Return of darkness

di BellaJey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Trecento anni dopo ***
Capitolo 3: *** La Push ***
Capitolo 4: *** Idee ***
Capitolo 5: *** Festa ***
Capitolo 6: *** Sconosciuti ***
Capitolo 7: *** Preparativi ***
Capitolo 8: *** Matrimonio ***
Capitolo 9: *** Amore ***
Capitolo 10: *** Brutta esperienza ***
Capitolo 11: *** Rivelazioni e sofferenza ***
Capitolo 12: *** Sorpresa ***
Capitolo 13: *** Nuovo arrivo ***
Capitolo 14: *** Momenti speciali e regali ***
Capitolo 15: *** Ricordi e piano ***
Capitolo 16: *** Addi prima della tempesta ***
Capitolo 17: *** I Volturi ***
Capitolo 18: *** La battaglia ***
Capitolo 19: *** Lacrime ***
Capitolo 20: *** Dolore sconosciuto ***
Capitolo 21: *** Racconto di una fine ***
Capitolo 22: *** Funerale ***
Capitolo 23: *** Imprevisto ***
Capitolo 24: *** I primi sogni ***
Capitolo 25: *** Tentativo finito in tragedia ***
Capitolo 26: *** Nei Garage ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Non avrei mai pensato che un essere mitologico potesse versare lacrime, potesse soffrire in questo modo, potesse chiedere di morire o addirittura cercare di suicidarsi per non patire più quel dolore che lo percorre.

Non avrei mai pensato di chiedere al mio unico amore di uccidermi per non farmi più soffrire, per non farmi più versare lacrime amare che mi solcavano il viso come lame incandescenti.

Non avrei mai pensato di odiare qualcuno così intensamente e di desiderare di staccare con i miei denti le sue membra per poi bruciarle.

Non avrei mai pensato di perdere l’anima rimanendo accanto al mio amore, eppure è accaduto, e ora cerco solo una cosa: vendetta.

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Capitolo 2
*** Trecento anni dopo ***


Le sue labbra mi sfiorano il viso, dalla fronte al mento, soffermandosi leggermente sulle mie labbra che, dopo trecento anni, tremano ancora a contatto con le sue. Riuscirò mai ad abituarmi al dio che ogni giorno mi squaglia con il suo sguardo caldo, con i suoi sorrisi sghembi, con le sue carezze dolci e soffici e con i suoi baci appassionati ma delicati.

< Bella? > mi riportò alla realtà con la sua voce melodiosa < riuscirò mai a ricevere un bacio da te senza il tremolino quotidiano? > chiese ridendo e soffermandosi su quel sorriso sghembo a cui non potevo resistere.

< Non è vero che tremo! > mentii, < è solo che ti amo...e non posso fare a meno di stupirmi che un angelo abbia bussato alla mia porta >, usavo sempre quella frase ogni volta che cacciava il discorso “tremolino incurabile”, e lui mi rispondeva sempre allo stesso modo: < Ma sono passati trecentodue anni da quando ci siamo conosciuti, ci siamo sposati, abbiamo avuto una figlia e condividiamo una vita sessuale non indifferente...non pensi che avresti dovuto oltrepassare il momento “imbarazzo iniziale di coppia” da un po’? Diciamo trecentouno anni e dieci mesi! > concludeva la frase con una risata fragorosa e con un bacio appassionato che mi rapiva completamente.

Alla fine del nostro teatrino mattutino, c'incamminavamo verso casa Cullen, mano nella mano, per andare a trovare la nostra famiglia e per rimproverare, come al solito, nostra figlia che, anche se ormai aveva trecento anni, ancora non decideva di mettere la testa a posto e di concedere la sua mano al povero e frastornato Jacob che ogni due settimane le chiedeva di sposarlo, ma lei rimandava sempre l’evento tanto atteso per un motivo a tutti sconosciuto anche ad Edward. Renesmee non ci pensava mai. Ormai si era così esercitata a non pensare alle cose che non voleva far sapere al padre, che quando decideva di confidarle a me, alle zie e alla nonna, no ricordava più l’argomento.

Come sempre Renesmee era in ritardo e noi la spettavamo alla porta per farle sempre la stessa domanda, di cui sapevamo già la risposta. < Ti sei decisa a sposare quel povero lupo? >. Lei ci fissava in cagnesco e rispondeva < Sapete già la risposta, quindi non mi fate più la solita domanda! >, dopodichè correva dalla zia Alice per chiederle i soliti consigli sul trucco e sullo shopping. Era convinta che la zia passasse la notte ad escogitare nuove tecniche per il make-up e ad inventare nuovi vestiti. Il che era vero, oltre a fare il suo dovere di moglie insieme al suo Jasper.

Ormai la mia esistenza trascorreva in questo modo, e non potevo fare altro che esserne felice fino all’apice della mia emotività. Inoltre c’era il mio angelo che non poteva non farmi sprizzare gioia da tutti i pori.

Quella mattina però era diversa dalle altre...in un certo senso speciale.

Mentre Edward mi stordiva con i suoi baci, Renesmee corse da noi, cogliendoci un tantino impreparati per la sua euforia, e ci riportò alla realtà dicendoci < Mamma, papà. Ho deciso di dire di sì al mio Jacob >.

A quella notizia io e Edward restammo per un attimo allibiti e senza parole, però poi ci guardammo in faccia ed esclamammo in coro < FINALMENTE TI SEI DECISA!! >

In un attimo fummo circondati da tutta la famiglia. Carlisle era corso da noi con un sorriso stampato in faccia, che più che felicità sprizzava sorpresa e soddisfazione insieme a una puntina di stress che svaniva, mano nella mano con Esme che sprizzava felicità ed euforia da tutti i pori. Emmett aveva sfornato un sorriso da stregatto accompagnato da una luce negli occhi che mi faceva capire che stava già pensando all’addio al celibato di Jacob. Jasper saltò dal divano, da dove stava guardando una replica di una partita di football, e corse vicino a Renesmee per stringerla e complimentarsi per la sua scelta tanto attesa con un pizzico di ironia nella voce. Infine Alice e Rosalie scesero le scale in tutta furia e cominciarono subito ad organizzarsi tra di loro per mettere su un matrimonio epocale. Da quello che capii volevano organizzare un matrimonio a tema. La loro velocità nel percepire nell’aria qualcosa da festeggiare e contemporaneamente scervellarsi nel pensare a una festa originale era allucinante, anche per un vampiro.

Edward e io trascinammo nostra figlia in cucina e la bombardammo di domande.

< Come mai ci hai messo tutto questo tempo a dirgli di sì? Avete già deciso la data? Avete intenzione di andare in luna di miele? Non avrete mica intenzione di festeggiare l’addio al nubilato e al celibato? > L’ultima l’avevo domandata io, non mi ero ancora ripresa dalla rivelazione di ciò che aveva combinato Edward al suo addio al celibato. Quella mattina avrei voluto ammazzare Emmett e Jasper per averlo portato in uno strep club.

Renesmee, un po’ spaventata dalla nostra raffica di domande, ci prese le mani per calmarci e cominciò a rispondere < Non lo so perché ci ho messo tutto questo tempo ad accettare, solo che mi spaventava l’idea di me vestita di bianco che arrossivo sotto un arco tempestato di fiori e per di più con la consapevolezza di dover sorbire l’ennesima festa di zia Alice >. In questo io e mia figlia eravamo molto simili, anche lei aveva il terrore delle feste, però in compenso amava la moda, lo shopping e, in un modo spropositato, il make-up. Rabbrividisco ancora al ricordo di lei che all’ età di due anni chiede alla zia di insegnarle a truccarsi e all’immagine della mia piccolina che si appresta a specchiarsi e rispecchiarsi per controllare di aver messo bene l’ombretto o il rossetto.

< Però non abbiamo ancora deciso la data > continuò cancellando dalla mia mente quei ricordi < Pensavamo di farlo in estate, ma poi ci siamo ricordati che, anche se siamo a Forks, anche qui d’estate esce il sole. Non ci pareva una buona idea spaventare le mie amiche e i miei amici con qualche individuo luccicante > e dicendo questo sorrise alla famiglia che, un po’ alla volta, si era unita a me e ad Edward per ascoltare i particolari dell’occasione.

< Comunque è naturale che vogliamo andare in luna di miele, che prima notte di nozze sarebbe, nella casa dei nonni che possono sentire, insieme ai genitori e agli zii, tutto quello che abbiamo architettato di fare per festeggiare! > A queste parole si illuminò in un sorriso malizioso e birichino e fece pietrificare me ed Edward.

Certo, sapevamo che Renesmee era diventata una donna da parecchio ormai, ma sentirla parlare della sua vita sessuale davanti a noi, e con quella naturalezza poi, mi fece rabbrividire, e capii che Edward aveva avuto la mia stessa reazione. Secondo me per un attimo gli era passato per la mente il pensiero di mozzare la testa al povero Jacob, e sinceramente, in quel momento, lo avrei appoggiato.

Però in compenso Emmett e Jasper cominciarono a sghignazzare sulle parole e sulle allusioni della nipote, e continuarono così tutto il giorno prendendomi in giro e facendo andare Edward su tutte le furie ricordandogli i pensierini di Renesmee.

All’ ultima domanda della nostra lista Renesmee rispose ridacchiando < Mamma, secondo te mi potrei mai perdere una serata tra amiche in presenza di un fantastico spogliarellista che balla su un tavolino soltanto con gli slip per me? Non credo proprio. E poi ti potrai vendicare di papà per il suo addio al celibato. Anche se penso che gli zii qui abbiano già in mente un localino particolare per il mio Jacob, e immagino che papà non voglia perdersi questa occasione, anche perché Jacob Emmett e Jasper lo costringeranno a venire. O sbaglio? > Rivolse l’ultima domanda più agli zii che a me, anche perché aveva notato la mia espressione vacua e presa in giro da Emmett dopo la sua affermazione sullo spogliarellista. Però aveva ragione. Mi sarebbe tanto piaciuto vendicarmi di Edward per il suo “addio-al-celibato-non-approvato-dalla-sposa”.

Dopo il discorso di Renesmee, Emmett e Jasper si misero subito all’opera per organizzare un addio al celibato per Jacob favoloso, come fecero anche Alice e Rosalie per l’addio al nubilato di mia figlia, insieme ovviamente allo sfornamento delle prime idee per la cerimonia.

Intanto Esme e Carlisle avevano stritolato Renesmee in un abbraccio e poi erano saliti nella loro suite per stare un po’ da soli.

Invece io Edward decidemmo di andare a La Push, ormai non Of limits per i Cullen, per congratularci con Jacob insieme a nostra figlia che aveva deciso di passare tutta la giornata con il suo futuro sposo impaziente.

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Capitolo 3
*** La Push ***


Arrivammo a casa di Jacob in dieci minuti sulla Ferrari che Edward mi aveva regalato trecento anni prima e a cui aveva apportato alcuni cambiamenti per farla andare al passo con i tempi.

Mia figlia dal sedile di dietro mi chiese < Mamma mi piacerebbe tanto indossare il tuo vestito al matrimonio...sempre se per te non è un problema >.

Lei sapeva che tenevo moltissimo a tutto ciò che riguardava il mio Edward, e quindi non mi chiedeva mai di prestarle, o addirittura regalarle, qualcosa che mi era stato donato da suo padre o che lo riguardasse in qualche modo. Il mio abito da sposa era uno di quelli. Infatti mi stupì molto quando mi fece quella richiesta. Sapeva benissimo che ero troppo attaccata a quel vestito. Così cominciai a formulare qualche scusa per non doverglielo prestare, però poi la guardai negli occhi e capii che per lei era davvero importante, inoltre sfoderò quel sorriso sghembo al quale non potevo resistere e che mi strappò il fatidico < D'accordo > che lei tanto aspettava. Aveva ereditato molto dal padre: quando era arrabbiata ringhiava nello stesso modo di Edward, sorrideva come lui, aveva i capelli di un colore identico al suo, e per di più aveva preso la straordinaria capacità di convincermi in tutto, se ci si metteva. Le uniche cose che aveva ereditato da me erano i suoi bellissimi occhi color cioccolato, il modo di arrossire, che ormai io avevo perso, e la sua incontrollabile e incurabile imbranataggine, che aveva stupito tutti quanti. All'età di tre anni la manifestò inciampando più volte nello stesso scalino di casa nostra. Quell'aspetto non poteva non averlo ripreso da me e ogni volta che scivolava, cadeva o inciampava mi faceva ricordare la mia vita da umana goffa e imbranata, strappandomi una risata che non riuscivo a trattenere.

Arrivati a casa Black scendemmo dalla Ferrari e andammo a bussare alla porta di Jacob, che l'aprì un secondo dopo.

< Ehi ciao! Finalmente sei tornata amore, non riuscivo più a starti lontano > A quelle parole Renesmee arrossì e si buttò tra le braccia del mio futuro genero.

Edward diede una sonora pacca sulla spalla a Jacob e cominciò a congratularsi con lui < Bhe allora è arrivato il momento che aspettavi, mi sorprende che tu non sia morto dallo stress prima che mia figlia si decidesse ad acconsentire alla tua proposta > Renesmee fulminò il padre con lo sguardo, che non ci badò più di tanto e continuò < Allora congratulazioni mio caro Jacob, ti dico solo una cosa > e così dicendo mi lanciò un'occhiata birichina < Aspettati di tutto da Emmett e Jasper per il tuo addio al celibato, e fidati quando ti dico di stare molto attento...io ci sono passato >.

Jacob scoppiò in una risata fragorosa alla quale io risposi con un sorriso malizioso che gli fece capire che anche io dovevo dirgli qualcosa che riguardava l'addio al celibato.

< Mio caro Jacob, non esultare troppo, non penso sarai tanto felice quando scoprirai cos'hanno in serbo per Renesmee Alice e Rosalie > a questa mia affermazione il sorriso di Jacob svanì, anzi si spostò sul viso di mia figlia che era caduta nei suoi sogni che, secondo me, giravano tutt'intorno allo spogliarellista.

< Cos'avete intenzione di fare tu e le tue sorelline alla mia piccola? > chiese Jacob con sguardo allarmato.

< La tua piccola? > esclamai io < Non so se ti ricordi ma “la tua piccola” è mia figlia e me la voglio godere fino all'ultimo, prima di darla in pasto ai lupi >

Jacob aveva colto il mio sarcasmo e ne rise, anche se quel velo di preoccupazione non se ne andò dal suo viso.

< Comunque congratulazioni > continuai < Sono contentissima che Renesmee si sia decisa, e sono ancora più contenta che si sia decisa con te > a questo punto Jacob cancellò definitivamente quel velo di ansia e sorrise prima a me e poi “alla sua piccola” < Sono sicura che sarai un ottimo genero >.

Dopo il discorso Renesmee ci cacciò letteralmente da casa di Jacob e , dopo aver chiuso la porta, sentimmo chiaramente le loro risatine e i loro corpi che cadevano sul divano per...emh...penso abbiate capito.

Io ed Edward decidemmo di non tornare subito a casa e cominciammo a passeggiare sulla spiaggia mano nella mano.

< Sono proprio contenta che si sia decisa, almeno non dovremmo più sorbirci le suppliche di Jacob >. Da quando Renesmee gli aveva risposto di voler aspettare Jacob ci supplicava quasi ogni giorno di convincerla.

< Si, hai ragione, almeno ora non dovremmo essere più in imbarazzo per i rumori che provocano le nostre effusioni notturne > mi rispose Edward con un sorriso spettacolare stampato sulla faccia d'angelo < Non scorderò mai quando ci ha chiesto cos'erano quei rumori che la spaventavano di notte > rise.

< Mamma mia che flash > come aveva ricordato quello strano momento di quando Renesmee aveva cinque anni la scena mi si parò davanti agli occhi come se stesse riaccadendo.

FLASHBACK

< Mamma ma sono normali quei rumori che sento di notte? Mi mettono un po' paura sai >.

La guardai con uno sguardo curioso < Quali rumori tesoro? >.

In quel momento Edward si irrigidì. Aveva capito di cosa stava parlando nostra figlia, ma io ancora no.

Renesmee mi posò una mano sul viso e le immagini mi cominciarono a scorrere davanti agli occhi accompagnate da dei rumori allucinanti. In quel momento realizzai e se avessi potuto arrossire la mia faccia sarebbe diventata una fiamma incandescente.

O mio dio! Nostra figlia si è spaventata perchè ha sentito me e te mentre facevamo l'amore! O mio dio! E ora che le dico? Edward aiuto!

Ormai avevo imparato ad isolarmi dal mio scudo ogni volta che volevo che Edward sentisse i miei pensieri. Edward si girò verso di me con gli occhi sbarrati facendo segno di no con la testa. Neanche lui aveva la minima idea di come rispondere alla nostra figlia curiosa. Maledettamente curiosa.

FINE FLASHBACK

Ormai erano passati quasi trecento anni da quella scena e quindi scoppiammo a ridere.

Mentre ridevamo Edward mi afferrò la camicia da dietro e mi tirò a terra. Non mi ero accorta che eravamo arrivati nella foresta.

Mi girai verso di lui appoggiandomi al suo petto e mi persi in quegli occhi di oro liquido e caldo. Lui mi sorrise e mi prese il viso tra le mani, si avvicinò e mi baciò a lungo e profondamente. Quel bacio era fantastico, come tutti gli altri, ma aveva qualcosa di diverso. C'era una puntina di passione in più del solito che mi fece girare la testa.

Ci baciammo a lungo, distesi sull'erba tra gli alberi che ci osservavano. Ogni secondo che passava mi stringeva sempre di più a sé afferrandomi dalla vita e affondando l'altra mano nei miei capelli. Io avevo preso il suo viso tra le mani che ora stavano scivolando sempre di più tra la sua chioma bronzea.

Poi rotolò da un lato portandomi sotto di lui e cominciò a sbottonarmi la camicia leggera mentre io gli aprii la cerniera della felpa che gli avevo regalato circa un mese fa.

Dopo aver vinto l'ostacolo della camicia cominciò a baciarmi il petto, poi il ventre piatto e poi tirò giù la cerniera dei miei jeans con i denti. Mi sfilò anche quelli e si sbottonò il pantalone cachi lasciandomelo togliere con i piedi.

A quel punto eravamo rimasti in biancheria che venne strappata molto presto.

Ricominciò a baciarmi le labbra, lo zigomo, il lobo dell'orecchio destro, il collo, il petto mentre mi stringeva a sé con il braccio e mi massaggiava il seno con la mano delicata ma possente. Continuò a sfiorarmi con le labbra il ventre, le cosce, le gambe e poi di nuovo la bocca. Affondò una mano nei miei capelli e si perse in un bacio appassionato.

Io seguivo ogni suo gesto con passione e voglia di continuare. Mi stringevo a lui graffiandogli la schiena dopo che fu dentro di me. Ansimavo sempre di più. Lui continuava a baciarmi il collo stringendomi con una presa inarrestabile e fortissima che se avessi voluto non sarei riuscita a spezzare neanche usando tutte le forze che avevo.

Continuammo per circa due ore e, dopo aver raggiunto l'apice del piacere, rotolò su un lato e mi fece rilassare sul suo petto. Continuai a baciarlo senza staccarmi da lui nemmeno per un millesimo di secondo e lui ricambiava il bacio con passione e potenza.

Era diventato molto più forte nel corso degli anni. Era diventato forte come Emmett che si era un po' innervosito per la crescita di potenza del suo fratellino. Io invece dopo un annetto dalla mia trasformazione cominciai a indebolirmi ed ero arrivata agli standard di Alice ed Esme. Questa cosa mi infastidiva un po', però mi piaceva sentirmi protetta da l'uomo che amavo, quindi non feci tante storie quando mi accorsi di diventare sempre più debole.

Dopo circa un'ora ci decidemmo ad alzarci e a rivestirci per andare alla macchina.

Mentre camminavamo Edward non smetteva di ripetermi < Ti amo >, e io gli rispondevo ogni volta < Io di più >. Mi teneva ancora stretta a sé per la vita e quando salimmo in macchina mi scoccò l'ennesimo bacio appassionato sulle labbra che ricambiai stringendomi a lui e spingendolo verso il finestrino. Lui non oppose resistenza, ma poi si staccò da me. Renesmee e Jacob erano usciti di casa e ci stavano fissando con gli occhi sbarrati. A quel punto concludemmo che era proprio ora di tornare a casa.

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Capitolo 4
*** Idee ***


Durante il tragitto verso casa Edward non mi lasciò la mano per un secondo e ogni tanto mi schioccava un bacio sulla guancia e mi scioglieva con il suo sguardo caldo e innamorato. Ogni volta ricambiavo con un sorriso e quando mi baciava cercavo di sorprenderlo voltandomi per strappargli un bacio sulle labbra. Ci riuscii solo tre volte purtroppo.

Arrivati a casa mi sentii tirare in salotto da due paia di braccia. Alice e Rose. Mi portarono via dal mio Edward, che ricevette lo stesso benvenuto da Jasper ed Emmett.

In salotto ci aspettava Esme che stava lavorando a qualche progetto a me sconosciuto.

< A cosa stai lavorando Esme? > chiesi.

< Oh, sto disegnando un piccolo progetto per un gazebo che mi ha chiesto Alice > rispose con il suo solito sorriso illuminato che appariva sul suo volto quando lavorava a qualche costruzione < Ha intenzione di celebrare la cerimonia in giardino e... > non ebbe nemmeno il tempo di finire che Alice si fiondò nelle spiegazioni delle sue idee.

< ...e visto che non sarebbe carino, per gli ospiti di Renesmee, luccicare per via del sole, ho pensato a un modo semplice, carino, elegante e allo stesso tempo protettivo dai raggi solari per la cerimonia del matrimonio > spiegò con la sua voce da soprano < che ne pensi?> mi chiese infine.

< Bhe, penso sia fantastico, come tutte le tue idee > risposi sorridendole. Poi, con l'aiuto di Rose ed Esme mi spiegò ogni particolare della cerimonia e del ricevimento. Le seguii con attenzione fino ad un certo punto, poi mi persi nel ricordo di quella mattina nel bosco.

Circa due ore dopo arrivarono Jacob e Renesmee che ci avvertirono di aver deciso la data del matrimonio < Secondo noi il giorno perfetto è il sette settembre > disse Renesmee sorridente < Il giorno del nostro imprinting > continuò Jacob.

< Che romantico! Questa sì che è una bellissima idea > esclamò Esme che nel frattempo era stata avvolta da Carlisle che era uscito dalla cucina dove Jasper ed Emmett stavano spiegando ad Edward i particolari dell'addio al celibato di Jacob. Almeno così immaginavo.

Alla notizia della data Alice cominciò < Abbiamo pochissimo tempo, solo due mesi. Meno male che avevo già disegnato un abito per te Jacob > corse di sopra e un secondo dopo si ritrovò a far ammirare i tessuti e l'abbozzo del vestito dello sposo al povero Jacob, ormai succube di quella vampira assetata di moda e feste.

Dopo il monologo di Alice Edward Emmett e Jasper ci raggiunsero in salotto e abbracciarono ognuno le proprie compagne. Edward mi strinse a sé come se non vedeva il mio viso da decenni, il che era parso anche a me. Non riuscivo a stare lontana da Edward nemmeno per un secondo.

Dopo tutti gli scambi di effusioni Emmett e Jasper sfoderarono il loro sorrisino malizioso e cominciarono ad illustrare il programma dell’addio al celibato di Jacob che avevano pianificato in cucina assieme ad Edward e Carlisle.

< Bene Jacob, come tutti gli uomini prossimi al matrimonio, anche tu hai diritto ad un epocale addio al celibato > cominciò Jasper < e noi abbiamo qualche ideuzza molto carina per quella occasione >.

Jacob gli guardò con un sorriso stampato sul viso ma in quel sorriso c’era anche un po’ di preoccupazione < Cos’avete in mente? >.

< Allora, pensavamo ad uno strep club con circa una decina di spogliarelliste > rispose Emmett con il suo solito sorriso a trentadue denti sulla faccia < E inoltre avevamo in mente qualche gioco tra maschi, tipo gare di velocità su delle macchine superveloci nel bosco. Pensavamo che in queste gare chi si schianta prima contro un albero perde >. Emmett rise guardando la mia espressione e quella di Alice, Rose, Esme e Renesmee. Infine concluse < Che ne pensi lupo? Ci stai? >.

Jacob non ebbe nemmeno il tempo di aprire la bocca che io, Esme, Alice, Rose e soprattutto Renesmee gridammo insieme < MA SIETE IMPAZZITI COMPLETAMENTE?! >.

< Ma vi siete bevuti il cervello per caso? > gridò Renesmee < Posso capire le spogliarelliste, ma la corsa non potete assolutamente farla! >.

< E perché piccola? > domandò Emmett.

< Zio non m’importa di te zio Jasper papà o nonno, tanto a voi non può succedere niente di niente se vi andate a schiantare a tutta velocità contro un albero > spiegò infuriata mia figlia. A quelle parole la fulminai con lo sguardo. Che significava che non le importava se suo padre si andava a schiantare contro un albero? Vabbè che non si sarebbe fatto niente, ma a me interessava di quel particolare. Solo l’idea di Edward che cerca di schivare gli alberi a trecento all’ora mi faceva venire i brividi e se avessi potuto sarei svenuto all’istante.

< Ma a me interessa di Jacob! Lui non è come voi. Non è indistruttibile! Si potrebbe rompere tutte le ossa del corpo e rimanere con il dolore per mesi! > continuò Renesmee < Non ve lo permetterò. Scordatevelo! > e con quella frase capimmo che aveva chiuso il discorso. Nessuno osò ribattere. Persino Emmett si spaventò di fronte allo sguardo della nipote.

Dopo la discussione Renesmee ci avvertì che avrebbe passato la notte da Jacob e subito dopo se ne andò con lui. Io ed Edward ce ne andammo circa dieci minuti dopo.

Durante il tragitto verso la nostra casetta decidemmo di non correre e di goderci per una volta la foresta.

< Non posso credere che vi sia venuta in mente un’idea così assurda come quella della corsa. Ma cosa avevate bevuto? Sangue avariato? > dissi mentre ci stringevamo la mano.

< Guarda che io non ho fatto niente. Loro dopo che mi hanno rapito mi hanno raccontato quello che avevano in mente di fare e poi mi hanno chiesto il mio parere > mi rispose il mio angelo < Glielo avevo detto che non era il caso di mettere nel pacchetto del addio al celibato anche quel particolare delle corse > concluse.

< Particolare? Chiamalo particolare! > affermai.

< Comunque… che ne pensi di continuare il nostro discorso di stamattina? > chiesi impaziente.

Lui mi sorrise, strinse ancora di più la mia mano e mi baciò appassionatamente. Io ricambiai felice e lo strinsi a me. Lui dopo qualche secondo, che mi parve un’eternità, si staccò e cominciammo a correre verso la nostra casetta nascosta.

Arrivati alla porta ricominciammo a baciarci ardentemente ed entrammo in casa senza mai staccare le labbra da quelle dell’altro.

Quando arrivammo in camera da letto mi spinse sul nostro enorme bianco letto accompagnandomi con il suo corpo che non si era staccato dal mio.

M’intrappolò sotto di lui e affondò una sua mano nei miei capelli, mentre l’altra si affannava a cercare i bottoni della mia camicia. Poi non ce la fece più e la strappò, riducendola a brandelli. Fece subire la stessa sorte ai miei jeans.

Cominciò ad accarezzarmi e a baciarmi ovunque ansimando.

Fronte…naso…orecchio…guancia…bocca…mento…collo…spalle…petto…seno…capezzoli… ventre…bassoventre…cosce.

A quel punto presi in mano tutta la mia foga e gli strappai di dosso i vestiti e lo strinsi a me con tutta la mia forza che non era mai abbastanza. Cominciai ad ansimare quando arrivò alla mia intimità potente ma delicato, forte ma dolce, furioso ma in un certo senso calmo.

Strinsi le mani nei suoi capelli bronzei e cominciai ad urlare e ad ansimare ancora di più. Si avvicinò al mio viso e mi baciò con furia.

Le nostre labbra si modellarono a vicenda e cominciarono a muoversi insieme come le nostre lingue che erano diventate ormai un tutt’uno di piacere e desiderio.

Con la sua solita delicatezza entrò in me e io lo strinsi ancora di più, se possibile.

I nostri due corpi si muovevano insieme seguendo il ritmo dei nostri cuori che ormai non battevano più.

Con la sua stretta possente fece aderire il mio corpo ancora di più al suo.

Le sue labbra si staccarono per un attimo dalle mie ansimando mi disse < Ti amo piccola mia e ti amerò per sempre >.

Lo guardai negli occhi dorati e gli risposi quasi urlando dal piacere < Anche io ti amo…non sai quanto >.

Andammo avanti tutta la notte e solo alle prime luci dell’alba ci rilassammo l’una appoggiata all’altro.

Mi cominciò a cullare come solo lui sapeva fare e io lo strinsi a me come se avessi paura che se ne andasse.

Mi sussurava nell’orecchio la mia ninna nanna con la sua voce melodiosa e se avessi potuto avrei cominciato a versare lacrime per la felicità.

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Capitolo 5
*** Festa ***


Quando ci decidemmo a vestirci andammo nella suite-armadio che Alice riempiva ogni due settimane con vestiti nuovi. Purtroppo Alice aveva comprato solo vestitini eleganti per me e nemmeno un jeans o una maglietta normali.

Mi devo decidere ad uscire per fare un po' di compere senza Alice ” pensai.

Così, visto che l'ultimo paio di jeans era stato misteriosamente ridotto a brandelli la scorsa notte, mi dovetti accontentare di un vestitino blu elettrico, aderente e senza spalline che mi arrivava a metà cosce. Era l'unico abito in mezzo a quella miriade di vestiti che si poteva avvicinare in qualche modo ai miei standard di abbigliamento, anche se rimaneva molto lontano dalle mie preferenze.

Quando Edward mi vide con quel vestitino striminzito addosso inclinò la testa di lato e disse < Mmm...sei molto carina stamattina. Devo ammettere di cominciare ad apprezzare la mania per la moda di Alice > affermò con il suo sorrisino sghembo.

Lo guardai con finta avversione e gli risposi < Ah, è così? Mi hai abbandonato. Anche tu sei caduto nella tela di Alice. Sono rimasta sola > misi un finto broncio e mi voltai dandogli le spalle. Sapevo che lui non avrebbe resistito senza consolarmi.

Appena mi strinse da dietro mi sussurrò all'orecchio < Mi dispiace, non volevo... > non fece in tempo a finire la frase che il mio volto si girò di scatto sorprendendolo e le mie labbra affondarono nelle sue e, senza staccarmi da lui, gli sussurrai < Quando imparerai a capire quando ti prendo in giro eh? >.

Sentii le sue labbra tendersi in un sorriso e poi cominciò a baciarmi intensamente.

Come al solito le mie labbra tremarono e, come al solito, lui mi rimprovero ridendo.

Dopo il nostro teatrino mattutino c'incamminammo verso casa Cullen. Arrivati Alice mi trascinò in camera sua e separandomi da Edward per la seconda volta in due giorni. A me questa cosa non andava proprio giù, ma accettai di seguirla lanciando uno sguardo di aiuto ad Edward che intanto sghignazzava per via dei pensieri della sorella. Chissà cosa aveva in mente.

Giunte in camera Alice mi fece sedere sul divano e cominciò < Allora Bella, ho già ingaggiato sei spogliarellisti per l'addio al nubilato di Renesmee. Pensavo di... > non la lasciai concludere e le risposi con incredulità < Come SEI?! Non starai esagerando con questa storia degli spogliarellisti? >.

Alice mi guardò incredula per un attimo e poi continuò il discorso che avevo spezzato come se il mio intervento non fosse mai esistito < Come stavo dicendo pensavo di fare l'addio al nubilato in salotto. Essendo la stanza più grande della casa mi sembra più che adatta, e poi ho trovato dei tavolini perfetti per palco. Sono molto carini e graziosi, ma allo stesso tempo resistenti >.

La guardai con gli occhi sbarrati e, visto che non si poteva assolutamente ribattere sulle ide di Alice, decisi di farmene una ragione, però mi dovevo togliere assolutamente una curiosità.

< E perché proprio sei spogliarellisti, perché non cinque o sette? > chiesi.

< Bhe che domande. Perché noi siamo cinque. Uno spogliarellista personale per ognuno. Però visto che è Renesmee la festeggiata pensavo che lei avesse il diritto del doppio servizio > spiegò sghignazzando < Quindi uno a testa per me Rose te ed Esme e due tutti per la sposa > concluse.

Con gli occhi ancora sbarrati e con la bocca aperta non sapevo proprio cosa dire, allora mi limitai a fissarla incredula ma rassegnata.


Era il cinque settembre e quindi il giorno del mio strazio e dell’addio al nubilato di Renesmee. Avevo accettato di partecipare solo perché la festeggiata era mia figlia, altrimenti mi sarei opposta con tutte le mie forze pur di non esserci, anche se Alice mi avrebbe sicuramente minacciata in quel caso e io avrei ceduto alle sue provocazioni.

Quando Alice, io, Rose, Esme e Renesmee uscimmo dalla cabina armadio vestite e truccate per la festa pronte per presentarci ai nostri uomini, la stanza fu invasa da un < WOOOOW > generale.

Non potevo dare certo torto ai nostri compagni quando ci presentammo a loro.

Rose indossava una mini svolazzante rosso sangue abbinata a un top che le fasciava il seno a pennello dello stesso colore della gonna e il tutto era accompagnato da delle lucenti calze scure che le fasciavano le gambe perfette e da dei sandali neri a spillo tacco dodici. Il suo viso candido era circondato da una meravigliosa chioma bionda aggiustata in una stupenda acconciatura boccolosa e le sue labbra erano colorate dello stesso colore della gonna e del top, gli occhi erano cerchiati da un filo di matita e mascara nero e colorati da un leggero tocco di ombretto scuro. Per non far notare troppo il distacco tra la sua carnagione pallida e i forti colori del trucco aveva concluso l’opera con un po’ di phard sulle guancie.

Alice, invece, era fasciata da un abitino nero che la copriva fino a metà coscia e con una scollatura che le risaltava il seno in modo a dir poco esagerato, secondo i miei gusti. Alcune parti dell’abito erano solo di raso scuro che lasciava intravedere la sua pelle. A differenza di Rose, Alice aveva preferito lasciare le gambe nude, ma non aveva rinunciato al tacco dodici delle sue scarpe dorate che si abbinavano al suo trucco e alla sua acconciatura. Il suo viso era cerchiato dai suoi soliti capelli arruffati che erano decorati con un grazioso cerchietto dorato, le sue labbra erano colorate da un rossetto color oro abbinato all’ombretto.

Esme aveva cercato in tutti i modi di convincere Alice di rimanere un po’ più sobria. Alice acconsentì, ma Esme non aveva fatto i conti con il significato che Alice attribuiva a “sobria”. Infatti il corpo di Esme era fasciato da un vestitino verde scuro tempestato di brillantini che la copriva fino al ginocchio con le spalline doppie e con una scollatura a V che le risaltava il seno, ma questo vestito le lasciava la schiena nuda fino al limite massimo consentito. Anche lei aveva delle calze scure che le fasciavano le gambe ma invece dei tacchi a spillo aveva optato per dei sandali neri con tacco largo. Il suo bellissimo viso era truccato in modo delicato ma impeccabile e i suoi capelli rossi erano tirati su in una acconciatura complicata che mi ricordava la mia il giorno del mio matrimonio, però, invece di avere dei fermagli blu che concludevano l’opera, i suoi capelli erano decorati da brillantini verde smeraldo che si abbinavano al vestito.

Mia figlia aveva deciso per una minigonna vertiginosa di pelle nera abbinato a un top dorato che, a differenza di quello di Rosalie le copriva il ventre ma, in compenso le lasciava nuda la schiena. Anche lei preferì fasciare le gambe con delle calze ma optò per quelle a rete che vennero accompagnate da tacchi a spillo dodici neri. Il suo viso a cuore era incorniciato soltanto da due ciocche laccate che le scendevano ai lati del viso dalla sua acconciatura di trecce tirate su. Per il trucco si era completamente sbizzarrita. Era praticamente annegata nel phard luccicante che le copriva tutto il viso e il decoltè, le labbra erano coperte di lucidalabbra brillante e gli occhi erano cerchiati da ombretto, matita e mascara neri. Il tutto era accompagnato da dei cerchi dorati per orecchini.

Infine io mi ero fatta convincere da mia figlia e da Alice ad indossare un vestitino aderentissimo senza spalline e che mi copriva le gambe fino a metà coscia di colore blu scuro e che lasciava veramente poco spazio all’immaginazione. Inoltre mi avevano costretto a salire su un paio di tacchi blu altissimi di cui non volli nemmeno sapere la misura. Le mie gambe erano rimaste nude ma piene di brillantini azzurri. Il mio viso era incorniciato da boccoli castani che ricadevano sulle mie spalle nude e accompagnati da alcuni nastrini azzurri. L’unica cosa che mi fu concesso di gestire fu il mio make-up. Avevo soltanto colorato le labbra con del lucidalabbra rosa chiaro e avevo deciso anche per un filo di matita nera sugli occhi, ma Alice insistette per l’ombretto azzurro che, secondo lei dava al mio viso quel tocco elegante che era essenziale.

