When I look at you

di Hell Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** 1. L'inizio di tutto ***
Capitolo 3: *** 2. Primi sintomi ***
Capitolo 4: *** 3. Sono malata? ***
Capitolo 5: *** 4. Perchè proprio io? ***
Capitolo 6: *** 5. La nostra solitudine ***
Capitolo 7: *** 6. Contro me stesso ***
Capitolo 8: *** 7. Stai lontano da lei ***
Capitolo 9: *** 8. Riabilitazione ***
Capitolo 10: *** 9. Voglio camminare ***
Capitolo 11: *** 10. Andare avanti ***
Capitolo 12: *** 11. Un aspetto malato ***
Capitolo 13: *** 12. Il luogo in cui mi trovo ***
Capitolo 14: *** 13. Un litro di lacrime ***
Capitolo 15: *** 14. Vivere il momento ***
Capitolo 16: *** 15. Lettera d'amore ***
Capitolo 17: *** 16. Di nuovo insieme ***
Capitolo 18: *** 17. Sonno per sempre ***
Capitolo 19: *** 18. Labbra (The End) ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


 

Nuvole all'orrizonte, il cielo sembrava avesse voglia di piangere, far cadere lentamente le sue gocce d'acqua. 
Tutto quello che sapevo era solo un enorme sofferenza per me e per lei. Non avrei mai immaginato di trovare quel dolce viso inespressivo rigato dalle lacrime salate scese per chissà quale motivo.
La frustrazione di non poterle leggere la mente mi mandava in bestia, il sapere che mi ero di nuovo affezionato ad un'umana, per lo più di un umana con un debole corpo, talmente fragile da poterlo distruggere con un solo mio tocco sbagliato.
Trovandomi davanti ad una scelta che avrebbe determinato la fine delle sue sofferenze, ma la creazione di nuove. Compresi che avvicinarmi a lei ed innamorarmene a tal punto era lo sbaglio più grande che potessi fare.
Il suo cuore batteva a malapena, i suoi respiri si facevano sempre più affannosi, sino alla mia egoistica decisione di averla per sempre al mio fianco, sentii le sue urla di dolore per ciò che feci.
E all'improvviso il suo cuore smise di battere, i suoi affanni diminuirono fino a cessare.
La rabbia, la frustrazone, la tristezza ed il dolore era niente in confronto a ciò che lei avrebbe provato nello scoprire ciò che le avevo fatto.Nella mia mente rimbombavano le parole che lei mi aveva detto tempo fa: "Sono la luna solitaria nel silenzioso cielo notturno. Ma un giorno qualcuno mi troverà brillare nell'oscurità." E a capo chino dissi: << Io sono colui che ti ha trovato brillare nell'oscurità >>
E quelle furono i miei tre giorni più dolorosi della mia esistenza, fino al suo nuovo risveglio.

 

 

 

 

Prefazione:

 

 

 

 

Nuvole all'orrizonte, il cielo sembrava avesse voglia di piangere, far cadere lentamente le sue gocce d'acqua. 
Tutto quello che sapevo era solo un enorme sofferenza per me e per lei. Non avrei mai immaginato di trovare quel dolce viso inespressivo rigato dalle lacrime salate scese per chissà quale motivo.
La frustrazione di non poterle leggere la mente mi mandava in bestia, il sapere che mi ero di nuovo affezionato ad un'umana, per lo più di un umana con un debole corpo, talmente fragile da poterlo distruggere con un solo mio tocco sbagliato.
Trovandomi davanti ad una scelta che avrebbe determinato la fine delle sue sofferenze, ma la creazione di nuove. Compresi che avvicinarmi a lei ed innamorarmene a tal punto era lo sbaglio più grande che potessi fare.
Il suo cuore batteva a malapena, i suoi respiri si facevano sempre più affannosi, sino alla mia egoistica decisione di averla per sempre al mio fianco, sentii le sue urla di dolore per ciò che feci. 
E all'improvviso il suo cuore smise di battere, i suoi affanni diminuirono fino a cessare.La rabbia, la frustrazone, la tristezza ed il dolore era niente in confronto a ciò che lei avrebbe provato nello scoprire ciò che le avevo fatto.
Nella mia mente rimbombavano le parole che lei mi aveva detto tempo fa: "Sono la luna solitaria nel silenzioso cielo notturno. Ma un giorno qualcuno mi troverà brillare nell'oscurità."
E a capo chino dissi: << Io sono colui che ti ha trovato brillare nell'oscurità >> 
E quelle furono i miei tre giorni più dolorosi della mia esistenza, fino al suo nuovo risveglio.

 

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Capitolo 2
*** 1. L'inizio di tutto ***


 

~ Bella
Ed ecco l'inizio di un nuovo giorno, l'inizio di una nuova vita. Corsi dal mio autista... Sam. Un giovane uomo, capelli corti e neri. Occhi dello stesso colore, molto muscoloso e abbronzato, anche se qui a Forkxs di sole se ne intravedeva di rado. Nell'attraversare il corridoio per andare alla porta d'ingresso caddi, procurandomi una piccola, lieve sbucciatura alla mano. Non badandoci molto, entrai in macchina, dalla parte del passeggere, e senza degnare di una sguardo al mio presunto padre, dissi a Sam che potevamo pure andare.
Percorremmo un piccolo tratto che già incominciò a gocciolare. Le nuvole si facevano sempre più dense, incutendomi un po' di timore, emanando un'atmosfera non ben gradita.
Arrivammo nel parcheggio della mia nuova scuola, gli occhi furono subito puntati sulla BMW in cui mi trovavo all'interno. No, forse erano puntati verso di me. Una ragazza con i capelli castani... quasi rossi, boccoli che mi ricadevano lungo la schiena, occhi cioccolato e corporatora magra.
Sguardi molto incuriositi, tutti curiosi di conoscere la figlia del ricco imprenditore Swan. 
Continuavano a seguire lo spostamente della macchina che parcheggiava. Io mi guardavo intorno e non c'era nemmeno una persona che non aveva rivolto il suo sguardo dalla mia parte.  
Sam mi aprì la portiera posando sopra la mai testa un ombrello tutto nero, per evitare che mi bagnassi.
Io scesi dalla macchina, presi l'ombrella che mi porse e senza accorgermene sentivo che stavo per cadere, ma al mio fianco c'era il mio autista che mi prese senza problemi, evitandomi di cadere nell'asfalto bagnata del parcheggio.
L'autista se ne andò, lasciandomi in balia di una moltitudine di gente che non conoscevo. 
Un ragazzo di nome Mike mi introdusse i suoi amici e mi accompagnò a prendere i miei orari. 
Alla prima ora avevo inglese insieme a lui e si sedette accanto a me. Alla pausa pranzo fece altrettanto. Chiacchierai e sorrisi. Mi trovavo bene in loro compagnia. Sopratutto di una ragazza: Angela. Non avrei immaginato di fare così in fretta amicizia.
Ma volevo tanto ritornare a casa, per raccontare a Kety, la mia domestica, la mia nuova, felice giornata. 
Arrivò l'ultima ora: biologia, una delle mie materie preferite.
Mi sedetti in un banco libero, dietro ad un ragazzo con i capelli castano ramati, camicia bianca a maniche corte, pelle molto chiara, più pallido di me e giacca appoggiata nello schienale della sedia.
Non so il perchè ma per dei minuti, non riuscì ha staccare gli occhi dalla sua schiena ben definita con lineamenti di muscolatura molto visibili. Passai maggior parte della lezione così, continuando a guardare lui e di tanto in tanto il volto del professore. Quell'ora sembrò interminabile, ma proprio in quell'istante la campanella suonò segnando l'ora della fine delle scuola.
Raccolsi con molta calma i miei libri, rimanendo sola in quell'aula buia e desolata. Esso mi incuteva un po' di paura così misi tutto in fretta nella tracolla e me ne andai.
Dirigendomi verso il parcheggio, non so come, ma mi fu difficile padroneggiare con cura i miei piedi che mi fecero cadere. Mi ritrovai a terra, schiacciando l'erba verde bagnata dalla pioggia di poche ora prima. Sentii dolori nelle ginocchia, ma non ci badai. Alzai lentamente la testa e mi accorsi che davanti a me c'era un figura. Qualcuno era lì. Era il ragazzo di bilogia.
Guardandolo in volto notai i suoi occhi neri... neri come la pece, uno sguardo poco amichevole. Sembrava che mi volesse mangiare viva.
Avevo fatto qualcosa che non andava? Non ero simpatica a questo individuo? Queste erano le domande  che volevo dare risposta, ma non la trovavo.
Mi alzai in fretta, ripulendomi i vestiti bagnati. Sentii un lieve fastidio al ginocchio lo guardai e nei miei jeans azzurro chiaro si era formata una macchia di sangue. Il ragazzo, più alto di me non smise di fissarmi con quello sguardo pieno d'odio, sembrava che tratteneva il respiro.
All'improvviso una mano mi prese per il braccio... mi voltai... era Sam.
<< Signorina, è ora che la riporti a casa >> disse con tono controllato e con un volto inespressivo. Lo seguii lasciandomi alle spalle quello strano ragazzo.
Però quello che mi preoccupò di più era il mio modo di cadere. Quella era stata una senzazione inspiegabile, come se il mio corpo non volesse darmi ragione, come se non riusciva ad arrivare al cervello il mio ordine di muovermi. Ma per quella giornata non ci badai molto. Fino al giorno seguente...

 

L'inizio di tutto

 

 

~ Bella


Ed ecco l'inizio di un nuovo giorno, l'inizio di una nuova vita. Corsi dal mio autista... Sam. Un giovane uomo, capelli corti e neri. Occhi dello stesso colore, molto muscoloso e abbronzato, anche se qui a Forks di sole se ne intravedeva di rado. Nell'attraversare il corridoio per andare alla porta d'ingresso caddi, procurandomi una piccola, lieve sbucciatura alla mano. Non badandoci molto, entrai in macchina, dalla parte del passeggero, e senza degnare di una sguardo al mio presunto padre, dissi a Sam che potevamo pure andare.
Percorremmo un piccolo tratto che già incominciò a gocciolare. Le nuvole si facevano sempre più dense, incutendomi un po' di timore, emanando un'atmosfera non ben gradita.Arrivammo nel parcheggio della mia nuova scuola, gli occhi furono subito puntati sulla BMW in cui mi trovavo all'interno. No, forse erano puntati verso di me. Una ragazza con i capelli castani... quasi rossi, boccoli che mi ricadevano lungo la schiena, occhi cioccolato e corporatora magra.Sguardi molto incuriositi, tutti curiosi di conoscere la figlia del ricco imprenditore Swan.
Continuavano a seguire lo spostamente della macchina che parcheggiava. Io mi guardavo intorno e non c'era nemmeno una persona che non aveva rivolto il suo sguardo dalla mia parte.  
Sam mi aprì la portiera posando sopra la mai testa un ombrello tutto nero, per evitare che mi bagnassi.Io scesi dalla macchina, presi l'ombrella che mi porse e senza accorgermene sentivo che stavo per cadere, ma al mio fianco c'era il mio autista che mi prese senza problemi, evitandomi di cadere nell'asfalto bagnata del parcheggio.
L'autista se ne andò, lasciandomi in balia di una moltitudine di gente che non conoscevo. 
Un ragazzo di nome Mike mi introdusse i suoi amici e mi accompagnò a prendere i miei orari. 
Alla prima ora avevo inglese insieme a lui e si sedette accanto a me. Alla pausa pranzo fece altrettanto. Chiacchierai e sorrisi. Mi trovavo bene in loro compagnia. Sopratutto di una ragazza: Angela. Non avrei immaginato di fare così in fretta amicizia.
Ma volevo tanto ritornare a casa, per raccontare a Kety, la mia domestica, la mia nuova, felice giornata. 
Arrivò l'ultima ora: biologia, una delle mie materie preferite.
Mi sedetti in un banco libero, dietro ad un ragazzo con i capelli castano ramati, camicia bianca a maniche corte, pelle molto chiara, più pallido di me e giacca appoggiata nello schienale della sedia.
Non so il perchè ma per dei minuti, non riuscì ha staccare gli occhi dalla sua schiena ben definita con lineamenti di muscolatura molto visibili. Passai maggior parte della lezione così, continuando a guardare lui e di tanto in tanto il volto del professore. Quell'ora sembrò interminabile, ma proprio in quell'istante la campanella suonò segnando l'ora della fine delle scuola.Raccolsi con molta calma i miei libri, rimanendo sola in quell'aula buia e desolata. Esso mi incuteva un po' di paura così misi tutto in fretta nella tracolla e me ne andai.
Dirigendomi verso il parcheggio, non so come, ma mi fu difficile padroneggiare con cura i miei piedi che mi fecero cadere. Mi ritrovai a terra, schiacciando l'erba verde bagnata dalla pioggia di poche ora prima. Sentii dolori nelle ginocchia, ma non ci badai. Alzai lentamente la testa e mi accorsi che davanti a me c'era un figura.
Qualcuno era lì. Era il ragazzo di biologia.
Guardandolo in volto notai i suoi occhi neri... neri come la pece, uno sguardo poco amichevole. Sembrava che mi volesse mangiare viva.
Avevo fatto qualcosa che non andava? Non ero simpatica a questo individuo? Queste erano le domande  che volevo dare risposta, ma non la trovavo.
Mi alzai in fretta, ripulendomi i vestiti bagnati. Sentii un lieve fastidio al ginocchio lo guardai e nei miei jeans azzurro chiaro si era formata una macchia di sangue. Il ragazzo, più alto di me non smise di fissarmi con quello sguardo pieno d'odio, sembrava che tratteneva il respiro.
All'improvviso una mano mi prese per il braccio... mi voltai... era Sam.
<< Signorina, è ora che la riporti a casa >> disse con tono controllato e con un volto inespressivo. Lo seguii lasciandomi alle spalle quello strano ragazzo.Però quello che mi preoccupò di più era il mio modo di cadere. Quella era stata una senzazione inspiegabile, come se il mio corpo non volesse darmi ragione, come se non riusciva ad arrivare al cervello il mio ordine di muovermi. Ma per quella giornata non ci badai molto.
Fino al giorno seguente...

 

cri_91: Grazie molte, sono contenta che la storia ti piaccia e farò il pssibile per mantenere una buona storia che piaccia a tutti.

Nessie_06: Grazie mille, cercherò di non deluderti e spero che il mio nuovo capitolo ti sia piaciuto. ^^

 

Ecco a voi il capitolo, spero che vi sia piaciuto perchè ci ho impiegato molto a scriverlo anche se è corto. Continuavo a cambiare quello che scrivevo, e ora non se va bene, ma io spero davvero che sia di vostro gradimento, perchè d'adesso in poi inizierà la vera storia.

Racensite in molti e ditemi se c'è qualcosa che secondo voi dovrei migliorare, perchè nella scrittura sono ancora molto inesperta!! ^^"
PS:ho intenzione di cambiare titolo, e vorrei il vostro parere. Lo cambierò in:
"Wet with tears" ----> rigato dalle lacrime.
Vorrebbe significare che il volto di Bella sarà rigato dalle lacrime. Andando avanti con la ff scoprirete il perchè.
Comunque mi piacerebbe tanto avere una vostra opinione.


 

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Capitolo 3
*** 2. Primi sintomi ***


 

~ Bella
Ed ecco arrivato il mio secondo giorno di scuola. Con un sorriso in 
volto, già pronta e lavata, scesi le scale della dimora in cui vivevo e me 
ne andai, vidi se mio padre fosse nel suo ufficio, ma non c'era più, era di 
nuovo andato al lavoro senza nemmeno salutarmi, da quando sono 
arrivata qui l'ho visto solo una volta, quando è venuto a prendermi 
all'aereoporto. 
Uscii di casa correndo e attraversando il vialetto di casa. Cercai di fare 
un altro passo, ma qualcosa me lo impediva e caddi di faccia. Ero stata 
incapace di proteggermi il volto appoggiando le braccia al pavimento.
Sentii un bruciore al mento, lacrime di dolore uscirono dai miei occhi 
luccidi, udii il vocione del mio autista che mi prese in braccio 
portandomi all'inerno della BMW, posandomi nei sedili posteriori.
Con le mie dita toccai il mento ricoperto di sangue. Ormai il dolore mi 
invadeva acuto e bruciante. Sam corse fino all'ospedale, aiutantomi a 
scendere dalla macchina e portandomi da un infermiera che mi mandò 
da un dottore. Costui non mostrava più di una trentina d'anni, gli occhi avevano un contorno violace, come se avesse passato la notte in bianco, essi erano color miele, intonati con il colore biondo dei capelli. La sua pelle era molto pallida, molto alto e muscoloso. Il suo volto era di una bellezza devastante. Non avrei immaginato che esistesse qualcuno così. Ma... alcune caratteristiche era identiche a quelle del ragazzo di ieri. Anche lui era di una bellezza sovrumana.
Lui con delicatezza mi sciacquò il mento, togliendo ogni traccia di 
sangue, disifettò il taglio e mise un grosso cerotto bianco.
Uscì dalla stanza dove entrò Sam per parlare con il dottore. Andai nella 
sala d'attesa e mi sedetti in una sedia blu che vidi davanti ai miei occhi.
Sbirciai in torno, notai che davanti a me stava passando qualcuno, era il 
ragazzo del giorno prima, quello con i capelli ramati e gli occhi neri. 
Si accorse che lo stavo osservando e lui mi diede di rimando il suo 
sguardo, ma era ben poco amichevole.
Questa volta i suoi occhi non erano Neri, era d'ora, come il topazio.
<< Cosa hai fatto alla faccia? >> chiese lui tutto d'un tratto. Fu lapria 
volta che udii la sua voce. Era come una dolce melodia fatta apposta per 
essere sentita dalle mie orecchie, non me ne sarei mai stancata di quella 
melodia.
<< Sono caduta >> risposi. Ma mi accorsi che non sapevo ancora il suo 
nome << Non so ancora il tuo nome >> aggiunsi un attimo dopo.
<< Edward, Edward Cullen >> disse con tono calmo, rilassato << Tu devi essere Bella Swan >> continuò la conversazione.
Mi sporprese che mi avesse chiamata Bella, tutti a scuola mi conoscevano con il nome Isabella, ero io ha dire che mi potevano chiamare semplicemente Bella.
<< Come mai ti trovi qui in ospedale? >> domandai tutto ad un tratto, lo sorprese un po' la domanda che gli avevo posto.
<< Mio padre è un dottore di questo ospedale, sono venuto a consegnargli alcune cartelle cliniche che aveva dimenticato a casa. >> mi rispose con tono precedente. 
Rispetto a ieri, era tutta un altra persona, ma manteneva ancora una certa distanza, sedeva a due sedie di lontananza da me, però non notavo più quello sguardo di odio. Forse... mi ero immaginata tutto.
Edward... guardandosi in giro, e vedendo i pazienti girovagare per l'ospedale aggiunse: << Non trovi che gli umani siano avidi? Le piante e gli animali sanno quato 
vivranno sin dalla loro nascita. Gli umani invece sono così avidi da voler vivere sempre più a lungo. >> a quell'affermazione rimasi senza parole, cosa voleva intendere con quello? Quel ragazzo era strano.
<< Signorina, la prego di entrare >> una voce famigliare mi distrasse dai miei pensieri, era Sam che si mostrava di fronte ai miei occhi. Con la mano mi indicò la stanza da dove ero uscita poco prima. Pensai che avessi finito con le cure mediche, con mia curiosità entrai nuovamente in quella stanza bianca illuminata da una finestra dalla parete sinistre. Il dottore mi fece cenno di sedermi nella sedia davanti a lui. Mi sedetti e attesi che parlasse lui.
<< Sono il neurologo Carlisle Cullen >> incominciò a dire. Io con un cenno della testa e lo lasciai continuare << Da quando hai incominciato a camminare barcollando? >> mi domandò.
<< Da circa un mese >> risposi.
<< Ed ha inciampare? >>
<< Ieri >>
<< Hai riscontrato difficoltà nel parlare? >> quella domanda mi fu piuttosto strana, ma risposi di no dopo qualche secondo.
Smise con le domande e iniziò a farmi camminare scalza avanti e indietro la stanza per un paio di volte. Poi mi disse di rimanere in equilibrio con un piede solo. Trovai molte difficoltà in ciò. Mi era faticoso restare in equilibrio.
Successivamente mi rifece sedere nella sedia precedente. Sam era ancora accato a me. 
Il neurologo, mise il dito indice a una ventina di centimetri di distanza dal mio volto. Disse che dovevo toccare la punta del mio naso e il suo dito. Feci avanti e indietro con in movimenti, poi mi disse di farlo più velocemente. Era complicato per me toccare il mio naso e il suo dito al primo colpo. Dopo di che dovevo seguire con gli occhi una luce. In esso non trovai difficoltà.
E per ultimo mi fece una lastra al cervello.
Aggiunse che tra qualche giorno ci sarebbero stati i risultati, avrei anche dovuto scrivere un diario. Per quello non trovai nessun problema. Mi piaceva scrivere.
Ma non capivo come mai dovevo fare queste cose, come al solito non ci badai più di tanto.

 

 

Primi Sintomi

 

 

~ Bella

 

Ecco arrivato il mio secondo giorno di scuola. Con un sorriso in volto, già pronta e lavata, scesi le scale della dimora in cui vivevo e me ne andai. Vidi se mio padre fosse nel suo ufficio, ma non c'era più, era di nuovo andato al lavoro senza nemmeno salutarmi, da quando sono arrivata qui l'ho visto solo una volta: quando è venuto a prendermi  all'aereoporto. 
Uscii di casa correndo e attraversando il vialetto dell'abitacolo. Cercai di fare un altro passo, ma
qualcosa me lo impediva e caddi di faccia. Ero stata incapace di proteggermi il volto appoggiando le mani al pavimento.
Sentii un bruciore al mento, lacrime di dolore uscirono dai miei occhi luccidi, udii il vocione del mio autista che mi prese in braccio portandomi all'interno della
BMW, posandomi nei sedili posteriori.
Con le mie dita toccai il mento ricoperto di sangue. Ormai il dolore mi invadeva acuto e bruciante.
Sam corse fino all'ospedale, aiutantomi a scendere dalla macchina e portandomi da un infermiera che mi mandò da un dottore.
Costui non mostrava più di una trentina d'anni, gli occhi avevano un contorno violaceo, come se avesse passato la notte in bianco, essi erano color miele, intonati con il colore biondo dei capelli. La sua pelle era molto pallida, molto alto e muscoloso. Il suo volto era di una bellezza devastante. Non avrei immaginato che esistesse qualcuno così. Ma... alcune caratteristiche era identiche a quelle del ragazzo di ieri. Anche lui era di una bellezza sovrumana.
Lui con delicatezza mi sciacquò il mento, togliendo ogni traccia di sangue, disinfettò il taglio e mise un grosso cerotto bianco.Uscì dalla stanza dove entrò Sam per parlare con il dottore. Andai nella sala d'attesa e mi sedetti in una sedia blu che vidi davanti ai miei occhi.Sbirciai in torno e notai che di fronte a me stava passando qualcuno, era il ragazzo del giorno prima, quello con i capelli ramati e gli occhi neri. 
Si accorse che lo stavo osservando e lui mi diede di rimando il suo sguardo, ma era ben poco amichevole.Questa volta i suoi occhi non erano
neri, erano d'oro, come il topazio.
<< Cosa hai fatto alla faccia? >> chiese lui tutto d'un tratto.
Fu la prima volta che udii la sua voce. Era come una dolce melodia fatta apposta per essere sentita dalle mie orecchie, non me ne sarei mai stancata di quella melodia.
<< Sono caduta >> risposi. Ma mi accorsi che non sapevo ancora il suo nome << Non so ancora il tuo nome >> aggiunsi un attimo dopo.
<< Edward, Edward Cullen >> disse con tono calmo, rilassato << Tu devi essere Bella Swan >> continuò la conversazione.
Mi sporprese che mi avesse chiamata Bella, tutti a scuola mi conoscevano con il nome Isabella, ero io ha dire che mi potevano chiamare semplicemente Bella.
<< Come mai ti trovi qui in ospedale? >> domandai tutto ad un tratto, lo sorprese un po' la domanda che gli avevo posto.
<< Mio padre è un dottore di questo ospedale, sono venuto a consegnargli alcune cartelle cliniche che aveva dimenticato a casa. >> mi rispose con tono precedente. 
Rispetto a ieri, era tutta un altra persona, ma manteneva ancora una certa distanza, sedeva a due sedie di lontananza da me, però non notavo più quello sguardo di odio. Forse... mi ero immaginata tutto.
Edward... guardandosi in giro, e vedendo i pazienti girovagare per l'ospedale aggiunse: << Non trovi che gli umani siano avidi? Le piante e gli animali sanno quanto vivranno sin dalla loro nascita. Gli umani invece sono così avidi da voler vivere sempre più a lungo. >> a quell'affermazione rimasi senza parole, cosa voleva intendere con quello? Quel ragazzo era
strano.
<< Signorina, la prego di entrare >> una voce famigliare mi distrasse dai miei pensieri, era Sam che si mostrava di fronte ai miei occhi. Con la mano mi indicò la stanza da dove ero uscita poco prima.
Pensai che avessi finito con le cure mediche, con mia curiosità entrai nuovamente in quella stanza bianca illuminata da una finestra dalla parete sinistre. Il dottore mi fece cenno di sedermi nella sedia davanti a lui. Mi sedetti e attesi che parlasse lui.
<< Sono il neurologo Carlisle Cullen >> incominciò a dire. Io con un cenno della testa lo lasciai continuare << Da quando hai incominciato a camminare barcollando? >> mi domandò.
<< Da circa un mese >> risposi.
<< Ed ha inciampare? >>
<< Ieri >>
<< Hai riscontrato difficoltà nel parlare? >> quella domanda mi fu piuttosto strana, ma risposi di no dopo qualche secondo.Smise con l'interrogatorio e iniziò a farmi camminare scalza avanti e indietro la stanza per un paio di volte. Poi mi disse di rimanere in equilibrio con un piede solo. Trovai molte difficoltà in ciò. Mi era faticoso restare in equilibrio.
Successivamente mi rifece sedere nella sedia precedente. Sam era ancora accato a me. 
Il neurologo, mise il dito indice a una ventina di centimetri di distanza dal mio volto. Disse che dovevo toccare la punta del mio naso e il suo dito. Feci avanti e indietro con i movimenti, poi mi disse di farlo più velocemente. Era complicato per me toccare il mio naso e il suo dito al primo colpo.
Dopo di che dovevo seguire con gli occhi una luce. In esso non trovai difficoltà. Per ultimo mi fece una lastra al cervello.
Aggiunse che tra qualche giorno ci sarebbero stati i risultati, avrei anche dovuto scrivere un diario. Per quello non trovai nessun problema. Mi piaceva scrivere. Ma non capivo come mai dovevo fare queste cose, ero forse
malata? Come al solito non ci badai più di tanto. Ma quando arrivò il giorno seguente...

 

 kandy_angel: mi fa felice che ti piaccia, cercherò di non deluderti e far sì che continui a pacerti!! ^^

 


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Capitolo 4
*** 3. Sono malata? ***


 

Ed ecco arrivato il mio secondo giorno di scuola. Con un sorriso in volto, già pronta e lavata, scesi le scale della dimora in cui vivevo e me ne andai, vidi se mio padre fosse nel suo ufficio, ma non c'era più, era di nuovo andato al lavoro senza nemmeno salutarmi, da quando sono arrivata qui l'ho visto solo una volta, quando è venuto a prendermi all'aereoporto. 
Uscii di casa correndo e attraversando il vialetto di casa. Cercai di fare un altro passo, ma qualcosa me lo impediva e caddi di faccia. Ero stata incapace di proteggermi il volto appoggiando le braccia al pavimento.

 

 

 

Sono malata?

 

 

~ Bella


Oggi, come mio solito, mi preparo, scendo le scale e faccio colazione. Ma qualcosa mi sorprende. Charlie, mio padre, è a casa. Sta parlando con Sam, il mio autista. 
Che sia successo qualcosa?
Lentamente mi avvicino a loro. Accorgendosi della mia presenza smettono di parlare. Charlie, con aria strana, mi fissa. Con il suo sguardo penetrante, squote la testa e dice a Sam: << Non è possibile. >> Andandosene via senza nemmeno salutarmi o degnarmi di una parola.
<< Qualcosa non va? >> chiesi ingenuamente a Sam.
<< Non si preoccupi Signorina, non è successo niente >> mi rispose. Ma il tono della sua voce era diverso dal solito. Io, l'ho sempre sentito con voce controllata, normale, imperforabile, come un "
robot", però oggi no... Oggi parlava con gentilezza, simpatia e se non sbaglio, forse anche con tristezza. 
Senza domandarmi altro, lo seguii e mi inserii dentro la macchina posizionandomi nel sedile davanti e al mio fianco Sam che metteva in moto la
BMW.  
Arrivammo in poco tempo a scuola. Appena scesi dalla macchina avevo nuovamente gli occhi degli studenti puntati su di me. Anzi, sul enorme cerotto bianco che si trovava ancora sul mio volto.
<< Signorina, oggi, dopo scuola, la devo riportare in ospedale >> ammise Sam appena spento il motore.
<< Perchè? >> chiesi. Mi sorprendeva che dovevo di nuovo recarmi in quel posto. 
<< Per fare dei controlli >> mi rispose.
<< Quali controlli? >> 
<< Per verificare che non rimanga nessuna cicatrice sul suo volto >>
<< E' solo per quello? >> non ero del tutto convinta di quella situazione. 
<< Sì >> disse alla fine. Avrei tanto voluto chiedergli una domanda che mi tormentava da ieri. Ma per ora me ne andai via, senza lasciare che il mio autista venisse ad aprirmi la portiera.
Distolsi lo sguardo da lui e lo posai su qualcun'altro. Edward Cullen.  
Cullen... quel nome lo avevo già sentito da qualche altra parte, ma dove?
Sì... il dottor Carlisle Cullen. Che sia lui il padre di Edward? Deve essere così per forza.
Per la prima volta mi accorsi che il ragazzo non era solo. Con lui c'erano altre quattro persone. Una ragazza con i capelli corti, erano neri e rossicci. Corporatura magra e un po' bassa. Era quasi un
folletto. Accanto a lei c'era un ragazzo più alto di lei di qualche centimetro, aveva i capelli color miele. Lui era il più magro tra i tre ragazzi. Ma si riuscivano anche ad intravedersi i muscoli. I miei occhi si posizionarono su un ragazzo molto grosso. I suoi capelli era molto corti, colore nero, le spalle molto larghe ed era il più altro e muscoloso del gruppo. Affiancata a lui c'era una ragazza con i capelli che le superavano le spalle, erano boindi. Era più alta di quella specie di folletto ed era la più bella fra tutti. Avevano molte cose in comune. Tutti e cinque erano molto pallidi, avevano gli occhi dorati ed erano tutti di una bellezza indescrivibile. 
Poi notai che i loro occhi , di tutti e cinque, incuriositi si erano concentrati su di me che ancora li fissavo. Dall'imbarazzo, me ne andai.
Nella pausa pranzo chiesi ad Angela, la ragazza che mi era più amica, chi fossero le persone accanto ad Edward Cullen. 
Mi spiegò che erano tutti i figli adottivi del dottor Carlisle Cullen e signora. Si chiamavano Alice Cullen e stava con Jasper Hale, Emmett Cullen che stava con Rosalie Hale. Solo Edward non aveva la ragazza.
Finì la pausa pranzo, cercai di prendere il vassoio con sopra la bottiglia d'acqua ancora piena. Fu l'avvenimento più strano di quella giornata. La mia mano, non aveva raggiunto il vassoio, si era fermata a pochi centimetri di distanza da quell'aggeggio di plastica rosso. Era come se non riuscissi a calcolare le distanze fra me e quel "
coso". 
Alzai lo sguardo, e ad un tavolo di distanza, tutti i Cullen, mi stavano fissando. Evitai i loro sguardi e come se non fosse successo niente, presi in mano il vassoio e lo posizionai al suo posto.
Non riuscivo a capiro che cosa stesse succedendo al mio corpo.
Andai via dalla mensa e raggiunsi il mio armadietto, dove presi i miei libri per la lezione sguente. Aprì l'armadietto, presi trigonometria e me ne andai verso l'aula stabilita.
All'improvviso, persi la stabilità con le gambe, stavo per schiantare il viso contro il duro pavimento del corridoio, ma qualcosa mi afferrò, qualcuno si trovava davanti a me. Era duro e freddo, ma ero certa che fosse qualcuno. Alzai lo sguardo per vedere il mio salvatore. Era
Edward
<< Cadi spesso, ai qualche malattia? >> chiese sarcastico, ma quelle parole erano molto più di scherzi.
<< No >> ribattei. Mi staccai dalla sua presa. Per me quel ragazzo era ancora strano. 
<< Sei rimasta colpita dal mio fascino che cadi sempre davanti a me? >> ancora un altra sua battuta.
<< No >> risposi nuovamente.
<< Conosci qualche altro sinonimo di "no" ? >> domandò.
<< Sì >> gli risposi io tenendogli testa e facendo un sorriso. Non un sorriso maligno, uno di quei sorrisi felici. 
Sembrò sbalordito e incuriosito allo stesso tempo. 

Suonò la campanella dell'ultima ora.
Se ne andò senza aggiungere altro. 
Quando chiusi il libro, vedevo doppie le lettere scritte sulla copertina, mi strofinai gli occhi e tutto tornò normale. Doveva essere per la stanchezza.
Mi diressi verso la macchina ed entrai nella
BMW

Sam si diresse verso l'ospedale come aveva detto prima. Entrò nella stanza del dottor Cullen da solo. Io attesi nella sala d'attesa. Poi passò di fronte a me una bambina sui sette anni, portava in mano due buste pesanti. 
Mi offrì ad aiutarla. 
Era venuta a trovare il padre malato. Quel signore non era ingrado di parlare. Aveva in mano una tabella con tutte le lettere sopra, e posizionando il dito indice in ogni lettera molto lentamente, formò un "
Grazie".  
Dopo quello me ne ritornai in sala d'attesa, dove venni chiamata da Sam per entrare nella stanza di ieri.
Il dottore disse che non ci sarebbe rimasta nessuna cicatrice, e mi mise un cerotto molto più piccolo colore della mia carnagione. Dovevo tenerlo per un paio di giorni.
<< Domani portami il tuo diario e mi raccomando di continuare a scivere >> aggiunse il dottore.
<< Devo tornare anche domani? >> chiesi fissando prima il neurologo poi fissando Sam. 
<< Sì, e dovrai inziare a prendere delle medicine e domani farai la riabilitazione >> rifissai il dottore.
<< Medici? Riabilitazione? >> chiesi confusa. 
Perchè mai dovevo prendere delle medicine?
Il dottore non rispose alle mie domande. Questa volta non potevo evitare la cosa. Non potevo rimanere lì senza fare qualcosa.
Usciti dall'ospedale chiesi al mio autista: << Sono per caso malata? >> il mio tono temava un po', ma feci la domanda che da questa mattina mi tormentava in testa e volevo chiedere a Sam.
Lui, con grade stupore mi rispose: << No signorina >> senza aggiungere altro. 
Ed io non potevo fare niente che aspettare.  
Omai giunsi a casa. Entrai all'interno della dimora e notai che Charlie era già a casa. Cosa molto insolita.
Sam seguì Charlie che lo condusse all'interno del suo ufficio dove chiusero la porta ingnorando completamente la mia presenza.
Quella sera andai a dormire senza cenare. La mia mente era troppo occupata a pensare. Il mio stomaco era pieno di farfalle. 
Caddi in un sonno profondo senza sogni.
Ma forse questa era la mia ultima notte per fare sogni felici e la sprecai

 

 kandy_angel: Spero che il capitolo ti sia piaciuto.

 artline: Eccoti accontentata con il nuovo capitolo!!

