Return of darkness di BellaJey (/viewuser.php?uid=74821)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Trecento anni dopo ***
Capitolo 3: *** La Push ***
Capitolo 4: *** Idee ***
Capitolo 5: *** Festa ***
Capitolo 6: *** Sconosciuti ***
Capitolo 7: *** Preparativi ***
Capitolo 8: *** Matrimonio ***
Capitolo 9: *** Amore ***
Capitolo 10: *** Brutta esperienza ***
Capitolo 11: *** Rivelazioni e sofferenza ***
Capitolo 12: *** Sorpresa ***
Capitolo 13: *** Nuovo arrivo ***
Capitolo 14: *** Momenti speciali e regali ***
Capitolo 15: *** Ricordi e piano ***
Capitolo 16: *** Addi prima della tempesta ***
Capitolo 17: *** I Volturi ***
Capitolo 18: *** La battaglia ***
Capitolo 19: *** Lacrime ***
Capitolo 20: *** Dolore sconosciuto ***
Capitolo 21: *** Racconto di una fine ***
Capitolo 22: *** Funerale ***
Capitolo 23: *** Imprevisto ***
Capitolo 24: *** I primi sogni ***
Capitolo 25: *** Tentativo finito in tragedia ***
Capitolo 26: *** Nei Garage ***
Capitolo 1 *** Prefazione ***
Non
avrei mai pensato che un essere mitologico potesse versare lacrime,
potesse soffrire in questo modo, potesse chiedere di morire o
addirittura cercare di suicidarsi per non patire più quel
dolore che lo percorre.
Non
avrei mai pensato di chiedere al mio unico amore di uccidermi per non
farmi più soffrire, per non farmi più versare
lacrime
amare che mi solcavano il viso come lame incandescenti.
Non
avrei mai pensato di odiare qualcuno così intensamente e di
desiderare di staccare con i miei denti le sue membra per poi
bruciarle.
Non
avrei mai pensato di perdere l’anima rimanendo accanto al mio
amore, eppure è accaduto, e ora cerco solo una cosa:
vendetta.
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Capitolo 2 *** Trecento anni dopo ***
Le
sue labbra mi sfiorano il viso, dalla fronte al mento, soffermandosi
leggermente sulle mie labbra che, dopo trecento anni, tremano ancora
a contatto con le sue. Riuscirò mai ad abituarmi al dio che
ogni giorno mi squaglia con il suo sguardo caldo, con i suoi sorrisi
sghembi, con le sue carezze dolci e soffici e con i suoi baci
appassionati ma delicati.
<
Bella? > mi riportò alla realtà con la sua
voce
melodiosa < riuscirò mai a ricevere un bacio da te
senza il
tremolino quotidiano? > chiese ridendo e soffermandosi su quel
sorriso sghembo a cui non potevo resistere.
<
Non è vero che tremo! > mentii, < è
solo che ti
amo...e non posso fare a meno di stupirmi che un angelo abbia bussato
alla mia porta >, usavo sempre quella frase ogni volta che
cacciava il discorso “tremolino incurabile”, e lui
mi rispondeva
sempre allo stesso modo: < Ma sono passati trecentodue anni da
quando ci siamo conosciuti, ci siamo sposati, abbiamo avuto una
figlia e condividiamo una vita sessuale non indifferente...non pensi
che avresti dovuto oltrepassare il momento “imbarazzo
iniziale di
coppia” da un po’? Diciamo trecentouno anni e dieci
mesi! >
concludeva la frase con una risata fragorosa e con un bacio
appassionato che mi rapiva completamente.
Alla
fine del nostro teatrino mattutino, c'incamminavamo verso casa
Cullen, mano nella mano, per andare a trovare la nostra famiglia e
per rimproverare, come al solito, nostra figlia che, anche se ormai
aveva trecento anni, ancora non decideva di mettere la testa a posto
e di concedere la sua mano al povero e frastornato Jacob che ogni due
settimane le chiedeva di sposarlo, ma lei rimandava sempre
l’evento
tanto atteso per un motivo a tutti sconosciuto anche ad Edward.
Renesmee non ci pensava mai. Ormai si era così esercitata a
non pensare alle cose che non voleva far sapere al padre, che quando
decideva di confidarle a me, alle zie e alla nonna, no ricordava
più
l’argomento.
Come
sempre Renesmee era in ritardo e noi la spettavamo alla porta per
farle sempre la stessa domanda, di cui sapevamo già la
risposta. < Ti sei decisa a sposare quel povero lupo? >.
Lei ci
fissava in cagnesco e rispondeva < Sapete già la
risposta,
quindi non mi fate più la solita domanda! >,
dopodichè
correva dalla zia Alice per chiederle i soliti consigli sul trucco e
sullo shopping. Era convinta che la zia passasse la notte ad
escogitare nuove tecniche per il make-up e ad inventare nuovi
vestiti. Il che era vero, oltre a fare il suo dovere di moglie
insieme al suo Jasper.
Ormai
la mia esistenza trascorreva in questo modo, e non potevo fare altro
che esserne felice fino all’apice della mia
emotività.
Inoltre c’era il mio angelo che non poteva non farmi
sprizzare
gioia da tutti i pori.
Quella
mattina però era diversa dalle altre...in un certo senso
speciale.
Mentre
Edward mi stordiva con i suoi baci, Renesmee corse da noi,
cogliendoci un tantino impreparati per la sua euforia, e ci
riportò
alla realtà dicendoci < Mamma, papà. Ho
deciso di
dire di sì al mio Jacob >.
A
quella notizia io e Edward restammo per un attimo allibiti e senza
parole, però poi ci guardammo in faccia ed esclamammo in
coro
< FINALMENTE TI SEI DECISA!! >
In
un attimo fummo circondati da tutta la famiglia. Carlisle era corso
da noi con un sorriso stampato in faccia, che più che
felicità
sprizzava sorpresa e soddisfazione insieme a una puntina di stress
che svaniva, mano nella mano con Esme che sprizzava felicità
ed euforia da tutti i pori. Emmett aveva sfornato un sorriso da
stregatto accompagnato da una luce negli occhi che mi faceva capire
che stava già pensando all’addio al celibato di
Jacob.
Jasper saltò dal divano, da dove stava guardando una replica
di una partita di football, e corse vicino a Renesmee per stringerla
e complimentarsi per la sua scelta tanto attesa con un pizzico di
ironia nella voce. Infine Alice e Rosalie scesero le scale in tutta
furia e cominciarono subito ad organizzarsi tra di loro per mettere
su un matrimonio epocale. Da quello che capii volevano organizzare un
matrimonio a tema. La loro velocità nel percepire
nell’aria
qualcosa da festeggiare e contemporaneamente scervellarsi nel pensare
a una festa originale era allucinante, anche per un vampiro.
Edward
e io trascinammo nostra figlia in cucina e la bombardammo di domande.
<
Come mai ci hai messo tutto questo tempo a dirgli di sì?
Avete
già deciso la data? Avete intenzione di andare in luna di
miele? Non avrete mica intenzione di festeggiare l’addio al
nubilato e al celibato? > L’ultima l’avevo
domandata io, non
mi ero ancora ripresa dalla rivelazione di ciò che aveva
combinato Edward al suo addio al celibato. Quella mattina avrei
voluto ammazzare Emmett e Jasper per averlo portato in uno strep
club.
Renesmee,
un po’ spaventata dalla nostra raffica di domande, ci prese
le mani
per calmarci e cominciò a rispondere < Non lo so
perché
ci ho messo tutto questo tempo ad accettare, solo che mi spaventava
l’idea di me vestita di bianco che arrossivo sotto un arco
tempestato di fiori e per di più con la consapevolezza di
dover sorbire l’ennesima festa di zia Alice >. In
questo io e
mia figlia eravamo molto simili, anche lei aveva il terrore delle
feste, però in compenso amava la moda, lo shopping e, in un
modo spropositato, il make-up. Rabbrividisco ancora al ricordo di lei
che all’ età di due anni chiede alla zia di
insegnarle a
truccarsi e all’immagine della mia piccolina che si appresta
a
specchiarsi e rispecchiarsi per controllare di aver messo bene
l’ombretto o il rossetto.
<
Però non abbiamo ancora deciso la data >
continuò
cancellando dalla mia mente quei ricordi < Pensavamo di farlo in
estate, ma poi ci siamo ricordati che, anche se siamo a Forks, anche
qui d’estate esce il sole. Non ci pareva una buona idea
spaventare
le mie amiche e i miei amici con qualche individuo luccicante >
e
dicendo questo sorrise alla famiglia che, un po’ alla volta,
si era
unita a me e ad Edward per ascoltare i particolari
dell’occasione.
<
Comunque è naturale che vogliamo andare in luna di miele,
che
prima notte di nozze sarebbe, nella casa dei nonni che possono
sentire, insieme ai genitori e agli zii, tutto quello che abbiamo
architettato di fare per festeggiare! > A queste parole si
illuminò in un sorriso malizioso e birichino e fece
pietrificare me ed Edward.
Certo,
sapevamo che Renesmee era diventata una donna da parecchio ormai, ma
sentirla parlare della sua vita sessuale davanti a noi, e con quella
naturalezza poi, mi fece rabbrividire, e capii che Edward aveva avuto
la mia stessa reazione. Secondo me per un attimo gli era passato per
la mente il pensiero di mozzare la testa al povero Jacob, e
sinceramente, in quel momento, lo avrei appoggiato.
Però
in compenso Emmett e Jasper cominciarono a sghignazzare sulle parole e
sulle allusioni della nipote, e continuarono così tutto il
giorno prendendomi in giro e facendo andare Edward su tutte le furie
ricordandogli i pensierini di Renesmee.
All’
ultima domanda della nostra lista Renesmee rispose ridacchiando
<
Mamma, secondo te mi potrei mai perdere una serata tra amiche in
presenza di un fantastico spogliarellista che balla su un tavolino
soltanto con gli slip per me? Non credo proprio. E poi ti potrai
vendicare di papà per il suo addio al celibato. Anche se
penso
che gli zii qui abbiano già in mente un localino particolare
per il mio Jacob, e immagino che papà non voglia perdersi
questa occasione, anche perché Jacob Emmett e Jasper lo
costringeranno a venire. O sbaglio? > Rivolse l’ultima
domanda
più agli zii che a me, anche perché aveva notato
la mia
espressione vacua e presa in giro da Emmett dopo la sua affermazione
sullo spogliarellista. Però aveva ragione. Mi sarebbe tanto
piaciuto vendicarmi di Edward per il suo
“addio-al-celibato-non-approvato-dalla-sposa”.
Dopo
il discorso di Renesmee, Emmett e Jasper si misero subito
all’opera
per organizzare un addio al celibato per Jacob favoloso, come fecero
anche Alice e Rosalie per l’addio al nubilato di mia figlia,
insieme ovviamente allo sfornamento delle prime idee per la
cerimonia.
Intanto
Esme e Carlisle avevano stritolato Renesmee in un abbraccio e poi
erano saliti nella loro suite per stare un po’ da soli.
Invece
io Edward decidemmo di andare a La Push, ormai non Of limits per i
Cullen, per congratularci con Jacob insieme a nostra figlia che aveva
deciso di passare tutta la giornata con il suo futuro sposo
impaziente.
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Capitolo 3 *** La Push ***
Arrivammo
a casa di Jacob in dieci minuti sulla Ferrari che Edward mi aveva
regalato trecento anni prima e a cui aveva apportato alcuni
cambiamenti per farla andare al passo con i tempi.
Mia
figlia dal sedile di dietro mi chiese < Mamma mi piacerebbe
tanto
indossare il tuo vestito al matrimonio...sempre se per te non
è
un problema >.
Lei
sapeva che tenevo moltissimo a tutto ciò che riguardava il
mio
Edward, e quindi non mi chiedeva mai di prestarle, o addirittura
regalarle, qualcosa che mi era stato donato da suo padre o che lo
riguardasse in qualche modo. Il mio abito da sposa era uno di quelli.
Infatti mi stupì molto quando mi fece quella richiesta.
Sapeva
benissimo che ero troppo attaccata a quel vestito. Così
cominciai a formulare qualche scusa per non doverglielo prestare,
però poi la guardai negli occhi e capii che per lei era
davvero importante, inoltre sfoderò quel sorriso sghembo al
quale non potevo resistere e che mi strappò il fatidico
<
D'accordo > che lei tanto aspettava. Aveva ereditato molto dal
padre: quando era arrabbiata ringhiava nello stesso modo di Edward,
sorrideva come lui, aveva i capelli di un colore identico al suo, e
per di più aveva preso la straordinaria capacità
di
convincermi in tutto, se ci si metteva. Le uniche cose che aveva
ereditato da me erano i suoi bellissimi occhi color cioccolato, il
modo di arrossire, che ormai io avevo perso, e la sua incontrollabile
e incurabile imbranataggine, che aveva stupito tutti quanti.
All'età
di tre anni la manifestò inciampando più volte
nello
stesso scalino di casa nostra. Quell'aspetto non poteva non averlo
ripreso da me e ogni volta che scivolava, cadeva o inciampava mi
faceva ricordare la mia vita da umana goffa e imbranata, strappandomi
una risata che non riuscivo a trattenere.
Arrivati
a casa Black scendemmo dalla Ferrari e andammo a bussare alla porta
di Jacob, che l'aprì un secondo dopo.
<
Ehi ciao! Finalmente sei tornata amore, non riuscivo più a
starti lontano > A quelle parole Renesmee arrossì e
si
buttò tra le braccia del mio futuro genero.
Edward
diede una sonora pacca sulla spalla a Jacob e cominciò a
congratularsi con lui < Bhe allora è arrivato il
momento
che aspettavi, mi sorprende che tu non sia morto dallo stress prima
che mia figlia si decidesse ad acconsentire alla tua proposta >
Renesmee fulminò il padre con lo sguardo, che non ci
badò
più di tanto e continuò < Allora
congratulazioni mio
caro Jacob, ti dico solo una cosa > e così dicendo mi
lanciò un'occhiata birichina < Aspettati di tutto da
Emmett
e Jasper per il tuo addio al celibato, e fidati quando ti dico di
stare molto attento...io ci sono passato >.
Jacob
scoppiò in una risata fragorosa alla quale io risposi con un
sorriso malizioso che gli fece capire che anche io dovevo dirgli
qualcosa che riguardava l'addio al celibato.
<
Mio caro Jacob, non esultare troppo, non penso sarai tanto felice
quando scoprirai cos'hanno in serbo per Renesmee Alice e Rosalie
>
a questa mia affermazione il sorriso di Jacob svanì, anzi si
spostò sul viso di mia figlia che era caduta nei suoi sogni
che, secondo me, giravano tutt'intorno allo spogliarellista.
<
Cos'avete intenzione di fare tu e le tue sorelline alla mia piccola?
> chiese Jacob con sguardo allarmato.
<
La tua piccola? > esclamai io < Non so se ti ricordi ma
“la
tua piccola” è mia figlia e me la voglio godere
fino
all'ultimo, prima di darla in pasto ai lupi >
Jacob
aveva colto il mio sarcasmo e ne rise, anche se quel velo di
preoccupazione non se ne andò dal suo viso.
<
Comunque congratulazioni > continuai < Sono contentissima
che
Renesmee si sia decisa, e sono ancora più contenta che si
sia
decisa con te > a questo punto Jacob cancellò
definitivamente quel velo di ansia e sorrise prima a me e poi
“alla
sua piccola” < Sono sicura che sarai un ottimo genero
>.
Dopo
il discorso Renesmee ci cacciò letteralmente da casa di
Jacob
e , dopo aver chiuso la porta, sentimmo chiaramente le loro risatine
e i loro corpi che cadevano sul divano per...emh...penso abbiate
capito.
Io
ed Edward decidemmo di non tornare subito a casa e cominciammo a
passeggiare sulla spiaggia mano nella mano.
<
Sono proprio contenta che si sia decisa, almeno non dovremmo
più
sorbirci le suppliche di Jacob >. Da quando Renesmee gli aveva
risposto di voler aspettare Jacob ci supplicava quasi ogni giorno di
convincerla.
<
Si, hai ragione, almeno ora non dovremmo essere più in
imbarazzo per i rumori che provocano le nostre effusioni notturne
>
mi rispose Edward con un sorriso spettacolare stampato sulla faccia
d'angelo < Non scorderò mai quando ci ha chiesto
cos'erano
quei rumori che la spaventavano di notte > rise.
<
Mamma mia che flash > come aveva ricordato quello strano momento
di quando Renesmee aveva cinque anni la scena mi si parò
davanti agli occhi come se stesse riaccadendo.
FLASHBACK
<
Mamma ma sono normali quei rumori che sento di notte? Mi mettono un
po' paura sai >.
La
guardai con uno sguardo curioso < Quali rumori tesoro? >.
In
quel momento Edward si irrigidì. Aveva capito di cosa stava
parlando nostra figlia, ma io ancora no.
Renesmee
mi posò una mano sul viso e le immagini mi cominciarono a
scorrere davanti agli occhi accompagnate da dei rumori allucinanti.
In quel momento realizzai e se avessi potuto arrossire la mia faccia
sarebbe diventata una fiamma incandescente.
O
mio dio! Nostra figlia si è spaventata perchè ha
sentito me e te mentre facevamo l'amore! O mio dio! E ora che le
dico? Edward aiuto!
Ormai
avevo imparato ad isolarmi dal mio scudo ogni volta che volevo che
Edward sentisse i miei pensieri. Edward si girò verso di me
con gli occhi sbarrati facendo segno di no con la testa. Neanche lui
aveva la minima idea di come rispondere alla nostra figlia curiosa.
Maledettamente curiosa.
FINE
FLASHBACK
Ormai
erano passati quasi trecento anni da quella scena e quindi scoppiammo
a ridere.
Mentre
ridevamo Edward mi afferrò la camicia da dietro e mi
tirò
a terra. Non mi ero accorta che eravamo arrivati nella foresta.
Mi
girai verso di lui appoggiandomi al suo petto e mi persi in quegli
occhi di oro liquido e caldo. Lui mi sorrise e mi prese il viso tra
le mani, si avvicinò e mi baciò a lungo e
profondamente. Quel bacio era fantastico, come tutti gli altri, ma
aveva qualcosa di diverso. C'era una puntina di passione in
più
del solito che mi fece girare la testa.
Ci
baciammo a lungo, distesi sull'erba tra gli alberi che ci
osservavano. Ogni secondo che passava mi stringeva sempre di
più
a sé afferrandomi dalla vita e affondando l'altra mano nei
miei capelli. Io avevo preso il suo viso tra le mani che ora stavano
scivolando sempre di più tra la sua chioma bronzea.
Poi
rotolò da un lato portandomi sotto di lui e
cominciò a
sbottonarmi la camicia leggera mentre io gli aprii la cerniera della
felpa che gli avevo regalato circa un mese fa.
Dopo
aver vinto l'ostacolo della camicia cominciò a baciarmi il
petto, poi il ventre piatto e poi tirò giù la
cerniera
dei miei jeans con i denti. Mi sfilò anche quelli e si
sbottonò il pantalone cachi lasciandomelo togliere con i
piedi.
A
quel punto eravamo rimasti in biancheria che venne strappata molto
presto.
Ricominciò
a baciarmi le labbra, lo zigomo, il lobo dell'orecchio destro, il
collo, il petto mentre mi stringeva a sé con il braccio e mi
massaggiava il seno con la mano delicata ma possente.
Continuò
a sfiorarmi con le labbra il ventre, le cosce, le gambe e poi di
nuovo la bocca. Affondò una mano nei miei capelli e si perse
in un bacio appassionato.
Io
seguivo ogni suo gesto con passione e voglia di continuare. Mi
stringevo a lui graffiandogli la schiena dopo che fu dentro di me.
Ansimavo sempre di più. Lui continuava a baciarmi il collo
stringendomi con una presa inarrestabile e fortissima che se avessi
voluto non sarei riuscita a spezzare neanche usando tutte le forze
che avevo.
Continuammo
per circa due ore e, dopo aver raggiunto l'apice del piacere,
rotolò
su un lato e mi fece rilassare sul suo petto. Continuai a baciarlo
senza staccarmi da lui nemmeno per un millesimo di secondo e lui
ricambiava il bacio con passione e potenza.
Era
diventato molto più forte nel corso degli anni. Era
diventato
forte come Emmett che si era un po' innervosito per la crescita di
potenza del suo fratellino. Io invece dopo un annetto dalla mia
trasformazione cominciai a indebolirmi ed ero arrivata agli standard
di Alice ed Esme. Questa cosa mi infastidiva un po', però mi
piaceva sentirmi protetta da l'uomo che amavo, quindi non feci tante
storie quando mi accorsi di diventare sempre più debole.
Dopo
circa un'ora ci decidemmo ad alzarci e a rivestirci per andare alla
macchina.
Mentre
camminavamo Edward non smetteva di ripetermi < Ti amo >,
e io
gli rispondevo ogni volta < Io di più >. Mi
teneva
ancora stretta a sé per la vita e quando salimmo in macchina
mi scoccò l'ennesimo bacio appassionato sulle labbra che
ricambiai stringendomi a lui e spingendolo verso il finestrino. Lui
non oppose resistenza, ma poi si staccò da me. Renesmee e
Jacob erano usciti di casa e ci stavano fissando con gli occhi
sbarrati. A quel punto concludemmo che era proprio ora di tornare a
casa.
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Capitolo 4 *** Idee ***
Durante
il tragitto verso casa Edward non mi lasciò la mano per un
secondo e ogni tanto mi schioccava un bacio sulla guancia e mi
scioglieva con il suo sguardo caldo e innamorato. Ogni volta
ricambiavo con un sorriso e quando mi baciava cercavo di sorprenderlo
voltandomi per strappargli un bacio sulle labbra. Ci riuscii solo tre
volte purtroppo.
Arrivati
a casa mi sentii tirare in salotto da due paia di braccia. Alice e
Rose. Mi portarono via dal mio Edward, che ricevette lo stesso
benvenuto da Jasper ed Emmett.
In
salotto ci aspettava Esme che stava lavorando a qualche progetto a me
sconosciuto.
<
A cosa stai lavorando Esme? > chiesi.
<
Oh, sto disegnando un piccolo progetto per un gazebo che mi ha
chiesto Alice > rispose con il suo solito sorriso illuminato che
appariva sul suo volto quando lavorava a qualche costruzione <
Ha
intenzione di celebrare la cerimonia in giardino e... > non ebbe
nemmeno il tempo di finire che Alice si fiondò nelle
spiegazioni delle sue idee.
<
...e visto che non sarebbe carino, per gli ospiti di Renesmee,
luccicare per via del sole, ho pensato a un modo semplice, carino,
elegante e allo stesso tempo protettivo dai raggi solari per la
cerimonia del matrimonio > spiegò con la sua voce da
soprano < che ne pensi?> mi chiese infine.
<
Bhe, penso sia fantastico, come tutte le tue idee > risposi
sorridendole. Poi, con l'aiuto di Rose ed Esme mi spiegò
ogni
particolare della cerimonia e del ricevimento. Le seguii con
attenzione fino ad un certo punto, poi mi persi nel ricordo di quella
mattina nel bosco.
Circa
due ore dopo arrivarono Jacob e Renesmee che ci avvertirono di aver
deciso la data del matrimonio < Secondo noi il giorno perfetto
è
il sette settembre > disse Renesmee sorridente < Il
giorno del
nostro imprinting > continuò Jacob.
<
Che romantico! Questa sì che è una bellissima
idea >
esclamò Esme che nel frattempo era stata avvolta da Carlisle
che era uscito dalla cucina dove Jasper ed Emmett stavano spiegando
ad Edward i particolari dell'addio al celibato di Jacob. Almeno
così
immaginavo.
Alla
notizia della data Alice cominciò < Abbiamo
pochissimo
tempo, solo due mesi. Meno male che avevo già disegnato un
abito per te Jacob > corse di sopra e un secondo dopo si
ritrovò
a far ammirare i tessuti e l'abbozzo del vestito dello sposo al
povero Jacob, ormai succube di quella vampira assetata di moda e
feste.
Dopo
il monologo di Alice Edward Emmett e Jasper ci raggiunsero in salotto
e abbracciarono ognuno le proprie compagne. Edward mi strinse a
sé
come se non vedeva il mio viso da decenni, il che era parso anche a
me. Non riuscivo a stare lontana da Edward nemmeno per un secondo.
Dopo
tutti gli scambi di effusioni Emmett e Jasper sfoderarono il loro
sorrisino malizioso e cominciarono ad illustrare il programma
dell’addio al celibato di Jacob che avevano pianificato in
cucina
assieme ad Edward e Carlisle.
<
Bene Jacob, come tutti gli uomini prossimi al matrimonio, anche tu
hai diritto ad un epocale addio al celibato >
cominciò
Jasper < e noi abbiamo qualche ideuzza molto carina per quella
occasione >.
Jacob
gli guardò con un sorriso stampato sul viso ma in quel
sorriso
c’era anche un po’ di preoccupazione <
Cos’avete in mente?
>.
<
Allora, pensavamo ad uno strep club con circa una decina di
spogliarelliste > rispose Emmett con il suo solito sorriso a
trentadue denti sulla faccia < E inoltre avevamo in mente
qualche
gioco tra maschi, tipo gare di velocità su delle macchine
superveloci nel bosco. Pensavamo che in queste gare chi si schianta
prima contro un albero perde >. Emmett rise guardando la mia
espressione e quella di Alice, Rose, Esme e Renesmee. Infine concluse
< Che ne pensi lupo? Ci stai? >.
Jacob
non ebbe nemmeno il tempo di aprire la bocca che io, Esme, Alice,
Rose e soprattutto Renesmee gridammo insieme < MA SIETE
IMPAZZITI
COMPLETAMENTE?! >.
<
Ma vi siete bevuti il cervello per caso? > gridò
Renesmee <
Posso capire le spogliarelliste, ma la corsa non potete assolutamente
farla! >.
<
E perché piccola? > domandò Emmett.
<
Zio non m’importa di te zio Jasper papà o nonno,
tanto a voi
non può succedere niente di niente se vi andate a schiantare
a
tutta velocità contro un albero > spiegò
infuriata
mia figlia. A quelle parole la fulminai con lo sguardo. Che
significava che non le importava se suo padre si andava a schiantare
contro un albero? Vabbè che non si sarebbe fatto niente, ma
a
me interessava di quel particolare. Solo l’idea di Edward che
cerca
di schivare gli alberi a trecento all’ora mi faceva venire i
brividi e se avessi potuto sarei svenuto all’istante.
<
Ma a me interessa di Jacob! Lui non è come voi. Non
è
indistruttibile! Si potrebbe rompere tutte le ossa del corpo e
rimanere con il dolore per mesi! > continuò Renesmee
<
Non ve lo permetterò. Scordatevelo! > e con quella
frase
capimmo che aveva chiuso il discorso. Nessuno osò ribattere.
Persino Emmett si spaventò di fronte allo sguardo della
nipote.
Dopo
la discussione Renesmee ci avvertì che avrebbe passato la
notte da Jacob e subito dopo se ne andò con lui. Io ed
Edward
ce ne andammo circa dieci minuti dopo.
Durante
il tragitto verso la nostra casetta decidemmo di non correre e di
goderci per una volta la foresta.
<
Non posso credere che vi sia venuta in mente un’idea
così
assurda come quella della corsa. Ma cosa avevate bevuto? Sangue
avariato? > dissi mentre ci stringevamo la mano.
<
Guarda che io non ho fatto niente. Loro dopo che mi hanno rapito mi
hanno raccontato quello che avevano in mente di fare e poi mi hanno
chiesto il mio parere > mi rispose il mio angelo < Glielo
avevo detto che non era il caso di mettere nel pacchetto del addio al
celibato anche quel particolare delle corse > concluse.
<
Particolare? Chiamalo particolare! > affermai.
<
Comunque… che ne pensi di continuare il nostro discorso di
stamattina? > chiesi impaziente.
Lui
mi sorrise, strinse ancora di più la mia mano e mi
baciò
appassionatamente. Io ricambiai felice e lo strinsi a me. Lui dopo
qualche secondo, che mi parve un’eternità, si
staccò
e cominciammo a correre verso la nostra casetta nascosta.
Arrivati
alla porta ricominciammo a baciarci ardentemente ed entrammo in casa
senza mai staccare le labbra da quelle dell’altro.
Quando
arrivammo in camera da letto mi spinse sul nostro enorme bianco letto
accompagnandomi con il suo corpo che non si era staccato dal mio.
M’intrappolò
sotto di lui e affondò una sua mano nei miei capelli, mentre
l’altra si affannava a cercare i bottoni della mia camicia.
Poi non
ce la fece più e la strappò, riducendola a
brandelli.
Fece subire la stessa sorte ai miei jeans.
Cominciò
ad accarezzarmi e a baciarmi ovunque ansimando.
Fronte…naso…orecchio…guancia…bocca…mento…collo…spalle…petto…seno…capezzoli…
ventre…bassoventre…cosce.
A
quel punto presi in mano tutta la mia foga e gli strappai di dosso i
vestiti e lo strinsi a me con tutta la mia forza che non era mai
abbastanza. Cominciai ad ansimare quando arrivò alla mia
intimità potente ma delicato, forte ma dolce, furioso ma in
un
certo senso calmo.
Strinsi
le mani nei suoi capelli bronzei e cominciai ad urlare e ad ansimare
ancora di più. Si avvicinò al mio viso e mi
baciò
con furia.
Le
nostre labbra si modellarono a vicenda e cominciarono a muoversi
insieme come le nostre lingue che erano diventate ormai un
tutt’uno
di piacere e desiderio.
Con
la sua solita delicatezza entrò in me e io lo strinsi ancora
di più, se possibile.
I
nostri due corpi si muovevano insieme seguendo il ritmo dei nostri
cuori che ormai non battevano più.
Con
la sua stretta possente fece aderire il mio corpo ancora di
più
al suo.
Le
sue labbra si staccarono per un attimo dalle mie ansimando mi disse
<
Ti amo piccola mia e ti amerò per sempre >.
Lo
guardai negli occhi dorati e gli risposi quasi urlando dal piacere
<
Anche io ti amo…non sai quanto >.
Andammo
avanti tutta la notte e solo alle prime luci dell’alba ci
rilassammo l’una appoggiata all’altro.
Mi
cominciò a cullare come solo lui sapeva fare e io lo strinsi
a
me come se avessi paura che se ne andasse.
Mi
sussurava nell’orecchio la mia ninna nanna con la sua voce
melodiosa e se avessi potuto avrei cominciato a versare lacrime per
la felicità.
|
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Capitolo 5 *** Festa ***
Quando
ci decidemmo a vestirci andammo nella suite-armadio che Alice
riempiva ogni due settimane con vestiti nuovi. Purtroppo Alice aveva
comprato solo vestitini eleganti per me e nemmeno un jeans o una
maglietta normali.
“
Mi
devo decidere ad uscire per fare un po' di compere senza Alice
”
pensai.
Così,
visto
che l'ultimo paio di jeans era stato misteriosamente ridotto a
brandelli la scorsa notte, mi dovetti accontentare di un vestitino
blu elettrico, aderente e senza spalline che mi arrivava a
metà
cosce. Era l'unico abito in mezzo a quella miriade di vestiti che si
poteva avvicinare in qualche modo ai miei standard di abbigliamento,
anche se rimaneva molto lontano dalle mie preferenze.
Quando
Edward mi
vide con quel vestitino striminzito addosso inclinò la testa
di lato e disse < Mmm...sei molto carina stamattina. Devo
ammettere di cominciare ad apprezzare la mania per la moda di Alice
>
affermò con il suo sorrisino sghembo.
Lo
guardai con finta
avversione e gli risposi < Ah, è così? Mi
hai
abbandonato. Anche tu sei caduto nella tela di Alice. Sono rimasta
sola > misi un finto broncio e mi voltai dandogli le spalle.
Sapevo che lui non avrebbe resistito senza consolarmi.
Appena
mi strinse da
dietro mi sussurrò all'orecchio < Mi dispiace, non
volevo... > non fece in tempo a finire la frase che il mio volto
si girò di scatto sorprendendolo e le mie labbra affondarono
nelle sue e, senza staccarmi da lui, gli sussurrai < Quando
imparerai a capire quando ti prendo in giro eh? >.
Sentii
le sue labbra
tendersi in un sorriso e poi cominciò a baciarmi
intensamente.
Come
al solito le
mie labbra tremarono e, come al solito, lui mi rimprovero ridendo.
Dopo
il nostro
teatrino mattutino c'incamminammo verso casa Cullen. Arrivati Alice
mi trascinò in camera sua e separandomi da Edward per la
seconda volta in due giorni. A me questa cosa non andava proprio
giù,
ma accettai di seguirla lanciando uno sguardo di aiuto ad Edward che
intanto sghignazzava per via dei pensieri della sorella.
Chissà
cosa aveva in mente.
Giunte
in camera
Alice mi fece sedere sul divano e cominciò < Allora
Bella,
ho già ingaggiato sei spogliarellisti per l'addio al
nubilato
di Renesmee. Pensavo di... > non la lasciai concludere e le
risposi con incredulità < Come SEI?! Non starai
esagerando
con questa storia degli spogliarellisti? >.
Alice
mi guardò
incredula per un attimo e poi continuò il discorso che avevo
spezzato come se il mio intervento non fosse mai esistito < Come
stavo dicendo pensavo di fare l'addio al nubilato in salotto. Essendo
la stanza più grande della casa mi sembra più che
adatta, e poi ho trovato dei tavolini perfetti per palco. Sono molto
carini e graziosi, ma allo stesso tempo resistenti >.
La
guardai con gli occhi sbarrati e, visto che non si poteva
assolutamente ribattere sulle ide di Alice, decisi di farmene una
ragione, però mi dovevo togliere assolutamente una
curiosità.
<
E perché proprio sei spogliarellisti, perché non
cinque
o sette? > chiesi.
<
Bhe che domande. Perché noi siamo cinque. Uno
spogliarellista
personale per ognuno. Però visto che è Renesmee
la
festeggiata pensavo che lei avesse il diritto del doppio servizio
>
spiegò sghignazzando < Quindi uno a testa per me Rose
te ed
Esme e due tutti per la sposa > concluse.
Con
gli occhi ancora sbarrati e con la bocca aperta non sapevo proprio
cosa dire, allora mi limitai a fissarla incredula ma rassegnata.
Era
il cinque settembre e quindi il giorno del mio strazio e
dell’addio
al nubilato di Renesmee. Avevo accettato di partecipare solo
perché
la festeggiata era mia figlia, altrimenti mi sarei opposta con tutte
le mie forze pur di non esserci, anche se Alice mi avrebbe
sicuramente minacciata in quel caso e io avrei ceduto alle sue
provocazioni.
Quando
Alice, io, Rose, Esme e Renesmee uscimmo dalla cabina armadio vestite
e truccate per la festa pronte per presentarci ai nostri uomini, la
stanza fu invasa da un < WOOOOW > generale.
Non
potevo dare certo torto ai nostri compagni quando ci presentammo a
loro.
Rose
indossava una mini svolazzante rosso sangue abbinata a un top che le
fasciava il seno a pennello dello stesso colore della gonna e il
tutto era accompagnato da delle lucenti calze scure che le fasciavano
le gambe perfette e da dei sandali neri a spillo tacco dodici. Il suo
viso candido era circondato da una meravigliosa chioma bionda
aggiustata in una stupenda acconciatura boccolosa e le sue labbra
erano colorate dello stesso colore della gonna e del top, gli occhi
erano cerchiati da un filo di matita e mascara nero e colorati da un
leggero tocco di ombretto scuro. Per non far notare troppo il
distacco tra la sua carnagione pallida e i forti colori del trucco
aveva concluso l’opera con un po’ di phard sulle
guancie.
Alice,
invece, era fasciata da un abitino nero che la copriva fino a
metà
coscia e con una scollatura che le risaltava il seno in modo a dir
poco esagerato, secondo i miei gusti. Alcune parti dell’abito
erano
solo di raso scuro che lasciava intravedere la sua pelle. A
differenza di Rose, Alice aveva preferito lasciare le gambe nude, ma
non aveva rinunciato al tacco dodici delle sue scarpe dorate che si
abbinavano al suo trucco e alla sua acconciatura. Il suo viso era
cerchiato dai suoi soliti capelli arruffati che erano decorati con un
grazioso cerchietto dorato, le sue labbra erano colorate da un
rossetto color oro abbinato all’ombretto.
Esme
aveva cercato in tutti i modi di convincere Alice di rimanere un
po’
più sobria. Alice acconsentì, ma Esme non aveva
fatto i
conti con il significato che Alice attribuiva a
“sobria”. Infatti
il corpo di Esme era fasciato da un vestitino verde scuro tempestato
di brillantini che la copriva fino al ginocchio con le spalline
doppie e con una scollatura a V che le risaltava il seno, ma questo
vestito le lasciava la schiena nuda fino al limite massimo
consentito. Anche lei aveva delle calze scure che le fasciavano le
gambe ma invece dei tacchi a spillo aveva optato per dei sandali neri
con tacco largo. Il suo bellissimo viso era truccato in modo delicato
ma impeccabile e i suoi capelli rossi erano tirati su in una
acconciatura complicata che mi ricordava la mia il giorno del mio
matrimonio, però, invece di avere dei fermagli blu che
concludevano l’opera, i suoi capelli erano decorati da
brillantini
verde smeraldo che si abbinavano al vestito.
Mia
figlia aveva deciso per una minigonna vertiginosa di pelle nera
abbinato a un top dorato che, a differenza di quello di Rosalie le
copriva il ventre ma, in compenso le lasciava nuda la schiena. Anche
lei preferì fasciare le gambe con delle calze ma
optò
per quelle a rete che vennero accompagnate da tacchi a spillo dodici
neri. Il suo viso a cuore era incorniciato soltanto da due ciocche
laccate che le scendevano ai lati del viso dalla sua acconciatura di
trecce tirate su. Per il trucco si era completamente sbizzarrita. Era
praticamente annegata nel phard luccicante che le copriva tutto il
viso e il decoltè, le labbra erano coperte di lucidalabbra
brillante e gli occhi erano cerchiati da ombretto, matita e mascara
neri. Il tutto era accompagnato da dei cerchi dorati per orecchini.
Infine
io mi ero fatta convincere da mia figlia e da Alice ad indossare un
vestitino aderentissimo senza spalline e che mi copriva le gambe fino
a metà coscia di colore blu scuro e che lasciava veramente
poco spazio all’immaginazione. Inoltre mi avevano costretto a
salire su un paio di tacchi blu altissimi di cui non volli nemmeno
sapere la misura. Le mie gambe erano rimaste nude ma piene di
brillantini azzurri. Il mio viso era incorniciato da boccoli castani
che ricadevano sulle mie spalle nude e accompagnati da alcuni
nastrini azzurri. L’unica cosa che mi fu concesso di gestire
fu il
mio make-up. Avevo soltanto colorato le labbra con del lucidalabbra
rosa chiaro e avevo deciso anche per un filo di matita nera sugli
occhi, ma Alice insistette per l’ombretto azzurro che,
secondo lei
dava al mio viso quel tocco elegante che era essenziale.
