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Autore: ellephedre    06/03/2011    14 recensioni
Raccolta di episodi erotici legati alla mia saga di Sailor Moon.
1 - Rei/Yuichiro I, continuazione della scena nella parte 12 di 'Verso l'alba'
2 - Usagi/Mamoru I, tra Interludio scena 3 e prima di 'Verso l'alba'
3 - Ami/Alexander I, tra le parti 11 e 13 di 'Verso l'alba'.
4 - Rei/Yuichiro II, l'estate precedente a 'L'indole del fuoco'.
5 - Usagi/Mamoru II, all'interno del quarto capitolo di 'Oltre le stelle'.
6 - Rei/Yuichiro III, tra la parte 13 e 14 di 'Verso l'alba'
7 - Ami/Alexander II, prima della parte 13 di 'Verso l'alba'
8 - Usagi/Mamoru III, un anno dopo Oltre le Stelle
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Mamoru/Marzio, Rei/Rea, Usagi/Bunny, Yuichiro/Yuri | Coppie: Mamoru/Usagi, Rei/Yuichiro
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Red Lemon Note importanti per capire le battute della storia.
- Odango = cibo giapponese a forma di palla. Nella versione originale Mamoru associa i codini di Usagi a degli odango, chiamandola Odango Atama ('testa a odango' o qualcosa di simile) invece che 'testolina buffa'. Io uso entrambe le versioni nella storia, per facilitare la comprensione delle battute e la verosimiglianza del linguaggio dei personaggi.
- Usagi - significato: Coniglio
- Tsukino - significato: Lunare
- Usagi Tsukino = Coniglio della Luna
- hentai = maniaco/a


Red Lemon

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


5 - Usagi/Mamoru II

Scena ambientata all'interno del capitolo 4 di 'Oltre le stelle'


Il percorso fino al letto, rapidissimo, era stato nitido. La moquette nera di notte si era fatta azzurra, il bianco delle pareti accecante, la luce del sole abbagliante.
Ricadendo sul letto, Usagi indietreggiò con uno scatto. «Mamo-chan.»
Un braccio forte la sostenne per la schiena, adagiandola sul materasso.
Le sue guance presero fuoco. «Mamo-chan.» Tentò di fermarlo con una mano sul petto e si sentì perduta quando lui la sovrastò - magnificamente reale, nitido.
Si coprì la faccia. «Mamo-chan!»
Un bacio la sfiorò per errore sul dorso della mano. Mamoru si allontanò. «Cosa c'è?»
Usagi si azzardò a liberare un occhio. «Io...» Bastò la vista della bocca di lui a toglierle il fiato, scura com'era dentro le labbra, calda da impazzire nei ricordi. Si sentì morire. «Ho... cambiato idea.»
Lui imitò con successo un pesce boccheggiante. Riuscì a riprendersi e sorridere. «Usa...»
Lei sfuggì in tempo alle sue bellissime grinfie. «Nonono.» Aderì allo schienale del letto. «Io volevo ma...» Ohh, voleva ancora adesso! «È solo che è troppo chiaro, è troppo...» Guardò con orrore la stanza e tutti i suoi sgargianti colori. Come aveva fatto a non pensarci!?
Mamoru avanzò piano, a gattoni, e Usagi capì di non poter scappare oltre il limite del letto.
«Cosa è troppo chiaro?»
Lei rannicchiò le gambe. «Per favore, rimandiamo a stasera.» Se fosse riuscita a resistere. Forse. Magari. Vero?
Lui le studiò il viso. Comprese ogni cosa quando lei fece guizzare lo sguardo verso la finestra. Rise.
Usagi sprofondò con la testa tra le ginocchia. Presto avrebbe vissuto l'esperienza più imbarazzante di tutta la sua vita, lo sapeva, se lo sentiva!
Il brivido che la mano di lui le provocò sul gomito fu solo il primo assaggio. «Usa...»
«Di giorno non si può!» tentò lei. Non potevano proprio, tutti nudi sotto il sole, senza un solo straccio a coprirli. L'immagine le fece sentire una puntura deliziosa tra le gambe.
Mamoru stava soffocando una risata. Le prese il viso in una mano e con un pollice le accarezzò la guancia arrossata, generando una minuscola scia di estasi che minacciò di farle perdere ogni dignità.
«Non cambia niente rispetto a ieri» le disse.
«Mi vedrai dappertutto!» Quella mattina aveva conservato un pochino di pudore almeno, coprendo le parti importanti con un lenzuolo strategicamente piazzato.
Lui era rimasto perplesso. Usagi lo vide ondeggiare tra un sorriso e un broncio.
«Ma non volevi che... ti baciassi?»
Baciarla? Lei ricollegò la domanda al discorso bruscamente interrotto in salotto e sentì il sangue invaderle il naso. «No! Volevo solo che noi-» Fece un paio di gesti con le mani.
Mamoru li fissò con le sopracciglia alzate e quando Usagi riprovò si rese conto che con le dita stava imitando qualcosa di simile al volo starnazzante di due anatre.
«Volevo solo che noi... come ieri... Tu mi avevi-» Si morse la bocca. Le parole di lui - l'ipotesi di tutto quello che potevano ancora convidere intimamente - l'avevano eccitata oltre ogni misura. E voleva fare l'amore di nuovo, ma non con tutta quella luce!
«Usa.» Una mano riuscì a intrappolarla per la schiena. «Vieni qui.»
Lei si sentì opporre la resistenza di un coniglietto morto. Voleva essere la cavia del suo Mamo-chan e immolarsi sull'altare della scienza. Mamoru avrebbe potuto dimostrare al mondo intero che gli bastava una carezza per comandare a suo piacimento un coniglio umano con i capelli a odango. Lei avrebbe saltellato per lui al primissimo 'Hop!'.
Mamoru premette la bocca sulla sua. Le aprì piano, dolcissimamente, le labbra con le sue e Usagi serrò forte gli occhi.
Era notte, cercò di convincersi, proprio come la sera prima. Già, notte, tutto buio, tutto romanticissimo e sensualissimo. Oh sì, sarebbe stato talmente bello muoversi di nuovo insieme a lui, ancora più travolgente della prima volta. Non sarebbe esistito niente di diverso dai loro corpi uniti che... sarebbero stati bagnati di luce.
