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Dicembre – lunedì
-
Chiaaaraaaaa! Vuoi far scendere Ilaria o no? Ho la macchina fuori
posto,
accidenti!
Massimo le aveva parlato al citofono, ma forse non ce ne sarebbe stato
bisogno:
aveva urlato tanto che probabilmente la sua voce le sarebbe arrivata
anche
senza, nonostante fossero all’ultimo piano.
La giovane donna afferrò il piumino
della figlia e si affrettò a correre in salotto
dove la bambina stava
parlando con Giovanni.
- Presto, presto – le disse tutta agitata facendole indossare
il
cappottino –
Papà sta giù e sta perdendo
la pazienza.
La piccola fece appena in tempo a dare un bacino all’amico
che si trovò
trascinata per la mano dalla mamma. Insieme si allontanarono per andare
a
prendere l’ascensore.
Rimasto solo, Giovanni si guardò intorno con sguardo
professionale. Era stato
lui, affermato architetto, a
curare la
ristrutturazione della casa degli amici quando l’avevano
acquistata per intero
ed ancora adesso, a sette anni di distanza, si sentiva soddisfatto del
lavoro
compiuto. Il soggiorno, dal quale era stata tolta la cucina, era venuto proprio bene.
Era contento di aver
insistito per lasciarlo lì perché la stanza che
dava sul magnifico terrazzo
continuava ad essere il cuore di quello splendido appartamento. Con un
sorriso
osservò che però la casa non aveva più
l’aspetto di una volta, di quando cioè,
da perfetta single, Chiara la teneva in un ordine quasi maniacale. Ora
in un
angolo c’era un triciclo, più in là
delle costruzioni ed una bambola e sul
termosifone, messi ad asciugare, parecchi calzini piegati.
L’amica rientrò e si scusò con un
sorriso.
- Abbi pazienza, Ilaria a quest’ora va a lezione di danza ed
è da un po’ che
Massimo l’accompagna lui. Per me questo è un
orario terribile. Oggi Matteo sta
dormendo perciò è tutto così calmo, ma
di solito a quest’ora è una battaglia.
- Magari posso tornare in un altro momento –
suggerì Giovanni un po’ mortificato.
Chiara arrossì. Aveva parlato senza rendersi conto che
l’amico potesse sentirsi
in imbarazzo e così si affrettò a dirgli:
- Neanche per sogno! Era più di un anno che non ti facevi
vedere e adesso vuoi
scappare già via? E poi per me non c’è
mai un momento buono. Con un marito, due
bambini, la casa ed il lavoro, non ho proprio la possibilità
di fermarmi mai.
- D’accordo – convenne l’altro
– però se vuoi che rimanga vieni a
sederti un attimo anche tu.
Giovanni le voleva molto bene e la riteneva la sua amica più
cara. Si erano
conosciuti a quindici anni ed erano diventati inseparabili. Con tutto
l’entusiasmo dei loro giovani anni, avevano condiviso i
divertimenti e lo
studio, le gioie e i dolori, le emozioni e i turbamenti. Tra loro era
nato un
sentimento autentico ma
poi lui aveva
dovuto prendere atto, non
senza
un’enorme sofferenza, che benché il loro legame
fosse molto forte, non era
amore. Con sgomento si era reso conto che questo sentimento, fatto di
adorazione, attrazione fisica, pura follia, era invece ciò
che provava per il
compagno più amato da tutte le ragazze della scuola, un
certo Fabrizio, un
quasi diciottenne che appena se ne era accorto aveva cominciato a
sparlare di
lui e a deriderlo. Quelle voci presto erano arrivate anche ai suoi
genitori ed
il padre, un militare tutto di un pezzo, aveva preso davvero male la
sua
omosessualità anche
se non ancora
manifesta. Tutto questo l’avrebbe distrutto se non avesse
avuto accanto a sé a
Chiara.
Ricordava ancora quel pomeriggio di un inverno di tanti anni prima
quando aveva
trovato finalmente il coraggio di affrontare con lei
l’argomento. Aveva avuto
una paura folle della sua reazione perché forse la sua
ragazza si sarebbe
sentita tradita in quel tenero affetto a cui si era abbandonata con
tanta fiducia.
Invece Chiara lo aveva ascoltato in silenzio, i grandi occhi neri che
lo
fissavano seri. Protetto dalla riservatezza della saletta del
caffè dove
l’aveva portata per confidarsi, le aveva raccontato tutte le
prese in giro
subite e le cose brutte che gli toccava sorbirsi in continuazione. Ad un certo punto, disperato, aveva
addirittura pianto,
vergognandosene moltissimo.