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Capitolo 5
*** 4. Perchè proprio io? ***


 

~ Bella
Ed ecco l'arrivo di un altro giorno. Questo giorno era il più strano di tutti.
<< Domani verrò in ospedale con te Isabella >> questa era la voce di mio padre che mi risuonava nelle orecchie. Odiavo quel nome, ma sapevo benissimo che lui così freddo e distaccato non avrebbe mai detto "Bella".
Ma per quale motivo al mondo Charlie doveva venire in ospedale con me?
Arrivai a scuola. Sam mi aprì la portiera, io uscii e mi ritrovavo in mezzo alla strada. Ragazzi che giocavano a palle di neve.
Quella notte, scesero piccoli, candidi, batuffoli bianchi di neve, le strade però erano pulite, ma non si può dire altrettando dell'erba verde ricoperda dal bianco.
Tre ragazzi corsero verso la mia direzione. Volevo spostarmi, volevo evitare di essere colpita da loro che non guardavano dove andavano. Ma non potevo. Non ci riuscivo.
Era come se le mie gambe fossero incollate nell'asfalto grigio scuro, umida per la neve. Non riuscivo a controllare il mio corpo, gli ordini non arrivavano alle mie gambe.
Non lo potei evitare. Tentai e ritentai, quei ragazzi erano sempre più vcini a me, mancava poco, molto poco. E a quel punto mi arresi e attesi che mi venissero incontro e che io cadessi a terra.
Non sentì il tonfo del mio corpo che cadeva, non sentivo l'asfalto sotto di me. Tutto quello che percepivo erano due braccia che mi tenevano in grembo. Aprì gli occhi che erano chiusi per la paura. 
Non poteva che non essere lui. 
Sam mi aveva presa prima che mi venissere incontro. Mi trovavo ancora tra le sue braccia. Non avevo abbastanza forze per chiedergli di mettermi giù. Ero troppo incantata da quella vista, di fronte a me Edward Cullen mi fissava. I miei occhi si erano fusi nei suoi color topazio.
Quel momento semrò interminabile. Finchè non mi accorsi che ero ancora in braccio a Sam che subito di che mi mise a terra.
Ringraziai il mio autista e mi diressi verso l'ingresso della scuola.
Passò la giornata in un batter d'occhio fino a quando non arrivò l'ultima ora di lezione: biologia. 
Tutti i posti erano occupati, tutti tranne uno. Quello dove sedeva di fianco Edward. Mi sedetti lì, appoggiando il libro di biologia e il quaderno che aprì per prendere gli appunti per ciò che avrebbe spiegato il professore. Le righe del quaderno le vedevo sfocate, si spostavano, e si sovrapponevano. Strofinai gli occhi, tutto tornò alla normalità. Guardai con stranezza quel quaderno e fui distratta dalla voce di qualcuno.
<< C'è qualcosa di male? >> chiese Edward che mi guardava con curiosità.
<< No, tutto bene >> mentii, niente andava bene. Mi stavano succedendo strane cose. Inciampavo, cadevo, vedevo sfocato, tutto ciò, non poteva più essere evitabile.
La nostra conversazione finì lì, come finì la scuola.
Destinata a casa, presi il diario e scrissi.
A volte questo corpo, pare non sia mio. Cosa mi sta succedendo?
La mano mi stava tramando. Lasciai correre. Lasciai il diario chiuso con sopra la matita pulsante.
Andai in ospedale, ma questa volta non per me, per fare una visita al padre della bambina del giorno prima. 
Arrivata lì, trovai la madre della piccola. Ci presentammo e parlammo, poi chiesi che malattia avesse il marito.
<< Gli organi del corpo umano che ci permettono di muoverci, sono la colonna vertebrale e il cervelletto. 
Quando questi organi non funzionano a dovere, i muscoli non ricevono i giusti impulsi, e così non ci si resce a muovere quando lo si vuole. Ma comunque lui riesce a capire cosa diciamo. Non ci sono danni al cervello. >> mi rispose la signora. Io me ne andai dopo di che.
Andai dall'infermiera e chiesi se c'era il neurologo Carlisle Cullen. Mi disse che era il suo giorno libero, e che potevo trovarlo a casa sua e mi diede il suo indirizzo.
Raggiunsi la dimora dei Cullen. Era una villa molto grande e bianca, si trovava in mezzo al verde della natura che quest'oggi era bianca.
Dalla porta stava uscendo proprio la persona di cui avevo bisogno, e appena mi vide mi raggiunse e andammo per una passeggiata.
<< Come mai sei venuta a cercarmi? >>
<< E' ora che ritorni a casa, altrimenti si preoccuperanno di me >> e detto ciò me ne andai, senza dire quello che volevo dire.
La mia mente era occupata a pensare e raggiunsi la scuola. Mi diressi nel aula di biologia dove si trovavano i computer e cercai malattia sulla colonna vertebrale.
Trovai quello giusto: Atassia spinocerebellare.
"L'atassia spinocerebellare provoca la perdita del controllo del fisico. E' una malattia neurodegenerativa causata da fattori sconosciuti.
Le cellule nervose vengono danneggiate sino a sparire del tutto. Il paziente inciampa frequentemente mentre cammina, cade facilmente. La sua camminata è incerta. Non riesce a percepre il senso della distanza quando cerca di afferrare qualcosa.
Riuscirà a stare da solo in piedi con difficoltà, e sarà costretto a usare la sedia a rotelle.
Non sarà in grado di parlare riscontrando notevoli difficoltà nel comunicare.
Le cause di tale malattia, sono ancora sconosciute. Per il momento, nonostante il progredire, non esiste alcuna cura." 
Leggendo tutto questo sentivo i miei occhi inumidirsi sempre più. "Alcuna cura" ripetai fra me e me.
<< Chi c'è? >> chiese Edward... Edward?
Mi voltai e trovai lui. Spensi il computer in modo che non trovasso quello che stavo leggendo.
<< Che ci fai qui? >> chiesi, la mia voce tremava.
<< Sono venuto a nutrire i pesci dell'acquario >> mi rispose.
Uno di quei pesci era morto e Edward mi disse: << Che gli umani muoiano o vivano, non è che faccia molta differenza. La gente muore, la gente nasce. E' tutto equilibrato dalla natura.
Gli umani sono così. Non c'è alcun bisogno di vivere più a lungo. >>
<< Te ne freghi se muoiono le persone. ma t'importa dei pesci? >> gli domandai. Orami le lacrime iniziarono a sgorgare << Io non credo che sia una cosa così semplice. Vivere, morire, gli equilibri naturali, il sistema... Non è tutto così semplice! >>
<< E' la natura umana >> 
<< Non si tratta di natura umana o cosa! Non è così! Quindi per te se una persona che ti sta cara morisse o si ammalasse, non farebbe alcuna differenza? >> stavo iniziando a gridare e mi era rimasto un groppo alla gola.
Il ragazzo non mi rispose. << Sei proprio strano >> gli dissi a bassa voce e me ne andai.
A casa erano tutti preoccupati, adirittura mio padre, ma gli sorrisi come se non fosse successo niente.
Quella notte, piansi molto. Fino al calar della luce.
Questa mattina la affrontai con un sorriso nelle labbra.
A scuola procedeva tutto bene, nessuno si sarebbe accorto del mio umore dentro finchè mantenevo quel sorriso luminoso. Fino all'ora di biologia.
Ero nuovamente seduta accanto a lui.
<< Tu sei strana >> mi girai di scatto verso di lui. Aveva una faccia molto seria << Ieri avevi detto che io ero strano, ma tu lo sei più di me. Un attimo prima piangi, poi ti riprendi così all'impovviso. Sei strana! >>
<< Oggi finalemte avrò la risposta. L'ascolterò senza scappare via. Ma una volta saputa forse potrei cambiare. Questo è l'ultimo giorno in cui sarò me stessa. Scommetto che oggi è l'ultimo >>
<< Cos'è questo? Un quiz? >> mi chiese confuso. Non riusciva a capirmi.
<< Forse >> gli risposi con un sorriso a trentadue denti. Lui era ancora più sorpreso e confuso
All'ospedale mio padre ed io entrammo nella stanza dovere c'ero stata per ben due volte. 
Il dottor Cullen, vide il mio diario, vedendo la mia ortografia e dicendomi che andava bene e di continuare.
Finalmente ora potevo avere le risposte ai miei dubbi.
<< Prima della diagnosi, vorrei dirti una cosa... sulla tua malattia. Sino ad ora ho raccolto informazioni dettagliate... >> iniziò a parlare. Ma io lo interruppi.
<< E' l'atassia spinocerebellare? >> Sorpreso mi disse di sì.
Ero troppo scioccata per dire qualcos'altro. Tutte le mie speranze che mi sbagliavo erano svanite. Le mie ricerche erano fondate. Ero malata, malata di una malttia incurabile. Ero destinata ad essere come il padre di quella bambina. Avrei vissuto la mia giovinezza in modo diverso dagli altri. Non avrei più vissuto una vita normale.
Non riuscivo più ha pensare. I miei occhi iniziarono a prudermi. Mi stava scendendo un liquido salato. Volevo fermarmi, volevo smettere, ma non ci riuscivo, le lacrime sgorgarono senza calmarsi.
<< E non è curabile? >> ancora incredula. Lui con la testa mi fece cenno di no.
<< Nel cervello umano ci sono circa cento miliardi di neuroni e dieci volte tanto di cellule le quali danno ordini ai neuroni.
Questi neuroni si dividono in due settori: sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale è diviso in: cervello, tronco dell'encefalo, cervelletto, midollo spinale e colonna vertebrale. Di questi, gli organi che lavorano in modo da poterci far muovere liberamente e con agilità, sono il cervelletto, il tronco dell'encefalo e la colonna vertebrale.
Signore... >> si riferì a mio padre << questa è una lastra del cervello di sua figlia. Provi a confrontarla con quella di un cervello normale. Come può vedere, il cervelletto si sta atrofizzando. Per una serie di motivi, la malattia di sua figlia è causata dall'atrofizzazione del cervelletto, e a causa di ciò, i neuroni che vi lavorano all'interno stanno iniziando a sparire. In altre parole, è come se stesse iniziando a "rompersi". >>
<< Rompersi? >> disse sorpreso mio padre, ancora sconvolto per l'avvenimento. 
Mi voltai a vederlo. Aveva gli occhi umidi, stava per... piangere? Mio padre che non mostrava mai a nessuno le sue emozioni, sempre freddo e distaccato senza mostrare un po' di affetto a nessuno, stava per... piangere? Per... me?
<< All'inizio non ci sono sintomi ben precisi, ma potrà notare la sua instabilità nel camminare. Cadrà spesso e non riuscirà a calcolare bene le distanze. O forse, non riuscirà a scrivere propriamente.  Riscontrerà difficoltà nel parlare. I sintomi sono lenti, ma sicuramente progressivi. Non riuscirà a muoversi quando lo vorrà, e nemmeno a parlare nonostante i suoi sforzi. Solo il corpo sarà soggetto a questo disagio. E' una malattia davvero crudele. >> continuò il dottore.
Aveva ragione, era crudele. Avevo diciassette anni ed ero malata. Le lacrime continuavano a scendere, senza ombra di smettere. Continuavano e continuavano, respirare diventava sempre più faticoso, non riuscivo a mandar giù la saliva, ma con grande difficoltà c'è la feci. Però i miei respiri diminuivano.
<< Tranquilla Bella, non ti accadrà niente >> la sua voce tremante... Charlie mi aveva chiamto Bella, una cosa che aspettavo da una vita arrivava proprio in questo momento. Ma non me ne improtava, non mi importava. La mia mente era vuota, senza pensieri positivi, non era da me. Avrei ancora potuto sorridere come un tempo?
<< Dottore, le posso chiedere una cosa? >> anche la mia voce tremava.
<< Certo >> mi rispose.
<< Questa malattia... >> balbettai << questa malattia... perchè ha scelto proprio me? >> ormai Charlie che era sull'orlo di piangere ora stava piangendo.
Questa malattia perchè ha scelto proprio me? Non lo posso accettare per la semplice parola "destino".

 

 

 

Perchè proprio io?

 

 

~ Bella

 

 

Ed ecco l'arrivo di un altro giorno. Questo giorno era il più strano di tutti.
<< Domani verrò in ospedale con te Isabella >> questa era la voce di mio padre che mi risuonava nelle orecchie. Odiavo quel nome, ma sapevo benissimo che lui così freddo e distaccato non avrebbe mai detto "Bella".
Ma per quale motivo al mondo Charlie doveva venire in ospedale con me?

Arrivai a scuola. Sam mi aprì la portiera, io uscii e mi ritrovavo in mezzo alla strada. Ragazzi che giocavano a palle di neve.
Quella notte, scesero piccoli, candidi, batuffoli bianchi di neve, le strade però erano pulite, ma non si può dire altrettando dell'erba verde ricoperda dal bianco.
Tre ragazzi corsero verso la mia direzione. Volevo spostarmi, volevo evitare di essere colpita da loro che non guardavano dove andavano. Ma non potevo. Non ci riuscivo.
Era come se le mie gambe fossero incollate nell'asfalto grigio scuro, umida per la neve. Non riuscivo a controllare il mio corpo, gli ordini non arrivavano alle mie gambe.
Non lo potei evitare. Tentai e ritentai, quei ragazzi erano sempre più vcini a me, mancava poco, molto poco. E a quel punto mi arresi e attesi che mi venissero incontro e che io cadessi a terra.
Non sentì il tonfo del mio corpo che cadeva, non sentivo l'asfalto sotto di me. Tutto quello che percepivo erano due braccia che mi tenevano in grembo. Aprì gli occhi che erano chiusi per la paura. 
Non poteva che non essere lui. 
Sam mi aveva presa prima che mi venissere incontro. Mi trovavo ancora tra le sue braccia. Non avevo abbastanza forze per chiedergli di mettermi giù. Ero troppo incantata da quella vista, di fronte a me Edward Cullen mi fissava. I miei occhi si erano fusi nei suoi color topazio.
Quel momento semrò interminabile. Finchè non mi accorsi che ero ancora in braccio a Sam che subito di che mi mise a terra.
Ringraziai il mio autista e mi diressi verso l'ingresso della scuola.

Passò la giornata in un batter d'occhio fino a quando non arrivò l'ultima ora di lezione: biologia. 
Tutti i posti erano occupati, tutti tranne uno. Quello dove sedeva di fianco Edward. Mi sedetti lì, appoggiando il libro di biologia e il quaderno che aprì per prendere gli appunti per ciò che avrebbe spiegato il professore. Le righe del quaderno le vedevo sfocate, si spostavano, e si sovrapponevano. Strofinai gli occhi, tutto tornò alla normalità. Guardai con stranezza quel quaderno e fui distratta dalla voce di qualcuno.
<< C'è qualcosa di male? >> chiese Edward che mi guardava con curiosità.
<< No, tutto bene >> mentii, niente andava bene. Mi stavano succedendo strane cose. Inciampavo, cadevo, vedevo sfocato, tutto ciò, non poteva più essere evitabile.
La nostra conversazione finì lì, come finì la scuola.

Destinata a casa, presi il diario e scrissi.
A volte questo corpo, pare non sia mio. Cosa mi sta succedendo?
La mano mi stava tramando. Lasciai correre. Lasciai il diario chiuso con sopra la matita pulsante.
Andai in ospedale, ma questa volta non per me, per fare una visita al padre della bambina del giorno prima. 
Arrivata lì, trovai la madre della piccola. Ci presentammo e parlammo, poi chiesi che malattia avesse il marito.
<< Gli organi del corpo umano che ci permettono di muoverci, sono la colonna vertebrale e il cervelletto. 
Quando questi organi non funzionano a dovere, i muscoli non ricevono i giusti impulsi, e così non ci si resce a muovere quando lo si vuole. Ma comunque lui riesce a capire cosa diciamo. Non ci sono danni al cervello. >> mi rispose la signora. Io me ne andai dopo di che.
Andai dall'infermiera e chiesi se c'era il neurologo Carlisle Cullen. Mi disse che era il suo giorno libero, e che potevo trovarlo a casa sua e mi diede il suo indirizzo.
Raggiunsi la dimora dei Cullen. Era una villa molto grande e bianca, si trovava in mezzo al verde della natura che quest'oggi era bianca.
Dalla porta stava uscendo proprio la persona di cui avevo bisogno, e appena mi vide mi raggiunse e andammo per una passeggiata.
<< Come mai sei venuta a cercarmi? >>
<< E' ora che ritorni a casa, altrimenti si preoccuperanno di me >> e detto ciò me ne andai, senza dire quello che volevo dire.
La mia mente era occupata a pensare e raggiunsi la scuola. Mi diressi nel aula di biologia dove si trovavano i computer e cercai malattia sulla colonna vertebrale.
Trovai quello giusto: Atassia spinocerebellare.
"L'atassia spinocerebellare provoca la perdita del controllo del fisico. E' una malattia neurodegenerativa causata da fattori sconosciuti.
Le cellule nervose vengono danneggiate sino a sparire del tutto. Il paziente inciampa frequentemente mentre cammina, cade facilmente. La sua camminata è incerta. Non riesce a percepre il senso della distanza quando cerca di afferrare qualcosa.
Riuscirà a stare da solo in piedi con difficoltà, e sarà costretto a usare la sedia a rotelle.
Non sarà in grado di parlare riscontrando notevoli difficoltà nel comunicare.
Le cause di tale malattia, sono ancora sconosciute. Per il momento, nonostante il progredire, non esiste alcuna cura.
Leggendo tutto questo sentivo i miei occhi inumidirsi sempre più. "Alcuna cura" ripetai fra me e me.
<< Chi c'è? >> chiese Edward... Edward?
Mi voltai e trovai lui. Spensi il computer in modo che non trovasso quello che stavo leggendo.
<< Che ci fai qui? >> chiesi, la mia voce tremava.
<< Sono venuto a nutrire i pesci dell'acquario >> mi rispose.
Uno di quei pesci era morto e Edward mi disse: << Che gli umani muoiano o vivano, non è che faccia molta differenza. La gente muore, la gente nasce. E' tutto equilibrato dalla natura.
Gli umani sono così. Non c'è alcun bisogno di vivere più a lungo. >>
<< Te ne freghi se muoiono le persone. ma t'importa dei pesci? >> gli domandai. Orami le lacrime iniziarono a sgorgare << Io non credo che sia una cosa così semplice. Vivere, morire, gli equilibri naturali, il sistema... Non è tutto così semplice! >>
<< E' la natura umana >> 
<< Non si tratta di natura umana o cosa! Non è così! Quindi per te se una persona che ti sta cara morisse o si ammalasse, non farebbe alcuna differenza? >> stavo iniziando a gridare e mi era rimasto un groppo alla gola.
Il ragazzo non mi rispose. << Sei proprio strano >> gli dissi a bassa voce e me ne andai.
A casa erano tutti preoccupati, adirittura mio padre, ma gli sorrisi come se non fosse successo niente.

Quella notte, piansi molto. Fino al calar della luce.
Questa mattina la affrontai con un sorriso nelle labbra.

A scuola procedeva tutto bene, nessuno si sarebbe accorto del mio umore dentro finchè mantenevo quel sorriso luminoso. Fino all'ora di biologia.
Ero nuovamente seduta accanto a lui.
<< Tu sei strana >> mi girai di scatto verso di lui. Aveva una faccia molto seria << Ieri avevi detto che io ero strano, ma tu lo sei più di me. Un attimo prima piangi, poi ti riprendi così all'impovviso. Sei strana! >>
<< Oggi finalemte avrò la risposta. L'ascolterò senza scappare via. Ma una volta saputa forse potrei cambiare. Questo è l'ultimo giorno in cui sarò me stessa. Scommetto che oggi è l'ultimo >>
<< Cos'è questo? Un quiz? >> mi chiese confuso. Non riusciva a capirmi.
<< Forse >> gli risposi con un sorriso a trentadue denti. Lui era ancora più sorpreso e confuso

All'ospedale mio padre ed io entrammo nella stanza dovere c'ero stata per ben due volte. 
Il dottor Cullen, vide il mio diario, vedendo la mia ortografia e dicendomi che andava bene e di continuare.
Finalmente ora potevo avere le risposte ai miei dubbi.
<< Prima della diagnosi, vorrei dirti una cosa... sulla tua malattia. Sino ad ora ho raccolto informazioni dettagliate... >> iniziò a parlare. Ma io lo interruppi.
<< E' l'atassia spinocerebellare? >> Sorpreso mi disse di sì.
Ero troppo scioccata per dire qualcos'altro. Tutte le mie speranze che mi sbagliavo erano svanite. Le mie ricerche erano fondate. Ero malata, malata di una malttia incurabile. Ero destinata ad essere come il padre di quella bambina. Avrei vissuto la mia giovinezza in modo diverso dagli altri. Non avrei più vissuto una vita normale.
Non riuscivo più ha pensare. I miei occhi iniziarono a prudermi. Mi stava scendendo un liquido salato. Volevo fermarmi, volevo smettere, ma non ci riuscivo, le lacrime sgorgarono senza calmarsi.
<< E non è curabile? >> ancora incredula. Lui con la testa mi fece cenno di no.
<< Nel cervello umano ci sono circa cento miliardi di neuroni e dieci volte tanto di cellule le quali danno ordini ai neuroni.
Questi neuroni si dividono in due settori: sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale è diviso in: cervello, tronco dell'encefalo, cervelletto, midollo spinale e colonna vertebrale. Di questi, gli organi che lavorano in modo da poterci far muovere liberamente e con agilità, sono il cervelletto, il tronco dell'encefalo e la colonna vertebrale.
Signore... >> si riferì a mio padre << questa è una lastra del cervello di sua figlia. Provi a confrontarla con quella di un cervello normale. Come può vedere, il cervelletto si sta atrofizzando. Per una serie di motivi, la malattia di sua figlia è causata dall'atrofizzazione del cervelletto, e a causa di ciò, i neuroni che vi lavorano all'interno stanno iniziando a sparire. In altre parole, è come se stesse iniziando a "rompersi". >>
<< Rompersi? >> disse sorpreso mio padre, ancora sconvolto per l'avvenimento. 
Mi voltai a vederlo. Aveva gli occhi umidi, stava per... piangere? Mio padre che non mostrava mai a nessuno le sue emozioni, sempre freddo e distaccato senza mostrare un po' di affetto a nessuno, stava per... piangere? Per... me?
<< All'inizio non ci sono sintomi ben precisi, ma potrà notare la sua instabilità nel camminare. Cadrà spesso e non riuscirà a calcolare bene le distanze. O forse, non riuscirà a scrivere propriamente. Riscontrerà difficoltà nel parlare. I sintomi sono lenti, ma sicuramente progressivi. Non riuscirà a muoversi quando lo vorrà, e nemmeno a parlare nonostante i suoi sforzi. Solo il corpo sarà soggetto a questo disagio. E' una malattia davvero crudele. >> continuò il dottore.
Aveva ragione, era crudele. Avevo diciassette anni ed ero malata. Le lacrime continuavano a scendere, senza ombra di smettere. Continuavano e continuavano, respirare diventava sempre più faticoso, non riuscivo a mandar giù la saliva, ma con grande difficoltà c'è la feci. Però i miei respiri diminuivano.
<< Tranquilla Bella, non ti accadrà niente >> la sua voce tremante... Charlie mi aveva chiamto Bella, una cosa che aspettavo da una vita arrivava proprio in questo momento. Ma non me ne improtava, non mi importava. La mia mente era vuota, senza pensieri positivi, non era da me. Avrei ancora potuto sorridere come un tempo?
<< Dottore, le posso chiedere una cosa? >> anche la mia voce tremava.
<< Certo >> mi rispose.
<< Questa malattia... >> balbettai << questa malattia... perchè ha scelto proprio me? >> ormai Charlie che era sull'orlo di piangere ora stava piangendo.
Questa malattia perchè ha scelto proprio me? Non lo posso accettare per la semplice parola "destino".

 

kandy_angel: ed eccoti accontentata con un nuovo capitolo, ed è anche più lungo del solito!!! Spero che ti sia piaciuto!! ^_^

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Capitolo 6
*** 5. La nostra solitudine ***


 

~ Bella
L'autista stava guidando verso casa. Tenevo lo sguardo fuori dal finestrino, il cielo blu scuro con nuvole grige all'orizzonte. Vedevo scorrere così in fretta tutte le immagini che seguivo al di là di 
quel vetro. Vedevo la natura, piante e fiori. Fiori... se fossi un fiore, sarei un bocciolo. Devo fare tesoro dell'inizio della mia giovinezza senza alcun rimpianto. Ma è così difficile, è così ingiusto.
Il mio viso era appiccicoso per tutte le lacrime che avevo versato.
Arrivata a casa, quello fu il mio primo pensiero ed andai a lavarmi il mio volto. Vedere il mio volto riflesso nello specchio mi faceva impressione. Non mostravo alcun sorriso, rabbia o tristezza, mi sentivo vuota,  non reale, senz'anima, senza niente.
Ormai nella mia stanza buia, inginocchiata nel pavimento ricoperto da un tappeto bianco morbido, udii i tuoni, i lampi e la pioggia che ricadeva in quella notte paurosa. Volevo far smettere 
quel rumore che rimbombava nelle mie orecchie. Volevo il silenzio, ma era inutile, continuava e continuava, a volte mi sembrava che aumentasse sempre più, ma era la mia immaginazione... 
giusto?
Mi coprì le orecchio per non sentire più nulla. Il suono diminuiva, proprio come i miei respiri, le lacrime scese ancora, senza riuscire a fermarle. 
Ed ecco un altro rumore, ma non era la pioggia, i lampi o i tuoni. Era l'aprirsi della porta della mia stanza. Non avevo abbastanza forza per girare la mia testa e vedere chi fosse. Attesi... Attesi 
che quel qualcuno venisse a raggiungermi, capii che si trovava accanto a me Charlie dal suo tocco sulla mia spalla. 
<< Papà, sarò forte, ma non riesco ad accettarlo... Perchè proprio io? Perchè? Perchè... questa malattia ha scelto proprio me? Papà, ho solo... diciassette anni! E' impossibile! E' troppo crudele! 
Dio è stato davvero ingiusto! >> la mia voce era soffocata dalle lacrime che continuavano a sgorgare. Le sue grandi braccia possenti mi avvolsero a lui.
<< Va tutto bene >> mi continuava a ripetere. Non ne ero sicura, ma dalla sua voce mi sembrava che stesse piangendo anche lui, ma forse mi sbagliavo. Riesco a capire i sentimenti del cuore di 
papà. Andrò avanti credendo in me stessa.
In quel momento avrei voluto gridare, gridare il più forte possibile, però la mia voce non usciva. Singhiozzavo... ma dopo quello non ricordo altro. 
Mi svegliai che ero sul mio grande letto. Presi le miei due pillole e le ingoiai con un po' d'acqua.
Quel mattino andai a scuola a piedi, non avrei sopportato lo sguardo di Sam addosso a me.
Anche se sto vedendo le stesse cose di ieri... Anche se sto facendo la stessa strada di ieri... Il mio mondo è cambiato completamente. Vedevo gente ridere serena che correva.
Sicuramente non riderò mai più ancora in quel modo. La vecchia Bella non esiste più. 
Passarono due giorni consecutivi, continuavo a sorridere, ma era così difficile, perchè io volevo piangere.
Anche quel mattino andai a piedi. Raggiunsi la scuola. Un sorriso - falso - si dipingeva sul mio volto. Il chiacchiericcio dei ragazzi innondava le mie orecchie. Il mio sguardo era rivolto verso un 
punto fisso. I pensieri pervasero la mia mente. Ero sempre sconcentrata, mi facevo richiamare più e più volte dai miei amici che cercavano la mia attenzione. Per tutto il giorno sentii gli sguardi - non so di chi - sempre addosso a me. Nell'ora di matematica tirai fuori il mio diario e scrissi con la mia matita pulsante rosa con ghirigori disegnati sopra.
"Andando avanti in questo modo, non sarò in grado di fare più nulla?
La sera quando chiudo gli occhi, ho paura dell'avvicinarsi del nuovo giorno. Quando arriva il mattino, comincio a pensare con terrore a come le cose possono peggiorare. Ho paura... dello 
scorrere del tempo."
Ieri il dottore aveva detto: << La situazione diventerà sempre più ardua. Anche se gradualmente, perderà di sicuro il controllo del porprio fisico. D'ora in poi, le risulterà difficile fare tutto ciò 
che faceva sino ad oggi. Se è possibile, vorrei che fosse seguita qui, in modo che io possa controllare gli effetti della riabilitazione e delle medicine. >>
Mio padre non disse nulla e c'è ne andammo in silenzio.
Suonò l'ultima ora di lezione. E andai via, trovandomi ormai all'uscita della porta scolastica. Percossi quei pochi gradini e mi ritrovai sull'asfalto grigio scuro.
Feci un altro passo e non riuscii più a controllare il mio corpo. Non riuscivo a sostenermi in piedi e caddi. Ero caduta come una bambola di porcellana, mi 
sentivo così leggera mentre cadevo. Ma non la pensai più così quando il mio corpo si appoggiò a terra.  Metà del mio volto era ricoperto di sangue. Avevo sbattuto la fronte sul terreno gelido e 
bagnato. Faceva male, mi bruciava e mi prudeva. Altre lacrime di dolore scesero... sembravano infinite. 
All'inizio non udii niente, come se fossi sorda, come se il mondo si fosse fermato in quel preciso istante, poi sentii le grida degli studenti, il mio nome lo trovavo dappertutto. C'era anche il rumore di una sirena che si avvicinava, dovevano aver chiamato l'ambulanza. Le grida sembravano non voler cessare. Gridavano senza sosta. Io ero ancora distasa sull'asfalto. Ancora urla ondeggiavano nell'aria.
Aprii i miei occhi, girai il mio corpo, emanavo respiri molto frettolosi, il mio pianto si faceva sempre più forte. Qualcuno mi prese in braccio. Non so chi fosse. Lo guardai, era sfocato, ma mi sembrava Sam. Sull'asfalto della scuola c'era un enorme cerchio rosso. Era il sangue uscito dalla mia fronte. Sentivo ancora che usciva sangue, era come se non volesse fermarsi mai. 
Da tutto il salgue che persi, caddi in un sonno profondo, dal quale desideravo che non mi risvegliassi mai.
Sentivo delle voci accanto a me, ma non avevo la forza di aprire i miei occhi.
<< Perdita di sangue a parte, la ferita non è grave. Giusto per stare tanquilli, le farò una risonanza magnetica e delle radiografie. La malattia differisce da persona a persona, con differenti sintomi e velocità di degenerazione. Nel caso di Bella, pare stia progredendo velocemente. Dobbiamo iniziare la riabilitazione il prima possibile e somministrarle la medicina appropriata. Che ne dite di sfruttare le vacanze estive per seguirla qui in ospedale? >> dovevo essere finita in ospedale e questa doveva essere la voce del dottor Carlisle.
Non sentii risposta nè da Sam nè da Charlie, a patto che lui fosse lì.
Quando aprì gli occhi, non c'era più nessuno. Quella stanza, era così grande, bianca come il mio letto e quello di fianco a me desolato. La luce era spenta. Fuori non udivo nulla. Quel silenzio mi faceva sentire sola, era come se il mondo si fosse spento, l'unica ad essere lì ero io. Quel pensiero mi fece venire i brividi. 
Era così strana la solitudine, ti fa pensare a cose che non penseresti mai, era la prima volta che mi sentivo così... accanto a me c'era sempre qualcuno che mi stava vicino. Ma questa malattia, sembrava volesse staccarmi da quelli più cari a me.
Udii i passi di qualcuno. Davanti la porta aperta era appoggiato Edward.
<< Come stai? >> chiese con quella voce da angelo, come se fosse venuto a riprendermi dagli ingeri.
<< Bene >> risposi << Ho deciso di non precludermi nulla adesso. >>
<< Che malattia hai? >> arrivò subito al sodo.
<< E' incurabile. Non... vivrò a lungo >> dicendo quelle parole, smisi di respirare per qualche secondo, i miei occhi erano umidi << Bugia >> dissi con un sorriso in volto. Non è vero, ma non volevo fargli sapere. Stare con Edward era un grosso rischio, mi veniva voglia di raccontargli tutto, di confidare la mia malattia con lui.
Il ragazzo rimase di sasso. Non sembrava del tutto convinto.
Il giorno seguente mi trovavo ancora in ospedale, ma chiesi il permesso per fare una passeggiata e me lo concessero. 
Andai al parco.
Ma proprio in quel attimo, le nuvole si formarono in cielo, iniziò a gocciolare, finchè non si trasformò in una pioggia vera e propria.
Restai lì impalata per dei minuti o forse ore, non saprei con precisione, ma quel momento era interminabile. Tutti correvano via per correre in un posto più riparato per evitare di bagnasi. Fino a quando qualcuno mi spinse e scivolai nel terreno umido. Ero a terra. Mi rialzai subito... ero tutta bagnata.
Mi distrassi dai miei pensieri quando un ombrello si parò sopra la mia testa.
Era Edward tutto bagnato a causa della pioggia. Era corso a trovarmi?
<< Hai visto i pinguini? >> chiese d'impovviso << Siamo come loro. Sai... quando allevano i propri cuccioli, non gli abbandonano mai. Mentre il maschio vigila sulle uova, la femmina va alla ricerca di cibo. Nel mentre, nonostante la fame o la neve che scende, il papà continua a restare lì per proteggerle. Non trovi che i genitori degli animali siano mervigliosi? >> concluse.
Non so cosa centrasse questo tutto all'impoviso, però... forse... mi aveva detto questo per tirarmi su il morale e con il cenno della testa annuì.
<< Grazie... per essere venuto >> dissi. Iniziai a vedere sfocato per le lacrime che c'erano negli occhi << Sai... >> orami le lacrime erano scese. Guardavo un punto indefinito di quel parco verde ormai composto solo da me e lui << non sarò più in grado di camminare. E nemmeno di parlare. Pian piano, non potrò esprimermi chiaramente. Nessuno riuscià a capire cosa dirò. E alla fine, dovrò restare a letto. Mi sarà difficile parlare e persino mangiare. >> mi girai verso Edward << "Gli umani sono così avidi da voler vivere sempre più a lungo".  Me lo hai detto tu, ricordi? E' davvero da egoisti? E' sbagliato... cercare di voler vivere più a lungo? >> le mie labbra tremavano, asciugai alcune lacrime, ma ricadevano appena le asciugavo, allora le lascia scendere ininterrottamente. << Voglio ritornare indietro nel tempo. >> Alzai il tono della mia voce, in quel luogo composto solo da me e lui, mi inginocchiai perchè non riuscivo più a reggermi in piedi. << Voglio costruire una macchina del tempo per ritornare indietro! >>

 

 

La nostra solitudine

 

 

~ Bella


L'autista stava guidando verso casa. Tenevo lo sguardo fuori dal finestrino, il cielo blu scuro con nuvole grige all'orizzonte. Vedevo scorrere così in fretta tutte le immagini che seguivo al di là di quel vetro. Vedevo la natura, piante e fiori. Fiori... se fossi un fiore, sarei un bocciolo. Devo fare tesoro dell'inizio della mia giovinezza senza alcun rimpianto. Ma è così difficile, è così ingiusto.
Il mio viso era appiccicoso per tutte le lacrime che avevo versato.
Arrivata a casa, quello fu il mio primo pensiero ed andai a lavarmi il mio volto. Vedere il mio volto riflesso nello specchio mi faceva impressione. Non mostravo alcun sorriso, rabbia o tristezza, mi sentivo vuota,  non reale, senz'anima, senza niente.

Ormai nella mia stanza buia, inginocchiata nel pavimento ricoperto da un tappeto bianco morbido, udii i tuoni, i lampi e la pioggia che ricadeva in quella notte paurosa. Volevo far smettere quel rumore che rimbombava nelle mie orecchie. Volevo il silenzio, ma era inutile, continuava e continuava, a volte mi sembrava che aumentasse sempre più, ma era la mia immaginazione... giusto?
Mi coprì le orecchio per non sentire più nulla. Il suono diminuiva, proprio come i miei respiri, le lacrime scese ancora, senza riuscire a fermarle. 
Ed ecco un altro rumore, ma non era la pioggia, i lampi o i tuoni. Era l'aprirsi della porta della mia stanza. Non avevo abbastanza forza per girare la mia testa e vedere chi fosse. Attesi... Attesi che quel qualcuno venisse a raggiungermi, capii che si trovava accanto a me Charlie dal suo tocco sulla mia spalla.  
<< Papà, sarò forte, ma non riesco ad accettarlo... Perchè proprio io? Perchè? Perchè... questa malattia ha scelto proprio me? Papà, ho solo... diciassette anni! E' impossibile! E' troppo crudele! Dio è stato davvero ingiusto! >> la mia voce era soffocata dalle lacrime che continuavano a sgorgare. Le sue grandi braccia possenti mi avvolsero a lui.
<< Va tutto bene >> mi continuava a ripetere. Non ne ero sicura, ma dalla sua voce mi sembrava che stesse piangendo anche lui, ma forse mi sbagliavo. Riesco a capire i sentimenti del cuore di papà. Andrò avanti credendo in me stessa.
In quel momento avrei voluto gridare, gridare il più forte possibile, però la mia voce non usciva. Singhiozzavo... ma dopo quello non ricordo altro.

Mi svegliai che ero sul mio grande letto. Presi le miei due pillole e le ingoiai con un po' d'acqua.
Quel mattino andai a scuola a piedi, non avrei sopportato lo sguardo di Sam addosso a me. 

 

Anche se sto vedendo le stesse cose di ieri... Anche se sto facendo la stessa strada di ieri... Il mio mondo è cambiato completamente. Vedevo gente ridere serena che correva.
Sicuramente non riderò mai più ancora in quel modo. La vecchia Bella non esiste più. 

 

Passarono due giorni consecutivi, continuavo a sorridere, ma era così difficile, perchè io volevo piangere.
Anche quel mattino andai a piedi. Raggiunsi la scuola. Un sorriso - falso - si dipingeva sul mio volto. Il chiacchiericcio dei ragazzi innondava le mie orecchie. Il mio sguardo era rivolto verso un punto fisso. I pensieri pervasero la mia mente. Ero sempre sconcentrata, mi facevo richiamare più e più volte dai miei amici che cercavano la mia attenzione. Per tutto il giorno sentii gli sguardi - non so di chi - sempre addosso a me. Nell'ora di matematica tirai fuori il mio diario e scrissi con la mia matita pulsante rosa con ghirigori disegnati sopra.

 

"Andando avanti in questo modo, non sarò in grado di fare più nulla.
La sera quando chiudo gli occhi, ho paura dell'avvicinarsi del nuovo giorno. Quando arriva il mattino, comincio a pensare con terrore a come le cose possono peggiorare. Ho paura... dello scorrere del tempo
."

 

Ieri il dottore aveva detto: << La situazione diventerà sempre più ardua. Anche se gradualmente, perderà di sicuro il controllo del porprio fisico. D'ora in poi, le risulterà difficile fare tutto ciò che faceva sino ad oggi. Se è possibile, vorrei che fosse seguita qui, in modo che io possa controllare gli effetti della riabilitazione e delle medicine. >>
Mio padre non disse nulla e c'è ne andammo in silenzio.

