Super Usagi! di ellephedre (/viewuser.php?uid=53532)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Studio, studio, studio! ***
Capitolo 2: *** Il primo bacio? ***
Capitolo 3: *** Ti voglio ***
Capitolo 4: *** Compleanno ***
Capitolo 5: *** Usagi + Mamoru = Chibiusa? ***
Capitolo 6: *** Il bacio dell'estate dei quindici anni ***
Capitolo 7: *** Lovely Valzer ***
Capitolo 8: *** Chi ha paura? ***
Capitolo 9: *** Una lettera ***
Capitolo 10: *** Grande ***
Capitolo 11: *** Vittoria? ***
Capitolo 1 *** Studio, studio, studio! ***
Super Usagi!
Super
Usagi!
di ellephedre
1 - Studio, studio, studio!
Tra l'episodio 92 e 93 di Sailor Moon
Presenti
riferimenti alla
seconda serie (periodo dell' 'abbandono' di Mamoru) e alla prima
puntata della terza serie (Mamoru dice ad Usagi che non potranno
vedersi per un po' in seguito ad un bruttissimo voto preso da lei).
«Sai cos'ha fatto oggi Minako?» Del
mostro del giorno lei e Mamoru avevano già parlato.
«Che cosa?» disse lui all'altro capo del
telefono.
In
sottofondo
Usagi udì un ticchettio di tasti.
Mamo-chan faceva spesso così: parlava con lei
mentre
lavorava al computer.
... uffa.
«Che cos'ha fatto Minako?»
«Ah... ha inseguito un ragazzo carino per mezza
città. E alla fine era una ragazza.»
«Il ragazzo?»
«Ah-ha» annuì lei. Si
passò
un dito tra i
capelli, scompigliandosi pigramente la chioma appena pettinata.
«Qualcosa non va?»
Mesta, Usagi si imbronciò. «Sono andata
con
lei.»
La risposta di Mamoru si fece attendere.
«Okay.»
No, non era okay! «Tu sei più carino di
lui!»
«Ah... grazie?»
Ma perché lui non capiva? Era un fidanzato
così
cattivo! Cattivo e dolcissimamente crudele, perché quando
stavano insieme le
faceva
desiderare di non separarsi mai da lui, mentre quando erano lontani
invece...
«Usagi?»
«Non vuoi uscire insieme domani?» Era
venerdì, lei non aveva scuola il giorno seguente.
Mamoru sospirò. «Nel fine settimana devi
concentrarti sullo studio. Sei molto indietro.»
Come se non lo sapesse. Il suo cinque nell'ultimo compito in
classe era
vergognoso e
indegno, però... «Non hai voglia di
vedermi?»
Lui aveva avuto voglia di vederla tutti i giorni, quando si
erano
lasciati?
O magari per lui era stato quasi... facile? Aveva sofferto come lei,
continuamente?
Era vero che si erano visti solo cinque giorni prima - già
cinque giorni prima - ma Mamoru era accorso solo
perché la
sua spilla non aveva funzionato. E Usagi sapeva che nel
profondo l'amava tantissimo, ma quel profondo era così
profondo
che a volte le sembrava di non vederne mai la fine.
Lui era anche troppo timido!
Il respiro che dal telefono passò al suo orecchio
le
comunicò che il discorso lo stava esasperando.
«Sì che voglio vederti,
Usagi. Ma tu devi studiare.»
Lei deglutì. «Ho capito. Ci sentiamo
domani,
Mamo-chan.» Chiuse la chiamata.
Si pentì subito di come lo aveva salutato. Non
avrebbe
dovuto
chiamarlo Mamo-chan. E non avrebbe dovuto dirgli che lo avrebbe
chiamato il
giorno dopo.
Era arrabbiata e doveva imparare a mostrare quando era in
collera.
Collera?
Si strofinò un occhio che pungeva: le lacrime erano
dietro
l'angolo.
Il telefono squillò.
Lei attaccò la cornetta all'orecchio.
«Sì?»
«Cosa c'è, Usako?»
Usako
era
ingiusto, scorretto! «Sei cattivo!»
«Non ti ho detto che devi studiare perché
non
voglio
passare del tempo con te. Ma Usako, i tuoi voti sono
importanti-»
«Lo so! Però tu sei il mio fidanzato e
anche se
non ti
pesa stare lontano da me potresti almeno dirmi cose carine
come-»
«Certo che mi dispiace di non poter uscire
insieme.»
«Davvero? Non si capiva. Non si vedeva. Ed era per
questo che lei si era
messa a seguire per la città un altro ragazzo assieme a
Minako.
Perché le mancava l'allegria dell'amore.
«Ti porto a scuola domani mattina.»
«Almeno il ticchettio sulla tastiera era sparito.
Non sei
tenuto.»
«No, ma voglio farlo.»
«Solo perché mi sono
lamentata.» Ma
importava? Lo avrebbe rivisto - già il giorno dopo.
«Non lo faccio perché ti sei lamentata.
Mi
dispiace sentire che sei
triste.»
Mamoru sospirò. «Per favore, studia un po' di
più,
così potremo passare più tempo insieme. Come
prima.»
Usagi si sentì rinascere. «Allora ti
manco anche
io?»
«Mi manchi.»
Ohh, perché lui non era lì, per poterlo
abbracciare? «Ti manco tanto?»
Lo sentì sorridere. «Tanto.»
«Ti voglio bene, Mamo-chan.» E avrebbe
smesso di
inseguire altri
ragazzi.
«Te ne voglio anche io. E se il tuo prossimo compito
in
classe va bene-»
Usagi balzò sul letto. «Ne ho uno questo
lunedì! Se va bene, usciamo, usciamo?!»
«Sì» rise lui.
«Usciamo.»
«Bene
significa sessanta punti?» domandò.
Lui ci pensò su. «Settanta?»
Settanta? Era difficile, ma se poi potevano uscire di nuovo
insieme... «Settanta!»
«Di più, se puoi.»
«Ohh!» si lamentò rumorosamente
lei. «Non togliermi le speranze!»
Lui rise piano. «Buonanotte Usako. Ci vediamo
domattina.»
«Domattina?! Vieni lo stesso?»
«Sì, te l'ho detto.»
Mamo-chan non capiva perché fosse sorpresa. Era
uno
sciocco inconsapevolmente romanticissimo.
«Buonanotte, amore
mio.»
Lui non rispose, ma in quel silenzio Usagi lo vide nel suo
appartamento, seduto sulla scrivania, col viso in penombra non
illuminato direttamente dalla lampada. Sorrideva, seduto lì,
e
non sapeva cosa dire.
Spesso Mamo-chan non sapeva cosa dire. Ma provava un mucchio
di cose.
Tutte per lei.
«Ti amo» gli ripeté, e con un
bacio
soffice alla cornetta appoggiò il telefono al suo posto.
Mamoru non l'avrebbe richiamata. Ma, la mattina successiva,
dopo aver
passato un po' di tempo a cercare il momento giusto, le avrebbe detto
che l'amava anche lui.
Usagi si infilò sotto le coperte e si
addormentò
felice.
1 - Studio, studio, studio!
- FINE
NdA: Flashfic che mi è sfuggita dalle dita e
si
è
rovesciata sulla tastiera in una decina di minuti, mentre pensavo alle
altre mie storie.
La colpa è della visione dell'episodio
odierno di Sailor
Moon,
trasmesso su Italia 1 (Italia 1 + 1 nel mio caso, non l'ho visto in
diretta). Ricordo distintamente quanto mi fosse piaciuto l'inizio
dell'episodio 93 (Usagi va a casa di Mamoru e lui si mangia gli orridi
biscotti che lei aveva preparato e rovesciato sui suoi libri) e
questa storiella è frutto di quegli antichi ricordi, dei
giorni
in cui sognavo queste atmosfere dolci e romantiche. Che tuffo
nel passato!
Alla prossima!
ellephedre
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Capitolo 2 *** Il primo bacio? ***
Super Usagi!
Super
Usagi!
di ellephedre
2 - Il primo
bacio?
Appena dopo l'ultimo fotogramma dell'episodio 94 di Sailor
Moon (dopo l'attacco a Unazuki/Ursula, sorella di
Motoki/Moran), con Mamoru e Usagi che parlano su un balcone del loro
primo bacio.
Presenti
riferimenti alla puntata menzionata e alla mia fanfic 'Dentro
di noi'. Comprensibile comunque anche senza aver letto
quest'ultima.
«Non ricordi il nostro primo bacio?»
Il suo Mamo-chan si tirò indietro e
arrossì.
Perché? si domandò Usagi.
«Ecco... il fatto è...»
Il fatto era cosa? Inclinò la testa e
cercò di incrociare i suoi
occhi, ma lui guardò nervosamente oltre il balcone, verso la
strada.
Le venne un dubbio incredibile. «Mamo-chan? Per
caso non te
lo
ricordi?»
«Ecco, come stavo dicendo...» Lui perse il
filo del
discorso. «Non
è niente di importante, no?»
«Certo
che sì!
Il primo bacio è molto importante!»
«La luna è bellissima questa sera, non
trovi?»
«Mamo-chan!»
«Bella come te?» tentò lui
disperatamente.
Usagi si sentì esplodere. «Non ricordi il
nostro
primo
bacio?!» Era stato lui a renderlo speciale e a farle capire
che sarebbe
stato un bel ricordo! Erano passati solo pochi mesi e adesso non lo ricordava
più?!
No. No no no.
«Te lo ricordi, vero? Stai solo scherzando,
giusto?»
Mamoru deglutì. «Me lo
ricordo.»
Aggrottò le
sopracciglia e Usagi riconobbe immediatamente il sentimento dietro
la sua espressione: senso di colpa.
Dentro il suo petto si riversò un'ondata di
amarezza, come una penna ad inchiostro che perdeva e macchiava
qualunque tentativo di arginare il danno. Gli diede le spalle.
«Io e le ragazze
dobbiamo
studiare.»
Mamoru la seguì dentro casa.
«Usako...»
«Ho sentito bene?!» Minako
amplificò l'udito con
una mano a ventola dietro l'orecchio. «Usagi ha
detto
'dobbiamo studiare'?»
Neppure quella battuta le risollevò l'umore.
Anche Makoto non era in vena di risate.
«Preoccupiamoci di far
riprendere
Unazuki prima.»
Mako-chan aveva riempito d'acqua una bacinella e
stava
premendo un panno bagnato contro la fronte della sorella di Motoki.
Dopo il furto del suo
cristallo del cuore, Unazuki riposava.
Usagi si diresse al suo fianco, mesta. Si era
dimenticata che c'erano cose più importanti a cui pensare.
Andava così quando si trovava di fianco Mamo-chan: la sua
vista le combinava strani scherzi.
Minako sparò a Mamo-chan con due dita.
«Ehi, che hai
detto alla
tua ragazza?»
Ragazza.
Un titolo che Usagi aveva dato per scontato mesi fa e che ora sembrava
più che mai prezioso. «Niente» sorrise a
Minako.
«Mamo-chan
è
stato cattivo con me e per questo oggi io non gli parlerò
più!»
Ma loro due erano fidanzati e lei
doveva imparare a non prendersela troppo per le mancanze di lui. Mamoru
in fondo era stato paziente con le sue: Usagi era una studentessa
pessima e lui era intelligentissimo per cominciare, ma Mamoru non
glielo avevo mai fatto pesare come paragone. Al massimo si preoccupava
dei
suoi pessimi voti, spronandola a migliorarsi.
Comunque si meritava
ugualmente una giornata di silenzio. Anzi, nemmeno una
giornata, solo una mezza serata.
Ami non sapeva chi guardare tra lei e Mamoru, confusa.
«Hm, allora studiamo?»
Il sospiro di Rei fu lungo e profondo.
«Non credete che prima dovremmo inventarci una spiegazione
per la finestra rotta di Unazuki?»
«Diremo che l'ho spaccata io!»
si offrì Minako. «E mi
raccomando, se ha visto un mostro, è stato un
bruttissimo sogno.»
Mamoru attraversò a passi
larghi l'appartamento.
«È
meglio che vada. Non esiste una spiegazione valida per la mia
presenza
qui.»
Suo malgrado, Usagi lo guardò di sottecchi.
Mamo-chan sembrava al contempo ferito e dispiaciuto e questo quasi
bastò a farle gettare alle ortiche quello che
oramai era diventato un briciolo di risentimento microscopico.
«Ciao.»
gli disse invece.
Corse a coprirsi la bocca: aveva appena promesso di non
parlargli più!
«Ciao» rispose lui, intenerito.
Quando uscì dalla porta,
Usagi ebbe voglia di corrergli dietro per chiedergli scusa.
Gli occhi di Rei erano due fessure sottili.
«Perché avete
discusso? E come avete fatto? Siete stati fuori per meno di un
minuto!»
«Mamo-chan
non
ricorda il nostro primo bacio.»
«Eh?» Minako corse a inginocchiarsi al suo
fianco.
Rei era dubbiosa. «Come fai ad esserne
sicura?»
«Gliel'ho chiesto direttamente e lui non
ha saputo
rispondermi. Ha
ter-tergiver-...» Com'era quella parola?
«Tergiversato?» la
aiutò Ami.
Usagi annuì ed Ami rifletté.
«Sono convinta che in una
relazione, durante la quale un certo atto intimo e tutto
sommato comune è stato ormai ripetuto un numero non
indifferente di volte-»
Minako alzò gli occhi al cielo.
«Quindi, dopo che
si sono
baciati a volontà?»
Ami arrossì. «Sì. Comunque, se
Mamoru ha dimenticato il primo bacio, non significa che quel momento
per lui
non sia stato speciale. Forse lo sono tutti e perciò
è difficile distinguerli l'uno dall'altro.»
Ami sentì
arrivare su di sé un trio di sguardi carichi di rimprovero e
capì che era meglio stare zitta.
«Sciocchezze!»
sentenziò Rei.
«Costringilo a scavare nella
memoria e a ricordare!»
«Sono d'accordo!» Minako non fu meno
dura. «Hai la fortuna di essere l'unica ad
avere un
fidanzato,
perciò devi far soffrire per noi l'intero genere
maschile!»
Makoto ridacchiò sottovoce.
«Perché
questa
rabbia?»
Minako si sgonfiò come un palloncino.
«L'ultimo ragazzo che mi è piaciuto si
è rivelato
una ragazza. I maschi di questa città non sembrano reggere
il paragone, perciò voglio vendicarmi di loro!»
Usagi scoppiò a ridere. «Sei
stata solo
sfortunata!»
«Lo so, ma tu hai il cuore troppo
tenero. Quando
Mamoru
è andato via, sembravi già pronta a saltargli di
nuovo in braccio ed erano passati trenta secondi dalla fine del vostro
mini-litigio.»
Rei si accodò al giudizio, annuendo ripetutamente.
Usagi aprì la bocca per difendersi:
nessuna di loro aveva
un ragazzo. Non sapevano quanto fosse bello abbracciarlo e baciarlo e
farsi stringere.
Stava per raccontarlo a dovere, ma un mugugno di
protesta si levò alle spalle. Unazuki si stava riprendendo.
Makoto posò un dito sulle labbra, invitandole tutte
a fare silenzio.
«Ora pensiamo solo a
lei.»
Usagi si unì alle altre nell'annuire.
Quanto
era bello
abbracciarlo, baciarlo e farsi stringere?
si
ripeté Usagi quella stessa sera, sdraiata sul proprio letto.
Se era tanto bello per lei, doveva esserlo anche
per Mamoru, no? E
allora come mai lui non ricordava il loro primo bacio?
Più ripensava al modo in cui Mamo-chan
aveva cercato di sviarla
dalla domanda, più ritrovava l'indignazione che
aveva provato.
Magari, concluse girandosi su un fianco, seguire il
suggerimento di Rei
e Minako non sarebbe stata una cattiva idea.
Sbadigliò.
Già, Mamo-chan doveva tenere di
più a lei e ai
loro momenti speciali. Anche se ogni volta che l'abbracciava lui ne
creava
sempre uno nuovo, quella non era una buona scusa per...
No, era una buona scusa, rispose il suo cervello
intorpidito.
Perché Mamo-chan aveva delle braccia magnifiche, un odore
meraviglioso e lei era la sua Usako. La sua unica e amatissima
Usako.
Si addormentò serena.
Due giorni dopo, riuscì a nascondere con
successo a Mamoru
l'insufficienza in matematica - un quarantacinque recuperabilissimo,
quindi niente di grave o meritevole di menzione - e riuscì a
convincerlo ad uscire insieme.
Per la durata dell'intero appuntamento lui le le
sembrò
rilassato e contento.
Quando arrivò il momento di
salutarsi, Usagi decise di testare un dubbio che le era venuto.
Aspettò che lui chinasse la testa verso
di lei e lo
interruppe solo a qualche centimetro dalla propria bocca. «Ti
sei
ricordato il nostro primo bacio?»
Mamoru si irrigidì fino alla punta dei
capelli.
Usagi rise silenziosamente. Come aveva sospettato, lui aveva
creduto che lei si fosse dimenticata della domanda.
Gli soffiò un bacio
sulla guancia. «Ci
sentiamo domani
per telefono, Mamo-chan.»
Se ne andò.
