Le cose di tutti i giorni

di mamma Kellina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 16 dicembre - lunedì 1 ***
Capitolo 2: *** 16 dicembre - lunedì 2 ***
Capitolo 3: *** 16 dicembre - lunedì 3 ***
Capitolo 4: *** 17 dicembre- martedì 1 ***
Capitolo 5: *** 17 dicembre - martedì 2 ***
Capitolo 6: *** 17 dicembre - martedì 3 ***
Capitolo 7: *** 18 dicembre - mercoledì 1 ***
Capitolo 8: *** 18 dicembre - mercoledì 2 ***
Capitolo 9: *** 19 dicembre - giovedì 1 ***
Capitolo 10: *** 19 dicembre - giovedì 2 ***
Capitolo 11: *** 20 dicembre - venerdì 1 ***
Capitolo 12: *** 20 dicembre - venerdì 2 ***
Capitolo 13: *** 20 dicembre - venerdì 3 ***
Capitolo 14: *** 21 dicembre - sabato 1 ***
Capitolo 15: *** 21 dicembre - sabato 2 ***
Capitolo 16: *** 21 dicembre - sabato 3 ***
Capitolo 17: *** 22 dicembre - domenica ***
Capitolo 18: *** 23 dicembre - lunedì 1 ***
Capitolo 19: *** 23 dicembre - lunedì 2 ***



Capitolo 1
*** 16 dicembre - lunedì 1 ***


16 Dicembre – lunedì

- Chiaaaraaaaa! Vuoi far scendere Ilaria o no? Ho la macchina fuori posto, accidenti!
Massimo le aveva parlato al citofono, ma forse non ce ne sarebbe stato bisogno: aveva urlato tanto che probabilmente la sua voce le sarebbe arrivata anche senza, nonostante fossero all’ultimo piano.
La giovane donna afferrò il piumino  della figlia e si affrettò a correre in salotto dove la bambina stava parlando con Giovanni.
- Presto, presto – le disse tutta agitata facendole indossare il cappottino  – Papà sta giù e sta perdendo la pazienza.
La piccola fece appena in tempo a dare un bacino all’amico che si trovò trascinata per la mano dalla mamma. Insieme si allontanarono per andare a prendere l’ascensore.
Rimasto solo, Giovanni si guardò intorno con sguardo professionale. Era stato lui, affermato architetto,  a curare la ristrutturazione della casa degli amici quando l’avevano acquistata per intero ed ancora adesso, a sette anni di distanza, si sentiva soddisfatto del lavoro compiuto. Il soggiorno, dal quale era stata tolta la cucina,  era venuto proprio bene. Era contento di aver insistito per lasciarlo lì perché la stanza che dava sul magnifico terrazzo continuava ad essere il cuore di quello splendido appartamento. Con un sorriso osservò che però la casa non aveva più l’aspetto di una volta, di quando cioè, da perfetta single, Chiara la teneva in un ordine quasi maniacale. Ora in un angolo c’era un triciclo, più in là delle costruzioni ed una bambola e sul termosifone, messi ad asciugare, parecchi calzini piegati.
L’amica rientrò e si scusò con un sorriso.
- Abbi pazienza, Ilaria a quest’ora va a lezione di danza ed è da un po’ che Massimo l’accompagna lui. Per me questo è un orario terribile. Oggi Matteo sta dormendo perciò è tutto così calmo, ma di solito a quest’ora è una battaglia.
- Magari posso tornare in un altro momento – suggerì Giovanni un po’ mortificato.
Chiara arrossì. Aveva parlato senza rendersi conto che l’amico potesse sentirsi in imbarazzo e così si affrettò a dirgli:
- Neanche per sogno! Era più di un anno che non ti facevi vedere e adesso vuoi scappare già via? E poi per me non c’è mai un momento buono. Con un marito, due bambini, la casa ed il lavoro, non ho proprio la possibilità di fermarmi mai.
- D’accordo – convenne l’altro – però se vuoi che rimanga vieni a  sederti un attimo anche tu.
Giovanni le voleva molto bene e la riteneva la sua amica più cara. Si erano conosciuti a quindici anni ed erano diventati inseparabili. Con tutto l’entusiasmo dei loro giovani anni, avevano condiviso i divertimenti e lo studio, le gioie e i dolori, le emozioni e i turbamenti. Tra loro era nato un sentimento autentico  ma poi lui aveva dovuto prendere atto,  non senza un’enorme sofferenza, che benché il loro legame fosse molto forte, non era amore. Con sgomento si era reso conto che questo sentimento, fatto di adorazione, attrazione fisica, pura follia, era invece ciò che provava per il compagno più amato da tutte le ragazze della scuola, un certo Fabrizio, un quasi diciottenne che appena se ne era accorto aveva cominciato a sparlare di lui e a deriderlo. Quelle voci presto erano arrivate anche ai suoi genitori ed il padre, un militare tutto di un pezzo, aveva preso davvero male la sua omosessualità  anche se non ancora manifesta. Tutto questo l’avrebbe distrutto se non avesse avuto accanto a sé a Chiara.
Ricordava ancora quel pomeriggio di un inverno di tanti anni prima quando aveva trovato finalmente il coraggio di affrontare con lei l’argomento. Aveva avuto una paura folle della sua reazione perché forse la sua ragazza si sarebbe sentita tradita in quel tenero affetto a cui si era abbandonata con tanta fiducia. Invece Chiara lo aveva ascoltato in silenzio, i grandi occhi neri che lo fissavano seri. Protetto dalla riservatezza della saletta del caffè dove l’aveva portata per confidarsi, le aveva raccontato tutte le prese in giro subite e le cose brutte che gli toccava sorbirsi in continuazione.  Ad un certo punto,  disperato, aveva addirittura  pianto,  vergognandosene moltissimo.  Ma lei si era sporta verso di lui sul tavolino e gli aveva carezzato una guancia.
- Tu sei una persona, Giovanni, e soprattutto sei una persona meravigliosa – gli aveva detto – Ti prego, non lasciare che nessuno mai ti convinca del contrario!
Quella mano sulla propria gota gli era parsa più dolce e calda della cioccolata che stavano bevendo e quelle parole non le avrebbe dimenticate mai più.    
Mentre si era abbandonato ai ricordi, la donna aveva raccattato da terra alcune palline dell’albero di Natale con le quali aveva giocato fino a poco prima il figlio più piccolo poi, con un sospiro ed un sorriso, si era accomodata sul divano accanto a lui.
- Allora, mi dici come va? Ti trovo un po’ sciupata, ti senti bene? – le chiese.
- Sì certo, sono solo un po’ stanca.
 - Da quanto tempo non vai dal parrucchiere?
Lei si portò istintivamente una mano sui capelli lunghi e ricci che ormai portava il più delle volte legati in una semplice coda sulle spalle.
- Sto così male? – gli chiese incerta.
- Sei sempre molto carina ma hai l’aria un po’ trascurata. Anche questi chiletti in più che hai preso dopo la gravidanza di Matteo ad esempio …
- Ehi! – gli fece – ma sei venuto per criticare? Non finire di avvilirmi, lo so che sono grassa da fare schifo!
- Non è certo mia intenzione, anzi, non mi sognerei mai di invogliarti a ricominciare a non mangiare. Quello che volevo dirti è che dovresti curare di più il tuo aspetto fisico, non lasciarti andare. Sei troppo giovane per farlo. E poi non dimenticare che solo perché  ora sei una moglie non hai il diritto di apparire sciatta e trasandata.
- Insisti? – lo rimproverò un po’ piccata.
- Io parlo per il tuo bene, lo sai. Massimo è ancora un uomo giovane e piacente ed anche se ti vuole bene pure così, sono certo che non gli dispiacerebbe vederti qualche volta un po’ più seducente. E poi non devi fare chissà che cosa! Sei così bellina che ti basterà andare dal parrucchiere più spesso, ricominciare a truccarti come facevi una volta e magari rivolgerti ad un buon dietologo per smaltire questi cinque o sei chili di troppo.
- Vuoi scherzare? Con un marito come il mio è quasi impossibile pensare ad una dieta. Dovrei cucinare a parte per me perché quel golosone non la smette di chiedermi pranzetti succulenti. Comunque anche lui  sta mettendo su una bella pancetta, cosa credi, senza contare che il novanta per cento del tempo che sta in casa lo trascorre in pantofole e pigiama! – scherzò.
Parlando del marito le era apparsa negli occhi una luce di tenerezza tale  che Giovanni se ne sentì intenerito.  L’aver visto la sua Chiara, dopo tutti i dolori che aveva patito, finalmente felice accanto a Massimo, era stato per lui il regalo più bello.
- A proposito, come sta quella bella testa di cavolo? – gli chiese con un sorriso.
Chiara abbassò gli occhi senza riuscire a nascondere una certa preoccupazione.
- Non lo so, sinceramente non lo so. A volte mi sembra sereno, a volte molto agitato. È diventato assai irascibile e si arrabbia molto spesso. Non hai notato poco fa?
- Già, ho notato.
- Però è un papà meraviglioso e sa essere anche molto dolce con me ed i bambini. Sai, a volte penso di averlo forzato a rimanere qui. Napoli è una città difficile e lui non ci  era abituato così  come siamo noi. Senza contare che la vita d’ufficio non gli piace. La trova frustrante e monotona e non fa che lamentarsene.
- Ma dai, fammi il piacere! Anche tu hai dovuto accettare tanti compromessi e non mi pare che ne faccia un dramma.
- Certo, da quando ho preso il part-time poi sono stata pure spostata d’ufficio e non immagini nemmeno quanto mi sia dispiaciuto lasciare Federica e Rossana dopo tanti anni. Più che colleghe di stanza, loro due per me erano come sorelle, mi hanno sempre aiutata e sostenuta, anche nei momenti peggiori. Comunque per me il lavoro è stato sempre un ripiego, qualcosa che facevo per lo stipendio e non per passione. Massimo invece si sentiva realizzato a fare l’ispettore o almeno il direttore di succursale come faceva prima a Bologna.
- Non pensi che possa essere questo il motivo principale del suo malessere? Perché non provate a trasferirvi lì? Con i prezzi di mercato che ci sono a Napoli, se vendete questa casa,  con il ricavato in Emilia potreste addirittura comprarvi una villetta.
- Non dimenticarti che stiamo ancora pagando il mutuo e che non sarebbe facile ottenere ben due trasferimenti dalla nostra ditta…
- E tu non dimenticarti che Massimo a Bologna ha tutta la famiglia…
- Non credo sia questo a pesargli. In realtà ci vediamo molto spesso. Appena possiamo, scappiamo da loro ed altrettanto fanno i suoi con noi. Anzi, lunedì  prossimo arriveranno i genitori per passare qui il Natale. A proposito, tu che farai a Natale?
Giovanni sospirò con tristezza.
- Starò con mio padre.
- Ma … Francesco?
- È dovuto andare a Londra. Gli hanno offerto la regia di un lavoro teatrale e non poteva farsi scappare un’occasione simile. Lo seguirò a Capodanno, ma oramai sono qui e devo restarci. Lo avevo promesso a papà e non posso più tirarmi indietro.
- Strano, tuo padre avrebbe accettato il tuo compagno?
- Nemmeno per sogno! -  sghignazzò Giovanni – Lo sai com’è fatto il vecchio, ma oramai, alla sua età, non credo possa più cambiare. Comunque da lui avevo pensato di trascorrere il solo giorno di Natale, il resto dei giorni avevo organizzato per passarli al Monte Faito. Te la ricordi la villetta di zia Elena?
Il viso di Chiara si illuminò al ricordo. Quante volte, da ragazza, era stata ospite di Giovanni insieme ad altri amici ed amiche del liceo in quella casetta deliziosa!
- Ce l’ha ancora? – gli domandò, stupita.
- Quando zia Elena è morta l’ha lasciata a me in eredità. Purtroppo ci vado molto poco. Avevo pensato che il prossimo Natale fosse l’occasione giusta per godermela un po’. Avevo incaricato il custode di pulirla da cima a fondo e rifornirla di legna per il caminetto. Ieri sono stato a controllare che tutto fosse a posto ed ho portato anche provviste per qualche giorno. Ero così contento quando ho ricevuto la telefonata di Francesco!
Il giovane sembrava davvero addolorato e Chiara gli sorrise con dolcezza.
- Dai, non fare così, purtroppo la vita è questa e non possiamo farci nulla. Al Faito, magari, ci andrete a Pasqua ed in primavera sarà ancora più bello.
- Giusto. Però mi è dispiaciuto lo stesso. Ti ricordi che posto carino è? A due passi da Napoli poi. Ma ora che ci penso … perché non ci vai tu, almeno per il prossimo week-end? Certo dovresti portare qualcosa da mangiare di più adatto ai bambini. Sai – aggiunse ammiccando – avevo previsto solo pranzetti e cenette romantiche per cui  non credo che caviale, aragoste e champagne siano adatti a loro. Ma fai sempre in tempo a caricare l’auto di formaggini e semolino. Tra l’altro mi faresti anche un piacere: c’è anche roba che non si conserva e che bisogna buttare. Sarei costretto a tornare per farlo io o dovrei pagare il custode e non mi va.
La ragazza scoppiò in una risata.
- Altro che formaggini e semolino, mio caro. Qui, quando ci spostiamo noi quattro, ci vuole un tir per le cose che dobbiamo portarci dietro! Non è proprio il caso per due giorni solo. Grazie comunque.
- Ma dai, pensaci!
- No, per carità. Devo ancora finire di comprare i regali di Natale, fare la spesa al supermercato, andare a fare gli auguri alle maestre di Ilaria, pulire da cima a fondo questa casa per le prossime feste e preparare i dolci. E poi l’antivigilia di Natale arrivano anche i miei suoceri, te l’ho detto.
- Solo sabato e domenica … - insistette l’altro.
- No, Giovanni, grazie. Ho troppo da fare in questo momento.
- Stai attenta però, Chiaretta, a volte ci si lascia prendere troppo dai problemi quotidiani. Staccare la spina ogni tanto fa bene. Non sei d’accordo?
L’altra lo guardò alzando le sopracciglia con aria perplessa. Anche se non gli disse nulla, tra di sé pensò  che faceva presto lui a darle un simile consiglio! Che problemi aveva Giovanni a staccare la spina? Il suo caso era ben diverso!

**

 

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Capitolo 2
*** 16 dicembre - lunedì 2 ***


Che devo dirvi, amiche mie, grazie per l’accoglienza calorosa che mi avete riservato. Sono contentissima che anche questa vicenda vi cominci a piacere  anche se è, appunto, una storia di tutti i giorni, tra piccole cose molto comuni. Così come voi, anche io mi ero affezionata a Massimo e a Chiara quasi come se fossero persone reali per cui non volevo farli più soffrire, volevo che si sposassero e che fossero contenti. Però ero convinta (e lo sono ancora un po’) che il racconto della vita normale di  due giovani sposi fosse di poco interesse e quindi difficile da ricavarci un seguito che potesse accattivare il lettore. Siete state voi a farmi capire che sbagliavo ed avevate ragione. Questa storia è venuta giù talmente facile che me ne sono meravigliata io stessa, forse perché è stato bello immaginare le cose successe in questi otto anni a quasi tutti i personaggi della storia precedente (a proposito, più in là scoprirete che  i nostri due amici hanno convissuto un anno prima di sposarsi)  o forse perché  ogni vita vissuta, anche quella più banale e noiosa,  è sempre degna di essere raccontata. Comunque tranquille, un po’ di pepe ce lo troverete, ve lo assicuro. Anzi già vedo i vostri commenti al prossimo capitolo…





16 Dicembre – lunedì

Massimo avrebbe voluto imprecare contro quel dannato traffico ma si tratteneva dal farlo per rispetto alla figlia che, seduta dietro di lui, non faceva che parlare per raccontargli mille cose con la sua vocina tanto dolce. Ogni tanto le gettava uno sguardo pieno di tenerezza nello specchietto retrovisore e sorrideva soddisfatto. Era davvero carina Ilaria, un donnino di sei anni, bruna e graziosa, con i capelli raccolti a chignon nella reticella rosa come si conviene ad una piccola ballerina in erba. Ancora una volta pensò a quanto rassomigliasse a Chiara. Nonostante si dica che le femminucce  di solito assomiglino ai papà ed i maschietti alle mamme, a loro era avvenuto esattamente il contrario perché era Matteo quello uguale a lui, soprattutto nei colori. Solo fisicamente però, perché in quanto a caratterino, nessuno dei due figli aveva preso la dolcezza della madre, ma erano entrambi decisi e forti come lui. Bisognava dire però che sua moglie, zitta e buona, riusciva sempre a far fare a tutti e tre quello che voleva.
Anche quella storia della danza classica l’aveva voluta lei. Ilaria avrebbe preferito fare judo o karatè e tra l’altro la palestra sarebbe stata pure a due passi da casa loro, ma Chiara si era ostinata e tanto aveva fatto e tanto aveva detto, fino a quando la bambina non si era convinta. La stessa tattica l’aveva usata con lui, per indurlo ad accompagnarla a lezione tre volte a settimana. L’anno prima aveva tenuto duro nel rifiutarsi di farlo, ma poi, un po’ perché loro dovevano prendere i mezzi pubblici, un po’ perché Matteo che aveva solo due anni spesso a quell’ora del pomeriggio dormiva, aveva acconsentito ad accollarsi quell’onere che gli pesava non poco, soprattutto perché doveva attraversare quella dannata città in macchina.
Ma possibile che a Napoli nessuno avesse mai nulla da fare? Possibile che stessero sempre tutti per strada? E poi, quel modo di parcheggiare anche in seconda fila proprio non riusciva a sopportarlo. Finiva sempre per litigare con qualcuno e forse l’ avrebbe fatto anche quella sera perché stava girando già da mezz’ora senza trovare posto. Per fortuna  Ilaria ne avvistò uno libero e così fece rapidamente manovra, poi, con la figlia per mano, si affrettò verso la scuola.
La lezione era già cominciata perché si sentiva la musica già fuori dall’ingresso.
- Uffa – si lamentò la bambina – adesso mi tocca sorbirmi la ramanzina di maestra Lidia!
- Così impari a far tardi, ti ho aspettato quasi un quarto d’ora giù al palazzo! Non lo sai che quando non ci muoviamo per tempo poi troviamo traffico? – la rimproverò.
- Ma c’era Giovanni! – si giustificò lei.
- E allora? Gli impegni sono impegni. Che c’è, stavolta tua madre non te l’ha ricordato?
Ilaria alzò il visino a guardarlo. Aveva il nasino rosso per il freddo ed un dolcissimo broncio sul faccino.
- Per favore papà, vienilo a dire tu alla maestra perché abbiamo fatto tardi – lo implorò.
Massimo le strinse involontariamente la manina che teneva nella sua perché un pensiero un po’ molesto gli aveva attraversato la mente. Ma poi si disse che le sue erano fisime ed era da stupidi lasciarsi condizionare così.
- Va bene, però la prossima volta ti aspetto fuori come ti avevo detto l’altra volta.
**
- Signor Corona, mi dice come devo fare con lei!? – lo rimproverò Lidia Testa non appena li vide entrare.
- Ci scusi maestra, ma c’era un traffico infernale ed abbiamo fatto tardi anche questa volta.
- Già, me ne sono accorta! Ma com’è che l’anno scorso a sua moglie non succedeva?
- Che ci vuole fare! Mia moglie è perfetta, io no.
Massimo le aveva risposto con un sorriso cordiale ed un’alzata di spalle. La donna gli sorrise e presa Ilaria per mano, la condusse verso la sbarra dove le piccole danzatrici si stavano già esercitando.
- Non è vero, anche tu sei perfetto! Anzi, se posso essere sincera, lo sei molto più di tua moglie.
L’uomo si voltò a guardare la persona che aveva parlato ed ancora una volta pensò, suo malgrado, che se c’era una persona perfetta questa era proprio Monica Scattini.
Avvolta in una pelliccia color miele, i lunghi  capelli di un elegante rosso accuratamente pettinati in morbide onde che le incorniciavano il volto ben truccato. Sembrava appena uscita da un istituto di bellezza.
Le fece un sorrisino cortese e senza approfondire gli apprezzamenti di poco prima, le chiese solo:
- Ciao Monica, come va?
- Bene, grazie. Anche se queste lezioni di danza sono una vera rottura. Ma che vuoi farci,  ho una suocera rompiscatole che ha convinto quello stupido di mio marito che Camilla acquisterà un bel portamento solo imparando la danza classica. Visto poi che il signore è troppo occupato con lo studio ed i pazienti, tocca a me sorbirmi questa scocciatura!
- Veramente venerdì scorso è venuta la cameriera ad accompagnare Camilla – mormorò lui pensando nello stesso tempo che lo “stupido signore troppo occupato” era uno di quei medici che prendevano duecento euro a visita ed il minimo che poteva fare sua moglie era occuparsi della loro unica figliola.
- Allora te ne sei accorto!- esclamò la donna mostrandosi  contenta – Meno male – aggiunse – pensavo proprio che per te fosse una seccatura attendere la fine di questa noiosa lezione insieme a me alla Caffetteria!
Massimo le sorrise, cortese. Quelle tre o quattro volte che l’avevano fatto non si era annoiato, anzi, era stato piacevole parlare di qualcosa che non riguardasse bambini o lavoro. A dire il vero gli era anche piaciuto un po’ mettersi in mostra con una bella donna visto che ormai non lo faceva più da tanti anni …  però…
Cogliendo un attimo di esitazione, Monica gli si mise sottobraccio ed alzando verso di lui il bel viso, gli disse allegra:
- Bene, quand’è così perché non lo facciamo anche stasera? Magari mi offri pure una bella sigaretta visto che ho un marito noioso che mi impedisce persino di fumare.
- Capirai: è uno pneumologo! – osservò il giovane, divertito.
- Sarà, ma è noioso lo stesso! E poi il bello della vita è la trasgressione. Possibile che ci sia chi non riesce a capirlo?
Quasi senza volere, Massimo pensò a Chiara così presa dal proprio senso del dovere da non riuscire a concedersi mai nulla, neanche le piccole cose lecite, figuriamoci le trasgressioni. In quanto a lui … beh, si sentiva un po’ in colpa ad uscire nella fredda serata di dicembre con quella donna bella ed elegante sotto il braccio, ma poi si disse che non stava facendo niente di male.
Era la settimana prima di Natale e le strade erano vive ed animate come non mai. Il pomeriggio aveva piovuto e l’asfalto bagnato faceva riflettere le luci delle decorazioni natalizie. C’era molta folla in quella piazza del centro, tanta gente indaffarata a fare acquisti, eppure quella coppia, lei bella e raffinata, lui alto, ben piantato, con gli occhi chiari e magnetici, non passava inosservata. Forse fu per questo che la donna gli lasciò il braccio, limitandosi a camminargli a fianco. Massimo ne fu contento e si rilassò soltanto quando giunsero nella raffinata saletta da tè della Caffetteria Centrale, per fortuna poco affollata.
- “Non devi sentirti in imbarazzo – cercò di dirsi – in fondo stai solo accompagnando una signora a prendere una consumazione in attesa che le rispettive figliole abbiano finito la lezione di danza”.
Ma nonostante tutte le sue buone intenzioni non ce la faceva a sentirsi indifferente, forse perché già sapeva che ancora una volta non sarebbe riuscito a raccontarlo alla moglie o forse perché quei magnifici occhi verdi che lo guardavano invitanti gli ricordavano un po’ gli occhi di Daniela.
- “Chissà se anche questa qui ha lo stesso caratteraccio” – continuò a chiedersi mentre la donna sedutagli di fronte gli sorrideva schiudendo le labbra dipinte di rosso sul candore dei denti –“No – concluse – Daniela era una povera ragazza, semplice e schietta, questa signora qui invece sa bene cosa sia la seduzione”.

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Capitolo 3
*** 16 dicembre - lunedì 3 ***


Eh eh (risatina sardonica) visto che ce l’ho messo il pepe? Comunque non cominciate subito a maltrattarmi Massimuccio per favore. E’ vero, è un provolone e anche un tipico rappresentante del sesso maschile ,uno di quei  classici esemplari per i quali spesso  sesso e  amore possono  camminare anche separati. Però se non sbaglio alla fine dell’altra storia pareva essere maturato e si era mostrato un buon diavolo no? Chissà se è ancora così oppure otto anni di convivenza  non l’hanno cambiato. Certo che la bella Monica provoca, eccome provoca, senza contare che la vita di tutti i giorni e le responsabilità di marito e padre sono pesanti a volte ed è facile per un uomo affascinante che non fatica a conquistare le donne cadere in tentazione…  Lo farà? Non lo farà?
Eh eh (ari risatina sardonica) vorreste saperlo! Ma vi toccherà soffrire ancora un bel po’, mi sa. Però non abbandonatemi, mi raccomando.