Suonò l'ultima ora di lezione. E andai via, trovandomi ormai all'uscita della porta scolastica. Percossi quei pochi gradini e mi ritrovai sull'asfalto grigio scuro.
Feci un altro passo e non riuscii più a controllare il mio corpo. Non riuscivo a sostenermi in piedi e caddi. Ero caduta come una bambola di porcellana, mi sentivo così leggera mentre cadevo. 
Ma non la pensai più così quando il mio corpo si appoggiò a terra.  Metà del mio volto era ricoperto di sangue. Avevo sbattuto la fronte sul terreno gelido e bagnato. Faceva male, mi bruciava e mi prudeva. Altre lacrime di dolore scesero... sembravano infinite. 
All'inizio non udii niente, come se fossi sorda, come se il mondo si fosse fermato in quel preciso istante, poi sentii le grida degli studenti, il mio nome lo trovavo dappertutto. C'era anche il rumore di una sirena che si avvicinava,dovevano aver chiamato l'ambulanza. Le grida sembravano non voler cessare. Gridavano senza sosta. Io ero ancora distasa sull'asfalto. Ancora urla ondeggiavano nell'aria. 
Aprii i miei occhi, girai il mio corpo, emanavo respiri molto frettolosi, il mio pianto si faceva sempre più forte. Qualcuno mi prese in braccio. Non so chi fosse. Lo guardai, era sfocato, ma mi sembrava Sam. Sull'asfalto della scuola c'era un enorme cerchio rosso. Era il sangue uscito dalla mia fronte. Sentivo ancora che usciva sangue, era come se non volesse fermarsi mai. 
Da tutto il salgue che persi, caddi in un sonno profondo, dal quale desideravo che non mi risvegliassi mai. 

 

Sentivo delle voci accanto a me, ma non avevo la forza di aprire i miei occhi.
<< Perdita di sangue a parte, la ferita non è grave. Giusto per stare tanquilli, le farò una risonanza magnetica e delle radiografie. La malattia differisce da persona a persona, con differenti sintomi e velocità di degenerazione. Nel caso di Bella, pare stia progredendo velocemente. Dobbiamo iniziare la riabilitazione il prima possibile e somministrarle la medicina appropriata. Che ne dite di sfruttare le vacanze estive per seguirla qui in ospedale? >> dovevo essere finita in ospedale e questa doveva essere la voce del dottor Carlisle.
Non sentii risposta nè da Sam nè da Charlie, a patto che lui fosse lì.
Quando aprì gli occhi, non c'era più nessuno. Quella stanza, era così grande, bianca come il mio letto e quello di fianco a me desolato. La luce era spenta. Fuori non udivo nulla. Quel silenzio mi faceva sentire sola, era come se il mondo si fosse spento, l'unica ad essere lì ero io. Quel pensiero mi fece venire i brividi. 
Era così strana la solitudine, ti fa pensare a cose che non penseresti mai, era la prima volta che mi sentivo così... accanto a me c'era sempre qualcuno che mi stava vicino. Ma questa malattia, sembrava volesse staccarmi da quelli più cari a me.
Udii i passi di qualcuno. Davanti la porta aperta era appoggiato Edward.
<< Come stai? >> chiese con quella voce da angelo, come se fosse venuto a riprendermi dagli ingeri.
<< Bene >> risposi << Ho deciso di non precludermi nulla adesso. >>
<< Che malattia hai? >> arrivò subito al sodo.
<< E' incurabile. Non... vivrò a lungo >> dicendo quelle parole, smisi di respirare per qualche secondo, i miei occhi erano umidi << Bugia >> dissi con un sorriso in volto. Non è vero, ma non volevo fargli sapere. Stare con Edward era un grosso rischio, mi veniva voglia di raccontargli tutto, di confidare la mia malattia con lui.
Il ragazzo rimase di sasso. Non sembrava del tutto convinto.

 

Il giorno seguente mi trovavo ancora in ospedale, ma chiesi il permesso per fare una passeggiata e me lo concessero. 
Andai al parco.
Ma proprio in quel attimo, le nuvole si formarono in cielo, iniziò a gocciolare, finchè non si trasformò in una pioggia vera e propria.
Restai lì impalata per dei minuti o forse ore, non saprei con precisione, ma quel momento era interminabile. Tutti correvano via per correre in un posto più riparato per evitare di bagnasi. Fino a quando qualcuno mi spinse e scivolai nel terreno umido. Ero a terra. Mi rialzai subito... ero tutta bagnata.
Mi distrassi dai miei pensieri quando un ombrello si parò sopra la mia testa.
Era Edward tutto bagnato a causa della pioggia. Era corso a trovarmi?
<< Hai visto i pinguini? >> chiese d'impovviso << Siamo come loro. Sai... quando allevano i propri cuccioli, non gli abbandonano mai. Mentre il maschio vigila sulle uova, la femmina va alla ricerca di cibo. Nel mentre, nonostante la fame o la neve che scende, il papà continua a restare lì per proteggerle. Non trovi che i genitori degli animali siano mervigliosi? >> concluse.
Non so cosa centrasse questo tutto all'impoviso, però... forse... mi aveva detto questo per tirarmi su il morale e con il cenno della testa annuì.
<< Grazie... per essere venuto >> dissi. Iniziai a vedere sfocato per le lacrime che c'erano negli occhi << Sai... >> orami le lacrime erano scese. Guardavo un punto indefinito di quel parco verde ormai composto solo da me e lui << non sarò più in grado di camminare. E nemmeno di parlare. Pian piano, non potrò esprimermi chiaramente. Nessuno riuscià a capire cosa dirò. E alla fine, dovrò restare a letto. Mi sarà difficile parlare e persino mangiare. >> mi girai verso Edward << "Gli umani sono così avidi da voler vivere sempre più a lungo".  Me lo hai detto tu, ricordi? E' davvero da egoisti? E' sbagliato... cercare di voler vivere più a lungo? >> le mie labbra tremavano, asciugai alcune lacrime, ma ricadevano appena le asciugavo, allora le lascia scendere ininterrottamente. << Voglio ritornare indietro nel tempo. >> Alzai il tono della mia voce, in quel luogo composto solo da me e lui, mi inginocchiai perchè non riuscivo più a reggermi in piedi << Voglio costruire una macchina del tempo per ritornare indietro! >>

 

 inquietudine: sono contenta che ti sia piaciuto!!

 artline: ed ecco un nuovo cappy!! ^^

 kandy_angel: era proprio il mio intento far piangere il lettore, comunque la malattia, viene così, proprio come il cancro, non è che la predi perchè non mangi bene o cose simili. E se Ed la salverà sarà tutta una sorpresa!! :)

 

Comunque ero intenzionata a fare, nei seguenti capitoli, dall'inizio nei pensieri di edward così sapete cosa pensa lui. ditemi se per voi sta bene!! ^^

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** 6. Contro me stesso ***


 

~ Edward
Oggi gli studenti della Forks High School erano eccitati per l'arrivo della figlia del ricco imprenditore Swan. 
La immaginavo una ragazza viziata, che si credeva una star di Hollywood. Ma mi sbagliavo. Dal semplice gesto di guardare il suo viso incorniciato dai suoi boccoli che le ricadevano lungo la 
schiena coperta da una maglia bianca, capii che lei era diversa. 
Scesa dalla macchina schivolò e cadde verso il suo autista. Il contatto tra loro due mi dava - non so spiegare il perchè - sui nervi. Ero infastidito che lei si era appoggiata a lui.

 

Contro me stesso

 

 

~ Edward

 

Oggi gli studenti della Forks High School erano eccitati per l'arrivo della figlia del ricco imprenditore Swan. 
La immaginavo una ragazza viziata, che si credeva una star di Hollywood. Ma mi sbagliavo. Dal semplice gesto di guardare il suo viso incorniciato dai suoi boccoli che le ricadevano lungo la schiena coperta da una maglia bianca, capii che lei era diversa. 
Scesa dalla macchina schivolò e cadde verso il suo autista. Il contatto tra loro due mi dava - non so spiegare il perchè - sui nervi. Ero infastidito che lei si era appoggiata a lui.

Ma perchè?

 

Passarono ore, fino all'ultima materia del giorno: biologia. Ero già seduto nel "mio" banco, isolato come sempre. 
Una scia di profumo mi distrasse dai miei pensieri. Bella Swan - la chiamavano tutti così - si era seduta dietro di me. Continuavo a sentire un'odore che mi invadeva le narici. L'essere malvagio dentro di me stava per uscire a galla. Avevo voglia di ifliggere i miei canini sul suo collo. Avrei potuto indurla a venire con me e poi succhiare ogni goccia del suo sangue. Oppure avrei anche potuta berla in questo stesso istante. Per i testimoni, li avrei uccisi tutti anche loro. Così non c'era nessuno che poteva dire di aver visto un "vampiro", nessuno avrebbe dubitato di me. 
Ma che pensieri mi venivano in mente? Come potevo distruggere tutto quello che Carlisle aveva creato per me e i miei fratelli? Non potevo rovinare tutto. C'eravamo stabiliti da poco in questa cittadina. Potevano anche uscire di giorno siccome il sole veniva massimo tre giorni all'anno. Non potevo rovinare tutto per questa piccola, fragile insulsa umana. 
Dovevo resistere. Dovevo resistere per Carlisle, Esme e i miei fratelli. Era una lotta contro me stesso e dovevo vincere ad ogni costo. Non avrei permesso che per colpa di Lei, io avrei mandato all'aria tutti i piani della mia famiglia. 
Avrei resistito... sotto la fine. 

 

Ed ecco il suonare della campanella che mi salvò. Non so se c'è l'avrei fatta a resistere ancora. 
Aspettando i miei fratelli che uscissero dalla scuola, di nuovo quell'odore mi attraeva. La ragazza si trovava accanto i miei piedi, era distesa a terra. Doveva essere caduta. 
Sentivo una fragranza più dolce e più forte di prima. Il suo ginocchio destro, era ricoperto di sangue. Avrei voluto staccargli il piede e assaggiare... assaggiare il suo sangue. 
La odiavo. Odiavo questa ragazza che era riuscita a scombussolarmi. Io, che da novantasei anni ero un vampiro, ero riuscito a trattenermi da ogni tipo di sangue, ma il suo... il suo NO! 
Il suo sangue era ben diverso dall'immaginabile. Lei era diversa
E la odiavo per questo. 
Smisi di respirare quando mi accorsi che si stava avvicinando qualcuno. Il suo autista. In quel momento avrei dovuto ringraziarlo. Aveva salvato la vita di quella ragazza e di tutta la mia famiglia, perchè ero sicuro che in quel momente, se non se ne fosse andata via, avrei mostrato la mia vera forma.

 

Per quella notte, decisi di andare a caccia, mi nutrii il doppio del dovuto, non volevo rischiare. Poi non era colpa sua se il suo sangue era il più delizioso che avessi mai odorato in vita mia.
Non potevo darle la copla per ciò, non potevo odiarla perchè lei era così talmente invitante.
Avevo anche deciso di non dire nulla ai miei fratelli su quella ragazza, non volevo dare a loro sciocche preoccupazioni. Dovevo solamente stare attento ad Alice, perchè lei di sicuro si sarebbe intromessa, impicciona com'era.

 

 

 kandy_angel:Sono che ti sia piaciutoo!!! ^^

 artline: hai proprio ragione!!! grazie !!

 

Comunque, vi sarete resi conto che questo è il primo cappy però nei pensieri di Edward!!! Beh continuerò così finchè non arriverò dove sono arrivata, voglio farvi vedere che cosa pensava e pensa Edward, perchè nella storia non l'ho molto menzionato e quindi volevo un po' mettere in vita anche lui perchè nel proseguire della storia sarà molto importante. Ops, ho detto troppo !! ^^"

Beh, spero vivacemente che vi piaccia la mia idea e che continuiate a seguirmi e a recensire, ho bisogno della vostra guida!! =)

E vorrei anche ringraziare tutti quelli che mi hanno aggiunta tra le seguite, le ricordate e le preferite!!! Grazie anche chi mi ha messo tra gli autori preferiti.


 

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Capitolo 8
*** 7. Stai lontano da lei ***


 

~ Edward
Ed ecco il giungersi di un altro giorno. Quella giornata, sembrava monotona, a scuola era il solito strazio, ormai tutto quello che diceva il professore io lo sapevo a memoria, mi sembrava inutile 
starlo a sentire, non riuscivo a deconcentrarmi, mi rimbombava in mente tutto quello che accadde ieri.
Flash Back
<< Chi c'è? >> chiesi appena vidi che non ero solo in quel posto, accesi la luce, anche se i miei occhi potevano vedere benissimo quella figura, anche se sapevo che era lei siccome non riuscivo a 
leggere la mente dell'individuo, l'accesi per esserne sicuro, mi sembrava... assurdo.
Appena mi vide spense il computer e mi chiese che ci facevo lì, quella domanda spettava a me.
<< Sono venuto a nutrire i pesci dell'acquario >> risposi con buona educazione.
Quando mi diressi nell'acquario, uno di loro giaceva lì, fermo... era morto. Non riuscì ad evitare di parlare: << Che gli umani muoiano o vivano, non è che faccia molta differenza. La gente 
muore, la gente nasce. E' tutto equilibrato dalla natura.
Gli umani sono così. Non c'è alcun bisogno di vivere più a lungo.>>
<< Te ne freghi se muoiono le persone. ma t'importa dei pesci? >> mi chiese, quella domanda mi sbalordì, ma mi sbalordì di più vedere... forse lacrime? << Io non credo che sia una cosa così 
semplice. Vivere, morire, gli equilibri naturali, il sistema... Non è tutto così semplice! >>
<< E' la natura umana! >> 
<< Non si tratta di natura umana o cosa! Non è così! Quindi per te se una persona che ti sta cara morisse o si ammalasse, non farebbe alcuna differenza? >> stava urlanto... a me. Perchè si 
scaldava così tanto? Proprio non la capivo << Sei proprio strano >> disse concludendo la conversazione e andandosene via, sì, decisamente stava piagento, ma perchè?
Mi avvicinai al computer, volevo sapere... dovevo sapere.
Lo accesi, andai su "cronologia", ma non ci trovai niente. 
Fine Flash Back
La osservai durate la pausa pranzo, sorrideva beatamente. Allora come mai il comportamento di quel giorno. Lei mi aveva detto che finalmente avrebbe avuto la risposta... che sia quello? 
Volevo sapere a cosa si alludeva.
Quel giornò passò lentamente fino alla fine della scuola.
Io ero già accanto alla portiera della mia macchina insieme aimiei fratelli, ma qualcosa rapì la mia attenzione: Bella stava uscendo dalla scuola, aveva attraversato le scale, fece un altro passo... 
Come una bambola cadde a terra, quella cosa non era normale, la sua caduta aveva qualcosa di stavagante. Come poteva un umano cadere in tale modo? 
La mia domanda rimase senza risposta. Il sangue pervase il suo volto, era ricoperta metà visa da quel liquido rosso... era un rosso acceso. L'odore del suo sangue mi pervase, smisi all'istante di 
respirare. Avrei voluto avvicinarmi e salvarla, ma il suo sangue era così potente su di me. Per un momente terminabile ci fu un silenzio di tomba, successivamente ci furono grida da tutte le 
parti, urlavano senza sosta, qualcunò chiamò l'ambulanza. Io con i miei fratelli già dentro la macchina che osservavano quella scena stupiti quanto me. Misi in moto perchè non sarei riuscito a 
trattenere ancora per molto il respiro. Me ne andai, anche se avrei voluto restare accanto a lei. 
La cosa peggiore era che quando cercavo di scoprire qualcosa da Carlisle lui pensava a qualcos'altro, non voleva dirmi qualcosa e cercava di tenermelo nascosto. Dovevo scoprire ad ogni costo 
che cosa stava accadendo, la mia curiosità, la mia preoccupazione... tutto, mi stavano divorando. 
Ho deciso... Andrò in ospedale!
Mi appoggiai allo spigolo della stanza di Bella, il suo sguardo sembrava triste. Quando si accorse di me iniziai a parlare: << Come stai? >> 
<< Bene >> mi rispose. Nella fronte aveva un cerotto, ma era più piccolo di quello aveva pochi giorni prima sul mento, anche la ferita che si trovava sul mento stava per svanire, senza ombra di 
una cicatrice << Ho deciso di non precludermi nulla adesso. >> aggiunse, non capivo di cosa si stesse riferendo, non riuscivo a capirLa.
<< Che malattia hai? >> chiesei, non potevo più aspettare, dovevo chiederglielo, volevo sapere che cosa stava fronteggiando con tanto coraggio Bella.
<< E' incurabile >> disse, il suo sguardo era perso nel vuoto << Non... vivrò a lungo >> l'ultima affermazione mi sembrò impossibile, non riuscivo a capire, il mio cervello in quel momento non 
era conesso. Ero troppo... << Bugia >> aggiunse con un sorriso in faccia. Quel sorriso... era sincero? Davvero era una bugia? Io lo speravo veramente che fosse una bugia... lo speravo, ma sapevo 
in fondo che quella non era una bugia... io... lo spera... vo.
Me ne andai.
Quando giunsi nella mia stanza, mi sdraiai nel letto, in attesa del giorno seguente.
Quando andai in ospedale mi dissero che era andata al parco. Poi vidi che aveva iniziato a piovere, non presi nemmeno la Volvo, corsi, che avrei fatto prima. In mano tenevo un obrello, quando 
arrivai in quel posto deserto, Bella si ritrovava fraticia come me per colpa della pioggia e restava lì immobile.
Avanzai in sua direzione, le misi l'ombrello in testa, impedendole di bagnarsi ancora di più d quello che già era. Non parlammo, lei sembrò non voler parlare, allora iniziai io, dissi la prima cosa 
che mi venne in mente: << Hai visto i pinguini? Siamo come loro. Sai... quando allevano i propri cuccioli, non gli abbandonano mai. Mentre il maschio vigila sulle uova, la femmina va alla 
ricerca di cibo. Nel mentre, nonostante la fame o la neve che scende, il papà continua a restare lì per proteggerle. Non trovi che i genitori degli animali siano mervigliosi? >> lei era stupita di 
quella cosa che avevo detto così... tutto all'improvviso e che non centrava niente ma annuì, concordando con me.
<< Grazie... per essere venuto >> mi disse. Le lacrime iniziarono a solcare il suo viso << Sai... >> guardava in un posto dietro di me. La sua mente era come in un altro mondo << non sarò più 
in grado di camminare. E nemmeno di parlare. Pian piano, non potrò esprimermi chiaramente. Nessuno riuscià a capire cosa dirò. E alla fine, dovrò restare a letto. Mi sarà difficile parlare e 
persino mangiare. >> mi guardò negli occhi, i suoi erano rossi per il pianto che ancora sembrava non voler smettere << "Gli umani sono così avidi da voler vivere sempre più a lungo".  Me lo 
hai detto tu, ricordi? E' davvero da egoisti? E' sbagliato... cercare di voler vivere più a lungo? >> tentò di asciugare le lascrime ma invano. Continuavano a scendere. Io ero ancora incredulo, mi 
aveva spiazzato. Non sapevo che dire, che fare. Se solo potevo... se solo potevo... avrei di sicuro pianto anch'io << Voglio ritornare indietro nel tempo. >> affermò alzando la sua voce. Cadde a 
terra, non riuasciva più sare in piedi << Voglio costruire una macchina del tempo per ritornare indietro! >> e così io rimasi lì imbambolato senza nemmeno saper dare una risposta a quello 
che mi aveva detto.
Solo dopo averla riaccompagnata all'ospedale, andai immediatamente a casa e presi i libri di medicina e cercai delle informazioni su ciò che lei mi aveva detto: "Non sarò più in grado di 
camminare. E nemmeno di parlare. Pian piano, non potrò esprimermi chiaramente. Nessuno riuscià a capire cosa dirò. E alla fine, dovrò restare a letto. Mi sarà difficile parlare e persino 
mangiare" quale malattia poteva essere così crudele? Perchè questa malattia doveva averla proprio lei? Perchè Lei? Perchè Bella? Solo perchè?
Trovai la malattia. Era... era l'atassia spinocerebellare, lessi tutto quello che aveva a che fare quella malattia, finche non arivvai alla fine che diceva "incurabile". La mia mente era bianca. Andai 
da Carlisle, ero così frustrato e arrabbiato che entrai nel suo ufficio e gli dissi quello che non avrei mai dovuto dire, ma non potevo farne a meno:
<< A che cosa serve fare il dottore se non si riesce a curare una malattia? >> mi stavo sfogando contro di lui che non aveva fatto niente di male << Perchè mi hai tenuto all'oscuro di quello che 
stava accadendo a Bella? >>
<< L'hai saputo. Allora, forse sarebbe meglio se stessi alla larga da quella ragazza >> disse con aria severa << Non mi sembra appropriato per te innamorarti di un'umana che ben presto 
muorirà >>
<< Non... non dire quella parola >> ero arrabbiato, non triste. Carlisle, come poteva dire qualcosa del genere così freddamente << Come puoi parlare così? >> chiesi. orami ero davvero 
arrabbiato.
<< Sai... quando la ragazza scoprì che la sua malattia era l'atassia spinocerebellare e che era senza cure, mi ha chiesto con gli occhi colmi di lacrime:"Questa malattia... perchè ha scelto proprio 
me?" e io non potevo risponderle in alcun modo, non potevo levare il dolore che in quel momente e tuttora prova, posso solo aiutarla nel far sì che la malattia progredisca lentamente, perchè 
in questo momento si sta diffondendo rapidamente. Io, Carlisle, non posso permettere che tu soffra, perchè so che ne soffrirai a tal punto che non vorresti nemmeno andare avanti con la tua 
vita >> il suo volto e la sua voce si erano addolciti. 
Io non potevo credere a quello che stava dicendo, tutto il tempo a pensato a me, ma io non posso stare lontano da Bella e lasciarla soffrire da sola. Proprio non potevo.

 

 

Stai lontano da lei

 

Qui rincomincia con i pensieri di Edward però dall'ultimo capitolo nei pensieri di Bella. 

 

 

~ Edward

Ed ecco il giungersi di un altro giorno. Quella giornata, sembrava monotona, a scuola era il solito strazio, ormai tutto quello che diceva il professore io lo sapevo a memoria, mi sembrava inutile starlo a sentire, non riuscivo a deconcentrarmi, mi rimbombava in mente tutto quello che accadde ieri.

 

Flash Back

<< Chi c'è? >> chiesi appena vidi che non ero solo in quel posto, accesi la luce, anche se i miei occhi potevano vedere benissimo quella figura, anche se sapevo che era lei siccome non riuscivo a leggere la mente dell'individuo, l'accesi per esserne sicuro, mi sembrava... assurdo. 
Appena mi vide spense il computer e mi chiese che ci facevo lì, quella domanda spettava a me.
<< Sono venuto a nutrire i pesci dell'acquario >> risposi con buona educazione.
Quando mi diressi nell'acquario, uno di loro giaceva lì, fermo... era morto. Non riuscì ad evitare di parlare: << Che gli umani muoiano o vivano, non è che faccia molta differenza. La gente muore, la gente nasce. E' tutto equilibrato dalla natura. Gli umani sono così. Non c'è alcun bisogno di vivere più a lungo.>>

<< Te ne freghi se muoiono le persone. ma t'importa dei pesci? >> mi chiese, quella domanda mi sbalordì, ma mi sbalordì di più vedere... forse lacrime? << Io non credo che sia una cosa così semplice. Vivere, morire, gli equilibri naturali, il sistema... Non è tutto così semplice! >>
<< E' la natura umana! >> 
<< Non si tratta di natura umana o cosa! Non è così! Quindi per te se una persona che ti sta cara morisse o si ammalasse, non farebbe alcuna differenza? >> stava urlanto... a me. Perchè si scaldava così tanto? Proprio non la capivo << Sei proprio strano >> disse concludendo la conversazione e andandosene via, sì, decisamente stava piagendo, ma perchè?
Mi avvicinai al computer, volevo sapere... dovevo sapere. Lo accesi, andai su "cronologia", ma non ci trovai niente. 

Fine Flash Back

 

La osservai durate la pausa pranzo, sorrideva beatamente. Allora come mai il comportamento di quel giorno. Lei mi aveva detto che finalmente avrebbe avuto la risposta... che sia quello? 
Volevo sapere a cosa si alludeva.
Quel giornò passò lentamente fino alla fine della scuola.
Io ero già accanto alla portiera della mia macchina insieme aimiei fratelli, ma qualcosa rapì la mia attenzione: Bella stava uscendo dalla scuola, aveva attraversato le scale, fece un altro passo... 
Come una bambola cadde a terra, quella cosa non era normale, la sua caduta aveva qualcosa di stavagante. Come poteva un umano cadere in tale modo? 
La mia domanda rimase senza risposta. Il sangue pervase il suo volto, era ricoperta metà visa da quel liquido rosso... era un rosso acceso. L'odore del suo sangue mi pervase, smisi all'istante di respirare. Avrei voluto avvicinarmi e salvarla, ma il suo sangue era così potente su di me. Per un momente terminabile ci fu un silenzio di tomba, successivamente ci furono grida da tutte le parti, urlavano senza sosta, qualcunò chiamò l'ambulanza. Io con i miei fratelli già dentro la macchina che osservavano quella scena stupiti quanto me. Misi in moto perchè non sarei riuscito a trattenere ancora per molto il respiro. Me ne andai, anche se avrei voluto restare accanto a lei. 
La cosa peggiore era che quando cercavo di scoprire qualcosa da Carlisle lui pensava a qualcos'altro, non voleva dirmi qualcosa e cercava di tenermelo nascosto. Dovevo scoprire ad ogni costo 
che cosa stava accadendo, la mia curiosità, la mia preoccupazione... tutto, mi stavano divorando. 
Ho deciso... Andrò in ospedale!

 

Mi appoggiai allo spigolo della stanza di Bella, il suo sguardo sembrava triste. Quando si accorse di me iniziai a parlare: << Come stai? >> 
<< Bene >> mi rispose. Nella fronte aveva un cerotto, ma era più piccolo di quello aveva pochi giorni prima sul mento, anche la ferita che si trovava sul mento stava per svanire, senza ombra di una cicatrice << Ho deciso di non precludermi nulla adesso. >> aggiunse, non capivo di cosa si stesse riferendo, non riuscivo a capir
La.
<< Che malattia hai? >> chiesei, non potevo più aspettare, dovevo chiederglielo, volevo sapere che cosa stava fronteggiando con tanto coraggio Bella.
<< E' incurabile >> disse, il suo sguardo era perso nel vuoto << Non... vivrò a lungo >> l'ultima affermazione mi sembrò impossibile, non riuscivo a capire, il mio cervello in quel momento non era conesso. Ero troppo... << Bugia >> aggiunse con un sorriso in faccia. Quel sorriso... era sincero? Davvero era una bugia? Io lo speravo veramente che fosse una bugia... lo speravo, ma sapevo in fondo che quella non era una bugia... io... lo spera... vo.
Me ne andai. 
Quando giunsi nella mia stanza, mi sdraiai nel letto, in attesa del giorno seguente.

 

Quando andai in ospedale mi dissero che era andata al parco. Poi vidi che aveva iniziato a piovere, non presi nemmeno la Volvo, corsi, che avrei fatto prima. In mano tenevo un ombrello, quando arrivai in quel posto deserto, Bella si ritrovava fradicia come me per colpa della pioggia e restava lì immobile.
Avanzai in sua direzione, le misi l'ombrello in testa, impedendole di bagnarsi ancora di più di quello che già era. Non parlammo, lei sembrò non voler parlare, allora iniziai io, dissi la prima cosa che mi venne in mente: << Hai visto i pinguini? Siamo come loro. Sai... quando allevano i propri cuccioli, non gli abbandonano mai. Mentre il maschio vigila sulle uova, la femmina va alla ricerca di cibo. Nel mentre, nonostante la fame o la neve che scende, il papà continua a restare lì per proteggerle. Non trovi che i genitori degli animali siano mervigliosi? >> lei era stupita di quella cosa che avevo detto così... tutto all'improvviso e che non centrava niente ma annuì, concordando con me.
<< Grazie... per essere venuto >> mi disse. Le lacrime iniziarono a solcare il suo viso << Sai... >> guardava in un posto dietro di me. La sua mente era come in un altro mondo << non sarò più in grado di camminare. E nemmeno di parlare. Pian piano, non potrò esprimermi chiaramente. Nessuno riuscià a capire cosa dirò. E alla fine, dovrò restare a letto. Mi sarà difficile parlare e persino mangiare. >> mi guardò negli occhi, i suoi erano rossi per il pianto che ancora sembrava non voler smettere << "Gli umani sono così avidi da voler vivere sempre più a lungo".  Me lo hai detto tu, ricordi? E' davvero da egoisti? E' sbagliato... cercare di voler vivere più a lungo? >> tentò di asciugare le lascrime ma invano. Continuavano a scendere. Io ero ancora incredulo, mi aveva spiazzato. Non sapevo che dire, che fare. Se solo potevo... se solo potevo... avrei di sicuro pianto anch'io << Voglio ritornare indietro nel tempo. >> affermò alzando la sua voce. Cadde a terra, non riuasciva più a stare in piedi << Voglio costruire una macchina del tempo per ritornare indietro! >> e così io rimasi lì imbambolato senza nemmeno saper dare una risposta a quello che mi aveva detto.
Solo dopo averla riaccompagnata all'ospedale, andai immediatamente a casa e presi i libri di medicina e cercai delle informazioni su ciò che lei mi aveva detto: "Non sarò più in grado di camminare. E nemmeno di parlare. Pian piano, non potrò esprimermi chiaramente. Nessuno riuscià a capire cosa dirò. E alla fine, dovrò restare a letto. Mi sarà difficile parlare e persino mangiare"
quale malattia poteva essere così crudele? Perchè questa malattia doveva averla proprio lei? Perchè Lei? Perchè Bella? Solo perchè?

Trovai la malattia. Era... era l'atassia spinocerebellare, lessi tutto quello che aveva a che fare con quella malattia, finche non arivvai alla fine che diceva "incurabile". La mia mente era bianca. Andai da Carlisle, ero così frustrato e arrabbiato che entrai nel suo ufficio e gli dissi quello che non avrei mai dovuto dire, ma non potevo farne a meno:
<< A che cosa serve fare il dottore se non si riesce a curare una malattia? >> mi stavo sfogando contro di lui che non aveva fatto niente di male << Perchè mi hai tenuto all'oscuro di quello che stava accadendo a Bella? >>
<< L'hai saputo. Allora, forse sarebbe meglio se stessi alla larga da quella ragazza >> disse con aria severa << Non mi sembra appropriato per te innamorarti di un'umana che ben presto 
muorirà >>
<< Non... non dire quella parola >> ero arrabbiato, non triste. Carlisle, come poteva dire qualcosa del genere così freddamente << Come puoi parlare così? >> chiesi. orami ero davvero arrabbiato.
<< Sai... quando la ragazza scoprì che la sua malattia era l'atassia spinocerebellare e che era senza cure, mi ha chiesto con gli occhi colmi di lacrime:"
Questa malattia... perchè ha scelto proprio me?" e io non potevo risponderle in alcun modo, non potevo levare il dolore che in quel momento e tuttora prova, posso solo aiutarla nel far sì che la malattia progredisca lentamente, perchè in questo momento si sta diffondendo rapidamente. Io, Carlisle, non posso permettere che tu soffra, perchè so che ne soffrirai a tal punto che non vorresti nemmeno andare avanti con la tua vita >> il suo volto e la sua voce si erano addolciti. 
Io non potevo credere a quello che stava dicendo, tutto il tempo ha pensato a me, ma io non posso stare lontano da Bella e lasciarla soffrire da sola.
Proprio non potevo.

 

Dal rpossimo capitolo sarà nei pensieri di bella, comunque spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo !! ^^

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** 8. Riabilitazione ***


 

Riabilitazione

 

 

~ Bella


~ Bella
Mi trovavo ancora in ospedale. Avrei dovuto passare le vacanze estive qui e oggi inizierò la riabilitazione. Per il dottore la mia malattia sta progredendo molto in fretta quindi dobbiamo incominciare subito la riabilitazione, in modo che la malattia progredisca più lentamente.
La stanza in cui mi portarono era composta da molte persone che facevano riabilitazione, c'era chi lo faceva perchè si era rotto una gamba, chi un braccio, e forse chi aveva anche la mia stessa malattia. 
Quella giornata pareva non finire mai, il mio assistente per la riabilitazione mi faceva fare esercizi, come mettermi a quattro zampe e poi farmi alzare e allungare la mia mano sinistra e altrattanto con la gamba destra, poi l'incontrario, era difficile cercare di restare in equilibrio, frequentemente lo rimettevo giù e poi lo rialzavo, tremavo, ma cercavo di tenerli su.
Poi mi faceva fare anche la cyclette, era dura, ma c'è la mettevo tutta, se questo poteva aiutarmi a far sì che la malattia si sarebbe rallentata allora c'è la dovevo fare.
Successivamente mi fece allungare le mani mettere in su i palmi e poi i dorsi, lo dovetti fare un paio di volte, le mani non si giravano proprio dritte, normali... era un po' faticoso riuscire a girarle correttamente.
Dopo di che, feci nuovamente l'esercizio iniziale fino ad un arrivo improvviso.
<< Edward >> lo guardai, chissà da quanto tempo era lì a fissarmi e continuava tuttora.
L'assistente per la riabilitazione ci permise di andare a fare una passeggiata insieme. Ero contenta che era venuto a trovarmi.
Eravamo giunti nel cortile dell'ospedale, passeggiamo lungo il fiale di piastrelle grigio scuro, accanto ad essa era ricoperto di erba verde, c'era anche qualche fiore, mi sembravano margherite. No, ero certa quei fiori erano margherite.
<< Stai meglio di quanto mi aspettassi >> affermò, mi voltai e guardai il suo viso che guardava dritto la strada, poi anch'io fissai ciò che mi trovavo di fronte.
<< Forse >> dissi << Anche se odio i vari esami, il dottor Carlisle è mitico >> ammisi sorridente.
<< Sei solo al livello base, giusto? >> domandò, ma non capii << Poco fa >> aggiunse per chiarire tutto,
<< Ah, alla riabilitazione? Ho deciso di non precludermi nulla >> non so se lui comprise ciò che volevo dire, mi guardava un po'stranito.
<< Dove si trova tua madre? >> chiese cambiando argomento.
<< Non lo so, sarà con il suo nuovo marito Phil, lui è un giocatore di baseball e viaggia molto >>
<< Perchè sei venuta qui da tuo padre invece di restare con lei? >> mi sentivo come se mi stesse interrogando, ma se era lui, non avrei potuto non riuspondergli.
<< Lei mi ha mandata qui, non voleva essere costretta a restare a casa per colpa mia, lei voleva viaggiare con Phil così mi ha spedito da Charlie. Avrei almeno voluto salutarla con un volto felice, ma dover lasciare la propria madre... era difficile sorriderle e dirle "ciao" io non le ho rivolto parole e l'unica cosa che ho fatto era andare da lui, anche se non mi sento mai ha mio agio con Charlie, sono stata senza di lui per almeno dieci anni, ora per me è come se fosse un estraneo, vivere con lui... però adesso è tutto diverso, tutto è cambiato, Charlie è cambiato e adirittura io sono cambiata >> stavo ancora parlando con felicità... o almeno ci provavo.
<< Perchè sei cambiata? >> mi fece una domanda che mi sorprise, non sapevo rispondere a quello domanda, magari sapevo, ma non volevo.
Non risposi, non sapevo se potevo dirglielo o altrimenti tenerlo per me. Optai di stare zitta. Si sentiva solo il vociare della gente che si trovava in quel ospedale.
<< Ti prego, rispondimi... >> lui persisteva, come se dovesse saperlo ad ogni costo << E' così frustrante non sapere quello che pensi, non sapere quello che provi >>
<< Cosa c'è di frustrante? Tutti siamo così, nessuno di noi sa quello che pensiamo a meno che non lo si dica, ma anche in quel caso ci sono molte probabilità che si menta >>
<< Sono bravo nel leggere l'espressione della gente, ma tu... non risco a capire quello che provi, non risco a capire se sei triste o se sei felice >> disse consapevole di ciò che diceva. 
Ci eravamo fermati e ci guardammo negli occhi.
<< E' facile, sono felice quando sorrido e sono triste quando piango, non sarò una brava lettrice ma queste cose elementari le so pure io >> questa volta sorrisi per davvero, Edward era in grado di rendermi... felice.
<< No, intendo dire... tu sorridi anche quando sei triste. Per esempio ora stai sorridendo perchè sei felice, giusto? >> mi chiese sperando che la sua deduzione fosse corretta.
<< Sì, sorrido perchè sono felice >> ammisi << E poi dici che non riesci a capirmi >> dissi ha voce molto bassa, era molto improbabile che mi avesse sentita, ma lui rise, si mise a ridere e io non sapevo il perchè. Però quella fu la prima volta che lo vidi ridere di gusto, era la prima volta che nel suo volto era stampato un sorriso. Era così brillante e luminoso, i suoi denti era bianchi proprio come il latte e le sue labbra erano di rosa scuro. La sua voce cristallina riecheggiò nella mia mente e continuò a ondeggiare nella mia mente, anche quando lui smise e si ricompose. La sua risata era così contagiosa che risi anch'io, anche se lui non rideva più io inziai al suo posto e quando la smisi, mi accorsi che Edward era più vicino a me e mi stava osservando, con i suoi occhi nuovamente dorati nei quali mi potevo specchiare essendo così lucenti.
Lui d'imrpovviso distolse il suo sguardo dal mio e ritornò dritto la strada, mi girai anch'io e notai che c'era il dottor Carlisle. Edward mi disse di andare da lui e obbedì. Quando mi voltai per rivederlo un ultima volta lui era già scomparso.
Passarono altri giorni, Edward qualche volta veniva a visitarmi quando doveva venire per delle commissioni per il dottor Carlisle, non parlavamo molto, non eravamo ancora buoni amici, non sapevo nemmeno se eravamo amici e poi io continuavo con la mia riabilitazione.
Giorni o forse mesi, non lo so, avevo perso il conto, continuavano a passare ed era una monotonia, ma ogni giorno che passava per me era più difficile fare gli stessi esercizi che continuavo a fare con l'assistente per la riabilitazione. Ancora ogni giorno mi chiedo perchè io. A volte mi domando se un giorno potrò guarire, so già la risposta: è incurabile,ma io ancora spero che guarirò, che nell'avanti dei giorni si trovi una cura. Ci spero davvero, ma sperare mi aiuterà? Avere qualche speranza servirà a qualcosa? Ogni volta mi pogo queste domanda, ma non so mai se un giorno troverò risposta.