Dopo l'ennesimo incidente - un Daimon aveva cercato
di rubare il cuore
di Umino e lei si era messa a ballare con uno di quei finti-ragazzi che
si erano rivelati mostri, solo per... per divertimento? Sì,
per divertimento, l'avevano invitata a danzare, che male c'era? -
Mamoru si presentò al parco dopo la battaglia.
Non era riuscito a prendere parte al combattimento, ma l'aveva
percepito
e si era diretto verso di loro.
L'unico rimpianto di Usagi era quello di non aver
partecipato assieme a
lui al concorso per coppie. Anzi, no. Naru e Umino
si erano rivelati degli splendidi
vincitori, una coppietta adorabile. E avevano fatto pace, il piano di
Rei aveva funzionato.
Le ragazze lasciarono lei e Mamoru da soli.
«Mi dispiace di non essere arrivato in
tempo» si scusò lui.
Usagi fu contenta che non l'avesse
vista danzare volentieri
con un altro - mezzo mostro o no che fosse - e per un momento,
quando Mamoru si chinò a baciarla, quasi si
dimenticò di quello che aveva deciso. Solo
all'ultimo istante lo fermò con due
dita
sulle labbra.
Sollevò entrambe le sopracciglia e attese una
risposta.
Leggendo il suo sguardo lui
entrò nel panico.
Usagi volle scoppiare a ridere. «Ti
voglio bene,
Mamo-chan!» Gli prese
la faccia tra le mani e gli stampò un bacio rumoroso sulla
guancia. Lo abbracciò forte.
Mamoru tentennò.
«Allora...»
Allora niente. Si staccò da lui e gli
prese la mano.
«Andiamo a casa, su.»
Sulla via del ritorno Mamoru le ricordò
uno di quei
cagnolini puniti che tenevano le orecchie basse e seguivano il padrone
dappertutto pur di farlo contento e rientrare nei suoi favori.
Si sentì potente.
Si incontrarono di nuovo dopo appena un giorno, su
suggerimento di lui.
Mamoru venne a prenderla al tempio di Rei, dopo
l'ennesima giornata di
estenuante e noiosissimo studio.
«Mamo-chan!» gridò Usagi.
Attraversò il piazzale
del tempio, fiondandosi a stringerlo. Si
staccò solo dopo aver strusciato per bene la guancia contro
il suo petto. «Come ti è andata la
giornata?»
Mamoru fece una pausa nel rispondere. Poi non disse
nulla e, avvolgendola con le braccia, la
baciò.
Usagi si sentì vibrare, tremare,
esplodere di gioia. Si
sentì potente, ma era quella
la vera
potenza.
Circondandogli il collo si abbandonò al bacio
più romantico che avesse mai ricevuto.
Il primo bacio? si
domandò effimeramente poco
dopo. Non conta nulla,
importa
sempre e solo l'ultimo.
Quando, riportandola a casa, Usagi gli permise
di nuovo di salutarla con un bacio sulla
bocca, Mamoru tirò ancora una volta un sospiro di
sollievo. Forse avrebbe risolto prima nel dirle che ricordava
benissimo il loro
primo bacio - quello che lui si era preso di nascosto alla festa in
maschera, ormai molto tempo addietro - ma lei aveva un tale bel ricordo
del primo che rammentava - quello del parco, quando era arrivata
Chibiusa - che non sapeva se le avrebbe fatto piacere
conoscere la verità.
Aveva anche temuto di farla arrabbiare, ammise con
se stesso.
Una Usagi arrabbiata o permalosa era una Usagi che
dava solo baci sulla
guancia, e quello era un rischio da non correre mai.
Già, mai più.
2 - Il primo
bacio - FINE
NdA - Altra flashfic che è uscita
dalla mia testa in un momento in cui cercavo relax. Com'è
divertente scrivere queste cose brevi - e riuscirci, visto quanto devo
buttare giù normalmente per ritenermi soddisfatta :)
Spero che vi sia piaciuta anche questa seconda
storiella (ho cambiato
il titolo a quella che ora è una raccolta). Ce ne saranno
altre se mi colpirà di nuovo l'ispirazione.
Le prime frasi sono state riprese dai dialoghi
originali dell'anime.
Nella versione giapponese Usagi domandava a Mamoru proprio 'Ti ricordi
il nostro primo bacio?' e quindi non si riferiva ad un generico bacio
di lui.
Alla prossima!
ellephedre
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Capitolo 3 *** Ti voglio ***
Super Usagi!
Super
Usagi!
di ellephedre
3 - Ti voglio.
Durante l'episodio numero 98 di Sailor Moon (numero 9 della
terza
serie, dedicato alla gara di motocross di Haruka).
«Ti voglio, Usako.»
Usagi avvampò. Indietreggiò a
passettini piccoli piccoli. «No, Mamo-chan. Non
possiamo...» Lei
era
troppo inesperta, troppo imbarazzata, non era pronta!
Lui la seguì senza una sola incertezza.
«Perché
no?»
Lei inciampò. Un letto si era materializzato
dietro le sue gambe. Si coprì la faccia con le mani.
«Mi vergogno.»
Le mani di lui, calde e grandi, la presero delicatamente per le spalle.
La adagiarono sulla schiena e Usagi si sentì come un vulcano
pronto ad implodere. Il terremoto del suo cuore l'avrebbe strapazzata
fino ad ucciderla d'amore. «Per favore,
Mamo-chan...»
Lui le accarezzò le dita. «Ti amo tanto,
Usako.»
Lei divenne gelatina fusa. «Anche io.»
«Non vuoi essere una cosa sola con me?»
Il suo sguardo profondo e innamorato la fece precipitare nell'abisso di
una meravigliosa perdizione. «S-sì...»
Chinò gli occhi. «Per favore... sii
gentile.»
«HA!» urlò una voce acuta, comparsa dal
nulla.
Usagi voltò la testa e inorridì.
«Ti ho vista, Usagi!» Chibiusa
attaccò le mani ai
fianchi. «Cosa stai facendo con Mamoru? È troppo
presto
perché
pensiate a concepirmi!»
Usagi sentì diventare rosse anche le ciglia.
«Nonono!
È-è lui! È Mamo-chan che-»
Si
bloccò e lo
guardò disperata. «Non è che non
voglio! Con te! Capisco
che mi desideri così tanto che-»
«Usagi» la ammonì duramente una voce.
Lei la scacciò con una manata. «Va' via,
Luna.»
«USAGI!»
Un peso le atterrò sullo stomaco. «Benedetta
ragazza, svegliatiiiii!»
Usagi si tirò su con un urlo.
Luna si tappò le orecchie con le zampe. «Si
può sapere che razza di sogni fai? Sei ancora troppo
giovane per pronunciare la parola 'desiderio'-»
Usagi la centrò con un cuscino. «Luna!
Cattiva!»
piagnucolò. «Stavo facendo un sogno bellissimo con
Mamo-chan
e arrivi tu che- Anzi, era già arrivata
Chibiusa.» Si
lasciò cadere all'indietro, rimbalzando sul letto.
«Non abbiamo mai pace,
Mamo-chan.»
Luna saltò di nuovo sul materasso, più
offesa che
mai. «Mamoru non è qui e se non ti muovi non
incontrerai
né lui né le altre! Sono ore che cerco di
svegliarti!»
Usagi scattò a sedere. Afferrò la sveglia sul
comodino e guardò l'ora. Cacciò un nuovo
urlo.
«Mezz'ora di ritardo» osservò acida Rei.
Per la gran corsa, Usagi non aveva ancora smesso di ansimare.
«Lo
so! Ma ora sono qui, non è questo l'importante?»
Ami consultò la scheda degli orari appesa alla fermata del
bus. «La prossima corsa passa tra cinque minuti. Forse
riusciamo
ad arrivare in tempo per l'inizio della gara di Haruka-san.»
«Massì»
ridacchiò Usagi. «Ce
la
faremo!»
«Almeno abbi la decenza di stare zitta»
sibilò Rei.
Usagi si rannicchiò nelle spalle. «Rei
è troppo
severa, non è vero, Mamo-chan?»
Lui non concordò: era al contempo rassegnato e
paziente. «Usagi, sei tu
quella che
è stata invitata da questa Tenou-san. Noi siamo venuti qui
per accompagnarti. In circostanze simili una prossima volta cerca di
arrivare in tempo.»
Usagi cominciò a vergognarsi.
Come unica forma di consolazione, Mamoru le massaggiò
una spalla. La toccò solo in quel modo, ma Usagi non se
la prese: quando c'erano le ragazze lui non si lasciava mai andare
a grandi effusioni, al massimo accettava di riceverle.
Sospirando, Usagi si ripromise di badare maggiormente alla
puntualità in futuro.
Un paio di ore dopo, con suo gran piacere, dimostrò il suo
valore badando soprattutto alle Outers. O fu Uranus a badare a lei?
Dopo la gara, aveva perso il bus che l'avrebbe riportata a
casa con le altre e Mamoru. Haruka le aveva gentilmente offerto un
passaggio sulla sua moto e mentre erano per strada si erano fermate
senza ragione apparente in un punto molto fortunato: nelle vicinanze
Uranus e Neptune stavano combattendo contro il nemico e Usagi era
riuscita ad aiutarle senza che Haruka scoprisse la sua
identità.
Il suo errore si era rivelato un'opportunità per
conoscere meglio le Outers, ma naturalmente questo Rei non lo sapeva
ancora.
«COME HAI FATTO A RIMANERE INDIETRO?!»
Il rimprovero acuto torturò le orecchie di
Usagi.
«Ci hai costrette ad
aspettare per
un'altra ora!»
«Scusatemi, ma non sapete cosa mi è
capitato.»
L'espressione di Rei perse la propria furia.
«Cosa intendi? Mi era sembrato di sentire
qualcosa.»
Minako la colpì con una pacca sulla schiena.
«Rei era
preoccupatissima! Immaginava che ti perdessi o chissà cosa.
Quando Mamoru è sceso alla successiva fermata, lei lo ha
seguito a ruota. Ovviamente noi altre non siamo potute restare
indietro.»
Cosa? «Dov'è Mamo-chan?» Non lo
vedeva da nessuna parte.
Makoto indicò un punto alle sue spalle.
«È tornato a piedi a cercarti.»
«Il tuo fidanzato mi ha sorpreso!»
esclamò Minako. «Quando ti abbiamo vista correre
dietro al bus, lui era quasi noncurante. 'Non ha più una
bambina' ha detto scocciato, 'ci raggiungerà dopo'. Ma
quando il bus si è fermato per la prima volta, suppongo che
avesse cambiato idea e si sentisse in colpa, o preoccupata,
perché ci ha detto che andava a cercarti. Dentro ha un cuore
di panna, vero?»
Usagi lo sapeva molto bene. Sussultò.
«Oh! È andato a cercarmi!»
Makoto sollevò un sopracciglio.
«È quello che abbiamo detto.»
«Ma io stavo combattendo contro una Demone prima! E
lui sente sempre quando sono in pericolo!»
«Una demone!?» Rei la afferrò
per
le spalle. «Cos'è successo, com'è
andata?»
«Ho salvato Neptune e ho combattuto insieme ad
Uranus.» Ma non c'era tempo di
inorgoglirsi. «Adesso vado a cercare Mamoru, state
qui!»
«Non c'è bisogno di correre».
Riparandosi gli occhi, Minako puntò il sole al tramonto.
«Eccolo là.»
Usagi si voltò di scatto e lanciò un urlo di
gioia. Corse verso di lui, mentre tutte insieme le sue amiche roteavano
gli occhi al cielo.
Mamoru accelerò il passo e Usagi lo raggiunse con
un balzo in
avanti. Lo strinse con tutta la forza che aveva. «Eri andato
a
cercarmi!»
«Stai bene? Ti sei trasformata.» Lui la
controllò da capo a piedi alla ricerca di ferite, rendendola
così felice.
«Non preoccuparti. Ho perso il bus, ma non il
combattimento.»
Lui si rabbuiò impercettibilmente. Si sentiva davvero in
colpa.
«È stata colpa mia se sono rimasta
indietro, sai? Mi sono fermata davanti a un negozio. La prossima volta
starò più attenta, così non sentirai
che ti devi prendere cura di me a ogni passo. Non sono più
una bambina.»
Lui le massaggiò le braccia. «Non penso
male di
te, Usa,
è solo che a volte...» Sospirò.
«Niente.
Tu fai bene quello
che non riesce a nessun altro di noi.»
Oh, ma non era la sola. «Anche tu. Sai
che sei
l'unico ragazzo che riesce a far fare al mio cuore tu-tum?»
In verità ci riuscivano
anche Haruka e Uranus in scala minore, ma erano ragazze e nelle loro
vicinanze il suo cuore tremava in maniera diversa. Era come se lei
avesse una piccola cotta per entrambe, molto innocente. Percepire il
loro calore corporeo ed essere oggetto dei loro flirt le faceva venire
voglia di lanciare gridolini e arrossire, ma si sentiva a disagio al
pensiero che quelle sue reazioni portassero ad altro. Era
così diverso da quello che provava per Mamo-chan, sia nella
realtà che nei sogni.
Lui stava sorridendo. Prendendola per mano, iniziò
a riportarla dalle altre.
Prima che non fossero più da soli, Usagi voleva
chiedergli una cosa. «Mamo-chan?»
«Hm?»
«È vero che...»
Riuscì con successo a non far diventare la faccia color
rosso pomodoro. «È vero che tu... mi
vuoi?» Che mi
desideri?
La presa di Mamoru diventò un pochino
più salda - dolce e risoluta. «Sì,
certo.»
Usagi fu immensamente felice. Naturalmente lui non aveva
intuito qual era la vera domanda, ma la sapeva lei per tutti e due.
Era così sciocca, e non esattamente pronta per le
esperienze favolose che stavano diventando vere nei suoi sogni, ma...
andava bene così.
Per ora, un sì di lui era tutto quello che voleva.
FINE
NdA - Certo
che quando questa Usagi mi parla, lo fa in
maniera veloce e indolore :D
E io che avevo pensato di scrivere solo una piccola storiellina
iniziale. Beh, intanto che mi frullano idee in testa sulla parte finale
del prossimo capitolo di 'Verso l'alba' (quello che succede all'inizio
è già deciso), è probabile che mi
vengano altre idee divertenti.
Alla prossima!
Elle
P.S. Capitolo revisionato nell'ottobre 2020, dopo la
traduzione in inglese
|
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Capitolo 4 *** Compleanno ***
superusagi10
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
9 - Compleanno.
Nella parte finale dell'episodio 102 (in Italia, 'La scarpetta di
cristallo', parte seconda).
La luna brillante alta nel cielo, la stanza dietro di loro
piena di
amici e il suo Mamoru sano e salvo da riabbracciare.
Cosa poteva chiedere di più per il suo compleanno? La
sconfitta di Kaolinite forse, ma l'aveva ottenuta proprio quella sera.
Usagi sorrise con un sospiro e si appoggiò meglio contro la
spalla che la sosteneva. Mamoru aveva un odore buono buono. Le
ricordava l'aroma di un dolce in cottura; non aveva niente di
zuccheroso, ma la somiglianza non stava lì. Quando la
mamma metteva una torta nel
forno in aria si levava sempre un profumo che la
spingeva ad inspirare profondamente, inalando il più
possibile le tracce di delizia che sarebbero finite nella sua pancia.
Mamoru aveva un sapore misto - tra il dolce e il salato, almeno sulle
labbra e sulla guancia - però per lei lui era come una
torta. Se gli
stava vicina doveva stargli ancora più vicina, fino
a poter sfiorare almeno un pochino, magari con un dito, la morbidezza
della sua massa.
«Usako... mi dispiace che il tuo regalo sia andato
perso.»
Che schiocchezza. «Non ti preoccupare. A me dispiace solo di
averti messo in pericolo.» Non resistette e
cominciò a disegnare nell'aria cerchietti senza senso,
sempre più vicini alla maglietta di lui. «Io
ricevo già tanto amore da te, Mamo-chan.» Era
quello il suo regalo, averlo vicino e poterlo- oh! Lo aveva schiacciato
sul petto col polpastrello. Già, sorrise, Mamoru non era
morbido come pan di spagna.
«Posso ricomprarti le scarpe.»
«No. Mi ricorderebbero della battaglia di oggi e poi... le
volevo perché mi sembravano il regalo di un principe ed
erano belle, ma...» Sollevò lo sguardo e si rese
conto di averlo tenuto basso troppo a lungo.
In Mamo-chan c'era tanto da guardare. Gli occhi blu, per iniziare, che
erano dello stesso colore dei suoi alla luce ma molto più
scuri di notte. O più scuri semplicemente quando osservava
lei. Era quello lo sguardo che, a volte, Usagi quasi si vergognava di
notare; lo sguardo che la spingeva ad abbassare gli occhi per la paura
di non volerli più staccare da lui. Mamoru la guardava come
se... come se l'amasse molto più di come lei amava lui.
L'amava in una maniera più adulta, perché non
aveva bisogno di rassicurazioni continue da lei. L'amava in una maniera
più intensa, perché gli bastava bearsi
dell'immagine di lei per essere appagato. A lui bastava un abbraccio e
un bacio - un bacio quieto e meraviglioso - per essere felice nella
maniera immensa concessa a chi aveva un solo amore nella vita.
