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Nate River
osservò con noncuranza la porta della sua Sala Comune e rifletté sulla domanda
che gli era stata posta per poter accedere: “Qual è la creatura magica più
letale al mondo?”.
Alzò gli occhi
al cielo, il giovane, pensando che domande così semplici erano adatte solo ai primini.
«Il Basilisco,
ovvio» mormorò inespressivo. La porta si spalancò con un tonfo sordo e lui ebbe
finalmente accesso alla Sala Comune dei Corvonero.
Notò Mihael e
Luna che discutevano animatamente, ma era palese che se Lovegood
chiacchierava per interesse, lo scopo del biondo era unicamente infastidire
Light che tentava di concentrarsi sui compiti che la Umbridgeaveva assegnato a quelli del settimo anno.
“Che pacchia
essere al terzo” pensò con un vago accenno di gratitudine. Si avvicinò al
terzetto per poi sedersi sul tappeto vicino a Light per osservarlo, girandosi
tra le dita una ciocca dei capelli di un innaturale bianco perlaceo.
«C’è qualcosa
che non va?» domandò Yagami, forse più scocciato per il fatto di essere fissato
che per il baccano provocato da Mihael e Luna.
«L pensa che tu
potresti tradire l’ES» disse; dal tono sembrava che la questione non lo
riguardasse minimamente.
Quell’unica
affermazione ebbe il potere di far sospirare Light e far tacere gli altri due.
«L pensava
anche che avessi aperto la Camera dei Segreti, qualche anno fa. Dovresti
smetterla di credere a tutto quello che dice Lawliet» fu l’unico commento del
bruno, mentre girava con malagrazia una pagina del libro.
Se li ricordava
perfettamente, anni prima, i guai che aveva causato quel dannato detective di
Grifondoro nel ipotizzare che lui avrebbe potuto essere l’Erede di Serpeverde –il fatto che appartenesse alla casa di Corvonero pareva un dettaglio insignificante, dopotutto
avevano sospettato pure di Potter nonostante anche lui come L facesse parte
della casa della McGranitt-, non solo la sua
popolarità era calata al punto da essere completamente isolato e quindi in
completa balia della presenza soffocante di Misa e Mikami, ma le scenate di suo
padre erano state quasi ingestibili, durante le vacanze di Natale una volta era
sembrato sul punto di volerlo uccidere per poi suicidarsi (fortunatamente suo
cugino Matsuda –Settimo anno anche lui, ma di Tassorosso-
era intervenuto in tempo). Senza contare tutte le polemiche degli oppositori
del padre, l’attuale vice Ministro… il cagnolino di Caramel, per essere chiari. Scosse la testa, scacciando
quei pensieri; tentò di tornare a prestare almeno un minimo della sua
attenzione su quel maledetto libro-spazzatura di Difesa Contro le Arti Oscure,
ma il silenzio che era calato era persino più insopportabile del rumore, quindi
si rivolse a Luna, «e, comunque, parlando di cose serie…
Mihael mi ha detto giusto ieri che secondo lui i RicciocorniSchiantosi non esistono» disse, senza degnarsi di
staccare gli occhi dalle pagine.
Mihael –o
Mello, come Luna era solita chiamarlo- trafisse Yagami con un’occhiata di odio
tanto profondo che Nate si stupì che il bruno non ne rimanesse quantomeno
scottato.
River rimase,
comunque, a fissare Light, «Perché non sali in Dormitorio a studiare? In questo
modo non ti disturberebbe nessuno».
L’altro ebbe
una smorfia tra il divertito e lo sconsolato, «non posso, Malcolm e Bellamy hanno avuto la brillante idea di organizzare una
sorta di “Rave Party” in Dormitorio… e dato che i
ragazzi non possono salire nei dormitori femminili è stato organizzato in
quelli maschili. Se quella rospa della Umb…» “Se quella rospa della Umbridge
salisse ora a fare un’ispezione, per una volta nella mia vita ne sarei felice”
sarebbe stata la frase che avrebbe voluto dire, ma alle sue spalle aveva appena
riconosciuto un famigliare “hemhem!”,
quindi aveva preferito tacere.
La voce
irritante di Dolores Umbridge portò per la seconda volta il silenzio nella Sala
Comune, «cosa diceva riguardo ai suoi compagni, signor Yagami?» domandò con
quella sua gentilezza tanto falsa da risultare quasi minacciosa e
potenzialmente letale.
Per educazione
Light si costrinse a voltarsi per guardarla, pur trovando sgradevole ogni atomo
di quella donna; «dicevo, professoressa Umbridge, che i miei compagni di
dormitorio quando dormono russano e non riuscirei a studiare» mentì con un
sorriso innocente.
La donna sembrò
credere alle parole dello studente modello, perché decise di non indagare
oltre. Annuì, seppur ancora sospettosa, e li indicò tutti e quattro, «russore o meno, domani è giorno di verifiche per tutti gli
anni, filate a dormire» si limitò a dire, allontanandosi ed uscendo.
«Puoi dire a
Lawliet» esordì Light, rivolto all’albino, «che non tradirei mai l’ES… fosse anche solo per non rendere la vita facile a
quella dannata rospa».
[…]
«Ripetetemelo
ancora una volta e giuro che vi schianto» ringhiò Mail in direzione di L e
Hermione.
La ragazza gli
schioccò un’occhiata di rimprovero, una di quelle che in genere riservava a
Ron, «ma stiamo parlando seriamente, quest’anno hai i G.U.F.O, non puoi
rimanertene tutto il giorno a vegetare!»
«Notizia
straordinaria: pure tu hai i G.U.F.O, mentre tu, L, hai i M.A.G.O…
quindi smettetela di scartavetrare i cosiddetti!»
«Scartavetrare?»
domandò Ronald, incuriosito da quel termine mai sentito.
«Roba da nati babbani» tagliò corto Granger,
senza degnarlo di uno sguardo.
Harry scese dal
dormitorio in quel momento, mormorando il consueto “giuro solennemente di non
aver buone intenzioni” con la bacchetta rivolta alla Mappa del Malandrino, «E’
ora» disse con un sorriso, seppur visibilmente più teso del solito.
Aveva il
presentimento che quella sera qualcosa sarebbe andato male e ciò che era peggio
era che solitamente i suoi presentimenti avevano del giusto.
«Rilassati,
Potter, le probabilità che Yagami voglia tradirci proprio oggi sono solo del
7%» si limitò a dire Lawliet, intuendo i pensieri del ragazzo.
Non sarebbe
accaduto quella sera, non dopo che aveva mandato Nate ad “informarlo” dei suoi
sospetti.
