Eternal Sunshine Of The Spotless Mind di Pallina (/viewuser.php?uid=1006)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Parte Prima ***
Capitolo 3: *** Parte Seconda ***
Capitolo 4: *** Parte Terza ***
Capitolo 5: *** Parte Quarta ***
Capitolo 6: *** Parte Quinta ***
Capitolo 7: *** Parte Sesta ***
Capitolo 8: *** Parte Settima ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Eternal
Sunshine of the Spotless Mind
PROLOGO
How happy is the
blameless vestal's lot!
The world
forgetting, by the world forgot.
Eternal sunshine
of the spotless mind!
Each pray'r
accepted, and each wish resign'd
(Alexander Pope, Eloisa to
Abelard)
*
Si
svegliò di soprassalto con il fiato corto.
Dopo
qualche momento di confusione, sbatté le palpebre,
cercando abituarsi alla penombra della camera, mentre sentiva i battiti
frenetici del cuore martellarle nel petto.
Alcuni
raggi penetravano dalle tapparelle abbassate,
illuminando leggermente la stanza, che era abbastanza grande e arredata
in modo
elegante.
Quel luogo non le diceva
nulla.
Cercò
di tornare all’ultima cosa che si ricordava, ma le
arrivarono solo delle immagini sfocate.
Dei capelli morbidi
sotto le dita e il profumo del mare.
Improvvisamente
si accorse di non rammentare nient’altro.
Non aveva memoria di nessuno, della sua famiglia, dei suoi amici,
niente: c’era solo il vuoto.
Sapeva
di essere una maga, come sapeva di stare a Londra, ma
non aveva idea di come ci fosse arrivata né se fosse nata
lì.
Era
come se qualcuno avesse cancellato tutti i suoi ricordi,
i suoi affetti.
Era tutto scomparso.
Spaventata
si alzò dal letto per osservarsi nel grande
specchio che troneggiava su un muro della stanza.
Vide
l’immagine di una ragazza impaurita, con degli occhi di
un blu profondo e dei riccioli neri sulle spalle.
Una
ragazza che, però, lei non conosceva.
Che cosa le era
successo?
***
Spazio dell'Autrice:
So
che anche questo capitolo è abbastanza corto, ma la
lunghezza è un mio problema!
Infatti
, soprattutto per questo genere di storie, non posso inserire
più di tanto in ogni parte perchè altrimenti
viene tutto fuori troppo presto e fare non riesco proprio a fare scene
inutili, mi spiace!
Da
questo capirete che, anche se questa seconda parte vi sembra senza
senso e inutile, non può esserlo! ;D
So
già che dopo questo mio indizio capirete tutto o quasi e
infatti non so bene perchè ve l'ho detto, quindi al posto di
continuare a farneticare invano, passo ai ringraziamenti.
Ringrazio
tutti quelli che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite e
soprattuttto chi l'ha commentata!
Un
bacione e a presto
Pallina
|
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Capitolo 2 *** Parte Prima ***
PARTE
PRIMA
Stava
ancora guardandosi allo specchio terrorizzata, quando
qualcuno spalancò la porta.
Fece
un salto indietro, portandosi una mano al cuore.
«Chi
sei?» domandò, osservando una ragazza dal
caschetto
castano che la guardava con espressione perplessa.
«Tesoro,
sono Emily.» affermò con voce dubbiosa, facendo
qualche passo all’interno. «Non ti ricordi chi
sono?»
A
quelle parole amichevoli si rilassò leggermente, sedendosi
sul letto e prendendosi la testa tra le mani.
«No,
non mi ricordo niente.» dichiarò, dopo qualche
minuto
di silenzio, fissando il pavimento sempre più atterrita.
Doveva
esserle successo qualcosa di terribile per averle
fatto perdere tutti i ricordi. Non aveva memoria di niente, se si
sforzava
l’unica cosa che le tornava in mente era quel profumo di mare
e la morbidezza
di quei capelli al tatto.
Ma
anche quei pensieri sfuggivano via, appena riusciva ad
afferrarli; e ritornava l’oblio.
Emily
le si era avvicinata e seduta a fianco, poggiandole
con rassicurazione una mano su una spalla.
«Davvero
non ti ricordi niente?»
Si
voltò verso la sua interlocutrice, guardandola
attentamente, prima di riabbassare lo sguardo, sconfitta.
«No,
niente di niente. Non mi ricordo nemmeno come mi
chiamo.» mormorò, cercando di trattenere le
lacrime che premevano per uscirle
dagli occhi.
«Beh,
a questo possiamo rimediare.» replicò lei, con un
sorriso rassicurante sul volto. «Sophia Creevit, hai
venticinque anni e sei la
mia migliore amica.»
Rialzò
nuovamente le sue iridi blu su quella che si definiva
la sua migliore amica, ascoltando in silenzio le sue parole.
«Ieri
sera mi ha chiamato il proprietario del Paiolo Magico,
ti dice niente il nome?»
Scosse
la testa, desolata.
«Beh,
ti avevano trovato svenuta nel bagno e, visto che ci
conosco bene, hanno chiamato me. Hai dormito per un giorno
intero… Ma davvero
non ricordi niente?» le domandò nuovamente, con
tono sorpreso.
A
un suo segno negativo, si alzò in piedi.
«Facciamo
così, tu ora ti rimetti a letto, io vado a parlare
con un Medimago e vediamo cosa mi dice, ok?»
Annuì
lentamente, mentre Emily usciva dalla stanza. Quando
si fu chiusa la porta alle spalle, si sdraio sul letto, sforzandosi di
farsi
tornare qualcosa in mente.
«Sophia
Creevit…» mormorò a mezza voce.
Com’era
possibile che manco il suo nome le dicesse niente?
*
La
ragazza che era appena uscita dalla stanza della smemorata
si diresse lentamente verso il piccolo salotto, avvicinandosi al
camino. Dalla
mensola sopra di esso prese della polvere per buttarla successivamente
nella
fiamme ardenti.
«Casa
Parkinson.» affermò, con voce ferma, arrivando
così in
un altro soggiorno, dove una ragazza bionda sfogliava una rivista con
aria
annoiata.
«Pansy.»
affermò, appena la vide, poggiando il giornale sul
divano e raggiungendola. «Racconta,
com’è andata?»
Pansy
si voltò a guardarla, mentre un ghigno divertito le si
disegnava sulle labbra.
«
Benissimo. Ha creduto a tutto.» rispose, con un tono di
voce completamente differente da quello che aveva usato con la giovane
senza
memoria. «Le ho detto di chiamarsi Sophia Creevit e tutto
quello che avevamo
deciso. Ora dobbiamo solo tenerla buona per un po’ e poi
convincerla che il suo
grande sogno era quello di trasferirsi in America.»
La
sua interlocutrice le sorrise, raggiante.
«A
quel punto tutti i nostri problemi saranno finiti.»
***
Spazio
dell' Autrice:
Adessi
si inizia a capire meglio cosa sta succedendo...
Pansy
ha fatto perdere la memoria a questa ragazza, facendole credere di
essere una persona che non è, ma chi è veramente?
E soprettutto perchè Pansy ha fatto tutto ciò?
Qualche
idea?
Comunque
spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto e magari vi abbia
intrigato, ringrazio Angorian per la
recensione e vi do appuntamento alla prossima puntata!
(Quando
lascio questi commenti, mi sento tanto una presentatrice televisiva!)
A
presto e un bacione
Pallina
|
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Capitolo 3 *** Parte Seconda ***
PARTE
SECONDA
Un
ragazzo dai capelli biondi e lo sguardo freddo stava in
piedi davanti al camino, in mano un calice pieno di un liquido ambrato.
Lo
sguardo era fisso nelle fiamme ardenti, mentre ogni tanto
prendeva un sorso dal bicchiere.
Dietro
di lui una voce continuava a parlare inesorabilmente,
ma il giovane non sembrava prestargli troppa attenzione.
«Draco,
mi stai ascoltando?» affermò, a un certo punto, un
signore di mezza età, seduto su una poltrona.
Draco
Malfoy si voltò verso di lui, guardandolo con aria
distaccata.
«Si,
padre.»
«Non
so proprio cosa ti stia succedendo negli ultimi tempi,
sei sempre distratto.» replico l’uomo, con tono
duro. «Lo sai, vero, che da
come ti stai comportando in questi giorni dipende il futuro di questa
famiglia?»
Il
ragazzo biondo tornò a volgersi verso le fiamme, senza
rispondere alla domanda che gli era stata posta.
Non
poteva spiegare il motivo per cui era distratto, era troppo
personale e umiliante. Il solo ricordo di cosa era successo, gli
impediva di
essere razionale.
