Shindou

di _Jena_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** primo capitolo ***
Capitolo 2: *** secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** quarto capitolo ***
Capitolo 5: *** quinto capitolo ***
Capitolo 6: *** sesto capitolo ***
Capitolo 7: *** settimo capitolo ***
Capitolo 8: *** ottavo capitolo ***
Capitolo 9: *** nono capitolo ***
Capitolo 10: *** decimo capitolo ***
Capitolo 11: *** undicesimo capitolo ***
Capitolo 12: *** dodicesimo capitolo ***
Capitolo 13: *** tredicesimo capitolo ***



Capitolo 1
*** primo capitolo ***


Shindou


 

primo capitolo


Un pianto squarciò la notte. La luce della luna filtrava attraverso le grandi finestre illuminando l’immenso salone dove solitamente regnava l’allegria. Ora non c’erano più né musica, né risate, si sentivano solo i singhiozzi di una donna accasciata sul corpo immobile del marito.
Una figuretta tremante, uscita da una porticina, richiamata dal lamento, si avvicinò alla figura prostrata…

-Madre?...

 La donna alzò il volto rigato di lacrime, le labbra le tremavano, erano sporche di sangue, sangue che apparteneva al corpo che stava stringendo. Nel vedere chi l’aveva chiamata, il suo volto si contrasse per la paura:

-Shindou, perché sei qui? Devi andartene subito!

Le porte al capo opposto della sala vennero spalancate, figure incappucciate entrarono. Erano in cerca di qualcosa …

-Va’ Shindou! Non devono prenderti, figlio mio …

Il bambino restò immobile:

-Chi sono quelli madre? Cos'è successo a mio padre?

-SONO QUI! VENITE!

Al suono di quelle urla, la donna parve scacciare il terrore che l’aveva assalita vedendo apparire suo figlio. Sfilò un pugnale dal fodero che pendeva dal fianco del marito e, dopo un attimo di esitazione, lo avvicinò al volto senza vita. Il bambino vide la lama calare sull’occhio sinistro dell’uomo. Quando venne ritratta dalla cavità oculare, non vi erano ferite o segni visibili del passaggio dell’arma, la lama però riluceva di una luce blu. Sua madre si alzò in piedi, gli si avvicinò e, chinatasi su di lui, lo baciò sulla fronte. Con la mano libera lo strinse a sé e lo tenne fermo, mentre sollevava quella che teneva stretto il pugnale.

-Madre … cosa state facendo?

La lama scese sul volto terrorizzato di Shindou e gli trafisse l’occhio destro. Non sentì alcun dolore.
Il bambino urlò per il calore improvviso che senti penetrare dentro il cranio… un attimo dopo era sparito. Sua madre ritrasse la lama e la lasciò cadere a terra: non brillava più. Ella si inginocchiò di fronte al figlio, nuove lacrime seguivano le scie lasciate da quelle che aveva versato in precedenza. Solo in quel momento, il bambino si accorse che una sfera di luce li stava avvolgendo, le grida degli uomini incappucciati li raggiungevano ovattate, come se provenissero da molto lontano.

-Addio, piccolo mio, ricorda che io e tuo padre continueremo sempre a proteggerti.

Diede un bacio sulla palpebra dell’occhio che ancora sembrava pulsare nel suo cranio, poi la luce che li circondava si ritrasse dalla donna, continuando a circondare con la propria energia il bambino che si sentì trasportare verso l’alto.
Il volto di sua madre, cosi vicino fino a quel momento, si allontanò dal suo, finché non la vide parecchi metri sotto di sé, a terra, circondata da quegli uomini che le furono addosso in pochi attimi … L’ultima cosa che vide prima che quell’energia lo portasse fuori nella notte, fu il corpo di sua madre trafitto da una spada e il sangue che le sgorgava dal petto e dalle labbra semichiuse. il sangue di suo padre e di sua madre si mischiarono sul pavimento di pietra...


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Due occhi di colore diverso si spalancarono, la fronte del viso al quale appartenevano era imperlata di sudore, le labbra sottili e tremanti erano dischiuse in un grido muto. I capelli lunghi e corvini erano sparpagliati sul cuscino, la luce del tramonto li faceva rilucere di riflessi violacei. Il petto nudo si alzava e si abbassava velocemente, una mano si sollevò per coprire gli occhi umidi di lacrime: era un gesto che ormai si era abituato a compiere ad ogni risveglio, dopo sedici anni di incubi su quella notte …
Shindou si mise a sedere, le lenzuola erano scivolate a terra, ma non si curò di raccoglierle, ci avrebbe pensato qualche cameriera dopo che lui avesse lasciato la locanda. Si alzò dal letto e, senza preoccuparsi di indossare qualcosa, si affacciò alla finestra: la città di Olinda stava andando a dormire, i mercanti e gli artigiani si muovevano per le strade trascinandosi dietro i carretti, qualche uomo a cavallo rientrava dalla porta d’accesso dopo aver terminato il proprio lavoro nelle campagne. In lontananza, poteva scorgere chiaramente i merli del castello del governatore del paese, il castello dove quella sera si sarebbe tenuto un banchetto al quale lui avrebbe partecipato.

Non era stato difficile trovare il modo di farsi invitare, era bastato spargere un po’ la voce dell’arrivo in città di uno Stregone Errante e subito un araldo era venuto a cercarlo di locanda in locanda.  Queste figure tanto misteriose quanto false erano sparse per le Quattro Terre e andavano in giro predicando, predicendo il futuro, curando malati … Era diventato cosi raro incontrarne, che tutti i potenti si prodigavano per cercarne uno da tenersi accanto come consigliere o stregone personale, cosi da farsi predire ogni bene possibile e accarezzare il proprio ego. Un’altra caratteristica attribuita a questi imbroglioni erranti era che non avevano nome: si raccontava che l’avessero abbandonato per disfarsi di ogni colpa passata e per poter condurre una vita dedicata completamente al bene e alla rinuncia … Naturalmente erano tutte menzogne, lui lo sapeva più di chiunque altro essendo un mago, il discendente dell’ultima famiglia di veri e potenti maghi del loro mondo: i Kagami, sterminati fino all’ultimo membro sedici anni prima. O almeno, questo era la falsa verità che era stata divulgata, di sicuro non avrebbe fatto comodo a nessuno sapere che il discendente di quella famiglia fosse ancora vivo e che non se ne conoscesse né il volto né l’ubicazione. Essere un discendente diretto di una famiglia di maghi significava aver il potere di piegare ogni uomo, re o contadino che fosse. In molti temevano il ritorno della magia nel mondo.
Shindou si allontanò dalla finestra, si girò a osservare la stanza della locanda che occupava dalla sera precedente, era quasi completamente spoglia: c’era un letto, un armadio ad un’anta e un comò. Il fatto che non fosse molto accogliente, per lui non significava niente: i piani erano di andarsene prima che calasse la notte.
L’aria fredda di inizio primavera entrò dalla finestra aperta colpendo la sua pelle nuda e facendolo rabbrividire. Era ora di iniziare a prepararsi per il banchetto. Si diresse verso la sua borsa da viaggio che aveva lasciato cadere a terra accanto al letto la sera prima.

Il giorno precedente aveva acquistato degli abiti trasandati in un villaggio vicino e si era preoccupato di stracciarli in più punti per rendere credibile il personaggio che avrebbe interpretato entro breve al castello. Li indossò e si avvicinò allo specchio scheggiato appeso in un angolo della stanza, ricambiò lo sguardo di un occhio blu e di un occhio grigio con viso impassibile, si concentrò un attimo e assistette al mutamento del suo giovane viso mentre si riempiva di rughe. Raccolse dal comò la sua benda e la fissò sull’occhio destro legandosela dietro la testa poi, con un nastro nero, raccolse i lunghi capelli che dopo la trasformazione avevano perso la loro lucentezza e il colore corvino. Si diede un’ultima occhiata: sì, poteva andare.
Raccolse il resto delle sue cose nella borsa da viaggio e lasciò la stanza, arrivato nell’atrio pagò in fretta sotto lo sguardo allibito della proprietaria che non molte ore prima aveva visto entrare un bel giovane e ora si trovava di fronte un vecchio. Shindou non le badò e usci in strada, il sole era quasi scomparso dietro i tetti delle case: era quasi ora.
Per strada non c’era quasi nessuno, i pochi che ancora non avevano fatto ritorno alle loro abitazioni si sbrigavano a concludere le loro faccende senza guardarsi intorno, entro pochi minuti sarebbe suonata la campana a indicare il coprifuoco e nessuno avrebbe voluto farsi trovare dalle guardie, senza autorizzazione, in giro per la città. La punizione sarebbe stata assai severa…
Arrivò in breve all’entrata del castello, molti uomini e molte donne vestiti elegantemente stavano già attraversando l’ingresso presentando il loro invito. Avvicinatosi all’uomo che controllava che tutto fosse in regola, non fu necessaria nessuna parola: l’uomo si limitò a chinare il capo e a fargli cenno di passare.
Troppo facile.

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Capitolo 2
*** secondo capitolo ***


 

secondo capitolo


Shindou entrò nel castello e andò nella direzione da cui proveniva il suono delle chiacchiere degli invitati. Alle pareti di pietra erano appesi dipinti, arazzi, trofei e a terra erano stati stesi tappeti dai disegni orientali. La sala addobbata a festa era immensa, al centro c’erano tre tavolate apparecchiate e ad un capo di quella centrale sedeva il padrone di casa vestito con una casacca di broccato, calzoni di seta e stivali di cuoio di prima scelta, il tutto arricchito da ricami dorati. Aveva esattamente l’aspetto di un feudatario ricco e scialacquatore che aveva come vizi preferiti la gola e la lussuria. Ritta al suo fianco, stava una figura alta e snella: un uomo dall’aria effeminata, alto, di bell’aspetto, ma dallo sguardo vuoto e distaccato. Era chiaramente uno dei giocattoli del padrone di casa, ma la cosa non era sicuramente disinteressata da parte del giovane: essere il passatempo preferito del governatore portava i suoi vantaggi e questo era facilmente intuibile dalla ricchezza dei vestiti che indossava e dalla posizione privilegiata che occupava.

Quando il padrone di casa individuò Shindou con gli occhietti tondi e acquosi, si alzò e, spostando rumorosamente la sedia, si diresse verso l’ospite traballando sulle gambe tozze e corte. il suo favorito si mosse subito dietro di lui.

-E’ un onore avervi qui stasera signore, spero che la vostra presenza nella mia casa porti prosperità alla mia famiglia.

Shindou si limitò a chinare il capo in segno di saluto e parlò con voce calma e pacata:

-Gli dei mi hanno mandato qui per un motivo e sarò senza dubbio fedele al compito affidatomi.

Quegli occhietti brillarono di emozione:

-Molto bene, molto bene! Ah, dimenticavo di presentarvi il mio fidato consigliere, Alister.

L’uomo più alto fece un cenno falsamente reverente, malgrado lo sforzo per nasconderlo, non riuscì a trattenere il disgusto per un uomo dall’aspetto cosi umile. Shindou rimase indifferente e ricambiò il saluto senza battere ciglio.

-Gradirei molto se vi sedeste accanto a me questa sera.
Il mago piegò ancora il capo in senno di assenso verso il padrone e i due uomini si allontanarono riprendendo le loro postazioni iniziali, lasciando Shindou ad attendere l’inizio del banchetto.
Quando un campanello suonò, tutti gli invitati si diressero verso i posti che erano stati assegnati loro.

 
La cena stava procedendo rumorosamente, il padrone di casa non faceva che chiedere a Shindou quali meravigliose cose gli riservasse il futuro. Al mago non restava altro che inventare risposte o sviare le domande pressanti.

-In realtà, mio signore, vorrei chiedervi un favore.

-Dite pure, dite pure, sono pronto a darvi qualunque cosa.

-Ciò di cui ho bisogno non richiederà a voi o a nessun altro alcun disturbo, devo chiederle di permettermi di consultare i vostri registri di famiglia, sto facendo una ricerca e credo che le notizie che sto cercando potrebbero trovarsi in quei documenti.

Il padrone di casa rimase stupito da quella richiesta inaspettata.

-I nostri registri di famiglia sono privati, è impossibile mostrarli a degli sconosciuti.

-Lei capisce che questa concessione verrebbe ripagata con i miei più sinceri servigi.

Shindou vide l’indecisione sul volto dell’ometto, ma aveva già la vittoria in pugno, se lo sentiva.
Improvvisamente il portone della sala si spalancò è una delle guardie dell’ingresso entrò trafelata, si diresse dal padrone e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Pur essendo vicino, Shindou non riuscì a capire le parole che si stavano scambiando. Dopo

poche frasi, vide il governatore annuire e la guardia allontanarsi.

-Signori, il nostro attesissimo ospite è arrivato, preparatevi a un piacevole spettacolo.

Gli invitati parvero estasiati dalla notizia e ripresero un chiacchiericcio fitto e allegro. Shindou rimase attonito: Ospite? Quale ospite?
Con uno sferragliare di catene, entrò nella stanza un gruppo di persone: la differenza tra il loro stato sociale e quello delle persone sedute a tavola non poteva sfuggire a nessuno. Solo l’uomo che entrò alla testa del gruppo era chiaramente di un lignaggio più alto: era un uomo di mezz’età, i capelli brizzolati erano ben pettinati e ricadevano sulle spalle coperte da un lungo mantello da viaggio grigio. Un  gruppo di fanciulli lo seguiva in silenzio, a guardarli sembravano non superare i vent’anni, alle magre caviglie erano legate robuste catene che avrebbero impedito ogni tentativo di fuga. Avevano tutti la stessa tunica sporca e stracciata, ma i loro volti erano puliti, Shindou ne dedusse che fossero stati lavati per l’occasione. Due uomini seguivano il gruppo di ragazzi per impedire a chiunque di loro di restare indietro.

