Budoven

di Sharon_SassyVampire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il passato di Vegeta torna a perseguitarlo ogni giorno – i ricordi di una cultura perduta, delle fragilità che non riesce a togliersi di dosso, un portamento regale soppresso dalla crudeltà. Ora il suo passato ritorna sotto forma di vecchi nemici che distruttori di mondi, non un singolo guerriero ma un intero sciame.

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La storia che sto per tradurre appartiene a GoblinCatKC, un’autrice spettacolare che potete trovare su Ao3, LiveJournal, Tumblr, fanfiction.net e in diversi altri siti meno famosi.
Spero che amerete Budoven tanto quanto l’ho amata e l’amo io.

 
 
 
 
Capitolo 1

 
 
Prologo – 23 anni prima
 
Denduluri era un glorificato ammasso di fango, più oceano che isola, con scarse risorse naturali. Tuttavia, era nella lista dei pianeti da abbattere di Freezer, perciò Vegeta maledisse semplicemente le onde che schizzavano la sua navicella mentre galleggiava nel mezzo di un oceano vuoto. Che le forme di vita fossero tutte la superficie? Sperò di no. Aveva già ucciso civiltà marine prima di allora, e aveva odiato trattenere il respiro e immergersi giù per miglia. Peggio ancora, aveva odiato nuotare verso la luce pensando che fosse un segno di civiltà e trovare invece una sfera bioluminescente su una gigantesca serie di zanne.
“Hey Vegeta!” chiamò Nappa dalla propria navicella distante diversi metri.
“Sì, Nappa?” borbottò.
“Pensi ci siano mostri marini qui fuori?”
“Gli unici mostri qui siamo noi.” disse Vegeta.
Fece una smorfia contro il vizioso sole verde che picchiava e tentò di misurare la distanza tra esso e l’orizzonte. Pensò che stesse tramontando, ma non vi era modo di esserne certi. I tramonti potevano durare anni in alcuni pianeti. Sperò che calasse presto e che la notte sarebbe stata fresca ma non gelida.
Diede un colpetto al suo rilevatore, esaminando il pianeta in cerca di terraferma. Per suo sollievo, localizzò anche una grande fonte di energia sull’isola più estesa del pianeta, probabilmente una città. Era collocata a centinaia di miglia attraverso il mare, così afferrò l’entrata aperta della sua capsula e cominciò a volare, trascinandosi dietro la navicella.
“Aw” disse Nappa alla sua spalla, tirando la propria capsula. “odio quando dobbiamo trainare le nostre navicelle”
Vegeta sbuffò. “Non voglio che il mio unico biglietto di andata da questo buco venga ingoiato da un pesce gigante. Ci è voluta un’eternità per ritrovarlo l’ultima volta.”
“Anche se quel pesce ne era valso la pena.” disse Nappa. “Assolutamente delizioso. Ancora me lo ricordo.”
“Avremo tempo per la cena,” promise Vegeta. “Ma non penso che il pesce parlerà qui, non se la civiltà è sulla terra.”
“Peccato. Mi piace sempre quando la cena può rispondere,” disse Nappa, mostrando un gran sorriso predatorio. “Pensi che Radish sia già qui?”
Una striscia di fuoco attraverso il cielo catturò la loro attenzione. Vegeta seguì la sua traiettoria in basso all’orizzonte e annuì tra sé e sé. Erano già atterrati separatamente prima di allora e sapevano di doversi incontrare nell’area con la più forte energia.
“Sembra sia arrivato giusto in tempo per lo spettacolo.” rise.
Quando giunsero sulla spiaggia, il sole era tramontato e sentiva le braccia irrigidite per l’aver trascinato la navicella. La lasciò posizionata sulla sabbia rossa e si sedette sulla cima, riposandosi dopo il lungo volo. Nappa fece lo stesso, stravaccandosi e godendosi la calda brezza. Le nuvole rosa erano lunghe e a ciuffi, condensate e lacerate dal vento, e il cielo notturno era coperto di migliaia di stelle.