16 Dicembre – lunedì
Era già ora di cena quando tornarono a casa. Chiara aveva già apparecchiato e stava tenendo le pietanze in caldo.
- Non guardarci così, mamma – si giustificò Massimo alle sue rimostranze – C’era un traffico pazzesco ed è un miracolo se siamo arrivati a quest’ora.
- Papà si è arrabbiato con un signore … intervenne la bambina, un po’ petulante.
- Tuo papà si arrabbia sempre con qualcuno – tagliò corto la donna che nel frattempo osservava il marito che, preso Matteo in braccio, lo stava facendo volteggiare in aria strappandogli gridolini divertiti – ma adesso andate a lavarvi le mani che è pronto.
- Che si mangia? – chiese l’uomo rimettendo per terra il figlio.
- Minestrone e merluzzo.
- Bleah! – esclamarono all’unisono padre e figlia, poi si guardarono con un’aria di complicità e si fecero l’occhiolino.
- Non si potrebbe avere un po’ di pastasciutta e del formaggio? – domandò la bambina.
- O magari due spaghetti aglio, olio e peperoncino e un po’ di quella mozzarella di ieri? – incalzò il padre.
La sfuriata di Chiara non si fece attendere ed i due poverini, redarguiti aspramente perché bisognava tenere una dieta variata mangiando  anche pesce e verdura, rassegnati, si accinsero a consumare il pasto della sera.
                                                                                                        **
Verso le nove, squillò il telefono. Chiara era in cucina a stirare e si aspettava che Massimo rispondesse. Visto che non lo faceva, si precipitò a rispondere lei per evitare che gli squilli svegliassero i bambini. Passando davanti al marito che se ne stava immobile in poltrona a guardare la tv, lo rimproverò:
- Ma che fai, non rispondi?
- Deve essere quel seccatore di tuo cognato. Mi sta facendo una testa così con le sue perdite in Borsa quasi come se la crisi finanziaria fosse colpa mia – si giustificò lui senza notare che la moglie per rispondere a telefono già non lo ascoltava più.
- È Nando – gli disse poco dopo porgendogli il telefono, poi andò al termosifone per prendere la biancheria che vi aveva appoggiato ad asciugare e così ascoltò parte della telefonata.
Nando era un vecchio amico di Massimo, uno della banda con cui era solito viaggiare quando era ancora scapolo. Chiara lo aveva incontrato quando avevano progettato un viaggio in Egitto da fare l’estate successiva a quella in cui si erano conosciuti. Anche  se lei non aveva mai smesso di avere una paura enorme  di prendere l’aereo, alla fine, per accontentare il suo compagno, si era lasciata convincere. Ma era rimasta incinta e non se ne era fatto più nulla. Avevano quindi deciso di  trasformare la convivenza in matrimonio e, per sua fortuna, a causa della nascita dei due bambini, dell’acquisto e della ristrutturazione della casa e delle mille altre cose che li avevano assorbiti completamente, da allora in poi non si era parlato più di viaggi esotici e così non aveva più dovuto affrontare le sue paure.
Lasciando il marito a parlare con l’amico, ritornò in cucina a stirare. Poco dopo Massimo la raggiunse, andò al frigo per prendersi una birra, l’aprì ed appoggiato al tavolo di cucina, si mise a sorseggiarla con aria assorta.
- Che c’è?  - gli chiese. Lo conosceva troppo bene per non sapere che voleva dirle qualcosa.
- Niente.
- Che voleva Nando?
- Dirmi che a marzo andranno in India.
- Ti ha telefonato per questo? – gli chiese la donna. Smise di piegare una camicia e lo guardò dritto negli occhi, già un po’ inquieta.
- Voleva anche farmi gli auguri per Natale – le disse e si lasciò scappare, troppo sincero per tenerselo dentro, – e poi lo sapeva che andare in India è stato sempre il mio sogno, per questo me l’ha detto, magari potevo andare anch’io con loro…
- Massimo … - cominciò lei, seria e pronta  ad enunciargli i mille e più motivi per i quali ciò non era possibile.
- Lo so, lo so – le disse lui. La fermò con un gesto della mano e se ne ritornò in salotto per ricominciare il suo zapping distratto davanti ai programmi televisivi.
                                                                                                        **
Chiara lo raggiunse in soggiorno verso le undici. Si lasciò cadere sul divano accanto a lui che stava seguendo il TG  ed incominciò a massaggiarsi la spalla e a lamentarsi per fargli notare che le faceva male.
- Che c’è? Ti fa male di nuovo? – le chiese  infatti il marito. Vedendo che lei annuiva, la esortò – Vieni, mettiti qui che ti faccio un massaggio.
La donna non se lo fece dire due volte perché era proprio quello che aveva voluto. Si tolse la maglietta e si accoccolò ai piedi del divano, godendo del sapiente tocco delle mani di Massimo che, commentando insieme a lei qualche notizia di tanto in tanto, la massaggiò per tutta la durata della trasmissione.
- Va bene così? Basta? – le chiese quando incominciò la pubblicità.
Chiara non avrebbe mai smesso, ma lo ringraziò e a malincuore si rimise la maglietta perché si rendeva conto che forse si era stancato.
- È la posizione che hai assunto stirando – le disse lui in tono professionale – Ma non puoi farlo fare a Maria Rosaria?
- No, lei è una baby-sitter e non rientra nei suoi compiti. Anzi, già mi fa parecchie cose che non le spetterebbero.
- Allora prendiamo una colf. Non puoi continuare ad ammazzarti di lavoro così!
- Sei scemo? Un altro stipendio, altri contributi da pagare: finisce che quello che guadagno lo do a loro. E poi tu mi aiuti volentieri quando è necessario, no?
- Certo – ammise lui con un sorriso malizioso – ed in effetti non c’è nulla di più eccitante che passare il sabato mattina a scopare … con la scopa elettrica, naturalmente …
Chiara gli diede uno schiaffetto sulla pancia perché al di là dello scherzo aveva colto una leggera nota polemica che però non volle approfondire. Si chinò invece a raccogliere alcuni incarti di cioccolatini sul tavolino di cristallo davanti al divano.
- Ci siamo dati da fare, vedo! – commentò.
- Che vuoi, avevo fame. Il tuo minestrone-tutto-leggerezza l’ho digerito già da almeno tre ore! – si giustificò il marito mentre cambiava canale – E poi stasera avevo bisogno di volermi un po’ di bene.
La donna lo guardò seria e poi osò introdurre l’argomento sul quale era restata a rimuginare per quasi tutta la serata.
- Ci sei rimasto male per quella faccenda del viaggio in India, vero? – gli chiese.
- Era un’assurdità. È stato un fesso Nando a parlarmene, avrebbe dovuto capire che per me non è più la stessa cosa. Non sono più single, non ho più tempo e non guadagno più come una volta quando prendevo tutte quelle trasferte.
- Però non siamo tanto miserabili. Qualcosina in banca ce l’abbiamo. Se decidessi di andarci …
Massimo spense la televisione e si voltò a guardarla in viso, molto serio.
- Che c’è, non possiamo concederci una domestica e invece io posso buttare all’aria tre o quattromila euro per andare in India?
- Non sarebbero soldi buttati. L’hai detto tu che avevi sempre sognato di farlo. Certo, io sarei molto in pena per tutto il tempo: il lungo viaggio in aereo, quel paese così pericoloso, ma …
- ... per accontentare il bambino che altrimenti fa i capricci si sopporta questo ed altro – concluse per lei con un sorriso sarcastico.
- Non lo dicevo per questo, quanto sei scemo! – replicò, indispettita dal fatto che avesse preso in quel modo un gesto di affetto.
Però Massimo se la tirò contro, la strinse tra le braccia e le mormorò, baciandola sui capelli:
- Non ci pensare, piccolina, va bene? E poi in questo momento più che andare in India,  desidero andare a dormire. Tu che fai, vieni?
- Sì certo, sono distrutta – gli rispose alzandosi in piedi ed avviandosi nella camera da letto

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Capitolo 4
*** 17 dicembre- martedì 1 ***


17 Dicembre – Martedì
- Si può sapere cos’ha questo bimbo da piangere così tanto? – chiese la mattina successiva Massimo entrando nel bagno dove Chiara stava cercando di lavare il faccino inondato di lacrime di Matteo.
- Niente – gli rispose – sta facendo i capricci perché voleva i cereali di Ilaria.
- E perché non glieli hai dati?
- Sono al cioccolato e lui ieri è stato poco bene con il pancino.
- Oh povero piccolo! – mormorò il papà. Lo prese in braccio e prese pure l’orsacchiotto che il bambino aveva in mano. Lo fece ballare davanti ai suoi occhi e contemporaneamente ripetè con una la vocina sottile che doveva essere quella del pupazzo: - Oh, povero piccolo, oh povero piccolo!
Matteo, un po’ perché era in braccio al padre che adorava, un po’perché  divertito dal solletico che gli faceva l’orsetto Tobia che Massimo muoveva come se volesse dargli tanti bacetti, alla fine, tra le lacrime, si mise a ridere.
Chiara restò in piedi accanto al lavello con l’asciugamani ancora in mano a guardarli entrambi incantata. Adorava quando il marito si mostrava così tenero con i bambini tanto da provare nei suoi confronti un’attrazione incontrollabile.  Massimo, nonostante qualche filo bianco nella barba e lo stomaco un po’ prominente,  restava sempre un  uomo molto bello, ma mai le appariva tanto sexy come quando coccolava un loro figlio. Chissà, forse era qualcosa di atavico, un antico istinto della femmina che si sente attratta dal maschio che si prende cura della sua prole.
Incapace di resistere, lo abbracciò ed insieme a lui abbracciò Matteo.
- Tesoro, ti porterò le matite colorate quando torno dal lavoro così facciamo tanti bei disegni –  promise al bambino con un sorriso mentre gli carezzava il faccino ancora bagnato di lacrime.
La dolcezza di quel momento fu interrotta da Ilaria che  apparve sotto la porta del bagno già con il cappottino addosso e lo zainetto sulle spalle.
- Mamma! La smetti con questi due e mi porti a scuola!? - reclamò, perentoria.
- Questa qui è identica a Sandra – affermò Massimo, sottolineando la frase con una smorfia ed un gesto della mano con cui non reggeva il piccolino.
Non era la prima volta che faceva rilevare la somiglianza del carattere della figlia con quello  pratico ed autoritario della sorella.  Chiara si mise a ridere.
- Magari! – disse, perché a lei la cognata piaceva molto, poi si affrettò ad andar via, non senza essersi scambiata un bacetto pieno di tenerezza con il marito che avrebbe atteso l’arrivo della baby-sitter prima di raggiungere anche lui il lavoro.


                                                                                **


Quella mattina aveva avuto l’intenzione di passare a salutare Federica e Rossana durante la pausa caffè, ma poi ne aveva approfittato per andare a fare spese. Era uscita soprattutto per comprare i pastelli che aveva promesso a Matteo.Nel passare davanti alla salumeria dove a volte si serviva, le era venuta voglia di preparare qualcosa di buono per cena. In effetti, anche se la sua decisione di tenere Massimo un po’ leggero in previsione delle abbuffate natalizie della settimana successiva  era stata di sicuro molto saggia, l’aver deluso la sua golosità la sera precedente l’aveva lasciata molto male così aveva comprato l’occorrente per fare una lasagna. Ora però se ne stava in ufficio a pentirsi perché, come al solito, si era lanciata in qualcosa di superiore alle sue forze. Per quanto intendesse preparare una versione semplificata di quell’elaborato piatto che era una delle passioni di suo marito, le avrebbe preso comunque parecchio tempo e con tutte le cose da fare che aveva quel pomeriggio, non sarebbe stato facile. La cosa importante era non uscire neanche un minuto dopo l’orario previsto  per cui si mise a lavorare senza neanche  alzare più gli occhi dalla scrivania.
Ora si occupava di contabilità. Neanche quello era un lavoro che le piaceva, ma almeno aveva una stanzetta tutta sua e poteva gestirsi le cose da fare come meglio credeva, senza dar conto a nessuno. Inoltre, la sua pazienza e meticolosità la portavano ad essere molto precisa e più di una volta i suoi accurati controlli erano riusciti ad evitare notevoli perdite all’azienda, cosa per la quale aveva ricevuto numerosi encomi. Era più a suo agio adesso, quindi, che non all’epoca in cui aveva conosciuto  Massimo. Forse però si  sarebbe trovata lo stesso bene anche in Amministrazione ora che l’ufficio era diretto da Federica.
Prima che avesse terminato la metà dei controlli che aveva da fare, si era già fatta l’ora dell’uscita. Doveva precipitarsi a prendere Ilaria a scuola e poi correre a casa con lei perché la baby-sitter andava via alla due. Non aveva tempo di passare da Federica. Gli ultimi cinque minuti li impiegò a mandarle almeno una e-mail  con la quale la pregava di farsi viva lei .

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Capitolo 5
*** 17 dicembre - martedì 2 ***


Ragazze mie desidero ringraziarvi davvero con tutto il cuore per le belle cose che continuate a dirmi. Davvero credevo di non farcela ad interessarvi questa volta che non volevo parlarvi di un rapporto travolgente ed appassionato ma volevo condurvi per mano a spiare qualche scena da un matrimonio. Le osservazioni che fate tutte, nessuna esclusa, mi portano a pensare che abbiate colto in pieno quello che è lo spirito di questa fiction e cioè non cose romanzate bensì vita vissuta. Con il matrimonio, la convivenza, il passare del tempo, tante cose cambiano in una coppia. Il massaggio alla spalla di Massimo a Chiara, ad esempio, quello che nei primi giorni scatenò tra i due una tempesta erotica ora si è trasformato in un gesto di affettuosa solidarietà da fare riposando alla fine di una lunga giornata, magari commentando le notizie del TG. O gli slanci passionali di Chiara, per forza di cose fermati dalla bambina che deve essere portata a scuola o dalla baby-sitter che deve arrivare. La tesi che voglio sostenere con questa storia è identica alla vostra: la vita matrimoniale è qualcosa che si costruisce giorno per giorno, rinunciando anche a tante cose,  in cui anche piccoli gesti come la spontaneità di  un abbraccio  o un pranzetto preparato con amore  devono avere un valore profondo, dove “io” deve  trasformarsi  in “noi”. Per molte coppie  ciò diventa un peso da sopportare con rassegnata accettazione,magari cercando un’evasione di tanto in tanto,  altre invece proprio non riescono a sopportarlo e preferiscono rinunciare, altre, infine, e sono le più rare, riescono a tenere vivo l’amore nonostante tutto. A quale di queste tre categorie ho immaginato che appartengano i coniugi Corona lo scoprirete continuando a seguirmi. Per il momento limitiamoci a dare una nuova sbirciatina in una loro serata in cui incontreremo un personaggio che a quanto ne so vi stava molto simpatico…
Dimenticavo: vi do appuntamento a domenica sera perché domani non ci sarò. Non mancherete, vero?


17 Dicembre – Martedì

Non dovette aspettare molto perché quello stesso pomeriggio, mentre se ne stava a spadellare in cucina e a far fare i compiti a Ilaria, l’amica venne a trovarla.
I ripetuti tentativi che aveva fatto nel corso di quegli anni di dimagrire non avevano sortito effetto perché Federica si era fatta più grassa che mai anche se non aveva perso neanche un po’ dell’ humour e dell’autoironia che la rendevano così simpatica. Dopo la morte della mamma era rimasta sola, ma  il suo dolore forse era stato un po’ mitigato dalla meritata promozione che era finalmente arrivata dopo il pensionamento di Raimondi. Ora la sua vita si svolgeva quasi unicamente per il lavoro, con l’unica compagnia di un gatto persiano. Forse però non sarebbe stato così ancora per molto e saperne di più su questo punto era stata una delle ragioni per cui Chiara aveva desiderato incontrarla.
La fece entrare con un caloroso sorriso di benvenuto. La sua esuberante amica portò subito i suoi novanta e passa chili nella stanza di Matteo urlando:
- Il mio giovanotto! Dov’è il mio giovanotto?
- Fede, per favore non farlo svegliare! – la implorò la mamma, ma era troppo tardi perché già si sentivano i gridolini del bimbo che si era destato allo squillo del campanello e alla altrettanto squillante voce della loro visitatrice.
Con un sospiro di rassegnazione Chiara se ne tornò in cucina dove l’altra la raggiunse poco dopo con Matteo ancora mezzo addormentato in braccio.
- Mamma mia e quant’è bello!- diceva strapazzandolo di baci – Ma guardategli quegli occhi! Questo qui diventerà uno sciupa femmine peggio del padre!
- Mio papà non è  uno sciupa femmine – protestò Ilaria, arrabbiata perché l’aveva preso per un insulto e guai a chi le toccava il padre.
Le due donne scoppiarono a ridere di fronte a tanta indignazione.
- Certo che no, signorina, scherzavo – le sorrise Federica mentre si abbassava a darle un bacino – tuo papà è solo un gran bel papà, non è così?
Rassicurata, la bambina le fece un bel sorriso e poi le mostrò il quaderno dove aveva ricopiato in bella i pensierini.
- Guarda Fede, guarda come sono brava! – le disse.
L’altra glielo prese dalle mani e si mise a leggere, senza lesinarle i complimenti. Alla fine, tutta soddisfatta, Ilaria ripose i quaderni perché aveva finito i compiti  e dopo aver chiesto il permesso alla mamma,  andò a guardare i cartoni animati con il fratellino che le trotterellò prontamente dietro.
- Sono deliziosi! – commentò la donna accompagnandoli con uno sguardo tenero poi si voltò a guardare l’amica che sorrideva, intenta a cucinare. Siccome tra loro c’era una enorme familiarità, andò ad aprire il forno per vedere cosa c’era dentro.
- Uhm! - commentò – Lasagna! Certo che vi trattate bene in questa casa! Non avevi deciso di mettere un po’ tuo marito a dieta?
- Sì, ma lo sai com’è fatto: quando non gli prepari qualcosa di buono mette il broncio.
- Deve ringraziare il Cielo che ha trovato te che sei una brava cuoca.
- Io me la cavo solo,  la cuoca eccezionale è sua madre. Dovresti vedere cosa ci prepara quando andiamo lì!
- Che stai facendo adesso? – le chiese ancora Federica indicando il tavolo infarinato dove Chiara stava stendendo una sfoglia.
- Una pastiera.
- Ma non si fa a Pasqua?
- Anche a Natale. Ma la sto preparando soprattutto  perché piace moltissimo a mio suocero e lunedì prossimo lui e Caterina veranno a Napoli per trascorrere le feste con noi. Per cui, cenone tradizionale e pranzo super tradizionale! Forse verrà anche mia sorella.
- Certo che tu non ti risparmi proprio, eh? – commentò l’altra – Hai l’aria stanca, dovresti prenderti un po’ di pausa.
- Anche Giovanni me l’ha detto  ieri. Ma come faccio?
- Basterà  convincerti che il mondo non deve stare per forza sulle tue spalle.
- Avanti, dai, non dire sciocchezze – la rimproverò, piuttosto irritata perché era la stessa accusa che spesso le muoveva il marito.
- Beh, come vuoi – le disse l’amica – contenta tu! Posso leccare questa scodella?
Si era impossessata di un recipiente dove c’erano i residui della ricotta impastata con lo zucchero e i canditi.
- Contenta tu! – le rispose Chiara con lo stesso tono che aveva usato lei.
- E fammi fare!Tanto con la dieta ho perso ogni speranza per cui, visto che devo rassegnarmi a tenermi la panza, almeno mangio – si giustificò l’altra che stava raccogliendo accuratamente la crema con un cucchiaino.
Chiara si mise a ridere.
- Questo discorso l’ho già sentito. Anzi,  approfittane prima che torni quell’altro goloso. Se arriva prima che tu abbia finito, credo che questi qui se li spazzolerà lui – scherzò e le porse un piattino dove c’erano i canditi avanzati.
- Oh bene, allora posso stare tranquilla. Oggi avevamo una riunione dei funzionari con il responsabile delle vendite. Io me ne sono andata alla chetichella, tanto non m’interessa, ma lui l’ho lasciato lì che litigava con Del Gaudio.
Chiara fece una faccia preoccupata e Federica, notandolo, smise di mangiare e la guardò interrogativamente.
La donna non disse nulla ed andò ad infornare il dolce al posto della lasagna. Tornata al tavolo, posò la teglia su di un poggia pentole ed infine  si sedette e si tolse i guanti da forno. Solo allora parlò .
- Sono preoccupata per Massimo, Fede. Mi pare che le cose non vadano affatto bene sul lavoro: non fa che acchiapparsi con tutti!
- E fa benissimo! Tuo marito è un tipo franco, dice pane al pane e vino al vino. Certo a parecchi sta sullo stomaco – ci sono tanti lecchini in giro! – ma tanti altri lo stimano e lo apprezzano. E poi è bravo e su questo non ci piove.
Chiara scosse la testa, poco convinta.
- Proprio perché è bravo penso che quello non sia un lavoro adatto a lui - mormorò.
La loro conversazione fu interrotta dal campanello d’ingresso. Si sentirono le chiavi nella porta e i bambini correre ad accogliere il papà.
- Oh  oh, appena in tempo! -  esclamò Federica e si ficcò l’ultimo pezzetto di cedro candito in bocca.
Poco dopo infatti Massimo apparve in cucina portando tutti e due i figli in braccio.
- Ciao Fede, da quanto tempo! – scherzò chinandosi a dare un bacetto all’amica.
- Già, ma io me la sono svignata prima, mica come te che ti sei messo a cavillare con quello stronzo!
- Che ci vuoi fare, devo ancora imparare a restare calmo davanti alle assurdità! Ma cos’è questo profumino? – chiese .
- Mamma ci ha fatto la lasagna per cena – annunciò Ilaria con aria solenne.
- Davvero? – domandò lui e rivolgendosi alla moglie – Stasera niente verdurine e pesciolino lesso? È a te che dobbiamo questo miracolo, Fede?
- Macché, manco lo sapeva che venivo a trovarvi!
- Se è pronto, vado a lavarmi le mani così mangiamo - disse l’uomo posando per terra i figlioli.
- No, mi dispiace,  io non posso rimanere – annunciò Federica. Alle rimostranze degli amici si giustificò, un po' titubante – Stasera deve telefonarmi Antonio. Sapete, forse ci organizziamo per Natale. Anzi, a questo proposito volevo chiederti se mi terresti il micio per qualche giorno.
- Ma certo! – la rassicurò Chiara con un sorriso mentre Ilaria si metteva a saltare dalla gioia perché il gatto persiano di Federica era molto bello e per lei ed il fratello era una festa averlo a casa.
Massimo le guardò con un sorriso, poi si allontanò per lasciare le due amiche libere di scambiarsi  le loro confidenze.

                                                                                                            **

Più tardi, accingendosi a servirsi della terza porzione di lasagna, Massimo osservò:
  - Certo che deve essere proprio cotta la povera Federica per perdersi una delizia simile.
Chiara, che aveva appena versato il frullato di frutta nei bicchieri dei figli, si affrettò a togliergli la teglia dalle mani.
- Se ne lasci un pezzettino, magari domani glielo porto in ufficio così lo mangia per pranzo! - lo rimproverò
- Ma dai, lei ormai campa d’amore, che se ne fa della lasagna? – le disse lui trattenendo scherzosamente il tegame, ma allo sguardo severo della moglie, lo lasciò andare con una risata e si servì della frutta.
- Comunque innamorata lo è di sicuro per correre in questo modo a casa solo per ricevere una telefonata – aggiunse.
- Era importante per lei. Antonio doveva dirle se ha parlato con la figlia e se per Natale potrà riceverla a casa sua a Benevento – gli spiegò Chiara.
- Speriamo che ci vada, così Leonardo di Caprio viene qua – intervenne Ilaria.
- Chi!? – domandò stupito il padre.
- Il gatto – spiegò ancora Chiara e poi rivolta alla figlia, la esortò – Se hai finito, tesoro, va’ a lavarti i dentini.
- Leonardo Di Caprio sarebbe il gatto? – continuò a chiedere Massimo mentre la figlia si allontanava.
- Conosci il senso dell’umorismo di Federica, no? Va dicendo che lo ha chiamato così perché la sera il micio vuole dormire con lei. In questo modo può dire a tutti che va a letto con Leonardo di Caprio senza dire bugie!
Massimo scoppiò in una risata divertita e commentò:
- È unica quella donna! Forse comunque farebbe meglio a continuare a portarsi a letto solo Leonardo di Caprio il gatto piuttosto che impelagarsi in un rapporto così vincolante.
- Perché dici così?
- Perché, se ho ben capito, quel tipo è un vedovo di quasi sessant’anni con figlia grande e gelosa.
- Sì, ma è anche un brav’uomo che le vuole bene. Federica non aspira a chissà cosa, le basta solo questo.  E poi la solitudine è brutta.
- Lo so, ma lui vive pure a Benevento. Come fa Federica con il lavoro?
- Tre anni fa la nostra azienda ha aperto una sede a Benevento, non ricordi? Potrebbe chiedere il trasferimento lì.
- E perdere tutto ciò che ha costruito sinora? Poi già non è facile ambientarsi in un’altra città, figuriamoci quando devi affrontare pure il matrimonio!
Massimo non pensava affatto a se stesso nel pronunciare quelle frasi e non si rese conto che invece Chiara aveva capito che stesse alludendo proprio a loro due. Nemmeno si accorse della sua espressione addolorata e proseguì nell’esporre il proprio pensiero:
- Povera Federica, ha dovuto lottare con le unghie e i denti per ogni piccolo spazio che si è conquistata! Eppure non c’è nessuno che meriti più di lei. Se penso alla manica di cretini pieni di boria  che circolano da noi, mi viene una rabbia!
- A proposito, ho saputo che hai litigato con Del Gaudio – gli disse la moglie, spostando il discorso da Federica a lui.
- Già. Nella riunione di oggi sparava cazzate a raffica trattandoci come una massa di deficienti buoni a nulla.
- Dovresti starci attento.
- Perché?
- È un alto dirigente, non lo sai?
- E che mi fa? Mi licenzia?
- Questo no, ma potrebbe crearti problemi. Tu lo provochi in continuazione quando sarebbe meglio cercare non dico di andarci d’accordo, ma perlomeno di conviverci.
- Io? Io lo provoco? – le gridò alterato, poi sbuffò sarcastico – Già per te reagire ai soprusi e alle prevaricazioni è una cosa inaudita. Per quieto vivere, ti faresti mettere i piedi in testa da tutti e quel che è peggio è che per farti contenta dovrei farlo pure io. Ma questo te lo scordi, bella mia.
- Io non te l’ho mai chiesto – gli disse Chiara un po’ piccata.
- Come no! Te lo sei scordato tuo cognato?
- Che c’entra Riccardo adesso?
- C’entra eccome! Se non lo avessi messo a posto sin dall’inizio, si sarebbe impicciato di tutto, sarebbe stato lui a decidere della nostra vita e a dirci che dovevamo fare. Se fosse stato per te, lo avresti lasciato fare perché “pare brutto”, “lo fa a fin di bene”, “in fondo è un brav’uomo” – la canzonò imitandone la voce  per poi concludere -  Ora che finalmente ha imparato a stare al posto suo va tutto bene eppure ti ricordi quante litigate ci siamo fatti per lui?
Era la verità. Chiara abbassò la testa senza rispondere nulla.
- Finisci tu di mettere i piatti nella lavastoviglie per favore?  -  gli chiese – Io vado a ritirare il bucato su in terrazzo. Ho paura che possa piovere stanotte.
- Sì, certo, finisco io – le rispose il marito alzandosi da tavola – Tu però mettiti il cappotto e qualcosa in testa. Fa freddo.