I
nostri compagni rimasero a bocca aperta nel vederci comparire. Emmett
e Jasper emisero un fischio allucinante e non avevano occhi se non
per Rose ed Alice e in un attimo si fiondarono su di loro per
prenderle in braccio e fargli fare non so quanti giri su se stesse.
Jacob era rimasto pietrificato nel vedere la sua futura moglie
vestita in quel modo e sentii chiaramente che, quando le si
avvicinò,
le sussurrò all’orecchio qualcosa < Se ti
vesti così
mi farai venire un infarto…non vedo l’ora che
arrivi la prima
notte di nozze > a quelle parole Renesmee gli diede uno schiaffo
sulla spalla con faccia compiaciuta. Carlisle prese il viso di Esme
tra le mani e le sussurrò all’ orecchio prima di
baciarla <
Sei proprio stupenda stasera amore >.
Poi
arrivò il turno di Edward che si avvicinò a me
calmo e
mi prese le mani. Mi allontanò un attimo per ammirarmi
meglio
e poi mi strinse tra le sue braccia possenti, mi prese il viso tra le
mani e guardandomi negli occhi mi disse con la sua voce dolce <
Sei bellissima amore mio > poi mi baciò intensamente
e mi
sussurrò senza staccare le sue labbra dalle mie < Ti
amo >.
Tesi le mie labbra in un sorriso e poi mi fiondai ancora di
più
in quel bacio appassionato. Non mi sarei separata da lui nemmeno per
tutto l’oro del mondo, però una voce ci
riportò
bruscamente alla realtà < Ehi sorellina potresti
staccare
le grinfie da nostro fratello, sai si sta facendo tardi e la festa di
Jacob ci sta chiamando a gran voce > sghignazzò
Emmett. Per
un primo momento lo ignorammo e continuammo nel nostro bacio ma poi
una vocina trillante esclamò < Oh, stanno arrivando
gli
spogliarellisti, forza voi andate alla vostra festa che qui noi donne
dobbiamo accogliere i nostri ospiti su > e intanto Alice
spingeva
fuori Carlisle, Jacob, Emmett e Jasper lasciando Edward per ultimo.
Però purtroppo spinse via anche lui che cercò di
darmi
un altro bacio veloce per poi uscire dalla porta di casa sorridendomi
e sussurrandomi a distanza < Già mi machi amore mio
>.
Lo
guardai con occhi che li supplicavano di restare ma poi gli risposi
<
Anche tu tesoro, non sai quanto >.
Dopo
due minuti che i nostri compagni se ne furono andati qualcuno
suonò
al campanello ed Alice andò ad aprire. Entrarono sei
ragazzoni
sorridenti ognuno dei quali abbronzantissimo e vestito a tema. Uno
era vestito da pompiere, un altro da poliziotto, un altro da
boscaiolo, un altro ancora da pellerossa, un altro da cowboy e
l’ultimo da infermiere.
Il
primo aveva sulle spalle uno stereo che aveva acceso a tutto volume e
che aveva appoggiato a terra dopo il suo ingresso. Tutte insieme
raggiungemmo Alice all’ingresso e Renesmee si fece avanti
<
Benvenuti ragazzi, questo è il mio addio al nubilato quindi
vedete di farmi divertire d’accordo! Loro sono le mie amiche
Alice,
Rosalie, Bella ed Esme e io sono Renesmee >. Ovviamente non
poteva
certo dire che ero sua madre e che le altre erano le sue zie e sua
nonna, sarebbe parso un po’ strano non pensate?
Andammo
tutte in salotto seguite dai sei spogliarellisti.
Il
pompiere alzò ancora di più il volume e
cominciarono a
fare il loro lavoro sui tavolini che aveva comprato Alice per
l’occasione. Dopo essersi tolti giacche e magliette ed essere
rimasti solo con i pantaloni scesero dai tavolini con un salto e
ognuno di loro si avvicinò ad una di noi. Il poliziotto e il
cowboy presero di mira Renesmee, il boscaiolo andò da Esme,
l’infermiere si posò davanti a Rose, il pellerossa
raggiunse
piano Alice e a me toccò il pompiere.
La
festa si svolse tra i movimenti degli spogliarellisti e i gridolini
di tutte esclusa me. Certo, il pompiere avrebbe fatto cadere ai suoi
piedi tutte le ragazze che gli si fossero parate davanti, ma io ormai
avevo standard di bellezza molto alti dopo trecento anni di
convivenza con Edward.
Dopo
circa quattro ore la festa si concluse e gli spogliarellisti, dopo
aver ricevuto il loro pagamento, se ne andarono congratulandosi con
Renesmee per il matrimonio.
Mia
figlia si buttò sul divano distrutta. Meno male che avevamo
deciso di festeggiare l’addio al nubilato due giorni prima il
matrimonio, altrimenti Renesmee sarebbe andata all’altare con
due
occhiaie spaventose.
Dopo
aver messo tutto in ordine ci sedemmo anche noi sul divano ed Alice
esclamò < Bhe, come vi è sembrata la
festa?
Fantastica lo so. Sono una vera e propria maga con le feste >.
Ridemmo tutte, ma poi mi accorsi che Renesmee si era addormentata e
così feci cenno alle altre di fare silenzio.
La
guardai dormire beata e se avessi potuto avrei versato lacrime per la
mia bambina che fra due giorni sarebbe stata accompagnata dal mio
Edward all’altare.
|
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Capitolo 6 *** Sconosciuti ***
I
ragazzi ci avevano informato, prima di andare a festeggiare il futuro
sposo, che sarebbero tornati per le tre di notte circa. Noi avevamo
concluso la nostra festa verso le due e mezza e stavamo aspettando i
nostri compagni impazienti.
Guardavo
l'orologio ogni dieci minuti. Tre...tre e mezza...quattro...quattro e
mezza...cinque. Il mio Edward ancora non tornava e la mia ansia
cresceva sempre di più. “
Ma dove è finito? Perchè non chiama? Se avesse
deciso
di andare a caccia mi avrebbe avvertito con una telefonata” pensai
angosciata e preoccupata per via del suo ritardo.
<
Alice non hai visto niente? Magari hanno deciso di andare a caccia e
si sono dimenticati di avvertirci > chiesi alla mia sorellina
veggente, anche se sapevo che Edward non si sarebbe mai dimenticato
di avvertirmi. Anche per lui era doloroso essere distanti.
<
No Bella. Mi dispiace ma sono insieme a Jacob e quindi non riesco a
vedere niente > mi rispose per la centesima volta Alice, anche
lei
preoccupata per il suo Jasper.
Ormai
le prime luci dell'alba fecero capolino attraverso la vetrata del
salotto e ci illuminarono la pelle facendola brillare.
A
quel punto non resistevo più. Dovevo andare a cercare
Edward.
Avevo un brutto presentimento.
<
Vado a cercarli. Non ce la faccio più. Ho un bruttissimo
presentimento > annunciai a tutte alzandomi piano dal divano per
non svegliare Renesmee, che ormai era sprofondata da ben quattro ore
tra le braccia di Morfeo.
<
Non fare la stupida, vedrai che fra meno di mezz'ora saranno qui
>
mi disse Rosalie prendendomi per il polso.
<
No Rose, devo andare a cercarli. Sono troppo in ansia. Avevano detto
che sarebbero tornati alle tre. Posso capire un ritardo di un'oretta,
ma addirittura tre ore e mezza. E poi avrebbero chiamato se avevano
intenzione di rimanere ancora o di andare a caccia > risposi
svincolandomi dalla sua presa d'acciaio. Mi dava leggermente fastidio
essere più debole anche di Rose.
<
Almeno permettimi di accompagnarti. Non mi fido a mandarti da sola
nella foresta > propose Rose. Ormai si era legata
particolarmente a me e, come il fratello, era molto protettiva nei
miei confronti.
<
Va bene. Però andiamo subito. Non accetto ritardi >
le
risposi.
<
Veniamo anche noi > disse Alice alzandosi dalla poltrona.
<
No Alice. Qualcuno deve rimanere con Renesmee > le risposi.
Presi
per mano Rose ed uscii dalla porta principale di casa Cullen senza
aspettare una risposta di Alice.
Cominciammo
a correre nella foresta cercando di carpire nell'aria l'odore dei
nostri compagni tra gli alberi.
A
un certo punto fui investita dall'odore di Edward, Emmett, Jacob,
Jasper, Carlisle e di qualcun'altro, precisamente quattro vampiri.
I
loro odori erano mischiati ma riuscii ugualmente a riconoscere
l'odore del mio Edward. Quel particolare però mi fece
preoccupare. L'odore si mischiava solo quando...c'era una lotta.
Affinai
l'udito per capire cosa stava succedendo. Sentivo delle voci. La sua
voce. Dei ringhi spaventosi. Il suo ringhio.
Accelerai.
Dovevo raggiungerlo. Dovevo aiutarlo. Era in pericolo. Dovevo stare
al suo fianco.
Sentivo
che anche Rose accelerava al mio fianco. Potevo sentire il suo
respiro preoccupato. Anche lei era in ansia per il suo Emmett.
Più
ci avvicinavamo ai nostri compagni, più potevo sentire con
precisione i loro movimenti. Edward ringhiava con furia contro uno
dei vampiri sconosciuti e li si avventava contro. Emmett stava
combattendo con tutta la sua rabbia. Jacob era trasformato e sentivo
la sua voglia di strappare le membra del nemico nel’aria.
Jasper si
muoveva velocissimo cercando di mettere in pratica le sue conoscenze
sulla battaglia. Carlisle, invece, si avventava contro il suo
nemico. Riuscii a captare il suo disgusto per quello che stava
facendo, lui odiava la violenza e non riuscivo a capire cosa ci fosse
in quelli sconosciuti per farli fare la cosa che odiava di
più
al mondo.
Sentii
una scarica elettrica che mi percorse tutto il corpo. Qualcuno di
quei vampiri aveva un potere supplementare, molto potente a quanto
pare, e lo stavo usando.
Dun
tratto sentii delle urla atroci. Urla di dolore. No, non poteva
essere. Non lui.
Il
mio Edward era preda di quel potere e io ero troppo lontana da lui
per attivare il mio scudo.
Per
fortuna mi stavo avvicinando. Le sue grida si facevano sempre
più
forti e io non sopportavo l’immagine che mi si
parò nella
mia mente in quel momento: Edward che gridava dal dolore per
proteggere me dal potere di Jane, la maledetta Voltura che, quando
avrei avuto l’occasione, avrei ucciso con le mie mani.
Finalmente
arrivammo sul posto della battaglia. Il mio orecchio aveva sentito
bene.
Edward
era accasciato a terra, preda del dolore che un vampiro bruno,
altissimo e grosso come un armadio li stava infliggendo da lontano
fissandolo.
Senza
pensarci un attimo attivai il mio scudo e ci avvolsi il mio Edward.
Lui smise di colpo di urlare e contorcersi dal dolore. I nostri
sguardi si incrociarono. Corsi da lui più veloce che potevo,
ma qualcuno fu più veloce di me. Il vampiro, che fino a un
momento fa stava torturando Edward, mi prese per i polsi con una
forza allucinante e mi lanciò contro un grosso albero caduto
che si spezzò all’impatto con il mio corpo. Fui
invasa da un
dolore allucinante. Mi sembrava di essermi rotta tutte le ossa del
corpo, ma ovviamente non era così.
In
un attimo Edward mi fu accanto e mi prese tra le braccia.
<
Bella, cosa ci fai qui? > chiese Edward mi
guardava
con occhi sofferenti. Lo fissai negli occhi e gli risposi < Sono
venuta qui perché ero preoccupata per te. Non ho la minima
intenzione di andarmene. Resterò al tuo fianco >.
Edward
non ebbe nemmeno il tempo di ribattere che il vampiro di prima li si
fiondò contro e ci fece volare a venti metri
dall’albero che
avevo spezzato.
Mentre
intorno a noi infuocava la battaglia quel vampiro ci si
avvicinò
lento e con un sorriso perfido e soddisfatto sulle labbra. Ci fissava
e quegli occhi mi fecero sobbalzare dalla paura. Non capivo cosa
poteva volere da noi.
In quel momento mi accorsi di aver perso il
controllo del mio scudo e mi apprestai immediatamente a riavvolgere
il mio Edward con quella membrana elastica ed invisibile,
restringendola man mano che il nostro nemico avanzava verso di noi.
Cominciò
a ridere cattivo e poi parlò con una voce cupa e perfetta
<
Bene, bene, bene. Vedo che finalmente ti sei fatta avanti mia cara
Isabella >.
Conosceva
il mio nome, com’era possibile. Chi era quel vampiro e cosa
voleva
da me e da Edward?
Eravamo
ancora a terra, ma a quelle parole Edward si alzò di scatto
mi
si parò davanti per nascondermi agli occhi di quello
sconosciuto.
<
Non provare ad avvicinarti a lei > ringhiò il mio
protettore < Non ti ci devi avvicinare nemmeno con il pensiero
>.
<
Ah ah ah > rise beffardo il vampiro sconosciuto che si stava
avvicinando sempre di più < Che bel quadretto. Il
vampiro
innamorato che cerca di proteggere la sua bella da qualcosa che non
può sconfiggere. Non è buffo? >
domandò
retorico ancora ridendo.
Mi
alzai di scatto per affiancare Edward ma lui mi spinse dietro il suo
corpo con il braccia. Cercai di oppormi ma non ci riuscii.
Chi
era quel vampiro e cosa voleva da me?
Distaccai
per un attimo il mio scudo per porre quelle domande ad Edward. Non
l’avessi mai fatto.
Di
colpo mi sentii investire da un dolore atroce che mi percorreva tutto
il corpo. Era perfino più doloroso dei tre giorni della
trasformazione. Mi sentii trafitta da mille lame. Ogni centimetro del
mio corpo era percosso da quel dolore allucinante. Gridai con tutta
la voce che avevo e cominciai a contorcermi per terra.
Non
avevo mai provato un dolore simile e non riuscivo a ritirare dentro
me lo scudo protettivo.
Sentii
Edward che gridava < NOOO! BELLA! Lasciala stare maledetto!
>.
Potevo sentire la sua rabbia e la sua disperazione. Si
fiondò
sul suo nemico e di colpo lo strazio cessò. Avvertii lo
scudo
che rimbalzava dentro di me. Mi alzai per correre in aiuto di Edward.
Era sotto il corpo di quel pazzo che li si avventò alla
gola.
Voleva ucciderlo. Voleva portarmelo via. No, non poteva succedere.
Non di nuovo.
In
quel momento però la battaglia cessò di colpo. I
quattro vampiri sconosciuti si allontanarono da noi e se ne andarono.
Edward ringhiò un ultima volta verso il vampiro bruno e
corse
da me.
<
Stai bene? > mi chiese < Ma come ti è venuto
in mente di
staccarti dallo scudo? Non avevi pensato alle conseguenze? >.
Aveva gli occhi che sprizzavano rabbia ma anche preoccupazione verso
di me, e per un momento mi spaventai di quello sguardo.
<
N…non lo so che mi è preso, volevo chiederti chi
erano e
cosa volevano e… non ci ho pensato scusa > risposi
singhiozzando
per la paura che mi aveva invaso durante il suo scontro con quel
mostro. < Per un momento ho pensato di p…perderti per
sempre >.
Ormai ero percorsa dai singhiozzi e non avevo il coraggio di guardare
i suoi occhi infuocati. Lui mi strinse a sé con le sue
braccia
forti e mi diede un bacio sui capelli, mentre io li stringevo la
camicia ormai ridotta a brandelli.
Continuavo
a singhiozzare e lui mi strinse con ancora più forza al suo
petto imprigionandomi nella sua gabbia protettiva che tanto amavo.
Poi
mi alzò il viso con un dito e guardandomi negli occhi mi
disse
con la sua voce melodiosa < Ma come ti è venuto in
mente di
venire a cercarci? Non so cosa avrei fatto se ti fosse successo
qualcosa. Non farlo mai più. Promettimelo >.
<
Ma io… > non ebbi il tempo di finire la frase che mi
ritrovai le
sue labbra delicate sulle mie. Era un bacio strano, protettivo,
preoccupato, ma profondo. Non mi baciava così da quando i
Volturi ci avevano fatto visita l’ultima volta trecento anni
fa per
via di Renesmee.
<
Promettimelo. Giurami che non farai mai più quello che hai
fatto stanotte. Giura > mi ordinò staccandosi dalle
mie
labbra.
<
Ma Edward, come puoi pretendere che mi metta in disparte mentre tu
combatti rischiando la vita? Non potrei mai lasciarti combattere da
solo. Mai. Ho troppa paura di perderti. Come mi puoi chiedere una
cosa del genere? >.
<
Bella non puoi capire la vicinanza alla morte che hai avuto stasera.
Non sei stata più in pericolo di stanotte in tutta la tua
vita. Nemmeno quando James ti aveva portato in quella scuola di danza
>.
<
Ma cosa stai dicendo Edward? Chi erano quei vampiri? Cosa volevano? E
perchè conoscevano il mio nome? > chiesi di seguito.
Cominciai ad avere veramente paura, ma tra le sue braccia mi sentivo
sicura, protetta.
<
è una lunga storia amore. Ma non ti devi preoccupare. Non
lascerò che ti si avvicinino. Non lo permetterò.
Ti
proteggerò io, ma tu devi promettermi di non intervenire, ti
prego >.
<
Edward ma… >
<
Prometti > insistette.
<
Ma io… >
<
Ti prego > mi scongiurò con la tristezza pura negli
occhi.
Non potevo resistere a quegli occhi imploranti.
<
V…Va bene…Promesso >.
Si
rilassò ma non mi lasciò, anzi mi strinse ancora
di più
e mi baciò intensamente e con passione tenendomi stretta a
sé
con un braccio intorno alla mia vita e una mano che mi spingeva la
testa al suo viso, come se avesse paura che potessi scappare.
|
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Capitolo 7 *** Preparativi ***
Eravamo
tornati a casa Cullen da un po’ ormai ed Edward non mi aveva
ancora
spiegato cosa volevano quei vampiri da noi, mi rassicurò
solo
dicendomi < Stai tranquilla amore. Non permetterò che
ti si
avvicinino. Ti proteggerò io. Fidati di me >.
Acconsentii
a non farli più domande su quell’argomento, ma
prima o poi
avrebbe dovuto spiegarmi tutto.
Tornammo
a casa nostra dopo circa tre ore. Edward e Carlisle, insieme ad
Emmett, Jasper e Jacob si erano chiusi in cucina per discutere
dell’accaduto. Nessuno voleva informare le loro compagne
della
situazione e noi non capivamo il perché.
Durante
il viaggio verso la nostra casetta Edward mi stringeva la mano in
modo esagerato e a un certo punto emisi un suono di dolore per via
della sua stretta troppo forte. Lui allentò leggermente la
presa per non farmi male, ma continuava a stringere fortissimo.
Potevo sentire la sua preoccupazione e la sua ansia nell’aria
e
nelle sue dita e questo mi fece preoccupare ancora di più.
Non
era così ansioso da quando Alice aveva previsto la visita
dei
Volturi trecento anni fa. Forse loro centravano qualcosa in tutto
questo. In fin dei conti quel vampiro bruno aveva lo stesso potere di
Jane. Ci doveva essere un collegamento, non c’erano altre
spiegazioni.
Quella
mattina non ci rivolgemmo la parola e rimanemmo stretti in un
abbraccio che durò circa quattro ore. Si rifiutava di
lasciarmi e io non volevo liberarmi dalla sua stretta protettiva. Ero
ancora scossa dalla scorsa notte. Tremavo ancora dalla paura. Il
terrore che avevo provato nel vederlo in balia di
quell’essere era
imparagonabile. Non avevo mai provato tanta paura in vita mia. Per
questo non volevo assolutamente che sciogliesse
quell’abbraccio.
Non volevo che mi lasciasse. Non volevo permetterli di abbandonare
questo mondo. Se lui doveva andarsene me ne sarei andata anche io con
lui. Sentivo nell’atmosfera aria di battaglia. Una battaglia
che
sarebbe arrivata presto, molto presto.
Erano
le cinque della mattina del sette settembre, giorno del
trecentunesimo compleanno di Renesmee e del suo matrimonio.
Mia
figlia mi aveva chiesto di svegliarla a quell’ora per avere
tutto
il tempo per prepararsi e così feci.
<
Renesmee. Renesmee svegliati tesoro, sono le cinque. Ti devi
preparare > sussurrai all’orecchio di Renesmee, che mi
rispose
con un ringhio stanco e scocciato.
<
Mmm... ancora cinque minuti mamma>
<
Non se ne parla proprio > trillò una voce dietro di
me.
Alice. Ma quando era entrata?
<
Ti devi preparare per il tuo matrimonio nipotina, non abbiamo tutto
il tempo del mondo. Jacob ha già aspettato abbastanza, non
vorrai farlo aspettare anche all’altare?> chiese
retorica Alice
togliendo bruscamente le coperte da sopra Renesmee e facendole cadere
sul pavimento ai piedi del letto.
<
Abbiamo solo sei ore. Siamo in un ritardo tremendo >
continuò
Alice.
Risi,
come fece una voce dietro di me. Edward era entrato in camera di
nostra figlia e ora mi stringeva da dietro per la vita e guardava
divertito la sorella che cercava di trascinare Renesmee giù
dal letto.
Mi
girai e gli scoccai un bacio sulla guancia per salutarlo, anche se ci
eravamo già salutati in modo impeccabile quella notte.
Finalmente
Renesmee si alzò e, con gli occhi gonfi, seguì la
zia
fuori casa trascinando anche me ed Edward a casa Cullen.
Quando
fummo arrivati Alice io e la sposa ci dirigemmo nel bagno della
stilista di famiglia per torturare mia figlia con creme, maschere di
bellezza, polveri e impacchi per il viso. Edward, invece, raggiunse
il padre e i fratelli nella suite di Esme e Carlisle per i loro
preparativi. Presto mi sarei aggregata anche io a loro, ma ora dovevo
aiutare Alice con la pulizia del viso e del corpo di mia figlia.
Secondo me tutti quei cosmetici erano superflui. La mia bambina era
perfetta così. Alice però non si smosse dalla sua
decisione e, così, fece subire a mia figlia la stessa sorte
che fece subire a me il giorno del mio matrimonio.
Dopo
circa due ore mi congedò < Ora puoi andare a
prepararti. Ci
penso io qui d’ora in poi > e mi cacciò
letteralmente dal
suo bagno.
Raggiunsi
gli altri nella suite di Esme e Carlisle, dove tutti si stavano
preparando e andai nel bagno per una doccia. Anche se noi vampiri non
ne avevamo bisogno mi rilassava il getto dell’acqua sulla
pelle.
Entrai
nel bagno e vidi Edward in boxer azzurri intento a passarsi qualche
mano di gel sui capelli bronzei.
Sorrisi
e lui si girò verso di me e fece altrettanto.
Chiusi
la porta a chiave alle mie spalle.
Mi
avvicinai e appoggiai la testa sulla sua spalla mettendomi in punta
di piedi per arrivare a quell’altezza.
Ci
guardammo negli occhi attraverso il riflesso dello specchio
sorridenti.
<
Ciao amore > mi salutò < come vanno i
preparativi di là?
Nostra figlia è ancora viva? > chiese ridendo. Mi
unii alla
risata e risposi < Quando sono uscita lo era, poi non lo so
>.
Continuammo
a ridere mentre andavo verso la doccia per aprire l’acqua
calda e
svestirmi. Quando rimasi solo in slip e reggiseno si girò e
mi
fissò con il suo sorrisino sghembo in faccia <
Carina! >.
<
Dai non fare lo scemo. Non farti venire strane idee, mi devo
preparare e non posso perdere tempo, altrimenti dovrò subire
una sfuriata di Alice> dissi di malavoglia pensando a cosa mi
avrebbe detto Alice se avesse scoperto che mi ero trattenuta in bagno
con Edward per un tempo eccessivamente prolungato, e quindi essermi
privata di minuti preziosi per agghindarmi per il matrimonio.
Alle
mie parole Edward rise e mi si avvicinò per baciarmi
delicatamente.
<
Va bene, sopporterò l’attesa. Cercherò
di resistere
fino alla fine del rinfresco. Ma non penso resisterò
> mi
avvertì ridendo.
Gli
scoccai anch’io un bacio, molto più casto, e lo
scansai
fingendomi stufa per finire di spogliarmi ed entrai in doccia.
Si
allontanò da me senza fare tante storie e
continuò a
sistemarsi i capelli con il gel.
Mi
lasciai avvolgere dal torpore dell'acqua calda, che sulla mia pelle
fredda faceva risaltare ancora di più la temperatura, ed
affondai nei ricordi, come facevo ogni volta che mi abbandonavo sotto
il getto d’acqua.
Uscii
dalla doccia circa un’ora dopo e mi avvolsi
nell’asciugamano
soffice. Intanto Edward era uscito un attimo per andare a prendere i
suoi vestiti nella stanza di Alice, che la sera prima li aveva scelti
e catalogati secondo un criterio tutto suo che non volevo
assolutamente scoprire.
Tornò
qualche secondo dopo con i vestiti che appoggiò allo
sgabello
vicino al bancone. Mi si avvicinò e mi strinse da dietro
mentre stavo passando il pettine nei miei capelli bagnati.
<
Sai, potresti anche venire al matrimonio così. Sei molto
carina > mi sussurrò all’orecchio e
baciandomi il collo.
Mi
sciolsi a contatto con le sue labbra, ma riuscii a resistere e mi
voltai per fermare il suo bacio mettendogli le braccia intorno al
collo.
<
Dai Edward non tentarmi. Cerchiamo di resistere fino a stasera, poi
la nostra attesa verrà ripagata. Te lo prometto > lo
rassicurai accarezzandoli la guancia < E poi dobbiamo
comportarci
bene, almeno al matrimonio di nostra figlia. E non mi distrarre
durante la cerimonia > ribadii scostandolo con delicatezza e
malavoglia mentre cercava di baciarmi di nuovo.
Mise
il broncio comprensivo e andò a prendere i vestiti per
cambiarsi. Quando smisi di pettinarmi i capelli uscii dal bagno per
andare a recuperare i vestiti che Alice aveva scelto e che non avevo
ancora visto prima di quel momento.
Entrai
nella sua stanza e andai verso il letto dove erano appoggiate le
buste dei vestiti, tutte con il nome dei proprietari. Trovai
immediatamente la mia e mi diressi di nuovo verso il bagno.
Edward
si stava sistemando il nodo della cravatta senza molto successo.
Appoggiai i vestiti sullo sgabello dove si trovava anche la sua
giacca blu scuro e lo raggiunsi per sistemarli la cravatta e il
colletto.
<
Vieni qua, ti aiuto io > dissi girandolo verso di me e
cominciando
ad aggiustarli il completo firmato e impeccabile. Lui mi
ringraziò
con un bacio e poi mi lasciò vestire. Aprii la busta dove
c’erano varie scatole color panna. Le tirai fuori tutte e
cominciai
ad aprirle. Una conteneva delle scarpe con tacco a spillo color
argento decorate con dei laccetti per la caviglia e un ciondolo di
cristallo a forma di cuore. Quando lo vidi sorrisi e guardai il
bracciale che, tanto tempo fa, mi aveva regalato il mio Edward. Presi
l’appunto mentale di ringraziare Alice per quel pensiero.
Un’altra
scatola conteneva il mio vestito. Era veramente stupendo. Semplice e
delicato. Lo stirai bene con le mani e lo feci aderire a me per
vedere come mi stava. Era corto fino al ginocchio, di un blu intenso,
con delle sottili spalline e stretto fino alla vita, poi si allargava
con dei piccoli sbalzi svolazzanti e leggeri.
Lo
ripiegai con cura e aprii un’altra scatola. Conteneva tutto
il
necessario per il trucco e la pettinatura, insieme ad un portagioie
che conteneva un paio di orecchini e una collana abbinate al ciondolo
delle scarpe. Era tutto molto semplice e delicato, ma allo stesso
tempo perfetto per me, e da quello che capii dallo sguardo di Edward,
anche lui aveva apprezzato la scelta di Alice.
Quando
aprii l’ultima scatola mi venne quasi un colpo. Si trattava
di un
completino intimo di seta, blu scuro con qualche pizzo
d’argento
qua e là.
Scossi
la testa e pensai “
La solita Alice “ .
Edward
rise un secondo quando vide la mia espressione ma poi si riprese
quando lo folgorai con lo sguardo.
Appoggiai
tutto sullo sgabello e presi la trousse per truccarmi.
Mi
avvicinai allo specchio e tirai su i capelli bagnati con una pinza
che si trovava vicino al lavello. Aprii la trousse e cominciai a
colorarmi il viso.
Misi
un po' di phard sulle guance pallide per non far notare troppo il mio
pallore, colorai con dell'ombretto celeste le mie palpebre e
contornai con mascara e matita nera i miei occhi dorati, infine
conclusi il tutto con uno strato di rossetto rosa chiaro molto
delicato e non troppo pesante, come avrebbe voluto Alice.
Edward
intanto aveva indossato la giacca e mi fissava attraverso il riflesso
dell'enorme specchio con occhi dolci e... cos'era quella...
preoccupazione?
Mi
voltai verso di lui e gli rivolsi uno sguardo interrogativo.
<
Che succede amore? > chiesi < Ti vedo preoccupato >
Mi
fissava ancora con quello sguardo < No. Non è niente.
Non
ti preoccupare >.
<
Edward, ti conosco. Quando hai quello sguardo c'è qualcosa
che
ti turba. Lo sai che mi puoi dire tutto. Parliamone > lo
rassicurai.
Non
rispondeva. Decisi di farmi avanti.
<
Edward, amore. Non ti devi allarmare per niente, va bene. Stai
tranquillo. Oggi è un giorno importante per nostra figlia e
dobbiamo starle vicino > gli dissi guardandolo negli occhi. Poi
capii il motivo della sua preoccupazione e cominciai a tremare.
<
Se è per la s..s..scorsa notte, n..n..non ti devi
p..preoccupare > il ricordo mi fece cominciare a singhiozzare e
non riuscivo a fermarmi. La paura che avevo provato quella notte si
rimpossessò di me, e io non riuscii a cacciarla.
Edward
mi si avvicinò e mi strinse forte. A quel contatto i miei
singhiozzi si fecero ancora più forti e affondai il viso
nella
sua camicia. Se avessi potuto versare lacrime avrei inzuppato di
acqua salata la sua camicia candida ed Alice mi avrebbe ammazzata per
aver rovinato un suo capo.
Con
le dita strinsi ancora di più la sua camicia, e lui mi
cominciò a cullarmi per tranquillizzarmi. Il tremore stava
pian piano svanendo tra le sue braccia protettive e riuscii a
calmarmi.
<
Meno male che dovevi essere tu che dovevi tranquillizzare me >
disse ridendo e prendendomi il viso tra le mani < Non ti devi
agitare così, d’accordo? >.
Risi
un attimo per la sua battuta di prima e poi annuii.
Mi
lanciò uno sguardo dolcissimo e mi baciò delicato
tenendomi ancora stretta a sé con una mano, e con
l’altra
spingendo la mia testa verso la sua.
Dopo
un paio di minuti qualcuno bussò alla porta e
gridò <
Muovetevi voi due. Non possiamo aspettare le vostre smancerie per
tutto il giorno >. Emmett. Ma non poteva farsi i fatti suoi per
una volta.
Edward,
così mi scostò delicatamente da lui e mi
ricordò
che tra poche ore, nostra figlia si sarebbe sposata e che io mi
trovavo ancora in asciugamano e con i capelli bagnati.
Così
mi ripresi e cominciai ad asciugarmi i capelli. Quando finii me li
pettinai e li lascia sciolti sulle spalle. Li preferivo di gran lunga
così semplici, anche se sapevo che mi sarei pentita di non
averli aggiustati in una pettinatura complicata. Alice mi avrebbe
ammazzata con gli occhi durante la cerimonia.
Mi
infilai l’intimo che Alice mi aveva regalato con riluttanza e
il
vestito di seta e mi allacciai i laccetti delle scarpe alla caviglia.
Poi, prima di uscire dal bagno misi gli orecchini ed Edward mi
aiutò
ad allacciare la collana.
Quando
uscimmo dal bagno Emmett e Jasper si misero a ridere ed Edward li
fulminò con lo sguardo. Sapevo cosa stavano pensando e se
avessi potuto arrossire sarei diventata un pomodoro che cammina.
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Capitolo 8 *** Matrimonio ***
Erano
le undici meno dieci e tutti gli invitati erano arrivati e avevano
preso posto sotto l’enorme gazebo che aveva progettato Esme.
Prima
di prendere posto raggiunsi Renesmee in camera di Alice e rimasi
estasiata dalla bellezza di mia figlia quella mattina. Era proprio
stupenda. Indossava il mio vestito da sposa. Gli stava a pennello. Il
suo corpo era fasciato dalla seta bianca e la gonna si allargava a
partire dalla vita in un'ampia cupola candida ricoperta da uno strato
di raso luccicante.
Aveva
le spalle nude con sopra appoggiati i suoi riccioli bronzei che le
ricadevano fino al decolté e le coprivano anche il pezzo di
schiena lasciato nudo dal vestito. I suoi capelli erano delle onde
perfette che giravano su se stesse ed erano decorati da dei fili
luccicanti sparsi qua e là che si abbinavano ai brillantini
della gonna. Il velo era trasparente e partiva da una piccola
coroncina posta sui suoi capelli e arrivava con un lungo strascico
fino a terra. Il suo viso era raggiante e colorato di rossore sulle
guance per l’emozione. Alice aveva deciso di truccarla nel
modo più
semplice e delicato possibile, così da dargli
l’aria della
sposa timida ed imbarazzata. C’era riuscita pienamente. I
suoi
occhi color cioccolato erano cerchiati da una sottile linea nera di
matita e le palpebre erano colorate di un rosa chiaro molto delicato.
Le labbra erano luccicanti grazie all’effetto del
lucidalabbra e
tutto il viso era brillante per via del phard leggero.
Mia
figlia era veramente la creatura più bella che avessi mai
visto in vita mia.
La
mia mente viaggiò trecento anni indietro e ricordai il mio
matrimonio. Quando Alice mi preparò, quando scesi le scale
insieme a mio padre, quando arrivai dal mio Edward sotto
l’arco. Il
momento del “ Sì “, il ricevimento e i
balli con il mio
amore, le mie lacrime di gioia che, in quel momento di fronte a mia
figlia, avrei voluto versare.
Con
il sorriso sulle labbra mi avvicinai a lei e la strinsi con
attenzione per non sgualcire il vestito, le diedi un bacio sulla
fronte e le dissi < Bambina mia, sei stupenda. Non ho mai visto
una creatura più bella di te in tutta la mia esistenza
>.
Renesmee
arrossì e i suoi occhi cominciarono a diventare lucidi per
l’emozione.
<
Mamma sono così felice ed emozionata > mi disse con
le
lacrime che cominciarono a sgorgare dai suoi dolci occhi.
<
Piccola mia non piangere, è normale che tu sia nervosa, ma
se
continuerai così ti rovinerai il trucco e poi chi la sente
zia
Alice >.
Ridemmo
insieme, e poi Edward ci raggiunse nella stanza con il bouquet di
rose e girasoli in mano e si bloccò sotto l’uscio.
Fissò
Renesmee estasiato e senza parole. Era pietrificato.
Renesmee
ed io lo fissammo sorridenti e mi avvicinai a lui per condurlo da
nostra figlia.
Quando
fui vicino a lui mi alzai in punta di piedi per arrivare al suo
orecchio e gli sussurrai < Amore sbloccati. Nostra figlia ti
vuole
abbracciare e tu la devi portare all’altare. Adesso dalle i
fiori e
salutala come si deve >.
Lui
si mosse e mi fissò per un attimo, poi si girò
verso
nostra figlia e le andò incontro piano. Se non fosse stato
un
vampiro avrei avuto paura che svenisse a metà strada.
Quando
Edward e Renesmee furono vicini, Edward cacciò un sorriso
stupefacente e l’abbracciò forte.
Quell’abbracciò
durò tantissimo, ma poi si staccarono ed Edward le prese le
mani e l’allontanò per ammirarla meglio.
<
Sei stupenda tesoro. Non posso credere che ti sposi > disse
Edward
< Ora tieni i tuoi fiori e andiamo all’altare >.
Renesmee
lo guardò dolce e un altro fiume di lacrime
sgorgò dai
suoi occhi.
<
Mi ricordi tanto tua madre quando arrossisci e piangi a dirotto
>.
A
quelle parole sorrisi e continuai a contemplare le persone
più
importanti della mia vita con l’impressione di versare
lacrime, ma
ovviamente non era così.
<
Grazie papà. Ti voglio bene > disse Renesmee al padre
<
Ti prego non farmi cadere o inciampare come al mio solito >.
Ridemmo
tutti e tre e io mi avvicinai a loro.
<
Ora dovete andare, è il momento. Mettetevi in cima alle
scale,
e quando comincerà la musica scendete la scalinata >
informai.
Dopo
di che uscii dalla stanza di Alice e andai a prendere posto vicino
all’arco nuziale.
Dopo
un minuto Rose cominciò a suonare la marcia nuziale e tutti
ci
voltammo verso le scale.
Eccoli
lì. Il mio miracolo personale che accompagnava il frutto del
nostro amore all’altare.
Il
giardino si riempì di singhiozzi che però
cessarono
quando Edward pose la mano di nostra figlia su quella di Jacob.
Renesmee
tremava e Jacob era diventato pallidissimo, per quanto la sua
carnagione scura lo permetteva.
Edward
si sedette al mio fianco e mi strinse per la vita.
Il
prete pronunciò tutta la cerimonia tranquillo e quando fu il
momento del sì, agli sposi tremava la voce.
Si
scambiarono le promesse e le fedi e quando il parroco diede il
permesso Jacob baciò Renesmee con passione. Renesmee
ricambiò
il bacio tirando la testa di Jacob verso la sua con la mano.
Quel
bacio durò ben tre minuti e mezzo ma poi i due neosposi si
staccarono e si voltarono verso i loro ospiti. Scattò un
fragoroso applauso e, mentre Jacob e Renesmee passavano in mezzo agli
invitati iniziò una pioggia di riso e confetti.
Dopo
pochi minuti l’arco e le sedie degli invitati furono
sostituiti dai
tavoli e dal buffet e cominciò la vera festa.
Edward
ed io ci congratulammo con nostra figlia e con il nostro neogenero
prima che quest’ultimi furono assaliti dagli altri invitati.
Il
ricevimento andò stupendamente e durò fino a dopo
il
tramonto quando cominciammo a ballare per il giardino.
Io
ballai, oltre che con il mio Edward anche con Jacob, Emmett, Jasper e
Carlisle, ed Edward, oltre che con me, con la figlia, con Alice, Esme
e Rosalie. Gli sposi invece ballarono praticamente con tutti e non
riuscirono ad avere un ritaglio di tempo tutto per loro.