Gli occhi di Mamoru la facevano sentire piccola e conscia dei propri
limiti, eppure al tempo stesso gigante: era la persona capace di dargli
gioia. Si riprometteva spesso che sarebbe diventata più
simile a lui e invece... «Non m'importa più che
oggi sia il mio compleanno. Non è stata una giornata molto
bella; lo è diventata quando ti ho riavuto indietro,
perciò... sei tu il mio regalo.» Mamoru era il suo
vero regalo e lei lo riceveva ogni giorno.
Quella sera lui l'aveva salvata dai nemici, ma da quante figuracce
scolastiche l'aveva salvata negli ultimi mesi, suggerendole la risposta
dei compiti al telefono? Quanto tempo delle sue serate aveva passato ad
ascoltarla, prestando alle sue sciocchezze e a tutti i suoi pensieri
quell'attenzione che nessun altro aveva la pazienza di darle? Quante
volte aveva accontentato piccoli capricci senza senso? Così
tante che quel giorno lei gli aveva chiesto di spendere una fortuna in
scarpe che non avrebbe mai avuto l'occasione di indossare, se non
nell'intimità della sua stanza. E lei come lo aveva
ripagato? «Mi dispiace così tanto per averti dato
uno schiaffo.»
«Sì, parliamo di questo»
annuì lui e da come sorrise Usagi capì che non
era arrabbiato. «Cerca di non pensare a cos'è
successo oggi con i nostri nemici, Usako. E' il tuo compleanno,
parliamo solo della nostra giornata.» Le sistemò
una coda davanti alla spalla. «Avevo già capito
che mi avevi perdonato.»
«Sì, ma non perché mi hai regalato le
scarpe.»
«Lo so.»
Non abbastanza. «Io sarei stata felice anche solo di ricevere
degli auguri da te oggi e -» Si bloccò. Di male in
peggio.
«Forse avrei dovuto chiederti quand'eri nata.»
«No, avrei dovuto dirtelo io.» Come avevano detto
le ragazze. Oh!
«E il tuo compleanno!? Quand'è?»
«Eh?»
«Quand'è il tuo compleanno?»
Inorridì. Non è che per caso era già
passato e lui aveva trascorso una giornata intera a soffrire
perché lei non se n'era ricordata?
«Il 3 Agosto.»
Il tre... Tirò un sospiro di sollievo. «Deve
ancora arrivare.»
«Sì» sorrise lui. «Anche io
sarei stato triste se non te ne fossi ricordata, anche se...»
Aggrottò la fronte. «Penso che guardando il
calendario mi sarei ricordato di parlartene.»
Le uscì una risatina. «Il fatto è che
abbiamo tanto da fare.» Con lo studio, con i nemici.
«Quest'anno il mio compleanno è arrivato senza che
me ne accorgessi. Di solito lo attendo con impazienza per
settimane!»
«Il prossimo anno cercheremo di fare qualcosa di
speciale.»
Lei strofinò la fronte contro la sua guancia. «E'
già speciale.» Lo strinse fino a cercare di
annodarsi a lui, un piccolo nodo-Usagi che non si sarebbe
più sciolto. «Sono fidanzata con te, cosa posso
volere di più?»
«Okaay!» tuonò una voce dietro di loro.
Minako avanzò facendo scricchiolare le assi di legno del
corridoio di Rei. Incrociò le braccia. «Sparliamo
di voi due da interi minuti e voi ancora qui a fare i piccioncini. E'
ora di avere un po' di contegno!»
«E' ora di finirla!» gridò Rei da dentro
la sua stanza. «Io devo andare a dormire e siete tutti in
camera mia! Usagi, abbiamo festeggiato abbastanza qui. Hai compiuto
quindici anni, fai la ragazza grande e festeggia con Mamoru da un'altra
parte!»
«Non darle strane idee!» fu la protesta
scandalizzata di Ami.
«Macché strane!» Girandosi, Usagi vide
che Makoto si era alzata con le braccia piene di dolcetti.
«Tutto questo romanticismo mi ha ricordato quanto sono
sfortunata, perciò mi prendo io tutta questa roba e nessuno
si azzardi a dire niente!»
Usagi sollevò un dito e un'occhiata di Makoto
l'attraversò come un fulmine. La protesta affamata le
morì sulle labbra.
«Bene» fu soddisfatta Makoto. Uscì dalla
stanza. «A domani, Rei, buon riposo. Ciao a tutti.»
«Tolgo il disturbo anche io.» Ami iniziò
a raccogliere i propri libri dal tavolino.
«Ehi!» protestò Minako.
«Credevo che fossimo d'accordo nel ricordare a Usagi che non
deve sbatterci in faccia la sua fortuna!»
«Quella era un'idea tua» disse la voce attutita di
Rei da dietro il pannello di shogi della stanza.
«Rinunciaci e va' a casa Minako.»
Usagi aveva arricciato le labbra.
«Io non volevo fare invidia a nessuno. Quello mio e di
Mamo-chan è amore, dobbiamo dimostrarcelo.»
Le dita di Minako cominciarono a muoversi feroci in aria. «E'
meglio che vada, è meglio che me ne vada»
bofonchiò, tornando dentro a prendere il suo zaino.
Mamoru stava guardando il suo orologio. «Sono le dieci e
mezza Usagi. Tua madre non sarà preoccupata?»
«No, le ho detto che festeggiavo qui.» Ma le aveva
anche detto che sarebbe rientrata non più tardi delle
undici. Sospirò.
Mamoru intuì tutto. «Voi siete a posto per andare
a casa? Ami?»
Ami aveva rimesso a posto tutti i suoi libri. «Ma certo,
torno con la trasformazione.»
«Anche io torno così assieme ad Artemis»
s'intromise violentemente Minako. «Grazie per
esserti preoccupato per me, eh!»
Usagi tirò fuori la lingua. «Avrebbe chiesto a te
dopo! Impaziente!»
«Parla quella che non sa aspettare per amoreggiare!»
Artemis sbucò sulla porta. «Minako, basta. Usagi,
ci sono alcune cose che la mandano in bestia. In quei momenti con lei
non si può parlare, perciò-»
«Che hai detto?!» Minako saltò a piedi
uniti a due centimetri dal muso di lui. Artemis lanciò un
miagolio inconsulto e si gettò in corsa fuori dalla casa.
Ami sorrideva sulla porta. «Luna, vuoi farmi compagnia oggi a
casa?»
Usagi non riuscì a sentire la risposta della sua gatta. Fu
attirata dall'occhiolino che Minako le lanciò
sorpassandola, in fuga dietro Artemis.
Forse Minako era davvero invidiosa, ma non era arrabbiata. Forse,
pensò Usagi, lei avrebbe dovuto avere più
considerazione per le sue amiche: a ruoli invertiti, lei sarebbe stata
felice ma davanti a troppi baci e troppo abbracci sbattuti in faccia
avrebbe cominciato a vedere rosso.
Con un cenno della testa salutò Ami che entrava nel
corridoio della casa con Luna in braccio.
«Andiamo anche noi?» le disse Mamoru.
Usagi annuì e si diresse in camera di Rei. Raccolse
velocemente la cartella che quel giorno non aveva aperto.
«Notte, Rei.»
Lei era già sotto le coperte, con il viso rivolto alla
parete. «Spegni la luce e chiudi la porta quando
esci.»
«Certo.» Così fece.
Quando saltò giù dal corridoio aperto, nel
cortile, sentì di essere entrata in un mondo nuovo. Nella
penombra della sera erano rimasti solo loro due, solo lei e Mamoru.
Inclinò la testa e si morse piano un labbro. «Devo
proprio tornare a casa?»
Mamoru si mangiò una prima risposta - una risposta matura e
coscienziosa, proprio come lui - e si permise un sorriso.
«Avvertirai del ritardo dalla cabina che c'è fuori
dal tempio. Dove vorresti andare?»
Usagi corse verso di lui. Quando lo abbracciò, seppe anche
cosa dire.
«Con te? Da qualunque parte.»
NdA: pant e strapant! Fanfic sorta da una mini-ispirazione in tarda
sera, che voglio assolutamente pubblicare in tempo per il 30 Giugno,
giorno del compleanno di Usagi Tsukino :) Perciò adesso
pubblico e correggo eventuali errori dopo se ce ne sono (sì
che ce ne sono!)
Nota post-correzione: infatti c'erano :D
ellephedre
P.S. Per il concorso di fanfiction che sto organizzando (in palio, tra
recensioni e pubblicità, una fanfiction di Sailor Moon
scritta da me su qualunque cosa vogliate) la scadenza è fissata per il 3 luglio. Ricordate,
ci vuole solo una one-shot su Sailor Moon per partecipare. Per leggere
il bando andate alla pagina 'Sailor
Moon, Concorso di fanfiction!'
|
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Capitolo 5 *** Usagi + Mamoru = Chibiusa? ***
superusagi4
Note: i kanji sono gli ideogrammi giapponesi con cui
nell'idioma si identificano concetti o parole complesse. Per saperli
leggere bisogna impararli a memoria (quelli di uso comune sono circa
2000, tutti diversi l'uno dall'altro). E' normale per un adulto saperli
utilizzare nello scrivere, invece che proporre la parola con i
corrispondenti caratteri fonetici.
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
4 - Usagi +
Mamoru = Chibiusa?
Durante l'episodio numero 104 di Sailor Moon (numero 15 della terza
serie, dedicato alla ricerca di amicizie da parte di Chibiusa, tra cui
quella col giovane maestro del tè).
Usako!
con tono di rimprovero.
Fate pace!
Mamoru l'aveva detto sorridendo e lei era stata d'accordo, ovviamente,
ma poi la cosa era andata avanti.
Quando lei aveva inavvertitamente rovesciato la sua coppa di gelato,
Chibiusa era scoppiata a ridere e Mamoru non aveva detto nulla per
fermarla.
Quando Chibiusa era voluta saltargli in braccio - non era
già troppo grande per quelle cose? - Mamoru aveva lasciato
la mano a lei pur di poter stringere per bene la loro piccola demone
dai capelli rosa.
Quando, dopo averla riportata a casa per proseguire nel loro
appuntamento, Chibiusa l'aveva salutata con una linguaccia nascosta,
Mamoru aveva rimproverato con lo sguardo solo lei per averla
ricambiata, anche se aveva visto benissimo che era stata Chibiusa a
cominciare.
Usagi aveva detestato sentirsi inferiore a Chibiusa nella
considerazione di Mamoru.
E non voleva mai più provare nulla del genere.
«Davanti a lei mi tratti come una bambina.»
Invece di risponderle, Mamoru continuò a guardare davanti a
sé. Non era arrabbiato né seccato - non ne aveva
l'espressione - ma l'aria di rassegnazione non fece che confermare ad
Usagi quel che aveva appena detto.
Pensò di non seguirlo nel suo avanzare, poi non seppe
resistere. «Mamo-chan... Non mi piace.»
Lui sospirò. «Neppure a me.»
Mamoru aveva un modo sottile e molto intelligente di farla sentire
colpevole dei propri atteggiamenti sbagliati: gli bastava una parola o
uno sbuffo dispiaciuto per farle comprendere che lui per primo avrebbe
volentieri fatto a meno di rimproverarla, se solo avesse potuto.
Usagi sapeva di meritarsi la lieve delusione di lui quando si
comportava in modo estremamente sciocco, ma dovevano porre un limite
insieme. «Chibiusa mi rispetta già
poco.» Non aiutava che lui non la difendesse o che, di fatto,
prendesse le parti della loro futura figlia.
Mamoru si voltò e fu impossibile per Usagi non percepire la
serietà che stava per infondere nelle sue parole.
«Chibiusa è una bambina con la risposta sempre
pronta, Usako. Non puoi aspettarti che ti rispetti quando ti comporti
come se avessi la sua età.»
Lei lo sapeva benissimo! «Però non rimproverarmi
davanti a lei!»
«Allora non attaccarla di fronte a me!»
Usagi si tese.
Mamoru rilassò la fronte aggrottata. «E' una
bambina, Usako. So che è una...» Sembrò
faticare con la definizione. «Peste. Ma è piccola
e sei tu che dovresti evitare di farti provocare.» Si
avvicinò di un passo, intuendo quanto l'aveva colpita con il
tono della sua prima risposta. «So che ci stai provando.
Cerco di intervenire solo quando perdi il controllo.»
Lei abbassò lo sguardo. «So di essere una bambina
anche io.»
«Non è vero. Il problema è che sembri
crederci proprio tu.»
Usagi deglutì. «Ti sbagli, non lo faccio apposta.
Io voglio bene a Chibiusa, ma lei a volte mi irrita tanto
che...» Fermò il formicolio alle mani.
«Oggi mi ha irritato il modo in cui sembravi di nuovo
preferirla a me.»
Lui si era già comportato così in passato, ma a
quel tempo loro avevano rotto e lei aveva creduto che, se fossero stati
insieme, si sarebbe comportato diversamente.
«Non puoi parlare di preferenze. Io voglio bene a tutte e
due.»
Usagi ne era consapevole. Ma era gelosa dell'indulgenza che a lei non
veniva riservata.
Mamoru le accarezzò un braccio. «Sai
perché voglio tanto bene a Chibiusa?»
Usagi lo sbirciò da sotto la propria frangia.
«Perché ti somiglia, Usako.» Mamoru si
sedette sulla panchina accanto a loro. Annuì. «Le
voglio bene anche perché sarà la mia bambina,
però... è vero che mi accorgo di come mi somiglia
in alcune piccole cose che mi aiutano a capirla meglio,
ma...» Scosse la testa e sembrò diventare
d'improvviso capace di spiegarsi. «Ha il tuo viso. Anche
alcuni tuoi atteggiamenti e ogni volta che mi metto ad osservarla mi
sembra così... strano. Al mondo c'è in giro una
persona che è come una piccola te che fa parte anche di
me.»
Usagi rimase a guardarlo.
Mamoru si appoggiò meglio contro lo schienale.
«Ammetto di averle voluto bene anche prima di sapere chi era
per noi, ma adesso è una cosa... speciale.» Le
cercò lo sguardo col proprio. «Vorrei che non
fossi gelosa di questo.»
Usagi si sentì travolgere dalla tenerezza. «Forse
mi sarei sentita come te se lei fosse stata un maschio.» Ma
allo stato dei fatti... Si sedette accanto a lui e gli prese le mani.
«Io amo Chibiusa. Forse mi irrita soprattutto che abbia tutti
i difetti che ho io. E' come uno specchio da cui non si
scappa.» Che lei non era stata ancora pronta ad affrontare.
Era ben cosciente di avere ancora molta strada da fare per crescere e
ogni volta che stava con Chibiusa si sentiva diventare sempre
più infantile invece che più matura.
Mamoru sembrava preoccupato. «Non c'è motivo per
cui tu debba voler scappare da te stessa. Non mi riferisco al discorso
di Chibiusa, voglio dire che-»
Usagi annuì. «Io mi piaccio. Mi piace anche
Chibiusa, stavo solo cercando di spiegarti perché a volte
sono immatura con lei.»
Mamoru rifletté sulle sue parole. Lanciò una
lunga occhiata al parco e poi tornò a concentrari su di lei.
«Cercherò di... non dirti davanti a lei che stai
sbagliando. Se tu...»
«Sì, proverò a controllarmi.»
Chissà se ci sarebbe riuscita. Avrebbe tentato, almeno.
Mamoru inclinò la testa e la guardò con un
pensiero in testa. «Sono favorevole a vederti rimproverarla
come un adulto, sai?»
Come?
Mamoru abbassò lo sguardo e le sembrò quasi
imbarazzato. «Io riesco a rimproverarla seriamente solo
quando mi esaspera, ma so che alcuni suoi atteggiamenti sono sbagliati.
Per cui, se riesci a pensarci quando non riesco io...»
Usagi iniziò a sorridere. «Per
fortuna non siamo ancora i suoi veri genitori.»
Persino Mamo-chan, con tutta la sua intelligenza e maturità,
non era ancora adatto ad assumere quel ruolo.
«A proposito, Chibiusa ha parlato di una lettera inviata da
sua madre. Che cosa diceva?»
«Hmm... niente, era stringata.» Nonché
priva di kanji, ma Usagi evitò di menzionarlo. La sua futura
se stessa era una fantastica regina, che bisogno aveva una sovrana di
ricordarsi i kanji? «Diceva che con noi Chibiusa poteva
allenarsi e ci pregava di prenderci cura di lei.»
Mamoru annuì, pensieroso.
Per togliergli ogni preoccupazione Usagi pensò di sfiorargli
un lato della bocca con un bacio.
Quando la piccola e dolce peste non c'era, lei e Mamoru si potevano
concedere questo e tanto altro.
«Grazie... Sailor Moon.»
Chibiusa se lo era lasciata sfuggire piano piano, a bassa voce, ma ci
aveva pensato completamente da sola.
Usagi non provò una soddisfazione vittoriosa per aver
ottenuto un riconoscimento per il proprio intervento.
Le venne in mente che la riluttanza a riconoscere i meriti altrui non
era sua. Quello era Mamoru, si ricordò. Mamo-chan che, pur
con tutta la sua modestia, nel profondo era discretamente orgoglioso.
Si sentì sorridere e alzò la testa per guardare
la figura che si era sporta dietro la palizzata di bambù.
«E' stata brava, vero? Sia a combattere che a
ringraziare.»