Mi trovavo ancora in ospedale. Avrei dovuto passare le vacanze estive qui e oggi inizierò la riabilitazione. Per il dottore la mia malattia sta progredendo molto in fretta quindi dobbiamo incominciare subito la riabilitazione, in modo che la malattia progredisca più lentamente.

La stanza in cui mi portarono era composta da molte persone che facevano riabilitazione, c'era chi lo faceva perchè si era rotto una gamba, chi un braccio, e forse chi aveva anche la mia stessa malattia. 
Quella giornata pareva non finire mai, il mio assistente per la riabilitazione mi faceva fare esercizi, come mettermi a quattro zampe e poi farmi alzare e allungare la mia mano sinistra e altrattanto con la gamba destra, poi l'incontrario, era difficile cercare di restare in equilibrio, frequentemente lo rimettevo giù e poi lo rialzavo, tremavo, ma cercavo di tenerli su.
Poi mi faceva fare anche la cyclette, era dura, ma c'è la mettevo tutta, se questo poteva aiutarmi a far sì che la malattia si sarebbe rallentata allora c'è la dovevo fare.
Successivamente mi fece allungare le mani mettere in su i palmi e poi i dorsi, lo dovetti fare un paio di volte, le mani non si giravano proprio dritte, normali... era un po' faticoso riuscire a girarle correttamente.
Dopo di che, feci nuovamente l'esercizio iniziale fino ad un arrivo improvviso.
<< Edward >> lo guardai, chissà da quanto tempo era lì a fissarmi e continuava tuttora.
L'assistente per la riabilitazione ci permise di andare a fare una passeggiata insieme. Ero contenta che era venuto a trovarmi.
Eravamo giunti nel cortile dell'ospedale, passeggiamo lungo il fiale di piastrelle grigio scuro, accanto ad essa era ricoperto di erba verde, c'era anche qualche fiore, mi sembravano margherite. No, ero certa quei fiori erano margherite.
<< Stai meglio di quanto mi aspettassi >> affermò, mi voltai e guardai il suo viso che guardava dritto la strada, poi anch'io fissai ciò che mi trovavo di fronte.
<< Forse >> dissi << Anche se odio i vari esami, il dottor Carlisle è mitico >> ammisi sorridente.
<< Sei solo al livello base, giusto? >> domandò, ma non capii << Poco fa >> aggiunse per chiarire tutto,
<< Ah, alla riabilitazione? Ho deciso di non precludermi nulla >> non so se lui comprise ciò che volevo dire, mi guardava un po'stranito.
<< Dove si trova tua madre? >> chiese cambiando argomento.
<< Non lo so, sarà con il suo nuovo marito Phil, lui è un giocatore di baseball e viaggia molto >>
<< Perchè sei venuta qui da tuo padre invece di restare con lei? >> mi sentivo come se mi stesse interrogando, ma se era lui, non avrei potuto non riuspondergli.
<< Lei mi ha mandata qui, non voleva essere costretta a restare a casa per colpa mia, lei voleva viaggiare con Phil così mi ha spedito da Charlie. Avrei almeno voluto salutarla con un volto felice, ma dover lasciare la propria madre... era difficile sorriderle e dirle "ciao" io non le ho rivolto parole e l'unica cosa che ho fatto era andare da lui, anche se non mi sento mai ha mio agio con Charlie, sono stata senza di lui per almeno dieci anni, ora per me è come se fosse un estraneo, vivere con lui... però adesso è tutto diverso, tutto è cambiato, Charlie è cambiato e adirittura io sono cambiata >> stavo ancora parlando con felicità... o almeno ci provavo.
<< Perchè sei cambiata? >> mi fece una domanda che mi sorprise, non sapevo rispondere a quello domanda, magari sapevo, ma non volevo.
Non risposi, non sapevo se potevo dirglielo o altrimenti tenerlo per me. Optai di stare zitta. Si sentiva solo il vociare della gente che si trovava in quel ospedale.
<< Ti prego, rispondimi... >> lui persisteva, come se dovesse saperlo ad ogni costo << E' così frustrante non sapere quello che pensi, non sapere quello che provi >>
<< Cosa c'è di frustrante? Tutti siamo così, nessuno di noi sa quello che pensiamo a meno che non lo si dica, ma anche in quel caso ci sono molte probabilità che si menta >>
<< Sono bravo nel leggere l'espressione della gente, ma tu... non risco a capire quello che provi, non risco a capire se sei triste o se sei felice >> disse consapevole di ciò che diceva. 
Ci eravamo fermati e ci guardammo negli occhi.
<< E' facile, sono felice quando sorrido e sono triste quando piango, non sarò una brava lettrice ma queste cose elementari le so pure io >> questa volta sorrisi per davvero, Edward era in grado di rendermi... felice.
<< No, intendo dire... tu sorridi anche quando sei triste. Per esempio ora stai sorridendo perchè sei felice, giusto? >> mi chiese sperando che la sua deduzione fosse corretta.
<< Sì, sorrido perchè sono felice >> ammisi << E poi dici che non riesci a capirmi >> dissi ha voce molto bassa, era molto improbabile che mi avesse sentita, ma lui rise, si mise a ridere e io non sapevo il perchè. Però quella fu la prima volta che lo vidi ridere di gusto, era la prima volta che nel suo volto era stampato un sorriso. Era così brillante e luminoso, i suoi denti era bianchi proprio come il latte e le sue labbra erano di rosa scuro. La sua voce cristallina riecheggiò nella mia mente e continuò a ondeggiare nella mia mente, anche quando lui smise e si ricompose. La sua risata era così contagiosa che risi anch'io, anche se lui non rideva più io inziai al suo posto e quando la smisi, mi accorsi che Edward era più vicino a me e mi stava osservando, con i suoi occhi nuovamente dorati nei quali mi potevo specchiare essendo così lucenti.
Lui d'imrpovviso distolse il suo sguardo dal mio e ritornò dritto la strada, mi girai anch'io e notai che c'era il dottor Carlisle. Edward mi disse di andare da lui e obbedì. Quando mi voltai per rivederlo un ultima volta lui era già scomparso.

Passarono altri giorni, Edward qualche volta veniva a visitarmi quando doveva venire per delle commissioni per il dottor Carlisle, non parlavamo molto, non eravamo ancora buoni amici, non sapevo nemmeno se eravamo amici e poi io continuavo con la mia riabilitazione.
Giorni o forse mesi, non lo so, avevo perso il conto, continuavano a passare ed era una monotonia, ma ogni giorno che passava per me era più difficile fare gli stessi esercizi che continuavo a fare con l'assistente per la riabilitazione. Ancora ogni giorno mi chiedo perchè io. A volte mi domando se un giorno potrò guarire, so già la risposta: è incurabile, ma io ancora spero che guarirò, che nell'avanti dei giorni si trovi una cura. Ci spero davvero, ma sperare mi aiuterà? Avere qualche speranza servirà a qualcosa? Ogni volta mi pongo queste domanda, ma non so mai se un giorno troverò risposta.

 

invasata: Grazie mille, sia per la pubbilicità che per i commenti e mi dispiace per gli errori di battitura che commetto, prima di postare rileggo sempre ciò che scrivo, ma ci sono sempre milioni di errori!! T_T
Ho anche letto il commento nel capitolo 5 e mi ha fatta molto piacere!! ^^ aggiungo anche che non è da scemi commentare un vecchio capitolo, io a volte lo faccio !! ^^" Mi fa anche molto piacere che i tuoi commenti siano lunghi!! 

kandy_angel: sono felice che ti sia piaciuto!

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Capitolo 10
*** 9. Voglio camminare ***


~ Bella
Ormai solo le vacanze estive della mia vita, pare siano finite. Tre mesi erano trascorsi ed io non ero più in grado di camminare a dovere. Sembravo un "pinguino". Al pensiero sorrisi con gli 
occhi umidi.
Ero in sala di riabilitazione, dove si presentò il dottor Carlisle.
<< Tra poco uscirai da qui, resisti >> mi incoraggiò con un sorriso sul suo volto pallido.
Ero incredula e felice, sarei uscita da questo posto.
<< Devi fare altre due iniezioni. Pare che le medicazioni stiano funzionando. >>
<< Funzionando? Non credo proprio che stiano funzionando. >> dissi con gli occhi bagnati. L'assistente per la riabilitazione e il neurologo Carlisle mi osservarono, io distolsi il mio sguardo dal 
loro e guardai il muro bianco di quella grande stanza sommersa da pazienti.

 

Voglio camminare

 

 

~ Bella

 

 

Ormai solo le vacanze estive della mia vita, pare siano finite. Tre mesi erano trascorsi ed io non ero più in grado di camminare a dovere. Sembravo un "pinguino". Al pensiero sorrisi con gli occhi umidi.
Ero in sala di riabilitazione, dove si presentò il dottor Carlisle.
<< Tra poco uscirai da qui, resisti >> mi incoraggiò con un sorriso sul suo volto pallido.Ero incredula e felice, sarei uscita da questo posto.<< Devi fare altre due iniezioni. Pare che le medicazioni stiano funzionando. >>
<< Funzionando? Non credo proprio che stiano funzionando. >> dissi con gli occhi bagnati. L'assistente per la riabilitazione e il neurologo Carlisle mi osservarono, io distolsi il mio sguardo dal loro e guardai il muro bianco di quella grande stanza sommersa da pazienti.

 

Charlie era andato da uno dei miei insegnanti dicendo che avevo una malattia incurabile, che questa situazione poteva creare dei problemi per gli insegnanti ed i miei amici e che io ero già al corrente della mia malattia e di non mettere al corrente gli altri studenti di ciò che avevo.
Successivamente Sam andò a parlare con il dottore per la mia dimissione ed io preparai le mie cose, pronta per andarmene via da lì.
Quando tornò, il mio autista era costretto a prendere la mia borsa che per me ormai era difficile prenderla. Mi scusai per ciò, lui non disse nulla e quando tentai di alzarmi dal letto, vidi che Sam era pornto ad aiutarmi ma lo fermai dicendogli che faceva parte della mia "riabilitazione". 
Camminai lungo il corridoio di quell'ospedale. La mia instabilità ora era visibile, i miei piedi erano un pochino divaricati, e non potevo fare a meno che definirmi un "
pinguino",mi sentivo come una di loro e gli assomigliavo molto nel mio modo di muovermi. Nonostante camminassi piano c'erano volte in cui rischiavo di cadere, ma mi appoggiavo nel muro nella speranza di non cadere.

 

 

Giunta a casa, mi diressi verso la mia stanza, appoggiando la mia testa nel mio cuscino bianco, mettendomi sotto le coperte zebrate. 
Il mio bel morbido cuscino e il mio caloroso letto, pensai.
Lentamente chiusi gli occhi, nell'attesa che la mia mente andasse nel mondo dei sogni. Ma non ci riuscì, ero sicura che il giorno dopo, a scuola, averei avuto tutti gli sguardi puntati verso di me. 
Avrei causato altri problemi...
Mi addormentai solo verso le due di mattina e quando mi svegliai non ero stanca come mi aspettavo, anzi affrontai quella giornata con serenità, scendendo le scale di quell'immensa casa. I domestici mi fissavano mentre io lentamene attraversavo il corridoio illuminato dall'enorme lampadario nel soffitto bianco. 
<< Bella, oggi andrai con l'autista a scuola e all'entrata ti aspetterà Angela >> fissai Charlie che continuò a parlare << Tranquiella, non le ho detto nulla della malattia >> 
Concordai senza dire nulla ed andai via insieme a Sam.
In pochi minuti eravamo già arrivati. Vidi Angela che si avvicinava alla mia macchina, così scesi dalla macchina ed appena la gente si accorse del mio modo di camminare mi osservava come il primo giorno di scuola. 
Angela, dopo essersi ripresa mi venne incontro e mi aiutò nello spostamento di ogni lezione, anche a pranzo mi aiutò. Tutti mi osservavano disgustati o forse erano sorpresi? Non capivo i loro volti, ma sentivo in continuazione un brusio attorno a me tra la gente che mi fissava. Parlottavano tra loro dicendo chissà cosa. 
All'ora di biologia, mi sedetti in un banco libero che immediatamente fu occupato da Edward che si era seduta accanto a me appena il professore era rientrato.
<< Allora ragazzi... >> iniziò il professore << Si tratta di Isabella Swan >> tutti gli sguardi si spostarno su di me, anche Edward. Guardavano me poi qualche loro amico << Swan soffre di una disfunzione molto comune tra i giovani, quindi potrebbe avere qualche difficoltà nel camminare. Pare ci vorrà del tempo affinchè si riprenda. Quindi vi prego di aiutarla nei vari cambi d'ora e quando occorre. >> ogni studente presente in quell'aula disse di sì. 
<< Ecco... >> iniziai a parlare io ora << credo che vi sarò di impaccio, quindi grazie a tutti per l'aiuto. >> dissi con un groppo in gola. Alcuni mi incoraggiarono dicendo che non ero un impaccio e che eravamo amici. << Scusate >> conclusi.
I miei occhi erano umidi di nuovo. 
Dei compagni continuarono a fissarmi, altri invece guardarono in avanti. Ma poi, fino alla fine dell'ora nessuno osò guardarmi.
Quando suonò la campanella, tutti si diressero verso l'uscita, anche Edward se ne stava per andare, era quasi vicino alla porta.
<< Edward aspetta un attimo >> corsi tra i banchi per raggiungerlo in fretta, ma fu uno sbaglio. Stavo per cadere, ma mi tenni tra i banchi e rimasi in piedi.
<< Non correre >> mi ammonì lui << è pericoloso >>
<< Scusa >> dissi << Scusami per l'altra volta, per aver pianto >> mi riferivo a quel giorno in cui pioveva e lui era corso da me per riportarmi in ospedale. 
<< Non è niente >> mi incoraggiò.
<< Sarò forte. >>
<< Le ragazze forti non sono carine >> disse guardando fuori dalla finestra in cui il cielo era immerso dalle nuvole.
<< Ma non posso piangere sempre. >> guardai accanto a lui fuori << Diventerò più forte >>
<< Allora la prossima volta che piangi, mi dovrai dare dieci euro >> disse guardandomi << Come penalità >>
<< Cosa? Non ci penso proprio! >> anche se non era un problema, non volevo darglieli.
<< E allora non piangere. >>
<< Io non voglio piangere >>
<< Meglio così, no? >> annuì e sorrisi, andandomene via.
Arrivai da Sam accompagnata da Angela che mi aspettava alla porta d'uscita dell'edificio. La salutai appena entrata in auto.
Sentivo gli sguardi di tutti i Cullen rivoti verso di me, compreso Edward. Quando Sam se ne andò dal parcheggio ero più sollevata perchè per tutto il pomeriggio non avrei più dovuto avere certi sguardi su di me.
Appena arrivata a casa, andai nell'ufficio di Charlie e gli chiesi se da domani potevo andare a scuola a piedi.
<< Voglio camminare >> dissi seria. Lui mi guardò con espressione preoccupata, corrugando un po' la fronte. Poi con un sorriso << ma se mi sarà faticoso, per favore, lasciami andare con Sam >> alla fine lui mi diede il via libera e da domani, avrei potuto andare a scuola camminando.
Salii lentamente le scale e mi diressi verso la mia camera, sedendomi nella mia scrivania, presi il mio diario insieme alla mia matita pulsante. Tentai di scrivere la prima lettera, ma stavo premendo troppo e non potevo farne a meno così si spezzò la mina. Tentai ancora, ma si spezzò nuovamente. Così decisi di prendere una penna dal mio astuccio. Era rossa, ma scriveva blu.
Cercando di scrivere bene la data, mi accorsi che la mia calligrafia stava peggiorando. Scrivevo tremando e tutto ciò che riuscì ha scrivere furono le parole:
"Rimpianto. Pena.
E' meglio se ha soffrire sono solo io.
Ma do comunque problemi agli altri."
e misi via il diario. 
A scuola procuravo problemi ad Angela, Jessica, Mike ed Eric che erano sempre pronti ad aiutarmi in modo che nel cambio dell'ora io non cadessi... ma per colpa mia arrivavano in ritardo e si beccavano le sgridate dai professori.
<< Scusate >> era tutto ciò che potevo dire. Ed ogni giorno non sapevo come andare avanti e come sorridere al futuro.

Cercai di fare un po' di riabilitazione così provai a stare in equilibrio con un piede solo, mi tenevo aggrappata al mio armadio e con un piede alzato, cercai di trascinarlo in avanti e indetro. Mentre lo facevo tremavo e i miei movimenti erano molto lenti e scompigliati.
Tentai di fare altrettanto con l'altra gamba, ma il risultato era sempre lo stesso.
Poi il giorno seguente accadde quel che accadde.

 

 kandy_angel: Scusami se ti ho fatto aspettare tanto, ma non sapevo come continuare!! ^^"

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Capitolo 11
*** 10. Andare avanti ***


 

~ Bella
Ed ecco il seguirsi di un nuovo giorno. 
Charlie era già andato al lavoro così... lentamente mi diressi verso Sam che mi accompagnò a scuola. Ormai non ero più in grado di andare a scuola a piedi e sempre con la mia solita camminata strana... con i piedi divaricati, proprio come uelli di un piccolo bambino che ha imparata da poco a stare in piedi e camminare, entrai dentro la macchina e Sam mise in moto il motore, correndo lungo l'asfalto di quel piccolo paesino.
Questa mattina era diversa dalle altre. Il sole non si intravedeva però le nuvole non coprivano molto il cielo e non erano di un grigio scuro, ma bensì grigio chiario.
E senza accorgermene eravamo già arrivati a scuola. Le mie amiche, Angela e Jessica, erano accanto la portiera della BMW e attesero che io scesi.
Appena iniziai a camminare, mi restarono sempre accanto, in modo che io non cadessi a terra. Un po' barcollavo, ma non caddì.
Loro mi lasciarono nell'aula e poi andarono fuori dove fecero ginnastica in quella giornata asciutta.
Io li osservavo mentre tutti correvano e saltavano. I maschi giocavano a calcio, le ragazze invece, facevano corsa ad ostacoli.
Era così bello essere in grado di poter attraversare quel prato... anziché rimanere in quest'aula desolata.

 

 

 

Andare avanti

 

 

~ Bella

 

 

Ed ecco il seguirsi di un nuovo giorno. 
Charlie era già andato al lavoro così... lentamente mi diressi verso Sam che mi accompagnò a scuola. Ormai non ero più in grado di andare a scuola a piedi e sempre con la mia solita camminata strana... con i piedi divaricati, proprio come quelli di un piccolo bambino che ha imparata da poco a stare in piedi e camminare, entrai dentro la macchina e Sam mise in moto il motore, correndo lungo l'asfalto di quel piccolo paesino.
Questa mattina era diversa dalle altre. Il sole non si intravedeva però le nuvole non coprivano molto il cielo e non erano di un grigio scuro, ma bensì grigio chiario.
E senza accorgermene eravamo già arrivati a scuola. Le mie amiche, Angela e Jessica, erano accanto la portiera della
BMW e attesero che io scesi.
Appena iniziai a camminare, mi restarono sempre accanto, in modo che io non cadessi a terra. Un po' barcollavo, ma non caddì.
Loro mi lasciarono nell'aula e poi andarono fuori dove fecero ginnastica in quella giornata asciutta.
Io li osservavo mentre tutti correvano e saltavano. I maschi giocavano a calcio, le ragazze invece, facevano corsa ad ostacoli.
Era così bello essere in grado di poter attraversare quel prato... anziché rimanere in quest'aula desolata.
Un rumore mi distrasse. Edward era accanto alla porta che mi osservava con i suoi occhi color topazio.
Iniziò ad inventare una scusa per dire il perchè non si trovava a fare ginnastica come tutti gli altri. Disse che aveva mal di pancia e che non era salutare fare ginnastica dopo mangia...
Ma in quel momento... non sentì più quello che mi disse Edward. Il mio cervello non era in funzione, non riuscivo più a reggermi in piedi che caddi a terra gettandomi in un sonno profondo.
Udì la candida voce allarmata di Edward che richiamava il mio nome un'ultima volta poi non sentì niente fino al mio nuovo risveglio.
Mi ritrovavo in un letto d'ospedale con accanto a me il dottor Carlisle e... Charlie che era molto preoccupato e diceva il mio nome per potermi parlare.
<< Scusa >> era quello che riuscì infine a dire << Ti ho fatto preoccupare un'altra volta >>
<< Si tratta di disidratazione >> intervenne il dottor Carlisle spiegando a mio padre che aveva un viso ancora turbato.
<< Disidratazione? >> ripetè incredulo. Non capiva quello che gli stava succedendo, così gli spiegai in modo che non si preoccupasse troppo.
<< Volevo andare al bagno meno frequentemente così ho iniziato a bere meno acqua >> dissi. Lui mi fissava come se si sentisse colpevole ed il dottore invece, guardava verso il basso perchè... a dire il vero non lo so il perchè << Vi sto dando un sacco di problemi. Pare che ormai... >> guardai in alto verso il soffitto per non vedere i loro volti << ... io sappia fare... solo questo >> gli occhi mi prudevano un po' ma non ci badai ed osservai i loro volti.
<< Non prendere così alla leggera la disidratazione. Può essere pericoloso >> mi rimproverò il dottor Carlisle con sguardo severo << Anche se dici che ci stai dando solo problemi, devi sapere che l'intera società è fatta così. Non esiste persona che non abbia mai dato dei problemi ad altri >> e con un sorriso disse: << Tu non sei un eccezione >> e se ne andò lasciandomi in balia di mio padre che mi osservava ancora con gli occhi tristi.
Mi riportò a casa e mi lasciò nel mio letto in cui dormì ancora. E quando mi svegliai quello che udì non era per niente piacevole. Sam e Charlie stavano litigando nel salotto.
<< Ti ho già detto che non voglio che mia figlia diventi un peso per la società. Non vedi l'ora di bollare mio figlia come una disabile?>> urlò mio padre arrabbiato.
<< Perchè la card la dovrebbe bollare come una disabile? Voglio solo che la signorina se la cavi da sola. Ha idea di quanto stia soffrendo? >> gli domandò Sam, ma mio padre non sembrò voler cedere fino all'arrivo dei domestici che li fermarono in modo che non si azzuffassero.
Io in tanto cercavo di scendere le scale, ma misi un piede sbagliato e scivolai giù... lungo le lucide scale di legno. Feci molto rumore e quando mi videro a terra cercarono di farmi alzare e mi misero a sedere nella tavola da pranzo dove si accomodarono anche la servitò, Charlie e Sam.
Lentamente dissi: << Scusate. Tutto questo è solo colpa mia. Scusatemi veramente >> ed ormai più nessuno riuscì a guardarmi in volto << Vi sto solo procurando spiacevoli ricordi, scusate >> ed a quel punto Charlie mi venne inconto e mi abbracciò. Consolandomi tra le sue grandi e possenti braccia. Mi disse di smettere di scusarmi e che non era colpa mia che avevo questo malessere << Ogni persona malata ha una famiglia che la sostiene, giusto? >> disse lui e si staccò da me guardandomi negli occhi colmi di lacrime << Devi avere ancora più coraggio, d'accordo? Questo mondo è pieno di gente diversa tra loro. Alcune non posso camminare proprio come te, altre non possono vedere e poi ad esempio ci sono persone brave negli sport, altre brave a disegnare. Questa società è fatta per accogliere tra loro tante persoe diverse tra loro, capito? >> disse sempre osservando il mio volto con ancora le lacrime agli occhi che non scendevano << Bella, hai mai sentito parlare del
certificato d'identificazione per disabili? >> mi chiese, anche lui, in quel momente aveva gli occhi umidi. 
Io che avevo un groppo in gola, semplicemente annuì e così lui continuò << Questa card permettere agli invalidi di partecipare a tutte le normali attività sociali. Lo dice anche la legge "Tutte le persone disabili, devono cercare in maniera attiva di lasciarsi alle loro spalle la loro invalidità. Devono usare tutte le capacità a loro rimaste per cercare di essere, come meglio possono, membri attivi della società e continuare a fare ciò che hanno sempre fatto" Bella, anche tu finchè se ci proverai con impegno, sarai accettata dalla società. La card per le persone invalide, dimostrerà che anche tu fai parte della società. >> ormai facevo fatica a respirare e a trattenere le lacrime che con violenza continuavano ad accumolarsi nei miei occhi. Ancora non ero pronta per farle scendere e liberarmi da quel peso.
Poi mio padre mi domandò se andava bene raccontare tutto ai domestici che mi guardavano con gli occhi bagnati. Come se stessero per piangere pure loro. Io con un cenno della testa concordai perchè non avevo ancora la forza di parlare. Già respirare era faticoso e il groppo in gola mi impediva di dire qualsiasi cosa. 
<< La malattia di Bella >> iniziò mio padre << si chiama "
atassia spinocerebellare." E' un male che impedisce ai nervi motori, di funzionare correttamente. Lentamente, non potrà parlare, camminare per bene e portare oggetti pesanti. Le sarà davvero difficile stare anche qui in casa. Anche se ci può mettere un po' di tempo nel fare le cose, voi per favore, non l'abbandonate. Non lascitela. Voglio che l'aiutiate. >> C'era chi concordava e chi diceva che mi avrebero aiutata, ma qualcuno, non so chi perchè non riuscì a vedere il suo volto dagli occhi appanati per le lacrime, disse: << Può essere curata? >> la sua voce tremava, di sicuro piangeva. 
Questa domanda fece calare il silenzio ed io attesi la risposta di mio padre che non arrivò. Allora quella persona insistette << Può guarire, vero? >> alla fine Sam gli rivolse parola.
<< Dicono sia incurabile >> fu tutto ciò che disse Sam. Anche lui sembrò che la voce gli tremasse.
<< Non può essere curata con la medicina attuale >> riuscì infine a dire. Il groppo in gola era ancora lì, ma io dovevo rispondere, ero io che dovevo spiegare. Tutto ciò che feci fu un piccolo sorriso a tutti quelli che mi osservavano, però il mio capo era chino. Non ero in grado di alzarlo.
<< Parlate così... all'improvviso di queste cose... io non so cosa fare >> continuò di nuovo la stessa persona. La sua voce era così flebile che si udiva a malapena.
<< E' facile >> gli rispose mio padre << Quando qualcuno è in difficoltà, devi tenergli la mano ed aiutarlo. Quando vedi un amico piangere, tu gli chiedi:  "Cosa succede?", giusto? Ecco, così. Devi raccogliere tutta la gentilezza che hai nel tuo cuore e tirarla fuori. >> congluse infine mio padre con le lacrime agli occhi.
<< Io sarò sempre la stessa >> dissi a tutti loro << Non dovrei dire "Scusate", ma "Grazie" >> e con le lacrime che si dissolsero molto lentamente dai miei occhi non potei fare altro che fare un sorriso da trentadue denti per incoraggiarli di più.

Il giorno seguente, quando Jessica ed Angela mi aiutarono ad entrare in classe dissi:"Grazie" e loro sembravano più contente di sentire quello. 
Successivamete, quando tutti furono andati via, andai nella palestra della scuola e volli provare a fare dei canestri che prima mi riuscivano molto semplicemente, ma ora... non riuscivo a mandare la palla nemmeno accanto al canestro, con tutti i tentativi che fece, nemmeno uno sembrò voler avvicinarsi un po' di più a quel cerchio arancione con un filo rilegato bianco. Poi una voce che disse che facevo schifo... mi distrasse dai miei tiri e trovai Edward piazzato davanti alla porta d'entrata. Risi insieme a lui e gli chiesi se mi avrebbe aiutato a rimettere via tutte le palle che si ritrovavano nel campo. Lui di malavoglia mi aiutò. Quando finimmo...
<< Ho un altro favore da chiederti >> dissi e lui mi guardo per dire di andare avanti << Potresti starmi accanto e assicurarti che io non pianga? >> lui mi osservò con uno strano sguardo in volto. Non capiva quello che gli chiedevo ed in fondo mi sembrava il minimo.
Presi dalla tasca il mio cellulare e composi il numero di mia madre... quando disse prondo inziai a parlare dicendo che ero io << Grazie per esserti sempre presa cura di me sino ad ora >> le dissi << Quando sono arrivata qui a Forks ero davvero felice, perchè non avrei più intralciato i tuoi piani con Phil e tu saresti stata finalmente felice di stare con lui. Ma ero triste perchè non ti avevo detto ancora un ultima cosa "
Addio" >>
<< Aspetta Bella, che cosa significa questo? >> mi chiese mia madre sorpresa.
<< Niente... Addio... Mamma >> e così chiusi il cellulare, concludendo la telefonata. 
Feci dei respiri lunghi ed affanosi, in modo che le lacrime non scendessero.
<< Come sei fredda, dirgli addio al telefono così, tra capo e collo. Così sarà tua madre a piangere, non credi? >>
<< Forse >> sibilai. 
<< Non mentire a te stessa, piangi e basta >>
<< Non voglio... non voglio ricevere una penalizzazione da Edward >> e così sorrisi e lui fece altrettanto con me.
Così passeggiammo lungo il viale per raggiungere il parcheggio nel quale mi aspettava il mio autista.
Guardai in alto, nel cielo un po' pù sereno del solto.
Nel cielo blu, le bianche nuvole fluttuavano leggere. E' davvero bello stare a guardare.
Non voglio assolutamente dire cose come "
Voglio che tutto torni come prima" ho accetato la Bella di adesso e voglio andare avanti.

 

Sulla costa opposta alla tristezza si dice che ci sia un sorriso e una volta giunti lì cosa resteremo ad aspettare? Non lo faccio per scappare via, ma per inseguire i miei sogni.
Se solo potessi vedere il domani, non tirerei alcun sospiro. Come una neve che rema contro la tempesta. Adesso devo continuare ad andare avanti.
Quando le nuvole di pioggia spariscono, le strade bagnate brillano.
Solo l'oscurita mi mostrerà quanto una forte, forte luce possa aiutarmi ad andare avanti.


artline: ecco il nuovo cappy e lo fatto anche un po' più lungo!! ^^

 

 

 

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Capitolo 12
*** 11. Un aspetto malato ***


 

~ Bella
Le giornate stanno diventano sempre più fredde. 
Mi trovavo a camminare per Forks con Angela. Insieme a gente che correva in giro in quel luogo privo di qualche raggio di sole. 
Voglio correre anch'io, in modo da potermi riscaldare. Ma mi è sempre più difficile, persino camminare.
Anche se non posso divertimi come prima, anche se posso caminare solo lentamente... nonostante tutto, ci sono ancora cose che sono in grado di fare.
Lungo il marciapiede in cui camminavo le persono che passavano accanto a me non potevano fare a me di osservarmi, di osservare il mio modo di camminare. Con quei occhi incuriositi e forse anche un po' disgustati, mi osservavano. 
<< Quella non è la figlia dell'imprenditore Swan? >> chiese una signora alla sua amica a fianco a lei che ormai mi avevano oltrepassato e stavano parlando dietro di me, ma io potevo udire bene quello che dicevano.
<< Sì, quella che si è trasferita qui perchè la madre l'abbandonata. Comunque, anche se non ne sono certa, pare che abbia una malattia >>
<< Davvero? Poveretta... >> le rispose l'amica, il resto non riuscì a sentirlo perchè ormai ero troppo lontano da loro, ma ero certa che anche Angela avesse sentito quelle due che parlavano. Ne ero sicura, ma faceva finta di niente e continuava a starmi accanto.

 

 

Un aspetto malato

 

~ Bella


Le giornate stanno diventano sempre più fredde. 
Mi trovavo a camminare per Forks con Angela. Insieme a gente che correva in giro in quel luogo privo di qualche raggio di sole. 
Voglio correre anch'io, in modo da potermi riscaldare. Ma mi è sempre più difficile, persino camminare.
Anche se non posso divertimi come prima, anche se posso caminare solo lentamente... nonostante tutto, ci sono ancora cose che sono in grado di fare.
Lungo il marciapiede in cui camminavo le persone che passavano accanto a me non potevano fare a meno di osservarmi, di osservare il mio modo di camminare. Con quei occhi incuriositi e forse anche un po' disgustati, mi osservavano. 
<< Quella non è la figlia dell'imprenditore Swan? >> chiese una signora alla sua amica a fianco a lei che ormai mi avevano oltrepassato e stavano parlando dietro di me. Ma io potevo udire bene quello che dicevano.
<< Sì, quella che si è trasferita qui perchè la madre l'abbandonata. Comunque, anche se non ne sono certa, pare che abbia una malattia >>
<< Davvero? Poveretta... >> le rispose l'amica, il resto non riuscì a sentirlo perchè ormai ero troppo lontana da loro, ma ero certa che anche Angela avesse sentito quelle due che parlavano. Ne ero sicura, ma faceva finta di niente e continuava a starmi accanto.

 

Il giorno seguente, andai dal dottor Carlisle per vedere se la malattia stesse progredendo lentamente e mi fece fare gli stessi esercizi che avevo fatto la prima volta che lo incontrai con qualcosa di nuovo.
Toccare con l'inidice il mio naso poi toccare il dito indice del dottor Carlisle. Ovviamente, non riuscivo a toccare il mio naso al primo colpo e nemmeno il dito del dottore. Sucessivamente me lo fece fare con la mano sinistra e dopodichè mi fece sdraiare nel lettino che si travava in quella stanza in cui c'era solo io, il neurologo Carlisle e Sam.
Distesa nel lettino, dovevo toccare con il tallone sinistro il ginocchio destro e scendere giù fino a toccare il piede. I movimenti erano poco precisi, un po' impacciati, ma almeno ci riuscivo.
E continuai così, facendo altri esercizi, nella speranza di riuscirci, e anche se erano lenti e un po' tremolanti non mi davo per vinta.
Ed anche quel giorno passò in fretta ed ecco il giungersi il lunedì. Mi preparai e mi feci portare a scuola da Sam. 
Quel giorno Angela e Jessica non mi avrebbero aiutata, loro dovevano andare ad allenarsi per la partita di basket che ci sarebbe stata tra qualche giorno. E poi non potevo mica farmi aiutare sempre da loro due.
Dopo incontrai il professore di educazione fisica che mi venne incontro e mi disse che quando mi sarei sentita meglio sarei potuta entrare nella squadra di pallacanestro. Doveva aver saputo che a Phoenix giocavo a basket ed ero abbastanza brava.
E se ne andò << Con le gambe ridotte in questo stato, è impossibile per me ritornare a giocare a basket >> dissi in modo scherzoso ma vero e mi accorsi che Edward mi stava fissando però, senza dire nulla, si incamminò verso l'aula in cui doveva andare e io feci altrettanto.
Il tempo passò molto in fretta fino al suono dell'ultima campanella. 
Sam non sarebbe venuto a prendermi perchè gli avevo detto che avrei preferito prendere l'autobus, almeno avrei camminato un piccolo tratto di strada per arrivare a casa.
Camminavo molto lentamente, per paura di cadere, ma quando notai che l'autobus ormai stava per partire, iniziai a camminare più velovemente, purtroppo non ero in grado di correre, e camminare velocemente con le gambe un po' divaricate, non è che andassi molto veloce, ma per fortuna riuscii a raggungere l'autrobus in tempo e quando salii feci vedere all'autista il mio documento di identificazione per disabili. Alla fine Charlie concordò, anche se lui era contrario, a farmi il documento di identificazione per disabili. 
L'autista mi fece cenno con la testa che andava bene e all'improvviso mi ritrovai tutti gli sguardi puntati su di me. Tutti i posti occupati, ma una signora, si alzò dal sua posto e mi disse di sedermi, io dissi che stavo bene anche in piedi, ma lei isistette così tanto che non potei non accetare, ma ogni persona su quel lungo e grande veicolo mi continuò a osservare. Non saprei descrivere che emozioni avessero, però ero molto a disagio che decisi di guardare fuori dal finestrino ed intravidi Edward che anche lui mi osservava. L'autobus partì, la sua figura si faceva sempre più piccola fino a sparire del tutto e non potei più godere dei suoi occhi dorati che mi osservavano. Ancora facevo fatica a credere che esistesse una persona con quel tipo di occhi.

