Odi et Amo -Il tormento di un amore

di A Midsummer Night_s Dream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 2: *** I -Benvenuta all'inferno ***
Capitolo 3: *** II -Senza cuore ***
Capitolo 4: *** III -Una lunga giornata ***
Capitolo 5: *** IV Discesa verso l'inferno ***
Capitolo 6: *** V -Sensazioni ***
Capitolo 7: *** VI Quando l'allievo supera il maestro ***



Capitolo 1
*** L'inizio di tutto ***



 


Ringrazio in anticipo tutti/e coloro che mi dedicheranno un po' del loro tempo leggendo questa storia.
Buona lettura, spero gradirete!


Ringra


ODI ET AMO

ILTORMENTO DI UN AMORE







« Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.
Non lo so, ma sento che accade, e mi tormento.

Amo e non amo,
sono pazzo e non sono pazzo.» »





 
Amo e non amo,
sono pazzo e non sono pazzo.
 
“Capitano, abbiamo un regalo per voi!”
La voce roca e gracchiante di un uomo della sua ciurma reclamò la propria attenzione, gemiti di paura s’innalzarono al suono di quelle parole, mentre il resto della ciurma scoppiava in risate sguaiate.

Alexander chiuse gli occhi, alzando il volto verso il manto stellato della notte, ignorando volutamente il richiamo dell’uomo. Forse così avrebbe smesso di disturbarlo.

“Ehi, capitano, parlo con voi! Mi avete ascoltato? La ciurma ha portato sulla nave un regalo per voi!” No, non avrebbe funzionato, pensò irritato stringendo le mani al parapetto della Golden Lady e udendo altri gemiti impauriti accompagnare le ultime parole, mentre i suoi uomini esplodevano per l'ennesima volta in risate divertite ed esclamazioni poco signorili.

In risposta a quel pensiero, un sorriso divertito nacque sulle sue labbra carnose. Ma cosa diavolo pretendeva da uomini come lui? Che un pirata fosse un gentiluomo, forse? Questa volta scoppiò in una sonora risata divertita, non riuscendo più a trattenersi.

Un pirata gentiluomo, mai sentito dire!

Asciugandosi sornione una lacrima sfuggita al suo controllo a causa del forte riso a quel pensiero ridicolo, si voltò verso i suoi uomini, vedendoli scrollare le spalle indifferenti.
Dopo anni passati sulla Golden Lady avevano imparato a non fare più caso al carattere lunatico del loro capitano.

“Ebbene, cosa sarà mai questo regalo?” Incrociò le braccia muscolose al petto, lasciando intravedere così, dalla camicia bianca lasciata quasi del tutto aperta, il guizzo dei muscoli possenti del petto, mentre appoggiava i fianchi sul parapetto della nave con espressione ironica e vagamente incuriosita.

Henry, un corsaro dal volto solcato dalle intemperie del tempo e dalle cicatrici di battaglie passate, si spostò di fianco, rivelando così una fila di donne che veniva spintonata con malagrazia dai pirati alle loro spalle e costrette a sistemarsi in schiera di fronte a lui.
Il capitano alzò un sopracciglio beffardo, passando in rassegna, con sguardo indifferente, tutte le donne che tremanti tenevano il volto abbassato, timorose di incrociare il suo sguardo, per poi posarlo impassibile sull’uomo.

Il pirata si schiarì la voce, agitando con scatti nervosi la mano sinistra verso le prigioniere, iniziando subito dopo a parlare. “Abbiamo trovato queste donne sulla nave inglese appena saccheggiata, capitano.” disse portando poi impacciato la mano sulla nuca, tra i capelli quasi completamente grigi. “ Insomma, è passato molto tempo dalla nostra ultima sosta sulla terraferma e abbiamo pensato che, magari, dopo la battaglia avuta con gli ufficiali inglesi per depredare la loro nave, avreste apprezzato un passatempo con cui divertirvi, ecco.”

Un lampo di comprensione illuminò lo sguardo del capitano a quelle ultime parole, mentre i suoi più bassi istinti si risvegliavano, facendogli bruciare i lombi, al solo pensiero di due calde cosce avvolte intorno ai suoi fianchi mentre affondava in un corpo rovente con sempre più frenesia.
Tornò a posare lo sguardo sulle donne legate dinanzi a lui, questa volta con più attenzione e con occhi scuriti dalla passione, mentre capiva finalmente il perché della loro presenza.

“Credo sarà un regalo molto gradito, sì” annunciò con voce roca e sensuale, scrutando divertito quei corpi tremanti con minuziosa accuratezza. “Chi riceverà l’onore di riscaldare il mio letto durante le notti più gelide, mh?”

Avvicinandosi alle donne, vide i loro vestiti strappati, logori e capì subito che tutte facevano parte dei membri della servitù. Le loro labbra tremavano così come i loro petti, scossi da continui singhiozzi al solo pensiero del triste destino che attendeva una di loro o forse di più, chissà.
Il suono dei suoi passi sulle assi di legno riecheggiò nel silenzio della notte, nessuno dei suoi uomini osava respirare, trattenendo il fiato e aspettando con ansia la donna che il loro capitano avrebbe scelto.
Alexander fissò quei corpi scialbi, avvolti in misere divise, con una smorfia di disgusto, nessuna di loro sembrava attirare la sua attenzione.
Ma ecco che, immenso al grigio di quelle misere stoffe, un luccichio di colore attirò la sua attenzione. Ciò che entrò come prima cosa nel suo campo visivo fu l’ampia gonna di un vestito blu intenso, dalla stoffa pregiata.

Bene, una nobile.

Un sorriso sadico piegò le sue labbra, mentre con cura continuava il suo lento esame, facendo risalire lo sguardo sulla vita snella e armoniosa della donna, per poi proseguire sul corpetto stretto ricamato con intarsi dorati che rivelava l’incavo dei suoi seni, due colline armoniose, alte e piene, che accesero la sua fantasia, facendogli emettere un verso di soddisfazione.

Lascivo passò la lingua sul labbro superiore, immaginando il loro sapore e quello della pelle di un collo sottile e sensuale che avrebbe venerato con baci roventi.

Una bocca rossa come il peccato che avrebbe ammaliato ogni uomo, dannato ogni angelo del paradiso pur di riceverne un breve assaggio e perdersi in quel meandro umido.

Naso piccolo e leggermente all’insù che avrebbe preso a morsi, puntellato da piccole lentiggini dorate, così come i suoi capelli che come un manto le incorniciavano il volto perfetto, scendendo in riccioli ribelli giù, fino alla vita.

Fili d’oro che avrebbe stretto con passione tra le proprie dita, mentre inclinava il suo collo per poi buttarsi sulla sua bocca come un affamato alla ricerca di cibo.
Infine, ammaliato da quella splendida creatura decise di incontrare il suo sguardo e dinanzi a quegli occhi azzurri infuocati un brivido di desiderio corse lungo la sua pelle.

Merda!” sentì i suoi calzoni divenire sempre più stretti, la sua eccitazione crescere mentre incantato osservava lo sguardo delle fanciulla pieno di rabbia e disprezzo.

“Avete finito di spogliarmi con occhi, sudicio animale?!”

Come risvegliato da un sogno, gli occhi di Alexander si dilatarono per lo stupore causato dalle parole infervorate e senza paura della nobile.
Ma il suo stupore durò ben poco, i suoi muscoli si tesero nell’udire quell’insulto, la mascella si serrò e lanciò alla donna un sguardo così minaccioso per cui anche i suoi uomini provarono timore, visto che nessuno osò più fiatare dopo aver commentato con esclamazioni incredule il comportamento della giovane, e anche quest’ultima dovette temerlo visto come la sua pelle si increspò e il suo sguardo abbassò.

Ma il timore della donna durò un breve battito di ciglia, imprudente tornò ad alzare il mento come il più fiero e orgoglioso degli inglesi in un gesto di sfida, puntando di nuovo il proprio sguardo nel suo.

Imprudente o molto, molto sciocca, pensò ironico mentre la rabbia sfumava e un sorriso maligno increspava le sue labbra.

“Gattina, non credo proprio che tua sia nella posizione di parlarmi in questo modo” disse avvicinandosi tanto da sfiorare l’ampia gonna della donna con le proprie gambe. “Come ti chiami?”
La donna sobbalzò turbata a causa di quella vicinanza ardita, le sue guance si tinsero di un delizioso rossore mentre si allontanava da lui di qualche passo. “Io faccio ciò mi sembra più opportuno e non credo di avervi dato il permesso di darmi del tu!” sibilò con voce acuta, riprendendosi velocemente dal turbamento che la sua vicinanza le aveva procurato poco prima.

Interessante.

Con movimenti veloci, Alexander attirò la donna a sé, intrappolandola tra le sue braccia e stringendola al suo corpo, mentre sentiva l’eccitazione crescere di nuovo in lui ai vani tentativi della donna di ribellarsi in tutti i modi, mordendo e graffiando, pur di liberarsi dalla sua presa.

Con una donna del genere nel mio letto credo non riuscirei mai ad annoiarmi!

“Lasciatemi andare, barbaro!”

“Micetta, abbiamo tirato fuori gli artigli, eh?” disse Alexander tra una risata e l’altra, cercando di bloccare i movimenti della donna senza farle del male, ma non riuscendoci portò spazientito una mano attorno la sua nuca, stringendo in una presa ferrea i suoi capelli che subito ricoprirono il suo braccio sinistro come un mantello.
Morbidi, così come aveva pensato.
“Adesso basta, milady!” tuonò, avvicinando con la mano il suo volto al proprio. “ Qui non siete sulla vostra nave e nessuno verrà a soccorrervi, quindi state ben attenta a ciò che dite.”

“Mio padre attraverserà i sette oceani, se sarà necessario, pur di ritrovarmi e allora la vostra testa verrà appesa ad un palo!”

“E di grazia, milady, chi sareste voi di così importante? La furia di quale uomo dovrei mai temere?” disse beffardo, avvicinando maggiormente i loro volti.
Una luce piena d’orgoglio illuminò gli occhi azzurri della fanciulla, scacciando via ogni paura, mentre con voce fiera si annunciava: “Lady Helena Elisabeth Hughes, erede unica di Brandon Hughes, Duca di Suffolk, nonché capo delle forze armate britanniche di Re Carlo II Stuart.”
Brandon Hughes.

Duca di Suffolk.

Capo delle forze armate britanniche di Re Carlo II Stuart.
"Vi basta?"
Alexander non sentì le ultime parole sprezzanti della donna se non il battito furioso del proprio cuore che martellava forte contro la gabbia toracica mentre dolorosi ricordi affioravano nella mente e la sua presa diventava sempre più forte intorno alla donna. Vagamente riuscì a sentire il suo gemito di dolore.
Tra la braccia teneva l’unica figlia del suo acerrimo nemico, l’uomo verso cui covava odio e meditava vendetta da più di dieci anni.