Vegeta odiava le stelle quando non si trovava nella sua navicella. Nello spazio, le stelle si trovavano scagliate fuori per vaste distanze e generate dalla luminosità all’interno, nuvole di polvere luccicante, oltrepassate da comete e bagliori di detriti cosmici. Viste da un pianeta, tuttavia, erano una monotona mappa che non poteva toccare. Si sentiva come se fosse stato gettato fuori da un fiume quando avrebbe dovuto navigare con esso.
“Nappa?” chiese all’improvviso.
“Sì, Vegeta?”
“Puoi vedere il nostro sole da qui?”
Nappa rimase in silenzio. Vegeta lo domandava sempre ogni qualvolta che osservavano le stelle. Era una domanda che sempre temeva ma una che richiedeva un dolore intenso per rispondere onestamente. Ogni volta che veniva assegnato loro un pianeta, controllava la sua distanza da Saya. La ricerca richiamava amare fitte di rimorso e sconfitta, ed egli faceva del suo meglio per non pensarci a lungo.
“No” rispose con sincerità. “Siamo troppo lontani.”
Vegeta non rispose. Nappa si chiedeva spesso cosa avesse provocato nel giovane principe la perdita della loro razza. Era ancora così giovane, avanzando a fatica contro la gerarchia di Freezer per evitare che i guerrieri più anziani lo aggredissero. Qualsiasi gioia giovanile o svago infantile gli erano stati sottratti da molto tempo. Una grande parte di lui era morta quando era stato strappato via da suo padre, e poi il sapere di essere soltanto uno di una manciata sparpagliata di Sayan, un inutile principe di un mondo deceduto…
Il ragazzo celava bene le sue emozioni, mascherandole con una fredda insensibilità. Sorrideva solamente in battaglia. Non piangeva mai. Mostrava rabbia sempre meno, nascondendola quando avrebbe potuto essere usata contro di lui. Non mostrava assolutamente mai la paura e faceva del suo meglio per trattenere ogni grido di dolore. Lo stoicismo era l’unica difesa di Vegeta contro il suo capo. Freezer si annoiava dei giocattoli che non urlavano.
La mancanza di emozioni preoccupava Nappa. Quanto di tutto ciò era una maschera e quanto follia invadente? Aveva visto Sayan che avevano perduto la testa. Durante brutte notti, solitamente quando avevano trascorso troppo tempo nella navicella di Freezer senza una missione, aveva potuto vedere il tocco della pazzia bruciare ai margini degli occhi di Vegeta. Il principe poteva rimanere in silenzio per giorni, fissando il nulla sulla parete. Bere, andare a puttane, giocare d’azzardo, i soliti divertimenti nella navicella di Freezer – lui non ne prendeva mai parte. Sedeva immobile e si muoveva troppo deliberatamente, troppo consapevole di se stesso.
Che Vegeta sentisse semplicemente la mancanza della sua famiglia? Eppure anche Nappa e Radish, e nessuno dei due rischiavano di diventare pazzi. La sua cultura? Era stato troppo giovane per conoscerla poi così bene. Il suo posto nell’universo? Nappa a volte pensava che forse Vegeta aveva perduto l’occasione di essere davvero un principe invece di avere il titolo reale affibbiato come un insulto cosmico.
O forse crescendo Vegeta aveva sentito il peso della responsabilità di un mondo che aveva fallito. Se Vegeta si fosse mai sentito in colpa, non se lo era mai fatto sfuggire con Nappa o chiunque altro. Per il resto della navicella, era il più forte dei giovani guerrieri, il più distaccato dei prigionieri, e il più spietato in battaglia.
Una scia di luce li avvertì che Radish stava per arrivare. Alzandosi aspettarono entrambi che portasse la sua capsula sulla spiaggia e riprendesse fiato. Senza dire una parola, si sollevarono tutti in aria e volarono verso il distante bagliore rosso all’orizzonte. Atterrarono nel mezzo di un anello di capanne di fango con dozzine di alieni striscianti con corpi simili a quelli delle anguille. Vestiti di conchiglie e alghe, i nativi fissarono i tre nuovi arrivati in aperto stupore.
“Hey, Nappa,” rise Vegeta.
“Sì?”
“Sembra che avremo frutti di mare dopotutto.”