Il padrone di casa si alzò in fretta per andare incontro al mercante di schiavi  - per quanto triste fosse ammetterlo, non poteva che essere quella la sua attività - e si strinsero la mana in segno di saluto.
Dopo aver scambiato qualche parola tra di loro, il governatore passò in rassegna i giovani che erano stati allineati in mezzo alla stanza, con occhi avidi si fermò di fronte a uno di loro. Aveva i capelli argentati e due occhi viola e magnetici che sembravano risucchiare quello che fissavano, sembravano velati da una profonda tristezza, ma, a parte questo sentimento, non trapelava niente dal bel volto. Shindou non poté non notare la bellezza di quel ragazzo, una bellezza stupefacente e pura, molto difficile da trovare in quegli anni di corruzione. Era chiaro che il governatore avesse messo gli occhi su di lui. Shindou provò pietà per il giovane, qualunque fosse il destino che l’aveva portato nella posizione in cui si trovava in quel momento, non era questa la fine che meritava, nessuno di loro la meritava.

Il mago si riprese in tempo dai suo pensieri per vedere che il castellano e il mercante si stringevano la mano. Uno dei due uomini che seguivano la comitiva si avvicinò al ragazzo designato e gli tolse le catene dalle caviglie. Il giovane non perse tempo e tentò subito di fare uno scatto verso la porta, ma i guardiani furono più veloci di lui: uno lo bloccò per un braccio e l’altro non perse tempo ad assestargli un pugno nello stomaco. Lo shock fece perdere i sensi al giovane che ricadde in avanti con un grido strozzato.

-Non osate sciupare la mia roba. Se gli torcete un capello mi prenderò le vostre vite come risarcimento! Ora portatelo nelle mie camere, gli insegnerò presto ad obbedire al suo nuovo padrone.

Gli uomini si inchinarono in segno di scusa, raccolsero il ragazzo da terra e lo trasportarono fuori dalla sala.

-Molto bene signori, ora è il vostro turno di scegliere chi vi seguirà a casa. Io ritornerò tra poco.

Con un sorriso ammiccante verso i suoi ospiti, il padrone se ne andò sulla scia degli uomini che avevano appena lasciato la sala. Alister rimase a sedere, il suo scontento era chiaro, sembrava che stesse per essere rimpiazzato nel compito di dar piacere al padrone di casa …

In pochi secondi, il resto degli invitati si era alzato da tavola per dirigersi verso il gruppo in piedi al centro della stanza. Shindou colse quel momento di confusione per allontanarsi dalla sala: era la sua occasione di ottenere ciò per cui era entrato in quel palazzo. Negli archivi dei regnanti della città sperava di trovare qualcosa che lo avrebbe guidato verso la verità sull’assassinio della sua famiglia.

I corridoi erano scarsamente illuminati ma riuscì comunque a orientarsi, arrivò nell’ala del castello che sembrava dedicata alle camere private del governatore. Sicuramente da queste parti avrebbe trovato un ufficio o una biblioteca dove si potevano custodire documenti di tale importanza.

Un grido risuonò da una porta socchiusa, poco lontana dal punto in cui si trovava Shindou. Si avvicinò e senti sbraitare una voce che riconobbe come quella del padrone del castello, poi udì un colpo e un tonfo, seguiti da un lamento. Il mago spinse un po’ di più la porta senza far rumore e sbirciò dentro: a terra stava appallottolato e tremante lo schiavo dagli occhi viola e sopra di lui stava il suo nuovo padrone ansante e mezzo nudo che gli urlava contro oscenità e offese. L’omone si chinò su di lui e, afferratolo per la gola, alzò il viso contratto dalla paura all’altezza del suo:

-Ho pagato salatamente per averti ragazzino, farai quello che ti dico o il dolore che proverai sarà cosi tremendo che pregherai il tuo dio di fulminarti.
Il ragazzo si divincolò con forza, ma la mano intorno alla sua gola non sembrava voler allentare la presa, colto dalla disperazione infilò le unghie nella carne del braccio flaccido dell’uomo e scalciò facendo andare a segno qualche colpo, l’uomo grugnì per il dolore e allentò un po’ la stretta. Il giovane cadde a terra in ginocchio e tentò di allontanarsi in fretta dalla minaccia che lo sovrastava. Il suo aguzzino sembrava aver perso la pazienza:

-Giuro che ti ammazzo, sporco moccioso!

Afferrò un candeliere da un tavolo lì vicino e in pochi secondi gli fu addosso pronto a colpirlo col pesante oggetto.
Shindou agì d’impulso, si dimenticò per un attimo che andare in soccorso del ragazzo avrebbe compromesso la sua missione e si gettò nella stanza chiudendosi alle spalle la porta che sbatté con un rumore sordo. Il governatore si bloccò a metà dell’azione infastidito:

-E voi che cosa volete?

-Sono venuto a portarvi la mia benedizione, signore.

-Siete cieco vecchiaccio! Lo potete vedere da voi che non è il momento!

-No, io trovo che sia il momento perfetto.

L’uomo era fin troppo arrabbiato ora, si allontanò dalla sua preda e si lanciò contro l’intruso brandendo il candeliere.

-Non mi hai sentito? Ti ho detto di andartene!

Shindou sussurrò qualcosa e in un attimo il corpo dell’uomo si immobilizzò e, colto da uno spasmo, cadde pesantemente al suolo. D’improvviso nella stanza cadde il silenzio, il ragazzo nell’angolo era pietrificato, aveva la tunica strappata e una spalla magra spuntava dalla veste, dal labbro e da una ferita sulla fronte usciva del sangue, aveva il fiatone e tremava terribilmente.

-Se hai intenzione di andartene da qui ti consiglio di alzarti e seguirmi prima che arrivi qualcuno.

Il giovane non sembrò sentirlo, restò immobile dove si trovava. Shindou sospirò e gli si avvicinò a lunghi passi, si inginocchiò e allungò una mano per afferrargli un polso, ma il ragazzo non reagì come sperava al suo gesto: fece uno scatto indietro e iniziò a urlare, prima che riuscisse a calmarlo, la porta alle loro spalle si spalancò e Alister, seguito dalle guardie, entrò nella camera. Vedendo il padrone a terra, i nuovi arrivati alzarono le armi e si diressero verso il mago e il ragazzo con chiare intenzioni.
Prima che Shindou avesse il tempo di reagire, senti un forte dolore alla spalla, il consigliere del governatore gli si era scagliato addosso e l’aveva trafitto con un pugnale:

-Bastardo! Come hai osato far del male al mio padrone!

Il mago lo colpì con un pugno intriso di energia magica in pieno stomaco, e Alister non poté far altro che arretrare barcollando per poi cadere a terra sputando sangue.
Shindou si sfilò dalla spalla il pugnale e lo lanciò verso le guardie che erano rimaste attonite nel vedere la forza del loro opponente. Ne colpi una ad una gamba e questa cadde a terra urlando, le altre, vedendolo disarmato, ricominciarono ad avvicinarsi. L’uomo capì che non era il caso di rimanere ancora là dentro, soprattutto se il ragazzo non aveva intenzione di collaborare. Creò una sfera di energia che circondò entrambi e un attimo dopo si librarono in aria sotto lo sguardo terrorizzato degli assalitore per poi volare fuori da una finestra aperta, svanendo nella notte.

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Capitolo 3
*** terzo capitolo ***


terzo capitolo


Shindou li portò fin oltre le mura di Olinda, in un bosco che, per il momento, gli sembrò abbastanza sicuro. Quando toccarono terra non riuscì a restare in piedi, la ferita e la perdita di sangue gli stavano facendo girare la testa. Aveva usato troppa energia per portarli cosi lontani dal castello, era da tempo che non era costretto a usarne così tanta. Senti gli occhi che gli si chiudevano e cadde a terra, su un fianco, privo di sensi.

Il ragazzo, rimasto fino a quel momento immobile nel punto in cui era atterrato, sentendo il tonfo del corpo del vecchio che si accasciava accanto a lui, si riscosse dal terrore che era calato su di lui sin dall’ingresso nel castello.

-Signore? Cosa le succede?

Non tardò a vedere la chiazza di sangue che si espandeva sulla veste logora dell’uomo. Con un po’
di sforzo lo fece voltare sulla schiena e aprì la parte superiore della veste per osservare la ferita: la lama non doveva essere penetrata in profondità.

Guardandosi intorno, a pochi metri scorse un ruscello e, una volta strappatosi una striscia di tessuto dalla tunica, la andò a bagnare e la mise sulla spalla del suo salvatore. Era talmente preso da ciò che stava facendo che si accorse solo in quel momento che il corpo del vecchio stava perdendo ogni segno lasciato dagli anni: la pelle si stava tonificando, il viso aveva perso le rughe e i capelli erano corvini e lucidi. Era bellissimo! Restò a fissarlo ancora pochi attimi e poi si accorse dei primi segni che annunciavano il risveglio dell’uomo. Strisciò un poco più indietro e osservò l’unico occhio visibile di quel volto splendido mentre si spalancava. La prima cosa a cui gli fece pensare fu il cielo invernale: grigio e così freddo...
Shindou tentò subito di alzarsi, ma due mani tremanti lo spinsero dolcemente a terra. Stupito fece scorrere lo sguardo sulle braccia pallide e sottili che lo trattenevano fino a raggiungere il viso e i begli occhi viola del ragazzo a cui aveva salvato la vita. Il giovane sussultò e voltò il capo, allontanando contemporaneamente le mani dal petto nudo dell’uomo.

-Ho provato a pulire la ferita …

Shindou guardò in basso verso la sua spalla e vide il pezzo di stoffa, poi notò lo strappo in fondo alla tunica del ragazzo.

-Mi d-dispiace, non avevo altro.

-Grazie.

-Eh? Ah, no, dovrei essere io a ringraziarla per avermi salvato …

La voce gli si incrinò ripensando a ciò che aveva rischiato.

-Mi dispiace che a causa mia lei sia stato ferito … io sono Taki …

Per qualche minuto regnò il silenzio. Taki senti l’imbarazzo aumentare e girò la testa verso l’oscurità del bosco.

-Mi chiamo Shindou.

Il ragazzo tornò a guardare il sul salvatore sorpreso, ormai non sperava più in una risposta. Felice per averne ricevuta una, non poté trattenere un sorriso e a Shindou sembrò che il freddo che aveva occupato il suo cuore in tutti quegli anni iniziasse a dissiparsi.

-Hai un posto in cui tornare?

Taki lo guardò confuso:

-Avevi una famiglia prima di finire con quelle persone?

Un velo di tristezza coprì gli occhi del ragazzo:

-Io … non me lo ricordo …

Shindou decise di non indagare oltre, in fondo si conoscevano solo da pochi minuti. Non sapeva perché, ma il fatto che il ragazzo non avesse un posto dove tornare glielo faceva sentire più vicino di tutte le persone in cui si era imbattuto in quegli anni di vagabondaggio.

-Puoi venire con me finché non saremo abbastanza lontani da questa città da non rischiare più che ti riconoscano, ma poi dovrai cavartela da solo, io non posso occuparmi di te, ho altro a cui pensare …

-Non trattarmi come un moccioso, ho diciannove anni! Me la so cavare anche da solo!

Il ragazzo mise su un espressione imbronciata e oltraggiata allo stesso tempo. Il mago restò stupito per la rivelazione, non li dimostrava affatto: gliene avrebbe dati quindici, sedici al massimo. Prima di poterlo fermare, un pensiero gli affiorò alla mente: con gli occhi accesi di indignazione, il ragazzo era ancora più bello.

Shindou si alzò di scatto, la testa gli girò, ma, deciso a non mostrare ulteriore debolezza, si sforzò di restare in piedi. -Dobbiamo allontanarci da qui prima che inizino a cercarci. Togliti quell’indumento, indosserai il mio mantello, io ho altri abiti con me. Con quelli è fin troppo chiaro da dove vieni.

Taki fece un passo indietro, a cosa stava pensando quest’uomo veramente? E se in verità era come il padrone del castello che l’aveva comprato o come il mercante di schiavi, o come tutti gli altri … 
Shindou notò l’espressione terrorizzata del ragazzo, ripensandoci quella frase doveva suonare piuttosto male a qualcuno che era appena stato venduto per il suo corpo.

-Ti lascio qui il mantello, io vado da quella parte a controllare che nessuno si stia avvicinando.

Taki capì che l’uomo aveva compreso il suo timore e che si stava allontanando per dargli la possibilità di cambiarsi senza il disagio di doversi spogliare davanti a uno sconosciuto. Non poté far a meno di provare una gratitudine ancora più grande nei confronti della persona che gli aveva salvato la vita. Bisbigliò un grazie, ma la schiena di Shindou stava già sparendo nell’oscurità tra il fogliame. Senza perdere tempo, raccolse da terra il mantello che gli era stato prestato e si diresse verso il ruscello per fare un bagno veloce. Voleva lavare via i ricordi terribili di quella giornata. Una giornata che ormai stava finendo, dando inizio ad un nuovo capitolo della sua vita. Un capitolo che si prospettava essere molto interessante.


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Shindou iniziò a camminare verso le mura, non aveva intenzione di allontanarsi troppo, la spalla gli faceva ancora mele. Forse sarebbe stato meglio dirigersi prima di tutto al santuario di Eusapia, i monaci lì gli avrebbero senza dubbio offerto assistenza. Ne avrebbe approfittato per fare un po’ di scorta di erbe e per fare una visita al suo vecchio amico. Non si vedevano da così tanto tempo che ormai doveva crederlo morto.

