Compagni per la vita di Ranerottola (/viewuser.php?uid=73808)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo: 26 Agosto 1900 ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo: 27 Agosto 1900 ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo: 28 Agosto 1900 ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo: 29 Agosto 1900 ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo: 29 Agosto notte ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo: 30 Agosto 1900 ***
Capitolo 7: *** Epilogo: 31 Agosto 1900 ***
Capitolo 1 *** 1° Capitolo: 26 Agosto 1900 ***
Compagni
per la vita
GIUDIZIO:
Terza Classificata (pari merito): Compagni per la vita -Ranerottola -
Grammatica e sintassi: 8/10 punti
Stile: 9/10 punti
Originalità: 15/15 punti
Caratterizzazione dei personaggi: 14.5/15 punti
Sviluppo della trama: 11.5/12 punti
Gradimento personale: 9/10 punti
Attinenza alla traccia: 3/3 punti
Totale: 70/75
Prima di tutto ti voglio dire che ho trovato la tua scelta difficile e
apprezzabile, hai scelto di raccontare l’incontro tra Fanny e
il giovane Albus, e l’hai fatto in modo davvero apprezzabile.
Lo stile a tratti è un po’ confuso, ci sono alcune
frasi troppo lunghe, è molto facile perdersi coi pensieri, e
forse un paio di volte avrei spezzato il tutto, ti faccio un esempio:
‘Nessuno dei due sarebbe felice perché avremmo una
vita vuota, avremmo l’un l’altro, però.
E la mamma e il papà e i miei fratelli. Ma una volta partiti
loro noi chi saremmo?’ qui forse una virgola avrebbe
sistemato la situazione, la frase è un po’
difficile.
Ti segnalo qualche errore: ‘si sgrullò’
probabilmente è dialettale, è corretto
scrollò, se non lo conosco mi scuso, ma ho cercato e non ho
trovato nel dizionario, il ‘sì’
affermativo si scrive con l’accento, ho notato che non
l’hai mai messo.
‘nessuno dei due si sentiva pronto ad abbandonare il suo
mondo’, qui al posto di suo avresti dovuto usare
‘proprio’
A volte utilizzi espressioni tipiche del linguaggio parlato, che
rendono veri i pensieri.
Ho davvero apprezzato il modo in cui il tuo stile cambia da personaggio
a personaggio.
Fanny è infantile, sembra quasi di sentire parlare un
bambino, Silente è giovane, fresco, mentre i suoi genitori
sono saggi, parlano poco.
La storia della ragazza e del maschio di Fenice è
bellissima, e trovo che la tua idea di spiegare in questo modo il
rapporto tra i Silente e Fanny sia molto originale, un’idea
che spiega alcune cose della vita di Albus che non si comprendono nei
libri.
Una cosa però, io avevo posto a cinque il limite massimo per
i capitoli, tu me ne hai scritti sei, visto che non
c’è un prologo, ho considerato come tale il primo
capitolo. In fin dei conti 16 pagine non sono poi così
tante. La storia sa di ‘fiaba’ per tutta la sua
durata, l’ho trovata intensa e coinvolgente, e l’ho
letta tutta d’un fiato.
L’attinenza alla traccia c’è, immaginavo
qualcosa di diverso, ma è perfetta.
La trama è sviluppata con coerenza, a partire
dall’incidente fino ad arrivare
all’’inseguimento’ e
all’incontro.
Silente è giovane, ma è sempre lo stesso mago che
conosciamo, non ancora troppo saggio, ma puro e un po’ folle.
Fanny è una giovane fenice, mentirei se ti dicessi che avevo
mai pensato alla sua personalità, ma quella che le hai dato
le calza perfettamente. Quindi non posso che dirti: brava.
1°
Capitolo 26 Agosto 1900
Oggi
compio 18 anni.
Come
se ormai me ne importasse qualcosa … Ariana è
morta, Aberforth mi odia e Gellert se n’è andato;
nulla sembra avere più senso
o importanza.
Anche
questo viaggio non mi dà nessun piacere, se
non avessi promesso a Bathilda quelle erbe per le sue pozioni non sarei
mai
partito.
E
pensare che solo un anno fa avrei pagato per poter
scalare l’Everest …
Bene
è ora di chiudere e ricominciare l’ascesa, se
tutto va bene dovrei raggiungere la vetta nel pomeriggio.
Il
giovane Albus
chiuse il suo diario e uscì dalla tenda con la bacchetta in
mano pronto a
ripiegare e mettere nello zaino i suoi bagagli, dopo aver pronunciato
l’incantesimo antifreddo che aveva inventato lui stesso.
Camminò
per un
paio d’ore prima di fermarsi a riprendere fiato, adorava
scalare alla babbana e
anche in quel viaggio aveva ridotto al minimo l’uso della
magia.
Preferiva
stancarsi sia per tenersi in forma, che per riuscire a dormire la
notte, anche
se gli incubi lo tormentavano lo stesso.
Si
sedette su
una roccia che spuntava dalla neve, posando lo zaino accanto a
sé per
contemplare con calma il panorama e mangiare qualcosa ma,
all’improvviso, la
terra cominciò a franargli da sotto i piedi cogliendolo di
sorpresa e
trascinandolo nel nulla per oltre 200 metri finché non
atterrò su una stretta
sporgenza restando sepolto sotto un mucchio di neve e detriti.
La
bacchetta stava
inutilizzata accanto a lui che, svenuto a causa della botta, giaceva
quasi
invisibile, tranne per una mano che sporgeva dalla valanga.
E’
la prima volta che volo così lontano dal nido, ho
un po’ di paura, ma l’emozione del volo e di questo
panorama meraviglioso
riescono a farmi dimenticare tutto.
Ormai
è quasi ora di tornare indietro ma,
cos’è
quella cosa colorata laggiù sulla neve?
Non
resisto: devo indagare! Non per niente mia madre
dice sempre che sono la più curiosa di tutte le sue covate.
Scendo
planando di un centinaio di metri finché non
capisco cosa sto guardando: è un essere umano, o meglio un
pezzo di un essere
umano.
Sono
indecisa: la mamma mi ha sempre detto di non
avvicinarmi agli umani e di non farmi vedere da loro ma
quell’uomo è sotto la
neve … non ho mai visto nessuno stare fermo così
sotto la neve.
Faccio
un altro giro e mi decido: devo indagare!
Scendo
fino a posarmi accanto a quella zampa umana e
mi guardo attorno, vicino a me c’è un bastoncino
di legno e la zampa è
immobile, sembra innocua.
La
neve è fredda e mi hanno insegnato che gli umani
stanno bene al caldo perché non sanno tenersi caldi da soli
come noi quindi,
forse, quell’essere ha bisogno di aiuto per uscire da
lì sotto.
Prendo
la mano nel becco e tiro forte sbattendo le
ali come mi ha insegnato mamma. Mi alzo portandomi appresso
l’umano fino a
quando non è tutto all’aperto poi lo appoggio
piano accanto al bastoncino.
E’
ancora immobile, sembra addormentato, perciò mi
avvicino e provo a toccarlo con una zampa ma non reagisce. Ci penso un
po’ e
decido di chiamarlo: “umano! Ehi svegliati!” il mio
trillo è pieno di
preoccupazione e lo scuote all’improvviso come se lo avessi
punto col becco.