Strinse
le dita contro il vetro del bicchiere con forza,
colto da una rabbia improvvisa; ma suo padre non sembrò
accorgersene, troppo
preso ad ordinargli cosa doveva fare per il suo futuro.
*
«Sei
sicura che questa sia casa mia?»
Pansy
si guardò intorno attentamente. Si trovavano in
cucina, la ragazza senza memoria era seduta su una sedia del tavolo,
mentre
sorseggiava un caffè.
«Certo,
perché?» le chiese, sorridendo nel modo
più
convincente che potesse.
«Mi
sembra così poco personale…»
mormorò la sua
interlocutrice, osservando lo spazio circostante.
«Com’è possibile che non ci
sia nemmeno una mia fotografia?»
La
giovane Parkinson trattené a stento
un’imprecazione,
accorgendosi che veramente nella casa che aveva affittato non era
presente un
solo segno di riconoscimento.
«Tu
odi le foto, dici sempre che vieni male! Sei una tale
vanitosa…» replicò, alla fine, cercando
di ostentare un’aria divertita.
Sophia
la guardò dubbiosa, quel discorso non la convinceva
per niente ma, dopo un momento di incertezza, decise di crederle. In
fondo che
motivo aveva per mentirle?
Quella
ragazza l’aveva trovata in pub, l’aveva riportata a
casa e le era stata accanto in quei giorni; era l’unica amica
che aveva, se non
credeva nemmeno alle sue parole, il mondo le sarebbe caduto addosso,
lentamente.
Erano
passati due giorni da quando si era svegliata senza
più ricordi e, ormai, poteva dirsi quasi abituata
all’idea.
Emily
le aveva raccontato che si erano conosciute durante
gli anni di scuola e che erano sempre state inseparabili. Le aveva
anche
spiegato che i suoi genitori erano morti qualche anno prima, e che lei
le stata
molto accanto in quel periodo difficile.
Sophia
ascoltava e credeva, perché non poteva fare altro.
Quella era l’unica persona di cui ormai riconosceva il volto
e, fidarsi di lei,
era una necessità, non una scelta.
Si
sentiva come una bambina a cui bisognava insegnare tutto;
aveva qualche problema persino a ricordarsi come usare la sua bacchetta.
Un
sospiro triste le uscì dalle labbra, mentre si alzava in
piedi.
«Sai
Emily, penso che oggi andrò a fare una passeggiata, per
vedere se mi ricordo qualcosa…»
La
ragazza castana la guardò, mentre allargava le sue iridi
nocciola in un’espressione atterrita.
«No!»
strillò, prima di riprendere un minimo di contegno per
aggiungere: «Il Medimago ha detto che è
pericoloso, devi aspettare ancora un
po’ prima di uscire.»
Sophia
aggrottò le sopracciglia in un’espressione
dubbiosa,
mentre si chiedeva che cosa potesse esserci di pericoloso in una
passeggiata
per Londra; ma decise di non obbiettare.
Senza
replicare, ma sorridendo all’amica, si diresse verso
la propria stanza da letto.
*
Pansy
entrò nella stanza, sbattendosi la porta alle spalle.
La ragazza bionda, che stava sdraiata sul letto, sobbalzò
leggermente a quel
suono improvviso.
«Quando
entri in camera mia preferirei lo facessi con più
grazia…» mormorò, alzando la testa per
osservare l’amica appena entrata.
La
giovane Serpeverde si sedette sul bordo del letto, senza
rispondere.
«Siamo
delle cretine, Daphne.»
Daphne
aggrottò le sopracciglia in un’espressione
perplessa.
«Parla
per te.» replicò atona, tornando a portare
l’attenzione
sul foglio di pergamena che stava leggendo.
«Ci
siamo dimenticate di mettere le foto nella casa!»
continuò Pansy, come se la sua interlocutrice non fosse
intervenuta. «Quale
casa è senza foto?»
La
ragazza bionda aspettò qualche secondo prima di risponde,
mentre rimaneva impassibile.
«Non
mi sembra che tu abbia delle foto nella tua stanza.»
La
giovane Parkinson rifletté sulla frase appena sentita,
prima di ribattere.
«Forse
hai ragione…» mormorò in risposta.
«Non è poi questo
grande problema.»
Daphne
si alzò con eleganza dal letto, andando ad
accarezzare una spalla dell’amica.
«Brava,
adesso che l’hai capito mi potresti lasciare in pace
che avrei alcune cose da sbrigare?» dichiarò,
mentre un sorriso gentile le si apriva sulle labbra.
Pansy
la guardò leggermente sospettosa, prima di alzarsi e
dirigersi verso l’uscita.
***
Spazio dell'Autrice:
So
che anche questo capitolo è abbastanza corto, ma la
lunghezza è un mio problema!
Infatti
, soprattutto per questo genere di storie, non posso inserire
più di tanto in ogni parte perchè altrimenti
viene tutto fuori troppo presto e fare non riesco proprio a fare scene
inutili, mi spiace!
Da
questo capirete che, anche se questa seconda parte vi sembra senza
senso e inutile, non può esserlo! ;D
So
già che dopo questo mio indizio capirete tutto o quasi e
infatti non so bene perchè ve l'ho detto, quindi al posto di
continuare a farneticare invano, passo ai ringraziamenti.
Ringrazio
tutti quelli che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite e
soprattuttto chi l'ha commentata!
Un
bacione e a presto
Pallina
|
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Capitolo 4 *** Parte Terza ***
PARTE
TERZA
Draco
teneva una lettera in mano, lo sguardo era fisso
all’interno del camino scoppiettante, mentre stava seduto su
una poltrona.
Le
sue iridi argentee passarono dalle fiamme alla pergamena,
mentre tratteneva a stento un’imprecazione tra i denti.
Non vorrei mai che la
tua famiglia venisse a sapere di questo piccolo
“incidente”, spero che tu
capisca la mia preoccupazione.
Con
termini velati e, apparentemente, cordiali lo stavano
minacciando. Chi poi lo stesse facendo doveva ancora capirlo, visto che
il
mittente si era volutamente dimenticato di firmare la lettera.
Maledì
se stesso e la sua stupidità per essersi fatto
incastrare, per aver dimenticato quali fosse i suoi doveri, per aver
sognato un
futuro diverso; ma, mentre lo faceva, si era già alzato e
stava compilando una
risposta, che il gufo arrivato quella mattina avrebbe riportato al
mittente
misterioso.
Non
poteva rischiare che i suoi genitori lo venissero a
sapere.
*
Vagava
da parecchio tempo per le strade di Londra, quando si
accorse di essersi persa.
Alla
fine era uscita. Non è che avesse deciso consensualmente
di disobbedire all’ordine del medico o di Emily,
semplicemente la curiosità era
stata più forte.
Così
si era ritrovata in strada a guardarsi intorno, alla
ricerca di non sapeva bene cosa che le facesse scattare un qualcosa
nella
testa.
Che
la facesse ricordare.
A
quanto aveva detto Emily, le sue memorie prima o poi
sarebbero tornate, doveva solo stimolarle.
Ma
si era persa.
Stava
imprecando a mezza voce, quando un’insegna
dall’altro
lato della strada attirò il suo sguardo. Non seppe spiegarsi
il perché, ma
appena lesse il nome del locale, il suo cuore perse un battito e fu
trascinata
ad entrare.
Appena
ebbe superato l’uscio un sorriso le nacque spontaneo
sulle labbra, mentre si osservava intorno.
Quel
bar le era familiare. Era il primo posto che incontrava
che stimolava in lei un senso di consuetudine; senza pensarci due volte
si
sedette a un tavolo.
*
Pansy
entrò di corsa nella stanza, guardandosi attorno alla
ricerca della compagna. Daphne se ne stava seduta sul divano, leggendo
un
libro, mentre un sorriso divertito le si era disegnato sulle labbra.
«Daphne…»
mormorò la ragazza con il caschetto, senza
avvicinarsi. «L’ho persa…»
A
quelle parole, la giovane bionda alzò di scattò
lo sguardo
sull’amica.
«Sei
una cretina.» affermò, nel tono di voce si poteva
cogliere una punta di irritazione.
Pansy
accusò l’insulto, abbassando il capo, mortificata.
«Cosa
facciamo?» chiese, dopo qualche minuto di silenzio.
Daphne
la guardò con disprezzo, prima di replicare, acida.
«Sei
te che mi hai chiesto di aiutarti in questa impresa,
quindi io non farò proprio niente.»
dichiarò, l’espressione che rimaneva
impassibile e distaccata. «Se fossi in te, andrei a cercarla,
comunque.»
Appena
ebbe pronunciato quelle parole, tornò con le iridi
sul libro che teneva in mano, da cui spuntava un angolo di pergamena.
La
compagna aspettò qualche secondo, prima di voltarsi ed
uscire dalla stanza.