I nostri compagni rimasero a bocca aperta nel vederci comparire. Emmett e Jasper emisero un fischio allucinante e non avevano occhi se non per Rose ed Alice e in un attimo si fiondarono su di loro per prenderle in braccio e fargli fare non so quanti giri su se stesse. Jacob era rimasto pietrificato nel vedere la sua futura moglie vestita in quel modo e sentii chiaramente che, quando le si avvicinò, le sussurrò all’orecchio qualcosa < Se ti vesti così mi farai venire un infarto…non vedo l’ora che arrivi la prima notte di nozze > a quelle parole Renesmee gli diede uno schiaffo sulla spalla con faccia compiaciuta. Carlisle prese il viso di Esme tra le mani e le sussurrò all’ orecchio prima di baciarla < Sei proprio stupenda stasera amore >.

Poi arrivò il turno di Edward che si avvicinò a me calmo e mi prese le mani. Mi allontanò un attimo per ammirarmi meglio e poi mi strinse tra le sue braccia possenti, mi prese il viso tra le mani e guardandomi negli occhi mi disse con la sua voce dolce < Sei bellissima amore mio > poi mi baciò intensamente e mi sussurrò senza staccare le sue labbra dalle mie < Ti amo >. Tesi le mie labbra in un sorriso e poi mi fiondai ancora di più in quel bacio appassionato. Non mi sarei separata da lui nemmeno per tutto l’oro del mondo, però una voce ci riportò bruscamente alla realtà < Ehi sorellina potresti staccare le grinfie da nostro fratello, sai si sta facendo tardi e la festa di Jacob ci sta chiamando a gran voce > sghignazzò Emmett. Per un primo momento lo ignorammo e continuammo nel nostro bacio ma poi una vocina trillante esclamò < Oh, stanno arrivando gli spogliarellisti, forza voi andate alla vostra festa che qui noi donne dobbiamo accogliere i nostri ospiti su > e intanto Alice spingeva fuori Carlisle, Jacob, Emmett e Jasper lasciando Edward per ultimo. Però purtroppo spinse via anche lui che cercò di darmi un altro bacio veloce per poi uscire dalla porta di casa sorridendomi e sussurrandomi a distanza < Già mi machi amore mio >.

Lo guardai con occhi che li supplicavano di restare ma poi gli risposi < Anche tu tesoro, non sai quanto >.

Dopo due minuti che i nostri compagni se ne furono andati qualcuno suonò al campanello ed Alice andò ad aprire. Entrarono sei ragazzoni sorridenti ognuno dei quali abbronzantissimo e vestito a tema. Uno era vestito da pompiere, un altro da poliziotto, un altro da boscaiolo, un altro ancora da pellerossa, un altro da cowboy e l’ultimo da infermiere.

Il primo aveva sulle spalle uno stereo che aveva acceso a tutto volume e che aveva appoggiato a terra dopo il suo ingresso. Tutte insieme raggiungemmo Alice all’ingresso e Renesmee si fece avanti < Benvenuti ragazzi, questo è il mio addio al nubilato quindi vedete di farmi divertire d’accordo! Loro sono le mie amiche Alice, Rosalie, Bella ed Esme e io sono Renesmee >. Ovviamente non poteva certo dire che ero sua madre e che le altre erano le sue zie e sua nonna, sarebbe parso un po’ strano non pensate?

Andammo tutte in salotto seguite dai sei spogliarellisti.

Il pompiere alzò ancora di più il volume e cominciarono a fare il loro lavoro sui tavolini che aveva comprato Alice per l’occasione. Dopo essersi tolti giacche e magliette ed essere rimasti solo con i pantaloni scesero dai tavolini con un salto e ognuno di loro si avvicinò ad una di noi. Il poliziotto e il cowboy presero di mira Renesmee, il boscaiolo andò da Esme, l’infermiere si posò davanti a Rose, il pellerossa raggiunse piano Alice e a me toccò il pompiere.

La festa si svolse tra i movimenti degli spogliarellisti e i gridolini di tutte esclusa me. Certo, il pompiere avrebbe fatto cadere ai suoi piedi tutte le ragazze che gli si fossero parate davanti, ma io ormai avevo standard di bellezza molto alti dopo trecento anni di convivenza con Edward.

Dopo circa quattro ore la festa si concluse e gli spogliarellisti, dopo aver ricevuto il loro pagamento, se ne andarono congratulandosi con Renesmee per il matrimonio.

Mia figlia si buttò sul divano distrutta. Meno male che avevamo deciso di festeggiare l’addio al nubilato due giorni prima il matrimonio, altrimenti Renesmee sarebbe andata all’altare con due occhiaie spaventose.

Dopo aver messo tutto in ordine ci sedemmo anche noi sul divano ed Alice esclamò < Bhe, come vi è sembrata la festa? Fantastica lo so. Sono una vera e propria maga con le feste >. Ridemmo tutte, ma poi mi accorsi che Renesmee si era addormentata e così feci cenno alle altre di fare silenzio.

La guardai dormire beata e se avessi potuto avrei versato lacrime per la mia bambina che fra due giorni sarebbe stata accompagnata dal mio Edward all’altare.

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Capitolo 6
*** Sconosciuti ***


I ragazzi ci avevano informato, prima di andare a festeggiare il futuro sposo, che sarebbero tornati per le tre di notte circa. Noi avevamo concluso la nostra festa verso le due e mezza e stavamo aspettando i nostri compagni impazienti.

Guardavo l'orologio ogni dieci minuti. Tre...tre e mezza...quattro...quattro e mezza...cinque. Il mio Edward ancora non tornava e la mia ansia cresceva sempre di più. “ Ma dove è finito? Perchè non chiama? Se avesse deciso di andare a caccia mi avrebbe avvertito con una telefonata” pensai angosciata e preoccupata per via del suo ritardo.

< Alice non hai visto niente? Magari hanno deciso di andare a caccia e si sono dimenticati di avvertirci > chiesi alla mia sorellina veggente, anche se sapevo che Edward non si sarebbe mai dimenticato di avvertirmi. Anche per lui era doloroso essere distanti.

< No Bella. Mi dispiace ma sono insieme a Jacob e quindi non riesco a vedere niente > mi rispose per la centesima volta Alice, anche lei preoccupata per il suo Jasper.

Ormai le prime luci dell'alba fecero capolino attraverso la vetrata del salotto e ci illuminarono la pelle facendola brillare.

A quel punto non resistevo più. Dovevo andare a cercare Edward. Avevo un brutto presentimento.

< Vado a cercarli. Non ce la faccio più. Ho un bruttissimo presentimento > annunciai a tutte alzandomi piano dal divano per non svegliare Renesmee, che ormai era sprofondata da ben quattro ore tra le braccia di Morfeo.

< Non fare la stupida, vedrai che fra meno di mezz'ora saranno qui > mi disse Rosalie prendendomi per il polso.

< No Rose, devo andare a cercarli. Sono troppo in ansia. Avevano detto che sarebbero tornati alle tre. Posso capire un ritardo di un'oretta, ma addirittura tre ore e mezza. E poi avrebbero chiamato se avevano intenzione di rimanere ancora o di andare a caccia > risposi svincolandomi dalla sua presa d'acciaio. Mi dava leggermente fastidio essere più debole anche di Rose.

< Almeno permettimi di accompagnarti. Non mi fido a mandarti da sola nella foresta > propose Rose. Ormai si era legata particolarmente a me e, come il fratello, era molto protettiva nei miei confronti.

< Va bene. Però andiamo subito. Non accetto ritardi > le risposi.

< Veniamo anche noi > disse Alice alzandosi dalla poltrona.

< No Alice. Qualcuno deve rimanere con Renesmee > le risposi. Presi per mano Rose ed uscii dalla porta principale di casa Cullen senza aspettare una risposta di Alice.

Cominciammo a correre nella foresta cercando di carpire nell'aria l'odore dei nostri compagni tra gli alberi.

A un certo punto fui investita dall'odore di Edward, Emmett, Jacob, Jasper, Carlisle e di qualcun'altro, precisamente quattro vampiri.

I loro odori erano mischiati ma riuscii ugualmente a riconoscere l'odore del mio Edward. Quel particolare però mi fece preoccupare. L'odore si mischiava solo quando...c'era una lotta.

Affinai l'udito per capire cosa stava succedendo. Sentivo delle voci. La sua voce. Dei ringhi spaventosi. Il suo ringhio.

Accelerai. Dovevo raggiungerlo. Dovevo aiutarlo. Era in pericolo. Dovevo stare al suo fianco.

Sentivo che anche Rose accelerava al mio fianco. Potevo sentire il suo respiro preoccupato. Anche lei era in ansia per il suo Emmett.

Più ci avvicinavamo ai nostri compagni, più potevo sentire con precisione i loro movimenti. Edward ringhiava con furia contro uno dei vampiri sconosciuti e li si avventava contro. Emmett stava combattendo con tutta la sua rabbia. Jacob era trasformato e sentivo la sua voglia di strappare le membra del nemico nel’aria. Jasper si muoveva velocissimo cercando di mettere in pratica le sue conoscenze sulla battaglia. Carlisle, invece, si avventava contro il suo nemico. Riuscii a captare il suo disgusto per quello che stava facendo, lui odiava la violenza e non riuscivo a capire cosa ci fosse in quelli sconosciuti per farli fare la cosa che odiava di più al mondo.

Sentii una scarica elettrica che mi percorse tutto il corpo. Qualcuno di quei vampiri aveva un potere supplementare, molto potente a quanto pare, e lo stavo usando.

Dun tratto sentii delle urla atroci. Urla di dolore. No, non poteva essere. Non lui.

Il mio Edward era preda di quel potere e io ero troppo lontana da lui per attivare il mio scudo.

Per fortuna mi stavo avvicinando. Le sue grida si facevano sempre più forti e io non sopportavo l’immagine che mi si parò nella mia mente in quel momento: Edward che gridava dal dolore per proteggere me dal potere di Jane, la maledetta Voltura che, quando avrei avuto l’occasione, avrei ucciso con le mie mani.

Finalmente arrivammo sul posto della battaglia. Il mio orecchio aveva sentito bene.

Edward era accasciato a terra, preda del dolore che un vampiro bruno, altissimo e grosso come un armadio li stava infliggendo da lontano fissandolo.

Senza pensarci un attimo attivai il mio scudo e ci avvolsi il mio Edward. Lui smise di colpo di urlare e contorcersi dal dolore. I nostri sguardi si incrociarono. Corsi da lui più veloce che potevo, ma qualcuno fu più veloce di me. Il vampiro, che fino a un momento fa stava torturando Edward, mi prese per i polsi con una forza allucinante e mi lanciò contro un grosso albero caduto che si spezzò all’impatto con il mio corpo. Fui invasa da un dolore allucinante. Mi sembrava di essermi rotta tutte le ossa del corpo, ma ovviamente non era così.

In un attimo Edward mi fu accanto e mi prese tra le braccia.

< Bella, cosa ci fai qui? > chiese Edward mi guardava con occhi sofferenti. Lo fissai negli occhi e gli risposi < Sono venuta qui perché ero preoccupata per te. Non ho la minima intenzione di andarmene. Resterò al tuo fianco >.

Edward non ebbe nemmeno il tempo di ribattere che il vampiro di prima li si fiondò contro e ci fece volare a venti metri dall’albero che avevo spezzato.

Mentre intorno a noi infuocava la battaglia quel vampiro ci si avvicinò lento e con un sorriso perfido e soddisfatto sulle labbra. Ci fissava e quegli occhi mi fecero sobbalzare dalla paura. Non capivo cosa poteva volere da noi.
In quel momento mi accorsi di aver perso il controllo del mio scudo e mi apprestai immediatamente a riavvolgere il mio Edward con quella membrana elastica ed invisibile, restringendola man mano che il nostro nemico avanzava verso di noi.

Cominciò a ridere cattivo e poi parlò con una voce cupa e perfetta < Bene, bene, bene. Vedo che finalmente ti sei fatta avanti mia cara Isabella >.

Conosceva il mio nome, com’era possibile. Chi era quel vampiro e cosa voleva da me e da Edward?

Eravamo ancora a terra, ma a quelle parole Edward si alzò di scatto mi si parò davanti per nascondermi agli occhi di quello sconosciuto.

< Non provare ad avvicinarti a lei > ringhiò il mio protettore < Non ti ci devi avvicinare nemmeno con il pensiero >.

< Ah ah ah > rise beffardo il vampiro sconosciuto che si stava avvicinando sempre di più < Che bel quadretto. Il vampiro innamorato che cerca di proteggere la sua bella da qualcosa che non può sconfiggere. Non è buffo? > domandò retorico ancora ridendo.

Mi alzai di scatto per affiancare Edward ma lui mi spinse dietro il suo corpo con il braccia. Cercai di oppormi ma non ci riuscii.

Chi era quel vampiro e cosa voleva da me?

Distaccai per un attimo il mio scudo per porre quelle domande ad Edward. Non l’avessi mai fatto.

Di colpo mi sentii investire da un dolore atroce che mi percorreva tutto il corpo. Era perfino più doloroso dei tre giorni della trasformazione. Mi sentii trafitta da mille lame. Ogni centimetro del mio corpo era percosso da quel dolore allucinante. Gridai con tutta la voce che avevo e cominciai a contorcermi per terra.

Non avevo mai provato un dolore simile e non riuscivo a ritirare dentro me lo scudo protettivo.

Sentii Edward che gridava < NOOO! BELLA! Lasciala stare maledetto! >. Potevo sentire la sua rabbia e la sua disperazione. Si fiondò sul suo nemico e di colpo lo strazio cessò. Avvertii lo scudo che rimbalzava dentro di me. Mi alzai per correre in aiuto di Edward. Era sotto il corpo di quel pazzo che li si avventò alla gola. Voleva ucciderlo. Voleva portarmelo via. No, non poteva succedere. Non di nuovo.

In quel momento però la battaglia cessò di colpo. I quattro vampiri sconosciuti si allontanarono da noi e se ne andarono. Edward ringhiò un ultima volta verso il vampiro bruno e corse da me.

< Stai bene? > mi chiese < Ma come ti è venuto in mente di staccarti dallo scudo? Non avevi pensato alle conseguenze? >. Aveva gli occhi che sprizzavano rabbia ma anche preoccupazione verso di me, e per un momento mi spaventai di quello sguardo.

< N…non lo so che mi è preso, volevo chiederti chi erano e cosa volevano e… non ci ho pensato scusa > risposi singhiozzando per la paura che mi aveva invaso durante il suo scontro con quel mostro. < Per un momento ho pensato di p…perderti per sempre >. Ormai ero percorsa dai singhiozzi e non avevo il coraggio di guardare i suoi occhi infuocati. Lui mi strinse a sé con le sue braccia forti e mi diede un bacio sui capelli, mentre io li stringevo la camicia ormai ridotta a brandelli.

Continuavo a singhiozzare e lui mi strinse con ancora più forza al suo petto imprigionandomi nella sua gabbia protettiva che tanto amavo.

Poi mi alzò il viso con un dito e guardandomi negli occhi mi disse con la sua voce melodiosa < Ma come ti è venuto in mente di venire a cercarci? Non so cosa avrei fatto se ti fosse successo qualcosa. Non farlo mai più. Promettimelo >.

< Ma io… > non ebbi il tempo di finire la frase che mi ritrovai le sue labbra delicate sulle mie. Era un bacio strano, protettivo, preoccupato, ma profondo. Non mi baciava così da quando i Volturi ci avevano fatto visita l’ultima volta trecento anni fa per via di Renesmee.

< Promettimelo. Giurami che non farai mai più quello che hai fatto stanotte. Giura > mi ordinò staccandosi dalle mie labbra.

< Ma Edward, come puoi pretendere che mi metta in disparte mentre tu combatti rischiando la vita? Non potrei mai lasciarti combattere da solo. Mai. Ho troppa paura di perderti. Come mi puoi chiedere una cosa del genere? >.

< Bella non puoi capire la vicinanza alla morte che hai avuto stasera. Non sei stata più in pericolo di stanotte in tutta la tua vita. Nemmeno quando James ti aveva portato in quella scuola di danza >.

< Ma cosa stai dicendo Edward? Chi erano quei vampiri? Cosa volevano? E perchè conoscevano il mio nome? > chiesi di seguito. Cominciai ad avere veramente paura, ma tra le sue braccia mi sentivo sicura, protetta.

< è una lunga storia amore. Ma non ti devi preoccupare. Non lascerò che ti si avvicinino. Non lo permetterò. Ti proteggerò io, ma tu devi promettermi di non intervenire, ti prego >.

< Edward ma… >

< Prometti > insistette.

< Ma io… >

< Ti prego > mi scongiurò con la tristezza pura negli occhi. Non potevo resistere a quegli occhi imploranti.

< V…Va bene…Promesso >.

Si rilassò ma non mi lasciò, anzi mi strinse ancora di più e mi baciò intensamente e con passione tenendomi stretta a sé con un braccio intorno alla mia vita e una mano che mi spingeva la testa al suo viso, come se avesse paura che potessi scappare.

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Capitolo 7
*** Preparativi ***


Eravamo tornati a casa Cullen da un po’ ormai ed Edward non mi aveva ancora spiegato cosa volevano quei vampiri da noi, mi rassicurò solo dicendomi < Stai tranquilla amore. Non permetterò che ti si avvicinino. Ti proteggerò io. Fidati di me >.

Acconsentii a non farli più domande su quell’argomento, ma prima o poi avrebbe dovuto spiegarmi tutto.

Tornammo a casa nostra dopo circa tre ore. Edward e Carlisle, insieme ad Emmett, Jasper e Jacob si erano chiusi in cucina per discutere dell’accaduto. Nessuno voleva informare le loro compagne della situazione e noi non capivamo il perché.

Durante il viaggio verso la nostra casetta Edward mi stringeva la mano in modo esagerato e a un certo punto emisi un suono di dolore per via della sua stretta troppo forte. Lui allentò leggermente la presa per non farmi male, ma continuava a stringere fortissimo. Potevo sentire la sua preoccupazione e la sua ansia nell’aria e nelle sue dita e questo mi fece preoccupare ancora di più. Non era così ansioso da quando Alice aveva previsto la visita dei Volturi trecento anni fa. Forse loro centravano qualcosa in tutto questo. In fin dei conti quel vampiro bruno aveva lo stesso potere di Jane. Ci doveva essere un collegamento, non c’erano altre spiegazioni.

Quella mattina non ci rivolgemmo la parola e rimanemmo stretti in un abbraccio che durò circa quattro ore. Si rifiutava di lasciarmi e io non volevo liberarmi dalla sua stretta protettiva. Ero ancora scossa dalla scorsa notte. Tremavo ancora dalla paura. Il terrore che avevo provato nel vederlo in balia di quell’essere era imparagonabile. Non avevo mai provato tanta paura in vita mia. Per questo non volevo assolutamente che sciogliesse quell’abbraccio. Non volevo che mi lasciasse. Non volevo permetterli di abbandonare questo mondo. Se lui doveva andarsene me ne sarei andata anche io con lui. Sentivo nell’atmosfera aria di battaglia. Una battaglia che sarebbe arrivata presto, molto presto.


Erano le cinque della mattina del sette settembre, giorno del trecentunesimo compleanno di Renesmee e del suo matrimonio.

Mia figlia mi aveva chiesto di svegliarla a quell’ora per avere tutto il tempo per prepararsi e così feci.

< Renesmee. Renesmee svegliati tesoro, sono le cinque. Ti devi preparare > sussurrai all’orecchio di Renesmee, che mi rispose con un ringhio stanco e scocciato.

< Mmm... ancora cinque minuti mamma>

< Non se ne parla proprio > trillò una voce dietro di me. Alice. Ma quando era entrata?

< Ti devi preparare per il tuo matrimonio nipotina, non abbiamo tutto il tempo del mondo. Jacob ha già aspettato abbastanza, non vorrai farlo aspettare anche all’altare?> chiese retorica Alice togliendo bruscamente le coperte da sopra Renesmee e facendole cadere sul pavimento ai piedi del letto.

< Abbiamo solo sei ore. Siamo in un ritardo tremendo > continuò Alice.

Risi, come fece una voce dietro di me. Edward era entrato in camera di nostra figlia e ora mi stringeva da dietro per la vita e guardava divertito la sorella che cercava di trascinare Renesmee giù dal letto.

Mi girai e gli scoccai un bacio sulla guancia per salutarlo, anche se ci eravamo già salutati in modo impeccabile quella notte.

Finalmente Renesmee si alzò e, con gli occhi gonfi, seguì la zia fuori casa trascinando anche me ed Edward a casa Cullen.

Quando fummo arrivati Alice io e la sposa ci dirigemmo nel bagno della stilista di famiglia per torturare mia figlia con creme, maschere di bellezza, polveri e impacchi per il viso. Edward, invece, raggiunse il padre e i fratelli nella suite di Esme e Carlisle per i loro preparativi. Presto mi sarei aggregata anche io a loro, ma ora dovevo aiutare Alice con la pulizia del viso e del corpo di mia figlia. Secondo me tutti quei cosmetici erano superflui. La mia bambina era perfetta così. Alice però non si smosse dalla sua decisione e, così, fece subire a mia figlia la stessa sorte che fece subire a me il giorno del mio matrimonio.

Dopo circa due ore mi congedò < Ora puoi andare a prepararti. Ci penso io qui d’ora in poi > e mi cacciò letteralmente dal suo bagno.

Raggiunsi gli altri nella suite di Esme e Carlisle, dove tutti si stavano preparando e andai nel bagno per una doccia. Anche se noi vampiri non ne avevamo bisogno mi rilassava il getto dell’acqua sulla pelle.

Entrai nel bagno e vidi Edward in boxer azzurri intento a passarsi qualche mano di gel sui capelli bronzei.

Sorrisi e lui si girò verso di me e fece altrettanto.

Chiusi la porta a chiave alle mie spalle.

Mi avvicinai e appoggiai la testa sulla sua spalla mettendomi in punta di piedi per arrivare a quell’altezza.

Ci guardammo negli occhi attraverso il riflesso dello specchio sorridenti.

< Ciao amore > mi salutò < come vanno i preparativi di là? Nostra figlia è ancora viva? > chiese ridendo. Mi unii alla risata e risposi < Quando sono uscita lo era, poi non lo so >.

Continuammo a ridere mentre andavo verso la doccia per aprire l’acqua calda e svestirmi. Quando rimasi solo in slip e reggiseno si girò e mi fissò con il suo sorrisino sghembo in faccia < Carina! >.

< Dai non fare lo scemo. Non farti venire strane idee, mi devo preparare e non posso perdere tempo, altrimenti dovrò subire una sfuriata di Alice> dissi di malavoglia pensando a cosa mi avrebbe detto Alice se avesse scoperto che mi ero trattenuta in bagno con Edward per un tempo eccessivamente prolungato, e quindi essermi privata di minuti preziosi per agghindarmi per il matrimonio.

Alle mie parole Edward rise e mi si avvicinò per baciarmi delicatamente.

< Va bene, sopporterò l’attesa. Cercherò di resistere fino alla fine del rinfresco. Ma non penso resisterò > mi avvertì ridendo.

Gli scoccai anch’io un bacio, molto più casto, e lo scansai fingendomi stufa per finire di spogliarmi ed entrai in doccia.

Si allontanò da me senza fare tante storie e continuò a sistemarsi i capelli con il gel.

Mi lasciai avvolgere dal torpore dell'acqua calda, che sulla mia pelle fredda faceva risaltare ancora di più la temperatura, ed affondai nei ricordi, come facevo ogni volta che mi abbandonavo sotto il getto d’acqua.

Uscii dalla doccia circa un’ora dopo e mi avvolsi nell’asciugamano soffice. Intanto Edward era uscito un attimo per andare a prendere i suoi vestiti nella stanza di Alice, che la sera prima li aveva scelti e catalogati secondo un criterio tutto suo che non volevo assolutamente scoprire.

Tornò qualche secondo dopo con i vestiti che appoggiò allo sgabello vicino al bancone. Mi si avvicinò e mi strinse da dietro mentre stavo passando il pettine nei miei capelli bagnati.

< Sai, potresti anche venire al matrimonio così. Sei molto carina > mi sussurrò all’orecchio e baciandomi il collo.

Mi sciolsi a contatto con le sue labbra, ma riuscii a resistere e mi voltai per fermare il suo bacio mettendogli le braccia intorno al collo.

< Dai Edward non tentarmi. Cerchiamo di resistere fino a stasera, poi la nostra attesa verrà ripagata. Te lo prometto > lo rassicurai accarezzandoli la guancia < E poi dobbiamo comportarci bene, almeno al matrimonio di nostra figlia. E non mi distrarre durante la cerimonia > ribadii scostandolo con delicatezza e malavoglia mentre cercava di baciarmi di nuovo.

Mise il broncio comprensivo e andò a prendere i vestiti per cambiarsi. Quando smisi di pettinarmi i capelli uscii dal bagno per andare a recuperare i vestiti che Alice aveva scelto e che non avevo ancora visto prima di quel momento.

Entrai nella sua stanza e andai verso il letto dove erano appoggiate le buste dei vestiti, tutte con il nome dei proprietari. Trovai immediatamente la mia e mi diressi di nuovo verso il bagno.

Edward si stava sistemando il nodo della cravatta senza molto successo. Appoggiai i vestiti sullo sgabello dove si trovava anche la sua giacca blu scuro e lo raggiunsi per sistemarli la cravatta e il colletto.

< Vieni qua, ti aiuto io > dissi girandolo verso di me e cominciando ad aggiustarli il completo firmato e impeccabile. Lui mi ringraziò con un bacio e poi mi lasciò vestire. Aprii la busta dove c’erano varie scatole color panna. Le tirai fuori tutte e cominciai ad aprirle. Una conteneva delle scarpe con tacco a spillo color argento decorate con dei laccetti per la caviglia e un ciondolo di cristallo a forma di cuore. Quando lo vidi sorrisi e guardai il bracciale che, tanto tempo fa, mi aveva regalato il mio Edward. Presi l’appunto mentale di ringraziare Alice per quel pensiero.

Un’altra scatola conteneva il mio vestito. Era veramente stupendo. Semplice e delicato. Lo stirai bene con le mani e lo feci aderire a me per vedere come mi stava. Era corto fino al ginocchio, di un blu intenso, con delle sottili spalline e stretto fino alla vita, poi si allargava con dei piccoli sbalzi svolazzanti e leggeri.

Lo ripiegai con cura e aprii un’altra scatola. Conteneva tutto il necessario per il trucco e la pettinatura, insieme ad un portagioie che conteneva un paio di orecchini e una collana abbinate al ciondolo delle scarpe. Era tutto molto semplice e delicato, ma allo stesso tempo perfetto per me, e da quello che capii dallo sguardo di Edward, anche lui aveva apprezzato la scelta di Alice.

Quando aprii l’ultima scatola mi venne quasi un colpo. Si trattava di un completino intimo di seta, blu scuro con qualche pizzo d’argento qua e là.

Scossi la testa e pensai “ La solita Alice “ .

Edward rise un secondo quando vide la mia espressione ma poi si riprese quando lo folgorai con lo sguardo.

Appoggiai tutto sullo sgabello e presi la trousse per truccarmi.

Mi avvicinai allo specchio e tirai su i capelli bagnati con una pinza che si trovava vicino al lavello. Aprii la trousse e cominciai a colorarmi il viso.

Misi un po' di phard sulle guance pallide per non far notare troppo il mio pallore, colorai con dell'ombretto celeste le mie palpebre e contornai con mascara e matita nera i miei occhi dorati, infine conclusi il tutto con uno strato di rossetto rosa chiaro molto delicato e non troppo pesante, come avrebbe voluto Alice.

Edward intanto aveva indossato la giacca e mi fissava attraverso il riflesso dell'enorme specchio con occhi dolci e... cos'era quella... preoccupazione?

Mi voltai verso di lui e gli rivolsi uno sguardo interrogativo.

< Che succede amore? > chiesi < Ti vedo preoccupato >

Mi fissava ancora con quello sguardo < No. Non è niente. Non ti preoccupare >.

< Edward, ti conosco. Quando hai quello sguardo c'è qualcosa che ti turba. Lo sai che mi puoi dire tutto. Parliamone > lo rassicurai.

Non rispondeva. Decisi di farmi avanti.

< Edward, amore. Non ti devi allarmare per niente, va bene. Stai tranquillo. Oggi è un giorno importante per nostra figlia e dobbiamo starle vicino > gli dissi guardandolo negli occhi. Poi capii il motivo della sua preoccupazione e cominciai a tremare.

< Se è per la s..s..scorsa notte, n..n..non ti devi p..preoccupare > il ricordo mi fece cominciare a singhiozzare e non riuscivo a fermarmi. La paura che avevo provato quella notte si rimpossessò di me, e io non riuscii a cacciarla.

Edward mi si avvicinò e mi strinse forte. A quel contatto i miei singhiozzi si fecero ancora più forti e affondai il viso nella sua camicia. Se avessi potuto versare lacrime avrei inzuppato di acqua salata la sua camicia candida ed Alice mi avrebbe ammazzata per aver rovinato un suo capo.

Con le dita strinsi ancora di più la sua camicia, e lui mi cominciò a cullarmi per tranquillizzarmi. Il tremore stava pian piano svanendo tra le sue braccia protettive e riuscii a calmarmi.

< Meno male che dovevi essere tu che dovevi tranquillizzare me > disse ridendo e prendendomi il viso tra le mani < Non ti devi agitare così, d’accordo? >.

Risi un attimo per la sua battuta di prima e poi annuii.

Mi lanciò uno sguardo dolcissimo e mi baciò delicato tenendomi ancora stretta a sé con una mano, e con l’altra spingendo la mia testa verso la sua.

Dopo un paio di minuti qualcuno bussò alla porta e gridò < Muovetevi voi due. Non possiamo aspettare le vostre smancerie per tutto il giorno >. Emmett. Ma non poteva farsi i fatti suoi per una volta.

Edward, così mi scostò delicatamente da lui e mi ricordò che tra poche ore, nostra figlia si sarebbe sposata e che io mi trovavo ancora in asciugamano e con i capelli bagnati.

Così mi ripresi e cominciai ad asciugarmi i capelli. Quando finii me li pettinai e li lascia sciolti sulle spalle. Li preferivo di gran lunga così semplici, anche se sapevo che mi sarei pentita di non averli aggiustati in una pettinatura complicata. Alice mi avrebbe ammazzata con gli occhi durante la cerimonia.

Mi infilai l’intimo che Alice mi aveva regalato con riluttanza e il vestito di seta e mi allacciai i laccetti delle scarpe alla caviglia. Poi, prima di uscire dal bagno misi gli orecchini ed Edward mi aiutò ad allacciare la collana.

Quando uscimmo dal bagno Emmett e Jasper si misero a ridere ed Edward li fulminò con lo sguardo. Sapevo cosa stavano pensando e se avessi potuto arrossire sarei diventata un pomodoro che cammina.

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Capitolo 8
*** Matrimonio ***


Erano le undici meno dieci e tutti gli invitati erano arrivati e avevano preso posto sotto l’enorme gazebo che aveva progettato Esme.

Prima di prendere posto raggiunsi Renesmee in camera di Alice e rimasi estasiata dalla bellezza di mia figlia quella mattina. Era proprio stupenda. Indossava il mio vestito da sposa. Gli stava a pennello. Il suo corpo era fasciato dalla seta bianca e la gonna si allargava a partire dalla vita in un'ampia cupola candida ricoperta da uno strato di raso luccicante.

Aveva le spalle nude con sopra appoggiati i suoi riccioli bronzei che le ricadevano fino al decolté e le coprivano anche il pezzo di schiena lasciato nudo dal vestito. I suoi capelli erano delle onde perfette che giravano su se stesse ed erano decorati da dei fili luccicanti sparsi qua e là che si abbinavano ai brillantini della gonna. Il velo era trasparente e partiva da una piccola coroncina posta sui suoi capelli e arrivava con un lungo strascico fino a terra. Il suo viso era raggiante e colorato di rossore sulle guance per l’emozione. Alice aveva deciso di truccarla nel modo più semplice e delicato possibile, così da dargli l’aria della sposa timida ed imbarazzata. C’era riuscita pienamente. I suoi occhi color cioccolato erano cerchiati da una sottile linea nera di matita e le palpebre erano colorate di un rosa chiaro molto delicato. Le labbra erano luccicanti grazie all’effetto del lucidalabbra e tutto il viso era brillante per via del phard leggero.

Mia figlia era veramente la creatura più bella che avessi mai visto in vita mia.

La mia mente viaggiò trecento anni indietro e ricordai il mio matrimonio. Quando Alice mi preparò, quando scesi le scale insieme a mio padre, quando arrivai dal mio Edward sotto l’arco. Il momento del “ Sì “, il ricevimento e i balli con il mio amore, le mie lacrime di gioia che, in quel momento di fronte a mia figlia, avrei voluto versare.

Con il sorriso sulle labbra mi avvicinai a lei e la strinsi con attenzione per non sgualcire il vestito, le diedi un bacio sulla fronte e le dissi < Bambina mia, sei stupenda. Non ho mai visto una creatura più bella di te in tutta la mia esistenza >.

Renesmee arrossì e i suoi occhi cominciarono a diventare lucidi per l’emozione.

< Mamma sono così felice ed emozionata > mi disse con le lacrime che cominciarono a sgorgare dai suoi dolci occhi.

< Piccola mia non piangere, è normale che tu sia nervosa, ma se continuerai così ti rovinerai il trucco e poi chi la sente zia Alice >.

Ridemmo insieme, e poi Edward ci raggiunse nella stanza con il bouquet di rose e girasoli in mano e si bloccò sotto l’uscio.

Fissò Renesmee estasiato e senza parole. Era pietrificato.

Renesmee ed io lo fissammo sorridenti e mi avvicinai a lui per condurlo da nostra figlia.

Quando fui vicino a lui mi alzai in punta di piedi per arrivare al suo orecchio e gli sussurrai < Amore sbloccati. Nostra figlia ti vuole abbracciare e tu la devi portare all’altare. Adesso dalle i fiori e salutala come si deve >.

Lui si mosse e mi fissò per un attimo, poi si girò verso nostra figlia e le andò incontro piano. Se non fosse stato un vampiro avrei avuto paura che svenisse a metà strada.

Quando Edward e Renesmee furono vicini, Edward cacciò un sorriso stupefacente e l’abbracciò forte.

Quell’abbracciò durò tantissimo, ma poi si staccarono ed Edward le prese le mani e l’allontanò per ammirarla meglio.

< Sei stupenda tesoro. Non posso credere che ti sposi > disse Edward < Ora tieni i tuoi fiori e andiamo all’altare >.

Renesmee lo guardò dolce e un altro fiume di lacrime sgorgò dai suoi occhi.

< Mi ricordi tanto tua madre quando arrossisci e piangi a dirotto >.

A quelle parole sorrisi e continuai a contemplare le persone più importanti della mia vita con l’impressione di versare lacrime, ma ovviamente non era così.

< Grazie papà. Ti voglio bene > disse Renesmee al padre < Ti prego non farmi cadere o inciampare come al mio solito >.

Ridemmo tutti e tre e io mi avvicinai a loro.

< Ora dovete andare, è il momento. Mettetevi in cima alle scale, e quando comincerà la musica scendete la scalinata > informai.

Dopo di che uscii dalla stanza di Alice e andai a prendere posto vicino all’arco nuziale.

Dopo un minuto Rose cominciò a suonare la marcia nuziale e tutti ci voltammo verso le scale.

Eccoli lì. Il mio miracolo personale che accompagnava il frutto del nostro amore all’altare.

Il giardino si riempì di singhiozzi che però cessarono quando Edward pose la mano di nostra figlia su quella di Jacob.

Renesmee tremava e Jacob era diventato pallidissimo, per quanto la sua carnagione scura lo permetteva.

Edward si sedette al mio fianco e mi strinse per la vita.

Il prete pronunciò tutta la cerimonia tranquillo e quando fu il momento del sì, agli sposi tremava la voce.

Si scambiarono le promesse e le fedi e quando il parroco diede il permesso Jacob baciò Renesmee con passione. Renesmee ricambiò il bacio tirando la testa di Jacob verso la sua con la mano.

Quel bacio durò ben tre minuti e mezzo ma poi i due neosposi si staccarono e si voltarono verso i loro ospiti. Scattò un fragoroso applauso e, mentre Jacob e Renesmee passavano in mezzo agli invitati iniziò una pioggia di riso e confetti.


Dopo pochi minuti l’arco e le sedie degli invitati furono sostituiti dai tavoli e dal buffet e cominciò la vera festa.

Edward ed io ci congratulammo con nostra figlia e con il nostro neogenero prima che quest’ultimi furono assaliti dagli altri invitati.

Il ricevimento andò stupendamente e durò fino a dopo il tramonto quando cominciammo a ballare per il giardino.