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Capitolo 6
*** 17 dicembre - martedì 3 ***


17 Dicembre – Martedì
Erano quasi le undici quando Chiara entrò in camera da letto. Aveva già indosso il pigiamone di pile e stava finendo di spalmarsi la crema sulle mani arrossate dal freddo e dai lavori domestici.
Massimo stava leggendo, ma nel vederla infilarsi a letto, posò il libro sul comodino e spense la luce.
Subito la donna gli si accostò.
- Brrr, che freddo – mormorò – ho i piedi gelati!
- Avanti, poggiali contro le mie gambe – la invitò con un sospiro, rassegnato a quella tortura serale.
Però la prese tra le braccia con tenerezza ed era molto dolce per entrambi stare così. Chiara approfittò per dirgli, non senza una certa esitazione:
- Pensavo: chissà se non sarebbe il caso che tu ti mettessi finalmente in proprio …
- Chiara, per favore, ne abbiamo parlato già tante volte. Lo sai che non è possibile – le rispose, immediatamente irritato.
- Perché no? Dario continua a dirtelo ogni volta che telefona.
- Dario sta tirando a campare sui passati guadagni perché ultimamente non se l’è vista bene neanche lui. Con la crisi che c’è oggi, non si lascia un lavoro sicuro per affrontare l’ignoto.
- Tu sei bravo.
- La bravura non conta, è soprattutto questione di fortuna. E poi non possiamo permettercelo.
- Perché no? È vero, abbiamo una quantità di spese, ma potremmo fare qualche economia. Tanto per cominciare l’anno prossimo Matteo andrà all’asilo e non dovremo più tenere per forza la baby-sitter. Potremmo risparmiare sull’abbigliamento, sulla scuola di danza, sulle vacanze estive, magari potrei anche riprendere il full-time  e…
Il marito non le diede il tempo di finire.
- Ma perché dovremmo farlo? Si cambia quando ci sono prospettive di guadagnare meglio, ma se si deve condurre una vita ancora più grama mi dici che senso ha?
- Questa è solo un’ipotesi nel caso le cose andassero male. Però non è detto che debba essere per forza così.
- A che scopo rischiare? Perché dovrei farlo?
- Perché questo lavoro non ti piace più.
- E tu che ne sai?
- È così, non negarlo. Ti piaceva fare l’ispettore: girare per l’Italia, cambiare, incontrare persone diverse. Tu non hai mai amato sentirti legato o stare tutto il giorno dietro ad una scrivania. Per questo sei così inquieto ora e litighi con tutti.
 - Bene e se anche fosse? Sono problemi miei e me li piango io. Che uomo pensi che sia? Uno disposto a mettere a rischio il benessere della propria famiglia per soddisfare i suoi capricci e le sue velleità? Lo vedi che  mi hai preso per un bambino viziato?
L’aveva lasciata andare  e  Chiara gli diede le spalle, rannicchiandosi su se stessa.
- Non volevo dire questo. Ormai è impossibile parlare con te senza essere fraintesa sempre. Stai diventando insopportabile!  – si lamentò.
Massimo si voltò di nuovo verso di lei, pentito di quella stupida sfuriata. Restò un attimo a riflettere poi le disse:
- Hai ragione, piccolina, scusami. Mi faccio sempre trascinare dal mio caratteraccio irruento e me la prendo persino con te che mi sopporti da anni come una santa!
Lei sospirò, senza rispondergli. Allora la circondò con le braccia e cominciò a carezzarla.
- Dai, non essere arrabbiata con me,  però. Ti prometto che cercherò di controllarmi per il futuro e così, se magari la smetterò di litigare un po’ con tutti, può darsi che quel posto di responsabile di mercato me lo diano davvero…
Chiara si voltò a guardarlo da sopra la spalla, stupita da quella notizia inaspettata.
- Sì -  proseguì lui -  Me ne ha parlato Sismondi, ma per il momento è solo una promessa. Per questo non te l’avevo detto, perché  così, se poi non se ne fa nulla, non ci resti male.
La moglie gli strinse con dolcezza il braccio con cui la teneva avvinta e gli sussurrò:
- Lo sai che non mi importa niente che tu faccia carriera o meno. L’importante per me è che tu stia bene e in pace con te stesso.
- Per me un lavoro vale l’altro, però mi farebbe piacere guadagnare di nuovo come una volta per dare a te ed ai bambini molto di più.
- Noi non abbiamo bisogno di niente!
- Certo che sì. Se guadagnassi di più potresti anche lasciare il lavoro.
- Ormai mi ci sono abituata e poi mi fa piacere essere indipendente.
- Va bene, allora potrei consentirmi di pagare una cameriera e non farti fare più niente. E potrei far vestire te e i bambini nelle migliori boutique e portarvi a fare vacanze meravigliose. Non ci sarebbe niente che potrebbe farmi più felice di dare a voi tre il meglio del meglio!
Mentre parlava, ogni tanto le dava un bacino sul collo laddove cominciavano i riccioli profumati di sciampo facendola rabbrividire e ridere. Con la mano le accarezzava il corpo attraverso la stoffa pesante del pigiama. A poco a poco il desiderio cominciò ad infiammarlo. Ad un tratto le ficcò la mano sotto alla giacca per accarezzarle il seno tiepido e nudo.
- Come sei morbida e tenera … – le sussurrava  intanto, ma quando cercò di toglierle il pantalone, Chiara gli fermò la mano.
- No, dai,  per favore. Non ne ho voglia stasera – gli disse.
- Poi la voglia ti viene, lo so – le rispose senza smettere di carezzarla e di baciarla, anzi diventando sempre più insistente -  Su, amore, togliti questo scafandro di pile … facciamolo… lo so che ti piace…
- E dai! – protestò lei fermandogli la mano che si stava insinuando a farle una carezza molto intima. Nella sua voce c’era stato un tale tono di fastidio che l’uomo si sentì raggelare.
Si scostò di colpo.
- Scusami! – le disse senza nascondere la delusione.
La donna la colse benissimo e se ne sentì turbata. Era talmente distrutta dalla stanchezza che fare all’amore quella sera sarebbe stato solo un sacrificio. Possibile che Massimo non si rendesse conto che per vivere un‘intimità appagante lei aveva bisogno almeno un  po’ dell’atmosfera giusta? Però non era bello rifiutarsi così, se ne rendeva conto, e cercò di giustificarsi.
- Scusami tu, tesoro, – gli sussurrò allora – ma ho tanto freddo e sono tanto stanca.
- Sì, certo, non dovevo neanche chiedertelo – la rassicurò, non senza sforzarsi un poco.
- Mi perdoni allora? – gli chiese ancora carezzandogli una spalla.
- Non ho niente da perdonarti, piccolina.
Questa volta si era girato a guardarla e nella penombra gli occhi gli brillavano di dolcezza.
- Allora se non sei arrabbiato mi riprendi tra le braccia? – gli chiese – Lo sai quanto mi piace addormentarmi così!
Massimo sospirò. Divertito e se la tirò di nuovo contro.
- E va bene! D’altronde addormentarsi stringendo qualcosa di morbido e tenero è vizio di famiglia: Matteo ha il suo orsacchiotto ed io ho te e …  anche se tu sei meno sexy di Tobia, pazienza, mi accontenterò!– le disse scherzoso.
- Cattivo! – gli fece Chiara sbadigliando.
Lui sorrise e le posò un bacio tra i capelli.
- Dormi ora, piccolina – le sussurrò e se la tenne contro sotto le coperte.
Dopo qualche minuto Chiara si era già addormentata, ma lui non riusciva a farlo. Dopo un po’ di tempo, pian piano per non svegliarla, si sciolse dall’abbraccio e si alzò. Desiderava ardentemente una sigaretta e così  andò a fumarla sul terrazzo.

                                                                                                                        **

Si era versato un goccio di whisky ed aveva indossato la vestaglia pesante per ripararsi dal freddo, ma notò che la notte invernale non era poi tanto fredda. Scosto una seggiola di vimini e si sedette a fumare tranquillo.
Una cosa bisognava riconoscerla a quella città del piffero: c’era un clima stupendo e anche in pieno inverno si poteva godere una notte come quella, con la luna che si rifletteva nel mare calmo e scuro e le mille luci che brillavano nelle strade addormentate.
Massimo oramai era abituato a quel panorama eppure rammentò la prima volta che era stato su quel terrazzo il giorno in cui aveva conosciuto Chiara. Era avvenuto solo poco tempo prima, ma per quanto lo riguardava, poteva essere stato in una precedente incarnazione tanto la sua vita era cambiata da allora.
Anche se lo negava persino a se stesso, c’erano parecchie cose nella sua attuale esistenza che non gli andavano molto giù e spesso si sentiva inquieto. La voglia di scappare talvolta era irresistibile ed il senso di colpa che ne conseguiva era ancora peggiore. Ma non doveva sentirsi in colpa. La routine, le difficoltà della vita quotidiana, la noia, erano cose che facevano star male tutti, non solo lui, e poi era ben consapevole che la sua era un’inquietudine che si era portato perennemente dentro, anche quando era scapolo e libero.
“La vita è questa -  pensò - è inutile stare ad arrovellarsi. Ci sono i momenti buoni e quelli cattivi, quelli in cui ti pare di aver realizzato tutti i tuoi sogni e quelli in cui ti senti invece solo un povero fesso. L’importante però è non perdere di vista le cose davvero importanti”.
La sigaretta era finita e anche il liquore. Cominciava ad aver freddo, così rientrò.
Si era già tolto la vestaglia e stava per rimettersi a letto quando udì Matteo tossire violentemente. Così, prima che Chiara o Ilaria si svegliassero, si precipitò nella stanza dei bambini e lo prese in braccio. Lo portò in cucina dove gli versò un bicchiere d’acqua e non appena l’attacco di tosse si fu calmato, gli diede da bere.
- È il laffleddore -  disse il bambino con il suo modo comico di pronunciare la erre.
Massimo lo rassicurò con un sorriso ed un cenno d’assenso, intenerito da quel tenero tentativo del piccino di vincere la paura che a volte lo prendeva quando gli veniva un forte attacco di tosse.
- “ Devo dire a Chiara che subito dopo Natale dobbiamo portarlo da un  bravo otorino” – rifletteva intanto l’uomo.
Non era un tipo apprensivo però neanche gli piaceva come la pediatra stava sottovalutando i problemi respiratori del bambino. Forse, come diceva lei, erano davvero solo le adenoidi, ma sentire il parere di un altro specialista non sarebbe stato un male.
- “ È sempre meglio essere prudenti  su queste cose – pensò  ancora – se Giacomo e Donatella non fossero andati più a fondo, forse si sarebbero accorti troppo tardi del diabete di loro figlio. “
Erano mesi ormai che non faceva che pensare al collega milanese, l’amico fraterno  che per tanti anni aveva fatto l’ispettore insieme lui. Erano rimasti in contatto perché la loro amicizia era profonda e calorosa. Purtroppo ora, ogni volta che lo risentiva, avvertiva un velo di mestizia nella sua abituale e gioviale bonomia.
- “Meno male che almeno si tratta di una malattia curabilissima – ripeté mentalmente le cose che diceva sempre all’amico per consolarlo – però … accidenti, questi sì che sono guai veri, tutto il resto sono solo sciocchezze!” - concluse.
Intanto aveva rimesso a letto  Matteo che con l’orsacchiotto Tobia tra le braccia si era subito riaddormentato. Gli carezzò una guancia grassoccia, gli tirò la copertina sulle spalle e gliela rimboccò poi si girò a guardare Ilaria. Sorrise nel notare il visino paffuto della sua signorinella che riposava con i capelli bruni e riccetti sparsi sul cuscino. Si chinò  e le posò un lieve bacino sulla fronte.
Ritornato in camera, si ficcò sotto la trapunta godendo del tepore che emanava dal corpo di Chiara. Nella luce azzurrina della sveglia, si mise ad osservarla. Era sempre tanto bellina e si trovò a desiderarla ancora. Gli venne voglia di ricominciare ad accarezzarla. Forse così, nel sonno, non lo avrebbe respinto di nuovo. Gli sarebbe piaciuto molto fare all’amore quella sera, non tanto per erotismo, quanto per rilassarsi a conclusione della giornata. Infatti per lui non c’era nessuna sensazione  più dolce che addormentarsi dopo l’appagamento tenendosela stretta. In quei momenti la sentiva vicina, una parte di sé, la vera compagna con cui condividere un’esistenza  fatta di piccoli dolori e di piccole gioie. Comprendeva però che quei rifiuti sempre più frequenti nascevano solo dalla stanchezza che affliggeva quella povera ragazza perennemente indaffarata tra mille incombenze. Chiara lo amava come il primo giorno, di questo ne era sicuro, ed anche se la passione forse stava un po’scemando in lei, la sua enorme tenerezza lo compensava ugualmente e lo gratificava.
- “ È stanchissima, povera cara,  ha bisogno di dormire tranquilla” – si disse dopo essere rimasto a fissarla per un po’.
Si voltò sul fianco e dopo essersi raggomitolato sotto le coperte, provò ad addormentarsi.



 

Sono proprio curiosa di sapere  se darete ragione a Massimo o a Chiara. Ma forse nessuno dei due ha veramente ragione o torto. Come spesso accade in una coppia, ognuno ha i suoi punti di vista e le sue motivazioni e non sempre è facile conciliare nella vita di tutti i giorni caratteri ed esigenze tanto differenti. In fondo Massimo è un buon diavolo anche se continua ad essere irruento e poco diplomatico (su, Pirilla e Xsemprenoi, non siate così severe con lui!) e Chiara che pure è dolce e buona non sa rinunciare a tenere tutto sotto controllo. Difetti molto umani d’altronde, come spero siano i miei personaggi né migliori né peggiori di tante persone reali le cui vicende però, nonostante questo,   mi auguro che continuino ad appassionarvi.


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Capitolo 7
*** 18 dicembre - mercoledì 1 ***


18 dicembre – mercoledì
- Ehi, e che ci fa qua la signora vadodifretta? – la prese in giro Rossana vedendola entrare nel suo ufficio la mattina dopo.
- Non sfottere – le disse Chiara sorridendo ed accomodandosi sulla poltrona di fronte a lei – Te lo sei scordato quando avevi tu i bambini piccoli e correvi tutto il giorno?
L’amica sorrise al ricordo e disse, con una voce colma di dolcezza:
- Lo so, hai ragione, mi sembrava di impazzire allora. Però,  adesso che Ciro e Luigi sono giovanotti e non hanno più bisogno di me, sapessi com’è triste! Senza contare che mentre aspetti che rientrino alle quattro del mattino senza poter dormire perché ti fai diecimila film su tutte le cose orribili che gli  possono essere successe nel frattempo,  non fai che rimpiangere quei momenti in cui erano piccolini e ti davano tanto da fare.
- Lo immagino – convenne Chiara – io morirei fin quando non tornano a casa.
- Ti ci abituerai. È il destino di tutte le mamme.
La giovane donna le sorrise, annuendo.  
- C’è Federica? – domandò dopo un poco.
- Sì è dentro a cazziare allegramente quel povero Diego Montefusco. Ma com’è che sei qui a quest’ora? E tua figlia?
- Oggi il bambino di mia sorella, Luca, compie nove anni e così andrà lei a prenderla a scuola e la porterà a pranzo da loro. Siccome la baby-sitter smonta alle due, ho trovato il tempo per passare a farvi un salutino.
In quel momento si aprì la porta dell’ufficio di Federica che uscì in compagnia di un giovane impiegato dall’aria molto mortificata.
- Li voglio per domani quei dati, Diego, e non voglio sentire più  ragioni – gli stava dicendo minacciandolo con un dito. Non appena quello filò via come un cane bastonato,  Federica, senza nemmeno salutare Chiara, volse lo sguardo alla scrivania dell’impiegata che ne aveva preso il posto e domandò a Rossana con tono imperioso:
- E questa qui dov’è andata?
- A colazione – le rispose l’altra con calma.
- Ma se non è nemmeno l’una! – urlò.
- Secondo te come la chiamano la capa? – domandò allora Chiara a Rossana con un occhiolino.
- Secondo me “la pazza” – rispose questa raccogliendo lo scherzo.
- No, io credo piuttosto “la carognona”. Non è che ti ricorda qualcuno di nostra conoscenza?
- Sì, prendete pure in giro voi due – si ribellò Federica – ma Raimondi aveva noi tre, mica questa gente qui. Ne abbiamo buttato giù di fatica in tanti anni!
- Questo è vero – convenne Rossana – Vi ricordate le chiusure annuali? E gli straordinari? Per non parlare di quei maledetti congressi che ci ammazzavano.
- Ricordo come un incubo quello dei risultati ispettivi – rammentò Federica.
- Non mi sembra che sia stato il peggiore però – disse Chiara.
- Già, per te. La prima metà del lavoro te la sei scappottata perché eri in crisi amorosa e la seconda perché eri troppo in solluchero per lavorare  – la prese in giro Rossana - Così è andata a finire che il grosso della fatica l’abbiamo fatta noi da sole.
- Però ci siamo pure divertite – aggiunse Federica che aveva ascoltato l’amica sghignazzando ed approvando con la testa.
- Certo, soprattutto quando è arrivato Gabriele Cerruti. I suoi duetti con Massimo  te li ricordi?
- Altroché e mi ricordo anche la scenata che Massimo fece a questa qui quando venne a sapere che aveva accettato di andare a colazione con il formatore innamorato di lei durante l’intervallo del pranzo.
Rossana fece una smorfia divertita e raccontò:
- Mi ricordo che il quel momento uscì Raimondi e vedendo l’ispettore fare una partaccia a Chiara, volle intervenire pensando che fosse per  lavoro.
- Già, e ti ricordi Massimo come si arrabbiò e quante gliene disse?
- Insomma, la smettete voi due – intervenne Chiara che era un po’ arrossita – Vi pare bello divertirvi alle mie spalle con queste cose? Non fu un momento piacevole quello, ve lo assicuro. Massimo era talmente incavolato che pensavo volesse lasciarmi già.
- Ma dai! Una scenata di gelosia come quella è una vera e propria dichiarazione d’amore – osservò Rossana.
- Io non sono d’accordo. La gelosia è sempre mancanza di fiducia e Chiara aveva solo voluto spiegare a Gabriele la situazione per fargli mettere il cuore in pace – la contraddisse Federica.
- Non darle retta, ragazza mia, Massimo fece bene a fare quella sfuriata: lui si sfogò, tu avesti la prova definitiva che ci teneva a te, Gabriele finalmente il cuore in pace se lo mise davvero e, quel che è meglio, Raimondi imparò a farsi i fattacci suoi. Lo dico io che tuo marito è un grande!
Chiara sorrise senza commentare poi prese dalla borsa un contenitore per alimenti e delle posate.
- Tieni, Federica, ti ho portato una fetta della lasagna che ho fatto ieri. Mi dispiace Rossana, ma è tutto quello che sono riuscita a salvare dalle fauci insaziabili di colui che hai appena definito un grande.
- Non ti preoccupare – rise l’altra – ho appena ordinato il mio solito panino alla tavola calda.
Intanto l’altra amica era andata a chiudere la porta per evitare intrusioni e si accingeva a gustare il goloso pranzetto. Aveva appena incominciato quando notò che le due colleghe la guardavano aspettando che parlasse.
- Sì, mi ha telefonato – cominciò a raccontare mentre masticava.
- E allora? – le chiesero all’unisono.
- Vado a casa sua per Natale.
- Urrà! – gridarono le altre due battendo il cinque.
- Piano, piano, non esultate ancora. Mi ha detto che così avrò modo di conosce la figlia e lei potrà conoscere me.
- Deve darvi il permesso? – chiese Rossana, improvvisamente perplessa.
- Chissà, forse – disse l’altra – Sicura che mi tieni Leonardo, Chiara? Te lo porto la vigilia di Natale.
- Sì certo. I bambini lo aspettano già.
- Ti avviso però, quello è abituato a dormire sul letto. Il cesto della cuccia non se lo fila nemmeno.
- Oh, io a letto non me lo porto di certo il tuo Leonardo di Caprio! – scherzò l’altra – Magari ci pensa Ilaria.
- Già e magari quell’infingardo si abitua alla bella bambina e con me non ci torna manco lui. Forse il mio destino è invecchiare da sola, persino senza un gatto.
Pur scherzando, aveva avuto un tono abbastanza amaro che non sfuggì all’amica che si sentì di consolarla:
- Leonardo ti adora ed anche Antonio ti vuole bene, ne sono certa.
Federica le guardò entrambe poi sbottò:
- Sapete che vi dico? Ho campato quarantacinque anni senza essere sposata e chi se ne frega! A Natale gli propongo di non creare complicazioni inutili: continueremo così, tanto Benevento e Napoli sono vicine e poi lui ad aprile andrà in pensione. Per il momento va bene e al domani ci penserà Dio.
- Giusto – convenne Rossana – e poi quel lavativo della figlia dovrà pure sposarsi un bel giorno visto che ha quasi trent’anni ed è fidanzata perlomeno da dieci.
- Si aggiusterà tutto, non temere – aggiunse Chiara sorridendole con affetto.
Federica le sorrise anche lei, poi avvolse la forchetta nel fazzolettino di carta, chiuse il contenitore di plastica e porgendoglielo, le disse:
- Buonissima, Chiarè, ‘sta lasagna mi ha fatto consolare! *


* espressione dialettale napoletana per indicare qualcosa che si è gradito molto.

Come avete visto, il capitolo che avete appena letto non è molto significativo ai fini della storia ma ho deciso di metterlo soprattutto per raccontarvi con qualche breve accenno qualcosa di quello che è avvenuto nel frattempo nelle vite dei miei personaggi. In questo “qualcosa” ho cercato anche di metterci  - come ha rilevato Arte - qualche pennellata per lasciar trasparire loro particolari psicologici e caratteriali come ad esempio la sfuriata di Massimo geloso del formatore.
A proposito, Arte,  per dirla con la nostra Federica, le tue recensioni mi “fanno consolare”: non solo sei sempre piena di elogi e di belle parole ma sento che siamo molto in sintonia perché riesci sempre a cogliere esattamente quello che volevo far rilevare. Grazie.
E sono grata anche a voi, Xsemprenoi e Pirilla. Il vostro entusiasmo e la vostra partecipazione sono un grosso regalo per me. Vi confesso che quando la sera apro la mia pagina cerco con ansia le vostre puntuali recensioni che mi danno un piacere immenso perché sento che state vivendo visceralmente questa storia insieme a me. Comunque preparatevi: dal prossimo capitolo la dose di pepe aumenterà notevolmente tanto che ho quasi paura delle vostre reazioni …
Ugualmente apprezzo le puntuali e belle  recensioni di CriCri che, dopo quello che ho appena detto sul prossimo  capitolo, mi sento di rassicurare. Tranquilla, ti prometto che questa volta terrò a bada il mio notorio sadismo! Inoltre volevo  dirti che anche se ho dovuto invecchiare Massimo per forza di cose visto che sono passati otto anni, lui è sempre uno splendido uomo, di quelli che ti mettono le farfalline nelle stomaco, per cui continua ad immaginarlo così. Mi ha fatto piacere però che tu me lo abbia detto perché sono consapevole che l’aspetto fisico dei miei protagonisti è forse il mio punto debole. Lo so bene infatti che strafighi  muscolosi con gli occhi verde-azzurri  e magnetici nonché fanciulle procaci e dalle chiome fluenti si trovano più nei romanzi Harmony che non nella realtà, ma che ci posso fare? Non riesco ad immaginarli diversamente. D’altra parte li ho riempiti di tali e tante umane debolezze che non credo siano venuti fuori, come dite voi, tanti  Mary Sue e Gary Stu . Se così fosse, non esitate a dirmelo e dalla prossima storia provvederò ad imbruttirli senza pietà. E chi meglio di CriCri può sapere quanto riesco a diventare cattiva se mi ci metto?
Infine un ringraziamento voglio farlo anche a  Faithberhns. Lei, che è mia amica, forse non se lo aspetta su queste pagine  ma vi assicuro che la sua dolcezza ed il suo appoggio mi hanno aiutata tanto a lanciarmi. E poi quando lei, che è una giovane moglie e  mamma di due bimbi meravigliosi, mi dice  che le scenette di vita familiare sono molto autentiche,  io non posso che esultare dato che io, ahimè, non sono più né l’una né l’altra cosa e devo affidarmi solo alla memoria!
Scusatemi se ho fatto questo sproloquio più lungo del capitolo stesso, ma sentivo davvero il bisogno di dire a tutte voi, anche a quelle che leggono solo senza recensire: grazie! La vostra presenza è più gratificante di un premio letterario!