«Mamo-chan.» Tentò di ritrarsi, ma Mamoru le baciò la guancia. «Io sono ancora una sciocca. Una Testolina Buffa scema.» Per fermarlo infilò le dita tra i suoi capelli e provò a tenergli la testa. «Non sono ancora pronta per farmi vedere di giorno. Mi vergogno troppo
Lui ridacchiò contro il suo orecchio. Usagi lo sentì tendersi mentre gli accarezzava la nuca. Il rimpianto di non poter continuare divenne ancora più grande.
«Non la pensavi così stamattina» mormorò lui, facendole intuire la presenza di un sorriso micidialmente tenero. «Sei stata tu a spiarmi.»
Lei volle sotterrarsi. «Non ti ho rispettato. Scusa.»
Magnanimamente, lui le concesse il proprio perdono. «Permettimi di guardarti.» Fece scorrere la mano lungo il suo stomaco e più su, sopra la maglietta. Con un unico dito, mise sull'attenti il suo corpo, giocando a farlo inturgidire su un'unica punta.
Usagi evitò l'ansito solo a metà. «Continuiamo stanotte» pregò con forza d'animo gigantesca. «Un pochino alla volta, per favore.»
«Stanotte torni a casa tua.» Mamo-chan sembrò tanto addolorato da farle cambiare idea quasi solo con lo sguardo. Quasi. «Poi vai dalle tue amiche. A noi rimane solo adesso.»
Usagi capitolò miseramente così.
Deglutì. «Appoggiati del tutto sopra di me.» Per farle sentire, pensò, quant'era già pronto a farle dimenticare che esisteva il mondo. Sarebbe stato- Trattenne un gemito quando lui obbedì. Era sicuramente un ottimo inizio. «Guardami solo negli occhi, okay? Oh!» Cercò disperatamente di allungare il braccio verso il basso. «Le lenzuola! Coprici.»
A lui uscì una risatina. Attirò sopra di loro le lenzuola bianche, pulite. Fu come ritrovarsi in un mondo di purezza.
«Perché ti vergogni?»
La luce del sole filtrava facilmente attraverso il tessuto leggero, rendendo il loro piccolo spazio una cupola stropicciata e candida. «Mamo-chan... perché sì.» Di notte era tutto così romantico e intimo, mentre di giorno... sarebbe morta dall'imbarazzo. «Tu perché insisti?»
«Perché...» Le baciò una spalla. «Sei Usagi della Luna, ma sotto il sole risplendi.»
Usagi non riuscì a rispondere. Non si era mai sentita più principessa di quando Mamoru le faceva capire che la trovava bella. Diventava la regina dell'unica cosa che le importasse, il mondo di lui.
Gli accarezzò il viso e inclinò la testa. Mamoru la incontrò a metà strada, in un bacio che la fece sciogliere sul materasso.
Lui le sfiorò la punta del naso con le labbra. «Va bene?»
Lei annuì ad occhi chiusi, sapendo di aver bisogno, ancora un pochino, di mantenersi in un universo senza immagini. Ne esplorò il calore intenso - la bocca che rese sua, tutta sua, già dal primo bacio - e le sensazioni che crescevano nelle sue mani, strumenti di conforto e passione. Lo abbracciò come negli ultimi anni e lo toccò come solo la sera prima, saggiandogli la schiena per intero con le dita, trascinando un unico tocco lungo tutto il suo corpo. Piacque tanto al suo Mamo-chan, nato com'era per essere amato il più possibile.
Per vederlo, lei aprì gli occhi.
Il viso di lui si nascose oltre la sua vista, nel suo collo. Con le labbra Mamoru trovò su di lei lo stesso punto della loro unica notte, uno zampillo di sensazioni palpitanti sotto la carne. Lei piegò la testa all'indietro tra sospiri sorridenti e gli prese la spalla in una mano. Giocò a far scendere, leggermente, le unghie lungo il suo braccio, la promessa di un graffio che non sarebbe mai arrivato. A lui era piaciuto da impazzire quando lo aveva fatto per sbaglio e, ripetendolo per prova sempre più spesso, a Usagi era sembrato che il suo Mamoru amasse il ricordo del pericolo e la certezza continua di poterlo affrontare senza temere nulla, come quell'amore che gli era sfuggito tanto a lungo nella vita.
Lo strinse tra le braccia, tenendolo contro il suo corpo. Non ti ho mai dimenticato. Ebbe voglia di piangere. Anche se avessi saputo che eri morto, il mio amore non sarebbe mai scappato da te.
Come se l'avesse sentita, Mamoru sollevò la testa. Non ci mise niente a riconoscere i pensieri dietro i suoi occhi e agitò giocosamente le lenzuola. Un filo d'aria e due sorrisi tornarono tra loro.
«Comincia a far caldo» ridacchiò lei.
«Allora via queste.» Portandosi il lenzuolo dietro la schiena, Mamoru distrusse la cupola.
Con una risata lei si premette le braccia sul petto e tentò di fuggire. Mamoru si spostò di lato, lasciandola inaspettatamente libera. Per un istante. «Presa.» La strinse da dietro. «Non c'è scampo.» Respirò contro la base della sua nuca, facendole crescere un meraviglioso ansito in gola. «Non posso lasciar andare questi odango.»
Aveva una vera fissa per i suoi chignon. «E se fossero sciolti invece?» Rise.
Lui inspirò. «Devi farmeli vedere. Ho sempre voluto vederli senza code.» Le accarezzò lo stomaco. «Sono come un vestito attorno a te?» Salì con la mano, aderendo col corpo al suo, da dietro.
Usagi si sentì inquieta, in preda a sensazioni più grandi di lei. «Non così.» Si voltò su se stessa, rapidamente. «Devo continuare a baciarti per non vergognarmi.» Sorrise di fronte alla breve pausa di lui. «Per i capelli facciamo un'altra volta. Sono belli, ma intralciano tutto.»
Quietato, Mamoru le offrì un sorriso e una carezza sulla guancia.
Usagi sentì di aver detto qualcosa di sbagliato. «Ti ho... deluso?»
«No» si pentì lui. «Vorrei che fossi a tuo agio come ieri. Sto sbagliando da qualche parte.»