Ci
fu il solito lancio del bouquet, che andò a finire nelle
mani
di un’amica di Renesmee di nome Jennifer. Invece la
giarrettiera
tolta con i denti da Jacob, sotto le risate di Emmett e Jasper e
degli amici di Jacob, andò a finire in mano ad uno
stupefatto
Jasper.
Alle
nove di sera gli sposi ci lasciarono per partire per la luna di miele
tanto aspettata.
<
State attenti tesoro e fate i bravi, mi raccomando > dissi a
Renesmee prima che salisse in macchina.
<
Sì mamma non ti preoccupare. Svolgeremo soltanto i nostri
doveri da coniugi > mi rispose Renesmee con il suo sorrisino
birichino.
Edward
ed io stringemmo Jacob e nostra figlia prima di farli partire e poi
li guardammo andarsene fino a quando non sparirono
nell’orizzonte.
Edward
mi fissò dolce felice e mi disse < Amore, anche
questa è
fatta. Ci credi che nostra figlia si sia sposata? >.
Lo
guardai anch’io e risposi < Non ci posso credere. Ma
in fondo
era anche ora, visto che ormai avevano entrambi più di
trecento anni >.
Ridemmo
fragorosamente insieme, e ci incamminammo verso casa per rilassarci.
Una
giornata del genere era dura anche per un vampiro.
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Capitolo 9 *** Amore ***
Tornammo a casa
nostra dopo aver salutato tutti gli invitati e amici. Edward mi
stringeva la
mano forte e io ricambiavo a stretta con amore.
Appena fummo a
casa andammo nella cameretta di Renesmee e ci ritrovammo assaliti dai
ricordi
di lei da piccola, quando rideva alle battute del padre, quando
piangeva per un
nostro rimprovero, quando faceva i capricci perché non
voleva andare a letto e
quando si addormentava tra le mie braccia dopo una giornata di giochi.
Poi
arrivarono anche i ricordi di lei da adolescente che passava le
giornate chiusa
in camera a suonare o a leggere, quando litigava con Edward
perché non voleva
che il padre ascoltasse i suoi pensieri, quando litigava con me per i
suoi
ritardi di quando usciva con Jacob e quando mi confessò di
essersi innamorata,
di aver avuto il suo primo bacio e il suo primo rapporto.
Tutti quei ricordi
si impossessarono di noi per un po'. Edward fissava malinconico la
stanza e io
cominciai a singhiozzare per la nostalgia di nostra figlia. Mi strinsi
a lui e
affondai il viso nella sua camicia. Edward mi cingeva i fianchi, mi
teneva
stretta a sé e mi accarezzava i capelli mentre singhiozzavo
sempre più forte.
< Amore calmati
> mi disse sollevandomi il viso con un dito < Ormai si
è fatta una vita e
poi ci tornerà a trovare, anzi pensa che vivrà
qui a Forks. Sarà sempre vicina
>.
< Lo so, ma
l'idea che non appartenga più a noi mi distrugge >
dissi tra un singhiozzo e
l'altro < Mi manca già enormemente >.
< Sapevamo che
prima o poi sarebbe successo, amore. Anzi era già troppo
tempo che ritardava
> mi consolò.
Mi strinse ancora
di più e poi, alzandomi il viso mi baciò
dolcemente. Le sue labbra premevano
sulle mie bramose di amore, assetate di dolcezza, vogliose di me.
Lo stringevo a me
fortissimo ma la mia forza non era mai abbastanza. Volevo farlo mio
prigioniero
ma lui era più forte e la prigioniera ero io.
Così affondai le dita nei suoi
capelli e li strinsi spingendolo verso di me. Lui mi teneva la nuca con
la mano
e avvolgeva il braccio intorno alla mia vita, forte, sempre
più forte. Le
nostre labbra aderivano perfettamente come i nostri corpi, le nostre
lingue
danzavano insieme seguendo il ritmo dei nostri respiri.
Si staccò
dalle
mie labbra e cominciò a baciarmi il collo mentre io lo
spingevo verso di me. Le
mie dita ormai erano un tutt'uno con i suoi capelli.
Senza smettere di
baciarlo lo spinsi verso la nostra camera e lui mi tirò con
sé quando lo gettai
sul letto e così mi ritrovai appoggiata al suo petto, con le
mani affondate nei
suoi capelli, le gambe intrecciate alle sue, il mio corpo aderente al
suo, le
labbra premute sulle sue e la lingua intrecciata alla sua.
Cominciai a
tremare. Ogni cellula del mio corpo era percorsa da un brivido caldo
che mi
tormentava.
Lui mi
passò le
dita tra i capelli e mi fece tremare ancora di più.
Le sue braccia mi
premevano con forza e desiderio sul suo corpo facendolo aderire sempre
di più
al mio.
Di colpo mi
portò
sotto di sé voltandosi di scatto e imprigionandomi tra lui e
il letto.
Continuando a
baciarmi con foga si tolse la giacca e la cravatta, intanto io gli
sbottonavo
la camicia con forza e impazienza. Senza staccare le labbra da me
portò le mani
sulle mie cosce e cominciò ad accarezzarle. Mi
tirò su il vestito e me lo
sfilò. Cominciò a baciarmi dappertutto, ad
accarezzarmi a sfiorarmi.
Riprese a baciarmi
sulle labbra. Il brivido infuocato non mi lasciava, mi tormentava, non
mi dava
pace, ma io non volevo che quella sensazione, che solo lui riusciva a
darmi,
svanisse.
Quando
arrivò alla
mia intimità, delicato come sempre, fui colta da un tremore
e cominciai ad
ansimare. Lui si muoveva dentro di me e mi baciava dolce e passionale.
Mi teneva ancora
stretta per la vita con le sue braccia e mi accarezzava la schiena nuda
piano
facendomi rabbrividire. Inarcai la schiena e mi aggrappai a lui per non
cadere
sul materasso. Ci ritrovammo seduti e con i corpi che aderivano.
Portai la testa
all'indietro con uno scatto e un lamento inarcando ancora di
più la schiena e
affidandomi, ora, solo alle braccia di Edward che mi stringevano ancora
la vita.
Lui mi baciava i
seni con desiderio e passione, torturandomi di piacere.
Quella era una
danza, una danza di passione, piacere, desiderio e amore.
Dopo quella che mi
sembrò un'eternità arrivammo all'apice del
piacere e i nostri corpi, ancora
uniti, si stesero sulle lenzuola candide, testimoni del nostro amore.
La stanza si
riempì di ansimi e sospiri.
Edward si
accasciò
su di me senza allentare la presa delle sue braccia, anzi
intensificandola, e
continuò a baciarmi. Io lo stringevo con tutte le mie forze
e ricambiavo il
bacio con agitazione, come se avessi paura che mi lasciasse da un
momento
all'altro, ma questo non successe, non sarebbe mai successo.
Lui si girò
su un
fianco per farmi appoggiare a suo corpo e per non premere con il suo
peso su di
me. Mi rilassai sul suo petto con una mano che gli accarezzava la
guancia.
Edward mi fece aderire a se costringendomi con le braccia e mi
baciò la testa.
Si rilassò
anche
lui e allentò leggermente la presa per non soffocarmi, ma a
quel suo gesto le
mie braccia si strinsero al suo torso con forza e lui riprese a
stringermi e a
cullarmi dolcemente.
Dopo un po' alzai
la testa verso il suo viso e contemplai la splendida creatura che mi
aveva
donato tutto se stesso.
Anche lui mi
fissava con amore ed io annegai in quel mare di oro liquido. Dai nostri
sguardi
sgorgavano amore e dolcezza. Eravamo felici e consapevoli di restare
insieme
per l’eternità.
Passammo il resto
della notte a guardarci con amore e a baciarci con passione, sempre
stretti
l’una all’altro.
La mattina ci
vestimmo e decidemmo di trascorrere tutta la mattina da soli, ma non a
casa,
alla nostra radura.
Così, senza
nemmeno passare a salutare la nostra famiglia, cominciammo a correre
verso il
nostro rifugio segreto.
Arrivammo in due
minuti e ci sedemmo sull’erba bagnata tenendoci per mano.
Sembravamo proprio
due adolescenti innamorati, ed era proprio quello che eravamo, con la
sola
differenza che avevamo qualche secolo in più di due normali
ragazzi.
Mi guardò
con
amore e tenerezza e mi abbracciò.
Avvicinò le
labbra
al mio orecchio e mi sussurrò < Ti amo, ti ho sempre
amato e ti amerò per
sempre >.
<
Anch’io ti
amo, e ti amerò anche quando non ci saremo più.
Tu sei tutta la mia vita e
quindi senza di te
non potrei mai vivere
> sussurrai al suo orecchio facendomi stringere e abbandonandomi
sul suo
petto.
Era tutto perfetto
e niente ci avrebbe divisi.
Mi cullò
sussurrandomi dolcemente la mia ninna nanna. Chiusi gli occhi per
affondare
meglio nella melodia, ma poi questa cessò e le mie labbra si
ritrovarono sulle
sue che mi guidavano dolci e delicate. Mi sciolsi completamente in quel
bacio e
strinsi con forza le dita alla sua camicia. Era l’unico
movimento che potevo
permettermi, visto che lui mi imprigionava con le sue braccia facendomi
rannicchiare contro il suo petto.
In quel momento
tutte le preoccupazioni che avevo svanirono. In quel luogo magico
esistevamo
solo io e lui, solo il nostro amore e la nostra felicità.
Quando mi trovavo
tra le sue braccia mi sentivo protetta e sicura. Sapevo che nulla ci
avrebbe
mai diviso e che lui mi avrebbe sempre difesa, come avrei fatto io nei
suoi
confronti.
Rimanemmo
abbracciati per un tempo lunghissimo e mi sentii volare quando mi
guardò con
quegli occhi dolci e affettuosi. Ricambiavo lo sguardo con amore e
dissi <
Non mi lasciare mai Edward. Promettimi
di restare con me per sempre >.
Edward mi
fissò e,
stringendomi ancora più forte, mi sussurrò
< Bella, come puoi pensare che io
possa vivere senza di te. Io ti amo non avrei nemmeno la forza di
allontanarmi
da te. Morirei piuttosto che lasciarti >.
Ricominciò
a
baciarmi e io tremai al contatto con le sue labbra.
Mi staccai da lui
per ribadire < No Edward, se tu morissi io non saprei cosa fare.
Non devi
permettere che ti succeda qualcosa. Promettimelo >.
< Bella lo sai
che farei di tutto per renderti felice. Se tu stai male o soffri, io
cercherei
di mettere fine alla tua sofferenza in qualunque modo. Non ti
lascerò mai e ti
proteggerò sempre da chiunque abbia intenzione di torcerti
anche solo un
capello > mi sussurrò stringendomi e facendomi
stendere sull’erba insieme a
lui.
Lo guardai confusa
e chiesi < Cosa intendi dire? Chi mi vuole fare del male?
Centrano qualcosa
quei vampiri dell’altra n… n… notte?
> cominciai a tremare dalla paura. Quel
ricordo mi tormentava.
< Ti prego
spiegami.
Devo sapere > lo implorai rannicchiandomi stretta al suo petto e
continuando
a tremare, senza riuscire a fermarmi.
Edward
cercò di
tranquillizzarmi accarezzandomi il viso e mi disse < Bella
calmati. Non ti
devi preoccupare amore mio. Fidati di me >.
< No Edward,
ora mi devi spiegare cosa volevano q… quegli en…
energumeni da noi la s… sc…
scorsa notte, Devo sapere > implorai guardandolo spaventata e
confusa.
< Bella
io…
> cominciò sofferente.
Ma cosa stava
succedendo? Perché avevo così tanta paura?
Perché Edward era così preoccupato?
E soprattutto, perché non mi voleva dire cosa stava
accadendo?
< Edward ti
prego. Ho bisogno di s… sapere > singhiozzai <
Ho paura. Ho come la
sensazione che ti perderò, e non voglio che questo succeda
>.
Lo fissavo implorante
in balia dei singhiozzi.
Lui mi strinse
forte imprigionandomi nella mia gabbia protettiva, come faceva ogni
volta che
avevo paura, e cominciò a cullarmi e a baciarmi come solo
lui sapeva fare.
|
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Capitolo 10 *** Brutta esperienza ***
Non riuscivo a
smettere di tremare e singhiozzare. Non mi era mai capitato di avere
tutta
quella paura in vita mia. Di solito quando avevo paura Edward riusciva
a
tranquillizzarmi subito, ma questa volta il terrore di perdere la
persona che
amavo si impossessò di me e non mi voleva lasciare.
Più le sue
braccia
mi stringevano, più il terrore si faceva sentire.
Più il nostro contatto
s’intensificava, più avevo paura che qualcuno
potesse romperlo per sempre.
Non volevo
apparire come la fifona di turno, ma non riuscivo a smettere di tremare
e
singhiozzare.
Poi mi
sembrò come
se mi crollasse tutto il mondo addosso.
Anche se sentivo
la stretta di Edward, la percepivo lontana. L’unica cosa che
sentivo
chiaramente e senza interferenze era la paura, il tremore del mio corpo
e i
singhiozzi rapidi e agitati. Non riuscivo a controllarmi. Il terrore mi
avvolgeva e non riuscivo a controllarmi.
Poi accaddero tre
cose contemporaneamente: Edward si staccò da me, il mio
tremore accelerò e poi
smise bruscamente e fui avvolta dal buio.
Non sentivo
più
niente, nemmeno il delicato tocco dell’erba sul mio corpo, i
miei respiri, i
suoi respiri, tutti i sensi si erano azzerati.
Ero avvolta nel
nulla.
Ma cosa mi stava
succedendo? Cosa stava accadendo? Perché non sentivo
più nulla a parte la paura?
Perché non sentivo più la stretta di Edward?
Dov’era?
Avevo troppe
domande per la testa, ma nessuna risposta che potesse soddisfarle.
Sembrava fosse
passata un’eternità da quell’abbraccio
nella radura. Soffrivo perché non
sentivo più niente, e la cosa che mi tormentava
più di tutte era che consentivo
la presenza di Edward. Non riuscivo a percepirla da nessuna parte.
Questa
cosami distruggeva.
Poi ad un certo
punto sentii la sua voce.
Sì
finalmente. È
ancora qui con me, ma non riesco a capire cosa dice. Ci sono altre
voci, ma non
riesco a capire di chi sono.
Sono concentrata
al massimo sulla sua voce. Finalmente capisco cosa sta dicendo.
< Bella. Bella
mi senti? Ti prego svegliati. Non mi lasciare amore. Non mi lasciare.
Combatti.
Ti scongiuro >. La sua voce era sofferente e veniva interrotta
da qualche
singhiozzo vago. Non aveva mai pianto in vita sua. Lui era forte, ma
ora
singhiozzava sempre più forte e frequentemente.
Avrei voluto
abbracciarlo per consolarlo, ma non riuscivo a trovare il mio corpo.
< Carlisle che
cosa posso fare? Cosa le succede? Non posso lasciarla così
> implorò Edward
< Ti prego dimmi cosa fare. Ti prego >.
Stava soffrendo e
la sua voce tremava.
Poi fui percorsa
da un brivido. Una scarica elettrica che mi passò per tutto
il corpo.
Riuscii a trovare
il mio corpo e spalancai gli occhi mettendomi a sedere di scatto.
Cominciai a
respirare con agitazione.
Mi trovavo sul
tavolo dello studio di Carlisle che si trovava di fronte a me insieme
ad Esme e
mi fissava preoccupato. Potevo sentire le voci di Alice, Emmett, Jasper
e
Rosalie che discutevano al piano di sotto.
E poi c’era
lui,
mi fissava vicino al tavolo alla mia destra.
Mi accorsi che le sue mani avvolgevano la mia e così le
strinsi con tutte le
mie forze.
In un attimo mi
ritrovai in piedi abbracciata a lui. Mi stringeva fortissimo e mi
baciava i
capelli. Ricambiai l’abbraccio aggrappandomi alla sua camicia
che si strappò
nel punto i cui avevo avvolto le mie dita.
Mi cominciò
a
cullare chiudendomi tra le sue braccia e io iniziai a singhiozzare per
la
felicità per averlo rivisto e riabbracciato.
Sentii Carlisle ed
Esme che uscivano dalla stanza e così rimanemmo da soli.
Edward continuava
a stringermi sempre più forte ed io alzai la testa per
guardarlo negli occhi.
Ci fissammo per un
po’. Aveva uno sguardo sofferente ma sollevato e mi fissava
dolce, poi mi
accarezzò il viso e affondò le sue labbra sulle
mie.
Quel bacio fu
bellissimo e travolgente. Fu come il primo bacio. Per me era come se
non ci
fossimo toccati per decenni e per questo soffrivo, ma
quell’abbraccio e quel
bacio furono come un bicchiere d’acqua per uno sperduto nel
deserto.
Se non avessi
avuto quel contatto, molto probabilmente, sarei morta.
Dopo tantissimo
tempo ci staccammo e chiesi < Edward cosa mi è
successo? >.
< Non lo so
Bella. Non lo sa nemmeno Carlisle. So solo che ho temuto di perderti.
Devo
confessarti che per un momento ti ho creduto morta > mi
spiegò Edward.
La sua voce si
spezzò sull’ultima parola e mi strinse di nuovo a
sé, portando una mano a
premermi la testa sul suo petto e affondando il viso nei miei capelli.
Restammo in quella
posizione per non so quanto tempo prima che Carlisle aprì la
porta e ci disse
di scendere in salotto per parlare di quello che era accaduto.
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Capitolo 11 *** Rivelazioni e sofferenza ***
Tutti gli altri ci
aspettavano in salotto. Esme era seduta sulla poltrona, Alice era tra
Rosalie e
Jasper sul divano ed Emmett era in piedi vicino alla finestra.
Quando arrivammo
si voltarono di scatto verso me ed Edward.
Carlisle si
avvicinò ad Esme e gli mise le mani sulle spalle. Edward mi
cingeva le spalle
protettivo e con una mano mi teneva le mani che tremavano ancora.
Mi condusse vicino
al divano per farmi sedere vicino a Jasper, ma io volevo rimanere in
piedi. Ero
stata troppo tempo seduta.
Avevo notato le
espressioni di tutti. Erano preoccupati ma tra gli uomini e le loro
compagne
c’era una differenza.
Carlisle, Emmett,
Jasper ed Edward avevano negli occhi una luce furiosa e arrabbiata,
invece,
Alice, Rose ed Esme erano molto confuse come me.
Poi capii. Loro
non sapevano più di quanto sapessi io di tutta quella
faccenda. Quella notte
era successo qualcosa che i nostri compagni ci volevano nascondere, ma
adesso,
dopo tutto quello che era accaduto, non potevano tenerci nascosto
più niente.
Ci fissammo tutti
e poi Carlisle cominciò a parlare. Finalmente tutte le mie
domande avrebbero
avuto delle risposte.
< Quei vampiri,
quella notte, erano dei nuovi componenti della guardia dei
Volturi> cominciò
Carlisle voltandosi verso la finestra. < Gli aveva mandati Aro
>.
Aro? Ma cosa
voleva ancora da noi?
< Aro? >
chiese Rosalie < Ma che dici Carlisle, spiegati meglio >.
< I Volturi si
vogliono vendicare. Caius ha fatto capire ai fratelli che quello che
era
successo trecento anni fa aveva intaccato la loro reputazione e che,
per questo
futile motivo, dovevano vendicarsi > spiegò Carlisle.
A quelle parole
Edward mi strinse e continuò il discorso del padre <
In poche parole
intendono distruggere coloro che furono la causa della caduta della
loro
reputazione, e i testimoni di quell’evento >.
< Ma come
possono fare una cosa del genere > disse Esme sconvolta e
impaurita < Se
intendono veramente distruggerci insieme ai testimoni significa che...
>.
< Dopo lo
sterminio rimarranno solo loro > conclusi io con lo sguardo
perso nel vuoto.
< Gli unici
vampiri su tutta la faccia della terra > esclamò a
bassa voce Jasper
avvolgendo Alice tra le sue braccia.
Carlisle
annuì
lento con la sofferenza che regnava nei suoi occhi color miele.
Un silenzio
tombale invase la stanza.
Non si sentiva il
minimo rumore. Eravamo diventati consapevoli del nostro destino e non
potevamo
fare niente per cambiarlo.
Esme e Carlisle si
guardavano negli occhi tristi.
Jasper abbracciava
ancora la sua Alice che gli stringeva la mano con amore.
Emmett si
avvicinò
a Rosalie e cominciò ad accarezzarle il viso mentre lei lo
guardava negli occhi
come se stesse per allagare la stanza con le sue lacrime che non
sarebbero mai
scese dai suoi occhi.
E poi lui,
l’amore
della mia vita, la persona senza la quale non sarei riuscita a vivere,
la luce
che ogni giorno mi illuminava con il suo amore, colui che aveva nelle
sue mani
il mio cuore e che mi aveva affidato il suo, la mia unica ragione di
vita, la
persona che mi aveva fatto ridere con le sue battute, che mi aveva
protetto da
tutto e da tutti anche a costa della sua stessa vita, la persona che mi
aveva
donato la sua anima, che mi consolava quando ero triste, che mi
tranquillizzava
quando avevo paura, che mi faceva volare il cuore quando mi baciava e
mi
scioglieva guardandomi con quello sguardo dolce. Lui, Edward, la mia
vita,
adesso mi guardava con degli occhi sofferenti e tristi. Mi sfiorava con
la mano
tremante il viso e mi stringeva a sé cercando di sfruttare
al meglio gli ultimi
momenti che ci era concesso passare insieme.
I miei occhi si
chiusero un attimo quando mi toccò la guancia con le dita e
il mio cuore fu
invaso dalla paura di non poter più stare con l'amore della
mia esistenza.
Riaprii gli occhi
e lo fissai spaventata e torturata dal quel dolore che mi aveva avvolto il cuore che non riusciva
a liberarsi.
Alzai la mano
tremante e sfiorai il suo viso delicatamente. A quel contatto divenni
preda dei
singhiozzi e lui mi avvolse nella sua protezione stringendomi al petto.
Stringeva forte e
con una mano cominciò ad accarezzarmi i capelli.
Sentivo che anche
lui cominciò a singhiozzare piano consapevole della nostra
imminente fine.
Avevo ancora la
mano sulla sua guancia e così sfilai il braccio dalla sua
presa, feci
riaffiorare il viso dal suo petto e appoggiai la mano sulla sua nuca.
Cominciai
a spingerlo verso di me e lui accompagnò la mia mano verso
il mio viso.
Le nostre labbra
si sfiorarono delicatamente più volte e poi si unirono in un
bacio dolce,
appassionato e triste che ci rapì completamente. Lui mi
liberò dal suo
abbraccio e mise entrambe le mani sul mio viso spingendolo ancora di
più verso
il suo. Anch’io appoggiai l’altra mano sulla sua
guancia e cominciai ad
accarezzarlo lentamente.
Quando le nostre
labbra si staccarono Edward appoggiò la sua fronte sulla mia
e avvolse di nuovo
le braccia intorno alla mia vita. Continuavo ad accarezzarlo
delicatamente.
Dopo tornammo prede dei singhiozzi come tutti gli altri in quella
stanza. Così,
come se avessi bisogno di sicurezza, affondai il viso nella sua camicia
che
afferrai con le dita che ancora tremavano.
Edward
appoggiò il
mento sulla mia testa e mi strinse in uno dei suoi abbracci forti e
protettivi.
Mi baciò i capelli e cominciò a cullarmi mentre
io singhiozzavo sempre più
forte e sempre più consapevole di perderlo nel giro di poco
tempo.
Quel momento di
tristezza durò parecchio, non so dire quanto, ma
durò per molte ore.
< Carlisle
potremmo sempre chiedere aiuto ai nostri amici e rintracciare i
testimoni che
avevano portato i Volturi trecento anni fa > propose Alice
< Forse
insieme a loro potremmo riuscire a sconfiggerli >.
Carlisle la
fissò
un attimo e poi abbassò lo sguardo come Edward, Jasper ed
Emmett.
< I Volturi
hanno già iniziato lo sterminio > spiegò
Carlisle < Noi siamo l’ultima
tappa. Tutti i testimoni e tutti i nostri amici non ci sono
più ormai >.
No. Non poteva
essere vero. Non poteva essere la verità. No. Non poteva.
Tutti i nostri
amici. Tutti quei vampiri erano stati uccisi. Per colpa nostra. Non
c’erano più
per colpa nostra. No, per colpa mia. Se non avessi chiesto di farmi
provare
quell’esperienza umana prima di trasformarmi non sarei
rimasta uccisa e quindi
Renesmee non sarebbe mai nata e l’ira dei Volturi non si
sarebbe scatenata e
rivoltata contro di loro facendo nascere la voglia di vendetta. Era
tutta colpa
mia. Ma non riuscivo a pentirmi della mia scelta. Renesmee è
stata la più bella
cosa che mi potesse capitare in tutta la vita.
< No! Ma come
hanno potuto? > singhiozzò Esme affondando il viso
nel maglione di Carlisle.
< Siamo segnati
e non possiamo farci niente > disse triste Jasper.
Tutti sapevamo che
era vero ma non riuscivamo ad accettarlo.
< No. Non
possiamo arrenderci > esclamò Emmett <
Combatteremo fino
alla fine. Finché almeno un Cullen
sopravvivrà niente sarà completamente perduto
>.
Tutti lo guardammo
e, dopo un paio di minuti di silenzio, Edward disse < Em ha
ragione. Non
possiamo arrenderci così >.
Piano ci
tranquillizzammo tutti anche se la paura non si era sciolta
completamente.
Poi mi ricordai di
quello che mi era successo. < Carlisle, ma per caso tutto questo
centra
qualcosa con quello che mi è successo nella radura? >
chiesi curiosa.
< Sì
Bella.
Vedi tu sei praticamente svenuta >.
Svenuta? Ma i
vampiri non svengono com’era possibile?
< Lo so che
questo ti sembra strano, ma non so se hai notato che Alice non ha
previsto
nulla di tutto questo? > chiese Carlisle.
Era vero.
Com’era
possibile una cosa del genere. Annuii e Carlisle continuò
< Vedi quella
notte che sono venuti quei vampiri è successa una cosa. Il
vampiro che aveva
preso di mira te ed Edward aveva il compito di “ isolarci
“. Cioè lui ha creato
un’illusione di normalità intorno a noi per
evitare che Alice potesse prevedere
qualcosa >.
Gli feci cenno di
continuare curiosa.
< Vedi, quando
tu ti sei staccata dalla tua membrana il suo potere è
penetrato anche in te
sotto forma di dolore perché la tua mente cercava di
respingerlo ma non ci
riusciva senza membrana. Poi quando hai riattirato dentro te la
protezione il
potere è fuoriuscito, ma ha lasciato come un vuoto. Questo
vuoto veniva
riempito ogni volta che ricordavi quella notte e la tua mente cercava
di
liberarsene sotto forma di paura. Nella radura la paura è
stata talmente forte
che la tua mente non ce l’ha fatta a sopportare quel peso e
quindi si difesa
facendoti svenire >.
Ero sconvolta. Non
riuscivo a credere che la mia mente potesse fare tutto questo.
Poi mi venne una
cosa in mente: Renesmee. Non potevo lasciare che anche lei morisse. No,
non
potevo. Dovevo fare assolutamente qualcosa. Cominciai a tremare al
pensiero di
lei che veniva uccisa da qualche Volturo vendicativo.
Edward, che mi
teneva ancora abbracciata, si accorse della mia agitazione e
capì che non era
dovuta al fatto del mio svenimento, allora mi richiamò alla
realtà.
< Bella, amore
che succede? >.
Lo guardai negli
occhi e distaccai la mia protezione per permettergli di ascoltare i
miei
pensieri.
“ Dobbiamo
fare in modo di salvare
Renesmee. Non possiamo assolutamente permettere che le succeda qualcosa
“.
Dopo aver
ascoltato i miei pensieri Edward si voltò di scatto verso
Carlisle ed esclamò
< Renesmee. Carlisle dobbiamo riuscire a salvarla.
Sarà uno dei loro
obbiettivi principali. Lei è anche la più debole.
Sarà la prima ad essere…>
non riuscì a finire la frase e la sua faccia si contrasse in
una smorfia di
dolore e rabbia. Capii perfettamente che cosa voleva dire ed
anch’io fui
immersa nella sua paura e nella sua
sofferenza.
Sapevamo entrambi
che se fosse successo qualcosa a nostra figlia non saremmo mai potuti
sopravvivere ad un tale dolore.
< Hai ragione
> esclamò Carlisle < Dobbiamo farla fuggire.
Deve andare il più lontano
possibile da questo posto, ma soprattutto deve rimanere
all’oscuro di tutto,
altrimenti si rifiuterà di andarsene. Vorrà
restare ad aiutare >.
Sì, era
tipico di
Renesmee. Avrebbe fatto di tutto pur di restarci accanto, proprio come
me.
Adesso potevo capire cosa aveva provato Edward quando venì a
conoscenza del
fatto che Victoria voleva uccidermi. Ecco perché mi voleva
tenere all’oscuro di
tutto: sapeva che non sarei rimasta in disparte.
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Capitolo 12 *** Sorpresa ***
Ora la nostra
priorità assoluta era proteggere Renesmee e di tenerla
all’oscuro di tutto,
così decidemmo di avvisare Jacob di non proferire parola con
Renesmee su quel
fatto. Ma non ebbi nemmeno il tempo di prendere il telefono che Edward
mi
bloccò il braccio e disse < Sono qui. Jacob e
Renesmee sono tornati. Sono
sul vialetto >.
Cosa? Come mai
erano tornati così presto? Forse Jacob aveva già
rilevato a Renesmee quello che
era successo quella maledetta notte?
Due secondi dopo
la porta si aprì e noi ci fiondammo ad accogliere i nuovi
arrivati. Misi un
sorriso sforzandomi di non sembrare preoccupata per non far
insospettire mia
figlia.
< Amore, ciao.
Come mai siete tornati così presto? È successo
qualcosa? > chiesi abbracciandola.
< Non ti
preoccupare mamma. Non è successo niente, almeno non
qualcosa di spiacevole,
anzi > mi rispose mia figlia.
< Che vuoi
dire? > chiesi.
Edward si era un
attimo irrigidito, ma poi la sua espressione tesa venne sostituita da
un
sorriso smagliante a trentadue denti. Era felicissimo. ,ma per cosa?
Tutti fissammo a
turno Renesmee, Jacob ed Edward in attesa di spiegazioni.
Renesmee era
raggiante, luminosa. Jacob era felicissimo, si vedeva lontano un
chilometro, ma
aveva una luce negli occhi strana. Cos’era quella
preoccupazione,
ansia...paura?
Notai la stessa
luce anche negli occhi di Edward. Ma cosa era successo? Dovevo essere
felice o
preoccupata?
< Allora ci
volete dire cosa è successo? > chiesi esasperata.
< Mamma, io e
Jacob aspettiamo un bambino > rispose mia figlia portandosi le
mani alla
pancia e ampliando ancora di più quel fantastico sorriso.
Mia figlia stava
per diventare mamma e il mio migliore amico stava per diventare
papà. Questo
voleva dire che io ed Edward saremmo diventati nonni. I nonni
più giovani di
tutti i tempi. Però adesso anche io avevo quella strana luce
negli occhi, come
tutti gli altri in quella stanza tranne Renesmee. Ora potevo capire la
preoccupazione di Jacob ed Edward: quella creatura che stava per
arrivare non
avrebbe mai avuto una famiglia, perché
quest’ultima stava per essere cancellata
con un colpo di gomma dalla faccia della terra da un branco di vampiri
assetati
di gloria e vendetta.
Ora dovevamo
assolutamente allontanare Renesmee e anche Jacob da qui. Quel bambino
non
avrebbe mai visto i suoi nonni, i suoi bisnonni, i suoi zii, ma doveva
avere
assolutamente i genitori, tutti e due.
Distaccai la
protezione e pensai “ Dobbiamo
assolutamente salvare Renesmee e Jacob. Questa creatura deve nascere
lontano da
qui e crescere al sicuro con entrambi i genitori. Non dobbiamo
permettere che
gli succeda qualcosa, assolutamente “.
Edward mi
guardò e
annuì leggermente, poi si voltò verso la figlia e
l’abbracciò calorosamente.
< Piccola mia
sono felicissimo. Ci pensi, diventerai mamma > disse Edward
continuando a
stringerla.
Mi unii
anch’io a
quell’abbraccio e diedi un bacio affettuoso sulla guancia di
Renesmee
stringendola insieme al padre.
< Ci hai dato
una notizia fantastica tesoro. Non vedo l’ora di abbracciare
questo piccolino
> dissi portando la mano sul grembo di Renesmee.
Però la mia
voce
si spezzò sull’ultima frase e mia figlia se ne
accorse,ma fece finta di
niente,voleva godersi appieno questo momento.
Carlisle
tossicchiò per attirare l’attenzione e mi
guardò con sguardo di rimprovero.
Aveva capito, come
tutti in quella stanza, che stavo per essere travolta dai singhiozzi, e
tutti
sapevano che non erano singhiozzi di gioia.
Così cercai
di
controllarmi e cominciai la mia recita, anche se ero davvero felice
della notizia.
Mi allontanai da
mia figlia e abbracciai Jacob, anche lui era felicissimo, ma anche
molto
preoccupato. Era altissimo, gli arrivavo all’altezza dello
stomaco e mi sentii
un tantino imbarazzata da quell’abbraccio. Era troppo grosso.
< Jacob
congratulazioni, non sapete quanti ci avete resi felici >.
Poi una voce
trillò come un coro di campanellini e ci richiamò
alla realtà.
< È
una notizia
fantastica. Ma ora Nessie non si deve affaticare. Ora nipotina,
dobbiamo
decidere il nome e dobbiamo cominciare a preparare la cameretta del
bambino,
dobbiamo andare a fare i primi acquisti per lui o lei. Insomma abbiamo
solo
nove mesi... > cominciò Alice tutta d’un
fiato, ma poi si bloccò
e guardò Carlisle < Sicuri che saranno
nove mesi. No perché l’ultima volta
c’è voluto meno tempo. Non so se ve ne
siete accorti, ma noi non siamo del tutto propensi a mantenere la
tabella di
marcia naturale in questi casi > concluse la frase guardandomi e
lanciandomi
un sorriso ironico.
Ridemmo tutti alla
sua allusione, ma in fondo aveva ragione. Cosa ci si può
aspettare dall’unione
di un licantropo e di una mezza vampira?
Renesmee allora
intervenì < Infatti, ce lo chiedevamo anche noi. Non
sappiamo proprio come
comportarci >.
< Bhe basta
fare alcuni controlli medici e vediamo cosa succede > rispose
Carlisle
avvicinandosi a Renesmee e cingendole le spalle con un braccio <
Se volete
possiamo farli subito > concluse Carlisle.
Renesmee si
voltò
verso il nonno e rispose < OK nonnino, sono tutta tua.
Togliamoci questo
dente >.
Così Jacob,
Renesmee
e Carlisle, seguiti da Esme si diressero verso lo studio del dottore di
famiglia per controllare la situazione “ bebé in
arrivo ”, mentre noi altri ci
dirigemmo in salotto.
Ci sedemmo tutti
sul divano e sulle poltrone e per un minuto non una parola
uscì dalla nostra
bocca. Stavamo pensando, e sentivo che Edward, oltre a spremersi le
meningi per
trovare un modo per mettere in salvo nostra figlia, controllava la
situazione
mentale di tutti, anche la mia, visto che non avevo ancora riattivato
la mia
protezione.
Poi Edward
parlò
< Ora non dobbiamo fare altro che tenere lontano Nessie dalla
verità e
contemporaneamente allontanarla da Forks il più possibile
>
Annuimmo tutti
all’unisono e io liberai finalmente i miei singhiozzi che non
ce la facevano
più a essere oppressi. Cominciai a singhiozzare sempre
più frequentemente ed
Edward mi strinse a sé e io affondai il viso nel suo petto.
Non solo mia
figlia era in pericolo, ma ora portava in grembo un’altra
creatura che era
ancora più in pericolo di lei. Un creatura che non aveva
nemmeno cominciato a
vivere e che era già in pericolo di vita. Era tutto
così assurdo, non ce la
facevo a sopportare tutto quel peso.
Edward
cominciò a
stringermi come faceva ogni volta che avevo bisogno di conforto e a
cullarmi
per tranquillizzarmi per frenare quel fiume di lacrime invisibili.
Dopo un po’
mi
tranquillizzai e sentimmo Carlisle scendere in salone insieme a Jacob.
< Sono riuscito
a fare l’ecografia, pare che il bambino sia umano, ma non
posso esserne certo
al cento per cento. Comunque ho prelevato del liquido amniotico,
stasera lo
analizzerò e così potremmo avere tutte le
informazioni che ci servono >
spiegò Carlisle che intanto si era seduto di fianco ad
Edward < Ma ora dobbiamo
affrontare il problema più grande >
continuò spostando lo sguardo su Jacob
< Come possiamo tenere all’oscuro Renesmee da tutto
quello che sta
accadendo? >.
Jacob
abbassò lo
sguardo e disse < Io non le ho detto niente, solo che lei
è molto perspicace
e anche cercheremo di tenerla all’oscuro di tutto, sono
convinto che prima o
poi capirà tutto >.
Era vero. Renesmee
aveva un sesto senso per certe cose. Ogni volta che tentavamo di
nasconderle
qualcosa, lei capiva nel giro di un paio di giorni.
Edward stava per
dire qualcosa, ma poi sentimmo Esme e mia figlia che scendevano le
scale per
raggiungerci in salotto.
< Bhe che sono
queste
faccie > disse Renesmee sedendosi sulla sua poltrona preferita,
vicino alla
finestra che dava sul ruscello < Non siete contenti della
notizia? >
chiese inclinando la testa da un lato e stringendo gli occhi. Quella
era la sua
espressione quando sospettava qualcosa e significava che ci stava
studiando.
Edward mi strinse
la mano per farmi capire di stare attenta a non far trapelare dal mio
viso
nessuna emozione.
Questa parte di me
la odiavo con tutta me stessa. Anche se Edward non riusciva a sentire i
miei
pensieri capiva sempre le mie emozioni. Diceva che ormai per lui ero un
libro
aperto. Ero terribilmente facile da leggere. La stessa cosa era per
tutti i
presenti in quella casa, soprattutto per Renesmee, che ora mi studiava
il viso
con molta attenzione, come se volesse scovare qualcosa che le stavo
nascondendo, come in realtà era.
Ogni volta che
cercavamo
di nasconderle qualcosa, lei mi studiava sempre, perché
sapeva che portando un
po’ di attenzione mi avrebbe estorto qualsiasi tipo di
informazione con un
semplice sguardo accurato. Quella sua capacità
l’aveva ereditata sicuramente da
mia madre Reneè. Anche lei aveva questa straordinaria
capacità di capire se
qualcuno stava nascondendo qualcosa o semplicemente capire le emozioni
che una
persona provava in quel momento osservandola per un po’.
Inoltre,
aggiungiamo la capacità di Edward di leggere nella mente
delle persone, che in
un certo senso era stata trasmessa in piccola parte a nostra figlia,
Renesmee
era una lettrice di emozioni ed espressioni eccezionale e affianco a me
capiva
immediatamente tutto.
