False Hero

di DonVito009
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La malinconia ***
Capitolo 2: *** Gli occhi di una sconosciuta ***



Capitolo 1
*** La malinconia ***


Sotto le palpebre stanche di Tasso scorrevano innumerevoli istanti impossibili da afferrare, momenti effimeri di una vita indesiderata, appiattita da una personalità debole. Nei meandri della mente, sotto ai cumuli di pensieri ossessivi, in sottile rilievo si celava la paura di aver sprecato un’occasione, un treno impossibile da dirottare. Un errore dal quale bisognava apprendere, tenerlo vivo, nutrirsi di esso, persino quando il desiderio portava altrove, distante, nella direzione opposta. Per questo lui era lì, in quella nuova realtà, a ricordare cosa aveva perduto, per non rifarlo; per non morire.
Aprendo gli occhi stanchi, tanto fragili da essere pronti a divulgare lacrime, il cui verde aveva smarrito il proprio colore, Tasso tornò nella propria realtà, fragile come si mostrava, a un centimetro dal spezzarsi, due dal rimanere in vita. Una pelle mediterranea, non priva di imperfezioni, gli colorava il volto fanciullesco, tanto giovane dal dirottare chiunque tentasse di indovinare l’età. Un paio di occhiali tondi, sottili, coloro oro nascondevano gli occhi tristi, e tanto folti e spettinati risultavano i capelli castani, da ritrovarsi costantemente con dei ciuffi a offuscargli la vista. Gli abiti scoordinati, privi di alcunché color vivo, rispecchiavano quella che era la figura malinconica di un ragazzo d’oltre oceano, straniero tra gli stranieri, in cerca di un posto come molti altri fuori dalla sua finestra.
Le orecchie di Tasso iniziavano a percepire un lieve cliccare di tacchi, un suono molto lontano, il cui ritmo spedito si avvicinava sempre più, divenendo in pochi secondi non più suono, ma materia. La porta dietro il giovane si aprì.
 L’ufficio piccolo in cui sedeva gli trasmetteva insicurezza, le mura intorno a lui gli davano la sensazione di starlo comprimendo, alte e cariche di arredamenti di un vintage difficile da decifrare. La sedia sottostante era rigida e scomoda, il pavimento di un colore eccessivamente acceso dava la sensazione di star tremando, e tanta era l’ansia che lo possedeva da convincerlo che da un momento all’altro una voragine si sarebbe aperta sotto di lui.
  • Niccolò. –
La donna dall’aspetto giovane ed ordinato, sui trenta anni ma capace di mostrarne meno, dai capelli castani corti e occhi tenuti dietro un paio di occhiali troppo grandi per il suo viso piccolo, allungò la mano in avanti, posando di fronte a Tasso un bicchiere di acqua. Quella donna era famigliare, e per un lungo momento Tasso faticò ad attingere alle sue memorie, poi si ricordò: era la responsabile con cui aveva comunicato nell’ultimo mese.
 
  • Immagino che il tuo arrivo qui ti abbia scombussolato parecchio. Bevi, prenditi un momento, abbiamo tutto il tempo necessario. –
Bevve un sorso d’acqua: scendeva giù con fatica, aveva un sapore diverso, estraneo, ma se lo fece andare bene. Annuì, facendo segno che tutto si fosse tranquillizzato, che poteva continuare, mentendo con il solo scopo di andarsene quanto prima da lì.
 
  • Io sono Emma Ward e come sai io sono la tua responsabile per il percorso accademico qui alla Duke. Qui con me oggi ho chiesto la partecipazione a Camilla Sallow. Lei studia il tuo stesso indirizzo ed è del secondo anno; ti aiuterà con lo studio. Ho ritenuto importante per te possedere una figura quanto più appropriata alla tua età, affinché risulti meno difficoltoso la comunicazione. Ritengo però importante sottolineare che per quanto riguarda problemi di qualsiasi ambito, la mia email e la mia porta sono sempre disponibili. –
La cordialità e la sua capacità di apparire quanto più rassicurante erano certamente capacità su cui si era soffermata molto nella sua carriera, difatti trasparivano da ogni movenza, parola ed espressione. Tasso si senti rincuorato, la paranoia di dover affrontare una persona diversa da quella fin da allora incontrata solamente in videochiamata lo aveva tormentato, e riuscire a levarla dall’ammasso di paranoie era certamente un sollievo per quanto minuto.
Annuì, voltandosi in direzione di quella sconosciuta seduta al suo fianco, il cui respiro si percepiva appena, così come la sua presenza. Un viso asciutto, maturo, su cui non si accennò nemmeno l’ombra più remota di un sorriso. Due occhi grandi, verdi come i suoi, incorniciati da occhiaie mascherate in maniera frettolosa e mal riuscita, che non riuscivano a trasparire niente della sua persona; e tanto erano suggestivo il suo sguardo, da non riuscire a mantenerlo per più di qualche secondo.
  • Piacere di conoscerti – disse con tono piatto, da prassi.
Tasso le tese la mano, e quando ebbe toccato la sua pelle, ebbe la sensazione di star toccando un morto. – Il piacere è mio. –
 