Con un salto, Tuxedo Kamen atterrò accanto a loro.
«Non sono arrivato in tempo per assistere al suo
combattimento, ma sono certo che sia stata molto coraggiosa.»
Sailor Chibi Moon si illuminò.
Dietro la maschera, Mamoru sollevò un sopracciglio.
«Sei stata brava anche a ringraziare Sailor Moon.»
«Hmm... sì.» Chibi Moon cercò
di guardare altrove, poi non ebbe bisogno di fingere.
«Tamasaburo-san!» Corse via, a cercare il ragazzino
vittima della demone.
Usagi le fu immediatamente dietro.
«Mamo-chan?» gli disse, una volta che furono andati
nell'appartamento di lui. Tamasaburo-san era sano e salvo e non c'era
più alcun pericolo per nessuno.
«Hm?» le rispose Mamoru.
«Oggi ti ho riconosciuto in Chibiusa.» Usagi
sorrise dolcemente. «Ora so cosa intendevi dire.»
Il suo Mamo-chan si riempì di una rara tenerezza.
Usagi la trovò così carina che si sporse per
dargli un indispensabile bacio. Quando Mamoru fece lo stesso, il cuore
le batté un po' più forte.
«Ahhh!»
Si bloccarono entrambi.
Col viso rosso, Chibiusa aveva assunto nell'insieme la
tonalità di un gelato alla fragola. «Siete...
siete degli svergognati! In giro per casa c'è una bambina
innocente!»
In giro per casa c'era una noiosissima peste che non sapeva rispettare
la privacy altrui. Usagi tirò fuori la lingua.
«Nessuno ti ha chiesto di rimanere!»
Chibiusa si indignò. «E' stato
Mamo-chan!» Corse a saltargli in braccio. «Vero che
vuoi che rimanga, Mamo-chan?»
Usagi evitò per un soffio di scoppiare. Mamo-chan era il suo nome, solo lei
aveva diritto di usarlo! Sii
matura, si ripeté in testa. Matura, matura, matura!
Lo sguardo nervoso di Mamoru passò da Chibiusa a lei.
«Certo che voglio che tu rimanga» finì
col dire.
Usagi lanciò uno sbuffo enorme in direzione del soffitto.
Tenendo lontano Chibiusa, Mamo-chan si chinò per sussurrarle
poche parole all'orecchio.
Più tardi
saranno due.
Chibiusa si divincolò. «Ehi, che cosa le hai
detto?»
Usagi cominciò a sorridere apertamente. «Niente,
peste che non sei altro!» Le prese la faccia tra le mani e le
piantò un bacio sulla fronte.
Chibiusa si tirò indietro con uno scatto e le guance
imporporate, lasciandole il tempo di pensare a cose belle.
A due baci futuri e a tante altre cose da fidanzati.
FINE
NdA
- Questa puntata verrà trasmessa in tv il 24 gennaio :) Me
la sono rivista prima, in lingua originale, tramite altri mezzi e
così mi è venuta l'idea di questa fanfic.
E' possibile che io torni indietro con gli episodi - in quel caso
sistemerò
l'ordine dei capitoli più in là. Mi piacerebbe
dire qualcosa di più sul compleanno di Usagi e
vedrò se mi viene in mente.
Per chi attende con impazienza il seguito di 'Verso l'alba', in questi
giorni e per i prossimi ho solo scampoli di tempo da dedicare alla
scrittura. Per 'Verso l'alba' mi servono interi pomeriggi di
libertà di solito. Cercherò di portarla avanti
anche in questo periodo impegnato. Come saprete, anche quando si fa
attendere, un nuovo capitolo di questo complicato sequel di Sailor Moon
che ho inventato arriva sempre :)
Alla prossima!
ellephedre
P.S. - nel gruppo Facebook pubblicizzato qui sotto trovate brevi pezzi
che mi diverto a trarre dalle fanfiction che ho scritto, corredandoli
con immagini.
|
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Capitolo 6 *** Il bacio dell'estate dei quindici anni ***
superusagi5
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
5 - Il bacio
dell'estate dei quindici anni
All'interno
dell'episodio 105, l'allenamento in montagna di Makoto in cui Usagi
cerca di passare del tempo con Mamoru che lavora come cameriere in un
albergo.
Aveva
quindici anni ed era estate!
Estate!
Vacanze!
Mamoru!
Ridendo tra sé, Usagi addentò il cono gelato per
terminarlo rapidamente. Una volta varcata la soglia di casa, Chibiusa
l'avrebbe vista subito e se avesse portato con sé anche solo
una minima traccia del gelato consumato, beh... sarebbe scoppiato
l'inferno. Chibiusa sarebbe corsa da sua madre ad accusarla di non
averne comprato uno anche per lei, sua madre l'avrebbe guardata con un
misto di disapprovazione e rassegnazione e l'avrebbe minacciata di non
prepararle alcun dessert per cena se non avesse portato subito Chibiusa
a mangiare un gelato.
Usagi sospirò, addolcendo il sapore delle sue sfortune solo
col gusto della fragola.
Perché solo lei si trovava in una situazione simile? Di
solito in un trio figlia-madre-nonna ad avere ragione e a decidere era
la madre, quindi teoricamente lei stessa. Invece nel suo caso lei era
una figlia che non era mai diventata madre ma che aveva una figlia
ugualmente. E così alla fine era tormentata sia da sua madre
Ikuko che da sua figlia Chibiusa e non aveva alcunissimo scampo.
Sospirò. Avrebbe voluto poter dare qualche colpa a
Mamo-chan. Chibiusa era anche figlia sua, ma lui era ancora
completamente innocente, visto che loro non avevano certo...
Arrossì e saltellò sul posto.
Era estate, lei aveva quindici anni, un mucchio di tempo libero e un
Mamo-chan innamorato. Era tempo! Tempo di qualcosina in più
dei baci da principi delle favole.
Avvampò e si coprì la faccia con le mani.
Giusto qualcosina-ina, immaginò. Lei non era pretenziosa
né maniaca.
Una scia fredda le scivolò fin sulla fronte.
Il gelato le era finito nei capelli.
«COSA?!?»
«Ehm...» Mamoru si prese un momento per ripetere.
«Da domani lavorerò come cameriere per una
settimana in un hotel fuori Tokyo.»
«Perchééé?!»
urlò disperato il telefono.
«Te l'ho detto, Usako. Motoki ha bisogno che lo copra con
questo lavoro, altrimenti-»
«Non ha altri amici?!?»
«Beh... sono l'unico libero.»
«Tu non sei libero!» gridò di nuovo
Usagi. «Tu sei-!» abbassò di colpo la
voce, «tu sei Tuxedo Kamen! Devi esserci per combattere
assieme a noi.»
L'aveva tenuto presente. «Nelle ultime battaglie non ti sono
stato tanto utile. Devi solo fare in modo di stare sempre assieme alle
ragazze quando combatti. Non mettere in pericolo Chibiusa.»
Il telefono trasmise un lamento scoraggiato.
«Cosa c'è?»
«Mamo-chan... è estate.»
Sì, era la penultima settimana di Luglio.
«Sono in vacanza...»
Già, la scuola per lei era appena finita.
«Non mi vuoi bene?»
Sorridendo, lui alzò gli occhi al cielo. «Certo
che sì. Cosa c'entra?»
«Volevo passare l'estate con te...»
«Usako... l'estate non finisce con la prossima
settimana.»
«Ma c'è sempre Chibiusa assieme
a noi...»
Non gli piaceva quando Usagi nonimava Chibiusa come se fosse un
intralcio, ma in parte la capiva. «Qualche volta usciremo di
sera, così tua madre la terrà a casa.»
«Davvero?»
Sentirla tanto delusa finì con l'intristire un poco anche
lui. «Davvero.»
«Non puoi proprio rifiutare?»
«No» sospirò. «Sai che alla
macchina servono batteria, gomme nuove e un controllo completo dal
meccanico. Se guadagno i soldi che mi servono ora, risparmio quelli che
mi entrano in conto il prossimo mese.» La sua
eredità gli veniva passata con un assegno mensile e la
situazione non sarebbe cambiata fino al compimento dei suoi vent'anni.
Aveva ancora bisogno di lavorare per le spese extra.
Il sospiro di Usagi fece commuovere il telefono. «Ti voglio
bene, Mamo-chan.»
Per un momento lui volle ringraziarla solo per come quelle
parole lo facevano sentire ogni singola volta.
«Aspetterò impazientemente il tuo
ritorno» aggiunse lei. «Mi mancherai.»
Mamoru desiderò poter accarezzare una delle sue code bionde,
passarci le dita e farla sorridere. «Una settimana
passerà in fretta.»
«Hm-mh» concordò malamente lei.
«Ciao.»
«Ciao» le disse lui. Usagi riattaccò
senza dire altro.
Mamoru rimase a guardare il telefono.
Usako faceva sempre così quando era delusa, si disse. Si
sarebbe ripresa presto, era una delle sue migliori
qualità.
Appoggiò il cordless al suo posto.
Si diresse nella sua stanza, a fare la valigia. Trovò uno
zaino dentro l'armadio e lo giudicò meno ingombrante e
più pratico del borsone. Lasciò la mano ferma
sull'anta.
Avrebbe chiamato Usagi dall'hotel appena avesse potuto.
Afferrò una bretella.
Se Usagi si fosse sentita sola, una chiamata non avrebbe reso felice
solo lei.
Nel bel mezzo di una favolosa piscina dall'acqua cristallina, col sole
splendente e una marea di bei ragazzi e ragazze che facevano bella
mostra di sé in costume, per Usagi la vista migliore fu
quella che incrociò tra un paio di spaghetti e un pollo allo
spiedo.
«Mamo-chan!» bofonchiò a bocca piena.
Mamoru si fermò e voltò la testa, bilanciando a
stento le due pila di piatti sporchi che teneva tra le mani.
«Usagi? E anche voi ragazze...» Non
riuscì nemmeno a ridere. Perché si era
preoccupato? Il destino, in un modo o nell'altro, non separava mai lui
e Usagi.
«Ma che fortuna incontrarci qui per caso!»
dichiarò lei.
Mamoru aggrottò la fronte. Era una commedia a beneficio
delle altre? Quella stessa mattina le aveva lasciato un messaggio in
segreteria per dirle esattamente dove si trovava, nel caso ci fosse
stato bisogno di lui per qualche emergenza.
Lei si alzò da tavola. «Mamo-chan, cosa ne dici di
andare a fare un giro noi due soli?»
Non poteva. «Scusami, ma adesso sono molto
occupato.» Cercò di dare l'idea col numero di
piatti che portava. «La paga è buona e anche le
mance, ma c'è molto lavoro. Devo darmi da fare.»
«Mamoru-san!» gridò uno dei suoi
colleghi in lontananza.
«Eccomi!» Andò via e si
ricordò di non aver salutato Usagi solo dopo una decina di
passi. Voltandosi, riuscì a vedere solo che lei sembrava
china sul piatto.
«Mamoru-san, aiutami!»
Non gli restò che tornare al lavoro.
Sera, dopo la battaglia.
Incartata come una busta nel suo futon - in montagna faceva sempre
freschino di sera - Usagi guardava il soffitto.
Makoto era stata bravissima durante il combattimento. La sua dedizione
aveva pagato, ricompensandola pienamente. Peccato che avesse deciso di
interrompere d'improvviso il suo allenamento - per non affezionarsi
troppo ad un certo tipo pelato, sospettava Usagi - e quello era un vero
disastro. Un disastro gigantesco, crudele.
Ebbe voglia di piangere. Seppure tanto vicina a Mamo-chan, non sarebbe
riuscita a stare sola con lui nemmeno per un attimo. Se avesse provato
a lamentarsi Rei l'avrebbe aggredita per la sua immaturità,
Ami avrebbe obiettato che solo a Tokyo potevano studiare bene, Minako
le avrebbe lanciato dardi d'invidia con gli occhi e Makoto non avrebbe
mai creduto che fosse venuta fino a lì per lei. Invece era
proprio così, solo che la presenza di Mamo-chan nelle
vicinanze le aveva permesso di acchiappare due piccioni con una fava e
quale ragione c'era per non approfittarne?
Nessuna, si rispose.
Perciò, molto discretamente, iniziò a scivolare
fuori dalle coperte.
«Dove credi di andare?» le domandò un
bisbiglio alla sua destra.
Usagi sentì la pelle d'oca. «In bagno.»
Minako tirò la testa fuori dalle lenzuola. «Ci sei
stata dieci minuti fa.»
«Ecco... Ho bevuto molto oggi.»
«Io no. E non me la bevo neanche adesso.»
Usagi piagnucolò in silenzio. «Minako!
Minakochanuccia, abbi pietà!»
Minako affondò una risata bassa nel futon. «Ma
certo, vai!»
«... Davvero?»
«No, per finta.»
Usagi non riuscì a credere alle proprie orecchie.
«Minako... veramente non ti dà fastidio?»
«A me?» La sorpresa fu sincera.
Usagi non seppe come commentarla.
«Vuoi andare o no?»
«Certo!» Scattò in piedi, silenziosa e
leggiadra come la migliore delle ladre. «Torno
presto!» Sgattaiolò fuori.
«Ma davvero pensava che non la sentissimo?» Rei si
voltò su un fianco.
«Beh» bisbigliò perplessa Makoto.
«Ami dorme.»
«... sono sveglia.»
«Non dormiva nessuno!» ridacchiò Minako.
«Io ho ancora l'adrenalina!» Makoto tirò
un paio di pugni allegri in aria.
«Shh!» le ammonì con una risata Rei.
«Nel resto dell'albergo riposano.»
Minako mise il broncio. «È proprio da escludere la
battaglia
dei cuscini parte due?»
Rei non si lasciò distrarre. «Cosa intendeva dire
Usagi quando ti ha chiesto se non ti dava fastidio che se ne
andasse?»
Nel buio della stanza la pausa fu brevissima. «Non so.
Avrà capito male.»
«Secondo me sì» commentò
Makoto. «Tu sei proprio come tutte noi, Minako. È
difficile
non essere un pochino invidiosi della fortuna di Usagi.»
Rei comprese. «Esatto. Non c'è niente di male ad
essere un po' depressi nel non avere un ragazzo tutto per
noi.» Trovò indispensabile fare un'aggiunta.
«Se lo dite ad Usagi, vi punirò in nome di
Marte.»
Minako era rimasta in silenzio.
Rei cercò soccorso. «Non la pensi così
anche tu, Ami?»
«Hmm... beh, io credo che siamo ancora troppo giovani per
avere un fidanzato-»
«Ami.»
«Però penso anche che abbiamo un'età in
cui il bisogno di romanticismo è forte-»
«Ami.»
«Oh, lasciami parlare!»
Attonita, Rei si zittì.
Poté quasi vedere l'imbarazzo di Ami, anche nel buio.
«Volevo solo dire che... l'amore ci attira tanto. Vederlo
accanto a noi provoca un fortissimo desiderio di viverlo. Non
è invidia.»
Nella stanza si levò un sorrisino. Minako si
allungò nella direzione di Ami. «Allora tutti quei
libri servono ad acquisire un po' di vera saggezza.» Si
allungò di lato e accese una piccola lampada.
«Visto che nessuna di noi ha sonno, vi va una partitina a
carte?»
Esperimento numero uno.
Usagi si trasformò nell'area vuota e buia delle piscine. Le
vasche erano state coperte per la notte, cambiando completamente il
panorama. Lei si era aspettata di trovare il riflesso magico della luna
sull'acqua e invece al suo posto c'era solo il buio di grossi teloni di
plastica nera. Sospirò tra sé, guardando
il cielo nuvoloso che prometteva pioggia.
Strinse i pugni: si rifiutava di lasciarsi demoralizzare! Per
un'atmosfera romantica non le ci voleva altro che Mamoru.
Se le cose andavano come sempre, lui avrebbe sentito che lei si era
trasformata e sarebbe arrivato a controllare. Di solito era necessario
che lei si trovasse maggiormente in pericolo, ma visto che era tutto
tranquillo e non c'era in giro niente a distrarlo, Mamoru avrebbe
dovuto percepirla anche così, no?
A meno che non se la stesse dormendo alla grossa.
Si appoggiò contro una cabina chiusa. In giro non c'era
neanche un tavolino accanto a cui sedersi. Per paura della pioggia
avevano messo via tutto.
E se Mamoru era già addormentato? Ne avrebbe avuto il
diritto dopo una pesante giornata di lavoro.
Lei aveva tentato di intercettarlo mentre girava tra i tavoli ed erano
riusciti a scambiare qualche parola, ma dopo un po' aveva capito che lo
stava solo intralciando costringendolo ad ascoltarla mentre lavorava.
Lei non aveva pensato che a lui durante il giorno - con l'eccezione
della battaglia, di Eugeal, di Makoto, delle sue amiche, delle Outers,
di Luna e di Chibiusa, di Haruka e Michiru - ma Mamoru le era sembrato
quasi indifferente. A volte aveva l'impressione che lui fosse quasi
contento di poter stare un po' lontano da lei. L'amava, ma erano
così diversi che forse Mamoru voleva trovare un po' di
respiro dalle sue continue sciocchezze.
«Niente più mostri, vero?»
Lei si girò con un salto. «Mamo-chan!»