Un sorriso folle piegò le sue labbra, per quell’inaspettata fortuna, sentì la donna tra le sue braccia tremare e un altro gemito di dolore sfuggire dalle sue piccole labbra, mentre i suoi occhi pieni di ira si posavano su di lei. Scoprì le labbra in un ringhio, rivelando una fila di denti bianchi e perfetti, come un felino che stava per attaccare la sua preda.

“Tu. Sei tu la prescelta, la mia preda. E credetemi, mia signora, quando vi dico che rimpiangerete il giorno in cui siete nata.”

Una risata maligna si perse nel silenzio della notte, mentre la giovane fanciulla perdeva i sensi riconoscendo nel volto del suo aguzzino colui che dal mare e dalla terra veniva temuto.
E le parole del padre riaffiorarono nella sua mente, in un lontano ricordo.

“Il diavolo in persona ha forgiato il corpo di quell’assassino. Bello e dannato come il suo creatore, non ha nessun cuore. Del sangue di centinaia di uomini si sono macchiate le sue mani, nessuno è mai sopravvissuto al colpo letale della sua spada. Ricorda bene, bambina mia: sei mai dovessi trovarti dinanzi ad una simile bestia, scappa. Corri più veloce che puoi e non voltarti mai indietro. Ma se egli riuscisse mai a catturarti, prega, Helen. Prega Dio e invoca la morte, bambina, perché nessun tormento potrà mai eguagliare la furia omicida del Lord of the sea.”

















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Dovrei scrivere i nuovi capitoli delle mie storie in corso, ma non ho resistito e ancora una volta mi sono lanciata verso una nuova avventura scrivendo il primo capitolo di questa storia, pubblicandolo! Sono un caso perso, lo so...
Ma tornando a noi, al momento non posso dire nulla che riguardi la storia, penso che il capitolo abbia già tracciato a grandi linee la trama generale della storia e il punto in cui tutto ha avuto inizio. Più avanti, capitolo dopo capitolo, verranno fuori i caratteri dei due protagonisti e il loro passato.

Grazie per avere letto, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate :)


Storie in corso:

Gli intrecci del destino Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Capitoli: 3/? | In corso
Note: storia sulla mitologia greca, coppia: Apollo/Dafne.

Fallen in love -Il lato oscuro dell'amore
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Capitoli: 1/? | In corso
Note: storia su angeli e demoni.

Romeo e Giulietta -Un amore che rivive attraverso i secoli
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Capitoli: 1/? | In corso
Note: storia sul fandom twilight, coppia Edward/Bella.

L'arte della seduzione Genere: Erotico, Sentimentale, Storico | Capitoli: 2/? | In corso
Note: periodo Tudor/Inghilterra, coppia: Enrico VIII/ Anna Bolena.
  



















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Capitolo 2
*** I -Benvenuta all'inferno ***


Non so se troveró ancora qualcuno che segue questa storia, ma se così fosse vi ringrazio per il tempo che mi dedicate e la pazienza, soprattutto! Dopo la lunga attesa, vi lascio leggere tranquillamente il capitolo, sperando sempre di non deludervi e sapere cosa ne pensate... Buona lettura!

 



 Benvenuta all'inferno




Fu il rumore di passi pesanti, le grida di uomini e le loro bestemmie a svegliarla dal languore in cui era caduta.  

Helena corrugó la fronte, spaesata, la mente ancora annebbiata dal sonno. Cos'era tutto quel frastuono, ma soprattutto chi osava parlare in modo cosi barbaro su una nave di gentiluomini?

La confusione la disorientó solo un attimo, il breve tempo di un battito di ciglia, prima che l'incubo di quella notte la travolgesse come un mare in tempesta e gli occhi le si sbarrassero a causa dell'orrore che quei ricordi portarono con sè.

Il silenzio di una notte spezzato da urla di battaglia e gemiti di dolore. Il cielo illuminato dal bagliore delle lame sguainate e dipinto, in uno scenario oramai grottesco, da fiotti di sangue vermiglio che scorrevano incessanti.

Un conato di vomito le salì lungo la gola, ma solo un gemito di pieno orrore fuoriuscì dalle sue labbra.

Che il cielo la proteggesse, incontro a quale demonio erano andati incontro?

Il plotone di uomini che il padre aveva assoldato per proteggerla lungo quella traversata e lo stesso ammiraglio Marshall, che ne era a capo, erano stati barbaramente uccisi. Stessa sorte era toccata a coloro che si trovavano su quella nave come semplici membri d'equipaggio.

Nessuna preghiera, nessuna invocazione di pietà era stata ascoltata da quegli animali selvaggi che brutalmente avevano trucidato quella gente senza il minimo rimorso.

Il sangue di quei poveri uomini che si spargeva sempre più sul ponte della nave, le urla delle sue cameriere e qualche serva - uniche donne a bordo oltre lei- che si perdevano nella notte mentre quegli animali le afferravano con malagrazia, ululando eccitati mentre strappavano loro le vesti e facendo cosi presagire il crudele destino che sarebbe toccato loro...


"Dio, ti prego no!"

Si alzó di scatto a sedere e un secondo gemito, stavolta di dolore, le sfuggì dalle labbra a causa di un capogiro e del dolore incessante che le martellava le tempie.

Si portó una mano sulla fronte e strizzó gli occhi, prima di sbattere le palpebre un paio di volte e mettere a fuoco l'ambiente circostante. Come sospettava, nulla le era familiare.


"Bentornata nel mondo dei vivi, piccola"

Un brivido di terrore le attraversó la spina dorsale, lento, gelido, quando la sua voce bassa e roca arrivó da un angolo buio della cabina, facendola sobbalzare.

Helena si voltó lentamente, col cuore che minacciava di esploderle nel petto, cercando di fingere un coraggio che lei sapeva bene averla abbandonata nell'esatto momento in cui era venuta a conoscienza della sua identità.

Ed eccolo lì, il Lord of the sea.

Lui, il suo demonio personale, scompostamente seduto su una sedia, le gambe allungate e le caviglie incrociate mentre la guardava con un ghigno arrogante. Involontariamente lo sguardo si posó sul suo volto in un attento esame.

Alcune ciocche dei capelli neri, trattenuti da un codino dietro la nuca, scendevano scomposte lungo la fronte liscia per poi arricciarsi lievemente sulle punte a sfiorare una mascella squadrata e virile, ricoperta da una leggera peluria. Le labbra rosee e carnose, un naso dritto e perfettamente lineare, ma fu quando arrivó ad incrociare i suoi occhi che sobbalzó per l'ennesima volta.

Che qualcuno lassù avesse pietà di lei!

Il demonio possedeva due grandi e profondi occhi blu con alcune pagliuzze argentee a rendere quello sguardo ancor più magnetico, torbido come il mare in piena tempesta. Attenti e allo tesso tempo derisori, la scrutavano senza alcun pudore, dandole la sensazione di poterle rubare l'anima se solo volesse. Si trovó a boccheggiare imbarazzata di fronte a tanta sfacciataggine.

Alexander osservó il volto della nobildonna farsi scarlatto, probabilmente a causa dell'imbarazzo, e per l'ennesima volta, in quelle ore trascorse, sentì un forte calore accendergli il basso ventre quando le labbra rosse della donna si spalancarono in una piccola e muta o.


Le immaginó sul proprio corpo, dolci e sensuali intraprendere un tragitto invisibile verso una meta in quel momento celata dai calzoni ma di cui si sarebbe sbarazzato ben volentieri per permettere così a quella bocca di accogliere la sua eccitazione...

Fu il grido acuto di lei a distoglierlo da quella allettante fantasia erotica. Accaldato e con gli occhi annebbiati dal desiderio la vide stringere il leggero lenzuolo attorno al corpo privo di vesti, cercando di coprirlo il più possibile. Gli occhi cristallini accessi da una furia cieca mista ad incredulità.


"Non posso crederci! Voi... Voi..." Helena non riuscì a dar voce al fiume di insulti che voleva sgorgarle dalla bocca, troppo sconvolta mentre cercava di coprirsi il più possibile con quel misero pezzo di stoffa. Quel bastardo aveva osato spogliarla mentre lei era indifesa!

"È inutile che cerchi di coprirti tesoro, non c'è nulla che io non abbia già visto!"

"Animale! Voi siete-"


Alexander scoppió in una fragorosa risata, vedendo il suo volto sconvolto e il tono oltraggiato. "Cosa milady, parlate! Un essere abietto, spregevole, un barbaro, un bastardo? Sì, piccola, sono tutto questo! E poi di cosa mi accusate, di preciso? Dovreste ringraziarmi, sapete?" continuó divertito, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi con passo felpato alla donna. La vide sbarrare gli occhi allarmata mentre si appiattiva contro la parete timorosa ma ancora adirata.

Aveva coraggio, doveva ammetterlo, pensó divertito.

Arrivato dinanzi a lei, appoggió un ginocchio sul letto per poi piegarsi così da consentire al proprio volto di trovarsi a pochi centimetri da quello di lei. "Siete svenuta tra le mie braccia e vi ho portato nella mia cabina. Il vostro corsetto era così stretto da impedirvi di respirare e a quel punto sono stato obbligato a tagliare il vostro prezioso abito per poi gettarlo in mare. Fatto ció, per avervi salvata sono stato lodato con la visione del vostro magnifico corpo, Helena..."

"Siete un lurido porco e vi ho già detto di non darmi del tu!"

Successe tutto in un attimo, nessuno dei due ebbe modo di prevedere quell'azione.



La mano di Helena si scontró furiosa e fulminea con la guancia del capitano, l'espressione sgomentata, il respiro ansante. Un silenzio surreale scese tra di loro.

L'aria intorno sembró cristallizarsi, mentre con occhi sbarrati la donna portava la mano al petto, tremante. Avrebbe pagato caro quell'ardito gesto e ne ebbe la prova quando vide l'uomo sconvolto portarsi la mano sinistra sul volto, dove la parte lesa si stava già tingendo di rosso, la mascella chiudersi di scatto e i denti cozzare tra di loro. La sua immobilità duró poco.

Un sorriso terrificante piegó le sue labbra, i suoi occhi adirati e furibondi diventarono quasi neri ed ebbe solo il tempo di vedere il suo volto trasfigurarsi in quello di una bestia quando con un urlo disumano si scaglió su di lei facendole sbattere la testa contro la parete alle sue spalle per poi stenderla supina sul letto. Senza alcuna gentilezza le strappó di dosso il lenzuolo, lasciandola nuda, le aprì le gambe con violenza, artigliandole le cosce su cui sarebbero presto apparsi dei lividi, insinuando il suo corpo tra di esse.