Light sfogliò con noia
il libro di Trasfigurazione, alla ricerca di qualche spunto per quel fastidioso
tema
da consegnare giusto giusto entro tre ore alla McGranitt. Ringraziò il cielo
per l’esistenza delle ore buca, per poi ritrovarsi a maledirle nel momento in
cui vide Misa e Mikami avvicinarsi al tavolo che lui occupava nella biblioteca.
«Sparite» si limitò a dire, chiedendosi mestamente per
quale motivo l’incanto Evanesco non funzionasse anche sulle persone.
«Perché?» domandò Misa, non rendendosi conto di quanto
suonasse ridicola la sia domanda.
«Perché devo recitare la parte del bravo figlio di papà
fedele a Silente, ma non risulterò mai credibile se mi stanno sempre tra i piedi
dei Serpeverde probabilmente futuri Mangiamorte» soffiò Yagami.
I due si guardarono esitanti, poi Mikami scosse le
spalle, sussurrando un: «Quisquilie» e si sedette al tavolo, subito imitato da
Amane.
Il bruno decise diplomaticamente di ignorarli, tuttavia
fu difficile fingere di non vedere anche le altre due rotture di coglioni che
si stavano avvicinando in quel preciso momento seppur da due direzioni
contrarie.
«Mi domando» esordì, dunque, una voce strascicata alle
spalle di Yagami, «cosa ci facciate voi due sempre alle calcagna di un
Mezzosangue. Siete due Serpeverde o il Cappello Parlante s’è sbagliato come nel
caso di Paciock?»
«Me lo chiedo spesso anche io, Malfoy. La prima domanda,
non la seconda» fece L, atono, arrivando dalla parte opposta.
Light sbuffò, alzando gli occhi dal libro e guardandoli
alternativamente con aria di scherno. «E già che siamo in tema di domande, io
mi domandò se non abbiate nulla di meglio da fare… ah, già, dimenticavo, tanto
Malfoy ha il papino che può comprarsi l’intera commissione dei G.U.F.O, mentre
Lawliet ricorrerà la sua dannatissima memoria fotografica per i M.A.G.O; cazzo,
che pacchia non avere mai nulla da fare».
Per qualche secondo calò il silenzio, poi Draco portò
fulmineamente la mano alla bacchetta, una
serpe che scatta all’attacco.
Yagami fu altrettanto veloce, guardandolo sardonico ed
inclinando la testa di lato, come se stesse osservando qualcosa di patetico e
buffo al tempo stesso.
«Cosa credi di fare, Mezzosangue? Sono un prefetto,
ricordatelo» ringhiò Malfoy.
Light alzò gli occhi al cielo, «Ah sì? Ed io sono Capo
Scuola e fino a prova contraria è un livello ben più alto che prefetto» ribatté
gelido.
«Signorine» li
riprese L, senza guardare loro ma la finestra alla sua sinistra, selvaggiamente
aggredita dalla pioggia infuriante, «vi conviene ritirare le unghie, se non
volete essere banditi dalla biblioteca».
Teru si alzò di scatto, non tollerando che qualcuno si
rivolgesse in quel modo al suo “capo”, un’occhiataccia di Light, però lo
convinse a rimettersi mansuetamente seduto.
Il bruno sospirò e raccolse le sue cose, incluso il libro
che aveva preso in prestito. Ignorò Misa, Teru e Malfoy come se non fossero
stati altro che polvere, ma nell’uscire passò di fianco ad L, «guardati le
spalle, Lawliet, non vorrei che ti succedesse qualcosa di sgradevole» mormorò
per poi allontanarsi.
Non fece un passo, che la gelida mano del Grifondorogli artigliò il polso, costringendolo a
fermarsi.
«Stai in guardia anche tu, perché il giorno che scoprirò
cos’hai in mente finirai tra le braccia dei Dissennatori… e spero che il tuo
reato sia abbastanza grave da condannarti al Bacio».
«No, mi sto limitando ad illustrarti cos’accadrà nel
prossimo futuro».
«Ti prego, risparmiami, di patetici falsi veggenti ci
basta la Cooman».
Yagami guadagnò velocemente la porta, per poi camminare
senza meta per i corridoi, pensando al breve “scambio d’opinioni” avvenuto con
Lawliet.
Strinse con forza la cinghia di cuoio della sua borsa a
tracolla, arrivando perfino al punto di farsi male; respirò profondamente,
utilizzando il dolore come calmante e chiudendo gli occhi. Quando li riaprì,
cercando di capire dove fosse finito, non riuscì a trattenere un sorriso nel
vedere di fronte a lui l’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll.
Per starsene finalmente tranquillo non c’era posto
migliore della Stanza delle Necessità.
Ci passò di fronte le dovute tre volte, pensando
ripetutamente la frase: “ho bisogno di un luogo dove riflettere senza che
nessuno possa trovarmi”.
La porta scura si materializzò davanti a lui; entrò,
riuscendo quasi ad immaginare dall’altra parte l’uscio che s’affrettava a
scomparire alla chiusura. All’interno della stanza c’era soltanto un tavolino
nero ed una sedia , ovvero le uniche due cose che realmente occorrevano a Light
in quel momento.
Gli rimaneva solo un’ora buca prima di Erbologia e poi Trasfigurazione,
quindi decise controvoglia di concentrarsi sul tema per la McGranitt e solo
dopo, se fosse avanzato del tempo, consultare quel libro interessante che aveva
preso dalla Sezione Proibita della biblioteca.
Si sedette, tirando fuori il rotolo di pergamena dove
aveva già iniziato a scrivere, piuma ed inchiostro nero come la pece; “nonostante
tutto, preferisco le biro” pensò con noncuranza, forse solo per vedere se era
ancora in grado di pensare qualcosa che non includesse tradimenti e oscure
trame, “il tema riguarda la trasfigurazione umana di livello avanzato… in
pratica se eseguita alla perfezione può essere la versione vantaggiosa della
Pozione Polisucco. Mi tornerebbe utile se decidessi di prendere le sembianze di
qualcuno dell’ES per informare la Umbridge di cosa le sta accadendo sotto il
naso… No, se conosco bene la Granger e Lawliet, qualcuno dei due deve aver
sicuramente aver escogitato qualche fastidioso trabocchetto” pensò. No, forse
non era proprio più in grado di pensare a cose innocue.
[…]
«Silente ultimamente come dolce mangia sempre gelatina»
borbottò a bassa voce L, quasi dubbioso.
Cercò di ricordare il colore più frequente. Forse il
rosso? Sì, decisamente il rosso, impossibile sbagliarsi.