«Shh!» le indicò lui, con un dito
guantato davanti alla bocca. Sorrideva.
«Niente più mostri!» confermò
felice Usagi. Inclinò la testa. «Oggi non sei
venuto perché eri impegnato?»
Lui annuì. «Ero riuscito a liberarmi, ma quando
ero a metà strada il combattimento era già
finito.» Si appoggiò contro la cabina, accanto a
lei, una visione di confortante nero e bianco. «Forse dovrei
allenarmi anche io come Makoto. A correre di più.»
Usagi scosse la testa. «Non abbiamo il potere della
supervelocità.» Si rallegrò.
«Sai che oggi non è servito il mio intervento per
battere il nemico? Makoto ci è riuscita da sola.»
«Veramente?»
«Sì» annuì Usagi.
Cercò di imitare le movenze dello sparkling wide pressure
di Makoto. «Ha creato la sua palla di elettricità
e l'ha scagliata contro il nemico a tutta potenza. È stata
fantastica!»
«Nessuna delle altre si è fatta male?»
«No.»
«Neanche tu?»
Usagi fu confortata dalla domanda. Aveva imparato a lamentarsi di meno
delle piccole ferite apposta per non dare inutili pensieri alle sue
amiche, ma la preoccupazione di Mamoru rappresentava una dolce
protezione anche solo a parole. «Sì, sto bene
anche io. Eri in pensiero per me?»
«Sì» sorrise lui, inclinando il capo. La
mascherina bianca era come trasparente per lei: riusciva a immaginare
perfettamente lo sguardo di lui, sempre.
Accennò a due passi e posò la testa contro il suo
braccio. «Eri addormentato?» sussurrò.
Nemmeno lei seppe perché aveva abbassato la voce.
«Un po'.»
Lo strinse. «Scusami per averti svegliato.» E per
non riuscire a pentirsi di averlo fatto. Era una ragazzina immatura,
troppo scioccamente innamorata. «Perdonami.»
Sentì la stoffa delicata dei guanti di lui sulla propria
nuca. Mamoru iniziò a seguire con le dita i suoi capelli;
arrivò ad una sua coda e, piano, la divise tra i
polpastrelli, trasformandola in lunghi fili.
Usagi chiuse gli occhi.
Dondolò lentamente contro di lui, quasi senza muoversi.
Quando le sembrò che mancasse qualcosa, iniziò a
canticchiare la loro musica, la melodia del carillon.
Mamoru chinò il capo verso la sua testa e il suo respiro le
sfiorò la testa.
Cominciò a dondolare con lei, in passi accennati che
conoscevano entrambi.
Usagi fu felice.
Nel cielo scoppiò un fulmine.
«Ahhh!» urlò lei.
«Shh!» rise Mamoru, stringendola.
«È
solo il temporale!» La sentì tremare e si
fece serio. «Ti accompagno al tempio?»
Dalla montagna vicina il cielo si aprì come un manto, tanto
violentemente che bastò un altro lampo a far intravedere la
coltre di pioggia che correva verso di loro.
Mamoru armeggiò dentro una tasca. «Aspetta... Ho
la chiave di questa stanza degli attrezzi...»
Usagi cominciò a saltellare. «Fai in
fretta!»
«Trovata.» Mamoru infilò la chiave nella
toppa e la aprì proprio quando la pioggia
cominciò a battere sui teloni delle piscine. Usagi
sentì una goccia d'acqua che la picchiava sul collo appena
un istante prima di chiudersi dietro la porta della cabina. Dentro la
stanza piena di sedie, tavoli e ombrelloni ripiegati, c'erano meno di
tre metri in cui muoversi. «Per chi è uscito la
serata è rovinata...» Venendo lì aveva
visto in lontananza le luci di una discoteca.
Mamoru prese una sedia da una pila. La depose a terra. «No.
Ha piovuto così anche ieri sera, solo per una decina di
minuti. Il meteo aveva previsto temporali sparsi in tarda serata. Si
calmerà tra poco.»
Usagi non poté fare a meno di sorridere. «Non mi
dispiace essere intrappolata qui con te.»
Lui depose la maschera sull'angolo di un tavolo. «Lo
so.»
La pioggia stava torturando il tetto della cabina-deposito in
cui si erano rifugiati. Usagi lanciò un'occhiata al
pavimento spoglio, alla stanza lugubre con una singola lucetta, alle
pareti privi di qualunque poster o cartello. Si fece venire un'idea.
«Ti va di-?» Si bloccò in tempo. Si
coprì la faccia fino alle guance.
«Cosa?»
«Ehm...» Di giocare a carte? Ma non aveva delle
carte! E poi la sua vera idea era migliore, anche se tremendamente
sfacciata.
«Che cosa volevi proporre?» sorrise lui. Si era
tolto il cilindro e gli bastava un'illuminazione minima per essere
affascinante come un principe.
Era un principe.
Usagi deglutì. «Di...» E lei era la sua
principessa. «Di... baciarci?»
Mamoru si ritrasse come se avesse visto un ragno.
In lei, dopo una doccia gelata di imbarazzo, vinse un pizzico di
offesa. «Se non vuoi...»
abbassò lo sguardo, «fammelo capire in un altro
modo.» Sarebbe stato carino. Educato. Giusto. Meno cafone,
meno antipatico e meno... doloroso.
Le rispose una risata tanto bassa da non sembrare quasi tale.
«No, il...» Mamoru si interruppe e
ricominciò a parlare. «Il fatto è
che... detto così...»
Usagi sollevò le sopracciglia.
«Niente» chiarì
lui. «Nulla.» Sorrise. «Beh...
sì, certo.»
Eh?
pensò lei.
Mamoru la raggiunse e si sedette sul tavolo che le stava accanto.
«Non è molto romantico, tutto qui.»
La sua proposta era stata accettata. Usagi cercò di non
scoppiare a ridere. «Tu sei più bravo di me a
essere romantico.»
«Pensavo che ti piacesse.»
«Mi piace.»
«No, voglio dire che a volte cerco apposta situazioni
romantiche perché so che piacciono a te.»
E quindi a lui non piacevano tanto?
Mamoru intuì la domanda e iniziò a entrare nel
panico. Quando scosse la testa Usagi comprese la sua
sincerità e volle ridere. Decise di agire in una maniera
ancora migliore.
«Smack.»
«Che?»
In piedi tra le sue gambe, lei si sporse in
avanti. «Pciù.»
Appoggiò la bocca sulla sua e gli zittì
i pensieri.
Sotto le sue, le labbra di Mamo-chan furono morbide e ferme, ancora
esitanti. Quando si rilassò, come sempre, lui
massaggiò la bocca sulla sua, facendola sentire una vera
principessa.
«Mi manchi già dopo un giorno.» Usagi
tornò a far schioccare le labbra contro quelle di lui,
appena. Sentì una punturina di gioia nel petto quando Mamoru
cercò di non farla andare via, sporgendosi in avanti. Lei
non gli sfuggì, posando le mani sulle sue spalle.
Per qualche momento, lasciò che fosse lui a baciarla piano,
con tocchi lievi su tutta la linea della sua bocca.
Amata, quietamente adorata, riprese a canticchiare.
«Hm-hm-mh-hm, hm-hm, hm-hm hm hm...»
«Pensavo che la trovassi triste...»
Con gli occhi chiusi, Usagi premette di nuovo la bocca su quella di
lui, delicata. «Non tanto... non più.»
Respirò dalla sua guancia. «Sono triste
quando non sei con me, ma quando la canto così...»
Alzò lo sguardo. «Mi ricordo di adesso.»
Sulle sue labbra, fece di nuovo pciù.
«E allora torno felice.»
Lui unì le sopracciglia. «... Mi manchi anche
tu.»
Usagi lo strinse forte.
Non aveva bisogno di musica. Di nient'altro.
Sorrise alla notte piovosa, alla cabina in penombra e soprattutto a
Mamoru, anche se non poteva vederla. «Se stiamo
così abbastanza a lungo, mi passerà la paura dei
fulmini.»
Un tuono le trasmise un brivido, smentendola.
«Funziona meglio la tecnica di prima.» Tenendola
per le spalle, Mamoru riuscì a scostarsi abbastanza da
guardarla.
Usagi intuì il suggerimento e tornò a ricevere un
bacio. Lo diede proprio come lui, senza più giocare
come bambini. Separò le labbra quasi per caso, di
poco, e come sempre non si affrettò a riunirle.
Assaporò il piccolo brivido del gusto, solo sulla punta
della lingua. Sorrise del tremito che fece vibrare di calore i suoi
sensi, ma non riuscì più a farlo quando non volle
separarsene.
Mamoru non si ritrasse, rimase lì, a farla restare in bilico
tra dolcezza e un precipizio profondo. Conosciuto.
Usagi si sbilanciò.
Impossibilitata a parlare, emise un mormorio di timorosa resa.
Mamoru allontanò la bocca dalla sua, gli occhi aperti.
Lei deglutì, chiuse i propri e riunì le labbra
alle sue. Estate. Un
amore grande, da grandi. Scelse di sentire il sapore che
prima l'aveva assaltata con la sua sola presenza.
La melodia del carillon risuonò dentro le sue orecchie.
Nella stanza.
Il bacio un po' più adulto si ricordò da solo di
essere già esistito.
Con gioia immensa, nel mezzo di una guerra, infinite epoche addietro.
Era stato osteggiato, desiderato, ricercato, trovato con sollievo
inatteso, adorato per istanti preziosi, crudelmente ucciso e infine
rimpianto anche nella morte.
Le cadde una lacrima.
La goccia toccò il naso di lui.
«... piangi?»
Mamoru non aveva ricordato. Usagi comprese che non era accaduto neppure
lei. Era stata solo... una sensazione.
«Possiamo farlo di nuovo?» Non provò
vergogna nel chiederlo.
Ricevette ancora una volta il suo bacio adulto, gustoso, da brividi.
Felice. Rise nel ricambiarlo, anche per Serenity che non
c'era più.
Poi si dimenticò di lei, com'era giusto e bello.
Solo Usagi. Solo Mamoru.
Non c'era nessun altro lì con loro.
Quando lui accennò ad accelerare il ritmo, Usagi si
allontanò con le guance in fiamme.
«Ehm...»
Mamoru annuì con un sorriso. Aveva capito.
Sollevò lo sguardo, facendo vagare gli occhi.
«Non piove più.»
Usagi aguzzò l'orecchio. Non riuscì a crederci.
«È già finita?»
«Siamo qui da un po'...»
Due minuti. Cinque. Dieci?
Mamoru si alzò dal tavolo. «È tardi. Ti
accompagno al tempio, così vedo dov'è.»
Usagi rilasciò un lungo sospiro. «Non serve.
Domani torniamo a Tokyo.»
«Oh.»
La delusione di lui le provocò un sottile piacere
assolutamente non vendicativo. «Torna presto a casa,
hm?»
«Appena finisce la settimana» annuì lui.
Era solo martedì.
«Magari Motoki si libera prima» offrì
Mamoru.
Usagi gli regalò un nuovo pciù
sulla bocca. «Speriamo. Quando tornerai, verrò a
trovarti con Chibiusa.» Perché Mamoru le voleva
tanto bene e lo
avrebbe fatto felice vedere anche lei.
Glielo confermò l'espressione di lui.
Aprendo la porta della cabina, Usagi si morse un labbro e
lanciò un'occhiata al pavimento bagnato. «E poi
magari ci sbarazziamo di lei?»
Seguì un istante di silenzio.
«Perché no?»
Usagi sentì di aver vinto le Olimpiadi. «'Notte,
Mamo-chan.»
«Buonanotte.»
Lui le sfiorò una mano e Usagi usò una
volontà di ferro che non aveva per sfuggirgli dalle dita.
«Ti amo!» bisbigliò forte, per
compensazione.
A lui era rimasta la voglia di un saluto più affettuoso e
meno affrettato, proprio come aveva sperato lei.
«Anche io» le disse e Usagi riuscì a
correre via solo ricordandosi che gli sarebbe mancata tantissimo
durante quella settimana. Al suo ritorno, lui sarebbe stato
più amorevole che mai.
Correndo tra gli alberi di montagna, guardò la luna che
spuntava dalle nuvole nere.
Quant'era faticoso, pensò, seguire i suggerimenti di Rei.
«Allora non hai detto niente?» insistette Usagi,
facendosi spazio nel treno, alla ricerca del loro posto.
Minako si trattenne dal sospirare. «No.»
«Di che parlate?» Luna aguzzò le
orecchie.
Minako trattenne una risata malvagia. Alla guardiana Luna la sua
protetta era sfuggita in un momento cruciale. Di lì a
qualche anno - o a qualche mese? - questo avrebbe significato che una
certa ragazza che non riusciva a stare lontana dal suo fidanzato
avrebbe perso la propria innocenza. E l'avrebbe fatta perdere a lui, il
che, considerando l'età di quest'ultimo, sarebbe stata una
buona cosa. In ogni caso, pensò, Luna sarebbe rimasta
all'oscuro, fallendo nel suo compito di supervisione.
Fortuna che il Regno Argentato era morto e sepolto.
«Hehehe» ridacchiò scioccamente Usagi.
«Niente!»
Sospirando, Minako indicò davanti a sé.
«Luna!
Artemis guarda un'altra gatta!»
«Cosa?»
Luna sgusciò via, sotto i sedili e tra le gambe dei
passeggeri già accomodati.
Usagi prese posto con un sorriso.
Minako lanciò un'occhiata consapevole ad Ami - che
arrossì e tenne bassa la testa - a Rei - che
ricambiò con un occhiolino - e a Makoto - che
scrollò le spalle.
Soddisfatta del suo inesistente segreto, Usagi tirò fuori
dallo zaino una vaschetta di cibo. «Chi vuol
mangiare?»
«Io!» si aggregò Minako.
Tra sé, cercò di non ridacchiare troppo.
FINE
NdA - In tv la terza serie è passata troppo in fretta, ma
per fortuna ho gli episodi. Ho ancora qualcosa da raccontare e quando
mi verrà l'ispirazione, come oggi, cercherò di
farlo.
Spero che questa piccola one-shot vi sia piaciuta :)
Per me sarebbe un piacere sapere di avervi trasmesso qualcosa.
Oh, recentemente ho aggiornato anche con un nuovo capitolo della
raccolta 'Red Lemon' e più precisamente con Usagi/Mamoru
II, scene che non avevo mai raccontato estrapolate dal quarto
capitolo di 'Oltre
le stelle'. Solo per maggiorenni ;)
Alla prossima!
ellephedre
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Capitolo 7 *** Lovely Valzer ***
Super Usagi!
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
6 - Lovely
Valzer.
All'interno
dell'episodio 108, 'A tempo di valzer'
Breve
riassunto dell'episodio 108: Usagi, Mamoru e le altre vengono invitate
da un gentiluomo inglese ad un ballo nella sua grande villa. Usagi fa
una serie di figuracce perché non conosce l'inglese e il
mostro di turno - comandato da Eudial - attacca il padrone di casa.
La scena che segue si svolge appena dopo la fine del combattimento.
Usagi si era allontanata dalla sala da ballo.
Il bello di una battaglia? Mamoru veniva sempre a cercarla dopo lo
scontro. Per controllare come stava, diceva lui. I suoi occhi la
percorrevano da capo a piedi, fermandosi sulle mani per controllare che
non vi fossero bruciature, sulle gambe per verificare che fossero
libere da lividi e sul viso, per assicurarsi che neppure un graffio
l'avesse ferita.
In quei momenti Usagi si sentiva coccolata.
Protetta, amata.
Quella sera tuttavia aveva due cosine da dire a Mamoru,
perciò era giusto che lui soffrisse un po'.
Nascosta dietro il tendaggio del balcone, provò a scrutare
il salone gremito di gente. Il mostro musicale -
una pazza che lanciava note assassine - aveva combinato un bel caos.
Prima che gli invitati si svegliassero dopo lo svenimento
generale, lei e le altre ragazze avevano
trovato uno sgabuzzino e vi avevano buttato
dentro tutte le sedie e i tavoli che si erano rotti durante la
battaglia.
Qualche invitato si stava ancora chiedendo perché
ci fossero meno
posti a sedere o dove fossero finiti
quei graziosi tavolini pieni di tartine, ma tutto sommato
nessuno si era accorto del disastro appena scampato. Nel giro di
qualche minuto i
camerieri avevano offerto dell'acqua a tutti gli ospiti, che si erano
ripresi e avevano ricominciato a danzare come se nulla fosse.
Usagi trasalì e tornò dietro la tenda.
Beccata.
«Usako?»
Esitò nel rispondere.
Mamoru uscì sul balcone. «Usa.»
«... Mamo-chan.»
Fare la difficile per lei era sempre difficilissimo, lui non
era mai
d'aiuto. Quella sera indossava uno smoking simile a quello del suo
costume
da Tuxedo Kamen. Mancavano il mantello e la maschera, ma vestito in
quel modo per lei era un sogno diventato realtà.
Non per lei sola.
Ritrovò il broncio.
«Ti stavi nascondendo?»
«Hm-mh.»
Lui non capì se era un sì o un no.
«Stai
bene?»
«Sì» gli rispose subito. Ce l'aveva con
lui, ma non al punto da farlo preoccupare.
Mamoru piegò un angolo della bocca verso l'alto, nascondendo
l'altro nelle guance, un sorriso assolutamente letale e affascinante.