< Cosa sta
succedendo qui? Cosa tramate? > chiese senza abbandonare la sua
espressione
concentrata ma adesso concentrandola sul resto della famiglia <
Cosa mi
nascondete? >.
Ecco se n'era
accorta. Involontariamente sbuffai girando la testa dal lato opposto di
mia
figlia. Quello era il segnale che aspettava Renesmee che
annuì come per darsi
una conferma su qualcosa che stava pensando e fece sfoggio del suo
sorrisino
compiaciuto e soddisfatto.
Aveva capito
tutto. Ogni volta che faceva quei gesti significava che aveva intuito
che le stavamo
nascondendo qualcosa.
Maledizione, ma
perché
ero così facile da leggere.
< Mamma cosa
è
successo? > chiese mia figlia < Lo sai che non mi puoi
nascondere niente.
Capisco subito quando mi nascondi qualcosa > continuò
< Ora mi spiegate
tutto >. Concluse con fare severo.
Ora eravamo con le
spalle al muro.
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Capitolo 13 *** Nuovo arrivo ***
Ehi!!!
Ciao a tutti!!!!
Spero
che la mia storia vi stia piacendo!!! È la mia prima ff e
ci sto mettendo tutta me stessa per sfornare qualcosa di bello ed
interessante!!!
Ringrazio
tutti quelli che hanno messo questa storia tra i
preferiti:
1
- angteen
2 - BimbaFollementeInnamorata
3 - ChiccaCullen
4 - ClaryCullen
5 - erini83
6 - gothika85
7 - HipnoticState
8 - Honey Evans
9 - Isabella v
10 - isabella19892
11 - kiarab
12 - lidiacullen
13 - PATRIZIA70
14 - ryry
15 - superstar199434
16 - Twilight_Blood_Lover
17 - twilight_the best
18 - underworld_max
19 - valeEfla
20 - zsusy93
21 - _Nessie_
Quelli
che l’hanno messa tra i seguiti:
1
- aliceundralandi
2 - babisilvia
3 - butterfly 85
4 - ChiccaCullen
5 - ClaryCullen
6 - coppolina93
7 - EEELE
8 - Ele_Cullen
9 - flazzy cullen
10 - Isabella v
11 - kira988
12 - OOgloOO
13 - rakyprincipessa
14 - sassy86
15 - Sophie x Daniel
16 - vampirettafolle
17 - vanessa_91_
18 - wilard
Le
persone che leggono solamente ( soprattutto Lulù e
Al&) e
kikka_la cantante di Edward che ha recensito la mia storia!!!
Grazie
a tutti, vi voglio bene!!!!
Ora
vi lascio al capitolo!!!
Erano passati nove
mesi da quando Renesmee ci aveva confessato di essere incinta, e da
quando ci
aveva estorto la notizia che i Volturi si stavano preparando per
attaccarci e
distruggerci. Stranamente e fortunatamente di quest’ultimi
non avevamo più
avuto nessuna notizia, ma tutti sapevamo che presto sarebbe arrivata.
Ricordo ancora le
sue parole e le sue espressioni che cambiavano velocissime mentre
Carlisle le
raccontava tutto.
“ <
Ma come è possibile? Come hanno
potuto fare una cosa del genere? Ma non si rendono conto del disastro
che hanno
combinato per i loro capricci? > disse Renesmee sconvolta e
arrabbiata
quando Carlisle concluse il suo racconto < Non ci posso credere.
Voi mi volevate tenere
all’oscuro di tutto
questo sperando di non compromettere la mia vita? >
sbottò guardandoci
furiosa negli occhi uno ad uno < Sapevate che prima o poi sarei
venuta a
conoscenza di tutto e sapevate anche che tutti i vostri sforzi per
proteggerci
sarebbero stati inutili. Come pretendevate che i Volturi si sarebbero
arresi
nel cercarmi solo perché non mi avrebbero trovato con voi. E
poi, come vi è
passato per la mente che vi avrei lasciato combattere, rischiare la
vita senza
che io potessi fare qualcosa? > continuò passandosi
una mano tra i riccioli
bronzei e l’altra posandola involontariamente sulla pancia,
come per proteggere
quello che portava dentro di sé < Siete incredibili
> concluse ”.
Ripensando a
quelle parole adesso ci veniva un po’ da ridere ma io
continuavo a mandarmi
maledizioni per il mio odioso difetto di essere un vero e proprio libro
aperto.
Avevamo scoperto
però la natura del bambino. Carlisle aveva lavorato tutta la
notte per studiare
il campione che aveva prelevato dal grembo di Renesmee ed era giunto
alla
conclusione che il piccolo era umano, ma un umano che avrebbe vissuto
un po’ più
a lungo del normale, ma che comunque sarebbe morto prima o poi.
A questa notizia
ci rabbuiammo tutti e Renesmee scoppiò in lacrime fra le
braccia di Jacob.
Avremmo dovuto
assistere alla morte di nostro nipote mentre noi rimanevamo ancora
giovani e
immortali.
Renesmee si
abbatté per qualche giorno, forse settimane, e per un
momento volle abortire,
ma poi, grazie all’aiuto di tutti, si convinse e disse di
voler tenere il
bambino e di volerlo crescere al meglio e di lasciarlo andare via
quando
sarebbe arrivato il momento.
Era il quindici
giugno e il tempo della gravidanza stava per scadere. Renesmee aveva un
pancione abnorme e si muoveva per casa come una mongolfiera con le
gambe.
Emmett non perdeva occasione per prenderla in giro e tutti avevamo
scommesso
sul sesso del bambino, tranne Carlisle ed Esme che sapevano
già tutto
dall’ecografia, ma noi non volevamo sapere niente per non
perdere l’occasione
di una scommessa. Ovviamente Emmett si era impuntato
nell’escludere Edward ed
Alice dalla scommessa, perché Alice aveva avuto una visione
del parto ed Edward
non aveva perso tempo nel leggere i pensieri di Carlisle.
Così
Emmett, Rose
e Jacob scommisero trecento dollari a testa sulla femmina e io,
Renesmee e
Jasper sul maschio.
Più che una
sicurezza, per Rose e Jacob era un desiderio che fosse femmina, ma per
Emmett
era, come aveva detto lui, “ un qualcosa nell’ aria
“ che gli diceva che in
questa famiglia sarebbe arrivata un‘altra femminuccia, e poi,
dopo che Nessie
aveva affermato che certe cose le mamme le sentono, lui ci aveva
ricordato che
anche io avevo detto la stessa frase quando aspettavo Renesmee, che poi
si era
rilevata un fallimento.
Finalmente a poco
avremmo avuto il risultato della scommessa, infatti proprio il quindici
giugno
sentimmo un urlo provenire dal bagno, dove poco prima era entrata
Renesmee.
Ci fiondammo tutti
sul luogo del delitto e trovammo Renesmee appoggiata al lavandino per
non
cadere, che si teneva la pancia con i piedi in una pozza
d’acqua e che
respirava convulsamente.
In un attimo
Jacob, io ed Edward le fummo accanto per sostenerla, e mentre mio
marito e il
mio genero la tenevano in piedi io le passai una mano sul viso e fissai
i suoi
occhi nei mie per poi cominciare a rassicurarla.
< Piccola mia,
calma. Adesso guardami, non andare in panico e respira > le
dissi con voce
dolce e rassicurante, mentre la portavamo nello studio di Carlisle ed
Edward la
poggiava con delicatezza sul tavolo che di solito Carlisle usava per le
visite
a domicilio.
Jacob era rimasto
sulla porta con gli occhi sbarrati mentre cominciava a respirare
convulsamente
con la bocca. Lo sentivo, stava per svenire. Infatti, quando Renesmee
cacciò un
urlò agghiacciante per il dolore, si accasciò a
terra scivolando sullo stipite
della porta.
Jasper ed Emmett
andarono
da lui tentando di frenare le risate e lo sollevarono di peso per
poterlo
portare in salotto.
Intanto Esme, Rose
ed Alice si mobilitavano per preparare la sala operatoria improvvisata
nello
studio di Carlisle, mentre quest’ultimo cercava di far
posizionare al meglio
Renesmee sul tavolo. Edward ed io invece tenevamo ognuno una mano di
nostra
figlia e la rassicuravamo. Io le davo consigli e le dicevo di stare
tranquilla,
mentre Edward era entrato in uno stato di coma temporaneo mentre
stringeva convulsamente
la mano di nostra figlia.
Lei mi fissava
mentre respirava sempre più velocemente e cercando di
seguire la mia voce,
quando cacciò un altro urlo fortissimo e alcune lacrime le
rigavarono il viso
contratto dal dolore.
< Vedo la testa
> ci informò Carlisle
< Continua a
spingere piccola mia. Tra poco sarà finito tutto e potrai
stringere tuo figlio
> le dissi accarezzandole i capelli senza lasciare la sua mano.
Potevo sentire il
cuore di Jacob di sotto che batteva piano, doveva essere ancora
svenuto. Emmett
e Jasper ridevano a crepapelle, molto probabilmente per la reazione
inaspettata
di Jacob. Alice, insieme a Rose non riusciva a stare ferma e sfrecciava
per la
stanza aggiustando qualsiasi cosa che ancora non era perfetta. Esme
teneva le
attrezzature di Carlisle in mano vicino al marito mentre
quest’ultimo era il
più indaffarato. Non a caso era colui che stava facendo
partorire mia figlia.
Edward stringeva ancora la mano di Renesmee con lo sguardo perso nel
vuoto e in
un stato di shock da cui ancora non si era svegliato. Io non sapevo
più cosa
dire a Renesmee, così mi limitavo a guardare Renesmee
sperando di rassicurarlo
almeno con lo sguardo. Era vero che ero l’unica in questa
casa ad aver
partorito, ma era anche vero che il mio parto non era proprio stato uno
dei più
normali.
Dopo circa tre ore
di sofferenza per Renesmee e di ansia per il resto della famiglia,
anche per
Jacob che ormai si era ripreso completamente e ora stringeva la mano di
Renesmee al posto di Edward che ancora non si riprendeva dallo stato di
shock,
Carlisle porse ad Esme un batuffolo bagnato di sangue che strillava e
sgambettava.
Potevo sentire il
suo cuoricino che batteva velocissimo mentre Esme lo lavava e lo
avvolgeva in
una copertina candida e immacolata.
Renesmee si era
rilassata ma le sue lacrime non volevano smettere di scendere,
però al posto
della smorfia di dolore che aveva durante il parto, il suo viso era
rilassato e
luminoso. Aveva ancora il fiatone e guardava felice il fagotto che le
porgeva
Esme tra le braccia.
< Ecco il tuo
bambino. È un maschietto > disse Esme mentre spostava
il nuovo arrivato
dalle sue braccia al porto sicuro della mamma.
Mia figlia era
diventata una mamma. Era felice, come lo ero stata io in passato e come
lo sono
tuttora.
Edward si
avvicinò
a me mentre guardavo nostra figlia e mi strinse da dietro appoggiando
il mento
sulla mia testa. Io gli accarezzavo il braccio che mi stringeva la vita
ed
entrambi guardavamo nostra figlia che cullava e mormorava qualcosa al
nostro
nipotino.
Jacob
avvicinò il
suo viso a quello di Renesmee per ammirare meglio suo figlio.
Poi Edward ed io
ci avvicinammo, ancora abbracciati alla nuova famigliola e Renesmee mi
porse
nostro nipote con attenzione e apprensione tra le braccia. Lo presi il
più
delicatamente possibile e cominciai ad ammirarne ogni minimo
particolare
insieme ad Edward che ora si era spostato alla mia destra, senza
sciogliere
l’abbraccio per guardare meglio il piccolo batuffolo che
dormiva tra le mie
braccia.
Aveva la pelle
scura e tantissimi capelli neri che gli coprivano gli occhietti chiusi.
Era
molto simile a Jacob ma la bocca e la forma del naso erano come quelli
della
madre appena nata.
Scostai con le
dita, badando a non toccarlo per non farlo rabbrividire, molto
delicatamente i
capelli per ammirarlo meglio e poi spostai un po’ la
copertina candida.
Esme lo aveva
vestito con una tutina celeste non troppo pesante e morbidissima,
c’erano
disegnati tanti orsacchiotti addormentati che venivano cullati da mamma
orsa.
Aveva le manine
chiuse a pugnetto appoggiate sulla pancia e faceva dei respiri delicati
e
regolari. Le gambine erano piegate verso l’interno, come
tutti i bambini appena
nati, e rilassati sul mio braccio che lo sorreggeva.
Era un vero e
proprio angioletto che dormiva tranquillo tra le braccia della nonna
che lo
osservava felice e commossa.
Edward gli
accarezzò il braccino attraverso la copertina per non farlo
rabbrividire e poi
mi chiese se poteva prenderlo. Feci passare quel fagotto delicato e
fragile
molto attentamente dalle mie braccia alle sue e lui lo prese con
altrettanta
delicatezza per poi cominciare a cullarlo.
Dopo un po’
il
piccolo aveva visitato tutte le braccia presenti in quella stanza, per
poi
finire in una culla celeste e bianca che si trovava nella camera di
Renesmee.
Mia figlia era
crollata
e dormiva nel letto matrimoniale che si trovava affianco alla culla.
Mi sedetti vicino
a lei e cominciai ad accarezzarle i capelli e canticchiandole la ninna
nanna
che le cantavo quando era piccola.
Gli altri erano
intorno alla culla e contemplavano quel piccolo miracolo, immobili per
paura di
svegliarlo.
Dopo un po’
lasciammo Renesmee e il piccolo insieme a Jacob a dormire nella stanza
e noi ci
dirigemmo verso il salotto.
Dopo esserci
seduti tutti Jasper parlò per spezzare quel silenzio
estasiato che si era
creato < Allora penso che qui ci sia qualcuno che debba pagare
una
scommessa, o sbaglio? >. Scoppiammo tutti a ridere ed Emmett e
Rose
lanciarono sul tavolino seicento bigliettoni.
< Ora dobbiamo
aspettare i soldi di Jacob però > dissi io
alimentando ancora di più le
risate di tutti.
<
Chissà come
lo chiameranno > disse Esme che era seduta sulle gambe di
Carlisle felice e
raggiante, come tutti in quella stanza.
Tutti ci voltammo
verso Alice e lei rispose alla nostra domanda muta che le stavamo
ponendo
mentalmente.
< Ancora non
hanno deciso, non posso dirvi niente, mi dispiace > rispose un
po’ delusa.
Vabbè, poco
male.
Avremmo aspettato il risveglio dei neogenitori.
|
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Capitolo 14 *** Momenti speciali e regali ***
Ehi
ciao a tutti.... Questo, come anche l'altro capitolo, è di
transizione e ho voluto un po' far vedere anche i momenti felici
della famiglia Cullen.
Dal
prox capitolo però inizieranno i veri problemi e ci saranno
sempre più momenti drammatici...quindi se siete curiosi non
mollate la storia!!!
Risposta
a Tede : anche a me
piace molto la scena
di Jacob che sviene, xò ti avverto ke d'ora in poi non ci
saranno più tante scene tenere!!!
Ora
vi lascio al cap....
<
Buon giorno dormiglioni > esclamò Emmett quando Jacob
e
Renesmee scesero in salotto.
<
Come stai tesoro? > chiesi a mia figlia che intanto si era
seduta
di fronte a me insieme a Jacob che le stringeva la mano.
<
Bene, anzi benissimo > rispose con un sorriso smagliante
stampato
sul viso. Aveva la stessa espressione di Jacob che ora la stringeva
al petto.
<
Allora volete dirci come chiamerete il piccolino? > chiese
impaziente Esme < Non ce la facciamo più a pensare a
lui
semplicemente come “ piccolino “, “
cucciolo “ o “ batuffolo “ >.
Alice
aveva un bellissimo sorriso soddisfatto e rilassato. Aveva avuto una
visione sul nome del nostro nipotino.
<
Abbiamo deciso di chiamarlo Alex > ci informò
Renesmee
ancora abbracciata a Jacob.
Quel
nome l’avevo già sentito. Certo, era il nome che
usava
sempre Nessie da piccola per chiamare il suo bambolotto preferito.
Non ho mai capito perché usasse quel nome, ma forse
semplicemente perché le piaceva.
<
È un nome stupendo > disse Esme
Poi
sentimmo dei pianti al piano di sopra e tutti si agitarono
immediatamente.
<
Calmi è solo Alex che reclama la pappa. La prima >
dissi io
prendendo per mano Renesmee e portandola al piano di sopra.
Arrivate
ci avvicinammo alla culla di Alex e io spostai le tendine bianche per
permettere a Renesmee di prendere in braccio il figlioletto che
piangeva in un modo incredibile.
Aveva
un’energia pazzesca per essere un piccolino nato solo qualche
ora
fa.
Ci
raggiunsero Esme, Rose, Edward, Alice e Jacob mentre Carlisle andava
a preparare lo studio per il primo controllo del piccolo e Jasper ed
Emmett ci informarono di dover andare a caccia. Strano i loro occhi
erano chiarissimi, avevano mangiato poco prima che Renesmee
partorisse.
Tra
le braccia della mamma parve che il piccolo si tranquillizzò
un po’ e aprì gli occhietti rimasti chiusi per
tutto il
tempo dopo il parto mostrando due pozzi di cioccolato, profondi e
intensi che fissavano il viso della mamma dolci e spaesati.
Era
veramente un angioletto, la creatura più bella che avessi
mai
visto, dopo Renesmee ovviamente. Lei mi aveva estasiato in un modo
allucinante quando era nata e la sua bellezza e dolcezza era stata
trasmessa anche a quel fagotto che ora teneva in braccio.
<
Ha i tuoi occhi > affermò Jacob che intanto si era
avvicinato alla moglie e le aveva cinto la vita con il braccio.
Erano
tutti e due radiosi. Quella era una scena che adoravo. Una piccola
famigliola appena nata felice e contenta.
<
Emm... cosa dovrei fare adesso? > chiese Renesmee alzando lo
guardo e facendolo passare su me, Esme e Rose. Alice intanto era
sparita. Chissà cosa stava combinando?
Non
sapevo cosa risponderle, anche se ero l’unica ad aver avuto
un
figlio non avevo mai avuto il problema di allattarlo visto che lei
aveva sempre preferito il sangue al latte e a tutti i tipi di cibi
umani.
Esme
ci guardò e sorrise, poi si avvicinò alla nipote
e la
fece sedere.
<
Piccola mia, ora siediti e scopriti il seno... > disse Esme. Si
guardò intorno e poi esclamò < Edward,
Carlisle e
Jacob uscite >.
Edward
e Carlisle, che intanto aveva finito di preparare il suo studio,
risero e si avviarono verso la porta per lasciare un po’ di
privacy
a Renesmee, invece Jacob rimase un po’ sorpreso dalla
richiesta di
Esme e non si mosse.
<
Scusa ma non so se hai notato che io sono il marito e non penso che
ora mi scandalizzerei a vedere il seno di mia moglie, non
c’è
niente che non abbia già visto > afferma Jacob
rivolgendosi
ad Esme.
Da
sotto arrivano le risate di Edward e Carlisle alle quali si
aggiunsero anche le mie e quelle di tutti i presenti in quella
stanza.
<
Jacob ha ragione Esme, non penso che Renesmee si vergogni di mostrare
il suo seno mentre allatta il loro figlio davanti a suo marito >
affermai io concludendo quella piccola discussione.
Intanto
Renesmee, senza che nessuno di noi se ne accorgesse, stava
già
allattando Alex e lo guardava con amore e dolcezza e intanto lo
cullava stringendolo tra le sue braccia.
Era
bellissima, sembrava che facesse quei gesti da sempre. Era proprio
portata per fare la mamma. Non so se qualcuno avesse mai avuto il
privilegio di ammirare un angelo che culla il suo piccolo miracolo
personale, bhe io avevo quella visione davanti agli occhi ed era una
sensazione stupenda.
Mia
figlia aveva le braccia unite a formare una piccola culla ed era
avvolta in una splendida vestaglia da notte di seta candida posta
sopra un vestitino da notte sempre di seta mordida e lucente rosa
antico un po’ abbassato sotto il seno sinistro per permettere
al
piccolo che stringeva tra le braccia di sfamarsi con il suo latte. I
suoi riccioli bronzei cadevano dolcemente sulle spalle e le
incorniciavano perfettamente il viso rilassato, felice e raggiante
che faceva trasparire la valanga di emozioni che può provare
un mamma mentre allatta suo figlio.
Aveva
un sorriso stupendo e i suoi occhi guardavano il suo piccolo tesoro
con amore e spensieratezza. Non l’avevo mai vista
così
felice e raggiante e distogliere lo sguardo da quella visione
meravigliosa era quasi impossibile.
Dopo
una mezz'ora il piccolo aveva chiuso di nuovo gli occhi e Renesmee lo
aveva scostato dolcemente per ricoprire il seno con la vestina di
seta. Si era alzata facendo attenzione a non sballottare troppo Alex
per farlo stendere nella culletta affianco al suo letto e per poi
rimboccargli il plaid azzurro lasciando scoperto solo il visino dolce
e rilassato.
Renesmee
si voltò verso di me e io l’abbracciai materna e
affettuosa.
Sentii qualcosa che mi bagnava la camicetta blu: stava piangendo in
silenzio. Cominciai a cullarla dolcemente e capii il motivo di quelle
lacrime. Era felice per aver avuto quello splendido regalo che era il
suo Alex, ma era anche triste perché sapeva che un giorno
avrebbe dovuto abbandonarlo alla natura che lo avrebbe reclamato.
Anch’io mi intristii a quel pensiero ma volli trattenere i
singhiozzi per non peggiorare l’atmosfera e per permettere a
mia
figlia di sfogarsi appieno.
Mi
accorsi che la stanza si era svuotata ed eravamo rimaste solo io e
lei a vegliare in silenzio sul sonno del piccolo che dormiva nella
culla.
Dopo
un po’ Renesmee si tranquillizzò e si
distaccò da me.
Mi sorrise e spezzò il silenzio con una piccola risata che
usò
per scacciare quei brutti pensieri che di sicuro l’avrebbero
tormentata in futuro.
Lasciammo
la stanza e raggiungemmo gli altri in salotto. Jasper ed Emmett erano
tornati e avevano uno splendido sorriso sulle labbra. Chissà
cos’avevano combinato, di sicuro non erano andati a caccia.
Dopo
che Renesmee raggiunse Jacob sul divano e io mi sedetti sulle gambe
di Edward che stava sulla poltrona vicino la televisione, Alice disse
< Bene, ora è il momento dei regali >.
Regali?
Quali regali? Perché non mi dicevano mai niente? Uffa!
Renesmee
e Jacob non sapevano di cosa stava parlando Alice, come me, quindi
dedussi che il regalo doveva essere per loro. Era anche ovvio visto
che si erano sposati e avevano avuto una bambina, e forse adesso
stavo cominciando a capire cos'avevano architettato tutti senza dirmi
niente. Molto probabilmente avevano costruito...
<
Vi abbiamo regalato una casa > esplose Alice che non ce la
faceva
più a tenersi quella notizia dentro. Proprio come pensavo.
Ma
perché non mi avevano detto niente?
Distaccai
la protezione e chiesi mentalmente ad Edward <
Ma perché non mi avete detto niente? Perché devo
essere
sempre l’ultima a sapere le cose? >.
Edward
mi guardò e rise. Si avvicinò al mio orecchio e
sussurrò piano < Vedi Alice voleva che fosse una
sorpresa
da fare a Renesmee e Jacob dopo la nascita di Alex. Non ti abbiamo
detto niente perché eravamo sicuri che ti saresti fatta
sfuggire qualcosa e Renesmee quando è sospettosa corre
sempre
ad esaminarti ed avrebbe immediatamente scoperto del regalo >.
Mi
girai verso di lui e gli lanciai un’occhiataccia. Lui rise
insieme
ad Emmett e Jasper che erano in piedi affianco a noi.
Comunque
avevano ragione, avrei rovinato di sicuro la sorpresa, ma
così
mi sentivo esclusa e non mi piaceva il fatto di essere
l’unica a
non aver partecipato alla costruzione della casa per MIA figlia.
<
Guarda che è anche mia figlia > mi
sussurrò Edward
dopo aver ascoltato i miei pensieri: non avevo ancora riattivato la
protezione.
<
E poi hai partecipato anche tu... non ti ricordi i numerosi
interrogatori di Alice su tutte le cose preferite di Renesmee e
Jacob? Senza di te non sarebbe uscito un capolavoro del genere >
concluse baciandomi vicino all’attaccatura
dell’orecchio e
facendomi venire i brividi.
Dopo
le spiegazioni tutti, tranne Carlisle, che doveva lavorare nel suo
studio, ed Esme, che andò a controllare Alex, uscimmo e ci
inoltrammo nella foresta imboccando un vialetto che non avevo mai
visto prima. Molto probabilmente portava alla casa di Jacob e
Renesmee che ora erano in fibrillazione ed avevano gli occhi chiusi
dalle mani di Alice ed Edward.
Dopo
un paio di minuti ci ritrovammo davanti un piccolo cancello in ferro
battuto nero che apriva un altro vialetto di ghiaia che passava in
mezzo a un bellissimo giardino pieno di fiori colorati. Alla fine del
vialetto di ghiaia c’era una struttura in mattoni a due piani
ma
non tanto imponente. Era molto delicata. Il tetto era fatto di tegole
rosso mattone e le pareti esterne erano bianche. Prima della porta
d’ingresso c’era un piccolo portico in legno
dipinto di bianco
con un’altalena a due posti posta alla destra della porta
d’ingresso.
Alice
ed Edward liberarono gli occhi di Jacob e Renesmee dalle loro mani
per permettere loro di vedere la loro nuova casa.
Rimasero
a bocca aperta nel vedere quello che avevano combinato quei pazzi e
poi si girarono verso di noi e ci abbracciarono insieme gridando
<
Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie >.
<
Non ci posso credere > disse Renesmee dopo essersi staccata
< è bellissima >.
Jacob
la prese per mano e insieme cominciarono a correre verso la loro
nuova casa.
Noi
li seguimmo in casa e così anch'io potei ammirare l'interno.
L'ingresso
era spazio unico con il salotto dove c'era un divano di tessuto
verde, il colore preferito di Renesmee, davanti a un tavolino, con
dei fiori freschi posti in un vaso di vetro, che si trovava tra il
divano e la televisione a schermo piatto attaccato al muro di fronte.
Due
pareti erano percorse da una lunga vetrata coperta da delle tende
color panna che arrivavano fino al pavimento di parquet chiaro. Sulla
stessa parete dov'era attaccata la televisione c'era una libreria di
mogano piena dei libri preferiti di Renesmee e dei film che piacevano
ad entrambi.
Di
fronte alla porta d'ingresso c'era una scala attaccata a un muro che
divideva l'ingresso dalla cucina. Era moderna e con colori chiari,
prevalevano il verde chiaro e il rosa antico. I colori preferiti di
Renesmee. Al centro della stanza c'era un tavolo bianco con sopra una
tovaglia ricamata a mano da Esme. Si poteva notare il suo tocco
delicato in ogni particolare.
Dietro
le scale c'era anche una porta finestra da cui si poteva accedere ad
un giardino posto dietro la casa.
Salimmo
al piano superiore dove si estendeva un piccolo corridoio che da un
lato aveva la ringhiera da dove ci si poteva affacciare al piano
inferiore e dall'altro aveva quattro porte. La più vicina
alle
scale era quella dello studio dove c'era il pianoforte, la chitarra
di Renesmee e le attrezzature di Jacob per la sua passione per il
modellismo del legno. La stanza aveva le pareti giallognole e il
pavimento di moquette arancione, il colore preferito di Jacob.
La
stanza affianco era la stanza di Alex. La moquette blu scuro e le
pareti celesti accompagnavano l'arredamento bianco della culla e di
tutti i giochi sulle mensole e sul tappeto candido. Di fianco alla
finestra c'era una meravigliosa sedia a dondolo con sopra una coperta
celeste ricamata anche questa a mano da Esme. Quella donna era piena
di risorse.
La
porta finestra si apriva su un piccolo balconcino che dava su un
prato posto dietro la casa con in mezzo una bellissima fontana in
pietra.
Nella
camera c'era anche un fasciatoio e un armadio bianco pieno di vestiti
per Alex, molto probabilmente forniti da Alice.
Inoltre
c'era una porta che dava sul bagno personale di Alex pieno di giochi
e paperelle, di bagnoschiuma per bambini e disegni divertenti sui
muri.
L'unico
accesso era dalla camera di Alex a differenza del bagno di Renesmee e
Jacob che oltre ad avere un accesso dalla loro camera lo aveva anche
dal corridoio.
Era
molto grande ed elegante, proprio dello stile di Renesmee. Aveva
un'enorme vasca idromassaggio e un bancone di marmo che percorreva
tutta una parete e pieno di cosmetici. C'era uno specchio enorme e i
sanitari erano dalla parte opposta alla vasca. Le pareti erano
bianche e decorate da nastri disegnati arancioni e verde chiaro che
si intrecciavano tra di loro.
Devo
ribadirlo: Esme era un fenomeno nell'arredamento.
Infine
la stanza più grande e bella. La camera di Renesmee e Jacob
era enorme, aveva al centro un lettone a due piazze e mezzo ricoperto
da una trapunta verde chiaro e con cuscini rosa antico. Ai due lati
del letto c'erano due comodini bianchi con rifiniture arancioni e con
sopra due abatjour bianche ed eleganti. La moquette era immacolata e
le pareti erano piene di foto di Renesmee e Jacob, c'erano anche
alcune di tutta al nostra famiglia e presto ci sarebbero state anche
quelle del nuovo arrivato. Anche lì c'era una porta
finestra,
ma il balcone era un po' più grande con un ombrellone e due
sedie a sdraio. Sulla parete difronte al letto c'era uno specchio e
di fianco una porta a due ante che si apriva su un'enorme cabina
armadio piena di vestiti, cassetti e sportelli, anche questi
stracolmi di vestiti e biancheria intima: omaggio della “
Casa
Alice Cullen “.
Quella
casa era stupenda e adattissima a Jacob e Renesmee.
Dopo
aver finito il giro turistico arrivarono anche Carlisle ed Esme con
Alex che intanto si era svegliato e adesso ci fissava dalle braccia
di Esme. Quando vide la mamma cominciò a scalciare e
Renesmee
lo prese in braccio e lo cullò un po' prima di metterlo a
dormire nella culla della sua camera.
<
Grazie a tutti. Questo è il regalo più bello che
ci
avreste potuto fare > disse Jacob abbracciandoci uno ad uno come
fece Nessie e tirando una pacca sulla spalla di Emmett, Jasper ed
Edward. Poi uscimmo e li lasciammo alla loro intimità
<
Sono davvero felice per loro > disse Edward stringendomi per la
vita.
<
Dovevi vedere com'era nostra figlia mentre allattava Alex, era
stupenda. Sembrava un angelo > dissi io ricordando quel momento
in
camera sua.
Lui
mi sorrise e mi scoccò un bacio sulla fronte mentre
camminavamo verso casa Cullen.
|
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Capitolo 15 *** Ricordi e piano ***
Ciao
carissimi!!!! Non mi uccidete per il mostruoso ritardo vi prego...sono
ancora
troppo giovane per morire!!!
Comunque
ho
avuto questo tremendo ritardo perché ho avuto una crisi da
pagina
bianca...anche se ho già in testa tutta la storia non
riuscivo a svilupparla.
Comunque
questo è il capitolo più lungo che ho scritto
finora e anche quello che aprirà la
suspance!!!
Risposte
recensioni:
Tede:
si
cara... preparati
montagne di fazzoletti perché i prossimi capitoli non
saranno per niente
teneri...forse qualche scenetta triste tra Ed e Bella! Comunque sono
molto
contenta di essere riuscita nel mio intento di far apparire la scena di
Nessie
particolarmente dolce... avevo la sua immagine in testa e ho cercato di
descriverla al meglio...sono contentissima che ti dia piaciuta. Ora ti
lascio
al capitolo!!!Mi raccomando fammi sapere cosa ne pensi!!!
trettra: sono
veramente contenta
che la mia storia ti piaccia e spero che tu continuerai a seguirla!!!
Complimenti
per il fiato di leggerla tutta di un colpo e grazie per i
complimenti!!! Spero
ti piaccia anche questo capitolo... ti prego fammi sapere cosa ne
pensi!!!
EternityCullen:
eeeeeeeehhh....esagerata...
addirittura presentare la mia storia alla Meyer!!! Sono molto contenta
che la
mia storia ti abbia fatto questo effetto e spero che ti piaccia anche
questo
capitolo!!! Grazie mille per i complimenti!!!! Spero che continuerai a
leggerla... e fammi sapere cosa pensi anche di questo capitolo mi
raccomando!!!
Ora
vi
lascio al capitolo (finalmente direte voi...hihihi!!!)
Stavamo ancora
andando verso casa ed Edward mi stringeva a sé con il
braccio che mi avvolgeva
la vita. Avevamo tutti un’espressione felice, eravamo
contentissimi per mia
figlia e Jacob e non vedevamo l’ora di cominciare a viziare
Alex.
Purtroppo i miei
pensieri furono interrotti. Edward si era irrigidito e, una volta che
mi
voltai, vidi la sua espressione cambiare più volte:
sorpresa... paura...
terrore... agitazione... rabbia... incredulità... dolore.
Si voltò
verso di
me e mi fissò negli occhi. Potevo vedere la morte nei suoi,
e avevo paura di
sapere il perché di questa reazione.
Quello sguardo lo
avevo visto tantissime volte, anche troppe per i miei gusti: quando mi
dovette
lasciare per dare la caccia a James, nella scuola di danza quando aveva
paura
di non farcela a salvarmi dal veleno del mio aguzzino, quando Jane
voleva
colpirmi con il suo potere a Volterra, quando aveva avuto paura di
vedermi
scappare perché pensava di avermi terrorizzato dopo aver
ucciso Victoria,
quando mi guardava mentre il mio fragile corpo umano veniva distrutto
ogni
giorno dalla nostra Renesmee che cresceva dentro di me, quando
cercò di
salvarmi dopo che avevo partorito la mia piccola, e infine quando
Carlisle ci
aveva spiegato che presto i Volturi ci avrebbero sterminati tutti.
Ecco la chiave.
Spostai lo sguardo
su Alice che aveva la stessa espressione del mio Edward. Capii
immediatamente
cosa stava succedendo: Alice aveva avuto una visione, sicuramente sui
Volturi,
che Edward le aveva letto nella mente.
Passai di nuovo lo
sguardo su Edward e, dopo aver abbassato la testa per non vedere i suoi
occhi
tristi e sofferenti sussurrai < Quando? >.
Non riuscivo a
dire altro e non avevo bisogno di sentire nessuna conferma sulla mia
intuizione
riguardo quello che aveva visto Alice.
Mia sorella chiuse
gli occhi e portò il viso rivolto al cielo.
Cominciò a piovere forte e nel giro
di pochi secondi ci ritrovammo tutti bagnati fradici a fissare Alice
che ancora
non rispondeva.
< Alla fine del
temporale, nella radura ai piedi delle montagne > disse Alice
con una voce
stranamente soffocata < fra appena cinque ore >.
Chiusi gli occhi e
la mia mente fu invasa da tantissime immagini: la mia vita.
Fu come un film.
Ricordai anche molte cose di quando ero umana e che il mio cervello
immortale
aveva rimosso.
Mia madre che mi
sgridava se facevo i capricci, che mi preparava la colazione prima di
accompagnarmi a scuola. I miei amichetti delle elementari, le mie
estati a
Forks con mio padre e i miei tentativi di accudire qualche animale
domestico.
Il mio arrivo definitivo a Forks, la prima volta che incontrai Edward e la confusione per la paura
che mi odiasse.
La prima volta che mi parlò, quando mi portò alla
nostra radura e le sue
confessioni e il nostro primo bacio. L’incontro ufficiale con
la mia attuale
famiglia e l’immagine di Edward che suonava per me. James e
tutti i guai e la
paura che portò nelle nostre vite. Il ballo di fine anno, il
mio sfortunato
diciottesimo compleanno e le terribili conseguenze. Jacob e le
stupidaggini che
combinavamo insieme. Il ritorno di Alice e Volterra. Il salvataggio di
Edward e
i Volturi. La competizione tra il mio amore e il mio migliore amico e
il bacio
che ci fu tra me e Jacob. Tutti i compromessi, il matrimonio e la prima
notte
da donna con l’amore della mia vita con l’amore
della mia vita. Il dolore della
gravidanza e del parto. I giorni della trasformazione e la prima volta
che
andai a caccia. L’arrivo di tutti i vampiri ora morti. La
sparizione di Alice e
Jasper, i Volturi a Forks e la morte di Irina. Tutti gli anni passati
con la
mia famiglia e il mio Edward. I guai che combinava Renesmee, sia da
piccola che
da grande e le notti passate con il mio angelo. Le esasperazioni che
portava
Nessie e il suo matrimonio. Alex e l’immagine di Renesmee che
lo allattava e la
nostra felicità prima di quella maledetta visione.
Tutti quei ricordi
mi passarono davanti agli occhi in un attimo e non mi accorsi nemmeno
di aver
cominciato a singhiozzare e di essere stata avvolta dalla gabbia
protettiva
delle braccia di Edward.
Era arrivato il
momento della resa dei conti, della vendetta dei Volturi.
Avevamo solo
cinque ore, cinque misere ore da passare insieme. Quel pensiero mi fece
aumentare la frequenza dei singhiozzi e cominciai a tremare. Edward mi
stringeva per farmi calmare, anche se sapevo che lui stava soffrendo
come me.
Aveva un braccio che mi stringeva la vita e faceva aderire il mio corpo
al suo,
con l’altra mano mi spingeva la testa sul suo petto e ogni
tanto mi accarezzava
i capelli ma senza lasciare la presa ferrea su di me.
In quella
posizione ero intrappolata contro il suo petto con le braccia
rannicchiate tra
me lui. Quando avevo paura mi stringeva sempre in quel modo per farmi
calmare e
ci riusciva sempre. Infatti, dopo un paio di minuti smisi di
singhiozzare e
feci riaffiorare il viso per guardarlo.
Vedevo nei suoi
occhi che anche lui stava soffrendo e sapevo benissimo,
perché lo conoscevo
troppo bene, che stava combattendo per reprimere i singhiozzi. Diceva
sempre
che lui mi doveva consolare ed essere forte e che non poteva
permettersi di
piangere perché altrimenti non sarebbe mai riuscito a
calmarmi e consolarmi.
Aveva questa
stupida convinzione alla quale io mi opponevo regolarmente affermando
che
anch’io dovevo poterlo consolare e che non dovevo essere
sempre io la “Lois
Layne” della situazione.
Avrei voluto
ribadire questa mia convinzione ma in quel momento non riuscivo a
parlare.
Ci fissavamo e poi
lui azzerò definitivamente la distanza tra i nostri visi con
un bacio intenso e
passionale che racchiudeva la paura di perdere l’altro e la
sofferenza per
questa realtà.