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Capitolo 8
*** 18 dicembre - mercoledì 2 ***


18 dicembre – mercoledì

Essere uscito in tempo dal lavoro ed aver raccomandato molte volte a Chiara di non farlo aspettare sotto casa consentì a Massimo e ad Ilaria di arrivare in tempo alla lezione di danza, anzi, questa volta giunsero con almeno un quarto d’ora d’anticipo.
Anche se la figlia non aveva indossato ancora le scarpette da ballo, approfittando che la maestra li  aveva accolti con un sorriso,  gliela affidò e se ne scappò quasi di corsa. Era giunto già all’ingresso quando fu quasi travolto dalla piccola Camilla che si precipitò dentro dopo aver salutato la madre con la mano.
Costei lo guardò con un’aria stupita.
- Ehi, quanta fretta, si può sapere dove vai così di corsa? – gli chiese senza nemmeno salutarlo.
- Ciao, Monica. Niente: nella fretta di arrivare, ho preso il tagliando al parcometro, ma poi me lo sono ficcato in tasca. Sto correndo a metterlo sul parabrezza prima di beccarmi una multa – le spiegò.
- Ti accompagno allora.
- Scusa no, ti ho detto che sono di corsa e non mi sembra che tu possa starmi dietro con quei tacchi – obiettò indicando i tacchi a spillo che la giovane signora ostentava.
Lei rise.
- Non preoccuparti, so correre anche su questi. E poi, a parte che ci sono abituata, sappi che da ragazza ho fatto corsa agonistica.
- Quand’è così! – si arrese lui.
In realtà la donna riuscì benissimo a tenere il suo passo e d’altronde l’auto era parcheggiata in una stradina un po’ laterale, ma non lontana dalla centralissima piazza dove era situata la scuola di danza.
Giunti accanto alla macchina, lui si accinse a mettere il tagliando del parcheggio mentre lei, un po’ affannata, si appoggiò all’auto per riposarsi. Nel notare il seggiolino di Matteo sul sedile posteriore, gli chiese stupita:
- Hai un bambino piccolo?
Anche Massimo la guardò stupito perché l’anno precedente Chiara se lo era portato appresso nel marsupio o nel passeggino ogni volta che aveva accompagnato la figlia. Gli venne spontaneo farglielo notare e per tutta risposta lei  scoppiò in una sonora risata.
- Beh, che vuoi, non ho mai fatto caso a tua moglie! – gli confidò –  Invece ho notato subito te. Sarà perché non sei un uomo che può passare inosservato …
Ora gli si era avvicinata e lo guardava con un’aria molto maliziosa. Massimo aveva una certa esperienza di queste cose e capì benissimo che era un palese invito.  Nella stradina buia non passava quasi nessuno e gli sarebbe bastato allungare una mano a toccarla, tirarsela contro e poi…
Si riscosse e decise di far finta di nulla.
- Caffetteria? – le chiese con finta allegria per mascherare l’imbarazzo.
- Perché no – gli rispose lei con una risata, niente affatto turbata da quel tentennamento, anzi, sentendosi quasi eccitata perché poteva ancora proseguire il suo sottile gioco di seduzione.
Quell’uomo le piaceva molto e non intendeva lasciarlo scappare dalla rete tanto facilmente. Lo prese con familiarità sotto braccio e si avviò insieme a lui alla solita sala da the.

                                                                                                            **


Ormai la bionda cameriera che li accolse con il blocchetto delle ordinazioni in mano li conosceva bene.
- Mi dispiace, ma la saletta interna è occupata da una festa. Va bene lo stesso qui? – chiese e indicò un tavolo libero nella sala più grande dove c’era anche il banco delle consumazioni.
- Sì, benissimo – rispose Massimo dopo aver lanciato un’occhiata alla sua ospite ed averla vista annuire con sufficienza.
“D’altronde – pensò – non c’è niente di male se prendiamo qualcosa insieme mentre le bambine fanno lezione. Cosa mai dovremmo temere?”
Era quello che si diceva ogni volta però non smise di osservare Monica mentre si toglieva il cappotto. Era fasciata in un elegantissimo abito con una scollatura niente male. Era uno di quei vestiti che apparivano nelle scintillanti vetrine delle lussuose vie lì intorno, di quelli che costavano quanto due stipendi e che Chiara – forse – avrebbe potuto comprare solo per indossarlo a un matrimonio. La donna invece lo portava con la massima disinvoltura perché si vedeva che era abituata a farlo. Certo il marito guadagnava abbastanza da permetterle quei lussi o  magari era una persona già ricca di famiglia. In ogni caso le stava benissimo ed era un piacere stare a  guardarla.
Intanto lei sorrideva compiaciuta sotto quello sguardo ammirato e parlava con molta scioltezza del più e del meno. Massimo si costrinse  a starla ad ascoltare, ma quello che sentì non fu di suo gradimento. In quanto ad idee, lui e la bella signora Scattini era diametralmente all’opposto. Non poteva essere altrimenti: era una signora della Napoli bene, snob,  ricca e conservatrice, che potevano mai dirsi?
Quando arrivarono le consumazioni, sorseggiando il suo ponce al mandarino, lei entrò in una sfera più personale e gli parlò del rapporto con il marito, a suo dire un uomo arido, senza nessuna fantasia e, per giunta, di diversi anni più vecchio. Mentre lo faceva, lo guardava con due occhi verdi in cui brillava come un fuoco e non smetteva un istante di fissarlo.
Anche se da otto anni era fuori esercizio, Massimo aveva troppa esperienza di donne per non comprendere perfettamente che quella lì era una che cercava una storia di letto, una di quelle cose fatte solo di sesso, senza amore o stupide complicazioni sentimentali. Quel marito, che tanto stava denigrando, le andava più che bene basta che le lasciasse lo spazio per vivere le sue esperienze.
Di nuovo non l’ascoltava più anche se la guardava intensamente, preso com’era dai suoi pensieri:
“Chissà se è un povero diavolo che se ne sta a faticare come un matto ignorando le corna o è uno che la ricambia della stessa moneta e se ne frega se sua moglie è una specie di mina vagante che se ne va in giro a togliere la pace ai poveri uomini. Perché questa tipa qui te la toglie davvero la pace – osservò – deve essere una che a letto ti fa cose che non si dimenticano”.
Forse qualcosa di quei pensieri torbidi trasparì dalla sua espressione perché Monica si sporse un po’ sul tavolo e con le dita affusolate, cominciò a giocherellare con la sua mano abbandonata sul tavolo.
- Ascolta – gli disse – venerdì è l’ultimo giorno prima che la scuola di danza chiuda per le vacanze natalizie. Camilla darà una festicciola a casa nostra dopo la lezione e le ho detto di invitare pure tua figlia.
Lui non commentò. Rimase ad osservare quella mano che accarezzava dolcemente la sua. Era una bella mano, le unghie con un elegante french, la pelle morbida e chiara. Era una mano che forse non aveva mai lavato un piatto o un pavimento in vita sua.
Intanto lei proseguiva, sempre più decisa a mano a mano che parlava:
- Accompagniamo noi le bambine, come al solito, ma poi le verrà a prendere la cameriera. A casa ci sarà un’animatrice che si occuperà di loro almeno fino alle otto e così… - si fermò un attimo, la voce che le era diventa roca e sensuale forse perché il pensiero della proposta che stava per fargli la eccitava molto – e così … magari possiamo trascorrere due o tre ore in un posto un po’ più intimo di questa caffetteria. Sarebbe una maniera perfetta per verificare se … insomma … io credo che potremmo stare molto bene insieme, noi due, e visto che dovremo accollarci questa scocciatura delle lezioni almeno fino a giugno …  sarebbe un modo assai piacevole di far trascorrere il tempo. Che ne dici, ti va?
Prima di risponderle, Massimo sollevò gli occhi a guardarla. Erano sempre splendidi quegli occhi, anche se in quel momento avevano assunto quel colore blu cupo  tipico di quando era in preda ad una forte emozione o alla passione.




Oddio, l’ho postato, ora sono certa che mi odierete per la mia perfidia! E meno male che Massimo è un personaggio di fantasia altrimenti stavolta dovrebbe guardarsi davvero dalla furia di Xsemprenoi e di Pirilla! Ma in fondo non ve l’ho detto che cosa è successo dopo la proposta indecente di Monica per cui…

Non mi lascerete proprio ora vero? Un grazie  a tutte  ed uno speciale a Piccola Stella che mi ha lasciato anche  la sua recensione. E’ inutile nasconderselo: leggerle è sempre molto ma molto gratificante per cui se anche qualche altra lettrice volesse farmi questo regalo gliene sarei assai grata.

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Capitolo 9
*** 19 dicembre - giovedì 1 ***


19 dicembre – giovedì
Da quando aveva preso servizio alle otto e trenta, Chiara stava sbattendo la testa senza riuscire a trovare una maledetta differenza. Era così assorta nel lavoro che allo squillo del telefono quasi sussultò. Era Massimo. Siccome la chiamava in ufficio molto di rado, si allarmò immediatamente.
- Che c’è? – gli chiese senza nascondere l’apprensione – Maria Rosaria non è venuta?
- Sì, certo, sono già in ufficio.
- Allora Matteo ha la febbre? Gli avete dato l’aspirinetta come ti avevo detto?
- Non ha la febbre, è solo raffreddato  e l’aspirinetta gliela abbiamo data.
- Allora che c’è?
- Se mi fai parlare te lo dico! – sbottò  lui, alquanto innervosito.
- Sì, sì, dimmi.
- Stasera non vengo a cena. Insieme ai colleghi d’ufficio andiamo a mangiare a Caserta Vecchia per cui ce ne andiamo direttamente da qui senza passare prima per casa.
- Va bene – gli rispose Chiara distrattamente perché aveva già ripreso in mano il tabulato che stava spuntando.
- Ti dispiace?
- No, figurati, anzi è meglio così: io ed i bambini mangeremo un po’ di pastina con quel brodo che ho congelato sabato scorso e non dovrò stare a lungo in cucina a preparare la cena. In considerazione delle cose che ho da fare stasera, è un bel sollievo … Ciao – concluse  sbrigativamente.
- Vai di fretta? – le chiese allora il marito, un po’ irritato.
- Sì, scusa, sto cercando una differenza che mi sta facendo impazzire. Che c’è, tu stamattina non hai niente da fare invece?  – aggiunse con quell’ironia tipica degli impiegati nei confronti dei funzionari.
- Invece sì, ho molto da fare – concluse Massimo – Ci vediamo stasera allora. Non preoccuparti se si fa tardi.
- Non mi preoccuperò. Ciao.
Senza aspettare neanche che lui le rispondesse, posò la cornetta e si rituffò nel lavoro. Le era venuta un’idea per trovare quella maledetta differenza.


                                                                      **


Nemmeno mezz'ora dopo, si tolse gli occhiali e li buttò sulla scrivania, poi si stiracchiò soddisfatta. Era stata dura, ma alla fine ce l’aveva fatta. Ora non le restava che riportare i dati esatti al computer e far partire la segnalazione per l’ufficio competente. Guardò l’orologio e vide che erano quasi le undici: proprio l’ora in cui Federica e Rossana scendevano insieme a prendere il caffè al bar sotto l’ufficio. Decise di raggiungerle e prendersi una meritata pausa.
Nel locale non c’era quasi nessuno perché era tardi. Scorse subito al banco le due colleghe di cui, a quanto pareva, conosceva bene le abitudini. Furono liete di vederla e così si unì a loro per prendere un caffè. Rimasero un po’ a parlare del più e del meno.  Chiara stava spiegando l’errore che aveva trovato quando entrò Antonella.  Anche se lavoravano  insieme da tanti anni, tra loro non c’era molta confidenza. A parte il fatto che era stata proprio lei a consigliarle quella scuola di danza a Piazza dei Martiri quando ne stava cercando una buona per la figlia, difficilmente i loro discorsi andavano molto più in là di un semplice saluto.
Questa volta invece la collega si recò direttamente da lei.
- Sono venuta a cercarti in ufficio e Guido mi ha detto che eri a prendere il caffè qui. Devo parlarti un momento. Vi dispiace se ve la porto via un attimo? – chiese rivolta alle altre e poi si avviò ad un tavolino accanto all’ingresso dove si accomodò insieme a Chiara.
- Ma che vuole? – domandò Federica.
- Boh! – esclamò Rossana che però continuò ad osservare le due. Notò che man mano che Antonella parlava il colorito spariva dalle guance dell’amica.
Anche Federica se ne accorse.
- Gesù! Ma che le starà dicendo? – chiese.
- Qualsiasi cosa le stia dicendo, non deve essere piacevole – le rispose l’altra.
- Accidenti, io devo tornare in ufficio perché aspetto una telefonata importante. Tu però non muoverti di qua, aspetta che abbiano finito ed informati su quello che le ha detto.
- Ma la pausa caffè è finita – obiettò Rossana – devo rientrare anch’io!
- Non ti preoccupare, ti firmo un permesso. Resta, però. Non vedi che faccia sta facendo Chiara?
Infatti l’amica era diventata pallida come uno straccio. Antonella le parlò ancora per qualche minuto, poi le strinse una mano in un gesto di solidarietà e se ne andò, lasciandola assorta ed immobile come una statua.
Rossana le si avvicinò e si sedette al posto lasciato libero dalla collega.
- Chiara, che c’è, che voleva quella? – le chiese.
La giovane donna la guardò quasi come se non la vedesse e forse davvero non la vedeva perché aveva gli occhi colmi di lacrime.
- Chiara! – la chiamò ancora l’altra, assai allarmata da quel comportamento.
- Massimo – mormorò allora lei – Massimo. Lo ha visto con un’altra!
- Ma che dici!?
- La bambina di Antonella va alla stessa scuola di ballo di Ilaria. La porta la cuginetta, per questo lei non ci va mai. Ieri però l’ha accompagnata personalmente e siccome le faceva male la pancia, è andata al bar a prendersi una camomilla. Così ha visto Massimo e la mamma di un’altra bambina seduti a un tavolo.
- E allora? E che sarà mai! Stavano prendendo una cosa insieme al bar, non sarà la fine …
- Mano nella mano? – le chiese, interrompendola con amarezza.
-  Non giungere a conclusioni affrettate, ti prego. Come fa quella a dire certe cose solo perché l’ha visto una volta?
- Lo ha chiesto alle altre mamme. Tutte avevano notato che da un po’ di tempo lui e Monica Scattini si allontanano insieme mentre le bambine fanno lezione.
Rossana sospirò.
- Mi sembra troppo poco per sospettare addirittura una tresca.
- Io la conosco quella – spiegò la giovane – è la classica tipa con la puzza sotto il naso, una che non dà mai troppa confidenza. A me neanche mi guardava e neanche alle altre mamme e papà, se è per questo. Com’è che con Massimo invece …
- Beh, tuo marito è un uomo che attira – ammise l’altra.
Lei non si trattenne più e scoppiò in lacrime, procurandosi lo sguardo perplesso del proprietario del bar.
- Lo sapevo che sarebbe successo prima o poi – si lamentò – è una donna bellissima e, come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio!
- Non esagerare, non sai ancora se è così. Perché non gli parli?
Chiara scosse la testa e Rossana allora le prese le mani tra le sue e le disse:
- Ascolta, se devo dirti la verità, anch’io avevo dei dubbi su di lui quando vi siete messi insieme. Dubbi che avevano tutti, peraltro. Non te l’ho mai detto, ma si è fatto un gran parlare di voi all’epoca e nessuno avrebbe scommesso due soldi sulla durata della vostra storia. Tu sei sempre stata tanto insicura e lui era un dongiovanni impenitente. Ma oramai sono passati otto anni da allora e Massimo è sempre stato un ottimo marito. Quindi cerca di calmarti e di riflettere bene sulla cosa prima di fare qualsiasi passo avventato.
- Va bene – acconsentì lei, poi guardò l’orologio e sussultò – Mamma mia! Sono stata fuori venti minuti in più della pausa consentita e adesso mi tocca pure recuperare. Come accidenti faccio ad andare a prendere Ilaria a scuola?
Era davvero sconvolta perché quel recupero le avrebbe fatto saltare tutti i suoi improrogabili impegni.
Per fortuna  intervenne Rossana con  il suo consueto senso pratico:
- Non ti preoccupare. Ora torno in ufficio e avviso che ti sei sentita male e sei dovuta tornare a casa. Giurerò di averti dovuto accompagnare alla metropolitana così avrò pure la scusa per il permesso che deve firmarmi Federica. Tu va’ a prendere tua figlia e tornatene a casa. Però mi raccomando, rifletti bene prima di decidere qualsiasi mossa.
Chiara annuì con gratitudine e seguì il consiglio dell’amica.






Eh eh, sono perfida, lo so, ma pepe vi avevo promesso e pepe sarà! Ora, come Chiara, dovrete portarvi il sospetto del tradimento di Massimo. Vi avviso però che non sarà tanto semplice arrivare alla soluzione del dilemma. Magari, nel frattempo, potrete immedesimarvi in questa povera moglie e dirmi al posto suo come reagireste. Cercate però di rammentarvi anche il carattere della nostra Chiaretta…
Comunque mi fa piacere vedervi così partecipi anche se me lo vorreste già ammazzare,  povero il mio protagonista! Su, un po’ di pietà per un povero maschietto messo alle strette dalla tipa un po’ ninfomane che ha puntato il bel ragazzo! Mi chiedo  infatti se a leggere fossero degli uomini: forse la loro reazione sarebbe diversa. Che ne dite?  E poi vorrei chiedervi, soprattutto  a Pirilla e a Xsemprenoi che lo hanno rilevato, ma siete proprio sicure che quando lui  ha pensato quelle cose sul vestito costoso e sulle mani curate della bella signora snob volesse proprio disprezzare la moglie? Non è piuttosto che stesse facendo in cuor suo un confronto tra  due modalità di essere tra cui alla fine è chiamato a scegliere? Per sapere quale sceglierà però non vi resta che continuare il nostro appuntamento serale a cui spero partecipiate sempre più numerose.
 A tale proposito ringrazio Sweet Cherry per la sua recensione che mi è giunta inaspettata in quanto non faceva parte della mia adorata “banda” di fedelissime recensitrici  alla quale però spero vorrà unirsi. Un bacio a tutte, ma proprio tutte.


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Capitolo 10
*** 19 dicembre - giovedì 2 ***


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Comincio ringraziando, oltre la solita “banda” di fedelissime (smak, smak),  la nuova arrivata BlueSmoke la quale non solo si è unita alle immeritate e graditissime lodi ma è riuscita anche a cogliere in pieno il tipo di donna che ho  voluto raffigurare in Chiara. Sia ben chiaro che non ho voluto farla agire  così per mancanza d’amore o perché, oramai  sposata, ritiene di poterselo consentire,  ma perché è il classico tipo di persona votata al sacrificio, quella che si accolla sulle proprie spalle il peso del mondo magari anche soltanto perché è un‘insicura. Credetemi, ce ne sono donne così che ritengono la vita una continua prova d’esame in cui bisogna mostrarsi sempre perfetti senza accorgersi che alla lunga  un simile comportamento ed un eccessiva abnegazione finiscono per mettere a disagio gli altri, soprattutto i mariti che non si sentono all'altezza. Certo anche Massimo ha molte debolezze e difetti e forse non è la persona più adatta per una  donna così ipersensibile. Come dice Faith, la vita è dura e la routine mette a dura prova anche gli amori più solidi. Chissà se questi due riusciranno a salvare il loro e magari passare questa prova traendone anche  utili spunti di riflessione sul loro modo di essere e di rapportarsi l’uno con  l’altra.
Comunque lasciate che vi conduca ancora per mano “dentro” questo matrimonio e questa vicenda. Vedrete che alcune delle cose che avete anticipato o notato si verificheranno  e molte delle cose che avete detto le sentirete dire all’uno o all’altro dei miei personaggi. Sono certa però che sarà un viaggio che non deluderà nessuna di voi tanto che quasi quasi mi verrebbe la voglia di postarvi tutto il resto in una sola volta… No, non posso farlo! Dovrei perdermi la gioia di questo appuntamento serale e non me la sento. Ormai è come se le mie “lettrici” fossero tutte amiche di vecchia data con le quali è un piacere immenso incontrasi ogni giorno.
Restate con me allora e, per favore, continuate a dirmi cosa ne pensate o, magari, cominciate a farlo.


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19 dicembre – giovedì

In qualsiasi altra occasione sarebbe stata felice di quello sprazzo di  libertà rubato e ne avrebbe approfittato per fare qualcosa, magari andare a comprare quei benedetti regali di Natale che tanto la preoccupavano. Quella mattina però, il cuore stretto in una morsa d’angoscia, girava per le strade animate come una sonnambula. La folla la innervosiva e tutto quell’affannarsi tra i negozi addobbati e le strade piene di traffico le dava addirittura fastidio. Così, benché mancasse ancora parecchio all’uscita di Ilaria, preferì andare nella tranquilla stradina alberata della scuola dove avrebbe potuto restare a riflettere senza essere disturbata.
Si sedette su di un basso muretto stringendosi addosso il pesante giaccone. C’era un sole piuttosto pallido e molte nuvole in cielo, ma non era per questo che sentiva freddo.
Ripensava alle cose che le aveva detto Antonella e si chiedeva da quanto tempo ormai andava avanti quella storia. La scuola di ballo era iniziata a fine settembre ed ora era dicembre: tre mesi quindi. Cercò di ricordare se c’erano stati cambiamenti nell’umore del marito in quel periodo e le parve di notare che lo aveva visto spesso più inquieto e nervoso del solito. La cosa che le faceva rabbia era  il pensiero di essere stata proprio lei ad insistere perché Massimo accompagnasse lui la bambina ed ora le pareva di ricordare che, dopo essersi lamentato molto i primi tempi per quell’impegno che gli prendeva tre pomeriggi a settimana, ora sembrava essersi acquietato, anzi, le pareva che lo facesse addirittura volentieri.
- “Già – si disse con amara ironia – ora ha trovato lo spasso, il vecchio predatore! Ma io gli spacco la faccia a quel disgraziato!”  
A quel punto però le vennero in mente le parole di Rossana: “Massimo è stato sempre un ottimo marito”. In effetti non aveva nulla da rimproverargli. A parte quei difetti che aveva sempre avuto, ma che non le avevano impedito di innamorarsi di lui, era un uomo molto dolce, affettuoso, appassionato. La loro unione era sempre stata felice sin da quando era cominciata e forse ciò doveva aver dato fastidio a qualcuno che ora non perdeva l’occasione di togliersi qualche soddisfazione. Non era stata proprio quella stessa Antonella a commentare quando aveva saputo di loro – e lo aveva sentito per caso proprio con le sue orecchie –  che “chissà che ci ha visto un uomo così in quella gatta morta!”? C’era stato un periodo in cui si era sentita circondata di maldicenza e di invidia perché in parecchi avevano giudicato con sarcasmo la notizia che lei e l'affascinante ispettore erano andati a vivere insieme, soprattutto colleghe che, come quella tale Valeria, si erano viste togliere la classica polpetta dal piatto perché avevano  messo gli occhi su Massimo.
Allora però non le era importato un bel nulla. Per la prima volta in vita sua era riuscita ad andare dritta per la propria strada, forse perché la tenerezza e la passione del suo uomo le davano una forza senza pari o forse perché gli credeva quando le diceva che si sentiva amato come mai gli era accaduto in precedenza.
Già, allora si amavano entrambi, ma oggi, oggi era ancora così? Per quanto la riguardava non aveva mai smesso un solo istante di adorare quell’uomo stupendo anche se a volte le piccole cose di tutti i giorni, giorni a volte anche grigi e difficili, le avevano impedito di manifestarglielo come avrebbe voluto. Ma lui l’amava ancora? Le voleva bene, di questo ne era certa, ma forse non provava più la passione di otto anni prima, forse aveva ricominciato a guardarsi intorno. Per uno come lui, ancora bello e simpatico, non era difficile trovare una donna e quella in questione, se la ricordava bene, era  di sicuro molto attraente.
Provò una dolorosa sensazione al pensiero di quei due insieme, come se una tenaglia le avesse preso lo stomaco e glielo stesse stringendo. Provò a respirare profondamente, a dirsi che non doveva far correre troppo l’immaginazione, a cercare di calmarsi ma poi un nuovo pensiero la colpì con forza: quella sera Massimo le aveva detto che andava ad una cena con i colleghi. Come mai non ne aveva saputo niente prima? Era molto strano! Forse era una bugia … forse si doveva vedere con quella …
Per fortuna Chiara comprese che doveva cercare aiuto. C’era una sola persona che poteva darglielo in quel momento. Prese il cellulare dalla borsa e, con lo sguardo attento al portone della scuola dal quale stavano già cominciando ad uscire le prime classi di scolari, chiamò Cristina.