Io ballai, oltre che con il mio Edward anche con Jacob, Emmett, Jasper e Carlisle, ed Edward, oltre che con me, con la figlia, con Alice, Esme e Rosalie. Gli sposi invece ballarono praticamente con tutti e non riuscirono ad avere un ritaglio di tempo tutto per loro.

Ci fu il solito lancio del bouquet, che andò a finire nelle mani di un’amica di Renesmee di nome Jennifer. Invece la giarrettiera tolta con i denti da Jacob, sotto le risate di Emmett e Jasper e degli amici di Jacob, andò a finire in mano ad uno stupefatto Jasper.

Alle nove di sera gli sposi ci lasciarono per partire per la luna di miele tanto aspettata.

< State attenti tesoro e fate i bravi, mi raccomando > dissi a Renesmee prima che salisse in macchina.

< Sì mamma non ti preoccupare. Svolgeremo soltanto i nostri doveri da coniugi > mi rispose Renesmee con il suo sorrisino birichino.

Edward ed io stringemmo Jacob e nostra figlia prima di farli partire e poi li guardammo andarsene fino a quando non sparirono nell’orizzonte.

Edward mi fissò dolce felice e mi disse < Amore, anche questa è fatta. Ci credi che nostra figlia si sia sposata? >.

Lo guardai anch’io e risposi < Non ci posso credere. Ma in fondo era anche ora, visto che ormai avevano entrambi più di trecento anni >.

Ridemmo fragorosamente insieme, e ci incamminammo verso casa per rilassarci.

Una giornata del genere era dura anche per un vampiro.

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Capitolo 9
*** Amore ***


Tornammo a casa nostra dopo aver salutato tutti gli invitati e amici. Edward mi stringeva la mano forte e io ricambiavo a stretta con amore.

Appena fummo a casa andammo nella cameretta di Renesmee e ci ritrovammo assaliti dai ricordi di lei da piccola, quando rideva alle battute del padre, quando piangeva per un nostro rimprovero, quando faceva i capricci perché non voleva andare a letto e quando si addormentava tra le mie braccia dopo una giornata di giochi. Poi arrivarono anche i ricordi di lei da adolescente che passava le giornate chiusa in camera a suonare o a leggere, quando litigava con Edward perché non voleva che il padre ascoltasse i suoi pensieri, quando litigava con me per i suoi ritardi di quando usciva con Jacob e quando mi confessò di essersi innamorata, di aver avuto il suo primo bacio e il suo primo rapporto.

Tutti quei ricordi si impossessarono di noi per un po'. Edward fissava malinconico la stanza e io cominciai a singhiozzare per la nostalgia di nostra figlia. Mi strinsi a lui e affondai il viso nella sua camicia. Edward mi cingeva i fianchi, mi teneva stretta a sé e mi accarezzava i capelli mentre singhiozzavo sempre più forte.

< Amore calmati > mi disse sollevandomi il viso con un dito < Ormai si è fatta una vita e poi ci tornerà a trovare, anzi pensa che vivrà qui a Forks. Sarà sempre vicina >.

< Lo so, ma l'idea che non appartenga più a noi mi distrugge > dissi tra un singhiozzo e l'altro < Mi manca già enormemente >.

< Sapevamo che prima o poi sarebbe successo, amore. Anzi era già troppo tempo che ritardava > mi consolò.

Mi strinse ancora di più e poi, alzandomi il viso mi baciò dolcemente. Le sue labbra premevano sulle mie bramose di amore, assetate di dolcezza, vogliose di me.

Lo stringevo a me fortissimo ma la mia forza non era mai abbastanza. Volevo farlo mio prigioniero ma lui era più forte e la prigioniera ero io. Così affondai le dita nei suoi capelli e li strinsi spingendolo verso di me. Lui mi teneva la nuca con la mano e avvolgeva il braccio intorno alla mia vita, forte, sempre più forte. Le nostre labbra aderivano perfettamente come i nostri corpi, le nostre lingue danzavano insieme seguendo il ritmo dei nostri respiri.

Si staccò dalle mie labbra e cominciò a baciarmi il collo mentre io lo spingevo verso di me. Le mie dita ormai erano un tutt'uno con i suoi capelli.

Senza smettere di baciarlo lo spinsi verso la nostra camera e lui mi tirò con sé quando lo gettai sul letto e così mi ritrovai appoggiata al suo petto, con le mani affondate nei suoi capelli, le gambe intrecciate alle sue, il mio corpo aderente al suo, le labbra premute sulle sue e la lingua intrecciata alla sua.

Cominciai a tremare. Ogni cellula del mio corpo era percorsa da un brivido caldo che mi tormentava.

Lui mi passò le dita tra i capelli e mi fece tremare ancora di più.

Le sue braccia mi premevano con forza e desiderio sul suo corpo facendolo aderire sempre di più al mio.

Di colpo mi portò sotto di sé voltandosi di scatto e imprigionandomi tra lui e il letto.

Continuando a baciarmi con foga si tolse la giacca e la cravatta, intanto io gli sbottonavo la camicia con forza e impazienza. Senza staccare le labbra da me portò le mani sulle mie cosce e cominciò ad accarezzarle. Mi tirò su il vestito e me lo sfilò. Cominciò a baciarmi dappertutto, ad accarezzarmi a sfiorarmi.

Riprese a baciarmi sulle labbra. Il brivido infuocato non mi lasciava, mi tormentava, non mi dava pace, ma io non volevo che quella sensazione, che solo lui riusciva a darmi, svanisse.

Quando arrivò alla mia intimità, delicato come sempre, fui colta da un tremore e cominciai ad ansimare. Lui si muoveva dentro di me e mi baciava dolce e passionale.

Mi teneva ancora stretta per la vita con le sue braccia e mi accarezzava la schiena nuda piano facendomi rabbrividire. Inarcai la schiena e mi aggrappai a lui per non cadere sul materasso. Ci ritrovammo seduti e con i corpi che aderivano.

Portai la testa all'indietro con uno scatto e un lamento inarcando ancora di più la schiena e affidandomi, ora, solo alle braccia di Edward che mi stringevano ancora la vita.

Lui mi baciava i seni con desiderio e passione, torturandomi di piacere.

Quella era una danza, una danza di passione, piacere, desiderio e amore.

Dopo quella che mi sembrò un'eternità arrivammo all'apice del piacere e i nostri corpi, ancora uniti, si stesero sulle lenzuola candide, testimoni del nostro amore.

La stanza si riempì di ansimi e sospiri.

Edward si accasciò su di me senza allentare la presa delle sue braccia, anzi intensificandola, e continuò a baciarmi. Io lo stringevo con tutte le mie forze e ricambiavo il bacio con agitazione, come se avessi paura che mi lasciasse da un momento all'altro, ma questo non successe, non sarebbe mai successo.

Lui si girò su un fianco per farmi appoggiare a suo corpo e per non premere con il suo peso su di me. Mi rilassai sul suo petto con una mano che gli accarezzava la guancia. Edward mi fece aderire a se costringendomi con le braccia e mi baciò la testa.

Si rilassò anche lui e allentò leggermente la presa per non soffocarmi, ma a quel suo gesto le mie braccia si strinsero al suo torso con forza e lui riprese a stringermi e a cullarmi dolcemente.

Dopo un po' alzai la testa verso il suo viso e contemplai la splendida creatura che mi aveva donato tutto se stesso.

Anche lui mi fissava con amore ed io annegai in quel mare di oro liquido. Dai nostri sguardi sgorgavano amore e dolcezza. Eravamo felici e consapevoli di restare insieme per l’eternità.

Passammo il resto della notte a guardarci con amore e a baciarci con passione, sempre stretti l’una all’altro.

 

La mattina ci vestimmo e decidemmo di trascorrere tutta la mattina da soli, ma non a casa, alla nostra radura.

Così, senza nemmeno passare a salutare la nostra famiglia, cominciammo a correre verso il nostro rifugio segreto.

Arrivammo in due minuti e ci sedemmo sull’erba bagnata tenendoci per mano. Sembravamo proprio due adolescenti innamorati, ed era proprio quello che eravamo, con la sola differenza che avevamo qualche secolo in più di due normali ragazzi.

Mi guardò con amore e tenerezza e mi abbracciò.

Avvicinò le labbra al mio orecchio e mi sussurrò < Ti amo, ti ho sempre amato e ti amerò per sempre >.

< Anch’io ti amo, e ti amerò anche quando non ci saremo più. Tu sei tutta la mia vita e quindi senza  di te non potrei mai vivere > sussurrai al suo orecchio facendomi stringere e abbandonandomi sul suo petto.

Era tutto perfetto e niente ci avrebbe divisi.

Mi cullò sussurrandomi dolcemente la mia ninna nanna. Chiusi gli occhi per affondare meglio nella melodia, ma poi questa cessò e le mie labbra si ritrovarono sulle sue che mi guidavano dolci e delicate. Mi sciolsi completamente in quel bacio e strinsi con forza le dita alla sua camicia. Era l’unico movimento che potevo permettermi, visto che lui mi imprigionava con le sue braccia facendomi rannicchiare contro il suo petto.

In quel momento tutte le preoccupazioni che avevo svanirono. In quel luogo magico esistevamo solo io e lui, solo il nostro amore e la nostra felicità.

Quando mi trovavo tra le sue braccia mi sentivo protetta e sicura. Sapevo che nulla ci avrebbe mai diviso e che lui mi avrebbe sempre difesa, come avrei fatto io nei suoi confronti.

Rimanemmo abbracciati per un tempo lunghissimo e mi sentii volare quando mi guardò con quegli occhi dolci e affettuosi. Ricambiavo lo sguardo con amore e dissi < Non mi lasciare mai Edward. Promettimi di restare con me per sempre >.

Edward mi fissò e, stringendomi ancora più forte, mi sussurrò < Bella, come puoi pensare che io possa vivere senza di te. Io ti amo non avrei nemmeno la forza di allontanarmi da te. Morirei piuttosto che lasciarti >.

Ricominciò a baciarmi e io tremai al contatto con le sue labbra.

Mi staccai da lui per ribadire < No Edward, se tu morissi io non saprei cosa fare. Non devi permettere che ti succeda qualcosa. Promettimelo >.

< Bella lo sai che farei di tutto per renderti felice. Se tu stai male o soffri, io cercherei di mettere fine alla tua sofferenza in qualunque modo. Non ti lascerò mai e ti proteggerò sempre da chiunque abbia intenzione di torcerti anche solo un capello > mi sussurrò stringendomi e facendomi stendere sull’erba insieme a lui.

Lo guardai confusa e chiesi < Cosa intendi dire? Chi mi vuole fare del male? Centrano qualcosa quei vampiri dell’altra n… n… notte? > cominciai a tremare dalla paura. Quel ricordo mi tormentava.

< Ti prego spiegami. Devo sapere > lo implorai rannicchiandomi stretta al suo petto e continuando a tremare, senza riuscire a fermarmi.

Edward cercò di tranquillizzarmi accarezzandomi il viso e mi disse < Bella calmati. Non ti devi preoccupare amore mio. Fidati di me >.

< No Edward, ora mi devi spiegare cosa volevano q… quegli en… energumeni da noi la s… sc… scorsa notte, Devo sapere > implorai guardandolo spaventata e confusa.

< Bella io… > cominciò sofferente.

Ma cosa stava succedendo? Perché avevo così tanta paura? Perché Edward era così preoccupato? E soprattutto, perché non mi voleva dire cosa stava accadendo?

< Edward ti prego. Ho bisogno di s… sapere > singhiozzai < Ho paura. Ho come la sensazione che ti perderò, e non voglio che questo succeda >.

Lo fissavo implorante in balia dei singhiozzi.

Lui mi strinse forte imprigionandomi nella mia gabbia protettiva, come faceva ogni volta che avevo paura, e cominciò a cullarmi e a baciarmi come solo lui sapeva fare.

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Capitolo 10
*** Brutta esperienza ***


Non riuscivo a smettere di tremare e singhiozzare. Non mi era mai capitato di avere tutta quella paura in vita mia. Di solito quando avevo paura Edward riusciva a tranquillizzarmi subito, ma questa volta il terrore di perdere la persona che amavo si impossessò di me e non mi voleva lasciare.

Più le sue braccia mi stringevano, più il terrore si faceva sentire. Più il nostro contatto s’intensificava, più avevo paura che qualcuno potesse romperlo per sempre.

Non volevo apparire come la fifona di turno, ma non riuscivo a smettere di tremare e singhiozzare.

Poi mi sembrò come se mi crollasse tutto il mondo addosso.

Anche se sentivo la stretta di Edward, la percepivo lontana. L’unica cosa che sentivo chiaramente e senza interferenze era la paura, il tremore del mio corpo e i singhiozzi rapidi e agitati. Non riuscivo a controllarmi. Il terrore mi avvolgeva e non riuscivo a controllarmi.

Poi accaddero tre cose contemporaneamente: Edward si staccò da me, il mio tremore accelerò e poi smise bruscamente e fui avvolta dal buio.

Non sentivo più niente, nemmeno il delicato tocco dell’erba sul mio corpo, i miei respiri, i suoi respiri, tutti i sensi si erano azzerati.

Ero avvolta nel nulla.

Ma cosa mi stava succedendo? Cosa stava accadendo? Perché non sentivo più nulla a parte la paura? Perché non sentivo più la stretta di Edward? Dov’era?

Avevo troppe domande per la testa, ma nessuna risposta che potesse soddisfarle.

 

Sembrava fosse passata un’eternità da quell’abbraccio nella radura. Soffrivo perché non sentivo più niente, e la cosa che mi tormentava più di tutte era che consentivo la presenza di Edward. Non riuscivo a percepirla da nessuna parte. Questa cosami distruggeva.

Poi ad un certo punto sentii la sua voce.

Sì finalmente. È ancora qui con me, ma non riesco a capire cosa dice. Ci sono altre voci, ma non riesco a capire di chi sono.

Sono concentrata al massimo sulla sua voce. Finalmente capisco cosa sta dicendo.

< Bella. Bella mi senti? Ti prego svegliati. Non mi lasciare amore. Non mi lasciare. Combatti. Ti scongiuro >. La sua voce era sofferente e veniva interrotta da qualche singhiozzo vago. Non aveva mai pianto in vita sua. Lui era forte, ma ora singhiozzava sempre più forte e frequentemente.

Avrei voluto abbracciarlo per consolarlo, ma non riuscivo a trovare il mio corpo.

< Carlisle che cosa posso fare? Cosa le succede? Non posso lasciarla così > implorò Edward < Ti prego dimmi cosa fare. Ti prego >.

Stava soffrendo e la sua voce tremava.

Poi fui percorsa da un brivido. Una scarica elettrica che mi passò per tutto il corpo.

Riuscii a trovare il mio corpo e spalancai gli occhi mettendomi a sedere di scatto.

Cominciai a respirare con agitazione.

Mi trovavo sul tavolo dello studio di Carlisle che si trovava di fronte a me insieme ad Esme e mi fissava preoccupato. Potevo sentire le voci di Alice, Emmett, Jasper e Rosalie che discutevano al piano di sotto.

E poi c’era lui, mi fissava vicino al tavolo alla mia destra.
Mi accorsi che le sue mani avvolgevano la mia e così le strinsi con tutte le mie forze.

In un attimo mi ritrovai in piedi abbracciata a lui. Mi stringeva fortissimo e mi baciava i capelli. Ricambiai l’abbraccio aggrappandomi alla sua camicia che si strappò nel punto i cui avevo avvolto le mie dita.

Mi cominciò a cullare chiudendomi tra le sue braccia e io iniziai a singhiozzare per la felicità per averlo rivisto e riabbracciato.

Sentii Carlisle ed Esme che uscivano dalla stanza e così rimanemmo da soli.

Edward continuava a stringermi sempre più forte ed io alzai la testa per guardarlo negli occhi.

Ci fissammo per un po’. Aveva uno sguardo sofferente ma sollevato e mi fissava dolce, poi mi accarezzò il viso e affondò le sue labbra sulle mie.

Quel bacio fu bellissimo e travolgente. Fu come il primo bacio. Per me era come se non ci fossimo toccati per decenni e per questo soffrivo, ma quell’abbraccio e quel bacio furono come un bicchiere d’acqua per uno sperduto nel deserto.

Se non avessi avuto quel contatto, molto probabilmente, sarei morta.

Dopo tantissimo tempo ci staccammo e chiesi < Edward cosa mi è successo? >.

< Non lo so Bella. Non lo sa nemmeno Carlisle. So solo che ho temuto di perderti. Devo confessarti che per un momento ti ho creduto morta > mi spiegò Edward.

La sua voce si spezzò sull’ultima parola e mi strinse di nuovo a sé, portando una mano a premermi la testa sul suo petto e affondando il viso nei miei capelli.

Restammo in quella posizione per non so quanto tempo prima che Carlisle aprì la porta e ci disse di scendere in salotto per parlare di quello che era accaduto.

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Capitolo 11
*** Rivelazioni e sofferenza ***


Tutti gli altri ci aspettavano in salotto. Esme era seduta sulla poltrona, Alice era tra Rosalie e Jasper sul divano ed Emmett era in piedi vicino alla finestra.

Quando arrivammo si voltarono di scatto verso me ed Edward.

Carlisle si avvicinò ad Esme e gli mise le mani sulle spalle. Edward mi cingeva le spalle protettivo e con una mano mi teneva le mani che tremavano ancora.

Mi condusse vicino al divano per farmi sedere vicino a Jasper, ma io volevo rimanere in piedi. Ero stata troppo tempo seduta.

Avevo notato le espressioni di tutti. Erano preoccupati ma tra gli uomini e le loro compagne c’era una differenza.

Carlisle, Emmett, Jasper ed Edward avevano negli occhi una luce furiosa e arrabbiata, invece, Alice, Rose ed Esme erano molto confuse come me.

Poi capii. Loro non sapevano più di quanto sapessi io di tutta quella faccenda. Quella notte era successo qualcosa che i nostri compagni ci volevano nascondere, ma adesso, dopo tutto quello che era accaduto, non potevano tenerci nascosto più niente.

Ci fissammo tutti e poi Carlisle cominciò a parlare. Finalmente tutte le mie domande avrebbero avuto delle risposte.

< Quei vampiri, quella notte, erano dei nuovi componenti della guardia dei Volturi> cominciò Carlisle voltandosi verso la finestra. < Gli aveva mandati Aro >.

Aro? Ma cosa voleva ancora da noi?

< Aro? > chiese Rosalie < Ma che dici Carlisle, spiegati meglio >.

< I Volturi si vogliono vendicare. Caius ha fatto capire ai fratelli che quello che era successo trecento anni fa aveva intaccato la loro reputazione e che, per questo futile motivo, dovevano vendicarsi > spiegò Carlisle.

A quelle parole Edward mi strinse e continuò il discorso del padre < In poche parole intendono distruggere coloro che furono la causa della caduta della loro reputazione, e i testimoni di quell’evento >.

< Ma come possono fare una cosa del genere > disse Esme sconvolta e impaurita < Se intendono veramente distruggerci insieme ai testimoni significa che... >.

< Dopo lo sterminio rimarranno solo loro > conclusi io con lo sguardo perso nel vuoto.

< Gli unici vampiri su tutta la faccia della terra > esclamò a bassa voce Jasper avvolgendo Alice tra le sue braccia.

Carlisle annuì lento con la sofferenza che regnava nei suoi occhi color miele.

Un silenzio tombale invase la stanza.

Non si sentiva il minimo rumore. Eravamo diventati consapevoli del nostro destino e non potevamo fare niente per cambiarlo.

Esme e Carlisle si guardavano negli occhi tristi.

Jasper abbracciava ancora la sua Alice che gli stringeva la mano con amore.

Emmett si avvicinò a Rosalie e cominciò ad accarezzarle il viso mentre lei lo guardava negli occhi come se stesse per allagare la stanza con le sue lacrime che non sarebbero mai scese dai suoi occhi.

E poi lui, l’amore della mia vita, la persona senza la quale non sarei riuscita a vivere, la luce che ogni giorno mi illuminava con il suo amore, colui che aveva nelle sue mani il mio cuore e che mi aveva affidato il suo, la mia unica ragione di vita, la persona che mi aveva fatto ridere con le sue battute, che mi aveva protetto da tutto e da tutti anche a costa della sua stessa vita, la persona che mi aveva donato la sua anima, che mi consolava quando ero triste, che mi tranquillizzava quando avevo paura, che mi faceva volare il cuore quando mi baciava e mi scioglieva guardandomi con quello sguardo dolce. Lui, Edward, la mia vita, adesso mi guardava con degli occhi sofferenti e tristi. Mi sfiorava con la mano tremante il viso e mi stringeva a sé cercando di sfruttare al meglio gli ultimi momenti che ci era concesso passare insieme.

I miei occhi si chiusero un attimo quando mi toccò la guancia con le dita e il mio cuore fu invaso dalla paura di non poter più stare con l'amore della mia esistenza.

Riaprii gli occhi e lo fissai spaventata e torturata dal quel dolore che mi aveva avvolto  il cuore che non riusciva a liberarsi.

Alzai la mano tremante e sfiorai il suo viso delicatamente. A quel contatto divenni preda dei singhiozzi e lui mi avvolse nella sua protezione stringendomi al petto.

Stringeva forte e con una mano cominciò ad accarezzarmi i capelli.

Sentivo che anche lui cominciò a singhiozzare piano consapevole della nostra imminente fine.

Avevo ancora la mano sulla sua guancia e così sfilai il braccio dalla sua presa, feci riaffiorare il viso dal suo petto e appoggiai la mano sulla sua nuca. Cominciai a spingerlo verso di me e lui accompagnò la mia mano verso il mio viso.

Le nostre labbra si sfiorarono delicatamente più volte e poi si unirono in un bacio dolce, appassionato e triste che ci rapì completamente. Lui mi liberò dal suo abbraccio e mise entrambe le mani sul mio viso spingendolo ancora di più verso il suo. Anch’io appoggiai l’altra mano sulla sua guancia e cominciai ad accarezzarlo lentamente.

Quando le nostre labbra si staccarono Edward appoggiò la sua fronte sulla mia e avvolse di nuovo le braccia intorno alla mia vita. Continuavo ad accarezzarlo delicatamente. Dopo tornammo prede dei singhiozzi come tutti gli altri in quella stanza. Così, come se avessi bisogno di sicurezza, affondai il viso nella sua camicia che afferrai con le dita che ancora tremavano.

Edward appoggiò il mento sulla mia testa e mi strinse in uno dei suoi abbracci forti e protettivi. Mi baciò i capelli e cominciò a cullarmi mentre io singhiozzavo sempre più forte e sempre più consapevole di perderlo nel giro di poco tempo.

Quel momento di tristezza durò parecchio, non so dire quanto, ma durò per molte ore.

 

< Carlisle potremmo sempre chiedere aiuto ai nostri amici e rintracciare i testimoni che avevano portato i Volturi trecento anni fa > propose Alice < Forse insieme a loro potremmo riuscire a sconfiggerli >.

Carlisle la fissò un attimo e poi abbassò lo sguardo come Edward, Jasper ed Emmett.

< I Volturi hanno già iniziato lo sterminio > spiegò Carlisle < Noi siamo l’ultima tappa. Tutti i testimoni e tutti i nostri amici non ci sono più ormai >.

No. Non poteva essere vero. Non poteva essere la verità. No. Non poteva.

Tutti i nostri amici. Tutti quei vampiri erano stati uccisi. Per colpa nostra. Non c’erano più per colpa nostra. No, per colpa mia. Se non avessi chiesto di farmi provare quell’esperienza umana prima di trasformarmi non sarei rimasta uccisa e quindi Renesmee non sarebbe mai nata e l’ira dei Volturi non si sarebbe scatenata e rivoltata contro di loro facendo nascere la voglia di vendetta. Era tutta colpa mia. Ma non riuscivo a pentirmi della mia scelta. Renesmee è stata la più bella cosa che mi potesse capitare in tutta la vita.

< No! Ma come hanno potuto? > singhiozzò Esme affondando il viso nel maglione di Carlisle.

< Siamo segnati e non possiamo farci niente > disse triste Jasper.

Tutti sapevamo che era vero ma non riuscivamo ad accettarlo.

< No. Non possiamo arrenderci > esclamò Emmett < Combatteremo  fino alla fine. Finché almeno un Cullen sopravvivrà niente sarà completamente perduto >.

Tutti lo guardammo e, dopo un paio di minuti di silenzio, Edward disse < Em ha ragione. Non possiamo arrenderci così >.

Piano ci tranquillizzammo tutti anche se la paura non si era sciolta completamente.

Poi mi ricordai di quello che mi era successo. < Carlisle, ma per caso tutto questo centra qualcosa con quello che mi è successo nella radura? > chiesi curiosa.

< Sì Bella. Vedi tu sei praticamente svenuta >.

Svenuta? Ma i vampiri non svengono com’era possibile?

< Lo so che questo ti sembra strano, ma non so se hai notato che Alice non ha previsto nulla di tutto questo? > chiese Carlisle.

Era vero. Com’era possibile una cosa del genere. Annuii e Carlisle continuò < Vedi quella notte che sono venuti quei vampiri è successa una cosa. Il vampiro che aveva preso di mira te ed Edward aveva il compito di “ isolarci “. Cioè lui ha creato un’illusione di normalità intorno a noi per evitare che Alice potesse prevedere qualcosa >.

Gli feci cenno di continuare curiosa.

< Vedi, quando tu ti sei staccata dalla tua membrana il suo potere è penetrato anche in te sotto forma di dolore perché la tua mente cercava di respingerlo ma non ci riusciva senza membrana. Poi quando hai riattirato dentro te la protezione il potere è fuoriuscito, ma ha lasciato come un vuoto. Questo vuoto veniva riempito ogni volta che ricordavi quella notte e la tua mente cercava di liberarsene sotto forma di paura. Nella radura la paura è stata talmente forte che la tua mente non ce l’ha fatta a sopportare quel peso e quindi si difesa facendoti svenire >.

Ero sconvolta. Non riuscivo a credere che la mia mente potesse fare tutto questo.

Poi mi venne una cosa in mente: Renesmee. Non potevo lasciare che anche lei morisse. No, non potevo. Dovevo fare assolutamente qualcosa. Cominciai a tremare al pensiero di lei che veniva uccisa da qualche Volturo vendicativo.

Edward, che mi teneva ancora abbracciata, si accorse della mia agitazione e capì che non era dovuta al fatto del mio svenimento, allora mi richiamò alla realtà.

< Bella, amore che succede? >.

Lo guardai negli occhi e distaccai la mia protezione per permettergli di ascoltare i miei pensieri.

“ Dobbiamo fare in modo di salvare Renesmee. Non possiamo assolutamente permettere che le succeda qualcosa “.

Dopo aver ascoltato i miei pensieri Edward si voltò di scatto verso Carlisle ed esclamò < Renesmee. Carlisle dobbiamo riuscire a salvarla. Sarà uno dei loro obbiettivi principali. Lei è anche la più debole. Sarà la prima ad essere…> non riuscì a finire la frase e la sua faccia si contrasse in una smorfia di dolore e rabbia. Capii perfettamente che cosa voleva dire ed anch’io  fui immersa nella sua paura e nella sua sofferenza.

Sapevamo entrambi che se fosse successo qualcosa a nostra figlia non saremmo mai potuti sopravvivere ad un tale dolore.

< Hai ragione > esclamò Carlisle < Dobbiamo farla fuggire. Deve andare il più lontano possibile da questo posto, ma soprattutto deve rimanere all’oscuro di tutto, altrimenti si rifiuterà di andarsene. Vorrà restare ad aiutare >.

Sì, era tipico di Renesmee. Avrebbe fatto di tutto pur di restarci accanto, proprio come me. Adesso potevo capire cosa aveva provato Edward quando venì a conoscenza del fatto che Victoria voleva uccidermi. Ecco perché mi voleva tenere all’oscuro di tutto: sapeva che non sarei rimasta in disparte.

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Capitolo 12
*** Sorpresa ***


Ora la nostra priorità assoluta era proteggere Renesmee e di tenerla all’oscuro di tutto, così decidemmo di avvisare Jacob di non proferire parola con Renesmee su quel fatto. Ma non ebbi nemmeno il tempo di prendere il telefono che Edward mi bloccò il braccio e disse < Sono qui. Jacob e Renesmee sono tornati. Sono sul vialetto >.

Cosa? Come mai erano tornati così presto? Forse Jacob aveva già rilevato a Renesmee quello che era successo quella maledetta notte?

Due secondi dopo la porta si aprì e noi ci fiondammo ad accogliere i nuovi arrivati. Misi un sorriso sforzandomi di non sembrare preoccupata per non far insospettire mia figlia.

< Amore, ciao. Come mai siete tornati così presto? È successo qualcosa? > chiesi abbracciandola.

< Non ti preoccupare mamma. Non è successo niente, almeno non qualcosa di spiacevole, anzi > mi rispose mia figlia.

< Che vuoi dire? > chiesi.

Edward si era un attimo irrigidito, ma poi la sua espressione tesa venne sostituita da un sorriso smagliante a trentadue denti. Era felicissimo. ,ma per cosa?

Tutti fissammo a turno Renesmee, Jacob ed Edward in attesa di spiegazioni.

Renesmee era raggiante, luminosa. Jacob era felicissimo, si vedeva lontano un chilometro, ma aveva una luce negli occhi strana. Cos’era quella preoccupazione, ansia...paura?

Notai la stessa luce anche negli occhi di Edward. Ma cosa era successo? Dovevo essere felice o preoccupata?

< Allora ci volete dire cosa è successo? > chiesi esasperata.

< Mamma, io e Jacob aspettiamo un bambino > rispose mia figlia portandosi le mani alla pancia e ampliando ancora di più quel fantastico sorriso.

Mia figlia stava per diventare mamma e il mio migliore amico stava per diventare papà. Questo voleva dire che io ed Edward saremmo diventati nonni. I nonni più giovani di tutti i tempi. Però adesso anche io avevo quella strana luce negli occhi, come tutti gli altri in quella stanza tranne Renesmee. Ora potevo capire la preoccupazione di Jacob ed Edward: quella creatura che stava per arrivare non avrebbe mai avuto una famiglia, perché quest’ultima stava per essere cancellata con un colpo di gomma dalla faccia della terra da un branco di vampiri assetati di gloria e vendetta.

Ora dovevamo assolutamente allontanare Renesmee e anche Jacob da qui. Quel bambino non avrebbe mai visto i suoi nonni, i suoi bisnonni, i suoi zii, ma doveva avere assolutamente i genitori, tutti e due.

Distaccai la protezione e pensai “ Dobbiamo assolutamente salvare Renesmee e Jacob. Questa creatura deve nascere lontano da qui e crescere al sicuro con entrambi i genitori. Non dobbiamo permettere che gli succeda qualcosa, assolutamente “.

Edward mi guardò e annuì leggermente, poi si voltò verso la figlia e l’abbracciò calorosamente.

< Piccola mia sono felicissimo. Ci pensi, diventerai mamma > disse Edward continuando a stringerla.

Mi unii anch’io a quell’abbraccio e diedi un bacio affettuoso sulla guancia di Renesmee stringendola insieme al padre.

< Ci hai dato una notizia fantastica tesoro. Non vedo l’ora di abbracciare questo piccolino > dissi portando la mano sul grembo di Renesmee.

Però la mia voce si spezzò sull’ultima frase e mia figlia se ne accorse,ma fece finta di niente,voleva godersi appieno questo momento.

Carlisle tossicchiò per attirare l’attenzione e mi guardò con sguardo di rimprovero.

Aveva capito, come tutti in quella stanza, che stavo per essere travolta dai singhiozzi, e tutti sapevano che non erano singhiozzi di gioia.

Così cercai di controllarmi e cominciai la mia recita, anche se ero davvero felice della notizia.

Mi allontanai da mia figlia e abbracciai Jacob, anche lui era felicissimo, ma anche molto preoccupato. Era altissimo, gli arrivavo all’altezza dello stomaco e mi sentii un tantino imbarazzata da quell’abbraccio. Era troppo grosso.

< Jacob congratulazioni, non sapete quanti ci avete resi felici >.

Poi una voce trillò come un coro di campanellini e ci richiamò alla realtà.

< È una notizia fantastica. Ma ora Nessie non si deve affaticare. Ora nipotina, dobbiamo decidere il nome e dobbiamo cominciare a preparare la cameretta del bambino, dobbiamo andare a fare i primi acquisti per lui o lei. Insomma abbiamo solo nove mesi... > cominciò Alice tutta d’un fiato, ma poi si bloccò  e guardò Carlisle < Sicuri che saranno nove mesi. No perché l’ultima volta c’è voluto meno tempo. Non so se ve ne siete accorti, ma noi non siamo del tutto propensi a mantenere la tabella di marcia naturale in questi casi > concluse la frase guardandomi e lanciandomi un sorriso ironico.

Ridemmo tutti alla sua allusione, ma in fondo aveva ragione. Cosa ci si può aspettare dall’unione di un licantropo e di una mezza vampira?

Renesmee allora intervenì < Infatti, ce lo chiedevamo anche noi. Non sappiamo proprio come comportarci >.

< Bhe basta fare alcuni controlli medici e vediamo cosa succede > rispose Carlisle avvicinandosi a Renesmee e cingendole le spalle con un braccio < Se volete possiamo farli subito > concluse Carlisle.

Renesmee si voltò verso il nonno e rispose < OK nonnino, sono tutta tua. Togliamoci questo dente >.

Così Jacob, Renesmee e Carlisle, seguiti da Esme si diressero verso lo studio del dottore di famiglia per controllare la situazione “ bebé in arrivo ”, mentre noi altri ci dirigemmo in salotto.

Ci sedemmo tutti sul divano e sulle poltrone e per un minuto non una parola uscì dalla nostra bocca. Stavamo pensando, e sentivo che Edward, oltre a spremersi le meningi per trovare un modo per mettere in salvo nostra figlia, controllava la situazione mentale di tutti, anche la mia, visto che non avevo ancora riattivato la mia protezione.

Poi Edward parlò < Ora non dobbiamo fare altro che tenere lontano Nessie dalla verità e contemporaneamente allontanarla da Forks il più possibile >

Annuimmo tutti all’unisono e io liberai finalmente i miei singhiozzi che non ce la facevano più a essere oppressi. Cominciai a singhiozzare sempre più frequentemente ed Edward mi strinse a sé e io affondai il viso nel suo petto.

Non solo mia figlia era in pericolo, ma ora portava in grembo un’altra creatura che era ancora più in pericolo di lei. Un creatura che non aveva nemmeno cominciato a vivere e che era già in pericolo di vita. Era tutto così assurdo, non ce la facevo a sopportare tutto quel peso.

Edward cominciò a stringermi come faceva ogni volta che avevo bisogno di conforto e a cullarmi per tranquillizzarmi per frenare quel fiume di lacrime invisibili.

Dopo un po’ mi tranquillizzai e sentimmo Carlisle scendere in salone insieme a Jacob.

< Sono riuscito a fare l’ecografia, pare che il bambino sia umano, ma non posso esserne certo al cento per cento. Comunque ho prelevato del liquido amniotico, stasera lo analizzerò e così potremmo avere tutte le informazioni che ci servono > spiegò Carlisle che intanto si era seduto di fianco ad Edward < Ma ora dobbiamo affrontare il problema più grande > continuò spostando lo sguardo su Jacob < Come possiamo tenere all’oscuro Renesmee da tutto quello che sta accadendo? >.

Jacob abbassò lo sguardo e disse < Io non le ho detto niente, solo che lei è molto perspicace e anche cercheremo di tenerla all’oscuro di tutto, sono convinto che prima o poi capirà tutto >.

Era vero. Renesmee aveva un sesto senso per certe cose. Ogni volta che tentavamo di nasconderle qualcosa, lei capiva nel giro di un paio di giorni.

Edward stava per dire qualcosa, ma poi sentimmo Esme e mia figlia che scendevano le scale per raggiungerci in salotto.

< Bhe che sono queste faccie > disse Renesmee sedendosi sulla sua poltrona preferita, vicino alla finestra che dava sul ruscello < Non siete contenti della notizia? > chiese inclinando la testa da un lato e stringendo gli occhi. Quella era la sua espressione quando sospettava qualcosa e significava che ci stava studiando.

Edward mi strinse la mano per farmi capire di stare attenta a non far trapelare dal mio viso nessuna emozione.

Questa parte di me la odiavo con tutta me stessa. Anche se Edward non riusciva a sentire i miei pensieri capiva sempre le mie emozioni. Diceva che ormai per lui ero un libro aperto. Ero terribilmente facile da leggere. La stessa cosa era per tutti i presenti in quella casa, soprattutto per Renesmee, che ora mi studiava il viso con molta attenzione, come se volesse scovare qualcosa che le stavo nascondendo, come in realtà era.

Ogni volta che cercavamo di nasconderle qualcosa, lei mi studiava sempre, perché sapeva che portando un po’ di attenzione mi avrebbe estorto qualsiasi tipo di informazione con un semplice sguardo accurato. Quella sua capacità l’aveva ereditata sicuramente da mia madre Reneè. Anche lei aveva questa straordinaria capacità di capire se qualcuno stava nascondendo qualcosa o semplicemente capire le emozioni che una persona provava in quel momento osservandola per un po’.