Con loro fastidio, il massacro non durò affatto a lungo. Non vi erano stati dei campioni, o se c’erano stati, nessuno aveva brillato abbastanza a lungo prima di essere ucciso insieme al resto. In altri pianeti avevano ascoltato coraggiosi discorsi su come l’eroe li avrebbe salvati, a volte su come gli dei locali avrebbero sostenuto il popolo nella sua battaglia, o avevano anche assistito ad una guerra civile spronata dalla loro decimazione soltanto affinché i vincitori realizzassero che erano stati orribilmente illusi e che ai Sayan non importava di chi uccidevano. Questa popolazione anguilla era morta troppo velocemente per fare qualsiasi cosa, e presto il pianeta divenne tranquillo.
Osservare le loro vittime avanzare orgogliosamente o sottomettersi era uno dei loro pochi piaceri per spezzare la monotonia della navicella di Freezer. Pianeti diversi reagivano in modi bizzarri, e una volta ogni tanto sorprendevano i Sayan. Questa morte facile era comune ma insoddisfacente.
Raddish teneva il suo pezzo di carne sopra il fuoco, arrostendolo nel modo in cui preferiva. Girandolo, rise sommessamente tra sé e sé.
“A cosa stai pensando?” domandò Nappa.
“Stavo solo ripensando a qualche pianeta fa” disse Raddish. “Quelli che ci veneravano.”
Nappa ridacchiò con lui. “I fanatici.”
Il ricordo era difficile da cancellare – nessun’altro pianeta aveva reagito in quel modo. In un mondo di perfidi dirupi e ripide valli, il la moltitudine di creature simili ad uccelli li avevano osservati distruggere metodicamente intere città, muovendosi lentamente verso i loro nidi. Per la sorpresa dei Sayan, l’intera razza si era recata ad incontrarli in vesti piumate da cerimonia. Mentre si avvicinavano, avevano udito le ultime parole del sacerdote che diceva al suo stormo che il giorno della fiammeggiante consunzione era finalmente giunto e che avrebbero dovuto incontrare la loro fine con calma e dignità.
In silenzio, Vegeta li aveva visti inginocchiarsi, le teste chinate, aspettando il suo colpo come se fosse stato un dio. Aveva esitato. Per una volta non aveva avuto idea di cosa fare.
Quando Nappa aveva alzato la mano, comunque, Vegeta avanzò e spazzò il suo colpo più potente su di loro, lasciando nient’altro se non cenere in un secondo. Era stata l’unica volta in cui una razza si era inchinata a lui, e Nappa e Raddish non lo avevano mai menzionato. Non c’era stata nessuna risata divertita, nessun giocherellare con le loro preghiere, e Vegeta si era assicurato che non potessero nemmeno cenare con i loro corpi. Era stato uno strano rispetto quello che il principe aveva dato loro, e non uno per cui si sentivano a loro agio nel chiedere a riguardo.
“Cos’è quello?” chiese Vegeta, sorprendendoli entrambi.
All’unisono, fissarono tutti le grigie navicelle spaziali che scendevano giù dalle nuvole. Le loro forme squadrate erano contornate dalle luci lungo le loro ali, e mentre atterravano, schiacciando le capanne, i fumi dei loro motori inondarono il terreno come nebbia. I Sayan si alzarono, sperando in un vero combattimento.
Le navicelle abbassarono lunghe rampe di atterraggio, e ne uscirono fuori diverse creature dall’aspetto di insetti con una lunga antenna. Quello al centro aveva un mantello affisso tra le spalle, contrassegnandolo come l’ovvio leader. Le sue articolazioni erano segmentate e la sua mandibola schioccava mentre parlava.
“Io sono Lord Reagel” disse, la sua antenna che si muoveva verso tutti loro. “Sono il comandante di questa flotta di Budoven. Voi chi siete?”
L’umore di Vegeta migliorò all’istante. Budoven. Freezer si era lamentato spesso di loro. Parassiti galattici, passavano al setaccio ogni pianeta che toccavano. Freezer sarebbe stato lieto di sapere che avevano distrutto un’intera loro flotta e che avevano salvato il pianeta per un cliente.
“Sono il Principe Vegeta” disse, ridendo. “E saremo la vostra morte.”