Si fermò e si sfilò dalla testa la borsa da viaggio, ne estrasse gli altri abiti che possedeva, posò la sacca per terra e senza fare movimenti bruschi con la spalla, si sfilò l’abito logoro che gli era servito quella sera per intrufolarsi nel castello. Un piccolo incidente di percorso di nome Taki ,però lo aveva distolto dalla sua impresa iniziale. Si infilò i calzoni neri di pelle e sopra, con un po’ di difficoltà, indossò la sua casacca bianca in stile orientale. Controllò che la benda sull’occhio fosse legata bene e poi decise di tornare indietro. Il ragazzo aveva avuto abbastanza tempo per cambiarsi.

Ripercorse a ritroso il pezzo di strada nella boscaglia e raggiunse nuovamente la piccola radura nella quale erano arrivati. Guardò il cielo: le prime luci del giorno tingevano le nuvole di rosa e violetto, tra poco il sole sarebbe sorto. Non c’era altro tempo da perdere, presto le ricerche sarebbero cominciate. Non vide il ragazzo, ma sentendo scorrere il ruscello poco lontano intuì che doveva trovarsi lì e vi si diresse. Quando gli alberi si diradarono e arrivò a pochi metri dal corso d’acqua dovette fermarsi davanti a quello che vide…

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Capitolo 4
*** quarto capitolo ***


quarto capitolo



Taki stava in piedi in mezzo al ruscello, la tunica da schiavo dimenticata sulla riva accanto al mantello che Shindou gli aveva prestato. Le braccia alzate, le mani infilate nei capelli mossi, i colori dell’alba che venivano riflessi dalle ciocche argentee, Taki stesso sembrava emanare luce. La schiena del fanciullo, girata verso il mago, era stesa, le costole evidenti sotto la pelle perlacea, le gambe lunghe e snelle sparivano nell’acqua dal ginocchio in giù. Lo sguardo di Shindou salì all’altezza delle scapole, qualcosa che gli era sfuggito a una prima occhiata attirò la sua attenzione: un marchio impresso sulla spalla destra sporcava quella distesa di pallore. Da quella distanza non ne distingueva i contorni e la forma, fece un passo avanti dimenticandosi che quello, per il ragazzo, doveva essere un momento per se stesso.

Il giovane senti il fruscio di passi nell’erba dietro di sè, le sue braccia andarono a stringersi intorno al petto e girò di scatto la testa verso l’intruso:

-Cosa c’è?

Shindou si fermò, rimase a pochi metri dal ruscello:

-Cos’è quello?

Taki abbassò lo sguardo sulla propria spalla destra vedendo l’occhio visibile dell’uomo fissarsi su quella parte della sua schiena:

-Non so da quanto ce l’ho, non so neanche cosa rappresenti.

-Cosa vuoi dire?

-Non lo ricordo.

-Mi sembra ci siano molto cose che non ricordi.

Il ragazzo distolse lo sguardo, non voleva parlare di questo, non era sua la colpa se non ricordava …

-Sbrigati a rivestirti, dobbiamo andare!

Taki, ricordandosi solo in quel momento in che stato si trovasse, arrossì. Rimase girato finché non fu certo di essere di nuovo solo e poi si sbrigò a raggiungere la riva e a raccogliere la tunica, sulla quale indossò il mantello del mago.
 

Avvicinandosi quei pochi passi in più, Shindou era quasi sicuro di aver distinto l’immagine di un occhio tatuata sulla spalla del ragazzo, non ne conosceva il significato, però aveva qualcosa di familiare. A un tratto, sentì un brivido lungo la schiena. Aveva una brutta sensazione …

-Sono pronto.

Shindou girò la testa verso il ragazzo, ora interamente vestito, che era appena apparso nella piccola radura nella quale il mago si era fermato ad aspettarlo.

-Andiamo, abbiamo un po’ di strada da fare.

-In che direzione andiamo?

-A Nord.

-Ma a Nord non ci sono molte città, o almeno non nelle vicinanze. Ho sentito che in quella direzione la natura è selvaggia, che vi si trovano alte montagne e foreste e …

-Conosco la zona. C’è un posto dove devo andare.

-E io?

-Tu verrai con me. In fondo non sei stato tu stesso a dire che non hai un posto dove andare. C’è una cosa che devo controllare.

-Cosa?

Shindou non lo ascoltava più, con lunghe falcate si era già incamminato verso Nord. A Taki non restò altro da fare che corrergli dietro.

-Senti?

Il mago abbassò lo sguardo sul ragazzo che gli stava accanto, si accorse che riusciva a mantenere con fatica il suo passo svelto e rallentò un po’.

-Cosa c’è?

-C’è una cosa che volevo chiederti da prima .. quell’uomo, il governatore … l’hai ucciso?

Shindou scosse il capo:

-Non avrebbe avuto senso farlo.

Taki si mostrò confuso nel sentire la risposta dell’altro. Shindou sospirò e continuò:

- Credo ci siano solo due situazioni che possano giustificare l’uccisione di un uomo per mano di un altro: la prima si verifica nel caso in cui ci si trovi in serio pericolo di essere uccisi, la seconda quando a rischiare di essere uccisi non siamo noi, ma le persone che amiamo.

Taki restò in silenzio per qualche secondo:

-Ma prima, al castello, quell’uomo avrebbe potuto ucciderti.

-Figuriamoci se mi sarei fatto ammazzare da un tipo del genere.

Il ragazzo grugnì, era chiaro che il suo compagno di viaggio si stava dando delle arie. Poi, pensandoci meglio, sorrise, non si aspettava che una persona dall’aspetto cosi serio e maturo potesse avere un lato vanitoso.

-Insomma, dov’è che andiamo?

Shindou rifletté un po’ prima di rispondere:

-A due giorni di viaggio da qui, in questa direzione, c’è un santuario nascosto tra dei valichi di montagna. I monaci che vivono li sono miei conoscenti, chiederò loro di darti un posto dove stare, almeno finché non avrai deciso cosa fare della tua vita.

Decise di non aggiungere altro, non era il caso di comunicare al ragazzo che era sua intenzione scoprire di più su quel marchio, non sapeva come avrebbe potuto reagire, meglio non sbilanciarsi.
 

Continuarono a camminare per tutta la mattina, il sole non era ancora alto sopra le loro teste e Taki già mostrava chiari segni di stanchezza, aveva iniziato da qualche minuto a strascicare i piedi e respirava pesantemente. Essendosene reso conto, Shindou aveva iniziato a guardarsi intorno in cerca di una zona abbastanza riparata da permettere ai due di fermarsi a riposare per un po’. Il sole di mezzogiorno picchiava forte sulle loro teste e il sudore imperlava la fronte ad entrambi.

-Più avanti ci sono degli alberi, ci fermeremo lì a riposare un po’.

-Shindou, io non …

Il mago fece appena in tempo a girarsi verso il ragazzo, rimasto qualche passo dietro di lui, che lo vide collassare a terra.

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Capitolo 5
*** quinto capitolo ***


quinto capitolo



Shindou guardò il volto del ragazzo sdraiato sull’erba davanti a lui, i capelli argentei e spettinati, che quando stava in piedi arrivavano alle spalle, erano sparsi intorno alla testa che, a sua volta, stava appoggiata sulla borsa da viaggio del mago; l’uomo non aveva trovato niente di meglio da usare per tenergliela sollevata.
Pochi minuti prima, aveva fatto appena in tempo a capire che il ragazzo stava perdendo i sensi e ad allungare un braccio per impedirgli di cadere sul duro terreno. Lo aveva sollevato, afferrandolo dietro la schiena e sotto le ginocchia e aveva trovato un posto ombreggiato per farlo riprendere. Pensandoci ora, era probabile che il motivo dello svenimento fosse dovuto alla fame: chissà quand’era stata l’ultima volta che aveva mangiato, i mercanti di schiavi non erano famosi per la loro umanità: il minimo che facevano era assicurarsi che la loro merce non morisse o che non apparisse troppo maltrattata. La fame, aggiunta alla stanchezza per i fatti della notte passata e per il cammino, l’avevano portato al limite, Shindou provò un senso di colpa che cercò immediatamente di ignorare e mettere da parte: non gli servivano questi sentimenti per una persona appena conosciuta … non gli servivano.

Le lunghe ciglia di Taki tremarono, i bei lineamenti si contrassero, se per dolore o paura, il mago non seppe dirlo. Vide le lunghe dita affusolate della mano destra, quella appoggiata sul petto, stringersi a pugno. Lo senti mugugnare qualcosa che non riuscì ad afferrare e poi da sotto le palpebre uscirono due lacrime che tracciarono un sentiero umido sulla pelle pallida del ragazzo. Shindou cedette all’improvviso impulso di allungare la mano per tracciare con le proprie dita le scie lasciate da quelle gocce calde: sotto le sue dita, quella pelle era davvero morbida come sembrava … Dalle guance passò ad accarezzare la fronte imperlata di sudore, spostò dal viso alcune ciocche ribelli, poi con estrema lentezza ripercorse le tempie e le guance per arrivare ad un angolo della bocca rosea del giovane. Come ustionato, il mago ritrasse la mano portandosela al viso, chiuse gli occhi sopraffatto da quelle nuove emozioni a cui non riusciva a dare né un nome né una spiegazione. Non ebbe il tempo di rifletterci molto sopra: riapri gli occhi per vedere che anche Taki stava facendo lo stesso.
Il ragazzo voltò la testa verso l’uomo:

-Che è successo?

-Hai perso i sensi, da quanto non mangi?

il giovane batté un paio di volte le palpebre:

-Dall’altro ieri, credo … o forse era il giorno prima?

Shindou sospirò, non c’era da stupirsi:

-Ho raccolto qualche mela, nella mia borsa c’è anche un po’ d’acqua. Mangia e bevi quanto serve, tra poco dovremo riprendere il cammino.

Taki si sollevò su un gomito, accanto a lui, sull’erba, c’erano cinque mele:

-Tu non ne vuoi?

-Io la mia parte l’ho già mangiata?

Non era vero, in realtà non aveva fame, il suo stomaco era in subbuglio e non capiva cosa fosse questo senso di confusione che provava. Era iniziato quella mattina, dopo aver visto Taki al ruscello; ripensarci riportò subito alla mente immagini di pelle pallida, gambe snelle, un fisico asciutto … Maledizione!
Il mago si alzò di scatto, diede qualche secondo alle sue gambe per riprendersi dal torpore causato dallo stare seduto troppo a lungo e poi si incamminò a lunghi passi verso la strada poco distante dal gruppo di alberi sotto i quali aveva portato il ragazzo.

Taki rimase semisdraiato sull’erba a guardare la schiena di Shindou allontanarsi: che avesse deciso di ripartire lasciandolo li? No, il mago si fermò dopo pochi metri, non si girò, ma non diede neanche segno di volersene andare. Il giovane sospirò sollevato, afferrò una mela e la addentò, era squisita! Non ci mise molto a divorarne tre; pur non essendo completamente sazio, decise di lasciare le ultime due per un altro momento, almeno non si sarebbe più coperto di imbarazzo perdendo i sensi davanti a un quasi sconosciuto una seconda volta.
-
L’acqua è nella borsa.

Taki alzò gli occhi sull’uomo che si era riavvicinato. Annuì e aprì la sacca che aveva usato come cuscino: dentro non c’erano molte cose, solo un quaderno, un pugnale dal fodero molto bello e lavorato, una boccetta d’inchiostro con una penna d’oca e la borraccia. Il giovane decise che non sarebbe stato carino mettersi a osservare con troppa attenzione il contenuto del bagaglio dell’uomo, quindi si limitò ad afferrare il contenitore di pelle, a stapparlo e a bere delle lunghe sorsate del liquido fresco che conteneva. Alzando lo sguardo, notò che il mago, in piedi a pochi passi da lui, lo stava guardando. Confuso allungò la borraccia nella sua direzione pensando che avesse sete, ma quello scosse brusco il capo e si girò dall’altra parte. Taki alzò le spalle e, rimesso tutto nella borsa la richiuse, raccolse le mele avanzate e si rialzò caricandosi la sacca su una spalla e nascondendo le mele tra le pieghe del mantello.
Shindou senti il ragazzo avvicinarsi:

-Su, andiamo.

Ripresero il cammino in silenzio, il mago cercò di mantenere un passo misurato per non lasciare indietro il suo compagno di viaggio. La sua mente veniva catturata continuamente da pensieri che fino a quel momento gli erano stati estranei: mentre il ragazzo beveva, si era scoperto ad osservare una goccia d’acqua che, scampata alle labbra avide del giovane, stava scivolando sul mento, sulla gola, per poi sparire sotto il bordo del mantello.  Come sarebbe sopravvissuto per un altro giorno e mezzo con quella fonte di continue tentazioni, tentazioni che risvegliavano in lui dei bisogni di cui non sapeva che il suo corpo fosse affamato.

Il cammino continuò fino al tramonto, non si erano più scambiati parola e al mago la cosa non dispiaceva, in fondo non era abituato ad avere qualcuno con cui parlare durante i suoi viaggi. Da lontano avvistarono una capanna un po’ scostata dalla strada, il mago decise che avrebbero passato li la notte, era evidente dall’aspetto malconcio che quell’abitazione era disabitata. Lasciarono la strada e si diressero verso la costruzione.

-Resteremo qui stanotte.

Taki tirò un sospiro di sollievo, era esausto, non aspettava altro che una pausa per riposarsi un po’. Non aveva avuto il coraggio di chiedere alla sua guida una sosta, non dopo che per colpa sua avevano perso almeno un’ora, quella mattina.
Shindou apri la porta di legno mezza scardinata, guardò all’interno, non c’era molto, solo un tavolo con tre gambe, delle sedie rotte per terra e un caminetto in un angolo dell’unica stanza: poteva andare.
L’uomo raccolse dei legni dal pavimento e si diresse verso il piccolo focolare in mattoni, ad un suo sussurro una fiamma si sprigionò sul mucchietto di stecchi che aveva posizionato su quella superficie. Senti Taki trattenere il fiato all’apparizione del fuocherello, decise di non curarsene e senza guardarlo si andò a sedere a terra addossato a una parete, accanto al caminetto.