Caldo e possente sentì schiacciarla, togliendole il respiro.


Fu allora che Helena, dopo essersi ripresa dallo stordimento della botta in testa, inizió a dibattersi disperata, urlando in preda all'angoscia, all'umiliazione e piangendo come mai aveva fatto in vita sua. Stava per morire, lo sapeva.


Alexander artiglió la gola della ragazza impedendole di emettere un altro solo grido, gli occhi iniettati di sangue mentre immaginava già il corpo della donna freddo ed esangue, i suoi occhi spalancati pieni d'orrore dopo averla ammazzata.


Come aveva osato quella stupida ragazzina schiaffeggiarlo?! Avrebbe pagato con la vita!


"Maledetta cagna!" Il suo cervello non pensava più lucidamente. La furia governava ogni suo gesto. Non aveva più importanza neanche la vendetta che aspettava da anni e che avrebbe potuto ottenere grazie a lei, comparsa sul suo vascello come un dono del destino. No, nulla importava se non la sua morte.


Strinse ancor di più la presa sulla sua gola, il volto di Helena diventó paonazzo mentre boccheggiava alla ricerca disperata di aria e con le piccole mani graffiava quelle di lui, cercando di liberarsi. L'intero corpo si dimenava, lo cosce si stringevano ai suoi lati sperando di allontanarlo. Alexander guardó deliziato le lacrime che incessanti correvano sul suo volto disperato e sorrise euforico quando vide i suoi occhi farsi vitrei, la bocca spalancarsi in un muto grido e il corpo afflosciarsi sotto il proprio.



Bene. "Benvenuta all'inferno, piccola."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** II -Senza cuore ***



Sorpresi, vero? Incredibile ma vero, stavolta non ho aspettato quasi due anni per aggiornare nuovamente!
In effetti, neanch'io riesco a crederci...
Spero il capitolo non sia per voi troppo lungo o pesante da leggere, visto che ho deciso di riportare quanti più dettagli e pensieri dei personaggi nelle varie situazioni per permettervi di vedere la storia così come la immagino io. Grazie di cuore a chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate. Un grazie speciale a chi ha lasciato un commento al capitolo precedente riservandomi un po' del suo tempo!
Nella speranza di sapere i vostri pareri e pensieri vi lascio alla lettura del capitolo! A presto,

A Midsummer Night_s Dream.







S
enza cuore

 





 A quanto pare, la giornata non era iniziata nel migliore dei modi per il capitano della Golden Lady. L'intera ciurma si era accorta del suo volto livido e lo sguardo omicida non appena aveva messo piede sul ponte della nave.

Ma nessuno osò fiatare e chiedere spiegazioni. Nessuno che avesse a cuore la propria vita, comunque.

Poche volte la ciurma lo aveva visto tanto irato e tutti, su quella nave e non, sapevano bene che era meglio starne alla larga in quelle rare occasioni. Diversamente, pena la morte.

La sua voce furibona tagliò l'aria improvvisamente, risvegliando gli uomini dai loro pensieri e tra di loro qualcuno addirittura sobbalzò preso alla sprovvista. "Ognuno vada alla propria postazione! Spellerò vivo personalmente ogni figlio d'un cane che oserà poltrire sulla mia nave, muovetevi!" E nonostante non avesse dato loro una meta, nessuno protestò.

Solo un uomo ebbe il coraggio di scuotere la testa con espressione divertita e avvicinarsi al capitano incurante.



 

Nel frattempo, dopo aver impartito i propri ordini, Alexander si diresse a passo di carica verso il timone che agguantò con presa ferrea, il volto ancora incupito e lo sguardo truce puntato sulla distesa azzurra dinanzi a lui.

Prese un enorme boccata d'ossigeno, riempiendo così i polmoni con l'aria salmastra attorno a lui e riuscendo in quel modo a ritrovare un po' della calma e lucidità persa poco prima. Solo il mare aveva quell'effetto su di lui.

L'immagine della donna bianca e abbandonata sotto di lui tornò ancora una volta a tormentarlo. La sua presa attorno al timone si fece ancor più salda, le nocche sbiancarono e una bestemmia uscì dalle sue labbra.

L'aveva quasi ammazzata e non riusciva a darsi pace per questo...
In trent'anni di vita non aveva mai picchiato una donna, ma con Helena non si era spinto soltanto a quello, no. Era quasi stato sul punto di ucciderla se il suo volto non gli avesse ricordato quello di un'altra donna facendolo allontanare come scottato e appena in tempo.

Dannata donna, era tutta colpa sua se aveva perso la testa!

La sua insolenza all'inizio l'aveva divertito a tratti un po' irritato, ma poi si era spinta oltre. Troppo. Come un fulmine a ciel sereno era arrivato lo schiaffo e ogni taccia di divertimento era sparita in lui, sostituita da una furia cieca. Nessuno aveva osato colpirlo fino a quel momento, nessuno!

Di quel passo, quella donna sarebbe stata la sua rovina!

"Piccola vipera..." sbottò in collera, portando una mano sul volto stanco e troppo immerso nei propri pensieri, Alexander non si accorse dell'uomo che lentamente si era avvicinato a lui, fino a portarsi alla sua destra.

"Poche ore e quella donna è già riuscita a far uscire il peggio di te, vero Alex?"

Quella domanda detta in tono tanto canzonatorio non fece che irritarlo maggiormente. Le dita, come di vita propria, si strinsero a pugno pronto a punire lo stolto che aveva osato rivolgersi a lui in quel modo. Lasciò velocemente il timone, il braccio destro tirato all'indietro e pronto a caricare ma fu costretto a fermarsi con la mano a mezz'aria quando voltandosi riconobbe in quella figura il volto del suo ufficiale in seconda nonché migliore amico.

Gli occhi verde smeraldo di Gabriel brillarono divertiti mentre lo osservava con una chiara espressione beffarda sul volto e falsamente impaurita. "Volete davvero colpirmi, capitano?"

"Fanculo, Harvey! La nostra amicizia non mi impedisce di gettarti in pasto ai pescicani se solo lo volessi!"

"Oggi il nostro capitano è estremamente suscettibile!"

Alexander osservo l'amico scoppiare in una fragorosa risata e infastidito, con nessuna voglia di scherzare, lo ammonì con lo sguardo, in una tacita promessa di mettere in atto la sua minaccia se solo avesse continuato.

L'idiota sembrò percepire il suo umore nero e ogni traccia di ilarità sparì dal suo volto. Aveva capito che qualcosa lo turbava.

"
Non hai fatto niente di avventato di sotto, vero?" domandò con espressione seria e leggermente preoccupata, intuendo la fonte del suo turbamento.


"No. O forse si. Chiedi ad Henry di andare dalla donna e assicurarsi delle sue condizioni" rispose evasivo, alzando gli occhi in alto, ad osservare il cielo azzurro e sereno, per poi sussurare poche parole che lasciarono l'amico sgomentato. "Sempre che sia ancora viva..."




Se di sopra l'aria era piena di urla, bestemmie e risate sguaiate, sotto coperta regnava un silenzio quasi spettrale.

La gola bruciava maledettamente. Anche respirare era diventato ormai doloroso. Ad ogni singola boccata d'aria sembrava che qualcuno le infilasse un ferro rovente in gola.

Una lacrima traditrice scivolò  lungo la sua guancia destra ed Helena la scacciò via immediatamente, stizzita e in collera con se stessa per quella debolezza.

Fortunatamente in quel momento era sola e nessuno avrebbe così visto la sua fragilità. Si rannicchiò su se stessa, portando le gambe al petto e cingendole con le braccia nella vana speranza di trovare un po' di calore, ma soprattutto un conforto di cui aveva disperatamente bisogno.

Gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime quando ripensò all'intera situazione, alle proprie condizioni fisiche apprese poco prima, ma le ricacciò prontamente indietro caparbia e fin troppo orgogliosa.

Si era appena svegliata, il corpo paralizzato a causa del dolore e la gola in fiamme quando un uomo abbastanza alto e corpulento era entrato senza bussare nella cabina, fermandosi per un breve istante sulla soglia a guardarla stupito per poi avanzare a grandi falcate.

Helena aveva provato a ribellarsi, sgomentata e terrorizzata, quando l'uomo si era accovacciato sui talloni, al suo fianco, e l'aveva scrutata con attenzione prima di poggiare le sue dita, in un tocco caldo e leggero, all'altezza della gola procurandole così una fitta di dolore che le aveva strappato un gemito dalle labbra.

"Stai ferma. Muovendoti come un'anguilla non farai che accrescere il dolore" l'aveva ammonita aspramente lo sconosciuto, mentre prendeva da una borsa di pelle scura, che prima non aveva notato, delle garze e una piccola ampolla verde scuro. "Il mio nome è Henry e sono il medico di bordo" aggiunse poco dopo guardandola di sfuggita.

Il dolore si era fatto davvero lancinante, la percorreva da capo a piedi, e poi -dovette ammettere a se stessa- stranamente quell'uomo all'apparenza burbero le infondeva un senso di fiducia.

Non rispose, ma immobile e guardigna l'aveva osservato attentamente mentre svolgeva quello che era il suo lavoro su quella nave. Fiducia o no, quell'uomo rimaneva sempre un corsaro.

La sua età doveva essere compresa tra i quaranta e i cinquant'anni, aveva deciso alla fine.

I capelli neri e screziati di grigio sulle tempie arrivavano appena a sfiorargli il collo, il volto era lievemente bruciato dal sole, segnato dalle intemperie del tempo e cicatrici di vecchie battaglie. Gli occhi grandi, castani e stranamenti pacifici -che poco si addicevano ad un pirata- con sua grande irritazione, si erano velati di compassione quando aveva riconsciuto in quei lividi la forma di alcune dita.

"Devi averlo fatto arrabbiare davvero tanto per scatenare una reazione simile da parte sua..." mormorò sovrappensiero il medico rivolto più a se stesso che a lei.

Nessun'altra parola era stata poi pronunciata. Con attenzione le aveva applicato un unguento sul collo per poi fasciarlo con alcune garze, fatto ciò le aveva versato alcune goccie bluastre in un bicchiere d'acqua raccomandandosi di assumerle tre volte al giorno così da alleviare il dolore. Dopodichè era andato via cosi com'era arrivato, osservandola silenzioso per un lungo momento immerso in chissà quali pensieri prima di salutarla con un movimento brusco del capo. Che uomo strano...

Un tonfo improvviso sulle assi di legno sopra la sua testa la fece sobbalzare, riportandola bruscamente alla realtà.

Per l'ennesima volta si domandò come fosse finita in quella tremenda situazione. Era partita per andare incontro ad una nuova vita, un matrtimonio non voluto ma combinato dal padre che era stata costretta ad accettare ed eccola lì, su un vascello pirata circondata da un branco di animali!