 

Il giorno seguente, dopo la scuola, andai con Angela a fare shopping, nel immenso centro commerciale di Port Angeles. Quel luogo era pieno di persone con in mano un sacco di buste, ognuno con le proprie spese sui vestiti e trucchi.
Nel lungo viale di piastrelle bianche che circondavano il pavimento lucido, un bambino sui cinque anni stava fermo e mi osservava. Io gli feci un sorriso dolce e caloroso.
<< Ehi, perchè cammini in quel modo strano? >> chiese quel piccolo bimbo, ma subito arrivò il padre che chiese scusa per quello che disse il proprio figlio.
<< Non si preoccupi >> gli dissi, e l'uomo con la mano sulla spalla del bambino lo portò via e nel tragitto gli disse: << Non si dicono queste cose. Quella persona non riesce a camminare bene >>
Mi voltai per vedere il volto di Angela, e sembrava sull'orlo di un pianto, così io con un sorriso in viso mi incamminai per prendere quello che desideravo, uno smalto color rosa chiaro e una maglia bianca. 
Sucessivamente, mi riportò a casa con la sua macchina e se ne andò.
L'indomani mi svegliai con un sorriso in volto e me ne andai a scuola a piedi.
Anche quel giono passò in fretta fino all'ultima ora: ginnastica. Le ragazze si stavano allenando per la partita del giorno seguente di basket, visto che io me ne stavo solo seduta in panchina, chiesi al professore di andare al bagno e me lo permise, quando tornai, quello che udii e osservai non era per niente piacevole.
Angela e Jessica stavano litigando.
<< Almeno quest'amica sa camminare >> aveva detto Laurant, una ragazza ben poco amichevole << Perchè non insegni alla tua amica a camminare? >> disse imitando la mia camminata. Di sicuro quell'amica ero io.
Angela dalla rabbia la spinse a terra.
<< Tu non meriti di giocare a basket. E tu perchè non le dici nulla? >> chiese Angela arrabiata verso Jessica << Non ti fa arrabbiare sentirla parlare di Bella in quel modo? >> 
<< Perchè... >> Jessica non riuscì a finire la frase che Angela l'aveva interrotta dicendo: << Perchè non dici niente? >>
<< Perchè non posso fare altrimenti >>
<< Perchè non puoi fare altrimenti? In che senso? >> chiese urlando << ti vergogni di Bella? E' per questo che non dici nulla? >> Angela ancora arrabbiata prese il polso di Jessica e la trascinò in un luogo in cui le altre ragazze e ragazzi non potessero sentire niente, ma io sì perchè ora erano più vicine a me.
<< Quella ragazza fa schifo, ma tu sei perggio di lei. Di cosa ti vergogni? Perchè ti vergogni di Bella? >> si fermò un attimo e prese un respiro calmandosi un po'. << Bella è grandiosa. S'impegna tanto ogni giorno con gli esercizi per la riabilitazione. Con tanto ottimismo. Se avessi io il suo male... non avrei nemmeno il coraggio di uscire di casa. Se la gente mi guardasse in quel modo e dicesse quelle cose su di me, non sarei capace di sorridere come lei. Io... per la prima volta mi rendo conto di quanto Bella sia grandiosa. >> Angela, insieme a Jessica, con gli occhi umidi andò nella sua borsa e prese la divisa scolastica da basket di Jessica in cui io avevo ricamato sopra il suo nome e che avevo dato ad Angela dicendole di darlo a Jessica.
<< Guarda, Bella ti ha cucito questo. Per Bella è stato davvero duro cucirtelo. Lo sapevi? Sai quanto ci ha messo per farlo? Sacrificando addirittura le ora di sonno >> e nuovamente aumentò la voce dalla rabbia e tristezza. Ormai a Jessica le lacrime le scivolarono lungo le sue guace rosee << Jessica, tu lo sapresti fare? >> le chiese Angela ancora piena di rabbia. << Tu faresti una cosa del genere per Bella? Perchè ti vergoni di Bella? >> chiese un ultima volta gettantole in faccia la divisa da basket di Jessica. << Io provo vergogna per gente che si comporta come te piuttosto! >> e cadde in un pianto senza fine. 
Io me ne andai, non ero più in grado di sopportare quello. Con le lacrime che solcarono adirittura il mio volto senza sosta, lasciai quell'edificio e dietro il muretto della scuola mi gettai a terra dove sembrò che le lacrime si erano fermate.
Ero ancora incredula per ciò che era accaduto.
Ritornai a casa che era sera. Tutti preoccupati per me.

 

 

Ed ecco arrivato un altro giorno di scuola. Anche oggi lo affrontai con un sorriso e dissi a Jessica che non sarei potuta venire a tifare per lei e Angela nella partita di oggi. Lei non disse nulla, nemmeno un sorriso. Io solo me ne andai all'ora di biologia, dove incontri Edward già seduta al nostro banco.
<< Oggi verrò ad aiutarti con i pesci del laboratorio di biologia >> gli dissi con un sorriso.
<< Oggi? Ma non c'è la partita di Angela e Jessica? >> chiese confuso.
<< Sì, ma non ci andrò >> più confuso di prima e sorpreso mi chiese il perchè. Io guardai al trove e iniziai a rispondere << A me non interessa cosa pensa la gente. Però, non ho tenuto conto dei sentimenti di Jessica. Deve aver sofferto tanto. E' una brava ragazza. Sono una pessima amica, vero? >>
<< Perchè non vai e basta? >> disse, ma questa volta ero confusa io << Non credi che Jessica si sia pensita per come si è comportata? Desidera veramente che tu vada a vederla. >>
<< Pensi che sia giusto? >> chiesi a Edward.
Lui con il cenno della testa mi disse di sì.
Così decisi di andare a fare il tifo per le mie due migliori amiche. 

Fu una bella partita, all'ultimo secondo Jessica aveva segnato il canestro della vittoria. E disse a Laurant << Quella è la mia migliore amica Bella, non è grandiosa? >> chiese un sorriso in volto e io di rimando le sorrisi.

Anche se tutti questi riguardi nei miei confronti mi hanno fatto star male... mi anno aiutato a capire che alcuni di essi sono sinceri.
Quindi ho deciso di non scappare via. Non lo farò. Mai.

 

 artline: prima di tutto scusa se ho postato il nuovo capitolo molto tardi!!! ^^" 
               Comunque il capitolo precedente non lo hai interpretato male, e la persona che parlava quando Charlie ha detto a tutti della malattia di Bella era una domestica della famiglia. Siccome Charlie è ricco mi sembrava giusto che avesse dei domestici!!! Beh, spero che questo capitolo ti sia piaciuto anche se non è dei migliori!! 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** 12. Il luogo in cui mi trovo ***


 

 

Il luogo in cui mi trovo

 

 

~ Bella
E' giunto un nuovo anno. Adesso dipendo molto dall'aiuto degli altri. Ormai non sono più ingrado di padroneggiare come dovrei il mio corpo. Le mani le muovo a fatica e le mie gambe mi sostengono debolmente e per questo sono costretta ad utilizzare la sedia a rotelle. 
Spero solo che questo non cambi il rapporto tra me e le mie amiche.
Arrivata a scuola Jessica e Angela si sorpresero nel vedere che ero costretta ad usare una sedia a rotelle. Loro non sanno ancora della mia malattia e di sicuro si aspettavano che sarei migliorate invece di peggiorare.
Mi aiutarono nel salire i gradini della scuola, entrammo in classe parlando del più e del meno, divertendoci tra noi.
Anche se ho iniziato a vivere sulla sedia a rotele, le mie amiche restano sempre le mie amiche. Gli amici sono stupendi. Spero di restare per sempre con loro.
In quel momento arrivò il professore che mise la classe all'ordine e ci consegnò una scheda in cui c'era scritto cosa volevamo fare per il nostro futuro. Io ancora non so che percorso intraprendere. E questa fotocopia l'avrei dovuta consegnare la settimansa successiva con scritto cosa volevo fare per il mio futuro.
Siccome sono sempre aiutata da tutti, vorrei fare un lavoro in cui IO possa aiutare gli altri. Però non posso fare lavori duri.
L'ora seguente ebbi storia insieme ad Angela.
Lì accadde un inconvenievole.
Dato che ormai riesco a scrivere a fatica, ricopiare quello che c'è scritto alla lavagno lo faccio con molta lentezza. E io purtroppo non avevo ancora finito e la professoressa incominciò a cancellare. Angela accanto a me richiamò l'insegnante che si fermò di cancellare e guardandomi in faccia disse: << Ah già, dobbiamo andare un po' più lenti. >> ma io, sentendomi così a disagio, dissi alla professoressa di continuare pure e lei andò avanti con la lezione. Intanto Angela si offrì di aiutarmi a copiare dopo gli appunti, io le sorrisi e riguardai avanti a me.
Fine di quella giornata a scuola, Sam mi accompagnò all'ospedale a continuare la mia riabilitazione, lì, l'assistente per la riabilitazione mi diede due fasce azzurre da mettere alle caviglie. Aveva detto che mi servivano a bilanciare il peso del corpo e così sarebbe stato più facile camminare. Dopo che me le mise, provai a camminare e sì, mi era molto più semplice. 
Uscita dall'ospedale dalla felicità di quelle fasce che mi avrebbero aiutata molto nel camminare le scale e posti vari in cui non portevo usare la sedia a rotelle.
Quando torna a casa Charlie non era ancora ritornato e dopo aver svolto i compiti scolastici di quel giorno andai nell'ufficio di mio padre per prendere delle puntina così avrei potuto attaccare in camera mia una foto in cui inquadrava me, Jessica e Angela. Nella sua scrivania nera c'era una busta color bej su scritto in fondo "Scuola per disabili di Forks".
Incuriosita e sorpresa tirai fuori quello che c'era all'interno.
Era un opuscolo, nella prima pagina c'era scritto: "Per un inserimento migliore e ka felicità dei ragazzi disabili". Aprii quel sottile libro e lessi:" Tra le attività individuali vi è il miglioramento della condizione d'invalido tramite una guida sempre disponibile. Nella scuola superiore prepariamo lo studente al futuro post-diploma mostrandogli come prendersi cura di se e come partecipare alle attività sociali" Quadai infondo al foglio "Possibile continuo nello studio 0%"
Ancora intontita per quello che lessi, misi via l'opuscolo e andai lentamenta senza fare rumore nella mia stanza, nell'attesa del ritorno di Charlie. 
Lui mi voleva mandare in una scuola per disabili? Dovevo staccarmi dai miei amici? Dovevo dire addio a quell'amata scuola? 
Mio padre tornò a casa in perfetto orario per cenare. Mi accomodai lentamente nel salotto dove ci servirono la cena. Io continuavo a guardare il mio piatto mangiando molto con calma. Poi osservai il volto di mio padre che mi fissò a sua volta.
<< Cosa c'è Bella? >> mi chiese preoccupato.
<< Sei andato alla scuola per disabili oggi? >> gli chiesi con tono basso. Mi osservò sorpreso << Ho visto l'opuscolo >> e così guardò il suo piatto quasi finito.
<< Ci è stata raccomandata dal dottor Carlisle una paziente con il tuo stesso problema. Anche se è più grande di te di un solo anno, è davvero una ragazza ottimista e matura.
Ho preso in cosiderazione molte scelte per il tuo futuro e quella della scuola per disabili è una di esse. >>
<< Sono io a dover scegliere sul mio futuro. >> dissi alzanso il tono di voce. I miei occhi erano un po' lucidi, ma non ero ancora in grado di piangere.
Continuai a fissare mio padre e lui a sua volta con un viso molto dispiaciuto << A causa di questa malattia >> continuai a parlare sempre più forte << ho dovuto rinunciare a molte cose, perchè non vi era altra scelta. Capisco perfettamente che non sono in grado di fare le stesse cose che fanno gli altri. >> Ora il mio tono si era indebolito a causa della fatica  a respirare per il groppo in gola che mi impediva di usare la mia voce ad alto volume. E i miei respiri erano sempre più affannosi << Nonostante ciò, voglio comunque continuare a stare con Angela e gli altri. Non posso vivere in un luogo in cui non ho amici. Senza i miei amici... >> feci un pausa perchè mi cadde una goccia di lacrima salata scivolando sulla mia guancia poco rosea << io...  non posso essere me stessa. Quindi... ti prego >> lo supplicai nel tentativo di non farmi mandare in quella scuola.
<< Capisco >> parlò mio padre con voce molto dolce << Il luogo più adatto a Bella resta alla Forks High School, giusto? >> Annui lentamente << Non ne parliamo più allora. Anch'io spero che sia tu a decidere sul tuo futuro >> annui nuovamente con un sorriso trionfante, asciugando quella lacrima che giaceva ancora sulla mia guancia.
<< Ah, papà, domani ci sono i colloqui, verrai? >> gli chiesi ricordandomi di quel fatto all'improvviso.
<< Certo che verrò >> mi rispose con un sorriso.
Quella notte dormì serena.
Il giorno seguente si presentò più luminoso del solito, non nel senso che c'era un po' di sole, ma per il fatto che ero felice di poter restare insieme ai miei amici.
Andai a scuola insieme a Charlie, prendemmo la BMW che guidava sempre Sam per accompagnarmi a scuola ma questa volta al volante c'era mio padre.
Non volevamo dare nell'occhio altrminti Charlie avrebbe potuto prendere la sua macchina, una Hummer H2 nera. 
Arrivata a scuola, Charlie andò in un aula in cui c'erano tutti i genitori della mia classe. Intanto Edward si offrì di accompagnarmi spingendo la mia sedia a rotella in giro nei corridoi di quella scuola.
Ci fermammo in mezzo al corridoio deserto. Tutti gli alunni erano in palestra a guardare la partita di pallacanestro.
Lentamente mi alzai dalla sedia a rotelle spinta da Edward e mi misi di fianco alla sedia e premetti forte nella lastra di legno che scricchiolava nel corridoio. 
<< Che fai? >> mi chiese Edward divertito.
<< Mi piace tanto questo rumore >> gli risposi sorridente << Quando lascerò la scuola, continuerò a venire qui. E' come se i corridoi mi salutassero. >>
<< Sei davvero strana >> notò Edward sempre più divertito.
Dopo aver sentito lo scricchiolio dei corridoi, io ed Edward passammo lungo le aule che ci stavano a fianco. 
Ci fermammo appena vidi l'aula nella quale stava mio padre insieme ai genitori dei miei altri compagni.
Lui era impiedi in mezzo a tutti qui genitori e insegnanti.
<< Sì, ma così come il signor Swan tiene a sua figlia, anche noi ci prendiamo cura dei nostri. >> mio padre annuì dando approvazione ha un genitore che aveva parlato << Piuttosto che farla restare in un luogo non adatto a lei, perchè non la porta in una scuola pià adatta alle sue esigenze? >> concluse quel genitore.
<< Ecco... a quanto pare la malattia di sua figlia è davvero difficile da curare. >> ammise un'altra madre.
Mio padre d'avanti tale affermazione rimase in silenzio per una frazione di secondi.
Poi si decise a parlare.
<< La malattia di mia figla è, in base a quanto ci ha detto il dottore, incurabile. Verrà il giorno in cui le sarà difficile anche scrivere, mangiare da sola e ovviamente anche camminare. >> fece una pausa e poi riprese a parlare << All'inizio non volevo crederci. Sono andata in diversi ospedali e consultato parecchi libri nella speranza che si trattasse di un errore. Ma... questa è la realtà >> i suoi occhi erano un po' umidi, prese fiato e ricominciò a parlare << Quando l'ho detto a Bella, lei disse... "Perchè proprio io? Ho solo diciassette anni". A causa di ciò, ha dovuto rinunciare a non poche cose. Come andare al cinema con gli amici o giocare a basket. Però Bella ci tiene davvero tanto di continuare a venire in questa scuola. Ogni giorno viene a scuola con un sorriso dipinto sul volto perchè sa che potrà vedersi con gli amici. Lei sa bene che non potrà restare per sempre in questa scuola. Quindi, vi prego, dateci solo un altro po' di tempo, in modo che Bella capisca. Non importa quanto ci vorrà, ma vi prego... aspettate che sia lei a predere la scelta, va bene? Mi ha dett che quando dovrà lasciare questa scuola, sarà lei a dover sceglere sul proprio futuro. Quando sarà il momento, lasciate che sia lei a scegliere di lasciare la Forks High School. So bene che questo è il discorso egoista di un padre. Ma per favore... davvero confido nella vostra bontà d'animo. >> concluse mio padre.
Poi una madre chiese: << Siccome sua figlia a bisogno di aiuto, pottrebbe smettere di lavorare e aiutarla a scuola? >> A quella domanda, Edward mi portò via da lì, in modo da non farmi sentire la risposta.
Ancora non riuscivo a credere a quello che avevo sentito.
A me piace il rumore del pallone che rimbomba nella palestra. La quiete della classe dopo la fine delle lezioni. La vista aldilà della finestra. Il pavimento di legno dei corridoi. Le chiacchiere in aula. Mi piacciono.
Probabilmente sono in grado solo di dare fastidio alla gente. E forse non è una cosa buona restare qui. Nonostante ciò, voglio restarvi perchè è il luogo in cui mi trovo.

~ Bella

 

 

E' giunto un nuovo anno. Adesso dipendo molto dall'aiuto degli altri. Ormai non sono più in grado di padroneggiare come dovrei il mio corpo. Le mani le muovo a fatica e le mie gambe mi sostengono debolmente e per questo sono costretta ad utilizzare la sedia a rotelle

Spero solo che questo non cambi il rapporto tra me e le mie amiche.

Arrivata a scuola Jessica e Angela si sorpresero nel vedere che ero obbligata ad usare una sedia a rotelle. Loro non sanno ancora della mia malattia e di sicuro si aspettavano che sarei migliorate invece di peggiorare.
Mi aiutarono nel salire i gradini della scuola, entrammo in classe parlando del più e del meno, divertendoci tra noi.
Anche se ho iniziato a vivere sulla sedia a rotele, le mie amiche restano sempre le mie amiche. Gli amici sono stupendi. Spero di restare per sempre con loro.
In quel momento arrivò il professore che mise la classe all'ordine e ci consegnò una scheda in cui c'era scritto cosa volevamo fare per il nostro futuro. Io ancora non so che percorso intraprendere. E questa fotocopia l'avrei dovuta consegnare la settimansa successiva con scritto cosa volevo fare per il mio futuro.
Siccome sono sempre aiutata da tutti, vorrei fare un lavoro in cui IO possa aiutare gli altri. Però non posso fare lavori duri.
L'ora seguente ebbi storia insieme ad Angela.
Lì accadde un inconvenievole.
Dato che ormai riesco a scrivere a fatica, ricopiare quello che c'è scritto alla lavagno lo faccio con molta lentezza. E io purtroppo non avevo ancora finito e la professoressa incominciò a cancellare. Angela accanto a me richiamò l'insegnante che si fermò di cancellare e guardandomi in faccia disse: << Ah già, dobbiamo andare un po' più lenti. >> ma io, sentendomi così a disagio, dissi alla professoressa di continuare pure e lei andò avanti con la lezione. Intanto Angela si offrì di aiutarmi a copiare dopo gli appunti, io le sorrisi e riguardai avanti a me.
Fine di quella giornata a scuola, Sam mi accompagnò all'ospedale a continuare la mia riabilitazione, lì, l'assistente per la riabilitazione mi diede due fasce azzurre da mettere alle caviglie. Aveva detto che mi servivano a bilanciare il peso del corpo e così sarebbe stato più facile camminare. Dopo che me le mise, provai a camminare e sì, mi era molto più semplice. 
Uscita dall'ospedale dalla felicità di quelle fasce che mi avrebbero aiutata molto nel camminare le scale e posti vari in cui non portevo usare la sedia a rotelle, andai a casa.
Quando sono torna a casa Charlie non era ancora ritornato e dopo aver svolto i compiti scolastici di quel giorno andai nell'ufficio di mio padre per prendere delle puntina così avrei potuto attaccare in camera mia una foto in cui inquadrava me, Jessica e Angela. Nella sua scrivania nera c'era una busta color bej su scritto in fondo "Scuola per disabili di Forks".
Incuriosita e sorpresa tirai fuori quello che c'era all'interno.
Era un opuscolo, nella prima pagina c'era scritto: "Per un inserimento migliore e la felicità dei ragazzi disabili". Aprii quel sottile libro e lessi:" Tra le attività individuali vi è il miglioramento della condizione d'invalido tramite una guida sempre disponibile. Nella scuola superiore prepariamo lo studente al futuro post-diploma mostrandogli come prendersi cura di se e come partecipare alle attività sociali" Guardai infondo al foglio "Possibile continuo nello studio 0%"
Ancora intontita per quello che lessi, misi via l'opuscolo e andai lentamenta senza fare rumore nella mia stanza, nell'attesa del ritorno di Charlie. 
Lui mi voleva mandare in una scuola per disabili? Dovevo staccarmi dai miei amici? Dovevo dire addio a quell'amata scuola? 

Mio padre tornò a casa in perfetto orario per cenare. Mi accomodai lentamente nel salotto dove ci servirono la cena. Io continuavo a guardare il mio piatto mangiando molto con calma. Poi osservai il volto di mio padre che mi fissò a sua volta.
<< Cosa c'è Bella? >> mi chiese preoccupato.
<< Sei andato alla scuola per disabili oggi? >> gli chiesi con tono basso. Mi osservò sorpreso << Ho visto l'opuscolo >> e così guardò il suo piatto quasi finito.
<< Mi è stato raccomandato dal dottor Carlisle una paziente con il tuo stesso problema. Anche se è più grande di te di un solo anno, è davvero una ragazza ottimista e matura.
Ho preso in cosiderazione molte scelte per il tuo futuro e quella della scuola per disabili è una di esse. >>
<< Sono io a dover scegliere sul mio futuro. >> dissi alzando il tono di voce. I miei occhi erano un po' lucidi, ma non ero ancora in grado di piangere.
Continuai a fissare mio padre e lui a sua volta con un viso molto dispiaciuto << A causa di questa malattia >> continuai a parlare sempre più forte << ho dovuto rinunciare a molte cose, perchè non vi era altra scelta. Capisco perfettamente che non sono in grado di fare le stesse cose che fanno gli altri. >> Ora il mio tono si era indebolito a causa della fatica  a respirare per il groppo in gola che mi impediva di usare la mia voce ad alto volume. E i miei respiri erano sempre più affannosi << Nonostante ciò, voglio comunque continuare a stare con Angela e gli altri. Non posso vivere in un luogo in cui non ho amici. Senza i miei amici... >> feci un pausa perchè mi cadde una goccia di lacrima salata scivolando sulla mia guancia poco rosea << io...  non posso essere me stessa. Quindi... ti prego >> lo supplicai nel tentativo di non farmi mandare in quella scuola.
<< Capisco >> parlò mio padre con voce molto dolce << Il luogo più adatto a Bella resta alla Forks High School, giusto? >> Annui lentamente << Non ne parliamo più allora. Anch'io spero che sia tu a decidere sul tuo futuro >> annui nuovamente con un sorriso trionfante, asciugando quella lacrima che giaceva ancora sulla mia guancia.
<< Ah, papà, domani ci sono i colloqui, verrai? >> gli chiesi ricordandomi di quel fatto all'improvviso.
<< Certo che verrò >> mi rispose con un sorriso.
Quella notte dormì serena.
Il giorno seguente si presentò più luminoso del solito, non nel senso che c'era un po' di sole, ma per il fatto che ero felice di poter restare insieme ai miei amici.
Andai a scuola insieme a Charlie, prendemmo la BMW che guidava sempre Sam per accompagnarmi a scuola ma questa volta al volante c'era mio padre.
Non volevamo dare nell'occhio altrminti Charlie avrebbe potuto prendere la sua macchina, una Hummer H2 nera. 
Arrivata a scuola, Charlie andò in un aula in cui c'erano tutti i genitori della mia classe. Intanto Edward si offrì di accompagnarmi spingendo la mia sedia a rotella in giro nei corridoi di quella scuola.
Ci fermammo in mezzo al corridoio deserto. Tutti gli alunni erano in palestra a guardare la partita di pallacanestro.
Lentamente mi alzai dalla sedia a rotelle spinta da Edward e mi misi di fianco alla sedia e premetti forte nella lastra di legno che scricchiolava nel corridoio. 
<< Che fai? >> mi chiese Edward divertito.
<< Mi piace tanto questo rumore >> gli risposi sorridente << Quando lascerò la scuola, continuerò a venire qui. E' come se i corridoi mi salutassero. >>
<< Sei davvero strana >> notò Edward sempre più divertito.

Dopo aver sentito lo scricchiolio dei corridoi, io ed Edward passammo lungo le aule che ci stavano a fianco. 
Ci fermammo appena vidi l'aula nella quale stava mio padre insieme ai genitori dei miei altri compagni.
Lui era impiedi in mezzo a tutti quei genitori e insegnanti.
<< Sì, ma così come il signor Swan tiene a sua figlia, anche noi ci prendiamo cura dei nostri. >> mio padre annuì dando approvazione ha un genitore che aveva parlato << Piuttosto che farla restare in un luogo non adatto a lei, perchè non la porta in una scuola pià adatta alle sue esigenze? >> concluse quel genitore.
Loro stavano parlando di me.
<< Ecco... a quanto pare la malattia di sua figlia è davvero difficile da curare. >> ammise un'altra madre.
Mio padre d'avanti a tale affermazione rimase in silenzio per una frazione di secondi.
Poi si decise a parlare.
<< La malattia di mia figlia è, in base a quanto mi ha detto il dottore, incurabile. Verrà il giorno in cui le sarà difficile anche scrivere, mangiare da sola e ovviamente anche camminare. >> fece una pausa e poi riprese a parlare << All'inizio non volevo crederci. Sono andato in diversi ospedali e consultato parecchi libri nella speranza che si trattasse di un errore. Ma... questa è la realtà >> i suoi occhi erano un po' umidi, prese fiato e ricominciò a parlare << Quando l'ho detto a Bella, lei disse... "Perchè proprio io? Ho solo diciassette anni". A causa di ciò, ha dovuto rinunciare a non poche cose. Come andare al cinema con gli amici o giocare a basket. Però Bella ci tiene davvero tanto di continuare a venire in questa scuola. Ogni giorno viene a scuola con un sorriso dipinto sul volto perchè sa che potrà vedersi con gli amici. Lei sa bene che non potrà restare per sempre in questa scuola. Quindi, vi prego, dateci solo un altro po' di tempo, in modo che Bella capisca. Non importa quanto ci vorrà, ma vi prego... aspettate che sia lei a predere la scelta, va bene? Mi ha detto che quando dovrà lasciare questa scuola, sarà lei a dover sceglere sul proprio futuro. Quando sarà il momento, lasciate che sia lei a scegliere di lasciare la Forks High School. So bene che questo è il discorso egoista di un padre. Ma per favore... davvero confido nella vostra bontà d'animo. >> concluse mio padre.
Poi una madre chiese: << Siccome sua figlia a bisogno di aiuto, pottrebbe smettere di lavorare e aiutarla a scuola? >> A quella domanda, Edward mi portò via da lì, in modo da non farmi sentire la risposta.
Ancora non riuscivo a credere a quello che avevo sentito.
A me piace il rumore del pallone che rimbomba nella palestra. La quiete della classe dopo la fine delle lezioni. La vista aldilà della finestra. Il pavimento di legno dei corridoi. Le chiacchiere in aula. Mi piacciono.
Probabilmente sono in grado solo di dare fastidio alla gente. E forse non è una cosa buona restare qui. Nonostante ciò, voglio restarvi perchè è il luogo in cui mi trovo.
Scusate tantissimo per il mo ritardo nel postare, ma non avevo molto voglia di scrivere! Come dicono tutti avevo il blocco della scrittrice, però cercherò di non fare più una simile lunga attesa.
 
mine: Grazie, sono contenta che ti sia piaciuta la storia, e comunque sì, ho preso ispirazione dal drama giapponese "1 liter of tears" e anch'io, dalla prima all'ultima puntato ho pianto, non riuscivo a smettere !! XD La fine sarà diversa, ma non posso dirti se Edward la salverà, perchè sono ancora indecisa, comunque è sempre meglio non sapere la fine no? così almeno hai qualche speranza che sopravviva!! ^^ Grazie per il commento e un grande bacio.

vittoriaKf: Sono contentissima che ti sia piaciuta la mia storia, appena ho letto la tua recenzione  e quella di mine ero davvero al settimo cielo perchè c'era qualcuno che apprezzava molto questa storia, volevo aggiornare subito per voi due invece alla fine ho aggiornato dopo un mese perchè avevo installato il nuovo WINDOWS così avevo perso l'inizio che avevo gia fatto per il nuovo cappy e alla fine non ero più in grado di riscriverlo, ma alla fine grazie al cielo c'è lo fatta!! Spero anche che questo capitolo ti sia piaciuto, il prossimo sarà molto toccante!! ^^ ti mando un grosso bacio!!

artline: Hai proprio ragione, non è una situazione facile, però per fortuna Jessica ha capito che non c'è nulla da vergognarsi per avere un'amica come Bella. Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradmento, e scusa per la lunga attesa!!! ^^" un bacio

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Capitolo 14
*** 13. Un litro di lacrime ***


 

Un litro di lacrime

 

 

~ Edward
Ero ancora allibito per quello che era successo all'incontro con gli insegnanti. Come potevano esserci certe madri che volevano, anche dopo aver sentito quello che aveva detto il signor Swan, mandar via Bella da quella scuola.
Quando tornai a casa, sentì Esme parlare con Carlisle sui colloqui di oggi.
<< L'incontro è stato più movimentato di quanto mi aspettassi >> disse Edsme con voce dolce.
<< Per il problema di Swan? >> chiese Carlisle curioso.
<< sì, molto sono preoccupati per i propri figli inquanto spendono troppo tempo per aiutare la loro amica invalida. Il professo Mason le ha anche consigliato di trasferire la figlia in una scuola per disabili >>
Andai in salone dove si travano Carlisle e Esme che parlava e li interruppi.
<< E' così difficile? Quella ragazza, Bella. E' davvero così difficile per lei continuare gli studi in una nuormale suola superiore? >> chiesi a Carlisle che mi fissava amorevolmente.
<< La malattia non mostra segni di rallenamento. Anzi, pare progredisca velocemente. Adesso sarebbe il caso di cambiare ambiente e cercarne un altro in cui potersi adattare al meglio. Forse sarebbe la cosa migliore per lei. >> lui si avvicino di più a me guardandomi negli occhi << Il peso che porta con se va ben oltre ciò che puoi immaginare. E' una cosa che un ragazzino come te non può capire >> e così dicendo chiuse la discussione.
Nessuno riusciva a capire quello che provavo per lei

~ Edward


Ero ancora allibito per quello che era successo all'incontro con gli insegnanti. Come potevano esserci certe madri che volevano, anche dopo aver sentito quello che aveva detto il signor Swan, mandar via Bella da quella scuola.

Quando tornai a casa, sentì Esme parlare con Carlisle sui colloqui di oggi.
<< L'incontro è stato più movimentato di quanto mi aspettassi >> disse Esme con voce dolce.
<< Per il problema di Swan? >> chiese Carlisle curioso.
<< Sì, molto sono preoccupati per i propri figli inquanto spendono troppo tempo per aiutare la loro amica invalida. Il professor Mason le ha anche consigliato di trasferire la figlia in una scuola per disabili >>
Andai in salone dove si travano Carlisle e Esme che parlava e li interruppi.
<< E' così difficile? Quella ragazza, Bella. E' davvero così difficile per lei continuare gli studi in una normale suola superiore? >> chiesi a Carlisle che mi fissava amorevolmente.
<< La malattia non mostra segni di rallenamento. Anzi, pare progredisca velocemente. Adesso sarebbe il caso di cambiare ambiente e cercarne un altro in cui potersi adattare al meglio. Forse sarebbe la cosa migliore per lei. >> lui si avvicino di più a me guardandomi negli occhi <<
Il peso che porta con se va ben oltre ciò che puoi immaginare. E' una cosa che un ragazzino come te non può capire >> e così dicendo chiuse la discussione.


Nessuno riusciva a capire quello che provavo per lei.
Forse Alice sì, lei era l'unica che mi appoggiava al cento per cento. All'inizio anche lei come tutti i miei fratelli non riuscivano a credere che ha Bella fosse toccata una simile sorte. Pure Rosalie, che all'inizio non le stava a genio Bella, ha iniziato ad apprezzarla. Però secondo lei, io non dovevo passare troppo tempo con Bella. Il fatto che riuscisse sempre a tenere duro ed andare avanti la sbalordiva, Rosalie sapeva che lei non ci sarebbe mai riuscita a mantenere un sorriso così sereno e sicero. Jasper come Emmett provava una gran pena per Bella, loro non avevano mai parlato con lei, ma le volevano bene perchè sapevano di quanto io la tenessi cara.

Il giorno seguente andammo a scuola, Bella sembrava quella di sempre, apparte per il fatto che ora, per impugnare una penna, se la doveva legare con un'elastico. Con le sue esili dita premeva molto, cercava di prendere appunti, anche se la sua calligrafica era molto incerta, tutta tremante e disordinata, però lei ci riusciva. Il professore era così sbalordito che per un'istante aveva smesso di spiegare e si era messo a guardare Bella, così tutta la classe spostò lo sguardo su di lei. Lei non si accorse di nulla perchè era impegnata a scrivere. Dopo pochi secondi il professore incominciò a spiegare di nuovo.

Alla fine della giornata io e Bella andammo nel laboratorio di biologia, lei iniziò a studiare, io invece guardavo delle foto di classe. Quando notò quello che facevo le volle vedere anche lei, e si posizionò in una foto in cui c'erano tutti quanti, compresa lei.
<< Chissà se verrò promossa con voi >> chiese Bella.
Un rumore mi ridestò da quello che disse lei. Era arrivato il suo autista, ma restava fermo dietro la porta, feci finta di niente e continuai la conversazione con lei.
<< Che dici? >> le chiesi.
<< Sai, ho capito. Di questo passo un giorno dovrò prendere da sola una decisione. >> disse con voce triste, ma con un piccolo sorriso in volto.
Decisi di toglierle le foto di mano.
<< Idiota, perchè pensi sempre a cosa accadrà in futuro? Mi dicesti così, ricordi? Impegnati e fai ciò che desideri. D' ora in poi c'impegneremo anche per te, così l'album di classe si arricchirà di altre foto. >>
<< Cosa c'è Edward? Sembra quasi che tu... sia diventato bravo >> disse ridendo. Si stava prendendo gioco di me?
<< Sta zitta >> le risposi ridandole le foto che le presi dalle sue mani.
Lei le riguardò, poi parlò: <<
Io ho davvero paura. Quando lascierò la scuola... In quel momento... sembrerà quasi che la mia vita giungerà alla fine. >> il suo sguardo era così triste ed io non potevo fare niente.
Il suo autista prese coraggio ed entrò dentro portando via Bella.

Carlisle, pur di guarire Bella, si era fatto fornire delle cavie da laboratorio affette dall'atassia SC per degli esperimenti, cercando di ottenere dei risultati a qualsiasi costo.
Spero davvero che servirà.

Il giorno seguente, mi meravigliai di quanta cattiveria avesse quella Lauren insieme al suo amico Tyler. Si misero a parlare di Bella appena notarono che lei mentre andava giù le scale Mike e Ben l'avevano aiutata a portare la sedia a rotelle.
<< Cosa ne pensi >> chiese Taylor guardando Bella << Pare che stia dando problemi anche hai nostri genitori >>
<< D'ora in avanti sarà sempre così. Swan avrà sempre bisogno dell'aiuto altrui >> gli disse Lauren guardando con sguardo maligno Bella.
Quella ragazza mi dava così tanto sui nervi...

Mentre mi recai verso l'aula di spagnolo eccola lì che arrivava di corsa verso di me.
<< Edward, tu lo sapevi vero? Ecco perchè sei sempre stato così carino con lei. >> mi disse con quella sua voce fastidiosa << Swan ha una malattia inguaribile, vero? >> appena disse quella frase la portai in un angolo lì vicino dell'edificio.
<< Di cosa diamine stai parlando? >> le chiesi facendo finta di non sapere. Nessuno si doveva accorgere del fatto che sapevo leggere la mente.
<< Guarda che ne parlano tutti. Un giorno non riuscirà nemmeno ad alzarsi dal letto. >>
Dalla rabbia che lei mi aveva causato la presi per le braccia e la sbattei contro il muro, lei gridò "ahia" ma non me ne importò niente se si fosse fatta male.
<< Piantala >> le dissi con voce feroce e sguardo per niente amichevole << Non dire mai più una cosa del genere. >> e detto ciò me ne andai.