Comincia
a tremare prima ancora di aprire gli occhi
e mentre si volta verso di me vedo la grossa ferita che ha sulla testa,
ha le
piume gialle del capo tutte sporche di sangue e deve fargli molto male.
Mi fa
molta pena e mi salgono le lacrime agli occhi vedendo quanto
è indifeso, sembra
un pulcino appena uscito dal guscio.
I
miei mi hanno spiegato che le mie lacrime fanno
bene, perciò quando comincio a piangere avvicino un occhio
alla sua testa e
lascio cadere le gocce sul taglio.
Non
ci ho mai provato prima e sono stupita quando
vedo una luce che si accende all’improvviso e diventa sempre
più forte prima di
svanire lasciando la testa dell’uomo intera come prima che se
la rompesse come
un uovo schiuso.
Sono
talmente impegnata a controllare i risultati
del mio lavoro che non mi accorgo subito degli occhi che mi fissano
sgranati.
All’improvviso
mi sento osservata e mi volto
trovandomi davanti due occhi blu, credo di avere la stessa espressione
stupita
che ha lui e so che dovrei scappare veloce ma c’è
qualcosa nel suo sguardo che
mi ferma.
Non
so cosa sia, forse il fatto che sembra
addirittura più giovane di me, o che quegli occhi sono pieni
di dolore, o che abbia
uno sguardo buono e dolce che mi ricorda quello di mio padre quando mi
guardava
appena nata nel nido, comunque sia non riesco a smettere di fissarlo.
Ahhh
che male! Mi sento come se mi avesse investito
il nottetempo.
Ho
freddo e già questo è strano, in più
sento dolori
dappertutto e come se non bastasse mi sento osservato.
Dopo
un po’ mi decido ad aprire gli occhi e rimango
basito: davanti a me c’è la creatura
più bella e magica del mondo, finora ne
avevo visti foto e disegni nei miei libri ma non avevo mai avuto
occasione di
vederne una dal vivo eppure, eccola davanti a me, che mi fissa come se
anche
lei fosse stupita di vedermi … una Fenice!
E’
meravigliosa, le sue piume hanno colori che vanno
dal rosso, all’arancio, all’oro e sembrano lingue
di fuoco che si muovono piano
seguendo il vento.
Il
suo sguardo è gentile e curioso, strano, ho
sempre letto che le Fenici sono uccelli timidi e riservati, che non
amano
mostrarsi agli esseri umani, eppure questa creatura mi scruta senza
nessuna
paura come se mi stesse studiando e mi trovasse interessante.
Il
freddo mi riscuote dai miei pensieri, sto
tremando sempre di più e mi sento i capelli bagnati.
Devo
alzarmi e prendere la bacchetta ma ho paura di
far volare via la Fenice.
Vedo
l’uomo muoversi piano, mettersi
seduto e allungarsi con cautela
verso di me.
Sto
già per spiccare il volo quando mi accorgo che
non vuole toccare me ma prendere il bastoncino di legno che avevo
notato prima.
Un altro po’ di tempo per scoprire a che serve quel coso non
potrà farmi nessun
male perciò resto ferma e lo seguo con gli occhi.
Dopo
aver raccolto l’oggetto dalla neve l’uomo dice
qualcosa e subito smette di tremare, poi alza una mano e si tocca le
piume del
capo ritirandola sporca di sangue, si fissa la mano stupito e torna a
toccarsi,
forse cerca la ferita perché sembra stupito quando non trova
nulla.
Si
guarda di nuovo la mano poi guarda me, credo che
stia pensando a qualcosa.
All’improvviso
apre il becco e fa un verso curioso
ma piacevole, non so neanche io perché ma capisco quello che
dice: - grazie!-
Che
strano quell’essere umano sa di cosa sono capace
e io capisco i suoi versi, chissà se anche lui capisce me?
-Prego
- gli dico nella mia lingua e lui mi sorride
come se mi capisse.
Mi
piace questo umano.
Il
trillo meraviglioso che esce da quel becco sembra
un balsamo per la mia tristezza e il mio dolore, per la prima volta in
un anno
mi sento sereno! E’ come se un peso fosse stato alzato
all’improvviso dalle mie
spalle. Sono talmente preso dalle mie sensazioni che impiego quasi un
minuto a
rendermi conto … non è possibile!
La
Fenice … non solo mi ha risposto, dimostrando di
comprendere quello che dico, ma …
Io
l’ho capita!! Quell’essere meraviglioso mi ha
detto – Prego – e io ho capito!
Mi
sembra impossibile. In nessun libro, da nessun
professore, ho mai sentito dire che le Fenici capissero il linguaggio
umano e
che fossero in grado di farsi capire.
Se
qualcuno, chiunque, me l’avesse raccontato non ci
avrei mai creduto.
L’umano
sgrana gli occhi all’improvviso, forse si
sente male? Magari ha qualche ferita che non ho visto? Lo fisso
preoccupata per
un po’ ma non si muove e non dice nulla. Guarda verso di me
ma è come se non mi
vedesse. Spero che non abbia nulla di grave.
Albus
si
riscosse all’improvviso dai suoi pensieri e si accorse di
avere gli occhi
dorati della Fenice piantati addosso, sembrava
preoccupata ma non avrebbe saputo dire se per lui o a
causa sua.
Non
sapeva come
comportarsi visto che non aveva mai sentito parlare prima di una
situazione
come quella. Si guardarono a lungo studiandosi a vicenda senza che
nessuno dei
due prendesse l’iniziativa di fare o dire qualcosa.
Si
sta facendo buio, per me è ora di rientrare al
nido ma non so decidermi a volare via così.
Forse
dovrei parlare ancora con lui, almeno per
sapere come facciamo a capirci.
E
poi ho paura che stia ancora male.
Basta!
Prendo fiato e …
-Ciao!
Io mi chiamo Albus, qual è il tuo nome? -
Sentendolo
parlare all’improvviso sono quasi caduta
dalle zampe per lo spavento, non me l’aspettavo proprio.
E’ educato però, si
sta presentando.
Oh
poverino ora sembra in imbarazzo, deve essere
perché continuo a guardarlo senza rispondergli.
Proverò
a trillare piano, - Ciao Albus io sono
Fanny. Come ti senti?-
Che
bello ora sorride! Deve aver capito.
-Ciao
Fanny! Mi sento benissimo, grazie di avermi
aiutato. Credo che tu mi abbia salvato la vita. Sai dirmi per caso come
potrei
tornare là in alto, dove non rischio di precipitare, prima
che diventi troppo
buio per vederci? –
Evviva!!
Allora sta bene! – Sono felice di averti
aiutato, sai non avevo mai visto prima un umano da vicino. Tutti voi
capite la
mia lingua? – E ora perché ride? Ho detto qualcosa
di divertente?
Non
mi sembrava di aver fatto qualcosa di buffo …
-Ti faccio ridere? –
-Oh
Fanny perdonami! E’ l’idea di tutti gli uomini
che capiscono le Fenici a farmi ridere.
Sai
la maggior parte delle persone non credono
nemmeno alla vostra esistenza.
Vedi
io non sono una persona comune, io sono un
mago! Sai cos’è la Magia? –
-Certo
mia madre me lo ha spiegato quando mi ha
parlato delle cose che sappiamo fare e mi ha detto anche che esistono
umani che
sanno usare la magia e altri che non sanno farlo.
E’
questo essere un mago? –
-Si
è esattamente questo. Solamente i maghi sanno
dell’esistenza delle Fenici e di tante altre creature, i
Babbani, come
chiamiamo noi i non maghi, non sanno nulla di voi.