Mi staccai e gli
presi il viso tra le mani e appoggiai la mia fronte alla sua.
< Non voglio
perderti. Non voglio e non posso > mi sussurrò
lentamente.
Chiusi gli occhi
sentendo le sue parole. Sentii una morsa chiudermi lo stomaco e
squarciarmi il
petto, il mio cuore cominciò a piangere e a fratturarsi
lentamente e inesorabilmente.
Era un dolore insopportabile che non riuscivo a contenere, ma dovevo
farcela
per amore di Edward. Dovevo essere forte, anche se era tutto
estremamente
doloroso.
< Ho paura.
Amore mio ti prego scappa, non posso permettere che ti succeda qualcosa
>.
< Ma che dici
Edward? Non potrei mai lasciarti combattere da solo. Non p... >
< Prendi
Renesmee e il bambino e scappate... ti prego >.
Mi guardava con
occhi tristi e supplicanti ma io non potevo di certo lasciarlo in balia
di quei
mostri.
< Edward non
dire sciocchezze. Non posso lasciarti. S...se tu morissi io ti seguirei
senza
esitazione. N...non p...posso pensare di vivere se tu non ci sei. Non
posso
> dissi l’ultima parte gridando avvolgendo le braccia
intorno al suo collo
nascondendo il viso nella sua spalla.
< Ragazzi non
abbiamo più tempo > disse Carlisle ancora abbracciato
ad Esme < dobbiamo
salvare Renesmee e il piccolo >.
< Dobbiamo
preparare un piano. Cosa pensi di fare Jasper? > chiese
rivolgendosi a mio
fratello. Jasper prima di rispondere ci guardò tutti uno ad
uno e sospirò <
Dobbiamo prima di tutto portare in salvo Nessie e il piccolo Alex,
quindi
Carlisle ed Esme andranno ad avvertirli. Dirigetevi verso le montagne.
Dovete
portarli il più lontano possibile. Portate via anche Jake,
vi sarà d’aiuto. Gli
altri con me a casa. Dobbiamo preparare un piano e non abbiamo
abbastanza tempo
>.
Prima di seguire
Jasper mi avvicinai ad Esme < Date un bacio a Nessie, Jake e al
piccolo da
parte mia e di Edward > dissi a mia madre prima di abbracciarla
forte.
Edward era al mio
fianco e fissava nostro padre con un’espressione
indecifrabile.
< Non ti
preoccupare Bella. Li porteremo in salvo > mi
sussurrò Esme in preda ai
singhiozzi come me.
< Fai
attenzione figlio mio > disse Carlisle stringendo Edward in un
abbraccio
paterno.
< Vi prego
salvate Renesmee > disse Edward dopo essersi staccato dal padre
con uno
sguardo che faceva trasparire tutta la paura che gli nasceva dentro al
pensiero
di Renesmee in pericolo.
< Faremo tutto
ciò che occorrerà per portarli in salvo >
concluse Carlisle.
Dopo sparirono tra
gli alberi nella direzione da cui eravamo arrivati.
< Dobbiamo
andare non c’è più tempo > disse
Jasper per riportarci alla realtà.
Cominciammo a
correre verso casa Cullen e un minuto dopo ci ritrovammo nel salotto.
<
Allora… >
esclamò Jasper dopo aver preso una cartina dettagliata della
zona ai piedi
delle montagne appena fuori Forks. Molto probabilmente
l’aveva preparata tempo
prima in previsione di questo momento.
< Ci divideremo
in tre coppie ben bilanciate. Bella tu sei la più debole,
quindi andrai con
Emmett. Grazie al tuo scudo potrai controllare tutta la situazione ed
Emmett
potrà alleggerirti il compito del corpo a corpo senza
problemi >.
Annuii senza
ribattere, anche se non mi andava a genio il fatto di accollare altro
lavoro
sulle spalle di Emmett per colpa della mia debolezza nel combattimento.
Emmett mi sorrise
e mi fece l’occhiolino. Potevo percepire la sua ansia ma
riusciva sempre a
sdrammatizzare. Era per questo che adoravo il mio fratellone orso.
Mi si
avvicinò e
mi mise un braccio intorno alle spalle e chiese a Jasper < Come
ci dobbiamo
muovere? >.
< Voi sarete la
coppia centrale e vi occuperete della guardia stretta partendo da Jane
ed Alec.
Occupatevi per prima cosa di loro due. Tu Emmett non avrai problemi
contro di
loro con la protezione di Bella > spiegò prima di
rivolgersi a me < Tu
Bella tieni la protezione su tutti e non ti distrarre, almeno fino a
quando non
vi sarete sbarazzati di quei due e ricordati di coprire con la membrana
Edward
solo se strettamente necessario… >
< Cosa?
>
gridai incredula.
< Se lo copri
non riuscirà a sentire i pensieri dei Volturi
quindi… >
< Ma Jasper,
Jane se ne accorgerebbe e… >.
In quel momento mi
si parò davanti agli occhi l’immagine di Edward
che si contorceva dal dolore
per colpa del potere di Jane per proteggere me. Rabbrividii.
< Amore, Jasper
ha ragione. Se mi copri con la membrana non riuscirò a
prevedere le mosse dei
Volturi. Non ti preoccup… > non lo lasciai finire per
ribattere.
< Ma Edward
> dissi alzando sempre di più la voce < non
posso lasciarti in balia di
quella strega. Non voglio che tu soffra o che rimanga con i sensi
azzerati per
colpa di Alec > esclamai entrando nel panico <
N…non p…posso permetterlo.
Non mi p…potete chiedere una c…cosa del genere
> conclusi cominciando a
singhiozzare.
< Bella, tu ed
Emmett vi occuperete di Jane ed Alec per primi e loro non avranno
nessuna
possibilità contro di voi, quindi Edward non sarà
più in pericolo dopo che voi
due avrete agito > mi tranquillizzò Jasper usando
anche una buona dose del
suo potere speciale.
Mi ero calmata,
anche se contro la mia volontà e così abbracciai
Edward. Avevo bisogno di un
contatto con lui.
< Va bene. Ma
appena mi accorgo che Jane o Alec o chiunque altro vuole attaccare
Edward con
il suo potere lo avvolgo. Non mi interessa se poi non
riuscirà a sentire i
pensieri dei Volturi > conclusi il discorso con voce calma e
pacata.
< Va bene
>
acconsentì Jasper.
< Ok. Edward,
tu starai insieme ad Alice e agirete alle spalle dei Volturi, vi
occuperete dei
più forti. Anche se Alice non è particolarmente
forte grazie al suo potere
prevederà le mosse di chi vi attaccherà e quindi
si saprà difendere benissimo e
saprà distrarre al meglio i vostri avversari, mentre tu
potrai approfittarne e
attaccarli senza problemi. Penso che i primi di cui vi dovrete occupare
saranno
Felix e Demetri. Ovviamente ci saranno nuovi componenti di cui non
sappiamo
l’esistenza, come quei quattro che sono venuti a Forks tempo
fa. Ma molto
probabilmente loro faranno parte della guardia larga e di quella ci
occuperemo
io e Rose. Noi attaccheremo dalla parte opposta delle montagne >
e indicò un
bosco che costeggiava il sentiero che portava alla valle <
Ovviamente non
posso negare che non sarà un impresa facile e quindi vi
posso solo dire di
stare molto attenti soprattutto sulla difesa >.
Jasper
terminò il
suo discorso e ci fissò uno ad uno poi chiese < Vi
sentite pronti? >.
No. Non mi sentivo
affatto pronta. Non mi piaceva per niente combattere e avevo paura che
qualcosa
andasse storto. Ero sicura che in questa battaglia, se per un fortuito
caso
avessimo sconfitto i Volturi, avremmo perso qualcuno.
Non riuscivo a
pensare ad un’eternità senza qualcuno di loro.
Alice, così
piccola non riuscivo ad immaginarmela su un campo di battaglia. Come
avrei
fatto senza di lei. È la mia migliore amica da sempre e
anche se eravamo
estremamente diverse non so cosa avrei fatto se fosse sparita.
Così vivace,
divertente e pazza, una vera forza della natura maniaca della moda.
Emmett, il mio
fratellone. È sempre così di buon umore. Un
bambinone grosso come un armadio
che farebbe di tutto pur di farci stare bene e farci sorridere anche in
un
momento del genere. Non riuscivo ad immaginare una vita senza le sue
battute e
le sue prese in giro.
Rosalie, sempre
perfetta in tutto e così combattiva e testarda. La mia
sorellona Barbie che
avrebbe fatto di tutto pur di stare accanto alle persone a cui voleva
bene.
Sempre comprensiva e forte davanti ai problemi. Anche se a volte era un
po’
troppo maniacale in certe cose è sempre mia sorella e non
potrei mai non
volerle bene ed esserle grata per tutto quello che ha fatto per me.
Jasper, lo
psicologo di famiglia. Sempre pronto a farci stare bene e ad aiutarci a
superare ogni difficoltà. Amavo i disastri che combinava con
Emmett e i suoi
scherzi a Renesmee. Anche se a volte era malinconico è
sempre stato un grande
amico pronto a farsi in quattro per farci superare la tristezza e la
rabbia.
Carlisle, un vero
e proprio padre, attento, comprensivo, giusto e leale in tutto. Sempre
davanti
ai libri o dietro la scrivania ma molto attaccato alla famiglia. Odia
la
violenza e non farebbe del male nemmeno ad una mosca se non fosse
costretto
dalla sua natura di vampiro. Sempre accogliente e mediatore tra le liti
dei
suoi figli e gentile nei confronti di tutti coloro che gli passano
davanti agli
occhi.
Esme, la mia
dolcissima mamma. Tenera e unica nel suo genere. Con tutte le sue
passioni e con
il suo amore per i figli e per suo marito, mette sempre quel
po’ di zucchero
che serve alle nostre giornate. Sempre pronta a sacrificarsi al posto
di uno di
noi. Con i suoi occhioni dorati farebbe sciogliere anche il ghiaccio,
infatti,
lo fa ogni giorno per calmare i fuochi che si accendono tra i suoi
figli
scalmanati.
Jacob, il mio
migliore amico e compagno di avventure. Forte davanti alle tragedie ma
debole
di fronte alla dolcezza e all’amore. Unico nella sua simpatia
e nella sua
pazzia di adolescente. Sempre voglioso di divertirsi e tornare bambino.
Renesmee, la mia
piccola peste con la sindrome di Peter Pan. Imbranata, simpatica,
combina guai,
testarda, patita della moda, dolce, attaccata alla famiglia e pronta a
sacrificarsi pur di difendere le persone che ama. Fin da piccola
è stata lo
specchio di ognuno di noi e racchiude tutti i nostri caratteri. La mia
ragione
di vita. Resterà sempre una bambina combina guai nel mio
cuore e pensare che
potrebbe non farcela a sopravvivere a questo giorno infernale mi piange
il
cuore, sarebbe un dolore troppo grande da contenere.
E poi… mi
fa male
soltanto pensare il suo nome in questo contesto…Edward,
l’amore della mia vita,
la luce delle mie giornate, la mia fonte di salvezza. Così
perfetto in tutto e
forte di fronte alla tristezza e al dolore, ma così fragile
se si tratta della
vita delle persone che ama. Senza mai un’esitazione e
così bravo a nascondere i
suoi sentimenti. Pronto a qualunque cosa per difendermi. Dolce,
premuroso e
comprensivo con tutti, ma anche testardo. Se lui avrebbe mai perso la
vita io
lo avrei seguito senza esitare perché di fronte ad
un’esistenza senza di lui il
mio cuore non riuscirebbe a rimanere integro.
< Si siamo
pronti > esclamò Emmett all’unisono con
Edward e Rose e unirono le loro
mani, una sopra l’altra sospese appena sopra alla cartina.
Jasper sorrise e
mise anche lui la sua mano sopra quelle degli altri.
Alice esitò
un
attimo e fece lo stesso gesto di Jasper.
Mancavo solo io ed
Edward mi guardò dolce ma con una luce di dolore negli
occhi. Era inevitabile
vista la situazione.
Mi sorrise
incoraggiante e io mi feci coraggio e posai la mia mano su quella di
Alice.
Ora era tutto
pronto, ma proprio nel momento in cui ci rilassammo un minimo successe
quello
che, stranamente, mi aspettavo da quando eravamo entrati in casa.
|
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Capitolo 16 *** Addi prima della tempesta ***
Salve
a
tutti carissimi... Ecco un altro capitolo della mia ff!!! Spero vi
piaccia e
spero che lo recensiate!!!
Fatemi
sapere le vostre opinioni... anche negative...le critiche aiutano!!!
Ora
rispondo
alle vostre recensioni:
Trettra:
sono
contentissima di averti emozionata...grazie per i
complimenti!!! Le tue domande avranno una risposta con questo capitolo
anche se
dovrai aspettare i Volturi per quello dopo. Spero ti piaccia questo cap
e
aspetto una tua recensione. Baci baci...alla prossima!!!
Tede:
grazie
dei complimenti...era il mio scopo commuovere e penso
che con questo nuovo cap i tuoi occhi sgorgheranno ancora
più lacrime!!! Per i
Volturi dovrai aspettare il prossimo capitolo!!! Baci baci...aspetto
una tua
recensione...alla prossima!!!
Isabella
v:
eccoti accontentata...comunque stai tranquilla...questo sarà
un
altro capitolo un po’ triste!!!! Baci baci...aspetto una tua
recensione!!!!
Ora
vi
lascio alla storia...
Ci girammo di
scatto verso la porta che si era aperta con un botto ed era stata quasi
totalmente scardinata dalla parete a cui era attaccata. La vetrata che
la
componeva era andata in frantumi e il tappeto che si trovava subito
dopo
l’entrata fu invaso da centinaia di pezzi di vetro che si
sparsero su tutto il
pavimento.
L’autore di
quel
disastro ci fissava infuriato con quegli occhi che poco prima
lanciavano saette
ai presenti e ringhiava furioso. Il suo corpo tremava per la rabbia, le
sue
mani erano strette a pugno e i suoi occhi color cioccolato stavano
prendendo
una sfumatura color cremisi.
Renesmee ci
fissava sotto l’uscio della porta furiosa. Non
l’avevo mai vista così
arrabbiata in trecento anni.
Ci venì
incontro
con passo fermo, deciso e molto poco calmo per poi fermarsi a meno di
un metro
da me ed Edward.
< VI SIETE
BEVUTI IL CERVELLO? > gridò incatenando il suo
sguardo con il mio e con
quello di suo padre.
< Quante volte
ve l’ho ripetuto in questi mesi eh? >
esclamò abbassando leggermente il tono
di voce ma mantenendo sempre intatta la sua furia.
< Non potete
portarmi lontano dalla battaglia, non solo perché i Volturi
mi troverebbero
comunque, ma anche perché non ve lo permetterei. Siete
ancora convinti che vi
lascerei combattere senza il mio aiuto? Quante volte ve lo dire che io
non
voglio perdere nessuno di voi > l’ultima frase la
disse mentre il suo tono
alto cominciò a scemare e la sua voce cominciò a
tremare e i suoi occhi si
arrossarono e cominciarono ad appannarsi per via delle lacrime che,
inesorabili, chiedevano si scendere dai suoi occhi.
< N...non
potete chiedermi di ab...abbandonarvi. Voi s...siete la mia famiglia e
i...io
non posso lasciarvi d...da soli in questa b...battaglia >. Ormai
la sua voce
era rotta dai singhiozzi e il suo viso era rigato da fiumi di lacrime.
Edward la guardava
distrutto e la avvolse nel suo abbraccio paterno.
Quando era piccola
e di notte aveva paura, o quando si faceva male e piangeva lui la
consolava
subito abbracciandola in quel modo. In quei momenti lo invidiavo
perchè solo
lui avrebbe avuto l'esclusiva di consolarla in quel modo, come io avevo
la
possibilità di stare accanto a nostra figlia in momenti che
a lui sarebbero
sempre stati negati.
Lei si fece
abbracciare piangendo sempre più forte e strinse le braccia
dietro la schiena
del padre appoggiando la fronte al suo petto e bagnando la camicia di
Edward di
acqua salata.
<
Papà n...non
chiedermi questo. Ti prego > implorò Renesmee facendo
riaffiorare il viso e
calmando quel fiume di lacrime che le rigava il viso d'angelo.
Edward si
voltò
verso di me con gli occhi pieni di dolore. Odiava quando nostra figlia
soffriva
così, e come lui anche io.
Poi si
voltò di
nuovo verso di lei e disse < Piccola mia non puoi combattere.
Sei troppo
debole e troppo facile da... > chiuse gli occhi e fece una
smorfia prima di
concludere la frase < ...uccidere >.
< E poi devi
stare con tuo figlio. Non puoi assolutamente allontanarti da lui. Lo
devi
proteggere e portarlo in salvo >.
Ecco, Edward aveva
schiacciato il tasto dolente che avrebbe fatto cedere di sicuro nostra
figlia.
Infatti, lei si staccò dal padre a testa china e si
voltò verso di me guardandomi
con quegli occhi tristi che non riuscivo a sopportare sul suo viso.
Mi avvicinai a lei
e le accarezzai il viso delicatamente asciugando con il pollice le
linee che le
bagnavano le guance.
Abbassò lo
sguardo, ma io le presi il viso tra le mani e lo alzai costringendola a
guardarmi negli occhi.
< Ehi, piccola
brontolona > cominciai per sdrammatizzare chiamandola con il
nomignolo con
cui la chiamavo quando era piccola.
Lei cacciò
un
sorrisino timido accompagnandolo con una risatina lievissima che non nascondeva affatto
il suo dolore.
< Non piangere.
Tuo padre ha ragione: ti devi occupare del tuo Alex e lo devi
proteggere. Se ci
vuoi veramente essere d'aiuto devi fare soltanto una cosa >.
Mi fermai un
attimo per vedere la sua espressione che rimase impassibile a parte una
piccolissima ruga che si formò tra le sopracciglia.
< Renesmee devi
andare via da qui e portarti via Alex. Solo così potrai
aiutarci a portarti in
salvo. Perché è questo quello che ci preme di
più >.
Lei, tenendo lo
sguardo sempre basso annuì leggermente e io l'abbracciai.
Forse quello era
l'ultimo contatto che avrei avuto con mia figlia. L'ultimo abbraccio.
Le feci appoggiare
la testa sulla mia spalla e le baciai i capelli mentre glieli
accarezzavo
dolcemente.
Chiusi gli occhi
per godermi fino in fondo quel momento. Potevo sentire le sue lacrime
che mi
bagnavano la pelle della spalla lasciata nuda dalla canotta che
indossavo.
Avrei voluto poter piangere per dare sfogo al mio stato d'animo, ma
forse era
meglio così.
Mia figlia sciolse
l'abbraccio e disse con le lacrime che avevano ricominciato a scendere
copiose
< Ti voglio bene mamma >. Poi si voltò verso
il padre che si avvicinò e
che ci strinse tutte e due.
< Le mie donne
> disse Edward scoccando un bacio sulla fronte di Renesmee
mentre la teneva
stretta con un braccio e con l'altro univa anche me a quell'abbraccio
d'addio.
Una voce
spezzò
quel momento e ci riportò alla realtà.
< Ragazzi
dobbiamo andare ci rimangono solo tre ore > disse Jasper
chiaramente
dispiaciuto di aver interrotto quell'addio.
Ci staccammo da
Renesmee dicendole un ultimo “ attenta “. Lei fece
il giro di tutti gli altri e
li salutò con un abbraccio per poi seguire Jacob, Carlisle
ed Esme, che teneva
in braccio Alex che era sprofondato nel mondo dei sogni. Almeno lui in
quel
momento era felice, convinto di trovare i suoi genitori al suo
risveglio e
inconsapevole di tutto quello che stava succedendo.
Così anche
loro
sparirono con un ultimo sguardo di addio.
< È
ora di
andare > decretò Jasper.
Annuimmo tutti e
ci avviammo verso la radura senza correre mano nella mano con i nostri
compagni
di vita. Volevamo goderci gli ultimi momenti insieme per bene, senza la
frenesia della corsa addosso.
Edward teneva un
braccio intorno le mie spalle e mi stringeva. Avevo appoggiato la testa
poco
più sotto della clavicola visto la mia bassa statura e avevo
la mano posata sul
suo petto.
Man mano che ci
avvicinavamo alla valle stringeva la sua presa su di me. A un certo
punto
chiusi gli occhi continuando a camminare e affidandomi completamente a
lui.
Cercavo di far
riaffiorare i migliori ricordi che avevo della mia vita, ma non ci
riuscii.
Avevo fissa nella mente l’immagine di Edward nel castello dei
Volturi che si
contorceva dal dolore provocato da quel sorrisino spregevole di quella
strega
malefica.
Avevo deciso:
appena ne avrei avuto l’occasione avrei raccolto tutte le mie
forze e l’avrei
uccisa con le mie mani. Volevo che morisse per mano mia. Volevo che mi
supplicasse di risparmiarla mentre le strappava quella testolina dal
collo.
Desideravo sentire il suo dolore mentre mi vendicavo per aver fatto
soffrire il
mio amore. Volevo smembrarla pezzo per pezzo per poi farla sciogliere
sotto le
fiamme solo per aver pensato di attaccare il mio Edward.
Mi ero irrigidita
ed Edward se ne era accorto al contrario di me. Riaprii gli occhi e
notai che
la sua espressione cambiava da confusione a sorpresa.
< Bella che
hai? > mi chiese fissandomi negli occhi sbalordito.
Poi mi accorsi:
ero tutta rigida, con i pugni serrati, i denti digrignati e stavo
ringhiando.
< Ha cosa stavi
pensando? > mi domandò curioso e anche preoccupato
< Hai gli
occhi...rossi > concluse fissandomi incredulo.
Cosa? Gli occhi
rossi?
Decisi di far
vedere i miei pensieri ad Edward e quindi distaccai la protezione.
Lo vidi
concentrarsi mentre ripensavo alla mia voglia di uccidere Jane
Vidi che apparve
un sorrisino sul suo splendido viso e mi disse < Amore, non ti
credevo così
agguerrita. Però calmati stai impazzendo perché
ti vuoi vendicare. È normale
per noi vampiri, però calmati altrimenti farai qualche
strage qui intorno >.
Ok, mi stavo
calmando. Non potevo non farlo dopo le sue parole però
quella voglia di
vendetta mi scorreva ancora dentro e, anche se non ringhiavo
più e la mia
faccia si era rilassata, tenevo ancora i pugni serrati.
Edward mi prese il
mento tra due dita e lo avvicinò al suo e con
l’altra mano cominciò a
sciogliere i miei pugni delicatamente. Dopo che mi fui rilassata
completamente
Edward azzerò la distanza tra i nostri visi con un bacio
leggero.
Mi sfiorò
appena
le labbra e ripeté il gesto più volte, poi
cominciò a succhiarmi il labbra
inferiore tirandolo leggermente. Mi strinse a sé forte e
protettivo avvolgendo
un braccio intorno alla mia vita facendoci aderire perfettamente
l’una
all’altro.
Non resistetti
più
e gli presi il viso tra le mani per spingerlo verso di me e baciarlo
intensamente.
Non potevo pensare
che tra meno di tre ore sarebbe scoppiata una battaglia che forse me lo
avrebbe
portato via per sempre.
Quello
probabilmente era il nostro ultimo bacio e quindi il nostro addio.
Molto probabilmente
Rose ed Emmett, Alice e Jasper stavano facendo la nostra stessa cosa
perchè
erano consapevoli come noi che tra poco sarebbe scoppiata una tempesta
di cui
forse non avremmo avuto la possibilità di vedere la fine.
Il nostro bacio si
faceva sempre più profondo e triste e nessuno dei due voleva
concluderlo.
Mi stringeva forte
a sé avvolgendo un braccio intorno alla mia vita e tenendo
l’altra mano chiusa
a pugno sulla mia schiena. Io gli tenevo il volto tra le mani e lo
accarezzavo
convulsamente e con agitazione. Non volevo che lui sparisse. Non volevo
che
quello fosse un addio. Non volevo che tutto finisse.
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Capitolo 17 *** I Volturi ***
Eccomi
ragazzi con un altro capitolo!!! Spero vi piaccia e non vedo l'ora di
leggere le vostre recensioni!!! Devo dire che non è stato
molto semplice scriverlo... ma ce l'ho messa tutta!!!
Ora
rispondo alle vostre recensioni:
Tede:
eccoti accontentata con il seguito...ovviamente non ti posso dire
niente sulla sorte di Jacob, Nessie, Alex, Esme e Carlisle ma fra un
paio di capitoli lo scoprirai. Ora goditi questo capitolo e... mi
raccomando fammi sapere...ci tengo alla tua opinione!!!
trettra:
anche
a me piace un sacco questo lato combattivo di Bella contro Jane ma ti
posso solo dire che non sempre aiuta...non ti voglio anticipare
niente!! Ora goditi il capitolo e per quanto riguarda la sorte di
Alex non posso dire niente... comunque lo scoprirai fra un paio di
capitoli!!! Aspetto una tua recensione...ciao!!!
Isabella
v: si
è vero l'addio con Nessie è stato abbastanza
toccante,
Comunque lo spirito di combattimento che ha Bella ho visto che
piace...però ti dico solo che a volte sarebbe meglio
controllare la propria impulsività...vabbè leggi
il
capitolo e capirai!!! Spero di ricevere un'altra tua
recensione...baci baci!!!
Ora
vi lascio al capitolo...
Ci
trovavamo nella radura e mancavano solo due ore all’arrivo
dei
Volturi secondo la visione di Alice. Noi eravamo in sei e loro erano
molti di più. Da quello che mi ricordavo e dai racconti di
Edward dovevano essere poco più di una decina, escludendo
gli
anziani. Inoltre avevano quasi tutti dei poteri speciali molto
potenti e chi non ne aveva era provvisto di una forza molto notevole,
uno di questi era Felix.
Carlisle
tempo fa, mi spiegò di aver riconosciuto due tra quei
quattro
vampiri che ci “avevano fatto visita” quasi un anno
fa. Erano
Santiago e Afton. Santiago, mi aveva spiegato Carlisle, aveva una
forza fisica superiore alla norma, come Felix, anche se Santiago
aveva meno esperienza. Afton, il compagno di Chelsea, invece, aveva
un potere a dir poco raccapricciante: creava l’illusione
della
decomposizione, faceva credere all’avversario di decomporsi
facendolo accasciare al suolo in preda agli spasmi di paura e dolore.
Ovviamente
io non ero preoccupata di questo potere visto che agiva sulla mente,
ma da come si stavano sviluppando i fatti avevo capito che nulla si
doveva sottovalutare.
Gli
altri due erano probabilmente arrivati durante questi trecento anni
di silenzio, ma grazie alla loro visita sapevamo già il
potere
speciale di uno di loro. Il vampiro che aveva attaccato me ed Edward
aveva la facoltà di comporre una sensazione di
normalità
e tranquillità nella mente dell’avversario
facendogli così
abbassare la guardia. Dovevo stare attenta a non farmi prendere dal
panico e distaccare la membrana per nessun motivo, altrimenti mi
sarei ritrovata nella stessa situazione dell’altra volta.
Poi
c’erano Heidi, Renata, Demetri, Chelsea, Alec e Jane, tutti
con dei
poteri speciali.
Heidi
era la cacciatrice dei Volturi e aveva il potere di ammagliare e di
infondere fiducia nell’avversario o nella vittima per poi
attaccarla senza che essa potesse ribellarsi.
Renata
era lo scudo, la difesa per eccellenza della guardia e si preoccupava
soprattutto di Aro. Il suo potere era molto simile al mio ma lei
proteggeva dagli attacchi fisici, non mentali.
Demetri
era il segugio. Con dei sensi impareggiabili e sottili, capace di
captare l’odore di qualunque cosa volesse a chilometri di
distanza.
Lui era tra quelli che mi preoccupava di più ed Edward aveva
detto di eliminarlo subito: aveva paura che seguisse la scia di
Renesmee visto che uno degli obbiettivi principali dei Volturi era
proprio lei.
Chelsea,
invece aveva il potere di controllare i rapporti tra le persone, di
capirli, di aumentarli sia in bene che in male. Era un bel guaio,
perché se ci avesse messo contro l’un
l’altro potevamo
rischiare di combattere tra noi, ma Edward mi aveva rassicurato
dicendomi che io sarei riuscita a tenere sotto controllo la
situazione.
Alec,
uno dei miei obbiettivi principali. Possessore del potere
più
potente tra la guardia dei Volturi. Capace di azzerare tutti i sensi
e quindi attaccare senza essere contrattaccato
dall’avversario.
Jane,
maledetta. Lei doveva morire subito e per mano mia. Dovevo essere
assolutamente io a toglierle la vita, non potevo permettere che mi
sfuggisse. Dovevo spazzare via quella strega. Lei non doveva
più
recare dolore.
Poi
c’erano gli anziani, e anche se non penso che avrebbero
partecipato
nel vivo della battaglia, erano pur sempre una minaccia, soprattutto
Caius e Aro, con la loro sete si vendetta.
Jasper
mi ridestò dai miei pensieri e ci disse dove appostarci e da
dove attaccare. Ci diede gli ultimi consigli e ci augurò
buana
fortuna.
Edward
mi teneva ancora stretta a sé e io non volevo allontanarmi
da
lui.
<
Bella, è ora > mi disse con voce triste e uno sguardo
pieno
di dolore.
<
Edward... Edward io... non... > cominciò a
balbettare.
Ditemi voi se si è mai visto un vampiro che balbetta. Non
riesco a formulare una frase precisa e con un minimo di logica. Ho
paura di questa battaglia perché so che qualcuno a me caro
non
ce la farà. So che potrei abbandonare anche io questo mondo,
ma questo non mi mette tutta questa paura in confronto
all’idea di
veder morire le persone che amo. Preferirei morire cento volte invece
di vedere scomparire qualcuno a cui voglio bene.
<
Ti amo piccola mia. Non dimenticarlo mai > mi sussurra
stringendomi a sé e incatenando i nostri occhi dorati.
<
Anch’io Edward... anch’io ti amo >.
Si
allontanò, dopo avermi stretta forte a sé
probabilmente
per l’ultima volta, e andò dove gli aveva indicato
Jasper
insieme ad Alice.
Prima
che tutti ci fummo appostati vidi Alice irrigidirsi e fissare il
vuoto: stava avendo una visione. Durò pochissimo e la sua
espressione si fece confusa e ansiosa, come quella di Edward.
Ci
fermammo e chiesi ad Alice cosa aveva visto cercando di trattenere il
panico < Alice cosa hai visto? >.
Sbattè
le palpebre incredula e con la stessa espressione confusa di prima mi
rispose < Non lo so è stato un flash. Non ho capito
bene
cosa stesse succedendo. Mi sembra di aver visto... Demetri... ma non
ne sono del tutto certa. Mi sembra la stessa sensazione, le stesse
visioni che avevo quando... > era incerta se continuare e
fissò
Edward.
Lui
era arrabbiato, glielo si leggeva in faccia. Ma il problema era: per
cosa era arrabbiato?
<
Quando? > incitai Alice a continuare.
<
Quando Victoria giocava con i buchi nelle sue visioni > rispose
Edward cogliendomi di sorpresa < Stanno usando la sua stessa
tattica. Non prendono una decisione definitiva e piano piano si
stanno creando un varco tra le visioni di Alice >.
Appena
Edward finì la sua spiegazione si irrigidì e si
voltò
di scatto alle sue spalle.
Strinsi
gli occhi per scorgere qualcosa tra gli alberi e li vidi.
Una
sagoma scura avanzava lentamente verso di noi: i Volturi erano
arrivati.
Edward
mi guardò, mi diede un bacio sulla fronte e raggiunse Alice
verso la sua postazione. Rimasi un attimo scossa ma poi mi ripresi e
raggiunsi Emmett. Arrivato al suo fianco attivai la protezione. La
estesi anche su Edward: la paura che potesse accadergli qualcosa era
troppo forte, ma dopo che lui mi lanciò
un’occhiata di
ammonimento, come fece anche Jasper ritirai la protezione
così
da lasciarlo fuori.
I
Volturi avanzavano e ormai si trovavano al centro della radura, ci
videro e potei distinguere perfettamente le labbra di Jane
distendersi in un sorrisino perfido appena mi vide. La fulminai ed
ebbi uno scatto di rabbia. Mi stavo per avventare contro di lei, ma
Emmett mi prese per un braccio e mi bloccò.
Il
gruppo dei Volturi si aprì facendo passare Aro Caius e
Marcus
che si posizionarono davanti a tutti. Ci fissarono a lungo senza che
nessuno si muovesse. Ero un silenzio pieno di tensione. Era la quiete
subito prima della tempesta.
Aro
sorrise e con la sua voce calma e pacata, ma letale, esclamò
<
Vedo che vi siete preparati. Non ce ne era bisogno. Sapete che non
avrete nessuna possibilità di sconfiggerci anche se avete
preparato un piano per contrattaccare >.
Silenzio.
Caius ci scrutò uno ad uno soffermandosi leggermente su di
me.
Non ci badai, stavo scrutando la guardia. C’erano proprio
tutti:
Jane, Alec, Renata, Chelsea, il vampiro che mi aveva attaccato quella
notte, Santiago, Afton, Heidi e un altro vampiro che, ricordai, era
venuto tempo fa. Ma, un momento, mancava qualcuno. Dov’erano
Demetri e Felix? Non li vedevo da nessuna parte.
Guardai
Emmett. Anche lui stava scrutando la guardia e poi lo vidi cambiare
espressione. Era sorpreso e incredula, come la mia: anche lui aveva
notato l’assenza dei due vampiri.
Era
strano, loro erano tra i più forti della guardia. Anzi erano
proprio i più forti. Perché non c’erano?
Edward
si girò di scatto a fissarmi, aveva un espressione
terrorizzata, ma nel momento in cui i nostri occhi si incontrarono la
sua espressione cambiò e diventò una smorfia di
dolore.
Urlò. Un urlo agghiacciante. Si accasciò a terra
agonizzante tenendosi la testa tra le mani.
In
quel momento mi sentì morire dentro e capi cosa stava
succedendo: Jane.
Spostai
lo sguardo su di lei. Fissava Edward sorridendo e godendo per quello
che stava facendo.
A
quel punto non ci vidi più. Quella strega doveva morire ora.
Mi
divincolai dalla presa di Emmett, che ancora mi teneva per il
braccio, e con tutta la rabbia che avevo in corpo mi fiondai su di
lei senza pensare.
La
colsi di sorpresa e con una forza che non avevo mai cacciato affondai
i denti nella sua gola e tirai. La sua testa ruzzolò a
terra,
ma in quel momento fui spinta dall'altra parte del campo da qualcuno.
Questo gesto mi fece deconcentrare e la mia protezione sugli altri mi
rimbalzò dentro.
No,
ne avevano approfittato, se ne erano accorti ed Alec non perse tempo.
La
battaglia era cominciata e noi avevamo perso già prima di
cominciare e tutto per colpa della mia impulsività repressa.
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Capitolo 18 *** La battaglia ***
Salve
a
tutti raga!!! Scusate per il ritardo ma ho avuto qualche contrattempo
che non
vi sto qui a raccontare!
Questo
è il
capitolo della battaglia con i Volturi e vi chiedo di aspettare il
prossimo
capitolo prima di arrivare a conclusioni affrettate...anche se vi
avverto non
ci sarà un lieto fine a questa storia...in fondo questa
storia è drammatica.
Comunque
ora
vi lascio alla storia...bacioni e morsetti e tutti!
P.s.
le
risposte alle recensioni sono alla fine del chap!!
Di
colpo Emmett si immobilizzò, gli occhi che fissavano il
vuoto e la testa che
scattava da un lato all’altro come in cerca di qualcosa. Era
nervoso,
disorientato.
Dall’altra
parte Jasper si contorceva a terra spaventato e disgustato mentre si
fissava le
mani e le braccia.
Edward
si teneva la testa tra le mani e urlava dal dolore.
Alec,
Afton e Jane, che intanto si era ricomposta, gli stavano attaccando con
i loro
poteri.
Mi
ero lasciata distrarre, e ora per colpa mia i miei fratelli e il mio
amore
stavano soffrendo.
Il
colpo che avevo ricevuto era forte ma trovai la forza per rialzarmi.
Cercai
di concentrarmi per riavvolgere la protezione su Emmett, Jasper ed
Edward, ma
prima che potessi focalizzarmi su di loro qualcuno mi colpì
da dietro e mi fece
schiantare contro Edward che stava ancora agonizzando a terra.
Cercai
di concentrarmi e finalmente riuscii ad allargare la protezione.
Li
riavvolsi protettiva e sfiorai il braccio ad Edward. Lui si
girò verso di me.
<
Stai bene? > mi chiese preoccupato.
<
Si >.
Non
feci in tempo ad avvertirlo che dietro di lui spuntò
Santiago che gli si avventò
contro colpendolo alle spalle. Fu un attacco velocissimo. Edward in un
primo
momento era indifeso, ma poi riuscì a prendere in mano la
situazione.
Erano
uno scontro tra titani. Santiago aveva una forza fisica enorme, ma per
fortuna
Edward era molto veloce ed agile e riusciva a schivare facilmente gli
attacchi
del Volturo.
<
Bella! > gridò Edward dopo aver schivato un attacco e
fatto schiantare
Santiago sulla parete della montagna sferrandogli un attacco sulla
schiena.
<
Bella, ritira lo scudo da me > gridò Edward.
Non
riusciva a sentire i pensieri del suo avversario, ma io non volevo
lasciarlo
indifeso.
Intanto
Santiago si era rialzato e si preparava per saltare di nuovo addosso ad
Edward.
Lui non se ne era accorto.
<
Edward attento! > gridai e appena in tempo si girò
per difendersi.
Era
in difficoltà perché non riusciva a sentire i
pensieri si Santiago,così decisi
di togliere la protezione da lui., ma poi notai che Jane mi fissava
alternando
lo sguardo anche su Edward.
No.
Quella maledetta aspettava che io ritirassi la protezione da Edward per
attaccarlo.
Cosa
dovevo fare? Se avessi tolto la membrana Jane avrebbe usato il suo
potere, ma
se non l’avessi tolta Edward non sarebbe riuscito a leggere,
e quindi
prevedere, gli attacchi di Santiago.
Cosa
dovevo fare?
<
Bella muoviti! > urlò Edward. Era in
difficoltà, allora decisi.
Mi
avventai su Jane, e mentre l’attaccavo cercavo di
concentrarmi su Edward.
Così
allontanai la membrana da lui mentre combattevo con Jane.
Riuscii
a bloccarla per le braccia e intanto lei addentava l’aria
cercando di arrivare
alla mia gola.
Cominciai
a strattonarla per trovare un passaggio per il suo collo, quando un
forte odore
d’incenso mi arrivò alle narici.
Qualcuno
era morto. Ma chi? Uno di loro o uno della mia famiglia?
Per
controllare mi voltai un secondo e subito Jane ne approfittò.
Un
dolore allucinante mi arrivò al collo. I suoi denti mi
perforarono la pelle per
poi cominciare a tirarla per lacerarla. Dalla mia gola uscì
un urlo
agghiacciante.