-E’ meglio che ti metta a dormire, dovremo ripartire presto domattina.

Taki si guardò intorno, non sapeva dove mettersi, la parte più pulita della stanza era proprio quella dove si era andato a mettere il suo compagno. Restò dubbioso qualche momento e poi decise di sederglisi accanto, non aveva nessun timore che l’uomo potesse fargli del male durante la notte, aveva avuto troppe opportunità e non aveva dato il minimo segno di averci anche lontanamente pensato. Stare con quest’uomo gli dava, al contrario, un senso di sicurezza mai provato prima, si sentiva protetto. Andò ad appoggiarsi alla parete con la schiena e si lasciò scivolare a terra, la sua spalla a pochi centimetri da quella dell’altro.
Shindou comprese l’indecisione che apparve negli occhi del ragazzo prima che si decidesse a sedersi accanto a lui,  ma non disse nulla, cercò di convincersi del fatto che si sentiva irritato per la vicinanza del giovane, ma non ci riuscì, sentire il calore di un altro corpo accanto al suo era cosi confortevole che non fece altro se non rilassarlo.

-Buona notte Shindou.

L’uomo non rispose subito, sospirò piano e chiuse gli occhi:

-Buona notte.

Taki sorrise e chiuse gli occhi a sua volta andando a posare il capo sulle ginocchia che aveva raccolto vicino al petto. Questa sarebbe stata la sua prima notte di libertà dopo tanti anni e l’unica persona che doveva ringraziare per la sua nuova vita era seduta accanto a lui in quel momento. Forse questa volta i suoi sogni sarebbero stati liberi dagli incubi …
Taki non poteva saperlo, ma nella testa del suo compagno, si erano formati pensieri simili.

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Capitolo 6
*** sesto capitolo ***



A circa metà del capitolo troverete questa faccina *_* se vi fa piacere da quel punto in poi potete accompagnare la lettura con una canzone dell'ost di Tsubasa reservoir chronicle "hear our prayer"


sesto capitolo



Sperare in una notte tranquilla, a quanto pare, era chiedere davvero troppo. Appena ebbe chiuso gli occhi, Shindou fu risucchiato in un altro dei suoi sogni su quella notte; questa volta però, per qualche strano motivo, l’incubo fu diverso: iniziò come sempre, con le urla, con la terribile sensazione di qualcosa di orribilmente sbagliato che stesse per succedere. Era con sua madre al centro di quel salone, col cadavere di suo padre a pochi centimetri, la donna che gli sussurrava le stesse parole di ogni notte, le parole di conforto che lo rassicuravano dell’amore che lei e il suo sposo avrebbero sempre provato per lui, il loro unico figlio. Poi osservò di nuovo il volto della donna allontanarsi dal suo, per assistere al momento in cui quegli uomini la accerchiavano e le toglievano la vita, una vita che lei, il marito e il figlioletto avrebbero dovuto trascorrere insieme, felici … Qui avvenne il cambiamento: Shindou notò per la prima volta qualcosa di nuovo, qualcosa che era sempre stato li, ma che non aveva mai attirato la sua attenzione: sui mantelli degli uomini incappucciati spiccava un marchio ricamato in oro, era un occhio!

Shindou spalancò gli occhi, aveva il viso sudato, si passò una mano sulla fronte per asciugarla e per riavviarsi i capelli che gli solleticavano le guance. Quell’occhio lui lo conosceva, sapeva di averlo già visto da qualche parte quando l’aveva scorto sulla schiena del ragazzo. Come fossero collegate le due cose, però non sapeva dirlo, aveva troppa confusione in testa. Guardò accanto a sé, Taki dormiva beato, sul viso aveva un lieve sorriso soddisfatto. Quali segreti nascondeva questo ragazzino? Inconsciamente, si passò l’indice e il medio sulla benda che copriva l’occhio destro, sarebbe potuto essere cosi facile scoprirlo, ma uno strano sentimento gli impediva di fare qualcosa che potesse ferire quell’essere che sembrava cosi vulnerabile … non avrebbe dovuto importargli, lui aveva solo uno scopo nella vita: trovare gli assassini dei suoi genitori e ucciderli! Non poteva occuparsi di nessuno, ma il fatto che quel ragazzo fosse collegato alla sua missione di vendetta cambiava tutto. Decise che avrebbe scelto il modo in cui trattare Taki solo arrivati a destinazione, dove sperava di risolvere almeno una parte del mistero.

 
Taki si svegliò appena le prime luci dell’alba iniziarono a filtrare attraverso i vetri rotti delle finestre della capanna. La stanza in cui avevano passato la notte appariva ancora più desolata ora che era esposta in tutta la sua spogliezza dall chiarore dell’alba.
Guardandosi intorno notò che era solo, il fuocherello acceso la sera prima si era spento durante la notte lasciando dietro di sé un mucchietto di cenere. Impensierito dall’assenza del compagno, si alzò stiracchiandosi velocemente e si diresse verso la porta pericolante, una volta sulla soglia, osservò i dintorni della capanna. Non dovette cercare molto: l’uomo era in piedi a pochi passi di distanza a fissare l’orizzonte. Non si voltò quando Taki gli si avvicinò:

-Buon giorno.

Il mago non rispose a quel saluto, si limitò a fare un cenno col capo per mostrare che l’aveva sentito, ma non aprì bocca. Taki non si demoralizzò, sfilò da sotto il mantello le due mele avanzate dal giorno prima:

-Ne vuoi una?

Shindou abbassò lo sguardo sulle mani del ragazzo, alzò un sopracciglio e ne prese una:

-Grazie.

Mangiarono in silenzio, tutti e due in piedi, fissando davanti a sé.

-Ripartiamo subito, dovremmo arrivare a destinazione in serata tarda. Faremo solo una pausa.

Taki annuì silenziosamente, ce l’avrebbe messa tutta per dimostrare che non era debole e sfaticato. Per qualche strano motivo, il pensiero di deludere l’uomo non gli piaceva. Spiegò la cosa col fatto che Shindou era il suo salvatore e che voleva assicurarsi che l’uomo non di dovesse pentire di aver deciso di portarselo dietro.

-Hai già raccolto tutte le tue cose?

-Io sono pronto, non ho niente da raccogliere …

Si zittì, un groppo gli strinse la gola: ricordare a se stesso che non aveva nessuna radice, nessun ricordo di una vita prima della schiavitù lo intristiva sempre. Alzò lo sguardo per cogliere il volto solitamente impassibile di Shindou che rifletteva quella che doveva essere la sua espressione: sembrava triste. Quel mutamento nel volto dell’altro, però spari velocemente com’era apparso.

-E’ ora di andare.

 
Il cammino riprese, il sole si alzava sulla linea dell’orizzonte e scaldava pigramente la campagna e le colline. Il paesaggio primaverile si risvegliava mentre loro camminavano per i sentieri erbosi ancora umidi di rugiada. Ma Shindou non riusciva a godersi il paesaggio, i suoi pensieri erano occupati solo da quel marchio misterioso diventato improvvisamente nitido nei suoi ricordi, senza dimenticare il fatto che lo stesso marchio era impresso sulla pelle del ragazzo che aveva conosciuto solo due notti prima al castello di Olinda e che ora camminava pochi passi dietro di lui in silenzio. Non riusciva proprio a trovare un collegamento, più si sforzava di trovarne uno e più esso diventava irraggiungibile. Il pensiero che quel ragazzino dagli occhi viola e dai capelli argentei e spettinati fosse un complice di quegli uomini gli aveva attraversato la mente, in effetti gran parte della notte appena passata quasi completamente insonne l’aveva trascorsa rimuginando sulle varie possibilità. Questa in particolare era stata una delle prime a essere stata scartata, qualcosa in quegli occhi e nell’atteggiamento di Taki la rendevano semplicemente inverosimile.

Si stava addolcendo troppo nei confronti del ragazzo, fin dal primo momento in cui l’aveva visto, aveva percepito che le loro anime erano in qualche modo affini, forse aveva a che fare con la loro storia, con quello che avevano passato, ma non conoscendo che vita avesse fatto il ragazzo, in che modo fosse caduto nelle mani dei mercanti di schiavi, non poteva provare la sua teoria.
Il secondo collegamento preso in considerazione era che entrambi fossero vittime di questa specie di setta di incappucciati. In questo caso, però non aveva nessuna certezza, sempre per colpa dell’ostacolo che costituiva il non conoscere la storia del ragazzo. Avrebbe dovuto affrontarlo prima o poi, avrebbe dovuto costringerlo a ricordare. anche se avesse dovuto usare un metodo che non avrebbe fatto piacere a nessuno dei due. Pur di riportare a galla ciò che era intrappolato nella memoria del ragazzo,  pur di raggiungere la verità, era pronto a tutto. Ancora una volta la sua mano si sollevò per andare a sfiorare con la punta delle dita il cuoio della benda che gli copriva l’occhio destro. *_*

-Cosa ti è successo all’occhio? Come l’hai perso?

Le domande erano state poste all’improvviso, innocentemente. Shindou non sapeva come rispondere. Dire la verità era fuori discussione, pur avendo escluso la possibilità che il ragazzo cospirasse contro di lui, svelare il segreto legato a quell’occhio non avrebbe fatto del bene a nessuno dei due, non voleva neanche mentire però, per qualche motivo inspiegabile dire una bugia al giovane gli sembrava terribilmente ingiusto. Decise che rispondere con una via di mezzo tra la verità e la menzogna sarebbe stato meglio:

-Non l’ho perso, il mio occhio destro e il mio occhio sinistro vedono in modi diversi, tenerlo scoperto non mi servirebbe a niente.

Non aggiunse altro, guardò Taki che lo fissava con uno sguardo perplesso e confuso.

-Non capisco.

-Non è necessario che tu capisca.

Ora il volto del giovane era imbronciato, a Shindou sfuggì un sorriso storto, scomparve subito però, perché il suo compagno non aveva finito con la sua indagine:

-Tu sei un mago, vero. Ho visto come hai battuto quegli uomini al castello.

Shindou sospirò, questo ragazzino faceva troppe domande per i suoi gusti. Qui però una mezza bugia non sarebbe servita, era inutile nascondere l’evidenza di ciò che avevano visto quegli occhi. Si limitò ad annuire.

-Però io ho sentito che i maghi dovrebbero essere scomparsi.

L’uomo si irrigidì. Taki decise comunque di continuare a parlare:

- Ai mercanti piaceva raccontarci delle leggende per spaventarci e farci passare la voglia di tentare la fuga … Leggende che dicevano  che in queste terre fino a poco più di vent’anni fa viveva una famiglia di maghi potentissimi, gli ultimi sopravvissuti della loro stirpe. Essi potevano trasformarsi in bestie spaventose e uccidevano chiunque sfidasse il loro potere. Il capofamiglia possedeva un occhio capace di leggere i pensieri di chiunque fosse cosi sfortunato da incrociare il suo sguardo e riusciva anche a leggere nella sua memoria. Egli aveva una moglie e un figlio, la donna era capace di intrappolarti in illusioni terribili che avrebbero distrutto la sanità mentale di chiunque le si fosse opposto e il figlio stava crescendo sotto l’educazione dei due genitori per diventare forte e terribile come loro. Si dice anche che una notte degli uomini misteriosi uccisero la temibile famiglia ponendo fine al loro regno di terrore. Dicono che i loro fantasmi vaghino per queste terre in cerca di vendetta …
Shindou strinse i pugni, sapeva che il ragazzo non aveva colpa per ciò che altri gli avevano raccontato, però il dolore che provava nel sentire il modo in cui la memoria dei suoi genitori fosse stata infangata gli stringeva lo stomaco  in modo opprimente.

-Io però non credo a quelle storie, prima di conoscerti ero convinto che i maghi fossero malvagi, tu invece mi hai salvato la vita, mi hai liberato e hai promesso di darmi un posto dove stare. Credo che le persone morte quella notte fossero solo incomprese dagli altri perché erano diverse. La gente normale non poteva comprendere la loro diversità e per questo la temevano. Non ho ricordi di chi mi ha messo al mondo, ma sono sicuro che non esistono genitori che farebbe crescere il proprio figlio per diventare un mostro.

Taki alzò lo sguardo su Shindou che si era fermato e lo fissava con un espressione mista di stupore, dolore e gratitudine. Restarono a fissarsi ancora per qualche secondo, una conversazione muta passò tra i due: domande senza risposte e misteri irrisolti rimasero sospesi nelle loro menti. Il mago fu il primo a distogliere lo sguardo. Quegli occhi viola sembravano scavare dentro di lui alla ricerca di quelle risposte.

-Non è il momento …

Taki sembrò afferrare il senso di quella frase, la considerò una promessa, una promessa che non avrebbe dimenticato assolutamente.

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Capitolo 7
*** settimo capitolo ***


settimo copitolo



Alister Korr camminava con passo spavaldo dietro alla guardia del castello di Mariel, quel giorno sarebbe finalmente arrivata la sua occasione di gloria. Con le informazioni di cui era in possesso avrebbe aiutato immensamente l’organizzazione nella sua missione e sarebbe stato sicuramente ricompensato. Finora era sempre stato considerato un debole buono a nulla, ma dopo quella sera sarebbe cambiato tutto. Anzi tutto aveva iniziato a cambiare nel momento in cui aveva ucciso l’uomo che negli ultimi anni aveva ricoperto il ruolo di suo padrone. Era stato immensamente facile: gli era bastato far credere che le ferite riportate dopo lo scontro con lo stregone fossero state tali da fargli perdere la vita, mentre, in realtà, lui stesso l’aveva soffocato durante la notte dopo che era stato messo a letto dai suoi servitori. Il vecchio non aveva comunque mai ripreso conoscenza dopo lo scontro e la situazione gli era parsa troppo propizia per non coglierla al volo .