Ma
lei si era sporta verso di lui sul tavolino e gli aveva carezzato una
guancia.
- Tu sei una persona, Giovanni, e soprattutto sei una persona
meravigliosa –
gli aveva detto – Ti prego, non lasciare che nessuno mai ti
convinca del
contrario!
Quella mano sulla propria gota gli era parsa più dolce e
calda della cioccolata
che stavano bevendo e quelle parole non le avrebbe dimenticate mai
più.
Mentre si era abbandonato ai ricordi, la donna aveva raccattato da
terra alcune
palline dell’albero di Natale con le quali aveva giocato fino
a poco prima il
figlio più piccolo poi, con un sospiro ed un sorriso, si era
accomodata sul
divano accanto a lui.
- Allora, mi dici come va? Ti trovo un po’ sciupata, ti senti
bene? – le
chiese.
- Sì certo, sono solo un po’ stanca.
- Da quanto tempo
non vai dal
parrucchiere?
Lei si portò istintivamente una mano sui capelli lunghi e
ricci che ormai portava
il più delle volte legati in una semplice coda sulle spalle.
- Sto così male? – gli chiese incerta.
- Sei sempre molto carina ma hai l’aria un po’
trascurata. Anche questi
chiletti in più che hai preso dopo la gravidanza di Matteo
ad esempio …
- Ehi! – gli fece – ma sei venuto per criticare?
Non finire di avvilirmi, lo so
che sono grassa da fare schifo!
- Non è certo mia intenzione, anzi, non mi sognerei mai di
invogliarti a
ricominciare a non mangiare. Quello che volevo dirti è che
dovresti curare di
più il tuo aspetto fisico, non lasciarti andare. Sei troppo
giovane per farlo.
E poi non dimenticare che solo perché
ora sei una moglie non hai il diritto di apparire sciatta
e trasandata.
- Insisti? – lo rimproverò un po’
piccata.
- Io parlo per il tuo bene, lo sai. Massimo è ancora un uomo
giovane e piacente
ed anche se ti vuole bene pure così, sono certo che non gli
dispiacerebbe
vederti qualche volta un po’ più seducente. E poi
non devi fare chissà che
cosa! Sei così bellina che ti basterà andare dal
parrucchiere più spesso,
ricominciare a truccarti come facevi una volta e magari rivolgerti ad
un buon
dietologo per smaltire questi cinque o sei chili di troppo.
- Vuoi scherzare? Con un marito come il mio è quasi
impossibile pensare ad una
dieta. Dovrei cucinare a parte per me perché quel golosone
non la smette di
chiedermi pranzetti succulenti. Comunque anche lui
sta mettendo su una bella pancetta, cosa
credi, senza contare che il novanta per cento del tempo che sta in casa
lo
trascorre in pantofole e pigiama! – scherzò.
Parlando del marito le era apparsa negli occhi una luce di tenerezza
tale che Giovanni
se ne sentì intenerito.
L’aver visto la sua Chiara, dopo tutti i
dolori che aveva patito, finalmente felice accanto a Massimo, era stato
per lui
il regalo più bello.
- A proposito, come sta quella bella testa di cavolo? – gli
chiese con un
sorriso.
Chiara abbassò gli occhi senza riuscire a nascondere una
certa preoccupazione.
- Non lo so, sinceramente non lo so. A volte mi sembra sereno, a volte
molto
agitato. È diventato assai irascibile e si arrabbia molto
spesso. Non hai
notato poco fa?
- Già, ho notato.
- Però è un papà meraviglioso e sa
essere anche molto dolce con me ed i
bambini. Sai, a volte penso di averlo forzato a rimanere qui. Napoli
è una
città difficile e lui non ci
era
abituato così come
siamo noi. Senza
contare che la vita d’ufficio non gli piace. La trova
frustrante e monotona e
non fa che lamentarsene.
- Ma dai, fammi il piacere! Anche tu hai dovuto accettare tanti
compromessi e
non mi pare che ne faccia un dramma.
- Certo, da quando ho preso il part-time poi sono stata pure spostata
d’ufficio
e non immagini nemmeno quanto mi sia dispiaciuto lasciare Federica e
Rossana
dopo tanti anni. Più che colleghe di stanza, loro due per me
erano come
sorelle, mi hanno sempre aiutata e sostenuta, anche nei momenti
peggiori.
Comunque per me il lavoro è stato sempre un ripiego,
qualcosa che facevo per lo
stipendio e non per passione. Massimo invece si sentiva realizzato a
fare
l’ispettore o almeno il direttore di succursale come faceva
prima a Bologna.