Con disinvoltura, Camilla tornò a dedicarsi la sua totale attenzione alla responsabile, e nonostante essa avesse iniziato a parlare, Tasso ammirò il suo profilo: il naso piccolo e le labbra arcuate sembravano gli unici due elementi fuori luogo nella sua intera figura, tutto il resto apparivano rigidi, pur non perdendo la sfumatura di un’eleganza non totalmente omogenea, quasi non le appartenesse.
  • Le lezioni sono iniziate, sull’app troverai tutti gli orari. Ho avvertito i professori sul tuo arrivo e informato loro su tutto il necessario. Non ti sforzare, lascia che tutto prenda il ritmo in maniera quanto più naturale possibile. Questa è l’inizio di un nuovo percorso scolastico, certo, ma anche una nuova fase di vita, una possibilità di sperimentale qualcosa di differente, di nuovo. Dai tempo al tempo e vedrai che tutto inizierà a risultare meno complesso e difficile. – Finì il suo discorso con tenero nei suoi occhi, e Tasso non riuscì a non abbassare la guardia, a dare quel piccolo frammento di fiducia a quella donna che tanto di lui sapeva. – Fisso già da ora un appuntamento con te per la prossima settimana, venerdì, così mi aggiorni e insieme vediamo come poter migliorare, ovviamente se si presenta la necessità. –
Tasso annuì, rigido come la sua compagna. Aveva domande, ma non si sentì di esporle, non ancora almeno e sicuramente non davanti a quella Camilla. Forse riusciva a fidarsi della responsabile, più per necessità che altro, ma sicuramente ne sarebbe passato di tempo prima che potesse esporsi con quell’enigmatica ragazza corvina. In cuor suo strillava una forma sottile di rabbia davanti alla consapevolezza che un’altra persona fosse al corrente della sua situazione, che potesse scorgere la verità che tanto Tasso tentava di sotterrare. Chiudere gli occhi davanti a un problema non fa sparire quest’ultimo.
  • Il mio ruolo mi blocca qua, in questo ufficio, a distribuire informazioni, per questo ho chiesto la presenza di Camilla. Mi rendo conto che tu non fossi al corrente di una tutor, è una prassi che abbiamo reputato necessario aggiungere all’ultimo momento. Non è una studentessa qualsiasi, la sua scelta non è stata per niente casuale, questo tengo a sottolinearlo. Lei è la migliore studentessa del suo anno, una figura necessaria per il tuo stabilimento qui al collage. Lei è la mia spalla destra, colei che raggiunge punti dove io non ne sono capace, vorrei che ti fidassi tanto quanto ti fidi di me. –
Tasso annuì una seconda volta, gli occhi fissi sulla pila di libri di fronte a sé, trovando tra di essi l’Eneide di Virgilio.
La donna percepì il disagio del ragazzo e di conseguenza lasciò per un’altra volta quello che necessitava aggiungere. – Ora andate, la valigia si trova nel tuo dormitorio Niccolò, Camilla ti accompagnerà. Noi ci vediamo qui venerdì alle 11:00. Ti scrivo un’email per ricordatelo il giorno prima.  Mi auguro che tu ti possa sentire quanto più a casa possibile. Arrivederci Niccolò. –
Accompagnò i due ragazzi alla porta, lo sguardo atterrito di fronte alla figura vacillante di Tasso, il cui malessere sembrava averlo nuovamente colpito. La consapevolezza che Camilla fosse lì la rassicurava, conscia di non poter far altro che aspettare, sperare che quel giovane ragazzo trovasse da solo la forza di continuare, e forse anche, e soprattutto, la volontà.

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Capitolo 2
*** Gli occhi di una sconosciuta ***


Sotto il dolce abbraccio del radioso sole, Camilla appariva di una grazia impossibile da emulare, tanto unica da stupire Tasso, i cui occhi rimasero catturati da quella sua figura pittoresca, trascinata da una glaciale solitudine, la cui bellezza rimaneva eterea.