L'indomani appena mi recai a scuola, vidi Bella che mentre tentava di salire le scale con l'aiuto di Jessica e Angela lei scivolò e andò addosso ad Angela cadendo giù per le scale.
Tutti accorsero al loro aiuto. 
Bella si era solo stortata una caviglia ed andò a casa appena seppe che Angela si era fatta male il polso e che sarebbe guarito tra una o due settimane. Ma quella settimana la squadra di basket aveva una partita e lei non poteva giocare per l'infortunio. Bella era così amareggiata e triste.
All'inizio della lezione il professor Mason ci disse: << Ragazzi ascoltate. A seguito dei recenti eventi, Swan non verrà a scuola questa settimana >> ci disse.
Penso che non venga per la frattura alla caviglia.
La settimana passo e Bella si mostrò, quandò entrò in aula tutti gli sguardi erano su di lei.
Aveva gli occhi un po' umidi, ma non sembrò piangere.
Lei non restò per tutto il giorno. Disse ad Angela e a Jessica che doveva andare a fare un controllo.  Di sicuro in questo momento era all'uscita della porta della scuola.
Poi Lauren si alzò dalla sedia ed iniziò a parlare.
<< Professore, vorrei dire una cosa alla classe. >> l'insegnante le diede il consenso << Vorrei discutere con voi della situazione di Swan >> tutti la guardarono incuriositi domandandosi che voleva dire << Il suo problema è diventato oggetto di discussione durante l'incontro con i genitori. Sono certa che già lo sapete. Credo sia meglio sapere cosa ne pensiamo. Penso che Swan stia diventando un vero peso per tutta la classe. Dobbiamo discutere sul da farsi, anche per il suo bene. Professore... >> disse voltandosi verso di lui << trova che sia giusto continuare così? Andando avanti diventerà sempre più difficile. >>
<< Provo pena per lei, ma anche io credo che non sia giusto che le lezioni inizino così in ritardo >> disse Conner, un compagno a cui non avevo mai fatto caso.
Gli altri ragazzi approvarono con Lauren e Conner.
<< Lo penso anch'io >> disse Mike, lui mi stupì, era sempre pronto ad aiutarla ed ora... << Ma sarebbe impossibile chiederle di andare più velocemente. >>
<< Povera Bella... >> disse Eric << Cosa cambia per cinque o dieci minuti di ritardo? >>
<< E allora cosa accadrebbe se ritardasse anche il giorno degli esami? >> disse Conner.
Tutti concordarono dicendo che sarebbe stato un problema. Poi chiesero ad Angela cosa ne pensava, lei si alzò dalla sedia con volto molto triste.
<< Anche Bella, è a disagio. >> disse Angela << Ma ce la sta mettendo tutta. Dobbiamo solo darle un po' del nostro sostegno. Che fastidio può darvi ciò? >>
<< Ma Angela, tu ti sei fatta male per aiutarla. In questo modo non potrai partecipare alla partita, giusto? >> chiese Lauren.
<< Questo è vero, ma... >> Lauren non la lasciò finire che la interruppe chiedendo a Jessica cosa ne pensava.
<< Io l'aspetto al cancello ogni giorno. Le sono accanto quando dobbiamo cambiare classe. Voglio bene a Bella, e l'aiuto volentieri perchè siamo amiche. Ma... a volte... proprio non ce la faccio. >> Angela la guardò stupita << Non sono brava nello studio. >> disse incominciando a singhiozzare, tra poco di sicuro sarebbe caduta in lascrime < E ci sono anche le attività di basket. Non ho così tanto tempo... >> disse piangendo.
<< Non c'è la fai più? E pensare che d'ora in poi dovremo continuare così. Anche volendola aiutare, non sarebbe comunque cosa facile. >> disse qualcun'altro.
Il professore disse "Ho capito, lo dirò al padre di Swan..." gente così era veramente stupida.
Come potevano dire certe cose alle sue spalle.
<< Siete degli ipocriti >> dissi a quella classe da quattro soldi.Tutti si voltarono verso di me dandomi attenzione. << Quando c'è lei, siete tutti bravi e buoni. Ogni volta che vi dice "
Scusate", le rispondete sempre "Di niente, di niente!".  E invece quando non c'è, parlare in questo modo. Facendo così, siete voi i primi ad essere d'intralcio. Ipocriti. >> gli ripetei alzandomi dalla sedia << Se non ce la farte, non dovevate comportarvi così gentilmente con lei sin dall'inizio! "Sei un peso, un intralcio", "Non ce la faccio". Ditele questo! In questo modo capirebbe. Troverebbe un modo per non essere di peso a nessuno. >> ero arrabbiato. E poi quel professore... lui si avvicinò a me dicendo "Ho capito ma..." ma cosa?
<< E anche
tu! >> dissi all'insignante.
<< "
Tu?" Come ti perm... >> non gli lasciai finire che lo interruppi.
<< Perchè non gliene hai mai parlato? Avresti dovuto parlargline! Non ci si può comportare in questo modo e poi fare come se niente fosse. >> avevo abbassato un po' il tono di voce che usciva per la rabbia << Professore, se tu glielo avessi detto, Bella si sarebbe comportata di conseguenza. >> il pianto di qualcuno mi fece girare la testa. Bella si trovava sulla porta ed aveva sentito tutto << Bella >> pronunciai e tutta la classe si voltò verso di lei.
Non doveva essere andata via? Che ci faceva qui?
Lei aprì la porta a vetro chiusa ed entrò con un sorriso dicendo di aver dimenticato una cosa. Andò nel suo banco lentamente e prese un libro da li sotto.
Tutti la guardavano con faccia rammaricata e dispiaciuta, soprattutto Angela e Jessica.
Appena prese il libro si diresse verso l'uscita appoggiandosi agli oggetti che trovava accanto in modo che non cadesse a terra.
Io la osservavo mentre abbandonava quell'aula e infischiandomene del professore e della lezione corrsi dietro di lei lasciando tutti con facce cupe.
Bella era vicino alle scale e stava per scendere. La raggiunsi e lei si girò verso di me.
Io mi inchinai davanti a lei e le dissi di salire sulle mie spalle in modo da portarla al primo piano.
Salì obbedientemente senza dire nulla e io sendendo il suo odore pervadere le mie narici, mi beai di quel momento.
Scesi scala per scala con calma, arrivando al luogo dove si trovava la sua sedia a rotelle.
Con delicatezza la appoggiai a terra e la misi con cura nella sedia.
Trascinai quell'aggeggio fuori dall'edificio, femandoci nel parcheggio.
Anche se non potevo vedere il suo volto sentivo quanta tristezza trasportava quel piccolo flebile ed esile corpo.
La sentì prendere con grande fatica un respiro. Era come se faticasse a respirare. Forse stava piangendo?
Poi arrivò il rumore che mi diede conferma.
Iniziò a singhiozzare trascinando con se pesanti lascrime.
Quel giorno era più freddo del solito, il vento scompigliava i miei e i suoi capelli.
La sciarpa che ricopriva il suo lungo collo svolazzava un po' finchè non decisi di prendere il fazzoletto di stoffa blu che trasportavo dentro la tasca dei miei jeans neri.
Glie lo porsi, lei lo accettò ma lei mantenne il suo capo chino e continuò a piangere senza utilizzare il mio fazzoletto. 
Poi si decise ad osservare il mio volto che guardava l'orizzonte.
<<
Dì qualcosa! >> mi supplico ad alta volce << Parlami dei pinguini! O dei pesci! Dei cani...! Dimmi che anche questi animali a volte piangono. Mi va bene anche una storia o una delle tue bugie. Non mi arrabbierò >> io non osavo guardarla. Allora lei dal pianto abbassò nuovamente la testa. Successivamente mi decisi a parlare.
<<
Non posso fare nulla. Quei tipi che parlano in quella maniera... Io non sono tanto diverso da loro. Sapevo del tuo male, ti ho sempre osservata da lontano. Ma alla fine non posso fare nulla. Riesco solo a dire cosa penso. Come un'idiota. Mio padre a ragione... sono solo un ragazzino. >> conclusei. E se le lacrime bruciate dentro di me esistevano ancora nei miei occhi, di sicuro avrei pianto insieme a lei.
<< Non è così >> mi rassicurò Bella che stava al mio fianco << Mi hai sempre dato coraggio. Resti sempre ad ascoltare ciò che non riesco a dire agli altri. Il tuo modo di fare mi rende
felice. Sei sempre con me. Ogni volta che sono in difficoltà, mi resti sempre accanto. >> e finalmente decisi a voltarmi verso di lei. Le mostrai la mia faccia quasi sull'orlo del pianto e lei osservò me con quei grandi pozzi cioccolato. 
Non potendo più vedere il suo volto afflitto, mi voltai di spalle. 
Sentì qualcosa di  freddo e bagnato appoggiarsi sulla mia testa e notai la leve leggiadra scendere con lentezza dal cielo plumbeo.
Udì il rintocco di un ultima lacrima cadere dal suo volto e la sua voce
gioiosa dire: << Grazie Edward >> 
E girandomi verso di lei, la vidi che muoveva con le sue dita la sedia a rotelle. 
Mi posizionai dietro di lei e la spindi al posto suo.
<<
Bye Bye >> disse ancora tra le lacrime.
La tristezza mi sovrastava che fermai di spingere la sedia e mi inginocchiai impotente di tenermi in piedi.
Il vento trasportava con più velocità la neve che continuava ad ondeggiare accanto a noi.

 

 

E poi arrivò il suo autista che la riportò a casa.


~ Bella

Il mattino seguente mi svegliai con un sorriso sul volto andando da mio padre e tutti i domestici della casa che mi guardavano anche loro con felicità.
<< Papà ti voglio tanto bene, e anche a voi voglio bene >> dissi ai domestici che mi guardarono confusi per quel improvviso cambiò d'umore. Ieri ero tornata a casa tutta triste e oggi così... << Anche se sono in questo stato, mi trattate sempre come la vostra signorina. Voglio veramente bene a questa famiglia. Quindi finchè ci sarete voi con me, potrò andare ovunque. >> voltandomi verso mio padre dissi:<< Andrò alla scuola per disabili, ok? >> papà mi guardò stupito ed io intanto continuai a fare un sorriso a trentadue denti.

La lezione iniziò ed io mi trovai dietro la cattedra come se fessi l'insegnate. Mi tenevo in piedi grazie al mio appoggio alla scrivania.
Il professore accanto a me disse alla classe: << Swan, a partire dal prossimo semestre, si trasferirà in un'altra scuola. Facciamole un applauso per incoraggiarla. >> e tutti applaudirono.
Avevo tutti gli sguardi su di me. Edward, Angela, Jessica, Mike, Eric... tutti mi guardarono.
<< Penso che alcuni di voi già lo sappiano, ma... >> feci una pausa e poi ripresi << Non esiste una cura per la mia malattia. Non esistono terapie adatte. >> i miei occhi erano lucidi, ma non piangevo ancora << Non potrò camminare, restare in piedi e parlare. E' ciò che mi ha detto il dottore. Quest'anno, pian piano, ho iniziato a non saper più fare tutto ciò che ho sempre fatto. Nei miei sogni, mentre parlo con i miei amici, riesco a camminare normalmente. >> Angela iniziò a piangere, mentre io abbassai un po' la testa e a volte la alzai per vedere i loro volti << Riesco a giocare a basket correndo per il campo >> ed anche Jessica caddè nel pianto << Quando mi sveglio invece, realizzo che il mio corpo non è capace di muoversi così liberamente. Ogni giorno peggioro. Come faccio a camminare senza cadere? Come posso mangiare più velocemente? Come posso... ignorare gli sguardi che mi vengono volti? Ho pensato tante volte a questa malattia, ma non posso andare avanti così. Andare a scuola, all'università, al lavoro. Penso al futuro senza riporvi alcuna speranza. Non riesco ad immaginare in che modo vivrò... Non riesco a vedere la luce della speranza. A causa di questo male, la mia vita sta andando in frantumi. Non so quante volte ci ho pensato. Però... >> presi un respiro perchè le lacrime sui miei occhi incominciarono ad intravedersi << Però... per quanto sia triste, questa è la realtà. Per quanto io pianga, non posso comunque sfuggire da questa malattia. Per quanto io desideri che tutto sia come prima, non posso tornare indietro nel tempo. Quindi, voglio accettarmi per quel che sono adesso. Ecco cosa penso. Perchè da quando sono diventata così, per la prima volta ho capito un sacco di cose. La mia famiglia, restandomi sempre accanto, mi ha fatto capire quanto sono importati per me. La mano dei miei compagni di classe che mi hanno sempre aiutato è così calda. >> dissi quella frasi con un bel sorriso in volto << Tenersi sempre in forma è una cosa stupenda. >> qui invece iniziai a mostrare un volto triste << Ammalarmi, non ha solo significato perdere la salute. Il corpo che ho adesso mi rappresenta. Supererò gli ostacoli che mi si pareranno davanti, così come sono ora. >> e di nuovo con un sorriso sereno dissi: << Continuando a vivere con fiducia. Quindi, ho deciso da sola di trasferirmi nella scuola per disabili. Anche se il mio percorso sarà diverso dal vostro, d'ora in poi, passo dopo passo, cercherò di trovare quella luce lungo la strada che ho scelto per me. Per riuscire a dirvi tutto questo sorridendo, credo che alla fine, piangerò un litro di lacrime. Quindi anche quando me ne andrò non penserò mai e poi mai che alcune cose sono giunte ormai alla fine. Ragazzi, sino ad oggi, siete stati così gentili con me. Grazie di cuore! >> dissi chinando la testa. 
Ormai tutta la classe, eccetto Edward, era in lacrime. Adirittura  Lauren. Invece io, mi asciugai un lacrima che stava scendendo sempre con un sorriso.
Uscì dalla classe con passo molto lento, verso Charlie che mi aspettava alla porta. E così, andai via dalla classe ritrovandomi seduta sulla mia sedia a rotelle, spita da mio padre, fuori dall'edificio. trovandomi nel parcheggio.
<< Bella! >> mi sentì chiamare da dietro. Charile girò la sedia a rotelle parandomi davanti una vista inimmaginabile.
Edward, seguito da tutta la classe, stava correndo verso di me. Fermandosi a qualche metro di distanza, tutti erano raggruppati insieme. Molti avevano ancora le lacrime agli occhi, altri avevano gli occhi umidi come Edward.
E proprio lui, iniziò ha cantare una canzone, era:"RIVER FLOWS IN YOU".
Con una melodia a dir poco sorprendente.
Dopo un po' susseguirono altre voci che cantarono insieme a lui e mi ritrovai, alla fine, tutta la classe che cantava quella canzone. 
I miei occhi si inumidirono nuovamente e nuovamente la mia respirazione divenne faticosa. Presi dei repiri profondi in modo da cacciar via quel groppo in gola che giaceva li da qualche minuto. E poi mi gadde una goccia salata dall'occhio, riportandomi alla memoria tutti i bei momenti trascorsi con loro.
Io, anche se continuavo a piangere, sorridevo di gioia per quella scena. Ammirandone lo spettacolo fantastico.
Poi Sam insieme a Charlie, mi portarono dentro la macchina. Accendendo il motore e partendo con lentezza.
Tutti gli studendi mi seguirono per un breve tratto, poi si fermarono.
Io ancora con le lacrime, chiusi gli occhi osservando il cielo grigio che si mostrava d'avanti a me.
Che importa se cadi? Puoi sempre rialzarti.
Se guardi il cielo dopo essere caduto, ti accorgerai di quanto anche oggi è immenso e di come ti sorrida. Sono viva.
Mancano quattro giorni alla fine della scuola. Tutti quanti stanno facendo migliaia di gru di carta per me. L'aspetto che hanno mentre le piegano così accuratamente lo porterò per sempre nei miei ricordi.
Anche se adesso siamo lontani, non mi dimenticherò mai di loro. Però... avrei voluto sentirmi dire "Bella, non te ne andare".

Lo so che nella canzone:"Bella's Lullaby - River Flows in you" non ci sono parole, è soltanto una melodia. Ma non sapevo che canzone far cantare alla classe e mi è venuta solo questa che ha un significato in Twilight.
Beh, spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento e che sono riuscita a farvi piangere tanto!!! XD
 vittoriaKf: Grazie infinite per tutto, per commentare, per leggere e per esserci sempre per la mia ff. In questo capitolo si intravede di più Edward, ma dal prossimo lui sarà molto più visibile. Sono molto contenta per la tua recenzione, perchè sempre mi scrivi cose che mi invogliano a postare un nuovo capitolo. E poi con la tua scrittura scorrevole potresti anche tu dedicarti ad una fan fiction tutta tua. E sono anche sicura che piacerebbe a molte persone!! Un bacio. e spero che anche questo cappy ti sia piaciuto.

 kandy_angel: Sono molto contenta che il capitolo ti sia piaciuto!!! ^^

 Gattino Bianco: Anche la tua recenzione mi ha fatto molto piacere. Ed è proprio quello che voglio. Voglio fa si che il lettore pianga in questa ff. e sono molto contenta di aver raggiunto il mio scopo.In questo capitolo penso che piangerai molto. Anzi lo spero proprio!!! Non pensare che sono cattiva nel fatto che voglio che piangi, ma è una storia triste.... Beh, un grosso bacio e spero che il capitolo sia stato di tuo gradimento.

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Capitolo 15
*** 14. Vivere il momento ***


 

~ Bella
Era giunta la primavera e ora era il tempo di andare alla scuola per disabili.
Oggi era il primo giorno e Charlie mi aveva comprato una sedia a rotelle che si muoveva grazie a comando che si trovava lì a fianco al poggia braccia.
Giunsi d'avanti al cancello del edificio.
Questa è la stagione che fa sentire tutti pieni di vita. Adesso la mia strada è fiancheggiata dal muro di cemento della scuola per disabili. Questa stagiore così delicata, pare che non sappia nulla di certe cose, continuando così a scorrermi davanti.
All'entrata ci accolse una signora che disse di essere un insegnante della scuola.
L'ingresso era tutto bianco, i muri e i pavimenti erano ornati da quel chiaro colore. Era anche pieno di luce e cera gente che vagava in quell'immensa scuola.
L'insegnante ci mostrò la scuola a me e a mio padre che mi fiancheggiava.
Ci disse che c'era anche un nutrizionista che prescriveva menù diversi da persona a persona.
Anche lì, c'era gente che girovagava con una sedia a rotelle proprio come me.
C'erano anche infermiere e mi presentò un signore di nome Alex che faceva il volontariato in questa scuola dopo aver lavorato.
<< Piacere di incontrarti. Anche se vengo qui solo alcune volte, cerca di ricordarmi, per favore. >> mi disse un sorriso. Io con la testa annuì sorridendogli. 
Lui se ne andò e io spostai il mio sguardo su un muro in cui c'erano attaccati dei disegni.
<< Questi sono tutti i lavori degli studenti della scuola >> mi informò << Sono riusciti a trovare qualcosa in cui riescono, e ce la mettono tutta per darcela da soli. >> 
Dopo di che, Charlie mi lasciò ed io rimasi in quella scuola.
L'insegnante mi mostrò la mia stanza la quale avrei alloggiato per il resto del semestre e avrei anche avuto una compagna di stanza.
Lei in quel momento non si trovava in camera. Era nel giardino ad annaffiare i fiori.
Quella signora mi accompagnò da lei.
Me la presentò con il nome Emily e lei, ridotta come me ad una sedia a rotelle, parlava scandendo sillaba per sillaba. Lei era qui da un anno.
<< Ti sta-vo as-pet-tan-do >> mi disse un sorriso in volto << Ti chia-mi I-sa-bel-la Swa-n, ve-ro? >> mi chiese sempre con un sorriso.
<< Chiamami pure Bella. >> le dissi.
<< Io ho la tu-a stes-sa ma-lat-ti-a >> mi informò. Rimasi stupida a quello che sentì, lei aveva la mia stessa malattia?
Lei si avvicinò lentamente a me con la sedia che era quasi uguale alla mia.
Mi porse la mano con movimenti tremanti e lenti come i miei ed io la accettai.
Mi chiase se mi piacevano i fiori che si trovavano in quel giardino.
Aveva usato solo acqua e sole per farli sbocciare mi disse.
Io vedendola così felice le feci un sorriso dolce.
Mi era molto simpatica.

 

 

Vivere il momento

 

~ Bella

Era giunta la primavera e ora era il tempo di andare alla scuola per disabili.
Oggi era il primo giorno e Charlie mi aveva comprato una sedia a rotelle che si muoveva grazie a comando che si trovava lì a fianco al poggia braccia.


Giunsi d'avanti al cancello del edificio.
Questa è la stagione che fa sentire tutti pieni di vita. Adesso la mia strada è fiancheggiata dal muro di cemento della scuola per disabili. Questa stagiore così delicata, pare che non sappia nulla di certe cose, continuando così a scorrermi davanti.
All'entrata ci accolse una signora che disse di essere un insegnante della scuola.
L'ingresso era tutto bianco, i muri e i pavimenti erano ornati da quel chiaro colore. Era anche pieno di luce e cera gente che vagava in quell'immensa scuola.
L'insegnante ci mostrò la scuola a me e a mio padre che mi fiancheggiava.
Ci disse che c'era anche un nutrizionista che prescriveva menù diversi da persona a persona.
Anche lì, c'era gente che girovagava con una sedia a rotelle proprio come me.
C'erano anche infermiere e mi presentò un signore di nome Alex che faceva il volontariato in questa scuola dopo aver lavorato.
<< Piacere di incontrarti. Anche se vengo qui solo alcune volte, cerca di ricordarmi, per favore. >> mi disse un sorriso. Io con la testa annuì sorridendogli. 
Lui se ne andò e io spostai il mio sguardo su un muro in cui c'erano attaccati dei disegni.
<< Questi sono tutti i lavori degli studenti della scuola >> mi informò << Sono riusciti a trovare qualcosa in cui riescono, e ce la mettono tutta per darcela da soli. >> 
Dopo di che, Charlie mi lasciò ed io rimasi in quella scuola.
L'insegnante mi mostrò la mia stanza la quale avrei alloggiato per il resto del semestre e avrei anche avuto una compagna di stanza.
Lei in quel momento non si trovava in camera. Era nel giardino ad annaffiare i fiori.
Quella signora mi accompagnò da lei.
Me la presentò con il nome Emily e lei, ridotta come me ad una sedia a rotelle, parlava scandendo sillaba per sillaba. Lei era qui da un anno.
<< Ti stavo aspet-tando >> mi disse un sorriso in volto << Ti chiami I-sabella Swa-n, vero? >> mi chiese sempre con un sorriso.
<< Chiamami pure Bella. >> le dissi.
<< Io ho la tu-a stes-sa ma-lat-ti-a >> mi informò. Rimasi stupida a quello che sentì, lei aveva la mia stessa malattia?
Lei si avvicinò lentamente a me con la sedia che era quasi uguale alla mia.
Mi porse la mano con movimenti tremanti e lenti come i miei ed io la accettai.
Mi chiase se mi piacevano i fiori che si trovavano in quel giardino.
Aveva usato solo acqua e sole per farli sbocciare mi disse.
Io vedendola così felice le feci un sorriso dolce.
Mi era molto simpatica.

Arrivò sera. Io erano nella mia stanza seduta sulla mia scrivania, la mia compagna Emily, faceva altrettanto.
Sentì squillare il cellulare appena comprato da Charlie così che potessi contattarlo.
Il mio numero c'è lo aveva lui e Edward.
Fu il primo nella mia lista contanti.
<< Ciao >> mi disse la voce dall'altra parte del telefono.
<< Edward? >> chiesi sorpresa. Ero sicura che fosse mio padre.
<< Nulla di che, ma ho penato che se non ti avesse chiamata nessuno, sarebbe stata una cosa brutta. >>
<< Hai ragione >> gli risposi felice << Edward, tu sei il primo. >> intendevo ad avermi chiamato.
Lui era il primo e rimase felice di ciò.
Poi lo salutai augurandogli "buona notte".

Terminai di scrivere sul mio diario:"
Ad essere onesta, essere una studentessa di una scuola per disabili non è ancora così terribile. Farò del mio meglio. A partire da domani, questo diverrà il posto a cui apparterrò."

Passarono due mesi ormai dal mio ingresso alla nuova scuola.
Tutto sembrò procedere bene, ma questa sera, mentre cenavo con Emily, lei iniziò a tossire per il cibo che con fatica riuscì a deglutire.
Io con occhi tristi mi preoccupai perchè sapevo che sarebbe successo anche a me in un futuro penso ancora lontano.
Quando tornammo in camera si mise a suonare la armonica e mi disse che era la riabilitazione vocale.
Il giorno seguente, mentre l'insegnante Coop mi stava aiutando con la riabilitazione per le braccia, Alex, quello che faceva volontariato la chiamò allontanandola da me. Così si avvicinò Emily e mi disse che loro due stavano
insieme.
<< E' bellissi-mo a-vere un ragaz-zo >> disse e poi l'insegnante Coop la ammonì e io e lei ridemmo.
Emily è una persona stupenda con un sorriso dolcissimo. Tuttavia, ogni volta che osservo il suo corpo, noto come le mie condizioni peggioreranno.
Il mattino seguente arrivai alla lezione in ritardo perchè invece di usare la sedia a rotelle volli camminare.
<< Anche ieri sei arrivata in ritardo >> mi disse l'insegnante che era uscita a parlarmi << Perchè non usi la sedia a rotelle per spostarti? >> mi chiese.
<< Ecco, preferisco camminare da sola il più possibile. >>
<< Bella, ti prego di pensare bene a come gestire la tua vita. Ci sono situazioni in cui puoi farcela da sola, ma altre in cui hai bisogno di aiuto. E' importante che tu lo tenga ben in mente. >>
<< Ma... >> cercai di controbattere ma lei mi interruppe.
<< Non credi che sia meglio riconoscere i tuoi limiti anche per il bene di coloro che ti circondano? >> senza aggiungere altro le dissi di sì.
Però, appena la lezione finì e i corridoi si svuotarono io continuai a camminare tenendomi sorretta dall'aiuto di una sbarra attaccata al muro.
Ho capto cosa mi ha detto la professoressa, ma ho paura. Se usassi la sedia a rotelle sarebbe come ammettere di non essere più in grado di camminare.
Quando i week-end li trascorro a casa sono sempre stanca.
A scuola facciamo tutto noi, il bucato, priegare e stirare i vestiti... e proprio mentre piegavo una maglia il mio cellulare squillò.
Era Edward.
<< Edward >> dissi appena risposi.
<< Ho pensato di chiederti come stai >> 
<< Io bene. E tu Edward? >> gli chiesi.
<< Così così >> e poi gli chiesi della scuola << Ci stiamo preprarando per la festa della cultura. Prepariamo le meraviglie dei sette mari. Le lacrime delle tartarughe marine i sonnellini delle spigole, i discorsi ei delfini che non riusciamo ad ascoltare e cose del genere. >> mi disse.
<< Sembra interessante >> gli risposi contenta.
<< Sei libera questo week-end? >> mi chiese tutto ad un tratto, io un po' stupita gli risposi "
" << Devo andare all'acquario. >> mi spiegò << Ti va di venire? >> mi chiese.
Io gli risposi che prima dovevo chiederlo a mio padre e poi riattaccai.
Emily mi chiese se era un appuntamento e se lui era il mio ragazzo. Mi sentì imbarazzata a quella domanda.
<< E' solo un compagno di classe >> le risposi e lei mi chiese "Solo?"
<< Tieni il cel-lu-la-re sempre ac-can-to a te e sem-bra che non ve-di l'ora che squil-li >> mi disse con un grande sorriso << Che ti-po è? >> mi chiese.
Io ci pensai un attimo poi dissi: << Quando lo vidi la prima volta credevo fosse strano. Era egoista, diceva cose che non mi piacevano >> lei mi ascoltò con molto interesse << ongi volta che mi sento a terra è sempre accanto a me. La cosa più incredibile è che quando sono con Edward, senza accorgermene, mi dimentico della mia malattia. >>
<< Pa-re proprio che tu si-a pre-sa da ques-ta co-sa. >> prima mi sorpresi poi le sorrisi.
Aveva un po' ragione.

 

 

 

Il mattino dopo, Edward si trovava al cancello della scuola per disabili in mia attesa.
Charlie mi aveva dato il permesso di uscire con lui ed ora ci trovavamo uno di fronte all'altro. E a seguirci c'era Emily che si presentò ad Edward.
<< Sono Emi-ly. Tu sei Ed-ward? >> le chiese << ero curiosa di vede-re che ti-po eri per-chè Bella mi par-lava sem-pre di ques-to Ed-ward. >> io le dissi: "Ehi" e lei con un sorriso ritornò dentro l'edificio.

Mentre attraversavo il lungo viale con la sedia a rotelle e Edward al mio fianco parlai.
<< Emily è nella mia stessa stanza. Ha la mia stessa malattia. >> lui rimase un po' sorpreso << E' una perona davvero vitale, non trovi? >> 
<< Già >> mi disse sorridendo. 

Ci ritrovammo all'acquario ed era come stare in un tunnel sotto l'acqua.
Le pareti erano di vetro e i pesci erano al di là di quella struttura liscia trasparente.
Loro nuotavano liberamente e ognuno era diverso dall'altro.
<< Quello è un pesce palla? >> chiesi stupita nel vedere pesce.
<< E' chiamato anche "pesce porcospino". Quando si sente minacciato, tira fuori le spine per proteggersi. >>
<< Chissà perchè, ma mi ricorda un certo Edward >> dissi sorridente.
Lui non disse nulla a quello osservazione e noi continuammo a girovagare chiedendogli ancora un altro pesce.
<< Questi sono i pesci pagliaccio. Vivono in simbiosi con alcune spicie di anemone. >>
<< Che carini >> esclami nel vedere quei pesci rossi con una striscia bianca in altro.
<< Chissà perchè ma mi ricorda la tua famiglia. Questo qui che non sta mai fermo, mi ricorda tuo padre >> e guardandolo risi insieme a lui.
Poi arivvammo nella sezione in cui c'erano i delfini, ma c'erano anche molti altri piccoli pesciolini.
<< Com'è rilassante! >> esclamai guardando i delfini << Ma... come fanno a nuotare così liberatamente senza andare contro il muro di vetro? >> chisi estasiata.
<< Usando la voce dei delfini >> mi rispose Edward. Io ero accanto a quel muro e lui era dietro di me. Non capendo quello che mi disse Edward ripetei "La voce?" 
<< L'orecchio umano non può percepirla >> mi disse << Gli ultra suoni che emettono rimbalzano contro la superficie dell'ostacolo e tornano indietro informano i delfini di cosa li circonda. >> meravigliata guardai con serenità i loro movimenti << Inoltre, usando questi suoni, possono parlare tra loro anche a distanza di chilometri. >>
<< Una conversazione segreta insomma >> ne dedussi da ciò che mi disse << Chissà se riesco a sentirla >> dissi avvicinando il mio orecchio a quel muro di vetro << Non sarebbe bello se anche gli umani potessero parlare tra loro in questo modo? >> chiesi con uno sguardo sereno. Poi chiusi gli occhi e mi concentrai ad udire i suoni dei delfini.
<< Aspetta un attimo >> mi ordinò Edward andando da qualche parte. Io rimasi lì immobile nel tentativo di udire qualcosa.
Quando tornò mi portò fuori da quel luogo e ci sedemmo nel bar che era lì acanto all'acquario. Successivamente prese il mio cellulare e ci attaccò un porta chiavi a forma di delfino.
<< Anche se non è proprio come un vero delfino >> ammise. Poi dirò fuori il suo cellulare. Ne aveva uno identico attaccanto.
Io con gioria lo ringraziai. E dopo andò a comprare del tè. Io intanto continui ad ammirare il portachiavi.
<< Mi scusi >> disse una signora. Mi voltai in sua direzione era con una piccola bambina. << Mi saprebbe dire dove si trova l'acquario dei delfini? >> mi chiese.
<< Si trova dopo l'osservatorio >> risposi. La signora mi disse "Cosa?" come se non avesse capito così lo ripetei << Dopo l'osserv... >> stranamente non riuscì a finire la frase. La signora mi guardò strana << Da qui... andate avanti >> dissi con sguardo confuso e poi lei mi chiese di continuare << Ecco... di là >> dissi indicando la strada. Stranamente non riuscì a parlare con chiarezza.
E ringraziandomi se ne andò in quella direzione.
Poi arrivò Edward con una bavanda in mano e mi chiese, vedendomi con volto triste, che succedeva. Io siccome faticai a parlare dissi con cenno della testa di no, come dire niente e abbassai il mio sguardo.

Quando su pomeriggio, andammo a prendere il pulman, ma arrivammo in ritardo così Edward disse che avremmo preso un taxi. Ma quando lui chiedeva ai tassisti di fermarsi, nemmeno uno gli diede retta.
E iniziò a piovere. Lui mise la sua giacca sulla mia testa in modo che non mi bagnassi.
Dopo un po', dopo tutta la pioggia presa ci fu un taxi che si fermò e ci portò a casa mia.
Io ero infreddolita. E il mio contatto con Edward non sarebbe migliorato siccome lui era più freddo di me.
Così decisi si chiamare casa nel dire che stavo arrivando.
Nella macchina rimanemmo in silenzio. Quando arrivammo, i domestici mi portarono subito dentro, ma io dicevo che stavo bene però loro con molta urgenza ed allarmati mi aiutarono a fare un bagno caldo e a cambiarmi.
Intanto Charlie stava sgridando Edward dicendo: << Cosa combini? E se si prendesse un raffreddore? >> lui tutto quello che potè fare era scusarsi. E mio padre lo vece entrare in modo che si asciugasse anche lui.
Io ormai giacevo nel mio letto nel tentativo di dormire, ma invano. Charlie mi aveva messo la coperta eletrica così che mi riscaldassi più infretta. Però non capivo cos'era tutta quella preoccupazione per un piccolo raffreddore.
Charlie, Sam e Edward si trovavano dietro la porta della mia stanza e sentì tutta la loro conversazione.
<< E' tutta colpa mia >> si accusò Edward << Sono mortificato >> e poi anche mio padre si scusò per avergli gridato contro. 
<< Ti siamo davvero grati >> gli disse mio padre per rassicurarlo << Ti prendi cura di Bella restandole sempre accanto. Credo che anche lei sia davvero felice di questo. Però... adesso Bella, deve stare attenta ad un sacco di cose.
Anche se pare stia bene il suo fisico non è in salute. Per lei, persino un semplice raffreddore potrebbe degenerare in polmonite. Ciò che per gli altri possono sembrare delle sciocchezze a Bella potrebbero costarle la vita. >> ed io udendo quella frase inizò a prudermi gli occhi << Non può più pensare solo a divertirsi con gli amici. >> continuò mio padre << Ormai... niente sarà come prima. Comunque la giornata si è conclusa senza incidenti. Ti abbiamo affidato Bella tutto da solo, quindi non è stata colpa tua. >> disse mio padre con tono dolce.
Poi sentì nuovamente che Edward chiese scusa.
In quel momento mi venne un groppo in gola. Lui era stato sgridato per colpa mia e gli toccava subire tutto ciò sempre per colpa mia.

 

Edward se ne andò via, camminando sotto la fredda pioggia di quella sera. Ma mio padre gli diede un ombrello per ripararsi.
Appena sentì che uscì di casa presi il cellulare e lo chiamai.
<< Scusa... >> dissi appena rispose << ...per oggi. Ti ho dato un sacco di problemi. >> la mia voce era bassa < Oggi... quello che ha detto mio padre... >> le parole che fuoriuscivano erano faticose da pronunciare.
<< Scusa. Non riesco a sentirti bene per via della pioggia >> mi disse Edward dall'altra parte della cornetta.
I miei occhi era inumiditi dalle lacrime che sembravano voler uscire senza il mio consenso << Proprio come pensavo. >> dissi a Edward << E' difficile capirmi bene. >>
<< Niente affatto. Tranquilla >> mi incoraggiò lui.
Ormai i miei occhi erano colmi di lacrime << Niente sarà più come prima. Ti ho lasciato spingere la mia sedia a rotelle... >> i miei occhi non erano più in grado di spportare un simile peso che le gocce salate caddero scivolando sul
mio viso << Però non potremo mai passeggiare insieme. Solo per essermi un po' bagnata sotto la pioggia, è successo tutto questo putiferio. Di sicuro... presto non sarà più in grado di parlare bene. Non potrò nemmeno chiacchierare al cellulare. >> presi un bel respiro in modo di cacciar via quel nodo che mi impediva di parlare << Ormai è cambiato tutto >> e lì cadde ancora un altra goccia sulle mie guance pallide << rispetto ai tempi alla Forks High School. Edward, ormai credo che i nostri mondi adesso siano completamente diversi. >> e dicendo ciò chiusi il telefono tenerndolo stretto tra le mie dita e chiudendo gli occhi in modo da far scende tutte le lacrime che ancora continuavano ad aumentare. Li riaprì e continuai a prendere grossi respiri in modo da calmarmi.
Sentivo il rintocco della pioggia cadere forte sulle strade, case, piante e macchine. Mi addormentai con ancora le lacrime sul mio volto.

<< Sia Judy che Harry possono portare la luce. >> dissi quello che il dottor Carlisle mi chiese. Mi trovavo in ospedale a fare esercizi per la voce. Accanto a me c'era Charlie che assisteva. 
<< Non correre. Prova a d andare più lentamente >> mi ammonì il dottore << Scandisci chiaramente parola per parola. >> mi dissi.
<< Pa ta ka. Pa ta ka. Pa ta ka. >> continuai a ripetere lentamente << Ra ba ka. ra ba ka... >> quando finì il dottore mi disse che dovevo continuare la riabilitazione vocale anche a scuola. Io annuì con la testa.
<< Qual è la cosa che trovi più ardua? >> mi chiese.
<< Sta diventando sempre più difficile produrre suoni chiari. >> risposi.
<< Capisco. Ma ora stai parlando con me, no? Vedi, quando parli con qualcuno la cosa più importante è il messaggio che vuoi trasmettere e che gli altri recepiscano il significato di esso. >> io annuì << Ti devi impegnare a farti comprendere. Solo così, coloro che stanno ad ascoltare, ti capiranno. >> Annuì nuovamente e andammo alla scuola.