                                                                            **


Le sorelle Corradini avevano più di una dote in comune: la lealtà, la tenacia, la capacità di riflessione. Mentre però in Chiara si accompagnavano anche ad una profonda insicurezza e ad una certa tendenza nevrotica, in Cristina tali virtù erano accresciute da una grande calma. Ora, a quasi cinquant’anni e dopo aver attraversato la vita con tutte le sue difficoltà al fianco di un marito dal carattere per niente facile, la donna aveva acquisito anche una certa saggezza che le consentiva di guardare alle cose con molta lucidità.
Appena la sorella ebbe finito di raccontarle quanto aveva saputo, un’espressione perplessa  le era apparsa sul bel viso maturo. Dopo qualche minuto di riflessione, le aveva detto senza mezzi termini:
- La tua amica Rossana ha ragione. Come fai a giungere a simili conclusioni senza neanche esserti chiarita con Massimo?
- E che dovrei fare secondo te, affrontarlo? – le chiese l’altra mentre finiva di pulire la cucina.
- Sì, ma non a muso duro. Tuo marito è il tipo che non ama essere preso di faccia. In questi casi, anche se sa di avere torto marcio, reagisce aggredendo.
- Non mi va neanche di farglieli certi discorsi. Mi fanno schifo queste cose!
- Ed allora prenditi tempo e cerca di capire come effettivamente stanno queste benedette cose.
- E che faccio? Lo faccio pedinare? – le domandò, ironica.
- Non ce n’è bisogno, ti basterà osservarlo attentamente. Ad una donna certe cose non sfuggono.
Chiara si sedette, asciugandosi le mani con uno strofinaccio.
- Non ce la faccio, Cristina, non ce la faccio! Se scopro che è vero, lo ammazzo e poi mi ammazzo io! – esclamò cominciando a piangere.
- Accipicchia, qui si rasenta la strage, addirittura! – la prese in giro la sorella maggiore – Finiscila di fare tragedie, stupida. Sono certa che Massimo ti vuole bene. E  poi, anche se fosse, non saresti né la prima né l’ultima a cui accade di beccarsi le corna!
- Ma come fai a parlare così? Non ti vergogni?
- Scusa ma non eri tu quella che diede tutti quei bei consigli a Roberta? Quando mi raccontasti che il loro matrimonio era stato in crisi  a causa del tradimento del marito e quello che le avevi detto,  ricordo che pensai: “Però, è davvero saggia la mia fragile sorellina!”.
Questa sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
- Mi rendo conto solo ora che una cosa è il dire e una cosa è il fare. Solo l’idea mi fa imbestialire! – affermò poi restò un attimo a riflettere – Però se ci pensi bene la situazione non è la stessa. Paolo  le aveva confessato tutto.  Era pentito  e giurava di amarla ancora. Lei fece bene a perdonarlo, tanto è vero che non è più successo niente tra loro. Io come faccio a perdonare mio marito se non mi ha detto nulla e soprattutto se non so se mi ama ancora?
- Appunto,  tu neanche lo sai se l’ha fatto davvero. In quanto all’amore, questo puoi capirlo solo tu.
Furono interrotte da Ilaria che venne a lamentarsi piangendo perché Matteo le aveva preso l’album da disegno e le matite. Anche il piccolino piangeva e strillava e ci volle un po’ per riportare la calma e rimetterli a giocare nella loro cameretta.
Quando Chiara ritornò in cucina con la sorella, si gettò su una sedia con un’aria desolata.
- Non è facile capire se un uomo ti ama in queste condizioni – sbottò – qui è una battaglia continua. E non solo per me, devo dirlo onestamente, anche per lui. Naturale che ne abbia piene le scatole e cerchi una distrazione sentimentale.
- Staccate la spina … – consigliò Cristina che stava controllando la moka sul gas.
- Sembri quell’altro scriteriato di Giovanni: staccare la spina! Come se fosse facile! Ci riuscivi tu quando avevi quei quattro piccoli?
- Ogni tanto sì grazie a te che me li tenevi in continuazione. Comunque i miei erano solo problemi di stanchezza, tanto mio marito andava per la sua strada come un bulldozer. Massimo è diverso, non è così. Lui ti aiuta a crescere i bambini, partecipa alla vita di casa … insomma, non mi sembra il tipo indifferente. Forse avrebbe solo bisogno di stare un po’ più tranquillo.
- Parli come se fosse colpa mia! - obiettò l’altra, urtata.
-  Questo no, però, lascia che te lo dica ancora una volta, sorellina, tu sei troppo pesante di carattere. Cerca di non riempirlo di mille incombenze e problemi! Tanto per cominciare, puoi riprendere ad andare tu ad accompagnare Ilaria – s’interruppe vedendola aprire la bocca per protestare che non poteva farlo – anche se non va più a danza, non sarà la fine del mondo, no? In fondo piace più a te che a lei! – la rimproverò, zittendola - In questo modo comincerai già a togliere una occasione pericolosa e magari potrai vedere anche come la prende lui.
- Forse hai ragione – convenne l’altra -  ma non è questo il problema adesso. Forse avremmo davvero bisogno di un po’ di tranquillità per chiarirci con calma, invece c’è questo maledetto Natale che arriva. Devo fare mille cose, come faccio se non mi aiuta lui?
- Lo vedi che sei esagerata? Che problema è Natale? Deve essere una festa, mica un problema – le disse l’altra stupita.
- Già, ma io devo pulire casa, comprare i regali,  fare la spesa grossa – le urlò quasi indignata Chiara.
- La casa è già pulita, dei regali possiamo farne a meno tanto se non ce li fai non ci offendiamo e per la spesa,  ascolta: ora prendiamo il caffè e poi andiamo a farla insieme.
- Devo comprare un mucchio di cose e poi è già tardi, i bambini non sono vestiti, sono stanca e …
Cristina interruppe quella sera di lamentele con severità:
-  Insomma, alza quel culo di pietra e muoviti! Ai bambini basterà mettere il cappotto e il supermercato è qui vicino, non ci mettiamo molto. Neanche a farlo apposta sono venuta con la macchina così puoi comprare tutto quello che vuoi. E poi, ti sono grata per l’invito, ma a Natale sarete voi a venire da me così non ti ammazzerai di lavoro.
- Vuoi farlo tu? Ci sono anche i miei suoceri, lo sai – obiettò lei.
- Lo so e allora? Io ci sono abituata e poi per fortuna quest’anno mia cognata se ne è andata in montagna. Senza contare che a Riccardo tuo suocero sta simpaticissimo e, quel che è più strano, lui sta simpaticissimo a tuo suocero. Quanto zucchero vuoi nel caffè? – concluse placida e con un sorriso.


                                                                    **


Quella sera il marito tornò che era passata la mezzanotte. Cercò di coricarsi senza fare rumore nella speranza di non svegliarla, ma Chiara non dormiva affatto perché aveva trascorso una serata molto agitata. A mano a mano che passavano le ore, si era convinta sempre più che quella sera lui si era visto con l’amante. Quella ipotesi ad un certo punto  era divenuta così concreta che le era montata dentro una collera incontrollabile.
Intanto Massimo si era steso accanto a lei, girandosi dal suo lato. Non aveva indossato la giacca del pigiama, perché forse aveva caldo ed era rimasto in canottiera. Guardandolo nella luce azzurrina della sveglia elettrica ne ammirò ancora una volta le spalle larghe e la nuca perfetta. Si sentiva furiosa al pensiero che forse un’altra l’aveva tenuto tra le braccia fino a poco prima. Quell’uomo era suo, solamente suo e non era disposta a farselo soffiare da nessuna! Lo amava e lo desiderava adesso come il primo giorno. Si girò verso di lui sul fianco e lo toccò piano.
- Ti ho svegliato? – le domandò nel vederla con gli occhi aperti.
- Hai fatto tardi – protestò per tutta risposta.
- Ti avevo avvisata.
- Ti sei divertito almeno?
- Divertito poi! Le solite cose.
- “Si è mantenuto sul vago, il marpione” – pensò la donna. Lo vide sbadigliare e poi girarsi dandole le spalle. Allora, mossa da uno strano impulso, cominciò a carezzargli prima un braccio, poi il fianco. Continuò a farlo per un po’, con molta sensualità, ma lui non si mosse neppure. Scoraggiata, si girò supina sentendosi molto offesa da quello che aveva preso per un rifiuto. Pensò  che quel comportamento non faceva altro che avvalorare le sue più nere ipotesi. Se ne sentì assai avvilita, ma poi Massimo si rigirò di nuovo verso di lei e le carezzò con tenerezza una guancia.
- Buonanotte, piccolina – le sussurrò dandole un bacino.
Nella sua voce aveva avvertito  una enorme dolcezza che la spiazzò completamente e la fece restare sveglia ancora per molto tempo a fissare con gli occhi spalancati l’ora proiettata sul soffitto dalla sveglia.

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Capitolo 11
*** 20 dicembre - venerdì 1 ***


 20 dicembre – venerdì

Chiara aveva passato una pessima nottata, ma si era alzata come di consueto quando fuori era ancora buio ed aveva sbrigato le solite faccende di ogni mattina. Quando guardò di nuovo l’ora si avvide che erano le sette e mezza. Siccome aveva un momento di tranquillità perché era riuscita a piazzare Matteo nel lettino a giocare un po’con i suoi pupazzetti ed aveva lasciato  Ilaria a finire di vestirsi per andare a scuola, decise di mettere in atto il proposito a cui era giunta durante la notte e cioè di cominciare ad intavolare quel penoso discorso con  Massimo. Magari non avrebbe introdotto subito l’argomento “Monica Scattini”, magari gli avrebbe chiesto prima   della cena della sera precedente e ne avrebbe spiato attentamente le reazioni per cercare di capire quello che stava succedendo davvero.
Entrò in camera da letto dove lui si stava vestendo e stava quasi per parlare quando lo sentì chiederle:
- Sai dov’è la mia camicia azzurra?
- È a lavare, credo – gli mormorò un po’ spiazzata.
Massimo avvertì un tono strano nella sua voce e si voltò a guardarla con un sorriso rassicurante.
- Non importa, metterò questa. Ci sta bene questa cravatta? Dammi un consiglio …
Chiara non ebbe il tempo di rispondere perché udirono gridare forte nella stanza dei bambini. Allarmati, entrambi corsero a vedere cosa stava succedendo e trovarono Ilaria che urlava in preda ad una collera irrefrenabile.
- La smetti di strillare brutta scema? – la rimproverò la mamma – Vuoi svegliare tutto il palazzo con i tuoi capricci?
- Non sono capricci – piagnucolò la bambina inviperita – Non trovo più il quaderno di aritmetica. Lo ha preso Matteo, ne sono sicura, e me lo ha perso. Adesso come faccio ad andare a scuola?
Il padre intervenne senza smettere di annodarsi la cravatta.
- Invece di accusare tuo fratello dovresti avere più cura delle tue cose – la rimproverò, ma non aveva fatto i conti con quel peperino della figlia che fu pronta a rintuzzarlo a muso duro:
- Mamma dice che il disordine l’ho preso da te!
- Brutta streghetta impertinente, adesso ti acchiappo e ti do una bella sculacciata! – la minacciò scherzosamente il padre e ridendo cominciò a rincorrerla per la stanza facendo ridere anche lei.
Chiara invece non aveva voglia di ridere. Se ne andò in cucina a cercare il quaderno che le pareva di aver visto lì da qualche parte. Dopo un po’ di ricerche riuscì a trovarlo e lo riportò alla figlia pregandola pure di sbrigarsi perché si stava facendo davvero tardi per andare a scuola e a lavoro. Stava per tornare da Massimo per tentare almeno di cominciare quel famoso discorso quando lo vide nell’ingresso che indossava l’impermeabile.
- Dove vai? – gli chiese.
- Torno subito. Scendo a buttare la plastica ed il vetro, i contenitori sul balcone erano stracolmi – le rispose distrattamente ma poi si accorse che lei lo fissava con un’espressione strana. Allora le si avvicinò e le prese il viso in una mano.
- Che hai, tesoro?- le chiese – Ti senti bene?
Come poteva essere così dolce e nello stesso tempo essere un traditore infame? Sconvolta da tale pensiero, Chiara si sentiva talmente turbata da non riuscire nemmeno  a rispondergli, così il marito proseguì:
- Sei stanca e lavori troppo. Perché non telefoni in ufficio e dici di essere malata? Stamattina Ilaria a scuola ce la porto io così, quando viene Maria Rosaria, le affidi Matteo e ti prendi un po’ di riposo. Hai bisogno di qualche momento per te, amore.
- Non posso, ho troppo da fare oggi – gli sussurrò scuotendo il capo.
Massimo sospirò:
- Mai una volta che tu mi stia a sentire però! Va bene – aggiunse rassegnato – ora però passo io in panetteria a prendere il pane fresco così non rischi di fare tardi.
Le posò un bacino dolcissimo sulla fronte e poi si allontanò.
La donna rimase un momento a fissare l’uscio che si chiudeva alle sue spalle poi tornò in cucina e si sedette un momento a riflettere. Quello non le pareva affatto un uomo che solo la sera prima era stato con l'amante. A meno che non fosse un attore da Oscar… Cristina le aveva detto che solo lei poteva capire se Massimo l’amava ancora o no, ma proprio non ci riusciva a farlo in questo modo. Aveva bisogno di stare con lui, lontana dai problemi e dalle cose di ogni giorno.  
- Mamma sono pronta! – le venne a dire Ilaria.
- Sì cara – le rispose – ora che risale papà, scendiamo.
Non aveva voglia di uscire né di vedere nessuno. L’unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stata restare   a riflettere con calma per cercare di capire… ma doveva farsi forza e cominciare una nuova giornata. All’improvviso si ricordò pure di non aver tirato fuori dal congelatore gli hamburger per il pranzo di Matteo e della baby-sitter e così si affrettò a farlo. Era confusa, incerta e stanca ma quei due poverini dovevano pur mangiare!

                                                                                   **

Si dedicò alle solite cose con molto senso del dovere nonostante lo sforzo che le costava. Portò la bambina a scuola e poi si precipitò in ufficio. Poiché  dal lunedì successivo sia lei che il marito sarebbero stati in ferie per stare un po’ più di tempo con i nonni che arrivavano da Bologna, si mise a sistemare la differenza che aveva lasciato in sospeso il giorno precedente e a togliere ogni arretrato per poter lasciare le consegne al collega che l’avrebbe sostituita.
Era molto occupata in queste incombenze  quando entrò Federica. Dopo essersi chiusa la porta alle spalle, appoggiò la sua ingombrante mole sulla scrivania dell’amica e la guardò dritto in viso.
- Come stai? – le chiese alla fine visto che lei teneva gli occhi bassi e stava senza parlare.
- Come vuoi che stia – le rispose mogia – sto uno schifo.
- Gli hai parlato?
- No. Stamattina c’era una baraonda infernale a casa ed ieri sera è tornato tardissimo ed è cascato addormentato come una pera cotta. Io ero sveglia invece ed ho cercato anche di … insomma, mi capisci. Neanche mi ha filato!
Nel notare l’avvilimento dell’amica, Federica sorrise e la rincuorò:
- E che sarà mai! Un attimo di deflaiance capita anche ai migliori maschioni! Gli parlerai comunque?
- Non è facile. Non sono argomenti che puoi trattare a tavola tra il primo e il secondo!
- Giusto, ma puoi farlo dopo cena quando i bambini se ne sono andati a letto. Magari smetti di sfaccendare, spegni la televisione, ti siedi accanto a lui e gli parli.
-  Dovrò fare così,  ma ugualmente non so come affrontare l’argomento. Mi arrabbio e gliene canto quattro o lo prendo con le buone?
- Con le buone, direi. Conoscendo tuo marito, penso sia meglio.
- Anche Cristina me l’ha detto, ma ho paura che se non lo affronto con decisione quello si nega tutto. All’apparenza sembra la persona di sempre. Possibile che sappia mentire così bene?
- Non credo, Massimo non ne è capace.
Chiara sogghignò con amarezza.
- Tutti gli uomini ne sono capaci quando si tratta di tradire.
- Non è vero.
- Ah non è vero? – le chiese con marcato sarcasmo – Vuoi saperlo meglio di me che ne ho avuto uno che per ben cinque anni la moglie l’ha tradita proprio con me?
All’improvviso, come se un peso insopportabile da portare le gravasse l’anima, la giovane donna scoppiò in lacrime. Coprendosi il viso con una mano, proruppe:
- Forse è per questo che adesso sto patendo anch’ io la stessa sofferenza. Me lo sono meritato, è una questione di karma.
- Ma sei scema? – la rimproverò Federica – Eri solo una ragazzina stupida e bisognosa d’affetto allora. È stato quel disgraziato ad approfittare della tua debolezza ed a riempirti la testa di chiacchiere e di promesse. E poi tu lo lasciasti proprio per non toglierlo alla moglie, anche se ne soffristi.
- Però  per tanti anni non gli ho impedito di riempirla di bugie – obiettò l’altra.
- Tranquilla, Marco era il tipo che le bugie le diceva di suo. Forse tu non te ne accorgevi perché ti eri rincitrullita, ma si vedeva lontano un miglio che razza di tipo ipocrita e falso fosse. Ad un marito del genere non si può dare fiducia, al tuo invece sì, mi pare.
- Non ti dimenticare che tipo era Massimo quando l’ho conosciuto. Era uno che non si lasciava scappare una sottana nonostante avesse una fidanzata.
- Questo è vero solo in parte. Di ragazze ne aveva, eccome, però, per quello che ne so, non ne faceva mistero con la sua donna, per questo litigavano sempre. Massimo è troppo schietto e sincero per usare dei sotterfugi.
Chiara fece una smorfia per esprimere la propria mancanza di convinzione su questa opinione dell’amica.
Federica allora proseguì:
- Non te lo dico per consolarti, credimi,  ma perché ne sono certa. Non mi sembra uno che abbia qualcosa da nascondere. Ieri sera lo osservavo attentamente e mi pareva così tranquillo e sereno!
- Ieri sera? – le domandò Chiara, stupita.
- Già, ieri sera. Alla cena. Perché?
- Ci sei stata pure tu?
- Certo, sono stata invitata e ci sono andata.
- E lui c’era?
- A meno che non me lo sia sognato! – rispose l’altra per poi aggiungere con un sorriso -  Ma è difficile visto che mi ha anche riaccompagnata a casa dopo.
- Ero certa che fosse stato con lei ieri sera e che la cena fosse solo una bugia. Non me l’aveva detto che doveva andarci.
- Se ne sarà dimenticato. Era stata già decisa da almeno un mese. Lo vedi però che la tua è una mancanza di fiducia bella e buona?
Nel farle quella domanda Federica le aveva messo una mano sulla spalla e la osservava assorta. Il suo viso forse non era di piacevole aspetto, ma negli occhi nocciola dietro agli spessi occhiali da miope c’era così tanta affettuosa dolcezza che a Chiara apparve bella come una fatina. Una fatina che la rincuorava e le dava la forza di continuare a sperare.

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Capitolo 12
*** 20 dicembre - venerdì 2 ***


20 dicembre – venerdì
Chiara continuò a fare le solite cose  ed anche qualche cosina in più come ad esempio andare dalla sarta a ritirare il costumino da angelo che Ilaria avrebbe dovuto indossare alla recita natalizia che ci sarebbe stata a scuola il giorno successivo. Il pensiero però ritornava continuamente sul discorso che avrebbe dovuto fare la sera  al marito.
L’aver saputo da Federica che i suoi sospetti sulla sera precedente erano del tutto infondati, l’aveva molto tranquillizzata. In effetti tutta quella storia poteva essere solo una bufala, la maldicenza di una persona invidiosa che aveva voluto vedere il male dove non c’era. E poi, dopo otto anni, conosceva bene Massimo, sapeva che era come un bambino che non riusciva a tenersi niente dentro che lo turbasse, figuriamoci un amore clandestino! Amore poi! Quasi si sentì ridicola ad avere avuto certi sospetti, se c’era un tipo di persona che il marito detestava era proprio quella tale Monica, così artefatta  e montata. Magari  prenderla in giro sarebbe stato il modo migliore per introdurre quella sera scherzosamente l’argomento e spiare le reazioni di lui. All’improvviso però rammentò anche quanto la sua rivale fosse bella ed un dubbio la attanagliò:forse non era e non poteva essere amore tra lei e Massimo,  ma sesso sì. In questo modo si spiegava anche la serenità e la calma di lui che, come tanti uomini, forse si considerava meno colpevole per una storia che lo coinvolgeva solo fisicamente. Ma non lo era invece e lei se ne sarebbe stata ugualmente ferita perché sapere di non essere più desiderata dal suo uomo l’avrebbe avvilita ancora di più,  lasciandole inoltre un senso di inadeguatezza perché non era riuscita a mantenere vivo il fuoco dell’attrazione fisica che pure era stato così forte tra loro.
Comunque non c’era altro da fare che affrontarlo.
Tornata a casa, preparò il pranzo per sé e la figlia ed il sugo per la cena, lavò i piatti, stirò, pulì il bagno. Poi, nel pomeriggio piovoso, con Matteo che giocava accanto a loro, fece fare i compiti alla bambina.
Stranamente Massimo rientrò molto presto.
- Sono uscito un po’ prima – disse alla moglie ed alla figlia che lo guardavano interrogativamente poi si rivolse alla bambina per dirle:
- Ancora così stai? Sbrigati, ché facciamo tardi alla lezione.
- Mamma ha detto che oggi non ci vado – gli rispose Ilaria.
- E perché?
Era già sotto la porta per andare in camera da letto e si voltò a guardarle stupito.
- Perché piove ed io non ne ho voglia.
- Fattela venire la voglia – le disse brusco.
- Sta piovendo  forte – intervenne Chiara nella quale quel comportamento aveva fatto scattare come un campanello d’allarme.
- E allora? Mica deve andarci a piedi! E poi oggi non sei stata invitata pure ad andare a quella festa a casa della tua amichetta? – proseguì rivolto alla figlia.
- Mi scoccio! Non voglio andarci! – protestò la bambina pestando con rabbia il pugno sul tavolo.
- Basta con questi capricci! – la redarguì il padre.
- Ma insomma, perché la devi forzare se non vuole andarci? Che te ne importa? – intervenne lei, sempre più agitata.
- M’importa invece, se non altro perché potevate avere la cortesia di avvisarmi dei vostri progetti così non uscivo prima dall’ufficio.
- Nessuno ti ha pregato di farlo.
- Ma visto che l’ho fatto, ora la vai a vestire ed usciamo. Anzi,  - aggiunse – mettile un bel vestitino per andare alla festa: non facciamo sempre la figura dei pezzenti.
Se ne andò senza aspettare repliche e madre e figlia, benché entrambe nervose, si accinsero ad ubbidirgli.

                                                                                                                        **

Chiara era sconvolta. Non era forse questa la prova che aspettava ? L’ostinazione di Massimo a voler accompagnare la piccola a danza era di sicuro dettata dal fatto che doveva incontrare quella puttana. Si sentiva lo stomaco contratto dalla rabbia e solo la presenza dei bambini la tratteneva da andare dal marito a fargli una scenata con i fiocchi.
- Mammina, che hai? – le chiese ad un certo punto Ilaria a cui non sfuggiva niente.
- Nulla tesoro, perché?
- Sei tutta rossa e stai tremando. Sei arrabbiata?  
- No  - le rispose con un sorriso.
Doveva cercare di controllasi. Non era giusto coinvolgere la figlia in quella squallida storia, era una bambina troppo intelligente e sensibile e ne avrebbe risentito. Meglio sbrigarsela più tardi da sola con quello schifoso traditore.
- Che vestito vuoi metterti? – le domandò allora cercando di mostrarsi  serena.
Scelsero insieme  un elegante abitino e per farla sorridere un po’ e consolarla, Chiara non smetteva di farle notare quanto fosse carina. Poi cominciò a pettinarla per raccoglierle i lunghi capelli, come i suoi  un po’ ribelli, in un basso chignon da fermare con la reticella all’uncinetto.
- Chi è l’amichetta che ti ha invitato alla festa? – le chiese con falsa allegria.
- Ca-mi -lla – disse la bambina pronunciando il nome in quel modo per scimmiottare con molta ironia i modi affettati di costei – Quella che mi sta superantipatica assai – specificò -  Lei e Jessica Rabbit!
- Chi è Jessica Rabbit? – le domandò.
-  Sua mamma, quella che parla sempre con papà.
In qualsiasi altro momento Chiara si sarebbe divertita molto a quell’osservazione infantile così piena però di acume  perché Ilaria aveva saputo sintetizzare alla perfezione il tipo incarnato da quella donna. Ora però era troppo sconvolta per pensarci. Afferrò solo: “quella che parla sempre con papà” e sussultò violentemente. Senza volere, le tirò un po’ troppo i capelli.
- Ahi, mi fai male!- protestò la figlia che,  troppo arrabbiata per accettare le scuse della mamma, proseguì con molta veemenza -  Insomma lo volete capire tu e papà che io non ci più voglio andare a scuola di ballo  con tutte quelle stupide, vanitose e rammollite? Non mi piace ballare e soprattutto non mi piace la danza classica. Voglio fare karatè, io!
Chiara non ebbe il tempo di rispondere nulla perché entrò Massimo.
- È pronta? – chiese.
- Sì. Che fai torni a casa dopo averla accompagnata?
- No, visto che devo andare  a riprenderla verso le otto. Sarebbe  da folli attraversare due volte la città con il traffico natalizio che c’è.
- Ma che farai nel frattempo?
- Mi trattengo un po’ tra via dei Mille e via Filangieri. Devo fare delle spese e lì ci sono bei negozi.
- Vengo anch’io con te – gli disse decisa.
 - Sei pazza? A parte il fatto che mentre tu e Matteo vi preparate a Piazza dei Martiri ci arriviamo giusto domani, ma non vedi che sta piovendo a dirotto? E che facciamo, ci roviniamo il week end se non addirittura il Natale visto che il piccolo è ancora raffreddato?
Su due piedi la moglie non riuscì a trovare nulla da obiettare ed allora lui le posò un bacetto su di una guancia, prese la figlia per mano e dicendole : “ci vediamo verso le otto e trenta”, se ne andò.
- “Già, ci vediamo alle otto e trenta – pensò stizzita – ma dopo che i bambini  saranno andati a letto mi sentirai, brutto disgraziato!”  





Ah quanto sono perfida! Però, amiche mie, perdonatemi , ingarbugliare un po’ la situazione fa parte del mio gioco narrativo per farvi immedesimare nei dubbi di Chiara e farvene condividere lo stato d’animo. In effetti ho paura che la vostra reazione nei confronti di Massimo questa volta sarà ancora  peggiore perché noi sappiamo una cosa che la moglie non sa e cioè che la famigerata rivale ha organizzato proprio per quella sera la magagna e visto che lui ci va … Vuoi vedere che ha abboccato? Magari  Chiara ha avuto ragione nel pensare che anche se il suo uomo non possa amare davvero un tipo  - come l’ha definito argutamente la figlia – alla Jessica Rabbit magari una capatina nel suo letto ce la possa fare volentieri. Sarà così? Non sarà così? Starete a vedere….  Ah quanto sono perfida, quanto sono perfida!     

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Capitolo 13
*** 20 dicembre - venerdì 3 ***


Stasera voglio iniziare con un ringraziamento a tutte le mie lettrici ed uno personale ad ognuna di quelle che hanno lasciato una recensione allo scorso capitolo:

x MalyCullen , ultima arrivata della mia schiera di amiche.Voglio darti un particolare benvenuto in quanto la tua presenza, a causa della tua giovane età, è già di per se stessa un complimento per me. Non pensavo infatti che una storia così calata nella banale realtà quotidiana potesse interessare molto le ragazze più giovani. Gradisco tanto le cose che mi hai detto soprattutto quando hai lodato il mio modo di scrivere. Desidero infatti che le mie storie possano essere “viste”più che “lette”, per questo mi sforzo di trovare un modo semplice di raccontare non avendo né la bravura né la capacità di un vero scrittore.

x  XSemprenoi e Pirilla (ringraziamento unificato). Ragazze, ogni volta mi fate morire dal ridere con le vostre simpatiche recensioni. Come avete visto Chiara è incazzata nera, forse prenderà in considerazione  una delle vostre soluzioni (credo però che eviterà l’evirazione per vendetta in quanto  sia lei che io ci teniamo a Massimo: lei perché ne è la moglie, io perché l’ho creato).

