dalla dolcezza di quel gesto; avevo abbandonato tutte le difese e avevo capito che non potevo più vivere senza di lui: amavo Medoro, lo amavo come mai avevo amato nessun altro. Lasciai che continuasse a baciarmi, ormai rapita da quella magia.
<< Angelica…>> sussurrò tra un bacio e l’altro << che cosa sta succedendo?>>
Io mi voltai.
<< Ci stiamo innamorando.>>
Medoro sorrise e si scatto premette le sue labbra contro le mie, stringendomi forte a sé. Ricambiai quel gesto, accarezzandogli dolcemente la guancia.  L’amore ci aveva rapiti, catturati senza via d’uscita, avvolti in un vortice in cui nessuno dei due sapeva come uscirne. 

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