Inoltre, aggiungiamo la capacità di Edward di leggere nella mente delle persone, che in un certo senso era stata trasmessa in piccola parte a nostra figlia, Renesmee era una lettrice di emozioni ed espressioni eccezionale e affianco a me capiva immediatamente tutto.

< Cosa sta succedendo qui? Cosa tramate? > chiese senza abbandonare la sua espressione concentrata ma adesso concentrandola sul resto della famiglia < Cosa mi nascondete? >.

Ecco se n'era accorta. Involontariamente sbuffai girando la testa dal lato opposto di mia figlia. Quello era il segnale che aspettava Renesmee che annuì come per darsi una conferma su qualcosa che stava pensando e fece sfoggio del suo sorrisino compiaciuto e soddisfatto.

Aveva capito tutto. Ogni volta che faceva quei gesti significava che aveva intuito che le stavamo nascondendo qualcosa.

Maledizione, ma perché ero così facile da leggere.

< Mamma cosa è successo? > chiese mia figlia < Lo sai che non mi puoi nascondere niente. Capisco subito quando mi nascondi qualcosa > continuò < Ora mi spiegate tutto >. Concluse con fare severo.

Ora eravamo con le spalle al muro.

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Capitolo 13
*** Nuovo arrivo ***


Ehi!!! Ciao a tutti!!!!

Spero che la mia storia vi stia piacendo!!! È la mia prima ff e ci sto mettendo tutta me stessa per sfornare qualcosa di bello ed interessante!!!

Ringrazio tutti quelli che hanno messo questa storia tra i preferiti:

1 - angteen
2 - BimbaFollementeInnamorata
3 - ChiccaCullen
4 - ClaryCullen
5 - erini83
6 - gothika85
7 - HipnoticState
8 - Honey Evans
9 - Isabella v
10 - isabella19892
11 - kiarab
12 - lidiacullen
13 - PATRIZIA70
14 - ryry
15 - superstar199434
16 - Twilight_Blood_Lover
17 - twilight_the best
18 - underworld_max
19 - valeEfla
20 - zsusy93
21 - _Nessie_

Quelli che l’hanno messa tra i seguiti:

1 - aliceundralandi
2 - babisilvia
3 - butterfly 85
4 - ChiccaCullen
5 - ClaryCullen
6 - coppolina93
7 - EEELE
8 - Ele_Cullen
9 - flazzy cullen
10 - Isabella v
11 - kira988
12 - OOgloOO
13 - rakyprincipessa
14 - sassy86
15 - Sophie x Daniel
16 - vampirettafolle
17 - vanessa_91_
18 - wilard

Le persone che leggono solamente ( soprattutto Lulù e Al&) e kikka_la cantante di Edward che ha recensito la mia storia!!!

Grazie a tutti, vi voglio bene!!!!

Ora vi lascio al capitolo!!!

Erano passati nove mesi da quando Renesmee ci aveva confessato di essere incinta, e da quando ci aveva estorto la notizia che i Volturi si stavano preparando per attaccarci e distruggerci. Stranamente e fortunatamente di quest’ultimi non avevamo più avuto nessuna notizia, ma tutti sapevamo che presto sarebbe arrivata.

Ricordo ancora le sue parole e le sue espressioni che cambiavano velocissime mentre Carlisle le raccontava tutto.

“ < Ma come è possibile? Come hanno potuto fare una cosa del genere? Ma non si rendono conto del disastro che hanno combinato per i loro capricci? > disse Renesmee sconvolta e arrabbiata quando Carlisle concluse il suo racconto < Non ci posso credere.

Voi mi volevate tenere all’oscuro di tutto questo sperando di non compromettere la mia vita? > sbottò guardandoci furiosa negli occhi uno ad uno < Sapevate che prima o poi sarei venuta a conoscenza di tutto e sapevate anche che tutti i vostri sforzi per proteggerci sarebbero stati inutili. Come pretendevate che i Volturi si sarebbero arresi nel cercarmi solo perché non mi avrebbero trovato con voi. E poi, come vi è passato per la mente che vi avrei lasciato combattere, rischiare la vita senza che io potessi fare qualcosa? > continuò passandosi una mano tra i riccioli bronzei e l’altra posandola involontariamente sulla pancia, come per proteggere quello che portava dentro di sé < Siete incredibili > concluse ”.

Ripensando a quelle parole adesso ci veniva un po’ da ridere ma io continuavo a mandarmi maledizioni per il mio odioso difetto di essere un vero e proprio libro aperto.

Avevamo scoperto però la natura del bambino. Carlisle aveva lavorato tutta la notte per studiare il campione che aveva prelevato dal grembo di Renesmee ed era giunto alla conclusione che il piccolo era umano, ma un umano che avrebbe vissuto un po’ più a lungo del normale, ma che comunque sarebbe morto prima o poi.

A questa notizia ci rabbuiammo tutti e Renesmee scoppiò in lacrime fra le braccia di Jacob.

Avremmo dovuto assistere alla morte di nostro nipote mentre noi rimanevamo ancora giovani e immortali.

Renesmee si abbatté per qualche giorno, forse settimane, e per un momento volle abortire, ma poi, grazie all’aiuto di tutti, si convinse e disse di voler tenere il bambino e di volerlo crescere al meglio e di lasciarlo andare via quando sarebbe arrivato il momento.

 

Era il quindici giugno e il tempo della gravidanza stava per scadere. Renesmee aveva un pancione abnorme e si muoveva per casa come una mongolfiera con le gambe. Emmett non perdeva occasione per prenderla in giro e tutti avevamo scommesso sul sesso del bambino, tranne Carlisle ed Esme che sapevano già tutto dall’ecografia, ma noi non volevamo sapere niente per non perdere l’occasione di una scommessa. Ovviamente Emmett si era impuntato nell’escludere Edward ed Alice dalla scommessa, perché Alice aveva avuto una visione del parto ed Edward non aveva perso tempo nel leggere i pensieri di Carlisle.

Così Emmett, Rose e Jacob scommisero trecento dollari a testa sulla femmina e io, Renesmee e Jasper sul maschio.

Più che una sicurezza, per Rose e Jacob era un desiderio che fosse femmina, ma per Emmett era, come aveva detto lui, “ un qualcosa nell’ aria “ che gli diceva che in questa famiglia sarebbe arrivata un‘altra femminuccia, e poi, dopo che Nessie aveva affermato che certe cose le mamme le sentono, lui ci aveva ricordato che anche io avevo detto la stessa frase quando aspettavo Renesmee, che poi si era rilevata un fallimento.

Finalmente a poco avremmo avuto il risultato della scommessa, infatti proprio il quindici giugno sentimmo un urlo provenire dal bagno, dove poco prima era entrata Renesmee.

Ci fiondammo tutti sul luogo del delitto e trovammo Renesmee appoggiata al lavandino per non cadere, che si teneva la pancia con i piedi in una pozza d’acqua e che respirava convulsamente.

In un attimo Jacob, io ed Edward le fummo accanto per sostenerla, e mentre mio marito e il mio genero la tenevano in piedi io le passai una mano sul viso e fissai i suoi occhi nei mie per poi cominciare a rassicurarla.

< Piccola mia, calma. Adesso guardami, non andare in panico e respira > le dissi con voce dolce e rassicurante, mentre la portavamo nello studio di Carlisle ed Edward la poggiava con delicatezza sul tavolo che di solito Carlisle usava per le visite a domicilio.

Jacob era rimasto sulla porta con gli occhi sbarrati mentre cominciava a respirare convulsamente con la bocca. Lo sentivo, stava per svenire. Infatti, quando Renesmee cacciò un urlò agghiacciante per il dolore, si accasciò a terra scivolando sullo stipite della porta.

Jasper ed Emmett andarono da lui tentando di frenare le risate e lo sollevarono di peso per poterlo portare in salotto.

Intanto Esme, Rose ed Alice si mobilitavano per preparare la sala operatoria improvvisata nello studio di Carlisle, mentre quest’ultimo cercava di far posizionare al meglio Renesmee sul tavolo. Edward ed io invece tenevamo ognuno una mano di nostra figlia e la rassicuravamo. Io le davo consigli e le dicevo di stare tranquilla, mentre Edward era entrato in uno stato di coma temporaneo mentre stringeva convulsamente la mano di nostra figlia.

Lei mi fissava mentre respirava sempre più velocemente e cercando di seguire la mia voce, quando cacciò un altro urlo fortissimo e alcune lacrime le rigavarono il viso contratto dal dolore.

< Vedo la testa > ci informò Carlisle

< Continua a spingere piccola mia. Tra poco sarà finito tutto e potrai stringere tuo figlio > le dissi accarezzandole i capelli senza lasciare la sua mano.

Potevo sentire il cuore di Jacob di sotto che batteva piano, doveva essere ancora svenuto. Emmett e Jasper ridevano a crepapelle, molto probabilmente per la reazione inaspettata di Jacob. Alice, insieme a Rose non riusciva a stare ferma e sfrecciava per la stanza aggiustando qualsiasi cosa che ancora non era perfetta. Esme teneva le attrezzature di Carlisle in mano vicino al marito mentre quest’ultimo era il più indaffarato. Non a caso era colui che stava facendo partorire mia figlia. Edward stringeva ancora la mano di Renesmee con lo sguardo perso nel vuoto e in un stato di shock da cui ancora non si era svegliato. Io non sapevo più cosa dire a Renesmee, così mi limitavo a guardare Renesmee sperando di rassicurarlo almeno con lo sguardo. Era vero che ero l’unica in questa casa ad aver partorito, ma era anche vero che il mio parto non era proprio stato uno dei più normali.

Dopo circa tre ore di sofferenza per Renesmee e di ansia per il resto della famiglia, anche per Jacob che ormai si era ripreso completamente e ora stringeva la mano di Renesmee al posto di Edward che ancora non si riprendeva dallo stato di shock, Carlisle porse ad Esme un batuffolo bagnato di sangue che strillava e sgambettava.

Potevo sentire il suo cuoricino che batteva velocissimo mentre Esme lo lavava e lo avvolgeva in una copertina candida e immacolata.

Renesmee si era rilassata ma le sue lacrime non volevano smettere di scendere, però al posto della smorfia di dolore che aveva durante il parto, il suo viso era rilassato e luminoso. Aveva ancora il fiatone e guardava felice il fagotto che le porgeva Esme tra le braccia.

< Ecco il tuo bambino. È un maschietto > disse Esme mentre spostava il nuovo arrivato dalle sue braccia al porto sicuro della mamma.

Mia figlia era diventata una mamma. Era felice, come lo ero stata io in passato e come lo sono tuttora.

Edward si avvicinò a me mentre guardavo nostra figlia e mi strinse da dietro appoggiando il mento sulla mia testa. Io gli accarezzavo il braccio che mi stringeva la vita ed entrambi guardavamo nostra figlia che cullava e mormorava qualcosa al nostro nipotino.

Jacob avvicinò il suo viso a quello di Renesmee per ammirare meglio suo figlio.

Poi Edward ed io ci avvicinammo, ancora abbracciati alla nuova famigliola e Renesmee mi porse nostro nipote con attenzione e apprensione tra le braccia. Lo presi il più delicatamente possibile e cominciai ad ammirarne ogni minimo particolare insieme ad Edward che ora si era spostato alla mia destra, senza sciogliere l’abbraccio per guardare meglio il piccolo batuffolo che dormiva tra le mie braccia.

Aveva la pelle scura e tantissimi capelli neri che gli coprivano gli occhietti chiusi. Era molto simile a Jacob ma la bocca e la forma del naso erano come quelli della madre appena nata.

Scostai con le dita, badando a non toccarlo per non farlo rabbrividire, molto delicatamente i capelli per ammirarlo meglio e poi spostai un po’ la copertina candida.

Esme lo aveva vestito con una tutina celeste non troppo pesante e morbidissima, c’erano disegnati tanti orsacchiotti addormentati che venivano cullati da mamma orsa.

Aveva le manine chiuse a pugnetto appoggiate sulla pancia e faceva dei respiri delicati e regolari. Le gambine erano piegate verso l’interno, come tutti i bambini appena nati, e rilassati sul mio braccio che lo sorreggeva.

Era un vero e proprio angioletto che dormiva tranquillo tra le braccia della nonna che lo osservava felice e commossa.

Edward gli accarezzò il braccino attraverso la copertina per non farlo rabbrividire e poi mi chiese se poteva prenderlo. Feci passare quel fagotto delicato e fragile molto attentamente dalle mie braccia alle sue e lui lo prese con altrettanta delicatezza per poi cominciare a cullarlo.

Dopo un po’ il piccolo aveva visitato tutte le braccia presenti in quella stanza, per poi finire in una culla celeste e bianca che si trovava nella camera di Renesmee.

Mia figlia era crollata e dormiva nel letto matrimoniale che si trovava affianco alla culla.

Mi sedetti vicino a lei e cominciai ad accarezzarle i capelli e canticchiandole la ninna nanna che le cantavo quando era piccola.

Gli altri erano intorno alla culla e contemplavano quel piccolo miracolo, immobili per paura di svegliarlo.

Dopo un po’ lasciammo Renesmee e il piccolo insieme a Jacob a dormire nella stanza e noi ci dirigemmo verso il salotto.

Dopo esserci seduti tutti Jasper parlò per spezzare quel silenzio estasiato che si era creato < Allora penso che qui ci sia qualcuno che debba pagare una scommessa, o sbaglio? >. Scoppiammo tutti a ridere ed Emmett e Rose lanciarono sul tavolino seicento bigliettoni.

< Ora dobbiamo aspettare i soldi di Jacob però > dissi io alimentando ancora di più le risate di tutti.

< Chissà come lo chiameranno > disse Esme che era seduta sulle gambe di Carlisle felice e raggiante, come tutti in quella stanza.

Tutti ci voltammo verso Alice e lei rispose alla nostra domanda muta che le stavamo ponendo mentalmente.

< Ancora non hanno deciso, non posso dirvi niente, mi dispiace > rispose un po’ delusa.

Vabbè, poco male. Avremmo aspettato il risveglio dei neogenitori.

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Capitolo 14
*** Momenti speciali e regali ***


Ehi ciao a tutti.... Questo, come anche l'altro capitolo, è di transizione e ho voluto un po' far vedere anche i momenti felici della famiglia Cullen.

Dal prox capitolo però inizieranno i veri problemi e ci saranno sempre più momenti drammatici...quindi se siete curiosi non mollate la storia!!!


Risposta a Tede : anche a me piace molto la scena di Jacob che sviene, xò ti avverto ke d'ora in poi non ci saranno più tante scene tenere!!!


Ora vi lascio al cap....

< Buon giorno dormiglioni > esclamò Emmett quando Jacob e Renesmee scesero in salotto.

< Come stai tesoro? > chiesi a mia figlia che intanto si era seduta di fronte a me insieme a Jacob che le stringeva la mano.

< Bene, anzi benissimo > rispose con un sorriso smagliante stampato sul viso. Aveva la stessa espressione di Jacob che ora la stringeva al petto.

< Allora volete dirci come chiamerete il piccolino? > chiese impaziente Esme < Non ce la facciamo più a pensare a lui semplicemente come “ piccolino “, “ cucciolo “ o “ batuffolo “ >.

Alice aveva un bellissimo sorriso soddisfatto e rilassato. Aveva avuto una visione sul nome del nostro nipotino.

< Abbiamo deciso di chiamarlo Alex > ci informò Renesmee ancora abbracciata a Jacob.

Quel nome l’avevo già sentito. Certo, era il nome che usava sempre Nessie da piccola per chiamare il suo bambolotto preferito. Non ho mai capito perché usasse quel nome, ma forse semplicemente perché le piaceva.

< È un nome stupendo > disse Esme

Poi sentimmo dei pianti al piano di sopra e tutti si agitarono immediatamente.

< Calmi è solo Alex che reclama la pappa. La prima > dissi io prendendo per mano Renesmee e portandola al piano di sopra.

Arrivate ci avvicinammo alla culla di Alex e io spostai le tendine bianche per permettere a Renesmee di prendere in braccio il figlioletto che piangeva in un modo incredibile.

Aveva un’energia pazzesca per essere un piccolino nato solo qualche ora fa.

Ci raggiunsero Esme, Rose, Edward, Alice e Jacob mentre Carlisle andava a preparare lo studio per il primo controllo del piccolo e Jasper ed Emmett ci informarono di dover andare a caccia. Strano i loro occhi erano chiarissimi, avevano mangiato poco prima che Renesmee partorisse.

Tra le braccia della mamma parve che il piccolo si tranquillizzò un po’ e aprì gli occhietti rimasti chiusi per tutto il tempo dopo il parto mostrando due pozzi di cioccolato, profondi e intensi che fissavano il viso della mamma dolci e spaesati.

Era veramente un angioletto, la creatura più bella che avessi mai visto, dopo Renesmee ovviamente. Lei mi aveva estasiato in un modo allucinante quando era nata e la sua bellezza e dolcezza era stata trasmessa anche a quel fagotto che ora teneva in braccio.

< Ha i tuoi occhi > affermò Jacob che intanto si era avvicinato alla moglie e le aveva cinto la vita con il braccio.

Erano tutti e due radiosi. Quella era una scena che adoravo. Una piccola famigliola appena nata felice e contenta.

< Emm... cosa dovrei fare adesso? > chiese Renesmee alzando lo guardo e facendolo passare su me, Esme e Rose. Alice intanto era sparita. Chissà cosa stava combinando?

Non sapevo cosa risponderle, anche se ero l’unica ad aver avuto un figlio non avevo mai avuto il problema di allattarlo visto che lei aveva sempre preferito il sangue al latte e a tutti i tipi di cibi umani.

Esme ci guardò e sorrise, poi si avvicinò alla nipote e la fece sedere.

< Piccola mia, ora siediti e scopriti il seno... > disse Esme. Si guardò intorno e poi esclamò < Edward, Carlisle e Jacob uscite >.

Edward e Carlisle, che intanto aveva finito di preparare il suo studio, risero e si avviarono verso la porta per lasciare un po’ di privacy a Renesmee, invece Jacob rimase un po’ sorpreso dalla richiesta di Esme e non si mosse.

< Scusa ma non so se hai notato che io sono il marito e non penso che ora mi scandalizzerei a vedere il seno di mia moglie, non c’è niente che non abbia già visto > afferma Jacob rivolgendosi ad Esme.

Da sotto arrivano le risate di Edward e Carlisle alle quali si aggiunsero anche le mie e quelle di tutti i presenti in quella stanza.

< Jacob ha ragione Esme, non penso che Renesmee si vergogni di mostrare il suo seno mentre allatta il loro figlio davanti a suo marito > affermai io concludendo quella piccola discussione.

Intanto Renesmee, senza che nessuno di noi se ne accorgesse, stava già allattando Alex e lo guardava con amore e dolcezza e intanto lo cullava stringendolo tra le sue braccia.

Era bellissima, sembrava che facesse quei gesti da sempre. Era proprio portata per fare la mamma. Non so se qualcuno avesse mai avuto il privilegio di ammirare un angelo che culla il suo piccolo miracolo personale, bhe io avevo quella visione davanti agli occhi ed era una sensazione stupenda.

Mia figlia aveva le braccia unite a formare una piccola culla ed era avvolta in una splendida vestaglia da notte di seta candida posta sopra un vestitino da notte sempre di seta mordida e lucente rosa antico un po’ abbassato sotto il seno sinistro per permettere al piccolo che stringeva tra le braccia di sfamarsi con il suo latte. I suoi riccioli bronzei cadevano dolcemente sulle spalle e le incorniciavano perfettamente il viso rilassato, felice e raggiante che faceva trasparire la valanga di emozioni che può provare un mamma mentre allatta suo figlio.

Aveva un sorriso stupendo e i suoi occhi guardavano il suo piccolo tesoro con amore e spensieratezza. Non l’avevo mai vista così felice e raggiante e distogliere lo sguardo da quella visione meravigliosa era quasi impossibile.

Dopo una mezz'ora il piccolo aveva chiuso di nuovo gli occhi e Renesmee lo aveva scostato dolcemente per ricoprire il seno con la vestina di seta. Si era alzata facendo attenzione a non sballottare troppo Alex per farlo stendere nella culletta affianco al suo letto e per poi rimboccargli il plaid azzurro lasciando scoperto solo il visino dolce e rilassato.

Renesmee si voltò verso di me e io l’abbracciai materna e affettuosa. Sentii qualcosa che mi bagnava la camicetta blu: stava piangendo in silenzio. Cominciai a cullarla dolcemente e capii il motivo di quelle lacrime. Era felice per aver avuto quello splendido regalo che era il suo Alex, ma era anche triste perché sapeva che un giorno avrebbe dovuto abbandonarlo alla natura che lo avrebbe reclamato. Anch’io mi intristii a quel pensiero ma volli trattenere i singhiozzi per non peggiorare l’atmosfera e per permettere a mia figlia di sfogarsi appieno.

Mi accorsi che la stanza si era svuotata ed eravamo rimaste solo io e lei a vegliare in silenzio sul sonno del piccolo che dormiva nella culla.

Dopo un po’ Renesmee si tranquillizzò e si distaccò da me. Mi sorrise e spezzò il silenzio con una piccola risata che usò per scacciare quei brutti pensieri che di sicuro l’avrebbero tormentata in futuro.

Lasciammo la stanza e raggiungemmo gli altri in salotto. Jasper ed Emmett erano tornati e avevano uno splendido sorriso sulle labbra. Chissà cos’avevano combinato, di sicuro non erano andati a caccia.

Dopo che Renesmee raggiunse Jacob sul divano e io mi sedetti sulle gambe di Edward che stava sulla poltrona vicino la televisione, Alice disse < Bene, ora è il momento dei regali >.

Regali? Quali regali? Perché non mi dicevano mai niente? Uffa!

Renesmee e Jacob non sapevano di cosa stava parlando Alice, come me, quindi dedussi che il regalo doveva essere per loro. Era anche ovvio visto che si erano sposati e avevano avuto una bambina, e forse adesso stavo cominciando a capire cos'avevano architettato tutti senza dirmi niente. Molto probabilmente avevano costruito...

< Vi abbiamo regalato una casa > esplose Alice che non ce la faceva più a tenersi quella notizia dentro. Proprio come pensavo. Ma perché non mi avevano detto niente?

Distaccai la protezione e chiesi mentalmente ad Edward < Ma perché non mi avete detto niente? Perché devo essere sempre l’ultima a sapere le cose? >.

Edward mi guardò e rise. Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò piano < Vedi Alice voleva che fosse una sorpresa da fare a Renesmee e Jacob dopo la nascita di Alex. Non ti abbiamo detto niente perché eravamo sicuri che ti saresti fatta sfuggire qualcosa e Renesmee quando è sospettosa corre sempre ad esaminarti ed avrebbe immediatamente scoperto del regalo >.

Mi girai verso di lui e gli lanciai un’occhiataccia. Lui rise insieme ad Emmett e Jasper che erano in piedi affianco a noi.

Comunque avevano ragione, avrei rovinato di sicuro la sorpresa, ma così mi sentivo esclusa e non mi piaceva il fatto di essere l’unica a non aver partecipato alla costruzione della casa per MIA figlia.

< Guarda che è anche mia figlia > mi sussurrò Edward dopo aver ascoltato i miei pensieri: non avevo ancora riattivato la protezione.

< E poi hai partecipato anche tu... non ti ricordi i numerosi interrogatori di Alice su tutte le cose preferite di Renesmee e Jacob? Senza di te non sarebbe uscito un capolavoro del genere > concluse baciandomi vicino all’attaccatura dell’orecchio e facendomi venire i brividi.

Dopo le spiegazioni tutti, tranne Carlisle, che doveva lavorare nel suo studio, ed Esme, che andò a controllare Alex, uscimmo e ci inoltrammo nella foresta imboccando un vialetto che non avevo mai visto prima. Molto probabilmente portava alla casa di Jacob e Renesmee che ora erano in fibrillazione ed avevano gli occhi chiusi dalle mani di Alice ed Edward.

Dopo un paio di minuti ci ritrovammo davanti un piccolo cancello in ferro battuto nero che apriva un altro vialetto di ghiaia che passava in mezzo a un bellissimo giardino pieno di fiori colorati. Alla fine del vialetto di ghiaia c’era una struttura in mattoni a due piani ma non tanto imponente. Era molto delicata. Il tetto era fatto di tegole rosso mattone e le pareti esterne erano bianche. Prima della porta d’ingresso c’era un piccolo portico in legno dipinto di bianco con un’altalena a due posti posta alla destra della porta d’ingresso.

Alice ed Edward liberarono gli occhi di Jacob e Renesmee dalle loro mani per permettere loro di vedere la loro nuova casa.

Rimasero a bocca aperta nel vedere quello che avevano combinato quei pazzi e poi si girarono verso di noi e ci abbracciarono insieme gridando < Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie >.

< Non ci posso credere > disse Renesmee dopo essersi staccata < è bellissima >.

Jacob la prese per mano e insieme cominciarono a correre verso la loro nuova casa.

Noi li seguimmo in casa e così anch'io potei ammirare l'interno.

L'ingresso era spazio unico con il salotto dove c'era un divano di tessuto verde, il colore preferito di Renesmee, davanti a un tavolino, con dei fiori freschi posti in un vaso di vetro, che si trovava tra il divano e la televisione a schermo piatto attaccato al muro di fronte. Due pareti erano percorse da una lunga vetrata coperta da delle tende color panna che arrivavano fino al pavimento di parquet chiaro. Sulla stessa parete dov'era attaccata la televisione c'era una libreria di mogano piena dei libri preferiti di Renesmee e dei film che piacevano ad entrambi.

Di fronte alla porta d'ingresso c'era una scala attaccata a un muro che divideva l'ingresso dalla cucina. Era moderna e con colori chiari, prevalevano il verde chiaro e il rosa antico. I colori preferiti di Renesmee. Al centro della stanza c'era un tavolo bianco con sopra una tovaglia ricamata a mano da Esme. Si poteva notare il suo tocco delicato in ogni particolare.

Dietro le scale c'era anche una porta finestra da cui si poteva accedere ad un giardino posto dietro la casa.

Salimmo al piano superiore dove si estendeva un piccolo corridoio che da un lato aveva la ringhiera da dove ci si poteva affacciare al piano inferiore e dall'altro aveva quattro porte. La più vicina alle scale era quella dello studio dove c'era il pianoforte, la chitarra di Renesmee e le attrezzature di Jacob per la sua passione per il modellismo del legno. La stanza aveva le pareti giallognole e il pavimento di moquette arancione, il colore preferito di Jacob.

La stanza affianco era la stanza di Alex. La moquette blu scuro e le pareti celesti accompagnavano l'arredamento bianco della culla e di tutti i giochi sulle mensole e sul tappeto candido. Di fianco alla finestra c'era una meravigliosa sedia a dondolo con sopra una coperta celeste ricamata anche questa a mano da Esme. Quella donna era piena di risorse.

La porta finestra si apriva su un piccolo balconcino che dava su un prato posto dietro la casa con in mezzo una bellissima fontana in pietra.

Nella camera c'era anche un fasciatoio e un armadio bianco pieno di vestiti per Alex, molto probabilmente forniti da Alice.

Inoltre c'era una porta che dava sul bagno personale di Alex pieno di giochi e paperelle, di bagnoschiuma per bambini e disegni divertenti sui muri.

L'unico accesso era dalla camera di Alex a differenza del bagno di Renesmee e Jacob che oltre ad avere un accesso dalla loro camera lo aveva anche dal corridoio.

Era molto grande ed elegante, proprio dello stile di Renesmee. Aveva un'enorme vasca idromassaggio e un bancone di marmo che percorreva tutta una parete e pieno di cosmetici. C'era uno specchio enorme e i sanitari erano dalla parte opposta alla vasca. Le pareti erano bianche e decorate da nastri disegnati arancioni e verde chiaro che si intrecciavano tra di loro.

Devo ribadirlo: Esme era un fenomeno nell'arredamento.

Infine la stanza più grande e bella. La camera di Renesmee e Jacob era enorme, aveva al centro un lettone a due piazze e mezzo ricoperto da una trapunta verde chiaro e con cuscini rosa antico. Ai due lati del letto c'erano due comodini bianchi con rifiniture arancioni e con sopra due abatjour bianche ed eleganti. La moquette era immacolata e le pareti erano piene di foto di Renesmee e Jacob, c'erano anche alcune di tutta al nostra famiglia e presto ci sarebbero state anche quelle del nuovo arrivato. Anche lì c'era una porta finestra, ma il balcone era un po' più grande con un ombrellone e due sedie a sdraio. Sulla parete difronte al letto c'era uno specchio e di fianco una porta a due ante che si apriva su un'enorme cabina armadio piena di vestiti, cassetti e sportelli, anche questi stracolmi di vestiti e biancheria intima: omaggio della “ Casa Alice Cullen “.

Quella casa era stupenda e adattissima a Jacob e Renesmee.

Dopo aver finito il giro turistico arrivarono anche Carlisle ed Esme con Alex che intanto si era svegliato e adesso ci fissava dalle braccia di Esme. Quando vide la mamma cominciò a scalciare e Renesmee lo prese in braccio e lo cullò un po' prima di metterlo a dormire nella culla della sua camera.

< Grazie a tutti. Questo è il regalo più bello che ci avreste potuto fare > disse Jacob abbracciandoci uno ad uno come fece Nessie e tirando una pacca sulla spalla di Emmett, Jasper ed Edward. Poi uscimmo e li lasciammo alla loro intimità

< Sono davvero felice per loro > disse Edward stringendomi per la vita.

< Dovevi vedere com'era nostra figlia mentre allattava Alex, era stupenda. Sembrava un angelo > dissi io ricordando quel momento in camera sua.

Lui mi sorrise e mi scoccò un bacio sulla fronte mentre camminavamo verso casa Cullen.


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Capitolo 15
*** Ricordi e piano ***


Ciao carissimi!!!! Non mi uccidete per il mostruoso ritardo vi prego...sono ancora troppo giovane per morire!!!

Comunque ho avuto questo tremendo ritardo perché ho avuto una crisi da pagina bianca...anche se ho già in testa tutta la storia non riuscivo a svilupparla.

Comunque questo è il capitolo più lungo che ho scritto finora e anche quello che aprirà la suspance!!!

 

Risposte recensioni:

 

Tede: si cara... preparati montagne di fazzoletti perché i prossimi capitoli non saranno per niente teneri...forse qualche scenetta triste tra Ed e Bella! Comunque sono molto contenta di essere riuscita nel mio intento di far apparire la scena di Nessie particolarmente dolce... avevo la sua immagine in testa e ho cercato di descriverla al meglio...sono contentissima che ti dia piaciuta. Ora ti lascio al capitolo!!!Mi raccomando fammi sapere cosa ne pensi!!!

trettra: sono veramente contenta che la mia storia ti piaccia e spero che tu continuerai a seguirla!!! Complimenti per il fiato di leggerla tutta di un colpo e grazie per i complimenti!!! Spero ti piaccia anche questo capitolo... ti prego fammi sapere cosa ne pensi!!!

EternityCullen: eeeeeeeehhh....esagerata... addirittura presentare la mia storia alla Meyer!!! Sono molto contenta che la mia storia ti abbia fatto questo effetto e spero che ti piaccia anche questo capitolo!!! Grazie mille per i complimenti!!!! Spero che continuerai a leggerla... e fammi sapere cosa pensi anche di questo capitolo mi raccomando!!!

 

Ora vi lascio al capitolo (finalmente direte voi...hihihi!!!)

Stavamo ancora andando verso casa ed Edward mi stringeva a sé con il braccio che mi avvolgeva la vita. Avevamo tutti un’espressione felice, eravamo contentissimi per mia figlia e Jacob e non vedevamo l’ora di cominciare a viziare Alex.

Purtroppo i miei pensieri furono interrotti. Edward si era irrigidito e, una volta che mi voltai, vidi la sua espressione cambiare più volte: sorpresa... paura... terrore... agitazione... rabbia... incredulità... dolore.

Si voltò verso di me e mi fissò negli occhi. Potevo vedere la morte nei suoi, e avevo paura di sapere il perché di questa reazione.

Quello sguardo lo avevo visto tantissime volte, anche troppe per i miei gusti: quando mi dovette lasciare per dare la caccia a James, nella scuola di danza quando aveva paura di non farcela a salvarmi dal veleno del mio aguzzino, quando Jane voleva colpirmi con il suo potere a Volterra, quando aveva avuto paura di vedermi scappare perché pensava di avermi terrorizzato dopo aver ucciso Victoria, quando mi guardava mentre il mio fragile corpo umano veniva distrutto ogni giorno dalla nostra Renesmee che cresceva dentro di me, quando cercò di salvarmi dopo che avevo partorito la mia piccola, e infine quando Carlisle ci aveva spiegato che presto i Volturi ci avrebbero sterminati tutti.

Ecco la chiave.

Spostai lo sguardo su Alice che aveva la stessa espressione del mio Edward. Capii immediatamente cosa stava succedendo: Alice aveva avuto una visione, sicuramente sui Volturi, che Edward le aveva letto nella mente.

Passai di nuovo lo sguardo su Edward e, dopo aver abbassato la testa per non vedere i suoi occhi tristi e sofferenti sussurrai < Quando? >.

Non riuscivo a dire altro e non avevo bisogno di sentire nessuna conferma sulla mia intuizione riguardo quello che aveva visto Alice.

Mia sorella chiuse gli occhi e portò il viso rivolto al cielo. Cominciò a piovere forte e nel giro di pochi secondi ci ritrovammo tutti bagnati fradici a fissare Alice che ancora non rispondeva.

< Alla fine del temporale, nella radura ai piedi delle montagne > disse Alice con una voce stranamente soffocata < fra appena cinque ore >.

Chiusi gli occhi e la mia mente fu invasa da tantissime immagini: la mia vita.

Fu come un film. Ricordai anche molte cose di quando ero umana e che il mio cervello immortale aveva rimosso.

Mia madre che mi sgridava se facevo i capricci, che mi preparava la colazione prima di accompagnarmi a scuola. I miei amichetti delle elementari, le mie estati a Forks con mio padre e i miei tentativi di accudire qualche animale domestico. Il mio arrivo definitivo a Forks, la prima volta che incontrai Edward  e la confusione per la paura che mi odiasse. La prima volta che mi parlò, quando mi portò alla nostra radura e le sue confessioni e il nostro primo bacio. L’incontro ufficiale con la mia attuale famiglia e l’immagine di Edward che suonava per me. James e tutti i guai e la paura che portò nelle nostre vite. Il ballo di fine anno, il mio sfortunato diciottesimo compleanno e le terribili conseguenze. Jacob e le stupidaggini che combinavamo insieme. Il ritorno di Alice e Volterra. Il salvataggio di Edward e i Volturi. La competizione tra il mio amore e il mio migliore amico e il bacio che ci fu tra me e Jacob. Tutti i compromessi, il matrimonio e la prima notte da donna con l’amore della mia vita con l’amore della mia vita. Il dolore della gravidanza e del parto. I giorni della trasformazione e la prima volta che andai a caccia. L’arrivo di tutti i vampiri ora morti. La sparizione di Alice e Jasper, i Volturi a Forks e la morte di Irina. Tutti gli anni passati con la mia famiglia e il mio Edward. I guai che combinava Renesmee, sia da piccola che da grande e le notti passate con il mio angelo. Le esasperazioni che portava Nessie e il suo matrimonio. Alex e l’immagine di Renesmee che lo allattava e la nostra felicità prima di quella maledetta visione.

Tutti quei ricordi mi passarono davanti agli occhi in un attimo e non mi accorsi nemmeno di aver cominciato a singhiozzare e di essere stata avvolta dalla gabbia protettiva delle braccia di Edward.

Era arrivato il momento della resa dei conti, della vendetta dei Volturi.

Avevamo solo cinque ore, cinque misere ore da passare insieme. Quel pensiero mi fece aumentare la frequenza dei singhiozzi e cominciai a tremare. Edward mi stringeva per farmi calmare, anche se sapevo che lui stava soffrendo come me. Aveva un braccio che mi stringeva la vita e faceva aderire il mio corpo al suo, con l’altra mano mi spingeva la testa sul suo petto e ogni tanto mi accarezzava i capelli ma senza lasciare la presa ferrea su di me.

In quella posizione ero intrappolata contro il suo petto con le braccia rannicchiate tra me lui. Quando avevo paura mi stringeva sempre in quel modo per farmi calmare e ci riusciva sempre. Infatti, dopo un paio di minuti smisi di singhiozzare e feci riaffiorare il viso per guardarlo.

Vedevo nei suoi occhi che anche lui stava soffrendo e sapevo benissimo, perché lo conoscevo troppo bene, che stava combattendo per reprimere i singhiozzi. Diceva sempre che lui mi doveva consolare ed essere forte e che non poteva permettersi di piangere perché altrimenti non sarebbe mai riuscito a calmarmi e consolarmi.

Aveva questa stupida convinzione alla quale io mi opponevo regolarmente affermando che anch’io dovevo poterlo consolare e che non dovevo essere sempre io la “Lois Layne” della situazione.