Ma
neanche i maghi capiscono la tua lingua o,
almeno, io non ho mai letto nulla in proposito né conosciuto
nessuno che
sapesse farlo. Speravo che fossi tu a sapere come è
possibile che io e te ci
capiamo. –
Si
alzò in piedi
e si sgrullò la neve di dosso, guardando verso
l’alto per capire come
arrampicarsi o quale incantesimo fosse meglio usare per risalire,
quando Fanny
lo chiamò e agitò le piume della coda verso di lui: - Aggrappati ti porto io, ci metteremo un
istante! –
Quando
il ragazzo
prese alcune penne nelle mani spalancò le ali e
spiccò il volo posandolo
dolcemente, qualche secondo dopo, circa cento metri più in
alto nel punto
esatto da cui l’aveva visto cadere ore prima.
-Fanny
sei fantastica! E’ stata un’ esperienza
meravigliosa, non avevo mai provato niente di simile, e si che ho
volato
spesso!-
-Anche
tu sai volare?- Ma allora perché si è fatto
portare da me? Cosa vuole questo umano da me?
Forse
aveva ragione mio padre, non bisogna fidarsi
degli umani, sono bugiardi e cattivi.
La
giovane
fenice cominciò ad arretrare verso il bordo del precipizio
con sguardo fattosi,
all’improvviso, freddo e quasi rapace, tanto che Albus si
spaventò e preoccupò
molto di quel cambiamento. Non riusciva proprio a capire cosa fosse
successo.
Sembrava
che,
d’un tratto, Fanny avesse deciso di rappresentare
l’idea che gli studiosi
avevano della sua specie, cessando di essere amichevole e facendosi
sospettosa
e distante.
La
vide
allontanarsi sempre di più e spiccare il volo nel momento
esatto in cui le sue
zampe non avevano più suolo su cui poggiare.
-Aspetta!
Non te ne andare!-
Le gridò, ma
gli rispose solo un lungo e triste trillo da uccello, totalmente
incomprensibile per le sue orecchie.
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Capitolo 2 *** 2° Capitolo: 27 Agosto 1900 ***
Mi
sembra impossibile che sia passato solo un giorno
da quando ho scritto l’ultima volta,
sono
accadute talmente tante cose.
La
scalata fino alla vetta, la valanga che mi ha
trascinato via, la ferita alla testa.
Ma
l’unica cosa a cui riesco a pensare è quello che
è successo con Fanny.
Non
capisco cosa posso aver fatto di sbagliato per farle
cambiare così atteggiamento e, soprattutto, cosa abbia rotto
lo strano
incantesimo che ci permetteva di comprenderci a vicenda.
Il
nostro incontro è la cosa più bella che mi sia
mai accaduta e quella giovane Fenice è la creatura
più spettacolare, più
magica, più affascinante che io abbia mai visto.
Ne
sono rimasto incantato dal
primo momento, è stato un colpo di fulmine.
Se
Fanny fosse un essere umano
penserei di essermi
innamorato.
Non mi sentivo così da quando conobbi
Gellert: provo di nuovo lo stupore di trovare un’anima
affine, la gioia di
scoprire di non essere solo.
Purtroppo
provo anche il dolore dell’abbandono e il
senso di tradimento di un anno fa, quando tutto mi è
crollato intorno.
Dopo
quello che è successo ad Ariana, quando
finalmente ho aperto gli occhi su di lui, non avrei mai cercato di
ritrovare
Gellert o di rivederlo, ma questa volta è diverso.
Sento di
dover rivedere Fanny, parlarle, cercare di capire cosa ci è
successo, me lo
sento nelle ossa, nella testa, è come se il suo verso
addolorato mentre volava
via mi risuonasse ancora nelle orecchie, lasciandomi in bocca il gusto
amaro di
una fiducia tradita.
Ora
ho bisogno di riposare per recuperare le forze,
ma domani … domani cercherò in tutti i modi di
trovarla, dovessi anche
esplorare tutto il monte Everest!
Mi
sembrano ore che sono in volo, volevo tornare
subito al nido ma non ce l’ho fatta.
Non
sono proprio riuscita ad andarmene prima di
vedere Albus al sicuro.
Mi
sono detta che è normale: in fondo non l’ho
salvato dalla neve per vederlo precipitare in qualche crepaccio, eppure
in
fondo so che non è così.
Non
riesco a smettere di spiare nella sua tenda, è
molto tempo che traccia segni con una penna d’aquila su una strana superficie
che sembra una pelle.
Fino
a poco fa aveva lo sguardo triste ma ora sembra
più sereno, deciso.
Forse
domani scenderà a valle e tornerà da dove
è
venuto, nel suo mondo umano e infido.
Eppure,
mentre parlavamo, mi sembrava di potermi
fidare di lui, mi pareva quasi di conversare con uno dei miei fratelli
di nido,
qualcuno che poteva capirmi, qualcuno cui dare fiducia, qualcuno che mi
amasse.
Invece
è solo un umano!
E
ora non capisco nemmeno più quando parla, l’ho
sentito chiamare a lungo dopo essermi nascosta, credo cercasse me. Ma
io non ho
sentito il mio nome, solo dei versi sgraziati e
incomprensibili.
Che
mi abbia
ingannata con la sua magia?
Ma
era davvero ferito e sono stata io ad avvicinarmi
non lui.
Non
capisco, non capisco proprio!
La
notte scese
sui monti e, mentre Albus spegneva la luce per riposare fino
all’alba,
Fanny
si
accovacciò su una roccia, una cinquantina di metri sopra di
lui e nascose il
capo sotto un’ala,
addormentandosi
all’istante stremata e sognando i suoi sogni
da Fenice.
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Capitolo 3 *** 3° Capitolo: 28 Agosto 1900 ***
Sono
stanchissimo non ho chiuso occhio tutta la
notte, non ho fatto che girarmi e rigirarmi pensando a Fanny. Non
riesco a
venire a capo di nulla e questo mi rende nervoso come un asticello in
una
segheria. Il sole è sorto da poco e io sono già
pronto a partire, ho spento il
fuoco e ripiegato la tenda e fatto gli incantesimi che mi serviranno
sia per
muovermi più agevolmente che per trovare il nido delle
Fenici.
Mi
sento come se mi sfuggisse qualcosa, qualcosa che
si aggira appena fuori della mia consapevolezza. L’incanto
quattro punti mi
permetterà di sapere da che parte dirigermi e, stavolta, non
lesinerò nell’uso
della magia!
Il
sole è sorto e io sono ancora qui a spiare Albus,
ora è pronto per partire ma non mi sembra che questo mi
renda felice. Mi sento
triste come se avessi perso il mio fratello di nido e non capisco
perché.
Cos’ha di speciale questo essere umano? Quale strano
incantesimo mi ha fatto?
Mentre riflettevo si è incamminato ma non sta andando verso
sud-est per
scendere.
Sta
andando a nord, proprio nella direzione del
nido. Lui non può saperlo in alcun modo eppure si sta
dirigendo dritto verso la
mia famiglia, la mia casa è subito sotto la cima nord
dell’Everest ma nessun
umano ci è mai arrivato o l’ha mai vista: la
nostra magia la protegge.
Gli
incantesimi
delle Fenici erano davvero molto potenti e Albus impiegò un
giorno intero per
giungere in vista della cima che cercava.