Ma ciò che fece rabbrividire impaurita Helena al solo ricordo fu il volto del capitano, distorto in un espressione grottesca. Quasi inumana.

Si portò una mano attorno al collo tremante, deglutendo rumorosamente. L'aveva quasi uccisa...

Il suo schiaffo era stato un gesto avventato, alcuni lo avrebbero definito sciocco se non addirittura suicida, di questo ne era consapevole, eppure il suo orgoglio le impediva di provare rimorso.

Fin da bambina aveva dimostrato di possedere un carattere ribelle, poco ligio al dovere e alle regole e che solo il padre grazie ad un'educazione severa e molte punizioni era riuscito a tenere a freno. A domare, forse, ma non ad estirpare completamente e questa ne era stata l'ennesima prova.

Ma diamine! Quel diavolo aveva osato spogliarla mentre lei era incosciente, aveva posato lo sguardo sul suo corpo indifeso così come mai nessun uomo aveva fatto prima e si era pure preso gioco di lei per quello! Oltre il danno pure la beffa!

"Bastardo..." sibilò furiosa e umiliata, gemendo poi a causa del dolore alla gola.

All'improvviso, Helena si ritrovò a sobbalzare colta di sorpresa quando sentì la porta della cabina spalancarsi e una figura possente entrare senza un suo esplicito invito.

Eppure non ebbe modo di protestare dinanzi a quella mancanza. Il cuore iniziò a batterle furiosamente nel petto e il suo corpo fu scosso da un brivido di paura quando riconobbe in quella figura il suo aguzzino.

Il terrore gelò ogni suo singolo muscolo. Il respiro le si bloccò in gola mentre lo osservava avanzare silenziosamente, fino a fermarsi a pochi passi dal suo giaciglio.

Nessuna emozione particolare segnava il suo volto, sembrava impassibile se non addirittura scocciato nel rivederla di nuovo, eppure nel suo sguardo riconobbe lo scintillio pericoloso di un predatore che studiava la propria preda prima di avventarsi su di lei.

La studiò silenziosamente per un lasso di tempo che le sembrò interminabile. L'aria carica di tensione e che fu lui il primo a spezzare con poche parole che la ferirono come un fendente in pieno petto.

"Henry diceva il vero, dunque... Sei ancora viva" Il tono di voce incolore mentre parlava come se nulla fosse, come se non stesse parlando della vita di un essere umano, della sua vita.

Poche parole le sue, ma che ebbero il potere di farla fremere e stavolta non per la paura.

Quasi la sua vita fosse cosa di poco conto! Anzi, sembrava davvero infastidito di vederla ancora viva!

"Si, per vostra sfortuna!" rispose inviperita, ma fu costretta a pentirsene subito quando sentì la gola bruciare e la tosse toglierle il respiro.

Che voi siate maledetto, per l'ennesima volta!

Portò le mani attorno al collo e sospirò di sollievo quando sentì le proprie dita gelide darle un po' di sollievo.

Una risata divertita prorruppe dalle labbra dell'uomo. Sorpresa alzò di scatto lo sguardo incontrando quello ilare del demonio.

"Credo proprio d'essermi sbagliato! Tra le braccia non ho avuto una gattina..." disse con un ghigno malizioso. "Ma una vera e propria tigre!"

Helena sentì il sangue fluire velocemente sul viso, le guance scottare nell'udire le sue parole ardite e furiosa aprì le labbra per rispondere a tono, ma il respiro le si mozzò nuovamente quando vide il capitano avvicinarsi lentamente a lei, ancora divertito. Gli occhi le si riempirano involontariamente di lacrime. Il coraggio sembrò abbandonarla.

"State lontano da me..." mormorò tremante e, ignorando il dolore dei muscoli che si ribellavano, si liberò velocemente dalle lenzuola, alzandosi e portandosi nella parte opposta della cabina. Lontana da lui. "Non avvicinatevi!"

Alexander ancora una volta si trovò stupito ad ammirare il coraggio della giovane donna e il suo spirito battagliero. Piccola, fragile eppure così fiera nonostante si fosse trovata poco prima faccia a faccia con la morte continuava a combatterlo minuta in quella camicia da uomo bianca, troppo grande per lei e che poco celava al suo sguardo.

"Dovresti stare a letto, sei molto debole" disse distrattamente, perso nei suoi pensieri voluttuosi, senza distogliere un solo attimo gli occhi avidi da quel magnifico corpicino.

Una risata di scherno lo portò rudemente alla realtà. "Non posso crederci! Vi state, per caso, preoccupando della mia salute, capitano?" sputò l'ultima parola quasi fosse un insulto, mentre senza rendersene conto si avvicinava a lui, gli occhi resi brillanti dalla furia. "Siete un maledetto bastardo!"

Alexander non avrebbe mai immaginato una reazione simile da parte sua. La ragazza si lanciò su di lui con un grido pieno di dolore, le dita piegate a formare degli artigli mentre cercava in tutti i modi di arrivare al suo volto e graffiarlo, morderlo pur di ferirlo.

Senza fatica bloccò le braccia di Helena a mezz'aria, la guardò stupito mentre si dimenava come una matta, in preda ad una crisi isterica, scalciando, urlando i peggiori insulti e che una donna del suo rango non avrebbe dovuto conoscere.

"Calmati, Helena, ti farai del male così!"

"Dopo avermi quasi uccisa vi preoccupate di me?! Maledetto, continuate a prendervi gioco di me! Bastardo! Che la vostra anima marcisca all'infern-"

"Ho detto di calmarti!" urlò Alexander furioso, stanco dei suoi insulti. Deciso nel farsi rispettare le immobilizzò il volto con una mano, in una presa ferrea e dolorosa considerato il gemito che uscì dalle labbra della donna. Ma non gli importò, visto che neanche la gentilezza aveva funzionato con lei era costretto a ricorrere ai soliti metodi.

Con la mano libera la agguantò per la vita, facendola cozzare contro il suo petto, costringendola a guardarlo negli occhi. "Fossi in te non giocherei ancora col fuoco, bambina." alitò minaccioso a pochi centimetri dalle sue labbra, gli occhi cristallini di lei adesso spalancati dal terrore. "Perchè la prossima volta che le mie mani si poseranno su di te posso giurarti sulla mia anima dannata che non sopravviverai!"

Di fronte a quella chiara minaccia di morte, Alexander si sarebbe aspettato sottomissione dalla donna tra le sue braccia.

Ma nuovamente, in quei pochi minuti, Helena lo stupì per la seconda volta.

"Mi avete quasi uccisa, maledetto corsaro!" urlò disperata in un ultimo tentativo di ribellione, per poi aggrappandosi senza forze alla sua blusa mentre le lacrime copiose rigavano il suo bellissimo volto e i singhiozzi le scuotevano il petto. "M-mi avet-te quasi u-uccisa..." Sentì il suo corpo afflosciarsi tra le proprie braccia e fu institivo per lui stringerla ancora più forte al petto, sostenendola e piantando lo sguardo scioccato e preoccupato in quello disperato di lei. "Voi non avete un cuore..."

Pronunciate quelle ultime parole, Helena sentì il pavimento mancarle sotto i piedi e attese che il dolore della caduta arrivasse.

Ma questo non avvenne, a differenza sentì due forti braccia sostenerla e sollevarla. Il calore di lui la avvolse e involontariamente si aggrappò all'unica cosa che sembrava reale in quel momento di disperazione e follia.

"Mi è stato strappato dal petto tanto tempo fa insieme a ciò che più amavo, piccola..." fu un sussuro così lieve e vibrante di dolore che Helena si convinse d'averlo solo immaginato mentre l'oblio la reclamava di nuovo a sè.

Un unico pensiero a tormentarla: il diavolo avrebbe presto preteso anche la sua anima.





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Capitolo 4
*** III -Una lunga giornata ***




Con un po' di ritardo, ma ecco il nuovo capitolo!
Ho impiegato più tempo rispetto al solito perchè troverete alcune scene che parleranno di violenza, in un certo modo, quindi ho voluto scriverle con quanto più tatto possibile. Spero di esserci riuscita... Ringrazio di cuore i nuovi lettori che hanno inserito la storia tra le seguite e chi ha commentato il capitolo precedente. Adesso, convinta di avervi rubato fin troppo tempo, vi lascio al capitolo.
Buona lettura!

P.s.: in fondo alla pagina troverete il volto di colui che si avvicina più alla mia idea dell'ufficiale in seconda, Gabriel!







 U
na lunga giornata





Come un animale in gabbia, Helena si aggirava inquieta e circospetta per l'ambiente a lei circostante.

Mentre era ancora priva di sensi solo il capitano poteva averla condotta in quella nuova cabina, molto più grande e lussuosa rispetto a quella precedente.

Dunque adesso si trovava nei suoi alloggi personali, questo le era chiaro, ma perchè aveva deciso di sistemarla proprio lì?

Sentì le guance scottare al pensiero di essersi trovata tra le braccia dell'uomo, completamente inerme e abbandonata... ancora una volta. Uno strano e inspiegabile calore le invase le membra quando pensó al petto caldo e forte del capitano sotto le proprie dita.

Scosse la testa, sconvolta e irritata dai suoi stessi pensieri.

Da quell'ultimo incontro, avvenuto ore prima, non lo aveva più rivisto...

Sobbalzó presa alla sprovvista quando vide un uomo entrare nella cabina senza alcun preavviso. Per l'ennesima volta.

"A quanto pare, su questa nave, le buone maniere non sono contemplate!" sbottó sarcastica, lanciando uno sguardo di fuoco al nuovo arrivato.

Gabriel guardó la donna di fronte a sè con espressione sbigottita e incredula, ma la sua sorpresa dovuta a quell'inaspettata accoglienza  duró un battito di ciglia prima che una sonora risata esplodesse dalle sue labbra e lo facesse piegare su se stesso divertito.

"Adesso capisco il cattivo umore del capitano ogni volta che viene a farti visita!" disse l'uomo non appena riuscì a riprendersi dall'ilarità del momento, guardandola sornione.

Helena corrugó la fronte indispettita. "Come avete detto?"

Gabriel non rispose, ma scosse la testa ancora divertito mentre, sotto lo sguardo inquisitore della donna, faceva trasportare da altri due pirati all'interno della cabina una tinozza piena d'acqua per poi liquidare i due velocemente con un cenno della mano.

"Questa è da parte del capitano" disse poi, spezzando così il silenzio imbarazzante sceso tra di loro. "Io sono Gabriel, comunque... Benvenuta a bordo della Golden Lady!" continuó rivolgendole impacciato un sorriso amichevole, nessuna malvagità nello sguardo.
Helena si stupì dell'atteggiamento gentile del pirata e non potè non ricambiare con un timido sorriso. Da quando non veniva trattata con un po' di gentilezza?