Faceva
male, tanto male.
Però
poi di colpo i suoi denti si staccarono da me e la vidi sbalzata in
aria.
Il
colpevole era la persona che ora mi stringeva a sé: Edward.
<
Ci mancato poco > dissi mentre ero schiacciata sul suo petto.
<
Stai bene? > chiesi divincolandomi leggermente dalla sua stretta
per cercare
qualche ferita sul suo corpo. Per fortuna non ce n’erano.
<
Sì. Non ti preoccupare > rispose.
<
Edward chi... > dissi con voce leggermente tremante voltandomi e
indicando
la colonna di fumo che si stagliava al centro del campo di battaglia.
<
Tranquilla > disse < sono Chelsea, Afton e Heidi. Jasper,
Rosalie ed
Emmett hanno fatto un ottimo lavoro >.
Squadrai
tutta la radura e con immenso piacere constatai che stavano tutti bene.
<
ATTENTA! > gridò Edward.
Mi
girai appena in tempo per deviare l’attacco di Jane.
Intanto
Edward era saltato addosso a Santiago e ora lo stava azzannando. Vidi
la testa
del Volturo rotolare accompagnato da un urlo di dolore spaventoso.
Jane
mi riattaccò, ma io la bloccai appena in tempo.
La
schiacciai al suolo con un piede e mi chinai su di lei.
Si
dimenava cercando di liberarsi dalla mia presa.
Veloce
la presi per la mascella e affondai i denti nella sua gola. Feci forza
e tirai
lacerando la pelle del suo collo.
Lei
urlò per il dolore e io continuai a lacerare il suo corpo
con i denti mentre la
sua testa rotolava.
<
Questo è per aver fatto soffrire la mia famiglia, brutta
strega sadica >.
Quella
era la mia vendetta per aver fatto patire dolore al mio Edward.
Presi
velocemente i suoi resti e corsi verso il falò
Li
buttai e li guardai bruciare.
Qualcuno
mi si avventò contro e per poco non finii tra le fiamme. Era
Alec. Per fortuna
ero nella posizione adatta per agire subito.
Mi
bastò sfruttare un momento della sua rabbia per avventarmi
sul suo collo. Purtroppo,
causa la mia sete di vendetta e il disprezzo che provavo nei suoi
confronti, non
avevo calcolato bene la sua vicinanza al fuoco.
Come
mi avventai contro di lui mi bloccò per le braccia. Era
molto più forte di
quanto pensassi.
Anche
se il mio morso gli stava provocando dolore trovò la forza
per parlare.
<
Hai ucciso la mia Jane > mi sussurrò
all’orecchio < Ora sto per
vendicarla >
Mi
prese ancora più forte, e mentre stavo lacerando la sua
pelle si buttò tra le
fiamme trascinandomi con lui.
Un
calore atroce mi avvolse.
Faceva
malissimo. Fu come se tutto intorno a me sparisse. C’era solo
fuoco. Il dolore
si avvicinava a quello della trasformazione. Era atroce.
In
quel momento un urlo uscì dalla mia gola e invase tutta la
radura.
Il
dolore era così forte che volevo morire, volevo che finisse,
non riuscivo a
sopportarlo. Mi sentivo sempre più debole, ma sapevo che non
potevo andarmene.
Perché?
Perché quel dolore non cessava?
Poi
tra le fiamme scorsi un volto. Il più bello che avessi mai
visto, ma non era
concreto, reale. Era come un sogno, un’illusione.
Un
bellissimo viso a cuore contornato da boccoli bronzei, con labbra
rosse, guance
imporporate e grandi occhi color cioccolato: Renesmee.
Mi
sorrideva, ma era un sorriso triste. Mi guardava dolce come sempre, ma
con una
luce malinconica negli occhi. Poi mosse le labbra e la sua voce mi
rimbombò nella
testa dolcemente, soave e triste.
<
Mi dispiace. Ti voglio bene. Non morire e sii felice insieme a
papà. Digli che
è stato il padre migliore del mondo. Vi voglio e vi
vorrò per sempre un bene
dell’anima. Proteggete il mio piccolino e siate felici
>.
Mi
sorrise e poi sparì veloce, sfumando come un fantasma.
Cosa
significava? Perché avevo visto mia figlia che mi...che mi
diceva...addio?
Ero
caduta in un senso di torpore che però sparì
subito dopo che il volto di mia
figlia scomparve, facendo tornare il dolore del fuoco che mi avvolgeva.
Poi
sentii due braccia forti stringermi e sollevarmi.
Il
dolore finì a poco a poco e sentii il fresco
dell’erba umida sulla pelle. Era
piacevole.
<
Bella...bella rispondimi...BELLA!! > era la voce di Edward. Era
spaventata e
preoccupata. Mi arrivava ovattata, come se ci fosse un lenzuolo che gli
copriva
la bocca.
<
Ti prego bella rispondimi. Apri gli occhi ti scongiuro > ora la
sua voce melodiosa
era intrisa di dolore, però questa volta mi
arrivò più nitida. Questo significava
che mi stavo riprendendo.
Dopo
poco riuscii ad aprire gli occhi e vidi il mio angelo che mi fissava
sollevato
mentre tirava un sospiro di sollievo.
<
Oh Bella! Mi hai fatto spaventare tantissimo. Credevo fosse troppo
tardi >
Mi sussurrò all’orecchio mentre mi stringeva
contro il suo petto imprigionandomi
nella sua stretta protettiva e confortevole. Quanto mi era mancato quel
contatto.
Poi
di colpo qualcosa, o meglio qualcuno, lo allontanò
bruscamente da me spezzando
il contatto tra i nostri corpi.
Un
Volturo lo aveva colpito e sbalzato dall’altra parte della
radura, proprio sul
ciglio del precipizio che si svettava a più si cento metri
sul mare in
tempesta.
<
EDWARD! > urlai spaventata.
Mi
alzai facendo forza sulle mani e corsi verso di lui.
Ma
a metà strada qualcuno mi si buttò addosso
schiacciandomi al suolo.
Era
uno dei vampiri della notte dell’addio al nubilato di mia
figlia.
Mia
figlia. Renesmee. Ora ricordavo quello che avevo visto tra le fiamme.
Il suo
viso.La sua espressione malinconica e triste. Il suo addio.
Cercai
di divincolarmi dalla stretta del mio avversario ma senza alcun
successo.
Era
molto più forte di me e non riuscivo a muovermi sotto il suo
peso.
Mi
teneva i polsi sopra la testa con un mano, mi bloccava le gambe con le
ginocchia e con l’altra mano mi prese per la mascella e
comincio a stringere.
<
Ciao piccola Cullen. Piacere io sono Philip. Ci siamo già
incontrati ricordi? Nel
bosco quando tu e la tua amichetta siete venute a soccorrere i vostri
compagni
> disse con voce suadente ma che alle mie orecchie pareva
disgustosa e
viscida.
Poi
mi colse di sorpresa. Mi baciò infilando prepotentemente e
con violenza la
lingua tra le mie labbra.
<
Non mi toccare bastardo. MOLLAMI > gridai dopo aver staccato la
mia bocca
dalla sua e sputandogli
in faccia per
accentuare ancora di più il mio disgusto.
<
Oh ma come siamo schizzinose> mi provocò <
tanto tra non molto non dovrai
dar conto a nessun marito geloso e iperprotettivo > mi
sussurrò facendo
sfoggio del suo ghigno malvagio migliore e lanciando
un’occhiata veloce verso
il precipizio, dove Edward e il vampiro che quella maledetta notte ci
attaccò
entrambi e che fu causa del mio “svenimento”.
Poi
realizzai. Edward era privo di metà braccio che ora giaceva
a terra a pochi
metri dallo scontro. Era in difficoltà. Anche se prevedeva
le mosse dell’avversario
grazie al suo potere non riusciva a schivarle per quanto erano veloci.
Cercò
più volte di attaccarlo alla gola, ma ogni volta veniva
prontamente deviato con
un calcio ben assestato o con un pugno in pieno viso.
A
un certo punto si ritrovò imprigionato da dietro con quello
che rimaneva delle
sue braccia stretto dietro alla sua schiena in una presa ferrea e il
Volturo
gli si avventò veloce alla gola.
Un
urlò agghiacciante accompagnò il rumore metallico
della sua gola che veniva
lacerata.
<
NOOOO!!! EDWAAAAARD!!!> gridai con tutto il fiato che avevo in
corpo e
riuscendo a sfuggire miracolosamente
dalla
presa di Philip, che ora guardava divertito il combattimento.
Gli
altri non si erano accorti di niente. Erano tutti impegnati a
combattere. Ora
si era aggiunto anche Philip alla battaglia con gli altri e quindi io
ero l’unica
che poteva salvare il mio Edward.
Corsi
verso di lui che ora era agonizzante a terra e teneva la mano sul pezzo
di
collo mancante.
Il
suo avversario si era un attimo allontanato dopo che Edward gli aveva
sferrato
un calcio in pancia, ma ora stava tornando all’attacco.
<
Edward > lo chiamai. Ma non feci in tempo a sentire la risposta
che qualcuno
affondò i denti sul mio fianco.
<
AAAAAHHHH! > gridai dal dolore mentre il vampiro mi stava
staccando un pezzo
di fianco con i denti.
<
Bella...NOO! > gridò Edward.
Cercò
di staccarmi di dosso quel pazzo sadico ma era troppo debole e fu
sbalzato in
aria da un calcio di Philip che intanto era tornato per spalleggiare il
suo
amico.
Edward
cadde dal precipizio urlando.
<
NOOOO! EDWAAAARD!! NOOOO!! > urlai mentre un dolore, che non
aveva niente a
che fare con il pezzo di fianco mancante, mi inondò il corpo.
<
Bel lavoro Joshua > disse Philip all’amico che finora
aveva avuto i denti
affondati nel mio corpo.
Non
riuscivo a muovermi. Il dolore al fianco era troppo forte e mi faceva
agonizzare a terra.
Non
vedevo più Edward e la paura cominciò ad
invadermi.
<
Dai finiscila una volta per tutte > disse Philip.
Ecco.
Era arrivato il momento. Stavo per morire e questa volta nessuno mi
avrebbe
aiutato a sopravvivere.
<
Addio Edward > sussurrai cominciando a singhiozzare < Ti
amo >.
Poi
sentii dei denti affondare nel mio collo e un ruggito di rabbioso.
Risposte
alle recensioni
Tede: grazie per i
complimenti...eh per quanto riguarda la tua
domanda su dove sn finiti Felix e Demetri dovrai aspettare il prossimo
chap!! Spero
di trovare anche per questo capitolo un tuo commento...bacioni e
morsetti...alla
prossima!!!
trettra: anche a me non piace
che Edward soffra ma se voglio mettere un
po’ di azione e suspance è inevitabile...cmq
l’impulsività di Bella in questo
capitolo è servita permetterli un dubbio sulle condizioni di
Renesmee...infatti
è “grazie” alla sua
impulsività che ha attaccato Alec ed è finita
nelle fiamme.
Non vedo l’ora di leggere il tuo commento e spero sia
positivo!!! Alla
prossima...bacioni e morsetti!!!
Isabella v: anche a me piace
questo lato di Bella
combattivo, anche se la prima volta gli è costato parecchio... per quanto riguarda Felix e Demetri
dovrai aspettare il
prossimo chap...spero che anche questo chap ti piaccia e non vedo
l’ora di
sapere cosa ne pensi!! Alla prossima...bacioni e morsetti!!
Chanellina94: WOW quanto entusiasmo
e sete di vendetta
che hai!! Mica sei una neonata? Cmq per quanto riguarda la tua domanda
su chi
era morto hai letto male...nello scorso chap non c’era
scritto “avevamo perso
già qualcuno” ma “avevamo perso
già prima di cominciare”!! Comunque spero che
anche questo chap ti sia piaciuto e non vedo l’ora di sapere
cosa ne
pensi...grazie per i complimenti...alla prossima...bacioni e morsetti!!!
|
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Capitolo 19 *** Lacrime ***
Eccomi
tornata con l’ennesimo capitolo di questa storia...vi
avverto, è triste, molto
triste.
Vi
prego
solamente di non saltare dalla sedia e venire a cercarmi in massa con
le torce
in massa per ammazzarmi...sono ancora troppo giovane per morire!
Ok...ora
avervi chiesto di risparmiarmi la vita (senza la quale non riuscirete a
scoprire cosa succederà in seguito) vi lascio al chap!!!
P.S.
le
risposte alle recensioni si trovano alla fine!!!
P.s.s.
vi
consiglio di non andare a leggere subito le risposte alla recensioni
prima di
leggere il chap...altrimenti ve lo rovinerete!!!
Joshua fu
scaraventato lontano da me schiantandosi così su Philip.
Edward era
furioso. I suoi occhi erano neri come la pece, ma non per la sete, ma
bensì per
la rabbia.
Era riuscito a
risalire il precipizio e a togliermi Joshua che stava per farmi a pezzi.
Approfittò
della
momentanea distrazione dei Volturi per ricomporsi e poi aiutare anche
me a
farlo.
< Tutto bene?
> mi chiese apprensivo appena mi fui ricomposta totalmente.
< Si. Tu
piuttosto, come stai? > chiesi guardando le numerose cicatrici
che aveva
sparse sulle braccia, sulle spalle e sul collo.
< Tranquilla.
Sto bene > e mi abbracciò forte.
Poi mi ricordai di
quello che avevo visto mentre ero tra le fiamme e decisi di dirlo ad
Edward
< Edward...prima quan... > non riuscii a concludere la
frase che sentimmo
un urlo. Era una voce che conoscevo benissimo: Alice.
Ci voltammo di
scatto verso la direzione da cui Alice stava gridando.
Era inginocchiata
a terra, stringeva la testa tra le mani e il suo corpo era interamente
scosso
dai singhiozzi.
Ci riunimmo tutti
intorno a lei senza più badare ai Volturi e Jasper le si
inginocchio affianco
per poi stringerla tra le sue braccia.
Edward divenne
come una statua di ghiaccio: immobile, il viso contratto in una smorfia
di
dolore, i pugni serrati e attaccati lungo i fianchi e lo sguardo perso
nel
vuoto.
Nessuno riusciva a
capire cosa stesse succedendo... a parte me. Collegai immediatamente i
singhiozzi di Alice e il dolore di Edward alla visione che avevo avuto
mentre
ero tra le fiamme.
Tutto questo
poteva significare solo una cosa: Renesmee era...no non poteva
essere...non
doveva essere...forse la mia visione era solo dovuta alla paura e...e
quello
che ora stavano provando Alice ed Edward...forse...forse non centrava
con
Renesmee...forse...
Non mi accorsi
nemmeno di aver cominciato a singhiozzare e di essermi accasciata a
terra
vicino Edward.
<
Bella...Edward...m...mi dis...dispiace...io...io... >
singhiozzò Alice. Non
riusciva a parlare. Era scossa, molto scossa, e si disperava tra le
braccia del
suo Jasper.
< Alice, Edward
cosa succede? > chiese Emmett inginocchiandosi vicino al
fratello che era
ancora immobile e che fissava il nulla.
<
R...Renesmee...è...m... > cominciò Alice,
ma io non volevo concludesse. Non
volevo sentire quelle terribili parole. Non volevo sentire la conferma
alle mie
paure, ai miei timori, alle mie ormai certezze.
Mi tappai le
orecchie appoggiando la fronte sul terreno umido cercando di isolarmi
da ogni
cosa per non sentire le parole di Alice, ma quelle arrivarono
prepotenti, come
per prendersi gioco di me, e dentro di me maledissi il mio udito super
sviluppato.
<
È...m...morta
> la voce di Alice si ruppe, infranta dal dolore e dai
singhiozzi.
Potei sentire il
tonfo di Rosalie che si accasciava al suolo e poi... niente.
Nella radura
c’era
silenzio, c’era solo silenzio spezzato dai singhiozzi di miei
e di Alice.
Silenzio... solo
silenzio... tanto silenzio... troppo silenzio.
Non fui
l’unica ad
accorgersene, infatti appena alzai lo sguardo vidi che anche gli altri
erano
confusi.
Ci voltammo verso
il precipizio dove fino a poco fa si trovavano i Volturi e dove
ora...non c’era
nessuno.
Come era
possibile? Dov’erano andati?
In quel momento
uno sfruscio ci fece voltare verso Est, dove si trovava la foresta, e
tra gli
alberi spuntarono due figure che riconobbi immediatamente.
La prima era un
uomo, alto, con capelli corti e biondissimi e la seconda una donna con
il viso
a cuore e i capelli color caramello: Carlisle ed Esme.
Avanzarono verso
di noi lentamente con il viso triste e pieno di dolore.
Esme portava in
braccio un involucro di coperte candide e Carlisle teneva tra le
braccia un
corpo. Trascinavano una tavola di legno liscia e larga dove sopra vi
era poggiato...Jacob.
Era steso,
immobile, con gli occhi chiusi. Sembrava dormisse, ma il suo
cuore...non
batteva.
Allora...
Riportai lo
sguardo sul corpo che giaceva tra le braccia di mio padre.
Era avvolto da una
vestaglia da notte rosa. Il viso pallido, gli occhi chiusi e i boccoli
bronzei
che ricadeva sulle spalle esili e sul braccio di Carlisle che le teneva
la
testa.
Era...era...R...no,
non poteva essere.
<
NOOOOOOOOOOOO!!!!! > gridai con tutto il fiato che avevo in
corpo e alzando
la testa al cielo. Un dolore atroce mi squarciò il petto
creando un voragine
profondissima che arrivò a lacerarmi l’anima.
Dietro di me un
urlo disumano invase l’intera radura scoppiando dalla gola di
mio marito.
Mi alzai e corsi
verso Carlisle poi... la vidi.
Era bellissima, ma
vuota. Senza quel dolce sorriso, senza quel tenero rossore che le
dipingeva le
guance, senza quell’espressione felice che la rendeva la
persona più dolce e
bella al mondo. Senza...vita.
Il suono
più
importante della mia esistenza, il battito del suo cuore, non
c’era più. Era
sparito insieme alla mia piccola brontolona. Il mio angelo era volato
via, per
non tornare più.
La presi tra le
mie braccia fredde e la strinsi poggiando l’orecchio sul suo
cuore ormai freddo
e vuoto.
Mi inginocchiai e
presi ad accarezzarle i capelli e le guance, come facevo ogni volta che
era
triste o pensierosa.
La sua pelle non
emanava più quel calore a me così caro. La sua
temperatura era come la mia e
questo mi portò ai singhiozzi che da tanto premevano per
uscire.
Qualcuno da dietro
mi strinse. Sapevo chi era, quindi non mi girai per controllare.
Le braccia di
Edward mi strinsero forte e affondò il suo viso nei miei
capelli. Anche lui
prese a singhiozzare.
Avvicinai quel
dolce viso al mio petto e infilai le dita nei boccoli morbidi. Strinsi
forte la
mia dolce Renesmee a me, ma senza esagerare, anche se sapevo che non
potevo
farle male, per me lei era ancora qualcosa di fragilissimo rispetto
alla mia
stretta da vampira, e quindi la strinsi forte ma delicata.
Cominciai a
cullarla con il rumore dei singhiozzi miei e di Edward che ora si era
posto
davanti a me e ci stringeva entrambe.
I singhiozzi si
fecero sempre più frequenti e presto la radura ne fu invasa.
Tutta la mia
famiglia stava versando lacrime invisibili e asciutte.
Il dolore che
stava aprendo il mio petto ferocemente non aveva intenzione di
andarsene e
continuava a bruciare come le fiamme dell’inferno incenerendo
il mio cuore
morto e vuoto. Tutto intorno a me si era trasformato nel supplizio
più atroce. Il
dolore di una madre che stringe tra le sue braccia il corpo della
figlia senza
vita è quello più brutto, atroce, insopportabile,
tremendo, orribile e straziante
che qualunque essere a questo mondo possa penare in tutta la sua vita.
Tutto...tutto era
scomparso dal mio cuore...tutto. La felicità, la gioia, la
serenità, l’amore, l’amicizia.
Tutto. Non provavo più niente, solo dolore. Atroce dolore.
Continuavo a
cullare mia figlia prendendo a singhiozzare ancora più forte
insieme ad Edward
e a disperarmi cercando di trovare quella piccola, minuscola,
invisibile
scheggia di sicurezza e conforto che in quel momento mi potevano dare
le
braccia di mio marito, ma non riuscii a trovarla: il dolore mi
sovrastava. Mi
faceva annegare, mi toglieva l’aria, mi premeva da dentro la
voragine che
sanguinava e pulsava facendo tremare il mio corpo, già
scosso dai singhiozzi
che diventavano sempre più frequenti e forti.
Accarezzavo i
capelli del mio dolce angioletto ma lei non rispondeva al mio tocco
materno. Perché
non rispondeva? Perché non apriva quelle pozze di
cioccolato? Perché non mi
guardava? Perché non rideva? Perché non si
muoveva? Perché...
<
PERCHé!!!!
> gridai cercando di sfogare in qualche modo quel dolore che mi
stava
risucchiando, senza però ottenere il risultato sperato.
Edward rispose al
mio grido stringendomi ancora di più con le sue braccia.
Cercava di
consolarmi, anche se sapeva di non poterci riuscire, ma lui non si dava
per
vinto. Sapevo che cercava di trattenere i singhiozzi per non
addolorarmi ancora
di più, ma non ci riuscì. Il dolore per lui era
grande come il mio, ma come suo
solito cercava di reprimerlo...per me.
Aveva il viso nei
miei capelli e sentii una sensazione di umido proprio dove lui era
appoggiato
con la testa. Sentii la stessa sensazione anche sulle mie guance.
Mi era famigliare,
ma non riuscivo a ricordare cosa significasse. Sentivo come qualcosa
che
scendeva sul mio viso contratto dal dolore partendo dai miei occhi. Non
riuscivo a capire cosa fosse.
Non mi accorsi
nemmeno che Edward si era distaccato da me e ora si tastava le guance
con le
dita.
Mi ridestai un
attimo vedendolo fissarsi le punte delle dita con
un’espressione confusa e sorpresa
che, però, non copriva il dolore e la sofferenza atroce che
stava provando in
questo momento.
Poi alzai gli
occhi sulle sue guance e le vidi.
Edward
stava...piangendo. Stava versando lacrime. Fiumi di lacrime che gli
rigavano le
guance per poi passare sul mento, sul naso, sulle labbra e poi cadere
goccia a
goccia sul terreno umido. Erano lacrime...dorate. Quei fiumi dolorosi
erano
dello stesso colore dei suoi occhi.
Edward alzò
lo
sguardo e così notai anche i suoi occhi colmi di quel
liquido proibito alla
nostra razza.
Era stupito e
anche un po’ spaventato.
Poi allungo la sua
mano asciutta verso di me e mi sfiorò una guancia. Quando la
ritirò sulle sue
dita erano intrappolate delle gocce della stessa tonalità
delle sue
sorprendenti lacrime. Anche io stavo versando quel liquido tanto
desiderato nei
momenti più tristi della vita di un vampiro.
Poi percepii
ancora meglio quella sensazione di bagnato sul mio viso e anche io me
lo sfiorai.
Tra le mie mani ora si trovavano lacrime...le mie lacrime.
Non ci potevo
credere e dall’espressione che aveva Edward neanche lui lo
poteva fare.
Noi, Edward e
Bella Cullen, due vampiri, stavamo piangendo versando lacrime.
Nessuno nella
radura parlò o emise un minimo rumore, anche i singhiozzi
erano cessati. Tutti
eravamo stupiti da quello che stava succedendo a me e ad Edward.
Abbassai lo
sguardo sul viso di mia figlia e notai che c’erano delle
piccole gocce di quel
liquido su di esso.
Le nostre lacrime
continuarono a sgorgare come per voler essere liberate dopo tutte le
volte che
non erano potute scendere dai nostri occhi.
Il flusso non si
fermava e io non volevo si fermasse. Era bellissimo piangere
liberandomi attraverso
quelle gocce dorate.
Strinsi ancora una
volta mia figlia al petto edward fece lo stesso avvolgendoci entrambe
con le
sue braccia forti, ma impotenti di fronte a tutto quel dolore.
Ricominciai a
singhiozzare accompagnando con quegli spasmi i fiumi che mi rigavano il
viso e
con me si aggiunse anche Edward che ci cullò.
La nostra unica
ragione di vita, il nostro angelo arrivato per caso e che ci aveva
donato le
giornate più belle e felici se ne era andato e noi eravamo
consapevoli che non
sarebbe più tornato a consolarci e ad asciugare quelle
lacrime proibite.
Risposte
alle recensioni!!!!
Tede:
come
hai potuto leggere Bella è ancora viva...almeno
fisicamente, dopo quello che è successo a Renesmee! Ti prego
non mi odiare, ma
questa storia ce l’ho in mente da parecchio e mi è
venuta in testa tutta
intera, quindi...
Comunque
spero che ti sia piaciuto
anche questo capitolo anche se è triste!!! Bacioni...spero
di leggere il tuo
commento anche per questo chap!!! Morsetti!!!
trettra:
salve
cara...comunque le tue recensioni sono tutte chiarissime
e per la mia felicità sempre positive...ho detto
così l’altra volta per nessun
motivo in particolare...quindi ti ringrazio ancora per i tuoi pensieri
positivi
verso la mia storia!!! Comunque sono felice che la battaglia ti abbia
entusiasmato e da come hai potuto leggere in questo capitolo Edward e
Bella
stanno bene...anche se secondo me preferirebbero il contrario visto
come si
sono svolte le situazioni!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto
anche se
è il più triste che ho scritto finora...spero di
ritrovare un’altra recensione
da parte tua anche per questo chap!!! Alla prossima...bacioni e
morsetti!!!!
Isabella
v: bhe...che
dire...come hai letto Renesmee non ce l’ha fatta,
come Jake...ma dopotutto questa è una storia drammatica!!
Spero che questo
capitolo ti sia piaciuto e spero che tu sia una di quelle persone a cui
piacciono le storie tristi...altrimenti ho paura di conoscerti con una
motosega
in mano...ihihih!!! Comunque il ruggito era di Edward che vedendo Bella
in
pericolo ha trovato la forza di riprendersi e salvarla!!! Spero di
leggere una
tua recensione anche per questo capitolo e...bacioni e morsetti...alla
prossima!!!
VampireGirl:
Ciao...una
faccia nuova!! Grazie per i complimenti
e...sì...purtroppo Nessie non ce l’ha fatta!!
Comunque spero di trovare una tua
recensione anche per questo chap...anche se negativo...dopo tutto il
casino che
ho fatto me lo aspetterei!!! Alla prossima...bacioni e morsetti!!!!
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Capitolo 20 *** Dolore sconosciuto ***
Salveeeeeee!!!!!!
Eccomi di ritorno...si lo so...avevo detto che in questo capitolo
avreste
scoperto come erano morti Jacob e Nessie...ma siate clementi...Edward e
Bella
hanno perso la figlia e non potevo non dedicare un capitolo al loro
stato d’animo.
Però vi prometto che ne prossimo scriverò quello
che volete sapere!!
Comunque...ora
vi lascio al chappo!!!!
P.S.
qualcuno mi potrebbe spiegare per piacere come si fa a postare le
immagini?
Vorrei farvi vedere le lacrime!!! Grazie in anticipo!!!!
Ci trovavamo tutti
in salotto, Alex stava dormendo nella sua culla al piano di sopra,
almeno lui
era salvo e ora sognava tranquillo ancora inconsapevole di tutto quello
che
stava succedendo e che era successo. Edward era seduto sul divano e
teneva tra
le braccia il corpo di nostra figlia. Le accarezzava il viso
delicatamente,
come se avesse paura che un tocco più forte
l’avrebbe sgretolata come sabbia.
Aveva il viso ancora rigato dalle lacrime dorate che non smettevano di
sgorgare
dai suoi occhi. L’espressione sul suo viso faceva trasparire
tutto il dolore
che stava provando in quel momento, e per quanto forte poteva essere
non
riusciva a nasconderlo questa volta. Le accarezzava i capelli
così simili ai
suoi e la guardava triste. Sapevo che anche lui come me ancora non
riusciva a
credere a quello che era accaduto, o meglio ci credeva ma non riusciva
ad
accettarlo. Quella luce triste nei suoi occhi,
quell’espressione di dolore,
quella smorfia che gli contraeva il viso mi faceva male, non riuscivo a
sopportarla. Mi ero ripromessa che non avrei mai permesso che
quell’espressione
si fosse ricreata sul viso di mio marito, ma avevo fallito. Non ero
riuscita a
difenderlo dal dolore. Non avevo mantenuto la promessa che mi ero
fatta. Ero
solo un’incapace. Una moglie pessima perché non
ero riuscita a proteggere
l’amore della mia esistenza da quel supplizio, e una madre
ancora peggio perché
non ero stata in grado di proteggere mia figlia, la mia piccola,
fragile,
tenera, imbranata, dolce bambina. Ero una buona a nulla, da quando ero
entrata
a far parte della vita dei Cullen avevo combinato solo guai e li avevo
costretti a soffrire. Era tutta colpa mia. Più guardavo le
faccie della mia
famiglia più mi convincevo che ero io la colpa di tutto
questo.
Carlisle era
distrutto, lo sguardo perso nel vuoto della foresta che si vedeva
dall’ampia
vetrata del salotto. Lui era la vera forza di questa famiglia, il
nostro
mentore, colui che ci guidava per la strada giusta, era un vero e
proprio
padre. Ora anche lui non aveva più nessuna forza, la sua
pacatezza, la sua
sicurezza, la sua gentilezza erano sparite, sostituite dal dolore.
Cercava di
dare conforto ad Esme stringendola a sé, senza riuscirci.
Esme, la dolce
Esme. Sempre così materna, tenera e pronta a tutto per i
propri figli. Sì, così
ci considerava, noi eravamo come figli per lei e noi la ritenevamo una
madre,
la nostra dolce mamma che ora, per colpa mia, stava soffrendo
tantissimo per la
morte della nipote che tempo fa credeva di non poter mai avere. Stava
singhiozzando cercando di liberarsi da tutto quel dolore che le
storpiava il
viso dolce in una smorfia di sofferenza e che ora nascondeva
affondandolo nel
maglione di suo marito.
Emmett era seduto
sulla poltrona con le mani sul viso e i gomiti poggiati sulle
ginocchia.
Credevo di non dover vedere mai il mio fratellone in quello stato, e
invece ora
la sua allegria, la sua spensieratezza e le sue battute erano state
cancellate
con un colpo di spugna e non ero nemmeno sicura se sarebbero tornate o
meno
nella sua vita, nella nostra vita.
Rosalie,
così
forte e tenace era veramente distrutta, fatta a pezzi. Voleva bene a...
mia
figlia... più di chiunque altro dopo me ed Edward, lei era
come una seconda
mamma e ora stava malissimo. Chissà se sarebbe tornata come
una volta, sempre
con il sorriso sulle labbra e premurosa nei confronti di tutto. Era
proprio
cambiata rispetto alla prima volta che l’avevo vista e ora
forse stava per
cambiare di nuovo.
Jasper era nella
stessa situazione degli altri anche se, come Carlisle cercava di
nascondere il
proprio dolore per consolare Alice, ma io riuscivo a vedere lo stesso
il dolore
che lo attanagliava. Ogni tanto si faceva scappare qualche singhiozzo e
sapevo
che stava cercando di calmarci con il suo potere, ma non ci riusciva,
come
poteva riuscirci se anche lui stava soffrendo tutto quel dolore, anzi,
chissà
come era difficile per lui stare in quella stanza piena di quella
sofferenza
atroce. Anche lui era attaccatissimo a...non riuscivo nemmeno a
pronunciare il
suo nome, faceva troppo male.
Alice non stava un
attimo ferma, si dibatteva cercando di divincolarsi dalla stretta di
Jasper
senza riuscirci. Lei si sfogava, oltre che con i singhiozzi, prendendo
a pugni
qualcosa, come stava facendo ora con i petto del povero Jasper. Ero fin
troppo
sicura che non avrei mai più rivisto quel sorrisino furbetto
sulle sue labbra,
quell’allegria e quella voglia di vivere e divertirsi. Lei
era la mia migliore
amica e la conoscevo fin troppo bene. Era brava a tranquillizzare le
persone
facendole distrarre in tutti i modi possibili e immaginabili, ma era
anche
estremamente fragile di fronte alla sofferenza.
E
infine...io...ero vuota. Non provavo più niente
all’infuori dell’dolore e del
senso di colpa che stava crescendo sempre di più. Non
riuscivo a sopportare
quella situazione e così mi ritrovai a correre in mezzo alla
foresta.
Erano ormai
quattro ore che correvo e non intendevo fermarmi. Sentivo una presenza
alle mie
spalle, ma non mi importava. Sapevo che era Edward, ma non volevo
fermarmi,
volevo correre e sfogare tutto quel dolore che ora stava cercando di
fuoriuscire attraverso le lacrime che non avevano smesso di rigarmi il
volto da
quando avevo preso tra le braccia il corpo di mia figlia.
Anche se correvo
non riuscivo a sfogarmi come si deve e allora cominciai a prendere a
calci e
pugni tutto quello che mi si parava davanti. Rocce, cespugli, alberi,
tronchi
caduti.
Mi stavo sfogando
e intanto gridavo, gridavo per il dolore, gridavo per il sensi di
colpa,
gridavo per la rabbia, gridavo per la mia incapacità di
proteggere la mia
famiglia, gridavo per tutta questa faccenda e per quello che era
successo.
Poi sentii due
braccia bloccarmi da dietro e strattonarmi per farmi smettere i
distruggere la
foresta.
Non volevo
fermarmi, ma le braccia erano troppo forti, così cominciai a
sbattere i pugni
sul petto di Edward che non accennava a mollarmi.
Ero arrabbiata,
furiosa, ma piano piano la rabbia cominciò a tornare
sofferenza e allora le
braccia di Edward mi sembrarono il rifugio perfetto.
Mi fermai e
ricominciai a piangere. Edward mi strinse forte imprigionandomi tra le
sue
braccia. Cominciò a piangere anche lui.
Perché era
successo tutto questo? Perché non potevamo essere felici?
Perché quei maledetti
Volturi non ci lasciavano in pace una volta per tutte? Cosa avevamo
fatto di
male per meritare tutto questo dolore? Noi non chiedevamo nulla,
volevamo
soltanto essere felici e tranquilli tutti insieme.
Perché non
potevamo vivere anche noi il nostro “felici e
contenti”?
Edward ed io
eravamo rimasti abbracciati per ore in mezzo al disastro che avevo
combinato
nella foresta a piangere e a versare tutte quelle strane lacrime.
<
Edward...m...mi dis...dispiace > dissi con la voce tremante
ancora scossa
dai singhiozzi < N...non sono st...stata in g...grado di
pr...pr...proteggere
nostra f...f... > non riuscii a concludere la frase, il dolore
mi premeva
sul petto e non riuscivo a trovare l’aria necessaria per
parlare.
< No. Non devi
accusarti per quello che è successo. Non è colpa
tua. Non potevi sapere che
sarebbe successo una cosa del g...genere > sentii chiaramente
quel
singhiozzo che ruppe il suo discorso e mi fece male. Anche se aveva
pianto per
tutto il tempo, lo aveva fatto in silenzio, sfruttando la
possibilità di
versare lacrime senza alcun rumore, ma questa volta non era riuscito a
reprimere
il suo dolore nel silenzio.
< Sì
in...invece. La colpa è s...solo mia. L...lei non d...doveva
m...morire >
continuai < D...dovevo m...m...morire io al p...posto suo.
S...sono una
m..m...madre p...pessima. L’unica c...cosa che d...dovevo
fare e...era
pr...proteggere nos...nostra f...figlia, e n...non ci s...sono
riuscita. S...sono
un’incapace. Io...io... > non riuscivo più
a parlare, i singhiozzi non me lo
permettevano.
< No Bella, no.
Tu sei stata una madre perfetta, dolce, premurosa e comprensiva.
L’hai sempre
protetta da tutto e da tutti e ora non ti devi accusare di niente,
perché non
hai nessuna colpa > disse deciso, anche se potevo percepire la
fatica che
stava facendo per reprimere i singhiozzi. Lui stava facendo tutto
questo solo
per non farmi soffrire ancora di più, perché
sapeva benissimo che ogni suo
gesto che esprimeva dolore mi faceva male.
E io...io lo stavo
facendo soffrire ancora di più costringendolo ad assistere
alla mia penosa
esibizione. Come io stavo male vedendolo soffrire anche lui provava lo
stesso
vedendo me avvolta nel dolore. Ma non riuscivo a mettere la maschera,
questa
volta non la trovavo.
Così
decisi. Se
non riuscivo a nascondere la mie pene non significava per forza che
Edward
doveva assistere.
In quel momento
capii cosa aveva provato Edward quando mi aveva abbandonata dopo il mio
tragico
diciottesimo compleanno.
Dovevo farlo per
il suo bene, già stava soffrendo per la perdita di nostra
figlia, non doveva
soffrire anche per il dolore che provavo io e non doveva cercare di
reprimere i
suoi sfoghi solo per non farmi soffrire.
Mi divincolai
dalla sua stretta cercando di frenare un po’ i singhiozzi e
dopo gli sussurrai
all’orecchio < Perdonami > e ricominciai a
correre.
La causa di tutto
ero io. La vita dei Cullen cambiò radicalmente dal momento
in cui misi piede
nella loro sfera famigliare e avevano sofferto già troppo
per colpa mia.
< Bella. BELLA!
> sentii gridare Edward, sapevo che stava correndo, percepivo la
sua
presenza dietro di me, e sapevo anche che lui era molto più
veloce di me.
Non so da dove
trovai la forza ma accelerai ancora di più
l’andatura già al limite e continuai
a correre sperando in una resa di Edward.
Il dolore dentro
di me stava crescendo ancora di più per il gesto che avevo
fatto poco fa ma mi
sforzai di non badarci anche se fu tremendamente difficile.
< BELLA!! TI
PREGO FERMATI!!! BELLA!!! > Edward non accennava a fermarsi e
nemmeno io,
anche se la tentazione di farlo e correre tra le sue braccia era forte,
ma
dovevo resistere. Senza di me lui sarebbe stato meglio e con lui tutta
la
famiglia.
Le lacrime
ricominciarono a sgorgare copiose e a rigarmi il viso gelido. La
velocità le
facevano incastonare tra i miei capelli e lasciare una leggerissima
scia dietro
di me.
Poi sentii Edward
fermarsi e accasciarsi sul terreno umido e le parole che
sussurrò mi arrivarono
come grida all’orecchio < Non lasciarmi...ho
b...bisogno di te >.
Facevano male,
tanto male e non riuscii a non cadere a terra.
Mi rannicchiai su
me stessa, le braccia strette al petto speranzose di richiudere quella
voragine
sanguinante, e le gambe richiuse contro di me in posizione fetale.
Le lacrime
sgorgarono senza lasciare nessun accenno a fermarsi.
Non riuscivo a
muovermi, non riuscivo a fare più niente
all’infuori di piangere e
singhiozzare.