“Fragola? Lampone? Ciliegia? No, sono rossi troppo
chiari, la gelatina in questione è più scura, quasi color vino”, arrivato a quella
conclusione si diede dell’idiota; c’era davvero bisogno di tante pippe mentali
per arrivarci?
«Gelatina all’uva» disse, abbastanza sicuro. Subito il
Gargoyle si fece da parte, permettendo a Lawliet di passare; pochi secondi si
trovò davanti alla porta dell’ufficio del preside.
Bussò e quando Silente aprì l’uscio con un rapido gesto
della bacchetta, l’espressione pacata del vecchio venne attraversata da un
rapido lampo di stupore, «sei di nuovo riuscito ad indovinare la parola
d’ordine» notò con un sorriso, invitandolo ad entrare.
Lawliet aveva appena mosso un passo all’interno
dell’ufficio che disse: «Penso che Yagami abbia in mente qualcosa».
Era già la terza volta dall’inizio di quell’anno che
affrontavano l’argomento. La preoccupazione di L era che Light nutrisse la
stessa folle ambizione di Voldemort e che si comportasse di conseguenza, agendo
ai danni sia dell’Ordine della Fenice che dell’ignaro Ministero della Magia.
Certo, L sapeva con certezza che Light mai nella vita si
sarebbe alleato con Riddle, era troppo ambizioso ed orgoglioso per
accontentarsi di essere una delle tante pedine dell’Oscuro Signore; ciò aveva
fatto decidere a Silente di lasciare che le cose seguissero il loro corso: le
priorità sia di Light che dell’Ordine sarebbero state in ogni caso Voldemort ed
i suoi mangiamorte; il resto si sarebbe deciso dopo.
«Sarebbe assurdo se un ragazzo come Light passasse anche
solo un secondo senza qualcosa in mente» ridacchiò il preside.
Lawliet gli rivolse un’occhiata di rimprovero simile a quelle
della McGranitt, al che Silente si concesse un sorriso e decise di parlare
seriamente.
«Confido nel fatto che Light sia più intelligente di Lord
Voldemort. Madama Pince mi ha informato circa un particolare libro che il
ragazzo ha preso in prestito dalla Sezione Proibita. Se la sua intelligenza
avrà la meglio sull’ambizione, come spero che succeda, tornerà in sé molto
presto».
«Quello che mi preoccupa è che non ci sia bisogno che
torni in sé perché lui è così e basta» ribatté L, atono.
Uno sbuffo di
vento ricordò a Lawliet dove si trovasse. Era così perso nei suoi pensieri da
essersi momentaneamente dimenticato di trovarsi a lezione di Cura delle
Creature magiche, quindi era rimasto per lo spazio di diversi minuti con lo
sguardo perso e con la mano a mezz’aria, in quello che al principio voleva
essere un tentativo di dare da mangiare ad uno degli unicorni che Hagrid aveva portato per la lezione.
Pure quel
cucciolo dorato sembrava guardarlo interrogativo, al che lui si limitò ad
accarezzarlo, facendo finta di nulla.
Ovviamente non
gli serviva davvero un M.A.G.O in
quella materia per diventare Auror, ma alla fine
aveva deciso di rinunciare al minor numero di materie. Purtroppo ciò aveva
voluto dire abbandonare Aritmanzia per Divinazione,
cosa per la quale Hermione l’aveva pubblicamente additato come pazzo in Sala
Grande l’anno prima; eppure lui non la trovava una cosa tanto folle: dando una
veloce sfogliata ad entrambi i libri aveva capito tutto di Aritmanzia
e davvero poco di Divinazione, quella era una materia che non si poteva
imparare sui libri, quindi l’aveva presa come una sfida.
Adesso, però,
il vero problema era l’onnipresente Rospa Umbridge
che sembrava più che determinata a licenziare Hagrid
e, ovviamente, al cagnolino del Ministero non era sfuggito il suo precedente
stato vegetativo, quindi si schiarì la voce; «stavo ammirando quanto questi
Unicorni rispecchino alla perfezione le caratteristiche che il professor Hagrid ci elencò mercoledì scorso. Sembra incredibile
riuscire a conoscere così profondamente una creatura magica tanto complessa; so
che molti specialisti, a differenza del professore, non sono in grado di
stabilire l’esatta età dell’esemplare attraverso la sola sfumatura del pelo»
spiegò, mentre la Umbridge, pur di non convenire con lui, si avvicinava svelta
verso il gruppetto dei Serpeverde dove Misa era
semplicemente incantata. Se fosse stato possibile, gli occhi della ragazza si
sarebbero stretti a forma di cuoricino, nel guardare al limite della
venerazione i cuccioli.
«Contegno,
Misa, contegno» le disse Mikami, aggiustandosi meglio la cravatta verde e
argento della divisa, stringendo appena il nodo.
Quando Lawliet
fu sicuro che nessun occhio indiscreto fosse puntato su di lui, tirò fuori
dalla borsa l’angolo di una pergamena e, puntandovi contro la bacchetta,
mormorò: «Giuro solennemente di non avere buone intenzioni».
Era da una
settimana, ovvero da dopo aver parlato con Silente e quindi constatato che
avrebbe dovuto cavarsela da solo per legare le mani a Yagami, che aveva chiesto
in prestito a Potter la Mappa del Malandrino e questi, anche se al principio
abbastanza riluttante, l’aveva accontentato in quanto servisse per smascherare
una volta per tutte Light.
Gli occhi
grandi del ragazzo vagarono subito nello spazio della mappa che indicava la
biblioteca e non si stupì di trovare vicini al nome “Light Yagami” quelli di
“Sayu Yagami” e “Luna Lovegood”, sapeva già che
quello che lui aveva eletto come sua nemesi dava ripetizioni alla sorellina e
alla migliore amica di quest’ultima in vista dei loro G.U.F.O; forse
semplicemente una qualche strategia per ottenere più fiducia dagli altri,
mascherandosi da bravo fratellino premuroso.
Mise via la
mappa, senza però disattivarla.
Silente si
sbagliava, ne era certo. Un preside, per quanto geniale, non può pretendere di
conoscere alla perfezione i suoi alunni, lui invece era da sette anni che
analizzava Light Yagami e quella minaccia velata in biblioteca non era che la
conferma di tutti i suoi sospetti.
Accenno un
sorriso: tra tutti quelli che gli stavano col fiato sul collo, Light aveva
minacciato lui, voleva dire che tutto
sommato lo temeva, che sapeva che si stava avvicinando troppo alla verità e
quindi aveva messo in piedi quel patetico tentativo d’intimorirlo per fargli
fare marcia indietro.