La testa del comandante fu a terra prima che il resto di loro capisse cosa era appena accaduto. Un secondo dopo, le pistole dei Budoven avevano il grilletto tirato e la battaglia ebbe inizio.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 
 
Le ossa si spezzarono e scricchiolarono sonoramente mentre mangiavano. Goku non mangiava mai in quel modo a casa con Chichi, rompendo ossa e succhiando via il midollo. Lei lo trovava rozzo e disgustoso, e lui aveva sempre guardato le ossa finire nella spazzatura con un po’ di rimpianto. Dopo aver cacciato uno dei molti dinosauri che vagavano per la foresta, tuttavia, c’era tanto di quello midollo da compensare la perdita. Saporito, sostanzioso, e morbido, non esisteva nulla di meglio, specialmente quando le ossa erano spesse.
Vegeta non era d’accordo, e lo lasciava prendersi le ossa senza discutere, preferendo invece gli organi interni. Stava ancora finendo il cuore della creatura, cuocendo nella fresca aria notturna, e leccando via il sangue dalle proprie dita. Era il sangue che Vegeta assaporava, spesso descrivendolo come qualcosa di simile alla crema, e strappò via un grosso pezzo di carne per leccarlo prima di divorarlo in pochi bocconi.
Sospirando soddisfatto, Goku si gettò vuoti frammenti di ossa alle spalle in un crescente mucchio. Sempre più spesso le loro notti venivano trascorse così, combattendo tra di loro al mattino, cacciando nel pomeriggio, mangiando e godendosi la reciproca compagnia durante la sera. Non si erano mai accordati per incontrarsi e non avevano mai discusso su quali giorni sarebbero stati insieme. Uno dei due si sarebbe semplicemente unito all’altro durante l’allenamento.
Nessuno li avrebbe mai cercati in quelle notti, comunque. Sarebbe stato troppo pericoloso avvicinarsi entro diverse miglia mentre si allenavano, e nessuno avrebbe voluto unirsi alla loro caccia per la cena, non dopo che Junior era andato a controllarli una volta. Goku ridacchiò.
“Cosa c’è di divertente?” chiese Vegeta dall’altro lato del fuoco. Sedeva giusto abbastanza lontano perché le fiamme distendessero un bagliore tremolante sul suo viso, lasciando il resto di lui nell’ombra.
Goku lanciò un altro pezzo di legno sul falò così da avere più luce.
“Stavo solo ripensando a Junior quella notte”, disse. “Non avevo avuto intenzione di disgustarlo, ma la faccia che aveva fatto era stata divertente.”
“Mm.” Vegeta annuì una volta e tornò di nuovo in silenzio.
Perché parlare? Gli umani consideravano la cena come se fosse una sorta di incontro sociale, e Goku aveva acquisito quella fastidiosa abitudine. Solo dopo lunghi anni e una pazienza da super Sayan avevano fatto in modo che il trattamento del silenzio di Vegeta alla fine facesse comprendere alla testa di Goku che il principe non sentiva il bisogno di parlare. Goku tollerava il silenzio per il bene di Vegeta, ma preferiva il brontolio irritato che solitamente riusciva a tirargli fuori.
“Mi piacerebbe che i ragazzi si unissero a noi,” sospirò Goku. “Non sanno cosa si stanno perdendo.”
Vegeta fece roteare gli occhi, una sua abitudine presa da Trunks. “Sono troppo umani. Preferiscono pasti più lussuosi, con spezie e salse e robe del genere.”
“E cotti.” disse Goku, afferrando un pezzo che aveva posto con un paletto sopra il fuoco. Non aveva mai dovuto competere con Vegeta per la carne arrosto. Il principe la preferiva cruda e gocciolante. “E così che i Sayan d’élite mangerebbero?”
Una lama si contorse nel cuore di Vegeta. Non gli piaceva pensare alla vita in cui non era l’ultimo della sua razza. Osservò Goku. Uno degli ultimi due, pensò, sebbene non riuscisse a convincersi pienamente che Goku, il suo Kakarrot, fosse realmente un vero Sayan. Vi erano così tante cose della sua cultura che aveva dimenticato e di cui non avrebbe mai potuto fare esperienza, specialmente non con questo amnesico guerriero di classe inferiore che aveva acquisito fin troppo bene la cultura umana.
“Se fossimo stati lontani dal pianeta o a caccia,” disse annuendo.