Avrei voluto ribadire questa mia convinzione ma in quel momento non riuscivo a parlare.

Ci fissavamo e poi lui azzerò definitivamente la distanza tra i nostri visi con un bacio intenso e passionale che racchiudeva la paura di perdere l’altro e la sofferenza per questa realtà.

Mi staccai e gli presi il viso tra le mani e appoggiai la mia fronte alla sua.

< Non voglio perderti. Non voglio e non posso > mi sussurrò lentamente.

Chiusi gli occhi sentendo le sue parole. Sentii una morsa chiudermi lo stomaco e squarciarmi il petto, il mio cuore cominciò a piangere e a fratturarsi lentamente e inesorabilmente. Era un dolore insopportabile che non riuscivo a contenere, ma dovevo farcela per amore di Edward. Dovevo essere forte, anche se era tutto estremamente doloroso.

< Ho paura. Amore mio ti prego scappa, non posso permettere che ti succeda qualcosa >.

< Ma che dici Edward? Non potrei mai lasciarti combattere da solo. Non p... >

< Prendi Renesmee e il bambino e scappate... ti prego >.

Mi guardava con occhi tristi e supplicanti ma io non potevo di certo lasciarlo in balia di quei mostri.

< Edward non dire sciocchezze. Non posso lasciarti. S...se tu morissi io ti seguirei senza esitazione. N...non p...posso pensare di vivere se tu non ci sei. Non posso > dissi l’ultima parte gridando avvolgendo le braccia intorno al suo collo nascondendo il viso nella sua spalla.

< Ragazzi non abbiamo più tempo > disse Carlisle ancora abbracciato ad Esme < dobbiamo salvare Renesmee e il piccolo >.

< Dobbiamo preparare un piano. Cosa pensi di fare Jasper? > chiese rivolgendosi a mio fratello. Jasper prima di rispondere ci guardò tutti uno ad uno e sospirò < Dobbiamo prima di tutto portare in salvo Nessie e il piccolo Alex, quindi Carlisle ed Esme andranno ad avvertirli. Dirigetevi verso le montagne. Dovete portarli il più lontano possibile. Portate via anche Jake, vi sarà d’aiuto. Gli altri con me a casa. Dobbiamo preparare un piano e non abbiamo abbastanza tempo >.

Prima di seguire Jasper mi avvicinai ad Esme < Date un bacio a Nessie, Jake e al piccolo da parte mia e di Edward > dissi a mia madre prima di abbracciarla forte.

Edward era al mio fianco e fissava nostro padre con un’espressione indecifrabile.

< Non ti preoccupare Bella. Li porteremo in salvo > mi sussurrò Esme in preda ai singhiozzi come me.

< Fai attenzione figlio mio > disse Carlisle stringendo Edward in un abbraccio paterno.

< Vi prego salvate Renesmee > disse Edward dopo essersi staccato dal padre con uno sguardo che faceva trasparire tutta la paura che gli nasceva dentro al pensiero di Renesmee in pericolo.

< Faremo tutto ciò che occorrerà per portarli in salvo > concluse Carlisle.

Dopo sparirono tra gli alberi nella direzione da cui eravamo arrivati.

< Dobbiamo andare non c’è più tempo > disse Jasper per riportarci alla realtà.

Cominciammo a correre verso casa Cullen e un minuto dopo ci ritrovammo nel salotto.

< Allora… > esclamò Jasper dopo aver preso una cartina dettagliata della zona ai piedi delle montagne appena fuori Forks. Molto probabilmente l’aveva preparata tempo prima in previsione di questo momento.

< Ci divideremo in tre coppie ben bilanciate. Bella tu sei la più debole, quindi andrai con Emmett. Grazie al tuo scudo potrai controllare tutta la situazione ed Emmett potrà alleggerirti il compito del corpo a corpo senza problemi >.

Annuii senza ribattere, anche se non mi andava a genio il fatto di accollare altro lavoro sulle spalle di Emmett per colpa della mia debolezza nel combattimento.

Emmett mi sorrise e mi fece l’occhiolino. Potevo percepire la sua ansia ma riusciva sempre a sdrammatizzare. Era per questo che adoravo il mio fratellone orso.

Mi si avvicinò e mi mise un braccio intorno alle spalle e chiese a Jasper < Come ci dobbiamo muovere? >.

< Voi sarete la coppia centrale e vi occuperete della guardia stretta partendo da Jane ed Alec. Occupatevi per prima cosa di loro due. Tu Emmett non avrai problemi contro di loro con la protezione di Bella > spiegò prima di rivolgersi a me < Tu Bella tieni la protezione su tutti e non ti distrarre, almeno fino a quando non vi sarete sbarazzati di quei due e ricordati di coprire con la membrana Edward solo se strettamente necessario… >

< Cosa? > gridai incredula.

< Se lo copri non riuscirà a sentire i pensieri dei Volturi quindi… >

< Ma Jasper, Jane se ne accorgerebbe e… >.

In quel momento mi si parò davanti agli occhi l’immagine di Edward che si contorceva dal dolore per colpa del potere di Jane per proteggere me. Rabbrividii.

< Amore, Jasper ha ragione. Se mi copri con la membrana non riuscirò a prevedere le mosse dei Volturi. Non ti preoccup… > non lo lasciai finire per ribattere.

< Ma Edward > dissi alzando sempre di più la voce < non posso lasciarti in balia di quella strega. Non voglio che tu soffra o che rimanga con i sensi azzerati per colpa di Alec > esclamai entrando nel panico < N…non p…posso permetterlo. Non mi p…potete chiedere una c…cosa del genere > conclusi cominciando a singhiozzare.

< Bella, tu ed Emmett vi occuperete di Jane ed Alec per primi e loro non avranno nessuna possibilità contro di voi, quindi Edward non sarà più in pericolo dopo che voi due avrete agito > mi tranquillizzò Jasper usando anche una buona dose del suo potere speciale.

Mi ero calmata, anche se contro la mia volontà e così abbracciai Edward. Avevo bisogno di un contatto con lui.

< Va bene. Ma appena mi accorgo che Jane o Alec o chiunque altro vuole attaccare Edward con il suo potere lo avvolgo. Non mi interessa se poi non riuscirà a sentire i pensieri dei Volturi > conclusi il discorso con voce calma e pacata.

< Va bene > acconsentì Jasper.

< Ok. Edward, tu starai insieme ad Alice e agirete alle spalle dei Volturi, vi occuperete dei più forti. Anche se Alice non è particolarmente forte grazie al suo potere prevederà le mosse di chi vi attaccherà e quindi si saprà difendere benissimo e saprà distrarre al meglio i vostri avversari, mentre tu potrai approfittarne e attaccarli senza problemi. Penso che i primi di cui vi dovrete occupare saranno Felix e Demetri. Ovviamente ci saranno nuovi componenti di cui non sappiamo l’esistenza, come quei quattro che sono venuti a Forks tempo fa. Ma molto probabilmente loro faranno parte della guardia larga e di quella ci occuperemo io e Rose. Noi attaccheremo dalla parte opposta delle montagne > e indicò un bosco che costeggiava il sentiero che portava alla valle < Ovviamente non posso negare che non sarà un impresa facile e quindi vi posso solo dire di stare molto attenti soprattutto sulla difesa >.

Jasper terminò il suo discorso e ci fissò uno ad uno poi chiese < Vi sentite pronti? >.

No. Non mi sentivo affatto pronta. Non mi piaceva per niente combattere e avevo paura che qualcosa andasse storto. Ero sicura che in questa battaglia, se per un fortuito caso avessimo sconfitto i Volturi, avremmo perso qualcuno.

Non riuscivo a pensare ad un’eternità senza qualcuno di loro.

Alice, così piccola non riuscivo ad immaginarmela su un campo di battaglia. Come avrei fatto senza di lei. È la mia migliore amica da sempre e anche se eravamo estremamente diverse non so cosa avrei fatto se fosse sparita. Così vivace, divertente e pazza, una vera forza della natura maniaca della moda.

Emmett, il mio fratellone. È sempre così di buon umore. Un bambinone grosso come un armadio che farebbe di tutto pur di farci stare bene e farci sorridere anche in un momento del genere. Non riuscivo ad immaginare una vita senza le sue battute e le sue prese in giro.

Rosalie, sempre perfetta in tutto e così combattiva e testarda. La mia sorellona Barbie che avrebbe fatto di tutto pur di stare accanto alle persone a cui voleva bene. Sempre comprensiva e forte davanti ai problemi. Anche se a volte era un po’ troppo maniacale in certe cose è sempre mia sorella e non potrei mai non volerle bene ed esserle grata per tutto quello che ha fatto per me.

Jasper, lo psicologo di famiglia. Sempre pronto a farci stare bene e ad aiutarci a superare ogni difficoltà. Amavo i disastri che combinava con Emmett e i suoi scherzi a Renesmee. Anche se a volte era malinconico è sempre stato un grande amico pronto a farsi in quattro per farci superare la tristezza e la rabbia.

Carlisle, un vero e proprio padre, attento, comprensivo, giusto e leale in tutto. Sempre davanti ai libri o dietro la scrivania ma molto attaccato alla famiglia. Odia la violenza e non farebbe del male nemmeno ad una mosca se non fosse costretto dalla sua natura di vampiro. Sempre accogliente e mediatore tra le liti dei suoi figli e gentile nei confronti di tutti coloro che gli passano davanti agli occhi.

Esme, la mia dolcissima mamma. Tenera e unica nel suo genere. Con tutte le sue passioni e con il suo amore per i figli e per suo marito, mette sempre quel po’ di zucchero che serve alle nostre giornate. Sempre pronta a sacrificarsi al posto di uno di noi. Con i suoi occhioni dorati farebbe sciogliere anche il ghiaccio, infatti, lo fa ogni giorno per calmare i fuochi che si accendono tra i suoi figli scalmanati.

Jacob, il mio migliore amico e compagno di avventure. Forte davanti alle tragedie ma debole di fronte alla dolcezza e all’amore. Unico nella sua simpatia e nella sua pazzia di adolescente. Sempre voglioso di divertirsi e tornare bambino.

Renesmee, la mia piccola peste con la sindrome di Peter Pan. Imbranata, simpatica, combina guai, testarda, patita della moda, dolce, attaccata alla famiglia e pronta a sacrificarsi pur di difendere le persone che ama. Fin da piccola è stata lo specchio di ognuno di noi e racchiude tutti i nostri caratteri. La mia ragione di vita. Resterà sempre una bambina combina guai nel mio cuore e pensare che potrebbe non farcela a sopravvivere a questo giorno infernale mi piange il cuore, sarebbe un dolore troppo grande da contenere.

E poi… mi fa male soltanto pensare il suo nome in questo contesto…Edward, l’amore della mia vita, la luce delle mie giornate, la mia fonte di salvezza. Così perfetto in tutto e forte di fronte alla tristezza e al dolore, ma così fragile se si tratta della vita delle persone che ama. Senza mai un’esitazione e così bravo a nascondere i suoi sentimenti. Pronto a qualunque cosa per difendermi. Dolce, premuroso e comprensivo con tutti, ma anche testardo. Se lui avrebbe mai perso la vita io lo avrei seguito senza esitare perché di fronte ad un’esistenza senza di lui il mio cuore non riuscirebbe a rimanere integro.

< Si siamo pronti > esclamò Emmett all’unisono con Edward e Rose e unirono le loro mani, una sopra l’altra sospese appena sopra alla cartina. Jasper sorrise e mise anche lui la sua mano sopra quelle degli altri.

Alice esitò un attimo e fece lo stesso gesto di Jasper.

Mancavo solo io ed Edward mi guardò dolce ma con una luce di dolore negli occhi. Era inevitabile vista la situazione.

Mi sorrise incoraggiante e io mi feci coraggio e posai la mia mano su quella di Alice.

Ora era tutto pronto, ma proprio nel momento in cui ci rilassammo un minimo successe quello che, stranamente, mi aspettavo da quando eravamo entrati in casa.

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Capitolo 16
*** Addi prima della tempesta ***


Salve a tutti carissimi... Ecco un altro capitolo della mia ff!!! Spero vi piaccia e spero che lo recensiate!!!

Fatemi sapere le vostre opinioni... anche negative...le critiche aiutano!!!

Ora rispondo alle vostre recensioni:

Trettra: sono contentissima di averti emozionata...grazie per i complimenti!!! Le tue domande avranno una risposta con questo capitolo anche se dovrai aspettare i Volturi per quello dopo. Spero ti piaccia questo cap e aspetto una tua recensione. Baci baci...alla prossima!!!

Tede: grazie dei complimenti...era il mio scopo commuovere e penso che con questo nuovo cap i tuoi occhi sgorgheranno ancora più lacrime!!! Per i Volturi dovrai aspettare il prossimo capitolo!!! Baci baci...aspetto una tua recensione...alla prossima!!!

Isabella v: eccoti accontentata...comunque stai tranquilla...questo sarà un altro capitolo un po’ triste!!!! Baci baci...aspetto una tua recensione!!!!

 

Ora vi lascio alla storia...

Ci girammo di scatto verso la porta che si era aperta con un botto ed era stata quasi totalmente scardinata dalla parete a cui era attaccata. La vetrata che la componeva era andata in frantumi e il tappeto che si trovava subito dopo l’entrata fu invaso da centinaia di pezzi di vetro che si sparsero su tutto il pavimento.

L’autore di quel disastro ci fissava infuriato con quegli occhi che poco prima lanciavano saette ai presenti e ringhiava furioso. Il suo corpo tremava per la rabbia, le sue mani erano strette a pugno e i suoi occhi color cioccolato stavano prendendo una sfumatura color cremisi.

Renesmee ci fissava sotto l’uscio della porta furiosa. Non l’avevo mai vista così arrabbiata in trecento anni.

Ci venì incontro con passo fermo, deciso e molto poco calmo per poi fermarsi a meno di un metro da me ed Edward.

< VI SIETE BEVUTI IL CERVELLO? > gridò incatenando il suo sguardo con il mio e con quello di suo padre.

< Quante volte ve l’ho ripetuto in questi mesi eh? > esclamò abbassando leggermente il tono di voce ma mantenendo sempre intatta la sua furia.

< Non potete portarmi lontano dalla battaglia, non solo perché i Volturi mi troverebbero comunque, ma anche perché non ve lo permetterei. Siete ancora convinti che vi lascerei combattere senza il mio aiuto? Quante volte ve lo dire che io non voglio perdere nessuno di voi > l’ultima frase la disse mentre il suo tono alto cominciò a scemare e la sua voce cominciò a tremare e i suoi occhi si arrossarono e cominciarono ad appannarsi per via delle lacrime che, inesorabili, chiedevano si scendere dai suoi occhi.

< N...non potete chiedermi di ab...abbandonarvi. Voi s...siete la mia famiglia e i...io non posso lasciarvi d...da soli in questa b...battaglia >. Ormai la sua voce era rotta dai singhiozzi e il suo viso era rigato da fiumi di lacrime.

Edward la guardava distrutto e la avvolse nel suo abbraccio paterno.

Quando era piccola e di notte aveva paura, o quando si faceva male e piangeva lui la consolava subito abbracciandola in quel modo. In quei momenti lo invidiavo perchè solo lui avrebbe avuto l'esclusiva di consolarla in quel modo, come io avevo la possibilità di stare accanto a nostra figlia in momenti che a lui sarebbero sempre stati negati.

Lei si fece abbracciare piangendo sempre più forte e strinse le braccia dietro la schiena del padre appoggiando la fronte al suo petto e bagnando la camicia di Edward di acqua salata.

< Papà n...non chiedermi questo. Ti prego > implorò Renesmee facendo riaffiorare il viso e calmando quel fiume di lacrime che le rigava il viso d'angelo.

Edward si voltò verso di me con gli occhi pieni di dolore. Odiava quando nostra figlia soffriva così, e come lui anche io.

Poi si voltò di nuovo verso di lei e disse < Piccola mia non puoi combattere. Sei troppo debole e troppo facile da... > chiuse gli occhi e fece una smorfia prima di concludere la frase < ...uccidere >.

< E poi devi stare con tuo figlio. Non puoi assolutamente allontanarti da lui. Lo devi proteggere e portarlo in salvo >.

Ecco, Edward aveva schiacciato il tasto dolente che avrebbe fatto cedere di sicuro nostra figlia. Infatti, lei si staccò dal padre a testa china e si voltò verso di me guardandomi con quegli occhi tristi che non riuscivo a sopportare sul suo viso.

Mi avvicinai a lei e le accarezzai il viso delicatamente asciugando con il pollice le linee che le bagnavano le guance.

Abbassò lo sguardo, ma io le presi il viso tra le mani e lo alzai costringendola a guardarmi negli occhi.

< Ehi, piccola brontolona > cominciai per sdrammatizzare chiamandola con il nomignolo con cui la chiamavo quando era piccola.

Lei cacciò un sorrisino timido accompagnandolo con una risatina lievissima  che non nascondeva affatto il suo dolore.

< Non piangere. Tuo padre ha ragione: ti devi occupare del tuo Alex e lo devi proteggere. Se ci vuoi veramente essere d'aiuto devi fare soltanto una cosa >.

Mi fermai un attimo per vedere la sua espressione che rimase impassibile a parte una piccolissima ruga che si formò tra le sopracciglia.

< Renesmee devi andare via da qui e portarti via Alex. Solo così potrai aiutarci a portarti in salvo. Perché è questo quello che ci preme di più >.

Lei, tenendo lo sguardo sempre basso annuì leggermente e io l'abbracciai. Forse quello era l'ultimo contatto che avrei avuto con mia figlia. L'ultimo abbraccio.

Le feci appoggiare la testa sulla mia spalla e le baciai i capelli mentre glieli accarezzavo dolcemente.

Chiusi gli occhi per godermi fino in fondo quel momento. Potevo sentire le sue lacrime che mi bagnavano la pelle della spalla lasciata nuda dalla canotta che indossavo. Avrei voluto poter piangere per dare sfogo al mio stato d'animo, ma forse era meglio così.

Mia figlia sciolse l'abbraccio e disse con le lacrime che avevano ricominciato a scendere copiose < Ti voglio bene mamma >. Poi si voltò verso il padre che si avvicinò e che ci strinse tutte e due.

< Le mie donne > disse Edward scoccando un bacio sulla fronte di Renesmee mentre la teneva stretta con un braccio e con l'altro univa anche me a quell'abbraccio d'addio.

Una voce spezzò quel momento e ci riportò alla realtà.

< Ragazzi dobbiamo andare ci rimangono solo tre ore > disse Jasper chiaramente dispiaciuto di aver interrotto quell'addio.

Ci staccammo da Renesmee dicendole un ultimo “ attenta “. Lei fece il giro di tutti gli altri e li salutò con un abbraccio per poi seguire Jacob, Carlisle ed Esme, che teneva in braccio Alex che era sprofondato nel mondo dei sogni. Almeno lui in quel momento era felice, convinto di trovare i suoi genitori al suo risveglio e inconsapevole di tutto quello che stava succedendo.

Così anche loro sparirono con un ultimo sguardo di addio.

< È ora di andare > decretò Jasper.

Annuimmo tutti e ci avviammo verso la radura senza correre mano nella mano con i nostri compagni di vita. Volevamo goderci gli ultimi momenti insieme per bene, senza la frenesia della corsa addosso.

Edward teneva un braccio intorno le mie spalle e mi stringeva. Avevo appoggiato la testa poco più sotto della clavicola visto la mia bassa statura e avevo la mano posata sul suo petto.

Man mano che ci avvicinavamo alla valle stringeva la sua presa su di me. A un certo punto chiusi gli occhi continuando a camminare e affidandomi completamente a lui.

Cercavo di far riaffiorare i migliori ricordi che avevo della mia vita, ma non ci riuscii. Avevo fissa nella mente l’immagine di Edward nel castello dei Volturi che si contorceva dal dolore provocato da quel sorrisino spregevole di quella strega malefica. 

Avevo deciso: appena ne avrei avuto l’occasione avrei raccolto tutte le mie forze e l’avrei uccisa con le mie mani. Volevo che morisse per mano mia. Volevo che mi supplicasse di risparmiarla mentre le strappava quella testolina dal collo. Desideravo sentire il suo dolore mentre mi vendicavo per aver fatto soffrire il mio amore. Volevo smembrarla pezzo per pezzo per poi farla sciogliere sotto le fiamme solo per aver pensato di attaccare il mio Edward.

Mi ero irrigidita ed Edward se ne era accorto al contrario di me. Riaprii gli occhi e notai che la sua espressione cambiava da confusione a sorpresa.

< Bella che hai? > mi chiese fissandomi negli occhi sbalordito.

Poi mi accorsi: ero tutta rigida, con i pugni serrati, i denti digrignati e stavo ringhiando.

< Ha cosa stavi pensando? > mi domandò curioso e anche preoccupato < Hai gli occhi...rossi > concluse fissandomi incredulo.

Cosa? Gli occhi rossi?

Decisi di far vedere i miei pensieri ad Edward e quindi distaccai la protezione.

Lo vidi concentrarsi mentre ripensavo alla mia voglia di uccidere Jane

Vidi che apparve un sorrisino sul suo splendido viso e mi disse < Amore, non ti credevo così agguerrita. Però calmati stai impazzendo perché ti vuoi vendicare. È normale per noi vampiri, però calmati altrimenti farai qualche strage qui intorno >.

Ok, mi stavo calmando. Non potevo non farlo dopo le sue parole però quella voglia di vendetta mi scorreva ancora dentro e, anche se non ringhiavo più e la mia faccia si era rilassata, tenevo ancora i pugni serrati.

Edward mi prese il mento tra due dita e lo avvicinò al suo e con l’altra mano cominciò a sciogliere i miei pugni delicatamente. Dopo che mi fui rilassata completamente Edward azzerò la distanza tra i nostri visi con un bacio leggero.

Mi sfiorò appena le labbra e ripeté il gesto più volte, poi cominciò a succhiarmi il labbra inferiore tirandolo leggermente. Mi strinse a sé forte e protettivo avvolgendo un braccio intorno alla mia vita facendoci aderire perfettamente l’una all’altro.

Non resistetti più e gli presi il viso tra le mani per spingerlo verso di me e baciarlo intensamente. 

Non potevo pensare che tra meno di tre ore sarebbe scoppiata una battaglia che forse me lo avrebbe portato via per sempre.

Quello probabilmente era il nostro ultimo bacio e quindi il nostro addio.

Molto probabilmente Rose ed Emmett, Alice e Jasper stavano facendo la nostra stessa cosa perchè erano consapevoli come noi che tra poco sarebbe scoppiata una tempesta di cui forse non avremmo avuto la possibilità di vedere la fine.

Il nostro bacio si faceva sempre più profondo e triste e nessuno dei due voleva concluderlo.

Mi stringeva forte a sé avvolgendo un braccio intorno alla mia vita e tenendo l’altra mano chiusa a pugno sulla mia schiena. Io gli tenevo il volto tra le mani e lo accarezzavo convulsamente e con agitazione. Non volevo che lui sparisse. Non volevo che quello fosse un addio. Non volevo che tutto finisse.

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Capitolo 17
*** I Volturi ***


Eccomi ragazzi con un altro capitolo!!! Spero vi piaccia e non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni!!! Devo dire che non è stato molto semplice scriverlo... ma ce l'ho messa tutta!!!

Ora rispondo alle vostre recensioni:

Tede: eccoti accontentata con il seguito...ovviamente non ti posso dire niente sulla sorte di Jacob, Nessie, Alex, Esme e Carlisle ma fra un paio di capitoli lo scoprirai. Ora goditi questo capitolo e... mi raccomando fammi sapere...ci tengo alla tua opinione!!!

trettra: anche a me piace un sacco questo lato combattivo di Bella contro Jane ma ti posso solo dire che non sempre aiuta...non ti voglio anticipare niente!! Ora goditi il capitolo e per quanto riguarda la sorte di Alex non posso dire niente... comunque lo scoprirai fra un paio di capitoli!!! Aspetto una tua recensione...ciao!!!

Isabella v: si è vero l'addio con Nessie è stato abbastanza toccante, Comunque lo spirito di combattimento che ha Bella ho visto che piace...però ti dico solo che a volte sarebbe meglio controllare la propria impulsività...vabbè leggi il capitolo e capirai!!! Spero di ricevere un'altra tua recensione...baci baci!!!


Ora vi lascio al capitolo...

Ci trovavamo nella radura e mancavano solo due ore all’arrivo dei Volturi secondo la visione di Alice. Noi eravamo in sei e loro erano molti di più. Da quello che mi ricordavo e dai racconti di Edward dovevano essere poco più di una decina, escludendo gli anziani. Inoltre avevano quasi tutti dei poteri speciali molto potenti e chi non ne aveva era provvisto di una forza molto notevole, uno di questi era Felix.

Carlisle tempo fa, mi spiegò di aver riconosciuto due tra quei quattro vampiri che ci “avevano fatto visita” quasi un anno fa. Erano Santiago e Afton. Santiago, mi aveva spiegato Carlisle, aveva una forza fisica superiore alla norma, come Felix, anche se Santiago aveva meno esperienza. Afton, il compagno di Chelsea, invece, aveva un potere a dir poco raccapricciante: creava l’illusione della decomposizione, faceva credere all’avversario di decomporsi facendolo accasciare al suolo in preda agli spasmi di paura e dolore.

Ovviamente io non ero preoccupata di questo potere visto che agiva sulla mente, ma da come si stavano sviluppando i fatti avevo capito che nulla si doveva sottovalutare.

Gli altri due erano probabilmente arrivati durante questi trecento anni di silenzio, ma grazie alla loro visita sapevamo già il potere speciale di uno di loro. Il vampiro che aveva attaccato me ed Edward aveva la facoltà di comporre una sensazione di normalità e tranquillità nella mente dell’avversario facendogli così abbassare la guardia. Dovevo stare attenta a non farmi prendere dal panico e distaccare la membrana per nessun motivo, altrimenti mi sarei ritrovata nella stessa situazione dell’altra volta.

Poi c’erano Heidi, Renata, Demetri, Chelsea, Alec e Jane, tutti con dei poteri speciali.

Heidi era la cacciatrice dei Volturi e aveva il potere di ammagliare e di infondere fiducia nell’avversario o nella vittima per poi attaccarla senza che essa potesse ribellarsi.

Renata era lo scudo, la difesa per eccellenza della guardia e si preoccupava soprattutto di Aro. Il suo potere era molto simile al mio ma lei proteggeva dagli attacchi fisici, non mentali.

Demetri era il segugio. Con dei sensi impareggiabili e sottili, capace di captare l’odore di qualunque cosa volesse a chilometri di distanza. Lui era tra quelli che mi preoccupava di più ed Edward aveva detto di eliminarlo subito: aveva paura che seguisse la scia di Renesmee visto che uno degli obbiettivi principali dei Volturi era proprio lei.

Chelsea, invece aveva il potere di controllare i rapporti tra le persone, di capirli, di aumentarli sia in bene che in male. Era un bel guaio, perché se ci avesse messo contro l’un l’altro potevamo rischiare di combattere tra noi, ma Edward mi aveva rassicurato dicendomi che io sarei riuscita a tenere sotto controllo la situazione.

Alec, uno dei miei obbiettivi principali. Possessore del potere più potente tra la guardia dei Volturi. Capace di azzerare tutti i sensi e quindi attaccare senza essere contrattaccato dall’avversario.

Jane, maledetta. Lei doveva morire subito e per mano mia. Dovevo essere assolutamente io a toglierle la vita, non potevo permettere che mi sfuggisse. Dovevo spazzare via quella strega. Lei non doveva più recare dolore.

Poi c’erano gli anziani, e anche se non penso che avrebbero partecipato nel vivo della battaglia, erano pur sempre una minaccia, soprattutto Caius e Aro, con la loro sete si vendetta.

Jasper mi ridestò dai miei pensieri e ci disse dove appostarci e da dove attaccare. Ci diede gli ultimi consigli e ci augurò buana fortuna.

Edward mi teneva ancora stretta a sé e io non volevo allontanarmi da lui.

< Bella, è ora > mi disse con voce triste e uno sguardo pieno di dolore.

< Edward... Edward io... non... > cominciò a balbettare. Ditemi voi se si è mai visto un vampiro che balbetta. Non riesco a formulare una frase precisa e con un minimo di logica. Ho paura di questa battaglia perché so che qualcuno a me caro non ce la farà. So che potrei abbandonare anche io questo mondo, ma questo non mi mette tutta questa paura in confronto all’idea di veder morire le persone che amo. Preferirei morire cento volte invece di vedere scomparire qualcuno a cui voglio bene.

< Ti amo piccola mia. Non dimenticarlo mai > mi sussurra stringendomi a sé e incatenando i nostri occhi dorati.

< Anch’io Edward... anch’io ti amo >.

Si allontanò, dopo avermi stretta forte a sé probabilmente per l’ultima volta, e andò dove gli aveva indicato Jasper insieme ad Alice.

Prima che tutti ci fummo appostati vidi Alice irrigidirsi e fissare il vuoto: stava avendo una visione. Durò pochissimo e la sua espressione si fece confusa e ansiosa, come quella di Edward.

Ci fermammo e chiesi ad Alice cosa aveva visto cercando di trattenere il panico < Alice cosa hai visto? >.

Sbattè le palpebre incredula e con la stessa espressione confusa di prima mi rispose < Non lo so è stato un flash. Non ho capito bene cosa stesse succedendo. Mi sembra di aver visto... Demetri... ma non ne sono del tutto certa. Mi sembra la stessa sensazione, le stesse visioni che avevo quando... > era incerta se continuare e fissò Edward.

Lui era arrabbiato, glielo si leggeva in faccia. Ma il problema era: per cosa era arrabbiato?

< Quando? > incitai Alice a continuare.

< Quando Victoria giocava con i buchi nelle sue visioni > rispose Edward cogliendomi di sorpresa < Stanno usando la sua stessa tattica. Non prendono una decisione definitiva e piano piano si stanno creando un varco tra le visioni di Alice >.

Appena Edward finì la sua spiegazione si irrigidì e si voltò di scatto alle sue spalle.

Strinsi gli occhi per scorgere qualcosa tra gli alberi e li vidi.

Una sagoma scura avanzava lentamente verso di noi: i Volturi erano arrivati.

Edward mi guardò, mi diede un bacio sulla fronte e raggiunse Alice verso la sua postazione. Rimasi un attimo scossa ma poi mi ripresi e raggiunsi Emmett. Arrivato al suo fianco attivai la protezione. La estesi anche su Edward: la paura che potesse accadergli qualcosa era troppo forte, ma dopo che lui mi lanciò un’occhiata di ammonimento, come fece anche Jasper ritirai la protezione così da lasciarlo fuori.

I Volturi avanzavano e ormai si trovavano al centro della radura, ci videro e potei distinguere perfettamente le labbra di Jane distendersi in un sorrisino perfido appena mi vide. La fulminai ed ebbi uno scatto di rabbia. Mi stavo per avventare contro di lei, ma Emmett mi prese per un braccio e mi bloccò.

Il gruppo dei Volturi si aprì facendo passare Aro Caius e Marcus che si posizionarono davanti a tutti. Ci fissarono a lungo senza che nessuno si muovesse. Ero un silenzio pieno di tensione. Era la quiete subito prima della tempesta.

Aro sorrise e con la sua voce calma e pacata, ma letale, esclamò < Vedo che vi siete preparati. Non ce ne era bisogno. Sapete che non avrete nessuna possibilità di sconfiggerci anche se avete preparato un piano per contrattaccare >.

Silenzio. Caius ci scrutò uno ad uno soffermandosi leggermente su di me. Non ci badai, stavo scrutando la guardia. C’erano proprio tutti: Jane, Alec, Renata, Chelsea, il vampiro che mi aveva attaccato quella notte, Santiago, Afton, Heidi e un altro vampiro che, ricordai, era venuto tempo fa. Ma, un momento, mancava qualcuno. Dov’erano Demetri e Felix? Non li vedevo da nessuna parte.

Guardai Emmett. Anche lui stava scrutando la guardia e poi lo vidi cambiare espressione. Era sorpreso e incredula, come la mia: anche lui aveva notato l’assenza dei due vampiri.

Era strano, loro erano tra i più forti della guardia. Anzi erano proprio i più forti. Perché non c’erano?

Edward si girò di scatto a fissarmi, aveva un espressione terrorizzata, ma nel momento in cui i nostri occhi si incontrarono la sua espressione cambiò e diventò una smorfia di dolore. Urlò. Un urlo agghiacciante. Si accasciò a terra agonizzante tenendosi la testa tra le mani.

In quel momento mi sentì morire dentro e capi cosa stava succedendo: Jane.

Spostai lo sguardo su di lei. Fissava Edward sorridendo e godendo per quello che stava facendo.

A quel punto non ci vidi più. Quella strega doveva morire ora.

Mi divincolai dalla presa di Emmett, che ancora mi teneva per il braccio, e con tutta la rabbia che avevo in corpo mi fiondai su di lei senza pensare.

La colsi di sorpresa e con una forza che non avevo mai cacciato affondai i denti nella sua gola e tirai. La sua testa ruzzolò a terra, ma in quel momento fui spinta dall'altra parte del campo da qualcuno. Questo gesto mi fece deconcentrare e la mia protezione sugli altri mi rimbalzò dentro.

No, ne avevano approfittato, se ne erano accorti ed Alec non perse tempo.

La battaglia era cominciata e noi avevamo perso già prima di cominciare e tutto per colpa della mia impulsività repressa.

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Capitolo 18
*** La battaglia ***


Salve a tutti raga!!! Scusate per il ritardo ma ho avuto qualche contrattempo che non vi sto qui a raccontare!

Questo è il capitolo della battaglia con i Volturi e vi chiedo di aspettare il prossimo capitolo prima di arrivare a conclusioni affrettate...anche se vi avverto non ci sarà un lieto fine a questa storia...in fondo questa storia è drammatica.

Comunque ora vi lascio alla storia...bacioni e morsetti e tutti!

 

P.s. le risposte alle recensioni sono alla fine del chap!!

Di colpo Emmett si immobilizzò, gli occhi che fissavano il vuoto e la testa che scattava da un lato all’altro come in cerca di qualcosa. Era nervoso, disorientato.

Dall’altra parte Jasper si contorceva a terra spaventato e disgustato mentre si fissava le mani e le braccia.

Edward si teneva la testa tra le mani e urlava dal dolore.

Alec, Afton e Jane, che intanto si era ricomposta, gli stavano attaccando con i loro poteri.

Mi ero lasciata distrarre, e ora per colpa mia i miei fratelli e il mio amore stavano soffrendo.

Il colpo che avevo ricevuto era forte ma trovai la forza per rialzarmi.

Cercai di concentrarmi per riavvolgere la protezione su Emmett, Jasper ed Edward, ma prima che potessi focalizzarmi su di loro qualcuno mi colpì da dietro e mi fece schiantare contro Edward che stava ancora agonizzando a terra.

Cercai di concentrarmi e finalmente riuscii ad allargare la protezione.

Li riavvolsi protettiva e sfiorai il braccio ad Edward. Lui si girò verso di me.

< Stai bene? > mi chiese preoccupato.

< Si >.

Non feci in tempo ad avvertirlo che dietro di lui spuntò Santiago che gli si avventò contro colpendolo alle spalle. Fu un attacco velocissimo. Edward in un primo momento era indifeso, ma poi riuscì a prendere in mano la situazione.

Erano uno scontro tra titani. Santiago aveva una forza fisica enorme, ma per fortuna Edward era molto veloce ed agile e riusciva a schivare facilmente gli attacchi del Volturo.

< Bella! > gridò Edward dopo aver schivato un attacco e fatto schiantare Santiago sulla parete della montagna sferrandogli un attacco sulla schiena.

< Bella, ritira lo scudo da me > gridò Edward.

Non riusciva a sentire i pensieri del suo avversario, ma io non volevo lasciarlo indifeso.

Intanto Santiago si era rialzato e si preparava per saltare di nuovo addosso ad Edward. Lui non se ne era accorto.

< Edward attento! > gridai e appena in tempo si girò per difendersi.

Era in difficoltà perché non riusciva a sentire i pensieri si Santiago,così decisi di togliere la protezione da lui., ma poi notai che Jane mi fissava alternando lo sguardo anche su Edward.

No. Quella maledetta aspettava che io ritirassi la protezione da Edward per attaccarlo.

Cosa dovevo fare? Se avessi tolto la membrana Jane avrebbe usato il suo potere, ma se non l’avessi tolta Edward non sarebbe riuscito a leggere, e quindi prevedere, gli attacchi di Santiago.

Cosa dovevo fare?

< Bella muoviti! > urlò Edward. Era in difficoltà, allora decisi.

Mi avventai su Jane, e mentre l’attaccavo cercavo di concentrarmi su Edward.

Così allontanai la membrana da lui mentre combattevo con Jane.

Riuscii a bloccarla per le braccia e intanto lei addentava l’aria cercando di arrivare alla mia gola.

Cominciai a strattonarla per trovare un passaggio per il suo collo, quando un forte odore d’incenso mi arrivò alle narici.

Qualcuno era morto. Ma chi? Uno di loro o uno della mia famiglia?