Il sorriso gli
morì rapidamente, riflettendoci doveva stare davvero attento, non sapeva ancora
con certezza quanti scrupoli potesse farsi Yagami pur essendo all’interno di
una scuola e sotto gli occhi di Silente, ma se ciò che sospettava coincideva
con la verità, light era abbastanza montato da potersi credere più potente del
preside stesso.
Sbirciò
nuovamente la mappa ed ebbe un lampo di panico nel non vedere più il nome di
Yagami in biblioteca. Scorse con gli occhi praticamente tutta la pergamena per
poi ritrovare il nome al settimo piano, ma non ebbe il tempo di tirare il tanto
sperato sospiro di sollievo che la scritta sparì nel nulla.
“Cosa?” pensò. Non era possibile, non poteva essere sparito, non ci si
poteva Materializzare o Smaterializzare all’interno del castello, pure i primini sapevano che era impossibile, accidenti! Non a caso
la scuola era considerata il posto più sicuro a Londra, al pari con la Gringot .
Sbuffò
sonoramente, intimandosi di calmarsi, se non s’era Smaterializzato doveva
esserci un’altra spiegazione perfettamente razionale, doveva solo cercarla.
Osservò meglio
la mappa e trattenne a stento una smorfia: era così concentrato a farsi
prendere dal panico da non accorgersi che il punto da dove Yagami s’era
volatilizzato era proprio di fronte all’arazzo di Barnaba
il Babbeo, avrebbe dovuto accorgersene subito, dato che passava lì almeno una
sera a settimana con l’ES.
“Uno a zero per
me, Yagami” pensò Lawliet. Ci avrebbe pensato il giorno dopo a chiarire bene
con Light chi avrebbe vinto e chi avrebbe perso tra i due.
[…]
Il giorno dopo,
come quello dopo ancora, però, Light non s’era recato nella Stanza delle
Necessità, quindi fu con estrema impazienza che Lawliet seguì Yagami il terzo
giorno dalla sua scoperta. Aveva usato su sé stesso un incantesimo di
Disillusione e saltò l’ora di Antiche Rune per seguire il ragazzo.
Lo osservò
passare tre volte davanti alla parete che si trovava davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo Bastonato dai Troll e s’affrettò ad
entrare nella stanza subito dopo di lui quando dal nulla apparì
la lucida porta scura.
Notò che nella
stanza c’erano solamente un tavolino ed una sedia…
assolutamente nulla da considerare pericoloso, ma dopotutto Silente aveva
parlato di un libro che, secondo Madama Pince, Light aveva preso dalla Sezione
Proibita.
Il Corvonero poggiò la tracolla coi libri ai piedi del tavolo
e si stiracchiò, al che Lawliet capì che se voleva agire doveva farlo in quel
preciso momento.
«Incarceramus!» sibilò.
Prontamente
Light portò la mano alla bacchetta, ma riuscì a malapena a sfiorarla, prima che
lunghe funi lo imprigionassero nella loro stretta morsa.
Prima di
potersene rendere conto si trovò in ginocchio, busto e caviglie legati tanto
strette al solo scopo di fare più male possibile e le braccia alzate a formare
una larga “V” per via delle funi al soffitto che gli stringevano i polsi quasi
al punto di bloccargli la circolazione sanguigna.
Respirò a
fatica, altre funi s’erano avvolte impietosamente al suo sterno. Col fiato
corto cercò d’individuare il suo aggressore, solo in quel momento L sciolsel’incanto di Disillusione, mostrandosi.
«Lawliet, avrei
dovuto immaginarlo» borbottò Yagami, per pentirsene. Subito sentì la mancanza
del prezioso ossigeno che aveva sprecato per parlare.
Lawliet non
rispose, limitandosi ad aprirela borsa del bruno e
tirare via tutti i libri; l’ultimo fu un tomo nero dalla rilegatura antica. La
scritta argentea recitava: “I resti di Salomone”. Lo sfogliò per non più di
cinque minuti, durante i quali il silenzio fu rotto solo dal continuo annaspare
di Light alla disperata ricerca d’aria, abbastanza furbo da non sprecarne a
parlare o, peggio ancora, a divincolarsi, sapendo che in quel modo avrebbe solo
peggiorato le cose.
Alzò appena lo
sguardo su di lui, Lawliet, non riuscendo a credere che Yagami fosse ancora a
piede libero nonostante Silente sapesse che libro stesse leggendo…
per poi trovare ancora più incredibile il fatto che il preside conservasse un libro
del genere nella sua scuola.
«Horcrux,
Yagami?» domandò, disgustato.
«Ho il permesso
per quel libro» si limitò a boccheggiare l’altro, sapendo che entro pochi
secondi sarebbe tornato a respirare normalmente: non sarebbe stato da L,
lasciarlo soffocare.
Il ragazzo,
infatti, con un pigro gesto della bacchetta fece allentare le corde quel tanto
che bastava per farlo respirare quasi regolarmente.
«Chi è
l’idiota?»
«Vitious. Quel
libro mi serve per i M.A.G.O in Difesa Contro le Arti Oscure, ma la Umbridge non
mi avrebbe mai permesso di prendere quel libro, così mi sono rivolto al
responsabile della mia casa» spiegò Light, cercando di risultare credibile
nonostante sapesse che Lawliet non si sarebbe fatto incantare per nessun
motivo.
«Sì, sì, questa
è la versione ufficiale» tagliò corto L, estraendo dalla tasca una boccetta
piena di liquido trasparente, «ma a me dirai la verità».
«Veritaserum?» fece Yagami, derisorio, «quando Pitonse ne accorgerà…»
«Penserà che la
Umbridge abbia voluto interrogare qualcuno» concluse l’altro, avvicinandogli la
boccetta alle labbra e cercando di obbligarlo a bere il siero. Dopo una decina
di tentativi falliti, inaspettatamente accennò un sorriso, «sei più cocciuto di
me» constatò L, «questo metodo non ti piacerà» concluse.
Al posto di
avvicinare di nuovo la fiala alle labbra del Corvonero,
l’avvicinò alle proprie.
Light intuì le
intenzioni dell’altro, sgranando gli occhi; «N-non t’azzardare…!» lo redarguì inutilmente; quando Lawliet si
chinò su di lui, strinse le labbra il più possibile. “Crepa” gli augurò
mentalmente.
L si concesse
una frazione di secondo per gustarsi lo sguardo irato ma vagamente venato di
terrore della “vittima” poi, dopo aver piegato gli angoli della bocca in un
sorriso vittorioso, lo baciò, obbligandolo a dischiudere le labbra.