Un
mago meno
potente e dotato di lui non sarebbe mai riuscito a farcela.
Il
sole
tramontava dietro le cime e lui era decisamente esausto quando si
fermò.
Era
incerto se
accamparsi per la notte o no: temeva che, scoprendolo, le Fenici
potessero
lasciare il nido o nascondersi con altri incantesimi che non avrebbe
potuto
spezzare.
Sapeva
però che
non sarebbe riuscito a superare l’ultimo tratto col buio.
Decise
infine di
fermarsi e, montato il campo, si addormentò nella tenda di
un sonno leggero e
disturbato.
Non
sapeva,
però, di essere osservato.
Da
un lato del
costone su cui si trovava Albus una grossa Fenice, un maschio, studiava
quello
strano e insolito evento: erano molti anni che nessuno arrivava fin
lì.
Dall’altra
parte
una giovanissima Fanny spiava sia la tenda, sia le reazioni del
maschio, timorosa
di rivelarsi, finché si sentì chiamare piano con
voce dolce:
-Fanny?
Amore,
cosa ti è capitato? Tuo padre ed io eravamo molto
preoccupati non vedendoti
tornare per così tanto tempo.- La voce di sua madre la fece
sobbalzare e,
voltandosi di scatto, volò fino a lei per lasciarsi cingere
dalle sue ali e
coccolare dal suo becco.
-Amore
che
succede? Sei sconvolta! Quell’umano laggiù ti ha
vista? Ti ha fatto del male?-
-oh
mamma!-
rispose la piccola, -ho tante cose da
raccontarti. Ho bisogno di
parlare subito con te e con papà.- La madre,
sentendo l’urgenza nel suo
trillo, annuì decisa col capo, le ordinò di
volare al nido e di mandare lì il
suo fratello più grande, poi andò a parlare col
suo compagno.
Meno
di dieci
minuti dopo i tre erano comodamente accovacciati nel loro nido. Il
maschio
covava affettuosamente con tranquilla serietà il loro ultimo
nato che sarebbe
uscito dall’uovo in primavera, Fanny mangiava con foga dopo
il lungo digiuno e
sua madre le stava accanto sbirciandola di continuo, come se avesse
paura di
perderla nuovamente di vista.
La
notte
avanzava lenta mentre la famiglia parlava quieta, Fanny
raccontò ai genitori
tutto quello che era successo da quando aveva avvistato la valanga
trascinare
via il povero Albus, fino a che aveva avuto paura di essere ingannata.
Spiegò
a lungo
di come avevano scoperto di capire l’uno la lingua
dell’altro e come
all’improvviso avevano smesso di comprendersi e
parlò della sua paura di essere
stata ingannata dal giovane mago che era riuscito ad arrivare
così vicino al
rifugio della famiglia.
Infine
tacque e
il silenzio durò a lungo, mentre gli adulti riflettevano
sulla storia
ascoltata.
Fu
il grande e
saggio maschio a parlare, infine, ma se Fanny si era aspettata domande
o accuse
rimase stupita -Sei stanca piccola, dormi ora. Domani chiariremo tutto
con
l’umano.-
-Ma
padre!-
La madre la interruppe con dolcezza -Obbedisci
a tuo padre, piume d’oro. Se dice che domani capirai sai che
puoi credergli.-
Nonostante la forte curiosità Fanny sapeva di dover ubbidire
ai genitori perciò
trillò un saluto stanco e si nascose il capo sotto
l’ala nella sua posizione
preferita per dormire. Pensava di restare sveglia a lungo ma si
addormentò
quasi subito, cullata dal tepore familiare del suo nido.
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Capitolo 4 *** 4° Capitolo: 29 Agosto 1900 ***
Mi
sono svegliato col sole già alto nel cielo,
dovevo essere veramente stanco.
Scrivo
queste poche righe mentre faccio colazione
perché, appena finito, ho intenzione di lasciare qui la
tenda e avvicinarmi il
più possibile al nido. Devo assolutamente vedere Fanny!
Ho
bisogno di capire cosa è successo realmente.
Ormai,
nonostante gli incantesimi, ho un aspetto da
far paura: i capelli e la barba sono lunghi e disordinati, gli abiti
consumati
e, nonostante Fanny mi abbia guarito la ferita alla testa, sono pieno
di lividi
e graffi che mi danno un dolore sordo ma continuo.
Avrei
bisogno di una settimana di sonno e di riposo,
ma non prima di aver concluso questa missione. Poi potrò
anche tornare a valle
e trovarmi una locanda.
Cos’è?
Sembra il verso di una Fenice ma non mi pare
Fanny. Meglio controllare …
Uscito
dalla
tenda Albus si trovò davanti lo spettacolo più
bello cui un essere umano
potesse sperare di assistere: a qualche metro di distanza da lui due
Fenici
adulte lo osservavano apertamente e senza timore! La più
imponente aveva uno
sguardo serio e posato, la più piccola gli occhi
più dolci che avesse mai
visto. Si guardarono in silenzio per parecchi minuti finché
un morbido rumore
d’ali lo riscosse facendolo voltare. –Fanny!-
Esclamò felice di averla ritrovata, ma la piccola lo
ignorò posandosi accanto
alle compagne e cominciando a trillare impaziente verso di loro.
-Cosa
ci fate qui? Non mi avete nemmeno avvisata!
Mamma cosa sta succedendo? Papà non ti avvicinare troppo,
stai attento!- Fanny
era
sull’orlo del panico, non riusciva a calmarsi e stava
fomentando da sola la sua
paura.
-Tesoro
calmati-
le disse piano sua madre, rassicurandola con la sua dolcezza
–l’umano non ci
farà del male. Guardalo, guardalo davvero, guarda i suoi
occhi. Ho visto solo
un altro paio di occhi fissarti con quell’ espressione
… - La
giovane Fanny si zittì all’istante stupita
e attese che sua madre continuasse a parlare ma quella restò
in silenzio.
Fu
un’ altra
voce a levarsi –Umano, riesci a capirmi?- Il trillo profondo
di suo padre la
fece voltare di scatto in tempo per guardarlo avvicinarsi lentamente ad
Albus
che, con uno sguardo sconvolto e affascinato, lo fissava in silenzio.
-Capisci
quello
che dico ragazzo?- ripeté ancora.
-Si-
questo fu l’unico monosillabo che uscì
dalla bocca del mago, era talmente sconvolto da quello che stava
accadendo da
non riuscire neppure a mettere insieme una frase.
Non
solo le
Fenici erano lì davanti a lui, ma riusciva a comprendere i
loro versi!
Aveva
capito
perfettamente le parole della femmina e del maschio ma non quelle di
Fanny, i
suoi restavano versi irritati e incomprensibili e questa era la cosa
che lo
stupiva e preoccupava di più.
Si
rese conto
all’improvviso che il grosso maschio era rimasto a fissarlo
come se aspettasse
che lui finisse di inseguire i suoi pensieri e la sua innata cortesia
prevalse:
-perdonami,
si riesco a comprenderti, io sono Albus
Silente, sono un mago e vi ringrazio infinitamente di essere venuti a
parlare
con me. –
Fanny
fissava
perplessa ora il padre ora l’umano senza capire: sembrava che
stessero
conversando tranquillamente, eppure lei capiva solo i versi del suo
simile,
cosa stava succedendo?