Per controllare mi voltai un secondo e subito Jane ne approfittò.

Un dolore allucinante mi arrivò al collo. I suoi denti mi perforarono la pelle per poi cominciare a tirarla per lacerarla. Dalla mia gola uscì un urlo agghiacciante.

Faceva male, tanto male.

Però poi di colpo i suoi denti si staccarono da me e la vidi sbalzata in aria.

Il colpevole era la persona che ora mi stringeva a sé: Edward.

< Ci mancato poco > dissi mentre ero schiacciata sul suo petto.

< Stai bene? > chiesi divincolandomi leggermente dalla sua stretta per cercare qualche ferita sul suo corpo. Per fortuna non ce n’erano.

< Sì. Non ti preoccupare > rispose.

< Edward chi... > dissi con voce leggermente tremante voltandomi e indicando la colonna di fumo che si stagliava al centro del campo di battaglia.

< Tranquilla > disse < sono Chelsea, Afton e Heidi. Jasper, Rosalie ed Emmett hanno fatto un ottimo lavoro >.

Squadrai tutta la radura e con immenso piacere constatai che stavano tutti bene.

< ATTENTA! > gridò Edward.

Mi girai appena in tempo per deviare l’attacco di Jane.

Intanto Edward era saltato addosso a Santiago e ora lo stava azzannando. Vidi la testa del Volturo rotolare accompagnato da un urlo di dolore spaventoso.

Jane mi riattaccò, ma io la bloccai appena in tempo.

La schiacciai al suolo con un piede e mi chinai su di lei.

Si dimenava cercando di liberarsi dalla mia presa.

Veloce la presi per la mascella e affondai i denti nella sua gola. Feci forza e tirai lacerando la pelle del suo collo.

Lei urlò per il dolore e io continuai a lacerare il suo corpo con i denti mentre la sua testa rotolava.

< Questo è per aver fatto soffrire la mia famiglia, brutta strega sadica >.

Quella era la mia vendetta per aver fatto patire dolore al mio Edward.

Presi velocemente i suoi resti e corsi verso il falò

Li buttai e li guardai bruciare.

Qualcuno mi si avventò contro e per poco non finii tra le fiamme. Era Alec. Per fortuna ero nella posizione adatta per agire subito.

Mi bastò sfruttare un momento della sua rabbia per avventarmi sul suo collo. Purtroppo, causa la mia sete di vendetta e il disprezzo che provavo nei suoi confronti, non avevo calcolato bene la sua vicinanza al fuoco.

Come mi avventai contro di lui mi bloccò per le braccia. Era molto più forte di quanto pensassi.

Anche se il mio morso gli stava provocando dolore trovò la forza per parlare.

< Hai ucciso la mia Jane > mi sussurrò all’orecchio < Ora sto per vendicarla >

Mi prese ancora più forte, e mentre stavo lacerando la sua pelle si buttò tra le fiamme trascinandomi con lui.

Un calore atroce mi avvolse.

Faceva malissimo. Fu come se tutto intorno a me sparisse. C’era solo fuoco. Il dolore si avvicinava a quello della trasformazione. Era atroce.

In quel momento un urlo uscì dalla mia gola e invase tutta la radura.

Il dolore era così forte che volevo morire, volevo che finisse, non riuscivo a sopportarlo. Mi sentivo sempre più debole, ma sapevo che non potevo andarmene.

Perché? Perché quel dolore non cessava?

Poi tra le fiamme scorsi un volto. Il più bello che avessi mai visto, ma non era concreto, reale. Era come un sogno, un’illusione.

Un bellissimo viso a cuore contornato da boccoli bronzei, con labbra rosse, guance imporporate e grandi occhi color cioccolato: Renesmee.

Mi sorrideva, ma era un sorriso triste. Mi guardava dolce come sempre, ma con una luce malinconica negli occhi. Poi mosse le labbra e la sua voce mi rimbombò nella testa dolcemente, soave e triste.

< Mi dispiace. Ti voglio bene. Non morire e sii felice insieme a papà. Digli che è stato il padre migliore del mondo. Vi voglio e vi vorrò per sempre un bene dell’anima. Proteggete il mio piccolino e siate felici >.

Mi sorrise e poi sparì veloce, sfumando come un fantasma.

Cosa significava? Perché avevo visto mia figlia che mi...che mi diceva...addio?

Ero caduta in un senso di torpore che però sparì subito dopo che il volto di mia figlia scomparve, facendo tornare il dolore del fuoco che mi avvolgeva.

Poi sentii due braccia forti stringermi e sollevarmi.

Il dolore finì a poco a poco e sentii il fresco dell’erba umida sulla pelle. Era piacevole.

< Bella...bella rispondimi...BELLA!! > era la voce di Edward. Era spaventata e preoccupata. Mi arrivava ovattata, come se ci fosse un lenzuolo che gli copriva la bocca.

< Ti prego bella rispondimi. Apri gli occhi ti scongiuro > ora la sua voce melodiosa era intrisa di dolore, però questa volta mi arrivò più nitida. Questo significava che mi stavo riprendendo.

Dopo poco riuscii ad aprire gli occhi e vidi il mio angelo che mi fissava sollevato mentre tirava un sospiro di sollievo.

< Oh Bella! Mi hai fatto spaventare tantissimo. Credevo fosse troppo tardi > Mi sussurrò all’orecchio mentre mi stringeva contro il suo petto imprigionandomi nella sua stretta protettiva e confortevole. Quanto mi era mancato quel contatto.

Poi di colpo qualcosa, o meglio qualcuno, lo allontanò bruscamente da me spezzando il contatto tra i nostri corpi.

Un Volturo lo aveva colpito e sbalzato dall’altra parte della radura, proprio sul ciglio del precipizio che si svettava a più si cento metri sul mare in tempesta.

< EDWARD! > urlai spaventata.

Mi alzai facendo forza sulle mani e corsi verso di lui.

Ma a metà strada qualcuno mi si buttò addosso schiacciandomi al suolo.

Era uno dei vampiri della notte dell’addio al nubilato di mia figlia.

Mia figlia. Renesmee. Ora ricordavo quello che avevo visto tra le fiamme. Il suo viso.La sua espressione malinconica e triste. Il suo addio.

Cercai di divincolarmi dalla stretta del mio avversario ma senza alcun successo.

Era molto più forte di me e non riuscivo a muovermi sotto il suo peso.

Mi teneva i polsi sopra la testa con un mano, mi bloccava le gambe con le ginocchia e con l’altra mano mi prese per la mascella e comincio a stringere.

< Ciao piccola Cullen. Piacere io sono Philip. Ci siamo già incontrati ricordi? Nel bosco quando tu e la tua amichetta siete venute a soccorrere i vostri compagni > disse con voce suadente ma che alle mie orecchie pareva disgustosa e viscida.

Poi mi colse di sorpresa. Mi baciò infilando prepotentemente e con violenza la lingua tra le mie labbra.

< Non mi toccare bastardo. MOLLAMI > gridai dopo aver staccato la mia bocca dalla sua e  sputandogli in faccia per accentuare ancora di più il mio disgusto.

< Oh ma come siamo schizzinose> mi provocò < tanto tra non molto non dovrai dar conto a nessun marito geloso e iperprotettivo > mi sussurrò facendo sfoggio del suo ghigno malvagio migliore e lanciando un’occhiata veloce verso il precipizio, dove Edward e il vampiro che quella maledetta notte ci attaccò entrambi e che fu causa del mio “svenimento”.

Poi realizzai. Edward era privo di metà braccio che ora giaceva a terra a pochi metri dallo scontro. Era in difficoltà. Anche se prevedeva le mosse dell’avversario grazie al suo potere non riusciva a schivarle per quanto erano veloci. Cercò più volte di attaccarlo alla gola, ma ogni volta veniva prontamente deviato con un calcio ben assestato o con un pugno in pieno viso.

A un certo punto si ritrovò imprigionato da dietro con quello che rimaneva delle sue braccia stretto dietro alla sua schiena in una presa ferrea e il Volturo gli si avventò veloce alla gola.

Un urlò agghiacciante accompagnò il rumore metallico della sua gola che veniva lacerata.

< NOOOO!!! EDWAAAAARD!!!> gridai con tutto il fiato che avevo in corpo e riuscendo a sfuggire  miracolosamente dalla presa di Philip, che ora guardava divertito il combattimento.

Gli altri non si erano accorti di niente. Erano tutti impegnati a combattere. Ora si era aggiunto anche Philip alla battaglia con gli altri e quindi io ero l’unica che poteva salvare il mio Edward.

Corsi verso di lui che ora era agonizzante a terra e teneva la mano sul pezzo di collo mancante.

Il suo avversario si era un attimo allontanato dopo che Edward gli aveva sferrato un calcio in pancia, ma ora stava tornando all’attacco.

< Edward > lo chiamai. Ma non feci in tempo a sentire la risposta che qualcuno affondò i denti sul mio fianco.

< AAAAAHHHH! > gridai dal dolore mentre il vampiro mi stava staccando un pezzo di fianco con i denti.

< Bella...NOO! > gridò Edward.

Cercò di staccarmi di dosso quel pazzo sadico ma era troppo debole e fu sbalzato in aria da un calcio di Philip che intanto era tornato per spalleggiare il suo amico.

Edward cadde dal precipizio urlando.

< NOOOO! EDWAAAARD!! NOOOO!! > urlai mentre un dolore, che non aveva niente a che fare con il pezzo di fianco mancante, mi inondò il corpo.

< Bel lavoro Joshua > disse Philip all’amico che finora aveva avuto i denti affondati nel mio corpo.

Non riuscivo a muovermi. Il dolore al fianco era troppo forte e mi faceva agonizzare a terra.

Non vedevo più Edward e la paura cominciò ad invadermi.

< Dai finiscila una volta per tutte > disse Philip.

Ecco. Era arrivato il momento. Stavo per morire e questa volta nessuno mi avrebbe aiutato a sopravvivere.

< Addio Edward > sussurrai cominciando a singhiozzare < Ti amo >.

Poi sentii dei denti affondare nel mio collo e un ruggito di rabbioso.

Risposte alle recensioni

Tede: grazie per i complimenti...eh per quanto riguarda la tua domanda su dove sn finiti Felix e Demetri dovrai aspettare il prossimo chap!! Spero di trovare anche per questo capitolo un tuo commento...bacioni e morsetti...alla prossima!!!

 

trettra: anche a me non piace che Edward soffra ma se voglio mettere un po’ di azione e suspance è inevitabile...cmq l’impulsività di Bella in questo capitolo è servita permetterli un dubbio sulle condizioni di Renesmee...infatti è “grazie” alla sua impulsività che ha attaccato Alec ed è finita nelle fiamme. Non vedo l’ora di leggere il tuo commento e spero sia positivo!!! Alla prossima...bacioni e morsetti!!!

 

Isabella v: anche a me piace questo lato di Bella combattivo, anche se la prima volta gli è costato parecchio... per quanto riguarda Felix e Demetri dovrai aspettare il prossimo chap...spero che anche questo chap ti piaccia e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensi!! Alla prossima...bacioni e morsetti!!

 

Chanellina94: WOW quanto entusiasmo e sete di vendetta che hai!! Mica sei una neonata? Cmq per quanto riguarda la tua domanda su chi era morto hai letto male...nello scorso chap non c’era scritto “avevamo perso già qualcuno” ma “avevamo perso già prima di cominciare”!! Comunque spero che anche questo chap ti sia piaciuto e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensi...grazie per i complimenti...alla prossima...bacioni e morsetti!!!

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Capitolo 19
*** Lacrime ***


Eccomi tornata con l’ennesimo capitolo di questa storia...vi avverto, è triste, molto triste.

Vi prego solamente di non saltare dalla sedia e venire a cercarmi in massa con le torce in massa per ammazzarmi...sono ancora troppo giovane per morire!

Ok...ora avervi chiesto di risparmiarmi la vita (senza la quale non riuscirete a scoprire cosa succederà in seguito) vi lascio al chap!!!

P.S. le risposte alle recensioni si trovano alla fine!!!

P.s.s. vi consiglio di non andare a leggere subito le risposte alla recensioni prima di leggere il chap...altrimenti ve lo rovinerete!!!

Joshua fu scaraventato lontano da me schiantandosi così su Philip.

Edward era furioso. I suoi occhi erano neri come la pece, ma non per la sete, ma bensì per la rabbia.

Era riuscito a risalire il precipizio e a togliermi Joshua che stava per farmi a pezzi.

Approfittò della momentanea distrazione dei Volturi per ricomporsi e poi aiutare anche me a farlo.

< Tutto bene? > mi chiese apprensivo appena mi fui ricomposta totalmente.

< Si. Tu piuttosto, come stai? > chiesi guardando le numerose cicatrici che aveva sparse sulle braccia, sulle spalle e sul collo.

< Tranquilla. Sto bene > e mi abbracciò forte.

Poi mi ricordai di quello che avevo visto mentre ero tra le fiamme e decisi di dirlo ad Edward < Edward...prima quan... > non riuscii a concludere la frase che sentimmo un urlo. Era una voce che conoscevo benissimo: Alice.

Ci voltammo di scatto verso la direzione da cui Alice stava gridando.

Era inginocchiata a terra, stringeva la testa tra le mani e il suo corpo era interamente scosso dai singhiozzi.

Ci riunimmo tutti intorno a lei senza più badare ai Volturi e Jasper le si inginocchio affianco per poi stringerla tra le sue braccia.

Edward divenne come una statua di ghiaccio: immobile, il viso contratto in una smorfia di dolore, i pugni serrati e attaccati lungo i fianchi e lo sguardo perso nel vuoto.

Nessuno riusciva a capire cosa stesse succedendo... a parte me. Collegai immediatamente i singhiozzi di Alice e il dolore di Edward alla visione che avevo avuto mentre ero tra le fiamme.

Tutto questo poteva significare solo una cosa: Renesmee era...no non poteva essere...non doveva essere...forse la mia visione era solo dovuta alla paura e...e quello che ora stavano provando Alice ed Edward...forse...forse non centrava con Renesmee...forse...

Non mi accorsi nemmeno di aver cominciato a singhiozzare e di essermi accasciata a terra vicino Edward.

< Bella...Edward...m...mi dis...dispiace...io...io... > singhiozzò Alice. Non riusciva a parlare. Era scossa, molto scossa, e si disperava tra le braccia del suo Jasper.

< Alice, Edward cosa succede? > chiese Emmett inginocchiandosi vicino al fratello che era ancora immobile e che fissava il nulla.

< R...Renesmee...è...m... > cominciò Alice, ma io non volevo concludesse. Non volevo sentire quelle terribili parole. Non volevo sentire la conferma alle mie paure, ai miei timori, alle mie ormai certezze.

Mi tappai le orecchie appoggiando la fronte sul terreno umido cercando di isolarmi da ogni cosa per non sentire le parole di Alice, ma quelle arrivarono prepotenti, come per prendersi gioco di me, e dentro di me maledissi il mio udito super sviluppato.

< È...m...morta > la voce di Alice si ruppe, infranta dal dolore e dai singhiozzi.

Potei sentire il tonfo di Rosalie che si accasciava al suolo e poi... niente.

Nella radura c’era silenzio, c’era solo silenzio spezzato dai singhiozzi di miei e di Alice.

Silenzio... solo silenzio... tanto silenzio... troppo silenzio.

Non fui l’unica ad accorgersene, infatti appena alzai lo sguardo vidi che anche gli altri erano confusi.

Ci voltammo verso il precipizio dove fino a poco fa si trovavano i Volturi e dove ora...non c’era nessuno.

Come era possibile? Dov’erano andati?

In quel momento uno sfruscio ci fece voltare verso Est, dove si trovava la foresta, e tra gli alberi spuntarono due figure che riconobbi immediatamente.

La prima era un uomo, alto, con capelli corti e biondissimi e la seconda una donna con il viso a cuore e i capelli color caramello: Carlisle ed Esme.

Avanzarono verso di noi lentamente con il viso triste e pieno di dolore.

Esme portava in braccio un involucro di coperte candide e Carlisle teneva tra le braccia un corpo. Trascinavano una tavola di legno liscia e larga dove sopra vi era poggiato...Jacob.

Era steso, immobile, con gli occhi chiusi. Sembrava dormisse, ma il suo cuore...non batteva.

Allora...

Riportai lo sguardo sul corpo che giaceva tra le braccia di mio padre.

Era avvolto da una vestaglia da notte rosa. Il viso pallido, gli occhi chiusi e i boccoli bronzei che ricadeva sulle spalle esili e sul braccio di Carlisle che le teneva la testa.

Era...era...R...no, non poteva essere.

< NOOOOOOOOOOOO!!!!! > gridai con tutto il fiato che avevo in corpo e alzando la testa al cielo. Un dolore atroce mi squarciò il petto creando un voragine profondissima che arrivò a lacerarmi l’anima.

Dietro di me un urlo disumano invase l’intera radura scoppiando dalla gola di mio marito.

Mi alzai e corsi verso Carlisle poi... la vidi.

Era bellissima, ma vuota. Senza quel dolce sorriso, senza quel tenero rossore che le dipingeva le guance, senza quell’espressione felice che la rendeva la persona più dolce e bella al mondo. Senza...vita.

Il suono più importante della mia esistenza, il battito del suo cuore, non c’era più. Era sparito insieme alla mia piccola brontolona. Il mio angelo era volato via, per non tornare più.

La presi tra le mie braccia fredde e la strinsi poggiando l’orecchio sul suo cuore ormai freddo e vuoto.

Mi inginocchiai e presi ad accarezzarle i capelli e le guance, come facevo ogni volta che era triste o pensierosa.

La sua pelle non emanava più quel calore a me così caro. La sua temperatura era come la mia e questo mi portò ai singhiozzi che da tanto premevano per uscire.

Qualcuno da dietro mi strinse. Sapevo chi era, quindi non mi girai per controllare.

Le braccia di Edward mi strinsero forte e affondò il suo viso nei miei capelli. Anche lui prese a singhiozzare.

Avvicinai quel dolce viso al mio petto e infilai le dita nei boccoli morbidi. Strinsi forte la mia dolce Renesmee a me, ma senza esagerare, anche se sapevo che non potevo farle male, per me lei era ancora qualcosa di fragilissimo rispetto alla mia stretta da vampira, e quindi la strinsi forte ma delicata.

Cominciai a cullarla con il rumore dei singhiozzi miei e di Edward che ora si era posto davanti a me e ci stringeva entrambe.

I singhiozzi si fecero sempre più frequenti e presto la radura ne fu invasa. Tutta la mia famiglia stava versando lacrime invisibili e asciutte.

Il dolore che stava aprendo il mio petto ferocemente non aveva intenzione di andarsene e continuava a bruciare come le fiamme dell’inferno incenerendo il mio cuore morto e vuoto. Tutto intorno a me si era trasformato nel supplizio più atroce. Il dolore di una madre che stringe tra le sue braccia il corpo della figlia senza vita è quello più brutto, atroce, insopportabile, tremendo, orribile e straziante che qualunque essere a questo mondo possa penare in tutta la sua vita.

Tutto...tutto era scomparso dal mio cuore...tutto. La felicità, la gioia, la serenità, l’amore, l’amicizia. Tutto. Non provavo più niente, solo dolore. Atroce dolore.

Continuavo a cullare mia figlia prendendo a singhiozzare ancora più forte insieme ad Edward e a disperarmi cercando di trovare quella piccola, minuscola, invisibile scheggia di sicurezza e conforto che in quel momento mi potevano dare le braccia di mio marito, ma non riuscii a trovarla: il dolore mi sovrastava. Mi faceva annegare, mi toglieva l’aria, mi premeva da dentro la voragine che sanguinava e pulsava facendo tremare il mio corpo, già scosso dai singhiozzi che diventavano sempre più frequenti e forti.

Accarezzavo i capelli del mio dolce angioletto ma lei non rispondeva al mio tocco materno. Perché non rispondeva? Perché non apriva quelle pozze di cioccolato? Perché non mi guardava? Perché non rideva? Perché non si muoveva? Perché...

< PERCHé!!!! > gridai cercando di sfogare in qualche modo quel dolore che mi stava risucchiando, senza però ottenere il risultato sperato.

Edward rispose al mio grido stringendomi ancora di più con le sue braccia.

Cercava di consolarmi, anche se sapeva di non poterci riuscire, ma lui non si dava per vinto. Sapevo che cercava di trattenere i singhiozzi per non addolorarmi ancora di più, ma non ci riuscì. Il dolore per lui era grande come il mio, ma come suo solito cercava di reprimerlo...per me.

Aveva il viso nei miei capelli e sentii una sensazione di umido proprio dove lui era appoggiato con la testa. Sentii la stessa sensazione anche sulle mie guance.

Mi era famigliare, ma non riuscivo a ricordare cosa significasse. Sentivo come qualcosa che scendeva sul mio viso contratto dal dolore partendo dai miei occhi. Non riuscivo a capire cosa fosse.

Non mi accorsi nemmeno che Edward si era distaccato da me e ora si tastava le guance con le dita.

Mi ridestai un attimo vedendolo fissarsi le punte delle dita con un’espressione confusa e sorpresa che, però, non copriva il dolore e la sofferenza atroce che stava provando in questo momento.

Poi alzai gli occhi sulle sue guance e le vidi.

Edward stava...piangendo. Stava versando lacrime. Fiumi di lacrime che gli rigavano le guance per poi passare sul mento, sul naso, sulle labbra e poi cadere goccia a goccia sul terreno umido. Erano lacrime...dorate. Quei fiumi dolorosi erano dello stesso colore dei suoi occhi.

Edward alzò lo sguardo e così notai anche i suoi occhi colmi di quel liquido proibito alla nostra razza.

Era stupito e anche un po’ spaventato.

Poi allungo la sua mano asciutta verso di me e mi sfiorò una guancia. Quando la ritirò sulle sue dita erano intrappolate delle gocce della stessa tonalità delle sue sorprendenti lacrime. Anche io stavo versando quel liquido tanto desiderato nei momenti più tristi della vita di un vampiro.

Poi percepii ancora meglio quella sensazione di bagnato sul mio viso e anche io me lo sfiorai. Tra le mie mani ora si trovavano lacrime...le mie lacrime.

Non ci potevo credere e dall’espressione che aveva Edward neanche lui lo poteva fare.

Noi, Edward e Bella Cullen, due vampiri, stavamo piangendo versando lacrime.

Nessuno nella radura parlò o emise un minimo rumore, anche i singhiozzi erano cessati. Tutti eravamo stupiti da quello che stava succedendo a me e ad Edward.

Abbassai lo sguardo sul viso di mia figlia e notai che c’erano delle piccole gocce di quel liquido su di esso.

Le nostre lacrime continuarono a sgorgare come per voler essere liberate dopo tutte le volte che non erano potute scendere dai nostri occhi.

Il flusso non si fermava e io non volevo si fermasse. Era bellissimo piangere liberandomi attraverso quelle gocce dorate.

Strinsi ancora una volta mia figlia al petto edward fece lo stesso avvolgendoci entrambe con le sue braccia forti, ma impotenti di fronte a tutto quel dolore.

Ricominciai a singhiozzare accompagnando con quegli spasmi i fiumi che mi rigavano il viso e con me si aggiunse anche Edward che ci cullò.

La nostra unica ragione di vita, il nostro angelo arrivato per caso e che ci aveva donato le giornate più belle e felici se ne era andato e noi eravamo consapevoli che non sarebbe più tornato a consolarci e ad asciugare quelle lacrime proibite.

Risposte alle recensioni!!!!

 

Tede: come hai potuto leggere Bella è ancora viva...almeno fisicamente, dopo quello che è successo a Renesmee! Ti prego non mi odiare, ma questa storia ce l’ho in mente da parecchio e mi è venuta in testa tutta intera, quindi...

Comunque spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo anche se è triste!!! Bacioni...spero di leggere il tuo commento anche per questo chap!!! Morsetti!!!

 

trettra: salve cara...comunque le tue recensioni sono tutte chiarissime e per la mia felicità sempre positive...ho detto così l’altra volta per nessun motivo in particolare...quindi ti ringrazio ancora per i tuoi pensieri positivi verso la mia storia!!! Comunque sono felice che la battaglia ti abbia entusiasmato e da come hai potuto leggere in questo capitolo Edward e Bella stanno bene...anche se secondo me preferirebbero il contrario visto come si sono svolte le situazioni!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto anche se è il più triste che ho scritto finora...spero di ritrovare un’altra recensione da parte tua anche per questo chap!!! Alla prossima...bacioni e morsetti!!!!

 

Isabella v: bhe...che dire...come hai letto Renesmee non ce l’ha fatta, come Jake...ma dopotutto questa è una storia drammatica!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e spero che tu sia una di quelle persone a cui piacciono le storie tristi...altrimenti ho paura di conoscerti con una motosega in mano...ihihih!!! Comunque il ruggito era di Edward che vedendo Bella in pericolo ha trovato la forza di riprendersi e salvarla!!! Spero di leggere una tua recensione anche per questo capitolo e...bacioni e morsetti...alla prossima!!!

 

VampireGirl: Ciao...una faccia nuova!! Grazie per i complimenti e...sì...purtroppo Nessie non ce l’ha fatta!! Comunque spero di trovare una tua recensione anche per questo chap...anche se negativo...dopo tutto il casino che ho fatto me lo aspetterei!!! Alla prossima...bacioni e morsetti!!!!

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Capitolo 20
*** Dolore sconosciuto ***


Salveeeeeee!!!!!! Eccomi di ritorno...si lo so...avevo detto che in questo capitolo avreste scoperto come erano morti Jacob e Nessie...ma siate clementi...Edward e Bella hanno perso la figlia e non potevo non dedicare un capitolo al loro stato d’animo. Però vi prometto che ne prossimo scriverò quello che volete sapere!!

Comunque...ora vi lascio al chappo!!!!

P.S. qualcuno mi potrebbe spiegare per piacere come si fa a postare le immagini? Vorrei farvi vedere le lacrime!!! Grazie in anticipo!!!!

Ci trovavamo tutti in salotto, Alex stava dormendo nella sua culla al piano di sopra, almeno lui era salvo e ora sognava tranquillo ancora inconsapevole di tutto quello che stava succedendo e che era successo. Edward era seduto sul divano e teneva tra le braccia il corpo di nostra figlia. Le accarezzava il viso delicatamente, come se avesse paura che un tocco più forte l’avrebbe sgretolata come sabbia. Aveva il viso ancora rigato dalle lacrime dorate che non smettevano di sgorgare dai suoi occhi. L’espressione sul suo viso faceva trasparire tutto il dolore che stava provando in quel momento, e per quanto forte poteva essere non riusciva a nasconderlo questa volta. Le accarezzava i capelli così simili ai suoi e la guardava triste. Sapevo che anche lui come me ancora non riusciva a credere a quello che era accaduto, o meglio ci credeva ma non riusciva ad accettarlo. Quella luce triste nei suoi occhi, quell’espressione di dolore, quella smorfia che gli contraeva il viso mi faceva male, non riuscivo a sopportarla. Mi ero ripromessa che non avrei mai permesso che quell’espressione si fosse ricreata sul viso di mio marito, ma avevo fallito. Non ero riuscita a difenderlo dal dolore. Non avevo mantenuto la promessa che mi ero fatta. Ero solo un’incapace. Una moglie pessima perché non ero riuscita a proteggere l’amore della mia esistenza da quel supplizio, e una madre ancora peggio perché non ero stata in grado di proteggere mia figlia, la mia piccola, fragile, tenera, imbranata, dolce bambina. Ero una buona a nulla, da quando ero entrata a far parte della vita dei Cullen avevo combinato solo guai e li avevo costretti a soffrire. Era tutta colpa mia. Più guardavo le faccie della mia famiglia più mi convincevo che ero io la colpa di tutto questo.

Carlisle era distrutto, lo sguardo perso nel vuoto della foresta che si vedeva dall’ampia vetrata del salotto. Lui era la vera forza di questa famiglia, il nostro mentore, colui che ci guidava per la strada giusta, era un vero e proprio padre. Ora anche lui non aveva più nessuna forza, la sua pacatezza, la sua sicurezza, la sua gentilezza erano sparite, sostituite dal dolore. Cercava di dare conforto ad Esme stringendola a sé, senza riuscirci.

Esme, la dolce Esme. Sempre così materna, tenera e pronta a tutto per i propri figli. Sì, così ci considerava, noi eravamo come figli per lei e noi la ritenevamo una madre, la nostra dolce mamma che ora, per colpa mia, stava soffrendo tantissimo per la morte della nipote che tempo fa credeva di non poter mai avere. Stava singhiozzando cercando di liberarsi da tutto quel dolore che le storpiava il viso dolce in una smorfia di sofferenza e che ora nascondeva affondandolo nel maglione di suo marito.

Emmett era seduto sulla poltrona con le mani sul viso e i gomiti poggiati sulle ginocchia. Credevo di non dover vedere mai il mio fratellone in quello stato, e invece ora la sua allegria, la sua spensieratezza e le sue battute erano state cancellate con un colpo di spugna e non ero nemmeno sicura se sarebbero tornate o meno nella sua vita, nella nostra vita.

Rosalie, così forte e tenace era veramente distrutta, fatta a pezzi. Voleva bene a... mia figlia... più di chiunque altro dopo me ed Edward, lei era come una seconda mamma e ora stava malissimo. Chissà se sarebbe tornata come una volta, sempre con il sorriso sulle labbra e premurosa nei confronti di tutto. Era proprio cambiata rispetto alla prima volta che l’avevo vista e ora forse stava per cambiare di nuovo.

Jasper era nella stessa situazione degli altri anche se, come Carlisle cercava di nascondere il proprio dolore per consolare Alice, ma io riuscivo a vedere lo stesso il dolore che lo attanagliava. Ogni tanto si faceva scappare qualche singhiozzo e sapevo che stava cercando di calmarci con il suo potere, ma non ci riusciva, come poteva riuscirci se anche lui stava soffrendo tutto quel dolore, anzi, chissà come era difficile per lui stare in quella stanza piena di quella sofferenza atroce. Anche lui era attaccatissimo a...non riuscivo nemmeno a pronunciare il suo nome, faceva troppo male.

Alice non stava un attimo ferma, si dibatteva cercando di divincolarsi dalla stretta di Jasper senza riuscirci. Lei si sfogava, oltre che con i singhiozzi, prendendo a pugni qualcosa, come stava facendo ora con i petto del povero Jasper. Ero fin troppo sicura che non avrei mai più rivisto quel sorrisino furbetto sulle sue labbra, quell’allegria e quella voglia di vivere e divertirsi. Lei era la mia migliore amica e la conoscevo fin troppo bene. Era brava a tranquillizzare le persone facendole distrarre in tutti i modi possibili e immaginabili, ma era anche estremamente fragile di fronte alla sofferenza.

E infine...io...ero vuota. Non provavo più niente all’infuori dell’dolore e del senso di colpa che stava crescendo sempre di più. Non riuscivo a sopportare quella situazione e così mi ritrovai a correre in mezzo alla foresta.

 

Erano ormai quattro ore che correvo e non intendevo fermarmi. Sentivo una presenza alle mie spalle, ma non mi importava. Sapevo che era Edward, ma non volevo fermarmi, volevo correre e sfogare tutto quel dolore che ora stava cercando di fuoriuscire attraverso le lacrime che non avevano smesso di rigarmi il volto da quando avevo preso tra le braccia il corpo di mia figlia.

Anche se correvo non riuscivo a sfogarmi come si deve e allora cominciai a prendere a calci e pugni tutto quello che mi si parava davanti. Rocce, cespugli, alberi, tronchi caduti.

Mi stavo sfogando e intanto gridavo, gridavo per il dolore, gridavo per il sensi di colpa, gridavo per la rabbia, gridavo per la mia incapacità di proteggere la mia famiglia, gridavo per tutta questa faccenda e per quello che era successo.

Poi sentii due braccia bloccarmi da dietro e strattonarmi per farmi smettere i distruggere la foresta.

Non volevo fermarmi, ma le braccia erano troppo forti, così cominciai a sbattere i pugni sul petto di Edward che non accennava a mollarmi.

Ero arrabbiata, furiosa, ma piano piano la rabbia cominciò a tornare sofferenza e allora le braccia di Edward mi sembrarono il rifugio perfetto.

Mi fermai e ricominciai a piangere. Edward mi strinse forte imprigionandomi tra le sue braccia. Cominciò a piangere anche lui.

Perché era successo tutto questo? Perché non potevamo essere felici? Perché quei maledetti Volturi non ci lasciavano in pace una volta per tutte? Cosa avevamo fatto di male per meritare tutto questo dolore? Noi non chiedevamo nulla, volevamo soltanto essere felici e tranquilli tutti insieme.

Perché non potevamo vivere anche noi il nostro “felici e contenti”?

 

Edward ed io eravamo rimasti abbracciati per ore in mezzo al disastro che avevo combinato nella foresta a piangere e a versare tutte quelle strane lacrime.

< Edward...m...mi dis...dispiace > dissi con la voce tremante ancora scossa dai singhiozzi < N...non sono st...stata in g...grado di pr...pr...proteggere nostra f...f... > non riuscii a concludere la frase, il dolore mi premeva sul petto e non riuscivo a trovare l’aria necessaria per parlare.

< No. Non devi accusarti per quello che è successo. Non è colpa tua. Non potevi sapere che sarebbe successo una cosa del g...genere > sentii chiaramente quel singhiozzo che ruppe il suo discorso e mi fece male. Anche se aveva pianto per tutto il tempo, lo aveva fatto in silenzio, sfruttando la possibilità di versare lacrime senza alcun rumore, ma questa volta non era riuscito a reprimere il suo dolore nel silenzio.

< Sì in...invece. La colpa è s...solo mia. L...lei non d...doveva m...morire > continuai < D...dovevo m...m...morire io al p...posto suo. S...sono una m..m...madre p...pessima. L’unica c...cosa che d...dovevo fare e...era pr...proteggere nos...nostra f...figlia, e n...non ci s...sono riuscita. S...sono un’incapace. Io...io... > non riuscivo più a parlare, i singhiozzi non me lo permettevano.

< No Bella, no. Tu sei stata una madre perfetta, dolce, premurosa e comprensiva. L’hai sempre protetta da tutto e da tutti e ora non ti devi accusare di niente, perché non hai nessuna colpa > disse deciso, anche se potevo percepire la fatica che stava facendo per reprimere i singhiozzi. Lui stava facendo tutto questo solo per non farmi soffrire ancora di più, perché sapeva benissimo che ogni suo gesto che esprimeva dolore mi faceva male.

E io...io lo stavo facendo soffrire ancora di più costringendolo ad assistere alla mia penosa esibizione. Come io stavo male vedendolo soffrire anche lui provava lo stesso vedendo me avvolta nel dolore. Ma non riuscivo a mettere la maschera, questa volta non la trovavo.

Così decisi. Se non riuscivo a nascondere la mie pene non significava per forza che Edward doveva assistere.

In quel momento capii cosa aveva provato Edward quando mi aveva abbandonata dopo il mio tragico diciottesimo compleanno.

Dovevo farlo per il suo bene, già stava soffrendo per la perdita di nostra figlia, non doveva soffrire anche per il dolore che provavo io e non doveva cercare di reprimere i suoi sfoghi solo per non farmi soffrire.

Mi divincolai dalla sua stretta cercando di frenare un po’ i singhiozzi e dopo gli sussurrai all’orecchio < Perdonami > e ricominciai a correre.

La causa di tutto ero io. La vita dei Cullen cambiò radicalmente dal momento in cui misi piede nella loro sfera famigliare e avevano sofferto già troppo per colpa mia.

< Bella. BELLA! > sentii gridare Edward, sapevo che stava correndo, percepivo la sua presenza dietro di me, e sapevo anche che lui era molto più veloce di me.

Non so da dove trovai la forza ma accelerai ancora di più l’andatura già al limite e continuai a correre sperando in una resa di Edward.

Il dolore dentro di me stava crescendo ancora di più per il gesto che avevo fatto poco fa ma mi sforzai di non badarci anche se fu tremendamente difficile.

< BELLA!! TI PREGO FERMATI!!! BELLA!!! > Edward non accennava a fermarsi e nemmeno io, anche se la tentazione di farlo e correre tra le sue braccia era forte, ma dovevo resistere. Senza di me lui sarebbe stato meglio e con lui tutta la famiglia.

Le lacrime ricominciarono a sgorgare copiose e a rigarmi il viso gelido. La velocità le facevano incastonare tra i miei capelli e lasciare una leggerissima scia dietro di me.

Poi sentii Edward fermarsi e accasciarsi sul terreno umido e le parole che sussurrò mi arrivarono come grida all’orecchio < Non lasciarmi...ho b...bisogno di te >.

Facevano male, tanto male e non riuscii a non cadere a terra.

Mi rannicchiai su me stessa, le braccia strette al petto speranzose di richiudere quella voragine sanguinante, e le gambe richiuse contro di me in posizione fetale.

Le lacrime sgorgarono senza lasciare nessun accenno a fermarsi.

Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a fare più niente all’infuori di piangere e singhiozzare.