Avrebbe potuto
obbligarlo in mille altri modi, ad esempio stringendo le corde, ma quel metodo
esprimeva meglio il concetto “io vinco, tu perdi”.
Bocca a bocca,
lo obbligò ad ingoiare la pozione, provando un feroce piacere nel vederlo lì,
legato, umiliato, completamente alla sua mercé ed ora pure costretto a dire la
verità.
«Che schifo»
disse subito Light, una volta libero dalle labbra dell’altro, «ovviamente
intendo te, non la pozione» specificò, derisorio.
«vedremo se
sarai ancora tanto simpatico quando comincerò ad interrogarti» fece L,
perfettamente tranquillo e per nulla toccato da quello che aveva voluto essere
un insulto. «Allora, cosa volevi farci con quel libro?»
Yagami attese
qualche secondo, poi lo guardò con aria di sfida, «quello che si fa con i
libri, Lawliet, leggerlo… di certo non volevo
portarmelo a letto, per quello esistono Misa e Takada».
Le corde si
strinsero di più, ma inaspettatamente il Corvonero
scoppiò a ridere, «oddio, la scorta di Veritaserum di
Piton?» domandò retorico, scuotendo il capo per
quanto gli era possibile, «tu devi essere proprio idiota, Lawliet! Dopo che la umbridge ne ha usato per interrogare mezzo istituto per
scovare l’Esercito di Silente,
e tenendo conto che Piton fa parte dell’Ordine della Fenice, pensavi sul serio
che questo fosse davvero Veritaserum? Di questo passo
rischi di deludermi, sai?»
«Taci!» sibilò
L, effettivamente aveva sperato che le scorte personali di Piton,
quelle tenute alla larga dalla Umbridge, funzionassero; invece quella che aveva
somministrato a Yagami era solo semplice acqua.
«Bene, adesso
che abbiamo dimostrato che il Gran Secchione Capo è anche in grado di non usare il cervello, che ne diresti di
slegarmi?»
Non fece in
tempo a finire la frase che le corde si strinsero ulteriormente, strappandogli
un gemito di autentico dolore. Lo guardò con astio, scoprendo che Lawliet gli
stava restituendo la medesima occhiata.
«Dimmi cos’hai
intenzione di fare» ordinò il Grifondoro, deciso ad ottenere comunque una
confessione.
Light non
rispose, limitandosi a guardarlo con sguardo che vagava dall’odio puro alla
derisione. Una corda si strinse al suo collo, esercitando una lieve pressione,
guidata dalla bacchetta di Lawliet.
«Dimmi cos’hai
intenzione di fare» ripeté il ragazzo.
Nuovamente
Yagami non rispose e nuovamente le corde si strinsero, compresa quella al
collo.
«Andiamo,
Lawliet, sai che non ti dirò quello che vuoi sapere e non penso che tu voglia
stringere queste corde al punto di diventare un assassino» disse Light a
fatica, con un filo di voce.
L’altro lo
guardò con noncuranza, facendo in modo che la fune attorno al collo si
stringesse appena oltre il sopportabile.
«Dimmi una
cosa, Light; se io ti uccidessi adesso, pensi che qualcuno troverebbe mai il
tuo cadavere, tenendo conto che siamo in una stanza che scompare all’uscita e
che riapparirebbe solo se qualcuno ci passasse davanti per tre volte pensando
le esatte parole che hai usato tu per aprirla? Quelli dell’ES continuerebbero
ad usare la Stanza delle Necessità, ma apparirebbe come una stanza
completamente diversa da questa. Nessuno ti troverebbe, ti darebbero
semplicemente per disperso ed io non sarei un assassino perché tu non saresti
ufficialmente morto».
Light non
riusciva a respirare, sentendo prossima la perdita dei sensi, però non poteva
cedere e confessare, non aveva dubbi sul fatto che l’altro stesse solo
bluffando.
La vista aveva
appena cominciato ad offuscarsi quando sentì la corda alla gola allentarsi.
«Idiota
testardo» .
Esclusa quelle
al collo e allo sterno, tutte le funi si strinsero così tanto che quelle ai
polsi e alle caviglie, in quanto a diretto contatto, lacerarono la pelle; Yagam,i strinse i pugni per il dolore e sentì del sangue
colargli giù dai polsi. «Non penso che Silente sarebbe molto contento della condotta
del suo cagnolino» sbottò con rabbia, «e il tuo dannato senso di giustizia te
lo sei mangiato questa mattina a colazione?»
Alzò gli occhi
a cielo, Lawliet, riconoscendo che avrebbe potuto torturarlo a morte senza
scucirgli una sola informazione utile. «Accio
bacchetta» si limitò, quindi, a mormorare, mentre la bacchetta di Light
fluttuava mansueta verso di lui.
«Cos…?»
«Te la renderò a
lezione» disse, slegandolo e uscendo dalla stanza.
Le spiegazioni
del professor Rüf erano sempre state così mortalmente noiose che più volte Light
aveva avanzato l’ipotesi che fosse stata proprio quella la causa della morte
del professore.
“Chissà quanti
anni avrà in realtà” pensò, prendendo distrattamente appunti circa un tale che
aveva dato il via alla guerra tra Giganti e Ciclopi solo per essersi
erroneamente seduto su un masso sacro a quest’ultimi.
“Perché ho
deciso di prendere un M.A.G.O in questa materia?” si domandò, trattenendo a
stento uno sbadiglio e rimpiangendo quelle due ore sprecate inutilmente mentre
avrebbe potuto passarle nella Stanza delle Necessità a documentarsi sugli
Horcrux.
Aveva capito
che per costruirne uno era necessario commettere un omicidio, sapeva pure che
non era documentato alcun mago che avesse creato più di un singolo Horcrux, la
domanda era “perché?”
Non riusciva
proprio a capirlo, non poteva essere solo per qualche stupido senso morale, se
una persona arrivava ad uccidere una volta per ottenere una fetta
d’immortalità, non avrebbe dovuto aver problemi a farlo una seconda e terza
volta e via discorrendo… allora perché nessuno s’era mai spinto oltre?
Non aveva
senso, almeno non per lui, però decise che non voleva rischiare prima d’essersi
documentato a dovere.
Prima aveva un
problema molto più urgente.