X Cricri , mia piccola Cricri, mi dispiace farti soffrire, credimi, però voglio sperare che forse a te fa piacere esserti imbattuta in una di quel 1% di storie (dopo lo scorso capitolo forse ora è lo 0,50%) in cui non riesci a capire cosa succederà in seguito. Ricordati però una cosa che ti ho detto quando ti spiegavo perché non volevo continuare la storia di Massimo e Chiara e capirai che forse la mia perfidia è solo apparente.

X Faith. Mia dolcissima amica, sono belle le cose che dici del personaggio di Chiara e mi fanno capire che sono riuscita a renderla reale ed incauta come, purtroppo, siamo tanto spesso noi mogli.

X Arte, la mia commentatrice puntuale ed attenta che si sente ora spiazzata. Forse già ti ho detto che ti trovo molto in sintonia con me e ritengo che tu sia entrata  profondamente nella psicologia e nel carattere dei miei personaggi tanto che a volte penso che tu possa addirittura  giungere a  prevedere il finale.

Tutte voi avete avuto delle intuizioni giustissime d’altronde, ed allora ad una povera  autrice che cosa resta se non ingarbugliare ancora un po’ le acque?
Per cui vi posto il capitolo e vediamo cosa pensate sia successo e soprattutto ora cosa accadrà .











20 dicembre – venerdì 3
Dopo che Massimo ed Ilaria furono usciti, Chiara rimase per un po’ come imbambolata, combattuta com’era tra il dispiacere e la collera. Dovette riscuotersi quando Matteo le si avvicinò  dicendole che doveva fare la pipì. Siccome si era tolto il pannolino da poco, si affrettò ad accompagnarlo in bagno prima che succedesse l’irreparabile.
Appena entrata nella stanza da bagno, notò lo stato in cui l’aveva lasciata il marito dopo essersi fatto la doccia: appeso  malamente c’era l’accappatoio ancora umido e tutto attorcigliato, il pavimento era inondato, la vasca sporca e per giunta le forbicine con le quali si era regolato la barba erano  ancora sul lavabo dove il piccolo le avrebbe potuto facilmente prendere.
- “Aveva fretta di correre dalla sua bella, quello stronzo!” – pensò.
Ma la rabbia incontrollata che l’aveva colta non le consentiva di limitare la sua reazione solo ad un pensiero. Appena il bambino ebbe finito di far pipì, lo spostò piuttosto bruscamente di lato e cominciò a ripulire, urlando con stizza una serie di improperi rivolti al marito.
- Maledetto schifoso, – diceva – verme, infame,  porco! Si doveva fare bello ed ha lasciato tutto così, quel  farabutto vigliacco, tanto qui c’è la sua serva. Ma io non ne posso più, accidenti, non ne posso più! Io lo ammazzo quel disgraziato!
Intanto, mentre piangeva, puliva quel disastro con gesti furiosi, incapace di controllare i nervi o di stare a sentire quella vocina interiore che le diceva che Massimo era un uomo amante dell'igiene che faceva sempre la doccia quando tornava a casa dopo l’ufficio e doveva uscire di nuovo. Non era arrabbiata per il bagno in disordine, a quello ci era abituata, ma perché era convinta che lui si fosse preparato per andare ad un appuntamento amoroso. Era questo che non sopportava e  la faceva uscire dai gangheri anche  più di quanto non avrebbe dovuto fare davanti a Matteo.
Il bambino infatti era rimasto un po’ spaventato da quell’insolita reazione materna, ma poi, quando lei si era zittita e singhiozzando era rimasta solo a pulire, si era tranquillizzato. Approfittando  anzi che la mamma era distratta, aveva deciso di fare il bagnetto nel bidè al Pinocchio di legno che aveva in braccio.
Naturalmente si bagnò la maglietta fino ai gomiti e fece schizzare tutta l’acqua per terra.
In un primo momento Chiara non se ne accorse, ma quando si girò e vide quel nuovo disastro, con un grido si gettò su di lui e lo scostò con una spinta.
- Cattivo! – gli urlò mentre lo spogliava dei vestiti bagnati con modi abbastanza bruschi  - Cattivo bambino! Lo vedi che ti sei bagnato tutto? Lo vedi che hai combinato?
Non era mai stata capace di alzare una mano sui figli, ma quella volta era proprio fuori di sé e doveva sfogarsi. Afferrò l’innocente, povero Pinocchio di legno e lo scagliò con tutta la forza contro la parete di fronte. Nell’urto il giocattolo si ruppe e la sua testa rotolò per terra. Allora Matteo si divincolò e corse a raccattarlo poi si voltò verso la madre e le gridò, con la sua bella vocina infantile incrinata dal pianto:
- Cattiva tu, mamma, cattiva! "Gualda", l’hai "lotto"!
Ancora a torso nudo, la fissava adirato con la boccuccia che tremava nello sforzo di trattenere le lacrime.
Chiara fu colpita dai suoi occhi pieni di dispiacere, quegli occhi di un blu cupo che tanto rassomigliavano a quelli dell’uomo che nonostante tutto amava più di se stessa.
Le scappò un singhiozzo. Improvvisamente rabbonita, attirò il figlio a sé e, seduta  sul pavimento bagnato, lo strinse forte, baciandogli la pelle tenera e tiepida delle spallucce.
- Scusami, amore mio, hai ragione, la mamma è stata cattiva ad arrabbiarsi. Ma ora sai che facciamo? Prima andiamo a mettere una magliettina asciutta e poi lo aggiustiamo.
Gli aveva parlato con così tanta dolcezza che il bimbo, vedendola tornare quella di sempre, le sorrise e le si buttò al collo.
- Lo "aggiutti" allora? – le chiese fiducioso.
- Sì, amore, ora proviamo ad aggiustare tutto – gli rispose dandogli da tenere la testa staccata di Pinocchio poi,   con lui in braccio ed il corpo del  pupazzo rotto nell’altra mano, si avviò verso la camera da letto.
- “Ora telefono a Cristina. No, forse è meglio chiamare prima Giovanni “ – pensò – “Almeno  proviamoci ad aggiustare tutto …”



**



Massimo non avrebbe saputo dire cosa lo aveva destato, forse Chiara che si era mossa nel sonno o forse il temporale che imperversava al di là delle persiane  chiuse, ma oramai era del tutto sveglio e completamente lucido. Si mise supino e guardò l’ora riflessa sul soffitto dalla sveglia elettrica: erano le tre meno un quarto. Il pensiero della notte insonne che lo attendeva lo irritò moltissimo. Era consapevole che in quella lunga veglia lo avrebbero accompagnato molti pensieri molesti perché era assai nervoso. Inutile negare che le molteplici sensazioni e le emozioni di quei giorni avevano contribuito a renderlo tale e senza volere si ritrovò a ricordare il malumore della figlia quando il pomeriggio, per un suo personalissimo scopo, l’aveva costretta non solo ad andare a lezione, ma anche a partecipare alla festa di Camilla.
La rivedeva ancora seduta in auto sul sedile posteriore mentre ascoltava in silenzio la predica che le aveva fatto all’andata. Le aveva detto che non sempre si può fare ciò che si vuole, che si deve rispetto agli altri e che per amore delle persone a cui si vuole bene si deve anche sopportare qualche sacrificio. La bambina lo aveva ascoltato un po' imbronciata senza neanche immaginare che quel lungo discorso era rivolto più a se stesso che a lei, per contrastare quel cattivo impulso che lo spingeva invece a fare tutto l’opposto di quanto le stava dicendo.
Probabilmente non  l’aveva convinta perché quando era tornato a riprenderla verso le otto di sera, Ilaria si era riseduta in auto senza quasi rispondergli quando le aveva chiesto se si fosse divertita.
In quel momento le aveva visto sul viso la stessa espressione risentita ed ostinata  che assumeva talvolta Chiara quando era contrariata, ma non voleva manifestare apertamente il suo malumore.
Per un po’ aveva provato a parlarle, poi, visto che la figlia si era chiusa in un mutismo ostile, aveva lasciato correre ed era tornato ad immergersi nei propri pensieri.
Alla fine, a furia di rifletterci su, si  era convinto che avrebbe dovuto dire di quella cosa alla moglie,  se non altro per onestà.
Era ben deciso a farlo eppure, una volta tornato a casa, l’aveva trovata talmente nervosa che gliene era mancato il coraggio. Così aveva rimandato a dopo, magari sarebbe capitato un momento migliore. Ma per tutto il corso della serata Chiara era stata così affaccendata che questo momento non era mai venuto ed infine, visibilmente sconvolta dalla stanchezza, era andata a coricarsi, addormentandosi subito.
Forse per questo adesso lui non poteva dormire, per quel peso che sentiva sul cuore  di cui non si era  potuto sgravare.
- “Non sarebbe stato giusto però buttarlo sulle sue spalle solo per liberarsene.   Questa poverina ha già tante cose a cui pensare ed è così stanca e stressata. Era inutile metterle in testa un tarlo che magari le avrebbe fatto solo inutilmente male”  – pensò mentre si rigirava nel letto.
Massimo sentiva molto il bisogno di un po’ di tranquillità. Voleva assolutamente  ritrovare se stesso e quell’equilibrio interiore che negli ultimi tempi aveva vacillato non poco. La cosa migliore sarebbe stata quindi  non pensarci più e magari godersi in santa pace le feste di Natale ed il periodo di riposo dal lavoro.
All’improvviso si ricordò che tra un paio di giorni sarebbe arrivata la madre e provò una sensazione di sollievo a quel pensiero. Ancora oggi, benché  oramai già così adulto,  gli piaceva confidarsi con lei perché era dolce e saggia. Le avrebbe raccontato tutto e chissà se ancora una volta Caterina non avrebbe saputo dargli qualche ottimo consiglio. Gli voleva bene e ne voleva anche molto a Chiara. Di sicuro, nella sua sensibilità, avrebbe saputo suggerirgli cosa fare.
Un po’ rassicurato si voltò su di un  fianco verso la moglie che dormiva tranquilla, il capo completamente coperto dalla trapunta perché faceva piuttosto freddo. Anche lui se la tirò sul viso e poi provò a riaddormentarsi.

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Capitolo 14
*** 21 dicembre - sabato 1 ***


21 dicembre – sabato
Il sabato mattina c’era stata molta agitazione nella piccola famiglia Corona. Si erano dovuti preparare tutti insieme senza contare che Ilaria, assai eccitata per la recita, aveva fatto un sacco di storie per far colazione e vestirsi. Poi c’era stato anche Matteo da svegliare più presto del solito, cosa non certo facile.
Chiara aveva fatto una dannata corsa, ma poi, mentre Massimo era intento ad incollare un’ala al costumino da angelo che si era staccata quando Ilaria lo aveva indossato, aveva trovato anche il tempo di andare a mettere nel portabagagli dell’auto i due borsoni che aveva preparato la sera precedente.
Finalmente alle otto partirono alla volta della scuola.
Lì c’era un’atmosfera di festa: la saletta dove si sarebbe tenuta la rappresentazione  era piena di addobbi natalizi, le sedie erano state già allineate (quelle riservate ai genitori dei piccoli attori in prima fila) e c’era un tavolo rivestito di una bella tovaglia rossa dove erano stati preparati i dolci e le bibite portati dalle mamme per il piccolo rinfresco di augurio che si sarebbe tenuto dopo.
Chiara, dopo aver salutato qualche conoscenza, andò a posare anche lei su quel tavolo la ciambella che aveva preparato la sera precedente e poi andò a sedersi accanto a Massimo, prendendogli Matteo dalle braccia per farlo sedere sulle proprie ginocchia.
Si sentiva molto agitata e sperava ardentemente che le cose andassero come aveva programmato. Per questo motivo ogni tanto si girava indietro a scrutare le sedie dove si sarebbero seduti gli altri parenti. Dovette farlo per due o tre volte prima di scorgere il faccino grazioso e sorridente della nipote Martina che ricambiando il suo sguardo le fece ciao ciao con la mano. Anche Cristina, seduta accanto alla figlia, le sorrise e le strizzò l’occhio in un cenno d’intesa.
Poi la recita cominciò e mentre i bambini si esibivano sul piccolo palcoscenico, Chiara lanciò di sottecchi uno sguardo al marito. Era tranquillo e sorridente.  Il bel volto illuminato da un sorriso non lasciava trasparire alcuna preoccupazione. Possibile che una cosa infame quale un tradimento coniugale lo lasciasse tanto indifferente? Eppure sembrava proprio felice, anzi, quando toccò ad Ilaria recitare una lunga parte, lui posò una mano sulla sua  che teneva adagiata sulla gambetta di Matteo e gliela strinse forte, con emozione. Si girò a guardarlo. Anche Massimo si voltò verso di lei e le fece una smorfia di soddisfazione, sprizzando orgoglio da tutti i pori per quella loro figlioletta così brava e graziosa  che nel suo costumino di raso blu costellato di stelline e con le aluccie di piume bianche sembrava davvero un angioletto.
Ad un tratto Chiara, nonostante tutto,  si sentì felice perché quello che lei e Massimo avevano creato, nessuna altra donna avrebbe mai potuto portarglielo via.
Quando, in un’accurata scenografia, una tenda dorata si scostò per lasciar apparire i bambini che interpretavano la Sacra Famiglia, Matteo che era stato zitto ed attento fino a quel momento, urlò con la sua vocina argentea nel silenzio della sala:
- Ma quello è Simone, non è Gesù Bambino!
Aveva riconosciuto il fratellino di un’amichetta che conosceva benissimo  e la sua indignazione per quell’imbroglio era stata così autentica e spontanea che mezza sala era scoppiata a ridere.
La mamma se ne sentì un po’ in imbarazzo, ma non il papà che lo prese in braccio e lo baciò, mormorando con orgoglio:
- Bravo, figliolo, così si fa: non lasciare mai che ti prendano per fesso!

                                                                                                                **


Dopo la recita ed il piccolo rinfresco, Chiara si trattenne in compagnia di Cristina per andare a fare gli auguri alle maestre. Massimo invece, con Martina e Cristiano che portavano per mano il piccolo Matteo, si avviò verso l’auto parcheggiata proprio di fronte alla scuola.
I nipotini gli camminavano davanti e lui li guardò con affetto. Erano passati otto anni ormai da quando li aveva incontrati per la prima volta ad Ischia ed ora erano diventati due bei quattordicenni.
- “Certo che le femmine crescono molto prima. Guarda un po’ là Martina! – pensò osservando la ragazza  - sembra già grande mentre il fratello pare ancora un ragazzino. Povero Riccardo – pensò ancora con un po’di maligno divertimento – un’altra donna da tenere sotto controllo … “
Però, mentre sogghignava, si ricordò che anche sua figlia tra qualche anno sarebbe stata così e sentì svanire di colpo tutta la perfidia al pensiero di quelle che sarebbero state anche le sue probabili reazioni nei confronti della “sua bambina” che diventava grande.
Quando raggiunse i due ragazzi, sentì Martina che chiedeva a Matteo:
- Allora, sei contento di stare due giorni con noi?
Stupito, le chiese cosa mai stesse dicendo.
- Mamma mi ha detto che lui e Ilaria staranno con noi questo week-end perché tu e zia Chiara andate fuori.
- Sei tu ad essere fuori, ragazza mia – le disse scuotendo la testa.
- Non l’hai sentito anche tu? – domandò la ragazza al fratello  che assentì annuendo.
- Secondo me vi sbagliate: quello che ci aspetta ora è una bella spesa al supermercato, le pulizie di casa e se proprio saremo in vena di follie, una serata in pizzeria non più tardi delle otto perché poi i piccoli devono andare a dormire – commentò con sarcasmo.
In quel momento furono raggiunti da Cristina e Chiara. Quest’ultima andò al portabagagli dal quale trasse un borsone che passò alla sorella dicendole che dentro c’erano i ricambi per i bambini.
- Ma che è ‘sta storia? – le domandò il marito.
Per lei rispose la sorella:
- Verranno a stare da me questi due giorni – poi, nel vederlo fare una faccia strana, aggiunse – Che c’è, non ti fidi? Tranquillo, staranno benissimo, non è vero Ilaria?
La bambina era entusiasta perché le piaceva molto stare con i cugini e senza neanche curarsi del padre che era rimasto basito, si avvicinò alla zia e le diede la mano per andar via con lei.
- Posso dare i fagioli a Matteo? – chiese Cristina a Chiara.
- Sì, ma devi farglieli passati  – le rispose questa  e con la massima naturalezza baciò i figli ed i nipoti prima che si allontanassero tutti  assai contenti.
Anche Massimo li aveva baciati, ma non riusciva a riprendersi dallo stupore. Rivolto alla moglie, ripeté:
- Che è ‘sta storia?
- Niente – gli rispose lei accomodandosi in auto – ce ne andiamo a passare due giorni fuori, io e te da soli.
- E dove andiamo?
- Al Monte Faito.
- In montagna? Ma non siamo attrezzati!
- Non è molto  alta, saranno 1100 o 1200 metri. Quello che indossiamo andrà benissimo e poi ho portato qualcosa di più pesante.
- Ma dov’è questo posto? Non ci sono mai stato.
- Tu no. Ci sono stata io molte volte. Giovanni ha una villetta lì e ce la presta per due giorni.
- E la spesa al supermercato?
- L’ho fatta con mia sorella.
- E la casa da pulire?
- La casa è pulita.
- Ma perché non mi avevi detto niente? – protestò ancora, perplesso.
- Era una sorpresa. Ma insomma, se non ti va, non ti preoccupare, sai. Stai facendo una faccia! – gli disse irritata e timorosa che i suoi progetti andassero in fumo.
Invece Massimo le sorrise.
- No, per carità, mi va eccome! Solo che da te, scusami, ma certe sorprese non me le sarei mai aspettate.
Mentre il marito metteva in moto l’auto, Chiara girò il viso verso il finestrino per non mostrargli la sua apprensione. Era preoccupata. Che volevano dire quelle parole? Che lei era un tipo monotono e prevedibile? Che si annoiava a stare con lei? Forse davvero non l’amava più ed aveva un’altra. Forse non era giusto, ma era così. E lei ancora lo amava o piuttosto non lo detestava dopo che il sospetto orribile del suo tradimento si era quasi trasformato in certezza? Aveva dovuto fare uno sforzo immenso la sera prima per controllare il proprio risentimento, per non aggredirlo, per non gettargli in faccia tutto il proprio disprezzo. Ma anche se si sentiva offesa e tradita, voleva dare un nuova chance al loro rapporto. Aveva programmato quei due giorni nei minimi particolari. Al di là di tutto, desiderava davvero stare un po’ con Massimo per vivere qualcosa al di fuori della routine di ogni giorno e capire se tra loro ci fosse ancora il sentimento  che li aveva uniti otto anni prima. Per farlo aveva bisogno dell’atmosfera giusta e l’ isolata casa di montagna dove starsene un po’ tranquilli a ritrovare un po’ di intimità li avrebbe aiutati ad aprirsi, a mettersi alla prova, a parlare, magari anche della sbandata di lui. Era il posto ideale per affrontare la piega che stava prendendo il loro matrimonio, bella o brutta che fosse.  
Sospirò e provò a convincersi che tutto sarebbe andato per il verso giusto.






Ecco qui cosa ha deciso di fare Chiara. So che parecchie di voi non saranno d’accordo con questa scelta così “pacifista” ma lei è fatta così, la conoscete,  è troppo prudente e riflessiva per lasciarsi trascinare unicamente  dalla rabbia. In fondo è una donna innamorata che vuole provare a capire e possibilmente a riaggiustare tutto. Ci riuscirà? Non ci riuscirà? Tutto dipende da come si svolgerà questo week end. Potrebbe diventare  l’occasione per massacrare un marito, per far scatenare il diluvio universale  o per affrontare un colloquio chiarificatore. O magari per trascorrere qualche ora in cui va tutto bene nel qual caso, per dirla con Cricri, non credo che si offenda nessuno. Non è  vero?
A proposito di questo, vi è piaciuta la recita di Ilaria? È solo un momento di serenità che ho voluto raccontarvi ma può essere anche una chiave di lettura per capire il rapporto di questi coniugi. Entrambi amano teneramente i figli e questo è sempre un buon punto di partenza.
Grazie per le recensioni. Siete tutte troppo troppo care e simpatiche.

 


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Capitolo 15
*** 21 dicembre - sabato 2 ***


21 dicembre – sabato

L’auto, sfrecciando sull’autostrada libera dal traffico, era arrivata in costiera e si cominciava già a scorgere il mare in lontananza. La pioggia del giorno precedente era cessata del tutto e c’era uno splendido sole quasi primaverile che faceva brillare ogni cosa di una luce allegra. Ben presto una strana euforia cominciò a pervadere entrambi,   quasi come se fossero due ragazzini che avevano marinato la scuola e si stavano concedendo una insolita vacanza.
A mano a mano che si allontanavano dalla città, si sentivano ambedue più leggeri, più felici, meglio disposti l’uno verso l’altra. Era proprio questo che Chiara aveva desiderato e con molta vivacità raccontava al marito i giorni felici che da ragazza aveva trascorso nel posto in cui stavano andando.
Quando seppe che dovevano passare per Vico Equense, Massimo si ricordò che lì c’era un ristorante in cui andavano talvolta con gli amici.
- Andiamo a farci la pizza a metro? – le chiese.
- Conoscendoti, dovremmo andarci a fare la “pizza a chilometro”! – gli rispose.
Al che Massimo le disse, un po’ risentito:
- Ma dai, eravamo in otto quella sera, mica ne potevamo prenderne tre centimetri a testa!
Chiara aveva voluto solo scherzare, ma si rese conto che invece lui si era subito ricordato del litigio che avevano avuto l’ultima volta che erano stati a Vico. Ci rimase male perché pensò che forse  quelli che per lei erano solo piccoli dissapori coniugali per il marito invece erano cose ben più importanti che lasciavano il segno.
Forse l’uomo se ne accorse oppure no, fatto sta che si volse verso di lei e con un sorriso le disse:
- Ti prego, andiamoci. Anche se quella pizza mi piace tanto, prometto che farò il bravo e ne mangerò poco poco. Te lo giuro.
Per suggellare il giuramento, si baciò le due dita congiunte nello stesso gesto che faceva tante volte Ilaria e la guardò con l’aria supplichevole, tanto che lei si mise a ridere.
- E poi l’altra volta ci ho messo tre giorni a digerire tutta la pizza che avevano lasciato gli altri! – ammise.
Nel dirlo aveva fatto una smorfia colpevole come un bimbo consapevole della marachella commessa. Era bellissimo e simpatico come al solito e Chiara pensò, suo malgrado: “Ma come si fa a non amare uno così?”