*
Sophia
era entrata nel locale, aveva preso qualcosa da bere
e poi era uscita. Pensava che stando all’interno di quel
posto a lei familiare
si sarebbe ricordata qualcosa, ma nulla le era arrivato alla memoria;
c’era
solo stata, onnipresente, quella sensazione di quotidianità
che l’aveva
colpita.
Per
la strada aveva iniziato a sentirsi un po’ preoccupata:
non sapeva dove andare, né dove fosse. Forse Emily non aveva
tutti i torti
quando le aveva consigliato di non uscire di casa.
Camminava
senza una meta, guardandosi intorno freneticamente;
ma il suo senso dell’orientamento, se mai ne avesse avuto
uno, l’aveva
completamente abbandonata.
Dopo
quelle che sembrarono ore, scorse una chioma bruna,
disordinata. Non seppe nemmeno perché , ma si mise a correre
verso quel
ragazzo, fermandolo appena l’ebbe raggiunto con la mano.
Quando
però il giovane si voltò, una profonda delusione
la
colse. Si sarebbe aspettata di vedere degli occhi verde smeraldo e non
marroni,
come quelli che la guardavano.
«Le
serve qualcosa signorina?» le chiese, osservandola con
aria sorpresa.
«No,
mi scusi.» replicò, liberandolo immediatamente
dalla
sua presa e ricominciando a camminare nella direzione opposta.
Aveva
quasi afferrato un nome; quando aveva visto i capelli
di quel ragazzo, le si era formata nella testa un immagine, ma non era
riuscita
a fermarla. Era fuggita via, come tutto il resto.
Di chi erano gli occhi
verde smeraldo che avrebbe voluto incontrare?
***
Spazio
dell'Autrice:
Ho
deciso di postare questo capitolo perchè -purtroppo- sto
partendo!
Allora,
si iniziano a capire un po' di cose: Draco sta venendo minacciato
(qualche idea da chi?) e Sophia si è persa (povera
piccola...)!
In
tutto ciò, volevo fare una piccola parentesi su Pansy: so
che sembra quasi debole e incapace di fare qualsiasi cosa da sola, ma
è solo perchè quello che sta facendo, per lei,
è molto ma molto importante! (indizi indizi indizi indizi)
Mi
dispiace per la lunghezza del capitolo che, come al solito, lascia un
po' a desiderare; cmq spero che vi sia piaciuto, non ho saputo creare
di meglio!
Ringrazio
tutti quelli che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite e,
naturalmente, a chi l'ha commentata!
Un
bacione e Buon Natale (spero
che per l'anno nuovo riesco a ripubblicare!)
Pallina
|
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Capitolo 5 *** Parte Quarta ***
PARTE
QUARTA
Un
ragazzo di colore se ne stava tranquillamente appoggiato
al muro di un edificio, lo sguardo perso nel paesaggio circostante,
mentre
fumava una sigaretta.
Le
persone che camminavano frenetiche nella via sembravano
quasi non accorgersi della sua presenza. Era silenzioso, immobile, alla
ricerca
di qualcosa.
Pansy
l’aveva chiamato un’ora prima in preda a una crisi
isterica, gridandogli che doveva aiutarla, assolutamente.
Non
era nella sua natura soccorrere i suoi amici, ma la
curiosità,
dopo che la ragazza gli aveva raccontato cosa stava facendo, aveva
avuto la
meglio sulla pigrizia.
Per
quello se ne stava lì, fermo, a fissare le persone
indaffarate che camminava per la via, cercando una giovane dai capelli
neri e
gli occhi blu. Una giovane che un tempo aveva conosciuto bene e che
l’aveva
cambiato più di quanto riuscisse ad ammettere con se stesso.
Ma,
ormai, Blaise lo sapeva, di quella ragazza non era
rimasto più niente, nemmeno i lineamenti del viso.
*
Erano
ore che Sophia camminava, senza trovare niente che le
fosse familiare e che l’aiutasse a tornare a casa.
Era
esausta, spaventata e sola.
Disperata
si sedette sul marciapiede, portandosi le mani al
viso, mentre lacrime irrefrenabili iniziavano a scenderle lungo le
guancie.
Era
stata una stupida, non aveva pensato alle conseguenze
delle sue azioni. Non sapeva perché, ma le sembrava che
quello fosse un
comportamento perfettamente consono a lei ed alla sua persona.
Alla
persona che era stata e che faticava a ritrovare.
Sei una stupida
impulsiva!
Spalancò
i suoi grandi occhi blu, guardandosi intorno alla
ricerca di quella voce fredda che aveva appena sentito; ma non
c’era nessuno che
sembrava prestarle attenzione, le persone nella via continuavano a
camminare,
ignorandola.
Il
pensiero che potesse essere un suo ricordo la trafisse,
lasciandola ancora più confusa e stanca.
Non
sapeva spiegare perché, ma anche se il tono di quelle
parole non era gentile, le avevano infuso uno strano calore familiare.
Le
erano care, vicine, amiche. Qualcuno che le voleva molto
bene doveva averle pronunciate, qualcuno di cui non si sarebbe dovuta
dimenticare.
Qualcuno che la stava
cercando?
Improvvisamente
una mano che si posò sulla sua spalla la
fece sobbalzare.
Alzò
gli occhi sulla figura che le si era accostata,
incontrando lo sguardo rassicurante di un ragazzo di colore.
«Vieni,
ti porto a casa.» affermò, tendendole la mano.
E
lei non si chiese se potesse fidarsi o meno, se magari non
volesse veramente aiutarla, non si chiese niente; semplicemente
afferrò la mano
del giovane, lasciandosi condurre.
Qualcosa
le diceva che non le avrebbe mai fatto del male.
*
Quando
vide Blaise Materializzarsi con Sophia al suo fianco,
Pansy poté finalmente tirare un sospiro di sollievo.
In
quelle ore in cui la ragazza si era persa, la Serpeverde
aveva contattato, presa dal panico, chiunque le venisse in mente,
sperando che
potessero averla incontrata e, magari, non riconosciuta.
Il
pensiero di quello che le sarebbe potuto succedere se
qualcuno l’avesse scoperta non riusciva nemmeno ad
immaginarselo; probabilmente
l’avrebbero mandata ad Azkaban, ma non era tanto la prigione
a spaventarla.
Rabbrividì,
prima di decidersi a correre incontro a Blaise ed
alla fonte di tutte le sue preoccupazioni.
«Grazie,
Blaise.» mormorò riconoscente, forse come mai lo
era stata nella sua vita.
Il
giovane annuì solamente come risposta, accompagnando
Sophia al divano e facendola, con delicatezza, accomodare sopra.
Pansy
osservò i suoi movimenti, per niente sorpresa dalle
gentilezze che il suo compagno utilizzava nei confronti della smemorata.
Quando
le fu nuovamente davanti, Blaise alzò lo sguardo,
fissando con attenzione il suo volto.
«Sai
cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno l’avesse
riconosciuta?» affermò, con tono duro.
Un
altro brivido corse lungo la schiena della ragazza bruna,
senza che lei potesse fermarlo.
«Non
glielo dirai, vero?» gli chiese, mentre nel suo tono si
leggeva una nota di terrore.
Il
giovane la guardò qualche attimo, con attenzione, prima
di replicare, atono.
«Non
so cosa ti sia venuto in mente, Pansy, ma io non voglio
entrarci. Non glielo dirò perché non sono cose
che mi riguardano.» dichiarò,
prima di voltarsi ed uscire dalla stanza.
Pansy
rimase immobile ad osservare il punto in cui era
scomparso, mentre tirava nuovamente un lungo sospiro di sollievo.
*
Draco
stava seduto davanti al tavolino di un bar, guardando
sorpreso la sua interlocutrice.
«Capirai
naturalmente anche tu la mia preoccupazione, visto
quanto i nostri genitori tengono al matrimonio tuo e di Astoria. Per
questo,
appena ho saputo, sono venuta immediatamente a parlartene.»
affermò una ragazza
bionda, mentre un sorriso cordiale le si disegnava sulle labbra.
Mentre
osservava il volto della compagna, un brivido freddo
corse lungo la schiena del giovane.
«Cosa
vuoi, Daphne?» chiese, leggermente brusco.
Daphne
gli sorrise nuovamente in rimando, prima di piegarsi
per scrivere qualcosa su un tovagliolino; qualche secondo
più tardi, con un
movimento aggraziato del braccio, glielo passò.
Draco
lesse la cifra appena scritta, prima di alzare le sue
iridi argentee sulla figura della ragazza ed annuire, mentre un sorriso
divertito gli si apriva sulle labbra.
Le
persone continuavano a sorprenderlo sempre di più.