Ella non si scompose nemmeno una volta abbandonata la struttura, lasciando comprendere che quella fosse lei, che non stesse emulando il personaggio della perfetta studentessa modello. Non era amante delle conversazioni, un dettaglio che Tasso apprezzò di buon cuore; difatti rimase in silenzio per gran parte del percorso, percorrendo il viale universitario al fianco del giovane, indicando man mano le varie strutture e facendo una breve descrizione didascalica di esse.

Come poteva una figura così gelida, a tratti nemmeno umana, a fungere da tutor? Rappresentava l’antitesi di qualsiasi immaginario collettivo di “figura di supporto”. Con la coda dell’occhio, Tasso sbirciava nella sua direzione, desideroso di comprendere la motivazione per il quale fosse stata scelta lei, un’apparente introversa forse non tanto lontana dalla posizione di Tasso stesso. Rimase per svariati minuti in cerca di una possibile risposta, innalzando teorie dalla breve durata, distrutte da un ragionamento più complesso, che ne delineava l’improbabilità. Che fosse invece una scelta casuale, priva di fondamenti logici, impregnata dalla più basilare delle aspettative? Forse nessun altro aveva voluto accollarsi una simile mansione, ma perché ciò fosse quantomeno possibile, sarebbe significato che la signora Ward avesse condiviso le sue informazioni personali; era improbabile che si fosse messa a chiedere a chicchessia; era molto più razionale che quella scelta specifica fosse stata preesistente già da tempo. Avevano scelto Camilla per una ragione specifica, ma quale? Era logico pensare che fosse per un’apparente carattere introverso, condiviso da Tasso stesso, che poteva, in linea teorica, aiutarlo ad amalgamarsi al meglio a quella nuova vita. Si lasciò convincere da quest’ultimo, seppur ancor titubante.

La stanchezza del volo, l’emicrania che si era formata dal troppo pensare, mista al senso di spaesamento dovuto a quell’immenso circo quale era il collage, rendeva difficoltoso il semplice camminare. Capitò più volte che il fisico di Tasso si sfinisse, obbligandolo un paio di volte a sostare ai margini del sentiero a causa di una leggera alterazione cardiaca. In un primo momento quelle piccole pause erano necessarie a placare i battiti, permettendogli di continuare la camminata tra i graziosi edifici accademici in pietra color miele, il cui occhio si incantava di fronte alla maestosità. Ma ben presto la sua situazione peggiorò, la tachicardia lo raggiunse, obbligandolo a sedersi su una delle panchine al lato del sentiero.

Con le gomiti appoggiati alle ginocchia, il capo rivolto in alto, nei meandri del più chiaro dei cieli, Tasso ispirava ed espirava, imponendosi un ritmo bilanciato, assai faticoso da catturare. Maggiore era l’insistenza, più grande era la voragine che percepiva nel petto, la cui sola esistenza donava bruciore degno dei più infernali fuochi. Era così che si manifestava quell’iniziale attacco interiore, lontano dall’essere domato, la cui più ferrea volontà veniva piegata. Strinse i denti, lasciandosi cadere con la schiena sulla panca, le mani ora a coprirgli entrambi gli occhi, pudico di fronte alle proprie debolezze. Lasciò il tempo scorrere per un periodo dilatato nel tempo, in mezzo a secondi e ore, impossibile per la sua mente dal comprenderlo. Era quello l’inizio di ogni sua morte.
Camilla rimase al suo fianco, seduta sulla medesima panchina, lo sguardo rivolto ora a lui ora in chissà quale direzione. Nulla in lei era mutato, i suoi occhi verdi rimasero vitrei, uno schermo nero, capace di non permettere ad alcuna briciola di emozione di trasparire.
  • Stai meglio? – domandò ella dopo un po’.
Per un breve istante Tasso ebbe il terrore di rivolgerle lo sguardo e trovarla irritata. Annuì in sua risposta, sollevato di non ritrovare in lei nulla di quanto temeva.
  • Perdonami. Possiamo andare, sto meglio – disse il ragazzo con una voce ancora assente, togliendosi gli occhiali per pulirli con la propria maglietta.
La giovane rimase per un istante in silenzio, fissando il volto di Tasso con intensità, accertandosi nei propri modi che fosse tutto risolto. Il respiro del giovane, lento e pesante, indicava evidentemente una difficoltà respiratoria, per niente adatta al tragitto ancora lungo, necessario per raggiungere i dormitori.

Appoggiò i gomiti sulle proprie ginocchia e il volto tra le sua mani, mantenendo il contatto con quel volto tanto giovane nonostante un’età molto simile. Lo guardò dritto negli occhi, scorgendo delle pupille dilatate, per niente consone al sole stordente di quella giornata. Era evidente che necessitasse di riposo.