Il
maschio
sbatté gli occhi dorati e rispose con gentilezza –
è un piacere incontrarti
giovane Albus, io sono Faber e quella è la mia compagna
Dulcinea. Se non ti
dispiace vorremmo parlare un po’ con te finché
Fanny non sarà pronta a
conversare con noi. –
Il
ragazzo era
esaltato da quell’esperienza assolutamente inaspettata, non
vedeva l’ora di
raccontare al mondo magico quello che stava vivendo, ma colse una frase
che non
riuscì a capire
-Faber,
Dulcinea sono molto lieto di conoscervi. Non
capisco, però, come è possibile tutto questo? E,
soprattutto, cosa vuol dire
finché Fanny non sarà pronta? –
Fu
la femmina
dallo sguardo dolce a rispondergli: - Non ti preoccupare per Fanny, vi
spiegheremo tutto, sappi solo, per ora, che tu capisci noi ma non lei
così come
lei non comprende te, per ora. Forse vuoi accendere il fuoco e metterti
più
comodo, alla maniera umana? –
Albus
si trovò
sull’orlo delle lacrime per la dolcezza e l’amore
che stillavano come miele
dalle parole di Dulcinea, era come sentire l’affetto di sua
madre per lui e i
suoi fratelli, moltiplicato per tutte le volte che aveva desiderato
risentire
la sua voce in quegli ultimi, maledetti, due anni.
-Grazie,
mamma-
si ritrovò a dire per
correggersi subito –oh! Mi perdoni
io … -
-No,
mi piace!
Tutti i miei piccoli mi chiamano mamma- lo interruppe la femmina
-erano
quasi
ottanta disgeli che non vedevo un umano, davvero molto tempo.-
Albus
rimase
sconcertato da quell’ultima affermazione, prima di ricordare
che le Fenici
vivevano molto a lungo, più a lungo della maggior parte
degli uomini.
Sorridendo si alzò lentamente e prese la bacchetta per
ravvivare i resti del
suo misero falò notturno, poi stese il suo sacco a pelo e ci
si sedette sopra
per godersi il tepore del fuoco. Le due Fenici avevano osservato i suoi
movimenti e si avvicinarono al falò accovacciandosi
comodamente a poca distanza
dal giovane, mentre Fanny continuava ad osservare sconcertata tutti e
tre
restando a distanza di sicurezza.
Non
riesco a capire più nulla! Prima i miei genitori
volano qui senza avvertirmi e ora si mettono a conversare con
“lui”.
Riescono
e capirlo proprio come succedeva a me!
E
anche lui li comprende.
Eppure
io non so cosa sta dicendo, capisco solo
quello che dicono i miei …
Che
diavolo sta succedendo?
I
pensieri di
Fanny si facevano sempre più confusi e intanto che la
piccola rifletteva, Albus
raccontava agli adulti come era arrivato fin lì e
perché.
Poi
Faber prese
la parola:
-Voi
vi siete
incontrati in un momento difficile, vi siete compresi pur non sapendo
perché,
vi siete seguiti e osservati per giorni, eppure non vi capite
più perché avete
smesso di fidarvi l’uno dell’altro. Quello che
avete scoperto per caso è il
mistero più nascosto e meno conosciuto delle Fenici: la
capacità di comunicare
cogli esseri di cui ci si fida e che si amano, a qualunque specie essi
appartengano.- A quelle parole un paio di occhi azzurri e un paio
dorati lo
fissarono sgranati e sconvolti e una bocca e un becco si aprirono
contemporaneamente ma una voce gentile li zittì entrambi
–Piccoli miei
aspettate, non è tutto, c’è altro che
dobbiamo raccontarvi.-
-Grazie
mia
amata- disse il maschio –solamente poche di noi ricordano
ancora questa storia,
è una leggenda quasi dimenticata persino per il nostro
popolo e so per certo
che nessun umano ne è al corrente. Moltissimi disgeli fa,
quando le Fenici
erano molte e i maghi pochi accadde un fatto strano:
un
essere umano,
una femmina, si dice, salvò un maschio di Fenice, che si era
spinto troppo a
valle, da una trappola e, guardandosi, provarono un amore
così forte, così
profondo, che scordarono di essere di due specie diverse, dimenticarono
tutto
al di fuori l’uno dell’altro e quando si decisero a
provare a comunicare
scoprirono di comprendersi perfettamente.
Parlarono
per
giorni, spaventati all’idea che, se avessero smesso,
l’incantesimo sarebbe
svanito.
Si
raccontarono tutto,
cercarono di conoscersi e capirsi profondamente in modo che, se la
magia fosse
cessata, avrebbero saputo abbastanza l’uno
dell’altra da comunicare lo stesso.
Quando
gli fu
chiaro che non erano vittime di un accidente momentaneo furono felici e
decisero
di restare insieme. I problemi iniziarono a quel punto: nessuno dei due
si
sentiva pronto ad abbandonare il suo mondo perciò decisero
di chiedere
consiglio ai loro saggi.
Il
maschio
dominante della Fenice apparve molto preoccupato e diffidente di fronte
a quel
mistero, pensò ad un trucco degli umani e decretò
che il suo secondo non
avrebbe mai più dovuto incontrare la femmina
d’uomo, pena il bando dallo
stormo.
La
Fenice era
disperata, per giorni e notti rifiutò il cibo e
continuò a lamentarsi. Provava una
grandissima angoscia all’idea, non solo di non poter rivedere
la sua amata, ma
anche di non poterle spiegare nulla. Temeva che lei pensasse di essere
stata
abbandonata, che non la amasse più.
Nel
frattempo la
donna si era recata davanti al consiglio dei maghi ma, non avendo prove
di
quanto affermava, venne ritenuta pazza e, quando tentò di
salire sulla cima da
sola, venne rinchiusa. Dissero che era per la sua sicurezza e per
quella degli
altri, che avrebbero studiato il suo caso e le avrebbero fatto sapere
ma
intanto i giorni passavano e lei restava imprigionata.
All’inizio
pensò
che il suo amore l’avrebbe trovata e sarebbero fuggiti, poi
temette che gli
fosse accaduto qualcosa, infine cominciò a pensare che,
forse, non sarebbe mai
tornato.
Quando,
dopo
mesi, si convinse che lui l’avesse dimenticata smise di
mangiare, diventò
sempre più debole e si ammalò.
Nel
frattempo il
maschio continuava a languire nel nido, non voleva nutrirsi
né pulirsi, non
lasciava avvicinare nessuno e passava il tempo cantando piano del suo
amore
perduto.
Si
racconta che
il dominante, dopo quasi un anno, non sopportò
più quella situazione e decise
di parlare col suo secondo. Quando andò da lui nel suo nido
e vide la sua
tristezza capì di aver commesso un errore e
revocò il suo ordine, liberando il
maschio dalla proibizione.
Quando
capì cosa
l’altro gli diceva la Fenice si riscosse e si alzò
faticosamente, accettò del
cibo per avere la forza di volare, si congedò dalla sua
famiglia e spiegò le
ali per scendere a valle.
Dicono
che volò
tutto il giorno e tutta la notte per raggiungere il suo amore.
Quando,
finalmente, arrivò trovò il fuoco spento, la casa
deserta e disabitata da
tempo, la sua amata sparita. La cercò in tutto il villaggio
finché non sentì la
sua voce che cantava da una strana casa con le sbarre. Si
posò fuori dalla
finestra e la chiamò ma lei non rispose.