La sua guida si fermò davanti a un grande portone di legno lavorato, bussò due volte e apri con cautela una delle due ante. Alister entrò nell’immenso salone illuminato, al centro del quale, seduti intorno a una tavola rettangolare, stavano le figure più importanti dell’organizzazione. L’uomo si avvicinò con un ghigno soddisfatto sul viso, quando fu a pochi passi dal centro della stanza si fermò in attesa. Il primo a parlare fu l’uomo seduto a capotavola, colui che possedeva più autorità in quel luogo:

-Bene bene, ben arrivato signor Korr, parlando a nome di tutti noi devo dire che la sua richiesta di un incontro ci ha molto stupiti.
Lei capisce che una convocazione cosi improvvisa ha ragione di essere effettuata solo in casi di grande urgenza e importanza. Spero che non ci abbia chiamati tutti qui solo per una sciocchezza …

Alister deglutì, sperava davvero di non aver fatto un buco nell’acqua, le conseguenze di una convocazione dei membri della congrega per futili motivazioni sarebbero state molto spiacevoli.

-Il motivo per cui ho richiesto la presenza di voi tutti stasera è che credo di aver trovato l’uomo a cui state dando la caccia.

Un mormorio per metà eccitato e per metà scettico si diffuse tra gli uomini seduti intorno alla tavola, ma appena il capo riapri bocca, tornò il silenzio:

-Questa sarebbe davvero una stupenda notizia signor Korr, ma come lei ben sa, quella persona è scomparsa senza lasciare tracce una notte di sedici anni fa.

-Sono a conoscenza dei fatti signore, so anche la grande importanza che ha la cattura di quell’uomo per la congrega. Non sarei venuto qui stasera se non fossi stato certo delle informazioni che posso fornirvi.

-Molto bene, parli allora.

-Due notti fa mi trovavo al castello di Olinda, svolgevo il compito di consigliere del governatore …

-E non solo di consigliere secondo alcune delle nostre fonti.

La frase era stata pronunciata a mezza voce, un ridacchiare sommesso si diffuse per tutto il tavolo. Alister arrossì per la vergogna e per la rabbia, ma strinse i denti e continuò ignorando gli sghignazzi:

-Quella sera al banchetto era stato invitato dal mio padrone uno stregone errante, sapendo che si tratta generalmente di imbroglioni non diedi molta importanza alla cosa. Il governatore si era appena ritirato nelle sue stanza con un nuovo schiavo quando ho notato l’assenza del ciarlatano. Colto dal sospetto che qualcosa di losco stesse accadendo radunai delle guardie e andai a cercare il vecchio, attirato da dei rumori mi diressi verso le stanze del mio padrone. Entrato, vidi il governatore a terra e quel vecchio chino sullo schiavo. Diedi l’ordine di attaccare, ma non mi aspettavo di certo di trovare resistenza da parte dell’intruso, dopo averlo ferito con un pugnale mi ha colpito e se non fosse stato per la protezione di cui mi ha dotato la congrega sarei sicuramente morto per la potenza dell’attacco, dopo aver visto di cosa era capace, nessuno ha più avuto il coraggio di farsi avanti. Prima di perdere conoscenza ho visto l’intruso e lo schiavo librarsi in volo circondati da una barriera luminosa e sparire nella notte. Era un mago! Non ho dubbi al riguardo!

-Si rende conto che la persona che stiamo cercando dovrebbe avere pressapoco venticinque anni vero? Perché è qui a parlarci di un vecchio?

A parlare era stato lo stesso che poco prima aveva fatto quella insinuazione sul suo rapporto col governatore.

-Chi è capace di usare la magia sicuramente avrà anche le capacità di cambiare il proprio aspetto.

-Cosa puoi saperne tu, moccioso!?!

Alister stava per rispondere in malo modo quando, ancora una volta, parlò il capo:

-E’ solo su questo che ha basato la sua teoria, signor Korr, o c’è dell’altro che non ci ha ancora detto? Per esempio, cosa può dirmi dei suoi occhi?

-L’occhio destro era bendato!

Ancora una volta si diffuse tra i convitati un mormorio eccitato:

-Molto bene, signori, sembra che abbiamo finalmente una traccia attendibile! Può andare signor Korr, il suo aiuto ci è stato molto utile, la richiameremo se i suoi servigi dovessero essere ancora necessari.

Due guardie ai lati del grande portone si avvicinarono all’uomo per scortarlo fuori, ma Alister non si mosse:

-Tutto qua? Non avrò nessuna ricompensa per le informazioni che vi ho fornito?

-Oh, ma certo, sicuramente avrà quello che merita.

Il capo fece un cenno a una delle guardie, quella estrasse la spada dal fodero e senza esitare trafisse l’uomo davanti a sé.
Quest’ultimo gridò e cadde a terra.

-La protezione della congrega non è più a sua disposizione, signor Korr … e pensare che l’avrei fatta uscire vivo da questa stanza, se non fosse stato avido e se non fosse stato cosi stolto da uccidere il governatore. Deve sapere, mio caro signore, che quell’uomo era una figura molto utile nel commercio di schiavi, ha sempre aiutato dei nostri cari amici a guadagnare molti soldi. Beh, che peccato, non crede?

Un gorgoglio disperato uscì dalla bocca di Alister. L’uomo alzò tremante la testa verso il suo interlocutore, per poi farla ricadere a terra pesantemente: i suoi occhi erano velati, dalla sua labbra semichiuse usciva un rivolo di sangue. Dopo un ultimo sussulto, il suo corpo smise di tremare.

-Portatelo fuori!

Le guardie si sbrigarono ad afferrare il corpo dalle braccia e a trascinarlo fuori attraverso una porta laterale.

-Finalmente la resurrezione del grande Kuemon si sta avvicinando!

-Ci basterà trovare quel mago e avremo il potere che ci serve!

-Non dimenticatevi che senza il sacrificio prescelto il potere del mago non sarà sufficiente!

-Il sacrificio prescelto è già stato identificato in un bambino scappato da questo castello nove anni fa.

-Allora le persone a cui dobbiamo dare la caccia sono due, non una!

Il capo interruppe il dibattito che si era aperto tra gli altri membri della congrega:

-Il sacrificio, a differenza del mago, sarà facile da recuperare. Una delle prime cose che ci siamo premurati di fare quando fu identificato è stata di marchiarlo in modo tale da poterlo ritrovare facilmente. Basterà risvegliare il marchio che porta addosso così che si crei un legame tra esso e quello che noi possediamo.

Sfilatosi l’anello che portava al pollice, l’uomo lo alzò cosi che lo vedessero tutti:

-Nostro signore Kuemon, la vostra resurrezione è vicina!

L’occhio che adornava il gioiello si illuminò e iniziò a vibrare nella mano dell’uomo a capo della congrega. Un sorriso soddisfatto adornava il volto rugoso del vecchio. Presto il loro signore sarebbe tornato e lui avrebbe ottenuto ciò aveva sempre bramato.
 
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Il cammino dei due compagni andava avanti da ore, il paesaggio aveva iniziato a cambiare solo dopo che il sole ebbe raggiunto una posizione molto alta sopra le loro teste. Taki aveva alzato il cappuccio del mantello in modo da non dover soffrire più tardi degli effetti di un’insolazione. Il mago non si curava affatto del caldo, si preoccupava solo della strada che stavano percorrendo. Ormai non si trovavano più in campagna, le colline avevano lasciato il posto a montagne. E il cambiamento di panorama aveva portato anche un cambiamento nel clima: l’aria era diventata più pungente quando i sentieri avevano preso a salire tra le rocce. Taki si strinse nel mantello tentando di ripararsi dal vento e, allo stesso tempo, cercando di non fare qualche figuraccia inciampando su un sasso o infilando un piede in una buca.
Questo viaggio si stava dimostrando una prova più ardua di quanto si sarebbe aspettato, malgrado ciò cercò di non pensare alla stanchezza, stava andando in un posto dove avrebbe potuto iniziare una nuova vita. Così gli aveva promesso il mago.

Si chiese come potesse fidarsi cosi ciecamente di una persona di cui non sapeva quasi niente e sul passato della quale aveva solo supposizioni. Sicuramente la storia dell’uomo doveva essere quasi complicata come la sua se non di più, la tristezza che traspariva dalla pupilla grigia, l’unica visibile, lo colpiva come un pugno nello stomaco tutte le volte che si trovava a incrociare lo sguardo dell’uomo. Non sapeva da quando, ma ad un certo punto, tra la sera precedente quando aveva deciso di dormire accanto a lui in quella capanna solitaria. e quella mattina, dopo aver visto la gratitudine sul volto dell’altro per la fiducia che aveva deciso di dimostrargli nonostante le storie con cui gli avevano insegnato a guardare con timore i maghi, in lui era nata la voglia di far sì che quella tristezza sparisse, voleva vederlo sorridere. Qualcosa dentro di lui gli diceva che quel viso già stupendo, acceso da un sorriso sarebbe diventato ancora più bello; l’uomo infatti era dotato di tratti fini e delicati che erano allo stesso tempo femminei e profondamente mascolini, in più, la sua pelle era pallida, non pallida come quella di un malato, era di un pallido trasparente come avrebbe potuto essere quella di un fantasma, una creatura eterea abituata a non esistere, a non far notare a nessuno la sua presenza, magnifica, misteriosa e temibile allo stesso tempo. Taki era stato colto più di una volta dal desiderio di sfiorare quel viso, per un irrefrenabile voglia di assicurarsi che fosse vero, che non fosse solo un’illusione.

Non sapeva da dove venissero quei sentimenti, non era abituato a desiderare il contatto con altri, erano sempre stati gli altri a volerlo toccare, ma mai per fini piacevoli, almeno non per lui. In qualche modo, attraverso il comportamento distaccato e freddo con cui l’aveva trattato fin dall’inizio, Taki aveva compreso che Shindou, l’uomo che gli aveva salvato la vita, che si era ferito per aiutarlo a sfuggire alla sua vecchia vita e che ora lo stava guidando verso un nuovo inizio, aveva bisogno, come lui, di qualcuno in cui confidare, qualcuno che lo amasse … Se la sua intuizione non era errata, se veramente il mago avesse dimostrato di desiderare un legame, allora Taki era pronto a dargli tutto quello che aveva pur di renderlo felice.

Ora che si era prefissato uno scopo, il giovane si sentiva davvero fiero di sé, questa sarebbe stata la sua prima importante decisione e con essa avrebbe iniziato la sua vita di libertà. Colto da un improvvisa ondata di felicità, si mise a correre. Sorpassò il mago e andò ancora più avanti con il vento che gli sferzava le guance. Shindou, che si bloccò un attimo colto di sorpresa dall’improvviso scatto del ragazzo, non pensò neanche un momento che stesse scappando da lui, l’entusiasmo e la serenità del giovane erano quasi palpabili mentre lo osservava allontanarsi. L’euforia di Taki però svanì presto, un momento stava sfrecciando sull’erba e i sassi del sentiero, il momento dopo una scossa improvvisa gli partì dalla scapola destra e gli attraversò tutto il corpo facendogli perdere stabilità sulle gambe e facendolo cadere sulle ginocchia con un urlo di dolore. Stringendo i denti e strizzando gli occhi, portò una mano tremante a toccarsi dietro la spalla, il marchio gli bruciava, anche se la scossa iniziale era sparita lo poteva sentire pulsare, lucine bianche gli passavano davanti agli occhi e il suo corpo era scosso da tremiti incontrollabili.

Shindou era stato rapidissimo a raggiungere il ragazzo a terra: nel momento in cui l’aveva visto cadere si era lanciato in avanti per rendersi conto di quello che stava accadendo. Una volta al suo fianco, aveva notato il modo in cui la mano di Taki stava stringendo il tessuto del mantello all’altezza della scapola. Con cura, liberò la stoffa dalle dita del ragazzo e allargò il colletto della veste che indossava per scoprire la pelle. Il marchio nero, che il giorno prima era apparso in tale contrasto con il colorito pallido del giovane, ora appariva quasi incandescente. Il mago allungò le dita per sfiorarlo e si accorse con orrore che quell’occhio non era disegnato, era stato marchiato a fuoco sulla schiena del ragazzo. Appena entrò in contatto con l’occhio, ritrasse subito la mano: immagini improvvise lo colpirono, erano scene cariche di fuoco, paura e dolore. Non ebbe alcun dubbio sul fatto che quelli che aveva appena visto fossero ricordi del giovane che tremava davanti a lui. All’improvviso, sentì che prima sarebbero arrivati a destinazione meglio sarebbe stato.

-Puoi alzarti?

Taki annuì e col sostegno del suo compagno provò a sollevarsi da terra, ma le gambe cedettero. Shindou lo circondò con le braccia per non farlo cadere di nuovo, la testa argentata del ragazzo gli si appoggiò sul petto stancamente, le spalle che stringeva erano ancora tremanti. Taki aveva il fiatone, non sapeva se per la corsa di poco prima o per lo shock provato a causa dell’improvvisa reazione del marchio.

-Dobbiamo muoverci, tra poche ore il sole inizierà a calare, dobbiamo raggiungere il santuario prima che faccia buio.

Non potevano aspettare che Taki si riprendesse, non era il momento di riposarsi, ora più che mai voleva trovare le risposte che cercava su quel marchio.

-Ce la fai a reggerti a me?

-C-credo di si …

Shindou lo rimise a terra e si piegò sulle ginocchia dandogli la schiena:

-Tieniti al mio collo e ai miei fianchi con braccia e gambe.