                                                                                                        **



Ancora di più la calma di quel giorno si concretizzò nell’accogliente ristorante in cui gustarono una pizza davvero squisita. Telefonarono anche a Cristina e si tranquillizzarono sentendo la vocina di Ilaria la quale, tutta contenta, raccontò che stavano addobbando un abete vero insieme a zio Riccardo. Andava tutto bene ed era tutto bellissimo per cui si rimisero in viaggio ed arrivarono a destinazione in uno stato d’animo di tale serenità che non fu turbato neanche dal fatto che Chiara, dopo tanti anni, non si ricordava minimamente dove fosse la villetta che Giovanni aveva ereditato dalla zia.
Massimo non si arrabbiò neanche un poco, anzi, si mostrò molto contento di girare per le belle stradine di monte Faito costeggiate da boschi di faggi, lecci e castagni che non avevano perso ancora il fogliame tinto di rosso dall’autunno. Faceva freddo,  non tanto da dare fastidio, ma abbastanza da far venire voglia ai due giovani di bere qualcosa di caldo. Così si fermarono in un bar dove presero un caffè con la panna ed ebbero anche preziose indicazioni per trovare finalmente il gruppo di villette dove c’era pure quella che cercavano.
Quando entrarono infine nella casetta, Chiara si rese conto che lì era tutto cambiato. Ora si vedeva la mano di Giovanni perché quella che una volta era stata solo una semplice stanza, era divenuta un raffinato living arredato in un caldo stile country nel quale troneggiava un bel camino in  pietra naturale. Scambiandosi uno sguardo di soddisfazione,  continuarono ad esplorare la casa che comprendeva anche un’ampia ed attrezzata cucina, un raffinato bagno ed altre tre camere da letto. Una soltanto però era preparata ed i due giovani entrarono per controllarla.
Aveva un grande balcone che Chiara aprì verificando che dava su un terrazzo a livello sul quale erano stati sistemati un dondolo ed alcune sedie a sdraio.
- È tutto diverso da come me lo ricordavo – commentò rientrando in casa con un brivido di freddo – si vede che Giovanni l’ha ristrutturata e l’ha arredata proprio con amore.
- Ritengo che adesso ci toccherà darci da fare con le pulizie – osservò Massimo.
- Perché? Non ti sembra pulito?
- A me sì, ma non sei tu quella che ogni volta che andiamo da qualche parte deve di nuovo ripulire tutto da cima a fondo “per igiene”? – le domandò con la manifesta intenzione di prenderla in giro per la sua mania di pulizia.
- Che fai, sfotti?  - gli chiese piccata  - Fammi il piacere, piuttosto, controlla se il letto è fatto – aggiunse notando che stava  proprio lì accanto.
Lui sogghignò divertito mentre sollevava la trapunta che lo ricopriva.
 – Accidenti! – esclamò – Lenzuola di seta! Si vede bene che qui ci sta la mano di Giovanni! Solo lui può avere simili finezze. Fosse stato per te ci avresti schiaffato le lenzuolona di flanella e via…
Questa volta Chiara si sentì davvero dispiaciuta per quegli scherzi. Si avvicinò anche lei e dopo aver gettato uno sguardo alle preziose lenzuola color oro perfettamente intonate alla coperta, mormorò mortificata:
- Sono proprio così terribile io?
Per un momento le venne l’orribile sospetto che tutto quello che forse era successo era stato anche per colpa sua. Per tanti anni aveva lasciato alle sue manie di prendere il sopravvento, non era riuscita, come si era ripromessa all’inizio della loro storia, ad essere meno rigida ed intransigente con sé e soprattutto con gli altri… Probabilmente lui si era stancato, per questo stava cominciando a cercare distrazioni altrove.
Nel vederla dispiaciuta, Massimo invece si preoccupò  di averla involontariamente ferita. La prese tra le braccia e poi le sollevò il mento con due dita per farsi guardare in volto.
- Terribile no – le disse continuando lo scherzo – diciamo che sei un po’ rompiscatole. Anzi, come dice Roberta, sei un po’ ”grillo parlante”.
La donna  sapeva che anche Roberta, la sua vecchia amica d’infanzia, voleva scherzare quando la chiamava così, ma non poteva dimenticare le risate che Massimo si era fatto sin dalla prima volta che glielo aveva sentito dire, quasi a conferma che anche lui la riteneva pedante e noiosa. Allora se ne era sentita molto amareggiata ed anche ora lo era.
- Siete cattivi! – mormorò con una smorfia dispiaciuta. Era sul punto di piangere e sapeva che se si fosse lasciata trasportare dai sentimenti dopo la delusione sarebbero arrivate le recriminazioni e la rabbia. Ed allora sarebbe stato tutto inutile, non sarebbe riuscita a fare quello che invece si era prefissa.
Però in quel momento lui la strinse forte tra le braccia e cominciò a riempirle tutto il viso di teneri bacini.
- Ehi, amore, – la coccolò  – non te la prenderai mica per questi scherzi, vero? E poi, anche se ti prendiamo in giro, siamo anche disposti ad ammettere che è solo grazie alla tua saggezza se stiamo tutti meglio. Non sarebbe opportuno, infatti, in una casa di montagna usare le lenzuola di flanella piuttosto che stare a gelarsi le chiappe tra le lenzuola di seta?
Chiara lesse una grande sincerità nei suoi dolcissimi occhi chiari. Tanta tenerezza la rasserenò. Ricambiò la sua stretta affettuosa e gli poggiò la guancia sul morbido maglione di cachemire che odorava del suo  buon profumo.  No, non doveva rinunciare al suo progetto di provare a riaggiustare tutto e per farlo aveva bisogno di creare l’atmosfera giusta.
- A proposito di gelarsi le chiappe: che ne dici, proviamo ad accendere il fuoco nel camino? - gli domandò allora.






Come vedete alla fine Chiara si sta comportando proprio come voi le avreste consigliato di fare ed in più si sta facendo anche un profondo esame di coscienza. Ora bisogna solo capire se Massimo è colpevole di tradimento o no. Già sento spezzare qualche lancia in suo favore… Per ora non possiamo che fare supposizioni in base al suo comportamento. Stiamoli a guardare e magari godiamoci anche noi un po’ di atmosfera. Vi va il programma?

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Capitolo 16
*** 21 dicembre - sabato 3 ***


21 dicembre – sabato

Un camino acceso è sempre qualcosa di molto piacevole sia se ci si sta davanti in compagnia di tanti amici sia se si è solo in due. Massimo e Chiara, dopo aver armeggiato un po’ per accenderlo, stettero parecchio tempo accoccolati sul divano di fronte alla fiamma che illuminava di un caldo riverbero la stanza ormai immersa nelle tenebre della sera. Ad un certo punto però la donna si mosse annunciando che andava a preparare la cena.
- Vengo ad aiutarti – le disse il marito.
- No, faccio da sola, grazie.
- Mi dispiace, vorrei che almeno qui ti riposassi – le disse.
Per tutta risposta lei gli sorrise ed  accese una lampada.
- Fammi qualcosa di leggero però, non perdere tempo – la invitò.
- Non preoccuparti, ho in mente una sorpresa – gli mormorò avvicinandosi di nuovo a lui e chinandosi a poggiargli un bacino su di una guancia.
- Sorpresa? E cosa mi prepari, sentiamo.
- Se è una sorpresa come faccio a dirtelo? Tu che vorresti? – gli chiese.
-  Che so … una bella  amatriciana, delle penne con i funghi e la salsiccia o magari due gnocchi alla sorrentina – le rispose.
- Meno male che volevi mantenerti leggero! – lo prese in giro ridendo – Lascia fare a me, golosone!
- Dai, vengo ad aiutarti.
- No, ti ho detto di no. Resta qui a  leggere il giornale e rilassati. Anche io lo farò: ho portato quel bagno schiuma alla mirra che mi hai regalato al mio compleanno e che non ho ancora usato. Dopo aver cucinato, andrò a farmi un bagno come quelli che facevo una volta.
- Accidenti, allora mi conviene andare a fare la doccia ora – scherzò il marito – se entri in quel bagno non ne esci più, ti conosco.
Per tutta risposta Chiara gli fece una smorfia e poi si allontanò.




                                                                                                                      **


In effetti Massimo ebbe il tempo di farsi la doccia, di leggere per intero il giornale e fare anche una telefonata ai genitori. In previsione della loro prossima partenza per Napoli, i suoi due fratelli e la sorella erano andati a trovarli con le rispettive famiglie per festeggiare insieme il Natale in anticipo. Ne approfittò per parlare anche con loro e quindi la telefonata fu piuttosto lunga.
Si stava già chiedendo che fine avesse fatto la moglie quando si aprì la porta e spuntò il carrello porta vivande. Su di esso c’erano disposte in bella mostra diverse pietanze succulente. Notò che c’erano tartine al salmone ed altre al caviale, dei vol-au-vent , chicchi d’uva e parmigiano e dei medaglioni d’aragosta in gelatina. Una bottiglia di Moet Chandon faceva capolino dal secchiello del ghiaccio.
Rimase qualche istante stupito a guardare quelle insolite raffinatezze ma appena entrò la moglie la sua attenzione si puntò su di lei. Aveva indossato una camicia da notte che a lui piaceva molto. Era di raso,  lunga, rossa, con un delicato pizzo che le velava il seno ed un profondo spacco dal quale le si intravedevano le belle gambe velate dalla calze autoreggenti.
- Ehi, questa sì che è una sorpresa! Adoro quando indossi questa … – riuscì a mormorare soltanto.
Chiara gli sorrise e si avvicinò con il carrello, accoccolandosi sul tappeto di fronte a lui che stava seduto sul divano.
- Nessuna sorpresa, purtroppo, la conosci già bene. Volevo comprarmi qualcosa di nuovo ma poi non ne ho avuto il tempo.
- Sarà perché la conosco che oramai mi fa lo stesso effetto che farebbe a un toro? – le domandò allungando le mani per afferrarla.
Lei però si scostò, con una risata.
- Ancora? – gli chiese con civetteria – Anche ora che mi sono fatta vecchia e brutta? Guarda come mi sta stretta oramai!
- Sei bellissima invece, anzi, così prosperosa sei ancora più arrapante  – le sussurrò con passione mentre cercava di agguantarla.
Ma la donna si divincolò di nuovo.
- Mangiamo prima … Non vuoi assaggiare tutte queste buone cose?
- Dopo … ma quando le hai comprate? – le chiese ad un tratto, piuttosto stupito.
- Oh, non sono stata io! È stato Giovanni. Non l’hai detto proprio tu che lui ha una mano speciale in queste cose che io non ho?
- Sarà, ma tu hai qualcosa di molto speciale che lui non ha – le disse carezzandole il seno.
Se la tirò addosso quasi con la forza, vincendo ogni resistenza perché era troppo eccitato per aspettare ancora.
Con una risata lei gli si mise a cavalcioni e Massimo le carezzò il viso, scostandole i capelli sciolti.
- Se me lo dicevi però, mi sarei messo anch’io qualcosa di sexy – scherzò senza smettere di toccarle i seni ed i fianchi.
- Tu non ne hai bisogno. Basta fare questo e sei già sexy come di più non si può.
Dicendolo, Chiara aveva afferrato i lembi della sua maglietta e gliel’aveva sfilata. Lui, che aveva alzato le braccia per assecondarla, rimase a petto nudo.
Certo gli addominali non erano scolpiti ed ormai aveva un po’ di doppio mento, ma era comunque ancora un bellissimo uomo.  La donna provò un lungo brivido nel notarlo e si chinò su di lui a baciargli il viso, il collo e poi scese giù sul petto e sull’addome, godendo del contatto con la sua pelle tiepida, morbida, profumata.
Per un po’ Massimo si abbandonò alla dolcezza di quei baci poi le affondò una mano nei capelli e le fece sollevare il viso per guardarla. Si avvide che nei grandi occhi neri insolitamente truccati le brillava una luce di lussuria che lo eccitò molto. Non se ne meravigliò perché conosceva la sua donna e sapeva perfettamente quanto fosse calda ed appassionata. Però sapeva anche che la sua sensualità non era manifesta o sfacciata, ma era come un gioiello prezioso e raro che lei donava solo a chi amava, un tesoro nascosto celato in uno scrigno di cui nessuno, al di fuori di lui,  possedeva la chiave.
Tremando d’emozione e d’amore, le si accostò e le baciò la bocca.





Come avete appena visto i nostri due sposini  sembrano aver ritrovato l’atmosfera giusta. Ed allora, zitta zitta per non disturbarli, li lascio fare, tanto ci sono ancora due giorni (vi ho preannunciato che questa vicenda sarebbe durata otto giorni, ricordate?) per affrontare la questione “ tradimento” e l’eventuale evirazione che, ne sono certa, in questo momento Chiaretta non gradirebbe affatto prendere neanche  in considerazione. Le date torto?


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Capitolo 17
*** 22 dicembre - domenica ***


22 dicembre – domenica


Nell’aprire il balcone, Chiara notò che era una giornata fredda ma bellissima, tersa e soleggiata. Respirò l’aria pulita della montagna e ne aspirò a pieni polmoni il profumo fino a sentirsene rinvigorita. Solo allora si voltò a guardare nella camera il letto dove ancora Massimo stava dormendo. Con un sorriso di tenerezza rientrò nella stanza, riprese il vassoio con la colazione che aveva posato sul comò e lo mise sul letto.
- Amore – gli sussurrò  con dolcezza – amore, svegliati.
- Noooo,  lasciami dormire ancora un po’, ti prego – bofonchiò Massimo ancora nel sonno.
- No, dormiglione, svegliati. Abbiamo tante cose da fare.
Con un sospiro l’uomo si alzò a sedere in mezzo al letto, gli occhi ancora mezzo assonnati. Stette qualche minuto così poi sorrise tra sé.
- È vero, abbiamo tante cose da fare – disse ed afferrò di colpo la moglie costringendola a sdraiarsi accanto a lui.
Chiara si difese ridendo da quello scherzoso assalto che riuscì a fermare solo facendogli notare che stava rischiando di far cadere tutta la sua colazione per terra. Così lui la lasciò andare e si accinse a servirsi delle cose buone che la moglie gli aveva preparato.
- Allora, mi dici che abbiamo di più importante da fare che non restare a letto a fare all’amore? – le domandò, storpiando un po’ le parole perché aveva la bocca piena di cornetto al cioccolato.
- Siamo venuti sin qui e tu vorresti rimanertene rintanato tutto il giorno?  – gli chiese a sua volta lei - Tanto valeva che restavamo a casa, allora.
- A casa non lo avremmo fatto così… - le sussurrò allusivo cercando ancora di tirarsela contro.
- Su smettila, finisci di far colazione e preparati. È una giornata bellissima, Andiamo a fare una passeggiata per i boschi. O preferisci andare a Sorrento? Di qua non è lontano, possiamo andarci e ritornare per ora di pranzo.
Il marito smise di scherzare e si mostrò subito interessato ai programmi per quella loro giornata di insolita vacanza.
- Facciamo l’una e l’altra cosa – propose – voglio dire: prima andiamo a fare una bella passeggiata qui intorno poi ce ne andiamo a Sorrento. Non torniamo per pranzo però, rimaniamo lì, magari andiamo al “nostro” ristorante.
Massimo si riferiva al locale dove Chiara l’aveva condotto quella lontana domenica di settembre quando si erano appena conosciuti e non ancora si erano messi insieme. In effetti era un posto dove in seguito erano tornati spesso, ogni volta richiamando alla memoria i turbamenti di allora per paragonarli alla serenità che invece alla fine avevano trovato. Era il loro posto magico e la donna si mostrò felicissima di andarci.


                                                                                                               **
Fecero una bella passeggiata fermandosi anche parecchio su al belvedere dal quale si godeva una splendida vista del golfo di Salerno e di quello di Napoli in lontananza. Arrivarono anche alla sommità del monte dove c’era la chiesetta di San Michele e alla sorgente della Lontra. Camminando spesso abbracciati in quell’oasi di tranquillità e di pace, si sentivano felici come se tutte le inquietudini ed i problemi che li avevano accompagnati soprattutto negli ultimi giorni fossero lontani oramai anni luce. Approfittando della solitudine dei luoghi, ogni tanto si fermavano e si scambiavano un bacio,  quasi come se fossero stati dei fidanzati e non  coniugi di vecchia data. Presto però si stancarono un po’ della solitudine ed allora presero l’auto per andare a Sorrento.
La cittadina era addobbata a festa e piena di animazione per il Natale in arrivo. Purtroppo trovarono chiuso il “loro” ristorante ma quello in cui pranzarono fu altrettanto buono ed accogliente e Massimo potette togliersi anche la voglia di mangiare gli gnocchi alla sorrentina che gli era rimasta dalla sera prima nonostante la raffinata cenetta.
Dopo ebbero l’idea di andare alla solita gioielleria dove furono accolti con il consueto calore dal proprietario e dove finalmente Chiara si liberò dall’incubo di finire di comprare le strenne natalizie perché, con l’aiuto del marito, scovò dei deliziosi oggettini in argento da donare alla sorella e alle cognate.


                                                                                                                    **

Quando tornarono al villino era quasi il crepuscolo. Accesero immediatamente il camino e poi restarono a godersi il calore del fuoco abbracciati.
- Come sto bene! – esclamò Massimo ad un tratto posando un bacio sulla fronte della moglie  che, semidistesa sul divano,  gli teneva il busto poggiato sul petto e lo circondava con le braccia.
Chiara intanto pensava che forse era venuto il momento di chiedergli di quella storia della Scattini. Però, nel vedergli gli occhi pieni di serenità brillare alla luce della fiamma, gliene mancò il cuore. Non voleva rovinare quel momento magico anche perché sapeva con certezza che per nessun motivo al mondo avrebbe potuto rinunciare al suo uomo, neanche per una cosa orribile come un tradimento. Se lui le avesse detto che continuava ad amarla nonostante la passata debolezza, lo avrebbe di sicuro perdonato. Allora non era meglio forse cercare di capire se ancora ci teneva a lei piuttosto che rievocare la figura odiosa della rivale?
Con grande dolcezza gli carezzò il viso e gli chiese:
- Davvero stai bene con me, amore? Riesco a renderti felice?
- Oddio, sei un po’ bisbetica, ma tutto sommato non sei malaccio ed i momenti belli me li hai saputi sempre dare nonostante la tua natura di strega! – le rispose lui, non resistendo alla tentazione di scherzare come al solito.
Però Chiara non si arrabbiò, anzi, stringendolo ancora più forte gli propose un gioco:
- Davvero? Dimmene qualcuno…
- Beh, vediamo … Quando ci siamo conosciuti .
- Mhm! Banale! – mormorò con una smorfia, fingendosi delusa.
- Allora quando venni da te per dirti che ti amavo. Nonostante avessi passato l’inferno per arrivare a casa tua, dopo fu bellissimo, compreso quel magnifico sartù di riso che tirasti fuori come d’incanto. “Una strega che prepara simili intrugli non devi lasciartela scappare” ricordo che mi dissi!
Nel vederla sorridere, le chiese a sua volta:
- E tu quali momenti ricordi?
- Quando mi portasti a Bologna a conoscere i tuoi. Ero così intimidita e timorosa! Ma poi mi accolsero tutti con tanto calore, soprattutto tua madre, che mi sentii subito amata.
Massimo sorrise contento.
- E ti ricordi il giorno che facesti il test per vedere se eri incinta di Ilaria? – le chiese.
- Oh sì – rammentò lei – tu te ne stavi fuori dalla porta del bagno e mi chiedevi ogni cinque minuti: “Hai fatto? Cosa è uscito?”
- Già e dopo ci mettemmo a ballare il tango.
- Mi ricordo anche quando ci siamo sposati. Com’era bella quella chiesetta di campagna!
- Perché l’agriturismo dove dopo andammo tutti a pranzare non era bello? Ti ricordi quella grande tavola a ferro di cavallo e quel tipo che suonava la fisarmonica?
Oramai erano presi dal vortice della memoria e Chiara continuò:
- Rammenti quando nacque Matteo ed andammo in clinica?
- Sì, andammo a salutare la nostra vicina ed Ilaria le disse: “Ciao, signora Teresa, noi andiamo a partorire!”
Chiara rise e poi si strusciò con tenerezza contro il marito.
- Quella sera fu bellissima. Stemmo insieme per la prima volta noi quattro: la piccola teneva in braccio Matteo tutta contenta e tu li sorreggevi tutt’e due – commentò.
Anche Massimo si sentì travolgere dalla tenerezza al ricordo e poi si rammentò di un’altra cosa:
- La nascita di quel bambino ha avuto qualcosa di magico sin da quando l’abbiamo concepito.
- Parigi! – esclamò lei – Come eravamo felici io e te, lì in quella città magica, mentre Ilaria era con i nonni a Eurodisney. Che meraviglia quei giorni…
.. E quelle notti – soggiunse lui, allusivo – Dai facciamo un altro gioco: ricordiamoci delle volte più belle che abbiamo fatto all’amore.
- Per me è bella ogni volta – affermò la donna.
- Anche quelle durante le quali pensi alla lista della spesa o al bucato da stendere? – la prese in giro.
Lei gli diede uno schiaffetto sulla spalla.
- Bugiardo! Non è vero – protestò.
Lui si mise a sghignazzare.
- Dai, scherzavo: a letto sei una donnina meravigliosa, te l’assicuro. Però non intendevo riferirmi alle volte “normali”, volevo parlare di quelle che vale davvero la pena di ricordare.
- Ieri sera? – propose allora la donna.
- Mhm! Banale! – le rispose con la stessa smorfia e le stesse parole che aveva usato lei.
- Allora quella volta che venisti da me per dirmi che mi amavi.
Lui la guardò, sinceramente  stupito.
- Proprio quella volta che non riuscii neanche a farti …?
- Ti rifacesti egregiamente nel corso della giornata – lo interruppe ridendo – Dai, tocca a te ora.
- Vediamo, vediamo… - Massimo finse di pensarci su,  poi, con un sorriso malandrino si chinò su di lei -  La prossima! – concluse esultante.
- Non vale!
- Tu fammi fare e poi vediamo se vale o no.
Intanto le aveva infilato le mani sotto il maglione e dopo aver incontrato la carne nuda, la stava accarezzando con molta sensualità. Chiara tentò per un po’ di difendersi scherzosamente, giusto per eccitarlo di più, ma poi lei stessa lo fu talmente tanto che si abbandonò all’amore con tutta se stessa.





Vi confesso che questo è il capitolo che mi è piaciuto di più scrivere forse perché  è stato bello immedesimarsi nell’atmosfera di serenità e di amore che si è venuta a creare tra Massimo e Chiara. E poi mi ha dato anche il pretesto per farvi, con delle brevi pennellate, il riepilogo delle cose che ho immaginato fossero successe ai miei due protagonisti da quel giorno che li lasciammo sul terrazzo di casa fino a quello in cui li abbiamo ritrovati. Certo sono solo le cose più salienti, ma credo che ormai li conosciate abbastanza per immaginarvene voi stesse delle altre. D’altronde non è necessario usare troppo l’immaginazione, basta vivere per sapere che in ogni esistenza, la mia, la vostra, quella di ognuno, ci sono sempre  piccoli e grandi avvenimenti, a volte belli, a volte, purtroppo, anche brutti. Di sicuro anche i coniugi Corona avranno passato momenti poco piacevoli negli ultimi otto anni ma a me è piaciuto far inventare loro un gioco in cui ricordavano solo quelli belli. Sono sicura, infatti, che se ogni coppia ogni tanto riuscisse a tirare fuori dalla magica scatola dei ricordi  gli istanti più significativi della loro vita in comune, forse riuscirebbe a scoprire che tutto l’affetto, l’entusiasmo, il desiderio di stare insieme che una volta li avevano uniti,  almeno in moltissimi casi non sono andati perduti,ma sono stati solo dimenticati. Naturalmente questa è  solo l’opinione di una vecchietta rincitrullita con la testa “vuoto a perdere” ed inguaribilmente romantica. Ma non è proprio per questo in fondo che vi piacciono le storie di “mamma Kellina”?

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Capitolo 18
*** 23 dicembre - lunedì 1 ***


E così siamo arrivati all’ultimo giorno della vicenda che vi sto raccontando. Domani sera posterò l’ultimo capitolo, ma è quello di stasera ad essere veramente importante perché  conterrà l’epilogo di tutta la storia. La conclusione, come forse ognuna di voi ha già capito da tempo, è piuttosto scontata eppure spero di essere riuscita almeno a renderla in una maniera non troppo banale. Ho cercato di metterci  emozioni, sentimenti, coerenza e mi lusingo di essere riuscita a scrivere qualcosa che vi coinvolgerà e vi terrà avvinte dalla prima all’ultima riga. Ma questo potrete dirmelo solo voi e mi auguro che lo facciate in tante. Non mi resta che augurarvi buona lettura e  darvi appuntamento a domani per il nostro ultimo incontro con Massimo e Chiara.






23 dicembre – lunedì


Chiara riemerse dal sonno al suono della voce di Massimo che la chiamava con dolcezza: “piccolina … piccolina!”. Aprì gli occhi, si stiracchiò e gli sorrise. Per scherzo, decise di fare come aveva fatto lui la mattina prima.
- Non voglio alzarmi! – protestò.
- Su, dai, sono già le otto e dobbiamo ancora fare colazione e ripulire un po’.
- No! – disse con il tono di una bimba capricciosa rificcandosi sotto le coperte.
- Tieni, bevi questo – la invogliò allora il marito che nel frattempo si era seduto sul letto e le  porgeva una tazzina di caffè fumante.
Lei si alzò, prese la tazza e cominciò a sorseggiare la bevanda calda.
- È buono?- le chiese lui con un sorriso e vedendo che annuiva soddisfatta, la prese in gire – Bene, così la smetti di fare la pigrona e ti alzi. I miei arrivano all’una e se dobbiamo prima passare a prendere i bambini da tua sorella  e poi devo riportarvi a casa, dobbiamo davvero sbrigarci.
Per tutta risposta la donna posò la tazzina vuota sul comodino e con una mossa repentina si ficcò di nuovo sotto le coperte, tirandosele fin sul viso.
- Voglio dormireeeeee! – strillò scherzando – E poi non voglio tornare a casa, voglio restare qui per sempre!
Allora Massimo le scostò con la forza le coperte e cominciò a farle il solletico.
- Brutta fetentona! Ammetto che tu non faccia i salti di gioia per andare a ricevere i tuoi suoceri – la prese in giro sapendo bene quanto invece Chiara andasse d’accordo con i suoi – ma quelle povere creature innocenti dei tuoi figli! Madre snaturata!
Lei, per difendersi dal solletico,  se lo tirò addosso sul letto e lo abbracciò forte. Solo allora Massimo la smise e ne approfittò per baciarle il viso ed il collo. Accarezzandogli la nuca, Chiara pensò che davvero non avrebbe voluto andarsene mai. Quei giorni erano stati meravigliosi anche se non era cambiato molto nella loro situazione. Con una stretta al cuore si rese conto di non aver avuto né il coraggio né la voglia di affrontare la questione del tradimento, forse perché, tutto sommato, le era parso impossibile che quell’uomo così dolce ed appassionato potesse portarsi dentro una simile infamia. Eppure, ora che quella pausa di tranquilla intimità stava per finire, si rendeva conto di aver sbagliato e che non poteva andarsene senza aver chiarito quella cosa che le pesava sul cuore come un macigno.
- Sei stato bene con me, amore? – gli chiese ad un tratto.
Il marito smise di baciarla e la guardò. Il sorriso che aveva sul volto era già una risposta. Così Chiara, rassicurata, gli prese il viso tra le mani e gli sussurrò, molto seria:
- Giurami allora che non vedrai più quella lì.
Massimo si irrigidì immediatamente.
- Che è questa storia? – le chiese con una certa durezza.
Chiara si sentì gelare il sangue nelle vene e gli rispose con altrettanta decisione:
- Dovresti dirmelo tu, non ti pare, che cos’è questa storia? Mi hanno riferito di averti visto insieme a quella Monica Scattini, la mamma di Camilla.
- Davvero? E quando te l’hanno detto? – le chiese lasciandola andare.
- Da un po’ di giorni - gli rispose lei rizzandosi a sedere in mezzo al letto.
Massimo sghignazzò, amaro.
- E tu te lo sei tenuto dentro per tutto questo tempo? Non hai sentito il bisogno di parlarmene, magari per urlarmi contro e prendermi a parolacce? Ma già, dimenticavo che tipo contorto sei!
Era arrabbiato, ma questa volta lo era anche Chiara.
- Io? Io? – gli urlò – Tu mi fai le corna ed io sarei contorta?
- Sì – gridò lui alzandosi in piedi – Solo ora capisco il motivo di tutta questa manfrina: il week end in montagna, le cenette romantiche, le serate davanti al camino, il sesso appassionato… Come hai potuto essere così ipocrita?
- Sei uno stronzo! Tu sei un infame traditore ed hai anche il coraggio di accusare me di essere ipocrita!? Brutto schifoso che non sei altro, ti detesto! – gli urlò fuori di sé dalla rabbia.
- Bene, io sono tutte queste belle cose e tu mi detesti. Ma ora, per favore, alzati da quel letto, facciamo colazione e muoviamoci. Non ho intenzione di far tardi a causa dei tuoi giochetti per riconquistare il marito traditore e fesso!
- La colazione te la prepari da te e … vaffanculo! – gli urlò lei e si alzò dal letto.
Nell’uscire dalla stanza per andare in bagno a lavarsi, sbatté la porta con tale violenza che un quadretto appeso sul muro accanto traballò.
Massimo rimase qualche istante a fissare la porta chiusa poi andò a riaprirla e con una rabbia enorme  la sbatté più forte di quanto non avesse fatto la moglie.
E questa volta il quadretto cadde per terra.