La
chiamò per
tutta la notte finché, verso l’alba,
pensò che forse lei non voleva
rispondergli, forse non lo amava più, forse lo aveva
ingannato.
All’improvviso
il
canto della femmina divenne per lui un’accozzaglia di
sgraziati versi umani di
cui non capiva il significato, quella perfetta comprensione e quel
senso di
comunanza erano svaniti.
Inizialmente
pensò che quella fosse la prova del fatto che lei non lo
amava, poi si chiese
perché fosse accaduto proprio in quel momento, dopo alcuni
giorni vide un volto
alla finestra … era lei.
Quegli
occhi
tristi e spenti gli strinsero il cuore, lui li rammentava pieni di vita
e di
fuoco.
Il
dolore che lo
prese era talmente forte da farlo uscire dal suo nascondiglio e
avvicinarsi.
Quando
un raggio
di sole colpì le sue piume gli occhi di lei si alzarono a
fissarlo con un
guizzo, sospirò e pronunciò il suo nome.
Il
dolore e
l’amore presero il posto della sfiducia nel suo cuore, il
gelo si infranse nei
suoi occhi dorati e le parole del suo amore riebbero un senso.
Il
suo trillo
divenne gioioso quando lei mostrò di riconoscerlo e di
capirlo.
Voleva
che lei
uscisse a raggiungerlo e la femmina dovette raccontargli cosa era
successo da
quando si erano separati e il motivo per cui non poteva uscire.
I
suoi simili
l’avevano privata di quella che chiamavano bacchetta
perciò non poteva fare
magie per fuggire. Il maschio si infuriò vedendo la sua
amata prigioniera e usò
la sua magia di Fenice per entrare nella stanza. La loro gioia di
essere di
nuovo insieme fu immensa, la donna prese le piume della coda della
Fenice e in
una fiammata scomparvero per riapparire sui monti.
Presero
delle
pelli per tenere al caldo la femmina e ripresero subito il volo fino al
nido.
La
storia non
racconta cosa fecero poi, solo che, quando la donna morì, il
suo amato decise
di non rinascere più e si lasciò svanire nel
fuoco per restarle accanto.-
Un
lungo
silenzio seguì al racconto di Faber, tutti tacevano
riflettendo su quella
meravigliosa e incredibile storia d’amore finché
Albus si decise a rompere gli
indugi
-Fu
quindi l’amore a permettergli di capirsi e la
sfiducia a dividerli?-
-si,
figlio,
solo l’amore.- gli rispose piano Dulcinea.
Il
giovane
apparve perplesso –ma, come
è possibile?
Non solo siamo di due specie diverse ma … io non sono un
amante di femmine.
Fino ad un anno fa avevo un compagno e non ho mai desiderato una donna.-
Dulcinea rise –figlio, esistono tanti tipi di amore, non lo
sai? L’amore tra un
umano e una Fenice è il più puro che possa
esistere, è completamente
disinteressato, fatto solo di fiducia, comprensione, unione di anime e
sacrificio. Si figli miei sacrificio, la lontananza provoca un dolore
così
forte che uno dei due deve scegliere di lasciare il suo mondo per
vivere in
quello dell’altro, abbandonare tutto, rinunciare ad un nido o
casa, ad una
famiglia della propria specie. L’amore è anche
così potente che permette a
coloro che si amano di comprendere, non solo l’altro, ma
anche tutta la sua
specie.
Tutto
questo
appare leggero e bello a due cuori che si amano, ma la scelta
è difficile.
Inoltre,
dopo
quanto successe in passato, la legge dice che l’umano deve
impegnarsi al
segreto con un giuramento incantato. Nessuno dovrà
più sapere di questo potere
del cuore, per la sicurezza degli amanti, ma anche di quella del nostro
popolo.-
Quando
Faber
smise di parlare il sole era ormai tramontato dietro le cime e il fuoco
bruciava basso rischiarando lo spiazzo innevato e diffondendo il suo
tepore.
-figli
credo sia
ora, per tutti noi, di riposare. La giornata è stata lunga e
voi avete bisogno
di sonno e di riflettere su ciò che avete ascoltato. Albus
noi dobbiamo tornare,
tu entra nel tuo nido di stoffa, sarai al sicuro lì, ci
rivedremo domani al
sorgere del sole.- Il ragazzo avrebbe voluto protestare ma la materna
autorevolezza di Dulcinea lo forzò, invece, ad annuire
dicendo solo –Buonanotte mamma,
buonanotte Faber …
buonanotte dolce Fanny.-
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Capitolo 5 *** 5° Capitolo: 29 Agosto notte ***
E’
notte fonda ormai, Dulcinea mi ha detto di
dormire un po’ ma non riesco a smettere di pensare a tutto
quello che ho
ascoltato oggi, alla storia di quei due amanti così assurda,
eppure così
meravigliosa, così impensabile, eppure così bella.
Non
ho mai pensato seriamente all’amore, sono
giovane, ho sempre creduto che prima o poi sarebbe arrivato e basta.
Credevo di
amare Gellert ma, chissà, forse la mia idea di amore
è sempre stata troppo
legata al desiderio fisico piuttosto che al cuore e all’anima.
Ora
non so più. Il pensiero di perdere Fanny mi
provoca un dolore sordo, ho la sensazione che una parte di me si
potrebbe
spegnere e cessare di esistere.
Pensare
a Lei mi rende felice, mi fa sentire libero,
non avevo mai provato questa sensazione prima.
Nessun
essere umano mi ha mai ispirato questi
sentimenti, sono puri, non legati al corpo, eppure sono più
forti di qualunque
cosa io abbia mai provato.
Non
solo desidero vederla, restarle accanto, ma
anche parlare e scherzare con Lei, poter volare assieme. Ma
soprattutto, più di
ogni altra cosa desidero vederla felice.
Sarà
questo l’amore? Non so più …
Eppure
non credo che potrei vivere qui per sempre, è
un luogo di pace meraviglioso, ma passare tutta la vita senza vedere
altro,
senza parlare con altri esseri umani, senza leggere e studiare.
Una
volta desideravo il potere per cambiare il
mondo, renderlo migliore.
Ora
credo che preferirei una vita serena e onesta,
ricca d’amore e di studio, che si impegna ad insegnare ad
altri come essere
migliori, maghi migliori, uomini migliori.
Mi
è sempre piaciuto insegnare ma qui … a chi potrei
insegnare io? E che cosa?
Eppure
tornare a casa senza Fanny, non vederla più,
vivere senza di lei tutta la mia vita.
Sento
le lacrime scorrermi sulle guance solo a
questo pensiero.
Se
deciderà di voler restare con me vivremo dove e
come vorrà! Sarà lei a scegliere. Io le
resterò accanto comunque.
Ecco,
ho deciso, la mia scelta è fatta! Ora il mio
cuore è leggero come una piuma di Fenice. Sarà
difficile ma sono sicuro che è
la scelta giusta.
Ma
Lei cosa sceglierà?
Nell’importanza
di quello che stava decidendo Albus non si rese conto di aver detto ad
alta
voce tutto ciò che stava scrivendo e, soprattutto, non si
accorse della
creatura nascosta fuori della sua tenda che, immobile, ascoltava tutto
ciò che
lui diceva.
Una
volta fatta
la sua scelta chiuse il suo diario e si addormentò,
finalmente, di un sonno
sereno e riposante come non gli capitava da un anno a quella parte.