Taki fece come gli era stato detto, il suo compagno si sollevò senza apparente fatica e, una volta assicuratosi che il giovane non cadesse, si rimise in cammino.

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Capitolo 8
*** ottavo capitolo ***


ottavo capitolo



Shindou continuò a camminare col dolce peso dell’altro sulla schiena. Era più leggero di quanto pensasse; una volta arrivati a destinazione avrebbe dato istruzioni perché gli dessero da mangiare in abbondanza.
No! Non sarebbe stato suo compito pensare a lui, non doveva interessarsi a come avrebbe vissuto. Cercava di convincersene, ma il pensiero di non rivedere più il ragazzo, di non far più parte della sua vita, non gli piaceva. In soli due giorni, quello sconosciuto era riuscito a riempire di crepe il grande muro che aveva eretto in tutti quegli anni; come l’acqua, si era insinuato in ogni fenditura della roccia, allargandola, allargandole tutte, rendendo quella muraglia impenetrabile fragile come le ali di una farfalla … adesso un alito di vento sarebbe bastato a farla crollare. Una volta che la polvere sollevata dal crollo si fosse diradata, avrebbe rivelato al mondo un’anima tremante e insicura che urlava disperata affinché qualcuno si accorgesse della sua solitudine e andasse a salvarla.
Non avrebbe mai pensato di essere cosi senza speranza, e pensare che aveva passato gli ultimi sedici anni a evitare il resto dell’umanità. Ora invece …

Sentiva le braccia e le gambe di Taki avvolgerlo, il tepore che irradiava dal corpo dell’altro lo invadeva fin dentro le ossa. Ma nonostante quel calore cosi penetrante, Il respiro regolare che gli soffiava sull’orecchio e sul collo gli dava i brividi.
Il ragazzo si era addormentato poco dopo aver ricominciato la salita, i tremiti che l’avevano scosso dopo essere crollato a terra erano spariti una volta che la stanchezza l’aveva fatto crollare sulla schiena del mago.

Shindou stava proseguendo il viaggio nel silenzio delle montagne da qualche ora, dopo essere salito su un versante del monte, aveva iniziato a scendere verso la valle: ormai il santuario era quasi in vista, un altro paio d’ore e l’avrebbero raggiunto.
Nel sonno, Taki strinse la presa intorno al collo dell’altro, l’uomo si soffermò un attimo pensando che si stesse riprendendo, il ragazzo però si limitò ad avvicinare ancora di più il viso al collo del mago fino a sfiorarlo con naso e labbra senza svegliarsi. Shindou, cercando di non pensare agli ulteriori brividi che l’avevano colto a quel contatto, riprese a camminare a passo sostenuto, deciso a raggiungere il prima possibile la loro destinazione.

Finalmente da dietro le rocce spuntò la punta del tetto a pagoda del santuario. Il sole era quasi scomparso dietro le cime dei monti in lontananza e la poca luce residua illuminava a stento le tegole rosse.
Il sentiero in discesa li condusse ad un terreno pianeggiante ed erboso, l’aria frizzante della sera profumava di piante e acqua: il torrente che attraversava la valle passava poco distante da lì. Raggiunti i pressi dell’entrata di legno, una campana annunciò l’arrivo ddi visitatore. Dopo breve, la porta si spalancò e una figura avvolta da una tunica grigia si affacciò sulla soglia ad accogliere i viandanti, Shindou lo riconobbe, ma rimase in silenzio:

-Chiunque venga qui in cerca di aiuto e di un alloggio è il benvenuto, straniero. Qual è il vostro nome?

Il mago entrò nell’ alone di luce che proveniva dall’interno della porta aperta mostrando il proprio viso:

-OH! Ragazzo mio, ragazzo mio! Che gioia rivederti!

L’anziano uomo, gli si avvicinò con l’intenzione di abbracciarlo ma dovette fermarsi nel vedere il carico che questi portava sulle spalle. Guardò il mago con fare interrogativo, ma vedendo che il più giovane dei due dormiva e che Shindou non sembrava avere intenzione di dare una spiegazione, per lo meno non in quel momento, annuì:

-Mi spiegherai tutto davanti a qualcosa di caldo, forza vieni dentro, ci sono un sacco di cose che mi devi raccontare Shindou.
 

La cucina del santuario era deserta quando Shindou e l’anziano vi entrarono. Due lampade ad olio illuminavano scarsamente la sala al cui centro si trovava un lunga tavola circondata da poche sedie. L’uomo prese una brocca d’acqua con un bicchiere e un tozzo di pane fresco e lo mise sul tavolo di fronte all’ospite. Entrambi si sedettero, Shindou bevve e mangiò il pane, poi domandò:

-In quanti siete rimasti?

Il volto dell’uomo era grave quando rispose:

-L’ultimo inverno se ne è portati via quattro, ora siamo solo in tre. Al momento però gli altri sono in viaggio, mi sto occupando da solo del santuario.
Shindou annuì abbassando il capo.

-Ciò che ti ha spinto a tornare, non è stata nostalgia, vero figliolo?

-Ho bisogno del tuo aiuto per una ricerca, potrei essere vicino a scoprire la verità sull’assassinio dei miei genitori.

-Shindou, ancora non hai rinunciato?

-Non apriamo di nuovo questo argomento Stefan! Ne abbiamo già parlato altre volte, sai quello che penso e sai anche che non ho intenzione di cambiare idea!

-Bene, capisco. E il ragazzo? Da dove salta fuori? Da quando sono morti i tuoi genitori non ti sei più legato a nessuno. E’ la prima volta che ti trovi un compagno.

-Non è come pensi, ho bisogno di lui per la mia ricerca.

Dopo una pausa incerta, aggiunse:

-Portandolo qui speravo anche di potergli trovare un posto dove stare.

-Sai bene che la nostra porta è sempre aperta a tutti, potrà rimanere finché ne avrà desiderio.

-Grazie, forse è il caso che vada a controllare che il ragazzino stia bene, non gli ho detto niente di questo posto, potrebbe trovarsi un po’ disorientato.

Stefan annui:

-Ci sono delle camere vuote, il ragazzo può scegliere quella che preferisce.

-Glielo farò presente.

-Se hai bisogno di me sono in biblioteca.

-Bene, a tra poco.

Shindou uscì dalla cucina per dirigersi verso la sala di ingresso. Aveva adagiato Taki su una panca di legno e l’aveva avvolto con cura nel mantello da viaggio che gli aveva prestato così che stesse al caldo. Da dove gli fosse uscita tutta quella premura non avrebbe saputo proprio dirlo.

Il ragazzo stava ancora dormendo, gli si avvicinò e con cautela gli passò una mano dietro la nuca e una sotto le ginocchia tirandolo su e avvicinandoselo al petto. Controllò di non averlo svegliato e si avviò con sicurezza per i corridoi deserti e scarsamente illuminati del santuario. Era tutto familiare, ogni cosa gli ricordava la sua infanzia e al tempo stesso il periodo di disperazione venuto dopo quella notte. Stefan era, per cosi dire, un funzionario di suo padre, una specie di medico e farmacista, aveva insegnato molte cose al giovane mago quand’era piccolo e si era trasferito quaggiù pochi mesi prima dell’attacco al palazzo. Era qui che l’incantesimo di sua madre l’aveva portato mettendolo in salvo; qui aveva passato otto anni della sua vita ad affinare le sue tecniche e a crescere nella mente e nel corpo, cosi da essere finalmente pronto a portare a termine la sua vendetta.
Passò davanti alle camere dei monaci, raggiunse quella che una volta era appartenuta a lui, apri la porta e entrò nel buio della stanza.


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Capitolo 9
*** nono capitolo ***


nono capitolo



Shindou attraversò la stanza a passi sicuri, nell’oscurità raggiunse il letto e vi posò il giovane che dormiva tra le sue braccia. Dopo un attimo d’esitazione, decise che non gli avrebbe fatto male riposare un po’ anche lui, avrebbe raggiunto Stefan più tardi. Si accoccolò accanto al letto e, appoggiata la testa sul materasso, chiuse gli occhi.
 
Taki si svegliò di soprassalto col sudore che gli imperlava la fronte. In sogno aveva sentito qualcuno che lo chiamava … conosceva quella voce, ma non ricordava a chi appartenesse.
Appena si fu calmato un po’, la consapevolezza di trovarsi in un letto lo colpì. Dove si trovava? Ma ancora più importante: dov’era Shindou? Si alzò a sedere di scatto spaesato e spaventato. Si guardò intorno. Quasi subito notò la chioma di capelli corviniadagiata sul letto a pochi centimetri da lui.

Tirò un sospiro di sollievo: erano arrivati a destinazione, erano al sicuro. Istintivamente allungò una mano per accarezzare il viso rilassato del suo compagno dormiente, era cosi sereno.
Era la prima volta che lo poteva osservare in un momento in cui aveva abbassato la guardia e gustarsi lo spettacolo. Ora non c’erano ansie, non doveva preoccuparsi di doverlo curare per qualche ferita ricevuta come la prima volta. Il viso di Shindou era candido, la sua pelle era liscia, aveva tratti aristocratici, la sua aria misteriosa era accentuata da quella benda … chissà cosa nascondeva … vi passò le dita sopra, le infilò sotto la fascia che gliela teneva legata intorno alla testa e la allentò facendola cadere sul materasso.

Poi accadde tutto in un attimo: provò sorpresa nell’accorgersi che da fuori l’occhio aveva un aspetto normalissimo, nessuna cicatrice o segno che l’occhio non fosse sano; shock e ulteriore stupore quando entrambe le palpebre dell’uomo si aprirono di scatto per mostrare due pupille di colore diverso; panico nel vedere un misto di paura e rabbia apparire sul volto dell’altro mentre i loro sguardi si incontravano. In un attimo si trovò risucchiato in un vortice di luci, non c’erano suoni, Shindou era sparito, si sentì svuotare, la sua testa era leggera, il suo corpo non aveva peso.

Chiuse le palpebre e quando le riaprì si ritrovò in una casa: era spaziosa, ben arredata, la luce filtrava dalle tende aperte delle finestre, sentì delle voci provenire da una stanza sulla destra e vi si diresse, una donna dai capelli argentati e gli occhi blu stava seduta su un divanetto con un neonato tra le braccia, il piccolo aveva le ciocche spettinate dello stesso colore di sua madre e gli occhi viola. Un uomo con gli stessi occhi limpidi e brillanti di felicità guardava i due da una poltrona, la sua emozione era tangibile nell’aria. I due genitori si guardavano l’un l’altra un momento, per poi tornare l’attimo dopo ad osservare con dolcezza la loro creatura. L’amore non svaniva mai dai loro occhi.

>< 

Il luogo rimase lo stesso, così come i suoi abitanti: i due sposi questa volta erano in piedi vicino alla finestra, l’uomo abbracciava la moglie da dietro mentre guardavano fuori. Il piccolo dormiva sul divano, era più grande ora, dimostrava almeno tre. Il padre del bambino parlò:
-Kuemon è morto, il capo dei Kagami lo ha ucciso.
Il silenzio tornò nella stanza, ma un sospiro della donna lo interruppe dopo pochi minuti:
-Cosa accadrà ora? Credi davvero che sparito lui questa terra vivrà in pace?
-Non lo so cara, non possiamo far altro che aspettare.

>< 

La casa era illuminata da una luce rossastra e tremolante, le stanze erano invase di fumo. Dei colpi alla porta coprivano il crepitio del fuoco. L’uomo era in piedi davanti alla porta in attesa, aveva un ascia in mano. La donna era accoccolata in un angolo della sala d’ingresso col figlioletto di tre anni stretto al proprio petto, piangevano entrambi: lei silenziosamente, lui con singhiozzi inconsolabili.
La porta cadde sotto le spinte di uomini ammantati di nero, il padre del bimbo si lanciò verso di loro con un grido, ne uccise uno poi lo bloccarono, lo tramortirono con l’elsa di una spada e lo trascinarono fuori. La donna urlò, schizzò in piedi con l’intenzione di proteggere il suo compagno, ma afferrarono anche lei. Le strapparono il bambino urlante dalle braccia e portarono anche loro fuori dalla casa che ormai era quasi completamente avvolta dalle fiamme.
Raggiunto lo spiazzo davanti all’abitazione, marito e moglie furono gettati a terra, legarono loro i polsi e li tennero sollevai per le braccia. L’uomo che teneva il bambino si avviò verso uno dei cavalli fermi poco più lontano, la donna tentò di liberarsi:
-Lasciatemi! Ridatemi mio figlio! Vi prego ridatemi il mio bambino!
Uno schiaffo sul viso la zittì:
-Tuo figlio serve a noi donna. Grazie a lui il nostro signore Kuemon tornerà a vivere in questo mondo!
La donna inorridì:
-Ma lui non ha alcun potere, non è un mago, come potrebbe …
-Questo non ti riguarda. Non devi preoccuparti per lui, il suo sacrificio renderà questo mondo più grande. Dovresti esserne orgogliosa. AHAHAHAH!!!
-No, vi prego, non fategli del male!
-Taci!
La colpirono di nuovo.
-Portate via il bambino forza! questi due non ci servono, ammazzateli e assicuratevi che la casa bruci fino alle fondamenta.
-Bene signore. Portateli sul retro e finite il lavoro.
Quello che doveva essere il capitano, insieme al soldato che portava il piccolo, montarono a cavallo. Il resto del gruppo trascinò i genitori nel bosco oltre la casa in fiamme.

>< 

Il luogo che apparve dopo era completamente diverso, il bambino era in una cella, piangeva disperato ma nessuno si occupava di lui. Dal corridoio oltre la porta di quella prigione arrivavano delle voci:
-Cosi hanno perso il ragazzo.
-Già, sembra che Kagami e la moglie siano morti, però la donna è riuscita a far fuggire il figlio dopo aver compiuto il Rito dell’Eredità.
-Maledizione, è andato tutto in malora.
-Almeno abbiamo il sacrificio. Appena ritroveremo il mago il nostro signore potrà tornare in vita. E’ solo questione di tempo.