***
Spazio dell'Autrice:
Buon
anno a tutte!
Eccomi
qua, con la quarta parte, dove entra in gioco un nuovo personaggio
(Blaise) e si scoprono un po' di cose (come che era Daphne a ricattare
Draco).
Infatti
già nel prossimo capitolo, penso che più o meno
si capirà tutto, visto che ormai siamo quasi arrivati alla
fine (mancano tre capitolo, più l'epilogo)... Cmq che ne
pensate? Vi è piaciuto?
So
che anche questo capitolo è abbastanza corto, ma spero che
non vi accontenterete!
Ringrazio
tutti quelli che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite e
naturalmente chi l'ha commentanta!
Un
bacione e a presto
Pallina
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Capitolo 6 *** Parte Quinta ***
PARTE
QUINTA
Pansy
teneva gli occhi fissi sulla figura addormentata sul
divano, mentre se ne stava seduta su una poltrona intenta a sorseggiare
una
tazza di caffè.
Appena
Blaise l’aveva aiutata a sedersi, lei si era
addormentata, come una bambina.
Le
iridi nocciola della ragazza passarono su Sophia, quasi
con rabbia. Non riusciva a capire come tutte le persone che la
circondavano
finivano irrimediabilmente per innamorarsi di lei.
Lei
che era così ingenua da crederle, senza cercare una
minima prova; lei che riversava sugli altri una fiducia illimitata.
Uno
sbuffò fuoriuscì dalle sue labbra, mentre
spostava
velocemente lo sguardo su qualcosa di più piacevole. Ma
proprio quel movimento sembrò
ridestare la fonte delle sue preoccupazioni, che si mosse, mormorando
parole
senza senso.
Pansy
si alzò, avvicinandosi.
«Chi
è Pansy?» biascicò Sophia, mentre
sbatteva le palpebre.
La
ragazza mora sbiancò, mentre si accasciava sul divano,
inerte.
«C-chi?»
mormorò, con voce tremante.
La
smemorata si sollevò leggermente, così da poter
osservare
la compagna in volto.
«Il
ragazzo che mi ha portato qui, ti ha chiamato Pansy.»
«Non
so di cosa tu stia parlando.» replicò lei,
cercando di
ostentare un tono di voce distaccato.
Sophia
si poggiò una mano sulla fronte, socchiudendo le
palpebre.
«Forse
mi sono immaginata tutto, ho un gran mal di
testa…»
E
Pansy, tirando un sospiro di sollievo, si alzò dal divano
per andarle a preparare una pozione.
Per
quella volta aveva scampato il pericolo, ma doveva stare
più attenta, altrimenti il suo piano sarebbe fallito e per
lei sarebbe stata la
fine.
*
Era
passata una settimana da quando si era persa per le vie
di Londra e Emily cercava di spingerla ad organizzare la sua partenza
per
l’America.
Le
aveva detto che era il suo grande sogno e che il medico
aveva consigliato che cambiasse aria; Sophia ne dubitava e cercava di
rimandare
il momento.
Da
quando si era persa la sua amica stava continuamente con
lei, non lasciandola nemmeno un minuto da sola. Impedendole di pensare
e
riflettere su quello che era successo.
Non
si era dimenticata del ragazzo di colore che l’aveva
trovata, né della frase che aveva rivolto a Emily.
Non so cosa ti sia
venuto in mente, Pansy, ma io non voglio entrarci. Non glielo
dirò perché non
sono cose che mi riguardano.
Mille
dubbi le si affacciavano alla mente ogni volta che si
fermava a riflettere su quell’affermazione; nulla aveva senso
e tutto era
confuso, ma lei sapeva che una spiegazione c’era e che, se
voleva ritrovare la
memoria, doveva trovarla.
«Blaise…»
mormorò in un sussurro, mentre stava seduta su una
poltrona del soggiorno, assaggiando quel nome, cercando di vedere se
quella
parola pronunciata dalle sue labbra le ricordasse qualcosa.
Ma
niente, manco un immagine confusa le tornò alla mente.
Delusa
si alzò in piedi, Emily quel giorno l’aveva
lasciata
da sola, dicendo che sarebbe tornata dopo pochi minuti.
Era
la sua occasione, doveva andarsene, doveva cercare di
capire cosa le fosse successo.
Senza
pensarci si Materializzò nell’unico posto che le
era
familiare.
*
Draco
stava seduto all’interno del locale che racchiudeva quei
pochi attimi felici che aveva avuto. Non si aspettava di incontrarla,
lei era
scappata, sapeva che non sarebbe tornata in quel posto; ma una parte di
lui
continuava a sperare.
Daphne
l’aveva minacciato di raccontare tutto alla sua
famiglia; probabilmente se lei fosse stata ancora con lui non avrebbe
ceduto,
probabilmente sarebbero fuggiti insieme. Ma lei se n’era
andata, l’aveva
abbandonato e nulla gli aveva impedito di continuare a combattere per
qualcosa
ormai perso, finito.
Mentre
sorseggiava il suo caffè, una figura silenziosa era appena
entrata nel locale, attirando la sua attenzione. La ragazza aveva
lunghi
capelli neri ed occhi blu e si guardava intorno come se non sapesse
perché si
trovasse lì.
I
suoi movimenti lo affascinarono, lo catturarono; la
familiarità di quei gesti lo stupì e, mentre una
scarica di adrenalina lo
colpiva, uscì velocemente dal locale, più confuso
che mai.
*
Blaise
stava seduto dietro alla sua scrivania, intendo a
scrivere una lettera con attenzione, quando la porta della stanza si
aprì,
venendo sbattuta un attimo dopo.
Draco
entrò frenetico nel suo studio, passandosi una mano
nei capelli biondi.
Il
ragazzo bruno alzò lo sguardo sul suo compagno, perplesso.
«L’ho
vista.» mormorò il Serpeverde, fermandosi davanti
all’amico e poggiando le sue iridi argentee su di lui.
Un
sorriso impercettibile comparve sulle labbra di Blaise,
mentre posava la penna che teneva stretta in mano.
«Chi?»
chiese, anche se non aveva bisogno di una risposta
per capire a chi si stesse riferendo.
«Lei!»
replicò Draco, alzando leggermente il tono di voce.
«Cioè so benissimo che non era lei,
perché non lo era, ma allo stesso tempo era
lei. Capisci?»
Il
ragazzo di colore lasciò fuoriuscire dalla bocca un
piccolo sospiro, prima di riportare la sua attenzione
sull’amico.
«Vai
da Pansy.»
Il
giovane Malfoy lo guardò, aggrottando le sopracciglia,
confuso.
«Cosa?
Che cosa stai dicendo Blaise?» affermò, incerto.
«Se
sia qualcosa me lo devi dire, ho il diritto di sapere.»
«Io
non ti devo dire niente e non dovrei nemmeno
consigliarti di andare a parlare con Pansy, ma lo sto facendo. Ora, se
non ti
dispiace, avrei cose più importanti da fare.»
replicò lui, con tono duro, prima
di tornare a fissare il foglio poggiato sulla scrivania.
Appena
Draco uscì dalla stanza senza dire una parola, Blaise
si appoggiò allo schienale della poltrona, mentre un altro
sospiro gli scappava
dalle labbra.
Non
sapeva se aveva fatto bene ad aiutare il Serpeverde, ma
le parole gli erano uscite prima che lui potesse fermarle; forse
perché tutto
quello che stava succedendo non era giusto.
Non era giusto per
lei.
***
Spazio dell'Autrice:
Eccomi
qua (finalmente)!
Allora,
ormai manca poco alla fine della stoira e molte cose sono venute fuori.
Quando
dico che la storia si sta iniziando a capire, non parlo
dell'identità di Sophia (che è molto difficile da
indovinare), ma del resto dei personaggi, perchè si
comportano così, cosa hanno in mente, cosa li è
successo...
Infatti,
facendo un piccolo riepilogo, sappiamo che Pansy e Daphne hanno rapito
Sophia, cancellandole la memoria e modificandole i lineamenti
in modo permanente(tra l'altro non so bene se esiste un incantesimo o
una pozione per fare una cosa del genere, sinceramente ne dubito!) ;
sappiamo che Daphne ha ricattato Draco e che quest'ultimo è
stato abbandonando da una fatidica lei, quindi...
Beh
dai, so che avete capito!
Cmq
questa storia, oltre ad essere una specie di giallo, mi serve per
descrivere i Serpeverde. Sto cercando di dare ad ognuno determinate
caratteristice, i loro atteggiamenti e i loro modi di fare mi attirano,
sono interessanti (naturalmente non so se ci sono riuscita e se sono
rimasta IC).... Ma Daphne fredda e ricattatrice, Pansy che fa di tutto
per ottenere quello che vuole, Blaise menefreghista quasi su tutto e
Draco freddo e disperato....