Oh, no. Era lei la sciocca, era solamente colpa sua. Si tirò su, sul fianco, con un braccio solo. «Per niente, no... Guarda.» Cercando di non avvampare, riuscì a far rientrare le braccia dentro la maglietta, dal'interno. Focalizzò lo sguardo sulle spalle di lui per non guardarlo in viso e tirò su tutto. «Ecco.»
La maglietta le era rimasta attorno al collo. Deglutì e se la sfilò dalla testa, liberando velocemente anche le code.
Non seppe in che posizione rimanere, seduta solo col reggiseno rosa addosso. Il suo petto le sembrò più piccolo, poco bello. Non riuscì proprio a dargli dignità ergendo il busto e provò a regalargli un po' di volume unendo le braccia. Si sentì più sciocca che mai, la caricatura di una donna sensuale.
Si azzardò a guardare Mamoru negli occhi.
Con lo sguardo fisso sul suo viso, lui si era intristito. «Vieni.» Si tirò su e l'abbracciò, facendola ricadere sul letto. Riportò le lenzuola su di loro.
Usagi si coprì con le mani come poteva. «Con la luce non è niente di speciale, hm?»
«No.» Mamoru era addolorato. «È anche meglio, per questo non sono riuscito a farti smettere prima. Scusami.»
Usagi si guardò. Non aveva il reggiseno giusto, era quello il problema. «Se sembra piccolo è perché...»
Gli uscì una risata. «Non lo sembra.»
Il divertimento la ferì. «Non ridere. La prossima volta comprerò qualcosa di molto carino e-»
«Ci sei già tu di carina.» La delusione serpeggiò in ogni parola di lui.
Non fu contenta neppure lei. Era solo carina, ma non lo incolpava per la sua sincerità. «Sembrerò più grande. Più matura. Per te, vedrai.»
«Non voglio. A me piace questo, tu.» Sospirò e Usagi capì che il disagio di lui era solo per se stesso. Era deluso di se stesso.
Mamoru riuscì a sorridere di nuovo, un poco. «Ieri, qui...» Accarezzò forte il materasso. «Ti ho amato qui. Voglio farlo di nuovo perché non riesco a non farlo.» Le prese una mano. «A me sembra bello anche un tuo dito, ma quello che mi permetti di vedere è... bello davvero. Non mento e sembro così-» aggrottò la fronte, «stupido, solo perché non riesco a dirlo bene.»
Usagi comprese che non le importava niente della bellezza. «Ti amo tanto, Mamo-chan.»
Il sospiro di lui fu un soffio di sollievo. «Io da sempre.» Prese la bocca che fu lei a offrirgli. «Sempre di più.»
Da capo a piedi la percorse un brivido che decise per lei che non potevano esserci più indugi. Ogni esitazione era una pena, una piccola tortura crudele che non doveva esistere. Tremando, infilò le mani sotto la maglietta di lui e provò a sollevarla. Mamoru respirò forte e la tirò via da solo.
Lei rimase con gli occhi socchiusi. Lo riprese tra le braccia quando le tornò vicino.
La bocca di lui scese sulla linea del suo collo. La mano di lei su quella del suo fianco. Mamoru le trovò con le labbra il petto e Usagi sentì un brivido che rese doloranti le punte che andarono a dare forma al cotone leggero del reggiseno, privo di imbottiture. La bocca di lui incontrò il tessuto. La pelle. Come la notte prima, lei.
Usagi ansimò piano.
Il senso della vista, non più inibito dal buio, le regalò un'immagine che le fece sciogliere le membra. Serrò le palpebre. Il piacere si prese il suo respiro. «Mamoru...»
Lui salì a occuparsi in un bacio inquieto. «Non c'è-» Con le dita, abbassò la coppa senza forma di un seno. «Niente di più-» Riportò il bacio sotto.
Sollevando il busto, Usagi spezzò più volte un unico gemito basso. Mosse le gambe assieme a quelle di lui. Gli sfuggì all'indietro, cercando di sedersi. Corse a portare una mano sulla sua schiena, implorandolo di inventarsi un modo qualunque per continuare.
Lui si dimostrò un genio trovandole la bocca a labbra aperte e occhi che si chiusero come i suoi. Le lasciò abbastanza spazio per disfarsi dell'ingombro che, tolto, le denudò il petto. Usagi si premette contro di lui e smise di ricordarsi che la notte prima fosse mai terminata. Era ricominciata, erano ancora lì. Lo accarezzò sulla parte bassa della schiena, sullo stomaco, insistendo.
Ricaddero all'indietro, piano, sul cuscino.
Lui abbassò lo sguardo e Usagi non riuscì a tenere gli occhi aperti. Si sentì tanto agitata ed eccitata da non poter stare ferma. «Via anche questo.» Artigliò i propri pantaloncini e li fece scivolare giù per le gambe.
Si sentì aiutare da una mano. «Fretta?»
Oh sì. Aveva fretta di provare tutto e di non attendersi più di sentire vergogna. Lo osservò a palpebre semiaperte e volle correre per il desiderio che fece brillare ogni suo senso. «Torna da me.» Non avrebbe mai potuto togliere gli slip mentre lui guardava e inoltre- Si inarcò verso l'alto, contro il corpo caldo che la coprì. Quella era una delle migliori esperienze della vita.
Nel suo orecchio iniziò un mormorio sottile. «Ti è piaciuto così tanto ieri...»
Lei avvampò. «Mamo-chan...» Volle scuotere la testa.
Con un sorriso felice contro la sua guancia, lo fece lui. «Pensavo che fossi così bella. E invece lo sei di più.» Infilò le dita sotto l'elastico dei suoi slip, sul fianco.
Usagi sollevò il bacino e lo accolse tra le gambe. Sospirò assieme a lui quando dondolarono l'uno contro l'altra, più volte, fino a credere di potersi saziare solamente in quel modo. Llo tenne per un braccio e con l'altro cominciò a spogliarsi completamente. Non ricordava di aver mai respirato tanto forte, come se l'aria non volesse saperne di rimanere dentro di lei, combattiva, smaniosa. Mamoru le passò il respiro dentro il proprio petto e si mosse su di lei, quasi impacciato, per cercare di imitarla. Ricadde di fianco.
Usagi sorrise per lui. Lo seguì e, ormai libera, riuscì a usare un piede per aiutarlo a spingere giù i boxer.