"Non so se ringraziarti o mandarti al diavolo per il tuo... benvenuto!"

Gabriel vide i lineamenti del suo volto addolcirsi e le labbra aprirsi in un sorriso sarcastico mentre pronunciava quelle parole che strapparono a lui l'ennesima risata divertita.

"Hai ragione, di certo dal tuo arrivo su questa nave non sei stata trattata nel migliore dei modi..." rispose pentendosi all'istante delle ultime parole, vedendo il suo volto rabbuiarsi  e provando tenerezza per quella fanciulla ancora bambina, vista la giovane età, che in poche ore aveva visto la sua vita stravolta da una ciurma di uomini senza scrupoli.

Silenziosamente si avvicinó allo scrittoio posizionato in fondo alla stanza, poggiando quelli che Helena suppose essere indumenti maschili insieme ad un grande telo bianco che aveva preso poco prima da una grande baule poco lontano da lei.

"Non sarà il massimo, ma è il meglio che una nave come questa possa offrirti" disse il cosaro prima di congedarsi da lei con tanto d'occhiolino.

Helena scosse la testa e il primo vero e sincero sorriso divertito si distese sulle sue labbra in quella lunga giornata, mentre velocemente si spogliava contenta di potersi concedere quel piccolo momento di intimità solo per sè.



 



Era ormai sera inoltrata quando Alexander decise di dirigersi verso i propri alloggi. Aveva bisogno di riposare e... dannazione! La donna si sarebbe abituata ad averlo attorno, che lo volesse o no! La sua opinione non aveva importanza, dopotutto.

Fece un breve cenno del capo verso Gabriel che iniziava adesso il suo turno, sostituendolo, mentre si allontanava dal ponte per poi fermarsi un breve istante davanti la porta della cabina di poppa.

Una lunga boccata d'aria prima di abbassare la maniglia ed entrare.

I suoi occhi si abituarono presto al buio ed altrettanto in fretta si focalizzarono sulla piccola figura illuminata dalla lieve fiammella di una candela sullo scrittoio.

Eccolo lì, il tormento delle sue ultime ore.
La sua era una bellezza eterea che neanche gli indumenti maschili erano riusciti ad oscurare. Si appoggió alla parete alle sue spalle, incrociando le braccia e scrutando avido ogni particolare in silenzio.

I pantaloni scuri, per lei troppo grandi, le cadevano larghi sui fianchi magri scivolando poi morbidi sulle sue dolci curve. Stessa cosa valeva per la camicia che non nascondeva peró il suo seno generoso e la mancanza di biancheria intima.

Gli piacque il contrasto che il nero degli abiti creava con la sua pelle diafana e i lunghi capelli biondi che la avvolgevano come un mantello, cadendo in morbide onde lungo la schiena.

Sentì una fitta di desiderio attraversargli il ventre mentre osservava il suo splendido volto, gli occhi cristallini attenti e vispi lo osservavano senza una particolare emozione.

Lo sguardo di Alexander si posó sul vassoio pieno di cibo ancora intatto.

"Non hai mangiato nulla."

"Non avevo fame" rispose lei con tono incolore, scrollando le spalle.

Il suo atteggiamento noncurante gli fece corrugare la fronte infastidito, ma furono i suoi tentativi di ignorarlo a far lampeggiare i suoi occhi di rabbia.

"Come vuoi."

L'aria tra di loro si fece tesa.

"Suppongo che questa sia la vostra cabina" disse d'un tratto Helena, rompendo il silenzio e cogliendolo di sorpresa. "Mi chiedevo il perchè della mia presenza qui."

Si osservarono intensamente per un lungo istante, poi Alexander si allontanó lentamante dalla parete, avvicinandosi a lei. "Perchè questo è il mio volere."

Gli occhi di lei sembrarono farsi di ghiaccio mentre tremante di rabbia si alzava dalla sedia per fronteggiarlo. "E da oggi in poi, ogni vostro desiderio sarà per me un ordine, vero capitano?"

Lo sguardo spavaldo, il tono di voce sprezzante. Era stupenda.

"Esatto."

La sua voce roca e sensuale arrivó come una freccia infuocata in pieno petto di Helena, facendola rabbrividire da capo a piedi.

Quell'uomo era quanto di più sbagliato potesse esistere al mondo...

Col cuore in fibrillazione per le troppe emozioni contrastati, Helena fece per ribattare ma  improvvisamente il silenzio fu spezzato da un urlo agghiacciante. Seguito subito dopo da un altro e poi un altro ancora.

In poco tempo l'aria si riempì di gemiti, singhiozzi e preghiere d'aiuto di voci femminili che furono presto sovrastate dalle risate di scherno degli uomini e dai loro apprezzamenti volgari.

Helena sentì stavolta il proprio cuore perdere un battito, il gelo invaderle le vene e bloccarla sul posto mentre la consapevolezza di quello che stava accadendo a pochi passi da lei si faceva strada nel proprio animo. La vista le si annebbió.

Quante lacrime ancora avrebbe versato su quella maledetta nave?

Con occhi spalancati, pieni d'orrore, e il respiro ansante guardó il volto dell'uomo di fronte a lei, in una tacita richiesta di aiuto che sapeva già non avrebbe ottenuto.

Dall'altra parte, Alexander la fronteggiava ancora con occhi lucidi d'eccitazione eppure un lampo di preoccupazione gli attraversó lo sguardo quando vide il suo piccolo corpo tremare. Osservó le sue braccia, che fino a pochi istanti prima teneva incrociate al petto in una posa spavalda, cadere inermi lungo i fianchi.
Il volto mortalmente pallido, lo sguardo vacuo.

Come un cristallo che si frantumava al suolo, vide l'animo battagliero e ribelle della donna spezzarsi dinanzi a lui. La caparbietà e spavalderia sgretolarsi rivelando il volto di una donna disperata e che per la prima volta, alla fine di quella lunga giornata, si rendeva conto della gravità della situazione in cui si trovava.

Helena sussultó tremante quando le grida rispresero più forti e si sentì estremamente vulnerabile.

Era troppo fragile, impaurita, impotente per poter affrontare una simile situazione... 

Per quale motivo continuare a lottare? Lui aveva già vinto...

"Smettila di dimenarti come una selvaggia! Vedrai che piacerà anche a te, in fondo sappiamo entrambi che dietro questo volto da verginella si nasconde una sgualdrina..."

"Animale, lasciatemi!" una voce femminile, come un fulmine a ciel sereno e fin troppo familiare giunse alle orecchie di Helena, insieme al sinistro suono di abiti che venivano lacerati. "Aiuto! Mia signora aiutateci, vi prego!"

Era la voce di Eleonor, sua fidata cameriere nonchè cara e unica confidente.

Quegli animali volevano mettere in atto l'ennesima violenza, abusare della donna e delle altre prigioniere... No... Non poteva permetterlo!

Come rianimato da un nuovo fuoco, il suo corpo reagì prima della mente. Le sue gambe scattarono veloci e con un urlo di rabbia si gettó verso la porta della cabina, arrivando ad essa e riuscendo ad agguantare la maniglia ma la sensazione di trionfo per essere ad un passo da Eleonor ebbe vita breve.

T
roppo presto sentì due forti braccia avvolgerla da dietro e tirarla contro un corpo caldo, le labbra dell'uomo accostarsi al suo orecchio sinistro in un ringhio rabbioso.

"Dove diavolo credi di andare?!"

Come una guerriera, cercó di liberarsi in tutti i modi mentre le urla delle donne che fino a poco prima erano al suo servizio giungevano alle sue orecchie ancora più forti. "Lasciatemi, demonio! Devo aiutarle!"

In risposta alle sue parole, Eleonor urló disperata il suo nome da dietro la porta, abbandonando ogni formalità. "Helena! Vi preg-" ma la sua preghiera fu interrotta immediatamente. Lo schiocco d'uno schiaffo e il tonfo di un corpo che miseramente cadeva a terra risuanarono nell'aria.

"NO!" un urlo pieno d'angoscia prorruppe dalle labbra di Helena mentre riprendeva a dibattersi più forte, cercando di sfuggire alla presa di Alexander che sembrava farsi sempre più salda in risposta ai suoi tentativi di ribellione.

All'esterno, sentì la voce rauca e impastata dall'alcol di un corsaro prendersi beffa della donna e trascinarla di peso fino agli scalini che conducevano alla stiva della nave, dove con ogni probabilità erano già state condotte le altre donne.

"Davvero saresti così stupida da gettarti nella tana del lupo per salvare delle stupide pezzenti?"

Quell'insulto fu l'ultima goccia che fece traboccare il vaso. Helena si giró di scatto furente, gli occhi animati da una furia cieca mentre avvicinava il proprio volto a quello dell'uomo incurante di ogni buona etichetta dell'alta società.

"Quello che voi non capite è che quelle pezzenti, come le definite voi, prima di essere considerate tali sono delle persone, essere umani, delle donne!" sibiló sprezzante, lo sguardo fiammeggiante e il tono rabbioso. "E sì, sono disposta io stessa a finire nei guai e magari non riusciró ad aiutarle, ma almeno sapró di averci provato! Il rimorso non mi tormenterebbe per il resto della mia vita!"

Dopo le sue parole, un inquietante silenzio caló nella cabina. I due si fissarono, entrambi fieri ed orgogliosi, in una tacita battaglia.

Helena sentiva le tempie battere furiosamente, le mani fremere per la rabbia, ma la sua ira si affievolì di colpo quando vide una luce pericolosa illuminare lo sguardo dell'uomo.

Desiderio. Puro, primitivo, selvaggio.

Si allontanó di scatto allarmata e turbata, inciampando quasi nei suoi stessi piedi.

Alexander sentì un fuoco ormai familiare invadergli il ventre, mentre famelico osseravava Helena indietreggiare guardigna e impaurita.

"Non osate avvicinarvi!"

A discapito delle sue parole, con un sorriso maligno superó con poche falcate la distanza che li divideva agguantandola appena in tempo per la vita sottile prima che riuscisse ad uscire dalla cabina.

Helena inizió a dimenarsi furiosamente, urlando terrorizzata ma lui trovó presto il modo di metterla a tacere. 

Come un assetato, la sua bocca caló su quella di lei senza alcuna delicatezza. Assaporó il dolce sapore delle sue labbra carnose con crescente eccitazione, un misto di innocenza e sensualità che gli mandó in fiamme il corpo.

Nessuna donna era mai riuscita a destare i suoi sensi come lei...

Fu deliziato dal contatto del suo corpo, caldo e tremante, stretto a sè, dei suoi seni moridi appoggiati al proprio petto e della sua momentanea docilità.