Cmq....che
ne pensate?
Mo
vi saluto che è meglio che torno a studiare, un bacione e a
presto
Pallina
|
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Capitolo 7 *** Parte Sesta ***
PARTE
SESTA
Appena
uscito dallo studio, Draco si era Materializzato a
casa di Pansy, trovandola vuota e silenziosa. Cercando di ostentare una
calma
che era lontano dal provare, si accomodò su una poltrona
davanti al camino,
deciso ad aspettare il ritorno della ragazza.
Pensieri
confusi e contradditori gli si affacciavano alla
mente: non riusciva a capire cosa stesse succedendo intorno a lui.
La
giovane bruna che aveva incontrato al bar, il loro
bar, non poteva essere lei: quelli
che le ricadevano sulle
spalle non erano i suoi capelli, quelle iridi blu che le illuminavano
il volto
non erano i suoi occhi; tutto in quella ragazza lo costringeva a
convincersi
che si era sbagliato, non era lei.
Ma
poi c’era quel gesto, un movimento così dolce e
caratteristico che non avrebbe mai potuto dimenticare, quel lento
sfiorarsi il
lobo dell’orecchio per passare ad accarezzarsi i capelli;
quel gesto che le aveva
visto compiere tante volte, quel gesto che gli raccontava una
verità che non
capiva, che non poteva comprendere.
Forse
era solo la sua speranza a farlo pensare in quel modo,
la speranza che non l’avesse veramente allontanato; ma la
verità era che
l’aveva lasciato, senza una spiegazione, con quella frase che
gli aveva
spezzato il cuore.
Non ti amo più.
Ed
ora si ritrovava da Pansy alla ricerca di una soluzione,
perché non poteva credere che l’unica volta in cui
si era lasciato andare era
stato abbandonato.
Aveva
perso, l’aveva persa. Lei aveva deciso di non
combattere per lui. Doveva farsene una ragione ed andare avanti,
sposare
Astoria, fare la felicità dei suoi genitori e dimenticare.
Aveva
sognato un futuro diverso, ma ormai era tempo di
tornare alla realtà.
L’unica
cosa che lo costringeva a rimanere seduto in quella
poltrona, aspettando, erano le parole di Blaise; il dubbio che
veramente ci
fosse qualcosa di cui non era a conoscenza lo attanagliava e non poteva
andarsene senza prima aver scoperto la verità.
*
Pansy
si Materializzò a casa, angosciata.
Era
uscita per comprare qualcosa da mangiare e, quando era
tornata all’appartamento, non l’aveva
più trovata. Era scappata, di nuovo.
L’idea
che potesse perdersi un’altra volta e che magari
qualcuno potesse riconoscerla, la terrorizzava; in fondo Blaise non ci
aveva
messo più di qualche minuto a scovarla.
E se ci fosse stato
lui al suo posto?
Rabbrividì
a quel pensiero, aprendo l’uscio del soggiorno e
bloccandosi immediatamente dopo.
Draco
stava seduto su una poltrona, il volto nascosto tra le
mani.
Pansy
non l’aveva mai visto in quello stato, lui sempre
così
perfetto e distaccato; per la prima volta nella sua vita scorgeva cosa
la
maschera di indifferenza nascondeva.
Lentamente
si avvicinò, cercando di non fare rumore.
«Draco?»
mormorò, leggermente dubbiosa.
Il
ragazzo a quel richiamo alzò il voltò,
raggiungendo la
compagna in brevi passi; la debolezza che aveva scorto un attimo prima
era
completamente scomparsa dai suoi lineamenti.
«Ti
aspettavo.» affermò, il tono
di voce fermo. «Ho parlato con Blaise…»
La
giovane bruna allargò le iridi
nocciola, impallidendo lievemente.
«Ah
si?» chiese, ostentando
un’aria distaccata. «Come sta?»
Draco
scosse il capo, come a
volere rimuovere quella domanda dalla conversazione e Pansy si
ritrovò a
tremare.
«Mi
ha detto di venirti a
chiedere spiegazioni. Mi ha detto che tu sapevi qualcosa che avrebbe
potuto interessarmi…»
dichiarò, avvicinandosi successivamente alla ragazza per
proseguire con tono
minaccioso: «Hai qualcosa da dirmi, Pansy?»
Un
brivido freddo le corse lungo
la schiena, un brivido di paura che non poté contenere,
mentre abbassava lo
sguardo, incapace di reggere quello del suo interlocutore.
Lentamente
cercò di farsi
coraggio, prendendo un respiro profondo ed incontrando nuovamente le
iridi
argentee del compagno.
«Non
so di cosa tu stia
parlando.» replicò, il tono di voce che
riuscì a mantenere calmo, freddo.
Draco
la guardò per qualche
secondo, come a voler testare la verità di quelle parole sul
suo volto; poi
sospirò, voltandosi.
«Spero
per te che sia veramente
così.» dichiarò, prima di uscire dalla
stanza senza un saluto.
Una
volta rimasta sola, Pansy si
accasciò sul divano, portandosi una mano sulle labbra.
Draco
sospettava di lei, Blaise
gli aveva messo la pulce nell’orecchio, se l’avesse
incontrata per strada nulla
gli avrebbe impedito di riconoscerla, lo sapeva. Aveva bisogno di aiuto.
Velocemente
si alzò, pronta a
raggiungere l’unica persona amica che aveva in quel momento.
*
Daphne
se ne stava sdraiata sul suo letto, intenta a
sfogliare una rivista con aria annoiata, quando la porta della sua
camera si
spalancò, rivelando la figura sconvolta di Pansy.
La
ragazza mora entrò, sedendosi su una poltrona e
prendendosi il volto tra le mani, disperata.
La
Serpeverde alzò lo sguardo per osservare i suoi movimenti,
prima di tornare a leggere la propria rivista, indifferente.
«Siamo
nei guai, Daphne.» mormorò Pansy, fissando le sue
iridi nocciola sulla figura dell’amica. «Draco
sospetta qualcosa, Blaise mi ha
tradito e lei è scomparsa di nuovo. Non so come fare, se
Draco la dovesse
incontrare per noi sarebbe la fine, sono sicura che la riconoscerebbe!
Che
facciamo?»
Daphne
rimase qualche minuto in silenzio, prima di scoppiare
in una risata cristallina.
«Cosa
facciamo?» chiese, nel tono di voce si poteva cogliere
una nota di ironia.
La
sua interlocutrice la guardò, aggrottando le
sopracciglia, perplessa.
«Si,
cos-»
«Pansy,
non ti credevo così stupida. Pensavi davvero che ti
stessi aiutando per amicizia?» le domandò,
ridacchiando nuovamente allo sguardo
stupito che le rivolse in risposta. «Io i miei interessi li
ho già fatti, ho
ricattato Draco e mi sono presa un bel po’ di soldi che mi
serviranno per
liberarmi dei miei genitori. Anche se adesso venisse tutto fuori, non
mi
interesserebbe. Sei stata tu a cancellarle la memoria, tu che hai
affittato
l’appartamento, tu che hai preso le sue sembianze per
lasciare Draco. Io non c’entro,
non puoi provarlo, in caso sarebbe la tua parola contro la mia e,
secondo te, a
chi crederanno?»
Pansy
ascoltò le parole in silenzio e, mentre il discorso
andava avanti, impallidì sempre di più; quando
Daphne ebbe finito, si alzò,
ostentando un’aria calma e si diresse alla porta, ma le
parole della compagna
la fermarono nuovamente, con la mano sulla maniglia.
«Poi
mi chiedevo, io l’ho fatto per i soldi, ma te? Che cosa
ti ha spinto a rischiare tanto?» le chiese, maligna.
«Pensavi davvero che Draco
avrebbe mai scelto te? Che si sarebbe innamorato di te, una volta che
lei non
ci fosse più stata?»
Senza
rispondere aprì la porta e se la richiuse alle spalle,
mentre la risata divertita di Daphne echeggiava per la casa.
*
Sophia
era andata in giro tutto il giorno, alla ricerca di
non sapeva nemmeno lei bene cosa e non l’aveva trovato. Nulla
intorno a lei si
era mosso, nulla le aveva indicato la via da prendere.
Alla
fine, sconfitta, era tornata a casa. Iniziava a perdere
la speranza che i suoi ricordi tornassero, che il mistero che la
circondava
venisse scoperto; l’idea di partire per l’America e
di ricominciare iniziava a
essere piacevole, quasi dolce.
Era
stanca, stanca di quella situazione, stanca di non
sapere se Emily si chiamasse così, stanca di non capire chi
fosse quel ragazzo
di colore.