Rimasero con le gambe incrociate, adagiati di lato.
Nell'ondata di eccitazione lei si sentì favolosamente commossa quando un braccio le protesse tutta la schiena, senza chiederle altro. Era esposta e, anche se non voleva avere difese contro di lui, quella era ugualmente una sensazione nuova.
Fece cadere baci su una sua guancia.
Lo udì sorridere. «Presa di nuovo. Ma se non sento un ...»
«Hm-mh» annuì lei, sollevando la gamba attorno al suo fianco.
«Hm-mh?» rise lui.
«Sì» tradusse Usagi. Sentì il proprio basso ventre che lo incontrava e le passò la voglia di giocare. Erano bambini innamorati a volte, lei soprattutto, ma erano diventati grandi negli anni, col passare delle giornate, delle battaglie, dei dolori mai dimenticati ma tutti superati. Erano adulti e avevano imparato ad amarsi come tali.
Abbassò lo sguardo tra loro e provò solo un'impaziente dolcezza nel vedere i loro corpi che armeggiavano per trovare l'incastro. Fece la sua parte tirando ancora più su la gamba. «Sdraiamoci.» Gli accarezzò forte una spalla, tra un sospiro e un sussulto.
«Non volevi conoscere una nuova posizione?» sorrise lui. Smise aggrottando la fronte quando provò a entrare in lei.
Usagi spinse verso il basso col bacino, faticando a tenere chiuse le labbra. «Non...» Inspirò aria. Non le importava nulla della posizione.
Ecco.
Volle agitarsi per il troppo amore. Si aggrappò a lui con le braccia, preda del brivido dell'unione. Sentì una mano che premeva con insistenza delicata, crescente, sulla parte bassa della sua schiena.
«Prova a venire avanti...» Fu il sussurro inquieto di lui.
Usagi seguì il movimento e la fitta divina che ne derivò le fece comprendere tutto quanto.
Mamoru trattenne il respiro. «Sì. Fai così quando-» Lei gli fermò le labbra con un dito.
«Mamo-chan. Non insegnarmi.» Sorrise a occhi chiusi, persa. «Amami.» Ondeggiò su di lui e lo sentì rispondere.
Col corpo intrappolato, vinto e riverito, non poté far altro che percepire solo se stessa, ma l'udito, le orecchie, quelli li dedicò a lui. Usò ogni piccolo scatto, ogni minimo movimento, per udire il suo respiro che si allargava e si trasformava in un ansito basso, quasi un suono vero.
Il calore bollente dentro di lei rese fredda l'aria.
Sospirò la propria richiesta in un mormorio e venne fatta sdraiare contro il materasso. Aderì completamente a quello ma non più a lui, che si sollevò un poco, per lasciar scorrere gli occhi su di lei senza smettere di muoversi.
Usagi accarezzò con le mani e con lo sguardo ogni lembo di pelle e la linea di ogni muscolo. Li trovò naturalmente belli, degni di ore di contemplazione, ancora più magnifici nel movimento quieto e intenso, ritmico, che andava a legarli profondamente.
Mamoru si fermò. Non riprese, limitandosi a controllare il respiro.
«Mi piaceva» si lamentò lei con un sorriso, facendo scorrere l'unghia dell'indice lungo un suo braccio.
«A me un po' troppo.» Lui abbassò nuovamente la testa e il suo sguardo crebbe in un istante, riempiendosi di pentimento e ammirazione. «Promettimi che non ti vergognerai più.» Si lasciò sfuggire un sibilo debole tra i denti. «È un crimine contro la realtà.»
Le venne da ridere.
«Più semplice?» sorrise lui, riappoggiandosi sopra di lei. «Devo imparare, è vero. Tu sei bellissima, è questo. Ma 'bellissima' è banale.» Le prese un labbro tra i suoi. «Inadatto.»
«Inadatto è parlare» ansimò lei con una traccia di disperazione, senza badare nemmeno più alle proprie parole.
«Sì» concordò lui. «Shh» la calmò. «Senti.» Smise di rimanere fermo, ma non ritornò alle spinte che si facevano unione. Mosse il bacino circolarmente e premette sopra di lei, forte, col proprio peso.
Usagi perse la testa e la voce. Le scappò dalla gola. Combatté per ritenere un po' di grazia ma gli occhi di lui adorarono ogni sua smorfia e finì con l'amare anche lei tutto quanto, ancora di più con ogni attimo che conservava le sensazioni unendole alla perfezione di altre sempre uguali e nuove.
Riconobbe la morsa che prese il controllo del suo corpo e la concesse a se stessa, a Mamoru, nella luce, a occhi aperti.
Li chiuse solo quando non esistette che piacere. Quello la inondò con violenza desiderata e continua, pacificatrice, un'esperienza solo sua che poteva esistere solo con lui, per lui. La sensazione proseguì chetandosi lievemente in lei e scivolando su Mamoru.
Usagi udì il soffio erratico del naso schiacciato contro la tempia e lo strinse per le spalle. Percepì il ritorno ai movimenti pensati per la soddisfazione di entrambi e allargò le gambe solo per racchiuderlo e poterlo tenere meglio dentro di sé. Si afferrò lei a lui, senza lasciarlo andare, incontrando il suo corpo dopo ogni veloce e breve separazione. Nella minima lucidità che si trovò a riconquistare fu un'esperienza meravigliosa.
Lo abbracciò forte alla fine, quando lui perse la forza nelle braccia, spingendolo ad abbandonarsi. Lo strinse come una mamma koala e rise tra sé di tutti gli animali che le erano venuti in mente. Il suo cucciolo Mamo-chan, l'uomo a cui voleva dedicare la sua vita, non le oppose alcuna resistenza.

Fuori dalla finestra non c'era cielo, ma azzurro.
Non vi era una sola nuvola a ricordare che quella era la volta celeste dietro il cui colore intenso e chiaro si nascondevano miliardi di pianeti e stelle.
Era solo azzurro, come una pagina colorata di pennarello.
Mamoru ricordava di aver contemplato una sola volta un colore così perfetto. In quel giorno, una domenica mattina, aveva spento l'aspirapolvere con cui aveva cominciato a pulire la casa e vi si era appoggiato sopra, guardando fuori. Proprietario da poco del suo nuovo appartamento, aveva pensato che anche a Tokyo la natura poteva mostrarsi immacolata e che, proprio come quella giornata, in quel momento era bella anche la sua vita. Era stata un'esistenza solitaria ma serena la sua, tranquilla. Bella, a non conoscerne una diversa.