Mi misi ad annaffiare i fiori che si trovavano vicino all'ingresso. Poi un rumore di veloci passi avvicinarsi a me mi distrasse e vidi Edward, lì, davanti a me.
<< E' da un po' che non ci vediarmo. >> in effetti erano passati giorni dalla giorno della nostra ultima telefonata. << Non sono riuscito a chiamarti, >> disse << quindi sono venuto qui per dirtelo. >> io distolsi il nostro contatto con gli occhi e guardai i fiori.
" Solo così, coloro che stanno ad ascoltare, ti capiranno." ripensai alle parole del dottore.
<< Oggi... io... ho fatto... un sogno... >> lui mi guardo stupito ripetendo "Un sogno?" io annuì. << prima, nei miei sogni, ero in grado di correre, camminare e muovermi senza problemi. Proprio come la prima volta che ci incontrammo. >> parlavo lentamente << Ma, questa volta il sogno era diverso. >> presi fiato e continuai << Ero... seduta... sulla sedia a rotelle. Nel sogno... io ero... Il mio corpo era... quello di una disabile. >> lo guardai negli occhi mostrandogli le lacrime che ancora non volevano scendere << Non ci riesco. >> dissi con fatica << Anche se questa è la realtà... Nel mio cuore... >> presi fiato per essere più forte di quel nodo alla gola che mi faceva male,quasi al punto di soffocarmi << ...non riesco ad ammetterlo. Sono solo io... a pensarlo? >> chiesi con un piccolo sorriso che poi svanì. 
<< Ti va se ti dico cosa provo adesso? >> mi chiese Edward << Io non so cosa accadrà in futuro. Ma adesso, ciò che provo, al 100% non è una bugia. Senza obra di dubbio. Io resterò ad ascoltarti. Non mi importa quanto ci metti. Io ti ascolterò. >> io continui ad osservarlo ma lui no. Lui guardava in un punto non ben preciso << Se potrai parlarmi al telefono, io verrò a trovarti. Non sono mica un delfino. E nemmeno tu. >> mi guardò << Se vorrai camminare con me non m'importa quanto ti ci vorrà, noi due passeggeremo insieme. >> distolse nuovamente gli occhi << Forse adesso non sono tanto credibile. Ma un giorno forse, ti potrò aiutare. Le cose cambiano col passare del tempo, ma certi sentimenti ci tengono uniti. Io non credo che i nostri mondi siano diversi. Tu... tu mi... Mi piaci. Forse. >> disse con un sorriso. << Forse mi piaci >> ripetè. << Credo >> aggiunse,
Io con un sorriso e una lacrima che dispettosa scese dai miei occhi sorrisi di gioia.
<< Grazie >> dissi con un po' di fatica. E continuai a mantenere quel sorriso.

 

La luce del mattino. 
Di fronte al cancello della scuola, c'è un muro. La luce del mattino sorge da quel muro. Un giorno quando alzerò lo sguardo, quel muro sospirerà silenziosamente. Il muro rappresenta la mia invalidità. Anche se urlo o piango, esso non sparirebbe comunque. Ma nel momento in cui il sole brilla, anche il muro viene illuminato dalla sua luce. Quindi io... sento che posso trovarla. Io la troverò!

Questo era ciò che avevo scritto in un foglio e attaccato in quel muro in cui erano raffigurati tutti i disegni degli alunni di quella scuola.

Fermare il mio cammino... e vivere il presnete. Anche se arriverà il giorno in cui perderò definitivamente, non è magnifico se il mio sogno potrà essere coltivato da qualcun'altro? 

La gente non deve vivere nel passato. Bisogna dare il massimo in ciò che sta facendo ora. I suoni "ma" "wa" "ba" e "n" sono diventati diffici da scandire. Riesco a pronunciarli solo emettendo aria. In questo modo mi è difficile comunicare con gli altri. Ultimamente parlo spesso da sola. Non mi è mai piaciuto, ma devo farlo per fare pratica. Non mi arrenderò mai di parlare.  

 

 

 Gattino Bianco: sì, in futuro Bella incontrerà i Cullen.

 vittoriaKf: grazie infinite per i complimenti!! ^///^

  artline: hai proprio ragione, sono meschini!!! XD

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Capitolo 16
*** 15. Lettera d'amore ***


 

~ Bella
Ero di nuovo nell'ufficio del dottor Carlisle che mi faceva fare esercizi per la voce.
Ora mi era molto più faticosa parlare.
Le mie labbra erano secche e ruvide. Feci gli esercizi che mi fece fare la prima volta e poi mi disse di pronunciare un lungo "Ah".
Presi fiato e poi tentai. La mia voce era roca e bassa. Lo feci con fatica e quando finì il fiato che avevo in serbo tossì. L'aria non passava bene per la gola.
Poi andai a fare riabilitazione per le gambe.
Era molto faticoso tenermi in piedi, anche se ero agrappata a due sbarre di ferro era faticoso camminare. Non riuscivo più ad agrapparmi per bene.

 

 

Lettera d'amore

 

~ Bella

Ero di nuovo nell'ufficio del dottor Carlisle che mi faceva fare esercizi per la voce.
Ora mi era molto più faticosa parlare.
Le mie labbra erano secche e ruvide. Feci gli esercizi che mi fece fare la prima volta e poi mi disse di pronunciare un lungo "
Ah".
Presi fiato e poi tentai. La mia voce era roca e bassa. Lo feci con fatica e quando finì il fiato che avevo in serbo tossì. L'aria non passava bene per la gola.
Poi andai a fare riabilitazione per le gambe.
Era molto faticoso tenermi in piedi, anche se ero aggrappata a due sbarre di ferro era faticoso camminare. Non riuscivo più ad aggrapparmi per bene.

 

Mi trovavo a scuola.
E' finalmente giunto il giorno del diploma. La cerimonia è stata diversa da come me l'ero sempre immaginata prima di ammalarmi.

Sì avvicinò a me la signora Coop, era giovane e bella come sempre ed era accanto al suo fidanzato Alex.
Lei si congratulò con me per il diploma e mi porse un mazzo di fiori bianchi.
La ringraziai di cuore dicendo parola per parola molto lentamente. E poi mio padre che era accanto a me li ringraziò per essersi presi entrambi cura di me.
<< In quest'anno ti sei impegnata tanto. Quando avrai difficoltà in futuro, ricorda la vita in questa scuola. >> disse la signorina Coop.
<< Bella non verrai più qui. Ci mancherai. >> disse Alex << Le sue parole mi hanno sempre dato tanta forza. >> disse rivolgendosi a Charlie. Poi andò vicino a quel muro in cui erano appesi tutti i disegni e ciò che avevano scritto ogni alunno in quella scuola. << E sono solo a noi adulti, ma anche agli altri studenti. >>

"Se non posssiamo sconfiggere il dolore, ci sarà comunque un arcobaleno di gioia ad  attenderci. Non sono impaziente, non sono egoista, non mi arrendo. Tutti fanno le cose passo dopo passo. Io voglio essere d'aiuto per le altre persone. Per quanto piccolo possa essere il loro problema."
Queste erano le parole scritte da me con la mia disordinata scrittura. 

Diciotto anni. I ragazzi continuano con gli studi o cercano un lavoro. Tutti pensano alla loro futura carriera. Ma io...

Uscì da quel edificio e lo guardai un'ultima volta. << A questo punto mi chiedo se ho un posto in cui andare. >> dissi senza farmi sentire da Charlie che caricava i miei bagagli nella macchina.
Quando Sam caricò anche me dentro ci portò alla nostra casa.
Il viaggio non era lungo, e in circa dieci minuti arrivammo. Mi aiutarono ad entrare e mi diedero una stanza che era accanto all'ufficio di papà. Ormai non potevo più salire quella rampa di scale. Mi era impossibile.
Entrando notai che era molto bella, risiedeva un grade letto e quando mi sedetti ringraziai tutti i domestici e Charlie per quello che avevano fatto. Così che potessi sentirmi a mio agio.
I sentimenti di tutti loro, risiedono in fondo al mio cuore.
Presi il mio diario e un pennarello grande nero incancellabile. Impugnandolo solo come farebbe un bambino premetti forte e scrissi:" Però papà, ciò che voglio non è un posto nel quale sentirmi a mio agio. D'ora in avanti, penserò solo a come continuare a vivere."

Giunse sera. Quando tutti dormivano mi alzai dal letto con molta lentezza e cercai di restare in piedi, non ci riuscì così mi tenni stretta al manico del letto. Barcollavo molto, e c'era il rischio che cadessi. Non riuscivo nemmeno a restare in piedi. Tentai di fare un passo, ma come se il mio piede avesse dei pesi su di esso lo spostai solo di poco.
Poi feci gli esercizi per la voce. Non riuscivo a parlare bene. Tuttavia, questo è il mio corpo. Non posso arrendermi così. Diciotto anni. Anche per me, ci dev'essere un domani.

I giorni si susseguirono. Io continuavo la riabilitazione sempre con più fatica.
Poi arrivò il giorno in cui Charlie invitò Jessica, Angela, Mike, Eric e Edward con i suoi fratelli.
Io mi trovavo sulla sedia a rotelle e quando entrarono tutti Edward mi presentò i fratelli.
<< Piacere di vederti Bella >> mi disse quello grosso. Emmett con il suo grande sorriso.
<< Ciao, io sono Alice >> mi disse quel piccolo folletto. Anche lei con un sorriso mostrandomi i suoi bei denti bianchi.
E poi ci fu Jasper che disse solo un "ciao" come Rosalie.
<< Grazie per essere venuti >> dissi sillabando con lentezza le parole e mostrando anche il mio sorriso.
Io li portai nella sala da pranzo che destava lì accanto.
Quando entrarono videro che c'erano Mike, Jessica, Eric e Angela. Loro li salutarono e poi tutti insieme, con mio padre a capotavola, si sedettero. 
Quando iniziarono a servire, i Cullen si irrigidirono e si scambiarono dei strani sguardi, poi iniziarono a mangiare con molta lentezza, peggiore della mia.
<< Edward, complimenti per il tuo ingresso alla facoltà di medicina. >> disse mio padre guardandolo con volto felice.
Io e gli altri gli fecimo i complimenti e lui ci ringraziò.
Poi ognuno di loro disse dove sarebbe andato all'università. E poi Jessica e Angela mi invitarono ad andare con loro a un università.
Dissero che si sarebbero prese cura di me, ma... io come potevo andare con loro?
Siccome non seppi rispondere lo fece Charlie per me e disse che sarei venuta, anche se lui aveva un volto triste.
Edward, guardò con attenzione Charlie senza dire nulla.
Alice e Jasper insieme a Rosalie e Emmett, restarono insieme tutto il tempo, a volte mi mandavano dei sorrisi rassicuranti, ma non mi rivolsero la parola per tutta la serata apparte quando dovettero andare e mi salutarono sempre con un entusiasmo!
L'indomani, Edward venne con me a mostrarmi la sua futura università.
<< Qui c'è la facoltà di scienze umanistiche. Si svolgono la maggior parte degli esperimenti e delle ricerche. Quella è la biblioteca >> disse indicandomela alla mia destra << Se vorrai un libro, basta che tu me lo chieda. Ti aiuterò a prenderlo in prestito. >>
<< Grazie >> gli dissi con sguardo dolce.
Quel posto era ricoperto da molta gente, alcuni mi fissavano, altri mi ingnoravano.
Poi ci fu qualcuno che chiamò Edward, gli vennero incontro, erano in tre, si scambiarono degli sguardi e poi lo salutarono andandose via e sparendo alle nostre spalle. Li sentivo ridere.
Di sicuro se n'erano andati via per colpa mia, chi vuole aver a che fare con una in sedia a rotelle.
C'era una coppia che camminò affianco a me, delle ragazze che scappavano dai ragazzi divertite, tutti erano lì felicemente.
<< Perchè gli umani possono camminare? >> chiesi con voce passa e sillabando. Edward si fermò di colpo e smise di spingere la mia sedia << Sai perchè la gente non riflette a ciò che è in grado di fare mentre sta camminando? >> chiesi inconciamente.
<< Non lo so >> mi rispose Edward. Poi girai la testa dietro di me, per vederlo in volto.
<< Perchè quando i fidanzati camminano insieme, allo stesso tempo pensano già al loro futuro. >> gli risposi io.
La volevo anch'io quella senzazione di avere un fidanzato. Volevo anch'io camminare liberamente insieme a lui.

~ Edward
Poi la portai a fare riabilitazione all'ospedale.
Lei tentava di rimanere in equilibrio a quattro zampe, ma le era molto difficile che cadde nel materasso posto sotto di lei.
Poi venne a fiancheggiarmi mio padre, Carlisle.
<< Adesso sei uno studente di medicina. Perchè hai deciso di diventare medico? >> mi chiese premuroso.
<< Voglio fare qualcosa di utile per gli altri. >> gli risposi << Anche se peso sia solo una bugia. >> mi voltai verso Bella che era intenta cercare di rialzarsi e sedersi nella morbida sedia vicino a lei. Anche Carlisle guardò con me Bella. << Ho deciso così solo per lei. >> parlai dicendo la verità questa volta.
<< Vero. Ti capisco. >> mi disse Carlisle sempre osservando Bella << Mi viene spontaneo cercare di andare avanti quando la vedo. E' ciò che mi spinge a continuare a qualsiasi costo. >> concluse mio padre.
Poi io me ne andai siccome sarebbe venuto il padre di Bella a prenderla.

~ Bella
Ecco, Charlie mi raggiunse nella stanze della riabilitazione per riportarmi a casa siccome la riabilitazione per oggi era finita. 
Con me c'era anche il dottor Carlisle.
<< Bella, andiamo >> disse premuroso mio padre.
<< Io voglio restare in ospedale. >> lui rimase molto sorpreso, proprio come il dottore e guardando quest'ultimo << Dottor Carlisle la prego, mi faccia restare in ospedale. >> dissi. Lui mi chiese il perchè di quella decisione << Non voglio fare la riabilitazione solo due volte alla settimana. In questo modo non sarò più in grado di camminare. Io non voglio smettere di camminare da sola. >> e detto questo con gli occhi lucidi il dottor acconsentì proprio come Charlie.
Un infermiera mi diede una stanza che potevo usare per il momento.
La stanza era tutta bianca come l'ospedale, c'erano due letti e due finestre e facevano trasparire tutta la luce all'interno. C'era anche un armadio e un comodino in legno.
Osservai con attezione quel luogo.
Mi sistemai con attenzione nel letto e rimasi lì straiata nel letto fino ad addormentarmi. 
Il mattino seguente ebbi una visita. 
Edward mi aveva portato un vaso con dei fiori all'interno.
<< Una pianta da vaso per una persona malata? >> chiesi felice di quel regalo.
<< L'ha coltivata Esme, mia madre. Lei adora fare giardinaggio e mi ha chiesto di portartelo per ornare e redere più vivida la tua stanza. >> mi raccontò.
Dopo lui si sedette in una sedia al mio fianco.
<< Le piante sono magnifiche, vero? >> chiesi osservando quei fiori che sbocciavano dentro quel vaso rosso. << Anche se restano a bagnarsi sotto la pioggia, continuano a far sbocciare dei fiori così belli. >> dissi sempre parlando con molta lentezza. << Vorrei tanto essere anch'io così forte. >> continuai sempre osservando il fiore ed Edward osservando me.
Poi l'aprirsi della porta mi ridestò dai miei pensieri e vidi Charlie che entrava e che prendeva una  busta dalla tasca della giacca.
La aprì e mi diede il foglio che c'era all'interno. Lo lessi ed era un invito.
<< Il matrimonio della professoressa Coop? >> chiesi osservando mio padre.
<< Impegnati più che puoi. Fai vedere quando sei in forma. >> mi disse Charlie. Io gli diedi un affettuoso sorriso e dopo invitò anche Edward che era ancora con noi ad ascolare la conversazione. Edward accettò l'invito con gioia.

Ed ecco il susseguirsi di un altro giorno.
Mi guardavo in giro, poi volli scendere dal letto per andare in bagno.
Con muovimenti molto lenti che ormai non riuscivo più a padroneggiare il mio corpo come dovuto, girai la testa verso la mia sedia a rotelle vicino a me così mi misi le pantofole che si trovavano a terra, cercai di alzarmi con l'aiuto del letto, ma feci un passo sbagliato che mi ritrovaia a guardare il pavimento a terra.
Ero caduta.
Sempre con lentezza cercai di alzarmi dal pavimento, finchè non arrivò Edward che era alle mie spalle. Preoccupato chiese che cosa fosse successo.
Io gli ordinai di non avvicinarsi. Ma lui non mi voleva ascoltare e mi venne incontro di poco.
<< Non ti avvicinare! >> dissi nuovamente. Però fu troppo tardi. Edward vide la chiazza gialla che si stava trasformando nel pavimento e che mi aveva bagnato i miei pantaloni del pigiama. << Perchè? >> chiesi in preda alla vergogna.

In mio soccorso arrivò l'infermiera che mandò via Edward e mi disse di cambiarmi.
All'inizio non volli dalla troppa vergogna e dalla lacrima che mi scivolò in volto. Ma poi l'infermiera disse che se non riuscivo ad andare in bagno in tempo avrebbe prestabilito un orario in cui sarei dovuta andare in bagno e con un sorriso mi aiutò ad alzarmi e cambiarmi.
Poi mi mise a letto, con le lacrime che scendevano ancora guardavo un punto prestabilito e nel frattempo c'era l'infermiera che pulì il pavimento.
Arrivò sera. Ero straiata nel mio letto. A far luce in quella buia stanza c'era una lampada che si trova accanto a me. Io guardavo il soffitto un po' tremante. Accellerò il battito del mio cuore come i miei respiri.
Scesi dal letto e andai nel corridoio deserto seduta sulla sedia a rotelle. Mi avvicinai ad un telefono, inserì una card all'interno in modo che potessi telefonare a Charlie.
Con il mio dito indice che con movimenti tremanti e molto lenti tentai di premere un pulsante, poi un altro ma ero così lenta che la card uscì dal foro del telefono e così ci riprovai, finchè non mi addormentai nella sedia a rotelle dalla stanchezza.
Ma il chiamare del mio nome mi svegliò e vidi al mio fianco Charlie che molto preoccupato mi mise la sua giacca sulle spalle in modo che non prendessi un raffreddore.
Guardandolo negli occhi nei quali potevo specchiarmi dissi: << Non riuscivo a dormire. Ho paura di chiudere gli occhi. >> lui mi guardò apprensivo << Volevo chiamere casa. Ci ho provato tante volte. Volevo sentire la voce del mio papà. Ma... >> e lì mi caddero le lacrime che ormai gacevano da qualche secondo nei miei occhi << Non riuscivo a spingere bene i tasti. >> Poi lui mi abbracciò proteggendomi con le sue possenti braccia << Aiutami papà >> dissi tra le lacrime. << Niente. Ormai io... non so fare più niente >> continuai tra le lacrime che continuavano a solcare il mio volto.
Lui continuò ad abbracciarmi, poi si staccò e spinse la mia sedia a rotelle fino a portarmi in camera.
Aprì il cassetto dove erano riposti tutti i miei diari che continuavo a scrivere da quando mi fu ordinato dal dottore. Li sparse per il mio letto e poi iniziò a parlare: << E' vero. Da quando ti sei ammalata non sei più in grado di fare molte cose. Camminare e parlare, sono diventate cose difficili da fare. Non puoi andare all'università o lavorare, come i tuoi amici. >> mi guardò in volto con affetto << Ma credi veramente di non essere in grado di non fare più nulla? Bella, guarda questo, questo e questo>> mi disse prendendo un diario alla volta e mettendoseli tutti in mano. << Sono i diari che hai scritto giorno dopo giorno. Sono colmi >> disse riporgedoli sul letto tranne uno << di parole che hai scritto con tanta fatica strigento in pugno la penna. >> il diario che aveva in mano, lo aprì in una pagina e me la mostrò << Gli altri ragazzzi della tua età >> continuò Charlie << non sarebbero capaci di ciò >> e io vidi la mia calligrafia un po' tremante ma ancora leggibile << Tu invece sei capace di continuare. >> e mi cadde un'altra goccia dagli occhi. Lui si avvicnò a me, chinandosi alla mi altezza << Bella tu... Bella tu... hai un sacco di cose da scrivere. Vero Bella? >> mi chiese ma io non gli risposi << Giusto? >> domandò ancora. Io con movimenti delle mani molto lenti, presi la sua di mano e la strisi a me finchè non lo abbracciai forte tra le lacrime.

Quando se ne andò, presi il diario che dovevo continuare a scrivere con un pennarelle incancellabile nero e scrissi: " Io ho... tante cose... da scrivere. " poi osservai la mia sedia a rotelle, dove avevo attaccato il porta chiavi a forma di delfino regalatomi da Edward e che ora avevo attaccato nella sedia. Poi con gli occhi lucidi riguardai il mio diario e staccai un foglio e lì scrissi.

L'indomani era giunto il matrimonio della signora Coop e Alex.
Era un giorno senza sole, ma con più luce del solito.
Tutti gli invitati lanciarono i petali di rosa agli sposi che erano ormai già stretti l'uno all'altro augurandogli tanta felicià.
A braccetto, la signora Coop in bianco e Alex con il suo smoking passarono tra la folla arrivando fino me.
<< Professoressa, è così carina. >> le dissi con un sorriso.
<< Bella, mi fa piacere che sia venuta >> mi rispose lei chinandosi di poco per arrivare alla mia altezza. << Grazie >> e mi offrì la sua mano con indosso un guanto bianco. Io la afferrai con molta lentezza e le sorrisi.
<< La prego, sia felice. Ok? >> le chiesi sempre ocn un sorriso. Mi ringraziò ancora e poi andò a salutare gli altri invitati.
Papà mi guardò in volto e poi disse << Ti va bene? Non lo chiamerai? >> disse riferendosi ad Edward che non venne.
<< Sarà a lezione. Non  importa >> e Charlie si arrese.
<< Va bene. >> mi disse lui.
<< No che non va bene >> disse un'altra persona. Mi voltai ed era la voce cristallina di Edward che si avvicinava a me.
Anche lui si era messo in tiro ed indossava uno smoking.
<< Non ti libererai così facilemtne di me >> disse offesso. << Ti avevo detto che sarei venuto. >> 
<< Bene, adesso la sposa lancerà il bouquet >> gridò una signora.
Mi voltai verso la signora Coop che chiuse gli occhi e lanciò il mazzo di fiori.
Arrivò dritto sulle mie gambe. Io lo presi in mano e tutti con un applauso si congraturarono con me.
Io sorrisi dalla felicità annusando l'odore dei fiori.
Dopo un po', Charlie andò a prendere la macchina e io ed Edward restammo da soli.
<< E' stupendo. CI sono così tanti fiori >> dissi ammirando ancora il bouquet. "Già" mi rispose Edward.
Dalla mia borsetta tirai fuori una lettera e la porsi a lui. Lui mi guardò sorpreso chiedendomi che fosse.
E guardandolo negli occhi con serenità dissi: << Una lettera d'amore. >> E lui con il suo solito sorriso sghembo la mise in tasca alla sua giacca e guardò dietro di se la chiesa.
Io invece osservai lui, anzi la sua schiena.
Di conseguenza passò la giornata e tornai in ospedale con Charlie, ma mentre lui spingeva la sedia, mi venne da tossire e il mazzo di fiori mi cadde dalle mani che a sua volta le posai sul mio collo nel tentativo di tossire.
Stavo soffocando per colpa della saliva.
Non ero riuscita ad incogiarla. Charlie chiamò subito il dottor Carlisle.
Io continuai a tossire, finchè non mi portarono nel mio letto e il dottor Carlisle guardò le mie pulsazioni poi mi mise in bocca un tubo di plastica.
Mi trovavo la fronte e il collo fradici dal sudore.
Quell'esile tubo me lo mise in bocca e io continuai a tossire. Tutta la saliva andò a versarsi nella grossa bottiglia di blastica con cui era connesso.
<< Preparate l'aflebo >> ordinò il dottore.
Dopo io smisi di tossire e mi addormentai, poi rinvenni e vidi Charlie accanto al mio letto insieme a Carlisle.
<< Papà... io ... >> non riuscì a continuare.
<< Stavi per soffocare. >> mi informò il dottore << Ma adesso va tutto bene. Ho rimosso il fluido con l'aspiratore. Ora resta a letto è starai meglio. >>
Dai miei occhi caddero altre lacrime e chiusi gli occhi in modo da calmarle. Charlie mi chiese se mi faceva male da qualche parte, ma lo ingnorai.
<< Ho scritto una lettera ad Edward >> dissi dopo un po'.
<< Bella, perchè? >> mi chiese papà << Perchè hai lasciato una cosa così importante a te? >> mi domandò triste.
<< Papà >> dissi quando cadde un altra lacrima. << Dottore. Potrò... >> parlai con lentezza e con la caduta di altre lacrime << ... mai ... sposarmi? >> loro non mi diedero riposta.
Guardai il soffitto e parlai ancora con un sorriso amaro: << Lo sapevo. >>
<< Bella >> pronunciò il mio nome Charlie molto triste.
E sempre tra le lacrime e i pianti << Però... anche così... Un giorno... un giorno, quando arriverà il momento vorrò riposare fra tantissimi fiori. >> dissi piangendo più che mai.
Si sentivano i miei singhiozzi e le miei grida molto basse, continuavo a piangere senza sosta.
Il dottor Carlisle tentò di calmarmi siccome Charlie dalla vergogna di non voler far vedere le sue lacrime era uscito dalla stanza piangendo come me.

~ Edward
Ormai era giunta sera. Mi trovavo a vagare per le strade di Forks.
Presi dalla tasca la lettera che mi aveva dato Bella e la lessi:
"Caro Edward, ci sono cose che non riesco a dirti in faccia. Quindi te lo scrivo qui. Grazie per essermi sempre accanto. Grazie per darmi sempre così tanto coraggio. Sei riuscito a trovare la tua strada, e c'è la stai mettendo dura per potercela fare. Ciò mi rende davvero felice. Imparerai un sacco di altre cose, e conoscerai nuova gente. Continua a vivere. Le tue possibilità future si espandono all'infinito. Ma per me, non è lo stesso.
Nel mio futuro, come vivrò? 
Tutto qui. Consiste solo in questo.
Non possiamo fare nulla per questa differenza. Ogni giorno lotto contro me stessa. E' doloroso ed ho paura. Ho usato tutte le mie energie per reprimere questi sentimenti. Questa è la verità. E' doloroso stare con te, Edward.
Voler fare questo, voler fare quest'altro... Continuare a pensare che se non avessi avuto questo male sarei in grado di fare tutto ciò. 
Quando sono con Edward, continuo a vivere in un sogno che non si potrà mai avverare.
Ovviamente non è colpa tua.
T'invidio e provo così pena per me. Qualsiasi cosa io faccia, così come sono adesso, sarò sempre più miserabile. Continuando in questo modo, non troverò mai il coraggio di continuare a vivere. Quindi, grazie per aver fatto così tanto per me. Per avermi detto che ti piaccio così come sono... Grazie.
Ti chiedo scusa per non averti mai dato nulla in cambio. 
Non posso, vederti mai più."
e così finì ciò che aveva scritto.
Se non ero un vampiro, di sicuro averei pianto, pianto più che mai.
Ma le lacrime si scioglievano nei miei occhi, impedendomi di far cadere le lacrime sulle miei guance.

Nella busta della lettera si trovava qualcosa, la tirai fuori ed era il portachiavi a forma di delfino che avevo regalato a Bella.
Correndo a velocità da vampiro, arrivai a casa in pochi minuti.
Con sguardo molto addolorato, aprì la porta e vidi Carlisle.
Lui osservò me e poi la busta che tenevo in mano.
<< Edward. Che succede? >> mi domandò proccupato.
<< Come sempre, >> presi una pausa e lo osservai << avevi ragione. >> gli dissi.
Gli diedi retta sul fatto che avrei dovuto lascere Bella molto prima di conoscerla.
Provavo così tanto dolore...

~ Bella
Quando penso al passato le lacrime iniziano a scendere. La realtà è troppo brutale, troppo crudele. Non ho nemmeno il diritto di sognare. Quando penso al futuro, le lacrime inziano a scendere.
Dove sto andando? Anche se non esiste una risposta, mi sento sollevata quando la scrivo. Ho cercato delle mani che mi aiutassero. Ma non sono riuscita a sentirle. Non sono riuscita a vederle. Devo fronteggiare solo l'oscurità e restare ad ascoltare le mie grida senza speranza.

Scusate immensamente per il ritardo e per le risposte alle recensioni nel capitolo precedente, ma andavo molto di fretta e non potevo fare altro!! ^^"
 vittoriaKf: Già, cera Edward a starle accanto, ma ora? Bella li ha detto, anzi scritto addio!! Spero solo che anche questo capitolo ti sia piaciuto.!! ^^ Grazie per il commento e Un grande bacio!!!

 Gattino Bianco: scusa davvero per il ritardo!! Comunque volevo dirti che ho letto la ff che mi hai consigliato, mi è piaciuta molto, e se vuoi ci sarebbe come ff da leggere che a me piace abbastanza 10 THINGS I HATE ABOUT YOU e The Butterfly Effect. Queste per ora sono le mie ff preferite che ho trovato su EFP!!! ^^ Però non so se saranno anche di tuo gradimento!.
Comunque, la malattia di Bella, esiste davvero, e ci hanno fatto un drama giapponese che sintitola "1 litre of tears" infatti la mia storia ha preso spunto da lì, anche se man mano andavo avanti ho finito per copiarla!! ^^" Beh, io in questo film ho pianto in ogni puntata, ti consiglio di vederlo!! E, Eclipse lo già visto, proprio il giorno in cui è uscito, a dire il vero, lo trovato un po' noioso forse perchè sapevo già tutta la storia siccome avevo letto il libro. e tu, lo hai visto Eclipse? Ti è piaciuto? Baci e abbracci anche a te e grazie per la recensione!!! ^^

 

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Capitolo 17
*** 16. Di nuovo insieme ***


 

~ Bella
Siamo a fine novembre.
Il cielo era limpido e sereno. Il vento era un po' freddo, ma ugualmente piacevole. Portava con se la fragranza dell'inverno. 
Alex, il marito della signora Coop, aveva il compito di scrivere libri che parlano di persone invalide e delle loro famiglie. 

 

 

Di nuovo insieme

 

~ Bella
 

 

Siamo a fine novembre.
Il cielo era limpido e sereno. Il vento era un po' freddo, ma ugualmente piacevole. Portava con se la fragranza dell'inverno. 
Alex, il marito della signora Coop, aveva il compito di scrivere libri che parlano di persone invalide e delle loro famiglie. 
Doveva andare in giro per vari centri d'assistenza sanitaria. Il libro è scritto e rivolto alle varie famiglie, in modo da tenerle sempre informate. Molte famiglie se lasciate da sole, vengono sopraffatte dal dolore. Lui voleva pubblicare in quel libro, le poesie che ho scritto quando frequestavo la scuola per disabili.
Infatti oggi era venuto da me, per portarmi il libro in cui all'interno c'erano alcune cose scritte da me. Quel libro era intitolato: "
Il ponte" ed ogni mese ne usciva uno nuovo con scritto qualcosa da parte mia. 

Da un anno. Da un anno non vedevo più Edward.
Guardavo ancora la pianta che mi aveva regalato quel lontano giorno. Era ancora sana, e quando era stagione i fiori sbocciavano. Io l'accodivo ogni giorno, come un immenso tesoro.
Con movimenti davvero molto più lenti di prima e sempre più tremanti, posai i miei piedi nudi sul pavimento camminando grazie al sostegno del letto accanto a me arrivai nel comodino che stava davanti a me e presi l'annaffiatore così bagnai la pianta.
Vent'anni. Ormai sono passati quattro anni da quando mi sono ammalata. Pian piano, ho perso tutto. 
Sono poche le cose che sono in grado di fare.
Non riesco più a ricordare la vecchia me stessa.

Arrivò Charlie insieme a Sam che mi disse che la sorella minore di Angela, aveva fatto un ritratto di me con Jessicla e Angela. Quel dipinto vinse il primo premio e lo misero nella Forks High School.
All'inizio fui molto stupita poi dissi a mio padre che volevo andarlo a vedere e insieme a Sam andammo.

 

 

Eccomi qui. Sulla mia sedia a rotelle all'ingesso della mia vecchia scuola. Era da circa due anni che non la vedevo. Devo ammettere che mi era molto mancata. Quel vento freddo che mi invitava ad entrare nel edificio mi fece sentire come a casa.
Lungo i corridoi c'erano tanti alunni. Nessuno si interessò a me particolarmente. Mi guardavano solo, ma quegli sguardi non erano cattivi. E ciò mi piacque molto.
<< Non è cambiato niente, vero? >> mi chiese Charlie. 
Io con un sorriso in volto dissi di no, era tutto come quei tempi.
Mi ricordo ancora il mio ingresso alla Forks High School e tutte le avventure vissute con loro.
Mi riportava nostaligia dei giorni in cui era in grado di camminare, parlare e sorridere felicemente.

Arrivammo vicino ad un muro. Appeso ci stava un dipinto incorniciato.
Quel dipinto sembrava proprio una foto. Jessica alla mia destra, io in mezzo e Angela alla mia sinistra. La sorella di Angela dipingeva veramente bene.
Ero felice di essere tornata. Perchè ero riuscita a ricordare me. La Bella diciassattene... ha sempre... vissuto qui.
E un sorriso colmo di gioia mi si stampò in volto.

Di nuovo seduta sul letto d'ospedale. Ancora immersa nel vedere il fiore regalatomi da Edward.
I petali dei fiori si erano schiusi l'uno più dell'altro.
I fiori sbocceranno nuovamente in tutta la loro bellezza. Sapere ciò già da adesso, mi rendeva felice.
E come ogni giorno, cercai di scendere dal letto.
Misi i miei piedi nudi sul pavimento, e quando cercai di tenermi in piedi per camminare ed annaffiare il vaso, mi ritrovai a terra.
La voce di Charlie mi rimbombò nelle orecchie.
Chiamò il mio nome e mi chiese se mi ero fatta male, se ero caduta... era così preoccupato che non mi dava nemmeno il tempo di rispondere.
Però io non gli diedi più di tanta attenzione. Non mi voltai per vedere il suo volto, solo guardai davanti a me mentre mio padre si inginocchiò per arrivare alla mia altezza.
Quando si accorse che non gli degnavo nemmeno di uno sguardo e che restavo ferma, lui si calmò un po' e di seguito arrivò il dottor Carlisle.
<< Che succede? >> chiese anche lui allarmato.
<< Papà...
non posso... più camminare. >> dissi con fatica e le lacrime che prepotenti volevano uscire. Ma per ora le lasciai sui miei occhi.
Poi lui molto sorpreso, prese il mio braccio, se lo portò al collo e altrettanto fece il dottor Carlisle.
<< Bella. E' triste, ma devi essere forte. >> disse mio padre appoggiandomi nel letto << Va tutto bene. Io ho forza a sufficienza per poterti portare sulla schiena. >> e con un sorriso sulle sue labbra, mi rimboccò le coperte.
Quando se ne andarono presi il mio diario, e con quel grosso pennarello che impugnavo come un bambino nato da poco, scrissi: "
Per quale motivo sto vivendo?"

 

Dopo circa una o due ore, Charlie entrò nella mia stanza.
Io stavo provando a scrivere qualcosa sul mio diario. Le parole, le scrivevo così grandi e con così tanta fatica. Quando arrivò vicino a me mi disse che non dovevo faticarmi troppo.
Ma io continuai. Lui mi scuotè il braccio dicendo: << Fermati un po', Ok? >>
Io ancora non guardandolo in volto gli dissi: <<
Ho paura. Se non scrivo le cose che provo nel mio cuore, domani me le scorderei e sparirebbero. >> dissi girandomi verso di lui con viso un po' preoccupato << Il diario è la prova
che sono viva. "Bella, hai un sacco di cose da scivere."  Mi dicesti così, vero? Papà, sei stato tu ad aiutarmi a trovare una ragione per la quale continuare a vivere.
>> parlai con lentezza e un po' sillabando.
Lui capendo mi lasciò da sola.

 

~ Edward
Mi trovavo in ospedale per portare dei documenti a mio padre. Ma il richiamo del nome di Bella mi distrasse e mi girai verso la fonte di quella voce.
Erano sei ragazzi vestiti in camice bianco.
<< Bella, voglio presentarti delle persone. Sono cinque studenti di medicina. Sono qui per fare tirocinio. >> parlò quello più grande.
<< Piacere di conoscerti >> disse qualcun'altro.
Bella con cortesia gli disse "Ciao" 
Poi un altro parlò << Siamo qui per diventare dottori un giorno. >> lui si abbassò di poco per arrivare alla sua altezza << Piacere di conoscerti Bella >>
Lei con la sua voce esile e un po' sillabando gli rispose: << Piacere mio >>
Quello di prima, accorgendosi del suo modo di parlare guardò prima un suo amico poi le disse: << E' un po' difficile, vero? >> riferendosi sul fatto di parlare << Mi dispiace >> continuò lui e se ne andarono passandomi d'avanti.
<< Scusatemi >> dissi fermandoli. Loro si girarono in mia direzione << Per favore, impegnatevi e studiate duramente.
Però ricordatevi che anche se non riesce a muoversi liberamente, anche se non può parlare bene, non è una bambina dell'asilo. E' intelligente tanto quanto voi. Mi sono spegato? >> chiesi. Loro non mi risposere e se ne andarono.
Io mi girai verso Bella e l'infermiera la stava portando via nell'opposta direzione da dove ero io.
Uscivo spaventanto, ansioso perchè non potevo nè avvicinarti nè parlarti, le notti passate, cancellado i miei sentimenti migliaia di volte. 
Non guardarti indietro e vai via. Non cercarmi ancora, vivi perchè non ho rancore per averti amato. Mantieni solo i bei ricordi in qualche modo posso sopportarlo in qualche modo posso rialzarmi dovresti essere felice vivendo così giorno dopo giorno sono sempre più stanco. Ragazza, sto piangendo. Sei tutto per me.  
Se ci incontreremo per strada fai finta di non vedermi e continua ad andare avanti  se ti fermi a pensare al nostro passato forse verrò a cercarti di nascosto. Sii felice per sempre.
Anche se nemmeno il più piccolo rancore sarà dimenticato ti prego vivi felice, anche se sono geloso dovresti essere sempre come quel cielo luminoso come quella nuvola bianca dovresti sorridere sempre come se non fosse accaduto niente.
Spero il tuo cuore si senta sollevato ti prego, dimenticami e continua a vivere. Queste lacrime si scioglieranno del tutto, i giorni passeranno. Avrebbe fatto meno male se non ci fossimo incontrati. Spero seppellirai la promessa fatta di stare insieme per sempre, prego per te.
Sei tutto per me, addio amore mio non mentirmi cuore mio. Addio.