Sentii i passi leggeri di Edward che si avvicinava. Si inginocchiò di fianco a me e mi prese tra le sue braccia. Cominciò a cullarmi dolcemente.

Questa volta anche lui singhiozzò, sapevo benissimo che voleva fermarsi ma il dolore era troppo per la sua infinita forza di volontà.

< Non devi mai p...più pr...provare ad abb...abbandonarmi. L...levati dalla t...testa questa st...stupida convinzione di es...essere t...tu la c...causa di t...tutto > mi sussurrò all’orecchio.

< Sc...scusami sono st...stata una st...stupida >.

Rimanemmo in quella posizione senza parlare per un po’ e dopo esserci calmati un minimo dissi < Edward...perchè? Perché ce l’hanno portata via? Perché non possiamo essere felici? Cosa vogliono da noi? P...perchè hanno deciso d...di far sp...sparire il nostro an...angelo? >

< Non lo so Bella. Non lo so. So solo che la vendicherò. Fosse l’ultima cosa che faccio >.

Anche se il suo dolore era ancora ben visibile, una parte di esso si era trasformato in rabbia, furia e sete di vendetta.

Sì. Dovevamo vendicarla. I responsabili del nostro dolore dovevano pagare e l’avrebbero pagata molto cara. Mai togliere un figlio dalle braccia di una madre e di un padre. Mai.

Risposte alla mie fan...hihihi!!!

 

Tede: WOW...grazie per tutti questi complimenti...sono contentissima che questo chap ti sia piaciuto....a me piacciono molto le storie strappalacrime e sono felice di essere riuscita a far avere questo effetto su di te!!! Non vedo l’ora di leggere la tua opinione su questo chap...alla prossima...bacioni e morsetti!!!

 

Isabella v: sono felicissima ti sia piaciuto...vedo che anche tu non sopporti particolarmente Jake...mmm...siamo della stessa pasta allora!!! Comunque il piccolo è vivo e alla fine di questa storia sarà protagonista di altri capitoli tristi!!! Spero che anche questo capitolo T.T ti piaccia!!! Alla prossima...attendo con ansia la tua recensione!!!

 

trettra: grazie mille per i complimenti...sono felicissima che la mia storia ti piaccia...comunque Alex sta bene anche se poverino ha perso entrambi i genitori!!! Spero di leggere anche per questo chappo la tua opinione...alla prossima...bacioni e morsetti!!!

 

Chanellina94: WOW...calma, calma...agli omicidi ci penseranno Ed e Bells...non disperare...comunque non voglio anticiparti niente!!! Per sapere chi è il colpevole dovrai aspettare il prossimo capitolo...diciamo che il prossimo sarà dedicato ai racconti!!! Spero che anche questo chap ti piaccia...kissotti!!!!

 

VampireGirl: mmm...si Alex è vivo...sì Nessie nel momento della visione di Bella era già morta...ovviamente non posso dirti se sono stati Felix e Demetri gli autori del fatto...ma tranquilla nel prossimo chappo scoprirai cosa è successo!!! Sono contenta che ti sia piaciuta l’idea delle lacrime...ho anche modificato una foto che le rappresenta, ma non so come postare l’immagine!!! Se tu lo sai potresti spiegarmelo? Comunque spero che anche questo chap ti sia piaciuto...non vedo l’ora di leggere la tua recensione...kissotti e morsetti!!!

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Capitolo 21
*** Racconto di una fine ***


OK! Lo so, lo so! Sono imperdonabile...una persona orribile! Ne sono consapevole!!

Il mio ritardo non si può giustificare...quindi non lo faccio!!!

Però sono tornata finalmente...e per farmi perdonare da voi ho già 2 capitoli pronti...freschi freschi!!!

Quindi ora li posterò tutti e due e vi dirò anche il titolo di quello dopo...che ancora non ho cominciato a scrivere, ma che comincerò appena avrò postato...garantito!!!

Allora...il titolo del capitolo dopo questi 2 è partenza!!!

Vi lascio volare un po’ con la fantasia...ma penso che abbiate già capito quale sarà la meta di questo viaggio!!!

 

Ok...ora vi lascio all’atteso capitolo...e x quanto riguarda le risposte alle recensioni le metterò nell’altro!!!

Edward ed io eravamo tornati in salotto dove la scena di poche ore prima non era mutata. Tutti erano rimasti nelle stesse posizioni anche se un po’ avevano calmato la loro sofferenza. Notai che mentre eravamo fuori qualcuno si era sfogato per bene. Testimoni erano le piume dei cuscini del divano che si trovavano su tutto il pavimento del salotto e quasi tutti i mobili erano distrutti. Non volli indagare sul colpevole, anche perché non mi interessava e perché sapevo già chi poteva essere stato: Alice.

Mio marito ed io ci sedemmo sul divano incuranti delle piume e di nuovo regnò il silenzio.

Poi sentimmo qualcuno che piangeva al piano di sopra e senza pensarci corsi nella stanza di Alex.

Si trovava nella sua culletta, avvolto nelle copertine che si dimenava e piangeva. Mi avvicinai e lo presi tra le braccia.

Agitava le manine chiuse a pugno e scalciava con le gambette. Cominciai a cullarlo e ad accarezzargli il visino. Si calmò un po’ e aprì gli occhietti vispi. Quelle pozze di cioccolato fuso mi colpirono in pieno e una lacrima sfuggì ai miei occhi.

Aveva gli occhi uguali alla mamma. Era veramente un angioletto.

Mi asciugai svelta la lacrima e ricominciai a cullarlo. Intanto andai verso il mobile vicino alla finestra dove c’era un piccolo pentolino dove vi era poggiato un biberon di latte appena scaldato: molto probabilmente opera di Esme. Lo presi e poggiai il ciuccetto sulle labbra del piccolo. Lui le aprì ma come una goccia di latte gli andò in bocca fece una smorfia arricciando il nasino e scostò la testolina di lato appoggiandola al mio seno. Con la manina si attaccò alla mia maglietta e ricominciò a piangere. Povero piccolo, ormai si era abituato al sapore del latte materno e molto probabilmente il biberon non lo attirava particolarmente.

Sentii la porta aprirsi ed entrò Esme seguita da Edward.

< Scommetto che rifiuta il latte vero? > disse Esme triste.

< Si. Ormai si era abituato al sapore del latte materno > risposi.

< Mmm...prova a riscaldare la mano, bagnare il dito nel latte e poi bagnali le labbra con la punta del dito, molto probabilmente è solo una questione di forma >.

Annuii e andai verso il bagno. Aprii l’acqua calda e mi bagnai la mano fino a farla arrivare ad una temperatura abbastanza alta. Con il biberon feci uscire qualche goccia di latte fino alla punta del mio dito e poi lo poggiai sulle labbra del piccolo.

Premetti leggermente senza esagerare e, dopo un po’ di titubanza, aprì le labbra e cominciò a succhiare il mio dito.

Ripetei l’operazione un altro paio di volte e poi riprovai con il biberon. Questa volta non lo rifiutò e cominciò a bere affamato.

Mi fissava con quegli occhietti profondi e vispi. Era veramente tenero e bellissimo.

Quando il latte finì tolsi il biberon e ricominciai a cullarlo. Pian piano richiuse gli occhi e si abbandonò di nuovo tra le braccia di Morfeo.

Edward si avvicinò da dietro e guardò il nostro nipotino che dormiva tra le mie braccia.

Continuavo a cullarlo, chiusi gli occhi e i ricordi di molti anni fa, di quando mi ritrovavo nella stessa situazione, solo che con un bimbo diverso tra le braccia e con un sorriso stampato sul viso, mi arrivarono prepotenti e veloci. Di scatto riaprii gli occhi, non volevo ricordare, faceva troppo male.

Edward si accorse del mio sussultò e mi abbracciò forte da dietro.

Rimisi il piccolo nella culla e insieme ad Edward scesi le scale in religioso silenzio.

Quando arrivammo in salotto Carlisle si girò verso di noi con la solita espressione distrutta e triste che ormai lo aveva catturato.

< Carlisle > disse Edward < dicci chi è stato >. Era arrabbiato, lo si vedeva da un miglio, però a quelle parole sussultai e feci per andarmene. Avevo paura di ascoltare il racconto di Carlisle perché sapevo che mi avrebbe fatto soffrire ancora di più, però mi feci forza. Dovevo sapere cosa era successo. Dovevo vendicare la mia bambina.

Carlisle si sedette vicino ad Esme, sulla poltrona vicino alla vetrata e prese un profondo respiro.

Anche Edward ed io ci sedemmo e come lui inspirammo tutta l’aria possibile. Ero pronta.

< Stavamo correndo verso le montagne passando per la foresta. Jacob apriva la fila e io la chiudevo così da tenere...R...Renesmee e il piccolo nella posizione più sicura >.

Al suono del suo nome sussultai e fui tentata di scappare ancora, ma Edward mi strinse a sé e io chiusi gli occhi per riprendermi un attimo.

< Erano circa quattro ore che correvamo e Renesmee si stava stancando. Decidemmo di fermarci un paio di minuti per farla riposare un po’ e per permetterle anche di dare il latte al piccolo. Jacob volle fare un giro di perlustrazione per controllare che non ci fosse nessuno nei paraggi. Dopo mezz’ora non era ancora tornato e ci cominciammo a preoccupare. Decisi di andare a controllare però non volevo nemmeno lasciare Esme e Nessie da sole. Poi...sentimmo un ululato in lontananza. Renesmee si spaventò e cominciò a correre dalla parte da dove era arrivato il verso. Prima aveva lasciato Alex ad Esme e così aveva le mani libere. Cominciammo a rincorrerla per fermarla, ma lei, non so come, ci distaccò facilmente. Sarà stata la paura per Jacob, l’ansia di scoprire cosa gli fosse successo. Non lo so. Sta di fatto che prese a correre a una velocità pazzesca e noi non riuscimmo a seguirla >.

< Poi sentimmo un odore, una traccia di vampiro nell’aria. Veniva da est, ci stava dietro. Si stava avvicinando. Riconobbi chi era: Demetri > a quelle parole dei ringhi invasero la stanza. Provenivano dalla gola di Edward e dalla mia. La rabbia mi stava assalendo e se non avessi avuto quel briciolo di autocontrollo avrei distrutto il parquet e la poltrona su cui ero seduta insieme ad Edward.

< Ci attaccò e io cercai di respingerlo. Esme aveva Alex tra le braccia e non poteva fare più di tanto. Le dissi di portarlo in salvo, di cercare un posto sicuro per il piccolo e per lei...però non fece nemmeno in tempo a fare un passo che sentimmo un grido provenire da dove era andata Renesmee e... > Carlisle chiuse gli occhi e prese un respiro profondo < ...in quel momento Demetri sparì, non riuscivo a vederlo da nessuna parte...provai a seguire la sua scia però poi sentii un forte odore di sangue...un odore famigliare >.

Ci guardò negli occhi per capire se poteva continuare.

Avevo ricominciato a piangere. Non volevo ascoltare più niente. Le sue parole facevano formare nella mia mente immagini che non volevo nemmeno sognare. Cominciai a tremare e stringermi il petto con le braccia convulsamente. Avevo bisogno di aria, stavo male, per quanto possa stare male un vampiro fisicamente.

Edward mi prese tra le braccia e mi strinse contro il suo petto. Cominciò a cullarmi cercando di calmarmi in qualche modo e di darmi un minimo di forza per finire di ascoltare l’orribile racconto di Carlisle.

Qualche minuto dopo il mio respiro si calmò e feci riaffiorare il viso dal petto di mio marito.

Carlisle prese il mio gesto come un invito a continuare e così fece < Cominciai a correre seguendo l’odore di sangue  con Esme al mio fianco. Dopo circa un chilometro trovammo quello che stavamo cercando: Jacob era disteso a terra... senza vita. Era stato morso ed era morto sul colpo. E poi... > chiuse gli occhi e prese fiato < Poi sentimmo un lamento e... e... > una smorfia di dolore gli si era formata sul viso. Non riusciva a continuare. Nonostante la sua forza di volontà e il suo coraggio non riusciva a continuare il suo racconto. Era letteralmente distrutto, così Esme gli accarezzò la schiena e decise di continuare lei, facendosi forza con un lungo respiro per far finire i singhiozzi, che per tutto il tempo aveva cercato di nascondere.

< R...Renesmee era sdraiata a terra in un lago di sangue... era debolissima e... e non riusciva a muoversi. Ci avvicinammo a lei e come ci vide mi chiese di p...poter abbracciare per l’ultima volta il suo b...bam...bambino > a quel punto non ce la fece più e ricominciò a singhiozzare.

Intanto i miei occhi e quelli di Edward avevano ricominciato a far uscire quelle calde lacrime dorate che ora ci rigavano il viso e cadevano goccia goccia sulla moquet candida del salotto.

< Dopo che disse addio al piccolo... > continuò Esme dopo essersi un po’ ripresa < me lo ridiede e ci disse di dirvi a tutti di... di... di essere forti e di con...continuare a viv...ere anche per l...ei e di proteggere il su...o A...lex >.

Silenzio. Nella stanza c’era solo silenzio, interrotto dal rumore delle lacrime che cadevano.

Il racconto della fine di mia figlia e del mio migliore amico era finito.

Il racconto era finito proprio come la vita di mia figlia.

Il racconto era finito e io e mio marito eravamo morti dentro.

Il racconto era finito e in tutti noi c’era solo il dolore.

Il racconto era finito e io ero caduta nella voragine che ora si trovava al posto del mio cuore.

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Capitolo 22
*** Funerale ***


Il fatidico giorno era arrivato. Non potevo evitarlo anche se avrei voluto scappare da tutto e da tutti il quel momento. Ma non potevo lasciare la mia famiglia a seppellire da sola mia figlia, e sinceramente non volevo perdermi l’ultima possibilità di vedere il volto della mia piccola.

Ero in camera mia davanti allo specchio che si trovava nella cabina armadio della stanza mia e di mio marito. Mi fissavo passivamente, senza realmente osservarmi. Mi ero appena vestita e, come di abitudine mi ero messa davanti allo specchio per vedere come stavo, ma ormai eseguivo tutte le mie abitudini meccanicamente senza prestare attenzione a niente. Ero vuota, ed era una mia scelta. Mi si erano parate due possibilità davanti: il dolore o il nulla. Avevo scelto il nulla, il vuoto.

Ero proprio un morto che camminava, sia fisicamente per via della mia natura di vampiro, sia per il mio stato interiore, ormai distrutto definitivamente da quando una delle due persone più importanti della mia esistenza era scomparsa dalla mia vita e da quella della mia famiglia.

Alice aveva messo da parte il dolore per organizzare un funerale per mia figlia, anche perché dovevamo giustificare in qualche modo la scomparsa dalla circolazione di quella ragazza minuta dalla pelle pallida, i boccoli ramati e gli occhi di cioccolato che tutti conoscevano come Renesmee Carlie Cullen, figlia adottiva del dottor Cullen e signora e sorella di altri sei ragazzi adottati dal dottore.

Quante menzogne, quante bugie, quante recite giustificavano la nostra presenza in quel mondo scettico e frenetico che girava solo intorno ai soldi e al benessere personale. Nessuno sapeva che in realtà quella stupenda ragazza non era la figlia adottiva del dottore dell’ospedale di quella piccola cittadina, ma bensì era sua nipote, figlia di quei due ragazzi che tutti credevano suoi fratelli. Quei due ragazzi che stavano sempre per conto loro, sempre insieme, con la pelle pallida e gli occhi dorati. Quel ragazzo e quella ragazza di cui tutti avevano un certo timore, o meglio rispetto. Quel ragazzo e quella ragazza che ogni tanto sparivano dalla circolazione per starsene da soli e per non badare al resto del mondo, di cui sapevano tutto ormai. Quel ragazzo e quella ragazza che sembrava non facessero altro che studiare per quanto erano bravi a scuola. Quel ragazzo e quella ragazza che tutti invidiavano per la loro bellezza, per i loro soldi, per i loro vestiti, per la loro popolarità, che avevano ottenuto nonostante non l’avessero mai chiesta. Quel ragazzo e quella ragazza che odiavano le giornate di sole. Quel ragazzo che sembrava ti leggesse l’anima quando ti guardava e quella ragazza timida e schiva che non voleva mai stare al centro dell’attenzione.

Nessuno sapeva la verità. Nessuno voleva saperla. Perché se anche noi avessimo accennato a qualche umano la nostra vera natura non ci avrebbe creduto, ci avrebbero presi per pazzi o per dei ragazzi che erano in vena di scherzare.

Perché poi facevamo tutto questo? Sinceramente non lo so. Per poter vivere tranquillamente in una città? Per non spaventare gli umani che ci camminavano vicino e ignari di poter morire in quell’istante? Per rispettare delle regole? Già, ma quali regole?

Chi le aveva dettate queste regole? Delle persone che per chissà quale motivo non vogliono che la nostra vera natura venga allo scoperto, che la verità non venga a galla. Ma perché tutte queste preoccupazioni? Per non scatenare il panico tra la gente? Per non far scoppiare qualche guerra? Ma quale panico e quale guerra. Tutte queste menzogne non hanno fatto altro che alimentare la certezza nella “gente comune” che questo mondo va “come dovrebbe andare”. E chi lo ha detto che il mondo dove tutti noi viviamo deve essere considerato “normale e tranquillo”? Chi ha deciso che il mondo deve essere così?  Ci deve essere un motivo perché altre specie di esseri viventi, o almeno consenzienti che provano dei sentimenti, come i vampiri e i licantropi si trovano a camminare sul questo mondo corrotto.

Perché non si potrebbe accettare una cosa del genere? Perché dobbiamo nasconderci? A cosa è dovuta tutta questa fatica per crearci un’identità “normale”, o meglio umana. Noi non siamo umani, o almeno non lo siamo più.

Quante domande, quanti dilemmi senza una risposta che possa soddisfarli e risolverli.

< Bella! > una voce mi chiama e mi riporta alla realtà.

So benissimo di chi è, ma ormai non percepisco niente, quindi se mio marito cambiasse voce o colore di capelli non me ne accorgerei.

< Eccomi > rispondo con voce spenta e bassa, quasi sussurrata.

Ormai non reagisco a nulla. Sono morta definitivamente. Passo le giornate a guardare il cielo e la pioggia perenne che bagna il terreno e i vetri delle finestre. Non vado a caccia da prima della nascita del mio nipotino. Infatti ho gli occhi nerissimi e due occhiaie che sembrano ustioni che mi circondano gli occhi.

Il mio stato attuale mi ricorda tanto quando Edward mi lasciò, ma con una differenza: ora non reagisco nemmeno per nutrirmi o per dormire, perché non ne ho più bisogno.

 

Vado verso la porta e prendo la mano di mio marito che mi porta al piano di sotto, dove ci sono tutti gli invitati. Sono tutti vestiti di nero come me e la mia famiglia e si apprestano per fare le loro condoglianze ad Esme e Carlisle e ai miei fratelli e sorelle.

Edward ha lasciato la mia mano e ora mi stringe le spalle con il suo braccio.

Anche lui è svuotato. Nei miei rarissimi momenti di lucidità e quindi di dolore lo vedevo seduto davanti il suo pianoforte mentre passava le dita affusolate su quei tasti d’avorio, ma senza produrre nessun suono, neanche per sbaglio. Passa le sue giornate come me: a cercare di svuotarsi completamente per non trovare qualcosa nella sua mente si vampiro che lo possa far soffrire.

Non abbiamo più pianto dal giorno della battaglia e da allora abbiamo preso questo stile di vita vuota.

Non ci siamo più toccati come una volta. Anzi, oggi mi stupisco che mi stia abbracciando.

 

Ci affianchiamo alla nostra famiglia. Non so nemmeno chi sia quella gente che mi si avvicina. Forse se mi sforzassi un minimo saprei ricordarmi il loro nomi, ma non oso farlo, riaffiorerebbero troppi ricordi, anche se insignificanti, che mi farebbero ricordare lei.

No. Ma perché non mi faccio mai i fatti miei? Il suo volto mi si è parato in un attimo davanti agli occhi. Continuo a stringere la mano a tutte quelle persone passivamente, compiendo quel gesto come fossi una macchina programmata solo per fare quello, ma nella mia mente vedo il suo viso: la sua pelle pallida, i suoi occhi grandi e di quel colore che mi ricorda tanto la mia prima vita, quei boccoli ramati e luminosi, tanto simile a quelli del padre, quel dolce e tenero rossore che si trovava perennemente sulle sue guance.

Non ce la facevo più. Veloce salii le scale tentando di tenere una velocità moderata, entrai in camera mia e mi buttai sul letto. Cominciai a singhiozzare cercando di scacciare quel viso dalla mia mente.

Delle calde lacrime cominciarono a rigarmi il viso e a macchiare le lenzuola verde chiaro del mio letto.

Presi il cuscino e cominciai a stringerlo nervosamente. Lo strinsi troppo forte e il tessuto si squarciò facendo fuoriuscire alcune piume.

Tutti i miei sforzi per rimanere nel nulla, per non soffrire si erano rivelati inutili.

Ora ero percossa da un dolore atroce che nasceva dalla voragine che si era formata nel mio petto e che continuava a sanguinare senza avere la minima intenzione di rimarginarsi o almeno di non bruciare.

Non riuscivo a trovare sollievo e quindi decisi di sfogarmi con i singhiozzi e le lacrime che mi erano state concesse da chissà quale potere superiore per questa perdita così potente e straziante: la morte di un figlio.

Non avevo la percezione di niente intorno a me. Ero affogata totalmente nel dolore e nelle lacrime. Se fosse stata lanciata una bomba atomica sul paese non me ne sarei accorta, nonostante il mio udito super affinato e la mia percezione del mondo.

Non so quanto tempo passai a piangere da sola su quel letto. Un secondo, un minuto, un’ora, un giorno, un mese, un anno, un secolo. Non lo so, e non mi interessava saperlo.

Ad un tratto mi ritrovai a piangere contro un petto coperto da una camicia e una giacca, racchiusa in una gabbia protettiva e forte che poi realizzai che erano le braccia di quella persona che mi teneva stretta a sé.

Singhiozzai ancora più forte e versai ancora più lacrime, bagnando la camicia di colui che ora mi stringeva.

< Bella... > sussurrò. Era Edward. Lo capivo perché ora ero lucida e non mi trovavo tra quella nebbia che mi ero creata nei giorni scorsi.

< Amore mio... non piangere piccola... non soffrire >

Mi aveva chiamata “amore”. Mi era mancato tantissimo, come il suo abbraccio e come la sua vera voce.

Continuai a piangere e a cercare di far uscire tutto quel dolore attraverso le lacrime, non riuscendo a seguire il consiglio di mio marito.

< N...on ce la f...f...faccio. Fa tr...trop...po male > balbettai. Avevo cercato di calmare i singhiozzi, ma senza riuscirci.  

< Lo so Bella... lo s...o >. Aveva stretto la presa tantissimo nel momento in cui un singhiozzo ruppe la frase che aveva pronunciato.

Automaticamente portai le mie braccia intorno alla sua schiena per stringerlo anche io e per dargli quel minimo di conforto che può dare un abbraccio in un momento come quello.

< E...Ed...Ed... > non riuscivo nemmeno a formulare un frase per quanto erano forti i singhiozzi.

< Shh...non devi dire niente amore... > mi sussurrò con la voce spezzata da dolore.

Mi cominciò a cullare dolcemente come faceva ogni volta che avevo paura o ero triste.

Finalmente. Questo era mio marito. L’uomo che avevo sposato e che amavo con tutta me stessa. Finalmente era tornato. Tutti e due eravamo usciti da quella nebbia che ci isolavo dal mondo e dal nostro amore.

Ora ci eravamo di nuovo ricongiunti. Anche se soffrivamo ad affrontare la lucidità e quindi i ricordi e il dolore, avevamo trovato la forza di riprenderci la nostra anima che veniva custodita dall’altro e avevamo ridonato il nostro cuore alle mani del nostro amore.

 

Un po’ dopo sentimmo Alice richiamarci perché era arrivato il momento di dare l’ultimo saluto a nostra figlia.

Ci asciugammo le guance e gli occhi segnati ancora da quel colore prezioso e, mano nella mano, scendemmo le scale per raggiungere la nostra famiglia e gli altri in giardino, dove dovevamo seppellire Renesmee.

Percorremmo il vialetto che portava a un giardino posto dietro casa  che si trovava sull’argine del fiume.

Qualcuno aveva già scavato la fossa. Intorno c’erano tantissimi fiori: calle. Erano i fiori preferiti di Renesmee. Vicino alla fossa c’era la bara. Era di un legno chiaro, quasi rossiccio. Aveva delle rifiniture in oro:delle leggerissime linee che decoravano i solchi che percorrevano tutto il perimetro del feretro. Il coperchio era chiuso solo per metà e faceva vedere il corpo di mia figlia dalla vita in su.

Era bellissima, come sempre. Sembrava dormisse. Aveva un’espressione rilassata sul quel volto pallido, non più rosa e caldo. Gli occhi chiusi nascondevano quel meraviglioso colore che faceva brillare ancora di più il suo viso incorniciato dai suoi boccoli bronzei che ora erano composti sul cuscino e sulle sue spalle esili. Aveva un vestito di seta color bordeaux senza spalline e con un nastro dello stesso colore stretto sotto il seno:era il suo vestito preferito. Lo aveva fatto lei, il suo primo lavoro nato dagli insegnamenti della zia e dalla sua mente creativa.

Ricordo ancora quante volte aveva buttato le prove perché non riusciva a cucire bene o perché il vestito non la convinceva. C’aveva messo una settimana per farlo e quando lavorava alla macchina da cucire non voleva essere assolutamente disturbata. Restava fino a tarda notte di fronte quella macchina illuminata solo dalla luce della lampada che si trovava sulla sua scrivania e che di solito usava per studiare o per leggere uno dei suoi libri. Poi, finalmente, un giorno aveva cucito per sbaglio un pezzo di stoffa sotto il tessuto che doveva ricoprire il seno ed ebbe l’ispirazione. Scucì quel pezzo di stoffa facendo attenzione a non rovinare tutto il suo lavoro e prese un nastro bordeaux dal mio beauty-case che di solito usavo per legarmi i capelli in occasioni speciali. Lo cucì facendo arricciare la stoffa e poi cominciò ad esultare e saltare per tutta casa facendoci ridere tutti.

Sul mio viso era apparso un piccolo sorriso malinconico al ricordo di quei momenti. Intanto il sacerdote aveva già fatto la sua predica ed io non me ne ero accorta. Ero troppo persa tra i miei ricordi felici, e per questo dolorosi.

Vicino alla bara di Renesmee c’era quella di Jacob, anch’essa aperta a metà. Il suo viso era sempre scuro per via della sua carnagione, però era un colore spento, freddo, morto. Non era vestito come di solito sono vestiti i defunti, ma aveva una maglia nera, leggera e a maniche corte e dei jeans chiari di cui si poteva solo vedere la parte superiore, con la cerniera. Lui non era il tipo da smoking o da completo giacca e cravatta.

Mi ricordo quando si lamentava se Alice lo costringeva a vestirsi elegante e i suoi tentativi di fuga. Lui era veramente l’amico che tutti desideravano: era solare, gentile, divertente e sapeva distrarti quando ce ne era bisogno. Come avremmo fatto senza di lui? Come AVREI fatto senza di lui che girava per casa e distruggeva tutto a causa della sua enorme stazza e della sua imbranataggine? Come avrei fatto senza le sue parole di conforto quando non era giornata? Come avrei fatto senza le sue battute e le sue litigate con Rose? Come avrei fatto senza le sue lotte contro Jasper ed Emmett? Non avevo risposta per tutte queste domande e forse non le avrei mai trovate.

 

Jasper ed Emmett si avvicinarono alla bara di Jacob e la sollevarono senza sforzo. Carlisle fece la stessa cosa insieme ad Edward con il feretro di mia figlia.

Sui loro visi il dolore.

Calarono le bare nella fossa facendo attenzione ad ogni gesto che compievano. Una volta che le posarono sul fondo chiusero i coperchi.

Edward tornò vicino a me e mi abbracciò. Sentii perfettamente i sussulti che venivano dal suo petto. Cercava come sempre di reprimere i singhiozzi, così lo abbracciai forte e con la mano gli portai la testa sulla mia spalla. Aveva bisogno di sfogarsi come me, ma io mi trattenni per concedere a lui di liberarsi dal dolore.

< Sfogati amore mio > sussurrai al suo orecchio e lui, stranamente, mi ascoltò.

Cominciò a singhiozzare e a bagnarmi la spalla.

 

Marika_BD: Carissima...purtroppo non posso far resuscitare i morti...non ho questo potere!!! La storia mi è venuta in mente così e non vorrei cambiarla!!! Comunque grazie...sono felice che ti piaccia il mio modo di scrivere!!!

 

Isabella v: eh lo so... Bella è stata abbastanza egoista...ma diciamo che quando scrivo questi capitoli così tristi i struggenti mi sfogo e ci metto l’anima...mi piacciono le storie tristi!!!

 

trettra: mmm...allora sono stata davvero brava con questo capitolo!!! Bene...ne sono molto felice!!! Grazie per i complimenti!!! Comunque è vero...questo dolore ha fatto “confondere” anche il forte Carlisle...e questo significa molto!!!

 

VampireGirl: grazie...x quanto riguarda questi capitoli tristi è ovvio che ci siano dopo la morte di Nessie...Però fra poco arriverà la vendetta...però non ti voglio anticipare nulla...tanto ci sarai anche tu no?XD

 

Tede: grazie...sono felicissima di saper trasmettere queste emozioni...ho scoperto da poco che riesco a farlo abbastanza bene...:-D!!! Spero che anche questi capitoli ti abbiano trasmesso delle emozioni!!!

 

Chanellina94: ahahahah!!! Bene...così vi voglio...assetate di vendetta contro quei Volturi del...mmm...vabbè ci siamo capite!!! Bella comunque diciamo che si è fatta prendere dal dolore troppo forte!!! Penso che la perdita di un figlio sia il dolore più grande che si possa provre...quindi!!!!

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Capitolo 23
*** Imprevisto ***


Bene bene!!! Rieccomi...allora ho già concluso il Pov Edward...che sarebbe questo e il prossimo capitolo però dal suo punto di vista...quindi oltre a questo ho già pronti altri 3 capitoli...Benissimo :-D

 

Allora...adesso vi lascio a questo bel chappo...pieno di colpi di scena!!!XD Godetevelo

p.s le risposte alle recensioni sono alla fine!!!!

Erano passate 5 settimane 4 giorni 13 ore e 27 minuti da quando io ed Edward vedemmo Carlisle ed Esme venire verso di noi con il cadavere di nostra figlia.

Durante tutto questo tempo io e mio marito avevamo pianto, ci eravamo annullati, e avevamo cercato di raccogliere al meglio i cocci dell’altro per rimetterli insieme in qualche modo. Ormai non parlavamo più con nessuno della nostra famiglia. Se non fosse per i tentativi che compivamo nella speranza di non far soffrire l’altro, si può dire che non eravamo più esseri dotati di una mente e di un cuore. Ma per fortuna in noi era rimasta quella luce minuscola ma calda che veniva alimentata, giorno per giorno, dall’altro.

Tutta la nostra famiglia ormai aveva rinunciato a farci reagire.

Era quasi due mesi che non andavamo a caccia, e si può dire che eravamo degli stracci nel vero senso della parola.

Passavamo le giornate abbracciati sul divano o di fronte alla vetrata della nostra camera. Fissavamo per ore e ore il bosco intorno alla nostra casa senza dire nemmeno una parola. Raramente ci davamo un piccolo bacio sulle labbra. Se si può considerare bacio uno sfioramento impercettibile tra le nostre bocche.

Ogni tanto ci sfuggiva dagli occhi una lacrima.

Non erano più dorate. Con il passare dei giorni quel colore si era sbiadito fino a diventare trasparente, come le lacrime degli esseri umani.

Ogni volta che succedeva l’altro asciugava con la punta delle dita quella lacrima intraprendente che non aveva voluto restare dentro di noi.

 

Ora però, Isabella Marie Swan Cullen ed Edward Anthony Masen Cullen, genitori di Renesmee Carlie Cullen hanno preso in mano la situazione: abbiamo distrutto la voglia di piangere e abbiamo preso in mano il desiderio di vendetta.

Infatti in questo momento io e mio marito stiamo aiutando la nostra famiglia nei preparativi del nostro viaggio, che molto probabilmente sarà l’ultimo della nostra esistenza, ma che sarà sicuramente necessario.

La nostra metà? Stiamo andando in Italia, precisamente in quel paesino che si trova nella meravigliosa campagna toscana, chiamato Volterra, sede dei Volturi.

Il motivo del nostro viaggio? La vendetta. Io, mio marito, e la nostra famiglia stiamo andando da quei mostri che si considerano regnanti dei vampiri di tutto il mondo per far scontare la loro pena. La pena che abbiamo deciso noi: la morte.

Al nostro arrivo quel branco di assassini convinti concluderanno la loro miserabile esistenza che, per i miei gusti, è durata fin troppo.

 

< Bella? > Alice mi chiama. Sono tutti pronti, io sto chiudendo a chiave la porta di casa.

Mi infilo le chiavi in tasca e percorro il vialetto a velocità vampira. Mancano sei ore alla partenza del volo che ci porterà a Roma, ma non riesco a fare le cose lentamente.

Salgo sul sedile anteriore della Lamborghini di Edward. Sul sedile posteriore ci sono Alice e Jasper, anche loro con gli occhi che sparano scintille di rabbia.

Nell’altra macchina, la mia Ferrari, ci sono Emmett, Esme e Carlisle che è alla guida.

Erano le 4:03 del mattina, fra esattamente cinque ore e cinquantasette minuti il nostro volo avrebbe staccato le ruote dall’asfalto della pista di lancio dell’aeroporto di Seattle.

Di solito da Forks a Seattle ci volevano tre ore piene di guida, ma per la velocità di cui disponevano le nostre auto ci impiegammo circa la metà del tempo.

Durante il viaggio in macchina non proferimmo parola. Io mi limitavo a stringere la mano di Edward con tutta la mia forza sul cambio e lui ricambiava. Ogni tanto ci scambiavamo qualche sguardo e a volte lui stringeva ancora di più la mia mano.

Dietro di noi Alice e Jasper erano nella nostra stessa situazione.

Avevamo lasciato Alex a La push, sotto la sorveglianza dei licantropi che ci avevano promesso di accudirlo e di crescerlo loro al meglio se il nostro “ lavoro “ fosse finito male.

 

Edward mi aprì la porta della sua auto, come sempre, davanti all’entrata dell’aeroporto, già gremito di gente che usciva e che entrava carica di valigie, alle 5: 41.

Ormai contavo i secondi, appena avrei messo piede sul freddo pavimento della casa dei Volturi mi sarei sfogata al meglio. E non vedevo l’ora di farlo.

 

Entrammo nell’aeroporto attraverso le porte automatiche, e fummo investiti dall’aria artificiale che rinfrescava tutto l’edificio.

Ci dirigemmo alle poltroncine ed Edward mi convinse a sedermi insieme agli altri mentre lui andava a prendere i biglietti e Jasper, Emmett e Carlisle scaricavano le valigie dalle auto e affidavano le chiavi ai parcheggiatori dell’aeroporto.

Esme, Rose ed Alice si erano sedute, anche se controvoglia, sulle poltroncine di plastica azzurra, ma io non riuscivo a stare ferma un attimo. Non ero agitata, anzi, ero solo in trepidazione.

Edward tornò subito, dopo aver comprato i nostri biglietti di prima classe, e mi abbracciò con una strana forza. Cos’era quella? Preoccupazione?

Lo sentivo agitato, ma anche rabbioso in un certo senso. Anche lui, naturalmente, come me aveva quella sete di vendetta verso i Volturi. Questo spiegava la rabbia che sentivo venire da lui, ma non riuscivo a capire la preoccupazione che percepivo. Durante queste settimane non aveva dimostrato nessuna paura e nessun timore nei confronti della nostra decisione, perché proprio ora, quando mancavano poche ore alla partenza?

Mi decisi a chiedergli cosa andava < Edward? Cosa succede? Ti sento troppo teso. Dimmi cos’hai >.

Lui sciolse lentamente l’abbraccio e, dopo aver preso un profondo respiro, alza lo sguardo, che fino a prima era rimasto piantato sui suoi piedi, verso i miei occhi che lo fissavano con ansia.

< Bella...io... >.

Era confuso. No, non era confuso, era come se avesse timore della mia reazione alle sue parole, che a me erano ancora sconosciute. Mi stava facendo preoccupare.

< Bella > riprese prendendo un altro respiro profondo < Non voglio che tu venga in Italia con me e gli altri >.

Cosa? Era impazzito forse? Cosa stava dicendo?

O mio dio. Quella espressione. Quegli occhi. Non gli avevo mai visti così, tranne una volta, tantissimo tempo fa...No, non poteva essere.

Il suo viso era una maschera di cera, immobile, perfetta, bellissima, ma terribile.

I suoi occhi erano freddi e distaccati, erano fatti di ghiaccio color oro.

Mi faceva male quell’espressione sul suo viso. Perché si comportava così? Perché lo stava facendo un’altra volta?