Gli era stata data la possibilità di trasformarla e migliorarla, renderla completa. Lui aveva una vita precedente dietro di sé e un destino già stabilito per il suo futuro, ma si era scelto da solo la vita che stava conducendo. Aveva scelto di rimanere Tuxedo Kamen, di combattere e persino di amare Usagi.
Aveva scelto di rinunciare a Medicina e di diventare un Re in futuro semplicemente perché, consapevolmente, non aveva scelto l'alternativa. Non la voleva.
Non desiderava non amare Usagi, non desiderava vivere senza il dovere di lottare per il suo pianeta, non voleva abbandonare il mondo a se stesso.
Il pensiero di regnare gli incuoteva una paura lontana, ancora da scoprire, ma lui non aveva scelto l'alternativa. E non l'avrebbe scelta neppure in futuro.
Per comprendere la ragione del silenzio quieto accanto a lui, voltò la testa.
Gli occhi blu di Usagi, indagatori, continuarono ad osservarlo con attenzione.
Lo portarono a sorridere. «Come mai non mi chiedi cosa penso?» Lei lo faceva sempre.
«Voglio indovinare.»
Sotto le lenzuola, lui si spostò su un fianco. «Hai già qualche idea?»
«Hmm... pensi a cosa faremo oggi?»
«No.»
«A cosa potremmo fare durante l'estate?»
«No» sorrise lui. Non era in vena di progetti. Era rilassato e desiderava rimanerlo il più a lungo possibile.
«Allora... a me?»
«No» rise. «Al cielo.»
Usagi si vergognò.
Lui le indicò la finestra. «Oggi è molto limpido. Mi ha fatto pensare un po' al passato e al futuro. Di conseguenza, anche a te.»
«Al futuro?» ripeté lei. Lasciò scendere lo sguardo sul lenzuolo bianco con cui si erano coperti e si permise solo un briciolo della preoccupazione che ancora non voleva mostrargli appieno. «Ce la faremo?»
«Sì.»
«Come lo sai?»
«Perché dobbiamo farcela per andare avanti e io non permetterò che qualcosa ci fermi.» Sul cuscino, spostò la testa verso di lei. «Neanche tu.»
Usagi si ricordò chi era, lo vide. Lei non era invincibile perché aveva nel suo presente Sailor Moon e nel suo futuro una Regina, ma solo perché, come semplice persona, aveva sempre trovato il modo di non cedere. La resa non l'aveva mai avuta vinta su di lei.
«È vero» gli disse. Si stiracchiò, allegra.
«Per caso hai fame?» le chiese lui. Si avvicinava l'ora di pranzo.
La riflessione di lei fu breve. «No. Stiamo qui ancora un po'.» Da un angolo della bocca, gli mostrò la lingua. «O ti annoi?»
«No» sorrise lui. Come poteva?
Usagi si voltò sul letto e, dopo una breve indecisione, si appoggiò col seno sul materasso, le braccia piegate. Quando, poco prima, si era alzata per andare in bagno, aveva rimesso gli slip e aveva continuato a coprirsi il seno con un braccio. Così faceva ancora. Era un peccato, considerò Mamoru.
«Andiamo allo zoo uno di questi giorni?»
Allo... zoo? «Perché proprio lì?»
Lei scrollò le spalle. «Mi è venuto in mente che non ci sono mai stata con te.»
In effetti no. Lui stesso non ne visitava uno da quando aveva... tredici anni? «Quand'è l'ultima volta che ci sei stata?» Sicuramente era passato meno tempo che per lui.
Lei si prese un momento per rispondere. Quando lo allungò, Mamoru aggrottò la fronte.
«Ehm... qualche settimana fa. Ma non l'ho visto bene.»
Ah, mentre lui... non c'era. «Con la tua famiglia?»
«No» sorrise lei e la carica di allegria gli sembrò sospetta. «Comunque vorrei andarci di nuovo.»
«Va bene.» Pensò di lasciar perdere la domanda ma, quando si rese conto che non c'era nulla di male a porla o nella risposta che poteva ricevere, chiese di nuovo. «Ci sei stata con le ragazze?» Non poteva essere che con loro.
«No» deglutì lei. «Con
Seiya ma potevo divertirmi di più, per questo voglio andarci con-»
Mamoru unì le sopracciglia. «Con chi? Non ho capito.» Non aveva sentito niente.
Lei si rannicchiò nelle spalle, scrollandole un poco. «Ehm... Seiya. Un pomeriggio tra amici.»
Tra amici. Mamoru ripensò alla risposta di prima. «Senza le ragazze?»
«Erano occupate.»
Ah.
Hm.
Il nervosismo di Usagi divenne visibile. «Non mi sono ricordata dello zoo a causa di Seiya. È solo che poco fa mi sono venuti in mente un sacco di animali e allora ho pensato che li avevo visti allo zoo e mi sono ricordata di quando ci sono andata e c'era anche Seiya, tutto... qui.»
I collegamenti che faceva il cervello di Usagi a volte andavano oltre la sua comprensione. «Poco fa ti sono venuti in mente degli animali?»
Lei deglutì. «Animali belli. Come paragone. Ad esempio ho pensato che ti abbracciavo proprio come un koala, ti immagini?» Scoppiò a ridere.
Non lo coinvolse. Lo aveva abbracciato come un koala quando... D'improvviso, capì.
Usagi spalancò la bocca. «Non pensavo agli animali! Erano solo uno di quei pensieri che sfrecciano nella mia testa bacata e vuota che-»
«Prima sei riuscita a pensare a degli animali, alla tua uscita allo zoo e a quando ci sei andata con...» Abbassò le palpebre e si ricordò la verità. «Con quella Sailor Starlight?»
«Nononono! A questo ho pensato solo dopo!»
Lui si ricordò un'altra cosa importante. «Non sei andata allo zoo con lei quando sapevi che era... per metà una lei.» Appena avevano scoperto le identità delle Starlights le cose si erano fatte tese, lo aveva detto Usagi stessa.