Scorretto!
«Che cos'hai, Usa?»
La lista dei crimini di lui era lunga. «Stamattina ci hai
prese in
giro.»
«Come?»
«Avevi detto che qui parlavano solo inglese!»
Mamoru si concentrò. «Era una
possibilità.»
«Hai fatto spaventare Rei e Makoto! Io ero
così nervosa che ho fatto una figuraccia!» Budino
alla relatività! Che vergogna!
«Ma non è stata colpa tua. Hai scambiato un drink
alcolico con del succo di frutta e ti sei ubriacata.»
Si credeva spiritoso? «Li ho confusi perché ero
agitata. Per colpa tua!»
Lui sollevò le mani. «Va bene, mi
dispiace. Volevo solo che t'impegnassi con l'inglese. Questo
ballo era l'incentivo giusto.»
Ecco! «Infatti non vedevo l'ora di venire qui per ballare con
te! Ma tu hai prestato attenzione solo ad altre ragazze!»
«Ci sono state solo quattro danze, Usa.»
Usagi lo fulminò con lo sguardo.
«Tu sei andata via con Edwards e le altre.»
Lei cercò di cuocerlo con gli occhi, a fuoco lento e
doloroso.
A Mamoru uscì una smorfia. «Vuoi che balliamo
ora?»
«Non mi va più» dichiarò
Usagì. Incrociò le braccia.
«Cercherò Haruka-san e ballerò di nuovo
con lei.»
Mamoru non disse nulla.
Quando lei aprì un occhio, notò che lui osservava
rassegnato il cielo.
Ebbe voglia di pestare i piedi.
«Possibile che tu non sia geloso?»
Mamoru era perplesso. «Tenou-san è una
ragazza.»
Ma contava il principio! Lei era ancora gelosa marcia della
bellissima
coppia formata da lui e Michiru-san. Aveva resistito solo
perché Haruka-san l'aveva distratta col suo fascino e la sua
bravura.
«Usa...»
Il divertimento di lui la fece tremare di rabbia.
«Magari ti farà piacere saperlo: White voleva
ballare con
te.»
Lei si voltò con uno
scatto. «Uait?»
«White.» Mamoru aggrottò la fronte.
«Il ragazzo
inglese, quello biondo.»
Oh. Il ragazzo che le aveva fatto i complimenti per la sua
unicità dopo la storia del budino. Che persona simpatica.
«Mi ha chiesto se mi avrebbe dato fastidio.»
Ma certo che no, a lei piaceva ballare!
Smise di ridacchiare quando notò il sopracciglio alzato di
Mamoru.
Lui si chinò in avanti, le mani infilate nelle tasche dei
pantaloni. «Per quale motivo tu puoi essere gelosa se io
ballo con altre, e io non me la devo prendere se tu ti diverti ad
accettare le proposte altrui?»
Usagi tentò di sfoderare un sorriso. «Haruka-san
è una ragazza.»
Mamoru non disse nulla.
«Ehm... che cosa hai risposto a Uait?»
Lui considerò la possibilità di non farglielo
sapere. Poi scosse la testa. «Gli ho detto che mi avrebbe
dato
fastidio.»
Usagi si sentì un budino sotto il fuoco.
«Ti trovava... un po' troppo simpatica.»
Oh, se Mamo-chan le diceva anche una sola parola in più,
sarebbe arrossita
fino alla punta dei capelli.
Si attaccò al braccio di lui.
«I lov yu.»
Mamoru inclinò la testa per guardarla sereno, sicuro del suo
amore.
«I love you.»
Era così che lei lo voleva vedere. «Mi stai
correggendo
o me lo stai dicendo?»
Mamoru si limitò a sorridere.
Usagi gli prese le mani e accennò un passo
di
danza. «Balla con me, mio principe.»
Il principe
del suo passato, eroe del suo presente e uomo del suo avvenire.
Rise e lo trascinò in tondo, verso la sala.
Cominciando a ballare anche lui, non smise più.
FINE
NdA - nell'episodio 108 segue una scena in cui le ragazze osservano
Usagi e Mamoru che ballano serenamente. Ho voluto descrivere cos'era
accaduto poco prima.
Spero che queste poche righe vi siano piaciute. Se vi hanno strappato
un sorriso, fatemelo sapere :)
ellephedre
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Capitolo 8 *** Chi ha paura? ***
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
7 - Chi ha
paura?
All'interno
dell'episodio 110, 'La tragedia'
Breve
riassunto dell'episodio 110: Haruka e Michiru scoprono di avere i
talismani. Le inners hanno scoperto la loro identità solo
nell'episodio 109 e ne sono rimaste profondamente turbate. Per questa
nuova scena di Super Usagi ho preso spunto da un momento in cui Mamoru,
nell'episodio 110, esprime a Chibiusa la sua preoccupazione sul fatto
che Usagi sia sparita dopo una chiamata di Haruka. La scena che ho
descritto si svolge idealmente nel luogo in cui Usagi e Mamoru parlano
della pazzia che Minako che vuole farsi rubare il cuore puro,
all'interno dell'episodio 109.
Cerchiamo i
talismani.
Li avremo anche a costo
di sacrificare cuori puri.
Le briciole della crêpe
si erano sparse tra le pieghe della sua gonna
blu. Alcune erano cadute a terra, mescolandosi con la polvere dell'area
giochi del parco. Non le aveva mai fatto tanta poca pena vedere del
cibo sprecato: non aveva neppure voglia di mangiare
la crêpe profumata
di cioccolato che aveva tra le dita.
«Hanno paura...» disse e sentì di avere
timore anche lei.
Sarebbe mai riuscita a vincere la l'ostinazione di Haruka e Michiru?
Aveva sempre creduto che Uranus e Neptune fossero due guerriere
testarde che facevano di tutto per apparire minacciose.
Aveva imparato a conoscere un poco meglio Uranus e si era resa
conto che Haruka e la
sua compagna avevano buone intenzioni, proprio come lei e le altre. Se
erano decise a ricorrere al sacrificio di persone buone, si era detta,
era solo perché non avevano visto altra alternativa. Solo in
due, da sole, poteva essere stato difficile per loro combattere come
guerriere Sailor.
Aveva immaginato che Uranus e Neptune fossero due ragazze grandi -
forse sui vent'anni - ragazze sole che si erano preoccupate per troppo
tempo solo del loro dovere, dimentiche di cosa poteva offrire
un'esistenza di pace e di quanto fosse preziosa.
Non aveva visto dietro i loro occhi severi la tristezza lontana dello
sguardo di Michiru. Non aveva incontrato nel colore delle iridi
determinate di
Uranus il blu spento di Haruka, desideroso di calma e di una pacata
dolcezza.
Uranus e Neptune erano diventate persone con un'identità
nell'acquisire dei nomi, ragazze poco più grandi di lei.
Michiru Kaiou amava la pittura, sapeva creare poesia con la passata di
un
pennello o l'arco di un violino. Haruka Tenou correva con la sua moto e
con
la sua auto, come se la vita fosse da affrontare ad alta
velocità, piena di entusiasmo.
Usagi non capiva.
Non conosceva i loro motivi e non comprendeva la loro testardaggine, ma
le facevano entrambi paura. Com'era possibile avere tanta passione,
conoscerla da vicino, ed essere pronte a calpestarla in altre persone?
Come si poteva essere buone e allo stesso tempo... cattive?
La risposta era paura,
no?
Dita attente strapparono un pezzo della sua crêpe.
Mamoru se la
portò alla bocca e sorrise.
Usagi si sentì meno sola: quando la vedeva molto
giù, il suo Mamo-chan faceva cose buffe per farla ridere.
Quando la vedeva preoccupata, come in quelle settimane, le proponeva
progetti rilassanti, come quello di girare un po' per la
città in cerca di luoghi sempre nuovi in cui passeggiare.
Solo quel pomeriggio erano tornati in un posto già visitato:
dal giorno prima, dalla scoperta dell'identità di Haruka e
Michiru, lei aveva avuto troppi pensieri per la testa per pensare di
svagarsi andanzo a zonzo per Tokyo senza meta.
Mamoru terminò di masticare e mandò
giù come faceva spesso, deglutendo con un'eleganza
misteriosa, quasi che il cibo non gli fosse nemmeno passato per la
gola. Sembrava avere più fame di lei e Usagi gli
passò la crêpe.
«Credo che sia così» le disse
lui.
«Hanno paura del Silenzio di
cui ti ha parlato Tenou. Sono spaventate e per questo pronte a
tutto.»
«Io devo fermarle.» Non poteva permettere loro di
diventare delle
assassine. Non voleva,
si sarebbe sentita in colpa per sempre.
«E' possibile che non vogliano essere fermate.»
Lei si irrigidì. «Non dire
così.»
Nessuno poteva
arrendersi in partenza.
Mamoru sospirò. «So che vuoi impedire che facciano
male a
degli innocenti. Ti aiuterò in questo, Usa, lo faranno
tutte. Ma...» Le prese una mano e quando intrecciò
le dita
tra le sue, Usagi seppe che voleva proteggerla dalle proprie parole.
«Potrebbero spingersi anche a farti del male se non stai
attenta.»
Lei resistette all'impulso di allontanarsi. «No. Non le
conosci,
loro...» Certo, non le conosceva bene neppure lei, ma le conosceva: sapeva
che non possedevano un animo nero. «Non lo farebbero
mai.»
«A volte bisogna credere a quello che dice una
persona.»
Usagi balzò in piedi. «Hanno paura, ma io non
posso avere
paura di loro!» Si voltò e quando
incontrò
l'espressione triste di lui sentì che condividevano lo
stesso dolore. «Perché mi spingi ad
arrendermi?»
Mamoru scosse la testa. «Voglio che tu sia
prudente.» Cercò
di distendere la bocca e il suo sorriso fu simile a quello di un
momento preciso, un momento tanto lontano da essere quasi impossibile
da ricordare con certezza. «Pensa a un cucciolo di
animale» le disse.
Usagi rimase in silenzio e provò a seguirlo.
«Un animale selvatico. Se lo accerchi lui si stringe in un
angolo. Se provi
a tendergli la mano, ti graffia o ti morde. Lo fa per
difendersi.»
«Sì» mormorò lei, senza
comprendere.
«Anche da grandi rimaniamo tutti un po' cuccioli e come
uomini e donne
siamo selvatici a volte. Quando sentiamo che qualcosa a cui teniamo
molto è in grande pericolo, possiamo diventare
aggressivi.»
Distanti e minacciose, come Haruka e Michiru?
«In quei momenti bisogna avere tanta pazienza, Usagi. Penso
che Uranus
e Neptune siano brave persone: ciò a cui
tengono tanto è la salvezza del mondo, non obiettivi
personali.»
Esatto, come potevano essere cattive due persone così?
Mamoru annuì. «Se provi a fermarle senza dare loro
il tempo
di comprendere le tue ragioni, potrebbero farti del male. Sono
disperate
e disposte a sacrificare persone innocenti per i loro scopi; se le
ostacoli non rimpiangeranno di aver fatto male anche a te.»
Non avremo rimpianti a
prescindere da chi sacrificheremo.
Usagi sospirò. «Spero... che non si trovi alcun
talismano nelle
prossime settimane.» Se era come diceva Mamo-chan - ed era
come diceva
lui - l'unica soluzione era il passare del tempo. Se avesse avuto
qualche settimana in più a disposizione avrebbe potuto
tentare di
far capire ad Haruka e Michiru che combattendo insieme le guerriere
Sailor potevano salvare il mondo da sole, senza sacrificare alcuna vita
umana.
«Avrai un po' di pazienza allora?»
Mamoru stava sorridendo come prima, quel sorriso un po' malinconico che
le generava dentro tanta pena. Non le aveva più visto da
quando...
Tornò a sedersi accanto a lui, sul palo di legno basso che
sosteneva la composizione di casette, ponti e scivoli su cui si erano
fermati a riposare. Non c'era nessun bambino in giro: minacciava di
iniziare a piovere da un momento all'altro.
«Devi avere fiducia in me.» Gli prese un mano tra
le
proprie, tra tutte
e due, per farlo sentire al sicuro. «Quando sarà
il momento
farò cambiare idea ad Haruka e Michiru, ma intanto... non
correrò pericoli inutili.» Non ne correva mai,
aveva sempre uno scopo degno di essere perseguito
con tutte le sue forze, a costo di qualunque cosa. Era stato
così anche quando aveva abbandonato Mamoru e il suo ultimo
sorriso triste, là in quel castello scuro e lontano, al Polo
Nord; là in quel tempo in cui lui era morto e lei gli aveva
disubbidito, andando a combattere Metallia contro il desiderio
che lui le aveva espresso in punto di morte.
Accarezzò il dorso della sua mano con un pollice.
«Tu non
vorresti, vero, che io scappassi di fronte a quello che devo
fare?»
Sembrò pesargli tenere le palpebre aperte. Le chiuse.
«No.
So che non potresti mai perdonarti di non essere intervenuta.»
Esatto. Era una lezione che aveva imparato con la morte delle sue
amiche, grazie al loro coraggio e alla loro forza.
Si sporse in avanti e strofinò la guancia contro
la spalla di lui. «Non permetterò che le
cose vadano male,
Mamo-chan, perciò nemmeno a me o a te succederà
niente. E' una
promessa.»
Lui appoggiò la crêpe
sul palo di legno, in un equilibrio strano e perfetto, e
spostò una mano dietro la sua schiena. Non la
abbracciò - non completamente - ma iniziò a far
dondolare, piano, una delle sue code, come se la stesse suonando.
Usagi intonò un motivetto sciocco e stonato che si
inventò sul momento.
Mamoru la lasciò
fare. Continuò a muovere le dita e, di tanto in tanto, le
sfiorò la spalla.
Usagi chiuse gli occhi e si abbandonò senza pensieri.
La paura non era per lei. Non era per Mamoru.
Non era per Haruka, né per Michiru.
FINE
NdA : una piccola scena
frutto di ispirazione improvvisa. Scrivere della tristezza di Usagi
nell'ultimo capitolo di 'Verso l'alba' mi è servito ;)
Grazie per essere qui a
leggere e anche delle vostre parole, se vorrete farmi sapere cosa
pensate di questo nuovo episodio di 'Super Usagi'.
ellephedre
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Capitolo 9 *** Una lettera ***
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
8 - Una
lettera.
Dopo
l'episodio 117, 'Il salto in alto'
Mentre le porte dell'ascensore si chiudevano, Mamoru
strizzò
gli occhi, cercando di attenuare la sensazione di lieve e fastidioso
bruciore. La mancanza di sonno gli aveva reso le palpebre pesanti,
gonfie. Tempo di rientrare a casa, si disse, e avrebbe rubato di nuovo
un paio d'ore di sonno, come il pomeriggio prima. Aveva un altro esame
il giorno seguente e non poteva permettersi ulteriori distrazioni, ma
dormire non lo era. In tanti anni di studio aveva imparato che si
poteva economizzare sul tempo in molti modi, ma non sottraendo ore ad
una sana dormita. Tutt'al più, ai passatempi.
Aveva avuto il suo ultimo giorno di completa libertà la
domenica precedente, quando aveva accompagnato Usagi, Chibiusa e Hotaru
Tomoe alla serra del suo senpai. Aveva pensato che fosse un bene non
spendere altre dodici ore non stop attaccato ai libri. Era stata una
buona idea e lo sarebbe rimasta se nei giorni successivi non avesse
perso ore di studio preziose in questioni che, tuttavia, si erano
rivelate molto più importanti di un semplice esame
universitario: le Outers avevano pensato di fargli visita, per usarlo
come tramite per comunicare con le altre guerriere. Inner Senshi le
chiamavano, tra condiscendenza e un malcelato senso di fastidio; a loro
modo di vedere, erano guerriere con poteri inferiori.
A suo modo
di vedere, quelle tre sottovalutavano Usagi e le sue amiche. E
sbagliavano, ma lui non si faceva illusioni: Uranus, Neptune e
Pluto erano guerriere Sailor, ma potevano rappresentare un importante
pericolo per le Inners. Erano state determinate nel
chiarire che il loro scopo veniva prima di qualunque altra
cosa, soprattutto prima di un inesistente senso di fratellanza tra
guerriere Sailor. Se avessero ritenuto necessario fare del male ad
Usagi per evitare che lei si intromettesse nella loro personale guerra,
non ci avrebbero pensato due volte.
... Usagi non ne era convinta.
Uranus l'aveva derubata della sua spilla Sailor già in
un'occasione, ma Usagi continuava a credere che fosse possibile trovare
un punto di incontro. A lui cercava di non dirlo, per non alimentare la
sua preoccupazione, ma ugualmente non si era spinta a fargli
particolari promesse di prudenza. Lui non le aveva richieste: preferiva
pensare che Usagi avrebbe ascoltato la ragione piuttosto che avere la
certezza assoluta che lei fosse già intenzionata a non
arrendersi neppure davanti all'evidenza. Lei non lo aveva mai fatto,
non aveva mai mollato, e lui l'aveva sempre ammirata per la sua cieca
fede nell'intrinseca bontà delle persone, ma in quelle
circostanze...
Era in pensiero. Preoccupato, a volte teso. Non avrebbe voluto avere in
testa lo studio in quei giorni.