- Non pensi che possa essere questo il motivo principale del suo
malessere?
Perché non provate a trasferirvi lì? Con i prezzi
di mercato che ci sono a
Napoli, se vendete questa casa, con
il
ricavato in Emilia potreste addirittura comprarvi una villetta.
- Non dimenticarti che stiamo ancora pagando il mutuo e che non sarebbe
facile
ottenere ben due trasferimenti dalla nostra ditta…
- E tu non dimenticarti che Massimo a Bologna ha tutta la
famiglia…
- Non credo sia questo a pesargli. In realtà ci vediamo
molto spesso. Appena
possiamo, scappiamo da loro ed altrettanto fanno i suoi con noi. Anzi,
lunedì prossimo
arriveranno i genitori
per passare qui il Natale. A proposito, tu che farai a Natale?
Giovanni sospirò con tristezza.
- Starò con mio padre.
- Ma … Francesco?
- È dovuto andare a Londra. Gli hanno offerto la regia di un
lavoro teatrale e
non poteva farsi scappare un’occasione simile. Lo
seguirò a Capodanno, ma
oramai sono qui e devo restarci. Lo avevo promesso a papà e
non posso più
tirarmi indietro.
- Strano, tuo padre avrebbe accettato il tuo compagno?
- Nemmeno per sogno! - sghignazzò
Giovanni – Lo sai com’è fatto il
vecchio, ma oramai, alla sua età, non credo
possa più cambiare. Comunque da lui avevo pensato di
trascorrere il solo giorno
di Natale, il resto dei giorni avevo organizzato per passarli al Monte
Faito.
Te la ricordi la villetta di zia Elena?
Il viso di Chiara si illuminò al ricordo. Quante volte, da
ragazza, era stata
ospite di Giovanni insieme ad altri amici ed amiche del liceo in quella
casetta
deliziosa!
- Ce l’ha ancora? – gli domandò, stupita.
- Quando zia Elena è morta l’ha lasciata a me in
eredità. Purtroppo ci vado
molto poco. Avevo pensato che il prossimo Natale fosse
l’occasione giusta per
godermela un po’. Avevo incaricato il custode di pulirla da
cima a fondo e
rifornirla di legna per il caminetto. Ieri sono stato a controllare che
tutto
fosse a posto ed ho portato anche provviste per qualche giorno. Ero
così
contento quando ho ricevuto la telefonata di Francesco!
Il giovane sembrava davvero addolorato e Chiara gli sorrise con
dolcezza.
- Dai, non fare così, purtroppo la vita è questa
e non possiamo farci nulla. Al
Faito, magari, ci andrete a Pasqua ed in primavera sarà
ancora più bello.
- Giusto. Però mi è dispiaciuto lo stesso. Ti
ricordi che posto carino è? A due
passi da Napoli poi. Ma ora che ci penso … perché
non ci vai tu, almeno per il
prossimo week-end? Certo dovresti portare qualcosa da mangiare di
più adatto ai
bambini. Sai – aggiunse ammiccando – avevo previsto
solo pranzetti e cenette
romantiche per cui non
credo che
caviale, aragoste e champagne siano adatti a loro. Ma fai sempre in
tempo a
caricare l’auto di formaggini e semolino. Tra
l’altro mi faresti anche un
piacere: c’è anche roba che non si conserva e che
bisogna buttare. Sarei
costretto a tornare per farlo io o dovrei pagare il custode e non mi va.
La ragazza scoppiò in una risata.
- Altro che formaggini e semolino, mio caro. Qui, quando ci spostiamo
noi
quattro, ci vuole un tir per le cose che dobbiamo portarci dietro! Non
è
proprio il caso per due giorni solo. Grazie comunque.
- Ma dai, pensaci!
- No, per carità. Devo ancora finire di comprare i regali di
Natale, fare la
spesa al supermercato, andare a fare gli auguri alle maestre di Ilaria,
pulire
da cima a fondo questa casa per le prossime feste e preparare i dolci.
E poi
l’antivigilia di Natale arrivano anche i miei suoceri, te
l’ho detto.
- Solo sabato e domenica … - insistette l’altro.
- No, Giovanni, grazie. Ho troppo da fare in questo momento.
- Stai attenta però, Chiaretta, a volte ci si lascia
prendere troppo dai
problemi quotidiani. Staccare la spina ogni tanto fa bene. Non sei
d’accordo?
L’altra lo guardò alzando le sopracciglia con aria
perplessa. Anche se non gli
disse nulla, tra di sé pensò
che faceva
presto lui a darle un simile consiglio! Che problemi aveva Giovanni a
staccare
la spina? Il suo caso era ben diverso!
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