Lawliet? Nah, lui sapeva già come sistemarlo, il vero problema era
la partita di Quidditch di quel pomeriggio: giocavano
contro Serpeverde e Light sapeva bene che non sarebbe
riuscito a sopravvivere se la Chang si fosse fatta
rubare sotto il naso il Boccino da Malfoy, quindi era deciso a spedire quanti
più bolidi possibili in faccia al biondino; quello era l’estremo vantaggio di
essere battitore: poteva anche mandare Malfoy in infermeria per un mese intero
senza che qualcuno potesse dirgli un accidentaccio di nulla. Assolutamente
fantastico! Così tanto che per un momento desiderò che la partita fosse “Corvonero vs. Grifondoro” giusto per fare più male
possibile a Lawliet, per vendicarsi della settimana prima nella Stanza delle
Necessità. I segni delle corde non erano ancora andati via e i polsi dolevano
da morire.
Con suo immenso
sollievo, in quell’istante la campanella risuonò nelle aule, annunciando la
fine di quello strazio.
Rüf si rese conto della
fine della lezione solo quando notò gli studenti alzarsi dalle sedie con
entusiasmo e riversarsi nei corridoi; quando borbottò: «continueremo venerdì»
ormai in classe c’erano solo più un paio di alunni.
In quel caos, Yagami
riuscì ad individuare Takada che usciva dall’aula di Babbanologia
e salutava Matsuda, cugino di Light ed uno dei
pretendenti rifiutati di Kyomi.
Si ricompose in
un falso ma molto convincente sorriso brillante e le corse in contro, «Kyomi!» esclamò, fermandosi davanti a lei, «speravo di
riuscire a vederti in mezzo a questa calca! Ti va di fare una passeggiata?» le
domandò vivacemente.
Lei sgranò gli
occhi, stupita; non se l’aspettava, ma poteva rifiutare? Era del terzo anno che
gli faceva il filo mentre lui si limitava a far finta di non notarlo, non
poteva farsi assolutamente sfuggire quell’occasione, sapeva che non sarebbe
ricapitato. «C-certo» disse, quindi, recuperando la sua alterigia e ricambiando
il sorriso.
Uscirono in
cortile e Kyomi seguì Light fino alla riva del lago
nero, ridacchiando per quanto fosse stata epica l’ispezione della Umbridge alla
lezione di Astronomia.
«Insomma, dai,
te lo saresti mai aspettato dalla Sinistra?» ridacchiò Takada.
«Stiamo
parlando della stessa donna che al Ballo del Ceppo ha ballato con Malocchio Moody… davvero non ti aspettavi che avesse più palle della
McGranitt? »
La
professoressa Sinistra, che aveva frequentato Hogwarts
lo stesso periodo della Umbridge, quando la rospa aveva iniziato a fare domande impertinenti sul perché
e percome avesse strutturato le sue lezioni, s’era semplicemente limitata a
guardarla con commiserazione e dirle: «Dolores, cara, come si vede che a tuo
tempo non riuscisti a prendere più di una D al tuo G.U.F.O di Astronomia».
Arrivati al
lago, però, il sorriso di Light divenne quasi inquietante, cosa che Takada
parve non notare.
«Kyomi, mi faresti un favore?» domandò, angelicamente.
Annuì, la
ragazza, «Certo, dimmi».
«Non opporre
resistenza».
Credette di non
aver sentito bene, ma non fece in tempo a chiedere a Light di ripetere che
sentì la voce del ragazzo sibilare “Imperio” e semplicemente non s’appartenne
più.
Sentiva la
testa leggera; volteggiava amabilmente nella nebbiolina che avvolgeva la sua
mente, non sentiva altro che non fossero gli ordini di Light.
Non voleva sentire altro che non fossero gli
ordini di Light.
In un ultimo
lampo di lucidità, si disse che Yagami avrebbe potuto tranquillamente evitare
di ricorrere alla maledizione, avrebbe fatto ugualmente qualsiasi cosa lui le
avesse ordinato; semplicemente, si abbandonò a quel piacevole vuoto, sperando
che non finisse mai.
[…]
Erano appena le
sette di sera, quando Light sentì il Galeone falso creato da Hermione scottare.
Lo prese dalla
tasca e guardò la data e l’ora segnati.
“Mezz’ora?”
pensò, incredulo, “certo che in fatto di organizzazione siamo messi maluccio
pur avendo buoni mezzi”.
Osservò di
sottecchi il resto della sala grande, prestando particolare attenzione ai
membri dell’ES; quasi tutti stavano osservando qualcosa da sotto il tavolo per
non farsi vedere da altri, era senza dubbio il Galeone stregato, cosa che
rincuorò un po’ Light, che in un primo momento aveva pensato all’ennesimo
trucco di Lawliet.
Lo guardò
attentamente mentre chiacchierava con Matt; “io vinco, tu perdi” pensò con un
ghigno, aveva la situazione in pugno, nulla poteva andare storto.
Com’era stato
deciso da San Potter, si trovò con gli altri davanti all’arazzo di Barnaba il
Babbeo alle sette e mezza, avvicinandosi subito a Fred e George, decidendo che
dal giorno dopo avrebbe passato decisamente più tempo nella Stanza delle
Necessità.
«Hey, a che punto sono le vostre Merendine Marinare?»
domandò allegramente.
I due gemelli
si guardarono, per poi sorridere maliziosamente.
«Non posso
crederci, Yagami vuole bigiare le lezioni» ridacchiò George.
«Mi chiedo dove
andrà a finire il mondo, di questo passo!»
«Magari domani
vedremo pure Malfoy vestito da Fatina».
«E gli
arcobaleni adornati di fiorellini».
Light fece
finta di pensarci su; «Mh…Malfoy
che vede gli arcobaleni vestito da Fatina perché s’è fumato i fiorellini?»
«Oltre Ogni
Previsione, secchia» approvò Fred con una smorfia, entrando nella stanza «ma
non ci hai ancora spiegato perché Nostro Signore dei Secchioni vuole tagliare».
Alzò gli occhi
al cielo, Yagami, «due fattori di decisamente poca importanza: i M.A.G.O e la
marea di compiti assegnati dalla Vector, dalla Burbage, dalla McGranitt, da
Vitious e da Piton… avete bisogno di altre spiegazioni?»
Prima che i due
gemelli potessero dimostrare la loro solidarietà al problema –la McGranitt
aveva caricato di compiti loro in particolar modo perché non erano ancora
riusciti a trasformare il loro naso in un becco di struzzo- Harry annunciò che
avrebbero iniziato i Patronus.
Ascoltò con
noia la “spiegazione”, tutte cose che sapeva già: pensare a qualcosa
d’incredibilmente felice e blah, blah,
blah.
Si concentrò
bene e nella sua mente vide L, steso sul pavimento in posizione decisamente
innaturale, gli occhi spalancati come sempre erano velati di una patina opaca,
sentenza di morte. Oh, sì, decisamente una cosa felicissima.
«ExpectoPatron…»
«Oggi Takada
non viene?»