Un'occhiata alla sua sinistra gli confermò che all'ascensore
mancava ancora un piano da percorrere. Approfittò dei pochi
secondi a disposizione per lanciare un'occhiata alle lettere che aveva
raccolto dalla cassetta della sua posta. Strappò la busta
con il logo dell'azienda elettrica. Riuscì a scorgere
l'importo della bolletta da pagare proprio quando le porte
dell'ascensore si aprirono.
Aveva fatto bene, rifletté, a spegnere il bottone di
accensione del televisore la sera, prima di andare a dormire. Il
trucchetto gli aveva fatto risparmiare almeno un migliaio di yen per
quel bimestre.
Entrò nel corridoio del suo piano.
La seconda busta riportava il nome 'Asashi Shinbun' sul lato destro del
retro. L'offerta di rinnovo dell'abbonamento annuale al quotidiano,
ricordò lui. Tirò fuori le chiavi di casa e
annuì tra sé. Sì, avrebbe rinnovato:
il giornale non aveva mai perso la qualità di
approfondimento e chiarezza per cui lo aveva voluto in un primo momento.
Come ultima lettera aveva... La busta rosa gli fece lasciare le chiavi
dentro la serratura della porta di casa. Girò la lettera e
nel notare il mittente aggrottò la fronte e sorrise.
Usagi?
Entrò in casa.
Perché Usagi gli aveva scritto?
Sfilò le scarpe nell'ingresso e chiuse la porta dietro di
sé con una gamba.
Una busta rosa. Scosse la testa, più un dondolio divertito
che una negazione. Il rosa era proprio da Usagi.
Aprì la missiva misteriosa mentre si trovava ancora nel
corridoio d'ingresso: per natura era percettivo più che
curioso, ma Usagi era in grado di esaltare quel suo ultimo difetto. O
qualità?
La lettera era composta da due fogli bianchi scritti a caratteri
grandi. Li dispiegò.
"Ciao Mamo-chan!
Che bella sorpresa ricevere una lettera, vero? E' una bella sorpresa?
Spero di sì, mi farai sapere dopo che l'avrai letta.
Allora... ti ho visto molto impegnato nello studio e oggi è
successa una cosa che volevo raccontarti e che mi ha fatto venire
l'idea della lettera. Te ne scrivo una per questo invece di raccontarti
tutto al telefono, sai? Ma ti sto facendo fare confusione.
Bene, oggi ho accompagnato Hotaru-chan a conoscere Shun Nagase, il
campione di salto in alto! Lo conosci? E' bravissimo! Anche Chibiusa
voleva andare a vederlo e Hotaru-chan è una sua grande fan.
Gli aveva scritto una lettera proprio come questa! Mi è
venuta da lì l'idea! Beh, Hotaru lo ammira molto
perché da bambino lui era debole di salute come lei e invece
ora è un campione. Per lei è un modello da
seguire! Anche se sotto sotto ha una cotta per lui, è questa
la verità!"
Il disegno di una piccola Usagi sorridente, completa di odango e code,
gli strappò una risata. Passò al retro della
prima pagina.
"Ah sì, al campo di allenamento abbiamo incontrato il nemico
che hai sentito poco fa. Ma non ti preoccupare, non è
successo niente proprio come ti ho detto al telefono e non devi
sentirti in colpa! Se stavi cercando di dormire un pochino ti fa solo
bene, tu Mamo-chan dormi troppo poco! Beh, tornando indietro, a
battaglia finita Hotaru-chan è svenuta e Shun Nagase
è venuto a vedere come stava. E' stata una scena
tenerissima! Lui le ha fatto coraggio per i suoi problemi di salute e
tra loro due si sono capiti subito, sono simili! Peccato che lui sia
troppo grande per lei, ma dovevi vedere la faccia di Hotaru. Sembrava
viva, rinata!
Mamo-chan, mi ha ricordato di quando avevo la sua età e
tutti i miei sogni mi sembravano lì da prendere, ma ancora
impossibili da toccare.
... ma che bella frase che ho scritto!
Cerco di dirti che io non ho mai scritto lettere vere, con carta e
penna, ma nella mia testa facevo un mucchio di sogni e mettevo per
iscritto le mie speranze e i miei desideri! Ho visto Hotaru
così felice di incontrare il ragazzo che le piaceva e
ammirava e ho pensato che mi sarebbe piaciuto che avessimo avuto il
tempo per arrivare anche noi due ad un momento simile. Con me che ti
guardavo da lontano, ti ammiravo e ti pensavo.
... tu lo hai reso difficile perché eri antipatico e cattivo
con me, ma lasciamo stare.
Sono tornata a casa da poco e sto scrivendo la lettera così
da riuscire a imbucarla entro oggi, spero che ti arrivi domani. E spero
di riuscire a dire bene quello che voglio dire.
Che per me è come se avessimo lo stesso quei momenti,
Mamo-chan. A volte ti guardo e ti ammiro e sembra che lo faccia da
lontano perché tu sei un po' distante... oh, ma distante in
un bel modo! Mi piace tanto quando poi mi fai capire che mi hai
ascoltato e mi sorridi e allora camminiamo mano nella mano. Hmm...
scrivo peggio mentre cerco di dire queste cose. Voglio dire che mi
sarebbe piaciuto vivere la fase da innamorata senza speranza con te
perché sono una sciocca, però è come
se la stessi vivendo comunque adesso, ma senza il 'senza speranza'
perché anche tu mi vuoi bene (e perché
sarò la tua 'futura moglie', continuo a ricordarmi della tua
voce quando lo hai detto!!!)
Sì, ecco, questa è una lettera d'amore,
perché volevo mandartene una.
Ma credo che sono più brava a esprimere di persona quanto ti
voglio bene, no? Ti darò un bacio sulla guancia la prossima
volta che ci vedremo (e anche sulla bocca... a scriverlo sono
arrossita!)
Però ho pensato che una lettera fosse un modo più
carino e serio di scriverti anche altre cose che sono sempre un modo
per dimostrarti quanto è importante per me quello che provi.
Io so che ti stai preoccupando, Mamo-chan.
Sai che sono un po' preoccupata anche io in questi giorni,
perciò... prometto, prometto, prometto che
cercherò di non fare sciocchezze. Né con le
Outers né coi nemici. Non mi metterò in pericolo,
davvero. Sai che lo farei solo per proteggere la vita di qualcun altro
e... Mi dispiace di non poterti promettere che sarò prudente
anche in quel caso. Mi dispiace perché non voglio farti
soffrire nemmeno un pochino, ma tu... lo sai.
Tu mi capisci.
Tu capisci quello che voglio dire, sono sicura.
Io ti voglio un mondo di bene proprio per questo. Ti amo.
Wow, non mi ero resa conto di quanto è bello scriverlo. Ora
ho scoperto perché alle persone piace scrivere lettere
d'amore.
E adesso scopro anche perché sono nervose. Secondo me ho
fatto un sacco di errori, ma se mi metto a rileggere forse poi
penserò che questa è un'idea sciocca e non voglio
pensarlo, nononono, quindi adesso chiudo la lettera e ti saluto.
Prima il saluto.
Un bacio dolce, un abbraccio grande, e tanti auguri per i tuoi esami.
Dormi benissimo e studia come sai fare, vedrai che andrà
tutto bene.
Dalla tua Usako (la tua futura moglie!)"
Mamoru si permise di guardare l'ultima pagina per qualche altro attimo
prima di ripiegare i fogli. Si tolse la giacca senza lasciarli andare,
facendoli passare da una mano all'altra.
Si diresse in camera.
Lì individuò il pigiama che spuntava da sotto il
cuscino. Tolse camicia e jeans e infilò rapidamente i suoi
vestiti da notte, una felpa leggera e dei pantaloni comodi che lo
tenevano caldo e fresco allo stesso tempo.
Aveva lasciato i fogli bianchi sul materasso. L'inchiostro blu della
penna di Usagi creava linee e piccoli segmenti che avevano voglia di
mettersi a volare nell'aria della stanza, diventando suoni, parole, la
voce di lei.
Mamoru scostò le coperte e appoggiò la lettera
sul cuscino, accanto a lui.
Lì si permise una lunga stiracchiata che sciolse i suoi
muscoli e rilassò il suo corpo.
Guardò il soffitto bianco e per qualche momento si
beò di pura immaginazione. Quando non bastò
più voltò la testa di lato, riprese i fogli in
mano e cominciò a rileggere.
Si addormentò con una pagina sul viso.
NdA: questa
ispirazione che ho avuto mi è proprio piaciuta,
non so bene perché.
Spero di aver scritto qualcosa che possa essere gradito anche a
qualcuno di diverso da me, visto che in questo caso sto facendo un po'
come
Usagi: sto pubblicando evitando di riflettere troppo :D
ellephedre
P.S. Per il concorso di fanfiction che sto organizzando (in palio, tra
recensioni e pubblicità, una fanfiction di Sailor Moon
scritta da me su qualunque cosa vogliate) è stata allungata
la scadenza, che ora è fissata per il 3 luglio. Ricordate,
ci vuole solo una one-shot su Sailor Moon per partecipare. Per leggere
il bando andate alla pagina 'Sailor
Moon, Concorso di fanfiction!'
|
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Capitolo 10 *** Grande ***
Super Usagi!
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
10 - Grande.
Dopo
l'episodio 120, 'La scuola dei misteri'
In cui le Outers ribadiscono la loro intenzione di uccidere Hotaru e in
cui muore Mimete (Mimma in Italia).
«Stasera riporto Chibiusa a casa.»
Sì, dentro la sua cameretta, dove Chibiusa potesse smettere
di pensare alla
fine del mondo, alle Outers che volevano uccidere la sua amica Hotaru e
all'orribile fine di Mimete.
... a pensare all'ultima cosa forse era solo lei.
Chibiusa tenne la testa bassa. «Voglio rimanere con Mamo-chan
anche questa
sera.»
Anche lei lo avrebbe voluto, ma non era una bambina. Se avesse
voluto
comportarsi come tale, nessuno l'avrebbe più consolata come
se avesse diritto ai capricci, alla comprensione degli altri e a volte
anche a qualche coccola. Non che ne avesse mai ricevute quante ne
voleva dalle sue amiche o da Mamoru, ma da quando era arrivata Chibiusa
tutti le avevano chiesto, senza parole, di essere ancora più
adulta di quello che era. Il posto della bambina era ormai solo
della sua futura figlia.
A volte
Usagi ce l'aveva con lei soprattutto per quello, per averle tolto il
diritto di essere infantile con la sua sola esistenza. Altre volte,
invece, si risentiva silenziosamente per una ragione che le doleva di
più: quando cercava di essere adulta per lei, Chibiusa
dimostrava sempre di preferirle qualcun altro. Mamoru, se c'era, o in
mancanza Rei.
Le faceva male perché quella era una
battaglia che non poteva lasciar perdere: poteva smettere di desiderare
di essere una bambina, ma non di cercare di essere più
grande.
In alcuni momenti in cui avrebbe voluto prendere Chibiusa per le spalle
e
scuoterla un po'. 'Fidati di me, rispettami!' Glielo avrebbe gridato
supplichevolmente, ben sapendo che lei stessa, se fosse stata piccola,
avrebbe scelto di correre da Mamoru per chiedere protezione e conforto.
Voleva farlo anche in quel momento, no?
Non biasimava Chibiusa. Era più importante
che lei stesse bene; la situazione che era costretta a vivere era
troppo dura per una bambina come lei.
Si preparavano a vivere tempi di violenza e terrore.
«Chibiusa...» Il mantello di Tuxedo Kamen
disegnò un arco nel
racchiudersi attorno alle spalle di lei. «Stasera devi
tornare a casa.»
«Ma Mamo-chan...»
«Hai altre persone che si preoccupano per te.»
Usagi riuscì a leggere l'espressione di lui anche dietro
la maschera. «Certo. Cosa dirà la mamma se non ti
vede
rientrare anche stasera?»
Mamoru annuì. «Avrai presto altre
occasioni di passare la
notte da me. Oggi però dormi a casa. Non mi avevi detto che
ti stavano
facendo una bella cameretta?»
«Sì, ma...»
Mamoru fermò la protesta di lei con una carezza del pollice.
Scostò la frangia di Chibiusa con attenzione e
riuscì a prevenire altre lamentele con quel semplice gesto.
«Va bene» rispose riluttante Chibiusa, con una
vocina così
piccola e dolce da far desiderare a Usagi di essere come Mamoru. Una
persona capace di dare conforto e sicurezza, una persona grande.
Prese la mano di Chibiusa. Quando la sentì stringere la
propria, si
sentì meglio.
Nell'avere la fiducia di lei di consolava un po' da sola. Sentiva di
essere capace di evitarle altri dolori. Un'eroina in grado di
prevenire la fine del mondo
intero. Trattenne un sospiro. «La porto a casa allora. A
domani, Mamo-chan.»
«Usa.» Una mano guantata le strinse il braccio. Lui
abbassò
il viso e per un momento folle Usagi si attese di ricevere un bacio
sulla guancia. Il sussurro all'orecchio la sorprese.
Chibiusa aveva alzato la testa. «Cosa le stai
dicendo?»
Lui si abbassò. «Questo.»
Mormorò qualcosa anche
all'orecchio di Chibiusa e Usagi udì un sorriso di entrambi
e un 'buonanotte' anticipato.
Non era quello che aveva detto a lei.
Allontanandosi Mamoru annuì nella sua direzione, lo sguardo
puntato sul suo da dietro la maschera bianca.
Lei ricambiò il cenno della testa.
Per un momento, si
sentì piccolina e grande tutto in una volta.
«Che cosa c'è?»
Erano passate quattro ore da quando si erano
salutati. Chibiusa era tornata a casa, aveva cenato e poi era
stata assistita da mamma-Ikuko, come la chiamava affettuosamente lei,
nell'andare a dormire.
Usagi aveva atteso di saperla profondamente assopita prima di provare
ad uscire. Quando era andata controllarla nella stanzetta che avevano
ricavato nel solaio, ancora mezza vuota, era rimasta ad osservarla
mentre dormiva pacificamente.
Chibiusa era una peste che le aveva sconvolto la vita, ma era
così...
piccola. Hotaru non era molto più grande di lei.
Con quale diritto persone senza cuore sfruttavano una ragazzina come
Hotaru per piani di distruzione? Con quale diritto persone che
avrebbero dovuto essere loro amiche minacciavano di ucciderla? Una
ragazzina di undici anni! Chibiusa aveva già avuto degli
incubi per via di quella storia. Era stato Mamoru a dirle quanto si era
agitata
nel sonno, la notte precedente.
Lui intuiva tante cose.
Aveva intuito anche il suo stato
d'animo, anche se lei aveva cercato di mostrarsi forte.
«Cosa c'è?» lo sentì ripetere
di fronte al
proprio silenzio, nel salotto del suo appartamento.
'Quando lei dorme, tu torna a casa mia' le aveva detto lui all'orecchio.
Usagi non avrebbe potuto essergli più grata.
«E'... un
incubo, non pensi?»
Mamoru appoggiò le braccia sul tavolo.
«Sì.»
«Le Outers vogliono uccidere Hotaru. Persino Pluto,
che era
così buona con Chibiusa. Insistono con questa storia del
mondo che sta per finire e anche Rei aveva avuto quell'incubo che...
Nel
frattempo persino i nostri nemici sembrano impazziti.»
Rabbrividì ancora al ricordo della fine di Mimete.
Si chinò in avanti e sostenne la fronte con una mano.
«Le
piaceva cantare. Era andata a quell'audizione con Minako, non era
irrecuperabile, Mamo-chan. Forse avrei potuto allontanarla
dall'influenza di quel potere maligno che la teneva in
trappola.»
«Penso che si comportasse così di sua
volontà.»
Il giudizio la lasciò attonita. «Non meritava di
morire in
quel modo!»
«No, non volevo dire che-»
«E non è nemmeno morta! E' rimasta
rinchiusa in
quella dimensione estranea e vuota. Ora vaga nel nulla, mentre
noi...»
Le si serrò la gola.
«Usagi.»
Iniziò a tremare.
Due mani le presero le spalle. Fecero pressione, iniziando a
massaggiare.
«A Mimete è stato detto come funzionava
quell'apparecchiatura.»
Lei non capì nulla.
«Sa che è finita in un posto da cui non
può
tornare indietro. Io non credo sia ancora in vita.»
Si sentì trafiggere dalla crudeltà di
quell'insinuazione come da una lancia. Avrebbe voluto gridare e negare,
per istinto, ma un'altra parte di lei seppe che Mamoru aveva ragione:
Mimete, la seconda delle Cinque Streghe, non piangeva disperata in uno
spazio vuoto, in attesa di soccorso. Mimete si era già
rassegnata, forse nel giro di pochi minuti. E, con quella lancia di
potere che si era portata dietro, aveva già messo in atto
l'unica soluzione che le era rimasta a disposizione.
Morta - suicida - per aver desiderato tanto potere da arrivare persino
a smaterializzarsi dentro uno schermo, perdendo il proprio corpo.
Quanto dolore e distruzione per una smania tanto insensata da portare
le persone alla follia.
«Vorrei... che il suo spirito si fondesse con della
musica»
mormorò. «Ovunque sia finita, la musica esiste
dappertutto. Cantare... le piaceva.»