Sentii i passi leggeri
di Edward che si avvicinava. Si inginocchiò di fianco a me e
mi prese tra le sue
braccia. Cominciò a cullarmi dolcemente.
Questa volta anche
lui singhiozzò, sapevo benissimo che voleva fermarsi ma il
dolore era troppo
per la sua infinita forza di volontà.
< Non devi mai
p...più pr...provare ad abb...abbandonarmi. L...levati dalla
t...testa questa
st...stupida convinzione di es...essere t...tu la c...causa di
t...tutto >
mi sussurrò all’orecchio.
< Sc...scusami
sono st...stata una st...stupida >.
Rimanemmo in
quella posizione senza parlare per un po’ e dopo esserci
calmati un minimo
dissi < Edward...perchè? Perché ce
l’hanno portata via? Perché non possiamo
essere felici? Cosa vogliono da noi? P...perchè hanno deciso
d...di far
sp...sparire il nostro an...angelo? >
< Non lo so
Bella. Non lo so. So solo che la vendicherò. Fosse
l’ultima cosa che faccio
>.
Anche se il suo
dolore era ancora ben visibile, una parte di esso si era trasformato in
rabbia,
furia e sete di vendetta.
Sì.
Dovevamo
vendicarla. I responsabili del nostro dolore dovevano pagare e
l’avrebbero
pagata molto cara. Mai togliere un figlio dalle braccia di una madre e
di un
padre. Mai.
Risposte
alla
mie fan...hihihi!!!
Tede:
WOW...grazie
per tutti questi complimenti...sono contentissima che questo chap ti
sia
piaciuto....a me piacciono molto le storie strappalacrime e sono felice
di
essere riuscita a far avere questo effetto su di te!!! Non vedo
l’ora di
leggere la tua opinione su questo chap...alla prossima...bacioni e
morsetti!!!
Isabella
v: sono
felicissima ti sia piaciuto...vedo che anche tu non sopporti
particolarmente
Jake...mmm...siamo della stessa pasta allora!!! Comunque il piccolo
è vivo e
alla fine di questa storia sarà protagonista di altri
capitoli tristi!!! Spero
che anche questo capitolo T.T ti piaccia!!! Alla prossima...attendo con
ansia
la tua recensione!!!
trettra:
grazie
mille
per i complimenti...sono felicissima che la mia storia ti
piaccia...comunque
Alex sta bene anche se poverino ha perso entrambi i genitori!!! Spero
di
leggere anche per questo chappo la tua opinione...alla
prossima...bacioni e
morsetti!!!
Chanellina94:
WOW...calma,
calma...agli omicidi ci penseranno Ed e Bells...non
disperare...comunque non
voglio anticiparti niente!!! Per sapere chi è il colpevole
dovrai aspettare il
prossimo capitolo...diciamo che il prossimo sarà dedicato ai
racconti!!! Spero
che anche questo chap ti piaccia...kissotti!!!!
VampireGirl:
mmm...si
Alex è
vivo...sì Nessie nel momento della visione di Bella era
già morta...ovviamente
non posso dirti se sono stati Felix e Demetri gli autori del fatto...ma
tranquilla nel prossimo chappo scoprirai cosa è successo!!!
Sono contenta che
ti sia piaciuta l’idea delle lacrime...ho anche modificato
una foto che le
rappresenta, ma non so come postare l’immagine!!! Se tu lo
sai potresti
spiegarmelo? Comunque spero che anche questo chap ti sia piaciuto...non
vedo l’ora
di leggere la tua recensione...kissotti e morsetti!!!
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Capitolo 21 *** Racconto di una fine ***
OK!
Lo so, lo
so! Sono imperdonabile...una persona orribile! Ne sono consapevole!!
Il
mio ritardo
non si può giustificare...quindi non lo faccio!!!
Però
sono
tornata finalmente...e per farmi perdonare da voi ho già 2
capitoli
pronti...freschi freschi!!!
Quindi
ora li
posterò tutti e due e vi dirò anche il titolo di
quello dopo...che ancora non
ho cominciato a scrivere, ma che comincerò appena
avrò postato...garantito!!!
Allora...il
titolo del capitolo dopo questi 2 è partenza!!!
Vi
lascio
volare un po’ con la fantasia...ma penso che abbiate
già capito quale sarà la
meta di questo viaggio!!!
Ok...ora
vi
lascio all’atteso capitolo...e x quanto riguarda le risposte
alle recensioni le
metterò nell’altro!!!
Edward ed io
eravamo tornati in salotto dove la scena di poche ore prima non era
mutata.
Tutti erano rimasti nelle stesse posizioni anche se un po’
avevano calmato la
loro sofferenza. Notai che mentre eravamo fuori qualcuno si era sfogato
per
bene. Testimoni erano le piume dei cuscini del divano che si trovavano
su tutto
il pavimento del salotto e quasi tutti i mobili erano distrutti. Non
volli
indagare sul colpevole, anche perché non mi interessava e
perché sapevo già chi
poteva essere stato: Alice.
Mio marito ed io
ci sedemmo sul divano incuranti delle piume e di nuovo regnò
il silenzio.
Poi sentimmo
qualcuno che piangeva al piano di sopra e senza pensarci corsi nella
stanza di
Alex.
Si trovava nella
sua culletta, avvolto nelle copertine che si dimenava e piangeva. Mi
avvicinai
e lo presi tra le braccia.
Agitava le manine
chiuse a pugno e scalciava con le gambette. Cominciai a cullarlo e ad
accarezzargli il visino. Si calmò un po’ e
aprì gli occhietti vispi. Quelle
pozze di cioccolato fuso mi colpirono in pieno e una lacrima
sfuggì ai miei
occhi.
Aveva gli occhi
uguali alla mamma. Era veramente un angioletto.
Mi asciugai svelta
la lacrima e ricominciai a cullarlo. Intanto andai verso il mobile
vicino alla
finestra dove c’era un piccolo pentolino dove vi era poggiato
un biberon di
latte appena scaldato: molto probabilmente opera di Esme. Lo presi e
poggiai il
ciuccetto sulle labbra del piccolo. Lui le aprì ma come una
goccia di latte gli
andò in bocca fece una smorfia arricciando il nasino e
scostò la testolina di
lato appoggiandola al mio seno. Con la manina si attaccò
alla mia maglietta e
ricominciò a piangere. Povero piccolo, ormai si era abituato
al sapore del
latte materno e molto probabilmente il biberon non lo attirava
particolarmente.
Sentii la porta
aprirsi ed entrò Esme seguita da Edward.
< Scommetto che
rifiuta il latte vero? > disse Esme triste.
< Si. Ormai si
era abituato al sapore del latte materno > risposi.
< Mmm...prova a
riscaldare la mano, bagnare il dito nel latte e poi bagnali le labbra
con la
punta del dito, molto probabilmente è solo una questione di
forma >.
Annuii e andai
verso il bagno. Aprii l’acqua calda e mi bagnai la mano fino
a farla arrivare
ad una temperatura abbastanza alta. Con il biberon feci uscire qualche
goccia
di latte fino alla punta del mio dito e poi lo poggiai sulle labbra del
piccolo.
Premetti
leggermente senza esagerare e, dopo un po’ di titubanza,
aprì le labbra e
cominciò a succhiare il mio dito.
Ripetei
l’operazione un altro paio di volte e poi riprovai con il
biberon. Questa volta
non lo rifiutò e cominciò a bere affamato.
Mi fissava con
quegli occhietti profondi e vispi. Era veramente tenero e bellissimo.
Quando il latte
finì tolsi il biberon e ricominciai a cullarlo. Pian piano
richiuse gli occhi e
si abbandonò di nuovo tra le braccia di Morfeo.
Edward si
avvicinò
da dietro e guardò il nostro nipotino che dormiva tra le mie
braccia.
Continuavo a
cullarlo, chiusi gli occhi e i ricordi di molti anni fa, di quando mi
ritrovavo
nella stessa situazione, solo che con un bimbo diverso tra le braccia e
con un
sorriso stampato sul viso, mi arrivarono prepotenti e veloci. Di scatto
riaprii
gli occhi, non volevo ricordare, faceva troppo male.
Edward si accorse
del mio sussultò e mi abbracciò forte da dietro.
Rimisi il piccolo
nella culla e insieme ad Edward scesi le scale in religioso silenzio.
Quando arrivammo
in salotto Carlisle si girò verso di noi con la solita
espressione distrutta e
triste che ormai lo aveva catturato.
< Carlisle
>
disse Edward < dicci chi è stato >. Era
arrabbiato, lo si vedeva da un
miglio, però a quelle parole sussultai e feci per andarmene.
Avevo paura di
ascoltare il racconto di Carlisle perché sapevo che mi
avrebbe fatto soffrire
ancora di più, però mi feci forza. Dovevo sapere
cosa era successo. Dovevo
vendicare la mia bambina.
Carlisle si
sedette vicino ad Esme, sulla poltrona vicino alla vetrata e prese un
profondo
respiro.
Anche Edward ed io
ci sedemmo e come lui inspirammo tutta l’aria possibile. Ero
pronta.
< Stavamo
correndo verso le montagne passando per la foresta. Jacob apriva la
fila e io
la chiudevo così da tenere...R...Renesmee e il piccolo nella
posizione più
sicura >.
Al suono del suo
nome sussultai e fui tentata di scappare ancora, ma Edward mi strinse a
sé e io
chiusi gli occhi per riprendermi un attimo.
< Erano circa
quattro ore che correvamo e Renesmee si stava stancando. Decidemmo di
fermarci
un paio di minuti per farla riposare un po’ e per permetterle
anche di dare il
latte al piccolo. Jacob volle fare un giro di perlustrazione per
controllare
che non ci fosse nessuno nei paraggi. Dopo mezz’ora non era
ancora tornato e ci
cominciammo a preoccupare. Decisi di andare a controllare
però non volevo
nemmeno lasciare Esme e Nessie da sole. Poi...sentimmo un ululato in
lontananza.
Renesmee si spaventò e cominciò a correre dalla
parte da dove era arrivato il
verso. Prima aveva lasciato Alex ad Esme e così aveva le
mani libere.
Cominciammo a rincorrerla per fermarla, ma lei, non so come, ci
distaccò
facilmente. Sarà stata la paura per Jacob, l’ansia
di scoprire cosa gli fosse
successo. Non lo so. Sta di fatto che prese a correre a una
velocità pazzesca e
noi non riuscimmo a seguirla >.
< Poi sentimmo
un odore, una traccia di vampiro nell’aria. Veniva da est, ci
stava dietro. Si
stava avvicinando. Riconobbi chi era: Demetri > a quelle parole
dei ringhi
invasero la stanza. Provenivano dalla gola di Edward e dalla mia. La
rabbia mi
stava assalendo e se non avessi avuto quel briciolo di autocontrollo
avrei
distrutto il parquet e la poltrona su cui ero seduta insieme ad Edward.
< Ci
attaccò e
io cercai di respingerlo. Esme aveva Alex tra le braccia e non poteva
fare più
di tanto. Le dissi di portarlo in salvo, di cercare un posto sicuro per
il
piccolo e per lei...però non fece nemmeno in tempo a fare un
passo che sentimmo
un grido provenire da dove era andata Renesmee e... > Carlisle
chiuse gli
occhi e prese un respiro profondo < ...in quel momento Demetri
sparì, non
riuscivo a vederlo da nessuna parte...provai a seguire la sua scia
però poi sentii
un forte odore di sangue...un odore famigliare >.
Ci guardò
negli
occhi per capire se poteva continuare.
Avevo ricominciato
a piangere. Non volevo ascoltare più niente. Le sue parole
facevano formare
nella mia mente immagini che non volevo nemmeno sognare. Cominciai a
tremare e
stringermi il petto con le braccia convulsamente. Avevo bisogno di
aria, stavo
male, per quanto possa stare male un vampiro fisicamente.
Edward mi prese
tra le braccia e mi strinse contro il suo petto. Cominciò a
cullarmi cercando
di calmarmi in qualche modo e di darmi un minimo di forza per finire di
ascoltare l’orribile racconto di Carlisle.
Qualche minuto
dopo il mio respiro si calmò e feci riaffiorare il viso dal
petto di mio
marito.
Carlisle prese il
mio gesto come un invito a continuare e così fece <
Cominciai a correre
seguendo l’odore di sangue
con Esme al
mio fianco. Dopo circa un chilometro trovammo quello che stavamo
cercando:
Jacob era disteso a terra... senza vita. Era stato morso ed era morto
sul
colpo. E poi... > chiuse gli occhi e prese fiato < Poi
sentimmo un
lamento e... e... > una smorfia di dolore gli si era formata sul
viso. Non
riusciva a continuare. Nonostante la sua forza di volontà e
il suo coraggio non
riusciva a continuare il suo racconto. Era letteralmente distrutto,
così Esme
gli accarezzò la schiena e decise di continuare lei,
facendosi forza con un
lungo respiro per far finire i singhiozzi, che per tutto il tempo aveva
cercato
di nascondere.
< R...Renesmee
era sdraiata a terra in un lago di sangue... era debolissima e... e non
riusciva a muoversi. Ci avvicinammo a lei e come ci vide mi chiese di
p...poter
abbracciare per l’ultima volta il suo b...bam...bambino
> a quel punto non
ce la fece più e ricominciò a singhiozzare.
Intanto i miei
occhi e quelli di Edward avevano ricominciato a far uscire quelle calde
lacrime
dorate che ora ci rigavano il viso e cadevano goccia goccia sulla
moquet
candida del salotto.
< Dopo che
disse addio al piccolo... > continuò Esme dopo
essersi un po’ ripresa <
me lo ridiede e ci disse di dirvi a tutti di... di... di essere forti e
di
con...continuare a viv...ere anche per l...ei e di proteggere il su...o
A...lex
>.
Silenzio. Nella
stanza c’era solo silenzio, interrotto dal rumore delle
lacrime che cadevano.
Il racconto della
fine di mia figlia e del mio migliore amico era finito.
Il racconto era
finito proprio come la vita di mia figlia.
Il racconto era
finito e io e mio marito eravamo morti dentro.
Il racconto era
finito e in tutti noi c’era solo il dolore.
Il racconto era finito
e io ero caduta nella voragine che ora si trovava al posto del mio
cuore.
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Capitolo 22 *** Funerale ***
Il fatidico giorno
era arrivato. Non potevo evitarlo anche se avrei voluto scappare da
tutto e da
tutti il quel momento. Ma non potevo lasciare la mia famiglia a
seppellire da
sola mia figlia, e sinceramente non volevo perdermi l’ultima
possibilità di
vedere il volto della mia piccola.
Ero in camera mia
davanti allo specchio che si trovava nella cabina armadio della stanza
mia e di
mio marito. Mi fissavo passivamente, senza realmente osservarmi. Mi ero
appena
vestita e, come di abitudine mi ero messa davanti allo specchio per
vedere come
stavo, ma ormai eseguivo tutte le mie abitudini meccanicamente senza
prestare
attenzione a niente. Ero vuota, ed era una mia scelta. Mi si erano
parate due
possibilità davanti: il dolore o il nulla. Avevo scelto il
nulla, il vuoto.
Ero proprio un
morto che camminava, sia fisicamente per via della mia natura di
vampiro, sia
per il mio stato interiore, ormai distrutto definitivamente da quando
una delle
due persone più importanti della mia esistenza era scomparsa
dalla mia vita e
da quella della mia famiglia.
Alice aveva messo
da parte il dolore per organizzare un funerale per mia figlia, anche
perché
dovevamo giustificare in qualche modo la scomparsa dalla circolazione
di quella
ragazza minuta dalla pelle pallida, i boccoli ramati e gli occhi di
cioccolato
che tutti conoscevano come Renesmee Carlie Cullen, figlia adottiva del
dottor
Cullen e signora e sorella di altri sei ragazzi adottati dal dottore.
Quante menzogne,
quante bugie, quante recite giustificavano la nostra presenza in quel
mondo
scettico e frenetico che girava solo intorno ai soldi e al benessere
personale.
Nessuno sapeva che in realtà quella stupenda ragazza non era
la figlia adottiva
del dottore dell’ospedale di quella piccola cittadina, ma
bensì era sua nipote,
figlia di quei due ragazzi che tutti credevano suoi fratelli. Quei due
ragazzi
che stavano sempre per conto loro, sempre insieme, con la pelle pallida
e gli
occhi dorati. Quel ragazzo e quella ragazza di cui tutti avevano un
certo
timore, o meglio rispetto. Quel ragazzo e quella ragazza che ogni tanto
sparivano dalla circolazione per starsene da soli e per non badare al
resto del
mondo, di cui sapevano tutto ormai. Quel ragazzo e quella ragazza che
sembrava
non facessero altro che studiare per quanto erano bravi a scuola. Quel
ragazzo
e quella ragazza che tutti invidiavano per la loro bellezza, per i loro
soldi,
per i loro vestiti, per la loro popolarità, che avevano
ottenuto nonostante non
l’avessero mai chiesta. Quel ragazzo e quella ragazza che
odiavano le giornate
di sole. Quel ragazzo che sembrava ti leggesse l’anima quando
ti guardava e
quella ragazza timida e schiva che non voleva mai stare al centro
dell’attenzione.
Nessuno sapeva la
verità. Nessuno voleva saperla. Perché se anche
noi avessimo accennato a
qualche umano la nostra vera natura non ci avrebbe creduto, ci
avrebbero presi
per pazzi o per dei ragazzi che erano in vena di scherzare.
Perché poi
facevamo
tutto questo? Sinceramente non lo so. Per poter vivere tranquillamente
in una
città? Per non spaventare gli umani che ci camminavano
vicino e ignari di poter
morire in quell’istante? Per rispettare delle regole?
Già, ma quali regole?
Chi le aveva
dettate queste regole? Delle persone che per chissà quale
motivo non vogliono
che la nostra vera natura venga allo scoperto, che la verità
non venga a galla.
Ma perché tutte queste preoccupazioni? Per non scatenare il
panico tra la
gente? Per non far scoppiare qualche guerra? Ma quale panico e quale
guerra.
Tutte queste menzogne non hanno fatto altro che alimentare la certezza
nella
“gente comune” che questo mondo va “come
dovrebbe andare”. E chi lo ha detto
che il mondo dove tutti noi viviamo deve essere considerato
“normale e
tranquillo”? Chi ha deciso che il mondo deve essere
così? Ci
deve essere un motivo perché altre specie
di esseri viventi, o almeno consenzienti che provano dei sentimenti,
come i
vampiri e i licantropi si trovano a camminare sul questo mondo
corrotto.
Perché non
si
potrebbe accettare una cosa del genere? Perché dobbiamo
nasconderci? A cosa è
dovuta tutta questa fatica per crearci un’identità
“normale”, o meglio umana.
Noi non siamo umani, o almeno non lo siamo più.
Quante domande,
quanti dilemmi senza una risposta che possa soddisfarli e risolverli.
< Bella!
>
una voce mi chiama e mi riporta alla realtà.
So benissimo di
chi è, ma ormai non percepisco niente, quindi se mio marito
cambiasse voce o
colore di capelli non me ne accorgerei.
< Eccomi
>
rispondo con voce spenta e bassa, quasi sussurrata.
Ormai non reagisco
a nulla. Sono morta definitivamente. Passo le giornate a guardare il
cielo e la
pioggia perenne che bagna il terreno e i vetri delle finestre. Non vado
a
caccia da prima della nascita del mio nipotino. Infatti ho gli occhi
nerissimi
e due occhiaie che sembrano ustioni che mi circondano gli occhi.
Il mio stato
attuale mi ricorda tanto quando Edward mi lasciò, ma con una
differenza: ora
non reagisco nemmeno per nutrirmi o per dormire, perché non
ne ho più bisogno.
Vado verso la
porta e prendo la mano di mio marito che mi porta al piano di sotto,
dove ci
sono tutti gli invitati. Sono tutti vestiti di nero come me e la mia
famiglia e
si apprestano per fare le loro condoglianze ad Esme e Carlisle e ai
miei
fratelli e sorelle.
Edward ha lasciato
la mia mano e ora mi stringe le spalle con il suo braccio.
Anche lui è
svuotato. Nei miei rarissimi momenti di lucidità e quindi di
dolore lo vedevo
seduto davanti il suo pianoforte mentre passava le dita affusolate su
quei
tasti d’avorio, ma senza produrre nessun suono, neanche per
sbaglio. Passa le
sue giornate come me: a cercare di svuotarsi completamente per non
trovare
qualcosa nella sua mente si vampiro che lo possa far soffrire.
Non abbiamo
più
pianto dal giorno della battaglia e da allora abbiamo preso questo
stile di
vita vuota.
Non ci siamo
più
toccati come una volta. Anzi, oggi mi stupisco che mi stia abbracciando.
Ci affianchiamo
alla nostra famiglia. Non so nemmeno chi sia quella gente che mi si
avvicina.
Forse se mi sforzassi un minimo saprei ricordarmi il loro nomi, ma non
oso
farlo, riaffiorerebbero troppi ricordi, anche se insignificanti, che mi
farebbero ricordare lei.
No. Ma
perché non
mi faccio mai i fatti miei? Il suo volto mi si è parato in
un attimo davanti
agli occhi. Continuo a stringere la mano a tutte quelle persone
passivamente,
compiendo quel gesto come fossi una macchina programmata solo per fare
quello,
ma nella mia mente vedo il suo viso: la sua pelle pallida, i suoi occhi
grandi
e di quel colore che mi ricorda tanto la mia prima vita, quei boccoli
ramati e
luminosi, tanto simile a quelli del padre, quel dolce e tenero rossore
che si
trovava perennemente sulle sue guance.
Non ce la facevo
più. Veloce salii le scale tentando di tenere una
velocità moderata, entrai in
camera mia e mi buttai sul letto. Cominciai a singhiozzare cercando di
scacciare quel viso dalla mia mente.
Delle calde
lacrime cominciarono a rigarmi il viso e a macchiare le lenzuola verde
chiaro
del mio letto.
Presi il cuscino e
cominciai a stringerlo nervosamente. Lo strinsi troppo forte e il
tessuto si
squarciò facendo fuoriuscire alcune piume.
Tutti i miei
sforzi per rimanere nel nulla, per non soffrire si erano rivelati
inutili.
Ora ero percossa
da un dolore atroce che nasceva dalla voragine che si era formata nel
mio petto
e che continuava a sanguinare senza avere la minima intenzione di
rimarginarsi
o almeno di non bruciare.
Non riuscivo a
trovare sollievo e quindi decisi di sfogarmi con i singhiozzi e le
lacrime che
mi erano state concesse da chissà quale potere superiore per
questa perdita
così potente e straziante: la morte di un figlio.
Non avevo la
percezione di niente intorno a me. Ero affogata totalmente nel dolore e
nelle
lacrime. Se fosse stata lanciata una bomba atomica sul paese non me ne
sarei
accorta, nonostante il mio udito super affinato e la mia percezione del
mondo.
Non so quanto
tempo passai a piangere da sola su quel letto. Un secondo, un minuto,
un’ora,
un giorno, un mese, un anno, un secolo. Non lo so, e non mi interessava
saperlo.
Ad un tratto mi
ritrovai a piangere contro un petto coperto da una camicia e una
giacca,
racchiusa in una gabbia protettiva e forte che poi realizzai che erano
le
braccia di quella persona che mi teneva stretta a sé.
Singhiozzai ancora
più forte e versai ancora più lacrime, bagnando
la camicia di colui che ora mi
stringeva.
< Bella...
>
sussurrò. Era Edward. Lo capivo perché ora ero
lucida e non mi trovavo tra
quella nebbia che mi ero creata nei giorni scorsi.
< Amore mio...
non piangere piccola... non soffrire >
Mi aveva chiamata
“amore”. Mi era mancato tantissimo, come il suo
abbraccio e come la sua vera voce.
Continuai a
piangere e a cercare di far uscire tutto quel dolore attraverso le
lacrime, non
riuscendo a seguire il consiglio di mio marito.
< N...on ce la
f...f...faccio. Fa tr...trop...po male > balbettai. Avevo
cercato di calmare
i singhiozzi, ma senza riuscirci.
< Lo so
Bella... lo s...o >. Aveva stretto la presa tantissimo nel
momento in cui un
singhiozzo ruppe la frase che aveva pronunciato.
Automaticamente
portai le mie braccia intorno alla sua schiena per stringerlo anche io
e per
dargli quel minimo di conforto che può dare un abbraccio in
un momento come
quello.
<
E...Ed...Ed... > non riuscivo nemmeno a formulare un frase per
quanto erano
forti i singhiozzi.
< Shh...non
devi dire niente amore... > mi sussurrò con la voce
spezzata da dolore.
Mi cominciò
a
cullare dolcemente come faceva ogni volta che avevo paura o ero triste.
Finalmente. Questo
era mio marito. L’uomo che avevo sposato e che amavo con
tutta me stessa.
Finalmente era tornato. Tutti e due eravamo usciti da quella nebbia che
ci
isolavo dal mondo e dal nostro amore.
Ora ci eravamo di
nuovo ricongiunti. Anche se soffrivamo ad affrontare la
lucidità e quindi i
ricordi e il dolore, avevamo trovato la forza di riprenderci la nostra
anima
che veniva custodita dall’altro e avevamo ridonato il nostro
cuore alle mani
del nostro amore.
Un po’ dopo
sentimmo Alice richiamarci perché era arrivato il momento di
dare l’ultimo
saluto a nostra figlia.
Ci asciugammo le
guance e gli occhi segnati ancora da quel colore prezioso e, mano nella
mano,
scendemmo le scale per raggiungere la nostra famiglia e gli altri in
giardino,
dove dovevamo seppellire Renesmee.
Percorremmo il
vialetto che portava a un giardino posto dietro casa
che si trovava sull’argine del fiume.
Qualcuno aveva
già
scavato la fossa. Intorno c’erano tantissimi fiori: calle.
Erano i fiori
preferiti di Renesmee. Vicino alla fossa c’era la bara. Era
di un legno chiaro,
quasi rossiccio. Aveva delle rifiniture in oro:delle leggerissime linee
che
decoravano i solchi che percorrevano tutto il perimetro del feretro. Il
coperchio era chiuso solo per metà e faceva vedere il corpo
di mia figlia dalla
vita in su.
Era bellissima,
come sempre. Sembrava dormisse. Aveva un’espressione
rilassata sul quel volto
pallido, non più rosa e caldo. Gli occhi chiusi nascondevano
quel meraviglioso
colore che faceva brillare ancora di più il suo viso
incorniciato dai suoi
boccoli bronzei che ora erano composti sul cuscino e sulle sue spalle
esili.
Aveva un vestito di seta color bordeaux senza spalline e con un nastro
dello
stesso colore stretto sotto il seno:era il suo vestito preferito. Lo
aveva
fatto lei, il suo primo lavoro nato dagli insegnamenti della zia e
dalla sua
mente creativa.
Ricordo ancora
quante volte aveva buttato le prove perché non riusciva a
cucire bene o perché
il vestito non la convinceva. C’aveva messo una settimana per
farlo e quando
lavorava alla macchina da cucire non voleva essere assolutamente
disturbata.
Restava fino a tarda notte di fronte quella macchina illuminata solo
dalla luce
della lampada che si trovava sulla sua scrivania e che di solito usava
per
studiare o per leggere uno dei suoi libri. Poi, finalmente, un giorno
aveva
cucito per sbaglio un pezzo di stoffa sotto il tessuto che doveva
ricoprire il
seno ed ebbe l’ispirazione. Scucì quel pezzo di
stoffa facendo attenzione a non
rovinare tutto il suo lavoro e prese un nastro bordeaux dal mio
beauty-case che
di solito usavo per legarmi i capelli in occasioni speciali. Lo
cucì facendo
arricciare la stoffa e poi cominciò ad esultare e saltare
per tutta casa
facendoci ridere tutti.
Sul mio viso era
apparso un piccolo sorriso malinconico al ricordo di quei momenti.
Intanto il
sacerdote aveva già fatto la sua predica ed io non me ne ero
accorta. Ero
troppo persa tra i miei ricordi felici, e per questo dolorosi.
Vicino alla bara
di Renesmee c’era quella di Jacob, anch’essa aperta
a metà. Il suo viso era
sempre scuro per via della sua carnagione, però era un
colore spento, freddo,
morto. Non era vestito come di solito sono vestiti i defunti, ma aveva
una
maglia nera, leggera e a maniche corte e dei jeans chiari di cui si
poteva solo
vedere la parte superiore, con la cerniera. Lui non era il tipo da
smoking o da
completo giacca e cravatta.
Mi ricordo quando
si lamentava se Alice lo costringeva a vestirsi elegante e i suoi
tentativi di
fuga. Lui era veramente l’amico che tutti desideravano: era
solare, gentile,
divertente e sapeva distrarti quando ce ne era bisogno. Come avremmo
fatto
senza di lui? Come AVREI fatto senza di lui che girava per casa e
distruggeva
tutto a causa della sua enorme stazza e della sua imbranataggine? Come
avrei
fatto senza le sue parole di conforto quando non era giornata? Come
avrei fatto
senza le sue battute e le sue litigate con Rose? Come avrei fatto senza
le sue
lotte contro Jasper ed Emmett? Non avevo risposta per tutte queste
domande e
forse non le avrei mai trovate.
Jasper ed Emmett
si avvicinarono alla bara di Jacob e la sollevarono senza sforzo.
Carlisle fece
la stessa cosa insieme ad Edward con il feretro di mia figlia.
Sui loro visi il
dolore.
Calarono le bare
nella fossa facendo attenzione ad ogni gesto che compievano. Una volta
che le
posarono sul fondo chiusero i coperchi.
Edward
tornò
vicino a me e mi abbracciò. Sentii perfettamente i sussulti
che venivano dal
suo petto. Cercava come sempre di reprimere i singhiozzi,
così lo abbracciai
forte e con la mano gli portai la testa sulla mia spalla. Aveva bisogno
di
sfogarsi come me, ma io mi trattenni per concedere a lui di liberarsi
dal
dolore.
< Sfogati amore
mio > sussurrai al suo orecchio e lui, stranamente, mi
ascoltò.
Cominciò a
singhiozzare e a bagnarmi la spalla.
Marika_BD:
Carissima...purtroppo non posso far resuscitare i morti...non
ho questo potere!!! La storia mi è venuta in mente
così e non vorrei
cambiarla!!! Comunque grazie...sono felice che ti piaccia il mio modo
di
scrivere!!!
Isabella
v: eh lo
so... Bella è stata abbastanza egoista...ma diciamo che
quando scrivo questi capitoli così tristi i struggenti mi
sfogo e ci metto l’anima...mi
piacciono le storie tristi!!!
trettra:
mmm...allora sono stata davvero brava con questo capitolo!!! Bene...ne
sono molto felice!!! Grazie per i complimenti!!! Comunque è
vero...questo
dolore ha fatto “confondere” anche il forte
Carlisle...e questo significa
molto!!!
VampireGirl:
grazie...x
quanto riguarda questi capitoli tristi è ovvio che
ci siano dopo la morte di Nessie...Però fra poco
arriverà la vendetta...però
non ti voglio anticipare nulla...tanto ci sarai anche tu no?XD
Tede:
grazie...sono
felicissima di saper trasmettere queste
emozioni...ho scoperto da poco che riesco a farlo abbastanza
bene...:-D!!! Spero
che anche questi capitoli ti abbiano trasmesso delle emozioni!!!
Chanellina94:
ahahahah!!!
Bene...così vi voglio...assetate di vendetta
contro quei Volturi del...mmm...vabbè ci siamo capite!!!
Bella comunque diciamo
che si è fatta prendere dal dolore troppo forte!!! Penso che
la perdita di un
figlio sia il dolore più grande che si possa
provre...quindi!!!!
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Capitolo 23 *** Imprevisto ***
Bene
bene!!! Rieccomi...allora ho già concluso il Pov
Edward...che sarebbe questo e il prossimo capitolo però dal
suo punto di
vista...quindi oltre a questo ho già pronti altri 3
capitoli...Benissimo :-D
Allora...adesso
vi lascio a questo bel chappo...pieno di colpi
di scena!!!XD Godetevelo
p.s
le risposte alle recensioni sono alla fine!!!!
Erano passate 5
settimane 4 giorni 13 ore e 27 minuti da quando io ed Edward vedemmo
Carlisle
ed Esme venire verso di noi con il cadavere di nostra figlia.
Durante tutto questo
tempo io e mio marito avevamo pianto, ci eravamo annullati, e avevamo
cercato
di raccogliere al meglio i cocci dell’altro per rimetterli
insieme in qualche
modo. Ormai non parlavamo più con nessuno della nostra
famiglia. Se non fosse
per i tentativi che compivamo nella speranza di non far soffrire
l’altro, si
può dire che non eravamo più esseri dotati di una
mente e di un cuore. Ma per
fortuna in noi era rimasta quella luce minuscola ma calda che veniva
alimentata, giorno per giorno, dall’altro.
Tutta la nostra
famiglia ormai aveva rinunciato a farci reagire.
Era quasi due mesi
che non andavamo a caccia, e si può dire che eravamo degli
stracci nel vero
senso della parola.
Passavamo le
giornate abbracciati sul divano o di fronte alla vetrata della nostra
camera.
Fissavamo per ore e ore il bosco intorno alla nostra casa senza dire
nemmeno
una parola. Raramente ci davamo un piccolo bacio sulle labbra. Se si
può
considerare bacio uno sfioramento impercettibile tra le nostre bocche.
Ogni tanto ci
sfuggiva dagli occhi una lacrima.
Non erano
più
dorate. Con il passare dei giorni quel colore si era sbiadito fino a
diventare
trasparente, come le lacrime degli esseri umani.
Ogni volta che
succedeva l’altro asciugava con la punta delle dita quella
lacrima
intraprendente che non aveva voluto restare dentro di noi.
Ora però,
Isabella
Marie Swan Cullen ed Edward Anthony Masen Cullen, genitori di Renesmee
Carlie
Cullen hanno preso in mano la situazione: abbiamo distrutto la voglia
di
piangere e abbiamo preso in mano il desiderio di vendetta.
Infatti in questo
momento io e mio marito stiamo aiutando la nostra famiglia nei
preparativi del
nostro viaggio, che molto probabilmente sarà
l’ultimo della nostra esistenza,
ma che sarà sicuramente necessario.
La nostra
metà?
Stiamo andando in Italia, precisamente in quel paesino che si trova
nella
meravigliosa campagna toscana, chiamato Volterra, sede dei Volturi.
Il motivo del
nostro viaggio? La vendetta. Io, mio marito, e la nostra famiglia
stiamo
andando da quei mostri che si considerano regnanti dei vampiri di tutto
il
mondo per far scontare la loro pena. La pena che abbiamo deciso noi: la
morte.
Al nostro arrivo
quel branco di assassini convinti concluderanno la loro miserabile
esistenza
che, per i miei gusti, è durata fin troppo.
< Bella?
>
Alice mi chiama. Sono tutti pronti, io sto chiudendo a chiave la porta
di casa.
Mi infilo le
chiavi in tasca e percorro il vialetto a velocità vampira.
Mancano sei ore alla
partenza del volo che ci porterà a Roma, ma non riesco a
fare le cose
lentamente.
Salgo sul sedile
anteriore della Lamborghini di Edward. Sul sedile posteriore ci sono
Alice e
Jasper, anche loro con gli occhi che sparano scintille di rabbia.
Nell’altra
macchina,
la mia Ferrari, ci sono Emmett, Esme e Carlisle che è alla
guida.
Erano le 4:03 del
mattina, fra esattamente cinque ore e cinquantasette minuti il nostro
volo
avrebbe staccato le ruote dall’asfalto della pista di lancio
dell’aeroporto di
Seattle.
Di solito da Forks
a Seattle ci volevano tre ore piene di guida, ma per la
velocità di cui
disponevano le nostre auto ci impiegammo circa la metà del
tempo.
Durante il viaggio
in macchina non proferimmo parola. Io mi limitavo a stringere la mano
di Edward
con tutta la mia forza sul cambio e lui ricambiava. Ogni tanto ci
scambiavamo
qualche sguardo e a volte lui stringeva ancora di più la mia
mano.
Dietro di noi
Alice e Jasper erano nella nostra stessa situazione.
Avevamo lasciato
Alex a La push, sotto la sorveglianza dei licantropi che ci avevano
promesso di
accudirlo e di crescerlo loro al meglio se il nostro “ lavoro
“ fosse finito
male.
Edward mi
aprì la
porta della sua auto, come sempre, davanti all’entrata
dell’aeroporto, già
gremito di gente che usciva e che entrava carica di valigie, alle 5: 41.
Ormai contavo i
secondi, appena avrei messo piede sul freddo pavimento della casa dei
Volturi
mi sarei sfogata al meglio. E non vedevo l’ora di farlo.
Entrammo
nell’aeroporto attraverso le porte automatiche, e fummo
investiti dall’aria
artificiale che rinfrescava tutto l’edificio.
Ci dirigemmo alle
poltroncine ed Edward mi convinse a sedermi insieme agli altri mentre
lui
andava a prendere i biglietti e Jasper, Emmett e Carlisle scaricavano
le
valigie dalle auto e affidavano le chiavi ai parcheggiatori
dell’aeroporto.
Esme, Rose ed
Alice si erano sedute, anche se controvoglia, sulle poltroncine di
plastica
azzurra, ma io non riuscivo a stare ferma un attimo. Non ero agitata,
anzi, ero
solo in trepidazione.
Edward
tornò
subito, dopo aver comprato i nostri biglietti di prima classe, e mi
abbracciò
con una strana forza. Cos’era quella? Preoccupazione?
Lo sentivo
agitato, ma anche rabbioso in un certo senso. Anche lui, naturalmente,
come me
aveva quella sete di vendetta verso i Volturi. Questo spiegava la
rabbia che
sentivo venire da lui, ma non riuscivo a capire la preoccupazione che
percepivo. Durante queste settimane non aveva dimostrato nessuna paura
e nessun
timore nei confronti della nostra decisione, perché proprio
ora, quando
mancavano poche ore alla partenza?
Mi decisi a
chiedergli cosa andava < Edward? Cosa succede? Ti sento troppo
teso. Dimmi
cos’hai >.
Lui sciolse
lentamente l’abbraccio e, dopo aver preso un profondo
respiro, alza lo sguardo,
che fino a prima era rimasto piantato sui suoi piedi, verso i miei
occhi che lo
fissavano con ansia.
< Bella...io...
>.
Era confuso. No,
non era confuso, era come se avesse timore della mia reazione alle sue
parole,
che a me erano ancora sconosciute. Mi stava facendo preoccupare.
< Bella
>
riprese prendendo un altro respiro profondo < Non voglio che tu
venga in
Italia con me e gli altri >.
Cosa? Era impazzito
forse? Cosa stava dicendo?
O mio dio. Quella
espressione. Quegli occhi. Non gli avevo mai visti così,
tranne una volta,
tantissimo tempo fa...No, non poteva essere.
Il suo viso era
una maschera di cera, immobile, perfetta, bellissima, ma terribile.