Avrei
dovuto dire a qualcuno che, da quando mio
padre ha raccontato quella storia, ho ripreso a capire le parole di
Albus?
Volevo
riflettere da sola su tutto quello che ho
ascoltato e che è avvenuto, eppure non sono riuscita a
stargli lontano.
E
ora questo. I suoi pensieri sono così belli,
poterli ascoltare è meraviglioso anche se mi sento in colpa
per aver origliato.
Non potevo sapere che avrebbe parlato a voce alta, all’inizio
credevo che
parlasse con me, che sapesse che sono qui.
Ora
so cosa sente il suo cuore.
Ma
il mio? Credo che ormai separarci sarebbe
impossibile, il dolore sarebbe troppo grande.
Ma
dove potremmo vivere e come?
Lui
è meravigliosamente altruista e lascerebbe
decidere me eppure …
Ora
so cosa sente, so il dolore che gli provocherei
strappandolo alla sua gente e al suo mondo.
Ma
io sarei in grado di lasciare il mio per Lui?
Ho
sempre desiderato viaggiare, vedere altri luoghi
oltre il nido. La mamma dice sempre che sono molto meno timida degli
altri e
molto più curiosa.
Eppure
non ho mai seriamente pensato di andarmene.
Credevo che una volta adulta avrei trovato il mio compagno e avremmo
costruito
il nostro nido, che avrei covato le mie uova e cresciuto i miei piccoli
come la
mamma.
Ma
che senso avrebbe ora tutto ciò senza di Lui?
Potrei mai avere un compagno sapendo che non lo amerò tanto
quanto amo Albus? A
chi andrebbe la mia fedeltà? Come potrei fare giuramento di
fedeltà ad un altro
se non a Lui?
Ma
lasciare il nido …
Eppure
se restassi qui che futuro avrei? Senza un
compagno, senza cuccioli, sapendo che Lui soffre anche se non lo dice?
Nessuno
dei due sarebbe felice perché avremmo una
vita vuota, avremmo l’un l’altro, però.
E la mamma e il papà e i miei fratelli.
Ma una volta partiti loro noi chi saremmo?
Esseri
a metà: né umani né Fenici.
Nel
suo mondo cosa potremmo fare, invece?
Nessuno
saprebbe del nostro vero legame. So che
molti uomini tengono con sé altre creature e le accudiscono,
ne sono
“proprietari” dicono loro … noi potremmo
fingere che sia così.
Nessuno
farebbe domande ad un uomo con la sua
creatura, penserebbero che sia normale.
E
noi saremmo liberi di conoscere il mondo, la
gente, liberi di volare ovunque.
Sarebbe
meraviglioso! E se mi prendesse la nostalgia
cosa ci impedirebbe di volare subito qui? Saremmo insieme e potremmo
fare
qualunque cosa!
Lui
accetterà ma io avrò il coraggio di farlo? A
parole è così facile lasciare ciò che
si conosce.
Mi
fido abbastanza di lui da affidargli tutta me
stessa? La mia vita, la mia anima, il mio fuoco tutto sarebbe suo per
sempre.
Sarebbe il mio compagno ma una femmina senza uova
cos’è in realtà? E se Lui si
innamorasse di un essere umano? Di qualcuno più simile a
lui? Cosa ne sarebbe
di me? Potrei solo lasciarmi spegnere …
Eppure
il mio cuore sa che Lui non è così.
La
mamma mi ha sempre detto che quando una Fenice
incontra il suo compagno il suo cuore sa che si fida di lui, che non
sarà
tradito. Ora capisco cosa intendeva.
Dentro
di me ho la certezza del suo amore e della
sua fedeltà! E’ una sensazione meravigliosa.
Ecco
il sole che sorge. Credo che sia giunta l’ora
di parlare con Lui. Deve sapere prima ancora dei miei genitori qual
è la mia
scelta.
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Capitolo 6 *** 6° Capitolo: 30 Agosto 1900 ***
Fanny
cantò il
nome di lui mettendoci tutto il suo amore, per svegliarlo con tutta la
dolcezza
che aveva appreso da sua madre, finché non sentì
il giovane muoversi
all’interno della tenda.
Albus
uscì poco
dopo fissandole addosso quegli occhi più azzurri del cielo
colmi di tutta la
felicità e l’amore che gli sgorgavano dal cuore.
Si
guardarono a
lungo, in silenzio, i loro cuori si parlavano senza bisogno che le loro
labbra
si muovessero per dar voce ai loro sentimenti.
Si
capirono
profondamente, meglio di quanto fosse accaduto prima.
Venne
infine il momento
in cui arrivarono in volo Faber e Dulcinea, i loro sguardi si
lasciarono per
seguire il planare delle due Fenici finché non atterrarono
elegantemente
accanto a loro.
-Mamma,
papà, Albus ed io dobbiamo parlarvi!-
Esordì
trillando
Fanny. Lei e il giovane si scambiarono un’ occhiata felice
che i due adulti non
mancarono di notare, poi il mago prese la parola –Noi
vogliamo restare insieme! Non possiamo neanche pensare di
separarci. Vorrei che fosse Fanny a decidere dove e come vivremo, la
sua
felicità è l’unica cosa che mi stia a
cuore.-
Il
suo discorso
venne ripreso da Fanny che continuò –Vivremo
a casa di Albus. Nessuno troverà strano che un umano abbia
un’altra creatura
accanto, la mamma mi ha detto che spesso gli uomini si prendono cura di
cani,
gatti, ippogrifi e altre creature. Potremo viaggiare, vedere posti
lontani,
conoscere gente diversa. E tornarvi a trovare ogni volta che vorremo.-
Concluse
tutto
d’un fiato e rimase in attesa della risposta evitando
accuratamente di guardare
sia Albus che suo padre e osservando invece con attenzione sua madre.
Faber
restò in
silenzio a lungo osservando gli sguardi che venivano scambiati,
ascoltando le
parole non dette e riflettendo su quelle che aveva ascoltato, infine
parlò
–Bene. La tua è una scelta difficile figlia mia.
Sai che potrei impedirti
facilmente di lasciare il tuo nido, ma non lo farò.
Vedo
il vostro
amore riflesso nei vostri occhi e l’approvazione di tua madre
è palese.
Però
vi porrò
delle condizioni ed esigo che vengano rispettate, altrimenti vi
negherò il
permesso!-
La
dichiarazione
del maschio, autorevole e lapidaria stupì molto i due ma la
cosa che li
sorprese di più fu che Dulcinea si dichiarasse subito
d’accordo col compagno
–Si figli miei! Faber ha ragione.
La
vostra è una
scelta coraggiosa e difficile e sono molto fiera di voi. Voglio
però che siate
accettati e rispettati nello stormo e, soprattutto, voglio che la mia
piccola
sia al sicuro. No Albus! So che non la metteresti mai in pericolo
volontariamente ma potresti decidere di fidarti dell’umano
sbagliato e sarebbe
lei a rimetterci.- Di fronte a questo ragionamento il giovane mago non
poté che
dichiararsi d’accordo con loro e dirsi pronto a fare tutto
ciò che gli
avrebbero ordinato.