Le mani di Mamoru si fermarono sulle sue spalle. Lui la
circondò con le braccia, inginocchiato dietro di lei.
«Sì. Quello che aveva di buono dev'essere
diventato una
voce, un suono... Non può essere sparito nel
nulla.»
Usagi lasciò riposare le palpebre, permettendo al proprio
mondo di diventare buio quiete. «Hotaru non deve morire come
lei.»
Mamoru non disse nulla e, per un momento, Usagi pensò di
dover
convincere anche lui. Per quell'istante, piccolo e troppo vero per
essere
ignorato, non lo biasimò.
«Anche se come Saturn fosse destinata a portare la rovina nel
mondo,
dev'esserci una maniera per liberarla. Che cosa salveremmo, Mamo-chan,
se uccidessimo quella bambina?» Che anime nere e colpevoli
avrebbero protetto?
«Sai cosa voglio poter vedere?» le disse lui.
«No...»
«La festa per la maggiore età di Hotaru.
Promettiamo adesso
che ci saremo. Hotaru Tomoe arriverà a compiere vent'anni,
vedrai. Noi saremo lì, a guardarla mentre sfila nel suo
kimono da
adulta.»
Usagi strinse le mani di lui, per sentirle contro la propria pelle.
«E'
una promessa. Non permetteremo che la uccidano.»
Sentì una sensazione di umido sulla tempia, tanto dolce e
anomala che per un momento non la comprese. Un bacio
lì.
Come una bambina.
Sorrise. «A volte per te sono piccola, Mamo-chan?»
«Come?»
«Dimmi solo... la verità.» Non era una
domanda trabocchetto.
Tutte le risposte erano giuste.
«Poche volte» disse piano lui, a bassa voce, nel
silenzio della sua
casa. «Meno di prima.»
Usagi strofinò la guancia contro il braccio di lui.
«Quando
ti sembro piccola... trattami da piccola. Per ora... mi
piace.»
«Va bene.»
Venne colta da un'illuminazione e si voltò.
«Piacerebbe anche a te? Anche tu vorresti che ogni
tanto...» Non terminò. Il sorriso di lui stava
diventando risata.
«Non lo so. Trattami come vuoi, Usa. Adulto,
bambino... sono io.»
Parole semplici che le aprirono una nuova visione della
realtà. «... anche io sono grande. Anche se
ho paura e piango e a volte vorrei solo essere stretta forte, uso
quello che sono diventata per fare cose... da adulta.»
Salvare. Era diventata grande per poter fare del bene.
Non avrebbe mai più voluto essere una bambina inerme, mai.
Lui era perplesso. «Certo che sei grande. Se ti capita di
voler essere stretta forte non sei una bambina. Sei solo...
Usagi.»
Il sorriso accennato la lasciò incerta. «E' una
cosa buona o... cattiva?»
«A me piace.»
Allora era buona. «Grazie per avermi invitato da
te.» Lui diceva e faceva sempre la cosa giusta.
«Cerco di fare la mia parte.» Mamoru non si
lasciò più vedere. Nascose il viso nell'altro
lato del suo collo. «Ti do quanta più forza posso,
adesso. Ma spero di poter essere lì con te anche quando
combatterai la battaglia finale, come l'altra volta.»
... lei no.
«Voglio essere utile con tutte le mie forze.»
Lo era già.
E lei avrebbe combattuto per lui, che nel suo essere adulto e forte
poteva avere paura. Per lei.
Avrebbe combattuto per Chibiusa, per non farle perdere la sua migliore
amica.
Avrebbe combattuto per Hotaru Tomoe, per permetterle di compiere
vent'anni, quaranta, cento.
Avrebbe combatutto per e con le sue amiche, per e contro le Outers,
per... per tutti coloro che non potevano combattere per se stessi.
Era Sailor Moon.
E ormai era grande.
FINE
NdA - Per
tanto tempo non ho avuto idee per questa raccolta. Oggi mi
sono decisa a proporvi qualcosa subito, nell'attesa del prosieguo di
Verso l'alba, così mi sono messa su questa raccolta e, dopo
aver dato un'occhiata agli episodi della terza serie che non avevo
ancora toccato, me ne sono venuta fuori con questa idea in un'oretta.
Spero di avervi trasmesso qualcosa, qualsiasi cosa.
Alla prossima!
ellephedre
|
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Capitolo 11 *** Vittoria? ***
superusagi11
Crisis Make Up! - è la formula di trasformazione di Usagi in
lingua originale, nella terza serie di Sailor Moon.
Super
Usagi!
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
11 - Vittoria?
Dalla fine
dell'episodio 125, 'Il Faraone 90'
In cui Usagi cerca di salvare Hotaru dal sacrificio finale necessario
per annientare il nemico.
«CRISIS MAKE UP!»
Il suo urlo si perse nel vuoto, confuso coi lamenti di Faraone90, una
nenìa di mostri morenti.
Non era più lui la sua più grande paura.
Una bambina! Hotaru non era che una bambina, non poteva morire!
«CRISIS MAKE UP!»
Maledetto calice! Non era vero che non poteva trasformarsi senza,
doveva solo- «CRISIS MAKE UP!» Voleva il suo potere!
Schiacciò la spilla nel pugno, tentando di
conficcarla nel petto.
Dov'era il suo cuore di energia quando serviva, non vedeva che-
«CRISIS
MAKE UP!» Solo
una
bambina! Sempre malata, chiusa in una stanza, infelice!
Con che diritto tutti avevano deciso di portarle via una vita nuova,
come poteva essere giusto sacrificarla?!
Sailor Saturn, non farlo! «CRISIS MAKE
UP!» Lasciami
il tempo di diventare più forte, non annullarti, sto
arrivando!
La massa di Faraone90 ricevette un nuovo impatto letale, dimezzandosi.
Le grida di agonia si fecero lontane, acute.
Per favore, no... no, no!
Doveva pensarci lei! Era lei ad aver già vissuto, era lei
che poteva sacrificarsi! Hotaru doveva tornare a casa con suo padre!
Aspetta, aspetta!
Produceva solo lacrime e urli, nessun risultato, solo disperazione
inutile.
Faraone90 stava morendo e con lui Hotaru.
Aiuto... Aiuto! !
«CRISIS MAKE UP!»
Voglio la
forza per entrare lì dentro, devo riprendere Hotaru-chan!!
Datemi la forza, voglio
tutto quello che potete darmi, chiunque, tu, tutti, per favore!
Qualcuno la ascoltò, ma non fu sufficiente, ancora no!
Devo salvarla! «CRISIIS...» Hai capito, per favore, hai
capito?! «MAKE UP!»
Il petto le si aprì in due.
Ne uscì.
...
Sì.
Quando entrò, nel buio trovò solo un groviglio di
luci.
Due fasci attorcigliati, serpenti, uno che massacrava l'altro.
Un concentrato di pura energia suprema, massima.
Totale,
sorrise.
Sì sentì a casa.
Saturno lanciò la sua ultima offensiva. Nel momento del
colpo si materializzò la falce invisibile della distruzione.
Il loro piccolo nemico ne perì sul colpo e Saturno - giovane
Hotaru - si preparò a soccombere, soverchiata dal proprio
potere di annullamento.
Lei si tese in avanti e le afferrò un braccio.
Lo spirito di guerriera si fece corpo nel toccarla. Si mantenne tale
grazie al loro gracile legame.
'Chi sei?'
Lo sai. Non sei rinata
per offrire il silenzio a costui.
'Rinascerò ancora. Con questo corpo sono morta.'
Errore.
Le strinse il polso e legò a lei la propria energia, per
imprimere in Saturno una nuova realtà: non c'era scampo, la
vita stava per ricrollarle addosso.
Rivivi in questa forma, Saturno.
Sono io a desiderarlo.
Le ridiede consistenza partendo dalle loro dita umane. Le rese
minuscole, innocenti.
Una seconda
opportunità.
L'energia necessaria a farla rivivere divenne insostenibile.
Non sono ancora pronta,
ammise.
Quando
tornerò, dovrai essere pronta per me,
comunicò a
Saturno. Le tirò il braccio di neonata per farsi ascoltare
da uno spirito che si andava assopendo.
'Per te', annuì la giovane Hotaru, prima di
perdere la capacità di rispondere.
Lei se la ritrovò in braccio, dolce bimba senza un passato.
Ne osservò il sonno e capì di non poter reggere
oltre.
Mi lascio andare.
Non è vero
che voglio stare qui, non voglio essere io.
Io voglio solo la mia
vita.
Abbassò lo sguardo, verso il potere della Luna
scoperto, privo di protezioni. Era infinitamente prezioso, mia culla. Lo
accarezzò con l'anima.
Voglio solo
riportare Hotaru a casa. Voglio tornare da tutti quanti.
Voglio solamente
essere... Usagi.
«Ricordo ancora di averla tenuta contro il petto»
raccontò a
Mamoru e alle altre, tremando.
Se Hotaru era stata tra le sue braccia, perché era sparita
al ritorno da quel- Da quel...? Viaggio, scontro?
Non sapeva nemmeno lei come chiamarlo. Non ricordava quasi niente, se
non
la sensazione di aver salvato la piccola Hotaru.
Non era stata una sua illusione, ma era orribile non poter descrivere
come era finito il suo peggior incubo.
«Noi ti crediamo, Usagi.» Rei le
strofinò una spalla. «Non
angustiarti, è normale che tu... Non so nemmeno come hai
fatto. Come al solito? Hai deciso di vincere e ci sei
riuscita?»
Senza la fiducia delle sue amiche sarebbe stata solo una piagnucolona
indegna di
essere una guerriera. Aveva pianto persino nel momento cruciale.
Forse era servito - fu costretta ad ammettere - considerato che ogni
sua azione aveva partorito
disastri. A causa sua, il mondo intero si era incamminato verso la
rovina prima di trovare - solo per miracolo - la salvezza.
Non era disposta a pentirsene.
Era grave.
«Chibiusa ha riavuto il suo cuore puro.» Makoto
allungò un
braccio sopra il tavolino di Mamoru, prendendole la mano.
«Sei stata
bravissima, Usagi. Se hai sentito la presenza di Hotaru dopo la
battaglia, sono sicura che sia vero.»
... sì.
Se riuscivano a dirlo loro, che l'avevano soccorsa quando era uscita,
come poteva non crederci anche lei?
Il problema delle sue amiche, purtroppo, era l'eccessiva fiducia nelle
sue capacità. Rei poi... se l'avesse vista donare di propria
sponte il calice sacro alla Desposta 9, l'avrebbe strangolata con le
sue mani.
Nessun'altra di loro avrebbe commesso una simile pazzia, per quanto
potessero amare Hotaru.
«Qualcuna di voi ha sonno?»
Mamoru lo chiese con un sorriso sereno, mascherando una notte di riposo
mancata con il colore sano di un viso privo di occhiaie. Un giorno
avrebbe dovuto chiedergli il suo segreto di bellezza. Lo strinse,
nascondendosi sotto il suo braccio e trovando accoglimento.
«Non ne ho molto» dichiarò Ami, nella
voce il suono della
serenità conquistata da tutte loro, tutte insieme.
«Credo che il potere di Usagi abbia fatto qualcosa anche per
noi»
continuò. «Ci sentiamo tutte riposate. Tu no,
Mamoru?»
Usagi lo sentì scrollare le spalle.
«Sei stremato per via di Chibiusa?»
azzardò Minako.
«Sì» rispose lui. «Oggi salto
l'università,
rimango a dormire.»
«E' sabato» gli ricordò Makoto. Sorrise.
«Un giorno di vacanza.
Ce lo siamo meritato.»
Ami lanciò un'occhiata al televisore spento. «La
zona
dell'istituto Mugen è rimasta piena di rovine. Usagi non ha
ripristinato l'edificio, ma tu, Mamoru, hai sentito qualcosa?»
«Non sanno cos'è successo, parlano di lavori
di demolizione affrettati, con utilizzo improprio
di esplosivo. Non ricordano nulla di
stanotte.»
Quando si parlava di lei come se non ci fosse, Usagi voleva mettersi
dritta e composta ad ascoltare anche lei la conversazione sulla gesta
di quellla persona favolosa che tutti lodavano. Chi era?
Usagi Tsukino, davvero?
Quando mai aveva cancellato i ricordi degli abitanti di Tokyo? Quando
aveva portato via tutti gli studenti rimasti intrappolati nelle macerie
dell'istituto? Avevano cercato corpi in giro, senza trovarne nessuno.
«Ehi!» sorrise piano Rei. «Chibiusa si
sta svegliando.»
Usagi si voltò verso il letto di Mamoru.
Poté assistere al risveglio della sua vittoria.
«Ti ringrazio.»
Si voltò appena prima di uscire dalla porta, rientrando di
un passo nel corridoio interno. Chibiusa e le ragazze l'avevano
preceduta, uscendo.
Mamoru fino a quel momento non le aveva detto molto. Rivedendola dopo
la battaglia, si era limitato a stringerla, stringerla forte.
Nessuno dei due aveva avuto bisogno di parole.
«Mamo-chan» sospirò felice lei.
«Per cosa mi ringrazi?»
«Hai riportato indietro tutto quello per cui vivo.
Chibiusa... Tu.»
Stremato, riuscì a fare solo un passo in avanti.
Con l'energia di tutti e due, lei rese il loro abbraccio
così soffocante e completo che il fiato mancò
persino a lei.
«Neanche questa volta ero con te...»
mormorò lui.
Grazie.
Il caso si meritava gratitudine per aver tenuto Mamoru lontano da lei.
A vederla commettere una serie lunga ed enorme di follie, lui si
sarebbe intromesso, mettendosi in grave pericolo pur di proteggerla.
«Mamoru...» Nel silenzio dell'appartamento, dei
combattimenti, delle sue
amiche che non potevano più ascoltarla, parlò.
«E
se... e se avessi paura di come ho salvato Hotaru?»
L'immobilità di lui fu un giudizio che sparì alla
prima carezza sulla sua schiena.
«Potrai parlarmene. Potrai dirmi tutto quello che vuoi, non
sei sola.»
Nella sua immaturità, nei suoi errori, quando iniziava a
sentirsi grande e finiva col commettere più errori di quando
era stata piccola.
Per miracolo,
tremò. Si era sistemato tutto per miracolo.
«Lo rifarei di nuovo» piagnucolò
miseramente. Avrebbe messo in pericolo la pace dell'intero pianeta per
Hotaru, sentendosi sempre nel giusto. «Scusami.»
Non voleva assoluzione; una parte di lei desiderava solo potersi
pentire.
«Usako... Sai che una volta ho sentito una storia?»
Lei tirò su col naso.
«E' la storia di una guerriera. A quattordici anni
è stata mandata a combattere. Non era pronta, non voleva, ha
pianto e si è lamentata, ma di battaglia in battaglia si
è fatta forza ed è diventata l'unica combattente
che può mettere fine a ogni guerra. Usa, se senti una storia
come questa, sai cosa pensi di questa ragazza? Che lei è
l'eroe di tutti noi.» Abbassò la testa.
«Non perché vince» e la
chiamò con un nome troppo tenero per uscire dalla sua bocca,
«ma perché affronta situazioni che nessuno
vorrebbe vivere, fa scelte che nessuno
dovrebbe compiere. E non si arrende ugualmente.»
Le stava parlando della sua Usagi, di una ragazza amata e ammirata.
Posso esserlo.
Poteva essere tutto semplice, lei aveva lui. Aveva Chibiusa, le
ragazze. Hotaru, che era viva.
Soffrire era una punizione per tutte le persone che adesso erano felici.
Non c'erano più battaglie da affrontare ora.
«Ti lascio dormire» gli disse annuendo, incastrando
il naso sotto il suo e premendo solo un poco la bocca su quella di lui.
Il bacio di un buon riposo. «Ci vediamo più
tardi.»
«Sei ancora triste? Resto sveglio, se vuoi.»
Si attardò a lasciargli la mano. «No. Questa
guerriera invincibile aveva solamente bisogno di qualche parola
dolce.» Sorrise e fu leggera. Senza più pesi.
«Volevo... sentire quello per cui ho combattuto. Tu
sei un genio, Mamo-chan, ci riesci per me.»
«Sono qui per servire vostra maestà
Odango.»
Lei scoppiò a ridere. «A dopo, Tuxedo
Kamen-sama.»
Era lui il suo eroe.
Uscì.
NdA: ed ancora un
capitolo alla fine di questa raccolta :)
Avevo avuto una mezza idea di chiuderla qui, ma questo episodio era
più cupo, per rispecchiare le atmosfere della dura battaglia
finale combattuta da Usagi e Hotaru contro Faraone90.
Ciò che succede durante il combattimento contro quest'ultimo
è un complemento di quello che sto raccontando nella mia
storia 'Verso l'alba': Usagi è riuscita a fare
ciò che ha fatto per via di una particolarità del
suo potere. Nell'anime, dicono che lei sia il 'Messia'. Sto riprendendo
questo concetto, apliandolo.
Ancora prima di elaborare questa complessa trama, ho sempre pensato
però che se Hotaru era tornata indietro fosse stato solo
merito di Usagi.
Qualunque vostro commento su questo episodio mi aiuterà
moltissimo per capire come impostare il finale (da ambientare
nell'episodio 127, verso la fine o dopo).
ellephedre
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