Con un rauco sospiro si staccó a fatica da lei, guardandola con occhi resi scuri dalla passione. Osservó le sue labbra rosse e gonfie rese tali da un bacio purtoppo non ricambiato.

Il respiro di entrambi ancora corto e veloce, a causa delle emozioni diverse che avevano sopraffatto ognuno dei due in modo diverso, il battito dei loro cuori furioso.

L
o sguardo di Helena era sgomentato, le pupille dilatate e le guance prive di colore. Alexander vide le sue labbra aprirsi e si preparó ad una nuova sfilza di insulti eppure nessun suono uscì da esse. Sorrise divertito pensando d'aver trovato l'unico modo di zittire la donna tra le sue braccia, ma il divertimento fu presto sostituito dall'apprensione quando la vide ancora immobile e con lo sguardo perso nel vuoto.

"Helena..."

Nello stesso istante, sotto di loro si levarono i gemiti disperati delle donne e gli ululati eccitati dei pirati.

Quello fu troppo per Helena. L'assalto alla sua nave, il sangue versato dei suoi uomini, il rapimento, tutta quella violenza nei suoi confronti e delle altre prigioniere... erano troppe emozioni e tutte insieme per poterle gestire in una sola giornata.

Scoppió in un pianto disperato e straziante che le tolse ogni forza e, senza alcuna logica, si gettó tremante tra le braccia di Alexander, affondando il volto rigato nuovamente di lacrime sul suo petto. Il piccolo corpo scosso dai singhiozzi, la mente piena di pensieri contrastanti.

Quell'uomo era il suo carnefice, l'aveva ferita e umiliata dal primo momento eppure era anche il suo salvatore perchè la teneva lontana dalla violenza degli altri uomini presenti su quella nave.

Alexander, stupito e incredulo di fronte a quella reazione, sentì le proprie braccia come di vita propria avvolgersi attorno alla sua vita e stringerla forte.

"Vi prego, mettete a tacere tutto questo... non riesco a sopportarlo..." lo pregó con voce sommessa la donna, stringendosi ancora più forte a lui. "Vi prego... basta..."

Una strana e sconosciuta emozione invase il petto di Alexander mentre la cingeva a sè con più forza, una mano all'altezza della vita sottile e  l'altra ad accarezzarle i capelli con dolcezza, in un gesto rassicurante.

"Ti prometto che presto finirà..." mormoró piano, il mento appoggiato tra i capelli biondi di Helena mentre la cullava delicatamente tra le proprie braccia in una stretta salda e possessiva.


Quella donna sarebbe stata la sua rovina.








Gabriel Harvey:
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Capitolo 5
*** IV Discesa verso l'inferno ***


Chi non muore si rivede, così almeno mi hanno detto...

Vi rubo solo un attimo per ringraziare chi ancora mi segue, nonostante il mio lungo periodo di assenza, e chi deciderà di seguirmi per la prima volta.

Un breve messaggio va' poi alla simpaticissima ragazza che ha copiato questa intera storia su wattpad a suo nome: non so chi tu sia, ma mi auguro tu abbia la decenza di smettere e di non spacciare più un lavoro non tuo per tuo. Se non hai inventiva per scrivere una storia tutta tua non scrivere, punto.

Detto ciò, buona lettura!












 

 

Discesa verso l'inferno



Alexander piegò la testa da un lato, gli occhi fissi sulla figura stretta tra le sue braccia.


Ne osservò il volto pallido e le guance ancora bagnate dalle lacrime. Neanche nel sonno era riuscita a trovare un pò di pace, aveva pianto fino a quando le forze non la avevano abbandonata ed esausta si era lasciata cullare fino a sprofondare in un riposo irrequieto.


Immerso nei suoi pensieri, l'uomo alzò lentamente la mano destra per sfiorare delicatamente il volto di Helena.
Neanche il dolore era riuscito ad oscurare la sua bellezza.


Una sirena che non aveva smesso di incantarlo col canto del suo fascino, nonostante gli anni passati.


"Alex, tu non mi lascerai mai, vero?"

"Mai."

"Lo prometti?"

"Lo prometto, piccolo angelo."


Alexander allontanò la mano di colpo, come scottato, sconvolto da un ricordo che pensava di aver sepolto insieme al suo cuore.

Tutta colpa di quella maledetta donna!

Si alzò di scatto dalla sedia, rovesciandola all'indietro, in collera con sè stesso e con quella ragazzina che stava risvegliando in lui emozioni che non voleva. La osservò rabbioso, mentre il sangue gli ribolliva nelle vene. Si avvicinò lentamente al giaciglio su cui ignara dormiva immobile, uno ghigno grottesco si dipinse sulle sue labbra quando si piegò sulla sua figura per mormorarle all'orecchio parole che risuonarono nel silenzio come la peggiore delle profezie.

"Io mantengo sempre le mie promesse, piccolo angelo. Soffrirai così tanto che ti pentirai di non essere morta assieme ai tuoi uomini quella maledetta notte."




Sentiva il respiro lento dell'uomo a pochi metri da lei.


Anche se non poteva vederlo, a causa delle palpebre serrate, sentiva la sua presenza alle proprie spalle.

Soffocante. Opprimente.

Cercò di concentrarsi sul lieve dondolio della nave, nella speranza di calmare il battere furioso del proprio cuore.

Speranza del tutto vana, il demonio sembrava conoscerla fin troppo bene.


"E' inutile che continui a fingere di dormire. So benissimo che sei sveglia."


Ad Helena si mozzò il fiato in gola, il cuore perse un battito mentre convulsemente stringeva il tessuto dell'abito tra i piccoli pugni.

Il corpo si irrigidì nell'udire quella voce, la paura tornò a scorrerle nelle vene ma cercò di mantenere la calma, per quanto le fosse possibile.

Prese una lunga e profonda boccata d'aria prima di aprire gli occhi. Strinse le labbra mentre lentamente cercava di mettersi seduta, poggiando la schiena sulla parete dietro di lei.

Il corpo le doleva in ogni punto, ma non un gemito uscì dalle sue labbra. Aveva dato fin troppe soddisfazioni a quell'uomo.


Alzò lo sguardo ed eccolo lì, il suo inferno personale fatto di carne ed ossa.

Incurante stava seduto su una sedia sorseggiando quello che suppose dal colore ambrato essere whisky, mentre con le dita della mano libera tamburellava sullo scrittoio al suo fianco. Lo sguardo annoiato posato su di lei.

"Trovate così divertente tormentarmi?" sibilò la donna con voce roca e una smorfia le piegò le labbra al bruciore che le infiammò la gola.

Un sorriso ironico invece si aprì lentamente sulle labbra del capitano, prima di portare il bicchiere alle labbra e svuotarlo.
"La tua irriverenza sarà la tua rovina, piccola."

Un calore improvviso inondò le guance di Helena. Alzò il mento stizzita, odiando sé stessa per quella stupida reazione.
"Non avete nessun diritto di rivolgervi a me in quel modo."

"Mi dispiace deluderti, ma su di te posso esercitare ogni diritto. Ricorda che sei viva grazie a me. Ti ho salvata io dalla morte e sempre io ti tengo lontana dalle voglie animali dei miei uomini."

A quelle parole lo stomaco le si rivoltò, ricordando quello che la sera prima era stato il destino delle giovani prese in ostaggio.

Con occhi colmi di lacrime Helena fissò Alexander, angosciata nell'udire la risposta alla propria domanda appena udibile.
"Che fine hanno fatto le donne?"

Una ruga profonda solcò la fronte del capitano mentre la fissava con attenzione, cauto e pronto ad una nuova crisi isterica.
"Sono rinchiuse nelle celle."

Il sollievo invase il cuore di Helena a quelle parole. Non erano morte.

Anche se molte di loro vorrebbero esserlo, pensò mentre un fiotto di bile le saliva per la gola pensando a quanto crudele il fato fosse stato con loro.

"Presto faremo sosta a Tortuga per fare rifornimento e lì saranno vendute."

"Vendute?"

Dio, dimmi che tutto questo non è reale...

"Sì. Non chiedermi quale sarà il loro destino, sei abbastanza intelligente da intuirlo da sola. Sono vive e questo è già molto. Il loro destino non è affar mio."

Helena sentì il proprio corpo tremare, impotenza e rabbia le divisero l'animo in due. Avrebbe voluto aiutarle, ma la sua voce non aveva nessun potere lì, lei stessa era una prigioniera.

"Farò la stessa fine?"

E ciò che le gelò il sangue non fu lo scenario del proprio futuro rinchiusa in chissà quale bordello, no.
Fu lo sguardo maligno e pieno di possesso che le rivolse l'uomo.

"No, tesoro. Tu mi appartieni e il tuo destino è solo nelle mie mani." rispose Alexander senza lasciare trapelare nessuna emozione, eppure l'immagine di lei che veniva toccata da altre mani maschili che non erano le proprie gli mandò il sangue al cervello.

"Tu.sei.mia." scandì ogni parola quasi a volere che queste le si incidessero a fuoco sulla pelle. Le si avvicinò in silenzio, inchiodandola con lo sguardo e chiudendole ogni via di fuga con il proprio corpo. "Sono stato chiaro?"

Tutto si sarebbe aspettato da lei fuorché lo sguardo di sfida con cui gli si avvicinò. Ecco che il suo lato selvaggio riemergeva.

"Mai. Prefersico mettere fine alla mia stessa vita piuttosto che lasciare ad un animale come voi di toccarmi!"

Alexander rimase stupito dalla veemenza della sua reazione, ma durò il breve attimo di un battito di ciglia prima che la furia lo accecasse e il suo rifiuto si insidiasse in lui come veleno corrosivo.

Cercò di afferrarla ma lei fu più lesta. La sua piccola mano scattò sulla cinta dell'uomo e Alexander rimase sorpreso nel sentire la carezza gelida del pugnale sfiorargli la gola.

Rimase immobile, le braccia sospese in aria, mentre osservava Helena guardarlo con aria di trionfo, le guance rosse e il respiro ansante.

Una sola parola per descriverla: magnifica.

"Posa quell'arma, piccola. Potresti ferirti" sussurrò roco, mentre il suo corpo rispondeva con una reazioine del tutto fisica e primitiva di fronte a quella bellezza ammaliante e feroce.

"Adesso vi importa per caso di me, capitano?"

Così caparbia, sfacciata e maledettamente sensuale.

La voleva. Subito.

"Di te mi è sempre importato, bambina."

Una confessione la sua che lasciò Helena sorpresa e che riempì il suo sguardo di confusione, ma fu proprio quell'attimo di distrazione ad esserle fatale.

Alexander le afferrò il braccio e con un movimento rapido le ruotò il polso, costringendola a lasciare il pugnale e a piegarsi sulle ginocchia per il dolore.