< Ed...Edward. Cosa...? > la mia voce tremava.

< Bella, saresti solo d’intralcio. Ci...ci condanneresti tutti >

Ero solo un intralcio per lui. Ecco, lo sapevo che prima o poi se ne sarebbe accorto. Sapevo che in un momento o nell’altro si sarebbe reso conto dell’errore che aveva fatto quel giorno pronunciando quel si, lo voglio davanti quel sacerdote.

Le sue parole erano vere, maledettamente vere, ma facevano malissimo.

 

Un attimo. Quell’esitazione. Cosa voleva dire?

In quel momento realizzai. Ci stava riprovando. Come in passato mi aveva ferita andandosene usando quella stessa maschera che ora portava, anche adesso mi stava mentendo per...tenermi lontana dal pericolo, che secoli prima era lui (secondo la sua mania iper-protettiva), ma che ora erano i Volturi.

 

Il mio sguardo cambiò, da ferito a arrabbiato.

Vidi la scena a rallentatore: la mia mano che si alzava e prendeva potenza andando all’indietro e poi tornando avanti velocemente per poi schiantarsi sulla guancia della persona che mi stava di fronte.

Il rumore che provocò il mio gesto fece voltare parecchie persone, ma non me ne curai.

Edward aveva il viso girato verso destra, gli occhi sbarrati per lo stupore e la bocca aperta per reazione istintiva allo schiaffo partito da me.

Esme, Alice e Rosalie, che erano sedute sulle poltroncine vicino a noi ci fissavano stupite: non potevano credere ai loro occhi.

Mi pentii immediatamente del gesto che avevo fatto. Avevo schiaffeggiato mio marito, avevo osato toccarlo con violenza. Avevo ancora la mano alzata, come per ricordarmi di quello che avevo appena fatto. Mi sentivo malissimo, uno straccio impregnato di senso di colpa.

Senza che me ne accorgessi dai miei occhi cominciarono a scendere delle lacrime.

Edward, anche lui stupito dal mio gesto, mi guardava con un’espressione afflitta e colpevole dipinta sul viso. Abbasso lo sguardo e la testa lentamente.

Si sentiva in colpa, ma l’unica che doveva sentirsi in colpa ero io. Come avevo potuto?

Abbassai il braccio sul fianco e indietreggiai piano. Dopo aver fatto pochi passi mi fermai e cominciai a correre senza una meta precisa.

 

Ero un mostro. Lui mi aveva detto quelle cose con la speranza di potermi tenere lontana dal pericolo, lontana dalla morte, lo aveva fatto solo per proteggermi. E io? Cosa avevo fatto? Lo avevo schiaffeggiato con tutta la forza che avevo.

 

Continuai a correre fino a quando non mi scontrai contro qualcosa di duro.

Mi spaventai. Forse non avevo controllato la velocità ed ero andata a sbattere contro qualche parete o qualche pilastro. Potevo aver distrutto tutto.

Aprii gli occhi, ma davanti non mi trovai né una parete caduta né le macerie di qualche pilastro portante. Davanti ai miei occhi c’era un petto largo avvolto in un dolcevita nero che era coperto da una giacca dello stesso colore.

Alzai lo sguardo offuscato dalle lacrime e il terrore mi colpì in pieno.

Davanti a me c’era un vampiro bruno, grosso come un armadio e altissimo e con gli occhi di un rosso cremisi spaventoso: Joshua.

Aveva un ghigno spaventoso sulla faccia, accompagnato da un sorrisetto soddisfatto.

< Salve Isabella. Come va? Stavi per partire per una vacanza? > rise sarcastico.

 

In quel momento la mia mente si scollegò. Un annebbiamento mi offuscò completamente. Sentii il mio scudo distaccarsi con uno schiocco inquietante dentro la mia testa.

Cosa stava accadendo? Avevo paura. Nella mia mente c’era una fitta nebbia che mi privava di ogni pensiero concreto, tranne uno. Non era un vero e proprio pensiero, era una richiesta d’aiuto: Edward, ho paura.

 

Percepii due braccia possenti che mi sollevavano da terra. La mia testa ciondolò all’indietro. I miei occhi lasciarono andare un’ultima lacrima prima di chiudersi e poi fu il buio.

Risposte alle recensioni :-D

 

debby15: grazie...cmq certo che continua...anzi ho riveduto tutta la mia idea iniziale...infatti questo capitolo e quelli successivi mi sono venuti in mente mentre scrivevo...quindi non so ancora cosa succederà alla fine...spero che anche questo capitolo ti piaccia...fammi sapere :-D!!!

 

trettra: sinceramente non so se ci ad Alex succederà qualcosa...perchè ho riveduto tutta la storia e mi sto affidando completamente alle ispirazioni del momento...quindi non so ancora niente di quello che succederà!!! Spero che anche questo chappo ti sia piaciuto!!! Auguri anche a te...:-D!!!

 

Chanellina94: attenzione a non far andare in corto circuito il pc con le lacrime...altrimenti non potrai più leggere la storia XD!!!

Comunque anche io odio i Volturi...quindi, visto ke in questa storia il potere ce l’ho io...XD Grazie per i complimenti...alla prossima!!!!:-D

 

Isabella v: benissimo :-D...sono contenta di averti fatto provare delle emozioni...era quello il mio intento!!!  Sono contenta...grazie per i complimenti!!! Alla prossima :-D

 

Tede: allora è proprio vero!!! Riesco a far piangere la gente...sono un talento XD!!! I Cullen, soprattutto Bella ed Edward nn si potranno mai lasciare...o almeno nella mia storia non succederà!!! Auguri anche a te e grazie per i complimenti...alla prossima!!!! :-D

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Capitolo 24
*** I primi sogni ***


Risposte alle recensioni

 

trettra: mi dispiace ma il viaggio in italia sarà rimandato per alcuni problemi non trascurabili...spero che anche questo capitolo ti piaccia!!! Morsotti...aspetto una tua recensione!!!

 

Chanellina94: ahahahahah!!! Ogni tua recensione mi fa morire dal ridere!!! Dovresti andare a combattere in Vietnam/Iraq/Iran e chi + ne ha più ne metta...altro che Bin Laden...Comunque sn contenta che la mia storia ti renda così “attiva” XD!!! Non vedo l’ora di leggere la tua recensione a questo capitolo!!!Morsotti!




Intorno a me tutto era nero. Non percepivo più niente, come se stessi sospesa in un baratro infinito e buio, con la differenza che non sentivo intorno a me la presenza di nulla, neanche il rumore lieve del vento, o il sibilo della mia inesorabile caduta, o l’odore della roccia, dell’erba o di qualunque altra cosa. Non sentivo nemmeno il mio corpo.

C’era solo buio. Buio e niente altro.

Avevo paura, tantissima paura, ma non sapevo il motivo di tutto questo terrore che provavo. O meglio, lo sapevo ma non riuscivo a trovarlo nella mia mente annebbiata.

 

Ricordavo solo una cosa, un volto sbiadito che galleggiava indisturbato e leggero davanti ai miei occhi chiusi, nell’immenso buio che mi circondava.

Era un volto bellissimo, di un uomo, perfettamente squadrato, bianco come il latte. Era contornato da capelli bronzei arruffati.

Morbidi. Morbidi? Non li toccavo, ma sapevo che era così; come se i miei palmi, la mia pelle ricordasse quel contatto magnifico.

Il volto era la casa di un naso perfetto e dritto, due occhi dorati e dolci che mi fissavano e che facevano battere il mio...cosa?

Cos’era quel rumore, così lontano? Era famigliare, ma sapevo che non poteva appartenermi. Quella luce magnifica che veniva da quegli occhi così dolci mi faceva sentire bene, ma non abbastanza per portarmi via da quelle tenebre. Rimaneva lì imprigionata nel contorno di quegli occhi stupendi, ma non illuminava niente all’infuori di se stessa. Volevo raggiungerla, ma non sapevo come.

Sotto quegli occhi, sotto la linea perfetta del naso c’erano due labbra strette incurvate leggermente di lato. Erano così belle, rosse.

Avevano un sapore magnifico, sublime. Sapore? Che significava quella parola? Non lo ricordavo. Percepivo nella mia mente un impulso che mi faceva capire che quelle labbra avevano un sapore meraviglioso e che...mi mancava.

E poi, quel sorriso. Una malinconia mi invase accompagnata dal un dolore che mi trafiggeva il petto come mille lame ghiacciate e taglienti. Non percepivo il resto del mio corpo, ma sentivo benissimo il dolore che mi percuoteva intensamente il petto.

 

Di colpo quello stupendo sorriso svanì facendo spazio a un’espressione che inondò tutto il viso fino ad arrivare agli occhi, che divennero freddi e...delusi.

< Bella... > una voce melodiosa inondò tutto lo spazio infinito intorno a me e rimbombò nelle mie orecchie dandomi sollievo e fuoriuscendo dalle labbra del volto che si trovava davanti a me. Era bellissimo poterla riascoltare, dopo chissà quanto tempo, ma era dura e severa e... delusa.

< Bella...mi hai deluso. Pensavo fossi un’altra persona. Il mio è stato un enorme sbaglio. Non avrei dovuto sposare una persona del genere. Mi hai deluso...>

No! Perché diceva così? Edward...no.

Quelle parole mi ferirono in un modo spaventoso. Se solo avessi trovato le mia labbra avrei urlato per il dolore che quella frase mi aveva inferto.

 

Mi hai deluso...mi hai deluso...mi hai deluso...mi hai deluso...mi hai deluso...mi hai deluso...

 

Quelle parole continuavano a rimbombarmi intorno e trafiggendomi ogni volta con una lama ghiacciata che faceva bruciare il vuoto che sentivo dentro.

Perché? Tutto quello non poteva essere reale...non poteva...non...

 

D’improvviso tutto prese fuoco. Le fiamme lambirono quel volto magnifico e lo cancellarono dalla mia vista. Arrivarono a me e mi cominciarono a scottare.

Facevano male, mi bruciavano ovunque, mi scioglievano, mi trafiggevano d’improvviso facendomi sussultare, allargavano sempre di più la voragine che sentivo all’interno e la facevano sanguinare.

 

Poi...il buio.

 

 

 

Come se mi stessi svegliando riaprii i miei occhi che restavano comunque chiusi. Intorno a me non c’era più il buio, ma una sala luminosa e circolare. Era fatta interamente di marmo e sull’altra estremità rispetto a dove mi trovavo io c’erano tre troni d’oro. Mi sentivo spaesata e spaventata da quel posto così famigliare, ma anche così...maledetto.

 

La stanza cominciò a girare velocemente facendo confondere tutti i contorni. Poi di colpo tutto si fermò e io fui catapultata a pochi centimetri da trono centrale, che però non era più vuoto. C’era un uomo, la pelle lattea e trasparente, i capelli corvini e lunghi fino alle spalle e gli occhi di un rosso intenso. Mi fissava con un sorrisetto soddisfatto e falsamente dispiaciuto.

< Isabella, cara. Non hai ancora preso una decisione? Beh...il tempo è scaduto e noi abbiamo fretta. Quindi procederemo come avremmo dovuto fare sin dall’inizio >.

Non capivo le sue parole, ero confusa. Lui lo capì e mi fece segno di voltarmi. Lo feci.

 

Al centro della sala c’erano numerosi vampiri che riconobbi immediatamente: la mia famiglia.

Erano divisi. Da una parte c’erano Carlisle e Esme, Emmett e Rose, Jasper ed Alice. Dall’altra c’era solo una persona: Edward.

Ancora non riuscivo a capire, cosa significava tutto quello?

< Non hai saputo decidere se salvare la vita al tuo amore o al resto della tua famiglia, e per questo... > Aro mi fissò con un’espressione divertita in viso < Per questo moriranno tutti quanti >.

A quelle parole fui invasa dalla paura più pura e urlai. Urlai. Urlai. Urlai con tutta la voce che avevo in corpo.

Edward e il resto della mia famiglia mi guardava triste e prima che le loro vite venissero stroncate dai loro occhi scivolò una lacrima.

 

La stanza divenne lunghissima e loro erano lontanissimi da me. Vidi le schiere di vampiri avvicinarsi alla mia famiglia e al mio Edward e farli a pezzi ridendo.

No! NOOOOOOOOOO!

Cominciai a correre, ma più correvo più la stanza diventava lunga e più le urla di dolore diventavano più forti.

Una nuvola di fumo si innalzò dall’incendio che si era creato nella stanza e sentii delle braccia tenermi ferma come per impedirmi di andare verso il falò.

 

Urlai e piansi come una disperata, la quale ero. Poi la stanza tornò alle dimensioni precedenti. Il fuoco era spento, ma a terra giacevano i corpi dilaniati delle persone che amavo.

 

Carlisle...Emmett...Rose...Jasper...Esme...Alice... I loro corpi erano distrutti e bruciati. Mi inginocchiai e cominciai a piangere e urlare per il dolore che mi attanagliava lo stomaco e il cuore.

Poi qualcosa mi fece riaprire gli occhi che avevo chiuso per privare la mia vista di quello scempio orribile.

Dietro di me c’era un letto con le coperte color porpora. Mi alzai lentamente per vedere chi vi era disteso.

Il mio cuore scomparve, ucciso dall’immagine che mi si era parata davanti.

Vestito di nero, con gli occhi chiusi, immobile e bellissimo mio marito giaceva morto sul quel letto morbido.

Mi avvicinai fino a sfiorargli il viso, a quel tocco mi pietrificai. Non era più caldo, ma freddissimo, anche per la mia pelle di vampira. Mi inginocchiai vicino la sua testa e cominciai a versare lacrime di sangue sul cuscino.

Mio marito non c’era più, era sparito, scomparso dalla mia vita, dalla mia esistenza, e si era portato via il mio cuore, la mia anima, il mio respiro, la mia luce, il mio mondo, la mia felicità, la mia gioia. Si era portato via tutto.

Sentii i miei singhiozzi infrangersi sulle pareti della stanza testimone del mio dolore e della fine della mia ragione di vita. I miei lamenti di dolore rimbombavano e si ripetevano all’infinito intorno a me.

Tutto quel dolore che provavo, tutte quelle lacrime che i miei occhi stavano versando, tutte quelle spade affilate che mi trapassavano da parte a parte il cuore caduto che moriva nel mio petto. Tutto era scaturito dalla morte della persona più importante della mia esistenza.

 

Ora che era sparito anche lui la mia vita non aveva alcun senso. Il dolore di questa perdita si accumulò a quella della mia famiglia adottiva e di mia figlia e a quella del mio migliore amico.

Ero sola. Avevo paura, una paura enorme di non riuscire a raggiungere la mia famiglia. Avevo paura di rimanere per sempre a soffrire senza che niente potesse lenire il mio dolore. Avevo paura che tutto quello fosse reale, che non fosse un sogno, che fosse un incubo. Ma come potevo pretendere che tutto quello fosse soltanto un incubo? I vampiri non potevano averne.

 

I miei occhi tornarono a guardare quel viso meraviglioso che ormai non avrebbe avuto più nessuna emozione dipinta sopra, nessun sorriso luminoso, nessuna risata che lo accompagnava. Non avrebbe avuto più niente di tutto questo, mai più, per l’eternità.

 

Poi pian piano le mani e i piedi cominciarono a sbiadire, fino a sparire del tutto. Tutto il corpo se ne andava, si dissolveva in una polvere dorata che aleggiava nell’aria intorno a me. L’ultima cosa che vidi di mio marito furono gli occhi chiusi e poi più niente.

 

Poi...il buio.

Le tenebre erano tornate.



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Capitolo 25
*** Tentativo finito in tragedia ***


POV Edward

 

La vedo mentre corre a velocità vampira per tutta casa per sistemare gli ultimi preparativi prima del nostro viaggio per l’Italia. Vuole vendetta, non vede l’ora di soddisfare la sua voglia di uccidere quei mostri che ci hanno portato il nostro angelo. Anche io li voglio e DEVO eliminare. Hanno “ vissuto ” fin troppo.

 

Il viaggio verso Seattle è silenzioso e raramente ci scambiamo qualche sguardo.

Arriviamo e io mi incammino a prendere i biglietti. Nella mia testa c’è un solo pensiero: devo impedire a Bella di partire, è troppo pericoloso. Non posso permettere che anche lei sparisca da questo mondo, non posso assolutamente permetterlo.

 

Mentre l’hostess alla biglietteria prepara i nostri biglietti penso ad un modo per convincere mia moglie a restare lontana dal pericolo che ci aspetta in Italia.

Cosa posso fare? Cosa mi invento ora? Perché non le ho parlato prima? Perché mi riduco sempre a fare le cose più difficili all’ultimo momento? Ah già, perché sono per l’appunto difficili. E poi non potevo farle pesare anche questo fardello mentre era nello stato catatonico dovuto alla scomparsa di nostra...figlia.

Quanto abbiamo sofferto? Non c’è stato mai un dolore più grande in tutta la mia esistenza, mai.

Abbiamo entrambi sofferto immensamente. Abbiamo incredibilmente pianto versando delle vere lacrime, che mai avrei pensato di risentire sul mio viso. Abbiamo cercato di tenerci interi per l’altro, per non farlo soffrire ancora di più. Lei come sempre ha pensato a me, accorgendosi che reprimevo il mio dolore per non turbarla ancora di più, anche se ci riuscivo a stento. Alla perdita di nostra figlia si era aggiunto anche il dolore che provavo vedendo soffrire lei. Ovviamente se ne accorta e ha fatto il gesto più doloroso che potesse infierirmi: ha tentato di scappare per risparmiarmi quel dolore che lei m’infliggeva soffrendo.

In quel momento ho avuto veramente paura che potesse riuscire nel suo intento.

Correva velocissima anche per me. Non riuscivo a raggiungerla, pensavo di essere caduto in un vero e proprio incubo. Non poteva lasciarmi. Dovevamo rimanere insieme. Il mio compito di marito, di amante, di uomo era proteggerla, anche dal dolore che provava. Aveva bisogno di me. Io avevo bisogno di lei. Non sarei mai riuscito a superare quel dolore senza lei affianco. Per fortuna ero riuscito, ancora non so come, a tenerla vicino. Soffriva immensamente, e io con lei.

 

Ci sono! Questa è l’unica soluzione possibile! Lo so che dovrò ferirla e che di conseguenza ferirò me stesso, ma devo farlo. Devo almeno provarci. Lei non cederà mai, ne sono consapevole, ma devo almeno tentare. Devo tentare di salvarle la vita.

 

Eccola lì. È agitatissima, lo sento. Non sta un attimo ferma.

Mi avvicino e distribuisco i biglietti lentamente. Sto prendendo tempo, non so se riuscirò a mettere di nuovo quella maledetta maschera che odio e che ha fatto soffrire in passato tutti e due.

Mi avvicino a lei e di slancio l’abbraccio. Ho bisogno di sentirla attaccata a me, anche fisicamente. Le accarezzo piano i capelli e la cullo. Sento i suoi muscoli sciogliersi pian piano lasciando la tensione fuori il nostro abbraccio, di cui abbiamo bisogno entrambi.

Mi allontano senza però lasciarla e la guardo negli occhi.

Come farò a ferirla così un’altra volta? Come posso farlo? Sono un mostro, ma devo.

La riabbraccio e sento che sta percependo la mia agitazione. Sono proprio un mostro, la sto anche spaventando con il mio comportamento.

Basta! Devo farlo e devo farlo ora.

< Edward? Cos’hai? Ti sento teso. Dimmi cosa succede. >

Sciolgo lentamente il nostro abbraccio e la fisso negli occhi. Ancora non sono riuscito ad indossare la maschera, me ne accorgo dalla mia voce tremante e inquieta.

< Bella...io... >

Mi guarda confusa e preoccupata.

Finalmente trovo il coraggio e raffreddo improvvisamente il mio sguardo e indurisco la mia voce < Bella non voglio che tu venga in Italia con noi >.

 

Mi fissa. È confusa, spaventata. Non riesce a capire cosa dico. Cosa le sto facendo? Come posso farle una cosa del genere? Non posso ferirla di nuovo. Ma la devo proteggere da quei mostri, assolutamente.

< Ed...Edward...ma cosa...? > la sua voce trema. Ha capito che le sto provocando la stessa ferita di allora, e ne è spaventata.

< Bella, saresti solo d’intralcio. Ci...ci condanneresti tutti > No! Non ci sono riuscito. La mia voce ha tremato al momento sbagliato, così rischio di farle scoprire il mio piano. Ma non ce l’ho fatta a trattenermi, il dolore era troppo per me.

La vedo triste e ferita. Le ho fatto del male, ancora una volta. Non riesco a reggere ancora il suo sguardo e allora abbasso gli occhi.

Poi, la sento sussultare. Alzo lo sguardo e vedo la sua espressione cambiare. Da triste e ferita diventa sorpresa e poi consapevole e...arrabbiata.

Si è accorta del mio gioco sporco. Non l’ho mai vista arrabbiata con me. Il suo sguardo mi lancia tutta la rabbia che prova addosso.

 

Poi, come se vedessi la scena a rallentatore, la vedo alzare il braccio destro, tirarlo indietro e poi in avanti con violenza, fino a far sbattere il suo palmo contro il mio viso.

Non mi provoca dolore fisico, ma la sorpresa e l’istinto mi fanno voltare il viso e il dolore che mi ha procurato dentro mi fa stringere gli occhi.

Mi ha fatto malissimo quello schiaffo. Non lo aveva mai fatto. E so di essermelo meritato, questo però mi fa ancora più male.

 

Me lo sono meritato. Anche se mi ha fatto malissimo, me lo sono meritato tutto quanto. È arrabbiata. È furiosa con me, lo capisco dal suo sguardo di fuoco che mi sento bruciare addosso.

Sentii distintamente il suo singhiozzo rimbombarmi nelle orecchie. Mi decisi a guardarla: stava piangendo.

No! Amore mio non piangere...ti prego.

 

Il suo sguardo non era più arrabbiato. La vedevo mentre percepivo il senso di colpa che la stava divorando, ancora con il braccio alzato.

Ero un mostro. L’avevo ferita con la mia bugia, l’avevo fatta arrabbiare, e ora la stavo facendo piangere perché si sentiva in colpa per il suo gesto.

L’unico che si doveva sentire in colpa, l’unico responsabile di tutto ero io. Io, io e soltanto io.

Altre lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi tristi e spaventati e le solcavano le guance seguendo le orme che altre gocce avevano lasciato. Abbassò lentamente il braccio e cominciò ad indietreggiare continuando a fissarmi. Passo dopo passo si allontanava all’indietro facendo scendere altre lacrime dai suoi occhi. Volevo raggiungerla ma non riuscivo a muovermi. Avevo il terrore che scappasse da me.

 

D’improvviso si fermò, ma non per tornare tra le mie braccia. Cominciò a correre senza una metà tra la folla singhiozzando.

No! Non te ne andare! Ti prego.

< BELLA! > trovai la forza necessaria per chiamarla, una, due, cinque, dieci volte, ma lei non mi sentiva. Non si fermava, non tornava da me.

Feci per rincorrerla, ma un braccio mi si parò davanti per fermarmi. Era Esme.

< Edward. Lasciala andare, si sentirà malissimo adesso, lasciala sfogare. Tornerà. Sta tranquillo >.

Come potevo stare tranquillo dopo quello che le avevo fatto? Come?

Ma forse Esme aveva ragione, le dovevo lasciare il suo spazio, almeno adesso, ma non volevo che si sentisse in colpa per qualcosa di cui ero io il solo colpevole.

 

Senza accorgermene mi ero portato una mano sulla guancia che aveva ricevuto lo schiaffo. Il ricordo di quel gesto mi faceva malissimo. Doveva essere distrutta e arrabbiata sul serio per aver fatto una cosa così. Anche se non mi aveva fatto male fisicamente, mi aveva ferito tantissimo dentro.

Ero solo uno stupido. Un buono a nulla.

 

Mi stavo innervosendo, non riuscivo a stare lontano da lei, soprattutto ora che ero consapevole che la causa della sua fuga ero io. Tutte quelle voci fuori e dentro la testa mi ronzavano e mi davano fastidio. In quel momento avrei preferito non avere il mio potere, avrei avuto un po’ di pace almeno nella testa.

Però un pensiero mi investì bruscamente. Qualcuno aveva detto il mio nome. No, non qualcuno, ma...Bella.

Perché aveva distaccato lo scudo se non voleva avermi vicino?

“ Edward! Ho paura! ”

 

Cosa significava? Cosa la spaventava? Perché aveva paura?

Un presentimento si fece largo in me, un terribile presentimento. Mi alzai di scatto e cominciai a correre, cercando di moderarmi senza molto successo, verso la direzione che aveva preso prima Bella.

I miei famigliari mi guardavano confusi, però decisero di non seguirmi. Avevano capito che stava succedendo qualcosa, ma preferirono non intromettersi.

 

Mi feci largo tra la gente. Dov’era? Poi una scia mi investì. Non era un odore umano, ma era...un vampiro. Era famigliare, l’avevo già sentito. Decisi di seguirla, e feci bene.

A un certo punto la scia si confondeva con quella di mia moglie e poi proseguivano insieme, come se fossero unite. Cosa significava?

Mi stavo agitando parecchio e cominciai a guardarmi intorno frenetico e spaventato dai miei stessi pensieri.

In mezzo alla folla vidi infine un’imponente figura vestita di nero, che attirò la mia attenzione, che stava camminando verso l’ascensore. Scorgevo dei capelli castani che spuntavano dal suo braccio e delle gambe fasciate da dei jeans chiari dalla parte opposta.

La figura entrò nell’ascensore e come si girò per premere il pulsante potei vedere il suo viso. Aveva capelli arruffati e scuri, la pelle bianchissima e perfetta, un sorrisetto soddisfatto ed inquietante e degli occhi piccoli e...rossi.

Era lui il vampiro di cui avevo sentito la scia prima, ma questo voleva dire che...

 

Abbassai lo sguardo fino alla figura che giaceva tra le sue braccia, con la testa che ciondolava, i capelli di un castano rossiccio molto famigliare che si muovevano leggermente per l’aria che tirava, la pelle bianca e senza nessuna imperfezione, il viso contratto leggermente in una smorfia di paura, le guance segnate da scie di lacrime che continuavano ad uscire passive dai suoi occhi chiusi da palpebre tremanti e la bocca appena socchiusa, due labbra rosse e carnose con quella piccola imperfezione che rendeva ancora più bello quel viso dolce, segnato dal terrore e inerme, tra le braccia di colui che sarebbe stato il suo carnefice.

 

Non era possibile. Bella.

< BELLA! NOO!! >

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Capitolo 26
*** Nei Garage ***


Ecco il capitolo...scusate per il ritardo ma non ho mai tempo! mi dispiace! Però aspetto sempre recensioni...mi potrebbero dare sempre idee in +! :D

< BELLA! NOO!! >

Il mio urlo invase l’enorme sala e parecchi volti confusi si girarono in cerca della provenienza di quel grido di terrore.

Cominciai a correre senza più badare a tenere una velocità umana. Mi diressi velocissimo come un disperato verso l’ascensore che si stava per richiudere tra me e la mia ragione di vita. Joshua aveva sentito il mio urlo di paura e questo lo stava divertendo molto da quanto potevo capire dal suo sorriso maligno che andava ad allungarsi su quella faccia, che non avrei esitato a cancellare dalla faccia della terra appena ne avessi avuto l’occasione.

Ero a pochissimi metri da quel maledetto ascensore, una quindicina forse, ma in quel momento qualcuno mi si parò davanti per sbarrarmi la strada. Non mi fermai, o almeno non lo feci di mia spontanea volontà. Due braccia mi bloccarono impedendomi così la corsa che avevo intrapreso per raggiungere mia moglie.

< Dove credi di andare ragazzino? > Philip strinse ancora di più la presa sulle mie braccia e me le rigirò dietro la schiena bloccandomi.

< Lurido bastardo. Mollami, o ti giuro che quando avrò finito con il tuo amico ti verrò a cercare e non risparmierò neanche te > ero maledettamente arrabbiato con lui e il suo amico che mi stavano portando via la mia Bella. Dovevo liberarmi assolutamente. Dovevo impedirli di portarmela via, fosse stata l’ultima cosa che avrei fatto.

< Ahahahahah! Non penso tu sia nella condizione di minacciare, non pensi? Ora tu verrai con me facendo il bravo, altrimenti finisce male, molto male, per la tua mogliettina. Chiaro? > Mi disse le ultime parole avvicinando la sua bocca al mio orecchio e stringendo ancora di più la presa.

Riluttante decisi di fare come mi diceva, anche perché in mezzo a tutta quella folla non avrei concluso niente ingaggiando un duello, quindi decisi di aspettare di trovarci al piano interrato dove, ne ero sicuro, non ci sarebbe stato nessuno.

 

Mi condusse spingendomi e facendo finta di niente attraverso la folla verso l’ascensore opposto a quello nel quale avevo visto Bella.

Una volta che le porte automatiche dell’ascensore si chiusero Philip mi mollò il braccio sbattendomi contro la parete metallica creando in questo modo un’ammaccatura che aveva la forma delle mie spalle.

< Cosa diavolo vuoi da me? Cosa volete da mia moglie? Se le avete fatto del male giuro che... > ringhiai contro di lui rialzandomi, ma lui non mi fece finire il concetto. Mi prese per il collo e mi ribatté contro la parete di prima con una forza inaudita. Ma come faceva ad essere così forte?

< Cosa? Cosa fai eh? COSA? > mi urlò contro.

Ok. Adesso basta. Mi aveva stufato.

Gli presi la mano che mi aveva attaccato al collo e la staccai velocemente e la rigirai all’indietro per bloccarlo.

In quel momento le porte si riaprirono e lo gettai con tutte le forze sul pavimento grigio del parcheggio in cui ci trovavamo.

Lui si rialzò fulmineo e fece per venirmi in contro ma poi una figura alle sue spalle lo richiamò

< Philip. Calma fratello. Non è necessario > era Joshua. Ma se lui era lì, dov’era Bella?

Sentii la furia divampare in tutto il corpo e cominciai a gridarli contro < DOV’è BELLA?? DOVE DIAVOLO è MIA MOGLIE?? COSA LE HAI FATTO?? >

Mentre urlavo mi gettai contro di lui ansioso di strapparli definitivamente quel sorrisino che amava tanto mostrare.

Però una forza a me sconosciuta mi bloccò, come pietrificato, a metà strada.

Cosa stava succedendo? Philip mi fissava concentrato e sempre con quel maledetto sorriso soddisfatta stampato sulla faccia, che aveva in comune con il fratello.

< Calma ragazzo. Non vorrai mica che succeda qualcosa alla tua carissima mogliettina vero? No eh...allora non fare lo stupido e non provare ad attaccarci. Tanto, da come puoi vedere tu stesso, con noi non hai nessuna possibilità. Vero fratello? >.

Joshua mi schernì  rivolgendosi anche al fratello che se la stava ridendo di gusto.

< Philip, vai a prendere la ragazza in macchina, così ci divertiamo un po’ prima di partire, che ne dici? > chiese rivolgendosi al fratello.

Philip annuì e corse a velocità vampira verso l’altra parte del parcheggio.

 

La rabbia mi stava assalendo e la paura per Bella mi divorava. Quei maledetti non la dovevano toccare nemmeno con un dito. Dovevo fare assolutamente qualcosa per impedire loro di farle del male.

 

Philip tornò da noi con Bella in braccio, ancora inerme. Sembrava addormentata, ma anche tormentata. Come se stesse facendo qualche incubo, ma questo non era possibile.

< Eccola qui > esclamò Joshua prendendo Bella dalle braccia del fratello e poggiandola sul pavimento d’asfalto del garage dell’aeroporto.

Ringhiai quando le toccò i capelli e le accarezzò la guancia ancora bagnata dalle lacrime.

< Incredibile vero? Un vampiro che versa lacrime. Davvero stupefacente. > disse il vampiro più grande dei due.

Ringhiai ancora e con più vigore < Lasciala stare. Non la toccare. >

Lui mi fissò con un’espressione falsamente dispiaciuta < Oh. Non ti preoccupare. Non sentirà niente, è sotto il mio potere, quindi è come se stesse dormendo. Non sentirà alcun dolore. >

Quelle parole mi fecero sgranare gli occhi dal terrore < Cosa le vuoi fare maledetto?! Giuro che se la tocchi ti faccio a pezzi >.

< Ahahahah, e come pensi di fare eh? > disse Philip avvicinandosi < Sei bloccato dal mio potere, non ti puoi muovere, non puoi nemmeno girare la testa. >

Era vero. Non potevo fare niente finchè lui non avesse tolto da me il suo potere. Non avrei potuto far un bel niente per Bella. Né portarla via, né proteggerla da qualunque cosa quei due volessero farle.

< Bene. Vedo che ti sei calmato. > disse Philip tornando vicino Bella, ancora inerme e distesa sul quel pavimento freddo. Il fratello fece la stessa cosa. Si chinò con le gambe piegate e il busto leggermente in avanti vicino il viso di Bella.

Cominciò ad accarezzarle i capelli e scostarle le ciocche dal viso.

< Sai...i nostri ordini erano di prendere la tua cara mogliettina e di portarla dai Tre Volturi, ma nessuno ci ha vietato di divertirci un po’. > disse Joshua ridendo maligno.

Un’orribile presentimento si stava facendo strada nella mia testa furiosa e spaventata, ed ebbi conferma alle parole di Philip che, come il fratello, si era chinato vicino Bella, ma dalla parte opposta < La tua mogliettina è davvero un bel bocconcino. Sei fortunato > rise.

 

No! Non potevano farlo! Dovevo impedirlo, ma come? Come avrei fatto a salvare Bella dal supplizio che il futuro, troppo vicino, le stava presentando?

< Mmm...però così non c’è gusto. > disse Joshua arricciando le labbra.

Lanciò un’occhiata più intensa a Bella che cominciò ad agitarsi e poi riaprii gli occhi.

Non respirava e non si muoveva e si guardava intorno spaesata, confusa e impaurita.

< Cos... > farfugliò, ma poi capì chi erano quelle figure che la sovrastavano.

Sgranò gli occhi e cominciò a tremare impercettibilmente. Aveva paura, glielo leggevo negli occhi.

Vederla così, indifesa, spaventata, con gli occhi sgranati dalla paura e impotente davanti coloro che le volevano fare del male, mi feriva in un modo atroce.

Finalmente mi vide e una lacrima risolcò di nuovo quei fiumi ormai secchi sulle sue guance. Non riuscii a sostenere il suo sguardo ferito e spaventato.

< Edward... > sussurrò con la voce impregnata di terrore.

< Oh, il tuo caro maritino al momento è impedito, ma non ti preoccupare, ci siamo noi due qui. Fidati, ti divertirai. > rise Joshua lanciandomi un’occhiata divertita.

Non ce la feci a reprimere il ringhio che uscì prepotente dalla mia gola e si diffuse per tutto il locale.

Bella era sempre più spaventata e cercò di alzarsi, ma Philip la bloccò prendendola per le braccia e facendola sbattere di nuovo sul pavimento.

 

Le stavano facendo del male. E io non potevo impedirlo.

< Vi prego. Vi... > chiusi gli occhi per impedirmi quell’immagine dolorosa < Vi scongiuro non fatele del male. > Supplicai, nella speranza che l’ultima arma che avevo a disposizione funzionasse, ma sapevo già che era una battaglia persa in partenza.

Joshua si alzò e mi venne vicino lentamente stupito < Come? L’Orgoglioso Edward Cullen che...supplica. Ma questa cosa è da ricordare come un evento straordinario. >

Mi era a un palmo e abbassò il volto per guardarmi dritto negli occhi che avevo riaperto.

< Sai...Edward... Mi hai stufato con i tuoi ringhi e con i tuoi tentativi vani di salvarla. >

Mi fissò cattivo, mi prese per il collo e mi lanciò verso il muro dall’altra parte del locale sfondandolo.

< EDWAAARD!!! >. Bella gridò vedendomi andare a sbattere così violentemente.

Sentii i suoi passi diventare più veloci e venire sempre più vicino a me.

 

Ero disteso sulle macerie della parete distrutta e non mi potevo muovere. E avevo l’ampia visuale del soffitto grigio come il pavimento. Poi vidi il suo volto spaventato  davanti a me.

< Edward...Ed...Edward! Amore mio >

Mi abbracciò prendendo la mia testa tra le sue braccia e portarla al suo petto.

Cominciò a singhiozzare e a piangere. < Ed...Edward che ti hanno fatto? Perché non ti muovi? Cosa sta succ...AAAAH >.

La mia testa ricadde bruscamente sul pavimento e lei sparì dalla mia visuale. La sentii urlare mentre si allontanava.

Poi sentii due braccia sollevarmi e mettermi seduto così da avere la completa visuale di quello che stava accadendo.

< Spero ti divertirai Cullen. Goditi lo spettacolo > Mi sussurrò piano Joshua all’orecchio.

< No... >. Fu solo un sussurro ma racchiudeva tutto il dolore e la paura che provavo nella consapevolezza di quello che mia moglie stava per subire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ringrazio kekka cullen x la recensione...sono contenta che ti piaccia la mia storia! :D

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