Con la consapevolezza di essere fissato, Tasso impallidì dall’imbarazzo, continuando a pulire le lenti con una certa insistenza e goffaggine. Non comprendeva del motivo per cui ella lo guardava, ma questo lo rendeva nervoso e quello stesso nervosismo fu capace di alleviare quel dolore che lentamente svaniva, rimpiazzato.
 
  • Restiamo un altro po’ qua, va bene? – domandò lei con un tono differente, tanto poco mutato da portare Tasso a domandare se effettivamente aveva udito nella maniera corretta.
Quest’ultimo annui, - grazie – aggiunse, ponendo gli occhiali sul volto, sorridendo a Camilla, seppur un sorriso sbieco, ma non per quello meno carico di riconoscimento.
Non la comprendeva quella ragazza, non si fidava nemmeno, ma qualcosa in Tasso iniziava a cambiare; che fosse una punta di fiducia o un inganno della mente stanca, questo l’avrebbe capito lasciando sorgere e morire il sole tante volte quanto richiedesse il cambio di stagione.
 
Quel momento di pausa gli permise di guardarsi attorno, di divenire parte di quell’ambiente accademico; un paesaggio vasto e di una bellezza tanto grande che ovunque l’occhio si fosse posato, si sarebbe lasciato catturare da una meraviglia differente. Tornò a guardare gli edifici di pietra nei quali si era imbattuto durante la camminata; erano ornati da guglie intricati, intagli ornamentali e finestre in vetro piombato. Simmetria e capolavoro architettonico erano le chiavi per riuscire a descrivere al minimo quello che l’occhio ammirava.
Il verde dei giardini curati invitavano a immergersi in quello che pareva esser scappato dalla più grande opera pittoresca. Di sottofondo differenti lingue si amalgamavano, persone di paesi diversi erano riunite in un unico ambiente.

L’occhio di Tasso si soffermava su ogni dettaglio dell’ambiente verdeggiante che lo avvolgeva, assorbendo i volti che li passavano davanti mentre frammenti di conversazioni giungevano alle sue orecchie. La calma che percepiva in quel momento lo sollevava. Smise di pensare ai propri dolori, lasciò che gli occhi viaggiassero nel panorama accademico. Fu per una serie di eventi casuali che arrivò a portare la sua attenzione su una figura seduta su una panchina a lui poco distante. Era una giovane studentessa dall’aria svogliata, la cui postura tradiva una pazienza che iniziava a logorarsi. Lunghi capelli scuri e lisci le incorniciavano il viso ovale, corrucciato in un’espressione di forse fastidio. Tra le mani stringeva un libro chiuso, il cui segnalibro sporgeva abbondantemente oltre la metà. Tasso restrinse l’attenzione per decifrare il titolo: N. Hawthorne, La lettera scarlatta. Era un libro che si era ripromesso di leggere, ma che per questioni di tempistiche non era mai riuscito. L’occhio volle tornare a posarsi sul suo viso una seconda volta, ignorando quella parte razionale che gli intimava di spostare di andare altrove, che tornarci sarebbe stato avventato. Questo avrebbe fatto se non l’avesse posseduto quella stanchezza così tanto marcata da renderlo stupido, perché con un’altra parola non si poteva descrivere. Guardò ancora quell’estranea, e ora, lei guardava lui: il sangue gelò nelle sue vene. L’imbarazzo lo pervase come pioggia: la consapevolezza di essere stato scoperto lo immobilizzò. Che peculiarità nello sguardo di lei, spoglio di qualsiasi giudizio, ma carico di una forse curiosità, o così parve a Tasso. Si mosse rapido per sfuggire a quella situazione, imponendo gli occhi a guardare ora il cemento sottostante a lui.
 
  • Possiamo andare, - disse quasi mangiandosi le parole, desideroso di sparire da quella situazione quanto prima.
Camilla, che fino ad allora era stata al cellulare, annuì, alzandosi e continuando verso la zona est del campus, dove i dormitori si trovavano.
  • Emma mi ha dato il tuo numero, ti scrivo quando sono qui fuori domani. Io farei per le 9:00, così hai tempo per dormire. La tua stanza è al primo piano, non ti puoi perdere. Hai qualche domanda da farmi prima che io me ne vada? –
Tasso scosse la testa. – Nel caso mi venissero in mente, te le comunicò domani mattina. Grazie per la tua disponibilità. –
Accennò un sorriso, prendendo per buona quell’occasione per salutarla e sparire. Non era maleducazione la sua, quanta più un’incapacità di comunicare con gli altri, sentendosi ogni volta sulle spalle il dovere di portare avanti una discussione, in qualche modo di risultare interessante, e pertanto, essendo lui incapace, spesso si rintanava, scappando alla prima delle occasioni.

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