I suoi occhi erano
freddi e distaccati, erano fatti di ghiaccio color oro.
Mi faceva male
quell’espressione sul suo viso. Perché si
comportava così? Perché lo stava
facendo un’altra volta?
< Ed...Edward.
Cosa...? > la mia voce tremava.
< Bella,
saresti solo d’intralcio. Ci...ci condanneresti tutti >
Ero solo un
intralcio per lui. Ecco, lo sapevo che prima o poi se ne sarebbe
accorto.
Sapevo che in un momento o nell’altro si sarebbe reso conto
dell’errore che
aveva fatto quel giorno pronunciando quel si,
lo voglio davanti quel sacerdote.
Le sue parole
erano vere, maledettamente vere, ma facevano malissimo.
Un attimo.
Quell’esitazione. Cosa voleva dire?
In quel momento
realizzai. Ci stava riprovando. Come in passato mi aveva ferita
andandosene
usando quella stessa maschera che ora portava, anche adesso mi stava
mentendo
per...tenermi lontana dal pericolo, che secoli prima era lui (secondo
la sua
mania iper-protettiva), ma che ora erano i Volturi.
Il mio sguardo
cambiò, da ferito a arrabbiato.
Vidi la scena a
rallentatore: la mia mano che si alzava e prendeva potenza andando
all’indietro
e poi tornando avanti velocemente per poi schiantarsi sulla guancia
della
persona che mi stava di fronte.
Il rumore che
provocò il mio gesto fece voltare parecchie persone, ma non
me ne curai.
Edward aveva il
viso girato verso destra, gli occhi sbarrati per lo stupore e la bocca aperta per reazione
istintiva allo schiaffo partito da
me.
Esme, Alice e
Rosalie, che erano sedute sulle poltroncine vicino a noi ci fissavano
stupite:
non potevano credere ai loro occhi.
Mi pentii
immediatamente del gesto che avevo fatto. Avevo schiaffeggiato mio
marito,
avevo osato toccarlo con violenza. Avevo ancora la mano alzata, come
per
ricordarmi di quello che avevo appena fatto. Mi sentivo malissimo, uno
straccio
impregnato di senso di colpa.
Senza che me ne
accorgessi dai miei occhi cominciarono a scendere delle lacrime.
Edward, anche lui
stupito dal mio gesto, mi guardava con un’espressione
afflitta e colpevole
dipinta sul viso. Abbasso lo sguardo e la testa lentamente.
Si sentiva in
colpa, ma l’unica che doveva sentirsi in colpa ero io. Come
avevo potuto?
Abbassai il
braccio sul fianco e indietreggiai piano. Dopo aver fatto pochi passi
mi fermai
e cominciai a correre senza una meta precisa.
Ero un mostro. Lui
mi aveva detto quelle cose con la speranza di potermi tenere lontana
dal
pericolo, lontana dalla morte, lo aveva fatto solo per proteggermi. E
io? Cosa
avevo fatto? Lo avevo schiaffeggiato con tutta la forza che avevo.
Continuai a correre
fino a quando non mi scontrai contro qualcosa di duro.
Mi spaventai.
Forse non avevo controllato la velocità ed ero andata a
sbattere contro qualche
parete o qualche pilastro. Potevo aver distrutto tutto.
Aprii gli occhi,
ma davanti non mi trovai né una parete caduta né
le macerie di qualche pilastro
portante. Davanti ai miei occhi c’era un petto largo avvolto
in un dolcevita
nero che era coperto da una giacca dello stesso colore.
Alzai lo sguardo
offuscato dalle lacrime e il terrore mi colpì in pieno.
Davanti a me
c’era
un vampiro bruno, grosso come un armadio e altissimo e con gli occhi di
un
rosso cremisi spaventoso: Joshua.
Aveva un ghigno
spaventoso sulla faccia, accompagnato da un sorrisetto soddisfatto.
< Salve
Isabella. Come va? Stavi per partire per una vacanza? > rise
sarcastico.
In quel momento la
mia mente si scollegò. Un annebbiamento mi
offuscò completamente. Sentii il mio
scudo distaccarsi con uno schiocco inquietante dentro la mia testa.
Cosa stava
accadendo? Avevo paura. Nella mia mente c’era una fitta
nebbia che mi privava
di ogni pensiero concreto, tranne uno. Non era un vero e proprio
pensiero, era
una richiesta d’aiuto: Edward, ho
paura.
Percepii due
braccia possenti che mi sollevavano da terra. La mia testa
ciondolò
all’indietro. I miei occhi lasciarono andare
un’ultima lacrima prima di
chiudersi e poi fu il buio.
Risposte
alle recensioni :-D
debby15:
grazie...cmq
certo che continua...anzi ho riveduto tutta la mia
idea iniziale...infatti questo capitolo e quelli successivi mi sono
venuti in
mente mentre scrivevo...quindi non so ancora cosa succederà
alla fine...spero
che anche questo capitolo ti piaccia...fammi sapere :-D!!!
trettra:
sinceramente
non so se ci ad Alex succederà qualcosa...perchè
ho riveduto tutta la storia e
mi sto affidando completamente alle ispirazioni del momento...quindi
non so
ancora niente di quello che succederà!!! Spero che anche
questo chappo ti sia
piaciuto!!! Auguri anche a te...:-D!!!
Chanellina94:
attenzione
a non far andare in corto circuito il pc con le lacrime...altrimenti
non potrai
più leggere la storia XD!!!
Comunque
anche io odio i Volturi...quindi, visto ke in questa storia il potere
ce l’ho
io...XD Grazie per i complimenti...alla prossima!!!!:-D
Isabella
v: benissimo
:-D...sono contenta di averti fatto provare delle emozioni...era quello
il mio
intento!!! Sono
contenta...grazie per i
complimenti!!! Alla prossima :-D
Tede:
allora
è proprio vero!!! Riesco a far piangere la gente...sono un
talento XD!!! I Cullen,
soprattutto Bella ed Edward nn si potranno mai lasciare...o almeno
nella mia
storia non succederà!!! Auguri anche a te e grazie per i
complimenti...alla
prossima!!!! :-D
|
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Capitolo 24 *** I primi sogni ***
Risposte
alle
recensioni
trettra:
mi
dispiace ma il viaggio in italia sarà rimandato per alcuni
problemi non trascurabili...spero che anche questo capitolo ti
piaccia!!! Morsotti...aspetto
una tua recensione!!!
Chanellina94:
ahahahahah!!!
Ogni tua recensione mi fa morire dal ridere!!! Dovresti
andare a combattere in Vietnam/Iraq/Iran e chi + ne ha più
ne metta...altro che
Bin Laden...Comunque sn contenta che la mia storia ti renda
così “attiva” XD!!!
Non vedo l’ora di leggere la tua recensione a questo
capitolo!!!Morsotti!
Intorno a me tutto
era nero. Non percepivo più niente, come se stessi sospesa
in un baratro
infinito e buio, con la differenza che non sentivo intorno a me la
presenza di
nulla, neanche il rumore lieve del vento, o il sibilo della mia
inesorabile
caduta, o l’odore della roccia, dell’erba o di
qualunque altra cosa. Non
sentivo nemmeno il mio corpo.
C’era solo
buio.
Buio e niente altro.
Avevo paura,
tantissima
paura, ma non sapevo il motivo di tutto questo terrore che provavo. O
meglio,
lo sapevo ma non riuscivo a trovarlo nella mia mente annebbiata.
Ricordavo solo una
cosa, un volto sbiadito che galleggiava indisturbato e leggero davanti
ai miei
occhi chiusi, nell’immenso buio che mi circondava.
Era un volto
bellissimo, di un uomo, perfettamente squadrato, bianco come il latte.
Era
contornato da capelli bronzei arruffati.
Morbidi. Morbidi?
Non li toccavo, ma sapevo che era così; come se i miei
palmi, la mia pelle
ricordasse quel contatto magnifico.
Il volto era la
casa di un naso perfetto e dritto, due occhi dorati e dolci che mi
fissavano e
che facevano battere il mio...cosa?
Cos’era quel
rumore, così lontano? Era famigliare, ma sapevo che non
poteva appartenermi. Quella luce
magnifica che
veniva da quegli occhi così dolci mi faceva sentire bene, ma
non abbastanza per
portarmi via da quelle tenebre. Rimaneva lì imprigionata nel
contorno di quegli
occhi stupendi, ma non illuminava niente all’infuori di se
stessa. Volevo
raggiungerla, ma non sapevo come.
Sotto quegli
occhi, sotto la linea perfetta del naso c’erano due labbra
strette incurvate
leggermente di lato. Erano così belle, rosse.
Avevano un sapore
magnifico, sublime. Sapore? Che significava quella parola? Non lo
ricordavo.
Percepivo nella mia mente un impulso che mi faceva capire che quelle
labbra
avevano un sapore meraviglioso e
che...mi mancava.
E poi, quel
sorriso. Una malinconia mi invase accompagnata dal un dolore che mi
trafiggeva
il petto come mille lame ghiacciate e taglienti. Non percepivo il resto
del mio
corpo, ma sentivo benissimo il dolore che mi percuoteva intensamente il
petto.
Di colpo quello
stupendo sorriso svanì facendo spazio a
un’espressione che inondò tutto il viso
fino ad arrivare agli occhi, che divennero freddi e...delusi.
< Bella...
> una voce melodiosa
inondò tutto lo spazio
infinito intorno a me e rimbombò nelle mie orecchie dandomi
sollievo e
fuoriuscendo dalle labbra del volto che si trovava davanti a me. Era
bellissimo
poterla riascoltare, dopo chissà quanto tempo, ma era dura e
severa e...
delusa.
< Bella...mi
hai deluso. Pensavo fossi
un’altra persona. Il mio è stato un enorme
sbaglio. Non avrei dovuto sposare
una persona del genere. Mi hai deluso...>
No! Perché
diceva
così? Edward...no.
Quelle parole mi
ferirono in un modo spaventoso. Se solo avessi trovato le mia labbra
avrei
urlato per il dolore che quella frase mi aveva inferto.
Mi hai deluso...mi hai
deluso...mi hai
deluso...mi hai deluso...mi hai deluso...mi hai deluso...
Quelle parole
continuavano a rimbombarmi intorno e trafiggendomi ogni volta con una
lama
ghiacciata che faceva bruciare il vuoto che sentivo dentro.
Perché?
Tutto
quello non poteva essere reale...non poteva...non...
D’improvviso
tutto
prese fuoco. Le fiamme lambirono quel volto magnifico e lo cancellarono
dalla
mia vista. Arrivarono a me e mi cominciarono a scottare.
Facevano male, mi
bruciavano ovunque, mi scioglievano, mi trafiggevano
d’improvviso facendomi
sussultare, allargavano sempre di più la voragine che
sentivo all’interno e la
facevano sanguinare.
Poi...il buio.
Come se mi stessi
svegliando riaprii i miei occhi che restavano comunque chiusi. Intorno
a me non
c’era più il buio, ma una sala luminosa e
circolare. Era fatta interamente di
marmo e sull’altra estremità rispetto a dove mi
trovavo io c’erano tre troni
d’oro. Mi sentivo spaesata e spaventata da quel posto
così famigliare, ma anche
così...maledetto.
La stanza
cominciò
a girare velocemente facendo confondere tutti i contorni. Poi di colpo
tutto si
fermò e io fui catapultata a pochi centimetri da trono
centrale, che però non
era più vuoto. C’era un uomo, la pelle lattea e
trasparente, i capelli corvini
e lunghi fino alle spalle e gli occhi di un rosso intenso. Mi fissava
con un sorrisetto
soddisfatto e falsamente dispiaciuto.
< Isabella,
cara. Non hai ancora preso
una decisione? Beh...il tempo è scaduto e noi abbiamo
fretta. Quindi
procederemo come avremmo dovuto fare sin dall’inizio >.
Non capivo le sue
parole, ero confusa. Lui lo capì e mi fece segno di
voltarmi. Lo feci.
Al centro della
sala c’erano numerosi vampiri che riconobbi immediatamente:
la mia famiglia.
Erano divisi. Da
una parte c’erano Carlisle e Esme, Emmett e Rose, Jasper ed
Alice. Dall’altra
c’era solo una persona: Edward.
Ancora non
riuscivo a capire, cosa significava tutto quello?
< Non hai
saputo decidere se salvare la
vita al tuo amore o al resto della tua famiglia, e per questo...
> Aro mi
fissò con un’espressione divertita
in viso < Per questo moriranno tutti
quanti >.
A quelle parole
fui invasa dalla paura più pura e urlai. Urlai. Urlai. Urlai
con tutta la voce
che avevo in corpo.
Edward e il resto
della mia famiglia mi guardava triste e prima che le loro vite
venissero
stroncate dai loro occhi scivolò una lacrima.
La stanza divenne
lunghissima e loro erano lontanissimi da me. Vidi le schiere di vampiri
avvicinarsi alla mia famiglia e al mio Edward e farli a pezzi ridendo.
No! NOOOOOOOOOO!
Cominciai a
correre, ma più correvo più la stanza diventava
lunga e più le urla di dolore
diventavano più forti.
Una nuvola di fumo
si innalzò dall’incendio che si era creato nella
stanza e sentii delle braccia
tenermi ferma come per impedirmi di andare verso il falò.
Urlai e piansi
come una disperata, la quale ero. Poi la stanza tornò alle
dimensioni
precedenti. Il fuoco era spento, ma a terra giacevano i corpi dilaniati
delle
persone che amavo.
Carlisle...Emmett...Rose...Jasper...Esme...Alice...
I loro corpi erano distrutti e bruciati. Mi inginocchiai e cominciai a
piangere
e urlare per il dolore che mi attanagliava lo stomaco e il cuore.
Poi qualcosa mi
fece riaprire gli occhi che avevo chiuso per privare la mia vista di
quello
scempio orribile.
Dietro di me
c’era
un letto con le coperte color porpora. Mi alzai lentamente per vedere
chi vi
era disteso.
Il mio cuore
scomparve, ucciso dall’immagine che mi si era parata davanti.
Vestito di nero,
con gli occhi chiusi, immobile e bellissimo mio marito giaceva morto
sul quel
letto morbido.
Mi avvicinai fino
a sfiorargli il viso, a quel tocco mi pietrificai. Non era
più caldo, ma
freddissimo, anche per la mia pelle di vampira. Mi inginocchiai vicino
la sua
testa e cominciai a versare lacrime di sangue sul cuscino.
Mio marito non
c’era più, era sparito, scomparso dalla mia vita,
dalla mia esistenza, e si era
portato via il mio cuore, la mia anima, il mio respiro, la mia luce, il
mio
mondo, la mia felicità, la mia gioia. Si era portato via
tutto.
Sentii i miei
singhiozzi infrangersi sulle pareti della stanza testimone del mio
dolore e
della fine della mia ragione di vita. I miei lamenti di dolore
rimbombavano e
si ripetevano all’infinito intorno a me.
Tutto quel dolore
che provavo, tutte quelle lacrime che i miei occhi stavano versando,
tutte
quelle spade affilate che mi trapassavano da parte a parte il cuore
caduto che
moriva nel mio petto. Tutto era scaturito dalla morte della persona
più
importante della mia esistenza.
Ora che era
sparito anche lui la mia vita non aveva alcun senso. Il dolore di
questa
perdita si accumulò a quella della mia famiglia adottiva e
di mia figlia e a
quella del mio migliore amico.
Ero sola. Avevo
paura, una paura enorme di non riuscire a raggiungere la mia famiglia.
Avevo
paura di rimanere per sempre a soffrire senza che niente potesse lenire
il mio
dolore. Avevo paura che tutto quello fosse reale, che non fosse un
sogno, che
fosse un incubo. Ma come potevo pretendere che tutto quello fosse
soltanto un
incubo? I vampiri non potevano averne.
I miei occhi
tornarono a guardare quel viso meraviglioso che ormai non avrebbe avuto
più
nessuna emozione dipinta sopra, nessun sorriso luminoso, nessuna risata
che lo
accompagnava. Non avrebbe avuto più niente di tutto questo,
mai più, per
l’eternità.
Poi pian piano le
mani e i piedi cominciarono a sbiadire, fino a sparire del tutto. Tutto
il
corpo se ne andava, si dissolveva in una polvere dorata che aleggiava
nell’aria
intorno a me. L’ultima cosa che vidi di mio marito furono gli
occhi chiusi e
poi più niente.
Poi...il buio.
Le tenebre erano
tornate.
|
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Capitolo 25 *** Tentativo finito in tragedia ***
POV
Edward
La vedo mentre
corre a velocità vampira per tutta casa per sistemare gli
ultimi preparativi
prima del nostro viaggio per l’Italia. Vuole vendetta, non
vede l’ora di
soddisfare la sua voglia di uccidere quei mostri che ci hanno portato
il nostro
angelo. Anche io li voglio e DEVO eliminare. Hanno “ vissuto
” fin troppo.
Il viaggio verso
Seattle è silenzioso e raramente ci scambiamo qualche
sguardo.
Arriviamo e io mi
incammino a prendere i biglietti. Nella mia testa
c’è un solo pensiero: devo
impedire a Bella di partire, è troppo pericoloso. Non posso
permettere che
anche lei sparisca da questo mondo, non posso assolutamente permetterlo.
Mentre
l’hostess
alla biglietteria prepara i nostri biglietti penso ad un modo per
convincere
mia moglie a restare lontana dal pericolo che ci aspetta in Italia.
Cosa posso fare?
Cosa mi invento ora? Perché non le ho parlato prima?
Perché mi riduco sempre a
fare le cose più difficili all’ultimo momento? Ah
già, perché sono per l’appunto
difficili. E poi non potevo farle pesare anche questo fardello mentre
era nello
stato catatonico dovuto alla scomparsa di nostra...figlia.
Quanto abbiamo
sofferto? Non c’è stato mai un dolore
più grande in tutta la mia esistenza,
mai.
Abbiamo entrambi
sofferto immensamente. Abbiamo incredibilmente pianto versando delle
vere
lacrime, che mai avrei pensato di risentire sul mio viso. Abbiamo
cercato di
tenerci interi per l’altro, per non farlo soffrire ancora di
più. Lei come
sempre ha pensato a me, accorgendosi che reprimevo il mio dolore per
non
turbarla ancora di più, anche se ci riuscivo a stento. Alla
perdita di nostra
figlia si era aggiunto anche il dolore che provavo vedendo soffrire lei. Ovviamente se ne accorta e ha fatto
il gesto più doloroso che potesse infierirmi: ha tentato di
scappare per
risparmiarmi quel dolore che lei
m’infliggeva soffrendo.
In quel momento ho
avuto veramente paura che potesse riuscire nel suo intento.
Correva
velocissima anche per me. Non riuscivo a raggiungerla, pensavo di
essere caduto
in un vero e proprio incubo. Non poteva lasciarmi. Dovevamo rimanere
insieme.
Il mio compito di marito, di amante, di uomo
era proteggerla, anche dal dolore che provava. Aveva bisogno
di me. Io avevo bisogno di lei. Non sarei mai riuscito a superare
quel dolore senza lei
affianco. Per fortuna ero riuscito, ancora non so come, a tenerla
vicino.
Soffriva immensamente, e io con lei.
Ci sono! Questa
è
l’unica soluzione possibile! Lo so che dovrò
ferirla e che di conseguenza
ferirò me stesso, ma devo farlo. Devo almeno provarci. Lei
non cederà mai, ne
sono consapevole, ma devo almeno tentare. Devo tentare di salvarle la
vita.
Eccola lì.
È
agitatissima, lo sento. Non sta un attimo ferma.
Mi avvicino e
distribuisco i biglietti lentamente. Sto prendendo tempo, non so se
riuscirò a
mettere di nuovo quella maledetta maschera che odio e che ha fatto
soffrire in
passato tutti e due.
Mi avvicino a lei
e di slancio l’abbraccio. Ho bisogno di sentirla attaccata a
me, anche
fisicamente. Le accarezzo piano i capelli e la cullo. Sento i suoi
muscoli
sciogliersi pian piano lasciando la tensione fuori il nostro abbraccio,
di cui
abbiamo bisogno entrambi.
Mi allontano senza
però lasciarla e la guardo negli occhi.
Come farò a
ferirla così un’altra volta? Come posso farlo?
Sono un mostro, ma devo.
La riabbraccio e
sento che sta percependo la mia agitazione. Sono proprio un mostro, la
sto
anche spaventando con il mio comportamento.
Basta! Devo farlo
e devo farlo ora.
< Edward?
Cos’hai? Ti sento teso. Dimmi cosa succede. >
Sciolgo lentamente
il nostro abbraccio e la fisso negli occhi. Ancora non sono riuscito ad
indossare la maschera, me ne accorgo dalla mia voce tremante e inquieta.
< Bella...io...
>
Mi guarda confusa
e preoccupata.
Finalmente trovo
il coraggio e raffreddo improvvisamente il mio sguardo e indurisco la
mia voce
< Bella non voglio che tu venga in Italia con noi >.
Mi fissa. È
confusa, spaventata. Non riesce a capire cosa dico. Cosa le sto
facendo? Come
posso farle una cosa del genere? Non posso ferirla di nuovo. Ma la devo
proteggere da quei mostri, assolutamente.
<
Ed...Edward...ma cosa...? > la sua voce trema. Ha capito che le
sto
provocando la stessa ferita di allora, e ne è spaventata.
< Bella,
saresti solo d’intralcio. Ci...ci condanneresti tutti
> No! Non ci sono
riuscito. La mia voce ha tremato al momento sbagliato, così
rischio di farle
scoprire il mio piano. Ma non ce l’ho fatta a trattenermi, il
dolore era troppo
per me.
La vedo triste e
ferita. Le ho fatto del male, ancora una volta. Non riesco a reggere
ancora il
suo sguardo e allora abbasso gli occhi.
Poi, la sento
sussultare. Alzo lo sguardo e vedo la sua espressione cambiare. Da
triste e
ferita diventa sorpresa e poi consapevole e...arrabbiata.
Si è
accorta del
mio gioco sporco. Non l’ho mai vista arrabbiata con me. Il
suo sguardo mi
lancia tutta la rabbia che prova addosso.
Poi, come se
vedessi la scena a rallentatore, la vedo alzare il braccio destro,
tirarlo
indietro e poi in avanti con violenza, fino a far sbattere il suo palmo
contro
il mio viso.
Non mi provoca
dolore fisico, ma la sorpresa e l’istinto mi fanno voltare il
viso e il dolore
che mi ha procurato dentro mi fa stringere gli occhi.
Mi ha fatto
malissimo quello schiaffo. Non lo aveva mai fatto. E so di essermelo
meritato,
questo però mi fa ancora più male.
Me lo sono
meritato. Anche se mi ha fatto malissimo, me lo sono meritato tutto
quanto. È
arrabbiata. È furiosa con me, lo capisco dal suo sguardo di
fuoco che mi sento
bruciare addosso.
Sentii
distintamente il suo singhiozzo rimbombarmi nelle orecchie. Mi decisi a
guardarla: stava piangendo.
No! Amore mio non
piangere...ti prego.
Il suo sguardo non
era più arrabbiato. La vedevo mentre percepivo il senso di
colpa che la stava
divorando, ancora con il braccio alzato.
Ero un mostro.
L’avevo ferita con la mia bugia, l’avevo fatta
arrabbiare, e ora la stavo
facendo piangere perché si sentiva in colpa per il suo gesto.
L’unico che
si
doveva sentire in colpa, l’unico responsabile di tutto ero
io. Io, io e
soltanto io.
Altre lacrime
cominciarono a scendere dai suoi occhi tristi e spaventati e le
solcavano le
guance seguendo le orme che altre gocce avevano lasciato.
Abbassò lentamente il
braccio e cominciò ad indietreggiare continuando a fissarmi.
Passo dopo passo
si allontanava all’indietro facendo scendere altre lacrime
dai suoi occhi.
Volevo raggiungerla ma non riuscivo a muovermi. Avevo il terrore che
scappasse
da me.
D’improvviso
si
fermò, ma non per tornare tra le mie braccia.
Cominciò a correre senza una metà
tra la folla singhiozzando.
No! Non te ne
andare! Ti prego.
< BELLA!
>
trovai la forza necessaria per chiamarla, una, due, cinque, dieci
volte, ma lei
non mi sentiva. Non si fermava, non tornava da me.
Feci per
rincorrerla, ma un braccio mi si parò davanti per fermarmi.
Era Esme.
< Edward.
Lasciala andare, si sentirà malissimo adesso, lasciala
sfogare. Tornerà. Sta
tranquillo >.
Come potevo stare
tranquillo dopo quello che le avevo fatto? Come?
Ma forse Esme
aveva ragione, le dovevo lasciare il suo spazio, almeno adesso, ma non
volevo
che si sentisse in colpa per qualcosa di cui ero io il solo colpevole.
Senza accorgermene
mi ero portato una mano sulla guancia che aveva ricevuto lo schiaffo.
Il
ricordo di quel gesto mi faceva malissimo. Doveva essere distrutta e
arrabbiata
sul serio per aver fatto una cosa così. Anche se non mi
aveva fatto male
fisicamente, mi aveva ferito tantissimo dentro.
Ero solo uno
stupido. Un buono a nulla.
Mi stavo
innervosendo, non riuscivo a stare lontano da lei, soprattutto ora che
ero
consapevole che la causa della sua fuga ero io. Tutte quelle voci fuori
e
dentro la testa mi ronzavano e mi davano fastidio. In quel momento
avrei
preferito non avere il mio potere, avrei avuto un po’ di pace
almeno nella
testa.
Però un
pensiero
mi investì bruscamente. Qualcuno aveva detto il mio nome.
No, non qualcuno, ma...Bella.
Perché
aveva
distaccato lo scudo se non voleva avermi vicino?
“ Edward! Ho
paura! ”
Cosa significava?
Cosa la spaventava? Perché aveva paura?
Un presentimento
si fece largo in me, un terribile presentimento. Mi alzai di scatto e
cominciai
a correre, cercando di moderarmi senza molto successo, verso la
direzione che
aveva preso prima Bella.
I miei famigliari
mi guardavano confusi, però decisero di non seguirmi.
Avevano capito che stava
succedendo qualcosa, ma preferirono non intromettersi.
Mi feci largo tra
la gente. Dov’era? Poi una scia mi investì. Non
era un odore umano, ma era...un
vampiro. Era famigliare, l’avevo già sentito.
Decisi di seguirla, e feci bene.
A un certo punto
la scia si confondeva con quella di mia moglie e poi proseguivano
insieme, come
se fossero unite. Cosa significava?
Mi stavo agitando
parecchio e cominciai a guardarmi intorno frenetico e spaventato dai
miei
stessi pensieri.
In mezzo alla
folla vidi infine un’imponente figura vestita di nero, che
attirò la mia
attenzione, che stava camminando verso l’ascensore. Scorgevo
dei capelli
castani che spuntavano dal suo braccio e delle gambe fasciate da dei
jeans
chiari dalla parte opposta.
La figura
entrò nell’ascensore
e come si girò per premere il pulsante potei vedere il suo
viso. Aveva capelli
arruffati e scuri, la pelle bianchissima e perfetta, un sorrisetto
soddisfatto
ed inquietante e degli occhi piccoli e...rossi.
Era lui il vampiro
di cui avevo sentito la scia prima, ma questo voleva dire che...
Abbassai lo
sguardo fino alla figura che giaceva tra le sue braccia, con la testa
che
ciondolava, i capelli di un castano rossiccio molto famigliare che si
muovevano
leggermente per l’aria che tirava, la pelle bianca e senza
nessuna
imperfezione, il viso contratto leggermente in una smorfia di paura, le
guance
segnate da scie di lacrime che continuavano ad uscire passive dai suoi
occhi
chiusi da palpebre tremanti e la bocca appena socchiusa, due labbra
rosse e
carnose con quella piccola imperfezione che rendeva ancora
più bello quel viso
dolce, segnato dal terrore e inerme, tra le braccia di colui che
sarebbe stato
il suo carnefice.
Non era possibile.
Bella.
< BELLA! NOO!!
>
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Capitolo 26 *** Nei Garage ***
Ecco il capitolo...scusate per il ritardo ma non ho mai tempo! mi dispiace! Però aspetto sempre recensioni...mi potrebbero dare sempre idee in +! :D
< BELLA! NOO!!
>
Il mio urlo invase
l’enorme sala e parecchi volti confusi si girarono in cerca
della provenienza
di quel grido di terrore.
Cominciai a
correre senza più badare a tenere una velocità
umana. Mi diressi velocissimo
come un disperato verso l’ascensore che si stava per
richiudere tra me e la mia
ragione di vita. Joshua aveva sentito il mio urlo di paura e questo lo
stava
divertendo molto da quanto potevo capire dal suo sorriso maligno che
andava ad
allungarsi su quella faccia, che non avrei esitato a cancellare dalla
faccia
della terra appena ne avessi avuto l’occasione.
Ero a pochissimi
metri da quel maledetto ascensore, una quindicina forse, ma in quel
momento
qualcuno mi si parò davanti per sbarrarmi la strada. Non mi
fermai, o almeno
non lo feci di mia spontanea volontà. Due braccia mi
bloccarono impedendomi
così la corsa che avevo intrapreso per raggiungere mia
moglie.
< Dove credi di
andare ragazzino? > Philip strinse ancora di più la
presa sulle mie braccia
e me le rigirò dietro la schiena bloccandomi.
< Lurido
bastardo.
Mollami, o ti giuro che quando avrò finito con il tuo amico
ti verrò a cercare
e non risparmierò neanche te > ero maledettamente
arrabbiato con lui e il
suo amico che mi stavano portando via la mia Bella. Dovevo liberarmi
assolutamente. Dovevo impedirli di portarmela via, fosse stata
l’ultima cosa
che avrei fatto.
< Ahahahahah!
Non penso tu sia nella condizione di minacciare, non pensi? Ora tu
verrai con
me facendo il bravo, altrimenti finisce male, molto male, per la tua
mogliettina. Chiaro? > Mi disse le ultime parole avvicinando la
sua bocca al
mio orecchio e stringendo ancora di più la presa.
Riluttante decisi
di fare come mi diceva, anche perché in mezzo a tutta quella
folla non avrei
concluso niente ingaggiando un duello, quindi decisi di aspettare di
trovarci
al piano interrato dove, ne ero sicuro, non ci sarebbe stato nessuno.
Mi condusse
spingendomi e facendo finta di niente attraverso la folla verso
l’ascensore
opposto a quello nel quale avevo visto Bella.
Una volta che le
porte automatiche dell’ascensore si chiusero Philip mi
mollò il braccio
sbattendomi contro la parete metallica creando in questo modo
un’ammaccatura
che aveva la forma delle mie spalle.
< Cosa diavolo
vuoi da me? Cosa volete da mia moglie? Se le avete fatto del male giuro
che...
> ringhiai contro di lui rialzandomi, ma lui non mi fece finire
il concetto.
Mi prese per il collo e mi ribatté contro la parete di prima
con una forza
inaudita. Ma come faceva ad essere così forte?
< Cosa? Cosa
fai eh? COSA? > mi urlò contro.
Ok. Adesso basta.
Mi aveva stufato.
Gli presi la mano
che mi aveva attaccato al collo e la staccai velocemente e la rigirai
all’indietro per bloccarlo.
In quel momento le
porte si riaprirono e lo gettai con tutte le forze sul pavimento grigio
del
parcheggio in cui ci trovavamo.
Lui si
rialzò
fulmineo e fece per venirmi in contro ma poi una figura alle sue spalle
lo
richiamò
< Philip. Calma
fratello. Non è necessario > era Joshua. Ma se lui
era lì, dov’era Bella?
Sentii la furia
divampare in tutto il corpo e cominciai a gridarli contro <
DOV’è BELLA??
DOVE DIAVOLO è MIA MOGLIE?? COSA LE HAI FATTO?? >
Mentre urlavo mi
gettai contro di lui ansioso di strapparli definitivamente quel
sorrisino che
amava tanto mostrare.
Però una
forza a
me sconosciuta mi bloccò, come pietrificato, a
metà strada.
Cosa stava
succedendo? Philip mi fissava concentrato e sempre con quel maledetto
sorriso
soddisfatta stampato sulla faccia, che aveva in comune con il fratello.
< Calma
ragazzo. Non vorrai mica che succeda qualcosa alla tua carissima
mogliettina
vero? No eh...allora non fare lo stupido e non provare ad attaccarci.
Tanto, da
come puoi vedere tu stesso, con noi non hai nessuna
possibilità. Vero fratello?
>.
Joshua mi
schernì rivolgendosi
anche al fratello
che se la stava ridendo di gusto.
< Philip, vai a
prendere la ragazza in macchina, così ci divertiamo un
po’ prima di partire,
che ne dici? > chiese rivolgendosi al fratello.
Philip
annuì e
corse a velocità vampira verso l’altra parte del
parcheggio.
La rabbia mi stava
assalendo e la paura per Bella mi divorava. Quei maledetti non la
dovevano
toccare nemmeno con un dito. Dovevo fare assolutamente qualcosa per
impedire
loro di farle del male.
Philip
tornò da
noi con Bella in braccio, ancora inerme. Sembrava addormentata, ma
anche tormentata.
Come se stesse facendo qualche incubo, ma questo non era possibile.
< Eccola qui
> esclamò Joshua prendendo Bella dalle braccia del
fratello e poggiandola
sul pavimento d’asfalto del garage dell’aeroporto.
Ringhiai quando le
toccò i capelli e le accarezzò la guancia ancora
bagnata dalle lacrime.
< Incredibile
vero? Un vampiro che versa lacrime. Davvero stupefacente. >
disse il vampiro
più grande dei due.
Ringhiai ancora e
con più vigore < Lasciala stare. Non la toccare.
>
Lui mi
fissò con
un’espressione falsamente dispiaciuta < Oh. Non ti
preoccupare. Non sentirà
niente, è sotto il mio potere, quindi è come se
stesse dormendo. Non sentirà
alcun dolore. >
Quelle parole mi
fecero sgranare gli occhi dal terrore < Cosa le vuoi fare
maledetto?! Giuro
che se la tocchi ti faccio a pezzi >.
< Ahahahah, e
come pensi di fare eh? > disse Philip avvicinandosi < Sei
bloccato dal
mio potere, non ti puoi muovere, non puoi nemmeno girare la testa.
>
Era vero. Non
potevo fare niente finchè lui non avesse tolto da me il suo
potere. Non avrei
potuto far un bel niente per Bella. Né portarla via,
né proteggerla da
qualunque cosa quei due volessero farle.
< Bene. Vedo
che ti sei calmato. > disse Philip tornando vicino Bella, ancora
inerme e
distesa sul quel pavimento freddo. Il fratello fece la stessa cosa. Si
chinò
con le gambe piegate e il busto leggermente in avanti vicino il viso di
Bella.
Cominciò ad
accarezzarle i capelli e scostarle le ciocche dal viso.
< Sai...i
nostri ordini erano di prendere la tua cara mogliettina e di portarla
dai Tre
Volturi, ma nessuno ci ha vietato di divertirci un po’.
> disse Joshua
ridendo maligno.
Un’orribile
presentimento si stava facendo strada nella mia testa furiosa e
spaventata, ed
ebbi conferma alle parole di Philip che, come il fratello, si era
chinato
vicino Bella, ma dalla parte opposta < La tua mogliettina
è davvero un bel
bocconcino. Sei fortunato > rise.
No! Non potevano
farlo! Dovevo impedirlo, ma come? Come avrei fatto a salvare Bella dal
supplizio che il futuro, troppo vicino, le stava presentando?
<
Mmm...però
così non c’è gusto. > disse
Joshua arricciando le labbra.
Lanciò
un’occhiata
più intensa a Bella che cominciò ad agitarsi e
poi riaprii gli occhi.
Non respirava e
non si muoveva e si guardava intorno spaesata, confusa e impaurita.
< Cos...
>
farfugliò, ma poi capì chi erano quelle figure
che la sovrastavano.
Sgranò gli
occhi e
cominciò a tremare impercettibilmente. Aveva paura, glielo
leggevo negli occhi.
Vederla
così,
indifesa, spaventata, con gli occhi sgranati dalla paura e impotente
davanti
coloro che le volevano fare del male, mi feriva in un modo atroce.
Finalmente mi vide
e una lacrima risolcò di nuovo quei fiumi ormai secchi sulle
sue guance. Non
riuscii a sostenere il suo sguardo ferito e spaventato.
< Edward...
> sussurrò con la voce impregnata di terrore.
< Oh, il tuo
caro maritino al momento è impedito, ma non ti preoccupare,
ci siamo noi due
qui. Fidati, ti divertirai. > rise Joshua lanciandomi
un’occhiata divertita.
Non ce la feci a
reprimere il ringhio che uscì prepotente dalla mia gola e si
diffuse per tutto
il locale.
Bella era sempre
più spaventata e cercò di alzarsi, ma Philip la
bloccò prendendola per le
braccia e facendola sbattere di nuovo sul pavimento.
Le stavano facendo
del male. E io non potevo impedirlo.
< Vi prego.
Vi... > chiusi gli occhi per impedirmi quell’immagine
dolorosa < Vi
scongiuro non fatele del male. > Supplicai, nella speranza che
l’ultima arma
che avevo a disposizione funzionasse, ma sapevo già che era
una battaglia persa
in partenza.
Joshua si
alzò e
mi venne vicino lentamente stupito < Come?
L’Orgoglioso Edward Cullen
che...supplica. Ma questa cosa è da ricordare come un evento
straordinario.
>
Mi era a un palmo
e abbassò il volto per guardarmi dritto negli occhi che
avevo riaperto.
<
Sai...Edward...
Mi hai stufato con i tuoi ringhi e con i tuoi tentativi vani di
salvarla. >
Mi fissò
cattivo,
mi prese per il collo e mi lanciò verso il muro
dall’altra parte del locale
sfondandolo.
< EDWAAARD!!!
>. Bella gridò vedendomi andare a sbattere
così violentemente.
Sentii i suoi
passi diventare più veloci e venire sempre più
vicino a me.
Ero disteso sulle
macerie della parete distrutta e non mi potevo muovere. E avevo
l’ampia visuale
del soffitto grigio come il pavimento. Poi vidi il suo volto spaventato davanti a me.
<
Edward...Ed...Edward! Amore mio >
Mi
abbracciò
prendendo la mia testa tra le sue braccia e portarla al suo petto.
Cominciò a
singhiozzare e a piangere. < Ed...Edward che ti hanno fatto?
Perché non ti
muovi? Cosa sta succ...AAAAH >.
La mia testa
ricadde bruscamente sul pavimento e lei sparì dalla mia
visuale. La sentii
urlare mentre si allontanava.
Poi sentii due
braccia sollevarmi e mettermi seduto così da avere la
completa visuale di
quello che stava accadendo.
< Spero ti
divertirai
Cullen. Goditi lo spettacolo > Mi sussurrò piano
Joshua all’orecchio.
< No...
>.
Fu solo un sussurro ma racchiudeva tutto il dolore e la paura che
provavo nella
consapevolezza di quello che mia moglie stava per subire.
Ringrazio kekka cullen x la recensione...sono contenta che ti piaccia la mia storia! :D |
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