«No, ma...» Lei ne fu mortificata. «Mamo-chan, era una delle volte in cui Seiya stava cercando di distrarmi. Siamo andati allo zoo, al luna park e anche in una discoteca pomeridiana-»
Un mucchio di posti.
«-ma io ero contenta solo perché mi stavo svagando. Continuavo...» arrossì, «a ricordarmi di te.»
Evidentemente non sempre. «Andremo allo zoo. E al luna park e in una discoteca.» Ebbe voglia di sedersi ma si impose di non farlo.
Usagi si affrettò ad annuire. «Io voglio andare in questi posti e dappertutto con te. Dappertutto» mormorò.
Fu così sincera e pentita che a lui venne in mente una sola cosa. Non avrei mai dovuto lasciarti sola. Si pentì a sua volta, di nuovo, per non essere stato presente in momenti e giornate a cui non sarebbe mai voluto mancare.
Usagi si accostò a lui. Lo strinse, premendo forte la bocca contro l'angolo delle sue labbra. «Ho alcuni ricordi felici di questi ultimi mesi. Preziosi. Ma rimarrà sempre un periodo triste per me. La vera gioia è ricominciata solo due giorni fa.»
Mamoru si lasciò abbracciare dalle sue parole. Non desiderò altra espiazione da lei, nessun dolore e neppure il ricordo, per nessuno di loro due. «Tanto da farti pensare agli animali dello zoo, hm?» Sorrise.
Usagi perse ogni tensione. «Sono una sciocca.» Strofinò la fronte contro la sua guancia. «Ma l'animaletto ero sempre io, mai tu.»
«È un conforto.»
La fece ridere.
L'aria si impregnò del profumo del corpo di lei, un odore più intenso perché mischiato al suo. Gli piacque.
La adagiò all'indietro. «Proviamo a vedere se questa volta non pensi più a niente?»
Le guance di lei acquisirono il colore di un dolce da mangiare, desideroso di essere gustato. «Sì.» Si lasciò baciare.
Mamoru pensò che le sarebbe piaciuto moltissimo abbandonarsi anche a qualcos'altro. Lui non vedeva l'ora di vederlo.
Abbassò una mano e scese lungo lo stomaco di lei, fino a trovare la fine del suo ventre. Tornò indietro con le dita, di pochissimo, e lasciò che trovassero rifugio sotto un sottilissimo pezzo di stoffa.
Usagi staccò la bocca dalla sua e inarcò il bacino verso di lui, gli occhi socchiusi, immediatamente scuri.
Era sorprendentemente facile strapparle quell'espressione, a sapere dove toccarla. Forse, come le aveva detto, era solo l'effetto dell'inesperienza di lei, ma dal momento che la stavano già bruciando via, lui voleva imparare sempre cose nuove e ripassare continuamente quelle vecchie. Aveva sempre amato studiare.
Usagi affondò le unghie nelle sue braccia, causandogli un piacevole dolore. Lui non spostò lo sguardo dal viso di lei e, come già prima, la trovò immensamente... Non c'era una sola parola per quello che gli faceva sentire una stretta violenta al basso ventre, una carezza dentro il petto e un'assoluta meraviglia dentro il cervello.
Bellissima. Un termine completamente inadeguato. Si sarebbe inventato una parola nuova per lei, tutto un concetto, e quando fosse riuscito ad amarla un pochino di meno, abbastanza da poter pensare, glielo avrebbe decantato in una poesia pietosa che l'avrebbe fatta sorridere di gioia. Solo per quello, sarebbe valsa la pena di rendersi ridicolo.
Lei ansimò a denti stretti e lui le fece scorrere la bocca lungo il viso, senza azzardare altro. Poteva resistere a un solo sconvolgimento alla volta in quel momento e scelse quello che avrebbe rubato la ragione a lei.
Scese con le dita. Anche se la reazione fu esattamente come l'aveva immaginata - una tensione rigida, di delizioso piacere - si sorprese della sensazione che incontrò, quasi che...
Ricordò che Usagi era uscita dalla stanza per qualche minuto e rammentò anche che si era diretta in bagno, a rinfrescarsi. Quel pensiero gli diede la sua spiegazione e una nuova idea. La giudicò azzardata fino a che non vide Usagi con gli occhi serrati, intenta a non perdersi neppure una minuscola sensazione.
«Usa.» Allontanò la mano da lei.
Seppe di aver sbagliato quando l'interruzione le rese lucida l'espressione.
Lei lasciò uscire un sorriso. «È vero, io penso sempre a me.» Cominciò ad alzarsi. «Tu non aiuti, ma adesso è arrivato il mio turno di coccolarti.» Rise. «Il primo, visto che non l'hai mai lasciato cominciare.» L'assalto che intraprese fu tenero e promettente.
«Io sono ancora inesperto» iniziò a dire lui.
Usagi terminò di farlo sdraiare sulla schiena e gli baciò un lato del collo, accarezzandogli l'altro. «Non mi sembra.»
Fu un complimento che gli strappò una valanga di soddisfazione. «Voglio dire» la abbracciò per la schiena, «che finora è andato tutto... bene, solo perché ho tenuto conto delle mie reazioni.»
Usagi si fermò, guardandolo come se fosse uno stupido a perdere ancora tempo a parlare. Per un istante, sentendo mancare il suo tocco, lo credette anche lui. «Per essere chiaro, se continui mi rovini.» Sorrise. «Almeno fino a che non sei pronta quanto me anche tu.»
Lei arricciò le labbra. «Sono queste le cose a cui pensi in momenti come questi? Così non ti diverti.»
Oh, no, alla fine lui si divertiva moltissimo, ma era possibile solo se approntava tutto per bene prima. E si divertiva anche a fare quello. Rise e ribaltò di nuovo le loro posizioni. «Ho una proposta.»
Guardandola negli occhi capì che non avrebbe mai funzionato come domanda secca. Lui stesso non ebbe le parole per formularla e pensò che fosse un segno del fatto che fosse un'idea prematura. Il corpo caldo di lei sotto il suo, ancora lievemente ansimante, gli ricordò che non c'era nulla di male a sperimentare.
Abbassò la testa e, a bassa voce, disse, «Pensavo che potrebbe piacerti se...» Fece una pausa e proseguì.

Terminando di ascoltare, Usagi spalancò gli occhi.