~ Bella
Ero nuovamente sul mio letto. La porta della mia stanza era aperta. Io intanto stavo cercando di mangiare finchè non sentì due infermiere parlare: << Ultimamente il dottor Carlisle passa parecchio tempo nel laboratorio. Pare che lui e il dottore dell'università di Chicago siano spesso in contantto. >> dissero passando davanti alla mia stanza << Forse sta per cambiare ospedale? >> continuò.
Il boccone che stavo cercando di ingoiare mi rimase lì, sulla gola, provai a tossire e venne un'infermiera in mio soccorso.
Mi tose il piatto da davanti e chiamò il dottor Carlisle che correndo entrò nella mia stanza molto preoccupato.
<< Le è andato di traverso qualcosa mentre mangiava >> spiegò l'infermiera. 
Io tossivo ancora << Prepara l'ossigeno e la flebo. >> disse il dottor Carlisle.
Mi venne incontro e tolse la mano che tenevo nel collo << Bella, andrà tutto bene. >> mi rassicurò << Giusto per essere più sicuri prepara anche l'aspiratore. >> ordinò il dottore.
L'infermiera corse subito a fare ciò che le venne ordinato.

Aprì lentamente gli occhi. Si era fatta sera e Charlie insieme a Sam erano con me. Appena si accorsere del mio risveglio loro mi vennero subito accanto. 
<< Va tutto bene >> mi rassicurò mio padre << Ti era andato del cibo di traverso. Adesso va tutto bene >> ripetè lui.
Io gli osservai.
Le facce intristite di tutti loro erano arrossate per via delle lacrime. Morirò per una sciocchezza del genere?

~ Edward
Mio padre mi portò nel suo ufficio, in ospedale.
<< Come vanno gli studi? >> mi chiese.
<< Bene >> gli risposi.
<< Non  ti sei ancora visto con Bella? >> io gli risposi di no.
<< Volevo un lavoro con il quale poter aiutare gli altri, ma alla fine, non ho capito nulla della sua malattia. >> non osavo guardare il volto di mio padre.
Ero girato e gli davo le mie spalle.
Ogni suo pensiero era molto confuso, pensava alla malattia di Bella, ma allo stesso tempo, pensava a me.
<< Ho deciso di studiare neurologia >> iniziò a spiegarmi Carlisle << perchè questo ramo della medicina, comprende molti campi. Non so se sono in grado di debellare malattie che altri non riescono a curare. >> in quel momento mi girai verso di lui, però lui guardava un punto non ben definito davanti a se << All'inizio invece, ero davvero ambizioso. Ma allora non capivo nulla. Questi pazienti costretti a vivere su una sedia a rotelle, non sono esposti ad una morte immediata. Passa il tempo e le ricerche continuano. " Non perdere le speranze. Proviamoci insieme." Queste frasi incoraggiano ambedue le parti. Ecco perchè non penso nemmeno lontanamente di smettere di trovare una cura a questo male. Alla fine però, ciò è solo una sorta di bugia. Ma non voglio arrendermi comunque. >> disse girandosi verso di me << I pazienti non si arrendono. Come può farlo un dottore? >> mi chiese. 
Poi prese una cartolina dalla sua scrivania, era destinata a Bella e me la porse << Anche tu divverai un medico, giusto? >> mi chiese. 
Io non risposi, presi la cartolina e uscì dal suo ufficio.
Mi sedetti in una sedia della sala d'attesa.
Il corridoio era vuoto. Non c'era nessuno in quella stanza. Quel luogo mi ricordò il nostro secondo incontro.
Quando lei si era ferita al mento e io le dissi: << Le piante e gli animali sanno quanto vivranno sin dalla loro nascita. Gli umani invece sono così avidi da voler vivere sempre più a lungo. >>
Mi ridestai dai miei pensieri e andai verso la stanza di Bella, e dopo un lunghissimo tempo di lontananza senza lei, era arrivato il momento di rivederla. Non pensavo che sarei tornato da lei.

~ Bella
Ero sdraiata sul mio letto d'ospedale e poi sentì l'aprisi della porta. A dividere me e la visuale per sapere chi fosse c'era una tenda. 
<< Dottore? >> chiesi inconsapevole di chi fosse.
<< Hai fatto tutto da sola >> era da tanto che non sentivo quella voce. Così pura e cristallina << E' da tanto che non ci vediamo >> continuò Edward << Hai pubblicato alcuni tuoi diari per quella casa editrice, vero? >> mi chiese ma non risposi << Una studentessa delle medie ha letto ciò che hai scritto, e ti ha spedito una cartolina. "
Pensavo che sarebbe stato meglio se fossi morta." >> iniziò ha leggere Edward che stava dall'altra parte della tenda e non lo vedevo << "Io ho la tua stessa malattia Bella. Quando i dottori mi dissero che non potevo essere curata, non riuscivo a smettere di piangere. Lentamente, non riscii più a camminare. A scuola, tutti iniziarono a fissarmi. Il mio ragazzo mi lasciò. Perchè continuare? Ogni giorno chiedevo ciò a mia madre. Però, quando ho letto i tuoi diari Bella, ho capito che non sono la sola a soffrire. Ho capito che da quando mi sono ammalata, ho sempre guardato verso il basso. Voglio diventare forte come Bella. D'ora in avanti, quando piangerò e soffrirò, sfrutterò questi sentimenti, per cercar di andare avanti. Ho capito ciò grazie a te, Bella." Mi discesti che volevi essere d'aiuto per gli altri, vero? >> e chiedendomi ciò i miei occhi erano appanati. La cartolina che mi aveva letto era finita. Quando leggeva, una delle lacrime, mi scivolò giù e andò a cadere sul cuscino in cui la mia testa era appogiata << Quando t'incontrai, >> continuò Edward << Pensavo che non facesse alcuna differenza la vita o la morte delle persone. Però... adesso è diverso. Ho capito che non è questione di egoismo o altro. Voglio che tu continui a vivere. >> in quel momento mi mancò il fiato. Ma poi cercai l'ossigeno che mi arrivò dentro la mia bocco socchiusa. << Perciò... >> io tirai fuori la mia mano e la feci vedere ad Edward, lui subito aprì la tenda che ci divideva e mi diede la cartolina che presi con fatica con l'altra mano e la tenei stretta a me, lì vicino al mio cuore.
<< Edward. >> dissi sillabando <<
Non posso più camminare. Ma sono stata d'aiuto per qualcuno. Ci sono riuscita. >>
<< Esatto >> mi disse Edward che sembrò voler piangere, ma non lo fece.
E nei miei occhi si dissolse ogni traccia di lacrime.
Con entrambe le mani tenni stretta la cartolina.
Finalmente ho realizzato quanto io non valga ninete senza di te, avevo torto perdonami.
Il mio cuore infranto come un'onda, il mio cuore scosso come il vento, il mio cuore svanito come fumo non può essere rimosso come un tatuaggio. 
Respiro forte come se la terra stesse per sprofondare c'è solo polvere accumolata nella mia mente.
Penavo che non sarei stata capace di vedere un altro giorno senza di te. Non mi rispondi se io grido "mi manchi" ho creduto in speranze vane, e ora tutto è inutile.

Così passò un altro giorno.
L'infermiera mi portò nuovamente in giro per l'ospedale e mi fece vedere l'albero di Natale che avevano messo.
Poi mi riportò in camera e mi aiutò a stendermi e se ne andò.
Io con i miei movimenti così lenti e tremanti presi il mio diario e provai a prendere anche la penna, però quella cadde a terra.
Quando cercai di prenderla arrivò il dottor Carlisle che mi aiutò.
Me la posiziòno sulla mano e mi disse:"Tieni".
<< Dottore... Andrà in un altro ospedale? >> gli chiesi.
<< Niente affatto. Perchè? >> mi chiese curioso.
<< Resterà sempre qui? >> domandai ancora incerta e con lentezza. Lui rispose di sì << Grazie al cielo >> dissi sollevata << Credevo che stavo per essere abbandonata. Visto che non mostro segni di miglioramento. >>
Lui sorrise rassicurandomi e mi disse: <<
Non ti lascerò. Non lo farò mai. Sei una mia paziente. Non smetterò mai di cercare di curarti. Perciò, nemmeno tu, Bella, devi arrenderti. >>
<< Però, che ne dice... di usare il mio corpo per la ricerca medica... in modo da trovare una cura per questo male? >> il dottor Carlisle mi guardò sorpreso << Io voglio aiutare gli altri pazienti che hanno la mia stessa malattia. >>
Lui guardò a terra per un attimo poi si voltò verso di me.
<<
Vuoi donare il tuo corpo alla scienza? >> mi chiese. 
Con la testa annuì << Voglio aiutarti, dottore. >>
Prese un respiro profondo.
<< Bella. Adesso stai bene, no? Quindi non devi assolutamente pensare a queste cose. >> mi disse e poi se ne andò.
Quella frase: "Non ti lascerò", mi diede tanto coraggio. Dottore, la ringrazio per non avermi mai abbandonata.

Venne a farmi visita Charlie che mi chiese che volessi per Natale.
<< Posso chiedere qualunque cosa? >> lui mi rispose di sì << Voglio ritornare. Voglio ritornare a casa. >> gli dissi.
Papà con un sorriso andò dal dottore Carlisle e gli chiese il permesso. Lui diede il conseso, ma solo per un giorno, in modo da non peggiorare le mie condizioni.

Il giorno seguente andai a casa e ad aspettarmi c'erano tutti i domestici che messi in fila, era come passare in mezzo ha un corridoio di muro umano.
Il tappeto rosso in cui la mia sedia a rotelle girava lasciava due lievi strisce, indicando la direzione in cui ero passata.
Andammo tutti insieme nella sala da pranzo. 
Appena entrai, c'era un albero di Natale nell'angolo. Il lampadario d'oro con le luci accese illuminava tutta la stanza. Le candele lungo il centro del tavolo da pranzo gli davano un'elegaza meravigliosa.
Io ero a capo tavola e anche mio padre stava in fondo, sempre a capo tavola. Invece tutti i domestici erano seduti accanto a me e riempirono tutte le sedie della tavola.
Era così bello essere ornata da tanta gente.
Mi dava vitalità. E tutti mi sorridevano con dolcezza.

Quando finimmo di mangiare, andammo in salone e Charlie ebbe l'idea di immortalare quel bellissimo momento. Io davanti in mezzo e tutti gli altri accanto a me e chi dietro di me. Ovviamente mio padre fu al mio fianco con un bel sorriso e gli occhi umidi.
Con un po' di fatica riuscì ha muovere i muscoli delle labbra e ha fare un piccolo sorriso.
<<
Resterai qui per sempre, Bella >> mi dissi Sam, prima dello scatto automatico << Questo è il luogo in cui tornerai. Non cambierà mai e poi mai. Resterai qui per sempre. >>
<< Grazie a tutti >> dissi sillabando con un piccolo, dolce sorriso.
Misi una mano con molta lentezza nel mio petto.
La macchina fotografica fece la foto automaticamente e immortalò quel momento. 
Quando metto la mano sul petto, riesco a sentire i battiti del mio cuore. Sono così felice di essere viva.

 

 

 

vittoriaKf:Scusa nuovamente per il ritardo!! ^^" Comunque è vero, Edward amerà per sempre Bella e in questo capitolo ho fatti vedere il ricongiungimento anche se dopo un anno! ormai manca poco alla conclusione della ff, circa due o tre capitoli ed è finita! Baci

Gattino Bianco: Cavolo non è ancora uscito Eclipse?? Da me è uscito il 30 giugno! Comunque grazie per avermi perdonato per il ritardo del capitolo, spero che mi perdonerai anche questa volta siccome ho ritardato di nuovo!! Se vedi 1 litre of tears ti garantisco che piangerai di sicuro perchè io ho pianto in ogni puntata, c'è ne sono 11 di episodi. 
Sto cercando di farla a lieto fine, già vi ho fatto piangere nel resto dei capitoli, non vorrei che poi finisse male e mi odiaste per questo!! ^^"
 Comunque preferisco Edward tu? Baci anche a te!!!

 

 

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Capitolo 18
*** 17. Sonno per sempre ***


 

~Bella
Adesso, non sono più in grado di parlare.
Resto sempre seduta nel mio letto d'ospedale e c'è sempre qualcuno che viene a farmi visita.
Come in questo momento il dottor Carlisle. Lui era al mio fianco e teneva in mano la tabella in vetro molto grande in cui c'erano tutte le lettere dell'alfabeto in nero. Io con 
il mio in indice e un po' con movimenti lenti indicai ogni lettera dell'alfabeto che mi serviva per dire:"La prego, voglio scrivere."
Il dottore guardandomi un po' sorpreso acconsentì, dandomi un mio diario e porgendomi il grosso pennarello nero.
Me lo mise in mano, ma dopo qualche secondo cadde.
Allora il dottore me lo rimise in mano e io con l'altra lo tenni stretto e cercai di scrivere qualcosa, anche se era quasi impossibile ed era molto difficile. Ma il dottor 
Carlisle rimase al mio fianco.
Verso sera, ebbi una visita da parte di Edward.
Aveva in mano un mazzo di fiori rossi. Lì appoggiò nel tavolo e mi venne incontro. Alzò quel grande quadrato di vetro con scritto le lettere dell'alfabeto.
Formulai le parole:"Leggi i diari"
Lui vide una busta con dentro un sacco di diari.
<< Posso? >> mi chiese cortesemente.
Io con un piccolo cenno della testa gli dissi di sì.
Lasciò andare il quadrato di vetro nel tavolo e prese il primo diario in quella pila di quaderni.
Lo aprì in una pagina qualunque e vidi la mia calligrafia grande un po' maldestra, ma Edward non disse nulla e si mise a leggere:<< "Non sono impaziente, non sono egoista, non 
mi arrendo. Tutti fanno le cose passo dopo passo." L'hai scritto tu? >> mi chiese meravigliato.
Io sempre un cenno della testa dissi di sì.
Lui cambiò pagina ed andò ad un altra: << "Non sono l'unica a soffrire. Non sono l'unica a non essere compresa. Non sono l'unica a non capire gli altri. Queste sono cose 
terribili.
Se fossi un fiore sarei un bocciolo. Devo fare tesoro dell'inizio della mia giovinezza senza alcun rimpianto.
Papà, in fondo al cuore ci sei tu che credi sempre in me. D'ora in avanti, per favore, continua a starmi a fianco. Scusa per tutti i problemi che ti sto dando." >>
Edward prese un altro diario.
Quel diario era uno dei primi. La mia calligrafia era ordinata, si trovava al posto giusto, cioè all'interno di quelle righe segnate. 
Poi riprese a leggere: << "Questa malattia perchp ha scelto proprio me? Non la posso accettare solo per la semplice parola [destino]." >> Edward per un attimo si fermò di 
leggere, poi riprese: << "Voglio costruire una macchina del tempo e modificare il passato. Se non avessi avuto questo male, adesso sarei fidanzata. Vorrei tanto avere qualcuno 
da abbracciare. 
Non voglio assolutamente dire cose come [Voglio che tutto torni come prima] ho accetato la Bella di adesso e voglio andare avanti. 
Anche se tutti quegli sguardi mi hanno fatto star male, mi hanno aiutato a capire che alcuni di essi sono sinceri. Nonostante tutto, voglio restare qui. Perchè questo è il luogo 
in cui mi trovo.
Che importa se cadi? Puoi sempre rialzarti. Se guardi il cielo dopo essere caduto, ti accorgerai di quanto anche oggi è immenso e di come ti sorrida. 
La gente non deve vivere nel passato. Bisogna dare il massimo in ciò che si sta facendo ora.
Papà riuscirò... a sposarmi un gorno?" >> Edward smise di leggere e come se stesse per piangere mi disse: << Ce la stai mettendo davvero tutta. Sii forte e continua a vivere >> 
lo disse come se mi stesse supplicando.
Io con gli occhi un po' umidi, tentai di prendere il quadrato di vetro per poter comunicare con lui.
Appena capì, me lo tenne lui e io con il dito indice indicale le parolo per formulare una frase.
"Credo di sì" formulai.
Edward con un sorriso divertito mi disse: << Non fare la sbruffona. >>
Io gli sorrisi a mia volta, ma poi il sorriso scomparve. Le lacrime giacevano ancora nei miei occhi, ma poi una prepotente cadde e mi misi di nuovo a indicare le lettere:"Vivere 
per sempre." 
Guardai Edward e lui aveva uno sguardo molto triste e mi disse: << Ho capito >> e si sedette nel letto accanto al mio riprendendo il diario e continuando a leggere.
Sfogliò il diario fino ad arrivere all'ultima pagina, quella che avevo scritto questa mattina.
"Grazie" e appena lo lesse rimase a capo chino, non osando guardarmi.
Poi, quando sentì che alzò la testa, mi osservò.
Avevo gli occhi chiusi, un piccolo sorriso sulle labbra, ma continuavo a sentire lo sguardo di Edward verso il mio.
<< Ti sei addormentata. Stai sorridento >> disse notando il piccolo sorriso sulle labbra.
Lui mi mise le coperte e io senza accorgermene avevo due lacrime che scendevano dai miei occhi chiusi.
Sognai.
Ero in un campo da basket, correvo alla ricerca della palla in modo da non farla arrivare alla squadra avversaria, i miei compagni di gioco appena mi smarvavo mi passavano il 
pallone arancione e io correvo liberamente verso il canesto, segnando il punto della vittoria.
Enerme di felicità feci un enorme sorriso mostrando i miei denti.
L'albitro segnò la fine della partita e le mie compagne di gioco corsero al mio fianco abbracciandomi e ridendo. Tutte insieme gioivamo dalla felicità.
Un forte rumore mi ridestò dal mio sogno.
Sentivo alcune grida, il dottor Carlisle urlò: << Defibrillatore >>
Ma non capii che stette succcedendo.
I forti passi di infermiere che correvano e prendevano oggetti.
Poi non sentì niente.
Mi ero addormentata per sempre, almeno così credevo.

 

 

Sonno per sempre


~Bella 

Adesso, non sono più in grado di parlare.
Resto sempre seduta nel mio letto d'ospedale e c'è sempre qualcuno che viene a farmi visita.
Come in questo momento il dottor Carlisle. Lui era al mio fianco e teneva in mano la tabella in vetro molto grande in cui c'erano tutte le lettere dell'alfabeto in nero. Io con il mio in indice e un po' con movimenti lenti indicai ogni lettera dell'alfabeto che mi serviva per dire:"La prego, voglio scrivere."
Il dottore guardandomi un po' sorpreso acconsentì, dandomi un mio diario e porgendomi il grosso pennarello nero.
Me lo mise in mano, ma dopo qualche secondo cadde.
Allora il dottore me lo rimise in mano e io con entrambe le mani lo tenni stretto e cercai di scrivere qualcosa, anche se era quasi impossibile ed era molto difficile. Ma il dottor Carlisle rimase al mio fianco.

Verso sera, ebbi una visita da parte di Edward.
Aveva in mano un mazzo di fiori rossi. Lì appoggiò nel tavolo e mi venne incontro. Alzò quel grande quadrato di vetro con scritto le lettere dell'alfabeto.
Formulai le parole:"Leggi i diari"
Lui vide una busta con dentro un sacco di diari.
<< Posso? >> mi chiese cortesemente.
Io con un piccolo cenno della testa gli dissi di sì.
Lasciò andare il quadrato di vetro nel tavolo e prese il primo diario in quella pila di quaderni.
Lo aprì in una pagina qualunque e vidi la mia calligrafia grande e un po' maldestra, ma Edward non disse nulla e si mise a leggere:<< "Non sono impaziente, non sono egoista, non mi arrendo. Tutti fanno le cose passo dopo passo." L'hai scritto tu? >> mi chiese meravigliato.
Io sempre un cenno della testa dissi di sì.
Lui cambiò pagina ed andò ad un altra: << "Non sono l'unica a soffrire. Non sono l'unica a non essere compresa. Non sono l'unica a non capire gli altri. Queste sono cose terribili.
Se fossi un fiore sarei un bocciolo. Devo fare tesoro dell'inizio della mia giovinezza senza alcun rimpianto.
Papà, in fondo al mio cuore ci sei tu che credi sempre in me. D'ora in avanti, per favore, continua a starmi a fianco. Scusa per tutti i problemi che ti sto dando.
"
>>
Edward prese un altro diario.
Quel diario era uno dei primi. La mia calligrafia era ordinata, si trovava al posto giusto, cioè all'interno di quelle righe segnate. 
Poi riprese a leggere: << "Questa malattia perché ha scelto proprio me? Non la posso accettare solo per la semplice parola destino." >> Edward per un attimo si fermò di leggere, poi riprese: << "Voglio costruire una macchina del tempo e modificare il passato. Se non avessi avuto questo male, adesso sarei fidanzata. Vorrei tanto avere qualcuno da abbracciare. 
Non voglio assolutamente dire cose come
Voglio che tutto torni come prima ho accetato la Bella di adesso e voglio andare avanti. 
Anche se tutti quegli sguardi mi hanno fatto star male, mi hanno aiutato a capire che alcuni di essi sono sinceri. Nonostante tutto, voglio restare qui. Perchè questo è il luogo in cui mi trovo.
Che importa se cadi? Puoi sempre rialzarti. Se guardi il cielo dopo essere caduto, ti accorgerai di quanto anche oggi è immenso e di come ti sorrida. 
La gente non deve vivere nel passato. Bisogna dare il massimo in ciò che si sta facendo ora.
Papà riuscirò... a sposarmi un gorno?
"
>> Edward smise di leggere e come se stesse per piangere mi disse: << Ce la stai mettendo davvero tutta. Sii forte e continua a vivere >> lo disse come se mi stesse supplicando.
Io con gli occhi un po' umidi, tentai di prendere il quadrato di vetro per poter comunicare con lui.
Appena capì, me lo tenne lui e io con il dito indice indicai le parole per formulare una frase.
"Credo di sì" formulai.
Edward con un sorriso divertito mi disse: << Non fare la sbruffona. >>
Io gli sorrisi a mia volta, ma poi il sorriso scomparve. Le lacrime giacevano ancora nei miei occhi, ma poi una prepotente cadde e mi misi di nuovo a indicare le lettere:"Vivere per sempre.
Guardai Edward e lui aveva uno sguardo molto triste e mi disse: << Ho capito >> e si sedette nel letto accanto al mio riprendendo il diario e continuando a leggere.
Sfogliò il diario fino ad arrivere all'ultima pagina, quella che avevo scritto questa mattina.
"Grazie" e appena lo lesse rimase a capo chino, non osando guardarmi.
Poi, quando sentì che alzò la testa, mi osservò.
Avevo gli occhi chiusi, un piccolo sorriso sulle labbra, ma continuavo a sentire lo sguardo di Edward verso il mio.
<< Ti sei addormentata. Stai sorridento >> disse notando il piccolo sorriso sulle labbra.
Lui mi mise le coperte e io senza accorgermene avevo due lacrime che scendevano dai miei occhi chiusi.
Sognai.
Ero in un campo da basket, correvo alla ricerca della palla in modo da non farla arrivare alla squadra avversaria, i miei compagni di gioco appena mi smarcavo mi passavano il pallone arancione e io correvo liberamente verso il canestro, segnando il punto della vittoria.
Inerme di felicità feci un enorme sorriso mostrando i miei denti.
L'arbitro segnò la fine della partita e le mie compagne di gioco corsero al mio fianco abbracciandomi e ridendo. Tutte insieme gioivamo dalla felicità.

Un forte rumore mi ridestò dal mio sogno. Tenevo ancora gli occhi chiusi, mi era impossibile aprirli. Il rumore dell'apparecchio che era collegato a me facevo un forte rumore.
Sentivo alcune grida, il dottor Carlisle urlò: << Defibrillatore >>
Ma non capii che stette succedendo. Tutti erano al mio fianco, cercando di rianimarmi.
Sentì i forti passi di infermiere che correvano e prendevano oggetti.
Poi non sentì niente.
Davanti a me vedevo il vuoto, il nulla. Sentivo la mia esistenza sparire. Tutto quel trambusto, tutti quei rumori era svaniti.
Avevo paura. Perché ero sola.? Perché mi ritrovavo nelle tenebre? Dove erano gli altri? 
Ma poi capì. 
Mi ero addormentata per sempre, almeno così credevo.

 

ok, scusatemi immensamente, ma non sono per il ritardo, anche perché il capitolo di oggi è cortissimo e nemmeno dei migliori, lo so, ne sono consapevole, ma ho intenzione di dare una conclusione alla storia nel prossimo capitolo. 
Se voi ancora invece volete vivere le immancabili emozioni di questa fan finc allora ditemelo in una recensione  e cercherò di allungarla di più, ma non vi posso garantire che aggiornerei molto perché tra due giorni inizia la scuola ed è per questo che ho intenzione di mettere una fine alla malattia della povera Bella.
Lo so di avervi fatti molto soffrire in questa storia e che aggiornavo sempre dopo tanto tempo e mi dispiace per questo, ma il prossimo capitolo o lo posterò domani oppure domenica, dipende dagli impegni che avrò.
Ma se voi volete che io continui a scrivere ditemelo pure e io cercherò di accontentare ogni lettore di questa storia anche se so che non ci sono molto recensioni e forse è perché non sono quel granché come scrittrice!! ^^"
Beh, ora cerco di farla breve, di sicuro non volete stare a leggere tutte le sciocchezze che scrivo. Quindi inizio a scrivere le risposte alle recensioni.


 

 

 Gattino Bianco: Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto!! Ed è un peccato che i cinema sia chiusi, ma tranquilla, tra poco di sicuro li riapriranno siccome l'estate sta per volgere al termine!! ^^
E noto con molto gioia che anche tu come me odi Jacob e ammiri molto di più Edward.
Grazie per il fatto che mi perdoni ogni volta che ritardo con il nuovo capitolo. E ti posso assicurare che non risulti affatto antipatica, anzi tutt'altro. 
PS: tranquilla, non ho intenzione di farti piangere anche all'ultimo capitolo che come ho scritto qui sopra la storia sta per volgere al termine.
Un grande bacio anche a te!! ^^ <3

 kandy_angel: Sono felice che ti è piaciuto il capitolo, spero anche che ti piaccia questo capitolo, fammi sapere se vuoi che termini la storia nel prossimo capitolo oppure la prolunghi! ^-^   

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Capitolo 19
*** 18. Labbra (The End) ***


 

~ Bella
Perchè mi sento così calma? 
Adesso la mia anima è condannata a cessare di esistere.
Non vedrò più il dolce volto di Edward, non potrò più sentire il calore delle braccia di Charlie quando mi stringe a se, non sarò più in grado di sognare che posso nuovamente ritornare a quella che ero un tempo, non sentirò più la pioggia picchiettare sul asfalto della strada, non vedrò più il sole che viene di rado e che illumina il mio viso così pallido e magro.

 

 

Labbra

 

~ Bella

Perché mi sento così calma? 
Adesso la mia anima è condannata a cessare di esistere.
Non vedrò più il dolce volto di Edward, non potrò più sentire il calore delle braccia di Charlie quando mi stringe a se, non sarò più in grado di sognare che posso nuovamente ritornare a quella che ero un tempo, non sentirò più la pioggia picchiettare sul asfalto della strada, non vedrò più il sole che viene di rado e che illumina il mio viso così pallido e magro.
Non vedrò più il dolce volto di Edward, non potrò più sentire il calore delle braccia di Charlie quando mi stringe a se, non sarò più in grado di sognare che posso nuovamente ritornare a quella che ero un tempo, non sentirò più la pioggia picchiettare sul asfalto della strada, non vedrò più il sole che viene di rado e che illumina il mio viso così pallido e magro.
Non sarò più in grado di sentire l'erba verde che accarezza i miei piedi, non riuscirò più a vedere il mio sorriso.
E pensare che attendevo con ansia il fatidico giorno. Aspettavo solo che tutto cessasse. Aspettavo che il mio dolore si affievolisse e poi scomparisse. Attendevo il momento in cui sarei potuta andare in cielo e avrei potuto correre lungo il campo da basket e fare canestri senza mai fermarmi.
Quello era ciò che desideravo, ma ora... ora ciò che voglio è rivedere il suo volto.
Ogni volta che si rompeva il mio cuore, piangevo. Ma quando penso su di lui, semplicemente mi da forza. Voglio essere forte come lui un giorno. Voglio vivere.
Io ciò che desideravo era essere forte per andare avanti e vivere per stare al suo fianco anche se gli avrei portato via la felicità, lui sarebbe stato costretto a soffrire tutto il tempo, ma non mi interessava, chiamatemi egoista, ma per una volta, voglio essere io ad essere felice ed avere ciò che voglio.

 

Questa malattia mi ha portato via tutto quello che possedevo e che mi era più caro. Piano piano non sono stata in grado di camminare, ho perso l'abilità di tenermi in piedi e sono stata forzata a vivere su una sedia a rotelle. Però ogni giorno trovavo di che gioire.
Ma poi persi pure la capacità di utilizzare adeguatamente le mie mani. Mi è stato impossibile padroneggiare a dovere fino alla fine dei miei giorni, nonostate ciò, non ho mai smesso di scrivere i miei sentimenti nel mio diario, ma anche lì, iniziò ha diventare impossibile. Mi era difficile impugnare una penna e non potevo scrivere adeguatamente quello che desideravo.
Poi non sono più riuscita a parlare. Non potevo esprimere a parole i miei sentimenti, non ero più in grado di dire ciò che volevo.
Così lentamente ho dovuto rinciare a tutto, non potevo più permettermi niente.
Ora tutto ciò che desidero e avere la persona che "amo" al mio fianco. Ma il mio desiderio di vivere non cambierà nulla.
Ormai non posso tornare ai giorni trascorsi con Lui.
Forse sarebbe stato meglio non nascere,  o nascere e non conoscerti, o conoscerti e non amarti, o amarti e non perderti...
Probabilmente non piangerò più. Non voglio continuare a piangere perchè fa molto male alla mia gola e al mio cuore. Il mio cuore è pieno di dolore...
Però ora non sarò più in grado di provare dolore e non verserò più lacrime. Forse esiste un posto per me anche nell'aldilà. Forse potrò essere felice... Sì, sono contenta che tutto sta avendo una fine. Sono contenta che ora non sarò più di peso a nessuno, sono contenta perchè saprò che ci sarà ancora qualcuno che mi penserà e non sarò mai scordata. Lo so... Io so che troverò la gioia.
Ma Edward, io ho... paura.
Ho paura di ciò che troverò. E se non fosse la felicità?
Ed è così che non mi accorsi più che non ero più in grado di pensare è che stavo svanendo per l'eternità.

 

~ Edward
E' davvero giunta la fine?
Finirà così tra me e Bella. Il mio ultimo ricordo di lei sarà mentre è seduta su un letto d'ospedale nell'agonia di poter vivere.
Ma che dico, lei ora è felice di non dover più soffrire, ora potrà riposare in pace, che problema c'è se la persona che amo è felice?
Io posso vivere per l'eternita solo con questa consapevolezza, non mi serve niente, non ho bisogno di averla al mio fianco perchè so anche se non la vedo che lei comunque rimarrà sempre dentro di me.
Non c'è nulla di cui soffrire o di cui essere tristi. 
Questo è un momento di felicità.
Ed ogni volta che il cuore freme per il desiderio di felicità, si finisce sempre per far del male a qualcuno e a se stessi. A volte mi chiedevo se la meta della felicità esisteva davvero.
Il grilletto destinato a sconvolgere la vita di una persona si preme in un secondo e questa è la fine di tutto.
Niente è infinito, nulla è per sempre, niente è eterno.

Al diavolo!
Il fatto che mi spaventi di perdere ciò che possiedo è una prova di quanto sia fortunato ad averlo.
Se fosse possibile azzerare questa vita piena di errori e ripartire da capo, a cominciare da quale momento correggeresti i tuoi sbagli?
Io inizierei da quando ho iniziato ha pensare in questo modo.
Come posso permettere di lasciarla andare senza nemmeno avermi detto addio? Lei non riuscirà a liberarsi di me così tanto facilemte. Mai.
Ripercorsi i miei passi, correvo in quel lungo corridoio, ma le infermiere e i pazienti, tutti cercavano di bloccarmi la strada. Tutti mi costringevano a deviare per non andare contro i loro e ciò mi rallentò. Attraversai il lungo corridoio che mi ostacolava, entrai dentro la camera di Bella.
I dottori tutti in allerta insieme alle infermiere. Lì dentro c'era un baccano, sembrava che ormai il suo cuore si stava per fermare, mancava poco, pochi secondi.
No! No! Non l'avrei permesso.
Appena Carlisle mi vide mandò via tutti in quella stanza, loro opponevano resistenza, come potevano andarsene mentre cercavano di salvare la vita ad una persona?
Ma lui grazie alla sua forza li mandò fuori. In quella stanza rimanemmo in tre.
Io, Carlisle e Bella...
Ancora qualche secondo.
Mi avvicinai, Affondai i miei canini in quel morbido e caldo collo. Tutto il veleno che avevo nella saliva lo feci entrare nel suo corpo.
Due secondi...
Uno...
BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP
Il suo cuore aveva smesso di pulsare. C'è l'avevo fatta? Sono stato in grado di salvarla?
A queste due domande avrei dato risposta tra qualche giorno. Dovevo semplicemente attendere.
<< Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah >> gridò.

~ Bella
............

Vedo fuoco, il mio cervello sta andando in vampa, ogni cellula del mio corpo è immobilizzata dal dolore. 
Mi sentivo divorare dalle fiamme, ogni munito che passava il bruciore si diffondeva pian piano su tutto il mio corpo, provocandomi allucinanti dolori. In quel momento non ho mai sentito un male così forte, desideravo solo che
quella tortura avesse fine. 
Un grido di sfogo riecheggiò.
Non riuscivo ha trovare una fine a quel dolore. 
Passarono ore, giorni o settimane, questo non lo sapevo, ma di una cosa ne ero certa, ogni dolore scomparve, ogni paura svanì, ora sentivo solo il ghiaccio, tutto il mio corpo era in ibernazione. 
<< Bella! >> sentivo in continuazione il mio nome che continuava ad essere pronunciato.
Aprendo lentamente gli occhi e mettendo a fuoco il volto di Edward, misi immediatamente le mie braccia attorno al suo collo.
Lui per una frazione di secondi rimase immobile, poi assaporò l'odore dei miei capelli fino a staccarmi da lui.
Per quel che ne sapevo in quel attimo stavo assaporando la sua lingua.
Era una così strana sensazione. 
Il tocco tra le nostre lingue era così morbito e soave, quasi inesistente.
Le sue labbra si modellarono subito sulle mie, baciandomi con rabbia. La sua pelle marmorea era come la mia. Le sue braccia mi avvolgevano attorno a lui, ma non sentivo freddo, no, tra noi c'era un intenso calore mai provato prima, più potente di quello che avevo provato pochi attimi prima.
Quel bacio tra me e Edward che avevo sempre sognato così dolce e indimenticabile, in quel momento era quasi maligno, come se da una vita stesse aspettando Me.
Dopo un infinità di tempo, lui si staccò da me, mi riabbracciò, ma questa volta con dolcezza, non come prima che aveva tentato di profanare la mia bocca con forza.
Anche se devo ammetterlo, quel bacio... quel bacio era ciò che aspettavo dal momento che lo vidi per la prima volta.
Attendevo solo quello inconsciamente.

Mi accorsi che non ero Morta, no... io ero viva.
Potevo davvero meritarmi di vivere? Non lo so, ma so che qualcuno continua a veglia su di me e Lui non mi permetterà mai di abbandonarlo, anche se lo volessi.

Scusate l'immensa attesa, dovevo postarlo due settimane fa, invece...
Poi sono stata costretta ad aggiornare perché ho ricevuto un email di minaccia di morte!!! XD
Scusami davvero Gattino Bianco per tutta questa attesa!
 Gattino Bianco:è logico che il cappy non ti abbia molto emozionata siccome era davvero molto corto!!! ^^" Comunque, apparte al drama giapponese non mi sono ispirata a nient'altro, e non per sembrare ignorante ma non so nemmeno che cosa sia "felice" di Leopardi!!! ^///^
Cercherò di leggere la tua ff 
Breaking Dawn vampiresco  ma non ti posso assicurare niente perchè con la scuola e vari impegni, forse ci impiegherò un po' di tempo prima di leggere questi cinque capitoli, poi ho anche un sacco di manga da leggere, ma per una mia lettrice così appassionata, non posso fare altro che trovare tel tempo!!!! :D
Poi spero che mettendo il link della tua ff i lettori della mia lo vedano e che forse ci facciano un piccolo salta a dare un occhiata!!
Poi giusto ieri ho trovato una tua email che mi minacciava di continuare!!! Scusami per la lunga attesa e poi siccome io uso di più questa email:  
bibopalula@hotmail.it sarà più facile contattarmi!!! ^^
Spero che questo ultimo capitolo ti sia piaciuto. E sì. Questa e la fine !! Spero di averti regalato tante belle emozioni!!!! =)
 4ury_Volturi: Sono contenta di aver trovato una nuova fan, mi dispiace che questo sia l'ultimo capitolo e che non ci sarà modo per continuare a leggere le tue future recensioni...
Scusami per l'immensa attesa, ma ecco l'ultimo capitolo, spero ti sia piaciuto!!! ^^  

 

 

 

 

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