Con
un sospiro si lasciò cadere sul divano, quando
sentì il
rumore di qualcuno che si Materializzava; immediatamente strinse la
mano
intorno alla bacchetta, mentre si dirigeva verso la fonte del suono.
Appena
notò la figura di Emily, abbassò
l’arma, rilassata.
«Emily…
mi hai spaventata.» affermò, sorridendo alla
ragazza.
La
giovane si voltò verso di lei, un’espressione
sconvolta a
deturparle il volto.
«E’
successo qualcosa?» le chiese, leggermente titubante,
mentre le dita si stringevano nuovamente intorno alla bacchetta.
Non
sapeva perché, ma aveva come l’impressione che in
quel
momento la sua interlocutrice fosse pericolosa. Il viso, che era sempre
stato
gentile e cordiale in sua presenza, ora aveva un’espressione
di odio dipinta
sopra; Emily la guardava come se volesse schiacciarla, con disprezzo.
E
quello sguardo, stranamente, le ricordava qualcosa.
«Smettila
di chiamarmi Emily, stupida puttana.» replicò, il
tono di voce aspro, cattivo. «Io mi chiamo Pansy.»
Sophia
trasalì a quelle parole e mosse qualche passo
all’indietro, cercando di allontanarsi.
«Che
fai, hai paura? E pensare che dovresti essere una Grifondoro
impavida e coraggiosa.» dichiarò, ridacchiando
maligna. «Non capisco come possa
essersi innamorato di te, di te capisci? Io gli sono sempre stata
accanto, mai
poi sei arrivata te, con i tuoi occhi da cerbiatta e prima hai
incantato Blaise
e poi, naturalmente, lui. Forse avrei fatto meglio ad ucciderti
subito…»
Sophia
allargò le iridi, sorpresa dalle parole che le
stavano venendo rivelate, che l’avevano incatenata
impedendole di scappare.
Doveva sapere, aveva il diritto di sapere.
«Ma
a questo si può sempre rimediare, no?»
continuò il suo
monologo Pansy, un sorriso malizioso che le si andava a formare sulle
labbra,
mentre prendeva la propria bacchetta. «Qualche ultimo
desiderio?»
Ma,
proprio nel momento in cui la ragazza bruna alzò la
bacchetta puntandogliela al petto, Sophia capì che forse era
il momento di
fuggire e, senza pensarci, si Smaterializzò nel primo posto
che le venne in
mente.
***
Spazio dell'Autrice:
Allora,
eccomi qua con il penultimo capitolo (ne manca solo uno e poi
l'epilogo)!
Se
devo dire la verità, questa sesta parte l'avevo pensata in
maniera completamente diversa, i personaggi dovevano comportarsi in
altro modo; ma hanno preso vita propria (veramente) e questo
è quello che ne è venuto fuori!
Non
mi convince molto il risultato, ma "amen", non so se riuscirei a
cambiarlo, quindi eccolo qua tutto per voi!
Daphne
è uscita fuori come una vera stronza e Pansy si è
vista abbandonata da tutti, sola con il fardello delle proprie colpe...
Draco, invece, è disperato, probabilmente un po' OOC, ma cmq
questa storia si svolge dopo qualche anno dalla fine di Hogwarts (i
personaggi penso che abbiano intorno ai 25 anni) e lui si è
innamorato e quindi si comporta da innamorato!
Inoltre,
in questo capitolo, si scopre che Sophia è una Grifondoro
(o, meglio, era)...chi sarà mai? *Dan dan dan*
Beh,
sperando che vi sia piaciuta, passo ai ringraziamenti:
un
particolare grazie va a Angorian, che ha
revisionato questa parte; poi, naturalmente, ringrazio tutti quelli che
hanno commentato e quelli che hanno inserito la storia nelleseguite/preferite/ricordate
Grazie
davvero,
un
bacione e a presto
Pallina
|
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Capitolo 8 *** Parte Settima ***
PARTE
SETTIMA
I
piedi nudi le si bagnavano con le onde del mare, mentre un
vento invernale la costringeva a stringersi le braccia intorno al corpo
in un freddo
abbraccio.
Sophia
si guardò intorno, sorpresa.
Una
lunga spiaggia si estendeva fino all’orizzonte, nessun
edificio si notava in lontananza.
Un
sorriso spontaneo le nacque sulle labbra, mentre
abbracciava il paesaggio con gli occhi; immediatamente prese a
camminare, mentre
pensieri turbinosi le vorticavano nella mente.
Aveva
perso tutto, ormai niente l’ancorava a quella terra, a
quel mondo dove era sola e disperata. Non aveva amici, non aveva
speranze, non
aveva desideri.
Aveva
perso la sua memoria: tabula rasa dei suoi ricordi,
distruzione della sua anima.
Chi era lei?
Non
si ricordava chi fosse stata, ma non avrebbe saputo dire
nemmeno chi fosse in quel momento. Se sono i ricordi che creano una
persona, allora
chi era lei?
Si
ripeteva quella domanda, come se potesse trovare una
risposta; ma era soltanto un essere invisibile, abbandonato. Solo con
la
propria disperazione.
In
quel momento, mentre le onde si infrangevano contro i
suoi piedi, desiderò di morire.
Scomparire,
per mai più tornare.
Era
un desiderio forte, intrinseco; la solitudine che
provava le squarciava il petto, lasciandola agonizzante a poggiare un piede dietro
l’altro sulla
sabbia bagnata.
Prendendo
un respiro profondo, alzò lo sguardo, infondendosi
quel poco di coraggio che le era rimasto; le sue iridi incontrarono
così i
contorni sbiaditi di una figura seduta sulla spiaggia.
Qualcuno
dentro di lei le diceva, le urlava,
di avvicinarsi; senza aspettare, mosse i brevi bassi che
la distanziavano.
*
Draco
stava seduto sulla spiaggia, le iridi argentee perse
nelle onde del mare; su quel paesaggio che lei gli aveva insegnato ad
apprezzare.
Non
sapeva cosa lo avesse portato lì, quale sentimento; le
parole di Pansy erano state vacillanti, ma erano bastate.
Gli
avevano fatto capire che non aveva senso crogiolarsi
nella speranza; aveva superato la rabbia, il dolore, ormai rimaneva
solo il
rimorso, per quello che sarebbe potuto essere; e non valeva i suoi
sforzi.
Si
alzò in piedi, in un ultimo addio a lei; a loro, alla
loro storia.
In
quel momento però, una figura attirò la sua
attenzione:
una sagoma di donna gli si avvicina, rapida.
Aggrottò
le sopracciglia, aspettando in silenzio.
Quando
la ragazza gli fu abbastanza vicina da scorgerne i
lineamenti, i suoi occhi si spalancarono in un’espressione
sorpresa, mentre il
ricordo del loro ultimo incontro al bar lo travolgeva.
«Chi
sei?» soffiò in un sussurro, non sapeva se rivolto
a
lei od a se stesso.
Lei
sembrò udirlo ed arrestò la sua avanzata, alzando
lo
sguardo su di lui, ormai a pochi passi di distanza.
«I-io…»
mormorò, il tono di voce spaventato. «Non lo
so.»
Draco,
a quella risposta, si fece sospettoso, portando la
mano a sfiorare la bacchetta; diffidente da quella figura che
incontrava in
quei luoghi racchiudenti i suoi ricordi.
Ma,
poi, lei si scostò i capelli dal volto, in quel gesto a
lui così caro e la mano gli ricadde lungo il fianco. Senza
accorgersene, le si
avvicinò.
«Chi
sei?» ripeté, esitante in quella lituana che
avrebbe
ripetuto all’infinito.
«Io…
non lo so davvero. Ho perso la memoria.»
E,
senza che lui chiedesse niente, la ragazza prese a
raccontare.
Di
come si fosse trovata in una casa che non conoscesse, di
come le avessero spiegato di essere stata trovata al Paiolo Magico, di
quel
ragazzo di colore e di quell’amica che si chiamava Pansy.
Appena
ebbe finito, Draco l’afferrò per il polso e si
Smaterializzò.
*
Pansy
stava seduta sul suo letto, la testa stretta tra le
mani, mentre una risata isterica le usciva dalle labbra. Non poteva
credere di
aver fallito, non poteva credere che, anche se indifesa e senza
memoria, avesse
di nuovo vinto lei.
Improvvisamente,
però, il rumore di qualcuno che si Materializzava
la richiamò.
Alzò
lo sguardo e i suoi occhi incontrarono immediatamente
la figura sconvolta di Draco.
Teneva
la mano stretta sulla bacchetta, in un gesto
spasmodico, pieno di rabbia; le iridi argentee che racchiudeva un odio
forte,
profondo.
«Che
cosa hai fatto?» sibilò, fissando un punto
indistinto
alle sue spalle.
La
ragazza indietreggiò leggermente, spaventata.