Il
maschio volò
via per riunire lo stormo mentre la sua compagna restò a
spiegare loro cosa
sarebbe avvenuto. –Parte di quello che richiederemo
sarà un giuramento
incantato da parte tua, Albus, che ti obbligherà a mantenere
il segreto su
alcune cose: primo fra tutti il rapporto speciale che lega te e Fanny,
secondo
la posizione del nido e poi tutto ciò che apprenderai delle
nostre leggende e
tradizioni. Non potrai raccontare in nessun modo tutto quello che hai
imparato
e che imparerai da noi. Questa è la sostanza di
ciò che ti chiederemo di
giurare e sarai legato dalla nostra magia a mantenere la tua parola.
Dopo di
ciò celebreremo il rito che vi legherà come
compagni per la vita, lo stesso che
unisce due Fenici che si scelgono e vogliono creare un loro nido. Con
questo
rito sarai considerato a tutti gli effetti una Fenice e avrai i nostri
stessi
diritti e doveri. E allo stesso tempo Fanny potrà seguirti
senza essere espulsa
dallo stormo e mantenendo il diritto di tornare ogni volta che lo
vorrà.-
Sentendo cosa gli sarebbe stato richiesto Albus fu felice di accettare
senza
riserve, avrebbe acconsentito a qualunque cosa avesse tenuto al sicuro
e reso
felice Fanny.
Lei
d’altronde
pur di poter seguire Albus e poter tornare a trovare i suoi di tanto in
tanto
si sarebbe tagliata la coda quindi non ebbe nulla in contrario.
Si
fecero
spiegare per filo e per segno cosa avrebbero dovuto fare e dire, giusto
in
tempo per il ritorno di Faber accompagnato da una decina di
meravigliosi
uccelli che volavano in formazione e si posarono nella radura
disponendosi a
semicerchio attorno a loro.
Albus
era
incantato dallo spettacolo che gli si presentava davanti. Nessun essere
umano
aveva mai avuto la possibilità di vedere uno stormo di
Fenici al completo,
tantomeno di prendere parte ai loro riti, dei quali nessun uomo sapeva
nulla.
Fanny
si
avvicinò ai suoi fratelli per assistere al giuramento di
Albus e lo guardò
orgogliosa e piena d’amore mentre, insieme a Faber, compiva
l’incantesimo che
lo avrebbe obbligato al silenzio.
Il
mago recitò
il giuramento con voce chiara e decisa, senza nessuna incertezza.
Le
Fenici lo
ascoltarono in silenzio e, alla fine, espressero la loro approvazione
schioccando forte il becco. Poi il padre chiamò la giovane
Fanny accanto a loro
e intonò il canto che avrebbe unito la coppia di fronte a
tutti.
-Noi
siamo due
ma vivremo come uno, sempre insieme, voleremo attraverso la nostra vita
uniti.
Liberi
di essere
felici, liberi di amarci, liberi di costruirci il nido e di allevare i
nostri
piccoli;
legati
dal nostro
amore, legati dalla fedeltà reciproca, legati dal rispetto
l’uno dell’altro.
Saremo
liberi e
legati insieme, per tutta la nostra vita. La nostra vita
sarà un volo insieme,
liberi.-
Quando
il canto
terminò la nuova coppia venne sommersa di auguri e
felicitazioni, tutto lo
stormo si comportava veramente come se Albus fosse realmente uno di
loro e non
un essere umano.
Il
giovane
comprese in quel momento di aver trovato, non solamente una compagna,
ma
un’intera famiglia che lo accettava e che lo avrebbe amato
per tutta la sua
vita.
Il
suo cuore era
colmo di amore, gratitudine e commozione.
Fanny
era più
felice di quanto avrebbe potuto immaginare: avrebbe vissuto una vita
meravigliosa col suo compagno, senza essere relegata su una montagna ma
vedendo
luoghi diversi e apprendendo più di quanto i suoi simili
potessero mai sperare
di imparare. Sarebbe stata libera di volare ovunque e avrebbe potuto
fare
ritorno al nido ogni volta che lo avesse desiderato.
I
festeggiamenti
durarono tutto il giorno poi, al crepuscolo, le Fenici tornarono ai
loro nidi.
Faber
e Dulcinea
rimasero il tempo di sapere che i compagni novelli sarebbero partiti il
giorno
dopo e per mettersi d’accordo con loro di incontrarsi al
sorgere del sole poi,
anch’essi, li lasciarono soli.
I
due si
guardarono felici ed entrarono nella tenda per trascorrere la notte al
caldo.
-Fanny
sei certa della scelta che hai fatto? Non hai
rimpianti vero?-
Albus si preoccupò di domandare mentre si sdraiava nel suo
letto. –No! Sono felice! Ora sei il
mio compagno e
insieme vivremo una vita meravigliosa. Mi mancherà la mia
famiglia ma potremo
tornare a trovarli quando vorremo. Sai mi piacerebbe vedere la tua
casa, tu hai
visto la mia. Non vedo l’ora di conoscere il tuo mondo. E,
soprattutto, non
vedo l’ora di volare con te. – Mentre
parlava si accucciò accanto a lui sul
letto poi gli becchettò affettuosamente una guancia per
dargli la buona notte e
mise il capo sotto l’ala come faceva sempre per dormire.
Albus
fu
commosso dal discorso della sua compagna e le baciò
dolcemente il capino,
accarezzandole le piume soffici. Poi anch’egli chiuse gli
occhi e si addormentò
profondamente.
|
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Capitolo 7 *** Epilogo: 31 Agosto 1900 ***
L’alba
li trovò
vicini ma svegli, Albus accarezzava piano le piume del collo della sua
compagna
che, intanto, cantava piano uno dei canti che aveva appreso da sua
madre.
Quando
sentirono
un lieve frullio d’ali fuori dalla tenda si alzarono e
uscirono all’aperto.
Osservarono
i
genitori di Fanny planare nella radura e Fanny gli si
avvicinò subito per
becchettarli affettuosamente per poi svolazzare ad appollaiarsi
comodamente
sulla spalla di Albus.
-Figlioli
credo
che per voi sia ora di partire per iniziare la vostra nuova vita. -
Disse
Dulcinea affettuosamente e Faber si raccomandò di fare
attenzione durante il
volo. Fanny si commosse ed Albus la lasciò andare dai
genitori mentre lui
preparava i suoi bagagli.
-mamma
mi mancherete così tanto …- gemette
la
piccola lasciandosi cingere dall’ala della madre.
-Cara
mi
raccomando fai attenzione, sii straordinariamente felice e torna presto
a
trovarci. –
-Anche
tu ci
mancherai tantissimo: sei la prima dei nostri piccoli ad andare
così lontano
dal nido. -
Aggiunse
suo
padre con emozione. Poi si rivolse ad Albus – Mi raccomando,
abbi cura della
nostra piccola. - -si caro – aggiunse Dulcinea –e
mi raccomando, tornate in
primavera, per la schiusa delle uova, a conoscere il nuovo fratello di
Fanny. –
-ma
certo mamma, non dovete preoccuparvi, mi
prenderò cura di lei e verremo presto a trovarvi –
le rispose
Albus serenamente. –adesso temo che
dobbiamo salutarvi, è giunta l’ora di andare.- Fanny
si strinse per un
attimo al padre e poi alla madre prima di arruffare con cura le piume e
di
tendere la coda verso il suo mago pronta per partire. Il giovane
raccolse il
suo zaino e si aggrappò con decisione alla coda della Fenice
poi, dopo un
ultimo saluto, si alzarono in volo e si allontanarono verso sud per il
loro
primo volo insieme, liberi!
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