Inspirò una boccata d'aria gigantesca e cominciò a scuotere la testa. Si rese conto un istante dopo di aver solo immaginato il movimento e di essere rimasta immobilizzata.
Provò a parlare.
Boccheggiò.
Mamoru osservò la sua reazione e sorrise subito, pentito. «Allora no.»
Usagi deglutì. Aveva pensato che all'inizio lui scherzasse! «È- è...» Anche se si era pulita non era lo stesso una cosa che si poteva fare davv... No! Riuscì a scuotere la testa.
Una mano le fermò il capo, accarezzandole la fronte. «Va bene.» Mamoru provò a tirarsi indietro, poi rimase dov'era. «Te l'ho proposto perché ho pensato che potesse essere una specie di gioco, ma no è no.» Sospirò. «Ora non essere a disagio.» La prese tra le braccia e tornò a sdraiarsi, portandola sopra di lui. «Possiamo continuare come prima.»
Lui riprese a farlo come se non potesse sopportare di vederla inquieta o come se... Usagi si rattristò. Come se pensasse addirittura di correre il rischio, per un momento, di farle dimenticare che desiderava stare accanto a lui proprio come in quel momento.
Abbandonò la bocca su quella di lui e per un po' provò a non pensare.
... era stata una proposta innocente. Chi si amava rendeva innocente e bella qualunque cosa, anche quelle che a chi era immaturo parevano ancora troppo...
Si sentì avvampare e tentò di accarezzargli il petto per concentrarsi solo su di lui. Come prima, voleva ancora farlo sentire bene. Se mai fosse stato possibile, anche più di lei e anche molto più a lungo di lei.
Aveva sentito, o le era parso di capire, che c'erano persino donne che ad un uomo potevano fare...
Si morse le labbra e si sentì percorrere da un brivido di imbarazzo. Quella cosa era l'equivalente della proposta di Mamo-chan, perciò c'era davvero gente che la faceva. E c'erano persone a cui... piaceva? Poteva piacere?
Ricapitolò la sua limitata esperienza e pensò che dovesse essere così, anche se l'imbarazzo e la vergogna... Sollevò la testa, staccandosi. Lui non si vergognava?
Cercando di attirare la sua attenzione, Mamoru le carezzò la schiena. «Cosa c'è?»
«Non... non ti vergognavi?»
Lui non capì.
«A... pensare di...» Provò ad andare avanti, ma comprese di doversi dare il tempo per riuscire a farlo.
Infine, Mamoru comprese ugualmente. «No. Non se a te fosse piaciuto molto.»
Lei scosse il capo. «Ma a me non...»
«Va bene.»
Il rapido assenso riuscì a strapparle un pizzico di curiosità. «Di solito... piace?»
Guardandola negli occhi, persino lui arrossì un poco. «Ho letto di sì. Parecchio.»
Vedere in lui il riflesso di una minima parte del suo imbarazzo le fece pensare davvero a tutto come un gioco. Giocavano anche in quel momento, a volersi bene un po' come capitava, guidati dall'istinto e da quelle cose che Mamoru aveva imparato su chissà quali libri.
Usagi si sollevò, spostandosi di lato. Sdraiarsi non fu facilissimo, ma possibile una volta che si convinse a farlo. «Se vuoi possiamo fare una prova. Una, fino a che non ti dico di fermarti.»
Lui si sdraiò su un fianco e non fu d'accordo. «Ieri ti sei sforzata ed è andato tutto bene, ma può non ripetersi tutte le volte.»
Sforzata? Usagi sospirò. Lui aveva ancora quella convinzione. «Non mi sono sforzata. Ho fatto quello che volevo e anche adesso...» A dire la verità, voleva solo capire se la sua era una paura esagerata o se era davvero tutto così abominevole. Mamoru si sarebbe fermato subito, anche prima di cominciare se lei lo avesse voluto, perciò...
Già, non c'era pericolo. E anche se si fosse vergognata, almeno avrebbe imparato, in qualunque caso. Voleva sapere se era possibile immaginare di fare la stessa cosa al contrario, perché se così non fosse stato avrebbe dovuto immediatamente informarsi su come provare a far contento il suo Mamo-chan, visto che in quel momento lui la batteva mille a zero in fatto di conoscenze. O almeno così le pareva.
Provò ad allontanare le braccia dal corpo, abbandonandole ai lati. Fece un grosso respiro. «Va bene. Sono... convinta. Possiamo provare.»
A lui venne da ridere. «Così sembra un esperimento clinico.»
Ridendo non la aiutava per niente. Usagi si tirò su e lo afferrò per le spalle. «Allora prima ripassiamo quello che sappiamo già, no?» Ci voleva atmosfera.
Negli occhi gli passò una luce.
Cercando di capire, lei inclinò la testa.
«Niente» spiegò lui. «Prima anche io ho pensato che mi piaceva... ripassare.»
Usagi sospirò. «Tu associ troppe cose allo studio, Mamo-chan. Pensa solo a me.»
«È una buona idea.» Le diede un bel bacio, che si fece prima lungo e poi profondo.
Lentamente, ricaddero sul materasso. Usagi lo accolse su di sé e per un momento pensò che era sciocco fare esperimenti quando si sapeva già benissimo cosa funzionava magnificamente. Sorrise e si abbandonò alla carezze che la accesero. A sua volta, fece scorrere le mani su di lui, lasciando che si muovassero da sole nell'amarlo.
Mamoru scese con la testa, a baciarle il petto. Insistette lì e Usagi capì che era un ottimo momento per levare le mutandine. Lei era una ragazza impulsiva e decisa nel fare l'amore, ormai lo stava imparando: doveva solo cogliere al volo un momento in cui i sensi vincevano sulla ragione e poteva diventare molto coraggiosa.
Mamoru notò i suoi movimenti e le lanciò un'occhiata.
Lei si morse la bocca. «Fossi in te non aspetterei molto.» Deglutì. «O forse aspetta.»
«O forse andiamo piano» sorrise lui, appoggiando la bocca sul suo stomaco. A lungo non si mosse da lì e quando lei si rese conto che la scia umida delle sue labbra aveva un significato, cominciò a ridere. «Perché non scrivi anche il mio cognome?»
«Perché no?»
L'aumentata pressione le provocò il solletico e una bella scarica di risa.
In un colpo solo, Mamoru scese con la bocca di diversi centimetri.