«Ti
ho chiesto che cosa hai fatto, Pansy!» la incalzò
lui,
alzando il tono di voce e puntando i suoi occhi furiosi su di lei.
Pansy
iniziò a tremare, mentre abbassava lo sguardo,
sconfitta; disperata.
Vittima
della sua stessa mano, delle sue stesse azioni.
«I-io…»
mormorò, cercando di pronunciare quelle parole
soffocate che le rimanevano impigliate in gola, impotenti.
«Se
ti rivedo, sei morta.» replicò Draco, perforandola
con il
suo sguardo pieno di sdegno, prima di Smaterializzarsi.
Appena
il ragazzo scomparve dalla sua vista, le gambe le
cedettero, incapaci di reggere il peso di quelle parole, di quel
disprezzo che
aveva scorto negli occhi dell’uomo che amava.
Dell’uomo
per cui aveva fatto tutto quello, ma che comunque
non poteva essere suo.
*
Blaise
stava seduto dietro alla sua scrivania, quando l’arrivo
del suo amico lo colse.
Non
capì immediatamente perché fosse andando da lui,
ma, guardando
l’espressione furiosa che aveva in volto, comprese che era
successo qualcosa.
Qualcosa
che avrebbe per sempre cambiato la loro vita.
Qualcosa a cui nemmeno lui poteva sottrarsi.
«Non
ti chiedo perché non me l’hai detto, io te
l’ho rubata
e, forse, mi meritavo il tuo silenzio. Ma ti chiedo ora di raccontarmi
quello
che sai e poi dovrai aiutarmi. Me lo devi.»
Il
tono di Draco era stato duro, freddo e lui si sentì
costretto a eseguire gli ordini che gli erano stati dati.
***
Spazio dell'Autrice:
Allor...eccomi
qua con un nuovo capitolo, il penultimo contando anche
l'epilogo!
So
che ancora non si è scoperta l'identità della
ragazza, nè come lei e Draco si sono conosciuti,
nè come abbiamo conosciuto Blaise; ma non preoccupatevi,
tutto verrà fuori nell'epilogo!
Comunque,
non so dire se ci sarà un vero e proprio lieto e fine, anche
se da questo capitolo sembra che le cose si stiano risolvendo. Infatti
Draco è riuscito più o meno a fare due
più due e Blaise lo aiuterà a colmare i vuoti che
gli sono rimasti!
Ah,
in tutto ciò, non so se ho ben specificato nella storia che
i lineamenti di Sophia sono stati modificati.... a parte questo, che ne
pensate?
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti quelli che hanno
commentato la storia e chi l'ha inserita nelle preferite/ricordate/seguite.
Un
bacione a tutti e a presto!
PS:
ho fatto un video trailer della storia (sono pazza, lo so ^^), se vi va
di passare questo è il link:
http://www.youtube.com/watch?v=cyg7xlOji-Q
|
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Capitolo 9 *** Epilogo ***
EPILOGO
“You
remember, we were sittin' there, by the water
You put your arm around me
for the first time
You made a rebel of a
careless man's careful
daughter
You are the best thing
that's ever been mine…”
(Taylor Swift, Mine)
*
Draco
stava seduto in veranda, immerso nei suoi pensieri.
Erano
passati due anni da quando era scappato, da tutto e da tutti,
portandosi dietro
solo lei, eterna compagna del suo cuore solitario.
Un sorriso
ironico gli comparve sulle labbra, mentre le sue iridi argentee si
spostavano
sulla ragazza intenta a raccogliere alcuni fiori nel giardino.
«Ti
piacciono?» gli chiese, voltandosi verso di lui per rivelare
i fiori che teneva
stretti in mano. «Li mettiamo in un bel vaso, così
danno un po’ di vita alla
casa.»
«Per
favore, Sophia, poi sicuro ti dimentichi di annaffiarli e
appassiscono.» replicò,
con tono leggermente divertito.
«Quando
fai il guastafeste, ti odio, Malfoy!» gli rispose lei,
mostrandogli la lingua,
indispettita.
«Ti odio,
Malfoy!»
Draco, in
risposta, la strattonò per un braccio, costringendola a
voltarsi.
«Sai benissimo
anche tu che non è vero, quindi smettila di
ripeterlo.» replicò calmo al suo
insulto.
Lei lo guardò
con rabbia, cercando di liberarsi dalla sua presa, mentre gli occhi
nocciola le
si riempivano di lacrime trattenute, troppo orgogliosa per arrendersi
al pianto
disperato che aveva in gola.
«Non ce la
faccio più! Abbiamo venticinque anni, non possiamo
continuare a tenere tutto
nascosto. Io voglio vivere la mia vita, voglio essere felice, non
angosciata
all’idea che qualcuno mi possa scoprire!» gli
urlò contro, sputandogli addosso
tutto il rancore che provava.
Draco la guardò,
alzando gli occhi al cielo, esasperato.
«Quante volte
dovremmo fare questo discorso? Sai benissimo che non posso dirlo ai
miei!»
replicò, voltandole le spalle per mettere fine alla
discussione.
«Non è vero
che non puoi, non vuoi! Perché altrimenti ti toglierebbe i
fondi, per farti
cambiare idea! Perché la verità è che
ti conosco meglio di quanto ti conosci da
solo! Tu non puoi e non vuoi vivere senza i tuoi soldi!»
Lui si girò
nuovamente verso di lei, guardandola negli occhi,
l’espressione improvvisamente
seria e profonda.
«Sai benissimo
che non è vero. Sai benissimo che in questo periodo i miei
stanno affrontando
un brutto momento, non posso darli un colpo del genere ora!»
rispose, il tono
leggermente incrinato dal nervosismo.
Lei si scostò
una ciocca di capelli dagli occhi, abbassando, finalmente, lo sguardo;
sconfitta.
«Se mi amassi
davvero, mi lasceresti andare.» mormorò, in una
supplica impotente.
«Sono troppo
egoista per farlo.» soffiò lui sulle sue labbra,
prima di baciarla.
Non
le aveva concesso di riavere i suoi ricordi; era troppo egoista per
fare anche
quello.
Pansy
le aveva cancellato la memoria, ma era lui che aveva deciso di non
curarla,
colpevole quanto la Serpeverde nella carneficina della anima di quella
ragazza.
Senza
memoria di nessun altro che non fosse lui, pensando di chiamarsi
Sophia, credendo
di non avere parenti, era solo sua.
Sua
e di nessun altro.
Per
questo era scappato, andando a rifugiarsi in un paesino della Francia,
dove
dubitava che qualcuno l’avrebbe mai cercato; tagliando i
ponti con la sua
famiglia, con i suoi amici.
C’erano
dei momenti in cui i sensi di colpa per quello che aveva fatto gli
attanagliavano lo stomaco, ma bastava che lei gli sorridesse
perché tutto
passasse in secondo piano.
E
lei, da quando gli aveva raccontato che era il ragazzo che amava, non
aveva mai
smesso di sorridergli.
D’altronde
quel sorriso aveva sempre avuto il potere di stregarlo.
Lei stava
seduta su una poltrona dello studio di Blaise, in attesa. Lui
entrò e le si
avvicinò, infastidito dalla sua presenza.
«Che cosa ci
fai qua, Malfoy?» gli chiese, sorridendogli con ironia.
E a quel
sorriso, anche se di scherno, il suo cuore perse un battito.
«Niente che ti
interessi.» replicò, atono e freddo.
Lei continuò a
sorridergli, incurante dei suoi modi scostanti, quasi divertita dal suo
atteggiamento e Draco si sentì sempre più
irritato per quell’espressione che,
inspiegabilmente, aveva uno effetto positivo su di lui.
«Malfoy, siamo
amici della stessa persona. Potresti anche iniziare a comportarti in
maniera
civile.»
A quelle
parole lui aggrottò le sopracciglia, chiedendosi se
veramente fosse così
stupida.
«Tu non sei
amica proprio di nessuno. Blaise è innamorato di te, se non
te ne sei accorta.
Anche se devo ancora chiedermi cosa ci trovi in te.» gli
rispose lui, acido,
prima di voltarsi e uscire dalla stanza.
Mentre si
allontanava, trovò da solo, purtroppo, una risposta alla sua
domanda.
Blaise
sicuramente aveva notato il suo sorriso.
Non
sapeva se le sue azioni fosse giuste o sbagliate e, sinceramente, non
aveva
nemmeno il bisogno di chiederselo.
Aveva
sempre vissuto nelle sfumature, cercando di trovare una qualche
felicità nel
grigio che lo circondava.
E,
finalmente, l’aveva trovata.