“I Sayan usavano mai dei tavoli?” chiese Goku.
Vegeta alzò le spalle. “Raramente, in occasioni formali. Non l’ho mai visto. Ero troppo giovane per cenare coi nobili.”
Goku lo osservò attraverso il fuoco. Vegeta credeva di nascondere bene il dolore, ma Goku aveva sempre catturato le crepe rivelatrici della maschera. La tensione della mascella, la postura rigida, gli occhi socchiusi mentre fissava il nulla. Vegeta soffocava le proprie emozioni come se fossero state un vizio, dandogli il nome di tenerezza di cuore che doveva essere cacciata via. La violenta repressione dei suoi sentimenti raccontava a Goku esattamente quanto quei sentimenti fossero forti. Ma non glielo aveva mai riferito. Il principe poneva se stesso attraverso abbastanza dolore senza che ci fosse il bisogno di aggiungerne altro.
Alla fine finirono il pasto. Goku scelse le ultime ossa mentre Vegeta scorticava gli ultimi brandelli di carne di uno scheletro altrimenti vuoto. Il fuoco si spense sulle proprie ceneri, lasciando una sottile striscia di fumo che si sollevò, per poi trascinarsi a terra. Pioggia, riconobbe Goku. Aveva appreso come leggere i segnali naturali intorno a sé per prevedere il tempo, e il fumo gli aveva preannunciato che non avevano molto tempo prima che giungessero le nuvole. Per quanto tempo avevano mangiato? La rugiada stava incominciando a formarsi sull’erba.
“Vuoi entrare dentro?” chiese. Non credeva che Vegeta sarebbe stato d’accorso. Solo di rado all’altro Sayan importava di essere sorpreso da un temporale.
Come si era aspettato, Vegeta scosse la testa e si alzò, dirigendosi verso gli alberi. Goku calciò della terra sopra il fuoco per sotterrarlo, coprendolo completamente, poi lo seguì. Si domandava spesso perché Vegeta insistesse sull’andare più in fondo nella foresta, e immaginò che fosse per lo stesso motivo per cui Chichi insisteva nello spegnere le luci prima di fare sesso. Vegeta usava la spessa chioma di rami e foglie per non far filtrare le stelle e la luna.
Non che l’oscurità contasse. Entrambi condividevano l’eccellente visione notturna della loro razza. Vegeta individuò uno spazio sotto un albero lussureggiante e si sedette, togliendosi la parte superiore dell’armatura e tirando via gli stivali. Goku si unì a lui, togliendosi velocemente i proprio vestiti. Non metteva mai fretta a Vegeta sullo spogliarsi più velocemente. A lui piaceva guardare l’altro Sayan sfilarsi lo stretto tessuto elastico e posarlo deliberatamente in disparte. Vegeta era deliberato in ogni cosa che faceva, e il modo in cui si preparava per i loro appuntamenti segreti di notte aveva tutti gli elementi di un rituale o di una cerimonia.
Prima il sopra, poi gli stivali, in seguito i pantaloni. Allora Vegeta si fermava sempre, sedendo leggermente curvato a terra. Anche nell’oscurità, non guardava mai Goku dritto negli occhi quando giacevano insieme. A volte Vegeta chiudeva anche gli occhi, premendosi una mano contro la bocca per tenersi silenzioso. Goku non ne aveva mai chiesto il motivo. Non conosceva il suo passato con Freezer, ma c’erano alcune cose che non osava chiedere. Il modo in cui Vegeta chiudeva se stesso ogni qualvolta che la conversazione tornava al suo vecchio capo avvertiva Goku, e si era detto di rimanere soddisfatto con il sapere che Freezer lo aveva ferito così tanto che non ne avrebbe mai voluto parlare.
Specialmente quando vi erano attività molto più piacevoli da godersi.
Avanzò lentamente verso il fianco di Vegeta, odorando il profumo dei suoi capelli, strofinando le loro guance. Goku non si comportava in questo modo con nessun’altro. Esitanti come due animali che si incontrino per la prima volta, Goku usava il linguaggio del corpo per chiedere permesso, insinuandosi sopra di lui e guidando entrambi a giacere distesi. Il pavimento della foresta fornì un ruvido materasso di ramoscelli e sassi e foglie secche che scricchiolavano sotto di loro, eppure si sentiva più a casa qui sul nudo terreno che nel suo letto a casa.