>< 

Lo trascinarono per i corridoi del castello, erano tanti, tutti con gli stessi mantelli neri, tutti con gli stessi volti minacciosi. Arrivarono in una stanza illuminata da decine e decine di candele. Qui c’erano altri uomini in nero che aspettavano in cerchio intorno ad una pedana. Un uomo anziano stava al centro del gruppo, accanto a lui c’era una brace accesa. Il bambino fu portato sulla pedana di fronte al capo della congrega. Non pianse, aveva paura, ma si sforzò di non lasciar uscire neanche un suono.
-Stasera, questo bambino verrà legato indissolubilmente a noi. Una volta ricevuto il nostro marchio, non potrà più sfuggire al nostro controllo.
Si voltò verso la brace dalla quale estrasse un tizzone ardente. Alla fine di esso brillava un occhio dorato.
-Giratelo e tenetelo fermo.
Degli uomini lo voltarono e gli abbassarono la tunica bianca che indossava così da scoprirgli la schiena. Fu improvviso. Il dolore era lancinante, la sua testa stava per spaccarsi quando gridò. Quando l’incoscienza lo colse, ne fu mille volte grato.

>< 

La porta della cella si aprì, un ragazzino di quasi dieci anni, dagli occhi viola e i capelli argentati alzò lo sguardo vuoto sull’uomo che entrò.
-Direi che sei rimasto qui inutilizzato per troppo tempo, ragazzino. E’ ora che tu abbia un qualche ruolo in questo posto, almeno finché non potremo utilizzarti per risvegliare il nostro signore.
Era ubriaco, l’odore di alcool lo avvolgeva come una nuvola. Iniziò a slacciarsi la cinta dei pantaloni e si avvicinò al bambino che rimase immobile. Quando l’uomo gli si avventò addosso e iniziò a strappargli gli stracci che indossava, senza pensarci afferrò il pugnale che penzolava nel suo fodero dal fianco dell’assalitore e glielo conficcò in un fianco. Con un urlo impastato, quello cadde di lato e il ragazzetto, con uno scatto, uscì dalla cella. Seguì i corridoi deserti alla cieca passando di ombra in ombra. Non incontrò nessuno. Raggiunse un cancello semiaperto, lo spinse e uscì. I suoi piedi nudi toccarono il terreno, l’aria fredda della notte lo colpì e senza attendere oltre iniziò a correre nella compagna lasciandosi il castello di Mariel alle spalle. Era sfuggito a una prigionia durata sei anni.

>< 

Il bambino continuava a correre sui sentieri polverosi, non aveva più forze ma la paura che potessero raggiungerlo era più forte della stanchezza. In lontananza vide un carro che veniva nella sua direzione. Quando gli si affiancò, un uomo scese, lo osservò con un sorrisetto e senza che nessuno dei due dicesse niente, lo fece salire …
 

-BASTA!!!
Taki riuscì a distogliere lo sguardo da quello del mago. Quest’ultimo, turbato quanto lui, si affrettò ad afferrare la benda e a legarsela dietro il capo così che tornasse a coprire l’occhio blu. Il ragazzo era scosso dai singhiozzi, il sigillo che aveva imposto lui stesso sui propri ricordi era stato infranto: tutto gli era tornato alla memoria.
Cos’era successo? Cos’era quell’occhio?

Alzò la testa, rimase pietrificato nel vedere delle scie bagnate solcare le guance dell’uomo che gli stava davanti, non riusciva a provare rabbia nei confronti di Shindou, sapeva che c’entrava il suo occhio in quello che era successo, ma vederlo così …
Per la seconda volta da quando si era svegliato, allungò la mano a sfiorare il volto dell’altro. Shindou sussultò e alzò lo sguardo. L’occhio grigio riluceva per le lacrime. Non riuscì a trovare la forza di allontanarsi da quel contatto, al contrario vi si abbandonò: si chinò in avanti e appoggiando una guancia umida sul petto del ragazzo afferrò con le dita il mantello di Taki:

-Mi dispiace.

Non sapeva se si stesse scusando per ciò che aveva causato il suo occhio o per quello che aveva visto nella memoria del giovane … probabilmente era per tutti e due i motivi.
Taki comprese i sentimenti del mago, chiuse gli occhi umidi di lacrime, poggiò il mento sul capo dell’altro e lo strinse di più a sé con le braccia.


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Capitolo 10
*** decimo capitolo ***


Decimo capitolo



Solo in quel momento, trovandosi in quella posizione, Shindou comprese quanto il contatto fisico e la dolcezza di un’altra persona gli fossero mancati in tutti quegli anni. Si stupì anche di non aver provato alcuna vergogna per essersi mostrato debole davanti a quel ragazzino dagli occhi viola. Era stato naturale piangere davanti a lui, chiedergli perdono. Scoprire che i loro passati  contenevano orrori simili era stato un incentivo ad aprirsi, ad avvicinarsi a lui.
Restarono abbracciati un’eternità, nessuno dei due sembrava volersi allontanare dall’altro finché il rumore di qualcuno che si schiariva la gola ruppe l’incantesimo. Shindou e Taki girarono la testa verso la porta per vedere Stefan appoggiato allo stipite che li guardava con un sorrisetto.

Il mago non si scompose, sciolse l’abbraccio con lentezza, alzò lo sguardo sul ragazzo e si accorse che era rosso in viso, gli scappò un sorriso. Si alzò da terra, le gambe gli dolevano per essere rimaste piegate cosi tanto tempo e le stirò per trovare un po’ di sollievo. Si portò un ciuffo di capelli corvini che gli era caduto sugli occhi dietro l’orecchio e tornò a guardare il vecchio che attendeva alla porta.

-Mi stavi cercando Stefan?

-Ero venuto a controllare che questo giovanotto si fosse svegliato e a chiedere a entrambi se vi interessava mangiare qualcosa e fare un bagno …

Shindou si voltò a guardare Taki, il ragazzo annuì:

-Mangiare qualcosa e fare un bel bagno sarebbe fantastico!

-Molto bene, nella stanza accanto c’è una vasca, i secchi con l’acqua calda li ho già lasciati lì insieme a dei vestiti puliti, non sono niente di particolare ma per adesso andranno bene. Una volta finito, in cucina ho preparato qualcosa da mangiare.

-La ringrazio…

Shindou si accorse dell’espressione confusa del ragazzo e si sbrigò a toglierlo dall’imbarazzo:

-Lui è Stefan, si è preso cura di me quand’ero piccolo e ha continuato a farlo dopo la morte dei miei genitori.

Stefan annuì con un sorriso.
Taki si alzò dal letto dal quale non si era ancora mosso e andò incontro all’anziano uomo:

-Io sono Taki.

-Benvenuto! Per qualsiasi cosa chiedi pure a me!

-Grazie.

-Bene, ora sarà il caso che andiate a farvi il bagno prima che l’acqua si raffreddi troppo. Io aspetterò in cucina.
 
Shindou esitò un attimo:

-Vengo con te, farò il bagno più tardi, ci sono delle cose di cui ti devo parlare.

Taki rimase deluso da quell’affermazione, ma cercò di non mostrarlo:

-Bene, allora vi raggiungerò tra poco.

Stefan fu il primo ad uscire dalla stanza, il mago invece indugiò un attimo a guardare il ragazzo:

-Io… se hai bisogno di qualunque cosa, chiama.

-Certo! …grazie.

Taki osservò la schiena dell’uomo mentre usciva dalla stanza poi si diresse verso una porta chiusa dall’altro lato della camera, l’aprì, entrò in quella che era, evidentemente, una sala da bagno. C’era una vasca piuttosto spaziosa accostata ad una parete, dei secchi colmi d’acqua sul pavimento e, su un tavolo al centro della stanza, erano appoggiati con cura degli abiti dall’aria morbida e pulita.

Il ragazzo si sbrigò a spogliarsi e a versare l’acqua nella vasca per poi immergervisi.
Chiuse gli occhi, tutti i suoi ricordi persi e appena ritrovati gli vorticavano in testa in gran confusione. Rivide un’altra volta tutto ciò a cui per anni non aveva pensato: il volto dei suoi genitori, le lacrime di sua madre, le fiamme, le sbarre, le catene. Risentì ancora quel dolore sulla pelle… strizzò gli occhi. Le lacrime che non aveva versato prima gli cadevano pesanti e calde sulle guance. Si coprì il volto con le mani e aspetto che si estinguessero.
 


Shindou e Stefan erano a sedere di nuovo in cucina, uno di fronte all’altro come la sera precedente, come tante altre sere di anni passati. Il mago aveva raccontato tutto quello che aveva visto all’uomo, che ora lo guardava preoccupato e pensieroso.
-Il motivo che mi ha spinto a venire qui dopo aver visto quel simbolo era quello di cercare tra i libri della vostra biblioteca per tentare di dargli un senso. Hai mai sentito parlare di questa confraternita seguace di Kuemon?

-Sapevo che aveva dei fedeli. A dir la verità, tutti lo sapevano. Quello che non mi spiego è questa folle idea di riportarlo in vita. Come hanno intenzione di farlo? Il ragazzo non ha nessun tratto particolare, non ha poteri… capisco il fatto che possano volere te, ma lui…

-Questa è una delle cose che devo scoprire. Taki non dovrà lasciare questo posto finché non avrò risolto l’enigma, non voglio che finisca di nuovo nelle mani di quegli uomini, specialmente alla luce di queste nuove scoperte.

Stefan annuì con un sorriso comprensivo sul viso.

-Non preoccuparti, lo terrò al sicuro.

Shindou fece un cenno col capo ma non espresse in altri modi la sua gratitudine.

-Vado fuori a fare due passi.

-Bene, a più tardi allora. Non ti allontanare troppo.
 

Taki era uscito dall’acqua, si era asciugato con un panno piegato accanto agli abiti e poi aveva indossato questi ultimi. Il suo abbigliamento ora consisteva in un paio di calzoni bianchi e una casacca che gli stava un po’ grande di colore beige, ai piedi aveva messo degli stivali dello stesso colore. I suoi capelli argentati erano ancora bagnati.
Mentre si aggirava per i corridoi in cerca della cucina, sperò con tutto il cuore che i suoi occhi non apparissero gonfi e rossi allo sguardo degli altri due uomini.


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Capitolo 11
*** undicesimo capitolo ***


undicesimo capitolo


Taki era rimasto non poco deluso entrando in cucina e non trovandovi Shindou, quell’uomo era estremamente sfuggente e sperava che dopo quello che avevano condiviso poco prima lo stregone non si chiudesse ancora di più in se stesso…
Stefan era molto gentile con lui, se ne avesse avuto uno, avrebbe potuto fargli pensare ad un nonno saggio che ama raccontare storie del passato ai propri nipoti. Gli aveva parlato del santuario e anche del legame che quel luogo aveva col mago e la sua famiglia: a quanto pareva, i coniugi Kagami avevano sempre aiutato le persone che vivevano nei loro possedimenti e quella piccola oasi nelle montagne era stata fatta costruire da loro come luogo di rifugio dalla malvagità di Kuemon per chiunque ne avesse avuto bisogno, ma non so questo, vi erano anche custoditi documenti di grande importanza riguardanti la storia di quel mondo fin dalle ere passate. Al ragazzo avrebbe fatto piacere visitare gli archivi e l’anziano uomo aveva promesso di mostrarglieli più tardi.

Taki mangiò avidamente il pane e burro che gli era stato offerto e bevve una bella tazza di latte fresco.

-Grazie per il pasto!

-Oh, non c’è bisogno di ringraziare figliolo. C’è qualcos’altro che desideri? I vestiti ti vanno bene?

-Ah si, grazie anche per questi! Era da tanto che non indossavo degli abiti veri!

Stefan sorrise per l’entusiasmo del ragazzo.

-Bene, ora è il caso che io vada a occuparmi dei miei doveri, nel frattempo puoi esplorare il santuario se ti va. A più tardi.

-A più tardi!

Il vecchio si alzò e uscì dalla stanza.
Taki rimase ancora qualche attimo a sedere, la curiosità di esplorare il luogo era tanta, però aveva anche una grandissima voglia di scoprire dove si era andato a cacciare il suo compagno di viaggio. Voleva parlargli di ciò che entrambi avevano visto sul suo passato, sentiva che Shindou avrebbe saputo dare risposte ai suoi tanti dubbi, i loro passati erano legati, loro erano legati e aveva bisogno di sapere cosa aveva intenzione di fare il mago in proposito.
Si alzò deciso e si avviò fuori dall’edificio.
 

Shindou sedeva ad occhi chiusi con la schiena appoggiata al muretto dell’orto. Quando era piccolo andava sempre lì per pensare, c’era silenzio, tutta la confusione che aveva in testa sembrava avere un senso in quei momenti, tutta la tristezza veniva dimenticata, anche se per poco.

In quel momento la sua mente era completamente invasa da occhi viola, sorrisi innocenti, capelli argentati … ormai era sempre quel ragazzino che tormentava la sua mente. Era un mistero per lui: non riusciva a spiegarsi come una persona che aveva vissuto quelle atrocità fosse riuscita a mantenersi pura nell’anima e nel cuore, nessuna malizia, nessun rancore… erano così diversi in questo. Taki, che come lui aveva assistito alla crudeltà a cui la sua famiglia era stata sottoposta, non aveva permesso al dolore e alla rabbia di consumare il suo cuore come lui aveva fatto. Davvero non riusciva a spiegarsi come fosse possibile. Quell’innocenza e quella bellezza pura lo avevano ipnotizzato, non sarebbe più riuscito a toglierselo dalla testa anche volendo. Lui, un mago, era stato stregato!