Si voltò e vide
il vero Lawliet –quello spiacevolmente ancora in vita- che lo guardava
interrogativo. Storse il naso, visibilmente infastidito, «non si sentiva molto
bene e doveva ancora finire il tema per Piton»
spiegò, «se cominciassimo tutti a “saltare” i compiti perché siamo qui, la
Umbridge potrebbe insospettirsi, no?» aggiunse.
L’altro annuì,
seppur con poca convinzione, mordicchiandosi distrattamente l’unghia del
pollice, «immagino di sì. Sarebbe curioso se la Umbridge venisse a sapere
dell’ES proprio oggi, in quel caso potrei anche pensare che sia colpa tua» si
limitò a commentare, allontanandosi.
Il Grifondoro
fu seguito dallo sguardo di puro odio di Light, che cominciò ad immaginare di
torturarlo nei modi peggiori.
«Expecto
Patronum!»
Dalla bacchetta
di Yagami uscì un topolino argenteo, piccolissimo e apparentemente dolce,
quindi si mise ad osservare come stavano andando gli altri.
Hermione c’era
riuscita subito, esibendo una luminosa lontra; Fred e George più che altro si
impegnavano a deconcentrare Zacharias Smith, sussurrandogli alle spalle,
alternativamente, frasi o parole negative in completa contrapposizione col
bisogno di pensare positivo per evocare un Patronus.
Anche Luna,
Mail, Mihael e Nate c’erano riusciti, sotto gli sguardi ammirato e invidiosi di
Ron e Neville; dalle bacchette di quest’ultimi era uscito sono del fumo
grigiastro.
Dopo un po’
anche il cigno di Cho fece la sua comparsa tra i Patronus evocati; fu in quel
momento che un elfo domestico fece il suo ingresso nella stanza, affannato,
rivolgendosi direttamente ad Harry.
Era sconvolto,
l’elfo, terrorizzato così tanto che Potter sprecò due minuti buoni prima di
riuscire a farsi dire che la Umbridge li aveva scoperti e stava venendo lì.
«Che cosa
aspettate?! Scappate!» urlò il ragazzo e subito ci fu un fuggi-fuggi generale.
Light fu tra
gli ultimi ad uscire, tenendo bene gli occhi fissi sulla schiena di Lawliet.
Era furbo il ragazzo, conosceva anche lui il passaggio segreto dietro il
ritratto di Morgana, quello che portava direttamente al corridoio del secondo
piano; lo seguì all’interno dello stretto passagggio,
mentre L faceva finta di non essersene reso conto.
Ovviamente
stava pensando la stessa cosa che aleggiava nella mente di Yagami: “Resa dei
conti”, ma prima di voltarsi ad affrontarlo aspettò di essere a circa metà del
passaggio segreto.
Si era appena
girato, quando un lampo di luce rossa lo colpì al petto, facendolo finire un
paio di metri più in là e facendolo sbattere con violenza contro una parete;
ancora intontito dalla botta, non riuscì ad impedire a delle corde sottili stregate
di legarlo.
«Come
ringraziamento per la settimana scorsa» borbottò Yagami, «solo che io non credo
proprio di essere scrupoloso quanto te».
L’espressione
dura di Lawliet non mutò di una virgola. Sembrava fatto di ghiaccio, ugualmente
immobile e freddo. «Vuoi uccidermi?» domandò, la voce atona vibrava di
derisione.
«Vedo che siamo
perspicaci» rispose Light, «sei troppo vicino a capire la verità e… Dio, se sei
fastidioso» aggiunse, avvicinandosi ad L.
Lo costrinse ad
alzarsi, seppur impedito dalle corde, e lo guardò bene in viso, cercando di
scorgerne il più misero segno di paura. Non vedendone, ebbe una smorfia e
lasciò la presa su di lui, facendolo rovinare al suolo con un sordo tonfo.
«Crucio» mormorò,
compiacendosi oltremodo nell’udire le urla di dolore di Lawliet.
Quando le grida
si placarono, l’espressione del Grifondoro esprimeva solo disprezzo ed
ostilità, «Non… non pensare che sia finita qui» sibilò col fiato corto.
«Oh, sì che
finisce qui» lo derise Yagami, guardandolo dall’alto, «non abbiamo nient’altro
da dirci e, per la cronaca, sei così poco importante che non ti userò per
creare un Horcrux. AvadaKedavra».
Un alone verde
avvolse il corpo di L, lasciandolo sul pavimento, esattamente come poco prima
Light l’aveva immaginato per evocare il Patronus.
Il tempo
stringeva, non poteva perdere minuti preziosi a compiacersi per la morte del
suo nemico; quindi si caricò il corpo sulle spalle e lo depositò fuori dal
passaggio segreto, dalla parte del secondo piano, poi s’affrettò a tornare
indietro.
Come aveva
immaginato, la Umbridge non agiva da sola: c’era qualche idiota di Serpeverde a fare da cane da guardia per scovare i membri
dell’ES… decisamente di diversi passi avanti a loro, dato che da quel che vedeva
erano a mani vuote; poi il suo sguardo si posò sulla professoressa che
trascinava Potter in direzione dell’ufficio di Silente.
“Magnifico!”pensò, osservando Montague che si stava
giusto avvicinando all’aula dove lui era nascosto.
Di proposito
fece cadere una sedia e non ci vollero più di trenta secondi per ritrovarsi
strattonato da Montague e portato al “cospetto” della vecchia rospa.
«Ma bene, un
altro fuggiasco» commentò la professoressa con voce leziosa.
«Brutto termine,
“fuggiasco”, fa pensare che stessi facendo qualcosa di scorretto».
Lei storse il
naso, «ne riparleremo quando verrà espulso, Yagami»; con la mano libera
artigliò il polso di Light, trascinando lui ed Harry dinanzi al Gargoyle che custodiva gelosamente l’entrata dell’ufficio
di Silente.
Quando
varcarono la soglia, l’ufficio di Silente era notevolmente più affollato del
solito.
Oltre al
preside e alla professoressa McGranitt, c’erano pure il Ministro in persona,
due auror e il Weasley con cui Light andava più
d’accordo, Percy.
Egli abbandonò
la sua espressione zelante per assumerne una stupita; «Light?» chiese
incredulo.
In una
situazione del genere, l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere al
fianco di Harry Potter era appunto Yagami, ma forse, si disse, lui era lì in
qualità d’informatore, «perché sei qui?» domandò, quindi.
«Mi pare ovvio,
no? Sono qui perché sono fedele a Silente» Light scoccò un’occhiataccia alla
Umbridge, prima di continuare, «purtroppo pare che sia diventato un crimine».