Non vi fu bisogno di altre parole, il cuore gli esplodeva nel petto per l'eccitazione e solo un modo poteva calmarlo.

Le strinse le braccia dietro la schiena, costringendola ad inarcarsi contro di lui e si fiondò su di lei come un animale.

Non fu gentile. Non chiese.

Non sentì neanche il suo gemito di dolore mentre la costringeva ad aprire le labbra con la prepotenza delle proprie e con i denti.
Si impossessò della sua bocca come un selvaggio, la saccheggiò prendendo ogni cosa di lei ed esigendo sempre di più.

La strinse a sé con forza, godendosi la dolcezza delle sue curve sul proprio corpo, si godette il suo calore che sembrava volerlo bruciare.

Lei rimase immobile, troppo scioccata da quello che stava accadendo, ma tornò in sé non appena sentì la sua eccitazione premerle sul ventre e fu allora che iniziò a dimenarsi convulsamente, scalciando e cercando di liberare le mani dalla sua presa ferrea. Ma Alexander non si curò di ciò, anzi la strinse ancora piu forte cercando e pretendendo la sua sottomissione, chiarendo chi tra i due fosse l'unico e vero padrone. 

Fu solo quando la ottene che terminò il suo assalto. Un assalto durante il quale non aveva smesso di guardarla.

Il suo volto adesso era cinereo, le labbra rosse e gonfie e gli occhi sbarrati in un espressione di muto terrore.


"La nostra discesa verso l'inferno è appena iniziata. E né tu né qualcun'altro potrà fermarla."






 

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Capitolo 6
*** V -Sensazioni ***






Grazie a chi continua a seguirmi nonostante la lunga attesa. Spero di poter leggere ancora le vostre considerazioni e opinioni, sperando di non annoiarvi.
Buona lettura e a presto, Martina.


S
ensazioni


  



H
elena chiuse occhi, lasciandosi cullare dal dondolio della nave che diventava sempre più rapido e scostante, segno che una grande tempesta era in arrivo.

Quella sera il cielo sembrava rispecchiare il suo animo.
Piangeva con lei, pronto ad urlare il suo dolore attraverso la potenza dei propri tuoni.

Una lacrima solitaria solcò la guancia della giovane donna e un sorriso ironico le curvò labbra.


Che fine aveva fatto il suo spirito battagliero? La sua voglia di vivere?

Inabissati nel mare, insieme alla sua nave e ad un futuro ormai lontano.
Partita per essere data in sposa e finita su una nave di pirati, tra le grinfie di un demonio.

Helena si strinse ancor di più le ginocchia al petto, mentre un singhiozzo le squarciava il petto.
Fin dall'inizio si era dimostrata restia a quel matrimonio combinato dal padre.
Inutili si erano dimostrate le sue proteste, lui aveva già scelto e di certo non si premurava della sua opinione al riguardo.


In fondo, era solo una donna in un mondo governato da uomini.
E il potere per loro veniva prima di ogni cosa, anche dell'amore e della famiglia.
Almeno per Sir Henry Hughes.


Il potere è grandezza, cara. Chi ha la fortuna di ottenerlo deve custodirlo e preservarlo, a costo della sua stessa vita. Non vi sarà mai amore che possa contare più del potere.

Questa era forse la sua punizione? Eppure un futuro in cui vedeva se stessa accanto ad un uomo sconosciuto, più grande di lei di quindici anni, non le andava a genio neanche adesso che si trovava in una situazione ben peggiore.

Non riusciva ad accettere un destino passato all'ombra di un uomo che non avrebbe mai amato e che non l'avrebbe mai amata, ma usata come un mezzo di scambio per raggiungere i suoi scopi, alleanze e un guscio che avrebbe portato in grembo un erede. Solo questo, nulla di più.

Un espressione schifata le si dipinse sul volto dinanzi a quello scenario orrendo, scacciò via la lacrima con un movimento stizzito della mano.
Non aveva alcun senso continuare a piangere su qualcosa che ormai non le riguardava più. Dubitava fortemente che quel matrimonio oramai avrebbe avuto luogo.

Chi l'avrebbe più voluta adesso che era stata irrimediabilmente compromessa? Era ancora pura ma la sua reputazione ne sarebbe uscita a pezzi dopo che la storia del suo rapimento avesse fatto il giro di tutte le malelingue della società, del ton.

Nessun uomo l'avrebbe più guardata, pensando che fosse stata la schiava sessuale di sporchi pirati.

Un sorriso sardonico le piegò le labbra, non era forse questo che volevi piccola ed ingenua Helena?
Hai ottenuto la tua libertà, tesoro, e un biglietto di sola andata per l'inferno.




La tempesta alla fine arrivò ed Helena non riuscì a chiudere occhio durante quelle tormentate ore notturne, la nave oscillava così tanto che temeva si inabissasse da lì a poco.

Stanca di girarsi a vuoto, con un gemito di protesta si alzò dal lettino, le gambe tremanti e un dolore martellante in testa. 


 Sentì dei passi veloci avvicinarsi e riconoscendo a chi appartenesseo non rimase stupita quando vide il demonio entrare nella cabina mormorando un'imprecazione a bassa voce.

E qualcuno lassù doveva davvero odiarla perchè tutto accadde molto velocemente, la nave iniziò a rollare più bruscamente del dovuto e un grido impaurito scappò dalle labbra della donna che cercò qualcosa a cui aggrapparsi per non cadere rovinosamente sul pavimento ma non trovò nulla e chiuse gli occhi, in attesa del freddo e doloroso impatto.

Eppure questo non avvenne, due possenti braccia si strinsero attorno alla sua esile vita mentre una voce rabbiosa le sussurrava all'orecchio. "Stai forse cercando di ammazzarti, dannata donna?!"

Per un breve istante l'imbarazzo imporporò le guance di Helena nel sentire il calore e l'ampio petto dell'uomo addossato al suo ma durò un breve battito di ciglia prima che una furia cieca le scuotesse le membra.

"Nessuno vi ha chiesto di salvarmi, maledetto!" urlò, allontanando con non poca difficoltà le braccia dell'uomo attorno a sè e cercando al contempo di trovare il giusto equilibrio per restare in posizione eretta. "Quasi vi importasse della mia vita!"

Un lampo sorpreso attraversò lo sguardo del capitano prima di scoppiare in una risata divertita. "Ritira gli artigli, piccola tigre. Non sono dell'umore giusto per sopportare le tue crisi isteriche da bimba offesa."

Helena fece per ribattere ma uno sguardo omicida del demonio la fece desistere dal farlo.


Si avvicinò alla scrivania usandola come appiglio mentre non perdeva d'occhio l'uomo a pochi passi da lei.
I suoi indumenti erano grondanti d'acqua, i capelli corvini incollati al volto e lungo la curva sensuale del collo in cui piccole gocce scendevano veloci, incontrandosi e unendosi per poi sparire sotto il colletto della camicia... Helena conficcò le unghia nel legno mentre il ricordo di poche ore prima, quel bacio preso con potenza e possessione, le scaldava il ventre in una strana quanto piacevole sensazione.

"Se la notte continua così non mi rimarrano più indumenti asciutti..." mormorò l'uomo a se stesso, ignorandola completamente e togliendosi con agilità felina la camicia.
Helena ebbe il tempo di vedere il guizzo del suoi muscoli possenti, l'addome casellato ed abbronzato ricoperto da una lieve peluria che spariva al di sotto del calzoni...

"Ma cosa fate?" urlò isterica, girandosi velocemente mentre un caldo e violento rossore le ricopriva le guance.


Alexander portò lo sguardo sorpreso ed infastidito sulla figura della donna mentre la osservava voltarsi velocemente.

"Sono fradicio, ho appena finito il mio turno di guardia e non ho intenzione di rimanere con questi abiti addosso rischiando di beccarmi un dannato accidente!"

"Ma non siete solo! Ci sono anchi'io e voi non pot-"

"Tesoro, sono nella mia cabina e faccio ciò che voglio" mormorò Alexander con voce improvvisamente bassa e roca, puntando lo sguardo sulle natiche sporgenti dai calzoni troppo grandi per lei. "Pensavo che questo punto l'avessimo ormai chiarito."

"Siete un mascalzone!"


"Mh... sono stato definito in modi ben peggiori, tesoro" rispose senza abbandonare per un solo attimo le sue dolci curve e avvicinandosi a lei.

"E non chiamatemi così, non ne avete nessun diritto" questa volta la voce di lei tremò per poi spezzarsi quando le fu vicino e la strinse tra le proprie braccia da dietro.


"Ne sei davvero sicura?" le mormorò all'orecchio, godendosi la morbidezza del suo corpo e accostando a lei sfacciatamente il proprio desiderio.

Era più alto di lei di sue spanne e si godette l'estasiante visione dei suoi seni floridi al di sotto della camicia prima di tuffare il volto all'incavo del suo collo dove inspirò fortemente il suo profume dolce, stringendola ancora di più a sè.

"Cosa..."


"Sh... Parli troppo, sai?"

Le posò un caldo ed umido bacio sul collo e un sorriso gli sfuggì quando sentì il corpo della donna tremare e il suo respiro spezzarsi.

Un gemito di sorpresa e protesta le uscì dalle labbra, ma lui quasi non lo avvertì mentre conituava a lambire quel piccolo paradiso di carne pallida e morbida. Iniziò a salire con le mani lungo il petto di Helena, arrivando alle sue rotondità stringendole dolcemente mentre lei sussultava.

"Perfetta"


"Per favore, no..." supplicò la donna, cercando di ribellarsi e scappare dalla sua presa.
Alexander si svegliò di colpo, guardando con occhi lucenti di desiderio la donna che metteva distanza tra di loro e sentendo la rabbia salirgli dentro per il potere che ancora una volta le aveva concesso di avere su di lui.

"Nessuna supplica mi fermerà la prossima volta, milady" mormorò con scherno, mentre una sensazione pungente e sgradevole gli montava dentro. Il suo rifiuto.
"Mi appartieni e ti avrò, volente o no!" sibilò sprezzante, afferrando una camicia asciutta e uscendo dalla cabina col volto livido per la collera.




                                                                                      -

Il sole le riscaldava il volto languidamente, mentre l'aria salmastra le riempiva le narici ed Helena si trovò a ridere di vero cuore per la prima volta da quando aveva messo piede su quella maledetta nave.

Osservò gli occhi cristallini di colui che si era rivelato un vero amico in un branco di lupi. "Gabriel, sei un vero mascalzone! Come hai potuto sedurre e poi abbandonare quelle povere donne!"

"Ma non è colpa mia! Loro chiedono di essere amate ed io mi offro loro come umile servo, dovrebbero ringraziarmi Helena e non maledirmi!"