Scoprire tutte quelle cose sulle intenzioni della setta di Kuemon, ma soprattutto il ruolo che doveva avere il ragazzo nel loro piano, aveva risvegliato in lui una determinazione più grande di quella che aveva provato fino a quel momento nella sua ricerca di verità sulla morte dei suoi genitori. Ora che il mistero stava per essere completamente svelato e che la vita di Taki era messa a repentaglio non poteva che provare ancora più decisione nel volere arrivare in fondo alla faccenda. Non avrebbe perso ciò che aveva appena trovato e che, inconsciamente, aveva sempre cercato!

-Ti ho trovato!!!

Eccoli di nuovo, quella voce, quegli occhi, quel sorriso…

-Avresti anche potuto mangiare qualcosa con me.

Taki si fermò in piedi di fronte al mago. Shindou alzò lo sguardo.

-Dovevo pensare.

-A cosa?

Lo chiese pur sapendo benissimo cosa lo turbasse.

-A molte cose.

-Partirai?

-E’ mio dovere impedire a quelle persone di riuscire nei loro intenti.

-Vai pur sapendo che ti troverai tu stesso in pericolo?

-Sono consapevole dei rischi che corro.

-Io verrò con te!

Shindou ebbe un fremito di terrore solo all’idea di una tale avventatezza:

-Non se ne parla!

La sua voce era ferrea, il suo tono irremovibile.

-Perché no? Sono immischiato in tutto questo tanto quanto lo sei tu!

-Non si discute, ti ho portato qui perché tu stessi al sicuro ancora prima di scoprire tutta la storia, a maggior ragione, non lascerai questo posto ora che so che rischi corri veramente.

-Non hai nessun diritto di dirmi cosa devo o non devo fare!

Shindou si sporse in avanti, afferrò un polso del ragazzo e lo trascinò a terra. Taki cadde in ginocchio, con un mano appoggiata sulla gamba piegata dell’uomo e l’altra intrappolata tra le lunghe dita del mago che se la teneva premuta al petto.

-Non ti ho salvato la vita perché tu poi corressi incontro al pericolo senza curarti del fatto che hai molte probabilità di metterla ancora a rischio. Io non ho nessuna intenzione di permettertelo!

Finita la frase, prima che il giovane avesse il tempo di ribattere, fissò il suo occhio grigio in quelli viola del suo compagno e li vide spalancarsi sempre di più, mentre in un attimo univa le loro labbra.
Taki si scordò di respirare, i suoi battiti aumentarono. Morire in quel momento, con quella bocca sulla sua, sarebbe stata la più dolce delle morti.
Shindou vide gli occhi viola socchiudersi e l’espressione di stupore sul viso dell’altro trasformarsi in una di assoluta soddisfazione. Approfondì il bacio: schiuse le labbra di Taki e insieme iniziarono la loro battaglia, vinta subito dal mago che ne approfittò per esplorare a fondo la bocca dell’altro. Iniziando a sentire la testa leggera, decisero di comune accordo di separarsi. Taki respirava pesantemente, Shindou fremeva dal desiderio di catturare ancora quelle labbra. Non smisero neanche un attimo di guardarsi negli occhi.

-Io vado dove vai tu!

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Capitolo 12
*** dodicesimo capitolo ***


undicesimo capitolo


Shindou continuò a fissare con espressione impassibile gli occhi accesi e determinati del giovane che teneva praticamente seduto in grembo. Sospirò e scosse la testa:

-Non ti porterò con me. Significherebbe rendere a quelle persone le cose più facili e non possiamo permettercelo.

-Ma loro vogliono anche te!

-Non ha importanza. So come difendermi.

-Ne ha per me!

Gli occhi di Taki ora erano lucidi di lacrime che minacciavano di scivolare giù per quelle guance morbide.

-Non voglio restare solo un’altra volta, non ora che…

Shindou asciugò col pollice una lacrima dal viso di Taki.

-Non accadrà! Non morirò!

-Come puoi esserne sicuro? Non sei immortale; sei un mago, è vero, ma quelle persone non sono inoffensive. Guarda cos’hanno fatto alla tua famiglia, guarda cos’hanno fatto alla mia!

-Saprò reagire, qualunque sia la situazione.

-Non puoi saperlo!

Le lacrime scendevano liberamente dagli oceani viola che erano gli occhi di Taki: perché non riusciva a capire?

-Promettimi che non te ne andrai senza di me!

Shindou non rispose, continuò a guardare quegli occhi viola brillanti di lacrime, ma non rispose. Non riusciva ad ammettere con se stesso che vederlo piangere gli procurava un’immensa tristezza, che la sola idea di lasciarlo era più dolorosa di una pugnalata. Ma non poteva restare lì lasciando aperta la questione, doveva annientare i piani malefici di quelle persone, doveva farlo anche per il bene di Taki … ! Da quando la salvezza di quel ragazzino era diventata più importante della sua ricerca di vendetta? Distruggere la setta avrebbe risolto entrambe i problemi, ma ciò che adesso aveva preso la precedenza era salvare lui. Perché?
Non sapeva darsi una risposta, però, in quel momento, aveva una certezza: la setta doveva essere eliminata, non importava per chi lo facesse.

-Vado a fare un bagno.

Posò in fretta la lebbra sulla fronte di Taki, poi lo sollevò con facilità dalle proprie gambe per farlo sedere a terra, si alzò in piedi e dopo aver abbassato lo sguardo per osservare velocemente il volto attonito e contrito del ragazzo, si avviò verso il santuario.
Non si guardò indietro neanche una volta mentre si faceva sempre più vicino all’entrata della costruzione e vi entrava.

-Avete parlato?

Shindou si voltò verso la voce per vedere Stefan all’entrata della cucina che lo guardava con il suo solito sorriso comprensivo.

-Qualcosa del genere. Dovrò partire presto e… probabilmente dovrò farlo di nascosto, quindi occupati tu di lui.

-Sai che lo farò. Tu sai che io ho sempre appoggiato le tue scelte, ma questa volta non mi sento d’accordo con te, ragazzo mio. E’ vero che io non lo conosco, ma sono sicuro che non gli farà piacere scoprire che te ne sei andato senza dirgli niente. Soprattutto se parti per proteggere lui.

Il mago lo guardò in viso: quell’uomo era troppo perspicace!

-Che gli faccia piacere o no, non mi riguarda. Ho fatto la mia scelta.

Stefan sospirò, non c’era verso di fargli cambiare idea quando si metteva qualcosa in testa…
Shindou, senza aggiungere altro, si diresse verso la stanza dove qualche ora prima si era fatto il bagno Taki. A terra c’erano ancora dei secchi pieni, l’acqua era fredda ormai, ma non importava, era comunque abituato a lavarsi all’aperto il più delle volte.
Una volta svuotati i secchi nella vasca, vi si immerse completamente chiudendo gli occhi e lasciando che ogni suono e ogni sensazione che non fosse il peso dell’acqua su di sé, scomparissero …

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Il fuoco danzava nel focolare, i muri di pietra della grande camera traspiravano freddo nonostante quel calore. Un anello d’oro adornato da un occhio realizzato con lo stesso metallo, brillava cupamente colpito dalla luce delle fiamme. Il viso grinzoso dell’uomo che portava quel cimelio, aveva uno sguardo acceso, eccitato, come se aspettasse qualcosa. Quando bussarono alla porta, non diede segno di provare alcuno stupore per l’ora tarda a cui venivano a chiedere la sua udienza.

-Avanti.

Il vecchio si girò rivolgendo il volto verso la porta e vide entrare il capo delle sue spie.

-Li abbiamo trovati, signore! Cosa vuole che facciamo?

Con un sorriso soddisfatto, il vecchio si alzò dando le spalle all’altro occupante della stanza:

-Prendete il ragazzo, il mago verrà da solo.

-Sissignore!

Quando la porta si richiuse, il volto grinzoso si deformò in un’espressione di piena soddisfazione: mancava poco, presto la sua attesa sarebbe terminata!
Sulla parete sopra al caminetto brillò l’acciaio della lama di un pugnale … 

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Capitolo 13
*** tredicesimo capitolo ***


tredicesimo capitolo


Il giovane sospirò, mentre fissava la schiena del mago che si allontanava: anche guardare la sua forma snella e slanciata muoversi era piacevole. Arrossì pensando agli accadimenti di poco prima poi sospirò di nuovo e si sollevò sulle gambe addormentate. Sovrappensiero si asciugò gli occhi ancora umidi per le lacrime versate poco prima. Piangere stava diventando un’abitudine ultimamente, soprattutto davanti a quell’uomo. E pensare che per tutti quegli anni di prigionia era riuscito a non farlo.
Il cielo era limpido, il sole alto, doveva essere quasi mezzogiorno, ma, a causa della tarda colazione, non aveva ancora fame e decise di esplorare un po’ i dintorni. Tra quelle montagne non c’erano altro che campi e alberi, si sentivano gli uccellini cantare e il gorgogliare del ruscello. Sembrava un angolo di paradiso …

Decise improvvisamente di inseguire quel testardo e convincerlo a portarlo con sé, ma non gli fu possibile: sentì il proprio corpo farsi pesante e accasciarsi. La sua mente si stava annebbiando rapidamente e non ne capiva la causa. Appena prima che i suoi sensi lo abbandonassero completamente, sentì delle voci e delle mani che lo afferravano:

-Ti abbiamo preso!

Poi più niente.
 
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Era pomeriggio inoltrato quando la spia tornò a bussare alla porta del capo della congrega di Kuemon:
-L’abbiamo preso! Il ragazzo è stato portato nelle segrete.
-Molto bene, andrò subito a dargli il bentornato.
 
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Svegliarsi fu come essere catapultati da un incubo in un altro incubo: i suoi ricordi ritrovati che avevano continuato a vorticargli davanti agli occhi da quando aveva perso conoscenza, adesso, sollevando le palpebre, si erano materializzati nella realtà.  Si ritrovò in quello stesso luogo in cui aveva trascorso anni e anni della sua vita. La cella del palazzo di Mariel era oscura e spoglia proprio come la ricordava.
Aveva freddo e il suo corpo era scosso da tremiti incontrollabili, ma non erano causati solo dal freddo: il terrore e la paura si stavano impossessando della sua mente!

Si sentiva sospeso nel dubbio: cosa gli sarebbe successo? Sarebbe riuscito vivo da lì?
A peggiorare la situazione, c’era anche il fatto che il marchio aveva ricominciato a bruciargli dal momento dell’attacco, anche mentre era incosciente riusciva a sentirne il pulsare continuo.
Chissà quanto tempo era passato da quando l’avevano portato lì?
Forse Shindou si era già accorto della sua assenza!
Ma anche se se ne fosse accorto, come avrebbe potuto trovarlo?
Queste e altre domande gli vorticavano in testa senza trovare risposta alcuna.

Si appallottolò su se stesso più che poté cercando di ripararsi dal freddo e, allo stesso tempo, dalla realtà spaventosa in cui era stato imprigionato.  Ma anche così sentì di non potersene sottrarre.
Nella paura e nell’incertezza non riusciva a far altro se non sperare che tutto quello che stava vivendo fosse realmente un incubo, che non si trovasse veramente lì…
A fargli crollare quell’ultima speranza arrivò il suono di passi pesanti che risuonarono nel corridoio, fino a fermarsi davanti alla porta della cella.

“Shindou, ti prego, vieni a svegliarmi!!!”
 
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Riaprire gli occhi, per Shindou, fu come entrare a far parte di una realtà distorta: c’era qualcosa di sbagliato! Non riuscì a dire cosa fosse, ma era sicuro che c’era.
Si alzò in piedi nella vasca e si sporse, grondante d’acqua, per afferrare un panno che stava sul tavolino sul quale aveva poggiato anche gli abiti puliti. Poggiò i piedi a terra e fu assalito da un brivido, senza pensarci troppo si asciugò velocemente e indossò i suoi vestiti.

Attraversando a grandi falcate i corridoi del rifugio con i capelli ancora grondanti, si diresse verso le cucine dove era sicuro di poter trovare Stefan. L’anziano uomo, appena sentì il mago entrare nella stanza, si girò ad accoglierlo. Senza dargli il tempo di aprire bocca, però fu Shindou a parlare:

-Dov’è il ragazzo?

-Taki? E’ da quando è uscito qualche ora fa che non lo vedo.

-Maledizione!

Il giovane sfrecciò fuori dall’ingresso principale senza dare spiegazioni.
Attraversò i campi a corsa, raggiunse il muretto dove aveva lasciato il ragazzo ma non vi trovò nessuno. Chiuse gli occhi, percepiva due presenze familiari, la sua, quasi scomparsa, e quella di Taki, che doveva essere rimasto lì fino a non molto tempo prima. Però c’era dell’altro, delle auree che non aveva mai sentito e quella brutta sensazione che gli dava il marchio sulla schiena del ragazzo.

L’avevano preso! Non c’erano dubbi!
Volevano entrambi, ormai era chiaro, ma allora perché non li avevano colpiti quando erano insieme? Perché prendere Taki da solo?
La risposta gli rimbombò improvvisa in testa: si aspettavano che lui andasse a salvarlo!
Non c’erano altre spiegazioni, lui stesso non ne vedeva altre.
Sapeva che era rischioso, ma non si era forse ripromesso di non permettere che il ragazzo perdesse la vita dopo che aveva deciso di metterlo al sicuro?

E quel bacio? Avrebbe capito cosa significava solo dopo aver riportato Taki indietro e dopo aver chiuso la faccenda!
Anche se non era nei paraggi, l’anima del ragazzo sembrava chiamarlo e attirarlo a sé da lontano. Non avrebbe avuto difficoltà a trovarlo, ne era certo!

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