Ma,
quella felicità che aveva conquistato sporcandosi le mani
con gesti amorali, non
avrebbero mai potuto averla se non fossero scappati. Solo con la fuga,
lasciandosi tutto alle spalle, gli era stata concessa e, inoltre, lei,
con i
suoi ricordi, non avrebbe mai abbandonato la sua famiglia.
Anche
se lo amava, non l’avrebbe mai fatto.
Per
questo era meglio così, per questo si era fatto aiutare solo
da Blaise, che
sapeva non l’avrebbe tradito.
In
fondo ne avrebbe ricavato solo dolore dal loro ritorno.
«Sai, Draco…
ho conosciuto una persona.» mormorò un ragazzo di
colore, mentre si accomodava
su una poltrona davanti al camino.
«Finalmente
hai trovato qualcuno che ti sopporta?» gli rispose, mentre un
ghigno divertito
gli si formava sulle labbra.
Blaise lo
guardò con finto rimprovero, prima di continuare.
«In verità
è
una persona che conoscevamo già… È
diventata una giornalista della Gazzetta e
doveva fare un articolo su di me, visto che la mia attività
sta andando più che
bene. Siamo andati a prendere una cosa da bere e… beh, ci
siamo trovati.»
raccontò, mentre fissava le fiamme divampare nel camino.
«Ci sei andato
a letto?» gli chiese, malizioso.
Il suo
compagno si voltò di scattò, sorpreso dalla sua
insinuazione.
«No, non è
il
tipo, lei.»
«Ah, allora ti
piace davvero…» replicò lui, sorpreso.
In quel
momento la porta dello studio si spalancò e una ragazza a
loro molto conosciuta
entrò all’interno, sorridendo.
«Lei?»
domandò
Draco, dopo qualche minuto di silenzio perplesso, e Blaise, in
risposta, si
limitò soltanto ad alzare le spalle, incurante.
La
sua vita, da quando l’aveva incontrata, era cambiata
completamente,
precipitando in un abisso senza più ritorno.
Non
sapeva bene come fosse iniziato tutto, si ricordava solo che i loro
incontri
casuali, dovuti alla conoscenza in comune che avevano, erano diventati
sempre
più frequenti.
Draco
doveva ammettere che, forse, aveva forzato i suoi orari per poterla
vedere, per
poterla incontrare e guardare quel sorriso illuminare i suoi occhi.
Improvvisamente
si era creata un’intesa fra loro. Un’intesa che si
era trasformata presto in
qualcosa di più.
Inevitabilmente,
irreparabilmente.
Erano seduti
ad un bar, intenti a prendere un caffè.
Non si erano
dati appuntamento, semplicemente si erano incontrati per strada e,
senza dire
una parola, si erano diretti verso quel posto.
Lei, in quel
momento, stava raccontando animatamente di come suo fratello
l’aveva fatta
infuriare quel giorno; ma lui non riusciva ad ascoltare le sue parole,
troppo
preso a memorizzare le buffe espressioni che faceva con il volto.
«Malfoy, mi
stai ascoltando?» gli chiese a un certo punto, indispettita
dal suo
atteggiamento riflessivo.
«Sinceramente
trovo abbastanza noiosi i tuoi discorsi.» replicò,
scostando le iridi argentee
dal suo viso, irritato dal modo in cui si era perso a fissarla.
Lei,
innervosita, si alzò, scoccandogli un’occhiata
irritata.
«Sei
impossibile.» mormorò, mentre poggiava dei soldi
sul piano del tavolo e si
allontanava.
Ci mise un po’
a rincorrerla fuori dal locale ed ad afferrarle un polso, per arrestare
la sua
camminata.
Lei si voltò,
guardandolo con sorpresa negli occhi, quasi si stesse chiedendo cosa
significasse quel gesto.
Lu,
invece, non si domandò niente, baciandola;
semplicemente.
Lei
aveva voluto subito dirlo a Blaise, nella sua giustizia tipicamente
Grifondoro
e, il suo compagno, non gli aveva parlato per un anno.
C’era
voluto un anno intero perché superasse quel torto; quel
torto che avevano
commesso con gioia e che aveva portato alla loro felicità.
Ma,
alla fine, era proprio grazie ai sentimenti distrutti di Blaise che non
correvano il rischio di venire scoperti.
Perché
far finta che lei fosse morta, che non esistesse più, era
più semplice che
vedersela ogni giorni rubata, davanti agli occhi.
Draco
non riusciva a sentirsi in colpa per quello che aveva fatto
all’amico.
Probabilmente, se fosse stato nei suoi panni, Blaise avrebbe fatto la
stessa
cosa.
Se
voleva una cosa, la otteneva, era sempre stato così.
E lei
l’aveva desiderata, senza neanche accorgersene, dalla prima
volta che l’aveva
rincontrata; quando la guerra era passata in secondo piano, quando i
loro
cognomi non avevano più avuto tanta importanza.
Poi,
inspiegabilmente, l’aveva amata.
Quel giorno
l’aveva trascinato al mare, su quella spiaggia deserta che le
piaceva tanto.
Era inverno e un vento gelido soffiava, facendolo rabbrividire.
Voleva tornare
a casa, ma lei continuava a guardarsi intorno raggiante, felice.
I riccioli
ramati le finiva continuamente davanti al volto, infastidendola, ma non
se ne
curava, continuando a fissare la distesa di acqua che le si stendeva
davanti.
«Non ti toglie
il respiro?» gli chiese, sorridendo, mentre teneva le iridi
nocciola fisse sul
mare.
Lui si voltò
verso di lei, osservandola, mentre un sorriso gli si disegnava sulle
labbra, di
rimando.
«Tu mi togli
il respiro, Weasley.» mormorò in un sussurro.
A quelle
parole lei si voltò, sorpresa e stupita da quella
dichiarazione, prima di
sorridergli, felice.
«Draco!»
strillò la sua voce, mentre Sophia gli correva incontro.
Lui
la guardò, aggrottando le sopracciglia, perplesso da tutto
quell’entusiasmo e
lei gli sorrise, con quel medesimo
sorriso di cui si era innamorato.
Un
tempo quell’espressione piegava le labbra di Ginevra Weasley;
ma, anche se i
capelli della donna che aveva di fronte erano neri, anche se i suoi
occhi erano
di quel profondo blu così lontano dal marrone che avevano
prima, a lui andava
bene lo stesso.
Perché
era lei: nelle sue frasi, nelle sue
parole, nei suoi gesti, nelle sue espressioni, poteva ancora trovare la
ragazza
di cui si era innamorato.
Anche
se Sophia non sarebbe mai stata del tutto
lei, quella parte gli bastava. Gli bastava perché
sapeva che se le avesse
dato la memoria, l’avrebbe persa.
E
il dolore di essere lasciato, per la seconda volta, era qualcosa che
l’avrebbe
devastato totalmente, che non aveva nessuna intenzione di rivivere.
Pansy
le aveva cancellato la memoria e modificato i lineamenti per gelosia,
per
allontanarla da lui per sempre; ma, alla fine, gli aveva fatto un
favore.
Perché
la donna che aveva di fronte in quel momento poteva amarlo senza
rimpianti,
senza pensare di star commettendo un errore.
Sophia
gli sorrise e lui prese il suo volto tra le mani, fissandola
attentamente negli
occhi.
«Ti
amo, Weasley.» affermò in un sussurro, osservando
nelle iridi di lei, alla
ricerca di un lampo di comprensione.
Lei
lo guardò, aggrottando le sopracciglia, sorpresa.
«Weasley?
Chi è adesso questa Weasley?» chiese, con tono
fintamente offeso, probabilmente
pensando a uno scherzo.
Draco
la fissò in silenzio qualche minuto, prima di rispondere con
un ghigno al
sorriso della ragazza.
«Nessuno.»
sussurrò, prima di baciarla, impedendole così di
rispondergli.
***
E con questo, ecco la fine
della storia!
Invoco perdono in ginocchio per il
ritardo, ma per discolparmi posso dire che non è colpa mia!
Infatti la giudicia ha avuto dei problemi e non ha ancora pubblicato i
risultati, ma ha dato ora il permesso di pubblicare; e quindi eccomi
qui!
Allora, che ne pensate? Spero che dopo
la lunga attesa il mio epilogo non vi abbia delusi! (E spero che ci sia
ancora qualcuno che si ricordi di questa storia!)
Eh già, Sophia altro non
è che Ginny Weasley; la cosa si poteva capire abbastanza
visto che io amo questa coppia, ma conto di avervi tenuti con il fiato
sospeso fino alla fine.
Non ho molto da dire, se non passare a
ringraziare tutti quelli che hanno seguito questa storia, che l'hanno
commentata che l'hanno inserita nelle seguite/ricordate/preferite...
Davvero, grazie mille!
E con questo vi saluto, alla prossima
donzelle!
Un bacione
Pallina
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