Quelle parole
non erano state pronunciate a caso, no, dato che nell’entrare nell’ufficio
aveva visto nascosto nell’ombra un’altra persona, il Vice Ministro SoichiroYagami, suo padre.
Magnifico,
s’era fatto catturare per crearsi un alibi ed ora aveva pure l’opportunità di
riscattarsi agli occhi del padre che, per colpa di Lawliet l’aveva sempre
creduto in combutta con i Mangiamorte.
«Se è un
crimine o meno, verrà deciso adesso» sciorinò la Umbridge con voce
velenosamente velata, «credo, signor Ministro, che questi due ragazzi abbiano
violato il Decreto Ministeriale numero ventiquattro».
Light decise
che, anche se gli occorreva un alibi, avrebbe venduto cara la pelle, quindi non
appena Dolores finì di parlare,fece un versetto scettico, attirando su di lui lo
sguardo di tutti, compreso quello d’avvertimento di Silente, che si limitò ad
ignorare.
«Su che basi?»
domandò tra il derisorio e l’irato, «Quando sono stato trascinato qui non era
ancora scattato il coprifuoco, il Decreto in questione dice forse che ci è
impedito recarci al settimo piano per raggiungere le nostre sale comuni?»
«Light!» lo
redarguì il padre. Il ragazzo si voltò verso Soichiro,
che riprese a parlare, «è stata trovata una lista di nomi sotto la dicitura
“Esercito di Silente” e il tuo nome era segnato».
Storse il naso,
Yagami, osservando alternativamente tutti i presenti nella stanza, prima di
rispondere, «per quanto mi riguarda, potreste anche averla scritta voi, quella
lista» obiettò, deciso.
L’odioso“hem, hem” non si fece attendere, dopo quelle parole.
L’attenzione di tutti si focalizzò sulla professoressa Umbridge che gongolava,
tanto compiaciuta che la larga bocca da rospo si ingrandì a dismisura in un
sorriso orribilmente dolciastro.
«Credo che a
questo proposito dovrei chiamare la mia informatrice» propose, sotto lo sguardo
disgustato della McGranitt.
Caramell fece un cenno
d’assenso e lei partì di gran carriera, per quanto le gambe tozze lo
permettessero.
Nessuno aprì
bocca, durante quei minuti d’attesa, anche se Silente sembrava stesse
sorridendo sotto i baffi.
SoichiroYagami non faceva altro che spostare lo sguardo dal figlio
a Potter, mentre quest’ultimo sembrava sul punto di mandare a quel paese il
Ministro, si trattenne solo per via dei rapidi sguardi d’avvertimento che gli
lanciarono sia il preside che la McGranitt.
Light ghignava,
pur tenendo quel ghigno abilmente nascosto sotto la solita maschera di
indifferenza.
Quando la Umbridge trascinò nell’ufficio KyomiTakada, facilmente si finse sorpreso. Non fu
difficile, anche perché il viso seminascosto della ragazza avrebbe provocato
stupore perfino in un cadavere.
“Una fattura”,
pensò Yagami, schifato.
Sul volto di
Takada vi era la scritta “Spia”, fatta di bubboni rossastri e pulsanti.
«Per Morgana»
sussurrò la McGranitt, portandosi una mano alla bocca.
Pochi secondi
dopo pure il professor Vitious fece il suo ingresso nell’ufficio. «Protesto
vivamente!» esclamò, rivolgendosi unicamente a Dolores, «questa ragazza
dovrebbe essere in infermeria, esattamente dov’era prima di essere strappata
dalle cure di Poppy!» aggiunse, con la voce già stridula di per se resa più
alta di almeno un’ottava.
Mai toccare un Corvonero davanti a Vitious, era
una regola non scritta di cui la Umbridge sembrava non essere stata informata.
Non che il
professore facesse preferenze, assolutamente no, ma sentiva il dovere di proteggere gli alunni che gli
erano stati affidati in quanto responsabile dei Corvonero.
«Questa ragazza
dev’essere interrogata in quanto pure il suo nome compare in una lista di
partecipanti ad un’associazione illegale e potenzialmente pericolosa» sibilò la
Umbridge, non riuscendo ad infondere alle sue parole la solita orrida mielosità.
Silente parlò,
infine, sorridendo, «Non penso che questo sia necessario, Dolores» esordì,
amabile, «vedi, vorrei ricordare a tutti voi che il nome del gruppo è “Esercito
di Silente”. Ovviamente me ne prenderò tutta la responsabilità».
Caramell impallidì, prima
di aprirsi in un ghigno vittorioso, «tu!»
«No!» protestò
Harry, «no! E’ stata tutta un’idea mia!»
«Il professor
Silente non c’entra nulla in tutto questo, il nome era solo una provocazione»
lo spalleggiò Light.
Il preside,
però, scosse la testa senza smettere di sorridere amabilmente, «gentile da
parte vostra, ma i giochi finiscono e…»
«E tu finirai
ad Azkaban!» esultò il Ministro.
«Ah, sì» disse
gentilmente Silente. «Sì, penso che ci sia un piccolo intralcio..,»
«Intralcio?» La voce di Caramell vibrava ancora di
gioia. «Non vedo intralci, Silente!» «Invece» insisté Silente in tono di scusa,
«io temo proprio di vederne uno». «Davvero?»
«Mi pare che tu nutra
l'illusione che vi seguirò - com'è che si dice? - senza opporre resistenza. Ma temo che non sia questo il caso, Cornelius. Non ho alcuna intenzione di finire ad Azkaban.
Potrei evadere, naturalmente, ma sarebbe un tale spreco di tempo e, in tutta
sincerità, ci sono diverse altre occupazioni alle quali preferirei dedicarmi». *
Senza che qualcuno potesse
aggiungere altro, ci fu un lampo accecante, poi Light sentì semplicemente i
sensi abbandonarlo.
[…]
Quando si risvegliò si trovava in infermeria; c’era un gran vociare, ma
abbastanza lontano dal suo letto.
In un primo momento pensò a Takada, poi sentì dei singhiozzi strozzati e
disperati e capì. Avevano trovato il corpo di Lawliet, non che lui l’avesse
nascosto, sia chiaro. Il suo intento era di fare in modo che fosse trovato così
velocemente da far credere che fosse stato qualche Serpeverde
durante la caccia ai membri dell’ES.
«Ci sarà un inchiesta, Dolores, non possiamo evitarlo» sentì dire da Caramell.
Niente Silente, niente Lawliet…
chi poteva fermarlo, ormai?
*Il paragrafo in corsivo è tratto da “Harry Potter e l’Ordine
della Fenice”.