Lei bloccò ogni movimento e il respiro.
Lui rimase a baciarla in quell'unico punto ancora innocente, come se stesse cercando di sanare e consolare un piccolo dolore.
Non vista, Usagi annuì. «Prova.» Ormai era preparata. Anche col no sulla punta della lingua, appena fosse stato necessario.
Chiuse gli occhi e, involontariamente, cominciò a respirare forte. Tentò di calmarsi.
Lui la aiutò, moltissimo, cominciando a toccarla solo con una mano, come aveva già fatto con enorme successo poco prima. Un paio di fitte squisite le annebbiarono la vista, facendo perdere forza a ogni suo muscolo. Il leggero sfregamento di un dito la portò quasi a farsi sfuggire un gemito. La sensazione proseguì e per lei fu impossibile non accoglierla. Rimase così, soddisfatta, a sentire e sentire ancora.
D'improvviso percepì una quantità anomala di... aria. E poi qualcosa di totalmente diverso.
Si aggrappò alle lenzuola e, quando la sensazione la raggiunse di nuovo, buttò la testa all'indietro, il respiro tagliato in due.
Alla terza volta, gemette senza contegno. «Ahh-!» Si tappò la bocca e chiuse le gambe. O ci provò.
Alla quarta volta il piacere fu tanto intenso da fare davvero male, ma lei non riuscì a impedirgli di continuare. Ancora una volta, pensò. Lasciò uscire l'aria in un soffio a bocca aperta nel sentirla, in tutta la sua fantastica lunghezza. E alla volta dopo morì talmente tanto che dovette smettere.
Scattò all'indietro. «Oh, basta!» Si sentì un forno. «Bastabastabasta, vieni!»
Mamoru si era appoggiato sulle braccia. Nonostante l'assoluta mancanza di senso nelle parole di lei, ci mise solo un istante a comprenderla perfettamente. Usagi lo incontrò a metà strada e, quasi seduta, riuscì a mettergli le gambe attorno alla vita. «Funziona» ansimò. «Non mi vergogno, ma-»
Lui non sembrò interessato. «Okay.»
Come una sedia a dondolo, scivolarono all'indietro, fermandosi in aria e incastrandosi.
Usagi volle gridare al cielo la sua gioia e il suo sollievo. Si limitò a sussurrarli a lui con quanta più dignità possibile - poca - e a spingersi all'indietro, così da sdraiarsi di nuovo. Con la schiena sul materasso, impresse tutta la forza che aveva sui movimenti del proprio bacino, rendendoli circolari, erratici, estatici. Continuò a incontrare quelli di lui che la guardava fisso in viso e perse di nuovo la testa. Pensò di non averla mai avuta, di essere solo corpo e completamente amore.
Mamoru le strinse i fianchi e, muovendosi più velocemente, serrò gli occhi con più forza di lei.
Ad Usagi piacque moltissimo, per ogni singolo e delizioso istante.
Quando si staccò da lei, Mamoru si tirò indietro invece di finirle sopra. Si lasciò cadere al suo fianco. Questo le piacque un po' meno, ma rimediò con un abbraccio quasi immediato. Insieme, calmarono il respiro. Lentamente, senza fretta.
Poi, dal nulla, lui cominciò a ridere.
Usagi lo imitò per istinto. «Cosa c'è?»
Mamoru deglutì una risata. «Pensavo che sei una vera Usagi.»
Lei sollevò entrambe le sopracciglia.
Il sorriso di lui si fece furbo e venne rivolto al muro. La divertita ritrosia le fece comprendere il vero significato delle sue parole.
«OH!» Picchiò un pugno sul suo stomaco, provocandogli una smorfia. «Io sono Usagi ma non una usagi
Tra risate silenziose, lui annuì ripetutamente, condiscendente.
Usagi si sentì avvampare per l'indignazione. «Tu sei più usagi di me!»
«Può essere vero.» Mamoru si voltò di lato e l'acchiappò prima che lei spiccasse un saltello oltre il letto. «Mi piace essere usagi insieme. Ma se ti offende, diciamo pure hentai.»
Lei mise il broncio. «E se non usiamo nessuna di queste parole?»
«A me va bene lo stesso.» La portò contro di sé. «E se non ci agitiamo tanto, mi va ancora meglio.»
Usagi riconobbe cosa stava succedendo e sorrise. «Sei un coniglietto che si stanca facilmente.»
Con gli occhi chiusi, lui sollevò un sopracciglio.
Infilando un braccio sotto uno dei suoi, lei appoggiò la testa contro l'incavo del suo collo. «Usagi è brutta e cattiva a essere così bugiarda. Quando ti svegli, per farsi perdonare avrà preparato il pranzo.»
Il silenzio di lui fu eloquente.
«Sarà andata a comprare il pranzo?» suggerì lei.
Lo fece sorridere stancamente. «Non uscire.» Appoggiò il mento contro i suoi capelli. «Se avremo troppa fame, ci inventeremo qualcosa.» Sbadigliò.
Usagi concordò. Le invenzioni le piacevano molto, così come gli esperimenti.
Ma più di ogni altra cosa, si intendeva, le piaceva il suo Mamo-chan. Lo strinse.
Mamoru, il suo amorevole usagi personale.

FINE



NdA - È meglio che mi risparmi i 'cough cough' o vari imbarazzi di rito, sono più credibile. :D
Il quarto capitolo di 'Oltre le stelle' è proprio da rivedere, così come il resto dello stile di quella storia, con l'eccezione del capitolo tre. Eppure quando l'ho riletta, qualche giorno fa, mi è piaciuta lo stesso e ho sentito di dover scrivere le scene a cui avevo solo accennato nel quarto capitolo.
Ho cercato di mantenermi coerente con tutto quello che ho detto poi lì e spero di non aver sbagliato qualcosa in questo senso. Nel caso, può essere che in futuro vada a correggere 'Oltre le stelle' (o riveda questa storia) per adeguare eventuali piccole incongruenze.
Spero che questa one-shot vi abbia fatto divertire come ha divertito me. Qualunque vostro pensiero in merito è graditissimo, perché o mi premierà con un complimento o mi farà imparare con una bella riflessione e per me sarà comunque un'ottima cosa.

Grazie mille di aver letto ;)
ellephedre


   
 
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