“Kakarrot…”
“Vegeta?”
“Sono stanco.”
Era tutto ciò che aveva bisogno di dire. Vegeta lo ammetteva soltanto quando nessuno poteva vederlo. La caccia e l’allenamento non lo avevano sfiancato, ma gli anni tranquilli sulla terra lo avevano lasciato rilassare, lo avevano distendere da anni di acuta tensione. Aveva costantemente vissuto con diffidenza a causa degli attacchi a sorpresa, e ora che non viveva più con quella paranoia cronica, sentiva tutto la pressione e la tensione che finalmente lo liberavano. Gli procurò muscoli infiammati e ossa dolenti mentre si abituava a sentirsi al sicuro. Lo rese anche ansioso, chiedendosi confusamente perché fosse così arrabbiato prima di realizzare che ciò accadeva perché i suoi istinti cercavano il pericolo dove non ce n’era alcuno.
Perciò questa notte Kakarrot sarebbe andato piano. Non un irrazionale andare in calore ma prima un’attenta esplorazione del corpo del suo principe. Lividi dei quali non si curava. Quelli non li poteva percepire. Ma i Sayan guarivano in fretta e i suoi polpastrelli cercavano i nuovi tagli superficiali lasciati dai suoi colpi, tracciandoli prima che svanissero nella sua pelle. Era semplice distinguere quelli nuovi da quelli vecchi. Le nuoce cicatrici erano sottili, piccole e appena in rilievo. Quelle vecchie…
Sfiorò la spessa cicatrice sporgente sulle spalle di Vegeta, ignorando il suo brusco sibilo e il rabbioso ringhio di avvertimento. Vegeta poteva mordere, ma mai abbastanza profondamente da ferirlo realmente. Goku pensava che Vegeta apprezzava la sua conoscenza delle vecchie ferite. Nello spoglio bagliore delle stelle che lasciava alla notte la sfumatura di uno scuro, scuro blu, le cicatrice davano l’impressione di essere filamenti argentati lungo la pelle di Vegeta nelle strette e chiuse formazioni così rievocative degli artigli di Freezer.
Piegandosi sopra di lui, baciando, poi leccando come se potesse succhiare via le cicatrici – Vegeta inspirò e si irrigidì, inarcando leggermente la schiena. Goku sorrise. I loro corpi erano stati induriti da calli e lesioni, ma in qualche modo Vegeta era riuscito a restare sensibile al tocco. Desiderò che avessero le loro code. A volte giocherellava con l’idea di far esaudire il suo desiderio dal drago, ma come avrebbe spiegato a tutti gli altri che era disposto a rischiare la distruzione della terra solamente per vedere Vegeta dimenarsi e perdere il controllo?
Mentre Vegeta si apriva per lui, Goku si sistemò lievemente e posò una mano sulla schiena di Vegeta, sollevandogli un poco i fianchi. Ringraziò il Supremo che Vegeta non fosse più così rachitico come la prima volta che lo aveva visto. Decenni di cure avevano dissolto ciò che Freezer aveva inflitto, permettendogli di irrobustirsi come avrebbe dovuto fare normalmente. Vegeta era ancora una spanna più basso, ma non trovava più la sua altezza così fastidiosa. Giaceva sotto di lui come se fosse ignaro di come Goku si fosse posizionato con cura così da non scivolare e cadere sopra di lui.
E ancora, Goku notò Vegeta che si preparava come se una tempesta o un forte vento li avrebbe soffiati via. La sua mano si era chiusa in pugno che scavò nella terra come un ancora.
Quando gli altri gli domandavano perché spendesse così tanto tempo in compagnia di Vegeta, lui non rispondeva, ma la mano che scavava giù nella terra per trattenersi dall’essere spazzato via dall’emozione… quello riassumeva tutto ciò che amava del principe. Vulnerabilità mascherata dietro ad un fragile orgoglio, amore grezzo e rabbia segnati da una cicatrice. Goku non lo avrebbe mai detto loro. Era il suo segreto, un segreto regale, e avrebbe adorato Vegeta in privato.