                                                                                                                        **


In un silenzio ostile si prepararono e  chiusero la casa dopodiché salirono in auto. Massimo guidava ostentando il suo nervosismo per farsi notare da Chiara. Lei non lo guardava nemmeno, ignorandolo appositamente. Ad un certo punto però lo vide prendere la strada sbagliata.
- Dove vai? – gli chiese – Non lo vedi il cartello? Per Napoli devi andare di là.
- Sto andando al bar. Non ho fatto colazione ed ho fame – le rispose, secco.
Quando l’auto si fermò nel piazzale davanti al bar ne discesero entrambi. Fecero qualche passo insieme ma poi, mentre lui si dirigeva dentro, lei si avviò in direzione del belvedere.
- Che fai, non vieni? – le chiese.
- No, ho preso già il caffè. Non ho bisogno di abbuffarmi sempre come un porco, io!
Massimo non raccolse la provocazione e con un sospiro si avviò all’interno del locale lasciandola perdere.
Pian piano Chiara si avvicinò al parapetto del belvedere dove erano stati anche il giorno precedente. La giornata era molto limpida e la costa ed il mare sembravano potersi toccare con un dito. Era sempre un panorama mozzafiato, ma ora che il suo stato d’animo era cambiato, anche quell’atmosfera non le pareva più tanto magica e quel posto le appariva molto meno bello. Ebbe un brivido di freddo e  si riparò la testa alzando il cappuccio del pesante giaccone che indossava.  Intorno a lei un silenzio infinito, rotto solo dal fischiare del vento che nella sua furia alzava le foglie morte in tanti mulinelli ed a tratti faceva spostare persino le sedie ed i tavolini di plastica dove non c’era seduto nessuno. Non c’era anima viva, infatti, cosa del tutto naturale però, considerando che era un giorno lavorativo e per giunta anche l’antivigilia di Natale. Evidentemente tutte le persone normali avevano ben altro da fare che starsene a guardare il panorama sul monte Faito! Eppure, nonostante tutto, non riusciva ad andarsene neanche  per cercare riparo dal gelo. Le pareva che non ci fosse nessun posto al mondo dove poter stare. Ora ogni cosa le appariva buia e neanche osava pensare a quello che l’attendeva. Era stata davvero felice in quei due giorni, aveva avuto la sensazione di essere amata, si era di nuovo abbandonata ai sentimenti come non le capitava più da tempo ed ora, come una bolla di sapone, quell’illusione era scoppiata lasciandola delusa ed incerta. Che doveva fare? La reazione violenta di Massimo non le lasciava dubbi: l’aveva tradita e neanche sentiva il bisogno di chiederle perdono. In quel momento non poteva fare a meno di detestarlo con tutte le sue forze perché le aveva  rovinato il presente, le aveva tolto il futuro.
Restò così per parecchio tempo, con le mani che le si gelavano e gli occhi pieni di lacrime che guardavano il cielo dove nuvole nere nascondevano il sereno. Si sentiva amareggiata, triste e sola.
Ad un tratto si avvide che Massimo le stava venendo vicino. Lo vide fermarsi qualche passo indietro a spegnere sotto la scarpa la sigaretta che aveva appena fumato. Aveva un’aria dispiaciuta sul volto.  Quando la raggiunse,  le si fermò accanto e si mise ad osservare anche lui il panorama, i capelli scompigliati dal vento, senza parlare.
Chiara allora accennò a muoversi per ritornare alla macchina ma lui la fermò dicendole:
- Scusami, sono stato ingiusto con te. Ti prego, amore, perdonami.
Nel parlare le aveva preso un gomito cercando di farla fermare e farsi guardare,  ma la moglie lo scostò in malo modo.
- Sei un superficiale, un cretino, uno stupido insensibile! – lo aggredì, piena di astio.
- Lo so, hai ragione. Mi sono arrabbiato perché mi dava fastidio l’idea che anche in una situazione simile  tu volessi prendermi con le blandizie, come se fossi un bambino viziato che bisogna coccolare un po’ per non fargli fare più i capricci. Te lo giuro, avrei preferito piuttosto che mi avessi fatto una scenata.
Chiara gli voltò le spalle ed afferrò con entrambe le mani la balaustra di legno stringendola forte per controllare la rabbia che sentiva dentro.
- Lo sai qual è il nostro problema, Massimo? È  che tu non hai mai capito niente di me! – gli disse calma, voltandosi a guardarlo dritto in viso.
Lui distolse lo sguardo e lo fissò sul panorama.
- A me sembra invece che sia proprio tu quella che non ha mai capito niente di me – le rispose, melanconico.
La donna si arrabbiò.
- Davvero? Oh povero piccino incompreso! Mi fa le corna e vorrebbe anche un po’ di comprensione.
 - Come puoi pensare che io ti abbia tradita!?
- Chissà come, eh? Forse perché ti hanno visto più di una volta in compagnia di quella.
Questa volta fu  Massimo  a guardarla ma Chiara teneva il viso girato dall’altro lato. Neanche voleva guardarlo in faccia quel bugiardo!
- Chi ti ha riferito questo non può averci visto altro che in un bar, seduti a un tavolino a prendere una consumazione. Perché non c’è stato altro, te lo giuro.
- Bugiardo! – gli urlò allora lei – Vi hanno visti mano nella mano.
- No, Chiara, forse hanno visto la sua mano sulla mia.
- E che cambia, cretino?
- Cambia invece, perché io quella tipa non l’ho mai sfiorata nemmeno con un dito! Ascolta: lei mi ha puntato dal primo momento che mi ha visto … no aspetta – soggiunse nel vederla fare il gesto di replicare con ira alle sue parole – non voglio dire che sono stato una vittima, credimi. All’inizio ha fatto piacere anche a me stare un po’ con lei: era una bella e giovane signora e non mi sembrava poi un delitto mostrarmi un po’ galante. Ho sbagliato, lo so, sono stato leggero: le occasioni non basta non cercarsele, si deve soprattutto evitarle. Così, quando mi sono reso conto che il suo interesse era particolare, ho cercato in ogni modo di tirarmi indietro, ma forse era tardi e non ci sono riuscito. E poi quella sera, mercoledì voglio dire perché è stato solo allora che mi ha preso la mano, lei ha giocato a carte scoperte e mi ha fatto delle proposte più concrete. È stato allora che ne ho approfittato per dirle che ti amavo e non avevo nessuna intenzione di tradirti.
- Lo vedi che sei uno schifoso bugiardo? – gli urlò senza credergli affatto – Se è così perché venerdì hai fatto tutte quelle storie per portare Ilaria a danza? Dovevi vederla, non è vero? Era importante!
- Sì, era importante – ammise lui corrugando le sopracciglia – ma non per quello che pensi tu. Vedi, quando siete voi donne a rifiutare una profferta amorosa nessuno ha niente da ridire, siete nel vostro diritto e ci fate pure una bella figura. Quando capita a noi uomini invece, nessuna è disposta ad ammettere che lo facciamo perché siamo davvero innamorati della nostra donna o perché  siamo persone oneste. Per quella Monica, così come sarebbe stato per qualsiasi altra, io ero solo un povero fesso, un pavido che prima o poi però sarebbe caduto nella sua rete di seduzione. Per questo avevo bisogno di farmi vedere venerdì sera, perché lei non pensasse che stavo scappando, perché capisse che le cose che le avevo detto erano tutte vere ed importanti per me ed io non avrei esitato a ripetergliele. Ti prego, amore, credimi.
Massimo aveva messo una mano sulla sua e gliela stava stringendo. Chiara era gelata, un po’ per il freddo, un po’ per l’emozione. Il calore di quella mano le diede un grande conforto. Cominciava a credergli però. Gli domandò:
- Perché non me l’hai detto?
- Volevo farlo, te l’assicuro. Ma poi ho pensato che non era successo niente e che se te ne avessi parlato ti avrei messo solo un inutile pensiero in testa. Magari ti saresti fatta in quattro per portare tu Ilaria a lezione o magari non ce l’avresti più mandata. Io non volevo che questo accadesse, non ce n’era più bisogno ora che avevo trovato il coraggio di dire a quella che non intendevo mettere a rischio il tuo amore per una stupida scopata. Per favore,  perdonami …
L’aveva presa dolcemente per le spalle e l’aveva costretta a girarsi verso di lui. Ma Chiara tenne il capo abbassato e gli sussurrò:
- Se è così perché non me le hai dette stamattina tutte queste cose, perché invece mi hai aggredito?. Io … io ho fatto tutto con immenso amore e mi è così dispiaciuto che tu l’abbia interpretato a quel modo …
Non riuscì a proseguire perché ogni suo sforzo era volto a trattenere le lacrime. Allora fu lui a parlare.
- Lo so che l’hai fatto con amore e questi due giorni sono stati il più bel regalo che tu potessi farmi. Forse è proprio per questo che ci sono rimasto male ed ho reagito in quel modo così assurdo. Vedi,  vorrei che tu capissi una cosa una volta per tutte. Tra noi due quella meravigliosa sei tu. Sei tu a tenere il timone della nostra storia e come un bravo capitano conduci la nostra nave verso il porto evitando scogli e superando tempeste. Tu sai per istinto che  le cose si devono fare e basta,  non perdi tempo a compiangerti, non ti lasci scoraggiare dalle avversità e dalle piccole noie di ogni giorno. Davanti a te hai un solo obiettivo: il benessere delle persone che ami e quello ti basta per essere serena e tranquilla. Con questo non voglio dire che sei perfetta, di difetti ne hai anche tu, ma molto meno di me che invece non ho la tua stessa forza di volontà e la tua tenacia. Io, proprio come farebbe un semplice marinaio su quella nave, a volte mi lascio sopraffare dalla rabbia, dall’insoddisfazione, dalla fatica, ma questo non vuol dire che non stia apprezzando lo stesso il  viaggio.
- Ma io cerco sempre di farti contento … – obiettò lei, ora abbastanza incerta.
- Ecco, è proprio questo che vorrei tu capissi. Otto anni fa ho fatto le mie scelte e sono ancora  felice di averle fatte. Le uniche cose che contano per me siete tu ed i bambini. Vi amo ed amo la nostra casa e tutte le cose, anche le più stupide, che condividiamo insieme. Siete voi ad essermi indispensabili, non un altro lavoro o i viaggi o tantomeno una tizia qualsiasi che mi vuole offrire solo un po’ di sesso. Per cui, anche se a volte mi lamento e spesso non mi dimostro all’altezza, dammi un po’ di fiducia, ti prego, non farmi sentire sempre debole ed infantile, fammi sentire un uomo, dammi la certezza che anche io sono importante quanto te  per portare quella famosa nave, che poi è la nostra stessa vita, verso un porto sicuro.
 Massimo le aveva parlato con sincerità e con immenso amore e Chiara ne fu commossa. Sentì  la felicità che tornava a riempirle il cuore. Gli sorrise.
- Va bene, lo farò, anche perché è così, in realtà. Senza di te io non sono niente. E poi non era una messinscena quella che ho fatto in questi giorni – soggiunse guardandolo con aria di sfida – non l’ho fatto per riconquistarti, l’ho fatto per scoprire se stavo ancora bene con te!
- E l’hai scoperto? – le chiese, un po’ incerto.
- Tu che ne dici?
- Dico di sì - le rispose mentre un sorriso gli illuminava il volto – Ma anche io ho scoperto una cosa.
- Cosa?
- Che sai baciare sempre meravigliosamente bene. Anzi, sai che ti dico? Da oggi in poi, ogni tanto, qualsiasi cosa dovessimo star facendo, dobbiamo fermarci e darci un bacio come quelli che ci davamo una volta o come quelli che ci siamo dati in questi due giorni. A proposito di baci, tieni, li ho presi al bar per te.
Le porse un piccolo tubo di Baci Perugina, di quelli che si vendono alle casse. Chiara fu molto colpita da quel gesto tenero e si sentì colmare gli occhi di lacrime di commozione mentre se li rigirava tra le mani.
Lo udì dire:
- A proposito, me lo dai un bacio, piccolina?
Lei rise.
- Ma certo!- gli rispose cominciando a scartare l’astuccio ma Massimo la fermò.
- Non voglio un Bacio Perugina,voglio uno di questi.
Si chinò verso la sua bocca e le diede un lungo, appassionato bacio a cui ne seguirono  altri. Tanti altri.





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Capitolo 19
*** 23 dicembre - lunedì 2 ***


23 dicembre – lunedì


Il fatto di essersi fermati a lungo sul belvedere come due ragazzini innamorati forse giovò alla relazione di Massimo e Chiara,ma provocò un pauroso rallentamento nella loro tabella di marcia.
Fin quando furono sull’autostrada neanche ci pensarono perché l’auto correva veloce e loro erano occupatissimi a parlare. Infatti la donna si fece raccontare tutto nei minimi particolari. Il marito si mostrò  dapprima un po’ riluttante perché gli toccò ammettere quella sorta di civetteria al maschile che lo aveva portato a ringalluzzirsi quando aveva capito di aver di nuovo suscitato interesse in una bella donna. Era stata una debolezza di cui si era vergognato molto e che lo aveva portato, suo malgrado, a ficcarsi in una situazione sgradevole che non era riuscito mai a  confessarle. Ora però le rivelò tutto, persino lo sguardo ironico e sprezzante che gli aveva riservato Monica quando era andato a prendere Ilaria a casa sua dopo la festa.
- Che stronza! – fu il commento di Chiara che sentiva di detestare quella donna con tutte le sue forze.
- No, lo stupido sono stato io a non capire che tipo di persona era e soprattutto a non parlartene subito per paura che tu ti arrabbiassi. Pensa un po’quanti patemi d’animo ci saremmo evitati se l’avessi fatto.
- Sì, è vero. Comunque da oggi in poi cerchiamo di dirci tutto.
Ma lui non si lasciò scappare l’occasione di scherzare.
- Certo, ci diremo tutto. Però ti avviso, se vengo a sapere che hai fatto anche solo un poco la civetta con qualcuno, non sarò buono come te, non ti porterò a fare un week end romantico, io ti ammazzerò direttamente!
La donna lo guardò un momento perplessa poi scoppiò a ridere e gli diede uno scappellotto.
- Comunque non sei stato il solo a sbagliare – aggiunse – Anche io avrei dovuto parlartene subito senza tenermi dentro quel sospetto orribile.
- Davvero hai pensato che io potessi tradirti? – le domandò.
- A volte mi pareva impossibile a volte invece ne ero quasi certa.
Massimo sospirò e si volse a guardarla, visibilmente dispiaciuto.
- Ma che devo fare per farti capire che ti amo immensamente?
Chiara gli sorrise e sporgendosi verso di lui, gli posò una mano su di una guancia in una carezza tenerissima.
 - Non è mancanza di fiducia nei tuoi confronti, piuttosto è  mancanza di fiducia in me stessa e quel maledetto complesso di inferiorità da cui proprio non mi riesco a liberarmi. Quella donna è così raffinata, elegante, affascinante. Come potevo competere con lei?
Il marito allora le afferrò la mano con cui lo stava carezzando ancora e se la portò alle labbra per baciargliela mentre le diceva:
- Tu sei molto meglio di chiunque altra invece! Sei bella, spontanea, autentica,  dolcissima. E poi, se devo dirtela tutta, quella tizia manco mi stava simpatica con le sue arie da snob e da femme fatale!
- Non è cattiva, è che la disegnano così – commento allora Chiara con un risolino.
- Come? – le chiese stupito.
- Niente. Mi è venuto in mente che tua figlia la chiama Jessica Rabbit.
L’uomo scoppiò in una risata divertita e commentò:
- Gesù, l’ha proprio dipinta, persino il tono di voce impostato è quello! Lo dico io che quella bambina è uguale a mia sorella: anche lei sin da piccola aveva la stessa arguzia e la medesima incisività. Tu invece ridi quando la paragono a Sandra!
- Non rido – specificò lei – dico solo: magari Ilaria avesse la stessa stoffa della zia! Lei sì che è una donna con gli attributi!
- Veramente anche lei sa essere una bella rompiscatole a volte – disse Massimo scuotendo la testa.
- E che ci vuoi fare, nessuno è perfetto! – gli rispose la moglie allargando le mani in un gesto di comica rassegnazione.


 
                                                                                                           **

L’atmosfera cambiò un poco quando imboccarono la tangenziale, stracolma di auto che si recavano in città. Massimo era consapevole che quello che gli era accaduto non poteva averlo trasformato in un agnellino mansueto e presto o tardi il suo carattere irruento e la sua irascibilità sarebbero tornati fuori così come la tendenza di Chiara a tenere tutto e tutti sotto controllo, cosa che spesso la faceva diventare un po’ noiosa.  Era la loro natura, non potevano farci niente e per quanto si sarebbero sforzati, forse in futuro sarebbe ancora capitato di litigare per i difetti dell’uno o dell’altra senza per questo arrivare a volersi meno bene.
In fondo l’amore è anche questo: accettarsi reciprocamente così come si è fatti, non cercare di cambiare l’altro, ma provare almeno a cambiare un po’ se stessi.
Quel giorno però lui voleva che tutto fosse perfetto. Niente doveva rovinare un momento tanto speciale. Per questo motivo  non si mise ad imprecare come faceva di solito contro i suoi concittadini,  automobilisti poco corretti, e cercò di non perdere il sorriso neanche quando si rese conto che solo un miracolo gli avrebbe consentito di arrivare in tempo all’aeroporto.
Non si incazzò nemmeno quando, arrivati sotto casa di Cristina, si avvide che non c’era neanche l’ombra di un parcheggio ed aspettò pure che la moglie fosse scesa dall’auto per andare a prendere i figli prima di abbandonarsi  ad un solitario turpiloquio mentre faceva per ben tre volte il giro dell’isolato.
Ogni malumore però gli passò quando infine li vide venire verso l’auto. Chiara era assai bella con il viso sorridente ed i capelli un po’ scompigliati mentre guardava la strada prima di attraversare. Teneva per mano Ilaria che saltellava al suo fianco piena di gioia ed in braccio Matteo che se ne stava serio con un braccino abbandonato sulla spalla della mamma. Massimo si sentì travolgere da un’ondata di tenerezza nel guardarli. Erano meravigliosi, erano la sua ragione di vita, la cosa più preziosa che avesse mai posseduto.
A poco a poco quel senso di fastidio che lo aveva di nuovo colto fu sostituito da una sensazione insolita. Guardò la folla che lo circondava e ne vide l’allegra animazione, apprezzò i colori e le luci delle vetrine, il profumo di dolci natalizi che veniva da una vicina pasticceria, il suono delle cornamuse di due zampognari che facevano la questua.  Ad un tratto si ricordò pure che tra meno di un’ora sarebbero arrivati anche i suoi genitori e si sentì felice proprio come un bambino.
Ilaria non lo salutò nemmeno, ma spalancando la portiera posteriore, si accomodò in auto strillando:
- Veniamo anche noi a prendere i nonni!
- No tesoro, adesso vi accompagno prima a casa perché mamma ha da fare.
- Si farebbe troppo tardi ed è meglio andare subito all’aeroporto senza passare per casa – gli disse invece la moglie mentre legava Matteo sul seggiolino accanto alla sorella.
- Ma non dovevi andare a preparare la stanza ai miei, a rassettare, a preparare il pranzo? – le chiese mentre lei gli si sedeva accanto ed allacciava la cintura di sicurezza.
- Per pranzo farò due spaghetti e la mozzarella alla caprese, non ci metterò niente a preparare. E poi ho pensato che tua madre non è il tipo da formalizzarsi se trova ancora i letti da fare e la casa in disordine.
- Oddio, ci sei arrivata finalmente! Miracolo! Miracolo! – proruppe lui, scherzando allegro.
- Smettila di fare lo spiritoso e sbrigati a partire, piuttosto. Vediamo di non fare tardi per colpa tua!


                                                                                                    **

I bambini erano molto contenti quella mattina e parlavano in continuazione. Persino Matteo, anche se molto  a modo suo, si sforzava di raccontare insieme alla sorella le cose che avevano fatto dagli zii mentre Ilaria immaginava già i giorni di festa che l’attendevano.
- Posso portare anche Leonardo domani sera da zia ? – chiese ad un tratto alla madre.
- No amore, Leonardo ama starsene a dormire piuttosto che andare alle feste. Lo ritroverai quando torniamo a casa.
- Posso farlo dormire con me allora? – chiese ancora la bambina.
- Sì, ma non sul tuo letto però – intervenne il padre facendole fare un musino deluso.
Chiara se ne accorse e perorò la causa della figlia.
- E dai, papà! Leonardo è un gatto molto pulito. Gli preparerò una bella copertina ai piedi di Ilaria e faranno buoni buoni la nanna insieme.
Massimo fece una smorfia di rassegnazione e la piccola, molto incoraggiata dall’atteggiamento materno, le chiese pure:
- E posso fare anche il presepe con nonno Berto?
- Il presepe? Ma no, Ilaria, – cercò di convincerla il papà – quest’anno prendiamo solo la capannina dal ripostiglio, ci mettiamo dentro la Sacra Famiglia e i re Magi e la mettiamo accanto all’albero. Sarà molto carino lo stesso e non faremo confusione in casa con il rischio di far arrabbiare la mamma. Lo sai quanto diventa scocciante in questi casi … – aggiunse ammiccando alla figlia nello specchietto retrovisore  per provocare la moglie.
Ma Chiara reagì prontamente.
- Beh, forse se il presepe lo fa tuo padre non mi riempirà la casa di polvere ed il parquet di colla e magari riuscirà pure a fare una cosa carina e non quella schifezza che hai fatto tu l’anno scorso!
- Sei una strega! L’ ho sempre detto, sei una strega! – scherzò lui fermandosi ad un semaforo.
- Non è vero, la mia mamma non è una strega, è tanto bella invece - disse Ilaria che approfittando della sosta si alzò in piedi e si sporse sul sedile anteriore per abbracciarla.
Chiara ricambiò le sue effusioni ridendo.
- Certo che sono bella. Bella e buona. Anzi, sai che facciamo? Appena dopo le feste andremo ad iscriverti alla scuola di karatè sotto casa così tu farai qualcosa che ti piace e papà non sarà più costretto ad accompagnarti tre volte a settimana.
- Urrà! – gridò la bambina e cominciò a ballare di gioia sul sedile posteriore.
Massimo però si era voltato di scatto a guardare la moglie non appena aveva udito quelle parole. Cosa volevano significare? Che non credeva a quanto le aveva detto? Che pensava ancora che potesse cedere alle lusinghe di quella tizia?  C’era da preoccuparsi? Forse no. In fondo capiva le sue ragioni perché anche  lui avrebbe fatto lo stesso.
Ad un tratto notò  l’espressione comica di lei: con il mento e le sopracciglia alzate in un’espressione di sfida, lo guardava come a volergli dire: “embè!?”. Ne fu divertito. Seguendo un impulso irrefrenabile, l’afferrò per la nuca e l’avvicinò a sé poi, incurante delle persone nelle auto accanto che li guardavano curiosi, le diede un bacio, ma un bacio vero, di quelli di una volta.
Nel vederli, Ilaria si fermò stupita, smise di fare la ola con il fratellino e li redarguì indignata:
- Ehi, ma siete scemi!?
Ma più che lo sdegno della figlia poté il semaforo che scattò al verde. Uno strombazzare di clacson si levò immediatamente costringendo Massimo e Chiara a separarsi e l’auto, con tutto il suo carico di felicità, a ripartire verso l’aeroporto.






E così siamo arrivate alle fine. Spero davvero che questo seguito vi sia piaciuto. Ho cercato di realizzarlo con semplicità, narrando solo la  normale quotidianità della vita di una coppia qualsiasi e, nonostante qualche inquietudine che mi è servita per renderlo più interessante,  credo sia stato abbastanza sereno e divertente.
Ringrazio tanto tutte quelle che mi hanno seguito, chi mi ha recensito  e, soprattutto, le mie fedelissime Arte, CriCri, Faith, Pirilla e Xsemprenoi che hanno avuto la grande costanza di commentare tutti i capitoli facendomi sempre tanti complimenti e dandomi l’occasione di discutere con loro su ciò che avevo scritto, cosa per me enormemente gratificante. Mi auguro che ci sia ancora qualcuna che leggerà questa fiction nei prossimi giorni e a cui verrà la voglia di lasciare anche un suo commento. Io li aspetterò sempre con tanta ansia perché riempiranno le mie serate.
Però, ora che mi avete così rassicurata sulle mie pur modeste capacità di scrittrice e che mi avete fatto prendere gusto ai nostri appuntamenti, vi assicuro che mi rivedrete presto sulle pagine di questo meraviglioso sito. In fondo mamma Kellina ha ancora tante storie  da raccontare  alle sue splendide figliolette virtuali che le hanno fatto il regalo di starla ad ascoltare, un dono di cui sarà loro sempre grata.
Un bacio ed a presto

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