No, la sua finta espressione affranta era troppo! La giovane si piegò in due, le mani strette sull'addome che le doleva per il troppo ridere. "Basta, ti prego! Rischio di morire soffocata così!"


La tempesta era finalmente finita, il sole sorgeva alto in cielo e questo sembrò migliorare l'umore del capitano ma era destinato ad avere vita breve perché ebbe il tempo di fare pochi passi sul ponte della nave dopo essersi cambiato per l'ennesima volta e aver impartito alcuni ordini ai propri uomini in stiva che sentì la sua cristallina risata espandersi nell'aria.

Voltò la testa di scatto in quella direzione, trovandola a pochi metri da un uomo... stringeva il braccio di Gabriel sorridendogli complice.

Chi le aveva permesso di uscire dalla cabina? E per quale dannato motivo quei due stavano così vicini e lei osava toccarlo?

Una furia cieca gli bruciò il petto, la vista gli si oscurò per un attimo mentre incideva a passo di guerra verso i due.


"Ah, una nuova tempesta sta per abbattersi su questa nave e stavolta nessuno si salverà!" mormorò un vecchio uomo della ciurma a prua osservando l'intera scena con occhi stanchi.








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Capitolo 7
*** VI Quando l'allievo supera il maestro ***



Sperando di fare una sorpresa gradita ecco a voi il nuovo capitolo, sempre nella speranza di non deludervi e sentire le vostre opinioni.
Un bacio, Martina.




 
QUANDO L'ALLIEVO SUPERA IL MAESTRO



La rabbia lo corrodeva dentro come veleno.

Le sue mani tremavano per la voglia che aveva di strangolarla. Come osava disubbidire ai suoi ordini!

"Cosa diavolo ci fai fuori dalla cabina?" le ringhio' ad una spanna dal volto quando la raggiunse, gli occhi blu fiammeggianti d'ira.

Osservo' il volto di Helena colorarsi di un lieve rossore, sicuramente turbata da quella loro improvvisa vicinanza, ma fu un'emozione che duro' poco prima che il petto le si infiammasse per la rabbia. "Io faccio cio'che mi pare, non vi devo proprio nulla!"

In quel momento un silenzio tombale calo' sulla nave, nessuno che avesse a cuore la propria vita oso' fiatare.

Helena trattene il fiato per un istante, un lieve tremore le scosse il piccolo corpo mentre osservava il volto del capitano sfigurarsi in un ghigno che non presagiva nulla di buono.

"Capitano..." Gabriel cerco' di calmare le acque ma un brusco gesto da parte dell'interessato fu sufficiente a zittirlo.

"Nessuno ha chiesto il tuo parere. Hai già fatto troppo per i miei gusti" rispose quest'ultimo, scoccandogli un'occhiata omicida e meritandosi in cambio uno sguardo confuso dal suo comandante in seconda. "Mentre per quanto riguarda te, ragazzina, mi sembra che sia arrivato il momento di dimostrarti quanto poco conti la tua opinione su questa nave. Ancora una volta."

La donna non ebbe neanche il tempo di capire quelle parole, senti' solo le mani dell'uomo afferrarla per la vita e caricarla di peso sulla spalla senza nessuna delicatezza e mozzandole il respiro. 

Ma la sorpresa duro' poco prima che inizziasse ad urlare e scalciare, rossa in viso per la vergogna e l'umiliazione.

"Lasciatemi! Mettetemi immediatamente giù, animale!"

Alexander rise di gusto mentre scendeva le scale e si avviava verso la sua cabina, divertito dagli insulti della donna. "Prima o poi quella lingua biforcuta ti costerà la vita"

"Meglio morta che tra le vostre braccia!"

Un ghigno si apri' sulle labbra dell'uomo mentre giungeva a destinazione e chiudeva la porta con un calcio dopo aver depositato la donna al centro della cabina.

La osservo'.
I capelli biondi ribelli e selvaggi le si arricciavano sul volto arrossato mentre lo fissava furiosa. Era perfetta.

"Davvero, milady?" chiese Alexander, mentre tranquillamente iniziava a liberarsi di alcuni pugnali legati attorno alla cinta in vita.  "Invece io credo che abbiate solo bisogno di essere... ammaestrata"

Un fulmine a ciel sereno. "Ammaestrata?" sibilo' la donna con incredulità e rabbia, eppure i suoi occhi non riuscirono a nascondere la paura.

"Si, mia piccola tigre" le rispose lui. Con un gesto fluido si tolse la camicia rivolgendole un sorriso divertito. "E sono sicuro che mi divertiro' molto a farlo"

"Cosa fate?!" stavolta la voce di Helena assunse una tonalità isterica. "Non osate avvicinarmi a me!"

Alexander la vide indietreggiare e osservarsi attorno freneticamente, cercando un modo per sfuggirgli. Piccola illusa.

"Mi prendo solo cio' che avrei dovuto possedere dal tuo arrivo su questa nave" le rispose con voce improvvisamente roca, eccitato dalla sua paura e dal suo continuo opporsi a lui.

"Mai."

Nonostante il cuore che le martellava forte nel petto, quella fu una promessa che Helena fece più a se stessa quando le intenzioni dell'uomo le arrivarono fin troppo chiare. 

Nella sua mente apparvero immagini confuse e frammenti di memoria che non credeva neanche le appartenessero eppure fu cosi' lesta ad afferrare uno dei pugnali sulla scrivania che neanche Alexander si accorse dei suoi movimenti. 

Ancora sorpresa e confusa per quell'agilità che faticava a credere di possedere osservo' sul volto del capitano dipingersi un'espressione preoccupata.

"Metti giù immediatamente quel pugnale, Helena. Potresti ferirti" 

Sul suo volto ogni traccia di divertimento era sparita ed una risata di puro disprezzo usci' dalle labbra della donna. "Adesso vi importa di me, capitano?"

"Helena, non lo ripetero' di nuovo. Posa quel pugnale, adesso."

"Altrimenti?"

Stavola fu Alexander a coglierla di sorpresa. Con un movimento repentino le afferro' il polso con cui impugnava l'arma e con una piccola torsione cerco' di farle mollare la presa, ma la donna nell'arco di pochi secondi riusci' a sorpenderlo per la seconda volta. 

Con un urlo di dolore e rabbia Helena ruoto' su se stessa, adesso le sue spalle toccavano il petto dell'uomo. "Non cosi' in fretta, capitano!"

Approfitto' della sorpresa dell'uomo per sferrargli una gomitata sull'addome ma lui anticipando la sua mossa le afferro' il braccio libero intappolandolo dietro la sua schiena.

"Bella mossa, tesoro. Non pensavo che dopo tutti questi anni ricordassi ancora i miei insegnamenti" le sussurro' con volce calda all'orecchio e con una punta di ammirazione. "Ma in questo caso l'allieva non supererà mai il maestro"

Dalla bocca della donna fuoriusci' un gemito di dolore quando lui aumento' la presa sul suo braccio eppure questo non le impedi' di rivolgergli una domanda che la tormentava da settimane ormai. "Perchè parlate cosi'?"

"Cosi' come?"

"Come se mi conosceste da molto prima del mio arrivo su questa nave" sussurro' per poi trattenere il fiato nel sentire il corpo dell'uomo farsi di marmo alle sue spalle e l'aria si caricava di tensione.

Passarono alcuni istanti di assoluto silenzio se non per i respiri affannati dei due, ma con voce inquietante poi lui riprese. "Dunque davvero non riccordi, piccolo angelo?"

Helena senti' il cuore balzarle in gola, accadeva sempre quando lui le affibbiava quello strano nomignolo. "Ricordare cosa?" chiese senza fiato, ruotando di poco il capo cosi da poterlo osservare di sottecchi.

Vide quegli abissi blu e profondi guardarla intensamente, cercando qualcosa che neanche lei sapeva, e facendole tremare le gambe per l'intesità con cui le stava scavando dentro.

Lo sguardo di lui si fece liquido e si scuri' quando poso' gli occhi sulle sue labbra famelico, avvicinandosi e togliendole quasi ogni riserva di aria nei polmoni.

"Capitano, terra in vista! Siamo quasi arrivati!" Fu la voce rozza di uno degli uomini della ciurma a svegliarli da quello stato di trance in cui erano caduti.

"Sapete una cosa, capitano?" disse Helena suadente, avvicinandosi ancora di più al corpo dell'uomo. "L'allievo potrà anche non superare il maestro ma non sempre dipende dal maestro fare buoni allievi"*

Detto cio', Helena approfitto' del momento di confusione di Alexander per ruotare il busto quel poco che le permise di liberare il polso dalla presa ormai divenuta debole dell'uomo.

Accadde tutto in un istante.

"Dannazione!"

Un dolore acuto e violento lo riporto' alla realtà, mentre sbalordito ossservava uno dei propri pugnali conficcato nella sua coscia destra e un fiotto di sangue rosso vivo spargersi sulle assi in legno.

Fulmineo agguanto' il polso della donna e stavolta la disarmo', estraendo il pugnale dalla propria carne.

La osservo' allontanarsi da lui, lo sguardo sconvolto mentre osservava le proprie mani impregnate del suo sangue.

Vide i suoi occhi cristallini puntarsi nei propri, era impaurita ma pronta a lottare nuovamente pur di difendere la propria vita e il proprio onore.

Helena tutto si aspettava dall'uomo ma non lo sguardo pieno di ammirazione e orgoglio che le rivolse.

"Capitano, tutto bene li dentro?" stavolta fu la voce di Gabriel, concitata e lievemente preoccupata, a risuonare ditero la porta.

"Si', Gabriel, chiama solo il medico di bordo" rispose Alexander non distogliendo neanche per un attimo lo sguardo da Helena mentre zoppicante si svvicinava alla sedia alla sua sinistra cercando di valutare di sottecchi l'entità del danno.

"Cosa?!" la voce dell'uomo fu cosi' stridula che se Helena non si fosse trovata in una tale situazione sarebbe scoppiata a ridere. "Cosa diavolo le hai fatto, Alexander?"

Gabriel non attese una risposta ed entro' nella cabina, improvvisamente troppo piccola, ma il suo fervore fu subito spazzato via quando i suoi occhi misero a fuoco l'intera scena.

"Per l'inferno! Qualcuno mi vuole dire cosa diavolo è successo qui dentro?"

Fu il capitano a rispoindergli cheto e senza mai staccare lo sguardo dalla donna, mentre un sorriso sghembo si apriva sulle sue labbra.

"L'allievo ha appena dimostrato di aver superato il maestro"

E in tutta quella follia Helena non potè fare a meno di ricambiare esitante quel sorriso, all'improvviso privata di ogni forza.

Lei non avrebbe mai capito quel diavolo.










*citazione Napoleone Bonaparte






 

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