Spinse lentamente. Non v’erano né un ansimare frenetico né palpeggiamenti. Goku mantenne il ritmo regolare e di tanto in tanto attirava Vegeta verso di sé, muovendosi in una lenta e costante serie di colpi. Non parlò. Sapeva che Vegeta odiava parlare prima e dopo, benché qualche volta tollerasse conversare intimamente a letto. Ma Goku amava parlare anche durante, così raggiunsero un compromesso.
Goku avrebbe parlato solo se gli fosse stato richiesto. E Vegeta poteva essere indotto a parlare.
“Più veloce, mio principe?” Goku sorrise nell’aggiungere il titolo regale. Vegeta finse di esserne esasperato, ma conosceva il suo compagno abbastanza bene. Interiormente Vegeta si compiaceva del riconoscimento. “Un po’ più forte?”
“No,” Vegeta ansimò, perduto troppo in profondità per essere infastidito da lui. Infilò le dita nei suoi capelli e chiuse gli occhi, gettando la testa all’indietro. L’aria fresca si trasformò in rugiada sulla sua pelle, lasciandolo umido e tremante mentre la sua aura la bruciava.
“No, così è… perfetto,” sussurrò. “Continua, così.”
Il sorriso di Goku si addolcì – Vegeta non mentiva mai per risparmiare i suoi sentimenti – ma non commentò. L’ego di Vegeta era terribilmente fragile. Sapeva che se lo avesse preso in giro, il suo principe sarebbe arrossito furiosamente e non si sarebbe più aperto. E non poteva rischiare ciò, specialmente non ora che aspettava –
E fu così. Goku lo percepì sul margine dei suoi sensi, un formicolio elettrico che toccava la sua mente, che si ritirava come se spaventato, per poi toccarlo ancora di nuovo esitazione. Chiuse gli occhi per sentire meglio le emozioni di Vegeta tremolare all’orlo della sua coscienza. Il potere si annidava lì, come un falco nel tentativo di atterrare sull’infida parete di un precipizio, sfiorando la ruvida pietra con le estremità delle sue piume. Goku si fermò, aspettando pazientemente che Vegeta lasciasse fidarsi abbastanza da sistemarsi giù al sicuro, saldamente rannicchiato contro la robustezza di Goku.
Le prime volte in cui aveva avvertito quei pensieri titubanti, non aveva saputo cos’erano. Solo perché lo aveva compreso nel suo cuore, per istinto come un animale, che quello era Vegeta non si era voltato ad attaccare. Più tardi l’altro Sayan aveva spiegato che ciò era parte dell’accoppiarsi con un altro Sayan, un affetto feroce che esigeva una pericolosa fiducia, come due aquile in volo con gli artigli serrati e immerse nell’estasi, fiduciose che l’altro lascerà andare prima che si schiantino a terra. Vegeta aveva provato e fallito a nascondere il rossore mentre spiegava, furioso con se stesso per aver mostrato le sue debolezze. Goku aveva sorriso e lo aveva abbracciato mettendosi in ridicolo per rassicurare il suo ego, e da quel momento in poi aveva lottato per non tradire quella fiducia.
L’aria tra di loro bruciò lentamente. Goku si sforzò di non andare più veloce, torturandosi con un lungo piacere prolisso. Stringeva Vegeta contro il suo corpo, sentì le sue gambe stringersi forte intorno a lui, e ci fu un respiro strozzato…
… e poi entrambi sospirarono forte, rilassandosi completamente. Goku lo liberò e tremò una volta, due volte, ed espirò in soddisfazione.
La sensazione di formicolio si affievolì lentamente, odiosa da lasciare. Vegeta poteva negarlo quanto voleva, ma Goku aveva imparato la lezione. Il principe stava iniziando a godere della sua vulnerabilità con lui, scoprendo la gola ai denti di Goku e andandosene via illeso ogni volta.
Un dono regale, l’unico che poteva offrire, e un dono che Goku maneggiava delicatamente, terrorizzato da cosa le sue sgraziate, potenti mani avrebbero potuto fargli.

 

Chiedo umilmente perdono per il ritardo, spero non vogliate uccidermi e che la storia vi stia piacendo. Se volete che io riferisca qualcosa in particolare all'autrice originale recensite pure o messaggiatemi in privato!
 

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